Sotto La Pelle

di Eralery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Settembre ***
Capitolo 2: *** Al sicuro (o forse no) ***
Capitolo 3: *** Dalle Ceneri ***
Capitolo 4: *** I Giorni dell'Incubo ***
Capitolo 5: *** Andare Avanti ***
Capitolo 6: *** Incontri e Scontri ***
Capitolo 7: *** Tutti gli amori di Mary ***
Capitolo 8: *** Dalla pelle al cuore ***
Capitolo 9: *** Halloween ***
Capitolo 10: *** Sulla mia spalla ***
Capitolo 11: *** Cambiamenti ***
Capitolo 12: *** Hogsmeade ***
Capitolo 13: *** Quasi amici ***
Capitolo 14: *** Tornare a casa ***
Capitolo 15: *** Natale ***
Capitolo 16: *** 1978 ***
Capitolo 17: *** Da chi lo ha tre volte sfidato ***
Capitolo 18: *** E invece ho paura ***
Capitolo 19: *** Qualcosa in cui credere ***
Capitolo 20: *** A mano a mano ***
Capitolo 21: *** Avviso ***
Capitolo 22: *** Tra scope, torri e mantelli ***
Capitolo 23: *** In punta di piedi ***
Capitolo 24: *** Tra te e la Piovra Gigante ***
Capitolo 25: *** Fuori controllo ***



Capitolo 1
*** 1 Settembre ***





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Sotto La Pelle

Capitolo 1 

1 Settembre

 

Dopo giugno con il suo venticello un po’ caldo, luglio passò lento per sfociare in un afoso agosto, finché non arrivò settembre.

Lily continuava a guardare fuori dal finestrino, seduta sul sedile posteriore della macchina dei suoi genitori. Il cielo sopra Londra era leggermente grigio, segno che presto, sebbene non facesse ancora freddo, sarebbe arrivata la pioggia. Sempre contemplando il cielo, Lily poggiò la fronte al vetro; non aveva più avuto notizie delle sue amiche dal diciannove agosto, quando aveva incontrato Mary a Diagon Alley. 

Essendo Nata Babbana, infatti, alla fine dell’anno precedente era stata chiamata in presidenza insieme agli altri studenti che erano nella sua stessa condizione: la guerra che era cominciata quell’anno continuava a peggiorare, e Silente aveva detto a tutti loro di non inviare lettere via gufo e di non usare mai la magia finché non sarebbero tornati ad Hogwarts, in modo da rimanere al sicuro.

La sua estate si era dunque protratta nella tranquillità più totale: per occupare le giornate aveva studiato più del solito, aveva preso qualche lezione di cucina dalla signora O’Malley, la loro vicina, e aveva battibeccato ogni giorno di più con Petunia. I due mesi di vacanza erano passati più lentamente delle estati precedenti e, sebbene non fossero stati terrificanti come si era immaginata che sarebbero stati, l’idea che potesse essere successo qualcosa alle sue amiche la mandava nel panico più totale.

Non solo si era dovuta astenere dal comunicare con le proprie amiche, infatti, ma aveva anche dovuto rinunciare a tutte le fonti di notizie sul mondo magico, come la Gazzetta del Profeta o il Settimanale delle Streghe: non aveva la minima idea di quello che fosse successo tra luglio e agosto, se non per le poche cose che le avevano raccontato Mary e Miriam. 

Le avevano parlato di Amberlee Diamond, una Corvonero di un anno più piccola di loro, che si era ritirata da Hogwarts dopo la scomparsa del padre; Mary le aveva inoltre raccontato del matrimonio tra Frank Longbottom e Alice Green, due Grifondoro che avevano conseguito i loro M.A.G.O. giusto due anni prima. 

Ma era sicura che fosse successo molto altro in quei due mesi, e aveva paura di cosa potesse essere cambiato; il fatto di non poterne parlare con nessuno, poi, rendeva ogni cosa ancora peggiore di quanto potesse essere altrimenti. Non potendo parlare con le sue amiche, infatti, le uniche persone con cui aveva avuto rapporti durante l’estate erano stati i suoi genitori, Petunia e la signora O’Malley. Fino all’estate tra il quarto e il quinto anno aveva avuto Severus al suo fianco, ma dopo la loro litigata l’anno dei G.U.F.O. avevano smesso di parlarsi: lui l’aveva ferita davvero e, sebbene il ragazzo si fosse scusato più volte, anche in estate, lei sapeva che non lo avrebbe mai potuto perdonare del tutto. 

Nonostante le facesse male ammetterlo, però, Severus le mancava. Erano stati migliori amici per sei lunghi anni, durante i quali si era sempre crogiolata nella convinzione che niente sarebbe mai cambiato, per nulla al mondo. Invece era bastata una parola a mettere fine al loro rapporto: Sanguesporco. Quando Severus l’aveva pronunciata, Lily aveva capito che niente al mondo avrebbe potuto ferirla di più: lui era il suo migliore amico, lo era sempre stato, e non era mai riuscita a capacitarsi di come potesse dirle una cosa del genere, di come lui in primis non l’accettasse davvero per quello che era e, anzi, fosse arrivato a farglielo pesare. 

Più tardi, ripensando al Quinto anno, si era resa conto dei piccoli ma chiari segnali del loro allontanamento: quando, ad esempio, Mulciber e Avery, due compagni di Severus, avevano mandato in Infermeria Mary, lui li aveva difesi a spada tratta, parlando di “uno scherzo finito male”, e questo era solo uno dei tanti problemi che avevano intaccato il loro rapporto.

Severus le aveva fatto davvero male, ma lei non riusciva a lasciarselo alle spalle completamente. Certo, dopo la litigata con il ragazzo, lei aveva legato con Mary fino a diventarne la migliore amica, ma quando la guardava insieme a James Potter si sentiva sempre in imbarazzo. Il modo in cui Mary e Potter parlavano, si prendevano in giro… tutto in loro, in un modo o nell’altro, le faceva tornare in mente Severus.

« Lily? Mi hai sentita? »

La voce dolce di sua madre attirò la sua attenzione e lei alzò di scatto la fronte dal finestrino per voltarsi a guardarla. Le rivolse uno sguardo di scuse, facendola sorridere. 

« Scusa, mamma, non ti stavo ascoltando. Che hai detto? » le domandò, mettendosi a sedere in maniera più composta sul sedile.

« Ti stavo dicendo che siamo quasi arrivati, mancano giusto due minuti. Hai controllato la borsa? Hai tutto? »

« Sì, mamma » mentì, iniziando a guardare nella borsa. 

Fortunatamente aveva preso tutto quanto quello che non era entrato dentro al baule.

Quando suo padre Mike fermò la macchina a qualche metro dall’ingresso della stazione, aprì lo sportello dell’auto e scese, mettendosi la borsa a tracolla. Mike tirò il baule della figlia fuori dal bagagliaio e lo posò sul marciapiede. Lily lo ringraziò ed abbracciò la madre per salutarla. 

« Ciao, tesoro » le disse Susan all’orecchio, stringendola forte tra le braccia. « Fai la brava e fatti sentire spesso ».

« Certo, mamma » le assicurò Lily, allontanandosi da lei per salutare anche suo padre. 

Mike allargò subito le braccia per abbracciarla a sua volta, e una volta che l’ebbe fatto disse:

« Sta’ attenta, principessa ».

Lily sbuffò una risata e ricambiò il suo abbraccio.

« Tranquillo, papà, so badare a me stessa ».

« Sì, sì, lo so. Ora hai diciassette anni, sei grande e bla, bla, bla » la prese in giro con dolcezza, sciogliendo l’abbraccio. « Ma tu rimarrai sempre la mia piccola principessa ».

« Lo so, papà. Ti voglio bene anche io ».

Lily salutò i propri genitori un’ultima volta, prima di afferrare il suo baule ed entrare nella stazione. King Cross era affollata come al solito, stracolma di Babbani intenti a leggere il giornale o a parlare fitto tra di loro; quando finalmente arrivò alla barriera, si guardò intorno e, una volta che fu certa di non essere osservata da nessuno, si avvicinò al muro tra il nono e il decimo binario per poi oltrepassare la barriera. 

L’Hogwarts Express apparve davanti ai suoi occhi ancor prima che riuscisse a rendersi conto di essere arrivata al binario 9 e ¾. La banchina del treno era gremita di famiglie che si salutavano e di ragazzi che caricavano i propri bagagli sul treno. 

« Lily! » sentì urlare una voce.

Quando si girò per vedere chi avesse urlato – nonostante avesse già un’idea ben precisa di chi fosse stato –, si ritrovò stretta in un forte abbraccio. Con gli occhi ancora spalancati per la sorpresa, Lily riconobbe la testa castana di Mary e il profumo del suo sciampo alla lavanda.

« Ehi, Mary » la salutò di rimando, staccandosi da lei per riprendere a respirare normalmente. Per quanto fosse magra ed esile, infatti, gli abbracci di Mary erano sempre straordinariamente energici.

La ragazza fece un passo indietro e si passò una mano tra i capelli scuri, sorridendo raggiante.+

« Come hai passato le ultime due settimane? » le chiese senza smettere di sorridere, affiancandola mentre si dirigevano verso il treno per caricare i loro bauli e cercando in tutti i modi di non sbattere contro qualche altro studente.

Lily le raccontò degli ultimi giorni passati a casa con i suoi e l’ultima litigata con Petunia. Mary, nel sentire il nome di sua sorella, non provò neanche a trattenere uno sbuffo e lei non poté impedire a se stessa di sorridere. 

« Le tue, invece? » le domandò.

Mary si strinse nelle spalle e fece una smorfia con la bocca, ma, conoscendola, Lily sapeva bene che stesse trattenendo un piccolo sorriso per non farle pesare la cosa: dopotutto, lei era una Purosangue, perciò aveva potuto trascorrere senza problemi le vacanze nel Mondo Magico in compagnia dei suoi migliori amici.

« Nulla di che, in realtà » rispose. « Ho passato la maggior parte del tempo da James insieme agli altri, e quando non stavo con loro mi vedevo con Dylan ».

« Come sta Dylan? Ormai è parecchio che state insieme! » fece Lily, seguendola tra la calca di gente; il treno era ormai a pochi passi da loro, che volevano semplicemente caricare i propri bagagli su di esso.

« Sì, abbiamo fatto sei mesi la settimana scorsa » disse Mary con un sorriso allegro. 

Dylan Goldstein era un Tassorosso del loro stesso anno ed era il suo ragazzo ormai da febbraio; era un ragazzo molto gentile e si vedeva chiaramente quanto tenesse alla propria fidanzata, che, d’altro canto, non aveva mai avuto una relazione tanto duratura. 

« Sono felice per voi » le disse la rossa con sincerità.

Mentre caricava il proprio baule, Mary girò il viso verso di lei e le mandò un bacio volante. 

« Quel bacio era per me, vero? » domandò una voce dietro le spalle di Lily, che si voltò per vedere il nuovo arrivato.

Mary rise e si raddrizzò, mentre Lily e Sirius Black si salutavano con un cenno del capo.

« Ovviamente, Sirius! » scherzò Mary. 

Il ragazzo le strizzò l’occhio e le si avvicinò, passandole un braccio intorno alle spalle per scoccarle un bacio sulla guancia sinistra. 

« Lo immaginavo » commentò lui, lasciandola andare e caricando a sua volta il proprio bagaglio sul treno; fatto ciò, si pulì le mani sui pantaloni con nonchalance. 

Sebbene non le fosse mai andato particolarmente a genio, Lily doveva ammettere che Sirius Black possedeva un certo fascino: oltre ad essere alto e avere un’ottima struttura ossea, infatti, i capelli neri gli incorniciavano alla perfezione il viso dagli zigomi appuntiti, dove brillavano due particolari occhi grigi. 

Mary ridacchiò ancora e scosse la testa, fingendo di alzare gli occhi al cielo e dandogli un debole colpo sulla spalla con la mano chiusa a pugno. 

« Dove hai lasciato James e gli altri? » gli chiese.

« Sono già saliti, io mi ero trattenuto a salutare qualche amico, ma ora vado a cercarli » rispose lui con una scrollata di spalle. « Volete venire anche voi due? »

Tutt’e due scossero la testa.

« Mi dispiace, ma volevo andare a trovare Miriam e le altre e poi ho la riunione dei Prefetti… » rispose Lily con un sorriso di circostanza. 

Nonostante lei non avesse più problemi con i Malandrini, non aveva una gran voglia di passare l’intero viaggio in loro compagnia. Dopotutto, mentre con Remus e Peter i rapporti erano quelli di ottimi compagni di Casa, lo stesso non si poteva dire di quelli che aveva con il giovane Black e il suo fido compare, James Potter: certo, quest’ultimo durante l’anno precedente era stato meno pesante del solito, ma tra lei e Sirius non era mai corso buon sangue, neanche quando lei aveva stretto amicizia con quella che era la migliore amica proprio dei due Malandrini per eccellenza. 

Avendolo chiesto più per educazione che, appunto, reale simpatia, Sirius annuì e si rivolse nuovamente a Mary.

« Tu, invece? »

« Anche io vorrei salutare le altre » rispose la ragazza, scostandosi i capelli dal viso con un gesto frettoloso della mano. « E poi avevo promesso a Dylan che sarei stata un po’ con lui ».

« Ricordatevi che siete su un treno, perciò tenete a freno i vostri bollenti spiriti » commentò Sirius, guardandola con un sorriso sghembo. 

« Vuoi smetterla? Non sei divertente! » lo sgridò Mary, colpendolo nuovamente sulla spalla con un pugno e facendolo scoppiare a ridere: ciò la innervosì ancora di più.

« Va bene, va bene » disse lui, alzando le mani in aria in segno di resa. « Io vado, ci vediamo dopo. Ciao, Evans! »

« Ciao, Black » salutò di rimando la rossa senza particolare enfasi.

Il ragazzo le dedicò il solito cenno del capo, prima di salire sul treno e scomparire dalla loro vista. Mary si sistemò la borsa sulla spalla e tornò a guardarla, indicando l’Hogwarts Express.

« Vogliamo entrare a cercare le altre anche noi? »

« Sì, forse sarebbe meglio. Andiamo » disse, precedendola all’interno del treno. 

Non trovarono le loro compagne di dormitorio né nel primo vagone né nel secondo, che erano occupati principalmente da studenti del Secondo o del Terzo anno, ma quando arrivarono al terzo videro una ragazza bionda e non molto alta che parlava con un ragazzo slanciato e dai capelli castani. 

Lily non ci mise molto a riconoscere la loro amica Miriam in quella ragazza ammiccante che si attorcigliava una ciocca riccia intorno all’indice della mano destra. Disse qualcosa e il ragazzo le sorrise, le scoccò un bacio sulla guancia e se ne andò, sparendo dietro la porta scorrevole che si chiuse alle sue spalle; lei lo osservò andarsene con le labbra piegate in un sorriso soddisfatto, lasciando finalmente libera la ciocca di capelli che aveva torturato fino ad allora. 

« George Stebbins? » chiese a voce alta Mary non appena il ragazzo si fu allontanato abbastanza. 

Miriam girò rapidamente il viso verso di loro e sorrise, correndo verso di loro e urtando così una ragazzina che passava di là; i corridoi dei vagoni, effettivamente, non erano molto spaziosi, ma la bionda non sembrava badarci granché.

« Mary, Lily! » esclamò infatti quella, abbracciandole. « Non ci vediamo da un sacco! Come state? Come sono andate le vostre vacanze? E Dylan come sta, Mary? E Remus? Oh, io ho un sacco di cose da raccontarvi! »

Lily rise insieme a Mary: Miriam parlava sempre tanto e aveva una parlantina estremamente accattivante che faceva impazzire i ragazzi. Non era molto alta, aveva i capelli ricci e biondi e dei grandi occhi castani da cerbiatta; era piuttosto minuta, ma aveva un carattere molto allegro e forte, non si vergognava di nulla e amava parlare, soprattutto di ragazzi o con i ragazzi.

« Dylan sta bene e anche Remus » ridacchiò Mary. « In che scompartimento ti sei sistemata? »

« Oh, venite » trillò con allegria, precedendole dentro a uno scompartimento là vicino. 

Dentro c’era Marlene McKinnon, una Grifondoro di un anno più piccola, di fronte alla quale sedevano le loro due compagne di dormitorio, Claire Carpenter e Kate Harper.  

« Ehi, ragazze! » le salutò Lily, sedendosi accanto a Kate dopo aver posato la propria borsa sull’apposita reticella sopra le loro teste. 

« Ciao! » le salutarono tutte quante in coro. 

« Come sono andate le vacanze? » domandò Claire, accavallando le gambe. 

Claire era una ragazza piuttosto riservata, dai lunghi e lisci capelli castani, un viso leggermente allungato e le labbra sottili.

« Tutto bene, la solita storia » rispose Mary con una scrollata di spalle. « Voi? »

« Un mortorio. Mia sorella più grande si è fidanzata e non fa altro che parlarne! E in più la McGranitt ci aveva riempiti di compiti! » si lamentò Marlene, sbuffando. Lanciò un’occhiata all’orologio babbano che teneva al polso e si alzò. « Vorrei rimanere ancora con voi, ma il treno sta per partire e io devo copiare l’ultimo tema di Erbologia da un Corvonero! Ci vediamo al castello, ragazze! »

Le altre cinque la salutarono con calore e Marlene chiuse dietro di sé la porta scorrevole dello scompartimento. 

Continuarono a parlare l’una delle proprie vacanze a lungo, mentre fuori dal finestrino lo scenario continuava a cambiare. Il treno era partito ormai da più di un’ora, quando la porta dello scompartimento si aprì nuovamente. 

Un ragazzo mediamente alto, con i capelli biondi e gli occhi castani sorrise a tutte loro, ma quando il suo sguardo si posò su Mary non si spostò più.

« Dylan! » esclamò la ragazza, saltando in piedi e abbracciandolo di slancio. Lui rise e la strinse a sé, circondandole la vita con le braccia; lei alzò il mento e lo baciò con trasporto, e il ragazzo non si fece pregare per rispondere al bacio.

« Prendetevi una camera » commentò Miriam con un ghigno, ad appena un metro dai due. 

Mary e Dylan si staccarono e, mentre lui arrossiva e si grattava una guancia imbarazzato, lei le rispose facendole la linguaccia. 

« Spero ci scusiate, ma noi vi salutiamo! » disse con un sorriso, prendendo la mano del proprio ragazzo e uscendo dallo scompartimento di gran lena.

« Ciao, ragazze. Ci vediamo dopo » sorrise Dylan, che dopo seguì Mary e si richiuse la porta alle spalle.

« Li rivedremo direttamente ad Hogwarts, vero? » domandò Lily, approfittando dell’assenza dell’amica per distendere le gambe sul suo sedile e mettersi più comoda. 

Fuori dal finestrino, notò con uno sguardo distratto, c’erano solo colline, alberi e un lago poco distante. 

« Molto probabilmente sì » confermò Kate, stringendosi nelle spalle, legandosi i capelli in una coda alta. 

« La tua storia con Thomas come va, invece? » le chiese Miriam con interesse.

Kate sospirò tristemente e abbassò gli occhi sulle proprie mani. 

Non era timida quanto Claire, che era la sua migliore amica, ma non era neanche una ragazza aperta come Miriam: era molto semplice, sia nei modi che nell’aspetto. I capelli neri le arrivavano giusto alle spalle e la frangetta le sfiorava appena gli occhi scuri.

« Ci siamo lasciati a luglio » rispose Kate. « O meglio, mi ha lasciata a luglio… ».

« No! Come mai? » le domandò Lily, dispiaciuta. Loro due non avevano mai legato particolarmente, ma tutte quante sapevano quanto lei tenesse a Thomas: dopotutto erano stati insieme quasi due anni e tutte in camera avevano dato per scontato che quei due sarebbero rimasti insieme per molto tempo.

« Non provava più le stesse cose: questa è stata la sua spiegazione ».

« Mi dispiace tanto, Kat » disse Miriam, sfiorandole la gamba per darle sostegno. 

L’altra la guardò con riconoscenza e si strinse ancora nelle spalle.

« Dopo tutto quel tempo mi fa strano pensare che non stiamo più insieme, onestamente, ma un po’ alla volta ci sto facendo l’abitudine » spiegò mestamente. « Voi, invece? Ragazzi? »

« Ho messo gli occhi su Stebbins » annunciò Miriam. 

« Ma non stava con Elisabeth Corner? » domandò Claire con un sopracciglio inarcato.

« Hai detto bene: stava. Si sono lasciati. E poi lui è veramente bello ».

Lily, Claire e Kate scossero la testa, ridendo. 

Miriam era sempre stata così, non era mai stata una ragazza da storia seria. Aveva avuto molti ragazzi, ma nessuno di loro era durato a lungo: la sua relazione più duratura si era protratta per due mesi, prima che lei si stufasse e lo lasciasse. 

« Mi piacerebbe continuare a parlare di quanto sia bello George Stebbins, ma ho la riunione dei Prefetti. Appena finisce torno. Ci vediamo dopo! » disse Lily, alzandosi dal sedile. Le amiche la salutarono e lei uscì per dirigersi verso lo scompartimento dei Prefetti.

Durante il tragitto incontrò alcuni amici che la salutarono, ma affrettò il passo quando si accorse di essere in ritardo. 

Non appena arrivò a destinazione, entrò rapidamente e i suoi occhi incontrarono subito quelli di Remus Lupin, che era in piedi a qualche passo dall’entrata. 

Scorse Benjamin Fenwick ed Emmeline Vance che spiegavano ad alcuni ragazzi del Quinto anno, i nuovi Prefetti delle loro Case, quali fossero i loro compiti, ma la cosa che la sconvolse di più fu vedere James Potter in piedi accanto a Remus.

« Buongiorno a tutti » disse, cercando di dissimulare il proprio stupore, fermandosi accanto al proprio compagno di Casa; facendo finta di nulla, salutò l’amico con un bacio sulla guancia. 

Lo scompartimento riservato ai Prefetti era il più ampio di tutto il treno, poiché era l’ultimo di essi ed era grande come quattro normali: i sedili erano disposti lungo tutto il perimetro dello scompartimento, in modo tale che i loro occupanti potessero guardarsi tutti in faccia senza problemi. 

« Non mi saluti, Evans? » domandò prontamente James, guardandola dall’alto dei suoi dieci centimetri in più e lanciandole un’occhiata divertita. 

Sapeva che probabilmente il suo commento l’avrebbe solamente fatta innervosire, ma non poté trattenersi: non la vedeva da giugno, ormai, e sebbene avesse smesso di assillarla ogni giorno, non riusciva a smettere di cercare di ottenere la sua attenzione. 

« Ti sei perso, Potter? Questo è il vagone dei Prefetti » ribatté Lily, perplessa, cercando ugualmente di mostrarsi distaccata e noncurante. 

Dopotutto la figura di James Potter stonava terribilmente in quell’ambiente, in quel vagone dai morbidi sedili rivestiti di stoffa verde e dedicato esclusivamente ai Prefetti. 

« Oh, lo so! Per questo sono qui! » esclamò però i ragazzo, e indicò la spilla attaccata al proprio mantello. 

Con suo sommo orrore, Lily vide la C stampata sopra la spilla – messa totalmente di fretta, lei ne era sicura, perché altrimenti non l’avrebbe fissata al contrario.

« Tu sei stato eletto Caposcuola? » gracchiò, spalancando gli occhioni verdi e facendo sogghignare il ragazzo. 

Non era possibile, non era semplicemente possibile, si disse Lily. 

Sapeva che era intelligente, e, sebbene il suo comportamento fosse migliorato notevolmente durante l’anno precedendo, di sicuro non era la persona più adatta a quel ruolo: che cosa si era bevuto Silente quando aveva deciso di nominarlo Caposcuola? 

« Già » disse James, annuendo. « Siamo colleghi, ora. Non sei felice? Il sogno della tua vita è finalmente diventato realtà! »

Il sopracciglio di Lily scattò rapidamente verso l’alto, arcuandosi e facendo sì che la ragazza potesse esibire l’espressione più scettica del proprio repertorio. 

Erano anni che le cose, tra loro due, andavano avanti così; lui scherzava e le faceva una battuta, alla quale lei rispondeva prontamente con una risposta tagliente, finendo così per dare il via ad uno dei loro soliti litigi. 

Se c’era qualcosa che gli studenti di Hogwarts avevano imparato a riconoscere, infatti, erano i segnali che presagivano una delle discussioni tra James Potter e Lily Evans. 

Solitamente era lui a cominciare il tutto, cercando di innervosirla come meglio poteva: o facendo uno scherzo a qualche povero malcapitato che gli capitava sotto tiro, o facendo commenti allusivi diretti proprio alla ragazza, o appellando magari il libro che quel giorno lei portava sottobraccio. Tutto ciò era noto come fase uno

Dopodiché si passava alla cosiddetta fase due, durante la quale il ruolo principale era quello di Lily; in base a ciò che lui faceva o diceva per irritarla, infatti, lei sceglieva cosa fare: se rispondergli a tono, o affatturarlo. 

Al termine di questa fase cominciava la fase tre, una delle preferite dal resto degli studenti: James parava con tranquillità l’incantesimo, quando lei decideva di scagliargliene uno contro, per poi passarsi una mano tra i capelli scuri e sfoderare uno dei suoi sorrisi a trentadue denti. 

Come se questo non bastasse a spazientire ulteriormente la ragazza, James non dimenticava mai di andare avanti con la fase quattro, che consisteva in sei semplici parole, le quali erano ben presto diventate la sua frase più famosa: « Vieni ad Hogsmeade con me, Evans? ». Al ché, Lily, lanciandogli l’ennesima occhiata assassina, gli rispondeva prontamente: « Non uscirei con te neanche se dovessi scegliere tra te e la Piovra Gigante », prima di andare via a testa alta, portando a termine l’ultima fase, la fase sei.

E sì, James Potter sembrava essere maturato rispetto ai suoi primi cinque anni ad Hogwarts ed era diventato meno insistente, ma si sa, certe cose non cambiano mai del tutto.

« Lavorare con te non è esattamente un mio sogno, Potter » ribatté Lily con uno sbuffo alterato. « Al massimo, è il mio incubo ».

La risata squillante di James attirò li sguardi di alcuni Prefetti già seduti sui vari sedili, perciò il ragazzo – complice anche l’occhiata ammonitrice  di Remus – preferì lasciar perdere quello che per anni era stato il suo obbiettivo e divertimento principale. 

« Tranquilla, Evans, il tuo segreto è al sicuro con me. Non dirò a nessuno che in realtà hai sempre voluto lavorare con me… » mormorò a bassa voce, chinandosi per poterle parlare a poca distanza dall’orecchio, senza potersi trattenere; quando la vide corrucciare la fronte e aprire la bocca per ribattere, però, si raddrizzò nuovamente e continuò a parlare. « Inoltre, dal momento che siamo i due nuovi Caposcuola, penso che dovremmo alzarci e prendere in mano la situazione ».

Così dicendo, il ragazzo le rivolse un ultimo sorriso a trentadue denti, prima di fermarsi al centro del vagone; la mano gli corse involontariamente tra i capelli scuri, spettinandoli ulteriormente. 

Dopo aver lanciato un’occhiata a metà tra il basito e l’infastidito a Remus, come a sfogarsi, e avendo ricevuto in risposta una semplice alzata di spalle, Lily seguì James in mezzo al vagone, sotto gli sguardi perplessi della maggior parte dei presenti.

« James, davvero ti hanno fatto Caposcuola? » domandò Benjamin, a metà tra il divertito e lo scioccato.

« Già, Benjy » confermò lui, passandosi di nuovo la mano tra i capelli, e Lily provò l’impellente desiderio di amputargli le mani. 

Il Tassorosso lo guardò ancora qualche secondo a bocca aperta, come se stesse per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e si strinse nelle spalle, ridacchiando tra sé e sé.

« Okay, Capuscuola a parte, manca qualcuno? » domandò Lily. Gli altri Prefetti si guardarono intorno e negarono, perciò la ragazza proseguì. « Per ora non credo ci sia bisogno di dire granché, parleremo meglio durante la prima riunione ad Hogwarts. Oggi pattuglierete il treno insieme al Prefetto del vostro stesso anno e della vostra stessa Casa ».

« Come decidiamo quale Casa comincia? » domandò un ragazzo di Corvonero del Quinto anno.

« In quanto Caposcuola, inizieremo io ed Evans » rispose James, lanciando poi uno sguardo al Prefetto dell’ultimo anno di Serpeverde: Severus Piton continuava a guardarlo come se volesse incenerirlo lì, sul posto. 

James non poté trattenersi dal ghignare leggermente: dopotutto, lui e l’altro ragazzo non erano mai andati d’accordo, anzi, era dal terzo anno che ogni tanto si lanciavano contro alcune fatture o incantesimi.. 

Per quanto riluttante, in ogni caso, Lily dovette ammettere che quanto suggerito dal proprio compagno di Casa fosse la cosa più saggia da fare. 

« Dopo di noi, andremo in ordine alfabetico. Prima Corvonero, poi Grifondoro, Serpeverde e infine Tassorosso. D’accordo? »

Tutti quanti annuirono, ma una ragazza del Sesto anno di Serpeverde alzò la mano e Lily le fece segno di parlare. 

La ragazza, che aveva lunghi capelli neri e occhi castani, puntò lo sguardo su James, pensierosa; sedeva vicino a uno dei finestrini del vagone, e sebbene fosse lontana qualche metro da loro la giovane Caposcuola riuscì comunque ad appurare che nei suoi occhi non c’era alcun pregiudizio o fastidio: sembrava solo curiosa. 

« I Caposcuola non dovrebbero prima essere stati Prefetti? Potter non lo è mai stato. Io non ho nessun problema, però non capisco il motivo. Non potevano scegliere Lupin? Ora ci sono tre ragazzi del Settimo anno di Grifondoro che fanno i Prefetti » disse infatti, perplessa. 

Lily la conosceva solo di nome – si chiamava Jennifer Bole e frequentava il sesto anno – e sapeva che lei era una delle poche Serpeverde a non avere problemi con i Mezzosangue o i Nati Babbani.

James si passò una mano tra i capelli, non sapendo cosa rispondere. 

Effettivamente, anche lui se lo era chiesto: si era aspettato di venir nominato Capitano della squadra di Quidditch, non Caposcuola. All’inizio, a essere onesti, ci era rimasto anche male: l’anno precedente si era impegnato come non mai per poter far vincere a Grifondoro la Coppa del Quidditch, ed era tornato a Godric’s Hollow con la certezza che il titolo di Capitano quell’anno sarebbe stato suo.

« Non te lo so dire, Bole » ammise il ragazzo. « Neanche io me lo aspettavo ».

« Nessuno se lo aspettava » commentò Severus Piton, alzando gli occhi al cielo ed incrociando le braccia al petto.

Lily gli lanciò un’occhiata a metà tra l’infastidito e il concorde.

« Silente avrà avuto i suoi motivi » si ritrovò a dire. Non sapeva perché si fosse messa a difendere James Potter, ma Silente, per quanto potessero essere discutibili le sue scelte, non era uno sciocco. In più, in quanto Caposcuola a sua volta, doveva essere lei la prima a supportare il proprio collega, chiunque egli fosse. « Detto questo, potete andare ».

I Prefetti annuirono e un po’ alla volta tutti quanti lasciarono il vagone. 

Lily aspettò vicino alla porta che i due Malandrini finissero di parlare per poter cominciare la ronda insieme all’altro Caposcuola. Quando i due smisero di chiacchierare, le si avvicinarono; Remus la salutò con la solita gentilezza, prima di andarsene. 

« Immagino quanto tu sia felice di dover pattugliare insieme al sottoscritto » commentò scherzosamente James mentre cominciavano la ronda. 

Lily gli lanciò un’occhiata di sfuggita e si lasciò sfuggire un brontolio, ma non rispose. James, al contrario delle aspettative, rise e non fece altri commenti come suo solito.

La ronda andò avanti ancora mezz’ora e lei fu felice di non doversi sorbire nessun monologo alla James Potter: il ragazzo, infatti, rimase in silenzio per quasi l’intera durata della ronda, a parte qualche domanda su quello che aveva fatto quell’estate, nonostante Lily avesse troncato ogni suo discorso agli albori.

Quando ebbero finito, si salutarono e si divisero. 

Mentre tornava verso lo scompartimento che lui e gli altri Malandrini avevano occupato, ripensò all’ora che era appena trascorsa. Ancora non riusciva a credere di essere riuscito a mantenere una conversazione normale con Lily Evans per più di un’ora. 

Non che se ne dispiacesse, anzi, lui aveva provato più volte a parlarle civilmente l’anno precedente, ma non ci era mai riuscito: in un modo o nell’altro, infatti, lei aveva sempre trovato un motivo per prendersela con lui. Certo, doveva ammettere che innervosirla lo divertiva ancora molto, ma i suoi scherzi e le sue battute non erano più inopportune e ammorbanti come invece erano state fino alla fine del quinto anno; ormai era arrivato a pensare che forse, sotto sotto, anche lei si divertisse a litigare con lui.

« Ancora vivo? Onestamente pensavo che la Evans ti avrebbe ucciso e poi avrebbe buttato il tuo cadavere giù dal treno » disse Sirius non appena rimise piede nello scompartimento. 

James sorrise e si passò una mano tra i capelli, tornando a sedersi sul sedile che aveva lasciato per andare alla riunione.

« Smettila, dai » sospirò Remus, chiudendo il libro che stava leggendo. « Non è terribile come la dipingi. È una brava ragazza ».

« Sì, è una brava ragazza, così dolce e carina, così gentile e bla, bla, bla » sbuffò Sirius, roteando gli occhi. « Tu e Mary dite sempre le stesse cose » aggiunse poi, non potendo trattenersi dal tirare in ballo anche l’amica. 

« Be’, è vero che è gentile » si intromise Peter timidamente. « L’anno scorso mi ha aiutato molto in Pozioni senza che glielo dovessi chiedere »,

« Lo so che è una brava ragazza » disse James per bloccare il discorso. Odiava parlare di Lily in pubblico: loro erano i suoi migliori amici, ma la cosa lo metteva quasi in imbarazzo. Non sapeva spiegare i sentimenti che provava verso Lily: da una parte lo infastidiva e lo faceva infuriare il modo in cui lei lo trattava, ma d’altro canto quando la vedeva non riusciva più a pensare normalmente. « A proposito di Mary: dov’è? »

« Da qualche parte con Dylan » disse Sirius, sbuffando per l’ennesima volta e allungandosi alle bell’e meglio sul sedile accanto al suo. 

Il primogenito di Walburga e Orion Black era indubbiamente un bel ragazzo, anzi, uno dei ragazzi più belli che Hogwarts offrisse all’epoca: i capelli neri, tenuti forse un po’ troppo lunghi, gli occhi grigi e penetranti, il modo di fare così distaccato ed elegante lo rendevano uno dei giovani più apprezzati dalla popolazione femminile della scuola. Ciò non voleva dire, però, che preferisse le ragazze ai propri migliori amici: anzi, per quanto potesse piacere, Sirius si ritrovava spesso a rifiutare un appuntamento a Hogsmeade per potervi andare insieme agli altri Malandrini.

« Ormai da quanto stanno insieme? » domandò Peter, scartando una Cioccorana, quando i suoi due amici nominarono Mary.

« Sei mesi e qualcosa » rispose James, stravaccandosi sul sedile. « Sembrano felici insieme. Quest’estate sono usciti di continuo, e poi Dylan mi sembra un ragazzo a posto ».

« Sì, è un bravo ragazzo. Abbiamo studiato insieme ogni tanto » disse Remus.

« Abbiamo capito che Lily Evans e Dylan Goldstein sono dei bravi ragazzi. Dobbiamo trovarne altri o possiamo parlare di qualcos’altro? » si lamentò l’altro, annoiato. 

James rise e tutti e quattro decisero di cambiare discorso. 

Dopo un po’ di tempo, Peter e Sirius cominciarono a giocare a scacchi, nonostante il primo continuasse a battere l’altro continuamente, mentre Remus puntò lo sguardo ambrato su James, guardandolo con insistenza.

« Che c’è, Moony? » gli domandò, mentre Sirius imprecava non appena Peter mise sotto scacco il suo re per l’ennesima volta.

« Com’è andata la ronda? » ribatté il giovane Lupin, cercando di nascondere la propria preoccupazione.

James si strinse nelle spalle e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa, scivolando ancora di più contro lo schienale del sedile; il discorso Lily Evans era, da un anno a quella parte, quello che gli risultava il più difficile di tutti.

« Tutto tranquillo » si limitò a dire con tono vago, fingendo noncuranza.

« Di cosa avete parlato? »

« Non abbiamo parlato, praticamente ».

Remus sospirò e si passò una mano sul viso, esasperato. 

« Ti avevo detto di provare a fare conversazione, Prongs! » 

« L’ho fatto, ma lei continuava a rispondere a monosillabi! Se avessi fatto altre domande mi avrebbe schiantato, e sappiamo entrambi che ne sarebbe stata capacissima » si lamentò James, sconfortato. 

Remus lo guardò con apprensione ad annuì. 

A vederla così, James aveva fatto bene a non insistere: Lily già non lo sopportava granché, se l’avesse esasperata ancora di più avrebbe solo peggiorato la situazione. Remus aveva capito ormai da tempo cosa provava il suo amico per Lily e, al contrario di Sirius, non faceva di tutto per negarlo. Il modo in cui la guardava, come ne parlava: tutte quelle piccole cose erano chiari segnali dei sentimenti di James. 

Lanciò uno sguardo a Sirius e pensò che anche lui, prima o poi, avrebbe dovuto accettarlo e smetterla di essere così geloso del proprio migliore amico. 

« Hai fatto la cosa giusta » gli assicurò con un sorriso.

« Moony… »

« Sì? »

« Questo è l’ultimo anno in cui potrò vederla » mormorò James, abbozzando un sorriso mesto.

Remus si sporse un po’ verso di lui e gli poggiò una mano sul ginocchio. 

« Non disperarti ora, hai ancora nove mesi per farle capire come sei davvero ».

 

*

 

Per una Nata Babbana come lei tornare a Hogwarts era sempre una sensazione meravigliosa e quell’anno, se possibile, era stato ancora meglio. Dopo aver passato due mesi lontana da qualsivoglia forma di magia, quella che Hogwarts emanava era così tangibile che Lily pensava che l’avrebbe quasi potuta sfiorare. 

Si sedette al tavolo di Grifondoro accanto a Mary, sorridendo a Miriam che, invece, si era seduta insieme a un paio di ragazzi del sesto anno che sembravano pendere dalle sue labbra. 

Lily fece per dire qualcosa a Mary, ma proprio quando stava per aprire bocca davanti a lei si sedette Remus. James si mise di fronte alla propria migliore amica, con Peter al proprio fianco, mentre Sirius fece il giro del tavolo e si mise proprio accanto a Mary, in modo da stare di fronte a uno dei suoi tre amici.

Si salutarono a vicenda, mentre il professor Silente si alzava e si posizionava dietro al leggio per iniziare il suo solito discorso. Si schiarì la voce e poi cominciò a parlare a tutti gli studenti, che ormai si erano seduti al proprio tavolo di appartenenza.

« So che sarete stanchi e affamati, miei cari studenti, ma temo dobbiate pazientare ancora un po’ » disse, facendo un cenno alla professoressa McGranitt, la quale aprì il portone dal quale poi entrarono i bambini che dovevano essere smistati.

« Abercrombie, Lauren » lesse la professoressa, e una ragazzina dai folti capelli neri si andò a sedere sullo sgabello per indossare il Cappello Parlante. 

La Sala Grande rimase in silenzio quasi un minuto, fino a quando il Cappello non urlò: « Corvonero! » e Lauren si andò a sedere al tavolo della sua nuova Casa.

« Bilman, Lionel » chiamò ancora la McGranitt. 

Questa volta a sedersi sullo sgabello fu un ragazzino smilzo dai capelli chiarissimi e dall’aria altezzosa, che finì a Serpeverde tra gli applausi del tavolo verde-argento.

Jade Colfer venne smistata a Tassorosso ed Henry Edgecombe a Corvonero, mentre la prima nuova Grifondoro fu una ragazzina leggermente in carne dai capelli color mogano che si chiamava Margaret Flanagan.

Altri due ragazzini finirono a Tassorosso, Anthony Lannister a Serpeverde e Rose McPearson a Grifondoro. Lo smistamento andò avanti ancora a lungo, finché l’ultimo ragazzino, Charles Zeller, non venne mandato tra i Corvonero.

« Pensavo non finissero più » commentò Peter, mentre il custode del castello, Gazza, si accingeva a portare via lo sgabello ed il Cappello.

« A chi lo dici, Worm » gli diede manforte Sirius. « Spero che Silente non la tiri troppo per le lunghe ».

Mary gli diede una debole gomitata al braccio e lui alzò gli occhi al cielo, in realtà piuttosto divertito. Tra loro era quella la normalità: lui che diceva o faceva qualcosa di scemo, e lei che puntualmente rispondeva con una sberla – anche se, lo sapevano bene entrambi, i suoi schiaffi non gli facevano affatto male, così come le battute di lui non erano mai cattive o esagerate. 

« La solita manesca » commentò dunque il ragazzo, sogghignando.

« La tua vista mi ispira violenza » ribatté lei, senza degnarlo di un’occhiata e puntando lo sguardo sul Preside per non distrarsi. 

« Addirittura… » fece Sirius, sempre sorridente, con tono vagamente allusivo.

Al ché, Mary si girò verso di lui e lo guardò con un sopracciglio inarcato. 

« Sono molti di meno i primini rispetto agli anni passati, ci avete fatto caso? » chiese Remus, pensieroso, ignorando quel piccolo battibecco tra i suoi due amici.

« Probabilmente molte famiglie hanno preferito non mandare i figli ad Hogwarts » ipotizzò James, facendo vagare il proprio sguardo sui quattro tavoli della Sala Grande. « E dire che, quando eravamo noi al primo anno, eravamo più di quaranta. Quest’anno saranno stati trentacinque al massimo ».

« Trentatré » lo corresse Lily, che a sua volta aveva notato la differenza tra quello smistamento e il loro. 

James le lanciò un’occhiata e annuì, prima di riportare lo sguardo sul preside, che era tornato al leggio.

« Adesso che si è concluso lo smistamento, vorrei parlarvi di una cosa importante, prima di dedicarci ai piatti che ci sono stati preparati » cominciò Silente. « Alcuni non vorrebbero che ve ne parlassi, ma ritengo necessario mettervi al corrente della situazione al di fuori di questo castello. Come ben saprete, il Mondo Magico sta combattendo contro un Mago che si fa chiamare Lord Voldemort e i suoi seguaci. Sono tempi terribilmente bui, questi, ma non è tutto perduto: alcuni di voi saranno decisivi in questa guerra. Voi siete la speranza migliore che il Mondo Magico abbia, e solo uniti riusciremo a uscire da questa situazione ».

La mano di Mary cercò e trovò subito quella di Lily, che girò leggermente il viso verso di lei per sorriderle appena. 

« Dalle notizie che ho ricevuto » riprese Silente, dopo essersi sistemato gli occhiali a mezza luna sul naso. « le schiere di Voldemort si stanno riempiendo sempre di più, perciò devo chiedervi di stare attenti. È un dispiacere immenso, per me, dover sospettare che qualcuno in questo castello possa essere un sostenitore di quell’uomo, ma in periodi del genere non si può che fare altrimenti. Voglio solo dirvi di stare attenti e di capire per cosa volete lottare. E ora, buon appetito ».

Una volta che Silente ebbe concluso il suo discorso, batté le mani e i piatti davanti agli studenti si riempirono all’istante di cibo. 

Lily guardò il cibo davanti a lei e si riempì il piatto solo perché Remus le passò il vassoio dell’arrosto. 

Le parole di Silente, per quanto riflettessero alla perfezione i suoi stessi pensieri, l’avevano fatta pensare. Effettivamente, chiunque poteva essere un Mangiamorte, anche qualche studente. Lily osservò un ragazzo di Corvonero al tavolo accanto al loro: poteva essere un Mangiamorte. E anche quella ragazza seduta al tavolo dei Tassorosso poteva esserlo. Così come anche il ragazzo che l’aveva gentilmente aiutata a scendere dal treno. 

« Tutto bene, Evans? » le domandò James, che la stava guardando con le sopracciglia inarcate.

Lily quasi sobbalzò quando lo sentì parlare ed annuì rapidamente. 

Si guardò attorno, vedendo la propria migliore amica che litigava per qualche oscuro motivo con Sirius, Remus che parlava con un ragazzo accanto a lui e Peter che si divertiva a guardare Mary e l’amico.

« Sei sicura? Sei pallida » insistette James, inclinando leggermente il capo per studiarla con più attenzione.

« Non è niente, ero solo sovrappensiero » rispose lei, evasiva. 

James continuò a guardarla ancora qualche secondo, come se stesse cercando qualcosa che potesse dirgli che stava mentendo, ma poi lasciò perdere e sospirò, tornando al proprio piatto. 

Lily anche si concentrò sull’arrosto che aveva nel piatto e cominciò a mangiarne un po’, girandosi verso Mary e Sirius per ascoltarli e distrarsi. Da quanto capì, lui aveva fatto una battuta delle sue e lei aveva ribattuto come suo solito, e avevano finito per bisticciare per l’ennesima volta.

« Smettila di fare l’idiota! » si lamentò la ragazza, sbuffando e portandosi alle labbra un calice pieno d’acqua per bere. 

Sirius sbuffò a sua volta e le fece il verso, per poi tornare ad abbuffarsi; Peter rise e si scambiò un’occhiata con James, che si strinse nelle spalle con una risatina.

« Ormai sono abituato a far loro da baby sitter » commentò semplicemente, sorridendo.

« Guarda che ti sento! » esclamarono contemporaneamente Mary e Sirius. 

Non appena lo ebbero detto, si guardarono indispettiti, ma poi scoppiarono a ridere e a prendersi in giro di nuovo.

« Visto? Dopo sette anni ci si fa l’abitudine » disse James, facendo ridere tutti quanti.

La cena proseguì in piena calma e riuscirono, almeno per quel momento, a scordarsi delle parole di Silente e dal loro significato. Pensarono solamente a chiacchierare del più e del meno e a scambiarsi battute, finché Lily e James non dovettero alzarsi per accompagnare gli studenti del primo anno alla Sala Comune. Salutarono gli altri quattro e si avviarono verso il portone, seguiti dai primini. 

« Ci siete tutti? » chiese James dopo qualche minuto, e i ragazzini annuirono. « Perfetto, andiamo ».

Spiegarono ai ragazzini tutto quello che c’era da sapere su Hogwarts per cominciare: su quali gradini non posare il piede, a quali ritratti non rivolgere la parola e alcune scorciatoie per arrivare prima in Sala Grande.

« La parola d’ordine di questo mese è Mandragola » disse Lily, precedendoli dentro la Sala Comune e conducendoli alle scale che portavano ai dormitori. « Le scale a destra portano ai dormitori femminili, quelle di sinistra ai dormitori maschili. Buona notte » finì, sorridendo a tutti i bambini.

« Ci sai fare con i ragazzini » commentò James, quando quelli furono saliti nelle proprie stanze.

Lily si strinse nelle spalle e gli sorrise leggermente. 

« Mi piacciono. E poi mi fanno tenerezza ».

« Io però non ti facevo tenerezza quando avevo undici anni » le fece presente lui, ma anche lei capì che stava scherzando e non la stava sfottendo o provocando come al solito.

« Tu eri terribile ».

« Ero? Vorresti forse dirmi che non lo sono più? »

« Oh, no. Se possibile, lo sei ancora di più » scherzò lei, stupendosi di se stessa. Non era solito per lei neanche parlare civilmente con James Potter, figurarsi scherzarci insieme. Il mondo, pensò, aveva cominciato a girare al contrario.

« Cosa sei ancora di più, Prongs? » domandò Sirius, entrando in quel momento in Sala Comune. 

Dopo di lui, entrarono anche Peter e Remus. 

« Idiota ».

Peter ridacchiò, mentre Remus si limitò a sospirare e ad alzare gli occhi al cielo. 

Quei due non sarebbero mai cambiati, ne era certo: avrebbero continuato a insultarsi per tutta la vita, molto probabilmente. Considerando il carattere decisamente lunatico di Lily, poi, non gli risultava difficile immaginarla ad insultare James per baciarlo qualche secondo dopo. 

« Le tue dimostrazioni di affetto nei confronti di James mi sorprendono sempre » commentò Sirius, superandoli per andarsi a sdraiare sul divano. 

Il ragazzo in questione si strinse nelle spalle senza dire nulla e, insieme agli altri, lo imitò; Lily attese un attimo, imbarazzata, non sapendo cosa fare, prima di seguirli a sua volta, ma senza sedersi con loro.

« Dov’è Mary? » chiese, lanciando l’ennesima occhiata al buco del ritratto. 

« Si è fermata fuori per salutare Dylan » rispose Peter, sorridendole con gentilezza.

Sirius fece una smorfia e finse di essere colto da un conato di vomito, facendo ridacchiare gli altri. 

Anche Lily, suo malgrado, dovette ammettere di averlo trovato divertente. Stava per ringraziare Peter, quando Mary finalmente entrò in Sala Comune; non appena li vide, si diresse subito verso di loro, sorridente.

« Ehi, ragazzi! »

« Ma come, avete già finito? » le domandò Sirius con malizia, guadagnandosi un’occhiataccia. Mary si sedette sul bracciolo su cui lui si era appoggiato con il collo e gli diede uno schiaffo sulla testa. « Oi! » si lamentò il ragazzo, massaggiandosi la nuca.

« Così impari » replicò lei, alzandosi nuovamente e dirigendosi verso James. Gli scoccò un bacio sulla guancia, così come agli altri tre, prima di affiancare Lily, che non si era spostata. « Saliamo? Credo che le altre siano già in camera ».

Lily annuì e, dopo aver salutato i ragazzi, si diresse verso le scale insieme a Mary. 

La camera era esattamente come l’avevano lasciata: sopra il comodino di Miriam c’era il suo poster di un gruppo babbano, i Queen, mentre sopra la testiera del letto di Claire c’erano ancora tutti i post-it magici che lei ci aveva attaccato. 

Con un sorriso, Lily capì di essere finalmente tornata a casa.

 

 


Note:
Be’, per prima cosa: benvenuti a tutti!
Prima di fare alcuni appunti sulla storia in sé, vorrei dirvi che questa è la terza edizione di una fan fiction che iniziai a scrivere anni fa. Non so se alcuni dei miei lettori frequentano ancora il sito, ma se così fosse (e se si fermassero su questa storia) volevo scusarmi per essere sparita di punto in bianco. Sono molto dispiaciuta, ma la vita reale ha richiesto più importanza in seguito ad alcuni problemi personali.
Adesso, però, passiamo alle cose un po’ più allegre!
Questa volta prima di pubblicare il primo capitolo ho deciso di scriverne un po’ prima, in modo tale da evitare di lasciare questa storia incompiuta. Ci tengo molto e ho capito che, se non la porto a termine, continuerò a rimpiangere di non averlo fatto.
Per prima cosa, ci tengo a specificare una cosa: so benissimo che James non è stato né Prefetto né Caposcuola, ma ho dovuto prendermi qualche libertà per portare avanti la mia storyline. Il motivo per cui Silente ha scelto James come Caposcuola, comunque, verrà spiegato più avanti, ma posso assicurarvi che ha un suo perché (almeno per me, certo).
Mary MacDonald ho deciso di usarla come personaggio perché nella Saga è Lily a dire “La mia amica Mary mi ha detto…” perciò ho ricollegato i due nomi. Il rapporto tra lei e James, invece, è ovviamente di mia invenzione.
Ed ecco qui, invece, i prestavolto:
James Potter: Aaron Johnson
Lily Evans: Karen Gillan
Sirius Black: Ben Barnes
Mary MacDonald: Kaya Scodelario
Remus Lupin: Andrew Garfield
Peter Minus: Jamie Bell
Miriam Parker: AnnaSophia Robb
Il prossimo capitolo verrà pubblicato lunedì prossimo!
Fatemi sapere cosa ne pensate, di questo capitolo, perché tengo veramente molto a questa storia e le vostre opinioni sono fondamentali per portarla avanti al meglio!
Un bacione,
Ale

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Capitolo 2
*** Al sicuro (o forse no) ***


Capitolo II
Al sicuro (o forse no)

 
2-al-sicuro
« Oh, baby, baby, it’s a wild word
It’s hard to get by just upon a smile ».
Cat Stevens, "Wild World"
 

Dopo aver rimandato ad oltranza il momento di alzarsi dal letto, Lily dovette arrendersi e togliere la testa da sotto le coperte, accorgendosi così che tutte le finestre erano già state spalancate e che lei era l’ultima ad essersi svegliata. Perfino Miriam si era alzata prima di lei, e ciò era un evento da segnare sul calendario vista la sua rarità: eppure era lì, in piedi di fronte allo specchio, tutta concentrata sul rossetto rosa che stava stendendo sulle proprie labbra. 

Claire si stava sistemando allacciando la camicia, mentre chiacchierava - a voce fin troppo alta per i timpani ancora sensibili di Lily - con Kate, che invece era già pronta e si stava spazzolando i capelli castani. Vedendo che il letto di Mary era vuoto e che la porta del bagno era chiusa, capì che la sua amica doveva essere proprio lì.

Quando la voce alta di Mary, sebbene leggermente attutita dallo scrosciare della doccia, arrivò alle loro orecchie, Lily e Miriam si lanciarono un’occhiata divertita. Entrambe conoscevano quel pezzo praticamente a memoria, perché era uno dei preferiti di Mary e lei lo cantava di continuo ormai dall’anno prima. Era un brano dei Ministry of Sound, un gruppo musicale magico che ormai da qualche anno spopolava tra i giovani. 

« Noi cominciamo a scendere, ragazze » disse ad un tratto Claire, attirando dunque l’attenzione di Miriam e Lily. « Ci vediamo giù in Sala Grande, va bene? »

« Be’, io direi direttamente in classe » commentò invece Kate, lanciando un’occhiata divertita alla rossa. « Lily, forse è meglio se cominci a prepararti, altrimenti rischi di far tardi a colazione ».

Sebbene non avesse minimamente voglia di farlo, Lily si alzò dal letto e cominciò a preparare la divisa che avrebbe indossato dopo essersi fatta una bella doccia. Nel breve tragitto tra il letto e l’armadio, tuttavia, fece il grande errore di guardarsi allo specchio, scoprendo così il disastro che erano in quel momento i suoi capelli. Borbottando maledizioni contro la propria chioma, prese dal guardaroba una camicetta leggera, la gonna della divisa, la cravatta e un paio di calze. Posizionò tutto sul letto e vi si sedette, aspettando che il bagno venisse liberato. 

Fortunatamente Mary uscì dopo pochi minuti: aveva già indossato la divisa, ma si stava ancora occupando degli ultimi bottoni della camicia. Stava ancora canticchiando tra sé e sé, accompagnando il tutto con degli eccessivi movimenti dei fianchi, ma smise non appena vide Lily. 

« Ah, ce l’hai fatta a svegliarti! » esclamò con un sorriso raggiante, avvicinandosi al proprio letto. « Le vacanze ti hanno fatto proprio male! Anche Miriam si è svegliata prima di te, oggi! »

« Ehi! » fece Miriam, in realtà palesemente divertita. 

Lily rise, alzandosi dal letto e dirigendosi verso il bagno. 

« Mi faccio una doccia veloce e sono pronta, datemi una decina di minuti al massimo » disse, facendo per entrare in bagno. 

« Non vi dispiace se vi aspetto direttamente giù a colazione, vero? » domandò Mary prima che lei si chiudesse la porta alle spalle. 

« No, certo » rispose Miriam, stringendosi nelle spalle.

« Ma come mai vuoi già scendere? » domandò invece Lily, un po’ perplessa. 

Mary alzò le spalle con finta nonchalance, ma alla rossa non sfuggì il sorriso malandrino che le piegò le labbra senza che lei riuscisse a trattenersi: le bastò quello per capire che la sua amica aveva in mente uno scherzo.

« Oh, nulla di che » rispose vaga, giocando distrattamente con la fine della treccia laterale in cui aveva legato i capelli. « Stavo pensando di svegliare James come si deve. Dopotutto l’anno scorso lui è stato così gentile da farlo per me, non ricambiare sarebbe maleducato. Giusto? »

« Oh, giustissimo » ridacchiò Miriam, iniziando a spazzolarsi i capelli. « Ovviamente non c’entra niente il fatto che lui ti abbia colorato i capelli di blu, l’anno scorso, no? »

« Certo che no! Per chi mi avete presa? » ribatté Mary, prima di far loro l’occhiolino ed uscire dalla stanza con aria allegra. 

Lily la guardò andarsene, sospirando. 

« Non cambierà mai, eh? » domandò a Miriam. 

« Mmh… no, non penso. Dopo una vita passata con James Potter credo che il danno sia ormai irreversibile » rispose l’altra, sorridente. « Ora vai a farti la doccia, su! O vuoi presentarti in Sala Grande così, distruggendo qualunque chance di rimorchio già il primo giorno? Non che sia un mio problema: meno ragazzi per te, più ragazzi per me! » aggiunse, scherzosa. 

« Vado, vado » si affrettò a dire Lily, divertita, entrando finalmente in bagno. 

Aprì subito l’acqua e mentre quella si riscaldava si tolse il pigiama, posandolo sul bordo del lavabo. Non appena mise piede nella doccia ed avvertì il calore dell’acqua scivolarle sulla pelle si lasciò andare ad un sospiro appagato, iniziando dunque a lavarsi. 

La sua mente tornò a quanto Miriam le aveva appena detto, e Lily si stupì per l’ennesima volta di quanto Mary fosse allo stesso tempo simile e diversa da James Potter. 

Essendo migliori amici sin dall’infanzia, infatti, i due erano veramente molto legati e riguardo molte cose sembravano l’uno la fotocopia dell’altra; tuttavia, sebbene per i primi quattro anni lei e Mary si fossero detestate cordialmente, negli ultimi due anni Lily aveva scoperto che quella ragazzina, inizialmente considerata un’arrogante teppista, era in realtà simpatica, molto sveglia e disponibile. Potter, al contrario, non le aveva mai dato veri motivi per cui si sarebbe dovuta ricredere sul suo conto: sì, aveva finalmente smesso di assillarla di continuo per chiederle di uscire, ma fino all’anno prima aveva continuato a comportarsi come se tutto gli fosse dovuto solo perché lui era il mitico James Potter

Ciononostante, doveva anche ammettere che si vedeva da lontano un miglio quanto Potter tenesse a Mary, e Lily non poteva che essere un po’ invidiosa di quella che ormai era anche la sua migliore amica: quei due erano così intimi ed uniti che a volte - solo a volte - le ricordavano la sua amicizia ormai finita con Severus. Se a farle stringere lo stomaco fosse la maniera di parlare, guardandogli negli occhi e capendosi solo così, o quell’istinto fraterno che c’era tra loro, questo Lily non lo sapeva e, forse, non lo voleva sapere.

Imponendosi di non pensarci più, uscì fuori dalla doccia e si strinse nell’accappatoio, tornando poi in camera. Miriam era seduta sul suo letto e stava leggendo la copia di Strega Oggi del giorno prima.

Lily si vestì velocemente, chiacchierando con Miriam delle vacanze estive. A quanto diceva, per scappare dalla guerra aveva passato tutta l’estate in un paesino sperduto della Francia, anche lei lontana dai propri amici. 

Continuarono il discorso anche durante il tragitto fino alla Sala Grande, eppure Miriam, per qualche motivo, sembrava molto meno turbata di Lily. Le sarebbe piaciuto prenderla più alla leggera, ma non ci riusciva: le era pesato molto trascorrere l’estate senza poter ricevere alcuna notizia sul mondo magico. 

Ad ogni modo, una volta entrata in Sala Grande i capelli fucsia e il broncio di James Potter catalizzarono la sua attenzione. 

Davanti a lui, Mary mangiava tranquillamente le proprie uova strapazzante, probabilmente facendo continui commenti sulla sua acconciatura - Lily lo capiva da come indicava la sua testa con la forchetta, trovando supporto negli altri Malandrini. Neanche Remus, infatti, riusciva a non ridacchiare di fronte alla zazzera rosa del suo amico. 

« Io sono stata invitata al tavolo di Corvonero per la colazione » le disse Miriam, attirando così la sua attenzione. « Vi raggiungo direttamente dopo! » aggiunse, prima di scoccarle un bacio volante ed avviarsi verso il tavolo di Corvonero. Casualmente, il posto che era stato tenuto occupato per lei era proprio quello di fianco a George Stebbins. 

Lily ridacchiò tra sé e sé, incamminandosi a sua volta verso Mary e i Malandrini. 

« Ti dona davvero molto questo colore, Potter » esordì, sedendosi accanto alla propria amica. 

Quest’ultima lanciò l’ennesima occhiata compiaciuta alla propria opera, mentre il ragazzo gemette e si passò le mani tra i capelli, e dalla sua espressione sembrava indeciso se mettersi a piangere o affatturare l’artefice di quel obbrobrio. 

« Sono contento che il mio nuovo look ti piaccia così tanto, Evans » ribatté lui, non riuscendo a trattenersi dal flirtare brevemente con lei, prima di girarsi nuovamente verso Mary. « Dai, dimmi che mi hai messo nel bicchiere! Non puoi davvero volermi far andare in giro così! » esclamò poi, afferrandosi una ciocca di capelli come se volesse mostrare alla ragazza la gravità di ciò che aveva fatto.

Una volta sceso a colazione insieme a Mary e agli altri Malandrini, infatti, James si era preoccupato solo di procurarsi del bacon prima che Sirius lo finisse tutto, perciò non si era accorto della pozione che Mary aveva versato di nascosto nel suo succo di zucca. Quando l’aveva bevuto, però, aveva sentito uno strano prurito alla cute, seguito dalle risate forsennate di Sirius. Quando aveva visto il suo riflesso nel cucchiaio si era quasi sentito mancare: i suoi meravigliosi capelli neri… erano diventati un’orribile massa fucsia! 

« Certo, contaci » rispose Mary, guardandolo con finta compassione. 

« Guarda che ti sta bene come colore, Prongs » s’intromise Sirius, scambiandosi un’occhiata divertita con Mary. « Ti fa proprio risaltare gli occhi! »

« Ah-ah-ah » fece James, ironico, mettendo su una smorfia insofferente. « Simpatici come al solito ».

Vedendolo così profondamente turbato da ciò che era successo ai propri capelli, Remus gli diede qualche passa sulla spalla per confortarlo; nel farlo, tuttavia, non riuscì a trattenere una risata e causa di ciò si guadagnò l’ennesima occhiataccia.

« Dai, James, non è una tragedia così grande… » provò a dire Peter, cercando di nascondere un sorrisetto dietro il proprio bicchiere di latte. 

« Già, James, avrebbe potuto abbassarti i pantaloni e far vedere a tutti i boxer con i boccini che indossi! » lo interruppe Sirius come se nulla fosse.

Se possibile il volto di James perse ancora più colore e Lily pensò che fosse sul punto di svenire. Tuttavia il ragazzo si riprese immediatamente e il suo viso passò dal bianco al rosso con una velocità impressionante. 

« Avevi promesso di non dirlo! » protestò, cercando di ignorare la risata incessante di Mary.

« Davvero li indossi? » gli domandò la ragazza, divertita. « Pensavo li avessi buttati! Persino tuo padre ti ha detto che erano tremendi! »

A quel punto neanche Lily riuscì a trattenere una risatina, e quando James se ne rese conto sembrò arrossire ancora di più. Sembrava così innocente e così poco James Potter che le venne quasi - quasi - voglia di rassicurarlo: in fondo anche lei in valigia aveva un pigiama di flanella verde con degli elefantini rosa.

« Solo perché tutte le mie altre mutande erano stranamente scomparse! » si difese, lanciando un’occhiataccia a Sirius, che si limitò a sollevare le mani in alto cercando di sembrare innocente. « E poi Sirius ne ha un paio con dei cagnolini viola! Perché non prendete in giro un po’ anche lui, eh? » aggiunse, mentre sul suo sorriso si formava un sorriso soddisfatto.

« Sei un infame! » esclamò l’amico. 

« Ah, senti chi parla! » 

« Parlo io, che, al contrario tuo, risulterei magnifico anche con un sacco dell’immondizia addosso » gli rispose con aria di sufficienza. « Ecco perché non prendono in giro anche me » aggiunse, ma Mary lo guardò con un sogghigno che non gli piacque affatto. 

« Continua a crederci » gli disse, poggiando i gomiti sul tavolo e guardandolo dritto negli occhi, dal momento che era seduto proprio di fronte a lei. « Tanto ho già una tua foto con quelli addosso » concluse, godendosi appieno la sua espressione scandalizzata. 

« Certo, come no » ribatté lui, una volta ripreso il possesso di sé, mettendo su un’espressione disinteressata. 

Mary gli sorrise, sbattendo le ciglia con aria allegra, prima di alzarsi lentamente dal tavolo. 

« Sai cosa? » gli chiese, senza smettere di guardarlo negli occhi. « Penso proprio che andrò a dare quella meravigliosa foto a Polly McPearson: chi sono io per proibire a tutte le tue ammiratrici un capolavoro del genere? » 

Lily lanciò un’occhiata alla Tassorosso appena nominata, la quale sedeva tranquillamente al suo tavolo e chiacchierava animatamente insieme ad alcune compagne. Era una ragazza esuberante, ma era anche una gran pettegola e qualche volta per la scuola erano girate voci false proprio a causa sua.

« Non oseresti » disse Sirius, assottigliando lo sguardo. 

« Vogliamo scommettere? » fece lei. « Ci vediamo in classe, ragazzi! » aggiunse, girandosi e incamminandosi verso l’uscita della Sala Grande. 

Sirius aspettò qualche secondo, ma alla fine, tra le risate dei suoi amici, imprecò e si alzò a sua volta per rincorrerla. Mary tuttavia doveva esserselo immaginata, perché quando lui si ritrovò nell’atrio la vide che correva già su per la scalinata principale. Continuando ad imprecare, accelerò il passo e la raggiunse dopo poco, nel corridoio del primo piano.

« Devi distruggere quella foto » le disse, serio, fermandosi davanti a lei e appoggiando la mano sul muro accanto a sé, così da bloccarle la strada con il proprio braccio. 

« Non ci penso neanche » rispose Mary con un sorriso impertinente, prima di abbassarsi e passare proprio sotto il suo braccio. 

« Salazar maledetto » imprecò lui, girandosi velocemente e vedendola camminare a passo svelto per il corridoio. 

Ancora una volta non ci mise molto a raggiungerla, ma questa volta decise di bloccare qualunque suo tentativo di fuga; quando le fu abbastanza vicino, dunque, si affrettò a stringerla la vita con le braccia, tenendola ferma sul posto.

« Su, ripeti dopo di me: tranquillo, Sirius, ora torno in camera e brucio quella foto » le disse, parlandole vicino all’orecchio. 

« Tranquillo, Sirius, ora torno in camera ed incornicio quella foto » lo provocò lei, trovando tra le sue braccia lo spazio necessario per girarsi verso di lui e non dargli più la schiena. « Va bene così? » gli domandò poi, inclinando la testa di lato e regalandogli l’ennesimo sorriso strafottente di quella mattina. 

« Neanche un po’, Mac, neanche un po’ » rispose Sirius con un finto sorriso, sebbene in realtà si stesse divertendo. « Dai, non vuoi metterti contro di me già il primo giorno ».

« Altrimenti? Che mi fai? » chiese lei, ridendo poi della sua espressione fin troppo seria. 

« Non vuoi saperlo » rispose lui, la voce leggermente più roca, allentando la stretta sul suo giro vita. 

Mary rise nuovamente, lasciando che Sirius facesse un passo indietro e si allontanasse da lei. 

« Non dovresti volermi come nemico, Mac » l’ammonì lui. 

« Tu non dovresti volere me come nemica, Sir » ribatté prontamente lei. « Devo ricordarti la volta che ti ho riempito di nascosto il letto di ortiche? »

« Ah, la metti così? » fece Sirius, appoggiandosi al miro e inarcando un sopracciglio. « Devo ricordarti la volta che ti ho fatto bere la Pozione Scordarella la mattina del compito di Storia della Magia? »

Mary sbuffò e alzò gli occhi al cielo, prima di mettersi di fronte a lui ed afferrarlo per un braccio, cercando di trascinarlo in direzione della classe di Incantesimi. Sirius inizialmente fece un po’ di resistenza e poi, quando lei non se lo aspettava, si mosse da solo; lei, presa in contropiede, fece per tirarlo un’altra volta e quasi cadde all’indietro.

« Questo scherzo lo conosce anche mia nonna! » gli gridò dietro, dal momento che lui l’aveva già superata di qualche metro e stava continuando a camminare imperterrito. 

« Intanto ha funzionato » si limitò a dire Sirius, senza neanche girarsi, ma alzando una mano in cenno di saluto.

Mary assottigliò gli occhi, ma poi sorrise di nuovo, vittoriosa. Mise rapidamente mano alla bacchetta e la puntò verso la testa del ragazzo, che, inconsapevole, procedeva lungo il corridoio. Pochi secondi ed un Incantesimo non verbale dopo, un getto violetto fuoriuscì dalla punta della sua bacchetta, colpendo in pieno Sirius. 

Quest’ultimo si fermò di botto, sentendo le proprie orecchie diventare ogni secondo più pesanti. Rimase immobile per un minuto, finché le sue orecchie non smisero di crescere, e solo allora trovò il coraggio di toccarsele. Quando lo fece, ad ogni modo, emise un gemito strozzato e si girò immediatamente verso Mary, che ormai l’aveva raggiunto e lo stava superando in quell’esatto momento. 

« Fammele tornare come prima! » esclamò, oltraggiato, continuando a sfiorare quelle che erano palesemente delle orecchie da elefante. 

« Non sei il geniale Sirius Black? » gli domandò, girando appena il viso nella sua direzione prima di riprendere a camminare. « Arrangiati ».

Questa volta fu Sirius a prendere in mano la bacchetta e puntarla contro la schiena di Mary. I bei capelli scuri di quest’ultima, infatti, vennero colpiti da un lampo giallo ed assunsero uno strano color turchese. Come se non bastasse, sembrava che fosse appena passata tra un milione di palloncini per quanto erano elettrostatici.

« Ti dona proprio il turchese, sai? » le gridò dietro Sirius, allungando il passo per raggiungerla e potersi godere la sua espressione orripilata. 

Quando si accorse del nuovo colore dei suoi capelli, infatti, Mary spalancò la bocca e continuò a toccarseli ed osservarseli per qualche secondo, prima di alzare gli occhi su di lui. 

« Eh, no! I capelli no! » protestò, e stava già per alzare la bacchetta quando sentì qualcuno schiarirsi rumorosamente la voce alle loro spalle.

Girandosi, si trovarono faccia a faccia con il professor Vitious. 

« Oh, cielo, non di già » commentò il professore, a metà tra il rassegnato e il divertito, vedendo i capelli di Mary e le orecchie di Sirius. « Per stavolta non vi dico nulla. Però su, entrate, la lezione sta per cominciare » aggiunse, magnanimo.

Solo in quel momento i due si accorsero di essere arrivati, tra un incantesimo e l’altro, proprio di fronte alla classe di Incantesimi. 

« Sì, professore » dissero quasi in coro - sebbene Sirius vi avesse aggiunto un saluto da sergente militare - prima di entrare rapidamente in classe. 

I loro amici erano già arrivati ed avevano già preso posto; Lily era seduta al banco davanti quello di Peter e Remus, mentre James aveva occupato il banco accanto a quello degli amici. Quando li videro entrare in quelle condizioni, tuttavia, non poterono che scoppiare a ridere insieme a tutto il resto della classe. 

« Non ci credo » commentò Peter tra una risata e l’altra, appoggiandosi al banco. 

« Bei capelli, Bun » disse invece James, guardando Mary con un sorriso soddisfatto: non solo i suoi capelli erano stati attaccati ingiustamente, ormai. « Ti dona molto quel colore, sai? »

Lily nascose invano una risata dietro il palmo della propria mano, mentre Remus si lasciava andare all’ennesimo attacco di ridarella di quella mattina. 

« Merlino, Pad, le tue orecchie » fece infatti Moony, quasi paonazzo, non riuscendo a smettere di ridere.

Mary e Sirius si lanciarono un’occhiataccia, prima di incamminarsi entrambi verso i posti che erano stati tenuti per loro da James e Lily. 

« Be’, in fondo non è un brutto colore, dai » provò a dire la rossa una volta che Mary le si fu seduta accanto. 

Lei non le rispose, limitandosi a lanciarle un’occhiataccia e prendere il proprio libro di Incantesimi dalla borsa. Lily alzò gli occhi al cielo: Mary, proprio come James Potter, era dannatamente fissata con i suoi capelli.

Vitious entrò subito dopo, non riuscendo a trattenere un sorriso quando vide di nuovo la chioma di Mary e le orecchie di Sirius: in fondo lo confortava vedere che i suoi studenti, nonostante il periodo che stavano vivendo, riuscivano ancora a trovare la voglia e la capacità di ridere e vivere. 

Prima di iniziare a parlare, senza nascondere un sorrisino, Vitious si premurò di far tornare normali sia i capelli di Mary sia le orecchie di Sirius.

« Allora, benvenuti! Come ben saprete, questo è il vostro ultimo anno ad Hogwarts e immagino avrete già capito che sarà più difficile del solito. Ma per ora, voglio congratularmi con voi per essere arrivati fin qui. Siete voi il futuro del nostro mondo, in fondo ». 

Vitious finì il discorso con un sorriso paterno, e subito dopo il rumore di un applauso arrivò dal fondo dell’aula: il professore si girò e il suo sorriso si allargò ancora di più nel vedere – come al solito, il primo – James Potter in piedi che batteva le mani. 

Il resto della classe si unì a quel breve applauso, come se avessero dimenticato che fuori da quelle mura non sarebbe più stato tutto rosa e fiori, ma che avrebbero dovuto confrontarsi con qualcosa di più grande di loro.

 

*

 

La prima settimana di scuola passò più velocemente del normale: tra le ronde, gli allenamenti di Quidditch e tutti i compiti che avevano da fare, a James sembrava che ogni giornata durasse solo poche ore e, contrariamente agli anni precedenti, avrebbe preferito che così non fosse.

Hogwarts, dopotutto, era il posto sicuro di tutti, la casa di ognuno – e per alcuni era anche l’unica. Fuori da lì, la guerra imperversava senza sosta e le persone continuavano a sparire e morire. 

Il Mondo Magico era in crisi, ma si cercava di non darlo a vedere: tutti provavano a nascondere ogni cosa sotto dubbi e menzogne di qualunque tipo. 

Nessuno voleva mostrare apertamente il proprio dolore, la propria paura, perciò chiunque cercava di non pensarci, illudendosi che fosse tutta una grande e ben architettata bugia, che non ci fosse nulla di reale. 

Ma i Mangiamorte erano ormai ovunque, anche se erano pochi quelli che si erano riusciti a cogliere in flagrante, e negli ultimi tempi, si era accorto James, anche tra gli studenti erano iniziati a sorgere dubbi: ragazzi che erano stati amici per anni avevano improvvisamente smesso di parlare, mentre la maggior parte aveva preso l’abitudine di muoversi sempre in gruppo per evitare attacchi.

James capiva che fosse difficile fidarsi degli altri, ma lui non riusciva a credere che qualcuno potesse davvero rischiare di essere attaccato nel castello. 

Era Hogwarts, il posto più sicuro al mondo.

Andò a sbattere contro qualcuno di uno dei tanti gruppetti che a quell’ora affollava il corridoio principale del terzo piano. Non appena gli fu abbastanza vicino, afferrò Sirius per le spalle, affiancandosi poi a lui con il respiro corto. 

Si passò, come al solito, una mano tra i capelli già spettinati e salutò gli altri due amici con un cenno del capo.

« Allora, Moony » riprese a dire Sirius, dando un pugno sul braccio a James come saluto. « A quando la prossima luna piena? »

« Il ventisette » rispose Remus, facendosi largo tra alcuni studenti del terzo anno per arrivare alle scale principali e cominciare a salire. 

« Si torna alle origini, quindi » scherzò James con un sorrisetto, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla: i libri al suo interno pesavano terribilmente, così si appuntò mentalmente di cercare presto un incantesimo per rimediare a ciò.

« Spero che quest’anno il gatto di Gazza non mi rincorra ancora… » brontolò Peter, lanciando un’occhiataccia al suddetto gatto, che proprio in quel momento stava lasciando il settimo piano. 

Loro lo superarono e lui soffiò a Peter, come ormai faceva da quando si erano trasformati per la prima volta. Ogni volta che vedeva Sirius, invece, miagolava forte e si allontanava di corsa.

Sirius scoppiò a ridere e diede una pacca d’incoraggiamento a Peter. 

« Se quel gatto ti dovesse dare troppi problemi, non farti problemi a chiamarmi » disse il giovane Black, scherzoso, tra una risata e l’altra. « Posso capire quanto lui ti terrorizzi. Con quel suo pelo sudicio, poi… Una visione terrificante ».

Peter alzò gli occhi al cielo, senza però riuscire a trattenere un sorrisetto divertito.

« Non sei simpatico, Sirius » replica lui.

« Oh, Peter, mi trovi perfettamente d’accordo » commentò la voce di Mary alle loro spalle. 

Tutti e quattro si fermarono per aspettarla: pensando che sarebbe tornata con le sue compagne di classe, avevano lasciato la classe non appena era suonata la campanella.

Lei li raggiunse rapidamente e questa volta su Sirius ad alzare gli occhi al cielo.

« Come se non mi amassi anche tu, Mac » ribatté prontamente lui alla sua battuta.

Mary rise e gli diede un pugno neanche troppo delicato sulla spalla, prima di prendere sottobraccio James.  

« L’importante è esserne convinti, Sirius » disse lei con un sorriso. « Di che stavate parlando, comunque? » 

« Del piccolo problema peloso di Moony » rispose Peter.

Mary annuì, pensierosa. 

« Quando cade questo mese? » chiese, non ricordandosi la data dell’ultima luna piena.

« Il ventisette, miss “Sono un genio in Astronomia” » le rispose Sirius, ironizzando sul fatto che lei non avesse mai preso un voto che non fosse E in quella materia. 

« Come si fa a non amare un ragazzo così simpatico? » domandò, sarcastica, lanciandogli una breve occhiataccia. 

« Non si può, infatti » ribatté lui. 

« Modesto come al solito » commentò James, alzando gli occhi al cielo.

« Tanto mi ami anche tu ». 

« Ti prego, Pad, non dire certe cose ».

« Lo sa tutta la scuola, non vedo perché dovremmo nascondere il nostro amore al mondo ».

James gemette, scuotendo la testa ed evitando di girare la testa verso Sirius, che aveva appena ammiccato nella sua direzione. 

Mary rise e gli si aggrappò brevemente al braccio, mentre Remus diceva la parola d’ordine alla Signora Grassa ed entrava in Sala Comune. La ragazza lo seguì per prima e così fece anche Peter subito dopo. 

James, invece, si fermò per guardare Sirius con aria grave.

« Non farlo mai più. È stato terribilmente inquietante » si raccomandò, e al solo pensiero rabbrividì. 

Adorava Sirius, ma immaginare una cosa del genere lo aveva praticamente traumatizzato. Era stato piuttosto… destabilizzante.

Il giovane Black scoppiò a ridere di nuovo e, dopo aver annuito, entrò anche lui in Sala Comune. Gli altri avevano già occupato un divano e una poltrona vicini al camino e si stavano organizzando per cominciare a studiare per il giorno seguente. Mary, vedendoli arrivare, alzò un sopracciglio nella loro direzione.

« Avete già finito di amoreggiare? » domandò poi con un sogghigno.

« Mary! » gracchiò James, mentre l’altro si sedeva a terra accanto a lei.

Girò il viso verso di lei, che stava tirando fuori un libro dalla borsa, e ghignò.

« Se vuoi puoi provare anche tu » scherzò Sirius, urtandola leggermente con la propria spalla.

Mary rise e alzò gli occhi al cielo, cominciando a leggere mentre il ragazzo appoggiava la testa al divano e chiudeva gli occhi. Nel mentre, la ragazza posò inavvertitamente lo sguardo sul viso di Sirius e sul sorriso che gli piegava le labbra; non seppe bene spiegarsi perché, ma i suoi occhi sembravano non volersi staccare dal profilo di lui. Facendo violenza a se stessa, tornò a concentrarsi sul libro che aveva in grembo. 

Era passata quasi un’ora quando Lily entrò in Sala Comune. 

Non li vide, così si incamminò verso la scala per i dormitori femminili, ma Remus notò i suoi capelli rossi e decise di chiamarla. 

« Ehi, Lily! » esclamò a voce sufficientemente alta. La ragazza si girò e, finalmente, li vide; si avvicinò e sorrise. « Tra poco dobbiamo incontrare gli altri Prefetti. Andiamo tutti e tre insieme? » le domandò, indicando poi James, che dopo averla salutata con la mano era rimasto in silenzio.

« Certo. Vado a posare queste cose e andiamo, va bene? »

Lui annuì e la ragazza sparì su per le scale a chiocciola che conducevano ai dormitori femminili. Poi si girò nuovamente verso l’amico, che osservava con aria concentrata i propri appunti di Trasfigurazione; i suoi occhi, tuttavia, rimasero fermi sullo stesso punto per diversi minuti, perciò Remus capì che stava pensando a Lily.

« Non litigate » lo ammonì, con l’accenno di un sorriso. 

James alzò gli occhi su di lui e sbuffò, leggermente infastidito dalle parole di Remus. 

Per cinque anni le aveva parlato solo per farla arrabbiare, non era un segreto, ma ormai non era più così; se le rivolgeva la parola, era perché voleva davvero chiacchierare con lei, ma lei era ancora convinta che lui fosse rimasto il ragazzino che era stato fino ai sedici anni.

« Non ne ho alcuna intenzione » si limitò a dire e fece per tornare ai propri appunti, ma Lily scese in Sala Comune proprio in quel momento. 

James si sentì gli occhi di Mary addosso e, quando si girò verso di lei, la vide rivolgergli un sorriso d’incoraggiamento. In tutta risposta, lui si strinse nelle spalle e si alzò, riponendo le proprie cose nella borsa.

« Poi portamela in camera, Pad » disse all’amico, che aprì gli occhi in quel momento. 

« Mi hai preso per un Elfo Domestico? » domandò, sarcastico, inarcando un sopracciglio e facendo ridere gli altri.

« Tranquillo, lo farà » disse Mary, lanciando un’occhiata in tralice a Sirius, che alzò le mani in segno di resa.

« Okay, okay. Sarò il tuo Elfo Domestico ».

James rise e gli fece un cenno col capo, mentre anche Remus si alzava; entrambi si avvicinarono a Lily, che salutò Mary, dicendole che poi si sarebbero viste direttamente a cena.

I tre uscirono dal buco del ritratto e si incamminarono verso le scale per scendere al quinto piano, dove si trovava l’aula riservata agli incontri di Caposcuola e Prefetti. 

Lily e Remus cominciarono a chiacchierare del più e del meno, mentre James camminava loro a fianco, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Spesso alzava lo sguardo verso il soffitto, sperando di arrivare presto a destinazione.

Sentì chiaramente Lily dire di voler fare la Pozionista, una volta finito l’ultimo anno, e non poté fare a meno di immaginarsela un po’ più grande, seduta alla cattedra che ora occupava Lumacorno e intenta a fare lezione a dei ragazzini di undici anni, con i capelli rossi raccolti in una coda e la solita fossetta che le si formava agli angoli della bocca ogni volta che sorrideva.

« Potter, è qui la riunione » sentì dire a Lily. 

Si accorse solo allora che, immerso nei propri pensieri, aveva superato gli altri due e l’aula di una decina di passi. Remus lo stava guardando, incuriosito e divertito, mentre Lily sembrava aver appena visto un pazzo.

« Oh » se ne uscì brillantemente. « Certo ».

Ritornò sui propri passi con calma, accennando poi alla porta con un lieve movimento del capo. Lily annuì ed entrò per prima, seguita poi dagli altri due. 

Remus si sedette accanto a Emmeline Vance, una Corvonero del sesto anno, e a Benjamin Fenwick, un Tassorosso della loro età che nel corso degli anni era diventato abbastanza amico di tutti i Malandrini.

Lily e James si posizionarono davanti alla cattedra e, mentre il ragazzo si sedeva tranquillamente su di essa, lei tirò fuori dalla borsa gli orari delle ronde e li distribuì ai tutti i presenti. 

Piton, notò James, continuava a guardare Lily; era dannatamente palese che lui non fosse l’unico ad avere una cotta per lei, James lo aveva sempre saputo, e quello era uno dei motivi per cui il Serpeverde non gli era mai andato a genio. Questo, però, lei non doveva saperlo per forza - anzi, se davvero non lo aveva capito era solo meglio.

« Per ogni turno ci saranno due Prefetti o Caposcuola » stava dicendo Lily, posando i fogli rimasti sulla cattedra, accanto a James. « Per ogni altra domanda a riguardo, potrete chiedere a me o a Potter in qualsiasi momento ». 

Alle sue spalle, James annuì per darle manforte. 

Una ragazza di Tassorosso, probabilmente del quinto anno, alzò la mano non appena Lily finì di parlare. James la invitò a parlare e lei si ritrovò gli sguardi di tutti gli altri addosso, cosa che la fece arrossire leggermente, nonostante l’espressione determinata sul suo viso.

« Questa mattina ero in Sala Comune con alcune mie amiche, quando un ragazzo del quarto anno è entrato come una furia dicendo ad alta voce di dover assolutamente parlare un Prefetto » disse, cominciando così il proprio discorso. « Così mi sono avvicinata e mi ha detto che era appena tornato dall’Infermeria. Io gli ho chiesto come mai, e lui mi ha detto che era andato a visitare suo fratello più piccolo e alcuni dei suoi compagni di camera… ».

« E con questo? » domandò una Serpeverde del quinto anno, le labbra piegate in una smorfia indifferente.

« Perché erano in Infermeria? » domandò James ad alta voce, bloccando le domande degli altri. 

Non aveva smesso un secondo di guardare la ragazza che aveva alzato la mano, e voleva sapere tutto quello che era successo. Se lei aveva deciso di parlarne, dopotutto, doveva esserci un motivo valido.

« Sono stati attaccati da qualcuno. Nel castello » rispose lei, e una ragazza di Corvonero sbiancò improvvisamente. « Sono andata a parlare con loro questo pomeriggio. Erano davvero scossi, tremavano come foglie e avevano addirittura paura di parlare con me ».

« Sono ancora in Infermeria? » domandò Lily. 

James si girò verso di lei: sembrava parecchio scossa, così lui le posò una mano sulla spalla e, quando la Tassorosso annuì, fu lui a porle un’altra domanda.

« Ti hanno detto qualcosa? Magari hanno riconosciuto chi li attaccati ».

« No, non hanno saputo darmi nulla » disse lei, mogia, scuotendo la testa. « Mi hanno spiegato che, essendo del primo anno, non conoscono bene gli studenti più grandi. E non hanno neanche avuto il tempo di uscire dall’Infermeria, perciò non hanno visto nessun altro a parte me, alcuni loro compagni, i professori e la Signorina Chips ».

« Quando usciranno dovremo parlare con loro » disse Benjamin Fenwick, e James annuì alle sue parole, totalmente d’accordo con lui.

« Sì, credo sia la cosa più intelligente da fare » convenne infatti. « Alla luce di ciò, vi chiedo un favore. State molto attenti, a quanto pare in questa scuola c’è qualcuno che si diverte a spaventare e attaccare gli altri. Voglio che prestiate la massima attenzione ad ogni minima cosa, e che lo veniate subito a dire a me o a Lily. Intesi? »

Tutti quanti annuirono, parlando tra di loro. 

« Cos’hai intenzione di fare, James? » domandò Michael Sloper, un Grifondoro del sesto anno con cui James aveva chiacchierato alcune volte in Sala Comune.

« Non lo so ancora con certezza, ma non ho la minima intenzione di chiudere un occhio su cose come questa » rispose con sincerità, voltandosi poi verso Lily. « Tu che ne dici? »

« Sono d’accordo con te » disse lei, guardandolo dritto negli occhi prima di rivolgersi nuovamente agli altri. « E voglio mettere in chiaro che se dovessimo venire a sapere che qualcuno ha taciuto su cose di questo genere… Be’, non ci passeremo sopra in alcun modo. Che sia chiaro ».

Dagli altri Prefetti si levò un coro di assenso. 

« C’è dell’altro? » domandò James, ma nessuno disse nulla, perciò lui e Lily decisero di chiudere lì l’incontro. 

Se ci fosse stato qualcos’altro, dopotutto, James non sapeva come avrebbe reagito. Lui non era mai stato Prefetto, non si era mai dovuto preoccupare di cose del genere, perciò non aveva ancora ben chiaro il comportamento che avrebbe dovuto adottare; probabilmente avrebbe dovuto chiederlo a Lily, ma non voleva che lei pensasse che fosse solo una scusa per attaccare bottone e, soprattutto, voleva farle vedere che era maturato davvero e che poteva farcela solo con le proprie forze.

La sala si svuotò un po’ alla volta e, una volta che furono usciti tutti quanti, Lily si chiuse la porta alle spalle. La treccia in cui aveva legato i capelli prima della riunione era leggermente sfatta, visto che nell’ultima mezz’ora aveva continuato a toccarsela per cercare di calmare il più possibile i propri nervi. Tuttavia entrambi i ragazzi notarono il suo sguardo mogio.

« Fantastico come primo incontro » mormorò, affranta. « Siamo a scuola da solo una settimana, e dei ragazzini sono già stati attaccati ».

Remus le posò una mano sulla spalla con fare protettivo, mentre James guardò le ultime ombre dei Prefetti che sparivano dietro l’angolo del corridoio poco lontano. Lanciò poi una breve occhiata a Lily, che aveva ripreso a giocherellare con la propria treccia.

« Dov’eri stata oggi pomeriggio, Evans? » le chiese, voltandosi di nuovo nella sua direzione. 

« In biblioteca, perché? » fece lei, presa in contropiede. 

« Da sola? » insistette, senza rispondere alla sua domanda ed ignorando lo sguardo perplesso di Remus.

« Be’, sì ».

« D’ora in poi evita di girare da sola per la scuola » disse, serio. 

Nonostante cercasse in tutti i modi di mostrarsi pacato e tranquillo, infatti, dentro era agitato come lo era stato poche volte in vita sua. Sebbene Lily non riuscisse o non volesse capirlo, lui l’aveva davvero presa a cuore e non voleva che venisse coinvolta in un episodio come quello che aveva vissuto Mary durante il quinto anno.

Da come lo guardava, anche Remus doveva averlo capito: dopotutto erano migliori amici e si conoscevano da sette anni.

« Scusa? » domandò invece Lily, perplessa, con le sopracciglia aggrottate.

« Hai sentito cos’è successo a quei Tassorosso, no? Vuoi finire come loro? Lo dico per te » ribadì senza guardarla. 

Scese l’ultimo gradino di scale, saltandone uno finto, e finalmente furono tutti e tre al piano terra.  

« Oh » mormorò appena Lily, accennando un sorriso. « Hai ragione. Grazie, non ci avevo pensato  ».

James si strinse nelle spalle e camminarono in silenzio per un po’: lei troppo imbarazzata per aprire ancora bocca, lui convinto che se solo ci avesse provato non sarebbe arrivato vivo all’indomani. Solo Remus sorrideva leggermente, sebbene fosse ancora piuttosto provato dopo la notizia sui Tassorosso.

Quando arrivarono in Sala Grande, Lily si defilò rapidamente, correndo a sedersi insieme a Mary e le sue altre compagne di stanza. James la guardò sedersi e iniziare subito a chiacchierare con le sue amiche. Mary disse qualcosa e le altre scoppiarono a ridere.

Lui e Remus, invece, adocchiarono Peter e Sirius seduti poco lontani e si avvicinarono loro. Presero posto e iniziarono a mangiare in silenzio, ascoltando il discorso che gli altri due avevano iniziato poco prima, nonostante James avesse palesemente la testa da un’altra parte. 

Sirius dovette accorgersene, perché lo guardò stralunato e gli schioccò le dita davanti agli occhi.

« Tutto bene, Prongs? » gli chiese.

« Cosa? Oh, sì. Stavo pensando ».

« Tu pensi? Questo sì che è scioccante » scherzò Peter, facendolo sorridere leggermente. Vedendolo così, anche Peter si incuriosì e guardò sia lui che Remus. « Che è successo alla riunione? »

« Alla riunione niente » rispose Remus, versandosi dell’acqua nel calice. « Ma ci hanno parlato di alcuni Tassorosso che sono stati attaccati ieri » aggiunse, abbassando la voce per non farsi sentire da qualcun altro.

Peter rischiò di strozzarsi quando sentì Remus finì di parlare. 

Si scambiò un’occhiata con James, che annuì e si strinse nelle spalle con aria mogia. 

« Che cosa? » esclamò Sirius, abbassando a sua volta la voce e chinandosi leggermente in avanti. « State scherzando, vero? Sono stati attaccati qui? »

« Hai capito bene, amico » si limitò a dire James, giocando con il purè che aveva nel piatto. 

Alzò un attimo lo sguardo e, attento a non farsi beccare, lanciò un’occhiata a Lily, che era seduta una decina di posti dopo: anche lei sembrava piuttosto assente, nonostante di tanto in tanto aprisse la bocca per dire qualcosa alle amiche.

« È assurdo  » commentò Peter.

James capì allora di essersi sbagliato: nessun posto era immune alla paura, ai pregiudizi, alla guerra. Hogwarts non faceva eccezione. 

Si rese conto che, alla fine, la guerra si stava facendo sempre più vicina.

 

 

Note: 
Bentornati! Come promesso, eccomi qui con il nuovo capitolo!
Volevo ringraziare le persone che hanno messo questa storia tra le preferite, le seguite e le ricordate! Un grazie speciale soprattutto a chi ha commentato, mi avete resa davvero felice. 
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ci vediamo lunedì prossimo con il terzo capitolo!
Baci,
Ale

 

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Capitolo 3
*** Dalle Ceneri ***





Capitolo 3

Dalle Ceneri
 
3-dalle-ceneri
« Everybody has a secret world inside of them.
All of the people of the world, I mean everybody. (…)
 Not just one world. Hundreds of them.
Thousands maybe ».
Neil Gaiman, "The Sandman Vol. 5"

Le tende delle alte finestre ad archi a sesto acuto filtravano la luce del sole. Settembre volgeva al suo termine e il calore emanato dai raggi solari non era più abbastanza per riscaldare gli studenti di Hogwarts. 

L’Infermeria quel giorno era praticamente vuota: solo due letti, infatti, erano occupati. Su uno era sdraiata Caridee McMillan, una Corvonero del quarto anno che si era presa una bella influenza. 

A qualche letto di distanza, invece, giaceva Remus Lupin. Le ragioni della sua permanenza in Infermeria erano tuttavia molto differenti da quelli della ragazza: era appena passata la notte di plenilunio. I segni che la nottata appena passata aveva lasciato sul ragazzo stavano iniziando a sparire, grazie ad alcuni unguenti magici che Madama Chips si era sbrigata a spalmargli sulle ferite. 

Il ragazzo era molto provato: lo si poteva capire anche solo guardando le occhiaie scure che gli cerchiavano gli occhi. Aveva qualche graffio qua e là, più una costola incrinata alla quale l’Infermiera aveva già provveduto. 

« Albus, per favore, prova a ragionare » stava dicendo Minerva McGranitt, seduta su uno dei letti più lontani dall’entrata dell’Infermeria. « Non è una scelta saggia, la tua: sono solo dei ragazzi ».

Albus Silente sospirò, accarezzando con l’indice il profilo del proprio naso. 

« Ritengo di non avere molte possibilità » commentò il preside, affranto. « Posso aspettare ancora, ma se la situazione dovesse peggiorare, Minerva, sarò costretto a dirglielo ».

« Come pensi che reagiranno? Sono troppo giovani! »

« Non sono più dei bambini, sono sicuro che comprenderanno l’importanza di quello che stiamo facendo » rispose l’uomo. « Potranno scegliere, ovviamente. Non imporrei mai loro niente ».

Minerva McGranitt era sinceramente preoccupata. Guardando il ragazzo steso sul letto, si sentì sopraffare dallo sconforto. Erano così giovani e già si vedevano costretti a dover entrare in una guerra senza aver commesso alcun errore. 

« Albus… »

« So cosa stai per dirmi, Minerva » la interruppe lui, guardandola dritta negli occhi. « Aspetterò, ma prima o poi sarò costretto a dirglielo, e lo sappiamo entrambi ».

 

*

 

Seduti all’ombra di un grande albero nel parco del castello, Dylan e Mary chiacchieravano a bassa voce: lei era seduta tra le sue gambe e poggiava la schiena al suo petto, mentre Dylan le cingeva la vita con le braccia, il capo appoggiato al tronco dell’albero.

« Sono passate solo tre settimane dall’inizio della scuola e io non ce la faccio già più » stava dicendo Mary con aria sconsolata, facendo ridacchiare Dylan, che in risposta la strinse un po’ di più a sé.

Lily arrivò in quel momento, un po’ imbarazzata: le dispiaceva disturbare i due, soprattutto perché sembravano totalmente presi da loro stessi e dai loro discorsi. Prese un respiro e parlò.

« Ehi, ragazzi! » li salutò con un sorriso, avvicinandosi.

Mary posò subito gli occhi su di lei e le sorrise a sua volta; Dylan fece lo stesso e lasciò che Mary si alzasse per poi mettersi in piedi anche lui. 

« Scusa, Dylan. Avevo promesso a Lily una cosa! » disse Mary, girandosi verso il proprio ragazzo e scoccandogli un bacio sulle labbra. « Ci vediamo stasera a cena? » gli domandò poi.

« Certo, tranquilla » rispose lui con un sorriso tranquillo, sistemandosi la borsa in spalla. La baciò un’ultima volta, prima di salutare anche Lily e allontanarsi verso un gruppo di studenti del loro stesso anno seduti poco lontano. 

« Mi dispiace, non volevo disturbarvi… » tentò di giustificarsi Lily, stringendosi nelle spalle.

Mary la guardò ed alzò gli occhi al cielo, divertita.

« Ma di cosa ti scusi? Te lo avevo promesso! » le disse, incamminandosi insieme all’amica verso il castello. « Anzi, faremmo meglio a muoverci, sennò chi la sente Madama Chips… » aggiunse con uno sbuffo. 

Le due arrivarono in Infermeria circa cinque minuti dopo, chiacchierando del più e del meno. Quando aprirono la porta, però, furono messe a tacere dallo sguardo ammonitore dell’Infermiera. 

Mary sfoggiò il suo sorriso più convincente e si diresse a passo spedito verso un letto nascosto da una tendina. 

« Ciao, Poppy! » esclamò, forse a voce un po’ troppo alta.

« Signorina MacDonald, quante volte dovrò ripeterle di non chiamarmi così » commentò Madama Chips, sospirando. « Buongiorno, signorina Evans » aggiunse poi, rivolta alla rossa. « Si è svegliato poco fa, perciò parlate a voce bassa. Potrebbe fargli male la testa ».

Detto ciò, l’Infermiera si allontanò verso il proprio ufficio e si chiuse la porta alle spalle. 

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo divertito, prima di spostare la tendina, che rivelò un Remus Lupin decisamente ridotto male. Il viso magro era pallido e sulla guancia destra correva, benché leggermente rimarginata, una lunga ferita; gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie, ma erano aperti e vigili. 

Non appena le vide, le labbra di Remus si distesero in un sorriso tirato.

« Ciao, ragazze » soffiò.

« Ehi, Remus » disse Mary, sedendosi sul letto accanto al fianco del ragazzo. 

Lily prese la sedia vicino al comodino e la posizionò accanto al letto su cui era sdraiato Remus, sorridendogli poi con gentilezza. 

« Come ti senti? » gli chiesero quasi in coro Mary e Lily. Sentendole, Remus fece per ridacchiare, ma dovette bloccarsi perché il petto gli faceva male. 

« Insomma… » rispose lui, socchiudendo gli occhi. « Diciamo che sono stato meglio ».

« Spero tu ti rimetta presto » disse Lily, posandogli una mano sul braccio.

« Ma sì! » esclamò Sirius Black, facendo il suo ingresso in Infermeria. « Il nostro Moony qui è un uomo d’acciaio! Niente lo può fermare! » continuò, fermandosi dietro Mary e posandole le mani sulle spalle; gliele strinse in segno di saluto, mentre James Potter e Peter Pettigrew si avvicinavano a loro volta al gruppo e salutavano le due ragazze. 

Remus sorrise e Sirius gli strizzò l’occhio, facendo poi il giro del letto e affiancandolo, sotto lo sguardo divertito di Mary. Peter fece lo stesso e poggiò sul comodino un pacchetto di Mielandia, mentre James si fermò ai piedi del letto e si appoggiò alla testiera di metallo. 

« Sicuramente stai meglio di questa mattina » si limitò a commentare James cercando di sorridergli nella maniera più incoraggiante possibile. 

« Decisamente » convenne Peter. « Sono sicuro che ti rimetterai presto. In ogni caso, ti abbiamo portato un paio di Cioccorane per alleviare il tuo soggiorno con la nostra adorata Poppy » aggiunse, sogghignando ed abbassando la voce per non farsi sentire dall’Infermiera. 

« Grazie, ragazzi » disse Remus. « Come è andata la giornata? »

« Tutto come al solito » rispose Lily stringendosi nelle spalle. « Lumacorno ha iniziato a spiegare le pozioni rituali, mentre la McGranitt ci ha fatti esercitare ancora sugli incantesimi per mutare parti del nostro corpo ».

Peter sbuffò. 

« Già. Avrai un bel po’ da recuperare, Rem: Lumacorno ci ha assegnato più di dieci pagine da fare da soli, oltre a quelle che spiegato lui oggi ».

« Davvero! » esclamò Sirius, dandogli manforte. « Quest’anno tutti i professori stanno impazzendo! Hanno tutti paura di non fare in tempo a finire il programma prima della fine dell’anno ».

« State prendendo appunti anche per me? » tentò Remus, sicuro di sapere già la risposta.

I suoi tre amici, infatti, si scambiarono un’occhiata colpevole e tacquero; Remus si limitò a chiudere gli occhi, ormai abituato a tutto ciò. Guardò poi Mary e Lily, sperando che una di loro due potesse poi passargli gli appunti: conoscendo Lily, inoltre, era abbastanza sicuro di poter fare affidamento su di lei.

« Per Pozioni non guardare me, al massimo posso darti quelli di Trasfigurazione » si difese Mary alzando le mani.

« Ti aiuto io con Pozioni, tranquillo » ridacchiò Lily, giocando con una ciocca dei propri capelli. 

James la osservò sorridere a Remus e conversare con lui e gli altri, preferendo rimanere in silenzio per qualche minuto per studiarla. La guardò annuire a qualcosa che Peter aveva detto e arrotolarsi distrattamente una ciocca ramata intorno all’indice destro, sempre senza smettere di sorridere; una chiostra di denti bianchi faceva bella mostra di sé tra le sue labbra rosee, mettendo in risalto il leggero spazio tra gli incisivi. 

James aveva visto molte belle donne, come sua madre o Mary, ad esempio, ma Lily Evans era un’altra cosa. 

Gli sembrava bellissima anche quando gli urlava contro che era un idiota, e insomma, qualcosa questo avrà pure dovuto dire. James aveva ormai capito cosa provava per lei, e, sebbene ogni tanto facesse paura anche a lui, non riusciva a capacitarsi di come Lily non si accorgesse ancora di quanto lui fosse cambiato. 

« Si sta facendo tardi, signorini » lo richiamò dopo un po’ la voce di Madama Chips, che era uscita dal proprio ufficio e si era avvicinata al letto di Remus. « Il vostro amico ha bisogno di riposo e voi dovreste andare a preparavi per la cena ».

« Ma come, Poppy! Dai, facci stare ancora un po’ » provò a convincerla Sirius, sfoggiando il sorriso più convincente del proprio repertorio. 

Inutile dire che, però, fu totalmente inutile di fronte al cipiglio irremovibile di Madama Chips. 

« Le regole sono regole » si limitò a dire la donna. « Andate ora. Signor Black, non si azzardi a continuare o sarò costretta a chiamare la professoressa McGranitt ».

Sirius sbuffò ma alla fine annuì, abbattuto. Tutti e cinque i Grifondoro salutarono calorosamente Remus prima di uscire dall’Infermeria. 

« Poppy e la sua mania per le regole… » commentò Sirius una volta che si furono allontanati. 

« Dai, Pad, torniamo domani mattina prima di Incantesimi » disse James con un sorriso di circostanza. 

Peter annuì, come fece Sirius poco dopo. Mary affiancò James, che le passò un braccio intorno alle spalle con fare fraterno, mentre Lily camminava accanto a Peter. Il gruppo si stava dirigendo verso la Sala Grande, quando Lily si bloccò.

« Tutto bene, Lily? » le domandò Peter con gentilezza.

Lily annuì ma non si mosse. Posò poi lo sguardo su Mary, che la guardava, confusa.

« Ho dimenticato che dovevo portare una cosa a Dorcas Meadowes » le spiegò. « Mi accompagni? È in dormitorio ».

« Certo, andiamo » rispose Mary, staccandosi da James e arruffandogli ancora di più i capelli con una mano. « Ci vediamo tra poco, ragazzi! »

Loro annuirono e tornarono a dirigersi verso la Sala Grande, mentre Lily e Mary tornarono sui propri passi. Stavano chiacchierando del più e del meno, ma quando passarono nuovamente davanti all’Infermeria Lily tacque. 

« Che succede, Lily? » le chiese Mary, perplessa, guardando a sua volta la porta dell’Infermeria. Tuttavia non vi scorse niente di strano, perciò tornò a osservare la propria amica. 

Lily parve riscuotersi dallo stato di trance in cui era caduta e si girò verso di lei, la fronte aggrottata e l’aria pensierosa. 

« Non è strano? » disse semplicemente.

Mary storse il naso, perplessa. 

« Ma di cosa stai parlando? »

« Di Remus » disse Lily, abbassando la voce ed indicando l’Infermeria con un movimento del capo. « L’avevo notato già l’anno scorso, ma mi era passato di mente. Sta male molto spesso, non mi sembra una cosa normale. No? »

Non appena la rossa disse ciò, Mary sentì il sangue ghiacciarsi nelle sue vene. 

Lily non era una stupida e questo Mary lo aveva sempre saputo, ma per anni era riuscita a distrarla nei periodi di luna piena; questa volta, essendo appena finite le vacanze, aveva creduto che l’amica non si sarebbe ricordata di tutte le volte che Remus era “stato male” l’anno precedente e che quindi non avrebbe collegato le cose. 

« Onestamente non mi sembra così strano, Lil » si limitò a dire, mettendo su un’aria totalmente indifferente; fin da piccola era stata brava a mentire. « Dopotutto sappiamo tutti quanto sia cagionevole Remus ».

« Secondo me non è così normale » insistette Lily.

« Perché, scusa? »

Lily si guardò intorno a lungo, poi le afferrò un braccio e la trascinò in una classe vuota lì vicino. Una volta dentro si chiuse la porta alle spalle e si andò ad appoggiare ad una delle finestre della stanza.

Si guardò le mani per qualche secondo, prima di parlare.

« Vedi, Mary » cominciò. « Quando io e Severus eravamo ancora amici, mi aveva parlato di… una cosa » continuò, e Mary dovette trattenersi dal parlare subito per non insospettirla ancora di più: temeva di aver capito dove volesse andare a parare l’amica. « Lui… ecco, lui aveva una teoria sul perché Remus si ammalasse così spesso ».

La voce di Lily era bassa, come se avesse paura di ciò che stesse dicendo. 

« Ovvero? » la incitò Mary, vedendo che Lily non parlava.

Lily fissò i suoi occhi in quelli dell’altra e poi riprese il proprio discorso.

« Secondo lui, Remus è un licantropo » esalò dunque, abbassando ulteriormente il volume della voce e finendo così per pronunciare l’ultima parola in un sussurro che anche Mary faticò a sentire.

Inizialmente Mary rimase in silenzio, non sapendo bene cosa rispondere. In quel momento l’unica cosa che le sarebbe piaciuto fare sarebbe stata andare in Sala Grande e lanciare una fattura contro Severus Piton.

Perché James lo ha salvato, l’anno scorso? Merlino, io quel ragazzo non posso vederlo…

Attingendo a tutto il proprio autocontrollo, Mary scoppiò a ridere. 

« Lily, ma che dici? Sei impazzita? » esclamò, senza smettere di ridere e sperando dentro di sé che Lily se la bevesse.

Lily, tuttavia, sembrava ancora incerta. Continuava a muovere nervosamente le mani e a guardarla negli occhi senza dire niente.

« Lily, non puoi credere a una stronzata del genere » continuò Mary. « Secondo te Silente lo avrebbe ammesso ad Hogwarts, se fosse davvero… quello? »

« Non lo so, Mary… Lui ne era davvero convinto ».

Mary scosse violentemente la testa.

« Non puoi fidarti ancora di lui! Sappiamo entrambe da che parte sta e sappiamo anche che farebbe qualunque cosa per metterti contro James e gli altri ».

« Mary… »

« No, Lily, rifletti. L’idea di Severus non ha una base logica. Insomma, si basa solo sul fatto che Remus si ammali smesso. Si ammala una volta al mese? Può succede per molti motivi! Io da piccola mi ammalavo ogni settimana, figurati » insistette Mary. « E poi, te lo ripeto: credi davvero che Silente avrebbe rischiato così tanto per uno studente solo? Non è mica uno sciocco ».

Lily inizialmente fece per ribattere, ma alla fine richiuse la bocca e sospirò, annuendo.

« Probabilmente hai ragione » disse. « Mi sono fatta trascinare troppo dalla cosa. È ovvio che Silente non avrebbe mai fatto una cosa del genere, non so come io abbia potuto credere il contrario ».

Mary le mise una mano sulla spalla, e dentro di sé si fece i complimenti per la propria abilità nel mentire. Qualche volta, si disse, appartenere a una famiglia piena di Serpeverde era utile. 

Tuttavia non poté non pensare che Lily, prima o poi, avrebbe capito che la tesi di Severus non era sbagliata. E aveva paura di come avrebbe reagito. 

Lei lo aveva scoperto alla fine del terzo anno: Sirius per due settimane aveva evitato Remus, allontanandosi di conseguenza anche dagli altri. James, infatti, si era rifiutato di stargli accanto e Mary, mentre andava in camera dei Malandrini per cercare James, aveva sentito quest’ultimo dire a Sirius che non gli avrebbe rivolto la parola finché non sarebbe tornato a ragionare. 

Quando l’avevano vista sulla porta, erano sbiancati entrambi e avevano cercato invano di trovare una scusa: alla fine, visto che Sirius non apriva bocca, James lo aveva guardato con rabbia e se n’era andato, lasciandoli soli in camera. 

 

Quando James si chiuse con forza la porta del dormitorio alle spalle, Sirius si lasciò cadere sul proprio letto e si prese la testa tra le mani, nervoso e teso come Mary non lo aveva mai visto. Le sue spalle tremavano molto e continuava a muovere convulsamente le gambe; dopo pochi secondi sbuffò con forza e si sdraiò con la schiena sul materasso. 

Mary lo guardò per un po’, indecisa su cosa fare. Nei due anni precedenti non le era mai capitato di vedere Sirius e James litigare, soprattutto in quella maniera: lei aveva capito immediatamente che doveva trattarsi di una cosa seria, perché altrimenti James non avrebbe mai avuto una reazione così forte. 

Alla fine prese coraggio e si andò a sedere sul letto, alla sinistra Sirius. Lui non la degnò di uno sguardo nemmeno quando lei provò a posargli una mano sul braccio, anzi; non appena le dita di Mary sfiorarono la sua pelle, Sirius si ritrasse immediatamente al contatto e iniziò a strofinarsi con forza il viso.

« Che succede, Sir? » gli chiede dopo quelli che le parvero anni, una volta che ebbe trovato il coraggio di aprir bocca. 

Sirius scosse la testa, senza proferir parola, perciò lei sospirò e alla fine decise di stendersi  a pancia in giù al suo fianco. Quando lo fece, lui la guardò per la prima volta da quando James era uscito di corsa dalla stanza.

« Se vuoi che me ne vada basta che tu me lo dica ».

All’inizio lui non disse nulla, perciò lei pensò che davvero non la volesse lì in quel momento. Stava per muoversi, quando finalmente Sirius parlò.

« Non so spiegarti cosa stia succedendo » ammise, tornando a guardare il baldacchino sopra di loro. « James non vuole più nemmeno parlarmi… ».

Mary aggrottò le sopracciglia, presa alla sprovvista. Se quello che stava dicendo era vero, Sirius doveva davvero averla fatta grossa. 

« Cos’hai combinato? »

« Perché devo aver combinato per forza qualcosa? » le chiese, quasi attaccandola. « Perché pensate tutti che sia colpa mia? Non ho combinato un bel niente! Merlino, non è una cosa normale e basta! Non è che ti capiti tutti i giorni! » aggiunse, sotto il suo sguardo confuso. « Mi fa paura, è così tanto sbagliato? »

Sirius continuò a parlare a raffica ancora per un po’, mentre lei tentava invano di seguire il suo discorso. Quando finalmente tornò il silenzio, Mary lo guardò a lungo prima di indagare ulteriormente.

« Cosa non è normale? Cos’è che ti fa paura? » chiese, facendosi leggermente più vicina sebbene con notevole imbarazzo. 

I tre anni precedenti aveva passato la maggior parte del tempo con i ragazzi, e dopo qualche litigio aveva legato molto con Sirius; tuttavia la vicinanza fisica la metteva molto in imbarazzo. Un po’ perché avendo solo tredici anni non ci era abituata, un po’ perché Sirius, a dirla tutta, l’aveva sempre  messa un po’ in soggezione. James l’aveva presa in giro molto spesso, dato che pensava che in realtà, durante il primo anno, quando lei trattava male Sirius lo faceva perché si era presa una cotta per lui: ogni volta che lui scherzava su questa cosa, Mary gonfiava leggermente le guance, negava e gli dava una botta sul braccio. Però un fondo di verità c’era, perché lei fino a qualche mese prima aveva davvero avuto una cotta per Sirius, sebbene lui non l’avesse mai considerata come qualcosa di più che un’amica. 

« Mary… »

« Sì? »

« Non riguarda me… non è un mio segreto… » iniziò, bloccandosi spesso. « Ma è comunque un segreto » aggiunse, titubante, cercando il suo sguardo per vedere se c’era rimasta male. 

Tuttavia Mary abbassò gli occhi, un po’ dispiaciuta. Era la prima volta che si trovava in quella situazione: sapeva che James, Sirius, Remus e Peter erano un gruppo molto stretto, ma prima di allora non le avevano mai nascosto nulla. Non capiva cosa fosse cambiato in quel momento. 

« Capisco » si limitò a dire. 

« Mary… »

« Dico davvero. Capisco » ripeté, tornando a guardarlo. « Tranquillo ».

« Mi dispiace tanto » le disse lui. « È una cosa che riguarda Remus, non me. Deve essere lui a dirtelo ».

Essendosi accorto che lei ci era rimasta male, Sirius le diede un pizzicotto e si alzò dal letto con uno scatto. 

« Ti va una partita a Sparaschiocco? » le domandò, attirando così la sua attenzione. « Tanto non vinci nemmeno questa volta, però puoi sempre provarci ». 

Lei lo guardò con superiorità, ma si tirò immediatamente a sedere. 

« Hai solo tanta fortuna » ci tenne a precisare. « Se perdi, la prossima volta che andiamo ad Hogsmeade mi prendi tutto quello che voglio da Mielandia » lo sfidò, alzandosi in piedi ed incrociando le braccia al petto. 

« Va bene, ma se vinco sarai tu a prendermi tutto quello che voglio da Zonko ».

« Nessun problema, tanto perderai tu » acconsentì Mary, guardando con sufficienza, prima di precederlo verso la porta del dormitorio. « Muoviti, lumacone! » gli gridò dopo aver aperto la porta ed aver cominciato a correre giù per le scale, diretta alla Sala Comune.

 

 

Erano passate due settimane da quel pomeriggio finito a giocare a Sparaschiocco con Sirius, ma da allora non era cambiato quasi nulla. James e Sirius non si parlavano, e quando s’incrociavano il primo non perdeva occasione di lanciare un’occhiataccia all’altro; Sirius invece, quando incontrava Remus, abbassava la testa e tirava dritto, cercando di non far caso all’aria dispiaciuta dell’amico. 

Di tutto ciò, Mary continuava ad essere una passiva spettatrice e ciò non le piaceva per niente. Aveva provato a chiedere a James qualcosa di più, ma c’era mancato poco che lui si arrabbiasse anche con lei quando aveva capito che Mary sapeva che tutto girava attorno a Remus. Inoltre, lei sapeva che a James dava fastidio che lei nonostante tutto continuasse a trascorrere del tempo anche con Sirius, ma non ce la faceva davvero a vederlo da solo: se non stava con lei infatti, stava o con suo fratello Regulus al lago nero o con Peter. 

Quel giorno non era stato da meno, e Mary continuava a guardare fisso il fuoco davanti a lei mentre tentava per l’ennesima volta cosa potesse aver causato un litigio del genere. Mancava poco all’ora di cena, perciò avrebbe fatto bene ad andare a posare in camera borsa e mantello, ma prima che si decidesse ad alzarsi qualcuno le si sedette accanto.

« Ciao » la salutò Remus con un sorriso tiepido.

« Ciao » ricambiò lei, regalandogli un sorriso a trentadue denti: nell’ultimo periodo il ragazzo sembrava avere una cera peggiore del solito, ed aveva ancora un paio di graffi in viso che non se n’era andati e che chissà come se li era procurati. « Come stai? »

« Be’, credo bene » rispose lui, un po’ nervoso. « Ti va di fare un giro? Poi se vuoi andiamo in Sala Grande insieme ». 

Mary lanciò un’occhiata fugace alle cose che avrebbe dovuto portare in camera, ma alla fine decise di andare con Remus: sapeva che tanto nessuno avrebbe toccato nulla, da quel punto di vista non aveva mai avuto alcun problema. 

Insieme uscirono dalla Sala Comune e si incamminarono per un corridoio poco frequentato del settimo piano. Era una zona tranquilla, dove raramente passava qualcuno, e illuminato da molte torce. I due si fermarono a metà del corridoio e Remus si appoggiò al davanzale di una delle tante finestre ad arco. 

« So che stai cercando di capire cosa sta succedendo in questi giorni con gli altri » le disse, diretto, a voce bassa. 

Mary sospettava che lui volesse parlare di quella questione, ma era comunque un po’ imbarazzata: d’altronde lei non si era mai rivolta direttamente a Remus, poiché non essendo a conoscenza di questo famoso segreto non aveva bene un’idea di come approcciarlo a riguardo, ma si era limitata a tartassare James di domande finché lui non aveva quasi sbottato. 

« Lo so che non sono fatti miei » si giustificò, abbassando lo sguardo sul pavimento ed incrociando le braccia al petto. « Scusami, non volevo darti fastidio… Dico davvero. Non voglio che tu sia arrabbiato con me per questo ». 

« Non sono arrabbiato con te » rispose Remus, abbassando gli occhi a sua volta. Era nervoso, così nervoso che continuava a contorcersi le mani. « Anzi, volevo spiegarti… ecco, volevo spiegarti cos’è successo » continuò. « Se alla fine tu dovessi decidere di non rivolgermi più la parola… sappi che lo capisco ».

Mary alzò lentamente lo sguardo su di lui. C’era qualcosa nel tono di Remus, qualcosa che lei non era in grado di definire; era un misto di emozioni: tristezza, rassegnazione, paura. Non c’era niente di positivo nella sua voce. 

« Hai ucciso qualcuno? » domandò, prima che riuscisse a trattenersi. 

Remus la guardò, preso in contropiede, e si lasciò andare ad una risatina. 

« No » rispose, prima di incupirsi nuovamente. « Forse è peggio »

Lei aggrottò le sopracciglia: cosa poteva esserci di peggio di un assassino?

« Sai… be’, è una storia un po’ lunga. Devo dire che ricordo poco io stesso » cominciò, concentrandosi sul muro davanti a sé e cercando di trovare le parole giuste per raccontarle tutto. « Tu non lo conosci, ma mio papà è un uomo che sa tante cose » proseguì, decidendo di partire dall’inizio. « La sua specialità sono le creature magiche, soprattutto Mollicci e Poltergeist e questo genere di creature, però le conosce tutte. Purtroppo non sono tutte buone… sai, a me divertono tanto gli snasi, ma loro sono carini, fanno ridere. Ecco… le creature magiche non sono tutte così, e a volte mettersene contro una può… non può portare niente di buono ».

Remus continuava a parlare, mentre Mary lo ascoltava rapita, ma lui cercava di far finta che lei non ci fosse: in questo modo era più facile parlare, dire tutto quanto. Ma era difficile lo stesso, era così difficile che gli veniva quasi da piangere. 

« Mio padre si mise contro un lupo mannaro, durante un processo » andò avanti lui. « Nessun giurato si rese conto di avere un lupo mannaro davanti, così lo assolsero. Nessuno credette a mio padre, così lui cercò di rendere nota la cosa. Questo non dovette piacergli » e qui gli scappò un sorriso amaro, mentre abbassava la testa e guardava il pavimento. « Così una volta tornato libero decise… di vendicarsi ».

A questo punto Remus fece un’altra piccola pausa, prima di dirle il succo della questione. 

« Per questo decise di mordere me ».

Dal momento in cui queste parole lasciarono la sua bocca, il silenzio attorno a loro si fece, per lui, quasi assordante. Non riusciva a trovare il coraggio di girarsi verso Mary: se avesse visto sul suo viso la stessa espressione che aveva visto su quello di Sirius non sapeva come avrebbe potuto reagire. Quando finalmente si girò a guardarla, provò ad aprire bocca per dire qualcos’altro ma non uscì nulla, perché l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano le guance rigate e gli occhi lucidi di lei.

Provò nuovamente a dire qualcosa, riuscendo a sussurrare un gracchiante: 

« Se non vuoi più rivolgermi la parola lo capisco ».

Mary lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, e dopo nemmeno un secondo, in tutta risposta, si buttò fra le sue braccia. Quella reazione fu talmente inaspettate che, se non fosse stato appoggiato al davanzale, Remus era sicuro che sarebbe caduto all’indietro. 

« Che stai facendo? » le chiese a voce bassa, mentre lei continuava a stringerlo a sé. 

« È che… mi dispiace così tanto, Rem! » sbottò lei, allontanandosi per poterlo guardare in faccia e tirando su col naso. « E io non… io non avrei mai immaginato… non oso pensare cosa tu possa aver passato… io non… »

Lei continuava a parlare a vanvera, ma lui era rimasto colpito solo da una cosa: 

« Non ti faccio schifo? » le domandò. « Non hai paura di me? »

Prima ancora di rispondergli, Mary gli pestò con rabbia un piede. 

« Come puoi dirlo! » sbottò, quasi offesa. « È… è tremendo. Ma tu non sei una cattiva persona. Sei stato morso… ma la colpa non è tua… non lo hai deciso tu… non lo hai voluto tu. Io ti voglio bene ».

Fu Remus a questo punto ad abbracciarla stretta, stupendola: lui non era il tipo di ragazzo che si lasciava andare facilmente a dimostrazioni d’affetto. 

« È la cosa più bella che mi potessi dire » ammise, prima di lasciarla andare. 

Lei gli sorrise con affetto e gli prese la mano con la propria. « Andiamo a cena? » gli propose. « Ho sentito dire che oggi come dessert c’è la mousse al cioccolato » proseguì, sapendo quanto l’amico amasse il cioccolato. 

« Questa è la seconda cosa più bella che mi potessi dire! » esclamò lui, sorridendole e sentendo scemare il nervosismo che l’aveva accompagnato fino a quel momento. « Andiamo » fece poi, iniziando a camminare verso la scalinata. 

Tuttavia lei lo bloccò dopo pochi passi, ed era tornata seria. 

« Tu gli manchi » gli disse. « A Sirius, intendo. Io lo so che ti vuole bene comunque ». 

Remus abbassò lo sguardo, dispiaciuto. 

« Non pensavo avrebbe reagito in quel modo » ammise. 

« Secondo me aveva bisogno di pensarci su » gli assicurò. « Siete così amici, siete una specie di seconda famiglia. Perché non provi a parlarci? So che prima di cena doveva vedere suo fratello al lago nero. Dovrebbe tornare da un momento all’altro, potresti aspettarlo un attimo nella Sala d’Ingresso… »

« E se non volesse parlarmi? » le domandò, mettendo a nudo un timore che lo attanagliava da giorni.

« Lo sai com’è fatto Sirius » si limitò a rispondergli. « Ci mette un po’, visti i genitori che ha… ma in questi giorni sono stata spesso con lui, e anche se non vuole parlare di questa situazione si vede che ci sta male. Ti fidi di me? »

Dopo qualche secondo di silenzio Remus annuì, così Mary gli sorrise e insieme si incamminarono verso la Sala Grande. Giunti lì si divisero: lui rimase nella Sala d’Ingresso per aspettare Sirius, mentre lei entrò in Sala Grande per raggiungere James. 

« Ciao, Jamie » lo salutò quando gli si sedette di fronte. 

« Ciao, Bun » ricambiò James. « Come mai sei da sola? »

Lei si strinse nelle spalle, sviando la domanda, e spostando il discorso sull’allenamento di Quidditch che il ragazzo aveva avuto quella sera. 

Dopo un quarto d’ora circa, James smise di parlare all’improvviso; fissava con intensità l’entrata della Sala, perciò si girò anche lei in quella direzione e ciò che vide la fece sorridere. C’erano Remus e Sirius che, sebbene fossero entrambi palesemente imbarazzati, stavano camminando insieme nella loro direzione e parlavano tra di loro. 

Quando arrivarono davanti a loro, James rimase in silenzio un paio di secondi. 

« Che significa? » domandò infine, perplesso.

Remus e Sirius si guardarono ed entrambi non risposero, limitandosi a stringersi nelle spalle. 

« Maschi » sbuffò Mary, visto che nessuno dei tre si azzardava a dire alcunché. « Significa che siete tre imbecilli. Anzi, quattro, e ricordatemi di dirlo anche a Peter quando arriva ».

 

*

 

Seduta su una poltrona vermiglia con le gambe piegate su di essa, Lily stava sottolineando con la matita alcune frasi del suo libro di Storia della Magia. Il professor Rüf, infatti, aveva deciso di fissare per la settimana successiva un compito sui preludi delle guerre tra Giganti della prima metà del 1800. 

Settembre stava ormai volgendo al termine e i pomeriggi assolati avevano lasciato il posto ad un venticello freddo proveniente dal Nord. Lily, che era sempre stata molto freddolosa, aveva preso l’abitudine di studiare su una poltrona vicino al caminetto, in modo tale da non dover patire il gelo. 

Kate era seduta per terra, con la schiena appoggiata alla poltrona su cui stava Lily, e giocava a Spara Schiocco con Claire. Lily sollevò per un istante gli occhi dal proprio libro per osservare a che punto erano arrivate, ma nel momento esatto in cui fece ciò le carte decisero di saltare in aria.

« Non ci credo, ancora! » si lamentò Kate, arrabbiata, sistemandosi alcune ciocche della frangetta con la mano sinistra. « Riusciremo mai a finire una partita? »

« Sfortunata al gioco, fortunata in amore! » trillò una voce allegra da dietro di loro.

Si girarono giusto in tempo per vedere arrivare Miriam; la ragazza si sedette su uno dei braccioli della poltrona su cui sedeva Lily con un sorriso smagliante.

Claire la guardò, perplessa.

« Che significa? » le domandò, curiosa, inclinando leggermente la testa di lato.

« Oh, è un modo di dire babbano » spiegò Miriam muovendo con noncuranza una mano dalle dita perfettamente smaltate di rosa pallido. « Si dice quando qualcuno perde ad un gioco. Significa che se sei sfortunata al gioco, allora sei fortunata in amore ».

Kate sospirò, sconfortata.

« Insomma, eh… » borbottò. « Thomas mi ha lasciata da più di due mesi e io spero ancora che lui decida di tornare con me! L’amore fa schifo ».

« Tesoro, è lui ad essere un idiota » disse Miriam annuendo con forza alle proprie parole. « Non penso possa trovare una ragazza che riesca ad amarlo più di quanto tu abbia fatto ».

Kate annuì e si strinse nelle spalle, cominciando a sistemare le carte per giocare di nuovo; Claire e Lily, invece, si scambiarono un’occhiata dubbiosa prima di guardare nuovamente Miriam.

« Da quando sei così… romantica? » disse Claire, guardando Miriam con un sorrisetto di chi la sa lunga. 

« Ma che dici! » cinguettò la diretta interessata, stringendosi nelle spalle e mordendosi il labbro inferiore.

Era palese che non vedesse l’ora di raccontare tutto quanto.

« Su, Miriam! » esclamò Lily ridacchiando. « Chi ha conquistato il tuo cuore di ghiaccio? » la prese in giro.

Miriam si imbronciò e la guardò con le sopracciglia bionde aggrottate.

« Non ho un cuore di ghiaccio » si difese. « Solo che mi annoio presto » spiegò con un sorrisetto di scuse, prima di continuare. « Comunque! Mi sono appena vista con George Stebbins! »

Claire, Kate e Lily la guardarono senza dire nulla, invitandola ad andare avanti.

« È andato tutto bene » proseguì con un sospiro. « Abbiamo chiacchierato un po’ e poi ci siamo baciati! Posso assicurare che ci sono ragazzi, a scuola, che baciano meglio, ma sono sicura che da me potrebbe imparare molte cose… » commentò, maliziosa, facendo ridere le altre. « Fatto sta: ci siamo baciati molto a lungo. Solo che poi è passato Gazza… »

« E? » domandò Lily, mentre Claire e Kate scoppiavano a ridere.

Miriam fece una smorfia. 

« Ci ha messi in punizione per due settimane » mugugnò.

« Chi è stato messo in punizione per due settimane? » domandò Mary, spuntando dal buco del ritratto insieme a Sirius e Remus. 

« Miriam e Stebbins » rispose Claire con un sorrisino. 

« Ooh, grande conquista » commentò Mary con un fischio che fece ridacchiare Miriam e alzare gli occhi al cielo a Remus, che però sorrideva. 

Sirius guardò con le sopracciglia inarcate la ragazza che rideva.

« Stebbins, seriamente? » disse. « Ma come fate a trovarlo attraente? È un idiota ».

Mary gli diede una gomitata nelle costole, ridacchiando, mentre Miriam lo guardò, quasi offesa. 

« Non è un idiota » esclamò, assumendo poi un’aria sognante. « E poi è attraente, decisamente molto attraente ».

« Ma per favore » commentò Sirius, gettandosi sul divano accanto alla poltrona di Lily. 

Miriam si girò verso di lui, pronta a difendere nuovamente il suo nuovo ragazzo. 

« Pensi di essere meglio, Black? » gli domandò. 

Non aveva assunto un’aria di sfida: il suo sguardo era ancora sognante, come se anche il solo pensiero di George Stebbins bastasse a destabilizzarla totalmente. 

Vedendola così, Sirius scosse la testa e si lasciò scivolare sui cuscini del divano, poggiando la nuca sul bracciolo. Mary si schiarì la gola per fargli spostare le gambe e potersi sedere anche lei. 

« Io sono meglio di Stebbins, e se vuoi negarlo sei pazza » disse, rivolto a Miriam. « Come puoi vedere, infatti, anche la tua amica qui non riesce a starmi lontana » aggiunse, sogghignando ed accennando a Mary.

« Sicuramente » si limitò a dire quest’ultima, lanciandogli un’occhiata scettica. 

Sirius sorrise e chiuse gli occhi, mentre Mary, dopo aver scosso la testa, benché avesse sentito qualcosa di strano muoversi all’interno del proprio stomaco, tornava a concentrarsi sul discorso delle altre.

« Comunque, parlavamo di Stebbins » disse. « Perché siete in punizione? »

« Li hanno beccati mentre si baciavano per i corridoi » rispose Claire con un sorrisino.

Remus e Mary si guardarono prima di scoppiare a ridere, mentre Sirius si limitò a scuotere ancora la testa e a borbottare: « Stebbins… la gente è pazza ».

Proprio quando Miriam stava per ribattere ancora, l’arrivo di James Potter glielo impedì; il ragazzo, infatti, sembrava più arrabbiato di una Banshee e marciava diritto verso di loro. Aveva i capelli leggermente umidi e un livido palesemente fresco sulla guancia destra. 

« Tutto bene, Prongs? » domandò Remus, titubante.

Gli occhi di James, dardeggianti di rabbia, si posarono su di lui, facendogli desiderare di non aver mai aperto bocca. Poche volte Remus l’aveva visto così infuriato – l’ultima volta, se non ricordava male, era quando al terzo anno si era arrabbiato con Sirius perché aveva detto a Piton come accedere alla Stamberga Strillante dal Platano Picchiatore. 

« Tutto bene? » ripeté James, scandendo bene ogni parola. « Tutto bene? » gracchiò ancora. « No che non va tutto bene! Io lo odio, davvero, non capisce un cazzo! »

Così dicendo, il ragazzo si buttò sul divano, sopra Sirius e Mary, incurante delle proteste del primo. Mary cercò di fargli posto e, una volta che il ragazzo si fu messo a sedere, lasciò che poggiasse la testa sulla sua spalla. 

« Di chi stai parlando, Jam? » gli chiese lei, mentre Sirius si tirava a sedere.

« Di Lucas » borbottò lui in risposta.

« Ah » disse Sirius. « Dai, Prongs, lo sappiamo da anni che è un idiota! Cos’ha fatto stavolta? »

Lucas Abercrombie era l’altro ragazzo che dormiva nel loro dormitorio, con cui però non si erano mai trovati granché. James e Sirius, inizialmente, avevano provato a formare un trio con lui, ma era stato chiaro fin da subito che la cosa non sarebbe durata: Lucas passava la maggior parte del suo tempo con i Tassorosso, poiché il suo gemello, a cui era molto legato, apparteneva a quella Casa. 

« Certo, ma non pensavo fosse così imbecille » sbuffò, tenendo gli occhi chiusi per calmarsi. 

Mary gli posò una mano sul ginocchio e lui nascose ancora di più il viso nei suoi capelli scuri, facendola sorridere: James, in fondo, sarebbe rimasto sempre un po’ bambino. 

« Cos’ha fatto? » domandò Miriam, mentre Claire sfidava Kate a un’altra partita a Spara Schiocco – Claire preferiva mantenere le distanze dai Malandrini, che lei considerava esclusivamente come portatori di guai.  Lily era sempre stata d’accordo con lei, ma da quando era diventata la migliore amica di Mary aveva iniziato a cambiare idea. 

« Esiste » rispose James, lapidario.

Sirius scoppiò a ridere e gli altri ridacchiarono; anche Lily, a dire il vero, sorrise. 

« Dai, James » insistette Mary.

« Ha deciso all’ultimo minuto di fare un allenamento straordinario, oggi, solo che praticamente nessuno lo ha preso sul serio. Insomma, non organizzi un allenamento così a buffo! » spiegò James, tirandosi su a sedere. « Nessuno si è presentato e lui si è incazzato come una bestia ».

« Teoricamente non serve un’autorizzazione per organizzare un allenamento in più? » chiese Lily, perplessa. « Per prenotare il campo e tutto quanto ».

James annuì con forza alle sue parole. 

« Ecco, appunto! Ma lui non voleva sentire ragioni! “Tanto il campo è libero, non importerebbe a nessuno” e bla, bla, bla » continuò lui, facendo il verso a Lucas Abercrombie. « Ero sul punto di togliergli venti punti, onestamente. Mi sono dovuto trattenere ».

Alle sue parole, Lily, Mary e Remus ridacchiarono ancora.

« Avresti dovuto farlo! » esclamò Miriam, contrariata. « Ma ha visto che tempo che c’è oggi? Non ha pensato ai poveri capelli di Sally? Le si sarebbero gonfiati tutti con questa umidità! » continuò, e tutti scoppiarono a ridere sonoramente. 

Anche James rimase così sconvolto da quella sua frase che non poté trattenere una risata. 

Lei li guardò tutti quanti, confusa.

« Che ho detto di così divertente? »

 

*

 

Dopo aver scritto sulla lavagna la pagina della pozione che avrebbero preparato quel giorno, posò la bacchetta sulla cattedra e si sedette sulla propria sedia. Il suo volto pasciuto si contrasse in una smorfia spazientita quando il suo sguardo saettò sul fondo della classe, dove due studenti, anziché tirare fuori gli ingredienti necessari per il compito assegnato, continuavano a ridacchiare e parlottare a bassa voce. 

« Signor Potter, sono sicuro che la sua conversazione con il signor Black sia molto interessante » li riprese con un sorriso a metà tra il divertito e lo spazientito, « ma dubito che possa risultarle utile per la preparazione di oggi ».

Remus, seduto insieme a Peter nel banco accanto a quello degli altri due, alzò gli occhi al cielo, ormai abituato ai continui rimproveri che Sirius e James si guadagnavano. Quest’ultimo, ad ogni modo, si stampò sulle labbra un sorriso smagliante e si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più. 

« Mi scusi, professore » recitò, sicuro che, come al solito, sarebbero bastate quelle due semplici parole a risolvere tutto. 

« Nessun problema, signor Potter » fece Lumacorno, piegando le labbra in un sorriso ironico. « Adesso mi faccia una cortesia: prenda la propria borsa e si sposti » aggiunse subito dopo, infatti.

« Professore, davvero, non ce n’è alcun bisogno » si affrettò a dire James, tentando di suonare il più convincente possibile. « Cominciamo subito a preparare la pozione, non si preoccupi ».

« Non metta a dura prova la mia pazienza » ribatté il professore, deciso, senza smettere di sorridergli per neanche un secondo, mentre lui avrebbe voluto prendere a testate il banco. « Su, raccolga le proprie cose e venga a sedersi al primo banco. Signorina MacDonald, prenda il posto del signor Potter ». 

« Ma professore… » provò Mary, tacendo subito quando vide lo sguardo serio che Lumacorno le stava rivolgendo. 

Nel frattempo James si dovette trattenere dal sorridere: la vicina di banco di Mary era Lily, ovviamente. Senza neanche rendersene conto, Lumacorno gli stava dando una mano ad avvicinarsi alla sua studentessa preferita - e non per scopi propriamente scolastici, ecco. Accanto a lui sentì Sirius sbuffare, che aveva a sua volta capito a cosa stesse pensando James; ciò che quest’ultimo non vide, ad ogni modo, fu l’occhiata rapida e quasi soddisfatta che il suo migliore amico lanciò a Mary. 

James afferrò la propria borsa, ancora mai toccata dall’inizio della lezione, e si alzò per andare a sedersi accanto a Lily. Mentre si avvicinava al suo banco passò accanto a Mary, che gli strizzò l’occhio con un sorriso malizioso prima di andare a sedersi accanto a Sirius.

« Buongiorno, Evans! » esclamò con ritrovata allegria. « Bella anche di prima mattina, devo dire! »

La ragazza alzò gli occhi alla sua ultima affermazione, ma non lo rimproverò; al contrario, posò lo sguardo su di lui e rispose al suo saluto con un cenno del capo un po’ imbarazzato. Dopo quello che lui le aveva detto alla fine della riunione della settimana precedente, infatti, non sapeva bene come comportarsi con lui: in fondo era stato carino a preoccuparsi per lei a quel modo… ma era Potter. 

« Che pozione dobbiamo fare? » le chiese, non lasciandosi minimamente abbattere dal saluto che lei gli aveva rivolto, iniziando a tirare fuori dalla borsa il proprio libro di Pozioni e la bacchetta.

« Vedo che sei stato attento… » commentò Lily, non riuscendo a nascondere un piccolo sorriso divertito. « Lumacorno vuole che cominciamo a preparare il Distillato della Morte Vivente. Il procedimento è scritto a pagina 172 » aggiunse, capendo cosa le stava per chiedere.

Il ragazzo annuì e iniziò a sfogliare il libro per arrivare alla pagina che lei gli aveva detto, mentre Lily si accingeva a sistemare il calderone sull’apposito fornello e preparare i coltelli e il mortaio. 

« Cosa vuoi che faccia? » domandò nuovamente James, non capendo bene da dove cominciare. 

Per sua fortuna, ad ogni modo, Lily era una fuoriclasse in Pozioni, e proprio per questo aveva deciso di affidarsi totalmente a lei e ai suoi comandi. D’altro canto Lily gli lanciò un’occhiata a metà tra il sorpreso e lo scettico, come se volesse dirgli « Vuoi davvero farmi credere che hai intenzione di fare qualcosa? ».

« Se vuoi fare tutto da sola sappi che non mi lamenterei » l’avvisò, scherzoso, passandosi una mano tra i capelli come suo solito. « Mi sembrava fosse più educato offrirti il mio aiuto, tutto qua ».

« Un vero cavaliere… » fece lei, con quel tono un po’ scettico che gli rivolgeva spesso. 

« Come sempre » ribatté James, annuendo con convinzione alle proprie parole per enfatizzare il concetto e regalandole un sorriso a trentadue denti. « Allora? Cosa devo fare? »

« Puoi cominciare sminuzzando il fagiolo sopoforoso » rispose Lily con un sospiro, avvicinandogli poi una ciotola contente l’ingrediente da lei nominato. « Io intanto peso l’acqua e il sale marino da mettere da parte ».

« Ai suoi ordini, capo » esclamò lui, prima di concentrarsi su ciò che gli era stato detto di fare.

Con la coda dell’occhio la vide alzare gli occhi al cielo e mettersi al lavoro; sempre con molta discrezione osservò i suoi movimenti, precisi e controllati come sempre. Era molto concentrata su ciò che stava facendo e sembrò non accorgersi delle occhiate che lui le lanciava di tanto in tanto; tuttavia, quando le mostrò il risultato del proprio lavoro, la ragazza storse un pochino il naso. 

« Che c’è? » le domandò, guardando a sua volta il fagiolo sopoforoso che, a suo modesto parere, aveva sminuzzato egregiamente. 

« Diciamo che avresti potuto tagliarlo un po’ meglio » si limitò a commentare lei, stringendosi nelle spalle. 

Lei fece per prendere il suo lavoro e portarlo a termine da sé, ma lui glielo impedì; nella speranza di colpirla, infatti, riportò il tagliere davanti a sé e cercò di sminuzzare quel dannato fagiolo in maniera ancora più precisa. Una volta finito le fece di nuovo controllare il proprio operato, e questa volta lei annuì soddisfatta, regalandogli persino l’accenno di un sorriso. 

« Ora dobbiamo solo aspettare cinque minuti affinché la miscela di acqua e sale sia pronta » gli disse con fare pratico e sicuro. « Poi potremo andare avanti con la preparazione ».

« Cinque minuti di pausa? » fece lui, sorpreso. « Questa pozione mi piace già » aggiunse, appoggiandosi comodamente con la schiena alla sedia e allungando le gambe sotto il tavolo. 

Il suo commento riuscì a farla ridacchiare e lui, contento, sorrise di rimando. 

Non erano grandi amici, lui e Lily, questo James lo sapeva bene, ma era piuttosto convinto che l’astio della ragazza nei suoi confronti fosse diminuito notevolmente, se non addirittura scomparso. Da quando era diventata amica di Mary, dopotutto, loro due si erano ritrovati a parlare molto più spesso, sebbene lei avesse cercato di limitare il più possibile tali occasioni. In più adesso, dato che erano entrambi Caposcuola, avrebbero dovuto passare ancora più tempo assieme per forza, e, conoscendola, sapeva che lei avrebbe messo da parte l’ascia di guerra pur di fare un buon lavoro di fronte agli occhi del corpo docente. 

« Già stanco, Potter? » lo prese in giro lei, appoggiandosi a sua volta allo schienale della sedia ed incrociando le braccia al petto. « Pensavo che il mitico James Potter fosse instancabile ».

« Diciamo che quando si tratta di scuola mi stanco molto più facilmente » ammise James, con un sorriso furbo, ripensando a tutte le notti che aveva finito per dormire due ore pur di organizzare qualche scherzo insieme agli altri Malandrini. « Io invece mi chiedo come faccia tu a non stancarti mai tanto: segui persino più lezioni di Remus! » 

« Conosci il mio orario? » gli domandò, presa in contropiede. « Che sei, una specie di stalker? » aggiunse, guardandolo con circospezione. 

Lui inarcò le sopracciglia per un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere come se avesse detto la battuta più divertente degli ultimi dieci anni. 

« Andiamo, Evans, ma fai sul serio? » esclamò, divertito e allibito insieme. « Okay, ammetto che negli ultimi anni potrei averti tormentato un pochino, ma… »

« Un pochino? » fece Lily, alzando un sopracciglio e sfidandolo a controbattere. « Di’ pure all’infinito ».

« Come sei esagerata » commentò James. « Così mi fai passare per uno sfacciato, cosa che io, ovviamente, non sono ».

« No, tu sei solo sfrontato, molesto, indiscreto, chiassoso… » ribatté lei, cominciando ad elencare tutti gli aggettivi che, negli ultimi due anni, gli aveva affibbiato. 

« Okay, okay, ho capito il concetto » la interruppe lui, le labbra piegate nel solito sorriso beffardo. « Ad ogni modo, dicevo. So che negli ultimi ti ho tormentato un pochino, ma da qui a darmi dello stalker… Su, Evans, sarò molesto, chiassoso, sfrontato… ma stalker? » 

Il fatto che spesso si ritrovasse a controllare il cartiglio con il suo nome e i luoghi che si recava, in fondo, non lo rendevano uno stalker. Assolutamente no. Lui era un ragazzo molto curioso e in quanto tale si interessava sempre tanto a ciò che facevano gli altri: non c’erano mica altri motivi dietro, eh. 

« Mmh » fu la semplice risposta di Lily, che non sembrava particolarmente convinta dalla sua autodifesa: dopotutto, fino all’anno precedente, James era sempre riuscito a trovarla ovunque, anche quando lei non aveva detto a nessuno dove sarebbe andata.

Lui si appoggiò al tavolo con il gomito e girò il busto verso di lei.

« Che c’è, Evans, non ti fidi di me? » le domandò, divertito.

« Neanche un po’, Potter » rispose lei, con un’espressione irriverente. 

James rise, scuotendo la testa; fece per ribattere, ma lo sguardo gli cadde per caso sull’orologio. 

« I cinque minuti sono passati, Evans » le fece presente, attirando la sua attenzione. « Cosa dobbiamo fare ora? » aggiunse poi, indicando il bicchiere con un cenno del capo.

« Oh! » esclamò Lily, prendendo il bicchiere e rovesciandone il contenuto nel calderone. « Ora dobbiamo aggiungere venti gocce di essenza di assenzio. Le ultime dieci vanno aggiunte tenendo il calderone inclinato verso il basso, però ».

Una volta fatto ciò, aggiunsero alla pozione anche le tre radici di valeriana richieste, tutte rigorosamente tritate in piccoli pezzi quadrati che però dovettero lasciar riposare in acqua per cinque minuti. 

« Tornando al discorso di prima… » cominciò James, volendo riempire quei cinque minuti. « Non ti stanchi mai della scuola? Insomma, io a volte vorrei solo chiudermi in camera e non lasciare il mio letto per qualcosa come una decina di giorni » ammise con nonchalance, ripensando con nostalgia al tepore delle proprie coperte e sorridendo tra sé e sé.

« Guarda che anche io a volte preferirei dormire piuttosto che andare a lezione » rispose Lily, come se fosse ovvio. 

James la guardò per qualche secondo, mettendola anche un po’ in soggezione dal momento che non parlava e non la smetteva di fissarla, prima di ridere. 

« Sì, come no » ribatté. « Sai che era bella, come battuta? »

« E tu sai di essere un imbecille, Potter? » fu la pronta risposta di Lily, che lo guardò malissimo. 

« Sì, penso che tu me lo abbia fatto notare già innumerevoli volte durante questi anni… » commentò James, fingendosi pensieroso, prima di riportare gli occhi su di lui e sorriderle. « Comunque non mi hai risposto. Mi ricordo benissimo i primi giorni di scuola: eri l’unica che riuscisse a tenersi al passo con i compiti dei professori… quindi: o sei un robot, o mi stai nascondendo qualcosa ».

« Solo abitudine » disse lei, stringendosi nelle spalle, ancora un po’ infastidita.

Lui la guardò sorpreso, le sopracciglia aggrottate in un’espressione perplessa.

« In che senso? »

« Be’, studiavo tanto anche quando andavo alle elementari… »  rispose Lily, vaga. « E per quanto riguarda oggi, Pozioni è la mia materia preferita, penso sia capito » aggiunse, dal momento che lui aveva preso a guardarla con un’espressione ancora più confusa stampata sul viso. « Che c’è? »

« No, niente, tutto okay. Solo che non ho la minima idea di cosa siano le elementari… » confessò, grattandosi la nuca con una mano e sentendosi terribilmente in imbarazzo nel fare la figura dell’ignorante di fronte a lei: tuttavia la sua curiosità aveva avuto la meglio e non era riuscito a non chiederglielo. 

« Oh! » esclamò lei subito, sentendosi un po’ scema nell’aver dato per scontato che lui conoscesse le scuole elementari sebbene fosse un mago Purosangue. « Devi sapere che i Babbani mandano alle elementari i figli dai sei ai dieci anni, poi c’è la scuola media fino ai tredici e infine le superiori fino ai diciassette » gli spiegò con semplicità, dando poi una rapida occhiata al libro per vedere quale fosse il procedimento successivo. 

« Ah, ho capito » commentò. « E cosa studiano? »

« Ma non segui Babbanologia, tu? » domandò Lily, divertita. 

« Guarda che inizio a pensare che la stalker sia tu, Evans, eh… » rispose lui, strizzandole un occhio e facendole alzare gli occhi al cielo. 

« Sì, certo, sogna pure ».

« Lo farò, non ti preoccupare: dopotutto i miei sogni sono sempre più dolci se ci sei tu » scherzò lui, non accorgendosi però di averla fatta arrossire leggermente sulle gote. « Su, cosa studiano a queste elementari? »

« Be’, studiano materie diverse dalle nostre » rispose lei, decidendo di non commentare la propria presenza nei sogni di James Potter. « Sai: geografia, matematica, letteratura, scienze… E poi storia, che è un po’ l’equivalente babbano di Storia della Magia ».

Il ragazzo annuì, guardandola con lo stesso interesse che avrebbe mostrato un bambino di fronte ad una fontana di cioccolato. 

« E qual era la tua materia preferita? » le domandò, sinceramente curioso. 

Lily gli lanciò un’occhiata divertita, cercando di non ridere per la sua espressione così intrigata.

« Ero troppo piccola per avere una materia preferita vera e propria… » ammise, dopo averci riflettuto qualche secondo. « Forse letteratura, ma te lo dico più che altro perché ho sempre amato leggere… »

« Ma non mi dire? » scherzò James con un sorriso sghembo. « Non l’avrei mai detto! »

« Vero? » fece lei, reggendogli sorprendentemente il gioco. « Sai, in fondo qualcuno qui ha un cervello… »

« Stai parlando di me, vero? » 

« Stiamo parlando di qualcuno che ha un cervello, non di qualcuno che ha le capacità intellettive di un asticello » rispose Lily, godendosi poi a pieno la faccia scandalizzata che lui mise su.

« Su, almeno di uno Snaso! » esclamò, punto nel vivo. « L’asticello può essere Sirius, al massimo! » aggiunse, forse a voce un po’ troppo alta, dal momento che il ragazzo interpellato gli lanciò un’occhiata confusa dal fondo della stanza. 

« Ssh! Abbassa la voce! » lo ammonì la ragazza, dandogli un colpetto sul braccio non appena vide lo sguardo di Lumacorno saettare nella loro direzione. « Sono passati cinque minuti, andiamo avanti con la pozione ». 

Sbuffando, James annuì e seguì per filo e per segno le sue istruzioni. La loro pozione era di un bel color ribes, proprio come segnalava il libro, e alla fine della lezione, con loro somma soddisfazione, riuscirono ad ottenere un composto il cui colore tendeva al rosa pallido. 

Lily verso parte della pozione in una boccetta da consegnare al professore e, prima di iniziare a sistemare le proprie cose, si girò verso il ragazzo che quel giorno era stato il suo compagno di banco. 

« In fondo non è stato così terribile lavorare con te, Potter » ammise, con un tono forse un po’ troppo serio, facendolo scoppiare a ridere. 

« Tutto è piacevole in mia compagnia » scherzò James, che si era già alzato in piedi, sistemandosi la borsa a tracolla e facendole l’occhiolino.

Fino a due anni prima una frase del genere l’avrebbe fatta imbestialire, ma quel giorno Lily trovò la battuta di Potter divertente: nel tono del ragazzo, infatti, non c’era traccia della malizia che aveva caratterizzato tutte le battute che le aveva rivolto durante il quinto anno. Stava solo cercando di risultare simpatico e, strano ma vero, ci stava anche riuscendo… un po’. Non troppo, ovviamente, perché insomma, Potter è Potter.

« Adesso non ti allargare » rispose lei, avvicinandosi poi a Lumacorno per dargli la loro pozione.

Dopodiché, con un movimento morbido del polso, usò la bacchetta per far sparire il resto della pozione dal calderone, che tornò subito lindo e pulito. 

« Sai una cosa, Evans? » le chiese James, che era rimasto fermo vicino al loro banco, una volta che lei fu tornata al posto per prendere le proprie cose. 

« Dimmi, Potter » lo incoraggiò Lily, riponendo il proprio libro all’interno della cartella.

« Penso che dovremmo cominciare a chiamarci per nome » disse infine, e lei fece immediatamente scattare gli occhi sul suo viso. « Sì, insomma, lavoreremo insieme per i prossimi nove mesi, sarebbe sciocco usare ancora i nostri cognomi… e poi James è un nome talmente bello, come potresti non volerlo pronunciare ogni giorno? »

Lily lo fissò per qualche istante, sorpresa e allibita, prima di pensare che, in fin dei conti, lui non aveva tutti i torti. Dopotutto lui era Caposcuola proprio come lei, e questo significava che almeno una volta ogni due settimane lo avrebbe dovuto vedere per organizzare i turni delle ronde; per non parlare, poi, delle pattuglie che avrebbe dovuto fare in sua compagnia o tutte le riunioni dei Prefetti del martedì.

« Penso… penso che si possa fare » rispose infine, sistemandosi la borsa sulla spalla. « E per la cronaca, Lily è un nome molto più bello » aggiunse, prima di girarsi e avviarsi verso la porta della classe per uscire. 

Lui ovviamente la seguì, deciso a non farsela scappare, e la affiancò rapidamente. 

« Mi trovi assolutamente d’accordo, Lily » disse, calcando sul suo nome. 

« Fantastico, James » ribatté lei, alzando gli occhi al cielo. 

Nel frattempo, all’interno della classe, in ultima fila, Mary stava guardando in cagnesco Sirius. 

« Dammi quella boccetta! » esclamò, stizzita, allungandosi verso il ragazzo per togliergliela dalle mani. « Dai, dammi quella dannata boccetta! »

Lui tuttavia non sembrava volergliela dare vinta, perché, anziché avvicinarle l’oggetto desiderato, lo allontanò ancora di più da lei alzando il braccio in alto. Mary saltò due volte nel vano tentativo di afferrarla, prima di dargli un pugno neanche troppo leggero sul petto, prendendolo alla sprovvista e costringendolo ad abbassare la guardia. 

« Aha! » esultò quando riuscì a sottrargli la boccetta, sorridendo vittoriosa e andando a consegnarla a Lumacorno. 

Quando tornò, vide che Sirius si stava ancora massaggiando il punto dove l’aveva colpito e si mise a ridere. 

« Oh, andiamo, non vorrai dirmi che ti ho fatto male! » lo prese in giro tra una risata e l’altra mentre sistemava le proprie cose. 

« Come se fosse possibile » ribatté lui con superiorità. « Con quel braccino che ti ritrovi, poi » aggiunse, ghignando. 

« Braccino a chi, scusa?! » sbottò Mary, avvicinandoglisi. 

« A te, Mac, proprio a te » le rispose, mettendosi la borsa in spalla e facendo per avviarsi verso l’uscita, sicuro che lei lo avrebbe seguito. 

« Ah, pensi di andartene così? » s’infervorò lei, affiancandolo più veloce che poté. 

« Nah » fece lui, stringendosi nelle spalle. « Sapevo che non avresti resistito senza di me e che mi avresti rincorso, quindi… »

Lei sbuffò e gli diede una gomitata sul braccio, facendolo ridacchiare. 

« Andiamo, mister modesto, che ho fame » esclamò, afferrandolo per l’avambraccio e trascinandolo con sé verso la Sala Grande.

 
 
 


Note:
Be’, che dire? Intanto mi scuso per il giorno di ritardo, ma ieri ho avuto una sessione di studio matto e disperatissimo e non ho avuto il tempo di rileggere il capitolo! Cercherò di farmi perdonare, su.
Intanto volevo spiegare un attimo il motivo del titolo “Dalle Ceneri”. Le ragioni sono molteplici, ma forse alcune le avrete già intuite leggendo! “Dalle ceneri” si riferisce alla situazione tra Lily e James, che sta migliorando un po’ alla volta, una sorta di “rising from ashes”, ecco. Per quanto riguarda Mary e Sirius, poi, ovviamente si riferisce al ricordo di Mary: qui “dalle ceneri” nel senso “dal passato”. E poi, be’, “dalle ceneri” per Lily che ricorda la teoria di Severus su Remus. Ha senso? Non lo ha? Non lo so, ma non ho trovato un titolo migliore, a dire il vero!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi sia sembrato troppo forzato, soprattutto la parte del ricordo di Mary! Probabilmente Sirius non avrebbe dovuto dirle di Remus, ma in fondo era sconvolto e non aveva nessuno dalla sua parte, perciò dai, perdoniamolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate! 
Un bacio,
Ale
PS: stavo pensando di ricominciare ad usare una pagina facebook che avevo creato tempo fa, in modo da potervi tenere informare sugli aggiornamenti della storia e magari condividere con voi qualche spoiler o delle foto (come quelle dei prestavolto dei personaggi). Se l'idea vi interessa, la pagina è questa: riprenderò a pubblicare qualcosa a breve.

 

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Capitolo 4
*** I Giorni dell'Incubo ***





Capitolo IV
I Giorni dell’Incubo

4-i-giorni-dell-incubo
« The reality is that you will grieve forever.
You will not get over the loss of a loved one; you will learn to live with it.
You will heal and you will rebuild yourself around the loss you’ve suffered.
You will be whole again, but you will never be the same.
Nor should you be the same nor would you want to ».
Elizabeth Kübler-Ross, “On Death and Dying”

Li troveremo il prima possibile

Questo è quanto ci è stato detto dal direttore del dipartimento degli Auror, George Entwhistle, riguardo all’attacco a danno di una delle sue pattuglie:
“Abbiamo subito due gravi perdite e non ho intenzione di lasciare che esse finiscano nel dimenticatoio,” risponde Entwhistle alle domande dei nostri inviati. “Erano colleghi, maghi e amici eccellenti, e noi ci impegneremo fino in fondo per trovare i colpevoli. Li troveremo il prima possibile e, fatto questo, saranno processati per omicidio e attacco a pubblici ufficiali.”
Non si sa ancora con certezza chi siano gli artefici del sopracitato agguato, ma il dipartimento Auror sembra più agguerrito che mai: la notte scorsa, infatti, hanno perso la vita Amelia Bellamy e Fleamont Potter, entrambi Auror dalle indubbie capacità.
“Tuttavia non siamo stati i soli a subire importanti perdite,” continua Entwhistle. “Durante la colluttazione è rimasto ferito anche un uomo non appartenente alla nostra squadra e che speriamo possa condurci dai responsabili dell’attacco.”
*

 

Per James Potter, quella mattinata cominciò in maniera del tutto normale: non appena riuscì ad aprire gli occhi e a infilarsi gli occhiali senza perdere un occhio, vide Remus già vestito che si annodava la cravatta davanti allo specchio, mentre sentiva Peter cantare – in maniera terribile, come al solito – sotto la doccia e Sirius russare nel letto accanto al suo.  

Si tirò su a sedere e lanciò il proprio cuscino dritto in faccia all’amico ancora addormentato, facendolo mugolare di fastidio.

« Sei il solito, fottuto bastardo, Prongs » biascicò Sirius, buttando il cuscino di James a terra e passandosi le mani sul viso. « Prima o poi me la paghi ».

« Me lo dici ogni mattina » sogghignò, ancora assonnato, infilandosi in bagno appena ne uscì Peter e lasciando che il suo migliore amico continuasse a mugolare qualcosa di incomprensibile contro di lui. 

Quando tutti furono pronti, si avviarono verso la Sala Grande, ma vennero fermati in Sala Comune dalla McGranitt. La professoressa aveva un’aria terribilmente tesa e aveva le labbra sottili talmente strette da essere quasi invisibili. Chiese a tutti di andare a fare colazione e lasciarla sola con James, il quale, non riuscendo a capire cosa fosse successo, disse tranquillamente ai suoi amici di aspettarlo in Sala Grande.

Quando questi se ne furono andati, lui rimase solo con la McGranitt, mentre il fuoco magico scoppiettava nel caminetto. 

« Cosa mi deve dire, professoressa? » le chiese dopo qualche secondo di interminabile silenzio.

« Si sieda, signor Potter » disse lei, indicandogli con la mano destra la poltrona più vicina a loro. James stava per dirle che non ce n’era bisogno, ma lei insistette: « La prego ».

Il ragazzo capì che era meglio non contraddirla, così si limitò a rimanere in silenzio e a sedersi. 

La professoressa gli si mise di fronte, e nel guardarla dal basso verso l’alto a James sembrò molto più alta di quanto non fosse realmente. Di solito non lo intimoriva, in fondo sapeva di essere uno dei suoi studenti preferiti e tra i più brillanti del corso, ma in quel momento, mentre lo fissava con quell’aria tesa e ansiosa, James per la prima volta ebbe paura di cosa avrebbe potuto dirgli.

Ormai si aspettava il peggio.

« Forse non è da me che vorresti sentirlo, ma, in quanto direttrice della tua Casa, spetta a me dirlo » si prese coraggio la donna, e a James parve di vedere le sue labbra tremare appena. « Questa notte la squadra di tuo padre è stata attaccata. Fleamont non ce l’ha fatta, James, mi dispiace davvero molto ».

James non badò al fatto che l’aveva chiamato con il suo nome di battesimo e neanche al suo tono realmente dispiaciuto, perché lui si era aspettato il peggio, ma quello era il peggio del peggio. Guardava la McGranitt senza vederla davvero, quando si alzò dalla poltrona. 

Senza dire una parola, corse verso la porta dei Dormitori, lasciandosi dietro la professoressa e il suo sguardo affranto.

 

*

 

Remus, Peter e Sirius scesero le scale avanzando ipotesi sul perché la McGranitt avesse avuto così tanta fretta di parlare con James e, entrati in Sala Grande, stavano per dirigersi al solito tavolo quando videro Mary alzarsi dal tavolo e correre loro incontro. 

Sembrava sconvolta e il suo viso era davvero pallido quando strinse la mano sul braccio di Sirius, guardandolo negli occhi con aria grave. Aveva il fiatone, e Remus era certo che la causa non fosse quella corsa di qualche metro.

« Sirius, devi venire con me » disse, perentoria nonostante la voce appena traballante.

« Che hai? » le chiese, guardandola perplesso. 

« Non fare domande, seguimi e basta! » gli rispose, lasciando la presa sul suo braccio e avviandosi verso l’uscita a passo svelto, quasi di corsa, sotto gli sguardi sorpresi dei tre ragazzi.

Sirius, però, le fu dietro in qualche secondo e lei cominciò a correre fuori dal Castello, verso il campo da Quidditch, mentre lui continuava a urlare per chiederle cosa stessero facendo e perché. 

Mary non gli rispose neppure una volta: era accanto a lui e il suo viso era una maschera di paura e preoccupazione. Sirius non capiva il motivo di tutto ciò, soprattutto quando, arrivati al campo da Quidditch, vide una figura seduta proprio al centro del prato. 

Rimase sconvolto quando, avvicinandosi sempre di più, riconobbe James, il viso inespressivo e lo sguardo fisso nel vuoto. 

Mary gli corse immediatamente incontro, mentre a Sirius sembrò che qualcuno avesse incollato i suoi piedi al terreno. Guardò la ragazza sedersi davanti a James e prendergli il viso tra le mani; James spostò lo sguardo su di lei, e anche Sirius, da dov’era, si spaventò di quanto fosse assente. 

Gli occhi di Mary si fecero lucidi, mentre Sirius riusciva finalmente ad avvicinarsi loro e ad affiancarli. Da così vicino, il viso di James sembrava ancora più pallido di quanto gli fosse parso qualche attimo prima.

« Cosa diavolo sta succedendo? » sbottò, e stavolta fu lui a ricevere come una secchiata d’acqua gelida, quando James posò lo sguardo su di lui, mentre Mary boccheggiava, non riuscendo a parlare. Non davanti a James.

Eppure fu proprio quest’ultimo a rispondergli:

« Papà è morto ».

All’inizio, Sirius non capì: quelle parole gli sembravano così prive di significato. Ma gli bastarono pochi secondi perché riuscisse a realizzare cos’aveva appena detto il suo migliore amico. Impallidì notevolmente, sentendosi la gola secca come non mai.

« Stai scherzando » si sentì dire.

La bocca di James si piegò in un sorriso privo di qualunque felicità: « Mi piacerebbe molto ».

Sirius sollevò gli occhi verso il cielo, pericolosamente lucidi, mentre Mary non riuscì a trattenersi e le lacrime iniziarono a scivolarle lungo le guance. Non riusciva a guardare James senza piangere, ma non era neanche in grado di staccare gli occhi dal suo viso. 

Era così freddo, assente, distante – così fragile. 

Sentiva nel petto la voglia di avvicinarsi ancora di più e stringerlo, come aveva fatto quando avevano sei anni ed era morto Ginger, il suo gatto. Tuttavia non riusciva a muoversi, perché ogni volta che James posava gli occhi su di lei o vedeva le sue labbra tremare sentiva i muscoli di tutto il suo corpo irrigidirsi di colpo.

« James… » mormorò appena, la voce flebile.

« Mi ha insegnato lui a giocare » disse James, come se non l’avesse neanche sentita, facendo vagare gli occhi sul campo da Quidditch.

« Sei bravissimo » sussurrò, e quando riuscì finalmente a spostare lo sguardo da James, posò gli occhi su Sirius. 

Quest’ultimo, a un certo punto, si era sentito più pesante del solito e aveva capito che le gambe non avrebbero retto ancora per molto, così si era lasciato cadere a meno di un metro da Mary e James. 

Sirius ricambiò il suo sguardo e non era vuoto quanto quello di James, ma Mary lesse il terrore nei suoi occhi e le si strinse il cuore nel vedere i suoi due amici più cari in quelle condizioni. Loro, che riuscivano sempre a trovare un motivo per sorridere, erano così palesemente distrutti che Mary, la quale fino a quel momento si era imposta di non farlo, si ritrovò a singhiozzare.

« Lo diceva anche lui » sussurrò James, guardandosi attorno come se stesse cercando suo padre in quel campo. 

Sapeva che era impossibile, ma avvertiva la sua presenza lì: era sempre stato così, ogni volta che aveva messo piede in campo gli era sembrato di tornare nel giardino di casa sua con suo padre che gli lanciava una Pluffa in miniatura e sua madre che gli diceva di lanciarla più piano.

Si sentiva svuotato. 

Si guardava attorno, incontrando più volte il viso umido di Mary e gli occhi grigi di Sirius, ma era come se non vedesse nulla sul serio; gli sembrava di guardare il mondo senza occhiali, una massa sfocata senza importanza. Perché in quel momento, per lui, ogni cosa aveva perso valore e l’unica cosa che avvertiva chiaramente era il suo cuore che sbatteva così forte contro la sua gabbia toracica che, se fosse stato più lucido, avrebbe quasi avuto paura che gliela potesse rompere.

« Non riesco… a capirlo? » James si passò una mano tra i capelli, assente. « Non so ».

« È normale, Jamie » rispose dolcemente Mary a voce bassa, usando per la prima volta dopo anni il soprannome che gli aveva dato quando erano piccoli. 

Si sporse maggiormente verso di lui e gli accarezzò con affetto il viso.

« Mi sembra così strano… Casa senza di lui… Non può essere vero, è una cosa impensabile, Mary. Non può essere vero ».

Sirius guardò Mary martoriarsi con i denti il labbro inferiore, mentre James la guardava come se si fosse appena reso conto della sua presenza.

« Mary, ti prego, dimmi che non è vero. Dimmelo, per favore » la supplicò, e se fino a poco prima non aveva sentito nulla, ora sentiva tutto ed era anche peggio. 

Aveva la testa piena di ricordi: Fleamont che gli regalava la sua prima scopa giocattolo, Euphemia che sgridava suo padre perché gli aveva lasciato finire tutti i biscotti, il giorno in cui aveva ricevuto la sua lettera per Hogwarts… 

Era tutto nella sua testa e ogni immagine era come un coltello conficcato in profondità nella pelle.

« Vorrei tanto ».

Le lacrime cominciarono a scendere anche dagli occhi di James e Sirius non riusciva a ricordare una volta in cui si fosse sentito più terrorizzato di allora. Mary continuava ad accarezzare il viso di James, mentre piangevano, e Sirius non riusciva a non pensare a quanto avesse paura. 

Non aveva idea del perché si sentisse così: si sarebbe dovuto sentire triste, sconfortato, devastato, eppure avvertiva solo paura, una paura matta. L’idea di rientrare a casa Potter e non vedere Fleamont lo mandava nel panico. Quell’uomo era stato il padre che non aveva mai avuto, il padre che aveva sempre desiderato; insieme a Euphemia lo aveva accolto in casa sua come un figlio, aveva fatto della camera degli ospiti la camera di Sirius, gli aveva dato consigli preziosi e quella stessa estate lo aveva aiutato a fare uno scherzo a Mary. 

Si sentiva perso. 

Abbandonato per la seconda volta. 

La tristezza lo colpì violentemente poco prima che Remus e Peter arrivassero al campo: il primo stringeva in mano la Mappa del Malandrini, mentre l’altro un’ormai sgualcita copia della Gazzetta del Profeta.

La vista di quei tre fece perder loro anche la più piccola intenzione di aprire bocca; Mary li guardò, mentre Sirius fissava il terreno e lo sguardo di James si perdeva ad osservare il campo, e Peter e Remus si sentirono quasi a disagio. 

Loro due avevano conosciuto il signor Potter – che Remus riteneva una persona fantastica, proprio come James, che anche dopo aver scoperto del suo piccolo problema peloso non aveva smesso di invitarlo a pranzo ogni domenica insieme a Peter –, ma il loro dispiacere non era paragonabile al dolore che vedevano negli occhi di James, Sirius e Mary.

« Siamo venuti a cercarvi non appena abbiamo saputo » disse Peter dopo un po’. 

Avevano capito che qualcosa non andava nel momento in cui Mary aveva ordinato a Sirius di seguirla subito, ma non avrebbero mai immaginato qualcosa del genere. Quando avevano letto l’articolo sulla Gazzetta, Peter si era preoccupato così tanto che gli era venuta la nausea, mentre Remus era scattato in piedi talmente velocemente da dare una botta al tavolo e rovesciare le caraffe di succo di zucca lì vicine.

« Ci dispiace tanto, Prongs » disse a bassa voce Remus, gli occhi tristi. 

James annuì senza dire nulla e a Remus e Peter sembrò una persona totalmente diversa da quella che avevano sempre visto e conosciuto.

« La McGranitt ci ha detto che Silente vuole parlare con James… » pigolò Peter, un po’ imbarazzato. 

Sapeva che in un’occasione del genere avrebbe dovuto consolare i suoi amici, e avrebbe voluto, ma non sapeva come: era palese che Mary ci avesse provato, ed era finita per piangere. Probabilmente, in quel momento, Sirius e James non volevano essere consolati, ma solo lasciati per conto loro. 

« Ha detto che può tornare a Godric’s Hollow anche subito dopo pranzo e che può portare una persona con sé se pensa sia necessario » confermò Remus, sentendo la voce di Peter affievolirsi sempre di più.

Mary guardò un attimo Sirius, prima di annuire alle parole di Peter e sollevarsi in piedi. 

Allungò una mano verso James per aiutarlo ad alzarsi, ma lui non l’afferrò e si tirò su da solo; mentre anche Sirius faceva lo stesso, Mary sospirò e si passò le dita sotto gli occhi per asciugarsi un po’ il viso arrossato.

James s’incamminò verso il castello senza dire una parola e tutti gli furono subito accanto, fatta eccezione per Sirius, che si tenette in disparte, dietro tutti gli altri. Afferrò il braccio di Mary, facendola sobbalzare e costringendola ad affiancarlo.

« Perché non me lo hai detto subito? » le chiese, atono, senza guardarla negli occhi.

« Sapevo che avresti reagito così e non potevo lasciare che tu lo facessi » rispose sinceramente, girando appena il viso verso di lui ed osservando di sfuggita il suo profilo. « Avevate bisogno l’uno dell’altro ».

Mary osservò le labbra di Sirius piegarsi leggermente verso l’alto in quello che sarebbe dovuto essere un sorriso mesto.

« Io non ci avrei mai pensato ».

Lo so – le venne quasi da rispondere, ma si trattenne.

Probabilmente Sirius già lo aveva capito, e non c’era bisogno di sottolineare qualcosa di così ovvio, in quel momento. D’altronde si conoscevano da sette anni e in quell’arco di tempo avevano imparato a conoscere l’altro come il palmo della propria mano. 

Mary sapeva quanto Sirius fosse bravo a sopportare la tensione, ma sapeva anche quanto fosse facile per lui perdere ogni barlume di lucidità se si stava parlando dei suoi amici. E Sirius sapeva che Mary poteva essere davvero impulsiva a volte, ma che quando si trattava dei suoi, di amici, la mente della ragazza lavorava decisamente meglio della propria.

« Dovresti andare con lui a Godric’s Hollow » disse di punto in bianco lei, e finalmente ottenne la completa attenzione del ragazzo: Sirius si girò verso di lei e la guardò negli occhi, leggermente sorpreso.

« E tu? »

Mary si strinse nelle spalle ed accennò un sorriso nella sua direzione: « La McGranitt ha detto che può andare solo un’altra persona, e devi essere tu. Loro sono la tua famiglia ».

Senza aggiungere altro, lei fece scivolare la propria mano in quella di Sirius e intrecciò le dita con le sue; il ragazzo, preso in contropiede, si girò a guardarla ma dopo aver incontrato gli occhi rossi di lei non poté che ricambiare la stretta.

 

*

 

Seduto sul divano davanti al caminetto acceso, Remus Lupin mosse una pedina sulla scacchiera. 

Di fronte a lui, Peter sospirò, stranamente: secondo tutti loro, Peter poteva tranquillamente aspirare al titolo di miglior giocatore di scacchi di tutta la scuola, e Remus lo pensò anche in quel momento, perché, sebbene non stesse facendo attenzione al gioco, Peter riuscì comunque a fare scacco matto al suo re. 

« Riuscirò mai a batterti almeno una volta? » sbuffò, senza neanche avere la forza di mostrarsi un po’ infastidito dall’ennesima sconfitta.

Peter si strinse nelle spalle e accennò un sorriso mentre gli ridava i pezzi che gli aveva mangiato. « Forse, un giorno » lo prese in giro.

Remus accolse la battuta con un sorriso mite mentre risistemava la scacchiera, pronto a giocare la settima partita della giornata. Non avevano fatto altro per tutto il giorno: almeno giocare a scacchi teneva loro la testa un po’ più occupata, anche se non di molto. 

Stava posizionando il re quando sentì il Ritratto della Signora Grassa e far passare Mary – l’aveva riconosciuta dalla voce. Remus girò leggermente la testa, quel che bastava per riuscire a vederla, e guardò Dylan entrare dopo di lei. 

Mary aveva in mano una penna e il viso sciupato, mentre Dylan le sorrideva gentilmente e le stringeva la mano libera.

« Sono sicuro che James ti risponderà » lo sentì dire, e vide Mary scuotere la testa.

« No, non lo farà » rispose. « Lo so, per questo ho mandato una lettera anche a Sirius. Non riesco a smettere di pensare a loro ».

Tenendo il capo chino, Mary non si era accorta di come il sorriso di Dylan avesse vacillato quando lei nominò Sirius, ma Remus sì e si chiese come mai. Tuttavia, quando Mary rialzò lo sguardo verso di lui, Dylan tornò a sorriderle esattamente come prima. 

« Tu sta’ tranquilla, si sistemerà tutto, ne sono sicuro » dopo aver detto ciò, Dylan si chinò verso di lei e posò le sue labbra su quelle di lei in un bacio dolce. Si staccò poco dopo e gliene diede un altro, più veloce, prima di allontanarsi. « Io adesso devo andare, domani ci vediamo davanti alla Sala Grande come sempre? »

Mary annuì e lui le sorrise un’ultima volta prima di uscire dalla Sala Comune e sparire dalla vista sua e di Remus. La ragazza rimase un attimo ferma davanti al Ritratto con lo sguardo perso nel vuoto; quando si girò, infilandosi la penna in una tasca, notò lo sguardo dell’amico e gli sorrise. 

Secondo Remus, Mary aveva un sorriso bello e rassicurante, caldo come il fuoco che scoppiettava davanti a lui. 

« Chi vince? » domandò Mary quando fu loro vicina, poggiando le mani sullo schienale del divano e sporgendosi leggermente in avanti. 

« Uhm? » mugugnò Peter, sollevando la testa e accorgendosi in quel momento del suo arrivo. « Oh, scusa, Mary, non ti avevo vista ».

« Anche tu la testa da un’altra parte, eh? »

« Un po’ » ammise Peter, abbozzando un sorriso. 

Mary gli sorrise di rimando e si rimise dritta. 

« La McGranitt ha detto che dovrebbero tornare domani, vero? » chiese, in cerca di informazioni. 

Sperava davvero che Sirius le rispondesse, ma forse sarebbe arrivato prima lui che la sua missiva.

« Sì, o dopo colazione o prima di pranzo » rispose Remus, facendo come al solito la prima mossa della partita.

Mary annuì, assorta, osservando le mosse dei suoi due amici. Lei era davvero negata per gli scacchi, la annoiavano e non aveva la pazienza necessaria per lasciare ai suoi avversari il tempo di decidere la propria mossa. 

« Tu come stai, ora? » le chiese Peter, sprofondando nella poltrona sulla quale era seduto.

Lei si strinse nelle spalle, non sapendo bene cosa rispondere; neanche lei sapeva con esattezza cosa provasse in quel momento. Era tutto il giorno che avvertiva ogni cosa come da dietro un velo, come se nulla la riguardasse davvero. Era tutto il giorno che aveva lo sguardo fisso e assente di James impresso sotto le palpebre ogni volta che chiudeva gli occhi per più di un secondo.

« Voi? »

« Si va avanti, in un modo o nell’altro » rispose vagamente Peter, e Mary capì che anche lui non doveva averla presa benissimo, nonostante quel pomeriggio, quando si erano incontrati per caso, si fosse sforzato di farla sorridere in ogni modo. 

Che Fleamont fosse un uomo gentile e cordiale con tutti, lo sapevano anche i muri. Alle sue parole, Remus annuì senza dire nulla – non ce n’era davvero bisogno, in momenti del genere.

La ragazza stava per parlare, quando entrò in Sala Grande una Lily Evans con i capelli scarmigliati e l’aria stanca; quando vide Mary, i suoi occhi si spalancarono e lei sembrò quasi sciogliersi in un sorriso.

« Mary, eccoti! » esclamò col fiatone. « Ti ho cercata dappertutto! »

Mary si girò verso di lei con gli occhi sgranati, come se non se lo aspettasse, e Lily sospirò. 

Quel giorno si erano viste pochissimo: dopo aver accompagnato James e Sirius dal Preside per andare a Godric’s Hollow, Mary si era rintanata in camera e ne era uscita solo una volta per andare a prendere qualcosa da mangiare nelle Cucine, e lì aveva incontrato Peter. I due avevano parlato un po’ e avevano deciso che, nonostante la McGranitt non fosse d’accordo, avrebbero provato ad andare al funerale di Fleamont, ma quando lo avevano riferito a Remus lui aveva detto loro che se fossero stati scoperti sarebbero stati espulsi, e James e Sirius sicuramente non volevano di certo che succedesse. 

Così Mary si era limitata a scrivere tre lettere – una per James, una per Euphemia e una per Sirius – e aveva chiesto a Dylan di accompagnarla in Guferia per inviarle mentre gli altri sarebbero andati a cena; lo avrebbe chiesto volentieri a Lily, ma quando era tornata in camera per chiedere di lei le era stato detto che era uscita da poco per la ronda dopo cena.

« Ehi, Lily, scusami… » mormorò Mary, dispiaciuta. « Avevo la testa da altre parti oggi, mi dispiace ».

« Non ti devi scusare di nulla, Mary, è normale che tu stia così » le disse Lily avvicinandosi e salutando poi Remus e Peter con un cenno del capo ed un sorriso rincuorante. « Solo che io e Miriam eravamo preoccupate per te, non ti abbiamo vista per tutto il giorno ».

« Dov’è Miriam? » chiese Mary, non vedendola.

« Penso sia in camera. Ci eravamo messe d’accordo: io avrei controllato durante la ronda se eri al quarto o al quinto piano, lei doveva controllare il sesto e il settimo ».

Mary annuì e si girò di trequarti verso i suoi due amici, sorridendo appena. 

Nonostante avessero cominciato la nuova partita da meno di cinque mosse, Peter era già in vantaggio – Lily si chiese perché Remus continuasse a sfidarlo, dato che lui in quel gioco era negato quasi quanto Mary mentre Peter era un fenomeno.

« Noi saliamo, ragazzi » disse Mary. « Ci vediamo domani mattina in Sala Grande, d’accordo? »

Remus girò il viso verso di loro e, nonostante il graffio ancora visibile sulla guancia destra e l’aria triste, il suo sguardo le rincuorò profondamente. A Remus bastava poco per darti più sicurezza e più calma, non come Sirius o James, che già solo guardandoli potevi capire che stare con loro ti avrebbe creato non pochi guai. 

« Certo » rispose Peter, tentando di abbozzare un sorriso. « Buonanotte ».

Mary annuì e si avviò verso le scale a chiocciola che conducevano ai loro dormitori, pensierosa. 

Si chiese se quella sarebbe stata effettivamente una buona notte, come Peter aveva augurato loro, ma, si disse, almeno per lei non lo sarebbe stata. Come poteva esserlo? Aveva sempre considerato Fleamont come uno zio acquisito.

« Mary, come stai? » le chiese Lily, mentre entravano nella loro stanza. 

Miriam, non appena le vide, saltò giù dal proprio letto e si andò a sedere su quello di Mary, seguita subito dalle nuove arrivate. Claire e Kate sembravano invece piuttosto tranquille, e Lily si chiese se avessero almeno letto la Gazzetta di quel giorno. 

« Sono stata meglio » rispose Mary, sedendosi a gambe incrociate sulle coperte vermiglie e appoggiando la schiena alla testiera del letto. « Lo sapete, conoscevo Fleamont da quando ero piccola, visto che Euphemia è una cara amica di mia madre… »

Miriam le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse delicatamente a sé. Si scambiò un’occhiata con Lily: nessuna di loro aveva mai conosciuto il signor Potter, e non avevano la minima idea sul cosa dire per confortare leggermente Mary, che continuava a fissarsi le unghie delle mani con attenzione.

« Era una persona fantastica » continuò Mary, senza spostare lo sguardo. « Mi ha sempre trattata come una figlia. Non riesco… non riesco ad immaginare quella casa senza di lui. E non oso immaginare come possa sentirsi James: era davvero molto legato a Fleamont. E Sirius… per lui era, be’, era il padre che aveva sempre desiderato ».

Il tono di Mary, sebbene triste e malinconico, era pieno di dolcezza. La ascoltarono parlare delle giornate estive che passava a casa Potter, di come il padre di James la avesse sempre lasciata vincere agli Scacchi Magici perché non vinceva mai contro nessun altro, di quando l’aveva portata allo Stadio di Quidditch con loro per il decimo compleanno di James, e mille altri ricordi che aveva di Fleamont Potter. 

« Sarà difficile, ma sono sicura che si riprenderanno » disse Lily, una volta che Mary finì di parlare. 

Capì che non avrebbe più aperto bocca quando aveva spostato le coperte e ci si era lasciata scivolare sotto, stravolta; era leggermente pallida e sia Lily che Miriam avevano notato i suoi occhi umidi. 

« Lo spero tanto » mormorò Mary, chiudendo gli occhi, mentre Lily e Miriam si alzavano e tornavano ai propri letti, dopo essersi scambiate un’occhiata piena di rammarico.

 

 

*

 

Se non fosse stato per la flebile luce proveniente dalla lampada sul comodino accanto a letto, Sirius si sarebbe ritrovato nell’oscurità: la luna, fuori dalla finestra, era nascosta dietro un folto gruppo di nuvole grigie e la luce dei lampioni in strada non filtrava dalla serranda quasi totalmente abbassata.

La giornata era trascorsa lentamente: alla fine lui e James erano riusciti a lasciare Hogwarts prima del pranzo e, una volta arrivati a casa Potter, avevano trovato Euphemia ad aspettarli. Aveva i capelli scarmigliati e gli occhi gonfi – Sirius non l’aveva mai vista così, nonostante fosse riuscita a mascherare bene l’aria fredda e altera che, secondo Fleamont, caratterizzava la famiglia materna di James, si era sempre mostrata una donna forte e indistruttibile. 

Tuttavia, mentre pranzavano, a Sirius era sembrata una donna completamente alla deriva, persa: continuava a spostare lo sguardo dal proprio piatto alla sedia, vuota, che fino al giorno prima aveva occupato suo marito. 

Dopo il pasto si era nascosta tra le braccia del figlio, che non aveva aperto bocca per tutta la giornata. Più volte Sirius aveva provato a parlare con lui, ma ogni volta James lo aveva guardato a lungo prima di girarsi da un’altra parte. 

Quella casa era l’esatto opposto di ciò che era stata fino a pochi mesi prima: Sirius ricordava James correre giù per le scale urlando perché Lily Evans aveva risposto a una delle sue continue lettere – anche se gli aveva scritto solo per chiedergli di smettere di riempire la sua casella postale –, ricordava Euphemia e Fleamont ridere sulla panca sulla veranda e Mary sorridere mentre guardava i fuochi d’artificio esplodere in cielo a Capodanno. 

Ora, invece, tutto questo era stato rimpiazzato da James con il suo silenzio e da Euphemia, che quando pensava di non essere vista da nessuno scoppiava a piangere sullo stesso divano dove soleva sedere con il marito.

L’unico segno di vita che aveva ricevuto quel giorno era stato il gufo che gli aveva recapitato la lettera di Mary: come stai?, James e Euphemia come stanno reagendo?, la McGranitt non ci ha fatto venire al funerale, io e Peter volevamo scappare di nascosto ma Remus ci ha fermati.

Nella busta, poi, gli aveva allegato altre due lettere, chiedendogli di darne una a Euphemia e una a James: la donna l’aveva letta subito e aveva mormorato con voce rotta « Che cara ragazza… », mentre James l’aveva guardata prima di prenderla, mettersela in tasca e chiudersi in camera.

Sirius si alzò dal letto e sollevò leggermente la serranda; mentre cercava nel cielo qualche stella, sentì la porta della camera cigolare alle sue spalle. Quando si girò, riconobbe la figura di James ferma sulla soglia. 

Si guardarono per qualche secondo, prima che Sirius gli facesse segno di entrare con la testa. James non si fece pregare e si richiuse la porta alle spalle, andandosi a sedere ai piedi del letto; Sirius si appoggiò al davanzale della finestra.

« La casa sembra così vuota, così diversa senza di lui » mormorò James, parlando per la prima volta da quando erano arrivati ma tenendo sempre lo sguardo fisso da un’altra parte. « Ti ricordi quando ci ha chiamato dal piano di sotto dicendoci che avevamo perso l’Espresso mentre non erano che le nove? »

« Certo che me lo ricordo » rispose Sirius, ritrovandosi a sorridere. « E tu ricordi quando faceva arrabbiare Euphemia perché ci lasciava giocare a Quidditch in giardino? »

« E quella volta che ha comprato quell’affare babbano… lo sterreo, e lo ha fatto esplodere perché non capiva come funzionasse? »

Sirius si riscoprì a ridere di cuore, il ricordo di Fleamont con i capelli mezzi bruciacchiati e mezzi elettrizzati e lo stereo ormai ridotto in pezzi ai suoi piedi. Qualcosa dovette essersi mosso dentro James quando lo sentì ridere, perché il suo viso si aprì in uno dei suoi sorrisi migliori quando lo stesso ricordo affiorò nella sua mente.

« O quando ha messo un mini fuoco d’artificio magico nella torta preparata da Mary? » gli ricordo ancora Sirius, con il sorriso che non riusciva a lasciare il suo volto. « Non gli ha rivolto la parola per giorni ».

James ridacchiò, abbandonandosi contro la parete dietro di lui. Si sentiva gli occhi pesanti, ma i ricordi allegri di suo padre lo tenevano sveglio e, in fondo, felice, come se quelle memorie potessero tenergli compagnia.

« Papà adorava Mary ».

« Oh, sì, ricordi quando per il suo compleanno le ha mandato una lettera canterina? Le è arrivata durante la cena ed è diventata tutta rossa » disse Sirius con un sorrisetto.

« Far arrabbiare Mary piace anche a te, però » replicò James, girando il viso verso di lui.

Sirius alzò le mani in segno di resa, facendolo ridacchiare ancora.

« Non che a te faccia schifo, eh ».

« I degni eredi di Fleamont Potter » sorrise James nel buio, ma Sirius lo vide lo stesso e fu felice che fosse uscito dal suo mutismo. « Ecco cosa siamo ».

    

*

 

Quella mattina, Lily si era svegliata con un grosso peso all’altezza del petto. Durante la notte, infatti, si era svegliata per andare al bagno e aveva sentito dei singhiozzi provenire dal letto di Mary; quando, però, aveva poggiato i piedi a terra e aveva fatto per andare a consolarla, i singhiozzi erano cessati.

Lily aveva sospirato e aveva capito la situazione: conosceva Mary e sapeva che odiava mostrarsi deboli di fronte agli altri, perciò decise di non costringerla ad aprirsi con lei finché non ne avrebbe avuto voglia. 

Tuttavia quella mattina, quando si era alzata, il letto di Mary era vuoto. Aveva pensato di trovarla in Sala Grande al tavolo di Grifondoro per la colazione, ma non fu così; la ragazza non si era presentata neanche a Storia della Magia, che era la prima lezione della mattinata e durava due ore. 

L’aveva trovata solo dopo, già seduta al loro solito banco, nell’aula di Trasfigurazione. 

Aveva gli occhi gonfi e circondati da occhiaie, aveva notato Lily quando lei si era avvicinata. Mary guardava fuori dall’alta finestra dall’arco a sesto acuto, il viso disteso in un’espressione assente: sembrava che non si fosse neanche accorta dell’arrivo della sua migliore amica. 

Quando Lily le si era seduta affianco, infatti, era quasi sobbalzata sulla sedia. Si erano salutate e Lily le aveva sorriso, posandole una mano sull’avambraccio dell’altra e stringendolo per farle capire che lei le sarebbe rimasta comunque a fianco, sempre. 

La giornata si era protratta, poi, tra Difesa Contro le Arti Oscure ed Erbologia, finché non arrivò l’ora della cena. Quella sera sarebbero tornati James e Sirius, e Mary aveva deciso di andarsi a sedere insieme a Peter e Remus: quando glielo aveva detto, Lily aveva capito e, dopo averle dato un bacio sulla guancia, si era allontanata insieme a Kate, Claire e Miriam.  

Erano sedute a pochi posti di distanza dagli altri tre, perciò, quando Sirius e James arrivarono, non fu complicato per lei vedere Remus fare segno di girarsi a Mary e Peter, che davano le spalle all’ingresso.

Mary fu la prima a scattare in piedi quando le arrivarono vicino e si fiondò immediatamente addosso a James: il ragazzo non l’abbracciò subito, ma dopo qualche secondo di esitazione le passò le braccia attorno alla vita e la strinse a sé. 

Non si dissero niente: Mary sapeva che, in quel momento, James non aveva alcuna voglia di parlare. Lo conosceva e a lei andava bene così, perché non avrebbe mai fatto qualcosa che lo potesse infastidire o far soffrire.

Si limitò ad allontanarsi da lui e sorridergli leggermente, piegando appena l’angolo destro del labbro verso l’alto, prima di salutare anche Sirius. 

Quest’ultimo fu il primo, tra i due, a stringersi all’altra: era parecchio più alto di lei, ma quella volta, anziché posare il mento sul suo capo come faceva di solito, abbassò il viso e lo nascose tra i lunghi capelli scuri della ragazza. Mary ricambiò la sua stretta, prima che lui si separasse da lei e facesse una piccola smorfia in segno di saluto; lei gli accarezzò di sfuggita la guancia, mentre si spostava leggermente per farlo sedere accanto a lei.

Lily, nel frattempo, aveva visto James sedersi accanto a Remus senza dire nulla, facendosi semplicemente scivolare sulla panca. Non alzò lo sguardo dal tavolo neanche per versarsi da bere, ma se lo avesse fatto si sarebbe reso conto che gli occhi verdi della ragazza non avevano lasciato la sua figura dal momento in cui aveva messo piede in Sala Grande. 

L’unico ad accorgersene fu Remus, che, quando incontrò gli occhi della ragazza, le sorrise: lei ricambiò, ma era naturale e palese che la situazione la intristisse. Poco dopo, Lily tornò al proprio piatto e lui fece lo stesso.

« Sirius » sussurrò Mary, voltando leggermente il viso verso di lui. « Come… come è andata? »

Sapeva di aver fatto una domanda sciocca, ma Sirius era diverso da James. 

Prima o poi, James non sarebbe più riuscito a tenersi tutto dentro e sarebbe scoppiato, ma Sirius no: lui era capace di far finta che niente lo toccasse, avrebbe lasciato che poi i propri pensieri e le proprie emozioni lo dilaniassero da dentro senza dire alcunché. 

« Non penso che esista una parola adatta a spiegarlo, Mary » rispose lui, senza guardarla. 

Era vero, dopotutto. 

Alla fine, dopo aver parlato fino a tarda notte, lui e James erano addormentati come due bambini: Sirius con la schiena poggiata alla testiera del letto, ai piedi del quale era rimasto James, appoggiato al muro dietro di lui. 

Quando aveva aperto gli occhi, però, James non era più lì e l’unica cosa che a Sirius era rimasta di quella notte era che un gran mal di schiena dovuto alla posizione scomoda in cui aveva dormito.

Il funerale di Fleamont si era tenuto appena due ore dopo nella chiesa del paese; non era particolarmente grande e vi si arrivava passando per il sentiero che partiva dal cancello del cimitero. Se la sera prima Sirius aveva pensato di non poter vedere Euphemia più devastata, aveva capito di essersi sbagliato nel momento esatto in cui la tomba venne trasportata attraverso la navata della chiesa: dagli occhi della donna, infatti, avevano cominciato a scendere calde e copiose lacrime, mentre lei si era accucciata contro il petto del figlio, che le aveva passato un braccio attorno alle spalle. 

Dopo la cerimonia, alla quale, tra tutti, avevano partecipato anche i genitori di Mary, la tomba era stata sotterrata e James aveva chiesto a Sirius e a sua madre di lasciarlo da solo per un po’. Inizialmente Euphemia aveva tentato di protestare, ma alla fine aveva ceduto e si era incamminata verso casa Potter insieme a quello che, per lei, era diventato ormai come un secondo figlio. La donna si era messa ai fornelli, come se quella fosse stata l’unica occupazione che riuscisse a distrarla dal lutto, e Sirius aveva aspettato l’amico guardando alcune foto che avevano scattato quell’estate.

James era tornato quasi due ore dopo e durante il pranzo aveva tentato di fare conversazione insieme a Sirius e sua madre, tentando, per quanto fosse possibile, di risollevarle il morale. Lei aveva cercato di farsi forza ed aveva cercato di rispondere nella maniera più convincente e tranquilla possibile, ma il tremolio nella sua voce parlava chiaro. 

Quando era arrivato il momento dei saluti, Sirius e James avevano indossato le proprie giacche ed avevano preso gli zaini, mettendoseli in spalla e accostandosi al camino.

« Se potessi, non ti lascerei sola, mamma » aveva detto James, accogliendo di nuovo la donna tra le sue braccia: era molto più piccola di lui ed era quasi sparita nel suo abbraccio. « Mi mancherai tanto ».

« Anche tu, James » aveva mormorato, scoccandogli un bacio sulla guancia, prima di abbracciare anche Sirius. « Fate i bravi, mi raccomando. Non mettetevi nei guai ».

I due ragazzi le avevano promesso che si sarebbero comportati bene e, poco dopo, si erano lasciati dietro il salotto di casa Potter per ritrovarsi nell’Ufficio della professoressa McGranitt. L’insegnante era in piedi accanto alla scrivania, di fronte al focolare, e quando li aveva visti arrivare aveva immediatamente raddrizzato le spalle. 

Non li aveva mai visti così stravolti e non ci era abituata: James Potter e Sirius Black l’avevano sempre fatta penare, erano stati la sua croce per sette, lunghi anni. Quel giorno, però, sembrava che i ricordi di tutte le punizioni che aveva dato e tutti i punti che aveva tolto loro non fossero mai esistiti.

Non aveva fatto commenti e non aveva posto domande, si era limitata ad abbozzare un sorriso mesto e avvisarli che la cena sarebbe cominciata nell’arco di qualche minuto. I due ragazzi avevano dunque deciso di recarsi direttamente in Sala Grande.

« Avrei dovuto essere lì con voi » disse Mary con voce flebile. 

Euphemia era la sua madrina, perciò conosceva Fleamont da sempre: l’aveva vista crescere, giocare, maturare insieme a James. Anche lei, un po’ come Sirius, era stata considerata dai Potter come una figlia adottiva. Mary aveva una famiglia che le voleva bene, certamente, ma questo non le aveva mai impedito di pensare ad Euphemia e Fleamont come parte di essa. 

Sarebbe dovuta essere lì, lo sapeva. 

« Mary, non avresti potuto » ribatté lui, decidendo questa volta di guardarla negli occhi. « Non devi sentirti in colpa. Euphemia e Fleamont ti hanno sempre voluto bene e lei sa benissimo che, se avessi potuto, avresti partecipato al funerale ».

Mary chinò il capo, non riuscendo a reggere lo sguardo di Sirus, che, in tutta risposta, le passò un braccio intorno alle spalle per confortarla. Lei si scostò una ciocca scura dal viso e abbozzò un sorriso nella sua direzione.







Note:
Questa volta sono anche in anticipo di un giorno! Sono sorpresa da me stessa!
Allora, intanto, avrei alcune precisazioni da fare!
  1. In realtà, da quel che so, Fleamont Potter non era affatto un Auror. Anzi. In più, lui e Euphemia secondo la Rowling sono morti a causa di una grave malattia magica e a distanza di qualche mese l’uno dall’altra. Tranquilli, ad Euphemia non succederà nulla! Non sono così sadica.
  2. La Rowling non parla mai dei nonni di Harry, ma suppongo che loro siano morti prima che lui nascesse. Dopotutto, sono piuttosto certa che, se così non fosse stato, si sarebbero presi cura loro di Harry, non i Dursley.
  3. Ricordiamoci che Fleamont è imparentato con Dorea Black (probabilmente era la nonna), perciò James e Sirius sono imparentati, anche se alla lontana.
  4. Il titolo del capitolo, “I giorni dell’Incubo”, è un omaggio a Dylan Dog. Albo n.95, del 1994.
Sì, ho finito con la lista della spesa, non preoccupatevi! Sappiate che scrivere questo capitolo è stato difficile anche per me, personalmente amo Fleamont e, ve lo dico già, sto lavorando ad una raccolta di drabble di momenti tra James e suo padre. Stavo infatti pensando di creare una raccolta a parte dove postare vari Missing Moments di questa fanfiction, riguardarti un po’ tutti i protagonisti e le coppie J Sì, perché ancora non se ne sono create, ma ci sono e ci saranno delle coppie!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vorrei ricordarvi che
QUESTA è la mia pagina facebook, in cui potrete trovare spoiler, aestethics, banner e tante altre cose su questa storia e altre! (c'è già un banner carinissimo realizzato da IlaMyPerson!)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Ale

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Capitolo 5
*** Andare Avanti ***





Capitolo 5
Andare Avanti
 
5-andare-avanti
« We’ll have the days we break
And we’ll have the scars to prove it
We’ll have the bonds that we save
But we’ll have the heart not to lose it »
One Republic, “Marching On”
 

« James, te la senti di venire agli allenamenti? » gli aveva chiesto Lucas quella mattina, guardandolo con apprensione. James odiava quello sguardo: non voleva la pietà della gente.

Era passata ormai quasi una settimana dal funerale di suo padre e più volte si era accorto delle occhiate che qualche studente gli aveva lanciato: alcuni sembravano aver paura che potesse dare di matto da un momento all’altro, mentre altri sembravano temere che potesse crollare in qualunque momento.

James avrebbe voluto lanciare una fattura contro quelle persone, ma aveva deciso di fare finta di niente e comportarsi come l’adulto quale era: era la scelta più saggia di tutte, ma questo non significava che le occhiaie preoccupate della gente non lo infastidissero più.

« Certo » aveva risposto lui quasi subito, come a sfidarlo a ribattere. 

Lucas aveva annuito e se n’era andato, uscendo dal buco del ritratto. 

Così, nel pomeriggio, James aveva preso la propria scopa e si era diretto verso il campo da Quidditch. Negli spogliatoi, mentre tutta la squadra si cambiava, si era sentito più volte osservato, ma aveva fatto finta di non notarlo e aveva deciso di dare le spalle a tutti gli altri suoi compagni di squadra.

« Su, in campo! » esclamò Lucas, uscendo dallo spogliatoio, e il resto della squadra lo seguì dopo poco, montando, una volta fuori, ognuno sulle propria scopa. 

I due Battitori, Laura Sloper e Mark Summerby, volarono in alto, tenendo strette le loro mazze e iniziando subito a colpire i Bolidi non appena Lucas li ebbe liberati dal baule in cui li tenevano di solito. 

Lucas passò poi la Pluffa a Sally Prynn, una dei Cacciatori, che iniziò subito a fare qualche passaggio insieme a Kevin Smith e James; subito dopo, Jack guardò Zach O’Flaherty, gli fece un cenno col capo ed aprì il palmo della mano destra, che fino ad allora aveva tenuto chiuso a pugno: con un rapido bagliore dorato, il Boccino schizzò via velocemente.

L’allenamento andava ormai avanti da quasi un’ora, e James non riusciva a trovare la concentrazione necessaria; cercava in tutti i modi di segnare più punti possibili e tenere alla bada i propri pensieri, mentre la voce di Abercrombie che urlava ordini a tutti i giocatori gli riempiva le orecchie. 

Solitamente, James non aveva problemi a centrare uno dei tre anelli; gli bastava impegnarsi un po’, ma quella volta proprio non ci riusciva. 

A volte, infatti, gli affioravano alla mente ricordi di suo padre: i suoi consigli su come sfruttare al meglio il vento quando era in volo, o la sciarpa del Puddlemore United legata alla testata del suo letto che suo padre gli aveva regalato qualche Natale prima, o i pomeriggi trascorsi a passarsi la Pluffa in giardino, volando basso per non farsi vedere dai Babbani. 

« James, cosa diamine stai facendo? » urlò Lucas, sotto di lui, vicino alle porte. Sembrava furioso. « Abbiamo bisogno di tre Cacciatori, non due! » aggiunse, indicandogli Sally e Kevin. 

I due sembravano terribilmente in imbarazzo e molto dispiaciuti, ma James sapeva che Lucas aveva ragione. 

James annuì, mentre Lucas urlava un’altra volta qualcosa che lui non comprese.

Suo malgrado, James doveva ammettere che Lucas sapeva il fatto suo in quanto a Quidditch, ed era anche un bravo Capitano: forse era un po’ duro, ma riusciva ad ottenere risultati eccezionali e per questo James non riusciva a biasimarlo quando pretendeva il massimo dalla squadra. 

Organizzava sempre con cura gli allenamenti, e pianificava ogni cosa: durante il primo allenamento, infatti, aveva detto loro che aveva messo a punto diversi schemi di gioco, in modo da non risultare mai prevedibili e da non dare alcun vantaggio alle altre squadre.

« Laura, mettici più forza quando colpisci un Bolide! » sentì dire al Capitano, che aveva lasciato gli anelli per avvicinarsi alla Battitrice. « Okay, non dobbiamo ferire nessuno, ma se riuscissimo a disarcionarli non sarebbe male! »

Laura – una ragazza mora e leggermente robusta del Quinto anno che era entrata in squadra solo l’anno prima –  annuì e, quando Mark le passò uno dei Bolidi, lei lo colpì più forte che mai. Lucas sorrise, entusiasta, e le diede una pacca sulla spalla prima di tornare al proprio posto.

« Kevin, James, Sally: provate lo schema a V » urlò poi ai Cacciatori, che si misero subito in posizione, i due maschi ai lati e Sally al centro. 

Sally era piccolina, ma aveva dei buonissimi riflessi e riusciva a muoversi facilmente tra gli avversari, mentre James e Kevin si passavano tra di loro la Pluffa, in modo tale da catalizzare l’attenzione degli altri su di loro e non su Sally, che così riusciva ad arrivare senza problemi in prossimità degli anelli. 

Sally, una volta che le ebbero passato la Pluffa, tirò con forza verso l’anello di sinistra, e Lucas riuscì a pararla all’ultimo. 

In tutto ciò, Zach aveva acciuffato il Boccino per la terza volta, rendendo Lucas un po’ più di buon umore. 

James sapeva bene che il Capitano ogni tanto gli lanciava qualche occhiata per controllarlo, ma non riusciva a scacciare dalla propria testa tutti i ricordi che, inevitabilmente, il Quidditch riportava a galla. 

Sally gli passò la Pluffa e lui tentò di segnare, ma il tiro fu uno tra i suoi peggiori e Lucas non si dovette neanche impegnare per prenderlo perché la Pluffa non arrivò neanche granché vicina agli anelli.

« James! » sentì gridare Lucas, che adesso gli si stava avvicinando. « Dannazione! Hai fatto schifo oggi! Mi spieghi cos’hai per la testa? »

James rimase in silenzio, non sapendo cosa rispondere: Lucas aveva ragione, non era concentrato sul gioco, non poteva negarlo. Era evidente, anche gli altri dovevano essersene accorti, perché vide chiaramente Sally fargli un sorriso di incoraggiamento. 

« Scusa, Lucas » disse alla fine, piano. « Non so cosa mi sia preso ».

L’altro si grattò una guancia e sospirò pesantemente. Sembrava combattuto, e quando lo guardò, a metà tra il triste e il preoccupato, James capì subito cosa stava per dire. E avrebbe voluto non sentirlo mai.

« Non sei in forma, James. Non puoi giocare questa partita ».

 

*

 

Avevano passato tutto il pomeriggio nelle Cucine, chiacchierando e mangiando i dolci che gli Elfi avevano portato loro. Anche quando avevano detto di dover tornare in Sala Comune, gli Elfi avevano insistito che portassero con loro qualcosa di mangiare, perciò sia lui sia Mary si erano ritrovati con le borse a tracolla piene di cibo. 

Da quando lui e James erano tornati da Godric’s Hollow, l’umore di Mary era migliorato. Sirius sapeva quanto la ragazza fosse legata a Fleamont, ma era sicuro che lei stesse cercando di nascondere ciò che provava davvero per non far stare peggio James. Per questo quella settimana, quando l’aveva vista giù di morale, l’aveva portata nelle Cucine insieme a lui: voleva che si distraesse, che ci pensasse il meno possibile, e facendo ciò aiutava anche se stesso a fare la medesima cosa. 

« Sono pienissima » disse Mary, toccandosi la pancia con una mano. « Penso davvero che oggi salterò la cena ».

Sirius ridacchiò e le diede una pacca sulla spalla, mentre anche lei sorrise. Si fermarono tuttavia nell’atrio, dove un gruppo di Serpeverde li guardava e rideva: di loro, Sirius riconobbe Rockwood Jr. e Mulciber. Si sentì subito infastidito dalla loro presenza, perciò si fermò e li guardò con disprezzo.

« Che problemi avete? » domandò, mentre Mary si metteva a fianco a lui.

« Oh, nulla » rispose Rockwood con un sorriso cattivo. « Stavamo solo pensando che è proprio una tragedia, no? Un babbanofilo in meno ».

Entrambi capirono subito di cosa stavano parlando: Fleamont Potter. Sirius sentì la rabbia ribollire in lui solo nel sentirne parlare proprio loro, che non erano neanche degni di pensare a un uomo buono come il padre di James. 

La voglia di dare il via all’ennesima lite lo riempì improvvisamente, così come anche la voglia di picchiarli alla babbana, e, sebbene sapesse che loro non ne valevano la pena, dovette attingere a tutto il proprio autocontrollo per riuscire a trattenersi.

Mary tuttavia non fu dello stesso parere: non appena Rockwood ebbe finito di parlare, infatti, lei tirò fuori la bacchetta e la puntò contro di lui. Il Serpeverde neanche si accorse di quello che stava succedendo, che Mary lo aveva già schiantato, mandandolo a finire contro la parete dietro di loro. 

« Fareste meglio a lavarvi la bocca prima di parlare di gente come lui, pezzi di merda » disse con rabbia. 

Aveva le guance arrossate e Sirius era sicuro che, se gli sguardi avessero potuto uccidere, i Serpeverde sarebbero stati tutti morti, date le occhiate che Mary stava lanciando loro. Poche volte l’aveva vista così infervorata: la presa sulla bacchetta era talmente forte che le nocche avevano perso colore, mentre le labbra erano piegate in un’espressione piena di disprezzo e disgusto. 

« Come osi? » esclamò un altro del gruppo, facendosi avanti: era Mulciber e Mary, non appena lo vide, assottigliò gli occhi con odio. Mulciber ricambiò immediatamente lo sguardo. « Sporca traditrice del tuo… »

« Del mio sangue? » lo anticipò lei, facendogli poi un sorriso sardonico. « Avanti, Mulciber, un po’ di originalità. Me lo dici da anni ormai, pensi davvero che m’interessi quello che dice un idiota come te? »

Mulciber, livido di rabbia, fece un passo avanti e le puntò la bacchetta contro. 

Si doveva però essere scordato di Sirius, però, che, non appena capì cosa il ragazzo stava per fare, si mise davanti a Mary e tirò fuori anche lui la propria bacchetta. 

« Non ci provare, Mulciber, o giuro che stavolta dovrai ritenerti fortunato se finisci solo al San Mungo » lo minacciò, riferendosi a quando, due anni prima, il Serpeverde aveva attaccato Mary insieme ad Avery non appena l’avevano trovata da sola. 

Quando lui e gli altri Malandrini avevano saputo cos’era successo quel pomeriggio di aprile del quinto anno, James aveva manomesso la scopa di Avery, che, alla prima partita di Quidditch, era caduto, rompendosi un braccio. Mulciber era stato meno fortunato, perché era stato Sirius ad occuparsi di lui: il ragazzo non lo avrebbe mai ammesso, ma per una volta era stato quasi felice di essere un Black. Aveva infatti potuto usare uno degli incantesimi di cui aveva letto nella biblioteca di Grimmauld Place n12, e aveva così fatto finire Mulciber in Infermeria per più di una settimana. 

Dopo quell’attacco ai suoi danni, Mary era rimasta in Infermeria per tre giorni ma, una volta dimessa, era così spaventata che non era uscita dal dormitorio per altri tre e solo James, pregandola e promettendole che non l’avrebbe lasciata sola neanche un attimo, era riuscito a smuoverla. 

Solo a novembre dell’anno prima era riuscita a trovare il coraggio di aggirarsi nuovamente da sola per il castello, sebbene cercasse di evitarlo, e, quando lo aveva fatto, la preoccupazione di James era salita alle stelle: l’aveva controllata ripetutamente sulla Mappa e Sirius era più che sicuro che qualche volta l’avesse anche seguita con il Mantello dell’Invisibilità. Probabilmente, vista da un estraneo, la reazione di James sarebbe risultata eccessiva, ma a parte i Malandrini nessuno aveva visto lo sguardo terrorizzato del ragazzo quando Miriam Parker aveva detto loro cos’era successo alla sua migliore amica. 

Nei tre giorni che Mary era rimasta in Infermeria, James aveva trascorso ogni minuto libero al suo capezzale, anche quando la ragazza dormiva; ogni tanto si era portato i libri che doveva studiare per il giorno seguente, altre volte aveva giocato con il Boccino che aveva rubato l’estate precedente e l’aveva guardata dormire. Avevano infatti deciso di aspettare che Mary uscisse dall’Infermeria, prima di vendicarsi dei due Serpeverde, per paura di come avrebbe potuto reagire lei se si fosse ritrovata a stare per giorni nella loro stessa stanza. 

« Cosa sta succedendo qua? » esclamò la voce della professoressa McGranitt, appena comparsa alle spalle di Mary e Sirius. « Black, Mulciber, MacDonald: giù le bacchette! Chi ha schiantato il signor Rockwood? »

« Io » rispose Mary immediatamente, senza pentirsi affatto di quello che aveva fatto. 

« E signor Mulciber… » continuò la professoressa, con tono sempre più grave. « Perché lei sta puntando la bacchetta contro la signorina MacDonald? »

Il viso della McGranitt era contratto in un’espressione carica di sospetto. Anche lei, Sirius lo sapeva con certezza, ricordava quello che era successo a Mary due anni prima – e che non simpatizzasse per i Serpeverde era ormai nozione di dominio pubblico. Il giorno dopo l’attacco ai danni di Mary, infatti, per la scuola si era sparsa la voce che la McGranitt non avesse approvato la scelta di Silente di non espellere i due ragazzi; Sirius si chiedeva ancora perché mai il preside non avesse voluto farlo, vista la gravità di ciò che avevano fatto Mulciber e Avery quel giorno.

« Ha attaccato un mio compagno! » esclamò Mulciber per difendersi. Sembrava sconvolto dal fatto che non potesse neanche difendere un proprio compagno, e Sirius avrebbe voluto picchiarlo a mani nude seduta stante, conoscendo bene il concetto di “difesa” del ragazzo e la sua avvezione alla magia oscura. 

« Signor Mulciber » disse la McGranitt, impedendogli di difendersi ulteriormente. « Le ricordo che lei e Avery non potete assolutamente alzare la bacchetta contro la signorina MacDonald, in qualunque circostanza. Se ne era forse dimenticato? » 

Mary, non vista dalla professoressa, alzò la mano destra e gli mostrò il dito medio, facendolo arrabbiare ancora di più. Sirius le strinse il polso con le dita, facendo sì che lo abbassasse e le lanciò uno sguardo a metà tra il divertito e l’ammonitore. 

« Ma professoressa- » tentò Mulciber, infervorato e pronto a difendere nuovamente se stesso e le proprie intenzioni.

« Nessun ma, signor Mulciber » disse, perentoria. « Venti punti in meno sia a Grifondoro che a Serpeverde. Discuterò con Lumacorno riguardo la sua punizione. Quanto a voi due » aggiunse, rivolta a Mary e Sirius. « Venite con me ».

Così dicendo, la McGranitt lanciò ai Serpeverde un’ultima occhiata infuocata prima di girarsi e incamminarsi lungo la scalinata principale, con i due Grifondoro alle calcagna. 

« Ma ci hanno provocato loro! » sbottò immediatamente Sirius, assecondato con decisione da Mary, la quale aveva cominciato a raccontare alla professoressa cosa fosse successo e perché lei avesse tirato fuori la bacchetta per prima – non ebbe problemi a dire che, se si fosse trovata un’altra volta in quella situazione, avrebbe agito allo stesso modo.

« Le regole sono regole » replicò la McGranitt, piccata. 

Li condusse poi in Biblioteca, mettendo a tacere ogni tentativo di rimostranza, accompagnandoli fino al reparto dedicato allo studio della Trasfigurazione. I due ragazzi, che durante i primi anni avevano preso più punizioni che voti, si scambiarono un’occhiata orripilata, intuendo già cos’avrebbero dovuto fare per il resto della giornata. 

« La signora Pince ha bisogno di qualcuno che la aiuti a catalogare i libri di questa sezione. Visto che non sapete come sfruttare promiscuamente il tempo libero a vostra disposizione, questa sarà la vostra occupazione fino all’ora di cena ».

Così dicendo, si diresse verso la porta e uscì, mentre i due Grifondoro venivano squadrati da capo a piedi dalla bibliotecaria; questa porse a Mary qualche foglio e una penna, e poi spiegò loro cosa dovevano fare:

« Vorrei che metteste in ordine i libri in ordine alfabetico, segnandoli poi su questi fogli. In ordine alfabetico, sono stata chiara? »

« Cristallina » rispose Sirius, seccato. 

Non appena la Pince se ne fu andata – non prima di avergli lanciato uno sguardo inquisitore –, sbuffò. Lui e la bibliotecaria non erano mai andati d’accordo: anzi, lei sembrava averlo preso ancora più in antipatia da quando, durante il Terzo anno, aveva accidentalmente dato fuoco a uno dei libri che aveva preso in prestito. 

Mary guardò sconsolata le pile e i ripiani colmi di libri di cui dovevano occuparsi, prima di posare su un tavolo lì vicino i fogli e la penna; iniziò a controllare i titoli dei vari libri e a segnarli, cancellando e aggiungendo qualcosa di tanto in tanto. Sirius, che era più alto della ragazza, la aiutava mettendo in ordine i tomi sugli scaffali, non appena lei finiva di riportarne il nome sui fogli.

Lo divertiva guardarla affaccendarsi tra libri e calamai, con lo zigomo destro leggermente macchiato d’inchiostro; aveva le labbra piegate in una smorfia e la fronte corrucciata, esibendo dunque la stessa espressione di una bambina imbronciata. 

Dopo un po’ Mary l’obbligò a fare cambio, motivando il tutto dicendogli: « Comincia a farmi male la mano, a forza di scrivere ».

« Guarda che non arrivi ai ripiani più alti » la prese in giro lui, mettendosi la penna tra i denti e ridacchiando quando lei gli mostrò il dito medio. « Come siamo volgari… »

« Detto da te, poi » ribatté lei con un sorrisetto sarcastico, prendendo un altro libro da una delle tante pile che ancora dovevano catalogare e rimettere a posto. « Ehi, senti qua! » esclamò poi, osservando il libro con aria divertita. « Trasformare le persone in tazzine da tè: come difendersi dai nemici »

Sirius inarcò un sopracciglio, perplesso, prima di lanciare un’occhiata anche lui al libro. Effettivamente, il titolo era proprio quello.

« Tu vorresti dirmi che davvero qualcuno ha perso tempo a scrivere… questo? » le chiese, a metà tra il curioso e lo scandalizzato – non riusciva davvero a crederci.

« A quanto pare sì! »

« E io che credevo non ci fosse qualcuno più pazzo di te… » ironizzò Sirius. In tutta risposta, Mary lo colpì sul braccio con il suddetto libro. « Ehi! »

« Te lo sei meritato » disse Mary, prendendogli la penna che teneva tra le labbra e scrivendo il nome del libro sul foglio, prima di riporlo in uno dei ripiani più alti, ovvero quello dei libri che cominciavano con la lettera T.

Sirius si massaggiò il braccio offeso e guardò Mary allungarsi e sollevarsi sulle punte per mettere a posto il libro. Non era particolarmente alta, perciò dovette appoggiarsi con una mano alla libreria e inarcarsi più di quanto aveva pensato. Lui si perse un attimo nell’osservare la curva della sua schiena e quella dei fianchi, e come i capelli lunghi e scuri le accarezzassero dolcemente le scapole. 

Quando la ragazza si girò nuovamente verso di lui per dirgli di darsi una mossa e aiutarla, Sirius aveva già ricominciato a catalogare libri. 

 

*

 

Era una mattina d’inizio ottobre dall’aria leggermente più fredda del solito. Gli studenti, dopo aver lasciato il castello, si erano diretti verso il campo da Quidditch per assistere alla prima partita della stagione, contesa tra Grifondoro e Corvonero. 

Alla postazione del commentatore c’era uno smilzo ragazzino dai capelli rossi di Tassorosso, Jeremy Cooper, mentre gli altri studenti iniziavano a prendere posto sulle tribune della propria Casa, ridendo e facendo confusione.

Tra la calca sulla tribuna di Grifondoro, Mary scorse una faccia familiare e così si trascinò Lily e Miriam dietro, mentre si faceva largo tra i propri compagni di Casa per raggiungere James.

Non appena gli fu abbastanza vicina gli posò la mano sulla spalla e lo sentì sussultare lievemente al suo tocco; quando alzò il viso ed incrociò il suo sguardo, capì come dovesse sentirsi stando là sugli spalti. Lui gliene aveva parlato, si era sfogato con lei, ma quello sguardo valeva più di mille parole. Erano anni che James, durante le partite di Quidditch di Grifondoro, non sedeva sugli spalti; era entrato in squadra al Terzo anno, quando si era finalmente liberato un posto da Cacciatore, e da allora nessuno aveva messo in dubbio il suo talento sulla scopa. 

« Ehi » sussurrò Mary, sedendosi accanto a lui. 

Davanti a lei c’era Sirius, con accanto Peter, mentre Remus era seduto accanto a James; Lily e Miriam si sedettero accanto a lei.

« Ciao, Mary » la salutò lui senza entusiasmo. 

Remus sorrise a lei e alle altre e così Peter, mentre Sirius si girò verso di lei.

« Mi sembrava troppo bello poter passare un po’ di tempo senza di te » scherzò, e Mary lo colpì sulla nuca. « Ehi, vacci piano! »

Lei gli fece il verso, prima di tornare a concentrarsi su James: lo prese sottobraccio e appoggiò la testa sulla sua spalla.

« Sto bene » disse James, atono.

Mary sorrise mestamente e lui, qualche secondo dopo, sospirò.

« Okay, forse non è vero ».

« Ed ecco scendere in campo le squadre di Grifondoro e Corvonero! » iniziò Jeremy Cooper, la cui voce risuonò forte e chiara per tutto il campo e le platee. « I due capitani, Lucas Abercrombie e Paul McDougal, si stringono la mano! » si sentì il fischio di Madama Bumb subito dopo, non appena i due giocatori tornarono alle loro postazioni. « Che la partita abbia inizio! »

James sospirò nuovamente e Sirius si voltò verso di lui.

« Tu sei più bravo di loro, Prongs, alla prossima partita li distruggi tutti » gli assicurò, facendogli l’occhiolino. 

James sorrise appena, mentre Lily non riuscì a nascondere un piccolo sorriso nel vedere come Sirius si preoccupasse del suo migliore amico.

« Dove sono le vostre compagne di stanza? » chiese Peter, incuriosito, mentre le due squadre si disponevano in aria. 

« Da quel che ho capito, Claire si è voluta sedere vicino al fidanzato, nella tribuna di Tassorosso. Penso che Kate sia con lei » rispose Miriam, stringendosi nelle spalle. 

Si guardò un attimo attorno e incrociò lo sguardo di Kevin Smith, uno dei Cacciatori di Grifondoro che frequentava il sesto anno, e lui ammiccò nella sua direzione prima di tornare a concentrarsi sul campo. La sua tanto decantata storia con George Stebbins, infatti, era giunta al termine giusto qualche giorno prima: da quanto Miriam aveva raccontato loro in camera, si era resa conto che lui era un ragazzo troppo serio e ligio al dovere per lei e che, per questo motivo, sebbene lo trovasse davvero attraente, non riusciva a vedersi con lui. Il giorno dopo tale discorso, in ogni caso, Miriam era rientrata in camera in preda all’euforia e aveva raccontato a Mary e Lily di Kevin Smith, che ci aveva provato in maniera del tutto palese con lei durante la cena e che era decisamente molto più sveglio di Stebbins. 

Soddisfatta, si avvicinò leggermente a Lily e le sussurrò: « Penso che, comunque finisca la partita, io avrò ugualmente il mio premio ».

Lily sorrise e scosse la testa, non molto sorpresa dal commento dell’amica.

« Edward Wilkinson, sostituto di James Potter, lancia la Pluffa verso gli anelli, ma viene bloccata dal portiere di Corvonero, Liam Davies! » esclamò Jeremy Cooper, e Lily tornò a prestare attenzione al gioco. « Davies passa la Pluffa alla sorella, Diana, che evita un Bolide lanciatole contro da Laura Sloper e punta agli anelli di Grifondoro. Oh, ma i Battitori rosso-oro oggi sono particolarmente agguerriti! » aggiunse, quando Mark Summerby tentò nuovamente di disarcionare con un bolide Sarah Peterson, alla quale Diana Davies aveva passato la Pluffa. 

« Sarah Peterson passa la Pluffa a Paul McDougal, che lancia e… segna! Dieci a zero per Corvonero! »

James vide chiaramente Jack arrabbiarsi e urlare poi qualcosa ai due Battitori: Mark e Laura annuirono e tornarono rapidamente alle loro precedenti posizioni. 

Jack lanciò la Pluffa a Kevin Smith e gli fece il segno della V con le dita.

« Kevin Smith è ora in possesso di palla! Si avvicina sempre di più verso gli anelli, ha già superato quasi la metà campo, evitando un Bolide di Robert Midgen! Passa la Pluffa a Edwad Wilkinson, che è ancora più vicino agli anelli! O’Flaherty è pronto a tirare… aspettate! All’ultimo, Wilkinson passa la Pluffa a Sally Prynn, che segna! Dieci a dieci! Che gioco, ragazzi! Chi di voi l’aveva vista arrivare? Io no di certo! »

Lily aggrottò le sopracciglia, perplessa. Neanche lei aveva visto arrivare Sally vicino agli anelli, così si girò verso Mary per chiedere spiegazioni, dal momento che la sua amica ne sapeva decisamente più di lei.

« Mi spieghi come ha fatto? Si è smaterializzata? » 

Mary ridacchiò e con lei anche James, che doveva averla sentita. 

« No, non si è smaterializzata. Hanno utilizzato uno schema a V: i due esterni si passano la Pluffa, attirando così l’attenzione di tutti, mentre l’interno vola fino agli anelli senza essere disturbato » rispose Mary, indicandole il campo e gesticolando. « Giusto, Jamie? »

Come da copione, James sbuffò appena quando Mary lo chiamò con il soprannome che gli aveva dato quando erano piccoli; poi annuì e tornò a concentrarsi sul gioco, mentre Mary ridacchiava e seguiva il suo esempio, posando la testa sulla sua spalla.

Lily, mentre riportava lo sguardo sul campo, sorrise lievemente. 

Non era mai stata una grande fan di James Potter, non lo aveva mai negato, e non aveva mai capito a fondo la natura dell’amicizia che lo legava così tanto a Mary, ma in momenti come quello li invidiava. 

Si era più volte chiesta cosa li rendesse così uniti, perché non li aveva mai sentiti parlare di nulla di serio, ma nell’ultimo periodo aveva iniziato a capirlo. I loro scambi di battute, le punizioni scontate insieme, gli scherzi ai danni degli altri studenti che avevano ordito durante quei sette anni – quelle erano tutte cose che avrebbero potuto fare con chiunque altro. Ma quando vedeva il modo in cui si capivano con un solo sguardo, il modo in cui l’uno aiutava sempre l’altra a rialzarsi – allora capiva che per loro, semplicemente, le altre persone non reggevano il paragone. 

Lily sapeva benissimo che Mary, senza James, non sarebbe più stata la stessa e viceversa: avevano condiviso troppe cose, avevano passato tutta la vita assieme e ciò li avrebbe legati a doppio filo per sempre. 

Il suo sguardo volò sulle tribune di Serpeverde, ma non lo vide. 

E, forse, è meglio così – si disse, tornando a guardare la partita.

Dopo altri tre quarti d’ora, Corvonero era in testa per duecentotrenta a centoquaranta. 

Con una mossa particolare – un Bludger Backbeat, o almeno così lo aveva chiamato lo speaker trattenendo a stento l’entusiasmo –, Laura Sloper era riuscita a colpire Sarah Peterson e disarcionarla, lasciando così i Corvonero con un Cacciatore in meno.

« Paul McDougal passa la Pluffa a Diana Davies, che evita un Bolide di Mark Summerby, tira e… Abercrombie para! Nessuno dei due Cercatori sembra ancora visto il Boccino! » stava urlando Jeremy Cooper, che poi ricominciò a raccontare filo e per segno lo scambio di passaggi tra i Cacciatori di Grifondoro, che riuscirono a segnare altre tre volte di fila. 

Quando Diane Davies centrò uno degli anelli di Grifondoro, Lucas Abercrombie, visibilmente infastidito dal punto appena segnato dagli avversari, passò la Pluffa a Edward. Quest’ultimo, non appena la prese, si diresse rapido verso gli anelli dei Corvonero; stava per essere placcato da Diana Davies, che però fu costretta a spostarsi per non essere colpita da un Bolide di Laura Sloper. 

Remus e Peter, nel frattempo, si giravano ogni tanto per controllare James. Il volto dell’amico, però, era totalmente imperscrutabile; solitamente James era un libro aperto per tutti, ma nell’ultima settimana si era chiuso in se stesso come mai prima. Che non stesse bene era comunque palese, soprattutto per i suoi compagni di stanza, che qualche notte avevano visto Mary sdraiarsi sul letto accanto a lui e addormentarsi lì, con le mani che lo stringevano a sé in un abbraccio fraterno.

« Edward Wilkinson passa la Pluffa a Kevin Smith, che non perde tempo e la lancia subito verso gli anelli e segna! Centocinquanta per i Grifondoro! » urlò lo speaker nel microfono. 

Un po’ di tempo dopo, Corvonero aveva aumentato ulteriormente il distacco dalla squadra avversaria, portando il punteggio a trecentodieci contro centocinquanta. 

Tuttavia, proprio quando Sally Prynn segnò un altro punto, Jeremy Cooper non riuscì a trattenere un gridolino eccitato. 

« I due Cercatori sembrano aver visto il Boccino! » esclamò. « Il Cercatore dei Corvonero, Andrew Fawcett, sembra essere più vicino! No, no, mi correggo! Zach O’Flaherty  supera Wilkinson! La distanza tra i due è sempre maggiore… »

Mary strinse forte la mano di James, che intanto aveva poggiato la testa contro quella della ragazza. 

« Zach O’Flaherty prende il Boccino! » annunciò alla fine Cooper. « Corvonero vince per trecentodieci a trecento! Dieci punti di distacco! Ragazzi, che partita combattuta! »

Tra le urla di gioia dei Corvonero e i mormori scontenti dei Grifondoro, il campo cominciò a svuotarsi. Remus, Peter e Sirius si alzarono e guardarono James in attesa di qualche suo segno.

« Iniziate ad andare » si limitò a dire il ragazzo, stringendosi nelle spalle. « Io rimango ancora un po’ ».

I tre ragazzi annuirono, benché fossero decisamente poco convinti dalle sue parole, e alla fine si incamminarono verso le scalinate. James guardò Mary e con un movimento del capo le fece capire che poteva andare pure lei; la ragazza sospirò, lo strinse brevemente a sé e poi si allontanò leggermente insieme a Lily e Miriam.

« Aspetta, Mary! » disse Miriam a bassa voce. « Voi iniziate ad andare, io devo aspettare Kevin » aggiunse con un sorrisino. 

Evidentemente, Kevin Smith avrebbe ottenuto almeno il premio di consolazione, pensò Lily.

Mary annuì e fece per andarsene insieme alla rossa, che però, dopo aver lanciato un’occhiata a James, le mormorò che anche lei sarebbe rimasta un altro po’. Mary capì subito e, sebbene James avesse fatto chiaramente intendere di voler rimanere da solo, si strinse nelle spalle e raggiunse in fretta gli altri tre Malandrini.

Lily, che dava ancora le spalle al ragazzo, si girò di tre quarti per osservarlo.

James guardava il campo da Quidditch con occhi persi e, preso com’era dai propri pensieri, non si accorse nemmeno che la ragazza si fosse seduta accanto a lui.

« Mi dispiace per quello che è successo a tuo padre, James » mormorò, dopo interminabili minuti trascorsi nel silenzio più assoluto. « Mi dispiace davvero ».

Il ragazzo rimase fermo per qualche secondo, prima di girare appena il viso verso di lei. Aveva gli occhi incredibilmente vuoti – a Lily fecero quasi paura. 

Era sempre stata abituata a un James Potter entusiasta e pieno di vita, ma in quel momento, guardandolo, Lily si rese conto che di quel James non c’era assolutamente niente. In qualunque altra circostanza si sarebbe imbarazzata nel guardare tanto a lungo il ragazzo negli occhi, ma quel giorno non fu così: resse il suo sguardo per interminabili minuti, cercando nei suoi occhi nocciola la scintilla impudente che a lungo aveva odiato. 

Non riuscì a trovarla. E, soprattutto, non riuscì a trovare neanche un motivo per odiarlo. Come se tutte le ragioni che era riuscita a trovare nei sei anni precedenti fossero sparite di colpo. Come se si fossero appena conosciuti.

Non lo aveva mai visto così e, capì allora, non avrebbe mai voluto vederlo in tali condizioni. Non avrebbe mai voluto vedere nessuno in tali condizioni, a dire il vero; non era da lei gioire del dolore altrui, indipendentemente da chi fosse l’altra persona. Sua madre Susan le aveva sempre detto che, sebbene si trattasse di un’enorme dote, quella era anche la sua più grande debolezza: vedere – o almeno cercare di vedere – sempre il buono negli altri la rendeva una persona migliore, ma la esponeva ancora di più al rischio di rimanere delusa. 

« Lo so » si limitò a dire James, laconico, in risposta alle condoglianze della ragazza. 

Lily sospirò e rimase nuovamente in silenzio, non sapendo cosa dire in una situazione simile. Certo, sua madre era debole di cuore, ma lei almeno aveva entrambi i genitori ancora vivi. Nemmeno volendo sarebbe riuscita a immaginare il dolore che James poteva sentire in quel momento. 

« Lo so che hai Mary, Sirius, Remus, Peter… » cominciò, timida. James, nel frattempo, non aveva smesso di osservarla d il suo sguardo vuoto era mille volte peggio delle occhiate sfrontate che le aveva lanciato fino all’inizio dell’anno precedente. « ma se avessi bisogno di parlare con qualcuno, be’, penso… insomma, io potrei ascoltarti ».

« Lo apprezzo molto, Lily » le rispose James abbozzando un sorriso. Era il sorriso più tirato che Lily avesse mai visto, e per poco non le spezzò il cuore.

Nessuno, pensò, meritava di soffrire a tal modo. 

 


 
Note:
Eccomi di nuovo qua! Questo capitolo è un po’ più corto degli altri, me ne rendo conto, però succedono alcune cose abbastanza interessanti, no? Mentre rileggevo e correggevo il capitolo, inoltre, mi è venuta un’altra idea per uno spin-off della storia, che penso di scrivere non appena finirò quella su James e Fleamont (che, nel caso vi interessaste, è a buon punto).
La mia pagina facebook è QUESTA, e potrete trovarci: i prestavolto di tutti i personaggi di questa storia; spoiler vari; banner fatti da me o da altre ragazze; novità sull’aggiornamento di questa storia e/o sulla pubblicazione di eventuali spin-off o di altre storie.
La canzone del capitolo, invece, è questa.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! Io sono abbastanza soddisfatta. Poi, volevo fare un sondaggio:
  • Qual è il vostro personaggio preferito di questa storia?
  • Qual è il personaggio che meno sopportate?
  • Qual è la vostra coppia preferita e perché?
  • Cosa vi piacerebbe che venisse approfondito, qui o negli spin-off?
Dopo queste domande, vi lascio con un bacio e con la promessa di rivederci nell’arco di una settimana! :)
Un bacio,
Ale

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Capitolo 6
*** Incontri e Scontri ***







Capitolo 6
Incontri e Scontri
 
6-incontri-e-scontri
« Most things will be okay eventually, but not everything will be.
Sometimes you’ll put up a good fight and lose.
Sometimes you’ll hold on really hard and
realize there is no choice but to let go ».
Cheryl Strayed
 

« Evans, possiamo andare? » chiese James, avvicinandosi alla poltrona della Sala Comune dov’era seduta la ragazza e stando bene attento a non sbagliare qualcosa, qualunque cosa.

« Cosa? » si sorprese lei, sobbalzando sulla panca. Socchiuse le labbra per parlare, ma poi si lasciò sfuggire un « Oooh » di comprensione e gli sorrise appena: « Giusto, la ronda. Be’, io direi di sì, comunque… ».

Così dicendo, Lily si alzò e iniziò a incamminarsi verso il buco del ritratto. James fece per andarle dietro, ma poi si accorse della borsa che la ragazza aveva dimenticato al posto; la prese e camminò rapidamente fino ad affiancarla. 

Lei stava dicendo qualcosa, ma, avendo perso la parte iniziale, il ragazzo non capì nulla. 

Lily dovette accorgersene dalla sua espressione vagamente perplessa, poiché disse: « James? Non mi hai ascoltata, vero? Potrei sapere perché? »

« Perché una certa ragazza dai capelli rossi aveva dimenticato la borsa » sorrise affabilmente il ragazzo, porgendole poi la tracolla. 

Quando la vide arrossire appena, il suo sorriso non poté che allargarsi ulteriormente: nonostante tutto, renderle le cose un po’ più complicate lo divertiva ancora da morire. Ogni volta che si imbarazzava o si arrabbiava, inoltre, Lily aveva l’abitudine di mordersi nervosamente le guance ed assumere un’espressione che lui inizialmente aveva ritenuto divertente, ma che poi aveva iniziato a reputare assolutamente adorabile. 

« Oh » borbottò lei, presa in contropiede. « Be’… Grazie?»

« Non c’è di che » liquidò il discorso James con un gesto della mano, sorridendo. « Comunque, che stavi dicendo prima? »

« Niente di importante » borbottò lei, sistemandosi la borsa a tracolla, mentre James scuoteva appena la testa divertito. « Quali piani dobbiamo controllare stasera? »

« Terzo e quarto » disse, dopo aver controllato le varie distribuzioni su un foglietto spiegazzato che aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni. « Il secondo lo controllano i Serpeverde, a quanto pare ».

« Basta che non li incontriamo » mormorò Lily, scrollando le spalle, quasi senza accorgersene. Quando capì di averlo detto ad alta voce, s’irrigidì ed arrossì un pochino.

« Tranquilla » le sorrise James, che, una volta che raggiusero le scale principali, la spinse verso un altro corridoio. « Vieni di qua, faremo prima e non dovremmo incontrare nessuno ».

Lily annuì, camminando appena dietro di lui. 

Non era mai passata in quel corridoio e ne era sbalordita: pensava che, dopo tutto quel tempo, conoscesse quasi ogni cosa di Hogwarts, ma ogni cosa, lì, per lei, era del tutto nuova: le armature, gli arazzi, i quadri – aveva addirittura colto in fragrante un’avvenente donna dipinta che, dal suo bel quadro medievale, ammiccava senza ritegno in direzione di James. 

Quest’ultimo, però, sembrava non averlo notato o non averle dato importanza – Lily non seppe spiegare a se stessa il perché, ma la cosa le fece relativamente piacere.

La bacchetta di James illuminava appena il corridoio buio, rischiarato un poco solo dalla luce di quello spicchio di luna che s’intravedeva dalle vetrate delle finestre a sesto acuto. 

Quando fu abbastanza vicina da riconoscere una rampa di scale – che stranamente non si muovevano – sgranò appena gli occhi, girando il viso verso il ragazzo e domandando: « Ma dove siamo? »

James sembrò ridacchiare della sua curiosità malcelata prima di rispondere con un sorriso stranamente accondiscendente: « Al quinto piano, ma scendendo quelle scale arriveremo direttamente al terzo. Vedi che abbiamo fatto prima? »

« Wow » esalò Lily, impressionata. « Per una volta mi ritrovo ad ammirare i tuoi trucchetti, James… ».

A James, d’altro canto, sembrò di mancare un battito, nel sentirle dire ciò. Era passata una settimana dalla partita di Quidditch ed era ormai chiaro a tutti che i due non si odiassero più. Ciononostante, Lily continuava a fargli un certo effetto e lui non poteva più negarlo a se stesso.

Soprattutto quando la vedeva così: lì, accanto a lui, per niente arrabbiata o irritata, ma semplicemente Lily – con i capelli rossi che le sfioravano guance e collo, gli occhi verdi aperti e grandi, con la pelle chiara e le labbra rosee, con quel piccolo sorriso sinceramente divertito. 

Le lanciò un paio di occhiate di sottecchi, mentre scendevano le scale e iniziavano a muoversi per il terzo piano, ma poi – Bang! – uno strano fragore attirò la loro attenzione. 

Vide la ragazza irrigidirsi al suo fianco e stringere la presa sulla bacchetta finché le nocche non le sbiancarono quasi del tutto.

« Ehi… » provò a dire, ma Lily, con la voce perentoria che lui conosceva molto bene, lo interruppe.

« Viene dal piano di sotto, vero? »

« Credo di sì » rispose James, rapidamente. « Mi chiedo cosa stia succedendo. Andiamo a controllare? »

« Direi di sì, dopotutto siamo i Caposcuola ».

« Giusto ».


Il secondo piano, se possibile, era ancora più buio di quello da cui arrivavano, e Lily e James dovettero camminare facendo attenzione a dove mettessero i piedi, perché anche il benché minimo rumore avrebbe potuto rovinare tutto – qualunque cosa fosse quel tutto.

Lily continuava a muovere nervosamente la mano libera – l’altra teneva alta la bacchetta – e smise solo quando James, il quale era avanti a lei a malapena di due passi, le bloccò la strada alzando un braccio. 

« Che c’è? » sbottò a bassa voce, dopo essersi scontrata con l’arto del ragazzo.

« C’è qualcuno » rispose semplicemente, inclinando leggermente il capo verso quello di lei e guardandola eloquentemente. 

Stupidamente, Lily fece per aprire bocca, ma qualcun altro l’anticipò mentre quattro figure uscivano rapidamente da un’aula poco distante senza vederli: « Muoviti, che aspetti? »

Lily fece per muoversi in avanti, la bacchetta pronta a lanciare incantesimi, ma James la trattenne per il braccio, tenendola ferma accanto a sé. 

Lei lo gelò con un’occhiataccia e provò a divincolarsi senza far rumore, ma James, notevolmente più forte della ragazza, riuscì ad avere la meglio, e, dopo uno sguardo ammonitore, le si pose davanti. Lily boccheggiò un attimo, in seguito a questo suo comportamento, non sapendo se prenderlo come qualcosa di buono o come un « ti proteggo io perché tu non ne saresti capace ». 

Dallo sguardo sinceramente preoccupato del ragazzo, però, capì che si stava comportando così solo per proteggerla da chiunque si trovasse in quell’aula e, se la situazione non fosse stata quella, probabilmente non sarebbe riuscita a trattenere un sorrisino impacciato.

« Muoviti, ho detto! » sbottò sempre la solita voce – Lily era quasi del tutto certa che fosse stato Wilkes a parlare, ma tutti i ragazzi tenevano i cappucci sulla testa e per questo risultava impossibile vederli in faccia.

« Che stai facendo, stupido? » sibilò un altro, e i due Grifondoro capirono che stava brandendo una bacchetta solo quando videro scaturire poche scintille rosse. 

Nel frattempo, dalla porta uscì una quarta figura, il mantello scuro che gli ondeggiava attorno alle gambe. 

Sembrava piuttosto scocciata, lo si capiva dal tono con cui aveva pronunciato quella parola: « Eccomi », mentre dall’aula lasciata giungeva un suono che assomigliava terribilmente ad un lamento soffocato. 

Lily tentò di muoversi, senza pensare ad altro che alla persona che era sicura di trovare all’interno dell’aula, ma James la trattenne, posandole la mano sul braccio – non dovevano farsi vedere, almeno per ora.

« Finalmente » scandì il più vicino alla finestra, affacciandosi. « Che dovevi fare? Se fosse passato Gazza saremmo finiti in guai seri, te ne rendi conto? »

« Ovviamente » - una voce monocorde, a tratti melliflua, che James non tardò a riconoscere. 

Preoccupato, lanciò uno sguardo a Lily, la quale, accanto a lui, sembrava non essersi accorta di nulla, troppo intenta a guardare quello che aveva parlato – ossia Adrian Mulciber, colui che aveva esercitato la Magia Oscura sulla sua migliore amica – come se volesse pestarlo alla babbana

Sperò non si accorgesse di chi era appena uscito dall’aula – ma sapeva che, con ogni probabilità, non ci sarebbe voluto ancora molto perché ricollegasse i pezzi. Dopotutto Wilkes, Mulciber e Dolohov erano tutti e tre dei Serpeverde del Settimo anno, perciò l’ultimo incappucciato uscito dall’aula doveva necessariamente essere uno dei loro due compagni di dormitorio. 

Avery, oppure…

« Non sembrava ».

« Avete finito o dovete ancora parlare? » chiese Dolohov, sarcastico, sistemandosi il cappuccio.

« Ditemi, volete un divano e qualche dolce con del Whiskey? » poi si girò verso il nuovo arrivato, scuotendo la testa. « E tu evita di fare così di nuovo, Piton. L’ultima cosa che vuole è che veniamo presi per una cosa del genere. Pensavo di essere stato chiaro, su questo ».

... Piton.

James chiuse gli occhi, mentre accanto a lui Lily esalava il respiro che aveva a lungo trattenuto all’interno della cassa toracica – all’interno della quale il cuore continuava a batterle all’impazzata, come un cavallo imbizzarrito che correva follemente verso il traguardo. 

Poi James aprì appena gli occhi e la vide appoggiarsi al muro, pallida come uno dei fantasmi del castello e con gli occhi verdi spalancati. 

Mentre i passi dei Serpeverde, che avevano finito di discutere, si allontanavano, James si piegò sulle ginocchia per essere alla sua altezza – senza che lo volesse, le ginocchia non avevano retto e lei si era ritrovata seduta a terra sul freddo pavimento di pietra. 

No, pensò, scuotendo la testa. No, no, no. Non era lui. No, no, no.

«Lily? »

La voce di James Potter le giungeva come ovattata, come se si fossero trovati ad anni luce di distanza l’uno dall’altra. Anche se lo vedeva, avendo continuato a tenere gli occhi aperti, non riusciva a percepirlo e avvertirlo realmente lì – si sentiva come se fosse stata isolata da tutto il resto del mondo, e con lei fossero rimasti solamente ricordi e pensieri confusi.

« Lily, dai… ».

Dal canto suo, James non aveva idea di cosa fare: vederla così non gli piaceva e lui non era molto bravo a trattare le ragazze piangenti, essendo un maschio e per di più figlio unico. L’unica ragazza che gli era capitato di consolare, dopotutto, era stata Mary e le circostanze erano state totalmente differenti; non gli era mai capitato di doverla confortare dopo aver scoperto che il suo ex-migliore amico aveva attaccato qualcuno. 

La guardava tremare appena, la fronte aggrottata, gli occhi sgranati, non sapendo bene se dovesse prenderle una mano e aiutarla ad alzarsi o aspettare che si calmasse. 

Alla fine, decise di aspettare un attimo per poi riportarla in dormitorio – la ronda, per loro due, finiva lì: James sapeva che Lily non avrebbe retto ancora molto e di sicuro non sarebbe stato lui a sforzarla. Per quanto avrebbe voluto poterla aiutare, infatti, era consapevole del fatto che le sue compagne di dormitorio le sarebbero state nettamente più in grado di lui a fare ciò. 

« Lily » la chiamò ancora, e la ragazza puntò di nuovo gli occhi verdi su di lui, rendendosi finalmente conto di dove si trovasse, di cosa fosse successo e di tutto quanto il resto.

I suoi occhi, per quanto odiasse piangere e mostrarsi debole, s’inumidirono rapidamente, ma le lacrime non le scesero lungo le guance. Provò ad alzarsi e James all’inizio non fece niente, non avendo ancora deciso come comportarsi, ma, vedendola tremare, le passò un braccio attorno alla vita per aiutarla – braccio che tolse subito, una volta fatto il suo dovere, ma che tenne sempre pronto a sorreggerla. 

Avvertirono un gemito soffocato giungere dall’aula che i Serpeverde avevano lasciato da poco e vi si avvicinarono – sebbene tremasse, Lily non barcollava e la presa sulla bacchetta, tutto sommato, era piuttosto salda e decisa: le nocche però erano livide, e le unghie vi stavano chiaramente affondando.

A terra, sdraiato tra un banco e un altro, c’era un ragazzo di nemmeno quindici anni di Corvonero, la mano premuta sul viso e l’altra sul braccio destro, che stava sanguinando copiosamente, vista la macchia rossa che si allargava sulla manica della divisa.

Lily s’inginocchiò accanto a lui, cercando di fargli spostare la mano dal braccio. Quando ci riuscì, con un incantesimo tagliò la manica della divisa per vedere meglio: una lunga e profonda ferita faceva bella mostra di sé sulla pelle olivastra del ragazzo. 

Accanto a lei, James levò la bacchetta contro il ragazzo, sotto lo sguardo confuso della compagna.
« Stupeficium » mormorò istintivamente, ma poi, vedendo Lily sgranare gli occhi e puntarli su di lui, spiegò: « Per fermare il flusso… Sai, la ferita ».

Lily sembrò sinceramente stupita di ciò, ma non disse niente; si limitò invece ad alzarsi e mormorare un incantesimo per trasportare il ragazzo in Infermeria senza doverlo portare in braccio.

James la seguì poco dopo, sicuro che no, la serata probabilmente non sarebbe finita lì – non per Lily, almeno. 


Dopo aver accompagnato il ragazzo in Infermeria, James e Lily erano rimasti lì per circa dieci minuti. Nel vedere la ragazza così pallida, Madama Chips si era preoccupata e aveva preso da parte James per chiedergli cosa le fosse successo. Lui si era limitato a dirle che era molto scossa e che un bel sonno riparatore avrebbe sicuramente sistemato le cose. Anche se dubitava che bastasse solo quello.

Dopodiché le si era avvicinato nuovamente e, con un sorriso leggermente tirato, le aveva allungato la mano per aiutarla ad alzarsi. Lei l’aveva afferrata e insieme si erano poi diretti verso la Sala Comune.

« Sei sicura di stare bene, Lily? » le chiese una volta che ebbero superato il ritratto della Signora Grassa. 

Il rosso della Sala Comune faceva sembrare ancora più pallida la pelle della ragazza. 

« Sì, sono sicura. Grazie, James » gli rispose, cercando di sorridergli. 

James le posò una mano sulla spalla, non sapendo bene come comportarsi. Alla fine, vedendola ancora così scossa, le si fece un po’ più vicino e la strinse in un abbraccio amichevole. 

Lei non si scostò, anzi; dopo qualche attimo di confusione, rispose all’abbraccio e si strinse silenziosamente a lui, poggiando la testa contro il suo petto e nascondevi il viso.

James non avrebbe mai pensato che il suo primo vero abbraccio con Lily Evans sarebbe stato così. Aveva spesso fantasticato su quando la ragazza si sarebbe resa conto che lui non era affatto il cretino che pensava che fosse, ma nessuna delle sue fantasie si avvicinava almeno un po’ a quella situazione.

Quello, dopotutto, era un abbraccio da amici. Niente di più. Ma James non sentì il bisogno di qualcosa di più: in quel momento, infatti, l’unica cosa che desiderava era farla calmare.

« Grazie, James » mormorò ancora, prima di allontanarsi da lui.

« Figurati » le rispose, facendo un piccolo passo indietro. « Immagino come tu possa sentirti. Se hai bisogno di qualcuno sai dove trovarmi » aggiunse poi, facendo un cenno verso il dormitorio maschile.

Dopotutto lei gli era stata accanto, dopo la morte di suo padre e, sebbene le situazioni fossero molto diverse, James capì che in quel momento Lily aveva davvero bisogno di sostegno morale. 

« Certo. Ora penso sia meglio che salga in camera. Mary sennò chi la sente… » disse, cercando di scherzare. Il risultato fu piuttosto penoso, ma James le sorrise ugualmente prima di augurale buona notte e dirigersi verso il proprio dormitorio.

Lily lo guardò sparire dietro la porta di legno dopo averle lanciato un’ultima occhiata. Una volta che fu fuori dal suo campo visivo, la ragazza si lasciò andare a un sospiro mesto e decise di incamminarsi anche lei verso la sua stanza.

Quando aprì la porta si rese conto che a Mary non era sfuggita la sua espressione confusa e sconvolta, ma non era pronta a parlare e perciò camminò veloce alla volta del bagno. Si chiuse dietro le spalle la porta, mentre, dietro di essa, sentiva l’amica chiamare il suo nome. 

Non rispose e posò i palmi, aperti, sul bordo del lavabo, alzando gli occhi sullo specchio di fronte a lei. 

Osservò a lungo il riflesso che esso le restituiva. I capelli rossi erano scarmigliati, gli occhi tremendamente vivi ma tremendamente tristi, e il labbro inferiore sanguinava per quanto se lo era morsa. Le sembrava di rivedere la Lily di due anni prima, quando aveva litigato con Severus.

Rimase lì per un lasso di tempo che non riuscì a calcolare, prima di prendere un profondo respiro e uscire dal bagno. Mary era seduta sul suo letto e il suo sguardo le fece intendere chiaramente che niente le avrebbe evitato una chiacchierata.

Rassegnata, andò a sedersi sul proprio letto con le gambe penzoloni; di fronte a lei, Mary la guardava, spaventata.

« Che succede? » le chiese, mentre anche le altre si azzittivano per sentire. 

« Sever… » cominciò, ma Mary la interruppe bruscamente, già visibilmente alterata.

« Che ha fatto? » indagò, infatti.

Mary non aveva mai sopportato Severus Piton per varie ragioni – dopotutto, era sempre stata la migliore amica di James Potter: era scontato che i due non si fossero mai piaciuti. Tuttavia, la ragazza sentiva crescere ancora di più in lei il risentimento verso Piton quando vedeva Lily in quello stato a causa del Serpeverde.

Era stata lei, dopotutto, a rimetterla in sesto dopo che lui le aveva dato della Sanguesporco: lei le era rimasta accanto in quei mesi, lei si era presa cura di Lily, lei aveva cercato di proteggerla in ogni modo.

« Dimmi cosa ha fatto » insistette, serissima.

« Terzo piano. Corvonero. Serpeverde » spiegò Lily in maniera molto telegrafica, usando solo le parole chiave: Mary, però, capì comunque il senso del discorso e nei suoi occhi si fece subito largo la rabbia. « Stavo facendo la ronda con James. Ho avuto paura ».

« C’era anche lui, vero? » le chiese, mentre le altre si guardavano spaventate: anche a loro non era sfuggito il significato delle parole di Lily. Dopo l’attacco ai primini di Tassorosso, solo uno sciocco non avrebbe capito cos’aveva appena visto Lily.

Lily annuì e Mary dovette attingere a tutto il proprio autocontrollo per non precipitarsi nella Sala Comune dei Serpeverde e sterminarli tutti. Non aveva mai avuto buoni rapporti con i Serpeverde del Settimo e del Sesto anno, ma, dopo le parole che avevano usato per commentare la morte di Fleamont e dopo l’episodio di quella notte, oltre la rabbia in lei crebbe un grande senso di disgusto. 

« Ti hanno fatto qualcosa? » 

Dal tono di voce di Mary – calmo e lento – Lily capì che l’amica era sul punto di scoppiare. 

« No, no. Non ci hanno visti » rispose velocemente la rossa, strofinandosi poi una guancia con le dita. « Ci eravamo nascosti. Io… perché è diventato così? »

« Lily, tu non puoi farci niente… » disse Kate nel tentativo di consolarla, mentre Mary rimase in silenzio, guardando fuori dalla finestra.

« Lo so, ma io davvero non capisco come abbia fatto a diventare così. Non riesco a capire perché sia diventato così » continuò Lily, con voce rotta.

Kate aprì la bocca per parlare, ma stavolta fu lei a essere interrotta da Mary. La ragazza aveva visibilmente perso le staffe e aveva finalmente riportato lo sguardo su Lily – e Mary non l’aveva mai guardata in quel modo. 

« Senti, Lily, io non so più come dirtelo in maniera delicata » cominciò a dirle. « Tu non c’entri niente, lui ha scelto come vivere la sua vita e tu non sei contemplata nel piano. Hai perso anche troppo tempo appresso a uno come lui ».

Kate, Claire e Miriam ammutolirono nel sentire Mary parlare con così tanta collera. Non l’avevano mai vista talmente arrabbiata: sembrava sul punto di devastare l’intera stanza per un attacco di magia involontaria.

Lily, dal canto suo, guardava atterrita la sua migliore amica. Conosceva Mary: sapeva che se aveva preso la questione così a cuore era perché la faceva stare male. Le sue parole, tuttavia, la colpirono ugualmente come una pugnalata al petto.

« Mary! » esclamò Claire, non appena riuscì ad aprire bocca; era ancora visibilmente scandalizzata, ma Mary rispose al suo sguardo con un’occhiataccia.

« Che c’è? Sappiamo tutte quante che è la verità! » sbottò, furibonda. « Ne ho le scatole piene di Severus Piton e di tutti i suoi amichetti Mangiamorte! Sei la mia migliore amica, Lily, e ti voglio bene, ma io non ce la faccio più. Devi smetterla di ridurti così, soprattutto per uno come Piton. Lui ha scelto da che parte e mi dispiace, ma non è la nostra ».

Lily, nel sentire Mary parlarle a quel modo, non poté che sentirsi incredibilmente ferita e si vide costretta ad abbassare gli occhi per non far vedere alle altre quanto fossero umidi.

Per quanto ci avesse provato, per quanto avesse tentato di non pensarci più, lei non era ancora riuscita a superare completamente la fine della sua amicizia con Severus. Quando si erano allontanati, mettendo fine a tutto, si era sentita svuotata: lui c’era sempre stato e all’improvviso se ne era andato. Era stato devastante. 

« Tu non lo conosci » si limitò a dire con voce flebile. « Lui non è così ».

Mary, in tutta risposta, scoppiò a ridere istericamente. 

« Per tutti i perizomi di Morgana, Lily! Apri gli occhi! Forse non era così, un tempo, ma adesso lo è! Lui ha scelto, smettila di negarlo a te stessa: lui ha scelto nel momento esatto in cui ti ha dato della Sanguesporco! »

« Mary… » provarono al contempo Kate e Miriam, che erano sbiancate nel momento esatto in cui la ragazza aveva detto quella parola orribile.

« Oh, Mary niente! » sbottò Mary, allargando le braccia con rabbia e lanciando loro uno sguardo infuocato. 

« Severus era il mio migliore amico » sussurrò Lily, sollevando gli occhi dalla moquette e posandoli sulla figura di Mary: la ragazza stava percorrendo avanti e indietro il perimetro della stanza. « Era ciò che James è per te. Pensa se James si fosse comportato così con te: come ti saresti sentita? »

Lily aveva parlato senza pensare, aveva dato voce ai propri pensieri senza dare peso alle parole che uscivano dalle sue labbra. Se ne pentì quando vide Mary fermarsi di scatto in mezzo alla stanza e sochiudere gli occhi, sotto lo sguardo sempre più preoccupato delle altre.

Il paragone, sotto alcuni aspetti, poteva anche risultare azzeccato, ma tutte loro sapevano quanto Mary odiasse veder mettere James in mezzo al discorso: si infuriava ogni volta, spinta dalla stessa vena protettrice che l’aveva portata ad intavolare quella discussione con Lily.

« Non provare a paragonare James a Piton! » scattò. « Severus ha sempre detto chiaramente di voler stare dalla parte di Mulciber e di quegli altri stronzi, e tu hai sempre fatto finta di non capirlo! Perciò non ti azzardare a paragonare James a gente come quella! » continuò, furiosa.

Lily sapeva bene di aver toccato il tasto sbagliato: aveva capito ormai da parecchio tempo che se durante il quarto e il quinto anno Mary non aveva voluto legare con lei, era stato proprio perché non riusciva a capire ciò che la legava a qualcuno che era immerso fino al collo nelle Arti Oscure.

« Nessuno è perfetto! » ribatté però Lily, senza retrocedere dalla propria posizione. « Né James né Severus! »

« Almeno James sa cosa voglia dire essere leale verso qualcuno » sibilò Mary, con gli occhi ridotti a due fessure. « Ma poi, fai sul serio? Pensavo avessi capito che persona è James! Facile dare la colpa di qualunque disgrazia a lui, vero? »

Lily scosse forte la testa, mentre gli occhi continuavano a pizzicarle terribilmente. Lei non aveva più problemi con James Potter, affatto, e se avesse potuto non lo avrebbe inserito nel discorso come aveva fatto qualche minuto prima, ma tutto quello che Mary le stava dicendo continuava a ferirla in maniera inimmaginabile. 

« Non ho detto questo! Non era quello che volevo dire! » 

« E allora cosa volevi dire, di grazia? »

« Che le persone possono fare passi falsi, qualche volta » le spiegò Lily. « Ma non ci si può cristallizzare sempre sui loro errori… »

Mary rise ancora, e Miriam sentì i brividi correrle lungo le braccia: era una visione agghiacciante.

« Errori? Errori? Ma mi prendi per il culo? Per cinque anni qualunque cosa James facesse era totalmente sbagliata e assolutamente immeritevole di perdono, mentre adesso voler diventare un Mangiamorte è da considerare un “errore”? » domandò, sconvolta, avvicinandosi all’altra. 

« Hai capito cosa intendo dire! » protestò Lily, decidendo di non toccare più l’argomento James Potter. « Io lo conosco, so com’è! »

Mary rimase in silenzio a guardarla per qualche istante, poi scosse la testa e si avvicinò alla porta. Una volta che l’ebbe aperta, rimase ferma per qualche seconda prima di girarsi verso Lily. I suoi occhi erano duri e mesti, come se la rabbia avesse ormai lasciato spazio alla delusione.

« Tu lo conoscevi, Lily. Eravate amici, ma le amicizie finiscono e bisogna farsene una ragione. Spero tu ti renda conto di quanto sia assurda la tua posizione e che capisca di non poter più fare niente per Piton. Lui ha voltato pagina, è il momento che lo faccia anche tu. Sei circondata da persone che ti apprezzano, che ti vogliono bene e che ti amano: non è poco, non darlo per scontato. Non fossilizzarti su qualcuno che ha disprezzato la tua amicizia, ma vedi di concentrati su chi considera la tua semplice presenza come un dono. In questa camera hai quattro amiche che ti vogliono bene, e, che tu lo ammetta o meno, io te ne saprei nominare anche altre. Ti stai comportando come una bambina. Cresci ».

Così dicendo, Mary si chiuse la porta alle spalle e se ne andò, lasciando Miriam, Kate e Claire totalmente basite ed imbarazzate. Non lo avrebbero detto ad alta voce, ma la pensavano come Mary – anche se il modo in cui quest’ultima aveva esposto il proprio punto di vista era più che discutibile.

Lily, invece, si limitò a chiudere le tende del proprio letto a baldacchino. 

Quella notte, Lily non chiuse occhio e Mary non tornò in camera. 

 

 

Quando si era accorto di aver dimenticato, quel pomeriggio, il libro di Trasfigurazione in Sala Comune aveva maledetto più volte se stesso, Morgana e Merlino, prima di scendere per recuperarlo. Era appena tornato da una punizione con la McGranitt e non aveva fatto neanche in tempo a entrare in camera che doveva già tornare in Sala Comune.

Proprio mentre apriva la porta che separava il dormitorio maschile dalla Sala Comune, vide una testa castana molto familiare passargli davanti come una furia e andare a sedersi con prepotenza su una delle poltrone vicine alle finestre. 

« Hai spaventato dei primini, te ne rendi conto, vero? »

« Da quando ti importa dei primini, Sirius? »

Appoggiato allo schienale della poltrona, affondò i gomiti nel tessuto soffice di essa e inclinò il busto verso di lei, ridacchiando.

« Dai, come mai non sei in stanza? » le chiese, girandole intorno. Le si sedette di fronte, a terra, poggiando però il mento sul bordo della poltrona. 

Mary si imbronciò un poco, prima di rispondergli.

« Ho litigato con Lily ».

« Oh » si limitò a dire, sorpreso: Mary e Lily non litigavano più dal Quinto anno, ossia da quando erano diventate amiche. « E perché? »

« Niente, tranquillo » rispose la ragazza, cercando di evitare quella conversazione.

« Mary, Mary, Mary » la canzonò lui, agitando l’indice della mano destra in aria da maestro. « Non mi inganni. Cos’è successo? »

« Ti importa davvero? »

« Certo che mi importa, ci tengo a te! » esclamò Sirius, offeso. 

Mary, in tutta risposta, gli sorrise. Lo fece in maniera diversa dal solito: da quando erano diventati amici, alla fine del Primo anno, loro due avevano condiviso momenti indimenticabili e avevano riso insieme molte volte, ma quella volta fu diverso. Il sorriso di Mary non era divertito o ironico, era solo molto dolce e Sirius finse di non aver sentito il proprio stomaco avvitarsi su se stesso.

« Ora mi vuoi raccontare cos’è successo? »

« James non te ne ha ancora parlato? »

Sirius la guardò, interdetto, prima di scuotere la testa in segno di diniego. 

« No, ero appena salito in camera e lui era sotto la doccia. Solo che io ero appena tornato da una punizione con Minnie e in più avevo lasciato il libro di Trasfigurazione qui » le spiegò, agitandole davanti il libro in questione.

« Oh, giusto. Per aver incantato la brocca in modo che rovesciasse tutto il succo in testa a Rockwood, vero? »

« A Montague » la corresse lui con un sogghigno. « Ma non cambiare discorso. Che è successo? Perché avete litigato? »

« Perché è testarda come un mulo! » rispose Mary, incrociando le braccia al petto.

« Detto da te… » ironizzò Sirius, facendola sorridere appena.

« Hai capito cosa voglio dire » sbuffò lei. « Oggi, quando lei e James sono andati a fare la ronda, hanno visto dei Serpeverde attaccare un ragazzino e tra loro c’era anche Piton » - Sirius non riuscì a non ricambiare la smorfia disgustata della ragazza, quando sentì quel nome. « E lei continua a preoccuparsi per lui, come se a lui importasse! Si sta facendo del male da sola ».

Sirius inarcò un sopracciglio, pensieroso, e rimase in silenzio per qualche secondo.

Capiva perché Mary fosse così arrabbiata: dopotutto, il legame tra lei e Lily si era rafforzato molto in quei due anni. Ma capiva anche il punto di vista di Lily, perciò si fece raccontare tutti i dettagli della discussione tra loro due, prima di commentare.

« Io odio Piton, e questo lo sa tutta la scuola » cominciò, facendola sogghignare appena. « Ma posso capire perché Evans continui a pensarci. Una situazione del genere non è semplice da gestire: lei e Piton, in fondo, sono stati amici per molto tempo. Anche se mi chiedo ancor come abbiano fatto a sopportarsi a vicenda, onestamente… Comunque, quello che volevo dire è che capisco che lei non riesca a mettersi l’anima in pace. Non è facile, a volte, sotterrare il proprio passato. Soprattutto quando questo significa dover eliminare alcune persone dalla propria vita. E no, questo non è mai facile ».

Mary fece per ribattere, ma poi sgranò gli occhi e tacque qualche secondo.

« Mi dispiace, Sir » mormorò infine a voce bassa. « Non avrei dovuto parlartene, vista la tua situazione con Regulus. Sono stata un’idiota ».

« Stai facendo l’idiota ora, Mary » replicò lui, abbozzando un sorriso e poggiando la tempia sul ginocchio di Mary. « Non devi preoccuparti per questo. Per quanto sia stato difficile accettarlo, io e Reg abbiamo preso strade diverse: inutile negarlo. Anche Lily lo capirà, vedrai, le serve solo un altro po’ di tempo ».

Mary ricambiò timidamente il suo sorriso e gli passo una mano tra i capelli neri, scompigliandoglieli. Era un modo per ringraziarlo: ormai Sirius aveva imparato da anni a comprendere lei e i suoi modi di fare.

« Dai, vieni in camera nostra » le disse, alzandosi in piedi ed offrendole una mano. « Puoi dormire da noi. Ormai è da quando avete tre anni che tu e James dormite nello stesso letto, non sarà un problema ».

Annuendo, Mary afferrò la mano che Sirius le stava porgendo e si lasciò aiutare ad alzarsi in piedi. Prima di incamminarsi verso i dormitori maschili, lo abbraccio di slancio, alzandosi sulle punte per poggiare il mento nell’incavo del suo collo. 

« Grazie, Sirius. Ci sei sempre per me ».

« Devi solo chiedere ».


 





Note:
Ebbene, sì, anche se in maniera molto lata, Piton è comparso. A questo riguardo, ci tenevo a sottolineare che la visione che do di Severus Piton non è la mia, ma quella dei vari personaggi – in questo capitolo ci sono quelle di Lily e di Mary (e un po’ di Sirius), magari più avanti vedremo quelle degli altri.
Cos’altro dire sul capitolo? C’è sempre più Jily e io sono in brodo di giuggiole perché li amo alla follia. C’è da dire che però, per ora, la coppia preferita da più persone è… MacBlack. Anche se in realtà nessuno sa al 100% cosa accadrà loro… Ops. Sono sadica? Ma noooo!
Come al solito, QUESTA è la mia pagina facebook e ci potete trovare news, aggiornamenti, foto e spoiler!
Ho inoltre pubblicato lo spin-off di cui vi parlavo su Fleamont e James Potter, e lo trovate QUI: “Father & Son”.
Io adesso devo andare, ma spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di leggere le vostre opinioni :)
Un bacio,
Ale

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Capitolo 7
*** Tutti gli amori di Mary ***





Capitolo 7
Tutti gli amori di Mary
 
7-tutti-gli-amori-di-Mary
« You look so fragile I could break
But I try to hold myself
Together for the both of us
But in truth I’m just as scared »
Snow Patrol, “In My Arms”
 

Un campanello tintinnò sopra la sua testa quando aprì la porta di Mielandia, e l’odore di zucchero e cioccolato la inebriò immediatamente. Pieno di gente com’era, il negozio sembrava sempre più piccolo di quanto non fosse; gli scaffali erano stracolmi di dolci di ogni tipo, dalle Cioccorane agli Scarafaggi a grappolo, dalle Api Frizzole ai Topi Ghiacciati. 

Dylan entrò nel negozio subito dopo di lei – era un ragazzo veramente educato e la faceva sempre passare per prima – e le poggiò la mano appena sopra la base della schiena, spingendola un po’ in avanti per non bloccare il passaggio a chi avesse voluto entrare o uscire.

« Di cosa hai voglia oggi? » le chiese con un sorriso, mentre Mary già cominciava a girare tra gli scaffali del negozio per vedere se per caso fosse arrivato qualcosa di nuovo che lei non aveva ancora provato.

« Non so » ammise lei, riponendo su uno scaffale una scatola di Gelatine Tutti I Gusti Più Uno e sollevando poi gli occhi su di lui per ricambiare il suo sorriso. « Tu? »

« Per me va bene tutto » la rassicurò. 

Dylan era davvero bravo nelle relazioni, secondo Mary: sapeva scendere a compromessi e sapeva farsi andare bene tutto, da bravo Tassorosso, e infatti loro due non avevano quasi mai litigato. Forse era una buona cosa, però a volte la infastidiva il modo in cui gliela dava vinta in qualunque cosa e avrebbe preferito che mostrasse un po’ più di carattere. 

Era davvero un ottimo ragazzo, Mary sapeva benissimo di non potersi lamentare e inoltre teneva veramente molto a lui, però a volte le sarebbe piaciuto confrontarsi con qualcuno che non si lasciasse convincere solo da un sorriso o da un sospiro. Certo, c’erano già James e Sirius che s’impegnavano ogni giorno per farle perdere le staffe, ma avrebbe preferito che ogni tanto Dylan provasse a prendere in mano la situazione. Nella loro relazione, tranne qualche rara volta, era sempre stata lei a prendere le decisioni: per quanto sciocco potesse suonare, però, a lei piaceva poter avere un dibattito con qualcuno e cercare di far valere la propria opinione. Dopotutto era cresciuta con un fratello maggiore e un migliore amico maschio ed entrambi, per quanto buoni potessero essere, si erano sempre dimostrati tremendamente testardi. 

« Api Frizzole » decretò Mary alla fine, afferrandone un pacchetto da una scaffale e precedendo Dylan verso la cassa. Fece per pagare, ma, come sempre, Dylan glielo impedì e pagò lui.

« Ancora ci provi? » le disse ridacchiando e porgendole il pacchetto.

Uscirono dal negozio, camminarono per un po’ lungo la strada principale di Hogsmeade e infine si appoggiarono a una staccionata poco lontana dai Tre Manici di Scopa. Era solo metà ottobre, ma la temperatura nell’ultima settimana era scesa notevolmente, costringendo i visitatori e gli abitanti del paese a coprirsi con sciarpe, cappotti e guanti; il cielo sopra di loro, inoltre, era terso, ma sulle montagne all’orizzonte c’erano dei grossi nuvoloni carichi di pioggia.

Mentre Dylan apriva il pacchetto dei dolci, Mary si strinse appena nel cappotto nero; prese la caramella che il ragazzo le porgeva e la mangiò con gusto.

« Novità? » le chiese dopo aver mandato giù un’Ape Frizzola. 

« Be’, non tante, dopotutto l’ultima volta che ci siamo visti è stata ieri sera » rispose Mary con una scrollata di spalle, e riprese il discorso solo dopo aver mangiato un’altra caramella. « Però, be’, ho litigato con Lily ».

Dylan le sembrò davvero sorpreso, perché per poco non si strozzò con il dolciume. A Mary venne automaticamente da ridere, mentre lui cercava invano di nascondere il proprio imbarazzo e il rossore che era comparso sulle sue guance.

« Come… ehm, come mai? » borbottò dopo qualche secondo. 

Mary dopotutto gli aveva sempre parlato di Lily davvero bene e, da quanto si ricordasse, non avevano mai litigato prima, o almeno era così da quando loro due stavano assieme. 

« Nulla di che ». 

Mary decise di sminuire la questione, non sapendo se fosse bene dire a qualcuno ciò che Lily e James avevano visto la sera precedente: si trattava di un attacco a uno studente ed era meglio non seminare altro terrore a scuola, almeno per ora. Anche se, con ogni probabilità, la notizia del nuovo attacco avrebbe fatto presto il giro della scuola – se non era già successo. 

« Ha litigato con la sorella e quando io le ho detto di aprire gli occhi se l’è presa con me. Non vuole capire che ho ragione io, e non lei. Quando fa così non riesco a sopportarla, si fa del male da sola e neanche se ne accorge » gli spiegò, decidendo di cambiare il fattore scatenante di tutto il loro litigio per il bene comune.

Dylan annuì, masticando un’altra caramella. Dopo averla mandata giù, aggrottò le sopracciglia.

« Mi dispiace, so che tieni molto a lei » disse semplicemente, posandole una mano sulla gamba più vicina a lui. Lei gli rispose con un sorriso sghembo e si grattò una guancia. 

« Spero solo che capisca che lo dico per lei » continuò Mary. « Come se a me importasse un fico secco di quello che fa Petunia Evans » aggiunse arricciando il naso.

O di Severus Piton – pensò.

« Su, non esagerare… » l’ammonì Dylan con un sorrisetto.

« No, dico sul serio! » esclamò lei con veemenza. « Non capisce quanto sia fortunata ad avere una sorella come Lily, e in più è anche insopportabile. Ne ho parlato solo perché voglio bene a quella… quella testa vuota! » 

« Non era James la testa vuota? »

« Lui non fa testo, a volte penso che non ce l’abbia proprio una testa » scherzò Mary, affettuosa. « Però devo ammettere che anche Lily quando ci si mette… a volte è persino peggio di James ».

Di fianco a lei, Dylan ridacchiò sotto lo sguardo di due ragazzi più piccoli che passavano di lì in quel momento.

« Il diligente e brillante Prefetto Evans che perde la testa? » 

La ragazza sghignazzò con lui, ma per altri motivi. Mentre Dylan pensava a quanto fosse strano da immaginare, infatti, Mary ricordava alla perfezione molti episodi in cui Lily aveva effettivamente perso la testa. 

« Oh, fidati, non è così perfetta come sembra ».

« Mi fido, mi fido » la rassicurò, rubandole un rapido bacio a stampo prima di prendere un’altra Ape Frizzola dal pacchetto. « Ma perché non mi hai parlato ieri di tutto questo? » aggiunse poi mentre si metteva in bocca la caramella.

Mary rimase in silenzio per qualche secondo, con la mano ferma nel pacchetto. 

Quella era decisamente una bella domanda. Se doveva essere onesta, non aveva neanche pensato di parlarne subito con Dylan, anche se forse sarebbe stata la cosa che chiunque altro avrebbe fatto al suo posto. Eppure non ne aveva sentito il bisogno, le era bastato parlarne con Sirius e poi con James per calmarsi notevolmente. Dopo la litigata, infatti, l’unica cosa che aveva sentito l’urgenza di fare era stata uscire da quella stanza; rifugiarsi in Sala Comune era stata la cosa più ovvia che potesse fare, ma non aveva pensato ad altro, le bastava non dover condividere per un po’ la camera con Lily. I Malandrini, inoltre, avevano capito la situazione e non avevano creato problemi per la sua presenza – dopotutto, erano anni che ogni tanto Mary s’infiltrava in camera loro e dormiva con James: ci avevano fatto l’abitudine. Avevano parlato a lungo, prima di addormentarsi, e ciò che più l’aveva colpita di quella conversazione era stato l’atteggiamento – decisamente più maturo del suo – di James.

 

James tirò le cortine del proprio letto a baldacchino, così da poter parlare con Mary un po’ più in tranquillità. La ragazza era seduta sul letto con la schiena appoggiata alla testiera e le gambe stese sotto le coperte vermiglie, e lui la raggiunse poco dopo, mettendosi al suo fianco. 

« Su, Bun, cos’è successo? » le chiese, girando leggermente il capo nella sua direzione e sorridendole con gentilezza. Usò addirittura il nomignolo che le aveva affibbiato quando avevano cinque anni, Bun, e lo faceva solo in rare occasioni. 

Lei sospirò e si lasciò scivolare un po’, andando a posare la testa sulla spalla del ragazzo. Gli spiegò ciò che era successo dall’inizio, senza omettere nulla e cercando di spiegare il perché delle proprie azioni; una volta che Mary ebbe concluso il discorso, James le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse leggermente a sé.

« Capisco perché tu ti sia arrabbiata così tanto, so bene quanto tu abbia faticato per aiutare Lily, quando ha litigato con Piton… E se devo essere onesto, secondo me ciò che hai detto non è falso o insensato, anzi, e che Piton facesse parte di quelli ormai lo sospettavamo ormai da parecchio, ma… forse ti sei arrabbiata un po’ troppo » disse James e, vedendo che Mary non apriva bocca ma lo ascoltava con attenzione, continuò. « Io e te ci conosciamo da quasi diciotto anni, perciò posso tranquillamente dire di conoscerti come il palmo della mia mano, perché è così. So tutto di te, e so anche che quando qualcuno a te caro soffre tu ti senti in dovere di aiutarlo… così come so che quando non puoi farlo, allora dai in escandescenze. E con me puoi farlo, così come puoi farlo con Sirius e gli altri, però Lily non è come noi. È molto più sensibile, e credo che se ci è rimasta male non è tanto per quello che le hai detto, quanto per come glielo hai detto. Sono abbastanza sicuro che, in fondo, anche lei abbia sempre saputo a cosa stava andando incontro Severus… aveva solo bisogno che qualcuno glielo dicesse, ma probabilmente non pensava che sarebbe andata così. Non ti crucciare troppo per questo, la vostra amicizia è troppo importante per buttarla via per qualcosa del genere e sono sicuro che anche lei lo sappia ». 

 

« È successo dopo il coprifuoco » rispose Mary dopo un po’, nascondendo perfettamente l’incertezza nella propria voce.

« Come se te ne fosse mai importato » fu il commento di Dylan, che la guardava con le sopracciglia inarcate, a metà tra il divertito e il perplesso. « Avrei provato ad aiutarti, se me lo avessi detto subito. Magari eri un po’ giù… »

Mary gli sorrise dolcemente: Dylan si era sempre dimostrato disponibile per lei, in qualunque occasione. Lei gli accarezzò la mano con la propria prima di mangiare l’ennesima Ape Frizzola.

« Non ti preoccupare, me la sono cavata. Ne ho parlato un po’ con Sirius e poi sono andata a dormire » disse, decidendo di omettere l’essere andata a dormire nel letto di James: Dylan sapeva quanto fosse profondo il rapporto che la legava all’amico, certo, ma a nessun ragazzo sarebbe piaciuto sentirsi dire che la propria fidanzata aveva dormito insieme a un altro.

Doveva aver sbagliato qualcosa, però, sicché il sorriso di Dylan si era trasformato in una smorfia infastidita e lei non aveva nessuna idea del perché. 

« Perché ne hai parlato con Black? » 

« Era in Sala Comune in quel momento… » rispose lentamente lei, confusa. « Scusa, Dylan, ma qual è il problema? »

Lui si sedette composto sulla panchina, rigido, e si girò, guardando dritto davanti a sé. Sembrava particolarmente interessato a osservare il tetto della casa lì di fronte, ma Mary sapeva che non stava affatto pensando a quello.

« State sempre insieme… » commentò Dylan con tono fintamente casuale.

« Tu sei geloso! » esclamò Mary, stupita e leggermente divertita, dimenticandosi delle caramelle. 

« Non dovrei? » le chiese, girando appena il volto verso di lei. Aveva le sopracciglia inarcate e un’espressione terribilmente sarcastica che la fece innervosire subito e non poco.

« No! Come diavolo ti salta in mente? »

Mary si arrabbiò ancora di più quando lo vide scuotere la testa sorridendo mestamente. 

« Non te ne rendi neanche conto… »

Ma di cosa? Merlino santissimo, di cosa diamine sta parlando?

« Mi puoi dire cosa c’è che non va? Non ti seguo più ».

Stavolta, Dylan si girò totalmente verso di lei con il busto. Sembrava particolarmente nervoso, quasi irritato, quando parlò: « Tra voi due c’è qualcosa, siete più che amici ».

Mary non avrebbe voluto, ma non riuscì a fermare la risata che le impedì di parlare per qualche minuto. Non lo avrebbe mai ammesso, ma c’era qualcosa che non andava in quella risata: per chi la udì non fu niente, probabilmente, ma lei sentì chiaramente lo stomaco contrarsi quando le tornarono in mente tutti i momenti passati con Sirius nell’ultimo periodo e, soprattutto, il piacere che aveva provato in quei momenti.

« Ma come ti salta in mente? » sbottò dopo aver smesso di ridere, mascherando ogni cosa dietro un cipiglio scontento. « Io non ti ho mai tradito! Tantomeno con Sirius! »

« Non sto dicendo che mi hai tradito, Mary » ribatté lui. « Ma ogni volta che non stai guardando me, tu stai guardando Black. E lui non è da meno: non sono stupido, mi sono accorto di come ti guarda ».

« Dylan, io e Sirius siamo amici! Solo amici! » saltò su lei, sulla difensiva, come se Dylan avesse toccato un nervo scoperto. « Come puoi anche solo pensare una cosa del genere? »

« Io non lo penso, ne sono sicuro. Non fa che guardarti! All’inizio non ci ho dato peso, ma non posso continuare a fare finta di niente. Ha sempre gli occhi su di te, come posso continuare a ignorare la cosa? ».

Mary boccheggiò a lungo, arrabbiata e confusa al tempo stesso, non sapendo cosa dire. 

Era tutto così strano: non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione del genere. Sì, per un po’ di tempo aveva nutrito un certo interesse nei confronti di Sirius, ma verso il terzo anno aveva smesso e aveva cominciato a considerarlo esclusivamente come un amico. D’altronde all’epoca avevano appena tredici anni e Sirius non aveva mai mostrato alcun interesse in lei, né nelle ragazze in generale, e Mary non aveva mai avuto problemi con ciò. Il loro rapporto era diventato più forte con il passare del tempo e, sebbene per lei non fosse un fratello come James, Sirius era finito per diventare una costante nella sua vita. Aveva imparato a conoscerlo, a capirlo, a fidarsi di lui; ma soprattutto, si era abituata a girarsi e trovarlo sempre accanto a lei. Non era lo stesso tipo di rapporto che aveva con Dylan, ma non le era mai venuto in mente di mettere a confronto tra loro le due relazioni: erano semplicemente diverse. 

« Tu non ti fidi di me! » esclamò, alzandosi in piedi. 

« Mary, io mi fido di te, ma è così evidente » mormorò Dylan, mesto, alzandosi per fronteggiarla. « Quando parlate, scherzate… è come se vi isolaste. E il modo in cui vi guardate… due amici non si guardano in quel modo! ».

« Dylan, non dire stronzate… » cominciò lei, ma il ragazzo la interruppe.

« Non sono stronzate, Mary, è la verità » continuò. « Forse io ti piaccio ancora, forse sei ancora innamorata di me… ma lo sei anche di lui. Si vede ».

Mary tentennò, chiedendosi dove volesse arrivare. La stava lasciando? 

D’un tratto si sentì estremamente vulnerabile, cosa che non accadeva molto spesso, e l’unica cosa che voleva fare era correre al castello e parlarne con James. Aveva assolutamente bisogno di James. 

« E… quindi? » pigolò Mary, non cercando neanche di negare. Sapeva benissimo che lui non le avrebbe dato retta. 

D’altronde, cos’altro avrebbe potuto dire? Non aveva mai pensato che i comportamenti suoi e di Sirius potessero venire fraintesi in quel modo: per lei era così naturale sedersi accanto a lui durante i pasti, cercare il suo sguardo quando succedeva qualcosa di divertente, farsi passare un braccio intorno alle spalle tra una lezione e l’altra… Ripensandoci, Mary poteva capire perché Dylan aveva preso quella decisione, ma lei non aveva mai messo malizia in ciò che faceva in compagnia di Sirius. Era se stessa e basta. Ed era proprio quello che, in quel momento, la mandò in confusione: la naturalezza con cui Sirius faceva parte della sua vita e, in un certo senso, la rendeva migliore. 

Mentre lei pensava a ciò, Dylan rimase in silenzio, pensieroso; dopodiché si passò una mano sulla faccia e la guardò a lungo negli occhi, prima di sospirare.

« Non ho intenzione di andare avanti così, se non è con me che vuoi stare, Mary ».

 

*

 

Lily tirò un sospiro di sollievo non appena mise piede ai Tre Manici Di Scopa. 

Fuori dal locale, infatti, pioveva forte da almeno un’ora, e lei e Miriam, non appena erano uscite da Scrivenshaft, si erano subito recate lì per passare un po’ di tempo al caldo. La sala del locale era gremita di gente e si udivano costantemente persone che ridevano e sedie che strusciavano contro il pavimento. 

« Cosa vogliamo prendere? » chiese Lily, abbassando il cappuccio della giacca.

Miriam si strinse nella spalle e si arrotolò una ciocca bionda all’indice con aria pensierosa. Poi, dopo aver lanciato un’occhiata alle spalle di Lily, il suo viso si illuminò. 

« Remus! » esclamò allegra, superando l’amica e avvicinandosi al ragazzo vicino al bancone. Remus le sorrise di rimando e salutò entrambe con la solita gentilezza. 

« Come state? » 

« Fradice » rispose Lily con una scrollata di spalle. « Sei da solo? » domandò poi, perplessa, chiedendosi dove avesse lasciato i suoi tre carissimi amici.

Remus infatti scosse la testa con un sorriso, prima di risponderle: « No, sono con James, Peter e Sirius. Loro sono andati ad occupare un tavolo. Anzi, volete sedervi con noi? Il locale è piuttosto pieno ».

Lily si sentì presa leggermente in contropiede, dopotutto non aveva un grande rapporto con i Malandrini, anzi, e se li frequentava era principalmente perché Mary era loro amica da sempre. Tuttavia non se la sentiva di rifiutare, perché forse un po’ di compagnia l’avrebbe distratta, sia dal litigio con Mary sia dal pensiero della guerra in sé. E poi, pensò, i suoi rapporti con i quattro ragazzi erano migliorati notevolmente negli ultimi tempi.

« Sì, grazie mille ».

« Nessun problema » sorrise Remus, rivolgendosi poi a Madama Rosmerta. « Quattro Burrobirre.  Voi cosa volete? »

« Anche noi due Burrobirre » disse Miriam, sempre alla sorridente barista. 

Quella annuì, e prese a riempire sei boccali prima di posarli sul bancone, proprio davanti a loro. Pagarono e, prese le Burrobirre, le due ragazze seguirono Remus a un tavolo in fondo al locale dove Sirius Black, Peter Minus e James Potter sembrarono piuttosto sorpresi nel vederle arrivare. 

« Spero non vi dispiaccia che io le abbia invitate » disse Remus con un sorriso, posando sul tavolo le bibite. 

« No, certo » rispose Peter, mentre Lily gli porgeva una Burrobirra che Remus non era riuscito a portare. « Grazie, Lily ».

« Di niente ».

Lily dovette ammettere che la compagnia di quei quattro ragazzi non era così terribile, ma ormai questo lo aveva capito già da qualche tempo. Erano tutti piuttosto simpatici, e, ora che anche James era cresciuto, era piacevole passare un po’ di tempo con loro. Sì, James e Sirius continuavano a fare alcune battute ogni tanto, ma non erano più cattive come quelle di un tempo. Anzi, spesso si era ritrovata a riderci su.

« … e quindi Gazza ci ha messi in punizione » stava dicendo Sirius, raccontando della loro ennesima malefatta. 

Lily lanciò uno sguardo divertito a Remus, che scrollò le spalle e disse: « A volte anche il mio lato di Malandrino affiora ».

« Oh, ma smettila di fare il bravo Prefetto » ridacchiò Peter. « Anche tu fai la tua parte, quando si tratta di organizzare scherzi! »

« Già, il nostro Peter ha ragione » gli diede manforte James, battendo una mano sulla schiena di Remus. « O devo ricordarti di quando hai consigliato di somministrare ai Serpeverde la pozione che faceva crescere il becco? »

Remus, colto in flagrante, decise saggiamente di tacere, mentre le sue guance si coloravano leggermente. 

Miriam ridacchiò, mentre Lily, ricordandosi di quando tutti i Serpeverde si erano ritrovati con il naso trasformato nel becco di un animale diverso per ogni studente, sgranò gli occhi.

« Davvero hai organizzato tu quello scherzo? »

« Eh, già » confermò il ragazzo.

« Anche se i miei scherzi sono imbattibili, bisogna ammettere che Remus sa il fatto suo in materia » commentò Sirius.

« Ehi! » si intromise James. « I miei sono migliori dei tuoi! »

« Sì, come no » disse Sirius lanciandogli un’occhiata di compatimento. 

« Sai benissimo che è vero! » continuò James. « Peter, sono meglio i miei scherzi o quelli di Padfoot? »

Peter, che sembrava particolarmente felice di non partecipare a quella loro piccola diatriba, rimase in silenzio per un po’, prima di dire: « Ognuno di voi ha ideato sia scherzi geniali sia scherzi terribili, quindi suppongo siate pari ».

Remus, Miriam e Lily risero, mentre James e Sirius continuarono ugualmente a discutere su chi avesse ideato gli scherzi migliori. Tuttavia, Lily smise di ridere quando incontrò gli occhi neri di Severus Piton, seduto a qualche tavolo di distanza: era in compagnia dei suoi compagni di dormitorio, ma loro non sembravano essersi accorti che il loro amico non stava più prestando molta attenzione ai loro discorsi.

Il ricordo di quello che lei e James avevano visto la sera prima però le tornò alla mente subito, e lei fu sicura di essere sbiancata leggermente. Ricordava alla perfezione lo sguardo terrorizzato del Corvonero che era stato attaccato, e nulla le impedì di chiedersi cosa avesse fatto cambiare Severus così tanto. 

Non aveva mai negato di preferire la compagnia di Avery, Mulciber e gli altri, ma tra questo e attaccare degli studenti innocenti c’era una grande differenza. 

Chissà, forse prima o poi toccherà anche a me – pensò, abbassando gli occhi sulla propria birra, a metà tra la confusione e la rabbia. Dopotutto, anch’io sono una Sanguesporco.

Lily lanciò un’altra occhiata in tralice a Severus, che non aveva smesso di guardarla, e, quando ritornò a prestare attenzione a ciò che gli altri stavano dicendo, si accorse che Sirius era tornato al castello per scontare una punizione con la professoressa Sprite – aveva salutato, ma lei non se ne era neanche resa conto – e James adesso la stava guardando attentamente. 

« Tutto bene, Lily? » domandò Peter, preoccupato. « Sei un po’ pallida ».

« Sì » mentì lei, allontanando la sedia dal tavolo velocemente. « Penso di avere solo bisogno di un po’ d’aria. Torno subito » aggiunse, alzandosi e avviandosi a passo veloce verso l’uscita. 

Non appena fu scomparsa oltre la porta d’ingresso, Miriam ruppe il silenzio che si era creato. 

« Forse dovrei andare a vedere come sta… » disse, leggermente imbarazzata, ma quando fece per seguirla James, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, la bloccò.

« No, tranquilla, vado io ».

Si alzò e superò il tavolo dove sedeva Severus Piton, non senza lanciargli prima uno sguardo pieno di disgusto. Quando si chiuse la porta alle spalle, lo scrosciare della pioggia gli riempì subito le orecchie.

Si guardò intorno, e vide subito Lily: era seduta sulla panchina vicino all’entrata, e guardava dritta davanti a sé come se non ci fosse nulla di più interessante al mondo e come se la pioggia non la sfiorasse neanche. 

« Non è una buona idea girare da soli per Hogsmeade di questi tempi » le disse, sedendosi accanto a lei. 

« Come se ti importasse » ribatté Lily lanciandogli un’occhiata di sfuggita. 

Davanti agli occhi aveva ancora il Corvonero, che si pigiava una mano sul fianco ferito, che le chiedeva terrorizzato se loro se ne fossero andati… Sapeva che sarebbe successo di nuovo, sapeva che ci sarebbe stato un altro attacco all’interno della scuola; aveva pensato di essere pronta, che avrebbe saputo come comportarsi, ma non era stato affatto così. Solo quando si era trovata di fronte quel ragazzo aveva capito che no, non sarebbe mai stata sufficientemente pronta a sopportare tutto quello. 

« Mi importa, invece. Lo sai ».

« Perché? » gli domandò. « Perché ti importa così tanto di me? »

James rimase un attimo in silenzio, non sapendo cosa rispondere. 

A lui importava di lei, a lui importava davvero molto di lei, ma perché? Non se lo era mai chiesto: era così e basta. Non c’era un vero motivo, o forse sì, ma Lily non era ancora pronta per sentirlo. Se c’era una cosa di cui era sicuro, però, era sicuramente il fatto che quello che provava per lei era reale; era così reale che ogni tanto gli faceva male, anche se non glielo aveva mai detto apertamente.  

« Perché sì, Lily » rispose lui semplicemente, stringendosi nelle spalle. « Perché tengo a te ».

Lily tremò un istante, prima di abbandonarsi contro lo schienale della panchina. Infilò le mani nelle tasche della giacca e spostò lo sguardo sulle proprie ginocchia.

« Ogni sera… » cominciò, la voce leggermente tremante. « Ho paura di risvegliarmi e scoprire che… che qualcuno a cui tengo… ».

« Lo so » disse James, mesto. « So cosa vuol dire. È la guerra ».

« Scusa, non avrei dovuto dirlo… Mi dispiace davvero per tuo padre » mormorò Lily, girandosi verso di lui e ricordandosi della loro conversazione avvenuta dopo l’ultima partita di Quidditch.

James si sforzò di non interrompere il contatto visivo, anche se gli risultava molto difficile farlo quando parlava di suo padre. Lily non sapeva cosa volesse dire perdere un genitore, ma James sì, e sperò che lei non lo scoprisse mai. 

« Da come ne parla Mary, sono sicura che fosse una persona fantastica ».

« Lo era » rispose James, annuendo, e poi aggiunse, pieno di determinazione: « E tu stai puoi stare certa che troverò il bastardo che lo ha ucciso ».

« Tu vuoi… tu vuoi combattere? » chiese Lily, un po’ preoccupata. 

Lei e James non erano esattamente amici per la pelle, ma doveva ammettere che l’odio che aveva provato per lui gli anni precedenti era svanito del tutto. 

La sua compagnia era piacevole, e con le sue battute riusciva a tirarla su di morale anche senza farlo apposta, anche quando non sapeva che fosse triste. Forse non lo avrebbe ammesso, ma anche lei aveva iniziato a tenere a James.

« Certo » disse lui, e non tentennò neanche un istante. La sua fermezza la colpì molto. « Tu no? »

Lo sguardo di James era genuinamente sorpreso: lui non aveva neanche dovuto pensarci, aveva capito subito di voler combattere. 

All’inizio, quando suo padre era morto, la tristezza aveva preso il sopravvento su di lui, ma dopo qualche giorno si era sentito riempito dalla voglia di vendicarlo. Non avrebbe permesso a chi gli aveva fatto ciò di passarla liscia. 

Si sarebbe impegnato e sarebbe diventato un Auror eccezionale, proprio come suo padre, e allora quel dannato Mangiamorte avrebbe fatto meglio a pregare di non incrociare mai la sua strada. Perché lui gliel’avrebbe fatta pagare, e gliel’avrebbe fatta pagare molto cara.

« Io… non lo so » ammise Lily, incerta, incassando leggermente la testa nelle spalle. « Ho paura che questo possa peggiorare le cose. Non voglio mettere le persone che amo più in pericolo di quanto non siano già. Non a causa mia ».

James la guardò con attenzione, preso in contropiede. 

Era così strano sentirla parlare così, vederla così insicura e preoccupata. Si ricordava ancora tutti gli incantesimi che gli aveva lanciato contro per difendere Severus Piton, e tutte le visite in Infermeria che tali incantesimi avevano causato. Ma quella Lily sembrava distante anni luce da quella che aveva davanti in quel momento: era come parlare con una persona totalmente diversa. 

« Cosa è successo alla Lily Evans che non ha paura di nulla? Alla Lily Evans che rischierebbe qualunque cosa pur di salvare le persone a cui tiene? » le chiese, a metà tra l’arrabbiato e il perplesso. « In una guerra rischiano tutto, Lily, che tu scelga di combattere o no ».

« Cosa dovrei fare, allora? » sbottò lei con lo stesso tono. « Renderli dei bersagli? »

« Lily, siamo tutti dei bersagli! »  ribatté concitatamente James, ormai completamente girato verso di lei. « È così che funziona la guerra! Rischiano tutti! Perciò combatti, Lily, combatti proprio per chi ami, per difenderli. Fa’ qualunque cosa per proteggerli, non rimanere con le mani in mano. Tutti insieme… possiamo batterlo, ma dobbiamo impegnarci tutti, a qualunque costo ».

 

*

 

Tante volte aveva desiderato di trovare una ragazza ad aspettarlo in camera sua seduta sul letto, ma quando quel giorno Sirius mise piede in dormitorio pensò che non era assolutamente così che si era immaginato la scena. Magari con lei sdraiata sul letto in maniera provocante, o appoggiata alle colonne del baldacchino con addosso solo il mantello… sogni da ragazzi, insomma.

Seduta sul letto di James, invece, c’era Mary, con il capo chino e gli occhi fissi sulle proprie mani; muoveva le dita convulsamente, le intrecciava senza sosta, e il petto si alzava e si abbassava lentamente. 

Stava cercando di calmarsi e questo Sirius lo capì subito, perché era ciò che faceva anche lui quando era nervoso. 

« Chi dobbiamo picchiare? » domandò ad alta voce, chiudendosi poi la porta alle spalle. 

Mary sussultò e alzò subito gli occhi su di lui; rimase in silenzio qualche istante, guardandolo con attenzione, e poi sorrise mestamente.

« Secondo Dylan, te stesso » gli rispose con ironia. 

Di solito Sirius capiva al volo le sue battute, eppure quella volta non vi riuscì e si limitò ad inarcare le sopracciglia. 

In risposta, Mary si strinse nelle spalle e lui capì cos’era successo, anche se la risposta di Mary gli parve comunque molto strana.

« Vi siete lasciati » disse lui. « Giusto? »

« Già » annuì Mary. 

Quando le si avvicinò, si accorse che aveva gli occhi lucidi e le si sedette subito accanto. Gli dispiaceva vederla in quello stato, ma non poteva a negare a se stesso di aver avvertito una scarica di adrenalina scuoterlo da capo a piedi dopo la conferma della ragazza. 

« Che è successo? »

« Abbiamo litigato » sospirò lei, alzando gli occhi al cielo. « Non mi va di parlarne. Specialmente con te ».

Sirius stava per aprire bocca quando si rese conto di ciò che Mary aveva appena detto, e se possibile le sue sopracciglia s’inarcarono ancora di più. 

Sapeva di non essere il migliore amico di Mary, James occupava quel posto da quando erano nati, ma ormai non era più neanche un estraneo; forse non si erano sempre detti ogni cosa, ma se uno dei due aveva bisogno di sfogarsi l’altro c’era sempre stato. Non riusciva a capire cosa fosse diverso da quando Piton lo aveva fatto finire in punizione per un mese, l’anno prima, e per farlo calmare Mary lo aveva portato sulla riva del Lago Nero a lanciare sassi per vedere chi avrebbe svegliato la Piovra Gigante per primo.

« Perché specialmente con me? » s’infervorò subito Sirius, guardandola con un sopracciglio inarcato. 

« Perché sì, Sirius, non ne voglio parlare con te e basta! » ribatté Mary con veemenza, e subito dopo scattò in piedi. « Non capiresti. Devo per forza dirti tutto? »

Anziché alzarsi a sua volta, si limitò a fissarla dritta negli occhi. Era palese che fosse arrabbiata e ciò non fece che infastidirlo ancora di più.

« Non ho detto questo, ma almeno dimmi perché! Avrei potuto benissimo lasciarti qui da sola ad aspettare James, ma non l’ho fatto, perciò potresti anche darmi una spiegazione. E poi cosa vuol dire che non capirei? Okay, forse non sarò la persona con più esperienza nelle relazioni serie che ci sia al mondo, ma almeno lasciami fare un tentativo! »

Mentre parlava, tuttavia, Mary aveva interrotto il contatto visivo e si era girata verso la finestra aperta. Sirius non fece in tempo a chiedersi cos’avesse che l’aveva già afferrata per il polso, costringendola a girarsi di nuovo verso di lui.

« E potresti anche guardarmi in faccia, se non ti fa troppo schifo! »

Mary gli scoccò uno sguardo pieno di puro odio. 

Sirius non riusciva davvero a capire perché avessero iniziato quella discussione: lui avrebbe voluto solo consolarla da bravo amico, ma lei lo aveva allontanato come se fosse stato uno Schiopodo Sparacoda a rivolgerle la parola e non uno dei suoi più cari amici. 

Avrebbe voluto prenderla per le spalle e dirle che potevano andare nelle Cucine a mangiare un po’ anziché litigare, eppure Mary era ancora lì davanti a lui e il suo sguardo non era cambiato di una virgola. 

« Non dirmi cosa devo fare! Io non ti devo nessuna spiegazione! »

Sirius scoppiò a ridere, una risata per niente allegra. Gli sembrava di essere tornato agli inizi del primo anno, quando i litigi tra loro due erano all’ordine del giorno e lei gli lanciava occhiatacce appena ne aveva l’occasione.

« Stai facendo tutta da sola, Mary » le disse, ritrovando la calma che tanto lo distingueva durante i litigi. « Mi sembra ovvio che qualcosa non vada, e se sei qui vuol dire che hai bisogno di sfogarti. Nessuno ti sta obbligando a fare nulla, ma smettila di fare la prima donna e di dire stronzate, e dimmi cosa c’è che non va. A parte il tuo cervello ».

Qualcosa in Mary sembrò vacillare, perché Sirius vide chiaramente le sue labbra tremolare appena e si accorse in quel momento che se l’era morse per tutto il tempo, perché erano screpolate e più rosse del solito.

« Sbaglio sempre tutto! » sbottò infine lei, ma Sirius ebbe l’impressione che non stesse parlando di lui. « Rovino ogni cosa bella che mi capiti tra le mani, e non riesco a capire perché! È come se… come se ogni volta che io mi trovi ad un passo dalla felicità, qualcuno arrivi e me la allontani ancora di più! Pensavo davvero che con Dylan potesse funzionare, ma a quanto pare ho rovinato tutto un’altra volta! Riesco anche a sbagliare i sentimenti che provo o dovrei provare ».

Sirius sospirò e le strinse leggermente gli avambracci con le dita; risalì lungo le sue braccia e fermò le mani sulle spalle, alla base del collo. Le si avvicinò di un passo e inclinò il viso da un lato, facendo prima vagare gli occhi su tutto il suo viso e puntandoli poi nei suoi. Mary ricambiò il suo sguardo e si chiese quando potesse essere sbagliato il fatto che lei, in quel momento, a pochi centimetri da lui, non riuscisse a sentirsi a disagio come avrebbe dovuto. 

« Tu vai benissimo così, non dare retta a nessuno. Fidati di me » aggiunse, quando lei fece per ribattere. « Sbaglierai sempre qualcosa per qualcuno, ma devi fare quello che vuoi tu, non quello che vogliono gli altri. Non devi cambiare quella che sei, perché sei fatta così e, soprattutto, perché sei perfetta così. D’accordo? E se Dylan non se n’è accorto vuol dire che è solo uno dei tanti dementi che incontrerai ».

Mary si morse nuovamente il labbro inferiore e abbassò nuovamente gli occhi. Dylan la conosceva, Dylan l’aveva sempre accettata per quella che era – ma non era riuscito ad accettare il suo rapporto con Sirius. Durante il tragitto tra Hogsmeade e Hogwarts aveva riflettuto molto, ma l’unica conclusione a cui era arrivata era che lei non avrebbe mai rinunciato ad avere Sirius nella propria vita, neanche per Dylan. Ed era stata proprio quella rivelazione ad averla confusa più di qualunque altra cosa – il fatto che, anche a costo di perdere il proprio fidanzato, lei non avrebbe mai permesso a Sirius di lasciarla. Perché se anche avesse provato ad allontanarsi di lui, se avesse provato a non rivolgergli la parola, sapeva che prima o poi avrebbe ceduto e avrebbe di nuovo fatto un passo indietro, verso di lui; se n’era resa conto mentre saliva le scale del dormitorio maschile, mentre ripensava a tutti i litigi che c’erano stati tra loro due e si ricordava come, ogni volta, si fossero ritrovati a riderci sopra davanti al camino della Sala Comune. Come se non riuscissero a stare lontani a lungo, come due cariche elettriche di segno opposto che tendono ad attrarsi irrimediabilmente.

Non riusciva a pensare alla propria vita senza Sirius e sapeva che, se mai si fossero dovuti separare, lei sarebbe tornata di corsa da lui, sempre. Perché, che lo volesse o meno, una parte di lei era irrimediabilmente attaccata a lui. 

Nel frattempo, Sirius stava cercando di capire perché Mary si stesse comportando a quel modo: lei non si mostrava mai così vulnerabile, era sempre così impulsiva e testarda, e mai avrebbe pensato che un giorno avrebbe dovuto rassicurarla su se stessa. 

Lei, così sicura, così fiera, non gli era mai sembrata più piccola di allora, e dovette reprimere rapidamente l’istinto di afferrarla e stringerla tra le braccia, perché non sapeva se sarebbe riuscito a bloccarsi.

Mi farà diventare matto, ne sono sicuro, mi farà diventare matto.

« Mi ha lasciata perché è confuso riguardo i miei sentimenti » sussurrò, sollevando lo sguardo; quando Sirius non rispose nulla e le lanciò un’occhiata perplessa, continuò: « Dice che dovrei… frequentarti di meno. Secondo lui, non ne sono più innamorata perché… sono innamorata di te ».

Finì la frase con un fil di voce, ma Sirius la sentì comunque e scoppiò a ridere, nonostante avesse sentito l’adrenalina aumentare di nuovo. 

« Cosa? » gracchiò, tra una risata e l’altra: fortunatamente era ancora bravo a nascondere i propri pensieri o le proprie emozioni. « Ma è matto! Come può essergli venuta in mente una cosa del genere? »

« Dice che non lo guardo più come prima, perché ora guardo te in quel modo. Che stiamo sempre troppo vicini perché non ci sia nulla, che se non stai parlando con James o Remus o Peter… è perché stai guardando me » gli rispose a voce bassa. 

Sirius ci pensò su. 

Pensò ai pomeriggi estivi a Casa Potter, con Mary che cercava di imparare a cucinare da Dorea e lui che ogni volta le rovinava i piatti. Pensò a quando lui aveva smesso di parlare con Remus e lei lo aveva aiutato a chiarirci. Pensò a quando, due anni prima, Lumacorno li aveva messi in coppia assieme e lei aveva gli fatto scoppiare il calderone in faccia. Pensò alla sua schiena, rendendosi conto di averla osservata così spesso che avrebbe potuto disegnarla perfettamente anche a occhi chiusi. Pensò ai suoi capelli castani, ai suoi occhi azzurri e nel guardarli, in quel momento, si perse e si avvicinò ancora di più a lei. 

« Assurdo, no? » azzardò Mary, guardandolo di sottecchi, pensando che fossero davvero troppo vicini. 

Dentro di sé sperò che Sirius le dicesse che sì, era una cosa assurda, che Dylan era un pazzo a pensare una cosa del genere, che loro due erano solo amici e non sarebbero mai stati niente di più – sperò che lo dicesse, perché era esattamente la cosa che doveva sentirsi dire. Doveva mettere a tacere tutti i dubbi che, in un solo pomeriggio, erano riusciti a distruggere anni interi di certezze. Quella per Sirius era stata solo la cotta di una ragazzina, era semplicemente impossibile che, in fondo, provasse ancora qualcosa di quel genere per lui: non poteva essere così e basta. Avrebbe rovinato tutto.

« Completamente assurdo » mormorò Sirius, spostando lo sguardo dal suo viso, ma lo aveva detto con il tono sbagliato: non era quello il tono che Mary desiderava sentire, perché in quel modo Sirus sembrava dire tutto tranne quello che aveva effettivamente detto. 

Per la prima volta, d’altronde, il ragazzo non sapeva davvero cosa fare: aveva mille pensieri per la testa, mille domande e nessuna risposta. Ripensò ai sette anni che aveva passato con lei e a tutte le cose che si erano detti; erano così tante, eppure in quel momento avrebbe voluto dirle solo una cosa e non ci riusciva.

« Lo so! » esclamò ancora lei, cercando di fare un passo indietro e non trovando la forza di riuscirci. 

« Assurdo… » ripeté lui, così vicino che Mary tremò appena.

« Sirius… »

Sentiva il respiro di Mary poco lontano da sé, le loro braccia si sfioravano e lui prese un respiro profondo mentre raddrizzava la schiena, deciso a tentare. 

Girò il viso verso di lei e provò a parlare, ma non ci riuscì nuovamente e mandò tutto al diavolo, decidendo di tentare il tutto per tutto e annullare la distanza tra loro due; le sue labbra però non toccarono quelle della ragazza, perché lei, non appena capì le sue intenzioni, fece un passo indietro e socchiuse gli occhi.

Sirius rimase fermo per quella che gli parve un’eternità, osservando il petto di Mary che si alzava e si abbassava a una velocità inaudita e le sue labbra leggermente dischiuse. In una situazione normale probabilmente si sarebbe dato dell’imbecille, per aver palesemente rovinato il rapporto che avevano creato in sette anni, ma quella volta non ci riuscì; nel vederla lì, di fronte a lui, a nemmeno un passo di distanza, non trovava nulla di sbagliato, nulla che scatenasse in lui il benché minimo senso di colpa o di rimorso.

« Sirius… » mormorò ancora Mary in un soffio, e per lui fu abbastanza.

Sebbene fosse una decisione avventata, sebbene potesse essere lo sbaglio più grande degli ultimi dieci anni, sebbene potesse rovinare tutto quanto, fece l’unica cosa che ormai da tempo aveva voglia di fare: si mosse appena in avanti e, dopo aver poggiato le mani a coppa sulle guance della ragazza per farle sollevare il viso, posò le sue labbra su quelle di Mary.


 





Note:
Salve a tutte/i!
Onestamente non ho molto da dire su questo capitolo, penso si commenti da solo… Da quello che so alcune lettrici non aspettavano altro che una scena del genere per i MacBlack – anche se non credo pensassero a qualcosa del genere –, perciò sono curiosa di leggere le vostre opinioni in merito! Anzi, a proposito dei MacBlack ho qualcosa da dire: probabilmente alcune persone adesso potranno dire "però scusa, come fanno a cambiare idea così di punto in bianco l'uno sull'altra?", però io qui ho una bella spiegazione. Intanto, Sirius (come credo di aver lasciato trasparire nei capitoli precedenti) è interessato a Mary; lei invece è abbastanza confusa, ma io, avendo la stessa età di Mary e essendo passata in una situazione del genere, posso assicurarvi che non è tanto assurdo che sia così confusa sui suoi sentimenti.
Comunque, partono le scommesse sul triangolo Sirius/Mary/Dylan!
Per Lily e James, invece, penso avrete ormai capito che quei due testoni ci metteranno ancora un po’ ^^’’
E, be’, se volete lasciare un parere siete i benvenuti! Anzi, mi farebbe veramente piacere leggere i vostri commenti su questa storia :)
Il titolo è un omaggio a Dylan Dog – forse inizio a diventare banale, eh? – anche se l’albo in questione si chiama Tutti gli amori di Sally. Leggete questi fumettiiii!
La canzone, invece, è questa!
QUI trovate la mia pagina – dove potete leggere spoiler, vedere le foto e i prestavolto dei personaggi, ecc.
Un bacio enorme!
Ale

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Capitolo 8
*** Dalla pelle al cuore ***




Capitolo 8

Dalla pelle al cuore

8-dalla-pelle-al-cuore

Mary teneva gli occhi fissi sul baldacchino del letto, non riuscendo a trovare in sé il coraggio di spostare lo sguardo; accanto a lei avvertiva chiaramente il calore della pelle di Sirius, e nella stanza c’era un tale silenzio che, se fosse riuscita a concentrarsi abbastanza, sarebbe anche stata in grado di contare i respiri che lui esalava pian piano. 

Ripensando a ciò che era appena successo, sentimenti e pensieri totalmente opposti iniziarono a ronzarle in testa, schiacciandola con il loro peso. Euforia, paura, gioia, preoccupazione… e la cosa peggiore era che non sapeva quale fosse a prevalere. 

Provò a ripercorrere quell’ultima ora, ritrovandosi a pensare che, a conti fatti, per quanto strano potesse suonare, a malapena riusciva a dare un ordine cronologico agli eventi. Era corsa in quella camera per potersi sfogare con James, dopo l’uscita disastrosa con Dylan, e quando si era ritrovata Sirius davanti aveva visto tutte le sue poche certezze crollare. 

Ogni volta che aveva ripetuto alla ragazza di turno che no, tra lei e Sirius non c’era e non ci sarebbe mai potuto essere niente. Ogni volta che si era detta che l’unica cosa che li legava era una semplice e pura amicizia. Ogni volta che aveva scherzato sulla sua ennesima conquista. Ogni volta che si era ritrovata a dargli consigli su dove portare una ragazza, su come convincerla ad uscire, su come lasciarla. Ogni volta che si era guardata allo specchio e si era detta che la sua cotta per Sirius era morta e sepolta. 

Tornò tutto a galla, e la fece sentire immensamente sciocca. 

Perché era bastato che lui la baciasse per farle dimenticare ogni cosa. Sirius l’aveva baciata, e lei aveva sentito uno strano calore partire dal punto che lui aveva sfiorato con le sue labbra e arrivarle fino al petto ad una velocità disarmante. 

Aveva capito subito cosa Sirius fosse sul punto di fare, eppure aveva lasciato che andasse avanti e facesse di lei tutto ciò che voleva. Non le era importato che non fosse giusto per Dylan, perché non si era neanche chiesta se fosse giusto o meno per se stessa e perché, semplicemente, non era riuscita a trovare la forza - la voglia - di dire no proprio a Sirius. 

Così, dopo anni passati a negare e nascondersi, aveva finito per commettere lo sbaglio che si era promessa di non commettere mai e poi mai. Ma negare non aveva più senso, dal momento che ormai si erano baciati, erano andati a letto assieme e sì, ritrovarsi stretta tra le sue braccia le era piaciuto da morire.  

Si girò su un fianco per poter guardare meglio il ragazzo che dormiva al suo fianco, studiandone così l’espressione pacifica. Sirius aveva gli occhi chiusi, come se stesse dormendo, ma lei era sicura che non fosse così; quando lo vide schiudere le palpebre seppe con certezza di non essersi sbagliata. Inizialmente lui rimase immobile, ma poi si girò verso di lei e la vicinanza dei loro volti non aiutò minimamente la sua povera mente, che stava già lavorando febbrilmente di per sé. 

Lui non parlava, e Mary non sapeva dire se fosse meglio o peggio. In fondo, non sapeva neanche cosa volesse lei: perché se c’era una parte di lei che non desiderava altro che chiudere gli occhi e rimanere lì, c’era un’altra parte di lei che avrebbe voluto alzarsi e scappare via.  Per anni aveva cercato di seppellire i propri sentimenti per Sirius, sia per il bene della loro amicizia sia per mantenere intatto il proprio orgoglio, ed ora la paura si stava lentamente facendo largo dentro di lei.

L’unica cosa che riuscì a fare, sotto lo sguardo placido di Sirius, fu tentare di coprirsi il più possibile con le lenzuola, dal momento che i suoi vestiti erano sparsi sul pavimento e ai piedi del letto insieme a quelli del ragazzo. 

D’altro canto lui aveva un aria così calma che quasi l’alterò; quando la vide nascondersi un po’ con le coperte, tuttavia, non riuscì a trattenere una risata. 

« Non dirmi che ti vergogni » la prese in giro, sebbene nulla nella sua voce facesse pensare ad un commento fatto con cattiveria. 

Era solo divertito, non aveva alcuna intenzione di peggiorare la situazione, ma Mary sentì la voglia di scomparire farsi ancora più forte. 

« Abbiamo fatto sesso » esalò fine. 

Non appena lo disse, però, si sentì ancora più stupida di prima: la cosa era piuttosto evidente anche senza che lei lo facesse notare. 

« Già » fu la semplice e perplessa risposta di Sirius.

Mary non disse più nulla, girandosi di nuovo sulla schiena e riprendendo ad osservare i ghirigori dorati che decoravano le tende vermiglie del baldacchino. 

Prese un respiro e chiuse gli occhi, ma, quando li riaprì, non era cambiato nulla e le sensazioni che stava provando erano ancora là. Ricordava alla perfezione la sensazione delle dita di Sirius che le avevano afferrato possessivamente il viso, i fianchi e le braccia, così come ricordava alla perfezione i brividi che l’avevano scossa da capo a piedi quando lui aveva preso a riempirle di baci e morsi la pelle sensibile del collo e delle spalle. 

Non si era mai sentita a quel modo tra le braccia di un ragazzo, mai. Per l’intera durata dell’amplesso aveva avuto la mente svuotata, sgombra da qualunque pensiero che non riguardasse solo ed esclusivamente il ragazzo che era con lei e le sensazioni che le stava facendo provare. Si era sentita come in una bolla, una bellissima e dolcissima bolla che tuttavia scoppiò nell’esatto momento in cui lei sentì dei rumori provenire dalle scale a chiocciola fuori dalla porta di quella stanza e poi allontanarsi un po’ alla volta. 

Il motivo che l’aveva portata in quella stanza le tornò rapidamente in mente e lei si sentì una persona orribile, perché, sebbene avesse tradito Dylan, il solo pensiero di Sirius faceva sì che il suo cuore cominciasse a battere furiosamente nel suo petto. Si era appena lasciata, dopo più di sette mesi di relazione, ma non riusciva a provare rimorso per neanche un secondo del tempo che aveva appena trascorso con Sirius. 

E come poteva? 

Dopotutto la cotta per Sirius l’aveva accompagnata per anni, sebbene lei si fosse sempre rifiutata di ammettere che quella fosse cresciuta in qualcosa di ben più profondo; era stata brava a fingere e a non dare peso ai proprio sentimenti, troppo spaventata dalle possibili conseguenze. Aveva sempre promesso a se stessa che non si sarebbe mai ritrovata nella posizione di sentirsi rifiutata, non da lui. In fondo conosceva Sirius, così come conosceva la sua concezione di relazione: niente cose serie, solo divertimento, e una volta che si finiva ognuno doveva andare avanti per la propria strada. E allora perché abbassarsi al livello di tutte le altre, quando poteva essere la migliore amica e rimanere sul piedistallo che lui aveva eretto per lei? Ma la risposta era fin troppo semplice, e faceva paura e male come mille coltelli: essere la migliore amica, semplicemente, non era abbastanza. 

Ne aveva appena avuto la conferma. Aveva sempre pensato che fare l’amore fosse semplice, un po’ come avere sete e bere: non c’è niente di più semplice che avere sete e bere, essere soddisfatti nel bere e nell’aver bevuto fino a non aver più sete. Eppure lei, anche in quel momento, anche con la testa piena di pensieri contrastanti, avrebbe voluto farglisi più vicino e bere, bere, bere da lui fino a scoppiare. 

Con quel pensiero per la testa e le mani strette al petto per tenere le lenzuola, Mary si tirò improvvisamente a sedere. Individuò la propria gonna a terra assieme al reggiseno, mentre tutto il resto era vicino ai loro piedi, sopra le coperte, così si allungò in avanti per afferrare il proprio maglione. Dopodiché si sporse fuori dal letto per riprendersi anche il reggiseno, incurante dello sguardo di Sirius sulla sua schiena, particolarmente attento nell’osservare la sua pelle chiara e i segni che i suoi baci le aveva lasciato. 

Mary si infilò il reggiseno, sempre senza dire nulla, e non appena ebbe qualche problema con il gancetto Sirius ruppe il silenzio che era sceso tra di loro. 

« Hai bisogno di una mano? » le chiese, ironico, ricevendo in risposta un’occhiata veloce. 

Non riusciva neanche a guardarlo a lungo in faccia senza chiedersi come diavolo facesse ad essere così calmo e tranquillo, quando lei stava provando emozioni totalmente differenti. Amareggiata, si ritrovò a pensare che con ogni probabilità per lui non era cambiato niente e che, anzi, lei non era stata che l’ennesima ragazza a subire il fascino di Sirius Black. Si diede della stupida per l’ennesima volta, maledicendosi per essersi lasciata andare così facilmente: non avrebbe mai, mai dovuto cedere alle sue labbra o al suo tocco… si era comportata esattamente come le altre, e sapeva perfettamente come si comportava Sirius dopo

« Qual è il problema? » domandò Sirius, tirandosi a sedere e appoggiandosi alla testiera del letto; indossare la maschera del distaccato fu quasi automatico, lo fece sentire improvvisamente più al sicuro di fronte allo sguardo di Mary, ma il significato che lei diede a quel suo comportamento lui non lo capì. 

Nel vederlo assumere esattamente la stessa espressione che rivolgeva agli altri - alle altre -, decise che non importava quanto le fosse piaciuto andare a letto con lui, così come non importava che per lui non avesse avuto lo stesso significato: aveva fatto un errore, ma non ne avrebbe fatto un altro lasciando che lui calpestasse senza cura anche il suo orgoglio. 

« Nessun problema » si limitò a rispondere, usando il tono più indifferente del suo repertorio e guardandolo nella speranza di non sembrare ancora scossa da quella situazione.

« Fino a un attimo fa sembrava che avessi appena visto un thestral » le fece notare Sirius, riferendosi alla prima frase che lei gli aveva rivolto dopo l’amplesso. 

« Be’, diciamo che non vado ogni giorno a letto con uno dei miei migliori amici » ribatté lei, aggrottando le sopracciglia e infilandosi il maglione. 

« Posso concedertelo » commentò semplicemente lui, sebbene l’idea di definirla migliore amica, a quel punto, lo facesse sentire strano. « Ma tu non sei andata a letto con un amico qualunque, Mac. Tu sei appena stata a letto con il sottoscritto, l’unico ed inimitabile » aggiunse poi, scherzando, deciso a nasconderle la confusione che anche lui stava provando in quel momento. 

Mary alzò gli occhi al cielo, fingendosi annoiata da quel commento ed evitando così che lui vedesse il turbamento nel suo sguardo. A volte si era immaginata di andare a letto con Sirius - anche se in circostanze totalmente diverse, naturalmente -, ma mai aveva pensato che lui potesse usare con lei le stesse battute che usava con le altre ragazze. 

Da parte sua, Sirius non aveva la benché minima idea di come comportarsi, perché davanti a lui non c’era una ragazza qualunque, ma Mary. Quello che era appena successo tra loro due non era minimamente paragonabile a qualunque altra rapporto avesse avuto con le altre, ma lei non sembrava interessata a lui in quel senso e se fino ad allora era riuscito a non dover vivere un rifiuto sulla propria pelle, non aveva intenzione di dover scoprire in quel momento come ci si sentiva in certi casi. 

« Vuoi dirmi che non ti è piaciuto? » le domandò allora, non riuscendo a trovare qualcos’altro per riempire quel silenzio assordante che continuava a scendere tra di loro quando non parlavano. 

« Non sto dicendo… Oh, non è quello il punto! » sbottò lei, imponendosi poi di calmarsi: certo che le era piaciuto, ma neanche per tutto l’oro del mondo gli avrebbe fatto capire che le sarebbe piaciuto in ogni caso, solo perché era lui. 

« Qual è il punto, allora? » indagò Sirius, inarcando un sopracciglio senza smettere di osservarla. 

« Il punto è che siamo migliori amici » puntualizzò Mary con ovvietà. « E be’, da quel che so i migliori amici non vanno a letto assieme ». 

« Veramente il tuo migliore amico è James » le ricordò lui, facendo un cenno con il capo verso una delle foto incorniciate sul comodino di James: c’erano loro due, seduti sulla scopa di quest’ultimo, che ridevano e salutavano in direzione dell’obbiettivo. 

« Hai capito quello che sto dicendo, smettila di tergiversare » ribatté lei, lanciandogli un’occhiata di sottecchi. 

« Sì, stai dicendo che abbiamo fatto sesso » rispose Sirius, mostrandosi tranquillo come al solito. 

Mary avrebbe voluto digrignare i denti e invitarlo poco elegantemente ad andare al diavolo, ma riuscì a trattenersi, sapendo che così facendo avrebbe solo peggiorato la loro già precaria situazione. 

« Bene » disse, il più calma possibile. « Allora, visto che fino a qui ci sei arrivato, mi capisci anche quando dico che tutto questo non doveva succedere e che nessuno dei due deve farne parola con nessuno? Con nessuno nessuno? »

Sirius rimase in silenzio per qualche secondo, spostando lo sguardo dietro di lei, come se ci stesse pensando su. Ed effettivamente era proprio quello che stava facendo. 

Non era un problema non farne parola con nessuno, ma, purtroppo per lui, gli sarebbe piaciuto poterlo fare: se le circostanze fossero state diverse, sarebbe andato da James, gli avrebbe sorriso e gli avrebbe detto quello che era successo. Ma non poteva dirgli « Ehi, sono andato a letto con Mary, ma ora amici come prima ». Non poteva farlo per due motivi: innanzitutto perché James lo avrebbe ucciso se gli avesse detto di essere andato a letto con quella che riteneva sua sorella, in secondo luogo perché era troppo strano, per lui, definire Mary una semplice amica dopo quello che era successo tra di loro. 

« Va bene » rispose infine. 

Lei sospirò, sollevata, rendendosi conto solo in quel momento di aver trattenuto il respiro mentre aspettava un suo responso. 

« Grazie » sussurrò poi, azzardandosi a lanciargli un’occhiata di sottecchi.

Sirius si limitò a scrollare le spalle e girarsi a sua volta sulla schiena. 

Sembrava totalmente immerso nei suoi pensieri, e lei avrebbe pagato fiori di galeoni pur di sapere cosa gli stesse passando per la testa in quell’esatto momento. Voleva sapere cos’avesse pensato e provato mentre la baciava o gemeva contro la sua spalla, ma non glielo avrebbe chiesto. 

Non poteva abbassarsi a fare una cosa del genere, perché non era da lei; non poteva abbassarsi a fare una cosa del genere, perché sarebbe stato come ammettere che per lei tutto quello aveva avuto un significato molto più profondo. E se per lui non era la stessa cosa - e da come si stava comportando no, per lui non era la stessa cosa - lei avrebbe finto e avrebbe continuato a definirlo come un semplice errore, una cosa che era capitata e non aveva avuto conseguenze su nessuno di loro. 

Era meglio quello, rispetto al venire considerata come l’ennesima ragazza che si struggeva per Sirius Black. 

« Lo fai per Goldstein? » chiese improvvisamente lui, senza dare nessuna particolare inflessione alla propria voce e riportandola alla realtà. 

« Cosa? » fece Mary, presa un po’ in contropiede. 

« Non vuoi che si sappia perché non vuoi che lui lo venga a sapere » le spiegò, e sembrava più un’affermazione che una domanda. « Ha senso » ammise poi, sebbene anche solo pensare a una loro rappacificazione gli facesse venir voglia di prendere a calci qualcosa. 

« Non è per questo » rispose lei prima che riuscisse a trattenersi, sorprendendo entrambi. 

Sirius girò leggermente il capo nella sua direzione, incontrando così i suoi occhi, e solo dal suo sguardo lei capì di averlo stupito. Il resto del suo viso, infatti, era rimasto immobile ed impassibile, ma i suoi occhi smentivano quello che lui stava cercando di farle credere. 

« Come no? » domandò infatti Sirius, lo sguardo ora solo e semplicemente curioso. « Allora perché non vuoi che si sappia? » 

Mary aprì la bocca per rispondere, ma dovette richiuderla quando capì che la parole non volevano saperne di uscire ed insinuarsi tra di loro. Più domande lui le poneva, e meno risposte lei era in grado di trovare. Più lui insisteva, più lei sentiva il nervosismo trasformarsi in stanchezza. Perché non voleva che si sapesse? C’era solo una risposta, e lei non l’avrebbe mai formulata ad alta voce: perché se nessuno lo avesse saputo, sarebbe stato più facile fingere che non fosse successo nulla e andare avanti. Era già difficile e doloroso così, non aveva la minima intenzione di dover girare per il castello con la consapevolezza che tutta la scuola sapeva che era andata a letto con Sirius Black. 

Non avrebbe lasciato a qualcuno la possibilità di giudicarla per una cosa del genere e non avrebbe lasciato a Sirius la capacità di influenzare così tanto lei, le sue scelte e la sua vita. 

« Dylan non c’entra » si limitò a dire, tornando ad osservare il rosso delle tende sopra di loro. « Se siamo arrivati ad un punto del genere… non so quanto si possa fare per recuperare il rapporto ».

« Be’, posso capirlo… » ribatté lui, cogliendola di sorpresa: non era abituata ad un Sirius pronto a parlare seriamente di una relazione, finita o meno che fosse. « Perché accontentarsi di una Stellafreccia quando hai provato una Nimbus 1000? »

Mary chiuse gli occhi e cercò con tutta se stessa di trattenersi… ma fu del tutto inutile. 

« Sei la più grande testa di cazzo che io abbia mai conosciuto » sbottò, furiosa e amareggiata come non mai, scostando definitivamente le coperte e poggiando i piedi a terra. 

Raccattò le proprie mutande, che nel caos generale erano finite sul pavimento proprio vicino al suo piede destro, e se le infilò velocemente, facendo bene attenzione a non esporsi troppo davanti agli occhi di Sirius per la seconda volta nell’arco di un’ora. 

In quel momento aveva solo una gran voglia di buttarsi sul proprio letto, tirare le tende e nascondersi da tutto il resto del mondo. Non aveva mai provato una delusione cocente quanto quella che stava provando in quel preciso momento: per un attimo, guardandolo negli occhi mentre le chiedeva perché non volesse farlo sapere a nessuno, aveva pensato che forse avesse avuto un significato anche per lui. Per un attimo, ci aveva creduto. Per un solo, dannatissimo attimo… lei ci aveva sperato. 

« Dai, Mary, scherzavo… » provò a difendersi il ragazzo, mettendosi a sedere sul letto a sua volta. 

Quando provò a poggiarle una mano sulla spalla, lei scattò in piedi con una rapidità quasi strabiliante. 

« Scherzavi un cazzo, Sirius » ribatté lei, lanciandogli un’occhiata infuocata prima di abbassarsi per prendere la propria gonna e infilarsela, ormai incurante di ogni cosa: poteva anche vederla nuda un’altra volta, tanto non ne avrebbe più avuto l’occasione. « Il tuo problema è proprio questo: tu scherzi. Per te ogni cosa è un dannatissimo scherzo! Ti sei mai fermato a pensare che forse, solo forse, le tue maledette battute facciano ridere solo te? »

Sirius scosse la testa alle sue parole, piegando una gamba e poggiando il gomito sul ginocchio; si passò una mano tra i capelli, allibito, prima di ridere. Fu più forte di lui e fu la cosa più sbagliata che potesse fare in quel momento, perché Mary, in piedi a pochi passi da lui, sembrava sul punto di esplodere. 

« Come volevasi dimostrare! » continuò la ragazza, indicandolo con la mano. « Che cosa ci trovi di così divertente, si può sapere? »

« Vuoi saperlo, Mary? Vuoi davvero saperlo? » le chiese, smettendo di ridere all’improvviso e tornando a guardarla dritta negli occhi. 

Lei non disse niente, sapendo che se avesse aperto bocca lo avrebbe insultato nuovamente, e si limitò ad annuire. 

« Rido perché il tuo è il discorso di un incoerente » rispose Sirius, imperturbabile. « Ci conosciamo da sette anni, sai benissimo come sono fatto e non te ne sei mai lamentata. Ma la cosa che più mi fa ridere, è sentirti dire che le mie “maledette battute” fanno ridere solo me, quando fino a ieri se te le raccontavo le trovavi divertenti » andò avanti, non fermandosi neanche quando vide che lei aveva tutta l’intenzione di ribattere. « Avanti, vuoi negarlo? Sei stata la prima a ridere, quando ti ho raccontato di come ha reagito Glenn Dwight quando mi ha beccato con Layla Wallace. L’unico motivo per cui adesso non ti faccio ridere è che stavolta ho fatto una battuta rivolta a te, ma quello che non capisci è che io stavo scherzando ».

Mary strinse i pugni, le braccia tese lungo i fianchi, non trovando nulla con cui ribattere. Sapeva che aveva ragione: diamine, aveva maledettamente ragione e lei lo odiò ancora di più per questo. 

« Vuoi che non ci scherzi? » le domandò infine, consapevole del fatto che, se avessero davvero litigato, poi avrebbe finito per cercarla e cercare di chiarire. 

« Voglio che non se ne parli mai più » riuscì a dire infine Mary, atona, sentendosi vuota come mai prima di allora. « Oggi non è successo niente. Dimenticatelo ».

« Oh, Merlino, smettila » la riprese Sirius, iniziando ad infastidirsi. « Non è che posso dimenticarlo con un semplice schiocco delle dita ».

« Provare non ti costa nulla » ribatté lei, cocciuta. 

« Quando fai così vorrei davvero prenderti e sbatterti la testa contro la parete » borbottò lui, sbuffando una risata allibita e scuotendo la testa. 

« Sta’ tranquillo che la cosa è reciproca » ci tenne a precisare Mary, che aveva smesso di guardarlo ed aveva cominciato ad indossare le scarpe. « Senti, mettiamoci una pietra sopra e basta. Dimenticalo, non dimenticalo: fai come vuoi. Ma non una parola con nessuno ».

Improvvisamente, sentì il bisogno impellente di sdraiarsi e rimanere lì per ore, perché più parlava con lei e più si sentiva strano, pesante. Si lasciò cadere all’indietro, scontrandosi con il materasso, ma il suo cuscino era come impregnato del profumo dei capelli di Mary e la cosa non fece che peggiorare il suo umore.

« Sirius, per favore ».

Non avrebbe voluto pregarlo, ma sapeva che non sarebbe riuscita a reggere quella situazione ancora a lungo. Più andavano avanti a litigare, a sbraitarsi contro, e più si ricordava del perché fosse stata un’idiota a credere anche solo per un istante di aver fatto la differenza per lui. Lo guardò, sdraiato sul letto, e sentì il cuore e lo stomaco avvitarsi dolorosamente su loro stessi; ma la cosa più dolorosa di tutte fu guardarlo con la convinzione che lui non si sarebbe mai sentito allo stesso modo a causa sua. 

Continuava a guardarlo, e l’unica cosa che sapeva era che la stessa forza che sembrava spingerla a farglisi vicino, non faceva che allontanarla da lui. E che sebbene volesse sentirsi dire da lui che erano solo amici, non riusciva a ignorare quella parte di sé, piccola e allo stesso tempo terribilmente ingombrante, che invece sembrava volersi sentir dire l’esatto contrario.

« Ti ho già detto che non lo dirò a nessuno » disse lui di punto in bianco, senza degnarla di uno sguardo. « Ora dovresti andartene. Gli altri potrebbero tornare da un momento all’altro ».

Mary annuì, lo sguardo perso, sentendosi la gola secca. 

Le parole di Sirius e il suo tono distaccato le fecero venir voglia di correre e fuggire via, ma non ci riusciva. Non ci riusciva perché, guardandolo, sapeva che in fondo era quello il trattamento che si era meritata, per essersela presa a quel modo. Lui aveva sbagliato, e su quello non c’erano dubbi, ma dopo sette anni lei non poteva negare di sapere come fosse, come fosse abituato a comportarsi; e aveva sbagliato anche lei, non c’erano scuse che tenessero, perché avrebbe potuto tranquillamente fermarlo, ma preferiva litigare con lui in quel momento piuttosto che rovinare la loro amicizia per sempre e lasciarlo ferire e calpestare anche il suo orgoglio. 

Per quanto potesse essere forte quel che provava per lui, amava se stessa abbastanza da non buttarsi in un qualcosa che, lo sapeva con certezza, avrebbe finito per spezzarle il cuore. 

Così si limitò ad annuire, rimettere da parte quel lato di sé che per anni aveva tenuto nascosto e avviarsi verso la porta. 

Aveva fatto pochi passi, quando la voce di Sirius la chiamò. 

« Oggi ho visto Evans ad Hogsmeade: sembrava che le fosse morto il gatto » disse. « Visto che anche te non sembri starci granché bene, vedi un po’ di chiarirci. Uno come Piton non ne vale la pena ».

Mary annuì nuovamente, tossicchiando per schiarirsi la gola, senza smettere di dargli la schiena.

« Lo farò » rispose, non riuscendo però a trattenersi dal girare il viso verso di lui. « Grazie ».

« Dovere » fu il suo semplice commento, accompagnato da un sorriso sardonico. « Dopotutto siamo sempre amici, no? »

Sentirselo dire era ancora peggio che pensarlo. Amici

« Certo » fece lei con un tentativo di sorriso sul viso. « Amici ».

Sirius, che si era sollevato sui gomiti ed aveva ripreso a guardarla negli occhi, annuì e poi alzò una mano in segno di saluto. 

« Ci vediamo a cena » si limitò a dirle, prima di collassare di nuovo con la schiena contro il materasso. 

« Sì… ci vediamo dopo ».

E dopo queste ultime parole, Mary uscì e si chiuse la porta alle spalle.

 

We were close, siamo sempre stati vicini,

never close enough, ma mai vicini abbastanza,

where are we now?  e ora dove siamo?

 

Se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo neanche dire come fosse tornata nella propria camera. Le sembrava di non aver mai corso veloce come in quel momento, spinta dal desiderio - dal bisogno - di allontanarsi da lui quanto più poteva e nel minor tempo possibile. 

Continuava a pensare al fatto che lei e Sirius - lei e Sirius, dannazione - erano appena stati a letto insieme, e il senso di colpa che provava nei confronti di Dylan non era niente se paragonato alla rabbia che invece provava verso se stessa. Avrebbe dovuto fermarlo subito, allontano da lei  e andarsene, ma non l’aveva fatto ed ora doveva imparare a convivere con quell’errore. Che poi, si può davvero definire errore qualcosa che hai desiderato con tutta te stessa? Non aveva neanche bisogno di sforzarsi per ricordarsi ciò che aveva provato quando lui l’aveva stretta a sé e l’aveva resa sua, ma si costrinse a non pensarci, entrando finalmente in camera. 

Ebbe la fortuna di trovarla vuota, sentendosi leggermente sollevata dato che non avrebbe dovuto dare spiegazioni a nessuno sul suo umore, e si buttò di peso sul proprio letto. Le coperte ed il cuscino erano così freddi, a differenza del letto in cui aveva giaciuto fino a poco prima, e non poté trattenere se stessa dal sentire la mancanza per quella sensazione di calore e tepore che aveva avvertito allora. 

Fu in quel momento, ripensando per l’ennesima volta a quanto successo, che pensò veramente a Dylan. 

Si passò le mani sul viso, come se si stesse nascondendo da qualcuno, prima di girarsi a pancia in giù ed affondare il viso nel cuscino. Ora, non avendo più Sirius di fronte a distrarla, i sensi di colpa continuavano ad aumentare, schiacciandola. Prima di lui aveva avuto un’altra storia con Leonard Wheelock, un Corvonero del loro anno, ma solo con Dylan si era finalmente sentita presa da qualcuno che non fosse Sirius. Dylan era gentile, educato e divertente; ciò che l’aveva colpita era stato il suo modo timido di comportarsi e di approcciarla all’inizio, come se avesse quasi paura di disturbarla. 

Le sue labbra cominciarono ad incresparsi in un piccolo sorriso, che però si spense non appena ripensò alla facilità con cui lo aveva tradito. Aveva sempre odiato i tradimenti, non si era mai trattenuta dal commentare i traditori, e le sembrava assurdo che proprio lei avesse fatto una cosa del genere ad una persona buona come Dylan. Non importava che avessero litigato e che lui avesse messo in dubbio la sua fedeltà, perché in fondo sapeva che non aveva tutti i torti a farlo, soprattutto dopo quel pomeriggio. 

Non riusciva neanche a pensare al momento in cui lo avrebbe dovuto guardare nuovamente negli occhi ed ammettere che aveva ragione, che alla fine lei era davvero caduta tra le braccia di Sirius. 

C’era una parte di lei, la più egoista, che avrebbe voluto fare finta di nulla e chiarire con Dylan, così da salvare la propria relazione. C’era un’altra parte di lei, la più razionale, che invece continuava a chiedersi cosa ci fosse ormai da salvare di una storia ormai rovinata. E c’era un’ultima parte di lei, la più onesta, che sapeva che Dylan si meritava una ragazza in grado di amarlo con tutta se stessa, cosa che lei, da lì in avanti, non avrebbe neanche potuto provare di essere. 

Mary gemette, premendo ancora di più il viso contro il cuscino, totalmente immersa nelle sue riflessioni. Era così impegnata a valutare le opzioni che le rimanevano che neanche sentì la porta della camera aprirsi e chiudersi di nuovo. 

« Stai cercando di soffocarti? » domandò una voce che conosceva molto bene. « Perché, se così fosse, direi che ci stia riuscendo alla grande… »

Lei si tirò subito su, girandosi verso la porta mentre si sedeva a gambe incrociate sopra le coperte. 

A qualche metro dal suo letto, ancora ferma davanti alla porta, c’era Lily, che la guardava a metà tra il divertito e l’imbarazzato. 

Quella mattina si erano evitate reciprocamente, dal momento che nessuna delle due aveva la benché minima idea di come approcciare l’altra dopo il litigio della sera precedente. A posteriori, Mary aveva capito di essere stata troppo dura e di esserci andata giù pesante, ma aveva agito e parlato d’istinto, senza pensare davvero a ciò che stava dicendo. Era certa di non sbagliarsi su Piton, ma aveva capito che avrebbe potuto mostrarsi più sensibile, soprattutto considerando quando Lily ci fosse rimasta male per quella scoperta. 

« Ciao » disse semplicemente, non sapendo bene come comportarsi. 

« Ciao » rispose la rossa, prima di avvicinarsi al proprio letto e posare la giacca pesante sopra il proprio baule. « Allora… com’è andata con Dylan? » le chiese, non riuscendo a sopportare quel silenzio. 

Mary strinse involontariamente la mano a pugno, sentendo la stoffa del lenzuolo scivolarle tra le dita; stava per mentirle e dirle che era andato tutto bene, ma se voleva davvero rappacificarsi sapeva di dover essere sincera.

« Un disastro » ammise dunque, sospirando. 

Lily alzò di scatto la testa nella sua direzione, smettendo improvvisamente di togliersi le scarpe, e la guardò con tanto d’occhi. 

« Come sarebbe a dire un disastro? » domandò, sorpresa. « Fino a ieri sembrava andare tutto bene… no? »

« Ora come ora non saprei neanche risponderti… » rispose Mary, senza guardarla e sistemandosi i calzini con fare distratto. « Parlando sono tornate a galla alcune questioni… diciamo che è complicato, ecco ».

« Mi dispiace » fu l’unico commento di Lily, che tuttavia fece il giro del proprio letto per potersi sedere su quello di Mary, proprio accanto a lei. « Vuoi parlarne? »

« Onestamente? Preferirei di no » disse lei, stringendosi nelle spalle e alzando finalmente gli occhi per guardarla in faccia. « Piuttosto… perché ti stai comportando così gentilmente con me? Ieri sono stata una stronza » aggiunse, decisa sia a cambiare discorso che a chiarire il più possibile. 

Lily sospirò, chinando per qualche secondo il capo prima di rialzarlo ed incontrare di nuovo il suo sguardo.

« Sì, sei stata una stronza » convenne, prima di sciogliersi in un piccolo sorriso. « E sì, avrei preferito che lo dicessi in un altro modo… ma ho capito che hai parlato senza pensare e ti stavi solo preoccupando per me ». 

« Infatti è così » le assicurò Mary, annuendo. 

« Tranquilla, ormai so bene che una ne pensi e cento ne dici… » la prese in giro Lily. 

« Guarda, non ti rispondo male solo perché sei tu! » esclamò lei, allibita ma anche sollevata. 

« Oh, che onore! » recitò la rossa, portandosi una mano al petto con fare teatrale, facendola ridere. 

« Stai rischiando grosso oggi, Evans… » l’avvertì Mary, scherzosa. 

« Dovrei aver paura, MacDonald? »

« Oh, sì che dovresti! »

Così dicendo l’abbracciò di slancio, prendendola di sorpresa e facendola cadere di schiena sul materasso con lei sopra. Lily scoppiò a ridere, stringendola a sua volta e contagiandola con la sua allegria. 

 

*

 

« Ci vediamo in Sala Comune per andare a cena? » domandò Peter, arrestandosi di fronte all’entrata della Biblioteca e girandosi verso il proprio amico. 

« D’accordo » acconsentì Remus, annuendo. « Allora ci vediamo dopo, Wormy » lo salutò poi, sorridente, prima di entrare nel magico mondo di Irma, come lo avevano definito James e Sirius durante il loro secondo anno. 

Inizialmente avrebbe dovuto studiare con Peter, ma quest’ultimo aveva ricevuto un invito dell’ultimo minuto da Charlotte Caldwell, una Tassorosso del quinto anno, per fare una partita extra a scacchi, sebbene fosse martedì e il loro appuntamento settimanale si tenesse solitamente il giovedì. 

Sistemandosi la borsa sulla spalla e sperando ardentemente di riuscire a trovare un posto tranquillo per studiare, Remus si mise a girare per la Biblioteca. Il silenzio che regnava in quel posto aveva un che di terapeutico, dopo giornate intere trascorse insieme agli altri Malandrini. 

Prese il libro di Storia della Magia che gli serviva e poi iniziò a cercare un tavolo a cui potersi sedere. Erano quasi tutti occupati, fatta eccezione per uno vicino ad una finestra: una sedia, infatti, era ancora libera. Sull’altra invece era seduta Emmeline Vance, una Corvonero del sesto anno che aveva conosciuto l’anno prima durante le varie riunioni dei Prefetti. 

« Ehi, Emmeline » la salutò lui con un sorriso, attirando immediatamente la sua attenzione. « Questa sedia è libera o stai aspettando qualcuno? Non vorrei disturbarti, ma tutti gli altri tavoli sono occupati » aggiunse, abbassando il tono di voce dopo aver incontrato lo sguardo contrariato della bibliotecaria.

La ragazza sorrise a sua volta, facendogli cenno di accomodarsi e sistemando poi le proprie cose per fargli più spazio possibile. 

« Grazie mille » disse Remus, dopo aver poggiato a terra la propria borsa, sedendosi di fronte a lei. 

Emmeline alzò di nuovo gli occhi su di lui, scrollandosi poi nelle spalle. 

« Figurati, per così poco! » gli assicurò, mentre il ragazzo apriva il libro di fronte a sé e tirava fuori dalla cartella calamaio, piuma e pergamena. 

Le sorrise un’ultima volta, prima di concentrarsi sul testo per poter così portare a termine il tema che avrebbe dovuto consegnare a Ruf quel venerdì. Era già a buon punto, dal momento che lo aveva iniziato la settimana precedente, ma il professore era stato molto chiaro sulla lunghezza minima: quarantacinque centimetri. Con un sospiro spossato, Remus lanciò un’occhiata alla propria pergamena, capendo che gli mancavano ancora una quindicina abbondante di centimetri. 

« Diamine » borbottò ad un tratto Emmeline, attirando la sua attenzione. 

La ragazza aveva preso ad esercitarsi con qualche incantesimo, perché aveva la bacchetta in mano e guardava corrucciata un paragrafo del libro che aveva davanti. Non sembrava essersi accorta di avere il suo sguardo addosso, dal momento che continuava a borbottare frasi a mezza voce e a giocare con la bacchetta tra le dita.

« Tutto okay? » le domandò Remus, pacato e un po’ incuriosito. 

Emmeline spostò immediatamente lo sguardo dal libro, alzando gli occhi su di lui e arrossendo leggermente nel momento in cui si accorse di averlo distratto. 

« Eh? » fece, prima di assimilare la sua domanda ed annuire. « Oh, sì, sì, tutto okay. Solo un incantesimo di Trasfigurazione che non vuole saperne di venirmi » gli spiegò poi con un sorriso imbarazzato. 

« Vuoi una mano? » chiese lui con gentilezza. 

« Non ti preoccupare, non voglio distrarti da quello che devi fare » rispose Emmeline, scuotendo la testa. « Prima o poi dovrò farcela, no? »

« Certo che ce la farai, basta un po’ di pratica » la rassicurò Remus. « Comunque davvero, se hai bisogno di una mano posso aiutarti tranquillamente. Sono abbastanza avanti con i miei compiti, aiutarti dieci minuti non è un problema ».

Lei sembrò combattuta e fece passare più volte lo sguardo da lui al proprio libro, prima di sospirare e sorridergli con riconoscenza. 

« Forse un aiuto non mi farebbe male… » ammise, alzando le spalle. 

Remus ridacchiò, scatenando un infastidito « Ssh! » da parte di Madama Pinch, e spostò la sedia, così da starle accanto e non più di fronte. 

« Allora, vediamo un po’… » fece, avvicinando a sé il libro che la ragazza stava leggendo. « State ancora facendo l’Incantesimo di Sparizione? » domandò, ricordandosi di averlo studiato alla fine del quinto anno. 

« No, stiamo studiando l’Incantesimo di Evocazione, ma giovedì la McGranitt vuole vedere come ce la caviamo con entrambi e io non sono esattamente un talento della Trasfigurazione… » rispose Emmeline, passandosi una mano tra i capelli biondi, un po’ in imbarazzo. 

« Dai, allora iniziamo con la Sparizione, poi dopo vediamo un po’ l’Evocazione » le propose il ragazzo, cercando di metterla il più possibile a suo agio. 

Lei annuì ed ascoltò attentamente la spiegazione che Remus cominciò a farle. Partì dal concetto base dell’Incantesimo di Sparizione, poi passò a mostrarle il movimento da fare con il polso per far sì che l’incantesimo riuscisse correttamente. Emmeline provò ad imitare il suo gesto, ma dalla sua bacchetta fuoriuscì solo una luce tremula. 

« Non ci credo, ancora! » brontolò la ragazza, abbattuta. « Di solito sono brava con gli incantesimi! »

« Non pensare negativo » la incoraggiò lui, prima di avvicinarsi ulteriormente a lei. « Guarda, facciamo così: adesso ti aiuto con il movimento, proviamo insieme e poi fai un tentativo da sola. Che ne dici? »

« Okay » rispose Emmeline, sebbene fosse ancora delusa dal fatto che non riuscisse a fare un incantesimo così semplice.

Remus le si accostò, prendendo con la mano destra quella della ragazza, che teneva la bacchetta. Sistemò le proprie dita così che si trovassero su quella di lei e poi si mosse, per farle vedere il movimento giusto per l’incantesimo. 

« Ora proviamo di nuovo e nel mentre tu di’ la formula » disse, e lei annuì. « Uno… due… » iniziò a contare, iniziando a ripetere il gesto di prima. « Tre! » finì, sempre stando attento al volume della voce, nello stesso momento in cui Emmeline pronunciò la formula:

« Evanesco! » fece lei, sorridendo poi come una bambina non appena vide scomparire il fermaglio su cui si stava esercitando. 

« Visto che non era poi così difficile? » scherzò Remus, allontanandosi da lei e sedendosi di nuovo al proprio posto. 

« Grazie mille, Remus! » esclamò lei, tacendo di colpo quando si accorse di aver alzato un po’ troppo la voce. « Davvero, non so perché ma proprio non ci riuscivo! E dire che quello di Evocazione mi riesce bene, invece! »

Lui ridacchiò, stringendosi nelle spalle. 

« Non ho fatto nulla di che » rispose con modestia. « Comunque, se dovessi avere altri problemi con Trasfigurazione, non farti problemi a chiedere. Devo dire che me la cavo abbastanza bene in quella materia » aggiunse con un sorriso, mettendosi di nuovo il libro di Storia della Magia davanti.

« Davvero? » domandò Emmeline, e lui annuì. « Sarebbe fantastico! Non so perché, ma a volte ho problemi con quegli incantesimi… alcuni hanno dei movimenti troppo strani! Penso che tu lo abbia notato ». 

« Quando ti serve una mano dimmelo, per me non è un problema darti una mano » le assicurò, e quando lei gli assicurò che lo avrebbe fatto decise di tornare al proprio tema. 

Anche Emmeline tornò ai propri compiti, riprendendo ad esercitarsi sia con l’Incantesimo di Sparizione che con quello di Evocazione. Mentre leggeva dal libro e scriveva il proprio compito, Remus non riuscì a trattenere i sorrisetti divertiti che gli incresparono le labbra ogni volta che la sentiva gioire a bassa voce per un incantesimo ben riuscito. 

Rimasero lì a studiare mentre il sole pian piano calava, nascondendosi un po’ alla volta dietro alle montagne e tingendo il cielo di uno stupefacente arancione scuro. Era quasi ora di cena quando Emmeline chiuse il libro, attirando l’attenzione di Remus, che alzò gli occhi su di lei.

« Scusa, non volevo disturbarti » gli disse, arrossendo leggermente. « Ancora » aggiunse, riferendosi a quando l’aveva aiutata con Trasfigurazione. 

« Tranquilla » le sorrise, chiudendo il proprio libro. « Tanto anche io per oggi ho finito. Se leggessi un’altra pagina potrebbe esplodermi il cervello » scherzò, facendola ridere, mentre iniziava a raccattare la propria roba e riporla nella cartella.

Finì di prepararsi prima di lei, ma l’aspettò comunque. Lei, quando se ne accorse, rimase un po’ spiazzata, ma poi lo affiancò e insieme si diressero verso l’uscita; Remus aprì la porta e la lasciò passare per prima, come sua madre gli aveva insegnato quando era piccolo.

« Se stai tornando alla tua Sala Comune posso accompagnarti » le disse, chiudendosi la porta della biblioteca alle spalle.

« Sicuro? » chiese lei. « Oggi sto veramente approfittando della tua disponibilità » aggiunse, e lui rise. 

« Sicurissimo » confermò Remus, annuendo. « Non è una buona idea girare da sola per i corridoi, soprattutto ora che è buio. E poi che Grifondoro sarei se non ti accompagnassi? »

La battuta la fece ridere e alla fine acconsentì. Mentre camminavano verso la torre di Corvonero i due cominciarono a fare conversazione, toccando argomenti abbastanza neutri, dal momento che, sebbene fossero entrambi Prefetti, non avevano mai avuto poi chissà quale rapporto. La maggior parte delle ronde dell’anno prima Remus le aveva fatte insieme a Lily, Benjamin Fenwick di Tassorosso o Cara O’Malley di Corvonero, perciò oltre alle riunioni non aveva avuto grandi occasioni di parlarle. Ad ogni modo, dal suo modo di parlare e da quello che gli stava dicendo, sembrava essere una ragazza molto tranquilla riservata: era molto diversa dai suoi amici e, sebbene avesse qualcosa in comune con Lily, era decisamente più calma e tollerante della rossa Grifondoro. 

Erano quasi arrivati, quando Emmeline frugò nella tasca esterna della propria borsa, tirandone poi fuori una manciata di cioccolatini incartati. Ancora prima di aprirne uno si girò verso di lui, notando però che gli occhi di Remus erano rimasti come ipnotizzati dal tesoro che lei aveva appena tirato fuori. 

« Ne vuoi uno? » gli domandò, divertita, cercando di non mettersi a ridere. 

Lui tornò a guardare lei, anziché il cioccolato, e dopo una manciata di secondi annuì, sorridendole a metà tra l’imbarazzato e il contento. 

« Tieni » fece Emmeline, porgendogliene un paio. 

« Grazie mille » la ringraziò Remus, scartandone subito uno e mettendoselo in bocca. 

« Oh, è il minimo dopo tutto il tempo che ti ho fatto perdere stasera » rispose lei, stringendosi nelle spalle e mangiando a sua volta un cioccolatino.

« Dai, ma per così poco! » esclamò il ragazzo con tranquillità. « Te l’ho detto, mi ha fatto piacere darti una mano » aggiunse mentre svoltavano l’angolo, trovandosi poi di fronte l’entrata della Sala Comune dei Corvonero. 

« Rimane il fatto che tu sia stato molto gentile » fu la semplice risposta, accompagnata da un’alzata di spalle ed un sorriso genuino. « Perciò grazie ancora, Remus. Ci si vede in giro, direi ».

« Certo » disse lui, salutandola con due baci sulle guance. « Ci vediamo, Emmeline » aggiunse, prima di girarsi e tornarsene verso la propria Sala Comune.

 

*

 

Dopo aver salutato Kevin Smith e i suoi amici del sesto anno, Sirius uscì dall’aula in cui si erano incontrati e cominciò a tornare in Sala Comune. Erano le nove e mezza e lui non aveva visto gli altri Malandrini da quando erano finite le lezioni di quel pomeriggio, perché, non appena Vitious li aveva salutati, se n’era andato con una scusa così da poter passare un po’ di tempo da solo a pensare. 

Erano passati tre giorni dalla visita ad Hogsmeade e tra lui e Mary era tornato tutto come prima. Nessuno dei due aveva più menzionato il “fattaccio” e avevano ripreso anche a comportarsi come se niente fosse successo, riuscendo a non attirare i sospetti di nessuno dei loro amici. Tuttavia trascorrere quell’intera giornata scolastica si era rivelata estremamente spossante: non che lei facesse chissà cosa per complicargli la vita, anzi, ma Sirius non riusciva a nascondere a se stesso il fastidio che quella frase gli aveva provocato. 

« Mettiamoci una pietra sopra e basta ».

Come diamine faceva a metterci una pietra sopra? Era da mesi interi che si chiedeva come sarebbe stato baciare quelle labbra spesso incurvate in un sorrisetto furbo e sempre pronte ad elargire una battuta tagliente. 

Gli sembrava assurdo che, su tutte le ragazze della scuola pronte a fare a gara per le sue attenzione, lui dovesse essersi preso una cotta proprio per Mary. E non una cotta qualunque, ma una sbandata bella e buona, caratterizzata da un’attrazione che cresceva ogni giorno di più. E lei, senza neanche farlo apposta, gli stava impedendo di superarla. Ogni suo comportamento o movimento ai suoi occhi non era come appariva a James o agli altri, anzi; non riusciva a guardarla mentre si portava la piuma alla bocca senza ripensare a quando l’aveva baciata, così come non voleva assolutamente sentirla sospirare perché sapeva che gli sarebbe subito tornato in mente il suo respiro vicino all’orecchio mentre sussurrava il suo nome.

« Merda » imprecò a mezza voce, scocciato, stringendo la mano destra a pungo.

Perché, di tutte le ragazze di Hogwarts, lui doveva provare qualcosa per l’unica che, come si era gentilmente premurata di fargli capire, non voleva saperne nulla di lui in quel senso? Qualcuno si stava prendendo gioco di lui, perché quella coincidenza aveva un che di tragico. Ma lui non si sarebbe ridotto a inseguire Mary come James faceva con la Evans: non lo aveva mai fatto e non avrebbe cominciato, né allora né mai nella vita. 

Ciononostante, c’era una parte di lui che non voleva saperne di lasciar stare: il suo orgoglio. Non gli era mai capitato che una ragazza provasse rimorso per essere andata a letto con lui, e il fatto che fosse stata proprio lei la prima era uno smacco troppo grande. Era doloroso, quasi. Quando aveva sentito i passi di Mary farsi sempre più lontani, dopo che se n’era andata dal suo dormitorio, si era sentito svuotato. 

I momenti subito dopo l’amplesso si era sentito molto meglio di quanto non fosse abituato ad essere, probabilmente perché quella volta aveva significato davvero qualcosa per lui; lei, tuttavia, era riuscita a rovinare tutto, con quei suoi « Noi siamo migliori amici » e « Mettiamoci una pietra sopra ». Più lei parlava e più lui avrebbe voluto silenziarla. Perché per una volta, lui avrebbe voluto qualcosa di più della solita storia da una botta e via. Per una volta, c’era una ragazza per la quale, a suo parere, valesse la pena tentare. Il fatto che lei, invece, non avesse neanche preso in considerazione l’idea di dargli una vera possibilità… per quanto si sentisse ridicolo anche solo a pensarlo, la cosa, oltre a colpirlo nell’orgoglio, lo aveva anche amareggiato. 

Sapendo di non potersela prendere con nessuno, sbuffò, emettendo poi uno strano verso di gola nell’esatto momento in cui girava l’angolo che lo separava dal ritratto della Signora Grassa. Era quasi di fronte al quadro, quando vide Abigail arrivare dal corridoio opposto. 

« Oh! Ehi, Sirius » lo salutò lei con un sorriso smagliante una volta che gli fu davanti. 

« Ehi, Abigail » rispose lui, cercando di sorriderle e mettendo su solo una strana smorfia. 

« Tutto bene? » domandò la ragazza, inclinando leggermente la testa come se lo stesse studiando. 

« A parte qualche casino sì, tutto alla grande » si limitò a dire, stringendosi nelle spalle. « Tu? »

« Io tutto bene… » rispose Abigail, abbassando lo sguardo per qualche secondo prima di fissare nuovamente gli occhi nei suoi con un sorriso furbo. « Senti… ma cosa fai stasera? Se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti… » aggiunse poi con finta nonchalance, arricciandosi una ciocca bionda con l’indice sinistro. 

Sirius sorrise, lusingato, soffermandosi a guardare la ragazza che aveva davanti: bionda, languidi occhi castani circondati da lunghe ciglia e delle forme decisamente più che apprezzabili. Erano andati a letto insieme tre volte, e ripensandoci gli venne naturale fare il paragone: perché se Mary lo aveva subito classificato come un errore e gli aveva detto chiaramente che non sarebbe successo mai più, Abigail era sempre soddisfatta dei loro incontri e, anzi, lo invogliava a cercarla nuovamente. Tuttavia, la differenza sostanziale era che, mentre per la bionda provava solo attrazione fisica, per Mary provava qualcosa di più, qualcosa che andava anche ben oltre il concetto di amicizia. 

Così, chiedendosi perché diamine stesse lasciando che lei lo influenzasse così tanto, si ritrovò a scuotere la testa in cenno di diniego. 

« Non penso sia il caso, Abigail, scusami » le disse, prima di dire la parola d’ordine alla Signora Grassa, che si spostò per lasciarli passare. « Prima le signore, su » aggiunse poi rivolto alla ragazza, che gli sorrise, anche se un po’ delusa, e lo precedette all’interno della Sala Comune. 

« Grazie » fece lei, una volta che il buco del ritratto si fu richiuso dietro di loro. « Ci vediamo, allora! Ciao, Sir! » lo salutò poi, scoccandogli un rapido bacio sulla guancia prima di raggiungere una sua compagna di camera. 

Sirius fece per avviarsi verso il proprio dormitorio, ma non fece in tempo a muovere neanche un passo che sentì qualcuno chiamarlo a gran voce. 

« Tu! » sbottò ancora James, che era comodamente stravaccato sul divano di fronte al camino e lo stava indicando con fare accusatorio. « Ma dove diamine eri? Ti ho cercato ovunque! » continuò, abbassando la voce mano a mano che l’altro gli si faceva più vicino.

« Che c’è, sentivi la mia mancanza? » lo prese in giro Sirius, buttandosi di peso accanto a lui sul divano. « In fondo è anche comprensibile. Non oso neanche immaginare quanto possa essere brutta la vita degli altri senza di me ».

« Io penso davvero che sia fantastica e, proprio per questo motivo, li invidio fortemente » ribatté James, che già aveva smesso di essere arrabbiato con lui nonostante l’avesse cercato sia nelle cucine che in Gufiera che al Club dei Duellanti. « Allora? Dove sei stato? »

« Ero al terzo piano con Kevin e gli altri » rispose Sirius, piegando le labbra nello stesso ghigno che sfoggiava quando voleva proporgli uno scherzo ai danni di Piton o di qualche altro Serpeverde. « E indovina? Tra poco è Halloween… perciò che ne diresti di aiutarci ad organizzare una festa qui? »

Sul viso di James si fece largo un sorriso molto simile al suo, che tuttavia s’incrinò quando il ragazzo si ricordò della spilla da Caposcuola che portava. Sapeva di non dover promuovere certe attività, vista la carica che ricopriva, ma l’idea di una festa di Halloween era decisamente allettante. 

« Quando Lily lo verrà a sapere non avrai più un migliore amico, lo sai, vero? » domandò, ironico, immaginandosi già la scena, dove la rossa li legava entrambi a delle sedie per poi torturarli lentamente. 

James si ritrovò a rabbrividire solo al pensiero, non stupendosi poi granché di quanto fosse facile per lui immaginarsi Lily in una situazione del genere - soprattutto visto che negli anni precedenti aveva davvero minacciato di torturarlo se non avesse smesso di importunarla costantemente. La piccola cicatrice sul suo gomito era la prova di come Lily si fosse premurata di tener fede alle proprie parole quando lui aveva deciso di prendere sotto gamba il suo avvertimento. 

« Puoi sempre corromperla con il tuo fascino » gli consigliò l’amico, allungando le gambe davanti a sé e poggiandole sul tavolino basso. 

« Non so quanto possa funzionare » commentò lui, sistemandosi gli occhiali sul naso e chiudendo definitivamente il libro di Trasfigurazione che aveva sulle gambe. 

« Giusto, mi dimentico sempre che nessuno è bello e affascinante come me » sospirò Sirius, fingendosi rammaricato. 

« Devo per caso ricordarti il nome del Cacciatore più bello ed amato di tutta la scuola? » gli fece presente James, come sempre orgoglioso della propria bravura nel Quidditch, guardandolo con aria soddisfatta. 

« Se fossi un Cacciatore anche io, nessuno si ricorderebbe neanche il tuo nome, comune plebeo » ribatté Sirius con aria di sufficienza, ma non riuscendo a trattenersi dal piegare le labbra in un piccolo sorrisetto divertito. « In realtà, penso che nessuno si ricorderebbe di guardare gli altri giocatori, con uno splendore come me in campo… »

« Peccato che in sella ad una scopa riesci a malapena ad alzarti da terra ».

« Non ho la minima idea del perché tu debba credere a una tale sciocchezza ».

« Mmh… » fece James, portandosi una mano al mento e fingendo di star pensando a cosa dire. « Forse perché quest’estate sei caduto dalla scopa dopo neanche dieci secondi? Devo dire che la tua caduta di culo ha avuto un non so che di regale, eh » concluse, ricordando un episodio avvenuto a luglio. 

« Sono perfetto anche quando cado. Che ci posso fare? è un dono » fu la semplice risposta di Sirius, che lo guardò come se stesse ribadendo un concetto ovvio.

« Va bene, ma adesso io tornerei alla domanda principale: come faccio ad evitare il linciaggio da parte di Lily Evans? » domandò James, riprendendo il discorso iniziale. 

« Se non si stesse parlando di voi due, avrei consigliato di provarci spudoratamente con lei fino a farla cedere » ammise Sirius, trovando così un modo per rifarsi della presa in giro subita a causa del suo scarso talento a cavallo di una scopa. « Ma, visto che sono già due anni che le sbavi dietro inutilmente, inizio a pensare che Lily Evans sia immune al fattore Potter. Anzi, oserei dire che la repelle proprio » continuò, sapendo che tirare in ballo Evans significava andare a colpo sicuro. 

« Punto primo: io non sbavo dietro Lily Evans » si premurò di precisare James, guardandolo con aria truce. « Punto secondo: nessuno è immune al fattore Potter, figurati se può repellere qualcuno! Punto terzo: vaffanculo, Padfoot, okay? Vaffanculo ».

« Aah! Quanto è bello prenderti per il culo, Prongs! » lo prese in giro Sirius, scoppiando a ridere e mettendosi ancora più comodo sul divano. « Su, al massimo saremo io e Mary a difenderti da Evans ».

« Allora sto fresco… » commentò James, leggermente provocatorio. 

« Non ti rispondo solo perché sono stanco e noi stiamo continuando a girare intorno al discorso principale » disse l’amico. « Dai, che hai fatto questo pomeriggio? »

« Ennesima riunione dei Prefetti… » borbottò lui, annoiato, scompigliandosi i capelli con la mano. 

Sapeva perfettamente quanto fosse importante il suo ruolo da Caposcuola, ma era anche tremendamente pesante, soprattutto se sommato ai M.A.G.O. sempre più imminenti. Bisognava però ammettere che la compagnia della sua collega riusciva a rendere la situazione un po’ più piacevole: perlustrare i corridoi con Lily non gli dispiace affatto, anzi, specialmente da quando lei aveva cominciato a parlargli civilmente. Una volta lo aveva anche abbracciato, per salutarlo, ma ovviamente lui non avrebbe mai ammesso ai Malandrini di aver sentito le fottutissime e tremendamente poco virili farfalle nello stomaco in quel momento.

Era o non era James Potter, in fondo?

« Vedi che sei stressato? » lo incalzò Sirius con un ghigno che conosceva più che bene, visto che era identico a quello che compariva anche sul suo viso quando organizzavano uno scherzo. « Hai decisamente bisogno di una festa! »

James fece per parlare, ma una voce lo interruppe.

« Chi ha bisogno di una festa? » s’intromise Mary, la quale aveva appena fatto il proprio ingresso in Sala Comune e, avvicinandosi ai due, aveva sentito solo l’ultima parte del discorso.

« Prongs! » rispose prontamente Sirius, sapendo di poter contare su di lei, visto che amava le feste. 

« E di che festa stiamo parlando? » indagò ancora Mary, mentre James colpiva Sirius con uno scappellotto: in fondo, i riflessi da Cacciatore ogni tanto risultavano piacevolmente utili.

« Di Halloween! Digli anche tu che è un’idea fantastica! »

Gli occhi di Mary s’illuminarono allo stesso di tempo di comprensione e interesse, sotto lo sguardo soddisfatto di Sirius e quello divertito di James, al quale in fondo organizzare una festa non sarebbe dispiaciuto neanche un po’. La ragazza si mordicchiò le labbra, costringendo Sirius a spostare lo sguardo da un’altra parte, prima di sciogliersi in un sorriso a trentadue denti. 

« Secondo me è un’idea fantastica! » esclamò, felice. « Insomma, siamo tutti così nervosi in questo periodo! Una festa ci farebbe distrarre almeno per una serata! Che male può fare? »

James annuì, concorde: dopotutto, tra lo stress dei M.A.G.O., il ruolo da Caposcuola e i continui allenamenti di Quidditch, una festa non gli sarebbe affatto dispiaciuta. 

« Guarda che io sono d’accordo con te » le disse poi, facendo esultare Sirius, che improvvisò uno strano ballo della vittoria. « Solo che dobbiamo riuscire a convincere anche Lily… »

« Paura di perdere la poca - se non nulla - stima che la nostra Evans nutre nei tuoi confronti? » lo provocò quello che doveva essere il suo migliore amico. « Ma non dicevi che il fattore Potter era irresistibile? »

« Oh, ma vaffanculo, Pad! »

« Se avessi saputo che vi sareste messi a sfregiarvi come al solito, mi sarei portata dei pop corn » commentò Mary, sedendosi sul tavolino di fronte al divano e guardandoli con aria divertita. 

« Ehi, tu dovresti stare dalla mia parte! » protestò James. 

« Scusa, amico, ma a quanto pare l’unico fattore irresistibile è il fattore Sirius Black… » fece l’amico con un sorriso compiaciuto. « Lo sappiamo tutti e tre che nessuno può resistermi ».

Mary alzò gli occhi al cielo, concentrandosi per non scagliargli contro una fattura del suo repertorio, prima di riportare lo sguardo su James. Gli sorrise e con uno slancio rapido gli si buttò sopra, sedendosi sulle sue ginocchia e allacciandogli le braccia al collo per potergli scoccare un rumoroso bacio sulla guancia, facendolo ridere.

« Sei e sarai sempre il mio preferito, smettila » lo rassicurò, rimanendo seduta su di lui.

« Potrei offendermi, Mac, lo sai? » disse Sirius, che si era sentito punto nel vivo a causa della sua frase. 

« Oh, andiamo, ma non avevi appena detto che nessuna può resisterti? » fece James, di buon umore. « Almeno Mary lasciamela, su » aggiunse, ignaro dei trascorsi dei suoi due migliori amici. 

Proprio per questo non fece caso al fatto che lei avesse spostato lo sguardo sulle proprie ginocchia, chinando la testa, e che lo sguardo di Sirius, per qualche secondo, si fosse fatto più freddo e distante. 

« Quindi posso prendere Evans, è questo che mi stai dicendo? » ribatté Sirius, sebbene sapesse che non aveva alcun senso riversare su James il rancore che, nonostante tutto, provava per Mary e per quello che gli stava facendo attraversare.

« Non ti azzardare » lo avvisò James, senza neanche prenderlo sul serio, dal momento che al suo amico non era mai importato niente della rossa che da troppo tempo occupava i suoi pensieri.

« Come se avessi intenzione di farlo » rispose Sirius, sbuffando, prima di cambiare discorso e tornare a quello di primo. « Ad ogni modo, per questa dannata festa… »

« Dai, di Lily posso occuparmene io! » disse Mary, sicura, riportando lo sguardo su di lui ed incrociando i suoi occhi. 

Sirius stava per risponderle, ma qualcuno lo precedette.

« Di chi dovresti occuparti, tu? » 

A pochi passi da loro Lily Evans, sguardo ferreo e spilla da Caposcuola appuntata sulla divisa, li osservava con un sopracciglio inarcato. Dal suo sguardo James capì subito che aveva sentito benissimo l’ultima parte della conversazione tra lui, Sirius e Mary.

« Allora? » continuò Lily, avvicinandosi di due passi.

« Be’… » pigolò James, abbozzando un sorrisino. « Che ne dici se organizziamo una piccola festa di Halloween? Una piccolissima festa! »

Le rosse sopracciglia di Lily, se possibile, scattarono ancora più in alto e il suo sguardo era estremamente scettico. Lui conosceva bene quello sguardo, perché la ragazza glielo aveva rivolto ogni volta che lo aveva colto in flagrante durante uno scherzo – anche se, a onore del vero, spesso James aveva fatto in modo che lei lo venisse a sapere solo per poter discutere con lei e chiederle di uscire per l’ennesima volta. 

« Scusa? »

« Dai, Evans! » cominciò a pregarla Sirius, cercando di risultare il più convincente possibile. 

Provò anche a mettere su il broncio, ma sia Mary sia Lily rotearono gli occhi e, quasi contemporaneamente, sbuffarono.

Lily fece per aprire bocca, ma fu interrotta dall’arrivo di una ragazzina che avrà avuto sì e no dodici anni. Aveva due trecce color miele che le arrivavano alle scapole e due grandi occhioni castani protetti dalla montatura nera di un paio di occhiali da vista: sembrava piuttosto imbarazzata, perché aveva le guance arrossate e lo sguardo leggermente impaurito.

« Ehm… Tu sei Mary MacDonald, vero? » cominciò, guardando Mary e mordendosi l’interno della bocca, sperando di non aver sbagliato persona.

« Sì, sono io, perché? »

Alle parole di Mary, la ragazzina sembrò estremamente sollevata e Lily non poté che sorridere, intenerita.

« C’è un ragazzo di Tassorosso che ti cerca. È qui fuori » le spiegò la ragazzina, indicando poi il buco del ritratto con un gesto della mano. « Dice che è importante ».

La nuova arrivata fu l’unica, in ogni caso, a non accorgersi di come Mary si fosse irrigidita una volta che lei le ebbe dato la notizia. Lily lanciò uno sguardo a James, sicura che lui ne sapesse qualcosa, e rimase sorpresa quando lo vide osservare la propria migliore amica come se anche lui stesse cercando di capire cosa avesse in quei giorni.

L’unico a guardarla con occhi diversi, tuttavia, fu Sirius. 

Lui si limitò a studiare la sua espressione senza staccare gli occhi dal suo viso, cercando di capire quali emozioni la stessero attraversando. Solo l’idea che lei potesse tornare insieme a Dylan nonostante tutto quello che era successo tra loro gli fece più male di quanto avesse mai pensato fosse possibile. 

« D’accordo. Grazie mille… » Mary si bloccò e la guardò un attimo. « Come ti chiami? »

« Ophelia McLaggen ».

« Okay. Grazie, Ophelia » le disse Mary con un sorriso.

La ragazzina ricambiò subito, per poi salutarli velocemente e allontanarsi quasi di corsa per tornare dalle proprie amiche, sedute vicino al fuoco.

Lily guardò la propria migliore amica, pensierosa. 

L’amica le aveva raccontato della litigata con Dylan, sebbene in maniera molto vaga, ma secondo lei qualcosa non quadrava: Mary era molto brava a mentire, certo, ma quei giorni era stata piuttosto nervosa e Lily non aveva creduto del tutto alla storia del « sono solo preoccupata per gli esami »

E ne ebbe la conferma quando la vide mordersi il labbro inferiore, prima di salutarli anche lei e uscire dalla Sala Comune.

Non appena superò il buco del ritratto, Mary incontrò gli occhi di Dylan. Il ragazzo era appoggiato al muro di fronte alla Signora Grassa e, non appena lei gli si parò davanti, si mise dritto in piedi. Sembrava… imbarazzato, triste, e a Mary fece una tenerezza immensa. 

« Ehi » la salutò, palesemente a disagio.

« Dylan » fece lei di rimando, cercando di sorridergli. 

Lui prese un respiro profondo e fece un passo in avanti, come se si stesse preparando a parlare. 

« Mi dispiace per quello che ti ho detto » cominciò, avvicinandosi di più a lei fino a prenderle le mani tra le proprie. « Probabilmente ho esagerato, ma non ci ho visto più. Lui ti ronza sempre attorno e lo so che è uno dei tuoi più cari amici, ma non posso non pensare male conoscendo la sua fama. Ma questo non significa che avrei dovuto riversare tutta la mia frustrazione su di te, visto che era lui che negli ultimi mesi sembrava divertirsi a provarci e non viceversa… » continuò, fermandosi poi un attimo per riprendere fiato. « La cosa… la cosa mi ha mandato in bestia, ma so di aver sbagliato ».

« Dylan… » ripeté lei, la voce tremula.

Non riusciva a sentire le sue scuse e ad ascoltare le sue parole, non quando sapeva che tutto quello che lui aveva supposto era successo davvero. Non si era mai vergognata tanto quanto in quel momento, avendo davanti a lei una persona che la voleva sul serio accanto a sé e avendola tradita con una persona che neanche ricambiava i suoi sentimenti. 

« Pensi di potermi perdonare? » la interruppe Dylan, un po’ più speranzoso di prima, fissando i suoi occhi castani in quelli azzurri della ragazza.

Mary, dopo aver sentito quelle parole, sentì ogni altra frase morirle in gola. 

Lo aveva già perdonato: sapeva che era un bravo ragazzo e che mai l’avrebbe fatta soffrire di proposito, e sapeva che Dylan, da bravo Tassorosso, aveva molta più pazienza di lei, perciò per farle una scenata come quella doveva aver covato quei dubbi per parecchio tempo. Tuttavia, se doveva essere totalmente onesta, lei non ce l’aveva mai avuta con lui per quello che le aveva detto: non avrebbe potuto arrabbiarsi, dal momento che ogni cosa che lui le aveva rinfacciato era assolutamente vera. 

Lei provava davvero dei sentimenti per Sirius, ed era proprio per questo che non riusciva a provare rancore nei confronti di Dylan e che non poteva semplicemente cancellare quello che lei aveva fatto.Era andata a letto con un’altra persona. E anche se loro due non stavano insieme in quel momento, anche se Dylan l’aveva lasciata… Mary si sentì in colpa, perché, in fondo, non riusciva a sentirsi in colpa per come si era sentita quando Sirius l’aveva stretta a sé. 

Sirius.

La sua relazione con Dylan era stata bella, intensa e ricca di bei momenti, ma Sirius faceva parte della sua vita da anni e, dopo quel pomeriggio di tre giorni prima, Mary non riusciva più a capire quale posto lui occupasse. Amici? Sarebbe stato così facile considerarlo un amico, ma lei non era in grado di guardarlo e non fare caso al fatto che il suo corpo sembrasse rispondere anche ad un suo semplice sguardo.

« Torna con me, Mary » la pregò Dylan, lasciandole andare i polsi e prendendole il viso tra le mani. « Ho sbagliato, è vero, ma ti amo. Possiamo provare a sistemare le cose, possiamo provarci ».

Lei lo guardò dritto negli occhi, mentre una parte di sé non desiderava che dirgli che sì, potevano davvero riprovarci. Ma quell’altra parte di lei, quella legata in maniera inscindibile a Sirius… non poteva semplicemente ignorarla, non quando era così forte, così grande. Non quando le faceva battere il cuore come nessun altro era mai riuscito a fare. 

« Dylan… » mormorò Mary in risposta, abbassando lo sguardo. « Non credo che… »

« So di aver sbagliato a dubitare di te in quel modo » insistette lui, sentendola più distante ogni secondo che passava. « Ma dammi un’altra possibilità, una sola ». 

Lei continuò ad osservare il suo maglione pur di non dover incrociare il suo sguardo, non sapendo bene cosa fare o cosa dire. Sentiva gli occhi pizzicarle terribilmente, soprattutto quando ripensò a ciò che lui le aveva detto poco prima.

Conosceva fin troppo bene la fama di Sirius, anche perché più volte lei lo aveva preso in giro a riguardo, ma sapeva anche che la faccenda era stata ingrandita a dismisura da terzi. Tuttavia questa consapevolezza non aiutò molto a sollevare il suo umore, dal momento che rimaneva il fatto che quello che era successo non faceva che dare effettivamente credito alle voci su Sirius. Nonostante questo, non poteva mettere a tacere quella piccola parte di lei che sperava ancora che non ci ci fosse solo quello, che non potesse essere solo quello - sapeva quanto Sirius tenesse ai suoi amici e proprio per questo non riusciva a credere che lui avrebbe davvero rovinato tutto solo per portarsela a letto una volta… 

Ma quando le tornò in mente il comportamento che aveva avuto nei suoi confronti, durante il loro confronto, si chiese se non si fosse sbagliata sull’importanza che Sirius dava davvero al loro rapporto. Non appena quel pensiero prese forma, sentì le lacrime premere ancora di più per uscire, soprattutto perché per l’ennesima volta lei stava ripensando a Sirius e non al ragazzo che, lì di fronte a lei, stava cercando di tenerla ancora con sé. 

« Dylan, mi dispiace così tanto » sussurrò, sentendo la voce incrinarsi pericolosamente, « ma non posso ».

Lui non disse nulla, limitandosi a guardarla come se non riuscisse neanche a vederla davvero, prima di lasciare che le proprie braccia gli ricadessero lungo i fianchi come senza vita. Il suo sguardo non era rabbioso o carico di odio, notò Mary quando alzò gli occhi per incontrare finalmente i suoi, ma fu quella la cosa peggiore, perché sembrava solo terribilmente amareggiato. 

« Perché? » fu la sua semplice risposta, il tono che però tradiva la sua tristezza.

« Dylan, davvero— » fece per rispondergli, ma lui alzò una mano per bloccare sul nascere qualunque cosa lei stesse per dirgli.

« Non puoi… per lui. Vero? » le chiese, sebbene la sua sembrasse più un’affermazione che una domanda. 

Lei non ebbe neanche il coraggio o la forza di aprire la bocca per provare a parlare, sapendo che nessuna parola avrebbe potuto alleviare quella situazione. 

Dylan sembrava un animale braccato: continuava a far scorrere ripetutamente la mano sul proprio braccio e guardava ovunque tranne che nella direzione di quella che per mesi era stata la sua ragazza. Aveva avuto una cotta per lei per parecchio prima di provarci e, quando era riuscito a conquistarla, messo anima e cuore in quella relazione; aveva finito per affezionarsi a Mary come mai gli era capitato prima di allora, e trovarsi ad affrontare un discorso del genere, dunque, gli fece un male tremendo. 

« Alla festa di Peter, quest’estate, ti guardava come… non so neanche dirtelo » mormorò lui, come se stesse parlando più a sé stesso che a lei. « Il suo sguardo parlava già abbastanza da solo. Merlino, Mary, io mi chiedo come tu abbia fatto a non accorgertene per tutto questo tempo… Non ti leva gli occhi di dosso ».

« Dylan, per favore, non è affatto vero, non è così che stanno le cose » lo pregò lei, cercando di farlo smettere. « L’unica cosa che può esserci tra me e Sirius è amicizia » insistette, facendosi male da sola. 

« Sì che è vero. Ma tu eri innamorata di me e mi bastava » continuò il ragazzo, imperterrito. « Prima che ci mettessimo insieme devo dire che avevo un po’ paura. Insomma, la migliore amica di James Potter e Sirius Black… » a questo punto s’interruppe, sorridendo amaramente. « Diciamo che, con due ragazzi del genere al tuo fianco, avevo paura che ci fosse qualcosa di più con uno di loro… Tu però sembravi voler stare con me, hai anche lasciato Wheelock per me. Ma… non so neanche spiegartelo, Merlino » sbottò di colpo, interrompendosi di nuovo e passandosi una mano sugli occhi. « Dopo il funerale del signor Potter, in Sala Grande… diamine, vi ho guardati e mi sembrava così ovvio. Mi sentivo come un estraneo che assisteva a qualcosa di fin troppo intimo: il modo in cui lui ti abbracciava, il modo in cui tu lo accarezzavi… io da lì— ».

« Dylan, io ho tenuto e tengo tuttora a te, dico davvero. Per favore, credimi » lo bloccò Mary, non riuscendo più a sopportare tutto quello che lui le stava dicendo. « Non sono stata con te solo perché non avevo nulla da fare, ero davvero innamorata di te… ma ora come ora non posso darti quello di cui hai bisogno e, soprattutto, quello che ti meriti ».

« E adesso sei innamorata di lui? » le chiese. « Per questo non puoi tornare con me? »

« Non ho detto questo » si difese lei immediatamente, scuotendo la testa. 

« Ma è questo che si capiva da quello che hai detto » le fece presente Dylan, dispiaciuto. 

« Io non… io e Sirius siamo solo amici, Dylan » disse, sospirando. « Ma tu meriti una ragazza che ti ami con tutta se stessa e io, in questo momento, non posso farlo ».

« Già » fu il suo semplice commento.

Non sapeva cos’altro dirle, soprattutto dopo aver visto il suo sguardo farsi ancora più lucido quando gli aveva detto che tra Sirius e lei non c’era niente. 

« Per favore, cerca di capire… io non avrei mai voluto farti stare male » mormorò Mary. « Hai tutto il diritto di odiarmi, ma io non posso non chiederti di non farlo ».

« Io non ti odio » rispose lui, guardandola con l’accenno di un sorriso triste. « Io voglio solo… » s’interruppe, non riuscendo a dirle davvero che voleva solo che fosse felice: non ci riusciva, sapendo che avrebbe voluto starle accanto e che da lì in avanti avrebbe dovuto vederla avvicinarsi ad un altro. 

« Mi dispiace tantissimo » aggiunse lei senza abbassare lo sguardo.

Lui le si avvicinò, afferrò le sue spalle con le mani per portarsela più vicina e l’abbracciò. Rimasero in quella posizione per un tempo che gli sembrò infinito, prima che lui si staccasse da lei.

« Noi… ci vediamo in giro, Mary » si limitò a dirle, prima di scoccarle un bacio sulla guancia e allontanarsi quasi di fretta. 

Mary non riusciva a pensare con lucidità: di fronte a lei c’era Dylan, che se ne stava andando. Dylan, il ragazzo con cui aveva passato gli ultimi otto mesi. Dylan, che per mesi l’aveva corteggiata e che, una volta che lei gli aveva detto di sì, non aveva mai smesso di volerle bene e dimostrarlo. 

Probabilmente un’altra ragazza sarebbe tornata subito con lui, ma lei non poteva fare semplicemente finta che con Sirius non fosse successo niente e soprattutto non poteva mentire a Dylan in quella maniera, perché non se lo meritava. Sebbene le facesse male, aveva preso una decisione non aveva intenzione di tornare indietro. 

Mentre Dylan se ne andava, Mary sentì nuovamente le lacrime salirle agli occhi. Entrò in Sala Comune e si catapultò su per le scale che portavano al dormitorio femminile, sempre sotto lo sguardo allibito di Lily, James e Sirius.

 

*

 

« Sei sicura di sentirtela? » 

James le aveva posto quella domanda così tante volte che ormai Lily aveva perso il conto. Aveva dovuto rifletterci molto, ma alla fine si era decisa ad andare con James a parlare con Silente di quanto successo il giorno prima di Hogsmeade tra il ragazzo di Corvonero e quel gruppo di Serpeverde.

« Sì, James, sono sicura » disse, annuendo appena e girando leggermente il viso di tre quarti per poterlo guardare di sfuggita.

Lui, tuttavia, fece sì che i loro sguardi s’incrociassero e le sorrise per incoraggiarla, e lei non poté che ricambiare. In quegli ultimi giorni con lei James era stato paziente, comprensivo e disponibile: aveva capito la situazione e non l’aveva stressata ulteriormente costringendola ad andare nell’Ufficio del preside, perché aveva capito che non era pronta. L’aveva aspettata, aveva rispettato i suoi ritmi finché lei, verso la fine della ronda di quella sera, gli aveva detto di voler andare a raccontare al preside ciò che avevano visto.

Qualche minuto dopo si ritrovarono di fronte all’entrata dell’Ufficio di Silente e James la guardò ancora, probabilmente non sapendo se chiederle ancora se stesse bene o meno.

« James, per piacere, io sto bene » sbuffò, alzando gli occhi al cielo. 

Tuttavia doveva ammettere che le attenzioni che James le riservava non la infastidivano più, anzi, le facevano quasi piacere. Era bello avere qualcuno, oltre a Mary e Miriam, che si mostrasse interessato a ciò che pensava e provava. La faceva sentire più al sicuro, più protetta. 

James, alle parole della ragazza, abbozzò un sorriso a metà tra il baldanzoso e l’imbarazzato – era più una smorfia, a dire il vero – prima di pronunciare la parola d’ordine al gargoyle di pietra davanti a loro.

« Piume di zucchero ».

Il gargoyle si mosse e si spostò in modo da lasciare loro libero accesso all’ufficio. La stanza era grande, spaziosa e di forma ovale: vicino all’imponente scrivania un maestoso volatile faceva bella mostra di sé, rosso e vigile, mentre dovunque potevi trovare tavoli dalle gambe sottili sui quali erano stati poggiati oggetti magici di vario tipo. Su una mensola c’era il Cappello Parlante e, poco distante da esso, una teca che proteggeva una lunga e affilata spada d’argento con l’elsa tempestata di rubini brillanti. 

Gli occhi di Lily si soffermarono proprio su di essa.

« Sono sicura di averla già vista… » sussurrò a bassa voce, più a se stessa che ad altri. 

« Quella è la spada di Godric Grifondoro » la informò James, che aveva seguito la traiettoria dello sguardo della ragazza. 

Lui quella spada la conosceva bene: compariva in quasi tutte le storie che suo padre gli aveva raccontato quando era piccolo e aveva sempre sognato di poterla stringere tra le mani, un giorno. Al ricordo di suo padre, sentì il proprio cuore mancare un battito. 

Lily fece per aprire bocca, ma una voce glielo impedì. 

« Probabilmente la signorina Evans l’ha vista tra le pagine del libro Storia di Hogwarts ».

Albus Silente, ammantato nel proprio vestito grigio, comparve in cima alle scale che passavano dietro la scrivania e la libreria. Guardava i due ragazzi da dietro gli occhiali a mezza luna, le labbra sottili incurvate verso l’alto.

« Cosa vi porta qui? » domandò l’uomo, scendendo i gradini e fermandosi accanto al volatile. Cominciò ad accarezzarle il piumaggio, che era di un rosso tanto vivo da sembrare infuocato. « Siete stati fortunati, è rinata solo qualche giorno fa ».

« Come sarebbe a dire che è rinata? » chiese James immediatamente, senza trattenersi. 

Lily lo guardò, divertita, e rispose al posto del preside.

« Deve essere una fenice  » gli spiegò con un sorriso.

« Esattamente » confermò Silente, andandosi a sedere dietro la scrivania e appellando due sedie per i suoi ospiti. « Ma ora ditemi, come mai siete venuti a trovarmi? Ho paura che non si tratti di una visita di piacere ».

Lily abbassò il capo, mesta, ma James resse lo sguardo di Silente. Nel mentre, però, fece scivolare il proprio braccio giù dal bracciolo e con il dorso della mano sfiorò quello di Lily in una lieve carezza di incoraggiamento. 

« Vede, signor preside, si ricorda del ragazzo di Corvonero che è stato ricoverato in Infermeria quattro giorni fa? »

« Lei sta parlando del signor Andrew O’Connell, certamente ».

« Sì, esattamente, lui » disse James, leggermente teso. « Vede, quella sera, quando Madama Chips ci ha chiesto se avessimo visto qualcosa, noi avevamo detto di no, ma… abbiamo mentito » ammise poi, abbassando lo sguardo.

James odiava mentire e quella non era neanche mai un’arte che avesse destreggiato granché bene; Sirius era molto più bravo di lui in quello, poiché era stato abituato fin da piccolo a mascherare le proprie emozioni e i propri timori. 

« Può spiegarsi meglio, signor Potter? » domandò Silente, inarcando un sopracciglio. 

« Quello che James sta cercando di dirle, preside, è che noi abbiamo visto gli aggressori » s’intromise Lily, decidendo di prendere anche lei la parola ma senza spostare la mano che ancora, se la muoveva leggermente, sfiorava ogni tanto quella di James. « O meglio, avevano i volti coperti dai cappucci dei mantelli, ma hanno detto alcuni nomi ».

Quando Lily finì di parlare, Silente sospirò e si allontanò dallo schienale della sua poltrona; si appoggiò con i gomiti sul piano della scrivania e congiunse le mani, intrecciando le dita. Mentre il preside teneva gli occhi chiusi, come se stesse soppesando le parole che avrebbe detto poco dopo, James e Lily si lanciarono uno sguardo preoccupato. 

« Non ho intenzione di farvi la ramanzina sul fatto che avreste dovuto essere sinceri sin dall’inizio perché, conoscendo entrambi, sono sicuro che ve ne rendiate già conto. Adesso però devo sapere i nomi che avete sentito ».

Il tono di Silente non era arrabbiato o sconvolto, ma mortalmente serio. Improvvisamente sembrava invecchiato di dieci anni. 

Lily guardò ancora James, che non tardò a capire cosa lei gli stesse chiedendo di fare. 

« In faccia abbiamo visto Adrian Mulciber e Antonin Dolohov in faccia, ma hanno fatto anche il nome di Severus Piton » disse James, cercando di non far trasparire l’astio che provava nei confronti dei ragazzi da lui appena nominati. 

« Io ho riconosciuto la voce di Michael Wilkes » aggiunse Lily, che quando aveva sentito James nominare Severus aveva immediatamente spostato lo sguardo sulle proprie ginocchia. 

James annuì alle parole della compagna, come a darle manforte, mentre l’anziano preside si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro di fronte all’ampia finestra del suo ufficio. 

« Quello che mi state dicendo è molto grave » cominciò con tono grave. « Ma ho paura che non si possa fare niente per punirli ».

« Che cosa? » sbottò James, sconvolto. « Come sarebbe a dire che può fare niente? Lei è il preside! »

Silente, per tutta risposta, sospirò.

James era esterrefatto: quel gruppo di Serpeverde non poteva attaccare degli studenti indifesi rimanendo poi impuniti. Non era giusto, perché in quel momento in Infermeria c’era un ragazzo ferito che, nel non veder punire i propri assalitori, non si sarebbe più sentito al sicuro ad Hogwarts.

« Vede, signor Potter, il fatto è che non ci sono prove concrete della loro colpevolezza » gli spiegò e, quando vide che il ragazzo stava per ribattere, continuò: « Io mi fido della sua parola, ma deve capire che non è abbastanza. Loro potrebbero tranquillamente affermare di non avere nulla a che fare con la faccenda e che si tratta di puro odio tra Case. Il fatto che non abbiate detto tutto sin dall’inizio, inoltre, non farebbe che avvalorare la loro tesi ».

Lo sguardo di James era carico di rabbia e sgomento, ma al suo interno vi era anche un barlume di rassegnazione; quando si girò verso di lei, infatti, Lily capì subito a cosa stesse pensando: purtroppo, che a loro piacesse o meno, Silente aveva ragione. Non avevano prove materiali.

« Speravo di sbagliarmi » disse Silente, fermandosi vicino ad alcuni quadri dei vecchi presidi di Hogwarts. « Speravo che non avesse ancora seguaci all’interno della scuola ».

Quando sentì quelle parole, Lily non poté che trattenere il respiro per qualche secondo. Aveva già affrontato quel discorso con Mary, Miriam e le sue altre compagne di stanza, ma sentir dire le stesse cose anche da Albus Silente era un’altra cosa. Se la faccenda l’aveva già scossa di per sé, la voce mesta e amareggiata del preside rendeva tutto ancora più vero e più reale. E faceva più male di prima.

« Sei troppo ingenuo, Albus » commentò una voce bassa che proveniva da uno dei quadri appeso alla parete dello studio: in basso, sulla cornice, vi era un cartiglio su cui brillava il nome di Phineas Nigellus Black. « Ti fidi troppo dei tuoi studenti e, di questi tempi, non è saggio fidarsi di tutti. Dovresti saperlo meglio di me ».

Silente sospirò, puntando gli occhi sull’uomo dipinto nel quadro. Aveva tutta l’aria di essere un uomo sagace e intelligente: i capelli erano pettinati ordinatamente ed erano neri, così come gli occhi e la barba; era sicuramente stato un Serpeverde, perché era stato dipinto con un vestito dai colori di quella Casa, il verde e l’argento. Aveva inarcato un sopracciglio in un’espressione che, a Lily così come a James, ricordò quella che Sirius usava quando faceva un commento sarcastico.

« Oh, lo so, Phineas » rispose l’attuale preside, tornando a sedersi dietro la propria scrivania. « Riconosco i miei errori, avrei dovuto ascoltarti a tempo debito ».

« Impariamo solo dalla nostra diretta esperienza, dopotutto, Albus » si limitò a dire l’uomo nel dipinto, posando gli occhi su i due studenti seduti di fronte a Silente: sembrava incuriosito. « Tu devi essere James Potter, il nipote di mia nipote Dorea ».

James inarcò le sopracciglia, confuso. Era vero, la madre di suo nonno era Dorea Black, ma, dalle foto che aveva visto a casa, non gli assomigliava molto: di aspetto era decisamente più simile a Charlus, il padre di suo nonno. Forse era per quello che il vecchio preside lo aveva riconosciuto.

« Sì, signore » asserì quasi subito, annuendo.

« E qual è invece il suo nome, signorina? » chiese Phineas, guardando Lily con un’espressione dubbiosa.

« Lei è Lily Evans, una delle nostre migliori studentesse » rispose Silente al posto della ragazza, che arrossì appena alle parole del preside.

« Il preside è troppo gentile » disse Lily, cercando di dissimulare l’imbarazzo. « Me la cavo ».

« Te la cavi? » ribatté James, guardandola con le sopracciglia inarcate. « Magari me la cavassi anche io come te! Non le dia retta, ha ragione il professor Silente, Lily è davvero una delle studentesse migliori del castello ».

« Non dovrebbe sminuirsi così, signorina » la rimproverò il ritratto, serio. 

« Oh, Phineas, non dare il tormento a questi giovani ragazzi! » esclamò Silente, divertendosi ulteriormente quando vide il suo interlocutore alzare il mento con fare altezzoso. « Signorina Evans, signor Potter, questo è Phineas Nigellus Black ed è stato un preside di Hogwarts. Sono sicuro che presto troverete l’occasione di parlare ancora, ma in questo momento abbiamo affari molto urgenti di cui discutere, come ben sapete, e voi dovreste tornare in Sala Comune prima del coprifuoco ».

 


 

Note:

Ciao a tutti! Capitolo un po’ più lungo, stavolta: spero vi sia piaciuto e che non lo abbiate trovato eccessivo. Io sono un’amante dei capitoli corposi, purtroppo!

Che ne pensate della piega che sta prendendo la MacBlack? Già, questo è il nome per loro due! E la canzone alla fine della prima è scena è If you ever want to be in love di James Bay. La trovo molto azzeccata, e voi?

Allora, adesso purtroppo vi devo dire che dal prossimo capitolo (che pubblicherò tra lunedì e martedì) per un mesetto dovrò aggiornare una volta ogni due settimane perché ho il camposcuola + una marea di interrogazioni, perciò non ho né il tempo di scrivere nuovi capitoli né il tempo di controllare e sistemare quelli già scritti. Visto che ci tengo a questa storia, preferisco pubblicare ogni 14 giorni per un mese in modo tale da poter tornare ad aggiornare settimanalmente il prima possibile :) 

Un bacio enorme!

Ale

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Capitolo 9
*** Halloween ***




Capitolo 9

Halloween
9-halloween

 

Appoggiato al freddo muro di pietra del corridoio, James Potter continuava a battere nervosamente il piede destro sul pavimento; Sirius si era avviato da quasi un’ora e non era ancora tornato, per chissà quale strano motivo.

In piedi accanto alla statua della Strega Orba, invece, Peter continuava a tener d’occhio la Mappa del Malandrino per essere certo che né Gazza né qualche altro professore sopraggiungessero in quel momento. 

« Ma quando ci sta mettendo? » sbuffò James, passandosi una mano nella folta zazzera corvina.

Si erano recati là perché dovevano ritirare ad Hogsmeade le casse con gli alcolici che sarebbero stati serviti quella sera in Sala Comune durante la festa, ma alla fine avevano deciso di far andare solo Sirius mentre loro sarebbero rimasti a fare da palo in modo da poterlo avvisare nel caso ce ne fosse stato bisogno. Ciò che non avevano messo in conto, ad ogni modo, era la possibilità che il loro amico venisse trattenuto. 

« Starà tornando ormai » rispose l’altro, stringendosi nelle spalle e sollevando gli occhi dalla pergamena per guardare l’amico che aveva di fronte.

James, annoiato come non mai, decise di voler assolutamente fare conversazione; sogghignando, pensò bene di tirare fuori l’argomento che, nell’ultimo periodo, mandava in crisi Peter nell’arco di pochi secondi. 

« Dimmi un po’, Wormy… » cominciò con un sorriso sornione che all’altro non piacque affatto, « oggi pensi di andare a giocare a scacchi con Christine? »

La sua era una domanda molto innocente, in fondo, ma nel pronunciare le parole giocare a scacchi guardò l’amico in maniera molto eloquente, facendolo così arrossire violentemente sulle guance. 

Christine era una Tassorosso del quinto anno che conosceva da qualche anno, perché entrambi frequentavano il club degli scacchi, ma si erano avvicinati solamente all’inizio di quell’anno. Non era una ragazza appariscente, però lui l’aveva sempre trovata carina: i capelli erano castano chiaro e le sfioravano le spalle, aveva gli occhi nocciola ed era bassina. Caratterialmente era molto timida, ma una volta che prendeva confidenza si rivelava per la ragazza allegra che era. 

« Prongs… » borbottò Peter, leggermente in imbarazzo, mentre il sorriso sul volto dell’altro ragazzo non faceva che allargarsi ogni secondo di più.

« Sì? » fece James, troppo innocente per essere reale. 

Peter rise della sua espressione e l’iniziale disagio sparì totalmente mentre scuoteva la testa in segno di diniego.

« No, oggi non ci vediamo » rispose infatti, non potendo nascondere la nota delusa della sua voce. 

« No! » esclamò il moro, sgranando gli occhi nocciola dietro le lenti. « E perché? »

« Be’ » fece Peter, stringendosi nelle spalle. « Tra i preparativi per la festa e tutto il resto non pensavo che sarei riuscito a fare anche quello » gli spiegò poi, abbozzando un sorriso laconico. 

« Ma potevi invitarla stasera! » insistette James, testardo.

Lui lo guardò divertito e aggrottò leggermente le folte sopracciglia. 

Non avrebbe mai invitato Christine ad una festa con gli altri Malandrini - non ancora, per lo meno. Quella ragazza gli piaceva davvero molto e sapeva che i suoi amici non si sarebbero risparmiati in occhiate e battute: dopotutto lui e gli altri facevano sempre così con James da quando la sua cotta per Lily era diventata palese, perciò sapeva come sarebbe andata a finire la cosa. Solo che Christine non era come Lily, ma molto più timida e riservata nei confronti delle persone che non conosceva, figurarsi poi se si fosse trovata al centro delle battute di altri tre ragazzi più grandi. Conoscendola, probabilmente sarebbe scappata via a gambe levate. 

« Preferisco passare la serata con voi » si limitò a rispondere, decidendo di omettere parte del proprio pensiero. « Tanto la vedo domani al club come al solito ».

« Ma no! » perseverò James. « A noi farebbe solo piacere! Dopotutto è la tua ragazza, è normale che tu la inviti! »

Nel sentirlo dire quella frase Peter pensò che non sarebbe mai arrossito più di così. Si sentiva andare letteralmente a fuoco; in fondo, era sempre stato un ragazzino molto timido.

« Non è la mia ragazza… » ribatté, grattandosi la nuca con finta noncuranza.

« Non ancora » commentò James col sorriso di chi la sa lunga. « Dai, Pet » fece, vedendo l’imbarazzo negli occhi dell’amico, « è chiaro come il sole che vi piacete. Quando vi incrociate per i corridoi sembra di essere le comparse di uno di quegli smielati vilm babbani ».

Peter aprì la bocca per correggerlo, ma qualcuno lo precedette di un paio di secondi.

« Si dice film, James ».

I due ragazzi si girarono quasi contemporaneamente, giusto in tempo per vedere una ragazza dai capelli rossi fermarsi a due passi da loro. Peter si diede dello stupido per non aver continuato a controllare la Mappa, troppo coinvolto dal discorso su Christine, mentre James stava ringraziando Merlino e tutti i santi magici perché si trattava di Lily e non di Gazza o un professore.

Il giovane Cacciatore sfoderò il sorriso più convincente del proprio repertorio, ma lei non sembrò cascarci minimamente. Non che ci fosse mai cascata, in effetti.

« Che state combinando? » domandò infatti la ragazza, dato che nessuno dei due sembrava voler parlare, e spostò ripetutamente lo sguardo da James e Peter e da Peter a James.

« Oh, nulla, Lily » provò Wormtail, stringendosi nelle spalle.

In tutta risposta lei inarcò le sopracciglia e decise di provare a far parlare l’altro ragazzo.

« Davvero? » insistette, guardando James dritto negli occhi. 

Quest’ultimo deglutì a vuoto, prima di dirsi che - insomma! - lui era James Potter ed era perfettamente in grado di convincere qualcuno, anche Lily Evans, di non star facendo nulla che fosse contro il regolamento scolastico. 

Stava giusto per parlare, quando Sirius fece la propria trionfale uscita dalla statua della Strega Orba. 

« Ah, state ancora qua! Meno male! » esclamò con enfasi, tirando un sospiro di sollievo. « Aberforth mi ha trattenu— ».

Non finì di parlare perché, non appena fece un altro passo, si accorse della presenza della ragazza e capì il significato delle occhiate preoccupate e tese che i suoi amici gli avevano lanciato dal momento che era comparso. 

« Evans! » la salutò con fin troppo entusiasmo. « Qual buon vento? » aggiunse, cordiale come non era mai stato.

« Potrei farti la stessa domanda, Black » ribatté Lily, presa un po’ in contropiede: non era abituata a vedere la gente uscire dalle statue, ma dopotutto, si disse, dai Malandrini bisognava aspettarsi quello ed altro…

Mentre le cose tra lei e James erano migliorate notevolmente, in ogni caso, tra lei e Sirius correva ancora un certo astio: Lily non aveva mai capito perché, ma il ragazzo sembrava molto poco ben disposto nei suoi confronti. Se non fosse stata la migliore amica di Mary, dubitava che lui l’avrebbe anche solo salutata.

Da parte sua, invece, Sirius riteneva di avere dei validi motivi per non fidarsi di quella ragazza. Anche i muri si erano ormai resi conto che James aveva perso la testa per Lily Evans, ma i muri sapevano pure che lei lo aveva sempre trattato male. Certo, per anni James si era comportato come un ragazzino arrogante e prepotente, ma c’era un’altra cosa di cui i muri erano ben consapevoli: Sirius Black considerava quel ragazzo la propria famiglia, e nessuno doveva toccarlo. Erano anni che Remus, quando James non era presente, lo prendeva in giro additando quella di Sirius come gelosia compulsiva; anche secondo Peter, infatti, il giovane Black non riusciva a sopportare Lily Evans perché aveva paura che lei gli portasse via James. 

Il resto degli studenti, non conoscendo quanto loro il ragazzo, pensava che il motivo di tale astio fosse il fatto che Lily era stata la migliore amica di una serpe come Severus Piton.

« Sì, forse hai ragione » disse Sirius, sfoggiando il solito ghigno che esibiva quando voleva divertirsi ai danni di terzi. « Resta il fatto che te l’abbia chiesto prima io ».

« Resta il fatto che io sia Caposcuola e possa toglierti venti punti » lo minacciò la ragazza, autoritaria, piegando le labbra in un sorriso soddisfatto non appena lo vide assottigliare gli occhi. « Come la metti? »

Sirius sbuffò e si scostò i capelli neri dal viso, alzando gli occhi al cielo. Sapendo che l’amico sarebbe potuto rimanere in silenzio solo per far dispetto alla ragazza, James decise di parlare al posto suo e spiegarle - più o meno - tutto.

« Doveva ritirare alcune cose per noi » le disse, minimizzando la questione. 

« Alcune cose… cosa, di preciso? » indagò ancora Lily, a metà tra il severo e il curioso.

« Non pensavo ti interessassero gli affari miei, Evans » commentò Sirius con un sogghigno, mentre la ragazza gli lanciava un’occhiata infastidita. 

« Rispondetemi » li avvertì, non sopportando l’idea di essere all’oscuro di qualcosa. « E poi, ora che ci penso: tu da dove diamine sei spuntato? » aggiunse, rivolta a Sirius. 

« Cosa ci ottengo dal risponderti? » la prese in giro lui con boria. 

Lily strinse le labbra in una linea sottile, e dal suo sguardo fu chiaro a tutti e tre che sarebbe volentieri saltata al collo di Sirius per picchiarlo alla babbana.

« Vedi, Lily… » cominciò Peter, fermandosi però non appena il giovane Black gli lanciò un’occhiata ammonitrice. 

James, che invece era sempre stato immune al potere del suo migliore amico di far tacere la gente con un solo sguardo, cominciò a parlare al posto di Peter.

« Viene da Mielandia » le disse, facendole sgranare gli occhi. « Doveva andare ad Hogsmeade per prendere degli alcolici per la festa di stasera » le spiegò ancora, mentre Sirius sbuffava per l’ennesima volta nell’arco di qualche secondo. 

« Diamine, Prongs, perché devi sempre rovinarmi tutto il divertimento? » si lamentò infatti il giovane Black.

James non gli rispose neanche, limitandosi a guardarlo storto, e gli diede una gomitata nelle costole; in tutta risposta, quello gli lanciò un’occhiata truce e prese a massaggiarsi la parte offesa. 

« Alcolici? » ripeté Lily, a metà tra il divertito e lo sconsolato. « Aspettate… » fece poi, tornando a guardare Sirius, « come sarebbe a dire che vieni da Mielandia? Sarebbe un passaggio segreto? »

« Certo che per essere la prima della classe sei proprio sveglia… » la prese in giro il ragazzo, mentre James sentiva crescere in lui il desiderio di strangolare il proprio migliore amico, lì, in quel preciso istante.

« Sì, è un passaggio segreto » confermò Peter, scoccando un’occhiata di rimprovero all’altro.

« Mi dispiace, Lily, ma non puoi neanche dire qualcosa a qualcuno… Perché tu sapevi della festa » disse poi James, sapendo già cosa stava pensando di fare la ragazza, condendo la propria frase con un sorrisetto vittorioso. 

Lily lo guardò un attimo, pensierosa, prima di chiudere lentamente gli occhi e mormorare: « Merda ».

Sirius scoppiò a ridere insieme a Peter, mentre James sorrideva e si passava una mano tra i capelli. 

« Ora sei una nostra complice » scherzò ancora il giovane Cacciatore, incrociando gli occhi di lei: aveva capito che James aveva ragione. 

A dire il vero, non ci sarebbe stato neanche bisogno che lui glielo dicesse, perché già di per sé non aveva l’intenzione di fare la spia: ci aveva pensato un po’, ed era giunta alla conclusione che forse l’idea di organizzare una festa non era poi tanto male. Checché se ne dicesse, infatti, ad Hogwarts Lily poteva anche avere la fama di una studentessa modello, ma ciò non significava assolutamente che non sapesse divertirsi, fuori dalle mura del castello: aveva pur sempre diciassette anni, non sessanta!

« D’accordo » sibilò, fingendosi afflitta. « Allora muovetevi a portare quella roba in Sala Comune, prima che Gazza ci tr… »

Non finì di parlare, perché in quell’esatto istante vide il gatto del custode passare davanti a loro e soffiare in direzione di Peter; quando scorse Sirius, invece, scappò immediatamente, ma il danno era ormai fatto: dove c’era Mrs. Purr, c’era Argus Gazza. 

Lo sguardo che si scambiarono i quattro ragazzi era piuttosto eloquente: avevano pensato tutti la stessa cosa.

« Scappate! » esclamò Lily, mentre gli altri tre prendevano una cassa ciascuno e cominciavano a correrle dietro.

Corsero a lungo, facendo affidamento sulle varie scorciatoie che i tre ragazzi conoscevano.  Arrivarono davanti alla Sala Comune con il fiatone, perciò Lily si ritrovò a dire la parola d’ordine tra un respiro affannato e l’altro. Non appena il quadro si chiuse alle loro spalle, la ragazza si fece scivolare lungo il muro, distrutta. James si appoggiò al muro con la fronte, la cassa accanto ai suoi piedi, mentre Sirius e Peter posavano le casse e cercavano di riprendere fiato. 

« Io vi odio » esalò la Grifondoro dopo qualche minuto, alzandosi. « Siete dei pazzi, e io vi odio ».

Mentre diceva quelle parole, però, James incontrò il suo sguardo e vi scorse una luce divertita che lo fece sorridere. La ragazza si girò, andandosene, mentre Sirius roteava gli occhi e Peter ridacchiava.

« Ci siamo andati veramente vicini, stavolta » commentò Peter, prendendo la propria cassa e avviandosi verso il loro dormitorio. 

Gli altri due lo seguirono subito dopo.

« Sì, ma vedere Lily Evans infrangere una qualche regola non ha prezzo » ribatté Sirius, sogghignando.

James non poté far altro che concordare.

 

*

 

« Quindi James vuole davvero vestirsi come lei, alla festa? » domandò Miriam, divertita, cercando di decidere quale colore usare per dipingersi le unghie delle mani. 

« Così sembrerebbe » rispose Mary con un sospiro, girando la pagina della rivista babbana che Kate le aveva prestato quella mattina. 

« Be’, è una cosa da James, effettivamente » commentò la bionda, optando infine per un bel rosa cipria. 

Mary rise alla sua affermazione, totalmente d’accordo con lei. Era rimasta senza parole quando James, neanche due giorni prima, l’aveva pregata di scoprire da cosa si sarebbe travestita Lily ad Halloween per potersi vestire in maniera simile. Diamine, era un’idea così becera che avrebbe sicuramente funzionato: conoscendo Lily, non si sarebbe trattenuta dall’accusarlo di averle copiato il costume - e se anche fosse stato vero, lei non lo avrebbe potuto sapere con certezza. 

« Tu da cosa ti travesti, Mim? » domandò Mary all’altra ragazza, sporgendosi un po’ dal letto per poterla guardare, dal momento che era seduta per terra al centro della stanza. 

« Zombie » rispose Miriam, tutta intenta a mettersi lo smalto alla mano dominante. « E tu? »

Mary fece per risponderle, ma proprio in quel momento la porta del dormitorio si aprì per far passare una Lily stranamente accaldata. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata perplessa, prima di spostare nuovamente la loro attenzione sulla rossa di fronte a loro.

« Oi, guarda chi si vede » disse Miriam con semplicità, sorridendole. « Dov’eri finita? »

« Lascia stare, guarda » fu l’evasiva risposta della nuova arrivata, che gettò la propria borsa per terra e iniziò a togliersi mantello, cravatta e maglione. « Penso di non aver mai corso così tanto » aggiunse, buttandosi sul proprio letto a peso morto.

Mary e Miriam si scambiarono un’occhiata confusa, prima di tornare a prestare attenzione a Lily. 

« Perché avresti corso, scusa? » le domandò Miriam, curiosa. 

« Perché non lo chiedi a Potter e Black? » ribatté la rossa, cercando di suonare arrabbiata. 

Il tono della sua voce, tuttavia, tradiva un certo divertimento che non passò inosservato a nessuna delle sue amiche. Miriam ridacchiò sommessamente ma non disse nulla, preferendo finire di sistemarsi le unghie e ascoltare soltanto la conversazione, mentre Mary non si trattenne dall’indagare ulteriormente. 

« Cosa c’entrano James e Sirius? » 

« Mi crederesti se ti dicessi che non ho ancora ben capito che diamine hanno fatto? » rispose Lily, ripensando a ciò che era successo poco prima. « So solo che Sirius è spuntato fuori da una statua, e fin qui, conoscendo i Malandrini, posso anche starci. In qualche strano modo veniva da Hogsmeade, dove doveva prendere degli alcolici, e anche qui ci posso stare. Ma poi mi hanno fatto correre dal terzo piano perché si sono quasi fatti beccare da Gazza ».

Mary lanciò un’occhiata a Miriam, che si stava palesemente sforzando di non ridere di fronte all’espressione concentrata e anche un po’ scandalizzata della rossa.

« Cioè, fammi capire… » fece la bionda, metabolizzando quanto Lily aveva appena detto. « Tu non sei arrabbiata perché stavano portando alcolici o perché Sirius veniva da Hogsmeade ed è arrivato passando per una statua… »

« Ma sei arrabbiata perché ti hanno fatta correre? » completò Mary, aggrottando le sopracciglia, sinceramente divertita. 

 Lily non rispose subito, sbuffando per prendersi un po’ di tempo mentre le amiche cominciavano a ridere. 

« Ero stanca » si difese, lanciando loro un’occhiataccia. « Come giornata è stata pesante! Volevo andare a riposarmi e invece mi sono ritrovata coinvolta in una sorta di gara di velocità contro Gazza! »

La sua spiegazione, ad ogni modo, parve non convincere molto le altre due ragazze, che continuarono a ridere e lanciarle occhiate incredule.

« Io non posso crederci » commentò Miriam, scuotendo la testa. 

« Lily Evans che si lamenta di James Potter perché l’ha fatta correre e non perché le ha fatto infrangere delle regole scolastiche » la prese in giro Mary, piegando le labbra in un sorriso sornione. « Direi che abbiamo due Caposcuola veramente eccellenti. Non trovi anche tu, Mim? »

« Davvero eccellenti, nulla da dire » confermò l’altra, annuendo con convinzione e scoppiando poi di nuovo a ridere. 

« E smettetela di prendermi in giro! » si lamentò Lily, in realtà divertita, lanciando il cuscino in direzione di Mary e colpendola in pieno petto.

La mora si lasciò teatralmente cadere sul materasso, emettendo un finto e drammatico « Oh! », come se le avessero appena sparato. Miriam prese a ridere di nuovo e stavolta anche Lily si unì, coinvolgendo ben presto anche Mary. 

« Su, tranquilla, Lily » tentò di rassicurarla la bionda. « Rimarrà tra noi ».

« Forse » aggiunse Mary, guadagnandosi un’occhiata divertita da parte di Miriam e una ammonitrice da parte di Lily. 

« Grazie, ragazze » fece la rossa, sempre guardando con intensità la propria migliore amica, che si affrettò ad esibire il suo sorriso più convincente, fin troppo simile a quello che James aveva tentato di usare poco prima. « Allora » continuò, ormai abituata alle somiglianze tra i due, « di che parlavate prima che arrivassi? »

Miriam, stando bene attenta a non farsi vedere da Lily, lanciò un’occhiata divertita a Mary, che infatti si sbrigò a rispondere.

« Oh, nulla di che! Miriam mi stava dicendo come si sarebbe vestita stasera » disse con finta nonchalance. « E tu da cosa pensi di travestirti? »

« Pensavo di vestirmi da vampiro » rispose. « Non è molto originale, ma ho posticipato fino alla fine ed obiettivamente è il travestimento più facile e veloce per me » le spiegò, stringendosi nelle spalle. « Voi da cosa vi travestite? »

« Banshee » sorrise Mary, che aveva avuto quell’idea dopo aver trovato una tunica bianca ormai smessa nel proprio baule. 

« Io da zombie » disse Miriam, che nel frattempo aveva cominciato a mettersi lo smalto anche sulle dita dei piedi. « Kevin mi ha detto che anche lui si sarebbe travestito da zombie, perciò… »

« Perciò è un appuntamento! » esclamò Lily, intrigata, sdraiandosi a pancia in giù sul proprio letto e guardandola con interesse. 

« Ormai sarà un mesetto che vi frequentate, tu e Smith » commentò invece Mary con finta casualità. « Non è che la nostra Mim dal cuore di ghiaccio si sta prendendo una bella sbandata? »

« Potrebbe essere » ammise la diretta interessata senza il minimo imbarazzo; anzi, dopo aver pronunciato quelle due parole alzò lo sguardo sulle proprie amiche per guardarle con complicità. « Devo dire, poi, che ci sa fare come pochi » aggiunse infatti, maliziosa. 

Lily e Mary scoppiarono a ridere, dopodiché le tre ragazze cominciarono a parlare del più e del meno. Ad un certo punto, tuttavia, la mora si alzò dal proprio letto ed indossò le scarpe.

« Dove vai? » le chiese la rossa, guardandola con curiosità.

« Devo parlare con Marlene » rispose lei, usando la prima scusa che le venne in mente. « Non dovrei metterci tanto, ma se cominciate ad avere fame ci vediamo direttamente giù a cena ».

Le altre annuirono e la salutarono, guardandola poi uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle. Mary non perse tempo e si avviò subito verso il dormitorio di James e gli altri; fortunatamente c’era solo lui, tutto intento a frugare in un cassetto. Quando la vide sulla soglia, ad ogni modo, il suo viso si aprì immediatamente in un sorriso a trentadue denti e la invitò ad entrare.

Senza farselo ripetere due volte, lei si andò a sedere comodamente sul letto del suo migliore amico mentre quest’ultimo le si sedeva di fronte. 

« Auror MacDonald a rapporto » scherzò Mary, facendolo ridere, e si appoggiò con la schiena alla testiera. 

« Allora, Auror MacDonald, ha scoperto qualcosa? » le domandò James, reggendole il gioco.

« Ebbene sì, capo » rispose lei, annuendo con vigore ed incrociando le gambe sotto di sé. « Ma prima voglio il compenso per il mio duro lavoro ».

« Da quando devo pagare la mia migliore amica perché mi faccia un favore? » protestò il ragazzo, allibito, portandosi una mano al cuore con finto ed eccessivo pathos. 

Mary rise e si diede abbastanza slancio in avanti per abbracciarlo, contagiandolo nel frattempo con la propria risata. Gli scoccò qualche rumoroso bacio sulla guancia un po’ ruvida, prima di allontanarsi e rimettersi seduta a gambe incrociate di fronte a lui, anche se leggermente più vicina di prima.

« Su, su! » lo esortò poi con un sorriso impertinente. « Dove sono i miei dolci? »

James sbuffò rumorosamente e alzò gli occhi al cielo, ma nonostante questo si mise comunque in piedi. Si avviò verso il proprio comodino e ne aprì il cassetto, tirandone fuori due Cioccorane che per fortuna era riuscito a nascondere a Remus; tornò a sedersi al posto di prima e, una volta che si fu messo comodo, ne lanciò una a Mary, che l’afferrò prontamente.

« Allora? Queste informazioni? » le ricordò, aprendo la propria Cioccorana e affrettandosi a darle un morso per non farla scappare. 

« Come siamo impazienti » commentò la ragazza, lanciandogli un’occhiata divertita. « Comunque sia, Lily mi ha detto che questa sera si travestirà da vampiro. Direi che ti è andata di lusso, è un costume facile da realizzare ».

James ci pensò su, prima di annuire: dopotutto era vero, non ci voleva granché a mettere su un travestimento da vampiro. Il mantello e un paio di pantaloni neri eleganti li aveva, e per la camicia avrebbe semplicemente cambiato colore ad una delle sue per farla diventare nera. 

« E per i denti? » fu l’unico dubbio che gli venne, prima che addentasse ancora una volta la propria Cioccorana con gusto.

« Usa il Desaungeo e passa la paura » rispose Mary come se fosse ovvio, stringendosi nelle spalle e finendo il proprio dolce. « Mmh, vediamo un po’ che carta c’è » aggiunse, tirando fuori dalla confezione della propria Cioccorana una figurina da collezione. « E chi diamine è Leticia Somnolens? »

James rise sommessamente per la faccia concentrata dell’amica, che stava leggendo con attenzione la breve didascalia sul retro della carta. 

« Ah, è una delle megere famose. Almeno non ce l’avevo già » fece infine, tutto sommato contenta, alzando poi lo sguardo su di lui. « Tu invece chi hai trovato? »

« Non so, aspetta che guardo » rispose James, tirando fuori la figurina contenuta nella propria confezione: rappresentava una bella donna dai lunghi capelli neri e gli occhi rossi, seduta sul bordo di una regale vasca colma di quello che sembrava essere sangue. « Sì! » esclamò, riconoscendo il personaggio. « Ho trovato Carmilla Sanguina! Sai Sirius da quant’è che la stava cercando? Farà di tutto per averla! » gioì, contento, immaginandosi già l’espressione di Sirius quando gli avrebbe detto di aver trovato per la seconda volta l’unica carta che gli mancava per completare la sua collezione. 

Mary ridacchiò, lanciando un’occhiata di sfuggita al letto vuoto di Sirius e non riuscendo a trattenersi dal domandarsi dove si trovasse in quel momento. In Sala Comune non c’era, ed era strano che lui non aiutasse nei preparativi della festa come invece era solito fare. 

« A proposito di Sirius » fece dopo un po’ con tono casuale, una volta che James ebbe riposto la sua nuova figurina dentro il cassetto del suo comodino. « Come mai non c’è? Pensavo di trovarlo giù, ma non c’era ».

Lui si strinse nelle spalle con noncuranza e piegò le labbra in un sorriso divertito e complice.

« Andiamo, conosci Sirius » le disse con tono scherzoso. « Sarà da qualche parte con Abigail Thomas o qualcosa del genere » continuò, sbuffando una risata.

Mary ci mise qualche secondo di troppo, ma alla fine, per non destare sospetti, si lasciò andare ad una risata. Abbassò il capo e scosse la testa, fingendosi divertita, mentre in realtà le faceva male sapere che, al contrario suo, Sirius riusciva frequentare altre ragazze. Tuttavia c’era la parte di lei più legata a quel ragazzo che sapeva bene quanto fossero montate le voci sul suo conto, perciò in quel momento si sarebbe anche potuto trovare con qualche amico; rimaneva ad ogni modo il fatto che anche solo pensare a Sirius con un’altra le dava più fastidio di quello che avrebbe dovuto. 

« Tu come stai, comunque? » le chiese James, attirando la sua attenzione e strappandola dai suoi stessi pensieri. « Questa settimana non abbiamo avuto neanche un minuto per stare da soli, mi dispiace. Sono il tuo migliore amico, ti sarei dovuto rimanere accanto ».

Mary gli sorrise con affetto, capendo subito che si stava riferendo alla sua rottura con Dylan avvenuta ormai sei giorni prima. All’inizio era stata lei a sviare volutamente l’argomento, ma quel weekend i professori li avevano riempiti di compiti e in questo modo il tempo per stare insieme si era ridotto quasi allo zero. 

« Come stai, ora? » si premurò di domandarle ancora, posandole una mano sulla gamba. 

« So che è un po’ strano da dire, ma dopotutto sto bene » ammise, liberandosi da un peso.

« Ma pensavo che con Dylan andasse tutto a gonfie vele… » commentò James, preso un po’ in contropiede da quella rivelazione: erano giorni che voleva parlarle del suo ormai ex ragazzo, e si era preparato psicologicamente a un discorso strappalacrime. 

« Infatti andava tutto bene » confermò lei, stupendolo ancora di più. « Ma ho finito per rendermi conto di non provare per lui quello che credevo di provare. Non fraintendermi » si affrettò ad aggiungere, « tenevo un sacco a Dylan. Ma non… non credo fosse amore, ecco ».

« Cosa te lo fa pensare? » le chiese, curioso. 

Mary sospirò e si strinse nelle spalle, non sapendo bene cosa dire per spiegarli al meglio i propri pensieri, soprattutto perché lei era la prima a non avere ben chiara la situazione. In più c’era quella stupida parte di sé che sembrava non volerle far ammettere di esserci cascata come qualunque altra ragazza, ricordandole inoltre del loro patto di non far parola con nessuno di quello che era successo, neanche con James. E lei odiava nascondere qualcosa a James, un po’ perché non ci era abituata e un po’ perché non voleva: era il suo migliore amico, la persona che c’era sempre stata per lei, la persona che l’aveva e l’avrebbe supportata sempre e comunque.

« Non lo so » mentì, cercando di scacciare dalla propria mente le sensazioni che provava quando si trovava Sirius di fronte. « Non… è complicato da spiegare. Onestamente un po’ mi manca, a volte. Sai, comunque è bello avere qualcuno accanto, qualcuno da amare… Questo mi manca. E mi manca anche lui perché… perché per me è stato importante sul serio, solo che in questo periodo penso di dover stare un po’ da sola e schiarirmi le idee » aggiunse, prima di provare a cambiare discorso. « Ma perché me lo chiedi? »

James si passò una mano tra i capelli, piegando le labbra in un sorrisetto appena imbarazzato.

« Sei la mia migliore amica » le rispose. « Volevo sapere come stessi e perché avessi chiuso una relazione che mi sembrava ti rendesse felice. Tutto qui ».

« Questo lo avevo capito » ribatté lei con una risatina. « Volevo sapere come mai ti interessasse sapere come mai io abbia cominciato a farmi domande su quello che provavo per Dylan. Che c’è, Jamie, c’è qualcosa che devi dirmi? » aggiunse, chinandosi leggermente verso di lui con aria di cospirazione.

« Io? Ma ti pare? » fece lui, alzando gli occhia al cielo con ostentata superiorità.

« Oh sì che mi pare » rispose Mary, mostrandogli il sorriso di chi la sa lunga. « Su, parla ».

« Non so quale strana congettura la tua mente bacata abbia partorito, ma sappi che sei sulla strada sbagliata » la prese in giro, cercando invano di liquidare il discorso.

« Si tratta di Lily, non è così? » continuò ad indagare lei, sempre più curiosa. 

James sbuffò e si passò una mano tra i capelli.

« Io non ho detto nulla » provò a dire in propria difesa, ma servì a poco.

Mary, infatti, emise un urletto soddisfatto e gli si lanciò addosso per abbracciarlo, esclamando con fare scherzoso: « Oooh, allora qualcuno qui non ha spazio solo per il Quidditch nel proprio cuore! ».

 

*

 

La festa era riuscita bene, proprio come avevano immaginato: la Sala Comune era affollata e caotica, e Jenny - una del sesto che aveva partecipato all’organizzazione della serata e che abitava ad Hogsmeade - era addirittura riuscita a rimediare dai suoi un grammofono, la cui musica aveva coinvolto già parecchia gente in danze scatenate. Su un tavolo magicamente ingrandito erano stati sistemati gli alcolici, sebbene inizialmente Lily avesse avuto qualcosa da ridire, e tutti sembravano starsi divertendo un mondo. 

Sirius notò con un ghigno che si era preso qualcosa da bere anche Remus, il quale si stava godendo la propria bevanda in compagnia di Peter e qualche altro loro compagno di Casa, tra cui riconobbe Michael Sloper. Dall’altra parte della sala, vicino ad una finestra, vide anche Lily Evans ridere e divertirsi insieme a Miriam e gli venne da ridere, nel ricordarsi la sua faccia  incerta quando le avevano parlato per la prima volta di quella festa.

« Come mai qua tutto solo? » gli domandò una voce ben familiare, il volume alto per sovrastare quello della musica. « Pensavo che, a questo punto della serata, ti saresti già appartato in un angolo con qualcuna ».

Sirius si girò per guardare James in faccia, notando così il suo travestimento da vampiro, denti e rivolo di sangue compresi. Tra le mani stringeva due bicchieri e uno lo porse a lui, che lo prese e lo ringraziò con un cenno del capo; ne bevve qualche sorso, riconoscendo il sapore di un drink babbano che avevano bevuto insieme l’estate precedente in un pub di Godric’s Hollow. Quando si girò nuovamente verso di lui per parlargli, tuttavia, lo trovò intento a guardare Lily che si sfiorava i denti da vampiro, sapientemente allungati con la magia.

« Sembra quasi che vi siate messi d’accordo » commentò con un sorrisetto, non rispondendo alla sua provocazione di poco prima. 

« Infatti » fece semplicemente James, nascondendo un ghigno dietro il proprio bicchiere. « Solo che lei questo non lo sa ».

Sirius lo guardò con un sopracciglio inarcato, perplesso, ma in tutta risposta James si limitò a stringersi nelle spalle e posare sul camino il proprio bicchiere ormai vuoto. 

« Diciamo che potrei aver chiesto a Mary di dirmi da cosa si sarebbe travestita Lily » rispose con un ghigno soddisfatto, lanciando un’altra occhiata fugace in direzione della ragazza. « Ora, se mi permetti » continuò, posandogli una mano sulla spalla con fare complice, « raggiungo i miei simili. Sembrerebbe che la mia dolce metà sia rimasta sola ». 

Così dicendo, il ragazzo si allontanò e si incamminò verso Lily, che si era separata da Miriam e si era appena seduta sul bracciolo di una poltrona. Sirius, rimasto solo, scosse la testa e si chiese quanto fosse ormai irrecuperabile la situazione di James. 

Poi, ripensando a ciò che gli aveva detto l’amico, si guardò attorno a lungo prima di riuscire a trovare quello che stava cercando: era vicino al tavolo degli alcolici come al solito e parlava con un Zach O’Flaherty, il Cercatore del sesto anno. Quel ragazzo gli stava simpatico, ma non gli piaceva particolarmente il fatto che le stesse così vicino e che le stesse versando ancora da bere. 

Sapeva che quello che faceva Mary non era affar suo sotto alcun punto di vista, ma non riuscì a trattenersi e alla fine, dopo aver bevuto in un sorso il proprio drink, li raggiunse. Senza dire nulla passò un braccio intorno alle spalle della ragazza, ricevendo un’occhiata a metà tra il curioso e l’imbarazzato da parte di Zach. 

« Ehi, Zach, come stai? » fece Sirius con tono amichevole. 

« Oi, Sir » lo salutò di rimando il ragazzo, lanciando un’altra rapida occhiata al braccio che lui aveva poggiato sulle spalle di Mary, la quale lo stava guardando con perplessità. « Tutto alla grande, tu? »

« Alla grande » ripeté Sirius con convinzione, prima di sfoderare il proprio sorriso più convincente. « Senti, Zach, potresti scusarci? Devo parlare con Mary in privato ».

Dopo averle lanciato un’occhiata incerta, il ragazzo annuì. 

« Ci becchiamo dopo, eh? » si limitò a dirle prima di andarsene, ricevendo in risposta un cenno positivo del capo e un sorriso amichevole.

Quando Zach si fu allontanato, perdendosi tra la folla, Sirius si allontanò da lei e l’affiancò, scegliendo una bottiglia di alcol dal tavolo per riempirsi il bicchiere. 

« Cosa mi dovevi dire? » gli chiese Mary, avvicinandoglisi di un passo e porgendogli il proprio bicchiere affinché lui le versasse da bere. 

« Approfittatrice… » commentò il ragazzo, scuotendo la testa e fingendosi annoiato. 

Lei alzò gli occhi al cielo e bevve un lungo sorso di quello che scoprì essere del Whiskey Incendiario e che per alcuni secondi le infiammò la gola, facendola tossire. Quando riportò lo sguardo sul viso di Sirius lo trovò intento a scrutarla con attenzione, le labbra piegate in un sorriso sghembo. 

« Allora? » insistette, mentre le sue guance tornavano pallide come al solito. « Di cosa volevi parlarmi? »

Lui non le rispose, continuando a guardarla come se la stesse studiando. Ed effettivamente era così. Peter diceva sempre che Mary, sebbene avesse un viso particolarmente bello, era troppo magra per i suoi gusti, ma Sirius non aveva mai ritenuto che quello fosse un grande problema, soprattutto in quell’occasione. Non aveva un fisico molto formoso, ma era tonico e sodo, come lui stesso aveva potuto verificare personalmente. 

Quella sera indossava una leggera tunica bianca che le arrivava alle caviglie ed era leggermente sbrindellata in alcuni punti tattici, come il taglio sulla spalla o i numerosi spacchi della parte inferiore della veste. I capelli appena arruffati e gli occhi rossi, poi, facevano sembrare che avesse appena finito di piangere. 

« Banshee? » tirò a indovinare lui, alzando finalmente gli occhi per incrociare quelli azzurri di lei. 

« Cinque punti a Grifondoro » scherzò Mary, mandando giù un altro sorso di Whiskey, stavolta più piccolo. « E tu da cosa saresti vestito? » gli chiese, lanciando un’occhiata al suo abbigliamento.

Il suo era un travestimento abbastanza semplice ed anonimo, a dire il vero: indossava dei normali pantaloni neri e una maglietta grigio scuro a maniche corte, solo che anche lui aveva tagliato entrambi in alcuni punti e aveva aggiunto delle finte gocce di sangue. In più in viso si era fatto crescere leggermente di più le basette ed aveva arruffato un po’ i capelli. 

« Licantropo » rispose con un ghigno dei suoi, facendola ridere. 

« Remus che ne pensa? » 

« Dopo avermi visto non ha smesso di ridere per un quarto d’ora » ammise Sirius, assolutamente soddisfatto, finendo il Whiskey rimasto nel proprio bicchiere così da poterlo lasciare sul tavolo. 

Vedendo che Mary aveva ancora parecchio Whiskey, però, le prese il bicchiere dalle mani e bevve anche il suo non curandosi delle sue proteste.

« Ehi! Quello era mio! » si stava infatti lamentando la ragazza, ma lui la mise a tacere nel momento in cui le afferrò il polso tra le dita per trascinarla verso il centro della Sala Comune, dove un cospicuo numero di persone stava ancora ballando. 

« Su, balliamo » le disse, senza neanche chiederle se le andasse. 

La trascinò con sé a lato della folla, così da non venir coinvolti in chissà quale strano ballo dai più ubriachi, iniziando poi a muoversi al tempo della musica. Dato che lei non sembrava intenzionata a fargli compagnia, lui afferrò nuovamente la sua mano e le fece fare una giravolta a sorpresa. Mary, che non se lo aspettava, rischiò di cadere, andando invece a sbattere contro il suo petto; borbottando a mezza bocca un’imprecazione, si allontanò di un passo e mise su un mezzo sorrisetto. 

« Così impari a prendermi alla sprovvista » scherzò, una volta che la distanza tra di loro le sembrò abbastanza. 

Sirius scoppiò a ridere e, anziché ribattere come al solito, forse complice quel poco d’alcol che aveva bevuto di fretta, la fece girare su se stessa ancora una volta. Questa volta, di fronte alla faccia divertita del ragazzo, Mary non poté trattenere la risata che le affiorò alle labbra e decise di lasciarsi definitivamente andare e ballare insieme a lui. Era una cosa che le veniva naturale, dal momento che era piuttosto frequente che lei alle feste ballasse con Sirius o James o entrambi. 

Il ragazzo di fronte a lei si premurò di appellare altri due bicchieri - che cosa ci fosse dentro, nessuno di loro lo sapeva -, facendole poi cenno con la testa per invitarla a prenderne uno. Lei non si fece pregare e chiuse gli occhi, sorseggiando lentamente il suo nuovo drink mentre muoveva i fianchi e la testa al ritmo della musica. 

Sirius rise della sua espressione leggermente persa, ricominciando a ballare a sua volta - sempre che il suo si potesse definire ballare, visto che consisteva in movimenti scatenati. Di solito non se la cavava male sulla pista da ballo, ma sapeva che non avrebbe potuto utilizzare le sue solite mosse con Mary; dopo quello che era successo la settimana prima, infatti, avevano cercato di limitare il contatto fisico il più possibile, sebbene qualche volta Sirius avesse avvertito il desiderio di sfiorarla di nuovo. 

Fortunatamente la musica che avevano scelto per quella serata non era lenta, anzi, era molto movimentata, perciò fu facile per loro due evitare determinate situazioni e non sentirsi in imbarazzo. Lei ballava perlopiù ad occhi chiusi, lasciandosi guidare dal ritmo delle varie canzoni, ed erano stati anche raggiunti prima da Miriam, che poi se n’era andata di nuovo via per stare con Kevin Smith, e per qualche canzone anche da Peter e un ragazzo del sesto anno. 

Un po’ di tempo dopo - che fossero passati venti minuti o ore intere, loro non lo sapevano con certezza - si allontanarono dalla folla, stanchi e accaldati. Si appoggiarono al muro vicino all’entrata della Sala Comune per poter prendere un po’ d’aria e, quando Sirius si lasciò scivolare lungo il muro per sedersi per terra, Mary si mise a ridere. 

« Che ti ridi? » le domandò, guardandola dal basso con le labbra piegate in un ghigno. 

« Oh, niente, niente » rispose lei, vaga, sedendosi poi accanto a lui e buttando la testa indietro per appoggiarla al muro. 

Sirius non disse nulla, limitandosi a scuotere la testa e ridacchiare sommessamente mentre anche lei riprendeva un po’ di fiato. Avevano ballato per parecchio tempo, ed ora le facevano male tutti i piedi, ma sapeva che la festa non sarebbe finita ancora per qualche ora: quelli del settimo e del sesto anno erano ancora tutti presenti, e c’erano anche alcuni del quinto e del quarto. 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, la musica che ancora rimbombava nella Sala Comune, finché Mary non parlò per prima. 

« Se la McGranitt lo scoprisse credo che ci metterebbe tutti in punizione a vita » gli disse, girando il viso verso di lui con un sorriso divertito stampato sulle labbra.

« Ringrazia tutti gli incantesimi che abbiamo usato, allora » fu la risposta di Sirius, che aveva gli occhi puntati al soffitto. « L’unica volta che ho visto usare più incantesimi in una sola volta è stato il giorno che siamo finalmente riusciti a creare la Mappa » aggiunse con una risata. 

« Addirittura? » fece Mary, divertita, passandosi una mano tra i capelli. « Senti, Sir, ma di cosa volevi parlarmi prima? » gli chiese dopo qualche secondo di silenzio, attirando la sua attenzione. 

Sirius infatti spostò gli occhi dal muro di fronte a loro e girò il viso verso di lei, guardandola con un sopracciglio inarcato.

« Di che stai parlando? » 

« Come sarebbe a dire di cosa sto parlando? » ripeté lei, perplessa. « Prima. Quando stavo parlando con Zach e tu gli hai detto che mi dovevi parlare in privato. Ecco, che volevi dirmi? »

« Ooh » fece Sirius, capendo cose lei stesse chiedendo.

Il problema era che non aveva la benché minima idea di come risponderle. Gli aveva dato fastidio che Zach le stesse così vicino ed aveva pensato di marcare il territorio, e il fatto che quel territorio non fosse effettivamente suo non importava minimamente. 

« Allora? » insistette Mary, curiosa. 

« Me lo sono dimenticato » disse lui, sfoderando il sorriso più convincente del proprio repertorio.

Ovviamente, non funzionò.

« Ma come fai ad essertelo dimenticato? » sbottò la ragazza, allibita. « Sembrava che dovessi parlarmi di chissà che e ora mi dici che te lo sei dimenticato? »

« Sono cose che possono capitare » si difese Sirius, stringendosi nelle spalle. 

« Io non ho più parole » borbottò infine Mary, dopo averlo continuato ad osservare con gli occhi sgranati per qualche secondo, spostando lo sguardo sulla porta di fronte a loro, che portava al dormitorio femminile. 

Sirius sorrise tra sé e sé, contento di averla sventata; ciò che lui non sapeva, però, era che Mary gli stava ancora lanciando delle occhiate furtive, e quando lo vide sorridere iniziò a capire quello che era successo.

« Lo hai fatto apposta » disse, facendolo girare nuovamente verso di sé. 

« Eh? » 

« Lo hai fatto apposta » ripeté, sfidandolo a controbattere. « Non volevi dirmi proprio niente, non negarlo. Perché lo hai fatto? »

« Ma ti pare che possa averlo fatto apposta? » ribatté lui, fingendosi allibito. 

« Sì, mi pare » rispose lei come se fosse ovvio. « Ma non capisco perché ».

« Be’, perché non avrei dovuto? » fu la sfacciata risposta di Sirius. 

« E perché avresti dovuto, invece? » sbottò Mary, un po’ innervosita. « Non hai alcun diritto di intrometterti nelle mie amicizie e non hai alcun diritto di intrometterti nella mia vita in generale! Qual è il tuo problema? »

« Certo, come se Zach volesse solo la tua amicizia, come no… » commentò Sirius, sbuffando una risata sarcastica e senza guardarla in faccia. 

« Zach si sta sentendo con Marlene, razza di imbecille! » lo contraddisse lei, aprendo la bocca per inveire ancora contro di lui e bloccandosi all’improvviso. « Aspetta… » continuò, la voce più bassa e gli occhi increduli, « tu hai fatto tutto questo perché pensavi che Zach ci stesse provando con me? Ma qual è il tuo problema? Cosa te ne importa? »

Sirius non rispose immediatamente, non sapendo bene cosa dirle. Dopotutto, che gliene importava di chi ci provava con Mary? Maledicendosi mentalmente, dovette ammettere a se stesso che gli importava, eccome se gli importava. 

« Sei una mia amica, Mary » si limitò a dirle, alzando le spalle. « Ti sei lasciata da poco, non vorrei mai che girassero brutte voci su di te » aggiunse, usando la classica scusa dell’amico preoccupato per la sua reputazione. 

« Da quando flirtare con qualcuno mi varrebbe la nomea di sgualdrina, scusa? » gli chiese, assottigliando lo sguardo. « E poi, stai davvero usando una scusa del genere? Devo ricordarti quello che è successo lo stesso giorno che mi sono lasciata con Dylan? »

Sirius sbuffò, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. 

« Allora? » s’impuntò Mary, sfruttando la loro vicinanza per dargli una spallata. 

« Che voleva Dylan, l’altro giorno? » si decise a domandarle infine, trovando finalmente il coraggio di porle quella domanda. 

Erano giorni che voleva chiederglielo, soprattutto perché nemmeno James aveva saputo dargli qualche informazione; ripensandoci a posteriori, poi, probabilmente Mary non avrebbe detto tutto quanto a James, o lui stesso si sarebbe beccato un bel pugno. Perciò aveva fatto finta di nulla, aspettando il momento giusto per farle quella domanda e rendendosi conto che sarebbe potuto non arrivare mai. Perciò, sebbene sapesse di non poter avanzare pretese su Mary, quella sera decise di chiederglielo.

Da quando erano andati a letto insieme, neanche dieci giorni prima, aveva ripensato fin troppo spesso alla sua pelle, ai suoi capelli scuri sparsi sul cuscino… e per quanto odiasse ammetterlo, il ricordo del suo respiro affannato e delle sue gambe strette attorno ai propri fianchi gli faceva sempre un po’ troppo effetto. 

« Che c’entra adesso? » ribatté lei, sentendosi improvvisamente vulnerabile. 

« Non posso porti una domanda? » la provocò Sirius, inarcando un sopracciglio, soddisfatto di essere riuscito a cambiare discorso. 

« Non se lo fai solo per mettermi in difficoltà » rispose Mary, cocciuta. 

« Oh… » sussurrò lui, chinandosi leggermente in avanti per accorciare la distanza tra i loro volti. « Ti metto in difficoltà, quindi? » aggiunse, mentre le sfiorava casualmente il braccio con il proprio. 

« Sogna pure ».

Sirius piegò le labbra in un piccolo sorriso soddisfatto, avvicinandosi ancora di più sotto lo sguardo vigile di lei. 

« Perché ti metto in difficoltà, Mary? » insistette Sirius, facendo scivolare lo sguardo sulle labbra piene della ragazza che ormai aveva a pochi centimetri da sé e ricordandone la morbidezza.

Come se potesse leggergli nel pensiero, lei si allontanò di scatto e puntò lo sguardo sul muro di fronte a loro. Capì di averla innervosita quando la vide stringere tra le dita la stoffa della propria tunica, perciò, sebbene ciò fosse moralmente sbagliato, perseverò nell’avvicinarsi ulteriormente a lei. 

« Non mi metti in difficoltà » gli assicurò Mary, lanciandogli una rapida occhiata di sufficienza. 

Sirius rise sommessamente, scuotendo la testa con finta incredulità, prima di alzarsi in piedi e guardarla dall’alto. Sembrava ancora più piccola ed esile del solito, seduta a terra in quella sua tunica bianca e logora; guardandola negli occhi, tuttavia, capì di averla provocata a dovere, proprio come voleva. Sapeva che, a quel punto, lei non gli avrebbe permesso di avere l’ultima parola.

« Sai una cosa? Non ti credo neanche un po’ » le disse con un sorriso sghembo. 

« Perché? » gli chiese lei, sfacciata.

« Perché io ti metto in difficoltà, che tu lo voglia ammettere oppure no » rispose Sirius, alzando le spalle con finta nonchalance. « Sappiamo entrambi che non ti sono indifferente, solo che tu ti ostini a negarlo » aggiunse, prima di girarsi e avviarsi verso le scale che portavano al proprio dormitorio.

Aveva salito appena due gradini, quando sentì Mary alzarsi rapidamente in piedi e seguirlo. Dal momento che le stava ancora dando le spalle si lasciò andare ad un sorrisetto soddisfatto, prima di girarsi per affrontarla faccia a faccia. 

Lei era ferma alla base delle scale e lo guardava con le braccia stese lungo i fianchi e i pugni serrati; quando non riuscì a trattenersi, ad ogni modo, salì un gradino e puntò gli occhi nei suoi per mostrargli che non aveva alcuna paura di confrontarsi con lui.

« Non so che idee tu ti sia fatto » cominciò, parlando lentamente, « ma tu non mi fai alcun effetto ».

« Certo » commentò lui, con una risata ironica, senza staccare gli occhi dai suoi. « Nessun effetto ».

« Sì, nessuno » ripeté Mary, annuendo alle proprie parole come se le volesse enfatizzare. « Siamo andati a letto una volta, ma questo non significa che adesso tu possa vantare chissà quale potere su di me… Non sei così importante ».

Pronunciò quelle ultime parole sapendo di mentirgli, perché a conti fatti Sirius per lei era così importante. D’altro canto lui, nel sentirle dire quelle ultime parole, non tentennò minimamente; un po’ gli diedero fastidio, ma si sforzò di farsele scivolare addosso.

« Nessun effetto, niente di niente » fece Sirius, scendendo di un gradino per stare sullo stesso di lei ed averla a pochi centimetri da sé. « Perciò se faccio così » continuò, avvicinandosi a lei finché non la vide appoggiarsi al muro con la schiena, « non ti faccio nessun effetto? »

« Nessuno » rispose lei, tentando di non dare particolari inflessioni alla propria voce.

Resse il suo sguardo, fingendo di non dare peso alla propria schiena ormai schiacciata contro la parete, e non abbassò gli occhi neanche quando lui avvicinò ulteriormente il viso al suo. 

« Okay… » sussurrò Sirius, sempre più vicino. « Neanche se faccio così, no? » la provocò ancora, parlandole ormai sulla bocca. 

Mary sentiva il suo respiro lambirle le labbra, bloccandole per qualche secondo le parole in gola, e non poté non lanciare una fugace occhiata alla bocca di Sirius, talmente vicina alla sua che sarebbero bastati pochi centimetri per sentirla di nuovo sopra la propria. Quando lui le sfiorò appena il naso con il suo, poggiando una mano al muro, proprio accanto al suo viso, Mary alzò di nuovo gli occhi per incontrare i suoi: era palesemente divertito dalla piega che la situazione stava prendendo, ma anche lui sembrava essersi estraniato e dimenticato del fatto che a pochi metri da loro si stava tenendo una festa. 

« Niente di niente » disse infine, facendolo sorridere appena. 

« E se faccio così, invece? » le chiese un’ultima volta, posando la mano libera a metà strada tra il suo collo e la sua spalla destra. 

Lei fece per rispondergli ancora negativamente, ma Sirius non le lasciò tempo di parlare. Inizialmente il tocco delle sue labbra fu lieve, come se si stesse prendendo tutto il tempo del mondo per godersi il momento, ma con il passare dei secondi cominciò a farsi sempre più passionale; le ci vollero pochi secondi per circondargli il collo con un braccio, portandoselo ancora più vicino, e ricambiare il bacio allo stesso modo.

Per quanto destasse ammetterlo anche a se stessa, le era capitato più volte di ripensare a ciò che era successo con Sirius - anzi, non qualche volta, ma fin troppo spesso. Si era anche chiesta se avrebbero mai replicato quell’esperienza, ma di certo non aveva mai pensato che potesse succedere ad una festa di Halloween e con quelle premesse. 

Forse fu quello a farla rinsavire leggermente: cercò di non fare caso a quanto le piacesse sentire le mani di Sirius vagare lungo la propria schiena, interruppe il bacio e allontanò il proprio viso da quello del ragazzo. 

« Credo che faremmo meglio a tornare alla festa » sussurrò, puntando lo sguardo su un taglio dello scollo tondo della maglietta di Sirius pur di non guardarlo negli occhi.

Sirius sbuffò una risata, una mano ancora aperta alla base della schiena di Mary e l’altra ferma sul suo fianco, prima di parlare.

« Lo pensi davvero? » le domandò, ironico, guardandola dall’alto dei suoi dieci centimetri in più e osservando le ombre che le sue ciglia scure formavano sulle sue gote pallide.

« Sì » riuscì a rispondere lei, sebbene non fosse riuscita a conferire alla sua voce la sicurezza che avrebbe voluto.

« Chissà perché non ti credo per niente » commentò Sirius, muovendo con studiata lentezza la mano che non aveva ancora lasciato la schiena di lei.

Mary trattenne a stento un sospiro prima di provare a ribattere, commettendo tuttavia lo sbaglio di rialzare lo sguardo e puntarlo in quello del ragazzo. Gli occhi di lui erano così vicini ai suoi da occupare tutto il suo campo visivo e la loro intensità le impedì di formulare una qualunque frase sensata. 

« Peccato » esalò, senza staccare gli occhi dai suoi. « Dovresti, invece ». 

Sirius inarcò un sopracciglio, guardandola con scetticismo; poi scosse la testa, le labbra piegate in un sorriso divertito, come se lei avesse detto chissà quale battuta.

« Io non credo » ribatté infatti, sfiorandole distrattamente la linea della mascella con la mano libera.

Lei socchiuse gli occhi per qualche secondo, prima di scuotere la testa come se stesse cercando di scacciare una mosca fastidiosa. Odiava il comportamento che Sirius stava assumendo in quel momento, così come odiava il fatto che il suo corpo fosse così propenso e rapido nel rispondere ad ogni suo gesto. Lui la sfiorava appena, e dopo pochi secondi lei già sentiva la mancanza delle sue dita sulla pelle. 

Non doveva sentirsi così, almeno non nei confronti di Sirius, e invece era proprio lui a farle provare determinate emozioni. Non avrebbe dovuto sentirsi così, ma era una cosa che sfuggiva al suo controllo.

Fece dunque per scansarsi, ma avvertì chiaramente la presa di Sirius farsi appena più forte, spingendola inesorabilmente ancora più vicina a lui. 

« Te lo ripeto, perché forse non mi hai capito bene » disse, la voce improvvisamente più dura e sicura, cercando di mettere l’ennesimo muro tra di loro. « Dovresti credermi ».

« E perché? » fu la sfacciata risposta di Sirius, che stava cominciando ad accigliarsi.

« Perché penso davvero quello che ho detto » ripeté, spostando la mano di Sirius dalla propria schiena con la propria e trovando il modo di scendere di un gradino. « Sarebbe meglio tornare alla festa ».

Lui fece per ribattere, prima di sospirare e passarsi una mano sul viso, palesemente contrito.

« Io non ti capisco » affermò poi, parlando nell’esatto momento in cui lei si era girata per tornare in Sala Comune dagli altri.

Mary si arrestò all’istante e si voltò verso di lui, presa in contropiede.

« In che senso? »

« Nel senso che non ti capisco » le ripeté, scendendo a sua volta sul pianerottolo per fronteggiarla di nuovo. « Tu ti ostini a dirmi che non ti faccio nessun effetto, quando tutto quello che fai dice l’esatto opposto. Dai » fece, alzando gli occhi al cielo quando la vide aprire la bocca per ribattere e bloccando ogni sua protesta sul nascere, « non negarlo. Prima ti ho baciato e tu hai ricambiato. Eccome se hai ricambiato. Perciò no, non capisco perché tu debba mettere su tutto questa stupida sceneggiata quando è ovvio che anche tu vuoi la stessa cosa che voglio io ».

« Hai mai pensato che questa potrebbe non essere una stupida sceneggiata, come l’hai definita tu, ma la realtà? » mentì, le sopracciglia aggrottate e le braccia tese lungo i fianchi. 

« Oh, ma per favore, smettila di mentirmi! »

« Non ti sto mentendo! »

« Ah, davvero? » fece lui, scettico, inarcando le sopracciglia.

« Già, davvero » gli assicurò, incrociando le braccia sotto al seno.

« Ma vaffanculo, Mary » sbottò Sirius, roteando gli occhi, e stavolta fu lui a fare per tornare in Sala Comune a cercare i suoi amici.

« Ma vaffanculo te! » esclamò lei in risposta, infastidita.

« No, vaffanculo te! » ripeté lui, tornando a guardarla. « Vaffanculo te e tutte le cazzate che dici. Perché sì, anche se tu non hai il coraggio di ammetterlo, le tue sono solo cazzate ».

« Non sono cazzate » ribatté Mary, cocciuta, sebbene sapesse che in fondo lui aveva ragione: ad ogni modo, secondo lei, ciò non lo autorizzava a trattarla così. 

« Sì che lo sono » ribadì Sirius con convinzione, prima di sbuffare una risata e piegare le labbra in un sorrisetto ironico. « Che c’è, hai paura di lasciarti andare? »

Mary strinse i pugni, mordendosi l’interno della guancia per non cominciare a riversargli addosso tutti gli insulti a cui continuava a pensare. In quel momento il fatto che lui fosse in grado di capirla con tanta facilità la mandava in bestia, ma ciò che lei non poteva sapere era che, in realtà, Sirius non ci stava più capendo niente: semplicemente, non sapeva né cosa dire né cosa fare. 

« Io non ho paura ».

« Sì, invece ».

« Per niente » gli assicurò, facendo un minuscolo passo indietro. 

Sirius ridacchiò, scuotendo la testa.

« Che c’è, continui ad allontanarti perché sai che sennò saresti costretta ad ammettere che ho ragione? »

« Forse sei un po’ troppo sicuro di te, non credi? » 

Lui fece finta di pensarci, prima di risponderle.

« Sì, forse è così » ammise con un sorrisetto. « Ma ciò non cambia il fatto che tu sia attratta da me » aggiunse, facendo un passo in avanti per starle più vicino.

« Ti ripeto che non è così » ci tenne a ricordargli Mary, testarda.

« Scommettiamo? » la provocò, guadagnandosi un’occhiata a metà tra l’incuriosito e il preoccupato. 

« Cosa? » gli domandò lei, sapendo bene che l’eccessiva vicinanza di Sirius ultimamente le era gradita e temuta allo stesso tempo.

« Che ho ragione » rispose il ragazzo, stringendosi nelle spalle e circondandole il polso con le dita.

La tirò appena, prendendola di sorpresa per l’ennesima volta in quella serata, facendola cozzare nuovamente contro il suo petto. Stavolta, tuttavia, Mary non abbassò lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi quasi volesse dimostrargli di non aver affatto paura di lui e di quello che le faceva provare. 

Solo che, in realtà, sapeva che lui aveva totalmente ragione. 

E lo seppe con certezza matematica quando Sirius posò nuovamente le labbra sulle sue, affondando la mano libera tra i suoi capelli. All’inizio provò a scostarsi, posandogli le mani sul petto e facendo per allontanarlo, ma, per quanto incoerente ciò potesse farla sembrare, quando sentì la sua lingua chiedere accesso alla propria bocca non riuscì a non schiudere le labbra e ricambiare il suo bacio per la seconda volta. Le sue dita, anziché spingere per creare distanza da di loro, strinsero la stoffa della sua maglietta sdrucita quasi con rabbia. 

Quando lui interruppe il bacio, poggiando la fronte sulla sua e stringendo la presa sui suoi capelli, Mary non osò aprire gli occhi, ma le loro labbra si sfioravano ancora e capì subito che stava sorridendo. 

« Allora? » mormorò Sirius, mentre con il braccio libero le circondava la vita e la stringeva maggiormente a sé. 

« Per Merlino, taci » bofonchiò lei in risposta, facendolo ridacchiare sommessamente. 

« Ai suoi ordini » fu la sua risposta, e dopodiché cominciò a lasciarle umidi baci lungo la mascella e il collo. 

Lei lo lasciò fare, piegando appena la testa per dargli maggiore accesso alla propria gola, passandogli un braccio attorno al collo e sospirando lievemente. Sirius ghignò contro la sua pelle, divertito, al ché lei si allontanò di pochi centimetri per guardarlo in faccia. 

Lui non disse nulla, limitandosi a fissare gli occhi nei suoi, le labbra piegate in un piccolo sorriso, e Mary sbuffò, combattuta. Fu una questione di qualche secondo appena, perché questa volta, alla fine, fu lei la prima a baciare l’altro.

Non capiva perché, ma più cercava di allontanarsi da Sirius e più lui sembrava attrarla a sé come una calamita. 

Gli cinse il collo anche con l’altro braccio, azzerando totalmente la distanza tra i loro corpi, e quando sentì le mani di Sirius scendere e alzare la sua tunica per afferrarla per le cosce lei si lasciò guidare, allacciandogli le gambe a fianchi. Nel salire le scale rischiarono più volte di cadere, troppo impegnati l’uno con l’altra per prestare attenzione agli scalini, e  solo quando arrivarono sul pianerottolo della sua camera la fece tornare con i piedi per terra. 

Mentre con una mano cercava a tentoni la maniglia della porta per aprirla, Sirius abbandonò le sue labbra per scendere nuovamente verso il collo. Le scostò i capelli e le baciò la pelle, avvertendo il suo corpo fremere contro il proprio mentre inarcava la schiena e inclinava leggermente la testa dall’altro lato. 

Mary sentiva la pelle scottare dove le labbra di Sirius la sfioravano, e a malapena si accorse che erano finalmente entrati nelle stanza e che si erano richiusi la porta alle spalle. Posò le mani sulle sue guance, mentre i loro baci si facevano mano a mano sempre più profondi, prima di farle scivolare lungo il suo petto e infine sotto la maglietta. 

Non appena lei fece ciò, sfiorando leggermente le pelle morbida del suo addome, Sirius allontanò il viso dal suo collo, inclinando leggermente la testa all’indietro. Chiuse gli occhi, avvicinandosi ancora di più a lei per farsi incontro alle sue dita sottili, ma, anche con le palpebre abbassate, gli sembrava quasi di riuscirla a vedere lo stesso, come se l’immagine del suo viso fosse impressa a fuoco nella sua testa.

Alzò le braccia per aiutarla a sfilargli la maglietta, che finì a terra, lasciandolo a torso nudo. La sua pelle era rovente, i muscoli tesi, mentre tornava a stringerla spasmodicamente a sé; lei, d’altro canto, gli accarezzò il petto con una lentezza quasi esasperante, facendolo sospirare contro la propria spalla. 

Passo dopo passo, Mary si ritrovò con la schiena appoggiata a una delle aste del baldacchino di Sirius, che nel frattempo le aveva alzato nuovamente la tunica, arrotolandola sopra i suoi fianchi, per poterle accarezzare a sua volta tutto il corpo. Lui cercò nuovamente le sue labbra, trovandole nell’arco di un paio di secondi, ma dovette separarsene presto per poterle togliere definitivamente l’abito, che ormai era solo d’intralcio. 

Una volta che il vestito di Mary ebbe raggiunto il pavimento, lui non si trattenne dall’alzarla nuovamente da terra, le sue gambe attorno ai propri fianchi, per posarla sulle coperte vermiglie del letto. I suoi capelli lunghi creavano ghirigori scuri sul cuscino bianco, e lui si perse per un attimo a osservarla - gli occhi azzurri ancora leggermente arrossati, le labbra gonfie e dei segni inequivocabili sulla pelle sensibile del collo. 

Sirius si posizionò sopra di lei, che gli posò le mani sulle spalle per avvicinarlo ulteriormente a sé. Lui le accarezzò i capelli, posandole altri baci sulla clavicola, prima di seguire con le mani il profilo delle sue braccia e del suo busto, scendendo poi dai fianchi stretti fino alle cosce. 

Il corpo di Mary contro il suo era caldo, ma posandole le mani sulle gambe si rese conto che la sua pelle era pervasa da brividi; si ritrovò dunque a sorridere contro le sua labbra, ridacchiando appena, e lei in tutta risposta gli morse il labbro inferiore. 

« Ehi… » fece finta di lamentarsi, prima che lei avvicinasse nuovamente il viso al suo, iniziando a lasciargli un’umida scia di baci lungo la mandibola e la gola. 

Mentre lui chiudeva gli occhi per godersi appieno quella sensazione, le mani di Mary scesero a slacciargli i pantaloni e iniziare ad abbassarglieli; Sirius l’aiutò, scalciandoli subito via, prima di tornare a posarle un rapido bacio sulle labbra e affondare le dita tra i suoi capelli.

Si sollevò appena, facendo forza sui gomiti, e lasciò che i propri occhi vagassero velocemente lungo tutta la figura di Mary; mentre le accarezzava distrattamente i fianchi, lei aprì gli occhi e glieli puntò addosso, studiandolo a sua volta. Quando riportò lo sguardo sul suo viso, incrociando i suoi occhi, si ritrovò ad abbozzare un sorriso, contagiando anche lei. 

Furono entrambi sul punto di dire qualcosa, ma alla fine nessuno dei due disse nulla. 

Mary, infatti, fece lentamente scivolare la propria mano in quella di Sirius, intrecciando le dita con le sue, mentre lui si chinò nuovamente per baciarla ancora.

 

*

 

« Anche tu vestita da vampiro, Evans? » le domandò James, avvicinandosi a lei con due bicchieri colorati tra le mani. « Non è che l’hai fatto apposta? »

Lily roteò gli occhi e accennò un principio di smorfia, ma accettò ugualmente il bicchiere che il ragazzo le stava offrendo e se lo portò alle labbra per berne qualche sorso prima di rispondere.

« Certo, Potter. Devi sapere che ho dato il tormento a Remus per farmi dire da cosa ti saresti travestito ».

James rise e pregò che lei, tra la confusione, non si accorgesse che era arrossito leggermente: dopotutto, lui aveva seriamente dato il tormento a Mary per sapere da cosa si sarebbe mascherata Lily, ma questo lei non lo sarebbe mai dovuta venire a sapere. Mai

« Lo immaginavo. Ora probabilmente tutti penseranno che ci siamo messi d’accordo, ma suppongo fosse questo il tuo obbiettivo! »

« Ovviamente » disse Lily con un sorriso. 

Il suo rapporto con James non aveva fatto che migliorare, dall’inizio dell’anno. A dire il vero aveva cominciato a ricredersi già dall’anno precedente, soprattutto durante la seconda parte dell’anno. Era da allora, infatti, che aveva notato un certo cambiamento in lui: non era più il ragazzino arrogante ed infantile che era stato fino a qualche anno prima, anzi; aveva smesso di trattare la gente con superiorità e si era dimostrato più volte gentile ed educato. 

Lily non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ma più di una volta si era anche stupita nel trovarlo simpatico, soprattutto nell’ultimo periodo. Ormai chiacchieravano spesso, tra una ronda e l’altra, ed erano anche entrati in confidenza. Si era resa conto, piuttosto sorpresa, che sapeva ascoltare le persone e che cercava in tutti i modi di aiutarle a trovare un modo per risolvere i loro problemi. 

Si chiese perché non avesse potuto essere così anche anni prima: non sarebbe mai riuscita ad odiare quel James, che piano piano stava lasciando entrare a far parte della sua vita.

« Ti piace com’è venuta la festa? » le chiese lui, appoggiandosi al davanzale della finestra.

« Onestamente pensavo che avreste combinato un casino » ammise la ragazza con un sorrisino imbarazzato, seguendo con il dito il bordo del proprio bicchiere. « Invece mi sono dovuta ricredere. Siete stati bravi ».

« Visto che non dovevamo fare troppo casino abbiamo pensato che fosse meglio non coinvolgere le altre Case » le spiegò James stringendosi nelle spalle con noncuranza. 

Era contento che a Lily piacesse la festa e che si stesse divertendo; non era neanche l’unica, inoltre, visto che la Sala Comune era gremita di studenti che ballavano o chiacchieravano. Sembravano tutti contenti. 

« Sì, avete fatto bene » concordò Lily riservandogli l’ennesimo sorriso della serata.

Aveva un sorriso bellissimo, pensò James. E in quel momento era indirizzato a lui, solo ed esclusivamente a lui. Se un paio di anni prima qualcuno gli avesse detto che prima o poi lei gli avrebbe sorriso in quel modo, probabilmente si sarebbe messo a ridere e gli avrebbe detto che in quanto a previsioni era peggio della professoressa Swindlehurst. 

« Avevano tutti bisogno di distrarsi, almeno per una serata » continuò lei, tornando ad osservare la folla di gente. 

Con la guerra che imperversava fuori, sapeva che molti suoi compagni non stavano passando un momento facile. Alcuni avevano perso dei familiari e tutti avevano paura di perdere i propri. Quella festa non avrebbe certamente cambiato le cose, ma almeno per una sera nessuno ci avrebbe pensato. 

« È per questo che ci hai dato il permesso di organizzare la festa, vero? »

« Sono così scontata? »

« No. Sei una brava persona, ti preoccupi sempre per il prossimo » le disse James, guardandola di sottecchi mentre arrossiva. « È questo che mi piace di te. Cioè, è un lato di te che piace a tutti, non solo a me. Anche a me, ovviamente, ma piace a tutti ».

Se avesse potuto, si sarebbe gettato dalla finestra seduta stante. Ma cosa gli era preso? Non si era mai comportato così con nessuna. Insomma, non aveva avuto milioni di ragazze, però qualcuna sì e non gli era mai capitato di comportarsi in quella maniera: Lily lo mandava in confusione totale, come se, quando la vedeva, il suo cervello andasse in black out.

La ragazza, al contrario, scoppiò a ridere di cuore prima di girarsi verso di lui; aveva inarcato le sopracciglia, ma era palese che si stesse trattenendo dal ridere di nuovo. 

Guardandola lì, di fronte a lui, con gli occhi ridenti e la bocca piegata in un sorriso raggiante, James pensò a tutte le volte che aveva sperato di vederla sorridergli in quel modo e non riuscì a credere che ciò stesse davvero accadendo. 

« Mi hai capito, dai » annaspò James, imbarazzato per la piega che la sua spiegazione aveva preso.

« Sì, ho capito » rispose Lily con un sogghigno che, dopo qualche secondo, si sciolse in un sorriso più dolce. « Anche tu sei una bella persona, James, ed è questo tuo aspetto a piacere a tutti ».

A Piton e ai suoi amichetti non tanto… si ritrovò a pensare James, leggermente divertito, dovendo però ammettere a se stesso che non aveva mai cercato di evitare che Piton lo detestasse, anzi. Sebbene il suo rapporto con Lily procedesse ormai a gonfie vele, infatti, negli ultimi due mesi era già capitato una o due volte che lui e il Serpeverde si scontrassero, e non solo verbalmente. Si era ripromesso più volte di non cedere né alla tentazione né alle provocazioni, tuttavia alcune volte non riusciva a trattenersi; sperava solo che con il passare del tempo il suo autocontrollo riuscisse a migliorare. 

« Anche a te? » la incalzò, con una luce malandrina nello sguardo. 

Questa volta, infatti, fu lui a ghignare, perché lei sembrava presa in contropiede: non si era aspettata che lui si rigirasse la frittata in quel modo.

Be’, stiamo parlando di James Potter, dopotutto. Non poteva essere cambiato cosi tanto! – pensò, divertita anche lei.

« Sì, anche a me » rispose semplicemente, mentre James sentiva lo stomaco contrarsi.

Non appena Lily pronunciò quelle parole, lui si dimenticò di tutto il resto e di tutti gli altri.

« Quello l’avevo capito, mia cara » scherzò, un po’ nervoso, passandosi la mano tra i capelli. « Te l’ho detto, il fatto che tu abbia voluto a tutti i costi travestirti da vampiro come me la dice lunga ».

Lei rise di nuovo, gettando leggermente la testa all’indietro e mettendo involontariamente in mostra i canini più pronunciati del solito.

« Cavolo, la prossima volta allora dovrò essere più discreta! » esclamò, reggendogli il gioco. « Non vorrei mai che tutti lo venissero a sapere ».

James in tutta risposta le fece l’occhiolino e, notando che aveva finito il drink che le aveva portato, indicò con una mano il tavolo dove avevano lasciato le bevande. 

« Posso offrile un drink, milady? Magari un po’ di sangue fresco? » le domandò, sfoderando poi a sua volta i propri denti da vampiro, e abbozzando scherzosamente un piccolo inchino. 

« Accetto con piacere » disse Lily, afferrando poi il braccio che il ragazzo le porse non appena lei ebbe risposto. « Effettivamente ho la gola un po’ secca, non vorrei rischiare di azzannare qualcuno a fine serata ».

*

 

Sirius si lasciò scivolare accanto a Mary, posando la guancia sul cuscino e guardandola coprirsi con le coperte. 

Era girata a pancia in su, gli occhi chiusi, e non riuscì a trattenere un leggero fremito quando lui le si avvicinò e le passò un braccio intorno al giro vita. Avvertiva chiaramente il suo respiro, ancora un po’ irregolare, accanto a sé, ma non aprì bocca. Non lo fece perché non sapeva neanche cosa dire, ad essere onesti. 

Se possibile, quella volta era stata anche migliore della precedente; che fosse stato per la mancanza di tristezza, che fosse per tutto il preambolo che aveva preceduto l’amplesso, la sostanza rimaneva sempre la stessa. Sirius faceva bene a non crederle, quando gli diceva che non le faceva effetto alcuno, perché era ormai fin troppo palese che fosse una menzogna. 

Quando lui le baciò nuovamente il collo, facendo per muovere ancora più in basso la mano che aveva posato sul suo fianco, però, lei si affrettò a bloccarlo. Aprì gli occhi e girò su un fianco per poterlo guardare, incrociando così il suo sguardo a metà tra il perplesso e il divertito. 

« Che c’è? » gli chiese, tenendo la voce bassa sebbene non ci fosse nessun altro in camera oltre a loro. « Cosa c’è divertente? »

« Nulla » rispose lui, vago, alzando le spalle. 

Mary lo osservò per qualche secondo, meditabonda, soffermandosi soprattutto sul sorriso soddisfatto sulle sue labbra. Che Sirius fosse bello, almeno per lei, era ovvio, ma quell’espressione la impensierì non poco. 

« Qualcosa c’è » insistette. « Di cosa si tratta? »

« Be’ » fece lui, temporeggiando. « Avevo ragione, direi ».

« Scusa? » domandò Mary, inarcando le sopracciglia. 

« Avevo ragione quando dicevo che sei attratta da me ma non volevi darmi la soddisfazione di ammetterlo » le spiegò Sirius con calma, muovendo le dita sul fianco di lei. 

Mary sgranò gli occhi e strinse le labbra in una linea sottile, non riuscendo neanche a trovare le parole per ribattere a quanto lui le aveva appena detto. Allontanò bruscamente la mano di Sirius dal proprio fianco, tirandosi a sedere e alzandosi in piedi per prendere la propria tunica e indossarla di nuovo. 

Mentre lei iniziava a cercare la propria biancheria, lui parlò di nuovo.

« Che c’è? » le chiese, confuso, mettendosi a sedere a sua volta. 

« E me lo chiedi anche? » sbottò Mary, non sapendo se a predominare in lei fosse la tristezza o la rabbia. 

« Ma è per quello che ho detto? » indagò Sirius, facendo per avvicinarsi di più a lei, che però si scansò immediatamente e gli lanciò un’occhiataccia. « Dai, non puoi prendertela per tutto quello che dico ».

« Tu non capisci » ribatté lei, scuotendo la testa e indossando la propria biancheria il più alla svelta possibile. « Dai fiato alla bocca, ma non pensi mai davvero a quello che stai per dire ».

« E questo cosa te lo fa pensare? »

« Che senso ha avuto tutto questo? » fece Mary, non rispondendo alla sua domanda, puntando gli occhi nei suoi. « Perché hai insistito tanto per far sì che succedesse di nuovo? Cosa ne hai ricavato? Un’altra scopata? »

Sirius aprì la bocca per parlare, ma non sapeva davvero come risponderle. Si passò una mano tra i capelli, sospirando e cercando di formulare qualche frase. 

« No, Mary, certo che no » disse infine, sebbene se sapesse che quelle cinque parole non sarebbero mai state abbastanza per la ragazza che aveva di fronte.

Lei, infatti, sembrò afflosciarsi tutto d’un tratto: fino ad un secondo primo le sue spalle erano sempre rimaste rigide, la posa quasi statuaria e l’espressione dura, ma quando lui parlò lei parve rimanerci veramente male. Mary scosse la testa, sbuffando una risata che aveva un che di triste.

« Non riesci neanche a mettere su una risposta o una scusa decente » commentò, delusa. 

« Ma dico davvero! » protestò lui. 

Mary non rispose, limitandosi a lanciargli un’altra occhiata prima di dirigersi verso la porta della stanza e aprendola. Capendo quello che stava per fare, Sirius si alzò rapidamente dal letto e indossò i propri boxer, seguendola. Lei stava per scendere il primo gradino, quando si sentì afferrare per il polso e tirare di nuovo dentro la camera. 

Sirius chiuse forte la porta dietro di sé, sbuffando. 

« Possibile che tu debba far sempre così? »

« Se ti dà così tanto fastidio, lascia che me ne vada » gli fece presente Mary, provando di nuovo ad avvicinarsi alla porta ma venendo ostacolata da lui, che le si piazzò di fronte per impedirglielo. 

« Non ti lascio andar via perché dobbiamo parlarne » ribatté Sirius, pratico. « Cosa vorresti fare, smettere di parlarmi? Poi come lo spiegheresti a James? »

« Gli direi che sei un imbecille » rispose lei, guardandolo con insofferenza. « Non è poi una scusa tanto campata per aria ».

« Se vogliamo dire le cose come stanno, ora sei tu quella che si sta comportando da imbecille » commentò lui, guardandola accigliato. « Mi spieghi perché devi arrabbiarti così tanto? »

« Io non… » cominciò a dire Mary, prima di bloccarsi, sbuffare e ricominciare da capo. « Sono attratta da te, sì. Ora che l’ho ammesso ti senti meglio? Ciò non cambia il fatto che io non abbia la minima intenzione di caderci di nuovo, e questa volta dico sul serio. Non so cosa ti sia venuto in mente, ma io non sono la prossima Gwen Dwight della tua lista, non ho intenzione di farmi prendere in giro ».

Sirius lasciò che lei finisse di parlare, ascoltando con attenzione tutte le sue parole. Non poteva negare che sentirla dire di essere attratta da lui gli fece piacere, ma allo stesso modo non poteva negare di esserci rimasto male nel rendersi conto che lei pensava di essere solo l’ennesima ragazza con cui non avere nulla di serio. Non sapeva se fosse pronto per qualcosa di serio, questo era ovvio, ma se avesse voluto un flirt senza importanza non avrebbe di certo pensato a lei. Se l’aveva baciata, se ci era andato a letto insieme era perché lei gli piaceva non solo fisicamente, anzi, soprattutto caratterialmente. Certo, litigavano di continuo, però su molte cose si prendevano molto; inoltre, non aveva mai conosciuto un’altra ragazza così incline ad infrangere le regole e fare scherzi agli altri, cosa che, insieme a tutto il resto, le era valsa il posto di sua migliore amica per anni. 

La tentazione di provarci c’era stata per tanto tempo, perché nessuno avrebbe potuto negare che Mary, tra il quinto e il sesto anno, fosse sbocciata, abbandonando l’aria da ragazzina e crescendo fino a divenire la bella ragazza che era ora. Obiettivamente, nell’ultimo anno e mezzo si era chiesto parecchie volte come sarebbe stato baciare Mary, e ora che aveva finalmente ricevuto la risposta non sapeva più come comportarsi. 

« Ma tu non sei Gwen Dwight, Mary! » esclamò, punto nel vivo. « Io a te ci tengo ».

« Lo so che tieni a me » rispose lei, la voce che ormai non presentava più la durezza di poco prima ma solo stanchezza. « E anche io tengo a te, proprio per questo ho detto che non ci cascherò più. Non voglio compromettere la nostra amicizia, non l’ho mai voluto ».

Ed era vero. Teneva veramente molto al rapporto che durante gli anni avevano creato insieme, e non lo avrebbe distrutto per niente al mondo; sapeva di non poter pretendere nulla da Sirius, così come sapeva di dover capire cos’avesse in testa in quel momento prima di immischiarsi in qualcosa che rischiava di essere più grande di lei.

« Neanche io vorrei mai rovinare la nostra amicizia » le assicurò Sirius, annuendo con convinzione alle proprie parole. 

Dopodiché tra loro cadde un breve silenzio, dato che nessuno dei due sapeva come portare avanti e concludere la discussione. 

Da una parte c’era Mary, che continuava a maledirsi da sola per essersi ritrovata in quella situazione, in quella confusione, sempre a causa sua: soprattutto, continuava a maledirsi da sola perché sapeva che ciò che provava per Sirius non era né una banale infatuazione né una sbandata come tutte le altre. Dall’altra parte c’era Sirius, che sapeva di provare qualcosa per lei, ma non aveva idea di come dirglielo e aveva paura che per lei non fosse la stessa cosa. E in mezzo c’erano tutte le cose che non si erano detti e che non riuscivano a pronunciare ad alta voce.

« Bene » fece infine Mary, schierandosi la voce. « Allora direi che… che stiamo a posto così ».

« Cosa? » esclamò lui, preso in contropiede. « No, aspetta, non stiamo a posto così! »

Lei non disse nulla, lanciandogli tuttavia un’occhiata confusa. 

« Come no? » domandò dopo un po’, dato che lui non parlava più.

Sirius sembrò combattuto, guardandola con indecisione e incertezza. 

« Tu non sei come Gwen Dwight » le disse, ripentendo le stesse parole di poco prima e ricevendo in risposta un piccolo sorriso divertito.

« Sì, avevo capito… » commentò infatti Mary, sebbene ciò non fosse abbastanza. 

Forse era vero che non era alla stregua di Gwen Dwight, ma stando a James, nonostante il bene che lui provava nei suoi confronti, Sirius non aveva comunque smesso di provarci con altre ragazze dopo quello che era successo il giorno della gita ad Hogsmeade. E ripensarci faceva male come la prima volta che se l’era sentito dire.

« No, lasciami finire. Tu non sei come Gwen, o come qualcun’altra » insistette Sirius, guardandola con serietà. « Io non… io penso di provare qualcosa. Per te. So che forse non è il modo migliore per dirtelo, però io in questi giorni ho ripensato alla nostra prima volta e non ti ho mai considerata solo una scopata o roba del genere… tu non potresti mai essere solo quello ».

Mary aveva chinato il capo quando lui aveva cominciato a parlare, ma non appena Sirius finì il suo discorso alzò la testa quasi di scatto. 

Era strano sentirlo parlare a quel modo, perché non lo aveva mai sentito discutere di sentimenti che oltrepassassero l’amicizia; non poteva negare che quelle parole le avessero fatto piacere, ma c’era una parte di lei, quella insicura ed egoista, che non ci credeva realmente. Ed era una grande parte di lei. 

Dopotutto, c’erano tanti motivi per cui lui non dovesse vederla solo come una scopata: prima fra tutti, la loro amicizia. Considerarla a quel modo sarebbe stato come rinnegare ciò che avevano creato durante quegli anni, e Mary sapeva che lui non lo avrebbe mai fatto. Se c’era una cosa in cui Sirius credeva fermamente era l’amicizia, questo era indubbio. 

Ciò, però, non significava che lui ricambiasse i suoi sentimenti. Le aveva appena detto che provava qualcosa, ma la parte pessimista di Mary continuava a ricordarle il discorso avuto quel pomeriggio con James e tutte le volte che Sirius le aveva parlato di altre ragazze. Oltretutto, non era neanche certo di quello che le stava dicendo in quel momento, e lei le sue insicurezze non le voleva. Non le sarebbero bastate. 

« Tu credi di provare qualcosa per me? » gli domandò, cercando di non fargli capire l’impatto che le sue parole avevano avuto su di lei. 

Lui non rispose, appoggiandosi con la schiena ad una cassettiera lì vicino, e si limitò a sbuffare ed annuire.

« Okay ».

Una sola parola, detta quasi con casualità, e Sirius non riuscì a trattenere una risata. 

« Okay? » ripeté, guardandola con tanto d’occhi. « Mi prendi per il culo? Ti dico che penso di provare qualcosa per te e tu mi dici okay? »

« Sì, tu mi dici che pensi di provare qualcosa per me e io ti rispondo okay » gli rispose Mary, reggendo con fierezza il suo sguardo. « Cosa pensavi che ti avrei detto? Che pensavi che avrei fatto? Credevi che ti sarei saltata al collo dichiarandoti amore eterno? » continuò, sempre senza battere ciglio di fronte alla sua espressione spiazzata.

« Be’, mi sarei aspettato un’altra reazione, sì » ammise Sirius, guardandola come se fosse ovvio.

« Be’, questa è la mia reazione » ribatté lei, cocciuta. 

« Perché? » le chiese, non capendoci più nulla.

« Perché cosa? »

Sirius sospirò, stralunato, e si passò una mano sul viso. Girò per alcuni momenti il viso di lato per sbuffare una risata incredula, prima di girarsi nuovamente verso di lei.

« Perché devi fare così? » indagò ancora, tornando serio. « Ti ho appena detto che provo qualcosa per te e tu mi rispondi come se ti avessi chiesto di farmi posto sul divano! »

« No, tu non mi hai detto che provi qualcosa per me » precisò Mary con una smorfia. « Tu mi hai detto che pensi di provare qualcosa per me e, prima che tu me lo chieda, no, non è la stessa cosa » continuò, vedendo che stava per ribattere e mettendolo così a tacere. « Perciò: tu provi qualcosa per me o pensi di provarlo? »

Sirius non rispose, volendo dirle troppe cose e non riuscendo a dirgliene neanche una. Non poteva dire di non provare nulla per lei, ma d’altro canto non aveva ben capito cosa provasse nei suoi confronti; solo con una ragazza aveva provato qualcosa di più serio, ma con nessuna si era mai sentito come si sentiva in quel momento per Mary. Il fatto che per lei le sue parole non fossero abbastanza, mentre per qualunque altra ragazza forse lo sarebbero state, non era piacevole; lo sguardo diffidente che lei gli stava lanciando, in piedi a due passi da lui, lo infastidiva e allo stesso tempo lo feriva. 

« Appunto » commentò Mary, dal momento che lui non aveva ancora aperto bocca. 

« Io provo qualcosa per te » disse infine Sirius, capendo che se non avesse parlato lei se ne sarebbe andata. 

Lei aggrottò le sopracciglia e rimase in silenzio per alcuni secondi, senza smettere di guardarlo con diffidenza. 

« Dopo che siamo stati insieme sei stato con qualcun’altra? » gli domandò a bruciapelo, volendo togliersi quel dubbio. 

Sirius inarcò un sopracciglio, preso in contropiede. 

« Cosa? »

« Mi hai sentita ». 

« Sì che ti ho sentita » rispose. « Ma perché me lo chiedi? »

« Perché non mi rispondi? » insistette lei, sentendo il peso che già premeva sul proprio petto farsi ancora più pesante. 

« Non è che non ti sto rispondendo, semplicemente non capisco perché tu me lo stia chiedendo » le spiegò Sirius con calma. 

« Rispondimi e basta! » sbottò Mary, spazientita. « L’hai fatto o no? »

Lui sbuffò una risata e scosse la testa, senza parole.

« Non l’ho fatto » rispose infine con enfasi. « Va bene? Non l’ho fatto. E ora mi spieghi perché me lo hai chiesto? »

« Non posso farti una domanda? »

« Sì che puoi, ma perché? »

« Visto che dici di provare qualcosa per me, mi sembra giusto chiederti una cosa del genere » ribatté lei con finta nonchalance, non riuscendo tuttavia a fidarsi del tutto delle sue parole.

I dubbi che nutriva nei confronti di Sirius erano troppi per poterli accantonare dopo un semplice « Non l’ho fatto », soprattutto se per pronunciare quelle parole ci aveva messo tutto quel tempo. 

« Tu non ti fidi di quello che ti sto dicendo? » le chiese lui, colto da un improvviso lampo di genio.

Mary non disse nulla, limitandosi a guardarlo dritto negli occhi in silenzio.

« Mi vuoi rispondere? » continuò, reggendo il suo sguardo e stringendo i pugni lungo i fianchi.

« Sirius, senti— »

« No, Sirius senti un cazzo » la bloccò, alzando una mano. « Ammettilo: tu non credi a quello che ti ho detto ».

Passarono alcuni secondi di silenzio, prima che lei rispondesse:

« No, non ci credo ».

Per quanto potesse negarlo a se stesso, quelle quattro parole gli fecero male. Sapeva di non essere stato un santo in quegli ultimi anni, ma le voci sul suo conto erano state ingigantite notevolmente e di questo Mary ne era a conoscenza; avrebbe capito se davanti a lui ci fosse stata un’altra ragazza, ma sapere che proprio la sua amica più cara non riusciva a fidarsi di lui era una sensazione orrenda. Soprattutto nel momento in cui lui, per la suddetta amica, provava qualcosa che ormai da tempo aveva oltrepassato la semplice amicizia.

« Perché non ti fidi di me? »

« Io mi fido di te, Sirius, ma non riesco a credere alle parole che mi stai dicendo ora » gli spiegò, iniziando ad accusare la stanchezza che quella discussione infinita le stava causando.

« Ma perché non ci credi? » le domandò ancora con insistenza.

« Non ci riesco e basta, non c’è una ragione ».

« Deve esserci una ragione! » esclamò Sirius. « Perché non è normale che ti comporti così quando una persona ti dice che prova qualcosa per te. Quando Dylan si era dichiarato, avevi reagito così? »

« Cosa diamine c’entra Dylan, ora? » ribatté Mary con un’espressione confusa. 

« Allora? Avevi reagito così? » continuò, non rispondendo neanche alla sua domanda.

Lei non rispose e girò il viso dall’altra parte, piegando le labbra in un sorriso sardonico e scuotendo la testa. Le sembrava assurdo che, proprio in quel momento, lui avesse deciso di tirare in ballo Dylan. Innanzitutto perché loro erano due persone totalmente diverse sotto ogni punto di vista, e in secondo luogo perché sapeva che avendo rotto da poco la ferita era ancora aperta, indipendentemente dalla situazione che si era creata: dopotutto lei era stata innamorata di Dylan, sebbene non fosse durata a lungo, e la cosa peggiore per lei era sapere di aver fatto male ad una persona che l’aveva sempre trattata con tutti i riguardi. 

« Non avevi reagito così, vero? » indagò ulteriormente Sirius. « E allora perché con me stai facendo così? Lo hai detto anche tu che sei attratta da me, teoricamente dovrebbe farti piacere sapere che anche io sono attratto da te e che provo qualcosa per te ».

« Io e te siamo amici » gli ricordò Mary, tornando a guardarlo in faccia. 

« E quindi? »

« E quindi non ho intenzione di rovinare la nostra amicizia ».

« Mary, io sono attratto da te e tu sei attratta da me » le fece notare con tono pratico. « Direi che la nostra amicizia è già compromessa ».

« Il fatto che siamo attratti l’uno dall’altra non implica il fatto che dobbiamo stare insieme » rispose lei. 

« E chi ha parlato di stare insieme? » domandò Sirius, prima di capire di aver detto la cosa più sbagliata che potesse dire. « Okay, mi è uscita male, ma— ».

« Ed è proprio per questo motivo che io non posso prendere sul serio quello che esce dalla tua bocca quando parli di quello che provi per me » fu il duro commento di Mary, che non si astenne dall’accompagnare le ultime cinque parole con delle ironiche virgolette mimate. 

« Non era quello che intendevo! » si difese lui, cercando di trovare un modo per migliorare la propria situazione. 

« Ah, davvero? » fece lei, sarcastica. « Vallo a dire a qualcun altro, perché io non ho intenzione di ascoltare ancora quello che hai da dire. Te l’ho detto prima e te lo ripeto ora: non ho intenzione di farmi prendere in giro, e il fatto che sia proprio tu a volerlo fare… lascia stare » finì, scuotendo la testa e chinandola appena prima di rialzarla per incontrare i suoi occhi ancora una volta. « Io me ne vado ».

Così dicendo, approfittando del fatto che mentre stavano parlando Sirius si era spostato dalla porta per poggiarsi alla cassettiera, si avviò verso quest’ultima. Lui ovviamente tentò di fermarla, afferrandola per un polso e costringendola ad arrestarsi. 

« Lasciami » gli intimò, cercando di mantenere la calma.

« Non ci penso neanche ».

« Ti ho detto di lasciarmi. Ora ».

« E io ti ho già detto che non ne ho la minima intenzione ».

Mary sbuffò, prima di strattonare inutilmente il braccio nell’ennesimo tentativo di liberarsi. Quando si rese conto che sarebbe stato inutile girò il busto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

« Che vuoi ancora? »

« Voglio che tu la smetta di comportarti così » le disse, serio. « Io provo qualcosa per te, perché non puoi semplicemente ammettere di provare qualcosa per me? »

Ancora una volta lei non rispose, ma Sirius si era stancato di quel loro gioco fatto di finti silenzi e berciate piene di niente. 

« Allora? » insistette infatti. 

« Perché ti importa così tanto? »

« Perché mi importa e basta! » sbottò lui. « Perché, che tu mi creda o no, io tengo davvero a te e voglio provare a sistemare questa situazione! »

Mary sospirò, prima di rispondere con tono stanco:

« Provo qualcosa per te, è vero ».

Sirius si lasciò andare ad un sorriso a metà tra il sollevato e il soddisfatto, ma quando fece per dire qualcosa lei lo precedette.

« Questo però non vuol dire niente » aggiunse infatti Mary, guardandolo intensamente. « Si capisce che non sei ancora del tutto certo di quello che provi e io, ora come ora, non so se riuscirei a portare avanti qualcosa del genere, se riuscire a fidarmi, soprattutto perché non so se in questo momento ho la testa per farlo ».

« Perché dici che non sono certo di quello che provo? Sono stato io a dirtelo qualche minuto fa! » protestò lui con convinzione.

« No, lo hai detto solo perché te l’ho chiesto » gli ricordò Mary. « Le parole che hai detto di tua spontanea volontà, invece, erano: penso di provare qualcosa per te ».

Sirius non disse nulla e posò il gomito sopra la cassettiera vicino a lui. Appoggiò la testa contro la propria mano, senza però staccare gli occhi dalla ragazza in piedi di fronte a lui. La cosa peggiore di quella situazione era lo sguardo risoluto nei suoi occhi, come se non ci fosse niente che potesse dire per farle cambiare idea. E probabilmente era così, ma, per lui, c’era qualcosa di sbagliato anche solo nell’idea di lasciar cadere tutto nel dimenticatoio. 

« Va bene » le concesse infine, trovando finalmente qualcosa da dire. « Ma perché non ti puoi fidare di me? Io questo non riesco a capirlo ».

Seguirono altri attimi di silenzio, ma alla fine Mary parlò di nuovo.

« Chi era l’ultima ragazza con cui sei andato a letto, prima di oggi? » gli domandò a bruciapelo, studiando con attenzione la sua reazione. 

« Ancora? Tu » rispose con sincerità Sirius, provando un lieve di senso di soddisfazione che però svanì del tutto quando lei continuò il suo interrogatorio.

« E chi era l’ultima ragazza che avevi baciato, prima di oggi? » 

Il ragazzo tacque, sapendo di non poter darle la risposta che lei avrebbe voluto e che, soprattutto, avrebbe avuto bisogno di sentire. 

La verità era che, proprio quel weekend appena passato, aveva baciato un’altra. La conversazione che aveva avuto con Mary subito dopo che erano stati a letto insieme per la prima volta, infatti, gli aveva dato da pensare per giorni; alla fine era arrivato alla conclusione che se per lei quello che c’era stato tra loro non aveva avuto alcun significato, allora neanche lui avrebbe dovuto dargli chissà quale peso. Proprio per questo venerdì sera, quando aveva incontrato Abigail al terzo piano e lei gli aveva proposto di passare un po’ di tempo insieme, aveva acconsentito; aveva finito per il baciarsi a lungo in un’aula in disuso, ma l’unica cosa che Sirius ne aveva ricavato era stata la consapevolezza che le sensazioni che aveva provato con Mary non era in grado di dargliele nessun’altra.

Tuttavia ciò non migliorava la sua situazione agli occhi della ragazza, il cui sguardo si era fatto leggermente meno indifferente e più stanco, quasi triste. 

« Ed è per questo che io, ora, non riesco a prendere sul serio nessuna delle cose che dici » gli disse con voce atona, piegando le labbra in un piccolo e laconico sorriso. 

Sirius non ci pensò due volte e si allontanò dalla cassettiera per farsi più vicino a Mary, che era rimasta ferma di fronte alla porta e a meno di due passi da lui. Non ebbe neanche il coraggio di toccarla, anche se avrebbe tanto voluto farlo, perché dal suo sguardo era ovvio che la sua mancata risposta le avesse fatto più male di quanto avrebbe voluto ammettere.

« Mi dispiace » disse, sperando che bastasse. « Ma io non— » provò ad andare avanti, ma non riusciva a trovare niente da aggiungere per poter sistemare un po’ le cose. 

« Penso sia meglio se per un po’ di giorni cerchiamo di limitare il tempo che passiamo insieme » suggerì invece lei, che, sebbene sapesse di non poter avanzare pretese su Sirius, non poteva neanche negare a se stessa quanto quella nuova consapevolezza l’avesse ferita. 

« Mary, davvero, non credo sia necessario arrivare a— » provò a ribattere Sirius, venendo però interrotto prima che potesse concludere la frase.

In quell’esatto momento, infatti, la porta della camera si aprì di scatto, rischiando quasi di colpirli entrambi; sulla soglia apparve Lucas, la camicia quasi del tutto sbottonata e l’aria distrutta. Si capiva lontano un miglio che fosse ubriaco marcio, soprattutto dal momento che non appena li vide si mise a ridere a crepapelle senza un motivo, per poi bloccarsi all’improvviso e correre verso il bagno per vomitare nel water. 

Sentendo i passi di qualcun altro lungo le scale, Sirius si affrettò a mettersi i primi pantaloni che trovò e una maglietta lasciata sopra il baule; si era appena infilato i pantaloni, che Matthew, il gemello Tassorosso di Lucas, entrò nella stanza. 

« Lucas…? » domandò incerto, troppo preso dalle condizioni del fratello per fare caso all’aria arruffata dei due Grifondoro.

Né Mary né Sirius riuscirono a rispondere, perché furono preceduti da un’altra serie di conati provenienti dal bagno. 

« Scusate » disse ancora Matthew, entrando nel bagno per controllare Lucas. 

Quando il Tassorosso si fu chiuso la porta alle spalle, Sirius si girò di nuovo verso Mary, ormai ferma sulla soglia della stanza. 

« Buonanotte » fu l’ultima cosa che gli disse, prima di voltarsi e scendere rapidamente le scale a chiocciola senza neanche dargli l’occasione di ribattere. 

Lui la guardò sparire e rimase qualche secondo fermo sulla porta, lo sguardo fisso nel vuoto; quando metabolizzò definitivamente tutto quello che era successo e capì quanto la situazione con Mary fosse incasinata, si girò e, nel tragitto verso il letto, non si trattenne dal dare un calcio al proprio baule.

Il fatto che sul cuscino ci fosse ancora il profumo di Mary, inoltre, non fece che peggiorare il suo umore.

 



Note:
Sì, potete lanciarmi dei pomodori in faccia perché in fondo so di meritarmelo. Ma andiamo, che gusto ci sarebbe stato se vi avessi dato subito quello che volevate? E poi diciamocelo, Sirius è una Drama Queen con i fiocchi mentre Mary è quel tipo di ragazza che oscilla tra l'impulsività più incontrollata e la razionalità più totale. Erano un mix micidiale, prima o poi dovevano "esplodere". 
Su Lily e James c'è poco da dire, perché il loro rapporto si sta ancora creando un po' alla volta, ma non disperate. So che ci stanno mettendo abbastanza (e vi avverto, ci vuole ancora un po' perché succeda qualcosa di concreto tra loro due), ma in fondo loro due devono davvero creare un rapporto da zero. 
Un bacio,
Ale

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Capitolo 10
*** Sulla mia spalla ***


Capitolo 10 

Sulla mia spalla
10-sulla-mia-spalla

« And if you want to talk about what will be
Come and sit with me
And cry on my shoulder
I’m a friend »

James Blunt, Cry

 

Sdraiato sul proprio letto a baldacchino, James tentò nuovamente di concentrarsi sullo stesso paragrafo di Trasfigurazione su cui era fermo ormai da un po’, ma il comportamento di Sirius lo distrasse nuovamente. 

All’inizio, essendo l’unico in stanza, era riuscito a studiare per bene; tuttavia dopo neanche un’ora era sopraggiunto Sirius, che gli era sembrato parecchio infastidito, ma quando aveva provato a chiedergli spiegazioni si era limitato a scrollare le spalle, dirgli che voleva solo fare una doccia e chiudersi in bagno. 

Fin qui tutto bene.

Se ciò che sperava di ottenere dalla doccia era sollievo, però, era stato del tutto inutile. Immerso nei propri pensieri com’era, infatti, quando uscì andò a sbattere con il dito del piede contro il proprio baule, imprecando subito dopo. 

Continuò a prendersela ad alta voce anche con la camicia che decise di mettersi una volta asciutto, perché continuava a inserire i bottoni nelle asole sbagliate. Quando riuscì ad abbottonarsi correttamente la camicia, si era buttato di peso sul letto, i pantaloni ancora slacciati, ed aveva sbuffato sonoramente. 

Fu a questo punto che James si rassegnò al fatto che in quelle condizioni non si sarebbe mai concentrato abbastanza e decise quindi di chiudere il libro. 

« Che è successo, ti ha morso un Doxy? » gli chiese, vedendo che l’amico continuava a muoversi sul letto, come se stesse cercando una posizione comoda e non trovasse pace. 

Sirius non lo degnò neanche di uno sguardo e sbuffò di nuovo. 

« Wow, Prongs » commentò, ironico. « Nemmeno mia cugina Ninfadora farebbe battute tanto tristi, ed ha 4 anni ».

James preferì non rispondere alla sua provocazione, sebbene avrebbe piacevolmente stretto le mani intorno al collo di Sirius quando quest’ultimo si comportava a quel modo. 

D’altro canto, Sirius non era andato là con l’intento di rispondergli male, ma quella giornata era cominciata male ed era finita addirittura peggio, e il suo umore era più nero che mai. 

La situazione aveva iniziato a degenerare già quella mattina: aveva cominciato ad innervosirsi a colazione, quando aveva chiesto a Mary se poteva passargli del bacon e lei lo aveva ignorato senza porsi troppi problemi, ma non aveva detto nulla. Come se ciò non bastasse, durante Incantesimi - lezione dove loro due facevano coppia sin dal primo anno perché all’epoca lei voleva potergli lanciare qualche incantesimo senza essere punita -, Vitious aveva deciso di fargli fare pratica con l’Incantesimo Esplodente. Mary aveva negato ripetutamente, ma lui era certo che lei, quando aveva pronunciato l’incantesimo, avesse volontariamente mirato al suo mantello e non al bersaglio designato; fatto sta, che il suo mantello aveva cominciato a prendere fuoco quasi subito, e mentre se lo toglieva per buttarlo a terra si era anche bruciato leggermente la mano. Per questo motivo, Vitious l’aveva subito mandato in Infermeria per farsi applicare qualche unguento da Madama Chips, solo che la cosa aveva preso troppo tempo ed aveva finito per pranzare e tardi ed arrivare in ritardo a lezione di Babbanologia, perciò il professore gli tolse dei punti. Alla lezione di Divinazione, subito dopo, la professoressa Swindlehurst non si era risparmiata di ricordargli per tutta la lezione del gramo che purtroppo era destinato - ormai da anni, stando a lei - a incontrare. Aveva pensato di andare a fare un salto ad Hogsmeade di nascosto per bere qualcosa, ma vicino alla Strega Orba aveva intravisto Gazza e alla fine aveva deciso di abbandonare l’idea e di spostarsi in dormitorio. 

« Sono giorni che sei insopportabile » gli fece notare James, catalizzando nuovamente la sua attenzione. « Che c’è che non va? »

« Perché mai dovrebbe esserci qualcosa che non va? » ribatté Sirius, inarcando un sopracciglio. 

« Perché non sono cretino e so che due più due fa quattro » rispose l’altro, leggermente infastidito dal comportamento dell’amico. 

« Cosa vorresti dire? »

« Cosa sta succedendo con Mary? »

« Niente » rispose Sirius, senza dare particolare inflessione alla voce.

Tuttavia interruppe bruscamente il contatto visivo, e questo per Remus fu abbastanza: conosceva ormai l’altro come le sue tasche, e sapeva che, per quanto il suo tono potesse rimanere invariato, c’erano sempre dei piccoli particolari che tradivano il suo vero stato d’animo. 

« Questo se vuoi puoi dirlo a qualcun altro, non a me » lo rimbeccò. « Mi spieghi cos’è successo? A volte mi sembra un deja-vù, visto che vi stato comportando come facevate il primo anno. In più pensi che oggi non mi sia reso conto che ti abbia colpito il mantello di proposito? »

« Se la tua migliore amica è una psicopatica non significa per forza che sta succedendo qualcosa » insistette Sirius, non sapendo bene come affrontare quel discorso proprio con lui: è vero, erano migliori amici, ma Mary era praticamente sua sorella e l’idea di dirgli ciò che era successo lo preoccupava, perché non sapeva come avrebbe potuto reagire. 

« Pad » lo richiamò James. « Io prima o poi ti metterò il Veritaserum nel succo di zucca, sappilo ».

In tutta risposta, Sirius si mise a ridere insieme a lui, divertito. 

« Addirittura? » 

« Se tu continui a dirmi che non è successo nulla mi vedo costretto a trovare delle vie alternative » si giustificò, stringendosi nelle spalle. « Perciò sei sicuro di non volermelo dire di tua spontanea volontà? »

Per un attimo James pensò che l’altro non gli avrebbe risposto neanche questa volta, ma fu felice di sentirlo parlare nuovamente.

« Cosa vuoi che ti dica, James? »

« La verità ».

L’amico rimase in silenzio a lungo, così a lungo che James pensò che alla fine si sarebbe tirato indietro. D’altro canto, Sirius non sapeva come aprire quel discorso, come spiegarli cos’era successo senza che l’altro se la prendesse con lui, ma sopra a tutto non riusciva a trovare il coraggio di aprire bocca ed iniziare a parlare. 

« Siamo andati a letto insieme » rispose, decidendo di andare subito al dunque e di evitare inutili preamboli. 

James tuttavia non sembrò prenderlo sul serio, perché roteò gli occhi e sbuffò sonoramente. 

« Dai, ti ho chiesto la verità » commentò infatti. « Per una volta puoi essere serio? »

« Ma io sono serio! » protestò Sirius. 

« Questa battuta è vecchia come tua madre » si lamentò James, che si era sentito dire quella battuta fin troppe volte e non riusciva a capire che quella volta Sirius non avesse nemmeno pensato ad una possibile presa in giro.

« James, davvero, ti ho detto la verità » insistette Sirius, decidendo di cambiare parole per non confonderlo. « Io e Mary siamo andati a letto insieme ».

Quella volta dovette capire che stava parlando seriamente, perché la sua espressione cambiò rapidamente: se prima era quasi annoiato, adesso era a metà tra l’essere furioso e l’essere stato preso in contropiede. 

« È uno scherzo » disse dopo qualche secondo, come se ancora non volesse ammetterlo a se stesso. 

« No, non è uno scherzo » rispose Sirius. « Faccio davvero scherzi così penosi di solito? » aggiunse subito dopo, per cercare di smorzare un po’ la tensione, ma tutto ciò che ricevette da parte dell’amico fu un’occhiataccia. 

« Quindi tu sei andato a letto con Mary » commentò James, senza smettere di guardarlo dritto negli occhi, alzandosi dal proprio letto e facendo un passo in direzione del suo. « Con Mary ».

« Sì, però fammi— » cominciò Sirius, ma dovette fermarsi là perché in quel preciso momento James fece per sferrargli un pugno che lui riuscì tuttavia a parare prontamente. « Ma quale cazzo è il tuo problema? » sbottò, ormai in piedi, mettendogli le mani sulle spalle per tenerlo a debita distanza da sé.

« Il mio problema? » ripeté l’altro, allibito. « Qual è il tuo piuttosto? Te l’ho sempre detto! Sempre! Non me ne frega un cazzo di chi ti scopi, ma Mary no, lei no » continuò, arrabbiato, mentre cercava di scrollarsi le mani dell’amico di dosso. « Me lo avevi promesso! »

Così dicendo, James riuscì a far lasciare la presa a Sirius, che non tentò di riprendere il controllo della situazione ma si limitò a fare un passo indietro per allontanarsi leggermente. 

« Prongs, per favore, fammi spiegare » lo pregò, cercando di non far trasparire quanto si stesse arrabbiando a sua volta. « Non è andata come credi tu ».

« Quando è successo? » gli domandò James, che nel frattempo stava tentando di calmarsi, consapevole di aver reagito troppo impulsivamente e contento che l’amico fosse riuscito a parare il suo pugno. 

« Ad Halloween » rispose Sirius. « Avevamo bevuto parecchio e ci eravamo stuzzicati tutta la sera e— ».

« Ed hai giustamente pensato di portartela a letto, così, tanto per » concluse erroneamente James per lui, guardandolo torvo. « Ti ho sempre detto che Mary non dovevi metterla in mezzo a queste tue storielle, soprattutto visto che ho sempre avuto il dubbio che lei avesse un debole per te. E te lo avevo anche detto, perciò adesso voglio capire come cazzo ti è venuto in mente, soprattutto ora che si è appena lasciata con Dylan ».

« Secondo te mi sarei approfittato del fatto che si fosse appena lasciata per portarmela a letto? » esclamò Sirius, allibito. « Andiamo, Prongs, mi conosci! Non lo avrei mai fatto! Te lo ripeto, le cose non sono andate come credi tu! »

« No, immagino » commentò James, tornando a sedersi sul proprio letto; poggiò i palmi aperti delle mani dietro di sé e alzò il viso verso il baldacchino vermiglio. « Dai, Sirius, come vuoi dirmi che sono andate le cose? Ora non vi parlate nemmeno, perciò le cose non devono essere andate bene! E visto che mi è sembrato che sia più lei ad evitare te che il contrario, non vedo tanti scenari possibili! Cosa vorresti dirmi? Che le hai dichiarato amore eterno e lei ti ha spezzato il cuore? »

Sirius non rispose e si sedette a sua volta sul proprio letto. Effettivamente, vista da fuori la situazione poteva essere fraintendibile, e sebbene James sapesse che la sua fama fosse molto gonfiata, era anche vero che la maggior parte che era stato con qualcuna non l’aveva fatto perché mosso da grandi sentimenti, anzi. 

« Allora? » lo incalzò James, vedendo che continuava a stare in silenzio e a guardare il muro dietro di lui. 

« Ti sto dicendo che non è andata come dici tu » si limitò a rispondergli, laconico. « Non è decisamente andata come dici tu » ripeté, tristemente divertito dal ricordo della discussione che aveva avuto con Mary dopo la festa di Halloween. 

« Allora dimmelo tu com’è andata, Pad! » esclamò, esasperato, sospirando. « Lo sai che non sono bravo come Legilimens » aggiunse, vedendo che l’altro sembrava essersi improvvisamente ammutolito e cercando di coinvolgerlo di nuovo nel discorso.  

Sirius però continuò a non dargli altre spiegazioni per un po’ di tempo, ma proprio quando James fece per aprire bocca lo vide sospirare e riportare lo sguardo su di lui. 

« Lei non si fida di me ».

Fu quella l’atona risposta di Sirius, sei parole che lo lasciarono leggermente spiazzato. Non era quello che gli aveva chiesto, perciò non sapeva con esattezza come collegare quella frase alla vicenda. 

James si sdraiò di schiena sul proprio letto e lo osservò attentamente, cercando invano qualche indizio che potesse fargli capire cosa l’amico stesse pensando. Sirius però aveva spostato nuovamente, puntandolo sul soffitto, come se non volesse guardarlo negli occhi in quel momento. Fu proprio quello a far insospettire James, che ripensando all’ultima frase dell’amico si rese conto che lui aveva parlato solo di Mary, ma non di se stesso. 

Tuttavia sapeva quanto Sirius fosse bravo a nascondere i propri sentimenti e pensieri - dopotutto, aveva scoperto dei suoi problemi in famiglia solo dopo un anno e perché l’amico aveva ricevuto una Strillettera nella quale la madre lo accusava di essere la vergogna di tutta la loro famiglia -, perciò dovette insistere. 

« Tu invece cosa provi? » domandò quindi, girandosi su un fianco per poterlo guardare meglio. 

« Non lo so neanche io » mentì Sirius, trattenendosi a stento dal roteare gli occhi. 

« Non ci credo ».

« Pensi di sapere meglio di me cosa provo? » lo provocò, tornando finalmente a guardarlo, e James si stupì per l’ennesima volta di quanto l’amico fosse abile a nascondersi dietro uno sguardo scettico e sarcastico. 

« Penso di conoscerti abbastanza bene da sapere che non lo vuoi ammettere » ribatté quindi, paziente.

Sirius tacque a lungo, almeno qualche minuto, e nel frattempo James ebbe il tempo di ricordarti di ogni volta che l’amico aveva stuzzicato Mary riguardo Dylan, di tutte le volte che lo aveva trovato a guardarla durante le ore di lezione e di come lui fosse solito cercarla in ogni occasione. 

All’improvviso gli fu tutto così chiaro, così ovvio, che si chiede come avesse fatto a non accorgersene prima. 

« Da quanto va avanti? »

Lo guardò sospirare e passarsi una mano davanti agli occhi, mentre si sdraiava a sua volta, e capì che il muro che aveva costruito stava lentamente iniziando a crollare.

« Non te lo so dire di preciso » ammise. « Tra la fine del quinto anno e l’inizio del sesto, più o meno ».

« Perché non me lo hai detto? » gli domandò James, sconcertato: aveva pensato fosse una cosa recente, nata da poco, non che se la portasse dietro da così tanto. 

Aveva passato sette anni in simbiosi con lui e non si era minimamente accorto di ciò che stava succedendo: ricollegò subito i pezzi, trovando finalmente anche un motivo all’apparente disinteresse di Sirius nell’intrattenere una qualunque relazione con seria con una ragazza. Ciò che non riusciva a capire era come diamine avesse fatto a non rendersene conto. 

« Pensavo che se non lo avessi detto a nessuno avrei potuto passarci sopra » rispose Sirius con sincerità, leggermente divertito nel rendersi conto di quanto stupido fosse stato quel pensiero. « Sai, lo faceva sembrare un po’ meno vero, ecco ».

Lo aveva pensato davvero, all’inizio: aveva creduto che fosse solo una cotta passeggera e aveva deciso di non dirlo a nessuno e di non pensarci, ma col passare dei giorni, delle settimane ed infine dei mesi aveva dovuto ammettere a se stesso che non si trattava più solo di una sbandata.

Una volta che Sirius ebbe compreso ed accettato tutto ciò, però, si era reso conto di aver aspettato troppo. Mary aveva lasciato Leonard, ma subito dopo si era messa con Dylan e quando li aveva visti insieme gli erano sembrati così felici che, alla fine, non aveva trovato il coraggio di dirglielo. 

Allora si era detto che forse era meglio così, che probabilmente entro la fine dell’anno gli sarebbe passata. E si era sbagliato di nuovo, perché non gli era passata per niente: non sopportava Dylan e il modo in cui l’abbracciava, la toccava o la baciava, perché in fondo, che lo ammettesse o meno, anche a lui sarebbe piaciuto poterlo fare e non era possibile. Ma aveva continuato a dirsi che sì, probabilmente era meglio così. E si era trattenuto dal lanciare a James una scarpa in faccia ogni volta che gli aveva fatto notare quanto Mary fosse felice, perché era meglio così. 

Aveva imparato a nasconderlo bene e alla fine aveva pensato che così sarebbe potuto tornare tutto a posto, che se avesse represso ciò che provava alla fine sarebbe davvero riuscito ad andare avanti. Poi, però, era degenerato tutto, e quando lei gli aveva detto perché Dylan l’aveva lasciata e quando lei lo aveva guardato in quel modo… lui non era riuscito più a trattenersi. 

« Pad » la voce di James lo distolse dai suoi pensieri, ma lui non gli diede il tempo di finire la frase. 

« Non lo devi dire a nessuno, James » gli disse, guardandolo dritto negli occhi. « A nessuno ».

James tentennò: capiva perché l’amico non volesse farlo sapere, ma secondo lui era giusto anche Mary ne fosse a conoscenza. In fin dei conti era lei la causa di tutto, e per quanto Sirius ci avesse provato, James non pensava che ne sarebbe potuto uscire senza prima essere sincero con lei riguardo ciò. 

« Tu e Mary dovreste parlarne… » provò, poco convinto.

Era sicuro di ciò che pensava, ma sapeva che Sirius non avrebbe cambiato idea così facilmente e, soprattutto, non in quel momento. Era appena riuscito a dirlo ad alta voce, perciò James sapeva, per esperienza personale, avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo.

Sirius scosse la testa con convinzione, sbuffando. 

« Ne abbiamo già parlato » rispose. « Dice che non riesce a fidarsi, che in questo momento non ha la testa, che non sa cosa vuole » continuò, piegando la bocca in una smorfia. 

« Ma tu non puoi lasciare le cose così » protestò James con veemenza. 

« Cosa dovrei fare? » gli domandò Sirius, guardandolo con un sopracciglio inarcato. « È già tanto se mi rivolge la parola quando mi incontra. Devo ricordarti la fine che ha fatto oggi il mio mantello? »

« Proprio per questo! » esclamò James. « Non si comporterebbe così se non le importasse, perciò se davvero provi qualcosa per lei non dovresti lasciarla andare senza fare niente » gli consigliò con sincerità, studiandolo attentamente. « Probabilmente anche lei è confusa come te, e reagisce così. Tu le hai detto qualcosa che potrebbe averla fatta arrabbiare con te? »

« Potrei averlo fatto… » rispose cautamente Sirius, ripensando a tutta la loro discussione, avvenuta ormai due settimane prima. 

James, a quella risposta, gli lanciò un’occhiataccia. 

« Perché sei un coglione » si limitò a commentare, decidendo di non rigirare ulteriormente il coltello nella piaga. « Vedi di rimediare a questo, perché sennò non ne uscirete e perché, in più, da esterno posso dire che vi state comportando come due idioti. Se davvero ci tieni, fa’ qualcosa ».

Il silenzio che calò nella stanza quando James finì il discorso era paradossalmente assordante: lui d’altro canto era sicuro che, se il cervello avesse fatto qualche rumore, avrebbe potuto sentire gli ingranaggi di quello di Sirius muoversi e incastrarsi convulsamente. 

Non poteva permettere che lui e Mary rovinassero così il loro rapporto, era un’ipotesi che non voleva neanche prendere in considerazione: ormai erano una famiglia, quei due erano i fratelli che non aveva mai avuto e non aveva intenzione di separarsi da nessuno dei due. In più, era fermamente convinto di ciò che aveva appena detto a Sirius, così come era certo che, in fondo in fondo, Mary avesse sempre avuto un debole per lui – era dall’amico che non se lo aspettava. 

« Ci penserò » disse infine l’altro, sospirando. « Però tu non devi fare parola di tutto questo con nessuno, okay? ».

« Te lo prometto, Pad ».

« Bene » disse Sirius dopo qualche secondo di silenzio, alzandosi dal letto. « Vado a farmi una doccia ».

James annuì, alzandosi a sua volta e raccattando alcuni fogli che aveva posato quella mattina sul proprio comodino. Salutò l’amico e uscì dal dormitorio e dalla Sala Comune, dirigendosi verso la Guferia. 

La sua mente continuava a riflettere su ciò che gli aveva raccontato Sirius e su ogni cosa che avrebbe potuto fargli capire ciò che l’amico provava ormai da tempo per Mary. Possibile che fosse stato così sciocco da non rendersene conto? 

Eppure erano migliori amici – anzi, erano praticamente fratelli. E lui non se ne era accorto. E dire che li aveva anche visti ballare insieme, il giorno del diciassettesimo compleanno di Peter: Mary era piuttosto brilla e gli era sembrato che stesse ballando in maniera piuttosto provocante, ma poi aveva visto Lily e aveva smesso di pensarci. In effetti, aveva sempre pensato che, in fondo, Mary fosse un po’ attratta da Sirius, ma non aveva mai nemmeno immaginato che si sarebbe potuta venire a creare una situazione del genere - soprattutto, non si sarebbe mai immaginato che Sirius potesse essere interessato a Mary da così tanto tempo. 

James in quel momento desiderava solo che le cose tra loro due si sistemassero in qualche modo, sebbene non riuscisse bene a capire cosa provasse all’idea di Sirius e Mary insieme in quel senso. Lei era la sua migliore amica da anni ed era stato proprio Sirius a spalleggiarlo ogni volta che era andato a parlare con i ragazzi che le giravano attorno, un po’ per divertimento e un po’ per ammonirli. Il fatto che ora dovesse preoccuparsi di ammonire Sirius era quasi comico: prima di tutto perché Sirius avrebbe comunque fatto come voleva, in secondo luogo perché non sapeva nemmeno come intavolare il discorso e, infine, perché da come Sirius gli aveva raccontato la storia non sembrava che avesse cattive intenzioni. 

Sospirando, immerso com’era nei propri pensieri, salì l’ultimo gradino delle scale che portavano alla Guferia. 

Stava per entrare, quando sentì qualcuno singhiozzare. Insospettito, entrò rapidamente e rimase sconvolto nel vedere proprio Mary piangere, seduta su un davanzale, che stringeva in mano una lettera. 

  • Mary? » sussurrò piano, avvicinandosi lentamente. 
  • La ragazza alzò lo sguardo su di lui, e aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto. 

« Jamie… » mormorò lei in risposta, proprio mentre lui l’accostava. 

Gli gettò le braccia al collo e cominciò, se possibile, a singhiozzare ancora di più e con maggiore intensità. James la strinse a sé, accarezzandole con delicatezza la chioma scura e mormorandole parole di conforto all’orecchio, nonostante non avesse ancora scoperto cosa fosse successo.  Mary, tuttavia, non parlò per molto tempo, continuando ad abbracciarlo e piangere sulla sua spalla. Era da tempo che non la vedeva così sconvolta e si chiese cosa potesse essere successo.

« Che è successo? » le domandò dopo un po’, senza smettere di tenerla stretta tra le proprie braccia. 

Lei sciolse l’abbraccio, appoggiandosi al muro, e lui le asciugò alla bell’e meglio il viso con i polpastrelli dei pollici. Per un attimo le labbra di Mary si distesero in un sorriso mesto, ma subito dopo cominciarono a tremare nuovamente.

« Mio fratello » disse lei, la voce rotta e pericolosamente prossima a nuove lacrime. « Stava… Stava tornando a casa e- ora è al San Mungo… Mamma- mamma dice che è grave e… James, ma perché? » finì con un singhiozzo mal trattenuto.

James sospirò profondamente e le accarezzò affettuosamente il viso, avvicinandola di nuovo a sé e stringendola forte, sperando che questo potesse bastarle: non aveva una risposta, e, come lui, era sicuro che nessuno l’avesse. 

Era così e basta, lo aveva imparato a sue spese neanche due mesi prima, e solo in quel momento capì come doveva essersi sentita Mary nel vederlo così distrutto. Lei non aveva mai fatto cenno alla faccenda, al suo stato quando era venuto a conoscenza della morte del padre, e lui gliene era grato, ma ora sapeva come si era sentita. Avrebbe voluto fare qualunque cosa solo per poterla far sentire meglio, e non c’era niente che potesse fare. 

« Roger è… lui è una persona così buona » singhiozzò Mary contro il suo petto. « Non ha mai fatto nulla – nulla! – per meritarsi una cosa del genere! »

James annuì, sapendo che non c’erano parole in grado di farla sentire meglio. 

Aveva ragione: Roger era una delle persone più buone e gentili che James avesse mai conosciuto. Ad Hogwarts era stato smistato a Tassorosso, ma non gli mancavano di certo né il cervello né il coraggio; una volta uscito dalla scuola, aveva cominciato a lavorare alla Gazzetta del Profeta e non aveva mai fatto assolutamente nulla per entrare nel mirino di Voldemort. 

« I miei mi hanno detto che posso andare a trovarlo domani pomeriggio » sussurrò dopo un po’, scostandosi appena per guardarlo negli occhi. « Mi accompagneresti? » gli chiese, spostando nuovamente lo sguardo dietro di lui. 

James sapeva bene quanto lei odiasse mostrarsi così vulnerabile, e la strinse ancora di più. 

« Certo, Mary, non dovevi neanche chiedermelo ».

 

*

 

Si erano messi d’accordo con il Preside il giorno stesso in cui Mary aveva ricevuto la lettera da parte dei suoi genitori e insieme avevano stabilito che sarebbero andati al San Mungo il giorno seguente, poco dopo la fine delle lezioni pomeridiane, in modo tale da arrivare in tempo per il turno delle visite. 

Mary aveva saltato la lezione di Trasfigurazione, la prima della giornata, ma vista la situazione la McGranitt non aveva posto troppe domande e si era limitato ad avvicinare James a fine lezione per chiedergli a bassa voce come stesse; lui si era stretto nelle spalle, non sapendo bene come rispondere. La professoressa aveva sospirato e l’aveva poi salutato, esortandolo a sbrigarsi per non fare tardi alla lezione seguente. 

Le ore successive passarono lentamente, ma quantomeno Mary si presentò. Non aveva una bella cera e dall’aria spossata si capiva che quella notte aveva dormito poco e male. A pranzo mangiò poco e niente, prese giusto un po’ di stufato e di patate al forno, e lo fece perlopiù per non far preoccupare Lily. 

Quando finamente la lezione di Babbanologia finì, James l’aspettò fuori dall’aula per andare insieme a posare le cose in camera; subito dopo avevano salutato gli amici in Sala Comune e si erano fatti accompagnare da Hagrid fuori dal castello, fino ad Hogsmeade. Da lì si erano poi Smaterializzati, ricomparendo in un vicolo accanto al San Mungo. 

Erano entrati e James aveva avvertito subito l’odore di anestetico e disinfettante nell’aria. Era stato lì anche quell’estate e, nonostante fossero passati neanche quattro mesi, si capiva subito che il lavoro era aumentato. Dopotutto, più erano le famiglie attaccate, più erano le persone da curare.

Aveva chiesto a un’Infermiera dove recarsi, e lei li aveva accompagnati fino alla camera numero 206. Mary era rimasta ferma di fronte alla porta per un minuto o due, prima di decidersi a entrare, seguita immediatamente da James. 

La stanza non era molto grande e vi era un solo letto, dove giaceva un ragazzo dai capelli biondi qualche anno più grande di loro. Accanto a lui, i signori MacDonald si stringevano a vicenda; non appena avevano visto i due arrivati, si erano alzati dalle loro sedie e si erano fatti loro incontro. 

Sylvia MacDonald non aveva aperto bocca ed aveva abbracciato di slancio la propria secondogenita, tenendola stretta a sé per quasi un minuto; mentre Mary abbracciava anche il padre, Sylvia si avvicinò a James e lo salutò con un breve abbraccio. 

« Sarei venuta prima, se avessi potuto » aveva detto Mary, non appena si era staccata dalla madre. 

Il padre George le si era avvicinato e le aveva posato un bacio sulla testa, stringendola a sé con un braccio. Se Roger aveva preso i capelli biondi della madre, Mary era la fotocopia al femminile di George: avevano entrambi i capelli scuri e il viso sottile, ma erano gli occhi a fare più impressione per quanto erano uguali. Era inevitabile, per chi li conoscesse entrambi, riconoscere l’uno nello sguardo dell’altra. 

« Lo sappiamo, tesoro, non devi preoccuparti di questo » aveva risposto Sylvia. « Sei stato molto gentile a venire anche tu qui, James ».

« Non la lascerei mai da sola » aveva detto con gentilezza lui, scambiandosi uno sguardo con Mary. 

Lei gli aveva sorriso appena, avvicinandosi a lui e stringendogli leggermente l’avambraccio in segno di apprezzamento; George invece aveva sorriso, circondando le spalle esili della moglie con un braccio in un gesto di vivo affetto.

« Te ne siamo grati » aveva detto, mentre Mary si avvicinava al letto del fratello; l’uomo si era dunque avvicinato a James e, quando fu certo che la figlia non lo avrebbe sentito, aveva continuato: « Prenditi cura di lei, James, te lo chiedo per favore. Non voglio rischiare di perdere anche lei ».

« Non succederà, George » lo aveva rassicurato. « Né io né Sirius permetteremo che qualcuno possa anche solamente provare a torcerle un capello. Davvero ».

George aveva annuito, battendogli una mano sulla spalla con affetto, ed era stata Sylvia a rispondergli:

« Sono davvero felice che Mary abbia degli amici come voi » aveva detto con un sorriso laconico. « Vi vuole davvero bene, quando non ci siete non fa che parlare di voi e di Lily ».

James aveva sorriso di rimando e si era avvicinato a Mary, che si era seduta ed aveva iniziato ad accarezzare il viso del fratello. 

« I Medimaghi cos’hanno detto? » domandò la ragazza, attirando nuovamente l’attenzione dei genitori. « E come è successo? Perché è stato attaccato? Chi è stato? »

George, che era in piedi dietro di lei, posò una mano sulla sua spalla e con l’altra le accarezzò la testa. James conosceva i signori MacDonald da che ne avesse memoria e George era sempre stato un uomo forte, tutto d’un pezzo, ma non l’aveva mai visto così scosso; aveva sempre messo la famiglia al primo posto, ma soprattutto era sempre stato contro il desiderio del figlio di fare il giornalista, visto il periodo che il Mondo Magico stava attraversando. Il signor MacDonald sapeva che quel lavoro l’avrebbe potuto mettere nei guai, anche indirettamente, ma Roger non aveva voluto sentire ragioni. 

« Non si sa chi sia stato o perché » rispose con un sospiro. « Pensano sia stato per un indagine che stava conducendo per un prossimo articolo… »

« Che indagine? » indagò immediatamente Mary, non lasciandogli nemmeno il tempo di rispondere a tutte le domande che gli aveva già posto. 

« Non lo sappiamo, non ne stava parlando con nessuno » disse George, gli occhi puntati sul viso pallido del figlio. « L’unica cosa che il suo collega ha saputo dirmi è che, secondo lui, quell’articolo avrebbe potuto infastidire qualcuno… Ma non sapeva altro » aggiunse, e vedendo che Mary stava per parlare di nuovo continuò subito: « I Medimaghi hanno detto che non c’è più bisogno di preoccuparsi e che dovrebbero dimetterlo tra pochi giorni. L’hanno addormentato per evitare che provasse dolore a causa delle pozioni che gli dovevano somministrare ».

Mary annuì e non disse nulla per un po’, continuando a guardare solo ed esclusivamente il fratello. 

« Se scopro chi ti ha fatto questo, ti giuro che lo ammazzo con le mie mani » sussurrò dopo un po’, senza pensarci. 

« Mary! » esclamò la madre, guardandola con preoccupazione. 

« Almeno tu cerca di non metterti nei guai, Mary » l’ammonì subito il padre, stringendo con affetto la presa sulla sua spalla. « È già difficile così ».

La ragazza non rispose, limitandosi a scrollare le spalle. James le si sedette accanto e la strinse, confortandola finché non era giunta l’ora di tornare a Hogwarts. Avevano salutato i due coniugi con calma, prima di uscire a Materializzarsi di nuovo a Hogsmeade, dove Hagrid era rimasto ad aspettarli per riportarli a Hogwarts. Li aveva lasciati davanti al portone d’ingresso, dove era rimasto un po’ a parlare con loro, e, prima di andarsene, aveva abbracciato Mary con affetto. 

« Come ti senti? » le chiese James mentre si dirigevano verso la Sala Comune. 

« Non lo so » rispose Mary, sospirando. « Roger non è mai stato il tipo che si mette nei guai… non capisco perché abbia dovuto cominciare proprio ora! » sbottò, nervosa. 

« Magari il suo collega si è confuso » tentò James, ma l’occhiataccia che lei gli lanciò gli fece lasciar perdere. « Okay, è improbabile, lo ammetto ».

« Appunto » borbottò lei. « Ma poi prendersela con un ragazzo di ventiquattro anni così, per un articolo che non ha nemmeno ancora scritto… ti giuro, James, in questo momento vorrei solo mettere le mani addosso al bastardo che lo ha attaccato ».

Lui si fermò in mezzo al corridoio e l’afferrò per un braccio, obbligandola ad arrestarsi lì a sua volta. 

« Bun, tuo padre ha ragione » le disse, cercando il suo sguardo mentre lei tentava di guardare dovunque tranne che nella sua direzione. « Almeno per ora cerca di non metterti nei casini ».

Mary roteò gli occhi e dopo pochi secondi annuì, sospirando. 

James cambiò discorso e insieme continuarono a camminare verso la Sala Comune, che raggiunsero in breve tempo; appena entrarono scorsero Peter e Lily seduti accanto al fuoco intenti a giocare a scacchi, mentre Sirius era comodamente seduto sul divano vicino a loro. 

Non appena li videro, Lily si alzò per abbracciare l’amica e chiederle come fosse andata, per tornare poi a sedersi. Anche Peter l’abbracciò, dicendole quanto sperasse che suo fratello si riprendesse sebbene non lo vedesse dall’estate prima, quando Roger era andato a prenderla al binario 9 e ¾. 

Sirius l’aveva guardata a lungo, indeciso su come salutarla dal momento che tra loro due ultimamente non correva buon sangue; alla fine si sedette in maniera più composta e le fece segno di sedersi accanto a lui. Mary lo guardò per qualche secondo senza dire nulla, e lui pensò che sarebbe rimasta in piedi finché non la vide fare un passo in avanti. Non appena lei si sedette, lui le passò silenziosamente un braccio intorno alle spalle. 

Mentre si sedeva sul loro stesso divano, anche se leggermente distante, James lanciò la classica occhiata di qualcuno che la sapeva lunga; solitamente sarebbe stato lui a consolarla ed abbracciarla, ma in quel frangente forse era più giusto che lei rimanesse lì, tra le braccia di Sirius. 

« Come sta? » le domandò quest’ultimo all’orecchio, una volta che lei si fu appoggiata totalmente a lui, la guancia contro il suo petto. 

Mary non rispose, limitandosi ad annuire e guardare il fuoco di fronte a sé. Sentì il ragazzo sospirare pesantemente vicino al suo orecchio e, impegnata com’era a non scoppiare a piangere per lo spavento e il nervosismo, non si accorse nemmeno di star tremando leggermente. 

« Andrà tutto bene, Mary » le sussurrò, appoggiandosi con il mento sulla sua testa e stringendo leggermente la presa sulle sue spalle. 

Scelse le parole giuste, perché lei annuì di nuovo e si accoccolò meglio contro di lui, nascondendo ancora di più il viso nel suo maglione e chiudendo gli occhi. 

« Moony dov’è? » domandò James a Peter, dopo essersi alzato dal divano ed essersi seduto sul bracciolo della poltrona dell’amico. 

« In biblioteca » rispose quello dopo qualche secondo, dopo aver deciso come muovere il proprio cavallo sulla scacchiera. « Invece a voi com’è andata al San Mungo? » gli chiese, guadagnando così anche l’attenzione di Lily, che smise di riflettere sulla propria mossa per ascoltare il discorso. 

« Già, infatti » s’intromise, avvicinandosi per non farsi sentire dagli altri due. « Avevo intenzione di chiederlo a Mary, ma mi sembra troppo scossa… E non mi sembra il caso di riaprire il discorso » aggiunse con una breve ma eloquente occhiata a Sirius e Mary, chiedendosi se si fosse persa qualcosa o meno: avrebbe indagato più in là, una volta che l’amica si fosse ripresa. 

« Roger stava dormendo, quindi non ci abbiamo parlato, ma i genitori di Mary hanno detto che la sua non è più una situazione critica per fortuna » rispose James. « Ma capisco che Mary sia scossa… molti lividi suppongo fossero spariti, ma Roger non aveva una bella cera ».

Lily annuì con aria grave ma non disse nulla, mentre Peter sospirò, sconfortato. 

« È uno schifo » disse. « Non dovrebbe essere così. Tra qualche mese usciremo da Hogwarts e dovremmo esserne felici, mentre, se proprio devo essere onesto, la sola idea mi terrorizza! Fuori da queste mura c’è una guerra che va avanti e non importa a nessuno se chi rimane coinvolto è colpevole o meno… Colpevole di cosa, poi, ancora non si sa… Di non avere il sangue puro? Io non mi sento colpevole per essere ciò che sono, ed è così ingiusto che uno debba avere paura solo perché… perché un pazzo pensa che debba essere così! »

« Lo sappiamo, Wormtail… » sussurrò James, lugubre, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra. 

Le parole di Peter erano così vere, che lui si sentì percuotere da un tremito: sapeva perfettamente cosa intendeva il suo amico, e anche lui, nonostante fosse Purosangue, era fottutamente terrorizzato. 

Spostò lo sguardo sul suo amico, che dopo era tornato a giocare a scacchi, e successivamente alla ragazza di fronte a lui, pensando a quanto fosse sbagliato che due persone così buone come loro dovessero rischiare così tanto. 

Fu in quel momento, probabilmente, che decise che avrebbe dato il tutto per tutto per loro.

 

*

 

« Lo so, Mary ».

« Sì, avrei dovuto dirtelo prima, però — » stava continuando lei, ma non appena sentì le parole dell’amico si bloccò di scatto e lo guardò con gli occhi sgranati. « Come sarebbe a dire che lo sai già? »

« Eh, lo so già » ripeté James, non sapendo bene che dire, stringendosi nelle spalle. « Me lo ha detto Sirius ».

« Mi aveva promesso che non lo avrebbe detto a nessuno! » protestò lei con veemenza, afferrando un cuscino e iniziando a torturarne il bordo. 

« Fossi in te abbasserei un po’ la voce » le consigliò. « Dopotutto siamo in Sala Comune, non mi sembra una grande idea urlarlo ai quattro venti ».

Mary lanciò un’occhiata al resto dei Grifondoro e dovette ammettere a se stessa che James aveva ragione: la Sala Comune era piuttosto affollata quel giorno, dagli studenti del primo anno a quelli del settimo. Lei e James erano seduti su uno dei divani vicino al camino, in modo da stare al caldo, e da lì aveva una visuale perfetta su Claire e Kate, sedute a un tavolo vicino a una finestra; poco distanti da loro, quattro ragazzini del primo anno giocavano a Gobbiglie. 

Il vociare era insistente e chiassoso, ma avrebbe fatto meglio a tenere bassa la voce.

« Okay » mugugnò, leggermente infastidita. 

« Sei davvero arrabbiata perché me lo ha detto? » le chiese James, posandole una mano sulla spalla. Lei si girò verso di lui e lo guardò con un sopracciglio inarcato. « Dai, Mary, è il mio migliore amico ».

Mary sbuffò, ma non ribatté. 

Con che coraggio poteva continuare a essere arrabbiata per una cosa del genere, quando lei aveva tutta l’intenzione di dirlo a Miriam e a Lily nell’arco di qualche giorno? Si era fatta milioni di problemi su come iniziare a parlarne a James, per poi venire a sapere che lui ne era già a conoscenza. 

In un certo senso, trovò la situazione quasi divertente.

James sorrise davanti al suo broncio e le passò un braccio intorno alle spalle, attirandola a sé e stringendola tra le sue braccia. Mary appoggiò la guancia sul suo petto, beandosi del calore del suo abbraccio; non si sentivano a disagio comportandosi in quel modo, lo facevano da quando erano piccoli e spesso avevano anche dormito insieme. Era una delle cose più naturali che ci fossero, per loro due. E c’era solo un’altra persona a cui riusciva a stare così vicino senza remore… il ricordo dell’abbraccio di Sirius, dopo la sua visita al San Mungo, le balenò in mente senza che potesse impedirlo. 

« So di aver fatto un casino » mormorò Mary contro la sua maglietta e avvertì il petto di James alzarsi e abbassarsi velocemente, segno che stava ridacchiando. 

« È quello che ha detto anche lui » ammise senza pensarci James, stringendola ancora di più a sé.

Mary aprì leggermente gli occhi e alzò il viso verso quello dell’amico per guardarlo, ma non riusciva a trovare le parole: aprì la bocca per dire qualcosa, ma si sentiva la gola secca e il cuore le batteva forte nel petto.

« Se ne è pentito? » domandò poco qualche secondo, la voce leggermente incerta.

James la guardò con attenzione, e Mary si ritrovò ad abbassare gli occhi. Conosceva quello sguardo, sapeva che stava cercando di capire cosa stesse pensando e allo stesso modo sapeva che ci sarebbe riuscito, come faceva sempre: dopotutto, erano sempre stati un libro aperto l’uno per l’altra.

« E tu? » le chiese, senza rispondere alla sua domanda. Mary sospirò pesantemente tra le sue braccia e lui si accorse di Sirius che, proprio in quel momento, stava rientrando in Sala Comune. « Anzi, forse dovresti parlarne con lui » aggiunse, indicandole con la testa il buco del ritratto.

Mary seguì il suo sguardo e anche i suoi occhi si spostarono su Sirius. Era appena entrato dal buco del ritratto e stava parlando con una ragazza bionda del sesto anno che a Mary pareva si chiamasse Abigail Thomas. 

« Perché sta con Abigail Thomas? » domandò, tornando a guardare James con un sopracciglio inarcato: stava cercando in tutti i modi di stamparsi in faccia l’espressione più indifferente possibile, che però, agli occhi del ragazzo, sembrò più un palese segno di gelosia imprevista mista a preoccupazione. 

James sembrò indeciso, all’inizio, ma dopo si strinse nelle spalle e decise di essere sincero: in fondo, non era mai riuscito a mentirle. Non era in grado di guardarla negli occhi e nasconderle la verità, perché odiava avere dei segreti con lei – e in generale con i suoi amici. 

« Si dovevano vedere dopo le lezioni » ammise, e la vide abbassare il viso sul tessuto morbido del divano. Le sfiorò con delicatezza una mano e poi la strinse tra le sue, attirando così la sua attenzione. « Dovreste parlarne ».

La ragazza annuì e si strinse nelle spalle, regalandogli un breve sorriso. James le sorrise di rimando e dovette trattenersi per non abbracciarla subito: Mary si mostrava poche volte fragile, e quella era una di quelle volte. 

Lanciò un’ultima occhiata a Sirius, e decise cosa fare. Dopotutto, come gli aveva detto Lily durante una ronda, se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto – chi fosse questo fantomatico Maometto, però, era ancora un mistero per lui.

« Ehi, Pad! » lo chiamò, e Mary sgranò gli occhi. 

« Sei impazzito? » gli chiese a bassa voce, ma ormai era troppo tardi. 

Sirius li aveva visti e aveva salutato Abigail con un veloce bacio sulla guancia, prima di dirigersi verso di loro. Mary osservò bene la ragazza mentre quella raggiungeva alcune sue amiche: non era molto alta, ma aveva un fisico formoso dalle curve armoniose e assolutamente desiderabili. Si guardò le gambe e il busto, notando la forte differenza tra il fisico morbido di Abigail e il suo, così esile e magro. 

« Non farti complessi » le sussurrò James, notando il suo sguardo. « Sei bellissima ».

Mary gli sorrise con gratitudine e strinse la presa sulle sue dita.

« Ehi, Prongs! Mary » li salutò Sirius con un sorriso raggiante. « Che fate? »

« Nulla di che, abbiamo studiato Trasfigurazione » rispose James. « Ora devo andare alla riunione dei Prefetti, la lascio a te! Ci vediamo dopo! » aggiunse, alzandosi in piedi e strizzandole l’occhio di nascosto per non farsi vedere da Sirius.

« Di già? Ma sono appena arrivato » protestò Sirius, a metà tra il perplesso e l’indispettito. 

Se lo sarebbe dovuto aspettare, da James: era ovvio che avrebbe cercato in tutti i modi di farli parlare e chiarire, non avendo la benché minima intenzione di abbandonare uno dei due per stare insieme all’altro.

« Lo so, amico, ma che devo fare? » gli disse con il tono di scuse più finto che riuscisse ad assumere. « Lily mi uccide se faccio tardi ancora una volta ».

Così dicendo, James si avviò verso il buco del ritratto ed uscì dalla Sala Comune e Sirius, dopo un attimo di esitazione, si sedette al suo posto, mentre Mary si girò a guardare il fuoco che scoppiettava nel camino. 

« Che mi racconti? » le chiese Sirius per iniziare una conversazione. 

« Ti sei divertito con Abigail? » scattò subito lei prima di potersi trattenere: si era girata verso di lui e lo guardava con un sopracciglio inarcato, che lui ricambiò rapidamente, senza neanche trattenersi dal sogghignare. 

« Gelosa? » la provocò, avvicinandosi leggermente. Per tutta risposta, Mary si spinse di più verso il lato opposto del divano. « Ma fai sul serio? » le domandò dopo, sinceramente confuso, visto che la ragazza continuava a lanciargli occhiatacce. 

« Non sono gelosa » rispose lei, stizzita, incrociando le braccia al petto e tornando a guardare il fuoco.

« Bene » disse lui. Dopodiché si guardò intorno e, appurato che nessuno stesse prestando loro attenzione, le si avvicinò ancora e si piegò leggermente verso il suo orecchio. « Oltre ad essere molto più bella, baci anche meglio » mormorò, soffiando leggermente vicino al suo collo e facendola rabbrividire appena.

Alle sue parole Mary si girò verso di lui e lo guardò con evidente fastidio. Erano molto vicini, così tanto che i loro nasi quasi si sfioravano, ma in quel momento riuscì a rimanere concentrata sull’argomento della loro discussione.

« Quindi ammetti di averla baciata? »

« Quindi ammetti di essere gelosa? »

Mary lo guardò con fastidio e gli tirò un calcio sulla coscia, l’unico punto che poteva raggiungere, essendo rannicchiata sul divano con le ginocchia al petto. In tutta risposta, Sirius si mise a ridere, divertito. 

« Non sono gelosa ».

« E io non ho baciato nessuno » ribatté il ragazzo, lanciandole uno sguardo di sfida a cui lei non tardò a rispondere.

« Non ti credo » commentò Mary, distogliendo lo sguardo da quello di lui per posarlo sulla finestra lì vicino.

« E io non credo che tu non sia gelosa » disse Sirius, inclinando leggermente il viso di lato per poter osservare meglio la sua espressione: sebbene imbronciata, riusciva in ogni caso a fargli sentire gli ippogrifi nello stomaco – perché con lei non si era mai trattato di farfalle, quello che provava per lei non si era assolutamente comparabile al banale e delicato battito delle loro ali: no, quello che provava per Mary era più violento, più forte. 

Sirius sospirò e, sotto lo sguardo inquisitore e diffidente della ragazza, afferrò un lembo della coperta in cui era avvolta così da coprire il proprio braccio. La sua mano afferrò quella di Mary, che fece per ritrarla, ma lui non glielo permise e la tenne ancora più stretta nella sua.

« Io provo qualcosa per te, e sono assolutamente sicuro di quello che ti ho detto e ti sto dicendo ora » disse, serio, e lei, suo malgrado, si ritrovò a guardarlo negli occhi. « Ma tu non puoi fare così, mi stai facendo uscire di testa. Se tu me lo chiedessi, cancellerei Abigail dalla mia mente senza neanche pensarci due volte ».

Mary mantenne il contatto visivo con lui, ma era sicura che fosse palese quanto fosse nervosa in quel momento. Si morse le labbra, cercando qualcosa da dire, e Sirius sorrise sotto i baffi.

« Smettila di morderti le labbra, mi distrai » le sussurrò con voce roca e, ne era certa, volutamente provocante. I suoi occhi ora erano fissi sulle sue labbra e lei smise subito di mordersele, facendolo ghignare ancora di più mentre rialzava lo guardo. « Grazie. Non so se sarei riuscito a non baciarti, altrimenti ».

« Sirius… »

« Niente Sirius » disse, tornando al tono perentorio di poco prima. « Da quando siamo stati insieme io non riesco a non pensarci, perché se fosse per me rifarei tutto da capo, di nuovo. E non ti credo quando dici che invece tu vuoi dimenticare tutto, non posso crederci » vedendo che lei stava per ribattere, continuò a parlare, bloccando ogni sua protesta sul nascere. « Perché ti ostini a negarlo? Noi non siamo solo amici… noi possiamo essere molto di più. Ma tu perché non vuoi nemmeno fare un tentativo? »

Ma Sirius lo sapeva, sapeva perché lei non volesse parlare con lui dei propri sentimenti, ed era proprio per questo che lui aveva deciso di metterla alle strette in quel modo: forse non era il metodo più ortodosso, ma, conoscendo la ragazza di fronte a lui, era senz’ombra di dubbio il più efficace.

Senza neanche pensarci Mary strinse leggermente la mano di Sirius e si accasciò contro lo schienale del divano, posandovi anche la guancia, ma senza staccare gli occhi dai suoi. 

« Non so cosa fare » ammise infatti, e Sirius annuì. « Ho paura di fare qualcosa che, poi, potrebbe rovinare tutto... Io mi sono appena lasciata, tu... sei tu. Non so quanto possano essere promettenti queste premesse » continuò, un po' incerta.

Lo aveva capito quando era corsa via dal suo dormitorio. 

I momenti subito dopo erano stati tremendi: il letto non gli era mai sembrato più freddo, ma, soprattutto, non si era mai sentito più vuoto. Non era mai stato bravo a parlare dei propri sentimenti e, soprattutto, non si era mai esposto in quel modo con una ragazza. Per una ragazza. E nonostante questo, lei era scappata ugualmente.

All’inizio si era arrabbiato, e ogni volta che lei lo aveva evitato avrebbe voluto potersela prendere con qualcuno; poi però aveva messo insieme tutti i pezzi: se non avesse provato nulla per lui, Mary glielo avrebbe detto, ne era sicuro. Tuttavia c’era una cosa che non riusciva proprio a capire, ossia come facesse Mary a non rendersi conto di quanto potessero funzionare insieme. 

« Ho una proposta per te, in questo caso » se ne uscì lui con tono fintamente casuale, guardandola con attenzione: Mary, come aveva immaginato, si irrigidì appena e gli rivolse un’occhiata penetrante e un po’ sospettosa.

« Che proposta? »

« Smettila di evitarmi » disse, guardandola con convinzione, accarezzandola con studiata noncuranza il dorso della mano con il proprio pollice. « Passa del tempo con me, sfogati, parlami. In altre circostanze avremmo già parlato almeno dieci volte di quello che è successo a Roger, saresti stata perennemente nel nostro dormitorio, ogni notte. Se continui a scappare tutte le volte che mi vedi, dopotutto, come pensi di poterci capire qualcosa? Prova a fidarti di me, vediamo come vanno le cose »

Mary, che quando aveva iniziato ad ascoltare l’idea di Sirius aveva abbassato il capo, lo alzò leggermente sul ragazzo di fronte a lei. La guardava con aspettativa e speranza, ma soprattutto con determinazione; lui, d’altro canto, non desiderava altro se non ricevere una risposta affermativa. Debole, appena sussurrata, riluttante, non gli importava: era sufficiente che fosse affermativa. Un e ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro: un e sarebbe riuscito a farle aprire gli occhi, a farle capire che forse non era il ragazzo migliore al mondo, certo, ma che era senz’altro il ragazzo giusto per lei. 

Solo un .

 

 

 

* DOXY: creature magiche simile a fate, ma completamente ricoperte di peli neri. Dispongono di ali di coleottero, quattro braccia, gambe e denti aguzzi e i loro morsi risultano essere velenosi. (Wikipedia)

Salve a tutti! Allora, eccomi qui, dopo i 14 giorni di assenza di cui vi avevo avvisati! Premetto che questo capitolo, inizialmente, era più lungo di parecchio, ma vista la piega che stava prendendo la situazione ho deciso di togliere l’ultima parte e scrivere un capitolo non previsto. Vi sto lasciando con un cliffhanger e me ne rendo conto, ma sappiate che non sarà l’ultima volta… *evita i pomodori* Non odiatemi, dai!
In ogni caso, per chi non seguisse la mia pagina facebook (shame on you), ecco a voi la lista dei presta-volto!
James Potter: Aaron Johnson
Sirius Black: Ben Barnes
Remus Lupin: Andrew Garfield
Peter Minus: Jamie Bell
Lily Evans: Karen Gillan (anche se Holland Roden mi tenta sempre, come Lily)
Mary MacDonald: Kaya Scodelario
Miriam Parker: AnnaSophia Robb
Emmeline Vance: Emma Stone
Sappiate che vi state perdendo la sottoscritta che tenta di fare collage strambi con i vari personaggi, usando tali “semi-banner” come spoiler dei capitoli seguenti. Eh, beh, sono delle vere proprie opere d’arte che io non vorrei mai perdermi.
Ora corro, perché la palestra mi aspetta (se riesco a trovare la voglia ^^’’)!
Un bacio e alla prossima,
Ale

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Capitolo 11
*** Cambiamenti ***


Capitolo 11
Cambiamenti

11-cambiamenti
« Life is about change.
Sometimes it’s painful, sometimes it’s beautiful.
But most of the time it is both. ».
Smallville

« Cosa diamine hai combinato, Black? » sbottò Lily, quando vide arrivare Sirius: il ragazzo, infatti, aveva un occhio completamente nero e qualche graffio sul viso e sul collo, come se si fosse messo a litigare con un cane rabbioso. 

Lui le indirizzò un sorriso sghembo e si strinse nelle spalle con noncuranza. 

« Sono caduto, nulla di eccezionale » rispose Sirius, prima di fare un cenno col capo alle scale che conducevano ai dormitori maschili. « Vado in camera a finire il tema per la McGranitt, ci vediamo a colazione » aggiunse, prima di salutarle e andarsene.

Miriam guardò le due amiche con le sopracciglia inarcate prima di parlare.

« Come ha fatto a ridursi così se è solo caduto? »

« Non ne ho idea » disse Lily con aria insospettita. « Però dai Malandrini ormai mi aspetto di tutto. Vi ricordate il mese scorso? Sirius si è slogato una spalla… E il mese ancora prima Peter si è incrinato tre costole perché gli è caduta una scacchiera addosso al club ».

« Avranno combinato uno scherzo dei loro… » commentò Mary nel tentativo di cambiare il discorso della discussione, sapendo bene dei sospetti sopiti della rossa. Si morse l’interno della bocca prima di chiedere: « Lily, mi passi un attimo il tuo tema di Trasfigurazione? Devo controllare una cosa ».

Quella annuì e prese la propria pergamena per porgergliela. Mary l’afferrò e iniziò a confrontare i loro lavori, sperando di aver troncato la conversazione sui Malandrini. Tuttavia non ebbe molta fortuna, perché Miriam parlò nuovamente.

« Certo che ogni mese ne hanno una nuova » commentò, pensierosa, portandosi una mano sotto il mento. « Chissà che combinano ».

« Su, ragazze! » esclamò Mary. « Sono i Malandrini. Davvero vi state chiedendo cosa combinino? Sappiamo come sono, si divertono a fare delle cazzate! »

« Rompersi un osso a mese non è una cazzata, e soprattutto non è normale! » protestò Lily.

Mary sbuffò e si guardò attorno, cercando una via d’uscita. La trovò quando vide Sirius tornare in Sala Comune con il tema tra le mani, pronto per andare a lezione. La ragazza si alzò in piedi e raccattò la propria roba.

« Credo sia piuttosto inutile pensarci ora » disse rapidamente. « Andiamo, o faremo tardi a lezione. E sia mai che la nostra perfetta Caposcuola faccia ritardo! » aggiunse, scherzosa, facendo la linguaccia alla diretta indirizzata. 

Lily ricambiò il gesto e sbuffò una risata, prima di iniziare a sua volta a prepararsi insieme a Miriam. 

Mary disse loro che intanto si sarebbe avviata insieme al ragazzo e che le avrebbe aspettate davanti alla classe, prima di uscire dal Ritratto velocemente e trascinarsi dietro un Sirius abbastanza sorpreso. 

« Che succede? » le chiese lui una volta lasciata la Sala Comune, perplesso: in primis perché dopo la domenica in cui Mary aveva fatto visita a Roger le cose tra loro due erano migliorate leggermente, ma non troppo; in secondo luogo perché lei non si era mai particolarmente curata di arrivare in orario a lezione, figurarsi in anticipo. 

« Succede che stanno iniziando a farsi troppe domande! » rispose Mary a bassa voce, guardandosi intorno: era un discorso molto delicato, e nessuno doveva sentire una sola parola di quello che dicevano.

Sirius la guardò, all’inizio non capendo di cosa stesse parlando, ma presto un lampo di comprensione gli illuminò gli occhi; sbiancò appena e affrettò il passo, deciso ad allontanarsi il più possibile dalla loro Sala Comune. 

« Spiegati ».

« Quando ti hanno visto così si sono ricordate che il mese scorso ti sei slogato la spalla, e che a settembre Peter si è incrinato alcune costole. Sai già dei dubbi di Lily su Remus, dopo quello che le ha detto Piton. Su di voi, però, per ora non hanno idee… pensano ancora che sia sempre a causa di qualche vostra stupidaggine, ma iniziano ad interessarsi troppo alla faccenda ».

Sirius sospirò pesantemente e si passò una mano sul viso, facendo poi una smorfia quando toccò i graffi sulla guancia destra. Lei spostò lentamente lo sguardo sui segni che il ragazzo sfoggiava in volto: stava quasi per cedere alla tentazione e sfiorarli appena, che Sirius parlò di nuovo, fermandola immediatamente.

« Tu non hai detto nulla, vero? » domandò, guardandola con preoccupazione.

Mary gli lanciò subito un’occhiataccia e gli diede una spallata, indispettita. Si chiese per chi l’avesse presa: ovviamente non aveva fatto parola a nessuno del segreto dei Malandrini. Lei ormai lo sapeva da anni, James aveva convinto gli altri a dirglielo dopo giusto un mese dalla loro prima trasformazione. 

« Con chi credi di parlare? » sibilò. « Credi davvero che io possa averlo detto a qualcuno? »

Sirius si fermò in mezzo al corridoio e le prese il polso destro tra le dita, costringendo così anche lei a fermarsi; Mary lo strattonò con forza, ancora infastidita da quello che il ragazzo aveva insinuato, e lo guardò con un sopracciglio inarcato.

« Sai benissimo cosa intendevo » le disse, cercando ancora di sfiorarla, ma lei si scansò nuovamente. « Oh, smettila di guardarmi così! »

« E tu smettila di parlarmi come se fossi un’idiota! » ribatté lei, lanciandogli l’ennesima occhiata di fuoco prima di riprendere a camminare. 

Tuttavia, Sirius la raggiunse subito e la costrinse ad arrestare il passo un’altra volta; erano ormai vicini alla classe, che si stava mano a mano riempiendo, perciò abbassò leggermente il tono della voce.

« A volte lo sei » ironizzò, ma se ne pentì non appena lei fece per colpirlo con un pugno sulla spalla. « Dai, stavo scherzando! So benissimo che non sei idiota! Certo, hai qualche problema mentale… » - Mary provò a colpirlo nuovamente, e lui dovette spostarsi per evitare il suo calcio. « Ma, finché non cerchi di picchiarmi, la cosa non è che mi dispiaccia più di tanto... ».

« Sirius… » cominciò lei a voce nettamente più bassa di quella del ragazzo, che non sembrava affatto turbato dalla situazione. Al contrario, Mary non voleva assolutamente che qualcuno potesse sentire ciò che si stavano dicendo, poiché aveva paura che si potesse spargere in giro qualche pettegolezzo errato. Sapeva di essere la prima ad aver sbagliato nei confronti di Dylan, ma non avrebbe voluto farlo stare male ancora di più ed era sicura, conoscendolo, che un qualche gossip su lei e Sirius lo avrebbe solo fatto sentire peggio. 

Mary cercò qualcosa da dire, ma l’arrivo di Miriam e Lily le tolse l’occasione. Da una parte, ne fu sollevata.

« Cos'è che non ti dispiace? » chiese Miriam con voce trillante, battendogli una mano sulla spalla con aria complice.

Lily, invece, rimase in silenzio e guardò la sua migliore amica con uno sguardo a metà tra il curioso e il consapevole. Mary ricambiò il suo sguardo e si strinse impercettibilmente nelle spalle. 

« Quando la vostra cara amica può fare a meno di picchiarmi » rispose prontamente Sirius con un sorriso furbo. « Be’, io adesso entrerei! Parleremo dopo! »

Così dicendo, si dileguò ed entrò in aula, andandosi a sedere vicino a Peter, che gli aveva tenuto il posto.

« Ci devi dire qualcosa? » la incalzò Lily, posandosi le mani sui fianchi. 

Mary sospirò e alzò gli occhi al cielo.

« Entriamo » disse, e seguì l’esempio del ragazzo. 

Occupò il penultimo banco vicino alla finestra: Lily le si sedette accanto e Miriam dietro, ma quest’ultima si sporse ugualmente verso di lei per sentire quel che aveva da raccontare.

« Allora? » sbuffò Lily, posando il proprio libro sul banco e girandosi verso di lei mentre il professor Rüf entrava in aula.

« Allora cosa? » tentò di sviare lei, iniziando a tirare fuori dalla tracolla gli oggetti che le sarebbero stati necessari per la lezione. 

« Oh, non fare la finta tonta! » la scimmiottò Miriam, sporgendosi dal banco dietro per ascoltare meglio e dandole un pizzicotto sul braccio. « È più di una settimana che cambi umore quando c'è anche Black! E sinceramente da come ti stava guardando prima non sembrava stesse pensando a te che lo picchi, ecco, perciò sappi che non ho intenzione di lasciarti in pace finché non svuoti il sacco. Non mi importa nemmeno se Rüf ci mette in punizione di nuovo, te lo dico! »

Mary lanciò un’occhiata a Lily, sperando di trovare almeno in lei un po’ di solidarietà. La rossa tuttavia non sembra assolutamente propensa ad aiutarla in alcun modo, anzi: continuava ad osservarla con attenzione, quasi la stesse studiando.

« Qui lo dico e qui lo nego » disse quando Mary provò a lanciarle uno sguardo di supplica. « Ma nemmeno a me importa se stavolta Rüf ci mette in punizione ».

Mary sospirò e si appoggiò al muro, così da poter guardare meglio sia Lily che Miriam. Le sue due amiche la guardavano in maniera diversa, ma era palese che entrambe volessero la stessa cosa: sapere cosa diamine stava succedendo con Sirius. 

Si erano accorte già da un po’ di tempo che qualcosa non andava, ma ogni volta che avevano provato a farle qualche domanda a riguardo lei aveva sviato o si era inventata un’impegno imminente così da poter scappare dalle loro insinuazioni. In quel momento, però, si trovava con le spalle al muro, psicologicamente perché aveva davvero bisogno di qualche parere femminile sulla faccenda, e fisicamente perché era a tutti gli effetti bloccata tra loro e un muro. 

« Okay » disse dopo qualche secondo, incrociando le braccia al petto. « Io e Sirius siamo andati a letto insieme ».

« Cosa? » sbottò Lily, cercando di modulare il proprio tono di voce e guardandola con gli occhi sgranati.

« Due volte » aggiunse poi, fissando le proprie braccia, senza riuscire a trovare il coraggio di guardare in faccia le amiche. 

« Finalmente! » fu il commento di Miriam, che a dire il vero quasi urlò. « Lo sapevo che in fondo un po’ Black ti piaceva ancora! Insomma, che sia un figo non dobbiamo nemmeno stare qui a parlarne, ma io lo sapevo che non ti era passata davvero! »

« Non è vero » protestò Mary, in vano. « Cioè, non è così semplice— ».

« Sì, va bene, Mary. Come vuoi » la liquidò Miriam, prima di chinarsi di più verso di lei per poter parlare a bassa voce e farsi sentire lo stesso. « Ora però dobbiamo parlare di cose importanti. Com’è stato? Oh, sono sicura che ti è piaciuto! D’altronde se non ti fosse piaciuto non ci saresti stata più di una volta! » sussurrò, intrigata: adorava quel tipo di discorsi, fare gossip e commentarli.

Al commento di Miriam, arrossì ancora di più.

« Be’… sì, ma… » balbettò Mary, sempre più in imbarazzo, passandosi una mano tra i capelli. 

Girò leggermente il viso verso il banco dov’era seduto Sirius e si accorse che la stava guardando: lei cercò di darsi un contegno, ma lui le strizzò l’occhio e lei girò di scatto la testa verso Lily, sperando di non essere arrossita ancora.

La rossa dovette essersi accorta di tutto, perché la guardò con le sopracciglia inarcate. 

« Quando? » fu la sua semplice domanda.

« A ottobre » rispose Mary, rigirandosi la piuma tra le dita.

« E ce lo dici solo ora? » le chiese ancora Lily, ora palesemente offesa. 

Mary sapeva di aver sbagliato a non dirglielo prima, ma era stata talmente confusa che non sapeva nemmeno come raccontare loro ciò che era davvero successo. Prima voleva provare a fare chiarezza dentro di sé - non che ci fosse ancora riuscita chissà quanto, però. 

« Mi dispiace, Lil! »

« Vorrei ben vedere! » ribatté Lily, girandosi poi verso la lavagna dal momento che stava entrando il professor Rüf passando come al solito attraverso il muro. 

Mary era la sua migliore amica e davvero non riusciva a capire perché non si fosse confidata con lei; la guardò con la coda degli occhi e la vide tenere gli occhi bassi e puntati sul banco, intenta a mordersi nervosamente il labbro inferiore. 

Le dispiaceva vederla così indecisa, così spaesata, ma in quel momento non trovava nulla da dirle: forse era infantile, ma non riusciva a passare sopra al segreto che Mary le aveva taciuto. Lei, dopotutto, le aveva sempre detto tutto – ogni suo dubbio, ogni sua incertezza, ogni sua paura – e lo aveva fatto nella consapevolezza che anche Mary avrebbe fatto lo stesso. Ma lei non lo aveva fatto.

« Non ti fidi di me? » le domandò a bassa voce.

« Cosa? » sobbalzò l’altra, girando di scatto il viso verso l’amica. « Certo che mi fido di te! »

« E allora perché non me lo hai detto quando è successo? »

Mary sospirò e si passò una mano tra i capelli scuri, scostandoseli dal volto. 

« Non devi prendertela, Lil » le rispose. « Non te ne ho parlato perché speravo che, facendo finta di nulla, mi sarei convinta che non fosse successo. Lo so che non è una scusante, ma è questo il motivo. Tu non c’entri nulla ».

Lily annuì, ancora leggermente infastidita ma già più tranquilla. Stava per parlare di nuovo e chiarire del tutto la situazione, ma Miriam parlò prima di lei.

« Non vorrei interrompere questa toccante discussione » scherzò, sporgendosi leggermente in avanti sul banco. « Ma non pensi che tu e Sirius dobbiate parlarne? »

« Lo abbiamo fatto » rispose Mary con una scrollata di spalle. 

Stava cercando in ogni modo di mostrarsi assolutamente indifferente a ogni cosa che riguardasse il ragazzo, ma c’era un problema: Sirius non le era indifferente, non lo era più da tempo. 

A volte si fermava a osservarlo di nascosto per guardarlo sbuffare durante le lezioni, o per ritrovarsi a sorridere nel guardarlo abbuffarsi a tavola. Non poteva negare di avvertire lo stomaco contrarsi quando lui la sfiorava, anche per sbaglio, o quando ammiccava nella sua direzione. Era qualcosa che non riusciva a controllare.

« E…? » la incalzò Miriam, sotto lo sguardo a sua volta curioso di Lily.

« E cosa? » ribatté Mary, cercando di sviare un po’ il discorso.

Miriam le diede un pizzicotto sul braccio, imbronciata, facendo ridacchiare Lily.

« Cosa ti ha detto, scema! »

« È stato un po’ complicato come discorso, in realtà, perché comunque— » iniziò, ma Miriam la bloccò con un altro pizzicotto. 

« Rüf ci sta guardando storto, pensi di riuscire ad arrivare al dunque prima che ci cacci fuori? » scherzò. « Con affetto te lo dico, eh ».

Lily e Mary si lanciarono un’occhiata e, dopo essersi assicurate che il professore non le stesse guardando in quel momento, si lasciarono scappare una risatina sommessa. 

« In poche parole » borbottò Mary dopo qualche istante di esitazione, tornando a non guardare negli occhi nessuna delle due amiche, « mi ha detto che prova qualcosa per me ».

Non lo aveva ancora mai detto ad alta voce, e le fece uno strano effetto. Un po’ perché anche lei provava qualcosa per lui, un po’ perché a dirlo le sembrava quasi assurdo. Inconsapevolmente, si ritrovò ad abbassare leggermente la testa e ad abbozzare un piccolo sorriso.

« Cosa? » squittì Miriam, con gli occhi che le brillavano. « Potevi non dirci che eravate andati a letto, ma questo! Davvero te lo ha detto? Sirius Black? E come? »

« Lo avevamo appena… eravamo a letto » disse, correggendosi prontamente. « O meglio, stavamo litigando… vabbe’ insomma, avete capito, stavamo in camera. E… me lo ha detto ».

« Sì, questo me l’ero immaginato, ma come te lo ha detto? Cioè, te lo ha fatto capire o te lo ha proprio detto? »

« No, lo ha proprio detto » rispose Mary, cercando di trattenere l’ennesimo sorrisino. « È stato un po’ un parto, però ha proprio detto così ».

Miriam le diede un pugno leggero sul braccio. 

« Smettila di fare l’acida! » protestò, facendola ridacchiare appena. « È stato un po’ un parto » ripeté facendole il verso, sorridendo. 

« E tu cosa gli hai detto? » chiese invece Lily, guardandola con aperto interesse. 

Mary si morse le labbra, sentendosi immediatamente più in colpa. Lei non gli aveva detto nulla, era quella la verità; non aveva trovato nulla da dire, ed era semplicemente scappata via. La dichiarazione di Sirius l’aveva spiazzata, sul momento non l’aveva neanche preso sul serio viste le innumerevoli correzioni; non se l’era aspettata e, in un certo senso, era stata come una doccia gelata. Non aveva saputo come gestire la cosa e le emozioni che aveva provato in quel momento - rabbia, sorpresa, delusione, gioia tutte insieme -, soprattutto perché in quel momento non era riuscita a prenderlo sul serio.

« Mary, cosa gli hai detto? » chiese ancora Lily.

« Io… io non ci sono riuscita. Non ce l’ho fatta, era una situazione troppo… troppo non lo so! » 

Lily la guardò allo stesso tempo con affetto e con disappunto. 

« E? » le chiese, incitandola a continuare.

« Me ne sono andata » confessò infine, desiderando con tutto il cuore, sotto lo sguardo impietosito e sconvolto di Lily e Miriam, di poter scomparire dalla faccia della terra. 

« Dimmi che è uno scherzo » la pregò Miriam. « Dimmi che non lo hai fatto sul serio. Non riesco a credere che tu abbia davvero fatto una cosa del genere! Sei sicura di aver capito chi ti ha detto di provare dei sentimenti per te?»

« Aspetta, è per questo che voi due non vi siete praticamente rivolti la parola per due settimane? » domandò invece Lily, alzando gli occhi al cielo all’affermazione di Miriam.

Mary annuì senza dire una parola. 

« Mary… ma tu cosa provi per lui? » le chiese Miriam.

« Io… io provo qualcosa per lui, lo so » rispose lei dopo un po’, pensierosa, stando bene attenta a non alzare troppo la voce. « Ma ogni volta che provo a fare chiarezza nella mia testa riguardo a Sirius, mi sale l’ansia. Davvero, non guardatemi così » aggiunse rapidamente, vedendo le occhiate delle sue due amiche. « Lo guardo e mi viene l’ansia, ci parlo e mi viene l’ansia, ci penso e mi viene l’ansia. È come… come se lui fosse una malattia, e io fossi stata contagiata da Sirius Black. Non so se mi spiego, ma ho una paura matta di quello che potrebbe succedere… potrei rovinare tutto quanto… »

Quando Mary finì il proprio monologo, Lily e Miriam rimasero in silenzio per un po’, finché quest’ultima non si decise a parlare, smorzando la tensione che si era creata. 

« E io che pensavo fosse Lily quella che si faceva troppe pare mentali ».

« Ehi! » protestò la rossa, punta nell’orgoglio, lanciando però un’occhiata veloce al compagno di banco del giovane Black. 

 

*

 

Caro Roger,

Come stai? Ti senti meglio? Lo so, sono un po’ ripetitiva, ma non riesco a smettere di pensare a come stavi l’ultima volta che ti ho visto… Se solo potessi, starei già lì a casa con te. Ormai conto i giorni che mancano alle vacanze natalizie, non vedo l’ora di rivederti, rivederti sul serio! Ed evita articoli troppo di parte, come l’ultimo… non voglio dover tornare al San Mungo per almeno qualche anno. Sono stata chiara? 

In ogni caso qui va tutto come al solito, più o meno. I professori corrono come dei matti, hanno tutti paura di non finire in tempo i programmi e non fanno che riempirci di compiti. Non voglio pensare alla mole di temi che ci daranno per le vacanze. Pensa che Lumacorno ci ha già fatto capire che ci darà un sacco di roba. Mi aspettano proprio delle belle vacanze, non credi?

James sta bene e ti saluta, comunque! Anzi, mi ha chiesto di scusarsi a suo nome per non averti ancora scritto, ma nell’ultima settimana non ha avuto un attimo libero. (Sorprendentemente) devo dargli ragione: tra il Quidditch e i doveri da Caposcuola l’ho visto poco anche io.

Fa’ il bravo, o quando torno mi arrabbio.

Un bacio enorme,

Mary

 

Cara sorellina,

Sono felice di vedere che ti preoccupi per me, ma fino a prova contraria qui il più grande dei due sono io, perciò credo che dovrei essere io a fare a te i soliti discorsi da “non fare questo, fa’ il bravo” e quelle cose lì. 

Di’ a James che non lo voglio più vedere, sono molto deluso da questo suo disinteresse nei miei confronti… Andiamo, davvero mi vuole chiedere scusa? E per cosa? È normale essere impegnati, l’anno dei M.A.G.O.. Spero solo che finalmente la tua cara amica si decida a dargli una possibilità: sta diventando grande, non può più passare l’estate a ideare strani piani di conquista… anche perché falliscono puntualmente, mi pare. Ovviamente tienimi aggiornato sulla vita sentimentale di Jim!

Sulla tua, invece, non voglio sapere niente. Niente. Capito? Ora che hai rotto con Dylan, spero bene che tu abbia capito che sei troppo piccola per avere un fidanzato. Concentrati sugli studi, piuttosto. Ripeti con me: no ai ragazzi. I ragazzi portano sulla via della perdizione. No ai ragazzi. 

Spero di essere stato chiaro.

(Anche perché non voglio dover schiantare qualche idiota)

Un abbraccio,

Roger

PS: salutami James, Sirius, Remus, Peter e la futura signora Potter!

 

Quando finì di leggere la lettera che suo fratello le aveva inviato, Mary non riuscì a nascondere un sorrisetto. La parte che più la divertiva, ovviamente, era quella sui possibili fidanzati: Roger era sempre stato molto protettivo nei suoi confronti, e in molte sue lettere si era raccomandato di lasciar stare i ragazzi. Quando aveva conosciuto Dylan, lo scorso 30 di giugno, per poco non aveva avuto una sincope: lei, dopotutto, aveva sempre evitato di parlargli delle proprie relazioni, che di solito nascevano e finivano durante l’anno scolastico in corso. 

I ragazzi portano sulla via della perdizione… Sapessi di Sirius, fratellone – si ritrovò a pensare con una risatina ironica.

« Adesso ridi da sola? » 

Neanche lo avesse appellato con un incantesimo non verbale, Sirius fece la propria comparsa in Guferia; anche lui stringeva tra le mani una lettera, probabilmente indirizzata a Euphemia, e le sue labbra erano piegate in un sogghigno ironico.

« Che ci posso fare, questo è quello che succede se ti penso » ribatté prontamente lei, ricambiando il suo sguardo.

« Oh, e che parte di me ti farebbe ridacchiare così? » indagò lui con tono volutamente provocante, lanciandole un’occhiata d’intesa.

Mary si trattenne dal rispondergli male, preferendo mordersi appena l’interno della guancia per non ribattere. Quando aveva detto a Sirius che sì, avrebbe ricominciato a uscire con lui per fare chiarezza sui propri sentimenti, sapeva bene che lui non le avrebbe reso la cosa facile. E aveva avuto ragione: le stava rendendo il tutto maledettamente difficile. Ma non difficile perché non riusciva a stargli accanto, no: difficile perché non riusciva a non stargli vicina. 

« La stessa parte di me che farebbe ridacchiare così te » rispose candidamente lei, sbattendo le ciglia con fare civettuolo; in tutta risposta, il ghigno di Sirius ebbe un fremito e, ne era certa, quello che passò nei suoi occhi era un lampo di eccitazione. 

« Touché ».

« Questo gioco possiamo giocarlo in due, non trovi? »

Il ragazzo non le rispose, limitandosi a scuotere la testa e ridere; le si fece vicino e, facendo bene attenzione a sfiorarle di proposito la mano con la sua, legò la propria missiva alla zampa del gufo scolastico che le aveva portato la risposta di Roger. 

Mary lo osservò muovere con delicatezza e precisione le dita affusolate intorno all’arto del volatile, come se stesse esaminando i suoi movimenti; lenti, calmi, quasi studiati: solo il guardarli rievocava nella sua mente il ricordo del suo tocco sulla pelle, sulle guance, sulle spalle, ovunque. 

Spostò lo sguardo sul suo viso solo quando il ragazzo ebbe finito, ma non appena incrociò i suoi occhi si accorse che lui la stava già osservando, sempre con il solito sorrisetto soddisfatto che aveva ogni volta che la coglieva in flagrante. 

Decisa a non dargliela vinta, alzò il mento con finta noncuranza e spostò lo sguardo sul panorama fuori: erano le sette, il cielo era plumbeo e l’aria fredda e pungente, ma il verde delle montagne intorno al castello rendeva qual paesaggio estremamente gradevole. 

Lui non disse niente, limitandosi a osservarla, immersa com’era nella contemplazione di ciò che circondava il castello; ciò che lui non poteva sapere, però, è che lei non riusciva a concentrarsi seriamente su ciò che vedeva. Era alla ricerca di una via di fuga, di qualcosa che le impedisse di pensare a lui, ma non la trovava. 

« Che ne dici di andare a cena? » le chiese dopo un po’, catalizzando così la sua attenzione; si ritrovò dunque gli occhi azzurri di Mary puntati addosso, stupendosi quando li vide sorridere ancor prima delle sue labbra. 

La ragazza annuì, stringendosi leggermente nel proprio mantello e sistemandosi meglio sulla spalla la borsa a tracolla; lui la lasciò uscire per prima dalla Guferia e la guardò precederlo lungo la scalinata. 

Nel silenzio di quella sera di fine novembre, non poté che sorridere nell’osservare i capelli scuri di lei danzare sulle sue spalle a ogni scalino che scendeva. A un certo punto, lei voltò leggermente il volto nella sua direzione e gli sorrise di fretta, prima di tornare a concentrarsi sulla discesa. 

Erano passate quasi due settimane dal giorno in cui le aveva chiesto una possibilità, una vera possibilità e, a suo parere, le cose non potevano andare meglio. Avevano ripreso a parlare – a dirla tutta, parlavano anche più di quanto non facessero prima – e passare le giornate insieme, perlopiù da soli. Durante i primi giorni Mary aveva mostrato ancora qualche cenno d’incertezza, ma quando aveva cominciato a lasciarsi andare Sirius aveva capito che lei gli stava finalmente dando la possibilità di starle affianco, e non più solo come un amico. 

Anche durante le lezioni di Incantesimi avevano ricominciato a fare coppia, ma i loro sguardi tra un incantesimo e l’altro non erano più gli stessi di qualche anno prima: erano sempre sguardi di sfida, ma erano provocanti in tutt’altra maniera. 

Una volta rientrati nel castello cominciarono a parlare del più e del meno, incamminandosi verso la Sala Grande in tutta calma; Mary gli parlò dell’ultima lettera che aveva ricevuto da Roger, facendogli leggere la parte in cui parlava di James e Lily. Quando Sirius lesse quelle righe, non poté che scoppiare a ridere, sapendo bene che il suo migliore amico, quell’estate come anche la precedente, aveva più volte cercato di mettere a punto il piano Conquistare Lily Evans

« Di’ a tuo fratello che sono assolutamente d’accordo con lui » commentò senza smettere di ghignare, prima di leggere anche la parte successiva della lettera: quella sui ragazzi. Mary se ne ricordò solo dopo, quando Sirius le porse nuovamente la missiva; stavolta, il sorrisetto sul suo viso era più sghembo che mai: si vedeva chiaramente che stava esultando interiormente. « Forse tuo fratello si è perso qualche passaggio, che dici? »

« Dici? » fece lei sfiorandosi il mento con aria fintamente dubbiosa. « Non mi sembra di avergli tenuto nascosto alcun fatto degno di nota… » aggiunse, gioendo interiormente quando il ragazzo esibì una smorfia da prima donna oltraggiata. 

« Guarda che questa me la segno! » esclamò infatti Sirius e allontanò lo sguardo dalla figura della ragazza, girando il capo nella direzione opposta.

Mary scoppiò a ridere e gli si appese al braccio, posando per un attimo la testa sulla spalla di lui e facendo rallentare a entrambi il passo; il ragazzo tornò a rivolgere lo sguardo su di lei, ma si decise a mantenere la propria posizione, perciò dovette trattenersi dal sorridere. Quando lei alzò gli occhi su di lui, incontrando i suoi, esibì l’espressione più dolce e dispiaciuta – e ruffiana – che potesse tirare fuori. 

« Daaai, non guardarmi così! » disse, senza staccarsi dal suo braccio sebbene lui cercasse di tornare a camminare con il ritmo di prima. 

« Non so se posso perdonarti » ribatté lui, reggendole il gioco.

« Cosa posso fare per farmi perdonare? » fece allora la ragazza, e Sirius girò nuovamente il viso verso di lei con un sopracciglio inarcato, perplesso e divertito al contempo.

« Me lo stai chiedendo davvero? » 

Mary resse il suo sguardo, ricambiando la sua occhiata colpita con una piuttosto determinata; non disse nulla, ma fu in quel momento che il ragazzo si rese conto che lei stava finalmente accettando i propri sentimenti per lui. Lei si limitò a stringersi nelle spalle e lanciargli l’ennesimo sguardo enigmatico, prima di entrare in Sala Grande: Sirius era così preso dalla loro discussione, che non si era accorto di essere già arrivato.

Presero posto di fronte a Remus, che era stato il primo tra i Grifondoro del loro anno a scendere a cena e stava leggendo un giornale in silenzio, mordicchiando di tanto in tanto un tozzo di pane. Quando si avvide della loro presenza – impossibile non farci caso, visto il volume delle voci dei due – sollevò gli occhi dalla Gazzetta del Profeta e li salutò con un sorriso. 

« Com’è andata la ronda? » gli domandò Mary dopo che lei e Sirius ebbero ricambiato il suo saluto. 

« Tutto normale » rispose Remus alzando le spalle con noncuranza, ma sapendo di aver tradito se stesso quando lanciò di sfuggita uno sguardo al tavolo di Corvonero. « Non c’è mai troppa gente in giro di pomeriggio, durante la settimana ».

La ragazza annuì, servendosi dello stufato, e Sirius fece per imitarla, quando parve ricordarsi di qualcosa; si batté una mano sulla fronte con fare drammatico, prima di sbuffare e riprendere la propria borsa.

« Dovevo riportare a Benjy quel libro che mi aveva prestato » spiegò loro, alzandosi dal proprio posto prima di salutarli.

Tuttavia, per quanto Mary avesse cercato di dissimularlo, Remus aveva visto chiaramente le sue spalle irrigidirsi quando Sirius le aveva sfiorato con finta noncuranza la mano e rilassarsi subito dopo, quando il ragazzo aveva continuato la carezza fino alla base del collo, che aveva stretto appena. 

« Tutto bene? » le chiese, una volta che l’amico fu uscito dalla Sala.

La ragazza alzò lo sguardo su di lui, confusa, piegando leggermente la testa di lato. 

« Perché me lo chiedi? » fece. « Certo che va tutto bene ».

« Tranquilla, mi eri solo sembrata un po’ strana » le spiegò lui con un sorriso amichevole, riponendo la rivista di prima in borsa e concentrandosi a sua volta sul proprio piatto. « Per un attimo ho pensato avessi litigato di nuovo con Sirius. Non avete litigato, vero? » aggiunse, sapendo bene che, per quanto bene volessero l’uno all’altra, quei due finivano per litigare per qualunque cosa.

« Oh, no, no! » rispose Mary, forse troppo velocemente.

Lo sguardo di Remus si spostò lentamente dalla caraffa d’acqua al viso di lei: la ragazza aveva abbassato gli occhi sul piatto, decisa a fare finta di niente, ma le guance leggermente più rosee del solito la tradivano. 

« Ah » disse infine lui dopo qualche secondo, guardandola come se l’avesse appena conosciuta. « Ti piace ».

La presa di Mary sulla forchetta si fece un po’ più forte, sotto lo sguardo indagatore del ragazzo. A pensarci bene, per lui, non era neanche troppo strano immaginarsi Sirius insieme alla ragazza di fronte a lui: che fossero sempre andati d’accordo – più o meno – non era certo un mistero, e il suo amico, in fondo, aveva sempre ammesso di ritenerla una ragazza molto bella. 

« Cosa? » annaspò lei dopo un attimo di stordimento. 

« Hai capito cosa ho detto » disse Remus, ridacchiando tra sé e sé. « Ti piace. Mi sbaglio? »

« Io… penso tu abbia ragione » ammise infine Mary, più a se stessa che al ragazzo seduto di fronte a lei, che aggrottò le sopracciglia.

« Come sarebbe a dire che “pensi io abbia ragione”? »

« È che non riesco bene ad essere sicura dei miei sentimenti per Sirius ».

« Mmh. Ma fisicamente ti attrae? » chiese ancora il ragazzo.

Prima di rispondere, lei si morse appena il labbro inferiore. Certo che si sentiva fisicamente attratta da Sirius, di quello ne era più che certa: le piacevano i suoi capelli, forse un po’ troppo lunghi ma ugualmente così adatti ai suoi lineamenti, e le piacevano i suoi occhi grigi spesso imperscrutabili; le piaceva la sua voce, il tono che usava quando pronunciava il suo nome o quando semplicemente le parlava, e le piaceva anche quella sua strana risata, così simile ad un latrato. 

« Be’, sì » disse lei a voce un po’ più roca, stringendosi nelle spalle. 

« Okay, non voglio indagare oltre dal punto di vista fisico » fece Remus, dopo aver visto il lieve rossore che le era salito alle guance e non volendo saperne il motivo. « Cosa provi quando sei con lui? »

« Riesce ad agitarmi come nessun altro » ammise Mary con un sospiro. « Non so bene come spiegartelo, Rem. Solo che quando so di doverci parlare, di doverlo vedere, inizio ad agitarmi. E fin qui okay, lo posso capire, ma poi quando ci sto realmente sparisce tutto ».

« D’accordo, quindi oltre all’agitazione come ti senti quando sei in sua compagnia? » indagò ancora Remus, inclinando leggermente la testa di lato e mangiando un po’ di pane. 

« Anche se la maggior parte delle volte finiamo per litigare… » disse lei, alzando appena gli occhi al cielo, « devo ammettere che quando sto con lui sono felice ».

« Io penso che la risposta alle tue domande stia proprio qui ».

 

*

 

« Sono stanchissimo, Lily » disse James con uno sbuffo, alzando le braccia in alto per stiracchiarsi. « Non possiamo finire prima la ronda, questa volta? »

La ragazza, più avanti di qualche passo rispetto a lui, si arrestò e gli lanciò un’occhiata incuriosita: effettivamente stavano pattugliando già da quarantacinque minuti circa e il suo compagno di Casa, dopo gli allenamenti di Quidditch di quel pomeriggio, sembrava veramente spossato.

« D’accordo » acconsentì infine con un sospiro. « Ma solo per questa volta ».

James le sorrise con riconoscenza, già più di buon umore rispetto a pochi secondi prima; l’affiancò con una sola falcata e le passò il braccio intorno alle spalle, stringendola appena contro di sé per qualche secondo. 

« Sapevo che in fondo non avevi un cuore di ghiaccio! » scherzò prima di lasciarla andare e lei, in tutta risposta, gli fece la linguaccia. 

« In fondo? » fece subito dopo, guardandolo divertita. « Io ho un cuore d’oro! »

« Be’, diciamo che con me non sei mai stata uno zuccherino » replicò James alzando le spalle.

« Be’, diciamo che tu non mi hai mai reso le cose facili » disse lei facendogli il verso, sfidandolo a ribattere.

« Vogliamo davvero tornare su questo argomento? Ormai è acqua passata » si lagnò lui, guardandola con le sopracciglia inarcate; sebbene rivangare i vecchi tempi un po’ lo divertisse, d’altro canto si trattava sempre di ricordare i suoi assolutamente argomentabili, precedenti modi di flirtare con Lily.

« Io ti stavo prendendo in giro, scemo » sbuffò lei, roteando gli occhi con fare melodrammatico. « La solita coda di paglia ».

« Io non ho la coda di paglia! » esclamò James, oltraggiato, piantando i piedi per terra mentre la ragazza avanzava ulteriormente; quando vide che quella non accennava a fermarsi, tuttavia, lui pensò che fosse doveroso ricordarle della propria presenza. « Guarda che parlo con te! »

« Ah, davvero? » fece lei, fermandosi a sua volta a parecchi metri da lui e con un sorriso malandrino a incurvarle le labbra rosee. « Scusa, ma sentivo odore di bruciato e non volevo rischiare di bruciarmi per via di qualcuno così permaloso… ».

James aprì la bocca per ribattere, ma d’improvviso il fatto che lei stesse davvero scherzando in quel modo con lui lo colpì come un getto d’acqua fredda. Durante quei mesi non era mai successo che lei lo provocasse così apertamente: avevano sempre chiacchierato, provando vivace interesse l’uno per i discorsi dell’altra, ma nulla di più. Il ragazzo, dopotutto, ogni tanto temeva ancora che lei potesse di punto in bianco riprendere a odiarlo, e per questo motivo aveva deciso di evitare di comportarsi come un ragazzino provocatorio. 

Lily, dal canto suo, apprezzava molto il cambiamento di James: non era più l’arrogante pallone gonfiato che era stato un tempo, questo ormai era sotto gli occhi di tutti. Era maturato molto, soprattutto dopo la morte di suo padre, ma ogni tanto – non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce – le mancava un po’ il suo comportamento da scavezzacollo. Ovviamente non si riferiva all’atteggiamento che lui aveva assunto fino alla fine del quinto anno, ma a quello più tranquillo e nettamente meno cattivo che lo aveva caratterizzato l’anno prima. Anche perché, in fondo in fondo, le mancava rispondergli a tono. 

« Io sarei permaloso? » commentò James quindi, distendendo le proprie labbra sottili in un ghigno che non prometteva nulla di buono – e che era esattamente ciò che Lily voleva veder comparire su quel viso. Quando la ragazza lo vide piegarsi leggermente e muovere la gamba destra in avanti, fece un passo indietro ancora prima che lui parlasse nuovamente: « Faresti meglio a correre, Evans! »

Lily corse per neanche cinque metri, che lui le fu subito addosso. Le braccia di James la circondarono da dietro prima che lei riuscisse anche a rendersene conto, facendola cozzare con la schiena contro il suo petto; una risata spontanea le uscì dalle labbra senza che lei se ne rendesse conto, mentre il sorriso di lui non faceva che allargarsi a dismisura. Le mani del ragazzo trovarono la strada sotto il mantello, fino al maglione nero che lei indossava sopra la camicetta; si insinuarono immediatamente sotto entrambi gli indumenti, trovandosi così a contatto con la sua pancia piatta. Quando James cominciò a farle il solletico, la risata di Lily divenne spasmodica e incontrollata, mentre lei con le proprie mani cercava di districarsi dalla morsa di ferro che era la stretta del ragazzo. 

Le sue guance rosse, tuttavia, non erano causate solo dalla tortura che lui le stava infliggendo: non appena aveva avvertito le dita fredde di James sfiorarle il ventre, si era sentita scuotere da capo a piedi da un’immensità di brividi. Si erano abbracciati parecchie volte, ormai, ma quel contatto più intimo del solito aveva avuto il potere di mandarla quasi in tachicardia; sentiva il cuore battere talmente forte all’interno della gabbia toracica che, tutto sommato, non si sarebbe stupita granché se lo avesse visto schizzare fuori da un momento all’altro. L’effetto che la presenza di James aveva su di lei era qualcosa che non aveva mai provato prima, sebbene non fosse ancora in grado di capire a cosa fosse dovuto. L’unica cosa di cui era certa, era che lui riuscisse senza grandi intoppi a farle tornare sempre il buonumore, anche nei momenti peggiori. 

Alla fine riuscì a sgusciare via dal suo abbraccio e, una volta che fu sicura che lui non sarebbe tornato a torturarla, si appoggiò al muro, lasciandosi scivolare a sedere. James la osservò, ridacchiando tra sé e sé, prima di posizionarsi accanto a lei; si girò nella sua direzione e, non appena i loro sguardi si incrociarono, scoppiarono entrambi a ridere un’altra volta. 

Quando si trovò senza fiato, qualche minuto dopo, Lily reclinò il capo all’indietro, chiudendo gli occhi e cercando di tornare a respirare normalmente; gli occhi di James, invece, rimasero incollati alla figura di lei anche allora. La guardò poggiare il capo alla parete, osservando il suo collo allungarsi e i capelli, di un rosso reso ancora più vibrante dalla luce delle lanterne, scivolarle sulle spalle; dopodiché spostò lo sguardo sulle sue labbra, rosee, carnose e socchiuse nel tentativo di riprendere aria. 

« Hai mai baciato qualcuno? » chiese il ragazzo, prima di potersi trattenere; quando le parole lasciarono le sue labbra si maledisse mentalmente, ma, si disse, ormai il danno era fatto. 

Lily rimase in silenzio qualche istante, prima di aprire gli occhi e tornare a osservarlo; non sembrava infastidita dalla sua domanda, solo leggermente sorpresa.

« Ho diciassette anni, non dodici » rispose infine, guardandolo con un sopracciglio inarcato, con tono sarcastico. Forse non aveva avuto un grande numero di fidanzati, anzi, il numero era piuttosto basso, ma da lì a pensare che non avesse mai baciato qualcuno… insomma! « Cosa pensi che facessi con Brad, che ci giocassi a scacchi? »

Quando James la sentì nominare Brad Peterson – un ex Corvonero che si era diplomato l’anno precedente – non poté trattenersi dall’imbronciarsi. Sapeva che la domanda che le aveva posto era stata piuttosto stupida, soprattutto perché lui sapeva benissimo che in quei sette anni aveva avuto anche lei i suoi appuntamenti, ma doversi ricordare dei ragazzi che erano riusciti a uscire con lei non gli piaceva. Non gli piaceva affatto.

« Giustamente » si limitò a commentare, ancora un po’ infastidito: sebbene non ne avesse alcun diritto, infatti, non poteva evitarlo. 

« Anche perché, come penso ti ricorderai bene, la maggior parte delle mie ipotetiche relazioni sono state puntualmente prese di mira da un Cacciatore di Grifondoro a caso… » aggiunse Lily, guardandolo di sbieco e sfidandolo a ribattere. 

Anziché incassare il colpo in silenzio, però, James sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisetti.

« Non sapevo che Kevin fosse interessato a te » fece infatti, facendole alzare gli occhi al cielo – non gli passò inosservato, tuttavia, il sorrisino che le aveva fatto tremare le labbra quando aveva tentato di trattenerlo.

« Vero? Chi lo avrebbe mai detto! » disse lei, reggendogli il gioco. « Forse potrei farci un pensierino, dopotutto non è tanto male… »

« Non funzionerebbe mai, è più piccolo » ribatté prontamente lui con aria saccente.

« Come se l’età avesse mai fermato te o il tuo caro amico Black dal provarci con qualcuna… » commentò Lily, guardandolo con un sopracciglio inarcato. 

« E infatti non ha funzionato! » disse James, annuendo con convinzione alle proprie parole e ricambiando lo sguardo scettico di lei con quello di un ragazzo più che certo della propria teoria.

« Ma io non ho mai parlato di una storia seria… » continuò lei imperterrita, sorridendo sorniona non appena lui sgranò gli occhi e la guardò con stupore e insofferenza.

« Lily! » esclamò infatti James, scandalizzato. 

Di fronte al suo sguardo preoccupato, Lily si rese conto che lui non stava più giocando; era serio, mortalmente serio, e la guardava con aria affranta e al contempo un po’ infastidita. In tutta risposta, lei scoppiò a ridere.

« Ma guarda che scherzo, James! » disse tra una risata e l’altra, mentre la carnagione del ragazzo abbandonava il colorito giallognolo che c’era stato fino a pochi secondi prima e tornava a un pallore decisamente più normale.

« Tu e Sirius siete uguali » commentò lui, tuttavia sollevato, reclinando il capo all’indietro. « Vi divertite a farmi prendere degli accidenti! »

« Non paragonarmi a Black, dai. Io ho un cervello, almeno » ribatté Lily senza trattenere un sorriso intenerito, prima di scivolare un po’ di più contro la parete e posando la guancia contro la spalla di James. « E poi non è colpa mia se tu credi a tutto! »

 


 
Note:
Salve a tutti! Come promesso, dopo due settimane sono risorta dai libri :) Ovviamente solo per ora, perché già da domani devo rimettermi a studiare. La maturità si avvicina, gente... Bello schifo, già.
In ogni caso... devo dire che il capitolo mi piace. Strano ma vero! E dire che in realtà all'inizio non era neanche contemplato, è nato da solo :) Mi sembrava doveroso dare un po' di spazio in più alla nostra Jily, dopotutto! E poi... Mary si sta schiarendo un po' le idee. Vi dico già che mancano ormai solo due capitoli alle vacanze di Natale... eh, sì, il capitolo 14 sarà proprio il ritorno a casa! Vi dico già che ne vedremo delle belle, durante queste vacanze... (e sono gli ultimi capitoli completi, per ora *sigh*). Rimedierò! In ogni caso, ci tenevo a dirvi che, sebbene io cerchi di limitare la cosa, la mia vena masochista continua ad aggiungere capitoli alla storia... dai 26 iniziali, siamo già a 33. Questo è James che mi fa gli occhioni dolci perché vuole che continui a scrivere di lui, me lo sento.
Volevo ringraziare inoltre le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e chi recensirà questo (susu, non siate timide/i!)! Mi fa sempre molto piacere leggere i vostri pareri :)
Ah, ovviamente la pagina facebook è sempre QUESTA!
E, se non la seguite ancora, cerco di corrompervi dicendovi che ultimamente mi sto dando un po' alla pazza gioia con photoshop, perciò prossimamente verranno caricati alcuni Banner :) (come penso avrete visto dalla foto in alto nel capitolo: lo so, è uno scempio, ma a mia discolpa posso dire che non aprivo photoshop da tre anni...)
Un bacio enorme a tutti!
Alessia

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Capitolo 12
*** Hogsmeade ***


Capitolo XII
Hogsmeade

12-hogsmeade
« I wanna hide the truth
I wanna shelter you
But with the beast inside
There’s nowhere we can hide »
Imagine Dragons, Demons
 
Quando arrivò in Sala Grande, la trovò chiassosa come suo solito.
Gli studenti chiacchieravano ad alta voce, sapendo che in ogni caso le loro voci si sarebbero confuse con quelle degli altri mentre i professori presenti, seduti al loro tavolo in fondo alla Sala, mangiavano tranquillamente e discutevano di affari personali o di argomenti scolastici. Il soffitto incantato minacciava pioggia e, lanciando uno sguardo al portone, Mary poté notare che anche il tempo fuori non prometteva bene.
Speriamo che domani non piova – pensò, camminando tra i tavoli di Tassorosso e Grifondoro, per raggiungere Marlene McKinnon, della quale aveva appena scorto la chioma bionda.
Non erano molto amiche – Marlene poteva sembrare piuttosto frivola, vista da fuori, e Mary era sicura che fosse proprio quella la sua intenzione –, ma la ragazza sapeva essere simpatica e riusciva a farla divertire senza chiedere niente. Era decisamente singolare, per essere una Grifondoro: non aveva – o almeno non dimostrava di avere – le caratteristiche appartenenti a quella Casa, anche ne faceva parte, ma tutti sapevano che insinuare una cosa del genere davanti a lei significava trascorrere in Infermeria almeno una notte.
Marlene aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, più chiari di quelli di Mary, e un carattere allegro e vivace; a volte però s’incupiva, e lanciava delle rapide occhiate in direzione del tavolo di Serpeverde. Mary più di una volta aveva seguito il suo sguardo, ma aveva sempre fatto finta di niente: per quanto fosse rumorosa, infatti, Marlene non amava parlare di se stessa, e lei non voleva metterla a disagio.
« Ehi, Marlene » le sorrise, sedendosi di fronte alla ragazza.
L’altra sollevò il capo dalla copia di Strega Oggi che stava leggendo e ricambiò il suo sorriso, raggiante come al solito.
« Splendore, ciao! » la salutò di rimando, chiudendo la rivista e riponendola in borsa. « Come va la vita? »
« Oh, tutto bene » rispose Mary, spalmando della marmellata di mirtilli su una fetta di pane tostato. « Tu invece? »
« Benissimo! » trillò Marlene, entusiasta, facendola sorridere di rimando. Quella ragazza aveva quell’allegria contagiosa che ti contagiava, nel bene e nel male, perché, anche se a volte si oscurava, poi tornava a brillare, più accecante di prima.
« Come mai così felice? » le chiese, versandosi dell’acqua nel calice.
Mentre infilzava con la forchetta un pezzo di salsiccia, Marlene disse: « Hai presente Hopkins? Il Capitano di Tassorosso, per intenderci » - Mary annuì, capendo già dove volesse andare a parare l’altra. « Ecco: mi ha invitata ad uscire. Non è meraviglioso? Sì, insomma, Hopkins è un figo da paura. No? »
Lei rispose di sì, ma dal tono che la ragazza aveva usato sembrava quasi che volesse convincere se stessa di ciò e non la sua interlocutrice.
Chissà che ha – meditò, pensierosa, e si mise nel piatto un po’ di uova strapazzate.
« Tu invece con chi andrai ad Hogsmeade, Mary? » le domandò, distraendola dalle varie opzioni che si accavallavano nella mente dell’interpellata, che cercava di trovare un motivo al comportamento di Marlene.
« Oh » rispose Mary, sentendosi subito dopo una completa idiota. Si grattò i capelli dietro l’orecchio, come faceva sempre quando era nervosa, poi, sotto lo sguardo luccicante e azzurro di Marlene, aggiunse: « Con gli altri. Sai, James, Lily e tutti loro ».
Gli occhi dell’altra si spalancarono per pochi secondi, prima che la proprietaria si esibisse in un radioso sorriso a trentadue denti. Non sembrava stupida, solo molto allegra.
« Anche Sirius, eh? » le domandò con l’aria di chi la sapeva lunga, mentre Mary cercava in tutti i modi di mostrarsi perfettamente calma.
« Come? » fece allora lei, schiarendosi la voce.
« Non fare la finta tonta, Mary! » ridacchiò l’altra, bevendo poi un po’ di Succo di Zucca. Fatto ciò, posò il calice sul tavolo e la guardò un attimo prima di annuire. « Stareste bene assieme, molto carini ».
Mary s’impose di non arrossire miseramente – e dovette fallire completamente, visto il ghigno malizioso che comparve sulle labbra lucide e rosee di Marlene –, mentre scuoteva la testa con aria divertita e mandava giù un altro pezzo di pane e marmellata.
« Non dire stupidaggini » si risolse a dire, con la voce ancora un po’ roca. « Noi non stiamo insieme, Léne ».
« Ooh » ghignò Marlene, sistemandosi il fiocco che aveva usato per raccogliere in una coda i lunghi capelli biondi. « Non ancora » aggiunse, vedendo che Mary provava già a ribattere. « Lo sai anche tu che ho ragione! Come sempre, d’altronde ».
« Molto modesta » constatò Mary, ritrovandosi a sorridere.
« E molto bella, lo so. Be’, dopotutto sono io » rise Marlene, mandando una ciocca bionda dietro l’orecchio con un gesto volontariamente stupido e frivolo che la fece ridere.
Quest’ultima, però, si bloccò di colpo, guardando qualcosa oltre le spalle della bionda, che girò appena il capo per lanciare un’occhiata alle proprie spalle. Sorridendo, Marlene bevve l’ultimo sorso di Succo di Zucca e si alzò dal tavolo, afferrando la propria borsa.
« Be’, ci vediamo dopo, Mary! » poi si girò, e quando vide il nuovo arrivato ghignò. « Oh, Sirius, non ti avevo proprio visto! Ci si vede, ciao ciao! ».
« Qualcosa mi dice che mi aveva visto, invece » disse il ragazzo, osservando la schiena di Marlene che usciva dalla Sala Grande. Poi si sedette di fronte a Mary, sorridendole e scoprendo una chiostra di denti bianchissimi. « Parlavate di me, per caso? »
« Il mondo non gira intorno a te, Sirius » gli sorrise lei, spalmando della marmellata su un’altra fetta di pane tostato.
« E tu? »
« Neanche » rispose, lanciandogli uno sguardo di ammonimento, prima di allungare un braccio e afferrare la caraffa di Succo di Zucca.
« Nervosetta stamattina, mh? » la provocò, incrociando le braccia sul banco e sporgendosi in avanti, verso di lei.
« Per niente » rispose Mary, ricambiando l’occhiata divertita di Sirius con le sopracciglia inarcate.
« Davvero? A me sembra di sì ».
« Ti sbagli ».
« Ah, sì? » disse, e il ghigno sulle sue labbra parve allargarsi. « Allora perché stai continuando a versare del Succo di Zucca nel tuo bicchiere se questo è già pieno e a te, comunque, non piace il Succo di Zucca? »
Mary abbassò di colpo lo sguardo sulla brocca che aveva inclinato sul proprio calice per versarsi da bere – pensando fosse latte – e si accorse con orrore che Sirius non stava mentendo: il liquido arancione continuava a uscire dalla brocca e a espandersi sul tavolo. Imprecò mentalmente, affrettandosi a rimettere a posto il Succo di Zucca e cominciando a tamponare il tavolo di legno con un fazzoletto.
« Le grandi avventure di Mary MacDonald e il Succo di Zucca » la prese in giro Sirius, osservando con aria divertita le mani della ragazza che si muovevano frenetiche sulla tovaglia per rimediare almeno in parte al danno. Lei gli rivolse un’occhiata truce. « Dai, sta’ calma, non è un dramma ».
Allungò le mani verso quelle di Mary, e ne strinse i polsi tra le dita, spostandoli dalla macchia arancione. La ragazza, stizzita, come ringraziamento gli tirò addosso il fazzoletto bagnato.
« Ma come osi? » sbottò Sirius, prima di scoppiare a ridere. « Sei un’ingrata! »
Lei gli fece il verso, con una vocina stridula ed eccessivamente acuta, facendolo ridere ancora più forte, e alla fine anche Mary si ritrovò a ridacchiare, sotto lo sguardo allegro di lui. Quella mattina non aveva messo in programma di fermarsi a parlare con lei troppo a lungo, dal momento che negli ultimi giorni aveva deciso di mischiare le carte in tavola e iniziare dunque ad essere lui quello più sfuggente, tra i due, per farla capitolare definitivamente; tuttavia Remus, James e Peter non erano ancora pronti e, quando l’aveva vista seduta alla tavolata, non aveva saputo resistere. In tasca, inoltre, aveva ancora il regalo che doveva darle.
« Comunque, ti devo dare una cosa » disse infatti, catalizzando così tutta l’attenzione di Mary in pochi istanti.
Lei all’inizio parve sorpresa, poi sbiancò. « Cosa? Darmi una cosa? Ma io non ti ho preso ancora niente per Natale! Mancano quasi due settimane! »
« Stare zitta non ti piace, eh? » si lamentò Sirius, roteando gli occhi e infilandosi una mano in tasca. Frugò un attimo, poi chiuse le dita attorno alla stoffa e la tirò fuori. « E comunque neanche io ti ho comprato qualcosa ».
« E allor- ». La sua domanda morì prima che lei potesse finirla, perché tra le mani Sirius stringeva dei calzini rossi che lei aveva già visto. Solo che prima il destro aveva un buco sul tallone, dove invece adesso c’era ricamato un ramo di alloro verde. « Ma quelli non sono i miei calzini? » s’informò, allibita.
« Sì » rispose tranquillamente Sirius, come se avere un paio dei suoi calzini fosse la cosa più naturale del mondo.
« E perché tu hai i miei calzini? » domandò, alzando la voce e sentendosela parecchio acuta. Perché quei calzini poteva averli presi solo in un posto… il suo cassetto. E nel suo cassetto non c’erano, ovviamente, solo i calzini. Arrossì solo al pensiero – forse anche un po’ per l’indignazione. « Hai frugato tra le mie cose, Sirius? Giuro che ti uccid- ».
Mentre Mary si allungava sul tavolo per strangolarlo, lui si allontanò e poi le afferrò nuovamente le mani.
« Stai calma, Salazar  maledetto! Non ho frugato da nessuna parte, tranquillizzati! »
« E allora come hai fatto? » spiò ancora lei, per nulla convinta, assottigliando lo sguardo a due fessure azzurre.
« Potrei aver avuto un’aiutante ».
Mary non ci mise molto a capire, e qualche secondo dopo disse: « Miriam. Come ho fatto a non pensarci? »
« Risposta sbagliata, carina » le sorrise lui, palesemente soddisfatto. « Me li ha portati la Evans ».
Sirius si godette completamente lo spettacolo di Mary che lasciava cadere le braccia sul tavolo e spalancava la bocca in una piccola ‘o’. Aveva l’aria di qualcuno che era appena stato colpito in testa da un Bolide a cento chilometri orari – ed era davvero, davvero esilarante.
« Mi stai prendendo in giro, è ovvio » esalò alla fine Mary, scuotendo la testa.
« Assolutamente no, posso giurare sulla mia inconfutabile bellezza che è stata proprio la Evans a darmi questi » disse, e le sventolò sotto al naso i calzini, attirando lo sguardo di alcuni ragazzi, stupiti di vedere un paio di calzini a tavola.
« Okay » iniziò Mary, scandendo lentamente le parole. « Ora però dimmi perché te li ha dati Lily e perché tu li volevi ».
« Chiedilo a lei perché me li ha dati, io non ne ho idea; anzi, sono più stupito di te, visto che non siamo esattamente migliori amici » rispose lui, con una scrollata di spalle, lanciando poi un’occhiata a Lily Evans, che proprio in quel momento entrò in compagnia di Miriam e Kate. « E comunque mi servivano per decorarli, ovvio. Tieni, guarda! »
Così dicendo, le passò i calzini con un lancio corto, e lei li afferrò al volo. Li aprì sotto al tavolo, e sorrise vedendo quel che Sirius ne aveva fatto: erano davvero carini, con delle ghirlande natalizie tutte ricamate sul rosso acceso; sotto, sulla pianta del piede di ognuno, c’era addirittura scritto Merry Christmas.
« Per caso questo è l’anno dei calzini? » gli domandò, divertita, mettendo il regalo in borsa con un sorriso.
Ormai conosceva Sirius da sette anni e aveva imparato a proprie spese quanto il ragazzo adorasse il Natale e tutto ciò che lo riguardava. A dire il vero, era un po’ strano vederlo così felice per il Natale, visto che nella sua famiglia il cenone natalizio era una cena come un’altra e nulla più. Peter, una volta, aveva avanzato l’ipotesi che magari era proprio perché non piaceva alla sua famiglia che adorava così tanto il Natale – in poche parole, magari era una festa che non gli ricordava la sua famiglia.
Vederlo agitarsi in evidente visibilio, dunque, risultava davvero divertente: addobbava tutto, lui, dalle coperte alle manopole del bagno. Una volta aveva addirittura fatto comparire dei motivi natalizi ballerini sulla scorta di pergamene di tutti loro, che quindi avevano dovuto consegnare gli ultimi compiti del trimestre su di esse, dal momento che non ne avevano altre: Mary ricordava ancora il sopracciglio perfettamente inarcato della McGranitt quando aveva consegnato il tema sui Metamorfomagus, vergato su un foglio dai bordi decorati con rami di alloro.
« Esattamente » rispose Sirius, sorprendentemente serio. « Ritieniti fortunata, comunque, perché sono pochi gli eletti che possono sfoggiare i miei calzini firmati ».
« Oh, immagino » disse lei, fingendosi molto seria, sorseggiando del latte.
« Ti piacciono? » le chiese lui dopo un po’.
Mary distese le labbra in un sorriso intenerito – e si sentì così scema, per l’effetto che Sirius aveva su di lei.
« Molto » rispose con sincerità, unendo le proprie mani e torturandosele dal nervosismo che si era appena impossessato di lei, facendolo sorridere.
Mary si distrasse un attimo nell’osservare il suo sorriso, mentre il ricordo delle sue labbra sulle sue tornava lentamente a galla. Sirius però dovette intercettare il suo sguardo e capire a cosa stava pensando, perché, se possibile, il suo sorriso si allargò.
« Ehi, ti va di fare un giro nel parco? » le domandò di punto in bianco, indicando il portone.
Mary inarcò le sopracciglia, guardandolo come se fosse impazzito. « Sta per piovere ».
« Tsk » sbuffò Sirius, facendo l’altezzoso. « Sala Comune? »
« Molto meglio ».
 
*
 
Peter salutò il gruppo di amici, allontanandosi in direzione di Christine Caldwell, la ragazza di Tassorosso del quinto anno che aveva conosciuto al Club degli Scacchi. Si frequentavano ormai da un mese, ma James, Remus e Sirius non l’avevano ancora conosciuta, l’avevano solo vista e salutata ogni tanto. Non era particolarmente alta, ma aveva un viso grazioso dagli occhi marroni e dei capelli castani che le arrivavano appena sotto le spalle.
Si salutarono con un bacio a stampo e lei arrossì leggermente, afferrandogli la mano con la propria e sorridendogli con affetto.
Lily sorrise alla vista di una scena tanto tenera e, mentre quei due uscivano dal castello e si incamminavano verso il villaggio, raggiunse gli altri Malandrini insieme a Mary. Anche Miriam, come al solito, era stata invitata ad Hogsmeade da qualcuno: ci sarebbe andata assieme a Kevin Smith, uno dei Cacciatori di Grifondoro, che, secondo tutte loro, sarebbe anche potuto diventare il suo primo effettivo ragazzo.
« Ehi, ragazze » le salutò Remus non appena li ebbero raggiunti.
« Ehi » lo salutarono loro di rimando.
James passò un braccio attorno alle spalle di Mary e le scoccò un bacio sulla guancia prima di scompigliarle leggermente i capelli. Lei sbuffò e si divincolò dalla sua stretta, cercando di sistemarsi i capelli e facendolo ridere.
« Ciao, Lily » disse poi, rivolgendo un sorriso all’altra ragazza.
« Ciao a tutte e due! » le salutò Sirius, allargando le braccia come se volesse stringerle in un abbraccio. Mary ridacchiò e gli diede una gomitata sotto le costole. « Vuoi smetterla di picchiarmi, per favore? »
Lei gli lanciò un’occhiata in tralice e cominciò a camminare fuori dal castello; Sirius sospirò e l’affiancò, seguito dagli altri tre.
« Voi dovete andare da qualche parte in particolare? » domandò Remus.
Tutti quanti negarono, tranne Mary, che disse di dover fare un salto da Scrivenshaft per comprare della carta da lettere e altri articoli di cartoleria. Sotto lo sguardo sornione dei tre amici, Sirius si offrì di accompagnarla, così lui e Mary, una volta arrivati al villaggio, si separarono dagli altri e si avviarono verso il negozio.
Remus, Lily e James decisero, dopo una breve passeggiata lungo la via principale di Hogsmeade per dare qualche occhiata alle vetrine, di recarsi ai Tre Manici di Scopa per bere qualcosa di caldo e rilassarsi.
Erano quasi arrivati quando Remus scorse Emmeline a qualche metro di distanza. I capelli biondi erano raccolti in una treccia e indossava un berretto di lana rosso, abbinato al cappotto che le arrivava a metà coscia; aveva le guance arrossate dal freddo e continuava a sbattere nervosamente il piede destro a terra, rendendo la scena abbastanza buffa.
« Vado un attimo a salutare Emmeline » disse agli altri due, allontanandosi subito dopo.
James ghignò appena e afferrò Lily per il polso; non appena fu sicuro che Remus non si sarebbe girato, corse via trascinandosi dietro la ragazza. Si fermò dentro Mielandia, dove si girò finalmente verso la ragazza: lo guardava stralunata, e ne aveva tutte le ragioni.
« Sei totalmente impazzito? » gli domandò, confusa.
« Forse » rispose lui con un sorriso allegro. « Ma credo che Remus mi ringrazierà, una volta tornati a Hogwarts ».
Lily lo guardò un attimo perplessa, ma quando ripensò agli ultimi minuti trascorsi il suo viso s’illuminò di comprensione: fuori dalla vetrina, infatti, il loro amico si era fermato di fronte alla ragazza bionda che aveva nominato poco prima e i due avevano già iniziato a parlare tranquillamente.
« E così… Emmeline, eh? » chiese, sorridendo e iniziando a girare per i reparti del negozio.
« Sembrerebbe » annuì lui, seguendola e osservando a sua volta gli scaffali pieni di dolciumi.
« Lei è una brava ragazza, starebbero bene insieme ».
« Divertente come tu abbia sempre una bella parola per tutti, e mai per me » scherzò James, afferrando una confezione di Toporagni Ghiacciati. Ci pensò su un attimo e poi la rimise a posto – con il clima freddo che c’era fuori, non erano la scelta migliore.
« Oh, ma smettila » fece lei, lanciandogli una breve occhiata. « Fai così solo perché vuoi sentirti dire che non ti odio ».
« Come puoi avere una così scarsa considerazione di me? » disse lui. « Arrivare ad usare dei simili mezzucci per farmi dire che non mi odi… io, poi! Come se non sapessi già che ormai mi adori e non puoi più fare a meno di me. Non che io non ti capisca, ovviamente: non oso immaginare quanto tu possa sentirti devastata quando non sei in compagnia della mia magnifica persona » continuò, ironico, portandosi una mano al cuore con aria melodrammatica.
Lily scoppiò a ridere e scosse la testa, allontanandosi verso un altro reparto, e lui la seguì subito dopo.
« Idiota » sbuffò lei, portandosi con una mano i capelli rossi su una spalla sola e lanciandogli un’occhiata in tralice, divertita.
« Penso sia una delle parole più  dolci che tu mi abbia mai rivolto. Forse dovrei segnarmelo sul calendario ».
« James! »
« Sì? » domandò lui, con uno sguardo fintamente innocente, facendola sospirare e ridacchiare allo stesso tempo.
« Smettila ».
James ghignò, divertito, mentre Lily afferrava una confezione di Cioccorane e si dirigeva verso la cassa, cercando di evitare quella conversazione.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma James aveva ragione: lei lo aveva davvero trattato male per la maggior parte del loro soggiorno a Hogwarts. Però, a sua discolpa, bisognava anche dire che lui se l’era cercata: per i primi cinque anni si era sempre comportato come un perfetto idiota, si sarebbe dovuto aspettare che non tutti si sarebbero lasciati fregare solo dal suo bel viso.
« Fanno tre galeoni » le disse la commessa alla cassa.
Lily annuì e fece per tirare fuori i soldi, ma James fu più veloce e porse alla cassiera i soldi che aveva richiesto. Quella le porse il sacchetto e James la spinse via, posandole una mano sulla schiena e spingendola verso la porta.
Quando uscirono, Lily lo guardò con un sopracciglio inarcato.
« Cos’era quello? » gli chiese inquisitoria.
« Quello cosa? » replicò innocentemente James, passandosi una mano tra i capelli neri.
« Lo sai » sbuffò Lily, ancora contrariata. « Non avresti dovuto pagare per me ».
« Di solito si dice grazie » le ricordò lui con un sorriso; sapeva che la ragazza non se la sarebbe presa perché – se ne era reso conto con gioia e stupore al contempo – ormai avevano entrambi imparato a conoscere e capire il senso dell’umorismo l’uno dell’altra.
« Grazie, ma non dovevi! » disse Lily, e dal suo tono il ragazzo capì che, per quanto avesse apprezzato il suo gesto, non sarebbe retrocessa dalla propria posizione: dopotutto, era anche questo lato di lei a piacergli, il suo essere testarda anche più di lui.
« Volevo farlo ».
« Perché? » domandò, ora curiosa.
« Perché siamo amici » le rispose semplicemente lui, stringendosi nelle spalle.
Lily lo guardò un attimo senza espressione, presa in contropiede, prima di sciogliersi in un sorriso raggiante e afferrare il braccio che il ragazzo le stava porgendo, le guance un po’ rosse ma gli occhi brillanti.
Dovendo passare ogni settimana almeno una serata insieme, aveva deciso ormai da tempo di deporre le proprie armi e dargli una chance per dimostrarle che non era solo un grande pallone gonfiato, imparando così a conoscerlo meglio.
Durante le ultime ronde, lui le aveva parlato della sua infanzia, che era figlio unico ma che considerava Mary come una sorella, e così l’avevano sempre pensata anche i suoi genitori. Lei invece gli aveva raccontato di sua sorella Petunia, di come prima fossero state migliori amiche e, dopo che ebbe ricevuto la propria lettera di ammissione a Hogwarts, le cose fossero drasticamente cambiate.
Si erano confidati alcune delle proprie paure – ora, ad esempio, sapeva che James aveva paura dei ragni – e si erano raccontati molte figuracce che avevano fatto in tutti quegli anni: ricordava ancora come James avesse riso ininterrottamente per almeno cinque minuti quando lei gli disse che, la prima volta che mise piede a Diagon Alley, era caduta per terra perché non riusciva a guardare dove metteva i piedi, tanto era affascinata da quel mondo che le aveva appena aperto le porte.
Era bello avere di nuovo qualcuno con cui parlare di tutto: certo, Mary era la sua migliore amica, ma il rapporto nato tra lei e James negli ultimi mesi, benché ancora in crescita, era diverso. Non sapeva bene perché, ma avvertiva chiaramente la differenza tra l’amicizia con Mary e quella con James. Lily se ne resa seriamente conto da poco, poi, ma aveva ormai compreso perché Silente avesse scelto proprio lui come Caposcuola: oltre a essere cresciuto, era anche molto apprezzato dalla studentesca, sulla quale riusciva ad avere una certa influenza grazie al proprio carisma.
Mentre pensava a tutto ciò, Lily aprì la confezione di Cioccorane e ne prese due, porgendone una a James. Il suo sorriso si allargò quando la prese e cominciò a scartarla, dopo averla ringraziata; il ragazzo si mise in bocca la Cioccorana prima che quella potesse scappare via e subito dopo la guardò, incuriosito.
« Alla fine l’altro ieri non mi hai più detto perché ti piacciono così tanto le Cioccorane! » esclamò, riferendosi alla loro ultima ronda assieme: Lily si era portata dietro qualche Cioccorana anche allora e lui le aveva chiesto come mai.
La ragazza si strinse nelle spalle, sorridendo e dando un morso alla propria. Una volta mandato giù il cioccolato, lanciò un’occhiata al resto del dolcetto che stringeva tra le mani e gli rispose.
« Io sono figlia di Babbani » cominciò, riportando lo sguardo su di lui. « Anche noi abbiamo i dolci, certo, ma i nostri non si muovono. All’inizio, quando ho ricevuto la mia lettera… io non ci credevo. Insomma, ero cresciuta sentendomi dire che la magia non esisteva davvero, puoi ben capire che fossi un po’ scettica. Poteva essere tutto un trucco, tutta una bugia. Le Cioccorane no. I dolci non si muovono, non si potrebbero mai muovere senza magia ».
James la guardò in silenzio per qualche secondo, prima di annuire.
« Quindi… ti piacciono così tanto perché sono la prima cosa magica che hai visto? »
« No, non la prima cosa magica che ho visto » rispose lei. « Mi piacciono perché dopo averle viste ho capito che la magia esisteva, che non era una menzogna ».
« Capisco » commentò James, pensieroso.
« Cos’è quella faccia? » gli chiese, le guance un po’ rosse, avendo paura di essere considerata una ragazzina.
« Niente di che » rispose lui all’inizio, ma poi la guardò realmente perplesso. « Sul serio i dolci babbani non si muovono? »
« Già ».
« Non fanno niente? » insistette lui, sempre più curioso.
« Niente di niente » gli assicurò sorridendo.
« Ma allora che divertimento c’è! » esclamò lui, a dir poco allucinato, dopo qualche attimo di smarrimento in cui rimase in silenzio.
James arrossì leggermente e si passò una mano tra i capelli non appena la vide scoppiare a ridere di gusto.
 

« Ehi, Emmeline! » la salutò Remus non appena le fu abbastanza vicino.
Lei si girò di scatto nella sua direzione e gli sorrise con gentilezza. Forse non si aspettava che lui la fermasse lì, in mezzo alla strada gremita di gente, ma il ragazzo aveva pensato che sarebbe stato carino farlo, soprattutto dal momento che lei, qualche tempo prima, era addirittura andata a trovarlo in Infermeria.
« Oh! » esclamò Emmeline appena lo vide. « Ciao, Remus! »
« Sei da sola? » le domandò, guardandosi attorno e non vedendo nessuno della sua cerchia di amici.
La ragazza annuì e si strinse nelle spalle.
« In realtà sì » ammise. « Dovevo vedermi con Dorcas e Sarah, ma a quanto pare mi hanno dato buca. Tu, invece? »
« No, io sono con… » cominciò Remus, ma, quando si girò verso il punto dove aveva lasciato James e Lily giusto due minuti prima, si accorse che i due se ne erano andati. « Be’, ero con alcuni miei amici, ma a quanto pare mi hanno lasciato qui » finì, imbarazzato, grattandosi la nuca.
Emmeline rise e, quando gli propose di passare il pomeriggio insieme, Remus acconsentì senza pensarci due volte. S’incamminarono per una delle strade secondarie di Hogsmeade piena di negozi e che finiva in cui giardino completamente innevato.
« Come mai le tue amiche ti hanno dato buca? » le domandò per spezzare il silenzio.
Lei spostò lo sguardo dalla vetrina che stava osservando al viso di Remus e sospirò, stringendosi appena nelle spalle.
« Probabilmente Dorcas non aveva voglia di lasciare la Sala Comune, e sono piuttosto sicura che Sarah sia da qualche parte con Luke McDougal » rispose, osservando la vetrina di un altro negozio. « I tuoi amici invece? Perché ti hanno lasciato da solo? »
« Peter è con Christine Caldwell, mentre Sirius ha accompagnato Mary da Scrivenshaft, quindi eravamo rimasti solo io, James e Lily » disse Remus, affianco a lei. « Non mi sorprenderebbe scoprire che James volesse passare un po’ di tempo da solo con lei ».
Emmeline scoppiò a ridere e lui non poté trattenersi dal seguire il suo esempio. La presenza della Corvonero era sempre piacevole, così come lo era spendere del tempo a chiacchierare con lei; sapeva trovare le parole giuste anche quando gli altri non ci riuscivano e sapeva sempre quali domande fare e quali no. Inoltre, Remus adorava sentirla ridere, perché quel suono dolce e vibrante gli ricordava un po’ la risata di sua madre Hope.
« Il nostro Caposcuola si è preso proprio una bella sbandata, eh? »
« Oh, sì ».
« Aah, l’amore! » esclamò Emmeline, a metà tra il sognante e il divertito. « Mi ricordo ancora quella mattina a colazione, quando ha detto a tutta la scuola che avrebbe voluto essere il suo calice solo per poter toccare le sue labbra » continuò, finendo la frase con una poco fedele imitazione del James di anni fa – lui, però, la trovo divertente ugualmente.
Ripensò infatti a quella mattina di due anni prima e a come James si era alzato in piedi sulla panca e aveva esternato per l’ennesima volta i propri sentimenti per Lily, il cui viso era diventato più rosso dei suoi capelli – Remus non avrebbe saputo dire se per la rabbia o per l’imbarazzo.
Un’altra cosa di quella mattina che non avrebbe dimenticato era Mary che rideva a crepapelle appoggiata a Sirius e le diceva di darsi una calmata, facendo arrabbiare ancora di più Lily, che, dopo aver urlato contro James, le aveva rabbiosamente consigliato di farsi gli affari propri.
« Lei non lo aveva esattamente apprezzato » commentò Remus, divertito.
« Ammetto che i mezzi di James Potter non siano molto ortodossi » disse Emmeline con una risata. « Ma bisogna anche dire che ha certo stile ».
« Sa farsi notare ».
« Farsi notare? » domandò ironicamente lei, inarcando le sopracciglia. « Remus, quel ragazzo è come una calamita per le attenzioni della gente. Riesce a far parlare di sé per qualunque motivo! »
« Abbastanza, direi » convenne il ragazzo con un sorrisetto: effettivamente James era sempre stato, nel bene o nel male, uno dei ragazzi più popolari del castello. Forse non era bello quanto Sirius, forse non era il ragazzo con i voti più alti della scuola, ma era ugualmente un ragazzo che si faceva notare, anche senza farlo apposta: Emmeline aveva ragione quando lo definiva “una calamita per le attenzioni della gente”, perché era la pura verità. Che fosse per il suo talento nel Quidditch, per tutte le malandrinate che aveva coordinato negli anni o semplicemente per il suo essere sempre allegro e spigliato, James era benvoluto da quasi tutti gli studenti e lo sapeva bene.
« Devo ammettere, però » cominciò Emmeline, camminando a fianco a lui mentre il cielo si incupiva leggermente, « che all’inizio pensavo che prima o poi si sarebbe fidanzato con Mary MacDonald ».
Remus pensò a James e Mary insieme come coppia e storse il naso: per quanto quei due si amassero, non lo facevano in quel senso.
Il loro era un amore puramente fraterno, che andava oltre l’amicizia ma non toccava l’amore: erano indispensabili l’uno per l’altra, ma nessuno dei due aveva mai pensato all’altro come un potenziale partner, questo Remus lo sapeva con certezza. Soprattutto visto che, a quanto pareva, a James piacevano le ragazze dai capelli rossi mentre Mary aveva un debole per gli occhi grigi… o forse, più semplicemente, si erano presi entrambi una gran bella sbandata per due persone che, casualmente, corrispondevano proprio a tali caratteristiche.
« Forse da fuori possono sembrare la coppia perfetta, ma non lo sono » commentò infatti Remus, pensieroso. « Mary e James sono troppo uguali per poter coesistere come coppia. James ha bisogno di una persona che sappia tenerlo al proprio posto e non lo tenti ancora di più nell’organizzare scherzi: una ragazza più come Lily. Mary invece è un’incognita, spesso ho l’impressione che neanche lei sappia davvero di cosa abbia bisogno… so solo che è testarda come un mulo, e, a mio modesto parere, le farebbe comodo avere qualcuno che sia in grado di tenerle testa ogni volta ».
Emmeline annuì, non sapendo cosa rispondere: d’altro canto, lei non conosceva molto bene gli amici di Remus, perciò non aveva molto da dire. Gli piaceva sentirlo parlare di loro, perché quando lo faceva gli brillavano gli occhi e sorrideva senza neanche accorgersene, ma lei a volte si sentiva un po’ a disagio.
« E tu, invece, di cosa hai bisogno? » gli chiese per cambiare discorso, senza doppi fini, girando leggermente il viso verso di lui.
Remus rimase in silenzio a lungo dopo quella domanda. Se doveva essere onesto, non ci aveva mai riflettuto; tenendo conto della propria condizione, non aveva mai neanche pensato di potersi assumere il rischio di avere una vera ragazza. Si era sempre accontentato di semplici storielle di poco conto, un po’ perché non voleva che qualcuna s’innamorasse davvero di lui e un po’ perché, in fondo, nessuna aveva mai destato il suo interesse a un punto tale da fargli desiderare un rapporto più profondo.
Pensò dunque a quello di cui avrebbe avuto bisogno se non fosse stato un licantropo: non ci riuscì. Lanciò un’occhiata a Emmeline e si ritrovò ad arrossire leggermente, perché era carina, gentile e intelligente: era esattamente come la ragazza che gli sarebbe piaciuto avere, se non fosse stato quello che era.
« Penso di non averlo ancora capito » mentì, guardando dritto davanti a sé.
La neve aveva cominciato a scendere, lieve e bianca, dal cielo e si stava depositando lentamente sul suolo. Stretta nel suo cappotto nero, Emmeline spiccava ancora di più in quel candore quasi surreale.
« Davvero? » gli chiese lei, sorpresa, ora più interessata al discorso. « Neanche un’idea? »
Remus scosse la testa con convinzione.
« Perché, tu sì? » replicò lui poco dopo, inclinando la testa di lato.
« Be’, non ho grandi pretese » rispose Emmeline con una scrollata di spalle. « Di solito, se mi innamoro di qualcuno, mi innamoro e basta. Non perdo tempo a guardare i difetti o i pregi, perché se ti amo, ti amo per quel che sei ».
« Ma se quella persona avesse dei grandissimi difetti? » domandò Remus, che si sentì la gola terribilmente secca: non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso, eppure non riusciva a soffocare la voglia di sapere cosa passasse per la testa di Emmeline.
« Le persone non sono perfette, ma questo non vuol dire che non meritino di essere amate ».
« A volte però non è così semplice » insistette Remus, tentennante. « Nessuno è perfetto, è vero, ma ci sono difetti peggiori degli altri ».
Emmeline lo guardò, stralunata. Inarcò le sopracciglia, tornando a guardare dove metteva i piedi, mentre qualche fiocco di neve le si posò sulla treccia e sul cappello.
« Sono del parere che se ami davvero qualcuno, i suoi difetti non contano nulla ».
« Tu hai una visione decisamente ottimista dell’amore, sai, Emmeline? »
Lei ridacchiò e allargò leggermente le braccia, come se si stesse scusando pubblicamente. Dopodiché nascose nuovamente le mani nelle tasche del cappotto, reprimendo appena un brivido.
« Sono una romanticona » ammise candidamente lei con una risatina. « Ma credo che la vita sia troppo breve per non rischiare, almeno in amore ».
Dopo aver ascoltato la risposta di Emmeline, Remus riuscì finalmente a trovare la forza per cambiare discorso. Più guardava la ragazza accanto a lui, infatti, e più pensava che non doveva assolutamente farsi strane idee sul suo conto.  
Non ritrovò i suoi amici per tutto il resto del pomeriggio e si chiese se potesse anche solo sperare di poter rivedere James vivo e vegeto dopo un intero pomeriggio con Lily. Anche Sirius e Mary non si erano più fatti vedere, ma a dire il vero, dopo la sua ultima discussione insieme alla ragazza proprio sulla loro situazione, non aveva granché voglia di sapere cosa stavano facendo esattamente.
Ad ogni modo, quando aveva cominciato a nevicare in maniera eccessiva lui ed Emmeline avevano deciso di avviarsi verso il castello. Continuarono a chiacchierare del più e del meno fino all’ingresso della Sala Comune di Corvonero, dove Remus si era gentilmente offerto di accompagnarla. Lì si erano salutati e lui era tornato nella propria, di Sala Comune.
Quando salì in camera, vi trovò già James e Sirius. Sdraiati ognuno sul proprio letto, continuavano a fare battute su qualche studente – se Remus aveva sentito bene i nomi, stavano parlando di alcuni Serpeverde.
« Moony! » esclamò James quando, dopo che Remus si chiuse la porta alle spalle, si accorse della sua presenza.
« Ehi, ragazzi » li salutò lui, sbottonandosi la giacca e posandola poi su una sedia vicino alla porta. « Dov’eravate finiti? Non vi ho più visti ».
Sirius si scambiò un’occhiata d’intesa con James prima di rispondergli.
« Io ero con Mary. Siamo andati da Scrivenshaft, poi abbiamo incontrato James e Lily ai Tre Manici di Scopa e siamo rimasti là tutto il pomeriggio ».
« Oh, eravate ai Tre Manici? » chiese Remus, dandosi mentalmente dell’idiota: non aveva pensato di controllare all’interno del locale.
James annuì, cercando di nascondere un sorrisetto soddisfatto.
« Visto che faceva freddo, io e Lily abbiamo deciso di prendere posto e aspettarti dentro » rispose. « Poi, dato che non tornavi, abbiamo pensato che forse avevi deciso di passare il resto del pomeriggio con Emmeline. Perché sei stato con lei, no? »
« Sì, abbiamo fatto un giro per Hogsmeade insieme » disse lui sorridendo appena. James e Sirius si lanciarono un’altra occhiata, ma questa volta Remus li vide e inarcò le sopracciglia: quei due stavano tramando qualcosa, ne era sicuro. « Che succede? » domandò, inquisitorio.
« Nulla » sviò James, stringendosi nelle spalle con finta noncuranza. « Com’è andata con lei? »
E all’improvviso Remus capì.
Lui e Lily non erano entrati ai Tre Manici di Scopa per aspettarlo, ma per lasciarlo da solo con Emmeline. Il pomeriggio era stato piacevole, ma la cosa lo intristì.
Se solo non fosse stato un lupo mannaro, forse quel pomeriggio sarebbe stato ancora più piacevole e, alla fine, avrebbe anche ringraziato i suoi amici per averli lasciati da soli. Eppure… durante quel pomeriggio aveva capito di provare qualcosa per Emmeline che andava ben oltre l’amicizia, ma, nonostante tutte le bellissime parole che lei gli aveva detto, lui sapeva di non meritare una ragazza come lei.
Emmeline era davvero una ragazza fantastica, e meritava molto di più. Remus riusciva a immaginarsela felice e sposata a prendersi cura di suo figlio, in attesa che il marito rincasasse, in una bella casa accogliente – tutte cose che lui non avrebbe mai potuto promettere a qualcuno.
La cosa non lo aveva mai preoccupato eccessivamente, poiché era cresciuto con questa consapevolezza; ma pensarci ogni volta che incrociava lo sguardo di Emmeline… ecco, in quei casi quel semplice pensiero riusciva a fargli più male di quanto avesse pensato.
« Lo avete fatto apposta, vero? »
James gli lanciò uno sguardo di scuse.
« Lo abbiamo fatto per te! » si difese. « Si vede lontano un miglio che vi piacete! »
« Se anche fosse » disse Remus con un sospiro. « questo non cambierebbe le cose. Io sono ciò che sono, non posso farle una cosa del genere. Lo faccio per lei: sarà più felice con un altro ragazzo. Può avere di meglio, molto di meglio ».
« Moony… » cominciò Sirius, ponendo fine al suo monologo. « Non dire così. Tu sei una bravissima persona, sei intelligente, gentile… Sei tutto quello che una ragazza potrebbe mai desiderare! »
Remus si sedette sul proprio letto e si sfilò le scarpe. Sospirò, lanciando un’occhiata ai suoi due amici: James continuava ad annuire alle parole di Sirius, che invece lo guardava con un sorriso incoraggiante.
« Io sono un lupo mannaro » disse infine. « Nessuna ragazza desidererebbe mai avere un lupo mannaro come fidanzato ».
« Moony… »
« Non posso e basta ».
 
 

Note:
Hola chicossss! Come state? Io personalmente sono stressatissima, mercoledì ho la simulazione di terza prova e tutti i professori stanno impazzendo… morirò tra una programmata e i test per l'università, me lo sento... Voi cosa studiate/avete studiato/volete studiare all'università? :)
In ogni caso: Moony è di nuovo sul grande schermo! Vi era mancato, il lupastro?
Oggi ho poche cose da dire, perché, come avrete capito, devo tornare subito a studiare… però dovete sapere che la passione di Lily per le Cioccorane è una citazione-omaggio a “La Bellezza del Demonio” di poisonspring, che personalmente ritengo una delle più belle fan fiction mai pubblicate sul sito (se non si fosse capito, ve la consiglio assolutamente!).
Sugli altri ormai ho poco da dire… sapete bene che i Jily sono gli amori della mia vita e che i MacBlack sono la mia croce e delizia
… ♥
Adesso fuggo a studiare, altrimenti quei capitoli di chimica non diminuiranno mai…
Ovviamente, mi trovate sempre QUI su facebook! :D
Un bacio enorme, ci vediamo tra due settimane! (Perdonatemi, lo so, vorrei anche io aggiornare ancora una volta a settimana, ma ho veramente molti problemi di tempo ultimamente…)
Ale

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Capitolo 13
*** Quasi amici ***


Capitolo 13

Quasi Amici

 13-quasi-amici

« Speak when you are angry and you will make the best speech you will ever regret ».

Ambrose Bierce

 

L’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, dopo le lezioni del mattino, James si era letteralmente fiondato in Sala Grande per pranzare, vista la grande fame che aveva. Gli elfi del castello, come al solito, non avevano deluso le aspettative degli studenti, facendo trovare loro vassoi pieni di stufato, patate arrosto, petti di pollo, verdure varie e diversi dolci, come il budino o la torta di mele. 

Finalmente pieno, il ragazzo si alzò dalla panca dopo quasi un’ora: Sirius e Peter gli assicurarono che, nel giro di qualche minuto, lo avrebbero seguito anche loro, mentre Remus se n’era andato prima di loro perché doveva finire il tema di Incantesimi che avrebbero dovuto consegnare quel pomeriggio. 

Era una giornata piuttosto fredda e, fuori dal castello, la neve continuava a scendere dal cielo da quella mattina: il parco fuori era talmente bianco, ormai, da sembrare finto e James avrebbe pagato oro per poterci andare a giocare e non doversi presentare alle ultime lezioni del giorno. 

Quando uscì dalla Sala Grande, tuttavia, si bloccò di colpo. Davanti alla scalinata principale, infatti, due Serpeverde erano, a suo modesto parere, fin troppo vicini a una ragazza dai capelli rossi che lui conosceva bene. 

Non ci volle molto perché il suo cervello reagisse, mandando alle gambe l’impulso di muoversi velocemente verso gli altri tre studenti; oltre loro il Salone d’Ingresso era vuoto, dal momento che verso quell’ora la maggior parte degli studenti si trovava a pranzo.

« Non dovresti uscire con questo tempaccio, Evans » stava dicendo Avery con un sorrisetto ironico e cattivo mentre James li raggiungeva. « Non sia mai che la nostra perfetta Caposcuola Sanguesporco si ammali ».

Non appena fu loro vicino, infatti, il giovane Cacciatore di Grifondoro notò che la ragazza aveva i capelli umidi, ancora puntellati qua e là da alcuni fiocchi di neve che non si erano sciolti, e la veste bagnata. La cosa che lo preoccupò di più, tuttavia, furono gli occhi arrossati che aveva.

Lily, che come gli altri due non si era ancora accorta della sua presenza, fece per ribattere, ma James la precedette, affiancandola immediatamente e guardando con disgusto i due ragazzi che ora gli erano di fronte. Mulciber ghignò con cattiveria, mentre Avery, probabilmente memore di quanto James gli aveva fatto dopo l’attacco ai danni di Mary, ricambiò subito il suo sguardo. 

« Chiedile immediatamente scusa, bastardo » sbottò James, più impulsivo del solito: odiava tutti quei pregiudizi sul sangue puro e odiava chiunque li usasse per offendere altre persone. 

Che fosse stata Lily o qualcun altro, lo avrebbe difeso ugualmente. 

« So difendermi da sola! » esclamò la ragazza, ma nessuno degli altri tre sembrò prestarle attenzione, dal momento che Mulciber aveva parlato quasi nel suo stesso istante.

« Ma come, Potter » fece infatti il Serpeverde con tono mellifluo. « Christopher si stava semplicemente preoccupando per la tua dolce fidanzata Sanguesporco » continuò, enfatizzando la parola fidanzata

James mosse un passo in avanti, come se volesse farle da scudo, ma così facendo non notò l’espressione di lei: sebbene quegli insulti le facessero male – e lui questo lo sapeva bene –, sembrava furente. Ma sembrava esserlo più con lui, dalle occhiate di fuoco che gli lanciava. 

« Non è la mia fidanzata, ma se anche lo fosse allora sarei io a dovermi preoccupare per lei, perciò adesso fatemi il favore di sparire ». 

« Non è la sua fidanzata, visto, Adrian? » commentò Avery, lanciando un’occhiata complice al proprio amico, il quale ricambiò con un sorriso cattivo. « Te lo avevo detto, non è ancora così stupido. Evidentemente ha capito che una come lei non può essere che una puttanella da una botta e via ».

« A quanto pare avevi ragione » replicò Mulciber, lanciando un’occhiata malevola a Lily prima di rivolgersi di nuovo a James. « Ti sei divertito a far urlare dal piacere questa piccola Sanguesporco? »

« Secondo me sì, sennò non avrebbe continuato a tenersela buona » continuò Avery. « Magari la nostra Caposcuola ha delle doti nascoste, da brava put… »

James, che fino a quel momento aveva cercato di mantenere quanto più possibile la lucidità, strinse la mascella con forza e afferrò repentinamente la bacchetta. Il suo Stupeficium s’infranse contro l’incantesimo di protezione evocato da Mulciber, che lo guardò con aria beffarda. 

« Non è che questa qui sta rubando anche la tua, di magia? » lo derise Avery, mandandogli il sangue al cervello. 

« È più degna di essere chiamata strega lei di te, imbecille » sbottò, prima di indirizzargli contro altri incantesimi, stavolta ancora più potenti: i due Serpeverde infatti indietreggiarono, e probabilmente la cosa sarebbe degenerata in fretta se Lumacorno non fosse uscito dalla Sala Grande in quel momento, accompagnato da parecchi studenti che, come lui, avevano sentito l’alto volume delle loro voci e i vari incantesimi. 

« Per Merlino, cosa sta succedendo qui? » esclamò il professore, allibito, non appena vide i quattro ragazzi. 

« Potter è impazzito, professore » rispose Avery prontamente. 

« Io sono impazzito? Ma se siete due pazzi furiosi! » ribatté il ragazzo, facendo un passo in avanti con aria minacciosa. « Questi due se la stavano prendendo con Evans, professore! E sappiamo entrambi il motivo! »

Horace Lumacorno strinse la bocca in una linea sottile, corrucciando la faccia in un’espressione contrita, e guardò tutti loro con aria grave – tranne Lily, alla quale invece rivolse un’occhiata dispiaciuta.

« Avery, Mulciber, vi voglio nel mio ufficio. Ora » disse. « Potter, Evans, riguardo a voi due parlerò con la professoressa McGranitt ».

« Evans non c’entra, se deve mettere in punizione qualcuno allora sono io » si precipitò a mettere in chiaro James, non volendo che la ragazza dovesse rimetterci quando non aveva fatto nulla, neanche per essere presa di mira dai Serpeverde per l’ennesima volta.

Lumacorno rimase in silenzio per qualche secondo, spostando lo sguardo tra lui e Lily, poi sospirò.

« Ne parlerò con la McGranitt direttamente, adesso andate » gli comunicò, per poi fare cenno agli altri due ragazzi di precederlo verso i sotterranei. 

James annuì e si girò verso Lily, rendendosi tuttavia conto che lei non era più lì. Alzando gli occhi e puntandoli sulla scalinata principale, infatti, la vide salire gli scalini come una furia; perplesso, le corse dietro e appena ne ebbe l’occasione l’afferrò per un polso, costringendola a girarsi verso di lui. 

« Lily, ma perc… » cominciò, ma le parole gli morirono in gola non appena incrociò il suo sguardo. 

Gli occhi, ancora arrossati, erano pericolosamente socchiusi e le labbra erano strette in un’espressione arrabbiata. 

« Cosa vuoi? » sbottò lei, tirando con forza il braccio e strattonandolo affinché lui la lasciasse andare.

James sgranò gli occhi e la guardò come se non l’avesse mai vista prima, troppo allibito per parlare; lasciò che lei ritirasse la mano ed avvertì appena il proprio braccio scivolare di nuovo lungo il fianco. 

« Che succede? » le domandò quindi, atono.

« Succede che so difendermi da sola! Non ho bisogno che sia qualcun altro a salvarmi, ogni volta » rispose Lily, alzando il mento per fronteggiarlo meglio; la differenza di altezza tra loro, infatti, le aveva sempre creato un po’ di problemi, ma quella volta lei sembrava torreggiare sul ragazzo. « Tantomeno te! »

Lo sguardo della ragazza dardeggiava, nel vero senso della parola, e, se gli sguardi avessero potuto uccidere, James era sicuro che si sarebbe ritrovato all’istante morto stecchito su quelle scalinate. 

All’improvviso lei si girò, fendendo l’aria con la lunga coda vermiglia, e fece per riprendere a camminare; inutile dire che il ragazzo la fermò di nuovo dopo neanche quattro scalini, afferrandole il polso tra le dita e costringendola a girarsi nuovamente verso di lui e confrontarlo. 

« Mi spieghi che ti prende? » le domandò, iniziando a infastidirsi quando la vide stringere le labbra in una linea sottile. « Volevo solo aiutarti! »

« Il punto è che io non avevo bisogno del tuo aiuto, potevo tranquillamente difendermi da sola! » ribatté lei, strattonando con forza il braccio affinché lui la lasciasse andare. « Ti sembra così strano? Che c’è, sei rimasto nel Medioevo? Pensi che le donne non siano in grado di proteggersi? Forse dovresti aprire il calendario, perché è passato qualche secolo da allora! »

Senza che lo facesse apposta, James si ritrovò a stringerle il polso tra le dita con più forza e a corrucciarsi, esibendo un’espressione arrabbiata a sua volta. 

« Non ho assolutamente detto una cosa del genere. So benissimo che saresti in grado di difenderti da sola, perciò vedi di darti una calmata » le disse, cercando di non alzare la voce e stupendosi non poco quando vi riuscì.

Più che arrabbiato, infatti, era senza parole. 

La delusione si faceva pian piano largo dentro di lui, attutendo tutte le altre sensazioni ed emozioni; gli sembrava di non avere più davanti la Lily che aveva imparato a conoscere in quegli ultimi mesi, ma Evans, quella di due anni prima. E la cosa che lo sconvolse di più, fu il fatto che, messa a confronto con la sua Lily, quella ragazza non gli faceva più effetto: il suo tono arrabbiato non lo intrigava più come una volta, non sentiva un nodo all’altezza dello stomaco quando lei lo fulminava con un’occhiataccia… No. 

Erano le battutine scherzose di Lily a farlo sorridere, non le berciate sprezzanti di Evans.

Era Lily a piacergli – letteralmente – da matti, non Evans. 

Sapeva bene che una parte di quella Evans sarebbe sempre rimasta in Lily, eccome se lo sapeva, così come in lui sarebbe rimasta sempre una parte di quel Potter che lei non aveva mai apprezzato… ma negli ultimi mesi erano riusciti ad andare più in profondità, a mostrare l’un l’altra ciò che erano davvero, quello che erano oltre al loro cognome. 

Oltre a Potter, oltre a Evans.

Lui le aveva mostrato il vero James, ed era certo che lei gli avesse mostrato la vera Lily. Ed era tutta un’altra cosa, contro la quale la vecchia Evans non poteva alcunché.

« Io dovrei darmi una calmata? Tu impara a farti i fatti tuoi! Non c’entravi niente, perché dovevi metterti in mezzo? » continuò lei e probabilmente, in un’altra circostanza, lui si sarebbe accorto di quanto i suoi occhi fossero gonfi e arrossati. « Ti mancava essere al centro dell’attenzione? Volevi mostrare al mondo chi fosse il grande James Potter? » lo scimmiottò ancora, e lui seppe che non avrebbe retto ancora a lungo. « Dio, sei così pieno di te! Pensavo fossi cambiato! »

Non appena finì di parlare, Lily lo guardò per un altro istante prima di girarsi e allontanarsi. La voce bassa e grave di James, però, la costrinsero a fermarsi; continuò a dargli le spalle, ma sembrava che i suoi piedi, mentre lui parlava, avessero messo radici sullo scalino.

« Vuoi saperla una cosa? Non eri tu ad esserti illusa, ma io: pensavo ti fossi finalmente levata i paraocchi e che avessi capito chi fossi. Non pensavo che fossi cambiata: pensavo che fossi cresciuta. Evidentemente mi sbagliavo ».

Così, sotto lo sguardo allibito di Sirius e Peter, che erano usciti dalla Sala Grande pochi minuti prima ed avevano assistito a tutto, James la sorpassò di gran carriera, non prima di dirle un’ultima cosa e lasciarla lì, ferma e sola sulla scalinata principale.

« Ti ho difeso perché, per qualche oscura ragione, pensavo di essermi affezionato davvero a una ragazza buona, gentile e, soprattutto, intelligente. Evidentemente quella ragazza non esiste ».

Dopo aver finito di parlare, non si girò neanche più a guardarla ma riprese a camminare rapidamente, lasciandosela alle spalle. Non vide dunque l’espressione sul viso di Lily, arrabbiata e allo stesso tempo dispiaciuta, 

 

Quando James entrò in camera, Remus seppe di aver rischiato un infarto. 

Guardò l’amico sbattere con forza la porta per chiuderla, prima di avventarsi sul proprio baule e iniziare a dargli numerosi e violenti calci. Il primo di essi risuonò nel silenzio tombale che si era andato a creare nella stanza, e solo dopo il terzo James parve riscuotersi. Aveva il fiatone e continuava a passarsi la mano tra i capelli, borbottando parole contorte che l’altro ragazzo non riusciva a comprendere. 

Fu così, dunque, che Sirius e Peter ritrovarono i due amici: James con l’aria di uno psicopatico, e Remus con l’aria di uno che ha appena visto un Mangiamorte. 

Quando il povero baule venne colpito nuovamente, Peter si azzardò a parlare, leggermente intimorito dalla furia distruttrice che sembrava essersi impossessata del suo migliore amico.

« Prongs, sono sicuro che le cose si rimetteranno a posto… » cominciò dunque il ragazzo, ma lo sguardo duro che James gli lanciò lo fece ammutolire seduta stante. 

« Oh, ma vaffanculo! » sbottò subito dopo, dando un altro calcio al baule sotto lo sguardo sempre più confuso di Remus, quello come al solito imperscrutabile di Sirius e quello dispiaciuto di Peter. « Io mi chiedo perché ci perdo ancora tempo! »

« Scusate se ve lo chiedo » fece Moony con voce bassa, come se avesse paura di parlare. « Potreste spiegarmi cos’è successo? »

Il giovane Potter aprì la bocca per rispondere, ma alla fine non proferì alcuna parola e si limitò a prendersela nuovamente con il baule. 

Quando James gli ebbe dato le spalle, Peter sillabò a Remus quattro semplici parole: « Ha litigato con Lily ».

« Prongs… » commentò semplicemente il ragazzo, sinceramente dispiaciuto.

« James, neanche te pensi davvero quello che stai dicendo » s’intromise nuovamente Peter, facendo per avvicinarglisi un po’, ma l’altro si allontanò bruscamente. 

« E questa è la cosa peggiore! » ribatté quello, e gli altri tre ragazzi si lanciarono un’occhiata preoccupata quando sentirono la sua voce incrinarsi pericolosamente.  « Io non riesco a odiarla neanche quando mi tratta così! Non riesco a odiarla neanche quando vorrei odiarla, quando lo vorrei con tutto me stesso! Per Merlino, non l’ho mai voluto così tanto! »

Sempre sotto lo sguardo attonito degli amici, James si fermò di fronte alla porta del dormitorio e vi si lasciò scivolare contro; non appena si fu seduto a terra, si prese la testa tra le mani e la seppellì tra le ginocchia. 

« Per mesi non ha fatto altro che starmi attorno, sorridermi, fare tutta la carina… e ora riprende a comportarsi esattamente come due anni fa? Mi sta facendo impazzire, non ci capisco più un cazzo » continuò il ragazzo senza guardare nessuno in faccia. « Pensavo avessimo superato tutto questo ».

Remus vide Sirius contrarre spasmodicamente la mascella, e non si sarebbe stupito granché se gli si fosse frantumata in mille pezzi, visto lo sguardo furibondo che brillava nei suoi occhi. Lui aveva avuto la fortuna di aver visto Bellatrix Black solo poche volte, ma erano state abbastanza perché potesse pensare che sì, in quel momento lo sguardo di Padfoot era terribilmente simile a quello della cugina. 

Qui finisce male, pensò allibito, non sapendo neanche da che parte guardare. 

Sirius, come già detto, sembrava sul punto di scagliare maledizioni senza perdono a chiunque – soprattutto a una certa rossa, Remus ne era più che certo –, Peter tentava di trovare le parole giuste da rivolgere a James e quanto a quest’ultimo… 

James era fuori di sé, ma non come Sirius. Non era arrabbiato, non era infastidito, no: era l’immagine stessa dello sconforto, della delusione. Remus non lo aveva mai visto così. 

« Pensavo di piacerle ».

Sentirgli dire quelle parole, fu un colpo allo stomaco per tutti e tre. 

Sirius sollevò lo sguardo verso il soffitto, stando bene attento a non incrociare quello degli altri due, che invece si scambiarono un’occhiata triste. Sapevano tutti e tre che James non stava parlando tanto di “piacerle” nel senso romantico del termine, quanto nel senso di “piacerle come persona, come amico”; questo, in ogni caso, non cambiava le cose. Sembrava davvero uno straccio.

Nessuno parlò per quelle che sembrarono ore – ma che, in realtà, non erano altro che tre minuti scarsi –, finché il Cacciatore di Grifondoro non si alzò da terra e, lisciando delle pieghe inesistenti sui pantaloni scuri della divisa, si diresse verso il bagno senza dire nulla.

Quando la porta gli si chiuse alle spalle e l’acqua cominciò a scorrere, Sirius afferrò la propria bacchetta, fino ad allora lasciata sul comodino.

« Non fare stronzate, Pad » si affrettò a dire Remus, lanciandogli un’occhiata a metà tra l’ammonitore ed il preoccupato.

« Per quanto se lo possa meritare » rispose Sirius a voce bassa per non farsi sentire da James. « non ho alcuna intenzione di affatturare quella stronza. Io ve lo avevo detto che lo avrebbe solo fatto soffrire, ma voi non mi avete creduto. Ed ecco dove siamo arrivati ».

Dopodiché il ragazzo uscì di fretta dalla stanza senza prestare ascolto a ciò che i suoi due amici avevano tentato di dire. Si trattenne dallo sbattersi la porta alle spalle solo perché gli era stato insegnato a non mostrare agli altri la propria rabbia, a contenerla, perciò decise poi di limitarsi ad attraversare la Sala Comune senza aprire bocca e senza guardare nessuno negli occhi. 

Mentre camminava a passo spedito per i corridoi, le scalinate e le scorciatoie del castello, continuava a pensare a quanto fossero stati stupidi a credere alla facciata della dolce e disponibile Lily Evans. L’aveva detto, lui, che non dovevano farsi abbindolare così! Aveva fatto bene a non darle confidenza, ma non poteva smettere di pensare a James e a quanto fosse distrutto a causa di quella ragazza.

Solo a ripensarci, Sirius avvertì i palmi delle mani prudergli.

Prongs non era solo il suo migliore amico, era suo fratello, e lui odiava vederlo giù di morale. 

Con questi pensieri in testa, arrivò davanti all’ingresso Cucine più in fretta di quanto avesse pensato. Fece il solletico alla pera del quadro, che dunque si spostò per lasciarlo passare. Quello era senz’ombra di dubbio uno dei suoi posti preferiti in tutta Hogwarts: il caminetto e i fornelli sempre accesi rendevano l’ambiente nettamente più caldo di tutte le altre zone del castello, c’era sempre un buon odore di cibo e, in più, gli Elfi erano disposti a dargli qualunque cosa lui potesse desiderare. Era un locale molto ampio con un grande numero di banchi da cucina, lavabi e utensili; a destra, però, c’era un tavolo non particolarmente largo con qualche sedia accanto.

Sirius però si rese conto – con suo sommo disappunto – che una di quelle sedie era già occupata. E non da una persona qualunque, ma da una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che lui conosceva fin troppo bene. 

Sentendosi osservata, Lily Evans sollevò di scatto la testa dalla fetta di torta che aveva davanti, sul tavolo, e posò lo sguardo su di lui. La tensione nell’aria si poteva tranquillamente tagliare con un coltello, entrambi lo sapevano, ma nessuno dei due riuscì a staccare gli occhi dall’altro. 

« Evans » disse Sirius, aprendo la bocca per primo e facendo un passo in avanti. 

Lei si irrigidì sulla sedia e strinse la propria forchetta tra le dita, ma rispose ugualmente con un « Black » appena accennato. 

Gli occhi attenti di lui registrarono immediatamente l’aria smunta del suo viso, gli occhi rossi e gonfi e un lieve alone nero di quello che probabilmente, fino a qualche ora prima, era stato mascara. Aveva pianto. 

« Cosa vuoi? » berciò Lily dopo un po’, guardandolo con circospezione mentre un elfo, dopo aver chiesto al ragazzo cosa volesse, si allontanava verso gli altri. 

« Ero venuto per rilassarmi un po’ » rispose Sirius senza far trapelare alcuna emozione né dal suo atteggiamento né dal suo sguardo. « Tu, invece? È contro il regolamento frequentare le Cucine ».

« Non mi sembra che tu ti stia facendo problemi » ribatté prontamente lei, ma era chiaro che stesse semplicemente cercando di spostare l’attenzione lontana da se stessa.

« Ma io non sono la diligentissima e perfettissima Caposcuola Evans » fece dunque il ragazzo, appoggiandosi allo schienale della sedia con noncuranza. 

« Io non sono perfetta » si limitò a dire Lily, abbassando di nuovo lo sguardo sul proprio piatto e iniziando a giocare con la torta mentre il silenzio calava nuovamente tra loro due.

Sirius la studiò con attenzione, notando che la fetta di dolce era ancora intatta – più o meno, dal momento che ci stava giocando distrattamente, ma non gli sembrava che fosse stata mangiata. La mano libera continuava a stringersi e rilassarsi convulsamente, e allo stesso modo le sopracciglia della ragazza si corrucciavano e distendevano a intervalli irregolari. Se non ce l’avesse avuta con lei, forse a Sirius sarebbe anche dispiaciuto per lei. 

Ma lei era Lily Evans, la ragazza che aveva fatto soffrire James per l’ennesima volta, e lui non poteva perdonarglielo. Non gli importava che anche lei stesse male per la faccenda, perché era tutta colpa sua e della sua testardaggine. Della sua bastardaggine avrebbe detto Sirius, ma forse sarebbe sembrato troppo coinvolto. 

Continuò a guardarla, chiedendosi cosa ci trovasse James in lei: era carina, con quei capelli vermigli e gli occhi verdi, ma lui davvero non riusciva a reggerla, gli sembrava lontana anni luce da lui e dal suo amico. Nel corso degli anni si era fatto di lei l’idea di una persona fredda, fin troppo distaccata e, sopratutto, sempre pronta a criticare ciò che gli altri facevano. 

Quando però vide le spalle di lei venir scosse da un singhiozzo che non riuscì a nascondere o trattenere, Sirius si riscosse e riportò lo sguardo sul viso di lei: sembrava sul punto di piangere di nuovo, aveva gli occhi lucidi e il labbro le tremava sempre di più. 

« Evans? » gracchiò il ragazzo, sgranando gli occhi, allibito. 

In risposta, Lily singhiozzò nuovamente e questa volta il suono sembrò rimbombare intorno a loro, come se non fossero a pochi passi da degli elfi che sbattevano le stoviglie a destra e a manca. 

« Evans? » provò di nuovo, mentre lei si asciugava gli occhi con la manica del maglione. « Non stai piangendo sul serio, vero? »

Lo sguardo scettico della ragazza, per quanto appannato e arrossato, si posò su di lui dopo qualche secondo, facendogli desiderare di non aver aperto bocca. 

« No, guarda, sto imitando una fontana » sbottò lei con malagrazia, tirando su con il naso e alzando gli occhi al cielo quando vi si affacciarono nuove lacrime. « Dio, Black, non pensavo fossi così idiota ».

« E io non pensavo che qualcuno potesse fare delle battute così di merda, ma a quanto pare avevamo entrambi delle aspettative troppo alte » ribatté lui, continuando a spostare lo sguardo da lei a ciò che li circondava: non gli piaceva vedere la gente piangere, non gli piaceva per niente.

« Quindi ammetti di essere un idiota? »

« Quindi ammetti di fare battute atroci? »

Lily lo guardò in tralice, prima di fare una cosa che Sirius non si sarebbe mai immaginato che lei avrebbe potuto fare in sua compagnia: rise. Era una risata roca, di gola, palesemente compromessa dalle lacrime che ancora albergavano nei suoi occhi, ma rimaneva comunque una risata. 

E senza che se ne accorgesse, anche lui si lasciò andare ad un sorrisetto divertito. Non appena se ne avvide si affrettò immediatamente a nasconderlo, ma quando la vide inarcare un sopracciglio capì di essere stato colto in flagrante. 

« Allora, Evans » fece dunque per spostare l’attenzione di nuovo su di lei. « Ora vuoi dirmi stai piangendo? »

« Perché dovrei parlarne con te? » rispose lei, guardandolo con le sopracciglia inarcate: la sua espressione scettica, tuttavia, avrebbe meritato l’ultimo posto nel suo repertorio, ma Sirius ebbe il buon cuore di non farglielo notare.

« Innanzitutto perché l’educazione presuppone che se una persona ti fa una domanda, le dovresti anche rispondere » disse lui, facendo finta di contare. « Secondo, perché mi sembri una che ha bisogno di sfogarsi. Terzo, perché qui, per tua sfortuna, ci sono solo io ».

« Non hai pensato al fatto che forse sono venuta qui proprio perché non avevo voglia di parlare con nessuno? » 

« Vedo che continui a fregartene delle buone maniere. In altre circostanze sarebbe un punto a tuo favore » commentò Sirius, squadrandola. « In ogni caso, ormai sono qui, ti ho vista e potrei dire a tutti di averti vista piangere ».

« Neanche tu sei così stronzo » ribatté lei, sfidandolo con lo sguardo ma mettendosi irrimediabilmente sull’attenti, facendolo sogghignare apertamente. 

« Forse hai ragione, ma ne puoi essere davvero così sicura? » 

Lily lo guardò male per altri lunghi secondi, prima di sospirare e abbassare di nuovo lo sguardo sulla fetta di torta. Lui, d’altro canto, voleva sentirla parlare: doveva dirgli cos’aveva provato nel trattare James così, perché lo aveva fatto e cosa intendeva fare adesso. Glielo doveva, come minimo.

Quando lei rispose, tuttavia, Sirius desiderò con tutto se stesso di prendere a testate il muro e non aver insistito così tanto.

« Mia sorella mi odia ».

Come già era capitato diverse volte nell’arco di quei venti minuti, il silenzio calò su di loro con prepotenza. Improvvisamente la Lily Evans lì di fronte a lui non gli provocava più ondate di rabbia cieca, ma lo incuriosiva. Sapeva che aveva una sorella, ma James non era mai andato nel dettaglio quando ne accennava. 

« Ma che stai dicendo? » fece infine lui senza rendersene conto, mostrando la sua proverbiale delicatezza.

« La verità » si limitò a rispondere lei con la voce incrinata, senza neanche alzare gli occhi su di lui. « Non è sempre stato così, in realtà… quando eravamo piccole eravamo migliori amiche, ma poi… poi è cambiato tutto. Lei frequentava una delle migliori scuole medie di Cokeworth e io non vedevo l’ora di seguirla, ma è arrivata la lettera e niente è stato più come prima. Niente è più come prima ».

Sirius rimase in silenzio, seduto sulla propria sedia e con gli occhi fissi sulla ragazza di fronte a lui; la osservò in silenzio, ascoltando ogni parola che usciva flebilmente dalle sue labbra e rabbrividendo al pensiero di quanto sentisse propria quella storia. Non aveva la minima idea di dove si trovasse Cokeworth e non aveva mai sentito parlare di scuole medie, ma tutto ciò gli riportava alla mente un solo, semplice nome: Regulus. Sapeva benissimo cosa si provava ad avere un rapporto del genere con il proprio fratello, per poi perderlo così brutalmente.

« All’inizio credevo che fosse una fase, che sarebbe passata » continuò la ragazza, sempre senza guardarlo. « Mi ero detta che era mia sorella, che non c’erano veri ostacoli tra di noi. Mi sbagliavo, sai? Per lei ero io l’ostacolo. Sono io, l’ostacolo. A volte mi chiedo come sarebbe andata se io non fossi stata questo… se non fossi stata me. Se non fossi stata una strega, ora non mi odierebbe. Non è assurdo? Come se l’avessi scelta io, questa vita… ».

Inaspettatamente, Lily sollevò lentamente il viso, perdendosi ad osservare gli elfi che, a qualche metro da loro, correvano da tutte le parti, indaffarati e pronti a preparare la cena. Piegò leggermente le labbra in un sorriso laconico, come se si fosse appena persa in qualche ricordo. 

« Si sposa, sai? » la voce della ragazza giunse alle orecchie di Sirius quasi come una domanda reale, ma non gli sfuggirono i lucciconi che brillarono agli angoli degli occhi di lei. « Ad aprile. Sai qual è la cosa più divertente, Black? » gli chiese nuovamente, e stavolta gli puntò gli occhi dritti nei suoi. « Che lei e il suo fidanzato lo hanno deciso ad agosto. Capisci? Ad agosto. Io ero in quella dannata casa e l’ho saputo oggi, per caso, perché mia mamma dava per scontato che Tunia me lo avesse detto ».

Sirius continuava a non dire una parola, un po’ perché pensava che lei non avrebbe gradito l’interruzione e un po’ perché, davvero, non sapeva cosa dire. Gli sembrava così… insensato. Non perché fossero sorelle, quanto per il fatto che, anche se solo per due mesi all’anno, abitavano assieme. Per non sapere certe cose bisognava davvero aver perso ogni minimo rapporto.

« Simpatico, no? » insistette lei con più rabbia, prima di inclinare leggermente la testa di lato e guardarlo. « Non so neanche perché io ti stia dicendo tutto questo » aggiunse, poggiando i gomiti sul tavolo e prendendosi la testa tra le mani. « Ma forse puoi capirmi più tu di chiunque altro, in questo momento ».

Il riferimento a Regulus fu subito chiaro, e Sirius si vide costretto a sollevare il mento verso l’alto e portare lo sguardo al soffitto, come faceva ogni volta che qualcuno nominava suo fratello. Dopo alcuni interminabili secondi, un pensiero lo colpì all’improvviso. 

« È per questo che eri così furiosa, oggi? »

Lily sollevò leggermente il viso verso di lui, con gli occhi di nuovo carichi di lacrime.

« Parli- parli del litigio con James? » domandò, e Sirius dovette trattenersi dal rimproverarla quando colse la nota di nervosismo nella sua voce. « Ero arrabbiata. Forse ho esagerato, ma è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Se vuoi difendere a spada tratta il tuo amico, mi dispiace, Black, ma in questo momento non ho davvero voglia di starti a sentire. Se proprio ne senti il bisogno, ti chiedo almeno di aspettare domani ». 

Sirius sospirò, cercando di non risponderle per le rime e, soprattutto, cercando di non pensare a James e a come aveva reagito al loro litigio. Guardando la ragazza di fronte a lui, infatti, si disse che forse, quella volta, avrebbe dovuto lasciare che le cose si sistemassero da sole, senza mettersi in mezzo in alcun modo. 

« Io non conosco tua sorella, Evans, e diciamocela tutta, non conosco neanche te » disse dunque, tornando al discorso di prima. « E sono sicuro che tu le vorrai ancora bene, è impossibile che non sia così, ma se c’è una cosa che ho imparato è che non dobbiamo sprecare il nostro tempo con qualcuno che non vuole dividere il proprio con noi. Non voglio dirti che le cose si sistemeranno sicuramente, perché non posso saperlo, ma non devi mostrarti debole di fronte agli altri ».

Quando il ragazzo finì di parlare, Lily lo guardò con gli occhi leggermente sbarrati, colpita: non si sarebbe mai aspettata un discorso del genere da Sirius. Improvvisamente si disse che forse era quello il vero Sirius Black e che forse quella del ragazzo distaccato e incurante di tutto e tutti era solo una maschera. 

« E poi, in queste condizioni non posso sfotterti, perciò togli al sottoscritto un grande divertimento » aggiunse il ragazzo subito dopo, sfoderando un sorriso a dir poco strafottente, come se si fosse appena reso conto di quanto si fosse esposto. 

Mentre Lily scuoteva piano la testa, incredula ma anche divertita, un elfo arrivò trotterellando e posò davanti a Sirius una tazza di tè fumante con alcuni biscotti, attirando così l’attenzione della ragazza.

« Il tè? » domandò con uno sbuffo sarcastico. « Dio, sei così aristocraticamente prevedibile ».

« O forse sei tu ad essere plebealmente rompiscatole ».

« Non esiste neanche la parola “plebealmente” » gli fece notare Lily, inarcando un sopracciglio e decidendo di sorvolare sulla gentile definizione che lui aveva appena dato per descriverla. 

« Sì che esiste » ribatté Sirius, ghignando apertamente mentre sorseggiava il proprio tè. « L’ho appena inventata ».

Per l’ennesima volta da che lo conosceva, Lily si ritrovò a pensare a quanto quel ragazzo potesse essere pieno di sé. La cosa che la sconvolse, tuttavia, fu il fatto che le venne quasi da ricambiare quel sorriso sfrontato – ovviamente si trattenne, preferendo scuotere la testa con un’incredulità neanche tanto finta.

« Ah, una cosa » disse il ragazzo, posando la tazza sul piattino. « Non pensare che questo ci renda amici, Evans ».

« Come se io volessi essere tua amica, Black ».

 

*

 

Mary, seduta comodamente su uno dei divani della Sala Comune, posò il libro di Incantesimi accanto a sé e allungò braccia e gambe verso il fuoco che scoppiettava nel caminetto davanti a lei, così da scaldarsi un po’ meglio. Era ormai dicembre inoltrato e lei era sempre stata una ragazza abbastanza freddolosa perciò, sebbene quello fosse uno dei posti più caldi del castello, la coperta che si era stesa addosso non era sufficiente. 

Una volta che si fu scaldata abbastanza, poggiò la testa sullo schienale dietro di sé, iniziando a guardare il soffitto. Era stanchissima: erano un paio di giorni che non si sentiva molto bene, ma le lezioni stavano per finire e i professori avevano fissato gli ultimi esami e le ultime esercitazioni, quindi lei non se la sentiva proprio di mancare. 

Decise di chiudere un po’ gli occhi per riposarsi, dopo quel pomeriggio passato in solitudine a studiare, e fu così che la trovarono Peter, Remus e Lucas quando arrivarono in Sala Comune. 

Remus si sedette sulla poltrona lì vicino, mentre Peter e Lucas presero posto sul suo stesso divano. Fu così che lei si risvegliò dallo stato di tepore in cui era immersa; aprì prima un occhio e poi l’altro, lanciando un’occhiata offuscata ai tre ragazzi. 

« Ehi » li salutò, tirandosi su a sedere ed assumendo una postura più corretta. 

« Ciao Mary » la salutò Lucas, mentre Remus e Peter si limitarono ad un sorriso ed un cenno col capo. 

Lei capì subito che c’era qualcosa di strano, perché tutti e tre sembravano un po’ a disagio; continuavano a lanciarsi delle occhiatine di sottecchi, ma alla fine Remus si rese conto dello sguardo inquisitorio di Mary e si strinse nelle spalle. 

« Da quant’è che non vedi Lily? » le chiese, per rompere un po’ il ghiaccio. 

« Dalla fine delle lezioni, più o meno » rispose la ragazza, dopo averci pensato brevemente. « Anzi, in realtà aveva detto che mi avrebbe raggiunta qui per studiare prima o poi… Ma perché me lo chiedi? »

« Evans e Potter hanno litigato » sintetizzò Lucas, stringendosi nelle spalle. « E lui adesso ce l’ha con il mondo intero, magico o babbano che sia ».

« Ma che dici? » esclamò lei, tirandosi immediatamente su a sedere. « Perché hanno litigato? »

« In realtà non l’abbiamo capito bene neanche noi… » ammise Peter, afflitto. « Dopo pranzo James se n’è andato prima di me e Sir, e quando noi siamo usciti li abbiamo sentiti che si urlavano contro sulle scale… »

Mary si passò una mano sul viso, che ancora presentava i segni del cuscino sul quale si era addormentata. Non ci voleva, questa litigata: proprio adesso che erano diventati amici, dovevano ricominciare a litigare? Una parte di lei, però, era sicura che si sarebbero chiariti presto; sapeva bene che, per quanto potessero essere testardi, entrambi prima o poi avrebbero fatto un passo l’uno verso l’altra. 

« Ma ora dove sono? » chiese, dopo essersi resa conto di non aver visto nessuno dei due per tutto il pomeriggio. 

« Lily non saprei, noi abbiamo seguito James » rispose Remus. « James invece si è chiuso in bagno per un’ora, poi quando è uscito se n’è andato senza neanche dirci una parola. Abbiamo controllato la Mappa, è al campo da Quidditch ».

« Un classico » commentò Peter, visto che era lì che James andava ogni volta che doveva sfogarsi e calmarsi. 

A quel punto Mary decise di alzarsi, sospirando. 

« Potreste tenermi voi i libri? » domandò. « Penso di dover andare a raccattare quel genio prima che gli venga una febbre indimenticabile » proseguì, lanciando un’occhiata fuori la finestra: pioveva fitto, e non c’era quasi più luce. « Qualcuno vuole venire con me? »

« Ti accompagno io » si propose Peter, alzandosi a sua volta.

« Perfetto. Allora aspettami un minuto che vado a prendere il mantello in camera e ci sono, okay? »

Peter annuì e Mary si avviò verso la propria camera; una volta lì afferrò al volo il mantello che aveva lanciato distrattamente sul proprio baule ed uscì, infilandoselo alla bell’e meglio mentre scendeva le scale. Quando arrivò nuovamente in Sala Comune, vide che Peter la stava già aspettando accanto al buco del ritratto; si girò brevemente verso Remus e Lucas per salutarli con un cenno del capo, dopodiché seguì Peter fuori. 

« Tu non sai proprio nulla? » le chiese il ragazzo, mentre scendevano le scale. 

Mary scosse la testa, pensierosa. 

« No, nulla » rispose infatti. « Non vedo Lily da pranzo. Stamattina aveva ricevuto una lettera dai suoi genitori e mi aveva detto che voleva leggerla prima di mettersi a studiare, poi non l’ho rivista, ma pensavo stesse in biblioteca sinceramente ».

« Magari ha ricevuto brutte notizie? » ipotizzò Peter, non sapendo bene cosa dire.

« Sinceramente spero di no » commentò lei. « Per quanto James ci possa stare male, spero abbiano litigato per motivi loro. Non vorrei fosse successo qualcosa alla famiglia di Lily… »

« No, certo » si affrettò a dire Peter. « Solo che fino a questa mattina tra lei e James andava tutto bene, mentre dopo pranzo, quando li ho visti litigare così, mi è sembrato di essere tornati al quinto anno ». 

Mary sospirò pesantemente, arrotolandosi una ciocca di capelli con l’indice. 

Tra tutti gli anni passati, il quinto era stato davvero il peggiore per Lily e James. Un po’ perché l’odio tra James e Piton si era accentuato ulteriormente, se possibile, e per questo Lily ogni volta che lo vedeva attaccare in qualche modo Severus si metteva in mezzo, affatturandolo ed insultandolo. Un po’, però, perché James aveva iniziato a tormentare direttamente anche a lei, non solo prendendola in giro per la sua amicizia con Piton, ma chiedendole costantemente di uscire con lui se voleva che smettesse di prendersela col malcapitato di turno. 

Mary era sempre stata al fianco di James, quando se la prendeva con i Serpeverde, poi però, verso aprile, era stata attaccata da Mulciber e Avery e fino alla fine di quell’anno aveva cercato di uscire il meno possibile. Era diventata amica di Lily proprio in quel periodo, quando era chiusa in Infermeria e la rossa aveva cominciato a presentarsi ogni giorno, bene attenta a non farlo quando c’era James: le portava sempre una cioccorana e si sedeva sulla sedia accanto al suo letto, tenendole compagnia. Durante le prime visite non avevano parlato granché, anzi, quasi per niente: non erano mai andate d’accordo, e nessuna si fidava dell’altra. Successe per caso: un giorno Lily entrò in Infermeria, come al solito per farle visita, ma mentre le si avvicinava inciampò nel proprio mantello e cadde a terra. La risata di Mary era risuonata forte e chiara nell’Infermeria vuota, mentre Lily si rialzava in piedi massaggiandosi il braccio con cui aveva cercato di attutire la caduta. 

« Lo sapevo che prima o poi mi avresti teso una trappola » aveva detto Lily, scherzando, andandosi a sedere. 

« Be’, dovevo pure vendicarmi di quando mi hai affatturata al terzo anno facendomi cadere per le scale, Evans ».

« Non so proprio di cosa parli, McDonald » fece Lily, assumendo l’espressione più innocente che avesse nel repertorio. 

« Certo, come no » aveva ribattuto Mary, roteando gli occhi, in realtà divertita. « E io mi chiamo Albus Silente ».

Il resto della visita lo passarono così, punzecchiandosi a vicenda e ritirando fuori vecchi aneddoti che le riguardavano, senza lasciare più neanche un minuto di silenzio. Fu così che le aveva trovate Remus, che era passato per stare un po’ con Mary visto che James non sarebbe potuto andare perché in punizione. Non disse nulla, limitandosi a lasciare l’Infermeria stando bene attento a non farsi notare dalle due ragazze: quando si era richiuso la porta alle spalle, però, non era riuscito a trattenere un sorriso. Né Mary né Lily, immerse com’erano nei loro discorsi, si erano accorte di nulla. 

Scuotendo forte la testa, Mary si riscosse e tornò con la mente a quel momento. 

Non erano più al quinto anno, lei non era Infermeria e Lily e James finalmente erano diventati amici: non potevano fare marcia indietro e smettere di parlarsi, non ora che finalmente tutto tra loro andava bene. Era certa che, se non avessero chiarito le cose, entrambi ci sarebbero stati male, così come lei e tutti gli altri. 

Nel frattempo lei e Peter erano ormai arrivati davanti al portone d’ingresso. Fuori la pioggia si era calmata, ma il cielo era cupo e l’aria così fredda da risultare pungente. I due ragazzi si strinsero nei propri mantelli ed uscirono, iniziando a camminare velocemente in direzione del campo da Quidditch.

Non ci misero molto ad arrivare e si fermarono tra due degli spalti, in modo da ripararsi leggermente dal vento. Poco lontano da loro, James stava tirando fuori da un baule la pluffa. 

Lui li notò ancor prima che gli furono vicini per via del rumore che producevano i loro piedi, sollevandosi e posandosi ciclicamente sul terreno. Si era messo la divisa dell’allenamento ed aveva già la scopa pronta in mano. 

« Che ci fate qui? » chiese loro, sorpreso, una volta che gli furono accanto. 

« Volevi fare dei passaggi da solo? » ribatté Mary, inarcando un sopracciglio.

« Be’, non sarebbe la prima volta » fu la semplice risposta di James. « Davvero, perché siete qui? »

« Volevamo vedere come stessi » disse Peter, stringendosi nelle spalle, un po’ in imbarazzo. « Dopo… dopo quello che è successo con Lily e tutto » aggiunse, guardandolo bene per capire qualcosa dal suo comportamento. 

James annuì, rimanendo in silenzio per un po’. Non era più scontroso come prima, in stanza, ma era chiaro a tutti che avesse l’umore sotto i piedi: cercava di evitare il più possibile il loro sguardo e continuava a spostare nervosamente il peso da un piede all’altro. 

« Non c’era bisogno che veniste » si limitò a dir loro, dandogli le spalle e sistemandosi sulla scopa. « Non ho voglia di parlarne » così dicendo, si diede una leggera spinta con i piedi e spiccò il volo, fermandosi a qualche metro da terra. 

« Be’, noi non ce ne andiamo » gli urlò Mary, cocciuta. 

James fece per ribattere, ma lei si era già avviata verso gli spogliatoi di Grifondoro; prese due scope della scuola dal ripostiglio ed uscì nuovamente fuori, raggiungendo Peter che intanto stava cercando di convincere James a scendere e tornare con loro al castello.

« Tanto è inutile, se si è messo in testa una cosa la fa e basta, non ti ascolta » sbuffò la ragazza, passandogli poi una delle due scope. « Ma a mali estremi, estremi rimedi » aggiunse, sollevandosi in aria a sua volta. 

Raggiunse James in pochi secondi, avvicinandoglisi da dietro, e, quando capì che lui era troppo distratto per essersi accorto di lei, diede un colpo alla pluffa che teneva sotto braccio e gliela fece cadere. Mary la riprese subito, mentre James virò velocemente e si avvide della sua presenza; lei gli si fermò davanti, a due metri scarsi di distanza, tenendo ben stretta la pluffa col braccio libero. 

« Me la ridai? » domandò retoricamente James, infastidito. 

« Solo se mi spieghi cos’è successo » rispose lei, mentre Peter finalmente li raggiungeva in aria. 

« Ma se lo sapete già » ribatté il ragazzo, allargando le braccia con enfasi. « Che vi devo dire di più? »

« Prongs, vi siete urlati in mezzo all’ingresso… » fece Peter. « Perché siete arrivati a tanto? »

« Chiedetelo a lei ».

« Guarda che lo stiamo chiedendo a te » gli fece notare Mary, inarcando un sopracciglio. 

« Guarda che non sono cazzi miei se la tua amica si comporta come una bambina di dodici anni » sbottò James, che stava raggiungendo il limite. « Io con una del genere non voglio averci nulla a che fare ».

James aveva appena finito di parlare quando Mary, sfruttando il momento in cui lui si girò verso Peter, gli tirò con forza la pluffa contro, prendendolo in pieno in pancia. Mentre Peter si affrettava ad andare a recuperare la pluffa, James si piegò subito a coprire la parte lesa, dolorante. 

« Ma ti sei impazzita?! » esclamò, allibito. 

« Hai finito di fare l’imbecille? » gli domandò Mary, ignorando totalmente le sue lamentele. « Se non volessi averci nulla a che fare, adesso non staresti rosicando così! »

James non disse nulla, continuando a massaggiarsi l’addome con aria contrita e lanciandole occhiate scocciate. Mary aveva ragione, lo sapevano tutti e tre, ma in quel momento non voleva saperne di ammettere che di Lily gli importava fin troppo. Non gli interessava che gli altri sapessero che non era vero, era a se stesso che non voleva ammetterlo. 

Visto che James ancora non parlava, Mary gli si avvicinò lentamente e si fermò a mezz’aria accanto a lui, leggermente davanti per poterlo guardare in faccia senza problemi. 

« Ci spieghi cos’è successo, per favore? » gli domandò, molto più dolce rispetto a prima. 

James sbuffò, passandosi la mano tra i capelli e spettinandoli ancora di più. Solo ripensare alla discussione che aveva avuto poche ore prima con Lily, a come le cose erano precipitate così velocemente, lo mandava in bestia. 

Prima ancora che potesse anche solo cercare di fermarsi, esplose. Come un fiume in piena. 

Iniziò prima a bassa voce, poi alzò leggermene il volume. Raccontò di come, uscito dalla Sala Grande, avesse visto i due Serpeverde prendersela con Lily, di come avesse cercato di schiantare Mulciber e di come fosse servito Lumacorno  ad evitare che la situazione degenerasse. Quando arrivò a raccontar loro il litigio con Lily - nel frattempo Peter li aveva raggiunti -, si era bloccato qualche secondo prima di riprendere; qui iniziò a parlare in maniera più confusa, anche perché lui stesso non aveva ancora ben capito come potessero essere arrivati a quello

Una volta che ebbe finito di parlare, da una parte si sentì totalmente svuotato, ma allo stesso tempo si sentiva meglio, sollevato. Sfogarsi, lasciare che ogni parola uscisse dalla sua bocca così come gli veniva, senza pensarci troppo su, lo fecero sentire come se si fosse tolto un peso dallo stomaco. 

Davanti a lui, mentre non li guardava, Mary e Peter si lanciarono un’occhiata in tralice. 

Il comportamento di Lily, pensò la ragazza, non era normale. Certo, era impulsiva, ma non era mai stata il tipo di persona che se la prende con qualcuno senza un valido motivo: no, doveva esserci un motivo, una spiegazione alla sfuriata che aveva fatto a James. Per quanto potesse essere orgogliosa, Mary sapeva bene che normalmente non si sarebbe mai infuriata così per essere stata difesa. 

« James, lo so che sei arrabbiato » cominciò Peter. « Però prima o poi dovrete chiarire ».

« È lei a doversi scusare, però, non io » ci tenne a sottolineare nuovamente James, mantenendo la propria posizione. 

Non poteva farle passare tutto, si disse. Per quanto gli facesse male l’idea di non poterle parlare, non poterla sfiorare, non aveva intenzione di farsi trattare in quel modo senza ricevere poi una scusa. 

« Okay, è lei che ha sbagliato » concordò Mary, pacata, con tono dolce. « Ma la conosci Lily, non è normale che se la sia presa così con te… deve essere successo qualcosa, è l’unica spiegazione ».

« Sì, ma se qualcosa ti va male non puoi prendertela con tutto il mondo! » sbottò James, infastidito. 

« Guarda che lo fai anche tu… » gli fece notare Peter, con un accenno di sorriso. « Lo stai facendo anche adesso, in effetti ».

James lo fulminò con lo sguardo, ma rimase in silenzio: per quanto detestasse ammetterlo, il suo amico aveva ragione. Era arrabbiato con Lily e, dato che non poteva prendersela direttamente con lei, si era sfogato rispondendo male a tutti loro, che avevano solo cercato di aiutarlo e farlo stare un po’ meglio. 

Consapevole di ciò, finì per il sospirare pesantemente. 

« Lo so » ammise infine, più calmo. « Scusate, non volevo trattarvi male. È solo che… mi dà veramente fastidio tutto questo. Non capisco perché si sia dovuta comportare in quel modo e prendersela con me, volevo solo farle aiutarla ».

« Vedrai che prima o poi sarà lei a chiederti di chiarire » gli assicurò Mary, mettendogli una mano sulla spalla. « Appena le passerà, conoscendola, si sentirà un sacco in colpa per tutta questa faccenda. Dalle tempo ».

James si limitò a rispondere con un cenno del capo e un mugolio, mentre si stringeva tra le spalle. A Mary fece molta tenerezza: le ricordò quando erano bambini e litigano tra loro, e, ogni volta che lei si scusava, James, che inizialmente cercava sempre di tenere il muso, era sempre così che le faceva sapere che l’aveva perdonata.

« Be’ » fece Peter, guardandoli entrambi con un sorriso abbozzato. « Manca ancora un po’ alla cena e visto che ormai siamo qua, che ne dite di fare qualche passaggio? » 

 

 

 

Note:

Sono.

Imperdonabile.

Vi chiedo immensamente scusa per il ritardoo t_t 

Speravo di riuscire ad aggiornare in tempo, ma sto davvero faticando a tenere il ritmo con gli impegni scolastici! Tra domani e il sabato prossimo ho: versione di greco, compito di matematica, interrogazione generale di latino, compito di letteratura greca, interrogazione generale di matematica e fisica, interrogazione generale di italiano, interrogazione di storia. Penso che potrei morire ^^’’ 

Inizialmente, comunque, questo capitolo doveva comprendere altre due scene… ma a quanto pare James, Lily e Sirius volevano tutta il palco per loro… e chi sono io per dire di no? Il prossimo capitolo comunque è il ritorno a casa per le vacanze di Natale! Vi dico già che ne vedremo delle belle *sorrisino di chi la sa lunga*

Ah, Cokeworth in realtà non esiste, però la Rowling su Pottermore ha dichiarato che è questo il nome della città natale di Lily :)

Mi dispiace per chi sperava in un po’ di MacBlack o in qualche scena fluff Jily… vi ho dato tutto il contrario! Ma mi farò perdonare assolutamente!! Solo una cosa: tempo qualche capitolo. A buon intenditor poche parole: voglio vedere se indovinate di cosa sto parlando!

La mia pagina facebook è sempre questa! 

Un bacio enoooorme, 

Ale

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Capitolo 14
*** Tornare a casa ***


Capitolo XIV

Tornare a casa

 14-tornare-a-casa

« Wish I were with you but I couldn’t stay

Every direction leads me away

Pray for tomorrow but for today

All I want is to be home »

Foo Fighters, Home

 

Il treno aveva ormai lasciato la stazione di Hogsmeade da qualche ora e, fuori dal finestrino del loro scompartimento, il panorama scorreva velocemente e il sole stava per sparire dietro le colline verdeggianti. 

 « Grazie mille » stava dicendo Peter alla signora del carrello, la quale, dopo avergli sorriso, richiuse la porta scorrevole e si allontanò lungo il corridoio del vagone.

James, appoggiato con la schiena al finestrino e con le ginocchia piegate, allontanò lo sguardo dal soffitto e lo portò sull’amico, che tornò a sedersi sul sedile accanto a quello di Sirius, che invece aveva occupato il posto di fronte a lui.

Peter incrociò il suo sguardo e gli rivolse un sorriso a cui lui non poté che rispondere, prima di perdersi a guardare fuori dal finestrino. In quel momento il treno stava correndo su un alto ponte, e lui s’incantò a osservare i riflessi arancioni che il sole ormai morente lasciava sull’acqua sotto di loro. 

Come gli era già successo più volte quel giorno, il suo pensiero tornò a Lily e alla loro litigio avvenuto il pomeriggio precedente; dopo essere rientrato in dormitorio, infatti, aveva deciso di non lasciarlo, così da non doverla vedere se non vi era costretto. Sapeva che non fosse una scelta da Grifondoro – o da uomo in generale –, ma non aveva la benché minima voglia di vederla, anche perché già pensava a lei troppo spesso da solo.

Come se non bastasse, poi, ciò che provava per lei non faceva che peggiorare l’intera situazione; quando quella mattina, infatti, aveva incrociato i suoi occhi verdi – i suoi dannati occhi verdi – durante la riunione dei Prefetti, così grandi e sfuggenti, si era sentito come se qualcuno si stesse divertendo a prenderlo tranquillamente a calci nello stomaco. 

James, semplicemente, non riusciva a capacitarsi di tutto ciò.

Nell’ultimo periodo le cose tra loro erano cambiate talmente tanto che i diverbi che avevano caratterizzato i loro primi cinque anni di conoscenza gli sembravano appartenere a un’altra vita, ma questo non gli aveva impedito di capire che quell’ultima discussione aveva sortito tutto un altro effetto su di lui. Per anni si era divertito a farla innervosire e non gli era mai capitato di sentirsi tanto avvilito dopo una lite con lei. 

Dopo aver scambiato qualche passaggio con la pluffa, lui, Peter e Mary erano andati direttamente a cena: era relativamente presto, e non avevano incrociato nessuno dei loro amici. Una piccola parte di lui avrebbe voluto poterla vedere anche in quel frangente, ma la più grande parte era stata contenta di non averla incrociata. Per quanto odiasse ammetterlo, c’era rimasto troppo male per come l’aveva trattato per potersela far passare così in fretta.

I pensieri di James, in ogni caso, vennero interrotti dall’improvvisa domanda di Peter.

« Moony » fece infatti il ragazzo, attirando l’attenzione degli altri tre, « questa volta quand’è che cade? Il ventisette? »

James assunse un’aria pensierosa, cercando di ricordarsi quando ci fosse stato l’ultimo plenilunio: se non si sbagliava, l’ultima luna piena c’era stata il ventisei novembre. Fece un rapido calcolo, cercando di capire quando dovesse cadere quel mese, e qualche secondo dopo sperò di aver sbagliato, ma Remus confermò le sue paure.

« No, è il venticinque » rispose, stringendosi nelle spalle e abbozzando un sorriso mesto. 

« Be’, allora staremo da te verso le sei e mezza, così- » cominciò prontamente James, trovando subito il sostegno di Sirius e Peter, che annuirono con convinzione alle sue parole.

« No, Prongs, non potete farlo » lo bloccò Remus, capendo dove l’amico volesse arrivare. « È Natale, dovete rimanere insieme alla vostra famiglia ».

« E dovremmo lasciarti da solo per una notte intera? » domandò retoricamente Sirius, inarcando un sopracciglio. 

« Infatti » fece James, concorde. « E poi voi siete un po’ una seconda famiglia. Anzi, lo siete davvero. Dopotutto mi devo sorbire Pad anche a casa… se non è famiglia questa » aggiunse, scherzoso, parlando come se Sirius non fosse lì. 

Il ragazzo in questione, infatti, gli rivolse un’occhiata indispettita ed esclamò un « Ehi! » di protesta, ma James non si accorse del sorrisetto che gli aveva illuminato per qualche secondo il viso nel vedere il proprio migliore amico scherzare e lasciarsi alle spalle, anche se per poco, il litigio con Lily.

« Lo so, James » disse Remus, ridacchiando di fronte allo scambio di battute tra i suoi due amici. « Ma tu e Sirius non potete lasciare Euphemia da sola, e tu, Worm, non puoi lasciare Annabeth e Paul da soli a Natale ».

James fece per ribattere, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono; effettivamente, pensandoci, non se la sentiva di lasciare da sola sua madre il giorno di Natale, soprattutto ora che suo padre non era più lì a farle compagnia. Ma come potevano abbandonare Remus a se stesso in quel modo?

Lanciando uno sguardo veloce a Peter e notando così la sua espressione corrucciata, capì che anche lui stava pensando alla stessa cosa. Quando i suoi occhi si posarono su Sirius, invece, si accorse che l’amico lo stava già guardando con aria indecisa.

« Inoltre non avreste neanche una valida scusa per venire da me » continuò Remus, a cui non erano passati inosservati quei rapidi scambi di occhiate. « Euphemia sa del mio piccolo problema peloso, ma non sa che siete degli Animagi non registrati, perciò non potreste dirle che venite ad aiutarmi, perché teoricamente gli umani non possono stare insieme a me in quel periodo… Annabeth e Paul neanche sanno del mio coniglietto, poi ».

« Io posso rimanere comunque » provò Sirius, sebbene fosse un po’ incerto: un conto era controllare un licantropo in tre, un conto era farlo da soli. 

« Ragazzi » li fermò nuovamente Remus, mentre sia James sia Peter cominciavano a protestare e dire che se ci fosse andato Sirius allora ci sarebbero stati anche loro. « Ho detto no. Sapete quanto io apprezzi ciò che fate per me ogni volta, ma questa volta no, non voglio che veniate. Papà ha detto che ha trovato qualche incantesimo che potrebbe fare al caso nostro, perciò non voglio vedervi a casa mia fino alla mattina del ventisei. Dopo l’alba. Intesi? »

« Moony- » cominciò nuovamente James, ma l’occhiata dell’amico lo costrinse a non ribattere. « Se è questo che vuoi, va bene. Ma se dovessi cambiare idea non devi che farcelo sapere ».

« Infatti » concordarono Peter e Sirius quasi simultaneamente. 

« Lo so, ma va bene così » disse Remus, chiudendo in questo modo il discorso. 

Aveva paura di rimanere da solo durante il plenilunio, certo, ma non aveva intenzione di rovinare il Natale ad altre due famiglie; sapeva che sua madre sarebbe stata terribilmente in pensiero tutta la notta, così come anche suo padre, ma non poteva privare anche Euphemia e la famiglia Pettigrew dei loro figli, non in un giorno del genere.

Cadde il silenzio per qualche minuto e tutti e quattro i ragazzi cercarono di trovare un argomento per cambiare discorso. Fu Peter, dopo un po’, a parlare per primo, rivolgendosi proprio a Remus.

« Ti va di fare una partita a scacchi? » gli domandò con un sorriso cauto.

« Certo » rispose il ragazzo, iniziando a sistemare le proprie pedine non appena l’altro tirò fuori dalla propria borsa una scacchiera portatile.

James e Sirius si lanciarono un’occhiata divertita, pensando entrambi a quanto Peter fosse fissato con quel gioco, e poi cominciarono a parlare tra di loro del più e del meno. 

Quando il treno cominciò a rallentare, facendosi sempre più vicino alla stazione di King’s Cross, i quattro ragazzi cominciarono a riporre via le proprie cose. Una volta che l’Espresso si fu fermato, aspettarono che le porte si aprissero, per poi uscire dallo scompartimento e mettersi in fila per scendere. 

Dopo qualche minuto la calca all’interno del vagone cominciò lentamente a defluire sulla banchina, dove numerose famiglie aspettavano con trepidazione il ritorno dei propri figli; James, consapevole che sua madre aspettava lui e Sirius direttamente a casa, aspettò che anche gli altri scendessero dal treno in modo da poterli salutare tutti in tranquillità. 

Recuperati i bagagli, i quattro si guardarono in silenzio: l’occhiata incerta che si scambiarono James, Peter e Sirius, però, convinsero Remus a parlare per primo. 

« Io devo scappare a casa » disse infatti, sistemandosi meglio sulla spalla la borsa a tracolla piena di libri. « Ci vediamo dopo Natale. Buone vacanze, ragazzi » aggiunse subito dopo, prima che uno di loro tre potesse aprire bocca. 

« Buone vacanze, Moony » borbottò James, sentendosi terribilmente sbagliato a dire una cosa del genere visto l’avvento del plenilunio. Anche gli altri, però, dovettero pensare la medesima cosa, perché il loro saluto fu mesto e incerto esattamente come il suo.

In ogni caso, il ragazzo sembrò non farvi caso, limitandosi a sorridere, incoraggiante, e girare i tacchi per confondersi nella folla concitata. 

« Vado anche io, ragazzi. Probabilmente mamma mi sta già aspettando fuori dalla stazione » disse Peter sorridendo a sua volta. « Ci vediamo in questi giorni! Salutatemi Euphemia! » e così dicendo, dopo essere stato salutato, si avviò portandosi via il proprio baule.

« E rimasero in due » cantilenò Sirius con voce leggermente inquietante, facendo ridacchiare appena l’amico.

« Avrei sperato in qualcuno più di compagnia » scherzò James, alzando le spalle e sospirando.

L’espressione di Sirius si fece immensamente imbronciata.

« Potrei offendermi, sappilo » commentò infatti il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli; quando il suo sguardo si fermò su una figura esile e dai lunghi capelli scuri, però, la sua smorfia lasciò il posto a un sogghigno. « Ma, ad essere onesti, anche io preferirei la compagnia di qualcun altro… » aggiunse, allusivo.

« Oh, dai » sbottò James quando capì dove si fossero posati gli occhi dell’amico. « Stai parlando di Mary, non usare quel tono ».

Il sopracciglio sinistro di Sirius saettò verso l’alto e il suo sguardo si posò nuovamente sul ragazzo accanto a lui per guardarlo con insofferenza.

« Fammi capire: io non posso fare un commento su Mary, quando sono due anni che tu non fai che lodare ed elogiare Lily Evans e i suoi innumerevoli pregi? » fece, sarcastico, calcando soprattutto sulla penultima parola della frase. 

Si diede mentalmente dell’idiota quando gli tornò in mente quanto successo il giorno prima; tuttavia James non parve aver ascoltato una parola di quello che aveva detto, perché, sebbene la sua espressione si fosse fatta corrucciata, il suo sguardo non era rivolto a lui. 

Quando Sirius seguì la sua traiettoria, non rimase particolarmente sorpreso di vedere una nota Grifondoro dai capelli rossi.

La ragazza mantenne lo sguardo di James per qualche secondo, ferma sulla banchina, ma quando, dopo aver preso un profondo respiro, mosse il primo passo verso di loro, il giovane Cacciatore scattò come una molla. Afferrato il proprio baule e date le spalle a Lily, non si premurò neanche di guardare Sirius negli occhi.

« Vado a salutare Benjy, ti aspetto alla barriera » lo informò, prima di procedere a passo di marcia verso il Tassorosso in questione.

Sirius sospirò e riportò lo sguardo su Lily, incrociandone lo sguardo abbattuto. 

Nonostante si fossero cortesemente detestati a vicenda per anni interi, era dal giorno prima che non riusciva più ad avercela con lei: certo, era ancora contrariato dal modo in cui aveva riversato tutte le sue frustrazioni su James, ma, anche se non lo avrebbe mai ammesso, capiva la sua posizione. Fu per quello che, prima di seguire il proprio migliore amico, le rivolse un sorriso mesto e un cenno distratto, ma non casuale, del capo.

 

*

 

Mary sistemò lo spartito della canzone che stava per suonare, per poi legarsi i capelli scuri in una coda alta, lasciando scoperto il collo lungo e sottile.

Spostò poi lo sguardo su una delle grandi vetrate del salotto, e quel che vide fu solo bianco. L’abitazione dei MacDonald era una grande villa situata a qualche chilometro da Glaisdale, un villaggio nello Scarborough District del North Yorkshire. 

Le piaceva quel posto, la faceva sentire protetta. Quando era a casa, difficilmente le capitava di aver paura che potesse accaderle qualcosa. 

Sospirando, Mary posò le dita su i tasti e cominciò a suonare lentamente, cercando di riprendere la mano con il ritmo del brano che stava suonando – era il suo preferito e, quando tornava da Hogwarts, riprendeva a suonare sempre con quello. 

Le note, leggere e dolci, cominciarono a riempire il grande salotto. 

Ormai non guardava neanche più lo spartito: dopo aver preso il via, le note le erano tornate in mente senza il benché minimo sforzo.

Mentre le sue mani si muovevano attentamente sulla tastiera, Mary cercava di mettere un po’ di ordine tra i suoi pensieri. 

Quei mesi erano stati piuttosto pieni, su questo Mary non aveva dubbi. Dylan non faceva più parte della sua vita, anche se ogni tanto ripensava a lui e ai loro mesi insieme. Poi c’era Lily, che in quel momento probabilmente stava litigando con sua sorella Petunia o cucinando insieme alla madre Susan. E James, il suo James, che ormai aveva paura a lasciare da solo a casa, dopo la morte di Fleamont. E Remus, con la luna piena in arrivo, e Peter a casa che si doveva occupare della madre… E Sirius, che ormai era considerato da Euphemia alla stregua di un figlio. 

Quando il viso di Sirius comparve nella sua mente, sbagliò una nota del brano e dovette ricominciare da capo. 

Aveva salutato i propri amici solo il pomeriggio precedente, ma già ne sentiva la mancanza; il fatto che avrebbe rivisto Sirius quella sera, però, non la tranquillizzava affatto. Ci sarebbe stato anche James, ma l’idea di passare altro tempo da sola con Sirius la metteva agitazione e, al contempo, la spingeva a guardare convulsamente l’orologio nella speranza che l’ora di cena arrivasse in fretta. 

Quando si erano salutati, alla banchina del binario 9 e ¾, lei e Sirius si erano scambiati un semplice abbraccio, forse solo un po’ più lungo del solito; nel momento in cui si erano dovuti allontanare, però, aveva incontrato i suoi occhi ed era rimasta ferma, con un braccio inerme lungo il fianco e l’altro ancora ancorato dietro il collo di lui. Aveva visto lo sguardo del ragazzo posarsi sulle sue labbra dopo una manciata di secondi, ma prima che uno di loro due avesse potuto dire qualcosa Lucas Abercrombie, passando accanto a loro, aveva attirato l’attenzione di entrambi facendo cadere per sbaglio il baule di una ragazza. 

Nonostante ciò, Mary non poteva più negare a se stessa che nessun ragazzo le aveva mai fatto provare ciò che sentiva in quel momento con e grazie a Sirius. Neanche Dylan, negli otto mesi che erano stati assieme, era mai riuscito a farle provare quello strano miscuglio di emozioni che solo ed esclusivamente Sirius riusciva a scatenarle dentro. 

Ancora persa in questi pensieri, era quasi giunta alla fine del brano quando qualcuno fece il proprio ingresso nella stanza.

« Ti disturbo? »

Nonostante fosse abituata alle sue entrate a effetto, Mary quasi sobbalzò sulla sedia. La risata che sentì alle sue spalle la fece ridere a sua volta e lei, dimenticandosi del brano che stava suonando, si girò per sorridere a suo fratello maggiore Roger, che era appoggiato allo stipite della porta.

Il ragazzo le si avvicinò, sedendosi accanto a lei e passandole un braccio attorno alle spalle con fare fraterno. Le scoccò un bacio tra i capelli e la strinse forte a sé.

« Mi sei mancato » mormorò Mary, posando il mento nell’incavo del suo collo. « Perché non c’eri ieri? »

« Dovevo lavorare » rispose evasivamente Roger, ma Mary non ebbe il cuore di dirgli che tanto lei sapeva benissimo cosa facesse per lavoro.

« Sarai stato bravissimo, ne sono sicura » disse quindi, staccando da lui e guardandolo negli occhi. « Dove sei andato? »

« A sud. Ci avevano segnalato un gruppo di lupi mannari, ma non abbiamo trovato nulla se non qualche impronta ».

Mary annuì e andò a sedersi su una poltrona a gambe incrociate, tentando di mascherare il sollievo – se doveva essere davvero onesta, era felice che non avessero incontrato il branco. Capì di aver aggrottato le sopracciglia quando vide suo fratello sospirare, a metà tra il divertito e il rassegnato, e andarsi a sdraiare sul divanetto accanto alla sua poltrona.

« So badare a me stesso, sorellina » le ricordò Roger, lanciandole un’occhiata eloquente e facendole incassare il colpo a testa bassa. 

« Lo so, mi preoccupo solo per te » si difese Mary a voce passa, contrariata. « Dopo quello che è successo il mese scorso… »

Roger le sorrise e le fece segno di andare a sedersi sul divano con lui. Lei non si fece pregare e si sdraiò accanto al fratello, che l’abbracciò stretta. 

« Quello che è successo il mese scorso è stato un caso. Solitamente il mio lavoro da reporter non mi mette in pericolo più di tanto. E poi ora sto bene, okay? Sono qui ».

Mary avrebbe tanto voluto dirgli che le sue parole non servivano a niente: se si fosse trovato nei guai, parole come quelle sarebbero state totalmente vane. E lei si sarebbe preoccupata comunque, sempre. Come avrebbe potuto non farlo? 

Era suo fratello, una delle persone più importanti di tutta la sua vita; c’era sempre stato e pensare che un giorno avrebbe potuto lasciare era qualcosa che la terrorizzava. La casa – senza di lui, senza i suoi capelli biondi, senza la sua voce allegra – le sarebbe sembrata così vuota.

« Cosa potrei fare se ti succedesse qualcosa? » gli domandò, posando la testa sul suo petto. « Cosa? »

« Ehi, ehi » mormorò Roger. « Sta’ calma. Non dire così, perché potrei offendermi ».

« Scusa? » sibilò lei, guardandolo storto.

Roger si scostò leggermente da lei per guardarla negli occhi. 

« Stai dubitando di me. Non può succedermi nulla: io sono invincibile. Ricordi? »

Certo che si ricordava. Quando era piccola era convinta che suo fratello fosse una sorta di supereroe sempre pronto a salvarla, e come supereroe era anche impossibile che rimanesse ferito. 

Ma lei non era più piccola, e nessuno era immune alle guerra che stava imperversando.

Probabilmente Roger capì a cosa stava pensando la propria sorella minore, perché, dopo averle accarezzato il capo con affetto, decise di cambiare discorso: non aveva intenzione di rovinarle il primo giorno di vacanze, voleva solo farle passare dei giorni senza dover pensare a tutto quello che stava succedendo.

« Mamma e papà mi hanno detto che Lily passerà qualche giorno da noi » disse, lasciando che lei si staccasse da lui e si appoggiasse nuovamente allo schienale del divano. « Quando viene? »

« Dovrebbe venire il ventisette o il ventotto, non so ancora bene » rispose Mary, stringendosi nelle spalle. « Domani mattina pensavo di scendere in paese per chiamarla da un telefono pubblico ».

« Mi sembra una buona idea » convenne Roger. « Vuoi che ti accompagni? »

« Certo » sorrise lei con un sorriso, scoccandogli un bacio sulla guancia prima di alzarsi dal divano. « Ora vado a farmi un bagno caldo, sono veramente distrutta e non penso che reggerò granché dopo cena. Ci vediamo dopo, fratellone » aggiunse, uscendo dalla stanza e correndo per le scale.

Probabilmente sbatté il mignolo di un piede contro il gradino, perché Roger sentì chiaramente il suo « Ouch » rimbombare per l’entrata, facendolo ridacchiare tra sé e sé.

Quando si deciderà a non girare in calzini per casa? – pensò, divertito, prima di alzarsi per prendere un libro dalla grande biblioteca a muro che era nella stanza.

 

*

 

Avevano finito di cenare da quasi due ore e, dopo aver aiutato Euphemia a mettere a posto le stoviglie e averle fatto un po’ di compagnia al pian terreno, lui e James si erano ritirati nella camera di quest’ultimo per chiacchierare del più e del meno. 

James era sdraiato sul proprio letto, la testa che ciondolava fuori dal bordo e gli occhiali leggermente storti come al solito, e stava giocando con il boccino che aveva sgraffignato alla fine del quarto anno. Sirius invece, seduto sulla sedia girevole di legno della scrivania, insisteva sul fatto che sarebbero dovuti andare da Remus, indipendentemente da ciò che avrebbe detto quest’ultimo.

« Insomma, io direi di andarci almeno il ventisei mattina per fargli compagnia e aiutare Hope, sai » stava dicendo in quel momento, quando Euphemia lo chiamò dal piano di sotto.

« Sirius, c’è una visita per te! »

I due si scambiarono un’occhiata, perplessi: fatta eccezione per Andromeda, nessuno era mai andato a trovarlo. Quella volta, tuttavia, non poteva trattarsi di sua cugina: lei, ormai madre di famiglia, era partita assieme al marito e alla figlia per passare le vacanze con i suoceri.

« Aspettami qua » disse Sirius, alzandosi e avviandosi verso la porta; prima di chiuderla si girò nuovamente verso l’amico, guardandolo dall’alto in basso, e aggiunse: « In ogni caso se devi fare pensieri sporchi sulla Evans abbi la premura di mettere un calzino sulla maniglia ».

Non appena si chiuse la porta alle spalle, sentì il rumore di un cuscino che andava a sbattere contro il legno e si ritrovò a ridacchiare tra sé e sé. 

Smise di ridere, tuttavia, non appena mise piede sul pianerottolo e vide suo zio Alphard in piedi vicino alla porta d’ingresso e intento a parlare con Euphemia.

L’uomo dovette sentirsi osservato, perché dopo qualche secondo si girò verso di lui e sorrise. I suoi occhi erano grigi come li ricordava, ma erano contornati da pesanti rughe, così come anche la bocca e la fronte; i capelli, poi, non erano più neri come la pece, ma erano di un grigio abbastanza chiaro.

« Zio? » gracchiò non appena riuscì ad aprire bocca.

« Io vado in camera, ho alcune cose da sistemare » sorrise Euphemia, avviandosi verso le scale. « Buonanotte » disse, girandosi verso di loro un’ultima volta prima di cominciare a salire. 

Probabilmente James doveva essersi fermato in cima alle scale, perché Sirius sentì chiaramente la sua voce blaterare qualcosa che assomigliava ad un: « Stavo solo andando in bagno, mamma! » e non riuscì a trattenere un sorrisino.

« Come stai, Sirius? Sono anni che non ci vediamo, ormai » disse Alphard con un sorriso gioviale, facendogli cenno con la testa di seguirlo in salotto. 

I due si accomodarono al tavolo da pranzo, l’uno di fronte all’altro, e Sirius lo guardò con le sopracciglia inarcate. 

Non vedeva suo zio da molto tempo, e, sebbene si fossero tenuti in contatto via gufo, non riusciva a capire perché si fosse presentato a casa Potter così all’improvviso.

« Sei cresciuto molto. Quanti anni avrai avuto, allora? Undici? » continuò allora l’uomo, quando capì che il ragazzo era ancora troppo sorpreso per potergli rispondere.

« Dodici » lo corresse Sirius senza neanche pensarci: ricordava bene l’ultimo pranzo di Natale a cui aveva preso parte anche suo zio, perché lui ed Andromeda erano sempre stati i due parenti con cui si era trovato meglio e alle feste successive si era sentito immensamente solo senza di loro.

« Mi dispiace » disse semplicemente Alphard, e dal suo tono Sirius capì che era sincero. « Mi sono perso tanto, troppo, durante questi anni, e so che qualche lettera ogni tanto non erano abbastanza. Probabilmente me ne sarei dovuto rendere conto prima, ed è di questo che mi dispiaccio maggiormente: a causa del mio egoismo e della mia smania di girare il mondo mi sono perso gli anni più importanti tuoi e di Regulus, ed è qualcosa che non penso potrò mai perdonarmi ».

Il ragazzo rimase in silenzio, pensieroso e inizialmente arrabbiato dalle sue parole, perché era vero, in quegli anni la figura di Alphard non era mai stata davvero presente. Tuttavia, pensandoci qualche secondo di più, si chiese cosa avrebbe fatto lui.

« Se fossi stato al posto tuo probabilmente non sarei tornato più » ammise con un sospiro, accarezzandosi distrattamente la barba che stava ricominciando a crescere. « Però continuo a non capire come mai tu sia qui. Insomma, non credo tu sia venuto fino a qua solo per chiedermi scusa. O sbaglio? »

« Quanta fretta, Sirius » scherzò Alphard quasi ridendo. « Hai così poca voglia di parlare con me? »

« Effettivamente… » rispose il ragazzo, scherzando a sua volta, e fingendo un’espressione annoiata. Era sorprendente, per lui, quanto suo zio gli assomigliasse caratterialmente. 

« Vorrà dire che dovrai sopportarmi ancora un po’ » disse l’uomo. « Visto che la tua curiosità non è diminuita con il passare degli anni, direi che è giunto il momento di arrivare al dunque ».

« Dimmi » fece Sirius, ignorando i brividi che gli erano venuti quando, sentendo una frase molto simile a quella appena pronunciata da Alphard, sua madre aveva ribattuto dicendo che la curiosità, prima o poi, avrebbe ucciso tutti. 

« Se sono venuto qui stasera, è per farti una proposta » cominciò, prendendo un respiro profondo prima di ricominciare a parlare. « Parliamoci chiaro: ormai non sono più molto giovane, affatto. Tuttavia non voglio andarmene sapendo di non essere riuscito a recuperare almeno un po’ i rapporti con i parenti che più mi erano cari. So che ormai Grimmauld Place è… come dire… be’, non è più casa tua, ma- ».

« Lo è mai stata? » ribatté Sirius quasi rabbiosamente, prima che potesse fermarsi.

Alphard si soffermò su di lui qualche secondo con aria critica, con quel suo sguardo pieno di sottintesi e – come tutti in famiglia – alterigia. Non poteva certo dire che Sirius non avesse sempre dimostrato un certo disprezzo per le mura in cui era stato cresciuto da sua sorella e Orion, ma ricordava ancora bene quando, da bambino, lo aveva visto giocare in quel palazzo insieme a Regulus, felice.

Nonostante ciò, decise di ignorare il commento di Sirius e continuare il proprio discorso.

« È per questo motivo che volevo proporti di venire a vivere con me. Non ho mai venduto la mia casa qui Inghilterra e, sebbene non ci mettessi piedi da anni, è ancora in ottime condizioni ».

Quando finì di parlare, Alphard cercò di trattenere un piccolo ghigno, capendo che se Sirius si fosse aspettato qualcosa, di sicuro non aveva pensato a qualcosa del genere: aveva il tipico aspetto di chi è stato preso contropiede, con la bocca socchiusa e gli occhi leggermente sgranati. 

« Mi stai seriamente invitando a vivere a casa tua? » domandò infatti il ragazzo, sbalordito e perplesso. « Insomma, zio… non ti conviene. Hai idea di ciò che farebbe mia madre se lo dovesse venire a sapere? Ti cancellerebbe subito dall’arazzo di famiglia, diventeresti un reietto… come me ».

« I miei rapporti con Walburga non sono dei migliori da anni » confessò dunque Alphard, stringendosi nelle spalle. « Sai, non ha preso molto bene il fatto che, sebbene lei abbia cancellato il tuo nome dall’arazzo, io non abbia voluto saperne di disconoscerti come nipote… Non che la cosa m’interessi particolarmente. Come ti ho già detto, l’unico rimpianto che ho è quello di non aver passato con voi nipoti abbastanza tempo. Penso che Bella non abbia una grande voglia di vedermi, onestamente, e non credo che Cygnus abbia intenzione di farmi vedere Narcissa, così come Walburga non penso sia favorevole a un mio incontro con Regulus… Andromeda, come penso saprai, è in viaggio, ma le ho già scritto. Comunque sia, non ho intenzione di perdere te, Sirius ».

Il giovane, spaesato, si grattò una guancia e rimase in silenzio, rimuginando tra sé e sé: per quanto odiasse ammetterlo, per quanto considerasse i Potter una seconda famiglia, era impossibile per lui dimenticare del tutto la sua famiglia naturale. 

Di sua madre non gliene importava niente da tempo, ormai, e suo padre era sempre stata una figura troppo debole per poterne sentire davvero la mancanza, ma Regulus… Regulus era un’altra storia, una storia che non riusciva ancora a raccontare nemmeno a se stesso. L’unica cosa di quella casa e di quegli anni di cui sentiva la mancanza era quel fratellino con cui, ormai, non parlava più. 

E per quanto l’idea di lasciare James ed Euphemia gli facesse male… Alphard era l’ultimo pezzo che gli rimaneva di un qualcosa che si era rotto anni prima. 

Lasciar andare la possibilità di ritrovare qualcuno della propria infanzia, qualcuno che aveva caratterizzato gli unici anni felici a Grimmauld Place… non ci riusciva, semplicemente. 

« Ne sei sicuro? » domandò, titubante. 

« Se non ne fossi sicuro non te lo chiederei, Sirius, mi conosci » rispose Alphard, alzandosi e avviandosi verso la porta di casa per afferrare il proprio cappotto dall’appendiabiti. « Ora mettiti la giacca e seguimi fuori ».

« Eh? Non posso andarmene così, senza dire nulla, senza ringraziare! » protestò Sirius, allibito, dando poi un’occhiata ai propri abiti e pensando che, se anche se avesse parlato con James ed Euphemia, non sarebbe ugualmente uscito in pigiama. 

« Non ce ne stiamo andando, ti devo far vedere… » la voce dell’uomo si interruppe all’improvviso, e dalla sua espressione concentrata il ragazzo capì che stava cercando le parole giuste per proseguire. « una sorpresa ».

« Un’altra? » fece lui, ancora scosso dal suo invito di andare a vivere con lui. 

Alphard annuì e, indossato il cappotto, uscì dalla porta. La lanterna sopra il portone illuminava parzialmente sia lui sia pianerottolo su cui si trovava; l’uomo scese i gradini e, una volta posati i piedi sui ciottoli del vialetto, si girò verso di lui e gli lanciò un’occhiata che voleva dire “seguimi subito”.

Sirius non se lo fece ripetere due volte e si scapicollò fuori, indossando la giacca alla bell’e meglio; quando lo ebbe raggiunto, suo zio gli parlò di nuovo. 

« Andromeda mi ha detto che hai una passione per i veicoli babbani. È vero? »

Lui annuì, non capendo dove l’uomo volesse andare a parare con ciò, soprattutto quando vide il sorriso sul suo volto farsi più largo.

« Ed è vero anche che le motociclette sono le tue preferite? »

Sirius annuì ancora, mentre aspettava che lui uscisse dal cancello per seguirlo fuori. 

« Allora ho fatto bene » disse semplicemente Alphard, fermandosi a pochi passi da lui.

« A fare cosa? » chiese Sirius, curioso, affiancandolo. 

Il suo sguardò fu subito attratto da qualcosa davanti a loro. 

Lì, a due passi da casa Potter, c’era una delle motociclette più belle del suo catalogo: una Harley Davidson, quella di cui aveva spesso parlato anche con Paul Summer, un Tassorosso del suo anno che condivideva la sua stessa passione. 

Si avvicinò al veicolo e ne accarezzò il metallo con i polpastrelli della mano destra; la carrozzeria era lucida e pulita, non c’erano macchie d’olio e neanche graffi superficiali. Il sellino era lungo e nero, mentre dal manubrio partivano gli specchietti retrovisori laterali metallizzati e tondi come piacevano a lui. 

« A prenderti questa » rispose Alphard, ridestandolo dalla contemplazione della moto. 

« Fai sul serio? » domandò prima che si potesse fermare. « Non dovevi! Insomma, è bellissima, ma davvero, non c’era bisogno… »

« Con tutto il tempo che sono stato assente questo è il minimo, davvero » fece lo zio, sorridendo, per poi avvicinarsi a sua volta alla moto ed indicargli un bottone luminescente vicino ai freni che lui prima non aveva notato. « Mi sono permesso di apportare qualche piccola modificare, però: se premi qui può anche volare ».

« Mi stai prendendo in giro » esalò Sirius, staccando gli occhi dalla moto per guardare con stupore l’uomo accanto a lui.

« Mai stato più serio in vita mia » commentò quello, alzando le spalle. « In ogni caso, devi stare molto attento. Vedi di volare alto, perché i Babbani non sono abituati a vedere una moto che vola. Con il bottone rosso vicino a quello del volo puoi anche renderla invisibile, ma ti conviene usarlo solo per decollare e atterrare perché consuma molto carburante ».

A Sirius venne da ridere, ma si trattenne ed abbracciò di slancio Alphard – tutto ciò che gli restava di quella che una volta era casa.

Una moto che vola, una Harley che vola! E diventa invisibile! Oh, Merlino, lo devo dire a James!

 





Note:
So benissimo di essere in ritardissimo, e ci tengo a dire che mi dispiace davvero molto. Purtroppo nelle ultime settimane non ho avuto un attimo di tempo, ho sempre avuto interrogazioni o compiti in classe - fidatevi, preferisco mille volte scrivere. Il 22 iniziano gli esami di maturità, perciò vi chiedo un po' di pietà perché ho veramente troppe cose da studiare e ripassare... Spero di riuscire ad aggiornare a breve ugualmente, ho già iniziato a scrivere il nuovo capitolo :)
Volevo ringraziare cescapadfoot per la recensione all'ultimo capitolo <3 Ovviamente ringrazio anche voi lettori anonimi (come le ultime 3 persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite e i 2 che l'hanno aggiunta tra le seguite), ma sappiate che mi farebbe davvero tanto piacere sapere se vi piace come sto portando avanti la storia o se c'è qualcosa che non vi convince :) O anche solo per sapere che ci siete, ecco!
Questa volta ho provato a fare anche un banner, sebbene non sia esattamente il massimo... Pensavo di farne uno anche per il prossimo capitolo, ma vedremo!
A proposito, nel prossimo capitolo ci sarà una bella sorpresa per tutti, perciò... vi sfido a indovinare di cosa si tratti! Fatemi sapere cosa pensate che succederà, poi si vedrà chi aveva ragione o meno! :D
Ora scappo che devo studiare greco - già, stiamo al 2 giugno e io ho ancora interrogazioni. Pensate che finisco scuola l'8 e il 7 abbiamo la generale di Dante, capitemi e deprimetevi con me...
La mia pagina facebook è sempre questa, anche se nell'ultimo mese non l'ho usata molto spero di rifarmi in questi giorni! :)
Un bacio enorme a tutti quanti,
Ale

 

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Capitolo 15
*** Natale ***


Capitolo XV

Natale

 15-natale

« Non sei un peso per noi, lo sai, vero? »

Sirius si ritrovò a sorridere per le insistenze dell’amico: era fermamente convinto che il motivo principale per cui si stesse trasferendo da suo zio Alphard fosse il sentirsi di troppo in casa Potter. Cosa per nulla vera, ma dopo sette anni Sirius aveva imparato a convivere con l’onnipresente egocentrismo di James.

« Tranquillo, Prongs, non è per quello » rispose Sirius, oltrepassando l’uscio della casa e girandosi poi verso Euphemia e l’amico. « Voglio solo passare qualche giorno con zio Alphard, tutto qui ».

Ed era vero. Suo zio era stato via così a lungo che l’idea di passare alcuni giorni con lui lo allettava. E il Natale… Sirius ricordava benissimo la differenza abissale tra la casa di suo zio e la casa dei suoi genitori in periodo natalizio.

La casa dello zio era piena di luci. C’era un albero, le decorazioni. A Grimmauld Place il massimo era il “buon Natale” di Regulus…

All’ennesimo tentativo del figlio di trattenere Sirius, Euphemia sorrise a sua volta e posò una mano sulla spalla di James: « Dai, lascialo andare. Non si vedevano da anni e dovranno aspettare le vacanze di Pasqua per rivedersi, mentre tu lo avrai accanto a te ogni giorno, a scuola ».

Sirius, nel sentirla parlare e nel vedere come James cedesse facilmente a sua madre, pensò che Euphemia Potter avrebbe dovuto lavorare al Wizengamot.

James si passò una mano tra i capelli corvini e spostò il peso da una gamba all’altra con fare indeciso, le palpebre che celavano alla vista altrui i suoi occhi nocciola colmi di preoccupazione malamente repressa. Da quando Sirius gli aveva parlato del suo trasferimento a casa di Alphard, la mente di James non si era fermata un attimo solo: i se, i ma, i potrebbe erano decisamente troppi nella sua testa. Semplicemente, James aveva paura: non poteva perdere anche il suo migliore amico.

« Okay » si ritrovò a biascicare, venendo poi abbracciato forte dall’amico come se stesse per partire per il Nuovo Continente e non per il nord del paese. « Stammi bene ».

« Ehi, guarda che sei tu quello masochista tra noi due » ghignò Sirius, scoccando poi un bacio sulla guancia della signora Potter, che lo strinse per qualche secondo in un abbraccio che aveva qualcosa di estremamente materno e che gli smosse qualcosa dentro.

Dopodiché, Sirius fece un cenno con il capo a mo’ di saluto per poi allontanarsi in direzione della sua nuovo Harley Davidson. Tirò su la zip del giubbotto che indossava e si coprì gli occhi con degli occhiali protettivi che James aveva ritrovato in soffitta e che in realtà dovevano essere da Quidditch. 

Si sedette sul sellino della moto e gli angoli delle sue labbra puntarono verso l’alto non appena il motore si avviò. Partì con un rombo assordante e dopo poco scomparve, quasi fosse stato inghiottito dalla lattiginosa nebbia mattutina. 

Ancora fuori dalla porta di casa, James ed Euphemia continuarono a guardare il cielo grigio ancora qualche secondo; dopodiché James sospirò, si passò una mano sulla fronte e rientrò in casa.

Euphemia lo guardò salire le scale con passo lento e si appoggiò allo stipite della porta.

« Vi assomigliate troppo, voi due » mormorò appena, mentre quelle cinque parole parole riecheggiavano nell’atrio della casa.

 

James si rigirava ripetutamente nel letto, avvolto dalle proprie coperte, senza riuscire a prendere sonno. 

Dalle fessure delle imposte chiuse facevano capolino alcuni riverberi, probabilmente provenienti dalla luce dei lampioni che passava dalle fessure della finestra, e che andavano a depositarsi sulla trapunta pesante.

L’assenza di suo padre si sentiva ed era pesante, come se rimbombasse tra le pareti della casa. Durante la cena il posto a capotavola, solitamente occupato da suo padre, era rimasto vuoto e si sentiva; per tutto il tempo, sua madre non aveva alzato quasi mai gli occhi dal piatto, se non per provare ad intavolare una conversazione. James aveva apprezzato il tentativo, ma non era dell’umore adatto e sapeva benissimo che neanche lei lo era.

Anche in quel momento, chiuso nella sua camera e sepolto tra le lenzuola pesanti, rischiarato dalla pallida ombra di una luna quasi piena, James Potter continuava a passare lo sguardo sulle molte foto attaccate permanentemente alla parete.

In alcune immagini vi erano lui ed un uomo identico in tutto e per tutto a lui – a parte gli occhi, perché quelli di James erano castani e non azzurri come quelli di Fleamont – che lo stringeva o che lo guidava mentre lui, piccolo, volava su una scopa per bambini. 

Ce n’era una dove James stringeva tra le dita un Boccino d’Oro, un sorriso vittorioso a piegargli le labbra carnose, sebbene fosse infangato da capo a piedi: Fleamont aveva sempre pensato che sarebbe potuto diventare un Cercatore, ma presto James aveva capito che gli piaceva molto di più giocare come Cacciatore.

Abbozzò un sorriso tirato e tornò ad osservare nuovamente la foto. 

Gli sembrava che non fosse passato neanche un giorno da quando l’avevano scattata: era un’assolata mattinata di metà agosto, James aveva ancora solo otto anni ed aveva appena imparato, grazie agli insegnamenti di suo padre, ad acciuffare il Boccino, nonostante fosse poi scivolato dalla scopa e caduto nell’aiuola appena irrigata della vicina.

A volte pensava che facesse male a ripensare a quei giorni, ma alla fine, gli rimaneva solo quello di suo padre: i ricordi. Era una sensazione strana. Sentiva di dover smettere, perché a continuare così ci rimetteva solamente, ma non ci riusciva mai. 

Come il lasciare in pace la Evans: James ci aveva provato, ci aveva provato davvero, ma quando c’era lei in giro, ecco, lui non riusciva a concentrarsi su nient’altro. Non gli importava neanche che per lei non fosse lo stesso, ormai James ci aveva fatto l’abitudine, così come si era abituato al guardare nella sua direzione per vedere se, per caso, anche Lily fosse girata verso di lui.

Come sperava che si sarebbe abituato all’assenza di suo padre? Come pensava di riuscirci, se in quel momento era così forte che sembrava echeggiare per la casa.

Ultimamente James non sapeva bene cosa fare un po’ per tutto. 

Con i suoi amici, perché anche se avevano capito che non andava tutto bene – James sapeva che se ne erano accorti, dopotutto erano migliori amici da una vita –, non riusciva a non fingere di stare bene. Visto tutto quello che stava succedendo, tutto quello che era già successo e quello che poteva succedere, James non se la sentiva di rendere tutto più difficile.

Con sua madre, perché doveva sorreggere anche lei, e non solo se stesso. Sentiva di doverlo fare. Sua madre era sempre stata una donna forte, ma James non poteva lasciarla da sola così. A volte, ad Hogwarts si era sentito così inutile per questo motivo.

Con Lily, perché anche se Mary diceva che non doveva mollare, che Lily secondo lei stava iniziando a provare qualcosa per lui, James non riusciva a crederci del tutto. Dopo quei due anni – quasi tre – a chiederle di uscire, dopo i suoi costanti rifiuti, che lei potesse interessarsi a lui a James sembrava davvero… utopistico. In un certo senso si era abituato a quella situazione, e James non osava pensare di poter avere sul serio una chance con Lily – perché se poi non fosse stato così, se Mary e gli altri si fossero sbagliati, sarebbe stato doppiamente difficile riabituarsi al fatto che lei probabilmente non lo avrebbe ricambiato mai.

Era anche peggiorato a scuola, nonostante Remus lo avesse aiutato costantemente. Perlopiù, era calato a causa del suo essere sempre distratto – ultimamente aveva avuto davvero troppi pensieri per la testa.

Ma aveva intenzione di riprendersi, di tornare in pista e fregare tutti; dopotutto, lui era pur sempre James Potter.

E James Potter si rialzava sempre.

 

 

*

 

 

L’abitazione di suo zio era più di “una semplice casa dove stare tranquilli”, come l’aveva definita Alphard prima di andarsene, quando lo aveva invitato a passare le vacanze da lui.

Quando era arrivato, in sella alla sua Harley nuova di zecca, nonostante il sole avesse già iniziato a tramontare, Sirius aveva notato il vasto e verdeggiante giardino e aveva notato quanto fosse in realtà grande la tenuta. Una volta entrato, aveva capito che era ancora più grande di quanto gli fosse sembrata.

La porta principale dava, all’esterno, su un ampio viottolo di ciottoli che portava al cancello, mentre all’interno si affacciava su un atrio, dove erano disposti un appendiabiti e una panca in legno scuro su cui Sirius aveva posato subito le proprie cose.

L’elfa domestica della casa, Milly, era andata ad aprirgli e l’aveva accompagnato da suo zio Alphard, che si trovava a leggere il giornale sul divano in salotto, una stanza larga con un imponente camino acceso e scoppiettante.

Alphard si alzò non appena lo vide, posando La Gazzetta sul divano e lasciandola lì. Indossava una pesante vestaglia verde scuro – probabilmente la sua tenuta da casa, considerò Sirius, mentre lo zio lo salutava con un abbraccio.

« Com’è andato il viaggio? » gli chiese subito, come prima cosa. 

Evidentemente era molto orgoglioso del regalo che gli aveva fatto: non che non dovesse esserlo, in fin dei conti Sirius desiderava una moto ormai da anni.

« Benissimo! » rispose rapido Sirius, con un sorriso larghissimo. « La moto è una favola, e il fatto che possa volare è… wow! »

Pensava davvero che quel wow bastasse a rendere l’idea. Il rombo del motore alla partenza, il metallo lucido del manubrio, l’aria fredda contro il viso, solo il vuoto sotto i piedi… Come altro avrebbe potuto definire tutto ciò?

Alphard, almeno in parte, poteva comprenderlo. Anche a lui, quando aveva avuto l’età di Sirius, non aveva saputo dare un nome a tante cose, alcune magari più importanti di altre. La prima vittoria a Quidditch quando era Capitano della Squadra, ad esempio – quelle era stata un’esperienza che anche in quel momento non riusciva a spiegare a parole.

« Posso immaginare » si risolse a rispondere, con qualche secondo di ritardo a cui Sirius non prestò attenzione. « Ora vieni, ti faccio vedere la tua stanza ».

Seguendolo prima per le scale e successivamente lungo il corridoio di destra, Sirius entrò finalmente nella sua camera. 

Il letto in legno chiaro, probabilmente da una piazza e mezza, in quel momento era illuminato dalla luce che proveniva dalla finestra. Ai lati del letto vi erano due comodini intagliati, mentre lungo la stessa parete della porta c’era una libreria. Le pareti erano di un semplice color avorio ed erano del tutto spoglie – avrebbe provveduto presto –, mentre proprio di fronte al letto vi era un cassettone sempre in legno chiaro con sopra un grande specchio dalla cornice finemente lavorata. Sotto la finestra, invece, c’era un’ampia scrivania, vuota se non fosse stato per una lampada, un pacco di carta da lettere, una piuma e un calamaio.

Sirius non volle neanche immaginare come fosse la stanza di suo zio.

« Com’è? » gli domandò in quel momento Alphard, che era rimasto sulla soglia della stanza e si era appoggiato al suo stipite.

« Un po’ vuota » ammise, schietto, e Alphard si strinse nelle spalle. « Ma per il resto è perfetta. Bella vista » continuò, indicando distrattamente la finestra, dalla quale si vedeva perfettamente una piccola rientranza delle scogliere di Dover: Sirius le aveva viste mentre era sulla moto, e doveva ammettere che capiva perché fosse un’apprezzata meta turistica.

Alphard sorrise leggermente, poi si staccò dallo stipite della porta e fece un passo indietro. 

« Bene. Io torno di sotto. Puoi sistemare le tue cose, Milly verrà a chiamarti per il pranzo. Se hai bisogno, il tuo è bagno è la porta subito a destra ».

« D’accordo » annuì. Quando lo vide sorridere di nuovo ed andarsene, però, Sirius uscì a sua volta dalla stanza e, alzando la voce, aggiunse: « E grazie ancora, zio Alphard ».

Suo zio si girò verso di lui e scosse la testa.

« Non devi ringraziarmi. Sei sangue del mio sangue, Sirius ».

Sirius annuì e rimase zitto, mentre suo zio se ne andava e scendeva le scale per tornare in soggiorno.

Rientrò nella propria camera solo dopo qualche minuto passato a rimuginare su qualcosa di cui neanche lui sapeva l’esistenza. Per prima cosa si tolse la giacca di pelle che indossava e la posò su una sedia posta davanti la scrivania.

Dopodiché aprì la propria borsa e, dopo averla poggiata sul cassettone, iniziò a svuotarla e a mettere il suo contenuto dentro i vari cassetti. Riempi solo il primo e metà del secondo, visto che non si era portato poi granché dietro – la maggior parte dei suoi effetti personali, in fondo, si trovava ad Hogwarts.

Fresco dei suoi diciotto anni, Sirius duplicò la propria sciarpa di Grifondoro e depose la copia su una mensola vicino alla porta, giusto per animare un po’ la stanza. Cercò dentro la tasca della borsa una foto che una ragazza di Tassorosso, Wynne Canon, aveva scattato a lui e ai suoi amici la prima settimana di scuola e, una volta che l’ebbe trovata, l’attaccò sopra la scrivania con un incantesimo.

A conti fatti non aveva cambiato praticamente nulla, ma Sirius si sentiva già più a casa.

Decise di farsi una doccia, giusto per ammazzare un po’ il tempo, quindi entrò in bagno e lasciò la confezione di bagnoschiuma sul bordo della vasca bianca dai pomelli ramati. Girò entrambi i pomelli per riempire la vasca e, una volta che fu sufficientemente piena, si tolse i vestiti e si sedette al suo interno.

Chiuse gli occhi e si lasciò scivolare un po’ di più dentro l’acqua. Era nervoso – dopotutto come poteva non esserlo, visto che quella sera ci sarebbe stata la luna piena e lui fino al giorno successivo non avrebbe saputo nulla su Remus? – e aveva solo bisogno di pensare a qualcosa di positivo, a nulla di preoccupante.

Tuttavia non era qualcosa che gli venisse così facile, nell’ultimo periodo; pensandoci, Sirius si rese conto di essere incasinato sotto molti punto di vista.

Non sarà tutto troppo semplice? – pensò con ironia, tenendo gli occhi chiusi.

Forse solo il rapporto con i suoi amici era semplice come lo era sempre stato, sebbene fosse lievemente cambiato il suo modo di rapportarsi con James. Alla luce della morte di Fleamont aveva sofferto anche lui e per un istante, un solo istante, aveva avuto paura che James potesse arrabbiarsi per questo; che potesse arrabbiarsi per il suo aver sempre trattato Fleamont come un padre quando non lo era. Ma James non lo aveva fatto, perché non era un comportamento da James, e la sua era stata una paura insensata, l’aveva capito subito dopo. Tuttavia continuava a non pressarlo troppo, perché sapeva che, sebbene cercasse di non far vedere le proprie debolezze, ci soffriva ancora molto.

Anche con Mary era diventato tutto più strano. Nell’ultimo mese e mezzo le cose tra di loro erano cambiante notevolmente e i momenti che passavano insieme, le frasi che si dicevano e le occhiate che si scambiavano sembravano avere un significato che non avevano mai avuto prima.

Lei non gli aveva ancora scritto, anche se solitamente si mandavano qualche lettera, durante le vacanze, quando lei non era a casa Potter insieme a lui e James. Avrebbe potuto anche scriverle lui, pensò, ma non sapeva bene cosa dirle. Qualunque banale frase di circostanza avrebbe reso la cosa piuttosto triste e lui non aveva intenzione di rovinare una delle relazioni a cui teneva di più in assoluto.

Però…

Mentre un’idea piuttosto avventata faceva capolino nella sua mente, Sirius si rese conto che non sapeva quanto avrebbe resistito ancora. Era stato facile nascondere i propri sentimenti per lei e fare finta che non esistessero. Ci era riuscito per più di un anno, ma da quando le si era dichiarato l’impazienza aveva preso il pieno controllo di lui. 

Non sapere cosa le frullasse per la testa lo faceva impazzire. Lui aveva cercato di non farle pressione, però era da settimane che si trovavano in quella posizione, come se fossero in stallo. Avrebbe voluto sbloccare tutto quanto, trovare un modo per rendere tutto più semplice, ma a volte lei gli sembrava ancora così incerta, così sfuggente… che, alla fine, non riusciva mai a dirle nulla di concreto. 

Maledicendosi mentalmente, prese un respiro profondo e s’immerse sott’acqua. 

Sì, doveva parlarle.

 

 

*

 

 

La cena di Natale stava volgendo al termine, ma i membri della famiglia MacDonald sembravano non avere la benché minima intenzione di alzarsi dalla lunga e imbandita tavola. Erano appena apparsi grandi piatti colmi di dolci, tra i quali spiccava soprattutto il classico pudding natalizio, quando l’elfo domestico della casa, Blinky, si avvicinò a George MacDonald per dirgli qualcosa. 

Lo sguardo dell’uomo saettò subito sulla figura della sua unica figlia, che in quel momento sedeva a qualche posto di distanza e parlava animatamente con i suoi due cugini, Sophie e Adam. 

« Mary » la chiamò, attirando subito la sua attenzione. « Hai una visita ».

« Una visita? » ripeté Mary, perplessa, chiedendosi chi mai potesse andare a trovarla proprio la sera di Natale. 

Suo padre annuì e lei, dopo essersi scusata con tutti i presenti, si alzò dal tavolo e si incamminò verso la porta di ingresso. Lì, sulla soglia, con un casco babbano in mano e il viso arrossato dal vento freddo, c’era Sirius. 

« Sirius? » esclamò Mary, stupita. « Cosa ci fai qui? »

Il tono della sua voce era pieno di sorpresa, ma lei non poté fare a meno di sorridere quando lo vide. 

Quando era stata da James, quella mattina presto, aveva sperato di incontrarlo, ma aveva scoperto che si era trasferito da suo zio Alphard giusto il pomeriggio prima. Le era dispiaciuto non potergli fare gli auguri di persona e in camera sua era già pronto un biglietto che aveva scritto nel pomeriggio, ma vederlo lì, nell’atrio di casa sua, l’avevano riempita di gioia e dovette attingere a tutto il proprio autocontrollo per non allacciargli le braccia intorno al collo e abbracciarlo.

« Ehi, Mac » la salutò lui con un sorrisetto dei suoi, scompigliandosi appena i capelli scuri. « Stai benissimo ».

Appena l’aveva vista avvicinarsi non aveva potuto fare altro che pensare che fosse davvero bella: aveva indossato un lungo vestito nero a maniche lunghe, sobrio ma elegante, che metteva in risalto la sua figura snella, e aveva lasciato i capelli sciolti sulla schiena; gli occhi azzurri sembravano ancora più grandi per via del trucco, ma le labbra erano completamente struccate, rosee come lui se le ricordava e come gli piacevano.

La ragazza gli sorrise ed inclinò appena il capo di lato, appoggiandosi allo stipite di legno dell’arcata che collegava l’atrio al corridoio. 

« Grazie » rispose, senza smettere di sorridergli. « Anche tu non sei male, devo dire ».

Sirius inarcò un sopracciglio e la guardò con aria di sfida: sapeva di non essere esattamente al proprio meglio, dopo un viaggio in moto di un’ora, perciò non ci aveva messo molto a cogliere il sarcasmo nella voce della ragazza.

« Che fai adesso, sfotti? »

« Forse » si limitò a rispondere Mary, mentre Sirius faceva un altro passo nella sua direzione fino a trovarsi a meno di un metro da lei. « Pensi di dirmi, ora, perché sei venuto qui? »

Aveva passato l’intera giornata chiedendosi se fosse o meno il caso di andarle a parlare, ma quando l’aveva vista si era scordato il discorso che si era preparato prima di lasciare la casa di suo zio. 

Sirius non era mai stato un ragazzo timido, anzi, e a Hogwarts il suo carisma era noto a tutti gli studenti, ma non aveva mai saputo dare granché voce alle proprie emozioni. 

Gli era sempre stato detto, sin da quando era un bambino, che i sentimenti lo avrebbero solamente reso debole e più facile da battere. Era stato quello, probabilmente, l’unico insegnamento dei Black in cui aveva davvero creduto: così si era creato la facciata del perfetto malandrino, esuberante ma allo stesso tempo distaccato. In molti avevano scambiato il suo comportamento per arroganza, ma non gli era mai interessato quello che gli altri pensavano di lui. 

Erano poche le persone di cui gli importava, ed erano le stesse che avevano imparato a conoscerlo per quello che era davvero. E una ce l’aveva davanti in quel preciso momento.

Ancora non riusciva a spiegarsi l’effetto che Mary aveva su di lui. Sebbene non fosse stato particolarmente fortunato in amore, era sempre stato un bel ragazzo e aveva avuto qualche storia, anche se di poco conto; le uniche due ragazze per cui avesse mai mostrato reale interesse lo avevano rifiutato dopo poco, dando troppo credito alle voci che giravano per la scuola sul suo essere un grande rubacuori – e lui non aveva ancora capito chi avesse messo in giro quelle voci –, ma nessuna gli aveva mai fatto provare quello che sentiva quando era con Mary. 

Sto diventando come James, diamine…

« Volevo parlare con te ». 

« Bene » commentò Mary, annuendo alle sue parole. « Anche io volevo parlarti, in realtà. Comincia tu ».

« Oh. Okay » disse lui, preso un po’ in contropiede, cercando le parole giuste. Solo che non gli venivano. « Ti ricordi quella volta al primo anno, quando sei stata l’unica a progettare con me lo scherzo per Malfoy? »

Mary lo guardò un attimo in tralice, come se lo stesse studiando per capire dove volesse andare a parare con quella domanda, ma alla fine si limitò a sbuffare una risata e ad annuire. 

« Certo che mi ricordo » rispose con un sorriso appena accennato. « È stata la prima volta che siamo riusciti anche a farla franca senza alcuna punizione ».

Stavolta fu lui a ridere sotto i baffi, mentre nella sua mente tornava a galla il ricordo di Lucius Malfoy che protestava e si lamentava con Lumacorno, assicurandogli che era tutta colpa di “quei due mocciosi Grifondoro” e che meritavano assolutamente una punizione. Quando il professore gli aveva detto che secondo lui non era possibile che tutto fosse stato orchestrato da due semplici undicenni, Sirius aveva sentito crescere in lui un orgoglio smisurato, perciò si era girato verso la sua compagna che gli aveva lanciato un’occhiata complice mentre aveva cercato di nascondere un ghigno. 

« È vero, non ci avevo pensato » fece Sirius, perso nel proprio ricordo. 

« Ma perché me lo stai chiedendo proprio ora? » gli domandò lei, curiosa e anche un po’ confusa. 

Lui alzò gli occhi, puntandoli nei suoi, e si strinse nelle spalle. 

« Perché da allora non è cambiato niente » si limitò a risponderle. « Non è mai cambiato nulla. Vedi, Mary, io so di aver detto di poterti aspettare, solo che non voglio. Non fraintendermi, quello che provo per te non è cambiato » si affrettò a dire, vedendo che lei stava già per ribattere. « Quello che voglio dire… io e te funzioniamo. Insieme. Funzioniamo, lo capisci? Tu sei… tu sei me, al femminile. Senza tutti i casini, forse, ma sei come me. A volte trovo assurdo quanto tu mi somigli, perché ci sono momenti in cui sembri leggermi nel pensiero, in cui ti comporti esattamente come avrei fatto io… e io mi rivedo in te. E la cosa peggiore è che ora, per qualche assurdo motivo, rivedo te in me, in quello che faccio, e ti cerco sempre… e io così non ce la posso più fare, perché noi siamo più che amici, possiamo essere molto di più e tu lo sai ».

Finì così il suo monologo, con il fiato corto e il cuore che gli martellava nel petto. Vedendo che lei non apriva bocca, si affrettò a parlare nuovamente, per smorzare un po’ la tensione. 

« E poi, insomma, è ovvio che io ti piaccia: oltre ad essere intelligente, brillante, simpatico e divertente sono anche bellissimo ».

« E modesto… » mormorò appena Mary, guadagnandosi un’occhiata divertita dal ragazzo.

« Giusto, me l’ero dimenticato » commentò il ragazzo con un sorrisetto, prima di tornare al proprio discorso. « In ogni caso, stavo dicendo, se tu dovessi decidere di non voler stare con me sappi che non ho intenzione di farmene una ragione, perché sarebbe una stronzata. Io non voglio rinunciare a tutto quello che potrebbe esserci tra di noi, non così ».

« Non hai mai paura che questo… che possa non funzionare? » lo interruppe lei all’improvviso, con voce un po’ incerta, facendogli capire che era quello il vero dubbio che la tratteneva. 

« Ho paura, sì, ma non di questo » le rispose. « Io lo so che noi funzioniamo, perché io lo voglio sul serio. E, detto in tutta onestà, spero lo voglia anche tu, perché io sono innamorato di te, Mary, e anche se tu magari ora non sei innamorata di me, io penso che— ».

Il discorso non gli stava uscendo bene quanto avrebbe voluto, ma non riuscì neanche a finirlo perché Mary aveva fatto un passo in avanti e Sirius si era ritrovato il suo viso a pochi centimetri dal proprio. Incrociò il suo sguardo, ma fu questione di un secondo, perché subito dopo avvertì le mani di Mary chiudersi dietro il suo collo e il suo respiro infrangersi contro la propria pelle. Abbassare le palpebre fu spontaneo per entrambi, così come lo fu piegare appena le labbra nell’accenno di un sorriso.

Senza che se ne rendessero conto, le loro labbra s’incontrarono a metà strada – e chissà chi si era avvicinato per primo all’altra, chissà chi aveva buttato giù per primo l’ultimo muro che si ergeva tra di loro, chissà di chi era il sospiro che precedette quel momento tanto agognato, forse di lei, forse di lui, forse di entrambi. 

Fu un bacio irruente, violento: un riconoscersi, riprendersi, annullarsi lì, stretti l’uno all’altra. 

Il braccio destro di Sirius le circondò la vita, costringendola ad avvicinarglisi ancora di più – ancora, ancora, ancora, come se fosse possibile sentirsela addosso più di così. L’altra mano, la sinistra, salì lungo la sua gola, fermandosi a metà tra il collo e il viso, tenendola ferma lì, tra le sue braccia, come se avesse paura che lei potesse allontanarsi e allontanarlo per l’ennesima volta. 

Ma Mary non lo avrebbe fatto, non sarebbe più scappata. 

Quel bacio lei lo aveva desiderato, voluto, agognato tanto quanto lui e non voleva assolutamente che finisse. Perché si trattava di uno di quei baci che ti tolgono il respiro e la ragione, che ti fanno battere il cuore così forte, così veloce che potrebbe schizzarti fuori dal petto in qualunque istante. Passionale, impetuoso, struggente. 

Fu il bacio più bello che si fossero mai scambiati, perché era tutto, era tutto quello che due come loro non sarebbero mai riusciti a dirsi con le parole. Era un inseguirsi continuo, uno stringersi di più ogni secondo che passava; le labbra di Sirius si muovevano irrefrenabili su quelle di lei in una danza che sembrava non potesse mai finire. E le mani di Mary, le mani di Mary – lui quelle mani se le sentiva ovunque, dietro la nuca a stringergli i capelli, sulle spalle come a farglisi ancora più vicina, sulle guance ad accarezzargli la pelle più morbida del viso. 

Fu morire, rinascere, e poi morire ancora per nascere nuovamente. Fu ammettere che quello che provavano, quello che sentivano dentro – nella testa, nel cuore, nelle vene, nei polmoni – non era qualcosa che si sarebbe estinto con il tempo. Fu constatare che mai, prima di allora, qualcuno era riuscito a farli sentire in quella maniera: felici, appagati, completi. Fu un donarsi reciproco, un donarsi sapendo che l’uno si sarebbe preso cura dell’altra meglio di quanto avrebbero potuto fare loro stessi.

Fu la promessa di Sirius di non lasciarla più, ora che era finalmente riuscito a farla davvero sua, e fu la promessa di Mary di non scappare più via. Non servirono parole per esplicitare ciò, perché bastò quel bacio a imprimerlo chiaramente nelle loro menti e nei loro cuori. 

Quando lei si staccò e posò la fronte sulla sua spalla, sfiorandogli così il collo con la punta del naso, Sirius pensò che quello fosse il regalo di Natale più bello che avesse mai ricevuto.

 

*

 

La luna piena stava sorgendo: Remus lo avvertiva sotto, dentro, dietro la pelle. La sentiva nello scricchiolio maligno delle sue ossa, dalle urla dei suoi muscoli eccessivamente contratti, dalla vista che si appannava ogni secondo un po’ di più. Avvertiva la luna arrivare, avvertiva il suo dominio farsi sempre più vicino mentre i suoi sensi diventavano più animali e meno umani.

Tremava. Tremava e aveva una pelle d’oca inimmaginabile; il suo cuore batteva talmente forte che temeva gli potesse schizzare fuori dalla gabbia toracica, fracassandogliela a suon di battiti contro le sue costole.

Si sentiva spossato, risucchiato della benché minima forza; era come se tutto il suo corpo si rifiutasse di reagire, di fare qualcosa, e si lasciasse semplicemente andare avvolto nella coperta di patchwork in cui era avvolto. Nonostante gli incantesimi di calore di suo padre e la coperta, Remus aveva ancora freddo: non era un freddo normale, no, era un freddo innaturale, che sembrava congelargli le ossa e il cervello.

Quando un dolore lancinante parve trapassargli la testa da parte a parte, capì che mancava poco. Per quella sera, quelli sarebbero stati gli ultimi, agognanti minuti trascorsi ad aspettare un nemico che mai lo avrebbe abbandonato. Un nemico onnipresente, impossibile da battere. Avrebbe potuto sforzarsi per sempre di vincerlo, ma sarebbe stata sempre una guerra persa in partenza.

Lo sapeva anche sua madre, seduta su una delle sedie della cucina dove, poche ore prima, avevano consumato il pranzo di Natale tutti e tre insieme, cercando di non fare caso all’aria tesa che si avvertiva chiaramente tra un discorso e il seguente.

Hope si teneva la testa con le mani, premendo i palmi contro le proprie orecchie, sapendo che presto gli ululati di suo figlio sarebbero risuonati tra le pareti di quella casa e nella sua testa. Gli ululati di Remus le facevano sempre venir voglia di piangere e gridare, ma era costretta a rimanere in silenzio per la sicurezza del loro… segreto. Avrebbe voluto restare vicina a suo figlio, tenerlo stretto tra le braccia e mormorargli parole di conforto all’orecchio, nel tentativo di incoraggiarlo a non discriminare se stesso o il futuro che gli si apriva innanzi. Invece era costretta in casa, vulnerabile e impotente davanti al dolore del suo piccolo.

Una volta aveva provato ad andare da lui, da Remus, ma Lyall l’aveva vista e l’aveva riportata a casa di corsa. Non aveva chiuso occhi quella notte, e Hope era dell’opinione che continuasse a stare sveglio, durante il plenilunio. Dopotutto, ogni volta Lyall la mandava in camera e rimaneva da solo giù fino a chissà che ora, ed il mattino dopo era già in cucina, gli occhi cerchiati da vistose occhiaie.

Vicino Marloes c’era una grotta dove non andava mai nessuno, nemmeno i turisti, e nessuno sapeva bene il perché. Lyall aveva pensato che proprio quello, fra i tanti, sarebbe stato il luogo perfetto per la trasformazione di suo figlio, e, da quando aveva dieci anni, quello era il posto dove Remus andava ad ogni luna piena. Prima rimaneva chiuso in cantina finché la luna non tramontava, ma ogni volta il rumore delle unghie del ragazzo che grattavano senza sosta sul muro e i suoi versi rabbiosi li raggiungevano.

Lyall si preoccupava di chiudere l’entrata della grotta con incantesimi di vario genere, così da non far uscire Remus o far entrare altra gente. Lo faceva per assicurare al figlio e al vicinato una notte relativamente normale – normale per loro, però –, se non per gli ululati attutiti dalle spesse pareti rocciose.

E anche quella sera l’aveva lasciato lì, da solo. Si sentiva in colpa, suo padre. Aveva lasciato nuovamente Remus in quella dannata grotta, e nemmeno la certezza che la mattina dopo sarebbe tornato lì per avvolgerlo in una coperta calda e soffice e scortarlo a casa lo faceva sentire bene.

Rientrò in casa e andò direttamente in cucina, lasciandosi scivolare sulla sedia davanti a quella della moglie. Le prese una mano tremante e la strinse tra le sue, sfregandola, come a darle più calore e sicurezza.

Hope alzò gli occhi castani sul marito, che la stava guardando incessantemente senza però vederla realmente. L’immagine della luna, il cui riverbero chiaro illuminava le colline poco distanti, ancora occupava la loro mente. E Hope lo sapeva, sapeva a cosa pensava Lyall in quelle nottate segnate da ululati e lacrime trattenute. Quando c’era la luna piena i sensi di colpa affioravano, facendolo star male solo al pensiero della vita di suo figlio, rovinata a causa sua, dell’uomo che lui chiamava papà.

« Non ci pensare » disse Hope in un sussurro appena udibile, scuotendo leggermente la testa, i capelli scuri che assecondavano ogni suo movimento.

Lyall sgranò gli occhi e li puntò sul pallido volto della luna, che lottava per attraversare il sudario di ombre e nuvole che ingombravano il cielo scuro di quella notte – sebbene fosse inutile, James sperava che non ci riuscisse: forse non vederla avrebbe reso la notte un po’ più semplice.

« Come faccio, Hope? » domandò, posando la testa sul palmo della mano sinistra e chiudendo gli occhi. « È solo colpa mia se Remus deve convivere con… con questo per tutta la sua vita ».

Il vento di fine dicembre entrava dalle fessure della porta e delle finestre, chiuse ermeticamente con la magia, ed invadeva la casa di fischi quasi sardonici.

«Non è colpa tua, Lyall. Non potevi sapere che quell’uomo si sarebbe vendicato su nostro figlio » insistette la moglie, convinta ma con voce il flebile. « Non potevi sapere che avrebbero rovinato la sua vita, non potevi. Addossarti la colpa di tutto a questo modo non risolverà la situazione ».

L’uomo sospirò e annuì appena: « Andiamo in camera? Preferisco non sentire gli ululati ».

Hope acconsentì e si alzò dalla sedia per precedere il marito su per le scale. Si fermò su uno dei gradini di mezzo e porse la mano a John, che la strinse e riservò alla moglie un mite sorriso.

« Fa male anche a me ».

« Lo so, Hope, lo so » mormorò lui prima di sorpassarla e aprirle la porta della camera matrimoniale, facendola entrare per prima. « Lo so ».

Nel frattempo, da dietro le colline la luna piena aveva iniziato la sua ascesa al cielo notturno. Furba, senza rimpianti, si preparava a colpire nuovamente quei poveri diavoli che aveva sotto il suo dominio, sotto scacco.

Remus era ancora in forma umana, riparato solo da una coperta pesante come unica protezione dal freddo invernale. Gli dolevano le ossa, che in quel momento probabilmente erano fragili come sottili e deboli rami caduti dall’albero che li aveva sempre tenuti stretti a sé.

La voglia di gridare era tanta, troppa, ma la forza continua a venir meno. Era così da ore, ormai. Aveva la bocca semiaperta e gli occhi chiusi con forza. Strette i pugni lungo il bordo della coperta, anche se con poca enfasi. Il respiro gli si mozzava continuamente a intervalli irregolari, anticipando come al solito l’odiosa trasformazione ed allungando così la tortura che era costretto a subire.

Una stretta ferra alla bocca dello stomaco gli provocò un tenue spasmo e lui aprì gli occhi ambrati: tutto quanto era buio, niente si muoveva. Non c’era rumore, se non il suo respiro fiacco e i battiti veloci del suo cuore.

Non c’era niente, non c’era nessuno.

Un’altra dolorosa morsa gli fece serrare ancora una volta gli occhi; si strinse le gambe al petto in un disperato tentativo di ripararsi dal dolore, che, mano a mano, si faceva sempre più acuto ed imminente.

Sentì la sua pelle che si tendeva e le ossa che si allungavano; il suo viso si affilò tanto da venir sostituito da un muso da lupo. Il corpo si stava ricoprendo pian piano di peli scuri e lunghi, i suoi piedi avevano ceduto il posto a due animalesche zampe.

Sentì il lupo cacciarlo con forza e rinchiuderlo in un angolino di se stesso – dove, di solito, nascondeva l’altra faccia di quella medaglia che era lui–, assieme al suo ultimo pensiero umano.



 

Note:

… Sì, mi sto vergognando come una ladra. Vi avevo promesso aggiornamenti molto più frequenti dopo la fine della maturità, e mi dispiace di non essere stata in grado di portare a compimento quanto detto. Ho avuto qualche problema con questo capitolo (voi non avete idea di quante volte abbia ricontrollato la scena di James, e quella di Sirius e Mary), ma finalmente eccolo qui! A proposito… che mi dite dei MacBlack?! ;) 

In ogni caso, sto già lavorando al capitolo successivo e visto che per un paio settimane posso scrivere in tranquillità penso che cercherò di portarmi il più avanti possibile con la scrittura dei vari capitoli… Il 18 è già scritto, e in ogni caso ho la trama generale di tutti i capitoli fino all’ultimo (dovrebbero essere 33, a proposito). 

Per il resto… quest’anno comincio l’università, ragazze, perciò non so ogni quanto frequentemente riuscirò a postare. Diciamo che per ora voglio provare a pubblicare il prossimo entro 10 giorni, poi vedremo! :) 

Non odiatemi per la luna piena… purtroppo quell’anno cadeva proprio il 25 dicembre…  Spero di riuscire a farmi perdonare! 

In ogni caso spero di leggere i vostri pareri su questo capitolo (ragazzi, ricordiamoci della MacBlack, non ci credo che non vogliate commentare). 

Un bacio enorme a tutti quanti!

Ale

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Capitolo 16
*** 1978 ***


Capitolo 14

1978

16-1978 

« You may not get it right the first time: 
life happens, people meddle, you frustrate each other 
and in those circumstances, you drift apart. 
When you get a second chance and the universe smiles at you,
destiny lends a hand and fate brings you together again,
do not mess it up ».
Dru Edmund Kucherera

 

Quando si svegliò, la prima cosa che avvertì fu il freddo pungente di dicembre che, nonostante gli incantesimi di protezione di suo padre, poteva avvertire chiaramente, riscaldato solo da una coperta di lana ormai lacera in più punti.

Remus aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi a osservare il soffitto con aria assente; era sorto da poco il sole, e sapeva che con ogni probabilità suo padre era già sulla strada per la caverna, mentre sua madre stava riscaldando l’acqua e sistemando il letto per quando sarebbe tornato.

Era talmente stremato che non fu neanche in grado di osservare le ferite che sapeva di essersi inflitto durante la notte: rimase lì, immobile e intorpidito, finché Lyall non sopraggiunse. Lo sentì mormorare i contro incantesimi e avvicinarsi velocemente a lui; non avendo più il fisico di una volta, fece apparire una barella per trasportarlo a casa. 

Fecero talmente in fretta che Remus, a posteriori, non ricordò nulla di quel breve tragitto. Hope lo accolse con gli occhi tristi e fece in modo che Lyall lo posasse sul letto; iniziò dunque a pulirgli le ferite e a disinfettarle, ma Remus si addormentò prima che la madre finisse.

Quando si risvegliò, ci mise qualche secondo a capire di non essere solo in stanza. Sebbene non trovasse la forza di aprire gli occhi, infatti, sentiva chiaramente i mormorii poco distanti da lui.

« Sapevo che saremmo dovuti venire ad aiutarlo ».

« Secondo voi quando si sveglierà? »

« Guarda quel graffio… ».

Per far capire ai suoi amici che era sveglio, Remus mosse leggermente il braccio sinistro, che gli faceva meno male del destro, sul quale invece spiccava un grosso livido violaceo. Li sentì subito ammutolirsi e aprì lentamente gli occhi. 

La camera era immersa nella penombra grazie alle tende che Hope aveva tirato sulla finestra perché la luce del sole non gli rendesse più difficile il recupero, ma Remus, dopo aver sbattuto le palpebre più volte per abituarsi, vide chiaramente la preoccupazione sui visi di Peter, Sirius e James.

« Tranquilli, ragazzi, non sono morto e non sto morendo » biascicò con voce bassa e impastata, cercando di tirarsi leggermente su. Tuttavia dovette desistere dal proprio intento quando capì che la schiena gli faceva troppo male per potersi mettere a sedere.

« Non ti sforzare, Moony » disse affettuosamente Peter, con un sorriso dispiaciuto. 

Se ne avesse avuto le forze, Remus avrebbe sospirato: sapeva che i suoi amici si stavano sentendo in colpa per non essere stati presenti alla luna piena della notte prima, ma d’altronde era stato proprio lui ad obbligarli a non venire per lasciarli tranquilli almeno a Natale. 

« Sto bene » provò a dire.

« Sì, come no » sbuffò Sirius, tra lo scocciato e il preoccupato: dissimulare era tipico di Remus.

Quest’ultimo stava ancora cercando la forza di ribattere, quando James lo batté sul tempo, sorridendogli.

« Vi ho portato dei biscotti fatti in casa! » esclamò, cercando di smorzare la tensione. 

Peter si girò verso di lui leggermente allarmato e, sempre più terrorizzato, lo guardò tirare fuori dalla tasca della giacca un sacchetto pieno di biscotti.

« Li hai fatti tu? » domandò, continuando a guardare i dolci con aria ostile.

« No » ammise James, passandosi una mano tra i capelli e ridacchiando. « Cioè, volevo aiutare, ma mamma e Mary me lo hanno impedito. Dicevano che avrei dato fuoco alla casa… »

« Probabilmente avevano ragione » commentò Sirius sogghignando.

James, sentendosi particolarmente preso in giro, fece una smorfia di sdegno prima di aprire il fagotto di dolcetti e prenderne due, uno per Remus e uno per sé. 

« Mi giuri che li ha fatti Mary? » gli chiese Remus, per sicurezza, prima di mangiarlo. Dopotutto, un lupo mannaro non poteva morire a causa di un biscotto cucinato dal suo migliore amico. Sarebbe stata la morte più ridicola del mondo.

« Sì » mugugnò James, masticando il proprio biscotto. 

Non appena lo disse, Peter gliene chiese uno e, sebbene inizialmente avesse voluto rispondergli « No, così imparate! », alla fine lo fece. Fece penare un po’ di più Sirius, invece, ma alla fine ne diede uno anche a lui.

I quattro amici iniziarono a chiacchierare del più e del meno, finché il giovane Black non si alzò in piedi sotto gli occhi perplessi degli altri tre; alzò le braccia verso il soffitto per stiracchiarsi, prima di rivolgere nuovamente loro lo sguardo. Quando sogghignò, James pensò di aver capito dove volesse portare il discorso.

« Ho un annuncio importante da fare » iniziò infatti Sirius con tono melodrammatico. « So che probabilmente la cosa vi scioccherà, che metà scuola tenterà il suicidio non appena lo verrà a sapere, che la popolazione mondiale femminile ha perso il diciottenne più aitante di sempre, ma… Sirius Black non è più sul libero mercato ».

Gli altri tre rimasero in silenzio qualche secondo, prima che Peter commentasse.

« Quindi Padfoot è stato accalappiato » disse con un sogghigno, scatenando l’ilarità di James e Remus e offendendo Sirius, che si portò una mano al petto.

« Proprio tu, Pet! Io mi fidavo di te! » 

« Oh, andiamo, me l’hai servita su un piatto d’argento » replicò l’altro, muovendo una mano in aria con noncuranza. « Quindi alla fine tu e Mary vi siete messi insieme? »

In un secondo lo sguardo di Sirius passò da oltraggiato a sconvolto.

« E tu come lo sai?! » domandò infatti a voce alta: dopotutto lui l’aveva detto solamente a James, ma suo fratello non poteva di certo aver rivelato il suo segreto a qualcuno, neanche a Remus o Peter. « Jameeeeeeees! » sbottò, lanciandosi sulla poltrona su cui era seduto il proprio migliore amico. « Te lo avevo chiesto per favore! »

« Guarda che io non ho fatto proprio nulla, cane che non sei altro! » si difese James affannosamente, mentre cercava di parare i colpi – in realtà neanche forti – che Sirius stava cercando di rifilargli. 

« Mi piacerebbe assistere ancora a questo teatrino » disse Peter tra una risata e l’altra. « Ma non me lo ha detto nessuno. Diciamo che forse la prossima volta dovreste chiudere la stanza e, soprattutto, insonorizzarla… quando fate certe cose ».

Dopo aver sentito tali parole, Sirius si lasciò cadere a terra, ai piedi della poltrona di James, e guardò con stupore l’amico che aveva appena parlato. Inizialmente il suo viso rimase impassibile, ma poi un sogghigno si fece lentamente largo su di esso. 

« Ci hai sentiti? » fece, leggermente divertito, guardandolo dritto in volto. « Quando? »

« Eh, ad Halloween » sospirò Peter, annuendo e cercando di non scoppiare a ridere nuovamente. « Non ero sicuro che foste voi due all’inizio, me ne sono semplicemente andato e sono tornato alla festa. Lì però ho incontrato Remus e ho visto James fare il cascamorto con Lily » - e qui Peter dovette interrompersi perché il giovane Potter, in risposta, aveva cercato di colpirlo con un cuscino. « … dicevo, ho visto James comportarsi in maniera cavalleresca con la dolce Lily e Lucas bere insieme ad alcuni del sesto anno. Diciamo che ho fatto due più due e ho capito che eri tu quello in stanza, ma ho scoperto di Mary perché a un certo punto l’ho vista uscire dalla porta del dormitorio maschile e correre in quello femminile, perciò anche lì è stato piuttosto ovvio ».

« Oh » fu il semplice commento di Sirius, che lo guardò come se fosse stato appena colpito da un bolide in testa prima di scoppiare a ridere.

« La prossima volta forse dovreste imparare a nascondere meglio ciò che fate » commentò invece Remus, sempre a voce bassa. « Da parte mia, devo dire che, dopo l’attacco a Roger, tu e Mary non è che siete stati indiscreti, di più ».

« Anche tu avevi capito? »

« Già ».

Quando lo sguardo di Sirius si fece leggermente intontito, James scoppiò a ridere per l’ennesima volta e gli batté una mano sulla spalla, attirando così la sua attenzione.

« Vai così, Pad » disse fra una risata e l’altra. « Quando dovrò nascondere qualcosa chiederò sicuramente il tuo aiuto ».

 

*

 

Dopo aver salutato Euphemia, Sirius mise in moto la propria Harley. James si sedette dietro di lui, incerto, reggendosi con forza ai bordi del sedile non appena le ruote della moto si staccarono dal terreno sotto di loro. Il tragitto fino alla casa di Alphard Black durò più di un’ora, e quando finalmente scesero dalla moto James si disse che mai avrebbe preferito quella cosa alla sua Nimbus. 

La casa che gli si stagliava di fronte non era grande quanto la sua, ma non era neanche piccola; si estendeva su un piano solo, ma si capiva già da fuori che comprendeva abbastanza camere. 

« Zio ora non c’è » disse Sirius, scendendo a sua volta dalla moto e lasciando gli occhiali da volo appesi al manubrio. « Mi ha detto che aveva delle commissioni da fare. Vieni, ti faccio fare un giro per la casa ».

Così dicendo, precedette l’amico all’interno dell’immobile. Dopo avergli fatto vedere il salotto – ed essersi compiaciuto per l’ennesima volta del lavoro fatto con le decorazioni natalizie – passò alla sala da pranzo e alla sua camera. 

« Vedo che la sciarpa di Grifondoro attaccata alla testiera del letto è un classico, ormai » commentò James con un sorriso, facendo un giro rapido per la stanza prima di andarsi a sedere sulla sedia dello scrittoio. 

« Avevi dei dubbi a riguardo? » rispose semplicemente Sirius con un sorriso compiaciuto, lanciando la propria giacca di pelle sul baule ai piedi del letto. « Per te è un problema se mi faccio una doccia al volo? Giuro che stavolta ci metto poco ».

« Certo, ci metti poco… » fece James, scettico. « Comincia a muoverti ».

« Volo » esclamò l’altro, entrando nel bagno della propria camera e chiudendosi la porta alle spalle. 

James si limitò a stringersi nelle spalle, dondolandosi con calma sulla sedia su cui era seduto e studiando l’ambiente intorno a lui. Era molto semplice, quasi spoglia se non fosse stato per la sciarpa e per alcune foto appese alla parete accanto al letto; il baule scolastico era aperto, disordinato all’interno così come lo scrittoio dietro di lui, su cui c’erano un calamaio, diverse piume e numerose lettere. Non avrebbe dovuto, ma l’occhio gli cadde automaticamente su alcune buste e il suo sguardo si fece allibito quando lesse il mittente della lettera in cima alla pila. Senza che se ne rendesse conto, aveva già preso tra le mani la lettera e l’aveva aperta.

 

26 dicembre 1977

Black,

non so perché ti sto scrivendo, e probabilmente quando ti avrò mandato questo gufo mi sarò già pentita di averlo fatto. Avevo bisogno di sfogarmi e, sfortunatamente, tu sembri essere l’unico in grado di capirmi. Non penso di esagerare quando dico che questo è stato di gran lunga il Natale peggiore della mia vita: il fidanzato di mia sorella sembrava non volersene più andare da casa. In pratica se ne andava solo per dormire nel suo dannatissimo albergo. Sai, penso che ti piacerebbe conoscerlo: a lui probabilmente un po’ meno, perché sono sicura che tu e James non fareste che prenderlo in giro. Il che mi renderebbe felice e il pensiero di ciò mi fa sentire un po’ meno scema all’idea di star davvero scrivendo una lettera proprio per te

Sai, a volte ancora mi stupisco di come il rapporto con mia sorella sia cambiato da quando eravamo piccole. Ricordo ancora quando, a otto anni, avevo perso la mia famiglia al centro commerciale a qualche isolato da casa e lei sia stata la prima a correre a cercarmi. Piangeva. Trovo maledettamente ironico che probabilmente piangerebbe anche ora, se succedesse, ma con ogni probabilità sarebbero lacrime di gioia. Ti senti mai diviso a metà, quando pensi a tuo fratello? Perché io sì: una parte di me, a volte, spera che questo sia tutto un sogno da cui devo solo risvegliarmi. Che non sono…quella che sono. Che ho ancora undici anni e che ho ancora mia sorella, la mia migliore amica. Ti senti mai così? 

Scusa per il discorso delirante, Black. 

Buone vacanze.

Lily Evans

PS: non preoccuparti, non ti ho inviato questa lettera da casa mia. Oggi mi è venuta a trovare Mary e ho chiesto a lei di inviartela una volta che fosse tornata a casa.

 

« Cosa stai facendo? » 

La voce di Sirius lo riportò con i piedi per terra in un secondo, e solo in quel momento James si accorse di aver passato l’ultimo minuto a rileggere più e più volte la lettera che ancora stringeva tra le dita. 

« Perché Lily Evans dovrebbe mandarti una lettera? » domandò invece lui, senza rispondere alla domanda che gli aveva posto l’altro ed alzando gli occhi per guardarlo. 

Sirius era in piedi sull’uscio tra la camera da letto e il bagno privato, i capelli umidi che gli gocciolavano sulle spalle e un asciugamano nero legato ai fianchi. L’espressione del viso non era totalmente inespressiva, tuttavia: James capì subito che era infastidito.

« Qualunque sia il motivo per cui lei decida di mandarmi una lettera, non penso lei volesse che la leggessi anche tu » constatò Sirius, inarcando un sopracciglio e sfidandolo a ribattere.

« Okay, non dovevo leggere questa lettera » ammise James, riposando il foglio sulla scrivania. « Ma continuo a non capire perché voi due dobbiate mandarvi delle lettere! Voi due vi odiate! »

« Noi non ci odiamo » ribatté a sorpresa Sirius, accarezzandosi distrattamente il lieve accenno di barba che gli stava crescendo di nuovo sul viso. « Non sono il suo più grande fan – e tranquillo, la cosa è totalmente ricambiata – ma no, non la odio ».

« E da quando non la odi? » sbuffò James, leggermente indispettito. 

« Che c’è, sei geloso? » domandò Sirius, avviandosi verso il cassettone per prendere dei box e infilarseli una volta che James ebbe spostato lo sguardo. « Hai paura che possa diventare io il suo nuovo amichetto del cuore e rubarti il posto? »

« Pensi di essere simpatico? »

« Chi tace acconsente, Prongsie » lo derise l’altro, indossando dei semplici pantaloni neri e una maglietta grigia sopra. « Ad ogni modo, dimentica quella lettera e quello che c’è scritto dentro. Sono cose che tu non dovevi sapere ».

James fece per ribattere, ma d’improvviso si ricordò dell’ultima parte di quella missiva. Certo, gli dispiaceva che Lily si sentisse a quel modo, perché lui ci teneva che avessero litigato o meno, ma la cosa che lo incuriosiva era un’altra. 

« Una volta usciti da questa stanza, non ne parlerò più » disse James, annuendo e prendendo un respiro profondo prima di continuare. « Ma Pad… tu ti senti mai così? Ti senti mai come… come… »

« Come dice Lily? » 

La freddezza improvvisa nel tono di voce di Sirius lo obbligarono a rispondere con un semplice movimento del capo, incapace di dire altro. Se c’era una cosa che James aveva imparato, in quegli ultimi sette anni, era che il suo migliore amico odiava parlare della sua famiglia e, più di qualunque altra cosa, di suo fratello. James lo sapeva e lo vedeva, ogni volta che incrociavano Regulus in giro per scuola e l’umore di Sirius precipitava irrimediabilmente. 

E lo destabilizzava il fatto che ogni tanto Lily Evans - Lily Evans - potesse desiderare di non essere una strega pur di avere ancora sua sorella. Ma se Sirius si fosse sentito a quel modo, se qualche volta avesse desiderato essere diverso, essere un Serpeverde, per poter stare ancora vicino a Regulus… James questo non poteva saperlo, perché il loro rapporto era sempre stato fatto di cose capite con un semplice sguardo, e lui una cosa del genere non l’avrebbe mai potuta capire. E Sirius non gliene avrebbe mai parlato spontaneamente, perché era un discorso tabù. Era più facile accantonare il problema da una parte e far finta che non esistesse.

« Sì. Ogni tanto succede » disse semplicemente, dandogli le spalle per guardarsi allo specchio., facendogli capire che non sarebbe riuscito a sapere altro. « Ma sono felice della persona che sono, e mi sta bene così ».

Un silenzio innaturale cadde tra di loro, e James si ritrovò a scompigliarsi i capelli per cercare di calmarsi un po’.

« Non preoccuparti per me, io sto bene » continuò Sirius, girandosi a guardarlo. « Io… per lei è molto peggio. Prima o poi te ne parlerà nel dettaglio, dalle tempo ».

« Non penso che lei voglia davvero parlarmi… »

« Fai sul serio? » fece Sirius, guardandolo con un sopracciglio inarcato. « Alla stazione lei ti stava venendo incontro e tu, nonostante l’avessi vista avvicinarsi, hai deciso di andare a salutare Edgar! Sei peggio di una donna ».

James ricambiò il suo sguardo con uno pieno di fastidio, ma decise di tacere. Sapeva di aver sbagliato a comportarsi a quel modo sulla banchina, ma quando l’aveva vista muovere i primi passi nella sua direzione… semplicemente non sarebbe riuscito a sopportare l’idea di parlarle di nuovo. In quegli ultimi mesi si era giocato il tutto per tutto con Lily: molti meno scherzi, comportamento da Caposcuola perfetto, nessun flirt come gli anni precedenti… Tutto per lei, per farle vedere che era cambiato, che era cresciuto. Solo per poi sentirsi dire tutte quelle cattiverie che lei gli aveva riversato addosso.

Guardandolo, Sirius dovette capire cosa gli stesse passando per la testa perché sospirò. 

« Parliamoci chiaro, Prongs: Evans è strana, lo è sempre stata e probabilmente lo sarà sempre » cominciò a dire, non sapendo bene dove andare a parare con quel discorso improvvisato. « Ma quando ci ho parlato… ha capito che non sei più una testa di cazzo ».

« Se io ero una testa di cazzo, chissà cos’eri tu… » commentò James, borbottando. 

« Ehi, qui non stiamo parlando di me! » si lamentò Sirius, sedendosi scompostamente ai piedi del proprio letto, a due passi dalla sedia su cui invece stava l’altro. « In ogni caso, penso che sia arrivata l’ora che entrambi mettiate da parte l’orgoglio e quelle stupidaggini lì e vi decidiate a fare pace ».

James lo lasciò finire, prima di accasciarsi contro lo schienale della propria sedia, demoralizzato. Le vacanze erano iniziate da poco, perciò avrebbe dovuto aspettare ancora un po’ di tempo per poterla anche solo guardare da lontano… e l’idea di passare ancora tutti quei giorni senza chiarire lo mandava in bestia.

« E dovrei aspettare fino a gennaio? Mancano ancora dieci giorni al ritorno a scuola! » protestò infatti, sbuffando e inclinando la testa all’indietro.

« Ed è per questo che ho avuto un’idea geniale ».

 

*

 

« Pronto, Mary? »

« Lily! Okay, non ho molto tempo, conosci i miei: non vogliono che mi allontani troppo da casa, perciò devo fare in fretta. Devi smaterializzarti a Godwin Road, vicino al castello di Dover. Sirius ti verrà a prendere direttamente là ».

« Come sarebbe a dire che Sirius mi viene a prendere? Come diavolo ci arriviamo, poi, a casa sua? »

« Fidati, Lil. E copriti bene! Devo andare, ci vediamo domani! »

« Mary, aspetta! Come non detto… »

 

*

 

Remus Lupin doveva ammettere che Alphard Black, in quanto a case, aveva decisamente buon gusto. La villetta che aveva comprato, infatti, sebbene non fosse particolarmente grande, aveva dei graziosi muri con mattoni a vista, delle ampie e alte finestre, una bella veranda e un piccolo giardino delimitato da un muro di pietra. 

Alla vista, l’insieme era particolarmente piacevole, ma secondo Remus la parte migliore della casa era l’interno. Il pavimento in parquet era perfettamente in tinta con i mobili color mogano, mentre sulle carta da parati avorio erano stati appesi alcuni dipinti; sulla mensola del camino scoppiettante, inoltre, erano state esposte varie foto e alcuni libri che probabilmente non erano entrati nella libreria lì vicino, già stracolma. 

« Chissà chi sarà il nostro nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure, ora che il professor Lockwood è scomparso » gli stava dicendo Benjamin Fenwick, appoggiato con la schiena allo stipite della porta che dava sull’ingresso. 

Benjamin – detto Benjy – era un Tassorosso del loro anno dai capelli color miele e gli occhi nocciola; non era né particolarmente alto o muscoloso, ma, da quanto ne sapeva Remus, ad Hogwarts era considerato uno dei ragazzi più carini dell’ultimo anno. 

« Già » convenne Remus, annuendo. « Ma non trovi strano che non abbiamo mai avuto lo stesso insegnante di Difesa per più di un anno? Sembra quasi che quel ruolo sia maledetto ».

Benjy bevve un sorso della birra babbana che teneva in mano, facendosi immediatamente pensieroso e passando mentalmente in rassegna i vari professori di Difesa che avevano avuto: effettivamente, nessuno di loro era durato molto; il professor Lockwood era quello che era rimasto in carica per più tempo, ovvero dall’anno precedente. 

« Non ci avevo mai fatto molto caso, a dire il vero » ammise Benjy, accarezzandosi la nuca con la mano libera. « Però hai ragione, non penso sia una cosa normale… Insomma, può capitare una, due volte… Ma sette volte: non può essere una coincidenza ».

« No, infatti. È esattamente quello che penso anche io ».

Benjy fece per parlare nuovamente, ma Zac O’Flaherty fece capolino dalla cucina e lo chiamò ad alta voce; il Tassorosso gli sorrise e fece un cenno con la mano, prima di rivolgersi a Remus con uno sguardo palesemente imbarazzato.

« Tranquillo, Benjy, magari continueremo il discorso più avanti. Io avevo comunque intenzione di andare a prendere qualcosa da bere » disse Remus con un sorriso, guardando poi Benjy allontanarsi e sparire in cucina insieme a Zac. 

Rimasto solo, dunque, Remus si avviò verso il tavolo delle vivande, dandosi allo stesso tempo una rapida occhiata in giro. Sirius e James avevano deciso di invitare un po’ di gente, dal momento che Alphard gli aveva dato il permesso: Remus aveva parlato solo con Benjamin e con Kate Harper, per il momento, ma alla festa c’erano molti altri loro compagni di scuola. Sul divano, intenti a conversare, c’erano Sally Prynn, Kevin Smith, Laura Sloper e i due gemelli di Corvonero, Diana e Liam Davies; in veranda, invece, chiacchieravano Peter, Christine e due amiche della ragazza. James stava parlando con Kate Harper e Paul Hopkins, un amico suo e di Sirius; quest’ultimo, intanto, aveva lasciato la casa da più di mezz’ora per andare a prendere Lily a Dover con la motocicletta volante. 

Quando si fu versato da bere, Remus si perse nei propri pensieri. Nel vedere tutti quei volti amichevoli e sorridenti, infatti, anziché rallegrarsi a sua volta era finito con il cercare invano l’unico viso che gli sarebbe piaciuto scorgere. Sapeva bene, tuttavia, che quella sera Emmeline non ci sarebbe stata: dopotutto, benché anche Lily e James la conoscessero, lui era l’unico ad avere un vero rapporto con la ragazza, perciò se lo era aspettato. Allo stesso modo, però, si era aspettato la delusione che aveva effettivamente provato nel constatare che no, il sorriso gentile di Emmeline non c'era e lui non l’avrebbe rivisto finché non fossero tornati ad Hogwarts la settimana successiva. 

Per quanto avesse tentato di negarlo anche a se stesso, infatti, Remus sapeva bene di non esserle indifferente: al contrario, Emmeline gli piaceva da morire, ma era cosciente del fatto che uno come lui non sarebbe mai potuto stare con una ragazza come lei. Avrebbe potuto avere di meglio, lei; oltre ad essere particolarmente intelligente e gentile, infatti, Remus la trovava anche molto carina: con ogni probabilità aveva già degli spasimanti, ne era sicuro, così com’era sicuro di non poter essere stato l’unico a scuola ad aver notato quella ragazza. 

Perso com’era nei propri pensieri, tra i capelli biondi di Emmeline e la sua voce pacata, quasi sobbalzò quando qualcuno gli coprì gli occhi con le mani. Alle sue spalle sentì la risata di Sirius, simile ad un latrato, perciò ricollegò quasi immediatamente i pezzi del puzzle.

« Lily? » disse semplicemente, piegando le labbra in un sorrisetto divertito.

« Risposta esatta! » esclamò la ragazza, scoppiando a ridere a sua volta e abbracciandolo una volta che si fu girato verso di lei. « Ancora non riesco a credere di essere sopravvissuta ad un viaggio su quel trabiccolo volante che Sirius osa definire motocicletta ».

Il proprietario del suddetto trabiccolo la guardò in tralice, fingendosi offeso nel profondo. 

« Potrei offendermi, lo sai, Evans? » 

« Perché dovresti offenderti? »  chiese Mary, che era appena arrivata vicino ai tre, guardandolo con curiosità. Lily si sentì enormemente sollevata nel vedere che neanche l’amica si era messa qualcosa di elegante: lei indossava dei semplici jeans con una camicetta nera, mentre Mary aveva optato per dei pantaloni neri aderenti e un maglioncino azzurro dallo scollo tondo. 

« La tua amica se la prende con la mia moto » rispose Sirius, portandosi una mano al cuore con aria melodrammatica. Quando la ragazza lo affiancò, però, si sciolse immediatamente in un sorriso e le passò un braccio attorno alle spalle per attirarla a sé; le diede poi un bacio tra i capelli scuri, mentre lei fingeva di essere schifata dalla sua vicinanza facendo ridere Remus.

Lily, invece, guardava la scena con un sopracciglio inarcato, spostando gli occhi da Mary a Sirius e viceversa; il suo sguardo indugiò qualche secondo sulla mano di Sirius, che si era spostata sul fianco della ragazza, e sul rossore che colorava le guance di lei, prima che si decidesse a parlare. 

« C’è qualcosa che non mi hai detto, Mary? »

La diretta interessata sorrise, fintamente innocente, stringendosi nelle spalle, ma non riuscì a rispondere perché Sirius la precedette di pochi secondi.

« Be’, Evans, cosa c’è da dire? Alla fine anche la tua amica ha ceduto al mio innegabile fascino ».

Mentre Remus scuoteva la testa e Lily scoppiava a ridere, le sopracciglia di Mary si sollevarono in un’espressione di puro scetticismo: Sirius conosceva bene quello sguardo, perché era quello che la ragazza aveva ogni volta che lo prendeva in giro.

« Ah, sì? » disse infatti, facendo un passo indietro per allontanarsi da lui. « E io che pensavo fosse stato esattamente il contrario » concluse, facendo ridere anche Remus. 

Il sogghigno divertito non abbandonò il viso di Sirius neanche quando la ragazza ebbe detto ciò, ma anzi, se possibile si allargò. Dalla posa che Mary aveva assunto e dal suo sguardo divertito, Sirius capì che lo stava sfidando a controbattere; ritenendolo del tutto inutile, però, lui preferì afferrarle rapidamente il polso per farla riavvicinare a lui. Le posò una mano alla base della schiena e la baciò, avvertendola sorridere contro le sue labbra prima di scostare il volto e ghignare a sua volta.

« Quindi è questo che farai ogni volta che non saprai ribattere alle mie battute? » lo provocò, passandogli subito dopo il braccio destro dietro la nuca e scoccandogli un rapido bacio a stampo. « In fondo va bene comunque, abbiamo sempre saputo chi fosse la mente tra noi due ».

« Se la mente sei tu, Mary, allora siete fregati » commentò Lily con un sorriso affettuoso.

« Stai cominciando a piacermi, Evans » disse Sirius, beccandosi una gomitata dalla propria ragazza. Lui allora le sussurrò qualcosa all’orecchio, facendola arrossire vistosamente, ma finì per il ricevere una seconda gomitata nelle costole. « Sei più violenta di un Ippogrifo imbizzarito, lo sai? »

« Io piaccio a tutti, Black » ribatté Lily, reggendogli il gioco e guadagnandosi un’occhiata incuriosita da parte del ragazzo. 

Mentre Remus commentava la battuta della ragazza, infatti, Sirius rimase qualche secondo in silenzio: forse – forse – quella ragazza, prima o poi, sarebbe anche potuta piacergli. Dopotutto non era una stupida ed era anche carina, con i suoi capelli rossi e gli occhi verdi come smeraldi, ma rimaneva ancora la maggiore causa della frustrazione di James. 

« Moony, ma James dov’è? » chiese Sirius, colto da un lampo improvviso: non vedeva l’amico da nessuna parte.

« Poco fa era con Kate e Paul, ma non so dove sia andato adesso » rispose l’altro, stringendosi nelle spalle. « Magari è in cucina, andiamo a vedere ».

Così dicendo, i due si scusarono con le ragazze e sparirono pochi secondi dopo dietro la porta della cucina. Una volta rimasta sola con Mary, Lily si mise le mani sui fianchi e la guardò storta.

« Quando pensavi di dirmelo? » 

Mary, in tutta risposta, si morse il labbro inferiore in un espressione da bambina innocente che, però, con Lily non aveva mai funzionato. 

« Non fare quella faccia con me, non attacca » l’ammonì infatti la rossa, in realtà divertita dalla situazione, facendo sospirare l’altra. 

« Che tu sia maledetta, Lily » scherzò Mary con un sorrisetto. « Comunque non te l’ho detto per telefono perché non avevo abbastanza tempo, e poi preferivo dirtelo a voce. Non avevo pensato che Sirius potesse baciarmi o altro prima che io te lo dicessi. Lo sai che te lo avrei detto! »

« Certo che lo so, e poi un po’ me lo aspettavo, Mary! Quando è successo? »

Mary dunque cominciò a raccontarle tutta la storia: di come Sirius si fosse presentato a casa sua la sera di Natale, di come si fosse dichiarato e di come lei lo avesse baciato senza pensarci due volte. 

« Se me lo chiedessi, non ti saprei neanche dire perché l’ho fatto » ammise Mary, sorridente, lanciando un’occhiata alla cucina: la porta era aperta e lei riusciva a vedere chiaramente Sirius che fingeva di voler dare un bacio a James, che invece lo guardava tra l’imbarazzato e lo schifato. « Solo che quando l’ho visto lì, nell’atrio… non lo so, Lily. Però era da una vita che non mi sentivo così » finì, senza spostare gli occhi dal teatrino che stava avendo luogo nell’altra stanza.

Lily seguì il suo sguardo e si ritrovò a sorridere sua volta nel vedere James che si allontanava da Sirius e diceva qualcosa che assomigliava molto ad un: « Lo sai che mi fa troppo strano, smettila! » e Sirius che ribatteva con fare teatrale: « Perché ti ostini a negare il nostro amore? Perché continui a dire che siamo solo amici? ». James, esasperato, scosse la testa e in quell’esatto momento incrociò il suo sguardo. Dopo qualche secondo, tuttavia, gli occhi del ragazzo lasciarono andare i suoi, e lei si sentì come se qualcuno le avesse appena mandato contro un incantesimo. 

Lily abbassò gli occhi, fissando il pavimento per qualche secondo prima di riportare la propria attenzione su Mary. Quest’ultima però stava guardando proprio nella direzione in cui prima era rivolto lo sguardo di Lily.

« Penso che andrò a prendere qualcosa da bere, eh? »

Lily la guardò stranita, prima di rendersi conto che James le si stava avvicinando. Inizialmente desiderò con tutta se stessa di poter evaporare o scappare, ma sembrava che i suoi piedi non volessero saperne di muoversi. Così rimase lì, in piedi, con gli occhi fissi in quelli di James. 

« Ciao » disse semplicemente lui una volta che le fu abbastanza vicino.

« Ehi » rispose lei, a disagio. 

« Senti… »

« No. Senti tu » lo interruppe immediatamente Lily, alzando una mano. « Ho sbagliato. Sono stata un’idiota a prendermela con te. Non c’entravi niente e volevi solo aiutari, ed io… io ho riversato tutta la mia rabbia su di te, e non te lo meritavi. Non ti meritavi nemmeno una delle parole che ti ho detto, James » continuò, scuotendo impercettibilmente la testa e guardandolo per cercare di trasmettergli tutto il suo dispiacere e rimorso. « Tu… tu sei una brava persona. Più ti conosco e più me ne convinco. Tu sei una brava persona, e quel giorno ti stavi solo comportando da tale, e io ho mandato tutto a puttane. E non sai quanto mi dispiace, davvero, se potessi cancellerei quella giornata per intero… ma non posso ».

James rimase in silenzio, dopo il suo monologo, perciò anche Lily decise di non aprire bocca. Aveva temuto quel momento da quando Mary le aveva detto della festa, ma ora si sentiva come se si fosse appena tolta un fardello pesantissimo dal petto. Sperava solo che James capisse e che decidesse di perdonarla.

Il ragazzo, dopo secondi che sembrarono ore, sospirò e si passò una mano tra i capelli. Lily si preparò al peggio, ma quando vide le sue labbra incresparsi in un sorriso sentì uno strano calore espandersi all’interno del suo petto.

« Mandato tutto a puttane? » la citò lui, scherzoso. « Da quando Lily Evans parla in questo modo osceno? »

E in quel momento Lily capì che quello, per loro, era un nuovo inizio. Non c’erano parole che avrebbero potuto aggiungere qualcosa a quanto aveva detto lei, e James lo sapeva. Quella battuta era il modo che James aveva scelto per lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare.

« Be’, forse è colpa del mio collega Caposcuola… potrebbe avermi contagiata » rispose lei,  immensamente sollevata, stringendosi nelle spalle.

« Oh, ma sentila » commentò lui, prima di avvicinarsi ancora un po’ a lei e abbracciarla amichevolmente per qualche secondo, stringendola a sé con un braccio.
 

 

Peter era sempre stato un ragazzo timido, sebbene facesse parte dei quattro Malandrini, ma le amiche di Christine erano molto simpatiche e chiacchierare con loro era stato piacevole: avevano scherzato a lungo, in veranda, parlando del più e del meno, ma dopo un po’ Glory e Renee avevano deciso di tornare dentro per riscaldarsi un po’ prima della mezzanotte.

« Mi fa piacere che alla fine siate venute » disse Peter, passando un braccio intorno al girovita della propria ragazza.

La veranda era abbastanza spaziosa ed era delimitata da una ringhiera in legno scuro su cui, in quel momento, era appoggiato lui. 

Christine gli sorrise dolcemente, mostrando i denti piccoli ma perfettamente allineati; era una ragazza carina, lei, ma per Peter era la più bella di tutte. Si erano conosciuti due anni prima al Club di Scacchi della scuola, ma avevano stretto veramente amicizia solo all’inizio di quell’anno, un giorno che l’avversario abituale della ragazza si era ammalato e non aveva potuto giocare. Non era molto alta, ma per avere solo quindici anni aveva delle belle forme; due occhi scuri spiccavano su quel visino dalla pelle un po’ più scura di quella di Peter, e dei ricci capelli neri incorniciavano il tutto. Non aveva il fascino da gatta di Mary, le sembianze irlandesi di Lily o l’innata eleganza di Emmeline, ma secondo Peter era fantastica così com’era: una ragazza normale, con dei voti nella media, ma con una risata contagiosa e un cuore d’oro. 

« Anche a me ha fatto piacere » disse Christine a sua volta, posando la testa sul suo petto. « I tuoi amici sono veramente simpatici, e anche Glory e Renee si stanno divertendo. Avevo paura che si sentissero a disagio, visto che non conoscevamo quasi nessuno ».

« Oh, ma quando si parla dei Malandrini potete stare sicure che vi faranno sentire a vostro agio » le assicurò Peter, facendola ridacchiare. « E poi mi sembra che Glory vada molto d’accordo con Liam Davies, mi sbaglio? » aggiunse, vedendo i due ragazzi parlare animatamente vicino al tavolo delle vivande. 

« Effettivamente lei ha una cotta per lui da un po’… Quando le ho detto che c’era anche Davies stava per fare i salti di gioia » commentò Christine, guardando a sua volta la scena, contenta per la propria amica del cuore. Dopo pochi secondi, però, torno a guardare Peter e si alzò sulle punte dei piedi per avvicinare il proprio viso al suo. « Questo è decisamente il miglior capodanno di sempre ».

« Sono d’accordo » rispose a bassa voce Peter, sorridendole prima di posare le labbra sulle sue. 

Le braccia di Christine gli circondarono il collo subito dopo, approfondendo il bacio e stringendosi a lui; Peter, dal canto suo, posò un palmo sulla schiena della ragazza, mentre posò l’altra mano sulla sua nuca. Prima di lei aveva avuto un’altra ragazza, ma non erano stati insieme a lungo e, inoltre, quello che provava in quel momento per Christine non lo aveva mai provato per nessun’altra. 

Continuarono a baciarsi per un tempo che nessuno dei due fu in grado di calcolare, ma furono costretti a dividersi quando sentirono la porta d’ingresso aprirsi per far uscire gli invitati. Davanti a tutti c’erano Sirius, James e Kevin Smith, che portavano ciascuno una scatola dall’aria abbastanza pesante.

« Vado a dargli una mano » disse Peter a Christine, separandosi da lei per andare incontro ai propri amici. 

I tre ragazzi avevano posato le tre casse per terra, vicino alle scalette che portavano alle veranda, leggermente sopraelevata rispetto al suolo. Una volta che fu abbastanza vicino, Peter non dovette neanche aspettare che Sirius aprisse una delle scatole per capire cosa ci fosse al loro interno: fuochi di artificio di Zonko. 

« Ma quanti ne hai presi, Pad? » esclamò Peter, basito.

« Oh, solo un po’! » rispose Sirius tra le risate, mentre iniziava a posizionare i vari fuochi d’artificio insieme Kevin. James ricambiò lo sguardo stupefatto di Peter e si strinse nelle spalle prima di aiutare gli altri due. 

Anche Peter contribuì, e neanche cinque minuti avevano finito di sistemare i fuochi; Sirius dunque tirò fuori da una scatola una confezione molto più piccola e, dopo averlo chiamato, la diede a Remus perché distribuisse il contenuto tra gli invitati.

« Cosa sono? » domandò Kevin, curioso, sistemandosi i capelli biondi con un gesto svogliato della mano.

« Roba babbana, le chiamano stelline » spiegò Sirius con un’alzata di spalle. « Sono dei bastoncini, tu li accendi sulla punta e quelli brillano. Come una bacchetta quando fai un incantesimo, per intenderci ».

« Io voglio provare! » esclamò James, eccitato, correndo quindi dietro a Remus facendo ridere gli altri tre ragazzi. « Moony, aspettami! Ne voglio una anche io! »

Remus, che in quel momento aveva appena dato delle stelline a Paul Hopkins e Diana Davies, si girò verso di lui, perplesso, nello stesso momento in cui Mary e Lily uscivano di casa.

« Tieni, Prongs » disse semplicemente, porgendogliene una. « Le sai usare? »

« Certo che no! Ma quanto potranno essere complicate? » ribatté James mentre si stringeva nelle spalle, adocchiando poi Lily a qualche metro di distanza. « Anzi, dammene un altro po’: le do io a Mary e Lily ».

Divertito, Remus alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ma fece come gli era stato detto; James gli regalò un sorriso a trentadue denti, prima di battergli la mano libera sulla spalla, ringraziarlo e incamminarsi subito dopo verso le due ragazze, che avevano appena sceso le scale per avvicinarsi un po’ di più ai fuochi. 

« Delle stelline per le stelle più belle di tutte » esclamò il ragazzo una volta che fu davanti alle due Grifondoro, sorridendo: Mary sbuffò una risata, divertita, mentre Lily gli sorrise, leggermente imbarazzata, e afferrò al volo il bastoncino che le stava porgendo. 

« Questa entra subito tra le tue dieci battute peggiori di sempre » commentò semplicemente Mary, sogghignando.

« Mi dispiace deluderti, ma ciò non è possibile: dopotutto, le miei battute sono sempre bellissime e divertentissime » ribatté James strizzandole l’occhio.

« Forse ti confondi con le mie, di battute, Prongs. Quelle sì che sono belle » disse Sirius, intromettendosi nella conversazione. Lui e Kevin avevano infatti fatto un incantesimo ai fuochi, cosicché si accendessero tutti a distanza di trenta secondi l’uno dall’altro non appena fosse scoccata la mezzanotte. 

« Non mi stavo confondendo affatto, Pad » rispose James. « Le mie battute sono molto più divertenti delle tue. Vero, Mary? »

Nell’arco di un secondo, la ragazza si ritrovò addosso lo sguardo di sfida di Sirius e quello fiducioso di James: l’unica via di fuga da quella situazione le venne in mente immediatamente, facendola ghignare. 

« Io direi che sono le mie battute, quelle più divertenti » asserì infine, facendo scoppiare a ridere James, mentre Sirius fingeva di essere offeso. « Oh, andiamo non fare quella faccia » aggiunse, vedendo l’espressione del proprio ragazzo, avvicinandoglisi per circondargli il collo con un braccio. 

« Giuda » commentò semplicemente lui, girando il viso nel verso opposto a quello della ragazza. « Tu dovresti essere dalla mia parte ».

« Ehi, guarda che prima di tutto è la mia migliore amica! » protestò James, scambiandosi un’occhiata divertita con Lily, che insieme a lui si stava godendo la scenetta. 

« Oh, ma taci! » ribatté Sirius, facendo schioccare la lingua e rifiutando ancora i baci di Mary. 

Tuttavia, subito dopo che ebbe parlato, la voce di Peter risuonò per il giardino: « 10, 9, 8, 7… » e tutti gli invitati lo seguirono immediatamente nel conto alla rovescia. 

« 4, 3, 2, 1… Buon anno! »

Il primo fuoco d’artificio scoppiò in cielo non appena scoccò la mezzanotte, andando a disegnare un grosso leone dorato tra le stelle; fu seguito trenta secondi dopo da una fenice vermiglia, e dopo ancora da un’aquila argentea. 

« Adesso pensi di degnarmi di un bacio? » domandò retorica Mary, inarcando le sopracciglia, riferendosi alle varie persone che, intorno a loro, si erano baciate. 

Peter, infatti, non appena era cominciato il 1978 aveva baciato Christine, stringendola a sé, e anche Mark Summers e Sally Prynn si stavano baciando, vicino alla porta d’ingresso, mentre Glory Hudson e Liam Davies si erano scambiati un semplice bacio a stampo. 

Sirius, dunque, non si fece pregare ulteriormente. Si girò leggermente, in modo da starle di fronte, e le circondò subito il giro vita con un braccio per avvicinarla maggiormente a sé; la mano libera, invece, andò a posarsi sul suo collo, un po’ più su della clavicola. Non appena lui poggiò le labbra sulle sue, Mary portò le mani dietro la sua nuca, tra i suoi capelli neri, e approfondì immediatamente il bacio. 

Accanto a loro, James si passò nervosamente una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più, e lanciò un’occhiata di sfuggita a Lily: anche la ragazza, dal canto suo, si sentiva un po’ in imbarazzo, perciò aveva pensato di tenere gli occhi fissi sui fuochi finché non fosse finito tutto. 

James però, superati l’indecisione e l’imbarazzo iniziali, si decise e le si fece più vicino; le passò un braccio intorno alle spalle e, sebbene non volesse fare altro da tempo, non le diede un bacio vero, ma preferì limitarsi a posare le labbra sulla guancia destra, sull’angolo della bocca della ragazza, facendola sobbalzare appena. Nessuno dei due disse niente, ma Lily ringraziò il buio della notte, che nascose il rossore che le era salito alle guance non appena aveva avvertito le labbra di James posarsi sulla sua pelle.

 

 

 

 

Note:

Ciao, bellissimi! 

Come promesso, ecco qui il nuovo capitolo! Spero vi piaccia :) 

Allora, che dire? Finalmente James e Lily hanno fatto pace, e (sempre finalmente) ecco qui un po’ di MacBlack alla luce del sole! O dei fuochi, come volete! Ho veramente poco da dire su questo capitolo, se devo essere onesta. Sono molto felice di averlo pubblicato perché era questo il capitolo che non ho mai pubblicato della versione precedente di SLP… sembra una vita fa! E invece eccolo qui, e non vedo l’ora di farvi leggere il prossimo! 

Ah, a proposito… anche il prossimo è già pronto! Va solo rivisto e aggiustato un po’, ecco :) Probabilmente vorrete ammazzarmi una volta che lo avrete letto, ma scriverlo mi è piaciuto da morire! Vi lascio un indizio, okay? Voglio vedere chi indovina! Ecco l’indizio: tre volte

Adesso scappo! Un bacio enorme, e ci si rivede giovedì o venerdì prossimo! 

Ale

 

PS (importante!): visto che ormai sono nove mesi che questa storia va avanti, mi piacerebbe farvi qualche domanda al riguardo… Ne avevo già fatte un po’ tra i primi capitoli, ora che siamo al capitolo 16 penso sia il caso di farne altre per potermi fare un’idea di come migliorare la storia :) 

1) Personaggio preferito? Perché?

2) Rapporto (non per forza da fidanzati, anche da amici) preferito? Perché?

3) Cosa vi piace della fanfiction?

4) Cosa non vi piace della fanfiction? (per favore, questo è importante!)

5) Cosa potrebbe migliorare la fanfiction?

Sono poche domande e non penso che vi impegnerebbero troppo tempo! In più mi farebbe anche piacere ritrovarvi tra le recensioni! Grazie mille in anticipo a tutti!

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Capitolo 17
*** Da chi lo ha tre volte sfidato ***


Capitolo 17

Da chi lo ha tre volte sfidato

17-da-chi-lo-ha-tre-volte-sfidato 

« The one with the power to vanquish the Dark Lord approaches…
Born to those who have thrice defied him ».
Sybill Trelawney

 

« Io ancora non riesco a credere che tu le abbia dato un bacio sulla guancia » stava ripetendo per la millesima volta Sirius, rivolgendosi al proprio amico, il quale, appoggiato al muro vicino alla porta del locale, lo guardava storto.

« Scusa se non sono un dongiovanni come te » ribatté, piccato: sapeva benissimo, però, come l’amico avrebbe risposto, così come sapeva che la mora che gli si stava avvicinando proprio in quel momento non avrebbe affatto gradito.

« Effettivamente nessuno ci sa fare con le ragazze come il sottoscritto » convenne il giovane Black con finta modestia, stringendosi nelle spalle, coperte da una felpa bordeaux ed una giacca nera di pelle: se sua madre Walburga lo avesse visto vestito a quel modo, come un Babbano qualunque, con ogni probabilità avrebbe avuto un attacco cardiaco. 

« Vedi di darti una calmata con queste fantomatiche ragazze, perché non ho voglia di affatturare qualche povera disgraziata » commentò una voce alle sue spalle – era una voce che conosceva più che bene, velata da un pizzico di gelosia. 

Quando si girò, infatti, Mary era in piedi di fronte a lui con le braccia incrociate sotto il petto; indossava dei semplici jeans scuri e un maglione blu, e per tenersi calda si era coperta con una semplice ma raffinata giacca nera. Qualche metro dietro di lei c’erano Lily, Remus e Peter, che però chiacchieravano tranquillamente tra di loro.

« Disgraziata? » disse Sirius a quella che ormai era la sua ragazza, divertito: dopo aver sopportato la visione di lei e Dylan per mesi senza poter dire niente, infatti, era più che contento di vederla così gelosa. « Le mie avances non possono che rendere felici ».

« Sebbene io abbia dei dubbi a riguardo, penso comunque che le mie fatture non allieterebbero granché i dolci animi di queste fantomatiche ragazze ». 

« Su, Mary, lo sai com’è fatto Pad » s’intromise James, ben consapevole del fatto che quei due avrebbero potuto continuare quella discussione ancora a lungo. « Parla tanto, ma alla fine è tutto fumo e niente arrosto. Ha solo la fama del gigolò » continuò, voglioso di porre fine alla conversazione: Lily era sempre più vicina, ed era carina come sempre, se non di più, imbacuccata com’era nel proprio cappotto blu scuro.

La sua affermazione, in ogni caso, pose effettivamente fine al battibecco della neo-coppia. 

Sirius, infatti, s’imbronciò, consapevole della veridicità delle sue parole: era dal Quinto anno che si era fatto quella fama, quando la sua notorietà tra le ragazze era aumentata a dismisura, forse complici i centimetri in più che l’estate gli aveva donato. La cosa non gli aveva assolutamente recato dispiacere, anzi: gli piaceva che le ragazze si interessassero a lui e che, addirittura, alcune di loro si contendessero l’onore di andare ad Hogsmeade con lui. Tuttavia la maggior parte delle sue pretendenti non si erano rivelate chissà che, motivo per cui non aveva mai preso seriamente  in considerazione l’idea di fidanzarsi con una di loro; ciò, però, non era stato né compreso né apprezzato da queste, che avevano iniziato ad additarlo come uno sciupafemmine, finendo per l’accrescere la sua nomea ma riuscendo anche a far sì che nessun’altra ragazza – a parte poche eccezioni – volesse una vera relazione con lui. 

Vedendo il broncio sul viso di Sirius, però, Mary si addolcì un po’ e gli si mise affianco, intrecciando il proprio braccio con quello del ragazzo. 

« Possono anche pensarlo, basta che stiano lontane » borbottò la ragazza, facendo ridere James e tornare il buonumore al giovane Black, che le sorrise e la baciò.

« Prendetevi una stanza! » esclamò Peter non appena lui, Remus e Lily si furono avvicinati abbastanza. 

Sirius, senza staccarsi da Mary, che nel frattempo aveva provato a staccarsi per non risultare maleducata, gli mostrò il dito medio, facendo ridere tutti quanti. 

« Ci penseremo poi » rispose scherzosamente, una volta che la ragazza riuscì ad allontanare il proprio viso dal suo. « Ciao, Moony, Evans! Come sono stati questi ultimi giorni? »

« Ciao, Black » lo salutò di rimando la ragazza con un sorriso, prima di girarsi verso l’altro ragazzo lì presente: James l’aveva salutata con un gesto impacciato della mano ed un sorriso raggiante che ancora non aveva lasciato le sue labbra e a cui la ragazza non poté che rispondere. « Ciao, James ».

Mentre Remus raccontava un simpatico episodio avvenuto nel suo paese ed entrava nel bar – un locale dall’aria calda e intima che le due ragazze avevano scoperto giusto l’anno prima, durante le vacanze di Pasqua –, seguito immediatamente da tutti gli altri, James e Lily si attardarono ancora un po’. 

« Come hai trascorso i primi giorni di questo 1978? » le chiese il ragazzo, rendendosi conto con non poco piacere che l’imbarazzo che aveva caratterizzato le loro prime conversazioni serie era ormai solo un pallido ricordo.

« Insomma » rispose lei con un sospiro, stringendosi nelle spalle e abbracciandosi leggermente il busto con le braccia. « Ti ho già spiegato la mia situazione familiare. Con i miei non ho problemi, anzi, ma con Petunia… ormai mi evita palesemente: non è quasi mai in casa e, quando c’è, è sempre in compagnia del suo fidanzato » continuò, storcendo un po’ il naso al ricordo di Vernon Dursley.

« Mi dispiace » disse James con sincerità, guardando poi le labbra di lei distendersi in un sorriso di circostanza.

« Anche a me, ma c’è poco da fare, ormai » commentò, prima di lanciare un’occhiata verso l’interno del negozio e vedendo che gli altri si erano già seduti ad un tavolo. « Entriamo? »

Il ragazzo annuì e le aprì la porta, lasciando che entrasse per prima. 

Una volta che si furono seduti insieme agli altri il tempo passò piuttosto in fretta, ed era trascorsa ormai un’ora quando sentirono il rumore di un’esplosione provenire da Diagon Alley. 

Allarmato, Remus lanciò un’occhiata al proprietario del locale, che lasciò in fretta il bancone per andare a vedere cosa stesse succedendo; non vedendolo rientrare, però, si girò nuovamente verso i propri amici, incontrando lo sguardo preoccupato di Peter proprio quando un urlo squarciò il silenzio che si era creato nella stanza. 

« Ragazzi, cosa sta succedendo? » domandò retoricamente Lily, più pallida che mai, sporgendosi leggermente verso l’entrata per vedere qualcosa.

« Non ne ho idea, ma penso sia meglio controllare » rispose James, alzandosi in piedi e avviandosi verso l’uscita senza prestare attenzione alle proteste degli altri. 

Mary, seduta tra Peter e Sirius su una panca attaccata al muro, fece per alzarsi e seguirlo, ma fu bloccata dal proprio ragazzo. Quest’ultimo, d’altro canto, era perfettamente consapevole del fatto che non potesse trattenerla per sempre, ma almeno poteva temporeggiare un po’ in attesa di ulteriori soccorsi – perché, ne era certo, di lì a poco sarebbero serviti. 

Mentre Mary, preoccupata e arrabbiata, gli ordinava di lasciarla passare, Lily si alzò dalla sedia, proprio accanto a quella ormai vuota di James, e si precipitò fuori dal locale prima che uno degli altri quattro potesse rendersene conto. 

Peter la seguì pochi secondi dopo, ma non appena mise piede in strada capì che non l’avrebbero ritrovata facilmente. 

Le vetrine di alcuni locali erano state distrutte, spargendo schegge di vetro ovunque, e la via era piena di gente che correva o lanciava incantesimi; non appena si accorse della presenza di varie figure incappucciate, Peter avvertì il sangue gelarglisi nelle vene.

Remus gli fu accanto poco dopo, seguito dagli altri, e tutti rimasero fermi per qualche secondo sulla soglia del locale, presi in contropiede: sapevano di trovarsi in una guerra, ma nessuno di loro si era mai trovato così coinvolto in essa. Rendersi conto di quanto tutto ciò fosse reale fu come una doccia fredda, gelata, e solo l’urlo preoccupato di Mary fece tornare gli altri con i piedi per terra.

« Dove sono andati? » domandava con insistenza la ragazza, guardandosi attorno e girandosi continuamente prima da una parte e poi da un’altra. « Muovetevi! Che fate lì impalati? Per Merlino, James! Lily! »

Chiamando ad alta voce i nomi dei propri migliori amici, Mary fu la prima a muoversi e a mischiarsi tra la folla; gli altri tre, decisi a non perdere di vista anche lei, le furono subito dietro.

Remus sentiva il proprio cuore battere con prepotenza all’interno della cassa toracica, mentre stava bene attento a schivare gli incantesimi che volavano per la via. Peter se lo tirò contro, afferrandolo per un braccio, appena in tempo, evitando che venisse colpito da un lampo di luce troppo verde per non capire di che incantesimo si trattasse.

Lanciò uno sguardo di gratitudine all’amico, troppo scioccato per parlare, ma non appena riportò gli occhi davanti a sé sperò ardentemente che quello fosse solo un incubo: a pochi metri da loro due, schiena contro il muro, Sirius e Mary si erano ritrovati coinvolti in un duello contro tre figure incappucciate.

Senza neanche pensarci, sia Remus sia Peter accorsero in aiuto dei loro due amici, aiutati dal fatto di trovarsi alle spalle dei tre Mangiamorte. Il primo Schiantesimo del lupo mannaro non andò a segno, ma l’incantesimo di disarmo dell’altro ragazzo invece fece volare via la bacchetta di uno dei tre, che andò a sbattere contro la vetrina rotta di un negozio a causa del secondo Stupeficium di Remus.

« Moony, Worm! » esclamò Sirius con il fiato corto per lo sforzo, prima di lanciare l’ennesimo incantesimo non verbale contro un altro Mangiamorte. 

« Avete trovato James e Lily? » gridò Mary, leggermente più distante da loro, schivando all’ultimo secondo il getto rosso che era scaturito dalla bacchetta dell’uomo con cui stava combattendo. 

La risposta negativa di Peter si perse, troppo bassa sotto l’urlo acuto e straziante di una donna che, a neanche dieci metri da loro, si stava contorcendo a terra in preda ad un dolore inimmaginabile. 

Il ragazzo ci mise poco a capire che incantesimo il Mangiamorte di fronte alla donna stesse usando, e ci mise ancora di meno a puntare la bacchetta direttamente contro di lui e Schiantarlo lontano da lei. Cercando di fare il più in fretta possibile, Peter corse verso la sconosciuta e l’aiutò a rialzarsi, circondandole la vita con un braccio e portandola via, sparendo così anche alla vista dei suoi altri amici.

Remus, che nel frattempo non stava combattendo contro nessun Mangiamorte in particolare, continuava ad aiutare le persone che sembravano in difficoltà. Dopo aver lanciato un Incendio al mantello nero di uno di essi, si girò verso Sirius e Mary per vedere come se la stessero cavando, e mai come allora desiderò di averlo fatto giusto un secondo prima. 

Mary, infatti, distratta dall’uomo con cui stava combattendo, non si era accorta dell’altra figura che le stava puntando la bacchetta addosso; fu Sirius ad accorgersene, buttandosi su di lei per salvarla, mentre l’incantesimo del Mangiamorte si infrangeva contro il muro alle loro spalle, facendolo crollare. 

L’urlo di Mary riempì le orecchie di Remus in un secondo, facendogli sperare con tutto se stesso che quel grido fosse dovuto esclusivamente allo spavento. Ma sapeva che non lo era, lo sentiva dentro: era stato un grido pieno di angoscia, di shock, ma soprattutto di dolore. 

A malapena si accorse del ritorno di Peter, che a sua volta aveva assistito alla scena; l’amico aveva mormorato un soffocato « No, no, no » prima di avvicinarsi di fretta al muro crollato. Fu proprio quel movimento, quello scatto improvviso, a ridestare Remus dal suo stato di trance e a farlo tornare con i piedi per terra: corse dietro a Peter, fermandosi solo quando gli fu accanto.

La scena che gli si parò davanti gli fece trattenere il respiro: Sirius era seduto a terra, poco distante dalle macerie del muro, e sembrava stare fisicamente bene. Solo fisicamente, però. Era seduto a terra, poco distante dalle macerie del muro, sì, perché a separarlo da quei detriti giaceva Mary. La ragazza infatti aveva una gamba totalmente bloccata dal muro, che, nonostante il tentativo del ragazzo, le era in parte crollato addosso; gli occhi erano chiusi, la pelle più pallida che mai, le labbra socchiuse, i capelli scomposti e imbrattati di sangue sulla tempia destra. 

La fortuna dei due era stata l’intervento di due Auror appena arrivati, i quali avevano impedito ai Mangiamorte di accanirsi ulteriormente sui ragazzi e ucciderli – perché, Remus e Peter lo sapevano, sarebbe successo: Sirius era visibilmente sotto shock, e Mary per ovvie ragioni non poteva fare niente.

« Portateli via! » urlò uno degli Auror ai due nuovi arrivati: era alto, dalle spalle larghe, i capelli neri e due grandi occhi blu. « Portateli al San Mungo immediatamente! »

Remus e Peter si scambiarono un’occhiata d’intesa, prima di agire. 

Il giovane Lupin si avvicinò a Sirius, posandogli una mano sulla spalla e attirando così la sua attenzione; sebbene il ragazzo non volesse saperne di lasciar andare la mano di Mary, ancora stretta nella sua, alla fine Remus riuscì a farli separare e a Smaterializzarsi insieme a lui. Dopotutto, non potevano prendersela con calma in una situazione del genere.

Peter, evitando un Incantesimo indirizzato ad uno degli Auror da un Mangiamorte, si chinò velocemente accanto al corpo di Mary; scostò con fretta e rabbia le macerie che la bloccavano e, una volta fatto ciò, le passò un braccio dietro la schiena, sostenendola così per la vita. Si alzò a fatica e si Smaterializzò subito, apparendo un secondo dopo nel vicolo dietro l’entrata del San Mungo.

Appena misero piede lì, Peter rafforzò la presa sul corpo della ragazza e s’incamminò a passo svelto verso le porte dell’ospedale magico. Una volta lì dentro, l’odore antisettico che lo investì non poté che sollevarlo.

« Un dottore, vi prego! Un dottore! » urlò con tutto il fiato che aveva.

 

*

 

Correva.

Con il fiato corto, i capelli al vento, la bacchetta sguainata, correva. 

Qualche metro avanti, la figura di James saettava veloce tra la folla, facendole credere che prima o poi – più prima che poi, contando quanto il ragazzo fosse allenato rispetto a lei – lo avrebbe perso di vista. Quando lo vide svoltare ed entrare in un vicolo aveva quasi perso le speranze, ma poi lo vide fermo alla fine della stretta via e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. 

Fece per parlare, avvicinandoglisi velocemente e cercando di fare meno rumore possibile, ma le parole le morirono in gola non appena gli fu accanto: davanti ai loro occhi, c’era l’ultima persona che Lily avrebbe mai voluto vedere. 

Avvolto in un lungo mantello nero come la morte, in piedi di fronte al cadavere di un uomo, Lord Voldemort rideva. Rideva, rideva – ed era il suono più agghiacciante che lei avesse mai udito in vita sua. La pelle, bianca come la neve, appariva ancora più pallida a causa del nero dei capelli, ma la cosa peggiore erano gli occhi: neri anch’essi, ma ardevano di eccitazione e follia. 

Istintivamente, Lily afferrò la mano di James e fece per tirarlo indietro, così da tornare nella calca della lotta: avevano più probabilità di salvarsi contro un Mangiamorte, che contro il Signore Oscuro in persona. Tuttavia il ragazzo non si lasciò trascinare, ma rimase fermo lì dov’era per qualche secondo; quando lo vide muovere un passo nella direzione di Voldemort, Lily avrebbe voluto mettersi a piangere, a urlare, ma non un suono uscì dalle sue labbra. 

Mio padre è morto a causa tua – questo era l’unico pensiero che James riuscisse a formulare.

Erano mesi che suo padre non c’era più, erano mesi che pensava a lui ogni giorno, erano mesi che sua madre non era più la stessa, erano mesi che il suo cuore reclamava solo una cosa: vendetta. Vendetta per ciò che gli era stato tolto e che non gli sarebbe mai stato restituito, vendetta per una vita portata via troppo presto, vendetta per una famiglia ormai distrutta.  

Se chiudeva gli occhi, non gli risultava difficile rivedere lo sguardo colmo di lacrime di sua madre e, se si concentrava, poteva ancora udire il suono della voce di suo padre. Sembrava che fosse passato solo un giorno da quando suo padre lo aveva salutato, assicurandogli che sarebbe sicuramente stato un ottimo Caposcuola, ma erano passati mesi.

Non vedeva nient’altro, oltre alla figura ammantata di fronte a lui. Non sentiva niente, oltre alla risata di quell’essere che aveva il coraggio di farsi chiamare uomo. Avvertì qualcosa stringersi attorno alla propria mano e provare ad allontanarlo, ma i suoi piedi erano come incollati al terreno: l’unica cosa che importava era proprio davanti ai suoi occhi. 

Mosse il primo passo senza neanche rendersene conto, e bastò quello a catalizzare l’attenzione di Voldemort su di lui: quegli occhi orrendi lo esaminarono, guardandolo con attenzione e curiosità, prima di accendersi di una luce quasi divertita. 

Vendetta.

« Oh, ma chi abbiamo qua? » disse Voldemort, la cui voce era bassa, sibilante e terribilmente lasciva. « I ragazzini non dovrebbero girare da soli di questi tempi » aggiunse, malevolo, notando solo in quel momento anche la presenza della ragazza.

Anche James si avvenne solo in quel momento di Lily e senza neanche pensarci le si parò davanti, coprendola con la propria figura, decisamente più possente di quella minuta di lei. 

Il lampo rosso dello Schiantesimo partì dalla bacchetta del ragazzo prima che Lily se ne rendesse conto, ma quando lo fece capì che la situazione sarebbe peggiorata rapidamente: era ovvio che James non ragionasse, perché nessuno sano di mente avrebbe mai provato ad attaccare Lord Voldemort. Nessuno, tantomeno un ragazzo di neanche diciotto anni.

L’Oscuro Signore parò l’incantesimo senza problemi, ma il suo sguardo cupo si vestì di esplicita sorpresa nel vedere che un ragazzino come quello aveva osato attaccarlo. Maghi esperti e allenati fuggivano solo a vederlo, mentre un semplice ragazzo aveva avuto il coraggio di alzare per primo la bacchetta contro di lui.

Fece per parlare, ma nel mentre mosse la mano che impugnava la bacchetta e allora fu la ragazza a pararsi rapidamente di fronte all’altro, tenendo alta la propria arma. Sembrava una piccola furia, con i capelli rossi selvaggi e gli occhi accesi di rabbia. 

« Non lo toccare! » urlò Lily, e fu proprio il suo grido a riportare James con i piedi per terra.

Il ragazzo l’afferrò rapidamente per un braccio e se la portò affianco. 

Vedendola lì, davanti a lui con la bacchetta spianata e pronta a difenderlo, sentì uno strano calore farsi largo dentro di lui. 

Tuttavia, a dispetto delle loro aspettative, Voldemort, che aveva osservato con attenzione quella scena, allargò le braccia con fare teatrale e le sue labbra si distesero nel sorriso più inquietante che i due avessero mai visto.

« Oh, mia cara, perché mai dovrei farvi del male? » domandò, la voce eccessivamente stucchevole. « Sono poche le persone che hanno osato affrontarmi, il vostro coraggio è ammirevole. Non sono uno stupido e so riconoscere il talento, quando mi si presenta davanti: siete ancora giovani, ma non ho dubbi sulle vostre potenzialità ».

James allungò un braccio davanti a Lily, come se volesse proteggerla anche solo dal suono di quella voce, e assottigliò gli occhi, non capendo dove quell’essere volesse arrivare.

« Ho bisogno di gente come voi due, tra le mie fila » continuò Voldemort, guardando con malcelato divertimento la mossa di James. « Se avete un briciolo di intelligenza, converrete che unirsi a me è la scelta migliore. La più conveniente. Al mio fianco, potrete arrivare dove vorrete, non avrete più limiti. Sappiamo entrambi chi vincerà questa stupida guerra, dopotutto ».

« Di certo non tu! » sbottò James, incapace di trattenersi e sorprendendo l’uomo di fronte a lui; un secondo getto partì dalla punta della sua bacchetta, ma anche questo s’infranse contro lo scudo evocato dall’altro. 

« Ti do un’altra possibilità » disse Voldemort, scandendo con attenzione le parole e guardandolo dritto negli occhi: il coraggio di quel ragazzo, per quanto ammirabile, era estremamente irriverente. « Riflettici bene, ragazzo. Puoi vincere questa guerra al mio fianco, o puoi morire per mano mia. Anche tu, ragazza » continuò, rivolgendosi ora anche a Lily. « Mi sembri abbastanza sveglia da capire quale sia la scelta più conveniente ».

Vedendo lo sguardo di quell’uomo posarsi su Lily, James sentì il sangue andargli al cervello: poteva vedere gli occhi di quel mostro vagare sulla figura della ragazza, esaminarla, studiarla, apprezzarla quasi – e fu semplicemente troppo.

« Non osare rivolgerti a lei » sibilò, attirando di nuovo l’attenzione del suo interlocutore. « Non. Rivolgerle. La. Parola. Devi starle lontano! » 

Questa volta James non ebbe neanche bisogno di una bacchetta, perché si trattò di uno scoppio di magia spontanea: non gli capitava da più di dieci anni, perciò inizialmente non capì da dove fosse scaturito il fuoco che aveva iniziato a divampare ai piedi dell’Oscuro Signore. 

« Come osi? » tuonò allora Voldemort, oltraggiato, affrettandosi ad evocare un incanto di protezione per evitare le fiamme; si occupò di esse subito dopo, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a James. « Sei solo un ragazzino! Cosa vuoi saperne, della realtà? Cosa vuoi saperne, della guerra? »

Il ragazzo, sotto lo sguardo sempre più esterrefatto di Lily, non indietreggiò di fronte alla furia degli occhi dell’uomo, anzi: quella rabbia non fece che alimentare il desiderio di vendetta che ardeva in lui più del fuoco che lui stesso aveva evocato senza neanche rendersene conto.

« Forse sarò un ragazzino » ribatté con un sorriso beffardo e impertinente, « ma se c’è una cosa che so, è che tu non vincerai mai questa guerra! »

Voldemort non si prese neanche la briga di ribattere a parole, perché i suoi gesti parlarono per lui: fece un ampio movimento con il braccio destro, e dalla bacchetta scaturì un agghiacciante lampo verde che, però, s’infranse contro lo scudo che Lily evocò prontamente.

Ancora protetto dalla ragazza, James scagliò contro l’uomo uno Schiantesimo dopo l’altro e nonostante tutto la sua furia riuscì quasi a destabilizzare il nemico. 

« Confringo! » urlò Lily, puntando la bacchetta alle spalle di Voldemort e facendo così esplodere una vetrina; ciò però non scalfì minimamente l’uomo, che si ritrovò a ridere. 

Con un incantesimo, infatti, il Signore Oscuro scagliò Lily a qualche metro di distanza da loro, distruggendo così lo scudo che la ragazza aveva cercato di mantenere durante tutto il combattimento. 

« Lily! » urlò James, seguendo la figura di lei con lo sguardo; l’aver abbassato a tal modo la guardia, però, fu la scelta peggiore che avrebbe potuto fare.

Voldemort alzò la bacchetta, puntandola verso di lui, e Lily vide chiaramente la punta di essa illuminarsi ancora una volta di verde. Fortunatamente il mago non riuscì a portare a termine l’incantesimo, perché in quell’esatto momento una figura comparve dallo stesso vicolo da cui erano arrivati lei e James.

« Arrivi a prendertela con due ragazzi, Tom? » 

La voce di Albus Silente, calma ma mortalmente seria, fu un toccasana per la mente ed il cuore di Lily; il preside si stagliava, alto e sottile, a pochi metri da lei, e fronteggiava apertamente Voldemort. Non sembrava aver paura, anzi, alla ragazza sembrò che fosse stato il viso del mago oscuro ad essere attraversato da un lampo di preoccupazione, non viceversa.

« Silente » commentò semplicemente l’Oscuro Signore, sdegnato: se davvero aveva avuto paura, era riuscito a camuffare molto bene il tutto. « Forse dovresti insegnare ai tuoi studenti a portare rispetto ai superiori ».

« Sono sicuro che Lily e James sappiano riconoscere da soli chi merita il loro rispetto » ribatté il preside, scatenando per l’ennesima volta l’ilarità e la rabbia di Voldemort.

Quest’ultimo, infatti, scoppiò in una tetra risata, prima di urlare:

« Avada Kedavra! » 

Il getto verde, tuttavia, fu sapientemente parato da Silente. 

I due maghi cominciarono a combattere tra loro, e James, pensando che il peggio fosse appena passato, corse verso Lily; le tese una mano e, una volta che lei l’ebbe afferrata, l’aiutò ad alzarsi in piedi.

« Stai bene? » le chiese, posandole le mani sulle spalle. 

Erano così vicini che, se avesse voluto e ne avesse avuto il tempo, avrebbe potuto tranquillamente perdersi nelle screziature leggermente più scure dei suoi occhi smeraldini. 

Lily fece per rispondergli, ma all’improvviso due Mangiamorte entrarono nel suo campo visivo e l’unica cosa che fu in grado di urlare fu: « James, attento! »

Il ragazzo fece appena in tempo a girarsi verso i due nuovi arrivati, che un lampo rosso per poco non lo colpì sulla spalla destra. Alzò prontamente la bacchetta e, dopo averla puntata contro uno dei due uomini, cominciò a combattere con lui mentre Lily si occupava dell’altro.

Non avrebbe saputo dire con esattezza quanto ancora si protrasse il tutto, poteva essersi trattato di minuti così come di ore, ma il cuore della ragazza perse un battito quando sentì qualcuno urlare che gli Auror erano finalmente arrivati. 

Sentendo quelle parole, con grande gioia di Lily, il Mangiamorte con cui stava combattendo decise di smaterializzarsi il prima possibile. Non appena quello scomparve, la ragazza si girò verso James, che per tutto il tempo aveva combattuto schiena contro schiena con lei. 

Quando Voldemort, dopo l’ennesimo Anatema lanciato contro Silente, si Smaterializzò con un sonoro crack, Lily fece per parlare, ma, come già le era capitato numerose volte nell’arco di quella mattinata, le parole morirono nella sua gola. 

In quell’esatto istante, infatti, il Mangiamorte contro cui James stava combattendo si Smaterializzò a sua volta, ma, prima di farlo, si premurò di lanciare un ultimo incantesimo contro il ragazzo.

« Diffindo! »

La vista di Lily fu annebbiata da calde lacrime non appena vide il getto di luce colpire James proprio sullo sterno, tagliando la stoffa del maglione bianco che indossava e lacerando la pelle; il sangue cominciò a uscire copioso dalle ferite, impregnando di rosso la lana candida. 

Silente, che, una volta scomparso Voldemort, si era avvicinato all’uomo morto lì accanto, si girò verso di loro solo quando l’urlo di Lily squarciò l’aria. 

 

*

 

Remus si lasciò finalmente cadere sulla poltrona accanto a Peter, chiudendo gli occhi e cercando di isolarsi dal continuo viavai del San Mungo. C’erano Medimaghi che correvano ovunque e la gente continuava ad arrivare e portare nuovi feriti.

« Che ti hanno detto? » domandò Peter, riferendosi al fatto che un Medimago lo aveva portato quasi di peso in una stanza per controllare il suo braccio. 

« Niente di grave » rispose lui, senza aprire gli occhi. « La ferita non era particolarmente profonda, è bastata una pozione per sistemare tutto quanto ».

« Almeno tu… » commentò l’altro, sospirando pesantemente. « Spero ci diano presto qualche notizia, quest’attesa è insostenibile ».

« Se ripenso a come stava messa Mary… » disse Remus, concorde, mentre gli tornava in mente il momento in cui aveva visto la ragazza stesa a terra, bianca come un cadavere. 

« Non che Sirius stesse granché meglio ».

« Mary sta peggio, Worm. Decisamente peggio ».

« Era pallidissima… » convenne Peter, fissando il soffitto sopra di loro. « Per un attimo, prima di prenderla in braccio per portarla qui, ho avuto paura che… che… »

« Lo so, anche io ho avuto paura ».

Peter fece per parlare nuovamente, ma venne interrotto dall’avvicinarsi di un uomo e riconobbe in lui l’Auror che, durante il combattimento, aveva urlato loro di correre al San Mungo. 

Dal momento che Remus non aveva ancora aperto gli occhi e non si era accorto di nulla, Peter si premurò di colpirgli il ginocchio con il proprio per attirare la sua attenzione. Quando i loro sguardi si incontrarono, accennò col capo in direzione dell’Auror, che ormai era a pochi passi da loro.

« Salve » li salutò l’uomo, una volta che fu loro di fronte. « Mi dispiace dovervi importunare proprio ora, ma un Medimago mi ha detto che voi avete assistito direttamente all’attacco avvenuto questa mattina a Diagon Alley. È vero? »

Ora che lo vedeva da più vicino, Peter si rese conto che non poteva essere tanto più grande di loro: avrà avuto al massimo tre anni in più. Inoltre era certo di averlo già visto prima di allora, probabilmente ad Hogwarts, ma non si ricordava né il nome né la Casa alla quale era appartenuto. 

Era molto alto, più di Sirius e forse addirittura più di Remus, con i capelli neri e gli occhi blu; il fisico era coperto dall’uniforme, ma era scontato che fosse ben scolpito visti gli allenamenti ai quali gli Auror erano sottoposti continuamente. 

« Sì, eravamo lì » rispose Remus per entrambi, studiando anche lui il nuovo arrivato. 

« Allora dovete venire con me al Ministero » disse l’Auror, facendo loro cenno di alzarsi. « Abbiamo bisogno di interrogare più testimoni possibile ».

I due ragazzi annuirono, alzandosi dalle proprie poltrone. Sì, quel ragazzo era più alto anche di Remus, constatò Peter.

« Seguitemi, per favore » aggiunse, girando su se stesso e avviandosi verso l’ingresso dell’ospedale per uscire.

Gli altri due lo seguirono immediatamente, lanciandosi un’occhiata al metà tra il preoccupato e lo sconfortato: avrebbero preferito rimanere lì ed aspettare le diagnosi di Sirius e Mary e scoprire cos’era successo a James e Lily, dal momento che non li vedevano da quanto li avevano persi fuori dal bar quella mattina.

Una volta in strada, l’Auror fece loro cenno di aggrapparsi al suo braccio in modo tale da accompagnarlo in una Smaterializzazione Congiunta e così loro fecero. Si ritrovarono immediatamente in un vicolo della Londra Babbana, precisamente dietro una cabina telefonica. 

« Venite con me » disse l’Auror, precedendoli all’interno della cabina. 

Non appena furono tutti e tre entrati, le porte si chiusero e l’Auror digitò sulla tastiera un numero: 62442. Improvvisamente una voce chiese loro di identificarsi, e Peter e Remus si lanciarono un’occhiata perplessa.

« Auror Caradoc Dearborn » si annunciò. « Remus Lupin e Peter Minus, testimoni ».

« Ritirare le targhette visitatori dall’apposita uscita » aggiunse la voce meccanica della cabina. 

Ci fu uno strano rumore, e alla fine dallo scomparto da cui di solito uscivano le monete avanzate uscirono invece due targhette adesive. Caradoc le prese e le distribuì ai due ragazzi, premurandosi che le appiccicassero immediatamente sui propri vestiti.

All’improvviso il pavimento della cabina cominciò a scendere sotto il livello della strada, e i tre si ritrovarono nell’atrium del Ministero della Magia. Non c’erano mai stati prima, ma Remus riconobbe subito la fontana dei Magici Fratelli al centro dell’enorme stanza. 

L’Auror li condusse verso la vigilanza, che chiese loro che mostrassero le bacchette e spiegassero il motivo della loro visita. 

« Sono stati chiamati a testimoniare dal Capo del Dipartimento Auror in persona » spiegò Caradoc al posto loro, dal momento che i due ragazzi non sapevano effettivamente come rispondere. 

La vigilanza li lasciò passare e l’Auror li condusse verso gli ascensori, che si trovavano in fondo alla struttura. 

« Siete mai stati qui? » domandò Caradoc mentre aspettavano l’ascensore, probabilmente per riempire quel silenzio imbarazzante.

Entrambi scossero la testa, al ché l’angolo destro della sua bocca si sollevò leggermente.

« C’è sempre una prima volta per tutto, no? » continuò, ironico. « Magari vi troverete a lavorare anche voi, nei prossimi anni. Sapete già cosa volete fare l’anno prossimo? »

« Come fai a sapere che siamo all’ultimo anno? » domandò Peter, sorpreso.

« Siete gli amici di Potter e Black, no? » ribatté Caradoc, guardandolo come se fosse scontato. « Avrò anche tre anni più di voi, ma quando ero all’ultimo anno quei due erano già piuttosto famosi… soprattutto Potter, anche perché c’era quella rossa che se la prendeva sempre con lui ».

Remus ridacchiò apertamente, pensando che, effettivamente, erano davvero poche le persone che avevano frequentato Hogwarts negli ultimi anni e non conoscevano almeno di nome James Potter e Sirius Black. Uno dei loro scherzi migliori, quello della palude ricreata nel corridoio del secondo piano, risaliva al loro terzo anno, così come tanti altri. E Lily… be’, le scenate di Lily Evans erano note persino alle armature. 

« Io sono Caradoc Dearborn, in ogni caso » si presentò, stringendo la mano ad entrambi. « Corvonero, per la cronaca ».

Peter cercò di ricordarsi di lui, ripensando ai primi quattro anni che aveva trascorso a scuola, ma non vi riuscì. 

« Io credo di aver capito chi sei » disse invece Remus, come se fosse stato appena colto da un lampo di genio improvviso. « Eri il titolare del club dei Duellanti tre anni fa, vero? » domandò, nel momento esatto in cui arrivò l’ascensore.

Le labbra di Caradoc si arricciarono in un sorriso soddisfatto.

« Anche quattro anni fa » precisò, precedendoli all’interno dell’ascensore.

« Come fai a ricordartelo? » chiese Peter. 

« Benjy è diventato titolare quest’anno, parlando del club mi ha parlato ogni tanto di alcuni membri ed ex-membri » gli spiegò Remus, stringendosi nelle spalle.

« Benjy? » s’interessò Caradoc dopo aver premuto il pulsante per il piano dove si dovevano recare. « Come Benjamin Fenwick? »

Remus annuì distrattamente, guardandolo con curiosità.

« Ho duellato con lui più volte, quando ero ancora ad Hogwarts » disse Caradoc, e nel mentre l’ascensore si fermò al secondo piano. « Ho vinto sempre io, ma devo dire che per avere quattordici anni era davvero molto dotato. Non sapevo fosse diventato il titolare del club ».

« Già sapevi di voler fare l’Auror? » chiese Peter, curioso, dal momento che lui non sapeva ancora bene cosa fare.

« Oh, sì » rispose Caradoc, facendosi seguire da loro lungo il corridoio e scortandoli fino a una grande ala del piano. « Eccoci arrivati, seguitemi ».

L’entrata era ampia, con il bancone di una receptionist e varie porte che conducevano ai diversi uffici. Caradoc li guidò verso un corridoio, indicando poi loro una porta.

« Lì dentro ci sono alcuni miei colleghi, devono farvi alcune domande inerenti a quello che è successo oggi » spiegò loro, prima di dare un’occhiata all’orologio che portava al polso. « L’ultimo testimone dovrebbe uscire… ora » aggiunse, e non appena finì la frase la porta della stanza si aprì per far uscire una donna dai lunghi capelli biondi che loro non avevano mai visto prima. 

La donna incrociò il loro sguardo per pochi secondi prima di abbassarlo e andare via a passo svelto, ma Peter notò ugualmente i suoi occhi rossi e lanciò un’occhiata intimorita a Caradoc, che si strinse nelle spalle.

« Quella donna ha appena perso il marito » sospirò, grattandosi distrattamente una tempia. « Non deve essere stato facile per lei parlarne durante l’interrogatorio ».

« Noi non sappiamo chissà cosa, Caradoc » disse Remus.

« Limitatevi a raccontare ciò che avete visto, del resto ce ne preoccuperemo noi più avanti » rispose l’Aurora, facendogli segno di avviarsi. « Alla prossima, suppongo. Salutatemi Benjamin ».

« Certo » disse Peter, prima di salutarlo insieme a Remus.

Caradoc fece un cenno col capo prima di girarsi e tornare verso il Quartier Generale degli Auror a passo svelto. 

« Entriamo? » domandò Remus, guardando l’amico con un po’ di incertezza.

Peter annuì, sebbene non fosse troppo convinto neanche lui, e insieme entrarono nella stanza adibita per gli interrogatori. 

Seduta al tavolo c’era una donna dalla pelle color caffellatte e i capelli color dell’ebano, tutta intenta a scrivere qualcosa su un taccuino di cuoio, mentre un uomo decisamente più grande di lei si trovava in piedi appoggiato al muro dietro il tavolo. 

« Siete anche voi dei testimoni? » domandò l’uomo a bruciapelo, studiandoli e assumendo un cipiglio indecifrabile. 

Remus e Peter annuirono, sentendosi leggermente in soggezione sotto allo sguardo di quell’uomo.

La donna si accorse solo in quel momento di loro e si alzò subito, porgendo loro la mano destra per presentarsi.

« Christine Jones, piacere di conoscervi. Prego, mettetevi comodi » si presentò, tornando a sedersi a sua volta. « Voi siete? » domandò poi, riprendendo in mano la penna.

« Remus Lupin ».

« Peter Minus ».

Lei annuì, segnando i loro nomi su una pagina bianca prima di riportare gli occhi scuri su di loro. Anche lei sembrava piuttosto giovane, anche se meno di Caradoc: Remus le diede venticinque anni, più o meno.

« Siete giovani » constatò Christine, annuendo alle proprie parole. « Frequentate ancora Hogwarts? »

« Sì, siamo al settimo anno » rispose Peter, stringendosi nelle spalle e sperando che l’interrogatorio non tirasse per le lunghe, dal momento che era già passato un po’ di tempo da quando avevano lasciato l’ospedale e non vedevano l’ora di poter sapere come stavano gli altri.

« Come mai vi trovavate a Diagon Alley, oggi? » chiese invece l’uomo, che non si era neanche presentato. 

Remus lanciò un’occhiata confusa a Peter, che ricambiò con una strana smorfia. 

« Avevamo deciso di vederci lì con alcuni amici per fare un giro » disse Remus, cauto. 

L’uomo annuì e alcune ciocche bionde, leggermente più lunghe delle altre, gli sfiorarono gli occhi. 

« Sii meno brusco, Adam » lo rimproverò Christine, lanciandogli un’occhiata d’ammonimento e facendolo sbuffare. « Scusatelo, è un po’ scorbutico » aggiunse, rivolgendosi nuovamente ai due ragazzi. 

« Non sono tutti ragazzini dolci e carini, Christine » ribatté Adam, alzando gli occhi al cielo ma decidendo ugualmente di presentarsi. « Il mio nome è Adam Baddock, in ogni caso ».

« Non sono neanche tutti Mangiamorte » rispose la donna, tenendogli testa e facendo sgranare gli occhi a Remus e Peter per la sua schiettezza. « Ad ogni modo, preferirei tornare a concentrami sulla giornata di oggi. Avete detto di esservi organizzati con alcuni amici: dove si trovano adesso? »

« Be’, a dire il vero… » cominciò Remus, bloccandosi nel momento in cui non seppe come continuare la frase.

« Eravamo in sei » venne in suo aiuto Peter, guardando l’Auror dritta negli occhi. « Due di loro li abbiamo persi di vista praticamente subito tra la folla, mentre gli altri adesso sono al San Mungo ».

« Capisco » commentò Christine, segnando ogni cosa sul taccuino. « Cosa gli è successo? »

Remus e Peter si lanciarono un’altra occhiata, prima di continuare.

« Una nostra amica è rimasta ferita dal crollo di un muro, l’altro non lo abbiamo capito bene, a dire il vero. Quando ci sono venuti a chiamare non avevamo ancora ricevuto notizie dai Medimaghi » spiegò Remus, sospirando. 

« Mi dispiace molto » disse la donna, il suo sguardo più dolce per qualche secondo prima di riprendere l’interrogatorio. « Potete raccontarmi dell’inizio dell’attacco? Come è iniziato? »

« Non le saprei dire con esattezza come è iniziato » rispose Peter. « Noi ci trovavamo in un bar in quel momento, abbiamo sentito delle urla dalla strada e quando siamo usciti la gente aveva già iniziato a scappare o duellare ».

« E voi cos’avete fatto? » domandò Adam, mentre Christine riportava quanto detto da loro su carta.

Peter gli lanciò un’occhiata, studiandolo in silenzio. Non era particolarmente alto, ma aveva le spalle larghe e due scaltri occhi castani; era decisamente più grande di Christine, lo si capiva dalle rughe ai lati degli occhi e della bocca. 

« Inizialmente abbiamo cercato di ritrovare James e Lily, i due amici che abbiamo perso di vista » rispose Remus, spostando di tanto in tanto lo sguardo da Adam a Christine e viceversa. « Ad un certo punto però ci siamo trovati costretti a combattere. Se devo essere onesto non mi ricordo benissimo com’è andata, era tutto molto caotico, ho dei ricordi abbastanza confusi a riguardo. Ricordo solo che all’improvviso mi sono ritrovato dei Mangiamorte davanti e ho dovuto prendere in mano la bacchetta anche io ».

« E tu ricordi qualcosa, invece? »

« Non saprei aggiungere granché, in realtà » disse Peter, leggermente mortificato. « So solo che un attimo prima stavo cercando Lily e James, mentre quello dopo stavo cercando di schivare più incantesimi e maledizioni possibili… »

I due Auror annuirono e Christine scribacchiò nuovamente qualcosa sul taccuino, prima di scambiarsi un’occhiata un po’ incerta con Adam, il quale rispose con un piccolo cenno del capo. 

« Sentite, ragazzi » cominciò Christine, la voce improvvisamente più bassa e molto più seria. « So che lo shock è stato tanto, ma devo chiedervi di concentrarvi un attimo. Durante un altro interrogatorio ci è stato detto che Lord Voldemort in persona si trovava a Diagon Alley, oggi ».

Subito cadde tra loro uno strano silenzio carico di tensione e paura. Remus e Peter sgranarono immediatamente gli occhi, prima di girarsi l’uno verso l’altro, tutti e due notevolmente più pallidi. 

« Cosa? » esalò finalmente Peter dopo lunghi attimi di silenzio. 

« Ne è sicura? » domandò invece Remus quasi nello stesso momento, avvertendo poi una spiacevole stretta allo stomaco quando Christine annuì, mesta. 

« Deduco che voi non lo abbiate visto » commentò semplicemente Adam, sospirando. 

« No… » risposero Remus e Peter praticamente in coro. 

« In un certo senso è meglio così » disse Christine a voce bassa, guadagnandosi un’occhiata stralunata dal proprio collega.

« Meglio così? » fece Adam, allibito. « Noi siamo Auror, dobbiamo trovare quel bastardo e per farlo ci servono testimoni! Come puoi dire che è “meglio così”? »

Christine si girò rapidamente verso di lui, scoccandogli un’occhiata scocciata. 

« Hanno diciassette anni, perciò sì, in un certo senso è meglio così! Dei ragazzini non sono di certo pronti a fronteggiare un mago così potente » sbottò lei, abbandonando il tono calmo e pacato che aveva usato con loro per tutto il tempo. « Se lo avessero incontrato probabilmente non sarebbero stati qui, ora, e noi avremmo avuto due testimoni in meno in ogni caso. Smettila di essere così cinico e rifletti, prima di parlare ».

« Vado a prendermi un caffè » esclamò Adam dopo qualche secondo di silenzio, lanciandole un’ultima occhiata irata prima di uscire e sbattersi la porta alle spalle.

Christine sospirò e si strofinò gli occhi con le mani, mentre Remus e Peter si lanciarono un’occhiata stupefatta. 

« Vi prego, non fateci caso, in questo periodo non so cosa gli sia preso ma è peggio del solito » si scusò, riportando gli occhi su di loro e riprendendo in mano la penna e il taccuino. « Torniamo al nostro interrogatorio, va bene? Devo ancora farvi un bel po’ di domande, e dopo dovrete passare da alcuni miei colleghi per degli accertamenti ».

I due ragazzi annuirono, ma Remus non riuscì a trattenere un sospiro affranto e lanciare uno sguardo a Peter, trovando i suoi occhi: avevano capito entrambi che, molto probabilmente, per quel giorno non sarebbero riusciti a tornare al San Mungo o a scoprire cos’era successo a James e Lily.



 

Note: 

Ciao a tutti, eccoci di nuovo qui con un altro capitolo :) 

Allora, volevo ringraziare di cuore le sei persone che hanno recensito lo scorso capitolo e risposto alle mie domande: siete stati gentilissimi e mi farebbe molto piacere ritrovarvi nelle recensioni di questo capitolo e, perché no, dei prossimi. Ma passiamo a noi!
Mi è stato detto che volete dei capitoli più lunghi dei precedenti, perciò d’ora in avanti cercherò di accontentarvi! Per ora questo conta 14 pagine (4-5 più del normale), ma con il tempo cercherò di farli sempre un po’ più lunghi e mantenermi sulle 15-20 pagine, che dite? :)
Ma adesso passiamo a commentare il capitolo!

Intanto lasciatemi dire che mi dispiace di avervi lasciato con questo cliffhanger, per quanto riguarda la Jily e la MacBlack, so che è stata un po’ una cattiveria ma voglio davvero vedere cosa ne pensate :) 

In più, avete conosciuto dei nuovi personaggi! Che ne pensate di Caradoc, Christine ed Adam? Onestamente non so se avranno un ruolo nella storia, marginale o meno che sia, ma non si sa mai che non nasca un sequel… :) Tutto da vedere, ovviamente! 

Ad ogni modo, fatemi sapere cosa ne pensate!! 

Un bacio,
Ale


PS: ricordatevi che QUESTA è sempre la mia pagina facebook, dove potete trovare foto, spoiler e altre notizie su tutte le mie storie :)

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Capitolo 18
*** E invece ho paura ***




Capitolo 17
E invece ho paura

 18-e-invece-ho-paura

« There’s no shame in fear, my father told me,
what matters is how we face it »
G. R. R. Martin, “A Clash Of Kings”

 

Era seduta su quella sedia da ormai più di un’ora e nessuno le si era ancora avvicinato per dirle che James stava bene e non era più in pericolo, ma lei era fiduciosa: dopotutto, se gli fosse successo qualcosa era sicura che ci sarebbe stato molto più fermento davanti alla stanza numero 209. 

Tuttavia, la calma e la pacatezza che l’avevano sempre contraddistinta quel giorno sembravano non avere affatto l’intenzione di palesarsi. Continuava a battere nervosamente il piede destro a terra, producendo un rumore alquanto fastidioso, e girava di continuo la testa da una parte all’altra del corridoio come se stesse cercando qualcosa o qualcuno.

Quando ormai aveva cominciato a pensare che nessuno le avrebbe detto nulla sulle condizioni del ragazzo, la figura di una donna entrò nel suo raggio visivo; aveva la fronte corrucciata in un’espressione di paura e il colorito dell’incarnato era troppo pallido per essere naturale. 

Tuttavia c’era qualcosa, in quella donna, che le era estremamente familiare. Non era molto alta e i capelli erano ricci e bruni, ma gli occhi dicevano tutto: erano gli stessi di James, stessa forma, stesso colore, stesso cipiglio preoccupato. Era palesemente più grande dei suoi genitori, ma, pensò automaticamente Lily, era ancora una bella donna e da giovane lo doveva essere stata ancora di più. 

La nuova arrivata fermò repentinamente un Medimago che, in quell’esatto momento, stava lasciando la stanza di James e le sue parole scacciarono ogni dubbio dalla mente di Lily.

« Sono la madre. Come sta? Posso vederlo? »

Se a lei non avevano voluto dire nulla, pensò la giovane Grifondoro, alla signora Potter avrebbero dovuto dire tutto quanto. 

Puntò lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe, fingendo di essere estremamente interessata ad esse, mentre in realtà cercava solamente di ascoltare ciò che i due adulti a qualche metro di distanza si stavano dicendo.

« Sta meglio, signora » stava dicendo il Medimago con fare professionale e tono sicuro. « Ha perso molto sangue, ma è stato fortunato: essendo stato portato qui quasi subito, siamo riusciti a limitare i danni. Può entrare, si è appena svegliato, ma non lo agiti. Mi raccomando ».

« Non c’è neanche bisogno di dirlo, sono la madre! » esclamò la donna, punta nel vivo; dal suo tono, Lily capì cos’avesse pensato: era suo figlio, sapeva cosa fosse meglio per lui. 

Prima di entrare nella stanza, tuttavia, la signora Potter si guardò intorno e, per un secondo soltanto, incrociò lo sguardo di Lily. Quest’ultima non fece neanche in tempo ad abbassare nuovamente gli occhi, che l’altra le aveva già voltato le spalle – nascondendole così un sorrisetto – e si era chiusa la porta alle spalle. 

 

Non appena avvertì la porta chiudersi, James aprì piano gli occhi: il viso di sua madre gli comparve davanti, con i suoi lineamenti dolci e le sue rughe dettate dall’età. 

« Volevi farmi morire d’infarto, per caso? » fu l’unica cosa che Euphemia riuscì a dire quando lo vide lì, steso in quel letto bianco e con numerose boccette di pozione Rimpolpa-sangue sul comodino accanto. « Per Merlino, James! » continuò, lasciandosi cadere sulla sedia accanto a lui e prendendogli la mano sinistra tra le sue.

« Mi dispiace, mamma » mormorò il ragazzo, la voce stanca. « Non pensavo potesse succedere una cosa del genere ».

« Certo che non potevi » disse lei, stringendogli maggiormente la mano. « Nessuno poteva prevederlo… ».

« Sono vivo, però ».

L’occhiata che sua madre gli lanciò gli fece desiderare di non aver detto quella frase infelice. 

« Ci mancherebbe altro » replicò infatti Euphemia, lasciando che il suo cipiglio furioso si sciogliesse in uno sguardo dispiaciuto e affettuoso. « Ti sarei venuta a prendere a calci all’Inferno, altrimenti ».

« All’Inferno? Addirittura? » fece James con un sorrisino tirato. « Che bella considerazione che hai di tuo figlio ». 

« È lì che vanno gli scapestrati che si prendono gioco delle proprie madri preoccupate » rispose lei a tono, scompigliandogli i capelli neri con una mano e facendolo ridacchiare appena. 

Mentre sua madre gli accarezzava il capo, James chiuse gli occhi e dopo qualche secondo era già profondamente addormentato. 

Sorridendo, Euphemia si appoggiò al letto e gli rimase a fianco come un cane che sorveglia il proprio osso; rimase lì quasi un’ora, finché lo stesso Medimago con cui aveva parlato all’inizio non entro nella stanza per dirle che mancavano venti minuti alla fine dell’orario di visite. 

L’uomo se ne andò così com’era arrivato, distaccato e pacato. 

Lei si perse qualche altro minuto ad osservare James, quando si ricordò della ragazza seduta nel corridoio fuori da quella stanza. Non l’aveva mai vista prima, ma ogni tanto aveva casualmente sentito suo figlio parlare di una ragazza insieme a Mary o ai suoi amici.

Euphemia uscì dalla camera quando mancavano quasi quindici minuti, e la ragazza era ancora là. La studiò brevemente, trovandola molto carina, con quei capelli rossi e voluminosi. La giovane dovette accorgersi di lei, perché sollevò lo sguardo dalle proprie mani ed Euphemia si ritrovò di punto in bianco ad osservare dei bellissimi e preoccupatissimi occhi verdi.

« Come ti chiami? » le domandò, spostandosi dall’ingresso della stanza dopo essersi chiusa la porta alle spalle.

« Lily » rispose la ragazza dopo qualche secondo di incertezza e stupore: probabilmente non si aspettava che lei decidesse di rivolgerle la parola in un momento del genere. « Lily Evans » completò, alzandosi dalla sedia e porgendole la mano destra.

Euphemia la strinse, presentandosi a sua volta senza smettere di studiarla. 

« Come sta? » domandò Lily all’improvviso, spostando il peso da una gamba all’altra e scostandosi una ciocca dal viso con un gesto nervoso della mano. « Ho provato a chiedere, ma non mi hanno detto ancora nulla… »

« Vorrei dirti che sta bene, ma l’ho visto in condizioni decisamente migliori » rispose la donna con un sospiro stanco: dopo quello che era successo a Fleamont, aveva desiderato di non fare visita al San Mungo per un bel po’. « Vogliono tenerlo ancora uno o due giorni in osservazione, per essere sicuri che le ferite si rimargino a dovere, ma fortunatamente il peggio è passato ».

Lily annuì senza dire nulla, incerta sul da farsi. Lanciò un’occhiata alla porta chiusa alle spalle della donna, sospirando profondamente e sperando che tutto si sistemasse. 

« Se vuoi puoi entrare » disse ad un tratto Euphemia, cogliendola di sorpresa. Aveva un sorriso dolce e materno in volto, e Lily normalmente si sarebbe sentita a disagio, ma in quel momento l’unica cosa che le importava era James e poterlo vedere con i propri occhi. « Sono sicura che gli farebbe piacere ».

« Lei… è sicura? » domandò per sicurezza Lily, lanciandole un’occhiata incerta. 

« Assolutamente » fece la donna, annuendo. « E almeno così saprò di averlo lasciato in buone mani, no? Silente mi ha detto che tu eri con lui quando… quando è successo ».

« Sì, ero lì… Mi dispiace davvero tanto, signora Potter. Avrei voluto poter fare di più » disse Lily col cuore in mano, guardandola con dispiacere. 

Se solo fosse stata più brava, se solo fosse stata più rapida, se solo fosse stata più attenta… forse James non si sarebbe trovato in quella situazione. Era quello il pensiero che l’aveva tormentata dal momento in cui aveva messo piede al San Mungo. 

Se fosse successo qualcosa a James, se ne sarebbe data la colpa per sempre. 

E, soprattutto, l’idea di non rivederlo più… in qualche strano modo, le aveva fatto più male dell’incantesimo che, durante lo scontro, l’aveva scagliata contro un muro. Solo l’idea di non sentirlo più ridere o vederlo sorridere le avevano provocato una stretta al cuore che non aveva mai provato prima.

Ripensando a tutto ciò per l’ennesima volta in quella giornata, Lily abbassò mestamente il capo, puntando gli occhi sulle proprie scarpe. 

« Non dire così, Lily » la richiamò Euphemia, facendole sollevare nuovamente lo sguardo. « Silente mi ha detto che sia tu sia James avete fatto tutto quello che avreste potuto fare. Anzi, vorrei ringraziarti per non averlo lasciato solo là fuori ».

Lo sguardo della signora Potter era sincero e carico di gratitudine, e Lily sentì le guance scaldarsi leggermente nonostante il pallore che il suo incarnato aveva assunto. Le sue parole la confortarono e lei, per ricambiare, cercò di mostrarle il sorriso di riconoscenza migliore che potesse sfoggiare in un momento del genere.

« Non avrei mai lasciato un amico da solo in una situazione come quella » replicò lei con sincerità. 

« Questo ti fa molto onore, Lily » disse Euphemia. « Mi ha fatto davvero molto piacere conoscerti, spero di rivederti presto. Ora entra pure, parlerò io con il Medimago. Sono sicura che James sarà contento di vederti ».

« Il piacere è tutto mio, signora Potter » sorrise Lily, avvicinandosi alla porta dopo che la donna fece per girarsi. Aveva già la mano sulla maniglia, ma all’ultimo si voltò nuovamente verso la madre di James. « E grazie ».

« Grazie a te, Lily » ribatté la donna, sorridendole un’ultima volta prima di girarsi definitivamente e avviarsi verso il Medimago che aveva in cura James.

La ragazza riportò il proprio sguardo sulla maniglia sotto le sue dita e prese un respiro profondo, preparandosi ad entrare. 

La stanza era terribilmente bianca: questo fu il suo primo pensiero. 

A Lily non erano mai piaciute le stanze degli ospedali babbani per l’aria asettica e così triste che emanavano, ma il San Mungo non era da meno. Le pareti spoglie, il letto dalle lenzuola candide, il comodino di metallo tinto di bianco… e James lì, sdraiato. Sembrava di stare in un’altra dimensione, totalmente fredda e lontana, ed era come se nella stanza - nel mondo - non ci fosse che lui. 

Era molto pallido, probabilmente a causa della grande quantità di sangue persa, e anche i capelli sembravano aver perso forza, visto che non erano dritti e sparati in ogni direzione ma, anzi, alcune ciocche gli sfioravano delicatamente la fronte. 

Lily si andò a sedere sulla sedia accanto al letto, con ogni probabilità lasciata lì da Euphemia. Quando sentì il rumore dello spostamento della sedia, James piegò le labbra in una piccola smorfia.

« Mamma, davvero, dovresti riposare… » borbottò, aprendo poi piano gli occhi ed accorgendosi così di non avere più la madre accanto. « Lily ».

« Ehi » rispose lei con voce bassa e incerta, sorridendogli debolmente per confortarlo un po’. 

« Che ci fai qui? » chiese James, più vigile e sveglio di quanto lei non pensasse.

« Pensavi che ti avrei lasciato da solo dopo quello che è successo? » gli domandò di rimando, aggrottando appena le sopracciglia e assumendo un’espressione scettica. « Volevo vedere come stavi ».

« Sto… bene » rispose lui con qualche secondo di incertezza.

James cercò di sollevarsi un po’ per raddrizzarsi alla bell’e meglio, ma dovette ben presto abbandonare il proprio progetto quando il suo movimento gli provocò una fitta in prossimità del costato.

« Lo vedo » ribatté lentamente lei, ironica, guardando con scetticismo la smorfia che gli era apparsa in viso quando si era mosso. Gli posò una mano sull’avambraccio, come a chiedergli di fermarsi. « Non ti muovere, meno ti agiti e meglio è ».

« Non pensavo che fossi tu il mio Medimago… » scherzò lui con voce ancora debole, cercando di smorzare la tensione ormai palpabile all’interno della stanza.

Lily rise appena, appoggiandosi allo schienale della sedia e lasciando la presa sul suo braccio. James provò a dare una risata, ma non ci riuscì e di nuovo il suo viso si contrasse in una smorfia. 

Lei quindi si chinò ancora verso di lui, stavolta sfiorandogli la fronte per spostargli i capelli dalla fronte, prima di sospirare e appoggiare entrambi i gomiti sul materasso.

« Tu ci scherzi, ma io ho perso qualcosa come venti anni di vita » borbottò Lily, guardandolo con apprensione.

« Se ti consola io ho perso qualcosa come qualche litro di sangue » ribatté lui, sempre cercando di tranquillizzarla.

Lei lo guardò malissimo, trattenendosi dal dargli una botta solo perché si trovava in quelle condizioni.

« Idiota ».

« Mi hai dato dell’idiota talmente tante volte, ormai, che a volte mi dimentico di chiamarmi James… »

A questo punto, Lily non riuscì a trattenere una risata. 

James aprì gli occhi e sorrise, contento di averla fatta divertire un po’. Notò subito la benda sul polso sinistro, ma gli parve bella anche con i capelli ancora tutti arruffati e in disordine e alcuni graffi sul viso e le braccia. 

« Perché mi fissi? » gli domandò lei quando smise di ridere, sentendosi leggermente a disagio sotto il suo sguardo attento.

James si strinse appena nelle spalle, sorridendole.

« Non posso guardare una bella ragazza, adesso? » replicò lui, abbozzando un’espressione fintamente ammiccante. « Non ti avevo mai visto… così ».

« Oh, intendi dire così meravigliosamente ordinata e perfetta? » scherzò Lily, ignorando la sua prima affermazione e il leggero imbarazzo che essa aveva provocato in lei.

« Be’, sì » ammise lui. « Di solito sei sempre perfetta: divisa impeccabile, capelli ordinati, viso riposato… Adesso sembri molto più… selvaggia, in un certo senso. Non prenderlo per un insulto, eh! Stai bene. Sei bella ».

Lily si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma decise di mascherare il proprio imbarazzo. 

« Vorresti dire che normalmente non lo sono? » lo provocò.

« Oh, ma smettila! Fai così solo perché vuoi sentirti dire che sei sempre bella. Ammettilo » replicò James con un sorrisetto compiaciuto.

« Cavolo, mi hai beccata » ribatté lei, mettendo su un’espressione colpevole senza però riuscire a trattenere un sorriso.

« Non ti facevo così vanitosa, Lily Evans ».

Lily scosse la testa, divertita. Era quello il lato di James che più le piaceva: il modo in cui riuscisse a far sentire tutti a loro agio in qualunque situazione, il fatto che riuscisse a far sorridere chiunque in ogni momento. Anche lì, sdraiato in un letto d’ospedale, era pronto a scherzare e farla ridere. 

« Ero davvero preoccupata, James » gli disse dopo un po’, assumendo di nuovo un cipiglio serio. « Quando ho visto l’incantesimo… e poi tu steso lì per terra… è stato orrendo » continuò, abbassando lo sguardo sulle proprie mani e giocando distrattamente con la coperta bianca del letto di lui.

« Ehi » la richiamò James, muovendo lentamente il braccio più vicino a lei per poterle prendere una mano e stringerla debolmente nella propria. « Sono qui. Sono stato meglio, certo, ma insomma, non saranno due graffietti a buttarmi giù. Sono o non sono il grande James Potter? »

« No, James, sono seria » lo bloccò lei, alzando gli occhi e fissandoli nei suoi. « Le ultime ore… tu non ti svegliavi. I Medimaghi continuavano a fare avanti e indietro nella tua stanza. Io non- ».

« Lily ».

James pronunciò il suo nome con voce ferma e decisa, bloccando così sul nascere il discorso che lei stava per fare. 

Non poteva dire che una parte di lui non fosse felice che lei si fosse preoccupata per lui, ma la parte più grande di lui non voleva che lei stesse male per quello che era successo. Era tutto passato, in fondo: era tutto passato e loro due stavano bene. Loro due c’erano.

La guardò negli occhi per dei lunghi istanti senza lasciare la sua mano, prima di parlare di nuovo. 

« Posso immaginare come tu ti sia sentita, ma adesso è tutto finito. Non è esattamente l’idea che avevo di passare la giornata, ma sono qui. Lily, siamo qui. Non pensare di poterti liberare così facilmente di me ».

Lily rimase in silenzio per qualche secondo, prima di sospirare e infine sciogliersi finalmente in un piccolo sorriso. 

« Suona un po’ come una minaccia… » commentò a voce bassa, facendolo ridacchiare.

« Oh, è una minaccia bella e buona ».

 

*

 

Sirius strinse i denti quando l’Infermiera che si stava occupando di lui, dopo avergli bendato il petto in prossimità delle tre costole che si era incrinato, passò il disinfettante su alcuni graffi sul suo braccio destro. 

« Okay, ho finito » disse finalmente la donna, raddrizzandosi e facendo un passo indietro per posare sul tavolo la boccetta del medicinale. « Tieni le bende fino a domani e bevi la pozione che ti ho fatto lasciare sul comodino. Se dovessi avere bisogno di qualcosa, chiedi a un Medimago di chiamarmi ».

« Perfetto, grazie » commentò lui, afferrando la maglietta che gli era stata data dal personale dell’ospedale dal momento che la sua era tutta lacerata. 

Mentre la donna se ne andava e lo lasciava solo, lui si infilò la maglia e bevve la pozione che gli era stata lasciata. Aveva un sapore terribile, ma non ci fece caso; si alzò dopo pochi secondi e decise di uscire dalla stanza comune dove lo avevano fatto accomodare. 

Fuori, il corridoio era gremito di gente che correva e si affrettava tra una camera e l’altra. Dovunque c’erano Medimaghi e quelli che probabilmente erano i familiari di qualche ferito, ma Sirius non ci mise molto ad individuare il banco della reception nell’ala principale. 

Dunque si fece rapidamente strada fino a lì per chiedere informazioni su Mary, James e gli altri, ma fu fermato quando era a pochi metri dalla propria meta.

« Sirius, cosa ci fai anche tu qui? » 

In piedi a qualche metro da lui, c’era Roger MacDonald, con i capelli più corti dell’ultima volta che l’aveva visto e con l’aria confusa. In mano stringeva due bicchieri, perciò Sirius suppose che fossero per i genitori.

« Stavo cercando Mary » rispose il ragazzo, avvicinandoglisi. « Per caso sai dov’è? »

« Sì, vieni con me » disse Roger, avviandosi insieme a lui verso il corridoio opposto a quello da dove veniva. « Sei rimasto ferito anche tu? » fece poi, adocchiando il graffio sul suo viso. 

« Qualche costola incrinata, ma poteva andarmi peggio. Come sta Mary? »

Roger rise alla sua affermazione, scuotendo la testa.

« Tipica frase da Grifondoro, forse non hanno tutti i torti a darvi degli incoscienti » ribatté il più grande dei fratelli MacDonald. « Mary sta meglio: non aveva perso molto sangue e, per quanto riguarda la gamba, gliel’hanno già rimessa a posto ».

« Credi che la faranno uscire presto? »

« Credo che tra stasera e domani mattina potrà tornare a casa, sì » rispose Roger, fermandosi di fronte a una porta. « Io te lo chiedo ora, ma probabilmente te lo chiederà anche Mary… come stanno James e Lily? »

Sirius sospirò e si passò una mano tra i capelli. 

La verità era che lui non aveva la benché minima idea di come stessero James e Lily: da quando li avevano persi di vista a Diagon Alley, non li aveva più né visti né sentiti. 

Probabilmente dopo aver fatto visita a Mary sarebbe andato a chiedere notizie, ma fino a quel momento, nel caos generale, non era riuscito a trovare nessuno a cui rivolgersi. La maggior parte dei pazienti arrivati quel giorno, infatti, non era stato ancora identificato, perciò lui non sapeva come far capire ai Medimaghi di chi stesse parlando: bene o male, sapeva che Mary si era rotta una gamba, perciò avrebbe chiesto di una ragazza in quelle condizioni. Ma su James e Lily… non sapeva niente.

« Non ne ho idea, Roger » rispose, grattandosi la guancia in preda al nervoso. « Non li vedo da quando è cominciato l’attacco, non so come stiano o dove stiano… Speravo che tu me lo sapessi dire, in realtà ».

« So solo che sono anche loro qui » gli disse Roger. « Mia madre ha incontrato Euphemia all’ingresso, mi ha detto che James era stato colpito da un incantesimo ma che ora sta meglio ».

« Che cosa? » esclamò Sirius, scioccato. « Mary lo sa? »

« No, per ora nessuno di noi le ha detto niente. La conosci, è testarda come un mulo: se glielo avessimo detto, avrebbe preteso che qualcuno la portasse da James. Pensavamo di dirglielo una volta tornata a casa ».

« Roger, so che è tua sorella e tutto… ma secondo me state facendo uno sbaglio » lo interruppe Sirius, parlando lentamente. « James è il suo migliore amico, non potete non dirle che è rimasto ferito durante l’attacco ».

Conoscendo Mary, era sicuro che non avrebbe mai perdonato una cosa del genere neanche ai propri familiari: James non era solo il suo migliore amico, era come un fratello per lei. Capiva perché i suoi genitori e Roger non volessero dirglielo - probabilmente non si sarebbe calmata finché non l’avesse visto -, ma non era giusto. Mary aveva il diritto di sapere. Mary doveva sapere.

« Sirius, si preoccuperebbe troppo e i Medimaghi dicono che ha bisogno di tranquillità » disse Roger, serio, guardandosi intorno per essere sicuro che non ci fosse nessuno. « Fisicamente sta bene, ma è ancora sotto shock. Quando si è svegliata, non ha parlato per quasi un’ora… mia madre e mio padre erano terrorizzati. I Medimaghi avevano paura che si trattasse di shock post traumatico primario, avevano già cominciato a parlare di trattamenti psicoterapeutici e psicofarmaci… »

« Cosa? » sussurrò Sirius a corto di parole, impallidendo notevolmente.

« Lasciami finire » si affrettò a dire Roger, posandogli una mano sulla spalla. « Hanno fatto alcuni test cognitivi e non dovrebbe essercene bisogno. Mary è rimasta scioccata da quello che è successo, ma non più di quanto sia normale. Per fortuna non ha manifestato nessuno dei sintomi di questo disturbo, anzi, hanno detto che dovrebbe riprendersi in breve tempo ».

« Merlino, Roger, mi stavi facendo prendere un colpo… » soffiò Sirius, passandosi una mano tra i capelli. 

Per un attimo, aveva avuto il terrore di non riavere più Mary indietro com’era fino al giorno prima. Aveva avuto a che fare con un disturbo da stress post traumatico quando sua zia Lucretia, la sorella di suo padre, aveva perso un bambino al settimo mese: Orion aveva parlato per tutta l’estate del 1963 di come sua sorella avesse perso la testa dopo quell’evento. L’ipotesi che ciò potesse accadere anche a Mary… 

« Mi dispiace, ma dovevo dirtelo » si scusò Roger, sospirando. « Ne parlerò anche con Lily e James, appena ne avrò l’occasione. L’importante è farla stare calma e non darle motivo di stress per un po’ ».

« Tranquillo, non farò nulla per farla agitare » disse Sirius, spostando poi lo sguardo sulla porta chiusa accanto a loro. « Senti, Roger… potrei entrare? »

All’improvviso lo sguardo di Roger cambiò, passando da preoccupato a meditabondo. 

Lui si sentì subito sotto esame, ma non aveva idea del perché l’altro lo stesse guardando a quel modo. Non aveva detto niente di che, aveva semplicemente chiesto se poteva vedere Mary.

« Sirius, parliamoci chiaro » disse a un certo punto Roger. « Mary me lo ha detto, e per quanto non mi faccia piacere sapere che mia sorella ha una relazione… Mi sta bene. Però voglio mettere in chiaro le cose sin da subito: so come ragionano i ragazzi a diciotto anni. Se dovessi farla soffrire in qualche modo, sappi che non avrò problemi a prendermela con un ragazzino ».

Sirius fece per ribattere, ma si ritrovò improvvisamente a corto di parole. Quello era decisamente il discorso che meno si sarebbe aspettato in una situazione del genere. 

« Meno male che i Tassorosso sono pacifici… »

« Sono serio, Sirius » lo riprese Roger, lanciandogli un’occhiataccia. « Falle qualcosa e dovrai cambiare idea sui Tassorosso ».

« Lo so, Roger, ma non ho intenzione di farla soffrire » disse infine Sirius, lanciando un’altra occhiata alla porta. « Tengo molto a lei… siamo stati amici per anni ».

Non appena gli disse quelle cose, l’altro sembrò rilassarsi notevolmente e si sciolse addirittura in un sorriso. 

« Bene, mi fa piacere sentirlo. Dovevo farti questo discorso: sai, roba da fratelli maggiori » si scusò Roger, stringendosi nelle spalle. « Se vuoi puoi entrare. Io vado a cercare i miei, erano usciti per parlare con dei Medimaghi. Ci vediamo, Sirius ».

Il ragazzo annuì e lo salutò di rimando, per poi osservarlo allontanarsi lungo il corridoio. 

Dopodiché, aprì finalmente la porta ed entrò nella stanza di Mary. Lei era sul letto, seduta e con le gambe stese, tutta intenta a giocare con le proprie mani e l’orlo della coperta bianca. Quando sentì la porta aprirsi alzò di scatto lo sguardo, incontrando così quello di lui, e subito piegò le labbra in un piccolo sorriso. 

« Sirius! » esclamò, facendogli poi cenno di avvicinarsi. 

Lui prese una sedia e la mise accanto al suo letto, così da potervici sedere e starle comunque vicino. Le prese istintivamente una mano e la strinse con la propria, guardandola con attenzione. 

Dopo anni passati insieme, fu quella la prima volta in cui si rese conto che Mary non era indistruttibile: già quando era stata attaccata da Avery e Mulciber aveva capito che non era forte quanto voleva far credere, ma solo in quel momento si accorse di quanto fosse fragile in realtà. 

I capelli erano tutti scompigliati, ma la cosa peggiore erano i suoi occhi rossi. 

« Mary… hai pianto? » domandò, parlando a voce bassa e sperando che lei non la prendesse male. 

Lei spostò rapidamente lo sguardo, riportandolo sulle proprie mani, e non rispose. 

« Puoi… non lo dire a nessuno » mormorò dopo un po’, accasciandosi contro il cuscino dietro la sua schiena e pregando Sirius con gli occhi.

« Va bene… ma perché? » 

Mary sospirò, alzando gli occhi al cielo prima di riposarli su di lui. 

« Io non sono così » disse cercando di utilizzare una voce ferma e fallendo. « Non sono… debole. Non so perché io abbia reagito così, ma è successo. Non voglio che nessun altro lo sappia ».

« Mary, capita a tutti prima o poi » le spiegò Sirius, guardandola con apprensione. « Questo è un brutto periodo, è normale che dopo un po’ una persona non riesca più sopportare tutta la tensione che ne deriva ».

« Non capisci? » sbottò lei. « Proprio perché siamo in questo periodo non posso essere debole. Non me lo posso permettere! Sono… come potrei aiutare qualcuno se non riesco neanche a reggere un attacco? Quando usciremo da Hogwarts… quando arriverà luglio non ci sarà più nessun luogo sicuro, nessun Preside da cui correre quando qualcosa non va, nessuno svago. Saremo da soli. E saremo in guerra. Non posso permettermi… non posso mostrarmi debole e non posso esserlo. Io non voglio essere debole. Chissà a quanti attacchi assisterò una volta uscita da Hogwarts, e come potrò fare qualcosa se sarò io la prima ad aver bisogno di aiuto? »

Sirius rimase in silenzio, osservandola con attenzione. 

Aveva capito perché Mary aveva così tanta paura di mostrarsi debole, ma secondo lui c’era di più lì sotto. Lei non voleva far vedere agli altri la propria debolezza perché non voleva ammetterne l’esistenza. Voleva far credere agli altri che fosse forte, ma la verità era che non lo era. Non lo era e per questo aveva paura, perché sapeva cosa stava succedendo nel mondo magico e sapeva che l’attacco di quel giorno non era che il primo di tanti altri a cui avrebbe assistito. 

E vederla in quello stato lo destabilizzò notevolmente: Sirius aveva sempre conosciuto una Mary combattiva, decisa e coraggiosa. Aveva conosciuto una Mary totalmente diversa da quella che aveva di fronte in quel momento, e non avrebbe mai pensato che lei potesse dubitare così tanto di se stessa e delle proprie capacità. 

« Questa era la prima volta che assistevi o prendevi parte ad un attacco, il fatto che tu ti sia spaventata non significa che sei debole, ma solo che sei umana » le disse, cercando di convincerla. « Ho avuto paura anche io, là fuori. Quando ho visto il muro crollare ho perso la testa, perché è questo che succede in un duello. La gente ha paura. Anche se nessuno vuole ammetterlo, la gente ha una paura matta, Mary. Però non devi lasciare che questo ti impedisca di andare avanti e combattere: ti ci dovrai abituare, e io sono sicuro che ce la farai ».

« Sirius… » sussurrò lei per interromperlo, ma lui non glielo permise.

« E Mary, tu non sei sola. Hai me, hai James, Lily, la tua famiglia, i tuoi amici… Hai un sacco di persone che ti amano e che ti staranno sempre affianco ».

« Ma se dovesse succedere qualcos… »

« Ma non è successo niente, è questo il punto » continuò Sirius. « Non posso dirti cosa succederà tra uno, due, tre anni… non posso dirti neanche cosa succederà domani. Ma posso dirti che oggi sei circondata da persone che tengono a te e che non ti giudicheranno per un momento di debolezza. Tutti prima o poi crollano, l’importanza è trovare la forza di rialzarsi in piedi e andare avanti ».

« E se non dovessi trovarla? » domandò Mary con voce tremula, alzando gli occhi al cielo per trattenere le lacrime. 

« Be’, in quel caso ti aiuteremo noi » rispose prontamente lui, prima di alzarsi in piedi e avvicinarsi di più a lei. Si chinò leggermente e le prese il viso tra le mani, avvicinandolo al suo e parlandole a pochi centimetri dalle labbra. « Io capisco che tu abbia paura ora, Mary. Abbiamo avuto una giornata da panico, letteralmente, ma voglio che adesso tu ti concentri sul fatto che è tutto finito e che noi stiamo tutti bene ».

Mary lo guardò negli occhi per qualche secondo prima di sospirare e chiuderli per calmarsi. 

Lui, allora, le diede un breve bacio a fior di labbra, facendola sorridere appena contro la propria bocca. Tuttavia, non appena Sirius fece per baciarla di nuovo, lei si tirò indietro e gli posò una mano sul petto per allontanarlo un po’. 

« Sirius… tu sai come sta James? E Lily? » gli chiese, mordendosi le labbra, nervosa.

Lui rimase in silenzio per pochi secondi, pensando a cosa risponderle. 

Poteva dirle che sì, sapeva dove stavano, oppure poteva negare e fare come Roger gli aveva chiesto. Era cosciente del fatto che mentirle sul proprio migliore amico fosse sbagliato… ma non poteva dirle la verità. Ora che l’aveva vista, capiva perfettamente quello che Roger gli aveva detto. Mary, in quel momento, non sarebbe riuscita a reggere altro stress: era già sconvolta e destabilizzata abbastanza, non c’era bisogno di aggiungere altri pesi. 

« No, non so come stiano, ma ho intenzione di andare a chiedere in giro non appena uscirò da questa stanza » rispose lui, decidendo che, in fondo, la sua non era che una mezza bugia: avrebbe davvero chiesto a qualcuno di James e Lily. « Prima volevo assicurarmi che tu stessi bene. Dopotutto ero certo che tu stessi qua ».

Mary annuì e stavolta fu lei a dargli un bacio, più intimo del precedente ma sempre abbastanza casto. 

« Grazie per essere venuto » gli disse, sospirando sulle sue labbra, gli occhi fissi nei suoi. « E scusa per lo sfogo di prima… »

« Scusarti per cosa? » chiese retoricamente lui, ma lei sembrò voler rispondere e quindi la interruppe prima che potesse parlare. « Oh, insomma: lo sappiamo entrambi che amo fare l’uomo della situazione. Non mi sarei mai lasciato sfuggire un’occasione del genere ».

« Sai di essere un totale imbecille, vero? » ribatté lei, mettendo finalmente da parte il discorso precedente e alzando gli occhi al cielo.

Sirius ghignò, esultando interiormente per essere riuscito a distrarla. 

« Di’ quello che ti pare, intanto l’imbecille non ti fa esattamente schifo… » commentò allusivo nel suo orecchio, solleticandolo con il proprio alito e facendola rabbrividire.

« Se è questo che credi… » rispose lei, cercando di mantenere un certo autocontrollo e fingendosi totalmente indifferente al naso di lui, che adesso le solleticava il collo.

« Vorresti dirmi che non è vero? » la sfidò Sirius, lasciandole un bacio umido e un piccolo morso tra il collo e la spalla destra. « Perciò questo non ti fa alcun effetto? »

Quando lui le diede un altro bacio, stavolta in prossimità della mandibola, Mary si lasciò sfuggire un sospiro e reclinò leggermente la testa all’indietro, andando così a sbattere contro la testiera del letto. Del letto dell’ospedale. Ricordarsi di dove si trovassero fu come una doccia fredda, e si ritrovò ad allontanare rapidamente da sé il ragazzo.

« Merlino, Sirius! » esclamò, massaggiandosi la testa con la mano destra. « Non puoi fare così in un posto del genere ».

« Non è che ti stessi lamentando molto mentre lo facevo, eh… » fece lui con tono casuale, sistemandosi la maglietta con un gesto distratto e sorridendole, affabile. 

« Senti, non so cosa dirti, solo che non siamo a casa nostra e non possiamo comp… » cominciò Mary, ma lui la interruppe prontamente. 

« Ammettilo e basta: il totale imbecille ti piace ». 

« Questo è quello che vorresti sentirti dire? » domandò lei, basita. 

« E che il totale imbecille è il ragazzo più bello, simpatico e intelligente che tu abbia mai visto » continuò Sirius, mentre un sorriso si faceva lentamente largo sul suo volto.

« Ma fai sul serio? »

« Ah, e che a letto nessuno è bravo quanto l’imbecille a farti ven… » 

Prima che lui potesse finire la frase, Mary gli coprì la bocca con le mani e scoppiò a ridere, sconvolta ma allo stesso tempo divertita. 

« Smettila di fare l’idiota » lo ammonì, prima di spostare la mani dal viso di lui.

« Ammetti tutto quanto e io non dirò più niente » la provocò Sirius, che ora ghignava apertamente.

« Lo ammetto, lo ammetto. È tutto vero. Ora ti senti meglio? »

« Oh, molto meglio » ammise lui, chinandosi per rubarle un altro bacio. « Anche tu starai molto meglio quando sarai tornata a casa e potremmo sfruttare di nuovo il tuo fantastico letto a due piazze ».

« Sirius! »

 

*

 

Quando il Medimago le chiese di uscire, dal momento che l’orario di visita era finito da ormai più di un quarto d’ora, Lily si vide costretta ad alzarsi dalla sedia accanto al letto di James e salutarlo. 

Gli diede un bacio sulla guancia, prima di avviarsi verso la porta; si girò poco prima di uscire, un piede già fuori dall’uscio.

« Rimettiti presto, James » gli disse con il cuore in mano, rivolgendogli un sorriso pieno di calore ed affetto che gli fece perdere qualche battito.

Lui annuì, non trovando parole che potessero spiegarle quanto piacere gli avesse fatto vederla lì al proprio capezzale, e lei gli sorrise un’ultima volta prima di uscire definitivamente dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle. 

Chiudere gli occhi e prendere un respiro profondo fu qualcosa di automatico, di necessario: l’immagine di James steso a terra in quel vicolo le ritornava in mente di continuo, ma lui aveva ragione quando diceva che, per fortuna, era tutto finito per il meglio. Lily non osava neanche immaginare in che altri modi sarebbe potuta finire tutta la faccenda, non riuscendo a trovare in se stessa il coraggio di pensare a quanto potere la guerra avesse su ciascuno di loro.

Si allontanò dalla stanza 209 lentamente, senza fretta, ripercorrendo con la mente tutti gli avvenimenti di quel giorno e pensando per l’ennesima volta a quanto fossero stati fortunati ad uscirne vivi. 

Fu in quel momento, mentre tornava col pensiero a quegli ultimi momenti passati al bar insieme a tutti gli altri, che qualcosa la colpì all’improvviso, facendola arrestare nel bel mezzo del corridoio.

I suoi piedi ricominciarono a muoversi prima che lei se ne rendesse conto, scendendo le scale per raggiungere la reception al piano terra. Era a metà del corridoio che la separava dalla propria meta, quando una figura le si piazzò di fronte, costringendola a fermarsi. 

« Proprio chi speravo di trovare » commentò la figura, e Lily riconobbe la voce di Sirius prima ancora di alzare gli occhi per incontrare quelli di lui.

« Black, meno male che sei qui! » esclamò lei, afferrandolo per un braccio e trascinandolo verso la sala d’attesa. 

« Wow, Evans, non pensavo che saresti mai stata così contenta di vedermi » commentò lui, lasciandosi guidare finché non si fermarono accanto al distributore automatico d’acqua. 

Lei lo fulminò con lo sguardo, ma decise di sorvolare e di andare dritta al punto. Non aveva tempo da perdere con i suoi giochetti, ma almeno questo le fece capire che gli altri non dovevano stare in condizioni critiche. 

« Dov’è Mary? Come sta? » gli chiese immediatamente, decisa. « Remus e Peter? »

« Onestamente speravo che tu sapessi dirmi qualcosa di più su Remus e Peter » ammise Sirius, inarcando un sopracciglio, perplesso. « Per quanto riguarda Mary… l’hanno ricoverata per una gamba rotta e un trauma cranico, ma ora si è ripresa quasi del tutto. Dovrebbero dimetterla domani mattina ».

Lily annuì, leggermente rincuorata, prima di lasciarsi cadere sulla poltrona vuota più vicina.

« James come sta, invece? » le domandò il ragazzo, andandosi a sedere accanto a lei. « Roger mi ha detto che eravate qua, ma non so nient’altro. Cos’è successo? »

« Se te lo raccontassi non mi crederesti » disse Lily, poggiando i gomiti sulle ginocchia e affondando il viso nelle proprie mani. « Anche io faccio fatica a crederci ».

« Mettimi alla prova » ribatté Sirius, non sapendo bene cosa aspettarsi. 

« Lo abbiamo visto » sussurrò lei, abbassando notevolmente il tono di voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete. « Tu-sai-chi. Lo abbiamo visto ».

Sirius fece per parlare, ma non trovo nulla da dire, perché non avrebbe mai neanche pensato a quell’ipotesi: pochissimi maghi avevano avuto modo di vedere Lord Voldemort di persona, e quasi nessuno di loro era sopravvissuto abbastanza a lungo da poter raccontare la propria esperienza. Lily non poteva dire sul serio.

« Dai, Evans, non è il momento di scherzare » esclamò infatti lui, alzando gli occhi al cielo. « Che è successo dopo che vi abbiamo persi di vista? »

« Non sto scherzando, Black » rispose lei, fulminandolo con lo sguardo per l’ennesima volta. « E se proprio ci tieni saperlo, quel cretino del tuo migliore amico ha anche avuto la brillante idea di attaccarlo per primo ».

« James ha fatto cosa?! » fece Sirius, allibito. 

« Hai capito benissimo » disse Lily, ripensando al momento in cui James si era esposto di fronte a Voldemort per la prima volta: così folle, così coraggioso, così da James. 

« Diamine, avrei voluto esserci! » esclamò il ragazzo senza pensarci, guadagnandosi un’occhiataccia. « No, non in quel senso: ovviamente non avrei voluto esserci, però avrei voluto vedere James ».

« Fidati, non è stato bello » gli assicurò Lily, scuotendo la testa e abbandonandosi contro lo schienale della poltrona. « Penso di non aver mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita ».

« Ma cos’è successo, oltre a questo? » le domandò, deciso a capirci di più di tutta quella strana situazione.

« Se devo essere onesta, non te lo saprei spiegare con precisione neanche io » ammise lei, rivolgendogli uno sguardo distratto. « È tutto molto confuso. Il momento prima lo stavo rincorrendo per Diagon Alley, e quello dopo mi sono ritrovata di fronte a lui. James non voleva saperne di muoversi, sembrava come in trance… non ho idea di cosa gli sia preso in quel momento ».

Sirius non aprì bocca per commentare, lasciando che un intenso silenzio si facesse largo tra loro due. Spostò lo sguardo sul muro dietro Lily, perdendosi nelle proprie elucubrazioni. 

Aveva una vaga idea del perché James fosse impazzito alla vista di Voldemort, e si sentiva come se fosse riuscito ad introdursi in un qualcosa di troppo intimo e privato anche per lui, che per Fleamont era stato come un secondo figlio. Perché Sirius era quasi del tutto certo che fosse stata la consapevolezza di aver perso il proprio padre a causa di quell’uomo a non far ragionare James. 

« Io dovrei tornare a casa » disse d’un tratto Lily, interrompendo i suoi pensieri e alzandosi in piedi. « Credo che i miei mi stiano già dando per dispersa, a dire il vero. Avevo detto loro che sarei tornata per l’ora di pranzo e sono già le otto di sera passate… »

Lui si alzò subito dopo di lei, decidendo di accompagnarla fino all’ingresso dell’ospedale. 

« Avrei dovuto chiedertelo prima, ma tu come stai? » le chiese mentre attraversavano il corridoio, guardandola con la coda dell’occhio. 

Lily sospirò, stringendosi nelle spalle e arrotolandosi una ciocca di capelli intorno all’indice destro - nell’ultimo periodo l’aveva studiata con un po’ più di attenzione, e si era accorto che sembrava fare così ogni volta che si trovava sotto pressione.

« Sono stata meglio » si limitò a rispondere lei, cercando di non dare una particolare inflessione alla propria voce. « Ora come ora voglio solo stendermi sul mio letto e cercare in ogni modo di dimenticare questa giornata… Tu? »

« Ho avuto giorni migliori anche io ».

« Non avrei mai creduto che una semplice uscita tra amici si sarebbe potuta trasformare in… in questo » disse Lily, accennando con il capo all’ambiente circostante: i Medimaghi e gli Infermieri si affaccendavano tra le varie stanze e l’ingresso sembrava affollatissimo già da dove stavano loro.

« Nemmeno io » rispose Sirius, guardandosi attorno a sua volta. « Onestamente, Evans, credo che nessuno di noi avesse mai anche solo pensato ad un episodio del genere ».

« Non ti fa strano? » gli chiese lei, girando leggermente il viso per poter incontrare i suoi occhi. « Non ti fa un po’ paura? »

« Cosa? » domandò Sirius di rimando, aggrottando le sopracciglia e fermandosi di fronte all’entrata del palazzo per aprirle la porta e farla passare per prima.

Lily uscì e si strinse nel proprio cappotto non appena una violenta folata di vento la investì in pieno, facendole venire la pelle d’oca. Lui la seguì pochi secondi dopo, sistemandosi alla bell’e meglio la sciarpa intorno al collo e aspettando che lei rispondesse alla sua domanda. 

« Tutto questo, tutta questa faccenda » rispose lei, affondando le mani nelle tasche della giacca. « Non avevo mai realizzato quanto questo fosse reale fino a stamattina » continuò, sollevando leggermente il mento per guardare il cielo ormai scuro. « Hogwarts attutisce ogni cosa… la nasconde, quasi. Ho sempre pensato alla guerra come a qualcosa di lontano, qualcosa di astratto, ma oggi… è stato come un fulmine a ciel sereno: l’attimo prima eravamo tutti seduti intorno ad un tavolo a chiacchierare e ridere, e l’attimo dopo ci siamo ritrovati coinvolti per davvero in una guerra. Poteva finire tutto, oggi ».

« Evans… » fece Sirius, cercando di interrompere il suo discorso.

Lily, tuttavia, non gli prestò attenzione e continuò a scrutare il cielo come se dovesse carpirne ogni più piccolo segreto.

« È tutto così fragile. Ci hai mai pensato? » gli domandò, sempre senza guardarlo in viso. « Hai mai pensato a quanto poco ci voglia per porre fine alla vita di qualcuno? »

Sirius rimase in silenzio, attonito non tanto dal suo discorso quanto dal tono distante e apatico che stava usando. Lo sguardo di Lily era fisso tra le stelle e il tono della sua voce era calmo, basso, come se non stesse parlando di qualcosa che la riguardasse direttamente.

« Saremmo potuti morire tutti quanti, oggi » andò avanti la ragazza. « Ci siamo andati così vicini… non lo avrei mai creduto possibile. Sai, oggi ho cercato di immaginarmi un mondo senza Mary, un mondo senza James, un mondo senza di voi… non ci sono riuscita. Penso che, a questo punto, la mia vita sia totalmente e irrimediabilmente legata alle vostre. Non so come reagirei se dovesse succedere qualcosa a qualcuno di voi, e tu? »

Nel porgli quella domanda, Lily riportò gli occhi su di lui, incatenando il proprio sguardo con il suo. E guardandola, Sirius non riuscì a trovare le parole giuste per dirle che anche lui aveva avuto paura. Che anche lui aveva paura.

« Stiamo tutti bene, Evans » disse, non trovando altro da dire e sapendo di suonare terribilmente immaturo e sciocco. 

« Fortunatamente sì, ma tu non hai visto James » ribatté lei, senza distogliere lo sguardo. « Credo sia stato uno dei momenti più brutti della mia vita. Sangue, c’era sangue ovunque, su tutti i suoi vestiti e sull’asfalto. E io non riuscivo a fare niente se non cercare di tenerlo sveglio e non fargli perdere conoscenza… »

« Evans… » tentò nuovamente lui, ma venne interrotto ancora una volta da lei, che durante l’ultima parte di quel discorso era stata scossa da un tremito che non era riuscita a tenere a bada.

« Io devo andare, Black » disse senza preavviso, cogliendolo di sorpresa. 

« Cosa? » esclamò lui, stupito. « Ora? »

« Te l’ho detto: i miei mi stanno aspettando » rispose Lily come se fosse la cosa più ovvia e normale del mondo. 

« Ma, Evans… »

« Voglio andare avanti, Black » disse lei, stroncando sul nascere ogni sua possibile protesta. « O, almeno per questa sera, voglio illudermi di poterlo fare » aggiunse, abbozzando un sorriso mesto prima di voltarsi per allontanarsi e Smaterializzarsi a casa. 

Sirius afferrò il suo polso e la trattenne lì con lui, facendola così girare verso di sé. 

Per l’ennesima volta, tuttavia, Lily non gli permise di parlare e scosse la testa lentamente ma con decisione. Quando i loro sguardi s’incrociarono, Sirius lesse in quelli di lei una muta preghiera e ogni sua protesta morì prima di subito. 

« Per favore, Sirius » disse lei, usando il suo primo nome per quella che probabilmente era la prima volta da anni.

Lui la guardò per qualche altro secondo, prima di prendere un respiro profondo e annuire, sconfitto.

« Vuoi che ti accompagni? » le domandò quindi, con una gentilezza insolita. « Forse potrei aiutarti… sai, con tua sorella e tutto il resto ».

Lily scosse la testa.

« Grazie per il pensiero, ma non ce n’è bisogno » rispose lei, abbozzando una risatina. « Ormai penso di saper gestire almeno un po’ la situazione con Petunia ».

« Non intendevo dire questo » si affrettò a replicare lui, serio.

« Lo so benissimo » disse lei, sorridendogli appena. « Ma penso di dovermela vedere io con la mia famiglia, almeno per questa volta ».

« Se è questo quello che vuoi, va bene » acconsentì Sirius, prima di avere un’idea.

« È questo quello che voglio » rispose Lily. « Ci vediamo presto, Black ».

« Stammi bene, Evans » la salutò di rimando lui, incamminandosi poi lungo il marciapiede per scomparire dietro l’angolo di una famosa strada babbana.

Lily lo guardò allontanarsi, prima di chiudere gli occhi, girare su se stessa e Smaterializzarsi. 

Si ritrovò improvvisamente in un vicolo a pochi isolati da casa sua e dovette aspettare qualche secondo che il voltastomaco passasse prima di incamminarsi. Il tragitto fino a casa fu più breve del solito, e Lily ben presto si apprestò a cercare nella tasca del proprio cappotto le chiavi per aprire il portone. 

Una volta che le ebbe trovate e infilate nella toppa, le girò e immediatamente venne investita dal calore della propria casa. Le luci dell’atrio, del salotto e del corridoio al piano superiore erano tutte accese, perciò dedusse che fossero tutti a casa. 

« Sono tornata! » annunciò ad alta voce, togliendosi la giacca e posandola sull’appendiabiti. 

Sentì immediatamente qualcuno camminare molto velocemente al piano di sopra, e ben presto sua madre apparve sulla cima delle scale con addosso dei pantaloni neri un po’ larghi e un bel pile caldo. 

« Lily, finalmente! » esclamò la donna, scendendo rapidamente le scale e abbracciandola stretta a sé non appena le fu abbastanza vicina. « Pensavo saresti tornata a casa prima di me e tuo padre! »

« Lo so, mamma, mi dispiace » si scusò lei, cercando di regalarle il sorriso più convincente del proprio repertorio. « Ho avuto un contrattempo e non mi ero accorta di aver fatto tanto tardi finché non ho visto l’orario sull’orologio ».

« Tranquilla, amore, una svista può capitare anche ai migliori. No? » scherzò sua madre, facendole una lieve carezza. « Noi comunque abbiamo già cenato, ma ti ho lasciato qualcosa in frigo nel caso fossi tornata senza aver mangiato ».

Il viso di Lily si sciolse in un sorriso caldo, così simile a quello della donna di fronte a lei.

« Meno male, mamma, sto morendo di fame! »

« Ah, non farti sentire da tua nonna! » esclamò Susan. « Potrebbe pensare che io non ti faccia mangiare abbastanza, poi ».

« Tranquilla, non dirò nulla a nonna » rispose Lily, scoppiando a ridere e seguendo poi la madre verso la cucina.

Passando per il salotto vide suo padre, la schiena rivolta nella sua direzione, che sedeva sulla propria poltrona preferita e guardava il calcio alla televisione. Mentre Susan proseguiva, Lily si fermò alle spalle dell’uomo per poi chinarsi in avanti e dargli un bacio sulla guancia.

« Ciao, papà ».

« Lily! » esclamò Mike, raddrizzando la schiena e girandosi verso di lei. « Quando sei tornata? »

Lei fece per rispondere, ma sua madre si sporse dalla porta della cucina per guardare storto suo padre e parlare al posto suo.

« Se il volume della televisione fosse stato un po’ più basso adesso sapresti che è appena rientrata » lo rimproverò, alzando gli occhi al cielo. « Quante volte dovrò ripeterti di non mettere un volume tanto alto, Mike? »

L’uomo sbuffò, facendo ridacchiare Lily, che d’altro canto era come sempre divertita dall’usuale battibecco serale tra i suoi genitori. 

« Va bene, Susie, ora abbasso il volume » disse semplicemente suo padre, prima di fare una smorfia senza che Susan lo vedesse e facendo ridere ancora sua figlia.  

Lily gli posò la mano sulla spalla, stringendola appena, prima di avviarsi a sua volta in direzione della cucina. Trovò sua madre che già armeggiava dietro ai fornelli, regolando il fuoco sotto la padella.

« Come se fossimo tutti sordi, in questa casa » si stava lamentando a bassa voce Susan, anche se dal suo tono Lily intuì che anche lei era divertita da quei piccoli battibecchi.

Lily si andò a sedere al bancone, posando i gomiti su di esso e reggendosi la testa con entrambe le mani.

« Ti va bene del petto di pollo, tesoro? » 

« Va benissimo » rispose lei, lanciando un’occhiata alla finestra, fuori dalla quale la luna splendeva alta in cielo.

Qualche minuto dopo sua madre le mise di fronte un piatto pieno di cibo, le posate e un bicchiere, prima di iniziare a sciacquare le altre stoviglie sporche.

« Come mai hai fatto tardi? » le domandò, alzando un po’ la voce per sovrastare lo scrosciare dell’acqua del rubinetto. 

« Te l’ho detto, mamma, ho avuto un contrattempo » si limitò a rispondere lei.

Cercò in tutti i modi di non ripensare a ciò che aveva passato quel giorno, ma l’immagine di James sdraiato sull’asfalto tornò ad affollare i suoi pensieri nel giro di pochi secondi. Improvvisamente l’idea di mangiare qualcosa non le sembrò la migliore, vista la stretta alla bocca dello stomaco che avvertiva in quel momento. 

Il flusso dei suoi pensieri venne però interrotto da Susan, che chiuse improvvisamente l’acqua e si girò verso di lei, le mani ancora strette attorno ad un piatto e le sopracciglia inarcate.

« Non sono stupida, Lily » la rimproverò, facendola sentire come una bambina che viene beccata a fare qualcosa che non avrebbe dovuto. « Che ti sei fatta al polso sinistro? »

Lily abbassò immediatamente lo sguardo sul proprio polso, ricordandosi della fasciatura solo in quel momento e dandosi dell’idiota per non essersene ricordata prima. 

« Sono caduta mentre giocavamo a Quidditch » rispose dunque, usando la prima scusa che le venne in mente.

L’espressione di sua madre passò dal severo al perplesso.

« Non è quel gioco sulle scope? »

« Sì, è quello ».

« Non hai più paura delle altezze? » domandò Susan, sempre più confusa. 

Lily si maledisse silenziosamente, limitandosi però a stringersi nelle spalle con nonchalance. 

« Non troppa » mentì, pensando tra sé e sé che mai sarebbe salita su una scopa ancora una volta. « Mi stavano insegnando, però sono caduta ».

« La solita sbadata… » commentò sua madre, sciogliendosi in un sorriso prima di asciugarsi le mani. « Io vado un po’ di sopra, Petunia voleva farmi vedere alcuni tessuti ».

Lily annuì, lasciando che Susan le desse un bacio sulla guancia prima di allontanarsi e salire al piano di sopra.

Non appena fu certa che sua madre fosse sufficientemente lontana, si lasciò andare ad un sospiro a metà tra lo sconforto e il sollevato. 

Era contenta di averla scampata, per quella volta, ma sapeva che prima o poi la verità sarebbe saltata fuori e la situazione sarebbe degenerata.

Non parlare ai suoi genitori della guerra magica era stata una scelta dettata da motivi nobili, come il non volerli far preoccupare eccessivamente per qualcosa che non avrebbero mai potuto cambiare, ma anche da motivi egoistici: sapeva bene, infatti, che se i suoi genitori fossero venuti a conoscenza di ciò che stava succedendo nel Mondo Magico non le avrebbero mai permesso di tornare ad Hogwarts. E l’idea di dover lasciare la scuola, l’idea di dover tornare a vivere a casa con Petunia, l’idea di non rivedere mai più i suoi amici - tutto ciò era semplicemente troppo, per una ragazza che aveva dovuto prendere una decisione del genere all’età di quindici anni.

Con il passare del tempo e il peggiorare della situazione, tuttavia, a tutto ciò si era aggiunta la paura di coinvolgerli in qualcosa di più grande - troppo più grande - di loro e rischiare di metterli in pericolo. Dopotutto, sapeva bene che solo trascorrendo le vacanze lì rischiava molto, ma sapeva che i suoi non le avrebbero mai permesso di andarsene da casa senza prima aver dato loro una vera ragione. 

Sospirò, provando ancora una volta a mangiare e non riuscendovi. Buttò gli avanzi nella pattumiera, sperando che sua madre non se ne accorgesse, prima di sciacquare il piatto e dirigersi finalmente verso le scale. 

« Ah, sei tornata ».

Non appena mise piede nel corridoio del piano superiore sentì la voce di Petunia, la quale era in piedi sull’uscio della propria camera e la guardava con apatia, come se non fosse sua sorella la ragazza a cui si stava rivolgendo. 

« Anche a me fa piacere rivederti, Petunia » rispose Lily, ironica, passandole davanti senza neanche guardarla.

« Il piacere è tutto tuo » commentò a mezza voce l’altra, girandosi e chiudendosi la porta alle spalle.

Lily fece finta di non aver neanche sentito, troppo assorta nei propri pensieri perché le parole di Petunia potessero ferirla quanto avrebbero fatto di solito. Preferì affrettare il passo e raggiungere la propria camera nel minor tempo possibile. 

Le pareti erano ancora dello stesso lilla chiaro di quando era piccola e la mensola sopra al letto era occupata dalla sua collezione di peluche; la scrivania era in disordine come al solito, con libri aperti e pergamene scritte a metà. 

In quella piccola stanza, circondata sia da oggetti appartenenti alla sua infanzia sia oggetti della sua adolescenza, Lily si sentì finalmente in pace. Quello era l’unico posto dove potessero coesistere la se stessa strega e la se stessa babbana, l’unico posto dove potesse essere davvero, davvero la persona che era.

Si lasciò cadere sul letto e iniziò a contemplare il soffitto, prima di spegnere la luce e rimanere sola con i propri pensieri per l’ennesima volta nell’arco di quella giornata.

Lì, in quel preciso momento, Lily si chiese quando avrebbe smesso di avere paura.

 

*

 

« Salve, signorina » disse Milly, uno degli elfi domestici di casa MacDonald, dopo aver osservato per qualche secondo la ragazza in piedi fuori dal portone. « Milly come può aiutarla? »

« Io… io dovrei vedere Mary ».

L’elfo annuì. 

« Milly va a subito a chiamare la signorina Mary » annunciò, prima di scomparire con un sonoro crack.

In piedi sulla soglia, Lily spostò ripetutamente il proprio peso da una gamba all’altra cercando di tenera a bada il proprio nervosismo. 

Sapeva di aver preso quella scelta in poco tempo, ma non ce la faceva a trascorrere gli ultimi giorni di vacanze a casa propria facendo finta che non fosse successo nulla. 

Ad interrompere lo scorrere dei suoi pensieri fu il rumore di passi che rimbombò per l’atrio di fronte a lei; poco dopo, infatti, Roger MacDonald comparve ai piedi delle scale e, non appena la vide, accelerò il passo e le si fece incontro. 

« Lily! » esclamò lui, sorpreso, una volta che le fu abbastanza vicino, notando poi il baule accanto a lei. « Mary non mi aveva detto che saresti venuta ».

« A dire il vero Mary non sa nulla » ammise la ragazza, consapevole del rossore che le aveva imporporato le guance. « È… è una faccenda un po’ complicata ».

Roger annuì e, prima che lei potesse dire altro, chiamò di nuovo l’elfo domestico, che comparve nel giro di pochi secondi.

« Milly, per favore, porta il baule di Lily nella camera degli ospiti » disse, e Milly se ne andò insieme al bagaglio così come era arrivata. « Vieni, Lily. Mary dovrebbe essere ancora in camera, si stava preparando per fare qualcosa se non sbaglio » aggiunse poi, spostandosi dalla porta per farla entrare e accompagnandola verso le scale.

« Va bene » fece lei, girandosi poi verso di lui. « Scusate se mi sono presentata così all’improvviso ».

« Figurati, tanto questa casa è troppo grande per solo quattro persone » rispose Roger, sorridendole. « E poi, si tratta solo di tre giorni ormai ».

« Non faccio che contare i giorni che mancano al ritorno… » disse infatti Lily, abbozzando un sorriso laconico. 

« Posso immaginare » commentò lui. « Io adesso devo uscire, ma a questo punto penso ci rivedremo stasera ».

« Certo. A dopo! »

« A dopo, Lily » la salutò Roger, prima di avviarsi verso l’appendiabiti accanto alla porta d’ingresso per indossare il proprio cappotto ed uscire. 

Una volta sola, lei salì le scale e si incamminò verso la penultima camera del corridoio, quella di Mary. Bussò per educazione e poi girò la maniglia, aprendo la porta ed entrando.

La stanza era molto spaziosa ed era dominata da un grande letto a baldacchino a due piazze dalle trapunte blu scuro. Sotto un’ampia finestra che dava sul giardino posteriore della villa c’era una scrivania di mogano, accanto alla quale faceva bella mostra di sé un’alta libreria. La parete di fronte al letto, invece, era dominata da un armadio molto grande, anch’esso di mogano. 

« Lily? » domandò Mary, sorpresa, non appena la vide.

Lei abbozzò un sorriso, stringendosi appena nelle spalle. 

« Cosa ci fai qui? »

« Non posso venire a vedere come sta la mia migliore amica? » ribatté Lily, evitando accuratamente di rispondere alla domanda che le era stata posta.

Mary, in piedi vicino al letto ed intenta a frugare all’interno di una borsa, alzò gli occhi al cielo e lasciò perdere ciò che stava facendo per farlesi incontro e abbracciarla. La gamba era totalmente guarita, ma era evidente che non riuscisse ancora a camminare troppo velocemente. 

« Stavi uscendo? » le chiese poi la rossa, guardandola bene da capo a piedi.

L’altra indossava dei pantaloni blu un po’ larghi di tessuto e sopra una felpa grigia decisamente troppo grande per il suo fisico esile, perciò poteva tranquillamente essersi vestita a quel modo per rimanere a casa, ma le scarpe ai suoi piedi indicavano chiaramente la sua intenzione di uscire: Lily, infatti, sapeva bene che Mary girava scalza per casa.

« Veramente sì, stavo per andare a casa di James » rispose. « Dovrebbe essere stato dimesso dal San Mungo meno di un’ora fa ».

« Oh… » esalò Lily, non sapendo bene cosa aggiungere.

« Ma dai, Lily, non ti preoccupare! » esclamò Mary, posandole una mano sull’avambraccio e cercando i suoi occhi. « Sono sicura che gli farebbe piacere vederti! Questa mattina sono andata a trovarlo, finalmente, e mi ha raccontato cosa vi è successo… »

« Non lo sapevi? » domandò la rossa, alzando di scatto lo sguardo su di lei.

« No » rispose Mary, scuotendo la testa. « Da quando mi hanno dimessa i miei non mi hanno fatto mai uscire di casa, e per stare tranquilli si organizzavano in modo da non lasciarmi mai sola » .

« Come mai sono diventati così appresivi, tutto a un tratto? »

« Probabilmente si erano preoccupati per quello che gli avevano detto i Medimagi… » considerò l’altra, stringendosi nelle spalle prima di avviarsi verso lo specchio a muro vicino al letto. 

Nel sentire quelle parole, l’espressione di Lily si fece prima pensierosa e poi preoccupata. Si girò di scatto verso l’amica, studiandola. 

« Cosa gli avevano detto i Medimaghi? » domandò cauta, parlando lentamente. 

Mary si stava legando i capelli in una coda alta, ma la rossa vide chiaramente le sue mani fermarsi improvvisamente tra i capelli, come se avesse realizzato solo in quel momento di aver parlato troppo.

« Niente di importante » disse Mary, liquidando il discorso e riprendendo a sistemarsi i lunghi capelli per poi legarli con un elastico. « Probabilmente i miei erano ancora spaventati per l’attacco e tutto il resto ».

« Mary… » cominciò Lily, ma l’altra la interruppe e si girò di scatto verso di lei.

« Be’, adesso direi che si sta facendo tardi, ci conviene avviarci » esclamò. « Tu devi cambiarti o altro? »

Lily fece per riprendere il discorso di prima, ma dallo sguardo di Mary capì che almeno per quel momento non ne voleva parlare. 

Si limitò dunque a sospirare pesantemente e dare un’occhiata ai propri vestiti: indossava dei semplici jeans e un maglione nero, ma visto che anche Mary si era messa degli abiti comodi non ci sarebbero dovuti essere problemi. 

« No, tanto sono uscita di casa da poco » rispose lei, stringendosi nelle spalle.

La mora annuì, precedendola dunque fuori dalla stanza e giù per le scale e Lily la seguì fino al salone principale. 

Quella parte della casa era veramente molto spaziosa, con grandi finestre che davano sul paesaggio circostante e un caminetto di fronte al quale erano stati posizionati due larghi divani e un paio di poltrone; da un lato del salone, inoltre, vi era un bellissimo pianoforte a coda nero, mentre dall’altro lato c’era un piccolo angolo lettura, dal momento che la biblioteca era nella stanza accanto.

Lily la guardò prendere con la mano un po’ di polvere volante ed entrare all’interno del camino.

« James abita a Godric’s Hollow. Sai usare la Metropolvere, no? » le chiese, e quando l’altra annuì lei lanciò la polvere a terra. « Casa Potter, Godric’s Hollow! » 

La rossa la guardò sparire tra le fiamme verdi, prima di sistemarsi anche lei all’interno del camino e ripetere le sue stesse azioni. 

Si ritrovò improvvisamente in un altro salotto, spazioso anch’esso ma molto più rumoroso. 

Sui divani a pochi metri dal camino, infatti, Lily riconobbe subito tutti i Malandrini e Mary. Quando anche loro si avvidero della sua presenza, tuttavia, lei sperò di non essere arrossita: odiava trovarsi al centro dell’attenzione in quella maniera.

« Lily? » 

Lei annuì appena, incrociando immediatamente lo sguardo di chi le aveva rivolto la parola. 

James era seduto su una poltrona, i capelli sparati come al solito in tutte le direzioni e gli occhiali storti sul naso. A vederlo così, complici la maglietta grigia a maniche lunghe e i pantaloni neri della tuta che indossava, le venne quasi da ridere. 

« Sorpresa? » fece lei, sollevando leggermente le spalle e piegando le labbra in un sorrisino. 

« Andiamo, Evans, non riesci più a starmi lontana? » domandò improvvisamente Sirius, attirando così la sua attenzione.

Lily alzò gli occhi al cielo trattenendo una risatina.

« Mi hai scoperta, Black » rispose lei con tono fintamente sconvolto, portandosi una mano davanti alla bocca per dare drammaticità alla scena.

« Questo perché sono troppo intelligente » ribatté il ragazzo pavoneggiandosi.

« Certo, come no » commentò Remus, alzandosi dal divano su cui era seduto per andare a salutarla con due baci sulla guancia. « Ciao, Lily ».

« Ehi, Rem » lo salutò lei di rimando, facendo la stessa cosa con Peter prima di avvicinarsi a James, che si era alzato in piedi per poterle dare due baci sulla guancia.

Nessuno dei due lo vide, ma, a pochi passi da loro, Sirius fece finta di vomitare, beccandosi così una gomitata nelle costole da parte di Mary. 

« Come stai? » chiese Lily una volta che James l’ebbe salutata come si deve.

« Sono stato meglio » rispose lui, stringendosi nelle spalle. « E tu? »

« Sono stata meglio » ripeté lei, arricciando appena le labbra e ricevendo in cambio un sorriso caldo e rassicurante. 

« Oh, siediti dove vuoi » le disse poi, indicando i due divani lì vicino e tornando a sedersi sulla propria poltrona. 

Lei non se lo fece ripetere due volte, andandosi a sistemare accanto a Remus sul divano più vicino a James. Mary si era già seduta sul divano di fronte al loro insieme a Sirius, mentre Peter si era messo a terra, le gambe allungate in avanti e la schiena appoggiata vicino alle gambe di Remus.

« Di cosa stavate parlando prima che arrivassimo? » domandò Mary, giocando con la propria coda. 

« Stavamo parlando male di te » le rispose Sirius a tono. « Dov’eravamo rimasti? Agli sbalzi d’umore? Alla voce stridula? O alla risata fastidiosa? » aggiunse poi, fingendosi pensieroso e facendo ridere gli altri.

« Ehi! » protestò Mary, girandosi verso di lui con il busto e colpendolo col pugno sulla spalla. « Io non ho la voce stridula e non ho una risata fastidiosa! »

« Quindi ammetti di avere degli sbalzi d’umore… » commentò Peter, e se possibile gli altri risero ancora di più.

« Scusate, non pensavo ci trovassimo al Prendiamo-In-Giro-Mary-Festival » sbuffò Mary, infastidita, sprofondando nei cuscini del divano. 

« Bun, non ti stiamo prendendo in giro » venne in suo soccorso James, sorridendole affabile. « Se volessimo prenderti in giro tireremo fuori quella volta che sei scivolata dalla scopa e sei finita nelle aiuole fuori in giardino! »

Lily, Peter, Remus e Sirius scoppiarono a ridere, mentre Mary spalancò la bocca, allibita.

« Questa penso di essermela persa » commentò Lily, tenendosi la pancia dalle risate e appoggiandosi allo schienale del divano. 

« Non ti ci mettere anche tu » l’ammonì l’altra, guardandola storto. 

Lily alzò le mani in alto in segno di pace, ma gli altri sembravano non essere particolarmente d’accordo.

« Attenta, Lily, non farla arrabbiare o potrebbe cercare di avvelenarti con le sue lasagne… » disse Peter, ricordando la prima volta che la ragazza aveva provato a cucinare quella specialità italiana ma aveva sbagliato ingredienti, mettendo il latte al posto della besciamella e lo zucchero al posto del sale. 

« Oddio, quella era veramente tremenda » esclamò Remus, cercando inutilmente di nascondere l’ennesima risata dietro la mano.

« Faceva talmente schifo che ho rimosso il ricordo del suo sapore » disse invece James.

« Eh, beato te » ribatté Sirius con una smorfia. « Io ricordo molto bene la corsa verso il water per vomitare ».

« I dolci però le vengono bene » commentò Peter soprappensiero, ripensando anche ai biscotti che lei aveva preparato per il giorno dopo Natale.

« Ecco, forse dovrebbe limitarsi a quelli » rispose James, girandosi poi verso l’amica giusto in tempo per ricevere un cuscino dritto in faccia. « Ehi, non puoi prendertela con l’infortunato! »

« Be’, così l’infortunato impara! »

« Sei proprio senza cuore » disse James, scuotendo la testa fingendosi contrariato. « Pensa te chi ti sei preso, Pad… »

« Eh, a volte mi chiedo perché abbia fatto questa stronzata » rispose Sirius, scherzando.

Mary in tutta risposta lo guardò malissimo e si dimenò per allontanarsi da lui, ma il ragazzo ridacchiò e strinse la presa su di lei così da non lasciare che si scostasse. Provò dunque a baciarla, ma lei spostò il viso di lato per impedirglielo; tuttavia anche lei iniziò a divertirsi e dopo qualche secondo, stringendo il tessuto del suo maglione tra le dita, lasciò che lui posasse le labbra sulle sue.

« Avete intenzione di fare sesso sul mio divano? Davvero? » sbottò James, leggermente schifato: Mary era ancora Mary e il modo in cui Sirius la toccava lo metteva sempre un po’ a disagio.

Sirius si staccò dalla ragazza, tornando a sedersi correttamente ma senza lasciare la propria presa sui fianchi di lei. 

« Che c’è, puoi farlo solo te? » scherzò con un ghigno.

« E se fosse? » ribatté James, reggendogli il gioco, prima di pensare al fatto che Lily fosse seduta a neanche due metri da lui e stava ascoltando tutto. 

Rendendosene conto, desiderò ardentemente di poter prendere a testate il muro fino a perdere coscienza; sapendo di non poterlo fare, però, decise di far finta di niente e non guardarla. Ovviamente non vi riuscì e il suo sguardo si posò irrimediabilmente su di lei, stupendosi nel vederla con le guance un po’ arrossate, sì, ma divertita.

« Ma se non hai neanche la ragazza! »

« E questo cosa c’entra? »

« Ho capito che sei a secco da un po’, ma certe cose si fanno in due, nel caso tu te lo sia dimenticato! » 

James fece per ribattere, ma dopo l’ultimo commento di Sirius non trovò il coraggio di dire qualcosa. Peter, Mary e Remus erano scoppiati a ridere subito, ma la cosa che più lo sorprese fu sentir ridere anche Lily. 

Quando gli altri se ne vanno lo uccido, maledetto Padfoot!

« Capisco che abbiate diciotto anni, ma avete entrambi la vostra stanza e gradirei che usiate quelle e non i miei divani » disse l’ultima voce che sia James sia Sirius avrebbero voluto sentire in quel frangente. 

Tutti e sei i ragazzi si girarono verso la scalinata d’ingresso, notando solo in quel momento l’arrivo di Euphemia Potter in persona. Le sopracciglia scure erano aggrottate e la bocca storta in una piccola smorfia, ma James era sicuro di non essersi immaginato il luccichio divertito nei suoi occhi. 

« Mamma… » cominciò James, gli occhi spalancati e poche parole da dire. 

« Non è come sembra! » esclamò Sirius quasi contemporaneamente, allontanando subito le proprie mani dal corpo di Mary e sedendosi a un po’ di distanza. 

« Ah, no? » domandò Euphemia, e il suo sopracciglio sinistro salì ancora più in alto.

« No! » risposero quasi in coro i due ragazzi, scatenando l’ilarità generale. 

« Questa è tutta colpa tua! » sbottò James, passandosi una mano tra i capelli neri e arruffandoli ancora di più.

« Mia? » ribatté Sirius, allibito. « Sei tu che sei geloso! »

« Geloso? E di cosa? » domandò l’altro, guardandolo con scetticismo.

« Del fatto che io ho una fidanzata bellissima e tu invece sei solo come un cane ».

James aprì la bocca, pronto a ribattere, ma quando si rese conto di ciò che aveva detto l’altro non riuscì a fare altro oltre scoppiare a ridere, seguito a ruota da Mary, Remus e Peter.

Lily osservò la scena con un sorrisino divertito sulle labbra, ma senza dire nulla dal momento che non aveva capito molto bene cosa ci fosse di così divertente nella frase di Sirius. Quest’ultimo, d’altro canto, li aveva guardati tutti male prima di spalancare gli occhi e, subito dopo, alzarli al cielo.

« Io vi odio tutti » si limitò a dire, incrociando le braccia al petto ed assumendo un’espressione da prima donna. 

« E io che pensavo di avere a che fare con due diciottenni… » commentò Euphemia, roteando gli occhi. « A quanto pare sono rimasti fermi ai nove anni ».

« Mamma! » 

« Euphemia! »

« è colpa di Sirius! »

« Cosa? Non è vero! è colpa di James! »

« Smettila! »

« Smettila tu! »

« Hai cominciato tu! »

« Non è affatto vero! »

« E io che ho detto? » domandò retoricamente Euphemia, avvicinandosi al gruppo di ragazzi e dando uno scappellotto sia a James che a Sirius. « Due bambini ».

« Pensi a noi che dobbiamo sopportare scene del genere ogni giorno, Euphemia… » disse Peter, guardando divertito la scena e facendo sorridere tutti meno che i diretti interessati.

« Ne riparleremo, Worm » commentò a bassa voce James, guardandolo storto.

« Aspetta che torniamo ad Hogwarts, Pet » sussurrò invece Sirius, imbronciato, a pochi secondi di distanza.

« Quante volte devo dirtelo, Peter? Dammi del tu! » esclamò invece Euphemia, senza dare retta agli ultimi due commenti. 

Peter si strinse nelle spalle, un po’ in imbarazzo, guadagnandosi un altro sorriso da parte della signora Potter. 

« Mary, tesoro! » trillò poi, avvicinandosi alla ragazza e abbracciandola non appena quella si fu alzata. « Come stai ora? Tua madre era così preoccupata quando l’ho incontrata! »

« Ora sto bene, per fortuna » rispose lei, lasciandosi dare un pizzicotto sulla guancia e ridacchiando. « Anche i miei si sono calmati, adesso ».

« So bene lo spavento che si sono presi… » commentò la donna, sospirando. « Ma l’importante è che tu stia bene, ora! Che tutti voi siate bene! » aggiunse, girandosi verso gli altri e notando solo in quel momento la presenza di Lily, che era rimasta in silenzio tutto il tempo. « Oh, Lily, ci sei anche tu! »

 « Voi due vi conoscete? » domandò James, sorpreso.

Euphemia non gli diede retta, mentre la ragazza gli lanciò un’occhiata leggermente imbarazzata e un sorriso appena accennato. 

« Salve, signora Potter » disse la rossa, alzandosi dal divano e porgendole la mano. « Come sta? »

« Oh, ora che quello scapestrato di mio figlio è di nuovo a casa sto molto meglio! » rispose la signora Potter con lo stesso tono che avrebbe usato se stesse svelando chissà quale segreto, ma senza curarsi di abbassare la voce e facendo dunque alzare gli occhi al cielo a James. « Ma ti prego, chiamami pure Euphemia ».

« Va bene, Euphemia » concesse Lily, sorridendole affabile e tornando a sedersi quando la donna si allontanò da lei per dare un bacio sulla testa al proprio figlio.

« Ho detto a Winky di preparare del tè e portare dei biscotti per tutti quanti, va bene? » domandò ai ragazzi, raddrizzandosi. 

« Ma non doveva disturbarsi! » esclamò Lily.

« Oh, cara, nessun disturbo! » rispose la donna, gioviale. « Abbiamo così tanti elfi domestici in casa! Non penso dovrebbe metterci molto, ad ogni modo. Io stavo uscendo per andare a trovare Bathilda, ci vediamo dopo, ragazzi » aggiunse, accingendosi a salutarli tutti uno ad uno.

Una volta che la donna fu uscita, i ragazzi ripresero a parlare del più e del meno in attesa dell’arrivo di Winky.

« Hai un elfo domestico? » domandò Lily a bassa voce a James, mentre gli altri parlavano tra di loro.

« Ehm… più di uno, veramente » rispose lui, un po’ in imbarazzo.

« Quanti? »

« Be’, ci sono Winky, Eltas, Olly… E poi ci sono anche Naimi, Binny e Linny » contò James, pensandoci su e tenendo il conto con le dita. « Sei in totale ».

« Wow… » commentò semplicemente lei, sgranando leggermente gli occhi prima di riportarli su di lui e aggrottare le sopracciglia. « Ma è legale? »

James rimase in silenzio per una manciata di secondi così da metabolizzare ciò che lei aveva appena detto, e poi scoppiò a ridere. Lily arrossì leggermente e piegò le labbra nella solita smorfia che assumeva quando si trovava in imbarazzo e che lui trovava assolutamente deliziosa. 

« Sì, certo che sì! » rise James. « Perché me lo chiedi? »

« Be’, sei elfi domestici sono tanti! » si giustificò lei, mentre il colore della sua pelle tornava normale. « A cosa vi servono? »

« Diciamo che sei sono anche troppi, ma ormai siamo affezionati a loro e viceversa, perciò… » rispose lui, stringendosi nelle spalle. « Ad esempio, Winky è il mio elfo domestico da quando sono piccolo. Era lei che, quando ce n’era bisogno, si prendeva cura di me. Binny e Linny cucinano, Olly ed Eltas si occupano del giardino, mentre Naimi è l’elfo di mia madre ».

« Addirittura due elfi per un giardino? » chiese, un po’ perplessa.

« Diciamo che piuttosto grande, ecco » si limitò a rispondere lui, facendo una smorfia e decidendo di restare un po’ sul vago.

« Cosa è piuttosto grande? » s’intromise Sirius, guardandoli confabulare con un sorrisetto malizioso e portando così l’attenzione degli altri su di loro.

« James? » fece Remus, pensando subito male.

« Davvero…? » si aggiunse Peter, mentre Mary sembrava non sapere se volersi mettere a ridere o piangere.

« No! » esclamò James, sentendosi le guance in fiamme e sbuffando pesantemente. « Parlavamo del mio diamine di giardino! Ma davvero pensate che stessi parlando di una cosa del genere? Davvero? »

« Non si sa mai… » rispose Peter, facendo definitivamente scoppiare a ridere Mary. 

« E il tuo giardino sarebbe piuttosto grande? » domandò Sirius, inarcando le sopracciglia. « Di’ pure gigantesco ».

« Effettivamente non riesco a pensare ad un aggettivo che possa far capire quanto sia grande il giardino di questa casa » disse Remus, pensieroso, grattandosi il mento. 

« Non credo neanche che esista, un aggettivo adatto » convenne Mary, sistemandosi contro il petto di Sirius.

« È davvero così grande? » domandò Lily, allibita, lanciando un’occhiata a James, il quale si strinse nelle spalle.

« Diciamo che potrebbe tranquillamente entrarci un campo da Quidditch » rispose Peter al posto del proprio amico. 

  • Eh?! » esclamò la rossa.

« Non è così grande » disse James. « Vuoi vederl0? » aggiunse poi, pensando che, tutto sommato, stare un po’ da solo con lei gli avrebbe fatto piacere. 

« Sei sicuro? » gli domandò lei, guardandolo con apprensione. « Sei appena tornato a casa… » 

« Sto bene, posso fare due passi in veranda » rispose lui, roteando gli occhi. 

« Ma non fa freddo? » chiese ancora Lily, facendolo sorridere.

« Puoi prendere la mia giacca, tranquilla » disse James, alzandosi dalla poltrona e porgendole la mano destra per aiutarla a fare lo stesso.

« E tu? » 

Il ragazzo ci pensò un attimo su, prima di stringersi nelle spalle con noncuranza.

« Prenderò quella di Sirius, nessun problema ».

« Sirius non ha voce in capitolo a tal proposito? » chiese il diretto interessato, alzando la voce per farsi sentire dal momento che i due si erano alzati e si stavano dirigendo verso l’appendiabiti. 

« Sirius non ha mai voce in capitolo » rispose James con un sorriso, ricevendo in cambio un gestaccio da parte del proprio migliore amico. « Grazie, Pad! » esclamò poi, afferrando la giacca dell’altro e indossandola. 

Dopodiché prese la propria dall’appendiabiti e la porse a Lily, la quale l’accettò con un sorriso riconoscente e la indossò: le stava piuttosto grande, larga sulle spalle e lunga su braccia e busto, e l’insieme la faceva sembrare ancora più piccola. 

Guardandola, James non riuscì a trattenere una risatina. 

« Sono tanto buffa? » chiese Lily arricciando appena il naso. 

« Un po’ » ammise il ragazzo, alzando le mani per cercare di sistemarle la giacca sulle spalle. 

Lei rise, con quella sua risata lieve, e James sentì uno strano calore espandersi all’interno del proprio petto. 

« Vieni, per uscire dobbiamo andare da questa parte » le disse, prendendole istintivamente la mano con la propria. 

Lily annuì senza dire nulla e piegò gli angoli delle labbra ancora un po’ più verso l’alto.

« Sbrigatevi, perché se i biscotti arrivano io non vi aspetto per mangiarli! » sentirono urlare a Sirius mentre si avviavano lungo il corridoio principale. 

« Neanche io! » si aggiunse la voce di Remus, con le risate di Mary e Peter in sottofondo. 

James rise e scosse la testa, lanciando poi un’altra occhiata alla ragazza vicina a lui; Lily continuava a guardarsi intorno con aria attenta, come se volesse imparare a memoria le varie porte e stanze di quell’ala della casa. 

Lui la condusse fino alla grande porta che dava sulla veranda, unica parte coperta del giardino. Una volta aperta la porta l’aria fredda li colpì in pieno, facendoli rabbrividire. 

James si spostò dall’entrata, andandosi a sedere sul parapetto della veranda, e mettendosi a guardare Lily: i suoi occhi erano vigili e scrutavano con attenzione il panorama, stupefatta. 

Quel giardino non era solo enorme, ma era anche dannatamente bello. Sebbene fosse tutto bianco a causa della neve che era caduta negli ultimi giorni, c’erano tantissimi alberi alti e possenti e, ne era quasi sicura, le sembrava di vedere un laghetto non troppo lontano. 

« Che ne dici? » le domandò il ragazzo dopo alcuni minuti trascorsi nel silenzio più assoluto.

« è bellissimo, James » mormorò lei, avvicinandosi a lui e continuando a guardare il giardino. 

Si girò anche lui in modo da potersi appoggiare al parapetto con i gomiti, perdendosi con lo sguardo in tutto quel bianco. 

« Quando ero piccolo passavo tutto il mio tempo qui fuori » le disse a bassa voce, come se le stesse rivelando un qualche segreto. « Mamma si arrabbiava ogni giorno perché quando rientravo ero sempre sporco di terra o di neve o di chissà cosa, e allora se la prendeva con papà perché diceva che era colpa sua se ero così indisciplinato » aggiunse, sorridendo lievemente al ricordo.

Lily rimase in silenzio qualche secondo, non sapendo bene cosa dire in una circostanza del genere. Azzardò un’occhiata, rendendosi così conto del fatto che gli angoli della sua bocca erano leggermente rivolti verso l’alto. 

« Ti manca? » domandò prima che riuscisse a fermarsi.

« Tutti i giorni » rispose James con un sospiro, avvertendo un brivido attraversarlo da capo a piedi - e non per il freddo. « Qui ogni cosa, in un modo o nell’altro, me lo ricorda, e io non so ancora dire se sia una cosa bella o brutta ».

Lily sorrise lievemente, allungando poi il braccio che sfiorava quello di James per posare la propria mano su quella di lui. Non disse nulla, lasciando che i propri gesti parlassero per lei e gli facessero capire che, in ogni caso, lei era lì per lui. 

« Ti sarebbe stato simpatico » le disse, sviando un po’ il discorso. 

« Ah, sì? » fece lei, lanciandogli un’occhiata incuriosita. « E io? Gli sarei piaciuta? »

« Oh, ti avrebbe adorata » rispose James, abbozzando una risatina. 

« Perché? »

« Sei stata l’unica ragazza che mi abbia mai tenuto testa e che abbia avuto il coraggio di duellare con me » disse lui come se fosse ovvio. « Tu non hai idea di quante volte mi abbiano preso in giro gli altri per questo… si divertono soprattutto a ricordare quella volta in cui mi hai lanciato contro un Mangia Lumache ».

Lily si ritrovò a ridere di cuore, ripensando a quando, al loro terzo anno, James aveva fatto l’ennesimo commento sul fatto che lei avesse come migliore amico un “viscido Serpeverde” e lei, per vendetta, gli aveva scagliato contro quella fattura.

« Anziché preoccuparti di quanto sia viscido Severus, forse faresti bene a preoccuparti di quanto sia viscido ciò che sta uscendo ora dalla tua bocca » gli aveva detto, guardandolo con sufficienza prima di andare via. 

« Il giorno dopo Mary mi ha messo dei ragni nel letto per farmela pagare » gli ricordò Lily, scuotendo la testa.

« Be’, che ti aspettavi? » le chiese con un sorrisetto. « È praticamente mia sorella » aggiunse, e lo disse con un tono talmente dolce che Lily non poté che sorridere.

« Voi due avete un rapporto bellissimo » disse lei con un sospiro lieve.

« Siamo cresciuti insieme, i nostri genitori si conoscono da una vita. Ho passato tutta la mia vita con lei al mio fianco » sorrise lui, pensando a tutti gli anni trascorsi con la propria migliore amica. « Non saprei neanche spiegare quanto bene io le voglia ».

« Non c’è bisogno che tu lo spieghi: lo si capisce immediatamente, anche solo da come vi guardate o parlate tra di voi ».

James girò il viso verso di lei, studiandola con curiosità prima di piegare per l’ennesima volta le labbra in un piccolo ghigno.

« Che fai, mi spii? » le domandò, scherzoso.

« Ti piacerebbe » rispose lei, pungente, ricambiando il sogghigno. 

Lui rise e scosse la testa, riportando poi lo sguardo sulla distesa innevata di fronte a loro. Senza dire nulla, Lily lasciò che il silenzio tornasse su di loro prima di appoggiare a sua volta i gomiti sul parapetto e posare la testa sulla spalla di James, sempre senza dire niente. 

« Sono contenta che tu sia qui » gli disse dopo un po’, sicura del fatto che stesse sorridendo. 

« Avevi paura che ti lasciassi da sola, Evans? »

« Oh, ti sarei venuta a cercare, Potter » rispose lei, senza muoversi di un millimetro. « Non ti avrei permesso di lasciarmi fare da sola il lavoro di due Caposcuola ».

E Lily non seppe spiegarsi perché, ma la risata di James sembrò spazzar via tutte le paure che l’avevano tormentata in quei giorni.

 

Note:

Ehilà! 

Che dire, se non che questo capitolo è stato un parto? O meglio, si scriveva da solo, ma è stato lunghiiiiissimo. Conta 28 pagine, contro le 16 del precedente e le 10-11 di tutti gli altri capitoli XD Sono ancora sconvolta, sappiatelo. 

Devo ammettere che scrivere un capitolo così lungo, però, mi è piaciuto molto, perciò spero di riuscire a mantenere una lunghezza decente anche nei prossimi! E, anzi, sto già risistemando tutti i capitoli prima di Natale :) Contate però che più sono lunghi i capitoli, più tempo ci vuole per scriverli, eh! Ve lo dico perché se davvero continuassi a scrivere capitoli di questa lunghezza (o di più, se mai dovesse capitare) vorrebbe dire aspettare almeno 2 settimanelle tra un capitolo e un altro. Diciamo che mi sembra un buon compromesso, però :) Che ne dite? (Contando anche l’università e il fatto che a novembre ho già i primi parziali #alessiasfigata) 

Sul capitolo in sé… be’, cosa dire? 

Intanto, vorrei fare un commento sul titolo… “e invece ho paura” è il titolo di una storia sui Malandrini che era stata cominciata da quella che allora era una delle mie più care amiche di efp, Wynne_Sabia. Ormai Wynne non frequenta più questo sito, ma ci tenevo a ricordarla :) 

Ormai penso abbiate capito tutti che io amo scrivere scene tra Sirius e Lily, non chiedetemi neanche perché XD Li amo troppo, hanno questo rapporto amore-odio in cui nessuno dei due vorrebbe ammetterlo ma l’altro è l’unico in grado di capire al 100% ciò che provano. E poi i loro discorsi possono sempre sfociare nell’angst e io amo l’angst, perciò facciamo 2+2 e lasciamo che Alessia sguazzi nell’angst… 

E Lily e James? Siete contenti? Per quei due testoni questi sono dei passi da gigante :) E vabbeh, sono la tenerezza e #jily per sempre! <3

Adesso scappo, ma prima vorrei ringraziare le SETTE persone che hanno recensito lo scorso capitolo!! Non vedevo così tante recensioni da un sacco :) Perciò grazie mille a tutte, mi ha fatto davvero piacere leggere i vostri commenti e i vostri pareri, spero di risentirvi! 

Fuggo davvero, ora! 

Un bacio,

Ale

PS: la mia pagina facebook è sempre QUESTA!

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Capitolo 19
*** Qualcosa in cui credere ***


Capitolo 19

Qualcosa in cui credere

 19-qualcosa-in-cui-credere

« We’ve got one thing that Voldemort doesn’t have.

Something worth fighting for ».

J. K. Rowling, “Harry Potter”

 

Mary era seduta sul proprio baule e continuava a battere il piede a terra, infastidita, non riuscendo a smettere di controllare l’ora sul grande orologio del binario 9 e 3/4. Di fronte a lei, Lily si era appoggiata con la schiena al muro della banchina e chiacchierava tranquillamente con Remus e Peter, sebbene fosse un po’ preoccupata a causa dell’orario. 

« Ma dove diamine sono finiti? » sbottò Mary per l’ennesima volta, scostandosi una ciocca dal viso con un gesto nervoso della mano sinistra. 

Peter si strinse nelle spalle, sospirando.

« Lo sai che fanno sempre tardi » disse Remus, cercando di essere pacato sebbene anche lui fosse piuttosto stufo di quel teatrino, dal momento che si ripeteva ogni volta che bisognava ritornare a scuola.

« Sì, ma mancano dieci minuti scarsi alle undici! » strepitò la ragazza, lanciando un’altra occhiata alla barriera che divideva il binario magico da quelli babbani. 

« Secondo voi perché sono così in ritardo? » domandò ingenuamente Lily, pensierosa. 

Mary, Peter e Remus si scambiarono un’occhiata scettica, prima di sbuffare quasi contemporaneamente.

« Che dite, avranno di nuovo dimenticato che oggi era il sette e quindi non avevano preparato i bauli? » provò Peter, ricordandosi di quando, al quinto anno, ciò era successo davvero. 

« Nah » fece Mary, arricciando il naso. « Secondo me non hanno sentito suonare la sveglia ».

« Troppo banale » ribatté Remus, mentre Lily ridacchiava. « Sono più propenso a credere che abbiano attirato troppo l’attenzione dei babbani a King Cross e quindi siano stati fermati dalla polizia ».

« Avete una stima troppo alta di James e Sirius » commentò Mary, roteando gli occhi. « Secondo le vostre ipotesiquei due dovrebbero avere un briciolo di cervello: be’, mi dispiace deludervi, ma no, non ce l’hanno ».

Lily scoppiò a ridere nuovamente, nascondendosi dietro la propria mano e chinando leggermente il viso in avanti. Anche Remus si mise a ridacchiare sommessamente, sistemandosi la borsa a tracolla sulla spalla.

« E se Sirius non volesse separarsi dalla propria moto? » provò ancora Peter, divertito, facendo ridere gli altri tre. 

« E se James avesse dimenticato di nuovo la bacchetta a casa? » disse invece Remus. 

« Di nuovo? » chiese Lily, guardandolo con stupore. « Cioè, tu mi stai davvero dicendo che James è riuscito a dimenticarsi la bacchetta a casa? »

« Come se fosse successo una volta sola… » rispose Mary, divertita. « Diciamo che capita piuttosto spesso. Una volta dovevamo andare ad Incantesimi e si è accorto di aver lasciato la bacchetta in camera solo quando stavamo per aprire la porta della classe » aggiunse sotto lo sguardo allibito ma al contempo divertito di Lily.

« Mi stai prendendo in giro » esclamò la rossa, incredula, tra una risatina e un’altra. 

« Magari fosse così » disse Remus. « Un’altra volta avevamo organizzato uno scherzo nei minimi dettagli, ma è saltato perché James aveva dimenticato la bacchetta in Sala Comune ».

« Non ci posso credere… » sussurrò Lily, facendo una smorfia a metà tra il divertito e l’allibito.

« E proprio per questo vi dico che James e Sirius sono abbastanza rincoglioniti da non sentire la sveglia che suona » insistette Mary con fare ovvio, prima di lanciare un’ultima occhiata al grande orologio appeso alla parete e sbuffare sonoramente. « Ragazzi, mancano poco più di cinque minuti, se non arrivano subito giuro che li appendo al soffitto della Sala Grande per i pollici ».

« Ti darei una mano molto volentieri » disse Remus, iniziando a preoccuparsi sul serio: stavano facendo davvero tardi. 

« Sentite, ma se iniziassimo a salire? » propose Lily. « Così intanto occupiamo uno scompartimento e quando arrivano ci raggiungono ».

« Mi sembra un’ottima idea » convenne Peter, afferrando il proprio baule e venendo presto seguito da tutti gli altri. « Possiamo andare direttamente nell’ultimo vagone, che è quasi sempre mezzo vuoto ».

« Basta che troviamo un posto dove sederci e a me va bene » disse Mary, stringendosi nelle spalle. « Sono stanca morta » aggiunse poi solo a Lily con un tono spossato. 

Mentre Remus e Peter caricavano i bauli di tutti e quattro, la rossa le lanciò un’occhiata confusa. 

Aveva trascorso gli ultimi tre giorni di vacanza a casa di Mary, incapace di tornare a casa e mentire ai propri genitori dicendo loro che andava tutto bene, ma non avevano fatto chissà cosa. Lei aveva letto un bel libro che Sylvia, la signora MacDonald, le aveva prestato, mentre Mary aveva trascorso molto tempo al pianoforte. Erano state a casa di James altre tre volte, ma non appena il ragazzo si era ristabilito del tutto anche i Malandrini si erano presentati a casa MacDonald un paio di volte.

« Come mai? » le chiese dunque. « Hai dormito male? »

Mary le lanciò un’occhiata divertita prima di abbozzare un sorrisetto colpevole.

« Diciamo solo che non ho dormito granché… » ammise, senza smettere di sorridere. « A Sirius piace venirmi a trovare di notte, ecco ».

« Anche stanotte? » domandò Lily, a metà tra l’allibito e il divertito, trattenendo a stento una risata. 

L’altra ridacchiò a sua volta, ma non fece in tempo a rispondere perché, proprio quando Remus e Peter tornarono da loro e fecero loro segno di salire sul treno per prime, sentirono due voci a loro ben note chiamarli. 

Lily si girò giusto in tempo per vedere James e Sirius correre verso di loro, i bagagli che sbattevano l’uno contro l’altro e i vestiti chiaramente messi alla bell’e meglio. 

« Se aveste tardato solo di tre minuti di più avreste perso il treno, ve ne rendete conto? » sbottò Remus, guardandoli storto e sbuffando, esasperato. 

« Be’, però siamo arrivati in tempo, no? » ribatté Sirius con un sorriso colpevole mentre caricava il proprio baule sul treno, seguito a ruota da James. 

« Sono le dieci e cinquantasette! » 

« E quindi faremo meglio a salire! » s’intromise Peter, sospirando, spingendo Remus, Lily e Mary sul treno prima di lui e venendo poi seguito da James e Sirius. 

« Si può sapere perché siete arrivati così tardi? » domandò la rossa, che, sebbene fosse divertita, si era anche preoccupata che non riuscissero a prendere il treno in tempo.

Sirius e James si lanciarono un’occhiata complice, prima di ridacchiare. 

« Ecco… non abbiamo sentito suonare la sveglia » ammise James, passandosi una mano tra i capelli e affiancando Lily lungo il corridoio del vagone. 

« E io che vi avevo detto? » commentò Mary, sarcastica, mentre Remus emetteva un suono terribilmente simile a un ringhio e Peter e Lily ridacchiavano.

« Aaah, ci conosci così bene » esclamò Sirius, passandole un braccio intorno alle spalle per avvicinarla a sé.

« Purtroppo » ribatté lei, facendo ridere tutti quanti gli altri mentre il ragazzo metteva su un broncio e cercava di darle un bacio a stampo. « Non ti meriti nessun bacio! »

« Ora dici così, ma voglio vedere se riesci a resistere fino a stasera » commentò lui a bassa voce, per farsi sentire solo da lei, ricevendo in risposta una gomitata tra le costole. 

Fortunatamente trovarono uno scompartimento vuoto abbastanza in fretta, così decisero di entrarvi e posarvi le proprie cose anche se non era  il loro solito vagone. James si andò a sedere vicino al finestrino, di fronte a Lily, mentre Mary e Sirius gli si sedettero accanto; Remus invece sedette tra Lily e Peter. Neanche un minuto dopo, il treno si mise in moto lasciandosi lentamente alle spalle la stazione di King’s Cross.

« Ce l’avete fatta appena in tempo » si premurò di ricordar loro Remus, tirando fuori dalla borsa una barretta di cioccolata e scartandola. « Ne volete un pezzetto? »

« Non ti smentisci mai, Rem! » esclamò Mary, sorridendogli quando lui gliene diede un quadratino. « Grazie mille ».

« Quante barrette hai portato questa volta? » domandò Peter dopo aver mangiato la propria parte. « A settembre ne avevi 12. Hai battuto il record o no? »

Remus arrossì leggermente sulle guance, preferendo non rispondere e continuando a distribuire cioccolata agli altri. Quando ebbe finito il giro, poté finalmente gustarsi in santa pace i propri quadratini.

« Secondo me ne ha di più » disse James, sorridendo, prima di guardare dritto di fronte a sé e ridacchiare: Lily era riuscita a sporcarsi con un solo quadratino. « Lily » la chiamò a bassa voce, attirando solo la sua attenzione. « Ti sei sporcata… sì, insomma, al lato della bocca ».

« Oh! » fece lei, arrossendo appena, e pulendosi con il dorso della mano gli angoli della bocca. « Meglio? » domandò poi al ragazzo, ricevendo in cambio un cenno positivo della testa ed un sorriso al quale rispose immediatamente. 

« Sicuro che ne ha di più » disse invece Sirius, che non si era accorto del piccolo scambio di battute avvenuto tra James e Lily. 

« Io dico che ne ha una ventina » azzardò Peter, guardando con interesse la borsa di Remus.

« Nah, venti sono troppe anche per Remus… secondo me si aggira sulle quindici barrette » ribatté Sirius, pensieroso. 

« Il cioccolato non è mai troppo per Moony » s’intromise James, facendo ridere Mary e Lily. 

« Anche questo è vero » ammise Mary, mentre il suo fidanzato le passava un braccio intorno alle spalle con naturalezza. 

« Aah, l’amore di Moony per il cioccolato » sospirò Sirius con un finto tono nostalgico. « Vi ricordate di quando si è sbronzato per la prima volta e diceva di volersi fare il bagno nel cioccolato fuso? »

« Non credo di poter mai dimenticare quella serata » disse James, passandosi una mano tra i capelli neri e appoggiandosi comodamente allo schienale del proprio sedile. « La prima sbronza della mia vita ».

« Anche tu non eri in grandi condizioni, effettivamente… » commentò Peter, sorridendo al ricordo di quella serata.

« Ehi, io sono stato uno di quelli che ha resistito di più! » si lamentò James, imbronciandosi subito. « Dopotutto non ero mica io quello che per scherzare ha provato a fare la lapdance su uno dei pali della luce ed è finito col culo a terra! »

Non appena James disse quelle parole, Remus, Peter e Sirius scoppiarono a ridere convulsamente, mentre Lily sgranò gli occhi e li guardò tutti con sorpresa.

« No, aspettate un attimo… » s’intromise, alzando una mano per attirare la loro attenzione. « Questa la voglio sapere anche io! Ma chi diamine potrebbe decidere di fare la lapdance contro un palo della luce?! » aggiunse, e i suoi occhi si spostarono inevitabilmente su Sirius. 

Il ragazzo capì subito il significato di quello sguardo così scosse la testa ed alzò le mani. 

« Mi dispiace deluderti, Evans, ma io non mi abbasserei mai a fare una lapdance in mezzo alla strada » si premurò di dirle, prima di piegare le labbra in un ghigno. « Dopotutto, c’è già la tua cara migliore amica per questo ».

Lily portò subito lo sguardo su Mary, la quale d’altro canto era rimasta in silenzio durante tutta l’ultima parte del discorso. Notando il suo sguardo scandalizzato, sbuffò e incrociò le braccia davanti al petto, sprofondando nel proprio sedile.

« Ero ubriaca! » si difese. « E poi lo facevo per scherzare! »

« Quando sei caduta per terra… » fece Peter, riportando l’attenzione sull’accaduto. « Non so se ho mai riso così tanto ».

« Lily, dovevi vederla! » esclamò infatti James, annuendo con convinzione alle proprie parole. « Eravamo usciti dai Tre Manici di Scopa e per qualche strano motivo avevamo finito per parlare di lapdance, così lei si è aggrappata ad un palo della luce e ci ha provato, solo che aveva piovuto e lei è scivolata sulla strada bagnata! »

« Tu dovresti essere il mio migliore amico! » gli disse Mary, accanto a lui, dandogli uno schiaffo sulla spalla. « Dovresti difendermi, non prendermi in giro! »

« Proprio perché sono il tuo migliore amico devo prenderti in giro! » ribatté lui come se fosse ovvio. « Dovrebbe difenderti il tuo ragazzo, non io! »

« Ehi, non tirarmi in mezzo » fece Sirius, fingendosi infastidito. « Non ho intenzione di smettere di prenderla in giro ».

« Io a volte mi chiedo cos’ho fatto di male… » si limitò a commentare Mary, scuotendo la testa. 

« Ma quando è successo? » domandò Lily con curiosità, inclinando leggermente la testa di lato.

« Oh, sarà stato il nostro quinto anno… Ottobre, circa » rispose Remus dopo averci pensato su qualche secondo. 

« No, era novembre, era per il compleanno di Sirius » lo corresse Mary, soprappensiero. 

« Sono contento che ti ricordi ogni compleanno passato insieme » scherzò Sirius, avvicinando il proprio viso al collo di lei per lasciarvi un bacio. 

« Se me lo ricordo, è solo perché ricordo bene quanto eri diventato noioso sul volerti ubriacare per la prima volta tutti insieme » ribatté lei con una calma e un’indifferenza quasi crudeli. 

Sirius allontanò il viso dall’incavo del collo della ragazza e la guardò allibito per una manciata di secondi, prima di stringersi nelle spalle e tornare dritto sul proprio sedile.

« Be’, se la metti così almeno posso prenderti in giro per quella lapdance senza problemi » si limitò a dire tono indifferente.

James, seduto a sua volta accanto a Mary, alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

« Vi prego, non cominciate… » li supplicò, mentre gli altri tre ridacchiavano sotto i baffi. « Non iniziate a litigare già adesso, perché poi se dovete fare pace io non voglio vedervi. Sono stato chiaro? »

« Oh, Prongs, ma loro non litigano » fece Remus con tono malizioso. « Loro bisticciano, da bravi piccioncini ».

« Noi non bisticciamo » disse subito Mary, guardandoli storto.

« E soprattutto non siamo due piccioncini » ci tenne invece a precisare Sirius, che d’altro canto si sarebbe amputato una gamba prima di iniziare a fare lo smielato. 

James, Peter e Remus si scambiarono un’occhiata scettica, ma decisero di soprassedere per il bene comune. 

In realtà la cosa assurda era che, sebbene adesso stessero insieme, il rapporto tra Sirius e Mary non era cambiato più di tanto. Continuavano a prendersi in giro, cercando ogni pretesto per innervosire un po’ l’altro, perciò se non fosse stato per i baci e tutto il resto probabilmente nessuno avrebbe sospettato niente.

L’inizio del viaggio procedette piacevolmente tra una chiacchiera e un’altra, mentre le distese verdi delle Highlands sfrecciavano dietro il finestrino dello scompartimento. Mary stava giocando a scacchi contro James - perdendo miseramente -, mentre gli altri parlavano tra di loro del più e del meno. 

Quel momento di tranquillità, tuttavia, venne interrotto da uno strano rumore proveniente dalla finestra: Lily fu la prima ad accorgersi del grosso gufo scuro che, non appena vi riusciva, batteva il becco contro il vetro. 

Dopo la confusione iniziale si affrettò ad aprire la finestra il minimo affinché l’animale potesse entrare nello scompartimento e sistemarsi sul bracciolo tra Mary e James, poi lo richiuse immediatamente.

« Okay, che diamine vuole adesso questo gufo? » domandò Sirius dopo un po’, dato che nessun altro aveva ancora aperto bocca e tutti continuavano a fissare l’animale con curiosità.

« Be’, ha una lettera legata alla zampa » rispose semplicemente Lily, stringendosi nelle spalle.

Mary annuì soprappensiero, come se si fosse resa conto solo in quel momento della missiva, e si premurò di prenderla. La girò per vedere il destinatario, mise su un’espressione confusa e la porse a James.

« Sembrerebbe essere per te ».

« Per me? » ripeté lui, perplesso, prendendo comunque la lettera. 

Dopo aver controllato a sua volta che il destinatario fosse davvero lui, alzò le spalle e si affrettò ad aprirla. La lesse in silenzio e, una volta finito, fece scorrere lo sguardo su tutti loro per poi lanciare un’altra occhiata alla pergamena che aveva tra le mani.

« Allora? » lo incalzò Peter, curioso. « Da parte di chi è? »

« Oh, ammettilo, tu sei andato a rimorchiare al pub senza di me! » lo accusò invece Sirius, fingendosi offeso e guadagnandosi immediatamente un’occhiataccia da parte della propria ragazza. « E con questo non sto dicendo che io voglia rimorchiare qualcuno, ovviamente ». 

« Sarà meglio » rispose freddamente Mary. 

« Prima di tutto, no, non sono andato al pub senza di te » disse James, alzando gli occhi al cielo. « E in secondo luogo, la lettera è da parte di Silente ».

« Di Silente? » replicò Lily, aggrottando le sopracciglia, sempre più confusa. « E perché mai dovrebbe mandarti una lettera proprio ora? Non poteva aspettare fino al nostro arrivo al castello? »

James si strinse nelle spalle, non sapendo cosa dirle.

« Non lo so, Lily » si limitò a rispondere, facendo spallucce.

« Scusa, James, ma cosa c’è scritto? » domandò Remus.

« Ci vuole tutti e sei nel suo ufficio subito dopo cena, ma non ha specificato il motivo » si affrettò a dire, così da bloccare subito qualunque altra domanda. « Dice solo che non dobbiamo farne parola con nessun altro, che possiamo stare tranquilli perché non siamo nei guai, e poi le solite cose… » - occhieggiò al volo la pergamena in modo tale da poter leggere quanto vi era scritto. « Spero che vi siate ripresi e cose così ».

Lily sospirò pesantemente e si arrotolò una ciocca vermiglia intorno all’indice destro, soprappensiero: chissà cosa mai volesse dir loro Silente di tanto segreto da pregarli di non far parola a nessuno di questo misterioso incontro. 

« Forse ci vuole parlare dell’incidente a Diagon Alley » ipotizzò Peter, dando voce al sospetto principale di tutti quanti loro. 

« Sì, era quello che stavo pensando anche io » gli diede infatti man forte Mary, mentre anche Sirius e Remus annuivano, anche se non del tutto convinti. 

« Potrebbe anche essere, sì… » disse James, riponendo la lettera nella propria borsa. 

Lily non disse nulla, non del tutto tranquilla: odiava non avere risposte e, soprattutto, odiava dover aspettare per riceverne. 

Persa nei suoi pensieri com’era, si accorse a malapena di James che, qualche minuto dopo la fine del discorso, stava richiamando la sua attenzione dandole dei colpetti sul ginocchio. 

« Che c’è? » chiese lei, alzando gli occhi per incontrare quelli nocciola di lui. 

James le sorrise, alzandosi in piedi e porgendole la mano affinché seguisse il suo esempio. 

« Persa nel mondo dei sogni, eh, Evans? » la prese in giro, mentre lei si tirava su. « Abbiamo la riunione dei Prefetti, ricordi? »

« Cavolo, è vero! » esclamò Lily, dandosi una manata in fronte. « Come ho fatto a scordarmelo? Quanto sono cretina ».

Gli altri risero e James le mise una mano alla base della schiena per spingerla in avanti verso la porta dello scompartimento. 

« Ci vediamo dopo, mia diligentissima Caposcuola! » le gridò dietro Mary, scherzosa, ricevendo in risposta un bel dito medio. 

L’ultima cosa che Lily riuscì a vedere fu la propria migliore amica che si portava le mani al petto ed assumeva una fintissima espressione sconvolta. 

« Pensi di riuscire a ricordarti qual è il vagone? » scherzò Remus mentre iniziavano a camminare tutti e tre insieme lungo il treno. 

« Ah-ah » fece Lily, fingendo di ridere. « Molto divertente ».

James trattenne a stento una risata e l’affiancò, così da poterle passare un braccio intorno alle spalle con fare amichevole. Lei si calmò immediatamente, girando appena il viso verso di lui per potergli sorridere appena. 

« Avete già pensato a come dividere i turni sul treno? » domandò dopo un po’ Remus, che camminava davanti a loro. 

Quando si girò il minimo indispensabile per poterli vedere in faccia si sbrigò a riportare lo sguardo davanti a sé, così da non far vedere ai suoi due amici il sorrisetto che era spuntato sul proprio volto. Dovette trattenersi dallo scuotere la testa, divertito da come James e Lily continuassero a comportarsi da amici quando era palese che tra loro stesse nascendo qualcosa di molto più profondo. 

« Eh? » fece James, preso alla sprovvista, passandosi una mano tra i capelli: la sensazione del corpo di Lily  lievemente pressato contro il proprio era stata l’unica cosa a cui fosse riuscito a pensare nell’ultimo minuto.

« Sì, ne abbiamo già parlato ieri mattina » rispose invece Lily. « Pensavamo di dividere i Prefetti in sei turni ».

Remus fece per chiederle qualche altra informazione, ma in quel momento si accorse che erano arrivati a destinazione e la porta del vagone era stata lasciata aperta.

Lui entrò per primo e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a James, si guardò intorno per trovare un posto dove sedersi. Non ci mise molto a scorgere la chioma bionda di Emmeline e, subito dopo, il suo sorriso timido. Le sorrise di rimando, salutandola con un cenno del capo, e si andò a sedere accanto a Benjy dal momento che i sedili ai lati della ragazza erano già occupati. 

Lily e James, invece, si avvicinarono al finestrino del vagone, sotto al quale si trovava il solito piano apribile su cui i Caposcuola o i Prefetti potevano poggiare schede, orari e altri fogli di vario genere. 

« Manca qualcuno? » domandò Lily, mentre James si appoggiava al vetro con la schiena e osservava i presenti per capire se ci fossero tutti.

Una Tassorosso del Sesto anno, Rebecca O’Malley, alzò la mano.

« Mancano ancora Bethany Millstone e Connor Walsh » rispose la ragazza, riferendosi a due suoi compagni di Casa. « Penso stiano arrivando, comunque ».

« Nessun problema » commentò James, stringendosi nelle spalle e sorridendo affabile alla ragazza. « Possiamo aspettare qualche minuto per cominciare la riunione. Ovviamente se avete domande potete comunque iniziare a farle ».

Tutti i Prefetti annuirono, ma nessuno alzò la mano o chiese loro qualcosa.

Lily si appoggiò al bordo del tavolino apribile, spostandosi i capelli da davanti al viso e portandoseli su una spalla. Diede una rapida occhiata ai fogli che aveva portato, mentre James, che non sapeva bene cosa fare, le si avvicinò. 

Il ragazzo l’affiancò, poggiando una mano sul tavolino e sorridendole. 

« Penso tu possa anche smetterla di ricontrollare quelle schede di continuo » le disse, togliendole i fogli dalle mani e posandoli sul tavolino dietro di loro. « Sono sicuro che tu le conosca già a memoria ».

Lily rise, abbassando leggermente il capo in avanti e lasciando che i capelli le coprissero il viso, prima di sollevare il mento e alzare gli occhi per incrociare i suoi. 

« Se inizi a stressarti già ora, non oso immaginare come potresti diventare tra qualche mese, con i M.A.G.O. e tutto il resto » aggiunse, non riuscendo a toglierle gli occhi di dosso. 

Lily per lui era come una calamita, e spesso si era ritrovato incantato ad osservarla senza nemmeno accorgersene. 

Il movimento che faceva con il polso quando si portava i capelli dietro l’orecchio, il sorriso timido che metteva su quando era in imbarazzo, gli sguardi che ogni tanto l’aveva vista lanciargli di nascosto, quella sua attitudine di mordicchiare la fine della piuma mentre pensava a cosa scrivere in un tema - lei non se ne rendeva neanche conto, ma lui non riusciva a smettere di guardarla e pensare a quanto fosse fortunato ad averla con sé. 

Quando avevano litigato, appena due settimane prima, aveva capito quanto tenesse a lei: l’aveva sempre tenuta su un piedistallo rispetto a tutte le altre ragazze, dal quinto anno, ma solo allora si era reso conto di quanto lei fosse diventata importante.

Ogni tanto aveva paura del potere che Lily aveva su di lui, di come lei fosse in grado di rovinare le sue giornate con una sola parola o un solo gesto. Si era sempre ritenuto un ragazzo forte e indipendente, ma lei aveva la capacità di renderlo insicuro in meno di un secondo. E la cosa peggiore era che a volte lui si sentiva quasi dipendente da lei: la cercava ovunque, la voleva sempre al suo fianco, in una maniera che non aveva mai provato prima con nessun’altra. E la cosa gli faceva una paura folle. 

« E cosa dovrei fare, fare affidamento su uno come te? » scherzò lei, alzando gli occhi al cielo. 

« Uno come me? » ripeté lui, melodrammatico, portandosi una mano al petto. « Potrei offendermi, lo sai? »

« Oh, andiamo, te ne ho dette di peggio » ribatté Lily, sfoderando un sorriso divertito e stringendosi nelle spalle. 

« E ne vai fiera? » fece James, fingendosi sempre più allibito. « Sei fiera di aver trattato male per anni un ragazzo come me? Così simpatico, bello come il sole, super intelligente e pieno di charme?

« Sai, penso che tu debba far controllare gli specchi che hai a casa » disse lei, avvicinandosi leggermente a lui fino a sfiorargli il braccio con la propria spalla. « Se è davvero questo quello che pensi di te stesso, be’… penso ci sia qualche problema » aggiunse, guardandolo  intensamente dal basso con quei suoi grandi occhi verdi. 

« Evans » la richiamò James, ghignando appena. « Stai flirtando con me? »

Lily, colta alla sprovvista, tacque improvvisamente. 

Lui all’inizio si sentì quasi in colpa per averla messa all’angolo in quella maniera, facendola arrossire violentemente sulle guance, ma lo sguardo colpevole che lei gli lanciò cancellò ogni altro pensiero dalla sua mente. La guardò mordersi appena le labbra, colta in flagrante, capendo in quel momento che sì, lei stava flirtando con lui e lo stava facendo di proposito. 

Proprio quando lei aprì la bocca e fece per rispondere, tuttavia, i due ragazzi mancanti entrarono nello scompartimento e si chiusero la porta alle spalle, attirando così l’attenzione dei due Caposcuola e degli altri Prefetti. 

« Scusate il ritardo » disse la ragazza, Bethany Millstone, prendendo posto insieme al compagno. 

« Nessun problema » rispose Lily con un secondo di ritardo, sentendosi la voce leggermente gracchiante e maledicendo mentalmente James per l’effetto che le faceva. 

« Be’, adesso che siamo tutti penso che potremmo finalmente cominciare questa riunione » aggiunse James, allontanandosi un po’ da lei e appoggiandosi a sua volta al tavolino apribile. 

Il ragazzo si guardò intorno per assicurarsi che ci fossero davvero tutti, cercando di reprimere la voglia di sogghignare quando incrociò gli occhi neri di un Serpeverde che, per sua sfortuna, conosceva più che bene e che sembrava terribilmente infastidito. 

« Sì, sarebbe meglio » asserì Lily, mentre riprendeva i fogli su cui avevano scritto gli orari delle ronde di quel giorno. « Per cominciare vorrei parlare dei turni per il controllo del treno fino all’arrivo ad Hogwarts: e a questo riguardo ci tengo a precisare che i nomi sono stati scelti tramite estrazione. I primi saranno Benjamin Fenwick e Cara O’Malley, poi toccherà a Tracy Baston, Oliver Hudson, William Harper e Caroline Hardgraves. Infine toccherà anche a me e James ».

Alcuni dei sei malcapitati sbuffarono, sotto lo sguardo divertito di James, mentre chi era riuscito ad evitare una ronda extra sorrideva per il sollievo. Il resto della riunione procedette senza intoppi e finì molto rapidamente: il primo incontro fu fissato per quel giovedì e i turni delle ronde fino a quel giorno furono riferiti. 

Una volta finita la riunione, lo scompartimento cominciò pian piano a svuotarsi. 

James aiutò Lily a mettere a posto i vari fogli sparsi, e quando alzò lo sguardo dal tavolino per vedere chi era rimasto vide Remus avvicinarsi alla porta scorrevole e venir bloccato da Emmeline proprio lì fuori. Provò a seguirli con lo sguardo, ma con ogni probabilità i due erano già passati nell’altro vagone. 

« Che guardi? » lo richiamò Lily, schioccando le dita di fronte ai suoi occhi. 

« Oh, niente » si affrettò a rispondere lui, stringendosi nelle spalle e mettendosi le mani in tasca. 

Lei si portò le mani ai fianchi, guardandolo con un sopracciglio inarcato.

« Fammi capire: pensi davvero di potermi fregare così facilmente? » 

« Be’, provare non costa nulla, no? » tentò James, abbozzando un sorriso. 

« Ti odio quando fai così » ribatté Lily, alzando gli al cielo e facendolo sorridere. « Dai, ora vuoi dirmi cosa stavi guardando? O devo andare a controllare da sola? »

Quando James non rispose, come se stesse ancora decidendo se dirglielo o no, lei sbuffò e si avviò verso l’uscita per dare un’occhiata. Stava giusto per mettere il primo piede fuori dallo scompartimento, quando si sentì afferrare il braccio e tirare leggermente indietro.

« Ehi, ma che fai?! » sbottò James, sbuffando. 

« Tu non vuoi dirmelo! » protestò Lily, allargando le braccia. 

James sbuffò di nuovo, prima di alzare gli occhi al cielo e arrendersi.

« Okay, stavo spiando Remus ed Emmeline » confessò. « O meglio: cercavo di spiarli. Li ho persi di vista praticamente subito ».

Lily inclinò la testa di lato e lo guardò, scettica, prima di scoppiare a ridere.

« E poi avete anche il coraggio di dire che noi ragazze siamo delle pettegole » esclamò, scuotendo la testa, divertita. « Siete peggio di un gruppo di vecchiette di quartiere il venerdì sera al bingo ».

James aprì subito la bocca per parlare e difendersi, ma tacque quando lei finì la frase e la guardò con perplessità.

« Che diamine è il bingo? »

« Un gioco babbano » gli spiegò lei. « Tu hai una cartella con dei numeri e per vincere devi riempirla ».

« E se vinco che succede? »

« Ricevi un monte premi ».

« Cioè, fammi capire: mi danno dei soldi se riempio una cartella di numeri? »

« Solo se sei il primo a finirla ».

« Okay, ora voglio capire perché queste cose a Babbanologia non le spiegano! »

« Perché, tu hai mai seguito davvero una lezione di Babbanologia? » chiese Lily, scettica, guardandolo con un sopracciglio inarcato.

« Lily, tu hai davvero una brutta considerazione della mia persona » si lamentò lui, sbuffando e facendola ridere.

*

 

Dopo quegli ultimi giorni passati nell’ansia e nel terrore, tornare finalmente ad Hogwarts fu un vero e proprio toccasana. 

Lily sapeva bene di non potersi adagiare troppo sugli allori, dal momento che avrebbe lasciato la scuola nel giro di sei mesi, ma non poteva fare altro che sentirsi protetta tra le mura del castello. 

Come le succedeva dopo ogni ritorno, si concesse qualche secondo per osservare la bellezza che della Sala Grande. Il soffitto ricreava un cielo terso e stellato, mentre delle candele volteggiavano in alto sopra i tavoli. 

« Sempre con la testa tra le nuvole, oggi » commentò James al suo orecchio, cogliendola di sorpresa e facendola quasi saltare sul posto. 

« Sempre a farti i fatti degli altri, oggi » gli fece il verso lei, e il ragazzo in risposta le fece il verso. 

« Su, vieni » le disse poi, avvicinando la mano a quella di Lily per cingerle il polso con le dita. « Gli altri hanno già trovato dei posti ».

Lily non se lo fece ripetere due volte e si lasciò guidare da lui verso i loro amici. Mary si era seduta tra Sirius e Remus, mentre Peter aveva tenuto dei posti per loro due.

« Sto morendo di fame » disse subito Sirius, appoggiando gli avambracci sul piano di legno. « Speriamo che Silente non la tiri per le lunghe perché potrei davvero mangiarmi il tavolo ».

« Sembra che non mangi da giorni interi » gli fece notare Remus, annoiato. 

« Be’, a pranzo non ho mangiato quasi niente, mi sembra normale che io ora abbia fame » ribatté Sirius, alzando gli occhi al cielo.

« Non hai mangiato quasi niente? » gli fece eco Mary, alzando un sopracciglio. « Ti sei mangiato praticamente tutte le mie Api Frizzole! »

« Saranno state due… »

« Veramente te ne sei mangiate circa sette » s’intromise Peter, guadagnandosi un’occhiata sbieca. « E poi hai anche mangiato uno dei panini che mia madre aveva preparato per noi ».

« Ne avevamo uno a testa, non vale! »

« Sì che vale » ribatté Remus. 

« Ah, non dimentichiamoci degli Zuccotti di Zucca che mi hai chiesto di prenderti durante la ronda » aggiunse James. 

« Ma vi siete coalizzati tutti contro di me? » sbottò Sirius, sbuffando, prima di lanciare un’occhiata a Lily. « Solo Evans non mi sta attaccando! »

« Be’, veramente ti saresti mangiato anche alcuni dei biscotti che avevo portato io… » disse Lily con un sorrisetto, strappando agli altri l’ennesima risata.

« Congiura! » esclamò allora il ragazzo, indicandoli rapidamente uno ad uno con l’indice. « Questa è una congiura! »

Finalmente Silente si alzò in piedi, attirando l’attenzione di tutti gli studenti e riportando il silenzio nella Sala. L’anziano preside sorrise e si sistemò gli occhiali a mezzaluna sul dorso del naso, schiarendosi la voce. 

« Bentornati ad Hogwarts a tutti quanti, spero abbiate trascorso delle felici vacanze natalizie » cominciò Silente. « Sono sicuro che molti di voi siano più interessati al cibo che al barboso discorso di un vecchio » continuò, facendo ridacchiare alcuni studenti, « ma, nonostante ciò, mi duole dirvi che dovrete aspettare ancora qualche minuto. Come molti di voi avranno saputo, il professor Lockwood è scomparso. Questa è una grande perdita per il nostro corpo docenti, ma gli Auror si stanno ancora occupando del caso. Vorrei ad ogni modo presentarvi la professoressa Georgia Hale! » esclamò, girandosi verso il tavolo degli insegnanti. 

Lily non ci aveva fatto caso prima, infatti, ma accanto alla McGranitt c’era una donna che  con ogni probabilità nessuno di loro aveva mai visto prima. Aveva lisci capelli biondi e occhi attenti, e, quando la donna si alzò per ricevere l’applauso di benvenuto, Lily notò che non era particolarmente alta. Vedendola così, non le avrebbe dato più di quarant’anni. 

« Salve, ragazzi » disse la nuova professoressa, svelando un tono di voce piuttosto duro. « So che ricominciare con un nuovo professore, per di più a metà dell’anno, non sia il massimo, ma ce la metterò tutta per portare avanti le varie classi senza problemi. Ovviamente mi aspetto la massima collaborazione da parte di tutti voi ».

Una volta che ebbe finito di parlare, la Hale tornò a sedersi e la McGranitt le diede una lieve pacca sulla spalla. 

« E adesso, penso che tutti voi possiate cominciare a concentrarvi sulle cose davvero importanti » riprese Silente, scherzoso, sedendosi al proprio posto. 

Non appena il cibo comparve magicamente nei vassoi, il viso di Sirius si illuminò e il ragazzo afferrò subito le posate per servirsi una bella porzione di pollo arrosto con le patate. 

« Prima le signore, mi raccomando » lo prese in giro Mary, guardandolo tagliare rapidamente un pezzo di carne e mangiarlo con voracità. 

La smorfia sul viso di lei era a metà tra il divertito e lo schifato. 

« Signore? » ripeté Sirius, alzando lo sguardo su di lei e mettendo su un’espressione confusa. « Ma io non vedo alcuna donna qui… » aggiunse con voce fintamente innocente.

« Ah-ah-ah » fece Mary, fingendo una risata mentre si serviva a sua volta del pollo. « Molto simpatico, devo dire ».

« Quando uno è simpatico di natura c’è poco da fare » si limitò a dire lui, troppo concentrato sul proprio cibo per riuscire a pensare seriamente ad altro.

Mary alzò gli occhi al cielo e sbuffò, prima di bere un sorso d’acqua e rivolgersi a Lily, che d’altro canto si era appena servita dello stufato. 

« Lily, hai visto Miriam? » le chiese, tagliando il pollo nel proprio piatto a pezzetti. « Non l’ho vista per tutto il viaggio ».

« No, però durante la ronda ho incontrato Kate e Claire. Mi hanno detto di non aver visto neanche Kevin, perciò penso siano stati insieme » rispose Lily, pensierosa, guardandosi attorno. « Però non la vedo a tavola ».

« Forse è ancora con Smith » s’intromise James, che stava prestando attenzione alla loro conversazione dal momento che Peter e Remus stavano parlando di compiti e Sirius continuava a ingurgitare cibo come se non ci fosse un domani.

Mary scosse la testa. 

« Ma Kevin è lì » ribatté infatti, indicandogli con un cenno del capo l’estremo della tavolata rosso-oro più vicino all’ingresso della Sala Grande. 

« Mi sembra un po’ arrabbiato » commentò Lily, studiando la cattiveria con cui il ragazzo sembrava voler infilzare lo stufato che aveva nel piatto.

« Potrebbero aver litigato sul treno » ipotizzò James, stringendosi nelle spalle e bevendo un sorso d’acqua prima di riprendere a parlare. « Questo spiegherebbe anche perché Miriam non sia venuta a cena ».

Lily e Mary si lanciarono un’occhiata perplessa, prima di sospirare e alzare le spalle: non appena avessero finito di cenare e Silente li avesse lasciati liberi di tornare nei loro dormitori, sarebbero subito corse a chiederle cosa fosse successo e come stesse. Dopotutto era una delle loro più care amiche, soprattutto di Mary, e durante le vacanze l’avevano sentita solo prima di Capodanno, quando Miriam aveva detto loro che non avrebbe potuto festeggiare il nuovo anno con loro.

« Sì, può essere » disse Mary, anche se ancora un po’ titubante, prima di girarsi verso il proprio ragazzo. « Merlino, Sirius, sembri un animale! » sbottò, guardandolo con una smorfia disgustata. 

« E te ne sei accorta ora? » domandò Peter, retorico. « Fa così dal primo anno ».

« Sì, ma prima non mi turbava dal momento che non dovevo baciare quella… fogna » rispose la ragazza, riferendosi chiaramente alla bocca di Sirius. 

« Ehi, guarda che sono qui » protestò il diretto interessato, pulendosi con il tovagliolo.

« Lo so benissimo » replicò lei, impassibile. 

« Ah, davvero? » fece lui, inarcando le sopracciglia. « Pensavo te ne fossi dimenticata ».

« Non mi permetteresti mai di dimenticarti, e lo sappiamo bene tutti e due ».

« Certo che no, ci mancherebbe altro! » esclamò Sirius con tono ovvio, facendola sorridere. 

Mary passò il braccio sotto quello di lui, poggiando poi la guancia sulla sua spalla; il ragazzo si sciolse a sua volta in un sorriso, mentre le lanciava un’occhiata soddisfatta. 

« Resti comunque un uomo delle caverne, però, sappilo » si premurò di precisare lei, non volendogliela dare vinta. 

« Come se sapessi cosa voglia dire » rispose lui, scrollando le spalle. 

« Avete finito di fare i piccioncini? » domandò all’improvviso James, attirando così la loro attenzione. « Sapete, qui c’è gente che sta ancora mangiando ».

Mary rise e si allontanò con calma da Sirius, rimanendogli comunque abbastanza vicina. 

« E io che stanotte volevo inaugurare il mio letto… » lo provocò invece il giovane Black, ghignando con disinvoltura.

« Da quel so è già stato inaugurato » ribatté James, cercando di nascondere un’altra smorfia: insomma, stavano sempre parlando della sua migliore amica!

« Be’, devo inaugurarlo per il nuovo anno, va meglio così? » insistette Sirius, inarcando un sopracciglio, allusivo. « E poi potrò fare quello che voglio con la mia ragazza, no? »

James fece per ribattere, ma Mary parlò prima che potesse farlo lui.

« Scusate? » li richiamò, allibita. « Potreste non parlare della mia vita sessuale come se steste parlando del tempo? »

Remus, che stava bevendo dell’acqua, rischiò quasi di strozzarsi con essa e sputarla tutta sul tavolo, mentre Lily e Peter faticavano a nascondere le loro risatine. 

James ebbe il buon senso di arrossire lievemente e abbassare la testa sul proprio piatto, prima di intavolare una discussione con Peter e Remus, mentre Sirius si limitò a ghignare, soddisfatto. 

« Voi tra quanto pensate di andare nell’ufficio di Silente? » domandò Lily ad un certo punto, quand’erano arrivati ormai al dolce, stando bene attenta a tenere basso il tono di voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete. 

« Non lo so, io avevo in mente di tornare in dormitorio e poi andare » rispose Peter per primo, alzando le spalle. 

Remus scosse la testa.

« No, secondo me dovremmo aspettare che Silente lasci il tavolo e poi avviarci anche noi » disse, lanciando un’occhiata al tavolo dei professori, dove il preside stava chiacchierando amabilmente con Vitious. « Al massimo saremo un po’ in anticipo, il che non fa mai male ».

« Sei sempre così diligente, Moony » scherzò Sirius con voce più acuta del normale per prenderlo in giro. 

L’altro ragazzo, in tutta risposta, gli mostrò con fierezza il dito medio, facendo ridere tutti quanti.

« Io comunque sono d’accordo con Remus » convenne Mary, finendo la propria porzione di pudding. 

Anche gli altri infine concordarono, perciò insieme decisero di aspettare lì finché Silente non si fosse alzato. La Sala Grande cominciò pian piano a svuotarsi e circa metà degli studenti si era già avviata verso la propria Sala Comune quando il preside si decise a lasciare la tavolata. 

Lily non seppe dire con sicurezza se lo avesse immaginato o fosse davvero successo, ma le parve di vedere Silente guardare proprio nella loro direzione prima di congedarsi ed uscire. 

« Ragazzi » li chiamò, agitando una mano in aria per attirare la loro attenzione. « Silente si è alzato. Dovremmo avviarci anche noi ».

« Dici, eh? » sbuffò Sirius, buttando la testa all’indietro per lo sconforto. « Non possiamo rimanere ancora un po’ qua? » aggiunse, lanciando un’occhiata malinconica al budino al cioccolato nel vassoio di fronte.

« Per quanto hai mangiato potresti stare tranquillamente a digiuno per una settimana » gli fece notare James con le sopracciglia aggrottate.

« Senti chi parla! » ribatté Sirius. « Hai mangiato quanto me! »

« Non è affatto vero! »

« Sì, invece! »

« Dal momento che a nessuno di noi importa chi tra voi due abbia mangiato di più » s’intromise Remus come se nulla fosse, « direi che possiamo andare. Pad, mangerai di nuovo domani mattina, ma ora dobbiamo davvero andare » aggiunse, quando vide che Sirius stava per ribattere.

« Solo perché si tratta di Silente » acconsentì Sirius, alzandosi per primo dalla panca. 

Lily, Mary e Peter si lasciarono andare ad una risata mentre si alzavano in piedi, mentre Remus si limitò ad alzare agli occhi al cielo, sebbene fosse chiaro dal tremolio delle sue labbra che fosse divertito. 

Uscirono dalla Sala Grande, incuranti dello sguardo della McGranitt che li seguì fino al portone, e si avviarono verso la scalinata principale. James affiancò immediatamente Lily e Peter, che salivano le scale davanti agli altri. 

« Voi non avete ansia? » domandò ai due, attirando così la loro attenzione.

« Un po’ » ammise la ragazza con un sorriso nervoso. 

Peter non rispose, ma si limitò a sorridere appena e annuire. 

« Io continuo a chiedermi di cosa mai possa volerci parlare » continuò James, cercando di intavolare una conversazione per alleggerire il più possibile la tensione. 

Così facendo, chiacchierarono quasi ininterrottamente finché non arrivarono alle scale che conducevano all’ufficio del preside. Lily fu la prima a fermarsi, rimanendo lì in piedi ad osservare il gargoyle di pietra senza sapere bene cosa fare.

« Be’? » fece Mary, raggiungendoli. « Perché state fermi qui come delle statue? »

« Io perché non conosco la parola d’ordine » rispose la rossa, alzando le spalle prima di girarsi verso di loro. « Voi la sapete? »

Le uniche risposte che ottenne furono cinque dinieghi, e lei non poté far altro che sospirare, sconfortata.

« E allora come facciamo ad entrare? » domandò Peter. 

« Di solito sono dolci » disse Sirius, cercando di concentrarsi. « Diciamo tutti quelli che ci vengono in mente finché non lo indoviniamo. Api Frizzole? »

« Pallini Acidi » provò a sua volta James.

« Fondenti febbricitanti? » continuò Sirius.

« Bonbon Esplosivi! » esclamò Mary, sicura, rimanendoci quasi male quando il gargoyle non accennò a muoversi.

« Ma quali Bonbon Esplosivi » replicò James, alzando gli occhi al cielo. « Solo a te piacciono quelle schifezze! Secondo me la parola d’ordine è Topoghiacci! »

Ancora una volta, il gargoyle rimase immobile. 

« Bravo, eh, Jamie » lo scimmiottò lei. « Piperille! »

« Io non riesco a credere che ci siamo davvero ridotti ad elencare tutti i dolci di Mielandia… » commentò invece Lily, allibita, scatenando l’ilarità di Remus e Peter. 

« Hai qualche idea migliore, Evans? » le domandò allora Sirius, guardandola con sufficienza. 

La rossa non riuscì a trovare una risposta adeguata, perciò dovette rimanere in silenzio e dargliela vinta. 

« Come immaginavo » fece lui, ghignando. « Scarafaggi a grappolo! »

« Scarafaggi a grappolo? » chiese Mary, arricciando il naso. « Che schifo! »

Sirius fece per aprire bocca, ma un rumore di passi alle sue spalle lo fece desistere. 

Quando si girarono, i sei ragazzi si trovarono di fronte Silente in persona. Il preside si fermò a pochi passi da loro, le labbra incurvate in un sorriso e lo sguardo divertito.

« Avrei dovuto scrivere nella lettera anche la parola d’ordine » disse semplicemente.

« Forse sarebbe stato un po’ più semplice… » ammise James, alzando le spalle con nonchalance per camuffare il lieve imbarazzo che era calato tra di loro.

« Penso abbia ragione, signor Potter, ma vedere gli studenti scervellarsi per indovinarla è sempre divertente » ribatté Silente come se nulla fosse, e a James parve di sentire una risata mal trattenuta provenire da Sirius.

« Ma qual è la parola d’ordine, preside? » chiese Lily, ancora un po’ basita dall’ammissione dell’uomo.

« Cioccorane » rispose semplicemente Albus, e non appena ebbe pronunciato quelle parole il gargoyle si spostò per rivelare una scala a chiocciola.

« Cioccorane? » ripeté Sirius, con uno sguardo a metà tra il deluso e lo stupito. « Cavolo, non pensavo sarebbe potuta essere così semplice! »

Il preside posò lo sguardo su di lui, chiaramente trattenendo un sorriso.

« Che dire? » fece, calmo. « Ho un debole per i classici. Come i sorbetti al limone. Lei cosa ne pensa, signorina Evans? » aggiunse, avviandosi verso la scala e facendo loro cenno di seguirlo.

« Dei sorbetti al limone? » ripeté Lily, presa in contropiede, incamminandosi dietro di lui. « Be’… preferisco i ghiaccioli, ma anche i sorbetti sono buoni ».

Silente annuì, pensieroso, salendo gli ultimi gradini ed entrando nell’atrio dell’ufficio. 

« Lei è la seconda persona a parlarmi dei ghiaccioli al limone, forse dovrei provarne uno » disse tra sé e sé, avvicinandosi alla propria scrivania per sedersi sulla poltrona lì dietro. « Per favore, accomodatevi » aggiunse, facendolo loro cenno di occupare le siede di fronte a lui.

Gli sguardi di Lily e Mary s’incrociarono per un breve secondo, e le due si scambiarono un sorriso d’incoraggiamento mentre si sedevano su due sedie vicine. Quando anche gli altri si furono seduti, Lily si rese conto che c’erano più di sei posti; dopo averli contati, infatti, capì che dovevano arrivare ancora altre cinque persone. 

 

 

Mary si guardò intorno, studiando gli altri studenti presenti nell’ufficio. 

Oltre a loro sei, infatti, erano stati convocati anche due Corvonero - Sophie Young e Thomas Hartwood - e tre Tassorosso - Benjamin Fenwick, Alexandra Winstone e William Summers. 

Sophie non era molto alta, ma aveva un viso gentile dai tratti asiatici e circondato da lisci capelli neri; le labbra erano sottili, il naso piccolo e gli occhi avevano una forma un po’ allungata. Thomas, invece, aveva i capelli di un biondo molto chiaro e gli occhi verdi; non aveva un fisico particolarmente prestante, ma Remus negli ultimi anni aveva scoperto che aveva un intelletto nettamente sopra la media. 

William aveva dei folti e ricci capelli castani e due magnetici ogni blu, mentre Alexandra aveva dei capelli scuri leggermente mossi e gli occhi marroni; Alexandra era alta per essere una ragazza, ma William era comunque più alto di lei. 

« Sono felice di vedervi tutti quanti qui, questa sera » cominciò Silente, guardandoli uno ad uno con attenzione. « Sono sicuro che vi starete chiedendo il perché di questa convocazione improvvisa, soprattutto dal momento che la maggior parte di voi è appena rientrata dalle vacanze ».

Non appena il preside disse quelle parole, James sentì William Summers muoversi sulla sedia accanto alla sua e solo in quel momento si ricordò dell’omicidio che aveva coinvolto buona parte del paese babbano da cui proveniva il ragazzo lo scorso novembre. Se non si ricordava male, William aveva perso sua madre in quell’attacco. 

« Spero voi abbiate passato delle piacevoli vacanze, ma mi duole dirvi che quella di oggi non è una chiacchierata di piacere » andò avanti Silente, serio. « Ormai la gravità della situazione fuori da queste mura è sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno la paura non fa che dilagare ulteriormente e temo che, ad oggi, non ci sia un modo per fermare il suo corso ».

« Cosa sta cercando di dirci, professore? » domandò James, impaziente, quasi senza rendersene conto.

Lily, sorpresa dal fatto che il ragazzo si fosse permesso di interrompere il preside in persona, girò velocemente il viso verso di lui, che però sembrava non avere occhi che per l’uomo anziano seduto dietro la scrivania. 

« Quello che sto cercando di dirvi, signor Potter, è che qui fuori c’è una guerra che imperversa, e fidatevi di me quando vi dico che voi non avete ancora realizzato concretamente quanto la faccenda sia grave » rispose Silente. « Ma voglio anche che sappiate che là fuori non ci sono solo assassini e traditori. Ed è per questo che vorrei presentarvi alcune persone di mia conoscenza ».

Lily e Mary non fecero neanche in tempo a scambiarsi un’occhiata perplessa che la porta dell’ufficio, rimasta chiusa fino a quel momento, si aprì. 

La prima cosa che Lily notò furono due chiome rosse, appartenenti a due uomini molto simili l’uno all’altro; dopodiché il suo sguardo si posò sulla figura di un ragazzo che era sicura di aver già visto in giro per Hogwarts fino a qualche anno prima, poi su una donna dai lunghi capelli castani e infine su un uomo dall’aspetto un po’ inquietante e nettamente più adulto degli altri. 

Mentre li guardava meglio, Lily fu certa di sentire Remus sussurrare a Peter: « Ma quello lì non è l’Auror dell’altra volta? » 

Lily tuttavia non riuscì a sentire la risposta dell’altro ragazzo, perché in quel esatto momento Silente si alzò e si affiancò ai nuovi arrivati. 

« Ragazzi, vorrei presentarvi Alastor Moody » cominciò Silente, che si era fermato accanto all’ultimo uomo entrato. « Molti di voi avranno già sentito il suo nome, ma ci terrei a ricordare quanto il suo lavoro da Auror sia apprezzato dall’intera comunità magica ».

Lily lo guardò, a metà tra il curioso e l’incerto, studiandone l’aspetto decisamente unico. Era avanti con gli anni rispetto agli altri, avrà avuto tra i quaranta e i cinquant’anni, ma la cosa che più la colpirono furono le numerose cicatrici che presentava sul volto. 

« Grazie, Albus » disse Moody, molto serio, guardando poi i ragazzi seduti di fronte a lui. « Signor Potter, avrei dovuto immaginare che sarebbe stato qui questa sera » aggiunse, puntando il suo sguardo attento sul ragazzo interpellato.

Lily lanciò un’occhiata a James, e rimase leggermente sorpresa quando si rese conto che lui non sembrasse stranito dal fatto che una persona nota e temuta quanto Alastor Moody potesse rivolgersi direttamente a lui. Tuttavia, realizzò la ragazza, se l’uomo conosceva il nome e il cognome di James si dovevano conoscere già…

« Sono felice di rivederla, signor Moody » si limitò a dire James, che non aveva ancora ben capito il senso di quella serata. 

« Anche io sono felice di vederti qui, stasera, ragazzo » rispose Alastor, incuriosito. « Signorina MacDonald, signor Black… è un piacere vedere anche voi in una circostanza del genere ».

Mary rispose con un semplice: « Grazie… », dal momento che non sapeva bene cosa dire in più. 

Sirius, invece, lanciò un’occhiata a James prima di annuire in direzione dell’Auror.

« Il piacere è mio » disse infine

« Questo giovane qui, invece, è Caradoc Dearborn » continuò, posando una mano sulla spalla del ragazzo dai capelli neri. « Sono sicuro che qualcuno si ricorderà ancora di lui, dopotutto non sono passati neanche due anni dai suoi M.A.G.O.. Prefetto di Corvonero e presidente del Club dei Duellanti per tre anni di fila ».

Le labbra di Caradoc si piegarono in un sorriso soddisfatto, mentre il ragazzo faceva un movimento con il capo per salutarli tutti. Era un ragazzo molto affascinante, era impossibile negarlo, con due begli occhi azzurri, un naso diritto e due labbra leggermente carnose. Ma per quanto potesse essere bello, a Lily dava l’idea di uno di quei ragazzi egocentrici che lei mal sopportava.

« Piacere di conoscervi » disse, educato, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. « Spero potremo conoscerci meglio in futuro ».

« Lei invece è Amelia Bones » andò avanti Silente, avvicinandosi all’unica donna del gruppo. « Purtroppo voi non avete avuto l’occasione di conoscerla di persona prima di oggi, ma lasciatemi elogiare per qualche momento il suo coraggio e il suo buon cuore ».

Amelia arrossì leggermente sulle guance e sorrise al preside, riconoscente. Non era una bellezza disarmante, anzi, era piuttosto anonima, ma aveva un sorriso dolce e quasi materno. 

« Lei esagera, Silente » ribatté Amelia, prima di rivolgersi agli studenti. « Ad ogni modo, sono molto contenta di fare la vostra conoscenza ».

« Oh, non esagero affatto, miei cari! » rispose il preside, che poi si avvicinò ai due uomini dai capelli rossi. « E loro, invece, sono… »

« Gideon e Fabian Prewett » lo interruppe uno dei due, Gideon, sfoderando un sorriso tutto denti. « Anche noti come i gemelli Grifondoro più belli che Hogwarts abbia mai avuto il piacere di vantare tra i suoi studenti ».

L’altro gemello, Fabian, alzò gli occhi al cielo all’affermazione del fratello, ma non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito. Anche Lily si lasciò scappare una risatina, attirando così l’attenzione di Gideon su di sé.

« Ehi, Fab… » fece infatti, studiandola con interesse. « Ma secondo te mamma e papà hanno avuto un’altra figlia e non ce lo ha detto? »

Fabian posò lo sguardo su Lily e, dopo i primi secondi di silenzio, scosse la testa.

« No, Gid, decisamente no » rispose. « È troppo bella per essere nostra sorella ».

« Sai, forse hai ragione… » commentò semplicemente Gideon, stringendosi nelle spalle con noncuranza ma senza smettere di sorridere a tutti quanti. 

Lily, d’altro canto, non poté fare a meno di abbassare lo sguardo sulle proprie mani, imbarazzate e lusingata al tempo stesso; rialzando gli occhi incrociò per caso quelli di James, e le fece quasi piacere la vaga scintilla di gelosia che vi colse. 

« Penso che non ci sia nient’altro da aggiungere su di voi, mi sbaglio? » domandò Silente, ironico, guardandoli con un sorriso divertito. 

« Be’, se dovessimo essere onesti, ci sono un sacco di cose che potremmo dire » rispose Gideon. 

« Ma non vogliamo ammorbarvi, perciò almeno per oggi ve le risparmiamo » aggiunse Fabian, frenando giusto in tempo Gideon. 

Amelia e Caradoc si lanciarono un’occhiata, prima di ridere dei loro due amici. 

« Scusi, signor preside… » s’intromise William Summers, attirando l’attenzione di Silente. « Conoscere gente nuova è sempre un piacere, certo, ma non capisco perché ci abbia convocati. Insomma, non credo lei ci abbia invitati solo per presentarci quattro suoi ex studenti. Mi sbaglio? »

Il vecchio preside lo guardò con interesse, prima di annuire lentamente. 

« No, signor Summers, non si sbaglia » ammise. « Vedete, ragazzi, loro non sono solo quattro miei ex studenti. Loro sono anche delle persone con degli ideali, delle persone pronte a lottare per quello in cui credono e che amano. E io oggi vorrei sapere se anche voi pensate di appartenere a questa categoria di persone ».

Uno strano silenzio cadde su tutti i presenti, e al preside non sfuggirono gli sguardi inizialmente perplessi e poi sempre più consapevoli che i suoi attuali studenti si scambiavano. 

Il primo a parlare, proprio come Silente aveva supposto, fu ancora una volta James Potter.

« Lei… lei ci sta chiedendo se vogliamo combattere, una volta usciti da qui » disse, acquisendo sicurezza mano a mano che continuava a parlare. « Ho ragione? »

« Lei ha perfettamente ragione, signor Potter » rispose il preside, annuendo. « Io vorrei sapere chi, tra di voi, è disposto a combattere per ciò in cui crede e chi è disposto a lottare al nostro fianco ».

« Al vostro fianco? » ripeté Sophie Young, ancora un po’ perplessa.

« Al nostro fianco, esattamente » confermò Silente, tornando a sedersi sulla sedia dietro la sua scrivania. « Dovete sapere che, qualche anno fa, quando Voldemort ha iniziato ad acquisire sempre più potere, ho deciso di fondare l’Ordine della Fenice. È un’organizzazione segreta il cui obiettivo è combattere Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte ».

Lily si sorprese della sicurezza con cui Silente pronunciava il nome di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ed era certa di non essere l’unica persona rimasta stupita da ciò. Dietro di sé infatti aveva sentito Sophie trattenere il respiro la prima volta che quel nome era stato pronunciato ad alta voce.

« Non è una cosa da niente » s’intromise Moody, studiandoli con attenzione uno ad uno. « È una faccenda seria, non prendetela sotto gamba. Sono certo che Albus vi abbia convocati qui, stasera, perché è sicuro del vostro valore, ma penso che dobbiate comunque essere informati sulle possibili conseguenze. Qui non si parla di spiare qualcuno che si suppone sia un Mangiamorte, no. Qui si tratta di duellare contro di loro, e vi mentirei se vi dicessi che non è pericoloso. Dovete imparare a usare dei veri incantesimi di attacco, e non le solite fatture che vi scambiate tra studenti ».

« Avrete paura » aggiunse Amelia, senza più la traccia del suo sorriso dolce sul viso. « Avrete tanta paura. Paura di non tornare o di non veder tornare le persone a cui tenete ».

« Dovete capire cosa siete disposti a fare per un ideale » disse Caradoc. 

« Siete disposti a lottare per ciò in cui credete? » domandò Fabian, pacato.

« La vera domanda temo sia: siete disposti a morire per ciò in cui credete? » lo corresse Gideon, il cui tono aveva ormai perso tutta l’ironia di prima. 

Lily abbassò lo sguardo sulle proprie mani, chiuse a pugno sulle sua ginocchia, pensando e ripensando a tutto ciò che le persone davanti a lei avevano appena detto. Lei sapeva quanto fosse sbagliato e amorale ciò che Voldemort stava facendo nel mondo magico, ma non aveva mai pensato di poter ricevere un’offerta del genere. 

Lei era disposta a lottare per i suoi ideali? 

Lei era disposta a morire per i suoi ideali? 

Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo, non riuscendo a trovare né una risposta né la voce. 

« Io ci sto ».

Lily alzò la testa di scatto, girandosi verso la persona che aveva appena parlato. 

James non era più seduto accanto a lei, ma si era alzato e in quel momento stava reggendo con sicurezza lo sguardo di Alastor Moody e Silente. 

« Siamo felici di ritenerla dei nostri, allora, signor Potter » disse il preside, guardandolo con intensità e, sebbene cercasse di nasconderlo, con orgoglio. 

« Se posso fare qualcosa per fermare quel pazzo, può stare sicuro che lo farò ».

« Potete contare anche su di me » fece all’improvviso Sirius, alzandosi a sua volta e scambiandosi una rapida occhiata d’intesa con il proprio migliore amico. 

« E su di me » s’intromise William Summers, serissimo, seguendo l’esempio dei suoi due compagni di scuola. 

« Molto bene… » commentò Silente. 

« Ci sto anche io » dissero Remus e Benjy quasi in contemporanea. 

Mentre Silente si congratulava anche con loro, Lily lanciò uno sguardo agli altri che, come lei, non avevano ancora dato una risposta certa. Mary continuava a spostare lo sguardo da James, a Sirius, a Silente, agli altri membri dell’Ordine… e quando la vide prendere un respiro profondo, Lily capì cosa la sua migliore amica stesse per fare.

Dopo una manciata di secondi, infatti, Mary si alzò, attirando l’attenzione di Silente e degli altri su di sé. A Lily non sfuggì lo sguardo orgoglioso che James rivolse a quella ragazza che per lui era più una sorella che un’amica.

« Ci sto » si limitò a dire, trovando finalmente la voce. 

« Anche io » si aggiunse Peter, mettendosi in piedi accanto ai suoi amici.

« Anche io ci sto » disse Sophie Young, alzandosi a sua volta.

Silente annuì nuovamente, prima di spostare lo sguardo sugli unici tre che non accennavano ad aprir bocca: Lily, Alexandra e Thomas. Quest’ultimo aveva lo sguardo corrucciato, come se stesse litigando con se stesso, mentre Alexandra sembrava confusa quanto Lily. 

« Professore… ma se uno avesse bisogno di più tempo per decidere? » domandò Alexandra, sentendosi un po’ in soggezione.

« Credo che il suo sia un dubbio più che lecito, signorina Winstone » ammise Silente, passando in rassegna i visi di tutti e tre gli studenti. « Può prendersi del tempo per pensarci, ma non può parlare di ciò che è successo stasera con nessuno che non fosse presente ».

Alexandra annuì e si alzò, leggermente tremante. 

« Le farò sapere al più presto, signor preside » disse allora la ragazza. « Posso… posso andare, ora? »

« Certamente ».

Lei non se lo fece ripetere una seconda volta e, dopo aver saluto i propri compagni e i membri dell’Ordine, si girò ed uscì dall’ufficio. Lily e Thomas si scambiarono un’occhiata, e alla fine il ragazzo decise di seguire l’esempio della Tassorosso.

Quando anche lui se ne fu andato, Lily sentì gli sguardi di tutti gli altri su di sé. 

« Signorina Evans? » la chiamò Silente, guardandola con un piccolo sorriso sulle labbra. 

« Io… » provò a dire lei, ma la voce le venne meno quasi subito. 

« Non deve preoccuparsi, signorina Evans, è normale avere dei dubbi. Dopotutto questa è una scelta che potrebbe cambiare la sua vita, perciò se ha bisogno di tempo non c’è bisogno che si scusi » le disse il preside, cercando di rassicurarla.

« Se ti fa sentire meglio, io ci ho messo qualche settimana a decidere » s’intromise Fabian, sorridendole, affabile. 

« E io non sono da meno » ammise Amelia. « Anzi, io ci ho messo più di mese ».

Lily sorrise ai due, grata, sentendosi leggermente meglio. Tuttavia il fatto che tutti i suoi amici fossero stati così veloci, così certi nel dare una risposta affermativa… lei sapeva benissimo che quello dell’Ordine fosse un ideale totalmente positivo e lo condivideva in pieno, ma non riusciva a prendere una decisione. 

« Quella che deve prendere è una decisione seria, fa’ bene a pensarci su » commentò Alastor Moody. « Non abbiamo bisogno di gente che non vuole rendersi utile » aggiunse, come se nulla fosse.

Lily lo guardò a bocca aperta, presa in contropiede. 

« Io voglio rendermi utile » ribatté prima che potesse rendersene conto, punta nell’orgoglio dall’ultima insinuazione dell’Auror. 

« Voi ci avete fatto una proposta, ed accettarla comporta dei rischi » s’intromise James, sentendosi quasi in dovere di dire qualcosa in difesa della ragazza. « Il fatto che debba pensarci non significa che non voglia rendersi utile ».

Moody spostò lo sguardo da Lily a James per qualche volta, finché non si limitò a stringersi nelle spalle e sollevare le sopracciglia, senza dire nulla di più. La ragazza, ad ogni modo, fu quasi certa di aver sentito uno dei due gemelli Prewett dire all’altro un divertito: « Guarda come difende la ragazza… » e sperò di non essere arrossita.

« Andiamo, Alastor, sono ragazzi » disse Silente. « Sono già molto sorpreso dal fatto che otto di loro abbiano accettato subito… Ad ogni modo, Caradoc, Gideon, Fabian, Amelia… vi ringrazio per essere venuti qui stasera. Io e te ci sentiremo nei prossimi giorni, Alastor ».

I cinque membri dell’Ordine annuirono e, dopo aver salutato e stretto le mani agli studenti rimasti, se ne andarono. Solo Amelia si trattenne qualche secondo di più: la donna infatti decise di avvicinarsi a Lily e le posò una mano sulla spalla. 

« Non dare retta a quello che dice Alastor. Dopo l’attacco a Diagon Alley è sempre sommerso da missioni… non è un bel periodo per lui » le disse, sorridendole con dolcezza. « Prenditi tutto il tempo che ti serve per pensarci e, qualunque cosa tu decida, spero sia perché lo vuoi tu e non perché è quello che si aspettano gli altri. Rimani fedele a te stessa ».

Lily annuì e le sorrise a sua volta. Quella donna le stava già molto simpatica ed era rimasta subito colpita dalla sua innata gentilezza. 

« Lo terrò a mente » rispose la ragazza. « Grazie mille per tutto quanto ».

« Figurati, cara! Spero di rivederti presto, in bocca al lupo per ogni cosa! » 

Così dicendo, Amelia le scoccò due baci sulle guance prima di seguire gli altri fuori dall’ufficio e giù per le scale. Quando si girò verso gli altri, Lily incrociò subito lo sguardo penetrante di Silente. 

« Signorina Young, signor Fenwick, signor Summers… sono felice di darvi il benvenuto nell’Ordine, allora » disse, prima di rivolgersi ai Grifondoro. « Per quanto riguarda voi sei… vorrei rimanere con voi ancora qualche minuto. Potreste lasciarci soli? » aggiunse, tornando a parlare agli altri tre.

« Oh » fece Sophie, un po’ confusa. « Certo, nessun problema. Buona serata, signor preside ».

Sophie aspettò che anche Benjamin e William salutassero, prima di congedarsi assieme a loro. 

Nel frattempo Mary e i Malandrini tornarono a sedersi nei posti che avevano occupato fino a poco prima e, quando incrociò lo sguardo di Lily, James accennò un piccolo sorriso nella sua direzione a cui lei rispose con un cenno del capo. 

« Professore, io non penso sia il caso di parlarne ancora… e poi non abbiamo ancora preso tutti una decisione… » si azzardò a dire Peter, ma rimase spiazzato quando Silente scosse la testa.

« La signorina Evans può pensare alla mia proposta per tutto il tempo che ritiene necessario, non è di questo che vorrei parlarvi » cominciò il preside, se possibile ancora più serio di prima. « Come vi ho già detto prima, questi sono tempi bui… è inutile negarlo. Il mondo magico non ha mai dovuto affrontare un pericolo come quello che incombe oggigiorno sulle nostre teste… Voi siete ancora molto giovani, oserei dire fin troppo giovani, e trovo assolutamente ingiusto che dei ragazzi come voi debbano affrontare drammi del genere ».

Remus, sentendo le parole del preside, inarcò le sopracciglia, confuso. Tutti loro sapevano cosa volesse dire trovarsi in una guerra, dopo l’attacco a Diagon Alley, e lui non riusciva davvero a capire perché Silente avesse voluto che gli altri se ne andassero per parlare loro di una cosa, purtroppo, fin troppo ovvia. 

Lanciò un’occhiata ai suoi amici, trovando sui loro volti la medesima espressione a metà tra il perplesso e il preoccupato. 

« Purtroppo ci sono cose che nessuno può prevedere, eventi che nessuno riesce a fermare in tempo… »

« Signor preside, cosa ci vuole dire? » domandò Mary, interrompendo Silente e guadagnandosi un’occhiata divertita da parte di James e una sorpresa da parte di Lily e Remus.

Silente non la rimproverò e si limitò a prendere un respiro profondo e sistemarsi gli occhiali sul naso. Quando finalmente espirò, ai sei Grifondoro sembrò che fosse improvvisamente invecchiato.

« Vorrei ci fosse un modo migliore per dirlo, ma temo che niente possa rendere la notizia meno dolorosa » disse il preside, più a se stesso che ai ragazzi, prima di rialzare lo sguardo su di loro. « La famiglia Parker è scomparsa ».

All’inizio, Sirius si chiese cosa diamine c’entrassero loro con quella famiglia e perché Silente ci avesse tenuto così tanto a dirglielo in privato e di persona… fu solo quando sentì Mary emettere un gemito strozzato che capì tutto.

Parker era il cognome di Miriam.

 

*

 

Quel giorno, per la prima volta nella loro carriera scolastica, Sirius e James non occuparono il loro solito banco in ultima fila, preferendo lasciare i loro posti a Lily e Mary. 

Non appena le avevano viste avevano capito che avevano trascorso la notte quasi - se non completamente - in bianco: le occhiaie sotto i loro occhi parlavano per loro. Ciò che aveva fatto loro impressione, tuttavia, erano gli sguardi assenti che accomunavano tutte le quattro ragazze rimaste di Grifondoro. 

Da quando Silente, la sera prima, aveva detto loro della sparizione della famiglia, Lily si era chiuso in un tremendo mutismo, mentre Mary continuava a passare da momenti di perfetta apatia a lunghe crisi di pianto. E se Mary, dopo le prime domande a Silente, si era alzata improvvisamente ed era corsa via, rincorsa prontamente da Sirius, gli altri tre Malandrini ci avevano messo diversi minuti ad attirare l’attenzione di Lily e farla alzare dalla sedia. 

 

« Lei si sbaglia » disse di punto in bianco Mary, la voce roca, gli occhi spalancati e la bocca piegata in un’espressione incredula. « Non è possibile. Lei si sbaglia ».

« Purtroppo non mi sbaglio affatto, signorina MacDonald » ribatté Silente, capendo lo stato di shock in cui doveva trovarsi la ragazza in quel momento.

« Lei si sbaglia! » ripeté invano Mary. « Miriam non è sparita, Miriam non è morta! Lei si sbaglia! Lei si sbaglia… » continuò, la voce che le si affievoliva mano a mano che arrivava all’amara conclusione che no, purtroppo il preside non si stava sbagliando affatto.

Preoccupato, James si girò verso di lei e provò a parlarle.

Tuttavia non fece in tempo a fare o dire nient’altro, che la ragazza era già scattata in piedi ed era corsa via. Senza neanche pensarci, Sirius la seguì fuori dall’ufficio, giù per le scale e poi lungo i corridoi scarsamente illuminati del castello. 

Mary correva piuttosto velocemente, ma lui aveva le gambe molto più lunghe e quando finalmente riuscì a raggiungerla l’afferrò per il polso, costringendola ad arrestarsi e facendola sbattere improvvisamente contro il suo petto. Le mani di lei corsero sulle spalle di Sirius e si fermarono lì, tremanti.

« Mary… » iniziò, ma lei lo fermò subito. 

« Non dire niente, te ne prego, non dire nulla… » lo scongiurò lei, scuotendo la testa e affondando il viso nel suo petto. 

Sirius posò il mento sul suo capo, espirando rumorosamente e chiedendosi quando mai sarebbe finito tutto quell’inferno. Si affrettò a circondare il suo corpo esile con le braccia, ma lei continuava a piangere e lui sapeva bene che, questa volta, per quanto lo desiderasse, c’era ben poco che potesse fare per sistemare le cose. 

 

James si girò un’ultima volta per osservare brevemente le ragazze sedute al banco dietro al loro, e poi, sospirando, tornò a guardare dritto davanti a sé. Si passò una mano tra i capelli, sfinito, prima di rivolgersi al proprio migliore amico.

« Questa non ci voleva proprio » mormorò, cercando di tenere la voce più bassa possibile così da non farsi sentire da Mary e Lily. « Non penso di averlo ancora realizzato del tutto ».

« Lo so… » convenne Sirius, incrociando le braccia sul banco e appoggiandovisi con la guancia. « Non oso immaginare come possano sentirsi in questo momento, ma non mi piace vederle così ».

« Vederle? » ripeté James, aggrottando le sopracciglia e tentando di nascondere un sorriso laconico. « Stai dicendo che ti interessa anche come sta Lily? »

Sirius roteò gli occhi, sbuffando. 

« L’ho rivalutata, okay? Quante volte te lo dovrò ripetere prima che ti stanchi di farmelo dire? » domandò con un’occhiataccia. « E poi, se anche così non fosse, non mi piacerebbe ugualmente vedere una persona stare male ».

« Sai, è difficile che tu ammetta di aver torto su qualcosa, perciò penso che te lo farò ripetere per ancora un po’ di tempo » scherzò James. 

« Certo che è difficile che io ammetta di avere torto, dal momento che non ho mai torto. Questa è semplicemente l’eccezione che conferma la regola ».

« Certo, come dici tu » fece James, liquidando così il discorso per tornare a quello di prima. « Comunque sono preoccupato. Non so neanche come comportarmi con loro, cosa dire… con Mary forse sì, ma con Lily per niente ».

« Penso non ci sia nulla che potremmo fare, ora come ora, per farle stare meglio » disse Sirius con un sospiro. « O meglio, potremmo distrarle, sì, ma non so quanto questo possa essere utile. Ho paura che debbano imparare a convivere con la cosa ».

« Come si può imparare a convivere con una cosa del genere? »

« Vuoi la verità? » gli chiese Sirius, e lui annuì. « Non ne ho idea. E onestamente spero di non doverlo mai scoprire… »

Dopo quest’ultima frase i due lasciarono che tra di loro scendesse il silenzio: Sirius non sapeva cos’altro aggiungere, mentre James non sapeva come ribattere, ma forse era meglio così. Nessuno di loro, dopotutto, voleva pensare davvero a come sarebbe potuta essere la vita senza l’altro. 

Entrambi si trattennero dal tirare un sospiro di sollievo quando videro entrare in classe la nuova professoressa di Difesa. La donna si fermò di fronte alla cattedra, appoggiandovisi, e si assicurò maggiore stabilità reggendosi al bordo. 

« Buongiorno a tutti, ragazzi, spero abbiate passato delle buone vacanze » cominciò: aveva una voce molto chiara, ma dura e decisa. « Come ho già detto ieri io sono la vostra nuova professoressa e il mio nome è Georgia Hale. So che dover cambiare professore a soli sei mesi da M.A.G.O. non deve essere il massimo, ma spero di potervi aiutare e preparare al meglio per i vostri esami. Qualcuno di voi saprebbe dirmi con esattezza a che punto del programma siete arrivati con il professor Lockwood? »

Un Tassorosso alzò la mano, rispondendo prontamente alla domanda della Hale, che sorrise soddisfatta. La donna si staccò dalla cattedra, aggirandola, e si sedette sulla sedia lì dietro. 

Dopo qualche altra domanda per sapere quali altri argomenti avessero trattato e cosa avessero dovuto preparare durante le vacanze, iniziò subito a spiegare, ricordando loro che i M.A.G.O. erano ogni giorno più vicini e che non c’era ulteriore tempo da perdere.

Sirius, tuttavia, non riusciva a concentrarsi davvero su ciò che la professoressa stava spiegando, e sperò con tutto se stesso che Remus potesse spiegargli la lezione dopo cena. 

Dopo l’incontro con Silente e con i membri dell’Ordine, infatti, la sua mente continuava a spaziare in lungo e in largo. La scomparsa di Miriam lo aveva toccato, dal momento che già dal primo anno era stata una delle amiche più strette di Mary, ma non avevano mai avuto un rapporto abbastanza stretto da stare male tanto quanto le ragazze. Per quanto gli dispiacesse, inoltre, la sua mente era fissa più sull’Ordine e a Silente.

Infatti si girò verso James, che stava cercando invano di prendere appunti e seguire il discorso della professoressa. 

« Secondo te… visto che Silente ha chiesto a noi, che siamo appena maggiorenni, di far parte del Tu-Sai-Cosa… sì, insomma, pensi che anche lui lo stia facendo? » gli domandò, sperando di non farsi sentire da orecchie indiscrete.

James si girò lentamente verso di lui, perplesso. 

« Lui? » 

« Lui » ripeté Sirius, lanciandogli un’occhiata eloquente per fargli capire di chi stesse parlando. 

« Ooh » fece infine James, quando mise insieme i pezzi, assumendo un’espressione contrita. « Non ti saprei dire… vorrei dirti di no, ma ho paura di sì… dopotutto se perfino Silente è arrivato a chiedere a dei ragazzi come noi se fossimo interessati a partecipare… »

« Che merda… » commentò Sirius, non trovando altro da dire.

Scuotendo la testa, il ragazzo tornò a guardare il proprio libro ma senza leggerlo davvero. 

James sospirò, totalmente d’accordo con il proprio migliore amico, prima di tornare a fare la stessa cosa. Entrambi sapevano che l’altro non stava veramente prestando attenzione alla Hale, ma, com’era già successo poco prima, nessuno dei due sapeva cosa dire.

Era assurdo quanto la situazione stesse degenerando ogni giorno di più, senza che nessuno potesse fare qualcosa di concreto per porre fine a tutto quel caos. Ed era ancora più assurdo, secondo loro, che i motivi alla base di quella guerra fossero legati a delle stupide questioni di sangue… era ingiusto che persone buone e valide venissero sminuite, se non uccise, solo perché accusate di non avere il sangue puro. 

Nessuno dei due aprì più bocca finché non finì la lezione. 

Sirius ripose il libro di Difesa nella propria borsa, e quando alzò gli occhi per cercare Mary la vide correre fuori dalla porta senza neanche fare caso ai suoi richiami. Scambiandosi un’occhiata preoccupata con James, non esitò a dare le spalle a quest’ultimo e seguire la ragazza tra la folla. 

James si passò una mano tra i capelli e si appoggiò al banco dietro di lui, sospirando. 

« Ha pianto finché non si è addormentata » disse una voce alle sue spalle, facendolo quasi sussultare.

Tra il discorso di Sirius e la fuga di Mary, si era quasi dimenticato della presenza di Lily al banco dietro di lui. Dopotutto era sempre stato abituato ad averla qualche tavolo più avanti, intenta a prendere appunti. Si disse che probabilmente avevano cambiato posto riuscivano a concentrarsi ancora meno di lui e Sirius.

« Questo 1978 è cominciato già male » rispose James mentre lei lo affiancava, sedendosi sul banco e posando la borsa a terra. « Non oso immaginare come possa continuare ».

« Vorrei poterti dire che le cose miglioreranno, ma a questo punto credo che sarebbe solo una bugia… »

« Mi dispiace, Lil » le disse, girando il viso per poter incontrare i suoi occhi. « Prima l’attacco a Diagon Alley, poi l’Ordine e infine questo… »

« Non è colpa tua, James » ribatté lei, e cercò di sorridergli ma riuscì a mettere su solo una smorfia. « E forse è anche per questo che fa così male… non avere neanche la minima idea di come sia successo o del perché. Non avere qualcuno a cui poter dare la colpa, qualcuno contro cui prendersela… è inutile, non ti fa sentire meglio il alcun modo… ti fa solo sentire ancora più inutile, impotente ».

James rimase in silenzio, non sapendo come risponderle. Sapeva di non poterla costringere a vederla come lui, ma dal suo punto di vista c’era qualcuno con cui prendersela. 

C’era qualcuno che aveva provocato tutto il dolore e lo sfacelo di quegli ultimi anni. C’era qualcuno, alla base di tutti quei morti. C’era qualcuno, alla base di tutta quella follia. E lo si poteva combattere, lo si doveva combattere. 

« So cosa stai pensando » disse Lily, cogliendolo di sorpresa. « Ma io… io so che è giusto lottare per ciò in cui si crede… però ho paura delle conseguenze. Perché nessuno sembra mai pensare alle conseguenze? E non parlo solo di quello che potrebbe succedere a me, ma anche a quello che potrebbe accadere alle persone a cui tengo… che senso ha cercare di proteggerle, se poi potrei finire per metterle ancora più in pericolo di quanto non siano? »

« Ma invece ci riuscissi, a proteggerle? » ribatté James. « Perché sei così pessimista? »

« Perché non si può essere sempre ottimisti » rispose lei, sembrando improvvisamente mille volte più stanca di pochi secondi prima. « Non si può sempre pensare che arriverà qualcuno a sistemare tutto quanto, non si può sempre pensare di poter vincere ».

« In guerra non puoi permetterti di ragionare così, Lily » la riprese lui, e la ragazza spostò subito lo sguardo per puntarlo fuori dalla finestra. « L’ha detto anche Silente: questi sono tempi bui. Ma come puoi pensare di andare avanti se non hai qualcosa a cui appigliarti? »

« Una persona non può vivere di speranze e basta, James. Una persona ha bisogno anche di concretezza, ad un certo punto non si può andare avanti a belle parole… »

« Senza speranza non vai da nessuna parte. Devi avere qualcosa in cui credere, qualcosa che speri con tutta te stessa che prima o poi succeda, altrimenti smetti di vivere… altrimenti tutti perde significato ».

« Tu sei troppo ottimista, James » commentò Lily, abbassando la testa sulle proprie ginocchia.

« E tu sei troppo pessimista » ribatté lui, posando la mano sul suo ginocchio per attirare la sua attenzione. « Ma nessuno di noi due può dire quale sia il modo sbagliato di vedere il mondo. Io vorrei solo che tu riuscissi a vedere che là fuori non c’è solo morte… lì fuori c’è ancora gente che cerca di vivere, gente che ama e che spera… non lasciare che ti portino via ogni cosa, non lasciare che quelle persone ti cambino, perché allora avranno vinto davvero ».

« James… »

Lui si vide costretto ad interromperla subito, perché sapeva che difficilmente sarebbe riuscito a sopportare quanto lei gli avrebbe detto. 

Lily era una ragazza fantastica sotto molti punti di vista - oltre che bella, era intelligente, buona e divertente - e pensare che una persona del genere potesse essere costretta a cambiare a causa di gente come Voldemort era qualcosa che, più che mandarlo in bestia, gli spezzavano il cuore.

« Lo so che non è facile, dico davvero, so cosa vuol dire ritrovarsi a pensare che forse sarebbe tutto più facile se solo decidessi di dargliela vinta, fare come dicono loro, piegare la testa… ma non è giusto, Lily ».

« Cosa devo fare, allora? » domandò lei, quasi sfidandolo a ribattere.

James spostò la mano, cercando la sua sopra il banco e coprendola poi con la propria. 

« Io non ho intenzione di dirti cosa devi o non devi fare, non sono nessuno per importi qualcosa e non lo farei mai » le disse con sincerità. « Ognuno di noi deve scegliere per se stesso, è solo che io non… tu non sei una delle tante. Tu sei buona, gentile, intelligente… Lily, tu sei coraggiosa. Quel giorno, a Diagon Alley, mi sei corsa dietro senza neanche pensare a cosa saresti potuta andare incontro. Non sto dicendo che non hai paura di niente, sto dicendo che quando qualcosa ne vale la pena sei pronta a tirare fuori tutto il coraggio che serve. Sei una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto, e mi dispiacerebbe vederti sbiadire e diventare come tutti gli altri ».

Mano a mano che lui era andato avanti a parlare, Lily era sicura che le sue guance fossero diventate rosse, ma continuò ugualmente a reggere il suo sguardo, cercando in ogni caso di dissimulare l’imbarazzo e il piacere che le parole di James avevano provocato in lei.

« James, io non sono così… io non sono perfetta, neanche un po’ » trovò finalmente il coraggio di ribattere, abbozzando un piccolo sorriso. 

« Tu non sei affatto perfetta » convenne lui, cercando di ricambiare il suo sorriso e prendendola in contropiede. « Sei testarda, precisa, fin troppo orgogliosa e, a volte, anche abbastanza permalosa… sei umana, è normale avere dei difetti. Il fatto che tu ne abbia, però, non significa che tu non sia una bella persona ».

« Io non… a volte ho paura di non farcela » ammise Lily dopo qualche secondo di silenzio. 

« Vuoi sapere un segreto? » le domandò, avvicinandosi leggermente a lei. « Anche io a volte ho paura di non farcela. Quando capita però mi ripeto che finché non provo non posso saperlo ».

« Come pensi di riuscire a reggere lo stress? Come pensi di riuscire a reggere tutte le morti? »

« Che ci piaccia o no la gente morirà comunque, che io combatta o meno » le fece notare con un sospiro. « Ma se non provassi neanche a fare qualcosa per cambiare le cose, non potrei perdonarmelo ».

Lily sospirò a sua volta, non dicendo più nulla e limitandosi a farglisi più vicina; una volta che le loro braccia furono l’una contro l’altra, appoggiò la testa contro la sua spalla. Rimasero lì, in silenzio, per un tempo che nessuno dei due sarebbe riuscito a quantificare. Essendo ora di pranzo il corridoio fuori dalla classe era totalmente deserto, perciò l’unico rumore udibile era quello dei loro respiri. 

« Lily? »

« Sì? »

« Posso farti una domanda? »

« Certo… dimmi pure ».

« I tuoi cosa pensano di questa situazione? Della guerra? »

James non aveva neanche finito di porle la domanda che lei si era già irrigidita, trattenendo il respiro più rumorosamente di quanto avrebbe voluto. Lui abbassò appena il viso per guardarla in viso, ma i capelli la nascondevano ai suoi occhi. 

Dal momento che Lily non sembrava trovare le parole per rispondere, lui iniziò a capire. 

« Non lo sanno, vero? »

James vide la testa della ragazza muoversi lentamente e confermare in silenzio la sua ipotesi. 

« So che non è giusto… che dovrebbero saperlo… ma non so come dirglielo » ammise lei alla fine, la voce bassa come se si vergognasse. 

« Prima o poi, in un modo o nell’altro, lo verrano a sapere, Lily ».

« Credi che non lo sappia? » gli domandò, allontanandosi di colpo da lui come se scottasse. « Lo so benissimo! Ma pensi sia facile dire ai tuoi genitori una cosa del genere? »

« Lily, io non sono qui per giudicarti » le disse, cercando di calmarla. « Se ho detto quello che ho detto è stato solo perché… perché penso che debbano saperlo da te… nel caso dovesse succedere qualcosa… ».

A Lily non sfuggì la il cambio di tono nella voce di James, mentre finiva il discorso: era come se anche solo dire una cosa del genere gli facesse male. 

« Io volevo dir loro la verità » mormorò, facendo oscillare i piedi e tenendo lo sguardo basso. « Prima del sesto anno… io volevo parlarne con loro, solo che non trovavo le parole giuste per farlo. E ho avuto paura per come avrebbero potuto reagire, per ciò che avrebbero potuto dire… sai anche tu quanti figli di Babbani o Mezzosangue sono stati ritirati da scuola dai genitori, e io non volevo finire così… Non volevo rinunciare ad Hogwarts, ai miei amici… So di aver sbagliato, ma in quel momento la strada più facile mi sembrava la migliore… »

« A volte la strada giusta non è sempre la strada più facile… » commentò James, guardando il suo profilo. 

Lily alzò improvvisamente il viso e punto gli occhi nei suoi, abbozzando un sorriso. 

« Sai, non pensavo che l’avrei mai detto, ma in fondo sto iniziando a capire perché Silente abbia deciso di nominarti Caposcuola » disse, spiazzandolo. « Non sei un incosciente, sai cos’è giusto e cos’è sbagliato… e sai come parlare alla gente. L’avevo già notato durante le riunioni, ma ogni giorno mi sembra sempre più palese. Tu… non montarti la testa, ora… ma hai le qualità di un leader ».

James si sentì subito più in soggezione, non essendo abituato a ricevere complimenti da parte sua. Si passò una mano tra i capelli senza neanche rendersene conto, sorridendo quando la vide alzare gli occhi al cielo per quel suo gesto ormai meccanico. 

« Uhm… grazie » se ne uscì, non sapendo come risponderle. 

« Non devi ringraziarmi, è solo la verità » rispose lei. « Ed hai ragione quando dici che devo parlarne con i miei genitori… lo farò, mi serve solo del tempo per capire… per capire come farlo, ma soprattutto per capire cosa farne della mia vita ».

« Per quanto può valere, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare sappi che puoi contare su di me » le disse, facendola sorridere appena. « So che Mary è la tua migliore amica, ma dopo quello che è successo non penso sia in grado di… »

« Lo so » sospirò Lily, sconfortata. « Io non… sai, non penso di aver davvero realizzato la cosa. A volte penso ancora che, quando entrerò in stanza, Miriam sarà lì, sul suo letto, a mettersi lo smalto e canticchiare… » continuò, sentendo un groppo formarlesi in gola all’improvviso. 

« Se non vuoi parlarne, non è un problema… » l’avvertì, non volendo metterle pressione. 

Lei scosse la testa. 

« Non è questo » gli assicurò. « Io non riesco a capire perché una cosa del genere sia dovuta capitare. O meglio, lo so che siamo in guerra, ma perché loro? Perché la famiglia di Miriam? »

« Io questo non lo so, Lily, penso che nessuno lo sappia davvero… »

« Ed è proprio questo il punto! Le persone scompaiono senza un motivo, solo perché vengono ritenute colpevoli di… di non avere il sangue puro! Di non pensarla come loro! Gente innocente, gente che non si meritava niente di tutto questo… non è giusto, James ».

Lui annuì, totalmente d’accordo con quanto detto da Lily, e fece per parlare quando la vide saltare giù dal banco e rimanere in piedi di fronte a lui. 

« Che fai? » le domandò, un po’ spaesato. 

« Ho una cosa da fare, adesso » gli rispose, avvicinandoglisi per dargli un bacio sulla guancia. « Puoi tenermi un posto a tavola? Non dovrei metterci tanto ».

« Non vuoi che ti aspetti? Posso accompagnarti, così poi andiamo assieme » le propose, scendendo a sua volta dal banco.

« No, è una cosa che devo fare da sola » disse Lily, sorridendogli. 

« Va bene » acconsentì lui, seppur un po’ dispiaciuto. « Allora ci vediamo direttamente a pranzo? » aggiunse, una volta che furono entrambi fuori dalla classe. 

« Perfetto ».

Dopo che lui le ebbe dato un bacio sulla guancia e si fu girato, incamminandosi e sparendo poi dietro l’angolo più vicino, Lily si voltò nella direzione opposta e cominciò a camminare velocemente. Sebbene la sua meta non fosse molto lontana, voleva arrivarvi il prima possibile. 

Mentre camminava, pensò che se c’era una cosa che apprezzava davvero di James - e non lo avrebbe mai ammesso, chiariamoci - era il fatto che riusciva sempre a metterla in dubbio e farla ragionare meglio su qualunque cosa. E le piaceva parlare con lui, perché, dopo sei anni passati a stuzzicarsi in continuazione, aveva addirittura scoperto che in fondo si assomigliavano più di quanto lei stessa avrebbe creduto possibile. La pensava come lei su molte cose, ma, appunto, ciò che più la colpiva era la facilità con cui lui riuscisse a spingerla a superare tutti i propri limiti, anche e soprattutto quando lei, da sola, non avrebbe mai trovato il coraggio di farlo. 

E se qualcuno le avesse detto tutto ciò anche solo un anno prima, gli sarebbe scoppiata a ridere in faccia e gli avrebbe consigliato di andarsi a fare un giretto da Madama Chips.

Sorridendo al pensiero, Lily si fermò solo quando ebbe di fronte il massiccio gargoyle di pietra.

Si chiese se stesse davvero per farlo, chiuse gli occhi e dopo qualche secondo, riaprendoli, prese un respiro profondo. 

« Cioccorane » disse, e il gargoyle si spostò immediatamente, lasciandole libero accesso alle scale. 

Salì i gradini velocemente e fu felice di trovare la porta dell’ufficio aperta.

Albus Silente era in piedi dietro la propria scrivania, tutto intento ad accarezzare lo stesso volatile vermiglio e dorato che lei e James avevano visto ad ottobre, quando erano andati a raccontare al preside quanto era successo al Corvonero attaccato dal gruppo di Severus.

Lily si schiarì la voce, un po’ in imbarazzo, e gli occhi chiari di Silente si spostarono su di lei. 

« Signorina Evans, qual buon vento la porta qui oggi? » le domandò con tono stupito, anche se alla ragazza non sfuggì il luccichio consapevole che gli balenò nello sguardo. 

« Ho deciso » rispose d’istinto, sentendosi un’idiota subito dopo: che razza di risposta era? 

Silente sorrise, accarezzando nuovamente la fenice. 

Anche Lily, immersa com’era nei suoi pensieri e nelle sue mille domande, si perse a contemplare il meraviglioso piumaggio di quel volatile. Era la seconda volta che vedeva dal vivo una fenice, e pensò tra sé e sé che non si sarebbe mai stancata di osservare gli straordinari riflessi provocati dall’incontro tra le sue piume e la luce delle lanterne. 

« Creature incantevoli, le fenici » commentò semplicemente Silente, come se non avesse neanche ascoltato la risposta della ragazza. « Una volta lessi in un libro una bellissima frase su di loro: l’araba fenice muore e rinasce dalle sue ceneri ogni volta che il male bussa alla porta. Non trova anche lei che sia molto affascinante, come detto? »

Lily rimase in silenzio per qualche secondo, indecisa su cosa dire. Avendo presente il tipo di persona che Silente era, aveva la per niente vaga impressione che quella frase non fosse stata dettata dal caso o dalle circostanze…

Ogni volta che il male bussa alla porta…

E tu cosa farai, quando il male busserà alla tua, di porta?

« Ci sto » esclamò allora Lily, di getto, sentendo un grosso macigno sollevarsi dal proprio petto. « Voglio lottare anche io ».




Note:

Non ho scusanti per questo ritardo enorme, ne sono assolutamente consapevole, e spero voi possiate accettare le mie scuse più sincere. Io amo da morire questa storia, i suoi personaggi e, dulcis in fundo, amo da morire anche voi lettori, silenziosi o no. Non avrei mai immaginato che questa storia potesse ottenere il seguito che invece ha raggiunto, e per questo vi ringrazio con tutto il cuore.

Passando al capitolo… che parola usereste per descriverlo? 

Io posso solo dirvi che scriverlo è stato un parto… era uno dei più importanti sotto molti punti di vista: l’ennesimo legame che si spezza, scelte importanti da fare, rapporti da rafforzare… Io direi che c’è parecchia roba per essere un capitolo solo. Spero però di non essere andata troppo di fretta, di aver accelerato troppo i tempi… ovviamente aspetto i vostri pareri.

Ora, però, voglio essere onesta con voi. Non posso promettervi aggiornamenti sempre costanti e vicino l’uno all’altro: come vi ho già detto, ormai ho cominciato l’università, e come se non bastasse nell’ultimo periodo sono tornati a bussare alla mia porta problemi personali che pensavo di essermi ormai lasciata alle spalle… non è un bel periodo. Ma sappiate che non abbandonerò mai questa storia, perché ogni giorno non vedo l’ora di tornare a casa per poter scrivere ed entrare in questo mondo che per me è un po’ il “luogo sicuro” in cui rifugiarmi nei momenti bui… 

Per tornare a parlare di cose belle (si spera), vi dico già che mancano sempre meno capitoli a un evento che la maggior parte di voi (giustamente) aspetta da ormai 19 capitoli!!! Sono sicura che abbiate capito a cosa mi sto riferendo ;) Onestamente non penso che sarà come potreste immaginarvelo, e sappiate che non sarà neanche nel prossimo capitolo, vi dico solo che manca veramente poco… ^^

Ultima cosa: sto davvero pensando ad un possibile sequel per questa storia + una raccolta di missing moments per tutti i piccoli momenti prima di “Sotto la pelle” o anche contemporanei (esempio: la prima sbronza dei Malandrini e Mary). Che ne pensate? Il sequel ovviamente coprirebbe tutto il tempo dalla fine della scuola fino alla morte di Lily e James *sigh* Fatemi sapere :) 

Ora penso di aver detto tutto!
Un bacio enorme a tutti voi, soprattutto a LunaNera17, La_Fra, cescapadfoot e gohan supremo il migliore: grazie mille per le vostre recensioni <3

Vorrei anche dare il benvenuto ai nuovi seguiti/preferiti/ricordate: bananacampogianachiquita, James Percy Holmes, 2lisa7, La_Ale, tetjej, Cromatismi cromatici, karmenpotter, inartefelpato, Sadhappy, Slytherin2806, piccolakurt, martaxx, Bella_1D, Flaw29, Lily_D_ e Ro_Fo. Siete tantissimi!! Spero che la storia possa continuare a piacervi! <3

Un bacio a tutti,

Ale

 

PS: la pagina facebook è sempre QUESTA (soprattutto viste le future tempistiche di aggiornamento, cercherò di pubblicare qui più foto/spoiler/post)

 

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Capitolo 20
*** A mano a mano ***


Capitolo 20

A mano a mano

20-a-mano-a-mano

 

Sirius scese rapidamente le scale a chiocciola che collegavano i dormitori maschili alla Sala Comune, consapevole di aver dormito un po’ troppo quel pomeriggio e di essere in ritardo per la cena con gli altri. 

Sbadigliando e cercando di sistemarsi i capelli alla bell’e meglio, mise finalmente piede in Sala Comune e si diresse subito verso il quadro della Signora Grassa; una volta fuori ci mancò poco che si andasse a scontrare con una ragazza dai capelli biondi e gli occhi scuri. 

« Ehi! » esclamò la ragazza, leggermente spaventata, prima di alzare lo sguardo su di lui e riconoscerlo, sciogliendosi poi in un sorriso. « Ah, Sirius, sei tu! »

« Sì, ciao, Abigail » la salutò lui, di fretta. « Scusa se ti sono venuto addosso, non era mia intenzione, mi dispiace! » aggiunse, alzando la mano in cenno di saluto e facendo per incamminarsi lungo il corridoio. 

Rallentò leggermente quando sentì la ragazza affiancarlo e cominciare a camminare con lui.

« Come mai così di fretta? » gli domandò, curiosa. « Non parliamo da un sacco di tempo. Come stai? »

« Bene, grazie. Tu? » rispose, anche se in realtà non era veramente interessato alla sua risposta. « In questo periodo ho un po’ di problemi a cui pensare… come al fatto che in questo momento dovrei già essere in Sala Grande per cenare con Mary e gli altri ».

Non appena pronunciò il nome della ragazza, il sorriso sul volto di Abigail sembrò farsi più finto. Sirius sapeva bene che la ragazza aveva una cotta per lui e non poteva negare di essere stato attratto fisicamente da lei in passato, ma ormai non era più interessato sotto alcun punto di vista. 

« Quindi è vero che ora sei diventato monogamo » asserì la bionda con un finto tono casuale, sistemandosi i capelli su una spalla e guardandolo divertita. 

« Detto così sembra che io avessi una specie di harem » le fece notare, girandosi per la prima volta a guardarla veramente. 

La prima cosa che notò fu l’enorme differenza tra Abigail e Mary. Se quest’ultima aveva i capelli mossi e scuri, infatti, l’altra vantava una liscia chioma bionda; se la prima aveva gli occhi azzurri e chiare efelidi su guance e naso, la seconda aveva gli occhi scuri e una pelle dal colore perfettamente uniforme. Anche fisicamente erano molto diverse: Abigail aveva decisamente un bel corpo formoso, sebbene fosse bassa, mentre Mary, che era più alta, aveva un fisico più asciutto. 

« Be’, non sei mai stato un santo » ribatté la ragazza, alzando le spalle. 

Sirius si lasciò scappare una risatina. 

« Questo posso concedertelo » ammise, sincero, prima di sospirare. « Tuttavia penso proprio che quel periodo sia finito. Come hai detto tu, Sirius Black è passato alla monogamia ».

« Che peccato » commentò Abigail con fare casuale. « Non ti senti un po’ in colpa nei confronti della popolazione femminile di Hogwarts? Privare tutte queste povere ragazze della tua compagnia… »

« Nah, non mi sento in colpa » disse Sirius, anche un po’ divertito da quelle sue constatazioni. « So di essere inimitabile, ma che ci posso fare? Ad un certo punto bisogna pur ritirarsi ».

« Be’, non per forza… » fece lei, lanciandogli un’occhiata carica di sottintesi che rischiò di farlo scoppiare a ridere.

« Cosa stai cercando di dirmi, Abigail? Sappiamo entrambi che odio girare intorno alle cose ».

« Io? » esclamò, fingendosi sorpresa. « Non sto cercando di dire niente! »

Sirius la guardò con un sopracciglio inarcato finché lei non sbuffò, consapevole di essere stata beccata, e lui non poté che ghignare prima di parlare.

« Sarò onesto: sono lusingato dalle tue attenzioni, ma temo tu debba rivolgerle altrove » le disse, fermandosi in mezzo al corridoio e stando bene attento a non starle troppo vicino. « Io ormai sto con Mary e sto bene così. Non ho bisogno di un’altra ragazza ».

« Non ti sto offrendo una seconda ragazza » gli fece presente, sorridendo. « Sto solo dicendo che, nel caso ti interessasse… »

« Il punto è proprio che non sono interessato » la interruppe Sirius, scuotendo la testa. 

Lei fece per ribattere, ma proprio in quel momento arrivò James. Quest’ultimo rimase un po’ sorpreso nel vedere il proprio migliore amico insieme ad Abigail, ma, dopo avergli lanciato un’occhiata confusa, si strinse nelle spalle, la salutò e poi si rivolse direttamente all’altro.

« Possiamo parlare? »

« Certo » acconsentì Sirius, annuendo, per poi rivolgersi alla ragazza. « Ci vediamo, Abigail ».

« Ciao, Sirius » borbottò lei, insoddisfatta, prima di girare sui tacchi e tornare sui propri passi.

Una volta che fu lontana, James parlò di nuovo.

« Ma cosa voleva? »

« C’è rimasta male perché il grande Sirius Black non è più sul libero mercato » rispose con onestà Sirius, lasciandosi sfuggire una risata. « Te l’avevo detto che sarebbe stata una tragedia per la popolazione femminile del castello ».

James alzò gli occhi al cielo.

« Certo, come no » commentò, mentre imboccavano le scale principali. « Comunque non è di questo che volevo parlarti… So che non è passato molto tempo dall’inizio del semestre, ma io sono preoccupato per Mary. È palese che non stia bene… »

Sirius annuì mestamente, lasciandosi andare ad un sospiro. 

Sapeva che James aveva ragione, ma fino a quel momento pensava che nessun altro si fosse accorto di nulla dato che non si era mai discusso apertamente della faccenda. Erano tornati a scuola da ormai quasi due settimane, e da una settimana a quella parte Mary aveva smesso di avere crisi. Certo, ogni tanto Sirius si ritrovava ad incrociare i suoi occhi, lucidi e schivi, ma per il resto sembrava che Mary stesse finalmente iniziando a metabolizzare la cosa. 

Nonostante ciò era palese che le cose fossero ancora ben lontane dall’andare bene. Spesso la sera se ne andava in camera subito dopo cena, senza neanche rimanere un po’ con tutti loro in Sala Comune, e tutte le volte che Sirius o James le avevano proposto di passare la notte nel loro dormitorio lei aveva stranamente rifiutato. 

« Ha perso peso » rispose Sirius, lanciando un’occhiata all’amico, che si passò una mano tra i capelli ed annuì. 

« Sì, l’ho notato anche io… » convenne James, altrettanto preoccupato. « Solo che non so come parlarle. Non l’ho mai vista così a terra, non è da lei, e mi sento così terribilmente inutile. Lei è la mia migliore amica e io non so neanche come poterle stare accanto in un periodo del genere… »

« Non so quanto possa consolarti, ma neanche io so come comportarmi » ammise Sirius. « Più che altro non riesco neanche a capire come stia davvero. So che non sta bene » aggiunse, vedendo che l’altro stava per interromperlo e capendo subito cosa volesse dirgli. « Però lei sta provando ad andare avanti ».

« Ma hai visto che occhiaie ha? » gli chiese James, scuotendo la testa. « E poi ha perso troppo peso… è ovvio che mi preoccupi per lei ».

« Certo, è la tua migliore amica. E sì, ho visto le occhiaie, ma quando le ho detto che avrebbe dovuto cercare di riposa mi ha promesso che sarebbe andata da Madama Chips per farsi dare qualcosa » disse Sirius, soprappensiero, ricordando la conversazione avuta neanche due giorni prima con la propria ragazza. 

« Vorrei solo poter fare qualcosa per farla stare meglio » borbottò l’altro, prima che il silenzio cadesse tra di loro.

Per l’ennesima volta nell’arco di cinque minuti, James si arruffò i capelli, ancora umidi dopo l’allenamento di Quidditch. La partita contro Serpeverde si avvicinava sempre di più, perciò Lucas aveva programmato tre allenamenti settimanali più uno la domenica mattina per preparare la squadra al meglio e battere l’altra squadra di un cospicuo numero di anelli. 

James apprezzava molto il lavoro che Lucas stava facendo, ma in quei giorni non poteva non pensare a Mary e a dei possibili mezzi per aiutarla. Dopo anni l’uno accanto all’altra, gli faceva addirittura male l’idea di non poterle stare accanto come avrebbe voluto. 

Arrivarono davanti al portone della Sala Grande prima di quanto avessero messo in conto e Sirius stava già per entrare, quando si sentì afferrare per un braccio e tirare indietro. 

« Se dovesse dirti qualcosa, me lo diresti, vero? » gli domandò, lanciando poi un’occhiata all’interno della Sala per individuare l’oggetto del loro discorso.

Mary era già lì, seduta con Lily, Remus e Peter, e James fu felice di vederla ridere. 

« Come se non fossi tu la prima persona a cui direbbe qualunque cosa… » ribatté Sirius, guardandolo con un sopracciglio inarcato. « Andiamo, lo sappiamo entrambi che, se c’è qualcuno di cui si fida con tutta se stessa, quella persona sei tu ».

James non poté non sorridere a quella affermazione, prima di guardare l’amico.

« Io sono il suo migliore amico, certo, ma guarda che lei si fida anche di te, Pad… » gli fece notare, sorridendogli per incoraggiarlo. « Lasciatelo dire: se non si fidasse, non si sarebbe mai messa con te, soprattutto vista la fama che hai avuto fino a qualche mese fa ».

Sirius abbozzò un sorriso, non rispondendo. Non era bravo a parlare di sentimenti ed emozioni, specialmente dei propri, ma era sicuro che James sapesse quanto per lui valessero le sue parole.

« Comunque stasera io e Remus abbiamo una ronda e Peter ha un appuntamento con Christine » gli disse infine James, dandogli una pacca sulla spalla e incamminandosi accanto a lui verso il tavolo di Grifondoro. « Perciò potrebbe essere l’occasione perfetta per parlarle in privato e vedere se ti dice qualcosa ».

« Sempre che lei accetti… ultimamente è sempre più sfuggente » ammise Sirius, pensieroso. « Non so neanche perché, quando le chiedo se le va di passare del tempo insieme mi dice sempre che ha da fare o che è stanca. Sembra quasi che voglia evitarmi ».

« Mary non ti eviterebbe mai, se non ci fosse qualcosa che non la fa stare tranquilla » commentò James, prima di sospirare. « Insomma, non mi piace parlare di Mary in quel senso, però tra i due non sei l’unico che sembra voler sempre saltare addosso all’altro, ecco ».

Sirius si fermò in mezzo alla Sala Grande e lo guardò colpito, prima di scoppiare a ridere e attirare l’attenzione di alcune persone lì attorno tra cui i loro amici. Quando incrociò lo sguardo confuso di Mary, le sorrise a trentadue denti. 

« Non riesco a credere che tu l’abbia detto » gli disse, ridendo ancora. « Ora andiamo, che le nostre dame ci stanno aspettando… » aggiunse, notando le rapide occhiate che Lily stava lanciando a James cercando di passare inosservata. 

« Forse volevi dire tua » lo corresse l’altro, sapendo quanto Sirius si divertisse a ricordargli che lui era fidanzato.

« Purtroppo sembra che la Evans si sia rincretinita di colpo e stia miracolosamente cedendo… » fece Sirius, guardandolo divertito, prima di superarlo e andare a sedersi vicino alla propria ragazza. 

« Grazie mille, sono felice di vedere che pensi delle cose così belle del tuo migliore amico! » borbottò, sedendosi all’altro lato di Mary. 

« Di che state parlando? » domandò la ragazza, curiosa, spostando lo sguardo dal suo migliore amico al suo ragazzo.

« Cose da maschi » rispose semplicemente Sirius, stringendosi nelle spalle e posandole poi un bacio veloce alla base del collo. 

Lei ridacchiò, incassando leggermente il collo nelle spalle a causa del solletico. 

« Allora, che si diceva? » chiese James, che nel frattempo aveva cominciato a servirsi dello stufato. 

« Nulla di che, parlavamo dell’ultima lezione di Lumacorno » rispose vagamente Peter, bevendo un sorso d’acqua.

« Merlino, io non ci ho capito nulla » ammise James con uno sbuffo. « Più parlava, più io mi ripetevo che Pozioni non è la materia per me. Se non mi servisse il M.A.G.O. per fare l’Auror avrei mollato quella materia dopo il quinto anno ».

« Speriamo che un tuo ipotetico figlio non prenda da te, allora » scherzò Mary. 

« Sai sennò quanti calderoni dovrebbe comprare ogni anno se li facesse esplodere con la stessa frequenza di James… » continuò Remus con un sorrisetto.

« Dai, sono migliorato, però! » protestò James. 

« Ma sì, dai… Ora la tua media è scesa a quanti, tre calderoni al mese? » continuò Mary, guardandolo divertita. 

« Non ti rispondo male solo perché sei tu » l’ammonì lui, sebbene fosse davvero contento che lei stesse scherzando con tutti loro di sua spontanea volontà. 

« Se al suo posto ci fossi stato io? » lo provocò Sirius, dopo aver mandato giù un boccone di petto di pollo arrosto. 

« Ti avrei affatturato » rispose sinceramente James come se nulla fosse, facendo ridere tutti sotto i baffi. 

« Ma guarda te… » borbottò Sirius, fingendosi offeso. 

Gli altri risero, divertiti, prima di cominciare a chiacchierare del più e del meno. Lily, Remus e James stavano parlando delle ronde e della prossima riunione dei Prefetti, mentre Mary aveva chiesto a Peter come andasse la sua storia con Christine. Solo Sirius continuava a mangiare, partecipando di tanto in tanto con qualche commento per non attirare attenzione, ma nel frattempo continuava a ripensare alla conversazione avuta con James prima di entrare in Sala Grande. 

Lanciò un’occhiata di sottecchi alla ragazza seduta accanto a lui, che continuava ad ascoltare Peter con interesse, il gomito sul tavolo e il mento poggiato sul palmo della mano. 

Per lui Mary rimaneva molto bella, ma, come aveva detto a James, era da qualche giorno che aveva notato un’effettiva perdita di peso. Nulla di troppo preoccupante per il momento, ma era ovvio che ciò fosse dovuto a quanto era successo nell’ultimo mese. Perché sebbene non ne parlassero mai, Sirius era sicuro che lei non stesse bene in quel periodo. 

Quando la conversazione tra Peter e Mary finì e il ragazzo venne interpellato da James, Sirius decise che era arrivato il momento di prendere il toro per le corna. 

« Mary? » la chiamò, mentre la ragazza beveva un po’ d’acqua.

« Sì? » fece lei, posando il bicchiere sul tavolo. 

« Be’, è da un po’ che non riusciamo a stare insieme » cominciò Sirius, cercando di non aggrottare le sopracciglia quando vide le sue labbra stringersi e i suoi occhi farsi consapevoli. « E visto che stasera hanno tutti qualcosa da fare stavo pensando che avremmo potuto approfittarne per passare del tempo da soli ».

Mary sembrò soppesare le sue parole e lui fu certo che si stesse mordendo l’interno della guancia, come faceva sempre quando non sapeva come rispondere a una domanda.

« Veramente sono un po’ stanca… »

« Possiamo anche non fare nulla e chiacchierare, poi se dovessi avere sonno puoi tranquillamente alzarti e andare » ribatté prontamente lui. « O rimanere a dormire con me, sai che non è un problema ».

Quando Mary piegò le labbra in un sorriso dolce, Sirius capì di avercela fatta.

« Va bene » gli disse infatti. « Vogliamo andare ora? Tanto da quel che ho capito nessun altro sale in Sala Comune con noi ».

« Certo! » esclamò Sirius, prima di guardarla un attimo. « Tu hai finito di mangiare, no? »

« Eh? » fece lei, che si stava già alzando in piedi. « Oh, sì. Non avevo granché fame » si giustificò, stringendosi nelle spalle.

Lui decise di soprassedere per il bene di entrambi, finendo l’acqua nel proprio bicchiere e alzandosi poi a sua volta. 

« Ragazzi, noi cominciamo a salire » disse, rivolto agli altri. « Ci vediamo dopo, in caso! »

« Salite di già? » domandò Remus, sorpreso. 

« La ragazza è stanca » rispose Sirius, scherzoso. « Sapete, penso proprio che mi sarei potuto anche mettere con una vecchia… non penso sarebbe cambiato poi molto! »

Peter e James scoppiarono a ridere, mentre Lily e Remus si limitarono a sorridere sotto i baffi. Mary, d’altro canto, si premurò di dargli uno schiaffo sull’avambraccio, fingendosi offesa. Lui in risposta si mise a ridere, passandole un braccio attorno alle spalle per scoccarle poi un bacio sulla tempia. 

« Be’, a dopo allora! » li salutò Mary, sorridente, lasciando che il proprio ragazzo la conducesse fuori dalla Sala Grande. 

Mentre camminavano alzò numerose volte gli occhi al cielo e la cosa non sfuggì a Sirius, che le lanciò un’occhiata confusa. 

« Mary, tutto bene? Perché facevi quelle smorfie in Sala Grande? » le domandò, non capendo il motivo del suo comportamento.

Lei gli lanciò un’occhiata in tralice, prima di incrociare le braccia e sbuffare, continuando a camminare al suo fianco ma senza rispondergli. Al ché Sirius non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo a sua volta. 

« Dai, che succede? » le chiese ancora. « Ho fatto qualcosa che non ti è piaciuto? » aggiunse, un po’ indispettito.

« No, non è questo » rispose lei, vaga. « Non importa ».

« Dai, dimmelo! » insistette Sirius, che ormai era anche curioso di sapere cosa l’avesse infastidita. 

Lei gli lanciò un’altra occhiata, prima sbuffare di nuovo.

« Non potevi essere un po’ meno bello? » fece infine, prendendolo in contropiede. « Insomma, ogni volta che stiamo in Sala Grande devo trattenermi dall’affatturare tutte le ragazzine che ti guardano… » gli spiegò, sperando con tutta se stessa di non essere arrossita. 

Dopo i primi istanti di sorpresa, Sirius scoppiò a ridere rumorosamente e la guardò con stupore. Guardandola lì, accanto a lui, con le braccia incrociate al petto e l’espressione corrucciata, gli venne un’improvvisa voglia di stringerla a sé. 

« Gelosa? » la provocò una volta che ebbe smesso di ridere, divertito e allo stesso tempo lusingato. 

« Nei tuoi sogni, forse » ribatté Mary, sprezzante, allungando un po’ il passo e precedendolo lungo la scalinata principale. 

Sirius scosse la testa, alzando gli occhi al cielo e raggiungendola senza fatica nel giro di pochi secondi. Vedendo che lei non accennava a volersi fermare, decise di superarla e bloccarle così la strada. 

« Spostati » gli disse, facendo per procedere e venendo prontamente fermata da lui per la seconda volta. « Dai, Sirius, spostati! »

« Oh, no che non mi sposto » ribatté lui con un sorriso furbo, allargando leggermente le braccia per impedire ancora di più i suoi movimenti. « E sta’ ferma, per una buona volta, dai… » aggiunse, dal momento che lei non ne voleva sapere di dargliela vinta. 

Si vide dunque costretto a circondarle la vita con le braccia, trovandosi così il suo viso a pochi centimetri dal proprio. Quando anche Mary si avvide della poca distanza tra i loro volti, gli poggiò le mani sul petto per tenersi un po’ più lontana, facendolo ridacchiare. 

« Allora… sono molto bello, quindi? » le domandò con finta casualità, senza smettere neanche un secondo di sorridere con fare sornione. 

« Non ho detto questo » gli rispose lei, sbuffando. 

« Be’, hai detto che le altre mi guardano perché sono troppo bello, perciò facendo due più due… » la provocò ulteriormente, divertito e, soprattutto, contento che nessuno stesse passando per le scale su cui si erano fermati.

« Per i loro standard sei troppo bello » disse lei, stringendosi nelle spalle e lanciandogli un’occhiata di sfida. « Magari hanno dei gusti terribili. Chi lo può sapere? Forse dovremmo proporre a Silente di far venire un Medimago per controllare la loro vista… »

Sirius inarcò le sopracciglia, guardandola con scetticismo, prima di ridere nuovamente e chinarsi un po’ di più verso di lei, che aveva diminuito la pressione delle mani contro il suo petto. 

« Sai, da quel che ricordo un tempo eri molto più brava a raccontare balle » commentò lui come se niente fosse, sapendo bene che lei non era più arrabbiata ma che gli stava semplicemente reggendo il gioco perché, dopotutto, tra loro era sempre andata così. « Ora ne stai usando alcune davvero pessime, e solo perché non vuoi ammettere quanto io sia bello e affascinante ».

« Mettiamola così » fece Mary, con un sorrisetto. « Tu sei bello, ma sei proprietà privata. Chiaro? »

« Cristallino » rispose lui, azzerando la distanza tra i loro visi e dandole un bacio sulle labbra. 

Lei non si fece pregare, circondandogli immediatamente il collo per avvicinarglisi ancora di più, mentre Sirius le posò le mani alla base della schiena.

Quando lei gli morse piano il labbro inferiore e infilò le dita sotto il colletto della sua camicia, Sirius la maledì mentalmente e si costrinse a interrompere il bacio. Sapeva bene che, se non si fossero fermati in quel momento, a nessuno dei due sarebbe importato granché della buona educazione e si sarebbero fermati lungo la strada per baciarsi contro un muro o dietro un arazzo. 

Mary fece per baciarlo di nuovo, così lui si piegò in avanti e nascose il viso tra i suoi capelli, respirando appieno l’odore di lavanda che emanavano. La sentì espirare sul suo collo, provocandogli una miriade di brividi, e rimasero in quella posizione per un tempo indeterminato, finché lui non si staccò totalmente da lei.

« Andiamo in dormitorio? » le chiese, scostandole una ciocca di capelli dal viso. 

Lei annuì, sorridente, prendendogli la mano e stringendola nella sua. Senza dirsi nulla, ripreso a camminare e in poco tempo arrivarono finalmente in camera.

Una volta in dormitorio Mary si tolse le scarpe e si sedette sul letto di Sirius, le gambe distese in avanti e la schiena appoggiata alla testiera, mentre lui si toglieva la cravatta e il maglione. 

Una volta fatto ciò, si sedette a gambe incrociate al centro del letto, così da poterla guardare in faccia mentre chiacchieravano. 

Per quanto gli sarebbe piaciuto baciarla e sfiorarla di nuovo, prima doveva parlare con lei. Nell’ultimo periodo lei era stata molto restia ad aprirsi e, ogni volta che lui aveva provato a chiederle qualcosa, lo baciava e metteva a tacere così ogni sua domanda. L’unico problema era che non sapeva minimamente come aprirle il discorso, perciò per un minuto buono rimasero a guardarsi senza dire nulla.

Ad un certo punto Mary, un po’ scocciata da quel silenzio assordante, aggrottò le sopracciglia e lo guardò attentamente prima di parlare. 

« Tutto bene? » domandò, inclinando leggermente la testa di lato.

« Io sì » rispose lui, slacciandosi i primi bottoni della camicia. « E tu? » aggiunse, studiando la sua reazione. 

« Ti riferisci a prima? » gli chiese, sbuffando e alzando gli occhi al cielo. « Lo so, non devo essere gelosa, e bla, bla, bla… »

« Ma no, non mi riferisco a quello » la fermò Sirius, sdraiandosi a pancia in giù accanto a lei. « In questi giorni sei sempre sulle tue… Sei sempre stanca, sei dimagrita, sei sempre distratta… non mi sembra che tu stia bene ».

Lei prese a torturarsi una ciocca di capelli e finse una risata.

« Se non stessi bene credo che lo saprei, no? »

Il tono di Mary era scherzoso, quasi sarcastico, e sebbene lei fosse riuscita a reggere il suo sguardo per tutto il tempo, Sirius non le credette per neanche un secondo. 

Se c’era una cosa che aveva imparato col tempo era che Mary aveva un orgoglio smisurato e che molte volte questo suo difetto le impediva di aprirsi. Era un lato del suo carattere che l’aveva sempre intrigato, ma in quel momento avrebbe voluto solo buttare giù quel muro che lei stava costruendo tra di loro. 

Non aveva idea di quali fossero i meccanismi di una vera relazione, ma era più che sicuro che loro non stessero prendendo la giusta strada. E la cosa lo mandava in bestia, perché, sebbene non pensava che lo avrebbe mai detto, lui voleva davvero che con Mary funzionasse.

« Non ne sono così sicuro » si limitò a dirle. 

« Be’, allora lascia che ti rassicuri: sto bene » ribatté lei, stavolta senza guardarlo in faccia. 

« Mary » insistette, lanciandole un’occhiata tra lo scocciato e lo scettico. 

Lei riportò la propria attenzione su Sirius, incatenando i propri occhi ai suoi.

« Merlino santissimo, Sirius! Se ti dico che sto bene, sto bene » sbottò, sulla difensiva. « Puoi smetterla di insistere? Mi hai portata qui per litigare? » aggiunse, girando il viso verso il lato opposto della stanza.

Lui non rispose subito e cercò di dissimulare il proprio stupore, limitandosi ad alzare un sopracciglia e guardarla. 

Ecco, se c’era un’altra cosa che aveva imparato era che Mary riusciva a farlo innervosire con una facilità a dir poco disarmante. Sebbene fosse difficile che lui mostrasse il proprio stato d’animo o le proprie emozioni in modo palese, infatti, Mary sembrava essere in grado di far scattare qualcosa che gli impediva di comportarsi con lei come si comportava con tutti gli altri.

Vedendo che Mary si ostinava a non volerlo guardare in faccia, Sirius si alzò in piedi e si diresse verso la porta. Una volta posata la mano sul pomello, si girò di nuovo verso il letto per guardarla: era ancora lì, seduta sopra le coperte vermiglie, con le braccia incrociate e lo sguardo corrucciato. 

« Io vado in Sala Comune » l’avvertì, cercando di mantenere il proprio tono di voce il più neutrale possibile. « Se riesci a darti una calmata e a fare pace con il cervello, per una buona volta, sai dove trovarmi ».

Sirius fece per uscire, ma improvvisamente Mary parlò, bloccandolo proprio mentre stava per attraversare la soglia. 

« Io dovrei fare pace con il cervello? » domandò. « Prima dici che vuoi passare un po’ di tempo con me, e poi metti su tutto questo teatrino? »

« Io metto su un teatrino? » ribatté lui, girandosi verso di lei e guardandola con tanto di d’occhi. « Ma ti senti quando parli? »

« Non mi pare di essere stata io quella che non accettava una semplice risposta da parte dell’altro! » fece lei, alzandosi in piedi a sua volta quando lo vide avvicinarsi al letto e richiudersi rumorosamente la porta alle spalle.

« No, hai ragione: tu sei quella che ha mentito spudoratamente all’altro, infatti » disse Sirius, avanzando ulteriormente fino ad arrivare a meno di mezzo metro da lei. 

« Non ti ho mentito » controbatté Mary, reggendo il suo sguardo. 

« Ma la vuoi piantare? » domandò lui, gelido. 

Lei rimase in silenzio, guardandolo senza riuscire a muoversi o a dire niente.

« Forse è meglio che vada » sussurrò dopo un po’, aggirandolo e avviandosi lei stessa verso le porta per correre nel proprio dormitorio. 

« Brava » fu l’unico commento di Sirius, che si appoggiò alla colonna del proprio letto a baldacchino. « Continua a scappare dai problemi, continua pure » aggiunse, quando la vide girare la maniglia. 

Sapeva che era un colpo basso darle della codarda, ma in quel momento si stava comportando da tale e se c’era una cosa che odiava era vederla scappare da lui. Erano giorni che lo faceva, ed ogni minuto gli sembrava che si allontanasse sempre di più.

La ragazza si bloccò ma non si girò, continuando a tenere la mano sulla maniglia. 

Sirius vide le sue spalle alzarsi ed abbassarsi a ritmi regolari, come se stesse prendendo respiri profondi per cercare di calmarsi e non urlargli contro, ed era più che sicuro che avesse anche chiuso gli occhi per concentrarsi il più possibile. 

Quando si girò verso di lui, Sirius fu certo di vedere quel muro, quel dannato muro che lei continuava a costruire, iniziare ad accusare alcune crepe. Le spalle di Mary tremavano: non violentemente, no, era un tremolio lieve, ma tremavano. E le sue labbra, solitamente piene e curvate nel solito sorriso da gatta, formavano una linea sottile e quasi dritta. 

« Cosa vuoi? » 

Quelle furono le uniche due parole che uscirono dalle sua labbra, ma non suonarono dure come lei avrebbe voluto.

« Ammettilo » disse semplicemente Sirius, muovendo qualche passo nella sua direzione per la seconda volta nell’arco di pochi minuti. « Smettila di mentire a tutti. Smettila di mentire a me ».

« Io… » provò a difendersi, ma le parole le si bloccarono dolorosamente in gola. 

« Tu non stai bene » continuò lui, ormai a un passo da lei. « E ogni volta che dici di star bene e menti, te lo giuro, io penso di odiarti. Non ti rendi conto che non cambierai niente, facendo così? Ti sei chiusa nel tuo guscio e non dai a nessuno la possibilità di aiutarti, neanche a James. Parli poco, mangi poco, sei sempre stanca… e ogni volta che ti vedo così io non riesco a non odiarti, perché mi sembra di essere tornato al quinto anno, dopo quello che ti hanno fatto Avery e Mulciber… e io non voglio vederti più in quelle condizioni ».

Mary non rispose, ma abbassò gli occhi sul pavimento e si appoggiò con la schiena alla porta. 

Le faceva male sapere quanto Sirius e gli altri fossero preoccupati per lei e avrebbe davvero voluto fare qualcosa per poter migliorare la situazione. Ma c’era una piccola eppure grande parte di lei, la più irrazionale, che glielo impediva. 

Miriam le mancava: per i primi quattro anni era stata l’unica delle sue compagne di stanza con cui fosse riuscita a trovarsi bene e, sebbene negli ultimi tre anni la sua migliore amica fosse stata Lily, Mary le aveva voluto davvero bene. E le faceva male vedere come gli altri stessero andando avanti con le loro vite, come se Miriam non fosse scomparsa, come se Miriam non fosse mai stata loro amica. 

« Mary, rispondimi » le disse, perentorio, ma cercando di non risultare troppo duro. 

« Io non ce la faccio, okay? » rispose dunque lei non appena riuscì a parlare, riportando lo sguardo sul viso di Sirius e lasciando che lui vedesse il turbamento nei suoi occhi. « Io non riesco a fare finta di niente, a fare finta che la scomparsa di Miriam non mi abbia fatto male. La scomparsa di Miriam mi ha fatto male! E… e… non è giusto! Non riesco a fare finta che non sia successo nulla, che sia tutto come prima quando non è affatto così! »

Sirius sospirò e si passò una mano sul viso, stanco. 

Quello che stava succedendo gli stava solo confermando quanto ciò che provava per Mary fosse diverso da qualunque altra sensazione avesse mai provato per un’altra ragazza: vederla in quelle condizioni, con delle occhiaie grigie sotto gli occhi e tutta tremante, faceva male anche a lui. Gli faceva maledettamente male e per l’ennesima volta in quell’anno si chiese come facesse lei ad avere un ascendente del genere su di lui. 

Se fosse stata un’altra ragazza, probabilmente avrebbe lasciato quella stanza molto  tempo prima; ma lei non era una qualunque altra ragazza, lei era Mary e lui semplicemente non poteva lasciarla lì. Voleva rivederla ridere, ridere davvero, e soprattutto voleva che riprendesse ad essere la Mary spigliata e chiassosa che lui aveva imparato a conoscere e ad amare; non poteva lasciarla lì, perché sapeva che quella Mary c’era ancora, sotto il peso di tutto quello che era accaduto nelle ultime settimane, e lui desiderava solo vederla tornare in superficie. 

« Mary, so che quello che è successo ti abbia fatto male » le fece notare, non sapendo bene cosa dirle per farla stare meglio. 

Ad essere onesti, aveva paura che non ci fossero parole che fossero davvero in grado di aiutarla a superare quella situazione. Doveva essere lei a fare qualcosa, a cercare di trasformare quel dolore in un motivo in più per andare avanti e vivere la vita che fortunatamente poteva ancora avere. 

« Per favore, vuoi parlarne con me? » le domandò poi, vedendo che lei non sembrava voler aprir bocca. 

« Non posso far finta che lei non sia mai esistita e andare avanti come se nulla fosse » rispose Mary a voce bassa, parlando lentamente, come se stesse cercando di trattenersi dall’esplodere. « Non posso farlo. Sarebbe come… sarebbe come rinnegarla, come cancellare tutti questi anni. Sarebbe come dimenticarla… e io non voglio che lei finisca nel dimenticatoio… »

« La stai vedendo nell’ottica peggiore, facendo così » la interruppe Sirius, posandole le mani sulle spalle come se volesse fermare quel suo continuo tremare. « So che ti ha fatto male, che ci stai male, ma devi reagire… Fidati se ti dico che è ciò che Miriam vorrebbe ».

Non appena quell’ultima frase uscì dalle sue labbra, riempiendo il silenzio attorno a loro, Mary si lasciò finalmente andare ad un pianto disperato e liberatorio allo stesso tempo. Quando vide le prime lacrime farsi spazio tra le sue ciglia, Sirius sentì il terrore crescere dentro di lui: non aveva la minima idea di come ci si dovesse comportare con una ragazza che piange, e questa era una delle ragioni per cui la maggior parte delle volte che aveva “rotto” con le altre se n’era andato quasi subito. 

« Io non ce la faccio più » riuscì a dire ancora Mary tra un singhiozzo e l’altro. « Non riesco più neanche a dormire, ho sempre paura che possa succedere qualcosa a un’altra delle persone che mi sono a cuore, continuo a sognarvi tutti… tutti morti… » andò avanti, prima di fare un passo nella sua direzione per annullare totalmente le distanza tra di loro e stringersi a lui. 

« Non riesci a dormire? È per questo che sei sempre stanca? » le domandò, circondandole la vita con un braccio e accarezzandole piano la testa con l’altra mano. 

Mary non disse nulla, ma il singhiozzo che emise gli fece capire che aveva ragione. 

« Hai provato a parlarne con Evans? » indagò ulteriormente. 

« Non… ti prego, non fraintendermi, ma io non riesco a capire come lei possa rimanere così calma e imperturbabile di fronte a tutto questo » rispose lei, parlando contro il suo petto. 

« Siete due persone diverse, avete modi diversi di reagire alle notizie, non puoi fargliene una colpa… » provò a dirle, sentendosi un po’ toccato dalle sue parole: in fondo lui era il primo che non esternava le proprie emozioni. 

Mary alzò leggermente il viso per poterlo osservare dal basso. 

« Tu non puoi continuare così, Mac » disse Sirius, facendole un’ultima e lenta carezza sul braccio prima di lasciarla andare. « Devi andare da Madama Chips, almeno per farti dare qualcosa per non fare sempre incubi. Un po’ alla volta andrà meglio, devi solo smettere di sentirti in colpa e ricordati che noi siamo ancora tutti qui. Anche se Fleamont non c’è più e ora anche Miriam… noi siamo tutti qui ».

Lei annuì alle sue parole e, una volta finito di piangere, si strofinò gli occhi con i palmi della mani per cercare di pulirsi il viso il più possibile. Al San Mungo glielo avevano detto, dopo l’incidente, che avrebbe rischiato qualche ricaduta ma non pensava sarebbe successo così presto e non per Miriam: era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Dopo Fleamont, dopo l’attacco a Roger, dopo Diagon Alley… 

« Penso che ora sia ora che me ne torni in dormitorio » gli disse, cercando di sorridergli ma riuscendo a mettere su solo una strana smorfia. 

« No, tu stasera non vai proprio da nessuna parte » ribatté invece Sirius, e quando vide che lei stava per rispondergli la prese immediatamente in braccio.

Le passò un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena, tirandola su come se non pesasse niente, e si incamminò a passo deciso verso il proprio letto, dove la posò. Lei si mise un po’ più comoda e lo guardò con un lieve sorriso sulle labbra.

« Tu oggi dormi qui » le ordinò poi, perentorio. 

« Non ho nulla per dormire » gli fece notare, facendo per alzarsi. 

« Questo non è un problema » si affrettò a dirle, avvicinandosi al proprio armadio e frugandovi dentro per alcuni secondi sotto lo sguardo di Mary. « Ecco qui! » esclamò, una volta che ebbe trovato ciò stava cercando. 

Prima che lei potesse dire qualunque altra cosa, le mise in mano quelli che sembravano essere i pantaloni di un caldo pigiama di flanella e una maglietta nera su cui era stato disegnato il nome di un gruppo musicale babbano che lei gli aveva sentito nominare spesso.

« Led Zeppelin? » domandò, guardando il logo della maglietta. 

« And she’s buuuuying a staaairway to heaven » canticchiò Sirius, facendola sorridere davvero, mentre chiudeva l’armadio.

« Roba babbana, devo farteli sentire » disse ancora lui dopo aver visto la sua aria perplessa, stringendosi nelle spalle, contento di vederla più tranquilla. « Li ho scoperti durante le vacanze e devo dire che non sono niente male. Forse non ci sarà più la cara Walburga a impazzire per le mie magliette babbane, ma rimane il fatto che con quelle cose addosso sono ancora più affascinante e misterioso » aggiunse con un sorrisetto, finendo per contagiare anche lei.

« Sei sempre il solito… » commentò Mary, avvicinandosi poi a lui. Una volta che gli fu davanti si sollevò sulle punte e gli sfiorò appena le labbra con le proprie. « Grazie » disse semplicemente, strappandogli un sorriso. 

« Nessun problema » rispose lui, alzando le spalle. 

Dopodiché, Sirius prese anche lui il pigiama e lo indossò, mentre Mary continuava a spostare lo sguardo da lui ai vestiti che teneva in mano, incerta. 

« Be’… mi cambio, quindi? » 

Sirius alzò lo sguardo su di lei ed inarcò un sopracciglio mentre si tirava su i pantaloni del pigiama. 

« Direi proprio di sì » disse, divertito. « Puoi anche cambiarti qui, tanto non c’è nulla che non abbia già visto… » aggiunse, ricevendo in risposta una lieve botta sulla nuca. 

« Idiota » commentò infatti lei, prima di iniziare comunque a fare quanto le era stato detto. 

Una volta che ebbe indossato i suoi vestiti, Sirius si prese qualche secondo per osservarla prima di ridacchiare. Le stava tutto estremamente grande: i pantaloni erano troppo lunghi e quasi le nascondevano i piedi, mentre era palese che la maglietta fosse di almeno due o tre taglie più grande perché le stava larga sulle spalle e le arrivava quasi a metà coscia.

Mary alzò gli occhi al cielo, ma, mentre lui finiva di cambiarsi, chinò il capo per poter annusare velocemente l’odore che proveniva dalla maglietta che aveva addosso e, non vista, sorrise istintivamente.

« Che ci fai ancora ferma lì? » la richiamò Sirius, che nel frattempo aveva scostato le coperte e si era seduto sul bordo del letto. « Su, vieni » aggiunse, facendole cenno di affiancarlo. 

Lei non se lo fece ripetere due volte, andando a sedersi sull’altro lato del letto e infilò le gambe sotto la trapunta, cominciando a tirarsela su fino alla vita. Si girò su un fianco, così da poter guardare Sirius negli occhi quando anche lui si fu sdraiato. 

Vederlo lì, tutto intento a cercare di sistemare le coperte e imprecando quando finiva solo per scoprirsi di più, Mary non poté trattenere un sorriso. Ormai era quasi un mese che stavano effettivamente insieme, ma solo in quel momento si disse che aveva fatto bene a mettere da parte tutte le sue paure ed incertezze. Per settimane aveva avuto il terrore che, una volta che avesse ceduto, lui l’avrebbe poi messa da parte come aveva fatto con le altre; il fatto che lui fosse ancora lì, anche e soprattutto in un momento brutto come quello, la spinse ad avvicinarglisi un altro po’, così da far quasi sfiorare le loro gambe e avere il suo viso a pochi centimetri dal proprio. 

« Vuoi parlarne ancora? » le domandò lui, la voce bassa nonostante nessuno dei suoi compagni di stanza fosse ancora tornato. 

Mary ci pensò su un attimo, ma decise che, almeno per quella giornata, ne aveva avuto abbastanza. Parlare di tutte quelle cose e, soprattutto, di Miriam le faceva male. Per quanto volesse continuare a ricordarla, si disse che lei voleva ricordarla bene. Voleva ricordarla per la persona che era: solare, allegra, spigliata. E Sirius, a conti fatti, aveva ragione quando diceva che Miriam non avrebbe voluto vederla così. 

Mary quindi si ritrovò a rispondere negativamente alla domanda che lui le aveva posto.

« Be’, se la metti così… ho un po’ di battute da dirti » disse Sirius, e lei gemette: dopotutto, più una barzelletta era triste e più gli piaceva. « Sai cosa dice un vulcano appena nato? »

Lei inarcò le sopracciglia, mettendo su un’espressione scettica.

« No, cosa? » si arrese infine, vedendo poi il sorriso sul viso di Sirius allargarsi. 

« Voglio la magma » esclamò infatti lui, prima di ridere da solo. 

Mary lo guardò allibita, assimilando la risposta che lui stesso aveva dato alla propria battuta e trattenendosi con tutte le proprie forze dal ficcargli qualcosa in bocca pur di farlo tacere. Tuttavia sapeva che lui stava solo cercando di farla stare meglio come meglio poteva, e lei gliene fu grata. 

Conscia di ciò, infatti, decise di ricambiare il favore. 

« La vuoi una battuta sporca? » gli domandò, ghignando quando lo vide annuire, convinto di aver capito il tipo di barzelletta che lei avrebbe tirato fuori. « Un uomo si rotola nel fango » finì dunque lei, sistemandosi meglio con la testa sul cuscino.

Sirius aggrottò le sopracciglia, perplesso, prima di capire il senso della battuta. 

« Aah! » esclamò infatti. « Ma non è divertente! »

« E perché, le tue sì? » ribatté lei, portandosi le mani davanti, vicino al petto. 

« Ma come osi? » protestò Sirius, melodrammatico come al solito, prima di farlesi ancora più vicino e infilando le mani sotto la maglietta di Mary, cominciando a farle il solletico sulla pancia. 

 

Lost and insecure,

you found me.

*

 

Quando si svegliò, il letto di Mary era ancora vuoto.

La sera prima era tornata in camera dopo lo scattare del coprifuoco, ma quando aveva visto che la sua migliore amica non era in stanza aveva supposto che lei e Sirius stessero approfittando di quel poco tempo da soli per stare insieme. Evidentemente, però, lei doveva essere rimasta poi a dormire lì. 

Sospirando, si tirò su e cominciò a prepararsi. Claire e Kate erano già pronte, visto che tutt’e due seguivano le lezioni di Divinazione, a differenza di Lily e Mary. Loro le dissero che l’avrebbero potuta aspettare, se si fosse sbrigata, ma lei preferì dir loro di cominciare ad avviarsi così da potersi ritagliare più tempo possibile per riflettere. 

Mentre l’acqua calda della doccia le bagnava la pelle e i capelli, Lily si ritrovò a pensare a quanto fossero stati strani quegli ultimi giorni. Era il ventotto di gennaio, ormai, e quel mese era davvero volato, ai suoi occhi; aveva passato molto tempo sui libri, pur di distrarsi, e aveva cercato di stare in dormitorio il meno possibile per non rendersi conto di quanto fosse vuoto senza Miriam. Come se ciò non bastasse, il fatto che ultimamente Mary fosse così sfuggente non faceva che peggiorare la situazione: voleva la sua migliore amica, ne aveva bisogno e sapeva che era lo stesso per lei. 

Uscì dalla doccia e si pettinò i capelli, prima di asciugarli con un incantesimo. Si guardò brevemente allo specchio, infine sospirò e tornò in camera per cambiarsi. Si vestì lentamente, indossando la divisa e prendendosi tutto il tempo del mondo per allacciare i bottoni della camicia; poi preparò la borsa per le lezioni che avrebbe avuto quel giorno e, finalmente, si diresse in Sala Comune. 

Fortuna volle che, proprio in quel momento, anche Sirius Black stesse scendendo per andare a fare colazione. Aveva un viso abbastanza riposato, ma la cosa che davvero colpì Lily fu la sua espressione: nell’ultimo periodo aveva iniziato ad essere sempre imbronciato e pensieroso, ma quella mattina sembrava che avesse fatto finalmente pace con il mondo. 

« Ehi, Evans » la salutò non appena la vide, alzando la mano nella sua direzione in cenno di saluto. 

« Ciao, Black » rispose lei, prima di lanciare un’occhiata alle scale a chiocciola dietro di lui e non vedendo la persona che stava cercando. « Mary? » domandò quindi. 

« Si è appena svegliata, ieri si è addormentata come un sasso » rispose lui. « James è rimasto un attimo su per parlarle ». 

Lily annuì, non sapendo bene cosa dire di più. 

Il suo rapporto con Sirius Black era ancora piuttosto strano: non si odiavano più, ma non sapeva se poteva definire quello che c’era tra loro con la parola amicizia. Era rimasta però molto colpita dalla facilità con cui lui sembrava capirla su molte cose, in primis il suo legame con Petunia. Dopo anni passati a definirlo come infantile e insopportabile, aveva scoperto che anche lui, come James, nascondeva un altro lato del proprio carattere.

« Grazie » disse solo, ricevendo in risposta un’occhiata perplessa. 

« Per cosa? » domandò infatti Sirius, preso in contropiede. 

« Per Mary » rispose lei, con l’accenno un sorriso sulle labbra. « A volte può non dimostrarlo o non dirtelo, ma la fai davvero felice. La fai stare bene » aggiunse a mo’ di spiegazione. 

Per la prima volta nella sua vita, a Lily parve di vedere dell’imbarazzo negli occhi di Sirius. Quest’ultimo, tuttavia, fu molto veloce nel nasconderlo, mettendo su un sorriso laconico e stringendosi nelle spalle. 

« Si fa il possibile ».

Lily si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, un po’ infastidita da quel suo modo di sminuire le cose. Era una peculiarità che gli era sempre appartenuta e che l’aveva sempre, sempre scocciata. 

A salvarla da un altro imbarazzante silenzio fu l’arrivo di James, accompagnato da un forte rumore di passi sulle scale e una caduta per poco sventata. Scendendo dall’ultimo gradino, infatti, il ragazzo inciampò e rischiò di finire con la faccia spalmata per terra. 

« Porco Salazar! » imprecò James, sistemandosi gli occhiali sul naso, dal momento che gli erano quasi caduti. « Oh. Ciao, Lily » aggiunse quando vide che Sirius non era da solo. 

« Buongiorno, James » lo salutò lei, ridendo sia del suo arrivo che dalla sua espressione lievemente imbarazzata. 

« Sarebbe stato divertente vederti cadere, però » disse invece Sirius, fingendosi meditabondo. 

« Perché non ci provi tu allora? » ribatté James.

« Perché io non ci riuscirei neanche se lo volessi: ho un portamento perfetto, sono troppo elegante per cadere a terra come un plebeo qualunque » rispose l’altro con aria di sufficienza e per un attimo, solo un attimo, Lily credette che dicesse sul serio. 

« Certo, allora spiegami meglio perché quest’estate ti sei addormentato per terra dopo essere caduto e non esserti voluto alzare per quasi mezz’ora».

« Forse perché ero ubriaco? » fece Sirius, retorico, alzando gli occhi al cielo. « Io comunque comincio a raggiungere Peter, visto che se voglio fare colazione prima di Divinazione devo anche sbrigarmi. Ti aspetto giù » aggiunse, rivolto a James. « Ci vediamo dopo, Evans ».

Lily annuì e lo salutò di rimando, guardandolo poi sparire dietro il ritratto della Signora Grassa. Anche James seguì con gli occhi l’uscita del proprio migliore amico, prima di sospirare e girarsi verso di lei.

« Temo di dover andare anche io » ammise con un sorrisetto, scompigliandosi i capelli con la mano. « Sai, Divinazione… »

« Ancora non capisco perché seguiate una materia del genere » commentò lei, divertita, che aveva sempre ritenuto Divinazione come una grande presa in giro, alla stregua degli oroscopi babbani. 

« Hai mai provato le poltrone di quell’aula? » le domandò James, e lei, perplessa, scosse la testa. « Allora non puoi capire quanto siano comode per dormire » le spiegò, serissimo. 

Lily lo guardò in silenzio per un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere.

« Be’, effettivamente mi sembra un valido motivo » gli concesse, scherzando. 

« Certo che è un valido motivo. Anzi, validissimo! » esclamò lui, sorridente. « Adesso devo andare davvero, però. Non penso che Mary ne abbia ancora per molto, comunque » aggiunse, lanciando una rapida occhiata alle scale dietro di sé.

« Nessun problema, tanto alla prima ora non ho lezione » rispose Lily, stringendosi nelle spalle. « L’aspetto, così possiamo fare colazione insieme ».

« Perfetto » sorrise James. « Allora ci vediamo dopo » disse poi, scoccandole un bacio sulla guancia prima di seguire le orme di Sirius e lasciare la Sala Comune. 

Lily rimase lì una manciata di secondi, non sapendo bene cosa fare ma continuando a sorridere tra sé e sé. Stava giusto pensando di andare a sedersi sul divano di fronte al camino, quando una voce la richiamò alla realtà.

« Cos’è quel sorrisetto? » domandò infatti Mary, comparendo sulla soglia della porta che portava alle scale per i dormitori maschili. 

« Eh? » fece Lily, confusa. 

« Avevi un sorrisetto ebete stampato in faccia, Lily » rispose l’altra con una risatina. 

La rossa fece per aprire bocca, ma la richiuse immediatamente, sperando di non essere arrossita. 

« Ooh, ho capito » fece Mary con aria divertita. « Hai visto James, eh? »

Lily le lanciò un’occhiataccia e si rifiutò di risponderle, limitandosi a legarsi i capelli in una coda in silenzio.

« Vogliamo andare a fare colazione? » le domandò, cambiando direttamente discorso.

Mary inarcò le sopracciglia, prendendo il suo silenzio per una taciuta conferma, ma non disse nulla. 

« Mi cambio al volo e andiamo, va bene? » rispose invece. « Non mi va di indossare ancora i vestiti di ieri ».

Lily annuì, e lei si affrettò a salire le scale che portavano alle stanza delle ragazze. 

Rimasta nuovamente sola, la rossa si rese conto che Mary sembrava già stare un po’ meglio rispetto agli altri giorni. I suoi occhi erano ancora cerchiati da occhiaie, ma erano meno marcate rispetto al giorno prima, e anche il fatto che avesse scherzato con lei la mise di buon umore. Forse le cose stavano davvero tornando a posto, un po’ alla volta. 

« Eccomi, sono pronta! » esclamò Mary, scendendo di fretta le scale. 

Anche lei, proprio come James poco prima, inciampò sull’ultimo gradino e rischiò di cadere; questo piccolo parallelismo divertì Lily, che si lasciò andare ad una risata sotto lo sguardo un po’ contrito di Mary.

« Dai, non ridere, sono solo inciampata! » protestò infatti, sistemandosi la borsa scolastica a tracolla. 

« Non rido perché sei inciampata » disse Lily una volta che ebbe finito di ridere. « Solo che è successa la stessa cosa a James neanche dieci minuti fa ».

« Ah, che dire? Quel ragazzo mi copia » commentò Mary, fingendosi superiore. 

« Se vogliamo essere precisi, è successo prima a lui » le fece notare Lily, inarcando le sopracciglia. 

« Questo è solo un dettaglio ».

« Mi sembra ovvio ».

Mary le sorrise, regalandole finalmente un sorriso degno di questo nome, prima di afferrarla per il braccio e trascinarla con sé verso il buco del ritratto. Lily glielo lasciò fare, trovandosi così nel corridoio, dirette verso la Sala Grande.

« Stavo pensando che è da un po’ che io e te non parliamo… » cominciò, mentre iniziavano a scendere le scale. « Ti va di prendere qualcosa in Sala Grande e fare colazione fuori? Come facevamo un po’ di tempo fa, insomma » le propose poi, riferendosi alla loro vecchia tradizione di mangiare sedute sui gradini d’ingresso, sebbene di solito lo facessero solo in mesi più caldi.

« Non fa un po’ freddo? » domandò infatti Mary, incerta. 

Lily si strinse nelle spalle.

« Sì, però mi farebbe piacere stare un po’ solo con te » rispose lei, sorridendole con dolcezza.

« Va bene » acconsentì allora Mary. « Che sarà mai un po’ di freddo? » aggiunse, facendola ridere. 

« Al massimo ci prendiamo l’influenza » scherzò Lily. 

« Oh, magari! Così potrei evitarmi le due ore di esercitazione di Pozioni domani pomeriggio… » commentò Mary, reggendole il gioco, anche se in fondo saltare Pozioni non le sarebbe dispiaciuto poi tanto. 

« Non penso che il processo sia così rapido, sai? Probabilmente ti ammaleresti durante il weekend » la prese in giro Lily, fingendosi pensierosa. 

« Eh, no! Nel weekend no! » protestò Mary, indignata. 

Lily scosse la testa, non riuscendo tuttavia a trattenere un sorriso. 

Le sembrava di essere improvvisamente tornata al mese precedente, quando ogni cosa era ancora al suo posto e la paura più grande di Mary era quella di ritrovarsi con il cuore spezzato a causa di Sirius. 

Vederla di nuovo scherzare e ridere davvero le scaldò il cuore, perché se c’era una cosa di cui aveva bisogno, in un momento del genere, era della sua migliore amica: quella Mary allegra, sempre pronta a stare accanto alle persone che le stavano a cuore ogni volta che loro ne avessero avuto bisogno. 

Ricordava ancora i giorni dopo la morte di Fleamont Potter, quando Mary, per quanto scossa fosse, aveva cercato di rimanere forte per James, per cercare di farlo stare bene. Era strano che, invece, lei non riuscisse a rimanere forte per se stessa: aveva così tanta paura di perdere le persone a lei care, che si chiudeva a riccio e cercava di non affrontare il problema faccia a faccia. 

« Ti trovo meglio » le disse improvvisamente, poco prima di superare il portone della Sala Grande. 

« Sì? » fece Mary, girando il viso verso di lei. 

« Sì » confermò Lily, annuendo per accentuare il proprio assenso. « E mi fa molto piacere ».

« Mi dispiace se in questi giorni non ci sono stata per te, Lily… » ammise Mary, chinando il capo in avanti. « Non sono stata una buona amica… Tu avevi bisogno di me ed io non c’ero. Mi dispiace veramente tanto… ».

Stavolta fu Lily ad afferrarla per un braccio, costringendola a fermarsi. Non le importava minimamente del fatto che si trovassero praticamente in mezzo alla Sala Grande e che potesse sembrare strano vederle lì, ferme. 

« Non ci pensare, okay? Io non ce l’ho affatto con te, non potrei mai prendermela con te per una cosa del genere » le assicurò, cercando di suonare il più convincente possibile: la verità era che lei aveva davvero avuto bisogno di Mary, ma d’altra parte capiva che neanche per lei doveva essere stato facile affrontare una situazione del genere. « Sono solo contenta di rivederti sorridere. Mi sei mancata ».

« Ooh! » fece Mary, abbracciandola di slancio, anche lei incurante delle occhiate confuse che alcuni studenti seduti là vicino lanciarono loro. « Scusami, scusami tantissimo! » ripeté, stringendola a sé. 

« Ti ho già detto che non hai niente di cui scusarti » rispose Lily, ricambiando la sua stretta e avendo quasi paura di romperla, magra com’era e indifesa come le sembrava. 

« Sì, ma io dovevo esserci per te se avevi bisogno di sfogarti » insistette Mary, cocciuta, sciogliendo l’abbraccio. 

« Non ti preoccupare » ribatté Lily, alzando gli occhi al cielo prima di sorriderle, accondiscendente. « Ora pensa a sfogarti tu, io in questi giorni ho già dato » aggiunse, lanciando un’occhiata veloce alla tavolata dei Grifondoro, dove i Malandrini stavano rapidamente facendo colazione. 

Mary seguì il suo sguardo, finendo per posarsi su James, che stava ridendo e dicendo qualcosa a Peter. 

« Capisco » commentò semplicemente, prima di piegare le labbra in un sorrisetto che Lily conosceva bene: significava che voleva sapere ogni cosa. « Prendiamo il cibo e usciamo subito, perché mi sa che mi sono persa qualcosa… » finì infatti, con un tono carico di sottintesi, mettendola un po’ in imbarazzo.

Mary si avvicinò ai posti occupati dai Malandrini, scrutando con aria indecisa la tavola: non aveva molta fame, come le succedeva ogni volta che qualcosa la turbava. Lei non ci faceva più neanche caso, ma si era accorta di come Lily, durante il loro abbraccio, le avesse accarezzato con attenzione le costole e le scapole e dello sguardo preoccupato che le aveva lanciato dopo. 

« Ehi, che ci fate là in piedi? » chiese loro Remus, che in quel momento stava spalmando della marmellata su una fetta di pane. 

« Sì, infatti. Perché non vi sedete con noi? » propose poi Peter. 

« Domani sicuramente » rispose Lily, che aveva affiancato Mary. « Oggi mangiamo fuori ».

« Oh, come mai? » domandò James, guardandole con curiosità da sopra la propria tazza di caffè. « Non fa esattamente caldissimo, fuori ».

« Chiacchiere tra donne » disse semplicemente Mary, lanciando all’amica un’occhiata d’intesa. « Non penso vogliate stare a sentire ».

« E se invece volessimo? » ribatté Sirius, ironico, girando il busto per vederle bene, dal momento che loro si erano fermate proprio dietro lui e Peter.

« Be’, non potreste, quindi non cambia nulla » fu la risposta di Mary, che però si abbassò e gli scoccò un bacio sulla guancia. « Adesso, se permettete… » aggiunse, aprendo un tovagliolo e mettendovi dentro due muffin e due frutti. « Prendi tu qualcosa da bere, Lily? »

La rossa annuì, riempiendo due calici con del succo di zucca. 

« Ci vediamo a Difesa, allora » li salutò Lily. « A dopo! »

« A dopo! » ricambiarono i ragazzi quasi in coro.

L’aria fredda di fine gennaio le investì non appena misero piede fuori dal portone d’ingresso; la neve che era caduta durante la notte si era depositata sul terreno, già innevato dalle nevicate precedenti. Tuttavia, per la prima volta nell’arco di qualche giorno, il cielo era terso e limpido, ed un timido sole splendeva sopra le montagne poco lontane. 

Lily e Mary si avviarono verso la strada che portava alle serre di Erbologia, dal momento che era fatta da un corridoio aperto ed era quindi più coperta delle solite scale d’ingresso. Si sedettero sul primo muretto, l’una davanti all’altra e con il cibo preso in Sala Grande tra di loro. 

« C’è qualcosa che mi devi dire? » domandò subito Mary, che non voleva perdere neanche un secondo, incrociando le gambe sul muretto.

Lily alzò gli occhi al cielo, capendo subito a cosa si stesse riferendo l’amica, e prese un pezzetto di muffin per mangiarlo prima di rispondere. Anche perché non sapeva bene cosa dirle. 

« Cosa vuoi sapere? » le chiese per temporeggiare.

« Cosa voglio sapere? Mi prendi in giro, spero » fece Mary, smettendo di mangiare la propria mela e guardandola con scetticismo. « Voglio sapere di te e James, ovviamente! »

Lily ridacchiò, abbassando lo sguardo sul proprio bicchiere di tè. 

« Be’, non c’è molto da dire… » rispose infine, stringendosi nelle spalle. « Queste ultime settimane sono state dure per tutti quanti, e visto che ora passiamo più tempo insieme, un po’ per le ronde e un po’ per le riunioni, abbiamo finito per sfogarci entrambi l’uno con l’altro. È stato molto… carino. Disponibile, ecco ».

« Com’è dicevi sempre tu? Non tutti i mali vengono per nuocere: era così, no? » commentò Mary, e Lily annuì senza dire nulla. « Be’, allora forse la mia assenza in questi ultimi giorni non è stata del tutto inutile… »

« Puoi vederla così, ma non azzardarti a sparire ancora, eh » la riprese Lily, mostrandosi scherzosa nonostante in realtà lo pensasse davvero. 

« Farò tutto il possibile, Lily, te lo prometto. Ti meriti un’amica migliore di quella che sono stata in questo periodo » rispose Mary, mogia, non riuscendo a guardarla negli occhi e spostando per questo motivo il proprio sguardo sulla mela mezza mangiata che aveva in mano. 

« Non c’è bisogno che torniamo su questo argomento » la tranquillizzò Lily, posandole una mano sul ginocchio. « Quasi quasi preferisco tornare al discorso di prima, guarda » ammise, ma quando incontrò di nuovo lo sguardo di Mary, ora di nuovo attento e incuriosito, si disse che forse avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa. 

« Oh, preferisci tornare al discorso di prima, eh? » fece infatti la mora, piegando le labbra in un sorrisetto. 

« Mi sa che è tardi per rimangiarmi tutto, vero? »

« Eh, già » rispose Mary, annuendo con convinzione prima di bere qualche sorso di tè. « Su, adesso sputa il rospo! Devi dirmi tutto, sennò non ti lascio andare ad Alchimia! »

« Ma il corso mi comincia tra quarantacinque minuti! » esclamò Lily, ridendo. « C’è un sacco di tempo! »

« Be’, il tempo passa e tu ancora non hai cominciato a raccontarmi! » le fece notare l’altra, contrariata. « Allora? »

« Va bene, va bene! » esclamò alla fine la rossa, arrendendosi definitivamente. « È solo che non so come spiegarmi… Te l’ho detto, è stato molto gentile in questi giorni, ha cercato in tutti i modi di farmi distrarre e, se per caso volevo parlare, mi ascoltava, mi ascoltava davvero. Non so, mi ha fatto piacere, ecco…».

« Mmh… » fece Mary, guardandola con aria pensierosa. « Ti ha fatto piacere il fatto che ci fosse per te o ti ha fatto piacere il fatto che fosse James ad esserci per te? » indagò, cercando di nascondere il proprio sorrisetto dietro il proprio bicchiere di tè. 

« Scema! » protestò Lily, imbarazzata, lanciandole un pezzetto di muffin sulla spalla.

« Oh-oh! » esclamò invece lei, soddisfatta. « Lily Evans che arrossisce per James Potter? E non per la rabbia? Questa mi è nuova! C’è forse qualche altra cosa che mi devi dire? »

« Assolutamente no! » rispose la rossa, troppo velocemente e, soprattutto, troppo in imbarazzo per essere sincera. 

« Senti, Lily… » disse Mary, abbassando la voce per sicurezza e piegandosi leggermente in avanti con il busto per starle più vicina. « Ma non è che ti sta iniziando a piacere James? » le domandò poi, guardandola senza malizia o soddisfazione, ma solo con sincera curiosità.

« A me? » gracchiò Lily, sperando di non arrossire ulteriormente. « Su, siamo solo amici, non scherzare! » aggiunse, affrettandosi a finire il proprio tè. 

« E chi scherza? » commentò la mora, tornando ad appoggiarsi con la schiena alla colonna di pietra dietro di lei. « E poi anche io e Sirius prima eravamo solo amici ».

« Vuoi davvero dirmi che per te Sirius è sempre stato solo un amico, prima che vi metteste insieme? » ribatté Lily, scettica. 

« Be’, i primi anni sì » rispose Mary. « E anche mentre stavo con Dylan… »

La rossa non disse nulla, limitandosi a guardarla con le sopracciglia inarcate. 

« Non guardarmi così! » protestò l’altra, sentendosi sotto giudizio. « E poi stavamo parlando di te, non di me! Non cambiare discorso! »

« Non ho cambiato discorso, sei stata tu a tirare in ballo la tua amicizia con Sirius » le fece notare prontamente Lily, saltando poi giù dal muretto e mangiando l’ultimo pezzo rimasto del suo muffin. « Ad ogni modo, adesso devo andare ad Alchimia! Ci vediamo dopo a Difesa! » esclamò, scoccandole un bacio veloce sulla guancia prima di afferrare le proprie cose. 

Mary non ebbe il tempo di fare nulla - né di insistere, né di farle presente che all’inizio della sua lezione mancavano quasi venti minuti -, perché subito dopo averle parlato la rossa si avviò a passo svelto verso l’entrata. 

Sospirando, si disse che Lily era davvero brava a sviare i discorsi spinosi. 

 

*

 

Per l’ennesima volta nell’ultima settimana, James Potter si svegliò con addosso ancora più sonno di quando si era infilato sotto le coperte, dopo ore passate a cercare di finire il tema di Incantesimi che aveva rimandato per giorni e giorni. 

Non appena si svegliò, ad ogni modo, la sua mente registrò due cose decisamente strane: innanzitutto, la sua testa non era poggiata sul cuscino, ma sul proprio mantello scolastico; in secondo luogo, c’era troppo silenzio per essere una normale mattina. Perché non sentiva le lamentele di Peter su Sirius e l’eccessivo tempo che passava in bagno? Perché non sentiva Lucas russare? Perché non sentiva Remus dire a tutti loro di muoversi perché aveva fame? 

Con tutti questi punti interrogativi per la testa, James si decise a tirarsi su a sedere e stropicciarsi gli occhi ancora gonfi di sonno. La testiera del letto era scomoda, dal momento che non c’era il cuscino - e lui si appuntò di affatturare Sirius il prima possibile per quello scherzo -, così, sbuffando, si girò per mettere i piedi per terra. Prese gli occhiali dal comodino accanto al letto e se li infilò, riuscendo finalmente a mettere a fuoco l’ambiente intorno a lui. 

Vuoto.

Fu questo tutto ciò che vide James. 

Il dormitorio era vuoto: nessun letto era occupato, la porta del bagno era spalancata e l’unico rumore che sentiva era quello del suo respiro, perché non c’era nessuno

« Ma che diamine? » borbottò, prima di afferrare il proprio orologio da polso e guardare l’ora sul quadrante. « Merda! » esclamò poi, vedendo con orrore che le lancette segnavano le nove e mezza. « Merda, merda, merda » continuò ad imprecare, alzandosi di scatto dal letto e correndo in bagno. 

Continuando a borbottare a mezza voce quel mantra - merda, merda, merda - si tolse gli occhiali e si buttò sotto la doccia, lavandosi il più velocemente possibile. Trattenne a stento un’imprecazione più colorita quando un dito s’impigliò in un nodo dei suoi capelli. Uscì in fretta dalla doccia, strofinandosi i capelli con un asciugamano, prima di rimettersi gli occhiali e lavarsi i denti. 

Tornò poi in camera, tirando fuori dal proprio armadio dei vestiti puliti. S’infilò tutto il più velocemente possibile, cercando di non perdere troppo tempo appresso ai bottoni della camicia, per poi girare come un matto per la stanza  - merda, merda, merda - alla ricerca delle proprie scarpe. 

Una volta che le ebbe trovate e se le fu messe, corse a preparare la borsa e i libri che avrebbe dovuto portare con sé per quella giornata. Rifletté un attimo, cercando di ricordarsi che giorno fosse e che lezioni avrebbe dovuto frequentare. 

« Allora… diamine, che giorno è oggi? » sbottò, prima di avere il lampo di genio. « Ah! Martedì! » esclamò, allungando una mano verso il libro di Trasfigurazione, prima di bloccarsi di colpo e sbiancare. « Merda! »

Come diamine aveva fatto a non ricordarsene prima? Erano giorni e giorni che aspettava quel giorno, e che faceva? Non si svegliava in orario. 

Si sentì un’idiota, soprattutto quando girandosi verso il proprio letto vide il pacchetto regalo appoggiato sul baule. Ci aveva messo secoli per trovarle il regalo perfetto, e alla fine era abbastanza certo di avercela fatta: niente di troppo impegnativo, ma con un significato dietro. 

Il giorno precedente aveva fantasticato più e più volte su come glielo avrebbe dato. Inizialmente aveva pensato di darglielo in Sala Grande a colazione, anche per far vedere a tutti che lui era in grado di farla sorridere genuinamente, ma poi si era detto che quello sarebbe dovuto essere un momento solo loro e che avrebbe preferito essere l’unico a vedere lo sguardo dolce quando Lily avrebbe scartato il regalo. 

« Sono un imbecille » decretò, arrabbiato con se stesso, buttando nella cartella i libri di Trasfigurazione, Difesa, Incantesimi e Divinazione, prima di uscire dalla stanza e scendere le scale in tutta fretta. 

Mentre correva per i corridoi, cercando di arrivare il prima possibile in classe, continuava a cercare una scusa decente da dire alla McGranitt. Sapeva di essere uno dei suoi pupilli, ma sapeva anche che se c’era una cosa che lei non tollerava minimamente erano proprio i ritardi. Non appena spalancò la porta dell’aula, infatti, la prima cosa che vide fu lo sguardo alterato della professoressa. 

« Buongiorno, signor Potter » fece la McGranitt, osservando con scetticismo le sue condizioni: effettivamente non era nella sua forma migliore, con i capelli ancora più scompigliati del solito, il mantello allacciato male, la cravatta allentata e le guance rosse per la corsa. « Alla fine ha deciso di presentarsi ».

« Mi dispiace, professoressa » si limitò a rispondere. « Non mi sono svegliato in tempo e… »

« Si sieda, signor Potter » lo bloccò la professoressa, le labbra strette in una linea quasi dritta. « E cinque punti in meno a Grifondoro ».

James ingoiò l’ennesima imprecazione della giornata, annuendo in direzione della McGranitt e avviandosi verso il posto che Sirius aveva tenuto occupato per lui. La donna, tuttavia, non sembrò molto d’accordo. 

« C’è un posto libero al primo banco, signor Potter » lo avvisò, con un tono che di casuale non aveva nulla. « Perché non si siede lì, per oggi? » 

« Certo, professoressa » rispose lui, cercando di non mostrare il benché minimo fastidio, prima di dirigersi verso il banco che gli era stato indicato. 

Si sedette così accanto a George Stebbins, che si premurò di salutare a bassa voce, per poi aprire la cartella e tirare fuori le cose che gli sarebbero servite per la lezione. Ad ogni modo non riuscì a trattenersi dal girare leggermente il viso verso l’altro lato della stanza, quello vicino alle finestre, dove sapeva di poter trovare Lily: con la sfortuna che sembrava avere quel giorno, tuttavia, la trovò che cercava disperatamente qualcosa all’interno della propria borsa. 

James era assolutamente intenzionato a continuare ad osservarla finché lei non avrebbe alzato lo sguardo per incontrare il suo, ma, ancora, quel giorno qualcuno sembrava volergli dimostrare che, se la fortuna era cieca, la sfortuna ci vedeva davvero benissimo. 

« Poteva non venire direttamente, signor Potter, se pensava di non prestare neanche un briciolo di attenzione alla lezione di oggi » lo richiamò la McGranitt, piccata come non mai. 

Lui spostò immediatamente lo sguardo, riportandolo sulla figura austera che sedeva dietro la scrivania e che lo guardava dritto negli occhi. 

« Mi scusi, mi ero distratto » provò a difendersi, capendo che nell’ora seguente avrebbe avuto gli occhi della professoressa fissi su di sé. 

« Ho notato » fu l’asciutto commento della professoressa. « Non mi costringa a togliere altri cinque punti a Grifondoro, signor Potter » disse, perentoria, prima di tornare a spiegare da dove si era interrotta. 

Sospirando, James s’impose di prestare attenzione alla spiegazione, dicendosi che in fondo Lily era troppo lontana per farle gli auguri. E inoltre, se si fosse girato ancora e la McGranitt l’avesse beccato, avrebbe fatto perdere altri punti alla propria Casa. 

La lezione andò avanti per più di un’ora, tra formule di incantesimi e paragrafi interminabili di teoria, ma James non riuscì a trattenere un sorriso quando la professoressa li congedò. Raccolse in fretta le proprie cose, gettandole con poca cura all’interno della propria borsa, e, dopo aver salutato George, si alzò per dirigersi verso Lily, che stava ancora sistemando le proprie cose. 

Mosse due passi, ma fu costretto a fermarsi.

« Vorrei parlarle un secondo, signor Potter » disse la voce della McGranitt ad un paio di metri da lui, ancora seduta dietro la scrivania. 

Dopo qualche secondo di stupore, James si girò verso la professoressa e le si avvicinò, fermandosi di fronte alla scrivania. Con la coda dell’occhio vide Lily lanciargli un’occhiata prima di uscire dalla classe insieme a Mary, Claire e Kate, e si dovette trattenere dal dare qualche testata al muro. 

« Mi dica, professoressa » la incitò, mentre anche l’ultimo studente usciva per andare a pranzare.

« Da un po’ di giorni ti vedo distratto, Potter » cominciò la donna, cominciando a dargli del tu: in fondo, dopo sette anni e parecchie detenzioni alle spalle, poteva tranquillamente dire di essere stato uno degli studenti che aveva passato più tempo con Minnie. « So che è un periodo complicato, ma vorrei che tornassi a concentrarti sullo studio come nello scorso quadrimestre. C’è qualcosa in particolare che ti distrae? »

James si strinse nelle spalle, non sapendo bene come risponderle. C’erano tante cose, in quel periodo, che lo distraevano: Mary, l’imminente partita di Quidditch contro Serpeverde, Lily, Sirius che nelle ultime settimane spariva sempre più spesso… e come se non bastasse c’era l’Ordine della Fenice, a cui non riusciva a fare a meno di pensare almeno una volta al giorno, quando leggeva le notizie sulla Gazzetta.

« Diciamo che tra gli allentamenti di Quidditch, le ronde, le riunioni e i compiti da fare dormo sempre poco… » si limitò a dirle con finta nonchalance. 

La McGranitt lo osservò per qualche secondo senza proferire verbo, studiandolo come se stesse cercando di capire se stesse dicendo la verità o meno, prima di sospirare e sistemarsi gli occhiali sul ponte del naso. 

« Va bene, Potter. Ma cerca di non arrivare più in ritardo ad una mia lezione, perché altrimenti sarò costretta a darti una punizione » si premurò di ricordargli, prima di abbozzare un sorriso. « Ora vai a lezione, non vogliamo che il nostro giocatore migliore non possa giocare la partita a causa di una detenzione, mi sbaglio? »

« Non si preoccupi, professoressa. Questa volta i Serpeverde non hanno davvero speranze » le assicurò, mettendo su il solito sorriso fiero e quasi tronfio che esibiva quando si trovava a cavallo della sua scopa. 

« Buona giornata, Potter » fu la risposta della McGranitt, che dopo avergli sorriso appena gli fece cenno di uscire dall’aula.

« Buona giornata… » fece James, fermandosi sulla soglia e girandosi verso la donna con un sorriso birichino. « … Minnie » completò, uscendo poi dall’aula in tutta fretta. 

Era ormai sparito dal campo visivo della professoressa, ma riuscì ugualmente a sentire il suo alterato « Potter! », che lo fece scoppiare a ridere. Quando si girò verso il corridoio che l’avrebbe portato nell’aula di Divinazione, ad ogni modo, si accorse di una figura appoggiata al davanzale di un’ampia vetrata. 

« Ce l’hai fatta, finalmente » commentò Sirius, mettendosi dritto in piedi, le labbra piegate in un sorriso divertito: doveva aver sentito anche lui le ultime due battute tra lui e la professoressa.

« Oi, Pad » lo salutò lui, facendoglisi vicino. « Minnie voleva passare un po’ di tempo con me ».

« Evidentemente le mancano tutte le punizioni che passavate insieme fino all’anno scorso » rispose l’altro ragazzo, con un sospiro che aveva qualcosa di nostalgico. « Ah, che bei ricordi le punizioni con Minnie ».

« Be’, non è che tu quest’anno non ne abbia avute » ribatté James, ridendo.

« Sì, ma da solo non riesco a farla sboccare come quando le prendevamo insieme! » protestò Sirius, totalmente convinto di ciò che stava dicendo. « Non perdonerò mai Silente per averti nominato Caposcuola. Non bastava già Moony come Prefetto? Ora sono davvero circondato da… da persone… persone ligie al dovere » aggiunse, pronunciando le ultime quattro parole quasi con disgusto. 

« Primo di tutto io non sono ligio al dovere. Sarebbe come dire che i capelli di Piton non sono unti, andiamo. Sono pur sempre Prongs » gli fece presente James, difendendo la propria nomea di Malandrino. « Secondo, non penso che Silente lo abbia fatto per fare un torto a te, sai? Mi dispiace dirtelo così, ma il mondo non gira intorno a Sirius Black » concluse, posandogli una mano sulla spalla con finto dispiacere. 

« Ma che stai dicendo: certo che il mondo gira intorno a me! » esclamò Sirius come se fosse ovvio, alzando gli occhi al cielo. « Non essere invidioso, negare tanto non serve a nulla ».

« Sogna pure » disse James, mentre si avviavano verso la Sala Grande. « Su, su, continua pure ad organizzare feste per le vittorie del mitico James Potter ».

« Senti, quattrocchi, rispetta i più grandi » lo ammonì Sirius, sfoderando un gran bel sorriso sfrontato. « Sai, tipo Silente, tua madre… me ».

« Hai solo centoquarantacinque giorni più di me!  » protestò James, ripetendoglielo per l’ennesima volta da quando si conoscevano. 

« Rimango comunque più grande di te, quattrocchi ».

« Smettila di chiamarmi quattrocchi! » 

« Ma certo, quattrocchi » lo scimmiottò ancora Sirius, girando leggermente il viso nella sua direzione per mostrargli l’espressione compiaciuta del proprio viso. « Ad ogni modo » parlò, fermando sul nascere la sua ennesima protesta, « penso che Evans ci sia rimasta un po’ male quando non ti ha visto questa mattina ».

James, che aveva già pronto un insulto da rifilargli, si fermò in mezzo al corridoio e costrinse così anche Sirius ad arrestarsi. Sbuffò rumorosamente, passandosi entrambe le mani tra i capelli e scompigliandoseli all’inverosimile; ad un certo punto, tuttavia, assimilò la frase del suo amico in ogni sua accezione ed un sorriso fece capolino sul suo viso. 

« Sì, eh?  » domandò semplicemente, riportando lo sguardo su Sirius, che ricambiò con un’occhiata complice e divertita. 

« Oh, sì » rispose infatti, annuendo. « Soddisfatto? »

Il sorriso di James si fece ancora più smagliante e, nonostante non avesse detto nulla ad alta voce, la risposta fu immediatamente chiara. 

« Tu sei pazzo, Prongs » commentò Sirius, scuotendo la testa.

« Oh, sì, sono pazzo di— ».

« Prova a dire “sono pazzo di lei” e giuro che non ti rivolgo più la parola » lo avvisò il giovane Black, a metà tra il divertito e il minaccioso. 

James scoppiò a ridere ed alzò le mani in segno di resa, prima di lanciare un’occhiata veloce all’orologio che aveva al polso per leggere l’orario. 

« Siamo nella merda, Pad » disse solo, tornando a guardare l’amico. 

« Ma cosa stai… » iniziò, prima di capire dove volesse andare a parare e tacendo. « Siamo in ritardo anche oggi, vero? »

James annuì lentamente e, dopo essersi fatti un cenno d’intesa, i due cominciarono a correre a perdifiato verso la torre dove si trovava l’aula di Divinazione. Fortunatamente non erano molto lontani dalla loro meta, ma dall’inizio dell’anno scolastico erano arrivati in orario a quella lezione al massimo quattro volte. Forse tre. E, proprio per questa ragione, la professoressa Swindlehurst ce l’aveva con loro - l’unico motivo per cui non avevano ancora subito ripercussioni, era la pena che la donna provava nei confronti di quello che lei chiamava il povero, sventurato signor Black.

Neanche cinque minuti dopo arrivarono alla botola che conduceva all’aula, entrambi intenti a riprendere aria prima di entrare. James ringraziò gli allentamenti di Quidditch, perché era solo grazie ad essi che non si ritrovava totalmente senza fiato come Sirius, che si era appoggiato alla parete per appoggiarvisi. 

« Saliamo che è meglio » disse quest’ultimo non appena si fu ripreso abbastanza. « Peter dovrebbe aver già occupato il solito tavolo in fondo ».

« Aah, che meraviglia » sospirò James, non vedendo l’ora di potersi sedere su quelle poltrone morbidissime e godersele appieno. « Ho proprio bisogno di un bel tè e di una bella dormita ».

« Merlino, sembri una vecchia zitella » commentò Sirius, lanciandogli un’occhiata compassionevole, e prima di entrare nell’aula si premurò di fargli il verso. « Ho proprio bisogno di un bel tè ».

James si trattenne dal rispondergli solo perché ormai la porta dell’aula era aperta, così si limitò a maledirlo mentalmente mentre lo seguiva all’interno del luminoso soggiorno che la professoressa Swindlehurst usava per le sue lezioni. 

La donna era ferma in mezzo alla classe e, fortunatamente, aveva appena iniziato a versare il tè nelle tazze dei suoi studenti. Quando vide loro due fermi sulla soglia, sospirò. 

« Oh, voi due » esclamò, facendo loro cenno con la mano di avvicinarsi e prendere posto. « Questa mattina le foglie di tè me l’avevano detto che avreste fatto tardi ».

« Eh, già » si limitò a dire Sirius, mentre James salutò educatamente la professoressa.

Entrambi si diressero verso Peter, che aveva occupato il solito tavolino e che stava palesemente cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. Quando si sedettero vicino a lui, ad ogni modo, iniziò a ridacchiare sommessamente.

« Gliel’hanno detto le foglie del tè » commentò Peter, riferendosi a quanto aveva appena detto la professoressa. « Le foglie del tè, non il fatto che non siate mai arrivati puntuali ad una sua lezione. No, certo, le foglie del tè ».

 « Scusa, perché? » gli chiese Sirius, portandosi teatralmente la mano al cuore. « Vorresti per caso dubitare delle foglie del tè? »

« Oh, non mi permetterei mai » rispose Peter, trattenendo a stento una risata e tacendo non appena vide che la Swindlehurst si stava facendo loro incontro per poter versare del tè nelle loro tazze. 

« Mi raccomando, ragazzi, fate bene attenzione a ciò che leggete nelle foglie… » si premurò di ricordar loro, lanciando un’occhiata particolarmente intensa a Sirius, che dovette trattenersi dallo scoppiarle a ridere in faccia. 

« Non si preoccupi, prof » la tranquillizzò James con un sorriso smagliante. « Saremo attentissimi » rincarò la dose, facendola sospirare prima che se ne andasse. 

« Secondo me, se dovesse succedere anche oggi, sarebbe capace di mettersi a piangere » disse Peter, senza staccare gli occhi dalla schiena della professoressa. 

« Lo penso anche io » concordò James, annuendo con convinzione prima di girarsi verso Sirius. « Ormai ti ha preso proprio a cuore, Pad ».

« Che posso farci? » si limitò a dire il diretto interessato, stravaccandosi sulla poltrona e prendendo tra le mani la tazza di tè. « Faccio sempre questo effetto alle donne ».

« Be’, non pensavo fosse il tuo tipo… » commentò Peter, lanciando un’occhiata alla donna. 

La professoressa, infatti, non era una grande bellezza, anche perché era abbastanza avanti con l’età. I capelli, ricci e ormai grigi, erano quasi sempre legati in un’alta crocchia disordinata e gli occhi chiarissimi erano protetti dalle spesse lenti degli occhiali da vista che indossava; in più, indossava sempre vestiti larghi e dai colori sgargianti, nascondendo così il fisico bassino e piuttosto paffuto. Come se ciò non bastasse, era totalmente suonata. 

« Merlino, che schifo, Wormy! » fece Sirius con una smorfia. « E poi sono io a fare colpo sulle donne, non è mica detto che loro facciano colpo su di me. Mettiamo in chiaro le cose » aggiunse, tremando appena nel tentativo di scacciare l’affermazione di Peter dalla propria mente. « Ew ».

James e Peter ridacchiarono dietro le loro tazze di tè, scambiandosi un’occhiata divertita prima di spostare lo sguardo sulla professoressa. Quest’ultima era tornata al centro della stanza e, come al solito, ricordava loro come leggere correttamente le foglie di tè che sarebbero rimaste sul fondo delle loro tazze. 

« Avete capito bene? » domandò alla fine del proprio discorso, facendo vagare lo sguardo per tutta la classe. 

Un coro di « Sì », metà annoiati e metà divertiti, si levò dagli studenti.

« Come se non lo avesse spiegato ogni lezione sin dal terzo anno… » borbottò a mezza voce Sirius nel frattempo, facendosi sentire da Claire e Kate, che occupavano il tavolo affianco insieme a due Tassorosso e risero sommessamente. 

Lui rispose con un occhiolino scherzoso, prima di tornare a prestare attenzione ai propri amici. James e Peter stavano chiacchierando a bassa voce, e dalle prime parole che Sirius riuscì a captare capì subito l’argomento. 

« Ancora Evans… » sbuffò, soffiando appena sul proprio tè. « Davvero, Prongs? »

James non gli rispose, lanciandogli però un’occhiataccia, e tornò a prestare attenzione a Peter.

« Allora, Wormy, stavamo dicendo » fece, sempre attento a non alzare troppo la voce, riprendendo il discorso che Sirius aveva interrotto. « Se n’è andata con Moony? »

« Sì, te l’ho detto… » rispose Peter, alzando le spalle. « Da quel che ho capito avevano un compito di Aritmanzia e dovevano sbrigarsi, altrimenti avrebbero fatto tardi ».

James sbuffò, infastidito, accasciandosi contro lo schienale della poltrona. 

« Che palle » si lamentò. « Oggi è non è proprio giornata ».

« Be’, potevi anche svegliarti… » commentò Sirius con nonchalance. 

« Potevo svegliarmi?! » ribatté James, trattenendosi dal dargli un calcio sotto al tavolo. « Be’, se la metti così potevate svegliarmi voi! Lo sapevate che oggi era il compleanno di Lily! »

« Guarda che noi ci abbiamo provato » gli fece notare Peter, guardandolo con compassione. « Solo che tu ci hai minacciati tutti di morte se non ti avessimo lasciato in pace e… »

« Dovevate insistere! » protestò James, sebbene si stesse mentalmente dando dell’idiota. 

« Come se noi ti avessimo creduto davvero » fece Sirius, alzando gli occhi al cielo. « Io ti ho buttato dell’acqua addosso ».

« E…? » domandò James. 

« Be’, visto che non te lo ricordi neanche direi che è ovvio che tu non mi abbia dato minimamente retta » gli fece notare Sirius, guardandolo come avrebbe guardato uno scemo.  

« Remus ha anche provato a dirti che era il compleanno di Lily, ma quando ha iniziato a parlare gli hai tirato contro il cuscino e be’… lo sai com’è Remus, ha detto che erano fatti tuoi ed è sceso… » aggiunse Peter.

« Ecco perché non avevo più il cuscino… » borbottò James, ricordandosi del mantello appallottolato su cui si era svegliato. 

« Proprio così, razza di genio » convenne Sirius.

Il giovane Potter gli lanciò un’occhiataccia, ma non rispose alla sua provocazione. 

« Quindi ora Moony ce l’ha con me? » domandò invece, sentendosi piuttosto in colpa per avergli lanciato contro il cuscino quando lui aveva soltanto cercato di fargli un favore. 

« Ma ti pare » sbuffò Sirius, roteando gli occhi. « Come se Remus riuscisse ad avercela con qualcuno per più di qualche minuto. Certo che non ce l’ha con te, anzi, quando non ti abbiamo visto arrivare a Trasfigurazione ha anche iniziato a sentirsi in colpa. Lo sai com’è Moony, la mattina è irascibile come una ragazza con il ciclo ».

« Come una ragazza con il ciclo » ripeté Peter, lanciandogli un’occhiata perplessa. 

« Gran bel paragone, Pad, davvero un gran bel paragone » fece finta di complimentarsi James, leggermente schifato.

« Femminucce » commentò semplicemente Sirius, come se nulla fosse, iniziando poi a bere lunghi sorsi di tè. 

James e Peter sorrisero, seguendo il suo esempio. La bevanda era molto buona: era un particolare infuso al sapore di mela e caramello, con un lieve retrogusto che nessuno di loro era mai riuscito a riconoscere. 

« Io continuo a non capire perché siamo dovuti tornare a leggere le foglie di tè » bofonchiò James, annoiato. « Insomma, era programma di terzo ».

« L’hai sentita la settimana scorsa, no? » fece Sirius, alzando le spalle. « Prima di cominciare la Tefromanzia dobbiamo riprendere la Tasseomanzia, che è molto importante ».

« Molto importante un par di pluffe » commentò Peter, iniziando ad intravedere sul fondo della propria tazza alcune foglie di tè sparse. 

« Be’, almeno è divertente » ricordò loro James, lanciando un’occhiata divertita in direzione di Sirius, che sbuffò sonoramente. 

« Parla per te, Prongs » ribatté infatti quest’ultimo. « Dovrò sorbirmi l’ennesimo discorso su quanto sia sventurato il mio futuro. Ormai è il suo hobby preferito » aggiunse, lanciando un’occhiata alla Swindlehurst. 

« Chissà se non ci sarà qualcosa sulla partita di questo weekend… » meditò James, guardando il contenuto della propria tazza con aria critica.

« Vuoi davvero dirmi che crederesti a delle foglie di tè? » gli chiese Sirius, alzando un sopracciglio. 

« Certo che no » rispose l’altro, lanciandogli un’occhiata quasi offesa. « Ma è sempre bello ricevere belle notizie ».

« Chi ha detto che sarebbero belle? » domandò logicamente Peter.

« Ehi, si tratta sempre della mia partita di Quidditch » disse James come se fosse ovvio. « James Potter, il miglior Cacciatore che Hogwarts possa offrire? Non so se avete presente? Le foglie del tè non possono darmi brutte notizie sulla partita di sabato » aggiunse, dandosi delle arie.

Gli altri due si guardarono, prima che Peter si mettesse a ridere sommessamente mentre Sirius guardava James con aria di sufficienza e gli diceva: « Certo, come no ».

« Che razza di migliori amici ho… » borbottò il giovane Potter, bevendo l’ultimo sorso di tè e posando poi la tazza sul tavolo, accanto a quella di Sirius che l’aveva già finita. 

Quando anche Peter bevve tutto il suo tè, poi, decisero chi avrebbe letto la tazza di chi. 

« Io leggo quella di Pad! » fece James prima che gli altri potessero dire qualcosa. 

« Strano » commentò il diretto interessato, facendogli cenno di prendere la sua tazza. « Perciò io devo leggere la tua? ».

« Sì, e io poi leggo quella di Kate come al solito » disse Peter, annuendo. « Cominci tu, James? »

« Oh, no, no » rispose lui con un ghigno sulle labbra. « Questa la teniamo per dopo. Comincia tu, Pad ».

Sirius non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver aperto Svelare il futuro sul tavolo, prese tra le mani la tazza di James. Iniziò ad osservarne il fondo, confrontando ciò che vedeva con le immagini che trovava sul libro, e rimase in silenzio per una manciata di secondi.

« Allora… vedo qualcosa… » disse con un entusiasmo mai mostrato per la materia, ricevendo infatti due occhiate stranite. « Ecco, ecco! C’è una scritta… sì, dice proprio che James Potter è un imbecille, già ».

« Ti faccio vedere io chi è l’imbecille, testa di… » cominciò il ragazzo, facendo ridere Peter ed attirando così l’attenzione della professoressa. 

« C’è qualche problema qui? » domandò la donna, avvicinandosi al loro tavolo e guardandoli con attenzione. 

« Nessun problema, professoressa » rispose Sirius con un sorriso smagliante. « Stavo giusto dicendo a James che nel fondo della sua tazza c’è una foglia, simbolo di… uhm, simbolo di buona sorte » aggiunse, sotto lo sguardo di approvazione della Swindlehurst. « E poi… un’oca. Il che significa… » andò avanti, sfogliando rapidamente le pagine del libro per arrivare alla lettera o, « che riceverai un invito inaspettato ».

« Buona sorte? » domandò James, e l’altro annuì. « Ah, che avevo detto! Buone notizie in vista della partita » esultò, sospirando contento, facendo alzare gli occhi al cielo a Sirius.

« Non c’è altro nella tazza, signor Black? » chiese invece la professoressa. 

« Niente » rispose il ragazzo, scuotendo la testa. « Solo qualche foglietta sparsa, ma non mi pare significhi niente ».

« Allora io passerei alla sua, che dice? » fece la Swindlehurst, i cui occhi, dietro le spesse lenti, sembravano essersi fatti ancora più acquosi, come se avesse paura per lui. 

Trattenendosi dallo scoppiarle a ridere in faccia, James afferrò la tazza di Sirius per poterne vedere il fondo. C’era una figura strana, che, visto quello che sembrava essere un lungo collo, era molto probabilmente una giraffa, e poi…

« Oh, Sirius » fece, tirando fuori tutte le proprie capacità d’attore. « Oh, Sirius! » ripeté con più enfasi, facendo finta di essere disperato. 

Bastò questo perché la professoressa gli togliesse la tazza dalle mani per poter leggere lei stessa le foglie del tè. Non appena lo fece, però, sbiancò all’improvviso e si portò la mano libera alla bocca, guardando Sirius con le lacrime agli occhi. 

« Oh, figliolo! » esclamò, attirando l’attenzione di tutta la classe. « Qui c’è… qui c’è il gramo! » aggiunse, finendo la frase quasi in soffio. 

Qualcuno dall’altro lato della stanza domandò: « Ma non è dal quinto anno che Black ha il gramo nella tazza? », ma la Swindlehurst non ci fece minimamente caso e continuò a prestare tutta la sua attenzione al povero, sventurato signor Black. Gli afferrò una mano tra le sue, facendoglisi più vicina, guardandolo come se stesse morendo davanti ai suoi occhi. 

« Oh, signor Black! » lo compianse, mentre lui faceva finta di mostrarsi distrutto da quella notizia. 

« Perché a me, professoressa? Perché? » chiese, coprendosi gli occhi con la mano che la professoressa gli aveva lasciato libera. « Cos’ho fatto di male? »

« Non dica così, signor Black, non dica così » cercò di rassicurarlo, allontanandosi da lui per prendere di nuovo la teiera del tè. « Prenda dell’altro tè, magari avrà più… magari avrà più fortuna » finì, la voce rotta, tornando al loro tavolo per riempirgli una seconda tazza. 

Inutile dire che il gramo apparve anche nella seconda lettura delle foglie del tè, facendo così rischiare alla Swindlehurst l’ennesima crisi di pianto a causa del povero, sventurato signor Black. Anzi, mentre quest’ultimo stava per lasciare l’aula insieme ai suoi due amici, la professoressa si premurò di dire a James e Peter di stare attenti a lui. 

« Allora, Pad, come ci si sente a vedere il gramo? » scherzò Peter quando furono finalmente fuori dall’aula.

« La domanda giusta penso sia: come ci si sente ad essere il gramo? » rincarò James, abbassando la voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete. 

« Dai, è assurdo che non abbia ancora capito che c’è qualcosa che non va » sbuffò Sirius, allibito e divertito al contempo. « Insomma, sono tre anni che mi compare questo maledetto gramo tra le foglie di tè. Secondo i suoi cari oracoli avrei dovuto tirare le cuoia qualcosa come due anni fa ».

« Pensa se ti vedesse per sbaglio mentre sei Padfoot » meditò James, immaginandosi e godendosi appieno la scena appena descritta. 

« Credo che avrebbe un mancamento » disse il diretto interessato con convinzione. 

« Mancamento? » ripeté Peter, scettico, scuotendo la testa. « Nah, muore sul colpo sicuro. Ma l’hai vista prima? Oh, signor Black! » aggiunse, imitando la voce acuta e sofferente della Swindlehurst. 

Sirius e James scoppiarono a ridere rumorosamente e i tre ripreso a scherzare su quanto appena successo mentre si dirigevano in Sala Grande per il pranzo. James non vedeva l’ora di arrivare a destinazione per due motivi principali: innanzitutto perché aveva saltato la colazione e dire che stava morendo di fame era dire poco, in secondo luogo perché finalmente sarebbe riuscito a parlare con Lily e farle gli auguri. 

Quando arrivarono in Sala Grande, tuttavia, si accorse subito della mancanza della chioma rossa  della ragazza al tavolo: Mary infatti stava chiacchierando amabilmente con Remus, ma della sua migliore amica non vi era neanche l’ombra.

Cercando di non far trapelare eccessivamente la propria delusione, James si sedette con finta tranquillità accanto alla ragazza, che si girò verso di lui immediatamente. 

« Ben svegliato » fu il commento di Remus, che però non sembrava arrabbiato con lui: anzi, dal tono sembrava che stesse cercando di stemperare la tensione. 

James sospirò e abbozzò un sorriso nella direzione dell’amico, mentre Sirius e Peter cominciavano a riempirsi i piatti. 

« Senti, Moony, per quanto riguarda l’episodio di stamattina… » cominciò, ma l’altro lo interruppe. 

« James… ».

« No, fammi finire! »

« Ma davvero, non ce n’è bis— ».

James fece per aprire di nuovo bocca e parlare, ma stavolta ad interromperlo fu Sirius. Quest’ultimo infatti li stava guardando con aria quasi annoiata, il gomito poggiato sul tavolo e il pugno chiuso sotto al mento.

« Remus, fammi un piacere » disse. « Fagli dire quello che ti vuole dire o non ne usciamo più » aggiunse, dal momento che tutti loro sapevano quanto James fosse testardo e quanto fosse diffide dissuaderlo dal fare qualcosa. 

Mary cercò di nascondere un piccola risata dietro al proprio bicchiere, fingendo di bere, ma James la notò comunque e si premurò di fulminarla con lo sguardo. 

« Ad ogni modo » fece solo, decidendo di soprassedere sulla frase di Sirius. « Mi dispiace molto, non avrei dovuto lanciarti il cuscino, ecco. E sì, insomma, non volevo davvero minacciarti di morte ». 

« Questo lo avevo capito da solo » gli disse Remus con un mezzo sorriso, tagliando a pezzi la carne di maiale che aveva nel piatto. « Tranquillo, Prongs. L’unica cosa… be’, lasciati dire che oggi hai una sfortuna pazzesca. Lily è stata chiamata da Lumacorno proprio poco fa » lo avvertì poi con un po’ di compassione. 

« Come mai il Prefetto Perfetto è stato convocato da un professore? » domandò Sirius, scherzoso, tirando nuovamente fuori il soprannome che lui e James le avevano affibbiato il primo giorno del quinto anno. « Che ha fatto, all’ultimo compito ha preso O anziché E? »

Remus scosse la testa, in realtà divertito, mentre gli altri tre risero. 

« No, non è per questo ».

« Ha tolto troppi punti a qualche povera coppia intenta a pomiciare in qualche nicchia? » ritentò, fingendo di pensarci su. « Ricordi l’altro giorno? » fece poi, girandosi verso la propria ragazza. « Ci siamo andati vicini ».

Mary non rispose, limitandosi a ridacchiare ancora sommessamente sotto lo sguardo divertito di tutti i Malandrini. 

« Non ci credo che vi siete fatti beccare da Lily » commentò Remus con un sorrisetto ilare. 

« Eh, già » rispose lei, con aria melodrammatica, annuendo. « Come aveva detto? » domandò poi a Sirius.

« È la quarta volta questa settimana! » esclamò con voce acuta, come se stesse cercando di imitare Lily. « E dire che un letto ce lo avete pure! »

Peter scoppiò a ridere rumorosamente, seguito a ruota da James, Remus e Mary. 

« Secondo me voleva esserci lei al posto nostro, altroché… » fece Sirius per provocare James, lanciando a quest’ultimo un’occhiata eloquente e piena di malizia. 

Mary alzò gli occhi al cielo e lo colpì con poca forza sul braccio, facendolo ridere. Il giovane Cacciatore, invece, ridacchiò sommessamente, cercando di non far capire agli altri che neanche a lui sarebbe dispiaciuto trovarsi al loro posto insieme a Lily.

« Dai » disse infine per tornare al vero discorso. « Perché è stata convocata dal Lumacone? »

« Un progetto per i M.A.G.O. o qualcosa del genere » rispose Remus, stringendosi nelle spalle. « Ha nominato anche il professore di Alchimia ».

« Uffa » borbottò James, un po’ infastidito. « Secondo me oggi Salazar mi sta perseguitando ».

« Allora stammi lontano, che tra me Salazar non corre buon sangue… » commentò Sirius, prima di bere un po’ d’acqua.

La sua voce era bassa, perciò la sentirono solo James e Mary. 

Nel suo tono tuttavia c’era una nota di fastidio misto a risentimento che sfuggì al giovane Potter, ancora intento a pensare a tutte le cose che quel giorno sembravano andargli male, ma non alla ragazza. Gli lanciò un’occhiata perplessa, prima di far scivolare una mano sotto la tavola per sfiorargli con finta casualità la coscia. 

« Che le hai preso? » domandò poi Mary, incuriosita. « Non fare quella faccia, è ovvio che tu le abbia fatto un regalo! »

« Guarda che non stanno insieme, sebbene tutte le foto che James conserva dicano il contrario… » le fece notare Sirius, ricevendo una gomitata da parte del diretto interessato.

« Come se il non stare insieme lo avesse mai fermato dal regalarle qualcosa per ogni evento » ricordò loro Peter, memore del Natale precedente, quando James le aveva inviato un Lettera Canterina nel bel mezzo della cena prima delle vacanze.

« Ops » fu l’unico commento del diretto interessato, che finse di sentirsi in imbarazzo e non riuscendo a trattenere un sorrisetto compiaciuto e divertito.

« Allora? » insistette Mary, allungandosi dietro Sirius per colpire James sulla spalla come se così facendo volesse incitarlo a parlare. « Che le hai preso? »

« In realtà devo dire che sono curioso anche io » ammise Remus con aria interessata. 

« E come ti sbagli? Sei peggio delle pettegole di Godric’s Hollow, Moony » lo prese in giro Sirius, ricevendo un’occhiata sbieca in risposta. 

« Dai, Jamie! » continuò la ragazza con insistenza. 

Lui si strinse nelle spalle e mise su un’espressione innocente e contrita al contempo. 

« Eeeh… Sorpresa! » fece, lasciando gli altri perplessi.

« Come sarebbe a dire sorpresa? » protestò per prima Mary. « Ma quale sorpresa! Io sono la tua migliore amica, devo sapere certe cose! Me lo devi, dopo tutte le volte che mi hai chiesto di mettere una buona parola con Lily per te » gli ricordò poi con un ghigno irriverente. 

« Non per dire niente, ma noi » s’intromise poi Sirius, indicando se stesso e gli altri due Malandrini, « ci siamo dovuti sorbire per tre anni tutti i tuoi monologhi su Evans. Penso che tu ce lo debba ».

« Effettivamente… » convenne Peter, mentre Remus annuiva con convinzione per dare manforte ai propri amici. 

James rimase in silenzio per un po’ e nel frattempo gli altri insistettero ancora, ma alla fine dovettero cedere perché Lucas entrò in Sala Grande come un razzo e si sedette insieme a loro. Prese posto di fronte a James e prima di concentrarsi solo su di lui si premurò di salutare a dovere anche gli altri.

« Come va, ragazzi? » chiese loro con educazione. « Mi dispiace disturbarvi a pranzo ».

« Figurati » rispose Mary con un sorriso gentile. « Vuoi delle patate? » gli domandò poi, essendosi accorta dell’occhiata che il ragazzo aveva lanciato al vassoio. 

« Magari » sorrise lui, mettendosi un po’ di patate nel piatto. « Voi come vi siete trovati con il tema di Difesa? La Hale sembrava tanto carina, ma è ancora più esigente di Lockwood… ».

« Lascia stare » fece Remus, sospirando. « Ho riscritto la parte finale del mio tema almeno tre volte. Dopo lo scorso compito mi sono accorto di averla presa un po’ sottogamba ».

« Come se non avessi preso una O comunque » gli ricordò Peter, ironico. 

« Ma se non l’avessi sottovalutata avrei potuto prendere E come James » ribatté Remus, che però non era seriamente invidioso del risultato ottenuto dall’amico.

James ridacchiò e mise su una finta espressione modesta. 

« Cosa posso farci se sono intelligentissimo? » 

« Se dopo tre anni ancora non sei riuscito ad uscire con una ragazza, forse tanto intelligente non sei » fu il salace commento di Sirius, che gli lanciò un’occhiata divertita alla quale James rispose con uno sguardo sdegnato.

« Questo non c’entra niente con l’essere intelligenti o meno » gli fece notare, stando però al gioco. « Anche perché, se così fosse, tu dovresti essere una delle persone più intelligenti che abbiano mai frequentato Hogwarts ».

« E direi proprio che non è così » aggiunse prontamente Mary come se niente fosse, continuando a mangiare tranquillamente. 

 Sirius inarcò subito un sopracciglio, guardandola scettico; lentamente un sorriso spavaldo curvò le sue labbra sottili sotto lo sguardo impertinente della ragazza.

« Ti ricordi la nostra conversazione, quel giorno al San Mungo? » le domandò con finta curiosità, e quando l’espressione di lei si fece confusa aggiunse con tono pieno di sottintesi: « Sai, l’imbecille e tutto il resto… »

Mary fece per scuotere la testa, ma poi capì a cosa si stesse riferendo Sirius e alzò gli occhi al cielo, sbuffando una risata divertita.

« Sei proprio deficiente, lasciatelo dire ».

« Imbecille, deficiente, quello che vuoi » ribatté lui senza scomporsi minimamente. « Il concetto rimane sempre quello ».

La ragazza non rispose, limitandosi ad alzare un’altra volta gli occhi al cielo e tornando poi a concentrarsi sul cibo che aveva ancora nel piatto. Nel frattempo, mentre Remus e Lucas avevano portato avanti la precedente digressione sulla professoressa Hale, lo scambio di battute tra Mary e Sirius era stato osservato con curiosità da Peter e James.

« Ma di che state parlando? » domandò proprio quest’ultimo, non riuscendo a tenere a bada la propria voglia di capire il senso di quella conversazione.

« Oh, non credo tu voglia saperlo davvero » rispose Sirius come se nulla fosse. 

« Non te lo avrei chiesto, allora » gli fece notare James.

« Prongs, lo sai che ti considero un fratello e che affiderei a te la mia stessa vita… » sospirò Sirius con il suo solito fare melodrammatico, « ma, in questo caso, non penso che tu voglia sapere di cosa sto parlando ».

James e Peter si scambiarono un’occhiata perplessa, ma quando il primo fece per aprire di nuovo bocca fu interrotto da Mary.

« Sesso » disse semplicemente, mettendo a tacere il proprio migliore amico e facendo arrossire leggermente Peter. « Stavamo parlando di sesso ».

« Be’, mica sono una ragazzina! » protestò James dopo qualche secondo di silenzio, mentre Sirius rideva. « Lo so che andate a letto insieme, non siete mai stati particolarmente interessati a tenerlo nascosto! »

« Perché dovrei nascondervi il fatto che la mia ragazza sia una bomba sotto le coperte? » fece Sirius, come se non si trovassero in Sala Grande in mezzo a buona parte della scuola. 

« Ah, sarebbe così che descrivi la tua ragazza? » gli chiese la diretta interessata, guardandolo con interesse e senza nascondere un sorrisetto divertito. « Davvero molto romantico. Cosa sarà mai un “è bellissima, intelligentissima e simpaticissima” rispetto ad un “è una bomba sotto le coperte”? »

« Be’, dici sempre che devo essere sincero… se ti definissi come bellissima, intelligentissima e simpaticissima mentirei… soprattutto vista la tua scarsa simpatia… » la prese in giro lui, ironico.

Mary inarcò le sopracciglia, guardandolo con aria di sfida, ma fu James a parlare per lei.

« Sai, non penso che questo sia il metodo migliore per far sì che la bomba sotto le coperte rimanga la tua fidanzata » gli fece notare, ridacchiando insieme a Peter.

« Lo credo anche io » gli diede infatti manforte quest’ultimo.

Con aria di sufficienza Sirius mosse la mano, come se volesse scacciare le loro insinuazioni, prima di passare rapidamente un braccio intorno alla vita di Mary e tirarla verso di sé, facendola così cozzare contro il proprio petto e ignorando le sue deboli e finte proteste.

« Non potrebbe mai trovare nessuno migliore di me, però » fu la sua risposta agli amici, prima di affondare il viso tra i capelli della ragazza per qualche secondo. « E non deve neanche azzardarsi a provarci » aggiunse a bassa voce, così da farsi sentire solo da lei.

Mary non disse nulla, limitandosi ad appoggiarsi ancora di più contro di lui e allargando le labbra in un sorriso a trentadue denti. 

Nonostante i loro caratteri fossero molto forti e ciò li portasse spesso a cozzare l’uno con l’altra, c’erano alcuni momenti tanto dolci quanto brevi che la portavano a dirsi che nessuna discussione fosse abbastanza per porre fine a tutto quello che finalmente stavano riuscendo a creare. Ad esempio odiava vedere qualsiasi altra ragazza guardarlo troppo a lungo, così come odiava mostrare a Sirius la propria gelosia - ma quando lui la stringeva, dopo aver riso della sua faccia indispettita, e la prendeva in giro senza cattiveria, Mary si convinceva sempre di più che mettere da parte l’orgoglio fosse stata davvero la scelta migliore che potesse fare. 

Tra di loro in fondo nessuno era veramente bravo con le parole, ma la maggior parte delle volte erano i silenzi o i piccoli gesti a parlare per loro, come quella sera che Sirius l’aveva rincorsa fuori dall’ufficio di Silente e l’aveva stretta a sé senza dirle nulla.

Sempre col sorriso sulle labbra, Mary girò leggermente il viso per poter osservare dal basso il volto di Sirius, che era tornato dritto senza però lasciare la presa sui suoi fianchi. 

« Certo che siete strani forti, voi due » commentò Peter, che d’altro canto ancora faticava a comprendere come quei due riuscissero a litigare per poi baciarsi il secondo subito dopo.

« Penso che la parola giusta sia: lunatici » lo corresse James. « Ad ogni modo, Lucas, cosa volevi dirmi? » fece poi, mentre gli altri tre continuavano a parlare tra di loro, girandosi verso Remus e il loro quinto compagno di stanza. 

Lucas si girò subito verso di lui, sgranando gli occhi.

« Sì, ecco! » esclamò, mettendosi in grembo la propria borsa e tirandone fuori diversi fogli scarabocchiati. « Visto che oggi abbiamo l’allenamento subito dopo le lezioni, volevo rivedere subito alcune delle strategie che dobbiamo mettere in atto nella partita di questo weekend ».

James corrugò le sopracciglia, confuso e pronto a ribattere, ma solo in quel momento si ricordò che effettivamente quel pomeriggio, subito dopo le lezioni, avrebbe avuto il penultimo allenamento prima della partita contro Serpeverde. 

« Vai, fammi un po’ vedere! » disse, finendo velocemente gli ultimi due bocconi che aveva nel piatto e lasciando poi che quest’ultimo scomparisse per magia. 

Dopodiché, mentre gli altri Malandrini e Mary prendevano a parlare tra loro, James incrociò le braccia sul tavolo di legno e si sporse in avanti per vedere meglio cosa c’era scritto sui fogli che Lucas aveva tirato fuori dalla borsa. Erano fatti molto bene ed era chiaro che il Capitano ci si fosse messo di impegno, perché neanche James riuscì a trovare chissà quale difetto o possibile falla all’interno delle strategie che voleva mettere in atto durante la partita. 

Per tutto il resto della pausa pranzo lui e Lucas si scambiarono idee e pareri su come poter migliorare ulteriormente il tutto; tuttavia quando Remus disse loro che mancavano solo dieci minuti all’inizio della lezione successiva i due dovettero porre fine alla discussione e dirigersi insieme agli altri verso la classe di Difesa.

Durante il tragitto, mentre gli altri camminavano e chiacchieravano, la mano di Mary si posò sul suo avambraccio e lo costrinse a rallentare leggermente la propria andatura; James le lanciò un’occhiata interrogativa, ma prima di dire qualunque cosa lei gli si fece un po’ più vicina.

« E da quando tu e Lucas Abercrombie sareste amici? » lo prese in giro, scherzando. 

« Dai, quando non si comporta da maniaco del controllo non è poi così male » rispose lui con un sorrisetto sghembo, facendola ridere e imitandola subito dopo. « Che c’è, gelosa? »

« Dopo aver lottato con Sirius per il titolo di migliore amica, di certo non mi faccio spaventare da Lucas » ribatté Mary, senza smettere di ridere, prendendolo poi sottobraccio e affrettando il passo per raggiungere gli altri. 

La ragazza infine si staccò da lui solo una volta che furono entrati in aula perché doveva occupare il banco dove lei e Lily erano solite sedersi; quest’ultima, tuttavia, non era ancora arrivata, sebbene mancassero giusto una manciata di minuti all’inizio della lezione. 

Borbottando contro la sfortuna che quel giorno sembrava davvero non volerlo abbandonare neanche per un istante, James seguì Sirius e si diresse svogliatamente verso il proprio banco. Buttò la propria borsa a terra, prima di spostare la sedia da sotto il tavolo e sedersi, lanciando ancora un’occhiata alla porta della classe.

« Guarda che non l’hanno mica rapita » gli disse Sirius a metà tra il divertito e l’esasperato. « Non iniziare a dare di matto ».

« Non sto dando di matto » protestò James, spostando la propria attenzione verso di lui: in fondo, sapeva che il suo amico aveva ragione e che non aveva il benché minimo senso darsi così tanta pena per qualcosa che non poteva controllare o cambiare.

« Come no » commentò Sirius, piegando le labbra in un sorriso ironico. « Ad ogni modo, una di queste sere ti va di sgattaiolare a Hogsmeade per prenderci una Burrobirra? Un po’ come ai vecchi tempi ».

« Ci sta » acconsentì James, subito elettrizzato dall’idea di uscire dal castello di sera. « Sabato è meglio di no perché rischiamo di trovarci qualche insegnante, ma già da domenica si potrebbe fare ».

« Sabato sicuramente no, ma solo perché saremo occupati a festeggiare in Sala Comune » ribatté Sirius, riferendosi ad una possibile vittoria a Quidditch contro la squadra avversaria.

« Ottimista » commentò James, ricambiando il sorriso tronfio che l’altro gli stava rivolgendo. « Mi piace ».

Sirius scoppiò a ridere e lui lo seguì subito dopo, fermandosi tuttavia dopo neanche dieci secondi. La ragazza a cui aveva pensato per tutta la giornata era finalmente entrata in classe, i capelli un po’ arruffati e la borsa che rischiava di scivolarle dalla spalla da un momento all’altro. 

Lily camminò rapida verso il proprio banco, mentre la professoressa Hale entrò subito dopo di lei e si chiuse la porta alle spalle. James avrebbe tanto voluto poterle parlare immediatamente, ma dovette limitarsi a sillabarle « Tanti auguri » dal proprio posto; tuttavia il sorriso con cui la ragazza rispose fu così bello che, sul momento, lui si disse che forse non c’era bisogno di parole. In fondo, lui non riusciva più neanche a trovare le parole adatte a descrivere quel sorriso. 

James si limitò a ricambiare, scoprendo così una chiostra di denti bianchissimi e continuando a guardarla finché lei non interruppe il contatto visivo per poter prestare attenzione alla professoressa, che aveva cominciato a parlare proprio in quel momento. 

Per tutta la durata della lezione James cercò di seguire il più possibile e di limitare il numero di sguardi a Lily; alla fine delle due ore poteva dire di essere riuscito a seguire quasi tutta la spiegazione, ma nonostante ciò una certa chioma vermiglia aveva attirato la sua attenzione fin troppe volte. 

La cosa non gli pesò particolarmente, perché la maggior parte delle volte che posava lo sguardo su di lei aveva poi incrociato il suo sguardo smeraldino e il suo sorriso appena accennato.

Quando la Hale li lasciò definitivamente liberi di sfruttare il resto della giornata come meglio desiderassero, James fu uno dei primi a posare il proprio tema sulla scrivania; ripose libro e appunti all’interno della borsa, mettendosi poi quest’ultima in spalla e affrettandosi verso il banco di Lily.

Lei era in piedi e stava ancora finendo di mettere a posto le proprie cose, ma si bloccò non appena si accorse della sua presenza; se inizialmente le sue sopracciglia erano corrugate in un’espressione concentrata, subito il suo viso si rilassò solo nel guardarlo.

« Finalmente riusciamo a vederci, eh? » fece James, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoli ancora di più.

« Sembrerebbe » commentò lei, prima di scoppiare a ridere.

Rise di una risata cristallina, sistemandosi la chioma su una spalla e smettendo di dare eccessiva importanza al contenuto della propria borsa. Si limitò a prendere il tema da consegnare e posarlo sulla cattedra, sempre affiancata dal ragazzo, per poi incamminarsi verso la porta ed uscire. 

« So che teoricamente te li avrei già fatti, ma non sono certo che quelli possano definirsi davvero degli auguri… » cominciò James una volta che furono nel corridoio, fermandosi di fronte alla porta ed in prossimità di un’ampia vetrata. « Perciò: tanti auguri, Lily! E scusa se non sono riuscito a farteli stamattina, ma sono uno stupido e non mi sono svegliato e davvero, capirei se tu adesso fossi arrabbiata e— ».

Con ogni probabilità, James sarebbe andato avanti a parlare e scusarsi ancora a lungo, ma lei lo bloccò prima che ciò potesse accadere; con le labbra piegate in un sorriso divertito, Lily si affrettò a posare entrambe le mani sulla bocca di lui, mettendolo così a tacere. 

Il ragazzo non si divincolò, limitandosi a lanciare un’occhiata stralunata prima alle sue mani e poi direttamente a lei. Prima che potesse trattenersi, le sue sopracciglia si sollevarono in un’espressione a metà tra il divertito e lo scettico.

« Non devi scusarti » si sbrigò a dirgli. « In fondo l’ho sempre saputo che eri uno stupido » aggiunse con un sorriso furbo, le braccia di nuovo stese lungo i propri fianchi dopo aver allontanato le mani dal suo viso.

James ridacchiò, prima di stringersi nelle spalle e mettere su un’espressione scaltra. 

« Vorrà dire che da parte mia non riceverai nessun regalo… » le disse con fare casuale, come se si stesse parlando del tempo.

« Ma come, vorresti interrompere la tradizione dopo tre anni che mi mandi regali? » ribatté Lily.

« Ah, quindi è diventata una tradizione anche per te? »

« Potrebbe anche darsi ».

« Queste tue risposte vaghe non mi piacciono granché » si premurò di farle sapere, affondando le mani in tasca con nonchalance; tuttavia con la coda dell’occhio vide Lucas uscire dall’aula e avviarsi a passo svelto verso l’Ingresso del castello, ricordandogli così dell’imminente allenamento che lo attendeva.

« Ma io ho solo queste » gli disse lei, fingendo di imbronciarsi, prima di farglisi appena più vicino. « Hai davvero un regalo per me? » gli domandò poi, inclinando appena il capo di lato, un luccichio incuriosito negli occhi. 

« Potrebbe anche darsi » la scimmiottò James, stringendosi nelle spalle e sospirando. « Ma penso dovrai aspettare un po’ per averne la certezza » aggiunse, scoccandole rapidamente un bacio sulla guancia e allontanandosi quasi di corsa da lei.

Era già lontano qualche metro quando Lily si riscosse dal momento di confusione che l’aveva colta, e la sua voce lo costrinse a rallentare la propria andatura e girarsi verso di lei. 

« Tu sei tutto matto! » esclamò infatti lei a voce sufficientemente alta, attirando anche l’attenzione di qualche altro studente. 

James si limitò a scoccarle uno sguardo divertito e scoppiare a ridere, prima di riprendere la propria corsa verso il campo da Quidditch. 

Gli altri membri della squadra erano già tutti arrivati e intenti ad indossare le rispettive divise, ma nessuno gli fece notare il lieve ritardo - neanche Lucas, che in realtà lo aveva visto insieme a Lily e, per bontà d’animo, gli aveva fatto il favore di non mettergli fretta. Sempre con il sorriso sulle labbra, James tirò fuori i propri vestiti e si cambiò in tutta fretta, palesemente tra le nuvole; mentre aveva posato la borsa sulla panca, infatti, aveva intravisto al suo interno il regalo che aveva preso per Lily. 

« Ehi Potter, ci sei? » gli domandò Zach, che era già pronto, sedendosi di fronte a lui.

« Potrei non esserci? » ribatté James con un ghigno irriverente, facendo ridere l’altro ragazzo; tuttavia il suo sguardo si posò poi su Kevin Smith, un altro Cacciatore della squadra, che era seduto su un’altra panca e sembrava totalmente assente. « Senti, Zach, ma Kevin…? » chiese poi, stando attento a tenere la voce bassa per non farsi sentire da orecchie indiscrete.

Anche Zach lanciò una rapida e discreta occhiata a Kevin, prima di incassare la testa nelle spalle e sospirare.

« Non ha preso bene quello che è successo a Parker » rispose solo, il tono dispiaciuto. « Noi due non siamo molto amici, anche se dividiamo la camera, ma ogni tanto l’ho sentito parlare con Michael di lei… non credo ci fosse nulla di ufficiale, però si sono frequentati per un po’. Da quel che ho capito, avevano deciso di prendersi una pausa prima delle vacanze, ma non trovarla più lo ha steso… ».

James rimase in silenzio, non sapendo bene cosa dire. Dopotutto, se al posto di Kevin ci fosse stato lui, non avrebbe saputo dire come avrebbe potuto reagire. L’idea di non trovare più Lily, una volta tornati ad Hogwarts, lo aveva fatto riflettere numerose volte durante l’estate, ma non osava immaginare come poteva essersi sentito Kevin. 

« Ne era innamorato? » domandò stupidamente, un po’ sorpreso, visto che lui non aveva mai saputo niente di questa nuova - o vecchia, che dir si voglia - storia di Miriam.

« Innamorato non credo » fece Zach, alzando le spalle. « Però ci teneva, questo è poco ma sicuro ».

« Che merda » commentò James, scuotendo mestamente la testa. 

« Puoi dirlo forte » convenne Zach, mogio. « Tu la conoscevi, no? » gli chiese dopo, come se gli fosse appena venuto in mente.

« Sì » rispose lui, senza guardarlo. « Non era una delle mie più care amiche, ma lei e Mary erano molto legate perciò mi è capitato di uscirci qualche volta ».

« Cavolo, è vero… » fece Zach. « Per questo Mary era così giù nell’ultimo periodo, immagino ».

« Lascia stare, guarda » fu l’unica cosa che James disse a riguardo, non volendo toccare mai più quel discorso e, soprattutto, desideroso di non dover rivedere più Mary in quello stato. 

« Mi dispiace, amico ».

« Anche a me, Zach. Anche a me » mormorò, continuando a ripetersi che tutta quella situazione era folle, sbagliata: non era giusto che delle vite venissero sconvolte a tal punto per una questione tanto stupida quanto la purezza del sangue. 

Come se ci fosse qualcosa di davvero diverso tra il mio sangue e quello di chiunque altro - si disse, a metà tra il nervoso e il desolato.

« Scope in spalla, tutti in campo! » gridò Lucas, in piedi vicino alla porta, uscendo per primo dallo spogliatoio. 

Zach lanciò a James un sorriso d’incoraggiamento, prima di prendere la propria scopa e seguire l’esempio del loro capitano; James lo imitò pochi secondi dopo, contento di poter sfogare qualunque sentimento attraverso il volo e il Quidditch. 

L’allenamento durò più di due ore, alla fine delle quali l’unica cosa che il giovane Potter avrebbe voluto fare era chiudersi nel bagno dei Prefetti e rimanere a mollo nella vasca fino al mattino seguente. E se una certa rossa avesse voluto fargli compagnia, be’, lui non si sarebbe lamentato poi tanto… Gli sarebbe piaciuto continuare a crogiolarsi nell’immagine che si era formata nella sua testa, ma l’arrivo di Lucas glielo impedì.

« Direi che è andata abbastanza bene, che dici? » fece il capitano, lanciando una rapida occhiata al resto della squadra. « Kevin era un po’ distratto, ma sembra stare meglio rispetto agli scorsi allenamenti ».

Effettivamente, Kevin era stato ripreso due volte da Lucas per alcuni errori di distrazione, ma giusto due ore prima James era convinto che sarebbe andata molto peggio. 

« Se ce la giochiamo bene, i Serpeverde non hanno scampo » rispose quindi, incoraggiante, prima di correre a cambiarsi. 

Per quanto stanco potesse essere, infatti, non aveva intenzione di sprecare neanche un secondo.

Si preparò in tempo in record e quindici minuti dopo era già fuori dallo spogliatoio. In realtà i suoi capelli erano ancora un po’ umidi e più scarmigliati del solito, la cravatta annodata male e la camicia infilata nei pantaloni alla bell’e meglio, ma non gli importava. La prima cosa che si premurò di fare fu tirare la Mappa fuori dalla borsa, così da poter controllare dove si trovasse Lily in quel momento.

« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni » mormorò, puntando la bacchetta sulla pergamena. 

Quando quest’ultima fu interamente ricoperta di cartigli e inscrizioni varie cominciò a cercare il nome di lei, trovandolo poco dopo.

Si trovava al quarto piano, ma, nonostante l’avesse trovata, non fu felice di vedere che era da sola. Lui e Lily avevano deciso gli orari delle ronde insieme e quel giorno, dal momento che lui aveva avuto gli allenamenti, lei avrebbe dovuto pattugliare insieme a un Prefetto di Tassorosso del sesto anno: il cartiglio con il nome di quest’ultimo, tuttavia, si trovava al terzo piano.

Maledicendo mentalmente entrambi, accelerò ulteriormente e superò poco dopo il portone d’ingresso, ritrovando poi quasi a correre per le scale. Con il fiatone e i muscoli in fiamme, era sicuro di non essere mai stato così felice di aver raggiunto il quarto piano.

Lanciò un’ultima occhiata alla Mappa per vedere in che zona si trovasse Lily, prima di borbottare un rapido « Fatto il misfatto » e riporre la pergamena in borsa.

Non ci mise molto a trovarla, e quando la vide non riuscì comunque a trattenere un sorriso; lei gli dava le spalle, continuando a camminare imperterrita lungo il corridoio scarsamente illuminato. La luce delle lanterne dava i suoi capelli una tonalità leggermente più vibrante e aranciata, e mai come in quel momento desiderò poterli sfiorare e spostarglieli con delicatezza su una spalla. 

Le si avvicinò lentamente, e solo quando le fu abbastanza vicino si azzardò ad aprire bocca.

« Lo sai che non dovresti girare da sola a quest’ora, vero? »

La sua voce risuonò forte in quel corridoio deserto, e dallo scatto che mosse il corpo della ragazza James capì che non si era neanche accorta del suo arrivo, probabilmente perché soprappensiero come suo solito. 

Tuttavia quando si girò ed incrociò il suo sguardo divertito, Lily si tranquillizzò immediatamente e lasciò che dalle sue labbra rosee scappasse una risata.

« E tu non dovresti farmi prendere certi colpi! » protestò, scherzosa, premurandosi comunque di colpirlo sul braccio con un leggero schiaffo non appena le si fu avvicinato a sufficienza. 

« Non è colpa mia se qualcuno qui è perennemente con la testa tra le nuvole » ribatté, ricevendo in risposta altri piccoli e veloci schiaffi sul braccio già precedentemente colpito. « A cosa pensavi? »

« Non te lo dico » rispose Lily, fingendosi offesa. 

« So di occupare costantemente i tuoi pensieri, ma non c’era bisogno di renderlo così ovvio… » la prese in giro lui, facendola ridere.

« Certo, sogna pure » ribatté la ragazza, sebbene quel pomeriggio le fosse capitato fin troppo spesso di pensare a lui. « Com’è che te la stai prendendo con calma, ora? Non hai nessun posto in cui correre, cose da fare…? » domandò poi, cercando di dissimulare la sua reale curiosità.

Lui scosse la testa con convinzione, strappandole l’ennesimo sorriso.

« No, Evans ».

« Quindi posso finalmente averti un po’ per me? » gli chiese, prima di riuscire a fermare le proprie parole.

Non appena la sentì parlare, James la guardò colpito: non si aspettava una frase così diretta da lei. 

« Vuoi che io stia un po’ con te? » le domandò, un po’ per accertarsi che lei lo volesse davvero e un po’ per compiacersi dell’imbarazzo che colorò leggermente le gote di Lily. 

« Forse » ammise lei nonostante tutto, mostrandogli un timido sorriso.

« Perfetto » fece James, ricambiando con un sorriso a trentadue denti. « Anche perché sennò ti avrei comunque obbligata a passare il resto della serata con me, quindi meglio così! Almeno sei consenziente, no? »

Lily sollevò un sopracciglio, cercando di mostrarsi scettica, ma alla fine non riuscì lo stesso a trattenere una risata. 

« Suppongo di sì » convenne quindi, divertita. 

Il sorriso di James non vacillò neanche un secondo, e non appena il silenzio cadde tra di loro il ragazzo l’affiancò e le circondò amichevolmente le spalle con un braccio. Lily non disse nulla per un po’, limitandosi a godersi il calore che il corpo vicino al proprio emanava; dopodiché girò il viso di lato e lo sollevò leggermente per poter guardare in faccia James, che d’altro canto aveva già gli occhi su di lei.

« Allora, giornata frenetica? » gli chiese per fare conversazione.

« Lascia stare » rispose lui, sbuffando. « Non ho ancora capito perché la McGranitt mi abbia graziato e non mi abbia dato una punizione, ma è stata l’unica nota positiva della giornata ».

« L’unica? Stai forse dicendo che la mia compagnia non ti è gradita? » lo prese in giro, fingendo di volersi allontanare da lui. 

James alzò gli occhi al cielo e, le labbra piegate in un sorriso divertito, glielo impedì; aumentò la stretta sulle spalle di Lily e infine la tirò verso di sé, facendola cozzare contro il proprio petto e stringendola anche con l’altro braccio. 

« Sei stupida » le disse, parlando tra i suoi capelli. « Sei tutta stupida » ripeté, rifiutandosi di lasciarla andare. 

Lei non aprì bocca e sorrise, sebbene James non potesse vederla dal momento che continuava a tenerla stretta al petto. Rimasero in quella posizione per un po’, con lui che le ripeteva quanto fosse stupida e lei che di tanto in tanto gli punzecchiava i fianchi. 

Lily sapeva che se avessero continuato così qualcuno li avrebbe beccati, ma nonostante questo non riusciva a trovare la forza di volontà necessaria per spostarsi; infatti fu James ad allontanarsi da lei dopo un tempo che a entrambi parve troppo poco. 

« Signorina Evans » fece lui, aprendo la propria borsa a tracolla e iniziando a frugarci dentro. « Spero lei possa accettare questo mio dono » proseguì, tirando fuori un pacchetto rettangolare. 

Lily fece vagare per qualche volta lo sguardo dal suo viso al pacchetto e viceversa, finché lui non tese il regalo nella sua direzione per incoraggiarla a prenderlo. Lei non si fece pregare ulteriormente pregare e strinse le dita ai bordi del pacchetto, chiedendosi cosa potesse contenere. 

« Su, aprilo » la incoraggiò James, che nel frattempo aveva richiuso la borsa ed aveva infilato le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni.

La ragazza gli lanciò un’ultima occhiata prima di fare come le era stato detto: scartò il regalo cercando di non mostrarsi troppo curiosa o impaziente, trovandosi poi tra le mani un libro dalla copertina verde scuro. 

« Visto che a settembre mi avevi detto che ti piaceva molto leggere, ho pensato che con un libro non avrei sbagliato » le spiegò, sperando che il regalo le piacesse. « Insomma, non credo avresti apprezzato un completino intimo… sai, dopo avertene regalato uno al quinto anno ed essere stato costretto a girarci io stesso per un giorno intero… be’, diciamo che ho imparato la lezione » scherzò, riferendosi al sedicesimo compleanno di Lily, quando lui aveva ben pensato di regalarle per scherzo un completino fin troppo sexy che lei poi gli aveva incollato magicamente addosso per tutto il resto della giornata. 

Lily ridacchiò, ricordandosi di quell’episodio, e si strinse appena nelle spalle.

« Effettivamente preferisco questo » ammise, lanciando ancora un’occhiata al libro e rigirandoselo tra le mani. « L’ho anche sentito nominare, questo scrittore » aggiunse poi, alzando gli occhi su James per guardarlo in viso mentre gli sorrideva.

« Devo dire che il titolo non mi convinceva granché » le disse lui. « Insomma, inizialmente mi ero detto che un libro chiamato Cent’anni di solitudine non fosse il massimo come regalo di compleanno, ma la commessa mi ha assicurato che era bellissimo… Diciamo che non ho una gran cultura per quanto riguarda la letteratura babbana ».

« Ah, la commessa insisteva? » fece Lily, incuriosita.

« Ma sì, diceva che le era piaciuto da morire, che non potevo lasciarmelo scappare, cose così » rispose James con tranquillità. « Perché? »

« Sai, James, a volte mi chiedo come tu abbia fatto ad avere qualche ragazza » gli disse, facendolo accigliare. « Credo che quella commessa stesse cercando di provarci » spiegò poi, vedendolo il suo sguardo. 

James non ribatté subito, realizzando solo in quel momento che probabilmente Lily aveva ragione. Era stato così impegnato a cercare il regalo perfetto per lei, che in libreria non aveva prestato particolare attenzione alla ragazza che lo stava aiutando a scegliere il libro. Forse era per quello che la commessa alla fine gli aveva detto che, quando l’avrebbe finito di leggere, avrebbero potuto parlarne insieme…

« Oh » disse solamente, prima di rinsavire: forse poteva usare la cosa a proprio vantaggio. « Cavolo, a saperlo prima… » aggiunse infatti, piegando le labbra in un sorrisetto malizioso.

La reazione non si fece attendere, e la ragazza lo colpì quasi subito sul braccio con il libro. 

« Ehi! Attenta al libro! » esclamò, evitando prontamente un altro colpo. 

« Sei un cretino » commentò lei, divertita, smettendo di minacciarlo di picchiarlo di nuovo. « Ma questo rimane un regalo bellissimo » proseguì, sorridendogli. « Grazie mille! »

Così dicendo, dopo essersi avvicinata di un passo, posò le mani sulle spalle grandi del ragazzo e si alzò sulle punte per diminuire la distanza tra i loro volti. Girò leggermente il viso per potergli dare un bacio sulla guancia, ma in quello stesso istante James si voltò per sbaglio dallo stesso lato. 

Fu un contatto lieve, uno sfiorarsi appena di labbra, ma fu sufficiente a far sì che il suo stomaco si contraesse e al suo cuore scappasse un piccolo battito. 

Veloce come gli si era avvicinata, Lily fu altrettanto veloce nell’allontanarsi da lui come se si fosse scottata; anche James, d’altro canto, sebbene si fosse a malapena accorto di ciò che era appena successo, non sapeva cosa dire o come comportarsi. Si accorse di aver chiuso gli occhi solo quando, per poterla guardare, dovette aprirli e la vista della faccia imbarazzata di Lily gli fece venire quasi da ridere.

Rimasero in silenzio per dei secondi che a entrambi parvero eterni, non sapendo cosa fosse giusto o sbagliato fare in una situazione del genere. 

Lily aveva ancora una mano posata sull’avambraccio di James, ma non riusciva a trovare il coraggio di spostarla da là; da quando avevano cominciato a interagire anche fisicamente l’uno con l’altra, infatti, doveva ammettere di averne approfittato il più possibile. La sua vicinanza le trasmetteva sicurezza, era sempre pronto ad attirarla a sé sia che volesse scherzare o volesse farlo solo per il gusto di farlo, e in fondo le piaceva che, dopo una serata passata con lui, il suo profumo rimanesse per un po’ anche sui propri vestiti. 

Dopo qualche secondo di silenzio, James fece per dire qualcosa, ma prima che riuscisse a dar voce ai propri pensieri un gruppo abbastanza numeroso di studenti arrivarono da un corridoio lì accanto e si fermarono in prossimità di una finestra non molto distante da loro due. 

Quando riportò lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte, capì di non essere l’unico in imbarazzo. 

« Che ne dici di iniziare a scendere in Sala Grande? » gli propose con un sorriso. « Tra poco dovrebbero iniziare a servire la cena e io a pranzo ho mangiato poco e niente ».

Senza neanche accorgersene, James si ritrovò a sorriderle di rimando.

« Come desidera » rispose, scherzoso, affiancandola.

Prima ancora che riuscisse a pensare ad un possibile discorso, Lily avvertì la mano di James stringersi intorno alla propria e le due dita intrecciarsi con le proprie; non c’era traccia di imbarazzo o di incertezza in tutto ciò, cosa che la stupì notevolmente. Non era abituata a certi comportamenti, ma quando James, sempre sorridente, si girò verso di lei per iniziare una conversazione, Lily in tutta quella situazione non riuscì a trovarvi neanche un difetto.

 

I don’t want to mess things up, Non voglio complicare le cose,
I don’t want to push too far, non voglio esagerare,
Just a shot in dark that you just might,  tiro solo a indovinare ma tu 
Be the one I’ve been waiting for my whole life. potresti essere quello che aspettavo da tutta la vita.

 

 

 

 

 

Note:

Alloooora… mi dispiace? 

No, davvero, mi dispiace un sacco. Con il capitolo avviso vi avevo detto che mancava poco, e poi avete comunque dovuto aspettare un sacco. A mia discolpa, come avevo scritto sulla pagina di facebook, il mio pc tre settimane fa (circa, era tipo il 10 gennaio) è stato portato in assistenza perché vi era caduta sopra dell’acqua. Ora è tutto a posto e per fortuna tutti i dati erano salvi ^^’’ Ad ogni modo, eccolo qui! 

Questo è stato un capitolo-prova… nel senso: ho voluto davvero dare il meglio di me in quanto a lunghezza, ma spero che nonostante questo il capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere ovviamente!

Intanto parliamo della MacBlack perché insomma, sono bellissimi, diciamocelo. Io impazzisco, impazzisco davvero. Si è capito che li amo? E poi insomma! Sirius si è comprato una maglietta dei Led Zeppelin per far arrabbiare la cara Walby! Secondo me lui era un’anima rock. Probabilmente avremo altri accenni della sua anima rockettara in futuro, anche perché è da quando ho scritto quella scena che mi immagino Sirius che canta canzoni come Baba O’Riley o Stairway To Heaven. Preparatevi mentalmente perché il disagio, con i Malandrini, è sempre dietro l’angolo.

Su James… be’, James è uno sfigato patentato. Ed è un testone, ma anche Lily è una dannata testona, perciò… Oh, andiamo, lei continua a negare anche con Mary, ma quanto è ovvio che lei sia stracotta di James da 1 a Lily? Lily, appunto.

Sempre riguardo a James: so che potrà sembrare strano che Mary si sia sfogata con Sirius e non con James, ma Sirius (al contrario di James) è molto insistente e pretende molto. James è più pacato, ma tranquille che nel prossimo capitolo avrete una scena per loro due (anche se, tanto per essere oneste, c’è da dire che loro hanno già parlato un po’ quando Sirius e Lily s’incrociano in Sala Comune). 

Visto il finale, comunque, stavolta voglio assolutamente sapere che pensate! Vi ricordo che il countdown è iniziato definitivamente… :P 

Alla prossima! 

Un bacio,

Ale

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Capitolo 21
*** Avviso ***


NOTA AL 5 APRILE 2020: IL CAPITOLO SUCCESSIVO È ONLINE!

Ciao a tutti, nuovi e non! 

Non so quanti di voi si ricordino ancora di me, della storia o dei personaggi… però ci tenevo a dirvi che sto davvero cercando di rimettermi in pari e di farlo il prima possibile. Come avevo già annunciato precedentemente, sto lavorando a una revisione flash dei primi 15 capitoli (sto già al nono); una volta fatto ciò, passerò alla stesura del capitolo 21. Su questo non preoccupatevi: solitamente, sono più veloce a scrivere dal nulla che a ricontrollare! ^^’’

Ad ogni modo, volevo farvi sapere che presto rivedrete Lily, James, Sirius, Mary, Remus, Peter e gli altri nuovamente sui vostri schermi! E spero davvero che possano emozionarvi come hanno fatto in precedenza, se non di più! 

Un bacio enorme, mi trovate sempre su QUESTA pagina per qualunque info e, inoltre, qui troverete il link per un video-trailer del prossimo capitolo! 

♡Alessia

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Capitolo 22
*** Tra scope, torri e mantelli ***


Capitolo 21
Tra scope, torri e mantelli

21-tra-scope-e-torri

 

Se c’era uno sport che a Lily era sempre piaciuto guardare, quello era il Quidditch. 

Le era piaciuto sin da subito, perché non aveva nulla a che vedere con ciò che suo padre era solito guardare alla televisione ogni domenica dopo pranzo. Calcio, rugby, tennis o golf: nessuno di questi poteva competere con il Quidditch per lei. 

Quando erano ancora amici Severus era solito ripeterle in continuazione che era uno sport stupido, troppo violento, e che solo un idiota pieno di boria come James Potter avrebbe potuto appassionarsene. Non volendo litigare con lui, Lily aveva sempre finto di essere d’accordo, ma se avesse mai dovuto definire il Quidditch con un aggettivo avrebbe usato esattamente quello, “appassionante”. Certo, a volte lo trovava eccessivamente cruento, con tutti quei feriti a causa di Bolidi lanciati troppo forte, ma le piaceva da morire guardare i giocatori sfrecciare nel cielo in sella alle loro scope volanti, così veloci che a volte stentava a riconoscerne i volti. 

Anche in quel momento, complice la pioggia che imperversava ormai da due giorni, faticava a distinguere i vari membri delle due squadre in campo. Davanti a lei era tutto un susseguirsi di rosso ed oro, di verde e argento, e poi di nuovo di rosso ed oro, verde e argento e di nuovo da capo. 

Di solito le piaceva tenere sott’occhio i Cercatori e il Boccino d’oro, ma quel giorno non riusciva a fare a meno di concentrarsi sulla Pluffa e sui vari Cacciatori che se la passavano. 

In particolare seguiva i movimenti di James con più attenzione di quella che dedicava a tutti gli altri giocatori. Non che fosse facile concentrarsi, con i Malandrini accanto a lei intenti ad urlare di continuo e Mary che ogni volta che poteva gridava ad un fantomatico fallo da parte della squadra avversaria. 

Tuttavia, oltre a ridacchiarci un po’ sotto i baffi, la cosa non la toccava più di tanto. James continuava a correre da una parte all’altra del campo, afferrava la Pluffa quando gli veniva passata e dopo aver evitato avversari o bolidi la ripassava o cercava di farla entrare in uno degli anelli di Serpeverde. 

Era bravo, ora poteva ammetterlo senza volersi dare qualche schiaffo da sola: sapeva sfruttare il vento a suo favore e  sapeva quanto inclinarsi lateralmente senza rischiare di cadere, era coordinato e pulito nei movimento, non tentennava mai. Quando era lì, sulla sua scopa, in quel campo, attirava gli sguardi su di sé come una calamita. O perlomeno attirava lo sguardo di Lily come una calamita. Fino a qualche anno prima lo avrebbe negato fino alla morte, ma era quasi affascinata dalla sua abilità. 

« Lo sai che ci sono quattordici persone in campo, vero? » 

La voce di Mary, insieme alla gomitata dritta nel costato, la riportarono con i piedi per terra e lei si girò verso l’amica.

« Eh? » fece, confusa. 

« Da quando è iniziato la partita non hai fatto altro che fissare James » le disse Mary, sorridendo sorniona, senza nemmeno girarsi verso di lei. « Fossi in te proverei ogni tanto a spostare lo sguardo. Sai, per non rendere la cosa più ovvia di quanto non sia già » aggiunse, voltandosi leggermente verso di lei per farle un veloce occhiolino e tornare a guardare la partita. 

« Non è assolutamente vero! » ribatté Lily, mentre avvertiva le proprie guance andare a fuoco dall’imbarazzo. 

« Fingerò di darti ragione solo perché stai diventando più rossa dei tuoi capelli » la prese ancora in giro Mary, ridendo in tutta tranquillità; tuttavia dopo pochi secondi smise all’improvviso e le diede la seconda gomitata della giornata prima di indicarle col dito un punto imprecisato del campo. « Oi, guarda! Zach e Regulus stanno correndo dietro al Boccino! »

Lily puntò subito lo sguardo sui due Cercatori, praticamente spalla a spalla, totalmente piegati in avanti sulle loro scope nel vano tentativo di accelerare il minimo necessario per superare l’avversario. Erano così vicini che era impossibile dire chi avesse più chance di afferrare per primo il Boccino, ma all’improvviso un Bolide colpì il braccio di Regulus, facendogli perdere il controllo della scopa giusto il tempo necessario affinché Zach potesse sporgersi un po’ di più in avanti e chiudere le dita attorno al Boccino d’Oro. 

« O’Flaherty prende il Boccino! » urlò la voce di Jeremy Cooper, il commentatore, mentre un boato si alzava negli spalti rosso ed oro. « Duecentosessanta a centotrenta! Grifondoro vince la partita! »

Prima che Lily potesse dire qualunque cosa, Sirius, che per tutta la partita era stato seduto dietro di loro con Remus e Peter, si slanciò in avanti e circondò con un braccio lei e con l’altro Mary mentre si aggiungeva immediatamente al coro entusiasta che era stato iniziato da alcuni ragazzi del sesto anno. Mary le lanciò un’occhiata in tralice e dopo neanche un secondo si erano aggiunte entrambe ai festeggiamenti.

« Sapete cosa significa questo? » chiese poi Sirius alle ragazze, quando la gente attorno a loro aveva smesso di esultare a gran voce. « Festa! »

« E quando pensi di trovare il tempo per organizzarla? » gli fece notare Remus, in piedi accanto a lui, guardandolo con le sopracciglia aggrottate. « Tra poco torneremo tutti in Sala Comune, non c’è niente! »

« Effettivamente ci sarà rimasta sì e no qualche Burrobirra dopo l’ultima volta… » convenne Peter, pensieroso. « E di sicuro non c’è il tempo di andare a Hogsmeade adesso ».

Sirius alzò gli occhi al cielo, sbuffando. 

« Sarà una festa senza alcol! » ribatté. « So che senza qualche bicchierino non ti sciogli, Moony, ma oggi dovrai provarci! Ci si può divertire anche senza dover bere per forza! » aggiunse poi, e a quelle parole Mary assunse immediatamente un’espressione scettica.

« Detta così sembro un alcolizzato » commentò Remus. « Cosa che ovviamente non sono » ci tenne inoltre a puntualizzare, mentre gli altri ridacchiavano.

« Ma no che non sei un alcolizzato » gli assicurò Sirius, annuendo con convinzione alle proprie parole. « Sei solo un grande amante del gin ».

« Veramente preferisco il whiskey » disse Remus, senza riflettere. 

« Mi scusi, signor Moony, mi ero scordato di star parlando con un grande alcolist… volevo dire, con un grande intenditore di alcolici  » lo prese in giro l’amico con un sogghigno. 

Remus rimase in silenzio un secondo, dopodiché fece rapidamente un passo verso l’amico, alzando la mano in segno di minaccia; in tutta risposta Sirius, sapendo che l’altro tirava degli scappellotti tremendi alle volte, si mise dietro Mary. Davanti alla ragazza, Remus ovviamente si fermò. 

« Fammi capire » fece lei, allibita. « Mi stai usando come scudo umano? » 

Nel dire ciò incrociò le braccia al petto e si girò verso Sirius, fulminandolo con lo sguardo.

« Ti amo? » provò lui, sfoggiando il sorriso più paravento del proprio repertorio. 

Mary non gli rispose nemmeno, limitandosi ad assottigliare pericolosamente gli occhi. Tempo un paio di secondi ed aveva già cominciato a tempestare il petto del proprio ragazzo di pugni. Il fatto che lui ridesse non faceva altro che stimolarla a continuare. 

« Tu sei un caso disperato! » esclamò Mary quando lui, continuando a ridere, iniziò a sgomitare tra la folla per poter scendere dagli spalti e seminarla. « È inutile che corri, eh! » aggiunse, andandogli dietro. 

« Dai, mi farò perdonare! » ribatté Sirius, di qualche persone avanti a lei, girandosi giusto il tempo di lanciarle un’occhiata carica di sottintesi. « Lo sai che mi faccio sempre perdonare ».

Lily, Remus e Peter non videro il continuo di quel teatrino, in quanto gli altri due avevano ormai cominciato a scendere dagli spalti, e sapevano bene che ormai era più probabile che li ritrovassero in Sala Comune. 

« Be’ » fece Lily, unendo le mani assieme e piegando le labbra in un sorriso sornione. « Visto che Black dice che tanto lui può divertirsi anche senza alcol, non penso si sentirà offeso se dovessi prendere la sua Burrobirra. No? »

« Questo non me l’aspettavo » commentò Peter, sorpreso. 

« Perfida » disse invece Remus, guardandola quasi ammirato. « Mi piace ». 

Chiacchierando del più e del meno, alla fine anche loro riuscirono a lasciare gli spalti e ad avviarsi verso il Castello. L’argomento principale fu Mary, siccome da poco più di una settimana aveva finalmente cominciato a riprendersi e andare avanti. Ogni tanto si distraeva e c’erano ancora dei momenti in cui voleva stare un po’ da sola, ma la differenza rispetto al mese precedente era notevole. Parlarono anche della nuova docente di Difesa Contro le Arti Oscure, che si concentrava sulla pratica più dell’insegnante che l’aveva preceduta e non aveva perso tempo, riprendendo, dopo un paio di lezioni di ripasso generale, il programma da dove il professor Lockwood si era interrotto.

« A me lei piace » disse Lily mentre passavano vicino al Lago Nero. « E sebbene mi piacesse come insegnava Lockwood, lei mi sembra quasi più brava ».

« È forte » convenne Peter. « Lockwood era bravo, sì, però era sempre così serio… Lei invece sorride sempre, e sebbene sappia tutto quello che sta succedendo ora non ce lo fa pesare ma si preoccupa solo di prepararci bene ».

« Lockwood era troppo teorico, mentre si vede che lei preferisce prepararci davvero a difenderci » commentò a sua volta Remus. « Però vorrei sapere che fine ha fatto… Purtroppo ultimamente ho sempre un brutto presentimento quando si parla di persone scomparse » aggiunse dopo, incupendosi un po’. 

Lily sospirò pesantemente, annuendo alle sue parole.

Da quando erano tornati ad Hogwarts erano scomparse altre persone, troppe per tenerne il conto, e si trattava solo di quelli segnalati perché chissà quante altre persone erano sparite nel buio senza che nessuno se ne accorgesse. 

Giusto qualche giorno prima si era imbattuta per caso in Maddison Forbes, Prefetto di Corvonero al quinto anno: era andata a riorganizzare i nuovi turni delle ronde nella Sala Prefetti, convinta di trovarla vuota, e alla fine aveva passato buona parte della serata a consolarla. La conosceva solo di nome, ma il fratello di quella ragazza era appena scomparso e lei, Lily, sapeva che l’unico aiuto che potesse dare per il momento era stare un po’ accanto a Maddison. 

« Non si tratta nemmeno più di brutto presentimento, ormai » disse Peter, rabbuiato, attraversando per primo il portone d’ingresso. « È la realtà ».

« Sì, lo so » ribatté Remus, entrando per ultimo. « Forse non mi ci sono ancora abituato del tutto, non saprei dirti. Però non ce la faccio a leggere di una persona scomparsa e pensare che basta, è così, è sparita e non tornerà più. Lo so che la guerra è anche questo, che rovina tutto, ma a volte voglio sperare che le persone che oggi scompaiono un giorno vengano ritrovate ».

« È una situazione di schifo » fu il semplice commento di Peter; fece per parlare di nuovo, ma si dovette interrompere perché Lily gli diede una gomitata di nascosto. 

Quando si girò verso di lei, la ragazza gli fece un rapido cenno con la testa; seguendo il suo sguardo Peter vide Emmeline avvicinarsi a loro, perciò annuì impercettibilmente e decise di non continuare a parlare. Nel frattempo, Remus sembrava così preso dai propri pensieri da non essersi accorto di nulla.

« Anche io non ci riesco ancora, Rem » gli assicurò Lily, posandogli una mano sul braccio per attirare nuovamente la sua attenzione. « E mi va bene così, perché se un giorno dovessi svegliarmi e non riuscissi più a trovare un lato positivo o una speranza… vorrebbe dire che non sarei più io. Se dovessimo mai arrivare a quel punto ci avranno davvero tolto ogni cosa » continuò, cercando di rincuorarlo con un sorriso affettuoso e ricordando il discorso che le aveva fatto James circa un mese prima. 

Remus non le rispose, ma si limitò ad annuire e a ricambiare il sorriso. Probabilmente fu in quel momento, quando si girò per guardarla in viso, che notò Emmeline ormai a pochi passi da loro.

In realtà era da prima delle vacanze di Natale che non passava del tempo con lei, fatta eccezione per un paio di ronde a gennaio. Emmeline era una ragazza adorabile, ma Remus aveva paura che lei non lo vedesse più come un amico e questo non era assolutamente ciò che voleva, non in quel momento. 

« Ciao, Emmeline » fece Lily non appena lei si fermò davanti a loro. 

« Ciao, Lily » la salutò di rimando, sorridendole. « Come stai? »

« Si tira avanti, diciamo » rispose, stringendosi nelle spalle. « Ora devo andare in Sala Comune prima che Black ne combini una delle sue per festeggiare la vittoria ».

« Be’, non so quanti casini possa fare » disse Emmeline, sorridendo divertita. « Mentre scendevo l’ho visto salire insieme a Mary, ma mi sembravano abbastanza impegnati già così, non penso stessero programmando qualche festa o un’altra delle loro ».

Non appena sentì ciò, Peter emise un lamento soffocato. 

« Ecco, fantastico » esclamò, rassegnato. « La camera sarà off limits per un po’. Che bello ».

A quelle parole sia Lily che Emmeline si misero a ridere, mentre Remus dava manforte a Peter. 

« Su, Pete! » fece Lily, raggiante. « Vorrà dire che mi aiuterai a controllare che gli altri del sesto anno non facciano le degne veci di Black! »

« Guarda, mi farebbe davvero piacere, ma mi sono appena ricordato che mi ero già messo d’accordo con Christine per quanto riguardava il dopo partita… » le disse Peter, un po’ allarmato all’idea proposta dalla ragazza. « Anzi! Sono anche in ritardo, devo proprio scappare! Ci vediamo dopo! Ciao, Emmeline! » aggiunse subito dopo, prima ancora di dare alla rossa l’opportunità di ribattere, incamminandosi immediatamente verso la scalinata principale. 

Lily, salutati velocemente sia Remus che Emmeline, gli corse subito dietro e pochi secondi dopo né lei né Peter furono più visibili ai due ragazzi. 

Rimasti soli i due si guardarono e alla fine, dopo qualche secondo di silenzio, fu Remus il primo a parlare. 

« Piaciuta la partita? » le chiese, non sapendo bene come rompere il ghiaccio. 

« Finché non siamo noi a perdere devo dire che mi diverto un po’ a tutte le partite di Quidditch » ammise lei con un sorriso, facendolo ridere.

« Giusto » convenne Remus, che ancora ridacchiava. « La competitività di voi Corvonero… sai, a volte me ne scordo ».

« Come se non valesse lo stesso per voi » lo riprese Emmeline, scherzosa. 

« Io fondamentalmente vado per fare il tipo per James » le disse, stringendosi nelle spalle. « Se non fosse stato per lui, molte partite non sarei neanche andato a vederle. Non sono esattamente un amante dello sport, se non si fosse capito » aggiunse, riferendosi al proprio fisico magro e non esattamente muscoloso.

Emmeline alzò gli occhi al cielo, ma rise allo stesso tempo, non riuscendo a trattenersi. 

« Meglio così » fece quindi. « Almeno so di potermi lamentare con qualcuno di quanto trovi inutile uno sport del genere. Per non parlare del fatto che è anche esageratamente pericoloso, a mio parere » gli disse, perdendosi un po’ nei propri pensieri. 

« E allora perché vai a ogni partita? » le domandò Remus, incuriosito. 

« Spirito di squadra, suppongo » rispose lei, dopo averci pensato su per qualche secondo. « Hai presente Dorcas, la nostra battitrice? È una delle mie migliori amiche, non me lo perdonerebbe mai se non andassi ».

« Dorcas… sarebbe Meadowes? » chiese lui, cercando di capire bene di chi stesse parlando Emmeline, che annuì. « Però perché vai anche a vedere quelle delle altre squadre? »

« Diciamo che Dorcas è un filino competitiva » ammise la ragazza, divertita, stringendosi nelle spalle. « Lei ci va per studiare meglio le mosse degli avversari e alla fine l’accompagno sempre. Anche perché tu non la conosci, ma fidati, non è una di quelle persone che ti vorresti mettere contro… »

Remus girò il viso per guardarla, sorpreso. Aveva visto Meadowes poche volte e non ci aveva mai parlato: certo, in campo si era spesso sorpreso di tutta la forza che metteva nel lanciare bolidi contro gli avversari, ma qualche volta l’aveva incrociata per il castello e gli aveva dato l’idea di una persona abbastanza tranquilla. 

« Ah, sì? » fece infatti, curioso. « E dire che mi è sembrata una ragazza tranquilla ».

Non appena lo disse, Emmeline scoppiò a ridere come se avesse detto la cosa più divertente di sempre. Nel vederlo sempre più confuso scosse la testa, come a scusarsi.

« Dorcas tranquilla? Si vede che non la conosci » disse, sempre ridacchiando. « Falle un torto e sei rovinato ».

« Be’, grazie per avermelo detto, allora » scherzò Remus. « Cercherò di ricordarmelo, prima di toglierle dei punti o fare qualunque altra cosa possa mettermela contro » aggiunse, facendola ridere.

« Ti conviene » gli assicurò la ragazza. 

I due continuarono a chiacchierare per un po’ nell’Ingresso, che in quel momento era ridotto ad un vero e proprio via vai di studenti che erano di ritorno dalla partita. A un certo punto Remus le chiese come stessero andando le lezioni di Difesa con la nuova professoressa; Emmeline aprì la bocca per rispondere, ma proprio in quel momento passò un suo compagno di casa che, quando la vide, si fermò per salutarla. 

« Ciao » fece poi a Remus, porgendogli la mano. « Adam Jones, piacere ».

Il Grifondoro gli strinse subito la mano, sorridendogli con educazione. 

« Remus Lupin, il piacere è mio ». 

« Sì, so chi sei » gli disse Adam con un sorriso. « Sei uno dei Malandrini. Sono poche le persone che non vi conoscono » scherzò. 

« Be’, in realtà di solito la gente conosce solo James e Sirius, non pensavo di essere conosciuto anche io » rispose Remus, da una parte piacevolmente sorpreso e dall’altra un po’ in imbarazzo. 

« Una volta a lezione la McGranitt ha parlato di voi, dicendo che uno di voi ancora si salvava. Visto che sei amico di Emmeline ho supposto fossi tu » gli spiegò, stringendosi nelle spalle. 

Remus rise sotto i baffi: se la McGranitt avesse saputo dietro quanti scherzi di Sirius e James ci fosse una sua idea, non avrebbe mai detto certe cose. Ne era sicuro. 

« Comunque io sto tornando in Sala Comune » continuò Adam, stavolta rivolgendosi ad Emmeline. « Se stavi tornando anche tu, possiamo andare insieme. In effetti ti volevo parlare… » aggiunse, improvvisamente molto più nervoso di prima, portandosi una mano alla nuca con fare imbarazzato. 

Emmeline tentennò un attimo, rivolgendo a Remus uno sguardo leggermente dispiaciuto. Lui le sorrise con gentilezza ed annuì, come a darle il suo consenso. Da come Adam la guardava era abbastanza ovvio che provasse qualcosa per lei, e lui non aveva alcuna intenzione di mettersi in mezzo. In più doveva andare a salvare Peter dalle manie di controllo di Lily. 

« Sì, va bene » acconsentì quindi la ragazza, sorridente. 

Il viso di Adam si sciolse immediatamente e le sue labbra si distesero in un sorriso a trentadue denti. 

« Oh, bene » rispose semplicemente, ricomponendosi. « Andiamo? » 

« Certo. Allora ci vediamo in giro, Remus » disse Emmeline, sorridendo anche a lui. 

Adam lo salutò a sua volta, dopodiché entrambi si allontanarono e s’incamminarono lungo la scalinata principale. Sparirono quasi subito dalla sua vista, ma Remus rimase ancora qualche secondo fermo prima di avviarsi verso la propria Sala Comune. 

Nonostante lui ed Emmeline avessero legato un po’ di più negli ultimi mesi, Remus non provava fastidio o rabbia nell’immaginarsela con un ragazzo come Jones. Non che lo conoscesse, ma gli era sembrato un bravo ragazzo. Era un ragazzo che poteva vedere accanto ad Emmeline. Più volte lei gli aveva lanciato qualche segnale, ma lui aveva sempre cercato di fingere di non averli colti; non perché non la trovasse carina o non gli piacesse, ma perché lui non avrebbe potuto mai darle ciò che voleva o meritava. 

Arrivò in Sala Comune prima del previsto e la trovò meno piena di quanto avesse immaginato. C’era un gruppo di ragazzi del sesto anno seduti davanti al camino che giocavano con una bottiglia di whiskey, ma lui si diresse subito verso una delle poltrone poste sotto la finestra, occupata da Lily. 

« Ehi » la salutò, non appena le fu abbastanza vicino, sedendosi sulla poltrona accanto. 

Lily lo guardò, sorpresa, e piegò leggermente la testa di lato.

« Ehi a te » ricambiò con un sorriso. « Non pensavo di rivederti così presto ».

« Sì, be’, dopo un po’ è arrivato un suo compagno di Corvonero e sono tornati insieme alla torre » le spiegò Remus facendo spallucce. « Cos’hai lì? » aggiunse poco dopo, adocchiando una bottiglia poggiata vicino ai piedi di Lily. 

« Oh, è Acquaviola! Ne vuoi un po’? » 

« Dove l’hai trovata l’Acquaviola? » le domandò, colpito. « Pensavo che fosse rimasta solo qualche bottiglia di burrobirra, o al massimo di Firewhiskey! »

Lily si guardò velocemente attorno con aria cospiratrice, poi si sporse in avanti in modo da essergli più vicina. 

« Diciamo che gli Elfi delle cucine mi hanno presa in simpatia, ecco » gli disse a voce bassa, come se si trattasse di chissà quale segreto. « Ho una mia piccola scorta segreta ».

Remus la guardò per qualche breve secondo con aria divertita e stupita; dopodiché scoppiò a ridere sguaiatamente sotto lo sguardo di Lily, che d’altro canto era molto soddisfatta di sé. 

« Non ti facevo un’amante dell’alcol » la prese bonariamente in giro tra una risata e l’altra. 

« Ehi, solo perché non mi bevo quello schifo di whiskey non vuol dire che non beva! » protestò lei, afferrando la bottiglia di Acquaviola e stringendosela al petto. « Questa è un’altra cosa. È dolce, ma allo stesso tempo alla fine ti lascia quel retrogusto un po’ amaro… poi è delicata, scende giù che è una meraviglia, ti sembra quasi di bere acqua, solo che è più buona ».

« Ti rendi conto che stai parlando di una bottiglia di alcol, vero? » ridacchiò Remus, scuotendo la testa. « Dal tuo tono sognante sembra che tu stia parlando dell’amore della tua vita ».

Lily si finse sdegnata, lanciandogli addirittura un’occhiata di finta superiorità. 

« In effetti ci va vicina » ammise, un po’ scherzando e un po’ dicendo la verità: adorava quella bevanda. « E comunque è inutile che mi prendi tanto in giro, ti ho visto! Se ti mettono in mano una bottiglia di Firewhiskey è la fine! »

Remus alzò le mani in segno di resa, continuando a ridere sotto i baffi. 

Non aveva senso provare a negare e lo sapeva perfettamente: più volte si era reso ridicolo per aver bevuto troppo whiskey, qualche volta anche sotto gli occhi di Lily. Come quell’estate, alla festa di Peter… in realtà della serata ricordava ben poco, ma ricordava benissimo il mal di testa del giorno dopo e dai racconti dei suoi amici sapeva di avere validi motivi per essere imbarazzato. 

« Lo ammetto, lo ammetto » si arrese con tranquillità. « Posso avere comunque un po’ di Acquaviola? Sono sicuro che il whiskey perdonerà questo mio tradimento ». 

Lily lo guardò e finse di pensarci su per un po’. Dopodiché si sciolse in un largo sorriso e gli porse la bottiglia. 

« Solo perché sei tu, guarda » scherzò, mentre lui prendeva l’Acquaviola, la stappava e ne beveva un po’. 

« Posso chiederti chi era il Corvonero con cui Emmeline è tornata in Sala Comune? » gli domandò Lily, curiosa, non riuscendo a trattenersi. 

« Adam Jones » rispose Remus, senza dare particolare inflessione alla voce. « Carino, in realtà. Non troppo alto. Però molto gentile » aggiunse, sovrappensiero, bevendo poi un’altro po’ di Acquaviola.

« Ma… ecco… tu pensi che siano solo amici o, insomma, che ci sia qualcosa di più? » domandò lei, cercando di essere il più cauta e delicata possibile, mentre Remus le passava la bottiglia. 

Lui si strinse nelle spalle. 

« Secondo me c’è qualcosa di più » le rispose. « Per Jones sicuro ».

« Mi dispiace, Rem » disse Lily, dispiaciuta. 

Remus si girò a guardarla, sorpreso e anche un po’ divertito. 

« Sto bene, Lily » si affrettò a mettere in chiaro, sorridendole. « Sì, Emmeline è carina, è dolce, mi piace parlare con lei… ma non penso che potrebbe esserci qualcosa di più, quindi va bene così ». 

Lei sembrò stupita, ma Remus se l’era aspettato. 

Dato che aveva passato molto tempo con Emmeline nell’ultimo periodo, sapeva che molti dei suoi amici avevano dato per scontato che non si trattasse solo di amicizia. A dire il vero inizialmente Remus aveva avuto una piccola cotta per lei, ma col tempo e con tutto quello che era successo gli era passata. Gli faceva ancora piacere fare le ronde con lei e chiacchierarci, ma nell’ultimo mese aveva capito che per Emmeline c’era qualcosa di più e lui non se la sentiva. 

« Perché? » gli chiese Lily alla fine. « Se posso chiedertelo ». 

Lui le lanciò un’occhiata divertita e ridacchiò. 

« Certo che me lo puoi chiedere » le rispose, dandole un piccolo colpetto sulla gamba col piede, e lei si rilassò. « In realtà non te lo so spiegare… non riesco a immaginarmi con lei, ecco. Su alcune cose siamo molto simili: ci piace leggere, ascoltiamo musica simile e cose così. Però a volte… non fraintendermi, è una ragazza davvero in gamba, ma a volte è troppo ottimista, fin troppo… E se devo essere onesto, mi dispiacerebbe essere io a rompere questa sua piccola bolla… ». 

« Cosa c’è di sbagliato nell’essere ottimista? » 

« Assolutamente niente, ma io non lo sono. Non ci riesco » ammise, conscio dei propri punti deboli. « Non voglio che lei smetta di esserlo, e con me potrebbe succedere ». 

« Sai, Rem, a volte secondo me sei troppo duro con te stesso » gli disse Lily, bevendo un po’ di Acquaviola. « Parli di te stesso come se fossi qualcosa di chissà quanto negativo… sei una brava persona, Rem. Lo dico davvero. Sei una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto ». 

Man mano che Lily parlava, Remus si sentiva sempre più strano. In parte perché si imbarazzava spesso quando qualcuno parlava così bene di lui, e in parte perché nonostante tutto lui era davvero qualcosa di negativo… ormai aveva imparato a conviverci, ma sapeva che per gli altri non era altrettanto facile accettare la sua condizione. 

Non sapeva come uscire da quella situazione, perciò fu davvero grato di vedere entrare James proprio in quel momento. Aveva ancora i capelli leggermente umidi, probabilmente perché aveva finito da poco di lavarsi dopo la partita, e non si era neanche premurato di mettersi la camicia nei pantaloni o di annodarsi bene la cravatta. 

Lui li vide subito e fece per avvicinarsi a loro, ma uno dei ragazzi davanti al camino lo chiamò ad alta voce e gli fece segno di unirsi a loro. James lanciò a Remus e Lily un sorriso di scuse e raggiunse gli altri ragazzi, sedendosi a terra accanto a Kevin Smith. In quel momento si resero conto che lì c’erano molti dei membri della squadra.

Remus fino ad allora non lo aveva guardato bene, ma Kevin non aveva una bella cera, affatto. Dai movimenti scoordinati e lo sguardo leggermente offuscato era chiaro che avesse bevuto più di quanto avrebbe dovuto. 

« Guarda come sta Smith… » commentò Lily, che evidentemente doveva aver pensato la stessa cosa. 

Nel frattempo altra gente entrò in Sala Comune: alcuni studenti del quarto si avviarono verso il dormitorio, ma essendo sia maschi che femmine era molto probabile che volessero andare a festeggiare per conto loro, mentre altri studenti sia del sesto che del quinto si erano messi dall’altro lato della Sala a bere e scherzare. Lily vide anche Marlene McKinnon tra di loro, con in mano una Burrobirra, intenta a ballare sul posto con una sua amica. 

« Tra poco vomita » disse Remus, continuando a guardare Kevin con aria corrucciata. « Ma che fa, beve ancora? Merlino, qualcuno dovrebbe davvero… ».

Proprio mentre Remus parlava, Kevin si piegò improvvisamente in avanti e iniziò a vomitare. Due ragazzi che erano seduti di fronte a lui si ritrassero leggermente per non essere sporcati, mentre James, che era accanto a lui, gli diede qualche pacca sulla schiena per cercare di aiutarlo a espellere tutto. 

« Cazzo, è svenuto » sentirono dire a James, più a se stesso che agli altri. Poi si rivolse ad un altro di loro, che era seduto dall'altro lato di Kevin. « Mark, aiutami. Dobbiamo portarlo in Infermeria ».

Inizialmente Mark aprì la bocca, come se volesse ribattere, ma quando vide il proprio amico contorcersi per un altro conato, sempre privo di sensi, si alzò ed aiutò James a sollevarlo. Con un po’ di fatica riuscirono a condurlo fuori dalla Sala Comune sotto lo sguardo sorpreso e preoccupato di tutti i presenti, e sparirono alla loro vista quando il ritratto della Signora Grassa si chiuse dietro di loro.

 

*

 

La giornata stava volgendo al termine e il sole era scomparso da tempo dietro le montagne che si stagliavano sopra il Lago Nero e la Foresta Proibita. L’aria era fredda, pungente, e il cielo, stranamente terso dopo la pioggia di quel pomeriggio, permetteva a chiunque si affacciasse ad una finestra di vedere la luna e qualche piccola stella. 

James era seduto sul largo davanzale di una finestra da un po’, intento ad osservare il panorama che si spalancava davanti ai suoi occhi. 

Di quei tempi si festeggiava più spesso del solito, perlopiù per cercare di risollevare gli animi e distrarre le persone dal periodo che la comunità magica stava attraversando, perciò James sapeva bene che qualcuno in Sala Comune era ancora intento a festeggiare per la vittoria di quel pomeriggio. Ed era giusto che festeggiassero, che si divertissero e non pensassero ad altro, così aveva deciso di non tornare dentro ma rimanere un po’ lì da solo. 

Aveva appena accompagnato Kevin Smith in Infermeria per quello che Madama Chips aveva definito come un intossicazione da alcol. A James piaceva bere, ma non trovava niente di piacevole nel bere fino allo stare male, era un qualcosa che non aveva mai capito. Tuttavia, quando Mark, l’amico di Kevin, gli aveva detto che quel pomeriggio si era incupito pensando a Miriam e a ciò che era successo, James non se l’era sentita di dire nulla o di dare alcun giudizio. Se c’era una cosa che aveva imparato, soprattutto negli ultimi mesi, era che ognuno reagiva al dolore a modo suo e che non stava a lui dare pareri a riguardo. 

Non avrebbe saputo dire con esattezza da quanto tempo fosse seduto lì, ma all’improvviso notò con la coda dell’occhio una figura farglisi sempre più vicino; era illuminata dal riverbero aranciato delle lanterne e i suoi capelli sembravano più rossi che mai. 

« Che ci fai qui? » gli chiese Lily, fermandosi di fronte a lui. 

James si girò verso di lei, rimanendo però seduto sul davanzale. 

« Non avevo una grande voglia di festeggiare » si limitò a risponderle, abbozzando comunque un sorriso. « Però non volevo impedire agli altri di farlo ».

« Ma era anche per te » gli fece notare lei, e siccome il davanzale era molto largo si sedette accanto a lui a gambe incrociate.

« Lo so » fece James, stringendosi nelle spalle e lanciando un’occhiata fuori. « Sapevi che la madre di Kevin è morta l’anno scorso? » le chiese dopo qualche secondo di silenzio. 

« No, non lo sapevo » ammise Lily, incerta.

Quando James e Mark avevano portato via Kevin Smith era presente anche lei ed aveva tutta l’intenzione di chiedere notizie su come stesse, ma non pensava che James avrebbe aperto il discorso in quel modo. 

« Nemmeno io » disse lui, continuando a guardare fuori. « Dopo che l’abbiamo lasciato in Infermeria, Mark mi ha detto che da quando è ricominciata la scuola Kevin non riesce più a controllarsi. I professori lo mettono in punizione continuamente, e se non è stato ancora cacciato da Hogwarts è per la sua situazione familiare. Dopo la scomparsa di Miriam ha iniziato a dare di matto » continuò, voltandosi verso di lei solo quando disse l’ultima frase. 

Lily mantenne il suo sguardo, stupefatta. 

Sapeva che Kevin e Miriam si erano frequentati per qualche mese, ma le sembrava troppo poco per far reagire a quel modo una persona. Miriam le era parsa molto felice nell’ultimo periodo ad Hogwarts, era vero, e sapeva che finalmente con Kevin aveva iniziato a fare sul serio, ma una reazione del genere non se l’aspettava.

« Non pensavo che fosse così innamorato di lei… » commentò a bassa voce, non sapendo bene cos’altro dire: da una parte si sentiva in colpa anche solo a giudicarlo per il suo dolore. 

Tuttavia James, sentendo le sue parole, scosse la testa e tornò a guardare fuori. 

« Non credo fosse talmente innamorato di lei da distruggersi così » le disse. « Credo sia l’insieme di tutte le cose: il padre è assente, la madre è morta e ora è scomparsa anche Miriam… Non penso sappia come confrontarsi con una situazione del genere… diamine, Lily » fece all’improvviso, voltandosi di nuovo verso di lei. « Ha sedici anni. Non dovrebbe confrontarsi con una situazione del genere. Nessuno dovrebbe ».

Mentre lo ascoltò pronunciare quelle ultime parole, Lily si rese subito conto del tremolio improvviso della sua voce e del fatto che aveva cominciato a battere nervosamente il piede contro il pavimento. 

Sapeva cosa significavano quelle cose, perciò non ci pensò due volte e immediatamente posò la propria mano su quella di James, che stringeva forte il bordo del davanzale su cui erano seduti. Piano piano, con un po’ di pressione, lo convinse a lasciare la presa ed intrecciò le proprie dita con le sue. 

« Ehi » sussurrò Lily a bassa voce, spostandosi leggermente in avanti per essere seduta più vicino a lui. « James » continuò, quando vide che lui non voleva saperne di alzare gli occhi ed incrociare il suo sguardo. 

« Mio papà » disse James dopo un lasso di tempo che nessuno dei due avrebbe saputo calcolare. « Mi manca » aggiunse poco dopo con la voce più roca, flebile. « Mi manca un sacco » continuò, prima alzando gli occhi verso il soffitto e verso di lei solo dopo un po’.

« Lo so » mormorò Lily, stringendo ancora di più la sua mano. « Lo so, e so anche che non c’è nulla che io possa dire o fare per farti stare meglio… lo so che non si può tornare indietro… ma per qualunque cosa, ogni volta che ne dovessi avere bisogno, io— io sono qui. Io sono qui, e ci sono anche Mary, tua madre, Sirius, Remus, Peter… Io posso solo immaginare cosa si provi nel perdere un genitore così all’improvviso e immagino che, quando ci pensi, tu ti senta improvvisamente piccolo e solo… ma tu non lo sei, James, non lo sei. D’accordo? Tu non sei solo » gli disse, senza nemmeno preoccuparsi di costruirsi un discorso sensato, lasciando andare la presa per potergli prendere il viso con entrambe le mani e costringerlo a guardarla negli occhi. « Tu non sei solo, tu non sei piccolo. Tu sei forte e sei intelligente e sei leale. Sei un bravo giocatore di Quidditch e, ancora di più, sei un bravissimo mago. E tuo padre lo sapeva ed era fiero di te, lo sarà sempre, e io di questo sono sicura perché sarebbe impossibile non essere fieri dell’uomo che stai diventando ».

Sebbene lei avesse tenuto le mani sul suo viso per tutto il tempo, gli occhi di James non avevano lasciato il soffitto neanche per un minuto. 

Lily avvertiva chiaramente la sua mascella muoversi con piccoli spasmi, perciò dopo qualche secondo cominciò a muovere piano i propri pollici sulle sue guance in lievi carezze. Rimasero in silenzio ancora, finché gli occhi di James iniziarono ad inumidirsi e il suo respiro si fece leggermente affannoso. 

« La cosa » disse lui, fermandosi subito dopo per schiarirsi la voce. « La cosa peggiore è che ci sono momenti- momenti in cui mi dimentico cosa è successo ed è orrendo, perché quando succede mi sento uno schifo » continuò, abbassando finalmente gli occhi e puntandoli in quelli di Lily. « Ma è orrendo anche quando me lo ricordo… non so cosa sia peggio. E durante le vacanze— Merlino, è stato un incubo ».

A quel punto la sua voce s’incrinò nuovamente, perciò James chiuse per un secondo gli occhi e prese un respiro profondo. Lily in tutto ciò aveva lasciato che lui parlasse e aveva abbassato le mani, limitandosi a stringere il bordo del davanzale. 

« La casa senza di lui… non saprei neanche spiegarlo » riprese, abbozzando una triste risata. « E mamma— c’erano momenti in cui non sembrava neanche lei ».

« James… » fece Lily, ma James sembrò non sentirla neanche.

« Mi hanno viziato da far schifo, sai? » le chiese, tornando a guardarla. « Avevi ragione quando dicevi che ero un figlio di papà: qualunque cosa volessi, loro me la procuravano. Ma non era solo quello… io— sono i genitori migliori del mondo » fece, con la voce rotta dal pianto e gli occhi sempre più rossi e lucidi. « Per loro… per loro ero la cosa più preziosa al mondo. Mi hanno amato con tutte le loro forze sin dal primo giorno. Per anni avevano provato ad avere figli e avevano quasi perso le speranze… ma poi mamma è rimasta incinta e sono nato io. Mi hanno sempre— » James si bloccò nuovamente, questa volta perché le lacrime avevano iniziato a scendere velocemente e il respiro gli si era fatto così affannoso che gli rendeva difficile anche parlare. « Mi hanno sempre visto come una sorta di miracolo. Mi hanno sempre trattato come tale. E io… non sarò stato il figlio perfetto, ma ero il loro bambino e a loro bastava e io… ho avuto la famiglia migliore che potessi desiderare. Non la cambierei per niente al mondo, anzi, da grande voglio una famiglia così unita, una famiglia che si ama in questo modo… ma ora ogni volta che entro in quella casa è… è come se si fosse rotto tutto. E io non so come rimettere insieme i pezzi ».

In sette anni che lo conosceva Lily non aveva mai visto James Potter in quelle condizioni: i capelli erano incasinati come al solito e ovviamente aveva indossato la camicia alla bell’e meglio, ma non lo aveva mai visto così devastato. Gli occhi erano rossi e gonfi, e le guance erano rigate da lacrime; aveva smesso di piangere, ma aveva ancora il respiro corto e continuava a guardare fuori dalla finestra con ostinazione. Tuttavia, oltre all’aspetto fisico, ciò che ovviamente l’aveva lasciata più senza parole erano state le sue parole; quella era l’ennesima dimostrazione di quanto poco avesse visto di lui negli anni precedenti, e di quanto invece ancora avesse da scoprire. 

Lily riprese la mano di James, intrecciando le sue dita con le proprie, e con l’altra mano gli spostò delicatamente il volto così da poterlo guardare negli occhi. Lui non oppose resistenza e ricambiò la sua stretta con forza, come se ne avesse bisogno. 

« Io non so dirti come rimettere insieme i pezzi » gli disse piano, facendoglisi leggermente più vicina. « Ma se me lo lascerai fare, cercherò di aiutarti come posso. Non sono in grado di far sparire tutto questo o ciò che provi… ma posso starti accanto. Voglio starti accanto ». 

James non disse nulla per qualche secondo, limitandosi a continuare a guardarla negli occhi, finché ad un certo punto le passò un braccio dietro la schiena e l’avvicinò a sé. Prima che lei se ne rendesse conto si ritrovò stretta contro di lui, il collo nell’incavo del suo collo. 

Percepiva chiaramente il respiro affannato di James tra i capelli, vicino all’orecchio, ed erano così vicini che i loro petti erano a contatto e lei poteva sentire il suo cuore battere veloce. Dopo i primi attimi di disorientamento, anche Lily lo circondò con le braccia e posò i palmi delle mani sulla schiena di James, accarezzandola lentamente e con dolcezza. 

Avrebbe voluto dirgli tanto altro, ma una parte di lei sapeva che non c’era altro che avesse senso aggiungere. Ciò che le interessava sapesse lo aveva già detto, e adesso voleva solo che lui riuscisse a calmarsi e tranquillizzarsi. Le dispiace vederlo stare male, soprattutto perché non c’era niente che loro potessero fare per cambiare la situazione. 

Neanche durante le vacanze di Natale lo aveva visto così scosso, e dopo tutto quello che era successo nel mese precedente non sapeva come avesse fatto a non scoppiare prima. 

Non avrebbe saputo dire con precisione per quanto tempo rimasero in quella posizione, ma fu per parecchio; tuttavia non le pesò minimamente, anzi. Portò una mano più in alto, affondandola tra i suoi ricci scuri, e giocò con le sue ciocche, intrecciandovi le dita, mentre con l’altro braccio continuava a stringerlo forte a sé. 

Avvertì il corpo di James rilassarsi sempre di più man mano che il tempo passava, così come sentì il suo battito e il suo respiro rallentare e tornare normali. Percepì le mani  di James allentare la presa sul suo maglione, ma rimasero in quella posizione finché non sentirono dei passi avvicinarsi e poi allontanarsi di nuovo. 

Tuttavia quel rumore parve riscuotere James, che piano si staccò da lei e tornò ad appoggiarsi con la schiena allo stipite della finestra. Aveva ancora gli occhi rossi, ma non piangeva né tremava più. 

« Ehi » fece Lily a bassa voce, posandogli una mano sul ginocchio. « Vuoi che andiamo da qualche altra parte? In Sala Comune? » 

James scosse appena la testa. 

« Non mi va di andare in Sala Comune… Non sono esattamente dell’umore giusto per festeggiare » rispose, cercando di sorriderle. « Ti va di fare un giro? Giuro di non avere cattive intenzioni ».

Lily ci pensò un attimo, ma alla fine acconsentì. Non era saggio aggirarsi per i corridoi a quell’ora, ma ormai lo conosceva ed era certa che lui lo avrebbe fatto ugualmente. Tuttavia non voleva che stesse da solo, per quanto si fosse calmato era chiaro che fosse ancora giù di morale. 

« Be’, se me lo prometti… » disse infatti, scendendo per prima dal davanzale. « Avevi un posto in mente? »

James seguì il suo esempio e poggiò i piedi a terra a sua volta. Le lanciò un’occhiata che lei non seppe ben decifrare e poi il suo viso si sciolse in un piccolo sorrisetto. 

« Ti fidi di me? » le chiese a bassa voce, avvicinando il viso al suo. Lily aggrottò le sopracciglia, un po’ sorpresa, ma annuì ugualmente. « Accio scopa » disse quindi James, mentre lei capiva cos’aveva in mente. 

« No » si affrettò subito a dire, scuotendo con convinzione la testa. « No, no, no. Non ci pensare neanche. Io su quella cosa non ci salgo. No, no e no » continuò, mentre la scopa arrivava fluttuando a mezz’aria.

James l’afferrò al volo, come se ci fosse abituato, e guardò Lily mordendosi il labbro inferiore. 

« Addirittura sette no? » la prese bonariamente in giro. « Non ti sembra di esagerare? Dai, salta su » la incitò, mettendosi a cavallo della propria Nimbus. 

« No, James, te l’ho detto » ripeté Lily, testarda. « Non ho intenzione di salire ».

« Ma perché? » insistette. « Ti prometto che non farò acrobazie e non tenterò neanche di farti cadere! » 

Lei lo fulminò con un’occhiataccia, poi lanciò un altro sguardo alla scopa. 

Le piaceva il Quidditch? Sì, da spettatrice. Le piaceva volare? Assolutamente no. Ci aveva provato ogni tanto, ma l’unica volta in cui era salita abbastanza in alto aveva poi perso il controllo della scopa ed era quasi andata a finire contro le serre di Erbologia. 

« Vorrei anche vedere. Però no, James, dico davvero » gli disse, scuotendo la testa. « Faccio schifo a volare e ho paura delle altezze, rischierei l’infarto ».

« Hai paura di volare? » esclamò James, sorpreso: sapeva che non era un asso a volare, ma non pensava ne avesse addirittura paura. « Davvero? »

« Ehi, guarda che non è una cosa così strana! » ribatté Lily, un po’ risentita. « Tu hai paura dei ragni, io ho paura di volare! A ognuno il suo ».

« Ma i ragni sono brutti » ci tenne a precisare lui, come se fosse ovvio. « Volare invece è bellissimo! Devi solo prenderci la mano ».

Lily stava per ribadire che lei non aveva la minima intenzione di prenderci la mano e che se proprio ci teneva poteva andare da solo a farsi un volo di notte, infrangendo chissà quante regole. Tuttavia prima che potesse parlare entrambi sentirono un miagolio e presto Miss Purr, la gatta di Gazza, comparve da dietro l’angolo. Entrambi la fissarono per un breve secondo prima di lanciarsi un’occhiata preoccupata: non potevano farsi trovare in giro per i corridoi, di sera tardi, e per di più con una scopa volante. 

« Sali » disse velocemente James, facendosi un po’ avanti sulla scopa così da lasciarle più spazio. 

« Cosa? » sbottò Lily, cocciuta. « Ti ho già detto che io su quel trabiccolo non ci salgo! »

« Vuoi farti beccare da Gazza? » le chiese lui, sbuffando. 

Fece per aprire nuovamente bocca per cercare di convincerla, ma improvvisamente un rumore di passi iniziò a farsi sempre più vicino mentre Miss Purr li fissava dall’angolo. 

Lily lanciò un’occhiata all’incrocio tra i due corridoi, che iniziò a risultare più luminoso sicuramente a causa della lanterna di Gazza, e poi spostò di nuovo lo sguardo su James e la sua dannatissima scopa. I suoi occhi percorsero un’ultima volta lo stesso tragitto e infine, maledicendo in tutte le lingue se stessa e James, sollevò una gamba e si mise a cavalcioni sulla scopa. 

Con le braccia cinse la vita del ragazzo, stringendosi a lui e poggiando la guancia contro la sua schiena, e lo sentì ridacchiare mentre si sollevava rapidamente in aria e prendeva subito velocità. Un attimo dopo si erano lasciati l’ampia finestra alle spalle e Lily non osò guardare né dietro né sotto di sé, sicura di avere fin troppi metri tra lei e il terreno.

« Io ti ammazzo » disse a voce alta, quasi urlando per farsi sentire. 

James stavolta non si trattenne e rise apertamente. Ormai si erano lasciati quel corridoio alle spalle ed erano vicino alla torre di Astronomia, perciò non si curò di tenere basso il volume della voce. 

« Non lo faresti mai » scherzò lui, mentre virava. 

Lily non rispose alla sua provocazione ma si strinse ancora più forte contro di lui, sia per la paura che per il freddo. Una parte di lei avrebbe voluto strangolarlo, ma le serviva almeno finché non le avesse fatto posare di nuovo i piedi su qualcosa di solido. 

« Guardati intorno » le disse a un certo punto James, fermandosi a mezz’aria sopra la torre di Astronomia. 

Lei fece quanto le era stato detto e per un attimo dimenticò anche di trovarsi su una scopa a chissà quanti metri da terra. 

Davanti a loro si estendeva tutto il parco di Hogwarts: il Lago Nero con le sue acque stranamente calme, il Platano Picchiatore che di tanto in tanto dimenava i propri rami e la capanna di Hagrid ridotta a una piccola sagoma scura. In cielo, uno spicchio di luna illuminava tutto ciò su cui posavano gli occhi. 

« Ti piace? » le chiese James, girandosi quanto possibile per cercare di guardarla in viso. 

Lily si raddrizzò appena così da incontrare il suo sguardo e annuì, sciogliendosi in un piccolo sorriso. Poi posò il mento sulla spalla di James e inclinò leggermente la testa, così da dargli un bacio sulla guancia. 

« È bellissimo » rispose, mentre lui arrossiva appena e ringraziava il buio che lo nascondeva. « Però adesso potremmo scendere? » gli domandò dopo qualche secondo, quando un brivido di freddo la fece tremare più forte.

« Ti va di stare un po’ sulla torre? A quest’ora non dovrebbe esserci nessuno » le propose, staccando una mano dalla scopa per farle una carezza sull’avambraccio.

Lei acconsentì e James ripartì, scendendo piano. Si accostò alla balaustra della torre di Astronomia e infine, facendo attenzione a non colpire nessun telescopio, atterrò quasi al centro dell’aula. Aspettò che Lily scendesse e poi posò la scopa a terra, sedendosi lì accanto. 

Lily non lo imitò, ma si avvicinò alla balaustra per continuare a contemplare il panorama. C’era un così tanto silenzio che poteva sentire i versi dei gufi sollevarsi dalla Foresta, poco lontana da quell’ala del castello. 

« È stato così terribile? »

La voce di James invase l’aria e la fece girare nella sua direzione. Lui la guardava con un sorriso soddisfatto sulle labbra, una gamba allungata in avanti e l’altra piegata così da poterci appoggiare il gomito. 

« Rimettimi in una posizione del genere e giuro che sarò io stessa a buttarti giù da questa torre » gli rispose, cercando di tenere il punto, ma era chiaro ad entrambi che, sebbene avesse avuto paura, non era stato tremendo come aveva immaginato. 

James scosse la testa, divertito, e si alzò in piedi per raggiungerla. Si appoggiò a sua volta alla balaustra, le loro spalle che si sfioravano appena. Calò nuovamente il silenzio e dopo poco Lily gli si fece un po’ più vicina, poggiando la guancia contro la sua spalla. 

« Grazie… » le disse James a un certo punto. « Per prima, dico… e scusami… non volevo intristirti o rovinarti la serata… »

La ragazza si staccò appena da lui per poter girare il viso nella sua direzione e osservarlo in viso. Lui la non la stava guardando, era girato di lato e sembrava perso a contemplare il vuoto. 

Lily lo prese sottobraccio, attirando di nuovo la sua attenzione, e una volta che incrociò il suo sguardo gli sorrise e scosse la testa. 

« Non devi scusarti » gli assicurò con voce dolce. « Quante volte ci sei stato tu per me, nell’ultimo periodo? E non devi neanche ringraziarmi… mi fa… mi fa piacere che tu riesca ad aprirti con me, e se dovessi ancora avere bisogno di qualcuno con cui sfogarti sai dove trovarmi » aggiunse, accarezzandogli piano il braccio. 

James piegò appena le labbra in un piccolo sorriso e continuò a guardarla dritta negli occhi. 

Gli erano sempre piaciuti, gli occhi di Lily, ma ultimamente ancora di più. Perché non era la forma o il colore ciò che li rendeva così belli, per lui, ma il calore e la dolcezza che trasmettevano. Erano occhi teneri, occhi gentili. Lo facevano sentire più in pace con se stesso. 

Senza pensarci le posò una mano sulla guancia ed avvicinò il viso al suo, poggiando la fronte alla sua. Quando lei non si allontanò ma, anzi, fece scivolare la propria mano nella sua, James chiuse gli occhi e posò le labbra su quelle di Lily. 

Lo fece piano, con calma, come se avesse tutto il tempo del mondo. Poggiò l’altra mano alla base della sua schiena, spingendola appena contro di sé. 

Lentamente si separarono ed entrambi aprirono gli occhi, così da guardarsi l’un l’altra. 

Prima che si potesse controllare James si abbassò per baciarla nuovamente. Lily ricambiò il bacio e gli circondò la vita con le braccia, le sue dita che andavano a stringere il maglione; portò poi una mano sul suo collo e gli si fece più vicina, finché non ci fu più alcuno spazio tra di loro e riuscì a sentire il battito del suo cuore contro il proprio petto.

Quando si allontanarono James fece scivolare una mano sul suo fianco mentre con l’altra le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lo guardò negli occhi e un sorriso le incurvò le labbra, mentre piccoli brividi le fecero venire una leggera pelle d’oca. 

James ricambiò il sorriso e le posò un bacio sui capelli, circondandole poi le spalle con le braccia e stringendola di nuovo a sé. 

 

*

 

« Ci vuoi spiegare perché hai quella da faccia da ebete? » sbottò Sirius, battendo la mano sul libro aperto che aveva davanti. « È tutto il giorno che sembri essere stato appena colpito da un Bolide ». 

Remus e Peter si lanciarono un’occhiata divertita prima di abbassare gli occhi sui propri compiti e ridacchiare sommessamente. 

« Oh? » fece invece James, che fino a quel momento era stato immerso nei propri pensieri. « No, niente » aggiunse subito dopo, quando capì di cosa si stava parlando. 

Era tutto il giorno che continuava a pensare alla sera precedente passata con Lily, ma non credeva che gli altri si sarebbero accorti di qualcosa. Evidentemente a fare finta di niente era meno bravo di quanto pensasse. La cosa non lo toccò particolarmente, il ricordo della sera prima era troppo piacevole perché potesse preoccuparsi di una stupidaggine del genere. 

« Capito? Niente » lo prese in giro Sirius, guardandolo a metà tra l’annoiato e il sarcastico. 

« Come no… » borbottò Peter, cercando di nascondere le sue parole con un colpo di tosse: si vedeva che era divertito e che stava scherzando, in realtà. 

« Sei credibile quanto Piton quando dice che si lava i capelli » continuò Sirius, serafico, facendo ridere tutti e tre. 

« Dai, dicci cosa c’è » lo incalzò invece Remus, curioso. 

« La Evans ti ha mandato contro qualche altro animaletto volante? » fece Sirius, con tono fintamente sognante. « Oh, oh, lo so! Ti ha di nuovo detto che preferirebbe uscire con la Piovra Gigante piuttosto che con te? Che dolce! »

In risposta a tutte quelle provocazioni James alzò il dito medio in direzione del suo migliore amico, ma il suo sorriso non accennava ad incrinarsi.

« Ti piacerebbe, Pad » rispose, tornando poi più serio. « Abbiamo chiacchierato ieri sera… » proseguì, vago, facendo spallucce. 

Gli altri tre Grifondoro rimasero in silenzio, in attesa di sapere come andasse avanti il racconto di James, ma quest’ultimo non proseguì e si limitò a riportare gli occhi sul proprio libro. 

« Avete chiacchierato e…? » fece Remus, che era un po’ pettegolo di natura e non poteva sopportare di essere tenuto sulle spine così. 

James rimase ancora nel suo mutismo, esasperandoli tutti. Quando rialzò lo sguardo su di loro, però, notarono con stupore che era imbarazzato. Da quando lo conoscevano non l’avevano quasi mai visto con quell’espressione, e per questo non dissero nulla e si limitarono a guardarlo passarsi ripetutamente la mano tra i capelli prima di sorridere a trentadue denti. 

Fu Peter il primo a capire e lo guardò come se gli fosse appena spuntata una seconda testa. 

« Non è vero » esclamò, colto di sorpresa. « Non ci credo ». 

« Pet, ma che diavolo stai… » iniziò Sirius, ma quando realizzò si bloccò e si girò di scatto verso il suo migliore amico. « Non è vero! »

James però annuì e il suo sorriso, se possibile, sembrò allargarsi ancora di più. 

« Hai baciato Lily? » domandò Remus, come se dovesse avere la conferma di aver davvero capito di cosa stessero parlando.

« Ma era caduta? Aveva sbattuto la testa? » s’informò Sirius, sospettoso. « Cioè, era in sé? Era normale? Per quanto normale possa essere Evans, intendo, ovviamente ».

James e Remus lo fulminarono con un’occhiataccia e il primo gli lanciò in faccia la propria sciarpa.

« Certo che era in sé » ci tenne a precisare James, piccato. 

« Cazzo » borbottò Sirius, ricevendo un’altra occhiataccia dal ragazzo. « Ha davvero ceduto. Sei davvero riuscito a conquistare Lily Evans. Se me l’avessero detto due anni fa non ci avrei mai creduto ».

« È bello vedere che hai fiducia in me » scherzò James, alzando gli occhi al cielo. 

« Dovere di migliore amico ». 

« Ma com’è successo? Dov’eravate? » domandò invece Peter, troppo curioso per trattenersi. 

James gli raccontò brevemente ciò che era successo la sera prima: che si erano incrociati fuori dalla Sala Comune dopo cena, che per non essere beccati da Gazza erano andati sulla torre di Astronomia e che alla fine, mentre chiacchieravano, avevano finito per baciarsi. Non scese troppo nei particolari perché non voleva risultare troppo melenso ed evitò di dire che aveva pianto, andando quindi dritto al punto. 

« E ora? » gli chiese Remus quando finì il suo racconto, interessato. « Come siete rimasti? »

« Ah » fu l’unica suono che uscì dalla bocca  di James, che si fece improvvisamente pensieroso. « Non lo so ».

Ciascuno dei suoi tre amici gli lanciò un’occhiata allibita, dopodiché si guardarono tra di loro e iniziarono a ridere. 

« Ma come fai a non saperlo? » domandò Peter, cercando di non ridere più per non metterlo troppo in soggezione. 

« Scusa, ma come vi siete lasciati? » andò in suo aiuto Remus, mentre Sirius continua a scuotere la testa e ridacchiare sommessamente. « Cioè, cosa vi siete detti? »

« Siamo rimasti un altro po’ sulla torre e poi siamo tornati in Sala Comune » rispose James. « Ci siamo salutati e le ho dato la buonanotte… e lei mi ha detto che ci saremmo visti domani, cioè, oggi… però non ci siamo detti niente di che ». 

« Prongs, ma quando tu le hai dato la buonanotte lei come ti è sembrata? » chiese Sirius, cercando di capire meglio la situazione. 

 

« Allora… » fece James, passandosi una mano tra i capelli, quando entrarono in Sala Comune. 

Lily gli sorrise e si fermò di fronte a lui, guardandolo da sotto le folte ciglia. Lui inizialmente si sbilanciò appena verso di lei, ma un crepitio proveniente dal camino lo fece sobbalzare e si rimise dritto. 

« Be’, buonanotte » le disse quindi, sentendosi un po’ stupido. 

La ragazza rimase in silenzio qualche secondo e a lui parve di vedere il suo sorriso incrinarsi leggermente, ma subito dopo tornò come prima. Gli posò una mano sul braccio e si alzò sulle punte per dargli un bacio sulla guancia. 

« Buonanotte, James » rispose, posando una mano sul pomello della porta accanto a lei. « Ci vediamo domani ».

Dopodiché aprì la porta e sparì dietro di essa.

 

Quando James finì di raccontare loro anche quell’ultima parte, Remus si passò una mano sugli occhi e cercò di non sospirare o scoppiare a ridere. 

« Lo sai che si aspettava qualcosa di più, vero? » gli chiese infatti Sirius, come se fosse ovvio. 

Tanto ovvio però non doveva essere stato per James, che alle sue parole sgranò gli occhi e si portò una mano al viso. 

Lui sul momento aveva pensato di salutarla e baciarla di nuovo, ma poi lei non si era mossa minimamente e quindi aveva pensato che forse sarebbe stato troppo. Si diede mentalmente dell’idiota per svariate volte, finché non fu Remus a dare voce ai suoi pensieri: 

« Certo che sei più scemo di quanto pensassimo » disse, ma lo fece con tono scherzoso e con un sorriso rassicurante sulle labbra. « Comunque non ti preoccupare, non è una cosa così grave ».

« Niente di grave? » gracchiò James, scuotendo la testa. « E se adesso pensasse che non mi piace? Che non la volevo baciare? » 

« James, non fare la femminuccia adesso » lo riprese Sirius, dandogli un pugno sulla spalla per farlo rimettere dritto. « Hai presente di chi stiamo parlando? Lily Evans. Le hai dato il tormento per due anni. Quante volte le avrai chiesto di andare ad Hogsmeade con te? E vogliamo parlare di tutte le volte che sei riuscito a farvi mettere in punizione insieme solo per passare del tempo con lei? Lo hanno capito anche i muri che sei cotto di lei! Fidati, si starà facendo meno viaggi mentali di quanti te ne stia facendo tu adesso ».

James fece per ribattere che non era vero che era così cotto di lei, ma poi decise di soprassedere. Sapeva benissimo che, se ci avesse anche solo provato, i suoi amici avrebbero tirato fuori tutte le volte che aveva fatto qualcosa di stupido per attirare l’attenzione di Lily. 

« Quindi secondo voi non devo andarci a parlare? » chiese invece, titubante. 

« No! » esclamarono gli altri tre Grifondoro. 

James aggrottò la fronte, guardandoli con perplessità. 

« Non c’è bisogno di alzare la voce, eh » fece loro presente. 

« Sì, ehm, scusa » borbottò Remus, un po’ in imbarazzo. « Comunque no. Anche perché cosa le andresti a dire? »

« Ciao Evans, ti volevo chiedere scusa per non averti baciata ieri sera ma sai, sono un imbeci… » lo stava prendendo in giro Sirius in falsetto, finché non venne colpito sulla testa dal libro di James che lo stava fulminando con lo sguardo. 

Peter e Remus si scambiarono un’occhiata furtiva e ridacchiarono di quella scena. 

« Magari non lo diresti con quelle parole, ma il concetto quello sarebbe… » gli fece notare Peter. 

« E allora cosa dovrei fare? »

Ci fu un breve momento di silenzio in cui tutti e quattro si fecero pensierosi; neanche mentre studiavano sembravano tutti così concentrati, di solito. Dopo poco tempo a James stesso si illuminarono gli occhi. 

« Qualcuno di voi ha una pergamena o qualcosa su cui io possa scrivere? » chiese loro con tono concitato, mentre cercava anche nella propria borsa. 

« Io » rispose Peter, guardandolo perplesso; tirò fuori dalla cartella un foglio e glielo porse. « Ma perché? »

 James afferrò la pergamena con un gesto fulmineo e la poggiò sopra al proprio libro di Trasfigurazione.

« Dopodomani è San Valentino » rispose, tornando a sorridere, mentre preparava piuma e calamaio. « Le scriverò un biglietto e poi le chiederò di venire con me ad Hogsmeade sabato prossimo. Ci può stare, no? »

Le labbra di Remus si piegarono in un sorriso mentre annuiva: « Assolutamente sì ».

« Certo che sei diventato davvero melenso » fu invece il commento di Sirius, che lo guardava fingendo di essere deluso. « Evans ti ha proprio rovinato ».

« È inutile che fai il duro » ribatté Peter, guardandolo con un sorrisetto sulle labbra. « L’unico motivo per cui non scrivi bigliettini sdolcinati è perché se devi fare una cosa devi farla in grande. Un bigliettino non basterebbe, sarebbe troppo riservato. Tu faresti una scena plateale in mezzo a tutta la Sala Grande ». 

Sirius fece per ribattere, ma si bloccò immediatamente e un ghigno gli solcò il viso mentre diceva: « Potrebbe essere una bella idea, in effetti… ». Poteva già immaginare l’espressione di Mary se si fosse azzardato a fare una cosa del genere. 

Nel frattempo James ci tenne a precisare: « Intanto io non sono melenso. E poi chi ha detto che sarà un biglietto sdolcinato? »

« È un biglietto di San Valentino » gli ricordò Remus con tono ovvio. « I biglietti di San Valentino sono sempre sdolcinati ».

« Il mio non lo sarà » s’impuntò James. « Sarà un biglietto assolutamente… assolutamente non sdolcinato. Sarà un biglietto d’effetto. Fuori dal comune. Virile. Sì, ecco ».

I suoi amici aggrottarono tutti e tre le sopracciglia e gli lanciarono occhiate a metà tra lo scettico e il sarcastico. 

« Un biglietto virile » ripeté Remus, per niente convinto. 

« Vuoi scriverci tutte le volte che a causa sua ti sei svegliato tutto sudato? » lo sfotté Sirius, ghignando. « O vuoi raccontarle di quando hai affatturato Jonathan Caldwell perché avevi sentito che voleva chiederle di uscire? Perché secondo me sono tutti buoni spunti per un biglietto “fuori dal comune” ».

« Vaffanculo, Pad » replicò James con tono fintamente gentile ed educato. « Siete dei malfidati. Dei miscredenti. Vedrete » concluse, decidendo di consumare le proprie energie in maniera più opportuna, ovvero concentrandosi su ciò che poteva scriverle. 

In effetti non aveva alcuna idea e aveva meno di due giorni. 

« Tranquillo, Prongs. Se vuoi diventare la prossima Celestina Warbeck hai tutto il mio appoggio » disse Sirius, prima di iniziare a mettere in borsa le proprie cose. « Io ho finito, torno in Sala Comune. Ci vediamo a cena? » 

Gli altri tre assentirono, così lui si alzò e dopo averli salutati si incamminò. Fino ad allora erano rimasti a studiare in un’aula in disuso del quarto piano, quindi non ci mise granché ad arrivare a destinazione. Pronunciò la parola d’ordine alla Signora Grassa, che lo fece passare, ed entrò in Sala Comune. 

Vide Mary, seduta a gambe incrociate su una poltrona, tutta concentrata a leggere e rileggere la pergamena che aveva tra le mani, e sorrise appena. Era divertente guardarla scuotere la testa, borbottare tra sé e sé e poi scribacchiare qualcosa con la piuma. 

Cercando di non farsi notare salì in dormitorio, trovandolo fortunatamente vuoto, e dopo aver buttato la propria borsa sul letto si sbrigò ad aprire il baule di James. Prese il Mantello dell’Invisibilità, lo indossò e prima di uscire rimise tutto dove lo aveva trovato.

Quando scese notò che Mary non era più sola, ma era stata raggiunta da Lily; quest’ultima si era seduta sul bracciolo della poltrona e parlava all’amica con aria concitata. Anche da lì Sirius notò il rossore che aveva preso possesso del viso di Lily e da quel particolare capì quale fosse l’argomento del discorso. 

Sorrise appena, ma quando qualcuno entrò in Sala Comune ne approfittò per uscire senza creare sospetti. 

« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni » sussurrò dopo essersi nascosto temporaneamente dietro un arazzo ed aver tirato fuori dalla tasca la Mappa. Questa pian piano si riempì di cartigli e lui iniziò a cercare il nome che gli interessava; sebbene sapesse che si trovava spesso lì, sbuffò quando vide dove si trovava. 

I sotterranei non gli sarebbero mai piaciuti. 

 

 

« Mio padre dice che è solo questione di tempo ». 

 

« Comunque Grace è diventata proprio figa. Inizio a capirti… ».

« Non parlare di Grace ».

« Tasto dolente? »

 

« Ti giuro, se quello stupido Sanguesporco osa rispondermi ancora una volta… »

 

 

Non si tolse il mantello finché non fu tornato in camera e una volta lì si rese conto che i suoi amici dovevano essere già rientrati ed usciti di nuovo per la cena: infatti i libri di James erano sparsi disordinatamente sul letto, mentre la borsa di Remus era appoggiata sul cassettone insieme a quella di Peter. 

Mentre rimetteva il mantello al suo posto si disse che era stato un buco nell’acqua; non si era sorpreso di quei discorsi, non aveva scoperto nulla di nuovo. Non aveva trovato la risposta che cercava. 

Sbuffò sonoramente e si trattenne dal dare un calcio al proprio baule, limitandosi invece a darsi una sistemata veloce ed avviarsi per andare a cena. 

Non aveva voglia di parlare con nessuno, perciò quando passò in Sala Comune e sentì la voce di Mary chiamarlo fece finta di niente ed uscì, accelerando il passo.

La Sala Grande era gremita di gente, ma Sirius riuscì ugualmente ad individuare i propri amici e li raggiunse di gran lena. Si lasciò cadere accanto a James e dopo averli salutati iniziò a riempirsi il piatto di cibo; una nota positiva c’era, quella sera: lo stufato di agnello, il suo preferito. 

« Magari lasciane un po’ anche agli altri… » scherzò Remus, lanciando un’occhiata divertita alla porzione molto abbondante che si era servito. 

« Ho fame » rispose brevemente Sirius stringendosi nelle spalle. 

« Ma dov’eri finito? » gli domandò invece James. « Quando abbiamo finito di studiare siamo tornati in dormitorio ma tu non c’eri, e Mary ci ha detto che non ti ha visto neanche in Sala Comune ».

« Lasciamo stare » sbuffò. « Volevo fare un salto ad Hogsmeade ma Gazza mi ha beccato mentre trafficavo con la Strega Orba… ennesima punizione a lucidare la Sala Trofei » disse con tono casuale, sicuro che ci avrebbero creduto visto che era già successo altre volte. 

Infatti fu così. James ridacchiò insieme a Peter, mentre Remus si limitò a scuotere la testa, contrariato ma allo stesso tempo divertito. 

« Che c’è, ti mancavano le punizioni con il dolce Argus? » lo stuzzicò Peter, versandosi intanto dell’acqua nel calice. 

Sirius fece per rispondere, ma in quel momento qualcuno si sedette accanto a lui. Appena si girò da quel lato riconobbe Mary, che gli lanciò un sorriso prima di salutare tutti quanti e servirsi un po’ di agnello. Ovviamente insieme a lei era arrivata anche Lily, che si sedette accanto a Remus e davanti a James. 

« Ti avevo chiamato, in Sala Comune » gli fece notare Mary tenendo la voce bassa per non attirare l’attenzione degli altri. Dal suo tono si capiva che non era arrabbiata, solo stupita e confusa. 

« Davvero? » ribatté Sirius, fingendo di non sapere di cosa stesse parlando. « Scusa, non ti ho sentito. Avevo un po’ la testa da un’altra parte ». 

Mary si portò il calice alla bocca e bevve qualche sorso di acqua, mentre nel frattempo lo osservava con aria attenta: aveva parlato a voce parecchio alta, come poteva non averla sentita? Dalla sua fronte aggrottata Sirius capì che non doveva averla convinta del tutto. 

« Sarà » sospirò lei, pensando che forse era meglio soprassedere: d’altronde non c’erano motivi per cui Sirius avesse dovuto ignorarla di proposito. « Stai bene? Sembri un po’ nervoso ». 

Quando lo disse, lui per qualche secondo smise anche di masticare. Alla fine ingoiò e si girò verso di lei, sfoderando un sorriso sardonico. 

« Sto benissimo » rispose con tono indifferente. « Perché me lo chiedi? »

Mary inarcò le sopracciglia e, dopo averlo guardato con scetticismo, spostò gli occhi più in basso, sotto la panca; Sirius seguì la traiettoria del suo sguardo ma non capì bene cosa stesse guardando, così riportò la propria attenzione su di lei. 

« Perché ti conosco, e so bene che quando batti il piede a terra in questo modo è perché c’è qualcosa che non va » gli spiegò, piegando appena le labbra nel principio di un sorriso. « Cosa succede? » gli domandò poi, mentre poggiava la propria mano su quella di Sirius che era ferma sul tavolo. 

Lui resse il suo sguardo per un po’, prima di risponderle: « Non è successo niente, Mary » e mettere in bocca un nuovo boccone. 

« Fino a qualche giorno fa mi facevi il terzo grado perché dicevi che non ti devo mentire e che se sto male non devo tenermelo dentro… e ora sei tu il primo a farlo? » gli domandò, allibita e anche un po’ infastidita. 

« Te l’ho già detto, sto bene » fu l’unica risposta che ricevette dal ragazzo, così lei tolse la propria mano da sopra la sua e si concentrò sul proprio piatto, infilzando un pezzo di agnello con fin troppa decisione. 

« Certo, come no » commentò lei, sarcastica e tagliente. 

« Ti ho detto che non è successo nulla » sibilò Sirius, e non l’aveva mai sentito rivolgerle quel tono di voce: non era solo basso, ma duro e secco, forse troppo. 

Lei inizialmente gli rivolse un’occhiata sorpresa, tuttavia dopo pochi secondi assottigliò gli occhi e il suo sguardo si adombrò. 

« Ma di’ pure il cazzo che ti pare » disse con lo stesso tono di lui, smettendo di prestargli attenzione. 

Non voleva essere cattiva, ma per quanto la riguardava non pensava di aver sbagliato nulla. Si era solo accorta che era nervoso e gli aveva chiesto il motivo: era stato lui a mentirle, prima, e a risponderle male dopo. 

E le dava fastidio il fatto che fosse proprio Sirius a comportarsi in quel modo, a dirle che andava tutto bene anche se era chiaro che qualcosa doveva averlo innervosito; le dava fastidio perché era stato proprio lui, nelle ultime settimane, a ripeterle costantemente che non doveva chiudersi in se stessa. Non era un gioco in cui poteva usare due pesi e due misure, non poteva chiederle di aprirsi se poi era lui il primo a non farlo. 

Mangiò qualche altra forchettata di patate e, dopo essersi presa un paio di minuti per calmarsi un po’, si concentrò sulla discussione tra Remus e Peter. Stavano chiacchierando anche loro a voce un po’ bassa e nel mentre continuavano a lanciare occhiate divertite a James e Lily. 

I due erano seduti dal lato opposto rispetto a Mary, perciò lei dovette sporgersi leggermente in avanti per osservarli. Non ci sarebbe stato niente di particolare, se non fosse stato per le guance leggermente rosee di Lily e il fatto che James continuava a passarsi la mano tra i capelli, come faceva sempre quando era nervoso. 

Era palese che si piacessero, ormai nemmeno Lily poteva osare negarlo: dopo il bacio della sera prima e il suo sguardo quando glielo aveva raccontato, sarebbe stato ovvio a chiunque. Nonostante avesse ripetuto più e più volte che uno come James non le sarebbe mai piaciuto, alla fine si era dovuta rassegnare alla mera verità: le piaceva, e tanto. 

 

Mary era seduta su una delle poltrone della Sala Comune e stava ricontrollando il proprio tema per Cura delle Creature Magiche quando vide Lily entrare dal buco del ritratto. Quest’ultima, non appena la vide, le si fece incontro e si sedette sul bracciolo. 

Continuava a mordersi il labbro inferiore e a guardarla fissa negli occhi, così Mary inarcò le sopracciglia, divertita, e si concentrò su di lei. 

« Terra chiama Lily? » 

« Ho baciato James » disse Lily in tutta risposta, lasciandola basita. 

Dopo un primo momento di stupore, ad ogni modo, Mary scoppiò a ridere e le guance dell’altra s’imporporarono leggermente. 

« Non ridere! Dico davvero » protestò infatti, dandole un leggero colpetto sul braccio. « Cioè, in realtà è lui che ha baciato me. Però l’ho baciato anche io. Dio, sembro cretina. Hai capito cosa voglio dire ». 

« Certo che ho capito » ridacchiò Mary, punzecchiandole un fianco. « Ma quando è successo? Perché questa data voglio segnarmela sul calendario, sappilo! E tu che continuavi a dire che non ti piaceva… » la prese poi in giro, riferendosi a tutte le volte che lei aveva fatto allusioni a loro due e Lily si era sempre tirata indietro. 

La rossa alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma non sembrava infastidita, anzi; le sue labbra infatti si piegarono subito dopo nel sorriso raggiante di poco prima. 

« Ieri sera » iniziò, controllando che nessuno fosse abbastanza vicino da sentire ciò che dicevano: non perché se ne vergognasse o se ne fosse pentita, ma perché era una cosa intima, personale, e non voleva che diventasse di dominio pubblico. « Dopo che ha accompagnato Kevin in Infermeria l’ho incontrato nel corridoio, così ci siamo messi a parlare… solo che poi abbiamo sentito arrivare Gazza, quindi James ha appellato la sua scopa e per non farci beccare siamo andati sulla torre di Astronomia… e poi mentre parlavamo è successo. È stato così… naturale… e dolce… mi sento davvero ridicola a dire queste cose » ammise, sicura di avere le guance ancora più rosse di prima. 

« Ma perché? Ehi, sono io, se dovessi diventare troppo smielata prometto di darti una botta per farti rinsavire » scherzò Mary, cercando di farla sentire un po’ più a suo agio. Sapeva che Lily era molto timida e che tendeva a sentirsi un po’ in soggezione nel parlare di quelle cose. 

« Oh, grazie mille! » esclamò Lily, ridendo. « Bella migliore amica che ho! »

« Oltre che bella direi anche molto simpatica! » 

« Be’, su questo avrei da ridire! »

« Ma come osi! »

 

Il viso di Mary si sciolse in un sorriso divertito mentre osservava Lily e James chiacchierare, poco lontani da lei. 

« Ehi, Pad, Gazza ti ha dato il bacio del Dissennatore oltre a farti pulire i trofei? » domandò Peter, attirando l’attenzione di tutti. « Sembra tu voglia ucciderlo, quel povero agnello. Ed è già morto, se non l’avessi ancora notato ».

In effetti Sirius aveva continuato a mangiare ma non aveva più alzato lo sguardo dal proprio piatto; quando si sentì chiamare, però, sollevò lo sguardo sull’amico e lo guardò come se fosse impazzito. 

« Ci provasse solo a baciarmi » rispose, il viso piegato in una smorfia. 

« Gazza? » fece invece Mary, non capendo di cosa stessero parlando. 

Remus inarcò le sopracciglia e le lanciò un’occhiata sorpresa. Quando aveva iniziato a chiacchierare con Peter l’aveva vista parlare con Sirius, però visto il sguardo confuso lui non doveva aver menzionato la punizione con il custode. 

« Sì, oggi pomeriggio lo ha messo in punizione e gli ha fatto pulire la Sala Trofei » le spiegò Peter, che invece non ci aveva pensato più di tanto e le aveva semplicemente risposto. 

« Mi ha beccato mentre giravo intorno alla Strega Orba e ha dato di matto come al solito » aggiunse Sirius sbrigativamente, lanciandole un’occhiata di nascosto per vedere se si fosse calmata. 

Mary però si limitò ad annuire e, quando davanti a loro comparvero i dolci, si prese del budino e se lo mise nel piatto. Una punizione con Gazza in effetti poteva spiegare il nervosismo di Sirius, ma d’altronde non poteva risponderle male solo per quello. 

« Tu cos’hai fatto oggi pomeriggio, Mary? » le chiese Remus, servendosi a sua volta del budino. 

« In realtà niente di che » rispose tra un boccone e l’altro. « Ho studiato per Trasfigurazione e ho finito il tema che devo consegnare per Cura delle Creature Magiche. Voi? »

Remus fece per risponderle, ma quando lei finì di parlare Peter emise un gemito strozzato e attirò l’attenzione su di sé. 

« Ma come fai a seguire ancora quella materia… » commentò con una smorfia, riferendosi chiaramente a Cura delle Creature Magiche. 

Se c’era una cosa che sapevano tutti di Peter Minus, era il suo odio per tale corso e il suo terrore per la maggior parte delle creature magiche in generale. 

Concedeva il beneficio del dubbio solo agli Asticelli e agli Snasi, perché in fondo erano innocui. Per quanto riguardava qualunque altra creatura, Peter preferiva che rimanesse ad almeno un chilometro di distanza da lui: era una promessa che aveva fatto a sé stesso l’estate tra il quinto e il sesto anno, dopo i G.U.F.O.. Non erano bastati tutti gli animali che il professore aveva portato a lezione, no, lui aveva dovuto fare casino anche agli esami. Ricordava ancora con un brivido quei dannati Fiammagranchi, i vestiti da buttare e tutte le bruciature che Madama Chips aveva poi dovuto curargli. 

Tutti e quattro pensarono a quel preciso episodio, così sia Remus che Mary e Sirius si misero a ridacchiare sommessamente. Peter, invece, continuava ad avere il viso contratto in una smorfia a metà tra lo schifato e il terrorizzato. 

« Dai, non è così male… » disse Mary, colta un po’ sul vivo: insieme ad Incantesimi, Cura delle Creature Magiche era una delle sue materie preferite. « Il professor Glenville è bravo e poi è anche interessante ».

« Finché non rischi di essere bruciato vivo… » borbottò Peter a mezza voce, sempre riferendosi ai G.U.F.O.. 

« Scusa Mary, ma qualche settimana fa non ti sei dovuta arrampicare sul tetto della capanna di Hagrid a causa di un animale impazzito? » le domandò retoricamente Remus, ricordando l’aria arruffata e sconvolta della ragazza quando era tornata in Sala Comune e aveva raccontato loro cos’era successo. 

« Sì, è vero… ma era un Graphorn! » protestò lei, sbuffando. « Voi ne avete mai visto uno? Lo sapete che i troll di montagna a volte li cavalcano? I troll! »

Tutti e tre la guardarono attoniti. 

« No, non ne ho mai visto uno e vivo bene lo stesso » ribatté Sirius. « In più già non avrei voluto vederne uno già dopo il tuo racconto, il fatto che vengano cavalcati dai troll sinceramente non cambia la situazione. Anzi ».

« Vabbe’, ma è successo una volta sola » sottolineò Mary, alzando gli occhi al cielo. « Non tutte le creature magiche sono così. All’inizio dell’anno, per ripassare i vecchi programmi, il prof aveva portato anche gli Knarl. Ve li ricordate? Quei piccoletti che assomigliano a dei ricci? Quelli sono carini ».

« Sì, finché non ti distruggono il giardino… » fu l’unico commento di Peter, che continuava a parlare sempre a mezza voce. 

« Guarda, Mary, se a te piacciono siamo tutti contenti per te » le disse Sirius, mettendo la propria mano su quella della ragazza. « Noi però preferiamo non rischiare di morire ogni volta che andiamo a lezione solo perché il professore decide di portare qualche animale super particolare » aggiunse, pronunciando le ultime due parole con lo stesso tono con cui il professor Glenville ogni volta presentava animali pericolosi. 

Mary sospirò, ma non disse nulla. In effetti Glenville più volte aveva portato a lezione degli animali un po’ fuori dal comune, ma nella maggior parte dei casi per lei non era stato un problema. In parte perché preferiva vedere le creature dal vivo piuttosto che sul libro, e in parte perché era una materia che semplicemente l’affascinava. 

« Parlavate di Glenville, vero? » s’intromise James, che nel frattempo aveva ascoltato l’ultima parte della conversazione insieme a Lily. « Ma ve lo ricordate Peter ai G.U.F.O.? » aggiunse subito dopo e, mentre il diretto interessato arrossiva, tutti gli altri si misero a ridere. 

« Me lo ricordo eccome » rispose Remus cercando di darsi un contegno. 

« Per una settimana ho sentito odore di affumicato ogni volta che ti stavo vicino… » disse invece Sirius, con tono scherzoso: l’odore di affumicato, però, se lo ricordava ancora sul serio. 

 


 

    1- Acquaviola: non l’ho inventata io, esiste davvero nel mondo di HP, però non è mai stato detto se fosse alcolica o meno. Per me lo è, datemela per buona! 

    2- Fiammagranchi: assomigliano alle testuggini ed hanno il carapace incisotato di pietre preziose. Quando si sentono in pericolo sputano fiamme dal posteriore. Sono classificati come XXX (mediamente pericolosi).

    3- Graphorn: sono animali grossi, hanno due corna molto lunghe e sono molto aggressivi. Stando al libricino “Animali fantastici e dove trovarli”, sì, i troll di montagna li cavalcano spesso. 

    4- Knarl: appunto, animaletti piccini simili ai ricci. La battuta di Peter si riferisce al fatto che, se offri del cibo ad uno Knarl, lo prende come segnale che lo vuoi intrappolare e allora ti distrugge il giardino. Carini, eh?

 

Note:
Sì, bene… Non so neanche come cominciare queste note. Prometto che saranno corte, ma ci tenevo a scusarmi per essere sparita in questo modo, da un momento all’altro… ci tenevo a dire che ho già la trama di tutta la storia e d’ora in poi cercherò di ritagliarmi più tempo possibile per scrivere e aggiornare… spero ci sia ancora qualcuno a leggere SLP, ecco.

Devo dire che in questo capitolo James e Lily non si sarebbero ancora dovuti baciare, però mentre scrivevo mi è venuto spontaneo. Mi sono detta che, in una circostanza del genere (insomma, luogo e anche i vari discorsi di prima), due persone che provano qualcosa l’uno per l’altra sarebbero finiti al 100% per baciarsi. E poi uffa, era una vita che aspettavo anche io il loro primo vero bacio :) 

Un bacio, 
Ale

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Capitolo 23
*** In punta di piedi ***


Capitolo 22 

In punta di piedi

22-san-valentino

I could’ve told her that I adored her

she could’ve said she felt the same way,

but we just smiled cause sometimes words

aren’t the right words to say

“Words”, Passenger

 

« Allora, questo biglietto di San Valentino? » chiese Sirius mentre tutti e quattro scendevano la scalinata principale per andare a fare colazione. « Il biglietto virile? » aggiunse, calcando sull’ultima parola per darle un’inflessione ironica. « Quando lo potremo leggere? » 

James sbuffò e si passò una mano tra i capelli, riuscendo, se possibile, a spettinarli ancor di più. Lanciò un’occhiata in tralice al proprio migliore amico mentre Peter e Remus ridacchiavano sommessamente. 

« Mai » rispose, dando origine a una serie di proteste da parte dei suoi amici. 

« Non è giusto » disse infatti Peter, guardandolo come se quella fosse una grandissima mancanza di rispetto. « Perché non dovresti farcelo leggere? »

« Infatti » gli diede man forte Remus. « Dopotutto penso sia nostro dovere, in qualità di migliori amici, leggerlo e valutarne la qualità prima che tu lo dia a Lily. Noi lo faremmo per te, per farti un favore ».

Sia Peter che Sirius annuirono con convinzione alle sue parole, mentre James girò il viso verso di lui ed inarcò le sopracciglia. 

« Per farmi un favore, eh? » ripeté, sarcastico ma divertito al tempo stesso, guardandolo dritto negli occhi. « Quindi non volete leggerlo per farvi quattro risate e prendermi in giro fino alla fine dell’anno? »

Remus e Peter misero su un’espressione offesa per niente credibile, ma prima che potessero aprire bocca parlò Sirius: 

« Perché fino alla fine dell’anno? » fece, fingendosi confuso. « Se questo biglietto dovesse essere imbarazzante almeno la metà di quanto mi immagino, penso che ti prenderei in giro finché campi » aggiunse con tranquillità, trattenendo un sogghigno. 

« Grazie, Pad, sapevo di poter contare su di te » commentò James con tono ironico, piegandosi appena per dargli una gomitata nel costato; Sirius, però, se l’aspettava e quindi si spostò appena in tempo per evitarla. 

« Quando vuoi, Prongs » gli promise con voce solenne, mettendosi una mano sul cuore. « Quando ci sarà da prenderti per il culo, mi troverai sempre in prima fila ».

« Come quando Lily ha trasfigurato i suoi pantaloni in un paio di slip? » s’intromise Peter, portandosi indice e medio alle labbra con fare pensieroso. 

« Precisamente » confermò Sirius, sempre con tono pomposo. 

In effetti, quando successe, Sirius aveva appellato immediatamente la macchinetta fotografica di Mary per poter immortalare la scena. James aveva provato in ogni modo a scappare dall’obiettivo, ma non ci era riuscito e adesso c’era una bellissima foto ricordo attaccata con la magia nella camera di Sirius a Godric’s Hollow. L’episodio era avvenuto all’inizio del quinto anno, ma spesso gli altri Malandrini - e Mary - lo prendevano ancora in giro. 

« Comunque » disse James a voce ben alta, schiarendosi la voce così da avere la loro completa attenzione e farli smettere di parlare di quella che per lui era stata un’esperienza orrenda. « Quel biglietto non lo leggerete mai. Mi dispiace, ma penso che voi abbiate già abbastanza materiale su cui prendermi in giro ».

Sirius sbuffò, capendo che non avrebbe potuto sfotterlo per l’ennesima stupidaggine, e borbottò a mezza voce qualcosa di molto simile a un ironico: « Certo, Caposcuola Potter ». Ad ogni modo James decise di soprassedere, così da evitare ritorsioni e, soprattutto, ulteriori aneddoti imbarazzanti sulla sua persona. 

« Almeno vuoi dirci cos’hai intenzione di fare? » domandò Remus, pacato: d’altronde lui già pensava di chiedere a Mary o direttamente a Lily cosa James avesse scritto sul biglietto. « Suppongo tu non le abbia solo spedito un biglietto ».

« In realtà non ho organizzato granché » ammise James, facendo spallucce. « Non volevo esagerare, stavolta. L’ultima volta che ho provato a fare le cose in grande, mi ha rovesciato l’intera caraffa di succo di zucca in testa ».

« Be’, l’ultima volta che hai fatto le cose in grande le avevi fatto proposte sconce in mezzo alla Sala Grande… » gli fece notare Peter, divertito. 

« Dettagli, Pet, dettagli » fu la semplice risposta di James, mentre si passava una mano tra i capelli corvini. « So che non le piacciono le cose plateali, quindi ho preferito fare le cose a modo suo. Sono sicuro che apprezzerà, e quando mi ringrazierà io ne approfitterò per chiederle di venire ad Hogsmeade con me questo weekend ».

Disse così un po’ anche per convincere se stesso e tranquillizzarsi: il biglietto che le aveva scritto era a dir poco ridicolo, ma non era riuscito a fare nulla di meglio. Non aveva mai avuto una grande vena poetica, ma diamine, anche un bambino del primo anno avrebbe potuto scrivere qualcosa di più decente. 

Per qualche secondo aveva pensato di farsi aiutare da qualcun altro, ma poi si era detto che non poteva farci nulla: lui era così, era bravo a farle, le cose, non a dirle. E a Lily doveva piacere per quello che era, non sarebbe stato un biglietto a farle cambiare idea. Questo era ciò che si era detto alla fine, ma in quel momento non riusciva a non maledire se stesso e quel biglietto ogni due per tre. 

« Bene, mi sembra una buona idea » convenne Remus, muovendo appena la testa in segno di assenso. 

« Concordo » disse Sirius, mettendosi le mani in tasca con nonchalance mentre entravano in Sala Grande. « Però mi manca sentirle urlare che non uscirebbe con te neanche se l’altra opzione fosse la Piovra Gigante ». 

Mentre Peter si mise a ridere, Remus cercò di non seguire il suo esempio per non infierire ulteriormente su James. La battuta di Sirius era divertente, considerando che Lily gli aveva davvero rifilato quella risposta fin troppe volte. 

La prima volta che glielo disse, avevano quindici anni ed avevano iniziato il Quinto anno da un mese. Durante la lezione di Storia della Magia, infatti, Rüf aveva fatto un riferimento alla Piovra Gigante che viveva nel Lago Nero, così, quando James le aveva chiesto per l’ennesima volta di uscire con lui, Lily aveva risposto: « Non uscirei con te neanche se dovessi scegliere tra te e la Piovra Gigante, Potter! » prima di andarsene a passo di marcia insieme a Severus Piton, che era sembrato particolarmente divertito da quella frase. A conti fatti, tutti i presenti si erano messi a ridere, anche James. Aveva sempre avuto un debole per Lily, ma all’epoca non provava veri sentimenti per lei perciò non c’era rimasto troppo male, anzi, col passare del tempo ci fece l’abitudine. 

« Continua così e sarai tu a festeggiare San Valentino con la Piovra, nel Lago Nero » ribatté James con un sogghigno, sfiorando distrattamente la tasca dove teneva la bacchetta. 

Sirius roteò gli occhi e fece per rispondere, ma sentì una mano posarglisi sulla spalla, così si fermò per girarsi e vedere chi fosse, trovandosi di fronte Abigail. 

Lei aveva raccolto i capelli in una treccia, gli occhi erano truccati appena e le guance erano più rosse del solito; sembrava un po’ imbarazzata, ma riusciva comunque a dimostrarsi sicura di sé come sempre.

Quando la vide, James alzò gli occhi al cielo e decise di andarsi a sedere: tutti loro sapevano bene che ad Abigail piaceva Sirius, lei non lo aveva nascosto neanche quando si era venuto a sapere di lui e Mary. Proprio a causa di Mary, James sapeva che se fosse rimasto avrebbe potuto risponderle male, perciò fece segno col capo a Remus e Peter di seguirlo e allontanarsi. 

« Noi ci sediamo, intanto » si limitò a dire a Sirius, che, cercando di non farsi vedere, gli lanciò un’occhiata implorante, come a pregarlo di non abbandonarlo lì. « Ti teniamo un posto, ma non ti assicuro nulla sul bacon » aggiunse, stringendosi nelle spalle e raggiungendo Peter e Remus. 

Sirius li guardò sedersi poco distanti, più o meno al centro della Sala. Dopodiché si girò di nuovo verso Abigail, che nel frattempo si stava torturando le mani e piegò le labbra in un sorriso raggiante non appena lui si voltò a guardarla. 

« Ciao, Abigail » la salutò, pacato, sorridendole. « Come va? »

« Ehi, Sirius » disse Abigail, lanciandogli un’occhiata leggermente languida. « Tutto bene, grazie. Tu? »

« Anche io » rispose, stringendosi nelle spalle. « Posso aiutarti in qualche modo? » 

« Veramente volevo solo salutarti » ammise lei, con un sorriso un po’ sghembo. « Sai, sapere come stessi, chiacchierare un pochino… È da un sacco che non passiamo del tempo insieme. Potrei offendermi, sai? » continuò con tono scherzoso, e Sirius riconobbe la classica Abigail: rilassata, ammiccante e irriverente.

Sirius rise e si passò una mano sul viso per scostare alcune ciocche di capelli che gli ricadevano davanti agli occhi; il fatto che Abigail ci provasse con lui, nonostante sapesse di Mary, lo metteva un po’ in soggezione. Da una parte non sapeva se era giusto continuare a darle corda ogni volta che lei cercava di parlargli, ma dall’altra non voleva trattarla male perché gli era sempre stata simpatica. 

« Lo so, ma ultimamente ho poco tempo in generale » le rispose, con lo stesso tono che avrebbe usato per parlare del tempo. « Sai, con i M.A.G.O. e tutto il resto… è difficile anche trovare del tempo per stare con gli altri ». 

« Sirius Black che usa tutte le sue energie per prepararsi agli esami? Non l’avrei mai detto » commentò Abigail, tenace, iniziando ad arricciarsi sull’indice una ciocca che era scappata alla treccia. « Non ti stancherai troppo? Non vorrai sciuparti… un po’ di svago fa sempre bene. E lo sai che io sono sempre disponibile, per te, se avessi voglia di passare un po’ di tempo insieme ». 

« Guarda, Ab, non saprei… Non mi sembra il caso, sinceramente » disse Sirius, cercando di essere delicato ma allo stesso tempo chiaro: aveva già cercato di farglielo capire, ma lei non sembrava voler accettare un no come risposta. Se non fossero stati amici, probabilmente l’avrebbe già liquidata con una scusa qualunque. 

Abigail aprì la bocca per rispondergli, ma in quel momento Mary entrò in Sala Grande e Sirius spostò la sua attenzione su di lei. Mary incrociò il suo sguardo e, quando si accorse di Abigail, sbuffò nervosamente ed alzò gli occhi al cielo prima di accelerare il passo per raggiungerli, lasciandosi così indietro Lily. Quest’ultima tirò dritto per andarsi a sedere insieme agli altri Malandrini, mentre Mary si fermò alle spalle di Abigail che, nel frattempo, gli aveva risposto, ma lui non aveva ascoltato alcunché. 

Mary girò intorno alla bionda, fermandosi accanto a Sirius e facendo scivolare subito la propria mano in quella del ragazzo. Si appoggiò col busto al braccio di Sirius e posò gli occhi su Abigail, incrociandone lo sguardo. 

« Ciao, Thomas » salutò con tono affettato. « Hai bisogno di qualcosa? » domandò poi, troppo gentile per essere sincera; prima che lei potesse rispondere, però, Mary si girò verso Sirius, che aveva capito benissimo la situazione e la stava già guardando con un sorrisetto sulle labbra. « Buon san Valentino, amore » gli disse con tono estremamente languido, per poi sollevarsi sulle punte e dargli un bacio a fior di labbra. 

Sirius dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere, in parte per non mettere ancora più in imbarazzo Abigail e in parte perché era certo che Mary si sarebbe presto arrabbiata anche con lui, conoscendola. 

Abigail rimase qualche secondo in silenzio, non sapendo cosa rispondere o cosa fare. Aveva le guance molto arrossate, sia per l’imbarazzo che per l’umiliazione, e per un momento Mary pensò che volesse davvero risponderle male; decise quindi di smettere di fingere e si fece improvvisamente seria, prendendo a guardarla con le sopracciglia inarcate.

« No, grazie. Sto bene così » rispose alla fine Abigail, sfoggiando un sorriso falso quanto quello che Mary le aveva rivolto poco prima. « Ci vediamo in giro, Sir. MacDonald » fece poi, girandosi e avviandosi verso l’altro capo del tavolo, dove alcune sue amiche la accolsero e riempirono di domande non appena si sedette. 

A quel punto Sirius si girò verso Mary e le passò un braccio intorno alla vita, attirandola a sé per poterle parlare all’orecchio.

« Amore? Da quando mi chiami così? » la prese in giro, le labbra arricciate in un ghigno soddisfatto. 

Lei si allontanò leggermente, per quanto le fosse possibile, così da poterlo guardare dritto in viso; sebbene Sirius fosse certo che un po’ fosse divertita, aveva le labbra piegate in una smorfia e le sopracciglia ancora inarcate. 

« Non ti ci abituare » lo riprese lei immediatamente, non riuscendo a nascondere il fastidio nella sua voce. « L’ho fatto solo per farle capire che le conveniva andarsene ». 

« Oh, la tua quindi era una minaccia velata? » 

« Sì ».

« Immagino che adesso Abigail sarà tremendamente terrorizzata da te… » scherzò Sirius, divertito. « Hai proprio il fisico di una che passa il tempo libero a picchiarsi con i Babbani » aggiunse, lanciandole un’occhiata fugace: era abbastanza alta, ma era molto magra ed era chiaro che non potesse avere chissà quanta forza. 

Mary gli rivolse un sorriso ironico prima di alzare la gamba e pestargli con forza un piede, così da costringerlo a lasciare la presa su di lei e piegarsi appena.

« Tu continua a darle corda e fidati che non saranno i Babbani quelli che picchierò » gli assicurò, incamminandosi subito dopo verso i loro amici. 

A quelle parole, Sirius sbuffò una risata e si apprestò a seguirla immediatamente. Gli altri non erano seduti poco lontano e, appena li raggiunsero, si sedettero insieme a loro. Da un lato erano seduti James, Peter e Remus, mentre dall’altro c’era Lily con accanto due posti liberi per loro. 

Mary si versò del tè nella tazza e si mise nel piatto un muffin salato e delle uova, mentre Sirius puntò immediatamente il bacon, constando che era già stato fin troppo razziato - da Peter, ne era certo. 

« Io non so come riuscirò a sopravvivere, stamattina » stava dicendo James, mentre sorseggiava del succo di zucca. « Due ore di Storia della Magia e due di Pozioni… mi ucciderei, ma, con la fortuna che ho, sono sicuro che tornerei sotto forma di fantasma ». 

« Odio il martedì » gli diede man forte Peter, lanciando un’occhiata di sottecchi a Sirius che continuava a servirsi altro bacon. « Però almeno oggi pomeriggio abbiamo Babbanologia. Voi cos’avete? » domandò poi a chi non seguiva quella materia, al contrario di lui, James e Sirius. 

« Io e Lily abbiamo Antiche Rune » rispose Remus dopo aver fatto mente locale, e la ragazza annuì mentre si versava dell’altro tè.

« Io invece ho Cura delle Creature Magiche » disse invece Mary, che fino a quel momento si era concentrata sulle proprie uova. « Tra l’altro il tema che ho scritto per Glenville è perfetto, se non prendo una E potrei mandargli contro qualche Schiopodo Sparacoda » aggiunse, facendo ridere tutti. 

Peter decise di non fare commenti su quella materia per non rischiare di aizzarsi Mary contro, così quando vide che Sirius aveva finalmente lasciato il vassoio con il bacon pensò bene di impossessarsene per prenderne un altro po’. Era una lotta che andava avanti dal primo anno, quando entrambi si erano resi conto di avere un degno rivale per la contesa del bacon. Remus li reputava due deficienti per questo, ma quel giorno stranamente decise di non ricordarglielo. 

« Tu prendi sempre E a Cura delle Creature Magiche, Mary » le ricordò Lily, nascondendo il proprio sorriso dietro la tazza; quando rialzò gli occhi incrociò per sbaglio lo sguardo di James e avvertì le proprie guance arrossarsi un po’ più del normale.

« L’ultima volta mi ha messo solo Oltre Ogni Previsione » protestò Mary come se fosse un grande affronto.

Lily scosse la testa, divertita, e decise di soprassedere. 

« Non c’erano compiti di Storia della Magia, vero? » domandò Sirius, colto all’improvviso da un dubbio. 

« Non per oggi » gli rispose Remus. « Però venerdì dobbiamo consegnargli il tema sui rapporti tra Maghi e non maghi tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo ».

Sirius imprecò a mezza voce e fece per riprendere a mangiare, ma in quel momento si sentì un forte rumore e improvvisamente la Sala Grande venne invasa dai gufi, pronti a consegnare la posta. 

Il gufo della famiglia Potter, Ormerod, atterrò con ben poca grazia davanti a James, rovesciando il calice di succo di zucca del ragazzo. Lui prese immediatamente la bacchetta e mormorò un veloce « Gratta e netta » per rimediare al danno fatto dal proprio gufo, dopodiché si concentrò su quest’ultimo e prese l’edizione de La Gazzetta del Profeta che era legata alla sua zampetta. Per ringraziarlo, James gli diede un buffetto sulla testa e Mary gli diede un pezzetto del proprio muffin. Soddisfatto, Ormerod gonfiò il petto ed emise un suono basso e profondo in segno di apprezzamento. 

« Che dice la Gazzetta? » chiese Lily quando James iniziò a sfogliare velocemente il giornale per leggerne giusto i titoli.

Il ragazzo fece per risponderle, ma in quel momento un altro gufo atterrò sul tavolo, precisamente davanti a Mary. Quest’ultima non aspettava posta, perciò alzò lo sguardo dal proprio piatto e lo puntò sul volatile, curiosa. Dopo pochi secondi passati ad osservare l’animale, Mary notò la busta rosa attaccata alla sua zampa e subito si sbrigò a prenderla. Non appena lo fece, il gufo le rubò un pezzetto di muffin per poi volare nuovamente via sotto il suo sguardo confuso.

« Cos’è? » domandò James, cercando invano un qualche nome sulla busta. 

« Non ne ho idea » rispose Mary, stringendosi nelle spalle. « Ho ricevuto ieri la posta dai miei e da Roger, non so chi possa avermi scritto una lettera » aggiunse, aprendo la busta e tirando fuori una lettera ben piegata. 

Fece per aprire il foglio, ma prima che potesse farlo le sfuggì di mano e iniziò a fluttuarle davanti al suo viso. Purtroppo, Mary capì troppo tardi di cosa si trattasse, infatti il foglio cominciò a cantare a volume altissimo e le parole rimbombarono per tutta la Sala Grande: 

        Vieni, mescola il mio calderone

        e, se con passione ti riuscirà,

        il mio forte amor bollente 

        questa notte ti scalderà! 

        Oh, mio povero cuore, dov’è andato?

        Per un incantesimo mi ha lasciato…

        … e adesso che per bene l’hai spezzato

        ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato! 

Inizialmente Mary era rimasta a bocca aperta, poi, mentre intorno a lei molta gente scoppiava a ridere, si portò le mani alla fronte per nascondere il proprio viso alle altre persone. Sentiva le guance andarle a fuoco e non vedeva l’ora che quella cosa smettesse di cantare quella che per lei era una delle canzoni più brutte mai scritte - un po’ come tutte le canzoni scritte da Celestina Warbeck. 

Quando quella tortura finì, la lettera si ripiegò malamente su se stessa per poi esplodere in una cascata di cuori rosa, fiorellini e brillantini che le imbrattarono tutta la divisa e, in parte, finirono anche nel suo piatto e nella sua tazza di tè. 

Mary alzò gli occhi molto lentamente, mentre Lily, James, Peter e Remus cercavano di non ridere di nuovo per non farla arrabbiare. Sirius, invece, rideva tranquillamente e le passò un braccio intorno alle spalle proprio mentre Mary girava il viso verso di lui. 

« Buon san Valentino! » esclamò tra una risata e l’altra. 

Il ragazzo vide chiaramente le guance di Mary gonfiarsi, come se lei stesse cercando di trattenersi. Evidentemente non ci riuscì, perché strappò la Gazzetta dalle mani di James ed iniziò ad avventarsi su di lui, usando il giornale per colpirlo con più forza. 

« Io » cominciò, interrompendosi dopo ogni parola per continuare a picchiarlo. « ti » un altro colpo, stavolta sul braccio. « uccido! » e a questo punto smise di parlare, limitandosi a colpirlo dovunque le fosse possibile arrivare. 

Nonostante lei continuasse a brandire la rivista come una letale arma con cui punirlo, Sirius ormai rideva senza controllo e a malapena cercava di sottrarsi ai suoi colpi. Mary non ci stava andando giù molto leggera, ma non gli stava facendo male e il suo viso era così rosso che, solo a guardarlo, a lui veniva nuovamente da ridere. 

Lui sapeva benissimo che odiava a morte Celestina Warbeck e le sue canzoni smielate, così come sapeva che si sarebbe sentita estremamente in imbarazzo ad essere la protagonista di una scena del genere, ma non era riuscito a trattenersi. Quando Peter gli aveva parlato di scene plateali, quella domenica, gli era subito venuta in mente l’idea della lettera canterina e non aveva avuto il benché minimo dubbio su che canzone farle cantare. 

« Ma come, non ti è piaciuto? » le domandò, cercando di smettere di ridere, mentre con una mano le bloccò il polso per impedirle di colpirlo ancora. « Non ti ha fatto venire voglia di baciarmi senza ritegno davanti a tutta la scuola? » continuò, come se la reazione di Mary lo avesse sorpreso. 

Lei gli lanciò un’occhiata velenosa e ritrasse con forza la propria mano, così da far perdere a Sirius la presa, e poi gli diede dei pugni sul braccio. Neanche questi erano molto forti, e ridacchiando lui le circondò il busto con un braccio e l’attirò a sé, facendola cozzare contro il proprio petto. 

« Se continui a picchiarmi penso che la McGranitt verrà a controllare » l’avvisò, guardando il tavolo dei professori da sopra la testa della ragazza. 

Mary girò il viso nella stessa direzione e si accorse dello sguardo della professoressa, fisso su di loro. Sembrava che li stesse studiando, mentre accanto a lei Silente ridacchiava apertamente, nascosto dalla lunga barba e dagli occhiali a mezzaluna sul naso.

« Se pensi di scamparla così, ti sbagli » ci tenne comunque a dire lei, rivolta a Sirius. « Ora ti salvi solo perché ci sono i professori ».

« E perché sono fantastico, era un’idea geniale e tu mi adori » aggiunse il ragazzo al posto suo, soddisfatto. 

« Sì, speraci » ribatté lei e, per buona misura, si premurò di dargli una gomitata d’avvertimento, facendolo piegare in avanti perché stavolta ci aveva messo più forza.

« Non sapevo aveste una canzone » commentò James, che come tutti gli altri non si era perso neanche un secondo di quella scena. « E poi è così bella questa canzone! Avete proprio scelto bene » continuò, prendendoli in giro. 

« Tranquillo, affatturerò anche te e lo farò mettendo Celestina Warbeck in sottofondo. Che ne dici? » contrattaccò Mary, poggiando i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle mani. Lo guardava con aria innocente, ma chiunque la conoscesse sapeva il significato di quello sguardo: si sarebbe vendicata presto. 

Immaginandosi la scena, Lily si mise a ridere e si portò una mano davanti alla bocca per cercare di nasconderlo, ma ovviamente fu tutto vano. James le lanciò un’occhiata a metà tra l’oltraggiato e l’imbarazzato, mentre Mary si raddrizzò e si sistemò la divisa con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra. 

« Affatturerai chiunque parli di questa storia? » provò a chiedere Peter con cautela, un po’ incerto.

« Volevi fare qualche battuta o prendermi in giro? » 

Prima di rispondere, Peter ci pensò su un attimo. Infine mormorò: « … No? »

« Allora non ti affatturerò, Pet, non ti preoccupare » gli assicurò Mary rivolgendogli un sorriso tranquillo, prima di girarsi di nuovo verso Sirius. « Dopotutto, perché dovrei prendermela con qualcun altro oltre a Sirius? » aggiunse, con tono di sfida, rivolgendosi al diretto interessato; quando lo disse, però, James tirò un sospirò di sollievo e lei parlò di nuovo senza neanche guardarlo. « E te, James. Lo so che sapevi tutto quanto e pagherai anche tu ».

« Ma io non sapevo nulla! » protestò James con veemenza, prima di chiedere l’aiuto del proprio migliore amico. « Diglielo anche tu, Pad! »

Sirius tuttavia gli rivolse un sorriso furbo, per poi assumere un’aria dispiaciuta e sospirare. 

« Mi dispiace, James » gli disse con un tono più melodrammatico del dovuto. « Probabilmente se le mentissi mi appenderebbe ad un ramo del Platano Picchiatore e sono troppo giovane per morire per colpa di uno stupido albero. Non posso coprirti, questa volta ». 

« Coprirmi? » sbottò James, divertito e allibito al contempo. « Spero che Mary scelga bene la fattura da lanciarti » aggiunse poi, decidendo di lasciar perdere e di concentrarsi sul proprio piatto. 

« Oh, tranquillo. Ho già un’idea in mente » gli assicurò la ragazza, prima di mettersi in bocca l’ultimo pezzo di muffin rimasto. Mentre lo faceva, Sirius si avvicinò a lei e le mormorò qualcosa all’orecchio, facendola arrossire di nuovo, e lei rischiò di stozzarsi. « No, non quel tipo di idea, cretino! » 

Mentre Mary e Sirius ricominciavano a bisticciare come al solito, tenendo stavolta la voce bassa, gli altri presero a parlare del più e del meno finché Remus non si accorse che mancavano solo quindici minuti all’inizio della prima ora. Lo fece notare a tutti, così si alzarono dalle panche su cui erano seduti e si avviarono verso il portone. 

James superò Sirius e Mary, rimanendo qualche passo indietro rispetto a Remus e Peter. Lily allungò un po’ il passo per raggiungerlo e, quando gli fu affianco, girò il viso verso di lui e gli sorrise. 

« Buon san Valentino » disse, tranquilla, sistemandosi la borsa sulla spalla. 

« Buon san Valentino » ricambiò James, preso alla sprovvista, e la sua mano andò immediatamente a spettinargli ancora di più i capelli. Lily seguì il percorso della sua mano e ridacchiò, contagiandolo. « Pronta per queste due ore con Rüf? »

« Insomma » ammise lei, stringendosi nelle spalle. « Non è il modo migliore per svegliarsi, a mio parere ».

« Non sei l’unica a pensarlo. Prendi Peter: penso che, in questi sette anni, non sia rimasto sveglio per più di venti minuti durante una lezione di Storia. E intendo venti minuti in totale » le confessò James, indicando l’amico con un lieve cenno del capo.

Lily rise e lui per qualche secondo si perse ad osservare come i raggi del sole, da dietro gli archi a sesto acuto, le facesse brillare i capelli, quel giorno raccolti in una coda alta da cui sfuggivano alcune ciocche.

« Anche tu qualche volta ti sei addormentato, in classe » gli fece notare, divertita. 

« Che fai, Evans, mi controlli? » scherzò lui, facendo cozzare piano le loro spalle l’una contro l’altra. 

« Certo, Potter » ribatté Lily con tono serio, cercando di nascondere un sorriso. « Devo assicurarmi che il mio collega Caposcuola sia il primo a rispettare le regole ».

James inarcò le sopracciglia e le lanciò un’occhiata scettica. 

« Guarda che ti ho vista la settimana scorsa » disse con un sogghigno. « Ti sei addormentata praticamente all’inizio della lezione. Questo non mi sembra l’atteggiamento adatto ad un Caposcuola, non pensi, Evans? »

« Che fai, Potter, mi controlli? » lo prese in giro la ragazza, ripetendo le stesse parole che lui le aveva rivolto poco prima.

« Ovviamente. Ora che mi ci fai pensare… forse dovrei toglierti dei punti, non credi? »

« Come osi? » esclamò Lily, teatrale, portandosi una mano al cuore e guardandolo con finto sgomento. « Toglieresti dei punti a me? »

« Le regole vanno rispettate, Evans. Non sei tu che lo ripeti sempre? » fece James, con tono pomposo. « Non posso mica fare eccezioni ».

Lily rise ancora e gli andò a sbattere contro di proposito, facendolo sbandare appena; lui allora le passò un braccio intorno alle spalle e si mise a ridere a sua volta. 

« Sei proprio stupido » gli disse, ma aveva un sorriso a trentadue denti sulle labbra. 

« Oh, era così tanto che non me lo dicevi! » rispose James. « Quasi ne sentivo la mancanza! »

Ridendo e scherzando arrivarono davanti all’aula di Storia della Magia, così James abbassò il braccio e la lasciò andare. Lily si sedette accanto a Mary, che aveva occupato un banco in seconda fila, mentre James si sedette al banco vicino insieme a Remus; Peter e Sirius, invece, si erano già sistemati in ultima fila. 

Come al solito il professor Rüf arrivò passando attraverso il muro e si mise dietro la cattedra; nel mentre James tirò fuori dalla propria borsa il libro di testo, la penna, il calamaio e un foglio di pergamena.

Dopo aver augurato una buona giornata a tutti loro ed aver ricordato del tema da consegnare per quel venerdì, Rüf iniziò a spiegare:

« Lo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia è una legge del mondo magico formulata nel 1689 e approvata dalla Confederazione Internazionale dei Maghi nel 1692. Consiste in un insieme di norme per evitare che i Babbani vengano a conoscenza dell’esistenza della comunità magica. Tra queste, ad esempio, ricordiamo le severe regole circa l’abbigliamento, al fine che i maghi non siano riconoscibili quando si aggirano fra i Babbani… »

James aprì il proprio libro e quando lo fece si trovò davanti un foglio piegato per bene, con sopra una scritta: Per James. Si guardò intorno, perplesso, ma nessuno sembrava essere interessato a lui in quel momento; alla fine prese il biglietto, lo portò sotto al banco e lo aprì. 

Era un biglietto di san Valentino molto semplice ed era firmato Isabelle M., quindi capì subito chi glielo aveva mandato. Isabelle Morgan era una Tassorosso del loro stesso anno con cui aveva parlato abbastanza spesso, soprattutto durante le ore di Erbologia e di Divinazione. Quel biglietto era proprio da lei: conciso, gentile e anche divertente, visto il modo in cui glielo aveva fatto recapitare. Visto che la lezione successiva, Pozioni, l’avrebbero avuta con i Tassorosso, l’avrebbe ringraziata allora. 

A quel punto ripiegò il biglietto e lo rimise nel libro, dopodiché andò al capitolo che il professore stava spiegando e tornò a concentrarsi sulla lezione. Tuttavia non si accorse di Lily, che aveva visto tutto e lo stava osservando dal proprio banco; se l’avesse guardata, nei suoi occhi avrebbe letto incertezza e anche un po’ di fastidio. 

Orgogliosa com’era, però, la ragazza girò di nuovo il viso verso Rüf e cercò di seguire il suo discorso, la piuma ben stretta tra le dita. Forse un po’ troppo stretta, capì poco dopo, quando iniziò a farle male la mano, così si riscosse. 

Lily si guardò attorno, cercando una distrazione. 

Qualche banco dietro di loro, Peter già dormiva bellamente, la guancia sul banco e la bocca socchiusa, mentre Sirius continuava a dondolarsi sulla propria sedia, lo sguardo assorto in chissà che pensieri. Al tavolo accanto al loro, invece, Remus prendeva diligentemente appunti e, se necessario, richiamava James affinché facesse lo stesso. Con un sorrisetto lieve sulle labbra, Lily lanciò un’occhiata anche Mary, che le sedeva accanto: l’amica aveva il gomito sul tavolo, così da potersi reggere la testa con la mano, e sfogliava distrattamente il libro mentre il professore parlava. 

« Per quanto riguarda la clausola 73, invece, essa decreta che ciascun ente governativo magico sarà responsabile dell’occultamento, la cura e il controllo di tutti gli animali, gli esseri e gli spiriti magici entro i confini del suo territorio. Se una di queste creature dovesse danneggiare la comunità babbana… » 

Rüf continuava a spiegare, svolazzando con calma davanti alla cattedra, ma Lily non riusciva a concentrarsi su ciò che stava dicendo. Per lei erano solo parole che si rincorrevano l’un l’altra. Le sentiva, ma non le rimanevano impresse. Tutto ciò a cui riuscisse a pensare era seduto a due metri da lei, chinato sulla propria pergamena e con uno sbafo di inchiostro sulla guancia. 

Guardarlo così, con la fronte aggrottata e un’espressione concentrata sul volto, le fece venire voglia di avvicinarsi a lui e prenderlo affettuosamente in giro; sapeva che, in caso, James si sarebbe difeso o facendole il solletico o stringendola a sé e spettinandole i capelli. Non le sarebbe dispiaciuta nessuna delle due ipotesi, perché in entrambi i casi lo avrebbe avuto di nuovo vicino, e non c’era cosa che volesse di più. 

Dopo ciò che era successo il sabato sera precedente, nessuno dei due aveva osato aprire il discorso durante una conversazione. Una parte di lei si rifiutava di parlarne, un’altra parte però sembrava essere disposta a tutto, anche a mettere da parte l’orgoglio, pur di sentire di nuovo le braccia di James intorno a lei e le sue labbra sulle proprie. 

E pensare che, fino a neanche un anno prima, piuttosto che farsi abbracciare da James Potter si sarebbe fatta stritolare da un Troll. Figuriamoci farsi baciare da James Potter. 

Oh, la Lily Evans di qualche anno prima l’avrebbe presa a schiaffi, se l’avesse vista in quello stato: seduta su una sedia a pensare e ripensare a James Potter, a dannarsi l’anima perché un’altra ragazza gli aveva mandato un biglietto di san Valentino quando lei non aveva avuto il coraggio di farlo. Lei, che non aveva il coraggio di andare lì da lui ed essere chiara con lui per una buona volta. 

Non le era mai mancato il fegato di fare qualcosa. Cosa diamine le stava facendo quel Potter? 

Le due ore di Storia furono lente e lei le trascorse con la mente altrove e lo sguardo perso fuori dalla finestra, ma alla fine la lezione finì. Fu il rumore della campanella a distoglierla dai propri pensieri, stavolta, e mentre sistemava le cose nella cartella si appuntò di chiedere a Remus gli appunti che aveva preso. 

« Terra chiama Lily » la voce di Mary arrivò alle sue orecchie fin troppo vicina, infatti quando alzò lo sguardo su di lei si rese conto che le stava parlando ad un palmo dal viso e quasi sobbalzò, facendola ridere. « Ben tornata tra noi! »

Lily avvertì le proprie guance arrossarsi, ma cercò di nasconderlo abbassando il viso; si sistemò la borsa sulla spalla, poi tornò a guardare la propria migliore amica. 

« Scusa » si limitò a dire, seguendola fuori dalla classe. « Ero un po’ soprappensiero ». 

« Me ne sono accorta » rise Mary, guardandola da sopra la spalla. « Posso chiederti come mai? »

La rossa aprì la bocca per parlare, ma in quel momento anche i Malandrini uscirono dall’aula e le raggiunsero rapidamente. James e Remus stavano parlottando tra di loro, invece Sirius stava ridacchiando all’indirizzo di Peter, che sembrava ancora nel mondo dei sogni. 

« Dormito bene, Wormy? » fece Remus, divertito. 

« Io non so davvero come facciate a seguire queste lezioni… » borbottò Peter, senza rispondere alla domanda che gli avevano fatto. « Per me sono peggio di un sonnifero. Basta che Rüf apra la bocca e puf! »

« Ce ne siamo accorti » gli assicurò James, dandogli qualche colpetto sulla spalla. 

« Quello che mi chiedo è come faccia Rüf a non accorgersene » disse invece Sirius, visto che Peter non era mai stato richiamato dal professore, anche se non ricordava neanche una lezione in cui fosse stato sveglio per tutto il tempo. 

« Beato te » sorrise Mary. « Quando ha beccato me, mi ha messo in punizione per una settimana ».

« Che ci posso fare? Suppongo sia un talento innato » scherzò Peter con una risata, mentre scendevano le scale e si avviavano verso l’aula di Pozioni.

Continuarono a chiacchierare e scherzare per tutto il tragitto, ma Lily non trovò l’occasione per avvicinarsi di più a James e parlare un po’ con lui finché non furono davanti alla porta della classe. 

Lui infatti la precedette e le aprì la porta per farla passare, ma quando lei si girò per ringraziarlo vide che era stato fermato da una ragazza di Tassorosso che avrebbe seguito la lezione con loro. Aveva mossi capelli biondi che le arrivavano un po’ sotto le spalle, occhi azzurri e sembrava più piccola di quanto in realtà non fosse. Lily non ci aveva mai stretto amicizia, un po’ perché non erano in Casa insieme e un po’ perché non avevano mai frequentato le stesse persone, ma la riconobbe come Isabelle Morgan. 

« Ehi, Isabelle » sentì dire a James, mentre Mary e gli altri Malandrini entravano in aula. 

Lily restò ferma un secondo, ma quando capì che lui non sarebbe entrato subito si girò e fece per andarsi a sedere come al solito accanto a Mary; tuttavia Lumacorno, seduto dietro l’imponente cattedra in legno scuro, le fece cenno di avvicinarsi e lei obbedì. 

« Signorina Evans, buongiorno » le disse con gentilezza, sorridendole affabile. « La vedrò venerdì, al mio party, vero? Vorrei proprio presentarle qualche mio conoscente ».

« Buongiorno, professore » lo salutò di rimando, educata, cercando di lanciare meno occhiate possibili ai due ragazzi che continuavano a parlare fuori dalla porta. « Certo, verrò sicuramente » aggiunse poi con un sorriso. 

« Ne sono lieto » fece Lumacorno, prima di avvicinarsi leggermente a lei. « Senta, posso chiederle un favore? L’ultima volta il signor Potter e il signor Black hanno fatto esplodere due calderoni, e vorrei evitare che ciò accadesse anche oggi. Le dispiacerebbe sedersi accanto ad uno dei due, per questa volta? » 

« Nessun problema » rispose prontamente lei, e sperò che Lumacorno le assegnasse James come compagno di banco: sebbene avessero messo da parte i dissapori, tra lei e Sirius non c’era ancora una forte amicizia.

Il sorriso sul viso di Lumacorno si ampliò ed era pieno di gratitudine. L’uomo guardò alle spalle di Lily e, una volta individuato Sirius, lo chiamò a gran voce: 

« Signor Black, venga qui al primo banco » gli ordinò, per poi tornare a rivolgersi a Lily con voce più bassa. « Si siede con lui. Almeno posso stare sicuro che per una volta non combinerà una bravata delle sue ». 

Lily gli rivolse un sorriso un po’ tirato, prima di annuire e posare la borsa sul tavolo. Sirius si era già stravaccato su una delle sue sedie e posò lo sguardo su di lei, le sopracciglia inarcate e un sorrisetto beffardo sul viso. 

« Bene, bene » commentò, serafico. « Si fa interessante ».

« È il mio giorno fortunato, a quanto pare » ribatté lei, sarcastica, sedendosi accanto al ragazzo. 

« Puoi dirlo forte » concordò Sirius, e se possibile il suo ghignò parve allargarsi. « Anche se sono consapevole di non poter prendere il posto di Prongs, per te. Ne prendo atto » continuò, divertito, e lei lo guardò con scetticismo. 

« Scusa? »

« Su, Evans. Ormai è chiaro chi sia il tuo Malandrino preferito » le spiegò lui, allungando le gambe sotto al banco. « Certo, ciò denota una grave mancanza di buon gusto… ma, a quanto mi dicono, al cuor non si comanda. Dico bene? »

Lily aprì la bocca per rispondergli, ma in quel momento James ed Isabelle entrarono in aula e Lumacorno decise di metterli al banco insieme per la giornata. 

« Oggi cambiamo un po’ le carte in tavola! » aveva poi esclamato il professore, spostando anche qualche altro studente. Remus finì con Dylan Goldstein, l’ex ragazzo di Mary; quest’ultima invece finì con Lucas e Peter con una Tassorosso dai capelli neri.

« Certo che si diverte con poco, Lumacorno » borbottò Sirius, a bassa voce, così da farsi sentire solo da Lily. 

Senza pensarci, lei si ritrovò a ridacchiare alla sua battuta e il ragazzo le lanciò un’occhiata incuriosita, mentre sollevava l’angolo della bocca in un accenno di sorriso. 

« Buongiorno a tutti, ragazzi » cominciò Lumacorno, allegro come al solito. « Oggi vi eserciterete con la pozione Sempreverde. Chi mi sa dire la sua funzione? » 

« Ma non l’abbiamo già fatta l’anno scorso? » domandò Sirius all’orecchio di Lily, che annuì. 

« Mi sorprendi, Black. Allora non hai la memoria di un vermicolo » lo prese in giro lei, sempre attenta a non alzare la voce. 

Il ragazzo ridacchiò, mentre la mano di Isabelle Morgan si sollevava. Lumacorno le fece segno di parlare. 

« Serve per rimettere in sesto le piante morte » disse con voce sicura, e il professore assegnò cinque punti a Tassorosso per la risposta corretta. 

Lily le lanciò un’occhiata in tralice, aggrottando un po’ le sopracciglia quando la vide sorridere a James, ma tornò a concentrarsi su Lumacorno. Pozioni era la sua materia preferita, almeno a quella doveva stare attenta. 

« Come ha detto la signorina Morgan, appunto, permetterà alla pianta di riacquisire la sua piena vitalità » riprese Lumacorno, poi con la bacchetta toccò la lavagna e vi comparve la lista degli ingredienti. « È una pozione che richiede molta precisione, ma quest’anno avete preparato distillati più complicati. Mi aspetto dei buoni risultati. Se avete bisogno di qualunque cosa, non esitate a interpellarmi. Buon lavoro ».

Lily si segnò velocemente gli ingredienti su un foglietto e si alzò per andare a prenderli in dispensa, lasciando a Sirius il compito di preparare la postazione. 

« Perché dovrei fare ciò che mi dici tu? » la provocò, con tono di sfida. 

« Perché, se mi arrabbio, sono molto peggio di Mary » lo rimbeccò lei, sorridendogli beffarda prima di sparire nella dispensa. 

Una volta lì prese le lumache cornute, il sangue di salamandra e tutti gli altri ingredienti necessari, sistemandoli con attenzione su un piccolo vassoio per portarli al banco. Mentre usciva incontrò James, che a sua volta doveva raccogliere i vari ingredienti, e si scambiarono un sorriso veloce prima di tornare ciascuno al proprio lavoro. 

Quando arrivò al banco, Lily si accorse con sorpresa che Sirius aveva davvero preparato la postazione. Gli rivolse un’occhiata stupita, e lui rispose con una semplice alzata di spalle ed un sorriso sghembo. 

« Non sono mica un imbecille, Evans » ci tenne a precisare, aiutandola poi a sistemare sul tavolo gli ingredienti. 

« Se lo dici tu » si limitò a rispondere lei, ma con un sorrisetto sulle labbra. 

« Evans, Evans » la canzonò Sirius, divertito. « Prima o poi mi amerai anche tu ». 

« Ah, sì? Ne sei così sicuro? »

« Certo che sì. È una cosa naturale, alla fine succede sempre ». 

« Lo vedremo. Potrei sorprenderti ». 

Sirius emise un fischio di apprezzamento, come se fosse rimasto colpito dalla sua risposta, e la osservò mentre accendeva il fuoco sotto al calderone e lo riempiva appena con mezzo litro di acqua. Lui tritò velocemente la foglia di rabarbaro nel mortaio per poi versare nel calderone la polvere ottenuta; dopodiché Lily aggiunse al composto due gocce di sangue di vampiro e una goccia di sangue di salamandra. 

« Bene, adesso dobbiamo lasciarla riposare dieci minuti » disse Lily, sistemando il mestolo sul tavolo. « Poi dovremo… »

« Ripetere gli stessi passaggi ancora una volta » la precedette Sirius, interrompendola, e lei si girò verso di lui. « So leggere anche io. E poi me la cavo abbastanza in Pozioni ».

Lily ci pensò un attimo su. In effetti, nonostante facesse spesso scherzi o casini in classe, non lo aveva mai visto prendere un voto basso. Qualche volta Lumacorno gli aveva messo Accettabile, ma era stato più per il suo comportamento durante la lezione che per un’effettiva scarsa qualità della pozione. 

« Non ti è andata così male, ad avermi come compagno di banco » aggiunse poi il ragazzo con tono casuale, lanciando un’occhiata a James e Isabelle che, invece, stavano ancora cercando di tagliuzzare la foglia di rabarbaro, senza pensare che fosse meglio tritarla come avevano fatto loro.

« Te lo concedo, Black » gli disse Lily, girandosi a sua volta per osservare gli altri due. 

James aveva in mano un coltello e cercava di tagliare il rabarbaro il più possibile, mentre Isabelle, che aveva già preparato il sangue di vampiro e di salamandra, sembrava dargli qualche indicazione o consiglio. Lily inarcò un sopracciglio e si disse che nessuno dei due doveva essere granché portato per la materia, o si sarebbero resi conto che lo strumento migliore da utilizzare era il mortaio.

« Ti godi lo spettacolo? »

La voce di Sirius la fece nuovamente voltare verso di lui, che nel frattempo aveva già tritato la seconda foglia di rabarbaro che avrebbero dovuto usare e la stava osservando con aria divertita. 

« Non so di cosa tu stia parlando » disse lei, lisciandosi pieghe inesistenti sulla divisa. 

« Come no » rise Sirius, mentre si accomodava contro lo schienale della sedia. « E io mi chiamo Celestina Warbeck ». 

Quando lo disse, a Lily tornò in mente la lettera canterina che quella mattina aveva intonato Un Calderone Pieno Di Forte Amor Bollente per una Mary completamente rossa in viso, e a quel ricordo non poté trattenere una risata. 

« Suppongo tu abbia apprezzato » commentò Sirius con tono casuale e un’espressione soddisfatta, capendo subito cosa l’avesse fatta ridere. 

« È stato divertente, lo ammetto » rispose lei, ancora ridacchiando tra sé e sé, lanciandogli un’occhiata in tralice. 

« Solo divertente? Di’ pure esilarante » la corresse il ragazzo, assolutamente entusiasta del suo scherzo. « L’hai vista bene la faccia di Mary? » 

Lily annuì e, visto che erano passati i dieci minuti, versò nel calderone la seconda foglia di rabarbaro e le altre gocce di sangue di vampiro e di salamandra. Mescolò la pozione due volte in senso antiorario, poi la coprì e la lasciò sul fuoco a riposare per altri dieci minuti. 

« Eccome se l’ho vista » disse, tornando a concentrarsi su Sirius. « Era così rossa che avevo paura potesse far esplodere qualcosa ». 

« O che potesse esplodere lei stessa ». 

I due si guardarono qualche secondo, in silenzio, ma subito dopo scoppiarono entrambi in una fragorosa risata. Fecero così tanto rumore che Lumacorno li riprese, perciò Lily, non riuscendo a smettere di ridere, cercò almeno di nascondersi dietro la propria mano. Distolse lo sguardo da Sirius, girandosi dalla parte opposta dell’aula, e così facendo incrociò lo sguardo incuriosito di James. 

« Tutto okay? » le mimò con le labbra, visto che tra i loro banchi ce n’era un terzo. 

In risposta, lei annuì ed alzò il pollice nella sua direzione. 

« Guardalo, come si preoccupa per la sua fidanzata » li prese in giro Sirius, e lei avvampò. 

« Non sono la fidanzata di nessuno » precisò immediatamente Lily, secca. 

« Penso che d’ora in poi ti chiamerò Lily Potter. Che ne dici? » continuò lui, ignorando la sua risposta e ghignando apertamente. « Suona bene, in fondo ».

« Giuro che ti faccio bere tutta questa roba, se non la smetti » lo minacciò, indicando la pozione che nel mentre sobbolliva sul fuoco basso. 

« Che sono queste minacce? » la riprese Sirius, divertito. « Da lei non me lo sarei mai aspettato, signora Potter ». 

Lily afferrò immediatamente il mestolo e con questo colpì Sirius sul braccio. 

« Oi! » esclamò quest’ultimo, ritraendo veloce l’arto e massaggiandosi il punto colpito. « Sei violenta ». 

« E non hai visto nulla » ribatté lei, rivolgendogli un sorriso sardonico, mentre rimetteva a posto il mestolo. « Chiamami ancora signora Potter e vedrai ».

Sirius non rispose e si limitò a sogghignare. Mentre la guardava aggiungere quattro rametti di valeriana e mescolare la pozione sette volte in senso orario, si disse che sì, l’avrebbe ancora chiamata signora Potter. Eccome se l’avrebbe fatto. 

Pregustandosi già l’imbarazzo che avrebbe causato, collaborò alla pozione prendendo le due lumache cornute e immergendole nel calderone. La pozione, all’interno, aveva ancora un colorito brunastro per niente invitante e un odore tremendo di terriccio e sangue. 

Lumacorno passò in quel momento vicino al loro banco e, dopo aver osservato il loro operato, sorrise ed annuì, compiaciuto; d’altronde Lily era una delle sue studentesse preferite, nonché una delle migliori, e si sarebbe stupito di vederla sbagliare qualcosa. Quando si avvicinò al tavolo di James ed Isabelle, invece, il suo viso assunse un’espressione leggermente preoccupata; guardò la pozione da più vicino, prima di alzare gli occhi sui due studenti e sorridere con condiscendenza. 

« Come avete preparato il rabarbaro? » domandò loro, sebbene temesse di sapere già la risposta. 

« L’ho sminuzzato io, professore » rispose James, ed indicò il coltello che aveva usato precedentemente. 

« Come sospettavo… » borbottò Lumacorno tra sé e sé. « Allora aggiungete cinque radici di valeriana anziché quattro e mescolate in senso orario per dieci volte. Se la pozione non assume un colore leggermente più verdognolo, aggiungete un po’ di polvere di Ashwinder  prima di mettere la corteccia di pino ».

I due ragazzi annuirono e James si alzò per andare a prendere in dispense una radice di valeriana in più, così Isabelle rimase per un paio di minuti da sola al banco. 

Lily la osservò di sottecchi, cercando di non farsi notare da occhi indiscreti; era una ragazza carina, abbastanza nella norma, ma di più non avrebbe saputo dire. La guardò sorridere a James quando quest’ultimo tornò a sedersi accanto a lei, e a quel punto Lily, senza rendersene conto, iniziò a picchiettare l’indice sul tavolo. 

« Non sarai gelosa, Evans » la richiamò Sirius, senza guardarla, mentre preparava la corteccia di pino che avrebbero dovuto aggiungere al loro decotto. 

« Non dire stupidaggini, Black » rispose lei, raddrizzandosi sulla sedia e prestando fin troppa attenzione alla loro pozione, che avrebbe dovuto riposare per ancora qualche minuto. 

Sirius girò il viso verso di lei e la guardò con un sopracciglio inarcato. 

« Su, con me non hai motivo di dire cazzate. È ovvio che ti dà fastidio » disse, ma il suo tono non aveva niente di beffardo o canzonatorio, era sorprendentemente amichevole. « Di solito a Pozioni sei sempre rilassata. Oggi basta che ti giri per qualche secondo di là e diventi più tesa di una corda di cuore di drago ». 

Lily aprì la bocca per ribattere, ma alla fine decise di non farlo. Era abbastanza inutile negarlo, ormai: evidentemente Sirius riusciva a capirla meglio di quanto pensasse. 

« È così evidente? » si limitò a chiederli, un po’ in imbarazzo. 

« Nah » la tranquillizzò lui. « O meglio, io me ne sono accorto subito. Ma, conoscendo James, neanche se glielo urlassi in faccia lo capirebbe ».

« Non mi è mai sembrato così imbranato con le ragazze… » ribatté Lily, e non appena lo disse si sentì a disagio: non voleva fare paragoni, tra lei e le ragazze con cui James era uscito negli anni precedenti, soprattutto non davanti a Sirius Black. 

Lui rise e scosse la testa, prima di metterle una mano sulla spalla e costringerla così ad alzare il viso verso di lui. 

« Evans, ci sei? » fece, divertito. « Stiamo parlando di James. È vero, con le altre non è mai stato così imbranato, ma con te? Andiamo, a volte sembra un dodicenne ». 

« Parli sempre così del tuo migliore amico? » scherzò lei, che nonostante tutto si sentì in parte rincuorata dalle sue parole. 

« In realtà… sì » ammise Sirius facendo spallucce. « E in questo caso lo faccio per una buona causa, mi sembra. No? »

Lily non rispose e, per prendere tempo, afferrò la corteccia di pino già preparata da Sirius e la gettò nel calderone; questa sparì presto all’interno della pozione, e a quel punto lei iniziò a mescolare con forza in senso antiorario. 

« Allora? » insistette Sirius, avvicinandosi leggermente a lei. « È per una buona causa, o è meglio se torno a farmi i fatti miei? »

Lei gli lanciò un’occhiata in calice e fu tentata di non rispondere, ma alla fine sospirò ed annuì. 

« … È per una buona causa ». 

Sirius sorrise, soddisfatto, e posò il coperchio sul calderone per far riposare la pozione al buio, come dicevano le istruzioni del libro. 

« Contento? » gli domandò, poggiando il gomito sul tavolo e girandosi completamente verso di lui. 

« Certo » rispose Sirius con tono ovvio. « È sempre bello avere ragione ».

Lily mise su un’espressione scettica e lo guardò, le labbra strette in una linea sottile. 

« È inutile che fai la dura, Evans, non attacca » rise, tornando a mettersi comodo sulla sedia e affondando le mani in tasca. « Andiamo. Per anni vi siete urlati contro, tu gli hai lanciato contro qualunque tipo di fattura, lui ti ha tartassata di inviti ad uscire e tu hai sempre detto no. Penso che almeno metà del castello senta la mancanza di tutto questo… a volte devo dire che io stesso avrei voglia di rivivere il ricordo di te che gli dici che preferiresti uscire con la Piovra Gigante… Ah, bei tempi andati. Stavo dicendo? » 

« Dicevi che ci siamo urlati contro per anni » lo aiutò Lily, tra il confuso e il divertito. 

« Giusto » annuì Sirius, facendole un occhiolino per ringraziarla. « Ad ogni modo, è quasi un anno che non lo fate più. Probabilmente molte persone pensano che sia perché siete entrambi Caposcuola » e qui fece una piccola smorfia, « ma non potete mica fregare noi ». 

« Ma guarda che nessuno vuole fregarvi… » precisò lei. 

« È un modo di dire, Evans! Tieni il passo, su » la incitò Sirius, alzando gli occhi al cielo. « Ad ogni modo, non hai nessun motivo per essere gelosa. Sì, la Morgan è carina, ma sappiamo entrambi che le bionde non sono esattamente il tipo di James… » sogghignando, lanciò un’occhiata ai capelli di Lily e continuò: « James preferisce di gran lunga le ross… »

« Ho capito! » esclamò lei per fermarlo, facendolo ridere; tuttavia aveva usato un tono di voce più alto del previsto, perciò l’intera classe si girò verso di loro. « Scusate… » disse, cercando di darsi un contegno, prima di guardare nuovamente Sirius: « Ho capito… » ripeté, mentre lui cercava di ridere senza farsi vedere da Lumacorno. 

« Sì, direi che eri stata già abbastanza chiara al primo “ho capito” ».

Lei cercò di guardarlo storto, ma il sorriso appena accennato sulle sue labbra la smentirono immediatamente. 

Lily tolse il coperchio dal calderone e mescolò ancora quattro volte la pozione in senso orario, osservando come il colore cambiasse a poco a poco. Infatti quel brutto colore brunastro iniziò a schiarirsi mano a mano che mescolava la pozione, che così virò su un verde bosco cupo ma decisamente più invitante. Anche l’odore, notò Sirius, era molto più sopportabile di prima: gli ricordava i campi dietro casa di Remus, a Marloes. 

« Be’, che ne dici? » le chiese il ragazzo, controllando che anche la consistenza fosse come diceva il libro. 

« Mi sembra perfetta » rispose Lily con un sorriso. 

« Lo penso anche io » disse Lumacorno, che si era appena fermato dietro di loro e aveva osservato con attenzione la pozione. « Mettetene un po’ in una fiala così che io possa controllarlo meglio, ma penso di non esagerare quando dico che questa pozione potrebbe valervi un bell’Eccellente… Forse dovrebbe fare più spesso coppia con la signorina Evans, signor Black ».

« Ci penserò, professore » gli promise Sirius, per poi girarsi verso Lily non appena il professore si fu allontanato un po’. « Visto, Evans? Alla fine è stato davvero il tuo giorno fortunato ».

« Vorrai dire che è stato il tuo, di giorno fortunato » lo rimbeccò lei, versando un po’ della loro pozione in una fiala e facendo evanescere il resto con un colpo di bacchetta. 

Sirius rise e con un « Gratta e netta » pulì la loro postazione. 

Rimasero seduti finché la campanella non annunciò la fine di quella lezione, al che tutti quanti iniziarono a preparare le fiale da far valutare al professore. Lumacorno li chiamò una coppia per volta, segnando poi con un’etichetta a chi appartenesse ogni pozione. 

Sirius e Lily vennero chiamati per primi, così, dopo aver consegnato la loro fiala, presero le proprie cose e cominciarono ad uscire dall’aula. Si fermarono davanti alla porta per aspettare gli altri e Sirius si appoggiò con la schiena al freddo muro di pietra. 

« I sotterranei non mi piaceranno mai » commentò Lily, storcendo il naso. « Sono così tetri ».

« Aggiungiamoci anche l’odore di melma che non aiuta » convenne Sirius, lanciandosi svogliatamente un’occhiata attorno. 

« Dai, l’odore non è neanche così terribile » protestò lei, affiancandolo. « È proprio l’atmosfera che non mi piace ».

« L’atmosfera di cosa? » domandò Remus, che era uscito in quel momento dall’aula e, dopo aver salutato Dylan Goldstein, li aveva raggiunti. 

« Dei sotterranei » rispose Lily. « Com’è andata? »

« Oh, abbastanza bene in realtà. Avremmo potuto fare di meglio, ma è andata bene » disse il ragazzo con un sorriso soddisfatto. « A voi, invece? »

« Benissimo » fece Sirius. « Grazie a me, Evans prenderà una E ».

« Grazie a te? » fu il semplice commento di James, scettico; era appena uscito e al suo fianco c’era ancora Isabelle. 

« Certo » asserì Black, annuendo con convinzione alle proprie parole, prima di girarsi verso Lily. « Vero, Evans? » 

« Come no » rispose lei, ridendo e dandogli una gomitata scherzosa. 

James rimase un attimo in silenzio e li guardò, sorpreso. Da quel che sapeva, Lily e Sirius non avevano mai stretto particolarmente. E allora perché adesso scherzavano l’uno con l’altra come se fossero amici da tempo? Li aveva osservati, durante la lezione, e tutto si era aspettato fuorché vederli chiacchierare e ridere insieme. 

« Ehilà! » esclamò Mary, arrivando insieme a Peter. « Ci stavate aspettando per andare a pranzo? »

« Mamma mia, ho una fame… » borbottò invece Peter, facendo ridacchiare Remus che gli disse: 

« Mi sarei sorpreso del contrario, Wormy ». 

James rise e, prima di incamminarsi insieme ai suoi amici verso la Sala Grande, si girò verso Isabelle. Lei gli sorrise e gli lanciò un’occhiata carica di aspettativa, così lui si passò una mano tra i capelli. 

« Be’, ci vediamo in giro, Isabelle » si limitò a dirle, nonostante fosse chiaro che lei si aspettasse qualcos’altro, magari un invito ad uscire insieme. « Grazie ancora per il biglietto, ma ora devo davvero andare… » aggiunse, prima di salutarla e guardarla allontanarsi in direzione delle sue amiche. 

Quando la vide iniziare a chiacchierare con queste, James si girò e camminò a passo svelto per raggiungere in fretta gli altri. Loro nel frattempo stavano già salendo le scale che avrebbero portato all’ingresso principale, perciò quando li raggiunse erano ormai quasi arrivati in Sala Grande. 

Si sedettero al solito posto, più o meno a metà della sala; James si sedette da un lato, tra Sirius e Peter, mentre davanti a lui si sedette Mary, affiancata da Lily e Remus. 

« Speriamo ci sia la Sheperd’s Pie… » disse Mary, guardando i vassoi ancora vuoti davanti a loro. 

Lily concordò e, nel mentre, decise di versarsi un po’ d’acqua. 

Stava giusto bevendone qualche sorso quando davanti a lei, sul tavolo, si materializzò un piccolo biglietto; era stato arrotolato e poi chiuso con un nastro vermiglio. Lo prese tra le mani e si guardò attorno, cercando di capire chi potesse averglielo mandato; quando posò gli occhi sul tavolo di Corvonero, incontrò lo sguardo di Ryan Faulkner e dal sorriso che le rivolse capì di aver trovato il misterioso mittente.

Con attenzione sciolse il nodo ed aprì il biglietto. 

Dopo averlo letto, con la coda dell’occhio, Lily vide James lanciare occhiate molto poco discrete sia a lei che al biglietto che teneva tra le mani. Senza riuscire a trattenersi, piegò le labbra in un sorriso soddisfatto e ripose il biglietto nella propria borsa. 

Davanti a lei, Sirius le fece l’occhiolino e scoppiò in una fragorosa risata.

 

*

 

Dopo pranzo, si erano divisi in gruppi: Mary doveva andare a Cura delle Creature Magiche, James, Sirius e Peter invece avevano Babbanologia, mentre Lily e Remus avrebbero seguito Antiche Rune. 

Non avere James vicino aveva permesso a Lily di seguire praticamente tutta la lezione della professoressa Babbling, a parte alcuni momenti in cui si era distratta e aveva ripensato a quando, prima di separarsi, James era stato fermato per il corridoio da una ragazza del Quinto anno. Lei non era rimasta lì ad ascoltare ciò che si erano detti, non l’avrebbe mai fatto, così si era limitata a lanciargli un’occhiata di sottecchi e se n’era andata insieme a Remus. 

Dopo la lezione di Antiche Rune si era poi diretta in Biblioteca, mentre Remus aveva raggiunto Benjy Fenwick per la loro ronda da Prefetti. 

La Babbling aveva assegnato una traduzione più lunga del solito, e così Lily aveva deciso di avvantaggiarsi un po’ e portarsi avanti il più possibile. I M.A.G.O. erano sempre più vicini e il fatto che le giornate passassero così rapidamente iniziava a metterle un po’ di ansia. 

Verso le sei aveva tradotto già più di metà della versione, così decise di tornare in Sala Comune per riposare un po’ prima della cena; tra la lezione e la biblioteca aveva passato tutto il pomeriggio sommersa da rune e simboli, non ne poteva più. Un altro minuto in compagnia del suo libro di Antiche Rune Avanzate e sarebbe impazzita, ne era certa.

Ripose tutte le proprie cose borsa, si alzò e, dopo essersi sistemata il mantello sulle spalle, si avviò verso la porta ed uscì. Era già buio, ma le lanterne accese alle pareti illuminavano il corridoio. 

Mentre camminava, avvolta solo dal rumore dei suoi passi contro il pavimento di pietra, continuò a rimuginare su quella giornata. 

Dopo che aveva ricevuto il biglietto di Faulkner, aveva iniziato a notare alcune occhiate che James, pensando di non essere visto, le aveva lanciato di tanto in tanto. Aveva capito che si era infastidito, e, per quanto infantile fosse, la cosa le aveva fatto piacere. Certo, era stata meno contenta quando aveva visto Brianna Fields fermarlo dopo pranzo, ma aveva deciso che non si sarebbe lasciata influenzare da quello. In primo luogo perché né Brianna né Isabelle avevano fatto qualcosa di male, avevano semplicemente provato a fare colpo su un ragazzo a cui probabilmente erano interessate; inoltre, perché, finché non avesse fatto qualcosa di concreto, sapeva di non potersi lamentare più di tanto e di non poter avanzare pretese spropositate. 

Quando arrivò davanti al ritratto della Signora Grassa, le disse la parola d’ordine ed entrò in Sala Comune. Il camino era acceso e il tepore l’avvolse immediatamente, facendola sorridere. 

Proprio vicino al camino, seduto per terra e con un paio di libri aperti davanti a lui, vide James. Voleva andargli a parlare, ma alla fine preferì salire un po’ in camera per poter pensare in tranquillità a cosa dirgli. 

Decise quindi di far finta di non averlo visto e s’incamminò direttamente verso il proprio dormitorio, sparendo dietro la porta che vi conduceva. Avendogli dato le spalle, non si accorse del sorriso sornione che aveva fatto capolino sul viso di James, che nonostante tutto l’aveva vista entrare in Sala Comune.

Lily salì le scale a chiocciola ed entrò nella propria stanza, trovandola fortunatamente vuota. 

Si slacciò il mantello e lo posò sul baule insieme alla borsa, dopodiché si diresse in bagno per lavarsi le mani visto che si era macchiata d’inchiostro. Lanciò un’occhiata allo specchio e a ciò che rifletteva: davanti a lei, lunghi capelli rossi e allungati occhi verdi, c’era un’altra Lily. Si osservò con occhio critico, prima di sciacquarsi il viso con dell’acqua fredda e tornare in camera.

Stava per togliersi le scarpe e buttarsi sul letto, quando si accorse di ciò che era stato poggiato sopra le trapunte: c’erano due fiori, una rosa rossa ed un giglio, accompagnati da un biglietto legato al nastro stretto intorno ai loro steli. 

Lily si sedette con attenzione sul letto e poggiò il tutto sulla gonna della divisa, incuriosita. Con un dito sfiorò delicatamente i petali dei fiori, scoprendoli ancora più morbidi e soffici di quanto avesse immaginato. 

Sciolse il nodo che teneva uniti i due fiori e, dopo averli posati accanto a lei, si concentrò sul biglietto che li accompagnava; era una pergamena semplice, piegata in quattro e senza alcun nome all’esterno. Quando l’aprì, capì immediatamente chi fosse il mittente e ne ebbe la conferma quando arrivò alla firma. Non lo dedusse soltanto dalla grafia, ma anche da ciò che aveva scritto. 

        Le rose sono rosse

        I gigli sono bianchi

        Noi due insieme 

        Faremmo invidia pure ai banchi

Dovette leggerlo tre volte per essere sicura di aver letto bene, e a quel punto non riuscì a trattenere le risate. 

Solo James avrebbe potuto scrivere un biglietto del genere e inviarglielo sul serio. Lily avrebbe capito che era da parte sua anche senza la firma. Certo, era un biglietto al limite dal ridicolo, ma le piacque anche per quello. Era ironico, divertente. Era fuori dal comune, proprio come lui.

Dopo averlo riletto ancora un paio di volte, scosse la testa e, sorridendo, lo mise nel cassetto del proprio comodino. A quel punto si alzò, prese la bacchetta e con un incantesimo fece comparire un piccolo vaso proprio sul comodino; con un semplice « Aguamenti » lo riempì d’acqua e vi immerse la rosa e il giglio. 

Riguardò il tutto un’ultima volta e, mentre il suo sorriso si allargava ulteriormente, decise di tornare in Sala Comune. Scese le scale più velocemente di quanto avesse pensato, perciò una volta arrivata davanti alla porta che dava sulla Sala Comune si fermò e provò a darsi un contegno. 

James era ancora seduto a gambe incrociate davanti al fuoco e con la bacchetta continuava a girare svogliatamente le pagine di un libro. Quando alzò gli occhi vide che Lily gli si stava facendo incontro, le labbra piegate in un sorriso e le guance leggermente arrossate. 

Lei lo raggiunse e scivolò a sua volta per terra, sedendosi accanto a lui; a quel punto girò il viso verso di lui e, ridacchiando, recitò:

« Faremmo invidia pure ai banchi? »

James capì subito a cosa si stava riferendo, così si mise a ridere e con la mano andò a spettinarsi i capelli. 

Si sentiva un po’ a disagio, in realtà: avrebbe voluto scriverle qualcosa di più carino, per farle capire che ci si era impegnato, ma non ci era riuscito. Aveva avuto qualche altra idea, ma gli erano sembrate tutte troppo melense e alla fine aveva deciso di rimanere con quello: sarà stato stupido, sarà stato fuori dalle righe, sarà stato poco adatto alla giornata, ma lo rispecchiava. 

« Sì… non sono bravissimo con le poesie, penso lo avrai notato » disse infine, chiudendo il libro che aveva davanti. « Diciamo che speravo apprezzassi il tentativo ».

Stavolta fu lei a ridere, e senza pensarci posò la propria mano su quella del ragazzo, che era ferma a terra fra di loro. 

« Lo apprezzo, davvero » gli assicurò, sciogliendosi in un sorriso dolce. « E i fiori sono bellissimi ».

« Vero? La McGranitt sarebbe fiera di me » scherzò James, visto che si era servito di un incantesimo di Trasfigurazione per ottenere sia il giglio che la rosa. « Ma… davvero ti è piaciuto? Il biglietto, dico… se ti ha fatto schifo puoi dirmelo, giuro che non mi offendo ».

« Se mi avesse fatto schifo te lo avrei detto, James » disse Lily, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice. « In fondo già il fatto che tu mi abbia fatto una sorpresa… » stava continuando, ma lui la interruppe. 

« Visto? » esclamò infatti, prendendola alla sprovvista e facendole puntare lo sguardo su di lui. «È una di quelle frasi fatte alla “è il pensiero che conta”! »

Lei sbuffò, incredula, e subito dopo gli tirò un leggero schiaffo sul braccio per impedirgli di andare avanti con quella storia. 

« Ma vuoi lasciarmi finire? » domandò retoricamente, alzando gli occhi al cielo prima di tornare a guardarlo. « Giuro che il tuo biglietto mi è piaciuto. Insomma, chi altro può vantarsi di aver ricevuto una poesia del genere? » scherzò, e lui piegò l’angolo della bocca in un sorrisetto. « Quello che volevo dirti… insomma, sei stato carino. Anche solo il fatto che tu ti sia messo a scrivermi qualcosa di tuo pugno… l’avrei apprezzato in ogni caso… ».

James si passò la mano libera tra i capelli, sorridendole. La guardò in viso, godendosi il rossore che le imporporava le guance e l’espressione un po’ imbarazzata, e fu tentato di attirarla a sé per stringerla e affondare di nuovo le dita tra i suoi capelli. Tuttavia si limitò a muovere la mano, così da intrecciare le dita con quelle di Lily. 

« Senti… » cominciò dopo qualche attimo di silenzio. Voleva chiederle di uscire con lui, il fine settimana successivo, visto che era stata programmata una gita ad Hogsmeade, ma lei lo bloccò prima che potesse proporle alcunché. 

« Posso chiederti una cosa? » chiese, piegando le labbra in un piccolo sorriso e prendendolo in contropiede.

Per un attimo in realtà fu tentato di risponderle negativamente per poterla invitare ad uscire, ma il suo buon senso ebbe la meglio, così si limitò a rispondere: « Certo » e si strinse appena nelle spalle. 

Lily rimase in silenzio per una manciata di secondi, guardandolo con attenzione da sotto le ciglia fulve, come se lo stesse studiando e stesse soppesando ogni suo minimo movimento o cambiamento d’espressione. Alla fine sembrò prendere maggiore sicurezza e si sciolse in un sorriso più ampio, che le arrivò anche agli occhi.

« Venerdì c’è il solito party di Lumacorno… Ti va di venirci con me? » gli domandò a bruciapelo, lanciandogli uno sguardo carico di aspettativa. 

In un primo momento, quando Lily aveva menzionato Lumacorno e il suo Lumaclub, James sentì il bisogno di alzare gli occhi al cielo e simulare un conato di vomito improvviso. Quando lei proseguì il proprio discorso, tuttavia, si bloccò sul posto e sgranò gli occhi, guardandola come se non l’avesse mai vista prima di allora.

« Aspetta… » mormorò, stupefatto. « Mi stai invitando alla festa? Cioè, stai invitando me? »

Lei inarcò le sopracciglia, divertita, e finse di guardarsi attorno con grande interesse. 

« Be’, non mi sembra che qui ci sia qualcun altro… » disse, scherzosa, quando posò di nuovo lo sguardo su di lui. 

James tacque, ripensando a ciò che aveva effettivamente detto, e si chiese quando fosse diventato così cretino. Lily lo invitava ad una festa - Lily invitava lui ad una festa - e lui se ne usciva in quel modo, come un ragazzino di dodici anni. Anzi, neanche un ragazzino di dodici anni sarebbe riuscito a rendersi così ridicolo. 

Mentre lui continuava a darsi mentalmente dello stupido, promettendo a sé stesso che si sarebbe punito a suon di testate contro la porta, Lily continuò ad osservarlo con aria divertita. Solo quando gli fece schioccare le dita davanti al viso riuscì a farlo tornare con i piedi per terra. 

« Allora? » incalzò, trepidante. « Devo prenderlo come un no? »

« Cosa? No! » esclamò, ma appena lo disse aggrottò la fronte, confuso. « Cioè, sì! Nel senso… no che non è un no. Perché è un sì. Certo che mi va di venire con te alla festa di Lumacorno ».

Il viso di Lily si illuminò e lei, senza pensarci, si piegò verso James; gli posò una mano sul ginocchio e così si diede lo slancio per posare le labbra sulla sua guancia. Rimase in quella posizione per qualche secondo, dopodiché si tirò indietro e tornò al proprio posto. 

James aprì la bocca per dirle qualcosa, ma in quel momento il ritratto della Signora Grassa si scostò e fece entrare le compagne di stanza di Lily e Mary, Claire e Kate. Quest’ultime videro subito i suoi capelli rossi così, non notando nulla di strano, si avvicinarono ai due ragazzi e si rivolsero a Lily. 

« Ehi, Lil. Tu hai già fatto il tema per la Hale? » disse Claire, fermandosi insieme a Kate a qualche metro da loro, rimanendo così dietro al divano e non vedendo le loro dita intrecciate. 

« Sì, se volete dargli un’occhiata sta sul mio baule » rispose Lily, rivolgendo ad entrambe un sorriso gentile. « Avete visto Mary? »

« No, ma aveva Cura delle Creature Magiche. Magari si è fermata a bere un tè da Hagrid » ipotizzò Kate, stringendosi nelle spalle. 

« Sempre che non sia dovuta andare in Infermeria a causa di qualche altro animaletto di Glenville… » borbottò Claire, che, come Peter, non era una mai stata un’amante della materia. 

Lily e James si lanciarono un’occhiata di sottecchi e ridacchiarono. 

« Ad ogni modo noi saliamo un po’ per riposarci prima di cena » l’avvisò Kate, scostandosi la frangetta dagli occhi. « Tu che fai? »

« Voi andate, ora vi raggiungo » disse Lily, guardandole poi salutare James e sparire dietro la porta che conduceva ai dormitori. 

« Sei sicura che Lumacorno sarà contento di vedermi, al suo party? » scherzò lui, cercando di riottenere la sua attenzione. « Non è esattamente un mio fan, ma penso tu lo abbia notato ».

« Questo solo perché tu e Sirius non fate altro che macelli durante le sue lezioni pratiche » precisò Lily, dandogli una spallata amichevole. « E poi sono una delle sue alunne preferite, magari per una sera farà un’eccezione ». 

« Quindi suppongo niente scherzi, eh? »

« Credo proprio di no, James » rise lei, prima di lasciare lentamente la sua mano ed alzarsi in piedi. « Penso che andrò un po’ in dormitorio, ora. Ci vediamo a cena? » chiese, sistemandosi al meglio la divisa. 

Lui si limitò ad annuire, un po’ deluso, così lei gli sorrise un’ultima volta e si girò per avviarsi verso la propria camera. Non aveva fatto che due passi, quando la voce di James la richiamò e la costrinse a girarsi di tre quarti per poterlo osservare in viso: la guardava con un sorriso un po’ sghembo sulle labbra e la mano già tra i capelli neri, lo sguardo deciso.

« Ti va di restare un altro po’? » le domandò, pregando di non suonare implorante. Non voleva risultare pesante o insistente, ma quel giorno erano stati pochissimo assieme e voleva passare del tempo con lei. 

Lily si stupì di quella domanda, ma trascorsero appena un paio di secondi prima che lei annuisse e scivolasse di nuovo al suo fianco, stavolta ancora più vicina di prima. Non gli disse nulla a parole, semplicemente girò il viso verso di lui e gli regalò il sorriso più dolce che lui avesse visto. 

« Com’è andata Babbanologia? » gli domandò, allungando le gambe in avanti, verso il fuoco che scoppiettava nel camino. 

« Normale » rispose James, facendo spallucce. « Oggi Davies ci ha parlato di alcuni mezzi di trasporto che usano i Babbani. È vero che anche loro possono sposarsi volando? Con gli aerrei? »

Lily ridacchiò ed annuì, stiracchiandosi. 

« Sì, è vero » confermò, divertita. « Sono dei grossi veicoli e possono portare davvero tante persone con un volo solo. Però si chiamano aerei, non aerrei ». 

« Aerei, aerrei, insomma! Mi hai capito! » esclamò lui, che non era mai stato bravissimo a ricordarsi i nomi degli oggetti babbani che studiavano. « Comunque, Davies ci ha anche fatto vedere un modellino! E sei anche coperto, quindi non prendi freddo come faresti se usassi una scopa! Tu ne hai mai preso uno? »

« Sì, un paio di volte in realtà. L’ho preso per andare in Francia e in Spagna ».

« E com’è stato? » continuò a domandare, interessato. 

« Non male » rispose Lily, ridendo. « Sicuramente meglio che volare su quel trabiccolo che chiamate scopa » aggiunse con tono scherzoso, sapendo che l’avrebbe presa sul personale. 

James infatti si portò una mano al petto, sul cuore, e spalancò la bocca in una ‘o’ perfetta. 

« Come osi? » 

« Su, non fare il melodrammatico… » lo prese in giro, dandogli un colpetto sulla gamba con il proprio ginocchio. 

« Non sono affatto melodrammatico » s’impuntò James, stando al gioco. « Però non puoi chiamare le scope trabiccoli! Questa è un’eresia! Pagherai per questo, Evans, lo sai vero? ».

« Dovrei avere paura, Potter? » ribatté Lily, inarcando le sopracciglia. 

James non disse nulla, ma piano piano sul suo viso comparve un sorriso decisamente poco rassicurante, così lei fece per allontanarsi di qualche centimetro. Tuttavia lui fu più veloce e, forse anche grazie ai suoi riflessi, le fu addosso in un secondo. Prima che se ne rendesse conto, Lily si ritrovò con la schiena a diretto contatto con il pavimento ed avvertì le mani di James sollevarle appena la camicia così da scoprirle la pancia il minimo necessario per farle il solletico.

« No! Il solletico no! » iniziò a lamentarsi Lily, mentre cercava invano di sottrarsi alla tortura che lui, tra una risata e l’altra, le stava infliggendo. 

« Oh, il solletico sì! » disse invece James, che ormai le stava praticamente sopra. « Ritira tutte le tue calunnie! » continuò, bloccandosi di colpo e puntandole un dito contro. 

Lei lo guardò un attimo negli occhi, godendosi quei secondi di pace che James parve aver deciso di concederle, e dopo poco piegò le labbra in un sorriso sornione e scosse la testa. 

« Io non ritiro un bel niente! » 

« L’hai voluto tu, allora! » esclamò lui, per poi di tornare a muovere le mani sotto la sua camicia, facendole lanciare un urletto acuto che fece girare molte teste nella loro direzione. 

Quando entrambi se ne accorsero, si immobilizzarono immediatamente e si scambiarono un’occhiata imbarazzata, raddrizzandosi e cercando di darsi un minimo di contegno.

Lily si sistemò immediatamente la divisa, visto che in tutto quel caos le si era slacciato un bottone della camicetta e le si era alzata leggermente la gonna. Aveva le guance molto più rosse del solito e, dalla sua espressione, per James era chiaro che si stesse mordendo l’interno della guancia per non mettersi a ridere. Lui invece, per prendere un po’ di tempo, si sfilò gli occhiali e li pulì velocemente con il fazzoletto che teneva sempre in tasca. 

« Scusami » tossicchiò infine James, facendo cenno con la testa alle mani di Lily, che si stavano affrettando a infilare di nuovo il bottone nell’asola della camicia.

« Tranquillo, non l’hai mica fatto di proposito… » rispose la ragazza, mentre il rossore sul suo viso iniziava finalmente a farsi più lieve. 

I due si lanciarono un’occhiata a metà tra l’imbarazzato e il divertito, prima di iniziare a ridacchiare sommessamente. Solo dopo qualche secondo James le indicò i capelli, cercando di non ridere ancora di più. 

« Che c’è? » domandò Lily, toccandosi la testa con le mani, alla ricerca di chissà cosa. « Ho qualcosa nei capelli? »

« No, no, non è questo. Ferma! Stai solo peggiorando la situazione! » disse James, dato che lei stava continuando a spettinarsi ulteriormente i capelli, che a quel punto potevano davvero competere con i suoi. « Posso? » le chiese, avvicinando le mani alla testa di Lily ma rimanendo comunque a distanza nel caso lei avesse risposto negativamente.

Lily mosse piano la testa, annuendo, e lo studiò attentamente in viso mentre lui cercava di sistemarle i capelli come meglio poteva; le sue dita erano delicate, le spostavano le ciocche con gentilezza, mentre gli occhi erano fissi su ciò che stava facendo e la bocca era piegata in un’espressione fin troppo concentrata. 

Vedendolo così, con l’espressione corrucciata e attenta, le venne da ridere e non riuscì a trattenersi.

Fu allora che James spostò di nuovo lo sguardo sul suo viso, incontrando i suoi occhi, e piegò le labbra in un piccolo ghigno quando finalmente finì di sistemarle i capelli. Le scostò un’ultima ciocca dal viso, portandola dietro l’orecchio, e le era così vicino che quando parlò Lily sentì il suo respiro sul viso. 

« Ecco… così » disse a voce bassa, rimanendo per qualche secondo in quella posizione prima di allontanarsi lentamente da lei. 

« Grazie » fece Lily, sollevando l’angolo della bocca in un sorrisetto. 

« Figurati » rispose James, guardandosi poi intorno, un po’ a disagio; era stato così preso da Lily, che si era quasi dimenticato di essere in Sala Comune nell’ora di punta. « Insomma… ti va una partita a Sparaschiocco? » le domandò all’improvviso, a bruciapelo, dopo aver individuato un mazzo proprio sulla mensola sopra al camino. 

Lei lo guardò come se fosse impazzito, ma annuì comunque e, divertita, lo guardò alzarsi in piedi per andare a prendere il mazzo di carte. 

« Ti avverto, James. Sono bravissima a Sparaschiocco » lo avvisò quando lui le si sedette di fronte ed iniziò a dividere le carte. 

James inarcò le sopracciglia e ridacchiò, lanciandole un’occhiata in tralice. Una volta divise le carte in due mazzi, gliene porse uno e Lily, quando lo prese, mise su un’espressione confusa e passò per qualche volta lo sguardo dal mazzo a James e viceversa. 

« Ma almeno ci sai giocare? » gli chiese, perplessa, rigirandosi le carte in mano. « Perché mi hai dato metà mazzo? »

« Certo che ci so giocare » sbuffò lui con tono ovvio. « Comunque, hai mai provato a costruire un castello con queste carte? È difficilissimo ».

« Ma scoppiano ogni due per tre! Non devi sempre ricominciare da capo? »

James scosse la testa e mise su un’espressione degna di un bambino in procinto di rubare i biscotti dal vaso nascosto dalla madre. 

« No, se stai attento non scoppiano. O meglio, scoppiano sempre, però non così spesso » le spiegò, soddisfatto, giocando con le proprie carte. « E poi è divertente anche per questo! Non sai mai se la carta che stai mettendo farà saltare tutto il castello oppure no ».

Lily non parve molto convinta, ma lui cominciò a sistemare le carte a terra per formare il primo strato. A quel punto lei sospirò e si unì a James, sistemando la carta con delicatezza e stando bene attenta a non far cadere quelle vicine.

« E comunque, lo so che hai deciso di costruire un castello di carte solo perché, se avessi giocato contro di me a Sparaschiocco, non avresti mai vinto » lo stuzzicò Lily, lanciandogli al volo un’occhiata prima di tornare a concentrarsi sulle proprie carte. 

« Non c’è vantatore che parli senza errore, Lily, non te l’hanno mai detto? » ribatté lui a tono, mentre iniziava a posizionare le carte sul secondo strato. 

« Vale anche per te con il Quidditch quindi, no? » 

« Certo che no » rispose James, distogliendo lo sguardo dal castello per lanciarle un’occhiata sorriso furbo. « Io non mi vanto, quando parlo di Quidditch, sono solo oggettivo ».

« Saresti oggettivo quando ti definisci il miglior Cacciatore che Hogwarts abbia mai visto? » domandò Lily, retorica, e un suo sopracciglio scattò in alto, seminascosto dalla frangia.

« Ovviamente. Vorresti dirmi che non è vero? » la sfidò, sistemando un’altra carta. 

« Mah… » fece lei, fingendo di pensarci su: in realtà lei trovava che James fosse bravissimo a volare e giocare a Quidditch, ma non aveva intenzione di dargliela vinta così. « Insomma… »

Stavolta fu lui ad inarcare le sopracciglia e a guardarla con scetticismo. 

« La tua situazione continua a peggiorare, lo sai? » l’avvertì, ghignando. « Preparati… venerdì potrei preparare qualcosa per la festa di Lumacorno » buttò lì, con tono casuale, come se stesse parlando del tempo. 

« Vorrà dire che chiederò a Remus di accompagnarmi » ribatté Lily con lo stesso tono e senza guardarlo. 

« Remus non accetterà mai, se glielo chiedo » le fece notare James, convinto di poter avere l’ultima parola. 

« Ah, sì? » chiese la ragazza, con un sorriso vittorioso sulle labbra. « Neanche se alla festa ci fosse una fontana di cioccolato? »

Quando sentì la parola ‘cioccolato’, James strinse un po’ troppo la carta tra le dita e questa schizzò via, colpendo quelle vicine e causando uno scoppio che portò alla quasi totale distruzione del loro castello. Lily dovette addirittura spostarsi per evitare una carta che, altrimenti, l’avrebbe sicuramente presa in un occhio. 

« Non vale! » esclamò James, iniziando a raccattare alcune carte che si erano sparse attorno a loro. « Lo sai benissimo che il cioccolato è il punto debole di Rem! »

« Ognuno ha le sue armi » si limitò a dire Lily, facendo spallucce e cominciando a ricostruire il castello da zero. 

« Sono senza parole, davvero. Sei perfida » scherzò lui, lanciandole una carta che, ovviamente, scoppiò e la fece saltare sul posto. « Giocare così col cuore del povero Remus! »

« Io perfida? » fece Lily con tono fin troppo melodrammatico, prima di lanciare anche a lui una carta; questa scoppiò vicino al suo piede, colpendo di nuovo il castello e facendo crollare anche quel poco che avevano rimesso su. 

« Eccome! » esclamò James, ormai totalmente incurante del castello, lanciandole altre carte contro e coprendosi il più possibile quando lei rispose al suo attacco. 

Quando Remus rientrò, all’incirca dieci minuti dopo, li trovò ancora lì: davanti al fuoco, con la divisa e i capelli di nuovo in disordine, intenti a lanciarsi contro qualunque carta sulla quale riuscissero a mettere la mano prima dell’altro. 

All’inizio pensò di richiamarli, ma alla fine sospirò e decise di fare finta di nulla. Chi era lui, in fondo, per impedire a due completi idioti di mostrarsi per quello che erano?

Evidentemente, pensò tra sé e sé, era vero ciò che si diceva: l’amore rende stupidi. 

Certo, non credeva così tanto.

 

*

 

« Non vorrei essere nei suoi panni » commentò James, la forchetta piena ma ancora ferma davanti alla bocca. 

« Preferirei una settimana di punizione con Gazza » concordò Sirius, che per una volta non sembrava interessato al cibo. 

« Preferirei una S a Trasfigurazione » aggiunse Remus, con gli occhi fissi su ciò che stava accadendo a qualche metro da loro, tra il tavolo di Corvonero e quello di Tassorosso. 

Lucas Abercrombie, il loro compagno di stanza, e la sua ragazza, Paige Northon, erano in piedi l’uno davanti all’altra sotto lo sguardo attento di quasi tutta la scuola. 

La Northon stava finendo proprio in quel momento di urlargli contro, le guance rosse e l’espressione furente, e dalla mascella contratta di Lucas si vedeva che si stava solo trattenendo per non schiantarla seduta stante. Quando finì di parlare, Paige strinse le labbra in una linea sottile ed incrociò le braccia al petto; alzò il mento e lo fissò negli occhi, come a sfidarlo anche solo a ribattere. Fu allora che Lucas fece qualcosa che nessuno di loro, né tantomeno Paige, si sarebbe mai aspettato: la mandò a quel paese. La mandò a quel paese e glielo disse a voce alta, chiara, in modo che tutti potessero sentirlo. 

Dopo qualche secondo di stordimento lei, ancora più rossa in viso, gli rivolse le stesse parole, ma Lucas nel frattempo le aveva già voltato le spalle ed era andato a sedersi più in là, vicino al proprio gemello. A quel punto Paige, con ancora gli occhi di tantissime persone addosso, si fece cadere di peso sulla panca insieme alle sue amiche. 

« Non ci posso credere » esclamò James, girandosi verso gli amici con aria divertita e sorpresa. « Posso dire che la Northon se l’è meritato? »

« Eccome se se lo è meritato » gli assicurò Sirius, lanciando una rapida occhiata in direzione del tavolo di Tassorosso: Paige continuava a guardare il tavolo con aria arrabbiata, mentre una sua amica le accarezzava la schiena. 

« Io mi chiedo perché fare queste scenate in pubblico » disse invece Remus. « Certe cose vanno risolte in privato, non davanti a tutta la scuola ».

Sirius si girò verso di lui con un sopracciglio inarcato e lo squadrò dall’alto al basso, scettico. 

« Certo che detto da te è il colmo » ironizzò Sirius, facendo ridere James. 

« In effetti, Remus… da questo punto di vista, sei sempre stato il più impiccione tra di noi » aggiunse James, mentre con un mestolo si metteva dell’altra pasta al forno nel piatto. 

Remus aprì la bocca per ribattere, ma a quel punto dietro di lui comparvero Mary e Lily. Gli si sedettero accanto, e lui dovette trattenere un sogghigno quando vide Lily e James lanciarsi un’occhiata e sorridersi nella speranza di passare inosservati. 

« Vi siete appena perse la litigata più iconica dell’anno » le avvisò Sirius, indicando loro Lucas e Paige. 

« Ma che stai dicendo? » esclamò Mary, per niente discreta, e si girò verso il tavolo di Tassorosso con aria interessata. « Hanno litigato davanti a tutti i professori? »

« Non hanno solo litigato, si sono proprio urlati contro » precisò Remus, confermando ciò che i Malandrini avevano sempre sostenuto: gli piaceva sapere tutto di tutti. 

Mary spalancò la bocca, stupefatta, mentre Lily nascondeva la propria risata dietro la mano. 

« Che palle, questa volevo vederla! » si lamentò quindi la mora, dando definitivamente le spalle agli altri tavoli e iniziando a servirsi del tacchino e dell’insalata. 

« Se fossi rimasta un po’ di meno sotto la doccia ce l’avresti fatta » puntualizzò Lily con tono fintamente casuale, senza guardarla direttamente in faccia, mentre si riempiva il piatto a sua volta. 

L’altra roteò gli occhi sotto lo sguardo divertito dei tre ragazzi, ma alla fine non rispose alla provocazione. 

Proprio in quel momento videro Peter entrare in Sala Grande insieme a Christine, la sua ragazza: i due si salutarono dopo pochi metri, e quando lui si accorse di essere osservato arrossì visibilmente. Dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Christine, che aveva ormai raggiunto le amiche al tavolo di Tassorosso, Peter raggiunse i propri compagni e si sedette accanto a Sirius. 

« Hai preso il sole, Wormy? » scherzò Sirius, usando la propria forchetta per indicare il viso dell’amico. 

« Sì. Che dici, mi sono abbronzato? » ribatté lui, stando al gioco. 

« Be’, sarebbe più appropriato dire che ti sei bruciato… » si aggiunse James, facendogli l’occhiolino. « Allora? Com’è andata? » gli domandò subito dopo, e con la testa fece un piccolo cenno in direzione di Christine.

La ragazza, infatti, era in una fitta conversazione con le sue amiche e, se possibile, era ancora più rossa in viso di Peter. 

« Bene » rispose quest’ultimo, gongolante, afferrando una forchettata di pasta per portarsela poi alla bocca. 

« Dai, la pasta al forno rimarrà lì comunque! » lo riprese Remus, divertito. « Ora raccontaci! Dopotutto ti abbiamo dato una mano ».

« Perché io devo raccontarvelo, ma James no? » chiese Peter, cercando di sviare il discorso. 

Mantenne lo sguardo sul proprio piatto mentre lo disse, perciò non si accorse né del rossore che apparve sulle guance di Lily né di come James rischiò quasi di strozzarsi con l’acqua. Gli altri notarono tutto, ma per una volta decisero di non infierire e lasciarono correre. 

« Ehi, io non ho chiesto consigli » si difese James una volta che ebbe finito di tossire. « E poi non cambiare discorso! »

Peter sospirò, ma alla fine cedette e rispose: « È andata benissimo. Certo, ho litigato con un ragazzo del quinto perché diceva che, avendolo trovato per primo, un cioccolatino era suo… ma a parte questo è andato tutto secondo i piani. Christine l’ha adorato! »

Sirius gli diede una pacca sulla spalla, annuendo e sorridendo come un padre dopo la prima vittoria a Quidditch del figlio. 

« E bravo il nostro Wormy! » esclamò, contento, subito assecondato da James e Remus. 

« Scusate, scusate » s’intromise Mary, alzando una mano. « Potreste spiegare anche a noi? »

Peter posò lo sguardo su di lei ed arrossì leggermente, soprattutto sulle orecchie, prima di raccontarle cos’era successo. Anche Lily, seduta accanto all’amica, smise di mangiare e si concentrò sul ragazzo. 

« In realtà non è niente di che… » iniziò lui, un po’ in imbarazzo, scatenando le polemiche degli amici, secondo i quali era assolutamente qualcosa di rilevante. « Solo che oggi sono tre mesi che io e Christine stiamo insieme, perciò visto che è anche san Valentino ho pensato di farle una sorpresa ».

« Che sorpresa? » domandò Lily, senza pensarci due volte, curiosa. 

« Ho incantato un po’ di cioccolatini… così si sarebbero aperti solo se li avesse trovati lei, ecco… e poi li ho fatti fluttuare al terzo piano, uno a qualche metro dall’altro, così Christine alla fine sarebbe arrivata davanti alla Sala Trofei… e mi avrebbe trovato lì… »

« Con un mazzo di fiori » aggiunse James, che riteneva fondamentale quel dettaglio. 

« Sì, esatto » confermò Peter, allo stesso tempo felice e imbarazzato. 

Dopo aver raggiunto l’incrocio per prendere l’ultimo cioccolatino, Christine si era girata, come previsto, e l’aveva visto lì, a pochi passi dalla porta della Sala Trofei. Aveva un piccolo mazzo di fiori, sapientemente trasfigurati da James, e cercava in tutti i modi di nascondere il proprio imbarazzo. Ma lei gli aveva sorriso, scoprendo dei denti piccoli e imperfetti, e Peter si era dato dello stupido per aver anche solo pensato di non farle quella sorpresa. 

« Ma è una cosa dolcissima, Peter » disse Lily, stupita, con le labbra piegate in un sorriso. 

« Infatti » concordò Mary. « È una delle cose più dolci che abbia mai sentito ».

Lui arrossì ancora di più e borbottò un « Grazie » parecchio imbarazzato, mentre tornava a concentrarsi sulla pasta al forno che fino a quel momento aveva trascurato. 

Dopo un po’ Remus raccontò loro di come, durante la ronda insieme a Benjy, avesse visto due ragazzi venire rincorsi da Gazza, che urlava: « I corridoi non esistono perché voi ci facciate le cosacce! Disgraziati! ». Tutti risero e la cena trascorse in tranquillità, mentre parlavano del più e del meno. 

Lily e James furono i primi ad alzarsi da tavola, dopo aver mangiato il dolce, adducendo come scusa il dover ricontrollare alcune schede per il prossimo incontro con gli altri Prefetti. 

Quando James spiegò loro il motivo, Sirius e Remus si lanciarono un’occhiata d’intesa. Avrebbe potuto semplicemente raggiungerla dopo in Sala Comune, non c’era bisogno di alzarsi così presto da tavola, prima ancora di fare il bis. Era ovvio che lo facesse per passare del tempo da solo con Lily. 

« Come se non lo capissimo che sono tutte scuse » aveva infatti commentato Remus quando i due si erano allontanati in direzione dell’Ingresso Principale. 

Quando Sirius si servì per l’ennesima volta del budino, anche Peter gettò la spugna e si arrese: non aveva più spazio per nulla, nel proprio stomaco. Bevve l’acqua che era rimasta nel suo calice e, dopo essersi pulito bocca e mani col tovagliolo, si alzò. 

« Io inizio ad andare, ragazzi » li informò, sistemandosi la divisa. « Ci vediamo in Sala Comune? »

« Vengo con te, Pet » disse Remus, e a sua volta si preparò per lasciare la Sala Grande. 

A quel punto, rimasero solo Mary e Sirius. Lui continuava a mangiare il budino, tranquillo, mentre lei spostava lo sguardo dal piatto al ragazzo, con aria perplessa. 

« Ma come fai a mangiarne così tanto? Non ti stucca? » gli domandò, visto che si era servito tre volte il dolce. 

« Il budino non può stuccare » rispose Sirius con un sorriso sghembo, facendole roteare gli occhi, prima di mangiare l’ultimo boccone rimasto nel proprio piatto. « Ormai dovresti saperlo ».

« In effetti, non so perché mi stupisco ancora di queste cose. Mangi quanto un animale… » disse Mary, facendo spallucce, e prima che lui potesse fare una qualsiasi battuta aggiunse: « No ».

Sirius rise, divertito. Voleva risponderle che, tutto considerato, in fondo aveva davvero un lato animale, ma lei ormai era abituata a quelle sue battute e l’aveva fermato per tempo. 

« Vogliamo andare? » le chiese, facendo un cenno impercettibile all’Ingresso. 

Mary annuì, così i due si alzarono ed uscirono dalla Sala Grande. Il portone che dava sul parco era ancora aperto e l’aria, fredda e pungente, li investì in pieno, costringendoli a stringersi di più nei mantelli e allungare il passo. Avevano salito solo una rampa di scale, quando Sirius la afferrò per il polso e la trascino via, nel corridoio del primo piano. 

« Ma che stai facendo? » domandò Mary, confusa. 

Lui non le rispose, ma si girò verso di lei e le posò le mani sui fianchi, abbassandosi per baciarla. Mentre le mani di Sirius si spostavano alla base della sua schiena, Mary posò le proprie sulle sue spalle si sollevò in punta di piedi per permettergli di approfondire il bacio. 

Si separarono solo quando udirono un rumore di passi poco lontano, e allora Sirius la trascinò verso una delle quattro aule dismesse del piano, la 1A. Quando arrivarono davanti alla porta, si bloccò e si girò nuovamente verso di lei. 

« Chiudi gli occhi » le disse, roteando gli occhi quando la vide provare a ribattere. Per impedirglielo, insistette: « Dai, chiudili ».

Mary gli lanciò un’occhiata incuriosita, dopodiché fece quanto le era stato detto e chiuse gli occhi. A quel punto era tutto nero, per lei, e si mosse solo quando sentì la porta aprirsi e Sirius condurla all’interno sempre tenendola per il polso. 

Quando lui si fermò, ovviamente lei non se ne accorse e gli andò a sbattere contro, facendolo ridere. 

« Su, prima che caschi e ti rompi qualcosa, apri gli occhi » le disse con voce canzonatoria, beccandosi per questo una gomitata. 

« Simpatico come sempre… » commentò lei con una smorfia, prima di aprire gli occhi.

Non appena lo fece, tuttavia, rimase in silenzio. Era un’aula in disuso come tante altre nel castello, con i banchi e le sedie tutte spostate verso il fondo, ma allo stesso tempo era di sicuro diversa. Al centro della stanza, per terra, era stata stesa una grande coperta rossa, sulla quale erano poi stati messi anche alcuni cuscini. Per compensare alla mancanza di lanterne alle pareti, c’erano alcune candele che fluttuavano in aria per illuminare un minimo l’aula.

« Ma l’hai fatto tu? » fu la prima cosa che disse, e non appena lo fece si insultò mentalmente. 

« No, guarda, l’ha fatto Peter » rispose Sirius, un ghigno sulle labbra e un sopracciglio inarcato. 

« Ah, ecco… mi sembrava una cosa troppo carina per averla fatta tu » lo prese in giro, colpendogli appena il braccio con la propria spalla. 

« Potrei offendermi, lo sai? » le chiese, mentre la circondava con le proprie braccia e la costringeva ad alzare il viso per continuare a guardarlo negli occhi. 

Mary gli cinse il collo e, dopo aver mormorato un « Non fare il permaloso… », lo attirò a sé per far aderire il proprio corpo al suo e posare il mento nell’incavo del suo collo. Sirius ricambiò subito, prima di spostare una mano sulla nuca di Mary e allontanare il viso dal suo per poterle dare un bacio sulle labbra. 

Prima che il bacio potesse farsi più profondo, però, lei si staccò e scappò dal suo abbraccio. Fece qualche passo verso la coperta stesa a terra, fermandovisi accanto, e, dopo aver osservato tutto ancora una volta, girò il viso verso di lui. 

« Qualcuno qui si è rammollito, eh… » scherzò lei, sorridendogli con complicità.

« Ti piacerebbe, Mac » ribatté prontamente Sirius, mentre si lasciava cadere sulla coperta e si sistemava un paio di cuscini dietro la schiena. « Non ti ci abituare ».

Mary si mise a ridere e si abbassò, sedendosi sulle ginocchia davanti a lui. Si protese leggermente in avanti e le sue dita corsero alla cravatta di Sirius, giocandoci e tirandolo appena verso di lei. Gli occhi di Mary si posarono sulla sua bocca, l’angolo della quale era sollevato come al solito in un lieve sogghigno, e poi salirono, piano, fino a incontrare quelli grigi di Sirius. 

Lei poggiò le labbra sulle sue, e fu questione di un secondo perché Sirius socchiudesse le proprie per approfondire il bacio. La mano destra di Mary strinse con decisione la sua cravatta, mentre l’altra salì e si posò sulla sua guancia. Sirius affondò le dita tra i suoi capelli e, mentre le sue labbra lasciavano quelle di lei per deporle piccoli baci sulla linea della mandibola, si abbassò sui cuscini, portandola con sé. 

Mary rotolò su un fianco e, dopo un lasso di tempo incalcolabile, si allontanò leggermente da lui. Aveva ormai entrambe le mani sul viso di Sirius, e con il pollice iniziò ad accarezzargli piano e con dolcezza una guancia, seguendo il contorno deciso dello zigomo.

Puntò gli occhi nei suoi, e scoprì che lui la stava già osservando. 

Era uno sguardo placido, tranquillo. Uno sguardo che, negli ultimi giorni, non aveva visto spesso. 

Dopo la discussione che avevano avuto domenica, a cena, non aveva più aperto il discorso, ma Mary era ancora convinta che qualcosa non andasse. Quello che non riusciva a capire, però, era perché non volesse parlarle di ciò che, di tanto in tanto, lo faceva isolare. Aveva deciso ugualmente di lasciar correre per un po’, per vedere se il tempo fosse in grado di aiutarlo, ma era difficile guardarlo e non chiedergli nulla. Era difficile guardarlo e fare finta che andasse tutto bene. 

« Hai perso le parole, Mac? » 

La voce di Sirius la fece rinsavire, e dopo qualche secondo di titubanza lei stirò le labbra in un sorrisetto sardonico. 

« Ti piacerebbe » ribatté, quasi a fargli il verso. 

Lui rise, con quella sua risata così simile ad un latrato, e Mary fu nuovamente tentata di chiedergli tutto, di indagare, di capire. Perché non voleva che lui fosse così solo parte del tempo, no. Voleva vederlo così sempre, voleva sentire la sua risata. Non voleva vederlo lanciare pezzi di carta nel camino, lo sguardo perso, per rispondere poi ad ogni sua domanda con un: « Sì, certo. Tutto bene »

Alla fine socchiuse le labbra, pronta a parlare, ma lui non se ne accorse e la precedette. 

« Tutto okay? » le chiese, le sopracciglia leggermente aggrottate. « Sembri pensierosa ».

Mary si morse l’interno della guancia, osservandolo in silenzio da sotto le ciglia scure, indecisa, prima di muovere lentamente il capo in segno di assenso. 

« Ti amo » disse semplicemente, tenendo la voce bassa nonostante ci fossero solo loro due, e sorridendo appena. « Lo sai, vero? »

Sirius rimase spiazzato per un attimo, ma poi annuì e le sorrise. Si sporse in avanti quanto bastò per posarle un rapido bacio a stampo sulle labbra, dopodiché torno al proprio posto. 

« Certo che lo so » rispose con lo stesso tono, prima di sfoggiare un sorriso provocatorio. « Dopotutto, chi non lo farebbe? » 

Lei scosse la testa e sbuffò appena, divertita ed esasperata al tempo stesso. Le sue dita scesero nuovamente a giocare con la cravatta di Sirius, in silenzio, e i suoi occhi seguirono lo stesso percorso, fermandosi su quel petto che si alzava ed abbassava ritmicamente davanti a lei.

« Mary? » la richiamò Sirius, sfiorandole il mento con l’indice per farle sollevare il viso. « Ti amo anche io ».

« Lo so » mormorò lei, spostando le mani sulle sue spalle e facendoglisi appena più vicina. 

Sentì le mani di Sirius spostarsi più in basso e fermarsi lì, tra la vita e i fianchi. Mary affondò le dita nei suoi capelli corvini, giocandovi, e mantenne gli occhi fissi nei suoi. 

Lo sapeva, che l’amava, non l’avrebbe mai messo in dubbio. Non c’era neanche bisogno che lo dicesse, perché lo capiva dal suo sguardo quando si posava su di lei, dal modo delicato che aveva di sfiorarla, e anche dalle battute stupide che faceva in continuazione. E lo amava anche lei. Da morire, pensò mentre continuava a reggere il suo sguardo. 

Avrebbe solo voluto che le parlasse, che le parlasse davvero, senza nascondersi e senza negare. Ma se aveva bisogno di tempo, glielo avrebbe dato. Gli avrebbe dato tutto il tempo del mondo, se fosse stato necessario, ma continuava a sperare di non doverlo fare. Sirius c’era stato per lei, quando si era chiusa a riccio, dopo quello che era successo alla famiglia di Miriam. Sirius c’era ancora, quando lei non riusciva a dormire e a notte fonda andava a rifugiarsi sotto le sue coperte. C’era sempre. E lei voleva essere lì per lui, se solo glielo avesse lasciato fare. 

Sirius avvicinò ancora di più il viso al suo e sorrise sulle sue labbra, cominciando a posarvi piccoli e rapidi baci a stampo. Lei rise piano, contro la sua bocca, finché Sirius non la baciò davvero. Gli circondò il collo con le braccia, fino ad annullare totalmente le distanza tra di loro, e lui le rotolò sopra, sollevandosi appena sul gomito per non pesarle addosso. 

Mary si staccò un secondo per sistemarsi meglio sui cuscini, dopodiché gli sorrise un’ultima volta e premette di nuovo le labbra sulle sue. Lo baciò con dolcezza, inarcandosi per farglisi più vicina, cercando di farglielo capire senza parole. 

Lei ci sarebbe sempre stata. 

 

 

 

1 - la canzone Un calderone pieno di forte amor bollente è davvero di Celestina Warbeck (la cantante preferita di Molly Weasley, per intenderci), il testo l’ho preso da potterpedia; ecco il link: http://www.potterpedia.it/?v=Un_calderone_pieno_di_forte_amor_bollente&s=Ron#ixzz6JKQuOxcn 

2 - le informazioni sullo Statuto Internazionale di Segretezza l’ho sempre prese da potterpedia; ecco il link: https://www.potterpedia.it:443/?v=Statuto_internazionale_per_la_segretezza_magica#ixzz6JWtcV5xN 

3 - la ricetta per la pozione Sempreverde l’ho presa su MondoHogwarts, però l’ultima parte l’ho un po’ modificata perché mi sembrava troppo semplice sia per gli studenti del sesto che per quelli del settimo. Le radici di valeriana in realtà non comparivano nella lista ingredienti, le ho aggiunte io. 

4 - l’idea del castello di carte con le carta da Sparaschiocco l’ho palesemente rubata a Ron Weasley, ma sono sicura che mi perdonerà per questo.

5 - “Non c’è vantatore che parli senza errore” è un proverbio. Probabilmente non esiste in inglese, però vabbè, dai. 

5 - l’aula 1A non viene mai nominata nei libri o nei film, solo in un videogioco. Però non si sa che lezione vi si svolga, probabilmente è appunto dismessa. 

 

Note:

AH! Che bello poter mettere da parte per almeno un capitolo i temi cupi che ho trattato finora. Torneranno, purtroppo, ma per ora mi godo il momento di “libertà”. 

La poesia di James… fa cagare e sì, l’ho scritta io. Non so scrivere cose romantiche, mi dispiace tanto, ma proprio non fa per me. E sinceramente penso non faccia neanche per James! ^^ Ovviamente per Mary e Sirius la questione non è ancora del tutto risolta, ma ci arriveremo e ci arriveranno anche gli altri Malandrini. Se avete qualche idea su cosa possa stia succedendo fatemi sapere, sono curiosa di sapere le vostre ipotesi **

Ad ogni modo spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate perciò, se vi va, magari potreste lasciare un commento. Anche piccolo, giusto per farmi un’idea :) Era da un po’ che non scrivevo davvero, quindi ho paura di essermi un po’ arrugginita. 

Ad ogni modo volevo ringraziare cescapadfoot e Anthia Black per le recensioni allo scorso capitolo <3 Volevo anche ringraziare le persone che, dopo lo scorso capitolo, hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Abbiamo superato i 230 totali e devo dire che non me lo sarei mai aspettato. 

Un bacio enorme,

Ale

Per spoiler e messaggi vari, mi trovate su FACEBOOK. Non esitate a scrivermi, anche per una chiacchiera. Mi fa sempre piacere **

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Capitolo 24
*** Tra te e la Piovra Gigante ***


Capitolo 23

Tra te e la Piovra Gigante


original
 

Wise men say only fools rush in

but I can’t help falling in love with you

“Can’t Help Falling In Love”, Elvis Presley

 

Quella mattina, la testa le pesava un po’ più del solito. Era seduta al tavolo di Grifondoro e, un biscotto in una mano e la matita nell’altra, continuava a ripassare ciò che la professoressa Sprite aveva spiegato la volta precedente a lezione, il Tranello del Diavolo. 

Era scesa prima di tutte le sue compagne di stanza, così da rimanere un po’ da sola. Quella sera ci sarebbe stata la festa di Lumacorno e lei non voleva iniziare già ad agitarsi. Peccato che fosse agitata già da un paio di giorni e che fosse quello, in particolare, a farla rigirare nel letto più di quanto avrebbe mai ammesso ad anima viva. 

Nel dare un morso al biscotto, Lily fece cadere alcune briciole sulle pagine, perciò, sbuffando e maledicendosi, sollevò il libro e lo rovesciò nel tentativo di rimediare. 

« Cosa stai facendo, esattamente? » 

Davanti a lei, in piedi dall’altro lato del tavolo, Remus la guardava con la testa inclinata di lato e la bocca piegata in un sorriso divertito. Quando Lily alzò gli occhi su di lui, il ragazzo ridacchiò e scavalcò la panca per sedersi di fronte a lei, posando al contempo la borsa accanto a sé. 

« C’erano finite delle briciole » spiegò lei, che a quel punto decise di chiudere il libro e riporlo in cartella. 

Remus annuì e si servì la colazione, abbondando soprattutto in cereali. Ma se c’era una cosa che, secondo lui, non poteva mancare a colazione, quella era il caffè. Nero come la pece e rigorosamente senza zucchero. Lily lo guardò riempirsi la tazza fino all’orlo e fu lei stavolta a ridere. 

« Lo sai che troppo caffè non fa esattamente benissimo, vero, Remus? » gli chiese, mentre lui si portava la tazza alle labbra.

Remus inarcò un sopracciglio e la squadrò mentre si gustava il proprio caffè. 

« Il caffè non è mai troppo » fu la sua risposta, detta con un tono fin troppo serio, prima che spostasse di nuovo la conversazione su di lei. « Comunque, come mai sei qui da sola? Di solito scendi sempre con Mary ». 

« Potrei farti la stessa domanda ».

« No, non penso » ribatté Remus, divertito. « Le tue compagne di stanza sono delle persone civili, quanto meno. Quando sono sceso, James era ancora sotto la doccia a cantare a squarciagola Bohemian Rapsody, Sirius gli urlava contro e Peter russava. Ancora un minuto e avrei fatto saltare in aria la stanza ».

Lily s’immaginò la scena e si mise a ridere. 

Era un’immagine così realistica che poteva quasi vederli: James, con lo shampoo nei capelli e la bottiglietta in mano come fosse un microfono, convinto di avere una grande folla da intrattenere con le sue immense doti canore, Sirius a minacciarlo di morte se non si fosse mosso a liberare il bagno e Peter a letto, beato, autore di una delicatissima musica di sottofondo. 

« Ma Lucas? » domandò però, ricordandosi del loro quinto compagno di stanza. 

« Non si sveglierebbe neanche se un Ippogrifo si mettesse a correre accanto a lui » le assicurò Remus con tono pratico, mentre si versava un altro po’ di caffè. « Penso sia l’unico a non conoscere ancora Bohemian Rapsody a memoria proprio per questo: neanche lo sente, James che canta ».

« Ma James come li ha conosciuti i Queen? » s’incuriosì Lily, le dita strette attorno alla propria tazza di tè e gli occhi fissi su Remus. « Comunque davvero, Remus, tu hai un problema con il caffè » aggiunse, quando vide che l’amico aveva già bevuto di nuovo almeno metà del caffè che si era appena versato. 

Tuttavia lui ignorò totalmente il suo commento e prestò attenzione solo alla sua domanda. 

« È colpa di Sirius » rispose con un sorrisetto. « Quando ancora abitava dai suoi, ha cercato in ogni modo di portare sua madre all’esasperazione. Ha iniziato con i poster di ragazze babbane in bikini, ha continuato con le motociclette… e alla fine sono arrivate le rock band babbane. A detta sua, metteva la musica così forte che riusciva a coprire anche le urla di sua madre. Per non parlare delle magliette… ci hai mai fatto caso? È pieno di magliette di band. Sua madre andava di matto quando lo vedeva con quelle e la giacca di pelle ».

Lily ripensò a tutte le volte che aveva incontrato Sirius fuori dal castello e si stupì di non averlo notato prima. Non ci aveva mai prestato particolare attenzione, ma in quel momento le tornarono in mente le magliette dei Led Zeppelin e dei Genesis. A pensarci bene, Sirius Black e suo padre sarebbero potuti andare d’accordo almeno in fatto di musica.

« Be’, Rem, vedila così: almeno sono belle canzoni » tentò lei con le labbra che le tremavano per quanto stava cercando di non ridere. 

« Bellissime » concordò Remus, « finché non le senti cantare a James o Sirius ».

« Sono così tremendi? »

« Non hai idea » rise il ragazzo. « Sirius già si salva, ma James è più stonato di una campana ». 

Stavolta Lily non si trattenne e si mise a ridere. Non aveva mai sentito James cantare, e una parte di lei sarebbe stata curiosa di farlo. 

« Ovviamente non dire a James che penso che Sirius canti meglio » disse Remus, serio. « Non potrei sopportare un’altra sfida canora tra loro due. Le mie orecchie ancora non si sono ripresa dall’ultima volta ».

« Tranquillo, il tuo segreto è al sicuro con me » gli assicurò Lily, divertita, mentre prendeva un muffin dal vassoio e iniziava a staccarne piccoli pezzetti. 

Per qualche secondo tra i due scese il silenzio. Lily aveva abbassato lo sguardo sulla caraffa di succo che si trovava tra lei e Remus, e aveva lo sguardo lontano. Parlare di James le aveva fatto tornare in mente la festa di Lumacorno di quella sera e adesso sentiva di nuovo una leggera stretta allo stomaco.

« Come ti senti? » 

Lily alzò immediatamente lo sguardo su Remus, che le sorrideva con gentilezza e con lo sguardo di chi la sa lunga. Aveva capito benissimo a cosa stava pensando, evidentemente.

« Sono un po’ in ansia » ammise con un sospiro. « So che è una cosa stupida… »

« Non è una cosa stupida. Penso sia normale ».

« Dici? » 

« Secondo me sì. E se vuoi saperlo, anche James mi è sembrato ansioso in questi ultimi giorni ».

« Sul serio? » si sorprese Lily, gli occhi sgranati. « A me è sembrato normalissimo ».

Remus sbuffò e scosse la testa, come se lei avesse appena fatto una battuta un po’ scontata. 

« Certo, perché con te cerca di non farlo vedere » le spiegò velocemente. « Poi tocca a noi sorbirci tutte le sue paranoie ». 

« Mi dispiace…? » provò lei, imbarazzata. 

« Non dispiacerti, ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. E poi non potrà mai raggiungere i livelli del quinto anno ». 

A quelle parole, Lily inclinò il capo di lato e lo guardò con un luccichio curioso negli occhi verdi. « Perché? Cosa faceva quando eravamo al quinto anno? » 

Remus rimase in silenzio per qualche secondo, indeciso sul parlare o meno, e alla fine scosse veloce la testa. 

« Sai già troppe cose » le disse con fare pratico. « Per ora è irrilevante ».

« Dai, Remus! Non puoi tenermi sulle spine così! » si lamentò Lily, e avrebbe continuato se Mary non li avesse raggiunti insieme a Claire e Kate. 

Remus fu contento di essersi salvato all’ultimo e le rivolse un sorriso innocente al quale lei rispose con una piccola smorfia, come a dirgli: guarda che non è finita qui.

Le ragazze si sedettero accanto a loro sulle panche e, dopo essersi servite la colazione, cominciarono a chiacchierare tutti insieme. Lily ogni tanto lanciava qualche occhiata fugace in direzione del portone, ma di James e degli altri Malandrini non c’era traccia. Quando finalmente arrivò la posta, prese la propria copia della Gazzetta del Profeta e la mise in borsa, decisa a leggerla più tardi in giornata. 

Mancavano ormai poco più di venti minuti alla prima lezione della mattinata, quando finalmente i ragazzi decisero di presentarsi in Sala Grande. A parte i capelli sparati in tutte le direzioni come al solito, James era impeccabile nella sua divisa ed aveva le labbra piegate in un sorriso soddisfatto. Sirius, al contrario, aveva la camicia che usciva da sotto il maglione e, se gli sguardi potessero uccidere, James si sarebbe già ritrovato steso a terra. Peter, invece, sembrava ancora immerso nel mondo dei sogni.

« Buongiorno a tutti! » esclamò James. « Bella giornata, non vi sembra? » 

« Parla per te, Prongs » sbuffò Sirius, e in quel momento Lily si rese conto che aveva ancora i capelli leggermente umidi, soprattutto sulle punte. Evidentemente aveva dovuto scegliere tra la colazione e l’asciugarsi i capelli per bene.

« Ho fame » fu invece l’unico commento di Peter, mentre si sedeva a lato di Remus. Neanche a dirlo, non aspettò nemmeno un secondo prima di iniziare a servirsi la colazione. 

« Non l’avrei mai detto » lo prese in giro Mary con una risatina, mentre Claire, accanto a lei, osservava con aria preoccupata e un po’ disgustata Peter che si riempiva la bocca di cibo.

« Su, per una volta che c’è il sole! » protestò James, che nel frattempo si era seduto accanto a Peter.  Sirius, invece, aveva preso posto accanto a Lily.

« Peccato che facciano appena tre gradi » gli fece notare Kate, stringendosi nel proprio mantello. 

James sospirò e si strinse nelle spalle, deciso a concentrarsi sul proprio pasto. Mentre si versava del caffè, cercò di non alzare gli occhi su Lily. Finalmente quella sera sarebbe uscito insieme a lei e solo il pensiero era riuscito a togliergli la fame. Addentò una brioche e azzardò un’occhiata nella sua direzione, osservandola mentre discuteva con Sirius perché lui aveva ben pensato di scuotere i capelli e, nel farlo, l’aveva riempita di gocce d’acqua. 

« Diamine, Black, ma puoi comportarti come un essere umano qualche volta o devi sempre fare l’animale? » si stava lamentando, mentre con la manica del maglione si asciugava la guancia. 

« Su, Evans, non farla tanto lunga » rispose lui, alzando gli occhi al cielo, ma James aveva visto lo scintillio divertito nello sguardo di Sirius quando Lily gli aveva dato dell’animale. « Saranno state tre gocce ». 

« Sei davvero impossibile ».

« Questo per me è un complimento ».

Lily sbuffò e decise di lasciar perdere, sapendo bene che, se avesse continuato a discutere con lui, avrebbe solo finito per infastidirsi ancora di più mentre Sirius si sarebbe solo divertito. Sollevò lo sguardo ed incrociò quello di James, che, non potendo parlare a causa della bocca ancora piena, le fece l’occhiolino. Senza neanche rendersene conto si ritrovò a sorridergli, mentre la stretta alla bocca del suo stomaco pareva sciogliersi un poco. 

Mary richiamò la sua attenzione, inserendola nel discorso che stava avendo con Claire riguardo il tema di Trasfigurazione. Dopo poco dovettero tutti alzarsi per avviarsi a lezione, così Lily si sistemò la borsa sulla spalla e si avviò verso l’uscita della Sala Grande al fianco di Mary. 

In corridoio passarono accanto a due ragazzi di Corvonero seduti su un davanzale, e involontariamente Lily sentì la loro conversazione. 

« Hai letto la Gazzetta, stamattina? » stava dicendo un ragazzo biondo e bassino, i cui piedi sfioravano appena il pavimento. « Hanno ucciso i genitori di Rivers: sai, il Tassorosso del quinto anno… È tremendo ».

« Sì… e dire che la madre di Rivers era Purosangue… lo so per certo, lei e mio padre frequentavano Hogwarts insieme » rispose l’altro ragazzo, che aveva i capelli rossi, qualche accenno d’acne e sembrava parecchio più alto.

« Lei era Purosangue, Jake, ma il padre era un Babbano… » disse il biondo con tono accorato. « Ti rendi conto? » 

Lily non sentì la risposta di Jake, perché si sentì afferrare per il polso da Mary e improvvisamente venne trascinata in avanti. Senza volere, infatti, aveva rallentato di molto il passo ed era rimasta molto più indietro rispetto ai propri amici. 

Alzò gli occhi su Mary, che le stava rivolgendo un sorriso divertito. 

« Almeno potresti aspettare di arrivare in aula per farti una dormita » la prese in giro, sempre tirandola verso l’aula che ormai era a pochi metri da loro. 

Lily le sorrise, ma non disse nulla. Prima di entrare lanciò un’ultima occhiata ai due Corvonero, ancora intenti a parlare velocemente tra di loro, e sentì l’umore scivolarle sotto i piedi. 

 

*

 

Non era mai stata il tipo di ragazza in grado di passare ore intere a rimirarsi nello specchio: in parte perché sapeva di poter impiegare meglio il proprio tempo e in parte perché, alla fine, si era sempre piaciuta abbastanza. Aveva un viso dolce, dai lineamenti delicati, ed andava fiera dei suoi capelli rossi e degli occhi verdi dal taglio leggermente allungato. Sapeva di essere carina, non era cieca né tantomeno ipocrita. 

Quella sera, però, non riusciva a smettere di osservare il proprio riflesso nello specchio. Continuava a guardarsi con aria critica, come se stesse cercando qualsiasi difetto di cui lamentarsi. 

Le sue mani corsero ai capelli per l’ennesima volta. All’inizio aveva deciso di tenerli sciolti, poi aveva cambiato idea ed aveva deciso di legarli in una treccia morbida. Dopo neanche cinque minuti, tuttavia, aveva finito per disfare l’acconciatura ed ora era di nuovo lì, le mani sui fianchi, a guardare lo specchio con aria infastidita.

Una ciocca vermiglia le finì davanti al viso e lei, annoiata, sbuffò per allontanarla. 

« Hai finito? » 

Lily non si girò, ma puntò lo sguardo su una figura alle spalle del proprio riflesso. Mary era sdraiata a pancia in giù sul proprio letto, i gomiti sul materasso e il mento appoggiato sopra i palmi della mani. La osservava con un’aria a metà tra il divertito e l’esasperato mentre si mangiava un’Ape Frizzola.

« C’è qualcosa che non mi convince » fu l’unica cosa che disse Lily mentre si girava di profilo per controllare di nuovo come le stesse il vestito dietro. 

« È da mezz’ora che c’è qualcosa che non ti convince » le fece notare Mary, sospirando. « Guarda che stai benissimo ».

Lily piegò le labbra in una smorfia, ma non disse nulla. 

Indossava un semplice abito nero, che si fermava circa dieci centimetri sopra al ginocchio e non aveva le spalline. Aveva uno scollo a cuore ed era aderente nella parte superiore; un nastro le metteva in risalto la vita sottile e, sotto, il vestito si allargava morbidamente per seguire i suoi movimenti. Ai piedi, indossava delle décolleté dello stesso colore e dal tacco modesto. Del trucco se n’era occupata Mary, ma Lily le aveva fatto promettere di non esagerare. Mary aveva riso e aveva deciso di truccarle solo gli occhi, sfruttando l’ombretto e il mascara per metterne in risalto il verde; le aveva lasciato le labbra al naturale, e aveva finito con un po’ di blush sulle guance per darle colore. 

Si stava ancora studiando quando la porta della stanza si aprì. Claire e Kate entrarono ridendo tra di loro ma, quando videro Lily ferma davanti allo specchio e Mary sul letto, si scambiarono un’occhiata complice e misero su un’espressione divertita. 

« Qualcuno si sta facendo bella… » commentò Kate con tono casuale, mentre posava la borsa sul proprio baule e si sfilava il mantello. 

« Chissà per chi » le diede manforte Claire, andandosi a sedere sul letto di Mary e rubandole un’Ape Frizzola. « Tranquilla, in cambio ti darò qualche Cioccorana » aggiunse subito, vista l’occhiata perplessa che le aveva lanciato l’amica. 

« Mi sembra un buon compromesso » ammise Mary, stringendosi nelle spalle. « Comunque non sono mai stata più felice di vedervi, ve lo giuro. Sarà mezz’ora che sta davanti a quel dannato specchio ».

Claire posò gli occhi su Lily e piegò le labbra in un ghigno. 

« Così nervosa, Lily? » 

« Di certo non mi aiuti così » ribatté la rossa, piccata. Ormai aveva dato le spalle allo specchio e stava fronteggiando le proprie amiche. 

« Dai, Lily, ti stiamo solo stuzzicando un po’ » rise Kate, che nel frattempo si era cambiata ed aveva indossato il pigiama. « Concedicelo. Dopo anni passati a lamentarti di quanto fosse insopportabile James Potter… be’, noi abbiamo sopportato tutto questo, ora tocca a te soffrire un pochino ».

Lily le lanciò un’occhiataccia ma non ribatté. In fondo, sapeva che aveva ragione. Sin dal primo anno lei e James non avevano fatto altro che scontrarsi l’uno con l’altra, e con il passare degli anni i loro litigi non avevano fatto che aumentare fino a raggiungere l’apice durante il quinto anno. 

Ripensò al ragazzino smilzo che, a undici anni, la prendeva in giro per i suoi capelli rossi chiamandola Carota davanti a tutta la Sala Comune e si chiese come avesse fatto James a cambiare e maturare così tanto. Ormai, quando lo guardava, vedeva un ragazzo intelligente, coraggioso, simpatico - così diverso dal ragazzino odioso a causa del quale aveva anche pianto, qualche volta. Non le rivolgeva più quel ghigno spavaldo e arrogante degli anni precedenti; adesso, quando le sorrideva, lo faceva con un’allegria contagiosa e con una dolcezza che, pian piano, aveva finito per farla sciogliere davvero. Non pensava più a lui come Potter, quello stupido del suo compagno di Casa, pieno di boria e convinto di essere superiore a tutti per il suo talento nel Quidditch e nella Trasfigurazione. Adesso lo guardava e vedeva solo James: così forte, così deciso, ma allo stesso tempo così fragile e così gentile.

« Kate ha ragione » convenne Mary, e la sua voce riportò Lily con i piedi per terra. 

« Certo che ho ragione » disse Kate, buttandosi sul proprio letto e sedendovisi sopra a gambe incrociate. 

Claire alzò gli occhi al cielo, trattenendo a stento una risata, e si sfilò la cravatta. La ripose sul comodino e a quel punto tornò a prestare attenzione a Lily; la squadrò più volte da capo a piedi con aria concentrata e alla fine incrociò le braccia al petto.

« Posso essere onesta? » le chiese, ma, conoscendola, Lily era certa che le avrebbe comunque dato il proprio parere. 

« Vai, spara » disse quindi, e allargò le braccia con fare teatrale. 

« Il vestito ti sta benissimo e anche il trucco va bene » cominciò, continuando ad osservarla finché non fermò lo sguardo sulla sua chioma vermiglia, « però ti prego, non puoi uscire con quei capelli ». 

« Perché? Cos’hanno i miei capelli? » domandò Lily, sfiorandosi una ciocca con aria preoccupata. 

« Non hanno niente che non vada, scema » sospirò mentre le si avvicinava. « I tuoi capelli sono bellissimi, però non puoi lasciarli così… sono un po’ piatti. Posso farti qualche boccolo? Darebbe un tocco in più a tutto il look » continuò, sfiorandole i capelli con le dita. 

Lily lanciò un’occhiata a Mary e Kate, che intanto si erano sedute sullo stesso letto e stavano osservando la scena con interesse. Kate annuì con veemenza, Mary sollevò entrambi i pollici con aria entusiasta. 

« Va bene, Claire » esalò infine, arrendendosi. « Però promettimi di non fare casini ».

« Ma lo stai davvero dicendo a me? Non ti ricordi che belle acconciature ho sempre fatto a Mary? » protestò Claire, punta nel vivo. 

« Vero » convenne Mary, scartando una nuova Ape Frizzola. « È l’unica da cui mi faccia toccare i capelli senza problemi ».

« Va bene, va bene! » si affrettò a dire Lily, ridendo. « Dai, ti do carta bianca. Però non abbiamo tanto tempo » aggiunse dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio appeso al muro.

« Lascia fare a me » sorrise Claire, sfoderando la bacchetta. La fece sedere su una sedia, assicurandosi che desse le spalle allo specchio, e iniziò a mormorare incantesimi a mezza voce. 

Lily non si sentiva molto tranquilla con la bacchetta di Claire puntata contro la propria testa, ma decise di fidarsi e rimanere in silenzio. La lasciò fare e, dopo appena dieci minuti, l’amica si allontanò da lei di qualche passo per osservare il proprio operato e assicurarsi di aver dato il meglio. Dal sorriso soddisfatto che le apparve sulle labbra, Lily capì che era molto contenta del risultato. 

« Su, guardati » la incitò, spostandosi da davanti lo specchio. 

Lily si alzò e, mentre Claire si affrettava a rimettere la sedia dov’era prima, osservò il proprio rilesso e istintivamente sorrise. I suoi capelli adesso non le cadevano più lisci sulla schiena, ma erano arricciati in morbide onde che davano molto più volume e luminosità a tutta la sua chioma. 

« Ti stanno benissimo » esclamò Kate, raggiante. 

« Dovresti portarli sempre così » aggiunse Mary quasi nello stesso momento. 

Lily si guardò ancora un attimo allo specchio e poi, senza smettere di sorridere, si girò verso Claire e l’abbracciò di slancio. La colse un po’ alla sprovvista, ma dopo qualche secondo Claire scoppiò a ridere e ricambio la stretta. 

« Suppongo ti piacciano, eh? » scherzò, non appena si separarono, sistemandole una ciocca. 

« Tantissimo! » ammise Lily con un sorriso. Dopo qualche secondo, tuttavia, il suo sguardo si fece leggermente più insicuro. « Pensate… sì, insomma… pensate che a James…? » borbottò, imbarazzata, maledicendosi da sola per la stupidità della sua domanda. 

Le tre amiche si scambiarono un’occhiata complice e scoppiarono a ridere. 

« Lily, a James piaceresti anche se andassi in giro vestita da zucca » le assicurò una volta che ebbe smesso di ridere. « Davvero, non devi assolutamente preoccuparti di questo ».

« Ma anche se andassi in giro senza niente, guarda » aggiunse Kate come se niente fosse.

Claire, Mary e Lily si girarono immediatamente a guardarla. Le prime due scoppiarono a ridere in maniera incontrollata, mentre Lily rimase in silenzio e diventò rossa quasi quanto i suoi capelli.

« Be’, grazie al cavolo, Kate! » rise Mary, tenendosi la pancia. 

« Forse sarebbe ancora più contento » ipotizzò Claire con le lacrime agli occhi. 

Fu a quel punto che Kate si accorse di quanto fraintendibile fosse la propria frase, così arrossì ancora più di Lily. 

« Non era quello che intendevo! » protestò, tirando un cuscino nella loro direzione e colpendo Mary in pieno petto. Quest’ultima però non smise di ridere, si limitò a stringere a sé il cuscino e ad accasciarsi sul letto. 

« Siete tremende » bofonchiò Lily, lisciandosi pieghe inesistenti sulla gonna del vestito. Lanciò un’occhiata all’orologio e trattenne il fiato quando si rese conto che era arrivata l’ora di scendere e raggiungere James in Sala Comune. « Io devo andare ».

Lo disse, però non si mosse. Le sembrava che i suoi piedi fossero come incollati al pavimento. Mary capì che si stava lasciando cogliere dall’agitazione così decise di prendere in mano la situazione: si alzò dal letto e la spinse a forza verso la porta della camera. Si fermò solo quando Lily si trovò sul primo gradino della scala a chiocciola. Le scoccò un bacio sulla guancia e le sorrise. 

« Sei bellissima » le assicurò. « Ora va’, però, e divertiti ».

Lily annuì e mormorò un « Grazie » a bassa voce, prima di prendere un respiro profondo, girarsi e raggiungere la Sala Comune. 

James era già lì, appoggiato al muro vicino alla porta per il dormitorio maschile. Indossava dei pantaloni neri dal taglio dritto e una giacca dello stesso colore, lasciata aperta sopra ad una camicia immacolata. Semplice, ma elegante. Lily pensò che faceva davvero la sua figura, vestito in quel modo. 

Aveva lo sguardo rivolto verso il centro della Sala Comune, ma quando arrivò Lily si concentrò solo su di lei. La guardò con un’intensità tale che lei si sentì arrossire sotto i suoi occhi. Quando incontrò il suo sguardo, James le risolse un sorriso smagliante e le porse immediatamente il braccio. 

« Sei bellissima » le disse mentre lei posava la mano sul suo avambraccio. 

« Anche tu non sei male » ribatté Lily, scherzosa, facendogli alzare gli occhi al cielo. 

« Ce la farai a farmi un complimento, prima o poi? » la prese in giro senza smettere di sorridere. 

« Chi lo sa? » 

James scosse la testa e rise, mentre la faceva passare per prima attraverso il buco del ritratto. 

S’incamminarono subito verso lo studio del professor Lumacorno e durante il tragitto parlarono del più e del meno. Quando le raccontò dell’ultima stupidaggine che aveva detto la Swindlehurst durante la lezione di Divinazione che aveva seguito quel pomeriggio, Lily si ritrovò a ridere di cuore. Mentre James finiva di raccontarle qualche altro aneddoto raggiunsero lo studio di Lumacorno. Davanti all’entrata, il professore aveva fatto appendere numerose lanterne rosate che illuminavano tutto il corridoio. 

Lo studio, invece, era già gremito di gente. Lily intravide Severus seduto da una parte insieme a Regulus Black, il fratello di Sirius; sentendosi osservato, il ragazzo si girò nella sua direzione e per qualche breve istante i loro sguardi si incontrarono. Fu questione di secondi, poi lui tornò a prestare attenzione al compagno di Casa. 

« Signorina Evans! » La voce di Lumacorno la fece girare verso l’altro lato della stanza, da dove si stava avvicinando il professore. « E signor Potter! Devo dire che non me lo sarei mai aspettato » aggiunse, lanciando un’occhiata a James che sorrise e si strinse nelle spalle. 

« Mai dire mai, professore ». 

Lily scosse la testa al suo commento, ma non riuscì a trattenere un sorrisino. 

« Buonasera, professore » salutò con educazione. « Ha organizzato davvero una bella festa ». 

« Sono d’accordo » disse James. « Tra l’altro l’arpa che si suona da sola è un tocco di classe, lo devo ammettere ».

« Mi lusingate, così » rispose Lumacorno, fingendosi imbarazzato. « Le piace il trucchetto dell’arpa, signor Potter? È una cosuccia che mi ha insegnato il professor Silente, sa ».

James e il professore continuarono per un po’ a parlare di musica e strumenti, mentre Lily osservava ciò che accadeva attorno a loro. Oltre agli studenti del Lumaclub erano presenti numerosi adulti, tra i quali molti che aveva già visto nelle foto degli ex pupilli del professore. L’arpa si trovava davanti ad un’alta finestra magica che dava sul Lago Nero, le cui acqua davano particolari riflessi al pavimento. 

« Non vorrei trattenervi troppo, ma vorrei presentarvi alcuni miei carissimi ex studenti » disse Lumacorno ad un certo punto. « Non vi dispiace, vero? »

James non disse nulla e si girò verso di lei, lasciando a lei la scelta. 

« Certo che no, professore » rispose Lily con un sorriso, accontentandolo. 

Il professore quindi li condusse verso una donna probabilmente sulla trentina dai corti capelli biondi e vispi occhi grigi. Lily l’aveva già vista, ma non ricordava dove. Fu James a ricordarglielo, sussurrandole all’orecchio che si trattava della Cercatrice dei Falmouth Falcons. Lumacorno le posò una mano sul braccio, attirando la sua attenzione. 

« Spero ti stia godendo la serata, Camille » cominciò, affettato. « Volevo presentarti qualcuno. Devi sapere che mi sarebbe piaciuto averlo nella mia collezione, ma non sono mai riuscito a farlo venire ad un mio party… fino ad oggi » scherzò, prima di spostarsi leggermente per scoprire James. « Lui è James Potter, Cacciatore di Grifondoro. La professoressa McGranitt non si stanca mai di ricordarmi che fa parte della sua squadra e non della mia ». 

Lily sorrise a quella frase e lanciò un’occhiata fiera al ragazzo al suo fianco, che non sembrava minimamente imbarazzato. Come già le era capitato molte volte, si ritrovò ad ammirare la sua compostezza e la sua autostima. James, infatti, allungò la mano verso la donna per presentarsi e si limitò a dire: « Il professore esagera » con finta modestia. 

Mentre James rispondeva alle domande di Camille Keenegan - questo era il suo nome completo -, Lumacorno si rivolse nuovamente a Lily. 

« Io avrei una sorpresa per lei, signorina Evans » le disse, gentile. « Ho invitato un mio amico di vecchia data che vorrei tanto farle conoscere. È uno dei migliori Pozionisti del paese e gli ho parlato molto bene di lei. Spero non le dispiaccia ». 

« Dispiacermi? » boccheggiò Lily, stupita. « Assolutamente no, professore, anzi, ne sono lusingata. Non avrebbe dovuto ». 

« Lei è una delle studentesse più brillanti a cui io abbia mai avuto il piacere di insegnare » la lodò Lumacorno. « Dopo quella sua Felix Felicis… ho pensato fosse quasi un dovere presentarle questa persona. Lei dovrebbe prendere seriamente in considerazione una carriera da Pozionista, signorina Evans ».

Lily arrossì e lo ringraziò con un sorriso imbarazzato. A quel punto il professore le disse di seguirlo e s’incamminò in direzione di un signore che si trovava quasi dall’altro lato della sala. Era un uomo alto e dinoccolato, con i capelli brizzolati e un paio di occhiali rettangolari sul naso un po’ lungo. Indossava una classica veste da mago di un bordeaux molto scuro e dalla tasca sul petto fuoriusciva una catenina, presumibilmente legata ad un vecchio orologio. 

« Horace, finalmente. Pensavo volessi lasciarmi tutta la sera qui » esclamò l’uomo non appena si fermarono davanti a lui. Poi rivolse la sua attenzione su Lily, ferma un passo dietro al professore. « E lei, signorina, sarebbe…? »

« Lily Evans, signore » si presentò prontamente Lily, porgendo la mano. 

« È la studentessa di cui ti ho parlato, Clayton » precisò Lumacorno. « Come ben sai, ne ho vista di gente talentosa, ma la signorina Evans ha un dono per la materia ».

L’uomo la guardò con attenzione per un paio di secondi, prima di sollevare l’angolo della bocca verso l’alto e stringere la mano che Lily gli stava porgendo.

« Io sono Clayton Hedge » disse. Aveva una stretta forte e decisa. « È un piacere fare finalmente la conoscenza della pupilla di Horace ».

« Andiamo, Clayton » fece Lumacorno, intimandogli di abbassare la voce. « Non vorrei si spargessero strane voci e si pensasse che faccio favoritismi ». 

Il signor Hedge alzò gli occhi al cielo e decise di cambiare discorso, così torno a concentrarsi su Lily. « A che Casa appartiene, signorina Evans? » 

« Grifondoro » rispose lei. « Lei era un compagno di Casa del professore, per caso? »

« Oh, no. Avevamo entrambi conseguito i nostri M.A.G.O. da tempo, quando io e Horace ci siamo conosciuti » le disse con un sospiro, come se lo avesse fatto ripensare a tempi migliori. « Io fui smistato a Corvonero ». 

« E il fier Corvonero si disse sicuro: io stimerò sol l’intelletto più puro » recitò Lily senza pensarci, ricordandosi la filastrocca che il Cappello Parlante aveva cantato all’inizio dell’anno scolastico. 

Gli angoli delle labbra del signor Hedge tornarono a puntare verso l’alto, mentre iniziava ad osservare Lily con ancora più curiosità. « Mi dica, signorina Evans, qual è la sua pozione preferita? E perché? »

La domanda la colse alla sprovvista, così aggrottò la fronte e si prese qualche secondo per pensare alla propria risposta. 

« Una pozione che mi piacerebbe molto studiare e conoscere più a fondo è senza dubbio l’Elisir di lunga vita… così come il Veritaserum… » iniziò, parlando lentamente. « Ma se dovessi scegliere tra le pozioni che ho già studiato o preparato, le mia preferita penso sia l’Amortentia. Non tanto per gli effetti in sé, quanto per l’odore che emana e che differisce a seconda di chi lo sente… è come se riuscisse a leggere dentro di te ciò che più ti piace e chi più ami. Sicuramente la reputerà una risposta banale ».

« Per niente, a dire il vero » ribatté Hedge, guardandola con aria assorta. « Capisco cosa vuole dire ».

L’uomo continuò a chiederle pareri e a farle domande su di lei e sulle sue esperienze ad Hogwarts per un quarto d’ora abbondante. Lumacorno cercava di partecipare il più attivamente possibile alla conversazione, ma ogni tanto dovette distrarsi per richiamare alcuni studenti che si avvicinavano troppo all’arpa incantata o al suo armadietto degli alcolici. 

Vennero raggiunti da James, che nel frattempo aveva finito la propria conversazione con Camille Keenegan. Si mise al fianco di Lily, la quale era così coinvolta nel discorso da non accorgersene neanche, e quando lei finì di parlare si presentò.

« Salve. James Potter » disse, tendendo la mano ad Hedge, che la strinse immediatamente. 

« Clayton Hedge, piacere. Potter, ha detto? » gli chiese, incuriosito e allo stesso tempo un po’ titubante. « Per caso sei il figlio di Fleamont Potter? »

Quando sentì quel nome, James sentì il proprio cuore rallentare per qualche istante. Ripensare a suo padre gli ricordava tutto ciò che avevano condiviso in quegli anni e tutto ciò che, inevitabilmente, non avrebbero mai potuto condividere. Lily dovette capire come si stava sentendo, perché intrecciò il braccio con il suo e lo strinse appena con le dita, come se stesse cercando di confortarlo in silenzio. James gliene fu enormemente grato.

« Sì, sono il figlio ». 

« Mi dispiace davvero molto per la tua perdita, ragazzo » disse Hedge con sincerità. « Conoscevo tuo padre. Prima di diventare un Auror, ha lavorato per un po’ con alcuni miei colleghi. La sua Tricopozione Lisciariccio diventò famosissima in un baleno ».

James si ritrovò a sorridere appena. Sapeva bene la storia di quella pozione, suo padre gliel’aveva raccontata più volte per riderci su. Una volta, quando non aveva ancora trovato la formula perfetta, aveva sperimentato una fialetta su sua madre Euphemia senza dirle nulla. La donna si era ritrovata un cespuglio di capelli al posto dei suoi soliti boccoli, e suo padre gli aveva detto che si era rifiutata di parlargli finché non sistemò il danno fatto.

« Lo dica a mia madre » sorrise, senza rendersi conto di ciò che stava effettivamente dicendo. 

Lumacorno e il signor Hedge gli lanciarono un’occhiata confusa, mentre Lily si portò una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso. A disagio, James si passò una mano tra i capelli. 

« Bene » fece Lumacorno, sorridendo improvvisamente. « Vorrei presentarti un altro dei miei studenti, Clayton. Anche lui è uno dei migliori che io abbia mai incontrato… Vieni, vieni ».

I due uomini si congedarono con educazione e si diressero verso Severus Piton, mentre Regulus Black lo salutava e raggiungeva una Serpeverde bionda che era appena arrivata. Lily non ne era sicura, ma le pareva si chiamasse Grace Bainard e che frequentasse il sesto anno insieme al fratello di Sirius. 

Lei e James si avvicinarono al rinfresco e il ragazzo le porse subito il primo bicchiere. 

« Cos’è? » domandò Lily, avvicinandosi il flûte al viso per annusare il liquido ambrato al suo interno.

« Idromele » rispose James mentre prendeva un bicchiere anche per sé. « Dovevo immaginarmelo che Lumacorno ci sarebbe andato leggero ».

« James » lo riprese lei, rivolgendogli un’occhiata di disapprovazione. 

Lui ridacchiò e sollevò le mani in segno di resa; dopodiché avvicinò il proprio bicchiere a quello di Lily e li fece tintinnare l’uno contro l’altro. Lo fece guardandola sempre negli occhi e Lily non riuscì a impedire a sé stessa di sorridere. 

Si appoggiarono al muro lì vicino, la schiena contro la parete e le spalle che si sfioravano appena. L’arpa continuava a suonare e Lumacorno stava cercando di convincere alcuni degli invitati a ballare un po’. 

« Com’è andata con la giocatrice di Quidditch? » chiese Lily, girando appena il viso verso di lui.

« Bene, mi ha fatto piacere parlare con una titolare » rispose James mentre faceva roteare l’Idromele nel bicchiere. « Forse un paio d’anni fa sarei stato più entusiasta. Sai, per un po’ da grande avrei voluto giocare come titolare in una squadra di Quidditch. Preferibilmente nel Puddlemere United ». 

« Chissà perché, ma me lo aspettavo » scherzò Lily, sbandando leggermente contro la sua spalla con la propria. « Hai cambiato idea? »

James sospirò e si strinse nelle spalle. 

« Una parte di me vorrebbe ancora giocare » ammise, la voce leggermente più roca. « Però voglio rendermi utile, prima di ogni cosa. Una volta superati i M.A.G.O. ho intenzione di provare ad entrare negli Auror… detto fra noi, è l’unico motivo per cui non ho abbandonato Pozioni dopo i G.U.F.O. ».

« In effetti fai abbastanza schifo » considerò Lily involontariamente. 

« Grazie, eh » ribatté James, in realtà divertito. « Ma che posso farci? Qualche difetto dovevo pure averlo ».

« Qualche? » 

« Merlino, Evans, non lusingarmi così o potrei montarmi la testa! »

« Come se avessi bisogno delle mie lusinghe, per montarti la testa ».

« Siamo proprio simpatiche oggi, eh? » disse James con una risata. Lanciando un’occhiata in giro, si rese conto che alla fine Lumacorno era davvero riuscito a convincere alcuni degli invitati a ballare, così bevve l’ultimo sorso di Idromele che era rimasto nel flûte e, dopo averlo posato sul tavolo, si girò verso Lily. « Ti va di ballare? » le chiese, porgendole la mano. 

Lily lanciò un’occhiata al centro della sala, incerta, mentre si rigirava tra le mani il bicchiere ormai vuoto. 

« Mi vergogno un po’ » ammise a bassa voce. « Non sono mai stata bravissima a ballare… »

« Sciocchezze » esclamò James, sorridendole incoraggiante. « Evidentemente non hai mai avuto un partner come me ».

« Vedi che sei già montato di tuo? »

James alzò gli occhi al cielo e prese la situazione in mano. Le tolse il bicchiere dalle mani e lo posò sul tavolo, accanto al proprio; a quel punto fece scivolare la propria mano in quella di Lily e, dopo aver intrecciato le loro dita con una tranquillità disarmante, si incamminò verso il centro della sala. Una volta fermi, le posò l’altra mano sulla vita e le sorrise. 

« Dovresti mettermi le mani sulle spalle o dietro il collo, sai? » la prese in giro. 

In tutta risposta, Lily gli fece la linguaccia. Tuttavia non protestò e fece quanto le era stato detto, solleticandogli appena la nuca con le dita. James cominciò a muoversi seguendo il ritmo della musica e lei seguì i suoi movimenti, ancora leggermente a disagio. In realtà le piaceva ballare, ma preferiva farlo quando non erano presenti altre persone che la osservavano. Sapeva benissimo di aver dato più volte spettacolo con James, nel corso degli anni, ma pensava che la gente avesse iniziato ad abituarsi a vederli così spesso assieme. Dopotutto erano mesi che usciva con i Malandrini e, tra l’altro, non era più neanche così raro vederla in giro per il castello solo con James. Eppure anche allora, se guardava appena oltre la spalla di James, poteva vedere le persone lanciare occhiate incuriosite nella loro direzione. 

« Che c’è? » domandò James, che la stava osservando ed aveva notato la sua espressione farsi corrucciata. 

« Niente » rispose Lily con un sospiro. « È solo che mi sento osservata… »

James mise su un’espressione stupita, come se non se ne fosse neanche reso conto. Evidentemente, pensò Lily, era così abituato a stare al centro dell’attenzione che ormai non ci aveva neanche più caso. Lui si guardò attorno per un attimo, incontrando lo sguardo di un paio di studenti che tornarono prontamente a guardare da un’altra parte. 

« Se non ti va, possiamo smettere di ballare » offrì James in tutta tranquillità, fermandosi e facendo per allentare la presa sui suoi fianchi. 

Lily glielo impedì, poggiando le mani sulle sue per tenerle dov’erano. 

« No » ribatté, decisa. « Non mi interessa degli altri » aggiunse, e gli si fece leggermente più vicina. 

James rise e riprese a ballare, e Lily dovette ammettere che era bravo. Non si stava impegnando e si limitava a muoversi a tempo, ma riusciva lo stesso a risultare aggraziato e a guidarla nei vari passi. Per giocare le fece fare una giravolta, ma la prese in contropiede e lei si scontrò presto contro il suo petto.

« Ehi, Evans, tutto okay? » la riprese con un sogghigno. « Quel poco di Idromele che hai bevuto ti ha dato alla testa? »

« Che simpatico che sei » sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo, prima di cambiare discorso. « Dove hai imparato a ballare così? »

« Sorpresa? »

« In realtà sì » ammise Lily, che nel frattempo si era ricomposta ed aveva ripreso ad ondeggiare sul posto con le mani sempre allacciate al suo collo. « Quindi? »

« Non c’è chissà che storia sotto. I miei mi hanno fatto prendere lezioni quando ero più piccolo, tutto qui » rispose James con una scrollata di spalle. « Roba da Purosangue, suppongo ».

Lily non disse nulla, limitandosi ad annuire e fare un sorriso di circostanza. Senza volerlo ripensò alla conversazione che aveva ascoltato per sbaglio quella mattina: non era la prima volta che qualcuno veniva ucciso, purtroppo, ma quella storia l’aveva toccata più del dovuto. E guardando James, che le stava parlando di un Tassorosso che Lumacorno stava sgridando per aver cercato di prendere del Whiskey dalla sua scorta, Lily capì perché quella volta aveva accusato di più il colpo. 

« Lily, mi stai ascoltando? »

La voce di James la riportò con i piedi per terra e si rese conto di non aver minimamente prestato attenzione alla conversazione. 

« No, scusami » rispose. « Che stavi dicendo? »

« Niente di importante, tranquilla. Va tutto bene? Ti sei intristita di colpo » disse James, osservandola bene in volto. 

Lei non rispose e si strinse appena nelle spalle. Abbassò lo sguardo sul taschino della giacca di James, così da non dover reggere per forza il suo sguardo preoccupato. Lo aveva invitato a quella festa perché voleva passare una serata tranquilla con lui, ma c’era una parte di lei che sembrava non trovare pace. James capì che c’era qualcosa che non andava e le afferrò il viso tra le mani, stringendolo in una presa decisa ma delicata allo stesso tempo. Le sollevò il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, si chinò appena su di lei e piegò le labbra in un accenno di sorriso.

« Ehi, che succede? » le domandò, e il suo sguardo si fece più preoccupato quando lei non rispose. « Lily, davvero, che hai? »

Lily continuò a ricambiare il suo sguardo senza aprire bocca. I suoi occhi occhi si fecero improvvisamente tristi e, per impedire che le tremassero, strinse le labbra in una linea sottile. 

« James, cosa stiamo facendo? » esalò infine, e sembrava sfinita. 

James sbatté più volte le palpebre, confuso: « Stiamo ballando…? » azzardò, cercando di alleggerire la tensione in qualche modo.

« Sono seria, James. Cosa stiamo facendo? Che senso ha? » insistette Lily, scuotendo la testa con veemenza. 

« Giuro, non ti sto seguendo. Di cosa stai parlando? Cosa non ha senso? »

« Tutto questo! » esclamò lei. « Io e te, insieme… Lo sappiamo entrambi che non potremmo mai… lo sappiamo entrambi che questo non ha futuro. Noi non abbiamo futuro ».

Man mano che lei parlava, le mani di James allentarono la presa sul suo viso fino a lasciarlo andare completamente. Le braccia gli ricaddero lungo i fianchi, come inermi, mentre lei incrociava le proprie sotto al petto. 

« Lils… »

« Lo so che provi qualcosa per me » lo bloccò subito lei, abbassando la voce, e James scattò subito sull’attenti, a disagio. « Lo so, James. Così come tu sai che anche io provo qualcosa per te… ma pensaci, per favore. Ti rovinerei la vita ».

« Non puoi dire sul serio » protestò James, sbuffando una risata stupefatta. « Come potresti rovinarmi la vita? »

Lily gli si fece più vicina e gli prese le mani tra le proprie, portandosele davanti al petto. 

« Riflettici » disse, mesta. « Io sono una Nata Babbana. Loro prendono di mira le persone come me. Ma tu… tu sei un Purosangue. Hai un cognome importante. Non se la prenderebbero con te. Ma con me… ti vedrebbero tutti come un traditore del tuo sangue. Rischieresti tutto quanto. Non ne vale la pena ».

James boccheggiò, non sapendo cosa dire. Una parte di lui avrebbe solo voluto afferrarla per le spalle, scuoterla e dirle che invece ne valeva la pena. Non c’era niente che ne valesse di più la pena, per lui. 

« È meglio così » disse ancora Lily, lasciando andare le sue mani e facendo per arretrare. Lui però non glielo permise, strinse le dita attorno al suo polso e la tirò leggermente verso di sé. Lily fece per parlare di nuovo, ma stavolta non le diede il tempo per farlo e la precedette. 

« Sono già a rischio, lo siamo tutti. Devo ricordarti di cosa facciamo parte? E io non provo qualcosa per te, Lily, io sono innamorato di te. Solo di te » cominciò, guardandola dritta negli occhi. « E non me ne importa nulla del resto: del tuo sangue, del mio… A me importa solo chi sei. E tu… tu mi fai venire voglia di essere migliore. Io mi sono comportato da stronzo per anni, e al tuo posto probabilmente non avrei dato una seconda possibilità ad una persona come me… ma tu l’hai fatto. Perché tu riesci sempre a vedere il meglio nelle persone, in tutti, anche in chi ti ha preso in giro per anni e ti ha reso la vita un inferno. E ci riesci perché sei buona, sei una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto. E… e io sono innamorato di te, Lily. A me non importa altro. Per quanto mi riguarda, potresti anche essere una Babbana o una Magonò, io comunque non avrei occhi per nessun altro. Io non ho occhi per nessun altro, Lily, per me ci sei solo tu. Ci sei sempre stata solo tu ».

Quando finì di parlare, James sentì di essersi finalmente tolto un enorme peso dalle spalle e dal cuore. Era da tempo che sentiva quelle cose, che si sentiva fremere ogni volta che l’aveva affianco, e finalmente era riuscito a dirglielo. Niente era andato come se lo era immaginato, ma non gli importava. Non gli importava neanche che fossero in una sala con altre persone, perché in quel momento non erano che parte dello sfondo. L’unico punto d’interesse, per lui, era la ragazza in piedi davanti a lui. 

Lily, d’altro canto, non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere ciò che stava provando in quel momento. Perché se c’era una parte di lei che avrebbe voluto correre via, si trattava di una parte piccola. Minuscola. E non riuscì a sopraffare l’altra, che invece la spingeva come mai prima verso James, che continuava a guardarla dritta negli occhi con determinazione. 

Fu allora che lo capì: ci sono cose che non puoi controllare, per quanto tu voglia. E ci sono parole… che a volte non c’è bisogno di dire. 

Senza pensarci due volte, intrecciò le dita dietro la nuca di James e si sollevò in punta di piedi per premere le labbra sulle sue. Lo sentì irrigidirsi sotto le sue dita, prima di sciogliersi e ricambiare il bacio con trasporto. Le posò una mano alla base della schiena, mentre affondava l’altra tra i suoi capelli e la stringeva ancora più a sé, quasi schiacciandola contro il proprio petto. 

Fu solo quando si separarono che si resero conto di essere ancora in mezzo ad altre persone e, soprattutto, di aver appena dato a tutti i presenti un nuovo argomento di conversazione. 

James allentò piano la presa su di lei, permettendole di sistemarsi comodamente tra le sue braccia. Lily gli sorrise e lui, con tutta la naturalezza del mondo, le diede un rapido bacio a stampo. 

« Ora ti osservano davvero » disse James scherzosamente. 

Lily si strinse nelle spalle ed inclinò appena la testa di lato, mentre intrecciava le dita con i suoi capelli scuri.

« Che guardino pure » rispose, tranquilla, avvicinandoglisi al punto da parlare ad un soffio dalle sue labbra. « Non m’interessa » aggiunse, prima di baciarlo nuovamente. 

Lo fece piano, con meno foga ma con più dolcezza, giocando con i suoi capelli e beandosi del calore che le mani di James irradiavano nei punti che sfioravano. Quando lui si scostò, Lily si sporse veloce in avanti per rubargli un altro bacio, facendolo ridere. 

James le accarezzò il viso, sorridendo. « Domenica prossima è stata programmata un’uscita ad Hogsmeade. Ti va di venirci con me? » 

Lily fece finta di pensarci su, assumendo un’aria pensosa prima di sciogliersi in un sorriso raggiante. 

« Va bene, Potter ». 

Lui fece per baciarla di nuovo, ma si fermò a pochi centimetri dalle sue labbra. Lily lo guardò con aria confusa, e James piegò le labbra in un ghigno che lei ormai conosceva fin troppo bene.

« Com’era? » chiese con tono retorico. « Non uscirei con te neanche se dovessi scegliere tra te e la Piovra Gigante? » continuò, imitando la sua voce. 

Lily si mise a ridere e, dopo averlo colpito sulla spalla ed avergli dato dell’imbecille, lo avvicinò a sé per baciarlo ancora. 

 

 

Il resto della serata trascorse velocemente. Continuarono a ballare finché non sentirono dolore ai piedi e, finché Lumacorno non decise di proporre un brindisi, loro due rimasero a chiacchierare vicino ad una delle finestre della sala. I riflessi causati dalle acque del Lago Nero conferivano al viso di Lily un aspetto surreale, con gli occhi che sembravano ancora più verdi del solito. 

James non l’aveva lasciata andare un attimo: si era appoggiato al muro accanto alla finestra e, tenendo le mani unite dietro la schiena di Lily, l’aveva tenuta quasi tutto il tempo tra le sue braccia. Erano fermi in quella posizione da un po’, più precisamente da quando a Lily erano di nuovo venuti i sensi di colpa per la situazione in cui lo stava mettendo. 

« Non mi ci stai mettendo tu » le aveva detto James, chiudendo così la discussione. « È una mia scelta. E non me ne pento ». 

Lily aveva fatto per protestare, ma James le aveva lanciato un’occhiata decisa e ben chiara che l’aveva fatta desistere. Così si era sciolta in un piccolo ed incerto sorriso, e lui l’aveva stretta a sé. Per cambiare argomento le aveva chiesto di cosa avesse parlato con il signor Hedge, e col tempo arrivarono a parlare anche dell’Amortentia e di quando, l’anno prima, il professor Lumacorno la aveva fatta preparare a tutta la classe. 

« Cos’avevi sentito? » chiese James, giocando con una ciocca dei capelli di Lily. 

Lei ci pensò su, tornando con la mente a quella mattinata di ottobre. Ricordava che erano passati pochi giorni dall’ennesima discussione che aveva avuto con Severus, e che Mary stava ascoltando pazientemente tutte le sue lamentele. Quando era entrato in classe Lumacorno ed aveva spiegato loro qual era il compito del giorno, ne era stata entusiasta. Essendo la sua materia preferita, durante le lezioni di Pozioni riusciva a non pensare ad altro. Inoltre era dall’inizio dell’anno scolastico che non vedeva l’ora di preparare quella pozione. Fu uno dei suoi lavori migliori. 

« Menta, liquirizia e l’odore di libri nuovi… » rispose. James storse un po’ il naso. Aveva sperato di sentirle elencare almeno un odore che potesse essere riconducibile a lui. Sapeva che, ai tempi, Lily lo odiava ancora, ma la speranza è sempre l’ultima a morire. « Tu, invece? » 

James si passò una mano tra i capelli. « Erba appena tagliata, gelsomino e limone… »

« Cosa ti facevano venire in mente? » domandò tranquillamente Lily.

« L’odore di erba appena tagliata è la prima cosa che sento non appena metto piede nel campo da Quidditch. Per quanto invece riguarda il gelsomino, mia madre lo adora. Ne ha fatti piantare tantissimi in giardino e ogni anno li usa per preparare dei sacchetti da mettere nei cassetti… sai, per far profumare i vestiti. Lei profuma sempre di gelsomino ».

« E il limone? »

James non rispose e fece schioccare la lingua contro il palato, in imbarazzo. Le ci vollero pochi secondi per capire, e allora si ritrovò ad arrossire visibilmente. Lo shampoo che usava da sempre profumava di limone. 

« Già » borbottò James a mezza voce. 

Lily sorrise e si sporse appena verso di lui. « Ma era più di un anno fa ». 

« E quindi? »

« Be’, non pensavo… » fece lei, cercando le parole giuste. « Cioè… già da allora? »

James sospirò ed annuì. « So di essermi comportato più volte da idiota, ma cosa pensavi? »

« Pensavo cercassi solo di irritarmi in ogni maniera possibile » rispose Lily con sincerità. « Non credevo di piacerti sul serio, fino all’anno scorso. Credevo insistessi così tanto per dare fastidio a Severus e, dopo, perché continuavo a rifiutarti sempre ».

« Per un po’ è stato così » ammise James, schietto. « Sapevo che Piton non sopportava che ti stessi attorno e ci provassi con te, e insomma, sì, mi divertiva vederti arrabbiare quando ti assillavo per andare ad Hogsmeade insieme… però poi hai iniziato a piacermi davvero ». 

« Quando? » gli chiese Lily, prima che riuscisse a trattenersi. 

« Lils… » si lamentò lui, alzando gli occhi al cielo. 

« Scusa » fece lei con un sorrisetto. « Se non ti va, non devi dirmelo ».

James sospirò e, dopo aver abbassato di nuovo gli occhi su di lei, decise di risponderle. « Dopo i G.U.F.O. » disse, lanciando un’occhiata veloce a Severus Piton, che era dall’altra parte della sala e ogni tanto continuava a guardare nella loro direzione. « Mi sentivo in colpa perché sapevo che in parte era colpa mia… poi tu sei diventata amica di Mary, ma non volevi comunque avere a che fare con me, e la cosa mi dispiaceva. È lì che ho capito che volevo essere tuo amico, che volevo conoscerti meglio. Volevo che tu mi conoscessi meglio, che non mi vedessi solo come un arrogante ragazzino viziato. Volevo davvero che tu mi dessi una possibilità ».

« Per un po’ ti ho dato la colpa di quello che è successo con Severus… » ammise Lily. « Era più facile avercela con te, piuttosto che con lui. Ma è durato poco, in fondo lo sapevo che prima o poi avremmo litigato pesantemente… solo che non mi aspettavo succedesse così, con lui che mi dava della Sanguesporco… e davanti a tutti… è uno dei ricordi più brutti che ho ».

« Anche se non so quanto possa valere, ormai, voglio tu sappia che mi dispiace » le assicurò, infastidito già solo da quell’appellativo. « Non ho la minima idea di cosa tu possa aver provato, ma sono sicuro che perdere un amico sia tremendo ». 

« Possiamo non parlarne? » gli chiese, mentre girava leggermente il viso di lato per cercare Severus nella sala. Incrociò i suoi occhi solo per pochi istanti, perché lui spostò lo sguardo quasi subito. 

Le dispiaceva saperlo così distante, quando fino a due anni prima era sempre stato al suo fianco, e una parte di lei si sentì in colpa per aver baciato James anche davanti a lui, sapendo quanto lo detestasse. Ma, decise, doveva smetterla di sentirsi in colpa per qualcosa che la faceva stare bene. Così tornò a concentrarsi su James, che aveva ancora le mani sulla sua vita e le sorrideva con affetto. Severus aveva fatto parte del suo passato e sotto molti aspetti lo aveva reso migliore, ma quel periodo della sua vita era finito da tempo. Faceva ancora male, a volte, ma stava andando avanti. E la consapevolezza di avere accanto a sé una persona come James la faceva sentire un po’ più tranquilla, quando pensava a tutto quello che avrebbe potuto affrontare una volta uscita da Hogwarts. Bastava una sua parola, un suo piccolo gesto, e riusciva a migliorarle la giornata. Lei aveva sempre avuto un’idea ben precisa dell’amore, e niente e nessuno si era mai avvicinato così tanto a quell’idea quanto James. La faceva sentire apprezzata, amata e desiderata, ma più di tutto la faceva sentire accettata. E per lei non c’era niente di più importante, quando per anni si era sentita sbagliata, fuori posto - per sua sorella, per molti suoi compagni e, alla fine, anche per Severus. Per James no. Per James era solo Lily, e lui l’accettava così com’era, con i suoi pregi e con i suoi difetti. 

« A cosa pensi? » 

La voce di James le arrivò quasi ovattata e si accorse solo in quel momento di essersi persa nei propri pensieri, mentre con le dita giocava con il bavero della sua camicia. 

« Niente » rispose Lily, alzando gli occhi per puntarli in quelli di James. « Che sono fortunata, tutto qui » aggiunse con un sorriso. 

« Certo che sei fortunata » ghignò James con un’espressione compiaciuta. 

« Sei proprio un pallone gonfiato » sospirò Lily, ridendo. 

La sua risata contagiò anche James, che si chinò su di lei per baciarla. Tuttavia proprio in quel momento Lumacorno cominciò a far tintinnare un cucchiaino d’argento contro un bicchiere, così da attirare l’attenzione su di sé. Anche l’arpa sembrava suonare più piano. 

Lily e James si separarono e si raddrizzarono, dopodiché si avvicinarono e si confusero nella piccola folla che si era venuta a creare attorno al professore. Lumacorno propose un brindisi collettivo per ringraziare tutti per essersi presentati ed augurare loro una buona notte. 

« Ci sta cacciando, in pratica? » sussurrò James all’orecchio di Lily, facendola ridacchiare. 

« Esattamente » rispose lei, annuendo appena. 

Prima di andare via riuscirono a salutare sia Camille Keenegan che il signor Hedge. Quest’ultimo assicurò a Lily che si sarebbero rivisti e che vedeva un buon futuro per una ragazza brillante come lei. 

« Dovrei essere geloso? » scherzò James quando uscirono dallo studio di Lumacorno. 

Il corridoio era stato illuminato più del solito, probabilmente in vista del ritorno degli studenti verso i rispettivi dormitori, ma essendo febbraio inoltrato l’aria era fredda e pungente. Lily rise alla battuta di James, mentre si abbracciava leggermente con le proprie braccia per cercare di scaldarsi un po’. Il ragazzo se ne accorse e, senza smettere di camminare, si sfilò la giacca.

« Tieni » disse, sistemandogliela sulle spalle. 

Lily ne afferrò i bordi, chiudendosela leggermente sul davanti. Poi voltò il viso nella sua direzione e sollevò lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi. « Grazie » mormorò, riconoscente. « Sono stata proprio stupida a non portarmi una giacca, con questo freddo, ma non ci ho pensato ».

« Figurati, per così poco » fece lui, rassicurandola. « E poi non potremmo mai permettere che la nostra Caposcuola si ammali così, no? »

Fu ridendo e chiacchierando a bassa voce che raggiunsero il ritratto della Signora Grassa, che però non era nel suo quadro. James imprecò e, sbuffando, chiese informazioni al cavaliere del quadro accanto. Questo ipotizzò che la Signora Grassa si potesse trovare nel quadro della sua amica Violet, e si offrì di andarla a chiamare. I ragazzi lo ringraziarono per il pensiero e il cavaliere sparì dalla propria cornice, allontanandosi sempre di più da loro. 

« Certo che è sempre in giro » borbottò Lily, roteando gli occhi. 

« Una volta io e Sirius l’abbiamo aspettata per più di un’ora » le raccontò con una scrollata di spalle. Vedendo l’espressione allibita sul viso di Lily, aggiunse subito: « Te lo giuro ».

« Forse dovrebbe dire che è accaduto alle tre di notte, signor Potter » esordì la Signora Grassa, comparendo d’improvviso nella propria cornice. Lo stava guardando con uno sguardo ammonitore e le braccia incrociate. 

« Sì, sì, è vero » ammise James, mentre Lily tratteneva a stento una risatina. « Fortuna Maior ».

« Potrei non farti passare, sai? Non fare l’insolente con me » lo riprese la Signora Grassa. 

« Lo perdoni, è stanco » s’intromise Lily, facendosi avanti. « Potrebbe farci passare? Fa davvero freddo. Fortuna Maior ».

La Signora Grassa la squadrò da capo a piedi, prima di sbuffare e borbottare: « Va bene… » mentre si spostava per farli passare. 

I due la ringraziarono ed entrarono, accolti immediatamente dal tepore della loro Sala Comune. A quell’ora era completamente vuota, avvolta in un silenzio rotto solo dal leggero crepitio proveniente dal camino. Arrivarono davanti alle porte che conducevano ai rispettivi dormitori e si fermarono lì, l’uno davanti all’altra. 

Lei fece per sfilarsi la giacca, ma James la trattenne. « Non ti preoccupare, puoi darmela domani con calma » le disse, scostandole le mani dalla giacca. 

« Va bene, grazie… » mormorò Lily, iniziando a sentirsi un po’ in imbarazzo. Come avrebbe dovuto salutarlo? Avevano passato la serata a chiacchierare e baciarsi, le sembrava insensato dargli la buona notte con un bacio sulla guancia o con un cenno della mano. Senza pensarci, gli sorrise e sussurrò un « Buonanotte » appena udibile. 

Lei si stava giusto girando quando sentì James ridere. 

« Dai così la buonanotte al tuo ragazzo? » le chiese, e Lily sentì il suo cuore mancare un battito. 

Era ferma davanti a lui, anche se girata di tre quarti per la tentata fuga, perciò vide chiaramente il sorrisetto sardonico con cui le si era rivolto. Allora decise di fare il suo stesso gioco. 

« Non sapevo di avere un ragazzo » rispose con il tono più innocente e sorpreso che avesse. 

Tuttavia James non sembrava interessato a portare avanti quello stupido gioco. Scosse la testa, divertito, e fece un passo nella sua direzione. Le prese il viso tra le mani e, prima che lei potesse dire alcunché, chinò il viso per posare le labbra sulle sue. 

Quando il bacio finì, rimasero per qualche secondo fermi nelle rispettive posizioni, le fronti poggiate l’una sull’altra. Lily sorrise contro le sue labbra e, dopo avergli dato un ultimo e veloce bacio a stampo, mormorò: « Buonanotte, James ».

Si separarono ed entrambi si girarono per rientrare nelle proprie camere. Lily stava giusto per richiudersi la porta alle spalle, quando sentì James richiamarla. 

« Sì? » domandò, sporgendosi oltre la porta. 

« Buonanotte » disse semplicemente lui, le mani in tasca, i capelli più arruffati del solito e le labbra increspate in un sorriso. 

Lily ricambiò il sorriso e, prima di andarsene, gli mandò un bacio volante. Lei non lo vide, ma, se possibile, il sorriso sul viso di James si era fatto forse ancora più largo.

 

*

 

Quella mattina, per Minerva McGranitt, non aveva nulla di speciale.

Si era svegliata alla solita ora, si era preparata e, dopo aver legato i capelli nella solita crocchia ordinata, si era diretta in Sala Grande per la colazione. Aveva preso il solito posto tra il Preside e il professor Vitious e si era servita del tè e del porridge. Stava giusto per mangiare il primo cucchiaio, che Lumacorno si sporse oltre Vitious per dirle qualcosa. 

« Hai vinto la scommessa, Minerva » le disse, con un tono rammaricato, nonostante le sembrasse in vena di chiacchiere. 

« Di che scommessa stai parlando, Horace? » gli chiese con fare pratico, mentre decideva di concentrasi sul proprio tè e di lasciare un attimo il porridge da parte. 

« Evans e Potter » rispose Lumacorno, facendosi sorpreso. « Non hai sentito? Ne sta parlando tutta la scuola ».

E fu allora che Minerva capì. Sul momento non ci aveva fatto caso, ma la Sala Grande quel giorno sembrava più chiassosa del solito. Molti studenti non erano seduti neanche alla propria tavolata, notò con stupore. Aveva visto quell’agitazione poche volte. Era la stessa che vedeva due volte l’anno, la mattina della finale di Quidditch e il giorno del rientro a casa per le vacanze estive. 

« Avevi ragione tu » continuò Lumacorno con un sospiro. « Non pensavo che Evans avrebbe ceduto ».

« Ricorda sempre che si tratta di Potter, Horace » gli ricordò lei cercando di nascondere un sorrisetto soddisfatto. « Quel ragazzo sa essere una persona tanto estenuante quanto brillante. Fino ad ora Evans aveva solo visto la prima ».

Ricordava ancora il giorno in cui avevano fatto quella stupida scommessa. Che poi si poteva davvero definire tale, quando non avevano giocato alcunché? Ad ogni modo, fu durante il quinto anno. 

Un mattino la calma della Sala Grande era stata disturbata proprio da James Potter, che si era inginocchiato nel bel mezzo della sala ed aveva iniziato a decantare ad alta voce i suoi sentimenti per Lily Evans. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Minerva ne era certa, James Potter non sarebbe sopravvissuto per un altro minuto. Lily Evans aveva le mani sui fianchi, le guance gonfie e uno degli sguardi più terrificanti che lei avesse mai visto sul viso di una ragazzina di sedici anni. Come al solito, lui le aveva chiesto di uscire e, sempre come al solito, lei gli aveva urlato di andare a farsi un bagno con la Piovra Gigante prima di girarsi ed uscire di gran carriera dalla Sala Grande. 

Fu allora che Lumacorno disse « Quando lo capirà Potter che quella ragazza non lo può vedere? Figuriamoci andare ad un appuntamento con lui ». 

E Minerva poteva anche mettere Potter in punizione di continuo, togliergli punti o riprenderlo, ma lo aveva comunque preso a cuore. Quel ragazzo aveva un talento naturale sia per la Trasfigurazione sia per il Quidditch, due delle cose che Minerva amava di più. Quando poi lo aveva visto diventare amico di Lupin - e lei ne era certa, Potter e i suoi amici sapevano bene della licantropia - Minerva aveva capito che James Potter aveva anche un buon cuore. In classe era stato spesso la sua croce, ma in qualche modo era riuscito ugualmente a portarla dalla propria parte. Per questo, quando Lumacorno mise in dubbio le possibilità con Lily Evans, lei ribatté: « Non credere, Horace. Potter è così caparbio che, prima o poi, penso riuscirà nel suo intento ». 

Così partì il gioco tra lei e il suo collega, e Minerva aveva capito di avere la vittoria in pugno quando Silente decise di nominare Potter Caposcuola. Alla fine il tempo le avrebbe dato ragione. 

« Se lo dici tu, Minerva » commentò Lumacorno. 

« Dici sul serio, Horace? » chiese invece Vitious, che fino ad allora era rimasto in silenzio. 

« Certo, Filius » gli assicurò Lumacorno. « Li ho visti con i miei occhi, ieri sera ».

« Al tuo party? »

« Esattamente. Non ho detto nulla vista l’eccezionalità della situazione, ma siamo comunque in una scuola e loro ieri non hanno tenuto una condotta che definirei… esemplare, ecco » precisò Lumacorno, che però non sembrava minimamente contrariato. Più che altro, sembrava che volesse semplicemente sparlare un po’. 

« Stai pur sempre parlando di Potter, Horace » gli ricordò Minerva. 

« Concordo » le diede man forte Vitious. « Anche se è stato nominato Caposcuola, non è mai stato un ragazzo particolarmente tranquillo ».

« Oh, Filius, non lo ricordi al signor Gazza… » scherzò Minerva, portandosi una mano davanti alle labbra per nascondere il più possibile il proprio ghigno divertito.

Lumacorno aprì la bocca per dire qualcosa, ma qualcosa lo trattenne. Sia la McGranitt che Vitious seguirono la direzione del suo sguardo e, sebbene ormai avessero appreso la notizia, rimasero comunque senza parole. 

Lily Evans e James Potter stavano entrando in Sala Grande. E si stavano tenendo per mano. 

Minerva li osservò andare a sedersi al tavolo di Grifondoro, prendendo posto vicino ai loro soliti amici, e non si accorse del professor Silente che intanto le si stava sedendo accanto. Anche lui dovette notare la scena, perché sorrise dietro gli occhiali a mezzaluna e, mentre si serviva del succo di zucca, si girò verso la professoressa Sprout. 

« Pomona, mi devi una confezione extra-large di Pallini Acidi ». 

 


 

 

1 - la frase di Corvonero che dice Lily è quella del cappello parlante del quinto anno.

 

Note:

Ehilà ♥ Ebbene sì, finalmente ce l’abbiamo fatta. Dopo solo 23 capitoli, Lily e James stanno insieme. Era una vita che sognavo di arrivare a questo punto, perché ne hanno passate già tante e sono cambiati al punto da scoprire che l’uno completa l’altra. Un grazie speciale a chiunque sia arrivato fino a qui, perché è un punto cardine nella storia e mi rendo conto di avervi fatto attendere tantissimo. Spero solo che ne sia valsa la pena per voi come lo è valsa per me.

Stavolta non mi voglio dilungare granché, penso e spero che il capitolo parli da sé. 

Un bacio grandissimo a tutti quanti ♥

Ale

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Capitolo 25
*** Fuori controllo ***


Capitolo 24

Fuori controllo 
 

24-fuori-controllo

Some sort of window to your right 

As he goes left, and you stay right 

Between the lines of fear and blame 

You begin to wonder why came 

“How to save a life”, The Fray

 

Lily sollevò i piedi da terra e li poggiò sul muretto su cui era seduta, stringendosi le ginocchia al petto. 

« E se uscissimo tutti e quattro insieme? » propose a Mary con un sorriso incoraggiante. 

Mary scosse la testa. « Assolutamente no. È il vostro primo vero appuntamento, dovete godervelo! Non preoccuparti, posso sopportare Sirius per qualche ora ».

« Sei sicura? »

« Assolutamente » rispose Mary, allungandosi e puntellandosi sui gomiti, il viso rivolto verso il cielo terso. « E non voglio che proprio oggi tu ti debba preoccupare per me e Sirius. Va’ ad Hogsmeade e divertiti! Tu e James vi meritate di passare un bel pomeriggio ». 

Lily sospirò, ma annuì e non aggiunse altro. Rivolse anche lei lo sguardo al cielo, ma dopo pochi secondi tornò ad osservare la propria migliore amica. 

Dopo colazione avevano deciso di sistemarsi sul bordo della vecchia fontana del cortile dell’Orologio, così da poter parlare per un po’ prima di andare ad Hogsmeade. 

Il giorno del suo primo appuntamento con James era arrivato, ma Lily stranamente non si sentiva in ansia: ormai era così abituata a passare del tempo da sola con lui che le sembrava quasi naturale. Certo, a volte ancora s’imbarazzava quando lui le prendeva la mano o, quando erano vicini, le circondava le spalle con un braccio; ma era una sensazione piacevole, e spesso era lei stessa a cercare per prima un contatto più intimo, che fosse un bacio a stampo veloce prima di una lezione o un abbraccio sul divano della Sala Comune. 

Era stata a mani basse la settimana più bella dell’ultimo periodo. Senza neanche sforzarsi, James riusciva a rendere ogni suo giorno migliore. Le dispiaceva solo che per Mary, invece, quel periodo si stava rivelando un vero inferno: ultimamente le cose con Sirius non sembravano andare per il verso giusto, e, sebbene lei non volesse parlarne, Lily sapeva che soffriva per questo. Aveva provato a convincerla ad uscire in quattro, quel giorno, ma Mary non voleva saperne: come le aveva appena ripetuto per l’ennesima volta, quella giornata doveva essere solo per lei e James. 

« Dove avete intenzione di andare? » domandò Mary, tornando a puntare gli occhi su di lei. 

Lily si strinse nelle spalle. « In realtà non ha voluto dirmi nulla. Credo sia una specie di sorpresa ».

« È proprio una cosa da James » rise Mary, scuotendo la testa. « Sono sicura che andrà bene ».

« Sì, lo penso anche io » ammise Lily, giocando con l’estremità della propria sciarpa. « Alla fine sto sempre bene, quando sto con lui. Per quanto mi riguarda va benissimo anche una semplice Burrobirra ai Tre Manici di Scopa ».

Mary allungò la gamba e, per scherzare, le diede un lieve calcio. « Ma sentila, come parla del suo ragazzo! Qualcuno qui è cotto a puntino, eh? »

Le guance di Lily assunsero subito colore e lei non rispose, continuando a tenere lo sguardo puntato sul proprio grembo, dove con le dita torturava la sciarpa di Grifondoro. 

Proprio quando stava per rispondere, una terza voce risuonò nel cortile semivuoto: « Oh, eccovi! Pronte? »

James si fermò proprio di fronte a loro, Sirius come sempre al suo fianco. Lily lo studiò rapidamente: ovviamente non indossava la divisa, ma dei semplici pantaloni neri e un maglione bordeaux con sopra una giacca scura. Anche Sirius indossava dei pantaloni neri, ma li aveva abbinati ad una felpa nera babbana che stonava parecchio con il cappotto di ottima fattura che portava come al solito. 

Mary si alzò dalla fontana e si spolverò della polvere inesistente dalle pieghe della gonna. Lily seguì il suo esempio e, non appena fu precisamente davanti a James, lui si chinò appena in avanti per darle un bacio a stampo. Lei sorrise sulle sue labbra e, quando si staccò, fece scivolare la mano nella sua. 

« Venite anche voi ad Hogsmeade? » domandò James, rivolgendosi a Mary e Sirius. 

« No, Prongs » rispose quest’ultimo, mentre Mary lo affiancava. « Penso che rimarremo al castello ».

« Finché state lontani dal mio letto, d’accordo » scherzò James, e Mary alzò gli occhi al cielo. 

« Tranquillo, Jam, è come il letto di mio fratello » gli disse. « Non mi ci avvicinerei neanche per tutti i galeoni del mondo ». 

James rise e, dopo aver salutato sia Mary che Sirius, lui e Lily lasciarono il cortile e si avviarono verso il portone d’ingresso. Da lì poi raggiunsero il cancello di Hogwarts, da cui partiva la strada che portava fino al paesino di Hogsmeade. Il terreno era totalmente innevato e nel tragitto incontrarono molte persone: evidentemente quasi tutti gli studenti avevano deciso, come loro, di uscire dal castello per un po’ e bere qualcosa con gli amici. Non furono poche le occhiate che ricevettero, ma ormai entrambi stavano imparando a farci l’abitudine, perfino Lily. 

La loro prima tappa fu Mielandia. Non appena vi misero piede, facendo tintinnare il campanello quando aprirono la porta, Lily sentì l’odore dolciastro del negozio riempirle narici e polmoni. Gli scaffali sulle pareti erano colmi di qualunque tipo di dolce - dalle Api Frizzole, ai Topoghiacci, agli Scarafaggi a grappolo. Guardando bene, James si accorse di un nuovo tipo di dolce che fino ad allora non aveva mai visto: il proprietario lo stava presentando proprio in quel momento ad un gruppo di studenti del terzo anno. 

« Di cos’hai voglia? » domandò James, seguendo Lily all’interno del negozio. « Cioccorane? » tentò, ricordandosi di un discorso che avevano affrontato tempo prima. 

Lily gli sorrise, perché se ne ricordava anche lei. « Be’, con quelle andiamo sul sicuro ». 

James l’affiancò davanti all’espositore delle Cioccorane e ne prese una manciata. « Ti va di prendere le Gelatine Tuttigusti? » 

« Non è che mi facciano impazzire » disse Lily storcendo il naso. « Sono sempre stata sfigatissima. Ogni volta prendo qualche gusto schifoso! » gli spiegò, e James ridacchiò. 

« Dai, può essere divertente! » ribatté lui. « Però se non ti vanno possiamo tranquillamente prendere qualcos’altro ».

Lily tentennò appena, lanciando un’occhiata alle Gelatine. Non erano i suoi dolci preferiti, però doveva ammettere che ogni tanto le aveva prese insieme a Mary e si era divertita tantissimo a provarle con lei. 

« Va bene » acconsentì infine con un sospiro, sciogliendosi poi in un sorriso. « Prendiamole ».

« Sicura? »

« Sicurissima ». 

James le sorrise e la precedette verso la cassa. Posò le Cioccolate e le Gelatine sul bancone e tirò fuori il portafoglio. Lily fece per imitarlo e pagare la sua parte, ma lui la fermò afferrandole delicatamente la mano. Girò appena il viso verso di lei e scosse piano la testa, prima di tornare a guardare dritto davanti a sé. 

Dopo aver pagato, si ritrovarono nuovamente nel bel mezzo di Hogsmeade. Sembrava esserci meno gente rispetto a prima, forse perché la maggioranza aveva preferito rifugiarsi al caldo ai Tre Manici di Scopa o in qualche altro locale. Lily e James si incamminarono lungo la via principale, chiacchierando del più e del meno. Mentre parlavano, James giocava e disegnava figure immaginarie sul dorso della mano di Lily; lo faceva inconsciamente, ma ogni volta che accadeva lei si sentiva scaldare un po’ di più il petto. Sebbene fosse un gesto piccolo, infatti, le pareva estremamente intimo. 

Quasi non si accorse che avevano già raggiunto i Tre Manici, quando James si fermò. Fece per posare la mano sulla maniglia, ma lui la fermò. 

« Che c’è, forse preferisci Madama Piediburro? » scherzò lei. 

James si portò una mano al cuore con fare teatrale. « Mi hai scoperto » disse. « In realtà sono uscito con te solo per poter andare nella sua sala da tè ». 

Lily ridacchiò e lo colpì sul braccio con la mano, divertita. 

« Dai, davvero. Vuoi andare da qualche altra parte? » gli chiese. 

« In realtà sì » ammise, facendole sgranare gli occhi. « Però è una sorpresa. Puoi solo aspettarmi qui un paio di minuti? »

Lily annuì e, dopo averle dato un veloce bacio a stampo, James entrò nel locale. Lei guardò la porta chiudersi alle sue spalle prima di scostarsi e appoggiarsi al muro; si guardò intorno, affascinata dal bianco che sembrava aver ricoperto tutto il paese. Le era sempre piaciuta la neve: quando era piccola cercava sempre di convincere suo padre a portarla al parco dietro casa per poter giocare con Petunia in mezzo a tutto quel bianco. 

Il sorriso stava giusto per svanire dalle sue labbra, al pensiero di tutta la distanza che ormai si era insinuata tra lei e Petunia, quando la porta dei Tre Manici si aprì nuovamente per far passare James. In mano stringeva due bicchieri per l’asporto e il sorriso tornò immediatamente sul viso di Lily, quando incontrò il suo sguardo. 

« Fatto rifornimento? » 

James annuì, allegro. 

« E ora dove avevi intenzione di andare? »

« Fidati un po’, Evans » rise, mentre s’incamminavano l’una affianco all’altro. « Non volevo passare il pomeriggio insieme a mezza Hogwarts. Volevo passare un po’ di tempo con te, da soli. Ieri credo di aver sentito un ragazzo di Corvonero parlare di una scommessa su di noi e l’uscita di oggi ad Hogsmeade ».

Lily sospirò e alzò gli occhi al cielo. « Chissà perché è così importante per la gente sapere cosa facciamo ».

« L’hanno sempre fatto » fece presente James, stringendosi nelle spalle. « In fondo abbiamo dato spettacolo per anni ».

« Tu hai dato spettacolo per anni, vorrai dire » precisò Lily. 

« Oh, per favore » rise James. « Tu e le tue frasi melodrammatiche avete contribuito alla grande.  Cosa mi dici del tuo grande classico? Non uscirei con te neanche se dovessi scegliere tra te e la Piovra Gigante, Potter! » domandò, facendole il verso. « Sei un cliché vivente, Potter, nulla di più! E potrei andare avanti per ore ».

Lily lo guardò con la bocca spalancata, divertita e indignata allo stesso tempo. « Tu eri terribile! Riuscivi ad innervosirmi ogni volta! Eri… eri come una piaga personale ».

« Eppure adesso sei qui con me » rispose James con un sorriso sornione. « Con la tua piaga personale » aggiunse, ironizzando sulle sue ultime parole. 

« Già… penso che la me di qualche anno fa si butterebbe dalla Torre di Astronomia, se ci vedesse adesso ».

« Addirittura? »

« Oh, sì » gli assicurò Lily. « Però prima butterebbe te, ovviamente ».

« Ovviamente » ripeté James, cercando di non ridere. 

Ridendo e scherzando, arrivarono alla banchina dell’Hogwarts Express. Il treno era fermo sui binari, anch’esso coperto di bianco, e nei dintorni non c’era nessuno. 

« Mi hai portata qui per uccidermi senza doverti preoccupare dei possibili testimoni? »

Lui non rispose, limitandosi a ridere e scuotere la testa; poggiò i bicchieri su un muretto lì vicino, tolse la neve che lo copriva e a quel punto tirò fuori dalla tasca un fazzoletto. Con la bacchetta lo fece diventare più grande e, dopo averlo ripiegato più volte su se stesso, lo sistemò sopra al muretto in pietra per improvvisare un sedile. 

« Hai pensato proprio a tutto, eh » commentò Lily quando James si girò verso di lei, le porse la mano e l’aiutò a issarsi sul muretto. 

« Assolutamente sì » ammise lui mentre le si sedeva accanto. « Cerco sempre di pensare a tutto in anticipo. Penso sia dovuto al Quidditch, il più delle volte devi giocare d’anticipo » aggiunse, riprendendo i bicchieri e porgendone uno a Lily. 

Lei lo afferrò e vi strinse le dita attorno, beandosi del lieve calore che l’oggetto emanava. Quando bevve un sorso di Burrobirra, constatò che era ancora bollente. Dopodiché poggiò il bicchiere accanto a sé. Nel frattempo James aprì il pacchetto di Mielandia e ne tirò fuori due Cioccorane. 

« È bello, qui. Tranquillo » commentò Lily, guardandosi intorno e aprendo la propria Cioccorana. « Ci vieni spesso? » gli domandò, afferrando il dolce prima che questo potesse scappare e dandogli un morso. 

« A volte » rispose James, bevendo un sorso di Burrobirra. « Di solito ci vengo se ho voglia di stare da solo o se ho bisogno di pensare ». 

« Tu che pensi » lo prese in giro Lily con un sorriso, mentre finiva la Cioccorana. « Strabiliante ».

James girò il viso verso di lei e mise su un’espressione divertita. « Mi raccomando, non essere sempre così dolce con me, qualcuno potrebbe davvero pensare che io ti piaccia » disse, facendola ridere.

Lily poggiò una mano sul muretto e l’altra sulla spalla di James, sporgendosi così verso di lui. Non appena sfiorò le sue labbra con le proprie, lo sentì stringerle la vita con un braccio mentre con una mano le scostava alcune ciocche dal viso. 

« Anche questo potrebbe far venire strane idee alle persone » continuò James, parlandole a pochi millimetri dalla bocca. 

« Allora è una fortuna che qui non ci sia nessuno, oltre a me e te » ribatté Lily con un sorriso. 

James ridacchiò, la mano ancora ferma sulla guancia di Lily. Con il pollice seguì il contorno del suo zigomo in una lenta e dolce carezza. Senza rendersene conto, lei piegò leggermente il viso verso la sua mano. Quando lui puntò gli occhi nei suoi, vi vide dentro una dolcezza tale che non poté trattenersi e poggiò di nuovo le labbra sulle sue per qualche secondo. Lily chiuse gli occhi e spostò la mano dal muretto alla sua nuca, baciandolo di nuovo e approfondendo il contatto. 

In quell’ultima settimana, era stata felice come poche altre volte prima. Lei e James avevano cercato di passare insieme più tempo possibile, approfittando delle lezioni buche e, ad essere onesti, a volte anche delle ronde. Quando lo aveva raccontato alle altre, Kate aveva messo su un’espressione intenerita e aveva commentato: « I primi tempi sono bellissimi. Non si riesce quasi a tenere le mani lontane dall’altro ». Ed era vero, almeno per quello che aveva potuto constatare fino a quel momento. 

Il resto del pomeriggio trascorse fin troppo veloce. Lo passarono interamente lì, rubandosi baci tra un discorso e l’altro. James la convinse anche a provare le Tutti I Gusti +1, e ovviamente i gusti schifosi capitarono tutti a lei, mentre lui, fortunato com’era, beccò solo caramelle deliziose. Glielo fece notare per stuzzicarlo, e anche quello scambio di botta e risposta finì con un bacio che sapeva un po’ di frutti di bosco e un po’ di sapone. 

Tornarono al castello che il sole era già calato e il freddo aveva iniziato a farsi troppo pungente. La maggior parte degli studenti doveva essere già rientrata, perché durante il tragitto incontrarono poca gente. Il calore della Sala Comune li avvolse non appena vi misero piede, con gran gioia di entrambi. 

« Dopo tutte quelle Cioccorane non so come riuscirò a cenare » disse Lily, iniziando a slacciarsi il cappotto. « Anzi, non so neanche se riuscirò a cenare ».

« Non ti preoccupare, in caso stai sicura che Sirius sarebbe disposto a mangiare anche la tua porzione » commentò James, togliendosi la sciarpa. « Probabilmente anche la mia ».

« Non capirò mai come faccia a mangiare così tanto e non ingrassare » sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo avrebbe potuto mangiare in un giorno tutto il suo fabbisogno calorico di una settimana, e comunque non mettere su neanche un etto. A volte, si disse, la vita era davvero ingiusta. 

« Alla prossima lezione di Divinazione lo chiederò alle foglie di tè » scherzò James, mentre le faceva passare la propria sciarpa dietro la schiena per avvicinarla a sé. « Vado a posare tutta questa roba. Ci vediamo a cena? » 

Lily sorrise e si appoggiò appena a lui con il peso. « Va bene. A dopo » lo salutò, dandogli un veloce bacio a stampo. 

James la lasciò andare e ognuno salì al proprio dormitorio. 

Non appena mise piede in stanza, Lily vide che le cortine del letto di Mary erano tirate completamente: doveva essere già rientrata, eppure nessun suono sembrava arrivare da lì dietro. 

« Mary? » la chiamò Lily, senza ottenere alcuna risposta. « Ci sei? »

A quel punto dalla porta del bagno fece capolino la testa di Kate, i capelli bagnati e l’espressione cospiratrice. Le fece segno di avvicinarsi e Lily, confusa, entrò in bagno con lei. Kate chiuse la porta e insonorizzò velocemente la stanza con un incantesimo non verbale. 

« È tornata in dormitorio da almeno un’ora, ma si è subito chiusa nel baldacchino e non ha voluto parlare » le spiegò con un sospiro. « Da quanto ho capito, ha litigato di nuovo con Sirius ». 

Stavolta fu Lily a sospirare mentre si appoggiava con la schiena alla porta chiusa. 

« Sai perché? » domandò, giocando con una ciocca di capelli. 

Kate scosse la testa, dispiaciuta. « No. Ho provato a chiedere ma dice di non volerne parlare e di voler stare da sola. Tra l’altro credo che abbia lanciato un Muffliato sul baldacchino, perché non si sente assolutamente niente, neanche un respiro ».

Lily annuì ed incrociò le braccia al petto. 

In effetti, se arrabbiata o triste, Mary era solita prendersi i propri spazi e tagliare il mondo fuori. Cosa facesse dietro quelle tende non lo avevano mai saputo con certezza - sicuramente piangeva, perché nonostante tutto non era in grado di nascondere gli occhi arrossati, ma Lily era piuttosto sicura che si lamentasse con se stessa e inveisse contro l’altra persona. D’altronde una volta l’aveva vista arrabbiarsi in Sala Grande, e per tutto il tragitto fino alla Sala Comune Mary si era tenuta qualche passo indietro mentre parlottava tra sé e sé e insultava Tracy Bulstrode di Serpeverde. 

« Mi dispiace un sacco vederla così » disse Kate, mentre si pettinava i capelli. 

« Anche a me, Kat. Anche a me ».

« Se solo si sfogasse con noi… ».

« Lo sai com’è fatta Mary » disse Lily. « Si tiene sempre tutto dentro ».

« Ma poi sta ancora più male! » protestò Kate, posando la spazzola sul lavandino con un po’ troppa aggressività. « Sono almeno due settimane che litigano di continuo! E dire che per qualche giorno ho pensato andasse di nuovo tutto bene, dopo San Valentino ».

Lily sospirò pesantemente e non disse nulla: in fondo, non sapeva neanche come rispondere. 

Anche lei era stanca di vedere Mary sempre nervosa e sulle spine e, qualche volta, era arrivata a chiedersi tra sé e sé perché mai l’amica continuasse a rimanere con una persona che la faceva stare così. Aveva visto Mary e Sirius insieme, felici, e, sebbene lui non le stesse particolarmente simpatico, le erano sembrati sempre bellissimi. Aveva visto come Sirius guardava Mary ed era palese che fosse innamorato di lei. Lily sapeva che Sirius faceva stare bene Mary, ma nelle ultime settimane si era anche resa conto di quanto lui riuscisse a renderla miserabile. E le dispiaceva vedere la propria migliore amica ridotta in quelle condizioni. 

Lily tirò la bacchetta fuori dalla tasca dei jeans e la puntò contro la porta, annullando l’incantesimo che Kate vi aveva posto. Uscì dal bagno e si avvicinò nuovamente al letto di Mary, sfiorandone appena le tendine con le dita. 

« Noi scendiamo a cena, Mary » disse, sperando che l’amica la stessa ad ascoltare. « Se non dovessi scendere, ti porteremo noi qualcosa su. E se vorrai parlare, dopo, lo sai che noi siamo qui per te ». 

Dopodiché guardò verso Kate, che nel frattempo si era asciugata del tutto i capelli con la bacchetta, e le fece cenno di avviarsi. La seguì subito e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata verso il letto di Mary, si chiuse la porta della stanza alle spalle. 

 

*

 

Lily si stava sistemando la cravatta quando, dallo specchio, vide le cortine del baldacchino di Mary aprirsi piano. Dunque lasciò perdere la cravatta e la abbandonò sulla scrivania per girarsi verso l’amica. 

« Ehi » disse subito, sorridendole. 

« Ehi » rispose Mary con la voce un po’ roca. 

Mentre anche Claire e Kate si affacciavano ed uscivano dal bagno, Lily la guardò con attenzione in viso. Gli occhi non erano arrossati, quindi era riuscita a dormire, ma erano comunque leggermente cerchiati, e i capelli erano tutti arruffati. Nonostante ciò, Mary piegò le labbra in un sorriso mentre si alzava dal letto e si stiracchiava allungando le braccia sopra la testa. 

« Scusate per ieri » disse, rivolta a tutte e tre. 

« Non devi scusarti » le assicurò Kate con un sorriso incoraggiante. 

« Ma cos’è successo? » domandò invece Lily, diretta. « Avete litigato ad Hogsmeade? »

A quel punto il sorriso di Mary si fece amaro. « Veramente non ci siamo neanche arrivati, ad Hogsmeade. Siamo arrivati a malapena al parco del castello che abbiamo iniziato già a litigare ». 

« Oh… » fece Lily, azzittendosi immediatamente e pentendosi di averle fatto quella domanda. 

« Ma perché avete litigato, stavolta? » chiese invece Claire, consapevole di poter sembrare priva di tatto: tuttavia le importava di più sapere perché l’amica si fosse arrabbiata tanto. 

Mary sospirò e si strinse nelle spalle mentre si dirigeva verso il bagno. Loro sentirono l’acqua iniziare a scorrere, perciò si scambiarono uno sguardo e ripresero a prepararsi, convinte che Mary non avrebbe mai risposto alla domanda. Qualche minuto dopo, però, Mary uscì dal bagno avvolta in un asciugamano e con i capelli bagnati e finalmente parlò. 

« Lo sapete per cosa abbiamo litigato, sempre per le stesse cose… » fece, pettinandosi distrattamente i capelli. « Nell’ultimo mese spariva in continuazione, era sempre altrove con la testa, e ogni volta che mi azzardo a chiedere cosa c’è, cosa succede, o si chiude a riccio o inizia a rispondermi male. Ieri ha addirittura deciso che non valeva neanche la pena continuare a litigare e si è incamminato verso il Lago Nero, lasciandomi lì in mezzo al parco come una cretina ».

« Ma stai scherzando, spero » sbottò Claire prima che riuscisse a trattenersi. 

« Magari » rispose Mary. 

Lily la guardò afferrare la propria bacchetta dal comodino per asciugarsi i capelli e iniziare a prepararsi per scendere a colazione. Dire che era allibita era poco. Se c’era una cosa di cui era convinta, infatti, era che Sirius ci tenesse davvero a Mary. E contro ogni aspettativa, si ritrovò a difenderlo. 

« Mary… non è una cosa che Sirius farebbe » disse, non sapendo neanche perché stesse cercando di trovare una giustificazione per un ragazzo che non le stava neanche così simpatico. « Per carità, so che Black sa essere un vero stronzo quando vuole, ma con te… con te no. So che deve essere frustrante per te, ma deve esserci qualcosa sotto, altrimenti non lo farebbe mai… »

« Lo so benissimo, Lily! Ma non migliora le cose, anzi, se possibile fa solo più male! » ribatté Mary con veemenza, allacciandosi i bottoni della camicia quasi con rabbia. « So benissimo che non è da lui ed è per questo che non riesco a prendere una posizione! Se non fosse stato Sirius, se si fosse trattato di qualcun altro, io avrei già chiuso questa relazione. Ma è Sirius ». Il suo tono, da aggressivo che era all’inizio, si era fatto man mano più flebile. Quando disse l’ultima frase, la voce di Mary sembrava sul punto di rompersi. 

« Magari è solo un brutto periodo… » provò a dire Kate, e Claire le lanciò un’occhiataccia. 

Mary non disse nulla e si limitò a scrollare le spalle. In silenzio, infilò la gonna e tirò su la zip; indossò velocemente le scarpe e si diede una rapida sistemata ai capelli, preferendo sfruttare il poco tempo a disposizione per mettersi il mascara e cercare di coprire un po’ le occhiaie con un correttore. 

« Sinceramente voglio cercare di staccare un attimo, ragazze » disse, girandosi di nuovo verso di loro. « Vorrei solo scendere in Sala Grande a mangiare qualcosa e smettere di parlare di Sirius almeno per un po’ ».

« Ma certo! » esclamò Claire, che era già pronta da tempo, prendendo la borsa e seguendola fuori dalla porta. 

Kate e Lily le seguirono subito dopo e nel tragitto fino alla Sala Grande spostarono la discussione sul disastroso appuntamento che aveva avuto Claire il giorno prima. Era uscita con un ragazzo di Corvonero, tale Stephen, che per tutto il tempo le aveva parlato di piante, magiche e non. Quando Claire raccontò del tono adorante che Stephen aveva usato per parlare del Grinzafico, Mary finalmente scoppiò a ridere e fu bello sentirsi più leggera. 

A colazione non incrociarono Sirius, che a quanto pare aveva convinto Peter ad accompagnarlo nelle cucine. James diede un bacio a stampo a Lily, prima di sedersi accanto a Mary; stava giusto per chiederle cosa fosse successo il giorno prima, quando Lily gli fece di nascosto segno di non aprir bocca sull’argomento. 

Lui con lo sguardo cercò di comunicare con lei: Ma che è successo? E forse ci riuscì davvero, perché l’occhiata che gli rivolse Lily sembrava proprio dire: Ne parliamo dopo

La colazione quindi trascorse in piena tranquillità: James iniziò a parlare del compleanno di Remus che si avvicinava e, tra le varie proteste dell’interessato, finalmente si avviarono verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure. Arrivarono appena in tempo e trovarono Sirius e Peter già seduti ad uno dei banchi in prima fila. 

Lily lo osservò di sottecchi. Non appena Mary aveva messo piede in aula, Sirius non le aveva staccato gli occhi di dosso per un secondo, ma lei aveva tirato dritto ed era andata ad occupare il solito banco accanto alla finestra. 

Nonostante si trattasse di Sirius Black, Lily provò pena per lui: era evidente che non era una sola persona a soffrire di quella situazione. Passando davanti al suo banco, Lily gli lanciò un’occhiata e provò ad accennare un sorriso. Per un attimo lui parve sorpreso da quel gesto, ma dopo un paio di secondi tornò ad essere di nuovo il classico Sirius Black di sempre. Intoccabile, un gradino sopra tutto e tutti. 

Mentre poggiava la borsa sul banco e si lasciava cadere sulla sedia, Lily pensò che anche lui era davvero una gran testa dura. 

Il resto della giornata passò lentamente. Per fortuna solo le lezioni della mattina erano comuni a tutti quanti, e dopo pranzo si erano divisi: Mary e Remus dovevano seguire Aritmanzia, lei Alchimia mentre Sirius, Peter e James avevano lezione di Divinazione. 

Dopo le lezioni Lily tornò in dormitorio e mise in borsa il libro di Erbologia, la materia che doveva studiare quel giorno: la professoressa Sprout aveva fissato un compito per quel mercoledì. Fatto ciò, lasciò i libri che non le sarebbero serviti ed uscì per dirigersi in Biblioteca. 

Era quasi arrivata a destinazione, quando sentì qualcosa che la costrinse a fermarsi nel bel mezzo del corridoio. Da dietro l’angolo provenivano due voci maschili, e lei le conosceva bene entrambe. Lily si accostò alla parete e si avvicinò leggermente, tendendo le orecchie per sentire meglio. 

« Non ti azzardare a dire… » stava dicendo James, ma venne interrotto. 

« Che c’è, ti dà fastidio? » berciò la seconda voce: Severus. « Io dico quello che voglio, Potter, e nel caso te lo fossi scordato, sono stato suo amico per molto più tempo di te ». Severus s’interruppe e Lily capì che l’espressione di James doveva averlo divertito, perché quando riprese a parlare il suo tono si era fatto più beffardo: « Che c’è, Potter? Non riesci a sopportare che ti vengano dette le cose in faccia? »

« Non farti strane idee, Piton » rispose James. « Tu continui a tirare in ballo il passato solo perché non hai nient’altro a cui aggrapparti ».

Severus protestò, ma la risata di James lo fece ammutolire. 

Lily riusciva ad immaginare perfettamente l’espressione sprezzante che doveva avere adesso James. Lei stessa aveva passato mesi, se non anni, a detestarla. Si piegò leggermente in avanti per poter sbirciare un po’ e finalmente riuscì a vederli: James e Severus si fronteggiavano, ma non erano da soli, c’erano anche Sirius e altri due Serpeverde.  

« Cosa vorresti dire? » lo incalzò James, facendo un passo in avanti. La sua postura, dritta e fiera, gli permisero di torreggiare su Severus, che sebbene fosse alto quasi quanto lui stava sempre ricurvo. « Tu l’hai persa nel momento in cui l’hai chiamata Sanguesporco. Non sei più niente per lei Non più ».

Per qualche secondo il silenziò calò tra i cinque ragazzi e venne interrotto solo dal rumore dei passi di James, che evidentemente doveva aver ritenuto chiusa la discussione e si era girato per andarsene. Aveva quasi raggiunto l’angolo dietro cui si trovava Lily, quando Severus parlò di nuovo: 

« Non la meriti neanche tu. Te ne rendi conto? »

Lily guardò James fermarsi, proprio ad un passo da lei, e trattenne il respiro nel tentativo di non farsi notare. James prese un respiro profondo e, quando finalmente parlò, lei sentì una morsa al cuore.

« Lo so. È vero » rispose James e la sua voce era delicata, leggera. E Lily avrebbe solo voluto mostrarsi, abbracciarlo e dirgli che sì, sì, ma certo che la meritava. Per quello che aveva potuto vedere in quei mesi, forse era lei a non meritare una persona come lui. 

« Non sei abbastanza per lei » sputò ancora Severus, ma la sua stessa voce lo tradiva. Lei lo conosceva bene, e non le fu difficile capire che non era solo la rabbia a farlo parlare, ma anche il dispiacere. 

« È vero anche questo, Piton » disse James, e Lily non avvertì sconfitta nella sua voce, ma pietà. « Solo che io voglio diventarlo. Voglio renderla felice… e lo farò. E questo è sicuramente più di quanto tu possa dire ».

Fu in quel momento che Lily si decise a fare un passo avanti. Solo James, che dava le spalle agli altri quattro, la vide e immediatamente aprì la bocca per dirle qualcosa. Tuttavia Severus aveva già messo mano alla bacchetta ed aveva scagliato il primo Schiantesimo. 

« Protego! » gridò Sirius, e James si girò appena in tempo per vedere il lampo di luce infrangersi contro la barriera evocata dall’amico. Probabilmente, se non ci fosse stato Sirius, James sarebbe finito contro la parete dietro di lui. 

« Solo una serpe come te potrebbe attaccare una persona alle spalle, Piton » commentò Sirius, deridendolo. 

« Tanto ci sei sempre tu a guardargli le spalle, vero, Black? » s’intromise Wilkes. « Non è che MacDonald e la Sanguesporco sono solo due coperture? » aggiunse, ironico, trovando l’appoggio del terzo Serpeverde.

« Parli tu, Wilkes? » disse James con lo stesso tono allusivo. « Dove l’hai lasciato Avery, stavolta? Avete litigato, per caso? »

Wilkes digrignò i denti e lanciò contro James un incantesimo non verbale che venne prontamente parato dal Grifondoro. 

« Tornatevene da dove siete venuti » sbottò James. « Non mi va di perdere tempo con voi, oggi ». 

« Se davvero credi che ti daremo retta, Potter, sei solo un illuso » ribatté Piton. 

« Dovrà andare dalla sua lurida Sanguesporco… » soffiò invece Wilkes, sapendo bene di toccare un nervo scoperto. 

La risposta di James, infatti, non tardò ad arrivare. Il suo Stupeficium stava quasi per colpire Wilkes in pieno petto, ma Piton lo bloccò all’ultimo e dopo lanciò verso James un altro incantesimo. Vedendo che Wilkes stava per alzare nuovamente la bacchetta contro James, Sirius si mosse e gli scagliò contro un Incarcerarmus che il Serpeverde riuscì a scansare. 

Capendo che la situazione non sarebbe migliorata a breve ma, anzi, poteva solo peggiorare, Lily svoltò l’angolo e si palesò davanti a tutti. Tuttavia, nessuno le prestò attenzione visto che erano tutti concentrati a duellare l’uno contro l’altro. Persino il terzo Serpeverde si era unito e lanciava incantesimi ora contro James, ora contro Sirius. 

« Smettetela! » gridò Lily, e così attirò l’attenzione di James e di Severus. 

James aprì la bocca per dire qualcosa, ma quando sentì Severus lanciargli contro uno Stupeficium si girò per provare ad evitare il lampo di luce. Ancora una volta fu Sirius ad evocare un Protego per proteggerlo, ma Wilkes ne approfittò per lanciare contro di lui uno strano incantesimo: stavolta lo colpì al braccio, lacerando la stoffa e ferendo la pelle. 

« Brutto figlio… » sussurrò Sirius, rabbioso, tornando a scagliare incantesimi contro Wilkes. 

« Lily, ti prego, va’ via » la implorò James, senza però girarsi verso di lei e continuando a duellare contro Severus. 

« Io non vado proprio da nessuna parte! » sbottò lei, cercando la bacchetta nella propria borsa. 

« Vai! » insistette lui con veemenza, lanciandole uno sguardo veloce da sopra la spalla. 

« Hai sentito cosa ha detto Potter » berciò Severus, mentre evocava un incanto di protezione. « Vattene, così il tuo caro Caposcuola può continuare a fare ciò che gli è sempre venuto meglio: l’arrogante pallone gonfiato che crede sempre — ». 

Severus dovette interrompersi perché, a quelle parole, James non ci vide più e iniziò a duellare con molta più foga. Siccome nessuno sembrava intenzionata a darle retta, Lily scelse di prendere la strada più saggia: lo studio del professor Vitious non era lontano, così si girò e corse in quella direzione. La borsa continuava a sbatterle sul fianco, ma lei tirò dritto verso lo studio del professore e, una volta arrivata, spalancò la porta senza neanche bussare. 

« Signorina Evans? » esclamò Vitious, quando la vide comparire sulla soglia del suo ufficio tutta trafelata e col fiato grosso. 

« Professore, mi dispiace interromperla così » disse subito Lily, piegandosi e appoggiandosi allo stipite della porta per riprendere fiato. « Deve venire con me immediatamente ».

 

*

 

« Su, signor Potter » stava dicendo Madama Chips, che si era avvicinata al letto di James. Tra le mani aveva un bicchiere il cui contenuto aveva un aspetto ben poco invitante: il colore ricordava la fanghiglia, e come se ciò non bastasse sembrava anche ribollire. « Beva questo. Tempo due ore e potrà tranquillamente andare a cena con i suoi compagni ». 

James annuì e si raddrizzò. Prese il bicchiere dal comodino e lo guardò con aria incerta. 

« Dai » lo incitò Lily, che era seduta sul bordo del suo letto. 

James sospirò e si arrese. Avvicinò il bicchiere alla bocca e, stando bene attento a non respirare col naso, bevve il più velocemente possibile. Meno tempo ci metteva, meglio era. Quando finì tutta la pozione, tossì forte e scosse la testa, come a voler scacciare il saporaccio che quell’intruglio aveva lasciato nella sua bocca. 

« Che schifo » si lamentò mentre posava il bicchiere ormai vuoto sul comodino. « Sembrava cibo scaduto ». 

Lily ridacchiò sommessamente e si avvicinò un po’ a lui. Allungò le mani verso il suo viso e con delicatezza spostò la piccola benda che Madama Chips aveva sistemato sulla fronte di James. Per fortuna nessuno si era fatto davvero male, però James si era ritrovato comunque con un taglio sul sopracciglio e si era slogato una caviglia nel tentativo evitare un incantesimo. 

Sotto la benda, Lily vide che l’unguento stava facendo il suo lavoro in maniera ineccepibile. I bordi del taglio erano già meno evidenti di mezz’ora prima e il nuovo strato di pelle s’intravedeva al di sotto. 

James circondò il polso di Lily con le dita e avvicinò la sua mano alla propria bocca per depositarvi un bacio. « Sta’ tranquilla » le disse con un sorriso incoraggiante. 

Lily si corrucciò un attimo, tentata di tenergli il broncio, ma alla fine si limitò a sospirare. Aprì la bocca per parlare, ma lui la precedette.

« Mi dispiace, davvero » le assicurò. « Non avrei dovuto duellare con lui, anzi, non avrei dovuto prestargli attenzione sin dall’inizio. Però voglio tu sappia che non sono andato là con l’intenzione di attaccarlo o prendermela con lui ». 

Con la mano libera Lily gli accarezzò la guancia, leggermente ruvida per un accenno di barba. « Lo so, James » rispose. « Non sono arrabbiata ». 

« No? » si sorprese subito lui, guardandola con stupore. 

« No » ripeté Lily scuotendo la testa. « Vi ho sentiti discutere… » aggiunse a voce più bassa, senza guardarlo negli occhi. 

James rimase in silenzio per qualche secondo e deglutì a vuoto. « Ah » fu tutto ciò che riuscì a dire,  non sapendo davvero cos’altro aggiungere. Ripensò a tutto ciò che aveva detto e rinfacciato a Piton, a quanto doveva esserle sembrato arrogante nel dire che lui l’avrebbe resa felice sicuramente. « Scusami » esalò a fatica con un sospiro.

Lily spostò immediatamente lo sguardo su di lui, confusa. « Per cosa dovrei scusarti? »

« Per avergli detto che lui non è più niente per te, per essere stato arrogante, eccetera eccetera eccetera » rispose James, che aveva lasciato andare il suo polso ed aveva preso a disegnare forme indistinte sul suo palmo. 

Lily trattenne a stento una risata. « Non sei stato arrogante » gli disse con tono dolce. « Però ci sono cose che hai detto su cui non siamo d’accordo… »

« Tipo? »

« Tipo che non è vero che non sei abbastanza per me » disse Lily, sentendo le proprie guance tradirle e arrossarsi. « O che non mi meriti… Davvero pensi tutte queste cavolate? » 

James non rispose e si strinse nelle spalle, così lei gli prese il viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi. 

« Sei davvero stupido quando dici cose del genere » gli disse con un sorriso. « Ti sei comportato da imbecille per anni, è vero, io questo lo so meglio di chiunque altro, ed è proprio per questo che meglio di chiunque altro riesco a vedere quanto tu sia cresciuto. Parliamoci chiaro, sei sempre tu, con la tua fissa per il Quidditch, quel dannato Boccino che Merlino solo sa da dove l’hai fregato, e ti piace ancora fare scherzi e violare le regole con gli altri… ma ora sai che c’è un limite. Ora, se voglio parlarti seriamente, posso farlo senza che tu prenda tutto sottogamba. Io quando ti guardo non vedo più un ragazzino arrogante, James, sennò non sarei qua ». 

Lui sorrise e le posò una mano sulla nuca, facendole avvicinare il viso al proprio per poterla baciare. Lily si staccò prima che il bacio potesse farsi più profondo e dare a Madama Chips un’ottima scusa per cacciarla definitivamente fuori dall’Infermeria. 

« Però che ci facevi là? » gli chiese, sistemandosi le maniche della divisa. 

James sospirò e con un cenno del capo indicò un letto poco distante, la cui tendina era tirata, e sul quale era stato messo Sirius. Madama Chips era ancora là dietro, a prescrivergli qualche pozione o a sistemargli il braccio. Durante quel duello, infatti, Wilkes era riuscito a fargli cadere un’armatura addosso rompendogli così il braccio destro. 

« A quanto pare Sirius se l’è presa con quel Serpeverde del quinto anno e sono intervenuti Piton e Wilkes » disse. « Io li ho raggiunti quasi subito perché… be’… »

« Perché non volevi che Sirius fosse da solo contro altre tre persone » finì Lily per lui. 

James si strinse nelle spalle e lanciò di nuovo un’occhiata al letto di Sirius. « Io non lo so cosa gli stia passando per la testa in questo periodo. È sempre incazzato e quando cerchiamo di parlargli o se ne va o ci risponde di merda ». 

Andava avanti così da più di due settimane, ormai. All’inizio avevano pensato che fosse solo una giornata no, ma poi la giornata si era trasformata in un weekend, il weekend in una settimana ed avevano capito che doveva esserci qualcosa sotto. Il problema sorgeva ogni volta che provavano ad affrontare il discorso con Sirius: le prime volte aveva aggirato il problema ed evitato ogni domanda diretta, dopo un po’ aveva iniziato ad infastidirsi e ormai nessuno sapeva più come comportarsi, perché bastava una parola fuori luogo e Sirius scattava su come una molla. 

« Sì, lo so, me l’ha detto anche Mary… litigano di continuo proprio per questo » disse Lily a bassa voce. 

Gli occhi di James saettarono di nuovo su di lei. Sembrava sorpreso. « Ma non ne sapevo niente! » esclamò. « Non me ne sono neanche reso conto… sono un idiota… ma perché non mi ha detto nulla? »

« La conosci: è testarda ed orgogliosa come un mulo » sospirò Lily. « E, conoscendola, sospetto che non ti abbia detto nulla per non darti problemi ».

« Non mi avrebbe dato alcun problema! Ma è la mia migliore amica, non voglio che si tenga le cose dentro! » protestò James. Forse non era stato esattamente presente nelle ultime settimane, visto che non aveva fatto altro che pensare a Lily e stare con lei, ma Mary rimaneva sempre la sua amica più cara. Il pensiero che potesse essersi tenuta tutto dentro per non rovinargli quel momento lo fece sentire in colpa. 

« Magari quando usciamo puoi provare a parlarle » disse Lily con un sorriso incoraggiante. 

James annuì e stava giusto per rispondere, quando la porta dell’Infermeria si aprì. I primi ad entrarono furono Peter e Remus, che non appena lo scorsero si avvicinarono; l’ultima fu Mary, che si chiusa la porta alle spalle e li raggiunse a sua volta. In effetti, anche sotto la preoccupazione, si vedeva che era giù di morale. 

« Che è successo? » domandò subito Peter. 

James tentennò un attimo, che sembrò bastare per confermare i sospetti di Mary. 

« C’è lo zampino di Sirius, vero? » chiese con un tono abbastanza duro. 

Anche stavolta James tacque, ma l’occhiata che lanciò a Lily lo tradì. La ragazza, d’altro canto, sembrava guardare Mary con aria dispiaciuta. Con un tempismo a dir poco disastroso, Madama Chips si allontanò dal letto di Sirius e si avvicinò nuovamente a quello di James. 

« Qualcuno può assicurarsi che il signor Black beva il suo Ossofast? » chiese, rivolta a nessuno in particolare. 

Mary colse l’occasione al volo. « Vado io » disse, e il suo tono fu così perentorio che nessuno si azzardò a controbattere. 

« Forse dovremmo…? » tentò Remus non appena lei si fu allontanata. Tuttavia Peter scosse la testa, così Remus annuì e non continuò. 

Nel frattempo Mary aveva raggiunto il letto di Sirius e la tenda nascondeva anche lei agli occhi degli altri. Lui era sdraiato sul letto con le gambe incrociate e si girò verso Mary solo quando lei gli si parò di fronte: prima infatti aveva lo sguardo perso fuori la finestra. 

« Ma si può sapere che ti prende? » sbottò Mary, cercando di non alzare la voce. Non voleva che gli altri sentissero.

« Lascia perdere » rispose laconicamente Sirius. 

« No che non lascio perdere! » ribatté lei, stringendo i pugni lungo i fianchi. « Sono almeno due settimane che ti comporti e mi tratti di merda, questa situazione io non la sopporto più! Si può sapere che diamine ti passa per il cervello? Qual è il tuo problema? »

« Non devo darti spiegazioni per qualunque cosa » s’infervorò Sirius, raddrizzandosi. « Chi sei, mia madre? »

Mary rimase un attimo senza parole, dopodiché le uscì una breve e sconvolta risata. « Non devi darmi spiegazioni… sai che c’è? Hai ragione, non devi darmi spiegazioni, ma allora io non sono obbligata a farmi andare bene tutto quanto e non sono di certo obbligata a passare sopra ogni cosa! » esplose, ormai incurante di chiunque potesse sentirla: non ne poteva più. « Mi hai ripetuto fino alla nausea che dovevo aprirmi con te, mi hai rotto il cazzo di continuo con tutte quelle storie sulla fiducia, e poi tu in primis ti comporti così? Sai come si chiamano le persone come te, Sirius? Ipocriti. Ecco cosa sei! »

Per la prima volta da quando lo conosceva, le parve di scorgere davvero rabbia nei suoi occhi. La cosa la colpì perché mai, mai lo aveva visto rivolgere a lei uno sguardo del genere. Ma lei quelle cose le pensava davvero, e non era più disposta a tenersele dentro, non avrebbe avuto senso farlo. Le maniera dolci non l’avevano portata a niente, in quelle settimane. 

« Tu non sai neanche di cosa stai parlando! » scattò Sirius, quasi abbaiando. 

« No che non lo so! Certo che non lo so! Tu non me ne parli! » ribatté lei con ovvietà, sentendo di star raggiungendo il limite. « Che devo fare, darti del Veritaserum? Cosa pretendi che io faccia? »

« Prova a capirmi, cazzo! » 

« Io ci ho provato, Sirius! Sei tu che non me lo permetti! Cosa posso capire se continui a chiuderti a riccio? » gli domandò Mary, cercando di non far vedere quanto stesse male per quella situazione. « Ma io sono stufa, Sir, sono stufa di stare buona a chiederti come stai se tu poi non fai altro che rispondermi di merda! Io così non ce la faccio, non ci sto! Non puoi continuare a trattarmi in questo modo quando cerco solo di aiutarti! Non ci sto! » continuò, sentendo gli occhi inumidirsi pericolosamente e facendo un passo indietro. 

« Mary, per favore… » cominciò Sirius, ma lei scosse la testa. 

Sapeva bene che se l’avesse lasciato parlare, alla fine l’avrebbe avuta vinta lui. Ma questa volta non poteva lasciar correre così, doveva tenere il punto. Doveva rimanere ferma sulle proprie posizioni, se voleva davvero che qualcosa cambiasse. 

« No » esalò infine, bloccandolo. « Mary niente ».

Così dicendo, si girò e si avviò ad ampie falcate verso la porta dell’Infermeria. Lo sentì richiamarla, così come sentì anche le voci degli altri chiamarla, ma spinse con forza la porta ed uscì senza girarsi mai indietro. 

Quando la porta si richiuse alle spalle di Mary, l’Infermeria si fece subito più silenziosa. James guardò verso Lily, che però aveva abbassato la testa e sembrava non avere la minima intenzione di muoversi, poi spostò lo sguardo su Remus e Peter. Nessuno aveva ancora detto nulla, quando si sentì un forte fragore metallico, come di un oggetto che cadeva sul pavimento di pietra. 

Madama Chips comparve immediatamente sulla soglia del proprio studio. « Signor Black! Si azzardi a dare di nuovo un calcio a qualcosa e giuro che la mando dal preside per farla sospendere! E beva quell’Ossofast! »



 

Note: 
Inizio scusandomi enormemente per il ritardo mostruoso con cui pubblico questo capitolo, non aggiungo altro perché non ho scusanti. In questi giorni mi metterò subito a scrivere il prossimo per cercare di aggiornare in tempi brevi. 

Ringrazio comunque cescapadfoot, CatherineC94, Micas e Anthia_Black per le recensioni che hanno lasciato allo scorso capitolo. Sono contenta che la storia vi piaccia e spero continui ad essere così! 
Se vi va, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto! Come sempre vi ricordo che per notizie, spoiler e altri contenuti potete trovarmi sulla mia pagina facebook, ecco il link: https://www.facebook.com/EraleryTheRestIsStillToWrite 

Un bacio, 
Ale

 

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