Un altro Natale per Ottaviano

di hopeless_fangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una visita per Natale ***
Capitolo 2: *** Natali passati e bambine dai capelli rossi ***
Capitolo 3: *** Natale presente e visioni inaspettate ***
Capitolo 4: *** Un futuro che cambia il presente ***



Capitolo 1
*** Una visita per Natale ***


Ottaviano era morto, tanto per cominciare. O almeno, questo era quello che pensavano tutti al campo. Ma in realtà l’augure dai capelli biondi era più vivo che mai. Un colpo di fortuna o forse l’ennesima beffa degli dei nei suoi confronti, fatto sta che era sopravvissuto all’esplosione. Dopo che si era accorto di essere stato catapultato in aria, aveva avuto la prontezza di tagliare il mantello, che era stato incastrato nella catapulta, con l’effetto di essere solamente stato scaraventato lontano da tutto, senza morire nello scontro mortale con Gea. Era rimasto svenuto per diversi giorni, e quando era rinvenuto era tutto finito: Gea era stata sconfitta e lui si era perso il suo momento di gloria. Certo, quando era tornato al campo era stato accolto bene, ma dopo un po’ tutto era tornato come se niente fosse successo. E lui si disse che forse era meglio rimanere morti: quando si è morti si rimane eroi per sempre e si viene ricordati solo per le buone azioni, mentre quando si è in vita è l’esatto contrario.
Un giorno Ottaviano si svegliò e si accorse che era la vigilia di Natale e si ricordò di un’altra cosa: lui odiava il Natale. Era una festa insulsa, si sprecava la giornata facendosi gli auguri, abbracciandosi e scambiandosi regali. E nessuno pensava mai a lui. Ottaviano odiava il Natale e tutto ciò che ne conseguiva. Probabilmente lo avrebbe passato da solo nel suo tempio di augure. In realtà era stato invitato alla festa di Natale quella sera, e al grande pranzo il giorno dopo, ma perché andarci? Per sentirsi gli sguardi accusatori di tutti addosso? No grazie, lui sarebbe rimasto lì. Da solo.
La sera calò in fretta e Ottaviano aveva fatto scorta di orsetti di peluche per passare la serata. Da fuori sentiva le voci allegre dei ragazzi del Campo Giove che si preparavano per raggiungere il Campo Mezzosangue, dove avrebbero passato la serata insieme ai loro nuovi amici. L’augure scosse la testa disgustato. Poi ad un tratto il silenzio, il campo era vuoto. Ottaviano emise un sospiro di soddisfazione e si mise al lavoro.
Una corrente di aria gelida gli attraversò la schiena. Ottaviano rabbrividì e si voltò. Tutte le finestre erano chiuse. Deglutì. C’era qualcosa di inquietante in quel nuovo silenzio che si era formato, diverso dalla quiete di prima. Poi, ad un tratto, una luce abbagliante inondò la stanza. Ottaviano urlò e si rifugiò in un angolo stringendo al petto un orsacchiotto. La luce al centro della stanza creò una specie di vortice da cui si innalzò un uomo dai capelli biondi, che sembrava emanasse luce dal suo stesso corpo. Poi l’uomo si voltò.
“Apollo?” disse il ragazzo con voce tra il terrorizzato e lo sconvolto.
Il dio gli rivolse un dei suoi sorrisi più smaglianti e allargò le braccia.
“Caro Ottaviano! Cosa ci fai rannicchiato lì nell’angolo? E con un orsetto per di più! Ti faccio forse paura? Effettivamente questo freddo mi sta sciupando la pelle!” e tirò fuori uno specchio per ammirare il suo viso.
“Ehm... a cosa devo questa visita?”. Il dio si voltò verso il ragazzo e fece una faccia di come qualcuno che si è appena ricordato qualcosa. Poi si schiarì la voce.
“Dunque...” cominciò con voce possente, per poi sistemarsi una ciocca di capelli con aria narcisista, “in qualità di tuo dio protettore e dal quale tu discendi ho il compito di ricordarti che... Oh per Giove!”. Ottaviano lo guardò con aria interrogativa. Apollo proseguì con voce melodrammatica. “Le corde della mia lira! Si sono ghiacciate! Come farò a suonare adesso?! Oh questo freddo mi rovinerà, ma non posso di certo indossare un berretto perché coprirebbe i miei magnifici capelli, non sei d’accordo Ottaviano?”
“Ehm... sì certo, ma che stavi dicendo?”
“Che stavo dicendo? Ah sì! Dunque Ottaviano, è così che usi la seconda possibilità che noi dei ti abbiamo dato? Comportandoti esattamente come prima?”
“Beh che dovrei fare? Loro si comportano esattamente come prima con me, perché dovrei essere io quello buono? Che cosa ne ricavo?”
“Forse riusciresti a vedere la tua vita da un altro punto di vista... non hai capito il valore della tua vita quando eri in punto di morte?”
“Cosa mi parli di valore della vita, tu che sei immortale?”
Apollo si accigliò, “Anche noi dei temiamo il fato e l’ignoto, non credere.”
Ottaviano scosse la testa. “Comunque avrei decisamente preferito essere morto. Almeno mi avrebbero ricordato come un eroe”
Il dio lo guardò con una strana aria di commiserazione. “Cosa te ne saresti fatto dei loro ricordi, quando avresti dovuto passare l’eternità nell’oblio non ricordando niente e rimpiangendo di non aver vissuto la tua vita?!”
L’augure sbiancò. “Ma... avrei dovuto finire nei Campi Elisi, insomma la morte eroica e...”. Apollo scoppiò a ridere, di una risata amara e quasi compassionevole.
“Credi davvero che sarebbe andata a finire così? Credi che le azioni della tua vita non contino niente nell’aldilà? Credi forse che basti una morte eroica? Certo, adesso vi siete convinti così. Credete che basti morire eroicamente per avere la grazia eterna, e che le azioni di tutta una vita vengano dimenticate. Come siete sciocchi... la vita, la vostra vita e come la vivete è quello che conta. Tu, Ottaviano, pensa alla tua vita. Se fossi morto quel giorno, cosa pensi ne sarebbe stato di te? Abbiamo voluto darti una seconda possibilità e tu ci ringrazi dicendoci che preferiresti essere morto!” Apollo aveva alzato il tono della voce e anche la sua figura sembrava cresciuta. Per la prima volta nella sua vita Ottaviano non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto ripetersi che erano tutte sciocchezze, ma non credeva che il dio da cui discendeva sarebbe andato a fargli visita solo per augurargli buon Natale e fargli uno scherzo. Deglutì lentamente, sentiva il suo cuore che batteva e quando tentò di parlare gli sembrò di aver appena ingoiato una manciata di chiodi. “C-che cosa devo fare?”
“Questa notte riceverai la visita di tre spiriti. Essi ti mostreranno il tuo passato, il tuo presente e il tuo futuro. E dato che oggi è Natale, ti mostreranno i tuoi natali passati, quello presente e quelli futuri.”
“Sai bene che odio il Natale”
“Una ragione in più per sfruttare questo giorno, anche perché questa festa è stata e sarà una parte importante della tua vita. Da’ ascolto a ciò che gli spiriti diranno e ricorda quello che ti ho detto. Addio Ottaviano, e...” sorrise in modo sarcastico e un po’ inquietante, “Buon Natale!”. La stanza si illuminò nuovamente di luce, l’augure chiuse gli occhi. Poi il buio: Apollo era scomparso. Il ragazzo stringeva ancora l’orsacchiotto di peluche tra le mani.

 


Angolo autrice: 
Salve a tutti!! Questa è la mia prima fanfiction quindi sono piuttosto in ansia (Ok io sono sempre in ansia ma dettagli hahahhahahahaha). Dunque io, a differenza di un gran numero di fan di Percy Jackson, amo profondamente Ottaviano perchè innanzitutto a me piacciono i cattivi, e poi boh Ottaviano mi ispira tantissimo e secondo me è troppo sottovalutato. Quindi spero di riuscire a farmi amare Ottaviano come lo amo io, o almeno a rendervelo un po' più simpatico! Cercherò di aggiornare ogni settimana, o comunque di non farvi aspettare troppo! Ovviamente devo anche ringraziare la mia fantastica assistente gea__ per avermi sostenuto psicologicamente!
A presto!
hopeless_fangirl

 

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Capitolo 2
*** Natali passati e bambine dai capelli rossi ***


-NATALI PASSATI E BAMBINE DAI CAPELLI ROSSI-
 
Ottaviano si era convinto che era stato tutto un sogno. Doveva per forza essere così, lui non poteva capacitarsi di ciò che era appena accaduto. Sicuramente si era appisolato. Era fermamente convinto di ciò fino a quando non sentì di nuovo un soffio di aria gelida lungo la schiena. Respirò profondamente. Doveva essere coraggioso, dopotutto aveva sconfitto Gea, non poteva avere paura di un semplice spirito. Si girò di scatto pronto a urlare ma la persona che si ritrovò davanti lo lasciò piuttosto perplesso. Una ragazzina pallida dai lunghi capelli color dell’ebano, un sorriso malinconico, e un paio di occhi neri che a Ottaviano erano stranamente famigliari. Poi la ragazza parlò. “Ottaviano, discendente di Apollo e augure del Campo Giove”, la sua voce sembrava un sospiro.
“Se sai già chi sono perché ripeti il mio nome! Piuttosto mi piacerebbe sapere chi sei tu!”
“Io sono Bianca Di Angelo”. Ottaviano strabuzzò gli occhi. Quella ragazzina che sembrava così gracile e dolce era la sorella di quel pazzo di figlio di Ade?! Ecco chi gli ricordavano gli occhi. “Pensavo avesse solo una sorella, o meglio sorellastra, dato che il padre non è tecnicamente lo stesso, cioè sì però sai Ade, Plutone... oh insomma hai capito!”. Bianca sorrise, evidentemente i suoi sorrisi dovevano compensare anche quelli del fratello dato che quest’ultimo non sorride mai, pensò Ottaviano ma si guardò bene dal dirlo. “Io sono morta parecchio tempo fa, quando Nico era ancora piccolo. Non avrei voluto lasciarlo, ma il Fato ha deciso così. Vorrei tanto riabbracciarlo.”
“Beh mi sa che hai sbagliato cabina, niente di impedisce di andartene!” replicò l’augure.
“Non ti accorgi dell’importanza delle persone fino a quando non le perdi” rispose lei, poi gli tese la mano. Lui la afferrò come ipnotizzato e il paesaggio attorno a loro cambiò.
Ottaviano credeva di aver dimenticato quel posto, non avrebbe più voluto averci niente a che fare, eppure dopo tanti anni quella ragazza lo aveva riportato lì. Si trovava nella sua casa.
“Perché mi hai portato qui?” chiese con un moto di rabbia.
“Ti ho portato a vedere il tuo passato” e con una mano indicò qualcosa a terra. O meglio qualcuno. Seduto su un tappeto ai piedi di un grande albero di Natale, c’era un piccolo bambino biondo che fissava incantato l’abete. Ottaviano si morse le labbra. Quel bambino era lui.
“Ottaviano, dove ti sei già di nuovo cacciato?”. Nella stanza entrò una giovane donna, bionda anche lei, che sorrideva amabilmente e prese in braccio il bambino ridendo. “Mamma...” il ragazzo tentò di toccarla ma la sua mano oltrepassò la figura materna, lui si ritrasse inorridito. “Lei non può vederti Ottaviano, quello che stai vedendo è solo frutto della tua memoria”. Ottaviano stava in silenzio, stringendo i pugni e guardando il piccolo bambino giocare con la madre.
“Tua madre era una semidea vero?”. Il ragazzo annuì. “Era figlia di Apollo. Lo vidi solo una volta quando ero piccolo, me lo ricordo bene perché...”
In quel momento si sentì un enorme tonfo seguito da un ruggito disumano. Madre e figlio si voltarono terrorizzati e davanti a loro si stagliava un’enorme figura nera.
“Orione!” sibilò la madre con rabbia estraendo una spada “che cosa vuoi da noi?”
Il gigante scoppiò in una risata satanica. “Non credermi stupido, semidea. So bene che in questa casa è presente un futuro augure, che sarà non poco potente! Pochissimi figli o discendenti di Apollo ricevono il dono della profezia, il potere più grande del dio, e io, in quanto nemesi di Apollo, ho il compito di spedirli nell’Ade!”
“Lascia stare mio figlio!” urlò la donna per poi lanciarsi in un combattimento corpo a corpo contro il gigante. La madre di Ottaviano era una donna valorosa, ma non era abbastanza forte per affrontare il gigante da sola. Ad un certo punto quest’ultimo la colpì con la mano sbattendola contro l’albero di Natale che le cadde addosso.
“Mamma!” la voce del piccolo risuonò nella stanza. Orione si voltò di scatto. Ottaviano terrorizzato si era rannicchiato in un angolo della stanza incapace di muoversi. Orione ghignò “Non aver paura piccolo semidio, non ti farò del male, la tua sarà una morte veloce e indolore!” e mentre rideva alzò la spada trionfante.
“Non toccarlo!” la madre di Ottaviano si buttò tra il gigante ed il figlio, appena in tempo perché la spada la colpisse al petto. Una luce inondò la stanza, una luce che proveniva dal corpo della donna.
“No no! Maledizione no!” Orione urlò disperato prima di disintegrarsi definitivamente colpito dalla luce che il corpo della madre emanava.
Poi più niente. Solo i singhiozzi di un bambino rompevano il silenzio della stanza. Il corpo della donna era disteso a terra senza vita. Il bambino da parte sua la scuoteva, sperando che si risvegliasse. Poi una mano si posò sulla sua spalla. Il piccolo si voltò e si trovò davanti il viso di un giovane uomo dai riccioli biondi come quelli di sua madre che lo guardava tristemente.
“Ottaviano devi andartene da qui!” gli disse l’uomo.
“Chi sei tu?” rispose il piccolo fra le lacrime “che cosa è successo alla mamma? Io non me ne vado senza di lei!”.
Apollo gli scompigliò teneramente i capelli. “L’anima di tua madre ormai è nell’Ade. Lei non si risveglierà più”. Il bambino non capiva, o forse capiva anche troppo bene, in ogni caso si mise a piangere disperato affondando la sua testa nel collo della madre. Il dio lo prese tra le braccia per farlo alzare. “Ascolta Ottaviano, tua madre non è morta invano. Tua madre si è sacrificata per te e ha rispedito quel mostro nel tartaro. Tua madre è morta per fare in modo che tu vivessi!”. Il piccolo si asciugò le lacrime con la manica della felpa. “Ora scappa Ottaviano, scappa prima che sia troppo tardi! Grazie alla foschia i mortali crederanno che si tratti di un incendio, ma se tu uscirai dopo così tanto tempo dalla casa completamente illeso, verranno loro dei dubbi. Vai Ottaviano e non temere. Ti proteggerò”. Il bambino si voltò e uscì correndo dalla casa con le lacrime agli occhi, mille domande in testa e un dolore lancinante nel cuore.
Ottaviano aveva guardato tutta la scena immobile senza muovere un muscolo. Aveva visto sua madre morire per la seconda volta e non aveva potuto fare niente. Di nuovo. Non riusciva nemmeno a piangere. Bianca gli posò una mano sulla spalla per consolarlo, ma lui la scansò brutalmente. “Anche mia madre è morta quando ero piccola” poi fece una pausa per cercare di trovare le parole giuste. “è stata uccisa da Zeus”. Ottaviano la guardò. “Mi dispiace”. Bianca gli sorrise e gli porse nuovamente la mano “Vieni continuiamo il nostro viaggio”.
 
Quando la foschia si diradò i due ragazzi erano immersi nella neve fino alle ginocchia. Intorno a loro la città di New York era addobbata per Natale, dovunque si vedevano abeti colorati e luci scintillanti. Solo un punto era completamente spoglio, quasi come se i mortali non potessero vederlo. “Il tunnel Caldecott” disse Ottaviano stupito. “La strada per arrivare al Campo Giove” aggiunse Bianca. “Non ti ricorda niente?”. In quel momento dietro di loro si sentì uno strano rumore, lo scricchiolio che faceva la neve quando veniva pestata. Ottaviano si voltò e spalancò gli occhi. “Lupa” sussurrò. L’animale camminava impettito, schivando magicamente persone e auto. Il muso fiero incuteva un certo timore e rispetto; dietro di lei un ragazzino di 11 anni incespicava nella neve e nei suoi stessi passi. Indossava un cappotto troppo grande per lui e un berretto con il pon pon che lasciava intravedere i suoi capelli color limone. Ancora una volta Ottaviano sorrise riconoscendosi in quel piccolo lui, così gracile e impacciato. Arrivata davanti al tunnel, Lupa si fermò e si voltò a guardare il ragazzo. “La nostra strada si divide qui, Ottaviano. Prosegui per quel tunnel e troverai la tua nuova casa, altri ragazzi come te. La tua vita sarà tutt’altro che facile, dovrai combattere duramente e sarai tentato dalle forze del male. Ricorda i miei addestramenti”. Il piccolo Ottaviano la guardava con aria spaventata e confusa, quando ad un tratto gli si appannarono gli occhi e fu come se per un attimo si fosse assentato. Durò pochi secondi, poi guardò Lupa e disse con voce fievole “Loro non mi vorranno, io... l’ho visto”. Lupa annuì pensierosa. “hai avuto la tua prima visione del futuro, diventerai un grande augure. Che gli dei ti proteggano”. E sparì. Il ragazzino si guardò un po’ intorno confuso, poi si sedette all’entrata del tunnel appoggiando le ginocchia al petto. Si sentiva terribilmente solo: era la vigilia di Natale, tutti erano in compagnia di persone amate, tranne lui che avrebbe dovuto andare in un posto dove sentiva non lo avrebbero mai accettato completamente. Si chiuse ancora di più in se stesso appoggiando la fronte sulle ginocchia, quando ad un tratto senti una vocina squillante che lo chiamava. “Ehi tu! Ehi ma stai dormendo?!”. Ottaviano alzò di scatto la testa e si trovò davanti una ragazzina più o meno della sua età, infagottata in un cappotto rosa shock pieno di macchie colorate che sembravano tempera, e il viso coperto di lentiggini incorniciato da una marea di capelli rossi riccissimi. “Ah ma sei sveglio allora! Perché sei tutto solo?”. “Potrei farti la stessa domanda” ribatté Ottaviano per niente convinto da quella apparizione. “Io non sono sola, sono con la mia classe vedi?” e indicò altri bambini sparsi in giro per l’isolato “distribuiamo cioccolata calda e biscotti a chi ne vuole per augurare buon Natale!”. Sembrava parecchio entusiasta. “Allora vuoi della cioccolata?” chiese porgendo senza molta grazia il bicchiere ad Ottaviano. “La prendo solo perché se continui a saltellare così finirai per rovesciartela addosso” replicò lui, ma appena le sue dita intirizzite toccarono il bicchiere caldo, gli sembrò di sognare; per non parlare di quando cominciò a sorseggiare la bevanda. “Ti piace? L’ho fatta io, e anche i miei amici ovviamente, ma anche io, non sai quanto mi diverta fare queste cose, così posso fare i regali di Natale a tutti quelli che incontro, io adoro il Natale, a te piace il Natale? Aspetta non so ancora il tuo nome, potresti almeno presentarti, ti ho pure regalato la cioccolata!”. Ottaviano la fulminò con lo sguardo: quella ragazzina parlava a macchinetta e sembrava impossibile fermarla. “Ottaviano” disse sbuffando, sperando di poterla zittire; ma fallì nell’intento. “Certo che hai proprio un nome buffo sai? Io mi chiamo Rachel, ma i miei amici mi chiamano anche...”
“Non puoi stare zitta almeno per un momento?”. Ottaviano si rese subito conto di aver esagerato, ma la ragazzina stava ridendo. “Lo sai che sei proprio buffo Ottaviano?” poi guardò il tunnel.
“Devi entrare lì dentro?”
“Tu puoi vederlo?”
“Sembra di sì. Non è la prima volta che vedo cose che gli altri non vedono. Quel tunnel però non sembra molto invitante...”.
Ottaviano annuì e si alzò. “Beh io devo andarci comunque”. E fece per avviarsi.
“Non è il migliore dei modi per passare la vigilia di Natale ma buona fortuna! E tranquillo che ci rivedremo!”, detto questo si girò di scatto e corse via nella neve in maniera goffa a causa del cappotto che le impediva ogni movimento.
Ottaviano sospirò e si incamminò, ma inciampò in qualcosa e guardò a terra. C’era un orsacchiotto di peluche tutto colorato da tempere e pastelli e sulla schiena in piccolo c’era scritto questo orsacchiotto appartiene a Rachel. Ormai era troppo tardi per raggiungerla, pensò il ragazzino. Se lo infilò in tasca, con l’impressione che un giorno gli sarebbe tornato utile.
 
“Rachel non aveva tutti i torti” disse Bianca quando furono tornati nella cabina di Ottaviano. “Effettivamente vi siete incontrati di nuovo.”. Ottaviano la guardò con aria interrogativa e Bianca sorrise. “L’oracolo del Campo Mezzosangue ti dice niente?” e in un attimo a Ottaviano fu tutto chiaro. La sua impressione di averla già vista quando l’aveva incontrata sull’Empire State Building, il suo nome familiare e il fatto che quella ragazzina di 11 anni con le lentiggini in faccia potesse vedere cose che i mortali non vedevano. “Io non... sapevo”. Bianca sorrise. “Avrai tempo per rimediare se lo vorrai, ora credo che il mio tempo sia finito. Devo andare Ottaviano, non dimenticare mai il tuo passato perché da quello dipende il tuo futuro. Un’ultima cosa: se vedi mio fratello Nico digli” i suoi occhi si velarono di malinconia “digli che gli voglio bene e che non è solo. Che gli dei ti proteggano Ottaviano” detto questo sparì dissolvendosi e lasciando Ottaviano con un tumulto di emozioni nel cuore.
 
 
Angolo autrice:
Eccoci con il nuovo capitolo! Come avrete letto, Ottaviano deve affrontare il suo passato che non è sempre stato tutto rose e fiori, anche se ha avuto un interessante incontro con la piccola Rachel. Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto la mia storia e che l'hanno recensita, siete fantastiche!
A presto,
hopeless_fangirl

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Capitolo 3
*** Natale presente e visioni inaspettate ***


Le immagini che aveva appena visto continuavano a passargli davanti agli occhi risvegliando in lui una marea di emozioni. Ora cominciava un po’ di più a credere a quello che gli aveva detto Apollo. E non riusciva a dimenticare le parole di Bianca Di Angelo: “non dimenticare mai il tuo passato perché da quello dipende il tuo futuro”. Ma che cosa voleva lui per il suo futuro? In quel momento sentì un altro spiffero freddo attraversargli la schiena. Sapeva che il secondo spirito era arrivato. Respirò profondamente e si voltò.
“Jason Grace?!” il ragazzo biondo davanti a lui scoppiò a ridere, una di quelle risate che sicuramente fa impazzire le ragazze, pensò l’augure.
“Beh non so chi sia questo Jason Grace” poi gli porse la mano “Luke Castellan al tuo servizio caro Ottaviano”. E gli fece l’occhiolino.
“Guarda che sono un ragazzo”. L’altro scoppiò di nuovo a ridere. “Scusa ma le ragazze impazziscono per me anche nell’aldilà”. Ottaviano gli lanciò un’occhiataccia.
“Sei lo spirito del Natale presente vero?”
“Al tuo servizio! Andiamo?” e gli porse la mano. Ottaviano pensò che qualunque altra ragazza avrebbe pagato un bel po’ di dracme per essere al suo posto. E invece toccava a lui. Sospirò. “Andiamo”.
In un attimo si trovarono in uno dei posti che forse Ottaviano odiava di più. Il Campo Mezzosangue. Luke si guardava in giro sorridendo, in fondo quella era stata casa sua per tanto tempo. “Guarda guarda quante nuove cabine! Quel Jackson ha fatto davvero un bel lavoro!”. Ottaviano fece una faccia schifata “Io lo odio”.
“Ah beh anche io lo odiavo. Ma poi ho capito che non era così male. Alla fine volevamo la stessa cosa. Il bene di tutti i semidei, solo che abbiamo preso due strade diverse. Vedi Ottaviano, non sempre ciò che tu vuoi è sbagliato, dipende però dal sentiero che scegli di seguire”. L’augure annuì pensieroso e cominciò a guardare la neve che scendeva davanti a lui. Tutto era innevato. Ogni casa aveva delle decorazioni natalizie. Dalla casa grande proveniva una dolce musica che sembrava “Jingle Bell” e un delizioso profumino di muffin. Un numero enorme di semidei stava invadendo il Campo. C’era chi giocava a palle di neve, chi faceva a gara a costruire il pupazzo di neve più alto. Due ragazzi identici, con tanto di cappello da Babbo Natale in testa, stavano costruendo un vero e proprio fortino e sembrava che stessero progettando una catapulta che mirava dritto alle figlie di Afrodite e di Venere che si stavano scambiando consigli sulle creme che non facessero seccare la pelle. “Oh guarda i miei fratelli” esclamò Luke “Travis e Connor Stoll, sempre più bravi a progettare scherzi. Beh hanno avuto un ottimo maestro” e sorrise maligno. Quando la palla di neve gigante partì e bagnò tutte le figlie della dea della bellezza, Ottaviano si voltò per cercare di non sentire tutte quelle vocette stridule e i suoi occhi gli caddero sul pino gigante che stava all’entrata del Campo Mezzosangue. Era tutto meravigliosamente addobbato con palline di ogni genere e una serie di lucine (costruite sicuramente dalla casa di Efesto) che disegnavano a intermittenza tutti i simboli delle case. E al centro un bellissimo falò. Ad un tratto un ragazzo vestito da Babbo Natale si avvicinò correndo al falò, baciò una ragazza bionda e poi urlò “Tutti qui ragazzi o potete dire addio ai muffin con la glassa blu!”. L’augure e lo spirito si guardarono e poi sospirarono insieme “Jackson!”. Nonostante tutto Luke stava sorridendo “Tipico di Percy comportarsi così”. A Ottaviano sembrò che il suo accompagnatore mormorasse qualcosa come “Continua a prenderti cura di Annabeth, testa d’alghe” ma non volle approfondire. Poi un altro ragazzo un po’ più giovane di Percy arrivò dal falò. Lui era completamente vestito da renna, andò a battere un cinque a Percy e poi esclamò “Chi vuole essere riscaldato dalla renna più sexy e superfantastica del mondo?”. Ottaviano scosse la testa. “Valdez, tipico”. Nonostante tutto, l’augure sentiva che un’atmosfera quasi magica in quel posto. Sentiva che in fondo chiunque sarebbe stato ben accetto. Forse persino lui. In un attimo si sentì incredibilmente solo. Vedeva tutti lì riuniti intorno al falò: chi abbracciava la sua ragazza, chi stava in mezzo agli amici, tutti stavano sorridendo. Sembravano proprio una famiglia. E lui si sentì la pecora nera di turno. La rabbia gli montò nel petto. “Che cosa ci faccio qui?!” sbottò contro Luke “Volete umiliarmi ancora di più facendomi sentire una persona inutile? Guardali! Non hanno bisogno di me!”. Luke lo guardò. Era stranamente serio. Si rifletteva anche troppo in quell’augure dai capelli biondi per permettergli che facesse la sua stessa fine. Da quel che sapeva aveva già rischiato parecchio. “Perché non ci avviciniamo?”.
La serata stava procedendo nel migliore dei modi. Perfino Nico di Angelo sorrideva ascoltando gli aneddoti che Chirone stava raccontando, mentre Will lo stringeva nel suo maglione con disegni natalizi. Ad un certo punto Percy guardò l’orologio e urlò saltellando come un elfo: “Mezzanotte! Buon Natale gente! Tutti ai regali!” e si mise a correre come un pazzo verso il pino di Thalia, mentre Annabeth gli urlava dietro di evitare di scivolare giù per la collina come l’anno prima. Solo a quel punto Ottaviano si accorse che sotto l’abete era pieno di regali, ce n’era una montagna enorme, tutti di diversi colori e forme ma l’effetto totale era meraviglioso. Ad ogni pacchetto era attaccato un biglietto con destinatario e mittente, in questo modo non si perdeva tempo a consegnare tutti i regali, ma si posavano sotto l’albero e il diretto interessato li avrebbe trovati. Un intero stuolo di semidei stava circondando l’albero e pian piano alcuni di loro si staccavano dal gruppo per tornare al falò con tra le braccia un bel numero di pacchi. Le scene che ne seguirono strapparono un sorriso a Ottaviano. Ovunque si vedevano abbracci, baci, risate e pacche sulle spalle. Quel momento emanava gioia in abbondanza. Poi a Ottaviano venne un dubbio. Si voltò di scatto e corse verso il pino. Dopotutto anche lui era stato invitato a quella festa. “Lo sapevo” gridò rivolto a Luke “Guarda! Non è rimasto nessun regalo! Nessuno ha pensato a me”. Poi si accigliò. “D’altronde, cos’altro potevo aspettarmi”. Luke lo guardava, poi guardò l’albero e sorrise “Io controllerei meglio fossi in te”. “Cosa vuoi che controlli quando so benissimo che...” l’augure si interruppe attirato da un luccichio che proveniva proprio da sotto le fronde dell’albero. Un pacchetto era rimasto abbandonato. Ottaviano lo prese in mano e lesse il biglietto. “Per Ottaviano da Rachel”. Sbatté le palpebre un paio di volte incredulo. Quella ragazza con i ricci infuocati sempre fuori posto e la giacca sporca di tempera si era ricordato di lui. Aveva pensato a lui. Era sbalordito. Poi la vide. Si stava avvicinando all’albero ed era come se cercasse qualcosa. Si morse le labbra e se ne andò con aria delusa. “Cosa cercava? Anche lei non ha ricevuto regali?” chiese il ragazzo. Lo spirito gli rispose. “Di regali ne ha ricevuti, ma forse se ne aspettava uno da una persona particolare. Dopotutto lei ti aveva già offerto qualcosa un po’ di anni fa”. A Ottaviano tornò in mente la piccola bambina infagottata nel cappotto rosa con in mano un bicchiere di cioccolata, poi la ragazza che aveva incontrato sulla cima dell’Empire State Building e infine l’espressione delusa di un attimo prima. Senti un nodo allo stomaco. Il senso di colpa lo attanagliava. “Credo che sia ora di andare” disse Luke. “Aspetta! Voglio sentire che cosa dicono!” e si avvicinò al gruppo dei sette della profezia, ai quali si erano aggiunti Calypso, Reyna; Nico e Will. Stavano parlando dei regali che avevano ricevuto. Ad un certo punto Percy guardò Reyna e le chiese “Alla fine il tuo amico augure non è venuto vero?”. Reyna si passò una mano sugli occhi. “Lascia perdere. Sarei stata in ansia per tutta la sera, non sai mai cosa aspettarti da lui, specialmente adesso che è tornato”. “Magari stavolta ha tentato di corrompere gli elfi di Babbo Natale per conquistare il mondo”. Tutti risero alla battuta di Jason. Ottaviano strinse i pugni. Si stavano prendendo gioco di lui. “Ragazzi” esordì Hazel con la voce calma “Non è carino prendersi gioco delle persone assenti, specialmente la notte di Natale”. “La piccola Hazel ha ragione” esclamò Leo ignorando le occhiatacce di Frank e Calypso, “secondo me quell’augure è un po’ strano, su questo non ci sono dubbi, ma forse ha solo bisogno di qualcuno che lo scrolli e gli dica che il mondo non è così brutto come crede e che la smetta di avere manie di controllo, ma pensi a divertirsi un po’. Forse non sarebbe nemmeno tanto male”. Percy annuì convinto. “Me lo metto tra i buoni propositi per il nuovo anno. Schiaffa il cinque Valdez”. Annabeth sospirò guardando il suo ragazzo. “E se non volesse ascoltarvi?”. Percy fece spallucce e le sorrise “Almeno ci avremo provato”. Ottaviano li fissava. Sentiva una serie di emozioni contrastanti dentro di sé. Jackson e Valdez erano le ultime due persone da cui si aspettava di sentire quelle parole. Forse avevano ragione loro, forse non era sempre il mondo che andava contro di lui, ma a volte era anche lui che andava contro il mondo. Sentì una mano che si posava sulla spalla. “Dobbiamo andare” disse Luke, gli sorrise un ultima volta e gli fece l’occhiolino, poi scomparve. Ottaviano fu avvolto dalla nebbia. “Luke!” chiamò ma nessuno rispose. “Cosa sta succedendo?” chiese ma ancora silenzio. Poi la nebbia si diradò. Ottaviano era ancora al Campo Mezzosangue, ma aveva una sensazione strana. Gli sembrava che ci fosse qualcosa di diverso. Era di nuovo chiaramente Natale. Un gruppo di semidei gli passò davanti, Ottaviano li guardò ma non aveva la minima idea di chi fossero. “Mi devo essere perso qualche novellino” borbottò. “Forse non sono loro a essere nuovi, sei tu ad essere vecchio”. Ottaviano si voltò di scatto e trattenne a stento un urlo. Davanti a lui c’erano le tre Parche.

Angolo autrice:
Salve a tutti! E così siamo arrivati al terzo capitolo: Ottaviano sta cominciando a vedere le cose e le persone da un altro punto di vista! Spero che la storia continui a piacervi, ringrazio ancora tutte le persone che l'hanno letta e messa tra le seguite/preferite/ricordate, siete fantastiche!
A presto,
hopeless_fangirl

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Capitolo 4
*** Un futuro che cambia il presente ***


UN FUTURO CHE CAMBIA IL PRESENTE

Le tre vecchiette lo stavano fissando con il loro unico occhio. Ottaviano respirava affannosamente. Le tre Parche ghignarono. “Chi meglio di noi poteva presentare il futuro? In fondo chi ha in mano il filo di ogni vita umana e divina? È strano che vecchiette indifese possano controllare perfino gli dei vero, Ottaviano?”. L’augure sentì un brivido lungo la schiena quando pronunciarono il suo nome. Deglutì. “Oh sì il futuro fa decisamente paura. Il passato è una cosa certa. Lo puoi odiare, lo puoi rimpiangere ma non lo puoi cambiare, è certo. Il presente lo vivi ogni istante, lo sperimenti direttamente. Ma il futuro, chi conosce davvero il futuro? Si può progettare tutta la propria vita, ma ci sarà sempre l’ignoto ad accoglierti. Il futuro cambia in continuazione. Per questo la gente tenta di non pensarci. E se ci pensa non lo nomina. Tutti hanno paura!”. Ottaviano sobbalzò. “C-c-cosa volete da me?”. Le tre vecchiette indicarono con la mano il paesaggio intorno a loro. Un gruppo di giovani semidei stava sfogliando qualcosa, insieme al centauro Chirone davanti alla Casa Grande. Uno di loro parlò, aveva i capelli biondi, gli occhi color del mare e un’aria sbarazzina. “Questo deve essere proprio mio padre. Che faccia idiota che ha!” e scoppiò a ridere. Chirone sorrise. “Tuo padre era un grande. Non solo ha salvato il mondo più di una volta, ma era leale con tutti, specialmente i suoi amici. Tutti i vostri genitori erano speciali” disse rivolgendosi ai giovani semidei che lo circondavano. In un attimo Ottaviano riconobbe in una ragazzina coperta di fuliggine il sorriso di Leo Valdez, un altro aveva gli stessi occhi di Jason Grace e la più piccola aveva un cespuglio di riccioli neri uguale a Hazel Levesque. E quello che stava in centro era l’unione perfetta di Percy Jackson e Annabeth Chase. “E questo?” chiese Hazel Levesque junior. Chirone abbozzò un sorriso triste. “Ottaviano, precedente augure del Campo Giove”. “Ma qui nessuno se ne ricorda” fece notare il figlio di Percy “Che gli è successo?”. Chirone scosse il capo sconsolato. “È morto”. A Ottaviano mancò per un attimo la terra sotto i piedi e dovette appoggiarsi a un albero per non cadere. “Vedete lui è sempre stato, come dire, arrabbiato con tutti. Ha combinato un bel po’ di guai senza dubbio, ma non ne ha mai voluto sapere di cambiare idea. È sempre stato chiuso nella sua cabina di augure al Campo Giove da solo, e anche da solo è morto”. I ragazzini guardarono per un attimo la sua foto sbiadita, poi voltarono pagina. Nessuno si ricordava più di lui. Tutto quello che aveva fatto non era servito a niente. Assolutamente niente. “Allora che ne dici piccolo augure? Proprio tu che prevedi il futuro, ti trovi a essere dimenticato dai posteri. Ironico vero?”. Ottaviano era seriamente indeciso se tirare loro un pugno o scappare. “Ma forse ti piacerebbe vederti da un altro punto di vista” e schioccarono le dita. Il paesaggio cambiò completamente. Si trovavano su uno sperone di roccia che si affacciava su un’enorme distesa di terra brulla popolata da una serie di spiriti bianchi che sembravano ectoplasmi. Erano anime. Anime prive di ricordi. Erano nell’Ade. La mano di Ottaviano stava tremando. L’oltretomba era orribile. “Laggiù ci sono i Campi Elisi” dissero le Parche indicando un punto lontano “laggiù ci sono tutti i tuoi compagni semidei, ma anche tanti altri che hanno saputo vedere la vita con positività, che hanno saputo viverla!”. Ottaviano si ricordò quello che gli aveva detto Apollo. “Laggiù invece ci sono i Campi della Pena”. “Suppongo che io sarò là” disse Ottaviano amareggiato. Le tre scoppiarono in una tremenda risata. “Almeno avresti ancora dei ricordi del passato. No. Indifferenza. Ecco quello che hai suscitato nei giudici dell’Ade quando sei morto. Completa indifferenza. E sei finito laggiù insieme ad altre milioni di anime indifferenti condannate a passeggiare senza ricordi per l’eternità!” e scoppiarono di nuovo a ridere. Ottaviano era completamente impallidito, il cuore gli batteva a mille, il respiro si era fatto di nuovo affannoso. “Non voglio finire così! Ditemi che il futuro si può cambiare!” urlò Ottaviano. Una delle tre Parche lo colpì. Il ragazzo perse l’equilibrio e cominciò a precipitare verso il mare di anime. “No! No! No! Cambierò lo prometto!” Ottaviano chiuse gli occhi e atterrò su qualcosa di liscio con tonfo.
Aprì gli occhi. Le pareti della sua cabina lo stavano circondando. Si alzò di scatto e aprì la porta, l’aria fresca lo investì e lui respirò profondamente. Tutto era bianco di neve. “È il giorno di Natale” sussurrò. Poi sorrise e urlò di gioia. “Sono vivo! Sì sono vivo! Grazie agli dei! Grazie Apollo!”. “Il futuro cambia in continuazione”. Questo gli avevano detto le Parche. Lui poteva cambiare il suo futuro e doveva cominciare subito.
Gli occhi di tutti erano puntati su di lui. Di sicuro nessuno si aspettava il suo arrivo al Campo il giorno di Natale. Chirone gli sorrise “Benvenuto Ottaviano! Sono così contento che tu sia venuto! Prego accomodati! C’è spazio per te al grande tavolo per il pranzo di Natale!”. Ottaviano si sedette un po’ in disparte, di certo non poteva ignorare gli sguardi interrogatori e accusatori che si posavano su di lui. Poi l’aria fu invasa da un dolce profumo. Si girò di scattò. “Rachel” sussurrò. La ragazza con i capelli rosso fuoco si era seduta vicino a lui e gli stava sorridendo. “Speravo proprio che venissi! Ti saresti perso una magnifica festa!”. Poi gli porse un pacchetto arrossendo. “Questo sarebbe il mio regalo di Natale per te... sì insomma... Buon Natale!” e i suoi occhi verdi si illuminarono. Ottaviano lo scartò delicatamente. Era un suo ritratto fatto con le tempere che lo ritraeva sorridente con un peluche in mano. Ottaviano lo guardò a occhi spalancati. “Mi hai visto solo tre volte e sei riuscita a farmi un ritratto?”. Rachel fece spallucce sorridendo e evitando il suo sguardo. “È bellissimo” disse Ottaviano ed era sincero. Rachel fece un enorme sorriso e cominciò a saltellare sulla sedia. “Oh sono così contenta che ti piaccia! Non sai quanto ci ho messo a pensare al regalo giusto per te! È da inizio dicembre che ci penso e...”
“Senti Rachel” disse Ottaviano interrompendo quel fiume di parole “anche io ho qualcosa per te, non è proprio un regalo, non è nemmeno impacchettato ma penso che ti farà piacere averlo” e tirò fuori dalla tasca un vecchio orsacchiotto sgualcito. Rachel sbarrò gli occhi. “Ma... ma è il mio primo orsacchiotto! Sì! L’avevo perso un sacco di tempo fa quando...” poi alzò lo sguardo che incontrò quello di Ottaviano. Sorrise. “quando ho incontrato te! Oh grazie Ottaviano! Grazie grazie! È il regalo più bello che potessi farmi!” e lo abbracciò calorosamente. Ottaviano rimase un po’ interdetto. Nessuno lo abbracciava più da tempo ormai. Sorrise a quella massa di capelli ricci rossi e ricambiò l’abbraccio. Le cose stavano cambiando. Dall’altra parte del tavolo Leo gli fece l’occhiolino. Sì le cose sarebbero decisamente cambiate.
Da qualche parte sull’Olimpo Apollo sorrise soddisfatto e nei Campi Elisi una ragazza con i capelli neri e un ragazzo biondo con una cicatrice si scambiarono un cinque.


Image and video hosting by TinyPic Angolo autrice:
E così siamo arrivati alla fine di questa breve fanfiction! Io mi sono divertita molto a scriverla, e spero che a voi sia piaciuto leggerla. Come avrete capito la storia è ispirata al romanzo "A Christmas carol" di Charles Dickens, ma con i personaggi di Percy Jackson. Avrete anche notato che c'è un inizio di Ochtachel, che io shippo tantissimo! Detto questo ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, siete tutti stupendi!
Speriamo a presto,
hopeless_fangirl
P.S. Ringrazio tanto gea__ per il banner e per l’assistenza morale!

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