Matiallomenes

di Richhh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio. ***
Capitolo 2: *** Annalise ***
Capitolo 3: *** AGD ***
Capitolo 4: *** Effetto collaterale ***
Capitolo 5: *** Dubbi e Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** L'inizio. ***


Ho sempre cercato di convincermi che la mia eterocromia settoriale sia stata solo colpa di un maledetto cromosoma di mio padre, di mia madre o addirittura di un qualche mio antenato lontano. SInceramente non ci ho mai dato importanza, insomma, avere metà occhio violetto è normalissimo. Chi voglio prendere in giro. All'età di 11 anni mia madre mi spiegò che suo zio aveva la stessa eterocromia e che era in qualche modo una caratteristica speciale nell'essere umano. Non capivo cosa ci fosse di speciale in un bambino nato nel salotto di una casa di 20 metri quadri detto con tutta onestà, ma si sa a 11 anni si è disposti a credere a qualsiasi cosa pur di avere un minimo di importanza, e sono giorni come questi in cui desidero di non averne nemmeno un po'. La verità è che non c'è nulla di importante nel mio problema, e cerco di convincermi di questo ogni giorno. A volte desidero di non essere mai nato con questo scherzo della natura eppure eccomi qui.

Ho passato la mattinata a leggere a letto e tra un paio di ore dovrei uscire di casa, mi alzo e mi dirigo verso la cucina. In casa viviamo solo io e mia madre quindi la cucina è quasi sempre ordinata e viene pulita in genere 1 volta ogni due settimane. E oggi tocca a me farlo. Mio padre non lo ho mai conosciuto. Ho cercato di entrare nell'argomento con mia madre non che mi interessasse ma a lei non va quindi non me ne faccio un problema. Guardo l'ora e mi accorgo di avere mezz'ora per fare tutto. Entro in cucina e la pulisco più veloce che posso. Non è una cucina molto grande come tutta la casa del resto. E' una tipica casa francese e per nostra fortuna non abbiamo vicini. Riesco a pulirla prima del previsto. Vado in di corsa in camera e mi vesto con le prime cose che trovo. Dopo 10 minuti sono eretto davanti lo specchio di casa mia,non mi ero ancora visto, ho la faccia stanca, capelli biondo cenere da una forma non definita e non ho per niente l'aria di un ragazzo elegante. Ho una maglia rossa con una stampa che non mi sono mai sprecato a leggere, una felpa nera sopra e un paio di jeans. Mi guardo poco allo specchio in genere ma quello era uno dei giorni in cui almeno essere decente un minimo bastava.

Mi chiudo la porta alle spalle e subito vengo pervaso dall'aria fredda primaverile di Brooklyn. Abito più o meno ai margini della città e da un lato ne vado fiero perché almeno in questa zona evito di subirmi tutte le polveri sottili della metropoli, da un altro sfiga vuole che qui passi solo un maledetto pullman che mi porti in centro da Travis. Travis è la creatura più incantevole che io abbia mai conosciuto e credo di esserne innamorato ma non mi sono mai spinto oltre nonostante ci fossimo baciati un sacco di volte da un anno a questa parte. Lo vidi per la prima volta due anni fa nella gelateria in centro a Brooklyn mi ricordo ancora o suoi occhi e il loro viola come il mio aveva uno sguardo molto più acceso e brillante invece ora è principalmente quasi sempre perso. Parlammo la prima volta quando un giorno andai a vedere il college che lui adesso frequenta, non fu una chiacchierata lunga ma senza badare a ciò che dicevo gli ho dato praticamente appuntamento sotto casa mia un pomeriggio. E' da quel giorno che è iniziato tutto. Non parlammo spesso del nostro problema ma sapevo che in principio fu quello che ci unì molto. Avrei scelto il suo stesso college se avessi potuto ma chiedeva una retta troppo alta che mia madre non potè permettersi ma almeno il college in cui vado è a pochi Km dal suo. Tempo fa mi disse mia madre che in genere i College venivano frequentati da gente che aveva raggiunto i 18 anni e oltre, col tempo la nostra società ha sviluppato nuovi metodi di apprendimento e studio che hanno permesso a qualsiasi ragazzo di poter approfondire i propri studi nel campo che preferiva.

Quando supero due isolati da casa mia vedo il pullman arrivare dietro di me. Mi metto a correre con il peso dello zaino che mi porto sulle spalle e il pensiero di rivedere Travis dopo 4 giorni di astinenza. Riesco a prenderlo al volo e quando salgo l'autista mi guarda malissimo ma io sono troppo impegnato a riprendere fiato per poterlo ringraziare di avermi aspettato. Non era l'unico che mi guardava male. Quando mi sedetti in fondo al pullman notai che quasi tutta la gente del pullman mi fissava nonostante il pullman fosse partito già da 2 minuti. Ma non mi fissavano per la mia teatrale entrata sull'autobus. Una donna sulla quarantina mi guardò con aria quasi disgustata insieme alla sua piccola bambina che nel momento in cui guardai prese dal sedile accanto per mettersela sulle gambe per farle vedere qualcosa che avrebbe potuto distrarla dalla mia faccia. Dovrei essere abituato a questi comportamenti infantili, non posso biasimarli, sono giorni in cui cerco di evitare di guardarmi diritto negli occhi, ma ci sono giorni in cui avrei detto a quella donna come a qualsiasi altra persona che fino a prova contraria non gli sto stravolgendo la vita, anche se le voci dicono altro. Mia madre cerca sempre di evitare l'argomento ma negli ultimi tempi numerosi scienziati hanno percorso studi su persone con la mia stessa eterocromia ed ogni studio è sempre risultato inconcludente. Quel poco che si dice è che non siamo gente del tutto normale. Il gene che ha permesso lo svilupparsi dell' eterocromia nella gente per ora viene considerato come una specie di virus impossibile da combattere. Per ora. Molte riviste parlano di bambini indemoniati e mamme che abbandonano i loro figli terrorizzate e in effetti è così. Un organismo vivente nato con il gene WS16 - Così viene identificato - nel proprio DNA nasce con metà o un quarto di occhio viola e il resto bianco. Quando l'ho saputo ero terrorizzato all'idea che io fossi nato con questo aspetto. Ma mia madre mi spiegò che il bianco col passare degli anni avrebbe assunto un colore che va da persona a persona. I miei occhi sono verdi per tre quarti, un quarto viene rimpiazzato dal viola.Non è un viola acceso è un viola sul scuro ma comunque viola, e facile da distinguere.
Il fatto che gli scienziati abbiano scoperto solo questo mi consola, ma non faccio altro che pensarci per Travis.
Nel giro di 15 minuti il pullman accosta davanti alla fermata bruscamente e fortuna vuole che sia proprio davanti casa di Travis. Vive in un appartamento che da su un grosso parco che quando è illuminato dal sole risplende di mille colori. L'estate scorsa io e Travis ci misimo sdraiati lì per tutto il pomeriggio con una grossa coperta e aspettammo che si facesse notte mangiando pizza al salamino piccante. Fu una delle serate più belle della mia vita, quella stessa notte salimmo a casa sua e stavamo per farlo. Ma lui non volle per paura. La sua eterocromia ha un qualcosa di più che speciale. Travis è una sorta di telecineta, lo scoprì quando una sera era a casa mia e io dovetti salire su una sedia di legno marcio che tengo nell'angolo della mia camera per prendere le cose al di sopra dell'armadio. Quella volta la sedia cedette e una delle gambe in legno si ruppe, ma io rimasi comunque in piedi sulla sedia. Travis riuscì a mantenere la sedia in equilibrio. Quella sera si mise a piangere perché nessuno sapeva di questo, solo io fino a quel momento. E iniziò a nutrire un forte disgusto verso se stesso. Quando è con me riesce quasi sempre a placare quei forti pensieri brutti ma quando non ci sono arriva a fare il peggio. Non presi la cosa di Travis male, ero abituato a trattare con qualcosa di diverso dal normale ogni giorno: me stesso.

Quando sono davanti ai cancelli di casa sua suono il campanello che dava il cognome di Travis ,Rockmaple . Mi aprì subito, entrai di corsa salendo le scale del suo appartamento, non vedevo l'ora di rivederlo, la porta di casa sua si aprì e ne uscì lui. Si mette un dito davanti le labbra per zittirmi a causa dei suoi vicini che sono come gli avvoltoi. Mi fa entrare in casa e chiude la porta alle sue spalle. La casa era poco illuminata c'era solo un luce accessa che proveniva dalla sua camera. Sarò stato un migliaio di volte a casa di Travis ed è sempre rimasta la stessa casa disordinata. La casa se ben poco illuminata rifletteva un sacco quel poco di luce a causa delle sue pareti dal colore giallo senape. Mi giro per guardarlo e lui è già pronto ad abbracciarmi. - Ciao Trav - lo stringo tra le mie braccia e gli accenno un sorriso - Ciao Callum - Risponde lui. Gli do un pizzicotto, sa che mi da fastidio essere chiamato Callum. Scoppia subito a ridere - E va benee, Call - si corregge. Mi strofino le mani sulla faccia, faccio sempre così quando sono in imbarazzo e gli sorrido. Andiamo in camera sua e noto la che la sua raccolta di libri gialli diventa sempre più grande. Travis è un amante dei libri gialli. Gli piacciono un sacco i misteri. Tutti eccetto uno. - Uff - lui mi guarda incantato.
- Ma aspetta sei solo? - gli chiedo.
- Sì perchè? - Aveva intuito il motivo della mia domanda, lo capisco dal suo sguardo che si è leggermente incupito.
- C'era silenzio, solo per questo - non sono capace a mentire. Cerco di cambiare subito argomento, non voglio che lui stia peggio di quanto stia. Continua a guardarmi e io faccio lo stesso. Ha degli occhi di un colore blu scuro di conseguenza il viola si scorge poco.
- Non guardarmi così - dice. Potrei dirgli la stessa cosa ma non dico niente. Distolgo lo sguardo e mi siedo sopra la sua scrivania. C'è un minuto di silenzio. - Non ce la faccio - dice Travis tutto in un fiato e dopo un secondo mi ritrovo contro al muro con Travis che mi bacia. Ha delle labbra morbide e carnose, le riconoscerei ovunque. Ricambio il bacio.Le nostre lingue si fondono. Ormai ero abituato a sentirlo così ma questa non era come le altre altre volte. Mi fa scendere dalla scrivania e fa passare la mano sotto i pantaloni per poi massaggiarmi il pacco. - Aspetta, aspetta, no Trav. - Lui si stacca - Che stai facendo? - gli chiedo. Avevo il cuore che batteva a mille. - Call.- fece una pausa prima di continuare - Cosa Trav? - gli domando con fiato pesante.
- Call, io voglio farlo con te, e.. non me ne frega nulla, non so se questo provocherà problemi o meno ma so solo che niente mi impedirà di essere felice con te. Perchè con te sono felice. E fanculo sto cazzo di problema che ci ritroviamo , fanculo tut..- Non lo faccio continuare. Lo bacio più forte di prima premendogli la testa contro la mia e dopo 1 minuto ci ritroviamo sul suo letto. Inizia a baciarmi il collo e a togliermi la maglia con forza. Faccio lo stesso. Ci muoviamo costantemente uno sull'altro. Sento il suo membro scontrarsi con il mio dai pantaloni. Lui mi gira di schiena. Sto ansimando contro il cuscino. Sento la cinghia dei suoi pantaloni che cade atterra e senza pensarci due volte mi tolgo i pantaloni scoprendo il sedere. Sento Travis su di me. Inizia a baciarmi le spalle e lentamente scende per tutta la colonna vertebrale. Dopo due minuti sento la sua mano dentro le mie mutande e con l'altra mi spinge i fianchi contro il suo membro. Lo sento alle prossimità dell'ano ed è in quel momento che spinge. Ansimo. Forse per il dolore, ma non ha importanza. Spingo di più il sedere contro il suo membro quando è completamente dentro. Inizia a muoversi dentro di me e con l'altra mano mi masturba lentamente. Inizio ad ansimare più forte. Lui continua sempre di più. Sempre più veloce. . - Vai trav! - Urlo. A sentire la mia voce lui va più veloce. Sto impazzendo dal piacere, quando ad un certo punto il letto comincia a gigolare, i cassetti di Trav cominciano ad aprirsi e in poco tempo tutta la camera viene messa sottosopra e Trav mi si accascia sopra la schiena. Privo di sensi.



 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Annalise ***


Il sole delle 3 illumina l'intera aula e i miei lunghi capelli rossi dandogli un colore ramato che devo dire mi dona. Alzo la testa per guardare l'ora e mancano 10 minuti prima della fine delle lezioni dopodichè ci sarebbero state le vacanze primaverili e niente più compiti a sorpresa da questa sottospecie di giraffa che dovrebbe essere la mia professoressa di Economia avanzata.
Il corso non viene frequentato da molti e adesso comincio a capirne il motivo. E' circa un ora che sto fissando il vuoto e l'unica cosa che ho scritto sul foglio è il mio nome in alto a destra: Annalise Mailgros. Non riesco a pensare ad altro se non a andare di sopra e prepararmi le valige per tornarmene a casa per le vacanze.
Abito nella periferia di Brookyn a circa 10 isolati del club di pesca più ridicolo al mondo e dalla casa di Callum Fysis che teoricamente dovrebbe essere il mio migliore amico ma nel suo mondo esisite solo Travis, il suo ragazzo " Si o no" come lo definisce lui. Devo vederlo alle 4:00 fuori dalla mia stanza così quando vedo che alcuni iniziano a consegnare il test io faccio lo stesso. Mi alzo dalla sedia e vado davanti alla cattedra consegnando il compito, cerco di girarlo in modo che nessuno possa notare che è in bianco. - Buone vacanze Signora Rafe! - La professoressa mi guarda negli occhi e io le sorrido. Per un momento esita a rispondere - Anche a lei Mailgros - Esco dalla classe e la campanella suona e in un battibaleno il corridoio si riempie di gente,intenta ad uscire il prima possibile da questo inferno.

**

Come da due anni a questa parte nella valigia non riesco mai a metterci tutto, così devo salirci sopra per riuscire a chiuderla. Vado in bagno e cerco di sistemarmi il meglio che posso, sono una ragazza che non si trucca molto e in genere mi limito a volumizzarmi le ciglia e a riempire i buchi nelle sopracciglia con una matita nera. Sento bussare alla porta, deve essere Call - Arrivooo! - urlo dal bagno. Mi lego i capelli con un elastico e vado ad aprire la porta. - Buon pomeriggio bellezza - Era lui, mi guarda dalla testa ai piedi - Ciao Call - lo faccio entrare e ritorno in bagno. - Ma io devo girare con te che porti mattoni in questa valigia? - dice Call ridendo; Mi affaccio dalla porta del bagno ed è seduto sul mio letto che scruta la mia valigia con affare divertito - Non rompere Call - gli rispondo. Esco dal bagno che sono ancora in ciabatte - Economia come è andata? - mi domanda. Mi siedo accanto a lui e mi metto un paio di scarpe grigie - Al 99% bene mi è bastato soggiogare la Rafe prima di uscire dalla classe - gli rispondo con disinvoltura.
- Ti scopriranno se continui così Anne, e poi di questi tempi non è il massimo, se dovessero vedere tutti i test che hai lasciato in bianco si faranno due domande - Call è sempre un minimo iper protettivo nei miei confronti. E so che ha ragione, e quando la gente ha ragione non so mai cosa rispondere. Io e Call siamo nati con lo stesso problema a causa del cosidetto gene WS16, ci siamo conosciuti principalmente grazie a questo un anno fa qui al college. Lui era del primo anno e io del secondo, mi fece strano che lui non avesse sviluppato, nonostante l'eterocromia , nessun effetto collaterale per così dire, ma lui non se ne preoccupa perché penso che sia già troppo impegnato a conviverci.
All'età di 14 anni scoprii di poter controllare le menti delle altre persone semplicemente guardandole ma richiede un sacco di energia e mio padre mi sta insegnando il più possibile a controllare questo potere. Ho ereditato da lui il gene ed è per questo che a volte è difficile capire Call quando si perde nelle opinioni altrui. La verità è che sono solo stata fortunata essendo cresciuta con mio padre e mia madre che mi hanno sempre fatto sentire tutt'altro che anormale.
MI alzo dal letto e lo guardo, aspetta ancora una risposta alla sua predica - Sono vestita abbastanza decentemente? - Indosso un paio di pantaloni gialli aderenti e una felpa nera. Vedo la faccia di Call intenta a lasciar perdere il fatto che io abbia ignorato ciò che mi aveva detto così si limita a rispondermi di sì.
Metto le ultime cose a posto compreso il bagno che era in uno stato pietoso.
- Sono pronta, andiamo - dico entusiasta. Prendo giacca e valigia e usciamo dalla stanza del College, diretti a casa mia.

Mio padre ci aspettava con la sua Jeep nel parcheggio privato del college. Ho impiegato circa 10 minuti a mettere la valigia nel baule perché papà e Callum erano fin troppo impegnati a parlare di argomenti di cui non sono a conoscenza, quindi ho dovuto fare tutto da sola.
Manca poco prima di arrivare a casa, vedo Call nel sedile posteriore che guarda la strada immerso nei suoi pensieri. Nessuno parla, si sente solo un ronzio proveniente dalla radio della macchina, che papà cerca di sintonizzare nella stazione "Milk&Honey"; L'ascolta ogni mattina quando mi accompagna a scuola e dal nome sembra uno di quei canali in cui ogni 8 minuti ti insegnano una ricetta diversa ma per esperienza so che non è così.
La voce di un uomo inizia a parlare quando riesce a far prendere il segnale - Sì in effetti è così. -
- Cosa vuole dire Sgr. Langdon? - chiede una seconda voce.
- Voglio dire che fin quando non scopriremo bene da dove e cosa può fare il gene, ogni persona affetta fino a nuove informazioni verrà considerata come più di un semplice esperimento, la questione si sta facendo seria e non ho mai visto un corpo reagire a una semplice iniezione in quel modo ma posso assicurarvi che ci stiamo lavorando,non posso dire altro, mi dispiace Frank.- conclude. - Sì certo, beh grazie mille! E ora passiam.. - mio padre spegne la radio. Accenderla non fu una buona idea. Lo guardo e dal suo sguardo capisco che è preoccupato preoccupato quanto me. Call non penso abbia sentito, sta ancora fissando la strada così mi limito a fare come lui, sapevo che fare domande a mio padre adesso non sarebbe servito a nulla.
- Sanno di più. - dice senza distogliere lo sguardo dalla strada. Non mi aspettavo che volesse parlarne, di solito non lo fa mai se non in presenza della mamma. - Cosa vuoi dire? - gli chiedo. Call ora ci guardava entrambi - "Ci stiamo lavorando" o " Non posso dire altro" questo. Sanno di più e vogliono tenerlo segreto è evidente. - Ha ragione, guardo Call dallo specchio retrovisore e lui fa lo stesso, aveva sentito la radio, lo noto dai suoi occhi che ho avuto modo di conoscere da più di un anno a questa parte. L'ho visto piangere per la cosa più stupida, depresso e felice, quindi so quando prova qualcosa di forte come questo e non lo posso biasimare. Io non esterno mai ciò che provo, non lo faccio apposta ma è così, sono fatta così e in parte penso sia un bene dall'altra so che avere qualcuno accanto aiuterebbe. Decido di non volere più pensare ad altro così chiudo gli occhi per un secondo quando papà svolta l'angolo e ci ritroviamo davanti a una casa di medie dimensioni a due piani e dai muri color rosso scuro, casa mia.

Entriamo in casa e davanti alla porta c'è mia madre sorridente come sempre. Si vede che non ho preso da lei. - Eccolaa! -  mi viene in contro abbracciandomi forte - Ciao mamma! - le dico il più felice possibile. - Oh Callum, tutto bene? Vi ho preparato del caffè sarete stanchi -
- Ma il caffè non era per i grandi? - le dico io sarcastica
- Anne fai meno la spiritosa, vorrà dir che lo berrà solo Callum - dice trionfante a testa alta. Mi metto a ridere e Call fa lo stesso.
- Dammi cara - Papà mi prende la valigia - la porto di sopra - gliela lascio prendere e gli accenno un sorriso complice, si vede che sta ancora di giù per quello che è accaduto in macchina.
Vado in cucina e mi siedo al tavolo insieme a Call con la mamma che ci versa del caffè in tazze di ceramica. Dopo 5 minuti arriva papà che si siede insieme a noi, non beve ne mangia niente - Call resti qui per cena o ti accompagno a casa? - lo guardava mentre lui sorseggiava un po' del caffè bollente. - Credo che mia madre mi aspetti per cena, stia tranquillo vado a piedi non ci metto molto. - mia madre sobbalza a sentire quelle parole, sta lavando i piatti penso che per lei sia una passione farlo, e io, detto onestamente, non ce la farei a fare quello tutto il giorno - Nonono! Ti accompagno io guarda. - Si asciuga le mani in uno strofinaccio e si toglie il grembiule da cucina - Dammi solo il tempo di mettermi le scarpe! - esce dalla cucina di corsa - Ma davvero non importa! - dice Callum per farsi sentire. - Bevi il caffè! - gli risponde, a sentirla mi metto a ridere - E' una cosa impossibile lo so . -
Call finisce il caffè quando mamma ritorna pronta ad accompagnarlo.
- Grazie mille signor Mailgros -
- Ma figurati Call - risponde mio padre sorridendo - ritorna quando vuoi. -
- Ci sentiamo Anne - mi abbraccia e io faccio lo stesso - Mi raccomando Call - così facendo esce dalla porta di casa da cui è entrato una ventina di minuti insieme e se la chiude alle spalle.
Ritorno in cucina dove trovo mio padre come l'avevo lasciato, seduto e con lo stesso sguardo che aveva in macchina. - C'è una cosa che non ti ho detto - ora mi guardava in faccia - Cosa? - cerco di non fare vedere che sono abbastanza preoccupata per avere altre spiacevoli notizie. - Vogliono combattere il gene. Non è niente di sicuro ma dato che non possono evitare che una coppia portatore del gene possa procreare o comunque fare sesso.. -
- Ma mi avevi detto che due persone portatori del gene non possono farlo - gli dico io con tono sorpreso fermandolo. - Lo dissi per non farti fare cavolate Anne, in ogni caso sì, possono, ma non sempre, non se uno dei due possiede un potere fin troppo elevato. -
- E cosa succede se uno dei due lo possiede?  -
- Beh.. - esita un momento a rispondere - Cosa? - Gli chiedo impaziente.
- Muore. -

 

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Capitolo 3
*** AGD ***


Quando Trav si accascia sulla mia schiena tutto intorno a noi cessa di muoversi. Sono sudato, freddo e mi tremano le mani. - Trav.. - Cerco di girarmi lentamente per non farlo cadere dal letto e lo guardo. Il suo corpo nudo e esile è del tutto teso, ma non è quello che mi preoccupa: il naso di Trav perde sangue. Ha la faccia pallida e gli occhi aperti che guardano il vuoto. - Trav! - urlo. 
Sono sopra di lui e cerco di farlo riprendere, è svenuto, deve essere svenuto ma non da segni di vita. Provo con un massaggio cardiaco, qualsiasi cosa, mi rifiuto all'idea che possa essere più che svenuto. Non può essere. - Ti prego.. svegliati! SVEGLIATI! - 
Inizio e piangere e la disperazione inizia a divampare nel mio corpo, sento il fiato che diventa sempre più corto, non può andare a finire così ma non posso fare niente. Mi passa per la mente di chiamare l'ambulanza ma servirebbe solo a peggiorare le cose. Annalise. Scendo dal letto di corsa e mi precipito nello zaino dove ho lasciato il telefono. Non lo uso mai e mi limito solo ad utilizzarlo per chiamare Travis, mamma o Anne. Digito il suo numero con le mani ancora tremanti e gelide. - Pronto?-
- ANNE VIENI DA TRAV. ORA SUBITO. TI PREGO.. - Gli sto urlando addosso e piangendo allo stesso tempo, sta parlando ma non riesco a sentirla.
- Call. Cazzo Call ci sei? Dimmi che succede.. -
- Non lo so Anne! Lo abbiamo fatto, ti prego vieni, vieni. -
- PAPA'! - Urla dall'altra parte del telefono - Siamo lì tra 10 minuti Call arriviamo. Arriviamo. - chiude la linea e io ritorno sul letto insieme a Trav. Metto la testa sul suo petto e cerco di sentire il suo cuore, un piccolo battito, qualcosa che sia la dimostrazione che non sia quello che penso io. Ma niente. Non si sente niente. E' colpa mia. E' solo colpa mia, non avrei dovuto dire quelle cose, dovevo stare zitto. - TRAV E' COLPA MIA! CAZZO CAZZO CAZZO! - inizio a tirarmi i capelli e a urlare più che posso. Non doveva andare a finire così.
Per strada si sente il rumore di gomme che strisciano sull'asfalto - CALL! - Era Anne insieme a suo padre. Sento il cancello aprirsi in un forte botto e dopo i loro passi che salgono le scale, mi precipito alla porta di casa per aprirla ed ecco Anne. - Call.. - Suo padre è dietro di lei. Sono entrambi affannati e sudati per la corsa che hanno fatto. Li sento parlare ma le loro voci paiono come un ronzio nelle mie orecchie, inizio a vedere tutto sfocato e il mio corpo cede. L'unica cosa che sento è il pavimento duro e freddo, prima di chiudere gli occhi e non sentire più niente.

**

La pioggia picchietta costantemente sulla finestra di casa Mailgros, un po' come la mia testa. Non so da quanto sono qui, l'unica cosa che so è che ho avuto dei risvegli traumatici che duravano secondi finché non riperdevo coscienza, ma almeno mi hanno permesso di capire dov'ero. Mi pare di aver scorso Annalise una notte, era accanto a me che mi diceva di stare tranquillo e che sarebbe andato tutto bene, molto filmico da parte sua, ma avrei potuto darle ragione solo dopo aver visto Travis. I risvegli saranno stati sette, otto. Non lo so. Spero solo che ogni risveglio non equivalga ai giorni passati in questo posto. Alzo la testa dal cuscino e mi guardo intorno. E' la camera degli ospiti di Anne, dove ho dormito la notte di capodanno e sembra uguale identica a come la lasciai mesi fa. C'è un forte odore di chiuso, la polvere è ben evidente sui mobili e il letto credo abbia le stesse lenzuola dell'ultima volta in cui ci ho dormito, forse è così , ma so per certo che sono pulite e a confermarlo è l'odore di lavanda su di esse, come l'odore dei capelli di Trav la stessa sera in cui abbiamo festeggiato qui l'anno nuovo, è rimasto il suo odore o forse è solo una mia sensazione. Non voglio pensare ad altro se non a risentire di nuovo la sua voce e basta. Ricordo l'ultima volta che lo vidi sdraiato sul letto. Lui sta bene, ne sono sicuro, deve essere così.
Scosto le coperte che mi hanno avvolto per giorni e scendo dal letto. Indosso un pigiama da donna,mi guardo intorno e non vedo nessun mio vestito. Dovevo essere nudo quando sono svenuto sul pavimento della casa di Trav. Ero quasi sicuramente nudo. Il fatto è che non lo ricordo e questo forte mal di testa non aiuta per niente. Nonostante abbia dormito giorni mi sento terribilmente stanco. La stanza è ricoperta di carta da parati in cui sono raffigurate delle line curve che ricordano l'edera che si arrampica sui muri delle vecchie case. In fondo alla stanza erge uno specchio che riflette interamente il mio corpo. Ho i capelli schiacciati che mi cadono in fronte e una faccia da schifo. I miei occhi brillano nonostante la poca luce. Non li guardavo da un po'.
Apro la porta della camera e l'odore di chiuso che permeava l'intera stanza va via via scomparendo. - Anne! - la mia voce è roca e il mio alito rancido. - Call? - la sua voce mi risponde dal piano di sotto e in pochi secondi la sento salire a passi pesanti su per le scale che portano al piano superiore. La vedo avvolta in una coperta e porta una tazza di Thè in mano evidentemente vuota perché nel momento in cui mi abbraccia niente del suo contenuto va attera. - Ti senti bene? - mi chiede mordendosi il labbro inferiore. - Sì. Dov'è Trav? Devo vederlo.- lo sguardo di Anne dopo quelle parole inizia a incupirsi. - Call.. Non è qui. E' con mio padre, sta facendo tutto il possibile per.. -
- Per cosa? -
- Non lo so Call.-
- Dimmi solo come sta ti prego. - stavo imprecando e Anne non sapeva cosa dire, mi stava nascondendo qualcosa, la conosco ormai, lo noto dal suo sguardo colpevole.
- Sta ancora dormendo.. - mi dice lei come se non avesse mai voluto dire quelle parole.
Sta ancora dormendo. Non è possibile. - Da quanto sono qui? - dovevo saperlo.
- 5 giorni. Hai preso una bella botta e ci hai messo un pò più del normale a riprenderti.. Abbiamo avvertito tua madre, è venuta di corsa e ogni giorno, era qui fino a due ore fa ma è dovuta andare via. Se vuoi la chiamo subito.. - 
Stava cercando di cambiare argomento. Travis non avevo ripreso coscenza dopo 5 giorni. Da 5 giorni. Mi faccio prendere in preda al panico. Non poteva essere. Sento gli occhi pieni di lacrime. Abbasso lo sguardo per non farmi notare da Anne - Il bagno? - gli chiedo il più normale possibile
- Call sta tranquillo.. io.. -
- Anne. Ho bisogno del bagno! - Sto per scoppiare a piangere me lo sento.
- In fondo a sinistra.. - mi risponde indicando il corridoio alla sua spalle.
Mi precipito, apro la porta entrando, la richiudo e scoppio a piangere contro il primo muro che trovo. Cerco di fermare i singhiozzi per non farmi senire da Anne ma con pessimi risultati. Travis non può essere morto. Saranno giorni che ripeto questa frase inconsapevolmente nella mia testa. Continuamente. Ma non servirà a niente. Devo combattere la realtà. e vedere Travis il prima possibile.
Mi asciugo le lacrime e mi tolgo il pigiama scoprendo del tutto il mio corpo per poi entrare nella doccia levando tutta la puzza accumulata in quei 5 giorni.
Penso che la doccia sia il miglior calmante che ci sia; Quando esco mi sento meglio fisicamente, indosso il primo accappatoio che trovo ed esco dal bagno.
Non appena esco trovo Annalise davanti a me con una maglia e dei pantaloni - Vestiti. - Li prendo e faccio quello che mi dice senza guardarla o ringraziarla;
Dopo pochi minuti indosso una maglia di cotone completamente nera e un paio di jeans consumati blu scuro. Anne entra nella camera. Mi guardo allo specchio e non ho più l'aspetto che avevo circa mezz'ora fa: Ho i capelli pettinati da un lato e indosso l'unico paio di scarpe che trovato in un angolo - Stai meglio? - la guardo.
- Portami da Trav. -

**

Nel tardo pomeriggio la pioggia continuava a bagnare le strade di Brooklyn. L'aria è impregnata come di suo solito del classico odore di carburante molto frequente in quella zona a causa del continuo passare di macchine e taxi. Annalise è dietro di me con un ombrello arancione a pallini verdi in mano, mi segue a fatica e non ha la minima idea delle mie intenzioni. Nemmeno io d'altronde.
Trav si trovava nella AGD ( Association Genetic Development ), suo padre lavora lì. E io devo tirarlo fuori di lì, non è un esperimento, non è niente a che fare con tutte quelle cose.
- Cosa cazzo? ANNALISE! LO AVETE PORTATO IN UN LABORATORIO PER GENTE ANORMALE COME NOI! CHE CAZZO DI PROBLEMI AVETE! -
- VA BENE CALL! ERA MEGLIO LASCIARLO QUI A MORIRE! GIUSTO. FANCULO MUOVI IL CULO CHE TI PORTO DA LUI. -
Fu più o meno la conversazione tra me e Annalise prima che mi disse dove si trovasse. In parte ha ragione. Forse ha ragione.
Attraverso un viale in pietra dopo aver sorpassato la strada principale, svolto l'angolo con Anne alle calcagna e un palazzo in vetro enorme si erge davanti ai nostri occhi.
Non si riesce a scorgere un minimo di cemento in quell'edificio, interamente in vetro, almeno dall'esterno, chiunque lo vedesse poteva rimanere a bocca aperta.
- Eccoci. - dice Anne con voce gelante. Ce l'ha ancora per la discussione di prima ma non le dico niente, mi limito a salire le scale per poi raggiungere una porta girevole tipica dei grossi magazzini in centro a Brooklyn.
Annalise mi sorpassa - Aspetta. - la prendo da un braccio - Hai ragione, scusami. Davvero. Sono stato scontroso, scorbutico e deficiente. Voglio solo vedere Travis.. -
Mi guarda come se non vedesse l'ora che dicessi quelle parole, non aspettava altro. Giuro per un millesimo di secondo di aver colto nel suo sguardo un minimo di soddisfazione.
- Niente Call.. - Gli lascio il braccio e lei prosegue verso un bancone. Sembrava uno dei banconi che trovi in qualsiasi hotel per poter effettuare il Check-In.
L'interno dell'edificio rifletteva un sacco di luce, non per i led accessi e appesi artisticamente sul soffitto,ma principalmente per il colore dei muri, di un grigio chiaro ma allo stesso tempo intenso.
Alla mia destra sono sparse poltrone e divanetti dal colore rosso scuro, accompagnati da tavolini-caffè. Un signore in giacca e cravatta nera ne sta utilizzando uno ma deve esserci un bug nel sistema del tavolino, lo noto dal fatto che continua a premere continuamente su "Marocchino" ma le cannule nascoste alla base del tavolo non rispondono.
Alla mia sinistra in fondo sono situate le scale e vicino ad esse indicazioni connumeri e lettere scarlate nell'acciaio: ognuna per ogni settore analitico diverso. Poteva quasi assomigliare a un ospedale con l'unica differenza che di pazienti in genere non se ne vedevano.
- Sono la figlia di Arthur Mailgros - Annalise è davanti al bancone che parlava con la segretaria dell'ADG. Indossa un completo verde con un gonnellino a quadri sccozzese viola e rosso. Il naso aquilino e la faccia appuntita le dava un aspetto inquietante.
- Immagino che voglia comunicarle qualcosa - Dice la segretaria con fare tutt'altro che interessato.
- In realtà no, ma in ogni caso SIAMO - precisa.
-C'è lui con me. - Mi indica senza distogliere lo sguardo dalla signora - E dobbiamo vedere nostro padre. - Gli occhi della signora rimbalzano tra Annalise e me come una pallina da ping pong impazzita.
- Voi siete come loro. - Dice con un misto di disgusto e interesse.
- Non ne avevo mai visti in giro. -
Annalise inizia a grattarsi il palmo della mano con le unghie lunghe. Non è un buon segno. E' suo solito farlo quando inizia a perdere la pazienza. E quando perde la pazienza le cose non vanno mai come dovrebbero andare. E mi riferisco agli effetti collaterali come li chiama lei.
- Signora. - Ero rimasto tutto il tempo dietro Anne - Dobbiamo vedere il Signore Mailgros, Urgentemente. -
- 13esimo piano, reparto 8GM- Mi risponde leggendo da un display precedentemente alle sue spalle. - Ma non mi dire - aggiunge ironicamente.
- Cosa vuole dire? - Dice Anne digrignando in denti.
- Grazie mille signora. - La spingo verso le scale il più veloce che posso.
- Non perdiamo tempo.. - Riesco a scorgere dal cartellone affisso accanto alle scale la didascalia GM, era il reparto riservato alle mutazioni genetiche. Ora si spiega il commento del tutto sarcastico della segretaria.
Saliamo le scale e ad ogni piano che salgo l'ansia aumenta e insieme ad essa anche il desiderio che Trav stesse bene.
Sento il fiato corto di Annalise quando poi realizzo che abbiamo superato inconsciamente una decina di ascensori.
" Piano 13. Reparti: DN, LA, EI, RT , MA , GM. "
Leggo la didascalia scolpita in un materiale simile all'oro che quasi sicuramente non aveva niente di oro.
Non bado al sudore che mi impregna i vestiti - Dobbiamo trovare il reparto GM laboratorio 8 - dico ad Annalise mentre apro una porta vetrata scorrevole che dava su un corridoio dalle pareti verde scuro.
I reparti DN MA GM sono alla nostra destra. Comincio a percorrere il corridoio con Anne che mi segue a passo felpato - Non sei mai stata qui? - Le chiedo mentre cerco la stanza che mi interessa. - No, mio padre non ha mai voluto. Dice che non è il posto ideale per dei ragazzini. Peggio ancora se si tratta di ragazzini come noi. -
Stringo i denti a sentire quelle parole. - Molto coerente da parte sua. -
Non mi risponde.
" Reparto GM ( Genetic Mutations ) "
- Okay siamo nel reparto giusto. Dobbiamo trovare il laboratorio 8. -
- Non credo ce ne sia bisogno. - risponde Anne alle mie spalle.
Una figura familiare esce da un porta in fondo al corridoio, indossa un camice bianco, capelli corvini e occhi neri come la pece, almeno in parte. Il viola che circonda il suo iride è molto visibile sul nero sotto la luce dei led appesi al soffitto.
- Che ci fate qua? - il Signor Mailgros aveva assunto una faccia stupita e allo stesso tempo turbata.
Non rispondo. - Papà, dobbiamo vedere Travis. - Ormai ci aveva raggiunto.
- Non è possibile.. in ogni caso mi fa piacere che tu ti sia ripreso Call ma non dovresti uscir.. -
- Non importa signor Mailgros. Voglio vedere Trav. - gli dico con tono fermo e determinato interrompendo la sua lezione di vita.
- Non è possibile. -
- Cosa vuole dire? -
Distoglie lo sguardo da me e lo riposa su Anne cercandone un aiuto.
- Cosa c'è? - Qualcosa non andava. Il battito del mio cuore inizia ad accelerare e l'ansia aumenta sempre di più.
- Call.. non pensiamo che Trav si possa riprendere.. - mi risponde Anne incerta su quali parole usare.
- Dov'è? - chiedo nella maniera più normale che posso. Non era così.
- Call.. -
- DITEMI DOV'E'! - La mia voce echeggia per tutto il corridoio. Mi dirigo a passi veloci verso la porta da cui il signor Mailgros è uscito pochi minuti fa ma mi blocca il passaggio prendendomi dalle spalle.
- Call calmati ti prego! -
- DEVO VEDERLO. -
- CALL NON CAMBIERA' NULLA CAPISCI? -
- COSA CAZZO DEVO CAPIRE? - sento le lacrime che iniziano a rigarmi il volto.
- Call.. Travis è morto. -

 

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Capitolo 4
*** Effetto collaterale ***


Le luci della notte filtrano nella finestra della mia stanza illuminando il piumone di una luce argentea, sono a letto ormai da ore. Preferirei non pensare a niente in questo momento, e con niente intendo a quello che è successo questo pomeriggio, ma non ci riesco.
Affondo la testa sotto il grosso  copertone che mi ha avvolto per fin troppo tempo e chiudo gli occhi, trattenendo l'inefrenabile istinto di piangere e urlare.

- Vieni a prendermi. -
- Vieni a prendermi. Sono qui. -
La voce di Travis pare come un qualcosa di celestiale, divino, ed echeggia nel vuoto più totale; non trovo altro modo per descriverlo.
Non sono più nella mia camera da letto ma in una stanza del tutto bianca: pareti bianche, soffitto bianco, pavimento bianco.
- Call. - Travis mi chiama.
- Travis! - le nostre voci paiono come un eco infinito così inversosimile che solo al percepirlo pare di entrare in uno stato di trance. Cerco di capire da dove proviene la voce cercando in quel bianco maledettamente accecante, ma niente, Travis non c'era.
Ad un certo punto tutto intorno a me riinizia a prendere forma,il bianco viene sostituito da colori di ogni tipo,scorrono a una velocità costante intorno a me per poi iniziare a formare un immagine, un qualcosa di concreto. Il palazzo dell'AGD. Mi guardo intorno e il cielo è buio e l'aria terribilmente fredda. Salgo le scale che avevo percorso quel pomeriggio non badando ai miei piedi nudi sulla roccia fredda e sporca. Dal grosso display dietro al bancone situato davanti all'ingresso riesco a scorgere una data, prima che i colori riinizino a vorticare davanti a me.
Poi la stessa cosa per la seconda volta.
- Call. Salvami. - Il mio cuore ha un sussulto quando sento la sua voce alla mie spalle, mi giro di scatto e i colori riiniziano a ricomporre un immagine. La luce inizia a cambiare, non era più buio ma sempre più lumisono, era luce artificiale,quando riesco a mettere tutto a fuoco c'è Travis davanti a me. Siamo nel 8GM della AGD e Trav è steso sul lettino con lo stesso lenzuolo color crema dell'ultima volta che lo vidi, il pallore sembra essere scomparso.
- Travis! Sono qui. Non vado da nessuna parte. - gli dico agonizzante prendendogli la mano. Era così bello, puro e semplice.
Sento le lacrime che mi bagnano le guance ma non cerco di fermarle. Mi sentivo sicuro, libero di poter manifestare la mia fragilità almeno ne ho avuta un ultima volta.
Ed è in quel momento che Travis apre gli occhi, brillano di una luce profonda e mi guardano. - Callum svegliati. Ti sto aspettando. -

**

8 ore prima.

Annalise pov's

La jeep di mio padre accosta rigorosamente sulla ghiaia davanti a casa mia producendo il solito rumore dei sassolini schiacciati dalla gomma. In quelo momento realizzo che uno di quei sassolini potrei essere tranquillamente io. Durante tutto il tragitto per tornare a casa dall'AGD provai un grosso rimorso per non aver detto a Callum tutto, fin dal principio. Travis era quasi sicuramente morto e ne ebbi la conferma quando, dopo tante preghiere,Callum riuscì a entrare nel laboratorio. Non fu una visita molto lunga perchè uscì dopo pochi secondi piangendo, lasciando la porta del laboratorio aperta.
Era una piccola stanza di medie dimensioni dal color grigio che ricordava la luce dell'ingresso dell'AGD, lievemente più scura a causa dell'assenza di finestre. In fondo alla stanza c'era Travis, avvolto in un lenzuolo color crema e immobile. Aveva assunto un colore ormai sul verde tendente al viola. Non volli prolungarmi tanto, mio padre si tolse la divisa da laboratorio e dopo pochi minuti e mi riaccompagnò a casa.
- Hai chiamato la madre di Call? - Dico a mio padre uscendo dalla macchina.
- Sì, prima di uscire dall'AGD mi ha detto che stavano andando a casa. -
Grazie al cielo. E' l'unica cosa che riesco a pensare, non potevo fare molto e quasi sicuramente Callum ce l'aveva con me.
Mi dirigo verso la porta di casa aprendola con il mazzo di chiavi di mio padre. La casa era silenziosa, mamma doveva essere a lavoro. Lancio le scarpe che ho tenuto per ore in un angolo del corridoio che dava sulle scale per il piano di sopra.
Sono stremata e puzzo da far schifo. MI dirigo in bagno e mi tolgo i vestiti rimanendo in reggiseno e in mutande. Sposto lo sguardo sul grosso specchio appeso al muro e mi guardo. Ho la faccia pallida con due grosse occhiaie sotto gli occhi, i capelli che mi cadono sulle spalle e non posso non notare il mio grosso seno tenuto da un reggiseno blu scuro. Penso sia l'unica cosa che mi piaccia del mio corpo, contando anche i capelli rossi. A scuola ho sempre fatto in un certo senso colpo perchè giustamente " Le rosse sono porcone ", e quelli che lo dicono solo idioti. Non ho mai dato importanza al fatto di potermi legare tanto a una persona, forse solo per paura; Non è il massimo avere una ragazza stronza ed egoista come me, senza contare il magico potere di controllare le menti. No, i ragazzi non facevano per me, almeno non quelli normali e monotoni che si vedono sempre in giro.
Mi tolgo infine la biancheria intima e una parte di me inizia a pensare che forse necessito veramente di qualcuno che mi stia accanto, il problema è che ogni giorno cerco di convincermi che non è così, non deve essere così, l'amore ti rende debole, ed è l'ultima cosa che voglio essere.
Entro in doccia aprendo l'acqua bollente e lascio che quest'ultima mi percorra tutto il corpo.
Non sapevo cosa fare con Callum, andarlo a trovare non sarebbe servito a nulla, ha bisogno di pensare e metabolizzare il tutto. E non ci metterà poco. Così decido di scoprirlo da me, una delle grosse abilità che mi ha permesso l'eterocromia è non solo la capacità di controllare le menti ma anche leggerle e mio padre mi insegno a farlo anche a grosse distanze. Bastava concentrarsi sulla persona, cercarla nella mente e trovarla. Non era una cosa abbastanza semplice.
Mi concentro su Callum e lo cerco ma niente. C'è un forte blocco nella mia testa che mi impedisce di avere un contatto con lui. Subito dopo realizzo che sono in una doccia. La doccia era completamente rivestita in vetro, e il vetro impedisce di avere contatti con le menti, che stuipida, era la prova che il mio cervello aveva il necessario bisogno di riposare.
Sbuffando subito dopo premo con il palmo della mano su un pulsante giallo all'interno del muro e immediatamente vengo pervasa da acqua profumata al limone e cocco.
Dopo pochi minuti esco dalla doccia avvolta dal mio grosso accappatoio, mi siedo accanto al termosifone che con il suo colore mi accarezza la pelle riscaldandomi. Avvolgo i miei capelli in un grosso asciugamano formano un grosso turbante ed esco dal bagno.
Nonostante la doccia mi abbia in un certo senso rigenerata ho ancora la mente stanca,mi dirigo a piedi nudi nella mia stanza lasciando impronte traditrici sulla moquette bianca. Appena entro vengo pervasa dal dolce profumo di cannella di cui è impregnata la stanza da mesi, mia madre mi comprò un rinfresca ambiente che sprigionava l'essenza della cannella. E' un bene , tendo sempre a stare al buio nella mia stanza tenendo quasi sempre le tapparelle chiuse, ho sempre detestato la luce. Mi lancio sul letto svuotando completamente la mente da ogni pensiero e chiudo gli occhi stanchi abbandonandomi al dolce silenzio che permaeva attorno a me.

- Anne -
- Anne svegliati. - E' mio padre.
- Dimmi - gli rispondo con gli occhi ancora semi chiusi.
- Vuoi mangiare? -
- Ehm.. - mi sgrano gli occhi con le nocche delle mani e mi tiro su sedendomi sul materasso. - Va bene, arrivo. -
Mio padre esce dalla porta della mia camera chiudendosela alle spalle.
Accendo la lampada sul comodino e subito la mia stanza viene illuminata da una bellissima luce che assomiglia a quella del tramonto. Le pareti della mia stanza sono di un color giallo tendente all'arancione e non mi pento assolutamente di aver scelto questo colore anni fa.
Mi alzo dal letto lasciando cadere l'accappatoio sul pavimento, mi dirigo verso l'armadio e indosso un pigiama che ormai utilizzo da anni.
Sul comodino riesco a scorgere l'ora, sono le 11:00 PM. Ho dormito per sette ore.
Mio padre evidentemente non riesce a prendere sonno, come ogni notte. Ha tendenza ad andare a dormire verso le quattro, anche quando ritorna molto tardi da lavoro, e in genere lui mangia verso quest'ora. Esco dalla porta della camera e scendo le scale con passo felpato.
- Cosa? Non ho capito aspetti un attimo prendo le cuffie. - sento mio padre che parla al telefono controllando il tono di voce per non svegliare mamma.
- Eccomi mi dica. -
C'è una lunga pausa prima che mio padre riinizi a parlare.
- Cazzo. Arrivo subito, arrivo. - Riattacca subito il telefono e lo appoggia rumorosamente sul tavolo della cucina.
Scendo di corsa le scale e vado verso di lui, doveva essere successo qualcosa - Che succede? Dove stai andando?- gli chiedo con aria interrogativa.
- Oh.. Niente. - quando mi guarda capisco che come sempre sta cercando di nascondermi qualcosa.
- Papà. Dimmi. -
Sa che con me non c'è via di scampo quando mi impunto su una cosa, la ottengo punto e fine. - Mi hanno chiamato da lavoro. - si ferma esitante .
- Eh? Che è successo? - Gli chiedo impaziente tamburellando il piede sul pavimento.
- Localizza un attimo Callum. - mi ordina - devo essere sicuro di una cosa. -
Senza pensarci due volte lo faccio. La mia mente viaggia a una velocità disumana percorrendo strada buie e illuminate che non riesco a distinguere, poi il nulla. .
- Non riesco maledizione! -
- Riprova, con calma. - Lo rifaccio, ma non riesco a raggiungerlo.
- Niente. - gli rispondo scocciata - Che sta succedendo? - gli chiedo fissandolo negli occhi il più duramente possibile.
- MI hanno chiamato. Hanno detto che c'è stato un allarme all'AGD. Qualcuno ha violato la sicurezza e si è introdotto nell'8GM, dove sta Travis. - si ferma per una attimo e poi continua senza badare al mio piede che tamburella a ritmi regolari sul pavimento. - La segretaria che mi ha chiamato ha parlato di un ragazzo, da quello che si è riuscito a scorgere dalle telecamere e all'inizio ho pensato sia stato solo uno delle pulizie, almeno lo speravo, ma tu non riesci a localizzare Callum. -
- Quindi? - Gli domando un po' più forte del previsto.
- Anne pensa! L'AGD è praticamente rivestita di vetro perfino l'aria che respiri lì dentro è fatta di vetro, è per questo che non riesci a localizzarlo. -
Mi risponde tutto di un fiato impaziente.
- Cazzo. - Callum era dentro l'AGD.

**

Con le mani serrate raggiungo Travis, era disteso nello stesso lettino del sogno, avvolto nello stesso lenzuolo e gli occhi serrati. 
Mi avvicino a lui senza badare all'allarme che suona straziante nelle mie orecchie. Avvicino le mie labbra alle sue, senza pensare, senza la minima idea di che cavolo stessi facendo, e le premo sulle sue.
L'allarme smette di suonare e dal corridoio inziano a sentirsi dei passi pesanti e delle voci, prima che Travis riinizi a respirare ansimante. Era vivo.

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Capitolo 5
*** Dubbi e Rivelazioni ***


Annalise

Quando usciamo di casa sto ancora cercando di infilarmi una scarpa nel vialetto che porta alla Jeep. Un sassolino è riuscito a infilarsi dentro, ci mancava solo questa. Sono assalita dalla paura non perché posso immaginare cosa possano fare a Callum, ma per l'esatto contrario, perché non ne ho idea la più pallida idea. Salgo ansimante sul sedile anteriore della Jeep mentre mio padre mette in moto l'auto. Abbiamo dovuto tranquillizzare la mamma quando è scesa di corsa in cucina per sapere che stava succedendo. C'è ancora una luce accesa in cucina prova del fatto che non dormirà stanotte fino al momento in cui non ritorneremo.
Dovremmo chiamare anche la madre di Callum, ma nel momento in cui ci penso escludo la cosa perché non potrebbe far nulla se non preoccuparsi quanto noi.
Quando usciamo dal vialetto di casa la strada principale che si affianca al fiume è poco illuminata dai lampioni, in fondo ad essa si possono intravedere gli alti palazzi imponenti, come se ti volessero dire che alla fine di tutto qualcosa più grande e potente c'è, e che tu, alla fine, non sei nessuno. E' questo il problema di noi giovani, cerchiamo sempre di sentirci speciali, cerchiamo sempre di essere qualcuno, cercando una persona che ci affianchi nella nostra vita solo per sentirci meno soli e inutili.
Guardo il display dell'auto che segna ormai l'arrivo della mezzanotte.
Mio padre guida in silenzio fissando la strada immerso nei suoi pensieri, deve essere stanco di tutto questo, il lavoro e tutto il resto, mi viene facile capirlo ma di dinanzi queste situazioni non so che fare, sono sempre poco altruistica e sono decisamente una frana a confortare le persone.

- Cosa faremo quando arriveremo lì? - Gli chiedo per rompere quel silenzio assordante.

- Non lo so, molto probabilmente ora lo avranno preso e messo sotto sorveglianza in una delle stanze blindate ai piani alti. Dovremo dire qualcosa per giustificare la sua irruzione. Non penso sarà facile. -

- Come possiamo giustificarci? Scusateci signori ma Callum in genere si fa di LSD e vede e fa cose che non dovrebbe fare che birboncello ora lo riportiamo a casa. No, non sarà facile. -

- Quella della LSD potrebbe essere un idea però - Dice ridendo.

- Non scherzare papà! - Rido anche io. Sono felice di essere riuscita a farlo sorridere, non lo fa spesso e in questi momenti sdrammatizzare serve più di qualunque altra cosa.
Mentre ci addentriamo nel cuore di Brooklyn guardo le strade che ormai si sono fatte molto più luminose e con qualche anima viva. Più giovani che adulti, forse intenti a passare una bella nottata a base di alchol, molto probabile, mi ci vorrebbero serate di questo genere insieme a Callum, quindi immagino che io debba muovere il culo prima che gli scienziati pazzi lo rinchiudano in una cella di isolamento a marcire, non esageriamo, ma non posso permettere che gli facciano qualcosa.

***

Callum

La porta metallica del laboratorio si apre con fragore mentre io sono sdraiato su Travis ansimante che lo stringo a me. Sento il suo fiato sul collo e ancora adesso mi sembra impossibile che sia vivo, lo è e va bene così.
Mi volto per guardare la porta spalancata e un paio di uomini in tuta nera a volto coperto venirci in contro. Solo adesso mi accorgo di avere la faccia bagnata dalle lacrime. Da un lato penso sia un bene che Travis non veda tutto questo, non mi veda che soffro, perché so com'è fatto e un mio minimo sbalzo di umore equivale. a uno suo.
Lo guardo con un misto di felicità e disperazione nel volto, con gli occhi chiusi e che respira, e non posso non notare che ormai la sua pelle ha ripreso il suo colore naturale, ora sono certo che stia solo dormendo. Così appoggio la testa sul suo petto e stringo le sue mani con la paura di non poterle più ritoccare ,mentre un uomo in divisa mi stacca da lui e mi mette un fazzoletto bagnato sulla bocca, non ho il tempo di chiedere aiuto che sento il mio cervello staccarsi dal mondo, l'ultima cosa che vedo è il volto di Travis.

**

Annalise

- Dobbiamo vederlo! Non me ne frega un cazzo delle vostre regole di procedura! -
- Annalise. -
Mio padre interrompe il mio momento di isteria guardandomi con sguardo severo negli occhi, da una parte lo ringrazio perché era questioni di secondi prima che saltassi sul balcone dell'androne principale e prendessi la segretaria a calci sul muso.

Quando siamo arrivati era inevitabile non notare il grosso movimento che c'era nell'edificio anche a quell'ora della notte.
Ho le mani sudate dall'ansia ma cerco di restare calma.
- Eileen ti prego, devo vederlo, è importante. -
Evidentemente mio padre sa chi è la donna davanti al bancone.
- Non posso e sai perché, forse conosci meglio di me le regole di procedura e in questo caso sono con le spalle al muro, di conseguenza sono tenuta a non farvi passare fino a nuovo ordine. Chiaro? -
Mio padre esita a rispondere.
- Lui soffre di un disturbo è.. norm..-
Mio padre non sa più come dire ci sta rinunciando.
- Eileen garantisco io loro il passaggio ai piani alti. -
Una voce irrompe nell'atrio, appartiene a un uomo di mezza età, che non sa farsi la tinta o le chiazze castano-grigi dei capelli sono fatte apposta per dargli un aria più orrenda.
Indossa un lungo camicie bianco su cui sono state ricamate a destra in piccoli caratteri le lettere AGD.
Deve essere un superiore di mio padre perché subito dopo il suo arrivo la donna si arrese al suo volere, lanciandomi un ultima occhiataccia di sfida, che ovviamente ho ricambiato.
- Conosce il ragazzo? - Domanda l'uomo a mio padre mentre ci rechiamo agli ascensori.
- Sì è il figlio di Eleonore Fysis, una mia vecchia amica. - Gli risponde. Dalla sua voce si capisce che prova un grande rispetto per quell'uomo, forse addirittura timore.
- E perchè mai dovresti essere tu a preoccuparti di suo figlio? -
L'uomo chiama l'ascensore cliccando un pulsante, subito dopo un lieve rumore come di aria compressa si eleva dai piani alti prova del fatto che sta per scendere.
- E' complicato. -
-Immagino. -
Mio padre abbassa la testa e nessuno dei due spiccia più parola.
Le porte dell'ascensore si aprono e entriamo, io per ultima. L'uomo, appena entrato, fa scorrere un tesserino che ha appeso al collo su uno scanner incastonato nella parete dell'ascensore, subito dopo viene seguito un leggero bip prima che le porte si chiudano. e l'uomo schiacci il pulsante corrispondente a un 39. Doveva essere il trentanovesimo piano, e molto probabilmente quest'area non è accessibile a chiunque.
L''uomo è poco più alto di me e lascia un leggero odore di un profumo agrodolce.
Lo osservo dall'alto verso il basso e riesco a scorgere il suo nome e cognome dal tesserino plastificato, legato al collo da un nastro in stoffa: Eric Fiprow.
Dopo pochi minuti le porte si aprono nuovamente lasciando spazio a un lungo corridoio illuminato dai soliti neon che caratterizzano tutto l'edificio.
Riesco a scorgere delle figure nere in lontananza mentre seguo a ruota mio padre che esce dall'ascensore insieme a Fiprow.
Le figure nere si avvicinano sempre di più vicino a noi, rivelandosi degli uomini coperti dalla testa ai piedi di nero.
Uno di questi di avvicina a Fiprow.
- SIgnore. - Lo saluta come se fosse un generale o un suo superiore così potente da stravolgergli la vita, e la sua postura ritta, il mento alto e le mani dietro la schiena sono la prova della sua completa obbedienza nei suoi confronti.
- Novità? -
L'uomo si toglie la calzamaglia nera che che gli copriva il viso lasciando scoperto un volto ben definito da dei leggeri zigomi e dalla mascella squadrata.
A volto coperto sembrava molto più vecchio, invece ora riesco a stimare che sia circa sulla ventina, è fin troppo giovane per un lavoro del genere, deve essere una delle autorità che si occupano della sicurezza dell'edificio.

- No signore, l'inflitrato è stato sedato mentre l'altro.. - Esita per un momento a rispondere per poi proseguire, alzando leggermente le spalle. - beh, è vivo, ma non ha ancora ripreso coscienza . - Conclude.

Vivo?

Vivo? - Domando quasi urlando dallo stupore senza pensare.
- Non è possibile.. - Mi segue mio padre. - Non può essere vivo. -
Il suo sguardo rimbalza da Fiprow al ragazzo e viceversa.
- Il suo cuore si è ferm.. -
- No. - Dice secco Fiprow secco come per zittirlo.
- Che cosa significa? - Domando io ancora sconvolta, anche se cerco di non darlo a vedere il mio corpo mi tradisce. Solo adesso mio accorgo di essermi puntata le unghie sul palmo della mano, e solo adesso mi accorgo del dolore.
- Significa che non è così. Quando le nostre autorità hanno trovato l'infiltrato nel laboratorio abbiamo trovato il ragazzo portato da lei.. - Sposta meccanicamente lo sguardo su mio padre - Cosciente. Buffo no? -
Riesco a scorgere un sogghigno dal movimento delle sue labbra sottili ma non è l'unica cosa che noto, i suoi occhi dicono altro. E' pieno di conoscenza e pieno di voglia di sapere, come tutti in questa stanza d'altronde.
- Io.. - Mio padre non sa che dire, un altra volta, e non lo biasimo.
- Dalle telecamere di sicurezza non siamo riusciti a capire come l'infiltrato sia entrato, non c'è traccia di lui in nessun corridoio, stanza, niente. Sappiamo solo che c'è stato un breve un breve blackout durato 2 secondi, ma dubito c'entri qualcosa con questa situazione Signore. -
Aggiunge il ragazzo.
Solo adesso mi accorgo dei suoi bellissimi occhi castano chiaro che si abbinano perfettamente con i suoi capelli nero pece. Non credo sia il momento di concedermi questi pensieri.
- Sì. - Risponde Fiprow. Non è molto convincente.
- In ogni caso, appunto non possiamo dire che l'infiltrato sia per l'appunto tale , non possiamo dire che abbia violato il nostro sistema di sicurezza ne nient'altro. -

Fa una breve pausa per poi continuare

- Quindi non lo terremo sotto custodia, fatta eccezione del ragazzo, la sua inspiegabile ripresa deve essere in qualche modo spiegabile di conseguenza lo terremo finchè non si sveglierà, se si sveglierà, per sottoporlo ad alcuni esam.. -
Non può farlo - lo interrompe mio padre incidendo quelle parole con forza.
- Oh immagino che i suoi genitori saranno felicissimi di sapere che il proprio figlio è risorto magicamente, quindi mi basterà poco per assicurarli che ci accerteremo che stia nel pieno delle sue forze prima di farlo ritornare a casa - Risponde a bacchetta a mio padre con fin troppa soddisfazione. Mio padre non risponde, si limita a guardarlo fisso negli occhi.
- Aspetteremo che Callum si risvegli e ce lo riprenderemo, avvertirò io stesso i genitori del ragazzo della sua ripresa invece. -
- Perfetto. - La tasca del camicie di Fiprow si illumina, meccanicamente infila la mano ed estrae un piccolo display.
- Bene. Ora devo andare. Potete pure aspettare il risveglio dei due ragazzi, nessun problema, non vi dispiacerà se lascio lui qui a tenere sotto controllo la situazione - Dice riferendosi al ragazzo dal volto scoperto. - Non che dubiti di voi ovvio, ma come si dice Sempre meglio prevenire che curare - Accenna un sorriso chiaramente falso e si allontana lungo il corridoio seguito a ruota da gli altri uomini vestiti in nero.
Vedo mio padre meno teso adesso, e lo sono anche io.

**

L'aria umida della notte entra in quel magazzino pullulante di persone dai volti indistinti, facendo rabbrividire tutti i presenti in attesa da poco tempo ma ugualmente impazienti.
Tutti sono intenti a bisbigliare cose di cui a noi poco ci importa perché l'unica a non farlo è una donna che fissa, come tutti del resto, l'entrata aperta del magazzino.
Ad un certo punto la gente inizia a smettere di parlare interrotta dai passi veloci in sottofondo provenienti dalla strada.
Due ragazzi entrano ansimanti nel magazzino stanchi ma in qualche modo soddisfatti.
- Allora? - La donna che non aveva spicciato parola fino al loro ritorno si fece avanti verso i due ragazzi.
- E' andato tutto bene, ci siamo riusciti. - Risponde uno dei ragazzi.
La donna accenna un sorriso. - Il ragazzo è riuscito? - chiede, non stava nella pelle di sapere. 
- Sì, è come avevi previsto. - esita un attimo a rispondere per riprendere il respiro.
- Lo ha riportato in vita.-

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