Mai con una sconosciuta

di berlinene
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Lo scontro ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Appena scese dall’aereo, un bel sorriso gli si dipinse sul volto. Home sweet home: non c’era niente da fare, per quanto ormai da anni vivesse in Germania, tornare in Giappone era sempre tornare a casa. Sbrigò rapidamente le questioni burocratiche, recuperò il bagaglio e, di buon passo, si avviò verso l’uscita.
Capire d’improvviso e senza sforzo tutto quello che le persone intorno dicevano gli dette un attimo di capogiro, come se non riuscisse a schermarsi da tutti i discorsi pronunciati intorno a lui. Ma era un piacere sentire di nuovo la propria lingua. Tanto che si trovò a formulare ad alta voce i suoi programmi: “Adesso vado alla stazione e prendo un treno per Nankatsu. È ora di togliere un po’ di polvere da Villa Wakabayashi e salutare….” Il soliloquio fu interrotto da un rumore inquietante, una specie di ruggito: ma non c’erano animali feroci al Narita, era solo il suo stomaco che gli ricordava di avere al proprio attivo solo il misero pasto plastificato servito sull’aereo. Deciso a dare la precedenza ai suoi istinti, Genzo si avviò verso un ristorantino delizioso, già pregustando una pantagruelica ingozzata di onigiri. Veri Onigiri Giapponesi. Gli venne l’acquolina in bocca e il suo stomaco ruggì di nuovo come un grizzly.
Non sapeva che, dentro quel ristorante, avrebbe sì sedato un istinto ma che ben altri si sarebbero risvegliati.
Si sedette e attirò l’attenzione della cameriera. Anche se sarebbe meglio dire che la cameriera attirò la sua attenzione.
Quando la chiamò, la ragazza si voltò in un turbine di capelli lunghissimi, neri e lisci come seta, tanto lucidi da splendere di riflessi bluastri. Nessuno ha capelli così in Germania. Veri Capelli Giapponesi. Della serie mogli e buoi…
La chioma corvina si aprì come un sipario a svelare un bel visetto fatto a cuore, occhi a mandorla neri come polle di buio, pelle diafana - a Genzo parve di sentirla sotto le dita serica, morbida come un’albicocca matura – e labbra sottili, di un rosa tenue, da cui sbocciò un sorriso gentile quando, con un leggero inchino, gli chiese cosa volesse.
Nonostante la visione lo avesse turbato come non mai, Genzo non perse il suo aplomb e disse: “Tripla porzione di onigiri e del buon tè verde”.
La ragazza ridacchiò, schermandosi le labbra con le dita. “Però, affamato…”.
Riflettendoci su assai meno di quanto facesse di solito, Genzo afferrò l’occasione al volo: inarcò un sopracciglio e mantenendosi serio disse: “Non credo che fare commenti sulle ordinazioni rientri nelle sue mansioni, signorina Na… - cercò di leggere la targhetta appuntata sul petto ma i cappelli coprivano il resto del nome.
“Nanà” disse lei, arrossendo violentemente poi proseguì: “Le chiedo scusa… non volevo… non dica niente al titolare, la prego…”. E così dicendo fece un profondo inchino, non prima di avergli puntato addosso due occhi tristi e acquosi che gli fecero rimescolare tutto dentro. Si sentì uno stronzo per averla fatta star male ma, in realtà, il suo piano stava procedendo alla perfezione.
“Su, su” disse sollevandole il viso con una mano e guardandola negli occhi. “Stavo scherzando. Hai ragione tu, ho una fame da lupi. Questi onigiri servono giusto per fermarmi lo stomaco ma fra un po’, temo, avrò di nuovo fame…”
Nanà lo guardò, cominciando ad intuire dove quello volesse andare a parare. Non che ci volesse tanta fantasia: non era di certo il primo a notarla e a provarci. Ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Anche lei era rimasta colpita: quel ragazzo non era soltanto bellissimo e affascinante, sembrava anche molto arguto, educato e in certo qual modo gli ispirava estrema fiducia, come se lo conoscesse già da tempo. Insomma, lei non era tipo da farsi rimorchiare in cinque minuti. Beh, non da tutti, ecco.
“Fra quanto?” chiese allora lei, continuando a guardarlo fisso.
“Dipende… tu quando stacchi?”
“Alle sei”.
“Sì, credo che per le sei avrò di nuovo fame. Tu hai fame quando stacchi?”
Nanà aveva mangiato la foglia e ora stava apertamente flirtando. Il sorriso sghembo® che il ragazzo gli stava riservando in quel momento l’aveva definitivamente vinta e convinta:
“Dipende…” cinguettò.
“Da cosa?”
“Da qual è il menù”.
Genzo sentì risvegliarsi i suoi istinti più bassi ma, seppur con notevole sforzo stavolta, mantenne la sua espressione impassibile e il suo sorriso sicuro.
“Del tipo?” chiese con nonchalance.
“Sai, portare piatti giapponesi in giro per tutto il giorno te li fa uscire dagli occhi… però, vicino a casa mia c’è un bel ristorante italiano…”
A Genzo venne da vomitare al pensiero di mangiare cibo occidentale nel suo Paese ma per quella bambolina questo e altro… e poi quel “vicino a casa mia” prometteva un dessert anche meglio del tiramisù.

Quando uscì dal ristorante col numero di Nanà scritto sullo scontrino e un sorriso da conquistadores stampato sul volto, si rese conto che avrebbe dovuto aspettarla per tre ore. Rifletté che a quel punto non sarebbe partito per Nankatsu prima del mattino seguente ma era anche sicuro di aver trovato alloggio per la notte, quindi niente albergo. Una macchina e un bagno caldo, però, gli ci volevano proprio.
Onde evitare l’effetto “The Terminal”(1) decise che avrebbe fatto un giro in città. Così prese un auto a noleggio e andò a cercarsi dei bagni pubblici.

Quando alle sei si ripresentò davanti al ristorante era pulito, massaggiato, sbarbato, pettinato e cosparso di costosissimo dopobarba. Un gran figo – pensò davanti a una vetrina aggiustandosi il pantalone kaki di taglio classico affinché piombasse alla perfezione sulla scarpa di Gucci e il colletto della camicia nera che metteva in risalto il colore della sua pelle.
“Wow” disse Nanà uscendo dal ristorante.
“Ho fatto quel che potevo per essere all’altezza di una super girl(2)” disse Genzo porgendole il braccio e scortandola verso la spider che aveva noleggiato in mancanza della sua cara Volkswagen Eos(3): quando si trattava di far colpo su una pollastrella i soldi facevano decisamente la felicità.
“Senti dovrei darmi una sistemata, ti dispiace se salgo un attimo in casa mentre tu ti avvii al ristorante? Ci metto pochissimo…”
Mentre pensava che il “pochissimo” sarebbe stato un’eternità, Genzo rispose che non c’era alcun problema… a proposito, dove doveva andare?”
“Sai dov’è l’istituto Toho?”
Genzo trasalì. Ci mancava solo d’incontrare qualche faccia di cazzo del Toho: decisamente non erano loro i primi volti familiari che avrebbe voluto vedere in Giappone. Ma rispose solo:
“Certo”.
Per quella bambolina questo e altro.


(1)The Terminal è un film del 2004 diretto da Steven Spielberg ed interpretato da Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones e Stanley Tucci.
(2)Cavolata, non so neanche se in giapponese è così… comunque mi riferisco, o meglio, Genzo si riferisce ovviamente all’anime Nanà Supergirl.
(3) Beh… un nome un destino *blink*… giudicate voi stessi QUI
se non è la macchina di Genzo...



Avete capito chi è lei? Mmm forse vi ho già dato troppi indizi... Ma non vi preoccupate... il secondo capitolo vi divertirà comunque (almeno spero@_@)...

Ah! Quasi dimenticavo! I personaggi sono TUTTI di Yoichi Takahashi mentre il titolo vuole rimandare a Mai con uno sconosciuto (Never talk to strangers).

Questa storia insieme ogni gesto, sorriso sghembo, capo di vestiario e frase ammiccante di Genzo è dedicata a Eos e Kara, le mie GoalKepeerLovers-Genziane preferite... e a tutte quelle come loro!

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Capitolo 2
*** Lo scontro ***


Pochissimo fu davvero pochissimo, Genzo non aveva ancora mangiato l’oliva nel suo Martini, quando Nanà lo raggiunse.
Indossava un semplice abitino blu e delle ballerine, sul volto non c’era un velo di trucco e le guance erano arrossate solo per la corsa. Ma era uno splendore.
“Bella, spiritosa e puntuale” le disse Genzo accogliendola. “Gradisci un aperitivo?”
“Meglio di no, sono minorenne”
“Non l’avrei detto”
“Ho quindici anni, beh, quasi”.
Oddio. Questo Genzo non l’aveva calcolato. Ma era carina e presto sarebbe stata consenziente, molto consenziente. Ma prima doveva fugare un paio di dubbi.
“Così giovane e già lavori?”
“Solo per pagarmi gli studi, sai la retta del Toho è altina…”
“Quindi vivi nel campus?”
“Sì”.
“Da sola?”
“In realtà con mio fratello e alcuni suoi amici”.
La serata fu piacevole, quella ragazza era davvero interessante, oltre che carina. Genzo le disse un po’ di cose di sé, ma cercò di non andare troppo nello specifico. Non aveva voglia di sapere se l’aveva capito o no di aver davanti Genzo Wakabayashi, il famoso SGGK: preferiva essere semplicemente Genzo e godersi una serata senza farsi tanti problemi. D’altronde anche lei non fece alcun accenno troppo personale, probabilmente Nanà non era neanche il suo nome ma pazienza. Ormai quella partita se l’era giocata così, con un modus operandi che non era il suo abituale. Insomma, con le ragazze non aveva mai avuto grossi problemi, ma di solito non rimorchiava le cameriere quindicenni dei ristoranti per portarsele a letto nel giro di qualche ora. Questa l’aveva proprio colpito. Ed evidentemente era stato così anche per lei.
Le ore volarono e, alle dieci, lei strabuzzò gli occhi guardando l’orologio.
“Oh mio Dio! È tardissimo! Mio fratello mi ucciderà”.
“Se vuoi vengo a parlarci io”.
“Ti garantisco che è meglio di no”.
“Comunque ti accompagno”.
“Figurati, son due passi”.
“Non accetto repliche. Quando riaccompagno una ragazza mi assicuro sempre che arrivi a casa sana e salva”.
Mentre di buon passo, per tenere dietro a Nanà che praticamente correva, attraversava il campus del Toho, desiderò ardentemente avere il suo fido cappellino per celare la sua identità a eventuali sgraditi conoscenti.
Finalmente Nanà si fermò davanti a una porta.
“Beh, eccoci qua” disse trafficando nervosamente con la borsetta, probabilmente alla ricerca delle chiavi. “Puoi andare… vedi? Sono a casa e sana e salva”. C’era una certa urgenza nella sua voce. Le chiavi le caddero di mano.
Con uno scatto Genzo le raccolse e gliele porse. Poi ergendosi in tutta la sua altezza, appoggiandosi con la spalla alla porta, la fissò. Ormai non li dividevano che pochi centimetri.
“Grazie” mormorò Nanà.
“Tutto qua?” disse Genzo con dolcezza.
In quel momento la porta si aprì verso l’interno, Genzo perse l’equilibrio e rovinò addosso al ragazzo che aveva aperto.
“Attenzione!” gridò quello, sorreggendolo.
Genzo si rialzò fulmineo con un colpo di reni e sistemandosi gli abiti cominciò a dire “Scusa non-”.
Ma le parole gli morirono in bocca.
Anche la mascella dell’altro cadde balbettando: “Wa… Wa… Wakabayashi?!?!?”
Le sinapsi di Genzo si attivarono in un nanosecondo: se di fronte a lui stava Wakashimazu, il quale non ha sorelle, Nanà era la sorella di… porca puttana! Nanà certo! Naoko Hyuga!
Ken, che in un primo momento era sbiancato, adesso sembrava essersi ripreso. Lo afferrò per le spalle e guardandolo negli occhi gli disse a bassa voce: “Io non so cosa cazzo ci fai qui e con Naoko, anche se credo di potermelo immaginare. Quello che so per certo, è che se non scompari entro pochi secondi, la maglia di titolare sarà sicuramente mia…per sempre”
“Ma che cazzo dici?”
“Sparisci Genzo, se ti becca con sua sorella Kojiro ti uccide!”sibilò Ken.
In quel preciso istante da dentro Hyuga urlò: “Allora Ken? Chi è? È Naoko?”
“Sì” rispose Ken.
“E allora che cavolo ci fate sulla porta andiamo…”
La figura di Kojiro si materializzò alle spalle di Ken. Sul volto del Karate Keeper si disegnò un’espressione che diceva a chiare lettere: “Eccoci, è la fine”.
Ma Naoko, che aveva avuto alcuni momenti per ricollegare impressioni di familiarità, foto di squadra e nomi, non si fece cogliere impreparata: “Visto che bella sorpresa, eh?”
Nessuna risposta dai giocatori del Toho.
“Ero al ristorante con le mie amiche, come vi ho detto, e lui era lì tutto solo, l’ho riconosciuto subito e sono andata a salutarlo e parlando mi ha detto che non è riuscito a trovare una stanza per stanotte qui a Tokio e allora ho pensato che, visto che Takeshi è dai suoi, poteva usare la sua camera. Lui non voleva ma io gli ho detto che sareste stati estasiati di rivederlo dopo tanto tempo, che così fate una bella rimpatriati fra compagni di squadra”. Si bloccò, evidentemente a corto di fiato per la tirata.
Anche gli altri trattenevano il respiro, scambiandosi sguardi indecifrabili.
Infine Kojiro parlò: “Beh, certo perché no”.
Ken lo guardò come se gli fossero spuntate le antenne.
Genzo rimase, al solito, impassibile: “Beh, allora se siamo tutti d’accordo, vado a prendere la valigia”.
Mentre si avviava verso la macchina, non potè fare a meno di sorridere. Bella, spiritosa, puntuale e.. pronta di riflessi… si trovò a pensare. Peccato solo che sia troppo brava a mentire. E peccato per il fratello…

Mentre si spogliava, sulla soglia ricomparve Wakashimazu. “Altro che portiere paratutto, portiere paraculo ti dovrebbero chiamare” sentenziò incrociando le braccia, appoggiato al vano della porta.
Genzo sorrise. “Credo di doverti ringraziare. In fondo sei tu che hai cercato per primo di pararmi il culo”.
“Già, ma come sempre, c’è qualcuno che para meglio di me” fece alzando gli occhi al cielo con aria melodrammatica, poi sorrise.
“Già, gran brava ragazza” commentò Genzo.
“Fa’ il bravo tu, con lei”.
“Figurati! Non l’avevo mica riconosciuta, era solo un divertimento per stasera. Ma è davvero in gamba, si merita di più”.
“Già…”
“Magari… si merita… te?”
“Ma che vai a pensare?” rispose Ken arrossendo. “Guarda che Kojiro non bada a dettagli del tipo ‘è il mio migliore amico’, chi tocca sua sorella, muore. Punto”.
“Ah ah ah. Ma tu sei un tipo che non molla, ti conosco”.
“Chissà. Ti saluto bello, vado a letto. Buonanotte e… bentornato in Giappone” aggiunse facendo un cerimonioso inchino.
Ma sì, pensò Genzo rigirandosi nel letto, forse non era proprio estasiato, ma in fondo li aveva rivisti volentieri.

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Lo so è minorenne, ma ha quindici anni mentre Genzo, nella mia mente ne ha 4-5 di più...(non so quanto sia canon ma a occhio mi sembra che torni) e soprattutto non fanno NIENTE DI NIENTE.

"Portiere paraculo" non è proprio-proprio farina del mio sacco... sono sicura d'averlo letto da qualche parte ma l'arteriosclerosi galoppante mi impedisce di ricordare dove, si prenda questo discorso a bischero come un credit...

Ma soprattutto... chi aveva capito?!?!?!?!

Ma ancora più soprattutto, grazie a chi ha letto e recensito, spero di avervi strappato almeno un sorriso, per quanto sghembo^^^

Infine... vi pareva strano che ancora non fossero spuntati gli altri membri del Trio dell'Eterno Riposo Ken-Gen-Koji? (dovevo trovare un nome al mio Trio di tesorini prima che finissero le preghiere, visto il rischio bellico sempre sospeso fra questi tre, mi pare la più adatta^^)

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