Il Canto di Jorgen

di Lyra Lancaster
(/viewuser.php?uid=135590)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Canto I ***
Capitolo 2: *** Canto II ***



Capitolo 1
*** Canto I ***


Canto I

Mille e più anni sono trascorsi dai fatti di allora, ma l’eco degli eroi ancora si ode nei nostri tempi di sventura.

Di Jorgen che portó la luce e del suo viaggio voglio narrare. Assistimi o Musa e reggi la mia penna fino all’ultima riga, affinchè il mio canto sia vero, puro e lieve e nel cuore delle genti ispiri il giusto cammino da seguire.

Il nostro racconto inizia nella foresta di Wandbonn, quando re Jorgen si fermó dietro ad un tasso per prendere fiato dopo il lungo viaggio iniziato due giorni prima.

La luna era una falce sottile nel cielo, le stelle la accompagnavano e la notte era nera. Non un gufo turbava la notte e i mirti lasciavano che il loro profumo avvolgesse il mondo intero.

Jorgen era stanco per la lunga camminata attraverso la foresta. Aveva lasciato il cavallo nelle scuderie, perchè sapeva che quello era un viaggio che doveva compiere da solo.

Troppo irti si intrecciavano i rami  sul cammino, e Jorgen sapeva che non avrebbero permesso a Donnermacht di farsi largo. Ecco perchè Jorgen non poteva contare su null’altro se non le proprie forze, in quel momento.

La Fonte era ancora lontana e avrebbe avuto bisogno di un‘ altra giornata di cammino per raggiungerla e la luna alta gli stava suggerendo di far riposare gli occhi stanchi e continuare il giorno seguente. E cosí sicuramente aveva intenzione di fare.

Posó quindi le armi a terra, si slacció il giustacuore e sedette sul manto erboso. Piccole margherite preziose sbocciavano tra le fragole e i botton d’oro, e appoggió la schiena contro la corteccia dura e scabra del tasso. Le sue bacche rosse splendevano appena, aperte alla luce argentea della luna.

Un suono gentile veniva dalle sue spalle.

Dell’acqua che veniva disturbata.

Jorgen voltó appena il capo e gettó l’occhio al di là del tasso.

Spalancó gli occhi. Un lago calmo, piatto, in cui si specchiava la luna e ne rifletteva i raggi sui pini circostanti, sulle rocce e sulla creatura che lentamente procedeva nell’acqua.

La sua pelle era candida, snelle e sode le sue membra, semicoperte dal manto dorato dei suoi lunghissimi capelli, onde di luce che fluttuavano ad ogni movimento della fanciulla.

O era una divinità? Jorgen distolse lo sguardo, con il respiro affannato, e si aggrappó al tasso. Era quella la fonte? Era già arrivato ed era uno dei pochi prescelti ad aver visto la Signora del Lago?

Tornó ad appoggiare la schiena contro l’albero, cercando di ignorare i fremiti delle onde alle sue spalle. Nemmeno accese il fuoco. Prese la carne essiccata dalla bisaccia e ne mangió un po‘ insieme con dell’acqua. Infine pregó gli dei di soccorrerlo nel suo viaggio, di non fargli smarrire la retta via e di sorreggerlo nei momenti difficili. Si addormentó sussurrando antichi canti votivi agli dei, il cui significato si perdeva nella notte dei tempi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Canto II ***


Canto II

Il mattino sorprese Jorgen già in viaggio verso la Fonte. 

Lente nebbie galleggiavano dalle colline verso il cielo e piano il sole si insinuava tra il folto dei rami con i suoi raggi. Jorgen sapeva dove procedere. Gli bastava proseguire verso est finchè non si sarebbe fatto vespro, e poi avrebbe ricevuto il Segno che gli avrebbe mostrato la Via.

Per questo Jorgen procedeva fiducioso, e nulla poteva turbare il suo animo.

I suoi passi scricchiolavano sull’erba tra le radici e le cortecce e segnavano il passare dei minuti e delle ore. 
Ed infine, sul far della sera, quando tra i rami giocavano i raggi del sole morente, ecco la Fonte.

Jorgen si inginocchió e inizió a pregare.

Le acque sgorgavano cristalline dalle rocce e piano formavano una polla d’acqua, incastonata tra pini, larici e abeti. 
Solo quando la luce morí completamente dietro l’orizzonte, allora una barca da lontano si avvicinó a Jorgen, che ancora pregava.

Sulla barca una signora pallida, coperta dai suoi stessi lunghissimi capelli corvini, reggeva uno scettro con il quale illuminava la propria strada.

Solo quando la prora urtó la riva Jorgen sollevó il capo e salutó la signora, i cui occhi sembravano invitarlo a confidarsi.

„Potente Donna del Lago, vengo ad implorare il vostro aiuto per il mio popolo.“

„Perchè dovrei curarmene? Tanta gente soffre e soffrirà in futuro. Perchè proprio le tue preghiere devono essere esaudite?“

„Perchè io sono qui a prostrarmi davanti a voi e a chiedere una soluzione.“

„Non sei il primo e non sarai l’ultimo.“

„Infinito è il vostro potere. Non vi costa nulla sollevare il braccio e dare sollievo a molta gente che soffre.“

„Il sole scalda la terra, la terra produce frutti, gli esseri viventi se ne nutrono e poi muoiono comunque.“

„Ma non tutti allo stesso modo. E prima della morte c’è la vita, e bisogna gioirne e rallegrarsi. Tutti hanno il diritto ad una vita dignitosa.“

„Il pettirosso canta ogni mattina anche se non sa quando verrà a ghermirlo lo sparviero.“

„Perchè vi siete mostrata a me, se non volete nemmeno ascoltare le mie parole?“

„Sono qui. Ascolto.“

Jorgen non riuscí a trovare di cosa parlare. Cosa chiedere? Non avrebbe ricevuto nessun aiuto. Non poteva aiutarlo la Signora della Fonte. I suoi occhi imperscrutabili, all’inizio belli e materni in quel momento erano una lastra di ghiaccio. Anche se avesse rivelato le sue pene, non avrebbe ricevuto nessun conforto.

Abbassó gli occhi, pansando a quanta gente aveva visto morire, quante madri e mogli soffrire, quanti piangere di paura, e quando li risollevó non c’era più nessuna barca davanti a lui, solo la luna fredda che argentea in cielo illuminava la foresta.
Stanco e con le lacrime agli occhi per l’amarezza, si addormentó sulla riva.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3359973