Patto col folle

di Prandaman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Visita a sorpresa ***
Capitolo 2: *** Quando cala la sera ***
Capitolo 3: *** The show must go on ***



Capitolo 1
*** Visita a sorpresa ***


Uno scroscio d'acqua si abbattè sull'uomo ,interrompendo il piacevole sonno per farlo entrare in un nuovo e perverso incubo. Il violento risveglio turbò il malcapitato, che non riconobbe più i lineamenti del proprio pregiato letto dove si era coricato la sera precedente ma si trovò scomodamente appoggiato sopra una sedia di legno.
Perse inevitabilmente l'equilibrio e si rovesciò sul pavimento della camera senza possiblità di muoversi liberamente: ogni tentativo di proteggersi durante caduta venne negata dalla tenace resistenza di un paio di corde che gli cingevano caviglie e talloni trasformandolo in un corpulento insaccato.

"Ben sveglio ,Sir" udì l'uomo dietro di se; era una voce scanzonata ed impertinente, un timbro assolutamente sconosciuto e potenzialmente pericoloso.
La figura spaventata, immersa nel pigiama di seta, girò goffamente lo sguardo per posarlo prima di tutto sulle decorate abat-jour accese che irradiavano la solita e piacevole luce dal dolce tepore, eppoi sulla grande finestra vetrata che copriva la parete Est, spalancata verso l’esterno per dare così possibilità alla frizzante aria della sera di entrare.
Ed infine fu il turno del misterioso intruso che pronunciò la frase di benvenuto, un uomo calvo e dalla corporatura robusta intento ad issare qualcosa sopra la sedia. Solo quando si rese conto che l'oggetto delle di lui attenzioni era un robusto cappio, i pensieri del prigioniero cominciarono a focalizzarsi su nefasti presagi, confermati dall'intruso con un lieve sorriso carico di follia:
"Sir,E' tempo di morire...".
Come un salmone appena pescato e posizionato sulla barca si agita per ritornare in acqua, così il figuro si dimenava impaurito ,ma al contrario del muto abitante dei mari, lui gridava ed invocava aiuto a squarciagola.

"Guardie! Guardie! ..." ; ma nessuno accorse alle sue suppliche e l’usurpatore non sembrò minimamente preoccupato, avvicinandosi alla vittima ed inginocchiandosi al capezzale come se i suoi occhi color smeraldo volessero dare un ultimo saluto.

"Sir,non le consiglio di sprecare prezioso fiato in maniera così futile: i suoi scagnozzi non verranno . Ma non si preoccupi, al contrario di lei domattina loro si risveglieranno, anche se con un grande mal di testa" rispose quasi volesse confortarlo, sfiorando con le dita del guanto di velluto gli zigomi del prigioniero. Quando vide fuoriuscire la prima lacrima, lo sollevò dal freddo pavimento con le braccia muscolose che cercavano di farsi spazio nella stretto completo di pelle color ebano.
Nonostante le suppliche e le doverose resistenze, il misterioso pelato non ebbe problemi o scrupoli a far salire il "salame" sulla sedia e a metterli il cappio attorno al collo, quasi fosse un gesto a cui era dannatamente abituato.
Terminato l'allestimento del macabro rito, l'ombra scomparve dalla vista per qualche istante, giusto il tempo per recuperare un 'altra sedia e posizionarsi davanti al condannato a morte; incrociò gli stivali davanti a se ed iniziò a stirarsi i muscoli degli arti superiori spalancandoli sopra il proprio lucente capo .

"Sir, posso comprendere il suo sgomento , ma per fortuna la notte non è ancora terminata e non avendo il desiderio di sgattaiolare in giro con sta pioggia, sarò ben lieto di intrattenermi ancora un pò in casa sua...." disse facendo un cenno in direzione della finestra. L’anziana e futura vittima seguì il suo consiglio e perse il proprio sguardo attraverso la ricca vetrata che dava sull’immenso giardino: dapprima si udivano solo i rilassanti e classici suoni della natura notturna, eppure cinguettio dopo cinguettio si iniziò a percepire le prima gocce cadere sulle foglie degli alberi, un lento ed inesorabile crescendo che riusciva a coprire ogni altra melodia.
In altri frangenti il mercante sarebbe rimasto colpito da una previsione così precisa, ma il suo cuore non faceva altro che battere per la propria incolumità e chiese il motivo di tale aggressione e quali fossero le sue intenzioni;un quesito legittimo che l'assassino si aspettava.

"Sir, tralasciamo di rispondere con un 'ovvietà alla seconda domanda , direi di concentrarci sulla prima. Lei mi chiede il perchè....be, io non la conosco personalmente e potrei con sicurezza affermare il viceversa, per cui, escludendo motivazioni personali in senso stretto, non rimane che puntare sul movente economico" gli disse in tono quasi saccente, quasi impersonasse un maestro che cercare di far seguire un ragionamento logico al proprio allievo : che fosse un modo per umiliare ulteriormente la vittima? Il paffuto prigioniero rimase in silenzio attendendo che l' interlocutore continuasse.
"Ebbene si, non faccio mistero di aver ricevuto una discreta somma in cambio della sua testa appesa al soffitto a mò di lampadario: il mio cliente doveva avercela davvero tanto con lei se è arrivato a pagare questo tipo di servigi. Ma in fondo , chi non sognerebbe la vendetta per una figlia ingiustamente perduta a causa sua? In tempi difficili come questi la giustizia è un lusso che solo pochi possono concedersi e questo ... be… non fa che aumentare il giro di affari del sottoscritto: mi sa che prima o poi mi toccherà fare un regalo a quel corrotto del governatore ".

Quelle parole non fecerò che terrorizzare ancora di più l'impiccato , il quale , non riuscendo a trattenere la rabbia per quella fine così misera, si accanì contro l'assassino.

"S-sei ...sei...un fottuto mercenario senza scrupoli, una bestia!" gridò il mercante mentre cercava di non perdere l'equilibrio, la corda stretta cingolava in continuazione ed una mossa falsa gli sarebbe costata il collo. Solo mettendosi in punta di piedi riusciva a respirare con regolarità

"Probabilmente ha ragione , Sir : ne io ne lei avremo mai un posto garantito in Paradiso, sempre che esista; tuttavia anche fra i mostri esistono dei distinguo ed io,al contrario di vossia, vado fiero di essere quello che sono; non mi nascondo dietro false maschere da buon mecenate per approfittare di giovane fanciulle e dare sfogo ai più beceri e macabri istinti, cosa che non si può dire di lei, principe degli ipocriti."
L’assassino sii alzò di scatto in direzione del mercante, avvicinandosi al viso brizzolato e trafiggendolo con uno sguardo carico di pazzia.

"Si, io sono feccia, la feccia che vuole possedere ogni cosa su questa terra finchè il Dio della Morte me lo concederà: soldi ,potere,donne,..tutto mi appartiene e tutto mi apparterrà a tempo debito,perciò si goda gli ultimi istanti della sua vita, perchè presto la baratterò per una bella manciata di monete sonanti!" .

L’anziana vittima non riusciva a trattenere la sua angoscia ed il desiderio incontrollabile di fuggire era solo frenato dalla traballante appoggio che stava cominciando pericolosamente a spostarsi verso sinistra. Conscio che ogni supplica sarebbe stata vana, il mercante propose uno scambio: i suoi più prezioso gioielli celati in qualche anfratto della casa in cambio della liberazione; l'intruso cominciò a rimuginare ,accarezzandosi il mento

"Un 'extra? In effetti per ora il bottino trovato nelle stanza non è molto cospicuo e la sua offerta mi farebbe risparmiare tempo; facciamo così: se mi dirà l'ubicazione della sua fortuna e la chiave per accedervi, considererò già esaudito il mio contratto, ha la mia parola."

Il corpulento uomo dipinse un sorriso assai nervoso sul proprio volto e, confidando nella parola del mercenario, gli rivelò dove si trovavano i propri averi, nascosti dentro una statura nella camera adiacente.L'assassino non si fece attendere e si diresse immediatamente a riscuotere la refurtiva, tornando dopo una decina di interminabili minuti con una sacca capiente sulla spalla che ripose in uno zaino del medesimo colore della notte.

"Sir, io sono un uomo che rispetta i patti, per cui mi limiterò a lasciare la sua dimora per non farvi più ritorno" pronunciò con un sorriso apparentemente sincero , euforico al solo pensiero di quanti soldi avrebbe guadagnato dalla loro vendita.

La pioggia stava finalmente smettendo, per cui il figuro si preparò ad uscire dalla finestra, inebriato dall'odore dell'erba umida e dal suono di un paio di grilli.

Prima di calarsi dall’edificio però, l’assassino si girò un ultima volta per salutare la sua vittima .
"Ah Sir, mi son scordato di dirle che durante la mia perlustrazione , ho inavvertitamente fatto scappare il suo "animaletto da compagnia" che teneva segregato nella stanza nascosta in cantina; purtroppo mi sono fatto intenerire dai quegli occhioni...maledizione, sto diventando troppo sentimentale!"

Il mercante impiegò qualche secondi prima di comprendere a cosa si stesse riferendo l'intruso, reagendo con un'espressione che era l 'emblema stesso della preoccupazione: quel momento di confusione venne interrotto da un rumore di passi lenti e pesanti, che si fermarono proprio alla soglia della camera che occupavano; la maniglia si piegò producendo un fastidioso stridio metallico, per poi venire spinta con molta delicatezza verso la parte opposta.
La luce delle lampade accolse una’esile figura di donnai vestita solo di stracci logori , con brandelli di catene arrugginite sulle membra e vistosi echimosi e ferite sulle porzioni corpo non celate da alcun tessuto.
Un tempo doveva essere una graziosa fanciulla dagli occhi celesti, ma dopo tutti quei mesi o forse anni di soprusi, non rimaneva che una carcassa senza linfa e un paio di pupille opache per l’oscurità sopportata .

"C-Cassandra?" commentò il mostro d'uomo in preda all'angoscia.

"Oops,mi devo essere fatto seguire come un dilettante: oggi non ne combino una giusta! Comunque il tempo a mia disposizione è terminato Sir, le auguro una buona continuazione di serata a lei e al suo devotissimo animale che muore dalla voglia di ringraziarvi per l'ospitalità, alla prossima " disse prima di congedarsi definitivamente dalla scena.

A nulla valsero le ultime preghiere e gli spergiuri del ricco uomo condannato, che strillò a pieni polmoni per svariati secondi fino a che un tonfo di sedia non preannunciò la fine di quel supplizio. Il ladro sgattaiolò in fretta dalla tenuta scavalcando il muro di cinta con pochi e silenziosi movimenti delle gambe, una elegante danza che lo portò sulla strada maestra, giusto in tempo per approfittare di una carrozza a vapore di passaggio che stava costeggiando la proprietà: si sedette sul tettuccio del mezzo di trasporto, incrociando la gambe e lasciandosi trasportare dal vento e dal rumoroso ma non fastidioso suono di quella diavoleria meccanica sfoggiata dai ricchi come un trofeo: era uno dei simboli del potere e presto o tardi sarebbe finito nelle sue mani, come tutto il resto su cui poteva appoggiare lo sguardo...

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Capitolo 2
*** Quando cala la sera ***


Quando anche gli ultimi sprazzi del sole finirono inghiottiti dal manto della sera, Azeel sapeva che era il giunto il suo momento: con la gioia nel cuore ed il ritratto della prossima vittima stampato nella memoria, sgattaiolò dalla finestra del attico e con un passo felpato ed impercettibile come il più elegante dei felini, saltò di tetto in tetto dando inizio alla propria caccia.

Nessuna traccia od indizio del suo passaggio, l’assassino sapeva come muoversi nell’ombra sviando le attenzioni altrui , ricorrendo ad ogni angolo buio o passaggio nascosto per svanire alla vista.

In poco tempo raggiunse la Cittadella, il centro storico della Metropoli , pesantemente fortificato e pieno zeppo di guardie dell’impero ben addestrate sia sulla strada che sulle torri di osservazione; ma l’uomo non era minimamente scoraggiato, anzi, l’adrenalina di essere scoperto era un incitamento a completare la missione senza commettere alcun errore. Quando arrivò sopra l’ultimo caseggiato che separava i quartieri poveri dalle mura possenti che proteggevano i nobili,interruppe la corsa per analizzare la situazione: i due rioni distavano non più di una quindicina di metri, divisi da uno stretto fossato attraversabile grazie a dei ponti di pietra sorvegliati dagli uomini del governatore.

Aveva appena smesso di piovere ed il mercenario non sembrava contento di sporcarsi gli stivali camminando come i comuni mortali, per cui scelse la via più pericolosa e difficile: la scalata.

Appollaiato sopra una logora statua ante-guerra, studiò il percorso con la più alta probabilità di successo ed individuò un ‘interessante protuberanza di legno sopra una torre alla sua sinistra che pareva disegnata apposta per fare da trampolino; dopo poco le guardie delle mura si allontanarono per darsi il cambio, regalandoli una finestra temporale di ben due minuti per compiere l’impresa.

Tirò fuori un sorriso , trattenne più aria che potè dentro gli ampi polmoni e si lanciò con un violento scatto contro l’alta costruzione,raggiungendone la sommità in un paio di salti.

Con il vento favorevole quasi avesse il benestare degli dei, prese la rincorsa e sfruttò la protuberanza per lanciarsi contro le mura in pietra; il gatto dallo sguardo sadico si proiettò silenziosamente in’aria,  coprendo circa  ¾ della distanza prima di lasciarsi attirare dalla gravità con il rischio di precipitare.

Ma i suoi calcoli risultarono quasi perfetti e riuscì a raggiungere la muraglia, ancorando le avide mani su uno striminzito ballatoio largo pochi ma preziosi centimetri ; nonostante l’impatto, l’assassino sembrava non risentire dell’acrobazia ed appoggiò le piante dei piedi sulla scivolosa pietra senza alcun problema od incertezza, producendo un tonfo strozzato abilmente coperto dalle folate di vento.

Il tempo a disposizione erano agli sgoccioli, per cui si diede una mossa e scavalcò velocemente i pochi metri che lo separavano dai merli della muraglia, superando la recinzione e scivolando agilmente sulla scalinata sottostante pochi secondi prima che ritornassero le nuove guardie.

Scampato pericolo, davanti a lui finalmente si apriva la Cittadella, con il suo dedalo di viuzze strette e solitarie il cui silenzio era solo interrotto dal rumore delle lampade moderne che si stavano accendendo.

Ma neppure l’illuminazione ideata dall’uomo riusciva a dissipare gli angoli bui, ed era li che Azeel proliferava e si nascondeva, spostandosi di ombra in ombra  quando lo sguardo dei suoi nemici ero lontano o distratto.

Ma la cosa che più lo inebriava era ascoltare tra le tenebre i racconti spaventosi ed esagerati della popolazione su di lui: c’era chi lo definiva “un assassino”, chi “un demone partorito dal Diavolo” , altri invece lo marchiavano come un traditore della patria che voleva portare il Caos nell’Impero. I ricchi annoiati della Cittadella lo temevano perchè le sue vittime sovente erano benestanti corrotti e senza morale, e nella capitale del vizio esisteva un solido connubbio fra quelle caratteristiche.

Il giornale più importante della provincia aveva cavalcato la notizia e si riferiva a lui con il pseudonimo di “Penombra” , perchè più di un testimone aveva affermato di aver visto vagare un ‘ombra attenuata  per la strade dopo il tramonto, una figura incerta di cui si avvertiva la presenza quando era troppo tardi.

Azeel era elettrizzato ogni volta che sentiva quel nome di fantasia che gli era stato cucito addosso, una fama che sera dopo sera si accresceva e si mescolava con la leggenda; ma il Dio del tempo era tiranno e l’assassino aveva un appuntamento a cui non poteva mancare. Corse per un paio di vie, giungendo nei pressi di un piccola piazzetta dietro la Cattedrale.

Aspettò dietro una statua che un paio di soldati armati di fucile abbandonassero lo slargo eppoi attraversò il campo di ciottoli, rischiarato sia dai luci che da un grande braciere scoppiettante posto al centro di esso per riscaldare i benestanti passanti.

Ora non si sovrapponeva più alcun ostacolo fra lui e la cabina designata: era una struttura in lunga e stretta foderata di legno e resa trasparente da grandi vetrate che mostravano ai cittadini il proprio interno per evitare azioni illecite.

Azeel girò la dorata maniglia e si chiuse dentro, avendo ben cura di svitare la lampada posta sopra il proprio capo per non farsi scoprire; ora che l’ombra era tornata ad avvolgerlo come un’ amorevole madre , potè sedersi sul piccolo sedile foderato in pelle che occupava buona parte dello spazio, trovandosi alla propria destra un marchingegno tecnologico nascosto dentro un’armatura bronzea per renderlo più piacevole alla vista.

Anche se era già la terza volta che usava questi strumenti moderni per comunicare, rimaneva sempre affascinato dai progressi che l’Impero aveva compiuto per rendere la vita più facile, ovviamente solo ai ricchi. Sotto questa specie di armadietto pieno di cavi e diavolerie moderne, proprio all’altezza della testa sua spuntavano due grossi fori circolari coperti da una grata fitta, uno che fungeva da altoparlante ed uno a microfono: non vedeva l’ora di metterlo in moto, ma occorreva aspettare ancora un minuto visto che era arrivato addirittura in anticipo.

Con l’impazienza di un bimbo il giorno prima di Natale,  Azeel attese eccitato che la maledetta lancetta dei secondi compisse il giro completo, il cui sessantesimo spostamento coincise con uno squillo lungo ed acuto che proveniva dall’altoparlante.

 

“Questa si che è precisione” concluse divertito il mercenario spingendo il pulsante per accettare la chiamata; ma dalla cassa si udirono  parole incomprensibili e fuori da ogni logica linguistica.

Fu allora che l’assassino ricordò di aver dimenticato l’ultimo accorgimento e vi pose subito rimedio: tirò fuori dalla tasca un cilindro di rame e lo posizionò al posto di un pezzo simile all’altezza del cavo telefonico che portava il segnale al marchingegno.

Solo quando l’operazione fu ultimata, si udirono parole comprensibili dall’altro capo dell’apparecchio.

 

“Azeel,tii sei ancora scordato di inserire il “Criptografer” , vero? Mi hai fatto perdere ben 45 secondi”.

“Buonasera anche a lei , Sir  Fenze. Per porvi rimedio, la esorto a trattenermi un minuto dalla busta paga, così le posso lasciare ben 15 secondi di mancia!” rispose divertito.

“Spiritoso, comunque abbiamo poco più di due minuti, poi saremmo segnalati e le autorità verrano a controllare, perciò poche domande e rimani concentrato. Hai memorizzato l’obiettivo?”

Una risata interruppe la conversazione :“Sir,prima mi esorta a non sprecare tempo prezioso eppoi mi pone questioni così superflue? Sono un professionista e la mia memoria è eidetica, il viso del Ex Generale Fran Byssen è indelebilmente inciso nella memoria. Approfitto per chiedere il motivo della telefonata? Vi sono delle complicazioni o il cliente ha cambiato idea?

La voce elettronica e soffocata dall’altro capo diede la risposta che l’assassino sperava : “No, l’anticipo è già arrivato , la testa del militare dovrà rotolare...”

“Un cane dell’esercito questa volta, immagino che non sia proprio uno stinco di santo...”

“Era responsabile dei campi di addestramento delle Regioni Orientali, con i suoi brutali metodi ha fatto ammazzare le reclute non idonee e spinto al suicidio quelle che non gli davano a genio: questo non va in Paradiso neppure se il Grande Giudice fosse suo padre.”

Azeel sorrise: adorava occuparsi della feccia, per molteplici motivi.

“Ottima scelta Sir, lo sa che preferisco cacciare i lestofanti, perchè si può fargli di tutto senza provare alcun rimorso, nessuno ne rimpiangerà la scomparsa e pare quasi di compiere una buona azione per rendere il mondo migliore…”

Si, il mondo migliore per me quando assurgerò al potere pensò.

“Tralasciando queste quisquiglie, ti ho contattato perchè le spie del bordello mi hanno riferito che tra mezz’ora uscirà dall’ingresso posteriore, occasione ghiotta per colpirlo. Ma hanno anche riferito qualcosa di strano.”

Un cambiamento? L’attenzione dell’assassino si destò ed un ‘espressione seria si dipinse sul suo volto immerso nelle tenebre della cabina.

“Strano? Hanno scoperto che ha gusti perversi?”

“No, oltre ai suoi soliti scagnozzi al seguito, si è aggiunto una quinta persona; pare essere anche lui un giovane militare, almeno a giudicare dal portamento e dalla disciplina che ha dimostrato rifiutando di usufruire dei “servigi” del locale.

“Forse un cadetto che sperava di finire sotto la sua ala protettiva ma forse si è trovato invischiato in qualcosa di più spiacevole per lui, le alte sfere militari solitamente nascondo pozzi di depravazione di cui è quasi impossibile raschiare il fondo…” ipotizzò il mercenario.

“Lo hanno descritto come una personalità discreta ma gentile ed educata: non sembra proprio il prototipo della mezza cartuccia”

“Sir,desidera che ponga termine alla sua esistenza?”

“Solo se necessario; il tempo sta scadendo, ricordati il Criptografer e mantieni un profilo basso: sei  sulla bocca di tutti”.

Non poteva esistere notizia più lieta per lui.

“Si abitui Sir, molto presto il mio nome non si limiterà ad essere solo pronunciato”

“Il tempo è finito; Rendez-vous fra tre ore al solito posto. Buona fortuna.”.

 

Il committente interruppe la comunicazione ed all’assassino non rimase che recuperare l’attrezzatura e ripristinare la cose prima della sua venuta,sgattaiandolo furtivamente fuori dalla cabina verso il vicolo più vicino.

Sfruttando un ‘impalcatura temporanea allestita per dei lavori di ristrutturazione, Azeel  scavalcò un palazzo signorile dalla pareti gialle e ritornò nell’ambiente che più gli era consono: gli ombrosi tetti della città. La sorveglianza in quel quartiere per sua fortuna era lacunosa come uno scolapasta e non gli fu difficile attraversare indenne i quartiere religiosi, giungendo a non più di una decina di metri sopra l’entrata della “Rosa senza spine” , la casa di tolleranza della Cittadella opportunamente celata agli occhi indiscreti.

Un semplice e discreto portone in ferro  proteggeva il mondo della lussuria e dell’appagamento dei sensi dalla sobrietà che i potenti di turno ostinatamente proponevano od imponevano ai loro sudditi; da quel misero pertugio sarebbe uscito la sua vittima, probabilmente usufruendo della lussuosa carrozza a vapore parcheggiata poco distante,uno schiaffo in faccia alla crisi che ultimamente dilagava nel regno.

L’assassino aveva tutte le carte in regola per ultimare l’operazione, ma la sua mente era tutt’altro che appollaiata sugli allori: non sapeva se era l’avvertimento di Fenze o la particolare elettricità che si percepiva in aria, ma sentiva l’esigenza di modificare il piano in virtù del nuovo arrivato; non poteva nascondere il suo interesse per l’aggiunta dell’ultimo momento, sensazione amplificata dal mistero che portava un militare a far da seguito ad un vecchio e sadico rottame dell’apparato statale; per concentrarsi meglio e focalizzare la mente sul nuovo approccio, si sedette sopra un camino e tirò fuori dalla propria giacca un vaporizzatore d’ argento, frutto del suo ultimo furto con scasso.

La pipa ben forgiata rappresentava ai lati raffigurazioni degli antichi dei che la gente venerava prima della Ultima Grande Guerra, divinità in forma umana e non che benedicevano il possessore de prezioso oggetto con il proprio sorriso angelico. Azeel prese in mano una boccetta trasparente con del liquido verde e ne versò una cospicua quantità nel serbatoio, aspettando che lo strumento lo riscaldasse trasformandolo in vapore da inalare.

Penombra non sopportava l’odore della nicotina, per cui si dovette abituare ad utilizzare misture innocui dai retrogusti fruttati od esotici; al momento si era fossilizzato su quello alla mente selvatica, che gli riportava alla mente i pochi ricordi di infanzia davvero lieti.

Nessun stupefacente sciolto nel liquido, gli bastava solo il sapore fresco e pungente dell’ erba prima della stesura del piano, qualcosa che ,da li a poco, avrebbe definito “molto scenico”.

 

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Capitolo 3
*** The show must go on ***


Terminati gli ultimi preparativi, ad Azeel non rimase che abbandonare la piazza e scalare velocemente il muro del palazzo adiacente per raggiungere la balconata dalla quale si sarebbe gustato lo spettacolo. Leggero come una foglia spinta dal vento, il furfante dal sorriso diabolico sembrò farsi beffe della gravità e con un paio di agili balzi si ritrovò nuovamente nel buio del suo angolo di mondo, poggiando la schiena su un comignolo dai mattoni rossi. La delusione di scoprire che gli rimaneva solo una dose di menta liquida da assaporare fu superata dal brivido da eccitazione che gli attraversò le ossa quando vide il portone del bordello aprirsi; i suoi polmoni erano in piena crisi da fame chimica, ma decise di non usufruire del vaporizzatore, perchè avrebbe conservato le poche vampate rimaste per festeggiare nel caldo attico che attendeva il suo ritorno.

Immerso nella tenebra più fitta e palpabile, osservò con attenzione le prede uscire dalla viziosa tana , ignari del loro destino già scritto: dapprima sgattaiolarono fuori un paio di guardie del corpo, ceffi dall’aspetto poco rassicurante raccolti da chissà qualche bettola; solo i mercenari più immorali ed avidi accettavano di difendere l’incolumità di quelle bestie d’uomo, ennesima dimostrazione che le creature simili si attraevano fra loro fino a costituire un branco; poi venne il turno del bersaglio, un corpulento anzino foderato di abiti ingombranti per non farsi riconoscere e celare il marciume che emanava: sebbene non fosse abbastanza santo da poter ardire a ruolo di giudice imparziale, il figlio delle tenebre era felice di porre fine alla vita di costui, uno scarto per la società che stava costruendo secondo i suoi gusti ,missione dopo missione.

La mia città merita di essere disinfestata da questi ratti commentò Azeel , disgustato dall’aspetto quasi facocero del generale che neppure il cappotto più massiccio poteva rendere perlomeno sopportabile alla vista.

Ed infine giunse il misterioso ospite, accompagnato dalle ultimi due sgherri ricoperti di tatuaggi esotici che chiudevano la carovana: il portamento del militare spiccava dall’empio seguito al pari di una lampada accesa in una notte di Luna nuova: i passi dei suoi scarponi grigi attraversarono il selciato della piazza con sicurezza , trasportando con se una figura robusta e slanciata che trovava riparo sotto un lungo soprabito ceruleo, stretto in vita grazie ad una batteria di cinghie dorate di pregevole fattura;a concludere quel particolare abbigliamento, venne in soccorso un cappello tricorno del medesimo colore del vestito ed una scaldacollo di tessuto scuro che proteggeva il viso dal vento gelido che stava soffiando prepotentemente sulla Cittadella e correva spensierato per le antiche vie costruite dagli avi.

I colori richiamano i Capitani della Marina, ma quei movimenti son troppo...eleganti per un lupo di mare. Le informatrici di Sir Fenze avevano proprio ragione....pensò il sicario non distogliendo le sue attenzioni dalla secondaria preda della caccia e sporgendosi in avanti senza però lasciare la tana avvolta dall’ombra: la pelle scura imbrunita dal sole della sua terra natìa si era dimostrata un dono proverbiale per offuscare la propria presenza nella notte, ma era meglio non esagerare; la curiosità dell’assassino crebbe ad ogni falcata dello sconosciuto verso la carrozza a vapore, un sentito e brevissimo climax che trovò il suo culmine quando una giovane fanciulla del bordello che rientrava a lavoro infilò sbadatamente un tacco in una fessura del selciato e si rovesciò accanto a lui.

Il furfante non aveva preventivato un simile contrattempo ed instintivamente tirò fuori dalla sacca un paio di pugnali, pronto a sospendere il suo piano per non coinvolgere una donna innocente, a maggior ragione se possedeva delle curve generose e soffici sulle quali vorresti poggiare il viso e non alzarti mai più.

Lei è fortunato ,Sir...mi mostri un valido motivo per non dover porre fine anche alla sua esistenza ed io la risparmierò, a sua insaputa... commentò fra se e se mentre faceva danzare le lame nere fra le dita , facendogli compiere un balletto quasi ipnotico .

Lo straniero si accorse della donzella in difficoltà, tuttavia si limitò ad interpretare il semplice ruolo di spettatore,un’inerte statua che non elargì alla bella ragazza neppure una buona parola; la bionda prosperosa si lamentò loquacemente della maleducazione dei presenti e si tolse la scarpe ornai rovinate per ultimare il percorso scalza e ritornare alle proprie pregevole mansioni,decretando il fallimento della prova da parte dello sconosciuto.

Mi spiace per lei,ma nel futuro mondo non ci sarà posto per gli incivili, perciò la sua eliminazione è appena diventa necessaria: Sir Fenze se ne dovrà fare una ragione... concluse il sicario riponendo le affilate armi nell’apposita fondina per poi incrociare le mani davanti a se:lo spettacolo deve continuare.

Nel frattempo la sgangerata combriccola raggiunse la vettura del generale in pensione,una sfarzosa carrozza senza cavalli nera e lunga più di sei metri, rivestita da metallo color ebano tirato a lucido per le grandi occasioni. Un paio di scagnozzi occuparono lo striminzito abitacolo del guidatore situata nella parte interiore, mentre i restanti signori poterono accomodarsi nella voluminosa e pregiata cabina passeggeri che occupava buona parte dello spazio della struttura, protetta da estese vetrate scure che impedivano agli invidiosi sguardi dei poveracci di conoscere l’artefice di quella spudorata ostentazione; nel breve frangente durante il quale le portiere rimasero aperte, Azeel scorse al suo interno il pacchiano lusso con cui il vecchio facovero era solito circondarsi: divani in velluto rosso facevano da contrasto al legno di noce con dettagli in oro con cui era foderato l’ambiente, uno splendore reso ancora più evidente dall’illuminazione di un lampadario di cristallo.

La manovrabilità di quella specie di suite d’albergo a ruote un tempo sarebbe stata messa a dura prova dalle vie anguste della Cittadella,ma i capricci dei benestanti che avevano preceduto l’ex generale avevano vinto sulle esigenze della città e si narrava che interi palazzi furono ridimensionati o demoliti per garantirne il passaggio.

Sir Byssen, si consoli: la sua sarà sicuramente la più stravagante ed  accessoriata tomba che si sia mai vista per queste strade  pensò Penombra con un sorriso, un ‘eccitazione che crebbe quando udì accendersi il mezzo di locomozione , il cui rombo esplosivo sembrava quasi calibrato per svegliare ed avvertire i concittadini meno abbienti della propria presenza; le vittime non sapevano ancora che la loro vita era appesa ad un filo, un sottile e quasi invisible cavo in metallo ancorato ad un pilastro poco distante che si tendeva sempre di più mano a mano che carrozza procedeva nella notte.  Azeel visse con nervosismo i pochi secondi che lo dividevano dal finale,immergendosi nelle  tenebre del fumaiolo in mattoni un attimo prima che l’esile corda si alzasse in’aria non avendo più altro modo per rimanere appesa al mezzo.
Quando la pressione  fu insopportabile, la colonna attirò a se un cilindro di metallo collegato all’altra estremità, dando così il permesso al detonatore collocato sotto la carrozza di scatonare la sua furia distruttiva : un lampo irradiò la porzione di piazza circostante, un’ accecante luce che dilagnò le tenebre ed invase prepotentemente la cabina dei passeggeri; il boato generato dall’esplosione fece vibrare di terrore tutte le finestre del quartiere e ,come un serpente invisibile, si insinuò scivoloso lungo le viuzze della Cittadella per portare in giro il suo orrendo messaggio di morte. Nel medesimo momento un dio indistinguibile ad occhio nudo parve scardinare e gettare le portiere ad una decina di metri dalla vettura,alzando in volo il pesante mezzo a vapore per quasi un metro, incurante della sua immensa mole da trasportare. Poi vennero le fiamme, calde lingue di fuoco che frantumarono i finestrini e si fecero largo all’interno dei due abitacoli , avvolgendo i malcapiti rinchiusi nel lussuoso forno di metallo. Un battito di ciglia ed ecco che l’intero bestione scintillante era avvolto da una palla di fuoco, dalla quale si diramavano delle vampate incandescenti che sembravano tentacoli soprannaturali intenti a cercare il responsabile per incenerirlo.

Tuttavia il furfante era ben protetto dietro il solido riparo,euforico come un fanciullo occupato a scoppiare il primo petardo; il suo era stato un approccio a dir poco inusuale, eppure non sentiva la necessità di recriminare se stesso per aver utilizzato un metodo così sbrigativo e sgraziato: il misterioso figuro aveva risvegliato strane sensazioni che era preferibile far tacere in fretta e la spettacolarità di questa esecuzione sarebbe stata impressa nella mente di ogni stramaledetto abitante della Cittadella.

Come un leone ruggisce nella foresta per mettere in chiaro il suo dominio, così io questa notte ho dichiarato guerra ai miei nemici ,mostrando a chiunque la loro vulnerabilità. Da oggi  nessuno potrà rimanere indifferente al sottoscritto ed ognuno saprà che non esiste carrozza ,castello od armatura in grado di proteggerlo dal mio giudizio commentò nella sua testa l’avido poeta dalle mani intrise di sangue, una preghiera torbida rivolta a lui prima di lasciare quel luogo che presto o tardi si sarebbe riempito di  guardie.

Ma i suoi propositi di fuga vennero interrotti da uno straziante rumore di metallo accartocciato, uno violento stridio acuto che superava in volume lo scoppiettare del fuoco che ancora inglobava il mezzo. Azeel imputava il fastidioso suono al cedimento della struttura, ma la sua curiosità felina si acuì quando gli parve di vedere una strana ombra issarsi da tutta quella devastazione.

“Mmm…?” fu il mugolìo che si fece sfuggire dalle sigillate labbra carnose, tipiche della sua etnia, una perplessità che mutò in stupore quando quei contorni si fecero più nitidi ,assumendo dei connotati quasi umani.

“Ma che diavolo…” pronunciò l’assassino , un attimo prima che un esplosione violenta di fumo e fiamme si propagasse contro di lui; il furfante ebbe giusto il tempo di allontanarsi dalla propria posizione con un pirotecnico balzo all’indietro,scivolando per un paio di metri lungo il tetto di tegole ancora bagnate a causa della pioggia precedente.

Per evitare di perdere equilibrio e controbattere alle folate di vento, il guerriero nell'ombra inarcò la schiena sul davanti e fece opposizione con gli agili e potenti quadricipiti, frenando la propria corsa a pochi centimetri dallo strapiombo; solo i suoi riflessi sovrumani impedirono ad Azeel di cadere sopra il duro marciapiede,mentre l’aria si riempiva sempre di più del rumore delle sirene e delle urla dei concittadini che timidamente uscivano dalle case per scoprire la causa di quel frastuono; ma ciò che più attirava le attenzioni della canaglia era davanti ai suoi occhi ,cioè la strana figura avvolta dalle fiamme, i cui lineamenti rispecchiavano quelli del militare dall'abbigliamento ceruleo: il forestiero sembrava non aver risentito dell’esplosione e la calorosa stretta del fuoco non stava minimamente intaccando il suo imperscrutabile portamento,incurante degli indumenti corrosi dal quell’ardore manco fosse il fresco tocco di una pioggerella estiva; il nemico fece una rapida rotazione su se stesso e si tolse l’ingombrante e rovinato vestiario, scaraventando il soprabito ed il capello tricorno oramai consumato sul selciato a far compagnia ai rottami della carrozza, rivelando la sua persona decisamente inaspettata: un giovane uomo dalla pelle candida come il latte gli si fece avanti, con lunghi capelli biondi accarezzati da un vento maligno ed una coppia di sottili occhi color smeraldo che scrutavano l’assassino con silente disprezzo. Sebbene il vestiario dell’avvenente straniero era della medesima tinta della notte più fosca, il pregiato tessuto ed i ricami dorati evidenziavano un retaggio quasi nobile, qualcosa di decisamente fuori scala persino per il facocero ben cotto dentro la carcassa di metallo.

“Cominciavo a temere che non ti saresti fatto più vedere, Penombra…” disse lo straniero con tono sprezzante, approfittando dell’occasione per scrollarsi un pò di cenere che si era posata sulle spalle.  
“Sono stato costretto a sacrificare uno dei miei soprabiti preferiti:  tale scelleratezza si aggiungerà alla lista dei tuoi crimini, assassino...” concluse seccamente quasi si aspettasse delle scuse; il linguaggio che usava sembrava forbito e nessun dialetto volgare minava la sua pronuncia perfetta: l'uomo davanti a lui non era sicuramente un popolano d'origine. 

Azeel sembrò stupefatto da quella piega inaspettata degli eventi e prese la cosa sul ridere,commentando con ironia: “Sir, non posso nasconderle di essere paralizzato dalla paura: purtroppo domani ho un altro impegno, sono costretto a malincuore a disdire l’appuntamento con il giudice, ma se mi invierà il conto del sarto, vedrò di ripagare il danno con gli interessi..”.

La risposta non sembrò trovare il consenso del militare, che rassegnato continuò a discorrere  : “Anche un vile come te ha diritto ad un processo equo , e per tua sfortuna uno dei poteri concessomi dall’Imperatore è proprio quello di poter emettere in sentenza..”.

Un dubbio si insinuò nella mente dell’assassino, l’ennesimo tassello del puzzle  che, opportunamente incastrato con i precedenti indizi ,aveva finalmente permesso di svelare l’arcano e trovare una chiave di lettura plausibile.

“Sir, non mi dica che lei è un…”

“Silenzio villano!” urlò con tono rabbioso , allungando il braccio ed indicando la figura del sicario.

“Io, Dragone Michail,alla luce delle prove e delle testimonianze ricevute, giudico te, Penombra, colpevole di omicidio plurimo , danneggiamento di proprietà pubblica e distruzione di soprabito. La relativa condanna da scontare non può che essere..” .

Il nobile interruppe improvvisamente il discorso, azionando uno strano meccanismo con un veloce movimento delle le dita: in una frazione di secondo, un oggetto metallico fuoriuscì dalla manica del braccio accusatorio, piegandosi da un lato fino ad assumere i connotati di una pistola a tamburo.

“...la morte!” disse un attimo prima di sparare.

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