The Maze Runner - Stato Terminale

di Andys_Universe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sola ***
Capitolo 3: *** Un nuovo mistero: Teresa ***
Capitolo 4: *** La causa di tutti i mali ***
Capitolo 5: *** Sospetti ***
Capitolo 6: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 7: *** Fiducia ***
Capitolo 8: *** Mi fido di te ***
Capitolo 9: *** Tradimento ***
Capitolo 10: *** Braccio Destro ***
Capitolo 11: *** Interferenze ***
Capitolo 12: *** Il ritrovo ***
Capitolo 13: *** In contro alla salvezza ***
Capitolo 14: *** Risposte ***
Capitolo 15: *** C'e sempre un altro modo ***
Capitolo 16: *** Bomba a orologeria ***
Capitolo 17: *** Finzioni e messe in atto ***
Capitolo 18: *** L'uno senza l'altro ***
Capitolo 19: *** Appesa a un filo ***
Capitolo 20: *** Capitolo speciale ***
Capitolo 21: *** Fuori controllo ***
Capitolo 22: *** Stanza di reclusione ***
Capitolo 23: *** Fino all'ultimo respiro ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***
Capitolo 25: *** FINALE ALTERNATIVO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 



Mi sentii fluttuare nel nulla per un tempo infinito, ma sapevo che non poteva essere tanto quanto avevo immaginato. Nel Pass Verticale il tempo era dilatato rispetto alla realtà, ti sembrava di cadere per giorni invece era solo per qualche minuto. 
Non sapevo come facevo a saperlo, ma non ci pensai a lungo. 
Chiusi gli occhi dopo che ebbi sbattuto la schiena contro qualcosa di duro. Tastai il suolo con le mani, era sabbioso e bollente, tanto che mi bruciò la pelle nuda. 
Dietro le palpebre chiuse, riuscii comunque a vedere il sole. Aprii gli occhi spinta dalla curiosità e studiai il globo giallo rosseggiante sopra la mia testa, ancora non mi ero alzata in piedi. 
Poi mi ricordai dei miei amici e il silenzio che vigeva in quel posto mi fece salire il panico.
Scattai in piedi quando divenni consapevole del fatto che loro non fossero li con me. 
...


Spazio Autrice

Ciao Pive, sono di nuovo qui con il sequel che vi avevo promesso :D
Spero che il prologo vi sia piaciuto (anche se è breve) e che lascerete una recensione... Intanto vi aspetto al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** Sola ***


Capitolo 1
 

Zona Bruciata. 
Era così che la Page aveva chiamato quel luogo. Be' il nome era inconfutabilmente azzeccato, il terreno era arso dal calore del sole così come lo erano quei pochi alberi sparuti in lontananza. 
Tossii, avevo la gola secca e un disperato bisogno di bere. Cercai di convincermi che andava tutto bene e che sarei riuscita a sopravvivere fino a quando non avrei trovato Thomas e gli altri
C'erano almeno una decina di palazzi all'orizzonte, cercai di aguzzare la vista per scorgere qualcosa in più, ma fu tutto inutile. 
Cominciai a camminare sul terreno sabbioso e cocente mentre tutti i pensieri giravano intorno ai ragazzi. Era indispensabile che li trovassi e se erano la dovevo raggiungerli.
Il vento soffiava forte e la cosa era strana perché aveva iniziato proprio quando avevo preso a muovermi. Sollevava cavalloni di sabbia che mi impedivano di scorgere il paesaggio in lontananza, imprecai gettandomi a terra.

«Oh grandioso! Questo vostro tentativo di fermarmi è patetico!» gridai e digrignai i denti contro il cielo come se li potessi vedervi, in una smisurata grandezza, il volto dai lineamenti duri di Ava Page.

Qualcosa affianco al mio piede si mosse veloce. Scattai all'indietro spingendomi con le mani, mi scottai ancora una volta. Poco dopo vidi quella che mi era sembrata, a prima vista, una lucertola, scappare via infilandosi sotto la sabbia. Doveva essere una lucertola geneticamente modificata, perché avrei giurato di vedere i suoi minuscoli occhietti brillare di un rosso acceso e la sua pelle brillare al sole come fosse metallo. 
Scrollai il capo, dovevo essere impazzita. Il sole oltre che alle mani mi stava friggendo anche il cervello. 
Avevo bisogno di un riparo.

Ripresi a camminare accompagnata dal soffio prepotente del vento. Cercai di coprire naso e bocca con un pezzo di stoffa che avevo strappato dalla maglia, ma il risultato che ottenni fu una bruciatura all'addome per la pelle esposta al sole. 
Continuai il viaggio, per quelle che mi sembrarono ore, verso un luogo che neanche riuscivo a vedere. A volte dovevo fermarmi e far cessare il vento di sabbia per accertarmi che i palazzi mezzi distrutti che avevo visto in lontananza ci fossero sul serio. 
Feci un sospiro, erano più vicini dell'ultima volta. Quando finalmente li raggiunsi, si era fatto buio. Non rimasi sorpresa nel sentire il silenzio tombale che regnava intorno a me. L'odore di muffa e putrefazione aleggiava ad ogni angolo e improvvisamente ricordai ciò che mi aveva detto la Page, li abitavano quelle persone il cui cervello era stato compromesso del tutto dall'Eruzione. 
Improvvisamente sentii rumori ovunque, scricchiolii, mormorii, lamenti. Almeno il vento di sabbia era cessato e riuscivo a vedere se qualcuno o qualcosa mi avesse attaccata.

«C'è nessuno?» la voce tremò. Mi guardai attorno con un'espressione mesta e impaurita sul volto. Era tutto distrutto li, proprio come aveva detto Ava, i palazzi erano alti, ma la maggior parte erano crollati per metà, le finestre erano rotte e la vernice grigia dei muri si spellava come la buccia di un'arancia.

«Sono qui.» gracchiò qualcuno, mi irrigidii e mi voltai verso la fonte del rumore.

Le ginocchia tremarono. «Chi sei?»

Una risata profonda mi fece ghiacciare sul posto, l'ambiente era diventato spaventosamente freddo. 
«Gervaso mi ha rubato il naso, non fateci caso...» grugnì e un'ombra nera comparve dall'angolo di un palazzo. Indietreggiai quando l'odore di putrefazione mi invase le narici. L'uomo uscì allo scoperto e io chiusi gli occhi per lo spavento. Forse nemmeno questo posto era reale, forse se avessi pensato intensamente che quella cosa sarebbe svanita allora lo avrebbe fatto. Avevo la sua immagine impressa nella mente, i vestiti strappati e lerci, la pelle staccata dal corpo come la vernice sulle pareti, il sangue sui denti perennemente digrignati. Provai un conato di vomito quando notai due cavità vuote proprio li dove dovevano esserci gli occhi. «io non volevo ma non l'ho dissuaso!» continuò sputacchiando a destra e a manca. Mantenni le distanze, ma lui continuava a camminare nel buio proprio nella mia direzione. Mi chiesi come faceva a sapere dove fossi se non poteva vedere, ma avevo la sensazione che la risposta mi avrebbe spaventata terribilmente, così lascia perdere.

«Chi è Gervaso?» domandai, qualcosa sotto la mia scarpa scricchiolò e per un attimo temetti uno scatto in avanti di quell'essere.

«Sono io Gervaso.»

«Che cosa vuoi da me?» Trattenni il fiato, più si avvicinava più l'odore nauseante aumentava. Era a pochi passi da me, rabbrividii.

«Voglio il tuo naso!» rise malignamente e la sua voce catarrosa mi rimbombò nella testa. Il mio cuore smise di battere quando l'uomo allungò una mano verso di me tentando di afferrarmi un braccio. Per un attimo mi sembrò di sentire il gelo della sua stretta sulla pelle bollente, la sua mano ruvida come la pietra e il senso di disgusto pervadermi nel sapere che quella creatura deplorevole mi stava sfiorando. Ma, solo dopo essermi ripresa dallo shock, mi resi conto di essermi immaginata tutto perché l'uomo, che diceva di chiamarsi Gervaso, era stato scaraventato a una decina di metri di distanza da me. Non mi aveva neanche toccata, qualcosa glielo aveva impedito, una specie di scudo invisibile che si era attivato una volta avvertita la minaccia e che l'aveva scaraventata via prima che potesse farmi del male. 
Scappai lontano da li prima che Gervaso provasse ad avvicinarsi una seconda volta.
...

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Capitolo 3
*** Un nuovo mistero: Teresa ***


Capitolo 2
 

Avevo dormito in un edificio apparentemente abbandonato - non potevo esserne del tutto certa - con la sicurezza che niente e nessuno si fosse potuto avvicinare a me. La presenza di quella specie di barriera mi faceva sentire protetta e non era male in fin dei conti. 
Mi svegliai del tutto quando i lamenti e le grida degli Spaccati, le persone colpite dall'Eruzione, si fecero più forti e vicine. Udii un colpo di pistola non lontano dalla porta di entrata che mi fece sussultare dalla paura.

«Era l'ultimo colpo.» disse la voce di qualcuno. Era Newt, lo riconobbi all'istante. Mi era mancato così tanto in quei giorni e ora era talmente vicino che non potevo crederci. «Siamo nella splof fino al collo.»

Mandai giù il groppo che mi si era formato in gola, grande quanto una noce e restai in ascolto.

«Come ne usciamo?» chiese Thomas. «Sono troppi.»

Thomas. I sentimenti mi sopraffecero del tutto al suono della sua voce. Chiusi le palpebre e quando le riaprii, sentii gli occhi pizzicarmi per via delle lacrime.

Devi aiutarli Riley.

Una voce nella mia testa arrestò l'imminente pianto, per un attimo pensai che fosse la mia coscienza, ma quando parlò di nuovo, fui certa che non lo fosse.

Sono in pericolo. Usa la barriera.

Era una voce, vera, la voce di una ragazza.

Chi sei?

Mi parve di dirlo ad alta voce, ma le parole non uscirono mai dalle mie labbra. Era come parlare con la propria coscienza, provai una sensazione conosciuta e sconosciuta allo stesso tempo.

Non c'é tempo per spiegare ora, va da loro, aiutali.

Okay.

Riuscii a convincermi del fatto che non fossi impazzita e le diedi ascolto, malgrado non la conoscessi. Evitai di pensare che fosse stata la Page a farla entrare nella mia mente e mi avvicinai alla porta.

Ah Riley, prima che tu vada...

Si?

Mi guardai attorno come se potessi trovarvi il corpo dal quale proveniva la voce.

Loro non potranno vederti.

Perché no?

Inutile dire che nessuno rispose a quella domanda. Iniziò a salirmi una gran quantità d'ansia al pensiero che Newt e Thomas, il mio ragazzo e mio fratello, non avrebbero potuto vedermi. 
Spalancai la porta trattenendo il respiro. L'afa mi colpì il volto. L'odore di putrefazione mi fece arrossare gli occhi. La vista di Thomas e Newt in un angolo mi spezzò il cuore.

«State lontani da loro!» gridai e nello stesso tempo mi chiesi se i due ragazzi fossero in grado, almeno, di sentirmi. Ebbi la risposta quando il gruppo di Spaccati dai vestiti stracciati e gli occhi infossati furono gli unici a voltarsi nella mia direzione.

Una donna sulla sessantina fece un passo avanti, le mancavano la metà dei capelli e la sua pelle era increspata come carta pesta, pensai che non avrebbe potuto farmi più paura di così, poi mostrò i denti e dovetti ricredermi, erano per la maggior parte neri e scheggiati. Gli occhi iniettati di sangue. Non riuscivo davvero ad immaginarmi in quello stato, perché ero consapevole che prima o poi il virus avrebbe cominciato a mostrarne i segni.

«Tommy, che caspio stanno guardando secondo te?» chiese Newt con la schiena premuta contro al muro.

Thomas squassò il capo. «Non lo so, ma non voglio stare qui per scoprirlo.»

Mio fratello - ancora non mi ero abituata a chiamarlo in quel modo - posò la mano sul petto di Newt, strinse la stoffa della maglia sotto il palmo e lo trascinò via. Cercai di non guardare mentre si allontanavano, ma non potei evitare di sentire il mio cuore spezzarsi ancora una volta.

Nel frattempo una decina di Spaccati presero a camminare nella mia direzione, io aspettai, attesi che fossero abbastanza vicini per poi vederli scaraventati lontano da me. Nell'aria si avvertiva un'energia potente e incontenibile.

«Ma che caspio...?» fece Newt che intanto si era voltato indietro. Riuscii a vedere la sua mente mettersi in moto per trovare una spiegazione a ciò che aveva appena visto. Ma non sembrò trovarla. 
Thomas parlò, ma a quel punto furono troppo lontani perché riuscissi a sentirli. 
Mi accasciai sul pavimento pervasa dal senso di sconfitta.

Non abbatterti, sei stata brava.

Mi sfregai gli occhi quando sentii arrivare le lacrime. Non volevo piangere, a che sarebbe servito?

Ora puoi dirmi chi sei?

Mi chiamo Teresa... Aspettai che parlasse ancora, ma ci fu silenzio per un lungo tempo. Questo è tutto quello che posso dirti su di me.

Altri misteri, fantastico.

Mi dispiace, vorrei dirti di più...

Pensai che almeno quello non lo avesse sentito, mi sentii privata di tutta la privacy. Ora non potevo più neanche pensare senza che una ragazza sconosciuta ascoltasse ogni mia paranoia, dubbio o sciocchezza che sia? Probabilmente aveva sentito anche quello, questa volta però non replicò.

Che cos'é questa barriera che mi protegge dai pericoli?

È stata Ava Page a... diciamo "crearla". Per proteggerti evidentemente.

Il respiro mi si congelò in gola alla pronuncia di quel nome.

Come?

Divenni impaziente, le domande senza risposta si erano accumulate per troppo tempo. E continuavano a farlo.

Dalla loro sede possono far apparire un sacco di cose, barriere invisibili, mostri olografici, finte tempeste...

Ecco spiegata la tempesta di sabbia che il giorno prima si era scatenata a ogni mio movimento, non avevo dubbi che fosse stata la Page a scatenarla, per fermarmi. Strinsi i pugni.

Thomas e Newt? Perché non possono vedermi?

In fondo in fondo conoscevo già la risposta, accettarla però non era semplice.

Le cianografie. Rispose e mi diede la conferma che ciò che pensavo era corretto. Rammentai le parole della Page alla sede della WICKED quando la pregai di non uccidere Nick. Non posso rischiare che comprometta la validità delle cianografie. 
Nick, ora che ci pensavo non lo avevo visto con Newt e Thomas... e neanche Minho c'era. Deglutii e cacciai nel buio della mente ogni pensiero, non potevo farmi prendere dal panico di nuovo. Respirai a fondo.

Come sai tutte queste cose? Silenzio. Quelle mancate risposte cominciarono ad irritarmi. Fammi indovinare, non puoi dirmelo?

Non ancora.

Come fai a parlarmi nella mente almeno puoi dirmelo? O neanche questo?

Per entrare nel Labirinto ti sei iniettata dei trasmettitori... sono ancora dentro di te, posso essere usati per comunicare telepaticamente tramite i computer della WICKED.

Quindi tu stai dalla loro parte? Stai dalla parte di Ava?

Lo dissi con disgusto, al solo pensiero di ciò che quella donna aveva fatto, mi sentivo male e collaborare con qualcuno dei suoi, mi faceva sentire anche peggio.

No, ho semplicemente hackerato quei computer.
So che quel che fa, lo fa per salvarti, ma ci sono altri modi che non implicano la morte di ragazzi innocenti. La curiosità di sapere come fosse a conoscenza del fatto che avevo l'Eruzione mi divorò, ma non chiesi nulla perché qualcosa mi disse che neanche a quello avrebbe potuto rispondere. Non starei mai dalla parte di un'assassina.

La sua risposta mi rincuorò. Provai un'improvvisa sensazione di fiducia nei confronti di quella ragazza di nome Teresa.

Giá, neanche io.
...

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Capitolo 4
*** La causa di tutti i mali ***


Canzone per il capitolo: Arshad - Mutiny (The scorch trials)
 

Capitolo 3
 

Di quella città non era rimasto neanche un briciolo di bellezza da ammirare. Vedevo detriti, montagne di detriti a destra e a manca, nulla di più. Tentai di immaginarmela com'era un tempo, gli alti palazzi imponenti, i condomini pieni di persone allegre, i negozi di alimentari. 
Ne adocchiai uno poco lontano da li, era conciato male, come tutto del resto, ma decisi di entrare lo stesso per vedere se ci fosse del cibo. Avevo una fame da lupi, lo stomaco borbottava già dalla sera prima e ora ignorarlo era diventato praticamente impossibile. 
Scavalcai uno scaffale che era stato gettato a terra e raggiunsi il centro del piccolo negozio. Scavai tra le macerie, inalai una nuvola di polvere che mi fece tossire. Sentii il pulviscolo grigio arrivarmi in gola e per poco non mi strozzai cercando di cacciarlo fuori. Gli occhi lacrimarono per lo sforzo.

«Chi c'é?» gridai quando un rumore di passi mi arrivò alle orecchie. Scrutai un'ultima volta l'interno del negozio, poi mi precipitai fuori. Tra un saltello e l'altro iniziai a correre finché non fui di nuovo sulla strada di cemento crepata. Per poco non andai a sbattere contro Minho quando uscii. Fui sorpresa e contenta di vederlo.

«Minho!» sorrisi e feci per avvicinarmi, poi ricordai ciò che Teresa mi aveva detto. Lui non poteva vedermi. Tutti e tre loro non potevano vedermi.

Il suo sguardo era stato catturato da qualcosa accanto alla porta di entrata del negozio. Si chinò ai piedi di un tappeto, lo alzò cauto come se potesse scoppiare da un momento all'altro e ne estrasse un oggetto. Mi avvicinai, ma non troppo, non sapevo se la barriera avrebbe respinto anche lui, comunque preferivo non scoprirlo.

«Meglio di niente.» mormorò tra se. Si rigirò, quello che mi sembrò essere un sacchetto di patatine, tra le mani.

Come avevo fatto a non notarlo? Lo stomaco brontolò ancora una volta. Guardai Minho nostalgica, avrei voluto abbracciarlo, sperai che avesse raggiunto presto gli altri. 
In quell'istante la mia paura più grande si risvegliò. Se Nick non era con lui, allora... dov'era? La Page era capace di qualsiasi cosa, ora lo avevo ben chiaro e mi spaventò ciò che poteva avergli fatto.

Teresa. La chiamai nella mente pur non sapendo se poteva sentirmi. Teresa!

Che c'è?

Come faccio a far si che i miei amici mi vedano? Ho bisogno del loro aiuto per trovare una persona, la Page potrebbe avergli fatto del male.

Non so se posso aiutarti in questo, il mio compito è quello di far arrivare te e i tuoi amici... Si interruppe e io mi morsi il labbro per la frustrazione. Era straziate tutto quel mistero.

Dove?

Ancora non posso parlarne, ma lo scoprirai presto. Perché ero stata così stupida a chiedere? Non potevo certo aspettarmi che mi rispondesse, non lo aveva fatto a nessuna domanda importante fino ad ora. Hackerare i computer della WICKED è diventata la mia specialità, vedrò se posso fare qualcosa.

Respirai a fondo grata di quelle parole. 
Grazie.

Minho era già lontano, lo avevo osservato addentrarsi sempre di più nella città distrutta, fino a quando la sua sagoma divenne sfuocata.

***

La notte arrivava sempre troppo presto. Fui costretta a sospendere il "viaggio" per riposare, avevo trovato una casa abbandonata, ovviamente, e mi ci ero sistemata abbastanza bene. Avevo trovato un cuscino e una coperta, ma niente materasso. 
Tanto non sarei riuscita a dormire comunque. 
Il pensiero di ciò che avevo passato mi tenne sveglia tutta la notte, l'immagine di Rachel mi tenne sveglia tutta la notte. Non era mia sorella eppure continuavo a sentirmi come se lo fosse, ancora non potevo credere che la Page avesse messo su tutta quella farsa.
A un certo punto, non ricordai quando esattamente, avevo chiuso gli occhi e cominciato a dormire.

***

«Si sta svegliando.» disse la voce di un uomo.

Mi sembrò di avere le orecchie imbottite di cotone, non riuscii ad udire con chiarezza le voci intorno a me. Per un attimo mi sembrò di essere tornata al mio primo giorno nella Radura. Mi sentii stordita e dolorante in vari punti del corpo.

«Riley.» quella voce, mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Ebbi paura ad aprire gli occhi, per timore di ciò che mi sarei trovata davanti. «Tesoro, svegliati.» provai ribrezzo nei confronti della dolcezza che la donna, che aveva ucciso Rachel e un altro centinaio di ragazzi, mi mostrò.

Spalancai gli occhi solo per essere certa che fosse la Page. Quando quella certezza arrivò, la cacciai via con tutta la mia forza.

«Dove sono? Perché sono qui? Non toccarmi!» sbottai quando cercò di stringermi la mano.

Si allontanò mettendosi a sedere su una sedia e io colsi l'occasione per guardarmi intorno. Ero in un laboratorio, alla WICKED, sdraiata su una barella in acciaio. Il personale, formato da due uomini e una donna, sembrava essersi congelato sul posto, erano immobili con un'espressione estranea sul viso sfocato. Era tutto poco chiaro, non definito. 
La Page si accorse del mio stato di confusione e si affrettò a spiegare la situazione.

«Siamo nella tua testa.» affermò e non potei fare a meno di sentirmi confusa già a quella prima spiegazione. Se mai fossi diventata pazza la colpa non sarebbe stata dell'Eruzione, ma di tutto quello che mi stava capitando, insomma in quei pochi giorni avevo visto un'infinità di cose assurde: avevo oltrepassato un portale che mi aveva trasportata in un luogo pieno di persone senza occhi e con la pelle cadente, avevo scatenato una tempesta solamente camminando, avevo incontrato uno Spaccato che diceva di chiamarsi Gervaso e che voleva mangiarmi il naso, avevo visto una lucertola di metallo assatanata, ero diventata la donna invisibile per i miei amici e anche il loro scudo umano e ultimo ma non meno importante, avevo parlato nella mente con una ragazza che diceva di chiamarsi Teresa. Ma tutto sommato ero sana di mente no? 
Il mio sguardo cadde sulle mie mani, anch'esse sfocate. «Era l'unica possibilità che avevo per interagire con te.» aggiunse in seguito a un'occhiataccia di dissenso. «Io non posso mettere piede nella Zona Bruciata.»

Mi seccava il fatto che tutti tirassero in ballo un argomento piccante e che poi si interrompessero, così che toccasse a me fare le domande per spingerli a continuare. «Perché no?»

«Ci sono molte persone che voglio uccidermi in quel posto.»

Bene, quando partiamo? 
Mi trattenni dal fare una risata solamente perché ero davvero troppo stanca per muovere anche solo un muscolo.

«Perché vogliono ucciderti?» chiesi curiosa, magari avrei potuto aiutarli una volta sveglia.

La donna abbassò lo sguardo. «Perché sono stata io a rilasciare il virus che li ha ridotti... in quel modo.» rivelò senza alcun segno di pentimento. Ancora una volta mi stupì la malvagità che risiedeva in quella donna, il suo cuore doveva essere nero come il carbone. «Dopo le eruzioni solari le risorse a disposizione non bastavano per sfamare tutti i sopravvissuti, qualcuno doveva fare qualcosa.» sospirò cercando il mio sguardo. «La nuova generazione ha sviluppato anticorpi che li ha resi immuni al virus, ma ci sono stati alcuni casi... tu non avresti dovuto essere infettata dall'Eruzione.»

«Ma quindi anche tu...»

«Si, inizialmente la WICKED era stata creata per curare me, ma quando ho scoperto che tu, mia figlia, ne eri stata colpita ti ho messa al primo posto.»

Non sapevo che pensare. Certo non spettava a lei prendere la decisione della diffusione di un virus letale. Il suo egoismo superava ogni limite. Se tutto fosse andato secondo i suoi piani io sarei stata immune e lei, uccidendo dei ragazzi, avrebbe creato una cura e si sarebbe salvata. Avrebbe ucciso persino Thomas, suo figlio, per salvarsi.

«Non aspettarti che ti ringrazi per questo, per me rimani un'assassina. Sacrificheresti persone innocenti pur di avere ciò che vuoi.» dissi inorridita da tutto ciò che aveva fatto. 
Lei si alzò in piedi, pensai che volesse avvicinarsi ancora una volta, ma non ci provò nemmeno.

«Comunque non sono entrata nella tua mente per parlare di questo,» Capii dal suo comportamento che l'avevo ferita, tutto ciò mi fece stare meglio. «sei qui perché volevo dirti che potrai rivedere i tuoi amici, dovrai dare loro un messaggio.» Si voltò di spalle e alzò la voce per farsi sentire. La sua sagoma esile si fece sfocata man mano che si allontanò dal lettino su cui ero seduta.

«Che messaggio?»

«Devono raggiungere il Porto Sicuro, li porteranno a termine la Fase 2. Le Scacertole li guideranno.» si voltò a guardarmi, unì le mani sul ventre. «Tu puoi andare con loro,» disse distaccata. «ma non disturbarti a fargli cambiare idea sul voler trovare la cura, sarebbe un peccato vedere il vostro amico morire.» I suoi occhi mi fulminarono, quasi volesse darmi una lezione per essere sempre così sfacciata e ingrata verso di lei.

«Nick!» Mi svegliai di soprassalto gridando il suo nome. Avevo la fronte imperlata di sudore ed ero più stanca di quanto non fossi quando avevo cominciato a dormire. 
Dovevo trovare i ragazzi, Nick era in grave pericolo. 
...

 

Spazio Autrice

Allora? Che ve ne pare? 
Sono curiosissima di sapere cosa pensate! 
Sarà un caso che proprio quando Riley chiede aiuto a Teresa per far si che Newt, Thomas e Minho possano vederla, la Page annulla la sua magia (?) 
Ci si potrà fidare di lei? 
Scoprirete tutto nei prossimi capitoli...
Vi amo Pive, siete tutti fantastici ❤️

Ps. Se qualcosa non dovesse essere chiaro, ditemelo pure ;)

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Capitolo 5
*** Sospetti ***


Capitolo 4
 

Mentre mi addentravo sempre di più nella città, avevo trovato il tempo per pensare alla conversazione con la Page. 
Per concludere la prova Thomas, Minho e Newt dovevano raggiungere un luogo chiamato Porto Sicuro, la donna aveva detto che sarebbero state le Scacertole a guidarli, ma nella confusione non avevo neanche pensato di chiederle che cosa fossero. 
Immaginai che potessero essere quelle specie di lucertole robotiche, ma in che modo di preciso ci avrebbero condotto la?

Teresa? Ci sei?

Ci sono.

Sai che cosa sono le Scacertole? Non doveva essere una di quelle domande "importanti" perché rispose senza esitazioni.

Sono delle piccole lucertole metalliche che la WICKED usa per controllarvi nella Zona Bruciata.

Come delle piccole telecamere?

Esattamente. Fece una pausa. Anche quando non le vedi, stai pur certa che ci sono e monitorano ogni vostra mossa.

Un'ultima cosa, la Page mi ha detto che... Mi fermai un istante a riflettere sulla possibilità di raccontarle o meno della conversazione avuta con Ava. Il giorno prima mi aveva detto che non sarebbe mai stata dalla parte di un'assassina e aveva fatto si che mi fidassi di lei, ma potevo davvero farlo? Niente, lascia stare.

Sicura?

Non risposi, il che sarebbe potuto risultare sospetto, avrebbe potuto capire che non mi fidavo di lei, ma non mi importava. 
Forse iniziavo davvero a credere che Teresa stesse dalla parte della WICKED. Quando le avevo chiesto aiuto, aveva accennato qualcosa sul compito che le era stato assegnato, che lei doveva condurre me e miei amici verso qualcosa, verso un luogo. 
Devono raggiungere il Porto Sicuro... 
Le parole fredde di Ava si erano impresse nella mia mente. E se il posto in cui Teresa doveva condurci fosse stato proprio il Porto Sicuro? 
Non potevo fidarmi di lei, non potevo fidarmi di nessuno.

Stare da sola in quella città così grande era diventato alquanto snervante, pregai di trovare presto qualcuno dei ragazzi. L'ultima volta avevo visto Minho, non doveva essere tanto lontano se come me si era fermato per la notte. 
Sorpassai un ponte e continuai dritto, certa che fosse la strada giusta, ma la verità era che non sapevo dove stessi andando. Avrei potuto girare in tondo e non accorgermene. 
Le ore passavano, il sole era alto e cocente, non mi diede tregua fino a quanto non mi imbucai in una stradina coperta dalle ombre dei palazzi. 
C'era puzza di marcio e presto riuscii a capire il perché, un gruppo di Spaccati rannicchiati a un lato della strada stavano - non ne fui certa - graffiando il muro di un palazzo, quasi come se volessero arrampicarvisi. Ero abbastanza vicina da vedere le unghie scorticate e la pelle morta staccarsi dalle loro dita lerce. Fui attraversata da un senso di nausea, così prima che potessero accorgersi di me, tornai sui miei passi. Respirare immersa in quel fetore era quasi impossibile, mi sentii soffocare. 
Camminando all'indietro, raggiunsi l'angolo della stradina dalla quale ero arrivata. 
Avvertii la presa di qualcuno al collo. Strinsi gli occhi pervasa dal terrore, non appena mi venne puntato un coltello alla gola. La lama era fredda e non avrei mai voluto scoprire quanto fosse tagliente.

«Sta ferma testa di sploff o ti taglio la gola.» sussurrò un ragazzo al mio orecchio. Li per li, non seppi se mettermi a ridere per il fatto che mi avesse chiamata testa di sploff oppure avere paura perché voleva tagliarmi la gola.

«Minho?» dissi a metà tra una risata nervosa e un singhiozzo.

Lasciò andare il coltello che cadde a terra con un tonfo. «Fagiolina?» Nella sua voce colsi una nota di malinconia e speranza.

Quando mi voltai per abbracciarlo non resistetti e mi lasciai andare alle lacrime, un po' perché ora ero sicura potesse vedermi e un po' perché mi era mancato il nome buffo con cui si ostinava a chiamarmi.

Il suo abbraccio risultò più confrontante di quanto mi aspettassi. «Come caspio sei finita qui?»

«È una storia lunga,» biascicai tra le sue braccia. «più tardi ti racconterò tutto.» In realtà non avevo voglia di parlare, volevo solamente andarmene da li prima che... Troppo tardi, gli Spaccati che prima erano in fondo al viale si stavano avvicinando.

Prendi il coltello. Una voce dentro la mia testa, Teresa.
Quando la Page ha fatto si che i tuoi amici potessero vederti di nuovo si è annullata anche la barriera, non ha più niente che ti protegga. Come faceva a sapere tutte quelle cose? Come faceva a sapere che la Page aveva annullato l'invisibilità? Se così poteva chiamarsi. Ormai avevo imparato a dividere ciò che volevo dirle dai miei pensieri, perciò non poteva essere stata la mia mente a tradirmi.

Minho mi fece segno di seguirlo. «Corriamo!»

Presi il coltello, ma non chiesi niente a Teresa, non in quel momento almeno, quando ero troppo impegnata a scappare da Gervaso e i suoi fan ruba-naso.

«Ancora un po' Fagiolina!» mi spronò Minho voltandosi indietro. Mi sorprendeva ogni volta di più il suo modo di correre. Nemmeno un affanno o segno di fatica, il suo respiro rimase regolare per tutta la corsa. 
Quando fummo abbastanza lontani, cominciammo a rallentare. 
Respirai profondamente mentre il sudore che mi imperlava la fronte mi scendeva sulle tempie. Mi fermai e Minho fece lo stesso. Si avvicinò di più a me, mi asciugò il viso con un pezzo di stoffa che strappò dalla maglia che aveva indosso e malgrado trovai quel gesto strano da parte sua, lo lasciai fare.

«Grazie.» feci sorpresa.

Sembrò un po' a disagio. «Allora... tu sai dove possiamo trovare quei pive di Thomas e Newt?» chiese sviando il mio sguardo. 
Ma che aveva? Ero io ad avere l'Eruzione eppure sembrava lui quello impazzito.

Squassi il capo abbattuta, avrei voluto dirgli di si. «Non lo so, li ho incontrati qualche giorno fa, ma non so dove possano essere andati.»

«Mmmh» si sfiorò il mento e capii che stava pensando. «Aspetta, li hai incontrati? E perché cacchio non sei con loro?» Era perplesso, ovviamente non riusciva a capire perché non li avessi seguiti e probabilmente non lo avrebbe capito neanche se glielo avessi detto.

«Ero invisibile,» dissi schietta, a stento riuscii a rimanere seria. Poteva sembrare uno scherzo, ci sarei cascata io stessa, ma purtroppo era la verità. «non potevano vedermi.»

Il tempo in cui rimanemmo a fissarci fu lunghissimo. Il volto di Minho era indecifrabile e non riuscivo a capire se credesse o no alle mie parole.

«Quando ha iniziato?»

«Che cosa?» domandai confusa.

Mi guardò ancora, questa volta con uno sguardo storto. «Il caspio di virus, quando ha iniziato a mangiarti il cervello?»

Lo guardai seria per poi scoppiare a ridere, non mi credeva. Come potevo dargli torto?

«Minho, sto bene, sul serio.» lo rassicurai con un sorriso. «Ho incontrato anche te.» raccontai entusiasta. «A proposito,» Il mio sguardo si fece indagatore. Allungai il palmo della mano destra verso di lui. «dov'è quel sacchetto di snack che hai trovato?» Lui spalancò la bocca, l'espressione stranita. «Non dirmi che li hai mangiati tutti!» lo ammonii.

«Ora mi spieghi che diavolo è successo da quando sei arrivata qui!» 
...

 

SpazioAutrice

Vi è piaciuto questo capitolo? Teresa è sempre più sospetta, cosa nasconderà? E Minho? Avete notato qualche stranezza in lui?

Newt, Thomas... dove siete finiti?

Ora che vi ho riempito di dubbi, posso anche andare ahaah sappiate però che io vi amo tantissimo pivelli ❤️

Alla prossima avventura! (?)

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Capitolo 6
*** Di nuovo insieme ***


Capitolo 5
 

Raccontai a Minho tutto l'accaduto: la tempesta creata dalla WICKED per impedirmi di raggiungerli, che non aveva funzionato, il mio primo incontro con gli Spaccati e la barriera creata dalla Page per proteggermi... approfondii riferendogli ciò che mi aveva detto Teresa, ma senza dirgli che fosse stata lei a dirmelo. Raccontare di una barriera invisibile che ti protegge e ti rende invisibile era già abbastanza strano, non serviva aggiungere che sentissi la voce di una persona nella mia testa.

«Anche tu sei arrivata qui da quel...» chiese implicitamente e mimò un qualcosa di incomprensibile con le mani, sapevo benissimo a cosa si stesse riferendo.

«Pass Verticale?» risi.

«Proprio quello.» Annuii. «Deve averci scaricati in posti diversi.»

«Già.» dissi, in effetti non ci avevo pensato quando avevo visto Thomas e Newt, ma niente Minho. «Deve essere così.» aggiunsi soprappensiero.

Durante la "chiacchierata" avevamo camminato parecchio e solo ora mi resi conto di quanta strada avevamo percorso senza neanche una sosta. Più di quella che hai percorso tu in due giorni, ci tenne a precisare la mia coscienza.

«Conosco un posto dove andare,» Minho si voltò a guardarmi, cercò il mio sguardo fino a trovarlo. «non è una caspio di reggia, ma saremo al sicuro.» Lo disse come se stesse cercando di rassicurarmi, gliene fui grata.

Pochi metri più avanti, raggiungemmo una rampa di scale diroccata che portava alla metropolitana. Scesi i gradini non c'era niente se non il buio, non si riusciva a vedere nulla, era tutto inghiottito dall'oscurità. Ma Minho aveva pensato anche a quello, a quanto pareva, perché si avvicinò a un lato del muro e infilò la mano in un buco grande abbastanza da farci stare una torcia.

Riley, sono Teresa.

Be chi altro poteva essere? Pensai seccata, ormai avevo perso tutta la fiducia che avevo in lei. Cercai di non darle ascolto, mi sforzai di far spegnere la sua voce nella mente, come se bastasse premere un interruttore. 
Devi tornare indietro. Insisté quando vide che non le davo ascolto, Minho intanto aveva acceso la torcia e aveva puntato il fascio di luce di fronte a se, sferzando l'oscurità. 
Li non troverai Newt e tuo fratello. Drizzai le spalle a quella piccola informazione. Lei sapeva dov'erano.

«Minho!» gridai costringendolo a tornare indietro. «So dove posso trovare i ragazzi.» mi liberai di un peso che in realtà non avevo mai portato. Io non sapevo dove fossero, era Teresa, una probabile traditrice, a saperlo.

Dimmi dove devo andare! Ordinai senza preoccuparmi di come potessero suonare quelle parole alle orecchie della ragazza.

A nord. Imprecai senza dare a Teresa l'accesso a pensieri che, quasi sicuramente, l'avrebbero offesa. Il suo aiuto per trovare Newt e Thomas era fondamentale, non potevo allontanarla proprio ora.

Sii più precisa Inghiottii l'amara consapevolezza che la sua lealtà era verso la Page e continuai con un per favore.

Minho mi afferrò il polso, confuso. «Sarà solo per la notte.» Vidi le sue labbra muoversi mentre aspettavo ansiosa la risposta di Teresa.

C'é un vecchio cinema poco lontano da li, se percorri la strada principale, dalla quale siete usciti per arrivare alla metropolitana, puoi raggiungerlo.

È li che sono? Chiesi tanto per essere sicura. Per quanto ne sapevo Teresa poteva condurmi in una trappola, ma dopo un'accurata riflessione capii che non avrebbe avuto senso. La Page non aveva alcun interesse a farmi finire in una trappola, non ero io quella che doveva superare le prove. Io ero quella che doveva dare un messaggio. Ancora non avevo accennato niente a Minho, ne del messaggio, ne di Nick, avrei preferito discuterne quando fossero stati presenti anche Thomas e Newt.

Si. Rispose secca.

«Domani troveremo quelle teste di caspio, ma ora dobbiamo riposare.» insisté Minho tirandomi piano verso di se. Non dicevo che non avesse ragione, era mezzanotte, forse anche più tardi, dovevamo recuperare le energie perdute. Ma io non potevo più aspettare.

Mi scollai dalla sua presa e risalii le scale. «Io vado a cercarli, tu fa come vuoi.» feci più brusca di quanto non volessi.

Lo mollai li e non mi voltai indietro. Non lasciai spazio nemmeno al senso di colpa, le uniche persone su cui era rivolta la mia attenzione erano Newt e Thomas. Mi domandai come se la fossero cavata dopo il mio salvataggio. Gli Spaccati li avevano aggrediti di nuovo? Non potevo saperlo, perciò da quel momento cercai di evitare le domande a cui non sapevo dare una risposta. Ne rimasero ben poche altre.

Tornata sulla strada principale, aguzzai la vista in attesa di vedere il vecchio cinema di cui mi aveva parlato Teresa.

Udii dei passi alle mie spalle. Minho. «Hai cambiato idea.» Gli sorrisi dandogli una leggero colpetto con il pugno, all'altezza della spalla.

«Chiudi quella fogna e non farmici ripensare.» rispose con una punta di ironia nella voce. Risi.

La corsa verso il cinema si rivelò più faticosa di quanto avessi calcolato. Avevo iniziato a correre più veloce, dopo che dei lamenti in lontananza mi avevano fatto rizzare i peli delle braccia per il terrore e ora avevo il respiro mozzato per la fatica. Al contrario, Minho era tranquillo, a volte ero invidiosa di quel suo temperamento calmo al limite dell'impossibile.

«Ho portato la torcia.» mi informò. «Vado avanti io.» disse dopo.

Ancora buio. Come avevano fatto i ragazzi ad addentrarsi in quel posto alla cieca? L'unica risposta che riuscii a trovare, fu quella che dovevano essere li da parecchie ore prima, quando ancora si riusciva a vedersi i piedi.

Il fascio di luce puntò verso qualcosa, una poltrona di stoffa rossa. Anzi, una fila di poltrone. Tutte uguali erano disposte una accanto all'altra orizzontalmente, la maggior parte però erano occupate da detriti, pezzi di soffitto o altra roba che non riuscii ad identificare al buio.

«Newt!» chiamai ansiosa, l'attesa di una risposta si fece carica di panico e agitazione. 
«Thomas!» chiamò Minho a sua volta. 
Nessuno dei due rispose. Continuammo a provare fin quando la sagoma di qualcuno non si posizionò proprio di fronte al fascio di luce. 
Strinsi gli occhi, guardai meglio per accertarmi che il mio intuito non sbagliasse e mi fiondai tra le braccia di Newt. Lui ricambiò l'abbraccio stringendomi più forte che mai, sembrò metterci tutta l'energia che non aveva avuto il tempo di metterci l'ultima volta. 
Piansi nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, i capelli biondi, un po' spettinati, mi solleticarono una guancia.

«Non posso crederci.» stava dicendo, la voce leggermente incrinata.

Respirai il profumo della sua pelle che, nonostante tutto lo sporco in cui ci ritrovavamo immersi, era ancora forte. «Ti odio per esserti gettato in quel tubo senza di me,» tirai su con il naso e mi allontani un po' per guardarlo in faccia, malgrado la poca luce. «lo sai vero?»

Lui rise mentre con le mani mi accarezzava i capelli spettinati. Chiusi gli occhi sotto il suo piacevole tocco. Era tutto talmente nuovo per me, ma anche per lui.

«Cacchi non saresti dovuta venire qui.» Sperai di aver capito male, non voleva che fossi li... con lui? Fui tentata di chiederglielo, ma lui riprese a parlare. «Eri al sicuro alla WICKED, qui non lo sei.» Fece scivolare le mani dai capelli al viso, mi sfiorò le guance con entrambi i palmi.

Lo guardai. «Non voglio essere al sicuro se non lo sei anche tu... se non lo siete anche voi.»

«Riley!» Thomas spuntò dal nulla, alle spalle di Newt.

Avanzai verso di lui e lo strinsi in un abbraccio, il più familiare che avessi mai ricevuto. I suoi abbracci in qualche modo erano sempre stati diversi, anche nella Radura, quando lo stringevo a me sentivo di non provare le stesse cose che provavo quando abbracciavo Newt o Minho. Era strano, era... diverso. Si, un tipo di amore diverso, doveva averlo sentito anche lui.

«Stai bene? Ricordo di averti vista alla WICKED poi... che è successo? Sei saltata anche tu?»

«Si.» dissi rispondendo a due delle domande.

Minho sbuffò. «Ehi, sono io che ho la torcia testapuzzone, volete che me ne vada e vi lasci al buio?» si lamentò con gli amici che subito corsero a dargli un "ben ritrovato" a suon di - finti - pugni. 
Risero tutti e tre, mi sentii un'egoista a cambiare discorso, ma non avevamo tempo da perdere, visto che la vita di Nick era appesa a un filo pericolosamente sottile.

«Ragazzi, ci sono molte cose che devo raccontarvi, ne va della vita di Nick.» incrociai lo sguardo di Minho. Mi domandai se si fosse chiesto dove fosse finito il fratello. Poi pensai che se anche lo avesse fatto, non lo avrebbe mai confessato a nessuno. «Da dove volete che inizi?»
...

 

Spazio Autrice

Nasi, come vi è sembrato questo capitolo?
Spero tanto di vedere qualche recensione, per me è davvero importante sapere cosa pensate ❤️

Ps. Picchiamo Thomas per aver rovinato il momento tra Newt e Riley? Hihihi :P

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Capitolo 7
*** Fiducia ***


Capitolo 6
 

Seduta su una delle poltrone libere in fondo alla sala, iniziai a raccontare, per la seconda volta, ciò che era successo da quando ero "atterrata" nella Zona Bruciata. Descrissi l'invisibilità e la barriera che mi proteggeva nello stesso identico modo in cui lo avevo detto a Minho quel pomeriggio. Non mi seccava ripetere tutto daccapo.

«Te l'avevo detto Tommy!» esclamò Newt quando raccontai dell'incontro che avevo avuto con loro e di come li avevo protetti dagli Spaccati. Non riuscii a vantarmi di quel salvataggio, dopo aver riportato alla mente la solitudine che avevo provato nel vedere Thomas e Newt allontanarsi da me. «Ti avevo detto di aver visto qualcosa!» aggiunse e contemporaneamente mi lanciò uno sguardo di ringraziamento.

Thomas lo ignorò. «E come mai ora riusciamo a vederti?» chiese dalla poltrona di fronte alla mia.

«Ha lasciato che mi vedeste così che potessi darvi un messaggio.» Andai in cerca delle parole nelle mente.

«Quale messaggio?» fece Minho, ma suonò più come un "perché non me lo hai detto prima?".

Alzai gli occhi al soffitto ormai inesistente. Parte di esso era crollata lasciando un enorme buco, attraverso il quale si poteva vedere il cielo. La luce della luna era debole e illuminava solo per metà i visi dei ragazzi.

Mi inumidii le labbra prima di parlare. «Dovete raggiungere un luogo chiamato Porto Sicuro.» li istruii.

«E come cacchio dovremmo trovarlo?» Minho batté le mani sullo schienale della poltrona su un cui era seduto, alzando un polverone.

Cercai di ricordare il nome di quegli esserini robotizzati. «Le Scacertole, la Page ha detto che vi indicheranno la strada.»

Newt corrugò la fronte. «Le Sca-che?» 
Non riuscii a trattenermi dal ridere, aveva un'aria talmente dolce mentre lo diceva.

«Le Scacertole, sono delle lucertole robotiche con le quali la WICKED ci controlla. Come delle piccole telecamere» spiegai raccogliendo le gambe al petto. Sentii un po' freddo, ma non dissi niente.

«Certo, piccole telecamere che camminano e si fanno i fattacci nostri!» scherzò Minho, ma nella sua espressione non c'era nulla di divertente. «Le ho viste una volta.» ammise.

«Si, anche noi.» aggiunse Thomas, scambiandosi uno sguardo con Newt.

«Il fratello di Minho che centra con tutto questo comunque?» si informò Newt non riuscendo a capire. Minho si era voltato dandomi le spalle, si era irrigidito e non sapevo se fosse per il fatto che ancora non avesse accettato di avere un fratello o che quel fratello fosse Nick.

Gli raccontai del sogno nel quale la Page aveva interagito con me violando la mia mente, le loro espressioni tramutarono dallo sconcerto all'accettazione. Assimilarono la notizia del rilascio del virus con un tale controllo che io non sarei mai riuscita ad avere.

«Quindi... lei aveva previsto che si sarebbe beccata l'Eruzione.» chiarì Newt con sguardo enigmatico.

Annuii. «Dopo il rilascio del virus avrebbe dovuto creare un vaccino che l'avrebbe curata.»

«Ma perché non lo ha fatto prima?» intervenne Thomas, la sua voce tradì la delusione verso quella che sarebbe dovuta essere sua madre, nostra madre. «Insomma, perché aspettare che il virus la infettasse?»

«Aveva bisogno di noi... di voi,» mi corressi in fretta. «la nuova generazione, quei ragazzi immuni all'Eruzione.» Feci una pausa piuttosto lunga, nessuno osò spingermi a continuare. «Se non raggiungerete il Porto Sicuro, completando così la Fase 2, La Page ucciderà Nick. Lei vuole la cura, a tutti i costi. Dici di volerla per me, ma io non ne sarei così sicura.»

«Che la voglia per lei o no a noi non importa,» disse Thomas. «dobbiamo far si che riesca a crearla e rubarla.»

«Dopo che l'avrà creata,» pensai ad alta voce. «Nick sarà libero.»

Thomas fece di si con la testa.

«E dopo che l'avremo rubata, tu sarai salva.» precisò Newt con molta più sicurezza di quella che avevo io. Mi strinse la mano facendo incrociare le nostre dita, sollevai lo sguardo su di lui. Sorrise.

Sembrava tutto così semplice detto così, ma come avremmo fatto, sempre ammesso che la WICKED fosse riuscita a crearlo, a rubare il vaccino contro l'Eruzione e a uscire sani e salvi da quel posto? Già una volta avevamo provato a scappare e ci avevano presi subito. 
Malgrado la negatività dei pensieri che giravano per la mia mente, riuscii a ricambiare il sorriso.

Era passata mezz'ora da quando avevamo deciso di metterci a dormire, ma io ancora non ero riuscita a chiudere occhio. Troppi pensieri disturbavano il mio sonno, come Teresa ad esempio. La chiamai con la mente, era ora di sapere che cosa stesse nascondendo. Dovevo essere completamente e indiscutibilmente certa che la sua lealtà fosse rivolta alla Page, perché in caso contrario ci sarebbe stata di grande aiuto. 
Alla prima chiamata non rispose, così riprovai fino a quando non sentii la sua voce insinuarsi nella mia mente.

Riley. Hai bisogno di qualcosa?

Ho bisogno di risposte. Affermai con decisione. 
Cercai di stare attenta a non muovermi troppo per non svegliare Newt che dormiva accanto a me.

A quali domande?

Come facevi a sapere che la Page mi aveva tolto l'invisibilità per esempio. Oppure qual'è questo compito che hai detto ti hanno affidato. Il tono iniziò a farsi accusatorio.

Sapevo dell'invisibilità perché ho hackerato i loro computer, come faccio sempre e come ti ho già detto. Riguardo al mio compito, non posso ancora dirti niente, devi solamente fidarti.

Fidarmi è una cosa che mi risulta molto difficile ultimamente. Spostai lo sguardo su Newt, dormiva profondamente, riuscivo a sentire il suo respiro nel silenzio.

Lo capisco. Davvero. Ma ti assicuro che di me puoi fidarti, non ho niente a che fare con la WICKED.

Puoi dimostrarlo? Chiesi ancora incerta sulla sua lealtà.

Chiedi a Thomas di me.

Drizzai la schiena con uno scatto, strinsi le mani sui braccioli della poltrona. Cosa centrava Thomas con Teresa? Si conoscevano?

«Ehi.» Newt era sveglio. «Non riesci a dormire?» chiese passandosi una mano tra i capelli biondi.

Squassai il capo ancora scossa dalle parole di Teresa.

Cosa ha a che fare Thomas con tutto questo? Non ebbi risposta, Teresa se n'era già andata.

Per qualche motivo, mi sentii spaventata. Sollevai il bracciolo della poltrona che divideva me e Newt, così da potermi stringermi a lui. Mi mise un braccio sulle spalle mentre io mi accartocciavo sul suo petto.

«Parlami.» gli dissi chiudendo gli occhi.

Ci fu qualche minuto di silenzio e immaginai che stesse organizzando i pensieri. «Da quando mi è tornata la memoria...» esordì. «ogni notte ti sogno, non come sei ora, ma più piccola.» raccontò e anche se non riuscivo a vederlo, sapevo che sulle sue labbra spiccava quel sorriso dolce che amavo. «Avrai avuto sui dieci anni quando ti ho vista alla WICKED.»

«Tu mi hai vista?» domandai incredula.

A volte capitava alla WICKED che per i corridoi, ragazzi e ragazze si incontrassero, quindi era possibile che mi avesse vista, ma perché io non lo ricordavo? 
Alzai lo sguardo su di lui, ci guardammo negli occhi.

«Si, a meno che non sono rincaspiato come quegli Spaccati del cacchio!»

Risi per quella frase, era riuscito a fare un discorso quasi "serio". Amavo il fatto che mi facesse ridere anche quando non ne avevo voglia. 
Rimasi a fissare il suo viso serafico, fin quando il desiderio di baciarlo non mi spinse a farmi avanti. Le sue labbra erano morbide come sempre e avevano un buon sapore. Con una mano mi accarezzò il viso, poi ci allontanammo tornando nella posizione precedente in cui ero appoggiata al suo petto e riuscivo a sentire i battiti del suo cuore che aumentavano il ritmo. 
...

 

Spazio Autrice

Cosa starà succedendo? Cosa centrerà Thomas con Teresa? Cosa ne pensate di lei ora, vi fidate un po' di più o credete ancora che ci sia qualcosa sotto?
Fatemi sapere cosa ne pensate! :)

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Capitolo 8
*** Mi fido di te ***


Capitolo 7
 

Quella mattina a svegliarmi non furono gli schiamazzi dei ragazzi, ne il sole che entrava nel buco sul soffitto, ma il brontolio insistente del mio stomaco. Mi costrinsi a tenere gli occhi chiusi ancora un po', la stanchezza era troppa.

«Brutte testedisploff che non siete altro, chiudete quelle fogne o finirete per svegliare Riley!» gridò Newt rivolto ai ragazzi, molto amorevolmente aggiungerei.

A quel punto aprii gli occhi, pur con fatica, era chiaro che non avrei potuto riposare oltre.

Minho, intanto, si lasciò sfuggire un grugnito. «O perché tu invece non la svegli eh testa di caspio.»

«Sshh!» lo sgridò Newt portandosi l'indice alle labbra.

«Troppo tardi, l'avete già svegliata.» commentò Thomas indicandomi, la sua espressione era un misto tra il divertito e il dispiaciuto.

Si precipitarono da me in quattro e quattr'otto, quasi spintonandosi, per arrivare primi. Li salutai dando ad ognuno di loro un abbraccio, quello di Newt durò più a lungo degli altri due e fu seguito da un bacio, più frettoloso di quello che ci eravamo dati quella notte, ma ugualmente intenso da far venire la pelle d'oca.

Qualche ora dopo, eravamo già in cammino per il Porto Sicuro, luogo che ancora non sapevamo bene dove fosse. Quando e come le Scacertole ci avrebbero dato una mano? 
Le cercai con lo sguardo tra le macerie, ma non mi sembrò di vederne nessuna. 
Newt era accanto a me - sembrava pensieroso - mentre Thomas e Minho erano davanti a noi. Ancora non avevo avuto l'occasione di parlare con mio fratello, ma speravo di farlo presto, l'ansia di sapere ciò che stava succedendo era troppa. 
Nonostante fosse mattina, il caldo afoso asfissiava, iniziai quasi ad immaginare cose che non c'erano tanto mi dava alla testa.

«Secondo te come funziona?» Il tono preoccupato di Newt attirò la mia attenzione.

«Che cosa?»

Il suo sguardo cadde al suolo. «L'Eruzione.» esitò come se quella parola gli fosse rimasta incastrata in gola come un piccolo sassolino.

Cavolo. Non volevo parlare di questo, non ci avevo mai pensato e cercavo di non farlo. Pensarci probabilmente mi avrebbe fatta andare fuori di testa più in fretta.

«Non lo so.» tagliai corto. «Ma non preoccupiamoci di questo ora, ancora non ho mostrato nessun segno no?» dissi quasi a me stessa, anche se diventava ogni giorno più difficile riuscire a sostenere quella convinzione.

«Ma lo mostrerai.» fece lui.

«Forse no.» dissi in risposta.

«Si, invece.» insistette e mi si parò davanti sbarrandomi la strada. Thomas si voltò indietro per guardarmi e quando lui e Minho continuarono a camminare, capii che volevano lasciarci spazio.

«Perché vuoi per forza ricordarmi che diventerò come... come quei mostri!» balbettai mentre negli occhi cominciarono a mostrarsi i primi luccichii delle lacrime.

«Non voglio ricordartelo,» ammise Newt sull'orlo della disperazione. Mi afferrò i polsi, piano e mi costrinse ad ascoltarlo mentre mi divincolavo per allontanarmi. «voglio solamente che smetti di negare l'evidenza e che cominci a combattere per la tua cacchio di vita, alla mia ci penserò io.»

Tentai di sottrarmi alla sua presa, ma inutilmente. Avevo la gola serrata e le lacrime agli occhi, non volevo più ascoltare niente di tutto ciò che mi stava dicendo Newt. «Io non sto negando proprio niente!»

«A me sembra di si invece. Non ammetti neanche a te stessa che ce l'hai.» A quel punto la sua voce si addolcì e io smisi improvvisamente di combattere.

«Ho paura okay» tirai su con il naso. «e ammettere che ho l'Eruzione non servirebbe a farla andare via.» dissi schietta e per quanto odiassi la cosa, era la verità.

Sotto il sole cocente, con i muscoli indolenziti e un'espressione mesta sul viso, Newt mi attirò contro il suo petto. Tentai di fermare i singhiozzi stringendomi più forte a lui. «Promettimi che ci proverai, Riley. Promettimi che...» lo interruppi.

«Ci proverò, Newt. Te lo prometto.»

***

Verso tardo pomeriggio, finalmente trovai il coraggio di vuotare il sacco su Teresa. Avevo deciso di dirlo a tutti e tre, senza consultarmi prima con Thomas. Se era qualcosa di importante, anche Minho e Newt meritavano di sapere. 
Li avevo pregati, per ore, di fare una pausa e ora eravamo tutti e quattro seduti su pezzi di macerie al lato di una strada.

«Il motivo per cui mi sono voluta fermare,» iniziai. «è perché devo dirvi una cosa.»

«Dilla allora.» mi incitò Minho.

«Vi sembrerà strano, o forse no, dato che non è la cosa più strana che mi è successa da quando sono qui,» constatai presa dal nervosismo. «ma c'è una ragazza che da qualche giorno mi parla nella mente.» Nel dirlo mi sentii tanto stupida quanto folle. Cercai negli sguardi dei ragazzi una qualche reazione e ciò che vidi fu puro stupore. Sembravano credermi, ma allo stesso tempo sembravano faticare a mandare giù la cosa.

«Una ragazza?» fece Newt sporgendosi verso di me, la sua mano andò a posarsi sul mio ginocchio. «Sei sicura?»

Annuii. «Solo che non so se possiamo fidarci.» Non tralasciai alcun dettaglio, gli dissi dei miei sospetti e delle mie paure. Poi, solo alla fine di tutto, rivelai loro il suo nome. «Ha detto di chiamarsi Teresa.» Sperai in un qualche tipo di reazione da parte di Thomas. Successe tutto molto lentamente, guardò a terra, si sfregò le mani con forza e gonfiò d'aria i polmoni. 
Quando iniziai a sentire l'agitazione salirmi al petto, decisi di alzarmi in piedi e camminare, per brevi tratti, avanti e indietro. 
Incrociai gli occhi di Thomas, mi parve di vedere i pensieri scorrergli nello sguardo. 
Era turbato. Non volevo spingerlo a parlare, ma avevo bisogno di sapere che tipo di legame c'era tra lui e Teresa. «Thomas, tu la conosci?»

La testa di Minho scattò verso l'amico, Newt invece si alzò e mi raggiunse. «Si.» disse secco. «L'ho conosciuta alla WICKED, possiamo fidarci.»

WICKED più fiducia, era uguale a guai. Le due parole insieme non erano esattamente quello che si diceva accostamento perfetto. «Ho bisogno che tu mi dica di più.» continuai guardandolo negli occhi marroni.

Thomas strinse le labbra con delicatezza e iniziò a raccontare. «Era la notte prima dell'inizio della Fase 1,» aggrottò la fronte, quasi faticasse a ricordare. «ero in Infermeria, scortato da una guardia, per dei controlli quando spuntò una ragazza dalla Sezione 6 e mi corse incontro. Disse "aiutami a scappare, non voglio entrare la dentro". Io non sapevo di cosa stesse parlando, ma il tono che usò e l'espressione che aveva sul volto, mi spaventarono a morte. Ricordo che pensai "deve essere impazzita" e "nessuno può sfuggirgli".» Thomas abbassò il tono e io mi sedetti accanto a lui per non perdere parte della storia. «Non aveva visto la guardia che era con me e quando se la ritrovò di fronte era troppo tardi per scappare, così la presero.» fece una pausa. Gli afferrai la mano e la strinsi nella mia, mi chiesi se Teresa in quel momento fosse li per ascoltare. «Vidi i Punitori chiuderla in una stanza bianca, vuota di qualsiasi mobilio. Quella stessa notte, non so perché» disse squassando la testa. «andai da lei. Rubai la tessera magnetica a una delle guardie e la feci uscire. Mi disse di chiamarsi Teresa, Teresa Agnes.» mi guardò, la sua espressione era sconsolata, come quella di chi ha perso una persona cara. «Non sapevo come e li per li neanche me l'ero chiesto, ma lei sapeva esattamente dove andare, conosceva ogni Sezione e sapeva che il Pass Verticale era la sua unica via di fuga. Raggiungemmo insieme la Sezione Speciale con l'ascensore e una volta in cima... Teresa si avvicinò a una lavagna in plastica trasparente, disegnò nell'aria una figura geometrica con l'indice e su di essa apparve una schermata con delle scritte. Premette qualcosa e sullo schermo apparve la scritta Denver credo...» Improvvisamente si fermò, si portò la mano libera alla fronte, stava sudando.

«Poi che è successo?» lo spronò Minho impaziente.

«Sono venuti a prenderci.» disse voltandosi verso l'amico. «Mi disse "andiamo, la WICKED non ci troverà, saremo salvi". Ma era tardi, i Punitori erano li prima ancora che lei potesse finire la frase, così le dissi di andare da sola e che io sarei rimasto per impedire che la seguissero. A quel punto però non voleva più andare, non senza di me. Disse loro che li avrebbe uccisi e io pensai che era davvero coraggiosa anche solo a pensarlo.»
disse sommessamente e capii che qualcosa quella notte era andato storto. Thomas si asciugò alcune lacrime con le maniche della maglietta che aveva indosso. Cercai di consolarlo stringendogli ancora più forte la mano. Continuò, la voce rotta dai singhiozzi. «Eravamo uno accanto all'altro quando una delle guardie fece fuoco. Avrebbero potuto sparare a me e invece scelsero di sparare a Teresa.» disse con rabbia. «Le spararono al fianco, sembrava una ferita mortale, ma non potevo saperlo con certezza perché qualche istante dopo ricadde all'indietro, finendo dentro il tubo e attraversando così il Pass Verticale.» deglutì. «Ho pensato che fosse morta quella notte.»

«Non lo è.» gli confessai prendendogli entrambe le mani. «Teresa è viva» sorrisi e per poco non scoppiai a piangere insieme a lui. «e ora sono certa di potermi fidare di lei.»

Mentre Minho, cercando di non farsi notare, si sfregava gli occhi umidi di lacrime e Newt stringeva in un abbraccio Thomas, io mi concentrai e chiusi gli occhi.

Ora so di potermi fidare di te, Teresa.
...


Spazio Autrice

Pive vi piace questa nuova Teresa? 
Devo dire che a me nel libro non è più piaciuta molto dopo che ha tradito Thomas (anche se non era un vero e proprio tradimento), quindi in questa ff sto cercando di farla più simile a come l'avrei voluta nella trilogia di Dashner... voi cosa ne pensate fino ad ora? 
Aspetto la vostra risposta ;) 

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Capitolo 9
*** Tradimento ***


Capitolo 8
 

Dopo che Thomas ci aveva raccontato di Teresa, riprendemmo a camminare verso il Porto Sicuro. Nel tardo pomeriggio una Scacertola era risalita da un mucchio di detriti mostrandosi a noi. Era piccola quanto una lucertola e a guardarla meglio constatai che aveva esattamente le stesse sembianze, tranne che per quegli occhietti rossi e malefici che la prima volta mi avevano inquietato e quella pelle che pelle proprio non era. Era stato impressionante vedere come reagiva ai nostri movimenti, prendeva a camminare solo quando eravamo noi i primi a farlo, quasi volesse che la seguissimo. 
E così facemmo dopo aver messo ai voti la cosa. Thomas e Newt non ne erano stati tanto d'accordo, al contrario di me e Minho. In realtà mi aveva sorpresa il suo schierarsi dalla mia parte, era stato indiscutibilmente strano negli ultimi giorni, ma Minho era strano già da molto tempo prima che me ne accorgessi io, perciò lasciai stare. Alla fine riuscii a convincere anche Thomas e Newt.

Verso sera, quando la luce del sole non era più li per guidarci, la Scacertola sparì quasi a voler dire di fermarci e così fummo costretti ad accamparci in una specie di grotta, formata da tre grandi resti di qualche palazzo. 
Prima di accamparcisi sotto, Minho preferì accertarsi che fosse sicuro e solo all'ora ci fu concesso di metterci comodi per recuperare le forze. 
Io ero sdraiata tra Newt e Thomas, mentre Minho era sul lato destro subito dopo mio fratello. 
Dormivano già tutti tranne me, non mi sentivo particolarmente stanca da riuscire a chiudere gli occhi e dormire. In più c'erano i morsi della fame a impedirmelo. 
Mi alzai allontanandomi un po' dai ragazzi, ma non troppo, per paura che il gorgoglio del mio stomaco potesse svegliarli. Andai a sedermi accanto al fuoco, a pochi passi da li, incrociai le gambe. Per qualche motivo, pensai a Rachel. Non solo a lei, ma a tutti i ragazzi che come lei erano morti. Pensare che la colpa di tutto ciò andava alla donna che mi aveva messa al mondo, mi faceva sentire in parte responsabile.

«Fagiolina, che fai qui?» Minho spuntò alle mie spalle, non lo avevo sentito arrivare e mi spaventai quando mi toccò una spalla. «Scusa.» disse sorridendo, il suo sorriso era davvero bello.

Alzai un po' le spalle. «Non fa niente.» mormorai stringendomi le gambe al petto. La notte veniva sempre accompagnata da un venticello freddo e pur essendo accanto al fuoco, lo sentii ricoprirmi le braccia e persino il viso.

Minho se ne accorse e mi posò la giacca che aveva indosso sulle spalle. «Tienila.» insisté quando feci per togliermela. Non mi ero mostrata infreddolita per far si che mi cedesse la sua giacca, non lo avrei mai fatto e non volevo che lo pensasse, ma quando insisté ancora una volta per farmela indossare, accettai.

Lo ringraziai. «Pensi che sarà sicuro la dove stiamo andando?» chiesi dopo un po'.

«Tu pensi che lo sarà?» ribaltò a me la domanda.

«Io penso che nessun luogo sulla bocca della WICKED sia sicuro.»

Sospirò. «Già.»

Ci fu silenzio per un po', quando non seppi più che dire. Neanche Minho sembrò trovare argomenti di cui discutere, così rimanemmo seduti in silenzio, a guardare le fiamme del fuoco per un po'.

«Se qualche settimana fa mi avessero detto che sarei uscito da quel fottuto Labirinto...» fece una pausa. «non ci avrei mai creduto.» mi rivelò scrutando il cielo, non che ci fosse qualcosa da guardare, li non si vedevano le stelle come nel cielo artificiale della Radura. Era una cosa che mi mancava, ogni sera guardavo quei puntini luminosi nel cielo scuro per addormentarmi, mentre adesso non c'era più niente che potessi guardare.

«A me manca la Radura e ci sono stata per così poco... tu invece ci sei stato per molto più tempo eppure, non sembra mancarti.» costruii quel pensiero sulla base dell'espressione che gli si era dipinta sul viso.

A un certo punto il suo sguardo cercò il mio. «Ho visto cose in quel posto... che forse nessun essere umano sano di mente ha mai visto in vita sua. Tutti i miei amici sono morti nella Radura...» disse poi inesorabilmente, continuò a guardarmi, gli occhi mesti. «perché mai dovrebbe mancarmi?» chiese retorico, ma io risposi comunque.

Mi strinsi nella sua giacca quando un soffio di vento si insinuò tra i vestiti. «Non dovrebbe.» piegai leggermente la testa da un lato e strinsi un po' le labbra.

«Teste di caspio,» Newt si alzò a sedere, vedevo la sua sagoma snella muoversi nell'oscurità. «che fate li?» chiese mentre si stava alzando in piedi.

Lanciai un'occhiata a Minho che sembrò tutt'a un tratto preso dal nervosismo. Il suo volto era il ritratto di un'esplosione di emozioni.

«Riley,» disse con calma e mi sorpresi di sentire uscire il mio nome dalle sue labbra, non mi sembrò di averlo mai sentito dire da lui, per Minho ero sempre stata la "Fagiolina" e basta. «mi dispiace.» continuò e io sorrisi quasi istintivamente.

Alzai le spalle. «Per cosa?»

Non feci in tempo a pronunciare quelle due parole che le sue labbra si avventarono sulle mie, la cosa mi spiazzò totalmente. Rimasi paralizzata. Quel bacio non fu neanche lontanamente intenso quanto quelli che mi dava Newt. 
Poco dietro di noi lo udii gridare qualcosa del tipo: «Ehi, pezzo di sploff che non sei altro, sta lontano da lei!»

Ma Minho non si allontanò.
Allora scrollai le spalle cercando di allontanare le sue mani, che erano posate sulle mie braccia e lo cacciai via con uno spintone. 
Con l'aiuto di mani e piedi indietreggiai sul terreno polveroso mentre Newt con un salto si gettò sul ragazzo asiatico che, si lasciò prendere a pugni senza cercare di difendersi o di spingere via l'amico.

«Mi dispiace!» riuscì a dire tra un grido di dolore e l'altro. «Mi dispiace Newt, non volevo farlo!» biascicò con il sangue che gli riempiva la bocca.

«Vaffancaspio!» Newt non gli diede tregua, gli scaricò un'altra decina di pugni, prima nell'addome poi in faccia, dove sembrava fargli più male. «Sei un traditore del caspio!»

«Newt!» gridai tirandomi in piedi. «Lo ucciderai così, fermati ti prego.»

Solo qualche secondo dopo, Thomas fu li per intervenire.

«Basta! Che cosa state facendo?»

Newt si girò per fulminarlo con lo sguardo. «Tommy stanne fuori o me la prenderò anche con te.»

«No!» gridò lui in risposta. «Ho detto basta!»

Newt, a cavalcioni su Minho, alzò il braccio in aria per sferrare un'ultimo pugno, quando mio fratello lo afferrò per il polso trascinandolo via. Cadde a terra di schiena e io gli fui subito accanto. Gli presi la mano e non riuscii a non fissare il sangue fresco di Minho che gli sporcava le nocche. Lui invece, stava fissando qualcos'altro, la giacca di Minho era ancora sulle mie spalle.

«Lasciami!» ordinò strappando via il polso dalla mia presa.

Squassai il capo, la testa faceva terribilmente male. «Newt,» singhiozzai e mi avvicinai di un passo a lui. «non è come sembra.»

Una lacrima sfuggì al mio controllo e il pensiero che Newt non l'avrebbe asciugata, come faceva sempre, mi faceva stare ancor più male di quanto non mi sentissi già.

Newt si alzò in piedi creando più distanza tra di noi, il freddo mi congelò. La giacca di Minho cadde a terra quando feci uno scatto in avanti per tentare di fermarlo, la lasciai li.

«Vorrei credere che fosse stato quel caspio di virus a farti fare questo, ma so che non è così.»

Trattenni le lacrime, piangere non avrebbe fatto altro che far aumentare il mal di testa. Lo guardai mentre lui guardava me, ma non riuscii a trovare le parole da usare per spiegargli che io non avevo baciato Minho. Comunque sapevo che non mi avrebbe mai creduta.

«Mi dispiace,» ripeté Minho intanto che Thomas lo aiutava ad alzarsi. «sono stati loro a dirmi di farlo. Era un caspio di test.» vuotò il sacco, nessuna reazione da parte di Newt.

Thomas aiutò l'amico a sorreggersi mentre si avvicinavano a noi. «Loro chi?» chiesi senza guardarlo negli occhi.

«La WICKED.» rispose Thomas al posto suo.

Newt fece una risatina sarcastica, amara, che mi spezzò il cuore. «Certo, è la WICKED, è tutta colpa della WICKED.» rise ancora più forte per poi tornare serio. «Non tutti gli sbagli che facciamo sono per colpa della WICKED, Tommy.» corrugò la fronte e inarcò le sopracciglia, il suo sguardo diffidente si posò su Minho. «Io non gli credo.»

***

La mattina successiva, ero ancora nel mondo dei sogni quando intorno a me scoppiò il caos. Un gruppo di Spaccati era riuscito ad avvicinarsi e ad accerchiarci senza che ce ne rendessimo conto. Dopo la "discussione" di Newt e Minho eravamo tutti così stanchi e spossati che non avevamo pensato di mettere qualcuno di guardia. 
Sentii i gemiti strozzati dei ragazzi da qualche parte li intorno, mi alzai per cercarli in mezzo al gruppo di Spaccati e li trovai mentre cercavano, solo con le braccia e con le gambe, di ferire le persone che li stavano trattenendo. 
Uno di loro cercò di mordere il braccio di Thomas, ma lui fu più veloce e lo liberò dalla stretta sferrandogli una gomitata in piena pancia.

«Non sono un pezzo di carne, cervello di gallina.» lo sentì urlare poco prima di vedermi arrivare davanti cinque Spaccati assetati di sangue.

Un uomo basso e tozzo digrignò i denti marci. «Lei è la figlia della donna che ci ha condannato.» spiegò ai suoi simpatici amici carnivori.

«Ne sei sicuro?» chiese una donna senza occhi. Per un fugace attimo provai pena per quelle persone e desiderai unirmi a loro per uccidere la Page, poi mi ricordai che loro volevano del cibo, non un'alleata e allora rinsavii.

Un rivolo di bava gli uscì dall'angolo della bocca mentre parlò. «Si.» rispose famelico e io mi chiesi come facesse ad esserne sicuro.

«Mangiamola.» disse uno Spaccato tra le risate. Nei loro occhi si riusciva a leggere la follia, si avvicinarono di più a me, in gruppo.

Newt e Minho guardarono nella mia direzione, ma fu Thomas a urlare per primo. «Scappa Riley!»

Tutti si voltarono contemporaneamente verso di lui e io ne approfittai per girarmi e scappare. 
Mi si mozzò il respiro tutto d'un tratto, lo sentii lasciare i polmoni. Un dolore allucinante al fianco pian piano si espanse su tutto l'addome. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. 
Uno Spaccato mi aveva pugnalata con un coltello nell'esatto momento in cui mi ero voltata.

«Così ci rivediamo.» la sua voce era catarrosa e il sua alito stomachevole.

Gemetti, con le mani andai a tastare il coltello ancora infilzato nel mio fianco.
Gervaso, pensai ma non riuscii a dirlo ad alta voce. 
Boccheggiai in cerca di aria e mi piegai leggermente in avanti, quando la lama in acciaio scivolò fuori dal mio corpo lacerando la carne. 
Caddi a terra mentre i ragazzi in preda al panico gridavano il mio nome. Nessuno però riuscii a raggiungermi. Newt e Thomas erano schiena contro schiena e combattevano contro un gruppo di almeno sei Spaccati, mentre Minho era tenuto per le braccia da altri due.

Gemetti un'ultima volta prima di lasciarmi andare con la schiena premuta sul terreno. Pensai che forse, dopotutto, era meglio morire in quel modo piuttosto che diventare come quei mostri. 
I miei amici mi avrebbero ricordata com'ero ora, Riley soltanto e non una versione pazza e putrida. Thomas, Minho, mi avrebbero ricordata così. Newt mi avrebbe ricordata così. 
Quando pensai a lui e a come mi aveva rifiutata la notte scorsa, il dolore al fianco aumentò, ma non smisi di pensarci. Se dovevo morire, volevo che il mio ultimo pensiero fosse rivolto a lui. Al ragazzo che amavo e che avrei amato sempre. 
Alzai lo sguardo, per un secondo e ciò che vidi fu Gervaso, ancora in piedi di fronte a me, con quello sguardo folle negli occhi che mi spaventava. Poco dopo sul suo collo prese a sgorgare del sangue, la sua testa si staccò dalle spalle e ricadde ai miei piedi. Se non fossi stata intontita dal dolore, il quale si faceva sempre più acuto, probabilmente avrei vomitato seduta stante.

«Riley!» Newt gettò a terra l'arma con cui aveva decapitato Gervaso e si avvicinò a me. Ma non lo vidi arrivare.

Il rumore di un motore e di eliche che sferzavano l'aria mi riempì le orecchie, persi i sensi prima di riuscire a vedere la Berga appostarsi sopra le nostre teste. 
Le grida, i lamenti e le risate si attenuarono e tutto divenne improvvisamente e spaventosamente buio. 
...

 

Spazio Autrice

Gervaso ha fatto una brutta fine (RIP), ma a mia discolpa non doveva mettersi contro Newt e Riley ;)

Come vi è sembrato questo capitolo? 
Minho che bacia Riley... cosa ne pensate? La WICKED potrebbe aver detto a Minho di non dire ai ragazzi che si trattava di un test... ci saranno delle conseguenze?

Alla prossima pubblicazione pivelli! ❤️

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Capitolo 10
*** Braccio Destro ***


Capitolo 9
 

Momenti di pace e dolore si alternarono a intervalli di pochi secondi, nel momento in cui riacquistai i sensi. Ero sdraiata e troppo debole per riuscire ad alzarmi e guardarmi intorno, quindi rimasi in quella posizione voltando solo la testa, evitando di pensare alle fitte che percepivo ogni qual volta la muovevo. 
Mugolai.

«Non muoverti, signorina.» disse una voce maschile dal fondo della stanza. Non riuscii a vedere l'uomo neanche muovendo la testa.

«Chi sei?» domandai, il viso contratto dal dolore. «Fatti vedere!» dissi quasi come fosse un ordine.

L'uomo avanzò senza riserva e si accostò al letto su cui ero sdraiata. La sua grande testa andò a coprire la luce al neon sopra di me e solo allora riuscii a intravedere i tratti amorfi e rozzi del suo viso. Somigliava a un ratto, in tutto e per tutto, senza offesa per l'animale.

«Il mio nome è Janson» disse, la voce era nasale. «e lavoro per la WICKED.»

Provai un dolore acuto al fianco ferito, ma mi costrinsi ad alzarmi a sedere. Ero in una stanza arrangiata a laboratorio con solo un letto e un banco con le ruote, sul quale erano riposte alcune garze, qualche siringa e tre boccette con del liquido all'interno, ognuno di colore diverso.
Ero sicura che non fosse come l'ultima volta, quando la Page mi era entrata nella mente, per qualche motivo ora ero certa che fosse tutto reale.
Cercai di mettere insieme i ricordi di ciò che era successo dopo che Gervaso mi aveva accoltellata. Rammentai la voce di Newt, gridava il mio nome. E poi le eliche, una Berga. La WICKED mi aveva prelevata dalla Zona Bruciata.

«Che cosa ci faccio qui? Dove sono i miei amici?» scossi il capo da una parte all'altra senza motivo. La testa faceva terribilmente male, come  se qualcosa dall'interno si stesse agitando per uscire. Il desiderio di morire per far si che quella sensazione cessasse, fu tanto forte da spaventarmi.

L'uomo Ratto si mosse velocemente, non riuscii a vedere bene quale di quei liquidi contenuti nelle boccette mise nella siringa. 
L'ago scintillò sotto la luce al neon e prima che potessi rendermene conto, Janson lo infilò nel mio braccio. Sentii bruciore.

Le fitte alla testa si fecero sempre meno intense e pian piano il dolore sparì, proprio come quando era apparso.

Janson ripose la siringa e mi guardò. «I tuoi amici sono esattamente la dove li hai lasciati.» Fece scivolare le mani nelle tasche del camice bianco che aveva indosso. «Siamo già in viaggio verso quella rotta, ti riporteremo indietro ora che ti abbiamo medicata.» disse rispondendo a ogni mia domanda.
Mi avevano salvato la vita, eppure non mi sentivo in dovere di dire grazie ne a quell'uomo, ne alla Page che, quasi sicuramente, aveva dato l'ordine di prelevarmi e assicurarsi che fossi in salvo. 
Non credevo alla sua farsa. Non si può amare una persona in modo così malato, non si può voler uccidere un'intera generazione di persone per salvarne un'altra. 
Io non lo avrei accettato.

«Che cos'era?» domandai guardando la siringa con occhi straniti. «Che cosa mi hai iniettato?» insistetti posando lo sguardo sulle tre boccette.

Rimase in silenzio per un po' e avrei giurato fosse un silenzio calcolato. «Lo chiamiamo Nirvana, è un siero che rallenta il decorso del virus.» spiegò con parole semplici, arricciò il naso bitorzoluto.

«Ha degli effetti collaterali?» dissi tanto per sapere. L'uomo ratto mi studiò con lo sguardo.

«Puoi fidarti di noi.» Gli occhi neri erano immobili e carichi di intensità.

«Ah si?» una risatina nervosa mi scappò fuori dalle labbra secche. «Fino ad ora non mi avete dato alcun motivo per crederlo.» bofonchiai. Ero sicura che Janson mi avesse sentita, eppure scelse il silenzio alle parole.

Dieci minuti più tardi, mi ritrovai davanti al portellone della Berga in attesa che si aprisse, così da permettermi di raggiungere i miei amici. Quando si fu aperto abbastanza, finalmente li vidi, in piedi, uno accanto all'altro. Alle loro spalle scorsi la piccola grotta formatasi con i detriti, sotto la quale avevamo dormito... non sapevo esattamente quanti giorni prima. 
Scesi dalla Berga con un piccolo salto e me ne pentii non appena sentii la fitta al fianco espandersi per tutto il lato destro del corpo.

Il sole era alto nel cielo, però non era particolarmente caldo. 
Thomas mi venne incontro. «Riley!» esclamò stringendomi forte tra le braccia. Mi lasciò andare subito dopo un accenno di dolore. «Sono contento che tu stia bene.» ammise, gli occhi lucidi.

Gli sorrisi. Persino fare un sorriso sembrava diventata un'azione dolorosa e stancante.

«Anche io che voi siate sani e salvi.» gli accarezzai una spalla perché pensai che un altro abbraccio mi avrebbe sfinita. Mi sentivo stanca, come se avessi perso almeno una settimana di sonno.

Mi avvicinai a Minho e Newt, la Berga alle mie spalle cominciò a sollevarsi da terra. Un'ondata di vento mi si riversò addosso, i capelli mi volarono davanti agli occhi e subito mi apprestai a sistemarli. 
Alla fine, la Berga si allontanò, scomparendo nel cielo, nessuno dei due ragazzi si era ancora fatto avanti. 
Non riuscivo a guardare Newt, per la vergogna, ne Minho per l'imbarazzo che il suo bacio aveva creato. Cercai di ricordarmi che era stata tutta una prova della WICKED, come ci aveva rivelato Minho, ma non servì a cambiare le cose.

«Quanto sono stata via?» chiesi per rompere il ghiaccio.

Newt spostò lo sguardo altrove quando finalmente riuscii a guardarlo negli occhi. «Due giorni.» Il gelo nella sua voce mi procurò un brivido lungo le braccia.

Riuscivo a vedere il conflitto di emozioni che si stagliava dentro di lui. Mi dicevo di non raggiungerlo, di non abbracciarlo, per non rimanere ferita se mi avesse allontanata.

«Che si fa ora?» feci voltandomi verso Thomas, l'unica persona con cui non mi sentivo mai a disagio.

Lui arricciò le labbra. «Si va avanti verso il Porto Sicuro. Nick ha bisogno di noi.» mi rammentò.

Non avevo mai perso di vista l'obiettivo, ovvero salvare Nick, ma sotto gli sguardi contriti e delusi di Newt e Minho per un attimo me ne dimenticai.

Il pensiero di dover camminare stranamente mi fece sentire meglio, malgrado la ferita al fianco, almeno non mi sarei sentita in dovere di parlare. 
Subito mi affiancai a mio fratello, camminai accanto a lui per tutto il tempo, mentre una nuova Scacertola saltava fuori dalla sabbia per mostrarci la strada.

Durante il tragitto, Teresa mi parlò. Avevamo parlato una volta sola da quando avevo capito di potermi fidare di lei.

Riley? Stai bene? Chiese e potei sentire il suo tono allarmato. Ho visto che ti hanno ferita.

Si, ma ora sto bene, sta tranquilla.

Sono contenta, perché è ora che torniate a casa.

In che senso?

Ora so di potermi fidare di te e tu di me. Per cui non c'è più alcun motivo di nasconderti delle informazioni. Ci fu un momento di silenzio carico di agitazione. Che cosa voleva dire? Quando sono caduta nel Pass Verticale sono finita a Denver, li ho incontrato un uomo facente parte di un'organizzazione chiamata Braccio Destro, mi hanno salvata. Altra pausa. Lavoro con loro da quel giorno, per far si che la WICKED venga spodestata. 
Abbiamo bisogno di voi al nostro rifugio, ma non possiamo condurvici con il rischio di rivelare alla Page la nostra posizione. Prima dovrete...

La bloccai subito, non potevamo cambiare rotta, non se volevamo riavere Nick sano e salvo.

Non possiamo! affermai schiettamente. Dobbiamo raggiungere il Porto Sicuro prima che la Page uccida un nostro amico.

Ma... cercò di obiettare.

No, non lo abbandoneremo.

E chiusi il discorso. 
Dissi a Thomas del Braccio Destro, sapendo che anche Newt e Minho stavano ascoltando e lui fu d'accordo con me sulla scelta di salvare Nick, forse perché sapeva quanto fosse importante per me, ma soprattutto per Minho anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Quando tornò il silenzio, occupai la mente pensando a Newt, a quando aveva gridato il mio nome dopo l'attacco di Gervaso, a quando si era avvicinato, ma non avevo sentito il suo tocco sulla pelle. 
Mi domandai se lui mi avesse pensato in quei due giorni, in cui ero stata incosciente sulla Berga della WICKED. 
Probabilmente no. La tentazione di voltarmi indietro e incontrare il suo sguardo fu forte, ma resistetti.

«Ehi, la Scacertola,» disse Thomas accanto a me. «sembra che voglia farci entrare la dentro.» e indicò un magazzino, l'edificio più integro tra tutti quelli che avevamo visto fino ad ora. Sembrava non essere stato minimamente toccato dalla catastrofe.

«Cosa caspio stiamo aspettando allora? Andiamo.» Newt mi superò, senza lanciarmi nemmeno un'occhiata e si avviò verso il magazzino insieme a Thomas. Io mi sbrigai a seguirli per non rimanere sola con Minho, non volevo dare altri motivi a Newt per odiarmi.

Ci avvicinammo alla porta in ferro.

«Chi la apre?» chiese Newt senza voltarsi.

Seguì un momento di silenzio prima che Thomas si facesse avanti. Non sapevamo che cosa ci attendesse dall'altra parte, non volevo che fosse mio fratello ad andare per primo, ma d'altronde non volevo che nessuno di loro ci andasse. Così gli sbarrai la strada con un braccio, prima di cambiare idea. 
In questo eravamo uguali, eravamo sempre disposti a mettere a rischio le nostre vite pur di salvare quelle dei nostri amici. Lo avevamo dimostrato, entrambi, oltrepassando le porte del Labirinto per salvare Alby, quel giorno sembrava talmente lontano.

«La aprirò io.» cercai di impedire alla voce di tremare. Sentii gli sguardi dei ragazzi sulla schiena quando mi avvicinai alla porta.

Presi la maniglia e tirai, era aperta. Una puzza di marcio ci sorprese sulla soglia. Dentro era buio pesto, non si scorgeva nulla dell'interno, si poteva solo immaginare quanto fosse grande.

«Lascia andare avanti me,» Thomas mi prese una mano tirandomi dietro di se, come per darmi protezione. «tu sei ferita.» aggiunse.

Entrò e dopo un solo passo lo vedemmo scomparire nel buio.

«Ha ragione.» commentò Newt gelido. «Forse dovresti aspettare fuori.» Avrei voluto fulminarlo con lo sguardo per quell'affermazione, ma non feci in tempo a voltarmi verso di lui che già stava entrando.

«Non aspetterò fuori!» gridai indispettita.

Minho si fece avanti. «Mi dispiace che vi troviate in questa situazione di splof per colpa mia.» si scusò per poi seguire gli amici e venire inghiottito dall'oscurità.

Alla fine li seguii anche io. L'odore che riempiva quel posto era talmente forte da farmi bruciare gli occhi. 
Qualcuno gridò.

«Thomas!» lo chiamai sicura che fosse stato lui a gridare.

«Sto bene...» esitò. «Ho s-solo urtato qualcosa...» balbettò come fosse infreddolito.

Scossi le braccia nel buio freddo in cerca di qualcosa a cui appoggiarmi, sentivo di stare per perdere le forze. 
Avevo il nome di Newt sulle labbra, quando le luci si accesero, mi sorpresi di vedere che andavano ancora, non c'era mai stata elettricità nella Zona Bruciata.

«Ho trovato l'interruttore della...» Minho si interruppe alla fine della frase, gli occhi sbarrati e la bocca aperta.

«Che caspio...» Newt scattò all'indietro quando si trovò davanti il cadavere di un ragazzo.

Erano una dozzina e pendevano dal soffitto, erano stati legati per i piedi e lasciati a morire come animali da macello, mentre il sangue pian piano gli arrivava in testa.

«Que-questo è...» Thomas scosse il capo, si strofinò gli occhi. «Questi sono... Winston, Frypan...» continuò a farfugliare nomi guardandosi intorno. «Sono...»

«I radurai che abbiamo lasciato indietro.» finì Newt sommessamente, si passò una mano sul viso dipinto dalla tristezza e dal senso di colpa.

Improvvisamente pensai che sarebbe stato meglio se avessi dato ascolto a Newt e fossi rimasta ad aspettare fuori. Le lacrime mi salirono agli occhi annebbiandomi la vista, avevo conosciuto ognuno di quei ragazzi nella Radura ed ora erano tutti morti. La lista delle vittime, per mano della WICKED, si faceva sempre più lunga.

Camminai tra i corpi appesi mantenendo lo sguardo basso, dovevano essere morti da giorni.

Un singhiozzo mi si bloccò in gola quando il mio sguardo trovò il corpo di uno dei ragazzi, il più piccolo di tutti.

«Chuck.» sussurrai il suo nome tra le lacrime.

Il petto mi prese fuoco per il dolore e la rabbia che provai in quell'istante. Le braccia di Thomas mi attirarono a se, mi fece nascondere il viso nel suo petto come avrebbe fatto un genitore con il proprio figlio.

«Ragazzi, credo che la nostra missione di salvataggio finisca qui.» ci informò Newt, ma non capii le sue parole finché non mi ritrovai anche il corpo di Nick davanti agli occhi.

Mi strinsi ancora più forte a Thomas pur sapendo che l'effetto del suo abbraccio non sarebbe stato lo stesso di quello di Newt.

La WICKED mi aveva portato via tutto, la libertà, la famiglia, mio fratello, i miei amici e ora anche Nick. 
Avrei ucciso la Page con le mie stesse mani, per tutto questo.

«C'è un biglietto.» annunciò Minho piano, non riuscii a capire cosa provasse nel vedere il fratello morto, ma sicuramente non gli era indifferente.

Allungò una mano verso la tasca del giubbotto di Nick e ne estrasse un foglietto. Lo lesse per poi gettarlo a terra con una furia che non mi sarei mai aspettata e si avviò verso l'uscita. 
I ragazzi lo guardarono interdetti, mentre io mi chinavo per afferrare il biglietto accartocciato sul pavimento.

"PRIMA REGOLA: NON DISOBBEDIRE"
-WICKED

...

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Capitolo 11
*** Interferenze ***


Capitolo 10
 

C'era solo una regola alla WICKED da seguire rigorosamente: Non disobbedire, ed era una di quelle regole generiche che ti impedivano di fare ogni cosa. 
Ad esempio potevano ordinarti di non uscire dalla tua stanza, di non stare sveglio dopo il coprifuoco, di non parlare con i ragazzi, di non parlare e basta, di non sbadigliare persino e ogni ordine diventava automaticamente una regola da seguire perché quel 'non disobbedire' comprendeva tutto ciò che ti dicevano di fare o non fare. 
Una regola come "non russare", invece, era specifica e non ti privava di alcuna libertà se non quella di russare. 
Era estenuante.

Stringevo ancora il biglietto di carta in mano mentre pensavo a come potesse sentirsi Minho in quell'istante. Sicuramente era stata la rabbia a farlo scattare in quel modo, ma ero sicura non fosse l'unico sentimento che bolliva in pentola. 
Lo raggiunsi. Cercai di non pensare a cosa potesse dire Newt al riguardo.

«Quei bastardi figli di splof hanno ucciso tutti i nostri amici,» stava blaterando Minho mentre calciava qualcosa, con la scarpa, sul terreno sabbioso. «ed è colpa mia!» esclamò ancora schiavo della rabbia.

Gli posai una mano sulla spalla tentando di rassicurarlo. «Non è colpa tua, loro erano già morti quando li abbiamo lasciati soli nel Labirinto, perciò se la colpa deve essere di qualcuno, è di tutti noi.» dissi ripensando al fatto che se fossimo riusciti a convincerli a seguirci, ora sarebbero tutti salvi.

Mi si strinse il cuore a quel pensiero. Perché li avevo lasciati indietro così facilmente? Perché non li avevo costretti a seguirci? 
In quel momento, assurdo, ma riuscii a rimpiangere anche la morte di Gally.

«E di mio fratello, che mi dici?» scattò, gli occhi fiammeggianti.

Mi venne da piangere a sentirgli pronunciare la parola fratello, era riuscito ad accettarlo solo dopo che lo aveva perduto. La cosa era davvero triste.

Mi strinsi nelle spalle. «Mi dispiace.» sussurrai scossa da un singhiozzo.

Senza guardarmi negli occhi, Minho si asciugò una lacrima che gli era scesa sulla guancia e tornò dentro dai ragazzi. Lo seguii muta.

«Allora... Minho stava dicendo la verità quando ha detto che la WICKED lo ha costretto a baciare Riley.» stava dicendo Thomas. Parlò ad alta voce, ma sembrò rivolgersi a se stesso. 
I due ragazzi erano rivolti di spalle per cui non ci videro arrivare.

Newt gesticolò con le mani, la mandibola contratta. «Ma se è così, perché la WICKED avrebbe dovuto uccidere i nostri amici?» chiese. «Insomma l'ha...» si interruppe, il disagio nella sua voce era cristallino. «baciata. Perciò non ha disobbedito a un caspio di niente!» Batté il pugno sul muro li accanto.

«Si,» rispose l'altro. «ma forse non è a quello che si riferivano.»

«E allora a cosa?»

«Mi era stato detto di non dirvi niente,» intervenne Minho, sembrava aver recuperato un po' della calma che era andata perduta. «di non dirvi che era un test.» spiegò meglio.

«Perché ce lo hai detto allora?» si informò Thomas assumendo un'espressione compassionevole.

Minho alzò gli occhi dal pavimento e guardò un punto lontano. «Non volevo che Newt mi odiasse per qualcosa che non avevo fatto.» Si rivolse a Newt. «Riley è la tua ragazza, mi taglierei via un braccio piuttosto che tradire la tua amicizia.» dichiarò sicuro di se. Alzò un braccio in aria in attesa di qualcosa, i suoi occhi andarono a posarsi su Newt. 
Solo dopo capii che Minho aspettava una stretta di mano dall'amico. Pur con qualche secondo di esitazione, Newt gliela strinse. 
Mi sentii di troppo in quel momento, feci un passo indietro per trovarmi più vicina alla porta. Avevo deciso di uscire e rendermi utile nel solo modo che conoscevo, ossia contattando Teresa, quando percepii le dita di Newt sul dorso della mia mano. La strinse e un leggero torpore si espanse tra i nostri palmi. 
Provai un brivido di eccitazione forte quasi quanto quello che provavo ogni volta che le sue labbra si posavano sulle mie. 
Lui sorrise e sorrisi anch'io.

«A questo punto,» continuò Thomas. «non ci rimane altro che Teresa.» disse lanciandomi uno sguardo d'intesa.

Afferrai subito e mi concentrai per chiamare la ragazza nella mente.

Teresa, dimmi cosa dobbiamo fare. Qualsiasi cosa sia, la faremo. 
Niente. Per qualche motivo non riuscivo a percepire la sua presenza.

Mi voltai verso i ragazzi. «Non mi risponde.» dissi toccata dalla delusione.

«Prova di nuovo!» insisté Thomas mentre chiudevo gli occhi per riprovare.

Teresa? Ci sei?

Stavo per rivolgere a Thomas e agli altri un cenno di insuccesso quando la sentii.

Dovete raggiungere le montagne, è li che troverete il Braccio Destro.

Okay. La interruppi. Partiamo subito.

«Le montagne!» esclamai e ci precipitammo di nuovo sulla strada sabbiosa. «Dobbiamo arrivare alle montagne.»

Riley aspetta! gridò Teresa nella mente. Ci stavamo già muovendo.

Newt mi teneva ancora la mano, quando mi fermai di colpo, lui si fermò con me senza lasciarla. 
Feci capire ai ragazzi che era in corso un'altra conversazione telepatica con la ragazza. Mi guardarono tutti e tre, sembrava stessero cercando di capire qualcosa attraverso la mia espressione.

Che cosa c'é?

Dovrete prima fare una cosa.

Teresa rimase molto sul vago, ma questa volta mi andò bene, ero troppo stanca per affrontare un discorso serio. 
Seguimmo le sue indicazione fino a fuori la città, ora riuscivamo a vedere meglio i contorni delle montagne, sebbene fossero ancora molto lontane da noi. Ci avremmo messo circa tre o quattro giorni per raggiungerle a piedi. 
Intorno a noi c'erano ancora delle case mezze distrutte, ma nessun palazzo. Il silenzio era inquietante, anche Teresa aveva smesso di parlare.

Che cosa dobbiamo fare qui? le dissi.

Dovete trovare una cassetta di metallo, li dentro troverete dei bracciali. Indossateli. Ci istruì.

«Cominciamo a scavare tra le macerie.» dissi ad alta voce. «Dobbiamo trovare una cassetta di metallo.»

«Cosa dovrebbe esserci dentro esattamente?» chiese Newt dopo essersi messo a scavare a mani nude in un mucchio di rottami.

Minho rise. «È uno scherzo?»

«Cercate senza fare domande.» saltò su Thomas, mi lanciò uno sguardo come per dirmi che aveva fiducia.

«Okay. Okay. Se questi...» Minho fece una pausa. «braccialetti ci serviranno a fare il culo a quelli della WICKED, allora tiriamoci su le maniche e diamoci una mossa!»

Passati i primi dieci minuti, decidemmo che era meglio dividersi per espandere la zona di ricerca. 
Avevo scavato tra calcinacci, sabbia, immondizia e persino resti umani per così tanto tempo che le mani avevano iniziato a farmi male, la pelle era saltata via da alcuni punti facendomi gemere di dolore.

«L'ho trovata!» gridò Thomas a un certo punto, mi sembrò di sentir cantare gli angeli.

Abbiamo trovato i bracciali. Informai Teresa mentre Thomas ne tirava uno fuori dalla scatola ammaccata.

Indossalo, disturberà la frequenza delle Scacertole e impedirà alla WICKED di scoprire la vostra posizione. Solo così potrete raggiungere il Braccio Destro senza metterlo a rischio.

Presi un bracciale sotto gli sguardi dei ragazzi e lo infilai. Era di metallo e aveva una chiusura a scatto. Quando lo chiusi emise un rumore strano.

«Teresa ha detto che con questi la WICKED non ci troverà.» riepilogai velocemente.

Newt mi guardò, lessi nei suoi occhi verdi una leggera preoccupazione. 
Da quando l'Uomo Ratto mi aveva fatta scendere dalla Berga avevo pensato a come dire a Newt ciò che era successo, che per un attimo avevo perso il controllo, che avevo sentito qualcosa nella mia testa. Ora mi guardava come se già sapesse tutto, ma non poteva saperlo davvero. Solo dopo quella convinzione riuscii a calmarmi. 
Minho e Thomas avevano già preso il loro bracciale e si erano alzati in piedi.

«Che cosa c'è che non va, Newt?» chiesi quando gli altri si distanziarono.

Lui scosse la testa. «Non lo so,» disse abbassando lo sguardo. «sento che stiamo perdendo tempo. Ci vorranno almeno quattro giorni di cammino per raggiungere quelle caspio di montagne!» tentennò su alcune parole, i suoi occhi lucidi scintillarono, ma erano tristi, quando mi guardò di nuovo. «E non sappiamo quanto tempo tu abbia ancora prima di impazzire.» Lo vidi strizzare gli occhi come si fa per scacciare via un brutto pensiero.

«Non sarà una perdita di tempo.» lo rincuorai. «Troveremo una cura.» inghiottii il groppo che mi si era formato in gola e cercai di nascondere la bugia sotto a un sorriso. Non ci credevo per davvero.

Allungai la mano verso la scatola, presi l'ultimo braccialetto e lo chiusi sul polso di Newt senza mai staccare il suo sguardo dal mio.

Capii in quel momento, guardando oltre quegli occhi verdi e profondi, che non gli avrei mai detto la verità. Non sarebbe mai stato a conoscenza di ciò che era successo sulla Berga. Non potevo dirglielo senza farlo soffrire. 
...

 

Spazio Autrice

Ecco qui il nuovo capitolo, ditemi come vi è sembrato... 
Cosa succederà nei prossimi capitoli?
Alla prossima pubblicazione teste di caspio ❤️

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Capitolo 12
*** Il ritrovo ***


Capitolo 11
 

Calai lo sguardo sulle mie scarpe ormai distrutte e logore. Il viaggio verso le montagne era cominciato solo da mezz'ora, ma i miei piedi sentivano già il calore del terreno che li scottava. 
Da quando eravamo finiti nella Zona Bruciata, avevamo camminato così tanto che neanche un conta passi sarebbe riuscito a tener conto della distanza percorsa.
Stavo per concedermi una pausa di pochi secondi, quando Thomas rallentò il passo e mi raggiunse lasciando andare Minho e Newt in testa.

«Non pensi che meritino una sepoltura?» disse lanciando uno sguardo alle nostre spalle, verso il magazzino dove avevamo lasciato i nostri amici.

Trattenni l'impulso di voltarmi anch'io. «Si, la meritano.» bofonchiai avvilita.

«Sai cos'altro meritano?» chiese poi. Alzai lo sguardo su di lui, l'espressione era criptica. «Vendetta.» aggiunse.

Annuii. Ero completamente d'accordo con Thomas. «Che cos'hai in mente?»

«Voglio uccidere la Page... tu da che parte stai?» Non riuscii a credere che me lo avesse chiesto sul serio. 
Rielaborai la domanda e non ci pensai un secondo di più a rispondere, era più che ovvia la mia scelta.

«Dalla tua, Thomas, da quale altra parte potrei stare?» domandai retorica.

Gli afferrai un braccio e mi strinsi un po' a lui come per dare più valore alle mie parole.

«Che ci piaccia oppure no, la Page è nostra...»

«Non lo dire!» lo interruppi, sentii le vene sotto la pelle bruciare e il sangue salirmi alla testa al solo pensiero della parola madre.

«Okay, non lo dirò.» mi concesse lui. «Volevo solo essere certo che la pensassimo allo stesso modo.»

«Ed è così.» finii io.

Minho si voltò verso di noi, la sua espressione gridava "Problema!" «Guardate un po' Pive.»

Entrambi alzammo lo sguardo. Thomas si scostò dalla mia presa per raggiungere Minho e Newt. Uno di loro mi spinse leggermente indietro, come erano soliti fare quando volevano proteggermi.

«Che cosa c'è?» chiesi senza ricevere alcuna risposta.

Sbuffai tentando invano di aggrapparmi a Newt per vedere oltre le loro spalle. Lui si girò lanciandomi un'occhiata di rimprovero.

Udii dei passi avvicinarsi a noi.

Qualcuno si schiarì la gola. «Vi stavamo aspettando.» disse una voce maschile.

«Chi siete?» si informò Thomas, riconobbi l'amarezza della diffidenza nel tono pacato.

«Siamo del Braccio Destro.» rispose un'altra voce.

A quelle parole, il cuore fece un balzo nel mio petto. Avevamo trovato il Braccio Destro, o meglio loro avevano trovato noi.

Mossa da una tremenda eccitazione, mi insinuai tra il corpo di Thomas e quello di Newt così da superarli.

«Voi siete del Braccio Destro!» esclamai incredula, gli occhi sbarrati per la sorpresa fissarono, uno per volta, i due ragazzi con la divisa mimetica. Dovevano avere l'età di Nick, forse qualche anno in più.

«Così mi sembra di aver appena detto.» rispose quello dalle spalle larghe. I suoi occhi si strinsero leggermente, erano furbi e così familiari.

Lo fulminai con lo sguardo. «Era un'esclamazione,» precisai indispettita dalla sua provocazione. «non una domanda.»

«Riley mantieni la calma.» Percepii l'alito caldo di Newt sul collo e improvvisamente sentii i nervi tesi sciogliersi come neve al sole. «Sono armati.» Ed era così, avevano pistole e molto altro, ma nulla più mi spaventava.

Odiavo sentirmi irritata fino a quel punto da una persona, l'unico altro ragazzo che mi aveva fatta sentire in quel modo era stato Gally. 
Comunque loro erano la nostra unica possibilità di sopravvivenza al momento, quindi non c'era molto che potessi permettermi di fare senza peggiorare quella situazione già di merda. 
Improvvisamente l'euforia di un momento prima, per aver trovato il Braccio Destro, era sparita.

«Tu devi essere la ragazza.» disse facendo un sorriso sghembo. L'altro, in silenzio, guardava la scena.

Un grugnito si levò nell'aria, Minho parlò. «Che caspio vorrebbe dire?»

«Quale ragazza?» Newt mi tirò accanto a se, sentii la stretta un po' troppo forte sul braccio.

«Teresa.» saltò su l'altro a un certo punto. Sembrò annoiato dal dilungarsi inaspettato della conversazione. «Tu sei la ragazza con cui ha parlato Teresa.» aggiunse lanciando uno sguardo all'amico.

«Si.» dissi e mi resi conto che non voleva una risposta bensì una conferma di ciò che già sapeva.

«Lei dov'è?» chiese Thomas. Percepivo ancora dell'ostilità nella sua voce, questa storia aveva reso difficile a tutti fidarsi delle persone, ma a me e a Thomas, più che a chiunque altro. Se non potevamo fidarci nemmeno di nostra madre, sangue del nostro sangue, allora di chi potevamo fidarci davvero?

«Teresa? Vi porteremo da lei.» disse il ragazzo furbo e irritante.

Fece un passo indietro invitandoci a salire su un gippone, dello stesso colore della sabbia, che fino a quel momento non avevo notato.

Tutti e quattro restammo immobili per qualche minuto. 
«Che dite, dovremmo fidarci di queste testapuzzone?» sentii dire da Minho che si era sporto verso Newt e mio fratello.

«Io dico di andare,» Newt scosse la testa, ma Thomas continuò il discorso. «i nostri piani di far creare una cura alla WICKED e rubarla sono cambiati. L'unica possibilità che ci è rimasta per salvare Riley è quella di seguire queste persone e sperare che riescano a sviluppare un vaccino senza uccidere nessuno.»

«Si, ma non possiamo essere certi che la trovino!» a quel punto Newt quasi urlava, vidi le vene del suo collo ingrossarsi a dismisura. «Cacchio Tommy, tua sorella potrebbe morire!»

Per un brevissimo, ma intenso istante, anche Thomas perse la calma e gli urlò contro. Avrei voluto dire loro di tacere, di smettere di urlare perché la testa mi faceva terribilmente male, ma non ci riuscii. Le lacrime mi salirono agli occhi.

«Voglio andare.» dissi con voce tremante e strozzata.

Ancora una volta Newt scosse il capo. «Teresa non ti ha mai assicurato che il Braccio Destro dei miei stivali avrebbe trovato una cura.» si voltò verso di me prendendomi entrambe le mani, le strinse per non lasciarle più. «Io voglio certezze, non illusioni.»

«E pensi che la WICKED possa darci queste certezze?»

Non rispose.

«È la cosa giusta Newt.» Thomas gli posò una mano sulla spalla, ma lui non sembrò convincersi delle nostre parole.

Guardai Minho che annuì in segno di supporto, poi riguardai Newt un'ultima volta. «L'unico modo in cui la Page avrebbe trovato la cura sarebbe stato quello di uccidervi e tu sai che non lo avrei permesso, il Braccio Destro è la nostra scelta migliore Newt.» Riuscii a trattenere il respiro fino a un suo cenno di assenso.

«Verremo con voi.» annunciò Thomas ai due ragazzi. Li seguimmo dentro al gippone senza dire nessun'altra parola. 

La strada che ci divideva dal nascondiglio del Braccio Destro era più di quella che mi ero immaginata e fui contenta di non doverla fare a piedi. Anche Minho e gli altri sembrarono sollevati nel non dover più camminare, eravamo stremati e la fame ancora non era sparita. 
I due ragazzi, i quali scoprimmo chiamarsi Travis, quello fastidioso e Braiden, quello sempre sulle sue, ci dissero che una volta arrivati avremmo potuto rifocillarci, lavarci e riposarci. Quello era l'unico pensiero a cui mi ero aggrappata per costringermi a tenere gli occhi aperti e non dormire durante il viaggio.
Verso sera riuscimmo finalmente a raggiungere i piedi della montagna. Quasi mi venne un colpo quando Travis spinse il piede sull'acceleratore verso una parete scoscesa del monte. Il pensiero di una morte precoce mi saltò istantaneamente alla testa, pensai che saremmo morti spiaccicati fino a quando la macchina non raggiunse la parete rocciosa e ne venne inghiottita. 
Il Pass Verticale, che accidenti prima o poi mi avrebbe fatto venire un infarto, sputò la macchina all'interno di un enorme garage. C'erano una decina di altri giovani uomini e donne tutti impegnati in qualcosa, c'era chi si dilettava con le armi, chi si occupava di scaricare un camion di provviste e chi invece restava immobile a guardare i nuovi arrivati.

«Seguiteci.» ordinò Travis con un gesto della mano, per un attimo pensai di rimanere li solo per dispetto, ma tutte quelle persone che mi guardavano, come se venissi da un'altro pianeta, mi inquietavano.

Raggiunsi Minho che rise di me. «Non fare la fifona Fagiolina.»

«Chiudi il becco!» gli diedi un pugno sulla spalla che probabilmente fece più male a me che a lui.

***

La sede del Braccio Destro non era esattamente come ce l'aspettavamo, non era grande quanto la WICKED ma lo era abbastanza da lasciarci a bocca aperta. 
Al primo piano c'era l'enorme garage in cui eravamo apparsi dopo aver attraversato il Pass Verticale, al secondo c'erano la mensa e la cucina, al terzo i bagni, i dormitori e un solo laboratorio. 
Mi aspettai una protesta di Newt quando Braiden ce lo mostrò, ma non arrivò mai. Dovevo ammettere che in quanto a strumentazione, la WICKED era molto più fornita e questo dava loro più possibilità di trovare il tanto desiderato vaccino contro l'Eruzione. Non importava comunque, se era destino che io vivessi allora saremmo riusciti a trovarlo anche solo con una provetta.

«Qui vi lascio.» annunciò Braiden, con quel fare autoritario che non aveva mai abbandonato da quando lo avevamo incontrato in compagnia di Travis. «Da questa parte» indicò a sinistra. «ci sono il dormitorio e il bagno delle ragazze,» guardò nella mia direzione. «da quella parte, invece, quelli dei ragazzi.» Minho, Thomas e Newt annuirono. «Avete un'ora per lavarvi e vestirvi. Alle sette e mezza viene servita la cena, se non ci sarete, qualcun altro mangerà la vostra razione di cibo e a quel punto o gliela fate rigurgitare o muovete il culo la prossima volta per arrivare in tempo.» Un'espressione gelida gli si congelò sul volto, Braiden era serio. 
Tutt'a un tratto mi sembrò di essere tornata nella Radura, l'ultimo che arrivava a tavola, rimaneva a bocca asciutta.

Thomas rise, mentre Minho scuoteva la testa. «Stai scherzando no?» disse.

Braiden lo guardò in silenzio. «È così che funziona, se vuoi mangiare sii puntuale.» detto questo ci lasciò li, avviandosi verso la porta.

«Aspetta!» lo fermò Minho. «Quando avremo delle risposte?»

«Ci sarà un'adunata, dopo cena.»

«Chi è il capo in questa specie di posto?» domandò Newt a sua volta, scuro in viso, era stato in silenzio fino a quel momento.

Braiden scosse la testa. «Non c'è. Ognuno è il capo di se stesso qui.» Uscì dalla porta, calò il silenzio.

«Okay, allora noi andiamo.» Thomas mi guardò come per chiedermi il permesso.

«Starò bene.» sorrisi.

Newt mi baciò prima di seguire i ragazzi nel loro dormitorio. «Tieni gli occhi aperti.»

Gli presi il viso tra le mani, con il pollice sfiorai il labbro inferiore della sua bocca. Sospirò.

«Siamo al sicuro qui, Newt. Il Braccio Destro ci aiuterà.»

«Okay» mi assecondò. «ma tu sta attenta comunque.» Le sue mani si posarono sulle mie, le nostre fronti si toccarono per poi staccarsi un istante dopo. 
Annuii e solo allora Newt mi lasciò andare. Sentii il suo sguardo sulla schiena fin quando non ebbi raggiunto la porta del dormitorio. 
Entrai, l'aria profumava di pulito. La stanza era spaziosa, ai lati e al centro erano disposte file di letti a castello, la maggior parte erano occupati da ragazze che o dormivano o si litigavano i cuscini o nascondevano coltelli e pistole sotto i materassi. Rabbrividii.
Mi sentii invisibile, passando tra un letto e l'altro nessuno sembrò notarmi. 
Trovai un letto vuoto accanto al muro, mi ci stesi e fu come sdraiarsi su una nuvola. Inspirai l'aria chiudendo gli occhi.

«Ciao!» esclamò qualcuno da sopra il mio letto, una massa di capelli ballonzolò nell'aria.

Balzai a sedere sbattendo la testa sulle doghe del letto superiore, imprecai. «Ahi, che dolore!»

«Scusa non pensavo di spaventarti.» rise la ragazza, stava a testa in giù e i suoi capelli castani scuro mi impedirono di inquadrare il suo volto. «Io sono Brenda, piacere.» calò un braccio per farsi stringere la mano.

La strinsi, con grande difficoltà. «Riley.»

«Ti conviene alzare il culo e andare a lavarti Riley, tra mezz'ora si mangia e tu puzzi di marcio.» sghignazzò, se raddrizzò a sedere e con un salto atterrò sul pavimento di fronte a me.

«Grazie.» dissi, ma fu un grazie gentile, senza ostilità. Sembrava una ragazza simpatica ed energica. Il suo viso era magro e i suoi occhi scuri, non sapevo dire, per via della luce, se neri oppure marroni. «Questi sono miei?» domandai prendendo dei vestiti che erano riposti ai piedi del letto.

Brenda annuì mostrandomi che sotto vi era anche un asciugamano. «Vai, le docce sono da quella parte.»

«Grazie.» ripetei di nuovo, mi sentii frastornata per tutto ciò che avevo intorno. Solo giorni prima dormivo a terra con la puzza di carne umana e detriti sotto al naso mentre ora, stavo per andare a fare una doccia e mangiare insieme a un altro centinaio di ragazzi.

Andai alle docce, mi spogliai gettando i vestiti lerci e le scarpe che avevo indossato per troppo tempo, in un angolo. 
La sensazione dell'acqua calda sulla pelle mi fece sorridere. Cercai di sbrigarmi, il desiderio di rimanere li in eterno era davvero forte, ma la fame lo era ancora di più. 
Una volta fuori, mi asciugai e mi vestii. Indossai un paio di scarpe che Brenda mi aveva gentilmente prestato e raggiungemmo la mensa.

«Ti abituerai presto a tutto questo, poi non sarà più così stupefacente.» stava dicendo Brenda in riferimento allo stupore nei miei occhi quando mi sedevo sul letto-nuvola, quando mi asciugavo i capelli con il phon o quando mi sedevo a un tavolo vero, con sedie vere per mangiare del cibo vero. 
Seduta accanto a Brenda, con un piatto di maccheroni davanti, pensai ai ragazzi. Non li avevo visti quando ero uscita dal dormitorio e non li vedevo nemmeno ora. «Che hai? Sei silenziosa... non che prima fossi una chiacchierona.» disse lei cercando un qualche tipo di reazione da parte mia, ma il mio sguardo era perso.

Fissai la porta con insistenza e poi il resto dei tavoli intorno a me, diventai ansiosa al pensiero che Newt potesse aver ragione e che fossimo ancora nei guai. 
La mensa è ancora mezza vuota, sta calma. 
La porta alle mie spalle si aprì, mi voltai ed eccoli li. L'ansia sparì di botto nel vederli.
Feci slittare la sedia sul pavimento, che cigolò, attirando l'attenzione di tutti i presenti su di me. Raggiunsi i ragazzi. Li abbracciai tutti e tre insieme, i loro profumi forti si mescolarono con il mio più dolce.

«Perché ci avete messo tanto?» feci un po' arrabbiata.

«Chiedi a Minho.» rispose Thomas con noncuranza. Lo vidi più rilassato, così come Newt e Minho, erano più belli che mai con indosso i vestiti puliti e i capelli pettinati.

«Chiudi quella fogna, non è una colpa dormire un po' dopo quello che abbiamo passato.» grugnì lui, in risposta, facendo una smorfia a Thomas.

Risi conducendoli al mio tavolo. Li presentai in fretta a Brenda, poi cominciammo a mangiare. Al nostro gruppo presto si aggiunsero altri ragazzi e ragazze, alcuni della nostra età, altri più grandi, altri più piccoli.
Raccontammo la nostra storia e loro la loro.

«Noi veniamo tutti dalla WICKED, siamo immuni. Il Braccio Destro ci ha liberato.» disse una ragazza bionda.

«Mai nessuno è stato nella Zona Bruciata a parte voi!» raccontò un altro.

«Nessuno? Mai?» chiese Thomas al ragazzo.

Lui scosse la testa. «Nessuno tranne voi e loro.» Ci indicò un tavolo dal lato opposto della mensa, ci voltammo tutti insieme. Io dovetti allungarmi un po' di più per riuscire a guardare.

Il rumore metallico delle forchette che cadevano nei piatti. «Come caspio è possibile!?» Minho saltò sulla sedia, Newt sbarrò gli occhi mentre io e Thomas eravamo già in piedi pronti a raggiungere i Radurai.

Sbattei le ciglia incredula nel vedere Frypan, Winston, Gally, Ben, Zart e il resto dei ragazzi che avevamo lasciato nel Labirinto, seduti a chiacchierare. 
Sulle labbra mi si disegnò il sorriso più grande che ebbi mai fatto nell'incrociare lo sguardo innocente del piccolo Chuck, sotto il cespuglio di capelli ricci.

I Radurai erano salvi, non c'era una spiegazione plausibile per ciò che stava succedendo, ma non me ne preoccupai fino a dopo cena. 
...


 

Spazio Autrice

Spero di avervi fatto contenti Pive, i radurai sono salvi ❤️

Che ne dite del capitolo? Come pensate che andranno a finire le cose?

Alla prossima...

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Capitolo 13
*** In contro alla salvezza ***


Capitolo 12
 

L'abbraccio che diedi a Chuck fu più lungo di quanto mi aspettassi. La sua morte, una volta che tutto fosse finito, sarebbe stata difficile da metabolizzare, ma ora fui felice di non doverlo più fare.

«Spero potrai perdonarmi per quello che ho fatto!» singhiozzai stringendo il viso paffuto tra i palmi delle mani. «Non era mia intenzione lasciarti indietro, ma Gally voleva che me ne andassi all'istante e quando Thomas, Newt e Minho hanno deciso di venire con me io... io...» dissi tutto d'un fiato, senza permettermi alcuna pausa.

Chuck sorrise e le sue guance si colorarono di un rosso acceso, mi fece tenerezza. «So che non volevi lasciarmi nel Labirinto... forse è stato meglio così.» I suoi occhi brillavano di lacrime, non sapevo se era per la felicità di vedere me, Thomas, Minho e Newt vivi o per qualcos'altro. «Vi sarei stato di intralcio, io non sono forte come voi.» disse quasi a se stesso, la sua voce andò calando così come il suo sguardo, che ora percorreva il pavimento.

«Tu non sei mai di intralcio Chuck.» si intromise Thomas scompigliandogli i ricci già ribelli con una mano. Gli fece un sorriso e io lo guardai mentre lo faceva. Io e Thomas eravamo simili sotto molti punti di vista.

«Grazie Pive.» rispose Chuck timidamente, il linguaggio dei radurai non era mai stato nelle sue corde e adesso sembrava esserlo ancora meno che nella Radura.

Nel frattempo Newt e Minho si erano avvicinati per salutare i vecchi compagni di avventure. Mi sembrò di vedere un comportamento diverso in ognuno, più profondo che mai. Avevo dimenticato che tutti loro avevano recuperato la memoria e che adesso ricordavano la loro vita prima del Labirinto. Molti dovevano conoscersi già prima, magari avevano diviso la stanza o giocato insieme parecchie volte quando erano piccoli. 
Li invidiai molto, io non potevo incontrare la ragazza con cui ero cresciuta. Rachel era morta e lei era l'unica con cui avessi mai parlato o passato del tempo, molte delle ragazze alla WICKED le conoscevo solo di vista e forse non ricordavo più neanche i loro visi. 
Come un lampo a ciel sereno, il viso di Nick mi balenò nella mente. Mi affrettai a cercarlo tra le teste di tutti gli altri ragazzi, vidi Minho fare lo stesso anche se non potevo essere certa che stesse cercando suo fratello.

Lui non c'era.

E neanche Rachel. Il motivo della sua assenza lo sapevo. 
Era morta, proprio davanti ai miei occhi, e Nick...
Decisi di non condividere i miei pensieri con Minho ne con nessun altro. Intanto mi chiesi perchè Teresa non si era ancora fatta vedere. Era davvero li come sostenevano o ci avevano ingannato?

«Così la vecchia squadra si riunisce!» esclamò qualcuno alle mie spalle, la voce era la solita irritante e subdola.

Mi voltai per guardare il ragazzo in viso.

«Gally» ringhiò Newt.

Sorrise sghembo. «Sono felice che siate tutti sani e salvi.»

«Non possiamo dire lo stesso di te, faccia di caspio che non sei altro.» attaccò Minho, i suoi occhi si strinsero a una fessura.

«Ahi,» Gally finse un'espressione addolorata. «così mi ferisci.»

«Meriteresti molto più di questo.» Mi morsi la lingua come per trattenere un fiume di parole poco carine che mi ero preparata dal giorno in cui Gally mi aveva esiliata, insieme ai miei amici, nel Labirinto.

«Ehi,» gridò un ragazzo, si affiancò a Gally. Travis. «state attenti a come vi rivolgete a mio fratello o vi farò tagliare la lingua.» minacciò apertamente tutti quanti noi, mentre il resto dei ragazzi nella mensa continuava a mangiare il proprio cibo senza immischiarsi in pericolose conversazioni.

Ora capivo perchè la prima volta che avevo visto Travis la sua voce e il suo tono mi erano sembrati così familiari, erano fratelli. Non potevo immaginare destino peggiore che vivere nello stesso edificio, non con uno, bensì con due Gally. 
Imprecai mentalmente.

«Tu sarai la prima.» stabilì Travis. Sia il suo sguardo che il suo dito erano puntati ferreamente su di me.

Ma che cosa aveva la loro famiglia che non andava? Perchè se la prendevano tutti con me?

«Non osare minacciare mia sorella.» Thomas afferrò il braccio del ragazzo costringendolo ad abbassarlo.

Qualche raduraio spalancò gli occhi pieni di sorpresa alla rivelazione che io e Thomas eravamo fratelli, avevo scordato che nessuno di loro era ancora stato informato su ciò che era successo.

Chuck mi chiamò tirandomi leggermente per una manica della maglia. «Sorella?» chiese tutto eccitato, la voce da bambino mi fece sorridere malgrado la voglia di non farlo.

Annuii. «Ti racconterò più tardi.»

Sulle labbra di Travis spuntò un sorriso irriverente. Gally era alle sue spalle e mi guardava con l'espressione di chi ha vinto alla lotteria.

«Vuoi davvero sfidarmi bamboccio?»

Mi chiesi quali fossero le intenzioni di Thomas, ma prima che potessi chiederglielo, fece un passo avanti verso Travis, che rise ancora più forte.

«Tommy che vuoi fare?» Newt gli toccò una spalla, Thomas rilassò i nervi sotto il suo tocco. «Questo non ci aiuterà a salvare Riley.» gli sussurrò all'orecchio.

Vidi i due fare qualche passo indietro e dare le spalle a Travis. Sorrisi a Newt e lo ringraziai per aver tolto Thomas dai guai e avergli evitato un occhio nero. Credevo in lui, ma le possibilità che ne fosse uscito indenne contro un armadio come Travis erano poche.

«Quelli sono due idioti.» stava dicendo Minho mentre Brenda si avvicinava.

Prima di quel momento l'avevo persa di vista, ma ora anche lei si era unita a me e agli altri radurai. Lessi qualcosa nel suo sguardo, mentre mi passava accanto, che mi fece allarmare.

Non si fermò, proseguì a camminare verso Travis. «Ci penso io.» Aveva legato i capelli scuri in una coda che arrivava a toccarle la schiena. Le maniche della maglia a maniche lunghe erano state arrotolate fin sopra i gomiti. Si fece schioccare le dita.

«Che fa?» Minho si sporse verso di me.

«Penso che voglia...» non feci in tempo a terminare la frase che il sorriso sulla bocca di Travis venne cancellato dal pugno di Brenda.

«Ohu!»

«Caspio che pugno!» esclamò Newt ridendo.

Una piccola folla di persone si formò intorno a Travis e Brenda che adesso rispondevano ognuno ai pugni dell'altro.

Sentii una voce dire: «Non ha speranza,» e capii che più tardi mi sarei sentita terribilmente in colpa nel vedere il risultato di una lotta con Travis sul volto delicato e perfetto di Brenda. Poi la voce continuò e rimasi scioccata da ciò che sentii. «Brenda ha un destro micidiale.»

«All'ultimo addestramento ha steso tre dei migliori... CONTEMPORANEAMENTE!»

La osservai mentre sferrava un altro pugno sul volto malaccio di Travis, la precisione era studiata e la forza controllata. Mi parve, a un certo punto, che si trattenesse dal colpire troppo forte e anche se desideravo non lo facesse, almeno così non ci sarebbero stati morti.

Improvvisamente sentii i muscoli del corpo indolenziti farmi male. Provai un senso di vertigine e per un istante pensai di perdere le forze, ma restai in piedi.

«Se la sta cavando bene.» commentò Newt.

«Più che bene direi.» aggiunse Minho.

Travis cadde a terra, mentre Brenda veniva acclamata. 
Braiden gridò qualcosa. «Basta così, sapete cosa pensiamo sulle risse.» li ammonì, i loro sguardi consapevoli di ciò che li attendeva. «Potrete chiarire tutte le vostre incomprensioni questa notte durante il turno di guardia.»

Non c'era traccia d'obbligo nella sua voce perchè quello non era un ordine, eppure era come se Travis e Brenda sapessero di doverlo eseguire. 
Era come una punizione autoinflitta su consiglio di qualcun altro.

I due annuirono.

Cercai di recuperare la stabilità, mentre i ragazzi intorno a me si disperdevano per tornare ognuno al proprio posto. In mezzo a tutto quel casino, avevo perso di vista Chuck e gli altri.

«Grazie Brenda.» le dissi prendendola a braccetto, per ringraziarla, ma anche per non cadere.

Mi fece l'occhiolino. «Se lo meritava.»

***

Arrivati alla fine della cena, che nonostante la fame non vedevo l'ora finisse, un ragazzo dal tavolo in fondo alla sala, si alzò in piedi per dare inizio alla riunione.

«Conosciamo tutti le regole, si alza la mano per intervenire, niente insulti, ne violenza.» recitò quasi a cantilena quelle parole. «Chi vuole iniziare con gli aggiornamenti?»

Una ragazza, dal tavolo accanto al nostro, si alzò in piedi per informare il gruppo che la WICKED contava altri cinque morti in più del giorno prima e lanciò un'idea sul come reagire. Poi un altro ragazzo, della nostra età mi parve, disse che aveva visto una Berga aggirarsi nella Zona Bruciata subito dopo la scomparsa mia e dei ragazzi. Solo in quell'istante mi accorsi di avere il braccialetto di metallo, che ci aveva fatto mettere Teresa, ancora al polso.
Guardai Newt seduto alla mia destra, anche lui lo aveva ancora.

Ascoltai ogni intervento, anche i meno rilevanti, come fossi li solo per quello. 
Mi tornò in mente la frase detta da Braiden qualche ora prima: Ognuno è il capo di se stesso qui. 
E sembravano essere tutti d'accordo, perché nessuno di quei ragazzi tentò di darsi più importanza rispetto agli altri durante quello scambio di informazioni. Ciascuno esponeva la propria idea e malgrado ci fossero spesso pareri contrastanti, l'atmosfera rimaneva immutata, tranquilla e professionale. 
La maturità di tutte quelle persone era di gran lunga superiore alla loro età.

Un'altra ragazza si alzò. Attirò il mio sguardo come una calamita. Aveva i capelli che le arrivavano alle spalle ed erano neri come la pece, mettevano in risalto un paio di occhi blu dello stesso colore dell'oceano. Era di statura media, il suo corpo esile.

Iniziò a parlare, ma persi l'inizio del discorso in cui annunciò la presenza dei nuovi arrivati. «Li ho condotti qui così che potessero aiutarci a combattere la WICKED. Ognuno di voi, ha un buon motivo per odiare Ava Paige, ma Thomas e Riley ne hanno uno in più, ve lo assicuro.» al sentir pronunciare i nostri nomi, drizzai le spalle assumendo la posizione più innaturale e scomoda possibile.

Cercai lo sguardo di Thomas alle mie spalle. «È lei.» mi disse con le labbra.

Era Teresa.
...

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Capitolo 14
*** Risposte ***


Capitolo 13
 

Teresa mi guardò dritta negli occhi, o così mi sembrò. Non disse molto altro, niente che non sapevo già.

Venne verso il nostro tavolo e si sedette, nel contempo la riunione andò avanti, senza di noi.

«Ciao Riley.» mi salutò come se mi conoscesse da sempre, mentre io di lei non sapevo niente se non quello che mi aveva raccontato Thomas. Mi fece sentire a disagio quello sbilanciamento di conoscenza. «Newt, Minho,» fece un cenno nella loro direzione. Be' almeno non ero l'unica in imbarazzo. «Thomas.» Riservò a mio fratello l'ultimo sguardo che mi parve essere più intenso degli altri.

Thomas fece un mezzo sorriso, che cercò di nascondere. Capii dai suoi occhi che non sapeva come comportarsi con lei, era plausibile, l'aveva conosciuta e l'aveva perduta nella stessa notte, per poi dimenticarla del tutto una volta nella radura e ricordare la sua morte una volta fuori. Non la conosceva eppure voleva stringerla a se quando gli sorrideva o gli parlava. Voleva amarla, ma non sapeva da dove cominciare. 
Avrei voluto lasciarli soli, a parlare, a conoscersi, ma avevo bisogno di risposte, tutti ne avevamo.

«Risponderò a tutte le vostre domande.» esordì Teresa come se mi avesse letto nel pensiero.

Ci fu un momento in cui io e i ragazzi ci guardammo negli occhi, uno a uno, come per metterci d'accordo su quale domanda affrontare per prima.

«I nostri amici sono vivi...» parlò Minho. «come?»

«Li abbiamo salvati. La WICKED li aveva lasciati in quel magazzino a morire così che li trovaste.» spiegò. «Siamo riusciti a salvarli senza mettere a rischio il Braccio Destro.»

«Perché?» Newt alzò appena un po' la voce. «Perché li avete salvati?» domandò sulla difensiva.

Thomas lo rimproverò con uno sguardo.

Sembrava voler ad ogni costo trovare del marcio nel Braccio Destro, ma era come cercare il fuoco dove in realtà c'era solo cenere. Teresa era sincera.

«È quello che facciamo, salviamo i Muni.» Incrociò le mani sul tavolo, era strano vedere quanto poco dimostrasse la sua giovane età.

«I Muni?» fece eco Minho. «Che caspio sono?»

Teresa si concesse di fare una mezza risata. «Siete voi, siamo noi, tutti quelli immuni all'Eruzione.»

Mi strinsi nelle spalle cercando di nascondere il disagio nell'essere diversa da tutti loro, nell'essere l'unica tra tutti i presenti ad avere il virus. Newt sembrò notarlo, vidi il suo sforzo nel non dire o fare niente perchè sapeva che era quello che volevo.

«Ma,» feci disinvolta. «se voi avete salvato i nostri amici portandoli qui, allora noi che cosa abbiamo visto laggiù?» Prestai tutta la mia attenzione alla ragazza dai capelli corvini, tanto dal non percepire l'irrequietezza di Newt che batteva un piede a terra senza sosta.

«Ologrammi.» rispose schietta Teresa. «La Paige deve essersi accorta della sparizione dei corpi, così li ha sostituiti.»

Con la coda dell'occhio vidi Minho squassare il capo. Quando mi voltai, la sua espressione era diversa. 

Fece un respiro profondo. «E mio fratello? Nick non è qui!» protestò mostrando tutto il suo dolore, era la seconda volta in pochi giorni che Minho, il ragazzo duro e imperturbabile, si lasciava sopraffare dalle emozioni.

Thomas cercò di farlo calmare con qualche parola che non riuscii a capire. Comunque sembrò funzionare. 
Intanto guardai Teresa, era silenziosa. Qualcosa non andava, questo lo avevo già capito poco prima, dopo aver fatto due più due.

«C'erano due corpi, quando siamo arrivati,» Teresa abbassò gli occhi sulle sue mani, fece pressione stringendole l'una nell'altra. «che erano stati messi li, ma erano già senza vita.»

Nick e Rachel, pensai all'istante. Avevo ragione, anche se avrei preferito sbagliarmi, avevo ragione. Le due persone a me più care, quelle che mi avevano aiutata a sopravvivere in un luogo di tortura come la WICKED, erano morte. 
Il luccichio delle prime lacrime brillò nei miei occhi. 
Minho si alzò in piedi, il viso inespressivo. Disse di voler rimanere solo, che stava bene e si ritirò nei dormitori. 
Lo guardai andare via cercando di decidermi se era bene seguirlo oppure no. 
Poi qualcosa dentro la mia testa si risvegliò, il dolore che provai questa volta fu più forte, martellante e impetuoso. 
Cercai di restare lucida e di pensare a come evitare che l'attenzione si spostasse su di me, ma a un certo punto mi fu impossibile trattenere un gemito.

«Riley!» gridò Newt stringendosi di più a me. Le sue dita erano strette sui miei polsi quando cominciai a darmi dei colpi sulle tempie sempre più forti. «Riley smettila!» A quel punto la riunione si era interrotta definitivamente e tutti gli sguardi finirono sulla ragazza pazza che si dimenava sul pavimento. «Tommy!» gridò Newt disperato, ma Thomas era già li, pronto a reagire.

«Ci sono.» disse senza fiato. «Tu prendi quello, io questo.» istruì Newt che fece come suggerito afferrandomi il braccio destro con due mani. Thomas fece lo stesso con il sinistro.

Cominciai a piangere dopo che mi venne negata ogni possibilità di muovere braccia e gambe. Dal cerchio fitto di persone che si formò intorno a me, riconobbi il visino dolce di Chuck, ora corrotto dalla paura. Teresa riuscii a inquadrarla accanto a Thomas, inginocchiata mi teneva per le gambe. C'era anche Braiden, in prima fila.

«Fa male!» Un grido mi si bloccò in gola. «Fa tanto male.» piagnucolai con la sensazione nello stomaco di aver ingoiato dei cubetti di ghiaccio. 
Cominciai a sentire freddo per via del contatto con il pavimento. Oltre al dolore, riuscii a pensare a quanto mi mancasse il calore della Zona Bruciata.

Il viso di Newt sopra di me coprì il soffitto. «Che cosa le è preso?» chiese a nessuno in particolare.

Il sospiro che uscì dalle labbra di Teresa non preannunciava niente di buono. Io ovviamente sapevo che cosa stava accadendo, ci ero già passata, ma non così. Janson quella volta sulla Berga aveva detto che il Nirvana, quello strano liquido trasparente che mi aveva iniettato avrebbe dovuto rallentare il virus. E allora perchè avevo avuto un altro attacco di isteria a distanza di così poco tempo?

«È l'Eruzione, inizia a mostrarne i sintomi.» parlò piano come per non farsi sentire da orecchie indiscrete. «Ha bisogno del Nirvana se vogliamo che sopravviva fino al giorno in cui troveremo la cura.»

«Che cos'è il Nirvana?» Thomas aggrottò le sopracciglia.

«Vieni.» sussurrò Newt conducendomi tra le sue braccia. «Va meglio?» I suoi occhi verdi splendevano sotto la luce al neon.

Avrei voluto dire che si, andava meglio, ma non riuscii a parlare. Con la testa gli feci un cenno di assenso.
Fui sorpresa nel sapere che Teresa sapeva del Nirvana, ma d'altronde cos'è che quella ragazza non sapeva?

«È un siero che rallenta gli effetti del virus, consentendo alla persona che l'ha contratto di vivere più a lungo possibile. Qui a Denver è solo una leggenda, ma io so che esiste. La Paige stessa lo ha creato per Riley.»

«Denver?» bofonchiai, nessuno parve sentirmi. Eravamo a Denver, il Pass Verticale ci aveva portato a Denver.

«Sembri sapere molte cose sulla WICKED. Dove caspio hai preso tutte queste informazioni?» il modo di parlare di Newt a volte poteva risultare stravagante, ma Teresa non lo notò nemmeno.

«Quando ero là usavo i condotti di aerazione per origliare le conversazioni della Paige. Ho sentito parecchie cose su parecchie persone.» Con un gesto della mano indicò la porta.

«Accompagnala nel dormitorio, è meglio che riposi.» suggerì malinconica. «Racconterò il resto della storia a Thomas, se per lui va bene.» L'imbarazzo tra i due crebbe quando lei cercò il suo sguardo.

«Okay.» disse rivolto a Teresa. Vi racconterò più tardi.» aggiunse guardando me e Newt.

Qualcosa mi fece intuire che lo disse solo per evitare una protesta da parte mia, non avrei voluto aspettare un minuto di più per delle risposte.

***

L'ultimo briciolo di forza mi aveva abbandonata nel raggiungere il dormitorio delle ragazze. Newt voleva portarmi in braccio, ma io avevo insistito perché non lo facesse. Mi sarei sentita in colpa nel farlo affaticare più di quanto non fosse già.

«Mi hai fatto prendere un caspio di infarto... ho avuto paura di perderti.» confessò tormentandosi il ciuffo di capelli biondi con una mano.

Era accovacciato accanto al mio letto, vedevo il suo viso a malapena per via del buio che riempiva la stanza. Mi vergognai a pensare che se il mio letto fosse stato quello superiore, per starmi accanto, Newt avrebbe dovuto sdraiarsi sotto le coperte con me. 
Un fiotto di calore improvviso pervase il mio intero corpo come un brivido freddo.

Mi affondai ancor di più tra le coperte per nascondere l'imbarazzo e le guance sicuramente arrossate.

«Mi dispiace che tu abbia dovuto vedermi in quello stato.»

«Shh,» mi zittì posandomi un dito sulle labbra. La sua mano cercò la mia tra le coperte. «cerca di riposare ora.»

Annuii e lasciai che mi baciasse prima di chiudere gli occhi e farmi prendere dal sonno. 
...

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Capitolo 15
*** C'e sempre un altro modo ***


Capitolo 14
 

Quando la mattina successiva mi svegliai, mi resi conto di non sapere a che ora venisse servita la colazione. Dovevano essere le sei più o meno quando andai a farmi una doccia, la sensazione fu piacevole come la prima volta. 
Ciascuna ragazza era ancora nel proprio letto quando feci ritorno alla mia postazione, Brenda era l'unica tra le donne a non essere li. Durante la notte mi ero svegliata e dopo essermi alzata e aver visto il suo letto in perfetto stato, avevo ricordato la rissa alla mensa e il turno di guardia che ne conseguì. 
Brenda era una ragazza davvero tosta, avrei voluto assomigliare a lei più di quanto fossi disposta ad ammettere. 
Mi vestii velocemente, ero intenta a infilare le scarpe quando qualcuno parlò.

«Riley.» Una voce di bambino, dolce e assonnata, giunse alle mie orecchie dalla porta, a qualche letto di distanza.

Chuck, indeciso se entrare o meno, aveva le guance rosse per l'imbarazzo.

«Chuck, che ci fai qui?» domandai sperando di non aver parlato troppo forte.

Si guardò intorno. «Quel Pive sdolcinato di Newt mi ha chiesto di controllare se stavi bene.» disse con una punta di sarcasmo nella voce.

Sorrisi al pensiero che Newt si preoccupasse per me. Raggiunsi Chuck ancora sulla porta, erano le sette in punto quando i primi sbadigli riempirono il dormitorio. Uscii seguita dal ragazzino riccioluto.

«Sto bene.» dissi a Chuck con un sorriso. Lo abbracciai forte come per salutarlo. «Lui dov'é?»

«Alla mensa.»

Decisi di raggiungerlo, Chuck mi disse che lui sarebbe tornato da Thomas, che non voleva vomitare per le troppe smancerie che ci saremmo scambiati. Poi, d'un tratto, tornò serio e mi confessò che la sera prima si era spaventato a morte quando avevo dato di matto.

I suoi occhioni marroni luccicarono inumiditi dalle lacrime. «Prometti che non te ne andrai e non mi lascerai da solo?»

Mi mancò il fiato a quelle parole. 
Avevo già promesso a Newt qualcosa che non potevo fare, qualcosa che non riuscivo a fare perchè non era affatto facile, ossia combattere per la mia vita. Non potevo fare un'altra promessa che non sarei riuscita a mantenere. 
Ma lo feci ugualmente, non avrei sopportato vedere Chuck piangere. 
Il cuore mi fece male al pensiero di tutte le persone che avrei lasciato se mai l'Eruzione avesse avuto la meglio su di me. 
Chiusi gli occhi un istante di troppo. «Lo prometto.» 

Alle sette e mezza, la mensa era ancora vuota. Non fu difficile, quindi, individuare Newt seduto allo stesso tavolo del giorno prima.

Rimasi a guardare la chioma bionda del ragazzo da dietro finché lui non si girò e mi vide arrivare.

«Ehi, che ci fai qui?» chiese con sorpresa. La voce era impastata e gli occhi leggermente arrossati, mi diede l'impressione che non avesse dormito molto quella notte.

Mi accomodai accanto a lui, il suo braccio toccò il mio. «Chuck è venuto da me, ha detto che lo hai mandato per sapere come stavo...» Newt scosse la testa prima ancora che finissi di parlare. 
Sembrava non capire cosa stessi dicendo. «Lascia stare...» dissi quando mi fu chiaro cosa stesse succedendo. Chuck aveva detto di essersi preoccupato per me la sera prima, forse era lui a voler vedere come stavo e si era vergognato nel chiedermelo. 
Mi sentii invadere il petto da un piacevole calore.

«Senti Riley,» Newt stava parlando. «forse dovrei raccontarti ciò che si sono detti quei pive di Thomas e Teresa ieri.» lo disse con un certo turbamento negli occhi verdi.

Annuii immediatamente come per paura che potesse ritirare l'offerta da un momento all'altro. «Sono tutta orecchi.»

«Ti dice qualcosa il nome Vince?»

Ci pensai un attimo, ma no, non mi diceva assolutamente niente. Squassai il capo. «Perché?»

«Tommy dice di ricordarlo,» mi svelò. «dice di averlo sentito in un caspio di sogno una volta alla WICKED.»

«A me non dice niente.» ribadii agitandomi sulla panca.

Newt sospirò mesto. «Teresa ha detto che è stato un uomo di nome Vince a creare il Braccio Destro molto tempo fa. Ha detto che lo aveva fatto per espiare le colpe della moglie e preservare la razza umana.»

«Continua.» lo esortai quando, passati due minuti di silenzio, non riprese.

Si inumidii le labbra. «Sua moglie era Ava Paige.» fece una pausa per deglutire. «Vince era tuo padre.»

In un primo momento sembrai non rendermi conto di ciò che Newt aveva detto, Vince era mio padre, mi concentrai solo sul tempo verbale che utilizzò.

«Era? Perché era?»

«È morto qualche anno fa.» disse con la voce più compassionevole di sempre. «L'Eruzione lo ha ucciso.» finì.

Quando mi guardò negli occhi cercando la mia reazione, annuii facendogli capire che era tutto a posto. Anche se quell'uomo era mio padre, io non lo conoscevo, non lo avevo mai visto nemmeno in fotografia, perciò non riuscii a provare l'affetto e il senso di perdita che avrei dovuto provare nei suoi confronti. 

A quel punto, Newt riprese a raccontare senza che fossi io a chiederglielo. «Thomas ha detto che Teresa non sapeva i dettagli, ma c'è un ragazzo qui che ha aiutato vostro padre in tutto questo. È stato il primo ad essere salvato da Vince e da allora continua il suo lavoro come gli ha chiesto di fare prima che morisse.»

«Chi è questo ragazzo?» Pregai perchè dalla labbra di Newt non uscisse il nome di Travis.

Scosse la testa inespressivo. «Teresa non l'ha detto.»

«E riguardo alla cura?»

Notai il corpo di Newt irrigidirsi accanto a me. Si strinse nelle spalle.

«Non ne hanno parlato.» disse freddamente. «O almeno Thomas non ne ha parlato con me.» fece un po' irritato al pensiero che uno dei suoi migliori amici potesse nascondergli qualcosa.

Cercai di cambiare discorso, un po' perchè non sapevo che cosa dire e un po' perchè ero interessata a sapere come stava Minho.

«Dov'è Minho?»

Newt si girò di spalle distratto da alcuni ragazzi e ragazze che entravano in mensa. «Ancora al dormitorio. Non ne è più uscito da quando ci è entrato ieri.» bofonchiò abbassando il capo sulle mani congiunte. «Ben e gli altri hanno cercato di convincerlo a venire a colazione, ma non vuole saperne di mangiare. È una testa di caspio davvero cocciuta.» disse battendo con un colpo di nocche sul tavolo.

Lo capivo, anche io stavo male. Per Rachel. Per Nick. Persino per tutti quei ragazzi che erano morti per mano di mia madre ma che non conoscevo. 
Cercavo di non pensarci la maggior parte del tempo, ma quando mi capitava di lasciare spazio ai pensieri, piangevo tutte le lacrime che non avevo mai versato.

«Dovrei andare da lui.» dissi immersa nei pensieri.

Newt mi prese le mani. «Prima mangia qualcosa.» 

Sotto l'attenta supervisione di Newt, mangiai del latte con i biscotti poi mi alzai e uscii dalla mensa per andare nel dormitorio maschile. Newt non mi seguii, disse di dover rimanere e che Thomas stava arrivando. 
Lo incrociai nel corridoio, era solo.

«Ehi!» esclamò salutandomi con un abbraccio. «Newt ti ha raccontato tutto?»

«Già.» risposi senza sapere cos'altro dire.

«Chi poteva immaginare che nostro padre avesse costruito tutto questo.» sospirò sollevando le mani in aria, all'altezza dei fianchi come per indicare tutto ciò che avevamo intorno.

«Davvero tu lo ricordi?» chiesi spinta da una forte curiosità.

Anche a me sarebbe piaciuto ricordare qualcosa dell'uomo che aveva salvato la vita di centinaia di ragazzi.

Fece un cenno che non parve completamente un cenno di assenso. Le sue labbra si arricciarono come cartapesta. «Non sono sicuro che si tratti di un ricordo.» disse vago. «Potrebbe essere semplicemente un sogno.»

«Che cosa accadeva di preciso?» volli sapere.

Thomas si sforzò di ricordare mentre con l'indice e il medio si pizzicava il naso. 
Gli schiamazzi animati provenienti dalla porta alle nostre spalle, mi fecero capire che la mensa si era riempita e che se non avessi lasciato andare Thomas, sarebbe rimasto senza colazione.

Scrollò leggermente le spalle. «Ero piccolo nel sogno.» strinse gli occhi guardando un punto lontano come se vi vedesse la scena. «Un uomo di nome Vince, mi abbraccia e all'orecchio mi dice "Non fidarti della WICKED, Tom. C'è un altro modo, c'é sempre un altro modo."» recitò quelle parole a cantilena e per un attimo mi sfiorò il pensiero che se le fosse scritte per ricordarle esattamente in quell'ordine. «Di tanto in tanto mi capita ancora di sognarlo,» ammise con occhi trasognanti. «sempre la stessa scena, sempre le stesse parole. Non sono mai riuscito a vederlo in faccia però.»

«Non penso che fosse un sogno.» dissi trascinata da una sensazione che mi nacque nel petto. «Credo proprio che fosse lui.»

«"C'è un altro modo. C'è sempre un altro modo."» ripeté in un sussurro. «Si riferirà alla ricerca della cura? A come la Paige ha agito?»

«Credo proprio di si. Lui stesso stava cercando un altro modo.» gli dissi e sorrisi inconsapevolmente. 
Non tutti nella mia famiglia erano cattivi.
...

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Capitolo 16
*** Bomba a orologeria ***


Capitolo 15
 

Prima dell'ora di pranzo, andai da Minho. Avevo detto a Newt che ci sarei andata subito dopo la colazione, ma Brenda mi aveva costretto a seguirla al poligono, una stanza di medie dimensioni nell'immenso garage in cui eravamo stati teletrasportati al nostro arrivo e che prima di quel momento non avevo mai notato. 
Era decisa ad insegnarmi una cosetta o due sulla difesa personale, con o senza armi. Diceva che ero una ragazza forte, tosta e che non si lascia spaventare da ciò che ha davanti, proprio come lei. 
Io avevo riso, perché ero sicura che non fosse così. Non mi sentivo l'incarnazione di quelle parole, per niente. 
Comunque la accontentai, mi sentivo ancora un po' in colpa per il turno di guardia che aveva dovuto fare per via della rissa con Travis. 
Ora ero diretta al dormitorio dei ragazzi, con le mani rosse e doloranti, le gambe molli per la stanchezza e la testa due volte più pesante del normale, ma almeno avevo imparato qualcosa che mi avrebbe fatta sentire meno inutile durante un combattimento.

«Posso?» domandai facendo sbucare la testa oltre lo spiraglio della porta aperta.

Il dormitorio era completamente vuoto ad eccezione dei radurai sistemati nei letti intorno a quello di Minho. Li guardai uno ad uno. Anche Thomas e Newt erano li, l'unico a mancare era Gally, ma poco mi importava.

«Vieni.» aveva detto Frypan, così ero entrata.

Andai a sistemarmi sul letto accanto a quello di Minho, su quello di sopra, Chuck stava giocherellando con un elastico.
L'atmosfera era cupa e c'erano momenti tra una conversazione e l'altra in cui il silenzio diventava straziante.

«Minho.» lo chiamai sporgendomi un po'. «Ti va di parlare?»

Minho schiuse le labbra. 
Gli sguardi di tutti i radurai si concentrarono sul ragazzo asiatico, le bocche socchiuse e gli occhi sgranati come se si aspettassero che dicesse qualcosa, ma ciò che uscì da quelle labbra fu soltanto un sospiro solenne.

«Vaffancaspio, è tutto inutile!» trillò Ben battendo una mano sul materasso. «Questo pive testa di caspio qui ha intenzione di non parlare più per il resto della sua vita.»

«Forse è sotto shock.» suggerì qualcuno.

Newt serrò le labbra e scosse la testa. «No, io non credo.»

Lo guardai mentre con lo sguardo spaventosamente fermo fissava l'intreccio ferroso del letto sopra di se, teneva le mani sotto la nuca e le caviglie incrociate l'una sull'altra. A parte aprire la bocca, non si era mosso di una virgola da quando ero arrivata.

«Vuoi qualcosa da mangiare? Posso portartelo qui.» mi offrii pensando che al cibo non avrebbe detto di no, e invece...

Sospirai dopo l'ennesimo rifiuto a parlare.

«Chiamaci se vuoi qualcosa.» gli disse Thomas chinandosi verso di lui.

Sembrava di parlare ad un oggetto inanimato, quasi non sbatteva più neanche le ciglia.

Quando tutti si alzarono e si avvicinarono alla porta, mi inginocchiai a terra e mi sporsi verso il suo orecchio.

«Nick non vorrebbe questo, vorrebbe che tu reagissi.» A un certo punto, chiusi gli occhi, mi concentrai sulla scelta delle parole. «Combatti la tua battaglia Minho e fa che tuo fratello non sia morto invano.»

Quando mi rimisi in piedi, gli diedi le spalle raggiungendo gli altri e mi fu impossibile sentire le parole che disse.

«Lo farò.»

***

Quattro giorni dopo, Minho era ancora li, sdraiato su quel letto senza parlare e immobile come una statua. Avevo cercato di incoraggiarlo, di spingerlo a reagire, ma a quanto pareva non era servito granché. 
Avevo parlato con Teresa che, avevo scoperto, faceva parte del team di dottori che si occupava della ricerca della cura, ma nemmeno lei aveva saputo dirmi in che modo aiutare Minho, non proprio almeno. Le sue uniche parole erano state "dategli tempo".

Per quanto riguardava me, avevo avuto quattro attacchi di isteria in quattro giorni e il fatto che fossi più vicina che mai alla completa pazzia (e nessuno voleva ammetterlo, ma anche alla morte), aveva spinto il Braccio Destro a reagire.
All'unisono, ragazzi e ragazze avevano votato affinché si mettesse in atto un piano di azione contro la Paige. 
Prima avrebbero spodestato la WICKED prima avrebbero potuto accedere ai loro file e utilizzare le loro strumentazioni per cercare la cura. 
Naturalmente gli unici ad essere contrari, furono Gally, Travis e qualche seguace di quest'ultimo, i quali sostenevano che era meglio sacrificare me e salvaguardare se stessi per proteggere la razza umana ed evitando così spargimenti di sangue. 
La voglia di prenderli a cazzotti era cresciuta nei giorni e il desiderio di vederli soffrire si era evoluto tanto da spingermi a immaginarli come bersagli al poligono. Era facile sostituire la sagoma nera e rigida con il volto lentigginoso e sprezzante di Gally, dopodiché bastava prendere bene la mira e bam! Ogni colpo andava perfettamente a segno.

«Riley, hai sentito cosa ho detto?» fece Teresa sventolandomi una mano di fronte al viso ghignante.

Cacciai ogni pensiero con uno scrollo della testa. «No, scusami. Puoi ripetere?»

«Ho detto...» ripeté facendo un leggero sorriso. «che dovrei prelevarti un po' di sangue.»

«Ah si?» dissi sedendomi sul lettino rivestito di gomma del laboratorio. «Per quale motivo?»

«Nell'attesa di utilizzare i laboratori della WICKED, stiamo tentando di trovare una formula uguale, o simile almeno, a quella del Nirvana.» Il sorriso era scomparso dalle labbra rosse della ragazza. Avevo terribilmente paura di come avrebbe terminato quel discorso. «Per la cura ci vorrà molto più tempo e potresti... non arrivarci senza quello.»

«Okay.» mi sforzai di mantenere la voce salda. 
Mentre Teresa, in silenzio, faceva entrare l'ago nel mio braccio, cercai Newt attraverso una delle finestre interne. 
Era li, che mi guardava e mi aspettava. Dopo il secondo attacco avvenuto di fronte a lui, non mi aveva lasciata da sola neanche un attimo. Quando uscivo dal dormitorio la mattina, lo ritrovavo ad aspettarmi fuori dalla porta e non più in sala mensa e la sera mi riaccompagnava. 
Tutte le volte, prima di lasciarmi, mi sussurrava un «ci vediamo domani» e io sentivo nella sua voce la paura che prima o poi non ci sarebbe più stato un domani per me. E ogni volta che mi baciava... scorgevo nei suoi occhi verdi e tormentati il terrore che quel bacio potesse essere l'ultimo.
Lo guardai sconsolata un'ultima volta prima di scendere dal lettino. 
«Teresa» la chiamai e lei si voltò all'istante facendo svolazzare i capelli nerissimi. «pensi davvero che un gruppo di dottori così giovani riuscirà dove la WICKED in tutti questi anni non è mai riuscita?»

La domanda parve coglierla di sorpresa, ma non esitò un attimo a rispondere. «La WICKED ha scelto noi non solo perché siamo immuni Riley... la Paige stessa, ci ha scelto perché siamo i più forti, i più intelligenti e i più coraggiosi tra tutti.» fece una pausa e si voltò verso quello che sembrava un piccolo frigorifero, per riporvi all'interno il flacone con il mio sangue. «Alcuni di noi sono più giovani di altri, è vero, ma io non penso che faccia differenza.»

Annuii ma non riuscii a sentirmi rincuorata da quelle parole. Avevo un peso sullo stomaco di cui non riuscivo a liberarmi da giorni.

«Grazie, per tutto ciò che fate per me.» le dissi sinceramente e la abbracciai.

Lei sorrise, poi mi lasciò andare.

All'ora di cena, non me la sentii di mangiare molto, così mi sforzai di mandare giù un pezzo di pane e niente di più. 
Rimasi a tavola perché sapevo che se mi fossi alzata, Thomas o Newt mi avrebbero seguita ovunque fossi andata. 
Da quando, al Braccio Destro, si era sparsa la voce che avevo l'Eruzione, mi sentivo più a disagio che mai. 
Mi sentivo come una a cui si deve cedere la propria razione di cibo perché oggi c'è per mangiare i piselli con la carne, mentre domani potrebbe non esserci più. Odiavo quando la gente mi compativa, nessuna delle ragazze che avevo conosciuto fino ad ora si comportava più allo stesso modo, non volevo che cambiassero nei miei confronti solo perché uno stupido virus aveva scambiato il mio cervello per carne e piselli. 
L'unica a rimanere se stessa era Brenda. Lei ci rideva su e non perdeva mai occasione di rubarmi qualche pezzo di cibo dal piatto. 
Riguardo ai radurai, anche loro erano se stessi, si preoccupavano per me, ma non ci pensavano nemmeno a cedermi le loro razioni di cibo. Risi a quel pensiero e li guardai mentre ingurgitavano la cena.

«Oh... queste, queste non c'erano nella Radura...» stava dicendo Winston mentre addentava una bistecca.

«Caspio, quanto mi manca il bacon di Frypan!» disse Ben sconsolato.

E Frypan subito dopo: «Puoi dirlo forte Fagio, puoi dirlo forte!»

Gli occhi mi si inumidirono di fronte a quella scena. 
Feci per alzarmi, non riuscii più a stare li e con la coda dell'occhio vidi le sagome di Newt e Thomas alzarsi contemporaneamente.

«Devo andare in bagno.» dissi forzando una risata.

«Ti accompagno fino alla porta.» si offrì Thomas scavalcando la panca su cui era seduto un attimo prima. Lui e Newt si guardarono, poi Newt fece un cenno, ma non si rimise a sedere.

«No,» Allungai una mano per bloccarlo. «vado da sola, ci metterò un attimo.» Lasciai scivolare lo sguardo da uno all'altro più volte.

«Okay.» Entrambi tornarono a sedersi, ma quando mi voltai, percepii degli occhi su di me e fui quasi certa che fossero i loro.

Nel bagno, poco più tardi, mi lavai il viso per far andare via la maschera di lacrime che avevo sulle guance, dopo aver pianto dalla mensa fino ai dormitori. 
Non sapevo per cosa di preciso, ma avevo sentito il bisogno di farlo. Ora il petto faceva un po' male e anche la testa. 
Mi stesi su un letto, non ero nemmeno sicura fosse il mio. 
Non ricordavo quando di preciso, ma chiusi gli occhi. 
Poi, improvvisamente, una sirena dall'allarme riempì l'intera struttura e io, stendendomi a terra, cominciai a gridare per il dolore. 
La gola che bruciava come se vi avessero dato fuoco. 
...

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Capitolo 17
*** Finzioni e messe in atto ***


Capitolo 16
 

Minho

Per giorni avevo progettato questo attacco all'insaputa di tutti. 
Ero uscito di notte senza farmi beccare dai ragazzi che erano di guardia. Avevo studiato le mappe che il Braccio Destro aveva sulla WICKED, ogni sezione, ogni corridoio, ogni stanza. Mi ero assicurato che una Jeep fosse nel grande garage al piano terra, così che potessi usarla per oltrepassare il Pass Verticale. Avevo armeggiato sul piccolo schermo che permetteva al Pass Verticale di scegliere il luogo in cui andare. Ed ero persino riuscito a procurarmi delle cacchio di armi per completare l'operazione e uccidere Ava Paige, senza che nessuno in quel posto se ne accorgesse. 
Ma con quella testa di caspio che mi ritrovavo, avevo dimenticato di accertarmi che nessun allarme suonasse una volta aperto il Pass Verticale. 
Ero certo che tutti avrebbero provato a fermarmi, anche quei pive di Thomas e Newt, per questo avevo preferito agire da solo.
Tutti loro credevano che più tempo significasse più prudenza, ma cacchio erano passati dieci anni o giù di li da quando il Braccio Destro era stato creato e ancora non avevano mosso un dito. 
Non volevo aspettarne altri dieci per vendicare mio fratello, la Paige l'avrebbe pagata per tutto ciò che aveva fatto a me e ai miei amici. 
Thomas, Newt e Riley mi avrebbero perdonato una volta che fosse morta e tutto fosse finito. La cura sarebbe stata trovata senza intralci e Riley sarebbe sopravvissuta. Nick sarebbe stato vendicato e io mi sarei sentito in pace una volta per tutte. 
Dovevo solamente sopravvivere.

Cercai di spegnere l'allarme non appena si fu acceso, ma fu tutto inutile. 
Ormai lo avranno sentito tutti lassù, pensai alla mensa piena di ragazzi. Me ne infischiai e salii sulla Jeep. Solo dopo essere salito al posto del guidatore e aver chiuso la portiera mi resi conto che non sapevo come caspio guidare quell'aggeggio a quattro ruote. 
Presi in considerazione l'idea di correre, attraversato il Pass Verticale c'era solo un chilometro di distanza che mi divideva dalla sede della WICKED, ma con la pistola in mano e tutte le altre armi che mi ero portato dietro, non avevo molte possibilità di arrivarci con facilità. 
«Fottiti macchina del caspio!» gridai colpendo il volante con un pugno. Ignorai il dolore concentrandomi sul rumore di passi che si dirigevano verso il garage, dovevano essere almeno una ventina di persone.

Non mi aspettai di trovare nessuno li giù a quell'ora, per questo quando delle nocche premettero contro il finestrino due o tre volte di seguito, saltai sul seggiolino con l'aria di chi si è sploffato nei pantaloni.

«Serve una mano?» Una ragazza dai capelli lunghi e castani scuri aprì prontamente la porta spingendomi con una mano verso il seggiolino di lato, accanto a quello del guidatore.

La riconobbi come Brenda, la ragazza che aveva fatto il culo al fratello, tutto muscoli e niente cervello, di Gally.

Mi accigliai rimanendo a guardarla mentre accendeva il motore della Jeep. «Che caspio ci fai tu qui?»

«Da quello che mi hanno detto, sei un ragazzo che agisce senza tanti piani o programmi. Un ragazzo impulsivo che non considera altre possibilità se non quelle di riuscita e che rischia anche quando ha molto da perdere.» la ragazza parlò come se mi conoscesse da tanti anni e mi meravigliai nel sentire che ognuna di quelle cose era in parte vera.

A metà tra l'irritato e lo stizzito le gridai sopra il rumore assordante dell'allarme ancora in funzione: «Non hai risposto alla mia domanda! Che ci fai qui?»

«Se il tuo piano è come credo che sia, voglio aiutarti.» gridò lei di rimando e mi guardò con la coda dell'occhio ancora ferma nel garage. Sembrava che stesse aspettando il mio consenso.

«E come credi che sia?»

«Tu vuoi uccidere la Paige.» disse fissandomi negli occhi. «E lo voglio anche io.» affermò con prodezza.

«Parti!» le dissi e lanciai un ultimo sguardo alla porta che conduceva al primo piano.
Brenda premette sull'acceleratore e dopo una brusca sgommata la Jeep venne ingoiata dal fascio di luce gialla. 
...

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Capitolo 18
*** L'uno senza l'altro ***


Capitolo 17
 

Mi svegliai nel caos più totale. 
Non sapevo dove mi trovavo ne come ci ero finita, ma intorno a me riconobbi i volti familiari di Thomas, Newt e... Braiden? 
Come ero arrivata li? Insieme a loro?
Ricordavo la sirena che aveva iniziato a suonare quando ero nei dormitori, potevo ancora sentirla rimbombare nella testa quando mi tappavo le orecchie. 
Che cosa era successo... dopo?

«Ehi, si è svegliata!» esclamò Thomas accarezzandomi una mano. «Riley!»

Newt si aggiustò a sedere mettendosi meglio con la schiena contro il muro.
Avevo la testa appoggiata sulle sue gambe, lo sentii muoversi sotto di me. Mi resi conto di non riuscire a parlare solo quando aprii la bocca e la voce dalle labbra non uscì. 
La lingua era bloccata, come pietrificata, contro il palato.

«Ti ho trovata nei dormitori, gridavi e ti dimenavi dicendo che c'era qualcosa nella tua testa che voleva... uscire...» spiegò Braiden interpretando il mio sguardo, sicuramente carico di dubbio e confusione.

Non ricordavo niente di tutto quello, non ricordavo di aver sentito qualcosa dentro la mia testa. Una stretta allo stomaco mi mozzò il fiato.

Newt era turbato, agitato e spaventato insieme. Le sue mani strinsero le mie spalle cercando di tenermi giù quando cercai di alzarmi.

«Devi riposare finché non saremo arrivati.»

«Arrivati dove?» chiesi con voce estranea.

Thomas e Newt si guardarono. «Alla WICKED.» rispose Braiden con la solita aria distaccata. «Siamo su un furgone che ci sta portando la.»

Studiai tutto intorno a me, un telo di plastica copriva il carretto del furgone, perciò non riuscii a vedere la luna... o il sole? 
La luce era poca li dentro e a stento riuscivo a vedere i volti dei ragazzi.

«Minho è rincaspiato per via del fratello,» stava raccontando Newt guardandomi dall'alto al basso. «a quanto pare ha solo finto di rimanere a letto tutti questi giorni...»

«Braiden ha fatto controllare le telecamere di sorveglianza,» Thomas indicò il ragazzo accanto a se con uno sguardo. «Minho stava escogitando qualcosa contro la Paige.» continuò esitante.

Erano troppe informazioni in una volta sola da elaborare, la testa iniziò a girare forte e dovetti chiudere gli occhi per placare le vertigini.

«Sta bene?» domandai con voce tremula.

Mio fratello alzò le spalle, gli occhi marroni erano mesti. «Non lo sappiamo.»

«Con tutta probabilità sta bene.» si intromise Braiden. «Brenda è con lui.»

«Brenda?» fece eco Thomas, che doveva aver scoperto questo particolare solamente ora. 
Braiden fece un cenno di assenso, era davvero di poche parole. Non lo avevo mai visto scambiare più di dieci parole con qualcuno, ora invece... stava parlando con noi. 
Sembrava... strano.

«Perché sei qui?» gli chiesi quasi con il rischio di sembrare sfrontata. Mi ero alzata a sedere malgrado le continue proteste di Newt, ora mi sentivo abbastanza bene. «Perché parli con noi?» insistetti, il mio sguardo si fece indagatore. «Tu non parli quasi mai con nessuno, tranne che alle riunioni, l'ho notato...»

Lo sguardo di Braiden mi trovò non appena alzò il capo. Per la prima volta, mi parve di scorgere del disagio nei suoi occhi neri.

«Vi devo la vita, ecco perché.» fu la sua risposta. 
Lo guardai un istante perplessa e dopo confusa. 
Non disse niente di più, il che mi fece capire che sapevo già tutto quello che dovevo sapere, dovevo solo unire i pensieri e...

Cercai di ricordare qualcosa che avevo dimenticato, qualcosa che sentivo era importante. «Tu sei quel ragazzo.»

Lui non disse di si, ma nemmeno di no. Braiden era il ragazzo a cui mio padre aveva salvato la vita, lo stesso che lo aveva aiutato a costruire il Braccio Destro.

«Vostro padre mi ha salvato dalla Paige, ha rischiato la sua vita per me e ora io rischierò la mia per i suoi figli.» disse solennemente.

Thomas lo guardò attonito. «Forse non è abbastanza per tutto ciò che avete fatto, ma grazie.» disse e si strinsero la mano.

«Hai salvato molte vite, incluse le nostre.» dissi io e suonò come un ringraziamento. Anche nella penombra, vidi gli occhi di Braiden brillare di lacrime che non lasciò mai cadere.

Thomas spezzò il silenzio permettendo a Braiden di ricomporsi. «Com'era?» chiese sapendo che il ragazzo avrebbe capito a cosa, o meglio chi, alludesse.

«Era un grande uomo. Non ho mai incontrato nessuno come lui.» ammise quasi timidamente, mi sorprese scoprire che anche dietro l'incrollabile freddezza di Braiden vi era un lato sensibile. «Vi voleva molto bene, a entrambi,» ci confidò. «voleva che sapeste che non avrebbe mai voluto lasciarvi alla WICKED, ma vostra madre non gli lasciò altra scelta.»

Thomas annuì serrando le labbra, la tristezza del momento gli si lesse negli occhi marroni.

Stavo cercando di immagazzinare quelle nuove informazioni, quando il furgone sul quale stavamo viaggiando si fermò di colpo.

Ci fu un momento di intenso silenzio prima che Braiden parlasse guardando, uno dopo l'altro, me e i ragazzi. «Andiamo e vendichiamo tutti quelli che sono rimasti indietro.» Il gelo nello sguardo esplose con violenza.

Scesi dal carretto del furgone, Travis e una ragazza, che erano seduti nei posti davanti, ci raggiunsero. 

«La principessa pazza si è svegliata, quale onore.» commentò Travis con sarcasmo pungente.

Le mani di Newt si strinsero a pugno mentre Thomas lo spingeva lontano da lui con forza.
Io li seguii, con l'amaro in bocca per non aver reagito. Se dovevo combattere, non potevo permettermi di sprecare forze inutilmente. Comunque ci pensò Braiden a zittirlo, dopotutto c'era un capo al Braccio Destro anche se pensava di non esserlo.

Qualche minuto più tardi, altri ragazzi ci raggiunsero nel piccolo boschetto che si trovava a pochi metri dalla sede della WICKED, portando armi e altre provviste. 
Non avevo mai visto la WICKED da fuori, era una struttura semplice, su un solo piano e grande quanto lo sembrava dall'interno. I muri erano grigi e non c'erano finestre a parte piccoli oblò. Dalla posizione in cui eravamo, si riusciva a vedere perfettamente il grande tubo che dal terreno risaliva fino ad arrivare alla Sezione Speciale che, come aveva detto Nick una volta, aveva la forma di un'astronave. 
Sentii dei brividi percorrermi la schiena al ricordo del volo che avevo fatto per raggiungere il Pass Verticale, che si trovava proprio alla fine del tubo. Allora non sembrava così alto.

«Ecco a te.» disse un ragazzo in uniforme mimetica, mettendomi in mano una pistola.

Cercai di mettermi a mio agio tenendola fra le mani, come quando sparavo insieme a Brenda, ma la pistola mi fu strappata via, prima ancora di stringerla saldamente.

«Non penso che debba tenere una pistola.» stava dicendo Thomas a qualcuno.

«Tommy ha ragione,» lo appoggiò Newt. «Al momento è un po'... instabile.» ebbi come la sensazione che quella non fosse la parola che volesse dire davvero. 
"Instabile" o per meglio dire "pazza".

Mi sentii fragile come un calice di cristallo e pericolosa come una bomba che non sai dire quando di preciso ti farà saltare in aria.

«Ci penseremo noi a te.» mi assicurò Thomas parlando anche per Newt.

Feci di si con la testa dato che non me la sentivo di protestare, anche se avrei preferito tenere un'arma. Proteggere anche me, avrebbe significato abbassare la guardia per tenermi d'occhio e in guerra bastava molto meno per restare uccisi.

Braiden fece un passo verso di noi stringendo un fucile tra le mani. «Potete contare anche su di me.»

Newt e Thomas lo ringraziarono. Io non riuscii a fare altro che trattenere il respiro.

Sentii il panico serrarmi la gola quando cominciammo a muoverci verso l'edificio grigio dalle porte in metallo.

La mano di Newt si strinse alla mia quando ne ebbi più bisogno.

«Ti amo.» bisbigliò, i suoi occhi esigevano di essere guardati. Quegli occhi verdi e tormentati da chissà quale orrore. 
Non aveva parlato molto da quando mi ero risvegliata sul furgone e mi chiedevo cosa lo spaventasse tanto in quel momento, se la paura di morire o la paura perdermi. «Ti amo, Riley.» ripeté. Qualcosa, nel tono che aveva usato, mi spaventò.

«Non dirlo come se fosse l'ultima volta.» dissi tremante di rabbia. Strinsi di più le mie dita tra le sue, le nocche bianche per la forza che ci misi.

«Ma potrebbe.» insistette lui inesorabile.

Il respiro mi si bloccò in gola al pensiero di perderlo. 
Perché lo avrei perso, che fossi morta io o fosse morto lui. 
Non vedevo alternativa. 
Oggi o domani. 
Non avrei più rivisto i miei occhi azzurri nei suoi verdi.
...

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Capitolo 19
*** Appesa a un filo ***


Capitolo 19
 

Thomas

«Credo dovremmo chiamare anche Brenda,» disse Minho sottovoce strisciando nel condotto di aerazione. Parlava da cinque minuti buoni e malgrado non sentii tutto alla perfezione fui sicuro che stesse parlando ancora della ragazza dai capelli castani. «non avrei mai creduto che una femmina potesse essere così in gamba... ma ehi, l'ho vista con i miei caspio di occhi!» esclamò e per un secondo si fermò a guardarmi.

«Mmh mh.»

«Dico sul serio, ha fatto il culo a tutti la fuori.» 
«Minho potremmo parlarne in un altro momento?» lo ammonii, quasi battei i denti, si gelava li dentro. 

«Certo, sempre ammesso che le nostre chiappe siano ancora salve in un altro momento.» ironizzò facendo un risolino.

Non ci trovavo niente di divertente, ma sapevo che i modi di fare di Minho erano solo per coprire il fatto che avesse paura.

«Continua a strisciare, avanti!» dissi.
Aiutandomi con i gomiti e con le gambe, ripresi a strisciare lungo il condotto.

Era stato più faticoso di quanto mi ero aspettato, ma alla fine riuscimmo ad arrivare sopra all'ufficio della Paige, quello in cui ci avevano portato quando l'avevamo incontrata la prima volta. 
Stavo per chinarmi sulla grata quando il piede di Minho lasciò un'impronta sulla mia faccia.

«Scusa fagio!» disse quando finalmente riuscì a girarsi dalla parte giusta. 
Grugnii qualcosa di incomprensibile tastandomi la faccia dolorante. 
«Hai qualcosa sulla faccia.» sghignazzò lui indicandomi la guancia con un dito. Lo guardai irato, poi lo sguardo si addolcì e cercai di fargli capire la gravità della situazione. 
Annuì e tornò serio, giusto in tempo per sentire la voce della Paige provenire dalla grata.

«Dovete ucciderli tutti se necessario, ma trovate Riley e riportatela qui!» sbraitò muovendo convulsamente le braccia, i piedi sbatterono a terra ripetutamente come una bambina isterica sull'orlo delle lacrime.

Minho mi lanciò uno sguardo d'intesa.

«Faremo ciò che ci chiede, signora.» sottostò una delle guardie. Fece un breve inchino per poi uscire dalla porta.

C'era un altro uomo nella stanza, solo quando fece un passo avanti, ed entrò nel quadrato da cui stavamo sbirciando io e Minho, riuscimmo a vederlo. Sembrava abbastanza basso e tozzo, i suoi capelli untosi e neri erano scompigliati sulla testa mentre un grosso naso era posto al centro della faccia. Doveva essere l'uomo di cui ci aveva parlato Riley, non aveva detto molto, ma la somiglianza ad un ratto c'era.

«Janson, tu sei l'unico di cui mi fidi davvero.» La Paige si avvicinò all'uomo, il suo sguardo era penoso mentre parlava. Per certi versi, qualcosa in quella donna era cambiato, non sembrava la stessa dell'ultima volta. «Riportami la mia bambina!» gridò quell'ultima frase in preda all'isteria, pianse forse.

«Mia signora, se è qui, la troveranno e la prenderanno...» a quel punto non ascoltai più. 
Senza accorgermene avevo stretto i pugni, le nocche bianche. Allungai un braccio verso la cintura dei pantaloni, quando sentii il freddo della pistola tra le mani, la afferrai.

«Pronto?» Minho accennò a un si e spostò la grata di lato senza far rumore.

Qualche minuto dopo, ci calammo giù e con un salto ci ritrovammo nell'ufficio della donna che aveva condannato il mondo.

«Voi...» gli occhi azzurri e sbigottiti di Ava si spalancarono alla nostra vista. «Dov'è Riley? Dov'è mia figlia?» chiese con la voce tremante di rabbia, i denti bianchi erano digrignati e in mostra come quelli di un animale. 
L'uomo Ratto fu il primo a inginocchiarsi a terra quando alzai la pistola e la puntai nella loro direzione.

Minho era alle mie spalle, anche lui aveva la pistola puntata. 
Una risatina nervosa uscì dalle labbra rosse della Paige. «Non sparerai a tua madre.» disse con tono piatto.

Un suono gutturale simile a una risata mi uscì dalle labbra quasi istintivamente. «Io non ho una madre.»

Rise  di gusto. «Comunque non lo farai.» insisté, i suoi occhi parvero lanciarmi una sfida.

«Inginocchiati.» le ordinai. «Le mani dietro alla testa.»

Seguì gli ordini alla lettera e per un secondo mi sembrò tutto troppo semplice. Respirai a fondo avanzando verso la donna.

«Tom non farlo!» Improvvisamente, la porta dell'ufficio si spalancò alle mie spalle per far entrare Teresa, il secondo gruppo di ragazzi doveva aver raggiunto noialtri alla WICKED, pochi minuti prima.

Il viso della ragazza era imperlato di sudore, Teresa doveva aver corso per raggiungermi.

Scossi la testa. «Per quale motivo non dovrei farlo?» chiesi e solo in quell'istante mi resi conto che anche gli altri erano li. Riley, Newt, Brenda, persino Chuck era li con loro.

«Ci serve viva, lei è l'unica a conoscere la formula del Nirvana!» spiegò con poche parole, ansimò portandosi una mano al petto.

Fu più vicina di qualche passo quando mi rigirai a guardarla. «Lei... lei è malvagia, ha fatto del male a un sacco di persone...» La pistola iniziò a tremare tra le dita serrate.

«Lo so Tom, ma pensa a tua sorella,» Li, la guardai, guardai Teresa negli intensi occhi blu e poi Riley che si reggeva a malapena in piedi tra le braccia di Newt, il viso esangue. «lei morirà senza quella formula.»

Deglutii la saliva che mi si era accumulata in bocca e cercai di pensare a quali altre alternative avevo.

«Tommy, non farlo.» la voce angosciata di Newt mi fece impietrire, le mani sudavano. «Per favore Tommy,» il tono implorante. «per favore.»

Abbassai lo sguardo per guardare la Paige negli occhi, quegli occhi che nascondevano molto più di ciò si vedeva in superficie.
Riley una volta ci aveva raccontato che era stata lei a rilasciare il virus dopo le eruzioni e che inizialmente aveva creato la WICKED con lo scopo di curare se stessa.

«Tu sei malata.» le dissi drizzando la canna della pistola sulla fronte. «Forse farei meglio a lasciarti vivere ora, sarà il virus che tu stessa hai scatenato a ucciderti.» Strinsi gli occhi riducendoli a due fessure. «Ti ucciderà più lentamente di quanto possa mai fare io.» Lasciai cadere a terra l'arma mentre sospiri di sollievo si liberavano nell'aria. 
Newt mi sorrise. Teresa mi si avvicinò facendo incrociare le sue dita con le mie. 
I suoi occhi mi incatenarono, la abbracciai affondando il viso tra i capelli neri e lucenti. 
Sembrò essere tutto perfetto fin quando...

«Thomas!» Riley gridò indicando qualcosa alle mie spalle.

Mi volsi e nello stesso istante in cui lo feci, una pallottola mi prese alla sprovvista conficcandosi nel mio petto. La sentii perforare la carne, il sangue uscì a fiotti quando fui riverso a terra.
Mi sentii svenire, le forze vennero meno e un freddo gelido mi investì fin dentro alle costole. 
Le immagini sopra di me si fecero appannate e non vidi mai chi fu a spararmi. 
Sentii un altro colpo di pistola, poi, prima di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, un nome affiorò alle labbra.

«Teresa»
...

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Capitolo 20
*** Capitolo speciale ***


Thomas

giorni dopo

«Non puoi alzarti, devi rimanere a letto.»
Teresa, seduta ai piedi del mio letto, si sporse in avanti rimboccandomi le coperte per la seconda volta. 
Le afferrai le mani per tirarla verso di me.

«Non posso,» protestai a un palmo dal suo viso, il sorriso sulle labbra. «devo andare nella stanza di reclusione per vedere come sta Riley.» Newt era venuto da me di tanto in tanto per farmi sapere in che condizioni era mia sorella, ma non mi bastava più, volevo vederla. Doveva sentirsi terribilmente sola in quella stanza bianca.

«Janson ti ha sparato in pieno petto e sei vivo per miracolo,» fece una pausa per sorridere, un sorriso che mi scaldò il cuore. «tu non vai da nessuna parte.» ordinò.

Le strinsi piano le mani. «Già e se non fosse stato per Minho...»

«Shh!» Le sue dita andarono a chiudere le mie labbra. «Janson è morto, non ha più importanza.» Il suo alito caldo, che sapeva di menta, accarezzò le mie labbra e allora capii di non riuscire più a resisterle. 
Mi sporsi verso di lei facendo congiungere le nostre labbra, un brivido mi corse lungo la schiena non appena le sue mani si insinuarono tra i miei capelli. 
Ci allontanammo solo un istante per riprendere fiato e in quell'istante mi soffermai a guardarla. I capelli corvini che le incorniciavano il viso piccolo e roseo e gli occhi blu del colore del mare che come calamite attiravano inevitabilmente il mio sguardo. 
Il pensiero che tra tutti i ragazzi che avrebbe potuto avere, aveva scelto me, mi fece sentire stranamente euforico. La amavo, sotto ogni punto di vista.

«Che cosa c'è?» mi chiese dolcemente.

Sorrisi ravviandole i capelli dietro le orecchie.

«Niente.»

Ti amo.

...

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Capitolo 21
*** Fuori controllo ***


Capitolo 20

4 giorni prima

Riley

La Paige si era arresa al Braccio Destro, i Punitori e il team di ricerca della cura ora collaboravano con noi e i ragazzi ancora prigionieri della WICKED erano stati liberati.
Tutto era andato secondo i piani, tranne due cose: Braiden era morto e Thomas era gravemente ferito. 
Era passato un giorno intero da quando gli avevano sparato e ancora non aveva aperto gli occhi. Teresa diceva che stava bene, che lo avrebbe curato e che si sarebbe svegliato presto, ma io avevo comunque paura di perderlo.

Sentii un rumore di passi, così mi guardai intorno per capire da dove venissero. Era notte fonda e io non sarei dovuta andare in giro tra una Sezione e l'altra come se niente fosse. Ma avevo bisogno di parlarle, di avere delle spiegazioni da lei
Raggiunsi la stanza dalla porta in ferro in fondo a destra e, dopo averla aperta con la chiave magnetica, entrai senza esitare. 
La Paige era seduta a terra in un angolo, le gambe tirate al petto e le braccia che le circondavano. Si dondolava avanti e indietro senza sosta come se il controllo dei movimenti non dipendesse più da lei. 
L'Eruzione la stava divorando a poco a poco e io dovevo sapere tutta la verità prima che impazzisse del tutto.

«Bambina mia!» i suoi occhi azzurri come il ghiaccio si spalancarono dallo stupore quando mi vide.

Avanzai verso di lei, cauta, come per paura che potesse attaccarmi improvvisamente. «Sono qui per delle risposte.» chiarii senza lasciare spazio a interpretazione.

«Risposte.» ripeté come se il significato della parola, li per li, le sfuggisse. Gli occhi vacui e vitrei mi guardarono pieni di confusione.

«Si, risposte.» dissi di nuovo.

Ava Paige, mi invitò a sedermi affianco a se picchiettando con una mano il pavimento. Mi avvicinai, ma non mi sedetti affianco a lei bensì davanti.

Qualche minuto più tardi, senza alcun segno di cominciare a parlare da parte sua, dissi: «Voglio sapere tutta la storia, com'è andata con mio padre, con Thomas, con il Nirvana e tutti il resto.»

«Tu sai di Vince?» chiese sbalordita. E poi: «Vince è tuo padre.»

Deglutii. «Si, so di lui.» Cercai di parlare sottovoce così che nessuno oltre quelle mura avesse potuto sentirmi.

Il suo sguardo si spostò improvvisamente alle mie spalle, nel vuoto. «Ero incinta di voi quando ho rilasciato il virus, secondo ciò che avevo studiato, non avreste dovuto prenderlo...» si interruppe e io colsi l'occasione per avere un chiarimento.

«Aspetta... hai detto che eri incinta di noi?»

Scosse la testa in un si. «Tu e Thomas siete gemelli, nati lo stesso giorno, solo a qualche minuto di distanza.» spiegò, aveva ripreso a dondolare avanti e indietro. «A Vince non piacque ciò che feci, rimase solo per voi.» lo sguardo si addolcì e mi guardò negli occhi azzurri molto simili ai suoi.

«Poi che è successo?» chiesi con impazienza. La donna scrollò la testa come per mandare via quei brutti ricordi. «Dimmelo!» ordinai.

«Quando compiesti tre anni, scoprimmo che l'Eruzione ti ebbe contagiata. Io ero sconvolta,» una lacrima le rigò il viso e per un attimo provai compassione per lei. «così cominciai a pensare a un modo per curarti, per salvare la mia bambina e così ho creato questo posto. Un posto dove avrei potuto sviluppare la cura e salvarti, ma a tuo padre non andava giù l'idea di uccidere altri ragazzi per salvare la vita di sua figlia.» Una fiamma gelida bruciò nei suoi occhi. «Così lo cacciai.» Sospirò. Non potevo credere alle mie orecchie, quella donna era più pazza di quanto mi aspettassi, forse lo era già prima di beccarsi il virus.

«E riguardo al Nirvana?»

«L'ho creato quando ho capito che ci avrei messo più del previsto per trovare quella maledetta cura!» gridò in preda alla rabbia e cominciai a temere che qualcuno ci avesse sentiti, ma la lasciai continuare. «Non saresti sopravvissuta fino ad ora altrimenti e nemmeno io.»

«Così lo hai preso anche tu...»

«Riley!» qualcuno irruppe nella stanza. «Che cosa ci fai qui?» Brenda aggrottò le sopracciglia in segno di rimprovero. «Non dovresti uscire dalla tua stanza.»

Mi tirai su in piedi così velocemente da avere un capogiro. «Scusami,» le dissi sgusciando fuori dalla porta. Le mani tremavano. «torno subito nella mia stanza.» 
Brenda mi guardò chiudendo la porta in ferro alle sue spalle.

Sai che dovrò dire tutto a Newt vero? Lui non sarà contento di sapere che sei venuta qui, dopo che gli hai promesso di non farlo. Le labbra della ragazza si incurvarono in un ghigno malizioso.

Era vero, il giorno prima Newt mi aveva fatto promettere di non cercare risposte da Ava perché era solo una bugiarda ed era pericolosa. Io glielo avevo promesso, ma non riuscii a spiegarmi come Brenda potesse saperlo dato che lei non era li.

La voce di Brenda era diversa, ovattata, sembrava venire da dentro la mia mente, eppure mi parve di vedere le sue labbra muoversi.

«Non farlo, ti prego.» la pregai, quasi mettendomi in ginocchio. «Si arrabbierà con me!»

È ciò che meriti.

Le afferrai un polso quando cercò di voltarmi le spalle.

«No!» gridai, strizzando gli occhi due o tre volte al secondo. Strinsi la presa sul braccio di Brenda e lei urlò dal dolore, percepii il suo tentativo di sottrarsi ma fu inutile. 
Bruciavo di una rabbia che non avevo mai provato prima, sentivo l'intero corpo andarmi a fuoco. 
Poi comparve un altro volto davanti a me.

«Fagiolina, che caspio stai facendo?» Minho mi afferrò un braccio per strattonarmi via da Brenda, gli occhi di lei erano sgomenti. «Lasciala!» ordinò il ragazzo, ma le voci nella mia testa non smisero di parlare.

Tu sei malata.

«No!» gridai.

Sei pazza, Riley.

Tutti i tuoi amici ti stanno scaricando.

Minho ha preferito me.

Scossi la testa furiosamente, le loro voci continuavano a parlare. Ridevano, ridevano di me. 
Poi, le voci si attenuarono un istante. Il silenzio mi riempì le orecchie.
A quel punto lasciai il polso di Brenda e lei barcollò all'indietro. Minho la sorresse impedendole di cadere.

«Riley?» azzardò Brenda facendo un passo avanti. «Stai bene?»

Caddi in ginocchio. Cominciai a respirare affannosamente e quando la voce della ragazza riprese a parlare con tono trionfante nella mia testa, piansi per la rabbia. 
Digrignai i denti.

Teresa ha già preso il tuo posto nella vita di Thomas, chiusi gli occhi e mi piegai in avanti, le dita strette fra i capelli. presto lo prenderà anche in quella del tuo amato Newt.

«NO! NO! NOOOOOO!»

E tu la voce, che sembrava quella di Brenda, rise fragorosamente.

«NO!» ripetei.

rimarrai

Singhiozzai. Scossi la testa. «NO, NO!»

sola!

Il respiro accelerò vertiginosamente, il corpo scosso da tremiti convulsi. 
In un attimo, prima che qualcuno riuscisse anche solo a capire cosa stesse succedendo, mi scagliai su Brenda mandandola al tappeto. 
Le strinsi le mani intorno al collo desiderando ardentemente che la voce nella mia mente se ne andasse.

«Così la uccidi!» disse Minho, la voce tremante per la disperazione. «Fermati!»

Non gli diedi ascolto, continuai a stringere la presa fino a quando il volto della ragazza non assunse un colorito violaceo. Dopo vari tentativi di resistenza, finalmente smise di dimenarsi e si immobilizzò sotto di me. 
Sentii la voce nella mente pian piano affievolirsi, ma non la sentii mai spegnersi del tutto perché a un certo punto, qualcuno mi colpì alla testa, un colpo molto forte, che mi stese a terra.
...

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Capitolo 22
*** Stanza di reclusione ***


Capitolo 21
 

Newt

Quella notte, dopo che la ebbi colpita alla testa per impedirle di uccidere Brenda, Riley pianse nel sonno. 
Mi sdraiai accanto a lei consapevole di non poter fare niente per guarirla, per farla smettere di soffrire.

«Se solo potessi prendere il tuo posto...» le sussurrai all'orecchio stringendola tra le braccia. Sentivo il calore del suo corpo sul mio e il pensiero che da un giorno all'altro avrei potuto non averla più con me, mi faceva una paura fottuta.

Si mosse e d'un tratto aprì le palpebre mostrando gli occhi azzurri velati dalle lacrime.

«N-newt,» balbettò e io chiusi gli occhi nascondendo il viso tra i suoi capelli biondi per non vederla piangere. «mi dispiace.»

«Shh, non è stata colpa tua.»

Nella piccola stanza era piombato il silenzio. Guardai il soffitto per alcuni minuti, poi Riley, con voce flebile, parlò di nuovo.

«Newt» questa volta riuscì a dirlo fermamente, aveva smesso di singhiozzare. «voglio che tu mi chiuda nella stanza di reclusione.»

Mi mancò il respiro quando quelle parole le uscirono dalle labbra. Sentivo un bruciore terribile agli occhi come se volessi piangere, ma non ci riuscissi.

Squassai la testa prendendole la mano. «Non se ne parla, non ti lascerò a marcire in una caspio di stanza!» ribattei cercando di mantenere la voce ferma.

Lei sia alzò a sedere e quasi impulsivamente la tirai verso di me per sentirla di nuovo vicina.

«Non sarà per sempre, solo finché Teresa non troverà una cura.» le labbra rosee e sottili tremarono sotto ai miei occhi. 
Provai il forte desiderio di baciarla in quel momento, volevo baciarla in ogni momento a dire la verità. «Ho quasi rischiato di uccidere Brenda stanotte. Non voglio far male a nessun altro di voi.» Fece una pausa per voltarsi verso di me, i suoi occhi cercarono i miei nella penombra. «Solo... per precauzione.»

Sospirai. Annuii quando il suo sguardo si fece insistente. «Solo per precauzione.» ripetei sui suoi capelli.

***

La stanza era semplice, bianca, con solo un letto e una scrivania, simile alle altre tranne che per una cosa, la porta era in ferro e si apriva solamente dall'esterno. 
Riley era li seduta a terra, in un angolo, già da quattro giorni. Ed io ero li con lei, ogni minuto di ogni ora. Quando mi allontanavo, le prime volte, era solo per andare da Thomas, ma ora che si era ripreso veniva lui da me. 
Anche Minho di tanto in tanto veniva a trovarla, ma senza entrare nella stanza perché lei non voleva. Aveva chiaramente espresso di non volere nessuno nella stanza per evitare di ferirlo. 
Chuck diceva di volerle parlare, di volerla salutare, di volerle dire addio, ma neanche in quel caso riuscimmo a convincerla.

«Sta li seduta da giorni» stavo dicendo a Thomas. «e non vuole mangiare.»

Mi affacciai alla piccola finestrella sulla porta in ferro e la guardai senza riuscire a vederla in viso. Aveva i capelli arruffati davanti al volto e guardava a terra, cosa di preciso non lo sapevo.

Thomas sospirò avvicinandosi a me, anche lui la guardò, gli occhi marroni erano stravolti dal dolore. «Teresa sta interrogando la Paige proprio ora, riuscirà a farsi dare la formula del Nirvana.» spiegò, il tono era fiducioso.

«A volte mi sembra di vederla parlare da sola...» gli raccontai come se non avessi udito un caspio di tutto ciò che aveva detto. «Tommy e se...» mi mancò la voce. «e se non dovesse farcela?»

«Ce la farà.» disse risoluto.

Cercai il suo sguardo, gli occhi freddi e marroni si posarono su di me. «Come fai ad esserne così sicuro?»

«Perché lei tiene a noi, non ci lascerebbe mai.» strinse le labbra in una riga dritta e posò la fronte sul vetro della finestrella. «So che combatterà fino alla fine e so che è abbastanza forte per vincere.» A quel punto la sua mano era sulla mia spalla e il suo sguardo di nuovo su di me. «Sai non te l'ho mai detto ma... sono felice che lei abbia scelto te.» 
Sorrisi e lo strinsi in un abbraccio. 

 

Trascorsero altri quattro giorni da quella volta. Riley era sempre li. Sempre immobile. Sempre malata. La Paige non voleva parlare, diceva che se non poteva essere lei a curare la propria figlia, allora l'avrebbe lasciata morire.

«La rincontrerò dall'altra parte.» aveva blaterato con un ghigno sulle labbra.

Avrei voluto spararle un sacco di volte in questi giorni, ma Thomas e Minho mi tenevano alla larga dalla sua stanza.
 

Tre giorni dopo ancora, iniziai a perdere la speranza. Trovare la formula del Nirvana era impossibile se la Paige non parlava e trovare la cura richiedeva troppo tempo perché Riley riuscisse a prenderla in tempo. 
 

Il diciannovesimo giorno la Paige morì. Diedi di matto e mi infuriai parecchio, misi sottosopra quella che doveva essere la mia stanza -non ci dormivo più da quando Riley era nella stanza di reclusione- e mi lasciai cadere a terra.

«Troveremo un'altro modo.» stava dicendo Thomas avvicinandosi. Scavalcò qualche oggetto e mi raggiunse sedendosi a terra.

Cercai di contenere la rabbia nella voce. «Non c'è un altro modo, Tommy. È la fine!» gridai sull'orlo delle lacrime. Invidiai Thomas per il suo autocontrollo, io avevo una voglia pazzesca di piangere, sentivo il petto farmi male per le lacrime trattenute. «Forse dovremmo solo dirle addio e basta.»

Mi alzai e uscii dalla stanza. Dovevo andare da lei, avevo bisogno di sentirla vicina, non mi importava ciò che aveva detto. 
Sentii i passi di qualcuno alle spalle, Thomas mi stava seguendo. «Newt, dove vai?» disse.

Ma io avevo già raggiunto la stanza di reclusione ed ero già alla porta. Mi affacciai e una chiazza rossa sul pavimento attirò immediatamente il mio sguardo.

«NO!» Riley era inginocchiata a terra, stringeva una matita nella mano sinistra e con una forza quasi sovrumana scagliava dei colpi sulla mano destra posata a terra. 
Si fece un buco proprio al centro del palmo, vidi la matita conficcarsi nella carne una decina di volte al secondo prima di riuscire ad aprire la porta, aiutato da Thomas.

Riley continuò a infliggersi dolore anche quando irrompemmo nella stanza, la raggiunsi in un istante. I suoi denti bianchi erano digrignati e gli occhi azzurri pieni di una follia che dava ai brividi. «Riley, ti prego fermati.» la implorai e le afferrai i polsi dal davanti.

Thomas cercò di rendersi utile tenendola da dietro, solo allora si calmò. Sembrò ritrovare la pace, ci guardò e capii che ora era lei, la nostra Riley.

«Perché l'hai fatto?» chiese Thomas scostandole i capelli dal viso. Lei lo fissò con uno sguardo ingenuo e infantile come di bambina. «Perché ti sei fatta del male?»

Studiai la mano ferita, il sangue sgorgava dal buco che si era fatta con la matita. Doveva fare un male allucinante, eppure lei non urlava.

Alla fine rispose: «Ho dovuto farlo, non voleva più scrivere. E io voglio scrivere ancora qualcosa.» 
...

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Capitolo 23
*** Fino all'ultimo respiro ***


Capitolo 22
 

Newt

Ormai non ricordavo neanche più quanti giorni fossero passati da quando era entrata in quella stanza. Ma erano tanti, eppure lei era ancora li. 
Forse non sarebbe morta, non per davvero. Teresa ci aveva spiegato che chi contraeva il virus poteva impazzire e poi morire oppure poteva impazzire e diventare uno spaccato. Tutto dipendeva da quanto fosse forte la personalità della vittima. 
Riley era forte, lo aveva detto anche Thomas, ma io non ero sicuro di volerla vedere trasformarsi in un mostro. 
Anche ammesso che dopo avremmo trovato la cura, sarebbe stato troppo tardi per salvarla.

Una volta trasformati, non si torna indietro.

Così aveva detto l'intero team di laboratorio.

«Newt» Ero seduto a terra, con la schiena premuta contro al muro, quando udii la sua voce.

Mi alzai in piedi come una molla e mi affrettai a guardare oltre la finestrella di vetro. Il volto stanco e pallido di Riley mi apparve davanti agli occhi. 
Premette la mano fasciata sul vetro come per svegliarmi dalla trance.

Cercai di forzare un sorriso, per comunicarle che stavo bene anche se non lo stavo affatto. 

«Ho bisogno...» disse ansimando. Cercai di leggerle il labiale, ma si era fermata.

Posai la mano sul vetro, proprio sulla sua. Combaciavano perfettamente.

«Di cosa?» chiesi. «Di cosa hai bisogno?»

La vidi chiudere gli occhi. La mia mano era già pronta ad aprire la porta quando parlò.

«Ho bisogno di te.»

Entrai senza neppure un secondo di esitazione, richiusi la porta alle mie spalle e non pensai al fatto che poi non sarei potuto uscire. 
La stanza era sempre la stessa, letto a lato e scrivania di fronte, solo che ora non c'era più alcun oggetto come matite, penne, forbici o altro con cui potesse farsi del male, solo un materasso e un pezzo di legno.

Mi avvicinai a lei.
La abbracciai, annusai il profumo della sua pelle ancora dolce, poi tornai a guardarla.

«Sono qui, Riley.» sussurrai.

Perse l'equilibrio tra le mie braccia, cercai di sorreggerla. Mi sedetti a terra tenendola stretta a me, la sua schiena premuta contro il mio petto.

La vidi chiudere appena gli occhi. «Ho paura, Newt.» ammise con voce tremante.

Cercai le giuste parole per confortarla, ma caspio stava morendo (o trasformandosi, in entrambi i casi, la Riley che tutti conoscevano era come se fosse morta) che cosa c'era che potevo dirle per farla sentire meglio?

Le accarezzai i capelli, la baciai sulla tempia sinistra, era bollente. «Qualsiasi cosa accada,» deglutii il groppo che mi si era formato in gola. «sappi che ti amo.»

A quel punto volse la testa verso di me, serrò gli occhi e cercò le mie labbra. La baciai lentamente e sentii che quella volta era stato diverso.

Riley tirò su con il naso e tornò a posare la testa sul mio petto.

«So che sto per chiederti tanto, forse più di quanto dovrei...» disse incerta, incrociando le sue dita alle mie. «ma... Newt devi farlo.»

«Che cosa devo fare?» domandai quando l'attesa divenne estenuante.

Con la mano libera andò ad infilare la mano nella tasca dei miei pantaloni. In quella tasca tenevo un coltello, da prima che arrivassimo al Braccio Destro e malgrado trovassi strano il fatto che lei sapesse dove si trovava, non feci domande.

Rimasi attonito quando mi resi conto delle sue intenzioni. «Dovrai uccidermi.» disse stancamente, il respiro affannato.

Squassai il capo allontanando la mano con cui teneva stretto il coltello. «Non puoi chiedermelo davvero cacchio!»

Inspirò ed espirò, era seria. Non era impazzita, in quel caso non era il virus a farla parlare, il che mi fece ancora più male.

«Ti prego Newt,» mi guardò dal basso verso l'alto, non potevo acconsentire questa volta. «non voglio trasformarmi in una di quelle... cose.» Scrollò le spalle come scossa da un brivido.

«Non posso farlo!»

«Si che puoi.» insistette lei.

«No!» gridai tra i singhiozzi. Una lacrima mi cadde sulla mano, stavo per andare ad asciugare le guance di Riley prima di accorgermi che le lacrime erano le mie. «Non puoi pretendere che ti uccida, sai quello che provo per te?»

«Si, lo so, certo che lo so, ma Newt,» lo sguardo era implorante, gli occhi azzurri brillavano sotto la luce al neon. «le tue sono le uniche braccia tra le quali desidererei morire.» ammise asciugandomi una lacrima che era scivolata sotto al mento.

Sentivo un dolore terribile al petto. Provai l'orribile sensazione di stare per morire dentro, qualcosa si spezzò, forse il mio cuore.

Senza lasciarmi il tempo di dire altro, mise il coltello tra le mie mani. 
Tremavano, ora piangevo senza più alcuna vergogna. 
C'eravamo solo io e lei.

«Riley...» protestai.

Lei mi zittì subito. «Anche io ti amo.» sussurrò sul mio collo, vi lasciò un bacio caldo per poi voltarsi nuovamente.

Posò entrambe le mani sulle mie, strette attorno al pugnale.

Non voglio farlo, pensai. Non voglio.

Passarono uno, due, tre secondi, il silenzio che mi ronzava nelle orecchie, poi Riley, insieme a me, spinse il coltello verso il suo cuore e li rimase. 
Un attimo prima che il suo cuore smettesse di battere, chiusi gli occhi sperando che fosse tutto solo un sogno.  Che non stesse accadendo. Che lei era ancora con me. Ma quando li riaprii, Riley era morta per davvero.

***

2 giorni dopo

Ormai non uscivo più da quella stanza, era li che lei aveva vissuto i suoi ultimi giorni ed era li che io mi sentivo più vicino a lei.
Era stata davvero coraggiosa alla fine, la morte non è mai una scelta semplice e lei amava le cose complicate.

Quel giorno trovai una serie di lettere nel fondo del cassetto della sua scrivania. Doveva averle scritte i primi giorni in cui si era fatta rinchiudere, quando ancora aveva un po' di lucidità da parte.

Cominciai a leggere.

Caro Thomas,

la vita è così ingiusta. Ho vissuto un'intera vita senza sapere nulla di te, senza sapere chi fossi, ed ora che finalmente abbiamo imparato a conoscerci (almeno un po') e a volerci bene, siamo costretti a lasciarci. Avrei voluto fare molte cose insieme a te, come litigare ad esempio... ho sentito dire che è una cosa che i fratelli fanno spesso e potrebbe essere divertente. Non trovi? 
Ora proverò ad essere arrabbiata con te mentre tu metterai il muso e non mi chiederai mai scusa per avermi tirato le trecce perché sei orgoglioso...

Smisi di leggere. Decisi che toccava a Tommy leggerla per primo. La ripiegai in quattro, con vli occhi umidi e la posai sulla scrivania. 
Ce n'era una anche per Minho, la più lunga di tutte in cui probabilmente lo riempiva di domande (alle quali sapeva non avrebbe mai avuto risposta) sulla sua "relazione" con Brenda.

Poi ce n'era una, un po' più breve per la stessa Brenda e un'altra per Teresa e per Chuck. 
Tutte molte brevi del tipo mi mancherai e mi dispiace non avervi potuto dire addio di persona, più qualche altra frase che non persi tempo a leggere. 
Le posai tutte una sopra all'altra poi arrivai all'ultima lettera. 
La mia.
La aprii e la lessi tutto d'un fiato.

Caro Newt,

non odiarmi per ciò che ti ho chiesto di fare. Volevo che fossi tu. Solo tu. 
Non avrei mai avuto il coraggio di farlo da sola e a chi potevo chiederlo se non alla persona a cui ho donato il mio cuore? 
È così, il mio cuore è tuo, questo vuol dire che

Il tipo di scrittura cambiò verso la fine, era tremolante e disordinata. 
Rimasi senza fiato quando arrivai a leggere le ultime parole. 
Girai il foglio per assicurarmi che non ci fosse nulla sul retro. Era bianco, non c'era niente che si potesse leggere. 
Aveva lasciato il discorso a metà. 
Mi asciugai gli occhi con il dorso delle mani mentre la lettera cadeva a terra. 
Ricordai il giorno in cui si era ferita, aveva detto: Non voleva più scrivere. E io voglio scrivere ancora qualcosa.

Capii solo in quel momento a cosa si riferisse. Si riferiva alla mia lettera, l'aveva lasciata a metà perché non aveva avuto più la forza, ne la sanità mentale per continuarla. 
Mi chinai a terra per riprenderla in mano, era riuscita a scrivere altre quattro parole sul bordo del foglio, si leggevano a malapena.

Mi dispiace, tua Riley.

Piansi, per la seconda volta piansi, senza vergognarmi delle lacrime che mi bagnavano le guance.
Riley se n'era andata. Mentre io ero ancora qui
...

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


Un anno dopo
 

COMUNICAZIONE STRAORDINARIA

Il vaccino contro l'Eruzione è stato testato 

Nessun Mune è stato sacrificato 

Soggetti infettati sottoposti a sperimentazione: 115

Successi: 115

Fallimenti: 0 

La cura è funzionante

 

Dott.sa T. Agnes

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Capitolo 25
*** FINALE ALTERNATIVO ***


(ATTENZIONE! Come scritto nel titolo questo è solo un finale alternativo, la storia sarebbe finita con la morte di Riley, ma dato che volevo farvi felici, ho deciso di fare anche un finale "diverso". Spero vi piaccia :) )


Capitolo unico

Non ci ero riuscito, per quanto ci avessi provato, non ci ero riuscito, non avevo voluto lasciarla andare. Dopo la sua morte l'avevo sognata parecchie volte. I primi giorni erano stati i più difficili, Thomas mi era stato accanto e anche Minho, ma non era stato più facile. 
Ora il mondo era salvo, le persone che ancora non si erano trasformate in Spaccati erano state guarite e seppur a piccoli passi, il mondo si stava riprendendo. Teresa era stata grandiosa, aveva salvato migliaia di persone anche se Riley non era tra queste. 
Il quinto giorno dopo la sua morte, la ragazza dai capelli corvini mi richiamò nel suo laboratorio. Il corpo di Riley era steso su un lettino coperto da un lenzuolo bianco. 
Ricordo che mi venne il magone solo a guardarla. Teresa disse che aveva trovato un progetto tra i file TOP SECRET della WICKED, secondo cui la creazione di un siero avrebbe potuto far tornare in vita una persona. Così, quello stesso giorno, il corpo di Riley venne ibernato in una camera di contenimento e rimase li, fino al giorno in cui non si fosse riusciti a riportarla indietro.

Era passato un anno da quando Teresa aveva trovato quei file, aveva provato a creare il siero, ma non ci era mai riuscita.

Thomas bussò alla porta così forte da farmi sobbalzare. Mi alzai immediatamente dal letto e guardai l'ora, era notte fonda.

«Newt!» gridò dal corridoio. «Newt apri questa porta!» Batté ancora più forte le nocche sul legno.

Mi alzai e aprii. «Che caspio Tommy, vuoi tirare giù la porta?» feci irato.

«Muovi il culo, Teresa è venuta a chiamarmi, devi sentire che cosa ha da dire.» parlò così velocemente che feci quasi fatica a distinguere una parola dall'altra.

Mi trascinò lungo il corridoio sempre uguale continuando a blaterare cose che non capivo.

«Tommy, è notte...» mi lamentai stropicciandomi gli occhi con una mano. «è davvero così importante?»

«Si, lo è. Non ti avrei svegliato altrimenti.»

Raggiungemmo il laboratorio due minuti dopo, Teresa era li e sembrava ci stesse aspettando. Anche Riley era li, cioè il suo corpo era li, ma ovviamente lei non c'era.

«Teresa, fagli vedere quello che hai fatto vedere a me.» disse Thomas tutto esultante.

Teresa prese una siringa da dentro il suo camice, era piena di un liquido violetto.

Mi mostrò la siringa. «È il siero?» azzardai con il cuore in gola.

Lei annuì, non capivo quale fosse il problema. Perché tante cerimonie? Perché non glielo avevano iniettato subito?

«Ora però devo dirvi una cosa.» esitò lei, calando lo sguardo.

Thomas la guardò con sguardo confuso. «Che cosa?» chiese.

«C'è una cosa che non ho fatto in tempo a dirti prima.» svelò facendo un respiro profondo.

Mi avvicinai al corpo di Riley, era fredda come il ghiaccio e il colore della sua pelle era cereo. Guardai per un attimo lei e poi di nuovo i ragazzi.

«Di cosa si tratta?» mi informai.

«Il siero è... è sperimentale.» spiegò avvicinandosi alla barella dove era stato adagiato il corpo di Riley. Sollevò il lenzuolo fino a scoprirle il viso e parte delle spalle, chiusi gli occhi per il dolore che mi provocò vederla in quello stato. «Posso provare a iniettarglielo, ma non è detto che funzioni.»

Io e Thomas ci guardammo. I suoi occhi si spensero di quasi tutta l'esultanza che vi scorsi un attimo prima e con tutta probabilità i miei fecero lo stesso.

Respirai a fondo. «Fallo.» dissi a Teresa. «La rivoglio con me, ad ogni costo.» ammisi, sapevo che Thomas stava pensando lo stesso. 
Fece un cenno di assenso verso di me e allora Teresa infilò l'ago nel collo gelido di Riley. 
Quando spinse lo stantuffo, il liquido violetto entrò tutto nel suo corpo.

«E ora?» domandò Thomas.

Teresa sospirò posando la siringa. «Aspettiamo e vediamo che succede.»

E così aspettammo. Passarono cinque minuti, dieci, quindici. Passati i venti minuti non riuscii più ad aspettare, battei un pugno sul bancone per la rabbia e una decina di fiale caddero a terra rompendosi. 
Fu come perderla una seconda volta e scoprii che fu ancora più doloroso della prima.

«Newt non è detto che non abbia funzionato.» cercò di rincuorarmi Teresa. Thomas era immobile e sembrava aver perso la parola. «È morta da un anno, può darsi che il siero ci metta...» non riuscì a finire la frase che qualcosa la interruppe.

Mi precipitai alla barella con una velocità impressionante. Riley si era mossa, eppure quando andai per sentirle il polso, non ci fu segno di vita. 
Aspettammo altri cinque minuti, il cuore mi batteva all'impazzata ora. 
Presi la mano di Riley, si mosse di nuovo, poi inaspettatamente scattò a sedere. Fece un respiro profondo come se si fosse appena salvata da un annegamento e aprì gli occhi. 
Erano ancora azzurri del colore del cielo, proprio come li ricordavo.

«Sei viva!» esclamammo io e Tommy all'unisono.

Riley si calmò e si avvolse nel lenzuolo bianco. «Si,» biascicò, la voce impastata. «sono viva.»

Fine

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