Perfectly Mine di Miss Writer (/viewuser.php?uid=135694)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: Tra sogno e aspettative ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Vennero la quiete, la tempesta e poi la quiete ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Sapore d'Africa ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro: La foresta rossa ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque: Distanze ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei: Al pomeriggio, una leggenda ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette: Intelligit Quid Habes ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto: Noi ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove: Antichi nemici ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci: Il sentiero ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici: Nuova veste ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici: Scoperte ***
Capitolo 1 *** Capitolo uno: Tra sogno e aspettative ***
A distanza di un anno circa riesco a scrivere finalmente un capitolo che, assieme al ricordo di tutte le difficoltà affrontate durante la sua stesura, porta con sé un briciolo di rinnovato entusiasmo e la speranza che voi possiate apprezzarlo nonostante la mia lunga assenza.
È stato veramente difficile starvi lontani per tutto questo tempo e ora che sono tornata spero davvero che mi accompagnerete in questo nuovo cammino come avete sempre fatto, perché la mia forza siete voi ragazzi.
Vi devo tutto, in fondo è grazie a voi se posso fare ciò che amo di più al mondo.
Ora vi saluto e vi lascio alla lettura
A presto e buon fine settimana.
Un abbraccio dalla vostra Miss Writer
Perfectly Mine
Capitolo uno: Tra sogno ed aspettative
E arriva anche oggi l'oscurità ad abbracciare il manto aranciato del cielo, mentre io abbraccio te che, guardando fuori dalla finestra, ti specchi in quel tuo mare ondoso e pacato capace di placare ogni tuo tormento.
Più ti stringo e più ti voglio, eppure non ho intenzione di distoglierti dal tuo rimirare.
Fisso il tuo riflesso sul vetro e rimango catturata e sbalordita dall'eterea consistenza della tua immagine, così sorridente che non posso far altro che desiderare quelle tue incredibilmente irresistibili labbra.
Socchiudo gli occhi e immagino di averle a portata delle mie che racchiudono fra di esse prima il tuo labbro superiore e poi, più intensamente, quello inferiore che detiene tutte le per me più seducenti fantasie.
Sussulto nell'udire la tua voce e in men che me ne accorga le mie iridi si riaprono al mondo e rimangono come inebetite quando si scontrano con le tue.
Il mio immaginare svanisce funesto e il ritorno sul mondo si rivela quasi traumatico fino a quando non mi posi una mano sulla guancia e, sussurrandomi poche parole, mi riporti alla realtà:
“Andiamo in spiaggia?”
Non faccio in tempo ad intendere il vero significato di quella frase che già scappi via dalle mie braccia e ti precipiti fuori. Solo allora, spinta dall'incompletezza che mi pervade ogni qual volta tu ti allontani da me, mi decido a rincorrerti pur di raggiungerti.
“Michiru aspettami!”
Sono ad un passo da te quando ti fermi e le onde cominciano a bagnare per intero le tue caviglie.
Non appena ho la sensazione di averti lievemente sfiorata ti tuffi all'indietro sparendo dal mio tocco e dalla mia vista.
Ansia e sgomento mi prendono di soprassalto e più prossima si fa la disperazione. Mi rapisce l'Oceano irriconoscibile e quasi nemico, intrappolandomi nel suo cuore senza che mi sia possibile respirare.
Mi tramortisce la paura che queste acque, legate a te più di quanto io possa concepire, mi diventino ostili perché gelose di me. Non sono nemmeno io in grado di comprendere quale recondita e insana ragione mi spinga a pensare ciò, quando il mare mi ha sempre accolto fra le sue benevole eredi come fa un padre con un figlio che non è veramente suo.
Ahimè com'è difficile capir perché la paura sposi l'irrazionalità e ti conducano insieme a non ragionare e fare ciò che in realtà non vorresti fare.
In un turbine nero che mi priva della mia lucidità, sprofondo sotto piogge torrenziali che straziano la mia persona che si vede abbandonata, ad ogni istante, da ogni minima speranza di salvezza.
Nel momento in cui queste due sembrano avermi del tutto abbandonato, un riflesso ambrato dalle sinuosità ipnotiche accorre a salvarmi, e nello stesso attimo si scatena un uragano che sferza e spazza via inquietudini e paranoie, liberandomi improvvisamente da quella morsa che mi stringeva petto e gola.
Cessa l'ondeggiare irato che torna ad essere ora di una calma frizzante ed ospitale.
Colta dall'incredulità mi guardo intorno e nella chiarezza rosata dei flutti scorgo due occhi cristallini che mi scrutano con un sorriso a metà tra l'angelico e il premuroso.
Si perde la mente mia fra i ricordi, cercando di rammentare a chi possa appartenere un'espressione così incantevole e amorevole nei miei confronti.
Continuo a crogiolarmi nel dubbio ed è allora che la figura emerge rivelando le sue fattezze di sirena dalle squame color d'ambra.
Posa le sue braccia intorno al mio collo, ammaliandomi con il suo profumo di rose e sale marino e mi appassiona poi, accostandosi al mio orecchio per mormorar qualcosa con la sua afrodisiaca voce:
“Non aver paura Haruka.”
Sorride ancora e con un bacio lento e passionale annulla lo stato di ignoranza in cui prima versavo, facendolo dissolvere come gli acheni alati di un dente di leone dopo un soffio di vento.
Magicamente torno in me e quel quesito così falsamente arduo si risolve da sé lasciandomi sulle labbra un nome e una certezza:
“Michiru.”
***
Suona la sua arpa la bella ondina dai ricci capelli rossi e dai chiari occhi azzurri, e accompagna questa melodia suonata con il suo soave canto atto a mondare l'udito di marinai che a fatica riconoscono il sapore vero della famiglia, perché da essa troppo lontani da immemore tempo.
Sgorga l'acqua di quel fiume dai norreni toni ove ella si trova, fino al mare ove io seggo su di un lucente scoglio a far vibrar le corde del mio violino, le cui note sorgono in alto fino a sfiorar le candide nuvole mosse dall'incorreggibile vento.
Seguo quei piccoli volteggi di suoni con lo sguardo e subito un viso dai bei lineamenti si dipinge nel cielo, portandomi a sorridere ad occhi chiusi.
Si incrina la mia armonia divenendo più melodica e intensa, più passionale.
Onde intraprendenti bagnano il mio ventre, rievocando mani forti capaci di far traballare la mia ferrea volontà; annullando ogni mia fonte di sobrietà esse viaggiano sul mio corpo intero e mille brividi fremono per cibarsi della mia pelle, rovente sotto quel tocco incendiario.
Perdo la mia concentrazione e l'archetto mi scivola dalle mani finendo fra gli stessi flutti che lo hanno generato. A loro riconsegno anche il violino per evitare che si infranga come una goccia in mille altre gocce, sulla superficie ruvida di questo minuto faraglione che fino ad ora mi ospita.
Svanisce, dopo che ho slegato il mio strumento da ogni possibile impegno, l'ardore che stava dirompendo dal mio basso ventre a tutta la mia persona, mera dimostrazione che a volte le fantasie possono rivelarsi travolgenti quanto la vera realtà.
Tornata la calma, in verità mai andata via, non mi resta che bagnarmi completamente in queste acque calme e limpide, e nuotare nel mio elemento trovando, ad ogni bracciata, una ragione sufficiente per continuare.
Più mi immergo più la coccola delle maree che man mano diventano più profonde si mostra lusinghiera e mi fa dono di quella pace che è difficile da trovare nella vita fuori dal sogno, quella pace che solo la persona amata può farti provare in qualsiasi circostanza o paesaggio.
Riemergo velocemente facendo sì che solo le mie spalle rinuncino a quel contatto bagnato dal sapore famigliare, mi giro a guardare l'orizzonte i cui azzurri si mischiano confondendo le iridi di chi li osserva e piego la schiena all'indietro improvvisando l'attimo finale di un carpiato. Mi fermo a mezz'acqua lasciando che le correnti mi accarezzino, impedendo loro di portarmi fuori dal loro abbraccio. Resto così, sospesa a metà, come solo nel sogno può essermi concesso.
Rivolgo il capo alla mia sinistra e vedo giungere fino a me un minuscolo tornado di bolle che comincia a borbottare qualcosa di incomprensibile al mio orecchio, saltellando tutto accorato sopra ad un letto di schiuma che si muove con lui.
La pace che aveva reso l'oceano la sua dimora prediletta sembra ora starsene relegata da una parte, costringendomi a far di tutto pur di riuscire a decifrare il messaggio del mio piccolo interlocutore che oramai sfinito a causa del suo sproloquiare concitato purtroppo incompreso, si limita a farmi cenno di andargli dietro.
Rinuncio alla calma e mi lancio all'inseguimento dell'improbabile messaggero, che a discapito del suo buffo aspetto si dimostra un nuotatore più che abile. Una scia di distrazione mi fa accorgere solo dopo parecchi momenti che il blu marino si è tramutato in un nero cupo e denso che non fa certo presagire niente di buono.
I miei sensi si fanno più vigili in modo da evitare eventuali pericoli e, nella traversata,
così come accade in un tunnel, una luce alla fine dell'oscurità si fa portatrice di speranza, e anche se il rischio è dietro l'angolo, sono disposta a correrlo e rincorrerlo se ciò mi consentirà di svelare questo insolito quanto ambiguo dilemma.
Mi spingo al massimo accorciando le distanze e a pochi passi dal cangiare vengo investita in pieno dalla sua potenza, rimanendone del tutto abbagliata. Quando la sua intensità cessa e riesco nuovamente ad aprire gli occhi, mi ritrovo nella serenità della mia camera da letto con accanto la mia più dolce realtà: Haruka.
“Amore.”
“Michi...”
“Sono qui. Amore svegliati.”
“Mmmh...”
“Dai Ruka!”
“Mph... Che c'è?”
“Buongiorno.”
“Giorno...”
Quanto è dolce appena sveglia...!
“Dormito bene?”
“Sì... Ti ho sognata stanotte.”
“Davvero?”
“Mmh mmh. Ti stavo abbracciando; eravamo di fronte alla finestra del salone quando ad un certo punto sei corsa in spiaggia per poi sparire in acqua. In quel momento mi sono spaventata perché il mare sembrava detestarmi. Era come se fosse pronto ad inghiottirmi per sempre nei suoi abissi per poi non liberarmi mai più.
Poco dopo sei arrivata tu sotto veste di sirena e mi hai salvata.”
È bellissima anche quando si è svegliata da pochissimo...
“Perché sorridi?”
“Perché anch'io ho sognato di essere una sirena stanotte, o meglio, stamattina.
Stavo suonando il violino su uno scoglio, poi un'onda mi ha bagnato i fianchi ed ho avuto come la sensazione che fossi tu a toccarmi.
Ho riposto il violino e mi sono immersa per nuotare un po' e tutto era tranquillo. Poco dopo un buffissimo tornado di bolle mi ha raggiunta in preda al panico continuando a borbottare qualcosa di incomprensibile per le mie orecchie.
Quando si è reso conto che non lo capivo mi ha semplicemente fatto cenno di seguirlo.
L'oceano ha cambiato umore e da calmo quale era è diventato molto cupo, buio come un tunnel.
In lontananza però c'era una forte luce e già prima di raggiungerne la fonte questa mi ha investita. A quel punto ho sentito che mi chiamavi e subito dopo mi sono risvegliata qui con te accanto.”
“Forse ti ho chiamata nel sonno.”
“È probabile.”
“Hai fame?”
“Abbastanza.”
“E allora perché non rifai il letto mentre io vado a preparare la colazione?”
“Mi sembra un'ottima idea!”
“Perfetto, però prima posso avere un bacio dalla mia splendida fidanzata?”
“Perché no.”
Mi sorride prima di chiudere gli occhi e lasciare che le nostre labbra si incontrino per scambiarsi il primo bacio della giornata, che nella sua lentezza e intensità, suggella e rinvigorisce la nostra promessa d'amore.
“Sei bellissima.”
“Anche tu.”
“Non quanto te. Vado in cucina.”
“Ok.”
Sciolgo l'abbraccio in cui ci eravamo abbandonate senza perdere nemmeno il minimo contatto con lei, lasciandole una mano sulla schiena ancora per qualche secondo.
“A tra poco.”
***
“La colazione è pronta.”
“Eccomi. Uuh macedonia!”
“Si sieda bella fanciulla.”
“La ringrazio gentiluomo.”
“Si figuri!”
“Sei di buon umore stamattina.”
“Merito tuo.”
Sorrido nel notare che ha ancora la capacità di arrossire ogni volta che le dico qualcosa di carino.
È adorabile..
Uffa! Riesce sempre a farmi diventare rossa come un pomodoro! Che vergogna..
Sembro un'adolescente alla prima cotta.
Michiru, sei adulta ormai.. Riprenditi!
“È buona?”
“Eh?”
“La macedonia? Com'è?”
“Ah.. è buona, forse un po' troppo dolce ma comunque buona.”
“Sì, in effetti mi è scappato un cucchiaino di zucchero di troppo.
Stai bene?”
“Sì, ero sovrappensiero.. tutto ok.”
La strozzerei quando mi scatena certi tipi di complessi!
“Hai qualche programma per oggi?”
“Non ancora.”
Ho come la netta sensazione che voglia stritolarmi. Chissà perché..
***
“Amore, ho un'idea..”
“Dimmi.”
“Ti andrebbe di venire con me alla casa del nonno? Potrei restarvi anche per più di una settimana e non mi va di starti lontana per così tanto tempo..”
Che dolce..
Vuole portarmi con sé nonostante non possa esserle d'aiuto in nessun modo per i lavori che dovrà svolgere una volta lì. È un tesoro!!
“Sei proprio sicura amore? Insomma, non ti sarò di grande aiuto.”
“Lo so piccola, e non te lo sto nemmeno chiedendo, ma non resisterei nemmeno per una sola settimana senza vederti.
Impazzirei senza averti al mio fianco.”
È più forte di me..
Non vederla per una settimana, non poterla abbracciare e coccolare non è una cosa fattibile per me.
“Va bene amore, verrò con te.
Ora però vado a fare una bella doccia, ok?”
“Ok. Allora io svuoto la lavatrice e vado a stendere il bucato.”
“Ma che brava donna di casa...!”
“Ma che bello sfottò. Prrr! Vai a fare la doccia.”
“Mi ha fatto la pernacchia...”
***
“Amore, sei lì?”
Il silenzio portato dal non arrivare di una risposta fa aumentare il rumore dello scroscio dell'acqua che dall'alto precipita sulla mia pelle ripulendola dalla stanchezza e da quel sonno che ti rimane addosso anche quando ti sei svegliato già da un po'.
La prolungata assenza della voce di Haruka mi spinge dopo lunghi attimi ad abbandonare il caldo abbraccio del vapore non più confortevole come lo era all'inizio.
Apro la porta e l'aria fredda che mi stava aspettando fuori della doccia mi assale mentre una miriade di brividi parecchio dispettosi cominciano a corrermi su e giù per la schiena, rendendomi addirittura difficile trovare un accappatoio in cui rifugiarmi.
Spalanco cassetti e quant'altro alla disperata ricerca di qualcosa con cui coprirmi e quando questo non si decide a spuntare fuori la mia pazienza è sull'orlo del precipizio..
Ma dove caspita l'ho messo?!
Ah ah, eccolo finalmente!! Bhrrr, che brutta esperienza..
“Michi, va tutto bene? Perché stavi correndo da una parte all'altra del bagno?”
“Volevo chiederti se mi passavi un accappatoio e dato che non mi hai risposto sono dovuta uscire a prenderne uno.”
“Ma amore, te l'ho messo sull'anta della doccia proprio per non farti prendere freddo.”
“Cosaa???
Non lo avevo visto...”
“Amore, che ti prende? Oggi sei più sbadata del solito.. Non è da te?”
“Niente, sono solo un po' distratta..
Ho talmente tante cose per la testa che non ne combino più una giusta.
Avrei proprio bisogno di una vacanza!”
“Prenditela. Va da Setsuna e chiedile di darti una settimana di riposo. Vedrai che non ti dirà sicuramente di no.”
“Hai ragione.
Ora però è meglio che finisca di asciugarmi i capelli. Non voglio prendermi un malanno.”
“Se vuoi te li asciugo io.”
“Davvero?”
“Certo piccola.”
Aspetto che si vesta per bene, donde evitare di prendere altro freddo, e quando è pronta la faccio accomodare sulla simpaticissima poltroncina verde acqua che da un mese e poco più è entrata a far parte dell'arredamento del bagno.
Ricordo ancora che quando la vide per la prima volta se ne innamorò subito. Doveva accompagnarmi a comprare degli infissi nuovi per la casa del nonno e il negozio dove l'avevo portata era immenso. Per giungere all'esposizione che mi interessava dovevamo attraversare un intero salone di divani e poltrone. Fu urtando una di queste che incontrammo il nostro pouf galeotto.
Michiru esitò in un primo momento, pensando che fosse una spesa inutile, io invece la incoraggiai a comprarlo perché avevo un budget nutrito e una spesa come quella non era così insostenibile, anzi!
Alla fine lo prendemmo e devo dire che rende il bagno molto più allegro.
Ops, che divagazione.. Scusate..! Spero di non aver superato il limite di righe che mi sono state assegnate, altrimenti la vuoi sentire quella simpaticona della nostra cara scrittrice...
“A che pensi?”
“Niente...
Sai che il tuo shampoo ha davvero un profumo delizioso!”
“Frutti di bosco e menta. Ti piace?”
“Molto!”
***
Il sole di mezzogiorno si insinua fra le fronde degli alberi giocando a far brillare le foglie in scala.
Il silenzio del bosco è interrotto dal fracasso dei due camion che, dietro la mia jeep, trasportano il materiale necessario per i lavori di riparazione alla casa del nonno.
Lo spostarsi degli uccelli dalle verdi cime che ci sovrastano, spaventati dal muoversi dei mezzi, creano scompiglio con uno sbattere d'ali di discreta risonanza che scandisce tappa per tappa il nostro proseguire.
Sarà una settimana all'insegna del duro lavoro e sono intenzionata a cominciarla al meglio così da portare a termine i lavori nel miglior modo possibile.
Voglio che sia perfetta e vivibile perché è qui che mi piacerebbe vivere una volta che io e Michiru ci saremo sposate.
Forza Haruka, rimbocchiamoci le maniche!
***
“Ehi Haruka, perché non piazziamo un lungo tavolo laggiù così la tua fidanzata non si prende tutta questa polvere.”
“Ottima idea Ben!”
“Grazie capo.”
“Grazie a te.
Luc, John e Brian, aiutate Ben a montare il tavolo. Voi altri lassù, adesso vi raggiungo e iniziamo a posare le travi per il ponte.”
“Ok capo!”
“Agli ordini cuginetta!”
La spensieratezza dei baldi lavoratori si leva fino ai miei piedi infondendomi un senso di allegria in grado di farmi sentire ancora più leggera di quanto già non sia seduta sulla trabeazione.
Circondata da una brezza abbastanza fresca mi stringo nella giacca di Haruka e guardo giù volgendo lo sguardo verso le otto figure che sotto i miei occhi lavorano intensamente per rimettere a nuovo la magnifica dimora del nonno del mio principe azzurro, dimora che vorrei diventasse il nostro covo d'amore dopo il nostro matrimonio. È da un po' che voglio chiedere a Ruka di venire a vivere qui da sposate, però non sono ancora riuscita a farlo.. La casa di mio nonno ha iniziato a starmi stretta in qualche modo e ho davvero bisogno di cambiare aria per non ricadere in una noia deleteria per entrambe.
Devo assolutamente farle questa proposta. Sarebbe un sogno vivere qui.
“Michiru, ti disturbo?”
“No Luc, affatto. Dimmi pure.”
“Abbiamo allestito una piccola cucina da campo in giardino, quindi se vuoi cucinare puoi farlo tranquillamente.”
“Cosa? Avete davvero piazzato una cucina in giardino solo per farmi cucinare?”
“Certo! Almeno mentre noi lavoriamo tu non ti annoi.”
“Ragazzi, siete davvero fantastici!”
“Ah, figurati. Sai com'è, ordini del capo! E naturalmente piacere nostro.
E poi mi sono divertito moltissimo a piazzare il tavolo. Adoro lavorare a mano.”
“Mh, a quanto pare hai preso da tua cugina.”
“Puoi dirlo forte. È stata proprio Haru ad insegnarmi a lavorare il legno.”
“Davvero?”
“Sì! Quando ero piccolo e veniva a trovarmi mi portava sempre sacchi pieni di giocattoli montabili di legno. Non c'era niente di meglio per me.”
Sorride guardando l'orizzonte e due fossette ai lati delle sue guance fanno la loro comparsa, rendendolo ancora più dolce ai miei occhi e accorato nel raccontare i suoi ricordi.
Inequivocabile si legge nelle sue iridi color cioccolato tutto l'affetto che prova nei confronti della sua adorata cuginetta e questo è per me motivo di grande gioia.
È con questa contentezza nel cuore che anche io rivolgo il guardo alla grande distesa di cielo ed alberi, scordando, almeno per un attimo, lo scorrere del tempo.
La stanchezza che solletica le nostre membra compete con la fame che divora i nostri stomaci per provare ancor di più le nostre persone.
Un ultimo sguardo di intesa si scambia tra me e uomini ora che stiamo per compiere
lo sforzo finale dopo cui potremo riappropriarci della soddisfazione messa da parte prima. Lasciamo che sia l'adrenalina a guidarci in questo ultimo gesto e finalmente l'ultima sudata trave viene posata assieme alle sue compagne nella splendida struttura del ponte.
“Ce l'abbiamo fatta ragazzi!”
“Urrà!”
“Che teneri! Da quassù sembrano i sette nani!”
“Michiru, ma quelli alti due metri non erano i Watussi??”
Un grazie speciale alle mie migliori amiche che, oltre a sopportarmi, mi incoraggiano
a non arrendermi mai e a fare sempre di meglio.
Grazie ragazze, siete splendide! |
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Capitolo 2 *** Capitolo due: Vennero la quiete, la tempesta e poi la quiete ***
Perfectly
Mine
Capitolo
due: Vennero la quiete, la tempesta e poi la quiete
Giocano
le ombre sulle nostre figure distese mentre lei ancora dorme.
I
rami del ciliegio che si erge fuori dalla grande finestra si
dipingono in grigio sul bianco delle lenzuola che proteggono il suo
corpo dal freddo desideroso di predarne la pelle.
Mi
metto seduta.
Le
guardo, le intuisco, mi sorprendono. Lampeggiano, da chiare si fanno
scure e viceversa. Svaniscono.
Sono
imprendibili e affascinanti nel loro tessere trame che non sono mai
le stesse.
“Che
cosa guardavi?”
“Le
ombre.”
Le
mie dita vanno a infrangere le onde sinuose dei suoi capelli color
cioccolata e il verde dei miei occhi si accende dell'azzurro dei
suoi.
Scende
lo sguardo verso i suoi seni coperti ma comunque sensuali nelle loro
curve generose.
Sento
le sue iridi che su di me si fissano. L'incresparsi lieve del suo
sorriso si fa notare, senza che io lo veda veramente, nel cenno di
una sfida che so già di perdere.
Inevitabilmente
la mia mano si porta sul suo petto a saggiarne e ad apprezzarne le
forme, vittima di una spinta ed audace tentazione.
Il
suo tocco mi invoglia a spogliarmi di ogni resistenza ed indumento,
incurante della temperatura fredda e reale.
Esso
si espande andando a coprire entrambi i miei seni. Mi rende sua
schiava e mi fa arrendere al piacere che in me sprigiona.
Cosciente
dell'effetto che mi fa sorride cambiando posizione e sedendosi
proprio davanti a me, dopo aver annullato il contatto.
Con
un cenno mi comanda di stendermi al suo posto ed io obbedisco.
Si
sdraia sopra di me e comincia a baciarmi collo e mento, mandandomi
subito in subbuglio.
Non
vedo l'ora di sentirla dentro di me, ma questo mio desiderio viene
puntualmente deluso dal suo indugiare.
Nel
frattempo la mia lucidità mi saluta facendosi sempre
più lontana.
“Haruka,
ti prego, non farmi aspettare!”
Da
supplica la sua richiesta diviene ordine ed io non posso che
accontentarla.
Lascio
una scia di baci che va dalle sue labbra in giù, per tutto
il suo
ventre sino a fermarmi sulla sua femminilità. La accarezzo
mentre
stringo la sua mano nella mia.
Bacio
la sua intimità prima con delicatezza aumentando poi il
fervore, con
i suoi gemiti a riempire le mie orecchie.
Intensifico
tutta la mia attenzione nel gesto sentendo il suo piacere crescere
attimo dopo attimo.
Rallento
le mie mosse sino a fermarmi. Non voglio farle raggiungere subito
l'apice.
La
penetro lentamente e con vigore e il suo fiato di spezza. Inarca la
schiena e solo allora la velocità delle mie spinte cresce
gradualmente.
Le
sue mani si portano sopra il suo petto e io la guardo estasiata
mentre carezza i suoi seni in preda all'orgasmo.
***
“Che
ore sono?”
“Le
undici.
Ti
sei riaddormentata dopo che abbiamo fatto l'amore.”
“Era
da tanto che non lo facevamo. È stato sconvolgente e
fantastico allo
stesso tempo.”
“Uh..
Mi fa piacere.”
“Scema!”
Afferro
il cuscino e con morbidezza dei movimenti faccio finta di
lanciarglielo contro con una furia in realtà inesistente.
“Che
cuscinata micidiale!”
“Se
vuoi posso rimediare.”
“No
grazie, sono a posto così.”
“Come
preferisci.”
“Vuoi
fare colazione?”
“È
tardi.. preferisco mangiare un frutto e pranzare meglio dopo.”
“Ok.
Allora,
lo lasci questo letto o vuoi rimanere qui a poltrire ancora un
po'?”
“Ummh..
No.
Vado
a fare una bella doccia.”
“Va
bene principessa.”
Si
alza e io non posso far altro che seguirla con gli occhi
finché non
sparisce dalla loro portata.
“Cosa
vuoi che cucini per pranzo?”
Le
chiedo, certa che sia ancora in grado di sentirmi. Attendo di udire
la sua voce, trepidante come un bambino che non vede l'ora di
scartare il suo nuovo regalo.
“Quello
che vuoi tu. Mi affido a te.”
Le
sorrido, anche se lei non può vedermi e toltami il lenzuolo
che
avevo usato poco fa per coprirmi entro nella doccia, sotto il caldo
getto dell'acqua che mi coccola.
***
Il
rumore del getto della doccia giunge fino a me portando con
sé il
profumo di mora e muschio sprigionato dal bagnoschiuma di Michiru.
Con
questa fragranza nelle narici comincio a rendere reale la ricetta che
ho in mente:
pasta
con zucchine, salmone affumicato e mozzarelline filanti.
Per
prima cosa prendo la pentola per la pasta e la padella dove
andrò a
finire la cottura del piatto. Se non sbaglio dovrebbero trovarsi
tutte nel mobile alto alla mia sinistra. Vado a controllare..
Eccole
qui.
Ora
mi serve il tagliere e quello se non sbaglio si trova nella credenza
sotto il piano della cucina, nel cassetto più precisamente.
Alzo
la testa e apro le ante del mobiletto dove si trova la pasta ed altre
cosucce sfiziose e agguanto queste gli spaghetti. Mi avvicino al
frigo all'angolo proprio accanto alla grande credenza e prendo il
salmone e le mozzarelle. Torno sul piano della cucina guardando
ciò
che vi è sopra: una vasta gamma di piantine aromatiche alla
cui
destra si trova il ben fornito appendimestoli e dopo di esso tante
scodelle colorate impilate le une sopra le altre. Non c'è
che dire:
Michiru ha creato davvero un bell'ambiente in ogni stanza della casa!
Taglio
alla julienne le zucchine e metto a bollire un pentolino di acqua
salata in cui le farò sbollentare per pochissimo e le
metterò a
raffreddare in una ciotola con acqua e ghiaccio.
Pulisco
il tagliere e faccio il salmone a striscioline per poi metterlo da
parte in una delle scodelle e butto le zucchine nel pentolino.
Riempio
la pentola di acqua e la salo, mettendo a bollire anche questa.
Prendo le mozzarelle e le faccio grossolanamente in tanti dadini per
metterle poi in un piatto a sgocciolare sopra ad un foglio di carta
assorbente e preparo la ciotola con acqua e ghiaccio per le zucchine.
Butto la pasta.
Prendo
la padella e in un fondo d'olio faccio rosolare il salmone a cui
aggiungerò poi le zucchine.
Ah
sì, devo prendere lo scolapasta..
“Ehi,
io ho finito. Ti serva aiuto?”
“Sì,
mi puoi dare lo scolapasta?”
“Certo,
ecco tieni.”
“Grazie.”
“Nient'altro?”
“Per
il momento no.”
“Ok,
allora vado a mettere i panni in lavatrice e poi apparecchio la
tavola.”
“Ok.”
La
pasta è cotta e non mi resta che scolarla e versarla nella
padella
insieme al salmone e alle zucchine. Amalgamo bene il tutto con un po'
di acqua di cottura e aggiungerò poi la mozzarella poco
prima di
servire il piatto.
“Amore,
è pronto.”
“Arrivo.”
Chissà
se la mia ricetta le piacerà...
“Eccomi,
il tempo di preparare la tavola e mangiamo.”
Mi
fa l'occhiolino quando arrivo alla sua destra per prendere la
tovaglia dal cassetto.
Le
sorrido e vado verso la grande isola di legno che ci fa da tavolo,
stendendovi sopra la tovaglia decorata con motivi boschivi.
Sempre
alla destra di Haruka, in basso, si trova il mobile dove sono
conservati i piatti che mi vengono gentilmente passati da
quest'ultima assieme al sottopentola.
Mancano
le posate che si trovano nel cassetto sopra il mobiletto di poco fa e
quelle vado a prenderle io dato che il mio gentiluomo ha messo la
pasta in tavola e ora mette i tovaglioli.
Prendo
i bicchieri dallo scolapiatti a destra dei fornelli e a sinistra del
lavandino e voilà: la tavola è apparecchiata.
“Siediti.”
“Grazie.”
***
Mi
rilasso al ticchettare posato dell'orologio con Haruka stesa con la
testa appoggiata sulle mie gambe si gode un po' di sonno tranquillo.
Alzo
lo sguardo a puntare la fonte di quel rumore e scruto attentamente il
movimento cadenzato e armonioso delle tre lancette a cui viene rubata
la scena dallo sfondo di quel marchingegno che dalla sua venuta non
ci ha più abbandonato.
Ad
ergersi in fondo fieri e solenni sono i pioppi tremuli con le loro
lunghe chiome dipinte di un verde scuro e austero e innanzi a loro
altrettanti alberi dei tulipani dalle foglie gialle e sgargianti come
i loro fusti snelli. Il vero protagonista è però
l'unico e il solo
re della foresta: sua maestà il Cervo.
Le
sue corna poderose ed eleganti si estendono luminose verso entrambe
le estremità del dipinto. Il muso dai lineamenti severi ma
buoni,
incoronato da un naso la cui forma ricorda quella di una castagna
eppure non debilita la sua nobiltà.
Il
collo lungo delinea un portamento regale, con la zampa anteriore
destra davanti a quella sinistra; quelle posteriori divaricate in un
equilibrio innegabilmente invidiabile, le spalle perfettamente
allineate e il petto gonfio non di prepotenza bensì di
esperienza.
Il
suo pelo, anch'esso luminoso, è folto e di un colore bruno
rischiarato da una sagoma lunare e calante al centro di un cielo
limpido e diurno.
Piego
le labbra in un sorriso e continuo ad accarezzare i capelli di Haruka
come stavo facendo prima di perdermi nella descrizione dell'orologio.
Abbasso
gli occhi a guardarla e dalle sue ciocche arruffate la carezza passa
alle sue guance e ai suoi zigomi rilassati dal suo riposare. Su e
giù
vanno le mie mani e non si fermeranno finché dal suo sonno
non si
sarà svegliata.
***
“Michi..”
“Chi
si rivede. Ti sei fatta davvero una bella dormita.”
“Non
immaginavo che mi sarei addormentata così profondamente..
Scusa, hai
avuto il mio peso sopra di te per tutto il primo pomeriggio..”
“Non
devi scusarti. Mi ha fatto piacere coccolarti un po'.”
Mi
sorride amorevolmente e interrompe con un solo gesto la carezza che
stava regalando ai miei capelli, portando la sua mano dalle ciocche
sulla mia fronte fino a quella più alta.
Le
sorrido a mia volta e togliendomi di dosso la coperta che neanche
sapevo di avere, mi alzo e mi metto seduta. Lei si appoggia con la
nuca sulla spalliera del divano e così faccio anch'io,
smorzando
quell'incantesimo che ci coglie sempre impreparate con un bacio in
grado di sciogliere anche il più complicato sortilegio.
Le
nostre bocche si privano l'un l'altra dell'aria, resistendo
finché
ci è possibile. Alla fine però è
proprio lei a vincerci, o meglio
il bisogno che abbiamo di lei per poter di nuovo respirare.
Come
dopo parecchi minuti in apnea torniamo a galla facendo leggermente
fatica a riprendere fiato e ci godiamo un ultimo abbraccio prima di
dare inizio alle nostre attività pomeridiane.
“Ehi,
che ne dici se andiamo a fare una bella passeggiata nel bosco?
Abbiamo giusto un paio d'ore di luce.”
“Ok,
prendo il giubbotto!”
“Perfetto.”
“Eccomi!”
“Ma
chi sei? La sorella minore di Speedy Gonzales? Non ho fatto nemmeno
in tempo a pensare che eri andata a prendere la giacca che
già sei
tornata vestita..!”
“Non
è colpa mia se sei lenta di comprendonio. Su,
muoviti!”
Con
disinvoltura prende la sciarpa dall'appendi abiti dell'ingresso e
esce fuori...
Mi
ha fatto dieci a zero senza il minimo sforzo.
“Haarukaaa...”
“Arrivo.”
***
Superato
il lungo vialetto ci ritroviamo alle porte del bosco e ci prepariamo
ad addentrarci fra la mille miriadi di chiome che hanno di questa
vasta area la loro rigogliosa dimora.
Sprazzi
di un cielo nordico tinto di un azzurro chiaro con qualche infante
venatura di giallo qua e là si fanno intravedere tra le
fronde con
quel loro potere di farci stare con il naso all'insù per
poter
ammirare lo spettacolo della natura che essi rappresentano.
L'aria
fresca e un po' dispettosa pizzica le mie narici inducendomi a
coprire il naso con la sciarpa per poi tornare a guardare verso
l'alto, dimenticandomi volontariamente dell'episodio appena passato.
Il
freddo ritorna a farmi visita ma ci pensa ad Haruka a cacciarlo via
prendendomi a braccetto e creando per me una piccola fonte di calore
sufficiente a scaldarmi e a farmi godere il resto della passeggiata.
***
Un
odore famigliare e salubre comincia a permeare l'aria rendendo noto a
tutti gli abitanti di questa verde magione il suo messaggio: sta per
mettersi a piovere.
Porto
gli occhi ad individuare, ove possibile, un posto in cui poterci
riparare perché oramai siamo troppo lontane da casa per
tornare
indietro.
Tento
di sforzarmi per riportare alla presenza della mia coscienza odierna
quei ricordi che tempo fa non erano così introvabili, alla
ricerca
dell'immagine di un qualunque sentiero disposto a condurci in un
posto asciutto e caldo dove aspettare che la pioggia si sposti a
dissetare altri suoli.
Un'illuminazione
si palesa al cospetto dei miei sensi e la risposta è lontana
solo
dal punto di vista dello spazio che da essa ci separa.
“Michiru,
tra poco inizierà a piovere. È meglio accelerare
il passo.”
“Davvero?
Siamo troppo distanti da casa per tornarci.”
“Per
questo dobbiamo trovare un riparo.
Seguimi.”
Lascia
il mio braccio per stringermi la mano e, tirando senza però
farmi
male, aumenta la velocità del nostro passo.
Giriamo
alla nostra destra superando siepi incolte di cespugli brulicanti di
bacche rosse e viola che si alzano fino a superare la nostra, o
meglio la mia, vita di almeno venti centimetri.
Alle
mie spalle sento il rumore di piccole e ancora sporadiche gocce che,
una dopo l'altra, cadono sui sassi e sulle foglie rimbombando anche
seppur silenziosamente nell'ambiente rappresentando, per alcuni la
gioia di riuscire placare una impietosa sete e per altri, come noi,
una piccola disavventura che ci rimprovera per il nostro non
comprendere appieno quanto la Natura possa rivelarsi, a volte,
imprevedibile.
***
“Caspita
che acquazzone..”
“Già,
fortunatamente abbiamo trovato questo riparo in tempo.”
“Come
hai fatto a capire che si sarebbe messo a piovere di lì a
poco? Le
previsioni davano temporale per la tarda serata.”
“Ho
sentito l'odore della pioggia nell'aria.”
“Davvero?
Io non ho sentito niente.”
“Avevi
il naso coperto dalla sciarpa.”
“Ah
sì, è vero!
Beh,
ora che si fa?”
“Non
abbiamo molta scelta. Accenderemo un fuoco e rimarremo qui fino a
quando non avrà smesso di piovere.”
“Ma
qui non c'è della legna asciutta.”
“No,
però ce ne sono alcuni fasci dietro questa roccia. Quelli
dovrebbero
andar bene perciò mentre io vado a prenderli
perché non posizioni
quei sassi che sono laggiù in cerchio? Fallo abbastanza
largo così
che la superficie del fuoco basti a scaldarci per bene.”
“Ok,
lo faccio subito.”
Esco
e l'aria fredda della pioggia mi si cuce addosso come un'armatura
dalle maglie sottilissime fino quasi ad intorpidirmi del tutto
già
prima di aggirare la roccia diroccata che ci sta dimostrando, in
questo momento, la sua ospitalità.
Mi
consolo con la sola idea del fuoco chinandomi a raccogliere tanti
rametti di legno sparsi qua e là in un punto in cui un
alberello
dalla folta chioma funge loro da tetto impedendo alle gocce piovane
di arrivare a bagnarli e renderli poco utili.
Li
unisco in un fascio prendendoli sugli avambracci e mi incammino verso
l'apertura della roccia scorgendo il letto del fuoco preparato da
Michiru.
“Ecco
qua. Come pensavo il piccolo acero ha protetto la legna
dall'acqua.”
“Bene..
Come accendiamo il fuoco?”
“Ho
un accendino in tasca. Meglio sempre averne uno a portata di mano.
Resisti
ancora qualche minuto e poi ci potremo riscaldare.”
Il
lieve gelo portato dalle nubi cariche di pioggia ribadisce la sua
presenza portandomi a soffiare sulle mie mani infreddolite
nell'attesa di vedere tante belle fiammelle che danzano in cerchio
diffondendo il loro calore.
Adocchio
una prima scintilla che però fallisce nel suo intento
seguita da
altre due o tre che finiscono allo stesso modo, poi fulminea una
nuova scheggia pulsante dà vita ad una minuscola fiammata
che
finalmente incendia la legna.
Già
da subito il tepore emanato dal bruciare dei rametti mi dona sollievo
e pazientare qui finché non avrà smesso di
piovere non rappresenta
più un problema per me.
“Ah,
il fuoco!!”
“Stai
meglio adesso?”
“Decisamente!!”
***
“Haruka,
guarda quanto è bella la nostra casa vista da qui!!
È stupenda...”
Mi
fermo poco prima di lei orientando gli occhi nella stessa direzione
in cui stanno guardando i suoi e non posso che convenire con
ciò che
ha detto.
Sorrido
con le labbra, con la mente e con il cuore perché sapere
quanto le
piaccia la casa del nonno mi riempie di una gioia indicibile.
Mai
avevo pensato che potesse esserne così entusiasta.
La
abbraccio da dietro posandole un bacio sulla testa, suscitando una
sua reazione sorpresa. Si adegua alla situazione in men che non si
dica godendosi questa piccola coccola quando il sole comincia a
spandere i suoi ultimi raggi su tutta la foresta.
Poche
nuvole permangono a turbare il cielo dopo la tempesta.
Il
vento si fa messaggero facendomi presente che la quiete dopo la
tempesta è monito della saggezza che ci deve spingere ad
essere
sempre previdenti, e in un baleno riaffiora nella mia mente
l'immagine che, prima che uscissimo di casa, vedeva protagonista la
legna nel camino consumata dal fuoco quasi spento.
“Michiru,
ho appena ricordato che a casa non c'è più legna
da ardere, quindi
è meglio che torni indietro a prenderne almeno un po' per
stasera e
per la nottata.”
“Tornare
indietro? Ma amore, farà buio tra meno di due ore.”
“Lo
so però non possiamo rimanere senza legna.
Sta
tranquilla, sarò a casa prima che farà buio. Tu
intanto affrettati
a rientrare, tanto conosci bene la strada oramai.”
“Sì,
questo è vero ma...”
“Eccoti
le chiavi. Se hai dei dubbi sul sentiero guarda verso l'alto i
tronchi degli alberi più robusti. Quelli segnati blu ti
condurranno
dritta alla nostra splendida dimora.”
“Ok.”
“A
più tardi piccola.”
“A
dopo.”
Con
le sue ultime frasi in testa la saluto scollandole le iridi di dosso
solo quando non riesco più a distinguerla dalla folta
vegetazione.
Mi
incammino a passo sicuro per il sentiero, non incontrando per il
momento nessuna insicurezza. Le sue parole riguardo ai fusti
più
massicci segnati di blu però mi incuriosiscono e allora mi
metto a
cercare questo particolare che ritrovo per davvero in ogni albero
che incontro lungo la strada. Mi chiedo dunque come mai all'andata
non sono stata capace di notarlo.
Accelero
scoprendomi agile nel trovare la giusta via per arrivare a casa e
giusto un pizzico di orgoglio sopraggiunge a farmi compagnia in
questo viaggio di solo ritorno verso la nostra magnifica villetta.
Tra
mezz'ora sarò già sulla soglia dell'uscio e non
appena lo varcherò
mi darò da fare per preparare un'ottima cena che possa
rifocillare
Haruka ricompensandola di tutta la fatica a cui oggi è
andata
incontro.
***
Tiro
un sospiro di sollievo dopo aver raccolto abbastanza legname per il
resto dell'oscurità; mi appoggio un attimo ad un vecchio
tronco a
metà giusto per riprendere fiato per poi togliere il gilet
del nonno
dalla tracolla che mi sono portata appresso. Lo indosso in modo da
rendermi più facile il trasporto dei ciocchi fino a casa.
Dopo
averlo abbottonato per bene prendo una fune e la avvolgo con
più
giri intorno ai fasci lasciando due giri di corda affinché
essi mi
possano servire da spallacci per trasportare comodamente la legna
fino a casa.
Detto
fatto la carico sulle spalle mi avvio lungo il sentiero che mi
porterà dalla mia splendida donna.
Chissà
cosa stara facendo in questo momento...
Vista
l'ora magari si è messa a cucinare. Speriamo che sia davvero
così
perché inizio ad avere una certa fame.
Gambe
in spalla Haruka!
***
Dato
che Haruka sarà di certo affamata ho deciso di prepararle
una cena
ghiotta ma non esagerata. Il ragazzo del mercato stamattina sul tardi
ci ha portato delle ottime uova fresche e ho intenzione di fare due
belle frittate: una con verdure e l'altra con dei gamberi.
Per
la prima mi servono due uova, mezza cipolla, una melanzana, una
zucchina e un cucchiaio e mezzo di olio con l'aggiunta finale di sale
e pepe; per la seconda frittata utilizzerò duecento grammi
di
gamberi, quattro uova, un cucchiaio di latte, un filo di olio, mezzo
scalogno, mezzo bicchiere di vino bianco e anche qui sale e pepe.
La
seconda richiede più tempo in quanto devo pulire i gamberi e
separare i tuorli dagli albumi per fare due lavorazioni diverse dei
due.
Per
la prima mi occorrono venti minuti ma dato che mi sono portata avanti
con il fare le verdure a cubetti sono avvantaggiata.
Certo
devo coccolare anche loro per ottenere un buon risultato.
Forza
Michiru! Pensa a quanto sarà affamata la tua biondissima
donna!
***
“Amore,
sono tornata.”
“Ehi,
sono ai fornelli amore. Adesso non posso allontanarmi. Tutto a
posto?”
“Sì
piccola. Adesso metto la legna nel camino e vado a sistemarne un po'
nel capanno nel caso ci serva una scorta... Mmmh, cos'è
questo
profumino??”
“Ti
ho preparato due belle frittate per cena. Contenta?”
“Oooh,
puoi scommetterci! Ti manca molto?”
“Ancora
un po'. Vai pure a mettere la legna nel capanno.”
“Ok,
torno subito.”
“La
cena è pronta.”
“Eccomi.
Ah, finalmente si mangia!!”
“Hai
lavato le mani?”
“Sci
mammina...”
Con
ancora il mestolo in mano le sferro un colpo con quest'ultimo che, a
differenza della cuscinata di stamattina va a segno.
Un
oggetto contundente dalla strana forma si scontra con la mia testa in
maniera niente affatto delicata... Ammetto che la cuscinata mattutina
era molto meglio.
“Ahio!”
“Oh
amore scusa!! Volevo colpirti per finta e invece l'ho fatto per
davvero.”
“Era
pulito almeno il mestolo?”
“Sì,
l'ho preso per far scivolare le frittate sui piatti ma non l'ho
ancora fatto.”
“Menomale.
Ma guarda tu.
Torno
a casa dopo un pomeriggio di duro lavoro e le prendo dalla mia
donna... Che tristezza!”
Di
sottecchi osservo lo sguardo di Michiru, il cui sopracciglio sinistro
lievemente alzato le dona un'espressione decisamente sexy con quei
suoi occhioni blu che scintillano di... beh, non saprei proprio
trovare le parole per descrivere quella bella smorfia dipinta sul suo
viso.
“Oh
piccola lei. Tieni, consolati con questo.”
Lascio
scivolare le frittate sul piatto e le faccio a metà in modo
da avere
le due varianti a portata d'assaggio e della prima taglio un
triangolino che dirigo verso la bocca di Haruka così, giusto
per
zittirla. Come mi aspettavo sembra gradire alquanto la cenetta che ho
preparato apposta per lei.
“Scherzi
a parte è davvero buona! Ci sono i gamberi vero?”
“Sì,
mentre nella seconda ci sono delle verdure. Assaggia.”
“Aumh...
Mmh, anche questa è deliziosa. Qui ci sono delle melanzane,
delle
zucchine.. e ai aggiunto dei pomodorini.”
“Esatto.
Ho variato la ricetta all'ultimo momento. Lo sai che adoro i
pomodorini cotti.
Com'è
questo mio lampo di genio?”
“Azzeccato
direi. Dai ora siediti, così mangiamo con calma.”
“Bene.
Beh, buon appetito!”
“Anche
a te spendore.”
“Non
si parla con la bocca piena...”
“
Cusa.
”
***
Lo
scalpitio del fuoco mi accoglie subito dopo aver chiuso il getto
della doccia e il pensiero del legno mi riporta dritta alle fragranze
che hanno accarezzato la mia pelle ridestandola dalla stanchezza.
Il
profumo del legno di Guajaco mi avvolge con tutto il suo mistero
fatto di note legnose ed esotiche capaci di trasportarti in un altro
continente in men che non si dica.
Mentre
ancora mi manda in visibilio mi asciugo i capelli. Uso il fon per
fare più velocemente e appena sono asciutti inizio ad
indossare gli
indumenti che uso per la notte. Riordino il bagno e uscendo spengo la
luce. Entro nella camera da letto per disfare il letto e prepararlo
per la notte e scendo al primo piano per dire a Michiru che ora
possiamo andare a dormire.
Entro
in salotto e la trovo già addormentata sul divano con
solamente un
plaid addosso. La prendo in braccio insieme alla coperta e la porto
su per le scale e la stendo delicatamente sul letto coprendola con la
nostra calda trapunta.
Con
queste parole vi lascio affinché la notte possa fare il suo
dovere e
chissà che le mie ultime parole non siano le prime della mia
bella
addormentata domani.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo tre: Sapore d'Africa ***
Perfectly
Mine
Capitolo
tre: Sapore d'Africa
Sdraiata
in mezzo a questo verde mare fatto di morbide spighe sonnecchia, con
il braccio destro abbandonato sulla pancia e quello sinistro piegato
dietro la nuca. Il suo volto è segnato dalla fatica di
un'intensa
mattinata di lavoro ma emana tuttavia una rilassatezza che contagia
anche me e che mi fa sentire in pace con il mondo intero.
Il
mio sguardo si sposta da Haruka al resto del campo e mi meraviglio
ammirando il moto delle alte spighe che mi circondano perché
esse si
comportano, istruite e guidate dal vento, proprio come se fossero le
onde di un grande mare. Sono silenziose ma il loro verso è
comunque
udibile nella quiete di rumori del luogo in cui ci troviamo. I loro
sussurri hanno un retrogusto che sa' di casa e mi danno l'impressione
di essere esattamente lì, immersa tra i flutti del mio
oceano.
Inevitabilmente
torno a guardare lei e si rafforza quella fanciullesca euforia che da
poco mi pervade, che non mi impedisce di sorridere a prescindere da
tutto ciò che potrebbe spezzarla.
"Mmmh..."
Un
mugugno indecifrato mi sfugge dalle labbra, segno che mi sto
svegliando dopo un agognato pisolino in un luogo che però
non
ricorda affatto il mio letto. Anzi, sembra alquanto... spinoso!
Presa
infatti coscienza delle piccole punture che mi pizzicano la schiena e
il sedere cerco di combattere il senso di straniamento tipico del
risveglio quando questi si presenta di buon umore senza riportarti
alla realtà con modi bruschi.
Quando
la lucidità pare essersi fatta del tutto viva apro gli
occhi, ma con
mio dispiacere sono costretta a richiuderli con celerità a
causa
della bomba di luce che mi è esplosa in faccia. D'istinto
porto un
braccio a coprirli e una domanda giunge a picchiettare lecita la mia
mente: ma dove mi trovo??
Un
sibilo familiare viene in mio soccorso placando i miei lamenti e
estinguendo una scintilla di stizza con il suo fresco aroma e con le
sue carezze affettuose.
È
il vento che con la sua pacatezza mi dà il bentornata
cancellando in
un soffio ogni mio motivo di disappunto.
"Ehi."
"Ehi..."
"Dormito
bene?"
"Abbastanza,
anche se non è stato affatto romantico appisolarmi dopo che
ho
insistito per portarti qui. Scusa."
"Tranquilla.
Eppoi non c'è bisogno di scusarti, so che eri stanca e che
avevi
bisogno di riposare."
"Yawn...
Che ore sono?"
"Le
cinque del pomeriggio."
"Come
sei precisa amore mio."
"Per
un attimo ho temuto che avresti detto precisina."
"Scherzi?
Lo sai che non mi permetterei mai."
"Meglio
per te, altrimenti farei così!"
"Ahio!
Dove hai trovato quel coso?"
"Sotto
la tovaglia da picnic. Ho pensato che sarebbe potuto tornare utile e
l'ho conservato. A quanto pare non mi sbagliavo."
"Mmh...
Sorvoliamo.
Caspita,
somiglia ai legnetti del mio carrarmato giocattolo."
"Ah,
il tuo bel carrarmato di legno che tieni gelosamente in soffitta...
Beh, potrebbe anche essere."
"Eeeeeh?!?"
"Ahahahah,
dai che scherzavo scema! Lo sai che non mi permetterei mai."
"Perfida.
Ahio!
ma che è, ti sei rifornita di munizioni? Quanto ne hai
trovati di
quei cosi?"
"Ahah,
un bel po' a dire la verità. Gli ho presi nel caso ci
servissero ad
accendere un fuocherello."
"Ok,
forse è meglio che scelga meglio cosa dire. Non ci tengo ad
essere
bombardata."
"Scelta
ineccepibile mia cara."
"Grazie!
Pssst.."
"Che
c'è?"
"Che
significa ineccepibile?"
"Come???"
"Scherzavo,
so cosa vuol dire..."
"Mi
hai fatto prendere un colpo!"
"La
tua espressione allucinata lo dimostra alla perfezione."
"Aah."
"Ohi,
dovrò sequestrarti quegli affari se voglio tornare a casa
senza
ulteriori bernoccoli!"
"Non
c'è due senza tre, non ti pare?"
"Sì,
come no!
A
furia di legnettate mi è venuta pure fame."
"Ma
dai? Non si sente..."
"Che
ci posso fare se il mio stomaco quando è vuoto ruggisce
invece di
brontolare?!
È
rimasto qualcosa nel cestino?"
"C'è
del pane per tramezzini ma niente con cui farcirlo."
"Questo
non è un problema. Qui vicino c'è una distesa di
cespugli con
bacche commestibili che hanno davvero un buon sapore. Possiamo
andare a raccoglierne un po' se ti va."
"Perché
no! Se dici che sono buone vale la pena di assaggiarle."
"Vieni,
ti aiuto ad alzarti."
"Grazie.
Dobbiamo portarci tutto dietro?"
"No
tranquilla.
Portiamoci
dietro solo il barattolo."
"Ok."
Ci
alziamo e camminiamo fra le spighe che ondeggiano flessuose al nostro
passaggio.
Seguiamo
un percorso che non mi aspettavo, rettilineo, che si estende davanti
a noi senza l'ombra di viraggi di sentiero.
Dopo
dieci minuti gli arbusti in siepe di una tonalità brillante
di verde
e marrone compaiono davanti ai nostri occhi, puntinati di pallini
rossi e indaco che già dall'aspetto si presentano invitanti.
"Li
vedi?"
"Sì,
e non sembrano affatto male."
Ci
accostiamo sempre di più al nostro improvvisato banchetto
quando la
sua fragranza fruttato permea di già la brezza.
Fronteggiamo
i suoi trenta centimetri distanti solo di pochi passi perché
i
“signori” che lo compongono non sono tutti rose e
fiori, o
meglio, sono più rose che fiori visti i
loro rami
serpeggianti e spinosi in grado di far scappare via qualsiasi tipo di
predatore, o quasi...
"Wow,
che spine lunghe!"
"Già,
bisogna starci molto attenti. Non passerai un bel quarto d'ora se
vieni punto da una di queste.
Sono
parecchio dolorose."
"Come
fai a raccogliere le bacche allora?"
"Basta
scuoterli un po' con un bastone e i grappoli cadono da soli senza
rovinare i frutti.
Prepara
il barattolo."
"Ok."
***
"Caspita,
erano davvero deliziosi!"
"Hai
pienamente ragione. Non ricordavo fossero così buoni.
Ammetto
che ne mangerei a chili se non rischiassi un'indigestione."
"A
chi lo dici..."
"Abbiamo
un'altra oretta di sole, che vuoi fare? Torniamo a casa?"
"Ti
dispiace se rientriamo? Mi sono stancata e vorrei riposare prima di
mettermi a preparare la cena."
"Ok.
Prendo tutto io tranquilla."
"Che
cavaliere."
Il
cielo ha già cominciato ad arrossare quando imbocchiamo la
stradina
che ci condurrà alla macchina.
L'aria
è diventata sensibilmente fresca e Michiru ne sta
già risentendo.
Mi tolgo la giacca e l'appoggio sulle sue spalle mettendomi poi
davanti a lei per abbottonare i primi due bottoni in modo che non la
perda.
"Dovresti
imparare a non lasciare il tuo giacchetto in macchina, altrimenti non
ha senso prenderlo."
"Me
lo sono dimenticata..."
La
prendo a braccetto continuando a camminare finché la
macchina non
entra nel mio campo visivo.
La
raggiungiamo in poco tempo e la aggiriamo così che possa
aprirle la
portiera del passeggero e farla salire a bordo.
Si
chiudono gli sportelli e il motore si accende. Il nostro viaggio di
ritorno ha inizio.
Percorriamo
con tranquillità il calle di ghiaia che ci
riporterà sull'asfalto
delle strade per poter prendere in seguito i famigliari viottoli
erbosi della riserva.
Sospiro
allietata dal bel pomeriggio appena trascorso e il profumo di cui la
giacca di Haruka è intrisa mi sale alle narici coccolandomi,
dandomi
un motivo in più per sentirmi bene.
Questa
serenità esplica a poco a poco la sua azione ed ecco che il
sonno
giunge a cogliermi di sorpresa posandosi sulle mie palpebre e
accogliendomi nel suo ospitale abbraccio.
***
"Michiru,
siamo a casa."
"Mmh..
ehi, mi sono addormentata."
"Sì,
quasi subito a dire il vero. C'era silenzio in macchina."
"Scusa
se ti ho lasciata da sola."
"Nessun
problema tesoro."
"Prima
di preparare la cena faccio una bella doccia."
"Come
desideri dolcezza.
Cos'hai
in mente?"
"Mi
inventerò qualcosa.."
"Allora,
che hai preparato di buono?"
"Polpette
al salmone e insalata di arance e finocchi, datteri esclusi anche
perché non ne abbiamo."
"E
per dessert un bel sorbetto al limone da me preparato."
"Ecco
perché ti sei imboscata in taverna."
"Sì
già, dato che l'albero dei limoni e lì davanti ho
prediletto la
comodità di trasporto. E poi la gelatiera era lì."
"Pigrona."
"..."
***
Un
raggio di sole si introduce da una delle fessure delle persiane
lasciate non del tutto tirate la scorsa notte.
Furbo
va ad illuminare il fianco scoperto di Michiru e morbido viaggia su
di esso adagiandosi bramoso sulla curva gentile del suo bacino
trovando passo dopo passo il gluteo, il tessuto verde pastello dei
suoi slip, la coscia e la pelle in penombra della sua gamba.
Fedele
e garbato transita su quel tragitto rendendomi quasi gelosa della sua
esistenza.
Mi
placo però, essendo consapevole del fatto che sua
maestà il Sole è
l'unico che può decidere chi e cosa sarà bagnato
dai suoi figli,
dalle forme perfette della mia donna, alla sabbia incandescente della
spiaggia fino alle chiome di un burbero salice che fa da condominio a
quegli animali che prediligono il fresco dello stare all'ombra.
Un
respiro più lungo degli altri fa cessare la mia riflessione
infrangendola senza ferirla.
Quando
sarà sveglia tornerà ad essere totalmente mia e
smetterò questa
folle competizione con chi ci dà la vita, lo
ringrazierò infatti
perché mi darà la possibilità di
ammirare colei che amo alla
massima potenza.
Chiudo
gli occhi nell'attesa di sentire gli effluvi del mare solleticarmi
l'olfatto e allora saprò che mi è stato fatto
dono di un'altra
splendida giornata insieme a lei.
"Buongiorno..."
"Buon
giorno."
"Cosa
guardavi?"
"Un
fortunato lume che attraversava le tue curve quasi prendendosi gioco
di me."
"Mh.
Eri gelosa?"
"Un
po'."
La
sua sincerità a volte mi spiazza perché so che
deve combattere il
suo orgoglio per ammettere una cosa simile. So anche che oramai
è in
grado di metterlo da parte, che ha imparato a non esserne succube e
sono estremamente fiera di lei.
Prendo
la sua mano destra e la poso nascosta dalla mia sopra la mia guancia.
Incateno
il suo sguardo al suo, ne entro in pieno possesso e lo guido.
Lo
guido con le mie dita intrecciate alle sue per il mio zigomo, per il
collo; scendo sul profilo del mio seno e poi sul ventre. Risalendo
sul mio fianco sento la sua presa farsi più salda e un suo
respiro
più lungo è il segno che la sua eccitazione sta
salendo per merito
del contatto con la mia pelle calda.
Proseguo
approdando al lato della mia coscia e blocco i suoi movimenti. Mi
guadagno il suo disappunto nelle sue iridi e ne compiaccio un poco.
Tenerla in scacco mi dà una bella sensazione.
Diminuisco
la forza con cui la stringevo e la sollevo portandola sul mio gluteo.
La invito a toccarmi con decisione perché mi senta sua e
desidero
che mi faccia sentir così a sua volta. Voglio percepire la
pressione
datami dal suo tatto, i brividi che questo sa regalarmi.
Sussulto
mordendomi il labbro quando esaudisce la mia richiesta e lottando per
non essere risucchiata da questo seducente orgasmo trovo lo slancio
per esprimere la mia opinione:
"Non
devi."
***
"Che
facciamo? È un po strano averti qui di martedì...
Di
solito lavori fino a tardi quel giorno."
"È
strano anche per me in effetti.
La
settimana scorsa a quest'ora stavamo iniziando i lavori per la
riparazione del ponte tra l'habitat delle volpi e quello dei cervi."
"Come
procedono i lavori?"
"Abbastanza
bene. Quando sarà finito e tutta l'area sarà di
nuovo in sicurezza
ti porterò a vederlo."
"Non
vedo l'ora!”
"Anche
io, il progetto è fantastico!"
"Immagino.
Allora,
come passiamo la mattinata?"
"Io
un'idea ce l'avrei... Avevo in mente di trascrivere una delle storie
del nonno, perché non ci sediamo sotto il ciliegio
così tu me la
detti?"
"Sì!"
"Perfetto,
vado a prendere l'occorrente."
"Uno
dei volumi di tuo nonno è nel mio studio, lo stavo usando
per
un'illustrazione."
"Oh,
ok."
"Eccomi.
Sei pronta?"
"Prontissima!"
"Sediamoci."
Ci
mettiamo comode sulla grande tovaglia da picnic decorata da
azzurrissimi fiori di ciliegio galleggianti sulla stoffa bianca,
libera interpretazione di una signora dalla fervida fantasia.
Prendo
il quaderno per la bella e lo poggio sulle ginocchia mentre Michiru
si schiarisce la voce prima di cominciare a leggere.
Sarà
proprio una mattinata da favola, me lo sento!
"Ora
inizio..."
"Ok."
"V'era
una volta un'acacia, in quel dell'Africa più selvaggia, dove
trovavano dimora volatili, animali striscianti e terrestri a quattro
zampe.
Tigri,
pantere, leoni e perfino coccodrilli andavano a cercare l'ombra che
solo quell'acacia sapeva dar loro, e non certo perché egli
era
l'unico albero in un assai esteso tratto di savana.
Quando
un giorno il sole s'era levato da un poco venne il momento per Acacia
di svegliarsi e stirare le sue fronde e salutare il mattino con un
inchino.
Come
ad ogni alba fece naturalmente attenzione a non svegliare chi gli
riposava attorno, o sotto, o sopra.
Fece
insomma quello che faceva sempre, eppure questo giorno gli sembrava
stranamente diverso... Se lo sentiva nelle radici!
Tuttavia
non diede troppo peso alla cosa e si comportò come di
consueto,
cominciando a rispondere al buongiorno di uno dei suoi più
cari
amici:
<<
Buongiorno Acacia >>
<<
Buongiorno Tigre. A quanto vedo anche stamattina hai lasciato il tuo
amato verde per venire a trovarmi. >>
<<
È sempre piacere caro mio. La tua ombra è la
più fresca e
ristoratrice di tutta l'Africa. >>
<<
Sei lusinghiero come al solito. >>
<<
Sincero, vorrai dire. >>
<<
Come preferisci tu. Buon riposo. >>
<<
Grazie Acacia. >>
Guardò
l'amico accucciarsi e chiudere gli occhi ai suoi piedi e si
rilassò
anch'egli prendendo un bel respiro. Lo rilasciò creando una
brezza
leggera e piacevole che andò a solleticare la pelliccia
della sua
amica tigre.
Ecco
svelato il mistero: era per questo che si diceva che la sua ombra era
la più ospitale di tutte.
La
quiete sembrò durare poco perché d'un tratto
sentì un brivido
corrergli lungo la radice più distante e seppe che qualcosa
di
subito gli stava per accadere.
<<
Tigre, svegliati! >>
Gli
doleva far cessare di già il riposo dell'amico, ma percepiva
che
altrimenti ne sarebbe andata della sua vita.
<<
Tigre, ti prego ascoltami! >>
Si
svegliò il felino con un sussulto.
<<
Acacia.. perché urli? Cosa succede? >>
<<
Mi stanno avvelenando, devi allontanarti al più presto!
>>
<<
Cooosa?!? Chi è capace di commettere un tale misfatto!?
>>
<<
Non lo so ma devi andartene di qui prima che sia troppo tardi.
>>
<<
Setaccerò ogni dove e ti giuro che troverò chi
sta attentando alla
tua vita. Non mi darò finché non lo
avrò fermato.
Cerca
di resistere più che puoi amico mio. >>
I
due si scambiarono uno sguardo solenne e la tigre corse via.
Abbracciò in tutto e per tutto la sua vena animale e si
librò nella
sua folle rincorsa alla ricerca di alleati che potessero aiutarlo a
salvare il buon Acacia.
Al
suo sguardo si rivelarono figure lunghe e longilinee che
avvicinò
con brevi e potenti falcate: << Giraffa. Giraffa,
ascoltami!
>>
<<
Tigre, cosa fai tu nel mio territorio? Sai benissimo che ti
è
vietato cacciare qui. >>
<<
Certo che lo so, ma non sono qui per questo. Si tratta di Acacia:
qualcuno lo sta avvelenando e ho bisogno di alleati che mi aiutino a
salvargli la vita. >>
<<
Chi osa compiere una tale efferatezza? >>
<<
Lo ignoro Giraffa e per scoprirlo ho bisogno anche di te. Il tuo
sguardo vede lontano e ci sarà utile per scovare il
colpevole. >>
<<
Considerami a bordo dell'arca, felino. >>
<<
Perfetto! Arruola più animali che puoi mentre io
farò lo stesso. >>
<<
Contaci. Comincerò dal corvo. Lo manderò da
Acacia per chiedergli
maggiori dettagli >>
<<
Ottima idea! >>
Riprese
a correre come una belva, Tigre, lasciando la sua nuova alleata
all'adempimento dei suoi intenti.
<<
Corvo, vola da me. >>
Ed
ecco il più nero dei corrieri che andò incontro
alla regina
d'Africa.
<<
Giraffa, dimmi cara. Cosa ti turba? >>
<<
Stanno attentando alla vita di Acacia. Spargi la voce e raggiungilo
per chiedere dove comincia l'avvelenamento. >>
<<
Eseguo. >>
Nero
come la pece e brillante come l'ametista gracchiò tuonante
la
nefasta notizia raccogliendo volontari come una gazza colleziona
oggetti luccicanti.
Prima
di arrivare dall'albero Leone il Re, Alligatrice, Anaconda, Bufalo,
Aquila e Rinoceronte erano già sulla lista dei reclutati.
Volò
allora dall'amico ottenendo le grida disperate di costui:
<<
No corvo,no! Non venire presso di me, morirai! >>
<<
Placati buon Acacia. Sono qui per aiutarti.
Ho
bisogno che tu mi dica da che parte senti scorrere l'infame veleno.
>>
<<
Nella sesta radice ad est. La prima più lunga. È
lì il dolore più
lancinante. >>
<<
Bene. Pazienta amico, ti salveremo! >>
Tornò
in volo senza dare il tempo all'amico di ribattere. Non c'era tempo,
ora. Aveva importanti missioni da compiere.
Intanto
dall'altra parte, proprio dove il buon albero si addolorava, l'oscuro
piano veniva perpetrato tra alti fili d'erba. Manco a farlo apposta
era Tarantola la responsabile assieme a niente poco di meno che Mamba
il Nero, l'effettivo avvelenatore dato che era lui ad iniettare il
suo tosco contaminando la linfa più dolce in circolazione.
<<
Continua Mamba, continua >>
<<
Ssiì passiente Ragno. Non è affatto ssemplice
iniettare il veleno
ssenssa assssumere la posissione di attacco >>
<<
Beh, se non vuoi farti scoprire mi sembra il minimo verme gigante!
>>
<<
Rissspetto, Tarantola... Rissspetto! >>
<<
Scussa... >>
I
due proseguirono la loro malvagia impresa incuranti che presto i loro
piani avrebbero preso una piega diversa rispetto alle loro
aspettative.
Nel
frattempo Antilope e Gazzella lesti come il suono pattugliavano l'Est
dalla grande Rupe attendendo notizie da un fido ed intraprendente
plotone di affiliati. Non dovettero aspettare granché per
avvistare
Formica e le sue truppe appropinquarsi fiere e silenziose.
<<
Rompete le righe soldati! >>
<<
Agli ordini Comandante! >>
<<
Ho delle buone novelle per voi miei cari: abbiamo scoperto
l'identità dei malfattori. >>
<<
Dicci, allora. >>
<<
Si tratta di Mamba il Nero amabilmente guidato da Tarantola.
>>
<<
Avremmo dovuto immaginarlo! Sono stati gli unici a non presentarsi
alla Conferenza degli Animali... era ovvio che tramassero qualcosa!
>>
<<
Non prendertela Antilope. Ora che sappiamo chi cercare possiamo
fermarli. Ottimo lavoro Formica. >>
Disse
il più saggio Gazzella, notando l'impeto del suo braccio
destro.
Si
rivolse poi all'insetto con voce entusiasta: << Tu e il
tuo
esercito sarete insigniti di un premio all'onore. >>
<<
Vi ringrazio a nome mio e di tutti i miei guerrieri. >>
<<
Ve lo meritate. Adesso andate alla ricerca di più volontari
possibili e recatevi assieme a loro alla Fonte degli Elefanti.
Lì
decideremo il da farsi. >>
<<
Sarà fatto! In marcia Plotone. >>
Passò
un'ora e tutti gli alleati si ritrovarono sulle sponde del Grande
Fiume pronti ad escogitare un piano. Furono molte le elucubrazioni
proposte ma tutti si accorsero ben presto che stavano perdendo tempo
prezioso e che invece dovevano agire quanto prima.
Fu
Tigre ad interrompere il concitato disquisire: <<
Ascoltatemi
tutti: la prima cosa da fare è trovare un antidoto al veleno
del
Nero. Anaconda, raggiungi Mamba il Verde prima che puoi.
>>
<<
Ssstriscio! >>
<<
Voi altri venite con me. Andiamo a fermare quei balordi.
>>
Con
quale furore pronunciò quell'ultima emblematica parola!
In
direzione opposta il lungo e olivastro serpente dal ventre giallo
sfrecciava tra l'erba e l'acqua venosa per raggiungere il verde
sfavillante del suo caro compare di scorribande giovanili.
Intravide
il massiccio albero che gli faceva da covo e aumentò la sua
velocità
mettendo da parte i ricordi. Giuntovi sotto chiamò a gran
voce il
suo più grande alleato e quando questi si palesò
condivise con lui
il racconto di quanto accadde e lo aiutò a fabbricare
l'antidoto...
<<
Bene Anaconda, proprio cosssì. L'ultima aggiunta del ssiero
della
gomma arabica e l'antidoto sssarà pronto. >>
<<
Bene... >>
<<
Finito! Ora tu corri dagli altri mentre io andrò a medicare
Acasscia. >>
<<
Vado! >>
Finì
in fretta e furia di versare l'antidoto nelle sue sacche velenifere e
si precipitò giù dal tronco cavo accanto alla sua
tana che
utilizzava come laboratorio per poi dirigersi verso il centro della
savana scansando ed evitando qualsiasi masso o fossa che potesse
ritardarlo.
Quando
arrivò a destinazione era già privo di forze ma
ignorò il suo
torpore e si fece coraggio. Non appena fu ai piedi
dell'alberò gli
disse sibilando:
<<
Amico, fa come sse non ci fosssi. Ho con me il rimedio che ti
curerà.
Non
preoccuparti per me perché sono immune al veleno del Nero.
Non mi
succederà niente. >>
Acacia
dal canto suo deglutì pesantemente pregando
affinché ciò che il
sibilante amico gli aveva assicurato fosse vero.
Quest'ultimo
cambiava la sua muta man mano che scalava la corteccia dell'albero in
modo da mimetizzarsi per agire così indisturbato.
Arrivò
al ramo maestro e lo morse con voracità per consentire al
contravveleno di scorrere il più velocemente possibile. Solo
così
avrebbe potuto neutralizzare il veleno.
Frattanto
che l'eroe compiva il suo atto gli avvelenatori del tutto ignari
dell'esercito che li circondava per un ampio raggio di distesa
erbosa, continuavano ad infamare fisicamente la loro vittima.
Quando
gli animali tutti si fecero vicini Giraffa esclamò con voce
ferma:
<<
È bene che la smettiate delinquenti! Oramai vi abbiamo
scoperto e
presto, molto presto, la pagherete cara. >>
I
due, colti sul fatto, fecero lì lì per far finta
di niente convinti
scioccamente che i fili d'erba gli avessero nascosti alla vista dei
nemici, peccato che non avevano considerato che Giraffa gli avrebbe
avvistati dall'alto del suo sguardo.
<<
Vi credevo molto più furbi di così, impostori!
Uscite allo scoperto
altrimenti vi tireremo fuori di lì con le maniere forti.
>>
Non
sentendo ancora alcuna risposta di resa tuonò minacciosa:
<< A
quanto pare oggi mi volete cattiva... Beh, così
sarà!
Mangusta,
Scorpione, andate a trovare i nostri “egregi”
compari. >>
I
due mercenari annuirono e eseguirono gli ordini attraversando
l'erbaggio come un terremoto che sconquassa il cuore del suolo,
Mangusta con le sue zampe muscolose e Scorpione con il ticchettio
delle sue pinze ad accompagnare i loro passi. Soltanto questo
convinse Mamba il malvagio a togliere le sue grinfie dalle radici del
povero Albero mentre l'ombra del pungiglione dell'aracnide viaggiava
assieme ad egli come una scure pronta a mietere anime. Fu allora che
Tarantola capì che avevano fallito.
<<
Va bene, va bene. Mi arrendo. >> gridò in
preda alla
disperazione uscendo allo scoperto, permettendo a Scorpione di porsi
dietro di lei per scortarla da chi lo aveva assoldato.
Mamba
il cattivo guardava la resa dell'alleata e non si accorse nemmeno che
Mangusta gli si trovava alle spalle. Furono due sue colpetti sulla
schiena che gli fecero capire che anche lui era ormai finito. Si
voltò verso il suo per niente loquace interlocutore e venne
quasi
ipnotizzato dallo sguardo del suo più accanito predatore che
in
pochi attimi lo costrinse a seguirlo senza il minimo sibilo.
I
due ora prigionieri vennero scortati dal corposo esercito alle
pendici della Grande Rupe dove s'era riunito il Gran Consiglio degli
Animali.
Quando
vi giunsero Leone, che degli animali tutti era il Re,
pronunciò tali
parole:
<<
Voi che avete osato ferire l'anima più buona dell'Africa
intera
sarete processati e condannati secondo le nostre Leggi. >>
Un
battito d'ali distrasse il sovrano ma non le guardie e già
prima di
toccare il terreno Corvo intervenne: <<
Maestà, perdonate il
disturbo ma sono appena stato da Acacia e chiede a voi, vostra
Altezza, di poter parlare con i suoi sventati carnefici.
>>
Gracchiò
come di suo consueto e non appena ebbe sfiorato la terra con i suoi
artigli si prostrò inchinandosi. Il Re gli diede riposo col
un gesto
del capo e disse:
<<
E sia Corvo. >>
Fece
una breve pausa e poi si rivolse ruggendo ai suoi interlocutori.
<<
Come richiesto dal buon Albero, prima che il vostro destino si compia
andrete a colloquio da lui e per mia decisione sarete da egli stesso
puniti. >>
I
mercenari controllarono le catene al collo e alle zampe degli
imprigionati e si rimisero alle loro calcagna invitandoli a
precederli nella rotta per il centro della savana.
Camminarono
per circa mezz'ora e le fronde più verdi del continente
cominciarono
a dar foggia di sé troneggiando al vento.
Col
cuore in gola il ragno e il serpente primeggiavano le fila degli
animali, impauriti dal fatto che la loro vittima volesse incontrarli.
<<
Acacia, hai chiesto di vedere questi due criminali e il tuo appello
è
stato accolto: eccoli a colloquio con te. >>
<<
Vi ringraziò dell'accoglimento, Maestà.
>> fece un breve
inchino e poi continuò.
<<
Ditemi voi. Perché avete tentato di uccidermi? Quale torto
vi avrò
commesso mai per guadagnarmi il vostro risentimento? >>
<<
Rispondete. >> incitò il leone spalleggiando
Acacia.
<<
Perché non ssci hai mai accolti sssotto i tuoi rami.
>>
azzardò Mamba il Nero.
<<
Questo non è vero, mio caro. Siete voi a non essere mai
venuti
presso di me.
Avete
sempre creduto che io non volessi rinfrescarvi anche voi
perché il
vostro aspetto vi rende insicuri, ma vi sbagliate.
Il
problema non è mio, è vostro. Tutti hanno trovato
posto sotto le
mie foglie, anche i vostri affini Vedova e Mocassino.
Non
ho mai discriminato nessun animale per la veste che porta e non
comincerò a farlo di certo oggi.
Vi
chiedo solo una cosa: se non siete voi stessi ad accettarvi come
pensate che possano accettarvi gli altri?
Detto
questo ho concluso vostra Sovranità. >>
<<
Bene Acacia >> gli rispose vedendo una scintilla di
pentimento
negli sguardi dei condannati. << Prima di portarli via ho
da
chiederti un'ultima cosa: quale condanna vuoi assegnare a costoro?
>>
<<
Io non so quale sia la più meritata pena per loro
Maestà, perciò
chiedo che siate voi a decidere. >>
<<
Così sarà allora. Adesso riposati amico.
Più tardi verrò a
trovarti. >>
<<
Ne sarò onorato Re, vi ringrazio. >>
Tornarono
alla grande rupe mettendo agli arresti in celle speciali Mamba e
Tarantola sempre sorvegliati da Mangusta e Scorpione.
Il
processo iniziò e si rivelò lungo e faticoso, ma
alla fine il re
animale decise quali pene assegnare ai due malfattori. Lesse dunque a
gran voce, dopo aver schiarito la gola:
<< Tarantola, la tua
pena consisterà nel dimorare per lungo tempo in una tela
preparata
da Mamba l'alchimista. Sarai lì esiliata fino a che la tela
non ti
considererà un'intrusa. Solo per sua decisione potrai
tornare ad
essere libera, ma dovrai veramente esserti pentita di ciò
che hai
fatto.
Mamba
il Nero, il tuo veleno sarà neutralizzato in modo che tu non
possa
più ferire nessuno. La tua pena sarà permanente
ma ti sarà
lasciata la bocca come arma di difesa. Vedi di farne buon uso.
Così
è deciso. L'udienza è tolta. >>
Gran
furore vi fu alla fine della lettura della sentenza e poi tutti gli
animali andarono a festeggiare il sopravvissuto e il suo salvatore
che esausto si godette un bel succo ristoratore per rigenerare la sua
linfa.
Dopo
quel poco fasto episodio tornarono tutti a vivere sereni e
spensierati come solo gli animali dell'Africa sanno fare,
arricchiti inoltre di una nuova saggezza che li guiderà,
speriamo,
per ancora lunghe vite."
"Fine."
"Fine.
Wow
piccola, mi hai fatto venire i brividi per tutta la lettura,
complimenti!"
"Grazie..."
Eccomi
di nuovo qui dopo tanto tempo. Lo so, ci ho messo tantissimo a
pubblicare questo nuovo capitolo, talmente tanto che vi sarete
già
stancati di me ma la mia vita si è incasinata talmente tanto
con gli
esami che ho perso la bussola e non solo quella... X(
Spero
ci sia ancora qualcuno che ha voglia di leggermi altrimenti
è meglio
che mi ritiri... Vi sarei grata se mi faceste sapere cosa pensate
della mia storia, se la gradite o meno, perché pubblicare
senza il
parere del pubblico non è un granché.
Forza
ragazzuoli, fatevi sentire!
Detto
ciò mi scanso e vi do la buonanotte.
Spero
di avere vostre notizie cari miei.
Un
saluto, vostra Miss Writer Xp
|
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Capitolo 4 *** Capitolo quattro: La foresta rossa ***
Perfectly Mine 4 - La foresta rossa
Perfectly
Mine
Capitolo
quattro: La foresta rossa
Con
ancora il sapore del caffè in bocca e il suo profumo nelle
narici mi
dirigo nel salone facendo rotta verso il pianoforte. Estraggo lo
sgabello dal suo solito posto e vi seggo sopra sollevando il
coperchio della tastiera.
Presa
da una frenesia inaspettata afferro fogli di spartiti nuovi lasciati
nel mobiletto intagliato che si trova alla sinistra del piano e con
essi prendo anche una matita.
Sospiro
cercando di raccogliere tutta l'adrenalina che scorre quasi feroce
nelle mie vene e chiudendo gli occhi la concentro nella mia mente e
nel braccio che a breve inizierà a scrivere.
L'ansia
che sale imprime una spinta alle mie emozioni che straripano come un
fiume in piena dagli argini che le contenevano.
La
meccanicità dei gesti svanisce e subentra l'ispirazione. Si
zittiscono i rumori tutti intorno a me tranne quello dello scivolare
della matita sul pentagramma. Subito la melodia che avevo in testa da
un paio di giorni prende forma rivelandosi attraente e ruvida al
tempo stesso.
Scrivo
e scrivo lasciandomi tutto il resto alle spalle. Penso a Michiru che
sta ancora dormendo e ho quasi paura di svegliarla, anche se in
realtà non sto suonando. La musica è
così chiara in me che sembra
suonarsi da sola creando un fragore che è invece inesistente.
Arrivo
ad ignorare anche questa constatazione e la sinfonia finisce col
farmi del tutto sua schiava.
Un
freddo indesiderato si è impossessato delle mie membra da un
lasso
poco definito di tempo.
Il
sonno non mi permette ancora di aprire gli occhi per scoprire la
causa di questo gelo e così sono costretta a mitigarlo
stringendomi
nelle lenzuola. Il gesto scatena in me l'intuire di un indizio quando
non sento la resistenza del loro movimento: la parte sinistra del
letto è vuota.
Lo
appuro, ne prendo atto ma la cosa mi colpisce comunque. Cosa ha
spinto Haruka ad alzarsi lasciandomi sola?
Niente
sembra farmi trovare una risposta plausibile al mio quesito
così
presa dallo sconforto combatto contro Morfeo per tornare padrona
della mia lucidità per scovare il motivo di questa assenza.
Quando
sto per spuntarla qualcosa riesce però a rubarmi il primato.
Dei
passi famigliari si introducono nella stanza seguiti dalla comparsa
di un peso che piega il materasso e le doghe sotto di esso.
L'ansia
che provavo prima si dà alla latitanza e il mio sguardo
contratto si
rilassa, liberato da quella morsa insopportabile da una carezza
portatasi dallo zigomo alla gota con una delicatezza quasi eterea.
Sento
le mie labbra allargarsi in un sorriso e pressoché nello
stesso
istante un bacio vi si posa dolce come un miele che è stato
appena
estratto da alte ed esotiche piante di eucalipto.
***
"Cosa
vuoi per colazione?"
"Oggi
mi sento golosa.. Mi prepari le crêpes
alla nutella?"
"Perché
no! Anzi, sai che ti dico? Ne preparo un paio anche per me."
"Ok.
Nel frattempo vado a fare una doccia così mi sveglio."
"Ehi
aspetta! Vieni qui."
"Che
c'è?"
"C'è
che stamattina non mi hai ancora dato nessun bacio. Non da sveglia
almeno."
"Oh...
Rimedio subito!"
Figurati
se mi rifiuto di fare una cosa del genere!
Le
poggio le mani sulle spalle alzandomi sulla punta dei piedi per
raggiungere le sue labbra baciandola più volte con movimenti
lenti.
Nonostante
i miei piedi protestino per il dolore resisto in quella posa ancora
per un po' fino a quando Haruka non mi solleva facendomi sedere
sull'isola che utilizziamo come tavolo.
"I
miei piedi ringraziano."
"Mh,
meglio così."
Ridendo
mi chiede aiuto per aiutarla a scendere dal tavolo e dirigendosi
verso il bagno sbadiglia con la grazia di una dama.
L'ho
guardata miliardi di volte da quando ci siamo incontrate eppure
l'eleganza che traspare dal suo portamento mi stupisce ancora adesso
affascinandomi.
È
ipnotica!
***
"Quasi
quasi ne mangio un'altra!"
"Fa
pure. Io sono già al bis."
"Sono
buonissime!"
"Grazie
del complimento. Vedo che anche la tua maglietta apprezza..."
"Cosa?"
"C'è
una macchiolina proprio al centro della maglia, sulla pancia."
"Oh
no! La mia povera maglietta bianca!"
"Tranquilla,
non è così grave. Comunque devo dire che la tua
mira sta
migliorando."
"Mica
tanto dato che non l'ho fatta apposta..."
"Allora,
che cuciniamo per pranzo?
Meglio
iniziare subito così non usciamo troppo tardi."
"Stavo
pensando ad una bella insalata di pasta alla marinara. Fredda
è
comunque molto buona."
"Mi
piace! Che ne dici se facciamo anche il tortino di Makoto, quello con
lo stracchino?"
"Sì,
era spettacolare e poi mi ha anche lasciato la ricetta. È di
facile
preparazione."
"Ed
il menù è servito! Mettiamoci al lavoro."
***
"Ecco,
siamo arrivate. Possiamo lasciare la macchina qui
Esci
così la ricopro per bene con quei rami."
"Ora
ho capito perché ci sono sempre quelle cime di alberi in
giro...
Ingegnoso!"
"Beh,
offrono un ottimo nascondiglio sia dai raggi del sole che dai
ficcanaso.
Su
prendi la tua roba e appoggiala a terra, che poi la dividiamo."
"Ma
che gentile."
***
Prima
di metterci in cammino do un ultimo sguardo alla macchina
perfettamente coperta dai rami sistemati da Haruka.
Mi
allontano un po' per vedere se l'effetto dissimulatore persiste e non
sapessi che ce l'abbiamo messa per davvero noi, non direi che proprio
che là sotto c'è un grosso fuoristrada.
"Si
vede ancora?"
"No,
per niente! Hai fatto un ottimo lavoro."
"Modestamente.
Possiamo
incamminarci adesso?"
"Andiamo
miss modestia."
Mi
prende sottobraccio e ci avviamo verso una stradina parecchio stretta
lasciata appena libera da un vasto esercito di felci basse e fitte. A
guardarle sembra che ci stiano facendo un favore a lasciarci passare.
"Attenta
a dove metti i piedi amore. Sotto le felci si nasconde una pianta con
fusto strisciante con spine molto aguzze e velenose."
"Va
bene... Un'aria un po' minacciosa ce l'hanno."
"Già.
Aveva colpito anche il nonno, tant'è che in una favola
raccontò di
loro come un esercito di protettori di un segretissimo e altrettanto
prezioso tesoro custodito proprio in questo luogo."
"Davvero?
Non ne ho mai sentito parlare. Ho letto quasi tutte le sue storie
eppure non ricordo niente del genere. Questa mi è proprio
sfuggita."
"Ti
è sfuggita perché non è tra i racconti
che mi ha lasciato in
eredità.
Vedi,
il nonno ha voluto che quella storia in particolare venisse sepolta
assieme a lui il giorno dei suoi funerali, per questo non ce l'ho io.
Era
in assoluto la sua preferita."
"Scusami
Haruka, io non lo immaginavo nemmeno... Perdonami."
"Tranquilla,
non devi scusarti. In fondo sono stata io a non avertene mai
parlato."
"Stai
bene?"
"Sì,
tutto ok.
È
stato un momento intenso e commovente della mia vita, è
stata dura,
ma oramai è passato tanto tempo.
Non
hai niente di cui preoccuparti."
"Vieni
qui.
Fatti
abbracciare."
Lascio
che un sospiro abbandoni le mie labbra mentre Michiru mi abbraccia.
Chiudo
gli occhi e la stringo un po' di più a me perché
sento il bisogno
di stare tra le sue braccia. Mi cullo nel suo gesto e ringrazio il
cielo di non essere più sola e anche se il pensiero del
nonno è
ancora capace di rattristarmi, ho con me chi mi consola e mi ridona
la forza per andare avanti con tutta la serenità del mondo.
Ora
che ho lei non c'è più nulla che possa farmi
ricadere nel baratro
da cui sono miracolosamente uscita.
Con
lei accanto non ho più nulla da temere.
"Ti
amo."
"Ti
amo anche io."
"Su
proseguiamo. Non voglio che tu perda lo spettacolo della foresta
rossa."
***
Dopo
quarantacinque minuti di camminata o poco più si aprono
davanti a
noi due sentieri sempre controllati a vista da felci che
però hanno
altezze differenti dalle prime che abbiamo incontrato. Se quelle
erano alte una ventina di centimetri queste avranno un'altezza di
trenta centimetri.
Guardandole
sono praticamente messe in scala crescente.
Chissà
se sono state disposte così intenzionalmente...
"Destra
o sinistra?"
"A
tutta dritta."
"Come???"
"Seguimi."
Lo
sprazzo di vegetazione che separa le due stradine pare a prima vista
non percorribile, ma un occhio attento o l'esperienza suggeriscono il
contrario.
Michiru
mi guarda sconcertata tornando a volgere la sua attenzione alle felci
che qui arrivano a sfiorare il mezzo metro di altezza.
Le
dico di stare tranquilla e di fare ciò che faccio io e con
calma ci
addentriamo tra questi austeri e determinati guardiani.
Haruka
mi prende per mano facendomi camminare lateralmente.
Quando
siamo appena dentro la strettoia mi dice di tenere il palmo della
mano sinistra all'altezza del fianco per incassare meglio i colpi
sferrati dai legumi delle piante che sono intercalate tra le felci
che qui sono ancora più alte.
Non
so di quali piante si tratti ma i loro frutti si muovono oltre che
per il vento, anche per il nostro passaggio.
I
miei movimenti non sono affatto fluidi, merito della disposizione
assunta da tutte le piante. In una fila si susseguono alternatamente
una felce e un albero ignoto ed è così per tutte
le file
successive.
Haruka
mi parla ancora e mi consiglia vivamente di mettere l'altra mano a
coprire il viso perché potrei venir colpita anche in questo
da caso
da frutti che possono raggiungere i trenta centimetri di lunghezza,
penzolanti da alberi alti un metro e mezzo o due.
Mi
viene quasi da pensare che non siamo le benvenute in questo posto.
Il
sibilo del vento mi distrae facendo volteggiare i variamente lunghi
frutti della numerosa famiglia di alberi di Cassia Fistula che qui
hanno messo radici.
L'aria
è ricca del loro profumo molto somigliante a quello della
prugna. Io
lo trovo troppo dolce ma se venisse aromatizzato con un'essenza al
sarebbe
perfetto come bagnoschiuma o shampoo.
La
distrazione propria della mia ultima elucubrazione mi è
costata lo
scontro frontale con un legame piuttosto combattivo e molesto,
aggiungerei.
Per
fortuna sono abbastanza caparbia da continuare in questo viaggio,
seppur incespicando.
Non
così in lontananza intravedo l'ultimo ostacolo da superare
per
giungere nella tanto bramata meta.
Il
dolore inizia a farsi sentire ma non mi importa perché ne
sarà
sicuramente valsa la pena.
Eppoi
Makoto avrà un motivo in più per sfottermi
stasera a cena...
"Ci
siamo quasi Michiru. Dobbiamo superare l'ultima fila e ci ritroveremo
davanti a dei massi che assomigliano ai troll di Frozen, solo un po'
più possenti.
Dopo
di ciò entreremo appieno nella tanto decantata foresta
rossa. Non
vedo l'ora!"
"Anch'io.
Sono così eccitata!"
"Ah,
finalmente siamo uscite da quell'inferno di fistula!!"
"Inferno
di cosa?"
"Gli
alberi. Cassia Fistula."
"Aaaah.
Ma sei stata colpita?"
"Sì,
fermiamoci un attimo che mi metto un po' di ghiaccio sulla faccia...
Puoi
sederti su uno di quei sassi intanto."
"Ok,
ne approfitto per bere un po' d'acqua.
Ti
fa male?"
"Bruciacchia
un po' ma è sopportabile. E poi è colpa mia, mi
sono distratta."
"Tontolona!"
"Te
lo concedo.
Prima
di andare avanti devo controllare una cosa."
"Di
che si tratta?"
"Vieni
con me."
"Arrivo."
"Vedi
quella lente tonda legata a quell'albero dal fusto fine?"
"Sì,
quella che sembra rossa."
"Esatto,
ora è spenta e in poche parole significa che possiamo andare
dall'altra parte senza incontrare gli animali che transitano di tanto
in tanto nella foresta."
"Scherzi?
Come funziona?"
"In
pratica i raggi che toccano il pelo degli animali vengono riflessi da
altre lenti che si trovano in basso sulle radici degli alberi e
vengono poi mandati verso la lente rossa."
"Wow,
è affascinante! Che tipo di animali si spingono fino a qui?"
"Lupi,
cervi, volpi e qualche orso, anche se questi ultimi sono più
rari."
"Come
ma giungono proprio qui?"
"Perché
sono ghiotti dei frutti di alcuni degli alberi che crescono
lì.
Ora
sbrighiamoci, altrimenti si farà tardi e non riuscirai a
dipingere
il paesaggio."
Annuisco
e riprendo in spalla lo zaino contenente colori e pennelli mentre
Haruka si preoccupa di portare tele e treppiede.
Do
un'ultima occhiata ai massi su ciascuno dei quali è posata
una
singola felce. Sono cinque e la prima e l'ultima alle
estremità
somigliano quasi a due guardie impettite che difendono con le loro
foglie diritte le tre che si trovano tra di loro; la seconda ha
un'aria saggia quanto severa, con le sue fronde dal portamento
regale, come quella propria di un re, la quarta invece appare
più
gentile e bonaria nella compostezza delle sue branche, così
come
sono le regine. L'ultima, quella in mezzo, date le sue cime
spettinate potrebbe essere il discolo principino loro erede.
Che
atmosfera fantastica che traspare da questo luogo. Non è
stato
facile arrivare fino a qui ma so che non mi pentirò di
averlo fatto
nonostante le difficoltà intrinseche del viaggio che ci ha
portate
tra questo rigoglio di colori.
"Saluta
la famiglia reale."
"È
un onore, Reali."
S'inchina
come le ho scherzosamente consigliato e io ne resto incantata.
Per
quanto detesti il fatto che i genitori l'abbiano tenuta in una gabbia
metaforica ma palpabile Michiru ha comunque ricevuto l'educazione
degna di una principessa e quando ella la sfoggia non possiamo che
rimanere ammutoliti innanzi alla sua sorprendente grazia.
Distolgo
il mie pensiero dalle sue azioni ammirandola e non appena supera i
massi la sento urlare dall'entusiasmo per la vista che le si
prospetta davanti.
Torno
in me e la gioia che mi si reca addosso mi fa sentire fiera e
felicissima di averla portata qui.
Varco
dopo di lei il fiabesco ingresso e il sorriso si accende sul mio
volto, illuminandosi di purpureo. È con grande piacere che
vi do il
benvenuto nella famigerata foresta rossa.
"Oh
mio Dio! È fantastico!!
È
addirittura meglio di quanto mi aspettassi!
Amore..."
"Benvenuta
piccola, oggi è tutta per te!"
"Mi
piazzi il treppiede? Voglio cominciare subito a disegnare."
"Certo
che sì principessa. Ecco."
Il
colore che permea ogni alto e liscio tronco, quello delle foglie
ancora attaccate ai rami e di quelle che invece li hanno già
abbandonati per raggiungere la terra dalla fine pezzatura, che
però
assume un aspetto grossolano man mano che si incontra con altra
terra, contribuisce a dar fascino ad un paesaggio che risulta quasi
surreale.
La
sfumatura predominante è una forte e accesa ramatura che
assieme ai
gialli e agli arancioni delle altre foglie dona l'impressione di
essere cinti da un calore che è in grado di cancellare ogni
minimo
sentore di fatica, stress o malinconia.
Estasi
è l'unica parola che può descrivere la legge che
qui vige sovrana.
Estasi
al guardare ogni singolo filo o ciuffetto d'erba che sprigiona il suo
verde che brilla invece di venir coperto dal primeggiante rosso.
Le
chiome degli alberi non possono essere scorte dalla mia posizione,
posso solo presumerle ricche e garbate. Lo sguardo dovrebbe stentare
per osservarle lassù molto in alto.
Le
mie iridi tornano sulla tela e ritraggo i cespugli carichi di bacche
tondeggianti more e nere; le loro foglie sono scure, i rami chiari e
dritti si anastomizzano tra loro.
I
sassi grigi bagnati dai raggi del sole di mezzodì sono
rugosi,
morbidi dove compare qualche striatura di scuro muschio. Se potessi
dipingerei perfino il profumo che dimora questo luogo, una fragranza
che sa di fresco, di terra buona e pulita e di montagna. Il profumo
dell'acqua frusciante che sgorga dalla sua intima sorgente.
I
fiori assomiglianti a rose, duri nell'aspetto delle loro spine ma
generosi nelle loro tonalità qui tenui e là
decise, nella
sensazione di vitalità che danno al nostro olfatto che si
arrende a
cotanta meraviglia.
Ora
lo so. Tornerò ancora qui, diventerò figlia di
questa landa
lussureggiante e seguace di questa magica follia.
Ti
appartengo, adesso, mamma foresta rossa.
Alterno
il guardo tra i fusti lisci e bruni, quasi rossastri, a Michiru che
con gli acquerelli comincia a dare colore al dipinto.
Starei
a guardarla per ore mentre libera la sua arte e la lascia correre
senza limiti nell'ambiente da lei prescelto con sapienza.
Illumina
la penombra, rallegra la monotonia e solleva l'intelletto
affrancandolo da una a volte pesante logica.
Lei
non crea solo arte, ma vi si trasforma con tutta se stessa.
È anche
per questo che la amo così tanto.
Torno
a me, a quel pezzo di carta sgualcito e finissimo che ha ancora
impressa su di sé la sua anziana liscezza e soprattutto,
l'odore del
nonno.
Quel
frammisto di more lamponi e menta che poneva con accuratezza nella
sua pipa preferita. Me la ricordo ancora bene quella ciminiera in
miniatura... aveva intarsi pregiati raffiguranti una giraffa, un
leone e un'acacia tutti fatti d'argento posati su di uno sfondo nero.
La accendeva e vi soffiava dentro e gli aromi del bosco uscivano a
giocare nella soffitta: << Gli effluvi del bosco vogliono
sempre giocare a nascondino con te >> diceva
<< e se li
trovi tu per prima resteranno con te tutto il pomeriggio. Ti
insegneranno tante cose buone nipotina mia. >>
Quanta
magia mi faceva assaporare!
Dopo
questo salto nel passato mi decido ad aprire il foglio rivelando la
mappa celata al suo interno, quella che utilizzò nello
stendere il
racconto dedicato a questa selva. La accarezzo con le dita leggendola
tra me e me: il punto di inizio è l'albero al quale sono
appoggiata;
le altre quattro tappe toccano in sequenza un gruppo di ciuffi
d'erba, dei cespugli, dei sassi e dei massi che hanno la forma di
uova di pasqua giganti senza incarto indicati sulla mappa con
l'ideogramma della parola luce.
Ah
nonno, se potessi darmi solo un ultimo piccolo indizio...
"Ruka,
ma cosa è quella cosa che luccica addossata a quei massi?"
"Come
dici amore? Scusa non ti ho sentita."
"Stavo
colorando quei massi laggiù quando ho notato qualcosa che
brilla
attaccato ad essi. Mentre ne tracciavo i contorni non me ne ero
accorta.
Da
qui sembra quasi una fibbia."
"Una
fibbia?
Anche
nel racconto di cui ti ho parlato compariva una fibbia...
Se
non sbaglio era il quadro della serratura di un forziere."
"Credi
che tuo nonno abbia voluto lasciarti qualcosa? Insomma, potrebbe
essere uno dei suoi soliti indovinelli."
"È
possibile, e se non fosse stato per te non lo avrei mai scoperto.
Grazie Michiru."
"Di
niente amore. Su, andiamo a vedere."
"Sì!
Prendi l'acqua. Voglio vedere se la fibbia è solo appoggiata
o se è
la pietra stessa a fungere da forziere."
"Aspetta
un attimo però... Se vedi la luce che si riflette sugli
intarsi si
proietta sul tuo ginocchio. Secondo te è un caso o potrebbe
essere
quello il punto in cui si trova il tesoro?"
"Hai
ragione... Non lo avevo notato. Vado a prendere la paletta, tu
intanto segna il punto."
"Ok."
Raggiungo
gli zaini abbandonati accanto al treppiede e dal fianco del mio tolgo
fuori una piccola zappa che mi permetterà di scavare il
terreno
molle senza scompaginarlo eccessivamente.
In
testa mi indugia un solo pensiero: troverò davvero qualcosa
del
nonno o come ha prima detto Michiru è solo coreografia?
Devo
scoprirlo al più presto.
"Ora
comincio a scavare."
"Ok,
avvertimi se senti qualcosa."
"Sì,
il terreno è duro in questo punto."
"Spala
via un po' di terra. Potremmo vedere meglio se c'è qualcosa."
"Buona
idea, dammi una mano anche tu così facciamo più
in fretta."
La
consistenza della terra si tramuta in quella di una superficie piatta
e liscia dal colore avorio. Insieme cerchiamo di tirar fuori il
proprietario di tale pregiata tonalità.
Chiunque
lo abbia sotterrato qui sapeva il fatto suo.
Leviamo
via un po' terriccio dai lati del misterioso scrigno e quando
finalmente Haruka riesce ad afferrarlo e tirarlo su esso si rivela
essere un piccolo cofanetto di legno di eucalipto dal rustico
aspetto.
"Non...
credo ai miei occh..."
"Amore,
cosa c'è?"
"..."
"Ruka
parla, non farmi preoccupare."
"È...
del nonno..."
"Dici
davvero?"
"Sì...
è uno dei cofanetti in cui conservava le pipe che smetteva
di
usare."
Il
suo sguardo agitato dà spazio ad un'espressione di gioia
pari a
quella che vestivano i suoi occhi quando siamo arrivate qui.
È
fantastico vederla così raggiante!
"Amore
ma è stupendo! Non immagini quanto sono felice per te!"
"È
come se fossi tornata bambina e fosse Natale, con la differenza che
stavolta ne sono felice!"
"Sei
adorabile. Su avanti apri! Sono curiosa di vedere che c'è
dentro."
"Subito!"
Sollevo
il coperchio mettendo il dito su una piccola fossetta al centro del
portapipe riuscendo ad aprirlo con un po' di fatica. Elimino quei
pochi granuli marroni rimasti sull'oggetto evitando di sporcarne il
contenuto e mi metto seduta per scoprire di che si tratta senza
rischiare di ribaltarmi per la sorpresa.
Al
suo interno trovo un sacchetto contenente qualcosa, un piccolo foglio
di carta e sul fondo un quaderno davvero molto piccolo. Prendo il
foglietto e allontano le sue estremità scoprendo il
messaggio
racchiuso fra le sue ali.
<<
Al mio albero nel vento >> recita.
Sapete
cosa più mi piace del nonno? La sua incredibile
serenità.
Nonostante tutto riusciva a sorridere sempre; lui stava bene dentro e
fuori. Lo invidio molto per questo.
"Che
c'è scritto?"
"Al
mio albero nel vento."
"Ha
un significato particolare?"
"Sì,
è dedicata in me. Il nonno mi diceva sempre che ero come un
albero
che non si piegava mai, neanche quando il vento era in subbuglio. Mi
aveva chiesto di continuare ad esserlo anche dopo che lui se ne
sarebbe andato. Non voleva che io rinunciassi alla vita e non l'ho
fatto. Mi ha insegnato a vivere a discapito del dolore."
"È
un pensiero molto bello. Più che bello, direi."
"È
tipico di lui. Era un grand'uomo."
"Come
ti senti?"
"La
verità? Alla grande!
Certo,
mi manca tantissimo ma ,come ho detto prima, lui mi ha insegnato ad
andare avanti in ogni caso. Gli devo tutto."
"Lo
capisco Ruka. Gli devo molto anche io."
Il
modo in cui mi sorride manda KO la mia anima che sussulta silenziosa
dentro di me.
La
morte di suo nonno è stato l'evento forse più
traumatico della sua
vita ma resiste ancora trovando la forza per non lasciarsi andare e
io sono molto fiera di lei.
I
nostri sguardi si incatenano l'uno all'altro così come i
nostri risi
a fior di labbra.
Le
nostre mani fanno altrettanto intrecciandosi fra loro. Rompo il
contatto per portarlo sulla sua guancia e cogliendola di sorpresa la
bacio; a muovermi il desiderio di premiarla per la sua piccola ma
grande vittoria, perché si merita tutta l'euforia,
l'entusiasmo e la
letizia di questo giorno di festa.
Partecipa
un po' in ritardo unendosi a me con le stesse passione e contentezza
e insieme ci prepariamo per svelare le ultime due parti del mistero
che ha contribuito a rendere questa esperienza ancora più
intrigante.
"Allora,
che altro c'è dentro?"
"Sei
proprio una curiosona eh..."
"Canzona
di meno e sbircia di più!"
"Ma
sentila... Ti accontento solo perché interessa anche a me."
"Antipatica!"
"Ora
apro il sacchetto, sempre se riesco a sciogliere il nodo dei
laccetti."
"Tuo
nonno aveva cura nel conservare le cose a cui teneva."
"Già,
a volte sembrava quasi maniacale ma il talento con cui lo faceva era
in grado di farti desistere da ogni tua ipotesi a favore di
ciò.
Credo
di esserci riuscita."
"Allora?
Di che si tratta?"
"Non
ho bisogno di molti indizi per rispondere alla tua domanda. Mi basta
poco, solo toccarla. È una delle sue pipe."
"Quale?
Ne collezionava tantissime e te le ha praticamente lasciate tutte."
"Mi
è famigliare ma non ne ho nessuna con questa forma. Tolgo il
nastro
in cui è avvolta così la controllo meglio."
Alzo
il lembo dell'incarto e lo srotolo tenendo attenti gli occhi per ben
riconoscere l'oggetto che ho in mano e non appena il primo giro
è
mollato a terra mi viene un colpo. A impressionarmi è uno
degli
intarsi che è riportato al centro del collo della pipa dove
spunta
un'acacia d'argento su sfondo nero; la giro sulla destra dove
incrocio una giraffa con le medesime caratteristiche dell'albero e
con timore vado ad osservare il lato sinistro sulla posizione
opposta: lì v'è invece un leone.
Sono
interdetta da ciò che si para davanti alla mia vista quando
ho
eliminato del tutto l'involucro. Non so se in questo preciso momento
sto avendo le allucinazioni o se i miei stessi occhi mi stanno
giocando un brutto scherzo...
È
davvero la pipa preferita dal nonno o sto sognando? Credetemi, io non
lo so.
"Tesoro,
tutto bene? Cos'è quella faccia allibita?"
"È
la pipa preferita del nonno. Anche questa fu sepolta con lui... Non
capisco cosa ci faccia qui."
"Magari
ne aveva due uguali e una l'ha comprata apposta per te. Non voleva
farti mancare niente di tutto ciò che apprezzava
particolarmente."
"Se
è così, credo di sapere cosa è
racchiuso nel quadernino. Spero
vivamente di non starmi illudendo da sola. Sarebbe un brutto colpo."
"Posso
darci un'occhiata io se ti fa stare più tranquilla."
"Forse
non è una cattiva idea."
"Lascia
fare a me allora."
Accolgo
il quadernino fra le mie dita. La copertina è di un verde
acqua un
po' scolorito, segnata dai molti rimaneggiamenti subiti; non reca un
titolo su di sé com'è per tutti gli altri
quaderni contenenti i
suoi scritti.
La
sollevo e sull'altra faccia della coperta leggo l'introduzione del
racconto. Non capisco ancora cosa turbi Haruka tanto da non riuscire
a reggere il quadernetto, a onta delle sue modestissime dimensioni.
Continuo
a scorrere le pagine e una figura mi svela il mistero: una felce.
Haruka
la vede e ingoia tutta la sua incredulità in una sola volta.
Non
posso certo negare di essere sorpresa quanto lei, dato che si tratta
della storia che suo nonno aveva portato assieme a lui nel suo ultimo
eterno viaggio.
"È
proprio lei..."
"Sì,
è la storia... di questo posto."
"È
lei... È... Lei!
Oh
mamma, potrei sentirmi male..."
"Amore,
calma. Non dire così. Respira.
Respira
avanti!"
"Sto
bene, è tutto ok. Dicevo di potermi sentir male di gioia.
È
qui, qui con me. La storia che ho più desiderato di avere
con me è
con me.
Il
nonno non mi ha mai deluso in tutta la sua vita, nemmeno quando io
ero sull'orlo di pensare che potesse succedere.
Nonno,
se mi senti: grazie, ti amo!"
Un
affanno che non le appartiene la prende donandole sfaccettature che
non riconosco in lei e che mi fanno temere il peggio fino a quando
non scoppia in una risata di soddisfazione e lacrime.
Si
rivolge verso di me e mi salta quasi addosso circondandomi in un
abbraccio di pura realizzazione.
Una
cosa è certa: adesso sono io a dovermi riprendere da un
mezzo
infarto...
"Michiru,
Michiru, Michiru!!!
Ora
posseggo le cose che il nonno riteneva più importanti per la
sua
serenità!
È
magnifico! Assolutamente... Non so nemmeno come definirlo!"
"Mi
hai terrorizzata per almeno dieci secondi! Se non fossi felicissima
per te ti strozzerei senza tanti complimenti!"
"Scusami
amore, ma uno dei miei più grandi sogni è
divenuto realtà."
"Lo
so amore mio. Per questa volta sorvolo, ma se succede di nuovo le
prendi sul serio."
"Ok."
Dopo
mezz'ora buona di abbraccio distese sul rossiccio caldo della terra
provo a rincorrere delle bianchissime nuvole con la punta del naso
all'insù, sperando quasi che la fonte di questo mio infinito
gaudio
sia lì tra di esse.
Ridendo
dentro lo cerco e lo trovo e gli lancio un messaggio che nella sua
sensibilità fa tremare di allegria ogni singola foglia e
fronda in
cui si imbatte.
Grazie
di tutto nonno, la tua bambina ora può veramente sentirsi
dire
realizzata!
"Ti
brontola lo stomaco..."
"Ah
ah, in effetti ho una certa fame. In fondo è già
ora di mangiare.
Sarà
meglio pranzare così non facciamo troppo tardi per stasera.
Ho
proprio bisogno di riposarmi prima della cena con le ragazze."
"Sì,
è stata una mattinata ricolma di emozioni. Anche io sono
esausta..."
"Su,
mettiti seduta che imbandisco la tovaglia."
"Agli
ordini signor maggiordomo!"
"Maggiordomo?"
"Non
era esattamente quello che volevo dire..."
"Mi
basta sapere questo. Ricomponiamoci e pranziamo."
"Sì,
è mooolto meglio..."
***
"Haruka,
posso chiederti una cosa?"
"Certo
Mina, chiedi pure."
"Che
hai fatto al viso? Hai un livido immenso..."
"Ah,
io so quel che le è successo!"
"Lei
lo sa."
"Illuminaci
allora!"
"Le
ha prese da una Cassia Fistula particolarmente affettuosa."
"Da
cosa le ha prese??"
"Da
un albero di Cassia Fistula, quello con le foglie verdi chiare, i
fiori a grappolo e gialle e quei legumi che scambi sempre per
vaniglia quando ti mando in drogheria."
"Oh,
ora ho capito! Wops..."
"Sei
sexy quando arrossisci così."
"Dici
davvero?"
"Ah
ah."
"Ragazze,
un po' di contegno.
Liberate
i vostri istinti amorosi quando tornerete nella comodità
della
vostra camera da letto..."
"Oddio,
scusaci Michiru..."
"Faremo
le brave, promesso!"
"Bene,
allora godiamoci il dessert."
"Evviva!!!"
"Sei
sempre la solita amore."
"Llmmh!"
|
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Capitolo 5 *** Capitolo cinque: Distanze ***
Capitolo cinque: Distanze
Salve
ragazzi, prima di tutto vi chiedo scusa per aver saltato la
pubblicazione di ottobre. Con il reinizio delle lezioni la mia
scrittura ha subito una battuta d'arresto, quindi la stesura
è
andata a rilento e con non poche difficoltà.
Spero
che il capitolo possa piacervi comunque perché ho cercato di
fare
del mio meglio per farvi leggere qualcosa di decente.
Non
voglio annoiarvi oltre per cui passo direttamente al ringraziarvi
tutti per il meraviglioso sostegno che mi date. Siete fondamentali
per me ragazzi.
Grazie
veramente di cuore!
Buona
lettura,
vostra
Miss Writer
Perfectly
Mine
Capitolo
cinque: Distanze
Dopo
parecchie giornate di pioggia riesco finalmente a godermi qualche
desiderato sprazzo di sole mentre sono sdraiata sulla splendida amaca
gentilmente piazzata da Rei. La ragazza si è rivelata piena
di
risorse! Spero solo che Haruka non si offenda dato che voleva farlo
lei...
Scaccio
via il pensiero della mia cucciola col broncio e alzo il volume delle
stereo ascoltando una delle sue ultime composizioni che, assieme al
bentrovato ciangottio degli uccelli, mi offre la colonna sonora
ideale per una perfetta ora di ozio assoluto.
Potrei
addirittura permettermi il lusso di appisolarmi, augurandomi
ovviamente che quelle nuvole striate lassù in alto non si
accoppino
finendo col scaricare giù un nuovo finimondo. Stamattina ho
già
fatto una bella doccia ristoratrice. Sono a posto così!
“Mmh,
che bella giornata!”
***
Il
turno finirà tra una decina di minuti e, fuochi d'artificio,
potrò
tornare a casa dalla mia bellissima fidanzata.
Dopo
una settimana di lontananza ho davvero bisogno di stringerla tra le
braccia.
“Haruka,
eccomi. Sono pronto a darti il cambio giraffa.”
“Ero
sul punto di dirti che sono felice di rivederti ma mi hai fatto
pentire.”
“Ops...
scusami sorella!”
“Come
non detto... Io me ne vado.
Addio
porcospino!”
“Toh,
non le piace la mia nuova acconciatura!
Ti
voglio bene!!”
“Bravo.
A volte dimentico quanto sei scemo.”
Poco
importa, tanto me ne sto andando dalla mia donna. Ah, quanto mi
manca!
Arrivo
alla macchina in un quarto d'ora, salgo a bordo e mettendo in moto
spengo lo stereo perché niente mi deve distrarre dal mio
viaggio
verso casa.
L'auto
scivola elegante per i bianchi sentieri della riserva e dopo una
relativamente breve corsa il mulino mi saluta ridente. Spengo il
motore e scendo e mi inebrio della bellezza di Michiru che con il
viso rilassato dal sonno, il décolleté in mostra
e il suo corpo da
dea mi strega.
Non
v'è visione più bella dopo ore, ore e ore di
lavoro.
Il
profumo della selva viene a stuzzicare le mie narici e so per certo
che non proviene da curiosi abeti che hanno deciso di allontanarsi
con tanto di chiome e radici dalla loro casa per andare alla scoperta
di nuovi posti.
“Vieni
a salutarmi come si deve o preferisci restare lì imbambolata
con le
mani in mano?”
“Sei
così bella che non avevo il coraggio di
svegliarti.”
Sento
i suoi passi avvicinarsi, la sua figura si china posandomi un bacio
sulle guance
e
aprendo lentamente gli occhi le sorrido; le accarezzo gli angoli
della bocca con la sinistra, la destra è abbandonata a
sé sul mio
ventre mentre sua sorella si concentra sul mento di lei andando poi
sugli zigomi. Lascia questi ultimi solo per seguire la linea della
mascella ed avviarsi a trovare i capelli leggermente rasati ai lati e
sulla nuca e foltissimi e spettinati a coronarle il capo.
L'unico
pensiero ad abitare la mente è:
“Mi
sei mancata.”
“Anche
tu piccola. Tanto!”
“Baciami.”
Dopo
la sua irrefutabile pretesa è come se ascoltassi nell'aria
una
melancolica melodia suonata al piano, un accozzaglia di note annoiate
e in cerca di nuovi stimoli o di nuove esaltanti avventure.
Le
nostre labbra si sfiorano appena e quelle note imprimono un ritmo
diverso al brano diventando d'un tratto, anche se per piccoli
intervalli, più accese e soddisfatte della loro esistenza.
Gli
intermezzi creati dal loro accoppiarsi si fanno più duraturi
e
frequenti man mano che l'effusione va intensificandosi. La distanza
tra i nostri corpi si annulla senza nemmeno aver il tempo di
protestare e al piano si uniscono scroscianti percussioni che
conducono ad una sola strada:
“Andiamo
in camera. Voglio fare l'amore.”
Mi
aggrappo a lei con le gambe e con le braccia accantonando
l'instabilità dell'amaca per affidarmi completamente alla
presa di
Haruka.
Gli
scalini vengono mestamente evitati dai suoi piedi che viaggiano
invece sulla pedana che ha preso da poco il posto di metà
lunghezza
dei primi.
La
porta si apre leggiadra e senza scricchiolii e il corridoio ci
accoglie silenzioso portandoci dritte o quasi alle scale.
Tenta
una prova di coraggio e forza spingendosi al piano di sopra
nonostante le stia divorando il collo e abbia su di sé il
mio peso.
Tutto va a buon fine però, e non rimane tempo per
preoccuparsi.
Prima
che me lo aspetti la mia schiena è adagiata sulla morbidezza
del
materasso e denudata immediatamente viene denudata di camicia e
canotta.
Un
morso sul collo mi manda in visibilio seguito da tanti baci che
giungono ai miei seni liberati dal top che li preservava. Tali
sprazzi di intellettualità vengono spazzati via dalla
pazienza
pressoché saccente della sua lingua e della sua bocca tutta
che si
ciba di ciò che offre il mio petto.
Essa
si scende sul mio addome esercitando un'esigua pressione e infuocando
pelle e sottopelle con il suo fervore.
Via
i pantaloni e quel poco che restava e benvenuta alla crescente voglia
della sua bocca sulla mia femminilità.
Il
mio desiderio è presto detto esaudito dalla sua generosa
attenzione
capace di mandarmi al tappeto in un batter di ciglio.
Il
testimone passa a me perché oramai Michiru non è
più in grado di
continuare a pensare persa com'è tra gemiti e sussurri di
piacere.
Al contrario la mia mente è ben lucida e comanda alle mie
mani di
muoversi nelle sue cosce facendoli salire verso i sui fianchi.
Il
suo sapore e il suo odore sono gli unici a poter tentare di
fronteggiare e superare i muri della mia coscienza e sono anche gli
unici a cui non è consentito fallire.
Il
mio spirito si mantiene lento nel compiere le movenze. Non voglio che
mi rimproveri per la troppa celerità; preferirei anzi che si
lamentasse della travolgente intensità dei miei gesti.
Non
credo che ciò possa accadere, ma mai dire mai.
Il
mio nome pronunciato in un soffio mia arriva come un montante destro
ben assestato. Vacillo per un effimero istante e sfogo tutta la mia
bramosia sulla cima del suo piacere portandola vicina all'impazzire.
La
fatica è prossima all'impadronirsi di me quando una supplica
indeclinabile encomia i miei orecchi.
“Haruka,
prendimi.”
La
sua saturazione per il mio divorarla ha raggiunto il livello perfetto
affinché io passi alla mossa successiva ed ecco che due
delle mie
dita rapiscono la sua intimità con spinte profonde e intense.
Ogni
mia azione è perfettamente cadenzata ad un suo singolo
sospiro e
l'apice perviene a sbarazzarsi delle restrizioni delle sue membra
facendole collassare nella pienezza di un orgasmo alquanto pericoloso
per le nostre povere lenzuola.
***
“Mmh,
cos'è questo profumino?”
“Ben
alzata principessa.
Andando
per il bosco ho fatto una bella scorpacciata di frutti di bosco e
pensavo di farci una bella crostata, del gelato e dello
yogurt.”
“Caspita,
la tua vena culinaria è parecchio in forma!”
“Colpa
della fame. Avrò mangiato un chilo di fragoline di
bosco.”
“Ma
quante ne hai raccolto?”
“Abbastanza
da regalarne una cassa a tutti gli amici.”
“Allora,
cosa mi prepari per pranzo?”
“Non
te lo dico. Lo scoprirai da te.”
***
“È
addirittura più buono di quello del ristorante! È
il polpo alla
luciana più buono che abbia mai mangiato.”
“Oh,
ti ringrazio.”
“Il
polpo è così fragrante, così saporito.
Il pomodoro è spettacolare
e non copre minimamente il mollusco, anzi lo esalta. Divino!”
“Ancora
grazie... così mi fai arrossire...”
“È
vero!! sei più rossa della passata!”
“Ehm...”
***
Ripenso
alla scena di qualche ora fa e trattengo una risata quando passa
davanti ai miei occhi il viso di Haruka tinto di rosso. Era
così
adorabile!
La
guarda ora e la sua espressione è nettamente diversa:
esausta e
soddisfatta, o perlomeno io la vedo così.
La
vista si sposta verso le mie dita e mi compiaccio con loro per
esserci impegnate nel recare piacere in tutto quell'attraente corpo
che ora giace addormentato tra le lenzuola disordinate.
Rivedo
ogni cosa nella mia mente, sentivo la pelle rovente del suo collo, il
sapore che si è attaccato sulle mie labbra che sono poi
andate dalle
parte opposta scendendo nell'incavo dei seni sia carezzandoli con le
mani che con piccoli e impalpabile morsi.
Giocare
a fare il predatore è molto divertente, a suo tempo.
Afferro
un lembo del copriletto leggero per coprirmi dal freddo che ha
cominciato a scalare la mia schiena e incrociando le gambe proseguo
nel mio ammirarla con in sottofondo il rumore della pioggia battente
che ha ripreso a cadere dopo quella che sembrava dover essere una
lunga tregua e che tocca il suolo con un suono triste e sconsolato.
Che
l'acqua voglia confessarmi qualche segreto scomodo?
Il
cadere e lo scivolare della pioggia contro il vetro entra nei miei
pensieri come intenzionato a prendere il sopravvento sul resto ma
viene subito scalciato in un angolo dall'orgasmo che ha conquistato
ogni tappa del mio corpo e che intende mantenere la sua privilegiata
posizione ancora per un po', prima di scemare e di andare
chissà
dove nella mia memoria.
Il
velo che mi copre si è fatto quasi inesistente, come se il
suo
compito di mantenere il calore fosse diventato per esso troppo
oneroso.
Mi
ricredo quanto sento la stoffa che torna a sfiorarmi e dopo di essa
il peso di Michiru si concentra accanto a me, con il suo capo che
prende posto sulla mia spalla e il suo braccio destro che si lega al
mio mentre l'altro va a coricarsi poco sopra il mio cuore.
Nonostante
fuori infuri il tamburellare dell'acqua sulle gocce sue sorelle sono
circondata da una piacevole sensazione di rilassatezza che
però
nasconde in sé qualcosa della fazione opposta: è
il vento che mi
consiglia con le sue raffiche serpeggianti di non adagiarmi troppo
sugli allori. Tutto può sempre cambiare e infatti i miei
sensi si
riattivano appena in tempo per sentire un bussare disperato alla
nostra porta. Presagio di sventura?
“Cos'è
questo rumore?”
“Qualcuno
sta bussando alla porta. Sembra Minako.”
“Minako?!
Vado subito a vedere!”
“Mi
rivesto e vengo anche io. Tu corri!”
Esco
dalla stanza e in maniera tempestiva imbocco la tromba delle scale
precipitandomi verso la porta d'ingresso, aprendola con poca
delicatezza. Inorridisco davanti ad una Minako che è il
ritratto di
una disperazione convulsiva che si manifesta tra lacrime e
singhiozzi.
Si
getta fra le mie braccia blaterando cose al limite del comprensibile,
bagnandomi con i suoi capelli zuppi di pioggia e i suoi altrettanto
fradici vestiti nel tentativo di spiegarmi cosa le sta succedendo.
Grido
ad Haruka di portarmi degli indumenti asciutti e quando me li cede
corre in soggiorno ad accendere il fuoco in modo da far scaldare
quella povera anima in pena che continua a chiederci aiuto senza
riuscire pienamente nel suo intento.
“Mina,
se parli così non ti capiremo mai. Cerca di prendere fiato e
rilassarti un attimo. Su vieni, ti accompagno in bagno così
ti
spogli di questi abiti e ti fai una bella doccia calda.”
“Aspetta,
bevi prima questo. Un bicchierone di acqua e miele ti farà
bene.”
Le
porgo la bevanda tenendola finché la sua presa non si fa
decisa,
anche se le sono servite entrambe le mani.
Fa
un respiro lungo e profondo prima di iniziare a sorseggiare e
l'operazione fa rilassare i lineamenti del suo volto, i movimenti del
suo petto e quelli del resto del corpo.
Non
ho mai visto Minako in queste condizioni ma so per certo che
l'episodio scatenante è direttamente o inversamente
collegato a Rei.
Sulla
mia gola un papillon invisibile e sadico stringe un nodo morto che
attizza una scintilla di terrore nel mio battito cardiaco
rinvigorendo l'angoscia che poco fa varcava l'uscio della mia mente.
“Fai
un altro bel respiro e andiamo su. Non puoi restare bagnata nemmeno
un attimo di più!”
***
“Allora,
raccontaci piano cosa è successo.”
“Io
e Rei eravamo nel bosco delle grotte.
Volevamo
passare una serata romantica e ci eravamo organizzate per passare
lì
due notti e tre giorni. Avevamo preparato un paio di sacchi a pelo,
scorte di cibo e acqua, del buon vino e tante altre cose.
La
prima notte, ieri, è stata fantastica. C'era il fuoco, ci
siamo
coccolate come non facevamo da tanto. Tutto era perfetto.
Stamattina
quando mi sono svegliata il fuoco era spento e Rei non c'era.
L'ho
chiamata e richiamata ma non rispondeva. L'ho cercata ovunque nella
grotta ma c'ero solo io così ho provato a cercarla fuori,
pensando
che fosse uscita per prendere della legna.
Continuavo
a gridare il suo nome senza ottenere risposta e mi sono diretta al
capanno sul dirupo dove avevamo lasciato la legna e lì in
mezzo
c'era qualcosa che brillava. Avvicinandomi ho capito che era il suo
anello... Non se ne separa mai neanche quando ha paura di
rovinarlo.”
Un
nuovo singhiozzo spezza il suo racconto e capiamo che Rei è
veramente nei guai.
Cerco
di mantenere un'apparenza di calma per non debilitare ancora di
più
la nostra Minako ma non è affatto facile sapendo che la vita
del suo
grande amore è in serio pericolo.
Signore,
ti prego, fa che Rei sia viva.
“E
poi cosa è accaduto Minako?”
“Mi
sono sporta un po' tenendomi alla palizzata e ho visto un lembo del
giaccone di Rei su quegli spuntoni di roccia e ho capito che
è
caduta lì dentro... Non so nemmeno se possa essere ancora
viva!”
“Oh,
tesoro! Vieni qui...”
“Devo
andare subito a cercarla. Voi due rimanete qui, vi voglio al sicuro.
Non
appena l'avremo trovata manderò Luc a prendervi.”
Non
attendo un minimo cenno di dissenso e scappo via da quella
confessione troppo dolorosa che potrebbe minare tutta la mia
volontà.
La
pioggia cade ancora e ne sento tutta la furia addosso ma non mi
lascio scalfire perché tutto ciò che voglio
adesso è trovare Rei e
salvarla. Se ciò non dovesse accadere Minako sarà
liberissima di
eliminarmi dalla faccia della terra.
La
foga con cui Haruka è corsa via mi spaventa ma posso
comprendere
cosa le arde dentro e ciò giustifica anche il collerico tono
che ha
usato prima di sbattere la porta.
Non
era infuriata con me e tanto meno non lo è era con Minako.
Era
semplicemente incazzata con il fato che ha fatto succedere questa
nascente tragedia.
Il
pianto di quest'ultima riprende fragoroso a sconquassarla dal
profondo delle viscere e io non sono in grado di far altro che
stringerla forte e accarezzarle la schiena. Non credo di aver mai
pregato così tanto nella mia vita.
“So
che è un momento terribile tesoro, ma dobbiamo reagire. Rei
è in
buone mani; Haruka non si fermerà davanti a niente pur di
salvarla.
Dobbiamo
fidarci di lei e ancor di più di Rei. Lo sai anche tu quanto
è
forte.
Credi
che le piacerebbe se ti vedesse così? Si arrabbierebbe molto
con
te.”
“Voglio
andare da lei.”
“Haruka
ci ha detto di rimanere qui per un motivo ben preciso. Diluvia ancora
e rischiamo di farci male anche noi. Le saremmo solo
d'intralcio.”
“Hai
ragione...”
“Su,
smetti di piangere.
Perché
non provi a riposare un po'?
Hai
bisogno di recuperare le tue forze per quando andremo dalla tua
donna.
Ti
resterò accanto tutto il tempo, puoi stare
tranquilla.”
“Restiamo
sul divano?”
“Certo,
si sta così bene vicino al fuoco!
Rilassati
adesso.”
“Grazie
di tutto.”
“Figurati
splendore.”
Basta
poco al sonno per soverchiare le deboli resistenze della mente di
Minako che si addormenta dopo appena un quarto d'ora.
Doc,
di cui ci eravamo completamente dimenticati a causa del trambusto
sbuca dalla porta della cucina, dove sonnecchiava dall'ora di pranza,
e viene scodinzolando verso di noi. Sembra quasi intenerito alla
vista della biondina tutto pepe ora in condizioni disperate.
“Woff.”
- abbaia piano.
“Tranquillo
bello. Andrà tutto bene.”
***
L'acqua
scende fitta rendendoci difficile vedere in lontananza e il nostro
unico appiglio è il terreno fangoso e allagato.
Chissà
se Doc ci sarebbe stato d'aiuto in una situazione come questa...
Però
è meglio l'averlo lasciato assieme alle ragazze. Non oso
immaginare
come si sarebbero sentite se fossero rimaste del tutto sole.
Ora
devo pensare a Rei però, non posso distrarmi. Devo trovare
al più
presto una soluzione.
Vago
nella mia mente in cerca di un modo veloce per rintracciarla e
ciò
che trovo sembra troppo surreale per potersi mettere in atto...
Peccato che non sia nella posizione di scartare niente.
Non
ho altra scelta. Devo chiamare il signor Umareta e chiedergli di
mandarmi uno dei suoi lupi. Sono gli unici che possono trovare Rei
senza farci perdere ulteriore tempo.
“Hit,
chiama il signor Okami e richiedigli Basquiat a nome mio.”
“Il
signore dei lupi? Ma non è solo una leggenda?”
“No,
è davvero un trovatore. Mio nonno lo chiamò per
aiutarlo a
ritrovarmi quando una volta, da bambina, mi ero persa nel bosco. Mi
ha ritrovata dopo sole due ore. Ci sono due famiglie di rocce che
corrispondono alla descrizione di Minako: le Guglie del Re e le
Guglie della Regina. Non abbiamo il tempo per andare a tentoni.
Dobbiamo trovarle al primo colpo perciò sbrigati a
chiamare.”
***
“Buon
pomeriggio Haruka. È un piacere rivederti.”
“Mi
perdoni Okami, ma non posso perdermi in convenevoli.”
“Comprendo
cara. Basquiat è tutto tuo.”
“Ciao
bello, ho bisogno del tuo aiuto. Devi trovare la proprietaria di
questo anello.
È
in grave pericolo ed è necessario che la rintracci al
più presto.”
Con
lo sguardo mi comunica di aver capito, confermandomelo con un cenno
del muso e prima che possa alzarmi si allontana verso est. Inizio a
correre anche io abbandonando ogni limite in grado di attentare alla
riuscita del piano.
Mi
dimentico del fango, del diluvio, del mio cuore che sembra perdere
battiti ad ogni momento che passa. Mi impongo soltanto di correre il
più velocemente possibile.
In
breve imbocca una stradina bianca, quella che porta alle Guglie del
Re che sono le più aguzze.
Al
solo pensiero che Rei si trovi davvero lì la paura mi
rincorre con
ferocia come se fosse un leone gargoyle venuta do chissà
quale
inferno.
Un
moto di rabbia compete con il terrore e mi scuote facendomi ringhiare
contro la nebbia che investo squarciando le fronde di questi poveri
arbusti che si trovano sulla mia via, anche se probabilmente
sarò io
a ferirmi.
Accelero
dandomi una spinta in avanti, lasciandomi dietro Hideo che mi urla di
non riuscire a seguirmi ma non mi importa.
Basquiat
si ferma per consentirmi di raggiungerlo e insieme ci lanciamo verso
la scorciatoia che ci condurrà alle guglie. I loro spuntoni
cominciano ad intravvedersi fra le cime degli alberi e quando dopo
una decina di minuti vi arriviamo davanti l'ululato del mio compagno
di viaggio si scontra con la loro imponenza.
Mi
precipito sul fianco sinistro delle rocce perché
è scoperto per più
di tre quarti e la vista del giaccone di Rei impigliato tra gli
speroni più alti mi conferma la sua presenza.
“Rei,
mi senti?”
“Ha..ru...ka...”
“Sta
tranquilla, adesso ti tiriamo fuori di lì.
Hit,
chiama la squadra di recupero!”
“Subito.
Maynard,
qui Hideo. Abbiamo trovato la donna dispersa. Siamo davanti alle
guglie del Re, venite prima che potete, passo.”
“Qui
Maynard, saremo lì tra dieci minuti. Quali sono le
condizioni della
dispersa? Passo.”
“Haruka?”
“Rei,
sto entrando.”
“Fa
attenzione!”
“Rei,
eccomi qui. Senti dolore da qualche parte?”
“Credo
di avere la spalla sinistra rotta e mi fa male il fianco
destro..”
“Dannazione,
stai sanguinando. L'ambulanza sarà qui a breve,
resisti.”
“Minako?”
“Sta
bene. È stata lei a venire a cercarci.
Ora
è a casa con Michiru e non vede l'ora di riabbracciarti.
L'hai fatta
preoccupare sai?”
“Mi
ha salvata...”
“Sì,
è stata eroica.”
“Maynard,
la ragazza pare avere una spalla rotta e una ferita ad un fianco con
presenza di sanguinamento. Passo.”
“Siamo
quasi arrivati. Chiudo.”
“Eccola!
Tra
poco questa brutta avventura sarà finita tesoro. Rivedrai la
tua
Mina!”
“Passatemi
la barella.
Resista
signorina, la portiamo in ospedale e ci prenderemo cura di
lei.”
***
L'attesa
snervante ha già principiato nel minare la mia pazienza
accordandosi
persino alla mia angoscia assieme a cui si diverte a tirarmi brutti
scherzi. Riesco a non cedere solo grazie all'espressione di Minako
rilassatasi durante il sonno.
Il
suo capo è posato sulle mie gambe e le sue mani stritolano
di
riflesso la coperta pesante che ho preso per coprirci entrambe. La
sua tenerezza non ha eguali, spero che questa serenità, se
è
davvero esistente, le permetta di riprendersi dallo shock.
“Woff!”
“Doc,
che succede bello?”
Si
agita e si avvicina alla porta puntandola come se qualcosa di
allarmante stesse per spazzarla via ed ecco che quella quiete tanto
desiderata si rivela palesemente apparente. Pochi istanti dopo
intuisco anche io la ragione del suo comportamento quando un ululato
entra nel mio campo uditivo facendomi sussultare e svegliando di
conseguenza Minako
“Che
succede? Perché ti sei spaventata?”
Come
le spiego ciò che sta accadendo se nemmeno io so dare una
spiegazione?
“Aspetta,
ma quello era un ululato?”
“A
quanto pare sì...” è l'unica cosa
logica che riesco a dire.
Cautamente
vado verso la finestra coperta da spesse tendine e scorgo esattamente
ciò che pensavo: un lupo dal manto grigio sul dorso e bianco
su
zampe e ventre e una bandana rossa legata attorno al collo se ne sta
lì seduto ad una decina di metri dal giardino. Alle sue
spalle sbuca
poi un uomo con un bastone che si complimenta con l'animale per aver
trovato la casa e insieme si avviano poi verso l'uscio.
Cosa
vorrà mai quel signore dall'aria distinta accompagnato da un
vero
lupo?
Oggi
le domande per niente ovvie sembrano abbondare, spero proprio che non
stiano arrivando ulteriori guai.
“Chi
è quel signore?”
“Non
lo so, ma lo scopriremo presto.”
“Buongiorno
signore, posso aiutarla?”
“No,
ma potrei essere io ad aiutarla. È lei la signorina
Michiru?”
“Sì,
piacere di conoscerla.”
“Piacere
tutto mio. Mi manda Haruka; voleva comunicarle che la ragazza
è
stata ritrovata e che è sana e salva anche se un po'
acciaccata.”
“Un
momento, si riferisce alla mia Rei??”
“Lei
deve essere la signorina Minako... Sì, parlo della sua
fidanzata.
Si
trova in ospedale e a breve arriverà il signor Hideo ad
accompagnarvi da lei ed Haruka.”
“L'hanno
trovata! L'hanno ritrovata!!”
Tra
le nuove lacrime che rigano le sue gote leggo un velo di sollievo
anche se mischiato ancora a qualche residuo della recente afflizione.
La
abbraccio cercando di darle tutto il sostegno possibile e ne traggo
conforto io stessa sapendo che anche Haruka è tutta intera e
soprattutto che è riuscita a trovare Rei prima che fosse
troppo
tardi.
La
parola fine non può ancora porsi nero su bianco
però sto già
meglio è continuerò a pregare perché
tutto si concluda nel
migliore dei modi.
“Vi
ringraziamo di cuore signor...”
“Oh,
che maleducato! Mi sono scordato di presentarmi! Eeeh, la vecchiaia.
Mi
chiamo Okami, comunque. Okami Umareta.
Quello
splendore laggiù invece si chiama Baltimore, ed in
realtà è lei
che dovete ringraziare.”
“Possiamo...”
“Michi-chan...
sei sicura?”
“Certo,
fate pure tranquille. Ha un carattere molto docile.”
“Ciao
bellissima! Dobbiamo ringraziarti davvero tanto lo sai?!”
Minako,
vinta l'iniziale incertezza, scende le scale asciugando via le
lacrime e comincia ad accarezzarle il pelo ringraziandola
più o meno
un milione di volte, riempendola con una marea di coccole. Menomale
che Baltimore sembra gradire!
“Beh
care ragazze, credo proprio che sia arrivato il momento per me di
tornare a casa. Le mie anche non reggono più come una volta.
Forza
bella, saluta queste belle fanciulle.”
“Ciao
Baltimore, spero di vederti presto!”
“Grazie
ancora bella. Vedi di venirci a trovare quando Rei tornerà a
casa.
Voglio
che sappia quanto sei stata importante per me in quei brutti
momenti.”
“Ne
sarà onorata signorina Minako. Glielo assicuro.
Arrivederci
ragazze.”
“Arrivederla
signor Okami!
Rientriamo
dentro, fa freddino fuori.”
“Buona
idea...”
“Come
ti senti?”
“Un
po' meglio. Pensa quando le racconterò che abbiamo
accarezzato un
vero lupo!!”
“Già,
sarà una bella storia da raccontare.”
“Sì...
Abbiamo
accarezzato un lupo!!”
“Ahah,
sembra impossibile.”
***
La
calma è ritornata nella nostra realtà e si
è impadronita anche
dell'acquazzone che ha perso la sua alterigia divenendo un'innocua e
intonata pioggerella.
Il
mio respiro spezza il quieto silenzio, arginato appena dal peso di
Michiru che riposa rannicchiata sul mio petto. L'angolo della stanza
in cui ci troviamo non è poi così scomodo, dato
che sediamo su un
bel divanetto rosso.
Dall'altra
parte della stanza Rei, sdraiata a letto, carezza la mano di Minako
che dorme seduta su una sedia accanto a lei dandoci l'impressione di
essere finalmente serena. Che il panico di qualche ora fa sia solo un
brutto ricordo?
Speriamo
che sia così e che possiamo godere della bentornata calma
non
smettendo certo di ringraziare il cielo per essere stato magnanimo
con noi.
***
“Ciao
splendore.”
“Ciao...
Oddio, è già buio!”
“Sì,
da un bel po' ormai...”
“Come
'da un bel po'', che ore sono?”
“Le
venti e trenta. Dovrebbero portare la cena a momenti.”
“Oh
no! Amore, scusa! Ti ho lasciata di nuovo sola...”
“Sthhh,
non fare così! Mi è piaciuto averti accanto
mentre dormivi. Mi è
mancata tantissimo quando ero laggiù fradicia, dolorante ed
infreddolita.
Mi
sono maledetta da sola per essermi allontanata da te. Se fossi
rimasta lì con te non ti avrei fatta disperare in quella
maniera.
Perdonami amore.”
“Dici
sul serio?”
“Certo
che sì!”
“Io
pensavo di essere stata io a far ammattire te... Sono stata malissimo
tutto il tempo a causa di questi pensieri.”
“Amore,
mi hai salvato la vita. Spiegami come potrei rimproverarti di
qualsiasi cosa.”
“Rei...”
“No,
basta lacrime. Ne hai versate abbastanza oggi.
Vieni
qui e abbracciami.”
“Mi
sei mancata tantissimo!”
“Anche
tu piccola. Ti amo!”
“Ti
amo anche io!!”
“Salve
ragazze, scusate se vi interrompo. Ecco la cena.”
“Grazie
Makoto.”
“Quando
avete finito lasciate tutto com'è. Me ne occupo io.
Buon
proseguimento.”
“Altrettanto
Mako-chan. Sei un angelo!”
“Figuratevi
ragazze.”
“Allora,
da dove vuoi cominciare?”
“Amore,
riesco a mangiare anche con l'altra mano. Non voglio che salti la
cena.”
“Niente
discussioni. Credo che mi sia concesso imboccare la mia ragazza dopo
che ha avuto una brutta avventura.”
“...
lo stufato...”
“Brava
ragazza!”
|
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Capitolo 6 *** Capitolo sei: Al pomeriggio, una leggenda ***
Perfectly Mine 6
Perfectly
Mine
Capitolo
sei: Al pomeriggio, una leggenda
Il
cielo ha già iniziato a velarsi di nuvole rosate quando ci
lasciamo
alle spalle la casa di Rei e Minako dopo un'intera serata passata in
loro piacevole compagnia.
Michiru
si sta addormentando al mio fianco seduta sul lato passeggero e
ciò
è presagio che il di ritorno sarà silenzioso.
Abbasso il volume
della radio perché non le dia fastidio e proprio in quel
momento
“Somewhere Over the Rainbow” magicamente
interpretata da Judy
Garland bagna la soglia delle nostre menti facendovi ritornare le
eccitate disquisizioni di Minako proprio riguardo al Mago di Oz.
Ci
ha praticamente raccontato la storia per filo e per segno e devo
ammettere che ascoltarla non è stato affatto un dispiacere.
Mentre
narrava era evidente la sua formidabile passione per la storia e alla
fine era davvero soddisfatta della sua perfetta dizione, e a dire il
vero, lo eravamo anche noi.
Mi
viene da sorridere, ripensandoci, e non succede solo a me. Infatti un
piccolo sbadiglio segue l'incurvarsi delle sue labbra, non riuscendo
a sfuggire senza combattere alla barriera fisica imposta dalle dita
della mano davanti alla bocca.
“Stanca?”
“Un
po'...”
“Puoi
dormire se vuoi. Ci vogliono ancora due ore per arrivare a
casa.”
“Ti
dispiace?”
“No,
figurati. Buon riposo piccola.”
“Grazie.”
Si
mette più comoda sul sedile e liberando un ultimo cosciente
sospiro
si lascia andare al sonno.
Prima
di tornare a guardare la strada lunga e ombrosa innanzi a me le
lancio una fugace occhiata, fissando al meglio la sua immagine
affinché mi faccia compagnia per il resto della guida.
La
canzone finisce ma la magia resta quando Mr. Armstrong si fa strada
nell'aria con la sua “What a Wonderfull World”. Ah,
che
canzone!
A
rompere l'incanto ci pensa un pezzo rock che non è del tutto
adatto
ad un momento come questo, in cui la tua dolce metà sta
dormendo.
Cambio
stazione e di nuovo una gradevole melodia invade l'abitacolo facendo
ben sperare in una selezione musicale di alto livello.
Mi
rilasso al suono di una chitarra quasi nostalgica atta però
a
celebrare la bellezza della vita al ritmo di “Sing
Togheter” dei
Train e mi concentro nel guidare me e la mia bella fanciulla al
calduccio difronte al nostro rinvigorente camino.
La
serata di ieri è passata in maniera tranquilla con una cena
leggera
a base di spaghetti primavera e mele caramellate che le ragazze ci
hanno dato come dessert. Minako non sarà una grande cuoca ma
prepara
le migliori mele caramellate della città!
Dopo
cena abbiamo guardato 'La volpe e la bambina' eccezionale capolavoro
di Luc Jacquet. Un film-documentario davvero piacevole, ritratto
della Natura nel suo lato più affascinante vissuta
attraverso
strabilianti immagini dei suoi figli. Fanno da comparse volatili di
ogni tipo, volpi protagoniste assolute, ricci, animali boschivi tra
cui cervi e lupi. Un tripudio di bestie meravigliose!
Anche
la notte è trascorsa serena tra una breve e spensierata
lotta con i
cuscini e tante coccole fino al giungere liberatorio del sonno che ci
ha lasciato solo al cantare del passero questa mattina.
Il
clima è mite e bevo il mio caffè all'orzo seduta
sugli scalini.
Porto lo sguardo tra gli alberi in cerca del grasso signorino che ci
ha fatto da sveglia eppure ho la sensazione che si trovi ancora
più
vicino di ciò che mi aspetto. Distrattamente volto la testa
verso la
siepe alla mia destra ed eccolo lì nascosto tra le foglie
del mirto
intento a beccarne con golosità le prelibate bacche.
Ti
ho scovato piccoletto! Oh, quant'è carino!!
Dei
passi sul vialetto di ghiaia mi invitano a guardare di nuovo davanti
a me e la mia soglia di tenerezza viene saturata al massimo:
Basquiat, fratello minore di Baltimore, avanza verso di me con tre
bellissime rose tra le fauci gentili e lì comprendo che il
roseto
selvatico che Haruka ha tratto in salvo da una pianta infestante
è
tornato ai suoi albori rifiorendo egregiamente.
“Grazie
Basquiat, sei un vero gentiluomo!”
Si
avvicina ancora un po' e mi concede di prendere tra le mani i fiori
senza però guardarmi negli occhi a causa della sua ingente
timidezza. Gli accarezzo il capo per ringraziarlo come si deve e
qualcosa scatta in lui riuscendo a calmarlo e facendogli muovere le
orecchie prima in avanti e poi indietro.
Prima
o poi riuscirò a conquistare la fiducia di questo simpatico
timidone.
***
“Ehi
bellimbusto, non ci starai mica provando con la mia donna,
vero?!”
Scattante
come un felino, all'udire la mia voce si nasconde alle spalle di
Michiru, facendo sbucare il muso dal fianco destro di quest'ultima
che se la ride e poi sparisce di nuovo dietro di lei.
“Ah,
lasciala perdere Basquiat. È sempre la solita indelicata...”
“E
io che mi aspettavo un caloroso 'bentornata'...!”
“Ti
è andata male, cara.”
“Ohi
ohi... Dai bello, vieni qui che scherzavo. Facciamo pace?”
“Ti
conviene approfittarne”
gli
sussurro e lui cauto va incontro ad Haruka che toglie fuori dalla
tasca un pugno di bacche rosse grandi quanto un importante grappolo
d'uva. Basquiat non sembra dispiacersene e in un soffio le divora con
gusto annusandole il palmo della mano che scherzosamente le circonda
il muso.
“Te
le sei meritate ghiottone. Allora, pace fatta?”
Contento
dello spuntino si accuccia, e invece di mantenere la posizione
seduta, indietreggia di qualche passo per poi dare una musata di
tutto rispetto alla fronte di Haruka che si ritrova a barcollare e a
finire con il sedere per terra senza il minimo preavviso. Se
è
questo che intendono con 'fare la pace', dovrebbero farlo
più spesso
perché è stata una delle scene più
buffe alle quali io abbia mai
assistito. Soprattutto questa di adesso in cui Basquiat lecca tutto
contento il viso di Haruka mentre lei cerca di fermarlo senza
successo... Guai in vista per il nostro amico a quattro zampe?
“Tutto
ok?”
“Mmmm...
Bava di lupo numerò cinq. Specialità della casa.
Non ci riprovare
di nuovo perché altrimenti non ti porto più le
bacche.
Vado a
lavare la faccia.”
La
reazione di Basquiat si traduce in un abbaio di assenso dopo che
annuisco anch'io al desiderio di ripulirsi dall'affetto fervente del
suo ritrovato compare. Poco dopo ricompare al mio fianco sedendosi
anche lei sugli scalini.
“Ohi,
il mio povero didietro!”
“Ti
fa male?”
“Un
po' sì. Diciamo che mi ha colto impreparata.
Sono troppo vecchia
per questo tipo di cose.”
“Disse
la ragazza che aveva meno di 30 anni.”
“Affermò
la ragazza che doveva sempre precisare.”
“Scema.”
Allungo
un braccio a cingerle la spalla e risponde appoggiando la testa
sull'incavo del mio collo. Corono il gesto baciandola sulla fronte e
restiamo ferme così per un po' iniziando a discutere del
menù
previsto per il pranzo. Nonostante sia stanca dalla mattinata di
lavoro di cui sono reduce ho comunque voglia di cucinare, quindi
penso di sbizzarrirmi un po' ai fornelli.
Consiglio a Michiru di
rilassarsi tranquillamente sul divano per godersi qualche momento di
ozio al calduccio e inizio ad ideare la sequenza dei piatti che
porterò in tavola quest'oggi. Le mie papille fremono per
qualcosa di
raffinato ma tuttavia semplice e così opto per degli
sfiziosi bignè
di gamberi, per dei golosi anelli di zucchine e calamari e, dato che
la materia prima di ottima qualità non ci manca,
preparerò anche
degli ottimi spaghetti al riccio.
Sì, mi va proprio a genio
questo menù. Mettiamoci al lavoro!
***
“Ehi,
dato che è una bella giornata che ne dici se andiamo
dall'altra
parte della trabeazione e iniziamo il puzzle che ci ha regalato
Rei.
È un peccato restare chiuse in casa.”
“Perché
no. Quel puzzle mi ispira parecchio!”
“Già,
è stato un dono azzeccatissimo.
Preparati, io intanto vado a
controllare se la sopra è asciutto, altrimenti dovremmo
cercare
un'altra location per la nostra attività.”
“Ok,
però vestiti, sennò rischio di trovarti congelata
lassù.”
“Ottimo
suggerimento! Prendi la scatola, ti faccio un cenno tra poco.”
“Va
bene. Non tardare troppo.”
La
vedo sparire sulla scala agile come non manco mai di scoprire e una
volta che non posso più farlo mi dirigo in corridoio verso
le buste
poggiate sul comodino che Luc ci ha fatto come regalo di Natale
anticipato, davvero adorabile! Tolgo quella arancione
contenente
il nostro nuovissimo e più atteso passatempo. Sembra
incredibile ma
il mese scorso abbiamo completato tutti i puzzle che avevamo a casa
ed io ero un po' disperata per questo.
Sarò strana ma non posso
vivere a lungo senza quei piccoli pezzi che una volta ricomposti ti
danno una gioia prorompente nei loro colori e nelle storie che
raccontano.
Dei sassolini che rimbombano cadendo sul tetto mi
avvisano che il nostro programma pomeridiano non verrà
sciupato
dall'umidità e contenta di ciò mi avvio alla
scala con la preziosa
tracolla come fidata compagna di viaggio.
La scalata oramai non mi
reca problemi, niente più tremori od altri fastidi e in meno
di
cinque minuti la mia mano destra è raccolta da quella
sinistra di
Haruka che mi aiuta ad arrivare fino in cima.
Il profumo della
cioccolata calda spolverata con un pizzico di cannella mi sorprende,
carezzandomi l'olfatto con un occhiolino e cento e più
flauti
suonati dal vento fanno stormire le foglie degli alberi sotto cui ci
troviamo.
Per fortuna non soffia troppo violentemente così che
non dobbiamo preoccuparci di dover recuperare pezzi fuggenti dagli
abbeveratoi dei cavalli posti più in basso. Sarebbe un
trauma troppo
grande perdere qualche frammento e ritrovarsi con un vuoto sulla
tela... Impensabile!
***
Riesco
a malapena a trattenere le risate nel vederla felice come una pasqua,
ad applaudire allo scorgere al primo colpo pezzi che combaciano alla
perfezione. Non potete immaginare che espressione aveva sul viso
quando le ho dato la scatola del puzzle.
Ora capisco perché Rei
mi ha consigliato di dargliela una volta tornate a casa; conoscendo
Michiru non avrebbe saputo resistere alla tentazione di aprirlo e
cominciarlo subito. Devo seriamente ringraziarla come si deve, la
prossima volta che ci incontreremo.
Comunque vorrei anche passare
dal vecchio giocattolaio nella parte vecchia della città.
Ricordo
che quando ero bambina e superavo brillantemente i test a
scuola, il nonno mi portava lì a scegliere il mio premio. Le
schiere
di soldatini di legno che vi trovavo erano sconosciuti perfino ai
più
ghiotti collezionisti. La cura, la manodopera, la fantasia... Nessuno
poteva imitare il talento dell'allora giovanissimo garzone.
Sono
certa che lì troveremo la prossima e più florida
nuova raccolta di
immagini mozzafiato da appendere alle pareti e in cui rilegare le
nostre aspirazioni e i nostri momenti di relax, quando siamo in cerca
dell'ispirazione che stenta ad arrivare.
I miei occhi si riempiono
ancora della sua gioia e non posso che aspettarmi che anche questo
pomeriggio passi sereno con tutta la pigrizia che desidera, fino a
che non arriverà la sera a prendersi il passo da lui ceduto
ed
allora rientreremo nella nostra dimora a ripararci dal suo
freschetto, e continueremo comunque, allo scoppiettare del
fuoco, a dipingere questo paesaggio finché non saranno la
fame e poi
l'assopire del sonno a reclamare a pugno battente la nostra
attenzione.
***
Pezzo
dopo pezzo la scena impressa sul ventaglio ricomincia a prendere di
nuovo forma dopo la pausa di ieri, seducendoci con i suoi toni caldi
ma ancora manchevole di una trama che spero si riveli generosa nei
nostri confronti.
Il nero predominante che fascia tutto il
paesaggio annichilisce la tua resistenza al suo fascino, ti ritrovi
semplicemente ad essere la mosca che cerca scampo dalla tela del
ragno ma sa già che il suo destino è segnato.
L'impensabile è che
non temi il suo compimento, anzi, aspetti che avvenga; ne sei succube
e non te ne penti neanche all'ultimo.
Il colore emanato dalle
nuance arancioni risplende come la luce ambrata di una miriade di
lucciole che vagano per la notte. Pulsano come un cuore che battendo
da ritmo e armonia a tutto ciò che sta intorno.
Unico legame con
il giorno non è il disco luminoso al centro del cielo, di
cui non è
concesso conoscere la vera natura. Che sia il Sole? O la Luna?
A
fare da ponte tra notte e dì è il verde luminoso
degli alberi
giovani, dell'erba fresca dei cortili e quella brillante delle
montagne che circondano le spalle del villaggio. Le vigorose palme
sbucano dietro i tetti di paglia delle case e fungono da lampioni che
rischiarano la benevola oscurità del posto. Le abitazioni
spartane
ma vivibili si danno man forte l'un l'altra reggendosi in piedi a
vicenda.
Fiammelle ovoidali di verdi foglie fanno da faro agli
uccelli che dopo una lunga traversata nell'aria cercano un posto dove
riposare. questo pare il compito dei gruppi di Acer Palmatum
più
giovani, mentre quelli che hanno raggiunto la maturità tra
l'estate
e l'autunno rimangono lì come mentori, e la loro barba rossa
ispira
saggezza in tutti coloro che posano lo sguardo sui loro tronchi
nodosi.
Due massi o giù di lì sono fonti di illuminazione
per i
pesci che nuotano nel torrente che garantisce la vita a queste genti
d'acqua; persino le staccionate di canna sembrano ammiccare, allegre
nel tener d'occhio la sicurezza di animali e persone.
Un laghetto
di ninfee luccica in lontananza, rispetto alle staccionate, e a monte
di questo una barchetta canta le sue avventure in mare aperto, ma
altrettanto da dire ha la capanna posta quasi al centro del
villaggio, che si vanta di tutte le prelibatezze contenute al suo
interno.
Tutto prende vita in quei piccoli pezzi che lottano
ardentemente per raggiungere i propri simili e congiungersi in
quell'esistenza dinamica che tanto preme per esplodere.
Quando ci
avrà vinte con la sua incrollabile volontà,
potremo risvegliarci da
quel sogno meraviglioso di cui siamo state partecipi e schiave.
Le
brilla un luccicore nelle iridi che fa smuovere l'azzurro che le
riempie e so e comprendo che l'incantesimo ha bussato alle porte del
suo intelletto d'artista e come un rappresentante gentile, ben
vestito e nient affatto invadente entra nel tuo mondo per invitarti a
visitare il suo.
In cambio non ti chiede niente perché sornione
sa che una volta che tu sarai lì, si sentirà
soddisfatto
dell'ottimo investimento fatto con te.
Rei la sapeva lunga quando
me lo ha regalato. Conosceva perfettamente l'incanto che si cela in
quel nero vivo e in tutti i colori che gli fanno da contorno, da cui
sembrano spuntare piccole personcine che ti salutano allegramente e
cercano di convincerti ad entrare nelle loro case per renderti
cosciente della loro affabile ospitalità.
Proprio come racconta
la leggenda.
Quale leggenda? Quella de 'Il villaggio che viveva al
buio'. Volete che ve la racconti? E sia!
“V'era
una volta un villaggio. Un villaggio che poteva assomigliare a tutti
gli altri, ma che invece aveva più di questi un qualcosa di
speciale.
Non
era culla di eroi dalla sovrumana forza, ma di eroi della patria come
ce ne erano in molti atri paesi. Non era nemmeno luogo di oscure arti
magiche, di incantesimi intricati, di feroci fiere assetate di sangue
né di figli di dei pronti a combatterle, come narrano
antiche
leggende straniere.
In
quel tempo intrecci di questo genere erano le fiabe che venivano
lette ai bambini quando il tempo era cattivo e non potevano giocare
fuori.
Non
v'erano nemmeno cavalieri, draghi e quant'altro, se non nei libri
attraverso cui veniva insegnata agli abitanti la finezza della
lingua. Ma allora cos'ha di così prezioso questo luogo che
sembra
comune a tanti altri?
E
dunque ditemi, avete mai sentito voi parlare di un posto in cui la
notte non abbandona mai il cielo? E no! Non mi riferisco ai lontani
paesi del nord ove il sole tace per ben sei mesi...
Volete
che mi sbarazzi di questi indovinelli e prosegua con la storia?
Vi
comprendo e sono d'accordo con voi.
Questo
villaggio dalle usuali parvenze aveva, e chi ci dice che sia ancora
così o meno, una particolarità che batteva tutte
quelle
immaginabili: l'oscurità non lasciava spazio alla luce
nemmeno di
giorno. Era per questo che col correre del tempo venne chiamato il
''villaggio che viveva al buio''.
Mai
fu banale quanto esauriente tale appellativo, perché
dopotutto dare
spiegazioni ad un fenomeno del genere era assai arduo.
Quelli
che s'imbattevano nella leggenda del posto rimanevano talmente
stupefatti da questa sua peculiarità che quando raccontavano
il
tutto a amici e parenti, ogni volta che li si chiedeva qualche
curiosità in più al riguardo diventavano di colpo
balbuzienti.
Il
disco infuocato incastonato nell'alto manto nero brillava con tutte
le sue forze circoscrivendo nient'altro che la sua stessa area
circolare.
Di
qui l'incomprensibilità della sua natura. Era il sole,
oppure la
luna?
Ai
vecchi saggi ciò non importava, forse perché in
cuor loro
conoscevano già la soluzione all'enigma, quindi non si
preoccupavano
come facevano gli studiosi stranieri che non concepivano come si
potesse vivere senza la luce dei raggi solari.
Si infervoravano così tanto che
quando non riuscivano a fugare il
mistero con la loro logica scientifica si accanivano contro le pagine
segnate dal tempo dicendo che erano sicuramente state scritte da
qualche pazzo visionario che aveva fumato qualche erba allucinogena
di troppo. Fortunatamente nessuno di loro era mai riuscito ad
abbattere l'animo mite degli abitanti. Costoro infatti ringraziavano
la sorte per aver dato loro virtù, saggezza, benessere e
tanta tanta
serenità.
Altra
rarità che infatti era insolita in questa gente era il loro
incredibile buon umore. Ma ora torniamo alla precedente questione.
Sì,
all'interpretazione dell'astro che donava la vita a queste
allegrissime persone e a tutte le forme di vita esistenti in
quell'ameno angolo di terra.
Se
non sbaglio ho menzionato qualche riga fa il fatto che la popolazione
conosceva la sua veritiera essenza, ebbene la verità era che
esso
non era la stella del giorno o quella della luna. Era entrambi.
Avete
letto bene! La sorgente di vita in quel cielo sereno era l'incontro
dei due pianeti solare e lunare; un abbraccio antico di secoli in cui
s'annullava la guerra tra la notte e il dì, capace di far
trasognare
quiete ed abbondanza per tutti quelli che nell'animo erano proprio
come i due soldati in tregua per quella battaglia che mai
più
sarebbe ricominciata.
Da
questa tesi hanno tratto la loro forza senza perdersi in
elucubrazioni che col tempo sarebbero finite a rappresentare il
semplice sfizio di chi le avrebbe riscoperte. Avrebbero anche potuto
diventare diletto di fini intelletti e avere uno scopo didattico, ma
ciò oltre ad essere per loro motivo di orgoglio non
significava
niente di più né niente di meno.
Quelle
brave persone si limitavano a vivere bene ringraziando profondamente
la Natura per tutte le ricchezze che aveva dato loro.
Tutti
noi dovremmo comportarci così, ma questo non è
argomento della
narrazione, per cui proseguiamo.
In
quel delle capanne di paglia e legno di palme troppo alte per
sopravvivere quelle sagge ed indigene anime si dedicavano con
venerazione all'agricoltura, alla pastorizia e al commercio dei beni
che essi producevano con tanto talento e dedizione.
Riso,
lane, cereali, farina, pane, legni pregiati, uova, ortaggi di tutti i
tipi e una frutta talmente succosa da dissetare i più
sfiniti
viandanti e non importava che avessero due o quattro zampe.
Tutto
ciò nasceva cresceva e maturava tra le loro mani sapienti e
viaggiava per tutte le coltri vicine spandendo in lungo e in largo la
fama non depredante di questa bucolica località.
La
risaia presso il fiumicello che passava per di là era la
più
florida della contrada e dava un riso nero come la pece e di un
sapore così inebriante che lo si mangiava almeno una volta
al
giorno, anche come merenda per i più piccoli se accompagnato
da una
salsa ottenuta dai tanto rinomati frutti.
Le
verdure erano fragranti anche da appena colte e si lessavano solo se
l'aria cominciava a rinfrescarsi un po' troppo, cosa che non accadeva
poi così spesso.
Dalle
uova uscivan fuori miliardi di frittate di tutti i gusti, insaporite
ora con i prodotti dell'orto, pomodori, zucchine, insalate, cipolle e
tante altre cose stuzzicanti, e ora con i prodotti della pesca che
forse ho tralasciato di dire che era assai ben sviluppata. Gamberetti
di fiume, piccoli ma decisamente gustosi, e tanti altri pesciolini
tipici di quella zona. Tutti sanissimi e saporiti!
Se
con tutte queste leccornie si imbottiva il pane poi che godimento!
Croccante fuori e morbido e gustoso dentro. Una meraviglia!
Di
alta qualità erano anche i legnami ricavati dagli aceri e
dalle
palme che crescevano con vigore in quella terra generosa di
nutrimento, acqua e luce.
Con
essi costruivano le loro capanne che, seppur modeste, resistevano
all'abbondante pioggia che cadeva senza procurar troppe cure.
Anche
se i tetti delle abitazioni erano ricoperti di paglia, la trabeazione
di acero che si trovava sotto questi era molto resistente e
attraverso ingegnosi sistemi di tubi ai quattro angoli del sottotetto
consentivano di raccogliere l'acqua piovana in larghi vasconi che si
trovavano riparati dietro le case.
Con
metà di quell'acqua si facevano il bagno e con l'altra si
cucinava.
Naturalmente la dividevano in grossi recipienti di pietra per
ripartirla in modo equo alle due diverse attività. Erano un
popolo
molto preciso e ci tenevano parecchio all'igiene e alla pulizia,
quantunque si possa pensare il contrario data la antica collocazione
nella storia.
C'era
pure quella del fiume, ovvio, ma loro sapevano quanto fosse
importante rispettare quel pacato signore che scorreva tra le loro
rive e che dava loro tutto ciò che una tribù di
pescatori e mastri
mondariso potesse desiderare.
Proprio
brava gente queste persone.
Altra
loro specialità manifatturiera era lana che ricavavano da
lama e
alpaca, i loro animali da gregge.
Tra
i veri intenditori era proprio considerato un lusso possedere le
pelli di questi animali che messe assieme davano un discreto riparo
dal freddo dell'inverno.
Non
c'è che dire, questi individui sapevan dare il meglio di
sé in
tutto ciò che facevano.
Non
possiamo negare il fatto che dovremmo prendere esempio da loro.
Vivevano
al buio giorno e notte e non c'era comunque traccia di tristezza
sotto quelle alte montagne. Tutti si chiedono ancora come potesse
essere così. Come potevan non cadere vittima della
depressione nera
al non vedere mai la luce così come l'hanno conosciuta e la
conosceranno altri?
Vecchie
erano le cronache in cui si leggeva che per loro non era
così
faticoso, come lo era per i stranieri, vivere nella terra dove hanno
sempre vissuto e che sempre hanno conosciuto in quel modo.
Non
conoscevano la luce del sole al mattino o quella della luna alla sera
tarda, se non per mezzo dei libri che insegnavano loro nuovi
retroscena di sapienza, fantasia e sogno. Non se ne preoccupavano
nemmeno perché apprezzavano saggiamente e con gratitudine
ogni
minima briciola di pane e salute che le loro vite incontravano.
A
segnalare l'alba erano gli uccellini che si sapeva cantassero quando
l'aria andava rinfrescandosi e che significava che una nuova
giornata doveva avere inizio.
Il
mezzogiorno era annunziato dalle serpi che correvano a prendere
riparo sotto ai sassi, e l'ora di pranzo arrivava quando questi
esseri striscianti s'infilavano di corsa nel folto della foresta
perché nemmeno le pietre riuscivano a parare la calura
dell'alto
astro.
Prima
di arrivare al momento del pasto, nelle otto ore frapposte al
risveglio, si faceva un bagno nei vasconi dentro le case e poi una
bella colazione con latte e croste di pane spalmate di frutta.
S'andava dal maestro a imparare a leggere e scrivere e i grandi dai
venticinque in su andavano a lavorare la terra, il bestiame e il
legno. Per i piccoli a metà mattinata era prevista una pausa
per uno
spuntino e una corsa per sgranchire le gambe agili di quei pischelli,
e poi si tornava a contare i ranocchi nel laghetto delle ninfee; si
leggeva l'alfabeto per tre volte e si mettevano insieme le parole che
più piacevano per raccontare le brevi storielle che quelle
piccole e
ingegnose menti partorivano tra risate e spensieratezza.
Un
pisolino di mezz'ora dopo pranzo e poi liberi di giocare o
raggiungere i fratelli maggiori e i padri ai campi o nelle piccole
botteghe a raccontar loro cos'avevano imparato.
Si
lavorava finché ''l'uccello della sera'', il grillo, cantava
l'avvicinarsi del calar della luce del disco astrale. Si ritiravano
gli strumenti del mestiere dentro le botteghe o in piccole casette di
legno poste al limitare di campi e pascoli.
Dopo
la gran fatica e prima di rientrare a casa ci si lavava per bene
nelle vasche che separavano i luoghi di lavoro dalle abitazioni.
Anche dentro di esse vi era acqua piovana e i lavoratori avevano
anche a disposizione una tavoletta di sapone fatto da erbe profumate
e la cui ricetta era tenuta segretissima. Che fossero sotto sotto
alchimisti anche loro?
Arrivati
alle loro dimore si lavavano di nuovo in docce di legno al centro tra
i vasconi e poi entravano lindi e puliti, pronti per cucinare la
cena.
Ci
pensavano gli uomini alla sera, a sfamare le loro famiglie.
Ai
bambini spettava il compito di raccogliere tutti gli ingredienti
necessari dalle dispense che avevano in casa o in quella grande al
centro del villaggio.
Qui
si pagava un piccolo pedaggio, ovvero restituire la medesima somma di
provviste prese dopo una settimana in modo da non consumare le
scorte.
L'ultimo
pasto del giorno era a base di pesce e quindi i più piccoli
erano
anche incaricati di andare a pescare.
Dato
che questo avveniva intorno alle sette di 'sera' non c'era nessun
problema. Si aveva un'ora a disposizione e quei piccoletti, abituati
a procurarsi tutto l'occorrente da quando avevano quattro anni, ci
impiegavano giusto una mezz'ora.
Chi
non era addetto alla cacciagione si premurava di raccogliere la
frutta dagli alberi. Vi erano ciliegi, pesche, nespole, pere,
mandarini e all'inizio della foresta dietro agli alloggi si trovavano
anche cespugli ricolmi di bacche deliziose che trattate con pestello
diventavano creme da spalmare sul pane che, oltre che da colazione o
merenda costituivano il dessert, premio di chi si era impegnato al
massimo.
Pensate
che qualcuno rimanesse a digiuno di quella piccola ricompensa?
Capitava
a volte, se magari un bimbo non faceva esattamente tutto ciò
che
doveva, ma non era una punizione così tremenda. L'indomani,
infatti,
questi s'impegnava a recuperare ciò che aveva lasciato
indietro.
Tornando
alla cena, alle sette e trenta si iniziava a preparare ogni cosa,
dalla pulitura del pesce da pelle (se necessario o a discrezione del
cuoco) e lisca, alla cottura che avveniva direttamente su un piccolo
fuoco nei fornetti di pietra poco fuori l'uscio.
Si
faceva anche un abbondante insalata e se proprio se ne aveva voglia,
si preparava una media razione di riso. È risaputo quanto ne
fossero
ghiotti...
Le
verdure venivano cotte in pentole piatte e molto capienti che
fungevano anche da vassoio. Venivano mischiate al riso o al pesce
ancora calde calde e rifocillavano tutti i commensali lasciandoli
pienamente soddisfatti del pasto.
Per
cenare non c'erano tavoli e sedie come accade da noi, ma era presente
un tavolino su cui si mettevano tutte le pietanze. Era molto grande e
alto una trentina di centimetri; ci si sedeva intorno su quadrati di
tela fissati al pavimento su cui si poggiavano dei cuscini piatti.
A
turno, se si sporcava, una persona a metà refezione prendeva
una
scopa e una paletta e raccoglieva il tutto portandolo agli animali
che in quel momento si trovassero nelle vicinanze degli steccati.
Finito
di mangiare e riordinare la cucina si usciva fuori una mezz'oretta ad
assaporare l'aria frescolina della sera; i più anziani
raccoglievano
fasci di steli di giunco che davano ai giovani per costruire le
persiane delle finestre. Con alcuni ci facevano dei fischietti lunghi
che somigliavano a flauti.
Vi
uscivano delle melodie così simpatiche che mettevano
allegria e
facevano fare sonni tranquilli a tutti quanti. Sembravano quelle del
pifferaio magico.
Si
rientrava nelle dimore dopo aver fatto rincasare anche gli animali
nelle stalle dietro alle abitazioni e prima della folta vegetazione
della foresta.
Queste
erano semplici ripari con una porta scorrevole che proteggeva le
greggi di cinque tra alpaca e lama ciascuno. C'erano delle finestre
piccole che la notte, se pioveva, venivano chiuse dall'esterno con
dei bastoni molto lunghi sporgendosi dalla finestra adiacente della
casa.
Erano
leggermente più larghe di queste per consentire al bestiame
di star
comodo e non troppo impaccato. La loro dieta consisteva di erba
fresca e fieno, che durante l'inverno diveniva il loro pasto
principale. Ogni tanto si poteva dar loro una manciata di cereali,
senza abusarne però, perché avrebbe causato loro
problemi alla
ruminazione!
Una
volta svolte tutte queste mansioni si leggeva qualcosa per
mezz'oretta e quando i gufi iniziavano a cantare annunciando l'arrivo
delle ore del sonno, si stendevano le stuoie agganciate per
un'estremità al muro, contro cui si tenevano arrotolate, si
piazzava
sopra di queste una coperta per renderle più morbide e se ne
sistemava una sopra la propria persona in caso di freschetto.
A
fare loro da sveglia l'indomani erano i passeri che cinguettando
raggiungevano le cime degli alberi per adempiere al loro ruolo di
teneri portatori di nuove e riposate giornate.
Le
stagioni in questo luogo avevano la capacità di essere miti
e al
contempo generose.
Gli
autunni che erano carichi di acqua erano la stagione della pioggia
per eccellenza. Portavano acqua per dissetare tutti i campi, gli
animali e le anime che li lavoravano e abitavano.
Ingrossavano
il fiumicello trasportando lontano la purezza delle sue vene che
giungevano nelle vallate vicine compensando la penuria che vi vigeva.
Gli
inverni erano rigidi, anche se non troppo, e ripulivano i terreni
dalle impurità proprio come facevano con l'aria ingombrata
dalla
calura estiva.
Era
la stagione delle neve non abbondante che risanava il suolo bruciando
i parassiti e rinvigorendolo.
La
primavera che giungeva dopo di esso era una vera e propria rinascita.
Le foglie cadute nel periodo precedente concimavano le loro antiche
patrie, sparendo sotto la terra e sacrificandosi per la causa
più
giusta di tutte: la vita.
Ogni
fiore conservava la forza vitale proveniente dalle sue origini e la
sfoggiava con leggiadria e sana prepotenza nella sapienza delle sue
foglie, nello splendore dei suoi colori. Così era per gli
alberi che
in ogni loro nodo si leggeva vigore e resistenza.
Il
calore di questa stagione si faceva più forte al giungere
dell'estate che bruciava le erbacce scacciandole via in malo modo.
Portava un tepore che non era asfissiante per cui non intaccava il
correre del torrente che regalava frescura durante le afose
'mattinate'.
Ombra
tonificante era data dall'imboccatura della foresta di pini a dieci
metri dal retro del villaggio, ove tutti si rifugiavano nelle ore
più
calde.
Credo
d'avervi raccontato tutto, cari amici miei. Prima di salutarvi
però
vorrei condividere con voi un'ultima.. Sapete come pioveva in questo
strano posto?
All'incontrario!
No, non siete pazzi. Le goccioline si levavano da terra come fulmini
e solo dopo essere schizzate abbastanza in alto da sforacchiare le
nuvole tornavano giù per terra..
Adesso
vi ho detto davvero tutto, signori, quindi... Arrivederci!”
Abbiamo
già fatto un quarto del puzzle ma Haruka non ha fiatato
nemmeno un
attimo... È come se si fosse persa nei suoi stessi pensieri.
Chissà
quale sarà la causa di quella sua strana concentrazione...
“Amore,
tutto ok?”
Le
sue parole mi destano a qualche istante dalla fine del racconto e
solo ora comprendo che sono stata distante dal resto del mondo per
lunghi attimi.
Spero
sia clemente e non mi chieda di raccontarle tutto...
“Sì,
tutto a posto. Ero solo sovrappensiero.”
“E
a che pensavi?”
“Diciamo
che è un pensiero un po' troppo lungo per una facile
narrazione...”
“Ummmh...
e sarò abbastanza fortunata da udirlo, prima o
poi?”
“Magari
sì... quando sarai un po' più
grande...!”
Salve a tutti
ragazzi, so di aver tardato molto anche stavolta, ma spero comunque che
possiate apprezzare questo nuovo capitolo perché durante la
lavorazione mi ci sono affezzionata molto ^^.
Ho quasi pronto anche il capitolo successivo per cui non dovrete
aspettare eccessivamente per leggerlo. Spero di non farvi dannare
troppo d'ora in poi, dato che sto seguendo un nuovo regime di
scrittura. Come sempre spero di avervi soddisfatto abbastanza anche
stavolta.
Ora vi lascio ché la giornata piena di lezioni sta iniziando
a farsi sentire.
Ringrazio in anticipo tutti quelli che leggeranno e recensiranno, un
bacio a tutti voi!
Buonanotte ragazzi
|
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Capitolo 7 *** Capitolo sette: Intelligit Quid Habes ***
Perfectly
Mine
Capitolo
sette: Intelligit Quid Habes
Verdi
fili d'erba fanno filtrare il mio sguardo attraverso le loro fini e
appuntite sbarre, lasciandogli comunque l'opportunità di
rincorrere
la luce e finir preda di quei giochi che ti fanno quasi girare la
testa.
Una
pioggerella fine e copiosa ha già iniziato a scendere da un
po'
creando disegni geometrici tra gli steli e le foglie dei fiori
più
avanti. Le ragnatele brillano di gocce somiglianti a gemme rare e
preziose che ti concedono di guardarle con bramosia finché
il loro
precipitare non cesserà coll'allontanarsi delle nuvole. Solo
allora
riconoscerai quando potessero essere realmente rare, e ti ritroverai
quasi dispiaciuto per non averle fissate ancora un po'.
Il
tamburellare sordo di queste lacrime fresche ma non amare sul suolo
riempie l'udito con il suo ritmo lento, spezzato solo dai miei
respiri che traspaiono dall'alzarsi e l'abbassarsi del mio petto
senza produrre veramente rumore.
L'unica
ciocca sfuggita dal cappuccio gronda da ogni fibra gocciolando sulla
mia fronte imperlata, eppure non mi arreca fastidio.
La
mia schiena è ancora calda grazie al contatto con la terra,
proprio
come le mie nocche premute dalla mia testa, in una posizione del
tutto rilassante. Le altre dita accarezzano l'erba bagnata e
fragrante per non perdere nemmeno un frammento di quella vicinanza
con la natura in una delle sue più intime rappresentazioni.
Il
profumo della lavanda proveniente da qualche campo più in
là
cattura il mio olfatto rapendolo in una danza tagliente e
accattivante, quasi come se volesse farmi uscire i polmoni dal petto
per far provare loro cosa si prova a gustare dal di fuori
ciò che è
in grado di offrire.
Non
ci sono orari, impegni o cure che tengano in questi momenti;
né
responsabilità o fretta che ti possano far scomodare per
tornare nel
caos della quotidianità e rinunciare a quegli attimi che
sono
dedicati esclusivamente a te e al tuo posto del mondo. Esatto,
perché
anche TU lo abiti!
Smetti
di pensare per qualche istante, prenditi il tempo che vuoi. Fermati,
non muoverti o se preferisci agita il piede come tanto ti piace fare
perché ti fa scaricare la tensione. Siediti o sdraiati,
corri o
urla, ma non mettere da parte quella fetta di vita che ti regali ogni
volta ogni tanto, perché tutto il resto non
scapperà per il fatto
che sei tu a muovere il resto.
Sì
parsimonioso con questo tempo, non abusarne ma neanche ignoralo. Ti
fa capire a che punto sei arrivato, se vuoi continuare o sei vuoi
cambiare. Amministralo per il meglio e vedrai che anche ciò
che vien
dopo sarà migliore.
Il
sapore della vita sarà più buono e tornare fra le
cose e dalle
persone che ami diverrà il più bel regalo che
abbiate mai ricevuto.
Il
cellulare di Haruka squilla a vuoto già da un paio di volte
e non
posso non pensare che, dato il tempo che sta dando ciò che
aveva
promesso, si sia fermata da qualche parte in giro nella riserva per
bearsi della sua freschezza.
Proprio
come faceva quando era bambina, rivivendosi nei suoi racconti.
Spero
solo che non si bagni troppo e non si prenda il raffreddore a furia
di stare sdraiata tra distese di erba fradicia.
Ammetto
che la pioggia piace molto anche a me, ma preferisco guardarla
dall'interno, al riparo dal freddo. Mi piace ascoltare la musica che
suona battendo sul vetro, sulle grondaie e sul legno.
Se
sposto l'orecchio verso l'addentrarsi della foresta posso sentirne il
rumore diverso che si incastra tra gli aghi dei pini e perfino il
ricadere delle gocce sulle vene del fiume che scorre zampillante
verso la foce.
Lì
è più fitta e più musicale; i suoi
bassi si librano nell'aria come
lontani tamburi propiziatori.
Sul
nostro ciliegio invece, mostra il suo lato più spietato,
abbattendo
come fuscelli i suoi petali estremamente delicati, funestandoli anche
una volta che sono a terra.
Ancora
penso a lei, là fuori da qualche parte esposta alle
intemperie e mi
vien da ridere al riguardo... Questa sua parte capricciosa e ribelle
mi intenerisce perché è come se la rivedessi
bambina nei suoi
momenti più spensierati. Mi immagino lì insieme a
lei, munita di
ombrellino verde acqua e tuta, sia per l'intenzione di non sporcare
alcuno dei miei bei vestitini (solo per evitare le urla e le movenze
sbraitanti di mia madre, e non perché sarei morta per
qualche
macchia di fango qua e là), sia per non perdere tempo a
inseguirla
cercando di starle dietro. Gli stivaletti comprati apposta per
l'occasione e ci vedo mano nella mano ad affrontare insieme
un'infanzia meno difficile.
Quel
che è stato è stato però, e non
sprecherò mai un minuto a
guardarmi in dietro per soffrire; ciò che è fatto
è fatto ma quel
che sarà può prendere una piega diversa a seconda
delle nostre
disposizioni naturali e personali.
E
pure dei nostri desideri, se ci impegniamo a fondo.
Non
conosco la ragione dello scaturire di queste parole... Sarà
il
clima, ciò che vi si raccoglie attorno e che viene
condensato nella
nebbia scaltra e bassa, ma ora non posso né voglio
preoccuparmene.
Dato che una scintilla lucente si fa strada lungo il sentiero che
porta dritto a me.
La
mia metà lontana si avvicina e devo fare in modo che il suo
ritorno
sia accolto nel migliore dei modi. Tutto dovrà essere
perfetto
perché si ricordi che quello verso cui torna è
ciò di cui ha più
bisogno.
***
“Brrh,
che freddo...”
“Guarda
chi si rivede!”
“Scusa
per il ritardo amore. Ho cominciato a scattare qualche foto e poi mi
sono abbandonata ad un paio di orette di ozio, solo che mi son
lasciata prendere la mano...”
“Oh,
me ne sono accorta!”
“Sei
arrabbiata con me?”
“No,
però adesso fili di sopra e ti fai un bel bagno bollente.
L'acqua è
già pronta.”
“Ti
adoro piccola! Se non ti dovessi già sposare ti
sposerei!”
“Ehm...
sì...”
Deve
aver imbarcato troppa acqua...
Forse
è meglio che vada a controllare come sta. Sicuramente allo
spuntar
della sera le verrà un febbrone da cavallo.
Non
che mi dispiacerebbe prendermi cura di lei, anzi!
“Ruka,
tutto a posto?”
“Aah,
sì, tutto ok. Solo qualche dolorino qua e là ma
ne è valsa la
pena.”
“Si
stava bene lì fuori, eh?”
“Una
meraviglia! Era da tanto che non mi sentivo così libera ed
integrata
nella natura. Mi ha fatto bene anche se la probabilità di
beccarmi
un bel raffreddore è alta.”
“Di
ciò non hai di che preoccuparti. Ci sarò qui io a
badare a te. Non
ti lascio sola, mia cara.”
“Buon
per me. Perché non vieni a farmi compagnia prima che l'acqua
diventi
troppo fredda...”
“Hmm,
non mi sembra una cattiva idea!”
Che
sia il caldo del vapore o il modo seducente con cui Michiru si
spoglia a farmi salire la temperatura poco importa.
Ci
pensa il contatto con il suo corpo ad ammansirmi e a farmi pensare al
presente a discapito di passato e futuro... Ci penseremo più
tardi!
***
“I
soba con il minestrone... Non è una ricetta elaborata ma ci
stanno
divinamente insieme! Ci volevano proprio con tutto il freddo che ho
preso.”
“Volevo
prepararti un bello stufato ma dato il cattivo tempo non sono
riuscita a procurarmi tutti gli ingredienti. Sono contenta che ti
siano piaciuti comunque.”
“Oh,
sì. Erano ottimi! Ed è per questo che ora tu te
ne vai vicino al
fuoco, sotto la tua bella coperta sul divano, e lasci fare tutto a me
in cucina.”
“Se
insisti...”
“Mattacchiona!
Quasi quasi non mi lasciavi finire la frase.”
“Suonava
così bene che ho colto l'occasione al volo!”
“Va,
prima che cambi idea...”
“Sissignora!”
Mi
metto con calma a rassettare la cucina mentre la mia bella ragazza si
è accoccolata fra i grandi e morbidi cuscini del nuovo
divano.
Dal
televisore brillante giungono i suoni di un ambiente quasi
amazzonico, proveniente da uno degli ennesimi documentari di cui non
perde nemmeno mezzo secondo.
Rinunciare
ai cartoni animati non è stato poi così doloroso,
se sono comunque
riuscita a soddisfare la mia metà.
Certo,
la Pantera Rosa mi mancherà nelle noiose mattine in cui non
potrò
lavorare, però in quelle buone potrò godermele
nella minuscola tv
delle baracche della riserva. Giusto in quei momenti in cui hai
bisogno di staccare la spina e non pensare ad altro. Al compito di
portare altrove la tua concentrazione adempirà l'oritteropo
intento
a cacciare la formica, o almeno a provarci.
Con
questi pensieri mi ritrovo a dover mettere già i piatti in
lavastoviglie, pronti per subire un bel lavaggio.
Posso
andare a godermi le coccole di quella bella moretta laggiù,
sempre
non preferisce qualche adorabile cucciolo di qualcosa a me.
Non
mi resta che scoprirlo...
“Amore,
ho visto le previsioni e dice che verrà giù il
diluvio anche per i
prossimi tre giorni... Devi proprio andare a lavorare questa
settimana?”
“Sì
piccola. Devo far sì che tutti gli animali siano al sicuro
nei loro
habitat coperti.
Non
posso lasciarli fuori. Sarebbe una perdita enorme e non voglio
mandare all'aria tutto il lavoro fatto ora che sono riuscita a
riportarla a galla.”
“Lo
capisco, però sarà molto pericoloso...”
“Questo
è vero, tuttavia è un rischio che devo correre
per forza.
Tutto
il benessere che sto riuscendo a darti proviene da questo, Michiru, e
non posso né voglio rinunciarvici.
Sei
preoccupata per me?”
“Un
po', soprattutto dopo ciò che è successo a
Rei.”
“Quelle
aree non sono zone faunistiche vere e proprie. Sono un patrimonio
naturale importante, certo, ma lì non ci sono animali da
mettere in
salvo.
Anche
loro sanno che non è un posto sicuro quello,
perciò non hai niente
da temere.”
“...
Ok... Però devi promettermi che ci terremo in contatto il
più
possibile!”
“Se
questo ti recherà meno ansia, va bene. Ti chiedo solo di non
impazzire subito se non dovessi risponderti. Utilizzeremo la maggior
parte delle linee radio della riserva per le comunicazioni tra le
squadre e potrò capitare che siano occupate.
Vedi
di non disperare in quei casi, intesi?”
“Sì.”
“Adesso
non pensarci, godiamoci i due giorni di riposo che ho e non
affrettiamo i tempi.
Quando
arriverà il momento, mi concentrerò sul lavoro.
Ora come ora voglio
solo dedicarmi a coccolare la mia donna, dato che oggi mi ha viziata
più del solito.
Non
che mi dispiaccia, sia chiaro!”
“Va
bene...
Ti
amo.”
“Ti
amo anche io.”
Decido
di scacciare via i brutti pensieri causati dalle previsioni e di non
sciupare in malo modo il tempo tranquillo che ci resta da spendere
assieme.
Prendo
il suo braccio destro e mi ci accoccolo come se non volessi lasciarla
andare mai più, contrastando con quel contatto ogni ansia
che sia in
grado di minare le ore calme prima della tempesta.
La
sua reazione mi conforta perché con le dita affusolate
comincia a
farmi il solletico ad un fianco e il mio scoppiare a ridere
è quasi
immediato.
In
un batter d'occhio mi ritrovo sotto di lei in preda alle risa che con
il loro volume riescono a coprire ed azzittire tutte le più
piccole
preoccupazioni che occupavano la mia mente.
A
volte temo di poterla offendere con le mie congetture, che lei creda
che io non sappia che sa cavarsela al meglio. È anche per
questo che
cerco di fargliele pesare un po' meno... Ciò aiuta anche me,
in un
certo senso, perché riesco ad avere più fiducia
in me, a divenire
più forte, dando di rimando più sicurezza a lei.
È
curioso come le tue debolezze possano darti spunto per creare nuove
forze che ti aiutano a migliorarti senza chissà quale epica
impresa.
Strano
arrivare a formulare ciò durante una sessione di solletico
sfrenato...!
***
“Amore,
sto per uscire.
La
situazione è meno ingarbugliata del previsto e una gran
fetta degli
animali è riuscita a mettersi in salvo da sola.
Se
continua di questo passo i danni saranno meno ingenti di quanto
prospettato, però non voglio abbassare la guardia quindi la
tabella
di marcia non cambierà.”
“Arrivo...”
“Sbrigati
piccola, altrimenti non potrò salutarti.”
“Eccomi,
scusa...”
“Tranquilla,
l'importante è poterti abbracciare prima di
partire.”
“Sta
attenta. Baciami...”
L'idea
di un solo bacio che ne comprende mille cambia aspetto ogni volta che
un qualcosa si mette tra di noi, confondendomi e confortandomi allo
stesso tempo.
Da
un avvenimento che potrebbe sconvolgere la nostra realtà a
quello
successivo sento che i suoi gesti si fanno man mano più
maturi e
sembra che oltre all'affetto che condividiamo voglia lasciarmi un
pezzo della sua forza, del suo coraggio e anche della sua speranza.
Faccio
tesoro di tutto ciò che mi cede, tenendolo dentro di me per
sfruttarlo al massimo quando si presenterà la propizia
occasione.
L'adrenalina
che sta iniziando ad immettersi nel circolo mi grida di tenere gli
occhi aperti, di non essere precipitosa. Devo mantenere la calma e i
sensi vigili ad ogni movimento. Mai prendere sotto gamba
alcunché
perché quest'ultimo potrebbe farti lo sgambetto e farti
ritrovare
col muso per terra a leccarti le ferite.
Trasformo
l'ansia in energia da rilasciare gradualmente e salgo sull'elicottero
con uno dei miei fidi collaboratori, pronti a mettere in atto il
nostro ben studiato piano di ricollocazione.
“La
prima tappa sarà quella dei cervi Haruka. I lupi e le volpi
sono già
riusciti ad organizzarsi senza di noi e non corrono pericoli.
Ho
comunque mandato una squadra a controllare la situazione e ci
aggiorneranno in tempo reale ad ogni passo.”
“Ottimo
lavoro Rich. Su quali altri habitat dobbiamo intervenire?”
“La
laguna dei nidi ha bisogno di essere sgomberata da alcuni tronchi
d'alberi caduti. Nella foresta rossa tutto sembra essere regolare,
solo alcune file di felci sono state abbattute dalla pioggia.
Nel
primo caso le unità sono già al lavoro per
mettere tutto in
sicurezza.
Katsumi
ci dice proprio adesso che i castori sono stati messi in salvo,
così
come le donnole e le lontre.
A
questo punto restano da controllare gli habitat degli orsi, le
stalle, e alcune delle voliere degli uccelli migratori.”
“Bene...
Quante sono le zone fino ad ora irraggiungibili?”
“Nessuna
per il momento.”
“Perfetto.
Dirigiamoci verso gli habitat degli orsi. Sono i più estesi
tra
quelli da salvaguardare e prima ci muoviamo più
possibilità abbiamo
di diminuire l'entità dei danni.”
“Agli
ordini!”
“Michiru,
mi senti, passo?”
“Sì.
Com'è la situazione, passo?”
“Stiamo
procedendo bene. Puoi eliminare dalla cartina la priorità
massima
dagli habitat di castori, lontre, donnole, lupi e volpi.
Segna
sulla tabella che l'ultima squadra a finire la prima assegnazione si
occupi di quelle zone alla fine delle ricerche. Passo.”
“Sarà
fatto. Ho ricevuto notizie dalle stalle e anche lì
è tutto a posto.
Ci sono danni strutturali a qualche box ma gli animali stanno tutti
bene.
Posso
declassarla a priorità minima come le altre?
Passo.”
“Ok.
Stai seguendo il notiziario? Passo.”
“Sì,
ci sono state difficoltà in alcuni pascoli adiacenti alla
riserva,
ma grazie agli uomini che hai mandato e a intraprendenti volontari
l'emergenza è rientrata. Passo.”
“Questa
è una notizia fantastica! Noi abbiamo lasciato l'elicottero
a causa
del ricominciare della pioggia e proseguiremo con i mezzi di terra.
Continuiamo a tenerci in contatto e appena avrai altre notizie
inoltramele, ok?
Passo
e chiudo.”
“Vi
terrò informati. Chiudo.”
Sono
passate due ore e mezza dall'ultima conversazione con Haruka.
Fino
a quel momento stava andando tutto bene perciò non voglio
preoccuparmi troppo.
Mi
sono offerta di aiutarla a dirigere le operazioni e voglio mantenere
fede all'impegno preso. E poi è sempre meglio rendersi utile
piuttosto che stare lì col cuore in gola ad aspettare.
“Chiediamo
contatto a base zero. Abbiamo sgomberato le stalle ma non riusciamo a
contattare il capo per ricevere nuove assegnazioni. Passo.”
“Qui
base zero. Hanno abbandonato l'unità di cielo per passare a
quella
di terra. Mi hanno lasciato detto di mandarvi in perlustrazione negli
habitat degli animali acquatici e dei lupi e delle volpi.
Qual'è
la vostra posizione attuale? Passo.”
“Ci
troviamo a duecento metri in linea d'aria dalla voliera degli uccelli
esotici. Passo.”
“Bene,
allora occupatevi di quell'area e poi raggiungete quelle a minor
priorità. Passo.”
“Agli
ordini base zero. Passo e chiudo.”
“Bene,
chiudo.”
Ok,
un'altra zona coperta.
In
mezzo a tutta l'ansia del caso devo ammettere che c'è un
lato
divertente in tutto questo. Mi sembra di essere in un episodio di
Hazzard comunicazioni radio comprese. Oh, beh, se vi state chiedendo
se sia soggetta anche io al fascino dei due cuginetti vi sbagliate di
grosso. Io sono sempre e solo impazzita per Daisy, cari miei. E non
dovreste nemmeno esserne sorpresi...
Adesso
è meglio avvisare Haruka che non dovrà
più occuparsi né delle
stalle né delle voliere al centro della riserva.
Lei
dovrebbe trovarsi ancora nella zone degli orsi, quindi la sua
frequenza è la quinta...
“Haruka,
il sesto settore è stato sgomberato e la squadra nove si sta
occupando delle voliere centrali per poi proseguire con le zone di
minore priorità. Passo.”
“Base
zero, qui squadra uno.
Io
ed Haruka ci siamo divisi e abbiamo quasi concluso la perlustrazione
del settore quattro.
Dove
abbiamo la maggior densità di rischio nelle aree non ancora
controllate? Passo.”
“I
distretti due e cinque delle restanti voliere sono quelle a rischio
più alto. Passo.”
“Bene,
allora assegnaci a quelle zone assieme ad almeno altre due squadre.
Passo e chiudo.”
“Sì.
Interverrete con le squadre otto e dieci. Chiudo.”
***
Com'è
bello il sole di mezzogiorno dopo tanta pioggia e tanto vento
arrivato a spazzare via quelle nuvole cupe e minacciose. Mi riscalda
il viso ripagandomi del lavoro fatto nella salvaguardia degli animali
e dei loro ambienti, che per fortuna hanno subito danni meno gravi di
quelli che invece avevamo immaginato.
Il
sudore e l'acqua si mischiano e si confondono sulla mia pelle,
infiltrandosi tra le fughe dei vestiti fradici e fangosi. Ci tengono
a ricordarmi l'impegno mantenuto, a non farmi perdere il contatto con
le sensazioni provate per aver fatto bene il proprio lavoro.
I
raggi le asciugano facendole comunque arrivare in profondità
nella
carne, divenendo piccole perle che ci terranno compagnia per tutta la
vita, silenziose ma utili.
La
distanza da casa è ancora immane, ma sapere che
lì si trova la mia
donna mi fa sopportare i chilometri che ci dividono. Il mio premio
più grande, quello che si infischia del merito che ho
guadagnato o
meno, è tra quelle quattro mura che mi chiamano a gran voce
e che mi
aspettano a porte aperte. Lì c'è l'altra
metà del mio cuore che mi
aspetta e che mi ha dato un aiuto così importante nel
superare le
difficoltà, che non so proprio come potrei ricambiare.
Ringrazio
il buon cuore della natura che mi ha risparmiato e chiudo il fluire
di queste frasi per recuperare un po' di forze, prima di rivedere chi
mi tiene a galla in questa infinità di flutti.
Aspetto
il ritorno di Haruka da quattro ore. Ci siamo sentite poco dopo
mezzogiorno e mi ha detto che tutto era andato meglio del previsto,
che non era ferita e che non vedeva l'ora di tornare a casa.
Dalla
voce si capiva quanto fosse esausta, ma pur sempre soddisfatta del
lavoro fatto, e io non posso quantificare quanto sia fiera di lei e
del suo carattere forte.
'Ricordati
la parola data Michiru: non devi farti prendere dal panico!'
Tra
i miei pensieri questo era il mantra che mi sono riproposta per tutta
la giornata e che mi ha dato la forza per crede in lei.
Con
questo sussurrare nella mente, un altro elemento è
rispuntato in
quel medesimo luogo
l'amico che da tanto
non poteva farmi compagnia. ho bandito tutto il resto e sono salita
nella camera vuota a recuperare il violino che mi fabbricò
tanto
tempo fa. Quale modo migliore di attenderla qua senza dover per forza
starle lontana, mi sono detta.
È
così che ho cominciato a suonare come non facevo da tanto,
per
tenerle compagnia durante tutto il viaggio, sperando di riuscire a
raggiungerla con questa melodia di attesa, speranza mal celata e
anche un pochino di ansia di prestazione.
Non
sto più nella pelle perché possa sentirmi da
vicino e dirmi cosa
pensa della mia ultima composizione e a questo riguardo
saprò essere
paziente. Dopotutto avrò ancora tante altre occasioni per
suonargliela!
***
Continua
il ticchettare delle gocce ovunque, nonostante abbia smesso di
piovere da un pezzo. Cadono giù dalle grondaie sul legno,
dalle
foglie degli alberi sulle pozzanghere tra di essi, dalle altre foglie
sui sassi del giardino, da una foglia a quella sottostante, e poi su
quella sotto ancora, seguendo quasi le curve di uno scivolo
invisibile.
Questo
concerto di sole poche note riecheggia nell'orecchio libero come se
ci trovassimo dentro ad un tubo d'acqua in un oceano un poco
increspato.
A
convalidare questa sensazione ci pensa il battito del cuore di
Michiru che mi culla, lavando via pian piano il freddo e la
stanchezza di questa giornata. L'abbassarsi e l'alzarsi del suo petto
sono divenuti la mia ragion d'essere dopo che ne sono stata distante
per gelide e fradicie ore, e adesso non riesco ad immaginarmi priva
di essi.
Vorrei
poter rimanere così fino ed oltre l'alba di domani, seppure
so che
non sarebbe affatto sano.
La
sua voce mi dissesta dallo stato di placidità in cui verso,
chiedendomi se voglio qualcosa in particolare per la cena.
Ciò mi
turba un po', perché significa staccarmi da lei, ma al mio
stomaco
non sembra interessare...
Temo
che dovrò dargliela vinta, stavolta, e tentare di consolarmi
con i
rumori che presto si udranno incassati tra le pareti della cucina.
Che
cruccio che siamo noi esseri umani!
Trasognante
si perde a rimirare il soffitto alto e legnoso persa in
chissà quali
elucubrazioni, spero non troppo complicate perché credo sia
già
abbastanza stanca di suo.
Inizio
ad armeggiare tra pentole e ingredienti tirando fuori tutto
ciò che
mi serve, pensando a come potrei farcire le due paste sfoglie
preparate in assenza di Haruka.
In
frigo c'è del pesce spada affumicato e poi abbiamo anche dei
gamberetti di fiume che uniti insieme ai pomodorini potrebbero
diventare un ottimo ripieno per una torta salata. Potrei farne anche
una seconda con pomodori secchi e mozzarella con aromaticità
data da
origano fresco e secco, magari del timo...
Sì,
penso che possa venirne fuori una pietanza soddisfacente!
Ogni
tanto le lancio un'occhiata mentre è intenta a passarsi la
mano tra
i capelli e ad arruffarli restando comunque attraente, a rimuginare
sulla giornata o forse a lasciarsela alle spalle per scrollarsi di
dosso lo stress, cercando di non pensare a niente.
La
stanchezza le segna il volto e le membra e per far sì che io
suoi
sforzi non passino inosservati, dedicherò tutta me stessa a
prepararle una cena coi fiocchi senza però affaticarla
troppo; così
la mando a letto senza appesantirla eccessivamente!
Ora
è bene concentrarsi sul preparargliela la cena...
***
“Dobbiamo
per forza alzarci dal letto stamattina?”
“Non
saprei. Hai qualcosa di urgente da fare?”
“No
a dire la verità, quindi possiamo restarcene beate a
poltrire.”
“Non
avrei mai immaginato di sentirti dire questo...”
“È
colpa tua. Mi hai fatto lavorare troppo ieri.”
“Come
non detto...”
Le
ciocche bionde e appuntite di Haruka, fresche del suo nuovo taglio,
pungono sulla pelle della mia pancia nonostante sia protetta dalla
giacca di felpa del pigiama.
So
che è un pochino tardi per indossarla, ma stamattina non ho
davvero
intenzione di cambiarmi: credo proprio di meritarmi un po' di ozio,
una volta tanto!
Nella
stanza si possono leggere sulle pareti le piccole fluttuazioni della
luce filtrante dalle tapparelle, che scontrandosi con le gocce di
acqua rimaste incastrate nelle loro fughe, prendono la forma di
ragnatele circolari di perle entro cui sono racchiusi frammenti
celesti e verdi scintillanti.
Chissà
se anche lei può vederli, o almeno intuirli, guardando
nell'esatta
direzione da cui provengono...
I
lampi di verde brillante che si vedono fuori dalle finestre sfidano
le mie iridi a fronteggiare il loro clangore visivo con la
determinazione di un piccolo ma ben organizzato esercito. Sembra
quasi di sentire le urla del capitano che dà ordini alle sue
truppe
tra il verso dei gabbiani, in alto negli spazi di cielo liberi dalle
nuvole, e in basso a pochi metri da noi nella coltre di alberi della
foresta.
Sciabole
di raggi le loro armi contro la mia baldanza, efficaci ma non
frenanti, visto quanto sia ben lieta di rivaleggiare con loro in
questa battaglia a suon di luci. Concedermi qualche ora di pigrizia
non deve certo precludermi il diletto recato da uno scontro a fuoco
in grado di tenermi impegnata senza dover sprecare inutilmente queste
ore di stasi che stiamo vivendo. Perché mai privarmi della
possibilità di rendere importante anche un momento di pura e
non
dannosa accidia?
***
“La
temperatura si è alzata. Sembra che la primavera si sia
decisa a
sbocciare. Ti va di andare in giro per la riserva come facevamo
prima?
Potremo
fare un salto al mercato solo per fare incetta di tutti i suoi
profumi e colori.”
“Ci
sto! È da tanto che non lo facciamo.
Non
so perché, ma oggi sento che sarà più
speciale del solito.”
“Ben
venga! Lo sai quant'è inestimabile per me il tuo benessere,
e se
possiamo andarci incontro anche oggi, precipitiamoci!”
“La
tua lena mi attrae, però che ne dici se ce la prendiamo con
calma?
Voglio
assaporare al meglio ogni momento. Tutto ha più gusto se lo
vivi e
assaggi senza fretta.”
“Sono
d'accordo con te.”
“Allora
andiamo.”
Eccomi
già qui con un capitolo nuovo fiammante! Spero sia di vostro
gradimento.
Ho
adottato un nuovo metodo di produzione quindi credo di poter
diminuire la durata dei miei biblici tempi di attesa tra una
pubblicazione e l'altra.
Sono
solo agli inizi dell'adozione di questo nuovo espediente ma prometto
che mi impegnerò nel rispettarlo il più possibile
perché voglio
offrirvi il meglio.
Le
cose si faranno interessanti nei prossimi capitoli e si
arriverà ad
un momento che tutti noi aspettiamo (e scommetto che intuite
già di
cosa si tratta...) perciò continuate a seguirmi e ne vedremo
delle
belle!
Ora
vi lascio ché la mezzanotte s'appropinqua e anche il momento
di
andare a nanna si avvicina per la vostra Miss, orbene, buonanotte a
tutti!
A
preeeesto ;)
|
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Capitolo 8 *** Capitolo otto: Noi ***
Eccomi
di nuovo fra di voi, sempre se a qualcuno interessa.
I
miei soliti problemi di salute mi hanno tenuto nuovamente lontana
dalla pubblicazione, ma se qualcuno tiene sempre a questa storia io
tornerò sempre per onorare la sua costanza, anche se dovesse
essere
una sola persona.
Non
intendo farvi indugiare oltre lettori, vi do solamente la buonanotte
e
mi fermo a ringraziare chi mi è stato sempre vicino. Questo
capitolo
è dedicato proprio a te, temerario seguace ;)
Buona
lettura!
Perfectly
Mine
Capitolo
otto: Noi
“Oddio,
guarda che carino questo!”
“Molto
simpatico, sì.”
“Allora,
signorina, le piace quel che vede?”
“Oh,
sì! Tutto è bellissimo qui! Sarà
davvero un'ardua impresa
scegliere le bomboniere fra tutte queste meraviglie.”
“Beh,
la ringrazio per le lusinghe. E comunque non si preoccupi. Ho aperto
il negozio apposta per voi, quindi ha tutto il tempo che desidera,
mia cara,”
“Non
so davvero come ringraziarla signor Takemori. Lei è stato
incredibilmente gentile.”
“Tutto
per la futura sposa della mia più affezionata cliente!
Ora
devo proprio lasciarvi. Devo sbrigare alcune faccende, per cui vi
lascio.
Divertitevi
ragazze.”
“Grazie
di tutto Atsushi.”
Il
buffo signore, fischiettando, recupera i suoi sopra-indumenti
dall'antico appendiabiti di legno intagliato. La sua mole sembra
appartenere ad un gigante se non fosse per la sua figura snella e il
suo bell'aspetto. Il suo viso ispira simpatia da ogni sua parte, dai
baffoni bianchi e folti agli occhi vivaci e birichini, passando per
il naso rotondo e grande.
Un
tipo molto interessante, insomma!
E
che mani ha! Dita lunghe e agili, forti di tanti tagli e pestaggi,
che hanno saputo lavorare qualsiasi materiale venisse posto davanti
loro. Mani da uomo esperto ma non superbo e che questo attributo l'ha
saputo mettere in tutte le opere realizzate.
Il
rumore d'accensione della sua macchina, una vecchia ma tuttavia
prestante Bentley d'un colore chantilly che certo poteva essere
scelto solo da un uomo dai gusti sopraffini e dalla mente libera da
preconcetti e altre castronerie come lui, mi distrae dal flusso
stesso dei miei pensieri.
A
far concentrare su di sé la mia attenzione è ora
la luce del
mattino che riverbera tra gli oggetti di legno, proiettando verso
ovest le loro ombre longilinee quasi distorte, comunicandoti che il
loro comune obbiettivo è solo uno: ottenere il tuo interesse.
“Allora,
c'è qualcosa che ti piace in particolare?”
“Sì,
molte cose a dire il vero. Il problema è che non so cosa
scegliere.
È tutto bellissimo!”
“Lo
so bene amore, ma purtroppo non posso permettermi di comprarti tutto
il negozio...”
“No,
non te lo chiederei mai. Dovremmo costruirci una nuova casa per poter
ospitarlo tutto...”
“Infatti.
Su
cosa sei maggiormente orientata? Vorresti qualcosa di unico per
ciascuno degli invitati slegato da tutti gli altri o preferisci
cercare una serie di oggetti che facciano parte di una stessa
famiglia?”
“La
seconda opzione è quella che più mi attizza.
Vorrei che ciascun
oggetto fosse speciale e originale in sé, ma voglio che
appartenga
ad una serie determinata. Ogni oggetto deve essere legato a tutti i
suoi simili, così come noi siamo legati alle persone a cui
teniamo
di più.”
“La
tua è un ottima scelta e... so anche dove trovare quello che
stai
cercando. Seguimi.”
La
prendo sottobraccio e la conduco al centro della bottega ove, sotto
un magnifico lucernario, si trova il meglio del meglio delle
collezioni del negozio, tutte conservate e sistemate in modo
impeccabile sui ripiani di un ottagono di espositori che constano
otto scaffali ciascuno. Non a caso hanno costituito e costituiscono
tutt'ora la fortuna dell'attività del signor Atsushi.
Oltre
ad essere ordinate, tali collezioni hanno una disposizione
particolare, in quanto le prime due scansie di ogni espositore sono
occupate da miriadi e miriadi dei soldatini che tanto ho amato quando
ero bambina.
Fronteggiamo
il primo escludendo le prime quattro famiglie e soffermandoci,
invece, sulle altre sei mensole. Scorriamo con gli occhi le nove
Muse, le cui vesti sembrano danzare fra vento e luce in compagnia a
quelle delle Ninfe. Abbiamo poi gli dei e le dee, sia greci che
romani e perfino quelli celtici a cui seguono tutte le figure delle
fantasie classiche e nordiche. Insomma, la mitologia in tutte le sue
lingue e i suoi protagonisti. Non potrei scordare tutte le ore
trascorse ad ammirarle ipnotizzata.
Dopo
fate, gnomi, elfi e i restanti esponenti della comunità
magica
incontriamo quelli che fanno bella la Natura. Fiori, piante e alberi
di tutte le specie mimate alla perfezione nelle foglie, nei frutti e
nelle radici. Perfino funghi compaiono in questo
naturalistico
teatro in miniatura. Da nessun'altra parte del mondo potrebbe
trovarsi un qualcosa di simile.
Andando
avanti cominciano a mostrarsi gli animali provenienti da ciascuna
fascia climatica esistente sulla terra.
Si
inizia con i vari animali domestici e da cortile, quelli a cui noi
tutti siamo più affezionati, e seguono gli animali dei poli
nord e
sud. Questi paiono portarti un po' del loro freddo, merito della
fedele riproduzione che rappresentano.
Procedendo
abbiamo ampia visuale degli abitanti della savana, della tundra,
della steppa e ancora della foresta pluviale.
Continuo
a scorrere le varie faune accompagnata dallo sguardo di Michiru, ma
per qualche secondo di anticipo la supero. Passiamo la seconda e la
terza vetrina in rassegna e quando volgo gli occhi in direzione della
sesta per vecchie riminiscenze di qualcosa di particolare, sento che
invece si blocca alla quinta esultando subito dopo.
Torno
indietro da lei e il suo gongolare mi colma di gioia.
“Missione
compiuta!”, esulta,
e indovinate un
po' cosa ha scelto...
“Ho
trovato quello che cercavo!
Voglio
gli animali della Foresta! Sono perfetti per noi!
Certo,
dobbiamo assegnare con coscienza ciascun animale ad ogni invitato, ma
è proprio ciò che voglio. Non possiamo sbagliare
con questi!”
“Se
lo dici tu, mi fido! Sono felice che sono riuscita ad accontentarti
al primo colpo.”
“Non
potevi darmi suggerimento migliore di questo! Grazie amore...”
“Figurati
piccola.”
La
gratitudine si rinnova in un bacio che mi stringe il cuore
cosìccome
la vista di un tramonto sotto al cielo che preannuncia una serata
tranquilla.
Quella
che sarebbe potuta essere una ricerca infernale si è
proficuamente
rivelata una passeggiata piacevole nel paese incantato, un connubio
tra il Paese dei Balocchi e Quello delle Meraviglie.
Rinnovo
il gesto baciandola ancora una volta, piano e ripetutamente, e la
felicità per la conquistata meta si accresce sempre di
più
portandomi in estati.
Posso
decisamente eliminare le bomboniere dalla lista “fonte di
preoccupazione” e tutte le ansie e le paure recatomi dal
timore di
non riuscire a trovare qualcosa che diventasse qualcosa di davvero
speciale mi salutano andandosene per la propria strada.
Che
sollievo trovare una soluzione in modo rapido e indolore!
Chiedo
ad Haruka di posizionare il nostro ambito tesoro nel loro apposito
scrigno e di continuare con il tour del negozio perché ora
ho
proprio voglia di godermelo.
Me
lo merito dopo una ricerca ardita ma portata avanti con successo.
Chissà, magari ci scappa anche qualche ulteriore acquisto...
“Lo
immaginavo.”
***
“Un
giorno potrò sapere cosa stavate tramando tu e Atsushi
mentre ponevo
le bomboniere nella scatola?”
“Sì,
prima o poi lo scoprirai. Nel frattempo credi di poter aggiustare la
credenza a forma di trifoglio di tuo nonno? Vorrei metterla in
terrazza nell'angolo riparato.
Farebbe
davvero un bel figurone tra i raggi del sole...”
“Non
ricordo in che condizioni l'abbiamo lasciata dopo averla trovata in
soffitta. Posso provarci, però.
Come
mai questa richiesta?”
“Mi
sono ricordata di uno dei quadri del nonno e ho visto quanto era
bello l'effetto che dava nelle giornate di sole. Ti dispiace?”
“No,
assolutamente no! Vivremo insieme in questa casa per il resto dei
nostri giorni e voglio che tu la senta tua come io la sento
mia.”
“Fantastico
allora!
Diamo
un'altra occhiata alle bomboniere? Sono così belle che quasi
mi fa
strano darle via...”
“Vado
a prenderle. Perché non le ritrai, così avrai
sempre una copia per
te? Potresti realizzare dei quadretti piccoli da sistemare nella
camera vuota, sopra la scrivania, per esempio.”
“Ottime
idee entrambe! Hai risolto due miei problemi in un battibaleno oggi.
Come sei efficiente!”
“L'amore
è anche questo piccola. Eppoi lo sai quanto mi fa piacere
vederti
serena e soddisfatta. La tua tranquillità è la
mia prima priorità
principessa.”
“Sono
contenta che tu abbia detto ciò una volta vicine.
È importante che
tu lo abbia condiviso così. Grazie.”
“Hm...
Figurati.”
***
Liberata
l'isola da centrino e centrotavola comincio a disporre tutto il
materiale necessario per ritrarre queste fantastiche creature e farne
tanti piccoli quadretti da appendere nella stanza vuota della casa.
Velocemente
prendono posto sulla superficie liscia e levigata la valigia dei miei
pastelli, di cui non ricordo nemmeno il numero, un paio di blocchi A4
da cui ritaglierò le mie tele, tre gomme chiodino, una gomma
normale
e un temperamatite munito di contenitore.
Con
grande euforia mi siedo ed inizio a osservare attentamente le
fattezze del primo animale, l'astore.
Il
becco nero e aguzzo rivolto all'ingiù, il cipiglio freddo e
guerresco incorniciato da un piumaggio cenere interrotto da spruzzate
bianche e precise ai lati del corpo.
Il
petto in fuori percorso da una flotta aerea di bombardieri che si
presenta in picchiata anche sull'interno delle ali e fino alle zampe
che si dipartono gialle e sormontate da artigli potenti e gagliardi.
Dorso
scuro dall'ali eleganti, aristocratiche nella loro posa più
una coda
importante e pluripennata completano la figura di questo guerriero
dei cieli che sarà d'ora in poi protettore del nostro caro
Luc, il
quale ha una passione sfrenata per questo maestoso rapace.
Ora
tocca a Rei e Minako, per le quali abbiamo scelto un altro rapace, lo
sparviero da sempre simbolo di origine guerresca e indole vittoriosa.
Perfetto per le nostre ragazze!
Il
suo piumaggio è bruno, cadenzato sul davanti da strisce non
uniformi
in una livrea simile a quella dell'astore, come vale per la coda. Il
becco è cadente e poco ricurvo, lo sguardo splendente
più di un
topazio.
Rubano
la scena poi gli artigli lunghi e fini ancorati alle zampe lunghe e
chiare.
Anche
questo padrone dei cieli nel solcare i suoi domini mostra tutta la
sua eleganza, la potenza della sua volontà e la maestria dei
suoi
attacchi.
Spero
che le ragazze apprezzino e comprendano il valore di questo dono il
cui significato mi auguro non sia troppo arduo da comprendere.
Non
vedo l'ora di sapere come tutti reagiranno...
Un
ultimo volatile popolerà questa collezione, un pennuto
dall'aspetto
simpatico, la cui effigie è collegata a risvolti poco
piacevoli ma
che, proprio da questi, ho deciso di depauperarla perché io
la trovo
comunque una creatura affascinante
Sto
parlando della civetta artica, con i suoi occhi gialli a contrasto
col nero della pupilla, il muso bianco da cui pende il becco cadente
e scuro e che risalta nel bianco del colletto che scendendo per il
busto si mischia a striscette brune ripetentisi per tutto il resto
della sua livrea dal davanti all'indietro del dorso, per poi
interrompersi nel candore delle zampe corte e tozze che si fanno
affilate negli artigli ricoperti da piume.
Di
questo rapace voglio far dono ad Usagi e Mamoru, perché
della
saggezza che guida, essi come essa, hanno fatto il loro modus vivendi
come se in loro albergassero due sovrani d'altri tempi.
Abbandoniamo
i cieli e spostiamoci a terra, nei boschi, dove su spunzoni rocciosi
domina i suoi territori il lupo.
Orecchie
raddrizzate pronte a carpire pericoli o occasioni favorevoli, sguardo
scrutatore color rame, manto cinereo sul capo che va poi ambrandosi
sul resto del corpo agile e muscoloso, scemando sul pallido verso le
zampe possenti e la corta e folta coda. A spezzare il colore
è il
naso nero, assieme a quelle strisce che contornano le fauci maestose,
nascoste perché serrate dalle mascelle.
Arriva
a risaltare anche il bianco delle guance, mescolato tra il grigio e
il rossiccio del muso.
Spetterà
a Hideo questo cacciatore, perché quando mi apparve innanzi
agli
occhi la prima volta che lo incontrai mi sembrò proprio un
affascinante e statuario licantropo dallo sguardo penetrante.
Rannicchiata
in un letto di frasche troviamo invece la volpe, al fresco tra le
alte fronde. Le orecchie ben alzate non la dispensano dall'udire
pericoli, lontani o vicini che siano. Lo sguardo birichino color
miele si perde a controllare tutto ciò che le sta attorno
mentre il
suo manto luccica ai raggi del sole nel suo rossore, che va poi a
dissiparsi nel bianco della punta della coda. Essa nasconde,
impedendone la vista, le zampe e il muso, su cui non s'intravvede un
angolo del naso neretto. Assomiglia proprio a quella della vicenda
che Haruka e Yasu avevano vissuto quando erano ancora molto piccoli.
Correvano per il vecchio sentiero che portava al mercato quando
persero il proprio pranzo al sacco; se ne accorsero a metà
strada e
quando tornarono indietro trovarono quella furbacchiona che si
pappava tutta quella roba squisita! Poverini...
Beh,
Yasu, spero non ti dispiaccia questa piccola riminiscenza.
Ben
più grosso e men che impigrito, dopo un bel sonnellino, vien
l'orso
che girovaga alla ricerca del suo adorato miele. Il suo pelame bruno
intenso arruffato qua e là suggerisce che, per uscire dal
torpore
del sonno, ha trovato sollievo nelle ripide pareti della sua tana.
Le
grosse zampe lasciano notevoli impronte sulla terra della stessa
entità di quelle lasciatemi nel cuore da quelle persone a
cui andrò
a regalare quest'effigie, simbolo di un guerriero prode e fiero,
perché non c'è modo migliore per descrivere la
forza di volontà e
d'animo di questa copia che mai potrà evadere dalla mia
sfera
affettiva, né dal mio spazio vitale.
Il
senso di protezione che Ami e Makoto riescono ad infondermi in
qualsiasi situazione è il motivo per cui la mia scelta
è caduta
proprio su questo grosso mammifero.
Dal
burbero viaggiatore dei boschi approdiamo ad un viandante quasi
microscopico al suo confronto, un tipetto molto carino che
però sa
ben difendersi dai predatori... Parliamo del signor Riccio!
È
quasi difficile guardarlo a causa del luccicore emanato dalle sue
miriadi di aculei nel mare color corteccia della sua pelliccia. Tra
questi spuntano le due rosee orecchiette fini e dalla forma molto
simpatica.
I
suoi occhietti, nonostante siano minuti e nascosti dalle sfumature
nere del muso appuntito, culminante nell'adorabile nasino. Anche le
sue zampette non sono visibili perché mimetizzate tra l'erba.
Iwao
ed Ellen riceveranno questo dono rappresentazione di riparo,
perché
non esiste miglior esempio al mondo di reciproca protezione di questa
coppia di rocce.
Giungiamo
quindi alla fine di questo bestiarium che si conclude con il Principe
della Foresta, sua altezza il Cervo.
I
suoi palchi fendono l'aria facendola quasi liquefare al minimo
contatto, illuminando anche l'ombra data dai mille alberi. Quelle
gemme inscrutabili che sono gli occhi fanno comunque trasparire
saggezza e lungimiranza, perché non si e mai troppo al
sicuro
nell'habitat dei predatori.
La
pelliccia screziata di un arancione tenue tendente al marrone
è ben
nascosta tra la vegetazione, e comunque le sue zampe lunghe e
prestanti, leggiadre e precise non lo faranno soccombere se non per
fatalità avversa.
Proprio
come Suna, guerriera spietata nonostante tutte le difficoltà
della
sua vita, saggia e cruda negli ardimenti della sua mente, ed
è
proprio per questo che non v'è animale che più le
sia adatto.
Tra
sfumature e contorni ho finito il mio lavoro e sono pronta a farlo
esaminare dalla mia più accanita critica. Chissà
se approva le mie
scelte o avrà qualche perplessità da muovermi.
***
Ci
risvegliamo dal torpore del
lieve sonno pomeridiano che ci ha permesso di riprenderci dalle
fatiche mattutine.
Lo
sfrigolio delle foglie al vento emana frescura all'udito e al
pensiero, donando una piacevole sensazione di rilassatezza.
Il
sole attraversa a raggi le innumerevoli punte della foresta e va a
scontrarsi, stendendosi poi sui nostri corpi, con la tendina di
bambù
che ho da poco messo nelle verande di entrambi i piani per ripararci
un poco dalle temperature estive che sembrano finalmente starsi
avvicinando.
Ho
ancora richiuse fra gli occhi gli splendidi disegni di Michiru,
mentre mi alzo e mi metto seduta, e anche se sono dei brevi flash,
riescono a colpirmi con tutta la loro bellezza. Sembrano poter
prendere vita e popolare così la stanza carente di vita
escludendo
me e lei.
Rivedo
il cervo che mi guarda di rimando in tutta la sua non vanitosa
regalità, i tre volatili appollaiati con eleganza in tre
angoli
diversi della camera da letto.
L'orso
che russa davanti alla porta, la volpe che saltella qua e là
emettendo i suoi tipici versi; il lupo che guarda fuori dalla
finestra per ritrovare la sua amata casa ed infine il piccolo riccio
che si nasconde sotto l'armadio per proteggersi da tutti quei grandi
predatori presenti nell'ambiente.
Se
Mo di Cuore d'inchiostro poteva materializzare dai
libri,
leggendo a voce alta, i loro personaggi, Michiru è in grado
di fare
lo stesso dipingendo.
Mi
rivolgo a lei con lo sguardo e mi accorgo che non è ancora
sveglia
così decido di scostarmi piano da lei per non svegliarla.
Sono
le quattro e dato che non ho cose urgenti da fare mi
dedicherò a
riparare
la
vetrinetta che voleva esporre nel terrazzo del piano terra.
Scendo
le scale e la ripesco dal mio studio, rendendomi meglio conto del
fatto che non è nelle condizioni che speravo.
Dovrò
smontarla pezzo pezzo e sistemarli tutti uno per uno. Sarà
un lavoro
abbastanza lungo e impegnativo per questo voglio iniziare subito. Non
voglio farla aspettare troppo.
Opto
di mettermi a lavorare fuori, sotto il primo pino così
starò al
fresco e non mi affaticherò prima del dovuto. Appoggio il
mobiletto
accanto al tronco e vado nel capanno del mulino a prendere il telone
di plastica che uso di solito.
Sediamoci
e cominciamo. Il primo passo è smontare tutto.
L'apice
a trifoglio ha bisogno di essere rilevigato, ridipinto e lucidato.
Dovrò tagliare lo strato superficiale o riposizionarne uno
nuovo
sopra, ma non credo mi convenga. Sarebbe meglio operare una via di
mezzo togliendo il primo strato e sostituendolo con uno nuovo. So che
mi costerà più tempo e manodopera ma il risultato
sarà migliore.
Ora
che ci penso potrei usare il vecchio orologio rotto che prima si
trovava sul camino. Si erano rotti vetro, meccanismo e lancette
supporto compreso (non vi racconto come...) e a Michiru piace molto.
Quant'è
bella la mente che funziona!
È
rimasto il foro su cui erano montate le lancette ma questo non
è un
problema.
So
già cosa fare, ma per il momento lo lascerò
vagare come idea..
La
stessa sorte dell'apice toccherà ai cinque scaffali spessi
due
centimetri, con altezza di trenta centimetri e larghezza di quaranta
e che costituiscono, assieme allo scaffale che li contiene, la
vetrina vera e propria. Questo neanche è in buono stato...
Forse è
il pezzo più malmesso tra tutti. Lo farò per
primo.
Gli
incastri dell'apice sono stati risparmiati dall'ingiuria del tempo.
Hanno solo bisogno di una bella spolverata.
La
base, ove poggia tutto il resto, con stessa forma e dimensioni
dell'apice non è molto graffiata, e anche il suo incastro
complementare con i tasselli presenti sui due lati e sul retro
versano in buone stato. Un impiccio di meno.
“Ruka,
dove sei?”
“Sono
fuori, raggiungimi piccola.”
“Ehi,
che combini?”
“Voglio
iniziare ad occuparmi della vetrinetta.”
“Di
già? Pensavo non avessi voglia di lavorare e preferissi
rilassarti.”
“Lavorare
per la mia donna è rilassarmi.”
“Oh,
buon per me! Vuoi che ti aiuti?”
“Perché
no, potresti passarmi gli attrezzi.”
“Volentieri!
Sto diventando ferrata in materia.”
“L'importante
è che non diventi ferrosa cara. Sarebbe moolto grave
sennò!”
“...”
***
Superato
l'iniziale trauma della mia uscita a suo parere evitabile e infelice,
dopo aver inforcato gli occhiali e aver preso la levigatrice, ed aver
cambiato programma partendo dagli scaffali, mi dedico alla struttura
mediana, quella più rovinata. La separo nei tre pezzi che la
compongono e inizio a fare l'esterno di uno dei lati. L'interno non
è
conciato male come pareva all'inizio, per cui basterà
lucidarlo e lo
stesso vale per gli altri due interni, mentre anche gli altri esterni
devono subire il medesimo trattamento del loro compare che si sta
'sacrificando' per primo. In un quarto d'ora dovrei aver finito la
fase di levigatura e dopo un'altra mezz'ora saranno ridipinti, anche
se dovrò aspettare ancora per fargli asciugare bene in modo
da
poterli lucidare come si deve.
Bene!
Ora tocca all'apice.
Grazie
all'ottimo servizio svolto dalla mia aiutante tutt'altro che
improvvisata ho già in mano la sega che ad ogni mio
movimento separa
sempre più i due strati.
Questi
sono tenuti assieme da piccoli agglomerati di colla che al passaggio
della lama saltano e scoppiettano come minuscoli petardi.
Bisognerà
rimuoverli prima di montare il vecchio orologio.
“Manca
il raschietto nella cassetta... Vado a prenderlo!”
Caspita,
sta diventando sempre più brava. Andrà a finire
che non avrà più
bisogno di me per i lavoretti casalinghi e io diverrò
obsoleta...
Ahiai!
Mi
riconcentro su ciò che stavo facendo e senza premere troppo
sul
legno, che non ho ancora capito da quale albero è stato
ricavato,
controllerò nei miei giornali da falegname. Il tocco deve
essere
delicato, altrimenti potrei rompere l'asse, che ora ha solo un
centimetro di spessore, ma al tempo stesso devo eliminare ogni
traccia di colla che potrebbe lasciare troppo spazio tra i due pezzi
da assemblare compromettendone la resistenza.
L'orologio
è più sottile rispetto all'apice, ma
più o meno hanno la stessa
forma, anche se orientata diversamente. Ciò darà
un bell'effetto
all'arredo finito.
Ora
posso procedere ad incollarli e con loro avrò terminato.
Non
mi resta che ridipingerli, anche stavolta aiutata dalla mia bella
assistente.
Quando
saranno ben asciutti luciderò anche questi e dopo aver fatto
attaccare bene l'ultima mano di coccole potrò riassemblare
tutto.
Stavo
pensando di montare anche dei vetri per proteggere ciò che
potrebbe
trovarsi all'interno in caso di vento o temporali estivi, ma non
posso ancora prendere questo impegno. Dovrò aspettare che il
tutto
sia completato.
Altri
abbellimenti potrebbero aggiungersi quando avrò il risultato
finale
davanti agli occhi.
Adesso,
con un'altra ora e mezzo di lavoro terminerò le fasi di
tinta e
lucidatura e metterò tutti i pezzi ad asciugare nel capanno,
lontano
da fonti di incidenti.
Domani
riprenderò tutto in mano e vedrò il da farsi. Mi
rimbocco le
maniche in quest'ultima tranche di impegno e nel frattempo Michiru
è
tornata dentro per preparare qualcosa per la cena.
Il
pomeriggio è volato, ma come detto prima, sono soddisfatta
di ciò
che abbiamo fatto.
È
così arrivò un nuovo riposo ad allietare
quell'animo lavoratore ed
instancabile, che avrebbe dovuto comunque farlo cessare per
consentire a quel bravo garzone ch'era il tempo di far consolidare
per bene la lucentezza di quella pioggia di luce
Solo
l'indomani si sarebbe potuto riprendere a trottare tenendo conto
d'imprevisti di ogni sorta, ma con la sicurezza che li si sarebbe
affrontati con perspicacia
e
saggezza.
Ancora
però quella mente sempre in moto non voleva spegnersi
perché vi
vibrava dentro l'immagine d'uno sguardo liberato dalle ansie che lo
aveano quasi coperto. L'immagine della sua futura sposa.
Fu
con quella che finalmente si lasciò andare nel mare
sussurrante del
sonno.
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Capitolo 9 *** Capitolo nove: Antichi nemici ***
Perfectly
Mine
Capitolo
nove: Antichi nemici
“Mi
hai fatta uscire a prendere la legna quando fa un caldo pazzesco,
solo per buttarmi fuori di casa, o esiste una ragione valida sul
serio?”
“Di
ragioni valide ce ne sono ben due in realtà, mia cara.
Primo:
voglio invitare i ragazzi per una bella grigliata all'aperto, dato
che hai costruito quella meraviglia di barbecue e due… Ci
avevi
preso.
Volevo
tenerti lontano da qui per un po' di tempo. Ho una sorpresa per
te...”
“Una
sorpresa?”
“Sì.
Ci
ho messo un po' per organizzarla, e sai bene che la maggior parte
delle volte mi lascio prendere dall'entusiasmo quando si tratta di
regali impegnativi.
Stavolta
è stato addirittura più arduo del previsto ed era
fondamentale il
poter agire indisturbata.”
“Beh,
apprezzo l'impegno, ma vorrei capire se hai intenzione di tenermi
ancora sulle spine o posso scoprire qual è questa misteriosa
sorpresa.”
“Sì,
certo.
Ovviamente
ti ricorderai di questo illustre signore...”
“Quel
cosetto blu tutto striminzito che usi per spolverare? Sì, ci
siamo
giusto incontrati questa mattina presto...”
“O
mamma. No! Ho sbagliato… Intendevo questo.”
“Oh,
il tuo foulard nuovo.”
“Esatto!
Se ti avvicini e ti abbassi un poco te lo metto. Come da
tradizione.”
“Tutta
per lei incantevole fanciulla.”
“Bene…
Che impresa eroica!”
“Oggi
sei più impacciata del solito. Dev'essere una sorpresa
davvero
importante se sei così nervosa.”
“Lo
è.
Ce
l'ho fatta. Ora possiamo andare, ti guido io.”
“Ok.”
Con
cautela mi indica la direzione da seguire dal vialetto fino al
terrazzo e quando mi fa svoltare a destra evitando l'ingresso non
afferro il motivo di questa scelta.
Stamattina
quando sono uscita a prende la prima boccata d'aria quotidiana non
c'era niente di diverso dal solito.
Continuo
a rifletterci mentre mi aiuta a sedermi sulla poltrona.
Si
piazza davanti a me, la sua tensione e così tangibile che ci
potrei
suonare una melodia senza troppi sforzi. Prende un lungo respiro
prima di sfilarmi la benda con la sua consueta delicatezza, ed
esitando per un momento mi si siede accanto regalandomi un sorriso di
una bellezza quasi impossibile.
“Sorpresa”
mi sussurra indicando la vetrinetta per cui ha insistito tanto
affinché la riparassi.
In
un primo momento penso di avere le allucinazioni, perché
ciò che
vedo sembra ancora più incredibile di quel sorriso.
Titubo
per un attimo prima di posare di nuovo lo sguardo sulle agguerrite
schiere che ora popolano il mobiletto, ma desisto subito dal farlo:
sono incredibilmente magnifiche
e
si trovano proprio qui, a casa mia…
“Non...”
L'incredulità
che le si legge negli occhi mi fa perdere in un sussulto silenzioso.
Le
mani agganciate con forza ai braccioli della poltrona, lo sguardo
fisso puntato in direzione delle statuette, non certamente intimidite
da quel guardare così allibito da sembrare perso.
Lance
affilate verso l'alto, postura drittissima, scudo al petto. Alti,
forti, decisi.
Sono
così belle da sembrare vere, come se, ad un sol cenno del
capo tribù
si possa scatenare una furiosa battaglia contro chissà quale
nemico.
Quando
le ho viste e dopo aver saputo quanto le desiderasse il volerle
comprare è stato irrefrenabile. Sarebbe stato un sacrilegio
il non
farlo.
Ero
così sicura del mio acquisto che non appena il signor
Takemori aveva
finito di raccontarmi tutta la storia gli diedi immediatamente i
soldi, senza che Haruka se ne accorgesse.
Pensavo
di aver fatto un bel gesto ma la sua immobilità mi
terrorizza…
Che,
dato il lungo tasso di tempo trascorso, non le interessino
più? Ho
riaperto una vecchia ferita?
Mi
manca il fiato…
“Ti
prego, dì qualcosa!”
“Non
riesco a crederci…
Sono
davvero lì dove le vedo? Oppure sì? Insomma, non
le sto
immaginando… vero?”
“Oh
no amore. Ci sono per davvero. Ti piacciono?”
“Sono
magnifiche! Tu non immagini per quanto tempo ho desiderato
acquistarle.
Avevo
ricevuto una delle mie prime grandi delusioni non avendo potute
averle.
Non
credo ancora che siano realmente davanti ai miei occhi.
Grazie...”
Lo
sguardo quasi commosso mi riempie di tenerezza mentre lei se ne sta
ancora tremante sulla poltrona. Chissà quanto ci
metterà a
riprendersi. Nel frattempo mi siedo sul suo grembo abbracciandola con
tutto l'affetto che posso dimostrarle.
Ottimo
lavoro Michiru!
Non
è che chiudendo gli occhi spariscono e vengo inghiottita di
nuovo
dalla delusione?
Mamma
che tremarella…
Ogni
volta che Michiru mi fa un regalo rischio di prendermi un infarto!
“Come
fai?”
“A
fare cosa?”
“Queste
sorprese incredibili. Ogni volta mi lasci senza parole. Penso che
ciò
che mi regali sia ineguagliabile e invece la volta dopo sono sempre
costretta a ricredermi.
Così
mi togli il fiato.
Sei
una maga?”
“Non
esagerare...”
“Non
c'è altra spiegazione!
Non
ho mai potuto comprarle perché Atsushi le teneva da parte
per un
altro compratore molto facoltoso.
Come
sei riuscita ad averle?”
“Diciamo
che Atsushi ha capito il vero valore dell'ex compratore.
Da
giovane tutto ciò che gli interessava erano gli affari,
tuttavia col
passare del tempo capì che avere un cuore sereno conta
ancora di più
del denaro.
Ha
deciso di venderle a me proprio per questo. Voleva farsi
perdonare.”
“Sto
per piangere...”
L'odore
della poca salsedine proveniente dalle acque oceaniche che si
riversano nel fiume oltre la casa si diluisce nelle onde dolci
rimanendo quasi un ricordo.
Ho
voluto portare qui Michiru per ringraziarla del meraviglioso regalo
che mi ha fatto, e dato che non se la sente ancora di tornare al
mare, ho deciso di non privarla comunque del suo elemento che qui,
seppur non con la vastità a cui è abituata, bagna
libero le sponde
e il suo letto.
Il
vento fa stormire gli alberi con un ritmo dismesso, irregolare;
sembra quasi non sapere nemmeno egli in che direzione soffiare, anche
se lo comprendo conoscendo la burrasca in cui è stato
coinvolto la
settimana scorsa. Lo perdono, senza remore.
Anche
lo sbatacchiare dell'acqua sui sassi che fanno da sponde al torrente
stona un poco, ma neanche ciò è per noi un
problema. Siamo venute
qui a godere della quiete del posto e non certo per giudicarlo.
Ci
limitiamo a notare ciò che ci sta attorno in una sorta di
stato
meditativo che ci connette con l'essenza della Terra. Essa ci spoglia
dai meccanismi mentali che contaminano togliendoci il potere di
gioire per la magnificenza che la Natura ci offre e ci innalza ad un
livello superiore.
Siamo
come dei Buddha che nel perdersi nel silenzio trovano la pace
interiore, dimentiche di ciò che, almeno per brevi ma
intensi
momenti, accade nelle nostre teste tracimanti di pensieri
ottenebranti.
Mi
sento come una bambina qui su questi massi che precedono quelli
bagnati dalle correnti mentre ne osservo ogni minimo movimento: le
farfalle che svolazzano a pelo d'acqua per dissetarsi, i pesciolini
che vi si intravvedono sotto e che si nascondono tra le pietre piatte
e levigate, la sabbia che si sposta secondo il loro volere formando
piccole valanghe orizzontali.
Lo
sgorgare continuo crea tanti agglomerati di bollicine che scoppiano e
ricompaiono ad intermittenza provocando un rumore solo lontanamente
percettibile.
A
far compagnia a tutto questo arriva più chiaro di prima il
canticchiare degli usignoli e di tanti altri piccoli volatili di cui
non so ancora distinguere le specie.
Spero
che non li disturberemo e che verranno, come ogni sera, a rifugiarsi
nella casupola alle nostre spalle, ove Haruka ha piazzato una delle
tante torrette di ricezione della riserva. Sarebbe davvero bello
fotografare quella scena e farne una gigantografia da appendere nella
stanza del piccolo.
“Michi,
guarda da quella parte!”
La
sua voce mi distrae dalle mie fantasticherie e il suo indice guida il
mio sguardo portandolo di nuovo verso il fiume dove un giallo
scintillante guizza agilmente e con andatura sinuosa.
Non
riconosco immediatamente quella silhouette ma le sue labbra
prominenti e i baffetti che hanno un non so che di francese
risvegliamo la mia memoria stupendomi.
Una
carpa Ogon!
“Speravo
tanto di vederne una in natura!”
“Eccoti
accontentata!”
“È
giallissima! Che ci fa qua?”
“Beh,
questo è pur sempre un fiume a corso lento, anche se non
sembra.
È
implementato automaticamente dalla vecchia diga che si trova molto
più in la delle spalle della riserva. Ad una certa ora, a
meno che
non sia necessario che la quantità di acqua resti costante
anche di
notte, la pompa che lo rifornisce viene chiusa; in questo modo il
flusso acqueo torna alla sua portata originale. Ecco perché
qualche
coraggioso esemplare si fa avanti fino a qui per raggiungere il lago
che si trova nei possedimenti del Mastro di foglie.”
“Davvero?
Non lo avrei mai immaginato!”
***
“Sei
sicura che possiamo pranzare qui? Non farà troppo caldo a
quell'ora?”
“Non
pranzeremo qui infatti. Vedi quella cupola nascosta tra gli
alberi?”
“Sì,
ora che me l'hai fatta notare. Che genere di struttura
è?”
“Una
vecchia tenda usata dai vecchi custodi nei giorni di perlustrazione
degli appezzamenti o quando volevano portare fuori la famiglia per
una scampagnata.
Pranzeremo
lì e grazie ad un tendone di lino staremo al
fresco.”
“Non
lasci niente al caso eh?”
“La
natura è la prima meraviglia del mondo, ma bisogna comunque
tenersi
pronti per affrontare le sfide che essa ti lancia.”
“Concordo.
Come
ci arriviamo?”
“Il
ponticello sopra i sassi è inagibile a causa delle ultime
piogge,
quindi dovremo aggirare gli ostacoli addentrandoci nella vegetazione
dal punto alla nostra destra.
La
boscaglia è molto fitta e non sarà facile
passare, ma con le giuste
precauzioni in mezz'ora avremo raggiunto la destinazione.”
“Bene.
Che
ne dici se partiamo subito? Inizio già ad avere
fame.”
“In
marcia allora!”
Mettiamo
gli zaini in spalla e mi lego con una corda né troppo corta
né
troppo lunga a Michiru in modo da non rischiare di venir separate
fisicamente dall'intrico di rami che ci aspetta.
“Possiamo
partire. Pronta?”
“Sì.”
***
Mancano
ancora dieci minuti di camminata per arrivare a destinazione e tutto
sommato il viaggio non è stato così difficoltoso
a parte l'essere
rimasta impigliata qua è la in certi punti...
“Ora
ci attende il tratto più difficile. Tieni le mani in alto a
proteggere il viso.
Devi
afferrare i rami nel punto in cui non ci sono spine e trattenerli
finché non sei passata oltre.”
“Ok,
ho capito. Se dovessi pungermi rischio qualcosa?”
“Dipende
da quali spine incontri.
Quelle
rosse secernenti un liquido bianco e viscoso sono velenose.
Le
altre invece potrebbero darti un po' di prurito.”
“Bene,
quindi alla larga dalle spine rosse!”
“Esatto.”
***
“Che
bel posticino. Non lo facevo così lussuoso!”
“Ci
siamo sempre trattati bene da queste parti.
Il
canneto che fa da tetto non basterà a ripararci dal caldo
quindi
piazzo subito il telone.
Nel
frattempo puoi scoprire i fornelli e iniziare a cucinare.”
“Va
bene. Ci metti tanto a sistemarlo?”
“Dipende
da quanto sono fortunata…
Wow,
al primo colpo!”
“Non
male!
Complimenti.”
“Merci!”
***
“Caspita
che acquazzone...”
“Mi
dispiace piccola. Era del tutto imprevisto.
Hai
ancora freddo?”
“Sì,
mi sento gelare.
E
comunque non è colpa tua. So che non sei
onnipotente.”
“Menomale
che ho portato anche i due teli di plastica, altrimenti non saremmo
nemmeno riuscite a ripararci dalla pioggia.”
“Sì,
ma ti sei tutta infradiciata. Rischi di prendere un malanno.
Lascia
almeno che ti dia una passata ai capelli.”
“Tesoro,
non fa niente. Si vede che non stai bene.
Forse
non avresti dovuto mangiare il pesce.
Magari
ti ha fatto male...”
“Impossibile.
Lo sai che il pesce di Yasu è di prima scelta, e poi avrebbe
fatto
male anche a te.”
“Hai
ragione… Cosa senti in particolare? Hai nausea, bisogno di
vomitare?”
“Oltre
al freddo e un po' d'abbiocco non ho nausea o fastidio allo
stomaco.”
“Questo
è un bene.
Hai
portato qualcosa per passare il tempo?”
“A
dire il vero non ci ho pensato…
Dovevamo
essere a casa per le cinque e invece...”
“Giusto.
Però,
se non ricordo male, nascoste da qualche parte ci dovrebbero essere
delle vecchie tessere di domino!
Chissà,
magari troviamo una confezione completa!”
“E
sarebbe qualcosa di cui vantarsi?”
“Saremmo
le uniche, mia cara!”
“Caccia
al tesoro allora!”
***
Il
temporale continua a imperversare sopra e intorno al nostro rifugio
temporaneo, con il vento che soffia prepotente facendo sbattere le
gocce che si accumulano sul terreno contro il tendone più
esterno,
come fossero le onde del mare.
Il
freddo, forse immaginario e sentito solo da me, cerca di oltrepassare
alla carica le barriere che mi avvolgono.
Torrenziale
e sfacciato questo acquazzone estivo ci ha proprio spiazzate,
lasciandoci ad affrontare senza alternative il volere avverso della
natura in un momento d'impreparazione assoluta.
Lo
stare a pensarci su non migliora di certo le cose ma non posso fare
altrimenti, come se non fossi più padrona dei miei pensieri.
Sento
le forze che mi abbandonano e il malessere le rimpiazza avaro contro
ogni mia resistenza. Si palesa come un parassita che mi risucchia le
energie, cominciando dal polso, con il suo naso appuntito e tagliente
che infetta tutto ciò che è passibile della sua
contaminazione.
Distilla
via la mia vitalità, riducendo all'osso la mia pazienza,
gettandomi
sempre più in un baratro profondo che mi spaventa.
Perfino
le gocce di sudore freddo pesano sulla mia fronte quasi a volermi far
precipitare più in fretta. Haruka, aiutami ti prego!
“Michiru,
stai bene?
Non
hai un bell'aspetto amore...”
“Ho
tanto freddo...”
“Aspetta,
prendo le coperte termiche.”
“Grazie.”
“Sei
pallida. Lascia che controlli se hai la febbre.”
“Ok.”
“Qualche
linea. Hai la fronte bollente e le mani gelide.
Ti
senti debole?”
“Sì…
Mi fa male il braccio.”
“Destro
o sinistro?”
“Sinistro.”
“Fammi
vedere.”
“Ma
è un taglio.”
“Sì,
come se ti fossi impigliata a qualcosa con le spine… Ricordi
dove
te lo sei fatta?
Se
è nell'ultimo tratto potrebbe trattarsi di una pianta
velenosa.
Cerca
di rivedere la scena nella tua mente.”
“...”
“Non
voglio forzarti piccola, ma se è davvero velenoso devo
cercare
subito un rimedio perché potresti stare molto male tesoro.
Addirittura peggio di come stai ora.”
“C'era
un fiore bianco, su un albero.
Era
molto bello e volevo coglierlo ma i rami erano troppo fitti e ho
desistito, solo che ho avuto difficoltà nel togliere le mani
dal
groviglio. Potrei essermi graffiata con quelli, anche se nel momento
non ho sentito niente...”
“Fiore
bianco… Su un albero con groviglio di rami. Era il fiore di
un
rampicante con le foglie grandi quasi a forma di cuore?”
“Sì,
la pagina inferiore era rossa.”
“È
un fiore abbastanza raro, ma non impossibile da trovare.
I
suoi effetti non sono letali, ma è comunque necessario
prendere un
antidoto perché la febbre che provoca può
perdurare anche per una
settimana e dare allucinazioni.
Devo
trovarlo e prepararne un rimedio se vuoi sentirti meglio.
Preferirei
non lasciarti ma devo andare subito a cercarlo.”
“Ma
sta ancora diluviando.”
“Lo
so, ma non mi piace vederti in questo stato.
Te
la senti di rimanere da sola?”
“No,
ma se non c'è altra soluzione...”
“Un
momento… Potrei provare a cercare i lupi di Okami,
così non sarai
sola del tutto.”
“Provi
a chiamarli da qui?”
“Farò
un tentativo, ma se non saranno qui vicino dovrò dirigermi
verso le
grotte verdi.
Distano
cinque, sei minuti...”
“Ok...”
“Provo
a richiamare la loro attenzione. Non muoverti.”
Ti
prego, fa che siano nelle vicinanze!
Estraggo
il richiamo in legno dalla tasca interna della giacca a vento
sperando che sia rimasto del tutto asciutto e continuando a stare
attenta affinché non si bagni vi soffio per tre volte in
attesa che
delle orecchie appuntite si facciano intravvedere nel folto della
vegetazione.
L'incessante
frastuono della pioggia non mi consente di udire passi ma l'agitarsi
basso degli arbusti palesa, con mio sommo sollievo, la presenza non
di uno, bensì di sei lupi.
Non
potevo desiderare di meglio!
“Michi,
li ho trovati!
Io
mi porto dietro solo Zankou, gli altri rimangono qui con te.
C'è
anche Basquiat!”
“Ciao
bello! Grazie per la visita.”
“Amore,
ascolta. Ora che sei in buone mani io devo andare.
Dovrei
metterci due orette circa prima di essere di nuovo qui.
Tu
cerca di bere molta acqua e mangiare almeno una fettina di mela ogni
mezz'ora, così non rischi di indebolirti, intesi?”
“Sì,
aspetta. Dammi un bacio.”
“Subito
amore. Non sforzarti, ok?!”
“Ok...”
“A
presto.
Prendetevi
cura di lei ragazzi.”
Dolente
mi allontano dalla mia amata che soffre, seppur lo faccia per
salvarle la vita.
In
un triste smarrimento come dev'essere stato quello di Romeo dopo aver
saputo della morte di Giulietta, o forse l'angoscia di quest'ultima
quando ha visto morire il suo sposo tra le sue braccia per un
vituperabile scherzo del destino.
Mi
affretto stracciandomi di questi pensieri dall'inaudita molestia,
forse troppo presa da questo sottile panico che mi fa barcollare.
Basta
Haruka! Non sei nata dalla penna di Shakespeare e tanto meno Michiru
è sul punto di morire.
Devi
sbrigarti se vuoi che i suoi patimenti non letali svaniscano, ma
lascia perdere le tragedie e trova per lei le giuste cure!
“Zankou,
salta lassù e appiattisci quel cespuglio, altrimenti non
posso
arrampicarmi.”
***
Mezz'ora
è passata da quando sono riuscita a scalare il costone
roccioso che
mi ha permesso di dimezzare il tempo per tornare al punto esatto dove
Michiru si è ferita.
Fortuna
che i cespugli lo hanno tenuto abbastanza asciutto nonostante il
diluvio.
Ora
è meglio lasciar perdere queste considerazioni. Devo
concentrarmi
per trovare l'antidoto, contenuto nella stessa pianta come Natura
comanda.
Si
tratta delle foglie palmate, della loro peluria per esattezza. I peli
schiacciati rilasciano un liquido viscoso che ha proprietà
rigenerative della cute, mentre le foglie in sé sminuzzate
costituiscono un ottimo disinfettante naturale.
Cresce
in mezzo alle altre piante, alberi in realtà, come un
parassita
evitando così l'esposizione alle intemperie e alla luce
solare.
Grazie
al suo fiore bianco e scintillante è assai riconoscibile ed
individuabile anche tra i gruppi di rami più fitti.
Eccolo
là! Ce ne sono addirittura tre. Ne basteranno due comunque,
così
avrò l'antidoto per qualche altro giorno nel caso in
ospedale ne
siano sprovvisti.
Indosso
i guanti di cuoio per evitare di ferirmi anche io e con delicatezza
srotolo le sottili liane fogliate che avvolgono i rami. Devo fare in
modo che non si rompano, altrimenti il liquido evaporerà e
saranno
inutili.
Ripeto
l'operazione per tutti i pendenti e con ancora più
attenzione li
faccio scivolare dentro la sacchetta che li terrà
all'asciutto per
tutto il tragitto.
Ora
posso tornare da Michiru, ma dovrò compiere una piccola
deviazione
da quello fatto per arrivare nuovamente qui, reso impraticabile
dall'aumentata foga della pioggia.
Proverò
a ripetere il cammino che abbiamo fatto insieme per raggiungere il
capanno.
“Zankou,
si passa di qua.
Riesci
ad aprirti un varco?”
***
Haruka
è via da poco più di un'ora e la sua assenza
è mitigata, per
fortuna, dal calore che la pelliccia di Basquiat emana a contatto con
il mio corpo.
Il
suo sguardo preoccupato è così dolce che averlo
vicino è un
toccasana per la mia resistenza, come rassicurante è la
presenza
degli altri quattro lupi che fanno una guardia serrata al rifugio
facendomi sentire del tutto protetta, anche se a qualcuno potrebbe
sembrare un controsenso.
Toltami
il peso del timore riesco nella mia poca lucidità a
concentrarmi sul
cercare di stare meglio e grazie a questa strategia la lipotimia che
mi ha preso in schiava ha perso il fattore freddo, anche se sono
ancora provata.
I
vomiti preannunciati non sono ancora giunti, e ne sono molto
felice…
Le allucinazioni invece hanno fatto la loro comparsa da una mezz'ora
e non sono affatto piacevoli.
La
mia concezione dello spazio è alterata. Mi sento come se
stessi
cadendo per terra sebbene non mi trovi sul letto, il che è
veramente
irritante oltre che sconvolgente.
Basquiat
fa di tutto pur di farmi ricordare che non sono sola, posandomi il
mento sulla fronte come per tenerla e quando chiudo gli occhi mi si
accuccia ancora più vicino respirando più forte
per darmi supporto.
È incredibile come gli animali sappiano regalare il loro
sostegno
molto più delle persone.
Quando
mi sarò ripresa devo proprio sdebitarmi con questo adorabile
cucciolone.
Ora
posso solo aspettare che la mia donna ritorni sana e salva dalla
foresta con il tanto bramato rimedio, così potrò
di nuovo reggermi
sulle mie gambe e potremo starcene nuovamente nella nostra beneamata
dimora.
Torna
presto amore mio…
***
“Michiru,
eccomi!”
“Amore...”
“Come
ti senti?”
“Esausta.”
“Ora
non devi preoccuparti di niente piccola. Ho trovato l'antidoto. Ti
aiuterà a sentirti meglio.”
“Mmh
mmh.”
“Hideo
si è fatto sentire?”
“No,
non ha chiamato nessuno.”
“La
centralina sarà ancora fuori uso…
Devo
inventarmi qualcosa per far sì che vengano a prenderci senza
che
nessuno si faccia male.”
“Come?
Il tempo non è migliorato...”
“Zankou
è troppo affaticato per provare a fargli raggiungere la casa
di
Hideo…
Gli
altri lupi come sono messi?”
“Non
si sono mossi da lì. Nemmeno per cercare da
mangiare.”
“Questa
è una bella notizia. Dovremo invitarli a cena una di queste
sere.”
“Scema...”
“Oh,
finalmente un sorriso!
Tra
poco ti disinfetterò la ferita. Fammi sminuzzare un po'
queste
foglie e le applicherò sul braccio.
Brucerà
ma non farà troppo male, ok?”
“Ok…
Basterà a togliere il veleno?”
“Sì,
entra in circolo dopo circa sei ore dando i sintomi più
importanti.”
“Ma
ho già avuto le allucinazioni. Un paio di volte”
“Alterazione
della percezione dello spazio?
Quello
è causato dalla debolezza piccola.”
“Oh,
ok...”
“Eccoci
qui. Pronta?”
“Sì.”
“Sta
uscendo qualcosa… Forse è un pezzo di spina.
Ti
fa male?”
“Non come pensavo...”
“Ok.
Conto fino a tre e la estraggo con la pinza.
Chiudi
gli occhi se vuoi.”
“Va
bene. Uno…
Due…
Tre.”
“Fatto.
Era minuscola, quindi niente pericolo di veleno in circolo.
Baciata
dalla fortuna!”
“L'hai
tolta davvero? Non ho sentito niente.”
“Meglio
così, no?”
“Ma
come hai fatto?”
“È
rimasta incastrata tra le foglie tritate ed è bastato
raccoglierla
con le liane della pianta stessa. Sono appiccicose...”
“Oh...”
“Come
stai?”
“Ho
un po' di capogiro.”
“Stenditi.
Puoi appoggiare il braccio a terra mentre ripulisco il taglio.
Goethe,
prendimi il pennello che è in quel portello difronte a
te...”
“Come
fanno a capirti?”
“I
lupi sono animali già abbastanza intelligenti per natura. Se
presi
con il giusto atteggiamento e non depredati della loro
libertà
possono rivelarsi degli splendidi compagni di vita.
Imparano
molto in fretta.
Certo,
non tutti i lupi sono così, ma è un discorso
troppo complesso per
la tua mente stanca.
Prova
a dormire. Ora ci sono io qui con te e non devi temere nulla,
ok?”
“Va
bene…”
***
“Haruka,
qui Hideo. Mi senti? Passo…
Ripeto,
Haruka sei in ascolto? Passo.”
“Hit,
finalmente! Siete riusciti ad aggiustare la torretta? Passo.”
“No,
abbiamo dovuto installarne un'altra che riuscisse a collegarsi a
tutte quelle esistenti. Dacci le vostre coordinate, passo.”
“Siamo
a sud dalla torre 103, quella in prossimità del vecchio
capanno
della guardia.
La
strada nove è impercorribile. Sarà un problema
raggiungerci, ma ho
bisogno di soccorso per Michiru. Sta delirando, passo.”
“Ho
trovato un mezzo. Se la strada non è agibile come hai detto
dovremo
crearcene una nuova abbattendo stralci di vegetazione, se mi dai il
tuo consenso, passo.”
“Procedete.
Dalla 97 in giù verso est scendendo ci sono piante parassite
di cui
possiamo fare a meno. Abbattete quelle. Passo.”
“Ricevuto.
Potremo essere lì al massimo tra due ore dato il tempo.
Michiru
riuscirà a reggere? Passo.”
“Dovrebbe
farcela. Cercate di fare il prima possibile. Passo.”
“Sissignore,
chiudo.”
***
“Ami,
come sta Michiru?”
“Ha
ancora la febbre ed è debole, ma il veleno non è
entrato in
circolo.
È
una fortuna. La terremo in osservazione tutta la notte.
Se
vuoi vederla puoi andare, cerca di non fare troppo rumore
però. Ha
bisogno di riposare.”
“Certo!
Grazie Ami.”
“E
di cosa?”
Ancora
in bilico tra sogno e realtà, non riesco a liberarmi dal
senso di
offuscamento dove non sono in grado di percepire né
riconoscere lo
spazio in cui mi trovo. Anche il tempo è evanescente nelle
sue tinte
fosche spacciabili forse per quelle del mattino.
L'unica
cosa di cui sono certa è il calore che Haruka fa aderire al
mio
corpo grazie al suo respiro.
Le
sue braccia mi stringono come a proteggermi dalla sensazione di non
appartenenza in cui giaccio.
La
voglia di vederla così vicina a me, di sapere se dorme
serena o è
disturbata da incubi causati dalla mia disavventura mi spinge a
scansarmi dalla debolezza e a girarmi, seppur lentamente, verso di
lei e riappropriarmi di un pezzetto della mia normalità.
Studio i
movimenti delle gambe, del bacino, delle braccia. Ogni centimetro che
sposto mi costa fatica, ma il suo tocco ora che con le dita le
afferro il polso sperando di non farle male, è foriero del
mio
successo: il riuscire a leggere sul suo volto, misto alla stanchezza,
almeno una sfumatura di sollievo.
Il
sole con i suoi raggi lunghi e non caldissimi mi rivela che
è
mattina e con ciò porta anche il risveglio del mio cavaliere
addormentato.
“Ehi,
ti sei svegliata...”
“Sì…
Anche tu.”
“Già.
Come ti senti?”
“Meglio.
Ho ancora un po' di debolezza addosso ma il torpore e le vertigini
stanno svanendo.”
“Bene.
Mi hai fatto davvero preoccupare ieri.”
“Scusa.
Non volevo.”
“Non
devi scusarti. Gli incidenti capitano a tutti, anche se forse avresti
potuto stare più attenta.”
“Sì,
in effetti non sono stata molto brillante. Ho avuto una
dèfaillance…!”
“Capita.
Vuoi
fare colazione?”
“Sì,
però non ho ancora voglia di alzarmi..
E
devo ammettere che ho anche un certo appetito.”
“Ci
credo. Hai mangiato poco più di mezza mela in quasi sedici
ore!
Vado
a preparare. Desideri qualcosa in particolare?”
“Ehm,
più o meno.”
“Dimmi
tutto.”
“Mi
sento molto golosa stamattina. Vorrei qualcosa di godurioso, ma non
so cosa esattamente.”
“Lascia
fare a me. Ho un'idea che ti stupirà!”
“Stupiscimi
allora!”
“E
io che ho detto?!”
“Oh,
andiamo!”
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Capitolo 10 *** Capitolo dieci: Il sentiero ***
Perfectly
Mine
Capitolo
dieci: Il sentiero
Tenendo
tra le mani una vecchia cartina sgualcita, foriera dei ricordi di
avventure e disavventure sono felice di rendermi conto che i paesaggi
che tanto amo non sono cambiati poi molto rispetto al tempo a cui la
mappa risale.
Tutti
quei luoghi hanno un sapore diverso da quello che gustavo da bambina,
ma non hanno comunque perso la loro umiltà e tanto meno la
loro
quasi sacra bellezza.
Tornarvi
dopo un certo periodo di abbandono è stato rigenerante per
me. Mi ha
aiutato a maturare ancora di più, a non temere
ciò che di buono è
accaduto nel mio passato solo perché nascosto dalla coltre
della
sofferenza. Riflettendo su questo ho finalmente compreso la nostalgia
che Michiru prova perché lontana dal suo oceano da mesi
ormai, e ho
capito che non è affatto giusta la lontananza che le sto
facendo
penare.
È
per questo che ho deciso di riprendere in mano tutta la cartografia
della riserva per scoprire se esiste una qualche via di passaggio che
ci conduca al mare senza dover per forza tornare in città.
Non
merita questo patimento e spero proprio di avere successo in questa
mia ricerca.
Voglio
regalarle quella serenità che solo quella distesa blu
può darle.
***
“Amore,
sei qui?”
“Buongiorno
principessa. Ben alzata.”
“Giorno…
Che cosa fai? Sei in piedi da molto?”
“Due
ore forse. Ho perso la cognizione del tempo.
Il
signore che possiede uno degli appezzamenti fuori dalla riserva ha
scoperto che almeno due terzi di esso in realtà ne fa parte,
e
vorrebbe vendermelo per ripristinare l'originaria estensione della
radura.”
“Hai
intenzione di accettare l'offerta?”
“Molto
probabilmente sì. Era molto amico di mio nonno e mi ha
proposto una
cifra molto modesta.
A
lui interessano solo i campi di grano così che possa
guadagnarsi il
tanto da camparsi vendendolo al mercato.
Ho
abbastanza soldi per accorpare quei terreni e tra l'altro so che li
troverò in buono stato perché lui ama la natura.
Sarebbe
un buon investimento per la riserva.”
“Ne
sono felice. Ora vieni a fare colazione?”
“Ottima
idea. Da quando mi sono alzata non ho toccato niente.”
“Stacanovista...”
“Naaa!
Facciamo
colazione fuori? Così inauguriamo i nuovi vetri.”
“Va
bene.”
***
“Accomodati.
Vado a controllare i panini in forno.”
“Grazie.
Anche il caffè dovrebbe essere quasi pronto.”
“Ci
penso io.”
Mentre
la aspetto mi godo il profumo del caffè che dalla cucina si
diffonde
nel soggiorno arrivando fino al terrazzo, riscaldato dai raggi di un
sole ancora un po' timido.
Come
un provetto cameriere mi raggiunge con il vassoio riempito dalle due
tazze con lo stesso disegno, i cucchiaini e lo zucchero, ma anche con
due panini dolci dall'aria parecchio invitante.
Le
sorrido non appena si siede e prendo la mia bevanda calda
concentrandomi sulla natura morta autunnale nei toni dell'arancione,
grazie anche alla luce calda che penetra dalla finestra di una casa
nella foresta. Tra zucche, mele, giacinti e ciclamini rossi e gialli,
verdissime foglie di basilico gigante su di un tavolo nodoso, la
nostra colazione.
Haruka
mi ricorda che non mi son servita lo zucchero e fa fallire il mio
intento di berlo amaro, salvandomi da un'esperienza non troppo
piacevole.
Le
mie papille sono invase dal liquido nero e ne vengono permeate
saturandosi del loro sapore, sostituito poi dal fragrante morso di
pane e cioccolato a sorpresa che le raggiunge, scalzato a sua volta
da un altro gusto di un'aromaticità conosciuta ma non
immediatamente
riconoscibile, acme di una bontà semplice ma allo stesso
tempo
portentosa.
“Cos'è
questo sapore?!
C'è
un pizzico di gusto che si fa sentire subito ma non è
prepotente…
Con
che cosa hai aromatizzato il pane?”
“Sono
felice che tu l'abbia individuato, ma non voglio ancora darti una
risposta.
Vediamo
se indovini...”
“Non
sarà mica una scusa per farmi ingozzare di
dolciumi?”
“Chissà...”
“E
poi sono io Diabolik!
Comunque
accetto la tua sfida.”
“Bene.”
“È
dolce… e speziata. Sa di Medio Oriente.
Il
profumo è così inebriante che mi sembra di essere
proprio lì...”
“Quindi?”
“Ho
bisogno di un altro morso… Aspetta ancora un
po'...”
“Ahaha.
E sarei io a volerti far ingozzare?!”
“Sono
troppo buoni, non posso far altrimenti.”
“Il
tempo sta per scadere.
Sennò
te li pappi tutti tu e a me non resta niente dopo tutta la fatica che
ho fatto a prepararli.”
“Cardamomo!!!”
“Esatto.
Me
ne hai fatte sudare di camicie!”
“Credo
che il mio sopracciglio ti basti...”
“Sì,
ha raggiunto una bella altezza…
Ma
non soffre di vertigini?”
“Credo
che finirò la colazione in cucina.
Addio...”
“Oh,
arrivederla bella fanciulla.”
***
“Ti
piacerebbe venire con me?”
“Molto,
ma non so ancora dove svolgere la mia prossima mostra, dato che non
voglio farla al chiuso. Devo cercare una location adatta e vorrei
cominciare subito.”
“Potresti
anche farlo qui. Il posto non manca.”
“Davvero?
Io non vorrei essere troppo invasiva. Questo è il tuo regno,
in
fondo.”
“Vero,
e tu ben presto ne diventerai la regina, quindi non vedo dove sia il
problema.
Voglio
che tu senta questo posto tuo così come accade a me ogni
giorno che
passo qui.”
“Mi
piacerebbe tantissimo sfruttare questo spazio… Ne verrebbe
fuori un
evento unico.
Sei
sicura che per te vada bene?”
“Amore,
mi conosci. Sai che non mi nascondo mai dietro l'accondiscendenza
quando mi sento minacciata. Respingerei qualsiasi proposta che mi
possa causare danni, ma con te questo rischio non lo corro.
Ti
amo e farei qualsiasi cosa per te. Lo sai.”
“Sì
amore. Grazie!!!”
“Figurati.
Allora,
ti unisci a me?”
“Contaci”
“Prepariamoci
allora.
Tiro
su un bel pranzo al sacco e passiamo l'intera giornata all'aperto.
Ti
piace l'idea?”
“Assolutamente
sì.
Gli
zaini sono nel capanno vero?”
“Sì.
Il mio è già pronto. Al tuo pensi tu?”
“Certo,
occupati del cibo.
Appena
finisco vengo ad aiutarti.”
“Perfetto.
Mettiamoci al lavoro.”
***
Con
efficienza prendo tutto ciò che voglio portare con me e mi
dirigo al
capanno dove mi aspetta il mio nuovissimo zaino da
“passeggio”.
Il
colore del denim mi indica la sua posizione e in un attimo sono
già
vicina al tavolo, pronta a riporre al suo interno ogni cosa: nello
scomparto più esterno la torcia elettrica, i fiammiferi e un
carica
batterie ad energia solare; in quello centrale il mio ultimo kit da
disegno comprendente un album A4 per schizzi, tre matite, tre gomme,
una quindicina di colori, il tutto in una comodissima e affatto
ingombrante custodia, e in quello più interno a contatto con
la
schiena due bottiglie d'acqua e sul fondo una piccola valigetta di
primo soccorso.
Direi
che ho concluso.
Ci
vorrebbe il posto anche per i contenitori del pranzo ma a quanto ho
capito Haruka metterà tutto nel suo. Dev'essere assai
capiente,
immagino.
Ok,
vediamo a che punto è la cuoca, e soprattutto cosa
starà cucinando
di buono!
Ed
ecco fatto!
Il
pranzo è pronto e devo solo sistemarlo nei vari contenitori.
Le
posate sono già contenute in essi, così non
sarà difficile farli
entrare nel mio nuovo zaino a sacco. Ho fatto davvero un
bell'acquisto e non vedo l'ora di provarloù1
Sono
le nove e quarantacinque, meglio sbrigarsi.
Michiru
mi raggiunge e mi aiuta ad ultimare i preparativi.
Abbiamo
le provviste, l'acqua, tutto quello che potrebbe servirci si trovava
già all'interno. Cassetta del primo soccorso presente,
carica
batterie, funi, piccola accetta, coltellino multiuso, fiammiferi...
Sembra
di aver preso tutto.
Possiamo
cambiarci e metterci già in cammino, così
sfrutteremo in pieno
tutta la luce della giornata e magari riusciremo a rientrare prima
che si faccia notte.
Si
parte!
***
“Ci
siamo. Possiamo parcheggiare qui la jeep e proseguire a piedi.
Il
confine dista un quarto d'ora dalla base, niente di troppo
faticoso.”
“Bene.
Andiamo allora.”
“Prendi
lo zaino.”
“Eccomi.
Sono
emozionata! Chissà che paesaggi ci troveremo
davanti...”
“Sono
curiosa di saperlo anche io, ma sono anche un po' in ansia
perché
non so in che condizioni i terreni siano. Speriamo di non trovare un
deserto arido e morto.”
“A
questo non avevo pensato…
Il
venditore non è una persona affidabile?”
“Lui
sì, ma ha lasciato le sue terre in mano ad altri. Speriamo
bene.
Mettiamo
da parte la negatività, però. Godiamoci comunque
il viaggio!”
“Sono
d'accordo. EVVIVA!”
“Adoro
il tuo entusiasmo piccola!”
Ecco
il confine.
Le
colonne di Ercole della mia infanzia. Il punto in cui il paesaggio
acquista nuovi abiti e diventa straniero, sorprendendoti nel bene o
nel peggio.
Da
ciò che ho visto sulle mappe ci troviamo in una parte di
landa dal
terreno costituito per metà da terra di montagna, per
un'altra buona
fetta da terreno di pianura e per una piccola parte da terra
salmastra.
Una
mistura di elementi che pare sia alla base della
biodiversità che
caratterizza questa metà quasi inesplorata della riserva.
Una
fila di Eucaliptus Gunnii alti una decina di metri ciascuno
è il
primo “ostacolo” da superare per addentrarci nella
nuova terra, e
già sento che c'è una sorpresa in serbo per noi.
“Ruka...”
“Dimmi
amore.”
“Ma
quelle poco più avanti a noi sono tartarughe di
mare?”
“Dove?”
“Quelle
che stanno passando sotto le siepi del bosso.”
“Oh,
sì. Hai ragione. Non le avevo notate.”
“Ma
che ci fanno qui?”
“Magari
questa è una terra di transito che permette loro di
raggiungere il
loro habitat naturale. Potremmo incontrare altre specie atipiche in
questo nostro cammino.”
“Dici
sul serio? Che bello!”
“Proviamo
a seguirle?
Questa
zona è stata indicata con sottigliezza sulle mappe, quindi
non ho
bisogno di ulteriori informazioni.
Spingiamoci
più in là senza infastidire troppo le nostre
guide.”
“Non
si indispettiranno e scapperanno via?”
“No,
se non le infastidiremo troppo.”
“Ok.
Vorrei
proprio sapere chi ha detto che sono animali lenti...”
“Il
detto si riferisce alle tartarughe anziane appesantite dal carapace.
Quelle
giovani, come puoi vedere tu stessa, filano che una
meraviglia.”
D'ora
in poi potremmo usare l'espressione: prestante come una tartaruga.
Non
ti pare una bella idea?”
“Troppo
sottile come ragionamento. Guadagneresti un sacco di occhiatacce e
sguardi inebetiti.”
“Anche
questo è vero.
Proseguiamo.”
Dopo
un'altra ora e mezzo di camminata ci ritroviamo in un piccolo
avvallamento verde, una conca protetta da arbusti storti e buffi
grondanti di bacche e foglie bianchicce. Tronchi di vecchi alberi
fanno da panche sui cui sedersi e uno in particolare, dal diametro
impressionante (potrebbe essere appartenuto ad una
sequoia…), che
potremmo tranquillamente utilizzare come tavolo.
Tutti
gli altri alberi attorno fanno ombra ma lasciano piccoli spazi che
fanno entrare un po' di luce, di modo da non farci soffrire il
freddo.
Poniamo
delle vecchie coperte sui fusti e ci sediamo imbandendo il banchetto
perché, gira e rigira, si è fatta ora di pranzo.
Il
mio stomaco scalpita per sapere cosa di buono gli passerà
tra le
grinfie, che giace ancora nascosto nei suoi bei nascondigli…
“Cosa
è quella meraviglia? Una torta?!”
“Sì,
una torta che non ti aspetti però.
Assaggia.”
“Pensavo
che volessi mandare in fumo la mia linea. Stavo per
picchiarti.”
“Ehi,
calmati. Non è un dolce.
E
poi ti cucino solo cose buone io. Mica mangi porcherie.”
“Su
questo convengo.
Oh,
ma sembra riso… Aaahm!!!
Scsa
l'onomatop...”
“Oooh,
il mio esperimento pare aver funzionato.
Guarda
che espressione soddisfatta.
Ti
piace eh?
Ora
mangio anche io, se non ti dispiace…
Tu
riprenditi intanto.”
“...”
***
“Sei
un mito!”
“Grazie.
Sono contenta che tu abbia apprezzato.”
“Sì,
la torta di riso più buona che io abbia mai mangiato.
I
fiori di zucca erano così fragranti, il sapore marino del
riso e dei
gamberi mi ha portata in paradiso e la filantezza della mozzarella mi
ci ha fatta soggiornare.
Se
non fossi già sazia ne prenderei ancora...”
“Addirittura!
Allora lo cucinerò più spesso.”
“Niente
da obbiettare.”
***
Dopo
aver ripreso a camminare scoviamo di nuovo le nostre insospettabili
guide ci portano in un labirinto di siepi di Callicarpa, una pianta
dalle foglie verde chiaro e dalle minuscole e violette bacche, molto
resistenti al freddo da adulte.
Il
vento che ne attraversa i rami le riempie con il suo rumore e un
suono racchiuso dentro di esso si rivela la nota più alta
del
concerto.
Nella
mia mente appare una bianca schiuma che rapita da un'onda viene
sbattuta su una superficie increspata, producendo proprio quel suono
che è giunto poc'anzi al mio udito.
Mi
concentro per sentirlo ancora ma è sparito e ora non so se
l'ho
immaginato o se è un segno che il passaggio per il mare
è più
vicino di quanto pensiamo.
Facile
soluzione a questo dilemma è interpretare lo sguardo di
Michiru. Se
ha sentito anche lei quel richiamo lo recherà scritto negli
occhi.
Pare
che non se ne sia resa conto, impegnata com'era nel fare uno schizzo
veloce dei grappoli di frutta delle piante.
Sorpresa
preservata o suggestione?
“Credi
che potremmo farla crescere anche nel nostro giardino?
Mi
piace molto.”
“Ne
prendo qualche ramo. Potremmo provarci.
Ha
bisogno di cure costanti nella prima messa a dimora, perché
le
piantine giovani soffrono molto il freddo.
Con
l'adeguata protezione crescerà senza problemi.”
“Fantastico!
Ora
possiamo andare avanti. Scusa se ti ho chiesto di fermarti.”
“Non
devi scusarti. Lo sai che mi piace condividere le mie conoscenze
botaniche con te.”
Lo
sguardo e il sorriso rilassati fanno ricredere la mia percezione di
un guizzo di confusione da parte sua come un qualcosa di astratto.
Chissà
cosa le passava per la testa in quel momento.
So
che non devo preoccuparmi più di tanto perché lo
capirei se ci
fosse stato qualcosa che
non va,
quindi sorvoliamo sulla questione, dato che potrebbe non esistere
proprio.
Le
tartarughe continuano il loro errare con calma, quasi come se la
nostra presenza non comportasse più un disturbo.
Devono
aver capito che non vogliamo far loro del male. Tanto di guadagnato
per noi!
Posso
tornare a godermi la vegetazione, che per assurdo è
più ricca di
quanto potessi sognare. Già nella parte conosciuta della
riserva è
sorprendente, ma qui nemmeno si scherza.
Vorrei
adottare ciascuno dei singoli esemplari di piante, alberi, arbusti,
cespugli e perfino erbe infestanti che incontro! Sono tutti
così
singolari e affascinanti che potrei trasferirmi qui senza problemi.
Più
o meno…
“A
che pensi?”
“Niente...”
***
“Possiamo
fermarci ancora se vuoi.
Un'oretta
di riposo non ci farà tardare troppo.”
“Ok.
Ho bisogno di riposare le gambe.”
“Perfetto.
Laggiù
intravedo una piccola vena
d'acqua.
Vado
a riempire le borracce. Tu resta qui, faccio in un attimo.”
“Va
bene.”
“Eccomi.
Ti va di schiacciare un pisolino?”
“Sarei
tentata...”
“E
allora accomodati.”
***
“Amore,
sveglia. Dobbiamo procedere, altrimenti perderemo le ore di
luce.”
“Mh,
eccomi. Che pisolino riposante...”
“Sì,
ci voleva proprio!”
“Ma
dove sono le tartarughe?”
“Forse
hanno ripreso il loro viaggio mentre noi dormivamo. Non preoccuparti
però. Il terreno è ammorbidito dalla rugiada,
quindi le loro
impronte sono visibili. Seguiremo la loro scia. Andiamo!”
“Avrei
bisogno di rinfrescarmi.”
“Possiamo
avvicinarci al fiumiciattolo e continuare da lì. Si sorpassa
ad
occhi chiusi.”
“Bene!”
La
sua risata cristallina si libra nell'aria rischiarandola e perdendosi
nel profumo della foresta che a questa ora del giorno raggiunge il
suo massimo fattore di inebriamento. Non si può far altro
che
caricare i polmoni facendo incetta di tutte codeste fragranze.
Un
gorgoglio lontano e frizzante fa intendere che, non troppo in
lontananza, una cascata con tutte le sue acque e le goccioline che da
queste si liberano, svolge meticolosamente il suo compito di
dissetare tutti gli esseri che sono nel suo enorme territorio.
Ci
rinvigoriamo ad ogni passo marciando con il verde scuro e umido del
muschio che ci fa orientare grazie alle stille brillanti che ne
bagnano il manto.
Alle
spalle la vena d'acqua che ci ha permesso di placare la sete ci fa
una sorpresa sbucando dopo un bel tratto che l'avevamo superata.
Gli
arbusti si sono fatti più bassi e sfoggiano le loro chiome
sbarazzine con noncuranza, come in una sfilata d'alta moda assai
sgangherata.
Il
calore del sole non vuole ancora abbandonarci e non c'è che
da
essergli grate. Continuiamo per la nostra strada incontrando molti
sassi bianchi schiacciati come quelli che sono tipici dei nostri
laghetti e fiumi. Che in tempi più antichi questo fosse il
letto di
questi giganti d'acqua? Affascinante.
Li
alberi sempre presenti si sono fatti più radi e descrivono
un
colonnato regolare da un'imponenza che ti mette quasi in soggezione.
A
fare inversione sono invece i cespugli che crescono in altezza
diventando alberelli non troppo alti e dalle modeste fronde.
Non
so a quale specie appartengono. La maggior parte di essi mi sono
sconosciuti ma posso comunque apprezzare la loro
particolarità e la
loro bellezza selvaggia.
L'aria
si fa più respirabile man mano che si va avanti e il pungere
salino
del mare torna a farmi visita comunicandomi che siamo sulla buona
strada.
Accelerando
un poco il passo possiamo recuperare mezz'ora di camminata e forse
anche più, quindi potremmo godere per più tempo
della nostra meta
finale, dato che per il ritorno è già tutto
pronto.
Ho
chiesto ad Hideo di portare la mia jeep in spiaggia, così da
consentirci un più agevole rientro a casa.
Sento
che sarà una giornata memorabile!
Una
strana forza permea l'aria facendo intendere che qualcosa di
importante sta per accadere. Non so perché ma questa
sensazione
aumenta più ci spingiamo oltre in questa nostra
esplorazione. Mi
rivolgo verso Haruka che suggerisce di accelerare il passo
perché il
terreno ancora piatto ci permetterà di completare meglio una
piccola
discesa che si appresta a venire sotto i nostri piedi.
Nel
suo sguardo c'è un luccichio che se fosse stato malizioso mi
avrebbe
fatto intendere che la signorina aveva in mente di compiere una delle
sue marachelle inaspettate, ma non sentendomi in
“pericolo” so
che non devo aspettarmi niente del genere. Sono invece felice di
notare che l'ansia che aveva stamattina ha lasciato spazio alla sua
solita spensieratezza.
La
nostra piccola corsa ci ha portate verso un declivio non troppo in
pendenza e di facile percorribilità, nonostante il terreno,
molto
simile alla sabbia marina, sia un poco sdrucciolevole. Un'altra
spianata della stessa
terra ci accoglie in una vastità a dir poco disorientante
che si
sviluppa appropriandosi di tutto l'orizzonte. I fusti in prospettiva
tra cui si scorgono le mirabolanti traiettorie di tutti i minuscoli
insetti che popolano l'aria giallastra e le
tridimensionalità delle
ragnatele intrise di rugiada. Anche la bianchezza di un sentiero di
ghiaia ad una certa distanza da
noi riluce fulgido nonostante la poca illuminazione.
Gli
alberi sempre meno presenti ma pur sempre accesi di verde, si fanno
da parte lasciando posto a prati erbosi di lavanda e mughetto e
sollevandosi con nostra sorpresa in una sommità simile ad un
promontorio in miniatura. Quante sorprese ci sta regalando questo
posto! Il
boschetto di bambù che incontriamo nella nostra scalata
nasconde
qualcosa di ancora più stupefacente che si apre in una scala
naturale dalle dimensioni ciclopiche che discende nelle viscere della
montagna giungendo in un luogo che forse non visiteremo mai. Rivedo il
mio stupore
dipinto anche sul volto di Haruka che a quanto pare non si aspettava
un risvolto del genere. Da cosa me ne sono resa conto? Beh, dovreste
vedere la sua faccia, o meglio, le sue sopracciglia. Hanno appena
scalato l'Everest!
“Amore,
rischi di farti entrare un calabrone in bocca se non la
chiudi...”
“...”
“Tutto
ok? Sei allibita...”
“Allibita
è un eufemismo... Sapevo che c'era un passaggio segreto. Il
nonno me
lo raccontava spesso, ma non immaginavo che si trattasse di una cosa
del genere...
È
mastodontica!”
“Oh
sì! Veramente massiccia.
Vuoi
continuare?”
“Assolutamente
sì! Muoviamoci!”
Questo
devo assolutamente segnarlo nella mappa, ma solo nella mia.
Resterà
un segreto. Non voglio che questo capolavoro naturale venga
brutalmente deturpato.
Questa
parte di riserva non diverrà parte del museo naturalistico
della
riserva. La troppa inciviltà lo distruggerebbe.
Decisione
presa, ma ora dedichiamoci a cose più importanti.
Mi
avvicino al primo scalino e lo testo con il piede per conoscerne il
grado di sicurezza.
Inutile
dire che è resistente come l'acciaio. Buon per noi!
Prendo
Michiru per mano e assieme scendiamo quelli successivi con
l'antichità della roccia che ci assicura che nessun pericolo
ci
coglierà, se saremo vigili.
Le
sensazioni che ti pervadono in questo abbraccio di pietra ti fanno
sentire minuscolo come lo sono le formiche rispetto a noi e ti danno
al contrario una sorta di diritto di sentirti come una
divinità, ma
badate alla superbia.
Gli
atolli di terra alti una decina di metri che circondano il granitico
fanno somigliare il luogo ad un paesaggio degno d'una ambientazione
fantasy, come però non si sono ancora letti.
Al
mio fianco la mia esploratrice in seconda, presa anch'ella dalla
maestria d'architettura della Terra non pare aver fiutato il profumo
salino che riempie l'aria sempre meno rarefatta. L'effetto sorpresa
sarà maggiore se continua di questo passo, perciò
terrò per me
questa indicazione.
Ancora
tanta strada ci resta da compiere perciò è meglio
risparmiare fiato
e corpo per seguitare nella scesa.
Manca
poco ormai, alla sorpresa...
Spero
di riuscire a colmare quel vuoto che le si legge dietro lo sguardo,
seppur mascherato dal benessere che la contraddistingue da quando
abitiamo immerse nella natura.
So
che sta bene. È serena, entusiasta, innamorata, ma so anche
che le
manca qualcosa e voglio che questo qualcosa torni a far parte di lei.
Voglio
che sia completa in tutto e per tutto, più completa di
quando
stavamo a due passi dal mare, felice fino in fondo.
È
una grossa impresa questa, ma il vento mi sussurra che posso farcela,
che posso sorprenderla e restituirle la sua essenza di ninfa del
mare. Questo è il mio obbiettivo, e ora che ci sono
così vicina non
permetterò a niente di intralciarmi.
Niente
alterigia. è solo il desiderio di regalare una gioia nuova
alla mia
futura sposa a muovermi in questa titanica avventura.
“La
Natura si è davvero sbizzarrita qui!”
“Vuoi
fermarti?”
“No,
finiamo la nostra scalata al contrario.
Non
sappiamo cosa ci aspetta dopo ma credo sia meglio fare una pausa dopo
che avremo di nuovo i piedi a terra.”
“Sono
del tuo stesso parere! E poi guarda che paesaggio.
Nemmeno
Narnia è a questi livelli, senza offesa alcuna verso il caro
Lewis.”
“Sono
pienamente d'accordo.
Voglio
tornare qui e dedicarmi a dipingere ogni singolo scalino e atollo qui
presente.
Sperando
che ci sia un modo più veloce per raggiungerlo.”
“Beh,
ora che ho saggiato il terreno possiamo benissimo utilizzare i nostri
soliti mezzi per le escursioni. Potremmo venire qui con il quod o
anche anche con la jeep più leggera.”
“Perfetto!
Sarà una sessione di pittura esaltante!”
“Scommetto
che ti porterai dietro tutto il tuo corredo di pittura.”
“Ovvio!”
“Lo
immaginavo...
Dai,
un'altra decina di scalini e ci siamo quasi. Così mangiamo
anche
qualcosa che il riso è sparito nei meandri della
digestione.”
“Che
romantica quest'ultima frase!”
“Hai
presente i rumori molesti che hai iniziato a sentire circa un'ora
fa?”
“Oh
sì, un bel sottofondo.”
“Era
il mio stomaco che brontolava.”
“Ma
dai! Pensavo fosse un cinghiale che ci seguiva per rubarci quel che
resta delle provviste.”
“Ahahah,
che ridere.
E
poi, quali provviste? Sono rimaste solo le posate e i
contenitori.”
“Non
abbiamo più niente? Che mangiamo allora???”
“Non
preoccuparti. Quelli sono alberi di cachi e i frutti sono maturi, e
se non ricordo male dovremmo avere altri di quei panini dolci che ho
fatto a colazione.”
“Ah,
per fortuna!
Eccoci
a terra!”
“Accomodati
pure da qualche parte.
Ti
lascio lo zaino e vado a cogliere un po' di frutta, così ci
rifocilliamo per bene.”
“Ok!”
Leggermente
affaticata dalla camminata mi siedo su una roccia tonda che grazie a
dei massi più piccoli e tondeggianti anch'essi la fanno
somigliare
ad un ricco paffuto e dal pelo liscio. Che simpatica!
Haruka
non tarda molto e arriva con una busta di cachi profumati e maturi
che si direbbero assai succulenti. Si accomoda su una roccia
squadrata davanti a me e sbuccia la merenda porgendomela e
mangiandola anche lei.
Subito
l'energia si ricarica e con il sapore dolce e pieno dei frutti inizio
a entrare nell'ottica di un ultimo sforzo che, non so
perché, sento
che verrà egregiamente ripagato.
Finiti
i cachi tira fuori quei deliziosi panini farciti, che dal cardamomo
sono passati ad essere ripieni con una lastra di vaniglia dal gusto
deciso e amabile. Squisiti!
Ci
concediamo un altra decina di minuti di relax con il sole che
tramonterà tra almeno un'ora o forse anche più.
Mi
tranquillizza dicendomi che non ci sarà bisogno di correre
per
l'ultimo tratto e con la mano che avvolge la mia mi aiuta ad alzarmi.
Subito la prendo a braccetto e riprendiamo a camminare quando una
vista mozzafiato prende il sopravvento nei miei occhi: l'oceano.
Resto
a bocca aperta comprendendo che questo finale era già stato
progettato dall'inizio ma l'unico pensiero che preme prepotente nella
mia mente è un senso di gratitudine così profondo
che non riesco
nemmeno a discernere le emozioni che mi scuotono dall'interno.
Le
ginocchia mi cedono, gli occhi si bagnano di gioia e un pianto
liberatorio e commosso mi fa tremare. Guadagno il cingermi delle
braccia di Haruka che conosce esattamente quello che provo e resta in
silenzio perché io possa concentrarmi esclusivamente sul
rumore
delle onde che sussultano davanti e per me, consce della lontananza
che ci ha separate per troppo tempo.
Recupero
l'uso delle gambe e corro verso di loro, tuffandomi nel loro vortice
bagnato senza pensare ad altro.
Dimentica
di tutto ciò che mi circonda mi perdo in quel lasciarmi
cullare così
famigliare che continua a piangere anche sott'acqua.
Tutti
i pezzi di me che si erano persi nella nostalgia tornano a
completarmi e più nessun rancore popola la mia anima.
Una
dea si affaccia sulla superficie crespa d'azzurro e un nuovo
sentimento si fa largo sul mio viso. La gratitudine.
***
“La
mia pazzerella.”
“Hai
ragione, ma non ho saputo resistere.”
“Tranquilla,
non devi giustificarti.
So
cosa ha significato tutto questo per te.
Anche
se hai rischiato di prenderti una congestione non ho saputo
fermarti.”
“Grazie
per avermi regalato questa giornata memorabile.
Ne
avevo un bisogno tremendo.”
”Lo
so, è per questo che ho unito il progetto dell'esplorazione
dei
nuovi terreni alla ricerca di un passaggio per il mare.
Stavi
patendo troppo la lontananza e non lo sopportavo
più.”
“È
vero, ma ora mi hai guarita. Non preoccupartene
più.”
“Come
desideri amore.
Continua
a scaldarti davanti al falò. Io inizio a montare il
tettuccio della
jeep, così non prendi ulteriore freddo durante il
rientro.”
“Ok.
Grazie ancora.”
“Ssstt.
Non aggiungere altro.”
NdA
Eccomi
di nuovo qui con il nuovo capitolo.
Una
vera impresa eroica cercare di renderlo il più vero
possibile. Spero
di esserci riuscita.
Mio
intento era quello di pubblicarlo domani, ma, proprio come questa mia
Michiru, non posso resistere a farmi immergere in questo nuovo
spicchio di mondo che mi si è aperto nel cuore mentre
scrivevo.
Sarò
breve in queste note.
Voglio
solo ringraziare che si imbatterà in queste mie righe e chi
vi
indugerà per premiarmi o criticarmi, perché
entrambe sono per me
scalini verso la crescita.
Vi
lascio augurandovi di passare il Natale più sereno, sincero
e
spettacolare che possiate desiderare e vi do appuntamento per il
Nuovo Anno, che voglio sia per voi più alto delle vostre
più alte
aspettative.
Un
abbraccio a tutti, vostra Miss Writer.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo undici: Nuova veste ***
Perfectly
Mine
Capitolo
undici:
Veste
Nuova
“Amore,
si può mettere un po' più attaccato alla
credenza? Sporge troppo
dall'altra parte.”
“Così
va meglio?”
“Sì,
perfetto!”
“Dove
mettiamo il mobile alto invece?”
“Pensavo
di metterlo o dove c'era il frigo ma più al centro, o nella
parete
del ripostiglio...”
“Secondo
me è meglio nella parete del frigo. Considera che dall'altra
parte
c'è la finestra oltre che l'ingresso del ripostiglio.
E
poi la parete sinistra risulterebbe più vuota se
concentriamo tutto
a destra.”
“Vero,
ma non sarebbe un problema.
Lasciamici
pensare un po'.”
“Ok,
dedichiamoci ad altro allora.
Volevi
cambiare la tenda del ripostiglio, giusto?”
“Sì.”
“E
se invece di metterci un'altra tendina piazziamo una bella porta di
quelle leggere?
Niente
di troppo monumentale...”
“L'idea
non è male, ma dove la scoviamo una porta così al
volo?”
“Nessun
problema.
Passando
al mercato ieri ce n'erano due in offerta e le ho comprate.
Vado
a prenderle così scegli quella che più ti
piace.”
“Ok.”
“Eccole.
Antilopi o fate?”
“Caspita,
sono bellissime!”
“Sì,
appena le ho viste ho pensato che fossero di ottima fattura.
I
dettagli sono impressionanti e credo che siano perfette per
l'ambiente che vogliamo ricreare a casa.”
“D'accordissimo
con te!”
“Allora,
fate o antilopi?”
“Fate!
L'altra
la useremo per qualcos'altro.”
“A
tua descrizione piccola.
Appoggio
l'altra e vado a rimettere questa nel capanno, così non si
sporca.
Smonta
le tende intanto. Ma sta attenta.”
“Bene.”
***
Con
fare sicuro allinea precisamente tutti i quattro angoli della porta
fissando quelli del lato sinistro per primi.
La
boscaglia rappresentata risplende di un verde spruzzato di una luce
calda e avvolgente.
Le
fate con i loro abiti minimali e colorati volteggiano nell'aria con
quelle loro ali così scintillanti da offuscare il sole che
si erge
sulle montagne della brughiera.
La
mia immaginazione mi fa tornare bambina prendendo il sopravvento
sulla mia mente conscia, e la magia comincia ad animarsi sulla
superficie stupendamente dipinta. Che attraversandola si arrivi in un
altro mondo diverso dal nostro, più magico e meno aspro di
esso?
“Amore,
mi ascolti?”
“Eh,
o no scusa...
Avevo
la testa altrove. Dicevi?”
“Vuoi
che passi del lucido sulla porta per illuminarla ancora?
Il
nailon l'ha un po' opacizzata.”
“Oh,
ok. Fai pure. Ti serve che esca dalla stanza?”
“No,
mi basta che ti allontani solo un po'.”
“Allora
sposto il mobiletto piccolo della credenza in sala dove c'è
lo
spazio vuoto.”
“Bene,
io faccio in un attimo.”
“I
puzzle erano già pronti vero? Così li appendiamo
alla parete.”
“Sì
Michi, devono solo essere appesi.”
Lascio
Michiru a sistemare il mobiletto in sala e a rassettare la cucina
mentre decide dove andrà sistemato il mobile più
grande.
Entro
nel capanno per rimettere a posto la cassetta degli attrezzi, dando
uno sguardo al prossimo progetto di restaurazione che vorrei attuare:
una bella finestra nel ripostiglio per rischiarare un po' l'aria.
Ho
spostato tutto ciò che non ci serve qui così da
liberare ancora più
spazio e renderlo ancora più ordinato, proprio come piace a
noi.
Non
vedo l'ora di cimentarmici. Ho già scelto degli infissi di
legno
color miele e una maniglia laccato bianco.
Sarà
esaltante iniziare questo nuovo lavoretto!
***
“A
qualcuno brontola lo stomaco...”
“Succede
quando si lavora tutta la mattina seguendo gli ordini della propria
donna.”
“Oh,
povera stella!
E
se ti dicessi che il pranzo sarà servito tra circa un quarto
d'ora...”
“Evviva!
Mi metto subito ad apparecchiare!”
“Brava
bambina.”
“Cosa
prevede il meniu?”
“Annusa
e scoprilo.”
“Mh,
sentiamo un po'...
Yuhuhuhuh!
Lasagne ai frutti di mare!!!”
“Che
fiuto! Non immaginavo indovinassi così
facilmente...”
“La
fame ti fa fare cose fuori dal comune.”
“Quanto
sei scema!
E
smettila di fissarmi il décolleté, altrimenti ti
do un cazzotto!”
“Ma
uffa, perché non dovrei rifarmi gli occhi oltre che
riempirmi lo
stomaco?”
“Perché
il multi-tasking è inefficace cara.”
“Ma
che risposta è...”
“Finisci
di apparecchiare!”
“Sissignora!!!”
***
“Amore,
sei hai freddo sposto il divano un po' più avanti.”
“Oh,
fai pure. Sento un po' di freddo in effetti.”
“Ecco
fatto.”
“Grazie
amore.”
“Di
niente piccola.”
Lo
scoppiettare del fuoco più vicino a me inizia a farmi
sentire
meglio.
I
rumori che mi circondano mentre Haruka cambia la disposizione
dell'arredamento nel soggiorno mi tengono compagnia portandomi un
certo conforto.
In
questa sinfonia il piano prende il posto del piccolo tavolo, proprio
nella parete sinistra in cui si trovava prima, solo nell'angolo
opposto.
Il
tavolo e le sei sedie hanno trovato posto al piano di sopra, dov'era
presente un ampio spazio libero. Un tocco d'eleganza sul pavimento
spoglio.
L'unico
a rimanere nella posizione originale è il divano, a cui
presto
affiancheremo qualche pezzo di nuovo mobilio per appoggiare eventuali
tazze o bicchieri.
Anche
il camino, come potrete immaginare, non ha cambiato postazione e al
centro della canna fumaria, dove prima si trovava il bell'orologio
col cervo, ora fa sfoggio di sé un nuovo fiammante TV LED di
42”,
color blu e dallo schermo curvo. Fantastico!
Per
l'orologio dobbiamo ancora trovare una nuova sistemazione...
Guardo
di nuovo Haruka e mi sento quasi in colpa nel vederla spostare tutto
da sola. Vorrei aiutarla ma so che ha bisogno dei suoi spazi
perché
abbia i suoi momenti di virilità, quindi resto al mio posto.
“Gradisce
questa nuova disposizione, madamigella?”
“Molto
signor immobiliatore.”
“Che
paroloni quest'oggi!”
***
Con
accuratezza e cercando di fare meno rumore possibile sposto l'armadio
della nostra camera fuori di essa, in attesa di trovare qualche altro
angolo dove sistemarlo.
Lo
spingo fino all'esterno e lo lascio lì, dato che
avrò bisogno di
aiuto per completarne il trasloco.
Michiru
si è addormentata sul divano e una volta finito in salotto
ho deciso
di passare a questa stanza a sua insaputa.
Voglio
farle una sorpresa. Al mercato infatti non ho comprato solo le porte,
ma anche due comodini e un armadio nuovo tutti in pendant. Quelli del
nonno meritano seriamente la pensione.
L'armadio
componibile a tre ante andrà dietro il letto, cambiato
anch'esso da
poco, sistemato al centro della stanza, con il fianco rivolto verso
la finestra. Ai suoi lati metterò i due comodini, uno per
lato. Essi
sono semplici, bianchi con il primo cassetto color granito e il
secondo libero. Una porticina con una striscia longitudinale della
stessa fantasia ricopre un vano assai spazioso e sui lati
v'è una
decorazione rappresentante un bellissimo ciliegio in fiore circondato
da una pioggia di petali, come quello che il pezzo più
grande ha
invece nell'anta centrale... Spero che le piacciano.
***
“Ciao
bellissima, dormito bene?”
“Oh,
sì! Un bel pisolino.
Cioccolata
calda!”
“Sì,
e un bel documentario su Disney Nature!
Accomodiamoci
sul divano.”
“Documentario!!!
Che bello!”
“Adoro
il fatto che basti una cosa così piccola per far schizzare
il tuo
entusiasmo.
Sei
così tenera!”
“Oh,
così mi fai arrossire...”
***
“La
cena è quasi pronta.”
“Manca
ancora mezz'ora alla fine...”
“Tranquilla,
continua pure a seguire la TV.
Penso
a tutto io.”
“Grazie.
Ma
quanto sono carini questi orsi! E che qualità di
intrattenimento.
La
Natura è una cosa meravigliosa. Dovremmo rendercene
più conto.”
“Hai
ragione piccola.”
***
“Andiamo
a dormire?”
“Ok.”
La
cena è trascorsa tranquilla, nella serenità che
sempre ci
accompagna.
Le
immagini del documentario non hanno intenzione di allontanarsi da me
e continuo a rivivere le emozioni che mi hanno lasciato. Stupore,
allegria, qualche pizzico di ansia e tanto tanto rispetto per tutto
ciò che abbiamo.
La
Disney sa come farti sognare.
Anche
il dopocena non è stato impegnativo, con il nostro solito
staccarci
dalla tecnologia ed abbandonarci alla lettura di un buon libro,
comodamente sedute su due nuove poltroncine che Haruka ha fatto
apparire da chissà dove.
La
mia donna è proprio piena di sorprese!
L'unica
stanza che manca da sistemare al piano di sopra è la nostra
camera
da letto, ma dovremo aspettare per dedicarci anche ad essa
perché
Haruka domani deve alzarsi presto per andare a lavorare.
Devia
in bagno per cambiarsi e indossare il pigiama mentre io, già
pronta,
entro direttamente nella stanza, che risulta essere un tantino...
diversa!
Quella
che ricordavo fino a questa mattina non sembra mai essere stata dove
effettivamente si trovava...
Che
è successo qui dentro, e soprattutto: quando!
“Sorpresa.
Ti
piace?”
“È
notevole! Hai fatto una magia?”
“No.
Ci ho lavorato durante il tuo sonnellino pomeridiano.”
“Caspita...
Non mi sono accorta di niente!”
“Beh,
sono stata brava allora!”
“Magnifica!”
Il
vecchio armadio del nonno si è trasformato in un mobile a
tre ante
super moderno, con l'anta centrale variopinta da un ciliegio in
fiore, mentre le due laterali sono a specchio.
Davanti
un letto nuovo, moderno anch'esso, dalla struttura bianca con la
testiera ricurva verso l'interno ai lati e i piedi costituiti da
bande. Dal lato opposto ad essa si può invece guardare sotto.
Non
si vede la vecchia cassa che prima si trovava davanti al vecchio
letto, e a farne le veci sono tre cubi rivestiti da una trama
autunnale di foglie e aceri dai colori sgargianti.
Il
sonno non mi permette di focalizzarmi su altri dettagli,
perciò mi
limito a baciare il mio nuovo arredatore di fiducia e prepararmi per
la notte.
Inaugura
il comodino riponendovi la vestaglia, dopo essersene spogliata.
Con
fare felino si accomoda sul letto gioendo per la morbidezza del
materasso che perfettamente accoglie il suo corpo, e seppur vi
è
stanchezza nel suo sguardo riesco a scorgere una scintilla di
soddisfazione che mi fa avvampare perché mi premia per tutto
il
lavoro che ho fatto.
Il
torpore del sonno comincia ad affliggere anche me ma non mi sottraggo
quando con le sue ultime forze mi raggiunge con un bacio intenso e
ripetuto, con le sue mani che si concentrano sui miei seni.
Gattonando
ancora si sdraia sopra di me abbracciandomi. Mi sposto per far
sì
che si stenda sul fianco come faccio io e l'abbraccio di rimando.
Voglio che la sua schiena aderisca al mio petto, all'addome e che le
sue gambe si incastrino nelle mie.
Il
mio braccio destro si porta a cingerle il fianco sinistro, lasciando
la mano sepolta sotto di esso. Il sinistro si perde nella marea dei
suoi capelli profumati e finché vi sarà lavoro
nelle mie membra
continuerò con questa operazione.
Prendo
di mira il suo collo con le mie labbra, non mi sentirei realizzata e
soddisfatta se non lo facessi, e con queste azioni indugerò
attendendo il sonno.
Insieme.
I
canti notturni si fanno persistenti ma non deturpano l'atmosfera di
rilassamento che arriva sempre più vicina a noi.
Li
ascolto lasciando che entrino nella mia testa, come fa il vento nella
sua mansione di far stormire le foglie e anche l'acqua della fontana
in giardino si unisce al concerto.
Il
limbo si palesa sempre di più, il respiro rallenta seguito a
ruota
dal battito del cuore, gli occhi si chiudono e i movimenti si fanno
sempre meno frequenti, perdendo in intensità.
Il
canto di Morfeo inizia a risuonare ed ecco che si prepara ad
accoglierci e con lo scorrere delle coperte su di noi, quali sue
alunne diligenti, ci lasciamo andare al suo soporifero e delizioso
incantesimo.
***
“Manca
solo il ripostiglio e tutta la casa sarà nuova di zecca. Non
vedo
l'ora!”
“Sì,
aveva bisogno di essere ammodernata, essere più
nostra.”
“Già.
Sarà magnifico vivere qui d'ora in poi. Non c'è
posto migliore al
mondo.”
“Sono
contenta che tu la pensi così. Mi rende felice.”
“Anche
io sono felice, qui.”
“Amore
mio.”
“A
che ora devi uscire?”
“Alle
nove e trenta.”
“Riusciamo
a fare colazione assieme?”
“Sono
appena le sette e un quarto. Possiamo fare molto più che la
sola
colazione.”
A
cavalcioni sul letto la attiro verso di me togliendole il pigiama e
dedicandomi subito alla sua schiena e poi al suo petto.
La
faccio coricare circondandole i seni con le mani dopo essermi messa
sopra di lei.
Il
mio tatto non è ancora sazio di loro. E un atto di forza
farlo
spostare verso la sua cinta per sfilarle i pantaloni e la biancheria
e avvolgerla con un lembo delle lenzuola, lasciando però
libere le
gambe, ben presto mio territorio di azione.
L'interno
coscia diviene la mia prima tappa, con la sua sensibilità
che inizia
già a mostrarsi. Qualche carezza si fa avanti ma un bacio
raggiunge
le sue grandi labbra e le separa per addentrarmi ancora più
in lei.
Il
calore sul mio viso cresce al crescere dei suoi gemiti e della mia
voglia di lei.
Il
suo bacino si muove al mio stesso ritmo, al contrario del suo
spasmodico toccarsi il collo, le spalle, il seno. Spinge la mia testa
contro la sua femminilità facendo arrancare il mio respiro.
Lo
libero dentro di lei quasi per dispetto provocandole un gran fremito
per tutto il corpo, corde vocale comprese.
L'istinto
di penetrarla s'impenna sulle mie falangi senza nemmeno essere
interpellato e vince sulla mia volontà muscolare, con
l'indice e il
medio che si fanno strada dentro di lei accolti da un grido
soffocato.
Non
soddisfatti però fanno sì che quelli successivi
siano sempre più
privi di timidezza.
Dentro
e fuori quell'umidità calda e dall'odore conturbante mi
perdo, lei
che continua ad invocare il mio nome tra i singhiozzi, con le sue
spinte che stringono le mie dita come se non volesse mai più
lasciarmi andare.
L'umidezza
al solo pensiero di quella trappola splendida cresce sia in lei che
in me con la calata della mia lucidità... No!
Non
voglio assolutamente venire prima che tocchi a lei. Spingo la mia
esistenza in un andito della mia mente, impegnandomi esclusivamente
nel far tremare le sue membra dal piacere, la mia salivazione a
mille.
È
così che essa collima con il suo imminente orgasmo mentre il
mio è
ricacciato indietro un'altra volta.
La
mia bocca si riempie piano del suo sapore agrodolce, motivo di
esplosione delle mie papille gustative quando esso si libera sempre
più, fino alla botta finale del suo acme sulle mie dita e
nelle mie
narici. Solo allora mi lascio andare anche io.
La
sua soddisfazione scritta dalla sua lingua sulle sue labbra mi spinge
a portarvi in dono la sua stessa essenza, con un bacio languido,
esausto, come un treno che ha corso per la salvezza e l'ha finalmente
raggiunta.
***
Chi
lo avrebbe mai detto che anche la vecchia trabeazione avrebbe
cambiato aspetto rinnovandosi in tutto e per tutto.
È
davvero incredibile il look che sfoggia in questo esatto momento.
Sembra che non sia mai stata vittima né delle intemperie
naturali né
di quelle umane.
È
come se si fosse appena costruita da sé dal legno lucido e
resistente, stabile, trafficabile e fiera. Un colpo d'occhio in grado
di toglierti il fiato.
Il
blu di Persia sospeso tra gli alberi che ne sostengono l'impalcatura
salta alla vista rapendola con la sua inaspettato.
Un
calcio allo stomaco della logica.
Ciò
che era un semplice rifugio dal mondo solito e caotico ora è
diventata una dimora a tutti gli effetti, confortevole anche nella
sua piccolezza.
Il
tetto giallo cadmio, una porta color ecrù, le pareti di
canne e
vetro.
Non
più uno spiffero sussurrerà tra queste pareti.
Più
la guardo e più il mio cuore accelera in ammirazione, come
in un
sogno che vorresti non finisse mai.
E
chissà come sarà all'interno!
Purtroppo
devo frenare il mio entusiasmo, perché non ho le chiavi per
entrare.
Sarà meglio rientrare in casa e riattizzare il fuoco.
Troverò
qualcosa da fare per distrarmi.
Potrei
prendere le lastre di polistirolo che Haruka mi ha lasciato nello
studio e dipingerle.
Non
ho mai lavorato su un supporto del genere, ma voglio sperimentare.
Devo
scegliere i soggetti, il che dovrebbe tenermi abbastanza impegnata,
dopodiché penserò al pranzo e anche alla cena,
per sicurezza.
Vediamo
un po'...
“Young
as the morning, old as the sea...”
“Pronto?”
“Ciao
amore, c'è stato un piccolo incidente nel nuovo terreno e
temo che
dovrò trattenermi qui fino a dopo pranzo. Scusa se sono di
fretta ma
dobbiamo risistemare la terra e mettere in sicurezza alcuni alberi
con i mezzi pesanti, altrimenti rischiamo di allungare i tempi. Mi
dispiace piccola.”
“Amore,
non preoccuparti. Ci vediamo stasera allora.
Pensa
al lavoro adesso, e stai attenta.”
“Va
bene principessa. Ti amo.”
“Ti
amo anche io. A più tardi.”
Ci
mancava anche questo... Spero vada tutto bene.
Devo
prepararle un pranzo di tutto rispetto per rinvigorirla dopo la lunga
giornata di fatica trascorsa.
Credo
che sia arrivato il momento di provare a fare il plumcake al salmone
affumicato che voleva assaggiare.
Meglio
controllare se ho tutti gli ingredienti a disposizione e in caso che
manchino farò qualche telefonata al mercato.
Gli
svantaggi di abitare isolati a volte possono diventare vantaggi.
Diamoci
da fare!
***
“Amore,
sono a casa.”
“Ehi,
bentornata amore.
Com'è
andata?”
“Siamo
riusciti a risolvere tutto oggi. Non immagini che sollievo!
Ho
una fame da lupi.”
“Vai
a fare una bella doccia, il bagno è pronto.
Intanto
ti scaldo il pranzo.”
“Grazie
principessa.”
***
“È
buonissimo!
Molto
più di quanto mi aspettassi.
Il
salmone e l'erba cipollina sono davvero un bel mix e l'impasto del
plumcake è delizioso. Morbido, non asciutto e leggero.
Ci
voleva proprio un pranzo del genere!”
“Sono
contenta di averti soddisfatta.
I
piatti li faccio io. Vuoi un caffè?”
“Preferirei
qualcos'altro in realtà. Però non so
cosa...”
“Vuoi
un frullato di frutta? In frigo ce ne sono ancora un paio.
Controllo
i gusti così lo scegli.”
“Perfetto.”
“Abbiamo
pesca e banana, fragola e limone, kiwi e cocomero e uno senza
etichetta...
Rum!”
“Oh,
no grazie. Preferisco pesca e banana.”
“Io
prendo kiwi e cocomero invece.
Domattina
andiamo presto al mercato a fare scorta di frutta e verdura e ne
prepariamo altri.”
“Ci
sto!”
“Va
pure a riposarti. Io finisco qui.”
“Ok,
lo berrò più tardi. Tu raggiungimi
però.”
“Certo.”
Entro
in camera e i raggi del sole si esibiscono in evoluzione deliziose
fatte di cascate di luce, stelle e filari che paiono intinti di
rugiada.
Al
centro della stanza i disegni geometrici squadrati delle coperte sono
gonfi della figura addormentata di Haruka, la stanchezza a tenerla
ancora in scacco.
Le
macchia la pelle con il suo lieve pallore e di affaticamento la sua
espressione.
Fortunatamente
ha un buon avversario e per quanto possa avvilire la persona, il
sonno competerà con essa per spezzarla, ridonandoci vigore
dopo
l'aver solcato le sue rive.
Questa
riflessività, accompagnata dalla tenerezza del broncio
appena
assunto dalle sue labbra, rilassa anche me e mi infilo anche io sotto
le coperte, abbracciandola da dietro.
***
“Dato
che anche la cena è quasi pronta, ti va se ceniamo di
sopra?”
“Sul
tavolo della sala? Mi sembra un'idea carina. Un punto di vista
diverso.”
“In
realtà intendevo la trabeazione. Mettiamo tutto nel cestino
e
saliamo a goderci i nuovi interni.”
“Oh
sì! Non vedevo l'ora!!!”
Credo
di essere riuscita nel mio intento di lasciarla senza parole.
Con
la cena nel cestino usciamo all'aperto e Michiru, per forza
dell'abitudine arriva a metà della fila degli alberi. Devo
richiamarla indietro beccandomi il suo sguardo interrogativo. Afferro
la cordicella penzolante della tenda posta a riparare l'oggetto del
mistero, la nuova scala di legno.
“Eh
questa quando ce l'hai messa qui?”
“Segreto.
Avanti, salga che sennò si raffredda tutto, noi
comprese.”
Le
consegno le chiavi una volta in cima alla tromba. A lei l'onore di
aprire ed entrare per prima nel nostro angolo di paradiso.
Il
suo entusiasmo è il miglior premio che potessi ricevere dopo
tutto
l'impegno messo a favore del rinnovamento della casa.
Lascio
a lei il compito di istruire anche voi altri curiosoni.
“Haruka,
è bellissimo.
Nemmeno
le mie fantasie più sfrenate si sono minimamente avvicinate
alla
realtà!
Grazie!”
“Ti
piace davvero?
Ero
un po' titubante a dire la verità. Conosco i tuoi gusti
però non
ero sicura al cento per cento di accontentarti. Se c'è
qualcosa che
non ti piace la cambiamo.”
“No
amore, non c'è niente che cambierei.
La
porta è meravigliosa, anche con l'aggiunta dell'isolante
verde acqua
per gli spifferi.
Non
potevi trovarle posto migliore.
La
lampada poi! Guarda che colori, che forme. È una
Calceolaria,
giusto?”
“Esatto.”
“Anche
le lanterne da fiera mi piacciono molto. Sono così colorate!
Rendono
l'esterno allegro ma non osceno.
Questo
tavolo moderno e le sedie sono bellissimi. Le fantasie sono semplici,
non troppo impegnate e questa forma minimal ricurva dona eleganza
all'ambiente lasciandolo genuino e senza fronzoli.
Sono
contenta che tu abbia messo qui i puzzle che non ci sono stati in
cucina.
È
tutto assolutamente perfetto amore.”
“Menomale.
Avevo un po' di fifa.
Missione
compiuta?”
“Missione
compiuta.”
“Bene.
Ceniamo adesso, altrimenti diventerà tutto
immangiabile.”
“Spero
ti vada l'idea della carbonara. Non sapevo cosa inventarmi e non
volevo svegliarti per chiederti cosa volevi.”
“Lo
sai che mi va tutto quello che cucini. Non metterti di questi
problemi.
E
poi una carbonara non si rifiuta mai! Fossi diventata matta!”
“Beh,
allora serviamoci. Buon appetito!”
“Appetito.
Mmh,
che aspetto invitante. Adoro le zucchine!
Oh
mamma, che cosa buona! Sono fantastiche assieme alle uova. Fanno una
cremina che è la fine del mondo. Mantecatura davvero ottima
amore.”
“E
io che avevo paura che vedendo di nuovo zucchine le avresti
snobbate.”
“Non
le snobberei nemmeno a colazione, se ci concedessimo lo sfizio del
salato, figuriamoci sia a pranzo che a cena.”
“Menomale.
Forse
è un po' pesante ma non è la fine del
mondo.”
“Infatti.
Tuttalpiù domani mangiamo più leggero. Preparo un
bel piatto di
riso!”
“Riso?
Non come quello dell'ultima volta spero.”
“No
no, altrimenti scoppiamo.
Sarà
qualcosa di mooolto più leggero. Promesso!!”
Nda
Eccomi
qui con il nuovo capitolo fresco di stesura, o quasi XD.
Il
matrimonio delle due nostre amate eroine si avvicina e con esso la
voglia di preparare ogni cosa al grande evento, da qui il rinnovo
dell'arredamento della casa del nonno.
Spero
che possa essere di vostro gradimento.
Dal
prossimo l'aria si farà più tesa, ma ci
sarà anche l'entrata di un
nuovo personaggio tutto mio che porterà qualche
novità in casa
Tenou.
Che
dire... Alla prossima ;)
|
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Capitolo 12 *** Capitolo dodici: Scoperte ***
Perfectly
Mine
Capitolo
dodici: Scoperte
“Vorrei
che mi piazzassi ancora qualche altro quadro per la mostra Michiru.
L'idea
che ti è venuta è geniale! Hai avuto
originalità. È qualcosa che
non è mai stato fatto. Non aver paura di osare!”
“Ok.
Non volevo esagerare proponendoti più di quindici dipinti,
ma se
secondo te devo, lo farò. Dopotutto sei tu a curare
l'evento.”
“Non
è sfacciataggine, se ho ben capito cosa intendi.
Ci
sono persone che pagherebbero soldoni per vedere i tuoi lavori.
Facciamoglieli sborsare senza deluderli!”
“Affare
fatto!
Grazie
per la fiducia.”
“Grazie
a te per avermi scelto in mezzo a persone che hanno molta
più
esperienza di me. Dopotutto sono solo una novellina in questo
ambiente.”
“È
stata una scelta niente affatto sofferta.
Adoro
il tuo blog. Mi piace la dignità e il sapore che dai alle
foto e
alle opere che recensisci e non potevo trovare qualcuno di meglio per
i miei nuovi quadri.
Eppoi
non ne posso più di tutti quei vecchi babbioni che sono
interessati
solo al mio cognome.”
“Ahahahahaha,
sì. In effetti l'ambiente andrebbe svecchiato.”
“Già.
Andiamo a prendere un caffè assieme?”
“Molto
volentieri.”
“Offro
io!”
“Molto
volentieri il doppio!”
***
“Ruka,
sei in casa?”
“In
cucina amore. Pausa caffè.
Ti
unisci a me?”
“No
grazie, l'ho appena preso.”
“Vuoi
una fetta di torta al limone allora?”
“Sì.
Quando l'hai comprata?”
“L'ho
fatta io tra una martellata e l'altra. Com'è andata al
lavoro?”
“Bene.
Sam vuole che esponga tutti i miei quadri alla mostra.”
“Fantastico,
così eliminiamo gli spazi vuoti che dicevi tu!”
“Già.
Sono soddisfatta.
A
te come procede invece?”
“Alla
grande. Ho già fatto il buco e ci ho messo un po' di
isolante.
Devo
solo piazzare la finestra e dare una bella pulita.
Vedrai
che storia!”
“Sono
proprio curiosa di vedere il risultato.
Scegliamo
il ristorante per la cerimonia entro oggi?”
“Sì
amore. Mi sono fatta un giro su internet e ne ho trovato cinque che
potrebbero rispecchiare i nostri gusti. Sono tutti immersi nella
natura e hanno degli interni favolosi.”
“Fantastico.
Dopo li guardiamo.
Torta
fantastica comunque! È morbidissima e il sapore dei limoni
con quel
tocco di liquirizia e meraviglioso. Complimenti!”
“Grazie.
Quando
ho buttato giù i tasselli ho intravvisto un ramo dell'albero
grondante di frutti e m'è venuta l'ispirazione.”
“Contenta
che tu l'abbia seguita!”
***
“Per
Natale ti regalo un computer nuovo. Questo inizia ad avere i suoi
anni.”
“Se
ci tieni. Ne avrei bisogno.”
“Lo
vedo. Ecco il primo.”
Loto
del Giappone.
Stile
tradizionale nella struttura e nell'arredamento. Mi piace.
Elegante
ma non troppo sfarzoso. Ampi spazi, un esterno che sembra un paradiso
fiorito. Si può addirittura mangiare fuori, tempo
permettendo.
La
sala principale è ben illuminata da ampie vetrate che non
precludono
la vista dell'esterno. Ci sono tre lunghi tavoli, perfetti per i
nostri invitati. Le sedie sono quelle classiche che i nostri vecchi
mettevano fuori dalle case per godere della brezza mattutina o
serale. Le apprezzo perché mi danno un senso di
intimità, che è
proprio quello che cerco per il nostro giorno speciale. Io Haruka e
gli amici più cari uniti in festa.
Poi
c'è un tavolino ornamentale davvero grazioso che sarebbe
perfetto
per mettere le bomboniere.
Mi
convince sempre di più, ma non voglio sceglierlo subito.
Voglio
vedere anche gli altri.
Vediamo
il menù...
Piatti
tradizionali giapponesi e menu con piatti provenienti da altre
culture a scelta del cliente. Interessante! Questo è un
ottimo
candidato!
“Wow,
mi ispira molto.”
“
Ha colpito
subito anche me.
Passiamo
al secondo. Ecco qua.”
The
Rock Garden. Bel nome!
Anche
il posto è molto bello. È completamente scavato
nella roccia ma è
comunque molto luminoso perché sono state ricavate delle
finestre
tonde ai lati molto ravvicinate tra loro.
Gli
interni hanno dei lampadari a forma di stalattiti di gemme davvero
molto scenici.
L'arredamento
consiste in tavoli e panche di pietra dagli intarsi floreali
provenienti da tutto il mondo, con le sedute e gli schienali
rivestiti di tessuto, così non si accuserà il
fastidio dato dallo
stare seduti sulla pietra.
I
tavolini sono separati ma possiamo farli unire tranquillamente.
Buono.
Il
menu prevede anche qui piatti tradizionali e un menu speciale di
piatti segreti, sempre appartenenti alla nostra cultura.
Naturalmente
ci verranno svelati su richiesta quindi mi informo subito.
Per
le bomboniere ci sono delle pensiline di legno molto carine, dipinte
anche esse da ricami forestali. Anche questo è un bel
concorrente.
Spero
che la scelta non si riveli troppo ostica. Con l'inaspettata chiusura
del primo ristorante circa tre settimane fa ci siamo ritrovate in un
mezzo guaio e il secondo ventaglio di possibilità non ci
entusiasmava particolarmente. Speriamo nel terzo!
Si
chiama Blossom of the Sea, data la sua struttura che ricorda proprio
un bocciolo non del tutto schiuso circondato da onde altissime. Si
trova su una scogliera a strapiombo sull'oceano.
Il
posto è molto suggestivo. Ci siamo già state e si
mangia da Dio con
un menu composto da sole specialità di pesce provenienti
anche
dall'estero.
Gli
interni ricreano un ambiente che sembra uscito da “La
Sirenetta”.
Tavoli
di corallo, sedie a forma di conchiglia, murales raffiguranti
delfini, balene, pesci tropicali, con l'acqua che sembra davvero
ondeggiare per le sue correnti interne.
Le
pareti separatorie sono sostituite da immensi acquari con
varietà di
pesci tropicali dai colori cangianti e i lampadari hanno la forma di
alghe.
Come
ho detto, il posto è davvero bello, ma non lo sento adatto
alla
cerimonia.
Non
so perché, ma non mi soddisfa.
Penso
che abbiamo trovato il primo escluso dalla lista.
Non
ho bisogno di soffermarmi su questa decisione. So per certo che il
nostro matrimonio non si svolgerà lì.
Mi
rincuora il fatto di aver smaltito la lista di un'opzione, altrimenti
la scelta potrebbe portarsi avanti per le lunghe...
“Questo
lo escludiamo.”
“Ok.
Sono d'accordo con te.”
“Ora
che ci penso possiamo escludere anche il quinto...”
“Dici?
Qual è? Non lo ricordo più.”
“La
Rue...”
“Oh!
Scusami amore, non avevo capito che era quello dove andavano i
tuoi...
Non
ricordavo avesse quel nome.”
“Non
preoccuparti. Guarda il lato positivo: abbiamo ristretto ancora il
campo.”
“Ben
detto. Vediamo il quarto allora.
Questo
è il mio preferito.”
“Vediamolo
subito!”
Oak
trees' Mountain.
Si
trova davvero tra le montagne, con ettari di aceri giapponesi alle
spalle. Si estende su tre piccole cime con la sua struttura fatta di
pietra, legno e vetro.
Gli
interni sono confortevoli, semplici, di quel rustico che ti fa
sentire tutto il calore di una dimora accogliente.
Le
sedie e i tavoli intagliati recano figure animali fantastici
provenienti dalla foresta, soggetti riportati anche sulle pareti e
sulle grandi vetrate e sulle statue di legno e su quelle di granito
che sono sparsi per tutto il locale, così fedeli agli
originali da
sembrare vivi.
Nel
menu piatti di terra e d'acqua dolce nostrani e non.
Una
cassettiera antica in fondo al salone, che separa la sala principale
da un'altra stanza altrettanto spaziosa, mi pare un luogo perfetto
dove riporre le bomboniere.
Se
il ristorante sul mare mi ha subito fatto desistere questo, al
contrario, mi ha dato subito una bella sensazione, molto più
forte
di quella regalatami dal primo.
Qui
il concetto di intimità è ancor meglio
rappresentato e capisco
perché Haruka si sia affezionata ad esso.
Confrontiamo
i tre candidati migliori e vediamo chi vince.
“Questo
piace molto anche a me.
Rivediamo
i primi due e scegliamone uno, poi confrontiamo quest'ultimo con il
tuo preferito.”
“Bene...
Il
primo è molto bello, sia dentro che fuori. Il menu ci attira
ma ha
prezzi molto alti e la raggiungibilità non è del
tutto ottimale.”
“Giusto,
è un po' fuori mano in effetti.
Al
secondo invece non è difficile arrivarci. Esteticamente ci
piace e
le pietanze offerte non ci dispiacciono, inoltre i prezzi sono
abbordabili, forse più degli altri.”
“Sì,
hai ragione...
Direi
che il secondo è quello che ci ispira di più tra
i due.”
“Ben
detto...
Che
ne dici se ci prendiamo ancora un po' di tempo per la scelta
definitiva?
Magari
fino a stasera, o a domattina.”
“Va
bene piccola. Voglio saperti serena.
Che
ne dici se appena finisco di fare le pulizie nel ripostiglio ci
facciamo una bella cavalcata prima di pranzo?”
“Ci
sto! È da tanto che non lo facciamo.”
“Perfetto.
Metto a posto questo coso che ti ostini a chiamare pc e vado a finire
il lavoro.”
“Vuoi
che ti aiuti?”
“Naaah,
fai pure la signora. Accomodati in poltrona e goditi il canticchiare
degli uccellini.”
“Se
proprio insisti...”
***
Il
ritmo incalzante della nostra cavalcatura per i boschi che impariamo
a conoscere sempre di più distende i miei nervi e la mia
mente, come
in una meditazione accompagnata, invece che dal silenzio, dallo
scalpiccio degli zoccoli.
Il
sole è alto nel cielo delle undici e qualcosa ma
è schermato dagli
alberi che ormai ci ritengono dimoranti fissi delle loro terre, o
almeno spero che sia così.
Procediamo
con lentezza finché i cavalli ce lo concedono. L'ondeggiare
del
corpo che seguono la loro andatura ha il magico effetto di
rilassarti, di connetterti con la terra e farti scaricare tutta la
tensione e lo stress accumulati.
È
una sensazione magnifica che tutti dovrebbero provare.
“Facciamo
tutto il giro? Ho aperto un nuovo sentiero dove crescevano le piante
infestanti e ne è uscita fuori una bella
scorciatoia.”
“Va
bene. È sempre eccitate passare per nuove strade.”
“Seguimi.”
Svoltiamo
a sinistra dove prima non si poteva passare, su un terreno ancora
brullo in cui presto troveranno posto dei bei fiorellini del
sottobosco, giusto per non lasciare il tutto troppo scoperto.
Lo
scintillio dei raggi solari tra gli alberi si fa più
sfavillante man
mano che avanziamo, riflettendo luci e ombre sul suolo dando
l'impressione di essere sulla superficie del mare ondoso.
La
vegetazione che mi è tanto cara, vista da un diverso punto
di vista,
mi regala tante nuove emozioni, mostrandomi i fianchi là un
po'
screziati, qui lisci e bianchi.
I
fiori che prima se ne stavano nascosti, con i lunghi gambi al cielo
ora non temono gli sguardi che attirano e i loro colori spuntano come
tante piccole gemme sparse in ogni angolo.
Incredibili
i funghi che crescono sulle ceppaglie, ai piedi degli alberi e lungo
alcuni rigagnoli. La maggior parte di essi non è
commestibile ma da
vedere sono davvero belli, con varie livree, grandezze e forme.
“Amore,
ma quello è un castagno?”
“Sì,
un tempo c'erano anche quelli ma sono marciti purtroppo. Qualcuno
è
sopravvissuto in qualche altra zona della riserva.”
“Guarda
vicino al tronco. Sembrano maitake.”
“Non
sembrano, lo sono!
Abbiamo
il pranzo tesoro.
Vado
a prenderli, mi tieni il cavallo?”
“Sì,
vieni bello.”
Fantastico!
Ci sono anche degli shiitake.
Ne
uscirebbe un risotto ai funghi delizioso oppure potrei inventarmi
qualcos'altro.
Darò
una sbirciata ai nuovi libri comprati da Michiru.
Fortuna
che ho portato una sacca. Mossa previdente.
Ce
ne saranno almeno due chili!
“Ho
fatto. Possiamo ripartire.”
“Si
sente il profumo da qui. Che meraviglia!”
“Hai
ragione. Tra un po' sentirai il mio stomaco che brontola.”
“Ci
sono abituata.”
Non
posso darle torto... Il convivere è fatto anche di questo.
“Che
ne dici se cuciniamo la quinoa con i funghi? Abbiamo anche il
porro.”
“Ok,
ma vanno messa ammollo per almeno un'ora.”
“Vero,
ma non è ancora mezzogiorno e tra un quarto d'ora, venti
minuti
saremo a casa, accelerando un poco il passo.”
“Perfetto.
Andiamo allora.”
Con
un verso ordino al mio fido destriero di cominciare il trotto e il
calpestio degli zoccoli scandisce i rumori del bosco.
La
polvere sollevata dal nostro incedere non è eccessiva ma il
rumore
della terra spazzata via dagli zoccoli risuona quando si scontra con
i lati del sentiero.
Teniamo
sempre la sinistra, girando ancora tre volte sempre in quella
direzione, con l'intensa fragranza delle prelibatezze nella mia
tracolla che ci accompagna facendoci cosa gradita.
Non
vedo l'ora di mettermi a cucinare queste delizie.
Ogni
volta che ho a disposizione degli ingredienti freschi e genuini come
questi la mia passione per il cibo si accresce riempiendomi di
euforia ed entusiasmo.
Una
delle rocce che spuntano alle spalle della nostra dimora, quella
più
lontana da essa, ci avvisa del fatto che siamo vicine alla meta.
Intravvedo
i piccoli archi, alti abbastanza da consentirci di passarci sotto,
formati da vecchi alberi che oramai hanno perso le foglie da anni. I
rami più alti si sono uniti con quelli degli altri disposti
nella
fila difronte e il risultato è questo porticato naturale
davvero
affascinante.
una
volta superato saremo in grado di scorgere la trabeazione e sapremo
di essere praticamente a casa. Proseguiamo!
***
“I
funghi sono in ammollo.”
“Perfetto.
Prendi il frullatore che con il porro ho quasi fatto.”
“Eccolo
qua.
Quanti
grammi di quinoa mettiamo?”
“100
grammi vanno bene.
I
funghi che non usiamo possiamo metterli a seccare per preparare un
buon risotto.”
“Ok.”
Ora
che metà del porro è tagliato a rondelle posso
prendere l'olio
d'oliva, sale e pepe e la padella in cui farlo saltare a fuoco lento.
L'altra
metà la frullerò per ottenere una crema da
aggiungere alla fine.
Michiru
si occuperà della quinoa che va lessata in due volte in
duecentocinquanta millilitri di acqua finché non
l'avrà assorbita
del tutto.
Una
volta scolata potremo unire tutti gli ingredienti.
Mi
dedico al porro che inizia a sfrigolare sul fondo della padella,
creando tante bollicine sulla superficie dell'olio.
I
funghi devono restare in acqua ancora mezz'ora perciò direi
che
posso preparare la crema. Col mixer non ci vorrà molto,
anche se
devo frullarlo per bene.
***
“I
funghi sono pronti.”
“Li
hai già strizzati?”
“Sì.”
“Ok,
butta in padella.
La
quinoa a che punto è?”
“Deve
cuocere ancora un po'. Una decina di minuti più o
meno.”
“Ok.”
Coi
tempi ci siamo.
Il
condimento deve cuocere a fiamma media per quindici minuti.
Aggiungo
un poco di acqua e un pizzico di sale e non mi resta che mescolare di
tanto in tanto.
Peccato
che non potete sentire l'aroma che si sprigiona dalla padella!
La
quinoa ha quasi assorbito tutta l'acqua. Manca poco.
Sto
già pregustando il momento in cui assaggeremo il piatto.
Anzi,
forse è meglio apparecchiare dato che nessuna delle due ci
ha ancora
pensato...
Che
geni!
In
un attimo la tovaglia, i piatti, i tovaglioli, le posate ed i
bicchieri più il cestino del pane trovano posto sull'isola.
La
cottura di tutti gli elementi è ultimata. Non resta che
metterli
tutti insieme aggiustando di sale e aggiungendo un po' di pepe.
Et
voilà, il pranzo è servito!
Ci
sediamo a tavola con l'acquolina in bocca, impazienti di bombardare
le nostre papille gustative con il sapore terroso ed avvolgente dei
frutti della nostra piccola escursione, arrivati inaspettati nella
nostra dimora.
La
mia distrazione, per fortuna, è stata scansata dallo spirito
d'osservazione della mia compagna di viaggio che con la sua
inguaribile curiosità ci ha rimediato un pranzetto niente
male. Le
ci vorrebbe un bel brindisi!
“Mhm,
che squisitezza! Questi funghi sono uno spettacolo!”
“Sì,
ed è merito tuo se li stiamo assaporando. Se non mi avessi
chiesto
del castagno non li avrei visti e ci saremmo perse un pranzetto con
fiocchi e contro fiocchi!”
“Oh,
mi piace questo riconoscimento delle mie capacità
intellettuali. È
stato bello essere utile ad entrambe!”
***
“Amore,
ti squilla il cellulare.”
“Chi
è?”
“Sam.
Vuoi che risponda io e le dico che sei occupata? Così riposi
ancora
un po'.”
“No,
non c'è bisogno. Grazie lo stesso.”
“Di
niente.”
“Pronto...”
“Ciao
Michiru, disturbo?”
“No
Sam, non preoccuparti. Posso fare qualcosa per te?”
“No,
tranquilla. Ti chiamavo per dirti che sono riuscita a liberarmi per
domani pomeriggio e volevo sapere se l'offerta di visitare la
location dell'esposizione fosse ancora valida.”
“Certo
che lo è! A che ora vuoi passare?”
“Non
so, prima che faccia buio magari.”
“Quello
non è un problema. Farò montare ad Haruka dei
faretti così da
avere una buona visione anche con dopo il tramonto.”
“Oh,
fantastico! Facciamo alle quattro allora?”
“Perfetto.
A domani, e buon proseguimento.”
“Grazie,
anche a te.”
***
“Bella
vista, vero?”
La
trovo intenta a sorseggiare il suo caffè appoggiata allo
stipite
della porta del ripostiglio, persa fra i suoi pensieri e il profumo
d'autunno che permea tutto l'ambiente.
“Sì.
È tutto più luminoso.
Come
mai tuo nonno aveva fatto murare la finestrella che c'era in
origine?”
“Hai
visto le stampe dei supereroi che ci sono in soffitta?
Ad
ognuna corrispondeva una action figure da dipingere.
Le
collezionavo, quand'ero bambina e il nonno un Natale mi
regalò tutta
la serie della Marvel. Ne ero così entusiasta!
Quello
che è il tuo attuale studio era la mia cameretta e dato che
la
vernice con cui dovevo pitturarle aveva un odore pungente non potevo
tenerle lì, quindi le mettevo ad asciugare proprio nel
ripostiglio.
Un
giorno mentre chiacchieravo con Yasu al rientro dalle vacanze mi
chiese che regali avevo ricevuto da Babbo Natale e io glielo
raccontai. Dei miei compagnetti di scuola che erano gelosi mi
sentirono e vennero qui a rubarmeli, entrando proprio dalla
finestrella.”
“Mi
dispiace. Posso immaginare la delusione.”
“Già...
Quando
lo scoprii feci a botte con tutta la gang all'uscita dalle lezioni e
quando gli insegnanti ne vennero a conoscenza mi sospesero e mi
fecero seguire un corso di terapia comportamentale.
Fu
da lì che nacquero i miei problemi di
irascibilità...”
“Non
lo sapevo.”
“È
una cosa di cui non vado granché fiera. Ero semplicemente
impulsiva
e invece mi hanno fatto passare per un'indemoniata. Non puoi
traumatizzare così una bambina. Fortuna che le cose con il
tempo
sono migliorate, soprattutto da quando ho conosciuto te.”
“Ne
sono felice, e contaci, continuerò ad essere la tua ancora
nel
vento.”
“Grazie
amore.”
“Figurati.
Ti faccio un caffè?”
“Stavo
per pensarci io.”
“Troppo
tardi!
Ho
comprato il caffè verde. Lo vuoi provare?”
“Sì,
sono curiosa. Tu lo hai già assaggiato?”
“Non
ancora.”
“Mascalzona!
Volevi farmi fare da cavia...”
“Esatto!”
***
“Michiru,
sono Sam.
Sono
arrivata al cancello principale.”
“Sono
subito da te.”
“Ok.”
“Eccomi!”
“Sei
apparsa dal nulla!”
“No,
ho semplicemente camminato.
Bella
macchina!”
“Grazie.
Quindi
dobbiamo andare a piedi...”
“Potremmo.
Oppure mi dai un passaggio.
La
tua auto è perfetta per i sentieri della riserva.”
“Scelgo
la seconda opzione! Sali a bordo.”
***
“Ben
arrivate signorine.”
“Ehi,
sei riuscita a tornare presto!”
“Sì
amore. Era solo un controllo veloce.”
“Fantastico!
Haruka, questa è Sam, la curatrice della mia
mostra.”
“Piacere
di conoscerti Sam, io so-”
“Haruka
Tenou!”
“Ehm,
sì. Proprio io...”
“Non
mi riconosci?!”
“...”
“Voi
vi conoscete già?”
“Sì,
sono la figlia di Kith Blanchard, il tuo navigatore quando correvi al
liceo.”
“Scheggia?!?”
“Esatto!”
“Santi
Numi quanto sei cresciuta!
Eri
una tappa da bambina!”
“Perdonala,
a volte ha la lingua troppo lunga...”
“Già,
come l'ha sempre avuta...”
“Ehi!”
“Zitta
e mettiti al lavoro!”
“Oky...”
***
Mentre
monto i faretti non faccio che guardare quella ragazza ormai adulta
che non troppi anni fa ero solita tenere in braccio. È
incredibile
come passi il tempo.
Ammetto
che da quando ho lasciato quell'ambiente ho quasi dimenticato chi lo
frequentava. Non ho più cercato nessuno di loro.
Non
è stato un granché da parte mia.
Almeno
con suo papà mi rifarò, comunque. Meglio non
sprecare
quest'occasione.
“Ragazze,
devo allontanarmi un attimo per procurarmi una chiave perché
questa
è rovinata. Torno subito.”
“Ok.
Noi ci fermiamo qui.
Gradiresti
un frutto?”
“Beh,
ho un certo languorino, ma da dove lo tiri fuori lo spuntino?”
“Che
rima!”
“Sono
una persona creativa, io.”
“Ovvio...
Dietro di te comunque.”
“Eh?
Oh,
ma quelle sono pesche!”
“Esatto.
Prendine pure una. Offre la casa.”
“Grazie.
Hanno un aspetto magnifico, e tra l'altro sono anche il mio frutto
preferito!”
“Ah,
sì?
Qui
ce l'ho zampino di qualcuno allora...”
“In
effetti fu lei a farmele assaggiare per la prima volta.”
“Avevo
indovinato quindi.”
“Già.
Ancora non ci credo di averla incontrata di nuovo.”
“Ne
è rimasta sorpresa e felice anche lei.”
“Dici?”
“Sì.
Conosco la mia metà e credimi, sono in pochi a poter godere
di
quello sguardo così affettuoso.”
“Ma
guarda un po'! Io lavoro e le fanciulle mangiano.”
“Al
volo!”
“Ouch!
Non
ero pronta a prenderla...”
“Oops...”
“A
me è sembrato che la tua testa l'abbia presta divinamente
invece...”
“Uno
a zero e palla al centro per Sam!”
“Torno
di là...”
Ahio...
Belle dure le nostre pesche.
Oggi
il karma vuole farmela pagare. C'era d'aspettarselo prima o poi.
Che
giornata ragazzi!
***
“Pensavo
di sistemare qui la serie dei torrenti.
Lì
infatti, sopra quelle rocce scendeva una piccola cascata che poi si
è
ritirata per cambiare direzione.
Mi
piaceva l'idea di revocarla.”
“Sì.
Piace anche a me. È una storia affascinante. Ne restano
testimonianze?”
“Non
saprei a dire il vero...”
“Sì,
dovrei avere una vecchia foto fatta dal nonno quand'era bambino.
Posso farne una stampa a4.”
“Fantastico!
Continuiamo il giro.”
“Bene.
Tra
questi alberi volevo mettere le casette di legno.
Vorrei
che fosse questo il paesaggio al di fuori delle loro
finestre.”
“Sì!
È perfetto!!”
“Grazie.
Ora dobbiamo allontanarci un po' per trovare gli altri.
Qui
metterò dei piccoli quadri che non saranno messi in vendita.
Saranno
un po' nascosti per creare un po' di mistero. Inoltre non lasceranno
spazi vuoti.”
“Ma
sei un mostro!! Le tue idee sono tutte fantastiche!”
“Sono
contenta che ti piacciano.”
“Ragazze
attente, c'è un albero caduto.”
“Ieri
non c'era.”
“Stanotte
c'era molto vento. Era molto giovane e non è strano che sia
a terra.
Le radici non si sono rovinate quindi può essere trapiantato
senza
problemi.
Lo
vuoi, Sam?”
“Perché
no! Farebbe un bel figurone in giardino.”
“Bene.
Allora lo appoggio qui e dopo te lo porto alla macchina.”
“Grazie.”
“Non
sapevo che avessi il pollice verde.”
“Beh,
un pochino.”
***
La
serata è scorsa in modo tranquillo, con una cena a base di
toast e
tramezzini in compagnia di Sam e dei racconti delle sue folli
avventure insieme ad Haruka.
Alcune
erano davvero spassose e dalle risate non ci abbiamo di poco lasciato
le penne. È stata una bella giornata.
Fortuna
vuole che anche oggi mi sia resa conto di quanto è bello
rispolverare piccole perle di gioia dai viali sabbiosi della nostra
mente, dopo che vi si sono smarrite.
La
vedo serena ed è tutto ciò che conta per me.
Ci
sediamo sul divano, decidendo di guardare un po' di tv, ma i primi
risultati di zapping non sono molto incoraggianti. Telenovelas, teen
drama pre-psichiatra, serie investigative. Esattamente ciò
che non
voglio vedere.
Cerchiamo
qualcosa di rilassante e non troppo impegnativo, quindi abbiamo anche
escluso qualsiasi tipo di documentario.
Ci
vorrebbe proprio un bel cartone.
“Hai
deciso cosa vuoi guardare?”
“Sì,
un bel cartone animato.”
“Vediamo
un po' cosa ci viene offerto...
Nemo?”
“Abusato.”
“Classici
Disney: Principesse?”
“Sono
tutti bellissimi. Non saprei quale scegliere...”
“Esiste
il cartone di Hello Kitty?!?”
“Sì,
ma no, grazie.”
“Le
follie dell'Imperatore?”
“Sì!!!
Vedrai che risate.”
“Bene.
Almeno è qualcosa di nuovo...
Però
che razza di nome è Kushi?”
“Amore,
è Kuzco...”
“Oh...”
Ooops,
che figura...
“Ma
che cos'è quell'animale??”
“Un
lama, però sta zitta!”
“Ok
ok, scusa.”
Forse
è meglio concentrarsi sul film.
Ehi,
un attimo, io quel tipo lo conosco! Non ho visto il film ma seguivo
la serie a puntate.
Le
trasmettevano in tv la mattina mentre facevo colazione e la seguivo
con gusto.
Faceva
davvero ridere!
Si
prospetta una conclusione di serata niente male!
***
Simpatico
il film. Izma è davvero deliziosa... Kronk è il
solito testone, e
Kuzco, lo sapete.
Lui
è mister modestia...
Quest'oretta
di puro svago ci è proprio servita. Dovremmo farlo
più spesso,
almeno una volta a settimana così da non lasciarci
ingarbugliare
dallo stress prematrimonio.
Potrebbe
anche diventare una nuova abitudine... Una serata dedicata alla
distensione dei nervi, allo svuotamento da tutti i pensieri che ci
recano nervosismo.
Direi
che è una buona idea, no? Intanto vi auguro una buonanotte
cari
miei.
***
È
scivolata silenziosa la notte, portandosi via col suo manto nebbioso
tutte le stelle. Solo la luna è riuscita a resistere a quel
tremendo
trascinamento, e seppur giace nel suo pallore eccola lì a
competere
in bellezza con il sole.
In
un turbinio mi raggiungono i ricordi più recenti, le risate
di una
ragazzina oramai donna, un bocciolo che si è evoluto a fiore
nel
pieno delle sue forze.
Mi
chiedo come io abbia potuto mai incatenare al passato dei momenti
così piacevoli. Forte era la negligenza di quel periodo buio
che ho
sepolto nella terra del dimenticatoio.
Fortuna
che mi è stata concessa una seconda occasione che stavolta,
statene
certi, non getterò all'aria.
Lascio
che l'amaro del caffè forbisca la mia bocca per nettare la
mente dai
bachi della sofferenza, così da renderla fertile per far
sì che
raccolga nuove sensazioni di serenità e spensieratezza.
Dopotutto
devo giocare a baseball con una bella quanto cocciuta biondina,
quest'oggi!
“Se
perdi ti prenderò in giro per un saaaacco di
tempo!”
“Vedremo.”
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