Skeletons di Maiden Of The Moon (/viewuser.php?uid=68706)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Letter one ***
Capitolo 2: *** Letter Two ***
Capitolo 3: *** Letter Three ***
Capitolo 4: *** Letter Four ***
Capitolo 5: *** Letter Five ***
Capitolo 6: *** Letter Six ***
Capitolo 1 *** Letter one ***
Note
della traduttrice: Salve gente,
è Nacchan che vi parla èçé (Eh sì,
sono ancora viva.)
Intanto ringrazio Juju per averla letta prima di pubblicarla, avevo paurissima di aver fatto un mezzo casino XD! Bwahahahah!*_*
Ho letto Skeletons circa due mesi fa, innamorandomene follemente. Si
ringrazia la Liz per avermela fatta conoscere.*inserire cuoricino
qui* Ho deciso di imbarcarmi nella sua traduzione per due motivi:
Motivo UAN! È una fanfiction che ha riscosso molto successo in
tutto il fandom, quindi volevo che tutti gli amanti di questo pairing
la leggessero, perché merita davvero. E poi, in secondo luogo,
è un grande allenamento per me, piccola sfigata, dato che a
maggio mi aspetta un esame di traduzione inglese e BRAMO un voto
decente. e_e Un motivo dettato dall'ammmmore, uno dettato da
necessità meramente universitarie. *ride* Insomma, è
una fic che merita. E spero che questa traduzione le faccia
giustizia. E che vi porti ad amarla come ho fatto io. è_é
Disclaimers:
Ha ha.
Note
dell'autore: Questa fic mi è stata ispirata dall'oav di
Fullmetal Alchemist PIU' CARINO che io abbia mai visto. Sì, è
ancora più carino di quello dei Chibi, se qualcuno di voi sa
di cosa sto parlando. Non so dove la mia amica Su-chan lo abbia
trovato, a meno che non sia su Youtube, ma è su... oh, non
voglio spoilerarlo, ma in poche parole è la celebrazione del
centesimo compleanno di Edward Elric nel 2005.
Ora,
personalmente non penso che Ed vivrebbe fino ai 100. Perdono, non
voglio demoralizzarvi, ma considerando tutto quello che ha fatto
passare al suo corpo – passare attraverso il Gate (un sacco di
volte), morire una volta o due, automail, tutte le battaglie, e con
tutto quello che ha passato, riesco a vederlo vivere fino ai 50. Al
massimo. Comunque...
Il
film era dannatamente adorabile, dovevo scriverci sopra! Divertitevi!
XD
Attenzione:
Elricest, spoiler se non avete visto il Birthday!Oav (anche se non
spoilera niente della serie). Oh, e ho messo qualche “personaggio
originale” qui, basato sui nipoti di Ed nell'Oav. (Indovinate a
chi somigliano i tre – i primi due non contano.)
XXX
X
X
X
Ricordo
davvero poco del mio omonimo. È morto quando avevo solo sette
anni. A quell'età, cosa c'è da ricordare? Nonno era
soltanto uno dei tanti parenti. Malgrado il suo opinabile ego e il
suo sorriso amichevole, era davvero tranquillo... soprattutto
all'avvicinarsi della fine. Si stancava davvero facilmente; poteva
giocare con mio fratello, mia sorella e me soltanto per un'ora, prima
di aver bisogno di riposare. Adesso penso che fosse fantastico che
fosse così arzillo: cento anni e la capacità di
imprecare come un marinaio. Ma quando hai cinque anni, tutto ciò
che vuoi fare è giocare con qualcuno attivo quanto te.
I
miei ricordi più chiari di lui sono quelli in cui ci
raccontava le storie della buonanotte – gli piaceva parlare di
un mondo immaginario che lui chiamava Amestris. Anche se le storie
sembravano farlo triste, e guardava sempre lontano quando ce le
raccontava, Alexander, Rosalie ed io le amavamo da morire. Abbiamo
passato molte giornate estive all'aperto, facendo finta di trasmutare
i tombini. La sola idea dell'alchimia ci faceva ridere, e nonno –
ormai stanco del resto del mondo – rideva sempre con noi.
L'unica
altra volta che l'ho visto tanto felice è stata quando
sfogliava il suo album fotografico. Gli piacevano le foto. Una volta
mi raccontò che lo aiutavano a ricordare chi era.
Io
sorridevo come il bambino di sei anni che ero.
.
. . mi raccontò un sacco di cose come quella, in realtà
– semplici estratti della sua vita che erano molto più
di quel che sembravano. Penso che Alex e Rosalie fossero gelosi di me
per questo; amavano nonno davvero tanto, e lui sembrava sempre in
qualche modo depresso quando li vedeva. Una volta, quando aveva
quattro anni, Rosalie cominciò a piangere perché
pensava che il nonno non le volesse bene. Il nonno si era
immediatamente allarmato, e velocemente aveva preso Rosie e Alex con
sé e aveva mostrato loro qualche foto. Non so cosa le avesse
mostrato. Ma le si risollevò il morale.
Io
continuavo a guardare la tv, ignorandoli come il marmocchio che ero.
O sono, dipende da quel che pensate voi.
Mamma
dice che non ho ereditato solo lo sguardo del nonno, ma anche il suo
atteggiamento. Forse è per questo che lui trovava più
facile punire me – e poi farmi l'occhiolino quando nessuno
guardava.
.
. . Questo è l'ultimo ricordo che ho: lui che mi faceva
l'occhiolino. Prima che Rosalie, Alexander e io andassimo via il
giorno del suo centesimo compleanno; dopo essere tornato al suo té
e alle sue foto – sorrise e ammiccò. Gli sorrisi, lo
salutai e gli dissi che ci saremo visti più tardi.
Sono
passati dieci anni da allora.
X
X
X
XXX
Skeletons
XXX
Era
un tranquillo pomeriggio in paese; il suo momento preferito. Gli
uccelli cantavano; i fiori fiorivano; Alchemy, il suo gattino grigio,
faceva le fusa soddisfatto sul suo grembo. . . E in generale andava
tutto bene. Alexander Elric godeva felicemente della sensazione,
sorridendo al luminoso cielo azzurro mentre sorseggiava un bicchiede
di té freddo.
Ah,
i piccoli piaceri della vita. . .
Un
rumore di passi lo avvertì della presenza di qualcuno. Il
ragazzo si bloccò, alzando lo sguardo—
“Ehi,
Al!” gridò una voce allegra in quell'esatto momento; una
voce tanto dolce e profonda e mielosa. Avrebbe riconosciuto quella
voce ovunque: apparteneva al suo fratello maggiore.
“Ed!”
salutò Alex, poggiando la bibita accanto a sé mentre il
suo fratello si avvicinava come un aliante – la vera visione
della bellezza birbante nella sua larga canottiera arancione e nei
jeans aderenti – ghignando con il suo solito sorriso,
scherzosamente falso. “Che stai facendo? Pensavo fossi andato
ad aiutare mamma a sistemare gli scatoloni e tutta la roba.”
A
quelle parole, Edward fece una smorfia; poi si raddrizzò
scrollando le spalle con non-chalance . (Come se potesse nascondere
la sua espressione.) “Sì, mh ,beh,” strascicò
con aria compiaciuta il biondo, sedendosi accanto ad Alexander, “Ho
fatto tutt-!”
“EDWARD
SIMON ELRIC, TORNA IMMEDIATAMENTE QUI!” Una
donna – la loro madre – improvvisamente urlò dal
garage, così forte e minacciosa che anche Alchemy scattò
sull'attenti, scappando dalla veranda.
“.
. .” Alex sospirò, guardando malinconicamente la sua
bibita - ora rovesciata. Ne avrebbe presa un'altra... ' Insieme
a un paio di pantaloni puliti.' “Che
cosa hai fatto ora,
fratellone?”
Edward
– che, malgrado la sua posizione rilassata, ancora troneggiava
sul suo fratellino (nonostante Alex fosse solo un anno più
giovane), - sussultò come se fosse stato colpito. “Che
cosa ho
fatto?”
gli fece l'eco, chiaramente piccato. “Tu stai automaticamente
accusando me?”
“Dovrei
accusare mamma...?”
ribatté
ironicamente il secondo. (Si irritò, lo zucchero secco nelle
sue cosce) “Il 'duh' salta alla mente.”
Ed
sembrava molto felice del suo ribattere intelligente. “Non vuoi
sentire la mia
versione, Al. . .?” piagnucolò, i grandi occhi dorati
pieni di dolore. Piegò la testa di lato, imbronciandosi; la
sua coda biondo chiaro brillava alla luce del sole. Alex si rese
conto improvvisamente di quelle lunghe, setose ciocche aderenti al
suo collo nudo e sudato quando si ritrovò Edward ad un palmo
di naso. Odorava di erba appena tagliata e di una piccante, ignota
acqua di colonia. . .
E,
con suo stesso orrore, Alex arrossì, allontanandosi
rapidamente. “No!” dichiarò velocemente, forse con
più rabbia del necessario. Incolpò i suoi pantaloni
appena bagnati. 'Merda,
è COSì sbagliato-!'
“Dai, Edward, mamma sta chiamando – e tu avrai soltanto
più
guai,
se la ignori.”
“Oh.
. .!” Ed sbuffò (abbastanza rumorosamente), stizzito
come la primadonna che era. “Bene!” brontolò,
evidentemente furioso. “Ma non aspettarti che io
ti copra
la prossima volta che tu – tu-” Ci fu un momento di lotta
mentale; un largo, superbo ghigno fiorì lentamente sul viso,
così fastidiosamente affabile. E quando Edward si avvicinò
ancor di più alla risposta, Alex deglutì in anticipo.
“La prossima volta che scaricherai lemon
da internet.”
“—!”
Il viso del moretto diventò velocemente color pomodoro;
la coda strattonata
nervosamente. Gli occhi color nocciola guardarono quelli dell'altro,
pieni di agitazione. “Come fai a s— cioé —!”
'Oh,
cazzo.'
Giusto
per apparire sospetto.
Sospirando,
la testa del più giovane si piegò rassegnata. E, come
fosse
un segnale, Edward ghignò vittorioso. Avrebbe sempre vinto
contro Alexander, se ci avesse provato abbastanza. O se avesse
giocato sporco. Qualunque delle due sarebbe andata bene. “. . .
Ok. Andrò ad aiutare mamma.”
“Grazie!”
Sorrise Edward, saltellando e dando all'altro un veloce abbraccio. Le
guance già rosse di Al si infiammarono, il corpo irrigidito
dall'abbraccio veloce. “Ti devo un favore fratellino!” E
poi agitando una mano ed strizzando l'occhiolino sparì in un
secondo.
Fu
allora che Al realizzò che suo fratello gliel'aveva fatta di
nuovo.
“.
. . Dannazione.”
Furioso
per essere stato appena gabbato, Al brontolò, trascinando i
piedi verso il garage.
X
Edward e Alexander Elric
erano molte cose – fratelli,compagni di stanza (visto che
c'erano solo tre camere da letto in casa e Rosalie e i loro genitori
avevano bisogno del proprio spazio), studenti abbastanza bravi. . .
ed erano anche notoriamente testardi, dalla lingua affilata, e non
proprio noti per essere particolarmente leali nei litigi.
Specialmente quando si
menavano a vicenda.
Ma sopra ogni cosa,
erano profondamente devoti alla legge dello Scambio Equivalente –
così come il loro padre aveva insegnato loro.
Così
quando Alex aveva (più o meno letteralmente) buttato giù
dal letto di sopra Ed quella stessa notte per aiutarlo a classificare
gli scatoloni che aveva portato via durante le pulizie in garage, il
fratello maggiore non aveva avuto altra scelta che rassegnarsi ed
accettare il suo destino.
“Dannazione,
Al,” si lamentò il biondo, seduto a torso nudo e con le
gambe incrociate sul pavimento accanto al letto a castello, frugando
controvoglia dentro una scatola di scarpe. “Dopo tutto il
lavoro che ho fatto per uscirne, tu mi ci rimetti dentro?”
“Sbagliato,”
scherzò Alexander, aprendo lo scatolone di un frigorifero.
“Questo lavoro è diverso. Mamma voleva che tu l'aiutassi
ad organizzare gli scatoloni. Ora vuole che io controlli questi
scatoloni – e tu mi aiuterai.”
Edward
sospirò, salvando un orecchino orrido da un mare di carta
velina, inarcando un sopracciglio. Lo lanciò velocemente via.
“E qual è il motivo di tutto questo?”
“Pulizie
di primavera?” azzardò ironicamente Alex, la sua
risposta ovattata dal cartone mentre scavava nello scatolone. (Al
suono della sua voce, Edward non poteva fare altro che ammirare la
sua opera, soddisfatto, guardando il sedere del suo fratellino
sculettare mentre scavava sempre più in fondo tra le
profondità oscure.) “Non lo so. Penso abbia parlato di
una vendita di oggetti usati, o qualcosa del genere...”
Ed
fece una smorfia. “Non parlavo delle pulizie,”
lo corresse velocemente, suonando esasperato. “MA DI QUESTO.”
Fece penzolare un altro oggetto pescato a caso – un
giarrettiera azzurra schifosamente sporca – davanti al naso di
Al, guardandolo in un misto di rabbia e divertimento. Alexander,
trovandosi di fronte l'oggetto interessato, arrossì prima di
voltarsi di nuovo. “Tutta questa... Questa spazzatura! Qual è
il nocciolo della questione? Perché abbiamo questa roba?”
“Non
che sia davvero nostra,” il moro borbottò, ancora
sconvolto. (Ed, decidendo che si sarebbe divertito con la
giarrettiera, la usò come una fionda, lanciandolo e andando a
colpire la faccia di Al. Alex lo guardò in cagnesco,
lanciandogli di rimando un vecchio mappamondo impolverato.) “Credo
sia del nonno.”
Ed
aggrottò la fronte. “Davvero?” mormorò, in
qualche modo intrigato dalla cosa mentre faceva roteare il mappamondo
tra le sue mani. “Quale dei due?”
“Quello
morto – nonno Elric.”
“Oh.”
sbadigliò il più vecchio dei due, stanco; gli occhi
dorati socchiusi in un interesse offuscato dal sonno. “Questo
spiegerebbe perché c'è così tanta roba.
Comunque, perché è qui? Perché mamma non l'ha
ancora buttata?”
“Ed!”
lo rimproverò Alexander, disgustato dal tono crudo di suo
fratello. Sedendosi sulle ginocchia, Al tolse la polvere dalla sua
maglietta e dai pantaloncini, guardandolo male. “Mostra un
po'
di compassione, ok? Era scontato che mamma non avrebbe buttato tutto
– sono sicuro che papà voleva controllare le sue cose
un'ultima volta. Nonno Elric era suo
padre,
dopotutto.”
“Beh
sicuramente ha avuto tutto il tempo di farlo – sempre che
l'abbia fatto,” strascicò Edward. “E se lo avesse
fatto, perché NOI siamo stati coinvolti?!”
“Non
lo so,” brontòlo Al, ancora infastidito. Tornò a
scavare dentro lo scatolone del frigorifero, pagine di giornale
ingiallite che gli cadevano attorno come confetti. “Forse mamma
mi ha dato questo scatolone per errore, o forse voleva vendere la
roba che c'è dentro, o forse papà non non l'ha mai con-
controllata. . .”
E
poi all'improvviso strasalì, la voce che vacillava – per
poi morire.
Silenzio.
Ed,
che ancora giocava con il vecchio mappamondo marrone, si fermò,
confuso dall'improvviso silenzio. “Al?” provò,
mettendosi seduto. Come mai era così pallido? “Alex?”
Mettendosi sulle ginocchia, il ragazzo si piegò in avanti,
scuotendo il suo fratellino. “Yo, Alexander. Che succede?”
Deglutì;
il suono rimbombò in modo strano nella piccola camera da letto
ambrata. Poi, guardando suo fratello col lo sguardo più
stranito che potesse fare, Alex tolse fuori dalla scatola quello che
sembrava un pezzo di carta scolorito. “S. . .” sussurrò,
chiaramente sconcertato. O meglio, brutalmente shockato. “S-
Siamo noi.”
X
E così era. O
meglio, così sembrava.
“Ch-.
. . che diavolo. . .?” Edward rimase a bocca aperta, strappando
la foto dalla mano ad Al, le lunghe dita tremanti. Il sottile pezzo
di carta si scosse nella sua stretta; i colori sfocati luccicavano
debolmente alla luce del tramonto che filtrava dalla finestra. “Non
possiamo essere noi-
questa foto ha almeno novant'anni!”
Giusta osservazione. A
giudicare dalle sfumature color seppia, dal colore grigiastro, e i
vestiti indossati da quei due ragazzi – che sembravano un po'
fuori dai primi del novecento. . . La foto era ovviamente
vecchissima. Il che fece apparire le facce sorridenti ancora più
inquietanti.
Alex, ancora
giustificabilmente sorpreso, abbandono il suo scatolone –
girandogli attorno per sedersi affianco a suo fratello. “P. . .
pensi che. . .” sospirò, toccando la superficie della
piccola foto, grande tanto quanto una figurina di baseball. “Pensi
che possa essere nonno?”
La domanda aleggiò
nell'aria per un attimo, esitante. Alexander continuò
velocemente.
“Voglio
dire, è una scatola con le sue cose giusto? E lui ha sempre
amato le foto. E mamma ha sempre detto che tu gli assomigli
tantissimo. . .”
Edward non rispose
subito, estasiato dalla foto - così estasiato da non riuscire
a pensare ad altro; era così curioso. . . Esitante, fregò
il pollice sul viso del suo doppio, come se volesse toccare quel
largo sorriso.
Il ragazzo nella stampa
continuava a sorridere; il mento inclinato verso l'alto, a guardare
allegramente il ragazzo più alto, la cui mano stava sulla sua
spalla.
“.
. . suppongo abbia senso.” Ammise finalmente Ed, rischiarando
la voce. Facendo cadere la foto come se lo avesse scottato, si voltò,
giocando con la sua lunga coda. “Ma se fosse vero, allora chi è
quello?” indicò con un gesto il secondo ragazzo, che
somigliava spaventosamente ad Alex.
Il moretto poté
solo scuotere le spalle – evitando di guardare il suo sosia.
Quel sorriso era così solare, così adorabile; faceva
male guardarlo. Per cos'era? Perché questi due uomini si
conoscevano?!
“Pensi
ci sia qualcos'altro nella scatola?” chiese Al sottovoce,
ribaltando la fotografia, le facce rivolte al tappeto. Era davvero
troppo. “. . . Qualcosa su. . .?”
Edward fece una smorfia,
alzandosi velocemente. “Che importa?” brontolò,
forse un po' più a voce alta del dovuto. “Non c'è
da preoccuparsi. Nonno conosceva qualcuno che ti assomigliava un po'.
Figo. Ma non ci riguarda in nessuna maniera.” Si fermò,
insicuro di cos'altro dire o fare prima di decidere di oltrepassare
la porta. “Ho fame,” annunciò poi. “Abbiamo
ancora della pizza fredda?”
“Ti
sembro il frigo?” sbottò Alexander indignato, scacciando
via suo fratello con un gesto della mano. Cominciò a rovistare
tra la carta d'imballaggio, accartocciando tutti i fogli in una
grande palla di carta. “Vai a controllare da solo.”
“Lo
farò.”
E lo fece. Lasciando
Alex da solo.
“.
. .”
Il silezio faceva male.
Sospirando, il giovane
continuò ad ordinare la stanza, gettando qualche calzino
vagante nell'angolo, alla ricerca di altra spazzatura. Per tutto quel
tempo, la foto giaceva affianco al letto a castello –
impossibile da dimenticare, e neanche da ignorare. Provandoci
comunque il più possibile, Alexander non riusciva a tenere i
suoi occhi lontani dal retro di quella fotografia, la mente che
andava alla deriva, nel tentativo di decifrare il messaggio nascosto.
Era come se i due stessero cercando di dirgli qualcosa... qualcosa di
importante.
Chi era, il ragazzo che
gli somigliava? Il ragazzo che toccava il loro nonno con tanta gioia
e devozione? Il ragazzo che il nonno guardava con tanta attenzione e
preoccupazione?
Chi?
Prima di realizzare cosa
stesse facendo, Alex sentì i suoi piedi muoversi nuovamente
verso lo scatolone del frigo. Balzandoci dentro di sua spontanea
volontà, si ritrovò presto sepolto fino alle spalle da
vecchi giornali, scavando, cercando qualcosa che potesse aiutarlo a
vederci chiaro.
E lo trovò; la
mano destra chiusa in qualcosa di duro e grosso; pesante. Freddo.
Ruvido. Lo recuperò senza esitazione.
“Un
libro?”
Alexander
strabuzzò gli occhi, preso in contropiede e cadendo sul suo
sedere, incrociando le gambe con la sua scoperta sul grembo. Era
un
libro – ovvio, per forza e grandezza; la pelle color cioccolato
copriva, circondandola, una risma di pergamena giallognola – ma
non era ciò che solitamente si vedeva in mano a suo nonno. Di
Edward senior erano noti i suoi gusti scientifici; non sarebbe mai
andato a zonzo con storielle di poco conto. O nient'altro, comunque,
che avesse a che fare con immaginazione. Quindi era strano che quel
libro fosse in suo possesso: un libro che, invece di contenere un
sacco di complicate parole in latino sulla copertina, mostrava
fieramente una chiusura e un disegno di qualcosa di simile a un
drago.
Al
ci credeva a stento, incapace di tenere le sopracciglia abbassate
mentre toccava il volume pesante. “E'...” mormorò
a se stesso, incapace non manifestare stupore nella sua voce. “E'
un diario.
. .?”
Sicuramente ci
somigliava – molto più di quanto potesse assomigliare a
un libro di chimica, in ogni caso. Ma c'era davvero solo un modo per
scoprire davvero cos'era. . .
E così, con un
profondo respirò, Alex ruppe il sigillo, lasciando che le
pagine si aprissero in una esplosione di polvere.
X
Maggio,
1923
Caro
Al,
prima
di tutto, lasciami dire che non posso credere di star facendo questo.
E so che, se tu fossi qui, mi guarderesti come se fossi diventato
pazzo. Ma dammi la possibilità di difendermi – non è
stata una mia idea. È stata di Heiderich. È stato lui a
suggerirmi di iniziare a scrivere un diario (parole sue, non mie)
così da – e qui lo cito - “registrare i tuoi
ricordi in questo mondo nuovo, così che potrai raccontare
tutto a tuo fratello quando lo troverai.” La mia risposta è
stata un po' volgare, lo ammetto, ma riassunta suona così: “Io
non tengo diari.” E lui, perciò, ha modificato la sua
richiesta cambiando la parola “diario” in “diario
di ricerca.”
Gli
ho detto di andare a farsi fottere.
Comunque,
immagino abbia comunque vinto, alla fine, perché sono qui, e
scrivo. Anche se questo non è un diario – non è
neanche un diario di ricerca. Perché anche se è quello
che lui ha suggerito, non era sicuramente quello che intendeva. O che
io intendevo.
Credo
sia solo stanco di vedermi depresso. E suppongo di non poterlo
biasimare. Sono passati due mesi dal mio brusca arrivo in questo
mondo incasinato, e le cose da lì sono andate solo in discesa.
Ho un lavoro, ho un compagno di stanza, ma non ho nessuna voglia di
vivere. (Tu mi diresti che sto esagerando, che sono troppo drastico,
vero Al?)
Mi
manchi, fratellino. Non posso smettere di pensare alla nostra casa,
ai nostri amici, all'alchimia. Non posso smettere di preoccuparmi per
te. Stai bene? Il tuo nuovo corpo funziona bene? Il piano del
colonnello ha funzionato? Ho bisogno di saperlo – ma non ne ho
modo.
Heiderich
è di grande aiuto. Mi ascolta, e non mi chiama pazzo. Mi porta
sempre a casa quando mi ubriaco al bar. (E so che ci vado decisamente
troppo.) È lui che mi ha dato questo diario. Si preoccupa per
me, nonostante sia un peso. E non come farò a ripagarlo per
tutta questa gentilezza.
So
che lo Scambio Equivalente tornerà a mettermelo nel culo. È
solo una questione di tempo.
Ma
per ora, non c'è niente che possa fare, oltre che star seduto
qui. Fa freddo a Monaco (è qui che sono ora, in una nazione
chiamata “Germania”) in questo periodo dell'anno, dunque
le finestre sono tutte chiuse. Non abbiamo un caminetto o molte
candele, quindi è buio – e fa freddo. Heiderich è
qui vicino, che prepara la cena, e io scrivo sul tavolo della cucina.
Ha cercato di leggere di soppiatto quando ho iniziato a scrivere
(vuole sapere di più su di te, Al, ma io non gli dirò
niente), ed è per questo che scrivo in inglese. Non sa
leggerlo, e non gli piace. Dice che è troppo complicato. A me
piace, invece: è vicino alla lingua che parlavamo a casa. Il
tedesco è più difficile per me. Ma credo che lo
imparerò.
Spero
che tu stia bene, Al. Mi manchi – mi manchi un sacco. Ma devo
dirlo, mi sento meglio dopo aver scritto questo. Forse Heiderich
aveva ragione.
Scriverò
ancora, più tardi.
-
Ed
X
Alexander
osservò con gli occhi spalancati quella scrittura, chiedendosi
confusamente se il suo cuore avrebbe mai ripreso a battere. Quando
aveva letto all'inizio 'Caro Al,' si era sentito per un momento come
se la lettera avesse attraversato il tempo, trovando la strada per
giungere a lui. Ma no . . . 'Il
nonno aveva un fratello minore?'
E che diamine erano
tutte quelle parole su altri mondi? Un corpo nuovo? Un colonnello?
Alchimia? Suonava tutto un po' come le sue storie della buonanotte.
Che ovviamente non
potevano essere vere.
. . . giusto?
“Hey,
Al-” (Alex quasi saltò per un miglio, stringendosi il
petto quando suo fratello lo rese partecipe della sua presenza) “Ho
comprato la piz-”
Ma il biondo si zittì
non appena vide la faccia tonda di suo fratello. Piegando la sua
testa, perplesso, il più grande poggiò i piatti su un
comodino incasinato, sedendosi accanto all'altro sul pavimento. “Che
succ- hey, dove lo hai trovato?” disse, indicando il diario con
voce inquisitoria; gli occhi dorati grandi e innocentemente
perplessi. “Nella scatola?”
“É
un vecchio diario epistolare.” replicò velocemente
Alexander, poggiando il libro tra i due – sopra la fotografia.
“Lettere che il nonno scriveva al suo fratello minore.”
Edward
sembrò sorpreso. “Fratello minore?” ripeté,
stupito. “Non sapevo che il nonno ne avesse uno.”
“Beh.
. .” Alex schiarì la sua voce cautamente, molestandosi
il ginocchio con l'indice. “Forse non lo aveva.”
“Huh?”
Una pausa, e aggrottò le sopracciglia. “Che vuoi dire?”
Al scrollò le
spalle, in qualche modo turbato. “Nella prima lettera continua
a parlare di cose come altri mondi e alchimia. . . come le storie
della buonanotte che ci raccontava. Forse era. . . um. . . lo sai. .
.”
“Pazzo?”
lo completò secco. Suo fratello annuì, sentendosi
agitato – e un po' colpevole.
“Eh.
Potrebbe, credo. Ma. . .” il biondo si fermò un
momento, guardando fuori dalla finestra. Il crepuscolo così
com'era venuto se n'era andato; la luna splendeva, ora. “Ma il
nonno non ti aveva mai detto niente su suo fratello? E non ti aveva
fatto vedere delle foto?”
“.
. . Cosa?”
Edward
spazzò via la chiara indignazione del più giovane.
“Beh, ricordi quella volta, quando tu avevi – non so,
cinque anni? Aveva mostrato delle foto a te e Rosie quando eravamo
andati a trovarlo. Io non le avevo viste, ma ricordo che tu eri
felice di averle viste. Erano di quel ragazzo?” Puntò il
dito contro la foto che giaceva sotto il diario. “Forse lui
è
il fratello del nonno. Questo spiegherebbe perché te l'aveva
fatto vedere – tu e Rosalie vi lamentavate che non vi volesse
bene perché sembrava sempre triste quando vi guardava. Deve
essere stata la somiglianza con te. Forse tu gli ricordavi suo
fratello.”
“.
. .”
Alexander era sbalordito
– si limitava a fissare suo fratello. Ed, che realizzò
con imbarazzo che aveva difeso suo nonno (ed aveva trovato delle
giustificazioni frivole per qualcosa che i più avrebbero
considerato una solida prova di insanità), arrossì di
un chiaro rosso. “Cioé, è solo una supposizione.”
mormorò, toccando il tappeto con l'alluce.
Al
tossì. “Um... Sì, io non... ecco... insomma,
avevo quattro anni! Non mi ricordo!” La sua fronte si aggrottò
in mille pensieri; agitò le nocche, un po' abbattuto. “Ma
suppongo. . . che non abbia importanza. . . ”
“Perché
ti stai facendo così tanti problemi, comunque?” chiese
Edward freddamente, cercando di recuperare un po' di 'orgoglio
maschile'. “É solo una vecchia foto e un ancor più
vecchio diario. Perché non lo buttiamo e basta?”
Ma questo evocò
una risposta ferma.
“No,”
replicò Alex senza esitazione. “No, voglio leggerlo.”
Ed
– che, dopottutto, non era davvero sorpreso (Suo fratello era
una sorta di storiofilo)
– inarcò comunque un sopracciglio. “Perché?”
Era una domanda
abbastanza semplice. Ma ciò nonostante, Al non rispose per un
po'. . . invece fissò quel matto corsivo nella pagina prima.
“Io. . .” rosicchiandosi il labbro inferiore, Alexander
guardò disperatamente suo fratello maggiore. “Sento che
c'è qualcosa che dovremmo sapere di lui. Come se ci fosse
un'ultima storia della buonanotte che non ci ha raccontato, ma che
avrebbe voluto dirci.”
“.
. . hai di nuovo mangiato dentifricio?”
“Fratellone!”
“Hey!”
urlò Edward, difendendosi con le mani alzate e un sorriso
felice, schivando il cuscino. “Sto scherzando! Fai come vuoi,
non mi importa. E poi, se nonno era davvero pazzo, forse troveremo
una buona idea per un romanzo, o qualcosa così.”
Tipico di Ed. Non
prendeva mai niente sul serio. In ogni caso, quando Alex voltò
pagina per leggere la nota successiva, suo fratello non andò
da nessuna parte. Anzi, indugiò – probabilmente volendo
leggere anche lui.
Sfortunatamente,
sembrava che questa nota avrebbe impiegato un po' più di
lavoro, nel leggerla: la pergamena era imbrattata di inchiostro e i
resti di qualche altro liquido. Anche la scrittura era stranamente
irregolare, veloce come se ci fosse una sorta di ingorgo invisibile
nella pagina. . .
X
Maggio1923
Al
– non ce la faccio più,
noncelafacciononcelafacciononcelafacciovoglio vederti adessoe non
voglio aspettare. Dove sei? Dove potresti essere? Mi sta
aspettandoancora nellportale? Vogliostare con te vedertiadesso.
Tivoglioadesso.
Mi
manchi, iltuocaloree sorrisoetutto di te. Ti voglioconme così
che possa toccart-
X
Alexander chiuse di
colpo il libro con un forte SMACK. I suoi occhi erano enormi, le
guance rosse come ciliegie. Edward, d'altra parte, guardava il tutto
stranamente divertito.
“Io.
. . uhm. . . credo fosse ubriaco,” sbraitò Alex,
chiaramente terrorizzato.
“Ubriaco?”
gli fece l'eco Ed, ridendo, il suo sorriso che si trasformava in un
ghigno divertito. “Al- io credo fosse gay.”
XXX
Oh,
quanto hai ragione, Edward Jr. XD
Comunque,
fortunatamente aggiornerò presto – visto che ho in mente
alcuni progetti amabili (e altri un po' meno) per entrambe le coppie
di fratelli Elric. ;)
Spero
vi sia piaciuto!
Ps:
Non ero molto sicura dell'anno in cui Edward ha oltrepassato il
portale e sia venuto dalla nostra parte; ero abbastanza sicura che
fosse nel 1920, più o meno. . . e poi ha passato tre anni
senza Al? Giusto? Credo. . .? Aiuto. . .? (Inserire gocciolina
qui)
|
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Capitolo 2 *** Letter Two ***
Disclaimer:
Non drogatevi. Le droghe vi faranno pensare cose assurde. Come farvi
dire di possedere cose che non sono vostre. (Le droghe fanno schifo;
le odio e odio quelli che scelgono di usarle.)
Note
dell'autore: Ok, ho ricevuto un sacco di domande nelle recensioni
dell'ultimo capitolo che avevano il disperato bisogno di una
risposta. E quindi, andiamo!XD
PER
FAVORE NOTATE CHE, UNA VOLTA RISPOSTO A QUESTE DOMANDE, IGNORERO'
LE VOSTRE RECENSIONI SE MI CHIEDETE QUALCOSA DI SIMILE IN FUTURO,
OKAY? QUINDI SIATE SICURI DI LEGGERE QUESTE FAQ SE SIETE CURIOSI DI
SAPERE QUALCOSA.
DOMANDA UNO: “Quanti
anni hanno Edward e Alex (ora)?”
RISPOSTA: so di non
averlo scritto direttamente, ma le loro età erano nel primo
capitolo. Il nostro Ed è morto dieci anni prima, quando Ed jr.
aveva sette anni. Quindi ora ne ha diciassette. Alexander è un
anno più piccolo, quindi ne ha sedici. (Guarda più giù
per altre informazioni su Ed e Alex.)
DOMANDA DUE: “Huh?
Ma se era Al quello nella foto, perché Ed scrive lettere come
se non fosse lì. . .? Non era con Ed alla fine del film?”
ANSWER: Le lettere sul
diario iniziano prima dell'arrivo di Al nel nostro mondo. Penso che
Ed e Al abbiamo passato circa tre anni separati; E sono passati solo
due mesi dopo la prima lettera.:)
DOMANDA TRE: “Sapevi
che le date sono sbagliate? Era il 1921/1917/19 etc...”
RISPOSTA: . . .Umm. . .
(tossisce)
In ogni caso, ho fatto
alcuni calcoli. Se Ed aveva 100 anni nel 2005, è nato nel
1905. Questo vuol dire che, se aveva 18 anni all'inizio del film, che
questo è iniziato nel 1923. Dunque si, ho sbagliato. Ha
ancora. . .quanto, sedici anni alla fine della serie? (Sì,
quindi sono rimasti separati per tre anni.) Perciò, il diario
dovrebbe essere iniziato nel 1921. Dunque quelli che han detto 1921 –
avete vinto!
Le cambierò da
questo capitolo, poi tornerò al primo capitolo per sistemarlo
appena posso. :)
DOMANDA QUATTRO: “Perché
hai scritto il nome di Heiderich: 'Hendrich'?
RISPOSTA: Perché
ho sbagliato. . .? Eh eh. Scusate. (si sente stupida.)*
DOMANDA CINQUE: (Bene,
okay, non era proprio una domanda – ma mi ha fatto scoppiare e
mi ha DAVVERO infastidita.) “Al non è Alexander, è
Alphonse.”
RISPOSTA:.
. .cosa?
Vi siete presi la BRIGA di leggere il capitolo prima di commentarlo?
Non per essere scontrosa o che, scusate, ma questa è stata la
mia prima reazione. O forse qualcuno di voi si è solo confuso.
Okay.
Edward Elric senior –
l'Alchimista d'Acciaio – ha un fratellino che si chiama
Alphonse, si. E lo chiama Al, si. QUESTO Al è quello a cui Ed
si riferisce quando scrive. Okay? Okay.
Edward
Elric junion – il diciassettenne del nostro mondo – ha un
fratellino che si chiama ALEXANDER, NON
ALPHONSE. Perché
pensate che il anche il
suo
nome sia Alphonse?
Perché Ed jr. lo chiama Al? Volete sapere la ragione per cui
lo chiama così?
EDWARD ELRIC JUNIOR E'
PIGRO.
Si. Chiamare Alexander
'Alex' è troppo faticoso. Così lo ha abbreviato in Al.
(“Alex” - “Ex” = “Al”). È
qualcosa che ho deciso quando stavano venendo su i personaggi.
Infatti, ecco un piccolo schemino sui due nuovi personaggi, visto che
comunque qualcuno chiedeva informazioni extra su di loro:
Edward
Simon Elric-
Soprannome:
Ed (e Alex qualche volta lo chiama 'Fratellone'.) Anni:
Diciassette. Aspetto: Alto (suo nonno ne sarebbe geloso), occhi
dorati, lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo, o a
volte sciolti. Colore preferito: Blu. Cibo preferito: Pizza con
la panna acida (è buona!) Libro preferito: Il castello
Errante di Howl (Diane Wayne Jones) Orientamento sessuale:
Totalmente gay XD (Non ditemi che non lo avevate capito.) Curiosità
random: Ed non sopporta l'odore dei french toast. Altre
informazioni: Studente con ottimi voti (media tra A e B) con nessun
vero interesse se non per le arti, Edward ama recitare, dipingere e
(quando nessuno lo ascolta) cantare sotto la doccia. Gli piacciono
anche gli sport come la pallacanestro e il calcio – anche se
solo per divertirsi. (specialmente contro Al, è un'altra scusa
per litigare amorevolmente con lui). È un fratello maggiore
molto protettivo, ed è conosciuto per prendere a botte quelli
che guardano sua sorella (o suo fratello (tossisce)) troppo a lungo
(con grande orrore di Rosalie, ovviamente.) Non ha una buona idea di
suo padre – è una sorta di omofobo (non si sa come mai).
In generale, comunque, Ed è un ragazzo senza troppi problemi,
divertente e che ama i pomeriggi a fare niente e schiacciare
pisolini.
Alexander
James Elric-
Soprannome: Alex (e Ed
lo chiama 'Al') Anni: Sedici. Aspetto: altezza nella media,
occhi color nocciola con sfumature grigie, lunghi capelli castano
ramato che tiene legati in una coda. Colore preferito: Verde. Cibo
preferito: Ramen di manzo. Libro preferito: Il codice Da Vinci
(Dan Brown). Orientamento sessuale: Sta passando all'altra sponda
– rifiuta di accettare la verità. ;)** Curiosità
random: Al dorme con un canguro di peluche di nome Bunny. (Ricevuto e
“battezzato” quando aveva quattro anni). Altre
informazioni: Alexander è intelligente. Vantando una media di
A nella maggior parte delle materie, fallisce ogni tanto per il suo
odio verso la scuola. (La trova noiosa.) I suoi interessi sono la
storia, la matematica e la chimica, ma non è sicuro di quale
carriera intraprendere. Per un periodo ha accarezzato l'idea di
diventare veterinario (ama i gatti), ma pensa che anche essere
un'insegnante potrebbe essere divertente. Nel suo tempo libero, Alex
ama leggere e giocare col suo gattino, Alchemy. Gli piace anche l'air
hockey e altri sport non fisici, perché in quelli può
sicuramente battere suo fratello. (È anche un ottimo giocatore
di poker.) Lui e Rosalie, essendo i più sensibili in famiglia,
sono uniti per tenere il loro fratello irrazionale fuori dai guai –
anche se oltre a quello, non parlano moltissimo. Ma è sempre
presente per lei se ne ha bisogno. Alexander è anche il più
maturo dei tre fratelli Elric, così se mamma o papà
hanno bisogno di qualcosa (anche se poi la responsabilità
viene affibbiata ad Edward), Alex, essendo una sorta di
perfezionista, sa che è suo compito far si che tutto sia fatto
bene.
Rosalie
Catharine Elric— Soprannome:
Rosie (O 'Scricciolo/Geek', quando Ed è particolarmente
giocoso.) Anni:
quattordici. Aspetto: altezza nella media, occhi azzurro pallido,
capelli lunghi di un biondo pallido che lega in una coda di cavallo,
codini, o treccia. Colori preferiti: lilla e grigio. Cibo
preferito: vermi gommosi. Libro preferito: La seire di The
Mediator (Meg Cabot) Orientamento sessuale: Bi. Curiosità
random: Rosie trova gli occhiali dannatamente sexy. Altre
informazioni: Rosalie Elric, il delicato fiore di casa Elric, è
rumorosa, dogmatica e autoritaria. Con un livello scolastico più
o meno tra quello dei suoi fratelli e una vita sociale stranamente
impegnativa, Rosie non si vede quasi mai in giro. Quando ha un po' di
tempo libero, ama leggere riviste, provare dei nuovi make-up,
guardare anime, e costruire computer da zero. È una fissata
dell'elettronica – fiera di saper penetrare ogni tipo si
sistema. È anche presidente del club di manga e anime nella
sua scuola media ed è una fervida sostenitrice dello
shounen-ai. Spacca al DDR. Per quanto riguarda la relazione coi suoi
fratelli – li ama, ma odia che la trattino come una bambina.
Comunque non perde occasione per sfruttarli, come ogn brava sorella
dovrebbe fare.;)
Whew!
Okey, credo sia tutto. XD E ora, dopo tutto questo, chi è
pronto per un nuovo capitolo?;) (Anche se queste note dell'autore
sembrano quasi un capitolo a se stante...)
XXX
X X X
Ogni
tanto, qualcuno mi chiedeva come ci fossi arrivato. A capire per la
prima volta di essere “diverso”. Si solito mi veniva
chiesto dalle ragazze. Solitamente ragazze singhiozzanti. Solitamente
nei momenti più inopportuni – come nel corridoio
affollato durante le lezioni, appena prima del suono della
campanella. E lasciatevelo dire, è una rottura cercare di
spiegare te stesso (nella maniera più gentile possibile) a una
compagna che piange – sopra tutte quelle urla, soprannomi e
insanità generale.
Ma
insistono che vogliono sapere. Subito. Suppongo perché così
avranno almeno qualcosa su cui spettegolare coi loro amici. O per
essere sicuri che non le stia prendendo in giro perché sono
uno stronzo.
E
così in mezzo a tutte quelle urla e soprannomi e insanità
generali, sono obbligato (abbastanza di frequente), a denudare la mia
anima e saltare (per l'ennesima volta) fuori da quel metaforico
armadio.
Credo
di odiarlo. E andiamo – sono sicuro che pensiate che ora tutta
la scuola lo sappia. (Davvero, comincio ad avere la sensazione che
gli piaccia sentirmelo dire.)
Sì,
mondo, sono gay.
E
lo so da anni.
Non
era così male quanto ero piccolo, quando tutti i bambini
odiano le bambine. Potevi giustificare il tuo disgusto nel toccarle
come paura di essere contagiato. Ma anche quando ho cominciato a
crescere, e tutti gli altri ragazzi cominciavano a blaterale su
“queste e quelle grandi tette”, io non sentivo nessun
tipo di attrazione per l'altro sesso. Ovvio, c'erano tante ragazze
carine – e alcune davvero belle, che io considero grandi amiche
– ma quando si trattava di lussuria e amore?
No.
Scusa, tesoro, ma non mi interessa.
E
io sono sempre stato tranquillamente consapevole di questo fatto.
Tranquillamente consapevole e spudorato, sono fiero di dirlo. Non ho
mai avuto paura di rivelare le mie preferenze sessuali agli altri, e
poi – lo sanno tutti che gli omofobi sono i più gay di
tutti.
In
ogni caso, all'inizio la gente mi prendeva in giro, credo, ma poi
hanno scoperto che il pugno di un ragazzino gay in faccia fa un male
cane. E così si sono zittiti. Fino ad ora non ho mai avuto
problemi a farmi o ad avere amici.
Infatti,
c'è solo un problema (a parte tutte le ragazze piagnucolanti
negli ingressi rumorosi) in tutta questa situazione. Nel mio essere
gay, dico. Un allampanato, castano, divertente, adorabile,
stupidotto, bellissimo problema.
Alexander
Elric.
Il
mio fratellino.
X
X
XXX
Skeletons
XXX
Alex
aveva l'espressione di uno che era stato appena schiafeggiato. O
meglio, come se fosse stato quasi investito da un treno – le
sue mani tremavano, il viso era pallido, e la bocca era aperta in una
piccola e perfetta 'o'.
Edward,
dall'altra parte, che poltriva come un gatto beato accanto a lui,
continuava a ridacchiare, poggiando languidamente il mento sul suo
palmo. “Tutto ciò è sicuramente
interessante.” Ed miagolò nel silenzio, gli occhi
illuminati dal divertimento. “Mi chiedo se lo abbia mai fatto
col suo amato...?”
“Fratellone”
ringhiò Alex, tornando bruscamente in sé con un verso
un po' disgustato, le guance in fiamme. “È completamente
fuori discussione! E poi, non è possibile che nonno
fosse gay!”
L'altro
alzò un sopracciglio con non-chalance, giocando con una ciocca
dei suoi capelli. Sembrava diviso tra curiosità e noia. “Oh?
Perché no?”
“Perché
la gente non
era
gay, al tempo,” mormorò Alex, raggomitolandosi su se
stesso, fissando il diario chiuso. Stava per mettere il broncio...
Edward
si limitò a ridere ancora. “Non essere stupido”,
lo rimproverò, nonostante la sua voce non fosse ostile. Stava
ancora ghignando, dopotutto – come se tutto fosse solo un
grande scherzo. “Gli omosessuali esistono dall'inizio del
mondo. E non è mai stata una cosa brutta esserlo; non fino
all'età moderna, almeno. Guarda i Romani... ho sentito che
incoraggiavano l'omosessualità.” Il sorriso di Ed si
allungava dolcemente, imperturbabile dai grandi occhi di suo
fratello. “Gli uomini combattevano meglio quando stavano vicini
ai loro amanti,” spiegò con calma. “Ai generali
piaceva giocare su questa cosa.”
“...
Oh.”
Le
guance del moro si arrossarono se possibile ancora di più,
mentre guardava visibilmente lontano. “Beh... può anche
essere così ma...lui... lui non poteva esserlo”
insistette Al ancora una volta, con molta più veemenza ora.
“Voglio dire, andiamo. Quella lettera – quella dove era
ubriaco-”
“
- Almeno senza
nascondersi -”
“-
in quella lettera, sta parlando di suo fratello
minore!”
finì Alex, ignorando l'intervento del fratello. L'altro
continuava ad essere ostinatamente indignato, pigiando col dito sulla
copertina del libro, come se fosse un grande bottone rettangolare.
“Suo fratello!”
Ancora
una volta – più che altro per lo shock di Alexander –
suo fratello si limitò a scrollare le spalle. O almeno, ci
aveva provato, dato che era difficile fare una mossa simile mentre si
riposava su un lato. “E quindi?” esclamò il biondo
con uno sbadiglio. “C'è un nome per questo. Si chiama
incesto.”
“Non
sono stupido, conosco il termine!”
“Bene,
se esiste un termine, vuol dire che non è niente di cui non se
ne sia mai parlato. È strano, forse, in questa epoca... ma
molte culture consideravano l'incesto una forma di vita. I principi e
le principesse egizie, ad esempio, potevano sposarsi solo tra di
loro, così come le divinità potevano procreare solo con
altre divinità.” Ed si girò un poco, così
da poter stare più sul suo sedere che sul fianco.
...
Sembrava quasi che stessero parlando del tempo.
Alex
continuò a fissare il suo fratello maggiore come se fosse
andato fuori di testa. Ma...
'Ha
ragione.'
“Sì,
ok, forse,” concordò Al a malincuore, non senza
esprimere la sua esasperazione con la voce, “Ma è
comunque illegale
– per
una buona ragione. Mai sentito dei problemi genetici che causa? Vuoi
che la nostra società pulluli di bambini deformi?”
Edward
sbuffò, le sopracciglia piegate in segno di irritazione.
“GUARDA, Al,” retrocedette, spingendosi per mettersi in
piedi. “Non sto né incoraggiando né condannando
l'azione in sé. Sto solo dicendo come stanno le cose. E
dopotutto non è che tu
possa cambiare i sentimenti del nonno. Ma davvero, Alex? Ti manca
qualcosa nel reparto sensibilità. Non tutti
desiderano ardentemente sbattersi il proprio fratello o sorella.
Quindi non preoccuparti, lo stupido genere umano è salvo.”
“...”
Alexander arrossì, sentendosi un po' stronzo, evitando lo
sguardo gelido di suo fratello. 'Che
diavolo gli prende, così all'improvviso?' Perché
era così teso?
Ma
prima di poterglielo chiedere, Ed si alzò – camminando
impettito verso la porta, fermandosi solo per un ultimo sguardo
fulminante dalla sua spalla. “E Al?
Non
credo che due maschi
dovrebbero preoccuparsi di partorire bambini deformi.”
E
poi se ne andò. Probabilmente per andare nel suo studio d'arte
nel seminterrato, come faceva di solito quando era irritato. Comunque
cosa lo avesse infastidito stavolta era un mistero per Alex.
Dopotutto, non che non litigassero tutti
i giorni, però...
'Forse
me la sono presa troppo,” ragionò
Alexander, ancora raggomitolato. Toccò il diario ancora una
volta, senza pensarci. 'Voglio
dire, immagino di non aver dimostrato una grande apertura mentale...
ed è vero: non posso cambiare quello che ha provato nonno, in
nessun modo. Forse dovrei scusarmi...'
Ma
alla fine decise di no. Almeno per il momento. La sua mente era
troppo piena di altri pensieri – come suo nonno, e il diario, e
le parole di Ed.
'Riesce
a far suonare giusto persino l'incesto...'
E
no, il suo cuore non si limitò a battere.
Sicuramente...
tutto questo battito interiore poteva dimostrarsi solo una inutile e
grande perdita di tempo. E se nonno Elric fosse
stato davvero
ubriaco – e solo ubriaco? Forse non si rendeva conto di cosa
stava scrivendo. . .?
Forse
Alex stava solo cercando una scusa per continuare a leggere?
Forse,
tra tutte le probabilità, questa era quella esatta.
Ma
non lo fermò dall'aprire il volume di cuoio con la punta del
piede, pronto (anche se con un po' d'ansia) per continuare a leggere.
X
Maggio,
1921
Caro
Al,
Mi
fa male la testa. Heiderich ha detto che me lo merito, e che se non
smetto di essere così sconsiderato l'università
smetterà di finanziare i miei progetti. Il che è
probabilmente vero. In ogni caso, non mi sono preoccupato di
rispondergli per le rime – anche perché la testa mi fa
ancora più male quando cerco di pensare. Però, scrivere
non è così male, e quindi eccomi qui, che scrivo.
Lo
so, lo so. Posso sentire la tua voce in testa, Al – 'Heiderich
ha ragione, non dovresti bere.' È vero, non dovrei. E forse
neanche lo voglio davvero. Forse è solo una stupida forma di
ribellione. Dopotutto, visto che non sei qui a fermarmi, che
importanza ha se lo faccio?
O
forse sono ancora ubriaco.
...
spero di ritrovarti presto.
Heiderich
mi ha detto di aver pensato a un modo. Ha a che fare con le sue
ricerche – coi razzi. Pensa che, forse, il nostro mondo è
appena dietro il cielo. Con un razzo, potrei arrivare sin lì.
E poi potrei vederti di nuovo.
Quando
me lo ha detto, ho sentito un sacco di cose diverse. Ero
principalmente felice... ma anche curioso. E poi ho sentito la mia
voce chiedergli qualcosa che avevo dentro da molto tempo: “Perché
lo stai facendo? Perché mi stai aiutando?”
Perché,
ne sono sicuro Al, tu capisci perché io
sto
con lui
– mi ricorda te. Il tuo sorriso, il tuo odore, la tua
gentilezza. Non è altro che un'imitazione (nonostante sia una
persona da questa sua parte), ma è abbastanza da non farmi
impazzire.
Perché
mi tollera?
Ha
sorriso quando gliel'ho chiesto, come se se lo aspettasse, e ha
poggiato il suo caffè e il giornale come solo lui fa –
piegando il quotidiano in un quadrato ordinato da usare come
sottobicchiere.
Poi
con molta calma, mi ha quasi ucciso con uno shock: “Perché
mi ricordi qualcuno che amavo.”
L'ho
pressato per saperne di più. Mi faceva male lo stomaco.
Il
suo nome era Edward Cullison. Viveva in un posto chiamato Londra con
suo padre, Hohenheim. Lui e Heiderich erano amici d'infanzia, avevano
giocato insieme mentre Hohenheim era in viaggio per la Germania per
affari politici. Ma Heiderich poi lo ha perso di vista per un circa
anno. . . e dopo aveva letto che Cullison era morto nell'attacco
aereo.
Avrei
dovuto dirgli che era colpa mia. Che se non fossi stato dentro il
corpo di Cullison al momento dell'attacco, potrebbe essere ancora
vivo. Ma le parole mi si erano bloccate in gola – e tutto
quello che sono stato capace di dirgli è stato “Mi
dispiace”.
Lui
ha sorriso, penso lo sapesse. Che ero da biasimare, dico. E
nonostante tutto, ha sorriso.
Forse
gli ricordo Cullison, così come lui mi ricorda te, Al. Ma
questa è una cosa buona o cattiva? Uno può vivere così
così tanto solo inseguendo i sogni del passato, dopotutto...
Mi
chiedo, la mia vita finirà prima che possa raggiungere il mio?
...
Devo vomitare.
-Ed.
X
Il
seminterrato era di Edward.
Non
che fosse proprio una regola scritta, ovvio. Il seminterrato era dei
tre piccoli Elric: veniva utilizzata come stanza dei giochi quando
erano ancora piccoli. Ma come Ed crebbe, insieme ai suoi progetti, e
soprattutto al suo casino, Alex e Rosie non poterono fare altro che
arrendersi e lasciare il resto dello spazio al loro ambizioso
fratellone come regalo per il suo nono compleanno. E lui ovviamente
se lo era preso.
Non
era cambiato granché da quel giorno fatale. I muri di legno
avevano ancora quell'allegra sfumatura color castagna – con il
cemento grigio a fare da pavimento. I genitori e gli agenti
immobiliari lo avevano dichiarato 'lavoro non terminato', ed era
luogo un po' freddo (rispetto al resto della casa), con una piccola
finestra sul cortile che fungeva da via di fuga semmai il peggio
sarebbe arrivato.
Ma
l'arredamento era indiscutibilmente il prodotto degli innumerevoli
sforzi di Ed.
Cinque
cavalletti, un tornio svitato, e innumerevoli librerie storte
riempivano la stanza – i tavoli coperti con delle tele lasciate
a metà, pagine strappate dai suoi album, carboncino, gesso,
matite colorate, pastelli ad olio, acrilici, pannelli di legno,
piccoli manichini, pietre pomice, pedane, tempere mischiate e secche,
bicchieri sporchi, pennelli di diverse dimensioni, inchiostri,
lucidi, forbici, intonaco e coltelli. Gli schizzi di tempera erano
incrostati sui muri e sul pavimento, pezzi di intonaco
permanentemente sepolti nell'impalcatura. E tutto questo risplendeva
allegramente nella calda, luminosa luce di tre lampadine gialle.
Il
seminterrato era la casa di Edward dentro la sua stessa casa. Amava
stare lì, il suo piccolo mondo di colori e trame. Era sempre
tranquillo... lo aiutava a pensare.
E
aveva davvero tanto da pensare.
“Ed...?”
“!”
Il ragazzo saltò sorpreso, voltandosi e lasciando svolazzare
il suo camice da laboratorio, pesantemente macchiato. (Tornava utile
come comodo grembiule, a discapito del colore.) “Chi altri se
non la piccola Rosie?” poi disse, sorridendo compiaciuto mentre
prendeva un asciugamano, pulendo le setole dei suoi pennelli. Lo
straccio diventò presto da bianco a un color giada. “E
sembra insolitamente bella, oserei aggiungere.”
La
più giovane dei fratelli Elric ghignò dalle scale, i
suoi occhi perfettamente delineati si piegarono con delizia alla
lode. “Sto uscendo,” annunciò gioiosamente,
abbassando le lunghe calze bianche e mettendo in mostra le sue unghie
nere appena smaltate. “Ho un appuntamento.”
Ed
inarcò un sopracciglio, abbandonando il suo cavalletto.
Poggiando il pennello che stava usando, diede gran spettacolo per
sceglierne uno nuovo dalla scatola. “Oh? E con chi?”
chiede tranquillamente, come se non gli importasse davvero. Ma solo
questo bastò per trasformare il sorriso di Rosalie in un
ghigno compiaciuto.
“Amy.”
cantilenò, spostando una lunga ciocca setosa di capelli dietro
la spalla. Quella sera li aveva legati in una coda alta, aiutata da
un nastro di seta color lavanda. “La conosci. Il topo di
biblioteca con i capelli castani e mossi? Super carina? Le sue
sorelle maggiori vanno nella tua scuola.”
“La
conosco.” sorrise appena Edward, scegliendo un pennello più
grosso e mettendosi a cavalcioni su una sedia pieghevole, fissando
negli occhi la sua sorellina. “E sono contento per te... anche
se comincio a pensare che mamma e papà saranno davvero delusi
dal fronte nipoti.”
Rosalie
rise, agitando una mano piena di braccialetti. “Non
preoccuparti, non ho dimenticato i ragazzi, o qualcosa del genere,”
gli assicurò, occhi color del cielo che scintillavano con
umore buono e malefico. “Infatti, Todd
verrà con noi.”
Il
più grande la guardo torno istantaneamente. “Todd...?
Cosa, ma Todd Multare? Quella civetta piromane? NO. Non mi piace –
ed è COMUNQUE troppo grande per te.”
“Ha
diciotto anni!”
“E
tu no,” le fece notare Ed. I suoi occhi si erano
considerevolmente induriti, mentre pugnalava l'aria con la punta del
suo pennello. “Diavolo, non li ho neanche io. E
non mi piace.”
“Beh,
meno male che non ci stai uscendo tu, allora,” ribatté
fredda Rosalie, alzandosi. Sbattendo la mano sul retro della sua
gonna in jeans con indifferenza, cominciò ad avanzare –
avvicinandosi ai dipinto che Ed aveva lasciato sul cavalletto, ancora
da finire. “Parlando della tua
vita sentimentale, comunque...” si fermò, chinandosi in
avanti, strabuzzando un po' gli occhi. (Dalla sedia lì vicino,
Edward poté sentire l'odore del suo profumo di Sweet Pea.)
“Oddio. Nuova fiamma?” chiese innocentemente la ragazza,
girando attorno e passando il pollice sul quadro. Non era neanche
lontanamente completo: solo alcune linee chiare tracciate con
riflessi di smeraldo, turchese brillante, e un color pesca. Ma
Rosalie aveva visto abbastanza dipinti di suo fratello da poter dire
che quello era l'inizio di un ritratto veramente importante... o
almeno, importante per Ed.
Usava
gli acrilici solo per quelli veramente importanti.
“Suppongo
che...” replicò Edward – benché un po'
esitante – poggiando il mento sul retro della sua sedia, le
grosse ciglia nere che si abbassavano per nascondere i suoi splendidi
occhi dorati. “... tu possa dirlo forte.”
“Sta
venendo bene.”
Ridacchiò,
suonando però esasperato, in qualche modo. “Come puoi
dirlo? Non c'è praticamente niente!”
“Forse,”
esclamò Rosie, incrociando le dita dietro la sua schiena, “ma
io dico che è bello. È sono sicura che anche Alex
lo apprezzerà, una volta finito.” Si fermò un
momento, aspettando la reazione di suo fratello. Lui non disse
niente, ma era sicura di aver visto la sua schiena irrigidirsi per un
momento. E questo era tutto ciò che aveva bisogno di sapere.
“Comunque – non gli hai fatto vedere quegli altri schizzi
che hai fatto? Di lui, dico. Di lui che dorme o legge in giardino?
Perché davvero, Ed, erano stupendi.”
Il
viso del biondo era lentamente scomparsa tra le sue braccia
incrociate, le punte delle orecchie infiammate in una terribile
sfumatura scarlatta. Rosalie sorrise. “... in quel caso,
dovresti davvero.”
“No,
non dovrei.” la sua voce era ovattata, ma chiara.
“Sì
che
dovresti,” ripeté fermamente, aggrottando leggermente le
sopracciglia. “Davvero, Ed. Sei un uomo o cosa?”
“Attacco
sessista?”
“Io
posso permettermelo,” tirò sul col naso, imbronciandosi
“Sono una ragazza.” poi con una risatina per fargli
vedere che scherzava, scivolò sulla testa del fratello emotivo
per schioccargli un bacio sulla fronte. “Comunque, ora devo
andare. I genitori di Amy sono severi riguardo i coprifuoco, quindi
se voglio entrare nelle sue mutande prima delle nove, in verità
sarei già dovuta uscire cinque minuti fa.”
Ed
alzò la testa di un poco, lanciando a sua sorella uno sguardo
secco. “Troppe informazioni, scricciolo. Troppe
informazioni...” Ma le spettinò i capelli, salutandola
mentre raggiungeva le scale.
“Oh
– E NON PARLARE CON TODD!”
Ma
la sua unica risposta fu lo sbattere della porta.
X
Giugno,
1921.
Caro
Al,
I
giorni passano lenti qui – e si mischiano per formare un
qualcosa che non finisce mai. La luce diventa ombra, l'ombra si
mischia alla luce... e il tempo continua a scorrere.
Ma
mi sento come se venissi lasciato indietro. Non mi importa molto di
questo mondo, non mi interessano le loro invenzioni, non mi interessa
della gente, voglio solo tornare a casa.
Voglio
lasciare tutto queste cose inutili dietro.
Heiderich
e io non parliamo d'altro che di scienza. So che vuole chiedermi di
te, ma non lo fa. Non sono sicuro del motivo – forse un
sentimento di rispetto?
O
forse pensa che non rispondere. Il che è vero. Però...
Non
voglio che pensi che lo stia usando, anche se probabilmente è
la verità. La sua gentilezza, la sua compassione – non
me la merito, lo so. Ma continuo a prenderla, comunque.
Sono
patetico,Al. Ero pronto a morire per te, ma non sono abbastanza forte
da vivere senza di te.
Spero
che tu stia bene
-
Ed.
X
L'aria
estiva era sempre più dolce alla sera, profumata di boccioli
di lillà e pesche. L'erba alta e dorata che cresceva poco
lontano frusciava, gli alberi che si estendevano fino all'infinito
sembravano montagne lontane dalla loro casa che stava sulle colline.
Nuvole scure correvano pacificamente, come fossero onde nell'oceano,
mentre le stelle si facevano brillanti nel cielo.
Alex
contemplava tutto ciò in silenzio, tenendo il diario sulle sue
gambe. Era un peso comodo, piacevolmente gravante sulle sue gambe.
Passandoci sopra il dito con calma chiuse gli occhi, dondolandosi
avanti e indietro sulla panchina della veranda. Così come il
seminterrato era di Ed, la veranda era di Alexander: era il suo posto
per pensare, per meditare, per risolvere i problemi.
Sentiva
anche che quello era il posto più bello del mondo.
“Cosa
dovremmo fare? Come agire? Dimenticare tutto, riportarlo alla
luce...” mormorò a
voce bassa, le parole di una vecchia ninna nanna. La sua voce
rimbombava quieta nel paesaggio, seguendo il tempo del suo dondolare.
“Nessuno dovrebbe mai provare a far rinascere...
quello che è stato portato via dalla Terra...”
Erano
parole di sua madre, ma riferite a cosa? Non aveva mai capito la
canzone... ma aveva un effetto calmante su di lui, anche ora, dopo
tutti quegli anni. Ogni tanto, quando era più confuso che mai,
avrebbe voluto sapere il suo significato. Aveva una storia segreta,
così come il diario del nonno?
E
a proposito del diario del nonno...
“Alcune
scelte non le viviamo una sola volta, ma almeno mille –
ricordandole per il resto della nostra vita.”
“?”
Alex si drizzò, non spaventato ma dolcemente sorpreso di
vedere Edward sulla porta, appoggiato sullo stipite, che lo guardava
coi suoi occhi dorati, rilassato. La porta con la zanzariera
scricchiolò come il giovane ci passò attraverso,
venendo avvolto dalla notte. “Di che parli?”
Edward
scosse le spalle, sedendosi sul gradino freddo della veranda.
Stiracchiando le sue gambe, lunghe e magre, sollevò il viso
alla luna, bianca e luminosa. “E' una frase di Richard Bard. Me
l'ha detta il nonno, una volta.” Guardò il suo
fratellino da sopra la spalla, inarcando un sopracciglio “Ho
pensato che potesse significare molto di più per te che per
me, visto come stai scavando nel suo profondo e oscuro passato.”
Alexander
arrossì un po, come sembrava fare sempre, ogni volta. “Non
lo chiamerei profondo e oscuro,” borbottò,
abbracciandosi gentilmente. Le sue dita si aggrapparono al dorso.
“Per ora, credo sia solo... triste.”
Ed
ghignò. “Come, niente più pre-tensione sessuale?”
“Fratellone...”
“Sto
solo scherzando!” ridacchiò per un momento, divertito
dall'espressione di Al, ma si calmò rapidamente, il tono della
voce pacato quando continuò a parlare. “Seriamente,
comunque. Che vuoi dire? Perché è triste?”
“...”
Al sospirò un attimo, guardando oltre la cima degli alberi. “È
che... sembra davvero solo, ora. Continua a parlare di come nulla
importi da quando suo fratello non è con lui. Avrei avuto
paura che si sarebbe suicidato, se non sapessi che ha vissuto per
cento anni.”
Considerando
il tutto, la fronte di Ed si aggrottò, pensante. “Beh,
non può essere stato triste a lungo. Almeno credo. Voglio
dire, abbiamo una foto di loro insieme, giuro? Quindi, questo Al deve
essere sicuramente apparso per il loro momento Kodak.”
Alexander
non ci aveva pensato.
Edward
ghignò, notando l'espressione meravigliata di Al. “Sono
sicuro che le cose andranno meglio per loro,” asserì,
mettendosi in piedi. “Quindi ora piantala di riposarti dalla
lettura – voglio sapere altri succosi dettagli e avere la
telecronaca di...”
“Fratellone!”
La
porta si chiuse con un colpo, Ed corse via ridendo.
X
Luglio,
1921.
Caro
Al,
i
giorni e le notti stanno diventando più calde. Mi ricordano
delle estati a casa, anche se qua c'è meno verde.
Non
c'è molta vita selvaggia qua in città – anzi, in
realtà è un tantino deprimente. Ma a volte, quando il
lavoro va lento, Heiderich e io guidiamo in mezzo alla campagna. Mi
piacciono quei giorni, lui sta nel sedile posteriore ad ascoltare le
mie storie sulle nostre avventure mentre ammira il paesaggio. Poi
facciamo un picnic. In giorni come questi, è difficile
immaginare il mondo come la merda che è.
Ma
è bello avere qualche bel ricordo.
Il
lavoro diventa sempre più pesante, come le giornate si
allungano. Sembriamo non avere mai abbastanza tempo per finire tutto,
ci viene sempre detto di fare di più. I piani per la miniatura
sperimentale del razzo stanno per concludersi, ma Heiderich dice che
non potremmo costruire il modello prima di un mese o due.
Preferirei
essere ancora alla ricerca della Pietra Filosofale, piuttosto che
stare qua seduto e sopportare questa attesa senza senso.
Comunque,
nel tempo libero – nei giorni in cui non possiamo guidare –
ho avuto la possibilità di visitare la città. C'è
un poliziotto che sta al bar, potrebbe essere il doppio di Hughes. E
la donna che lavora al mercatino rionale è identica a Gracia.
Ho
passato un brutto periodo per decidere se farmeli piacere o no, per
colpa di queste cose. Sarebbe così facile lasciar scivolare le
storie se parlassi con loro... per rendermi automaticamente conto che
sono le stesse persone che stavano dall'altra parte del Portale. Ma
sarebbe stupido da parte mia.
D'altra
parte, c'è una parte di me che desidera vedere più
volti familiari – Mustang, Hawkeye, Armstrong, Rose, Winry...
diavolo, anche Scar. Vedere le loro facce, solo pensandoci, anche se
mi fa venire voglia di piangere e ridere e urlare e fare QUALCOSA (ma
non sono sicuro di cosa) tutto insieme, mi danno ancora una strana
sensazione di pace.
'Non
sono pazzo, non ho sognato tutto.'
Heiderich
mi crede. E io devo solo credere a me stesso.
So
che sei là fuori, Al.
E
ti troverò presto.
-Ed.
XXX
Sì!
Ecco la fine del secondo capitolo. TANTE GRAZIE a tutti quelli che
stanno leggendo – sono scioccata da quanta gente ami già
questa fic!XD Ragazzi, spaccate! (abbraccia)
(PS.
ZOMG. Non so come sia successo, ma è successo – ho un
FANSITE. (Non ci posso credere!) Davvero! Kuroineko
della
community Elricest su livejournal ne ha fatto uno per me!
(Arrossisce) È così bello – contiene miei
disegni, scritti e musiche Elricest. E ce ne saranno tante altre
presto! Quindi se qualcuno si considera mio... uhm, bene, fan
(Arrossisce di più), per favore andate a vederlo..?
http(:)(dueslash)driftingdreams(.)net(slash)showcase(slash)jennifer(slash)random(slash)moon(underscore)maiden(slash)
XD
Note della traduttrice:
*Nella
versione italiana era già stato corretto da me XDD! **
Nella versione inglese era scritto Currently wading
in that river in Egypt—Denial. Il
Denial è un fiume egizio, per l'appunto. XD E nello slang, per
denial
è inteso colui che non è sicuro del suo orientamento
sessuale – o forse non vuole accettarlo. è_é
Spero
vi sia piaciuto anche questo capitolo. Spero commenterete, perché
poi vorrei riportare i vostri commenti a Maiden per farle vedere
quanto sia amata anche qui la sua fic *3*
<3
Al prossimo capitolo^_^
|
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Capitolo 3 *** Letter Three ***
Disclaimer:
Edward, Alexander, Rosalie e tutti i loro piccoli amici sono miei, in
un certo senso... ma questo è quanto.
Note
dell'autore: Okay! Eccoci col capitolo tre. XD E per tutte quelle
persone che stanno leggendo solo qui, avete perso un capitolo BONUS
allegramente sconcio. Sì, avete capito bene: un'inutile Nc-17
four-some tra Ed, Edward, Al e Alex nel Portale (In un sogno).
Se
volete averla tra le mani, cercate la community su livejournal
Elricest (è facile da trovare con google), e scorrete un po'
le pagine. È sotto la pagina dei post recenti, ed è
scritto da me: moonmaiden36. X3
Ovviamente,
anche se non volete leggerla va bene. Verrà solo menzionata
VAGAMENTE in questa storia a capitoli – non perderete niente,
promesso. (A parte la lemon, ovviamente.)
Dopo di
che, spero vi piacerà il capitolo tre!
XXX
X
X
X
Non
so davvero quando sia successo.
Dico,
di innamorarmi di Alex. Non è una cosa che succede spesso,
neanche ai gay. O almeno credo – sono andato a caccia di libri
e film su
omosessuali-che-vogliono-fottere-i-loro-fratellini-senza-un-motivo in
libreria, ma ne sono uscito con un niente. E tutti sappiamo che
autori e sceneggiatori non vedono l'ora di scrivere sulle cose più
spinte che possano pensare.
Forse
questo è in qualche modo troppo
spinto,
anche per loro, o forse non ci pensano affatto.
Quindi
non so quanti possano essere i casi comparabili al mio. Vorrei poter
dire che è stato 'amore a prima vista' – perché
sapete che quelle situazioni non funzionano mai, e quindi potrei
giustificarlo così. (Davvero. Guardate Cenerentola un paio di
mesi dopo il finale della storia e vi giuro che le cose non saranno
proprio così felici come sono sicuro lei ha pensato che
sarebbero state.) Ma no, infatti, io ho odiato Alex per anni. Siamo
molto vicini di età, ed è difficile fare il fratellone
con qualcuno che è più sveglio di te. Davvero –
potreste pensare che avessi qualche vantaggio, essendo più
alto e forte, ma quando il tuo avversario ha il cervello, senza
menzionare, essendo poi sempre malaticcio, l'avere mamma e papà
dalla sua parte...
Beh,
diciamo solo che Alex vinceva la maggior parte dei nostri litigi nei
primi anni. Se io alzavo il pugno, lui tossiva in cerca di aiuto, e
io ero fuori gioco. Dio, avrei potuto ucciderlo. E ricordo
distintamente che speravo che le caramelle della torta del mio quinto
compleanno gli facessero prendere la varicella, vendetta per tutta la
gioia che aveva avuto vedendomi soffrire per la stessa malattia.
Ma
ovviamente lui è stato uno dei pochi fortunati bastardi che
con la varicella non ci ha mai avuto a che fare. Era da immaginarlo,
no? Anche se si era preso l'influenza un bel po' più di volte
rispetto a me... suppongo sia lo scambio equivalente.
Fino
a quando Al aveva sei anni, eravamo sempre l'uno al collo dell'altro.
Lotte, colpi, morsi, pugni, calci... oh, ovvio, qualche volta
andavamo d'accordo – quando visitavamo il nonno, quando mamma e
papà erano nella nostra stessa stanza, quando Rosalie
piangeva, o quando volevamo stare svegli fino a tardi tutti e due. Ma
ci facevi vedere un biscotto? Eravamo a terra, pronti ad uccidere per
averlo.
...
Forse è in quel momento che è iniziata. La mia “cotta”
per Alex, ecco. Durante tutti quei litigi.
Perché
dopo un po', lui finalmente rispondeva alle mie provocazioni.
Infatti, compiuti i quattro anni, aveva smesso di sbraitare per
cercare l'aiuto di mamma e papà – era pronto: piedi
piazzati, pugni serrati. E Dio, è bellissimo quando è
arrabbiato: il viso arrossato, le labbra contratte, gli occhi
argentati brillanti come mercurio. Poteva togliermi il fiato. Anche
letteralmente, da quel punto di vista – ha davvero un pugno
forte. E io adoravo litigare con lui. Diamine, cominciavo anche a
rendermi conto di provare un crescente rispetto per lui... che poteva
prendere
un colpo, ma non smetteva mai di provare. Che non si arrendeva mai.
Alla
fine, penso che anche lui realizzò la stessa cosa. Cominciò
ad ascoltarmi di più. Ad obbedire, ogni tanto, quando gli
chiedevo gentilmente di fare qualcosa.
E
trovavo che il suo sorriso fosse anche più adorabile del suo
broncio.
Ovviamente,
ora posso fare una lista infinita delle cose che amo di lui –
la sua risata, il suo arrossire, la sua intelligenza, la sua
onesta... quant'è carino quando dorme... tutte quelle cose
scontate e sdolcinate di cui parlano sempre nei film...
Ma
a dispetto dei film...
Beh,
è mio fratello.
E
se autori e sceneggiatori non vogliono parlare di incesto gay, perché
dovrebbe volerlo lui?
X
X
X
XXX
Skeletons
XXX
Il Fudo High non era
una delle peggiori scuole al mondo – di questo, Alexander ne
era sicuro. Gli insegnanti erano abbastanza simpatici, gli studenti
relativamente amichevoli, e la terra intorno era fresca e verde. Non
avevano mai troppi compiti, e c'erano tantissime attività
extrascolastiche alla portata di tutti. Diamine,persino le loro
divise non erano così orride: gonna scozzese per le ragazze e
pantaloni scozzesi per i ragazzi, con una camicia bianca e
abbottonata, cravatte abbinate. Rosalie sembrava una dea nella sua
divisa, Edward un supermodello... Personalmente, Alex pensava che
sembrasse un cretino, ma comunque non importava. Dei tre Elric, lui
era quello meno popolare. Non che fosse odiato, o qualcosa di simile:
aveva dozzine di amici. Ma non c'era da nessun'altra parte qualcuno
amato come Rosie – che aveva praticamente tutto il primo anno
al suo comando – e Ed,che, a discapito dello sbandierare le sue
preferenze sessuali a tutto il sistema educativo, continuava ad avere
l'intera orda di ragazze che sbavavano per lui (e anche una buona
percentuale di popolazione maschile.)
Nonostante ciò,
Alexander odiava quel posto. E non, come gli era stato detto dai suoi
genitori, solo perché era noioso – che non era proprio
una bugia, non aveva nessuna stimolazione accademica o qualcosa di
simile in quel buco del cavolo -
Ma perché non
poteva sopportare di avere a
che fare con le ammiratrici di suo fratello. O, diavolo, anche con
suo fratello in generale.
Oh,
non era tutta colpa di Edward, ovvio. Era palesemente attraente, non
c'era nessun altro ragazzo nella scuola che potesse resistere al suo
sguardo (tranne, forse, Todd Multare, ma tutti sapevano che Lisa
Nightingale aveva messo i suoi occhi ambrati su di lui, e di
conseguenza le altre lo avevano lasciato in pace -per paura della sua
famigerata collera), e aveva quella fastidiosa tendenza ad essere
carino con tutti, sfigati
e popolari allo stesso modo.
Ed
era una rottura.
Almeno
per Alex. Dato che era colui a cui erano dirette tutte le domande.
'Qual è il suo colore preferito?' Blu.
'Dove bazzica di solito?' Nel seminterrato. 'Il
sabato è impegnato?' Non lo so. 'Brillerà
nella prossima partita?' Probabile. 'Uscirebbe
con me se fosse etero?' Come diavolo dovrei saperlo?
E
così continuava. Avanti e avanti, finché Alexander non
riusciva più a sopportarlo, finché non avrebbe voluto
prendere a pugni in faccia ogni ragazzina petulante. Per questo
passava molto tempo da solo, cercando di contenersi – mangiando
il suo pranzo da solo su una collinetta erbosa vicino al campo da
baseball. Trovava che lo aiutassero a restare sano, quei momenti
passati in solitudine: guardare i suoi compagni giocare mentre
mangiava il suo PB&J o leggeva un libro. Sempre la stessa
solfa... giorno dopo giorno.
'Odio questa
scuola', sibilò scuro,
mordendo sonoramente una mela. Strizzò gli occhi leggermente
alla visione di un ragazzo basso e lentigginoso di nome Gary che
correva dietro un pop fly. (Anche se non era arrabbiato Gary tanto
quando con la sua sorellina, Anna, che era stata la vittima più
recente del carisma indelebile di Edward. E ora lei soffriva per
l'immortale desiderio di “mangiarlo con un cucchiaino.”)
'Dannazione, fratellone, a volte penso che tu lo faccia
apposta solo per irritarmi.' Alexander
camuffò uno sbadiglio come il suo stomaco fece un'imbarazzante
capriola, lasciando cadere la mezza mela dentro il sacchetto di carta
con una smorfia. Poi si fece cadere all'indietro, disperato.
“…”
Il cielo era bello
quel giorno, un azzurro brillante macchiato da riccioli di nuvole.
Probabilmente Ed era fuori a disegnare, come faceva sempre in belle
giornate come quella durante la paura pranzo... e nella sala da
studio... e in ogni altra classe in cui poteva entrare per farlo. Al
cercava di non pensarci. Suo fratello era decisamente troppo tra i
suoi pensieri, e non aveva nessun diritto di essere arrabbiato con
lui per cose di cui non aveva colpa. Che cos'era, comunque, geloso?
Non delle attenzioni – non era mai stato uno che desiderasse
essere contestato o desiderato. E ovviamente non aveva nessun diritto
di voler tenere suo fratello maggiore tutto per sé. E oltre al
fatto che non fosse giusto, non era davvero neanche... beh, normale.
Alex
aggrottò le sopracciglia, strizzando gli occhi chiusi contro
il sole luminoso. Gli faceva male la testa... 'Io NON ho una cotta
per Edward,' disse il ragazzo tra sé e sé, anche se
il veleno dietro le parole si era seccato in gola, rimpiazzato da
stanchezza. Così stanco... ' È solo lo stupido
diario del nonno che mi gioca brutti scherzi...'
Parlando
del quale...
Si
mise di nuovo a sedere, la coda di cavallo strusciava contro l'erba
ai suoi movimenti, mentre raggiungeva la sua borsa nera. 'Dove
l'ho mes-? Ah.' Era lì, infilato nella tasca frontale –
sembrava innocente e in qualche modo costoso nella calda luce dei
primi giorni d'autunno.
Guardandolo
con sguardo esitante da entrambi i lati, Alexander permise al libro
di cadere aperto sul suo grembo, riprendendo a leggere da dove aveva
finito l'ultima volta.
X
Ottobre, 1921
Caro Al,
Scusami, lo so, è
da mesi che non scrivo. Ma davvero, non c'è niente da dire.
Passo tutto il mio tempo a cercarti – nelle strade, nel cielo,
nei miei sogni. Sto appassendo, Alphonse. So che dovrei andare
avanti, lo so che devo – ma è difficile svegliarsi al
mattino, preferirei solo stare a letto finché non muoio.
O finché
non congelo. L'autunno è brutale, qua.
Heiderich ha fatto
il possibile per mantenermi sano. Davvero. Mi ha portato via dal
letto, mi ha costretto a mangiare, e preso a calci per tutta la
strada fino a lavoro. Deve stancarlo davvero tanto, avere a che fare
con me. Infatti, penso che lo stress a cui l'ho costretto lo stia
finalmente divorando. Sembra che stia per avere un raffreddore. Di
sicuro sta tossendo un sacco, comunque.
Gli preparerò
una minestra quando torna a casa. Spero di non mandare a fuoco la
cucina.
Oh, eccolo.
Scriverò
presto, Al. Lo prometto.
-Ed.
X
'Mi
chiedo quanti anni durano questi appunti..?' pensò
vagamente Alex, mentre poggiava pigramente il mento nella sua mano.
Starnutì, tirò su col naso, poi scosse la testa per
riprendersi. La sua pancia brontolò ancora una volta in modo
strano. 'All'inizio
pensavo che avrebbero coperto un anno, ma il nonno sicuramente non
scriveva tanto. Solo una volta al mese – quando capitava.
Eppure credo che non avesse così tanto da dire, tranne che gli
mancava Al.' Il
moro aggrottò la fronte, mordendosi il labbro inferiore. 'Mi
chiedo cosa direi in una lettera se io e Edward venissimo
separati...?' Non
aveva tanto da pensare. Sarebbe stato troppo preoccupato a cercare di
ritrovare suo fratello, non di stare seduto a deprimersi per la
situazione difficile. E Alex poteva solo immaginare che suo nonno si
sentisse allo stesso modo.
Più
o meno.
Tranne
che il loro nonno sicuramente era sdolcinato, mentre parlava di
quanto suo fratello gli mancasse.
'Forse
amava davvero quel – qual era il suo nome? Alphonse?'
Alexander
arrossì quando l'idea gli attraversò la mente,
scuotendo istintivamente la testa. “Non può essere,”
mormorò monotono, la sua voce suonava in qualche modo rauca,
anche per le sue stesse orecchie. Tossì. Che diavolo gli stava
succedendo quel giorno? “Voglio dire... ha sicuramente sposato
qualcuno... giusto?”
...
Giusto?
Pensandoci
Alex non riusciva – per quel che aveva vissuto – a
ricordare nessuno che dalla parte di suo padre venisse chiamato
'nonna'. Sbattendo lentamente le palpebre (e in uno stato di leggera
confusione) a quella improvvisa realizzazione, il ragazzo si
raddrizzò. Loro AVEVANO avuto una nonna dalla parte del papà?
Non ci aveva mai pensato. Erano cresciuti conoscendo nonna Walz dalla
parte della madre, ma non era mia stato necessario per lui sapere che
avevano bisogno di averne un'altra.
Il
moro era in procinto di alzarsi per andare a cercare il suo fratello
maggiore per renderlo partecipe della sua opinione quando, dal nulla,
sentì una voce familiare canticchiare quella che sembrava
essere una canzone di Phil Collins. Sembrava perché lo era. E
c'era solo un ragazzo che avrebbe cantato una canzone di Tarzan in
pubblico (senza dover trincare quantità eccessive di liquore).
“Why can’t
they understand the way we feel? They just don’t trust what
they can’t explain. I know we’re different but, deep
inside us, we’re not that different at all.”
Ed.
Mettendosi sulle
ginocchia e strizzando gli occhi al sole, Alex si voltò alla
sua destra-
E lì, nella
collina di fronte a lui, c'era Edward. La sua cravatta allentata, i
primi due bottoni della sua scamicia sfibbiati, e il suo album aperto
e appoggiato sulle sue ginocchia; sembrava messo in modo da poter
guardare Alexander; una ipotesi che si rivelò essere vera
quando lui sollevò il suo sguardo caldo dal suo disegno. Erano
incollati al suo viso.
Alex, nonostante
tentasse di fermare le sue lotte interiori, sentì una vampata
di calore in viso.
Ed in cambio sorrise,
agitando la mano. “Hey, Al!” lo chiamò
innocentemente, in un brodo di giuggiole. “Ho quasi finito,
vuoi vedere?”
“Um...”
Alexander esitò, ancora in qualche modo sorpreso (e un po'
infastidito per essere stato preso alla sprovvista. Che cosa stava
facendo Edward lì?), prima di scrollare le spalle e
avvicinarsi a lui. (Ignorò il modo in cui il mondo girava
stranamente mentre camminava). “Credo... credo di sì.”
E poi qualche minuto
più tardi si ritrovò appoggiato casualmente contro la
schiena di Ed, le braccia che abbracciavano il suo collo, il mento
nella sua spalla, guardando suo fratello schizzare le ultime linee di
grafite. Al osservava silenziosamente la sua tecnica, le ciglia che
si abbassavano ai caldi raggi del sole pomeridiano. Nonostante il
pensiero continuo e insistente che NON amava suo fratello “in
quel modo”, Alex non poteva negare che gli piacesse stargli
vicino, quando ne aveva l'occasione. Era così gradevole e
caldo... solido. Come se fosse sempre stato lì, il profumo di
dopobarba e di un vago odore di fumo di sigaretta.
“Fratellone...”
strascicò, sentendosi sempre più stanco, in modo
irritante. 'Mi
chiedo perché?'
Forse
era colpa di tutte lezioni monotone... o del sole... o delle ore che
aveva passato a leggere il diario del nonno la notte prima.
“Sì,
Al?” chiese Ed gentilmente, concentrando la maggior parte delle
sue energie nel completare gli ultimi dettagli del suo schizzo.
Quando parlava, la sua voce rimbombava nel petto di Alexander, bassa
nel volume e nel tono... Alex guardò il suo viso intenso in
silenzio, ammirando il modo in cui il sole brillava su di lui –
il modo in cui suo fratello mordicchiava la punta della sua lingua
mentre lavorava.
Arrossì
ancora, ma il colore stava scomparendo mentre nascondeva la faccia.
“Abbiamo mai
avuto una nonna Elric?”
“...”
Edward si fermò un attimo, leggermente sorpreso, guardando il
suo fratello minore con uno sguardo furtivo prima di continuare il
suo lavoro. “... suppongo che una volta l'avessimo,”
replicò, senza cambiare tono. “Papà deve essere
stato un parente di sangue del nonno – ci somiglia così
tanto che non può essere stato adottato o che. Credo che sia
morta prima che nascessimo.”
Alexander si
imbronciò un poco, fissando un punto vuoto oltre il campo da
baseball. “... Ma pensavo che tu avessi detto che nonno amava
suo fratello. Sembravi abbastanza sicuro.”
Ed si irrigidì,
sembrando un po' sconcertato. E anche piuttosto agitato. ”Beh,
io – lui potrebbe averlo fatto, credo. Cioè, forse si è
sposato per salvarsi la faccia. Ma davvero, Alex, perché me lo
stai chiedendo?”
“Perché
stavi cantanto 'You'll Be in My Heart' durante la ricreazione?”
contrattaccò Alex, nonostante non c'entrasse nulla con
l'argomento. Ma nella sua mente, la transizione aveva perfettamente
senso. Tirò sul col naso un po' di più. Perché
si sentiva così confuso?
“Perché
mi andava,” Edward annunciò con audacia, sorridendo da
orecchio a orecchio. E poi, con un gesto firmò e mise la data,
e sollevò un po' il blocco. “Ti piace?” chiese
felicemente, aspettando la reazione di Al.
“...”
Sbalordito, Alex si avvicinò e prese piano l'angolo del foglio
con una mano che improvvisamente diventò troppo pesante. Poi
guardò.
Guardò
davvero.
“Wow...”
mormorò, gli occhi argentati si illuminarono un poco appena si
riconobbe. “È davvero bello, fratellone...” E lo
era. Morbido e abbozzato, come se catturasse un solo attimo in un
lampo, il disegno era di Alexander con il naso sul diario – i
capelli che svolazzavano al vento e l'erba che frusciava attorno a
lui. Era quasi come se avesse vita propria. “Anche se non
capisco perché hai scelto di disegnare me... invece di tutti
quei bambini là infondo. Sarebbero stati dei modelli molto più
interessanti.”
Edward reagì a
quel commento vago e biascicato con un sopracciglio alzato.
“Questione di opinioni,” ribatté scherzoso –
anche se le sue guance erano più rosa del normale.
“Personalmente, ti trovo un modello incredibilmente
interessante. Sei sempre così espressivo! Non sei mai lo
stesso, è decisamente affasci- Al?”
Ed si rizzò
brutalmente, gli occhi che si ingrandirono appena notarono il viso
inaspettatamente sudato di suo fratello. “Al?” Ripeté,
con più urgenza, mentre il giovane continuava ad abbassare
debolmente la testa. “Al, sei pallidissimo – Stai bene?”
“Mmmm... non mi
sento... molto bene...” mormorò Alex flebilmente,
cominciando a scivolare lentamente all'indietro... “'usa...”
“Alex-?
ALEXANDER!”
X
Novembre, 1921
Caro Al,
Ho viaggiato
tanto, ultimamente. Più che altro per ricerche per Heiderich,
ma anche per me. Possibili modi per aprire il Portale senza
l'alchimia. È un po' come tornare alla ricerca della Pietra
Filosofale, perché per tutti pare che sia impossibile.
Attraversare il Portale, dico.
Principalmente
perché nessuno di loro ha mai sentito parlare né di
alchimia, men che meno del Portale.
Non so come
riuscirò ad uscirne. Ma so che non posso arrendermi. Sono
sicuro che, ovunque tu sia, anche tu stai cercando un modo. Vero?
Non possiamo
perdere la speranza. Non ancora.
—Ed
X
“Cristo, Al! Mi
hai fatto prendere un colpo!”
Alex si guardò
intorno con occhi colpevoli, cercando di evitare gli occhi furiosi di
suo fratello. “Scusa...” mormorò per qualcosa come
la centesima volta. Ma in verità sembra essere la millesima.
“Mi... Non volevo farti
preoccupare...”
Edward,
che in qualche modo riusciva ad apparire intimidatorio anche quando
indossava pantaloni da ginnastica e una vecchia maglietta, guardò
freddamente suo fratello, strizzando una pezza in una bacinella
vicino al comodino di Alexander. Poi con un sospiro, posò
gentilmente lo straccio nella fronte appiccicaticcia del moro,
sedendosi sul bordo del letto, facendo attenzione. “Lo so che
non lo hai fatto intenzionalmente,” brontolò
alla fine il più grande, giocando con una ciocca dei capelli
di Al. “Ma cazzo, Al, hai perso i sensi! Perché sei
venuto a scuola se ti sentivi così da schifo?”
“Non
mi sentivo così-! Non stamattina, almeno,” Insistette
Alexander, tirando un poco su col naso. Portò le coperte più
vicino a sé, cercando di ignorare quell'orribile sensazione
che uno tende ad avere quando è malato: quella sensazione che
ti lascia sospeso tra il congelare e il friggere. “Io ho
solo... poco prima di pranzo... e così all'improvviso...”
“...”
Ed non replicò per un attimo, troppo preoccupato a torcere una
ciocca ramata attorno al suo dito. Poi sorrise. “Beh... almeno
non era una reazione al mio disegno. Cioè, volevo dire –
sarebbe stato il peggior commento mai avuto, se lo fosse stato.”
Stava
cercando... di essere divertente...?
“Perché
il tuo disegno dovrebbe farmi stare male...?” Alex ansimò
esitante, insicuro se avesse capito totalmente lo scherzo. O forse
era soltanto in mezzo a uno sbalzo d'umore: Edward poteva essere un
omicida, e pochi minuti dopo invece rideva. “Te l'ho detto, era
davvero bello...”
Il
biondo sorrise tristemente. “Ma non sembrava piacerti così
tanto il soggetto.” Si fermò, ridacchiando per
l'espressione perplessa di Alexander. “... Ti faccio stare male
anche io, Al?” chiese debolmente, incapace di evitare
l'incrinatura nella sua voce.
E
Alex era stupefatto nel vedere una piccola lacrima cristallina
depositarsi all'angolo dell'occhio di suo fratello.
Deglutì.
“...
perché?”
Edward
guardò un punto vuoto, cercando di pulirsi velocemente la
faccia. Ma Alex prese la mano tra le sue... lo sguardo che si
stringeva, perplesso. “Perché dovresti farmi sentire
male, fratellone?”
...
Il biondo non rispose. Invece, le labbra si curvarono in un tenero
sorriso, mentre scompigliava i capelli di Alexander. “Non
importa,” insistette gentilmente. “Ora riposati. Il
dottore ha detto che questo è stato causato in parte da
esaurimento e stress. E non so che cosa tu stia facendo così
freneticamente, ma hai chiaramente bisogno di una pausa.”
“Ah...!”
Alex tossì un po' contrariato mentre Ed prendeva le distanze,
muovendosi verso la porta. 'Per
cosa era tutto quel- ?' “Aspetta,
fratellone-!”
Edward
si fermò, guardando Al oltre la sua spalla. Alexander
semplicemente alzò il dito, diventando lentamente di tre
diverse tonalità di verde.
“Puoi
passarmi il cestino? Credo di stare per vom-!”
E
Ed glielo passò.
Appena
in tempo.
X
Dicembre, 1921
Caro Al,
C'è una
festa qui di cui non ho mai sentito parlare. La chiamano 'Natale'.
Heiderich la festeggia, e mi sta insegnando come. C'è tanta
religione dietro, comunque – non so se mi piaccia. Pare che un
qualche bambino di nome Gesù sia nato da una vergine
(nonostante sia impossibile) il 25 di Dicembre e sia cresciuto per
essere il messia o qualcosa di simile. Quindi tutti i cristiani del
mondo (Cristiani penso derivi dal suo nome, Gesù Cristo)
celebrano il giorno in cui è nato uccidendo un albero e
decorandolo con luci e scambiandosi regali e cantando un sacco di
canzoni strane. È bizzarro.
Ma sai qual è
la cosa più bizzarra di tutto questo, Al?
Che in verità
penso che mi piaccia.
Anche io ero
sorpreso. Ma è... è difficile non farsela piacere, con
tutto quel calore che avvolge la città – calore che
neanche il freddo pungente può uccidere. Nevica ed è
buio per la maggior parte del tempo, ma le cose sembrano tutte più
luminose. La gente è gentile con gli stranieri, e i pini che
tagliano brillano meravigliosamente nella notte, le canzoni sono così
nostalgiche... e tutti sorridono. Come se il mondo fosse davvero un
bel posto.
Ho fatto un regalo
a Heiderich. Con degli avanzi di metallo che Hohenheim teneva in giro
per fare la mia scorta di braccia e gambe. È un piccolo razzo.
O almeno, dovrebbe esserlo. È davvero difficile da dire,
perché le ali sono piegate. Ma credo che ci somigli
abbastanza. Spero che gli piaccia.
Mi chiedo cosa ti
piacerebbe, Al? Penso che ti prenderò qualcosa di speciale, e
lo conserverò. Poi te lo darò quando ci incontreremo di
nuovo. O forse ti farò aspettare fino al prossimo Natale.
Credo ti piacerà questa festa una volta che avrai l'occasione
di celebrarla, forse anche più di quanto piaccia a me. Posso
già vederti amare le canzoni strambe e il cibo... e ameresti
tutte le luci negli alberi. E ti nutriresti della benevolenza dei
passanti. In effetti, credo tu sia nato per il Natale.
E spero di passare
centinaia di Natali con te in futuro, quindi aspettami, okay?
—Ed
X
Non era una scena
insolita – nonostante fosse la più giovane e la 'cocca
di papà', Rosalie Elric era la persona più open-minded
e schietta della famiglia. Con grande dispiacere di suo padre, specie
quando toccava certi argomenti...
Edward era nel bel
mezzo di un rapido schizzo a matita sulla doppia poltrona, e Alex,
avvolto in una coperta sul divano nell'angolo, li guardava
leggermente divertito dopo che la sigla finale di Numb3ers
era stata interrotta dalla loro discussione. Ancora.
O
forse sarebbe stato giusto dire, 'come al solito'.
“Rosie,”
il loro padre grugnì da dietro il giornale – la sua
barba dorata fremeva - “Non so come fartelo capire meglio. C'è
una RAGIONE perché la gente ha dei pregiudizi sui gay e
simili. È perché è SBAGLIATO.”
“Come puoi
dirlo?” ringhiò Rosalie, lanciando fiamme con lo
sguardo. “Come? Quando sai bene che c'è in gioco la
felicità di altre persone?”
“Mi spiace,
Rosie, ma è semplicemente disgustoso.” sentenziò
il signor Elric, sistemando il giornale nel tentativo di nascondere
la furia della sua voce. Edward, incapace di parlare, smise di
cancellare sul bordo del foglio. “Non è naturale.”
“Secondo chi?
TE? Che cosa lo rende così innaturale? Un sacco di animali
sono gay – lo vedi negli zoo! Diavolo, lo vedi nel cortile!
Avevi dei cani no?” si imbronciò, incrociando braccia e
gambe. La loro madre, che era appena passata nel salotto con il cesto
della roba sporca, diede un'occhiata alla situazione e poi continuò
dritta per la sua strada.
“Rosie, è
una bugia, come potremmo procre-” il loro padre iniziò a
sospirare-
“NON TUTTI SONO
GAY, PAPA'. E perché diavolo dovrebbe importarti
di
cosa fanno le altre persone? Non sei a posto con la tua sessualità?
Loro
non
ti
minacciano.
Non dicono che TU devi
essere
gay. E non mi sembra che loro
SCELGANO
di essere gay! Chi lo farebbe, con tutta la gente di merda come te
che si ritrovano in mezzo?”
“...”
Ed strinse più forte le mani attorno al suo blocco, un solco
nella fronte come se fosse concentrato. Alexander non osava
guardarlo.
“Modera
il linguaggio, signorina.” sbottò secco il signor Elric,
piegando il giornale in un quadrato. Poi, respirando profondamente,
si tolse gli occhiali per pulirli. O almeno, per occupare le sue
mani. “E mi dispiace. È semplicemente innaturale.
Se
Dio-”
“Se
dio non avesse voluto che i ragazzi se la facessero tra di loro,
allora non avrebbe messo zone erogene nei loro culi!”
si
oppose Rosie senza esitazione. La faccia di suo padre si infiammò.
Così
come quelle di Ed e Alex.
“Rosalie
Catharine—!”
farfugliò l'uomo, le guance infiammate di rabbia. “Quando
finirà questo delirio!”
“Quando
finalmente accetterai il fatto che non tutti vedono il mondo come lo
vedi tu!” lo guardò in cagnesco, gli occhi azzurri
ristretti. Suo padre sbuffò, riportando accuratamente gli
occhiali sul viso.
“Questo viene
dalla ragazza che pensa che Charlie e Don dovrebbero stare insieme.”
disse, per nulla scherzoso, voltandosi vagamente verso la
televisione. Rosie inarcò un sopracciglio indagatore.
“E quindi?”
“E QUINDI?”
Il signor Elric soffocò quasi. “Sono fratelli!
È come se – come se Edward e Alexander stessero insieme!
Non ti inorridisce?!”
Rosalie
non rispose. Ma il suo sorriso malizioso diventò ancora più
grande.
E
quello fu il segnale per i fratelli di uscire immediatamente da lì.
“Credo
che andrò a letto.” disse velocemente Alex, sentendosi
un po' più stordito del normale. Non era bene per la sua
salute stare lì tra tutte quelle idee e discussioni...
cominciava a sentirsi più confuso che mai. E tutta quell'ansia
lo faceva sentire come se stesse per vomitare. Si, quello di cui
aveva bisogno era davvero un po' di tempo da passare da solo.
Ma
cominciava a sembrare difficile da ottenere: Edward si era alzato
nello stesso momento, il blocco da disegno sottobraccio e la
determinazione ad evitare lo sguardo di suo padre. Non che Alex
potesse biasimarlo per voler scappare via in un lampo. Tutti lo
avrebbero fatto. (Tranne Rosie. Ma lei era nata pazza, lo sapevano
tutti.)
Comunque,
essere con Ed mentre era così confuso
era l'ultima cosa di cui Alexander aveva bisogno...
“Ti
aiuto.” mormorò Ed impercettibilmente, prendendo con
attenzione il braccio di Al e accompagnandolo verso l'ingresso. Al
deglutì, indeciso sul resistere all'aiuto – ma alla fine
decise di accettarlo. Avrebbe faticato troppo a protestare... e se
Edward aveva bisogno di una scusa per uscire da lì, Alexander
era più che felice di provvedere a dargliela.
L'ingresso
era freddo e scuro, comparato al soggiorno: mancava di tutte quelle
luci luminose, di un arredamento caldo, e della moquette. Ma in
compenso era divinamente tranquillo nella sua penombra, e questo era
tutto quello che volevano in quel momento – nel tentativo
invano di bloccare il rumore continuo delle urla.
I
loro passi echeggiavano nel pavimento di legno.
Alex
si sforzò di sorridere. “Certo che Rosie è...
uhm, sicura di quel che pensa.” (La scoperta dell'anno,
avrebbero detto molti.)
Edward
non rispose. Non fece neanche un sorriso. La sua faccia era dura come
una pietra.
“Pensi
che riuscirà a farlo ragionare?” Provò ancora
Alexander, flebilmente, furioso per come la sua voce suonasse così
debole e tremante. 'Odio
stare male.'
Ma
se Edward aveva sentito la domanda, la ignorò. Invece chiese –
con una voce rigida come la sua espressione - “Pensi che sia un
codardo?”
...
Era inaspettata.
“Huh?”
“Pensi che sia
un codardo,” ripeté Edward, aprendo la porta della loro
camera e aiutando Alex ad entrare. La luna filtrava attraverso la
finestra in ombre luminose di zaffiro e indaco. I raggi illuminavano
i muri, riversandosi sui loro tesori, illuminando i loro visi come se
il sole stesse ancora brillando. “Perché non dico a papà
che sono gay.”
Alexander sentì
la sua bocca piegarsi in un leggero ghigno. “No. Penso che tu
non sia un suicida.”
Ed sbuffò,
aiutando Al a mettersi a letto. Ma piuttosto che sdraiarsi, il più
giovane osservò suo fratello chiudere la porta, accendere il
ventilatore da soffitto e aprire la finestra – tutto prima di
pescare qualcosa dal cassetto dei calzini. La faccia del moro si
oscurò a vedere quel piccolo spettacolo. Era uno scenario
familiare.
“Mi avevi detto
che avresti smesso.” disse duramente mentre Edward prendeva una
sigaretta da una piccola scatola spiegazzata, accendendola con un
accendino. Ed scosse le spalle, finalmente calmandosi mentre saliva
sul davanzale, le braccia incrociate sotto le ginocchia. Fece un
lungo tiro.
“L'ho fatto,”
annunciò poi, guardando Al dalla finestra. I suoi occhi erano
vivi, luccicanti come brace. Dovevano essere brace, perché
altrimenti la faccia di Alex era come in fiamme? ('Deve
essere la febbre...'
pensò
poi, ricordandosi di aver mandato giù due pastiglie di
Nyquil.) “Fumo solo in occasioni stressanti.”
“E
qual è lo stress ora?” chiese Al con un colpo di tosse,
stringendosi ancora di più nel suo piumino. Il vento freddo
che entrava dalla finestra gli faceva venire mal di testa... non
capiva come Edward potesse sopportarlo, con addosso solo un paio di
jeans con la zip abbassata.
“Beh,
io-” ma poi si raggelò, mettendosi rapidamente seduto –
maledicendosi appena vide Alexander tremare. “Oh merda-! Scusa
Al! Non stavo pensando...!” Senza pensarci un attimo, spense la
sigaretta sul retro di un libro, buttando fuori il mozzicone e
chiudendo di nuovo la finestra. Il ventilatore fu spento un istante
foto, e poi ecco Edward – in ginocchio davanti al suo
fratellino tremante.
“Scusa”,
ripeté, visibilmente dispiaciuto. “Non stavo davvero
pensando... non hai tanto freddo, vero?” Alex scosse la testa,
ma il suo corpo non smetteva di tremare. Gli occhi di Edward si
illuminarono preoccupati, una mano gentile si sollevò per
scostare la frangia lunga del moretto.
'La mia faccia è
più calda di quanto dovrebbe essere...' pensò
Al esausto e imbarazzato. Il palmo di suo fratello era troppo freddo
sul suo viso arrossato...come fosse ghiaccio. 'Non dovrebbe
toccarmi, potrei scottarlo...' Il
pensiero illogico prendeva senso nella sua mente confusa. Sollevò
una mano per allontanare quella dei fratello – ma finì
col stringerla, invece, unendola alla sua.
“!”
Ed si irrigì, scioccato per come Alex gli si poggiò
improvvisamente addosso, la testa contro la sua spalla. “Al...?”
“Fratellone,”
mormorò Alex, farfugliando con voce strana persino per le sue
orecchie. La sua bocca era come cotone... “Se il nonno era gay,
perché suo figlio è così omofobo...?”
Edward
deglutì pesantemente, cercando di non pensare al corpo caldo
che premeva contro il suo. “Non lo so” sospirò
poi, sobbalzando un poco quando le dita di Alexander si strinsero
attorno alle sue. “Ma non ha importanza per te, no?”
continuò vagamente, scostando qualche ciocca dei capelli di Al
dal suo collo zuppo di sudore. “Voglio dire, tu sei etero.”
“Mmmm...
Non lo so,” borbottò, sbadigliando. La sua mano libera
si attorcigliò attorno a una ciocca di capelli del fratello.
“Forse sono anche io gay... a volte penso di esserlo...”
chiuse gli occhi, sorridendo come se fosse ubriaco. “Ehi,
fratellone... il tuo cuore sta battendo tanto, tanto veloce...”
“Si?”
Ed si sentì soffocare, mentre cercava di suonare calmo –
ma davvero, era tanto tanto grato che Alex stesse molestando solo la
parte superiore del suo corpo. 'È
la medicina che lo fa parlare così, Edward. Non fare niente di
stupido-!'
“Si...”
mormorò con un leggero sospiro. “Ma... anche il mio...”
E
poi, si addormentò.
X
Dicembre, 1921
Caro Al,
Oggi è la
vigilia dell'Anno Nuovo – certo che ci sono tante feste a
Dicembre. Non ci sono regali da scambiare questa volta, o alberi
morti, o canzoni. Heiderich dice che la vigilia dell'Anno Nuovo è
più che altro una festa personale, per riflettere su cosa sia
accaduto durante l'anno appena finito, e decidere che cosa si vuole
fare nel futuro. Gli ho detto che l'ultima cosa che avevo bisogno di
fare era riflettere ancora sul mio passato. Lui ha riso e mi ha detto
che se era così, avrei dovuto concentrarmi più
nell'aspetto futuro del giorno. Gli ho detto che ne sono ossessionato
quotidianamente, una cosa che lui non ha negato. Ma mi ha detto che
dovrei comunque provare la festa, e vedere se non finisco col farmela
piacere come l'altra.
E quindi ci sto
provando.
... O meglio sto
cercando di NON pensare all'anno passato, in realtà. Perché
davvero, come potrei veramente assimilare cosa è successo? La
prima metà dell'anno ero con te – e poi sei stato
portato via, e io sono passato attraverso il Portale. È stato
il prezzo da pagare (e che ancora sto pagando) per vederti di nuovo
vivere, ma...
E poi c'è
stata la seconda metà dell'anno, cercando di adattarmi a un
mondo a cui chiaramente non appartengo, con gente che non conosco e
che non ha mai sentito parlare né della mia terra, né
del mio lavoro.
Un mondo senza di
te.
E poi, questo mi
porta sempre al solito proposito scontato: riportarti indietro.
(Scommetto che non vedi l'ora, eh, Al? Ah ah.)
...Heiderich mi ha
detto anche che questa è la festa per dire alla gente come ti
senti. Ci sono anche altre feste simili, ma dato che questa è
quella del “Passato e futuro combinati”, così come
l'ha artisticamente descritta, credo che potrei attenermi alla
tradizione.
Ti amo, Al. E ho
in progetto di dirtelo in un milione di modi diversi, quando ti
ritroverò.
Suppongo che
questo sia il mio secondo proposito.
Iniziamo il nuovo
anno, Alphonse.
—Ed
XXX
Probabilmente
mi odiate tutti ora, vero? Scusate... ma suvvia, non volete vedere
Edward aproffittare del suo fratellino drogato, vero?
...Okay,
bene, mettiamo che sia io a
non voler vedere Edward approfittare del suo fratellino drogato?
(Oh,
e sì, il Nyquil ha davvero quell'effetto... o almeno, su di me
ce l'ha. o.O)
In
ogni caso, spero vi sia piaciuto! Cercherò di aggiornare
presto. X3
(Ps.
Qualcuno stava chiedendomi a proposito del mio fansite – il
link non funzionava quando avete provato quello alla fine dell'altro
capitolo? Se è così, provate con il link che trovate
nella mia biografia, okay? Grazie
Note
della traduttrice: Sono felice che stiate apprezzando Skeletons <3
Avevo ragione vero? XD Spero di aver reso bene anche questo capitolo,
è uno dei miei preferiti ;_; Le cose si fanno interessanti, eh
*A* Il Nyquil è l'actigrip americano XD! Vi assicuro che certe
medicine hanno degli effetti letali sulle persone – vedi me. XD
E per quanto riguarda i misteri riguardo Edward senior e il suo
oscuro passato, state tranquilli, tra qualche capitolo verrà
fuori tutto. XD Con mille sorprese, oserei dire <3 Alla
prossima! <3 (Sono brava eh, che aggiorno veloooce veloce!)
|
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Capitolo 4 *** Letter Four ***
Disclaimer:
Oh sì, tutto ciò è MIO. (E sì, sono una
bugiarda terribile. XD)
Note
dell'autore: Ah, qual momento migliore per iniziare un capitolo!
Proprio durante una discussione con mia madre sull'Elricest. L'amore
è amore, dannazione. È tutto quello che ho da dire. X3
Divertitevi
col quarto capitolo:D
XXX
X
X
X
Mi sono fatto delle
domande sulle preferenze sessuali di Alex (ragazzi o ragazze, dico)
per... beh, non proprio “da un sacco di tempo”... diciamo
più da un po'. Da un bel po'. E nonostante avessi avuto di per
me delle vane speranze, notando alcuni suoi comportamenti 'sospetti'
mi venne da pensare che forse alcune mie supposizioni erano esatte.
Come ad esempio il fatto che Alex non sembrava particolarmente
interessato a spiare le ragazze dal buco della serratura – un
passatempo a cui molti dei suoi amici partecipavano. Poi c'era il suo
amore palese per i film per ragazze: Titanic, Due settimane per
innamorarsi, A walk to remember...
Anche se penso di stare generalizzando; diavolo, neanche a
me piacciono così tanto
quei film. Però hey – se lo vedeste durante Kate
and Leopold, anche voi avreste i
vostri dubbi.
Per
finire – e forse è stato l'indizio determinante che mi
ha fatto capire che nel Mondo Fantastico di Al c'era 'qualcosa' che
non andava – ci sono i dubbi sul suo recente comportamento.
Con 'recente' intendo
a partire dall'anno scorso, più o meno.
Non sorride più.
O almeno, non tanto quando lo faceva prima – ora è
sempre imbronciato e nervoso, che urla e arrossisce. E se prima era
adorabile quando diventava rosso (e io amavo prenderlo in giro per
questo), ora non è lo stesso. Alex è nato per vivere in
technicolor, è fatto per ridere e essere smagliante e allegro
e reale.
Mi preoccupo per lui
quando non lo è.
Avevo chiesto a mamma
un'opinione a riguardo – della sua improvvisa riservatezza e
quei frequenti sguardi arcigni -, lei mi aveva risposto che era solo
lunatico. Come lo ero io durante la pubertà. E l'unico motivo
per cui io ero così
lunatico era dato da tutte quelle puttanate sul 'trovare me stesso' a
cui sono andato incontro. 'Trovare me stesso' o 'affrontare il mio
gay interiore', come piace dire a Rosie. Quindi è ovvio che
tutto ciò mi abbia dato da pensare...
Ma
mi ero detto di essere pazzo, Al è pieno anche di cose
“non-gay”: ha avuto una ragazza, in terza media. Certo, è
durata solo una settimana, ed è stato lui a rompere la
relazione (E io ne ero davvero felice, devo ammetterlo.), ma è
comunque esistita. E ama leggere lemon in internet. (è non
sapete quanto sia divertente ricattarlo.)
Il
che mi porta alla domanda di base: dove mi porta tutto ciò?
Risposta:
Il mio fratellino – su cui mi piacerebbe tanto saltare addosso
– potrebbe essere
gay. Ecco dove. Potrebbe essere
gay, così come il cielo potrebbe diventare
rosa a pallini verdi, così come io potrei superare
chimica e matematica questo semestre.
Non
so se questa sia una buona cosa, quel “potrebbe” (Voglio
dire, andiamo, questo vorrebbe dire che avrei almeno una chance),
ma so per certo che -
Il mio cuore stava
battendo velocemente quando Alex, anche se sotto l'effetto delle
medicine, ha mormorato che gli potrebbero piacere i ragazzi... veloce
e forte.
E
anche il suo.
Riuscivo
a sentirlo.
X
X
X
XXX
Skeletons
XXX
La
malattia di Alexander migliorò in meno di una settimana –
non era niente di terribile o mortale, o neanche abbastanza pesante
da tenerlo lontano da scuola. (Diamine, dopo la prima notte, era
diventato solo un leggero disagio: come indossare biancheria umida.)
Niente che non potesse – o non era capace di –
controllare, non importava quanto il suo stomaco si contorcesse. Era
forte. Era determinato.
...
e in un certo senso, veniva anche consolato. O almeno, secondo lui:
mentre era malato, Alex era stato abbastanza fortunato da godersi un
sacco di attenzioni, attenzioni date a profusione da una certa
persona che dormiva nel letto di sopra. Edward, a discapito della sua
tipica pigrizia, era divino quando doveva trattare con le malattie –
la loro mamma diceva spesso che sarebbe stato un ottimo medico. Era
sempre così calmo e tranquillizzante... E Alexander non poteva
negare (neanche a se
stesso)
che fosse bello – bello passare tempo con Ed senza preoccuparsi
di... beh, di se stesso: sempre così impegnato, in un angolino
della sua mente, a trovare un motivo per essere infastidito o una
scusa per andarsene.
Ma...
c'era ancora una cosa che lo tormentava pesantemente.
Quella
notte. Quella dove aveva preso il Nyquil.
...
Non riusciva a ricordare assolutamente nulla di quel che era
successo.
Oh,
certo, aveva un vago ricordo (in qualche modo confuso) – aveva
guardato la televisione con la sua famiglia, Ed lo aveva aiutato a
mettersi a letto, e avevano parlato... ma da qualche parte in
quell'intrecciarsi di ricordi vaghi si rivedeva dire qualcosa che non
avrebbe dovuto. Era abbastanza sicuro di averlo fatto... ('L'ho
fatto..?')
E
poi, si era svegliato e aveva trovato Edward che sonnecchiava vicino
a lui, seduto nel pavimento affianco al letto di Alex, con la testa
poggiata sulle braccia incrociate. Inutile dire che Al era andato
fuori di testa dopo averlo visto – 'Che
diavolo è successo!' -
ma era stato velocemente tranquillizzato dal suo fratello,
stancamente infastidito e appena svegliatosi: aveva informato
bruscamente Alex che si era addormentato stringendo tra le mani una
ciocca enorme dei suoi capelli. E che si rifiutava di lasciarla
andare.
“...
Oh,” era stata la risposta incredibilmente articolata di
Alexander a quella scoperta. Ma ancora, nonostante si fosse calmato,
continuava a sentirsi come se avesse lasciato scivolare qualcosa...
qualcosa di segreto.
Non
che lo potesse dire da come Edward si comportava: dopo un breve
pisolino, il suo fratello maggiore era tornato come nuovo –
gioviale, e superficiale su ogni cosa. Assicurò ad Al di stare
bene, che non doveva preoccuparsi se era stato sveglio fino a tardi
(“Avevo qualcosa su cui volevo pensare, tranquillo.”) e
che era felice che Alex avesse avuto il riposo di cui aveva bisogno.
Questo,
ovviamente, equiparato a Edward che era il fratellone più
premuroso del mondo, o un adolescente disperato che cercava di
spazzare via qualcosa di insolito sotto il tappeto. Perché
davvero, non era normale. Chi, con tutte le rotelle al posto giusto,
avrebbe detto qualcosa di così carino a qualcuno che ti ha
tenuto sveglio tutta la notte?
Con
tutti quei pensieri in testa, Alexander aveva scommesso con se stesso
sull'unica soluzione: 'era il modo più carino per pararsi il
culo'. Ma beh... in tutta onestà, probabilmente era solo
paranoico. Le cose non sembravano andare diversamente dal solito tra
Alex e suo fratello, almeno non apparentemente – quindi se
aveva
detto qualcosa, qualunque cosa anche appena incriminante, era
sicuramente qualcosa di stupido.
...
Almeno lo sperava.
X
Febbraio, 1922
Caro Al,
Ricordi gli
inverni di Resembool? Quando la terra era tutta innevata, e gli
alberi erano fatti di ghiaccio, e il vento poteva passarti attraverso
come se fosse fatto di mille frammenti di vetro? Ricordi quanto era
freddo, quanto lo odiavamo? Come dicevamo sempre alla mamma che il
Nord sarebbe stato come una torta, a confronto?
Resembool non ha
niente a che fare con
Monaco.
È
come se l'inverno non finisse mai – le strade sono gelate, le
case anche, e non c'è mai abbastanza legna per poter fare un
bel fuoco, o abbastanza coperte da tenerti al caldo... le temperature
gelide distruggono il mio braccio e la mia gamba. (Anche se non sono
più fatte di metallo, le giunture fanno un male cane quando la
temperatura è così bassa.) Heiderich sembra aver notato
quanti problemi mi stanno dando, e si è offerto di massaggiare
la parte che fa male - visto che mi aveva visto farlo, non importa
quanto imbarazzante sia stato. Ma gli ho detto No, grazie.
Non so, Al. Non
dovrei essere così freddo con lui. Lo so che non dovrei. Ma
ogni volta che gli sono vicino... lui non ti somiglia poi così
tanto, sai? Da lontano magari sì, ma avvicinandosi...
Ma è
comunque abbastanza da farmi venire voglia di piangere. E tu mi
conosci – io non piango. Odio piangere. E così cerco di
evitare di essere toccato ad ogni costo.
Credo di ferire i
suoi sentimenti.
Spero mi possa
perdonare.
—Ed
X
Non era da lui.
Edward guardava torvo
la tela bianca che aveva poggiato sul cavalletto, agganciando i piedi
attorno alle gambe del suo sgabello. La sedia scricchiolò. Le
sue mani si aggrapparono al legno tra le sue cosce; si dondolava
avanti e indietro sul posto, mordicchiando la cima di un pennello. La
sedia scricchiolò ancora, producendo un rumore ritmico contro
il cemento del pavimento.
“. . .”
La sua espressione
diventò acida, le sopracciglia si curvavano in totale
frustrazione quando non gli veniva nulla. Assolutamente nulla. Niente
che non fosse un cupo ronzio... La testa di Ed era troppo piena; un
turbinio di rumori e pensieri bianchi e travolgenti come la tela di
fronte a lui.
A quel punto, il
biondo si sorprese di imprecare con aria imbronciata, borbottando
qualche parola amara attorno alla suo pennello. Diede un'occhiata
alla tavolozza dei colori affianco a lui, le mani che prudevano per
lanciarla in uno slancio di furia immatura. Ma sapeva che non
l'avrebbe mai fatto – non voleva avere niente a che fare con le
pulizie, uno, e poi erano
colori troppo costosi per essere sprecati.
Ma
l'idea comunque era invitante...
“Blocco
dell'artista?”
Ed
si sgonfiò, soffiando l'aria fuori dalle sue guance appena udì
la voce familiare rimbalzare tra i muri, e al contempo sentì
una mano fine poggiarsi sulla sua spalla. Rosie, ora affianco a lui,
osservava attentamente la tela totalmente bianca, tamburellando
pigramente con le dita. Era un'azione fastidiosa...
“Non
lo so.” brontolò Edward, che ancora mordeva la fine del
suo pennello. “Pensavo che dipingere qualcosa mi avrebbe
aiutato, ma... non riesco ad entrare nel giusto stato d'animo.”
“Oh?”
mormorò Rosalie frivolamente, sporgendo un fianco, mentre
fissava il bianco – assorbendolo. Era davvero qualcosa
patetico, tutto quel bianco... “C'è un giusto stato
d'animo per questo?”
Edward
la guardò, piatto, punzecchiandola al fianco con la punta
stemperata di una matita. “Non per non fare niente.”
strascicò, “ma sì,
per dipingere c'è. Per ogni genere di arte c'è. E non
riesco a far stare zitto il
mio cervello per raggiungerlo!” Il ragazzo si massaggiò
la fronte mentre lo diceva, chiaramente appesantito dalla cosa –
e Rosie lo notò con una genuina sorpresa. Irritato? Il suo
fratello più grande raramente si trovava in un qualunque luogo
diverso da... beh, dallo spazio. Che cosa diavolo lo aveva trascinato
indietro sulla Terra?
“Ed...?”
mormorò, aggrottando appena le sopracciglia mentre Edward
faceva sprofondare il viso tra le sue mani, borbottando mentre
respirava. Lei allontanò bruscamente la mano, appena si rese
conto di quanto la spalla del fratello fosse tesa sotto le sue dita.
“Ed, aspetta, sei davvero serio? Stai bene?”
Una
pausa.
“...Non
lo so.”
Lo
sospirò appena, suonando distrutto e agitato e furioso allo
stesso tempo. Rosie ora era senz'ombra di dubbio sorpresa, facendo un
passo indietro come lui sollevò la testa, lo sguardo furioso.
“Non lo so Rosie. Non riesco a pensare normalmente da un paio
di giorni. Non... non riesco a fare niente!” ringhiò,
strattonandosi i capelli. “Qualunque cosa faccia, comincio a
pensare a lui... e a quello che ha detto... e a come sono stupido, ma
non riesco a fermarmi!”
Beh.
Questo cambiava decisamente le cose. Rosalie si appoggiò al
muro freddo, guardando attentamente suo fratello – decisamente
intrigata. “Alex?” suppose senza tanto sforzo, quasi
perforando suo fratello con i suoi occhi turchesi. “Alex ha
detto qualcosa? Che può aver mai detto?”
“Era
confuso dalle medicine,” brontolò Ed, ritornando a
mordere il manico del pennello. Le sue dita si contraevano, Rosie
poteva dire che desiderasse ardentemente una sigaretta. E ciò
non fece altro che farle aggrottare ancora di più le
sopracciglia. 'Moriranno entrambi per lo stress prima di
arrivare a trent'anni.' “Ma
lui... mi ha detto che potrebbe... sai...” il biondo schiarì
la voce scomodamente, sistemandosi sullo sgabello, facendolo
scricchiolare. Rosie piegò un sopracciglio, in attesa. (Non
avrebbe avuto da aspettare troppo.)
“Che
anche lui potrebbe essere gay.”
...
Nonostante tutto, Rosalie non apparì troppo scioccata –
solo divertita. Decisamente divertita. “Certo che abbiamo degli
strani geni in famiglia, non è vero?” disse, guardando
attentamente il suo smalto scheggiato con un sorriso premuroso. “Ma
davvero, non vedo perché ne sei così inorridito.”
“Non sono
inorridito!” scattò
Edward - sua sorella si drizzò, completamente colta di
sorpresa – ma si calmò immediatamente con un respiro
profondo. O due. O tre. (Ed sbottava silenziosamente, massaggiandosi
le tempie. Odiava essere furioso, gli faceva venire mal di testa.)
Tra i due vi fu un lungo momento di pesante silenzio... ma dopo
quella pausa riuscì a calmarsi. Anche se un po' forzatamente.
“Non sono
inorridito.” ripeté calmo, rigirandosi il pennello ormai
totalmente masticato tra le sue lunghe dita. I suoi occhi dorati
rimanevano fissi sulla tela, comunque, strizzando gli occhi, come se
cercasse di vedere qualcosa oltre la nebbia. “Io... voglio
dire... è stato quasi crudele.
Come se lui potesse
eliminare uno degli ostacoli tra di noi... ma ancora...” smise
di giocherellare, e si scompose – ora precariamente bilanciato
sullo sgabello con le ginocchia contro il suo mento. “Beh,
dovrebbe essere così a me vicino ora, ma non mi è mai
sembrato così lontano.”
“...”
Rosie non poté evitare di ghignare. “Poetico.” Si
complimentò, allontanandosi dal muro con un piccolo sospiro.
“Ma anche un po' emo, fratellone.” ridacchiò,
sentendo il suo sguardo ambrato poggiarsi su di lei. “Anche se
credo che tu non ne possa fare a meno, visto il pazzo melodrammatico
che sei.”
“Grazie Rosie.
Bel modo per farmi sentire meglio nella mia ora del bisogno.”
“Questa non è
la tua ora del bisogno.”, la ragazza asserì atona,
giocando con una ciocca dei suoi capelli. “Questa è la
tua ora di lagne non necessarie. Voglio dire, davvero, Edward. Ti è
mai passato per la testa di parlarne con Alex?”
Lui
ricambiò con uno sguardo secco. “Ti è mai passato
per la testa di buttarti sotto un bus in corsa? Perché
davvero, in parole povere è quello che mi stai dicendo di
fare.”
Una
smorfia. “No, non è vero.” disse con tono
scherzoso, gli occhi appena chiusi. “Non ti sto dicendo di
andare a stuprarlo o cosa - o addirittura di dirgli come ti senti. Ma
Alex ha la guardia bassa ora, e sono sicura che abbia bisogno di
qualcuno con cui parlare. Di come si sente, e tutta quella roba.
Anche se ha confessato
sotto l'effetto del Nyquil, prova comunque che il pensiero lo ha
tormentato pesantemente. E il fatto che non
l'abbia detto
finora mostra che si sta arrovellando... o che per qualche ragione ha
paura di vedere come reagiremmo alle sue potenziali preferenze. Non
so perché, ma devi andare.”
Rosalie
annuì, concordando con se stessa. Edward si limitò a
fissarla.
“...
Che cosa sei, un fisiatra?” chiede con un debole sorriso,
guardandola dalle ginocchia. Rosie, in risposta gli diede
un'occhiataccia, tirando fuori la lingua.
“Non lo sarei
se tu capissi i tuoi problemi, una volta tanto.” rispose
fredda. Apparentemente, non apprezzava essere presa in giro dopo aver
fatto qualcosa per qualcuno. “Ora va a parlare con Alex.”
Ma con sorpresa (e
irritazione) di Rosalie, Ed scosse la testa; voltandosi – era
un rossore quello? “No.”
“Vai!”
ringhiò, puntando un dito verso le scale. Entrambi si alzarono
nello stesso momento, guardando l'altro – anche se Edward aveva
un netto vantaggio in altezza, superandola per trenta centimetri
pieni.
“E digli cosa?”
domandò arcigno, puntando i pugni contro i fianchi, il
pennello dietro l'orecchio. “Hey, Al! Beh, si, sei gay?”
Rosie
lo guardò, esasperata, imitando la sua posizione. “Potresti
provare ad avere un po di tatto,”
suggerì fredda, e con abbastanza sarcasmo da far affondare il
Titanic, “ma sì, è l'idea di base.”
Suo
fratello sbuffò, roteando gli occhi. Le sopracciglia di lei si
sollevarono. “Dannazione, Edward!” sibilò,
mettendosi le mani tra i capelli, irritata. “Qual È il
problema tra i ragazzi e la comunicazione?! È la chiave per
una relazione, lo sai!” Quando lui non replicò, Rosie
scosse la testa, voltandosi con un grugnito disgustato. “Uomini!
Mi fanno desiderare di essere lesbica!”
“Tu
SEI lesbica!” non poté fare a meno di replicare Ed,
guardandola prendere d'assalto le scale. Probabilmente non era il
modo più saggio di dirglielo, col senno di poi... Rosalie lo
guardò torva – fermandosi a metà rampa giusto il
tempo di alzargli contro i medi. Con entrambe le mani.
“Sono
bisessuale!”
“Dillo
ad Amy,” la richiamò, facendo una smorfia mentre lei
sbatteva la porta. Ma non forse abbastanza per coprire la sua
replica, evidentemente, visto che strillò rapidamente in
replica.
“L'HO
FATTO. Ora TU vai a parlare con Alex prima che ci vada
io!
E chissà cosa potrei dirgli...?”
Se
non altro, quello
fece
muovere Edward.
X
Maggio, 1922
Caro Al,
stamattina mi sono
imbattuto in un borsaiolo. Il bambino non aveva più di sei
anni credo, e quando l'ho acchiappato (so che ci avresti scommesso),
ho visto visto che si stava prendendo cura di due fratellini –
un bambino e una bambina, entrambi di appena quattro anni. Stavano
morendo di fame ed erano distrutti e spaventati, e vivevano insieme
dietro la macelleria.
Gli ho lasciato
tenere i soldi. Gli ho dato una strigliata, certo, ma glieli ho fatti
tenere. Ho dato loro anche il mio indirizzo, in caso avessero bisogno
d'altro.
E quando sono
andato via, ho pensato a noi. Ho pensato a noi dopo la morte della
mamma – quando credevamo di non avere nient'altro da perdere.
Siamo stati stupidi, sì. E anche sconsiderati. E anche se
sapevo che era stata totalmente colpa nostra per quel che è
successo dopo, una parte di me aveva sempre incolpato l'alchimia. Mi
chiedevo spesso come sarebbe stato bello se non ci fosse mai stata –
avremmo vissuto una vita tranquilla insieme, senza i militari o la
Pietra o i sigilli di sangue o cose simili.
Ma mi è
venuto in mente solo oggi, guardando quei bambini... che forse siamo
stati fortunati.
Voglio dire, non
sto dicendo che quel che ci è successo sia stato un bene –
è stato orribile. È stato l'inferno. Ma cosa sarebbe
successo se non avessimo mai imparato l'alchimia? Cosa, se non
avessimo mai incontrato la maestra? Cosa, se avessimo provato a
vivere da soli, come quei bambini? Cosa sarebbe successo se, come
loro, avessimo fallito?
Nonostante l'aver
affrontatola morte in mille modi – modi che, in un certo senso,
abbiamo scelto -, non
abbiamo mai avuto di che preoccuparci per i soldi, o per il cibo, o
cose così. Non come devono fare quegli orfani. E noi avevamo
un proposito, un obiettivo. Amici che ci aiutassero. Loro sono
totalmente soli, lì che vivono per la semplice paura di
morire.
Forse
ho guardato le cose in modo sbagliato. Forse tutto è successo
per un motivo, o almeno, c'è qualcosa di buono dietro tutto.
Forse
c'è qualcosa di buono anche nel mio essere bloccato qui?
—Ed
X
Comunque, alla fine
vinse Edward.
O qualcosa del
genere.
Così come,
alla fine vinse Rosie.
O qualcosa del
genere.
Come si scoprì
dopo, Alexander si era addormentato sul divano, abbracciato ad
Alchemy, e sembrava così tranquillo che nessuno ebbe cuore di
svegliarlo – anche se significava sacrificare una discussione,
nel caso di Rosalie. Il che fece vincere Ed; non doveva parlare ad
Alex, così come sua sorella aveva chiesto. Era stato
decisamente un colpo di fortuna, anche perché non aveva ancora
idea di cosa dirgli, ma allo stesso tempo, gli veniva da chiedersi:
Come diavolo era
riuscito Alex a dormire nonostante il litigio veramente rumoroso tra
lui e Rosie?
... come si scoprì
dopo, non era proprio andata così.
Il che aveva fatto
vincere Rosie.
Ovviamente, tutto ciò
non diventò palese prima di molto tempo più tardi –
dopo che la luna era salita in cielo fino a raggiungere il suo
picco, brillando luminosa attraverso la finestra, raggi affilati che
tagliavano la fredda notte autunnale. Era bellissima, come una bolla
brillante in un mare nero e calmo, i suoi raggi giocosi che saltavano
e rimbalzavano fuori dai muri giallo pallidi della camera da letto di
Edward e Alexander. Il luccichio evanescente illuminava qualsiasi
angolo in ombra, formando piccole pozzanghere argentate sul tappeto.
Alexander guardava
l'astro con occhi socchiusi, le sopracciglia che tremolavano. Ma
nonostante la sua espressione fosse languida, la sua mente era
attiva; frenetica e disturbata – sparava pensieri nelle sue
vene come piccole scosse elettriche. Aveva lo sguardo perso nel
vuoto, pensieri di quel pomeriggio che ritornavano ripetutamente alla
mente... seduto sul divano, con Alchemy in grembo, sussultava con
orrore al sentire Edward e Rosalie discutere a voce sempre più
alta, le voci che galleggiavano sopra di lui. Parole a cui non
riusciva a credere... 'Sapevano che stavo ascoltando? Si sono
dimenticati che ero lì? Stavano cercando di prendermi in
giro?'
Le
parole sussurrate di Edward – le prime che sentì
chiaramente – riecheggiavano senza fine nelle sue orecchie:
Io... voglio dire... è stato quasi crudele. Come se lui
potesse eliminare uno degli ostacoli tra di noi... ma ancora...
Di
cosa stava parlando Ed? C'entrava qualcosa con cosa lui, Alex, aveva
detto quella notte-? Edward... Edward sapeva che qualche volta lui
si ritrovava a pensare così tanto, da non riuscire a
fermarsi...?
'No,
non è possibile!'
disse frettolosamente Alex a se stesso, mentre arrossiva. Le dita si
stringevano in pugni sopra il copriletto, tenendo fermamente gli
occhi chiusi. 'E
smettila di pensarci, tu! Stai solo facendo lo stupido! E ora dor-”
“Al. . .?”
Alexander si raggelò,
lo stomaco che cadde come lui guaì, la testa che si girava a
destra – per trovare Edward pendere al lato del suo letto, a
testa in giù, i suoi capelli abbastanza lunghi da accarezzare
il materasso di Alex. Era mezzo addormentato, le sopracciglia
inarcate.
“Al?”
ripeté, guardando stordito mentre Alexander riprendeva a
respirare, la presa sulle coperte che si allentava. “Che ci
fai, ancora sveglio? È quasi l'una. Abbiamo scuola domani.”
Alex immagino che
quello fosse un buon momento per rispondere, (o almeno per parlare),
ma stranamente si trovò impossibilitato a farlo – era
troppo impegnato a guardare le lunghe ciocche di ed brillare nella
luce lunare, un color paglia cupo nell'oscurità. E nonostante
fosse sicuro che le sue guance stessero andando in fiamme, non
riusciva a fare a meno di continuare a fissarlo, cercando di mandare
giù il groppo che aveva in gola.
Beh, dovrebbe
essere così vicino a me ora, ma non mi è mai sembrato
così lontano...
“Fratellone...”
il moro sentì improvvisamente la sua stessa voce mormorare,
portando alcune ciocche rame e vagabonde dietro le orecchie,
sprofondando ancora di più nel suo cuscino. “Ed,
posso... chiederti una cosa?”
Edward
strizzò gli occhi – e, apparentemente incapace di
restare a testa in giù ancora per molto, tornò al
sicuro sul suo letto. In ogni caso, rispose con un semplice (se non
sonnolento): “Certo. Che succede, fratello mio? Deve essere
qualcosa di grosso, se ti tiene sveglio fino a così tardi.”
Alex
sorrise appena, malgrado tutto. Ma la sua voce, quando parlò,
tremava comunque. “Che... cosa ho detto?” chiese
debolmente, stringendosi a Bunny, il suo canguro di peluche. Gli
occhi a bottone consumati della bambola brillavano come monetine, i
vestiti indossati profumavano appena di Downy e fumo di sigaretta.
Cerco di ignorare l'imbarazzo e il silenzio schiacciante –
concentrandosi sull'odore familiare. “Cosa ho detto quando ero
sotto l'effetto del Nyquil? Che cosa ho detto che ti ha fatto così...
sai, con Rosie. Ho detto...qualcosa di sbagliato?”
Squittì sulle
ultime parole, troppo nervoso per guardare da qualche parte che non
fosse fuori dalla finestra. Non che importasse – Edward non si
era nemmeno mosso; probabilmente si limitava a fissare il soffitto,
terrorizzato. Comunque, anche se lo fosse stato, non lo diede a
vedere. Suonava solo... pacato. Attento. “... Non hai detto
niente di male.” asserì tranquillo, le molle del suo
letto che scricchiolarono come si voltò sul fianco sinistro.
“Mi hai solo detto che pensavi che potresti essere gay.”
La lingua di Alex si
bloccò sul palato, gli occhi che si ingrandivano. Si sentì
improvvisamente come se dovesse vomitare di nuovo. “L'ho...
detto?” si sentì soffocare, sentendosi sia terrorizzato
che – da qualche parte, molto in profondità –
sollevato. Per averlo detto, finalmente, indipendentemente dall'aver
scelto di credere che fosse la verità. “Ti schiferebbe,
se fossi...?”
Edward ridacchiò,
voltandosi completamente. “Schifarmi...? Andiamo. Io sono tante
cose, Al,” sospirò sul suo cuscino, suonando in qualche
modo divertito. “Ma non sono un ipocrita. Ovvio che non sarei
schifato se tu fossi gay. In caso tu l'abbia dimentica, anche io sono
gay.”
Quello
era vero. Era una verità assoluta. Ma – Alex sbatté
le palpebre. 'Aspetta un attimo...!' “Dovrei
essere così vicino, ma non ti sono mai sembrato così
lontano.” disse sottovoce, le sopracciglia aggrottate mentre
pensava.
Da
sopra di lui, suo fratello sembrò irrigidirsi, mettendosi
seduto. “Come scusa?” chiede, un po' più rapido
del necessario. “Cosa hai detto?”
“Niente,”
replicò altrettanto velocemente Alexander, diventando
scarlatto. 'Bel modo di buttare al vento la tua copertura,
Alex!' “Ho solo... ti ho
sentito dire a Rosie...” il brunetto deglutì
sonoramente; Edward era insolitamente silenzioso. “Fratellone...”
provò di nuovo, con la voce più bassa. Perché si
sentiva come se dovesse piangere? Non voleva piangere – non era
triste, o cosa. Eppure... “Fratellone, sono confuso!”
Alex tirò su col naso, maledicendosi a ripetizione per le
lacrime che avevano cominciato a sgorgare. 'Perché
sono così patetico?'
“Non capisco cosa provo, non capisco quello che penso, e
sicuramente non capisco cosa voglio!” La sua gola emise un
grugnito furioso, mentre cercava di reprimere quella sensazione di
bruciore che si stava alimentando nel suo stomaco “Non
capisco!”
Silenzio.
Silenzio, a parte il respiro pesante di Alexander; un tentativo di
contenere le lacrime che pizzicavano sugli occhi. Non funzionò.
Così, affrontando l'imminente irritazione, Alex si chiese se
Ed non si fosse addormentato. Era da un minuto abbondante che non
rispondeva.
Ma
poi – quasi brutalmente – il più vecchio
sospirò... e la sua mano scivolò giù dal bordo
del suo letto, ciondolando qualche centimetro sopra la testa di Al.
“Di rado lo capiamo,” disse tranquillamente, in quella
sua voce bassa, e vellutata che Alex amava tanto. “Ma devi
continuare a provare. Devi fare quello che pensi sia giusto; quello
che pensi sia il meglio per te; non importa quando suoni egoistico.
Dopo tutto, prima di vivere bene con gli altri, devi vivere bene con
te stesso e con le scelte che fai – e con le conseguenze che
porteranno.”
Tirando
appena su col naso, Alexander annuì, prendendo la mano di Ed e
intrecciando le dita con le sue. La mano di suo fratello era grande e
calda, probabilmente chiazzata di inchiostro e pittura... ed era
sorprendentemente forte, nonostante la sua morbidezza.
Si
sentiva come in paradiso.
Alex
sorrise.
“Fratellone...?”
“Mmm?”
“Hai mai
seguito i tuoi consigli?”
Ma questa volta,
Edward non rispose – si era addormentato.
X
Agosto, 1922
Caro Al,
Heiderich e io
siamo andati a guidare oggi; il tempo era stupendo e abbiamo già
finito la maggior parte del nostro lavoro. I piani di Heiderich
stanno stanno finalmente prendendo forma... A questo velocità,
il razzo sarà pronto ad essere lanciato per la fiera, l'anno
prossimo. Heiderich dice che non vede l'ora di portarmici, è
sicuro che mi piacerà. Gli ho detto che sono stato ad altre
fiere prima e che non erano mai state niente di interessante, ma lui
ha riso e mi ha assicurato che era così perché non ero
mai stato su una ruota panoramica. Ho dovuto ammetterlo, aveva
ragione – non ne avevo neanche sentito parlare. Così ho
lasciato che mi raccontasse qualcosa sulle ruote panoramiche finché
non si è addormentato sotto un albero d'acero. Sembrava
felice, ne ero contento.
... Sono
preoccupato per lui, Al. Continua ad avere attacchi di tosse, ogni
tanto, nonostante non abbia un raffreddore dall'anno scorso. E mi
guarda in modo strano, a volte. Come se non mi vedesse davvero... o
come se stesse cercando qualcos'altro in me. L'ho beccato mentre
tentava di tenermi la mano la settimana scorsa. E gliel'ho quasi
lasciato fare, senza pensare. O meglio, pensando che fossi tu. Non so
perché l'abbia
pensato, voi due non vi somigliate quasi per niente. Ma a volte...
non lo so. Mi perdo, immagino. Come quando l'ho incontrato la prima
volta. Ero stato così stupido... pensavo davvero di averti
ritrovato.
E
devo dire che è un miracolo che non mi abbia fatto rinchiudere
in un ospedale psichiatrico in quel momento. Io
personalmente lo avrei
fatto, a vedere un perfetto sconosciuto corrermi incontro e
abbracciarmi, piagnucolando e parlando freneticamente in una lingua
straniera.
Ma
lui non lo ha fatto. Era scioccato, ovvio, ma solo per un istante.
Poi – per qualche ragione a me sconosciuta; forse per via della
mia somiglianza a Cullison o per l'inclinazione naturale di Heiderich
ad essere gentile – mi ha abbracciato di rimando, prendendo le
sue buste della spesa, e portandomi a casa.
Mi
fa pensare, a volte, che voglia qualcos'altro da me. Cosa, non ne
sono sicuro... ma credo sia qualcosa che io non posso dargli.
Spero
di sbagliarmi. Per la sua salute, per la mia, e per la tua, Al.
—Ed
XXX
Sìì!
Ci stiamo avvicinando ad alcune scene che so che TUTTI voi amerete.
X3
Comunque,
popolazione di fanfiction-punto-net, devo dirvelo – state
perdendo un'opportunita. Venite sulla community Elricest su
livejournal! È pieno di cose su Skeletons lì! Due
capitoli bonus smut (Per tutte quelle persone che hanno bisogno di
una lemon), e TRE bellissime
fanart da lettori incredibilmente talentuosi!
Per favore andare a controllare – non ve ne pentirete:D
Alla
prossima! (abbraccia)
Note
della traduttrice: Parto. Dio, che parto. XDDD Questo è un
capitolo di transito, come avrete notato. Sono felice che apprezziate
la mia traduzione, nonostante sia la mia prima esperienza e sono
sicura che potrei anche fare di meglio ;_;! E Scintilla, sono felice
che ci sia qualcuno che già la conosce e che la ami come la
amo io *A*! E riguardo al caso open-minded, probabilmente in quel
momento non mi è venuto in mente di tradurlo in italiano,
forse perché sono abituata a lasciarlo così anche
quando parlo normalmente!XD Comunque grazie di cuore a tutti.*_* <3
Al prossimo capitolo – per cui io ho sbavato come una scema.
|
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Capitolo 5 *** Letter Five ***
Disclaimer:
io coi diritti di FMA... che pensiero spaventoso. X3 (Ma possiedo i
miei piccoli OC! *Li abbraccia*)
Note
dell'autore: Sono ancora senza parole, GRAZIE a tutti per il vostro
supporto! Vi amo ragazzi – e vi sono così grata!
Spero
che vi piaccia questo capitolo... sono abbastanza sicura che lo
apprezzerete.
(Ps.
RAY sta per Rainbow Alliance of Youth. È un gruppo che
combatte per l'uguaglianza e cerca di mettere fine ai pregiudizi
basati su razza, religione, orientamento sessuale, etc. *è una
fiera membra XD*)
XXX
X
X
X
Il
braccio mi faceva male da morire, la mattina dopo. Ad essere sinceri,
non riuscivo neanche a muoverlo – non per il resto della
giornata. Ma ne era valsa la pena... per un piccolo sprazzo di
speranza.
X
X
X
XXX
Skeletons
XXX
“Cosa
ne pensi?”
Rosalie
sollevò improvvisamente il viso dal mazzo che stava
mischiando, sollevando un sopracciglio alla domanda di suo fratello.
Come un segnale, un fascio di luce illuminò la stanza. Era
mercoledì, c'era un temporale, e Alex in quel momento era
seduto di fianco a lei, che poltriva sul pavimento della sua camera
da letto, riposando il mento sui palmi delle mani. Era strano per
Rosie essere in casa un giorno della settimana (dato che partecipava
a molti club scolastici), e i due avevano deciso di approfittare
dell'occasione che il RAY le aveva dato annullando l'incontro:
l'opportunità di prendere il loro mazzo di carte –
l'unica piacevole colpa che entrambi condividevano. Tra di loro, una
scodella piena di popcorn al formaggio e un sacco di poker chips,
entrambe in attesa di essere vinte.
Alexander
guardò la sua espressione piatta, stringendosi di più a
sé il piumino, tossendo una volta. Poi lei sbatté le
palpebre.
“...
dovresti essere un po' più
specifico di così,” sbuffò infine Rosalie,
distribuendo le carte, ridacchiando mentre i suoi bracciali
tintinnavano, “altrimenti staremo qua tutta la notte.”
Ghignando per la sua battuta, prese le sue carte e le organizzò.
Lo stesso fece Alex. “Cosa penso riguardo cosa?”
“...”
Il moro non rispose per un attimo, scegliendo invece di toccare il
suo cinque di cuori. Eccolo... Rosie portò un cartone di succo
alle sue labbra, sorseggiandone un po' - “Pensi che io sia
gay?”
Prima
di strozzarsi prontamente.
Al
la guardò, a metà tra il divertito e l'indignato, come
Rosalie batté la mano sul suo petto, cercando di respirare di
nuovo. “Come SCUSA?” tossì poi, drizzandosi un
un'aria di... beh, non riusciva davvero a dire di cosa. Sembrava
essere un misto di shock e piacere ed esasperazione. In ogni caso i
suoi occhi stavano brillando in quel modo 'familiare' – il
'modo' che tutti temevano. “Mi hai appena chiesto se io penso
che tu sia gay?”
Ora
suonava semplicemente esultante.
L'espressione
di Alex diventò acida, mentre tirava distrattamente un lembo
logoro della sua coperta. “Guarda, non devi farne un grande
problema,” brontolò, cercando di nascondere la faccia
mentre le sue guance si scaldavano. “Non ne sono neanche
sicuro, ok? È per questo che te lo sto chied-”
Ma
Rosie non stava ascoltando, non prestava più attenzione
neanche alle sue carte. (Alexander notò con disappunto che era
riuscita ad avere un gran colpo di fortuna con le sue carte.) “Pensi
di poter essere gay?” strillò, anche se la sua faccia
urlava: Finalmente sei saltato fuori dall'armadio,
fratellone? “”Ma è
fantastico!”
Fantastico-?'
“HO DETTO”, ripeté il moro con una esplosione di
impazienza, “che io- io non lo so, Rosie! Per quello te lo sto
chiedendo!”
“...” il
divertimento nel suo viso crebbe, ma per una ragione diversa. “...
Quindi decido io?” chiese con uno sbuffo, le sue sopracciglia
che si alzavano fino all'attaccatura dei capelli. “Se ti dico
che tu sei gay, mi crederai e comincerai a cercare di 'attirare'
qualche ragazzo?”
Alexander si colorò
più drasticamente che mai, scuotendo la testa in diniego. “Non
volevo dire questo...” mormorò, stringendo le sue carte,
la faccia china verso il tappeto. Guardava il tessuto cereo
sollevarsi e abbassarsi con forzata attenzione. “Io... Ho solo
bisogno dell'opinione di qualcun altro. Non so più cosa
pensare.”
Rosie mugugnò,
poggiandosi sul suo pugno e sventolandosi con le sue carte. La sua
maglia larga e col colletto abbottonato si raggrinziva attorno ai
suoi polsi. “Beh,” disse poi, suonando pensosa, “iniziamo
dall'inizio. Quando è venuto fuori tutto questo? Dico il tuo
domandarti.”
'Terza
media',
pensò miseramente, ma non aveva il cuore di dirlo. Terza
media... fin da Zena, la sua prima (e unica) fidanzata. Zena Palzack,
che durò una settimana. Zena Palzack, che aveva invitato ad
uscire per colpa di una scommessa. Non che non le fosse mai piaciuta,
erano stati buoni amici, al tempo. Entrambi erano appassionati di
storia e animali... e non che lei avesse fatto qualcosa di sbagliato:
era divertente e dolce e carina, con un sorriso gentile e lunghi
codini castani che le cadevano sulle cosce. ma... semplicemente non
riusciva a
voler fare nulla con lei. Non voleva tenerle la mano, non voleva
portarle i libri, e sicuro come era l'inferno, non voleva baciarla.
Piuttosto avrebbe
preferito farlo con Alchemy.
Ma
quando aveva detto a Edward che si erano lasciati... e aveva visto
quell'adorabile ghigno che Ed aveva cercato con tutte le sue forze di
nascondere... poi
si era sentito felice. Poi
si
era sentito come se, forse, avrebbe potuto provare piacere nel fare
qualcosa... qualcosa per Edward. Così cominciò a fare
la tavola, anche quando era il turno di suo fratello, e anche se
aveva litigato con Edward per essere un insensibile bastardo per
quanto riguardava la storia con Zena.
Alex si batté la
fronte col pugno, cercando di cancellare il ricordo. “Non lo
so”, grugnì infine – evitando accuratamente lo
sguardo penetrante di Rosie. “Un paio di mesi...?”
Lei mugugnò di
nuovo, nonostante paresse non credergli, picchiettando la sua guancia
con una unghia appena passata sotto la sua manicure. La punta
brillava con glitter blu scuro. “C'è qualcuno in
particolare per cui senti qualcosa? Perché potresti essere bi
se pensi che le ragazze siano comunque attraenti, ma ti sei preso una
cotta per qualche ragazzo.” Fece un sorriso a trentadue denti,
ammiccando. La catena che portava sui fianchi fece rumore mentre
incrociava le sue gambe come un'indiana. “Per quel che ne so,
lo sai – pensavo che Todd Multare fosse sexy, ma era con Amy
che volevo uscire.”
Il moro lanciò un
vago sguardo a sua sorella, prima di sdraiarsi, fissando il soffitto.
“Come è successo, comunque?” chiede, un po' più
curioso di quel che sperava. “Tu e Amy insieme... vi conoscete
da, quanto, quando facevate scout? Quand'è che Amy ti ha detto
di essere lesbica?”
“Non
ha avuto bisogno di dirmelo,”
sbottò Rosie, suonando esasperata, (gli occhi di Alex
rotearono al suo tono di voce.) “Era ovvio da come si
comportava... almeno, ovvio per me. Perché arrossiva sempre
quando eravamo insieme. Sai che passavo un sacco di notti a casa sua
in seconda media? Ecco, una di quelle volte, ci stavamo mettendo il
pigiama e l'ho beccata che mi fissava. Provava a non farlo, ma posso
dirti che era affascinata. Le sue mani tremavano. Ho pensato che
fosse carina fin dalla prima media, e poi ho notato tutte le cose
carine che faceva per me – come cercare pezzi di computer
introvabili. E io volevo vedere se le piacevo davvero,
come lei piaceva a me... così le ho detto che il mio reggiseno
era impigliato e avevo bisogno che mi aiutasse a slacciarlo. Lei non
voleva aiutarmi, ovviamente, ma l'ho persuasa... e poi, quando si è
avvicinata, l'ho presa e-”
La bionda si fermò
improvvisamente, notando lo sguardo terribilmente scioccato nel viso
di suo fratello.
Si schiarì la
voce.
“COMUNQUE,”
sorrise Rosie, arrossendo un poco, “diciamo solo che le cose
furono molto più chiare dopo,” il suo sorriso scemò
un poco, diventando cagnesco. “... Non guardami così. Ci
siamo solo baciate. Niente sesso prima del matrimonio, onore di
scout.” Unì le mani come la scout che cercava di essere
(fallendo miseramente).
Alex si chiese se fosse
possibile scacciare la propria immaginazione.
“Ma comunque non
parlavamo di me,” cinguettò velocemente Rosalie,
buttando le sue carte di fianco. “Ma di te. Per chi hai una
cotta?” ghignò, pozzi azzurri che brillavano eccitati.
“Qualcuno che conosco?”
'Fin
troppo', rispose mentalmente –
ma non disse niente.
Comportamento
classico... Rosie prese il suo silenzio per un 'sì'. Il fatto
che lui stesse violentemente arrossendo non ostacolò la sua
decisione. “In quel caso”, tubò, chiaramente
divertendosi, “la cosa giusta che puoi fare e vedere se quella
persona prova la stessa cosa per te. Se è così, allora
vai avanti!”
Il
suo sproloquio eccitato si calmò rapidamente, comunque,
vedendo ancora incertezza nel viso di Alexander. Sospirò.
“Alex...
se c'è una cosa in cui credo, è che l'amore è
amore. Il sesso di una persona non c'entra niente. Odio come la gente
tenti di metterci in scatole; come cerchino di etichettarci come
'etero' o 'gay' o ancora 'bi'. E poi cercano di dire che alcune di
quelle scatole sono sbagliate... Dio non ci avrebbe dato questi
sentimenti se non avesse voluto che noi li avessimo; non tutto
riguarda il resistere alla tentazione. Se questo ragazzo ti piace
davvero come sembra – e credimi, sembra proprio che ti piaccia
un sacco” - ridacchiò,
lui guardò lontano, coprendosi il viso con le mani - “allora
VAI. Cosa hai da perdere?”
'Un
fratello...?' Ma per la terza
volta, non diede parola ai suoi pensieri: annuì semplicemente.
“Suppongo di sì... Ci penserò.”
“Sono
non pensarci troppo,”
lo avvertì Rosie, prendendo di nuovo in mano le sue carte. “A
volte può peggiorare le cose. Le emozioni sono forti...
dovresti seguirle, quando puoi. Aiutano.”
Alex
non poté far altro che sorridere. “Questo viene dalla
ragazza che perde il controllo ogni giorno. Parlando della quale –
non sei in punizione domani?”
“Sta'
zitto e scarta.”
X
Novembre,
1922
Caro
Al,
Ti
sogno spesso, lo faccio quasi ogni notte. Ma per qualche ragione, i
sogni stanno diventando più nitidi – meno ricordi
sfocati e più “flash”. “Flash” come
fotografie, che mi fanno sapere che stai bene. Innumerevoli foto,
maledettamente veloci come se fosse la bobina di un film: tu che ti
alleni con la maestra, che giochi coi gatti vagabondi, che aiuti
Winry con le faccende domestiche, che cammini in deserti stranieri,
che fai crescere i capelli...
Ma
in tutte queste foto, stai guardando lontano. Cerchi qualcosa coi
tuoi occhi.
È
come se stessi cercando di trovarmi, anche nei sogni. E quando lo
capisco, anche se incosciente, ti chiamo... e poi mi sveglio.
Lo
senti? Quando chiamo il tuo nome... Heiderich lo sente, e di solito
viene correndo. È sempre imbarazzante spiegare che stavo solo
sognando.
Ma...
ne varrebbe la pena se – per anche solo una volta – la
mia voce ti raggiungesse, e ti facesse sapere che sono qui.
—Ed
X
Alex
prendeva lezioni di piano da quando aveva quattro anni. Non aveva mai
particolarmente amato lo strumento, e non aveva neanche un talento
naturale, ma una volta sua madre lo aveva visto pigiare pesantemente
i tasti del pianoforte a mezza coda che nonno Elric aveva (finché
non si era spostato in un appartamento, comunque), e lo aveva
immediatamente iscritto per delle lezioni.
E
non aveva ancora ceduto a lasciarlo smettere.
Ma
andava bene. Aveva alcuni privilegi per quel motivo – come i
primi tuffi nel deserto nei recital notturni – e in più
gli dava qualcosa da fare i giovedì pomeriggio dalle quattro e
mezza alle cinque e mezza. E poi doveva ammetterlo... c'era qualcosa
di calmante nel suonare, o anche solo nell'armeggiare con il vecchio
piano nel salotto. Era calmante: solo lui e le note – l'unica
cosa nella sua vita che poteva controllare. Di recente, sentiva il
bisogno di quel potere e catarsi molto più frequentemente del
solito...
E
incolpava il piano per momenti come questo.
Alexander
sospirò pesantemente, premendo la sua fronte contro il
finestrino, guardando lo scenario scorrere veloce. Alberi e campi e
colline lontane... la città non sembrava molto distante, ma
era davvero difficile poterlo dire da lì. Era bello, però.
Strizzò
gli occhi, muovendoli – fissando il debole riflesso di Edward
nel posto di guida. Suo fratello guardava avanti, le labbra
increspate, vestito con pantaloni da ginnastica e una maglia sporche
di tinta. Il biondo scosse lentamente la testa, scostando un paio di
ciocche dai suoi occhi; ciocche che rifiutavano di stare in una coda.
Sembrava quasi infastidito, borbottando qualcosa sotto il suo
respiro. Alex non poteva biasimarlo – in teoria doveva essere
sua madre a portarlo a lezione. Non che portare Alex fosse un grande
problema, ma Ed era davvero assorto nel progetto che stava portando
avanti. E a lui non piaceva essere interrotto.
O
almeno... era questo che Alexander aveva scelto si stare in silenzio.
Per non parlare della pesante coltre di tensione tra di loro.
Il
moro deglutì silenziosamente, sperando di poter dire qualcosa.
Ma da quella notte... in cui si tennero le mani... non ci riusciva.
Cosa avrebbe potuto dire? O meglio, cosa si aspettava
che dicesse, Edward? C'era sicuramente qualcosa... perché
quando i loro sguardi si incrociarono, c'era sicuramente una domanda
dietro i suoi occhi dorati. Alex aveva paura di scoprirla. Forse
perché la conosceva già... o, almeno, aveva una idea
abbastanza chiara.
Le
sue dita si strinsero attorno al quaderno di musica. Perché
momenti come quello gli facevano sempre venire voglia di vomitare?
“Ed...”
Il
maggiore dei due si irrigidì un poco, guardando con la coda
dell'occhio suo fratello minore. Sembrava sorpreso da
quell'improvviso invito a iniziare una conversazione. “Sì?”
“Cosa
vuoi da me?” chiese piano, poggiando il mento nelle sue mani e
fissando fuori dal finestrino. Le sue unghie tamburellavano
nervosamente contro la sua carne. “So che c'è
qualcosa... sei silenzioso da tanto tempo.”
Notò
con un po' stupore il vago rossore che prendeva il collo di Edward e
macchiava le sue orecchie; poi si maledì silenziosamente
quando realizzò come avesse espresso male la sua domanda.
'Sembravo disperato!' si
castigò, sentendo il desiderio di voler sbattere ripetutamente
la sua testa contro il parabrezza. Ma forse sarebbe stato troppo
eccessivo. E sospettoso.
Ma
grazie al cielo, Ed continuò senza considerare l'orribile
scelta di parole di Al. “Non voglio niente da te,” lo
rassicurò, riuscendo con successo a camuffare il suo imbarazzo
(E anche Alex desiderava essere così bravo.) “Mi
chiedevo solo se hai pensato a qualcosa riguardo le tue sensazioni
per... lo sai. Quello di cui abbiamo parlato qualche notte fa.”
In
qualche modo, Alexander era divertito dal fatto che Edward sembrasse
incapace di dire le parole 'gay' e 'Al' nella stessa frase. Ma allo
stesso tempo, quasi lo infastidiva. Come se Ed non credesse veramente
che lui potesse esserlo.
'Perché
voglio dimostrarglielo?'
Stava davvero andando
fuori di testa.
Edward buttò di
nuovo lo sguardo su di lui; la macchina venne colpita da una luce
giallastra. Alex sospirò, chiudendo gli occhi, stringendo il
suo quaderno al petto mentre la fronte incontrava di nuovo il
finestrino. E poi, prima che potesse realizzare di star parlando,
sentì se stesso dire:
“...
Ci ho pensato.
E ho realizzato che non mi è mai piaciuta nessuna ragazza.”
Il biondo riportò
rapidamente lo sguardo sul suo posto, poi sbuffò e sorrise
dolcemente. “Non vuol dire niente.” assicurò,
svoltando a destra con facilità. Alex desiderò per
l'ennesima volta di avere la patente, piuttosto che solo i suoi
lavoretti saltuari. Almeno non avrebbe dovuto avere conversazioni
imbarazzanti con suo fratello in macchina... “Forse non hai
trovato ancora la ragazza giusta, semplicemente. Non devi
preoccuparti.”
Ma
il più giovane scosse la testa – e mentre lo faceva,
anche il resto del corpo cominciò a tremare. “No,”
mormorò, deglutendo rumorosamente. I suoi nervi era una
carcassa di elettricità nervosa... “No, penso davvero...
sono abbastanza sicuro di essere gay, probabilmente.”
Edward non rispose. Le
sue labbra si erano increspate in un leggero cipiglio: non
arrabbiato, ma neanche felice. Più preoccupato che altro. Poi
sospirò, portando la sua coda dietro la spalla – prima
di permettere a quella mano di poggiarsi soffice sopra quella di
Alexander. Il tremore rallentò, ma il cuore di Alexander
accelerò di colpo. “... Posso chiederti una cosa, Al?”
Alex annuì, non
volendo parlare. Se lo avesse fatto, avrebbe potuto dire qualcosa di
cui si sarebbe poi pentito...
“Perché ti
spaventa così tanto?” chiede delicatamente Ed, tenendo
gli occhi sulla strada e la sua mano su quella di Al. “Dico,
essere gay. Rosie ed io non siamo etero come delle stecche, ma non ti
ha mai disturbato. Perché hai paura della possibilità
di essere gay anche tu?”
Ed eccola. LA domanda.
Sapeva che prima o poi sarebbe arrivata, ma ora che era lì...
Al lasciò che le parole scivolassero nel silenzio, sperando
che si sbiadissero. Deglutì, bagnando le sue labbra per tre
volte in poco tempo, ma non importava quanto l'avesse tenuto in
stallo, il silenzio assordante che gli martellava sopra, con
crudeltà.
Decise
che tutto sarebbe stato meglio che stare semplicemente seduto li ad
agitarsi.
“Non
è...” iniziò esitante Alexander, cercando di
ignorare il calore piacevole e formicolante che si irradiava dalle
dita di Ed. “Non è essere gay
che mi fa paura... è quello che dovrei ammettere, se lo
fossi.”
Le
sopracciglia di Edward si inarcarono, chiaramente confuso. “Che
vuoi dire?”
Che
vuoi dire... Bella domanda. Alex
strizzò gli occhi, terrorizzato – ma non aveva da dire
altro che la verità. O almeno, una parte. “Se fossi
gay,” precisò, spostandosi un poco verso lo sportello,
“vorrebbe dire che... questi sentimenti che provo per- per
questo ragazzo che conosco... vorrebbe dire che non sono così...
mh, beh, platonici
come ho cercato di fare finta che lo fossero. E che potrebbero
rovinare le cose con lui, perché non c'è nessuna
possibilità che lui provi per me lo stesso, viste le...
circostanze. E quindi ho paura che, se fossi
gay... dovrei finalmente ammettere a me stesso che lo amo.”
Ed
non disse niente – ma i suoi occhi si erano stranamente
induriti, e la sua presa nel volante si era fatta più forte.
Alex poteva sentire la gomma scricchiolare sotto la mano forte di
Edward. 'Ho detto di nuovo qualcosa di sbagliato? O... o ha
capito -!' Ma la voce del
biondo, quando parlò, era tranquilla. Pericolosamente
tranquilla. “Dunque...
Chi
è?”
Alexander
non rispose.
“Al?”
ripeté il più grande, con un tono di calma forzata.
Alexander non aveva mai voluto rimettere tanto come in quel
momento... “Puoi dirmi chi è? Magari posso aiutarti.”
Grazie
al cielo, la macchina si fermò di fronte alla casa della sua
insegnante di piano in quel momento – e poteva vedere la
signorina Carter aspettarlo dal finestrino, guardandolo torvo, occhi
neri che brillavano mentre batteva il dito sull'orologio. Si voltò,
i dreadlocks che seguivano i suoi movimenti.
Non
aveva bisogno di nessuna scusa per svignarsela.
“Al!”
Alex
corse via senza guardarsi indietro.
X
Marzo,
1923
Caro
Al,
Chissà
quanto è lontano il cielo? Sembrano miglia... pensi che un
razzo possa davvero riuscire a toccarlo?
In
quale altro modo potrei riuscire a trovarti, se per qualche ragione
non potesse?
—Ed
X
Ovviamente,
senza bisogno di dirlo, il ritorno a casa quel pomeriggio fu
decisamente teso. Nessuno di loro aveva proferito parola: Edward che
aspettava la risposta di Alex; Alex che sperava che Edward si
dimenticasse di tutto. Era stato così vicino
a dire qualcosa che non avrebbe dovuto...! Non voleva dirgli una
bugia. Dunque il silenzio rimase. Non sono in macchina, ma anche a
casa – prolungandosi fino al resto della sera, procedendo fino
al mattino dopo, continuando durante la scuola, e continuando così
fino a venerdì notte.
Era
l'inferno.
Alex
stava seduto tristemente al tavolo della cucina, guardando l'orologio
digitale scandire le ore. 23:34... 00:06... 01:57... le ore si
trascinavano velocemente. Ma comunque non si mosse da dove s'era
seduto alle 19 per fare i compiti, quella notte. Diavolo, non si era
mosso neanche per fare quei
compiti – i suoi occhi fissi sull'orologio e il mento nel suo
palmo destro, la mano sinistra stringeva una micromina come un
pugnale, poggiata su un libro aperto e un quaderno. Sì, aveva
dimenticato i suoi compiti da secoli.
'E
ora cosa faccio?' pensò
disperatamente, e non per la prima volta quella sera, 'Ed
già mi odia, e non gli ho neanche detto che lo – argh,
no, smettila Alexander! Anche se SEI gay, non puoi amare tuo
fratello. È tuo FRATELLO!'
Le
unghie affondarono nel suo mento; si morse il labbro inferiore.
La
porta sul retro scricchiolò leggermente, mentre veniva aperta.
E
se Alexander ovviamente non era sorpreso della cosa, Rosalie lo era –
quasi saltò un miglio quando vide il suo fratello maggiore
seduto al tavolo, guardando i suoi tentativi di scivolare dentro casa
con occhi ristretti. “Che d-!” sibilò, stringendo
la sua maglia dove doveva esserci il cuore, cercando di riprendersi
con un respiro profondo. “Dio, Alex!” guaì Rosie
in un sospiro, cercando di ricomporsi “Cercavi di farmi venire
un infarto?”
“No,”
sbottò Alex, senza muoversi ancora di un millimetro. “Ma
se tu fossi tornata a casa in tempo...”
“Io
ero a casa in orario,”
ribatté fredda la ragazza. “Ero in veranda con Amy. Puoi
chiederglielo.”
Il
moro guardò sua sorella con uno sguardo secco. “...
Nella veranda. Fino alle undici?”
Rosalie
ghignò largamente, pulendo una traccia di rossetto dalla sua
guancia. “Abbiamo parlato un sacco.”
“Ne
sono certo.”
“Hey,
abbiamo parlato,” protestò – nonostante
continuasse a sorridere birichina, prendendo una sedia e mettendocisi
a cavalcioni, riposando le braccia nello schienale. “La
comunicazione è la chiave di una relazione, lo sai. Ma...
abbiamo passato anche un po' di tempo a baciarci.” Ammiccò
in un modo che Alex non avrebbe voluto vedere mai più. La sua
faccia cadde contro il libro aperto di Calcoli.
La
ragazza strabuzzò gli occhi attonita, al brontolio del
fratello tra le pagine. “Che c'è?”
Alex
non rispose.
“Alex...”
disse Rosie piano, le sopracciglia che si aggrottavano mentre
iniziava a giocare coi suoi guanti senza dita. Il tintinnare degli
anelli decorativi che sbattevano tra di loro fecero sorgere sul viso
di Alex un ghigno nascosto. 'Ed una volta gli aveva
chiamati guanti-campanacci... e aveva detto a Rosie che sembrava una
mucca in avvicinamento.'
Ma
il suo divertimento mutò rapidamente in un altro lamento
angosciato. 'Dannazione!' ringhiò
mentalmente, colpendo le sue tempie coi pugni. 'Edward,
esci fuori dalla mia testa!'
“Wooooah!”
Rosalie saltò, sembrando scioccata, e prese i polsi di suo
fratello. Lui la fissò arrabbiato, disturbato dalla sua
interferenza, ma lei rifiutò di mollare la presa – anche
quando lui diede uno strattone. “Ma che diavolo, Alex?”
disse, spalancando la bocca, gli occhi enormi pieni di rimmel. “Che
diavolo hai?”
“È
quello che io vorrei
sapere!” disse secco, quasi urlando con furia quando sentì
gli angoli degli occhi cominciare a pizzicare. 'NO! No,
dannazione, NON devo piangere!'
Ma
ovviamente, le lacrime cominciarono comunque a scendere. Sua sorella
lo fissò a bocca aperta.
“Alex…?”
“Che
cosa diavolo
mi passa per la testa?” si
sentì soffocare, frustrato e furioso tutto insieme. Non più
in lotta contro la stretta di Rosie, lasciò che le sue dita si
rilassassero, gli occhi puntati sul suo problema di matematica, che
si muoveva in modo strano.
“DEVE esserci
qualcosa-! Ho quasi... ho quasi detto ad Edward...!” Il moro
tirò su col naso, chiaramente terrorizzato.
Rosalie, combattuta tra
la preoccupazione e la curiosità, lasciò la presa da
suo fratello, portando invece la mano al mento. “Detto a Ed
cosa?” chiese con voce tranquilla, il vero ritratto della
preoccupazione. “Che cosa hai quasi detto a Ed? Che sei
gay...?”
Alexander scosse la
testa, tremando furiosamente. “No...” stridette, giocando
con la matita. La sua voce diventò fioca, diventando sempre
più debole... “No, io... gli ho quasi detto che... che
penso di...
Che penso di essermi
innamorato di lui.”
“…”
Rosie lo fissò
intontita.
“Ma
non posso amarlo!” urlò
Alex, dimenticando momentaneamente di tenere bassa la voce. Scosse la
sua testa avanti e indietro in un tentativo infruttuoso di
trattenersi dal soffocare con la sua stessa bile. “Non posso!
È... è mio fratello...”
“Alex…”
“Che
diavolo mi passa per la testa?”
ripeté il ragazzo, senza alcun dubbio turbato. Le dita si
intrecciarono tra i suoi lunghi capelli sciolti, strattonandoli
esasperato. “Non posso
amare mio fratello maggiore, è semplicemente...!”
“Alex—!”
“Voglio
dire, è incesto! E – e io...”
“Alex!”
abbaiò Rosalie, sbattendo un pugno contro il tavolo. Alexander
saltò al suono rumoroso come un tuono, guardando sorpreso sua
sorella irritata-
Poco
prima di incontrare la sua bocca.
“!”
Lo
stava baciando. Lo stava baciando!
E non un innocente bacio tra fratelli: lo stava baciando allo stesso
modo con cui avrebbe baciato Amy. Lungo, intenso, passionale...
Poteva sentirla premere di più, muovendo la punta della lingua
contro il suo labbro inferiore, cercando di farsi strada dentro-
Alex
si allontanò con un urlo soffocato, barcollante sui suoi piedi
con le mani che si agitavano. La sua faccia era bianca come un
foglio. “Rosalie-!” urlò, aggrappandosi al banco
della cucina per tenersi pronto. “Che cazzo s-?”
Rosie
lo fissò vagamente, non turbata da...beh, tutto. “Come
ti ha fatto sentire?”
'Violato?'
“Disgustato!” Alex fece tutto tranne che singhiozzare, le
mani che prudevano per schiaffeggiare sua sorella in un modo che non
faceva da quando aveva sei anni. “Perché mi hai -?”
Ma
Rosalie si limitò a sorridere. Sembrava quasi fuori luogo, in
qualche modo. “Beh, ora lo vedi? Non c'è niente di
sbagliato in te!”
“...”
Il moretto la fissò. Non riusciva davvero a fare altro. Era
appena stato baciato con la lingua dalla sua sorellina... e lei ora
si stava quasi atteggiando. 'Ha appena... cantilenato la
sua replica?'
Notando
l'assenza di una risposta intelligente – o, diavolo, di una
qualunque risposta – Rosie scosse le spalle. “Questo vuol
dire che devo ripeterti di nuovo
come stanno le cose?” scherzò con voce monotona,
tornando a sedersi nella sedia. “Accidenti, Alex... va bene.
Siamo parenti, giusto?” Lui annuì. “E anche tu e
Ed siete imparentati, sì?” Annuì di nuovo. “Ma
anche se vuoi la sua
mano nei tuoi pantaloni, tu non vuoi avere niente a che fare con me,
giusto?” Questa volta Alex non fece niente, troppo distratto
dall'idea delle mani di Ed nei suoi pantaloni. Ma Rosalie continuò
comunque. “Dunque, tu non
stai desiderando l'incesto. E non hai niente
di
sbagliato. Comunque, per essere sinceri, io non ho mai pensato che tu
fossi sbagliato... hai sentito degli antichi Egizi, no?”
Alexander
fece nota mentale di smettere di lasciar bazzicare Edward e Rosalie
nel seminterrato. Era ovvio, paragonavano le loro frasi, o qualcosa
del genere.
“Ma
Rosie,” protestò debolmente, tornando a dondolarsi sulla
sedia, “tu sei una ragazza. E io sono ga...”
Il
suo pugnò incontrò di nuovo il tavolo. Lui sobbalzò
anche stavolta. “Cristo, Alex!” disse secca, guardando
gelidamente il fratello. “Non
è questo il punto!
Ti sei mai fermato a pensare che forse – MA PROPRIO FORSE –
Edward ti piace per quello
che è?
Ti ha mai attraversato la mente l'idea che sei innamorato di lui NON
perché è tuo fratello, ma perché è una
persona buona, dolce, intelligente e premurosa? Smetterai MAI di
pensare ai tuoi problemi per riuscire a vedere che lui è
PREOCCUPATO per te? Per
l'anima di Dio, Alexander! Tira
fuori i coglioni e vai a dirgli quello che provi!”
“Ma
Rosie-!” sospirò impaurito, le guance di un vago
bordeaux. “Io-!”
Indicò
minacciosa la porta della cucina.
“VAI.”
E
andò, sgattaiolando via in uno strano stato di paura e
gratitudine. Nonostante non aveva ancora intenzio di dire nulla a
Edward... Le parole di Rosie continuavano a rimbalzare nella sua
testa. 'Posso...
davvero amarlo? Andrebbe davvero bene?' Nessuno
gli rispose, ovviamente. Ma non ne aveva bisogno.
Nella
cucina, Rosie lo fissò allontanarsi – evidentemente
esasperata. “Che problemi hanno
gli uomini?” sospirò, passandosi la mano sui capelli.
“Blegh.”
E
con quello, si alzò per andare a lavarsi la bocca col
Listerine. Molte, molte volte.
X
Luglio,
1923
Caro
Al,
Alla
fiera di Heiderich mancano solo due mesi – è così
eccitato, è divertente da vedere. Stamattina, per esempio,
mentre mi parlava di un nuovo motore che volevano provare sul razzo
per l'esibizione, ha versato per sbaglio il caffè nella tazza
della frutta. Poi è arrossito come una fragola e ha cercato di
nascondere tutto con la carta. Non credo di aver riso così
tanto in secoli. Ma poi gli ho dato un altro po' di frutta per farmi
perdonare.
È
strano, ma anche sono emozionato per la fiera. Sarà divertente
viaggiare un po', di nuovo, e ho una strana sensazione... come se
qualcosa stesse per accadere presto. Forse alla fiera? Forse il razzo
sarà un successo, e Heiderich e io potremmo iniziare a
costruirne uno che potrà farci riunire, Al?
Lo
spero.
In
ogni caso, devo andare a lavoro. E anche in macelleria. (Ho già
avvisato Heiderich che io non toccherò mai nessun tipo di
latte. Era un po' arrabbiato quando ho rifiutato di comprarlo,
l'altra volta. Così ora lui va a comprare il latte quando
esce, e io compro il resto.)
Scriverò
di più dopo, ok?
—Ed
X
Quando
Alex arrivò in camera, c'era silenzio. Silenzio e buio –
anche le stelle erano sparite, coperte da un ammazzo di nuvole lente.
Chiuse la porta alle sue spalle con uno scricchiolio muto,
Niente.
Nessun brontolio, nessun tirar di naso, nessun sbadiglio, nessun
ronzio.
Questo
era il primo segno. Edward era sveglio.
Alexander
sospirò mentalmente, sentendo la sua espressione diventare un
pesante cipiglio. Odiava quel trattamento silenzioso... ed era
snervante l'idea che probabilmente sarebbe andato avanti anche dopo
la notte. Ma non poteva proprio spiegarsi a suo fratello –
avrebbe dovuto ammettere quei sentimenti di cui Rosie era tanto
entusiasta all'idea di doverli esprimere. O almeno, nel tentativo...
Sgonfiò
le guance e tuffandosi nel letto, si allungò per prendere il
diario del nonno e la sua lucina notturna da lettura. Anche se non
poteva fare niente per suo
fratello, poteva sempre leggere sempre le avventure della relazione
incestuosa del nonno e tirarsi un po' su. Forse lo avrebbe fatto
sentire meglio. Geloso, forse. Ma sicuramente meglio.
Forse.
Se
non altro, lo avrebbe sicuramente distratto.
Ma
quando silenziosamente aprì la serratura e trovò il
segnalibro, non c'era la calligrafia di suo nonno a riempire la
pagina. Era quella di Edward: lettere nere e precise su un foglio del
suo quaderno degli schizzi, a confondersi con la rilegatura del
diario. Le parole sembravano luccicare sotto la luce giallastra della
mini lampada... e Alex, insicuro su cos'altro fare, le lesse
silenziosamente, le nocche che sbiancavano sulla copertina del libro.
X
Ottobre,
2015
Caro
Al,
Non
so perché ti sto scrivendo – davvero, non lo so. Ma era
l'unico modo a cui sono riuscito pensare per parlare con te, ora.
Attraverso il diarietto del nonno.
Stupido,
huh?
Non
lo so... penso che sia semplicemente più facile scrivere cose
come questa, piuttosto che dirle. So che se provassi a dirle,
dopotutto, le parole verrebbero fuori tutte tremolanti e stupide e
peggiorerei soltanto le cose. Almeno quando scrivo, posso cercare di
scrivere qualcosa di comprensibile.
Quindi,
andiamo.
Scusa,
Alex. Mi dispiace se tutte le mie domande ti hanno spaventato, o se
ti sono sembrato pressante. Non volevo obbligarti a dirmi cose che
non sei ancora pronto ad ammettere – sono solo preoccupato.
Sembri sempre ansioso e oppresso, da tanto; mi preoccupo per te. Che
è imbarazzante da ammettere, voglio dire, l'ultima cosa di cui
hai bisogno è di qualcun altro che ti spinga verso direzioni
che non vuoi prendere, o che cerchi di abbindolarti per farsi dire i
tuoi segreti.
Ma
io voglio davvero sapere,
Al. Voglio davvero esserci per te.
E
quindi, in cambio del tuo segreto – perché sappiamo
entrambi che bisogna essere onesti – ti dirò il mio.
Ti
amo, Alexander.
E
non solo nel modo in cui due fratelli dovrebbero volersi bene. So che
è strano, e, ancora, mi dispiace – davvero, davvero. Non
so quando è successo, come, o perché... So solo che ti
amo. Davvero, davvero.
Ti
chiedo scusa, Al, se questo è troppo. Giuro su Dio che non
tirerò mai più fuori questa storia, se ti spaventa, e
non ti biasimerò se mi odierai. Ma per favore, Al, parlami –
voglio aiutarti qualunque cosa tu stia passando, voglio vederti
sorridere di nuovo.
Voglio
solo che tu sia felice. Puoi fare questo per me?
Per
favore?
—Ed
X
Il
diario scivolò dalle sue mani.
Il
diario scivolò dalle sue mani e cadde dal letto, rimbalzando
una volta, prima di rovesciarsi sul pavimento – atterrando con
un tonfo sordo sul tappeto. Alex guardò il suo percorso con
gli occhi spalancati: occhi pieni di lacrime traboccanti... lacrime
che cominciarono a scendere per le sue guance come fiumi, lasciando
segni roventi nel loro cammino.
Boccheggiò,
tirò su col naso; le sue mani sfrecciavano in un vano
tentativo di bloccare le lacrime – ma era impossibile. Venivano
riversate... e il suo tirar su col naso divenne lentamente più
rumoroso, non importava quando tentasse di camuffarne il suono.
E
poi, Edward era lì – accovacciandosi accanto al suo
letto, decisamente terrorizzato. Alex aveva ragione, era stato
sveglio per tutto il tempo... ed era spaventato.
Per la prima volta da quando Alexander aveva memoria, suo fratello
maggiore era spaventato
– mentre cercava di confortare Alex senza toccarlo.
“Fratellone...”
balbettò il moro, la voce che era appena un sussurro –
le dita aggrappate alle guance e alla bocca. Probabilmente stava
martoriando la sua stessa faccia... “... è... è
vero?”
Ed
arrossì, disgustato di se stesso. E ancora così
pietrificato... “Mi dispiace,
Al,” annaspò, le sopracciglia contratte in
preoccupazione mentre alzava timidamente la mano, toccando la guancia
di Alex. Ma la ritrasse via rapidamente, sentendosi scottato dalle
lacrime “Mi dispiace, mi dispiace tanto...
Io non... non volevo...”
Ma
invece di urlare, o guardarlo male o spingerlo via, Alex fece
qualcosa che lo sorprese – prese quella quella mano, portandola
alla sua guancia, e tenendola. Stretta.
Edward
spalancò la bocca, stordito... mentre guardava il suo
fratellino chiudere gli occhi, seppellire il viso nel calore della
sua mano, sospirando parole che Edward era sicuro di non avere mai
sentito.
“A...
Anche io ti amo...”
Nessuno
riuscì a respirare. Le ciglia scure di Alexander si
sollevavano, ancora pesanti dall'umidità, le labbra increspate
e fini mentre il suo corpo tremava terribilmente. I loro occhi si
incontrarono, esitanti, entrambi spaventati dal fatto che l'altro
potesse star scherzando.
Poi,
timorosamente, Ed si mosse: lentamente ma con decisione si sollevò
sul materasso di Alex, sedendosi accanto a lui. Allungandosi con la
mano libera, avvolse il suo braccio intorno ad Alexander –
premendo contro il suo collo. Alex ansimò, rabbrividendo
mentre Edward si avvicinava ancora di più. I loro petti si
incontrarono, le loro braccia si toccarono, i loro nasi erano lontani
solo pochi centimetri...
“Non
avere paura,” mormorò, occhi dorati che brillavano nel
buio. La mano libera si mosse in movimenti circolari, nel tentativo
di calmare i tremori del fratello. Ma Alex scosse semplicemente la
testa, avvolgendo timidamente il collo di Edward col suo braccio.
“È
questa la cosa che mi spaventa...” ammise a voce bassa,
avvicinandosi di più. Poteva sentire il respiro di Ed da lì,
rilasciato a piccole e timide raffiche. “... Non lo sono.”
All'inizio
le loro labbra si incontrarono esitanti – un leggero contatto
che durò pochi secondi. Ma nessuno dei due si mosse, né
protesto. Le dita di Alexander si strinsero con urgenza. E così,
incoraggiato, Edward scese di nuovo, accolto da suo fratello: lento,
prima, più profondamente, ora – cercando disperatamente
di assaggiare e toccare e prendere tutto ciò che potevano...
Rotolarono
sul letto...
X
Settembre,
1923
Caro
Al,
… Sei
qui.
—Ed
XXX
Evviva!
Ora sono tutti insieme!X3 (Visto? Non vi è piaciuto? (Spero di
sì...!))
Comunque
dovrei spiegare Zena, che, se non lo aveste capito, E' Alter!Nina.
Dunque,
il suo nome. Ho alcuni amici che hanno due gemelle identiche, una
delle quali è stata battezzata come Nina. L'altra, Zena. Ergo,
quando ho pensato a Alter!Nina, ho pensato alla gemella di Nina... il
cui nome, come ho detto prima, è Zena. (Sono finlandesi e
molto divertenti. XD) Dunqueee... sì. Fortunatamente, Zena
tornerà di nuovo per qualche interazione con Alex... Sarà
interessante ;)
Comunque,
grazie per leggere – e davvero, gente! PER FAVORE controllate
l'Elricest LJ – e ora, la vera e propria
LJ community di Skeletons! XD
Per
favore? (Prega)
Alla
prossima :)
Note
della traduttrice: Io amo
seriamente sto capitolo – soprattutto la parte finale. Cioè
non so voi, ma la lettera di Ed jr mi fa venire quasi le lacrime agli
occhi. ... Sì, lo so, sono una romanticona. e_e So che tutti
amate Rosie, ma è mia, quindi giù le zampe. No non è
vero XDDD <3 comunque grazie per avere fiducia in me e in questo
piccolo capolavoro che è Skeletons ;_;<3 Grazie anche da
parte di Maiden, che vi ama tutti x3 <3 Ah! Volevo avvisarvi
che io il 10 aprile parto dalla mia bambina (*A*), e torno il 26.
Quindi, se non riesco ad aggiornare prima, mi sa che dovremmo
rivederci direttamente a maggio – esami permettendo. Quindi da
ora la traduzione comincerà a rallentare, ma spero di tenere
almeno il ritmo di un capitolo a settimana è_é
(escludendo aprile, ovvio.è_é) Insomma, voi intanto non
dimenticatevi di Skeletons, e diffondete il verbo, ok?*A* <3 Alla
prossima, gentaccia bellissima <3
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Capitolo 6 *** Letter Six ***
Note necessarie di inizio capitolo: C’è una scena lemon che è stata tagliata per motivi di regolamente – bla bla incesto bla bla lemon, oh, lo sapete cosa ve lo dico a fare e_e. Quindi, la versione integrale del capitolo la trovate sul mio archivio, come al solito! Detto ciò, altre note alla fine :D
Disclaimer: Ummmmm…
Note dell'autore: Così tanto da dire e così tanto da fare! Sto lavorando tantissimo a un sacco di progetti collegati a Skeletons in questo momento: fanfic, bonus, altre cose... ma le vedrete solo se entrerete nella community.
Ad essere onesti, dovrei lavorare alla storia tanto quanto lavoro agli extra... ma mi diverto tanto a fare gli extra, non ci posso fare niente. X3
Grazie ancora a tutti per il vostro supporto, ragazzi! Siete il massimo! *abbraccia*
Spero che il sesto capitolo vi piaccia!
(ATTENZIONE: QUESTO CAPITOLO HA RATING R PER SITUAZIONI SESSUALI. LEGGETELO A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO)
XXX
X
X
X
Il mio diciottesimo compleanno arrivò e se ne andò più o meno come tutti gli altri: stesso giorno, stessa ora, stesso tipo di regali. Mamma mi regalò un buono da spendere in uno dei miei negozi d'arte preferiti; papà un nuovo set di pennelli; Alex trovò un set di acquarelli insoliti; e Rosie, con un ghigno enorme, mi diede una bottiglia di Rosewater. Grazie a dio lo fece in privato – visto che diventai rosso quando aggiunse: “E ora smetti di usare la mia!”
Ad ogni modo, era stato un bel compleanno. La torta era buona, i regali belli, e lasciatemi dire che l'attività che ne seguì a letto fu migliore del solito – ma qualcosa mi annoiava. Mi aveva infastidito per tutta la giornata, era sparita per un momento, e poi era magicamente riapparsa quando Alex si raggomitolò affianco a me e si addormentò.
Mio padre.
Stava sempre lì... a fissarmi, ultimamente. In modo strano. E non che avessi fatto qualcosa per meritarmelo. Voglio dire, se mi avesse visto su un monociclo mentre cantavo l'inno nazionale con un paio di boxer in testa, me lo sarei sicuramente aspettato. Ma no – mi fissava come se mi fossero improvvisamente sbucate delle orecchie extra mentre facevo qualcosa di innocente come schizzare una mela per la lezione di arte, canticchiando con il mio lettore cd. Era... snervante, alla fine.
Ogni volta che mi accorgo di quello che fa, sollevo un sopracciglio indagatore.
In risposta, lui scuote la sua testa – come se cercasse di pulirla – e se ne va.
X
X
X
XXX
Skeletons
XXX
Rosalie annunciò senza possibilità di appello che erano la coppia più disgustosamente felice che lei avesse mai visto.
Il che, ad essere totalmente onesti, era quasi un insulto... per tutte le altre coppie. Perché Edward e Alex, mentre erano disgustosamente felici, andavano orgogliosi di come ben riuscissero a nasconderlo.
In generale.
Certo, c'erano stati alcuni momenti che sarebbe stato meglio non discutere – un paio di 'incontri ravvicinati con genitori’ che avrebbero preferito dimenticare – ma per il resto si sentivano come se riuscissero a muoversi come serpentelli nei loro appuntamenti proibiti. E poi, loro stessi erano un taboo...
Alex sentiva le sue guance bruciare mentre la sua mente andava alla deriva, pettinandosi i capelli. Non aveva mai, neanche nei più selvaggi, pazzi, sogni erotici immaginato che qualcosa del genere sarebbe mai capitato, non a lui, almeno. Diavolo, se qualcuno due settimane prima gli avesse detto che avrebbe passato la maggior parte del tempo a baciare suo fratello in qualunque posto possibile – la camera da letto, il soggiorno, il seminterrato, il garage – sarebbe probabilmente scappato via urlando. Ma ora... beh, era una cosa che veniva quasi naturale. Quando i loro genitori non guardavano, loro partivano – cercando di vedere quanto lontani sarebbero arrivati prima che qualcuno di accorgesse degli strani rumori provenienti dall'armadio.
Era esilarante; era eccitante... indipendentemente dal fatto che quell'eccitazione fosse una brutta cosa da vedere.
Alexander sentì le sue labbra stirarsi in un piccolo sorriso, e vide il ghigno riflettersi di rimando nello specchio. Poggiò lo spazzolino. “È sicuramente eccitante,” mormorò a se stesso, legando dietro la nuca le ciocche di capelli, lunghe e grosse. Frusciavano rumorosamente contro le orecchie... “E fin troppo facile.”
Dopotutto, nessuno aveva previsto nulla del genere tra di loro; erano fratelli. E mentre poteva risultare inconveniente alle volte, garantiva loro anche momenti che le altre coppie non avrebbero mai potuto avere – e avevano anche delle scuse legittime dietro le quali nascondersi: “Non è un gran problema se uso il bagno mentre dentro c'è Al; correvamo sempre nudi quando eravamo piccoli. Non ha niente che io non abbia già visto prima.” “Posso portare il pranzo a Ed per fare pratica. Mi ha aiutato a passare arte il semestre scorso; glielo devo.” “Porto io Al al centro commerciale, mamma, così non devi preoccuparti di guidare. Va bene – non mi scoccia. È quello che fanno i fratelli.”
Anche se di solito i fratelli non passano il resto del tempo a fare sesso nella vasca, baciarsi nel camerino, o tenersi le mani in negozi pieni di sconosciuti... ma nessuno lo sospettava, anche se stava accadendo.
Alexander sentì le sue interiora contorcersi: e per la prima volta in anni, non in maniera spiacevole; ma piuttosto in un modo felice... un po' perverso. Arrossì, e spinse la sua coda dietro le spalle.
“Alex! Alex, non stavi andando a fare la spesa?” La voce di sua madre giunse dalla cucina, mascherando appena il suono della discussione tra Rosie e il signor Elric. Il moretto sentì il suo sorriso diventare ancora più largo. “Tuo fratello sta aspettando in macchina!”
“Sì, mamma! Arrivo!” rispose rapido Alexander, cercando di suonare abbastanza nervoso e volutamente infastidito. Probabilmente aveva fallito, ma non gli importava. Spingendo il portafoglio nella tasca dei pantaloni, Al volò attraverso la casa – uscendo agitando la mano e dando un bacio alla guancia della signora Elric.
La porta del garage sbatté chiudendosi dietro di lui, il tempo che rallentava il suo corso. Il suo cuore batté agitato.
Edward – già con le cinture allacciate e che aspettava – guardò malizioso suo fratello attraverso il parabrezza; incrociando le braccia sul bordo del volante e riposandovi sopra il mento.
Alex arrossì eccitato.
Era fin troppo facile.
X
Settembre, 1923
Caro Al,
Suppongo di non aver più bisogno di andare avanti con questa cosa. Voglio dire, sei qui, ora – affianco a me mentre scrivo, che dormi tranquillo. Ma non riesco a dormire. Forse è per questo che ho ripreso in mano questo diario: insonnia. Per essere onesti, non ho provato a dormire da quando sei tornato. Non voglio. Perché se chiudo gli occhi, potresti sparire da me. Lo so, è una paura stupida... Sei davvero reale, dopotutto – ci siamo abbracciati ogni notte da quando sei tornato, a chiacchierare del più o del meno fino al mattino senza andare da altra parte. Avevo bisogno – abbiamo bisogno – di essere sicuro che tutto ciò non sia solo un sogno... anche se la possibilità che lo sia diventano sempre di meno, man mano che interagiamo. Ma una parte di me ha paura... una parte di me avrà sempre paura – da adesso finché non morirò; non importa quanto tempo passerà. Ed è già passato così tanto tempo, fratello mio. Così tanto...
Non so da dove iniziare, Al. Da quando sei tornato, le cose sono tornate come erano prima. Vero, stiamo con Noa; vero, non siamo nel nostro mondo; ma ci stiamo comportando come se Amestris e tutti i nostri amici fossero solo su un treno che va via, e non a milioni di miglia da qui. Abbiamo bisogno di parlarne, del nostro isolamento. Abbiamo bisogno di parlare di Heiderich e di ciò che ha fatto per noi.
Di cosa ha fatto per me.
… se... se lui era davvero te, Al – l'Al di questo mondo – ciò mi fa diventare responsabile per la tua morte... di nuovo? Perché non posso smettere di farti male? Di fargli male? Io non volevo che lui... ho cercato di fermarlo...
Avrei dovuto provarci di più.
Non sarò mai in grado di ripagarlo... e non posso neanche piangere. Come se non fosse abbastanza, ti ho tenuto la mano durante il suo funerale, passandola sul suo viso. Non volevo farlo, ma non riuscivo a lasciarti andare.
Così come non porterò mai abbastanza rispetto per l'unico, vero amico che avevo qua.
Forse sono una persona orribile. Questo spiegherebbe un sacco di cose... anche se non sarebbe comunque una buona scusa. Io – io spero soltanto che tu possa perdonarmi, Heiderich, ovunque tu sia.
E per quanto riguarda noi, Al – suppongo che dovremmo vedere dove ci porterà il tempo. Senza Heiderich intorno, non c'è ragione per me di restare a Monaco. E Noa è come il vento, viaggiare è nel suo sangue. Forse potremmo cominciare una nuova avventura... forse sarebbe meglio per noi.
Ancora un altro inizio; ancora la fine di una storia.
—Ed
X
[..]
Entrambi sorrisero – Edward riposò la testa sul petto di Alexander, chiudendo gli occhi.
Una pausa.
“... lo sai che ti amo, vero?” mormorò Ed, così piano e così all'improvviso che Alex quasi non lo sentì. “Ti amo più di ogni altra cosa.”
Il moretto sorrise, arricciando pigramente una ciocca di capelli color del sole attorno al suo dito. “Più del sesso?” Cercò di suonare sorpreso, simulando shock. Ma Edward non rise stavolta; invece, sentì le labbra di suo fratello stringersi in un cipiglio solenne.
“Sono serio, Alexander.” Lunghe dita trovarono una ciocca sul maglioncino e l'afferrarono, rifiutandosi di lasciarla andare. “Ti amo...”
Alex arrossì in maniera meravigliosa.
“... lo so, Ed.” sospirò, permettendo ai suoi occhi di chiudersi lentamente. La macchina odorava di sesso e sudore e salviette per bambini... il calore si scontrava contro i loro colpi in ondate di pressione senza rumore. Poteva sentire la gente animarsi fuori; carrelli tintinnare nel parcheggio. Nessuno aveva parcheggiato di fianco a loro, grazie a dio – avevano scelto il posto più lontano dal negozio apposta. Ancora, la vicinanza del mondo era intossicante, eccitante, pericolosa... stavano commettendo un terribile peccato proprio sotto il naso grande e grasso della società – niente di meno che nel parcheggio del Pick'n Save.
Alex, per la prima volta nella sua vita, si sentiva completamente soddisfatto.
“Anche io ti amo, fratellone... molto, molto più di quanto non dovrei.”
X
Maggio, 1926
Caro Al,
devo dirlo, spero (re)inventino le automobili, qui. Mi mancano le macchine di Amestris. I treni sono belli, e credo che le carrozze a cavallo siano belle se vuoi un po' d'aria, ma non c’è niente di meglio dei viaggi comodi e privati.
Certo, quando l'ho detto, tu mi hai risposto di essere grato per poterci permettere i biglietti del treno e le carrozze, la depressione è andata avanti per tanto tempo, siamo stati fortunati ad avere ancora quello. E camminare sarebbe stato terribile, lo ammetto. Ma così era la Germana nell'insieme.
Decisi che era ora di cambiare ritmo.
Tu eri d'accordo; così Noa. Anche solo girovagare per la Germania era piuttosto noioso – non riuscimmo a trovare quella bomba, poi. Tu dicesti che avremmo dovuto espandere la ricerca in altre nazioni. Noa suggerì la Francia, io pensai che avremmo dovuto provare in un posto un po' più al nord. (Non sarebbe l'equivalente geologico del castello di quel maniaco?)
Ma sei tu che tieni conto dei soldi, dunque sei anche quello che deve decidere. E tu sembravi sempre favorevole a provare l'esperienza di una gita in barca... il che potrebbe spiegare perché ora siamo sul ponte viscido di una nave, a guardare la costa europea svanire nella nebbia. Noa è entusiasta, correndo di piano in piano, parlando velocemente agli immigranti che le stavano attorno. Ti vedo guardarla stranito, probabilmente perché ancora devi prendere la mano con il tedesco. Di soluto devo farti da traduttore, anche per cose semplici come chiedere a Noa dove sta andando.
Non mi importa, comunque. Anzi, ne sono piuttosto felice; mi da una scusa per parlare ancora la mia lingua natia con qualcuno – qualcosa che mi fa sentire così bene che non riesco a descriverlo. Noa sa un po' della lingua, ora; concorda sul fatto che suoni molto simile all'inglese, che ha sentito parlare alle fiere che le zingare che viaggiavano con lei riempivano.
Parlando della quale, anche molti marinai in questa nave sembrano parlarlo... mi chiedo dove sia diretta questa barca? Dovrei chiedertelo...
Merda, devo andare – stai venendo dritto verso questa parte, e non voglio che tu veda questo diario (Anche se non so perché; l'ho scritto per te.)
—Ed
X
Era noto a tutti che Edward fosse un attore nato. Aveva recitato in tantissime recite e musical del distretto, aveva vinto diversi premi sia a scuola che fuori per i suoi exploit drammatici, era un membro attivo della sezione drammatica da quando andava alle scuole medie, e aveva perso solo nella corsa per diventare presidente del Thespian Club perché era decisamente troppo pigro per prendersi le responsabilità che diventare presidente avrebbe portato. Sì, come molte altre cose, recitare veniva facile a Ed.
Personalmente, Alex non era mai stato così tanto interessato al teatro. Non conosceva gli altri bambini coinvolti, da una parte; dall'altra, non aveva mai pensato di essere così bravo. Ma era stato un mese di sorprese... e con gran stupore, aveva capito di essersi sbagliato.
Forse sarebbe dovuto andare a tenere un'audizione, un giorno.
“Non ci posso credere, Ed!” sbottò Alexander, schizzando dentro la cucina con un uno sguardo cupo nel viso. Tra le braccia teneva una busta della spesa stropicciata – lattine e barattoli chiassosi al suo interno. La loro madre, che stava giusto per chiamare Ed al telefono trasalì, guardando suo figlio furente. “Un'ora. La tua stupidità ci ha fatto sprecare UN'ORA!”
Edward – che stava passando sotto la porta anche lui – lo fissò furiosamente da sopra altre due buste di carta. “La MIA stupidità?” brontolò, le guance rosse di rabbia. “Scusa TANTO, Al, ma mi pare di credere che sia stato TU ad insistere per provare il nuovo centro commerciale. Non è colpa MIA se ci siamo persi.”
Alex lanciò a suo fratello uno sguardo esasperato, prendendo una pesca dalla sacca marrone e lanciandola contro Ed. Rimbalzò con un thump umidiccio sulla fronte di suo fratello maggiore, rotolando poi verso un angolo appena colpito il pavimento. “Non ci provare neanche! Se tu avessi seguito le indicazioni che ti ho dato—!”
“Edward! Alex!” Teri Elric sovrastò il fracasso, portando avanti le mani nel tentativo di separare i suoi ragazzi battaglieri. “Basta! Non voglio sentire un'altra parola. Siete a casa ora, ed è quello che conta. Alex, perché non vai a finire i tuoi compiti? Edward, tu puoi aiutarmi a mettere queste via.”
Entrambi abbassarono la testa, evitando lo sguardo della madre – probabilmente per trattenersi dal ridere. “Sì mamma,” dissero in un coro monotono, freddamente. Comunque, una volta che lei si girò, Edward ammiccò, sfiorando con la sua mano quella di Alex.
Al diventò rosa.
Poi schizzò via con un sospiro esageratamente drammatico e laborioso, brontolando maledizioni sottovoce mentre eseguiva gli ordini della madre. Teri si voltò per vedere i suoi figli in quel momento, gonfiando le guance come vide Alex andare via. Scuotendo la testa, i capelli corti e ricci che si agitavano, finalmente permise a un sorriso di crescere sulle sue labbra. “... dunque Edward, dimmi la verità,” chiese all'improvviso, ridacchiando; strofinando le mani in un asciugamano. “vi siete persi davvero, o hai fatto finta solo per prenderlo in giro?”
Ed, che non riusciva ad essere più disonesto del necessario, si limitò a sorridere. Ma tanto quella era l'unica risposta che sia madre stava aspettando. Come predetto, sollevò esageratamente gli occhi al cielo, ma non sembrò arrabbiata. “Oh, Edward,” sospirò la donna, con un tocco di buon umore. (Ciò non sorprese suo figlio, comunque; come si suol dire, non sapendo se ridere o piangere, la signora Elric preferiva ridere.) “Farai diventare quel povero ragazzo pazzo con le tue prese in giro...”
Il biondo si impegnò velocemente mettendo a posto scatole e lattine, cercando di non ridere. Non sarebbe stato divertente spiegare la parte finale di quello scherzo... “Non volevo farlo arrabbiare, mamma,” insistette senza entusiasmo, gettando qualche frutto nel vassoio sul banco della cucina. “Mi stavo solo divertendo un po'.” '... mi stavo divertendo decisamente tanto...'
Uno sbuffo. “Ne sono sicura. Beh... mentirei se dicessi che non mi aspettavo questo tipo di comportamento da voi due,” ribatté sua madre ironicamente, sistemando alcuni preparati per torte nella credenza. “Siete degli adolescenti... Ma preferirei che non vi demoliste l'un l'altro, capito? E davvero, dai un po' di tregua ad Alex. Ne ha passate tante, ultimamente.”
Edward ora aveva serie difficoltà a trattenere le sue labbra dal trasformarsi in un ampio ghigno a trentadue denti. Nonostante una parte di lui – in verità la maggior parte di lui – era terrorizzato all'idea che sua madre potesse scoprire qualunque indizio per farle capire cosa stesse davvero succedendo tra loro... era così totalmente ingenua e senza speranze che l'intera situazione alle volte sembrava in qualche modo divertente. Come in quel momento. Che era una pessima cosa, ovviamente: nulla di tutto ciò era divertente – proprio niente. Eppure...
“Non preoccuparti, mamma.” la tranquillizzò il ragazzo con un sorriso appena accennato, sfilandosi la felpa e prendendo dall'appendiabiti il suo camice da laboratorio sporco di tempera. “Non lo farò a pezzi... o, almeno, farò del mio meglio per trattenermi,”
Teri sorrise riconoscente, gli occhi grigi che brillavano. “È tutto ciò che ti chiedo. Grazie per aver fatto la spesa.”
“Nessun problema,” ricambiò Edward agitando una mano, sistemandosi la coda. Strinse con nonchalance l'elastico, giusto per essere sicuro che la coda fosse stretta... “Ora, se vuoi scusarmi, c'è un dipinto che vorrei provare a fin-”
Ma prima che avesse la possibilità di abbandonare la cucina, qualcun altro apparve sulla porta, bloccandola. Qualcuno davvero grosso – la persone che in quella casa era alto quanto lui. La persona si fermò, notandolo, mentre sistemava gli occhiali, poi sorrise. “Ah, Edward... proprio chi stavo cercando.”
Il sorriso di Edward scivolò istintivamente di una mezza tacca. “Ciao, papà,” salutò – senza attenzione, ma con un'aria di trepidazione. Ad essere totalmente sinceri, suo padre lo aveva sempre spaventato un po'... molto di più, visto che aveva qualcosa di importante da nascondere. “Cosa posso fare per te?”
La signora Elric si schiarì la gola, improvvisamente affascinata dai piatti sporchi nel lavandino. Il biondo la guardò bieco dalla spalla; anche lei era coinvolta. Questo poteva voler dire soltanto una cosa... 'Merda...'
“Papà-” cominciò con un sospiro irritato, ma venne messo a tacere da suo padre che sollevò in modo significativo il suo indice.
“So che pensi di sapere ciò che sto per dirti, Ed,” lo interruppe con un sorriso raggiante, chiaramente eccitato per qualunque cosa stesse per annunciare. “ma ascoltami comunque. Ora, la figlia dei signori Ross, Sarah – te la ricordi, vero? - ci sarà un ballo nella sua scuola il prossimo fine settimana, e a lei piaci davvero tanto, Edwa-”
Il biondo scosse la testa risolutivamente, la bocca tirata in giù in uno sguardo torvo. “Papà, ne abbiamo già discusso.” tentò di concludere Edward, infilando le mani nelle tasche così che i suoi genitori non vedessero i suoi pugni contratti. “Lei non mi interessa.”
Benjamin Elric aggrottò le sopracciglia. “Non capisco perché,” ribatté severamente, passando una mano sulla barba. “È una ragazza adorabile – carina, dolce, e le piace l'arte almeno quanto te.”
Ed sbuffò alla parola 'arte.' 'Che diavolo sono, un bambino dell'asilo?' “Semplicemente non mi piace, papà,” brontolò, cercando di scavalcare suo padre per uscire dalla cucina – ma era stato facilmente intercettato da un braccio ben piazzato.
“Edward,” cominciò di nuovo il signor Elric, suonando meno frustrato di quanto non lo fosse davvero. “Apprezzo il tempo che dedichi al tuo lavoro, e sono felice che tu sia così serio riguardo la scuola. Ma va bene anche uscire, avere appuntamenti e divertirsi. Lo sai, sì? Sto solo cercando di aiutarti a trovare una brava ragazza... non riesco a capire perché tu non ne abbia già una. Sei intelligente, hai talento e – a parte i capelli – di bell'aspetto...”
Ed lo guardò in cagnesco, scansando la mano del padre che tentava di poggiarsi sulla sua spalla. “Non sono interessato al momento, papà,” sbottò, sentendo il suo sopracciglio alzarsi in avvertimento. “Preferirei concentrarmi sulla scuola – e sono stanco di dirtelo. Dunque possiamo lasciar perdere, per favore?” Gli passò oltre nel momento in cui Benjamin esitò.
L'adulto sollevò le sopracciglia. “Ma cos-?”
“Sarah è capace di trovarsi un accompagnatore!” gli urlò Edward acido, sbattendo la porta del seminterrato con la forza di un terremoto. Il signor Elric fece una smorfia, prendendo una foto tremante prima che cadesse dal muro.
Teri neanche sollevò il viso. Invece, sorrise e chiuse con un colpo secco la lavastoviglie, asciugando le mani inzuppate in uno straccio. “... è andata bene.”
Benjamin si limitò a sospirare.
X
Agosto, 1927
Caro Al,
è passato davvero così tanto tempo da quando ho scritto l'ultima volta? È difficile crederci... sembra ieri che eravamo su quella vecchia nave arrugginita. Ma no... è giù passato un anno, e il tempo ha semplicemente continuato ad andare avanti.
Così come ha fatto Noa, a proposito. Dopo essere sbarcati a New York, ci ha lasciati per un gruppo di zingari. Nonostante io creda che lo abbia fatto suonare peggio di quel che è era davvero... non credo volesse che la sua partenza venisse presa come un insulto. Ma le mancava la sua cultura e la sua gente, ed era finalmente pronta ad accettare questo mondo come casa sua.
Ero - sono – contento per lei. Sono felice che abbia finalmente trovato il suo posto, così come io ho trovato il mio. Affianco a te. E il tuo posto è accanto a me. Forse anche Noa lo ha visto, e sapeva che non sarebbe mai stata proprio la benvenuta nel nostro mondo.
Ad ogni modo, non ci sono stati grandi saluti – solo un addio a cuor leggero. Riceviamo ancora sue lettere, a volte, quando le sue cartoline ci trovano.
Comunque non siamo rimasti soli a lungo. Dopo aver attraversato le Ellis Island (odio quel posto, comunque, e NON CI TORNERò PIù), ci siamo imbattuti – più o meno letteralmente – in una sconosciuta dal viso familiare.
Winry.
Solo che non è più Winry. Si chiama Annya. Tu stavi inseguendo un gattino randagio giù per una stradina; lei vagava per una strada a ciottoli sconosciuta. I vostri corpi si sono scontrati con un colpo che ha spaventato tutti i cavalli lì vicino e ha fatto volare le risme di carta.
Lei aveva urlato – imprecando e sbraitando in una lingua che non avevo riconosciuto al momento, ma che appresi dopo essere russo. Comunque, capivo il linguaggio del corpo abbastanza per capire che ci avrebbe ridotti in poltiglia se non l'avessimo aiutata a raccogliere le sue cose. E così facemmo. Velocemente.
E un'ora dopo eravamo seduti – affaticati e irritati – nella cunetta, a guardare le carrozze passare. Era infastidita perché i suoi documenti erano stati coperti di fango e impronte di cavallo. Hai cercato di leggere uno dei suoi fogli, ma non riuscivi a capirne una parola... e così, sempre gentiluomo, le hai chiesto educatamente cosa fossero. Grazie al cielo parlava inglese. Almeno abbastanza da farsi capire.
“Sono storie,” replicò breve, afferrando i suoi fogli. Il suo vestito stropicciato sventolò come lo fece; guanti senza dita coperti di sporcizia che le erano stati regalati molto tempo prima di quell'esperienza traumatizzante del pomeriggio. “Ma non sono belle. Non ne ho trovata nessuna buona in Unione Sovietica. Quindi ho deciso di venire qui per trovarne alcune.”
La mia risposta fu qualcosa di molto simile a: “Hai fatto tutto quel viaggio per l'America da sola per scrivere storie?” Non poteva avere più di 13 anni. (Non li aveva infatti. Ne ha 12.)
Annya arrossì quando lo dissi, ma i suoi grandi occhi azzurri divennero tristi. E in un istante, avevo capito. Anche noi sapevamo. Comunque, eravamo abbastanza tranquilli e le permettemmo di raccontarci di come fosse diventata orfana a causa della Grande Guerra, e di come sua nonna, che era riuscita a sopravvivere, era recentemente morta d'influenza. Perché fosse così disposta a raccontarci tutto, non ne sono ancora sicuro – forse era solo grata che qualcuno si interessasse. Non mi era sembrato che fosse stata con persone che si preoccupassero di lei per tanto tempo.
Forse era perché somigliava a Winry. Forse era perché eravamo una manica di stupidi. Forse era perché aveva bisogno di noi – era solo una bambina. Non lo so; e anche tu, ne sono sicuro. Ma qualcosa ci aveva fatto prendere le sue mani – come usavamo tenere Winry quand'era piccola – e portarla in un caffè fuori porta, con la promessa di una storia meravigliosa.
La nostra storia.
Non le abbiamo detto tutto, ovviamente. Solo i primi frammenti – su Resembool, sulla mamma. Sull'alchimia. Non credeva ad una sola parola di quello che le dicevamo, ovviamente, ma divorò il tutto quasi voracemente quanto il panino che le avevamo comprato. E quando smettemmo di parlare, chiese di sentirne ancora.
Diavolo, si rifiutava di andarsene finché non avesse sentito di più. Voleva sentire tutta la storia – ma in verità, non eravamo pronti a dirla.
Così l'abbiamo presa con noi. O meglio, lei ci ha seguiti, e noi glielo abbiamo lasciato fare. Non potevamo certo cacciarla...
E così, eccoci qua, che viviamo a New York, nella Terra dei Sogni. Almeno, questo è il nome che mi hai detto, Al. Personalmente, credo sia più la terra-dei-bastardi-rumorosi-e-dei-buffoni-arroganti, ma questo potrebbe essere vero dovunque. Viviamo in un piccolo appartamento in un quartiere povero – dove la biancheria umida sta sempre sventolando al vento, e le uscite di sicurezza arrugginite decorano i palazzi cadenti. La musica pesante di Tin Pan Alley ci fa la serenata giorno e notte, così come i miagolii dei tre gatti che mi hai convinto in qualche modo a farti mantenere. Anche Annya sembra quasi un gatto; sempre a gattonare in giro, curiosa su tutto, gli occhi aperti per una storia. Lasciava fogli dappertutto, e buttava sempre giù note. Ho quasi paura di accendere un fuoco in cucina, per paura di poter bruciare uno dei suoi manoscritti. (La penna È molto più potente della spada quando riguarda Annya.) Per quanto ti riguarda, Al – tu la incoraggi sempre; la aiuti con l'inglese quando non sei impegnato col lavoro. Ora come ora stai lavorando al porto – ma quel lavoro durerà probabilmente solo fino alla fine dell'estate. Poi dovrai trovarne un altro. Grazie al cielo, ho trovato una sorta di lavoro fisso giù al bar... anche se ho sentito parlare di un atto di proibizione, dovrei cominciare a mandare curriculum per un qualche lavoro in scrivania.
Comunque, la vita è...
… non lo so davvero. Siamo stati così impegnati a vivere, che non ci ho davvero pensato. Penso di essere felice, e credo che anche tu lo sia. Siamo insieme, almeno, e questo è tutto ciò che conta. Siamo salvi; e il nostro segreto mantenuto. (Anche se a volte penso che Annya si chieda cosa siano quei 'rumori' che sente nella nostra stanza...) E quindi... penso che stiamo bene. E che staremo bene. In ogni caso, probabilmente dovrei mostrarti questo diario. Il tuo compleanno sta arrivando; forse te lo regalerò. Dopo tutto, sei ancora qui – non è un sogno (nonostante il secondo nome dell'America)... non c'è più ragione per me di scriverci ancora.
Ok, mi sto prendendo in giro da solo. È davvero diventato un diario... sto registrando il tempo che passa, non è vero?, e gli eventi che ci stanno formando. Potrebbe costituire... lo sai...
Ma lo sto scrivendo per te. Così che, giusto in caso tu perda di nuovo la memoria – (non riesco ancora a credere che il dannato Portale ti abbia rubato i tuoi ricordi! Non ci ha allontanati abbastanza? Voglio dire, e dai, cazzo!) - avrai una sorta di registrazione di cosa ci è successo in questo mondo.
Quindi è davvero qualcosa di più di un diario di viaggio, okay? (NON UN DIARIO, CAPITO, ANNYA? PUOI SMETTERE DI LEGGERE DA DIETRO LE MIE SPALLE, ORA.)
Devo iniziare a preparare la cena.
—Ed
X
“Ed, qualcosa non va?”
Edward si raddrizzò, sorpreso dalla domanda inaspettata. “Non va...?” ripeté vuoto, fissando suo fratello. “No... perché?”
Alex mise il broncio, guardando debolmente suo fratello. “Non mentirmi,” sbuffò, sciogliendo l'abbraccio dal collo di Ed. Era quasi un compito, vedendo come le maniche del suo pigiama fossero sette centimetri più lunghe del necessario in ogni braccio, e il tessuto in più tendeva ad annodarsi. Comunque, lo fece con una certa grazia; incrociando le braccia strette sul petto per mostrare la sua crescente disapprovazione. “Non sei stato qua per tutta la notte – la tua mente è a milioni di miglia di distanza.”
“Non è vero,” protestò Ed, benché con un po' di debolezza, premendo i suoi palmi aperti sul tessuto di flanella che copriva i fianchi di Alexander. “Sono in allerta come un falco.”
Al lo schernì, muovendosi sullo sgabello di Edward. Gli avevano trovato sostegno poggiandolo contro il muro in un angolo del seminterrato, dietro alcuni scaffali incasinati e tavole coperte di tele. Calciò il suo piede dondolante. “Certo che lo sei... qual è l'ultima cosa di cui stavamo discutendo?”
Stavano discutendo di qualcosa?
Il moretto gonfiò le guance, facendo scorrere le dita lungo i capelli sciolti. Aveva cominciato a tenerli slegati sempre più spesso, perché Ed gli aveva detto che lo facevano sembrare adorabile. “Fratellone,” tentò di nuovo, più gentilmente questa volta – raggiungendo con le mani coperte dalle maniche il viso del fratello maggiore, “che succede? Parlami...”
“...” Edward si sgonfiò, indietreggiando per riposare la fronte sulla spalla di Alexander. La curva delicata delle clavicole del più giovane erano deliziosamente avvertibili sotto la strana morbidezza del suo pigiama; le dita pallide del biondo trovarono l'avambraccio di Alex, nascoste dietro mari di tessuto a pois. Respirò profondamente. Il giovane profumava di dolce, come vaniglia – caldo e bagnato dalla sua doccia recente. “... non era niente di importante,” assicurò Ed leggero, quasi facendo le fusa quando Al lo circondò con le braccia, cercando di attirare ancora di più a sé il suo amante. Alex sembrava così magro; piccolo... ancora di più in quel pigiama. La sua vista riempì Edward di uno strano desiderio di proteggerlo, nonostante sapesse perfettamente che Alexander poteva difendersi da solo. Il pensiero lo fece sorridere. “Papà sta solo facendo lo stupido.”
“Cioè?” Alex lo spinse appena, riposando la guancia sulla testa di Ed. Usò i suoi palmi per allisciare i capelli del fratello maggiore. Edward mugugnò, soddisfatto.
“Sta cercando di trovarmi una ragazza,” mormorò, strofinandosi ancora di più per mostrare il suo affetto. E sebbene non fosse una sorpresa che Alexander si irrigidisse mentre elaborava il suo annuncio, il biondo aggrottò le sopracciglia; premendo un bacio leggero nella parte inferiore del collo di Al. “Non preoccuparti, è già successo prima... cerca di mettermi con le figlie dei suoi colleghi da quando avevo 15 anni. È fastidioso, sai? Sentirsi dire di essere anormali per non avere una ragazza anche se ho 18 anni...”
“Non credo che senta che è anormale perché hai 18 anni,” rispose Alex leggero, nonostante ci fosse una punta di malizia nella sua voce. “Credo che lo senta anormale perché tu sei dannatamente figo.”
Ed grugnì. “Sì, credo che abbia nominato anche quello... comunque. Probabilmente ha solo notato che non ho mai avuto un appuntamento e ha bisogno di vedermi con una ragazza per calmare i nervi. D'altra parte, potrebbe aver iniziato a pensare che sono gay.”
“Tu? Gay?” Alex stava definitivamente ghignando, ora. “Non ho mai sentito niente di più ridicolo. Tu sei dritto come un cerchio.*”
“Stai zitto,” Edward rise appena, solleticando scherzosamente suo fratello tra le costole. Allo stesso tempo, Alexander poteva sentire le labbra di Edward premere contro la sua gola; il movimento causò una piacevole formicolio che si diffuse in tutto il corpo. “Parli tu poi, piccolo ipocrita.”
Alex ridacchiò per qualche secondo, stringendo la presa attorno al suo fratello maggiore. Il calore del corpo di Edward lo faceva sentire così bene; era così rassicurante... “... sei sicuro che non è niente di serio, vero?” Chiese, suonando un po' nervoso, come il momento di tranquillità scivolava via. “Papà non pensa che...? Non sa...?”
Il biondo scosse la testa, lasciando scorrere le braccia nel piccolo vuoto tra la schiena di Alexander e il freddo muro di cemento, attirando a sé il fratello. “No,” affermò tranquillamente. “Non lo sa. E non ho intenzione di lasciare che lo sappia. Per quanto riguarda le ragazze che sceglierà di lanciarmi addosso-”
“Non voglio che tu esca con nessuno,” lo interruppe Alex in tutta fretta, cominciando a suonare impanicato. Le sue dita sottili si strinsero, come se avesse paura che Ed potesse scivolare via. “Per favore-”
“Non preoccuparti.” bisbigliò il biondo, incapace di trattenere un tenero ridacchiare. “Non era quello che volevo dire. Quello che stavo per dire, era che continuerò a dirgli che non sono interessato alle ragazze, ora come ora; sono troppo impegnato con la scuola. Prima o poi si arrenderà. Ha funzionato prima; funzionerà anche ora. Ok?”
Non proprio – era comunque rischioso. E più Edward si rifiutava, più le cose sarebbero state sospette... ma davvero, che altra scelta avevano? Alexander si forzò di sorridere, nonostante continuasse a sembrare ansioso. “Ok... lo prometti?”
“Se tu prometti di non preoccuparti.”
“Sai che non posso,” il moretto di concesse un ghigno secco, sfregando il naso contro quello del suo ragazzo.
“Ma ti prometto che proverò...”
Ed sorrise – quel bellissimo sorriso pieno di adorazione che faceva sciogliere il cuore di Alexander e gli faceva venire le vertigini. “Mi accontenterò.” concordò, spingendo in basso Alex con un bacio ingannevolmente gentile.
Nessuno dei due uscì fuori per un'altra ora.
X
Giugno, 1928
Caro Al,
La tecnologia è sbalorditiva.
Oggi siamo andati a vedere un “Talkie” - una serie di immagini in movimento con parole e suoni. All'inizio, pensavo potesse essere alchimia al lavoro; non sapevo che la scienza potesse fare qualcosa del genere. Annya mi ha detto che sono stupido (il suo inglese sta migliorando sempre di più); han parlato del personaggio di Edison nei fogli. Apparentemente, ha inventato un sacco di cose. Mi chiedo se ci sia un equivalente in Amestris? Scommetto che Winry avrebbe apprezzato i Talkies tanto quanto Annya – nonostante i suoi commenti sarcastici, non l'ho mai vista più eccitata da quando l'hai portata a Central Park, Al. (L'hai viziata, comunque. Non aveva bisogno di quel vestito nuovo, anche se con quello è davvero carina.)
Tra le altre notizie, la gente ha iniziato a parlare sempre meno dell'America come “la terra dei sogni” e molto più del tempo. “Gli anni ruggenti”, credo sia questo il giusto termine. Ho sempre pensato che fossero ruggenti – il livello di rumore deve ancora placarsi.
Scriverò di più dopo. Ho bisogno di dar da mangiare ai tuoi dannati gatti. Mi devi qualcosa secondo lo scambio equivalente, spero tu lo sappia.
—Ed
X
Secondo il dizionario tascabile di Alex, “alla fine” significava “nel giusto tempo”. Una traduzione semplice... comunque, ciò che voleva davvero sapere era quanto questo “giusto tempo” avesse intenzione di durare. Erano passate già due settimane, e ancora il loro padre non aveva ceduto alle sue imprese “cupidiche”. Infatti, diventò soltanto più insistente – non cercava neanche più di nascondere i suoi tentativi di organizzare delle uscite; era un affare di famiglia.
“Davvero, Edward,” esclamò Benjamin durante la colazione della domenica mattina – l’evento in cui gli Elric erano ancora obbligati a stare insieme. Pancakes e French toast… Edward odiava le colazioni in famiglia perché l’odore del French toast lo faceva vomitare; ora invece odiava i ritrovi familiari per una ragione nuova e più infernale. “Dovresti almeno provare a conoscere Danielle prima di prendere una decisione. Suo padre mi ha detto che ti adora…”
“Papà, non so neanche di chi tu stia parlando,” ringhiò Ed, pucciando continuamente i pezzi di pancakes nel piatto zuppo di sciroppo. Si sentiva come se volesse urlare… o attaccare suo padre con la forchetta; due forti desideri che sarebbero stati con tutta probabilità sedati dal resto della famiglia. (Beh, almeno da sua madre. Rosie sembrava pronta a seguirlo con il suo cucchiaino per i cereali.) “Non posso neanche uscire con chi voglio?”
Sotto il tavolo, Edward sentiva il piede sinistro di Alex fregare contro il suo destro, intrecciandosi silenziosamente attorno alla caviglia di suo fratello. Lui guardò il suo fratellino con uno sguardo delicato, ma Alexander stava ancora guardando il suo piatto. Comunque, il suo gesto fu compreso, e Edward cominciò a calmarsi.
Anche se non abbastanza velocemente.
“Certo,” buttò lì il signor Elric, tagliando un pezzetto di French toast e portandolo alla bocca. “Non sto cercando di forzarti ad uscire con una ragazza, figliolo. Voglio soltanto vederti sbizzarrirti un po’ sul campo, sai? Sei sempre così occupato coi tuoi progetti… non pensi che tuo fratello dovrebbe cominciare ad uscire con qualcuno, Alex?”
Alex, comprensibilmente sorpreso, si sentì soffocato da un pezzetto di mela, mentre i piedi si allontanavo da quelli di suo fratello. (L’espressione già acida di Edward diventò, se possibile, ancora più scura.) “Io, um… sì, suppongo di sì…”, balbettò infine, il naso che si arricciava in disgusto. “Ma davvero, papà, non lo biasimo per non volere… la maggior parte delle ragazze a scuola sono delle idiote.”
“Hey,” brontolò Rosalie con poco entusiasto, mezz’addormentata. Le nove del mattino erano davvero troppo presto per fare qualunque cosa… “Io non sono una di quelle, spero tu lo sappia.”
“È per questo che ho detto ‘la maggior parte’,” ripeté Alexander, lasciando girovagare un dito sul bordo del bicchiere con dentro il succo alla mela. Sua madre lo guardò con rimprovero, e a malincuore si fermò. “Ma non importa, Rosie – Edward non può certo uscire con te.”
Le labbra della ragazza si piegarono in un sorriso languido. “Suppongo tu abbia ragione,” concordò con un tono estremamente francese. “Sai, essendo parenti.”
Edward e Alex la guardarono con sguardo gelido.
“Comunque, papino,” continuo Rosie, per niente intimidita dagli sguardi torvi dei fratelli, rigirandosi un coltello tra gli indici, “conto tutto l’impegno che ci stai mettendo nella vita sentimentale di Ed… hai anche intenzione di trovare un ragazzo a me?”
Benjamin sbuffò, spargendo lo zucchero sopra il suo French toast. “Assolutamente no – sei troppo giovane per uscire con un ragazzo, piccoletta.”
Istantaneamente, l’espressione di Rosie mutò in uno sguardo cagnesco, sottolineato dai suoi occhi truccati. “È un po’ sessista da parte tua, papà.” Disse scherzando, accavallando una gamba sopra l’altra e poggiando il mento sul palmo della mano. La classica posizione d’attacco di Rosalie… Ci volle un minuto ad Alex per realizzare che stava cercando di proposito – e con successo – di distrarre il loro padre dal motivo principale della discussione.
Non l’aveva mai amata tanto come in quel momento.
“Perché ogni cosa che faccio è sessista?” si lamentò il padre, suonando arrabbiato. “Non ho detto che non uscirai mai… semplicemente non credo tu sia grande abbastanza, Rosie. Hai solo quattordici anni e- beh, hai un lato un po’… selvaggio. Non voglio che ti accada niente di male, come… sai…”
“Sesso, droga e rock’n’roll?” concluse irriverente, le labbra glossate tirate in un ghigno selvaggio. “Dai, papà. Riesci davvero a vedermi facendo quelle cose con un sacco di ragazzi prima del matrimonio?”
Nessuno rispose. La fronte di Rosalie si aggrottò, rabbiosa.
“Grazie per il supporto,” sbottò, chiaramente offesa. “E io che pensavo che la mia famiglia mi conoscesse… io non sono così cattiva! Non farei mai sesso prima del matrimonio o altre cose che potrebbero corrompere la legge.”
“Non è che non crediamo in te, tesoro,” disse gentilmente Teri, sorseggiando un po’ di latte. “Soltanto tuo padre e io non pensiamo che tu sia matura quanto tuo fratello, per ora.”
“Non è vero…” brontolò Rosie, spaventosamente arrabbiata ora. Non che quelle robe-legate-agli-appuntamenti le importassero; con Rosie era sempre ‘una questione di principio’. E non amava perdere, neanche quando la sconfitta era palese. “Pensate soltanto che lui non abbia impulsi sessuali…”
Alexander ebbe improvviso bisogno d’aria, mentre cercava di non arrossire. Edward sembrava solamente infastidito. “Sono qua, sai.” Le ricordò con sarcasmo, ciondolando sulla sedia con un’espressione di pura irritazione sul viso. “E non mi piace che la mia famiglia discuta sulla mia vita sessuale…”
“Che sono sicuro sia inesistente,” dichiarò speranzoso il signor Elric. (Alex stava avendo qualche piccolo problema a respirare adesso – tossendo con forza in un tovagliolo.) “Non sto incoraggiando nessuno di voi a fare sesso. Il sesso si fa dopo il matrimonio, e non prima. Vorrei solo vedere Ed uscire e incontrare gente nuova-“
“- da un punto di vista femminile-“
“-così che sappia cosa voglia in una futura moglie,” finì Benjamin, ignorando Rosalie e i suoi lamenti riguardo a quanto fosse bigotto. “Infatti, credo che inizierò a cercare qualcuna anche per te, Alex. Sei pronto, credo; sei decisamente responsabile. Perché non provi con Zena, adesso che siete tutti e due un po’ più grandi?”
Le guance arrossate di Alexander impallidirono. ‘Cazzo…’ “Papà, io…”
“Ha già la ragazza,” annunciò Edward, alzandosi e facendo rumore coi piatti pieni di cibo e i bicchieri semi pieni. Tutti gli occhi puntarono su di lui. Ed sorrise imbarazzato. “Scusa, Al, so che ti avevo promesso che non lo avrei detto, ma sembra che papà non si arrabbierà…”
Alex lo guardò vacuo; pensava che il suo cuore si fosse fermato per un momento. “Fratellone…”
“È vero?” chiese interessato il signor Elric, senza preoccuparsi di aspettarsi una risponda. Il che era bene, visto che Al non gliene diede una… ma quasi vomitò per il dolore quando suo padre cominciò a dargli amorevoli pacche sulla schiena. “È fantastico, Alex! Perché non ce lo hai detto prima?”
“Io…” farfugliò Alexander, completamente perso. ‘Che cosa sta succedendo?’
Ma ancora, il loro padre non si fermò neanche – dedicando a Edward un gran sorriso. Ed non gli stava dedicando alcuna attenzione (piuttosto determinato a continuare); dando le spalle al tavolo mentre strofinava i piatti sotto il getto freddo dell’acqua. “Vedi figlio mio? Non può essere così difficile trovare una ragazza se ce l’ha fatta Alexander. Sai quanto sia timido, dopotutto…” Alex era abbastanza sicuro che avrebbe dovuto sentirsi offeso, ma era troppo disorientato per preoccuparsene. ‘Che cosa sta cercando di fare Ed? Dove vuole arrivare…?’ “Magari faccio una chiamata ai genitori di Danielle, eh? Sei libero stasera, gius-?”
CRASH!
Le stoviglie insaponate sbatterono contro il lavello con abbastanza forza da frantumarne la pietra; l’intera famiglia sobbalzò sorpresa, voltandosi verso Edward con gli occhi spalancati. Stava stringendo il bordo della vasca con le dita tremanti, il sopracciglio destro che scattava pericolosamente.
Alex sentì lo stomaco contorcersi. ‘Non fare stupidaggini, Fratellone-!”
Se Ed avesse o meno sentito la preghiera silenziosa di Al, nessuno lo potrà mai sapere. Comunque, cercò di ridarsi un minimo di contegno: con un respiro profondo, puntò i suoi occhi dorati sul viso sconvolto di Benjamin. “… ok, papà,” disse, la voce stranamente tesa. Alex e Rosie si guardarono con sguardi sgomenti; qualcosa non era a posto. “Sai cosa? Mi arrendo. Non so come possa dirlo in modo più chiaro, quindi andiamo dritti al punto: NO.”
“…” Il signor Elric sbatté gli occhi verso di lui, visibilmente confuso. “… scusa?”
“Non mi interessano le ragazze, papà.” Sputò, sbattendo un pugno contro il banco. Alexander e Rosalie saltarono un’altra volta, mentre i loro genitori si limitarono a fissarlo. “Non mi interessavano ieri, non mi interessano adesso, e non penso proprio che mi interesseranno un domani. Sono gay. Sempre stato, sempre lo sarò.”
Cercò di sorridere, ma finì col sembrare più una smorfia. “… Sono così, fine.”
Le interiora di Alex scomparvero – e probabilmente anche quelle di suo padre. Si sedette lì, annaspando… sua moglie non sembrava più stabile, al contempo allarmata e stupita. Rosie, d’altra parte, sapeva esattamente come si sentiva: impanicata; guardava Edward con uno sguardo che urlava chiaramente ‘Che cazzo stai facendo, idiota!’
Ma non disse niente.
C’era solo silenzio.
X
Dicembre, 1929
Caro Al,
Ho deciso che siamo una maledizione. Per forza, visto tutta la merda che lasciamo dietro di noi. Merda come la depressione. La depressione sembra perseguitarci. E non solo nel senso emotivo, haha. No…
La borsa è crollata a Ottobre. La chiamano la “Grande” Depressione. Quella in Germania era molto simile a questa… solo che stavolta non possiamo scappare. Siamo in bancarotta. Non tanto quanto la maggior parte delle famiglie, grazie al cielo, ma abbiamo pochi soldi. Ho perso il mio lavoro al bar – quel dannato divieto è stato approvato. Quindi anche se non avessi voluto, lo avrei perso comunque. Stanno tutti perdendo il lavoro… beh, quasi tutti. Ho qualche amico di alto rango sociale – conosci tante persone grazie all’alcohol – e ci hanno assicurato po’ di lavoro. Niente di che, ma è sufficiente per sopravvivere.
Annya ci ha aiutato quanto ha potuto: ha venduto i suoi vestiti in più e i giocattoli, e sacrificato i suoi fogli preziosi per il fuoco; si è addirittura offerta di lavorare in fabbrica. Non avrei voluto sentirlo, comunque – ho visto cosa fanno ai bambini qui. Così alla fine si prende cura della casa mentre noi siamo a lavoro. Come ricompensa, le raccontiamo qualcuna delle nostre storie. Visto che non può più scriverle, le memorizza – ci compone sopra persino della musica e la canticchia mentre lavora, così da riuscire a imprimersela nella memoria. È un po’ disturbante, davvero, sentire pezzi della tua vita canticchiate dalla tua figlia surrogata mentre pulisce il forno. Ma è anche carina. Tu hai cominciato a chiamarla la nostra piccola Ziegfeld Folly. Anche lei ride quando lo fai.
… è bello… essere ancora capaci di ridere. È confortante, davvero, sapere che non siamo messi così male, che possiamo continuare ad andare Avanti, non importa quando le cose sembrino tetre.
Ci potrebbero essere tempi difficili davanti a noi, Alphonse, ma sono sicuro che potremmo affrontarli insieme.
—Ed
XXX
Dun dun DAAAAA! Cliffhanger! EEEEK! (Scappa urlando dai lettori.)
Ricordate, se mi uccidete, non posso aggiornare! (si nasconde) (PS. Ho fatto I calcoli, in caso qualcuno se lo chiedesse – nel momento in cui incontrano Annya, Ed ha 22 anni e Al ne dimostra fisicamente 17. Annya, come detto prima, ne ha 12.
Giusto per farvelo sapere.
Yup.
(torna a nascondersi))
Note della traduttrice: Pensavate che fossi morta eh? E invece no.e_e Dunque, che dire. Ci ho messo l’eternità – perdono perdono perdono!*si inchina mille volte* Ma purtroppo sono stata qua e là e tra gli esami, le vacanze, e altre fic che ho scritto Skeletons è finita nel dimenticatoio. Ma è tornata e spero di non metterci altri nove mesi per il nuovo capitolo. Maiden vi ama comunque.<3 *In inglese sarebbe as straight as a circle, e gioca sul fatto che in inglese straight voglia dire sia etero che dritto. Siccome non sapevo come renderla in italiano, l’ho lasciata così. >_<’
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