Chessboard

di Cloud394
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter One ***
Capitolo 3: *** Chapter Two ***
Capitolo 4: *** Chapter Three ***
Capitolo 5: *** Chapter Four ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Chessboard


 

Prologue


 

New Orleans, Louisiana negli Stati Uniti D'America nel 1933 significava solo una cosa: segregazione razziale.

Sono Nata il 15 Luglio del 1933 a New Orleans. Il mio nome è Amy Walker e sono cresciuta in una villa della parte ricca della città.

Mio padre è un impreditore di grossa importanza, fa qualcosa che ha a che fare con le automobili. A quanto mi ricordo è un tipo che sta sempre a vantarsi di quello che ha, di quanto è ricco, importante. Ma soprattutto: odia i neri. Ha gli occhi verdi, tirati e sempre corrucciati, i capelli biondi pettinati all'indietro. Costantemente vestito in ghingheri: giacca, cravatta e quel bastone che adora usare per picchiarmi.

Mia madre è peggio di lui. Non ho idea di che lavoro faccia, so solo che quando non è in casa si sta anche meglio e che quando c'è non sa mai farsi i fatti suoi. Adora mettersi in bella mostra, adora essere invidiata e imitata da tutte le amichette-papere del quartiere. Non l'ho mai vista in disordine, come mio padre del resto. Mia madre preferisce disprezzare invece di dare una mano, sempre pronta a giudicare con quei suoi occhi grandi e azzurri e i suoi capelli castani sempre tenuti in un tuppo. Sì, odia anche lei i neri.

Ma la vera persona che per me è stata sempre come una madre è Domilda. Vive con noi da due anni prima che io nascessi. Fino ai miei 7 anni l'ho chiamata "mamma". Domilda è la nostra domestica, lei è nera e si occupa della casa, di mantenere tutto in ordine, si occupa di me. È dolce e ci tiene che io debba essere educata. Le voglio bene, mi ha insegnato tante cose, non la scambierei per nulla al mondo.

____

-Signorina Amy stia attenta agli scalini che sono alti per lei, poi cade e si fa male- dice una signora afroamericana vestita da cameriera.


 

Il suo nome è Domilda, ha i capelli ricci e corti, le labbra molto pronunciate e carnose, le narici larghe e gli occhi rotondi, scuri e profondi.

Domilda non ha vissuto una vita facile, l'hanno portata dall'Africa su delle barche malandate, tutti ammassati. Suo marito è morto nel tragitto mentre lei aspettava il loro bambino. Ha cresciuto suo figlio da sola, lavorando nei campi di piantagioni di New Orleans. Più tardi i bianchi hanno mandato suo figlio in guerra, purtroppo l'ha perso. Con tristezza e con molta difficoltà è riuscita a riprendersi, ma il suo dolore è perenne.

Domilda Wayne lavora da cinque anni per i Walker, ogni giorno è sempre più difficile per lei. Venire maltrattata per il colore della sua pelle è una grande fatica. Nonostante tutto, nel suo quartiere con altre famiglie di colore, con altre storie simili alla sua, si sente a casa. Da tre anni anche il lavoro è diventato più sereno per lei, è nata Amy. La piccola ogni giorno la cerca, la imita, la insegue. Una bimba così piccolina con le gambe paffute, vuole aiutarla a fare i servizi e la insegue dappertutto.

Per la signora Wayne è come una figlia, nonostante siano così diverse. Amy con gli occhi grandi e azzurri, capelli biondi, nasino all'insù e la pelle bianca come la porcellana.


 

-Mama...voio endee e cale!-dice la piccola aggrappandosi al vestito della domestica.

Non era la prima volta che la chiamava così.

-Signorina Amy aspetti– la prende in braccio– Piccola non mi chiami così, non sono io la sua mamma.- dice continuando. La piccola la guarda uscendo fuori il labbruccio e gli occhioni si riempiono di lacrime.

-Aoa chi è a mia mama?- Domilda accenna un sorriso.

-É la signora che ti dà la buonanotte ogni sera- dice guardando la bambina. Amy annuisce poco convinta, inizia a ridere.

-Pecché hai a pelle scula?- chiede la bimba accarezzandole la guancia. Domilda sorride.

-Perché da piccola ho bevuto tanto caffé e cioccolata- risponde ridendo.

-Allola lo voio pule io tanto cafe, cotì iventi a mia mama!- dice la piccola ridendo. Domilda la stringe.

-Signorina Amy, non è bello avere la pelle scura-dichiara la domestica.

-E pecché?-chiede la piccola.

-Ti prendono in giro-dice lei.

-Nono. io non ti pendo in gilo -ribatte la piccola stringendola.

-Ho una sorpresa per lei, signorina Amy-

-Avvelo?- risponde la piccola eccitata.

Domilda la mette giù, prende un 33 giri di musica Jazz e lo mette nel giradischi. In poco tempo la chitarra di Django Reinhardt in "Georgia on my mind" si espande in tutta la casa, la piccola si illumina, si aggrappa al tavolino del giradischi e inizia a muovere le gambine a ritmo, cercando di cantare. Domilda canta insieme a lei guardandola teneramente, poi la prende in braccio e balla con la piccola al ritmo della canzone. Entrambe ridono e si divertono. Domilda inizia a fare il solletico alla piccola e lei risponde con urla e si dimena dalle risate. All'improvviso le porte d'ingresso si spalancano e sbattono.

-Cos'è questa musica sporca come chi la compone?! DOMILDA!-urla la signora Jess Walker guardando la sua domestica e sua figlia.

Domilda sbianca, mette giù la bambina.

-Togli questa musica! Non basta la tua presenza a contaminare questa casa? Stai rovinando mia figlia. Non voglio più sentire quella musicaccia! Questa è l'ultima volta, alla prossima ti sbatto fuori da questa casa! Dovresti pure ringraziarmi, fossi stata in un'altra famiglia ti saresti già ritrovata buttata fuori!-continua ad urlare Jess.

Domilda toglie tutto molto velocemente, nasconde il 33 giri dietro la sua schiena.

-Sì, signora Walker, mi perdoni-

-A me piacea...-dice la piccola aggrappandosi al vestito della madre.

-La stai contagiando, sporca negra!-Jess urla di rimando alla sua domestica portando via la bambina.

***


In qualche modo sono riuscita a non farmi portare via l'unica persona a cui tengo davvero in quella casa. Con due genitori sempre assenti cosa bisogna aspettarsi, di essere amati dai propri figli? Un genitore non è solo chi ti concepisce, ma chi cresce insieme a te. Domilda l'ha fatto e gliene sono grata, anche se con il tempo ho dovuto dare più ascolto a mia madre. Ho iniziato ad andare a scuola e il pomeriggio lo passavo a studiare. Quando finivo mia madre era sempre lì, ma le volte in cui non c'era li avevo sempre in mente: io e Domilda che balliamo su Duke Hallington, i miei lp di musica Jazz; Li nascondo sotto il letto o dietro la libreria, mia madre non lo deve sapere. Non deve sapere soprattutto dei libri di letteratura degli afroamericani. Non sono veri è propri libri, sono fogli piegati tra loro copiati a mano da Domilda, me ne regala un paio ogni giorno.

Va avanti così da diciotto anni. Ora ne ho 21, studio all'università. Mia madre non ha voluto che mi trasferissi perché dice che poi "le manco". Cazzate. Ogni volta che sono a casa Domilda mi tiene compagnia. Può tenermi a casa quanto vuole ma devo assetare la mia sete di avventura.

 

__spazio autrice__

Questa è una storia completamente inventata da me,personaggi e luoghi. Spero di pubblicare un capitolo alla settimana. Oggi è il prologo! Spero vi incuriosisca e che vi faccia appassionare!
Aspetto le vostre recensioni

Baci, Cloud394

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Capitolo 2
*** Chapter One ***


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Chapter One

Parola chiave: Avventura.

Appunto sulla mia agenda questa parola prima di entrare a lezione. La sala è molto ampia, ospita all'incirca un centinaio di posti. Mi siedo un po' in disparte. Non sono mai stata una persona molto carismatica,ho sempre preferito starmene da sola per fatti miei, Cosa che a mia madre ha dato molto fastidio. Lei è molto preoccupata, perché non riesco a trovare un fidanzato a causa di questo mio "difetto".

Lei non sa che molti si sono avvicinati a me per le belle curve e perché ho la classica bellezza nordica. A me di bellezza e di eleganza non mi interessa un emerito nulla.

 

Sono venuta in questa scuola per studiare medicina e mi sembra di essere circondata da maschi allupati che non hanno mai visto una donna.

Non ci sono altre ragazze, in compenso, c'è Gracie la mia migliore amica. Capelli castani lisci,occhi color nocciola. Lei sembra la regina delle comitive. È un vero tornado in furia.

Gracie è seduta alla mia destra e non fa che raccontarmi di come ha scaricato un povero ragazzo che le si era dichiarato.

Rido pensando al suo incontro-Dai Gracie,poverino..-

-poverino cosa? Insisteva! Doveva per forza baciarmi.- dice lei irritata , mentre si toglie lentamente il cappello per non rovinarsi la pettinatura.

Affianco alla mia sinistra si siede,un giovane uomo dai capelli neri,in giacca e cravatta,i baffetti sopra il labbro e un naso dritto .

Gracie mi tira una gomitata. Sussulto e la guardo.Lei mi fa un occhiolino in direzione di quel ragazzo e si mordicchia il labbro. Avvampo per il suo modo di fare e ridacchio,facendole no con il dito. Lei mette il broncio mentre io sfilo i guanti per impugnare la penna.

-Scusami per caso hai una penna?-mi chiede il ragazzo affianco a me.

-Sì,tenga signor?-

-Hallington , Marcus Hallington- dice lui porgendomi la mano. Hallington? Come il musicista Jazz? Forse è meglio non chiederglielo.

-Amy Walker- Allungo la mano verso la sua,lui si china e sfiora la mia mano con le labbra

-Io sono Grace Stevenson- allunga la mano anche Gracie e il signor Hallington fa lo stesso.

-Cosa ci fanno delle ragazze in una scuola come questa? Molto coraggioso da parte vostra. Non se ne vedono proprio-

-è un complimento?-chiedo irritata.

Gracie mi dà una gomitata,io continuo a fissarlo,lui scrolla le spalle. -è una constatazione.- afferma lui.

 

Restiamo a chiacchierare tra noi fin quando non inizia la lezione. Finita la lezione prendiamo i nostri oggetti e scendiamo giù in strada per prendere l'autobus.

Uno strano pullman, un po' malandato si ferma di fronte a noi,le porte si aprono di fronte a noi ragazzi.

 

-Vi chiedo scusa il vostro pullman ha subito un cambio di programma e hanno mandato questo- dice l'autista ,piegando la testa a ogni ragazzo di noi che sale. L'uomo ha la pelle scura,ha gli stessi tratti di Domilda.

L'autobus ha i posti occupati da uomini,donne e bambini dalla pelle nera. Questi ci guardano. Nell'autobus regna il silenzio,pian piano tutti gli uomini di colore si alzano e il resto dei ragazzi bianchi prende il loro posto. Perfino una donna incinta si alza per far sedere il ragazzo bianco che la guarda spazientito e poi esclama a gran voce -Questi maleducati di negri pretendono pure di restare seduti.-.

 

L'unica persona nera che io ho mai visto è stata Domilda,sono tutti diversi ma alcuni tratti mi ricordano lei. Io e Mr. Hallington finiamo ai posti infondo all'autobus. Un signore nero ,abbastanza anziano non si è ancora alzato,è nascosto. Ha difficoltà a muoversi,lo vedo dalla sua mano che trema,il bastone che ha tra le mani e i piedi un po' storti. Lui ci vede allarmato e fà per alzarsi.

-No.- sussurro toccandogli la spalla con educazione per bloccarlo.

La mia mano ha un piccolo tremito

Risalgono nella mente tutte le parole di mia madre.

" I negri portano malattie" " i negri puzzano e sono sporchi" " non sono degni,dio gli ha dato il colore scuro a loro perché sono impuri della vita".

Mentre le sue parole mi scorrono nella testa ,ripenso a Domilda, al Jazz,alle poesie che adoro,ai racconti terribili.

 

La mia mano si fa sicura. -Signore stia seduto- sussurro mi mettendomi la sciarpa come copricapo per nascondere i capelli , Mr. Hellington mi osserva e ascolta le mie parole,senza battere ciglio e accenna un sorriso.

-Ma signorina..in prigione ci finisco io..- fà di nuovo per alzarsi

-Non si preoccupi,noi la nascondiamo . In seguito Miss Walker si siederà velocemente al suo posto- sussurra a bassa voce e in modo gentile Mr Hallington.

Prego dio che nessuno ci abbia sentito.

Un ragazzo di colore affianco a Mr Hallington, si agira verso il signore anziano.

-Nonno è la nostra fermata- Il ragazzo ci vede e scruta i nostri volti.

Lo guardo negli occhi, è un ragazzo giovane. Forse avrà la nostra età. È alto,capelli scuri con i riccioli alla base dei capelli. Ha gli occhi neri grandi e sfilati,le labbra carnose,è robusto con delle braccia possenti. Lui incontra il mio sguardo,io divento rossa e lo abbasso. Il cuore mi pulsa forte . L'anziano signore mi afferra una mano -Che dio vi benedica- sorride guardando me e Mr. Hallington. I due scendono e resto per un po' a fissarli dal finestrino.

 

-prego- di indica Mr Hallington. -Grazie -mi siedo e guardo il finestrino.

-Le piace la musica?-

-Molto a lei?

-Conosco un genere che non è molto conosciuto

-davvero?

-se mi permette posso invitarla a uscire e andiamo in un luogo dove si suona.-

-Ne sarei onorata.

-Sarebbe libera sta sera?-

-Si,accetto il suo invito Mr Hallington.- Annuisco con un sorriso.

Gracie arriva da noi a con un gran passo.

-Misericordia, fino ad adesso mi sono messa a litigare con uno smidollato che calpestava i piedi ad un povero bambino di colore, diceva che non lo faceva apposta. Ovvio quando sono neri non si fa mai apposta dico bene?- esorta un po' troppo ad alta voce

-Gracie,abbassa la voce..se girassero delle strane voci su di te,potresti essere in pericolo..- le dico sussurrando.

-non mi importa. Sai perché sto studiando medicina Amy? Per dimostrare a degli ignoranti che nessuno è di razza inferiore o superiore.-

Sorrido. -Hai ragione Gracie.-

Mr Hallington ci osserva, -Gracie vuoi venire anche tu questa sera?

-Dove?

-Voglio farvi sentire della musica diversa.-sorride

-Ci sto.- risponde lei energicamente.

 

Indosso un vestito lungo e nero molto elegante. Domilda mi aiuta a fare una acconciatura particolare,i capelli legati indietro e dei boccoli che scendono dietro il collo.

-Dove andate di bello signorina Walker?-

-mi chiamo Amy. Non lo so, è un locale dove fanno musica particolare- rispondo guardandomi allo specchio, Domilda mi aiuta ad allacciare il vestito.

-Con un uomo?

-si

Domilda si illumina- Signorina Walker è fantastico!-dice entusiasta

-Domilda sono solo Amy,comunque non è un appuntamento viene anche Gracie.- rispondo ridacchiando

-Ma quella Gracie non esce con abbastanza uomini? Gliene lasci uno anche a lei- dice ridendo mentre mi trucca

- Domilda a me non interessano gli uomini. Non ..ho quel carattere.-

-Signorina Amy mi ascolti,non è un fatto di uomini è amore. Capiterà che ti innamorerai di una persona di cui non ti saresti aspettata,oppure quando tutti ti diranno che è impossibile. Ascolta il tuo cuore e se lo vuoi veramente fallo. Perché è stato il tuo cuore a indicarti la strada. Sei così bella,quel piccolo bocciolo ormai è diventato un fiore splendente- Mi dice Domilda con gli occhi lucidi.

-Domilda..grazie di tutto – mi alzo e la stringo forte a me. È così bello stare così strette.

-Adesso vai è tardi,la signora Walker vorrà scattarti un sacco di foto.-

Sbuffo ,alzando gli occhi al cielo -Andiamo signorina Amy, una dama non si comporta così. - mi rimprovera Domilda

-Hai ragione- le rispondo dispiaciuta e scendo le scale.

Arrivata di sotto mia madre lancia dei gridolini impazziti e inizia a scattare tantissime foto.

-Mamma poi finisce..-

-Compriamo un altro mia cara. DOMILDA! Renditi utile stupida domestica negra!-

Domilda scende,con una pazienza divina, posiziona la macchina fotografica,scatta delle foto.

In alcune c'è anche mia madre – mamma non credi sia esagerato..esco solo con degli amici..-

Lei non ascolta. Cerco di imitare Domilda , sembra abbia trovato da anni la pace dell'anima.

Esco e Mr Hallington mi aspetta davanti casa. Mi fa salire in macchina e partiamo per andare a prendere Gracie.

Anche Gracie è molto elegante.

-mi dispiace per i vostri vestiti.-Commenta Mr Hallington

-cosa?- chiede Gracie

Ci fermiamo in un appartamento e ci fa entrare.

-non ve l'ho detto prima perché c'era molta gente..-dichiara Mr Hallington intristito.

-Cosa deve dirci?- chiedo iniziando ad allarmarmi.

-Nel locale dove voglio portarvi si suona musica Jazz-

I miei occhi si illuminano

-Cos'è il jazz?-chiede Gracie

-è una musica bellissima , poi il sassofonista è bravissimo mette i brividi-

-e allora andiamo!-dice Gracie

-No Grace..il Jazz è musica che fanno i neri..ha ragione non possiamo andare così..dovremmo cammuffarci,fazzoletti capelli,cambiare vestiti,scurire il viso..non possiamo farlo!-

-come facciamo?- chiede lei ignorandomi completamente.

-Per questo vi ho portato qui- Mr Hallington ne sa una in più del diavolo. Ci cambiamo in dei camerini. Ci copiramo il viso con occhiali e fazzoletti sulla testa,vestiti molto rovinati e lunghi.

 

-perfette-ci copre con dei capotti abbastanza usati e vecchi e usciamo.

Ci rimettiamo in macchina,noto solo ora che anche Mr. Hallington è travestito.Arriviamo velocemente nel quartiere.

Sento già le trombe e i pianoforti suonare nella mia testa.

La zona è buia,abbandonata è decisamente da brividi. Entriamo. Sono elettrizzata. Il locale è abbastanza piccolo, ma la calca è molta . Il palco è minuscolo,c'è un pianoforte. Un presentatore parla, la sua voce si sente forte e chiara,ma presa dall'emozione ,mi si sono tappate le orecchie.

Entrano i musicisti e alla fine un sassofonista.

Rimango incantata da lui,Mr. Hallington mi tira una gomitata -è lui quello che ti dicevo-

Il ragazzo sorride,sprizza di luce propria. Fa un piccolo inchino. In sala tutti applaudono entusiasti per lui, lui ringrazia. La band inizia a suonare, tendo le orecchie e iniziamo a ballare come fanno tutti.

Quando attacca il sax è magia.

Mi fermo e lo guardo. Suona la sua anima,sento la sua melodia è armoniosa, elettrizzante e ipnotica. Inizio a sentire un fremito che mi fa avvampare,ora fa molto più caldo. È insopportabile con tutti questi vestiti addosso.

 

Lascio la mia compagnia e mi avvicino il più possibile al palco. Osservo il ragazzo ,gli leggo negli occhi la serenità,la passione. Affianco a me c'è il signore anziano di questa mattina. Anche lui osserva,con fare paterno. Osservo meglio il ragazzo: è lo stesso che ho incontrato questa mattina sull'autobus. Lui è suo nonno. Avvampo sorridendo e rimango incantata,come se fossi incatenata al suo sax,alle sue note. Abbasso gli occhiali,lui mi guarda negli occhi stupito, ma non si ferma, continua non distogliendo lo sguardo,per tutta la sera.

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Capitolo 3
*** Chapter Two ***


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Chapter Two

È la sedicesima volta in un mese che mi reco in questo locale. Mr. Hellington mi accompagna sempre. Gracie ,invece, viene solo il sabato. Anche se Mr. Hellington viene sempre con me, non è molto d'accordo a frequentare questo locale quasi tutti i giorni. Ha paura che ci scoprano e cosa dovesse succedere e fare se ci dovessero scoprire. A me non importa,quel sassofonista mi ha stregato. Ogni volta non riesco a staccargli gli occhi di dosso.

-Vorrei poterlo conoscere- confido a Mr. Hellington ,riferendomi a Doris Jawes, il sassofonista.

-se mi fingessi una giornalista?- gli chiedo

-Miss Walker, no. I giornalisti sono solo bianchi e non intervistano i neri. Soprattutto se musicisti Jazz.- mi risponde,facendo crollare il mio castello di pensieri.

Mr Hellington è parecchio infastidito mentre mi accompagna a casa. Domani non gli chiederò più di accompagnarmi. D'ora in poi andrò da sola.

 

Appena apro la porta Domilda è ancora qui. Sta terminando le pulizie in salotto mentre rincaso.

-Già tutti a dormire?- le chiedo

-Si miss walker,lei non faccia più tanto tardi! Ha idea di che ora è?- mi rimprovera irritata.

Le sorrido dolcemente in risposta. -mi chiamo Amy. Domilda rasserenati. Mr Hellington mi ha riaccompagnata- le rispondo sfilando il cappotto. Domilda si illumina,prendendomelo.

-Allora è giunto il momento del fidanzamento?- mi domanda con gli occhi che le brillano.

Storco il naso contrariata -No,Domilda. Perché credete tutti che sia il mio fidanzato?- le chiedo infastidita.

-Miss Amy ,perdonate. Forse lo crediamo tutti perché uscite quasi ogni sera insieme da un mese..- afferma lei.

-Vieni in camera e ti spiego meglio.-

 

Velocemente saliamo nella mia camera,chiudo la porta alle nostre spalle.

-Mr Hellingon mi porta nei locali per ascoltare musica Jazz.-

Domilda mi guarda confusa. -Ma Miss Amy, nei locali non si fa musica Jazz.-

-Forse perché non andiamo nei locali visitati dai bianchi..- affermo mordendomi il labbro.

Domilda fa un sussulto – Miss Amy,lei non può! Non è adatto al suo modo di vivere,al suo stile. Ne va del suo futuro. Per non parlare di quanto sia pericoloso. Mis Amy,la gente lì è malvagia..se Mrs Walker lo sapesse..- afferma lei disperata

-Domilda io lo faccio. Non intendo tirarmi indietro. Questo è il mio stile,lo adoro! Non perché ho la pelle bianca e devo ascoltare solo Chopin,Bach o Vivaldi. Come puoi dirmi tu questo? Mi hai fatto amare tu il Jazz. Tu mi hai educata ad apprezzare le diversità.- la rimprovero furiosa. Domilda abbassa la testa -Mi perdoni,è solo che io voglio proteggerla. Non si tratta di diversità ma di gentaglia..e sua madre..-

-Lì la gente vuole solo divertirsi..li ho visti. Mia madre lo sapesse pure. Sarebbe anche ora che mi cacciasse da questa casa. - affermo furiosa. Domilda ha gli occhi lucidi. Le leggo dentro la preoccupazione. Le chiedo scusa e la stringo tra le mie braccia.

 

Il mattino dopo le lezioni finiscono velocemente. Mr Hellington non è venuto,Gracie invece è andata via prima.

Questa volta sono da sola a prendere l'autobus del ritorno. Il pullman è pieno di persone di colore. Accade la stessa scena del mese scorso. Mi infilo nei posti nel retro del pullman. I posti sono tutti occupati da dei bianchi,tranne i due posti nascosti. Mi aggrappo ad un palo del retro affianco ai posti occupati da due neri. Sono un ragazzo e una ragazza. I due ragazzi si abbracciano ed effusioni. Sono molto intimi, li osservo. Sono forse un po' invidiosa,forse perché vorrei tanto che qualcuno mi guardasse con amore e con rispetto.

 

Li osservo meglio,il ragazzo lo conosco. È Doris Jawes.

Il ragazzo alza lo sguardo e punta gli occhi su di me. Di risposta abbasso lo sguardo mentre le guance mi si tingono di rosso e il cuore incomincia a battermi all'impazzata.

-Ehi tu,non far finta di non avermi notato.- urla lui fissandomi.

Deglutisco e mi giro dall'altra parte.

-Smettila di ignorarmi. Guardami se ne hai il coraggio.- afferma lui disprezzante.

Stringo i pugni e lo fisso dritto negli occhi. -Dici a me?-

Lui incrocia lo sguardo con il mio e sembra che faccia un sussulto. Mi scruta,con difficoltà cerco di tenergli testa con lo sguardo. Più lo osservo, più mi sembra bello e affascinante. Mi verrebbe voglia di accarezzargli i riccioli disordinati,il viso, gli occhi neri profondi. Mi mordicchio le labbra osservando le sue.

Durante il viaggio non scambiamo più una parola. Lui scende accompagnato da quella ragazza. Non prendo il suo posto e durante il traggitto mi rimane impressa la sua immagine .

 

La sera esco da sola. Sono le 22:00 circa quando mi nascondo in un vicolo per coprirmi. Prendo un autobus che mi lascia nei dintorni del locale.

"black milk" ripeto in testa. Dopo un po' di tempo riesco a trovarlo,entro nascondendomi le ciocche bionde libere nel fazzoletto. Trovo posto sotto il palco e assisto alla sua esibizione. È straordinario,mi sembra di volare in alto mentre le note di blue train mi trasportano in un mondo parallelo,se non addirittura il paradiso.

 

La serata finisce,nonostante ci provi nemmeno questa volta riesco a conoscerlo. Pazienza Amy,sarà per domani. Sono le 2 di notte quando inizio ad incamminarmi. Di questo passo arriverò a casa per le sei di mattina.

Giro tre o due volte in una stessa parte. Mi sono persa. Mi balena l'idea di prendere delle stradine,magari troverò qualche scorciatoia. Avverto due ombre seguirmi, ignoro l'impressione di essere osservata e continuo. Dopo qualche passo le due ombre balzano fuori. Mi bloccano e mi sbattono contro il muro. Mi dimeno e urlo mentre uno dei due mi immobilizza ,mentre l'altro tenta di spogliarmi. Mi picchiano alla testa per farmi stare ferma, ma non mi dò per vinta,sono troppo debole per loro.

Nonostante tutto, cerco di strattonarli via, ma loro velocemente mi hanno già lacerato dei miei vestiti inferiori .

 

-Ehi!- urla una voce -Cosa fate? Andate via!- continua una voce maschile mentre li tira via.

Sento un dolore lancinante all'inguine,l'uomo mi ha strappato via la biancheria. Per fortuna non mi hanno privato della verginità, ma le botte sono lancinanti. Tremo riaggomitolandomi su me stessa cercando di coprirmi. Un uomo si avvicina a me.

-stai bene?- si accovaccia affianco a me,ha la stessa voce dell'uomo che ha urlato prima. Non rispondo sono troppo sotto shock,sono troppo impaurita.

 

-Casa mia è qui vicino, ti faccio bere qualcosa di caldo e ti dò dei vestiti nuovi. - Lui mi solleva con facilità. Non riesco a sottrarmi a dimenarmi,è come se fossi pietrificata. Tremo mentre sento la testa sempre più pesante e cado nel sonno.

 

Mi sveglio. Sono sotto a delle coperte. Sono al caldo. Apro gli occhi questa non è la mia stanza.le tende sono aperte,riesco a vedere il buio della notte,sul comodino c'è una candela accesa, il resto della stanza buio.

Dove mi trovo? Qui è tutto vecchio e sudicio, mi sollevo,noto i lividi sulla mia pelle bianca. Ho addosso una camicia un po' vecchia e sformata,dei pantaloni beige. Non sono miei. I miei vestiti sono sulla sedia. Sul comodino ci sono dei fazzoletti sporchi di terra per il viso scura, affianco degli occhiali da sole. Mi strofino con una mano la guancia,mi guardo i polpastrelli e sono bianchi immacolati. Chi mi ha cambiata? Dove mi trovo?

 

-Ti sei già svegliata?- Un uomo entra con una tazza in mano. Avvicina la sedia al mio letto e mi osserva curioso. Pelle nera,Riccioli sulla testa,occhi neri e grandi. Quest'uomo lo conosco, è Doris Jawes.

Divento rossa fuoco e inizio ad agitarmi. Ricomincio a tremare.

In che situazione mi sono cacciata?

Lui mi scruta avvicinandosi. -Bella trovata quella della terra sulla faccia,gli occhiali. Complimenti. Ma a me non freghi. Non sei tanto furba sai? Non è molto saggio abbassare gli occhiali mentre suono. Hai gli occhi così azzurri . Sono difficili da dimenticare,soprattutto se si vedono in quasi tutte le serate..-

Mi mordo il labbro e guardo verso il basso senza sapere cosa rispondere.

 

-Chi sei? Una della polizia? Una spia che vuole toglierci anche questo svago?- mi domanda infastidito.

Intimorita faccio no con la testa senza sollevare lo sguardo.

-Allora chi sei?-

 

Non rispondo,mi rannicchio senza guardarlo. Mille pensieri si sovraccaricano nella mia mente. Come esco da questa situazione?

 

-il gatto ti ha mangiato la lingua?- continua lui aspro.

 

Non riesco a non pensare a quello che mi hanno appena fatto,incomincio a piangere in silenzio. Ho paura, se volesse farmi lui la stessa cosa? Ho così terrore,voglio tornare a casa..forse Domilda aveva ragione io..

 

-rispondimi.- mi urla contro lui alzandomi il viso. Sono in lacrime,sono stanca,sconvolta. Le lacrime continuano a scendere,ho troppa paura per muovere anche sono un dito.

-Scusami..non volevo..- mi guarda dolcemente facendo sparire tutta la rabbia che gli si è disegnata sul volto. -Tieni prendi questa tazza- me la porge ancora fumante. Timorosamente la afferro e la stringo tra le mani. -Guarda che non c'è veleno.- dice lui sospirando. Mi ripeto che non c'è motivo di fare la diffidente,dopo tutto..mi ha salvato. Chiudo gli occhi e poso le labbra sulla tazza. Ne bevo un sorso, è té verde. È buonissimo,come lo prepara Domilda.

 

-va meglio? -mi chiede lui. Io annuisco guardandolo. Mi tranquillizzo e mi asciugo le lacrime.

-il tuo nome ti va di dirmelo?-

-Amy Walker-mormoro

-sei la ragazza che sale alla fermata di facoltà di medicina?-

-Si..-Affermo sorseggiando ancora il tè.

-Sei quella che mi ha fatto restare seduto questa mattina e che ha fatto sedere mio nonno vero?-

Annuisco -Quella era la tua fidanzata?- domando fissandolo,aspettandomi una sua risposta. Lui ridacchia, è così bello quando lo fa. Mi sciolgo al suo sorriso. -Una delle tante groupies. Allora la lingua ce l'hai. Quello era il tuo fidanzato?- mi chiede alzando un sopracciglio.

-Non credo ti possa interessare.-

-Se te l'ho domandato evidentemente sì- mi risponde lui

-no.-

-Adesso ti va di dirmi cosa vieni a fare al black milk?-

-Mi piace come suoni- sento arrossire il viso -Ogni volta che lo fai mi sembra di esser trasportata in paradiso. È una sensazione meravigliosa- affermo trasognante.

 

Mi fissa e inizia a ridere. Mi sento in imbarazzo.

-Vorrei tornare a casa.- Incrocio le braccia mettendo il broncio.

-Va bene principessa, vestiti e vai a piedi.- Si alza

-Mi perdo poi è tardissimo..potresti accompagnarmi?- gli chiedo implorandolo.

 

-E vedere una bianca con un nero sulla stessa macchina? -

 

Alzo le spalle. -Non mi interessa.-

Sorride -tutto per scroccare un passaggio..-

-Non so guidare, i pullman alle quattro del mattino non passano e..-

 

Mi zittisce stringendomi le guance. -Oddio che ho fatto. Ho acceso una radio- ride. Divento rossa e mi allontano.- Puoi uscire che mi devo cambiare?- Lo guardo severamente. Lui ridendo si alza e chiude la porta.

Mi cambio velocemente,prendo tutte le mie cose ed esco dalla mia camera . Mi copro i capelli con il fazzoletto e indosso gli occhiali da sole.

 

Mi guarda accennando un sorriso, indossa la giacca e scendiamo. La sua macchina è molto piccola,un po' rotta. Invita a sedermi. La macchina è malandata all'interno. La pelle dei sedili è molto vecchia e graffiata.

Si siede al posto del guidatore e mette in moto. Gli indico la strada,arrivati alla contrada delle ville si ferma di scatto.

 

-Dove mi stai mandando? Qui abitano i ricconi bianchi. Non posso entrare.- urla indicando il cartello.

 

-è che io abito qui..- vedo i suoi occhi spalancati scrutarmi come se fossi un alieno.

-forse è meglio se continuo a piedi, grazie mille. Buonanotte- esco dalla macchina e mi incammino verso casa. Dopo qualche villa entro in casa mia. Domilda è ancora qui,la guardo. È seduta sul divano con il telefono sulle gambe.

-Domilda..-la scrollo appena e lei di colpo si sveglia con un sussulto.

-Amy..- mi stringe a lei in lacrime. La cullo e la tranquillizzo. Le consiglio di tornare a casa,lei silenziosa fa come le cosiglio,senza fare domande.

 

Mi chiudo in camera,mi cambio e mi rifugio sotto le coperte. Ripenso a cosa è successo oggi. Non so se essere felice o triste. So solo che sono stanca e che voglio solo riposare.

 

***

 

-Sei impazzita? Sei andata da sola? Ma cosa diamine ti è saltato in mente?- mi sgrida Gracie. Mr Hellington ascolta in silenzio.

-è stata una bellissima serata Doris Jawes ha suonato blue train..meraviglioso!-

-non è questo il punto Amy! Sei andata da sola..avrebbero potuto farti del male- continua Gracie mentre aspettiamo l'autobus.

La giornata è passata velocemente . -Avresti potuto avvisarmi..- mi dice Mr Hellington.

-Scusami ,però ..non avresti voluto,noto sempre quando alzi le sopracciglia per qualcosa che non ti va di fare. Ho preferito non recare disturbo a nessuno.- Gli rispondo sistemando la tracolla sulla spalla.

 

-Ma miss Walker..-

L'autobus arriva,sempre la stessa situazione. I neri si alzano e fanno a cambio con i neri. Facciamo posto verso il retro. Lo vedo,è appoggiato al palo. Cerca qualcuno con lo sguardo. Mi faccio avanti timorosamente insieme agli altri. Poi punta lo sguardo su di me. Si avvicina a passo svelto e mi guarda dall'alto.

 

-Amy, Siamo sempre più belle – ride Doris Jawes, prendendomi un ricciolo biondo sffuggito dalla treccia.

Avvampo,mentre i miei due amici ci fissano increduli.

___spazio autrice__
Vi ringrazio per aver letto questo capitolo. Chiedo scusa per il ritardo.
Spero che questo capitolo vi piaccia!
A presto, Cloud394

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Capitolo 4
*** Chapter Three ***


Chessboard


Chapter Three

Le sue lettere continuano ad arrivarmi, ogni giorno da quasi un mese. Mi sveglio prima la mattina, prendo la sua dalla cassetta e le altre le lascio dove sono. Il cassetto è pieno di sue lettere. Me ne manda una al giorno e io puntualmente gli rispondo.

Sono così emozionata è un ragazzo dolce,gentile.

 

La leggo facendo un sorriso. La calligrafia un po' storta ed elementare. Il suo modo di scrivere è molto semplice ed essenziale. Accarezzo la lettera dolcemente

e inizio a ridere come una cretina.

 

Entro in doccia, non faccio che pensare a lui,ai suoi occhi alle sue parole dolci impresse sulla lettera. Non mi sono mai sentita così sollevata, così leggera.

 

Esco dalla doccia canticchiando "Blue train" . Attorciglio l'asciugamano intorno al corpo e un altro intorno ai capelli.

 

Esco dal bagno e Domilda mi guarda con un sacchetto pieno di biancheria sporca.

- Miss Walker è già sveglia? Sono le sei del mattino, nemmeno suo padre è ancora sceso per fare colazione- mi risponde lei sorridendo.

- Papà è qui?!- la guardo incredula

- Si signorina, credo che adesso sia in bagno- mi risponde lei.

 

Mi catapulto in camera, non ci credo papà è a casa! Prendo i primi vestiti che mi capitano tra le mani. Li indosso, tolgo l'asciugamano dalla testa e con i capelli bagnati scendo giù correndo a perdifiato per le scale.

 

- PAPÀ!!- urlo contro la porta, ma lui non mi sente. Ha già chiuso la porta ed è andato via.

- Dove vai conciata in quel modo? Se esci in quella maniera io ti diseredo.- Mi guarda aspra mia madre, con i bigodini in testa e la giacca da camera. Faccio un sospiro.

- Papà è andato a lavorare anche se è domenica?-

- Ai compratori non fa differenza la domenica dal lunedì- commenta lei -adesso sbrigati i Fannit saranno qui a momenti - risponde lei.

-I Fannit? Cosa vogliono? -

 

-Incontro combinato , cara. Devi anche sposarti prima o poi no ? - mi risponde con smielata apprensione.

- Non voglio sposarmi, men che meno con Christopher Fennit.-

- Oltraggio ! Signorina tu ti sposerai ! Vuoi proprio mandare la nostra famiglia alla deriva!?-

Sospiro - Va bene lo incontrerò , ma se non mi piace è un no -

 

-Si, certo. Adesso vai a vestirti - mi ordina senza dar importanza alle mie parole.

 

Sbuffando salgo le scale ed entro in camera mia . Mi asciugo i capelli . Indosso un vestito azzurro intenso che risalta i miei occhi, delle scarpe nere con un po' di tacco. Asciugo i capelli e li lascio sciolti.

 

-Per l'amor del cielo! Amy lega quei capelli ! Vuoi sembrare una prostituta? - Mi urla contro mamma aprendo la porta. -Domilda! Domilda sistemali! - urla lei cercandola . Domilda entra nella mia camera.

- eppure a me piacciono tanto sciolti i capelli..- esclamo facendo un sospiro.

-Facciamo così accontento sia lei che sua madre - risponde lei dolcemente.

 

Prende due ciocche di capelli da sopra le orecchie e li porta indietro. Con quelle due ciocche mi ci fa una treccia. Prende un altro specchio e mi mostra l'operato. -Allora?- mi chiede lei.

 

Una treccia fine e raffinata si estende lungo i capelli ricci.Annuisco con un sorriso. - da chi proviene quella lettera?- mi chiede lei. Sussulto – Nes..nessuno..- mormoro .

-se è qualcuno che le piace deve dirlo a sua madre.- mi risponde lei chiudendo il rossetto, dopo averlo applicato sulle mie labbra .

 

-Non è niente di importante, Domilda.- rispondo alzandomi e nascondo la lettera in un altro posto,dopo che lei è andata via . Mi spiace, ma nemmeno domilda deve saperlo.

 

Arrivo sulle scale , dall'alto noto che i nostri ospiti sono arrivati. Mia madre mi guarda in cagnesco e io scendo. Ci sono un signore dai capelli neri e dei baffetti sottili. È corpulento, ma tozzo con due occhietti porcini castani e il viso quadrato.

Sua moglie è grassottella, ha un caschetto biondo tinto che le incornicia il viso paffuto, i suoi occhi sono tondi e nocciola .

 

Christopher Fannit è alto due o tre centimetri più di me , quasi pelleossa. Ha i capelli castano cenere, il viso allungato e lo sguardo svampito. Gli occhi tondi e nocciola mi guardano sperduti. Mi sorride mostrando gli incisivi storti.

 

-Buonasera Jess, che bella casa complimenti, così pulita- esclama Mrs Fannit. Mia madre si inebria e si gonfia dei complimenti. Sbatte le palpebre più velocemente del solito. -Grazie, Margareth cara. - esclama lei in risposta.

 

Alzo gli occhi al cielo, lei non alza nemmeno un dito per questa casa.

 

-Andrew?- domanda Mr Fannit

-Purtroppo non potrà essere con noi. È andato ad un appuntamento di lavoro,non poteva mancare.-

Improvvisamente dietro le gambe della madre , un bambino di forse 10 anni, corre per la stanza.

 

-Ciao Earl! Lo vuoi un regalino?- dice mia madre accovacciandosi per arrivare all'altezza del piccolo.

 

Al contrario del fratello, Earl è grassottello. Assomiglia molto a sua madre.

Il bambino guarda mia madre con bramosia e forse con un po' di cattiveria.

 

Mia madre si presenta con un pacchetto tra le mani. Il bambino lo apre, guarda il contenuto disgustato e poi lo lancia via. - fa schifo!- urla "Fannit Junior " la signora Fannit , ride soddisfatta.

 

Mia madre è rossa dall'imbarazzo. -Dimmi cosa ti piace, lo vado a prendere più tardi. Vuoi mangiare qualcosa?- dice mia madre cercando di rimediare. Intanto osservo lo sguardo di Mrs Fannit. Si diverte guardando quella povera illusa di mia madre. Tiro un sospiro senza sapere cosa dire, mi giro . Christopher ha la bocca semi-aperta e mi guarda il seno. Irritata, lo fisso ma lui non distoglie lo sguardo. Decido di incrociare le braccia sul petto per farlo distrarre . Lui scuote la testa e con la manica si pulisce dalla bava. Infastidita, vado in cucina da Domilda.

 

Domilda canticchia mentre inforna il tacchino.

-Posso aiutarti?-

-Oh Miss Walker, per carità ..non facciamoci prendere un rimprovero da Mrs Walker proprio davanti agli ospiti- risponde lei lavandosi le mani.

Io ridacchio - come se non lo fosse già, il bambino ha lanciato l'aeroplanino dichiarando apertamente il suo disprezzo per esso -

 

Domilda sembra ridere sotto i baffi. -Il signorino come le sembra?- mi domanda con un sorriso.

 

-Mi stava fissando le tette - dichiaro alzando le sopracciglia sospirando.

 

-Miss Walker ..queste parole..- mi risponde trattenendosi con difficoltà dal ridere.

-Dopodiché si è pulito la bava con la manica della giacca, che schifo -

 

Domilda mi dà le spalle e sento la sua risata farsi più fragorosa.

 

Ci sediamo al tavolo. A capo tavola il posto è vuoto,come sempre. Quello è il posto di mio padre, ma quelle poche volte che l'ho visto , non ricordo nemmeno più il suo modo di sedersi.

 

Mia madre è seduta accanto a me, all'altro lato del tavolo sono seduti i Fannit.

 

Christopher è seduto di fronte a me e continua a fissarmi il seno. Per evitare che continui, prendo il tovagliolo e lo metto a bavetta, imitando "Fannit Junior" . Mia madre mi tira uno schiaffo sul braccio e mi guarda in cagnesco. Percepisco dal suo sguardo e dal modo in cui è divertita-disgustata la signora Fannit , che devo togliere il tovagliolo dal collo.

 

-Quanto avrei desiderato anche io due maschi, questa è così irresponsabile.-

La guardo e la mia sicurezza solita,và scemando.

 

-Essere femmine è così sudicio, dopo tutto ci meritiamo tutti i trattamenti e il ruolo che abbiamo. Dopo che Eva ha mangiato la mela, ha condannato tutti e in qualche modo dobbiamo essere punite - Afferma lei, prendendola sul ridere.

 

La famiglia Fannit afferma condividendo il pensiero di mia madre. Suffragio universale? Ma che! Per certe persone ottuse bisogna abolirlo. Tante lotte per..? Dio è misericordioso, ma .. non sanno quel che dicono. Se Dio è soggettivo, allora il mio Dio è completamente diverso dal loro .

 

Il mio è un Dio che spera, che sogna. Il mio è un Dio di mille colori, che non ha paura di amare chiunque egli voglia a prescindere dal colore della pelle. "Gli Stati Uniti D'America sono un Paese che si fonda sulla libertà".

 

Quale libertà ? Libertà non è segregazione raziale, dove un nero deve lasciare il posto sul pullman ad un bianco. Libertà non è vivere divisi, ma insieme. Libertà non è sinonimo di Stati Uniti D'America.

 

- AMY! -urla mia madre distogliendomi dai miei pensieri.

Domilda entra con una pentola di brodo caldo.

-chiedo scusa per il ritardo- afferma lei.

 

-Era ora, insomma è lenta a morte questa negra.- afferma la signora Fannit disgustata.

 

Domilda,la ignora e versa a tutti il brodo che ha preparato. Non vedo l'ora di mangiare, forse i suoi piatti saranno l'unica cosa positiva di oggi.

 

Domilda ne versa un po' a tutti. Il bambino con la faccia da maiale diabolico, getta la mano nel brodo versandoselo addosso. Al contatto il bambino urla e si dimena, puntando il dito grassoccio contro Domilda. La mamma del bambino grida al piccolo preoccupata.

-Jess Non fai niente?-

 

Mia madre ha il viso completamente rosso e gonfio dalla rabbia. Urla contro Domilda, lei si giustifica affermando che non è stata lei. Mia madre si alza in piedi per discutere.

 

-Mamma è vero, è stato il bambino..- la difendo io.

 

-Cosa vuoi insinuare? Che il mio bambino dica le bugie?- Esclama la signora Fannit guardandomi disgustata,mentre il bambino se la ride sotto i baffi.

 

-ADESSO BASTA. DOMILDA FUORI DA QUESTA CASA. SEI LICENZIATA!-urla mia madre furibonda.

 

Il mio volto si sbianca. Domilda assume uno sguardo serio e incavolato. Si sfila il grembiule bianco.

 

-Sa cosa? Vada a Fanculo stronza – con eleganza si sfila il grembiule, esce e sbatte la porta.

Le lacrime iniziano a scorrermi lungo il viso. Domilda...è andata via?

 

Mi alzo dal tavolo e corro in camera mia.

 

Indosso il cappotto, i guanti e il cappello ed esco. Prima che riesca a farlo, mia madre mi insegue e urla dalla cucina. La ignoro e corro via.

 

Dove può essere andata? Domilda..non puoi lasciarmi.

 

Prendo un autobus, immagino sia tornata a casa. Sono nei pressi del locale dove solitamente vado quasi tutti i giorni. Sono l'unica bianca, non ho niente per cammuffarmi. Le donne mi guardano sorprese e incuriosite. Gli uomini evitano di guardarmi. Sono in un parco, mi siedo su una panchina. Non la troverò mai. Adesso cosa faccio? Mi sento persa, ho paura. Sono da sola, l'ultima volta che sono stata qui da sola mi hanno quasi stuprata. La luce del sole mi fa sentire un po' più al sicuro, ma l'inquietudine persiste.

 

 

Sento in lontananza il suono di un sassofono.

 

Il suono è magico, chiudo gli occhi e sento tutto dentro di me tornare al suo posto. Decido di seguire il suono, così familiare. Mi fa sentire così bene. Faccio qualche metro ed è lì.

 

Il musicista è Doris. La custodia del Sax è aperta, c'è qualche dollaro da 1 e qualche monetina all'interno. Non si accorge della mia presenza per quanto è dentro la sua musica.

 

Ha gli occhi chiusi e si lascia cullare. Lo sono anch'io, sembra che l'ansia sia sparita al suono del suo sax. Nelle tasche ho solo una banconota da cinque Dollari aspetto che finisca, chiudendo gli occhi anche io lasciandomi trasportare.

 

-Amy?- sento la sua voce pronunciare il mio nome e apro gli occhi.

Gli sorrido, ma lui non ricambia. -Perché stai piangendo?- mi domanda. Mi tocco le guance e sono bagnate. -Io..è il freddo..- mormoro trattenendo i singhiozzi.

 

Lui lascia tutto e mi stringe in un abbraccio che mi fa sussultare. Vicino a lui si stà così caldi, mi sento al sicuro. Perché non posso vivere sentendomi sempre così al sicuro , come tra le sue braccia?

 

 

 

____spazio autrice___

Grazie per aver letto, Chiedo scusa per il ritardo e per gli errori.
Non sono abituata a correggere da sola,spero vorriate perdonarmi per gli errori. Aspetto vostre recensioni.

A presto :D,

Cloud394

 

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Capitolo 5
*** Chapter Four ***


Chessboard


 

Chapter Four

Casa sua era come me la ricordavo: piccola e vecchia. I muri bianchi si sono sbiaditi in un giallognolo. Alzando lo sguardo, riesco a vedere la muffa agli angoli del soffitto e la moquette sudicia e malandata. La nausea mi colpisce lo stomaco, il cibo si trascina su per l'esofago. Sento che potrei sentirmi male.

-Scusami, per quanto io mi metta per pulirla, non riesco ad averla in condizioni ottimali- mormora lui - questo è il massimo che posso permettermi- continua imbarazzato. Ha notato il mio malore, il mio viso si tinge di rosso per la vergogna. -non ti preoccupare, io non dovrei essere nemmeno qui..- mormoro spogliandomi del cappotto.

 


-Ti preparo qualcosa, tu accomodati in soggiorno- dice, mentre lo vedo sfuggire in cucina.

Mi accomodo sul divano, é grigio e molto vecchio . Mi guardo intorno, ci sono delle tele e degli oggetti stranieri al nostro paese tra cui quei tessuti in mille colori, che mi fanno brillare gli occhi, li accarezzo delicatamente. Gli spartiti sono in disordine sparsi sul tavolino di fronte al divano.
-Stavi componendo qualcosa?- gli domando appena torna con un vassoio con due tazze di té e degli scoones. Mi risponde con un cenno della testa, sedendosi affianco a me.

 

Timidamente afferro un biscotto e ne tiro un morso. Mi scruta curioso e avverto il suo sguardo su di me. Le mani mi tremano per l'agitazione. -cosa c'é?-
- Non sono abituata ad essere osservata- confessi mentre le guance si tingono di rosso mentre tiro un morso al biscotto. La sua consistenza é croccante, il suo sapore dolciastro mi si scioglie sulla lingua.
-Non ci credo- ridacchia lui in risposta. Arrossisco di più. Ingoio ciò che ho masticato. -non ci credere- dichiaro io un po' acida. Lui ridacchia -hai tutte le briciole in faccia- . Credo che la mia faccia sia diventata color peperone, con le mani mi tasto frettolosamente il viso per pulirmi, lui è perso nella sua risata, mi afferra i polsi e blocca il macello che stavo per combinare, sono proprio un disastro, con un fazzoletto, mi pulisce delicatamente il viso.


Mi irrigidisco, non riesco a muovermi, eppure mi ha solo afferrato il polso. Ha la mano magra con le dita affusolate. Osservo il colore della sua pelle scura, a contrasto con la mia, così bianca che sembra essere fatta di gesso.

La sua stretta è salda, solida e sicura. Non fa male però, é più che altro rassicurante, un po' tutto questo tranquillizza il mio cuore, che sembra abbia preso la rincorsa.

-Posso farti una domanda?- mi guarda diritto negli occhi.

Annuisco -perché non hai risposto alle mie lettere?- aggrotto le sopracciglia, guardandolo con espressione confusa. Cosa?-io ti ho sempre risposto- confesso. -e io non ho mai ricevuto nulla.-risponde lui. -pensavo fossi venuta qui per parlare con me ma on è così, dico bene?- continua Doris, con l'espressione del viso turbata.

 

 

-Mia madre ha licenziato la nostra cameriera, per questo l'ho seguita.- confesso con un sospiro. Lui non risponde, si limita ad appoggiare la testa sulla mia spalla. Solo adesso mi rendo conto del suo accento particolare, a volte non capisco quel che dice, come anche quando scriveva. Domilda qualche volta le capitava di parlare nello stesso modo. Ogni volta che le capitava, mamma sbraitava contro di lei. Chiudo gli occhi, mi perdo nei miei pensieri-ci tieni tanto a lei?-.


-sì- affermo, ed è come se avesse aperto un rubinetto. Le lacrime iniziano a scendere sulle guance. Mi prende il viso con delicatezza, la mano gli trema un po'.
-No,non piangere.. com'è il suo nome? Qui ci conosciamo tutti.- mi asciugo le lacrime, mentre lascio che I singhiozzi mi trasportino. Mi accarezza il viso, lui mi stringe a sé. Mi faccio piccola piccola contro di lui. Doris mi stringe ed è insicuro,sembra tremare e sembra aver paura di stringermi più forte, non voglio pensare a nulla sto così bene qui.


Mi avvicino al suo viso, respiriamo la stessa aria. Le sue labbra sono come un richiamo. I miei occhi si perdono nei suoi, come se venissero risucchiati in quel nero pece che mi trascina giù. Le nostre labbra sono sorprendentemente vicine, chiudo gli occhi e mi butto a capofitto sulle sue.

 

Non ho mai baciato nessuno, spero che lui lo desideri e mi guidi. Non ho più forza di pensare se quel che faccio è giusto o sbagliato, voglio solo restare in queste braccia, perché solo qui mi sono sentita al sicuro. Il mio viso cade nell'incavo del suo collo, apro gli occhi. Si è limitato ad stringermi più forte. Sento un peso sul cuore, perché sono stata così stupida? Come ho potuto pensare che io potessi piacergli? Fa male, sento una ferita protrasi lungo il petto, brucia e il peso si fortifica. -scusami- mormora stringendomi con le braccia che gli tremano.

 

-perché mi chiedi scusa?- mi sollevo guardandolo negli occhi. - se non ti piaccio non devi chiedermi scusa- mormoro diventando rossa. Non ho mai preso così di petto le situazioni, sono sempre stata timida, non so cosa mi stia prendendo non so cosa mi stia succedendo, forse è lui che non mi fa pensare a nient'altro .

 


-Non è questo, tu non puoi, io nemmeno- mormora lui - per come stiamo adesso saremmo sicuramente arrestati- continua lui. Lo osservo, cosa vuol dire? Sono confusa.
-che cosa vuoi intendere?- domanda lui
-non ti accorgi? Siamo diversi-

-cosa dovrei capire Doris? O vuoi o non vuoi- commento io in risposta, infastidita.

-potresti evitare di prendermi in giro..- continuo e sento la mia voce tremare, gli occhi pizzicarmi.

 

-Non vuoi capirlo? Amy io sono nero, tu sei bianca!- urla in modo aggressivo contro di me, si alza e si porta indietro I riccioli che li oprivano il viso, nervosamente. Solo per questo? Davvero è solo una questione di pelle? Che differenza fa se due anime si sentono così vicine?

 

Mi raffiorano nella mente i discorsi di mia madre, le sue parole contro Domilda. Posso solo immaginare come si senta ad essere stata trattata così per anni, perché è rimasta? Pensandoci mi sento una stupida ad averla seguita per implorarla di restare. Io sono bianca, la mia pelle è perfino più pallida del normale. Mi alzo e mi guardo allo specchio, sono completamente chiara in contrasto con le mie guance arrossate. Lo specchio è rotto e sporco, ma riesco a distinguere i due colori così contrastanti. Lui poco distante da me, è alto e la pelle così scura. Io invece sembro essere nata per essere il suo contrasto: occhi azzurri,capelli biondi, bianca, bianca e bianca. Domilda ha la pelle scura quanto la sua, eppure non avvertivo questa differenza.

 


-Se hai paura di essere arrestato,io vado via..- esclamo, sento le lacrime scendermi lungo le guance. Mi afferra alle spalle e mi stringe -scusami davvero, io ti vorrei con me sei così dolce, sensibile.. ho paura per te.- mormora stringendomi le mani. Mi catapulto tra le sue braccia, lui per la prima volta sembra stringermi con decisione.


Le sue mani mi accarezzano il viso, sono calde, lisce. Chiudo gli occhi mi lascio cullare dalle sue carezze. In questa stanza piccola e vecchia, il silenzio regna. Le sue labbra si avvicinano, nello stesso momento una porta si apre,la sua voce ci interrompe.
Ci allontaniamo di scatto,la voce è femminile che sento è a me sconosciuta.
-cosa stai facendo?- tira uno schiaffo sulla sua nuca. I due si rifugiano in cucina, per quanto piano possano parlare, la loro voce si sente come se parlassero di fronte a me.


- le groupies bianche pure? Ti rendi conto in che guaio ti stai cacciando? Quelle nere sono diventate troppo comuni?!- urla lei. Mi sento ferita, non mi pare di indossare qualcosa di indecente, è un semplice vestito. Forse è perché mi arriva sopra le ginocchia?


-Aisha. Lei non è una groupie.- esclama Doris.

Mi piazzo davanti alla porta della cucina, li osservo e mi avvicino alla ragazza tendendole la mano. -Il mio nome è Amy- piacere.

Lei mi guarda con disprezzo, senza muoversi. Si gira verso Doris, regalandogli uno sguardo sprezzante. I suoi capelli sono lunghi e tutti raccolti in mille treccine, ha le ciglia lunghe e occhi grandi, il naso regolare e delle labbra definite. È una ragazza molto bella, curve e il punto vita definito, io invece sono così sottile.

-Portala via, Dom sta arrivando.- conclude lasciandomi uno sguardo truce.

 

Osservo Doris, lui sospira. - È mia sorella, non posso tenerti qui Amy-

-Lo so, presto andrò via..- mormoro con un sospiro triste, perché non posso averlo con me?

Lui mi accarezza il viso -Sai bene quanto vorrei baciarti-

Di colpo il cuore comincia a battere all'impazzata.

 

-Senti bella, vedi di sloggiare da qui- esclama la ragazza posando entrambe le mani sui fianchi.

-Ho bisogno di un posto dove stare, almeno per qualche giorno..- mormoro allontandomi da Doris.

-La nasconderò qui io- afferma Doris, Aisha emette un sospiro posando la mano sulla fronte.

-Va bene, ma vedi di nasconderla a Miss D- esclama lei.

 

-Nascondermi cosa?- domanda una voce già conosciuta. I due si girano verso di lei, osservo la sua statura rotonda e bassina. Capelli raccolti e riccissimi, narici ampie occhi rotondi, riconosco quella donna: è Domilda.

Resto a guardarla, gli occhi mi pizzicano per via delle lacrime che minacciano di uscire.

-Non può restare qui, lei.. - si giustifica Aisha ma la sua frase viene bloccata dal mio pianto.

-Domilda!- Corro verso di lei e la stringo forte al mio petto, scoppio in lacrime tra le sue braccia.

Mi sento meglio quando lei decide di stringermi più forte, come fa sempre.

-Lei resta qui- afferma Domida accarezandomi i capelli, mentre mi beo tra le sue braccia senza curarmi di nulla.

 

 

__spazio autrice__

Chiedo scusa per l'infinita attesa,

per vari motivi legati allo studio

e altri motivi che non sto qui ad elencare,

ho tardato di parecchi mesi la pubblicazione.

Spero che vogliate commentare questa storia

e magari i vostri commenti e recensioni,

riusciranno a far crescere in me la voglia di continuare

ed evitare altri ritardi .

A presto,

Cloud394

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