I'm Miko

di Francilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ciao, io sono Miko. ***
Capitolo 2: *** Amiche per sempre ***



Capitolo 1
*** Ciao, io sono Miko. ***


I'm Miko

 

Ciao a tutti, io sono Miko, ho 16 anni - e anche se conduco una vita al quanto “straordinaria”- mi ritengo una ragazza come le altre.

Anche se forse non è proprio così.

Ho una famiglia stupenda: mia madre, mio padre e i miei due fratelli; sono i membri che la compongono, poi ci sono io.

All'esterno possiamo sembrare una “tipica” famiglia nippo-americana, ma a dirla tutta e senza troppi giri di parole, siamo cacciatori di mostri. Da generazioni le famiglie di mio padre e di mia madre, si fanno carico di un gravoso fardello: proteggere le persone dai mali che si annidano e impestano queste terre.

Demoni, vampiri, diavoli, fantasmi, lupi mannari, zombie e tanto altro. Tutto ciò che può impedire alle persone “ignare”, di avere una vita tranquilla e longeva, viene letteralmente seppellito da queste persone che si chiamano Cacciatori.

Ci sono cacciatori in ogni dove, dal Giappone, nonché terra natia di mia madre, all'America e ancora Italia, India, Africa, ecc. Ovunque ci siano ignari ci sono anche mostri e Cacciatori.

 

E così nella minuscola cittadina di Salt Road, in California, che può vantare un discreto numero di abitanti ( 1.340 ) ci sono ben cinque persone ben armate contro i maligni.

 

La mia famiglia nonostante questo è abbastanza normale, mio padre Loris ad esempio è lo sceriffo del posto, tutti lo adorano e gli portano grande rispetto o quasi, inoltre ha istruito alcuni degli agenti al suo comando. Per istruire intendo dire che gli ha rivelato la verità sulla nostra famiglia e sui mostri, sui pericoli arcani che si nascondono in ogni angolo del pianeta. Istruendo una persona ignara la si rende consapevole, questi sono termini che potremmo definire tecnici e di uso comune tra i cacciatori.

Mia madre Yuki invece, prima della mia nascita era insegnate di storia nella mia attuale scuola, adesso si dedica completamente alle faccende da casalinga.

I miei due fratelli infine sono i famigerati gemelli Nicolas e Tommen, diversi come il sole e la luna all'interno ma uguali come gocce d'acqua all'esterno. Tom e Nic, come li chiamano i loro amici ed io, hanno iniziato da poco a lavorare part-time come fattorini delle pizze, ma investono la maggior parte del loro tempo ad allenarsi, studiare suoi libri segreti di famiglia e andare a caccia. Che sia una caccia per rimorchiare qualche bella ragazza o qualche famelico mostro, poco importa sono molto capaci in entrambi i casi.

I gemelli hanno ben quattro anni in più di me e oltre alla differenza d'età, l'altezza è l'unica altra cosa che ci distingue. Insomma io sono alta soltanto un metro e sessantaciunque mentre loro sembrano superare il metro e novanta, tutta colpa dei geni.

E bene si, io ho ereditato tutto da mia madre che è solo pochi centimetri più alta di me, mentre i miei fratelli sono poco più alti di papà. Io e la mamma ci somigliamo molto, entrambe abbiamo lisci capelli neri, occhi a mandorla, nasi minuscoli, l'unica cosa che ho ereditato da mio padre è il colore degli occhi. I miei occhi infatti sono di un bel colore azzurro, che per ora è mio unico vanto in capo estetico. Sono minuta, magrolina e non arrivo mai agli scaffali più alti, sono pessima negli sport e odio i film horror, che invece riscuotono grande successo nella mia famiglia.

 

Escludendo le notti passate a caccia di mostri nei boschi, conduciamo una vita abbastanza abitudinaria.

Ogni mattina ci svegliamo, facciamo colazione insieme e poi io vado a scuola, mio padre a lavoro, mentre i miei fratelli e mia madre si dedicano alla ricerca di possibili nuove o vecchie minacce.

Proteggere una città dal male non è semplice, monitoriamo costantemente il territorio in cerca di tracce, indizi e quant'altro che possa portarci al covo o tana di un mostro.

Mostri, è così che mio padre vuole che chiamiamo ciò a cui diamo la caccia, sin da piccoli io e i gemelli, e così i nostri genitori prima di noi, siamo stati addestrati per stanare e sterminare le minacce.

Una volta suonata l'ultima ora di lezione torno a casa, dove studio materie come: storia dei clan, anatomia dei maligni, tecniche di sopravvivenza e ancora tanto altro.

Non c'è sosta, non c'è un giorno in cui mio padre non mi insegni qualcosa che possa essermi utile per il mio futuro da cacciatrice di mostri.

 

Salt Road è una piccola città e ha bisogno di essere protetta” mio padre me lo ripete da quando ho dieci anni, il mio futuro sarà proprio questo: proteggere la città.

 

Almeno questo è quello che tutti si aspettano da me.

 

I miei fratelli devo dirlo, sono decisamente più bravi di me, quando andiamo a caccia sui loro volti non si scorge la benché minima emozione o sentimento, i loro volti sono fissi in un'espressione seria. Sono loro la maggior parte delle volte a stanare i maligni, non perdono mai le tracce ne la calma. In breve sono divenuti i miei modelli, degli esempi, degli eroi che vorrei poter emulare.

 

Ricordi di una notte”

 

Si, ricordo la mia prima volta, la prima caccia.

Erano ormai le tre di una notte buia, nuvolosa e gelida. L'inverno era alle porte e mancavano pochi giorni ad Halloween. Io dormivo sonni tranquilli cullata dal canto della mia defunta nonna paterna.

 

Ah! Giusto forse ancora non vi ho detto che mi capita spesso di vedere, soprattutto sognare, persone morte. Si potrebbe più semplicemente dire che, a causa di alcune persone dotate di tali poteri nonché parenti da parte di mia madre, anche io abbia acquisito ben presto la capacità di vedere cose come i fantasmi, altrimenti invisibili.

Ma tornando a noi. Tenevo stretto il mio cuscino mentre la testa era interamente coperta dal piumone, che manco a dirlo mi teneva al calduccio. Sognavo come spesso capita, mia nonna paterna, lei mi parlava delle sue avventure da cacciatrice, di come aveva incontrato durante un raduno quello che sarebbe diventato suo marito.

Eravamo lì sedute sul divano di una vecchia casa che urgeva di una ristrutturazione, dalle pareti ammuffite con ragnatele ovunque, la nonna mi parlava mentre in sottofondo c'era il suo canticchiare allegro.

-Miko, spero tu sia pronta-

Mi disse poi cambiando completamente discorso.

-Pronta per cosa?-

Le chiesi curiosa.

Lei mi si avvicino e prese una ciocca dei miei lunghi capelli neri tra le mani, iniziando a pettinarmi quella ciocca corvina con l'ausilio delle sue dita affusolate e ossute dalla pelle piena di rughe, una pelle tanto sottile da far intravedere le vene verdognole che si ramificavano subito sotto.

Le mani dei vecchi mi hanno sempre inquietata lo devo ammettere.

Continuando a pettinarmi la nonnina sorridente e apparentemente orgogliosa mi disse:

-Questa notte tu parteciperai alla tua prima caccia. Su svegliati piccola mia, tuo padre busserà alla porta tra qualche minuto-

 

Mi svegliai subito dopo. Scostai le calde coperte, mi stiracchiai allungando le braccia al cielo, strofinai gli occhi con le mani e gettai i piedi giù dal letto. Andai all'armadio e scostando tutti gli altri abiti appesi sulle stampelle, presi quelli che mio padre chiama “tuta da lavoro”. Pantalone nero fatto principalmente in tessuto elastico e cotone, ideale per la caccia dato che non intralcia i movimenti. Abiti traspiranti, tutti neri, la felpa dal cappuccio largo ha impresso su un lato uno stemma ben preciso, quello della mia famiglia.

Ogni famiglia di cacciatori ha il proprio stemma. Il nostro, come tutti gli altri ha un significato e ci differenzia dalle altre famiglie. Un mezzo scudo con sopra il sole e la luna accostati l'uno all'altra. Lo scudo spezzato significa che la mia famiglia è solo una parte di una famiglia più grande, come un ramo cadetto, mentre il sole rappresenta mia madre che viene dalle terre ove il sole nasce, mentre la luna è mio padre, che appunto è nativo delle terra dove il sole tramonta.

Indossai in fretta il tutto, allacciai stretti gli anfibi di pelle nera e lucida e agguantai il mio borsone.

 

Il borsone è un altra cosa di cui nessun cacciatore può far a meno. Armi, torce, munizioni,bestiari portatili, veleni e antidoti, abiti di ricambio, bombe incendiarie, accecanti o lacrimogeni. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno quando ne abbiamo bisogno. Ma a guardarlo sembra un qualunque borsone a tracolla che all'evenienza può essere portato in spalla come uno zaino.

In particolare nel mio a quei tempi, quando giunse il momento della prima caccia, dentro vi era una pistola nove millimetri con proiettili d'argento, una torcia, un paio di lacrimogeni e una piccola lista dei mostri tipici della zona.

 

Una volta pronta aspettai che, come mia nonna mi aveva detto in sogno, mio padre venisse a bussare alla porta della mia stanza. Aspettai ferma con gli occhi fissi in direzione della porta e finalmente mio padre venne. Lo sentì battere forte un pugno sulla porta.

-Miko svegliati e preparati-

Urlò lui.

Ricordo ancora oggi quanto emozionata fossi, finalmente mio padre mi riteneva pronta per partecipare alla caccia, eppure provavo emozioni contrastanti. Ero felice per la fiducia che la famiglia riponeva in me e allo stesso tempo avevo paura.

 

Avrei avuto paura nell'affrontare un mostro? Le mie mani avrebbero tremato? Avrei esitato a porre fine alla vita di un altro essere vivente per quanto mostruoso fosse?

 

Tante domande mi facevano esitare, tremare e sospirare. Ma alla fine con il coraggio ritrovato uscì dalla mia stanza e raggiunsi il resto del gruppo.

Intorno al tavolo in cucina, mia madre, i miei fratelli e mio padre controllavano che le proprie pistole fossero cariche e pronte a sparare.

-Miko ti senti pronta?-

Mi chiese mia madre avvicinandosi a me per prendermi le mani e stringerle tra le sue. Io annui cercando di mascherare la mia esitazione e le mie paura.

-Andiamo!-

Esclamò quindi il capofamiglia.

Scendemmo in fretta di casa ed entrammo in auto. Ricordo ben poco del viaggio che parve breve quanto un battito di ciglia, ma rammento le parole dei miei fratelli che spiegavano cosa stavamo per affrontare.

 

-E' stato avvistato la prima volta quattro giorni fa, sembra che non abbia mietuto vittime umane. Per ora le sue prede sono state una decina di conigli del fattore che noi tutti conosciamo come il nostro macellaio di fiducia. L'uomo che l'ha visto l'ha descritto... e cito testualmente, un cane grosso quanto un orso, con zanne orribili e lunghi artigli-

Esordì Nic prima che Tom lo zittisse e prendesse parola.

-Abbiamo cercato tracce lungo il recinto dove sono stati trovati i conigli morti, sono state rinvenute numerose tracce. Cammina principalmente su due zampe e potrebbe pesare dai cento ai cento venti, cento trenta chili. Sicuramente non è un mannaro, molto probabilmente era un uomo che è stato morso da un mannaro non alfa-

Rimasi zitta ad ascoltare tutto quello che gli altri avevano da dire, finché l'auto non si fermò proprio vicino ad una recinzione di legno, bassa e accompagnata da una rete di ferro di quelle usate per impedire a piccoli animali di scappare. Scendemmo dall'auto tutti insieme e nostro padre, nonché capofamiglia, ci fece cenno di dividerci. Io, mia madre e Tom avremmo controllato il perimetro lungo la recinzione, mentre Nic e mio padre si addentravano nel boschetto vicino.

Ricordo il silenzio rotto solo raramente dai versi degli uccelli notturni accovacciati sugli alberi e dal frusciare delle poche foglie rimaste sugli alberi. Tenevamo tutti gli occhi e orecchie ben aperti, in mano ognuno la propria torcia e la pistola, mia madre in particolare lanciava sempre uno sguardo verso il boschetto non lontano, lì dove suo marito e uno dei suoi figli si erano addentrati già da un po'.

Ma finalmente dopo una trentina di minuti, che sembravano non passare mai, il telefonino di mia madre vibrò per una chiamata in arrivo. La vidi portarsi il telefono all'orecchio e subito dopo ci fece cenno di seguirla all'interno del boschetto. Iniziammo a camminare a passo spedito all'interno di quella selva buia, in ogni ombra o piccolo rumore potevo scorgere minacce inenarrabili, frutto però solo della mia fervida immaginazione.

Raggiungemmo mio padre e Nic e lì, quatti quatti, attenti a non far rumore, ci nascondemmo pronti ad aprire il fuoco. Poco più avanti, troppo impegnato a nutrirsi per accorgersi di noi vi era il mostro, che con ferocia si accaniva sulla sua preda ormai priva di vita.

Una mucca o un cavallo, non era facile capire l'identità della povera vittima. Così come non mi era chiara la natura del carnefice. La sagoma nera si stagliava sulla carcassa che pian piano veniva fatta a pezzi e scarnificata, il rumore delle carni e delle ossa che venivano rotte, masticate e ingerite, mi faceva venir voglia di diventare vegana a vita. Le mani del carnivoro erano simili a quelle umane ma ben più grandi e provviste di polpastrelli come quelli di cani e gatti, le unghie che terminavano quegli inumani arti erano lunghe, spesse e affilate. Dalla mia posizione mi era impossibile scorgere il “volto” di quell'essere, tutto ciò che vidi oltre alle sue zampacce fu una lunga coda priva di pelo, simile a quella di un topo, e poi la folta pelliccia che lo ricopriva interamente. Il pelo sembrava essere di un grigio scurissimo con poche macchie sparse qua e la di colore più scuro, quasi nero. Ricordo il fetore di morte che sembrava pervadere, come a costituire un aura mefitica quel mostro. Feci attenzione ad ogni dettaglio, ogni odore, rumore, tutto quello che i miei sensi potevano carpire. Volevo imparare, sapevo che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di cacce, dovevo essere forte.

Ma.

Mi accorsi ben presto che sia le mie gambe che le mani iniziavano a tremare, non per il freddo, bensì per la paura. Quella bestia alta più di due metri non ci avrebbe messo molto a voltarsi nella nostra direzione, attaccarci e perchè no!? Sbranare uno di noi.

Temevo per la mia vita, il coraggio mi aveva abbandonata e probabilmente mi aspettava in auto pronto a tornare a casa, ma io proprio non sapevo come fare o cosa fare. Così alzai lo sguardo e presi a guardare mio padre.

Lontano solo pochi metri da me, il mio papà se ne stava nascosto dietro un cespuglio vicinissimo alla bestiaccia. Vidi papà con gli occhi puntati sulla belva, respirava così piano che pareva essere perfettamente immobile. Poi alzò una mano guardò nella direzione di tutti noi e rapidamente serrò la mano a formare un pugno. A tale comando, in sincrono i miei fratelli e mia madre fecero fuoco colpendo il bersaglio senza mai sbagliare, alle gambe alle braccia e alla schiena. In quella tempesta di proiettili io non ne sparai neanche uno. Tenni gli occhi chiusi, ero veramente spaventata.

Quando li riaprii mio padre era accanto a me e mi guardava impassibile.

-Vieni Miko-

Mi disse prendendomi per un braccio e costringendomi a camminare. Ma più passi facevo più avrei voluto puntare i piedi a terra, oppure urlare “no, non voglio, lasciami stare. Voglio tornare a casa”. Ci fermammo solo quando ormai eravamo già arrivati a destinazione, ovvero, proprio al capezzale di quella bestia che pur essendo ancora viva sembra voler spirare da un momento all'altro. Troppo debole per reagire, tanto dolorante da non emettere neanche un flebile rantolo. Illuminata dalla luce delle torce di tutti noi la moritura belva respirava annaspando nel suo stesso sangue, gli occhi sbarrati, il corpo traviato dai proiettili. A guardarlo meglio sembrava un gigantesco ratto, più che un lupo mannaro o un orso. I denti aguzzi, il volto dal muso a punta completamente sporco di sangue, gli occhi dalle iridi gialle e verdi erano iniettati di sangue.

-Miko dagli il colpo di grazia, dimostra di essere una degna figlia della famiglia Collins-

Io guardai mio padre, poi strinsi forte la pistola con entrambe le mani, mi feci forza e mi costrinsi a dare un'ultima occhiata all'essere.

Se pur tremante, impaurita e senza la minima idea di cosa fare o il minimo controllo sulle mie azioni, puntai la pistola, presi la mira alla bene in meglio e poi.

BANG!” un suono così forte che risuonò tutt'intorno e nelle mie orecchie.

Fu quella la prima caccia a cui feci parte.

 

END

 

Ciao a tutti, o almeno ai pochi che avranno la sconsiderata idea di leggere questo primo capitolo. Grazie per aver letto e spero vi sia piaciuto. Questo primo capitolo come i prossimi che seguiranno saranno noiosi e li userò per farvi conoscere un po' i personaggi e le loro peculiarità, se ne hanno. In particolare vi dico che nel PROSSIMO capitolo comparirà la più cara amica di Miko, così giusto per darvi uno spolier.

Bhè che dire, spero tanto che qualcuno decida di seguire questa mia storia, mi costringerò a pubblicare ogni Lunedì, giusto per iniziare bene la settimana.

Detto ciò ho detto tutto, grazie e se volete recensire mi rendete tanto felice.

Alla prossima.

 

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Capitolo 2
*** Amiche per sempre ***


Amiche per sempre”

 

Da quella notte, dalla prima caccia, ogni notte papà mi sveglia nel bel mezzo della notte, al solito orario.

All'inizio non è stato semplice tenere il ritmo, ma pian piano imparando ad andare a dormire un po' prima la sera, praticamente appena finiti i compiti, mi sono adattata a quel frenetico ritmo da doppia vita.

Di giorno sono una studentessa qualunque di sera una cacciatrice di mostri decisamente imbranata e per niente tagliata per svolgere tale impiego.

 

Ora a distanza di cinque mesi dalla prima volta, durante la caccia è raro che io abbia tanta paura da tremare.

Tutto questo non è semplice da sopportare, qualche volta vorrei tanto avere uno psicologo con il quale potermi sfogare e che possa darmi sostengo e consigli. Ma sfortunatamente una delle regole della mia famiglia è: lasciare che gli ignari restino appunto, ignari.

Ma con me per fortuna c'è Anna Robbins, mia migliore amica e confidente.

Io ed Anna siamo cresciute insieme, la sua famiglia si trasferì qui otto anni fa e sin da subito siamo diventate amiche inseparabili.

 

 

Anna Robbins

 

Era una bella giornata, piena di sole, intrisa dei profumi primaverili. Gli alberi erano in fiore, per tutto il quartiere c'erano bambini intenti a giocare, e così, coi loro schiamazzi rendevano tutto più allegro e vivo.

La mattinata trascorreva tranquilla finché, proprio nella casa accanto, che da tempo era rimasta vuota e in vendita, vidi del movimento. Attraverso una finestra scorsi una bambina intenta a correre avanti e indietro felice. Aprii la finestra e mi sporsi fuori, guardai nel viale e vidi una macchina e un grosso furgone dal quale stavano scaricando un sacco di scatole e mobili.

 

Avvisai mia madre dell'arrivo dei nuovi vicini e così come da tradizione insieme andammo a salutare. Portammo con noi una caraffa di limonata e tanti bicchieri di carta. E si vedeva che il trasloco li aveva stremati, perché ricordo che i genitori di Anna bevvero in un istante tutta la limonata.

Fu lì che incontrai Anna, la bambina tanto felice di essersi trasferita che se ne andava avanti e indietro per tutta la casa correndo e urlando quanto fosse felice. Da quel giorno io e lei passammo molto tempo insieme, praticamente ogni giorno. Finimmo per ritrovarci nella stessa classe a scuola, il che ci invogliò a fare sempre i compiti insieme.

Lei era ed è una ragazza che definirei genuina, allegra, spontanea e dolcissima. I capelli biondi a caschetto, gli occhi cerulei, la pelle baciata dal sole le mani piccole ed eleganti, alta esattamente quanto me. I miei fratelli ci hanno sempre prese in giro chiamandoci “le nane” cosa che ad Anna non è mai pesato più di tanto, ma non posso dire lo stesso di me. Ma questo poco importa.

La mia migliore amica ha così tante qualità e virtù che farei fatica ad elencarle tutte, ma penso di poter sintetizzare il tutto dicendo solamente che è molto brava in tutto ciò in cui si cimenta. Ha sempre preso lezioni di canto e di teatro, balla benissimo ogni tipo di danza, sa suonare il piano e strimpella con la chitarra. Quando canta rende tutto ciò che c'è intorno a lei più bello, sa amare il prossimo e sorride sempre. Anche mia madre, che solitamente è fredda, distaccata e acida, nei confronti di Anna si è espressa dicendo “sembra un piccolo raggio di sole”.

Un raggio di sole che pensavo potesse cambiare, che temevo si affievolisse, quando scoprì la verità.

Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui Anna scoprì la verità, quando smise di essere un ignara adolescente per divenire una persona consapevole.

Era il primo giorno di liceo, c'eravamo preparate la sera prima i vestiti da indossare, ci siamo truccate un po' ed eravamo felici di iniziare un nuovo anno, un nuovo periodo della nostra vita. Scuola nuova, buoni propositi e mille aspettative o speranze.

Camminavamo l'una accanto all'altra, in spalla gli zaini comprati solo poche settimane prima, nuovi di zecca ma già pieni di pupazzetti e scritte fatte con pennarelli indelebili. Ricordo che parlavamo di varie cose come il trovare un fidanzato, farsi tanti nuovi amici e di come fosse opprimente vivere in una minuscola città come Salt Road. E poi quella serenità fu interrotta drasticamente. Sentimmo il rumore dei freni di un'auto che stridono, le ruote che slittano sull'asfalto, un tonfo. Qualcuno era stato investito. Era a pochi metri dietro di noi, ci voltammo e rimanemmo in silenzio. Steso a terra con le fauci spalancate vi era qualcosa di inumano. Il pelo del color del miele, poteva sembrare a primo impatto un lupo troppo cresciuto. Grosso due o tre volte quanto un lupo normale quello che i soccorritori credevano di avere avanti sembrava nulla di un canide, dal pelo sporco di sangue e la bocca aperta. Inerme, gli occhi ancora aperti, apparentemente senza vita.

 

Miko” fu in quel momento che come se fosse proprio accanto a me in quell'istante, sentii la voce di mio padre. “I mannari quando assumono sembianze animali possono sembrare dei lupi, l'unica differenza è la loro stazza. Sono più grossi dei lupi normali, gli alfa addirittura possono raggiungere i due metri di altezza se li si misura mentre stanno a quattro zampe. Quindi ti lascio immaginare quanto siamo grandi in realtà.”. In testa mi si illumino come una lampadina, un idea, un pensiero.

-Non vi avvicinate è pericoloso!-

Urlai a squarciagola ai soccorritori che stavano aiutando il conducente tramortito ad uscire dalla sua auto, senza prestare attenzione all'animale steso a pochi metri da loro. Avanzai di qualche passo, volevo avvisarli, ma Anna mi afferrò lo zaino che avevo in spalla e mi strattonò indietro.

-Dai Miko andiamo-

Disse lei, non amava il sangue anzi al solo vederne un po' era anche capace di svenire.

-Anna non puoi capire, quello non è un lupo. Ed è vivo-

Non feci in tempo a finire quelle parole che come temevo potesse accadere, il lupo mannaro sdraiato a terra, accortosi che nessuno gli stava prestando attenzione, si alzò. Scosse la testa e in un baleno balzò bramoso su uno dei soccorritori. Saltò addosso all'uomo intento ad aiutare il conducente e in un attimo strinse le sue fauci, una morsa potente, intorno alla testa del tale. Tirò a se la sua vittima e senza alcuno sforzo ne strappò via la testa. Il sangue uscì fuori copiosamente e colorò di rosso la strada, poi fu il turno di tutti gli alti. Impietrite e a meno di una ventina di metri dalla scena, io ed Anna rimanemmo a guardare.

-Se un mannaro muore riacquista le fattezze umane a meno che non venga colpito da un'arma in argento-

Borbottai io ricordando ciò che mio padre mi aveva insegnato. Quelle parole mi uscirono di bocca senza controllo, tant'è che pensavo fossero solo nella mia testa.

Me ne ero ricordata o meglio avevo ricordato per filo e per segno il giorno in cui mio padre me lo aveva insegnato. Fu come un flash beck.

-Dobbiamo andare via-

Dissi ad Anna. Lanciai un'ultima occhiata al mannaro intento a ridurre in brandelli le sue vittime e poi afferrai la mia amica per un braccio. La tirai con forza per scuoterla da quella specie di trance.

-Anna è pericoloso, dobbiamo andare-

Le dissi e lei finalmente capì. Iniziammo a correre mano nella mano il più veloce possibile, dovevamo allontanarci da lì. Arrivammo a scuola e lì chiamai mio padre, lui era già al corrente di quello che era successo.

-Sto venendo a prenderti, oggi niente scuola per nessuno-

Disse digrignando i denti il mio papà.

 

Mio padre, lo sceriffo della città diramò un avviso, un pericolosissimo animale si aggirava per le strade di Salt Road, era meglio evitare di uscire di casa, le scuole erano state chiuse, gli studenti rimandati a casa. Fu istituito un coprifuoco, nessuno doveva uscire dopo le otto di sera e in ogni caso era concesso uscire solo per emergenze, la polizia si sarebbe presto occupata dell'eliminazione dell'animale, ma non garantiva la protezione a chi non avrebbe rispettato il coprifuoco.

Papà ci venne a prendere, io ed Anna salimmo sulla volante dello sceriffo e tornammo a casa. Ricordo che ci tenevamo per mano e non ci lasciavamo mai. Io si avevo paura ma sapevo cosa avevo visto, mentre la mia amica ancora non riusciva a comprendere cosa fosse accaduto veramente.

-Allora Anna, cosa ricordi?-

Lo sceriffo decise di interrogarci come uniche testimoni dell'accaduto e così seduti nel salotto di casa nostra l'interrogatorio ebbe inizio.

-Io...-

Farfugliava, balbettava e a tratti sudava freddo, la mia amica non la stava prendendo per niente bene. Così decisi di parlare io per prima, sperando che con un po' di tempo in più a disposizione, magari sarebbe riuscita a trovare un senso.

-Papà, io ed Anna stavamo camminando verso scuola quando abbiamo sentito un'auto che frenava. Ci siamo girate per vedere cosa fosse accaduto, abbiamo visto che un lupo era stato investito-

Anna annui alle mie parole e finalmente sembrò sbloccarsi e iniziò a parlare.

-Poi quel lupo si è alzato e ha aggredito delle persone-

Borbottò lei intimorita.

-Si è vero, erano delle persone che erano andate ad aiutare il conducente dell'auto. Poi siamo corse via-

Dissi io frettolosamente.

Anna era titubante sembrava lì lì per chiedere qualcosa, così io con un gomito le punzecchiai un fianco per spronarla a parlare.

-S...signor Collins-

Mormorò lei indecisa.

-Si Anna cosa c'è?-

Chiese mio padre sporgendosi nella sua direzione per sentirla meglio.

-Quello non era un lup... insomma era troppo grosso-

-Bhè... ci sono alcuni animali un po' fuori misura, capita che...-

Mio padre fu interrotto da ciò che la mia amica disse subito dopo.

-Quando eravamo lì Miko ha parlato di...-

Mi portai una mano alla faccia quasi a volermi schiaffeggiare da sola. Avevo parlato a voce alta, avevo detto che i mannari quando muoiono riacquistano fattezze umane.

-Cosa ha detto Miko?-

Ci fu un istante interminabile di imbarazzante e snervante silenzio, poi finalmente Anna parlò.

-No, nulla. Sono molto stanca, posso tornare a casa?-

Mio padre annuì e in separata sede mi disse di andare a dormire da Anna “ci sarà una lunga caccia stanotte, sarei più sicuro se tu non stessi da sola in casa” mi disse. E fu così che passai la notte con Anna. La mattina mi svegliai con la strana sensazione di essere osservata, infatti la mia cara amica mi fissava insistentemente.

 

-Anna perché mi guardi?-

Le domandai.

-Miko... che cos'è un mannaro? E non mentire altrimenti non ti parlerò mai più-

A quella minaccia vuotai il sacco. Le mostrai un bestiario che utilizzavo per studiare, le spiegai dei cacciatori, le raccontai la storia della mia famiglia. Le dissi tutto, non solo perchè avevo paura di perdere la sua amicizia, ma anche e soprattutto perchè temevo che un giorno Anna ritrovatasi da sola davanti ad una minaccia a lei ignota, avrebbe avuto la peggio.

Fu anche questo a rendere più solida che mai la nostra amicizia, lei conosceva il segreto della mia famiglia e sapeva che non c'era da preoccuparsi perchè qualunque minaccia si fosse fatta avanti, i miei familiari avrebbero protetto la gente di Salt Road.

 

 

 

Finalmente, il destino mandò a me una persona con la quale potermi sfogare, con la quale essere amica e non dover mai mentire. Anna è una ragazza dallo spirito solare e indomito, di quelle che dopo aver scalato un monte, magari dopo una doccia, andrebbero subito ad una festa o a qualche concerto. Mentre io passerei volentieri il mio tempo a poltrire, guardando qualche telefilm, insomma una pigrona come tante altre.

Eppure, nonostante le differenze caratteriali e i difficili segreti da mandar giù, io ed Anna siamo sempre rimaste amiche.

Non so proprio come avrei fatto senza di lei, soprattutto quando iniziai a vedere i fantasmi.

 

Quello fu sicuramente un periodo nero per me. Passavo le mie giornate all'aperto, di notte avevo paura a dormire da sola, mi svegliavo dopo aver fatto incubi macabri e raccapriccianti. Ero inquieta e i miei nervi erano a fior di pelle, tesi come corde di violino. Non sapevo come spiegarlo alla mia famiglia, non sapevo come affrontarlo.

Ma già dalle prime ombre portate dal tramonto, nella penombra alcune forme e bisbiglii sinistri emergevano come se i morti volessero ritornare a galla dal loro oblio.

Anna mi rimase sempre accanto, non mi lasciò mai sola.

-Miko ti ricordi quando quel mannaro staccò la testa a quel tizio?-

Mi domandò all'improvviso Anna mentre io ero intenta a tremare di paura dopo aver visto il fantasma di un anziano, che a quanto mi aveva detto prima abitava in una casa vicina alla nostra.

-Si, mi ricordo-

-Bene, tu mi sei rimasta vicina, mi hai aiutato a capire e ora non ho più paura. E so che se mai dovessi vedere un lupo fuori misura devo darmela a gambe. Ora è arrivato il mio momento, questa volta sarò io ad aiutare te-

La mia amica mi abbracciò così forte da soffocarmi quasi, sentivo mentre mi stringeva a se, che la mia gabbia toracica stava per cedere e i polmoni erano come limoni spremuti pronti da buttare.

-Anna mi stai uccidendo-

Le dissi provando a liberarmi.

-Meglio, così una volta morta non vedrai mai più i fantasmi, al massimo sarai una di loro-

Esclamò ridacchiandosela sotto i baffi. Poi fortunatamente decise di avere pietà di me, liberandomi.

-Ho paura, rimani a dormire qui stanotte?-

Le domandai facendole letteralmente gli occhi dolci. Lei mi sorrise e mi tirò i capelli.

-Ma certo fifona, se vuoi posso anche trasferirmi qui per sempre-

 

Quella notte Anna mi tenne la mano finché io, stanca morta, non crollai dal sonno e mi addormentai.

Pian piano iniziai ad abituarmi a quello che vedevo e anzi provavo a capire. Ci vollero alcuni mesi per farci completamente l'abitudine ma alla fine riuscii persino ad avere dialoghi costruttivi con ciò che rimaneva dei defunti.

Fuochi fatui, spiritelli, anime in pena, fantasmi, poltergeist e quant'altro; cose completamente invisibili a chi non è dotato della capacità particolare che io stessa ho ereditato.

 

 

Una volta conosciuta Anna sentì che dentro di me un vuoto si era in parte colmato, non ero più sola. Il mio mondo cambiò e mai avrei immaginato che un secondo incontro di li a poco, avrebbe letteralmente sconvolto la mia vita per sempre.

 

END.

 

 

 

Ciao, a chi è giunto sin qui, a questo fatidico secondo capitolo dico ancora grazie.

Come avevo annunciato già alla fine del primo capitolo, non sto facendo nient altro che far conoscere i personaggi in particolare la nostra protagonista e poi ovviamente chi le sta più intorno. Nel terzo capitolo vedremo come un ulteriore incontro innescherà i meccanismi del destino di Miko.

E bene detto questo, vi invito a continuare a seguirmi e non perdetevi il prossimo capitolo che pubblicherò lunedì prossimo se non troverò il tempo di farlo prima. Se dovessi trovare tempo per terminare il terzo capitolo, pubblicherò prima di lunedì, si vedrà.

Alla prossima quindi e grazie ancora.

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