Vacanze sulla Neve

di LittleDreamer90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Tokyo, notte di Capodanno.


Kagome raggiunse l’ampia finestra del proprio soggiorno, strascicando i piedi mentre finiva di abbottonarsi la maglia del pigiama pesante.

Sospirò, triste, lanciando una veloce occhiata al paesaggio. Aveva iniziato a nevicare.

Senza neanche pensarci, agguantò la bottiglia di spumante che aveva preparato e la stappò, versandosene un bicchiere.
Erano solo le 23, ma cosa importava? Era sola, senza nessuno, per colpa sua. Niente era andato per il verso giusto, quelle feste di Natale erano state un vero fallimento.

Sperò che almeno gli amici si stessero divertendo, là in montagna.

Era stato sciocco da parte sua, andarsene, tornare a casa, invece di restare con loro e divertirsi, fregandosene di tutto.

No, non ce l’avrebbe mai fatta, a fare finta di niente, a comportarsi come se niente fosse accaduto.

Si portò il flûte di spumante alle labbra e bevve un sorso, sentendo il liquido frizzante scenderle giù per la gola.

Bevve ancora, dandosi mentalmente della sciocca. Aveva sempre disprezzato le persone che affogavano i dispiaceri nell’alcool e invece… “Guarda come ti sei ridotta, stupida ragazzina!” si rimproverò con amara ironia.

Ragazzina.
Non poté fare a meno di pensare a lui e sorrise senza accorgersene.

Poggiati il bicchiere e la bottiglia sul basso tavolinetto davanti al divano, si diresse in cucina, aprendo il frigo.

Preda della noia e della tristezza, si era gettata a capofitto nel preparare dolci, sia tradizionali giapponesi che internazionali.
Quella sera era stato il turno del creme caramel.
Ne aveva preparato una scodella intera, tanto non aveva nessuno, al momento, con cui mangiarlo.
Beh, poco male, se lo sarebbe spazzolato tutto da sola, giusto per non bere a stomaco vuoto!

Lo cosparse di caramello, agguantando un cucchiaio. Poi, tornò in soggiorno, portando con sé l’intero recipiente.
Buttandosi sul divano, ne prese una generosa cucchiaiata, emettendo un mugolio soddisfatto.
Stava leccando ad occhi chiusi il cucchiaio dai residui di caramello, quando il campanello suonò.

Spaesata, Kagome gettò uno sguardo all’orologio.

Le 23 e 15. Della notte di Capodanno.

Chi cavolo poteva essere, a quell’ora? Bah, aveva evitato apposta di comunicare alla mamma e al nonno di essere rientrata a Tokyo prima del previsto, proprio per non essere disturbata.

Il campanello suonò di nuovo.

Controvoglia, la ragazza si alzò, per andare a guardare nello spioncino e, quando lo fece, rimase di stucco.




8 giorni prima, Furano, Hokkaido, 24 Dicembre.


Sango frenò in modo aggraziato, fermandosi alla fine della discreta discesa.

Qualche secondo dopo venne raggiunta da Ayame, come lei provetta sciatrice.

La demone lupo si tolse gli occhiali da sci, osservando dietro di sé e sorridendo nel constatare di avere, almeno per una volta, battuto in velocità il fidanzato: - Visto, amore? Sono arrivata prima di te! – esultò, sorridendo.

Koga la guardò, con la sua solita espressione da schiaffi: - Solo perché io ho imparato da poco a sciare! Vedrai, quando riuscirò a padroneggiare bene questi cosi, come sfreccerò! – le rispose.

- Spaccone! – gli fece la rossa, con una linguaccia.

Il compagno aprì la bocca per ribattere, quando una palla di neve lo colpì in pieno viso.

- Oops! Scusa, Koga! Non era indirizzata a te, ma alla mia adorata Sango! – si scusò Miroku.

- Tsk! Migliora la mira, dannato! – brontolò l’amico, dopo aver sputato qualche cristallo ghiacciato che gli era finito in bocca.

Dal canto proprio, Sango rivolse a Miroku un’occhiata di sfida e scherno, mettendosi le mani sui fianchi: - Ah, è così? Cancella tutti i tuoi progetti per la notte di Natale, allora, tesoro! – lo punzecchiò.

Non fece in tempo ad aggiungere altro perché il gruppetto, ad esclusione di Miroku e Koga, scansatosi prontamente, venne travolto da una scheggia impazzita vestita totalmente di rosa: - Pista!! Fate largooo! Non riesco a fermarmiii! Aiuto! – urlò Kagome, schiantandosi sugli amici e abbattendoli come birilli.

- Ohi! Che botta! – si lamentò Ayame, ancora col sedere nella neve, mentre il fidanzato le porgeva una mano per aiutarla a rialzarsi.

- Auch! Kagome! Sei un disastro! Se non sai sciare, mi spieghi perché ci hai proposto questa vacanza sulla neve? – le chiese Sango.

L’amica arrossì, lasciando che la ragazza la aiutasse a riacquistare la posizione eretta: - Ecco, i-io… - balbettò. Sango lo sapeva bene, il perché! Che razza di domande faceva?

Kagome Higurashi, 25 anni, studentessa. Imbranata cronica e timida impenitente. Con una cotta mostruosa per un collega di università, Shiro, la cui famiglia possedeva appunto l’albergo che si stagliava maestoso lì accanto.

Quando il ragazzo le aveva proposto di andarlo a trovare durante la breve pausa invernale, Kagome aveva deciso che quella sarebbe stata l’occasione giusta per dichiararsi a lui. Se l’aveva invitata, voleva dire che un po’ lei gli interessava, giusto?

La solita tendenza libertina ed amante delle curve di Miroku salvò la giovane dall’imbarazzo.

- Miroku! Che stai facendo? Siamo in pubblico, razza di pervertito! – gridò Sango, sentendo il ragazzo accarezzarle le rotondità del fondoschiena.

Il fidanzato incassò con nonchalance il consueto schiaffone, rispondendole con un sorriso angelico: - Ma Sanguccia! Non avevo cattive intenzioni, questa volta! Ti ho solo pulito dalla neve che ti era rimasta sui pantaloni -.

La fidanzata lo guardò scettica, evitando però di commentare.
Nel frattempo Kagome sospirò, irrigidendosi non appena sentì la solita voce chiamarla per cognome: - Higurashi, stai bene? – le chiese Hojo, arrivato da loro a bordo del suo snowboard.

La ragazza sfoderò la solita espressione di circostanza, annuendo e ringraziandolo con un sorriso tirato.
Quanto era fastidioso! Insomma, era proprio duro di comprendonio. Cosa doveva fare, per fargli capire che lui non le interessava?!? Niente! Non c’era verso.

- Se non te la senti di sciare, posso rimanere qui a farti compagnia, Higurashi – continuò imperterrito Hojo.

La ragazza inorridì internamente: - NO! – le uscì d’impeto – Emh… no, no, ti ringrazio, Hojo. Non preoccuparti per me, vai pure a divertirti. Io… ah, sì, vi aspetto al bar accanto al noleggio sci, eh? – gli rispose.

Sango la guardò dubbiosa: - Sicura di cavartela, Kagome-chan? – le domandò – Se vuoi, posso tentare di insegnarti almeno come frenare, così, pian piano, puoi comunque seguirci – le propose.

A seguito dell’ennesima rassicurazione e rifiuto di continuare a sciare dell’amica, Sango cedette, dirigendosi con Ayame e gli altri verso gli impianti di risalita.

Kagome aspettò che gli amici sparissero dalla sua visuale, salutandoli con la mano guantata per poi girare faticosamente su se stessa.

Dannazione! Si era dimenticata di chiedere a qualcuno dei suoi amici di aiutarla a togliersi quei maledetti cosi dai piedi, prima di farli tornare sulla pista da sci!

Con non poca difficoltà riuscì faticosamente a raggiungere la piccola zona ristoro accanto al noleggio, senza cadere, spinta dall’allettante prospettiva di bersi una bella cioccolata calda.

Purtroppo, però, per poter entrare, avrebbe dovuto togliersi gli sci.

“Porca miseria, e adesso?” pensò, frustrata.
Tentò di chinarsi, ma finì per perdere il suo già precario equilibrio, ruzzolando malamente nella neve e rischiando di picchiare la testa contro un gradino.

Era un vero disastro, accidenti! Stupidi sci e stupida neve!

Facendo leva con le racchette da sci, riuscì miracolosamente ad alzarsi da sola.

Il problema principale però rimaneva.

Imbarazzata, si fece coraggio e si risolse a chiedere un favore alla prima persona che le fosse passata accanto.

In quel preciso istante un giovane uscì dal piccolo negozio di noleggio sci, un caffè mezzo bevuto in una mano e gli sci in spalla, salutando la ragazza che dirigeva l’esercizio: - Grazie del caffè, Keiko. A dopo -.

InuYasha finì il caffè caldo in tre rapide sorsate, per poi gettare il contenitore di carta nel cestino dei rifiuti.

Le sue sensibili orecchie canine captarono una flebile voce: - Emh… mi scusi? Potrebbe gentilmente darmi una mano? -.

Voltandosi, si trovò davanti una ragazza conciata come un confetto, che sembrava sul punto di perdere l’equilibrio da un momento all’altro.

Il mezzodemone alzò un sopracciglio, scettico: - Più che una mano, ti servirebbe un miracolo, confettino! Non hai mai sciato in vita tua, vero? -.

Kagome lo fissò, sconcertata. Come l’aveva chiamata?!? Confettino?!?

Arrossì, riuscendo però a replicare: - Quello lo so anche io! Volevo solo chiederle se poteva aiutarmi a togliere questi affari -.

Il giovane sbuffò: - Gli “affari” si chiamano sci, ragazzina! Ah, dannati principianti incoscienti – borbottò, appoggiando però i propri sci contro la parete, raggiungendola in un paio di rapide falcate per poi chinarsi ai suoi piedi – Tenta di stare in equilibrio ancora qualche secondo, eh? – le disse.

Le ultime parole famose: Kagome si sbilanciò in avanti, riuscendo fortunatamente ad appoggiare i palmi delle mani sulle ampie spalle del giovane.

Lo sentì sussultare e poi sbuffare, agguantandola per i fianchi e rimettendola dritta.
Nel giro di pochi istanti fu libera dalla costrizione degli sci.

Imbarazzata per essersi appoggiata a quell’aitante sconosciuto, la ragazza scattò indietro balbettando un ringraziamento, rischiando però di scivolare ancora, questa volta di schiena.

InuYasha però la agguantò prontamente per un gomito: - Ehi, miss equilibrio. Ti do un consiglio: lascia perdere, o finirai per ammazzarti o finire in qualche crepaccio – la schernì, tornando velocemente sui suoi passi e facendo per andarsene dopo essersi rimesso in spalla i suoi sci.

Kagome rimase sgomenta. Come?!? Che razza di… cafone! E poi… l’aveva chiamata ragazzina?! Aveva 25 anni, era una donna, lei, non una ragazzina!

- Ah, e ti consiglio di toglierti anche quella tuta. O almeno di non prendere cappello, sciarpa e guanti dello stesso colore, la prossima volta. Sembri un maxi confetto rosa, così conciata – la schernì, prima di calcarsi bene una cuffia sulle orecchie ed allontanarsi con un – Ciao, ragazzina, non farti male -.



Una mezz’ora più tardi, Kagome rientrò in albergo, ancora imbufalita.

Per colpa di quel tizio cafone e arrogante non era riuscita a godersi la sua cioccolata come avrebbe voluto. Aveva così deciso di ritornare in camera e magari farsi una doccia bollente o, meglio ancora, concedersi un bel bagno caldo nella piccola spa di cui la struttura alberghiera era dotata.

Alla reception incontrò il volto sorridente di Shiro, il ragazzo di cui era invaghita, e ciò bastò per rallegrarle la giornata, proprio come fa un raggio di sole improvviso che riesce ad oltrepassare la coltre di nubi di una giornata uggiosa.

I due ragazzi conversarono amabilmente per alcuni minuti con frasi di circostanza, sul tempo, la neve, se la ragazza ed i suoi amici si trovassero bene lì, eccetera. Kagome si era limitata a balbettare qualcosa ed arrossire.

L’arrivo del proprietario dell’albergo, nonché padre del ragazzo, pose fine al momento.

Salutando educatamente i due, la ragazza si era affrettata a ritirarsi nella sua camera singola.
Non era stata una grande idea partire in compagnia di due coppie di fidanzati e… mai e poi mai avrebbe diviso la stanza con Hojo! Avrebbe dormito volentieri sul balcone, al freddo, piuttosto! 


Il resto della giornata passò in fretta, il buon umore degli amici fu un balsamo per il suo nervosismo e, quella sera, Kagome andò a dormire, felice ed elettrizzata.

Il giorno successivo sarebbe stato infatti Natale, festività occidentale che i giapponesi avevano trasformato nel giorno in cui dichiararsi alla persona amata.

La sera del 25 inoltre, l’albergo aveva organizzato una specie di banchetto per festeggiare, servendo cena a buffet, non prima di un bell’aperitivo. E, per l’occasione, Kagome aveva portato con sé un vestito davvero carino, per far colpo sul bel collega di studi.

Sì, l’indomani sarebbe stato il giorno in cui avrebbe confessato a Shiro i propri sentimenti!



25 dicembre, ore 10.


- Che cosa?! Ma perché? Ok, ho accettato di riprovare a sciare, ma non vedo perché ingaggiare un maestro di sci! Avrebbe potuto insegnarmi Sango! – piagnucolò Kagome la mattina del giorno dopo.

- È stata un’idea di Hojo, a dire il vero. Per evitare che tu ti facessi male! – precisò Koga – Inoltre non sarebbe male nemmeno per me, correggere eventuali errori nel mio modo di sciare – considerò il demone.

- Dai, Kagome! – esordì Ayame dandole una forte pacca sulla spalla che la fece quasi ribaltare - Pensa se poi il maestro di sci fosse giovane e carino! Potrebbe scattare la scintilla! – affermò gioviale.

L’amica la guardò torva e la rossa sospirò: - uff! lo so… c’è Shiro. Però ti dirò, Kagome, che quel tipo mi pare… sciapo. Un po’ come Hojo, ecco! E si comporta da… amicone e basta! – ammise con sincerità.

- Aya! – sibilò tra i denti Sango, disapprovando la franchezza dell’amica. Era d’accordo con lei, in realtà, ma sapendo quanto Kagome avrebbe potuto restarci male, si era ben guardata dal dirglielo.

Kagome si intristì, abbassando il viso e dando loro le spalle, risentita.

- Higurashi! Ragazzi! Eccoci! – gridò Akitoki da lontano, facendo sì che alcuni sciatori presenti si voltassero a fissare interrogativamente il gruppetto di amici.

- Si può sapere chi ha avuto la brillante idea di invitare anche il damerino? Che vergogna, accidenti! – brontolò Koga, imbarazzato.

- Emh… in realtà nessuno! Deve averci sentito mentre organizzavamo e, visto che Rin non è potuta venire, si è auto invitato per colmare il posto vacante, credo – gli rispose Miroku.

- Ah! Che sfiga! Quello ancora crede di poter conquistare Kagome. Povera ameba illusa! – sentenziò il demone lupo.

All’improvviso Ayame lo baciò sulla guancia.

- Ehi! Ti è dato di volta il cervello, donna? Che ti salta in testa! -.

La fidanzata gli sorrise: - Nulla! Ero solo fiera di te, orgogliosa della tua arguzia in fatti di cuore e… che tu sappia cosa sia un’ameba! – ironizzò la giovane, beccandosi un’occhiata offesa dal compagno.

Intanto Hojo era arrivato da loro, insieme al maestro di sci.

Kagome, ancora di cattivo umore, rimase girata ad osservare distrattamente il paesaggio, almeno finché non sentì qualcuno dire: - Oddio, no! Il confettino no! È una battaglia persa in partenza! -.

A quelle parole si girò di scatto, incredula: - T-tu? E smettila di chiamarmi così! Non sono un confetto! Kagome! Il mio nome è Ka.go.me, razza di antipatico! – sibilò la ragazza.

Akitoki la fissò stranito, non avvezzo a vedere quella leggiadra e fine ragazza che era Higurashi preda di un simile attacco d’ira. – Vi conoscete, per caso? – domandò.

InuYasha sbuffò, ironico: - Nah! L’ho solo aiutata ieri a non sfracellarsi al suolo -.
Tornò però subito serio e professionale: - Sono InuYasha Taisho, e per oggi sarò il vostro maestro di sci – si presentò – A parte lei, voi come siete messi? Sapete già sciare o siete al livello della ragazzina qui? – domandò, per poi correggersi subito, di fronte all’occhiata di fuoco della “ragazzina” in questione – Di Kagome. Volevo dire Kagome. Contenta?!? –.

- Emh… molto piacere, InuYasha. Io sono Sango. E loro sono Ayame, Koga, Miroku ed Hojo, ovviamente. Riguardo al nostro livello di abilità sugli sci, direi che ce la caviamo discretamente, a parer mio, ma lasceremo giudicare a te – gli sorrise Sango.

InuYasha annuì: - Bene, allora! A due a due, fatemi vedere cosa sapete fare! Salite in cima alla discesa con l’impianto di risalita e poi tornate qui – disse loro.

- Tsk! E tu che fai, rimani qui impalato come un merluzzo a non fare niente? Ma fammi il piacere. Come farai a osservarli bene, se stai così lontano? Siamo sicuri che ce l’hai davvero, la licenza di maestro di sci? – lo stuzzicò Kagome, sotto lo sguardo sbalordito degli amici.

Non era proprio da lei essere da subito così ostile.

Il mezzodemone le rivolse un’occhiataccia: - Non ti fidi, ragazzina? Bene, allora! Sta a vedere! – la spiazzò InuYasha, sistemandosi gli sci e sfrecciando verso l’impianto di risalita a seggiolini.

Kagome smucciò, scettica, ma nel giro di un quarto d’ora dovette ricredersi: era bravissimo! Sciava in modo fluido, con stile sicuro e tecnica impeccabile.
Nel giro di poco, aveva corretto le piccole imperfezioni di Sango e dato validissime indicazioni a tutti gli altri.
Aveva però lasciato Kagome per ultima, sapendo che con lei bisognava partire dalle basi.

- Allora, Kagome. Pronta per iniziare? Vieni con me – le disse, iniziando ad avviarsi verso un angolo tranquillo della pista.

Non fece però molta strada, visto che la ragazza era caduta immediatamente, solo tentando di girarsi nella sua direzione!

Divertito, la osservò sbuffare ed imbronciarsi sempre di più dopo alcuni vani tentativi di rimettersi in piedi da sola.

Sospirando, la raggiunse: - Attaccati qui – le disse, porgendole il manico di uno dei suoi bastoni per aiutarla a far leva e tirarsi su.

Kagome lo fissò truce, credendo che la stesse prendendo in giro per l’ennesima volta, ma dovette ricredersi nel constatare che lui era perfettamente serio.
- Emh… i-io… o-ok – gli rispose, afferrando di riflesso l’estremità che le veniva porta.

In men che non si dica e come se pesasse quanto una piuma, il giovane l’aveva tirata in piedi con un semplice movimento del braccio.

Una volta sistemata, rigorosamente da fermi, la postura della giovane, riuscì a farla spostare dal punto trafficato della pista, sciando all’indietro per poter osservare bene i movimenti goffi di lei.

- Schiena dritta, Kagome. Non piegarti troppo in avanti su te stessa; pensa a quando cammini, non ti ingobbisci come un Oni traballante, no? Resta dritta e non pensarci troppo, sii naturale -. 

Le spiegò i movimenti basilari, in primis il metodo base per frenare: - Devi spostare il peso un po’ in avanti e inclinare i piedi, fino a formare una sorta di triangolo davanti a te con gli sci… senza farli incrociare, ovviamente! – la sgridò – Bene, facciamo una piccola prova – ordinò perentorio, conducendola verso un piccolissimo pendio.
- Dai, forza. Prova da sola – la incitò, allontanandosi di un paio di metri.

La giovane però lo fissò, timorosa e il mezzodemone alzò gli occhi al cielo: - Dai, ragazzina paurosa! È solo la discesa per far fare pratica ai marmocchi! Non dirmi che hai paura, eh? – la punzecchiò.

Kagome arrossì, ma si decise a buttarsi. Purtroppo, non appena tentò di frenare, le si incrociarono gli sci e ruzzolò.

- Oh cielo! Imbranata! – sussurrò il giovane.

Lei dovette averlo sentito, perché, ancora seduta nella neve, aprì la bocca per ribattere.

Il maestro di sci però la precedette, tornando serio: - Ok, va bene. Tirati su da sola come ti ho insegnato -.

Pecca del cattivo equilibrio a parte, InuYasha dovette ammettere che la ragazza imparava in fretta, superata l’iniziale diffidenza.

Col secondo tentativo riuscì ad arrivare in fondo alla discesina. Tuttavia Kagome non frenò a sufficienza, finendo per schiantarsi contro InuYasha che però la sostenne senza sforzo, frenandola contro il suo petto.

Con un leggero imbarazzo, proprio come il giorno precedente, la ragazza si scansò da lui, arrossendo, ammettendo con se stessa che il giovane aveva davvero un fisico solido.

Prendendola per le spalle, il mezzodemone la rimise diritta, commentando con un – Non male. Riprova e, questa volta, inizia a frenare un po’ prima -.

La giovane arrossì appena, vedendolo stirare le labbra in una parvenza di sorriso di incoraggiamento.

Dopo un altro paio di prove, il maestro si ritenne soddisfatto dei progressi dell'allieva.
- Bene! Adesso proviamo a farci una sciata come si deve, ti va? – le propose, ammiccando con la testa verso l’impianto di risalita.

La ragazza però lo guardò intimorita.

- Coraggio, ci sono io, con te. Sono qui per insegnarti, no? -.

- Sì, però… a me fan paura anche le altezze, e quei seggiolini non mi sembrano poi molto sicuri – cincischiò lei.

- Poppante fifona! Non avrai paura, ragazzina? – la provocò il mezzodemone, ottenendo il risultato sperato.

Kagome infatti si adombrò e decise di dimostrargli che sbagliava!
L’impeto di coraggio iniziale però scemò non appena furono in cima alla pista.

“Oh mamma! Aiuto!” pensò la giovane.

- Bene, Kagome. La cosa importante qual è? – le chiese ancora lui.

- Frenare. Frenare per tempo. E non andare giù a razzo. Scendere piano. Con calma – gli rispose, facendo per voltarsi verso di lui.

Quel movimento, però, la fece sbilanciare all’indietro e rischiò di cadere.

Il mezzodemone la agguantò prontamente: - devi fare qualcosa per questo tuo non-equilibrio. Sicura di non soffrire di labirintite? – la punzecchiò per l’ennesima volta, ottenendo in cambio una linguaccia.

Alla fine, anche grazie alla pazienza del maestro di sci, la ragazza riuscì a completare incolume la discesa e, soprattutto a non investire nessun altro sciatore.

A quanto sembrava, il suo problema era quello di riuscire a stare in equilibrio specialmente da ferma e le palle di neve che ogni tanto Ayame le lanciava per dispetto, non erano certo di aiuto.

La mattinata trascorse tutto sommato piacevolmente, tra gare di velocità tra Sango, Koga ed InuYasha e gli scherzi di Miroku al pover Hojo.

Erano ormai quasi le undici e mezza, quando l’aitante maestro di sci si congedò dal gruppo di ragazzi: - È stato un piacere, tutto sommato – scherzò InuYasha – I miei complimenti, miss confetto, te le sei cavata! Pensare che ero già pronto ad andarti a prendere uno slittino, all’inizio! -.

- Oh per tutti i Kami! La vuoi piantare di chiamarmi così?! – sbottò la ragazza, ma uno dei soliti inopportuni interventi di Hojo raggelò l’atmosfera giocosa:

- Uno slittino, eh? Caspita, non è una cattiva idea! Sarebbe sicuramente meno pericoloso e si eviterebbero possibili strappi muscolari, botte e cadute! Non sei d’accordo, Higurashi? – sentenziò guadagnandosi l’occhiata scettica e basita dei presenti.

- Oh Kami, vi prego, sopprimetelo! – borbottò Koga, senza farsi sentire, portandosi una mano a coprirsi il viso.

InuYasha si trattenne a stento dal ridacchiare al commento del demone lupo: - Bene, vi lascio tornare in albergo per il pranzo. Buona permanenza – li salutò.



Quaranta minuti dopo, il mezzodemone entrò nella hall dell’albergo, dirigendosi spedito alla reception e oltrepassandola senza indugio.

Nella piccola stanza che fungeva da ritrovo e guardaroba del personale dell’hotel, incontrò l’anziana Kaede, storica cuoca della struttura che, a causa dell’età avanzata, fungeva ora da supervisore nelle cucine.

- Ehilà, giovanotto! Già finito di lavorare, oggi? - gli domandò, vedendolo senza tuta da sci, fresco di doccia e con un normalissimo maglione di lana, pantaloni felpati e scarponi da neve.

Effettivamente per il pomeriggio nessuno lo aveva richiesto come insegnante; probabilmente anche in vista dell’evento di quella sera, i turisti avevano optato per rilassarsi nella spa o visitare il centro abitato poco lontano, facendo shopping.

Così il giovane si era recato nel piccolo chalet isolato in cui abitava, a metà strada tra l’albergo e il paese, per cambiarsi. Avendo però la dispensa quasi vuota, si era visto costretto a tornare all’albergo, per scroccare qualcosa per pranzo e ritirare il proprio compenso della settimana, così da potersi recare il giorno successivo a fare la spesa.

Il mezzodemone fece un’alzata di spalle, agguantando il pranzo e sedendosi in un angolo.

Restò con l’anziana una buona ora, aiutandola a fare l’inventario della dispensa, appuntando su un foglio ciò che sarebbe servito. Non sarebbe stato propriamente il suo compito, quello, tuttavia, visto che il resto del personale era impegnato in sala da pranzo, non gli pesò aiutare la donna che per lui era come una nonna.

Kaede aveva sempre fatto tanto per lui, fin da bambino, aiutandolo nei momenti difficili come la morte dei genitori e ciò che accadde con… scrollò la testa, rifiutandosi di ripensare a quei fatti tanto dolorosi.

Terminato il compito, stava per proporre a Kaede di bersi una bella tazza di tè bollente quando una voce nota proveniente dalla reception attirò la sua attenzione: - C’è nessuno? Scusate? Avrei bisogno di un’informazione -.

Il giovane lasciò che fosse Kaede ad andare a vedere cosa volesse, non trattenendosi però dal dare almeno un’occhiata senza farsi vedere, rimanendo con tanto d’occhi.

“Però! La tutona da confetto non le rende affatto giustizia!” fu il suo pensiero semicoerente, nell’ammirare Kagome vestita di un semplice dolcevita di lana rosso, jeans stretti che facevano risaltare le sue forme sinuose e scarpe da ginnastica. A darle un’aria sbarazzina contribuiva anche l’aver raccolto i vaporosi capelli corvini in una morbida coda. Carina. Era davvero carina, molto.

- Dimmi pure, cara! – le sorrise Kaede.

- Salve. Ecco, i miei amici vorrebbero fare un salto in paese per fare un giro per negozi. C’è la possibilità di affittare un’auto, per caso? – le chiese.

- Certo, cara! Anzi, dato che non siete di certo gli unici ad avere tale esigenza, l’albergo è solito preparare alcuni pullmini per i clienti. La partenza dovrebbe essere tra circa… umh… mezz’ora, alle 14, con rientro alle 18. Quanti posti vi servono, cara? Sei? -.

Kagome annuì, sobbalzando nel notare InuYasha fermo in un angolo.
Realizzando di essere stato scoperto a fissarla, lui distolse velocemente lo sguardo.

- Kagome! Ciao! – la salutò Shiro, arrivando in quel momento.

Il sorriso sulle labbra della ragazza si congelò non appena, voltandosi, notò il giovane mano nella mano con una ragazza. Chi era, quella lì?

- Tutto bene? Ho sentito che anche voi verrete a fare un giro per negozi. Bene! Ci pensiamo io e Keiko ad organizzare i pullmini, vero, tesoro? – aggiunse il ragazzo, voltandosi appena verso la sua accompagnatrice.

Quel nomignolo fece perdere un battito al cuore della povera Kagome.

Tesoro? Chi era, quella? E perché stavano così vicini, come se…

Notando lo sguardo attonito della corvina, la ragazza le sorrise, presentandosi: - Così tu saresti Kagome, la sua compagna di università. Piacere di conoscerti, io sono Keiko, la sua fidanzata -.

Fidanzata.

Quella parola fu come una pugnalata al cuore.

Fidanzata.
Lui aveva una fidanzata.

Come… no, non poteva essere vero! Era un incubo, solo un maledetto incubo. Lui non ne aveva mai parlato e… allora… gli sguardi gentili, le premure.. si era immaginata tutto? Se lui era fidanzato, allora lei, per lui non…

Non sapendo nemmeno come, riuscì a ricambiare la stretta di mano della ragazza, fissando però Shiro, ad occhi sgranati, come in cerca di spiegazioni.

Fu Keiko a parlare: - Sai, quando mi ha confidato di essersi fatto un’amica, all’università, ammetto di essere stata molto gelosa. Avevo paura che mi tradisse. Però poi mi ha assicurato che la vostra era solo una forte amicizia e nient’altro. Gli è andata bene, eh? Perché, visto che stiamo insieme da anni, se avessi scoperto che mi tradiva… non l’avrebbe passata liscia! – scherzò la giovane – ora, però, dopo averti conosciuta, sono davvero tranquilla. Ha un cuore d’oro, il mio amore, vero? È stato davvero molto carino nel suggerirvi come meta delle vacanze il suo albergo, visto che aveva intuito che foste incerti su dove andare – concluse, provocando in Kagome il colpo di grazia finale.

Stupida. Era stata una vera stupida. Si era immaginata tutto.

Sentì a malapena la voce di InuYasha brontolare: - Cosa?!? Ehi, Keiko! Guarda che non puoi prenderti il pomeriggio libero come ti pare! E il banco del noleggio sci? -.

Ecco dove aveva già visto quella Keiko. Era la tizia del noleggio!

- Oh beh, effettivamente.. stavo appunto per chiederti di sostituirmi, Inu! Non hai appuntamenti per oggi, dopo tutto, no? Ti preeegoo! – gli rispose quella.

- Che?!? Col cavolo! Te lo sogni! Feh! – fu la replica del mezzodemone.

Mentre i tre continuavano a parlare tra loro sotto lo sguardo amorevole di Kaede, Kagome si allontanò senza farsi vedere, con l’intenzione di rintanarsi in camera.

Prima, però, passò dalla sala ristoro in cui gli amici la attendevano, per informarli sui pullmini e avvisandoli di non sentirsi in forma, motivo per cui sarebbe rimasta in albergo.

Alla notizia, Hojo, tentò in tutti i modi di restare a farle compagnia, ma Sango, intuendo che fosse successo qualcosa, lo fece desistere, facendosi ovviamente promettere dall’amica che, al loro ritorno, Kagome si sarebbe confidata con lei.



Erano circa le 15 e 30.

Kagome, stesa supina sul letto, guardava il soffitto.

Si sentiva come svuotata e non aveva avuto nemmeno la forza di piangere.
Era amareggiata, tanto. E continuava a darsi mentalmente dell’idiota visionaria.

Sbuffò, stanca, e decise di farsi un giro nell’albergo, confidando che non avrebbe potuto incontrare né Shiro né, tanto meno, la sua fidanzata.

Girovagando, finì per imbattersi in Kaede.

Vedendola giù, la donna si offrì di farle compagnia, chiacchierando un po’, proponendole il rimedio perfetto per ogni tristezza: la sua famosa cioccolata calda con panna!

Rinfrancata dalla bevanda e dalla cortese ma non invadente presenza della donna, la ragazza si perse ad osservare il paesaggio innevato fuori dall’ampia vetrata, sobbalzando quando una figura ben nota entrò nella sua visuale, brandendo una pala da neve.

Vedendolo, Kaede si affrettò ad avvicinarsi alla finestra, evitando di aprirla e limitandosi a bussare contro il vetro per attirare l’attenzione del ragazzo, certa che l’avrebbe udita ugualmente: - InuYasha! Potresti liberare dalla neve anche il passaggio della porta posteriore delle cucine, per favore? E spalare anche davanti alla porta della ghiacciaia. -.

Al cenno di assenso di lui, la donna li sorrise, ringraziandolo: - Sei un tesoro, caro ragazzo! Io intanto ti preparo il solito infuso caldo, per quando tornerai dentro, eh?-.

Dopo di che tornò da Kagome, sospirando intenerita: - Povero ragazzo, quante cose brutte, ha dovuto passare. Se solo si sforzasse di essere un po’ meno burbero e la smettesse di voler stare sempre da solo – sussurrò tra sé, ottenendo però lo sguardo incuriosito della giovane.

Passò un'altra mezz’ora.

L’animo di Kagome si era un po’ rasserenato dalla delusione, anche se, ora, iniziava a paventare il momento in cui avrebbe dovuto dare alle amiche le dovute spiegazioni del motivo del suo stato d’animo.

Si riscosse, avvertendo Kaede sbuffare.

Notando come l’anziana donna stesse tentando con fatica di aggiungere un ciocco di legno al camino, corse ad aiutarla. Maldestra come sempre, però, finì per conficcarsi una scheggia in un dito.

In quel preciso istante, InuYasha entrò nella sala, scuotendo le orecchie intirizzite ed avvicinandosi al fuoco, mentre Kaede si apprestava a portargli una bevanda calda.

- Ehi, che hai combinato, ragazzina? – chiese a Kagome.

- N-niente. Una scheggia di legno – brontolò lei, nascondendo la mano.

Il ragazzo sbuffò  dirigendosi nell’altra stanza e tornando poco dopo brandendo un piccolo ago da cucito e un flaconcino di disinfettante: - Fa vedere, avanti. Siediti qui – le disse, ammiccando verso il tavolo della sala precedentemente occupato dalla giovane.

Pazientemente le tolse la scheggia disinfettandole poi il dito.

Kagome, dal canto proprio, si limitò ad osservarlo in silenzio, intimidita. Era davvero un bel ragazzo e il suo essere mezzodemone lo rendeva affascinante: non aveva mai visto delle iridi di quel colore, ambrate, calde e poi, quelle orecchiette erano così dolci!

- Ecco qui, InuYasha, una bella tazza di tè caldo – esordì Kaede, tornando da loro – Tutto bene, cara? – domandò alla ragazza – Scusatemi, ma vi lascio soli un momento. Devo andare a controllare come procedono le cose per la cena di stasera. Deve essere tutto perfetto! Verrai anche tu, vero, ragazzo mio? Non ti azzardare a fare l’eremita o ti vengo a prendere! – lo minacciò.

Il giovane alzò gli occhi al cielo e Kagome sorrise, mesta.

Già, la festa di quella sera… tanta fatica per cercare il vestito perfetto e poi…
Nulla, solo sogni infranti ed una cocente delusione.

Il cellulare che la ragazza teneva in tasca trillò e lei si affrettò a rispondere, allontanandosi un momento: “Ehi, Kagome! Tutto bene? Senti, noi stiamo già tornando, i ragazzi erano stufi e non c’era nulla di interessante, in quei negozi!” le disse Sango “E poi, senza la nostra pazza amica ci stavamo annoiando!” continuò, facendo sorridere la ragazza.

Le sue amiche erano le migliori!

- Oh, beh, ovvio! Senza di me siete perse! – ironizzò la giovane – Quindi? Vi aspetto nella hall? -.

“Sì, e che ne diresti di concederci un buon bagno termale, prima di farci belle per stasera?” le propose “Ehi, Miroku! Piantala di fare quella faccia da porco maniaco! Se provi a sbirciare, te la vedrai con me, amore mio!” la sentì sibilare.

“L’alta opinione che hai di me mi ferisce, Sanguccia! Non avevo certo intenzioni voyeuristiche…” sentì dire in sottofondo dalla voce dell’amico. 

Kagome ridacchiò. Miroku era sempre il solito!

- Ok ragazzi, allora a tra poco! – concluse la ragazza, riagganciando e lasciando la coppia ai consueti battibecchi.

Ritornando nella sala, si fermò un istante a contemplare la figura di InuYasha, rimasto solo nella stanza.

Stranamente impacciata, gli si avvicinò, notandone l’espressione assorta, quasi triste.

- Emh… io… io vado nella hall. A quanto pare, i miei amici stanno già tornando e… beh, allora… a stasera, InuYasha. Se ci sarai, ovviamente – riuscì a dire.

Il mezzodemone si irrigidì per un momento, a causa della sorpresa di quel “a stasera”. Si riprese però quasi immediatamente, sfoderando un ironico ghigno: - Ah, allora ci andrai? Non mi sembravi molto in vena di festeggiare, fino a poco fa. Te ne stavi tutta mogia a rimpinzarti di cioccolata -.

La ragazza si inalberò: - Scusa tanto, eh, se ho scoperto proprio oggi che il ragazzo a cui credevo di piacere, in realtà è fidanzato e mi ha sempre considerata solo un’amica! – sbottò, arrossendo subito dopo nel realizzare di aver appena  spiattellato i fatti propri a quel… quel… antipatico, borioso, saccente, bellissimo, affascinante…

“Un momento! Bellissimo? Affascinante? Che cavolo vado a pensare, accidenti!” si sgridò, stupita dalle sue stesse riflessioni.

- Feh! Ovvio che nessuno ti trovi interessante, se te ne vai in giro conciata come un confetto! – la punzecchiò di nuovo lui.

Era strano. Gli veniva naturale stuzzicarla in quel modo. Era… divertente, vederla inalberarsi e offendersi per quelle stupidaggini!

- Argh! Sei… sei… odioso! Basta, me ne vado! – sibilò Kagome, dandogli le spalle.

Era ormai giunta oltre la porta della saletta, quando la voce di InuYasha la raggiunse, lasciandola stranita: - A stasera, Kagome -.




Salve a tutti e buon Capodanno ^^
E.. niente. Tutto questo in origine avrebbe dovuto essere una shot, incentrata sul Natale (seh, aspetta e spera -.- quello dell'anno prossimo, a questo punto) ma per Natale non ho fatto in tempo... ^^' Inoltre, niente da fare, son prolissa ^^ quello che doveva essere il punto centrale dell'ipotetica shot è ahimè ancora lontano T_T 
Ergo, dato che ne stava uscendo una storia infinita, finirà per essere una mini long di 2, massimo 3 capitoli ^^'
Il resto è work in progress e, di questo passo, mi sa che farà in tempo ad arrivare la befana -.-  *sigh*
E.. beh, continua XD 
Alla prossima.

Ne approfitto per farvi gli auguri di Buon Anno ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



25 Dicembre, ore 19.50.


Kagome rimirò assorta la propria immagine riflessa nello specchio a figura intera appeso all’anta dell’armadio.

- Wow, Ka-chan, sei uno schianto!!! Quell’idiota rimarrà con un palmo di naso, nel vedere cosa si è perso! – malignò Ayame, abbracciando l’amica da dietro dopo aver finito di sistemarle i capelli in un grazioso chignon morbido, lasciando però alcune ciocche ondulate ad arte ad incorniciarle il viso.

 Quando aveva raccontato alle amiche della scoperta di quel pomeriggio riguardo a Shiro, Ayame aveva scatenato il finimondo e solo il fatto che Koga l’avesse trattenuta con la forza, le aveva impedito di andare da quel cretino e spaccargli il muso.

Fortunatamente Sango era riuscita infine a calmare gli animi ed aveva convinto Kagome a partecipare ugualmente al buffet di quella sera: - Chissenefrega di quello là! Avanti, scaccia la delusione con una bella serata di festa. Su col morale, pensa solo a divertirti! Ci siamo noi con te e ti dimenticherai di lui in men che non si dica vedrai, tesoro. E poi hai comprato apposta questo bel vestito, no? Non vorrai lasciarlo tutto solo nell’armadio! – le aveva detto.

La ragazza si osservò ancora per bene. In effetti quel vestito lungo nero l’aveva conquistata fin da subito, facendola sentire bella ed affascinante. Era semplice, niente di eccessivamente provocante, anzi, molti lo avrebbero definito quasi banale, se non fosse stato per il dietro che le lasciava parte della schiena scoperta ad eccezione delle scapole, coperte da un leggero strato di velo nero semitrasparente.

- Siete pronte? – domandò loro Koga, bussando alla porta chiusa della stanza che lui divideva con la demone lupo ma che, per l’occasione, era stata invasa dalle tre ragazze, costringendo il giovane ad andare a cambiarsi nella camera di Miroku e Sango.

- Arriviamo! – gli fece eco Ayame, finendo di passarsi il mascara.

Kagome prese un respiro profondo, afferrando il coprispalle rimasto sul letto. Lo indossò, completando il tutto con una spruzzata del suo profumo preferito e una fine collana con il ciondolo a goccia, giusto per dare un punto luce.

Quando uscirono dalla stanza, i ragazzi rimasero a bocca aperta.

- Sei spettacolare, tesoro! – disse Koga alla sua Ayame, facendole il baciamano – Il verde ti dona, è perfettamente in tinta con i tuoi magnifici occhi – si complimentò, facendola arrossire.

- Oh, Sango adorata, tu mi farai morire! – esordì invece Miroku.

- È ciò che spero! – lo punzecchiò la ragazza, ridendo sotto i baffi.

Forse aveva esagerato, lo sapeva, ma non aveva resistito nel mettere alla prova il suo amato libertino. Inoltre, grazie a quel corto vestito rosso che le fasciava le curve come una seconda pelle, sperava che il giovane, quella sera, avesse occhi solo per lei. E, dal modo con cui la stava quasi spogliando con lo sguardo, l’obiettivo sembrava essere stato raggiunto.

Rimasto in disparte, Hojo, ingessato nel suo completo elegante, si schiarì la voce: - Non vi sembra di aver esagerato, ragazze? Siete un po’ troppo scollat- auch! – si lamentò.

Kagome infatti, nel passargli a fianco, gli aveva volutamente pestato un piede, infilzandolo con il tacco.

Ayame alzò gli occhi al cielo: “E tu vorresti conquistare Kagome, razza di bigotto?” pensò maligna mentre si avviava verso il salone dell’albergo sottobraccio a Koga.



L’atmosfera di festa era palpabile.

Gli ospiti dell’albergo si erano radunati nella grande sala, chi conversando amabilmente, chi avventandosi sull’appetitoso buffet, chi fiondandosi direttamente al tavolo degli alcolici.

Una ragazza però se ne stava in disparte, giocherellando distrattamente con il bicchiere di spumante che un cameriere le aveva servito.

Era passata poco meno di un’ora e già si stava annoiando a morte.

Finalmente era riuscita a sfuggire alle assillanti chiacchiere senza senso di Akitoki che, non lasciandole un secondo di tregua, l’aveva quasi monopolizzata, facendole perdere di vista le amiche.

L’arrivo di Shiro e fidanzata, poi, raggiante ed arpionata al braccio del ragazzo come un polipo, aveva scombussolato quel poco di spensieratezza che l’animo di Kagome aveva riacquistato.

La giovane sospirò, osservando la neve cadere oltre una delle grandi finestre.

Dall’altro lato della sala, invece, un burbero maestro di sci di nostra conoscenza, non le aveva ancora tolto gli occhi di dosso.
Quando l’aveva vista fare il suo ingresso, gli era quasi mancato il fiato. Era… era… meravigliosa. Bellissima.

Nonostante avesse tentato in tutti i modi di simulare indifferenza, inconsciamente non aveva smesso nemmeno per un istante di cercarla tra i presenti.

Stufa, Kagome decise di darsi una mossa e di seguire il consiglio di Sango. Basta con la tristezza! Doveva divertirsi!

Per questo, si avviò verso il buffet, davanti al quale avvistò Koga, intento a riempirsi il piatto.

- Oh, tsao, Kaome! – la salutò, bofonchiando con la bocca piena.

L’amica gli sorrise, rimproverandolo: - Ciao a te, mangione. Dimmi un po’, stai facendo scorta per l’inverno? Non sapevo che i lupi andassero in letargo – scherzò, contemplando il piatto stracolmo di ogni ben di dio che il giovane teneva in mano.

- Spiritosa! Le ragazze sono sparite ed io mi stavo annoiando, quindi mi sono gettato sugli approvvigionamenti, che male c’è? -  le rispose – Beh, io vado a sedermi, eh? Siamo a quel tavolo laggiù – la informò – Ah, e non ti preoccupare: Miroku sta tentando di far bere l’ameba, così da metterlo fuori gioco per un po’. Speriamo solo che non gli venga la sbornia triste! – ridacchiò, facendole l’occhiolino.

La giovane ridacchiò a sua volta mentre il demone lupo tornava al tavolo.

Di nuovo sola, volse la propria attenzione al tavolo dei dolci. Umh, quella torta di frutta aveva un aspetto davvero delizioso…

Una voce lievemente sarcastica proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare: - Ma guarda! Ed io che credevo che le ragazze fossero attente alla linea! Oggi pomeriggio la cioccolata, ora la torta? – le disse InuYasha.

Inaspettatamente un sorriso si delineò sulle labbra di Kagome. Quel gioco di continuare a punzecchiarsi le stava stranamente iniziando a piacere.

Non appena si voltò, pronta a ribattere, però, le parole le morirono in gola: la voce era sicuramente la sua, ma… chi era quel bel ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi profondi come la notte vestito di una semplice camicia bianca con i primi bottoni lasciati aperti, pantaloni scuri e scarpe eleganti?

- Emh… I-inuYasha? Sei tu? – riuscì a chiedergli.

- No, sono il suo gemello umano cattivo! Secondo te, ragazzina?!? – la prese in giro, gongolando nel vederla gonfiare le guance – Beh, vedi… è una lunga storia, una cosa da mezzodemoni e da notti di Luna Nuova – fece, misterioso.

- Sì, certo, certo – sbuffò Kagome, avvicinandosi alla torta per farsene servire una porzione: - Vuoi qualcosa anche tu, signor “gemello umano cattivo del signor mezzodemone maestro di sci”? – gli chiese, sospirando però alla vista della coda che si era formata al tavolo dei dessert.

- Lascia, faccio io. Ho la corsia preferenziale, sai? Cos’è che vuoi? La torta di frutta? – affermò il giovane, posandole senza pensare una mano sulla schiena, per farla spostare.

Finì così per sfiorare la pelle serica lasciata scoperta dal vestito, visto che, accaldata a causa dello champagne, Kagome si era tolta il coprispalle.

Quell’innocuo e casuale contatto provocò un brivido in entrambi.

- I-io… s-sì, quella – riuscì a balbettare Kagome, sentendosi arrossire.
Turbata, distolse lo sguardo.

InuYasha fece violenza su se stesso per riuscire ad allontanate la mano dalla sua pelle e non far scorrere le dita lungo l’intera curva della schiena di lei: - B-bene. Tu intanto potresti andare a prendere due calici di qualcosa, che ne dici? Non si può mangiare la torta senza berci qualcosa insieme – tentò di scherzare debolmente, scosso quanto lei dalle strane sensazioni che stava provando.

La giovane obbedì senza indugio, anche per allontanarsi un po’ da lui, sentendo il cuore batterle forte.

Era stato solo attimo, ma, per un secondo, si era immaginata come sarebbe stato ballare insieme a lui, sentire le sue braccia sfiorarle la schiena, restare stretta a lui...

Ancora stranita da quel pensiero, barcollò verso uno dei camerieri che teneva in mano un vassoio carico di calici pieni.

Aveva già i flûte in mano quando la sua attenzione fu attratta da un insolito battibecco in un angolo appartato alla sua sinistra. Era Sango, quella? E c’era anche Ayame, ferma immobile, le mani sui fianchi e, benchè fosse girata di spalle, si poteva ben notare come la postura della rossa fosse rigida.

Incuriosita, Kagome si avvicinò senza farsi notare.
Un momento, insieme a loro c’era anche… Shiro?!?

Più di tutto, però, fu ciò che sentì dire loro a scavare l’ennesima voragine nel suo cuore:
- Un invito gentile? Gentile?!? Fammi capire bene: tu hai avuto il sospetto di piacere a Kagome, ma comunque, hai ben pensato di evitare di mettere le cose in chiaro, di specificare che eri fidanzato, sperando che la sua fosse solo un’infatuazione passeggera… che le passasse e… e hai avuto la geniale idea di invitarla qui… solo perché ti dispiaceva per lei, per noi, che non sapevamo che fare per queste feste?! E hai ben pensato che, presentando Kagome e tutte noi alla tua ragazza, quella avrebbe smesso di essere gelosa?! – sbraitò Sango.

- Tu… tu… Kami! Come è possibile che certi maschi siano così… così minorati mentali, idioti, insensibili, ingenui, deficienti?!?! – le diede manforte Ayame.

Con la vista appannata dalle lacrime, Kagome indietreggiò, sperando di non essere stata notata.

Mollando i bicchieri sul primo ripiano che le capitò a tiro, tornò al tavolo dove aveva abbandonato il coprispalle, afferrandolo e scappando via.

Le mancava l’aria, improvvisamente il grande salone le era parso strettissimo, soffocante. Via, voleva solo andare via da lì, da quella stanza, da quell’albergo, da quella località montana. Da Shiro ma, soprattutto dalla propria stupidità. Via, via da tutto.

Fuggendo, sfrecciò davanti ad InuYasha che la stava cercando con in mano due piattini contenenti il dolce.

Il ragazzo la osservò stranito. Che diavolo stava facendo?

Sbuffando, si affrettò ad uscire dal salone, dirigendosi a sua volta verso la Hall. Si irrigidì, nel notare la porta di ingresso appena socchiusa. Santi Kami, quella pazza… era uscita fuori al freddo, vestita leggera?

Appoggiò i due piatti sul bancone, davanti a Kaede che se ne stava seduta tranquilla a lavorare a maglia: - Tieni, vecchia. Una fetta mangiatela pure, l’altra tienimela un attimo d’occhio. Arrivo subito – le disse, dirigendosi verso il guardaroba.

Nel frattempo Kagome, arrancando faticosamente nella neve, era giunta nei pressi della staccionata che delimitava il punto panoramico del cortile dell’albergo.

Il fiato le si condensava in candide nuvolette a causa del freddo. Con gesto rabbioso tentò di asciugarsi le lacrime che infine le erano scese lungo le guance.

Stupido Shiro. Maledetto idiota bastardo. L’aveva solo illusa, l’aveva…

Una risata isterica, molto simile ad un singhiozzo le scappò dalle labbra.

No. Aveva fatto tutto lei, in realtà.

Certo, il ragazzo avrebbe dovuto mettere subito le cose in chiaro, ma era lei, la cretina della situazione. Provò pena per se stessa.

Fece un salto dallo spavento quando fu raggiunta dalla voce arrabbiata di InuYasha: - Ma dico, ti sei rincretinita del tutto?! Vuoi morire assiderata, per caso? Stupida! – la sgridò, furente.

La giovane ebbe un altro sussulto nel sentire qualcosa di caldo venirle posato sulle spalle. D’istinto afferrò i lembi del caldo giaccone di InuYasha e vi si strinse meglio, in cerca di calore.

Si voltò a guardarlo, perdendosi per un momento in quei profondi occhi scuri che mandavano ora scintille di rabbia: - Grazie – riuscì a dirgli – Ma… e tu? Aspetta, riprenditi il giaccone, congelerai, così – constatò, nel vederlo con addosso solo un maglione di lana, sopra la camicia.

- Feh! Io?! Tu, finirai per morire assiderata, se non ti spicci a tornare dentro, ragazzina! – le rispose accigliato.

Tuttavia, vedendola sospirare triste, si fece serio: - Che è successo? Non sarà ancora per colpa di quel cretino, vero? – le domandò.

Emise uno sbuffo di sufficienza, vedendola adombrarsi e capendo di avere fatto centro: - Tsk! Lascialo perdere! È sempre stato un po’ allocco, quello, fin da bambino. E pusillanime. Si è sempre nascosto dietro al buon cuore, al voler evitare di ferire le persone, quando in realtà è solo un poppante che non sa cavarsela da solo nelle situazioni spinose – sentenziò, incrociando le braccia – Perfino con Keiko, sai? È stata lei a corteggiarlo e a chiedergli di mettersi insieme, pensa! È un vero pappamolle, quell’idiota – le rivelò, lasciandola stupita – Dammi retta: lascia perdere. Non vale nemmeno la pena stare male per uno così. C’è di peggio, nella vita, di un cretino patentato che non ricambia i tuoi sentimenti, fidati - concluse, adombrandosi per un momento.

Di fronte a quello sguardo serio ma che si era fatto d’improvviso sofferente, triste, come tormentato da qualcosa e ripensando alle parole che il giovane le aveva rivolto, tentando di rassicurarla, anche se in modo molto strano, Kagome sentì il proprio cuore aumentare i battiti.

Cogliendo del tutto di sorpresa sia lui che se stessa, lo abbracciò di slancio.

InuYasha ne rimase spiazzato, finendo però per ricambiare goffamente la stretta di quelle esili braccia, avvertendo uno strano senso di calore e dolcezza.

Sentendola rabbrividire, si affrettò a sciogliere quella dolce e strana stretta, facendo per scortarla fin dentro l’albergo.

Lei però puntò i piedi, frenandolo: - No, ti prego. Io… non ce la faccio. Non posso tornare lì, io… - balbettò, con un groppo in gola.

Il ragazzo sospirò, guardandola negli occhi per un lungo momento: - Ho capito. Allora… l’unico altro posto nelle vicinanze è il mio chalet, confettino! O quello, o starsene qui a congelare, se davvero non vuoi tornare là dentro – la informò.

Vedendola determinata a non mettere più piede in hotel almeno per quella sera e talmente scossa da non aver fatto una piega all’ormai consueto nomignolo, il giovane infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, facendo un’alzata di spalle: - Bene, allora. Aspetta un momento qui. Torno in un secondo – le ordinò, avviandosi a grandi falcate verso l’entrata dell’hotel, borbottando per il freddo.

Non più di cinque minuti più tardi era già di ritorno brandendo una pesante coperta, una sciarpa e un piattino coperto con della stagnola.

La ragazza lo guardò interrogativa quando lui le mise in mano l’involto, dopo averle ordinato di infilare le braccia nelle lunghe maniche del suo giaccone ed allacciarlo.

- Zitta – la anticipò, mentre finiva di avvolgersi la sciarpa intorno al collo e si metteva alle spalle la coperta, a mo’ di mantello – Vieni qui – le disse.

Vedendola restare impalata, lui emise l’ennesimo sbuffo, avvicinandosi.
Con enorme sorpresa di lei, la avvolse tra le braccia, coprendo così entrambi con la coperta, prendendola poi in braccio.

- No! Che stai…? – provò a ribellarsi Kagome.

- Non ti agitare, altrimenti rovesci la torta, ragazzina! – la sgridò lui, adocchiando il piatto con la stagnola – E poi, non ce la faresti mai a camminare nella neve con quelle scarpe col tacco. Quindi fa’ la brava. Ho anche avvisato i tuoi amici del fatto che sei con me, per evitare di farli preoccupare, non trovandoti – la informò.

La ragazza rimase zitta, grata per tutte quelle premure, appoggiandosi meglio al suo torace.

Nel giro di un quarto d’ora o poco più arrivarono all’abitazione di InuYasha, una piccola ma confortevole costruzione in legno.

Il giovane la mise giù al centro del soggiorno, spolverandosi la neve dai capelli e correndo a ravvivare il fuoco morente nel camino di pietra di fronte al divano.

La ragazza, infreddolita, si guardò in giro mentre si toglieva le scarpe e le sistemava a lato della porta di ingresso, accanto agli scarponi di lui.

La maggior parte dello spazio era occupato dal soggiorno. In un angolo si intravedeva un piccolo cucinotto che, insieme ad un tavolo di non più di tre posti, costituiva la zona cucina.

Dall’altro lato, completavano il quadro due porte chiuse che Kagome immaginò celassero alla vista il bagno e la camera da letto.

- Togliti quel giaccone e vieni davanti al fuoco, avanti! – le disse InuYasha ancora inginocchiato davanti al camino, guardandola da sopra la spalla.

Quando lei obbedì, il ragazzo si appropriò della giacca e della coperta, mettendole ad asciugare e dirigendosi poi nell’altra stanza.

Pochi minuti dopo, ritornò da Kagome, porgendole una sua felpa con l’interno di pelo, una canottiera e dei pantaloni di pile: - Quel vestito è un po’ leggero, non credi? Tieni, indossa questi. Ti staranno enormi, ma almeno sono caldi. Il bagno è quella porta lì. Io intanto preparo una tazza di qualcosa di bollente, ti va? Purtroppo ho la dispensa quasi vuota e non ho molto da offrirti – si giustificò imbarazzato.

Solo quando lei era già sparita oltre la porta del bagno, realizzò di aver dimenticato di darle delle calze per coprire i piedi.
Corse a prenderle, bussando poi appena alla porta.

Purtroppo per lui, la ragazza non l’aveva chiusa bene ed in effetti la maniglia di quella porta era stata sempre un po’ dura, da girare. Si aprì solo un piccolo spiraglio, ma fu sufficiente per far sì che il giovane vedesse che lei stava per sfilarsi del tutto il vestito dalla testa e dargli una panoramica completa delle belle gambe snelle di Kagome.

Imbarazzatissimo e rosso come un peperone, si ritrasse, senza farsi notare.
Dopo aver fatto due o tre passi indietro, si schiarì la voce e la chiamò a voce alta, per farsi sentire: - Emh… Kagome? Ti lascio delle calze pulite qui fuori dalla porta, eh? – le disse.

Dentro il piccolo bagno, la ragazza sussultò, rabbrividendo per il freddo e stringendosi l’abito davanti al seno nudo: - O-ok! A-arrivo, eh? Faccio in un attimo! – gli rispose, iniziando ad infilarsi la maglia senza maniche di lui.

"Davvero una bella idea, quella di scegliere un vestito che comportava di non indossare il reggiseno!" riflettè, sarcastica.



InuYasha stava trafficando con il bollitore del tè, quando la voce flebile di Kagome lo raggiunse: - Emh… scusa, InuYasha? Non… non è che avresti… una cintura da darmi? – la sentì ridacchiare.

Voltandosi, dovette trattenersi per non scoppiare a ridere. Era ridicola, sembrava affogare dentro ai suoi vestiti e, per camminare, si era vista costretta non solo a rimboccare il tessuto di troppo per far uscire i piedi, ma anche a tenere su la vita troppo larga con le mani!

Da imbarazzato, lo sguardo di lei si fece furente, notando come lui si stesse sbellicando: - Idiota! Piantala di ridere!!! – pigolò.

Poco dopo, sistemati i vestiti, i due si erano comodamente spaparanzati sul divano davanti al fuoco, una tazza di tè bollente tra le mani.

InuYasha osservò di sottecchi Kagome, seduta al lato opposto del divano, praticamente incollata al bracciolo e con le gambe rannicchiate sotto di sé.

“Come cavolo riesce a stare comoda in quella posizione assurda?” si chiese lui, svuotando la propria tazza e posandola sul pavimento.

Quella della ragazza invece era ancora mezza piena e lei la teneva con entrambe le mani, mentre fissava assorta le fiamme che crepitavano nel camino.

Il fuoco creava strani giochi di luce nella stanza e, ancora una volta, InuYasha si perse ad osservare la figura della giovane.

Era strano come, nonostante tutto, la presenza di lei non lo infastidisse, anzi, averla accanto lo rendeva stranamente tranquillo, quasi… sereno.

Le parole gli uscirono senza che se ne rendesse conto: - Stai bene? Hai ancora freddo? – le chiese.

Kagome si riscosse e si voltò verso di lui, sorridendo: - Uh? Ah, no, no. Sto bene! Questa felpa tiene davvero caldo – gli rispose, continuando poi, in un sussurro, abbassando lo sguardo ed arrossendo un po’: - Grazie. E non solo per la felpa. Io… ti sarò sembrata una povera idiota capricciosa e piagnona. Che vergona, mi sento così scema, per averti costretto ad ospitarmi qui, solo perché… -.

Il ragazzo sogghignò: - Feh, frena, ragazzina! Mamma mia, quante paranoie! Ok, diciamo che avere un ospite non era nei miei programmi, questa sera – ironizzò “Però, a dire il vero, la tua compagnia non mi dispiace affatto” pensò. – E ti è andata di lusso per il fatto che sono solo un innocuo maestro di sci e non un malintenzionato, un assassino, un rapitore o chissà cos’altro! – scherzò, facendole alzare gli occhi al cielo.

Dio, quanto detestava quelle battute idiote! Quel mezzodemone aveva davvero un senso dell’umorismo esasperante!

Improvvisamente lo stomaco di Kagome brontolò, facendola imbarazzare tantissimo. In effetti non aveva mangiato nulla, al buffet.

A disagio, sentì il giovane alzarsi dal divano e cercò disperatamente di pensare a qualcosa da dire, per uscire da quella situazione così assurda.

Non appena alzò gli occhi, però, sobbalzò nel trovarsi davanti al naso un piattino contenente due fette di torta ed una forchettina.

Stranita, fissò InuYasha, che scrollò le spalle: - Tieni, mangia. Credevo che una fetta se la fosse sbafata la vecchia, invece me le ha tenute entrambe da parte, dopo che ti sono venuto a cercare fuori dall’hotel – le disse solamente – Beh? Non era questa, che volevi, prima? – continuò, vedendola rimanere immobile a fissarlo ad occhi sgranati.

Il sorriso che le nacque spontaneo, unito al tenero rossore delle gote gli fece perdere un battito.

In silenzio, tornò a sedersi, osservandola mentre attaccava, contenta, la prima fetta di torta, assaporando il primo morso con espressione beata.

Il giovane sentì lo stomaco contrarsi, ma non era fame… che strano.

Sentendosi osservata, Kagome rimase con la forchetta a mezz’aria, ricambiando lo sguardo di lui.

- Ne volevi un pezzo anche tu? – gli domandò, sentendo le guance imporporarsi per l’ennesima volta.

Inaspettatamente lui sorrise, negando con un cenno del capo.

La ragazza continuò a guardarlo, dubbiosa: - Sicuro? È proprio buona! Non sai cosa ti perdi! – ammiccò, per poi scoppiare a ridere – Oh Kami, sono proprio una golosona senza speranza! Che vergogna! – ridacchiò, portandosi una mano a coprirsi le labbra.

Sì, era davvero bella, specialmente quando rideva.



Un raggio di sole le ferì gli occhi, disturbando il suo sonno.

Confusa, Kagome si rese conto di essere sdraiata in un comodo letto.

Sbadigliando, si girò dall’altra parte. Realizzando di avere caldo, abbassò un po’ la cerniera della felpa.

Un momento! Felpa? Letto? Ma che…

Di colpo sveglia, si tirò a sedere.

La vacanza, l’albergo, il Natale, la festa e poi… InuYasha!

Oh, certo. Era a casa di InuYasha.

La sera precedente avevano più o meno chiacchierato e, alla fine, il sonno l’aveva vinta, facendola appisolare sul divano.

Il giovane l’aveva poi convinta a stendersi nel suo letto, assicurandole che, per una volta, non sarebbe morto, a dormire sul divano.

Troppo stanca, alla fine lei aveva ceduto, volendo evitare l’inevitabile ennesimo battibecco, ritirandosi nella camera del ragazzo, non prima di averlo ringraziato di nuovo e augurandogli buon Natale.

Si alzò, chiedendosi che ora fosse.

Aprì appena la porta, quel tanto che bastava per sbirciare nel salone. Aguzzando la vista verso l’orologio sopra la porta d’ingresso, constatò che erano circa le sette del mattino.

In punta di piedi e stringendosi nella felpa che le arrivava all’altezza delle cosce, fece per dirigersi verso la piccola cucina, senza svegliare il mezzodemone ancora rannicchiato sul divano. Con il sorgere del sole aveva riacquistato le normali sembianze demoniache e le dolci orecchie canine facevano capolino dal bracciolo.

L’assurda goffaggine della giovane però rovinò le sue intenzioni: mentre passava davanti ad InuYasha, osservandone i bei lineamenti distesi nel sonno, inciampò in qualcosa, cadendo come un sacco di patate e facendo svegliare di soprassalto il giovane, che balzò a sedere di scatto.

- Ma che…?! Oh, stupida tazza! – borbottò Kagome, ancora a terra, constatando di aver incontrato sul proprio cammino la tazza da tè che InuYasha, la sera prima, aveva appoggiato sul pavimento, dimenticandosela.

Alzando gli occhi, si immobilizzò, rossa di vergogna, nell’incontrare le iridi ambrate di lui.

Ancora intontito, InuYasha rimase fermo a guardarla. Il sorriso di scherno e la risata già pronta ad uscire gli rimasero incastrati tra le labbra.

Kagome infatti, si era tirata a sedere e, da quella posizione, il ragazzo poté ben intravedere l’attaccatura dei seni di lei, dato che la giovane aveva aperto un po’ la lampo della felpa e poi… santo cielo, perché era a gambe scoperte? Doveva essersi tolta i pantaloni per dormire ed essersi appena alzata, visto lo stato dei suoi capelli che ora le ricadevano, sciolti e leggermente arruffati, in morbide onde. Chissà come sarebbe stato, passarvici dentro le dita...

Inconsapevole dei pensieri non proprio casti di lui, Kagome arrossì ed abbassò lo sguardo, mordendosi appena il labbro inferiore per la vergogna.

Quell’innocente gesto, provocò in InuYasha una nuova stretta allo stomaco.

Imbarazzato e stranito, le si rivolse in modo più brusco di quanto avesse voluto: - Insomma!!! È mai possibile che tu finisca sempre in terra, miss equilibrio? Alzati da lì, e copriti, santo cielo! – borbottò, aspro.

La vide sussultare, mortificata e farsi piccola piccola.

- I-io… emh… scusa. Senti, sono le sette del mattino e… – constatò il mezzodemone, scompigliandosi i capelli con una mano, a disagio. “E, appena sveglio, non sono certo il massimo della socievolezza” continuò nella sua testa.

- Già – gli rispose inaspettatamente lei, schiarendosi la voce – Mi dispiace averti dato tanto disturbo. Io… sarà il caso che ritorni in albergo. I miei amici saranno preoccupati. V-vado a rivestirmi - affermò, alzandosi e affrettandosi verso il bagno.

InuYasha si lasciò cadere contro lo schienale, sbuffando, per poi guardare il soffitto, arrabbiato con se stesso: “Dannazione!”.




L’aveva riaccompagnata, prestandole ancora il suo giaccone e portandola in braccio. Nessuno aveva più parlato, se non con frasi ridotte ai minimi termini ed il silenzio si era fatto pesante.

Imbarazzata, lei gli aveva chiesto di entrare da un ingresso secondario e, una volta nella hall, l’aveva ringraziato per tutto, prima di correre via, verso la sua stanza.

Di cattivo umore e non volendo incontrare nessuno, anche InuYasha era tornato sui suoi passi, dirigendosi di nuovo verso la solitudine del suo chalet.

Nel frattempo Kagome non era riuscita a scappare dalla sonora sgridata di una preoccupatissima Ayame e di un’imbronciata Sango. Tuttavia non se l’era sentita di raccontare loro della sera precedente, riuscendo a cavarsela rispondendo a monosillabi intercalati da sincere e sentite scuse.

Il clima teso si era un po’ rasserenato durante la colazione e Kagome, approfittando dell’atmosfera tranquilla data dal fatto che la maggior parte degli ospiti dell’albergo stesse ancora dormendo, aveva conversato amabilmente con l’anziana Kaede e la dolce signora aveva conquistato immediatamente la simpatia del gruppo di amici.


La giornata passò lenta e, giunta la sera, Kagome si scoprì talmente esasperata dalle assillanti domande di Hojo sul perché fosse così mogia, da prendere più di una volta in considerazione l’idea di Koga di rispedire Akitoki a Tokyo a suon di calci nel didietro.


Arrivò la mattina del 27 dicembre e gli amici decisero di partecipare alla gara di pupazzi di neve indetta dallo staff di animazione dell’hotel.

L’umore della ragazza dai capelli corvini continuava però a tendere verso la tristezza, notando, tra le altre cose, che InuYasha non si era più fatto vedere in giro dalla mattina precedente.

Lo stesso non si poteva ahimè dire di Shiro e Keiko. Sembrava che lo facessero apposta, a ronzarle attorno!

Nonostante l’iniziale senso di irritazione, tuttavia, Kagome si rese ben presto conto, con sorpresa, che la presenza dei due aveva man mano finito per suscitare in lei nient’altro che… indifferenza.

Dopo pranzo, mentre i compagni si rilassavano guardando un film nella sala comune, Kagome decise di farsi un giro. Non le andava proprio di vedere un film romantico, al momento!

Si sedette in disparte su uno dei divanetti vicino all’ingresso, fino a che notò Kaede accingersi ad uscire, brandendo un bento.
- Signora Kaede? Tutto bene? – le domandò perplessa.

- Oh, cara! Salve. Beh, sì, diciamo di sì. Sto andando da quello zuccone di un mezzodemone a portargli qualcosa da mangiare. Si è preso un bel raffreddore ed è rintanato in casa con la febbre – le comunicò, facendola sussultare.

La giovane si sentì maledettamente in colpa. Doveva aver preso freddo la sera di Natale, da umano, privandosi del giaccone e poi ancora del caldo letto per farci dormire lei.

 D’impeto si offrì di andare lei, al posto dell’anziana, rassicurandola sul fatto che non si sarebbe persa e che sarebbe tornata all’albergo sana e salva nel giro di un paio d’ore.
 
************


InuYasha se ne stava imbozzolato sotto le coperte del suo letto, scosso da brividi e borbottando come una pentola di fagioli contro quella stupida febbriciattola.

Era un mezzodemone, per la miseria! E i mezzodemoni non si ammalavano mai. Beh… quasi mai.

Grugnì infastidito quando il suono di qualcuno che bussava alla porta di ingresso gli rimbombò nella testa.

Il rumore però non cessò e, brandendo una coperta, si vide costretto a traballare verso il soggiorno e andare a vedere chi fosse il dannato che aveva deciso di rompere. Sospettava fosse Kaede, a dire il vero, visto che, circa un’ora prima, aveva avuto la brillante idea di chiamare l’hotel per avvisare che non sarebbe andato al lavoro.

Strano, però. La vecchia aveva la chiave. Perché allora continuava a bussare? Che l’avesse persa per strada? Oltretutto, l’avrebbe sgridata per bene, quella stupida vecchiaccia! Camminare nella neve alla sua età, col rischio di farsi male o di perdersi, solo per venire da lui e curarlo. Che razza di idee! Sapeva badare perfettamente a se stesso, lui. Aveva dovuto imparare presto a farlo, essendo rimasto solo al mondo dall’età di otto anni.

Aprì la porta, pronto a dirne quattro a quella vecchia matta, rimanendo però di sasso.

Kagome lo fissò, abbassando la mano che teneva ancora alzata nell’atto di bussare: - Emh… C-ciao! Come stai? Ti ho portato da mangiare. Posso entrare? – gli domandò, sorridendo.

Il giovane la fissò ad occhi sgranati e a bocca aperta. Ma che…

Senza tanti complimenti, Kagome lo spintonò gentilmente, entrando nello chalet. Posò il bento sul tavolo della cucina e si girò ad osservarlo: - Chiudi quella porta su! Non mi sembra il caso che tu prenda ancora più freddo – lo ammonì.
InuYasha eseguì meccanicamente, barcollando poi verso il divano.

Lei gli corse accanto, facendo per sostenerlo, ma lui la scansò: - Sto bene, è solo una febbriciattola – bofonchiò.

La ragazza lo fissò truce, alzandosi sulle punte per potergli appoggiare una mano sulla fronte: - Non direi proprio! Scotti ed hai gli occhi lucidi – ribatté – Hai fame? Vuoi mangiare o preferisci andare a stenderti? – gli chiese.

Il mezzodemone sbuffò, rassegnato. Che ragazzina cocciuta.

Si sedette sul divano, guardandola di sottecchi: - Guarda che non sono moribondo. Vai pure, se devi. Il tuo dovere lo hai già fatto, no? Anche se ancora mi domando come mai ti sia passato per il cervello di farmi da crocerossina – la punzecchiò.

Kagome alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso felice. Se aveva la forza di scherzare e punzecchiarla, allora non era in punto di morte. O, piuttosto, aveva un modo normale di affrontare i problemi di salute, non come Miroku che, quando aveva la febbre, diventava di una lagna insopportabile e sembrava sul punto di lasciarci le penne!

Con fatica, riuscì a convincerlo a mangiare. Poi gli misurò la febbre, aiutandolo a tornare a letto. Stranamente lui non oppose resistenza, forse a causa del malessere.

Fu strano, per InuYasha, farsi accudire da qualcuno. Non ci era più abituato. Altra cosa molto strana era che il profumo di lei, nonostante avesse il naso chiuso, gli apparisse buono, fresco.

Kagome non lo lasciò solo nemmeno una volta sdraiato a letto, anzi, gli si sedette accanto rimboccandogli bene le coperte e carezzandogli dolcemente i capelli.

Spossato, lui si beò di quella coccola, percependo, ad un passo dall’addormentarsi, la ragazza chinarsi su di lui e lasciargli un delicato e fugace bacio sulla fronte, come a volergli controllare le temperatura.


La giovane stava finendo di lavare le scodelle in cui Kaede aveva messo il riso e il la zuppa di miso calda per il mezzodemone influenzato quando, nel silenzio, sentì dei lamenti provenire dalla camera. Preoccupata, corse da InuYasha, trovandolo ad agitarsi nel letto, preda di un incubo.

Tentò di calmarlo, constatando preoccupata come la sua temperatura sembrasse essersi alzata: - InuYasha. InuYasha, svegliati! Calmati, ti prego – gli disse, inginocchiandosi sul piccolo letto, tentando di scuoterlo.

Lo sentì mormorare frasi sconnesse, quasi spaventate: - Mamma, no! Non andare, mamma! Resta qui, a casa, con me – e ancora: - Kikyo! Resisti, arrivo. No, non lasciarti avvolgere dall’acqua. No! Te l’avevo detto che non era prudente! Kikyo! Il ghiaccio… no, Kikyo! – urlò, svegliandosi di soprassalto, il fiato grosso, graffiando con gli artigli il braccio di Kagome che stava ancora tentando di calmarlo.

- InuYasha! – lo chiamò lei, turbata.

Sembrava così scosso, ansimava e gli occhi gli si erano fatti vacui per un momento, prima di riuscire a metterla a fuoco.

- Calmati. Era un incubo, solo un incubo – tentò di rassicurarlo, avvicinandosi appena a lui.

Il mezzodemone però si scostò bruscamente, mollandole il braccio e portandosi una mano a coprirsi gli occhi, sentendo la testa girare.

Incubo? No, non era affatto un incubo, ma la dolorosa realtà. Sussultò nel sentire una delle piccole mani di Kagome posarglisi sulla spalla, come per dargli conforto.

- InuYasha – sussurrò di nuovo e finalmente lui alzò il viso e la fissò. Si perse nei suoi caldi occhi marroni, dolci, amorevoli, rassicuranti.

- Stai bene? – gli domandò, portando istintivamente una mano a sfiorargli una guancia arrossata per la febbre – Sei tutto sudato. Sarà meglio che ti cambi il pigiama, che ne dici? – gli propose.

- K-kagome… - soffiò il ragazzo, ancora frastornato.

- In persona! – scherzò la giovane – Ce la fai a tirarti su? Ti aiuto? –.

Il mezzodemone però non le stava prestando attenzione, concentrato sull’avambraccio sinistro di lei dove spiccavano ben visibili attraverso la lana smagliata, i segni dei suoi artigli. Dannazione! L’aveva quasi ferita!

Seguendo la direzione degli occhi del ragazzo, Kagome si affrettò a rassicurarlo: - Oh, è solo un maglione, non importa. Non preoccuparti - gli sorrise, ma InuYasha rimase cupo, tornando a coprirsi il volto con un braccio.

Sbuffando, la ragazza si chinò verso di lui, tentando goffamente di convincerlo a guardarla: - Non fare il bambino, dai! Non è successo niente, te lo giuro. Sto bene. Sei tu, ad avere un febbrone micidiale. Forse è il caso di prendere qualche medicina -.

Il giovane non rispose, stordito dalla febbre e da brutti ricordi che sperava di aver seppellito nei meandri del proprio cuore, e invece…

- Dannazione – soffiò, facendo poi per alzarsi.

- Ehi! No, rimani steso. Dove vai? – protestò Kagome.

Lui si girò a guardarla, cupo: - In Bagno. E poi ho sete. E sono stufo di restare a letto – le disse.

Alla fine si ritrovarono ancora una volta seduti sul divano.

- Uff! come diavolo fai a non avere nessun tipo di medicina in casa, cavolo! – protestò la ragazza.

- Forse perché sono un mezzodemone? – borbottò a sua volta InuYasha – Guarisco in fretta, non ne ho bisogno. Anche questa febbre. Entro domani mattina sarò come nuovo, fidati. Sto già meglio e, per i miei gusti, questa stupida pseudo-influenza ci ha messo mezza giornata di troppo, ad andarsene – si lamentò.

- Bah. Se lo dici tu – fu la risposta di lei mentre si alzava ed andava a controllare la tisana che aveva preparato.

Tornò dopo una manciata di secondi, brandendo due tazze: - Tieni. Bevi tutto -.

- Ma che schifo! Che roba è? Pizzica da morire! – si lamentò il giovane, dopo un paio di sorsi.

- Tisana limone e zenzero. Uno dei rimedi casalinghi di mia madre contro raffreddore e mal di gola. È portentosa, fidati – gli ripose, ricevendo in cambio un’occhiata non troppo convinta.

- E perché la stai bevendo anche tu? – gli uscì di getto.

- Per solidarietà. E poi perché mi piace – ribattè Kagome, svuotando la propria tazza.

- Feh. Sei proprio assurda – commentò InuYasha – E questa roba fa proprio schifo! – brontolò ancora, bevendo tuttavia fino all’ultima goccia del liquido caldo.

- Bravo bambino! – si complimentò lei, ridendo.

- Ehi! Non prendermi in giro, dannata! – si finse risentito il giovane, ammutolendo nel vederla sporgersi verso di lui dopo essersi alzata ed aver riposto le tazze sporche sul tavolino davanti al divano.

- Sì, sì. Come vuoi. Piuttosto, fa sentire la febbre – bofonchiò Kagome con uno splendido sorriso.

La sua proverbiale goffaggine la mise però nell’ennesima situazione imbarazzante della sua vita: pestando un lembo dell’ampia e lunga coperta di pile in cui il mezzodemone era avvolto, finì per cadergli quasi addosso.

Fortunatamente InuYasha riuscì ad afferrarla per le spalle.

Senza quasi rendersi conto delle proprie azioni, la tirò appena verso di sé, mentre lei lo fissava ad occhi sgranati e con le guance colorate di una deliziosa sfumatura di rosa.

Il giovane inspirò lievemente, rapito e quasi stordito dal dolce profumo di alcune ciocche dei capelli di lei che gli erano finite davanti al naso. Profumava di… primavera, di fiori, come quando le vaste distese della località di Furano si ricoprivano di colorata e rigogliosa lavanda*.

In realtà era un giorno intero e più che quel profumo lo tormentava. Lo aveva percepito subito anche la mattina precedente, ritornando in casa dopo averla riaccompagnata in albergo; l’aveva sentito tra le lenzuola e anche la felpa che le aveva prestato, era pregna di quel fresco aroma. Felpa che ancora non aveva avuto il coraggio di lavare, per altro.

Tremante, Kagome tentò di tirarsi su facendo leva con il palmo di una mano contro il petto di lui e quel tocco lieve diede ad InuYasha il colpo di grazia. Fu come essere attraversato da una scossa.
Le labbra rosate della ragazza si schiusero appena e lui fu scosso da un altro brivido, ma non di freddo o a causa della febbre, no.

Era una sensazione dolce, quasi languida e poi… dio, poteva sentire il fiato di lei infrangersi appena contro le proprie labbra, per quanto erano vicini!

Sarebbe bastato così poco per arrivare a sfiorare quella bocca che lo attirava come una calamita.

Con una mano risalì lungo il suo collo, accarezzandole poi una guancia e infine scostandole una ciocca di capelli dal viso.

La sentì tremare.

La mente di Kagome era diventata all’improvviso completamente vuota, tranne che per un unico pensiero: “Oh Kami. Sta… sta per b-baciarmi?!?”.

Nel silenzio carico di aspettativa, un improvviso rumore li fece sobbalzare ed Inuyasha che, quasi senza accorgersi, era arrivato ad un millimetro dalle sue labbra, si pietrificò.

Come risvegliatosi da un sogno, la lasciò andare subito, imbarazzato. La febbre lo aveva fatto ammattire, non c’era dubbio. Che diavolo stava facendo?

Kagome si rimise dritta di scatto, rimanendo imbambolata a fissarlo ad occhi sgranati per alcuni secondi, il fiato corto. Deglutì ed infine ridacchiò, imbarazzatissima.

Prima che InuYasha potesse trovare qualcosa di sensato da dire per scusarsi, qualcuno bussò di nuovo alla porta di ingresso.

Andata meccanicamente ad aprire, Kagome si trovò davanti Shiro, inviato da Kaede che si era preoccupata nel non vederla tornare.

Senza che i due giovani se ne accorgessero, si erano fatte le cinque e mezza del pomeriggio. Erano passate tre ore e mezza, da quando la giovane aveva lasciato l’albergo!

Dopo essersi scambiata con il nuovo arrivato delle impacciate frasi di rito ed aver elargito le proprie raccomandazioni al mezzodemone, Kagome afferrò il giubbotto.

Stranita, si rese conto che… le dispiaceva andarsene?!? Sì. Le dispiaceva.

Le sarebbe piaciuto prendersi ancora cura di lui e poi… Kami, si erano quasi baciati! Se solo Shiro fosse arrivato un minuto dopo!

A quei pensieri trasalì ed arrossì tantissimo nell’incrociare i caldi occhi di InuYasha che girato di lato e con un avambraccio appoggiato alla spalliera del divano, stava ancora parlando con Shiro.

- B-b-bene. È il caso di andare. Tra poco farà buio. Allora… guarisci presto, InuYasha. Ci conto, eh? – riuscì a dire.

Lui si limitò ad annuire, mentre li osservava uscire.

- Kagome? – la chiamò un attimo prima che il suo accompagnatore si sporgesse a chiudere la porta di ingresso e lei tornò a guardarlo negli occhi, rischiando di affogare in quelle iridi.

- S-sì? – pigolò.

- Grazie, ragazzina – concluse, sorridendo sghembo.






* Furano (富良野市 Furano-shi?) è una città montana che ricade sotto la giurisdizione della sottoprefettura di Kamikawa. È situata nella zona centrale della prefettura di Hokkaidō, in Giappone.
è molto famosa anche per i campi fioriti dal mese di giugno fino a settembre ed in particolare per la lavanda (e, a dire la verità, la maggior parte dei turisti converge a Furano proprio per la fioritura della lavanda), al punto che Furano viene definita la "Provenza del Giappone".
È risaputo comunque che l'intero Hokkaido si presta bene per gli sport invernali. Nel caso io abbia preso un grosso granchio e che a Furano non si pratichino sport invernali... scusate! ^^' licenza poetica, ahahaha. :-P

Hokkaidō (北海道?) è la più settentrionale delle quattro isole principali dell'arcipelago giapponese e la meno sviluppata. Il termine "Hokkaidō" letteralmente significa "via per il mare settentrionale", ma originariamente veniva chiamata Ezo (o Yezo) ed era abitata principalmente dagli indigeni Ainu.

L'isola è caratterizzata da una natura selvaggia (ospita più di 60 vulcani che rappresentano oltre il 10% dei vulcani di tutto il mondo) e da inverni rigidi in rapporto alla latitudine; Hokkaido attira amanti della natura e degli sport invernali nei mesi più freddi, ciclisti, campeggiatori ed escursionisti da giugno a settembre. L'isola di Hokkaido è la maggiore produttrice agricola di tutto il Giappone.

Tutta l'isola è un'unica prefettura il cui capoluogo è Sapporo.






Ed eccoci con il secondo capitolo ^^ ne manca solo uno (per fortuna!! XD).
Fino a qui le cose vi son sembrate tutte molto dolci, pucciose e tranquille, vero? XD 
Beh... come si suol dire... la calma prima della tempesta XD XD Non possiamo lasciare che tutto scorra troppo piatto, no? u.u basta, non dico nulla XD

Alla prossima ^^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




Mentre arrancava nella neve dietro a Shiro, Kagome sembrava persa in un mondo tutto suo.
Le sembrava di galleggiare, come se fosse stata ubriaca.
Sentiva le guance in fiamme e il cuore battere in modo irregolare.
Cos’era? Che avesse preso anche lei l’influenza?

Si riscosse, sentendo il suo accompagnatore chiamarla flebilmente: - Kagome? Senti… ecco io – bofonchiò Shiro fermandosi all’improvviso e girandosi indietro a guardarla.

Lei lo fissò interrogativa, aspettando che continuasse.

Il ragazzo sospirò, abbassando lo sguardo verso i propri scarponi ricoperti di neve: - Io volevo chiederti scusa. Mi dispiace averti dato l’impressione sbagliata, averti fatto del male. Ho sbagliato, e mi dispiace molto -.

Inaspettatamente la giovane sorrise, senza traccia di tristezza: - Non preoccuparti. È stata anche colpa mia – ammise – Non ce l’ho con te, tranquillo -.

Shiro la fissò, stupito: - Ah. Quindi… quindi siamo ancora amici? – osò domandarle.

- Umh… sì, direi di sì – considerò Kagome, internamente stupita.

Era come se… ok, non le era ancora del tutto passata, era ancora amareggiata con se stessa ma… stranamente, in poco tempo, la cosa le era come scivolata addosso.

Era strano. Decisamente.
Poteva essere perché… perché quella per Shiro era stata davvero solo una cotta, un’infatuazione e non… amore?

Quella considerazione la stranì.

Shiro tirò una specie di sospiro di sollievo: - Bene, ne sono felice. Sei una bella persona, Kagome – ammise con sincerità – Ed è davvero semplice volerti bene. Ne è la controprova la facilità con cui sei riuscita a far aprire InuYasha in così poco tempo. Sei speciale, lo penso davvero – le disse.

Lei avvampò. Come?!? Cosa c’entrava InuYasha, ora?

Notando l’espressione della giovane, Shiro le sorrise apertamente, alzando poi il viso a guardare il cielo: - Ha patito molto dolore, quel ragazzo, sai? Ed è diventato ancora più burbero di quanto non fosse già a causa della morte della madre, dopo ciò che accadde con Kikyo – soffiò.

La curiosità punzecchiò la giovane. Kikyo? Era il nome che lo aveva sentito pronunciare disperato nel sonno.

- Davvero non mi capacito di come sia riuscito a non crollare, ad andare avanti – continuò Shiro – Voglio dire, al posto suo, se fosse capitato a me di essere accusato così ingiustamente… credo sarei impazzito – sospirò – In realtà non mi sento di incolpare nemmeno mia cugina. Aveva solo quindici anni, si sa che a quell’età.. – si adombrò.

Sebbene fosse curiosa e confusa da quelle mezze frasi, Kagome evitò di chiedere spiegazioni, percependo la tristezza del giovane. Non aveva nessun diritto di ficcare il naso in cose che non la riguardavano.

Tuttavia, al ricordo della figura del mezzodemone che si agitava, del dolore che traspariva dalla sua voce, percepì il cuore farsi pesante. 


Tornati in albergo, Kagome trovò inaspettatamente Koga ad attenderla nella Hall: - Alla buon ora! La vuoi finire di sparire all’improvviso, Kagome? Quelle due hanno fatto venire i capelli bianchi anche a me, da quanto erano preoccupate – bofonchiò, riferendosi ad Ayame e Sango.

Di fronte all’espressione mortificata dell’amica, il demone lupo si aprì in un sorriso intenerito: - Dai cucciola vagabonda. Andiamo a rassicurare quelle mamme chiocce apprensive e quel mezzo polletto di un Hojo – scherzò, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e facendola ridere.

Questa volta però, le amiche non si accontentarono delle sue mezze scuse e pretesero di sapere tutto per filo e per segno.
Con un sospiro, Kagome si trovò allora costretta a vuotare il sacco.

- Lo sapevooo!!! – esultò Ayame, alla fine – L’avevo detto, io, che sarebbe scattata la scintilla con il maestro di sci! Mai che qualcuno mi dia retta, per la miseria! – sbuffò risentita, incrociando braccia e gambe, seduta sul letto.

La diretta interessata arrossì: - Ma no! Che dici, Aya! Non è vero – si schermì stringendo al petto il cuscino.

- Dico, dico, Kagome cara! – continuò saccente la rossa – Sai cosa vuol dire quando un ragazzo, ammalato, si lascia accudire? Non è una cosa che si vede tutti i giorni. Tu gli piaci, fidati. E lui piace a te -.

- Aya!!! – sbottò ancora Kagome, rossissima.

No, non era assolutamente vero. Lui… lei…
- No, lui non mi piace, affatto! Lo sapete, come mi comporto se mi piace qualcuno, no? Arrossisco, divento nervosa e.. – tentò di auto convincersi.

- E sei davvero sicura di non averlo fatto anche con lui? – le fece notare Koga, uscito in quel momento dal bagno, fresco di doccia ed ancora in accappatoio, rassegnato al fatto che la camera che divideva con la fidanzata fosse ormai diventata il luogo privato di raduno delle tre.

- Koga!!! – sbottò Kagome.
Ci si metteva anche lui, adesso?!

- Pff. È inutile che tenti di negare. Ti ho visto, sai? Durante la lezione per imparare a sciare, e anche prima. Tutte le volte in cui lui ti punzecchiava, balbettavi e diventavi rossa. E no – la precedette, vedendola in atto di protestare – Non era solo irritazione o rabbia. Ti conosco bene anche io, Kagome! Quando sei davvero arrabbiata o innervosita, sfoderi la tua espressione da finto angioletto e ti allontani da quella persona il prima possibile. Con lui, invece, non solo gli hai dato corda, ma gli hai anche risposto per le rime – affermò, spiazzandola.

Sango ridacchiò, riconoscendo la veridicità delle osservazioni dell’amico.

Kagome rimase a bocca spalancata, sgomenta ed incapace di replicare.

- E battibeccare con lui ti diverte, ammettilo! Vi ho visti, la sera di Natale, al buffet – concluse Koga, con espressione vittoriosa.

- Se posso dire la mia, Kagome… - intervenne Sango – Io trovo che, con lui, tu riesca ad essere… naturale, te stessa. Come faceva notare Koga, di solito con i ragazzi tendi a… bloccarti, a fare il pesce muto. Ma non con InuYasha. Pensaci. Vorrà pure significare qualcosa, non credi? – le sorrise, facendo l’occhiolino ad Ayame.

- Il mio tesoruccio ha perfettamente ragione! – asserì quest’ultima – Ti adoro, amore. Sono orgogliosa di te! Stanotte ti meriti un premio – affermò civettuola ed allusiva.

Koga arrossì, imbarazzato e colto alla sprovvista: - Tesoro! Ti sembrano cose da dire? Davanti a loro, poi! – sbottò, indicando con un gesto della mano le altre due ragazze presenti nella stanza.

La fidanzata però fece spallucce: - Embè? Che ho detto di male, scusa? Mica si scandalizzano. Non sono certo delle innocenti verginelle, cosa credi? Sango, specialmente! Beh, in effetti, stando con uno come Miroku… - considerò, prima di venir investita da un cuscino in pieno viso - Ehi!! Sango! Ma che… - protestò.

L’amica rise, prendendo Kagome per un braccio e trascinandola verso la porta: - Dai, andiamocene, Kagome! Lasciamo i due piccioncini a tubare in pace – li punzecchiò, suscitando l’imbarazzata reazione di entrambi i demoni lupo.


Poco prima di scendere per la cena, mentre era intenta a spazzolarsi i capelli, Kagome ripensò alle parole degli amici.
Davvero a lei piaceva InuYasha? Come era possibile?

“Eppure non volevi andartene, oggi pomeriggio. E ci sei rimasta male, in fondo, per quel bacio mancato” la pungolò la voce della coscienza “Stai bene, con lui. Riesci ad essere te stessa, senza la tua solita paura di essere giudicata male. Perfino nelle situazioni imbarazzanti, tutte le volte in cui sei caduta davanti a lui, sei riuscita a riderci su”.

Dovette ammettere con se stessa che era vero.
Si innervosiva, di fronte a tutti i commentini sarcastici del mezzodemone, certo, però sapeva bene che non erano volti a ferirla, a mortificarla. Lei stessa aveva pensato, la sera del buffet, che quella sorta di… gioco tra loro, fosse divertente.
Inoltre nessun ragazzo era mai stato capace di confortarla, di farle passare la tristezza come aveva fatto lui, con disarmante naturalezza.

Sospirò.
Kami, che confusione!



Kagome riuscì a incontrare di nuovo Kaede solo a mattina inoltrata del giorno seguente.

Ansiosa di scusarsi per averla fatta preoccupare ed assicurarle che il cibo che aveva preparato era stato gradito, la seguì nella stanza privata dietro la reception, bussando titubante sullo stipite della porta: - Emh… mi scusi, signora Kaede. È permesso? Posso? – domandò timidamente.

- Avanti, avanti cara! Prego – le sorrise la donna, facendole segno di sedersi accanto a lei.

Cordiale, le chiese del pomeriggio precedente e fu contenta di sapere che il cibo che aveva preparato per il mezzodemone fosse risultato gradito.

Le domandò anche dello stato di salute in cui lo aveva trovato e si incupì non poco quando Kagome accennò all’incubo.

Temendo di aver parlato troppo, la giovane si affrettò a minimizzare, ma la reazione dell’anziana la sorprese: - Magari fosse stato solo un innocuo incubo, ragazza mia. Magari. Ah, povero ragazzo. Così giovane, eppure il suo cuore ha già sofferto molto. Io ho tentato di essergli d’aiuto, sai? Però oltre un certo punto non ho potuto fare granché. L'ho accudito e cresciuto, quando sua madre morì. Aveva trovato una sua stabilità, tutto sommato, e anche grazie a Kikyo sperai di vederlo finalmente felice – sospirò, affranta.

Notando l’espressione incuriosita della giovane, fece un mezzo sorriso: - Forse è il caso che ti spieghi, vero? –.

Kagome però si affrettò a negare: - N-no, signora. Se non vuole non è obbligata a… cioè, spetterebbe ad InuYasha, parlarmi di sé. Shiro mi ha accennato ad una Kikyo ma… non importa, non voglio metterla nei guai -.

Come se lei non avesse proferito parola, l’anziana continuò imperterrita, ormai avviluppata nel tunnel dei ricordi: - Me lo ricordo ancora, sai, cara? Era notte e nevicava quando quella donna bussò alla nostra porta, con un neonato tra le braccia. Ci disse che l’avevano cacciata di casa poiché aveva rifiutato di abortire. Il suo nome era Izayoi ed era la donna più bella che avessi mai visto. Per ricambiare la nostra generosa ospitalità, si offrì di aiutare in hotel, prima nelle pulizie e poi come contabile – le raccontò Kaede, sistemandosi più comodamente sulla sedia.

Kagome la ascoltava in silenzio, rapita e desiderosa di sapere.

- Era una donna cocciuta, sai? InuYasha ha preso molto da lei, in questo – ridacchiò l’anziana – Considera solo questo, lo chalet. Glielo regalammo, era comunque una costruzione rimasta inutilizzata, ma lei si impuntò, fino a che non riuscì a pagarlo al nonno di Shiro fino all’ultimo centesimo. Era davvero volenterosa, determinata e non si lamentava mai -.

- Ma… e il padre? Perché non… – soffiò la ragazza, trasalendo nel realizzare di aver espresso a voce quel pensiero.

- Non lo disse mai chiaramente, ma il demone padre del bambino la lasciò sola. Probabilmente non seppe nemmeno di aver avuto un figlio – sospirò Kaede.
- Come… non l'ha mai saputo? – boccheggiò Kagome, stranita.

- Izayoi non si è mai sbottonata, sull’argomento. Diceva che le bastava avere il suo bambino accanto e che InuYasha era la sua gioia più grande. Io però non ho mai creduto che non le importasse. Lo dice il nome stesso che diede al suo bambino che, come avrai capito, è un mezzodemone cane. Solo in seguito, grazie al padre di Shiro, sono riuscita a collegare i pezzi, a ricordarmi di quel ricco demone che circa un anno e mezzo prima che comparisse Izayoi, era venuto in Hokkaido per fare da finanziatore ad un imprenditore locale che voleva costruire una modernissima cabinovia. Inu No Taisho. Un importante magnate giapponese, già sposato e padre di un bambino – esalò, facendo sussultare la ragazza.

Kaede la guardò, rammaricata: - Già. È la conclusione a cui arrivammo tutti. InuYasha deve essere stato il frutto di una notte di passione. E Izayoi non se la deve essere sentita di pretendere qualcosa dal padre di suo figlio, all’inizio. Tuttavia, crescendo, InuYasha iniziò a fare domande, come era giusto che fosse. Questo spinse la donna ad andare da lui, avendo inoltre scoperto che l’uomo aveva divorziato. – d’improvviso si incupì.
- InuYasha aveva otto anni, la signora Izayoi era riuscita a rintracciare il padre di suo figlio, ma… non si seppe bene cosa accadde. Finalmente InuYasha avrebbe potuto incontrare suo padre ed era così felice – continuò la donna, con espressione mesta – Lei non arrivò mai a destinazione. Ci fu un incidente. Quel povero ragazzo non conobbe mai il padre e non vide mai più tornare la madre -.

Quella rivelazione raggelò Kagome, che si portò una mano alla bocca.

Il suo cuore perse un battito nel ricordare cosa il giovane avesse gridato durante l’incubo del giorno precedente.

Non andare, mamma! Resta qui, a casa, con me.

- O-oddio! – esalò ad occhi sgranati.

Lo sguardo triste dell’anziana le provocò una stilettata al cuore: – Fu devastante, per il piccolo InuYasha. Qualche anno dopo sapemmo che anche suo padre era morto, schiantandosi con il proprio aereo privato. Dopo la morte di Izayoi, InuYasha non aveva più voluto saperne di informare il padre della sua esistenza. Così, alla fine, è rimasto solo al mondo. La cosa peggiore fu che iniziò ad incolparsi per il fatto di aver spinto la madre a partire. Per non aver voluto conoscere suo padre quando avrebbe potuto farlo. Tuttavia tenne duro, grazie anche al sostegno di tutti noi. Era la nostra mascotte – sorrise intenerita – Una mascotte un po’ pestifera, a dire la verità – affermò, facendo sorridere anche la ragazza – Col tempo pareva che tutto andasse per il meglio. Lui e Shiro divennero amici e, grazie a lui, InuYasha conobbe Kikyo -.

- Oh, mi pare di aver capito che fosse la… cugina di Shiro, dico bene? – chiese Kagome.

L’anziana annuì: - Sì. Era una ragazza strana, solitaria, sempre sulle sue. Forse anche perché i genitori non si occupavano molto di lei. Probabilmente fu questo ad attirare InuYasha, riconoscere in lei la sua stessa solitudine – commentò Kaede, chiudendo gli occhi – Erano giovani, dei ragazzi di soli 15 anni. Kikyo e i suoi genitori, gli zii di Shiro, vennero qui verso la fine di un febbraio. Lei ed InuYasha si conobbero e si innamorarono. La ragazza però viveva ad Hakodate. Di fatto si vedevano poco, non più di due o tre volte l’anno, solo quando Kikyo tornava qui in vacanza o per allenarsi con i pattini. Già, voleva diventare una famosa pattinatrice su ghiaccio, vista anche la sua algida bellezza -.

A quelle parole, Kagome si stupì di avvertire una strana fitta di… gelosia?

Si riscosse subito, dandosi della sciocca. Era ovvio che lui avesse avuto delle donne! Ok, erano in montagna, ma non in un eremo! E poi lui era così affascinante e dolce…

Arrossì a quel pensiero.

- Ancora una volta, però, la felicità che sembrava ad un tocco di dita, finì in frantumi – gracchiò commossa la donna, asciugandosi una lacrima dispettosa – Aveva nevicato. E Kikyo era testarda quanto InuYasha. Perfino lui l’aveva sconsigliata di andare a pattinare. C’è ancora neve, qui, a marzo, ma comincia a sciogliersi, con l’approssimarsi della primavera. Lei però fu irremovibile. Voleva andare a pattinare sul lago, per mostrargli la coreografia per una gara che si sarebbe tenuta pochi giorni dopo. Litigò perfino con i genitori che non volevano lasciarla andare. Da bravo ragazzo innamorato, InuYasha esaudì quel capriccio e la accompagnò. – sussurrò – Fu un istante. Il ghiaccio sottile cedette a causa dei ripetuti atterraggi e delle acrobazie e lei cadde in acqua. InuYasha si era allontanato di qualche metro, verso la motoslitta che avevano usato per arrivare lì –.

Kagome era immobile, le mani strette al petto e gli occhi traboccanti di lacrime, incredula.
No, non poteva essere successo che anche lei… no. Si rifiutava di crederlo!

La donna, leggendo terrore negli occhi della ragazza, si affrettò a rassicurarla: - No, cara, non temere! È tutt'oggi viva e vegeta. Sposata con un medico, a quanto ne so. Grazie ai riflessi demoniaci, InuYasha la ripescò in tempo. Rischiò molto anche lui, non di meno. Non si può pretendere che un ragazzo poco più che adolescente riesca ad avere il sangue freddo di un adulto. Purtroppo le conseguenze dell’ipotermia si fecero sentire, nonostante InuYasha avesse tentato l’impossibile per tenerla al caldo e tornare all’albergo più in fretta che potesse. Si scatenò il putiferio. Appurato che la figlia fosse viva, i genitori, -se genitori si possono chiamare persone del genere-, cominciarono ad inveire contro il ragazzo, specialmente per il fatto che Kikyo avrebbe saltato la gara del suo debutto a causa di quella bravata – continuò Kaede, arrabbiata.

Kagome continuò a guardarla, attonita.

- A nulla servì tentar loro di spiegare che i due non avevano colpa, che era stata una fatalità, un'imprudenza. A dire il vero, avrebbero dovuto ringraziare il cielo che Kikyo non fosse uscita da sola, che ci fosse stato InuYasha, con lei. Invece di essere grati al ragazzo per aver salvato la figlia da una sicura morte per annegamento, gli diedero solo addosso – sospirò – Inizialmente Kikyo lo difese, ma ben presto cedette all'influenza dei genitori, incolpandolo di non aver fatto abbastanza per impedirle di andare – ammise.

A quelle parole, la ragazza dai capelli corvini balzò in piedi, indignata: - Come!?! Ma che faccia tosta! -.

Kaede si lasciò scappare un sorrisino: - Era una ragazza giovane e un po' succube, Kagome. Inoltre quella per InuYasha doveva essere stata poco più di un'infatuazione. Non sto dicendo che non lo amasse, sia chiaro. Solo che… era un tipo di amore acerbo, il suo. Infantile ed egoista. Capisco fosse difficile, mantenere una relazione a distanza. Però anche il fatto che lei non abbia mai voluto che lui andasse a trovarla… si telefonavano, certo. E Kikyo convinceva sempre i genitori a portarla qui tutte le volte che voleva -.

“Certo. Però, non è certo sufficiente per mantenere un rapporto! Da come lo dice, sembra che fosse sempre e solo lui ad adeguarsi ai desideri di lei” pensò Kagome “Dov’è la vicendevolezza, in tutto questo? Capisco sia difficile, una relazione a distanza, ma sembra quasi che mancassero di impegno” riflettè mestamente.

- Beh, sta di fatto che smisero gradualmente di sentirsi, fino a che si lasciarono. Per InuYasha fu l’ennesima esperienza dolorosa e l’ennesima colpa ingiustificata che iniziò ad assumere su di sé – sospirò l’anziana.

- No, non deve nemmeno pensarlo! Non è giusto! Cosa c’entra lui con – si infervorò la giovane, stringendo i pugni, ma una voce proveniente dalle loro spalle unita al rumore di qualcosa che veniva appoggiato con violenza su una superficie solida la fece sobbalzare.

Voltandosi di scatto, rimase pietrificata, così come pure Kaede.

Davanti a lei, InuYasha le stava fissando con occhi colmi di dolore e rimorso, in viso un’espressione a metà tra il sarcastico e l’arrabbiato: - Non dirmi che sai fare anche la psicologa, ragazzina. Non sono affari che ti riguardano – soffiò cupo – E tu, vecchiaccia dalla lingua lunga, non avevi alcun diritto di dare corda a questa ficcanaso e raccontarle i fatti miei -.

Kagome trasalì: - N-no, ti sbagli. Io non… Shiro mi ha… - balbettò.

La risata quasi cattiva che il mezzodemone fece la agghiacciò: - Ah, Shiro, eh? Tutti a farsi i fatti miei, qui dentro, vero? Sapete che vi dico? Andatevene tutti al diavolo! – urlò quasi, voltandosi ed uscendo dalla stanza.

Fu istintivo per Kagome corrergli dietro: - InuYasha, no. Aspetta! Non è come credi! – tentò di dirgli.

- Ah, no? – le rispose lui, già arrivato in mezzo alla hall – Eppure eccolo lì – continuò, lasciandola perplessa – Eccolo quel dannato sguardo che compare negli occhi di ogni singola fottuta persona che è venuta a conoscenza della mia storia – ringhiò – Tutti, tutti finite per guardarmi in modo diverso, come un povero bambino sfortunato che non puoi evitare di compatire dalla pena che ti fa! -.

La ragazza sussultò, ma non fece a tempo a ribattere perché lui uscì all’esterno.

E, spinta da un impulso incontrollabile, Kagome lo seguì di nuovo.

Quegli occhi ambrati traboccanti di rabbia e rimorso… no, doveva riuscire a fargli capire che lei non…

Voleva riuscire a lenire tutto quel dolore.

 
*********


InuYasha uscì, sbattendo la porta.

Si sentiva imbufalito, amareggiato.
Stupida vecchia e stupida ragazzina curiosa!

Quella mattina, perfettamente ristabilito dalla febbre, si era alzato, pronto per un nuovo giorno.

Aveva dormito poco, in realtà, ancora stupefatto dal fatto che… fosse stato sul punto di baciarla.

Nel breve tragitto verso l’albergo, la sua mente si era ossessivamente chiesta come avrebbe reagito Kagome, non appena lo avesse rivisto.

Lo avrebbe ignorato, comportandosi come se niente fosse successo?
Eppure, la sera precedente, non si era scostata da lui schifata. Certo, avrebbe potuto essere rimasta immobile solo a causa della sorpresa. O dell’imbarazzo.

Segretamente, nel suo cuore, sperò che lei lo trattasse come al solito, con naturalezza, che non lo evitasse.

Oppure, ancora meglio, che risultasse imbarazzata.
In effetti era lei ad essere venuta da lui per accudirlo. Nessuno le aveva imposto di farlo, no?

Uno strano senso di calore lo avvolse, ripensando a come lei fosse stata in grado di tranquillizzarlo dopo l’incubo.

Già, l’incubo.
Era un brutto segno, il fatto che quei ricordi si fossero ripresentati.
Purtroppo, aveva anche intuito il perché del riemergere di tutto.

Si stava affezionando a lei.

 Di contro, il suo inconscio, aveva voluto rammendargli cosa era successo alle uniche due persone che aveva amato con tutto se stesso, sua madre e Kikyo.
Quell’incubo era stato una specie di meccanismo di protezione da sentimenti che stavano iniziando inconsapevolmente a sbocciare.

No, non poteva affezionarsi. Ci sarebbe stato stroppo male, quando tutto si fosse distrutto ancora una volta.
No. Aveva paura di soffrire ancora. Proprio per questo, dopo Kikyo non aveva avuto più altre storie.

Non era un santo, certo. Come ogni uomo, aveva anche lui le sue necessità. Qualche scappatella con un paio di turiste c’era stata, ma niente di più.

E poi, il confettino era innamorato di Shiro, no? Nonostante tutto, lei non avrebbe potuto aver già dimenticato quei sentimenti.

In conclusione, era meglio imputare alla febbre quello strano momento ed andare avanti senza scervellarcisi troppo. Era stato un momento di debolezza, punto.


Arrivato davanti all’entrata dell’hotel, salutò l’infreddolito portiere. Poi si diresse oltre la reception, per poter rendere a Kaede i recipienti che gli aveva inviato il giorno prima con dentro da mangiare.

Ciò che arrivò al suo fine udito lo pietrificò, facendolo rimanere davanti alla porta.

No! No, dannazione, no!

Lei non doveva sapere nulla di… l’avrebbe guardato con occhi diversi, ora, non sarebbe stata più come prima, con lui, così… dolce, spontanea, premurosa.

L’avrebbe solo compatito.

Un forte sentimento di amarezza gli chiuse lo stomaco e un senso di nausea lo invase.

Sentendo poi le esclamazioni della ragazza, si rabbuiò ancor di più.

Dunque era anche lei come tutte le donne, alla fine.
Ficcanaso e con la sindrome della crocerossina. Ma lui non aveva bisogno di essere accudito, o compatito. Non era questo ciò che cercava.
 Stava bene da solo!

“Ne sei davvero sicuro?” gli chiese la sua vocina interiore “Cos’è che vuoi ottenere da lei, sentiamo! Amore, forse?”.

Quella considerazione lo irritò.

No. Non aveva alcun diritto di esigere amore da qualcuno.

Delusione ed amarezza si tramutarono ben presto in un mix esplosivo di sconforto e rabbia e, prima ancora di rendersene conto, era già entrato nella stanza, zittendole.

Quando però quella stupida ragazzina aveva cominciato a tentare di giustificarsi, a negare, non ci aveva più visto e si era costretto ad uscire per evitare di aggredirle entrambe. Lei e quella dannata vecchia che se ne stava in silenzio, con espressione serafica, come se non avesse fatto nulla di male!

Kami, gliela avrebbe fatta pagare, a quella stupida vecchiaccia decrepita!

- InuYasha! No, aspetta – lo raggiunse la voce di Kagome, mentre lui aveva già attraversato metà del piazzale innevato dell’hotel – Aspetta! Hai frainteso tutto. Lascia che ti spieghi! – ansimò, nello sforzo di tener dietro al passo del mezzodemone infuriato.

Fuori di sé, desideroso di togliersela di torno, di restare solo per poter calmare il battito forsennato del proprio cuore, InuYasha si girò, fulminandola con lo sguardo: - cos’è che vorresti spiegare, eh? Fammi indovinare, che tu volevi solo aiutarmi, giusto? Io non lo voglio, il tuo aiuto. Non voglio la tua compassione, la tua pietà. Non sono il tuo caso umano, Kagome! -.

La ragazza si accigliò: - Ma ti ascolti quando parli? Caso umano?? La vuoi smettere di dire idiozie? E poi, spiegami che male c’è, se qualcuno si preoccupa per te, scusa! È normale, vuol dire che quella persona ci tiene a te, che ti vuole bene – tentò di farlo ragionare – Sei tu stesso, a considerarti una vittima! Non è stata colpa tua! Né per tua madre, né con Kikyo! -.

- ZITTA! Sta’ zitta! Chi sei, tu, eh? Cosa ne sai, di me? Niente! Smettila di mettere il becco in cose che non ti riguardano! Nessuno ha chiesto il tuo parere! Cosa te ne importa, poi? Tra qualche giorno tornerai a casa tua e non ci rivedremo mai più, quindi fatti i cazzi tuoi e torna nel tuo buco a piangerti addosso perché il ragazzo che ti piace ti ha solo presa per il culo! – urlò, rimanendo però ad occhi sbarrati nel realizzare cosa avesse detto, nella foga rabbiosa del momento.

Il cuore gli si strinse in una dolorosa morsa nel vederla chinare il capo, umiliata e con gli occhi pieni di lacrime.

- Scusa, i-io… non… - balbettò dispiaciuto ma ancora arrabbiato – Torna dentro. Lasciami solo – mormorò, prima di darle le spalle, avviandosi verso il suo chalet.



Kagome rimase ferma, immobile in mezzo al cortile.
Si sentiva vuota ed impotente.

Alzando il capo trasalì.

A pochi metri da lei, Keiko la osservò con malcelato disprezzo: - Mi sono sbagliata, su di te – la sentì dire – Fai tanto l’amicona, ma poi… dì la verità, visto che non hai ottenuto niente dal mio amoruccio, ora stai puntando ad InuYasha, vero? – sibilò, cattiva – Beh, mi dispiace per te, tesoro, ma non ci riusciresti comunque. Quel mezzodemone è troppo chiuso in se stesso e sarebbe fatica sprecata, tentare di convincerlo. Il gioco non vale la candela - sentenziò.

Se in un primo momento Kagome si era sentita ferita da quelle infondate e gratuite accuse, le ultime parole della ragazza fecero scattare in lei una specie di ribellione, come una scintilla che accende la polvere da sparo.

E no. Ok, poteva passare per un’approfittatrice, pazienza. Ma sentirle dire che InuYasha fosse… un caso perso, fatica inutile… no. Non poteva sopportarlo, questo.

- E tu che ne sai, scusa? Ci hai almeno provato? No, vero? – sbottò, alzando la testa – Ovvio che no. Perché a te piace vincere facile, vero? Vuoi che tutto vada esattamente come vuoi tu. Ed è per colpa di gente come te se… oh, lasciamo stare. Non capiresti nemmeno se te lo spiegassi come ad un bambino dell’asilo – la zittì – Hai già il tuo amoruccio, no? Che ti importa di ciò che faccio io? E non temere, puoi pure tenertelo senza problemi, il tuo Shiro. Ora scusami, ma ho urgenza di sistemare una certa faccenda – concluse, sorridendo in modo calmo e angelico.

Ridacchiò internamente nel ricordare le tante volte in cui Koga e Miroku le avevano detto che, con quell’espressione calma, incuteva più paura di un Oni infuriato.

Si voltò, pronta a seguire i passi del mezzodemone, non prima di aver dato ad un’ammutolita Keiko l’ultima stoccata finale: - Comunque, prima di sparare veleno sugli altri, ti consiglio di pensare a te stessa. Se la tua idea dell’amore è quella della “massima resa col minimo sforzo”, beh, spiacente ma io non la vedo affatto così. Ti saluto -.


Nel frattempo InuYasha era quasi giunto a casa. Tuttavia le sue sensibili orecchie captarono il flebile suono di una voce che chiamava il suo nome.

Girandosi indietro, potè notare, alla base del lieve pendio che conduceva al suo chalet, una figuretta minuta che arrancava nella neve alta.

- Ti avevo detto di lasciarmi in pace. Vattene! – le urlò, cupo, ma Kagome non gli diede retta.

Quando lo raggiunse, quasi non riusciva più a respirare per l’affanno. Doveva avere corso.

Dio, quelle guance rosse, le labbra ansimanti e i lunghi capelli pieni di cristalli di ghiaccio.

Probabilmente era capitombolata nella neve alta, più di una volta, considerando l’agilità di cui era dotata.

Era così bella…
No, maledizione! Era arrabbiato con lei, cavolo! Non doveva mettersi a pensare che fosse bella!

- Prima mi hai chiesto cosa me ne importasse. – riuscì a sussurrare lei con un filo di voce – Non lo so. So solo che mi fa male vederti soffrire, vedere che ti incolpi da solo e ti punisci per avvenimenti accaduti indipendentemente da te. Non è colpa tua, se tua madre è morta. Non è uscita di casa perché l’hai costretta – affermò aspra, alzando lo sguardo a sostenere quello di lui – Lei ti amava, e voleva vederti felice. L’ha fatto per entrambi, per te e per se stessa, di andare da tuo padre. Anzi, no! L’ha fatto per tutti e tre! Per te che avevi il diritto di avere un padre, per lui e il suo diritto di sapere di aver avuto un altro figlio e per sé stessa, per il suo diritto di poter rivedere l’uomo che amava -.

Inuyasha sussultò, sorpreso da quanto la ragazza fosse stata capace di leggergli dentro.

- E per quanto riguarda Kikyo, è stata lei, la debole! Invece di ringraziare tutti i Kami di essere viva, di ringraziare te per averla salvata, invece di ammettere che era colpa sua quanto tua, che quell’imprudenza l’avevate fatta insieme… ha lasciato che fossi tu, il capro espiatorio – ansimò la ragazza, sentendo le lacrime iniziare a scendere – E ti dirò di più: se è vero amore, col cavolo che si tratta l’altro come… come un giocattolo! Un giocattolo di cui ci si ricorda solo quando ci serve e che si abbandona quando ci si stufa. Un amore va coltivato, difeso con le unghie e con i denti, se necessario. E se si strappa qualcosa in una relazione, si fa anche l’impossibile per ricucirlo – singhiozzò, accorata.

InuYasha si inalberò: - E tu che ne sai, scusa? Solo sparare sentenze sulla base di un racconto di una stupida vecchia e -.

Si interruppe, vedendo la ragazza rivolgergli un sorriso mesto che, paradossalmente, gli parve anche dannatamente dolce.

- Non sono molto ferrata, in amore, è vero. Però credo di aver ben chiaro cosa farei io se – iniziò – No, niente. Non ha importanza. Anche se te lo dicessi, ora come ora, finirei solo per fare la figura della stupida. E tu sei ancora troppo arrabbiato, al momento e non mi crederesti. Comunque sia, volevo solo precisare una cosa: ti sbagli. Non è pietà, quella delle persone che ti stanno attorno. È amicizia, affetto e… amore. Quella che tu hai definito “stupida vecchia” ti vuole un bene dell’anima e io… – riprese Kagome, interrompendosi però a metà, scuotendo la testa.
 “Anche io credo di volerti bene” concluse mentalmente.
– No, lascia perdere. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, dice il detto. Hai ragione tu. Non avrei dovuto intromettermi. Non avrei dovuto nemmeno venirci, in Hokkaido – sospirò triste, guardandolo dolcemente negli occhi.

- Appunto! Se te ne fossi rimasta a casa, non saresti rimasta invischiata in problemi non tuoi – ribattè InuYasha, camminando verso la porta di casa sua, turbato dall’effetto che quello sguardo castano aveva avuto su di lui.

– Forse è proprio questo posto, che porta male, in inverno – tentò di scherzare debolmente lei, tirando su col naso e lasciandosi scappare un sospiro.
Non c’era più nulla che potesse dirgli. Dal modo in cui aveva cambiato argomento, era chiaro che la questione fosse chiusa – I-io... scusami. Non ti infastidirò più, se è questo che desideri -.

No, non era questo, ciò che voleva, ma l’amarezza parlò ancora per lui, prima che potesse impedirglielo: - Ecco, brava -.

“Dannazione!” pensò, mordendosi le labbra. Che diavolo stava facendo? Non si era mai comportato così!

Si voltò a contemplarla ancora una volta, accarezzandone la figura con lo sguardo e aggrottando le sopracciglia nel notare che… - Sei uscita di nuovo senza giubbotto, razza di incosciente! Torna subito in albergo! – la rimproverò e lei annuì, girandosi per tornare sui propri passi.

- InuYasha? – lo chiamò ancora, senza voltarsi - Ti giuro che io non intendevo… i-io volevo solo… esserti vicina, nient’altro. Ricambiare in qualche modo tutte le cose che hai fatto per me. Non era mia intenzione farti rivangare ricordi dolorosi. Mi ero solo preoccupata per te, così come Kaede. Non avercela con lei, te lo chiedo per favore – sussurrò.

- Non ce n’è bisogno. Non devi preoccuparti. Sto bene e sono abituato a cavarmela da me. Scusa, per prima. I-io non… non ho pensato, prima di parlare – mormorò InuYasha.

- Mh-mh. Non importa. Allora io… tolgo il disturbo – pigolò con tono flebile, come se…

“Oddio, sta per piangere di nuovo?” Si chiese allarmato il ragazzo.

E perché sapere di esserne il responsabile gli aveva provocato un groppo in gola?

- Allora… ciao, InuYasha – concluse la ragazza, facendo due rapidi passi in avanti, finendo però per affondare nella neve – Che goffa – ridacchiò, trattenendo un singhiozzo.

Non voleva piangere di nuovo davanti a lui, così si rialzò, spazzolandosi i pantaloni.


Il giovane rimase immobile, guardandola allontanarsi.

Solo quando la sua figura non fu più visibile, retrocedette verso la propria abitazione.

Entrato, si appoggiò con la schiena alla porta che aveva chiuso dietro di sé, gli occhi nascosti dalla frangia argentea.


Il resto della giornata fu una specie di agonia per entrambi.
Kagome si rintanò in camera.
inuYasha cercò sfogo al nervosismo… facendo le pulizie.

Sfortunatamente, mente stava sistemando camera e vestiti, gli capitò in mano QUELLA felpa.

Stizzito, la gettò malamente sul letto.

Con quel movimento, però, finì per urtare la sveglia sul comodino lì accanto, facendola cadere.

Alzando gli occhi al cielo la raccolse, sbuffando nel constatare che lo sportellino posteriore che copriva le batterie fosse finito sotto il letto.

Mettendosi a bocconi, fece per prenderlo, quando la presenza di qualcosa di luccicante poco lontano dallo sportellino, attirò la sua attenzione.

Stupito ed incuriosito, si sporse per afferrare l’oggetto, trattenendo il fiato nel momento in cui capì di cosa si trattasse.

La catenina che Kagome aveva al collo la notte di Natale.

Doveva averla persa senza accorgersene.

Se la rigirò tra le mani, seduto a terra.

Il suo cervello stava già progettando di correre a riportargliela seduta stante.

Dannato traditore!

No, doveva riuscire ad elaborare un discorso per scusarsi, prima! Eh, come se fosse facile! Si era reso conto di aver esagerato e che lei aveva perfettamente ragione. Su tutto. Era stato un po’ egoista, a pensare solo a se stesso, a lasciarsi sommergere dalla negatività.

In definitiva, sbollita la rabbia, si era reso conto di essersi comportato da vero idiota e ci aveva pensato anche la vecchia a ricordarglielo quando, circa un’ora prima, si era fatta accompagnare da Shiro fino a lì.

Gli era quasi preso un colpo, nel trovarsela davanti all’improvviso, avvolta in un largo scialle di lana: - InuYasha, ascolta – aveva esordito la donna – Smettila di fare quella faccia! Non sta per arrivare la ramanzina, tranquillo. Anche se, dopo la scenata da primadonna con crisi di nervi, ti meriteresti una bella sculacciata – lo rimproverò, di fronte all’occhiata esasperata che lui le aveva rivolto – Volevo solo informarti che il signor Keichi, vista anche la tua recente influenza, ha deciso di lasciarti in ferie fino al tre gennaio. Ed è un ordine. Una settimana di riposo ti farà solo bene. Senza contare che oggi è il 28 Dicembre, e quindi l’ultimo giorno lavorativo dell’anno. Lo so che di solito mi aiuti con le pulizie, ma questa volta sei esonerato! -.

Fantastico, ora non avrebbe avuto nemmeno il lavoro con cui distrarsi un po’!

- Va bene, va bene. Ho capito. Bah, come ti pare! Ora spicciati a tornare all’hotel, vecchia. Non sei più una ragazzina e tra poco inizierà a far buio e più freddo – fu il borbottio del giovane, mentre la spingeva verso la porta.

Verso l’ora di cena, tuttavia, si vide costretto a recarsi all’albergo. Si era dimenticato di fare la spesa!!!

Stranamente, benchè fosse stato proprio quello il desiderio che aveva espresso, si dispiacque di non incrociare Kagome da nessuna parte.

E fu con sorpresa che, alla fine, mentre aiutava Shiro a spostare un pesante tavolo dalla sala da pranzo verso quella per la colazione, la scorse intenta ad osservare, come suo solito, la neve che cadeva fuori da una delle finestre del salone. 

I loro occhi si incrociarono attraverso il vetro.

Dapprima Kagome sussultò, poi si affrettò a girarsi verso di lui, facendo per sorridergli ma… ma InuYasha distolse lo sguardo di scatto, come scottato e voltò il capo dall’altra parte.

Il sorriso si gelò sulle labbra di Kagome e fu come se una stilettata –l’ennesima durante quella vacanza- le trapassasse il cuore.

Lui… l’aveva ignorata.

Se solo la ragazza avesse saputo quanto le cose stessero diversamente, in realtà.
Ciò che lei aveva scambiato per indifferenza e disprezzo, era solo del semplice imbarazzo.

Semplicemente, il mezzodemone era a disagio e non sapeva come comportarsi.

E si era appena dato mentalmente dell’idiota per aver pensato per la centesima volta che lei fosse bellissima, anche mentre contemplava assorta la neve.




Il 29 dicembre, all’incirca alle nove del mattino, InuYasha trotterellò nervosamente verso l’albergo, stringendo in una mano, affondata nella tasca del giubbotto, la catenina della ragazza.

Sbuffando e borbottando, stava tentando di ripassare il discorso che si era preparato:
“Dunque. Allora. Buongiorno, Kagome. Nah! Dopo che hai trattato malissimo una persona, non le dici mica buongiorno, come se niente fosse” considerò “Ciao. Ecco, sì. Meglio. Ciao… ragazzina. Sì. Perfetto. Ciao ragazzina. Lo sai che sei proprio sbadata? Hai perso questa e non te ne sei nemmeno accorta”.

Ok. Poteva andare. Poi avrebbe potuto scusarsi e… ma sì, perché no. Darle di nuovo una mano con gli sci.

Arrivato nella hall però fu stordito da un urlo sovrumano: - Come?!? Cosa vuol dire che se n’è andata? Che è tornata a casa? Senza dire niente a nessuno? Ma… - sbottò Sango.

- Tesoro, calmati – tentò di rabbonirla Miroku, appoggiandole una mano sulla spalla.

- Col cavolo che mi calmo, Miroku! Ma dico! Vuole farmi venire un infarto? Come ha potuto fare le valigie e andar via senza avvisarci! Oh, appena la ripesco… vedrà! Non gliela posso perdonare, questa -.

Stranito, InuYasha non ebbe nemmeno il tempo di razionalizzare, perché fu preso per il colletto del giubbino da Koga: - Ehi, tu, razza di cagnolino. Che hai fatto a Kagome, eh? È colpa tua, se è fuggita così all’improvviso, vero? Parla, bastardo! – ringhiò furente, sordo alle preghiere di Ayame che tentava inutilmente di calmarlo.

Come?!? Kagome? Andata? Andata dove?!?

Era uno scherzo, vero? Non poteva essersene andata. Dovevano ancora chiarirsi, lui doveva ancora scusarsi. E ridarle la catenina e poi…

Di fronte allo sguardo incredulo del mezzodemone, Koga lo lasciò andare.

- C-come? – riuscì a sillabare InuYasha.

- Eravamo d’accordo di fare colazione verso le otto, visto che avevamo deciso di recarci in paese a fare shopping selvaggio insieme e ritornare per mezzogiorno. Lei però ci ha detto di non avere appetito e che ci avrebbe raggiunti dopo colazione nella hall, ma… vedendo che tardava, siamo andate in camera sua, trovandola vuota, ad eccezione di un biglietto, in cui ci comunicava che… - raccontò la demone lupo.

La voce di Sango risuonò nell’atmosfera fattasi pesante e silenziosa: - “ Ciao, ragazzi. Scusatemi se sono scappata senza dirvi niente ma… ho deciso di tornare a Tokyo. Questa vacanza si è rivelata un vero disastro e non me la sento proprio di rimanere ancora. Che non vi venga in mente di seguirmi, eh? La prenotazione è fino al 2 gennaio, quindi rimanete dove siete e divertitevi.
Divertitevi anche per me. Io starò bene, non preoccupatevi. Sango e Ayame: Scusatemi, amiche mie!
Un abbraccio, Kagome.” – lesse, con tono lugubre – Quella dannata imbecille! Non ha voluto fare colazione perché intanto se l’è svignata! Ohhh! Io la ammazzo! – riprese a dire l’amica.

Inuyasha era rimasto ancora fermo, impalato ed incredulo.

- Ragazzi? – li raggiunse la voce mesta di Hojo – Ho chiamato, ma… di aerei non se ne parla fino a domani. E i treni… l’unica alternativa è quello notturno. Gli altri erano alle otto e alle undici e un quarto di stamattina. Contando che sono le nove passate e che per arrivare a Sapporo da qui ci vogliono più di due ore e mezza… non faremmo in tempo – comunicò loro.

L’occhiata che gli rivolse Sango avrebbe fatto scappare perfino un grizzly.

Kaede intanto non aveva tolto gli occhi di dosso ad InuYasha da quando lo aveva visto in balia di Koga.

Lo vide stringere i pugni fino a conficcarsi gli artigli nella carne ed uscire, sbattendo la porta.

Sospirò.
Di questo passo quei poveri cardini non avrebbero retto ad altri colpi.


Il mezzodemone si fermò al limitare del cortile.

Andata. Anche lei era andata via.

Ipocrita. Tutte quelle belle parole e poi cosa faceva? L’aveva lasciato solo.

Come Kikyo.

“Ma se sei stato tu, a dirle di tornarsene da dove era venuta!”.

- Taci, stupida coscienza! – borbottò, ai limiti dell’udibile.

- INUYASHA! -.

Quell’urlo lanciato a distanza ravvicinata gli fece fare un salto.

- Sei rimbecillita del tutto, vecchia? Che diamine! Mi hai perforato un timpano – sbottò, fulminando Kaede con lo sguardo.

- Piantala di fare il bambino, ragazzo. Il mondo non gira tutto intorno a te, sai? – lo sgridò.

- Di che diavolo parli, dannata! -.

Lei però ignorò quella osservazione scontrosa: - Che pensi di fare, quindi? – gli domandò.

- EH? Ma… vuoi parlare chiaro, accidenti a te? – si lamentò il giovane – Non ci sto capendo nulla -.

“Benedetto ragazzo” pensò accigliata l’anziana.
- Hai intenzione di lottare per la tua felicità una buona volta o no? È inutile che fai la vittima, se tu sei il primo a subire passivamente gli eventi. Non puoi pretendere che una persona torni, se non le hai dato un motivo per farlo – fu la sua risposta.

- M-ma – balbettò lui.
Era giunto il momento di chiamare uno psichiatra per la vecchia!

- Loro hanno deciso di partire domani all’alba per andare in aeroporto. E tu? Tu che farai, InuYasha? – affermò la donna, prima di rientrare nella struttura, lasciandolo basito.




Tokyo, 29 dicembre, ore 22.


Kagome spalancò la porta del suo appartamento, quasi lanciando dentro la propria valigia.

12 ore di viaggio*, una jeep, tre treni e un taxi! Era distrutta.

Si gettò sul letto, ancora vestita.

Aveva anche fame, l’intero pacchetto di biscotti che si era mangiata durante il tragitto in taxi dalla stazione fino a casa non era stato sufficiente.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Era stata una vera sciocca, ad andarsene in quel modo.
Sicuramente Sango ed Ayame sarebbero state arrabbiatissime.

Aveva agito da codarda, se ne era resa conto. Era scappata, ma proprio non aveva retto alla tensione, dopo aver ricevuto l’ennesima occhiataccia da parte della ragazza di Shiro.

E poi, il modo in cui InuYasha si era arrabbiato con lei… non aveva obbligato nessuno, a raccontarle del suo passato! Avevano fatto tutto loro!

Il colpo di grazia era stato appurare che le accorate parole che aveva rivolto al mezzodemone non fossero servite a niente. Anzi, avevano rovinato tutto.

Lui l’aveva ignorata.

L’aveva ignorata proprio nel momento in cui lei aveva iniziato a capire di provare qualcosa per lui.

L’aveva ignorata, allontanata nel momento in cui lei avrebbe voluto solo… abbracciarlo forte a sé per scacciare via dal cuore di lui tutta la tristezza, i sensi di colpa, il malumore.





 31 Dicembre, ore 23 e 15.


Kagome si ritrasse dallo spioncino, tornando a guardarci dentro una manciata di secondi dopo, convinta di avere le traveggole.

Oddio. Cosa cavolo…

- Kagomeeeee! Lo sappiamo che ci sei! Aprici, avanti – gridò Sango dal pianerottolo.

- È inutile che fai finta di non esserci, Kagomina! Sento il tuo bel cuoricino che batte all’impazzataaa – le fece eco Ayame.

- R-ragazzi?!? M-ma. Che ci fate qui? Voi dovreste essere…- balbettò l’amica, spalancando la porta.

- Lasciamo stare! Sono ancora arrabbiata con te, sappilo – le disse Sango.

- Confermo, Kagome. Non l’ho mai vista così imbufalit-auch! Sanguccia! – si lamentò Miroku, massaggiandosi la nuca colpita.

- Che viaggio, ragazzi! – si lamentò Koga, spaparanzandosi sul divano – Mi ci vorranno due giorni, per riprendermi! Niente aereo a causa di una stupida tempesta di neve. Dopo mezza giornata bloccati in aeroporto, siamo riusciti a prendere il treno notturno delle nove di ieri notte. Siamo arrivati a Ueno alle due del pomeriggio di oggi. Uh! È champagne, questo? Posso? – si illuminò all’improvviso.

- Koga! Siamo qui per una cosa molto più importante! – lo sgridò la fidanzata – e… UHH! Ma.. ma quello è creme caramel?! – trillò, facendo alzare gli occhi al cielo a Sango.

- Vabbè, li abbiamo persi! – ironizzò – Dovrò pensarci da sola! Vieni con me, tu! – ordinò a Kagome, prendendola per un braccio e trascinandola verso la camera da letto.

- Ehi! Sango! Che fai! – protestò l’amica.

- Shht! Non puoi di certo uscire in pigiama! La notte di Capodanno, poi! -.

- No! Sango, non mi va di uscire! Se voi volete andare a festeggiare, andate, io… - io resto qui, stava per dire, ma il sorriso enigmatico che Sango le rivolse la stranì.

- Errore! Noi, restiamo qui. Sei tu che devi darti una mossa. Manca pochissimo, a mezzanotte! – ribattè la ragazza – Ah, e riguardo a questo… AYA! Lasciami un po’ di dolce! Non mangiartelo tutto tu! – urlò, per farsi sentire dalla demone.

- OKKKK!! – le rispose quella, a bocca piena.

- Bene. Ed ora… a noi due! – sibilò maligna Sango, guardando Kagome in modo strano, frugando in un ampio sacchetto che solo allora l’amica aveva notato.

- S-sango-chan? Mi stai spaventando! C-che vuoi fare? E poi, perché dovrei uscire, scusa? – balbettò la corvina.

- Che domande… per andare a sentire cosa ha da dirti quel povero ragazzo che si è fatto un sacco di chilometri dall’Hokkaido fino a qui, sopportando di viaggiare con noi!– le rivelò, facendola sussultare.

Oddio. No, non… era uno scherzo, vero?

- Ah, tanto per la cronaca… Hojo l’abbiamo parcheggiato a casa sua senza tanti complimenti – le fece l’occhiolino Sango – Bene, ed ora… vediamo un po’ cos’hai in questo armadio… Kimono o vestito? Mhh.. vediamo… - considerò.


Mancava un quarto d’ora a mezzanotte.

Una ragazza coperta da un lungo cappotto rosa cipria correva verso il tempio del quartiere**.

Con una punta di ironia pensò che, se il nonno avesse saputo che era a Tokyo e che non stava andando al tempio di famiglia, l’avrebbe inseguita di certo con la scopa!

Si fermò, ansimante, ai piedi della lunga scalinata.

Una figura, appoggiata pigramente con la schiena al corrimano della scala fino ad un istante prima, uscì dalla penombra.

- Ciao… confettino – esordì InuYasha – Quella per il rosa deve essere proprio una bella ossessione, a quanto vedo – la punzecchiò.

Kagome era rimasta ferma ad osservarlo.

Oddio. C’era davvero! Non era una bugia né uno scherzo. Lui era davvero venuto fino a Tokyo!

- Cosa – gracchiò la ragazza, schiarendosi poi rumorosamente la gola che sentiva secca – Cosa ci fai qui? – esalò, continuando a fissarlo ad occhi sgranati.

Lui sorrise, beffardo, chiudendo gli occhi: - Beh, prima di tutto sono in ferie. In secondo luogo, avevo sempre desiderato visitare Tokyo. Terzo – fece una pausa, riaprendo gli occhi e intrappolandola in un mare d’oro – Terzo c’è una ragazza, alquanto goffa e sciocca, che però io ho trattato davvero male, qualche giorno fa. Avrei voluto scusarmi con lei, l’altro ieri – riprese – Peccato che quella ragazza sciocca avesse fatto il coniglio, scappando via – le raccontò, facendo accelerare i battiti del cuore della giovane – Inoltre, quella ragazzina è stata anche un po’ sbadata e non si è accorta di aver perso qualcosa – concluse, alzando una mano e facendo ondeggiare la catenina con il ciondolo a goccia – Ed io sono venuto a restituirglielo -.
    
Kagome era rimasta senza parole, incredula. Come?! Se era solo per la catenina, perché non l’aveva semplicemente data ad Ayame o Sango?

InuYasha sbuffò: - Ehi, che c’è, sei entrata in stato catatonico? Proprio non ti va, di rendermi le cose un po’ più facili, vero, confettino? – brontolò il mezzodemone, alzando gli occhi verso il cielo notturno, incurante dei passanti diretti al tempio che lanciavano loro occhiate stranite prima di procedere oltre, salendo le scale – Sai… beh, direi che è inutile girarci intorno. Vuoi la verità? Sono venuto fino a qui per dirti un po'di cose. Innanzitutto… Scusa. Scusa se ti ho trattato male. Credo di avere solo… avuto paura. Paura di soffrire ancora, di illudermi ancora. E di ammettere perfino a me stesso che… che tu mi piaci e anche tanto – confessò con voce arrochita.

Lei parve rianimarsi di colpo.

C-come?!?

- No, aspetta un momento! Tu… t-tu non puoi pretendere di piombare qui come se nulla fosse e… e… dirmi che… Kami, non ci capisco più niente! – pigolò Kagome, serrando gli occhi.

Il cuore le batteva così forte!

Le sembrò che il mondo stesse oscillando nel momento in cui lo vide fare un passo verso di lei, avvicinandosi.

- La rivuoi o no, questa? – le domandò, ormai di fronte a lei.

Senza attendere la sua risposta però, le prese una mano, ponendole nel palmo la catenina e chiudendole le dita su di essa, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.

Sentiva il cuore della ragazza battere furiosamente.

- Kagome? – la chiamò ancora.

- S-sì? – rispose di getto lei.

Si stupì nel vederlo arrossire lievemente.

- Allora… mi perdoni? – le sussurrò.

La ragazza si limitò ad annuire con la testa.

- Per tutto? – insistette ancora InuYasha e lei annuì ancora, come incantata.

- Tutto tutto tutto? – ripetè di nuovo il giovane.

Kagome sbuffò, divertita. Che bambinone!

- Ma si!! Tutto! Contento? – gli rispose - Ti sei fatto un sacco di chilometri per venire qui e non posso di certo rifiutarti il perdono! -.

Gli occhi le si spalancarono ancor di più dalla sorpresa, nel vederlo sorridere furbescamente.

- Bene! Allora mi perdonerai anche per questo. O almeno spero – affermò beffardo, confondendola ancora di più.

Detto questo la baciò.

Sentendola però rigida, si staccò quasi subito, deluso.

A disagio e impacciato come mai prima, distolse lo sguardo e si distanziò da lei di un paio di passi: - Umh… h-ho capito. Scusami, devo aver frainteso tutto e… beh, ciao, allora – borbottò, pronto ad allontanarsi, sentendosi un completo imbecille.

Dannata vecchia Kaede e le strane idee che gli aveva messo in testa con le sue insinuazioni!

Già voltato per metà, si sentì afferrare per la manica del giubbotto e, prima ancora di realizzare la cosa, si ritrovò Kagome arpionata al collo mentre… mentre si tuffava letteralmente sulle sue labbra in un bacio appassionato.

Un colpo di tosse li fece però staccare e i due si guardarono imbarazzati, dopo essere stati rimproverati dall’occhiataccia di un padre di famiglia che si stava dirigendo al tempio con pargoli al seguito tentando di coprire loro gli occhi di fronte a quella scena non adatta alla loro età.

- Oh Kami! Che vergogna! – sussurrò Kagome, serrando gli occhi.
E non si riferiva solo all’uomo, no. Lei… lei aveva praticamente… tramortito InuYasha con un bacio!!! Che cavolo le era saltato in testa!?! L'aveva praticamente assalito! Beh, aveva funzionato, in effetti. Quando, ancora stordita dal meraviglioso calore che le aveva invaso la bocca dello stomaco nel sentire le loro labbra toccarsi, l'aveva visto pronto ad andarsene... era stato istintivo fermarlo in quel modo.

Non riuscì però ad autocommiserarsi oltre perché inaspettatamente il giovane la tirò, cingendole una spalla con un braccio per spostarsi in un angolo un po’ meno “trafficato”.

Nel momento in cui si fermò, Kagome ebbe la malsana idea di guardarlo dritto negli occhi, rimanendo invischiata in quelle pozze color oro che la stavano fissando così intensamente da farle tremare le ginocchia.

La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma da essa non uscì suono.

Al contrario lui si mise a ridere: - Accidenti, baciarmi deve averti fatto uno strano effetto! Cos’è quell’espressione da pesce palla? -.

Quella stupida battuta ebbe il potere di destarla dal torpore: - P-pesce palla?!? Stai forse insinuando che sono grassa? – si indignò lei.

- No, no! Assolutamente no! Cavolo, quanto sei permalosa, ragazzina! – si affrettò a spiegarsi lui – Anche se, con tutti i dolci che mangi… - riflettè canzonandola.

La giovane arrossì, gonfiando le guance: - EH!?! Da come lo dici sembro una che si ingozza di dolci! Non è affatto vero! – si inalberò.

Il mezzodemone la guardò in modo beffardo: - Ah, no? E allora perché senti di… umh… caramello? – ribattè.

Kagome avvampò, portandosi una mano a coprirsi la bocca.
Oddio! Prima di uscire lei… lei… si era dimenticata di lavarsi i denti!

- Tuttavia – continuò InuYasha, come se nulla fosse – si dà il caso che io adori il caramello – sussurrò, prendendola tra le braccia e tirandosela di nuovo contro – Ma, più di tutto, ho scoperto che adoro battibeccare con te solo per il piacere di osservarti mentre fai l’offesa - ammise, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra – E il modo che hai di tentare di tirarmi su il morale. Adoro il fatto che tu riesca a farmi capire che sono un idiota pur senza dirmelo chiaramente. Adoro guardarti mentre sei distratta pensando che sei bellissima. E poi la tua goffaggine è così divertente – ridacchiò.

Lei era senza fiato.

Era una dichiarazione d’amore, quella?

Un sibilo e poi lo scoppio del primo fuoco pirotecnico precedettero di poco le grida festanti che si elevarono.

 Era scoccata la mezzanotte.

Il mezzodemone si staccò appena, lanciando un’occhiataccia al cielo: - Accidenti, no! Non avevo ancora finito, diamine! Stupido tempo che scorre! – borbottò, facendo ridere la ragazza che teneva tra le braccia.

- Buon Anno, idiota di un maestro di sci! – gli disse.

- Buon Anno, confettino! – le rispose, sporgendosi finalmente a baciarla ancora, sentendola emettere un sospiro soddisfatto.




Furano, Hokkaido. Marzo, un anno dopo.


Un raggio di sole si insinuò oltre le tende.

Nella stanza in penombra tutto sembrava tranquillo, o quasi.

Al piccolo angolo cottura un mezzo demone cane fischiettava appena, finendo di disporre su un vassoio due tazze colme di tè e quattro fette di pane tostato.

Prese poi il tutto, avviandosi verso una porta chiusa all'altro lato del piccolo soggiorno dello chalet.

Era già davanti alla porta quando sembrò cambiare idea.

Tornò indietro, posando il vassoio sul basso tavolino davanti al divano. Infine si avviò di nuovo verso la porta chiusa, entrando.

La camera era totalmente immersa nel buio.

Attento a non inciampare, il giovane arrivò alla finestra, aprendo di scatto la tenda.

Il sole del mattino, reso ancora più luminoso dal candore della neve, invase la stanza.

- Sveglia, dormigliona! –.

Qualcosa si mosse sotto le coperte e si udì un mugugno di disapprovazione.

Sorridendo, InuYasha si diresse verso il letto, appoggiando un ginocchio sul materasso.

- Dai, sono le otto e mezza. Che ne dici di uscire da quel bozzolo? -.

Una voce assonnata si udì appena da sotto le coperte: - Mhh… ancora cinque minuti -.

Il giovane si fece assorto per un attimo: - Fammi pensare… mhhh. No! La colazione si fredda, razza di pigrona! – ribatté allegro.

Chinandosi, le scostò di botto il lenzuolo dalla testa, prendendola poi di peso tra le braccia, trascinando con sé tutte le coperte.

- Nooo!!! Fermo! Mettimi giù! – brontolò Kagome, dimenandosi e facendolo ridere.

- Buongiorno, eh? – le rispose il ragazzo, dirigendosi verso il soggiorno.

Arrivato davanti al divano, la mollò, facendola atterrare su di esso.

Degli splendidi occhi marroni lo fulminarono: - InuYasha!!! Ma dico! Sei diventato matto? – brontolò Kagome, alzando la voce e stringendosi al seno il lenzuolo in cui era intrappolata, i capelli un'unica massa corvina arruffata e le guance arrossate di indignazione.

La risposta di lui fu un dolcissimo bacio sulle labbra.

- Mhhh. Finito di fare la lamentona? Bene, fammi spazio! – le disse non appena si staccarono.

Sedendosi accanto a lei, si stupì nel vederla stringersi convulsamente nel lenzuolo, arrossendo.

- Che c'è? Tieni, ecco il tè – le domandò, facendo per prendere una delle tazze.

Inaspettatamente però, lei sbuffò: - Quindi, tutta questa delicatezza da cavernicolo era perché mi hai preparato la colazione? – lo punzecchiò – Ok, aspetta un secondo, però. Non posso mica stare così – affermò, alzandosi e portando con sé le coperte in cui era avvolta.

Non fece molta strada, visto che lui agguantò un lembo di stoffa, tirandola all'indietro, facendosi così finire la ragazza in braccio.

- InuYasha! – lo richiamò per la seconda volta.

- Cosa!! Che diavolo hai, stamattina? Ti sei alzata con il piede sbagliato? – sbuffò, ricevendo in cambio quello che doveva essere un pugnetto sulla spalla, ma che non gli fece assolutamente nulla.

- Ho che... gradirei potermi mettere qualcosa addosso, prima, magari! – sbottò Kagome, imbarazzata.

Trasalì quando il mezzo demone agganciò con la punta di un artiglio Il bordo di tessuto che le copriva il seno, spostandolo appena e sbirciando al di sotto: - Oh, fa vedere? Giusto! Sei nuda. L’avevo scordato, scusa - ammise candidamente. Troppo candidamente. La stava di nuovo prendendo in giro! -. Non venirmi a dire che hai freddo, però. Sei avvoltolata in un lenzuolo felpato e in un piumone! -.

- Ehi! Se hai finito di fare il guardone, Einstein, potresti cortesemente lasciarmi andare? – lo canzonò la ragazza, dandogli uno schiaffetto sul dito e facendogli mollare la presa sul lenzuolo. "Questa poi! Fa pure il finto tonto! Come se non fosse stato lui stesso a spogliarmi, stanotte per... Com'è che aveva detto? Dare un arrivederci come si deve allo chalet?" pensò imbarazzata, perdendosi per un momento nei ricordi poco casti della notte precedente.

- Mamma mia, quanto siamo acide stamattina, confettino! -

- Ti detesto, quando fai così - mormorò debolmente Kagome, appoggiandosi meglio contro il torace del suo ragazzo.

InuYasha rise, baciandole i capelli e beandosi del suo profumo: - Lo so! Ed è per questo che è così divertente! -.

- Scemo! - rise anche lei.

- Oohhh! Finalmente un sorriso! Grazie, eh? -

- Ma sta zitto, uomo impossibile! - lo riprese la giovane, girandosi appena e baciandolo sulle labbra.

Con un sospiro beato InuYasha si lasciò andare al bacio, affondando una mano tra i capelli di lei e approfondendo il contatto tra le loro bocche.

Adorava il suo sapore.

Fu Kagome a staccarsi appena: - Come mai senti di miele? Ok che hai preparato la colazione, però tu lo detesti, il miele! -.

- Forse perché mi sono dovuto accontentare di quello che era rimasto? Mi scocciava, andare dalla vecchia, contando poi che abbiamo il volo per tornare a Tokyo tra quattro ore. Non ci avrebbe mollati più -.

La ragazza gli sfregò il naso contro la curva della mascella: - Ti mancherà, questo posto? E anche Kaede e gli altri - gli chiese, improvvisamente rammaricata.

- Umh... un po' sì, lo ammetto. Però ehi, non li sto mica abbandonando per sempre! Mi avranno ancora tra i piedi, qualche mese l'anno. E poi non mi sto di certo trasferendo in Africa, solo in Honshu! Ed esistono gli aerei, come sai, a cui noi, ormai, siamo quasi abbonati! - scherzò.

Era stato difficile, stare con Kagome, essendo così lontani.

Tuttavia, benché fosse molto più distante territorialmente di quanto all'epoca non fosse stata Kikyo, a differenza di quest'ultima, Kagome si era impegnata strenuamente nel non fargli pesare la lontananza.

Ad ogni occasione buona faceva di tutto per andare da lui, mettendo da parte i soldi per il viaggio invece di spenderli in cose inutili.

Finita la stagione sciistica, poi, era InuYasha a volare a Tokyo, non appena la sua presenza in hotel non fosse stata necessaria.

Seppur con fatica, avevano retto.

Il periodo più difficoltoso era stato sicuramente l'inizio, ma Kagome aveva escogitato un bello stratagemma per avere un motivo per vedersi, prendendo spunto dalla catenina che lui le aveva riportato.

Ad ogni arrivederci, uno dei due lasciava all'altro qualcosa che gli apparteneva, una sciarpa, un maglione, una camicia, per avere la scusa di tornare a riprendersela. E per avere anche qualcosa dell’altro che tenesse loro compagnia nei momenti in cui la nostalgia si faceva sentire e parlarsi per telefono, rigorosamente tutti i giorni, non bastava più.

Era passato un anno e due mesi, da quel capodanno.

Nel frattempo la ragazza si era laureata nell’aprile di quell’anno, prendendo poi in considerazione di essere lei a trasferirsi in Hokkaido, ma InuYasha era stato categorico.

Non gli avrebbe fatto male, cambiare aria e rimettersi in gioco. Dopo tutto, lui non aveva nessuno in Hokkaido, solo Kaede. Al contrario, se fosse stata Kagome a trasferirsi, avrebbe dovuto separarsi da amici e parenti.

- Sei sicuro? – gli aveva chiesto preoccupata la ragazza – A Tokyo non puoi di certo continuare a fare il maestro di sci. Non mi va che tu abbandoni una carriera sicura per…-.

- Frena, frena. Guarda che non so fare solo quello, eh? E poi non abbandono un cavolo! Se per te va bene, posso comunque fare la stagione fino a febbraio, sei mesi là e sei a Tokyo. Anche stando in Hokkaido, da marzo a settembre non faccio di certo il maestro di sci! Aiutavo in albergo, nei mesi estivi! -.

La spinosa questione li fece tra l’altro litigare furiosamente, tanto ognuno si era impuntato sulla propria opinione: Kagome sosteneva fosse una follia, InuYasha voleva invece tentare.

Inaspettatamente la diatriba aveva avuto un punto di svolta alcuni mesi prima, quando il professore di giornalismo di Kagome aveva contattato l’ormai ex allieva, proponendole un incarico: la moglie gestiva una piccola redazione che si occupava di riviste a tema enogastronomico, culturale e geografico e stava cercando un nuovo stagista, che fosse disposto ad occuparsi della rubrica riguardante le località turistiche del Giappone.

Ed ecco la soluzione: durante i mesi invernali, Kagome ed InuYasha sarebbero tornati in Hokkaido e, mentre lui svolgeva le sue solite mansioni da maestro di sci, lei si sarebbe occupata di visitare pian piano i vari luoghi di interesse della regione, raccogliendo informazioni su turismo, tradizioni e gastronomia.

Per scrivere un articolo, bastava disporre di un computer, no? Non necessariamente avrebbe dovuto essere fisicamente in redazione.

Di contro, durante il resto dell’anno, InuYasha avrebbe potuto tranquillamente trovare dei lavoretti o accompagnare la sua ragazza in giro per il resto del Giappone.

Era una sfacchinata, se ne rendevano conto, e non avrebbe nemmeno potuto essere una soluzione a lungo termine. Però meglio di niente e poteva funzionare, per il momento!

La ragazza si riscosse, sentendo il giovane baciarle pigramente una spalla nuda e sussultò quando lui la morse appena, come per dispetto.

- Ahia! Cannibale! Se hai fame, guarda che la colazione è lì davanti – si lamentò, facendolo ridere.

- Spicciati a mangiare, pigrona! Di questo passo non ci muoveremo più da qui! – rispose di InuYasha, prima di ficcarle in bocca una fetta di pane tostato.

Nonostante le pessimistiche previsioni del ragazzo, in mezz’ora lei fu pronta ad uscire.

- Ecco fatto. Pronti a partire – annunciò il mezzodemone dopo aver chiuso per bene lo chalet e mettendosi in spalla i due borsoni con gli effetti personali di entrambi.

Kagome finì di stiracchiarsi, godendosi i raggi del sole di quella mattina di inizio marzo.

- Dai, bradipo! Datti una mossa – la punzecchiò InuYasha, già avanti di una decina di passi – Occhio che stanotte ha ghiacciato. Attenta a non scivolare – la avvisò.

- Ehi! Aspettam-ouch! Ahia!! Che botta! – borbottò la ragazza che, ovviamente, era già scivolata dopo tre passi.

- Santa pazienza! – ridacchiò il ragazzo, tornando indietro – Tutto bene, miss equilibrio?– le domandò – Hai preso una bella sederata, eh? -.

La giovane lo guardò truce, rialzandosi da sola.
Nel breve spazio di un altro passo però sarebbe caduta di nuovo, se non si fosse prontamente aggrappata al ragazzo ancora di fronte a lei.

- E tu avevi preso in considerazione l’idea di trasferirti stabilmente qui? Feh! Nel giro di due settimane saresti finita in ospedale con una gamba rotta, ci scommetto! – ironizzò InuYasha.

- Uffa!! – pigolò lamentosa Kagome, affondando il volto nel giubbotto di lui, rilassandosi e sospirando rinfrancata quando lo sentì percorrerle la schiena in una carezza lenta.

- Dai, mio piccolo disastro ambulante, resta attaccata al mio braccio – le sorrise il mezzodemone, iniziando a percorrere il declivio che li avrebbe portati all’albergo.

- Piano, InuYasha. Rallenta! Non riesco a starti dietro se cammini così veloce – lo ammonì la ragazza.

- Lamentona imbranata! – borbottò lui.

- Che?!? Smettila, antipatico! – gli rispose.

- Uff, ma come ho fatto a mettermi insieme ad una simile acida! -.

- Come?!? Borbottone borioso! -.

- Confettino permaloso! -.

- Mezodemone impossibile! -.

- Ragazzina piagnona! -.

- Aahhh! Ti detesto! – sbottò infine Kagome, staccandosi da lui e precedendolo.

- Ed io ti amo, pensa un po’! – disse a voce alta InuYasha, facendola sussultare.

 Con le guance arroventate ed un ampissimo sorriso, la ragazza bloccò l'epiteto successivo già pronto ad uscire, per rispondergli invece “Ti amo anch’io”, girandosi di scatto.

Troppo di scatto però.

- Ahi!!! Porca miseriaaa! Dannata montagna!! – gridò, dopo essere caduta di nuovo.

- Ahahahahaha! Ci avrei giurato! – rise di cuore l’altro.

E continuarono così, tra cadute, punzecchiamenti e risate fino alla fine della discesa.







 


* questo è il tragitto di un treno diurno da Tokyo per l’Hokkaido. Non sono riuscita a reperire le informazioni di viaggio in senso inverso, scusate! ^^’’’’ facciamo finta che sia lo stesso percorso, eh?
Da Tokyo si prende lo Shinkansen, linea Tohoku fino alla stazione di Shin-Aomori. Il viaggio dura circa 3 ore e mezza.
Dalla città di Aomori si prende poi il treno JR Hakucho Limited express fino ad Hakodate, città situata all’estremo sud dell’isola di Hokkaido. E sono altre 2 ore.
Poi ancora il treno JR Hokuto limited express fino a Sapporo (3 ore e mezza)
Da Sapporo a Furano… in macchina dovrebbero essere due ore e 35 ^^’
Ci sono poi i treni notturni che, dalla stazione di Ueno a Tokyo arrivano a Sapporo ma non sono più di un paio al giorno. E le ore di viaggio diventano 16/17 e costa circa 27000 Yen, contro i circa 23000 dell’opzione diurna.
Capirete che l’opzione migliore rimane l’aereo che costa di più, ovviamente, (sui 36000 Yen) ma almeno in circa 90 minuti, da Narita (prefettura di Chiba) si arriva a Sapporo!


** Come saprete, in Giappone, Natale e Capodanno sono festività importate a seguito dell’adozione del calendario gregoriano, introdotto in Giappone per volontà dell’imperatore Meiji. Ed è proprio in conseguenza all’introduzione di tale calendario dal 1873, che il primo giorno dell’anno viene celebrato il primo Gennaio. Negli anni antecedenti all’era Meiji, il capodanno giapponese seguiva la datazione del calendario cinese.

http://blog.zingarate.com/viveretokyo/come-celebrano-le-festivita-natalizie-e-il-capodanno-i-giapponesi.html

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Capodanno_giapponese

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