il capolinea

di _happy_04
(/viewuser.php?uid=910545)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sherry ***
Capitolo 2: *** La ragazza in nero ***
Capitolo 3: *** Shinichi Kudo ***
Capitolo 4: *** Heiji Hattori ***
Capitolo 5: *** Missione fallita ***
Capitolo 6: *** Novità ***
Capitolo 7: *** Resurrezione ***
Capitolo 8: *** Ran e Shinichi ***
Capitolo 9: *** Sfida ***
Capitolo 10: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 11: *** Il lato giusto ***
Capitolo 12: *** La prima Sfida ***
Capitolo 13: *** Doppio gioco ***
Capitolo 14: *** Tradimenti e imbrogli ***
Capitolo 15: *** Nuova sfida ***
Capitolo 16: *** Istinti pericolosi ***
Capitolo 17: *** Sacrificio ***
Capitolo 18: *** La chiave ***
Capitolo 19: *** Il primo obiettivo ***
Capitolo 20: *** Uno dopo l'altro ***
Capitolo 21: *** Ultimo atto ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Sherry ***


  1. Sherry

 

Scuola elementare Teitan, ore 13.00. Due bambini sono seduti sul gradino dell'entrata, un ragazzino e una ragazzina. Lui cerca di contattare qualcuno a telefono, lei rimane tranquilla ad aspettare che l'amico riceva risposta. Il ragazzino però è sempre più nervoso, comincia a borbottare. Probabilmente, dall'altro capo non arriva nessun suono, solo il tuu-tuu monotono della composizione del numero.

 

[(Haibara)]

 

Uffa, certo che Kogoro ce ne mette a rispondere. Accanto a me, Conan cerca di chiamare il numero di casa Mori, aspetta un po' con il telefono all'orecchio, borbottando nervoso, poi attacca e sbuffa facendosi scappare ogni tanto un'imprecazione. Saranno dieci minuti che chiamiamo da entrambi i numeri per avvisare Kogoro che stiamo uscendo da scuola (e già che non conosca l'orario di uscita non è affatto un bene), ma lui non sembra accorgersene: per quanto proviamo, o il cellulare squilla a vuoto, o risponde la segreteria telefonica. Non possiamo neanche chiamare Ran, perché, a quanto dice Conan, le lezioni continuano fino alle due. Così, io e lui ci ritroviamo ad aspettare una risposta seduti sui gradini della scuola.

Alla fine, per la quarantottesima volta (non c'è molto da fare, contare le chiamate che Conan ha fatto a Kogoro è stata la cosa più interessante che mi sia venuta in mente), Conan chiude la chiamata e si alza in piedi. “Beh, Haibara, mi sa che ci toccherà andare a piedi da soli.” annuncia, rassegnato.

A me però è venuta un'idea, caro il mio detective. Non ci voleva molto per arrivarci. Faccio un numero sul telefono e, nel giro di dieci secondi, mi risponde la voce simpatica di un vecchio signore. “Dottor Agasa, stiamo venendo da te dopo la scuola, okay?”. Mentre il professore mi risponde, me la rido sotto i baffi nel constatare che Conan è davvero sorpreso e sbigottito, come se si desse dell'idiota nel notare che non aveva pensato a una soluzione così semplice. Mi dà una certa soddisfazione aver in qualche modo superato il detective più brillante del mondo. “Allora, andiamo?” chiedo, con un sorriso da angioletto, avviandomi nel vialetto, mentre lui continua a fissarmi come un ebete. Ripensando all'espressione di Conan, non riesco a trattenermi dallo sghignazzare a tutta forza. “Conan, tu non vieni?”

Lui si sveglia dalla sua trance e mi corre dietro fino a raggiungermi. “Questa volta me l'hai proprio fatta, Haibara.” ammette, continuando a guardare fisso davanti a sé. Non riesco a capire se ce l'ha con me o è imbarazzato a morte, fatto sta che rimango zitta e cammino.

Continuiamo a camminare, le strade di Tokyo quasi tutte uguali, quando mi accorgo di star passando davanti all'insegna di 'MORI INVESTIGAZIONI'.

“Ehi, Conan, casa tua è qui.” Lui fa spallucce. “Ti accompagno a casa tua” “Ehi, guarda che non ho bisogno di guardie del corpo!” “Se lo dici tu...” Conan sembra perplesso, ma, probabilmente, vedendo la mia espressione, quelle guance rosse e gli occhi gelidi che riportano a caratteri cubitali “GUAI”, decide di lasciarmi fare. “Ciao, Haibara!” “Ciao, e sta' tranquillo, non c'è l'uomo nero che viene a prendermi dietro l'angolo!”

Oh, come mi sbaglio.

 

[(Haibara)]

 

Ecco, appunto. L'uomo nero.

Non appena giro l'angolo, mi ritrovo una pistola puntata alla tempia. “Fossi in te, non mi muoverei.” Il suono di quella voce mi gela il sangue nelle vene. Sono passati tre anni dall'ultima volta che l'ho sentita, ma la riconoscerei tra mille. Vodka. Un attimo. Magari...

Recito la parte della bambina spaventata come mai prima d'ora. Perché in questo momento è questo che sono. Una bambina spaventata. Tendo i muscoli della faccia, facendomi inumidire gli occhi, e poi scoppio in lacrime e singhiozzi. “Mamma, mamma, aiuto, questo signore cattivo mi vuole fare male!” e di nuovo giù a piangere, invocando la mia fantomatica mammina, frignando in modo da far piangere il cuore. Ma Vodka non si fa fregare. Fa un sorriso sghembo, aumentando la pressione della pistola. “Tsk. Non sei mai stata una brava attrice, Sherry. Gli occhi ti tradiscono.”

Gli occhi? Strano, mi dicevano sempre che avevo gli occhi costantemente freddi e gelidi. Come se mi avesse letto nel pensiero (fatto che mi inquieta non poco), Vodka finisce la frase con cui lo avevo interrotto. “Non riesci a trasmettere false emozioni, quando non dimostri quelli che provi veramente, i tuoi occhi sono come specchi: vedi riflesse solo le tue emozioni, ma quello che c'è dietro è invisibile.”

Non riesco a trattenere un'imprecazione, ma mi decido a dire a Vodka quello che vuole sentire. “Cosa vuoi da me?” Lui sorride, un sorriso perfido, che sta a significare che sta per avere ciò che vuole. “Ho una proposta da farti.”

Di male in peggio. Di solito, le proposte dell'Organizzazione sono convenienti solo per loro. “Di che si tratta?” Cerco di non far trapelare nessuna emozione, ma il mio cuore batte all'impazzata. Io non le do' mai retta, ma la mia vocina interiore mi dice che stavolta sarà diverso, che stavolta ci sarà un motivo in più per contrastare e rischiare. O per accettare e tornare al lato oscuro. O forse, più semplicemente, voglio smettere di cercare di mimetizzarmi nel bianco del foglio nonostante io sia il nero di seppia. Forse voglio solo rassegnarmi al fatto che il nero non viene più via dal cuore.

“Torna tra noi. Riavrai il tuo corpo, potrai tornare una scienziata...” “Non mi interessa.” “... e potrai riavere Akemi.”

Non appena sento nominare quelle cinque lettere, quel battito inarrestabile del mio cuore si ferma e rallenta, insieme a tutto il resto del mondo. Akemi... Akemi, la sorella che ho perso troppo presto, che mi ha convinto prima ad andare avanti e poi ad abbandonare tutto. La ragazza che era finita in giri troppo grandi per lei ed era finita male per riavere me, la sorellina che le era stata affidata e poi strappata dalle mani. La ragazza per cui avevo pianto giorni interi, per cui avevo passato notti insonni, e che era morta senza lasciarmi niente all'infuori di grossi guai e segreti pericolosi. Avevo sempre pensato che la gente muore e basta, che tutto ciò che potessimo fare fosse rassegnarsi e andare avanti. Il pensiero di poter riavere indietro la mia amata sorellona mi era sempre sembrato irraggiungibile... fino a ora.

“L'idea ti attrae, vero, Sherry?” chiede Vodka. Nonostante gli occhiali scuri, noto uno scintillio nei suoi occhi. “In cambio c'è solo una cosa che voglio da te: l'Apotoxin completo... e la vita di Shinichi Kudo.”

Mi sembra che il cielo mi sia caduto in testa. Ho paura di non aver capito bene. Per riavere mia sorella dovrei uccidere il mio migliore amico? Decido di recitare ancora un po'. “Shinichi Kudo? E io che ne so di lui? Magari è già stato buttato sotto da una macchina, o ucciso da qualcun altro.”

Maledizione. Vodka non si beve neanche quest'altra bugia. “Sei proprio uno schifo a mentire. Noi sappiamo già gli effetti di quel medicinale che stavi realizzando. E grazie all'efficiente servizio dei nostri agenti, soprattutto la tua amica Vermouth, siamo riusciti a capire le mentite spoglie dietro cui si nasconde Shinichi Kudo.” “Brutto verme...” sibilo.

Vodka mi allunga la valigetta che ho lasciato in laboratorio contenente i miei effetti personali e una bustina di carta. “Allora, Sherry? Il tuo corpo, tua sorella e la possibilità di non dover seguire regole in cambio della vita di uno stupido ragazzino. Ci stai?”

Le sue parole mi rimbombano nella testa. Ci stai?. Non capisco più nulla. Ho bisogno di un punto fermo, un punto di partenza da cui poter ricominciare. Ricominciare. Forse è vero. Ho capito cosa devo fare.

Alzo gli occhi. La nebbia si è dissolta, e nelle iridi azzurre ho una decisione nuova. “Accetto.”

--Angolo dell'autrice--
Ciao a tutti!
Questa è la mia seconda ff su questo sito. 
Ok, so che ad alcuni la prima non è piaciuta granché.
Spero che questa vi piaccia! XD
Probabilmente per un po' non riuscirò ad aggiornare, vista la chiusura del quadrimestre, ma farò del mio meglio per darvi quanto più possibile in meno tempo possibile! ;)
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La ragazza in nero ***


  1. La ragazza in nero

 

[(Conan)]

 

Sono le otto, e Ai non è ancora entrata in classe. È strano per lei, non è una ritardataria. Ma forse avrà semplicemente avuto qualche problema, tipo “non trovo la mia gonna” o qualcosa del genere.

Otto e cinque. Tutto sommato, ancora accettabile. Forse c'è traffico.

Otto e dieci. Okay, ora inizio a preoccuparmi. La gonna che cercava sarà finita nell'ultra spazio? O magari le macchine sono ferme in coda? Non resta che aspettare ancora.

Otto e un quarto. Ora sono sicuro che c'è qualcosa che non va. Per quanto lontana possa essere questa gonna, o per quanto otturata possa essere la strada, non è da Ai fare così tardi. Controllo il cellulare, per controllare se mi ha scritto: di solito quando fa assenza, mi invia un messaggio per farmi avvertire la maestra. Ma non c'è nessun suo messaggio. Ci sono le conversazioni con Ran, con Ayumi e con Mitsuhiko, ma di Ai non c'è neanche un messaggio.

Improvvisamente, qualcosa di piccolo e leggero mi colpisce la schiena, facendomi sobbalzare. Quando mi chino per prendere la pallottola di carta e la apro, ci trovo scritto a caratteri quasi cubitali: DOV'E' HAIBARA?, con la firma di Mitsuhiko. Con lentezza, mi volto, per non farmi beccare dalla maestra, e il mio amico mi guarda preoccupato. “Dov'è andata a finire Haibara?”

Mi si secca la bocca, ho o stomaco in agitazione. I piacerebbe rispondergli che è tutto a posto, che Ai sta venendo, che è rimasta a casa, o, in qualunque altro modo, dirgli che Ai sta bene e non c'è nessun problema. Il punto è che non ne sono sicuro neanch'io. Così, molto semplicemente, scrollo le spalle. Mitsuhiko passa da uno stato di delusione, di tristezza, di preoccupazione, di sicurezza... e alza la mano. “Maestra, posso andare in bagno?”

La maestra si volta, con quel suo adorabile sorriso da angelo. “Mitsuhiko, questa è la prima ora, le sai le regole, no?”

“Lo so, ma...” Mitsuhiko si porta le mani alle cosce. “...è tanto, tanto urgente...!”

La maestra lo guarda un po'. Conoscendola, prima gli dirà 'Lo so, ma...', poi diventerà una signorina Hulk e griderà 'ALLA PRIMA ORA NON SI ESCE!!!', facendo venire i capelli bianchi a tutti gli allievi. Invece, anche se è un po' buia in volto, dice seccata: “Vai.”

Probabilmente tutti quanti avevano le mie stesse aspettative, perché rimaniamo tutti immobili, senza parole, della serie '...eh? che cosa..?...', come se la maestra avesse scritto alla lavagna '4000 triliardi x 634 ziliardi'.

Invece Mitsuhiko esce dall'aula (leggasi sfreccia a velocità supersonica) impassibile in volto, come se si aspettasse quella reazione dalla maestra.

 

[(Mitsuhiko)]

 

Cavolo, la maestra se l'è bevuta sul serio. Non pensavo di valere così tanto come attore. Ma adesso non è questa la mia priorità. Devo trovare Haibara. Il pensiero che possa esserle successo qualcosa mi manda nel panico. È mia amica, le voglio bene, non voglio che le succeda niente di male. Cioè... per me è un po' più di un'amica. Ma non è questo il punto. Lei è una dei Detective Boys, ed è nostro compito proteggerci a vicenda.

“Haibara! Haibara, dove sei?” comincio a urlare in giro per i corridoi, nella speranza che mi senta. Ma nessuna risposta. “Haibara, Haibara, sei qui?” urlo fio a lacerarmi la gola. Spero solo che lei stia bene...

All'improvviso sento un rumore di passi, passi di bambino... di un bambino della stessa stazza di Ai. Allora è arrivata! Sono sollevato. “Haibara!”

“No, non sono Haibara.” mi risponde una voce... che infatti non è la sua. Dall'ombra esce Conan, con le sue scarpe rosso fiammante di sempre.

Il mio umore cade di nuovo per terra. “Per caso hai trovato Haibara?”

Il mio amico scuote la testa. “No, mi spiace. Sono stato scelto dalla maestra per venirti a chiamare. Eri 'in bagno' da più di mezz'ora, sai?”

Alzo la testa, nonostante le mie speranze siano tutte sul pavimento. “L'avevi capito subito, vero?”

“Già. Vieni in classe. Non sia mai vengano a cercarci anche Genta e Ayumi. Si farebbe una gran confusione.”

 

[(Conan)]

 

Povero Mitsuhiko. Avevo sempre saputo che era innamorato di Ai dalla seconda, ma vederlo star così male per colpa sua mi fa sentire in colpa. Probabilmente, se quel giorno di tre anni fa fossi rimasto con Ran invece di seguire quegli scambi di soldi sporchi, niente di tutto quello che è successo in questi ultimi tre anni sarebbe successo. Io sarei rimasto Shinichi e mi sarei fidanzato con lei, non avrei neanche avuto rapporti così stretti con Ai Haibara è con l'Organizzazione, Mitsuhiko e Genta avrebbero continuato ad amare Ayumi, che sarebbe rimasta la loro principessa, e io non mi ritroverei a fare il countdown per il mio ritrovamento da parte dell'Organizzazione, e ognuno avrebbe continuato a vivere la sua vita. E invece.

Ora che ci penso, anche Haibara è perennemente braccata dall'Organizzazione, forse anche più di me. Un pensiero che mai avrei voluto avere mi si fa strada nel cervello. E se... no, non lo farebbe mai. Ma se fosse? C'è un solo modo per scoprirlo. Alzo la mano. “Maestra Kobayashi, posso andare in bagno?”

“No Conan, non ci casco unna seconda volta.”

“È urgente...”

“Ho detto no.”

“Me la sto facendo nei pantaloni...”

“HO DETTO NO!!” Eccola qui, la signorina Hulk che fa sussultare tutti quanti. Non mi resta che aspettare la quarta ora, quando andremo nel laboratorio di informatica.

 

[(Conan)]

 

Le ore passano interminabili, a parlare di cose di cui ho parlato quando ho frequentato per la prima volta la quinta elementare. Finalmente suona la quarta campanella, e la maestra ci porta al laboratorio dei computer. Era ora! Ho bisogno di soddisfare il dubbio tremendo che ho nel cervello. Scelgo una bella postazione in fondo all'aula e, non appena mi siedo, comincio ad armeggiare febbrilmente sul computer. Non appena cerco di aprire internet, sullo schermo compare un segnale di attenzione e COMPUTER NON CONNESSO ALLA RETE. IMPOSSIBILE SVOLGERE RICERCHE. Questa non ci voleva, ma so già come rimediare. Imposto il mio telefono sulla modalità 'router wi-fi' e connetto il computer: in quattro e quattro otto digito sul motore di ricerca il sito del comune, e usando l'account di Kogoro accedo alle registrazioni delle telecamere di sicurezza. La mano mi trema all'improvviso, sospesa sul pulsante del mouse, ho quasi paura di vedere. Perché se i miei dubbi fossero fondati.... beh, sarebbe una gran tragedia. Ma non sapendolo è ancora peggio, perché non potrei agire in nessun modo. Sono appeso tra due verità, nessuna delle due conveniente. Non ho altra scelta. Prendo un respiro e, sena pensarci, abbasso il dito.

Sul desktop si apre un'altra finestra, con il pulsante 'stop' in basso, e più in alto si vede un video: Haibara gira l'angolo, e Vodka le punta una pistola alla tempia. Un attimo... Vodka? Il sangue comincia a circolarmi più veloce nelle vene, bollendo dentro di me.

Il video, nel frattempo, sta continuando. Haibara fa la bambina spaventata, che frigna e strilla. Grande, Haibara... ma Vodka la scopre subito. I due conversano per tre secondi, ma poi lei spalanca gli occhi, come se il mondo le fosse caduto addosso. Che cosa le avrà mai detto, quel...? All'improvviso, lui le porge una valigetta e un sacchetto di carta. Haibara alza gli occhi, decisa... e afferra la valigetta, per poi andarsene con Vodka. E il mio intuito mi dice che la valigetta risale ai tempi dell'Organizzazione, e nel sacchetto di carta c'è l'antidoto definitivo all'Apotoxin. Il sangue mi sale alla testa, non ci capisco più niente, c'è solo un pensiero, che è il più terribile di tutti.

“Conan?” La voce della maestra fa eco nella mia testa. Tutti i ragazzi si sono radunati al mio computer, incuriositi dalla mia navigazione in internet, e la maestra è venuta a rimetterci ai nostri posti. “Lo sai che non si può navigare in rete senza il permesso, vero?”

“Chissenefrega?” rispondo, brusco. I miei compagni si sono ammutoliti. Una scintilla di rabbia ha iniziato a brillare negli occhi della maestra. “Conan, da bravo, chiudi internet e fai il tuo lavoro di Powerpoint.”

Non dovrei dire quello che sto per dire, ma ho la testa così vuota... che la mando a quel paese con una parola che non sto qui a ripetere.

“Conan” adesso il tono della maestra non ammette repliche. “ti sto dicendo che non devi parlarmi con un linguaggio del genere e che devi tornare a fare il tuo lavoro.”

“E io ti sto dicendo che non me ne frega un cavolo!” ringhio. Poi, senza aspettare risposta, mi metto lo zaino sulla spalla destra e esco a rotta di collo.

-------------
ANGOLO DELL'AUTRICE
ciao a tutti!!
partiamo col dire che mi scuso con tutti per essere mancata per così tanto tempo -_-
io vi avevo avvertito, ma mi scuso lo stesso
spero di poterlo aggiornare più spesso stavolta *-*
un bacio a tutti quanti!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Shinichi Kudo ***


Shinichi Kudo

 

[(Hiroshi Agasa)]

 

Nel laboratorio risuona un'esplosione, ribaltandomi come spesso succede durante i miei esperimenti. Ma, anche se sono ricoperto di fuliggine e buttato contro una parete, non potrei essere più felice. Ce l'ho fatta! Finalmente ce l'ho fatta! Ho trovato la formula per l'antidoto a quella sostanza di cui non ricordo il nome che ha trasformato Shinichi e Shiho in due bambini! E non è più temporaneo, ma è definitivo! Assumendolo, i due ragazzi potranno tornare per sempre adulti... e finirà questa odissea di nascondigli e capricci... È così bello che non riesco a smettere di ridere.

Mi avvicino al bancone, su cui, in mezzo alla stella dell'esplosione, c'è una pasta modellabile di un colore rosato. Non mi resta che dividerlo in pillole e darlo a Shinichi e a Shiho.

Canticchiando, lo separo in più pezzetti che chiudo in scatoline, per poi salire al pianterreno.

La porta si apre. Io mi preparo a consegnargli l'antidoto, ma Shinichi è cupo in volto, serio e nervoso, prende a calci una lattina che avrà trovato per strada... forse non è il momento più adatto...

“Dottore...” Shinichi alza gli occhi. Brillano di una luce folle, rabbiosa, che mi inquieta parecchio. “Shiho è tornata all'Organizzazione.”

La notizia mi sconvolge del tutto. Faccio una risatina nervosa. “Dai, non è possibile... non scherzare, Shinichi...”

“E invece ti dico che è così!” ringhia, sbattendo la porta dietro di sé con un tonfo che mi fa sobbalzare. Solo ora Shinichi sembra accorgersi delle scatoline che ho in mano. “E quelle cosa sono?”

Rimetto su un sorrisone. “Questo, mio caro Shinichi, è la pozione che aspettavi da tanto tempo... è l'antidoto a... quella roba là.”

I suoi occhi si illuminano, e lui mi strappa di mano la scatoletta. “Grazie, dottore! Adesso non mi resta che inventarmi una scusa per togliere di mezzo Conan Edogawa e far tornare Shinichi Kudo!”

Naturalmente, la prima scusa che gli viene in mente è di dover partire per New York con i genitori. Certo, la notizia che ha dato è preoccupante, ma c'è ancora speranza. Se avranno cercato di riprendersi la scienziata, sarà perché hanno capito che Shinichi è ancora vivo, quindi, perso per perso, conviene almeno affrontare la sfida finale in buono stato.

 

[(Conan)]

 

Mi rigiro tra le mani la scatoletta che contiene la resurrezione di Shinichi Kudo. La giornata è iniziata nel modo peggiore, ma questa notizia ha riportato il sole. Finalmente posso tornare nel mio corpo da liceale... da Ran.

Ran, che per colpa mia ha sofferto così tanto, che ho visto piangere per la mia mancanza, impotente di fronte alle sue lacrime, senza poterle dire la verità, senza poterla confortare e rassicurarla dicendole “Io sono qui. Shinichi è qui con te.”. Ran, per cui ho versato lacrime amare nei momenti in cui ero solo, per cui ho rischiato la mia vita innumerevoli volte, ma volentieri, che ha rischiato la sua vita per me, senza sapere che il suo Shinichi la guardava soffrendo almeno quanto lei. Finalmente potrò tornare da Ran e chiederle scusa, per una seconda chance.

Non pretendo che mi perdoni. Voglio solo che sappia che per lei ci sono stato e ci sarò sempre.

Non riesco a stare fermo, muoio dalla voglia di ingerire la pillola, ma devo fare l'annuncio alla classe per non destare sospetti. Così, tanto per muovermi, mi infilo la giacca e scendo un po' giù al porto.

Ma non ho idea di cosa mi aspetta.

 

[(Conan)]

 

Il porto è vuoto, silenzioso. La pace è rotta solo dalle onde che si infrangono sugli scogli e dal vento che soffia forte.

“Shinichi.”

Una voce mi fa trasalire. La riconosco, questa voce. Come non riconoscerla? È quella di Shiho. Come la neve: fredda ma spettacolare. Mi volto, e lei è lì davanti a me. Ha una pistola in mano. La alza. “È bello rincontrarsi, eh?”

“Non ne hai idea.” rispondo, fissando i miei occhi nei suoi. È strano vederla così. E soprattutto non è per niente bello vederla puntarmi una pistola addosso.

“Mi spiace, ma devo ucciderti. È il prezzo da pagare per avere ciò che voglio.”

Non rispondo stavolta. Non riesco a rispondere.

“Un ultimo desiderio?”

“Rimanere in vita?”

Shiho ride. “Bel tentativo, Kudo.” E spara.

Non faccio nulla per evitarlo, non so neanche perché. Il proiettile arriva e mi perfora la pancia. Sento tutto l'addome esplodere di dolore. Quando mi tolgo la mano dallo stomaco, il braccio è sporco di sangue. Crollo in ginocchio. Me lo merito? Non lo so. Ma so che sono uno stupido a ricordarmi solo adesso di quel pezzetto di carta che tengo nella giacca da tre anni, all'altezza del cuore.

“Tua sorella non avrebbe voluto questo...” sussurro. Le mie parole sembrano colpire Shiho come neanche una pallottola avrebbe potuto. “Che?”

“Io me la ricordo ancora.” Mi tornano in mente i suoi occhi imploranti, rassegnati ma ancora con una luce di speranza nel fondo, sporchi di sangue ma ancora vivi. “Per te voleva solo il meglio.”

“Io... io...” Shiho si avvicina, inginocchiandosi accanto a me. Sembra sull'orlo delle lacrime. Le dò il foglietto che mi ero ritrovato nel taschino all'altezza del cuore dopo quel caso. Riesco appena a vedere Shiho che lo apre e scoppia in pianto. “Tua sorella ti amava, Shiho. Non avrebbe voluto questo.” sussurro, usando le mie ultime forze. Detto questo, le forze mi abbandonano. E il buio si impossessa di me.

 

[(Shiho)]

 

“Per te voleva solo il meglio.”

Queste parole mi colpiscono come se mi fossi sparata da sola. Akemi...

È come se mi rendessi conto solo ora di quello che ho fatto. Conan giace sul pavimento del porto, con la pancia insanguinata, e la cosa peggiore è che l'ho fatto io. Quando mi avvicino e Conan mi mette tra le mani il foglietto che mia sorella gli ha lasciato prima di morire, poi, mi fa scoppiare in lacrime.

 

Adorata sorellina

innanzitutto voglio scusarmi per il destino che ti ho lasciato. Non ne hai colpa, e non è giusto che tu soffra. Ho poche righe a disposizione, quindi cercherò di dirti tutto in questo spazio.

Shiho, non lasciarti prendere. Lo so, è dura, difficile, sono necessarie rinunce e sacrifici, ma credimi, una vita trascorsa nel male non porta a nulla tranne che alla dannazione. Forse credi di appartenere al nero, ma tu dimostra che gli arcobaleni più belli nascono dai temporali più terribili.

Ti voglio bene, sorellina adorata, mia piccola Shiho.

Akemi

 

Ma cosa ho fatto? Sono stata una stupida. Non dovevo dare retta a Vodka. Tornerò indietro, ho deciso. Troverò un modo.

Purtroppo devo soffrire ancora, ma ti giuro, Akemi, ti giuro sulla mia stessa vita, che da tempesta diventerò arcobaleno. 


------Angolo dell'autrice-------
Ciao a tutti, fandom del nostro piccolo detective!!! 
*riflette su come ha salutato* No, eh?
vabbè, comuque ciao a tutti!!!! ^-^
scusate se non mi sono fatta sentire per tanto tempo, ma l'ispoirazione era in sciopero *-*
spero che la storia continui a piacervi e che continuate a seguirla anche se è rimasta bloccata per tanto tempo
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Heiji Hattori ***


4. Heiji Hattori
 

[(Ran)]

 

Sono un po' preoccupata. Sono le cinque, e Conan non è ancora tornato a casa. Doveva andare dal professor Agasa dopo la scuola, ma sarebbe dovuto tornare per le tre, le quattro al massimo. Eppure dall'ingresso non è ancora passato nessuno.

La porta si apre. Per un attimo spero che finalmente sia Conan, ma le mie speranze si spengono quando vedo papà che entra nell'appartamento.

“Papà, non è che per caso tu abbia visto Conan?”

“Chi, il ragazzino?” Papà ci pensa un po' su. “Mi dispiace, non ho la minima idea di dove sia andato a cacciarsi.” Ci rimango male. Ma soprattutto sono allarmata. Conan è un bravo bambino, ma ha la capacità di finire sempre in mezzo a delitti, omicidi e in generale ad avere a che fare con criminali pericolosi. Non risponde neanche a telefono. Risulta irraggiungibile.

All'improvviso, un clacson suona sotto casa. Guardando dalla finestra, vedo che è il professore, dentro il suo maggiolino e senza Conan. Ha un'espressione allarmata che mi manda nel panico.

“Forza, papà!” urlo, infilandomi il giubbino e fiondandomi giù per le scale. Man mano che scendo la tensione si alza, e i miei dubbi mi rodono sempre di più. Che ci entri qualcosa la misteriosa scomparsa di Conan?

Mi infilo velocemente dal finestrino, senza neanche aprire la portiera del maggiolino. “Dottore, ma cosa è successo? Perché Conan non è tornato a casa?”

Il professore è agitato almeno quanto me. “Conan è in ospedale. È grave.”

Mi sale un groppo in gola. Grave? Allora ho fatto bene a preoccuparmi! Chissà in che guaio si è cacciato... e ora rischia anche di rimetterci la pelle!

Spero almeno che sopravviva. Non posso perdere il mio fratellino.

 

[(Ayumi)]

 

Oggi dovevamo andare insieme al parco, e avevo perfino deciso di confessargli tutto. E invece qualche cretino gli ha fatto qualcosa, e Conan è bloccato in ospedale. Ho voglia di piangere. Vorrei una spalla amica, ma mi manca anche Ai. È scomparsa anche lei, misteriosamente, e siamo di nuovo solo Mitsuhiko, Genta e io, proprio come in prima elementare. Ma non sono contenta.

Vorrei che Mitsuhiko e Genta, stipati nella macchina del professore insieme a me, facessero una cosa, qualcosa qualsiasi per consolarmi. Ma non arriva ancora niente.

Dalla scomparsa di Ai Mitsuhiko è sempre silenzioso, depresso. Non parla con nessuno, sta da solo a ricreazione, e ora guarda un punto imprecisato fuori dal finestrino. Secondo me gli piaceva Ai. Ricordo quando, in seconda, si addentrò nella foresta, rischiando di incappare in un pericoloso assassino psicopatico, solo per prendere delle lucciole per vederla sorridere, o quando, sempre in seconda, la trattenne per il braccio mentre sorvolavamo l'abisso tra i due grattacieli.

E finisco per deprimermi ancora di più anch'io. Cerco di trattenere le lacrime, ma in fondo non ce n'è motivo. Comincio a piangere e singhiozzare, a sfogarmi.

“Stai tranquilla, Ayumi, Conan se l'è cavata in tante situazioni difficili, vedrai che ce la farà anche stavolta.”

Alzo lo sguardo verso Genta. Negli ultimi anni non solo è dimagrito, ma è anche moralmente cresciuto, nonostante continui ad avere leggere manie di protagonismo.

Tiro su con il naso. “Tu dici?”

“Ma certo!” Genta sorride. “E poi, pensare negativo porta male.”

Riesco a fare una risatina. Solo Genta è capace di vedere il lato positivo in queste situazioni. “Grazie, Genta.”

Lui arrossisce e borbotta un “prego”. È goffo e un po' lento, a volte, ma è per questo che mi sta simpatico.

Finalmente arriviamo all'ospedale. Tutti scendiamo in fretta e furia, con l'ansia di capire la gravità della situazione. Cioè, “grave” da solo non significa niente. Può essere qualunque cosa.

Quelle che corrono più di tutti, a quanto pare, siamo io e Ran. Lo so, tecnicamente non si dovrebbe correre in ospedale, e tecnicamente un bambino non potrebbe visitare un ricoverato grave, ma me ne frego. Conan sta male, e io devo sapere cosa è successo. È mio amico. Per un periodo, lo ammetto, sono anche stata innamorata di lui, ma ora è quasi del tutto passato. Ma rimane mio amico.

Ci blocchiamo. Davanti a noi c'è una stanza con la porta semiaperta, con una ragazza bionda che sta entrando, Sonoko mi sembra che si chiami. È il segnale che questa è la camera di Conan. Ci facciamo coraggio ed entriamo anche noi.

Al di là di un vetro, Conan è disteso su un letto bianco, con una mascherina sulla bocca e sul naso, che respira a malapena. Il vederlo mi fa quasi scoppiare in lacrime, ma a Conan non piacerebbe che io piangessi per lui, così cerco di sembrare forte. Ma Ran non ci riesce. In cinque secondi le scappa un singhiozzo, poi una lacrima, e, singhiozzo dopo singhiozzo, lacrima dopo lacrima, finisce col piangere, appoggiandosi al ripiano sotto il vetro per non finire a terra. La capisco, poverina. Conan per lei era come un fratellino, quel fratellino che non aveva mai avuto, e l'aveva sostenuta nei momenti per lei più duri, quelli in cui si accorgeva di quanto le mancasse Shinichi. È dura.

Faccio il gesto più solidale che mi venga in mente, e la abbraccio. Sono solo una ragazzina, ho appena dieci anni, ma fa male anche a me vedere il mio amico in quello stato.

Ran si abbraccia a me, stringendomi. “Grazie, Ayumi. Grazie.”

Vedo il suo sguardo grato e mi rendo conto di quanto anche lei serva a me per superare questo momento.

Sorrido. “Prego, Ran. Grazie a te.”

 

[(Heiji)]

 

“Forza, Heiji! Datti una mossa!”

“Cosa credi che possa fare contro il traffico?”

“Ma non lo so, una cosa qualsiasi, ma sbrigati, che dobbiamo fare in fretta!”

“Sei insopportabile quando fai così!”

“Senti chi parla!”

“Ora, per favore, sta' zitta e lasciami in pace!”

Kazuha gira la testa, offesa. Mi fa saltare i nervi quando fa la bambina viziata così. Vuole che io vada avanti, ma cosa posso farci se siamo bloccati nel traffico? Fosse una strada con molte uscite potrei uscirmene dal gorgo imboccandone una e facendo un po' più di strada rapidamente, ma questa qui è dritta e unica. Quindi cosa vorrebbe che facessi? “Una cosa qualsiasi” non significa proprio un bel niente.

Mi viene un'idea. “Kazuha, tieniti forte.”

“Ma che...” comincia lei, ma io scatto tra due file di automobili. La moto ci passa appena, ma quanto basta. Mi fermo solo al semaforo, che è (naturalmente) rosso.

“Heiji, ma si può sapere che ti passa per la testa?” si lamenta Kazuha.

“Senti, volevi che evitassi il traffico? E io l'ho evitato! Cosa dovrei fare, scusa?”

Kazuha mi mette il broncio, tenendolo fino all'arrivo in ospedale.

Ci dirigiamo direttamente al secondo piano, dove troviamo tutta la comitiva che piange lacrime di sollievo. Sentiamo appena il dottore che spiega:”Il bambino si è svegliato. Ha raccontato di essere stato colpito alle spalle e di essere svenuto sul colpo. Lo abbiamo recuperato appena in tempo. Se fossimo arrivati anche pochi minuti dopo non se la sarebbe cavata con due operazioni e qualche giorno di terapia.”

Allora è vivo! “Visto Kazuha? Non c'era bisogno di fare in fretta e di fare i capricci! Conan ce l'ha fatta.”

Nessuna risposta. Kazuha è voltata di spalle rispetto a me, e non appena si gira di spalle mi mostra il broncio e si volta di nuovo. “Eddai, Kazuha... ce l'hai ancora con me per quella scaramuccia di prima?”

Dal fatto che non mi risponde immagino che sia così. Le copro gli occhi con le mani. “Scusami, Kazuha... non pensavo che te la saresti presa così...!”

Contro ogni mia aspettativa, Kazuha mi afferra le mani, spostandole. Il mio cuore perde un battito. “E va bene. Per stavolta ti perdono.”

Tutti insieme entriamo nella camera di Conan, e Ran si getta su di lui prima che chiunque altro possa dire “A”. “Conan! Hai idea di quanto io mi sia spaventata?Giurami di non farlo mai più!”

Il mio amico sorride debolmente, lanciandomi uno sguardo divertito. Non sta poi così male per avere appena ricevuto un proiettile nello stomaco. “Va bene, Ran. Ci proverò.”

Tutti quanti gli fanno qualche pensierino, baci, abbracci e tutto il resto. Appena tutti gli altri escono, gli rivolgo le parole che ho in mente:”Sputa il rospo. Chi è che ti ha sparato?”

“Ciao, Heiji! Sì, anch'io sono felice d vederti. E grazie per essere felice che io stia bene!” dice, canzonandomi. Nonostante il proiettile sia stato una bella botta, ci tiene sempre a prendermi in giro.

Fingo una risata. “Ah, ah. Molto spiritoso. Ma non poteva andare più a fondo quel proiettile?”

Scoppia a ridere.

“Comunque, davvero, rispondimi: chi è che ti ha sparato?”

Distoglie lo sguardo. “Non te la sei bevuta, vero?”

“No.”

Punta i suoi occhi nei miei. “Ti ricordi Ai Haibara, la scienziata tornata piccola come me che prima faceva parte dell'Organizzazione?”

Annuisco. Forse ho capito.

“L'Organizzazione le ha dato un antidoto definitivo all'Apotoxin e l'ha ripresa sotto le sue ali.”

“E lei ti ha sparato.” concludo. Conan annuisce. Solo che non capisco. Erano amici. Cosa avrà potuto offrirle quell'Organizzazione del cavolo per farle sparare a Conan? È molto complicato. C'era di sicuro qualcosa sotto... ma cosa?

“Hattori?”

Shinichi mi richiama sulla Terra. “Sì?”

“Devo chiederti un favore.”

Mi giro verso di lui. “Cioè?”

“Devi recuperare Shiho. Riportala da questo lato del muro. Abbiamo bisogno di lei.”

Ci guardiamo per qualche istante. Il suo sguardo è supplichevole ma deciso, della serie “è meglio che mi dai retta o potrebbe succederti qualcosa”.

Alzo lo sguardo. “Okay, Kudo. Ti farò questo favore.”


-------Angolo dell'autrice------
Ciao a tutti!!!
okay, mi scuso per avervi sottoposto a un capitolo tanto lungo.
spero che vi stia piacendo e che siate coraggiosi perché siamo a metà  a un terzo, scusate. forse.
vabbè, comunque ciao a tutti e continuiamo a vederci sul nostro fandom!
bacioni!!!
<3, _happy_04

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Missione fallita ***


5. Missione fallita
 

[(Kazuha)]

 

Appena è uscito, Heiji si è avviato direttamente verso l'uscita, senza rivolgere una parola a nessuno. Gli altri non ci hanno fatto caso, essendo concentrati su Conan, ma io me ne sono accorta. Voglio troppo bene a Heiji per non notarlo neanche, per quanto la situazione possa essere tragica.

Prima che possa uscire dall'ospedale, gli afferro il polso, e lui si volta verso di me. Sembra frettoloso.

“Heiji... dove devi andare, così di fretta?”

Lui mi guarda, dubbioso, indeciso se dirmelo o occultare il dettaglio. Sorride. “Stai tranquilla, non è niente, ma devo sbrigarmi.”

Non ci casco. Non è capace di mentire, e lui lo sa. I suoi occhi dicono tutto, o forse sono io che ho imparato a leggergli dentro attraverso gli occhi. Fatto sta che mi accorgo subito della bugia. “Heiji, sul serio. Dove stai andando?”

“Ti dico che...”

“Heiji, non sai mentire, e tu lo sai.” Cerco di costringerlo a confessare, guardandolo negli occhi, scrutando nella sua anima quanto più a fondo riesco. Alla fine, lui abbassa gli occhi. “Non posso dirtelo. È una cosa che mi chiesto Conan, ma non me la sento di metterti in mezzo.”

“Dai... è un bambino di dieci anni, di cosa mai si può trattare?”

“Molto più di quanto pensi, Kazuha. Ora, ti prego, lasciami andare.” Heiji mi guarda, implorante. Sembra davvero preoccupato, per quanto a me risulti difficile comprendere in che giri possa trovarsi un ragazzino che non ha neanche iniziato le scuole medie. Però guardo i suoi occhi, quasi disperati, e gli mollo il braccio, per quanto mi sembri faticoso lasciarlo andare così. “E va bene. Va' pure. Ma fai attenzione.”

Heiji mi sorride. “Grazie, Kazuha.”, e salta sulla moto, indossando il casco e partendo a razzo.

Ma non può credere che gliela dia vinta così facilmente.

Noleggio una bicicletta quanto più vicino possibile e seguo le tracce del suo motorino, facili da riconoscere per il cerotto isolante che ha messo sulle ruote due anni fa.

 

[(Heiji)]

 

Il modo in cui ho mentito spudoratamente a Kazuha poco fa mi pesa molto, ma non avevo alternativa. Mi ha beccato, ma non posso fare a meno di pensare che mi fa più piacere che lo abbia scoperto, così non dovrò tenermi una bugia addosso. Ma dovevo farlo. Tanto più che ho intravisto una versione adulta della bambina biondina salire su una macchina nera, e ho preso la palla al balzo per inseguirla e trovare la base. Si è inserita su uno stradone asfaltato di cui, casualmente, io conosco una scorciatoia: è meno pratica, ma mi permetterà di precederla.

Così, adesso, corro rapido in un sentiero tra gli alberi, leggermente fangoso (ma appena un po', eh), seguendo il mio istinto di detective: considerando la strada senza sbocchi fino a un certo punto, posso appostarmi direttamente nel punto che precede la prima uscita.

Finalmente la stradina si apre, e confluisce con la strada civilizzata. Mi fermo con il motorino proprio lì, facendo finta di essere rimasto a secco e guardando gli automobilisti, con li pollice rivolto verso destra nel segno inequivocabile della richiesta di autostop.

Naturalmente, nessuno fa caso a un ragazzo con il casco sottobraccio e la moto senza benzina, fin quando non mi piazzo proprio in mezzo alla strada, davanti all'automobile nera di Shiho Miyano, costringendola a fermarsi. Quando si arresta, mi avvicino al finestrino abbassato e le chiedo:”Chiedo scusa, signorina, ma stavo camminando con la mia moto, quando mi è finita la benzina. Non è che può riportarmi a casa mia, gentilmente?”

Shiho si morde un labbro. Chiaramente mi ha riconosciuto come l'amico detective di Kudo. Tuttavia, indica con il pollice il posto accanto a sé, togliendo la borsa, e mi risponde, cordialmente:”Certo. Salta su.”

Quasi come mi aspettavo, Shiho si dirige in un luogo poco frequentato e si appoggia al volante. “Tu sei Heiji Hattori, l'amico di Shinichi Kudo, vero?”

“Indovinato.”

“Lui è ancora vivo?” Shiho sembra sinceramente preoccupata.

“Sì, tranquilla. Ora però ho una domanda da farti.” Pianto i miei occhi nei suoi, sfuggenti. “Perché?”

La ragazza stringe convulsamente lo sterzo, come se si stesse trattenendo dal piangere. “L'Organizzazione mi aveva offerto, in cambio della vita di Shinichi...” Si ferma per un attimo, poi alza gli occhi, umidi e determinati, quasi a un livello di follia. “... mi aveva offerto mia sorella.”

La sorella di Shiho... Kudo me ne aveva parlato, ma al momento mi sfuggono i dettagli. O almeno, devo ricordarli male, perché, con quello che ha detto ora Shiho, i conti non tornano. “Scusa, ma tua sorella non era morta?”

“Sì, è esattamente così.” Shiho abbassa lo sguardo. Sembra che non capisca i suoi stessi sentimenti.

“E così,” cerco di riassumere, visto che la faccenda è dannatamente contorta. “l'Organizzazione dei Neri o come cavolo si chiama ti ha chiesto di uccidere Shinichi in cambio della resurrezione di tua sorella?”

Shiho annuisce appena, come se non avesse il coraggio di dirlo.

Cerco di trattenermi, ma è difficile. La situazione è così assurda che...

…scoppio a ridere, rido fino a farmi salire le lacrime agli occhi, devo appoggiarmi al finestrino e finisco per piegarmi in due.

Stavolta la ragazza se la prende sul serio. “Si può sapere cosa c'è da ridere?”

“Stupida...” mormoro, tra le lacrime e le risate.

“MI STAI DANDO DELLA STUPIDA PER CASO?” urla Shiho, furente, rossa dalla rabbia. E io annuisco. Non perché sia cretino. Cioè, forse folle lo sono davvero, ma non è per questo che ho annuito. È che io la penso così, e non sono il tipo che rinnega le sue convinzioni. Neanche quando queste portano a una sberla in piena guancia come in questo caso.

“Già, sei proprio una stupida.” Alzo gli occhi, dandomi un contegno. “Perché, per quanto noi vorremmo, i morti non tornano indietro. Hanno compiuto il loro destino, qui sarebbero solo fuori posto. È come nella storia dei Doni della Morte: c'era questo ragazzo che aveva ricevuto dalla Morte una pietra per resuscitare i morti, e aveva resuscitato la sua fidanzata. Lei era lì,ma era triste, grigia, perché il suo posto era nell'aldilà, e stava bene dove stava. Questo per dirti che i morti vivono nei ricordi, ma riportarli sulla terra, oltre che inutile, sarebbe contro natura. Il loro posto è nel cuore della gente, non sulla poltrona del loro soggiorno.”

Shiho mi osserva per un attimo, e poggia la testa sul volante. “Esci.” sussurra. Accorgendosi che sono ancora qui, ripete, urlando:”VATTENE! TI HO DETTO DI ANDARTENE!”

Incrocio le braccia. “Portami al nascondiglio dell'Organizzazione.”

Shiho rialza gli occhi, rossi di pianto. “Che?”

“Ti ho detto di ripartire alla volta del rifugio dell'Organizzazione, così mettiamo a posto la faccenda.”

 

[(Heiji)]

 

Shiho ferma la macchina non lontano da un grande palazzo di vetro. Capisco che il suo obiettivo è quello perché nei paraggi non ci sono molti altri edifici. Be', se vogliamo proprio dirla tutta, non ce ne sono affatto. La valle è deserta tranne che per questo palazzone di vetri a specchio.

Shiho scende dalla macchina. “Tu resta qui. Prendo ciò che l'Organizzazione potrebbe utilizzare per continuare a sviluppare l'Apotoxin e torno.”

Annuisco, e affondo la schiena nel sedile riscaldato, finalmente solo con i miei pensieri.

Ricapitolando: sto compiendo quest'impresa per Kudo, missione in cui lui stesso ha fallito. Perché mai io dovrei riuscirci. “Perché siamo diversi.”, risponde una vocina dentro di me. Forse è così. Lui può non essere capace, ma io potrei saperlo fare: per esempio, lui non sa neanche tenere in mano una katana, mentre io sono addirittura il capitano della squadra della mia scuola.

“Eccomi, sono tornata. Possiamo andare.” dice Shiho, poggiando sui sedili del retro la ventiquattrore di pelle e infilando la chiave della macchina nella toppa.

“Io non lo farei.”

Una voce mi fa sobbalzare. È una voce profonda e tagliente, terribile.

Voltandomi, vedo fuori dall'automobile un uomo alto, vestito di nero, con lunghi capelli color platino, e gli occhi... gli occhi fanno venire i brividi. Sono di ghiaccio, occhi spietati e privi di sentimenti di un assassino. Stringe il braccio intorno al collo di una persona, puntandole la pistola alla tempia. Quando capisco chi è quella persona mi viene un colpo al cuore. “KAZUHA!”

Kazuha è lì, semi svenuta, con un braccio graffiato e il fianco sanguinante. Spero solo che il proiettile non sia andato troppo a fondo...

Alza appena la testa e, quando incontra il mio sguardo, si risveglia. Mi lancia uno sguardo dolcissimo, come se si stesse scusando. “Scusa, Heiji.”

Senza pensarci neanche, esco dalla macchina, sbattendo la portiera. “Kazuha! Perché sei venuta?”

“Non volevo che corressi incontro a certi rischi da solo. Mi dispiace.”

“Piccola stupida...” sussurro. Sento gli occhi inumidirsi, le lacrime che cercano di uscire. Sto per piangere perché, anche se normalmente perderei le staffe, qui mi sento dannatamente impotente.

“Sherry, mia bellissima Sherry...” dice l'uomo, con un sorriso crudele. “Non permetterai mica che questi poveri ragazzi soffrano così?”

Shiho sembra combattuta tra il desiderio di aiutare Kudo a distruggere l'Organizzazione e quello di non farmi del male.

In uno stato di lucidità mentale le direi di lasciarci perdere e andarsene, ma ora riesco solo a pensare a Kazuha.

Shiho prende una decisione. Scende dall'automobile, prende la valigetta e chiude le portiere. L'uomo in nero sorride. “Così mi piaci, Sherry.”

Detto questo, getta malamente Kazuha a terra e si dirige con Shiho alla base, con lei che tenta di scusarsi. Ma ora tutta la mia attenzione è concentrata su Kazuha, che giace a terra sanguinante.

Mi precipito accanto e lei, gridando nel telefono all'addetta dell'ospedale prole a caso che riassumano la faccenda, come “codice rosso”, “tanto sangue” “proiettile”, ma non lo so neanch'io: il mio unico pensiero in questo momento è Kazuha.

Mi metto in ginocchio accanto a lei, sollevandole la schiena e cercando di chiamare il suo nome. Kazuha apre appena gli occhi. “Sei una stupida!” esclamo, in preda al panico. Temo che stia anche per piangere. “Io ti avevo detto che sarebbe stato pericoloso! Perché sei venuta?”

“I... io... non volevo che tu corressi questi rischi da solo... io ti voglio bene, Heiji.” sussurra lei. La sua voce si sta rompendo per il dolore.

“Questo non significa proprio niente! Tu ti sei messa in pericolo per me. Io non lo tollero, Kazuha. Non posso tollerare che tu corra dei rischi al posto mio. Perché, Kazuha...” Sento le lacrime bruciarmi dietro gli occhi. È una cosa che avrei voluto dirle da tantissimo tempo, ma che non ho mai avuto il coraggio di rivelare. È pesante da dire, anche se è il motivo per cui non sopporto il gesto che Kazuha ha fatto per me. “... perché” Non ce la faccio. Le parole mi restano aggrovigliate sulla lingua. Ma, allo stesso tempo, non resisto più al dirlo. “... perché io ti amo, Kazuha! Non voglio che tu corra rischi per colpa mia perché ti amo! Vuoi capirlo o no?” urlo alla fine, cominciando a piangere, e davvero, stavolta.

Delle labbra morbide si posano sulle mie. È Kazuha. Mi si è avvicinata e mi ha baciato. Aspettavo da secoli questo momento, quindi non mi resta che ricambiare il bacio.

Proprio ora arriva l'ambulanza, a sirene spiegate, che fa salire Kazuha su una barella e ci fa entrare nel veicolo. Lei sembra preoccupata, ma le prendo la mano, sussurrandole i miei pensieri, e Kazuha si tranquillizza fino ad addormentarsi dolcemente, sempre con la mano stretta tra le mie.

-------Angolo dell'autrice-----------
Ciao a tutti!!!
scusate per il capitolo così lungo... mi è venuto così, non posso farci niente -^_^-
spero che la storia continui a piacervi e continuiate a seguirla!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Novità ***


  1. Novità

 

[(Heiji)]

 

Sono rimasto accanto a Kazuha per tutto il tempo, dall'arrivo in ospedale al suo risveglio dopo l'operazione. Solo ora però mi ricordo del fatto che devo aggiornare Kudo sull'esito della missione.

Così dò un bacio di congedo a Kazuha (mi sa che lei non se lo aspettasse, ma dopo un evento come quello di poco fa tra noi due direi che possiamo definirci ufficialmente fidanzati) e mi avvio nei corridoi dell'ospedale, sperando di beccare la sala giusta. Finalmente arrivo alla stanza di Conan, dove tutti quanti sembrano sorpresi di vedermi. “E Kazuha dov'è?” è la prima cosa che dice Ran appena mi vede entrare. Ugh... devo ammettere che a questo non ci avevo pensato... “è stata sparata da un tizio psicopatico/assassino che ha rapito Shiho e l'ha riportata al lato oscuro” non mi sembra esattamente la formula più rassicurante, pensandoci.

“Lei è caduta dal muretto e si è fatta male, è tornata un attimo a casa per sistemarsi. Ce l'ho accompagnata io...” e, con questo, mi sono anche trovato un alibi per la mia scomparsa (Kazuha è uscita dopo di me, in realtà, ma sono dettagli).

Per evitare che a qualcuno possa venire in mente, entro nella stanza di Conan e lui mi accoglie senza neanche salutarmi, in trepidazione. “Allora?”

“Be'... Diciamo che c'è una notizia buona e una cattiva.”

“Qual è quella cattiva?, sentiamo.”

“La missione, come dire...” Faccio un sorriso di scuse, che avrebbe l'obiettivo di addolcire la sua ira. “...è fallita.”

“CHE COSA HAI DETTO?”

“Sì, mi dispiace... è che un tizio aveva un ostaggio e Shiho è tornata da lui per salvare il malcapitato. Che poi era Kazuha.”

Conan si lascia andare nel cuscino. “E quale mai potrebbe essere la buona notizia?”

“Io e Kazuha ci siamo baciati e ora stiamo ufficialmente insieme!” concludo, tutto eccitato.

A Conan trema il sopracciglio sinistro, come se avesse un tic. “E, tanto per sapere... quanto credi che me ne freghi in questo momento?”

Allargo le braccia, in segno di scusa. “Era l'unica potenziale buona notizia che mi è venuta in mente...!”

“ORA TE LA FACCIO VEDERE IO, LA BUONA NOTIZIA!” urla, lanciandomi dietro tutte le carte che gli capitino sottomano.

“Scusa!” grido, uscendo di corsa dalla stanza e chiudendomi la porta dietro la schiena.

 

[(Conan)]

 

Dopo aver esaurito le cartacce da lanciare ad Hattori, mi abbandono nel letto, sbuffando. In linea generale, per carità, mi fa piacere che quel tonno abbia trovato il coraggio di farsi avanti con Kazuha, ma ora non ho neanche vagamente bisogno di questa notizia. Una cosa doveva fare Shiho, vale a dire seguire Heiji senza protestare, ma non ha fatto neanche quella. Che abbia deciso di soffrire ancora per salvare Kazuha è una buona azione da parte sua, ma questo era decisamente il momento meno adatto. A questo punto però direi che non c'è più niente da fare. Abbiamo provato con tutti i mezzi possibili, ma lei rimane bloccata lì. Forse perché non ne abbiamo i mezzi, ma ancora non c'è modo di riportarla indietro, è questa l'amara verità.

Il dottore entra all'improvviso nella stanza. “Conan Edogawa, abbiamo terminato i controlli, e abbiamo stabilito che puoi abbandonare l'ospedale e puoi uscire.”

Senza pensarci, scendo dal letto e comincio a fare i salti di gioia: erano giorni che aspettavo di uscire da questo ospizio, ma finalmente è arrivato il momento.

Sempre canticchiando (per la gioia del dottore che non è ancora uscito ma è ancora dentro per aiutarmi), prendo i jeans e le felpa, infilo le super scarpe del dottor Agasa e salto fuori dalla porta, urlando a pieni polmoni:”Ciao, mondo! Conan Edogawa è tornato!” (Sì, mi sa che l'ospedale mi ha un po' dato alla testa).

Ran non riesce a trattenere una risata, sollevata e divertita allo stesso tempo, proprio come i suoi occhi bellissimi. “Conan! Sai, sono felice anch'io che tu torni a casa.”

“Conan!” esclama Ayumi, stringendomi in un abbraccio improvviso. Sarà difficile per lei quando tornerà Shinichi Kudo.

Ricevo baci e abbracci da tutti quanti, della serie “che bello che stai bene”, “non vedo l'ora di rivederti al parco” e roba del genere. Invece, con il professor Agasa mi scambio solo uno sguardo, che però è molto più di mille parole.

 

[(Conan)]

 

Oggi è il giorno.

Non sto più nella pelle dalla felicità. Quando mi sveglio e mi rendo conto che oggi è mercoledì, spalanco gli occhi e sono già ben lucido senza neanche bisogno di sciacquarmi la faccia. È il giorno più importante della vita di Conan, oltre che l'ultimo.

“Ran, ti posso parlare?”

“Mmm-mmh?” al contrario di me, Ran è ancora mezza addormentata, nonostante sia già in piedi. Comprensibile, visto che sono appena le sei e mezzo del mattino.

“Ran, lo so che è un po' tardi per dirtelo, ma lo ho appena saputo anch'io...”

“Conan, non preoccuparmi, cosa è successo?” Ora Ran sembra totalmente sveglia. È bastato che la mettessi in allarme per riportarla alla realtà dal mondo dei suoi sogni.

“Ran, oggi... parto.”

Ran sembra totalmente sconvolta. Sembra che non abbia capito bene che cosa sta succedendo, il che è probabilmente vero. “Che... che cosa?”

“Ran, oggi parto per l'America con la mia mamma, a New York.”

“Ehm, già...” Ran continua a cercare di sorridere, ma si vede che non è più tanto allegra. “E... quando ritorni?”

“Mai, Ran. Vado a vivere lì.”

Ran è sconvolta come se le fosse passato un camion addosso. “Ti... ti trasferisci quindi?”

“Sì, Ran.”

Lei mi osserva per un attimo, come per accertarsi che stia succedendo per davvero. Noto già i suoi occhi umidi, il sorriso traballante, le spalle che cominciano a tremare. “Okay. Va bene. Sono felice per te, Conan.” dice così, ma si vede che non è felice. Mi guarda con nostalgia, come se mi avesse già perso. Vederla piangere mi fa star male, fa venire voglia di piangere anche a me.

Così, per tirarle un po' su il morale, la abbraccio. Ma è anche per non farle vedere che sto piangendo anch'io. “Dai, Ran, non fare così. Rimarrai per sempre nel mio cuore, e non ti dimenticherò mai.”

“Non ti dimenticherò mai neanch'io, Conan.” sussurra Ran, tra i singhiozzi. Sento le sue lacrime che bagnano la mia spalla, e bruciano sulla mia pelle. “Ran, su, fammi un sorriso. Non voglio che il mio ultimo ricordo di te sia così.”

Lei si stacca e sorride, gli occhi lilla che traboccano ancora di lacrime. Ma perlomeno ha la forza di sorridere, e non è poco.

Si alza dal pavimento su cui si era inginocchiata e, asciugandosi le ultime lacrime, mi fa un gran sorriso. “Dai, preparati, che tra cinque minuti dobbiamo scendere.”

 

[(Mitsuhiko)]

 

Oggi, quando Conan è entrato in classe, tutti quanti lo abbiamo accolto con calore, dandogli pacche sulle spalle, gridandogli “bentornato” a volume più alto che si riuscisse, abbracciandolo, stringendogli le mani. Io me ne sono stato in fondo a tutto, come sempre, rivolgendogli un timido sorriso. Da quando Haibara è sparita, ho perso la visione dei colori del mondo, è come se tutto avesse meno senso. Forse è un po' esagerato per quella che da fuori può sembrare una semplice cotta, ma è così che mi sento, e, si sa, contro i sentimenti non ci si fa nulla a combatterli. E da dentro non è neanche una semplice cotta. Può sembrare prematuro, ma sento già che è vero amore.

Forse è per questo che Conan si siede proprio accanto a me.

Seguiamo la lezione normalmente, Conan che ogni tanto cerca di tirarmi su di morale indicandomi le mutandine troppo in vista di quella bambina, o gli scleri i quell'altra, e un po' ci riesce anche. In fondo, Conan è il mio migliore amico, ed è anche un suo dovere aiutarmi a ritrovare il sorriso nei momenti bui.

Però a ricreazione cattura l'attenzione di tutti, sedendosi sulla cattedra, e fa il grande annuncio: questo è il suo ultimo giorno qui in Giappone. Oggi pomeriggio partirà per New York, una delle città più importanti del mondo, e si trasferirà lì con la mamma e il papà. Spesso erano divisi per questioni lavorative, e questo è un modo per riunirsi definitivamente, a quanto dice lui.

Alla notizia, tutti reagiscono a modo proprio: alcuni annunciano di “dover andare in bagno”, altri scrivono bigliettini da dargli per lasciargli un ricordo, molte ragazzine addirittura chiedono di dargli un bacio sulla guancia prima che se ne vada per sempre, altri ancora gli danno il proprio numero e gli chiedono di fargli un colpo di telefono ogni tanto.

Naturalmente, lui acconsente a tutte le richieste, persino a quelle di dargli un bacio (con grande “piacere” per Ayumi).

...e io? Io non riesco a credere che parta così, avvisandoci solo il giorno stesso. Ci sono rimasto male, lo ammetto. Credevo che i Detective Boys sarebbero rimasti uniti per sempre, invece sia Conan che Ai hanno abbandonato. Siamo rimasti solo Ayumi, Genta e io, come all'inizio. Ma c'è un motivo se il nostro periodo d'oro è stato tra la terza e la quinta.

Alla fine, però, l'ultimo giorno di scuola qui per Conan è finito.

Quando lui è già lontano, tuttavia, Ayumi esclama, rivolta a me e a Genta:”Ma non possiamo farlo andare via così, dobbiamo fargli un saluto speciale! Siamo o no i Detective Boys?”

Così, tutti insieme, ci avviamo di corsa per la strada che porta a casa del dottor Agasa.

 

[(Conan)]

 

Senza smettere di correre, tiro fuori la scatoletta verde dalla tasca della felpa, e mi faccio scappare un gran sorriso.

Shinichi Kudo sta tornando. 

---------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!!
sono tornata dopo solo due giorni e ho scritto il capitolo in solo un'ora. dovete ammettere che non è  male.
oggi non ho granché da scrivere nell'Angolo dell'autrice, per cui vi saluto e spero che il capitolo vi piaccia.
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Resurrezione ***


  1. Resurrezione

 

[(Conan/Shinichi)]

 

Continuo a correre a perdifiato fino alla casa del professore. È il momento di mettere in atto il nostro piano, ed è meglio che lo faccia subito, prima che succedano disastri come l'ultima volta.

Quando entro, Agasa è al tavolo a giochicchiare con il computer. Appena mi vede, non dice niente, neanche una parola o una sillaba, annuisce e basta. Nel camminare nel corridoio che porta al bagno, sento il cuore che batte così forte da minacciare di uscire dalla cassa toracica. È così bello che non riesco neanche a concepirlo. Quello che per tre lunghi anni mi era sembrato pressoché impossibile, che dicevo sempre di voler fare nonostante non ci credessi più neanch'io, finalmente sta accadendo: sto tornando Shinichi Kudo, sto tornando quello che sono, senza più dover riempirmi la bocca di bugie, mascherando sempre ciò che sono in realtà. Conan Edogawa sta morendo, Shinichi Kudo risorge.

Siamo arrivati alla porta del bagno. “Mi raccomando, Shinichi:” il professore mi dà le ultime direttive, nonostante io mi sia ripetuto tutto nel letto dell'ospedale, come un mantra, per convincermi che sta succedendo sul serio. “appena messa in bocca la pillola, devi masticarla lentamente finché non te la senti gommosa in bocca. Poi ti farà un po' male, ma in qualche secondo, pochi minuti al massimo, finirà tutto. Qui ci sono i vestiti di una taglia adatta a un ventenne, la tua roba puoi anche lasciarla nel bagno, provvederò io. È tutto chiaro?”

“Chiarissimo, professore.” rispondo, afferrando i vestiti che mi porge ed entrando nel bagno. Chiudo la porta a chiave, l'ultima porta di Conan. Apro la scatoletta verde con l'antidoto all'Apotoxin... ma, al momento di metterla in bocca, mi trema la mano. È come se non avessi il coraggio di farlo, dopo tanto tempo che aspettavo, come se avessi paura di risvegliarmi dal sogno e ritrovarmi ancora nel corpo di ragazzino di Conan. Il cuore mi batte all'impazzata nel petto. Nonostante tutto, la mia mano continua ad indugiare, rifiutandosi di mettermi la pasticca in bocca. Sono pochi millimetri cubi, ma potrebbero essere in grado di sconvolgere ancora una volta la mia vita.

C'è un solo modo per farlo.

Conto fino a tre e poi mi infilo la pillola in bocca, senza pensarci troppo per la paura di pentirmi. In effetti, già mi sento pesante per il gesto che ho fatto.

All'improvviso, una fitta al petto mi piega in due. Sento il cuore esplodere. Alla faccia del “un po' male”... questo è un coltello che mi si punta nel petto.

“...Ayumi, Genta e Mitsuhiko, Conan non è qui!”

Nel mio dolore sento a malapena queste parole del dottore, che il professore ha chiaramente detto a voce più alta per avvertirmi di qua. Impreco, con i denti stretti. I ragazzi erano l'ultima cosa che ci mancava.

Un'altra fitta al petto, ancora più forte. Sento il corpo disciogliersi nella pelle, le ossa che bruciano come braci ardenti. Lancio un urlo di dolore, lanciato da due voci che si intrecciano, quella di Conan e quella di Shinichi. Barcollando, finisco appoggiato contro una parete. Ansimante, rivolgo lo sguardo verso l'alto. Mi sento come se un milione di coltelli mi stessero attraversando da una parte all'altra del corpo.

Un'improvvisa scarica d fitte al cuore. L'urlo è ancora più forte, stavolta la voce di un ventenne che sopprime quella di un ragazzino. Il petto mi esplode di dolore. Tutte le sensazioni di paura, affetto, desideri, sembrano sparire all'improvviso, coperti dalla sensazione tremenda che sento in questo momento. Un colpo strano allo stomaco, tanto forte da farmi perdere per un attimo il fiato...

… e stop. Finisce tutto. Il dolore al petto scompare subito, sostituito in un attimo da un dolce tepore. I pensieri tornano lucidi e chiari. Mi sento in forma come non mai. Non sono neanche stanco. Però ho una sensazione strana addosso, come se il bello dovesse ancora arrivare. Con il corpo un po' intorpidito mi rialzo in piedi, e quando rivolgo uno sguardo allo specchio, per poco non faccio un salto di due metri.

Nella lastra di vetro non si riflette il me che ero ormai abituato a vedere, alto a malapena abbastanza per arrivare con le spalle al lavandino, ma un ragazzo alto, con capelli neri dal ciuffo ribelle e grandi occhi blu oceano, pieni dello stupore che sento ora. Non c'è Conan Edogawa, ragazzino con gli occhiali dall'intelletto sviluppato sopra la norma per un ragazzino di quinta elementare, ma Shinichi Kudo, incredibile detective “liceale” scomparso misteriosamente dalla circolazione all'età di diciassette anni. Sono tornato nel mio corpo.

Mi scaravento sulla faccia un getto di acqua gelida, ma questa non ha alcun effetto se non quello di farmi rabbrividire. Mi lascio scappare prima una risatina, poi un'altra, fino a scoppiare in una risata irrefrenabile e che forse da fuori sembra avere una strana sfumatura folle. Non riesco a crederci. Erano tre, tre lunghi anni che aspettavo questo momento. Non riesco neanche a contare quelle volte in cui mi era mancato un tanto così dal raggiungere questo traguardo, ma che poi si era allontanato in un istante di una distanza irraggiungibile. E invece ora ci sono arrivato.

Mi vesto rapidamente con i vestiti che mi ha portato il professore, vale a dire i jeans, la maglietta azzurra e la felpa che misi quel giorno maledetto al Tropical Land.

Purtroppo, però, il professore non è riuscito a fermarli, e Ayumi, Genta e Mitsuhiko sono davanti alla porta. È strano vederli così. Ero abituato a vedere Genta e Mitsuhiko sovrastarmi di qualche centimetro (Genta anche di parecchi centimetri), invece adesso mi arrivano più in basso della spalla. È difficile pensare che sono io ad essere più alto e non loro a essere più bassi. Tuttavia mi fingo indifferente, come se non li conoscessi neanche. “Ehi, ragazzi, cosa c'è?”

Ayumi si guarda intorno estraniata. “Per caso Conan è entrato in bagno? Lo abbiamo visto entrare in questo corridoio e qui c'è solo il bagno da cui sei uscito tu...!”

Senza aspettare che io risponda, per qualche motivo, Mitsuhiko si insinua nella porta dietro di me ed esce dal bagno. Ha un'espressione pensierosa, come s fosse arrivato alla soluzione del problema... e i panni di Conan, stracciati, in bagno. “Tutta la faccenda è molto sospetta...” riflette. Ha appena dieci anni, ma sembra già acuto come... beh, come me alla sua età. Per me ha un futuro da super detective liceale anche lui. “A quanto pare, nel bagno sei entrato solo tu, eppure abbiamo visto Conan entrare. Inoltre, anche se tu avessi voluto nasconderlo...” Mitsuhiko alza gli stracci che, tutti interi, componevano la felpa di Conan. “... stracciare e lasciare in vista i suoi panni, oltre che inutile, sarebbe stato sconveniente, perché avremmo potuto immaginare che Conan fosse entrato qui. Quindi c'è una domanda...” Mitsuhiko mi fissa negli occhi, come se sapesse che nascondo la chiave per questo mistero ma volesse sentirla da me. “Dov'è Conan?”

Tento di farfugliare qualcosa, ma mi ha incastrato. Non c'è scusa che tenga. È diventato troppo bravo per permettermi di sfuggire. Mi chino alla loro altezza. “Sapete tenere un segreto?”

Il professore, capendo subito cosa voglio fare, mi lancia uno sguardo allarmato. Tuttavia, io lo rassicuro, con un'espressione tranquilla e decisa. Poi però rivolgo di nuovo la mia attenzione ai Detective Boys, che annuiscono, passandosi un dito sulla bocca, per poi girarlo all'angolo e lasciarlo andare, come per lanciare la chiave.

Così, anche se è pesante, e difficile, gli racconto tutto. In fondo, sono stati miei amici nel periodo più duro della mia vita. In questi casi, non avrei motivo di nascondere ancora. Tanto, ormai l'Organizzazione lo sa. Non dico che lo si può urlare ai quattro venti, ma in situazioni estreme non è necessario mettere su bugie su bugie, una meno credibile dell'altra.

Nel raccontare, vedo sui loro volti sensazioni diverse e addirittura contrastanti: rabbia, tristezza, compassione, determinazione, ma su tutti l'incredulità. Mi rendo conto che è piuttosto difficile da assimilare e da credere, ma è la pura e semplice verità.

Quando finisco, prendo un respiro e li faccio parlare. “E, insomma...” chiede Ayumi, dopo un attimo di silenzio, esprimendo la domanda che tutti avevano sulla lingua. “...Conan... non è mai esistito?”

In effetti, è una domanda difficile. Si può dire che Conan non sia mai esistito? “Sì e no” rispondo alla fine. “Diciamo che ero sempre io, quindi si potrebbe di re che non è esistito, ma è anche vero che ha avuto una modalità di vita diversa dalla mia, ho trovato nuovi amici... e ho trovato voi, ragazzi, gli amici migliori che abbia mai trovato, ma non è stato Shinichi a trovarli, ma Conan, quindi, per certi altri versi potremmo dire che è esistito sul serio. Ma in fondo, io e Conan non siamo poi così diversi, quindi non vedo motivo di disperarsi così. Io sono sempre io, sono sia Shinichi che Conan, entrambi esistono ed entrambi vivono, in un'unica persona.”

I ragazzi sembrano commossi e sconvolti, ma sorridono. Hanno capito che non hanno perso il loro migliore amico.

“Però...” mi porto un dito al sorriso, facendo l'occhiolino. “acqua in bocca, ok?”

Ridiamo, una risata qualsiasi fatta tra Detective Boys. Sono pur sempre uno di loro...!

----------Angolo dell'autrice--------
Ciao a tutti!!!!
un altro aggiornamento lampo... applausi, per favore... ecco, grazie...
comunque, spero che il capitolo vi piaccia e che vi venga voglia di farmi sapere cosa ne pensate della storia!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ran e Shinichi ***


  1. Ran e Shinichi

 

[(Shinichi)]

 

Devo fare una cosa estremamente importante. Ne va del mio umore eterno.

Senza neanche pensarci due volte, prendo il cellulare di Conan e scrivo un messaggio, velocemente, le dita che volano sulla tastiera.

Solo dopo aver premuto su invio appoggio il telefono sul tavolo e riprendo a respirare.

Ora direi che non mi resta che aspettare.

 

[(Ran)]

 

Nonostante dovrei essere china sui libri di chimica, sono nel letto, a guardare il soffitto, a finire di consumare le ultime lacrime. L'assenza di Shinichi mi pesa sul cuore da tre anni ormai, e prima a consolarmi c'era Conan, il fratellino che non avevo mai avuto, che in qualche modo riusciva a colmare parte del vuoto nella mia anima, ma ora che è scomparso anche lui mi sento completamente vuota e pesante, per quanto possa sembrare una contrapposizione.

All'improvviso, un cinguettio risuona nella stanza. Se sapessi che è un messaggio normale, lo lascerei lì a suonare, ma è il tema di notifica che ho impostato per Conan. Così, a piedi scalzi, senza neanche asciugarmi le lacrime che mi rigano le guance, mi alzo e afferro il telefono. Il messaggio dice:

 

Ciao Ran!

Senti, puoi venire stasera al ristorante in centro che ti piace tanto? Ho combinato un pasticcio, e ho prenotato per errore a nome tuo. Ci potresti andare comunque?

Ciao Ran, ti voglio bene!

Conan

 

P.S.: dovrai venire da sola, perché ho prenotato un tavolo singolo

 

Il messaggio riesce in qualche modo a strapparmi un sorriso. Ricordo tutti i pasticci che ha combinato Conan in questi anni, da quando ne aveva sette quando se n'è andato poche ore fa, che si immischiava sempre nelle indagini di papà e lo aiutava a risolvere i misteri.

Comunque, se ho capito bene di quale ristorante parla, dovrò vestirmi elegante, perché quello non è un localino da quattro soldi. E chi, per questi consigli, è meglio della mia migliore amica Sonoko?

Non appena la chiamo e le comunico il contenuto del messaggio, lei si presenta alla porta dell'ufficio nel giro di cinque minuti, con un borsone di schemi di stili, “outfit”, come li chiama lei, e di vestiti di tutti i tipi, neanche dovessi prepararmi per una sfilata di moda.

“Oh mia piccola Ran, questa è una tappa importante della tua vita... il tuo primo appuntamento con Shinichi... questa è roba seria!”

“Non è il mio primo appuntamento con Shinichi!” esclamo io, arrossendo.

Sonoko vede sempre tutto sotto questa luce. Io le voglio bene, la conosco da quando avevamo tre anni, ma quando vuole è capace di mettermi in imbarazzo come nessuno.

“Come dici tu...” risponde Sonoko, scrollando le spalle con un sorrisetto malizioso.

Cinque minuti dopo, Sonoko cerca di convincermi a indossare un abito che lei tiene nascosto dentro una cappelliera. Finiamo per rincorrerci per tutta la stanza, io che scappo e Sonoko che cerca di incastrarmi per farmi indossare quel vestito... anche se alla fine, miracolosamente, riesce a farmelo mettere, e mi ritrovo con un vestitino con il corpetto di velluto lilla e una gonna di tulle dello stesso colore, con una giacchetta di pelle bianca.

Adesso però comincia la seconda impresa per Sonoko: farmi calzare ai piedi un paio di scarpe con il tacco da dieci centimetri. Stavolta però non ho intenzione di dargliela vinta, così indosso da sola un paio di ballerine, sempre lilla ma molto basse.

“Sei un caso perso...!” sbuffa Sonoko, a braccia incrociate, con i tacchi nella mano destra, ma alla fine scoppiamo a ridere entrambe, arrivando quasi a lacrimare (Sonoko me lo ha impedito per evitare che il trucco si sciogliesse).

 

[(Ran)]

 

Il ristorante è piuttosto affollato, ma riesco ugualmente a riconoscere il cartellino “prenotazione: Ran Mori” sul tavolo in fondo, vicino alla finestra... dove però è già seduta una persona, che tiene le gambe incrociate, con dei pantaloni bianchi ed eleganti, nonostante le scarpe da ginnastica non lo siano per niente. Il volto e tutta la parte alta del busto sono nascosti dietro all'altissimo menù de ristorante.

“Ehm, chiedo scusa...” cerco di rivolgermi al ragazzo tendendo a freno la mia irritazione. “Non so se l'hai notato, ma questo tavolo è già prenotato da me.”

“Lo so.” Il ragazzo abbassa il menù, e tutta la mia irritazione scompare, lasciando spazio all'emozione e a un enorme caos mentale, coperto dal battito sordo del mio cuore. Il menù scopre un volto bellissimo, contornato da capelli scuri quasi come l'ebano, in cui gli occhi blu oceano che per anni avevo visto nei miei sogni risplendono, profondi, sopra un dolcissimo sorriso.

“Shin... Shinichi...” sento mancarmi il fiato. Ho paura di sognare. Per tre lunghi anni ho aspettato di rivederlo, incontrandolo ogni tanto ma mai per troppo tempo. E ora è lì, che mi sorride, guardandomi come se fossi l'unica cosa al mondo.

“Ciao, Ran. Conan mi ha detto il pasticcio che ha combinato, e così ho pensato di approfittare della situazione per incontrarti.” sorride. Il suo sorriso è capace di far scomparire tutto il resto del mondo. “Dai, siediti. È prenotato a nome tuo, sì o no?”

Oh, già, la prenotazione. Mi ero distratta a guardare le onde nei suoi occhi e me ne ero dimenticata.

Un po' titubante, mi siedo davanti a Shinichi, che continua a comportarsi con disinvoltura al contrario di me. Lancia uno sguardo alla città notturna, buia ma piena di luci colorate che sembrano una miriade di stelle nella galassia più speciale dell'universo. “Oggi è una bella serata, eh? Guarda che luna!”

Rivolgo timidamente anche io uno sguardo dalla finestra, e, per girare meglio il busto, mi appoggio con una mano al centro del tavolo, incantandomi a guardare la Tokyo notturna. All'improvviso, qualcosa si posa sulla mia mano, facendomi sobbalzare. Lancio un rapido sguardo al tavolo... e Shinichi ha poggiato una mano sulla mia, anche se continua a guardare fuori dalla finestra. Arrossisco violentemente, ma riporto lo sguardo tra le strade illuminate di Tokyo.

Sarei rimasta così per ore, anche per tutta la vita, ma un brontolio mi risveglia, e Shinichi si massaggia la pancia, arrossendo. “Ehm, scusa, ero io... non mangio dal pranzo, e così ora ho un pochino fame...”

Scoppio a ridere, guardando il suo viso imbarazzato.

Dopo aver mangiato, rimaniamo in silenzio per qualche minuto, quando rompo il silenzio carico di imbarazzo prendendogli la mano. “Sai, Shinichi, ho aspettato a lungo di rivederti...” Mi costringo a dirgli queste parole, rossa in volto come un peperone maturo. Mi consola, però, il fatto che Shinichi non sia da meno. Osserva le nostre mani, unite insieme, e l'espressione allegra si trasforma in un sorriso imbarazzato. Cavoli, è bellissimo anche così.

All'improvviso, però, fa finta di guardare l'orologio, e capisco che qualcosa non va. Ancora una volta sta per finire tutto così come era iniziato.

“Scusa, Ran, è tardi, devo proprio andare...” Detto questo, si alza e corre via, portandomi via anche tutta l'allegria che avevo tenuto fino a questo momento. Faccio per alzarmi anch'io e richiamarlo indietro, ma mi accorgo che sul tavolo c'è uno scatolino avvolto in carta regalo lilla. Deve avermelo lasciato Shinichi mentre io ero distratta.

Con le dita un po' tremanti, strappo lentamente la carta, rivelando una scatoletta da gioiello. E all'interno... all'interno c'è un cordoncino nero con gli ideogrammi del nome di Shinichi e una piccola pietra blu all'interno di un mezzo cuore, un gioiello da personalizzare che avevo notato nella gioielleria un po' di tempo prima che Shinichi sparisse per la prima volta ma che avevo lasciato perdere per il prezzo un po' troppo abbondante per le mie tasche.

Accanto c'è anche un bigliettino di carta blu, su cui riconosco la scrittura di Shinichi:

 

Bella sorpresa, eh? Avevo notato come lo guardavi, quando ci avviavamo a scuola insieme. Così l'ho comprato, fatto personalizzare e l'ho avvolto in una carta da regalo lilla, che si intoni con i tuoi occhi.

Se ti interessa saperlo, sulla mia metà c'è scritto “Ran” con una pietra lilla, a simboleggiare la nostra amicizia.

Shinichi

P.S.: passo a prenderti domattina alle otto!

 

Mi scappa un sorriso. È un gesto dolcissimo da parte sua, che non mi aspettavo neanche. Magari è scappato via così perché si imbarazzava a dirmelo di persona.

Senza smettere di sorridere, mi lego al collo la collanina e mi sistemo il ciondolo ben in vista. Vedremo se domani ce l'avrai anche tu, Shinichi.

 

[(Shinichi)]

 

Mi specchio nella prima vetrina che incontro, e, esattamente come temevo, sono rosso come un peperone maturo, forse di più.

Lo so che avrei dovuto darle il regalo di persona, ma è già tanto che le abbia preso la mano così platealmente, senza nasconderlo a nessuno. E poi, non è ancora il momento di fare un passo avanti. Sono appena ritornato dopo tre anni, per così dire, e, per quanto grande sia la tentazione, mi sembra un po' frettoloso baciarla appena al primo incontro dopo tanto tempo.

Quando arriverà il momento, lo saprò. 

----------Angolo dell'autrice-----------
Ciao a tutti!
certo che in questo periodo aggiorno in tempi record...
spero che vi piaccia anche questo capitolo. 
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sfida ***


  1. Sfida

 

[(Ran)]

 

Incredibile. È semplicemente incredibile.

Non lo immaginavo sul serio. Credevo che sarebbe scomparso ancora una volta, senza dire niente a nessuno, invece no, stavolta si è presentato alle otto del mattino davanti a casa mia, per due giorni consecutivi.

“Devo farti i miei più sinceri complimenti, Shinichi!” ammetto, al ritorno da scuola. “A quanto pare, sei davvero tornato definitivamente!”

Sorride, tenendosi la cartella dietro la schiena come sempre. Non sembra neanche nervoso, come se il tempo gli corresse dietro costringendolo a sbrigarsi. “Perché, cosa credevi? Che sarei scomparso di nuovo?”

“Esatto.”

Lui è un po' sorpreso dalla mia risposta. Aveva parlato a mo' di scherzo, non si aspettava che rispondessi sul serio. Tuttavia, rimette su un gran sorriso da eroe. “Stai tranquilla, ti giuro che stavolta non me ne andrò più.”

“Ricordati che hai giurato.”

“Me ne ricorderò.”

Shinichi si ferma. Sto per chiedergli perché, ma mi accorgo che siamo davanti a casa sua. Per qualche motivo ci rimango male. Dopo tanto tempo che non ci vedevamo, mi sarebbe piaciuto rimanere con lui un po' di più, invece siamo già arrivati. Con un sorriso, mi saluta, per poi entrare dal cancello nella villa dove aveva sempre vissuto da solo.

“Mmmh, ci vedo qualcosa tra voi due...!”

Una voce mi fa trasalire, e mi metto istintivamente in posizione di attacco... ma è solo Sonoko, che deve averci seguiti dalla scuola fin qui.

“Non dire sciocchezze, Sonoko! Tra me e Shinichi non c'è proprio nulla, te lo dico ogni santissima volta!” esclamo, arrossendo.

“Dai, Ran, non dire bugie!” Sonoko continua a essere una sostenitrice della coppia Ran-Shinichi (che, oltretutto, non esiste neanche). “Lo sai anche tu, che moriresti dalla voglia di baciarlo e abbracciarlo!” Detto questo, afferra l'ombrello e comincia a “imitare” me e Shinichi, mettendomi in imbarazzo e facendomi arrossire ancora di più. “Oh, Shinichi, quanto ti amo! Un altro bacio, un altro bacio ancora...!”

“Eddai, piantala!”

“Oh Shinichi, mio adorato Shinichi...”

“Eddai, Sonoko!”

“Ahahaha!”

 

[(Shinichi)]

 

Ormai sono quattro anni che sono tornato Shinichi, e, stranamente, la mia vita non ha ancora subito ripercussioni di ciò. È per questo che ho deciso di confessare tutto a Ran. Non voglio tenermi questo peso, e, per quanto possa essere stato pericoloso, sembra che i rischi siano notevolmente diminuiti.

Così, su appuntamento, ci incontriamo al parco. Lei è già ad aspettare, non mi ha visto, non ancora almeno. Questo perché non ho ancora il coraggio di dirglielo. Ho deciso che devo farlo, ma il coraggio mi manca. Ho paura delle conseguenze. E se decidesse di odiarmi? Se qualcosa tra di noi cambiasse in peggio? Le mie paure sono così tante che non basterebbe un libro intero per elencarle tutte. Tuttavia, faccio un respiro profondo, pensando a quanto ancora potrebbe soffrire Ran ignorando questo “dettaglio”, e penso che sarebbe mille volte peggio vederla piangere che convivere con lei diversamente da come è avvenuto finora.

Così mi faccio avanti nel piazzale della fontana, e la chiamo. Lei si volta verso di me, e sorride, quel suo sorriso bellissimo che amo alla follia da sempre.

“Ran, è una cosa molto importante.”

In risposta, Ran mi tira su una panchina, e mi guarda di nuovo, sorridendo. Il mio coraggio viene meno un'altra volta, per non perdere quel sorriso. Tuttavia le confesso tutto, a partire dalla scomparsa improvvisa di Shinichi al Tropical Land al piccolo Conan.

Alla fine del racconto, respiro profondamente. “Scusa, Ran.”

Lei mi osserva, impassibile. Non ha aperto bocca per tutto il racconto, ma il suo sorriso è scomparso comunque. Abbassa lo sguardo, poi si rialza e mi guarda. Il suo sguardo mi fa male, si sente triste, vedo le lacrime dietro i suoi occhi, che, nonostante non si siano ancora mosse da lì, sembra che mi perforino l'anima. “Ok, Shinichi. È tutto a posto.” Si sistema la borsetta, preparandosi per andare via. “Domani a scuola ci vado da sola, okay?”

“Ran, aspetta...!”

“Ciao, Shinichi.”

“Ran, aspetta!” Non capisco da dove mi venga il coraggio, ma la tengo per un polso, con le lacrime agli occhi. “Ran, comprendimi! Pensa se fossi stata tu al mio posto: mi avresti messo in pericolo raccontandomi tutto e dando all'Organizzazione un pretesto per uccidermi o avresti cercato di proteggermi e far finta di essere una bambina qualsiasi?”

Ran mi fissa, dritto negli occhi. Non si divincola più per scappare, rimane statica e ferma dove e com'è. Però le lacrime sono appoggiate sull'orlo degli occhi. Trema per un attimo, le scappa un singhiozzo... e scoppia in lacrime, gettandosi sul mio petto e lasciandomi del tutto spiazzato. Tuttavia, muovendo lentamente le braccia, visto che non sono abituato ad abbracciare Ran, le appoggio le mani sulla schiena, delicatamente, sentendola tremare contro il mio petto.

 

[(Shinichi)]

 

Appena entro a casa, mi abbandono contro la porta, alzando la testa verso il cielo. Sentire le lacrime di Ran bagnarmi la felpa è stato uno dei momenti più intensi della mia vita. Sapere che lei stesse male, vederla piangere davanti a me... mi ha fatto più male di ingerire cinquanta APTX. Però sarei stato in eterno con lei stretta tra le mie braccia, uniti come una cosa sola. In quel momento, il mio stomaco era pieno di farfalle, il mio cuore batteva all'impazzata.

Solo ora mi accorgo di una busta da lettere, caduta dalla cassetta attaccata alla porta. È una busta gialla, di quelle formato A4 o comunque simile, chiuso con un sigillo di ceralacca. La cosa che più mi preoccupa è il fatto che c'è scritto il destinatario ma non il mittente. Addirittura mi chiedo se aprirla o no. Tuttavia, im rendo conto che, in ogni caso, è sempre meglio conoscere il pericolo che si ha di fronte, sempre che si tratti di un pericolo e non di uno scherzo o un semplice atto di distrazione.

Così, con le mani che tremano, apro la busta e tiro fuori il foglio, per qualche motivo piegato in due. Quando lo apro, mi viene un colpo al cuore: la firma svolazzante, che mi salta subito all'occhio, cita il nome di Vermouth. E questo può significare solo una cosa: l'Organizzazione ha scoperto qualcosa. Con il cuore che batte e le mani che tremano, leggo il testo del messaggio:

 

Gentilissimo Shinichi Kudo,

siamo lieti di informarti che abbiamo scoperto tutto. Sappiamo anche che hai rivelato tutto ad alcune persone. Perciò ti proponiamo... ma sì, chiamiamola sfida: dovrai venire con tutti coloro che conoscono la tua vera ex-identità di Conan Edogawa nel luogo segnato sulla mappa che abbiamo allegato alla lettera. Mi raccomando, non provare a fare scherzi di qualunque tipo: nei nostri armamenti abbiamo bombe capaci di distruggere interi quartieri. O forse anche intere città?... Non darci motivo di fare questo esperimento.

Con affetto,

Vermouth


---------Angolo dell'autrice-------
Ciao a tutti!!!
rieccomi con quest'altro capitolo, inzuppato di novità.
bene, spero che il capitolo vi piaccia, e che vi venga voglia di recensire.
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L'inizio della fine ***


  1. L'inizio della fine

 

[(Shinichi)]

 

Appena arrivo all'ultima parola della lettera mi sento come paralizzato dal terrore. Lascio cadere il foglietto per terra, arretrando, allontanandomi dalla lettera del demone.

Non posso crederci... non è possibile... ormai sono passati quattro anni, perché farsi sentire solo ora? E, come se non bastasse, chiedono pure di portarmi dietro le persone a cui tengo di più. Se avessero chiesto solo me avrei acconsentito senza fare storie, ma... in queste condizioni?

Sono nel panico più completo. Ma soprattutto sento il rimorso rodermi l'anima. Se avessi aspettato anche solo un altro giorno Ran sarebbe stata risparmiata, invece gliel'ho detto proprio oggi e mi ritrovo a metterla in pericolo così.

Mi metto le mani tra i capelli, emettendo dei gemiti incontrollabili e finendo per cadere seduto a terra, appoggiato con la schiena alla porta, cercando di stringermi. Mi sa di star delirando, ma non riesco a controllarmi in nessun modo.

Mi sento come se il mondo, che si è tenuto su da solo fino ad ora, mi stia rovinando sulle spalle, schiacciandomi sotto il suo peso inesorabilmente.

Cerco di recuperare un minimo di logica dal caos che si è creato nella mia mente in cinque secondi. Chi dovrei sacrificare, la persone che più amo al mondo o l'intera città di Tokyo?

E rieccoci al punto di partenza. I miei neuroni ricominciano a girare come matti ma a vuoto.

So che non è da me, ma è l'unica soluzione: afferro il telefono e compongo il numero di una persona in particolare, che, chissà perché, nel pensare alla situazione, è stata la prima a saltarmi in mente.

Mi avvicino a guardare il panorama di Beika al tramonto mentre il cellulare squilla, con il suo monotono tuu-tuu, quando finalmente una voce annoiata risponde, dall'altro lato del telefono: “Pronto?”, con un modo di parlare molto tendente all'osakaben.

“Hattori?”

“Ehi, Kudo!” Heiji sembra allegro, ora. “Che cos'è questo tono da funerale?”

Scuoto la testa, anche se lui non può accorgersene. “No, peggio di un funerale.”

Nonostante non possiamo vederci, riesco ad avvertire il suo umore che cala di colpo. “Kudo, cosa è successo?”

Con la voce che trema, gli racconto della lettera e di quello che c'era scritto, con il cuore che si imbizzarrisce al pensiero. “Hattori, io sto impazzendo. Cosa posso fare? Cosa faresti tu?”

Dall'altro lato arriva solo un silenzio carico di tensione. Sembra combattuto anche lui. “Io...” Heiji è incerto. Credo che abbia gli stessi miei dubbi. Poi però capisco che cercava solo il modo per dirmelo, ma sapeva già la sua risposta: “Io credo che accetterei.”

Rimango di stucco, il cuore che batte così forte da potersi spezzare in due.

“Sì, beh, se buttassero le bombe su Tokyo dieci milioni di persone morirebbero senza avere neanche la possibilità di salvarsi. Invece, accettando questa sfida, avremmo almeno qualche probabilità di sopravvivere. Lo so che è difficile, me credo che la scelta giusta sia questa.”

Rimango a osservare la città, illuminata dalla luce del tramonto che tinge tutto di rosso sangue, mentre il sole scende lento ma inesorabile dietro i palazzi. La mia coscienza sa che quello che ha detto Heiji è la cosa più giusta, ma il mio cuore non vuole capacitarsene. Continuo a ripetermi che lui è un cretino, che non ha capito proprio niente, ma la cosa peggiore è che so che ha ragione.

Mi mordo un labbro. Sento il cuore appesantirsi sopra il mio diaframma, impedendomi di respirare, di pensare. Sospiro. “Va bene. Grazie, Heiji.”

Lui rimane zitto per un attimo. È la prima volta che l'ho chiamato per nome invece che per cognome, riesco a percepire la sua sorpresa anche da questo capo del telefono. Tuttavia avverto in qualche modo la sua espressione addolcirsi. “Di niente, Shinichi. Ci vediamo lì, allora.”

Sorrido. “A domani.”

Riattacco. Il sole continua la sua discesa verso il mare, sciogliendosi lentamente al suo interno. Sopra di lui, il telo nero della notte prende il posto della luce del sole, riempiendosi di stelle luminose.

 

[(Ran)]

 

Guardo preoccupata Shinichi, al mio fianco al posto del guidatore. Si vede, è dannatamente inquieto per tutta questa situazione. Ma come dargli torto? La faccenda è semplicemente tragica. Me ne rendo conto anch'io. Doveva scegliere tra mettere a rischio le persone che ama e tutti gli abitanti di Tokyo: la scelta è difficile. E ci vuole coraggio per fare la scelta giusta, ma lui ci è riuscito lo stesso.

Cerco di rompere il ghiaccio, tranquillizzarlo un po'. “Ehi?”

Shinichi mi invia una fugace occhiata. “Sì?”

“Hai paura?”

Fa una risata nervosa. “No, cosa te lo fa pensare?”

“Sì che ne hai.” Io lo conosco come me stessa, so riconoscere quando mente e quando dice la verità.

“Lo ammetto, me la sto facendo sotto dalla fifa.” confessa alla fine. Mi fa ridere questo suo desiderio di essere sempre un eroe, sempre coraggioso e senza paura. Certe volte non vuole ammettere di essere un essere umano.

“Ne ho anche io.” dico, prendendogli il braccio (non posso prendergli la mano, sta guidando).

Sorride, quel suo sorriso bellissimo che mi ha fatto impazzire da primo istante in cui l'ho visto. “Grazie, Ran.”

Improvvisamente, davanti a noi si apre un incontaminato paesaggio, senza strade, senza palazzi, niente di niente, solo due grandi tende che sembrano quelle degli accampamenti militari romani.

Sento il sangue gelarmisi nelle vene, anche per il freddo che fa fuori dalla macchina. In qualche modo, Shinichi riesce a fare un sorriso: “Pensa al lato positivo: potremo dormire sotto le stelle e vederle tutte!”

 

[(Kazuha)]

 

“Heiji, ma dove vai?”

Non riesco a capire perché Heiji stia uscendo di casa così presto: di solito lui non è un tipo così mattiniero. Mi fissa, con gli occhi dilatati per la sorpresa e l'allarme. Cerca di mettere via il borsone, ma inutilmente. “Nulla. Assolutamente nulla.”

“Heiji...” mi avvicino, con le braccia incrociate e li viso che sta per contorcersi in un broncio. Lui sembra disorientato, tuttavia mi appoggia una mano sulla guancia: “Senti, Kazuha, tu lo sai quanto ti amo, più di ogni altra cosa su questo e su qualunque altro mondo, ma è proprio per questo che non voglio che tu venga con me. Ricordi come è andata a finire l'ultima volta?”

“Sì, ma è stato grazie a quello che ci siamo messi insieme!”

Heiji guarda l'orologio: segna le sei e mezzo del mattino. “Scusa, Kazuha, devo andare.” Detto questo, mi bacia forte sulle labbra e balza sul motorino, infilandosi il casco.

“Non se ne parla, Heiji!” urlo, salendo sulla bici e correndogli dietro, pedalando più velocemente di quanto abbia mai pedalato. Chiaramente, Heiji cerca di accelerare per confondermi e seminarmi, ma non mi faccio fregare, e continuo a stargli dietro, anche se a distanza.

Mi sto quasi illudendo di poter arrivare insieme a lui “dove deve andare”, ma, all'improvviso, sospira, sbuffa e mi raggiunge, togliendosi il casco. “Senti, Kazuha, cosa vuoi da me? Vuoi che ti stia accanto, che ti abbracci? Ok, ma con me non è il caso che tu venga.” Detto questo, mi solleva e mi bacia, intenso. Per un attimo penso di essere soddisfatta, ma poi mi ricordo il motivo per cui l'avevo seguito.

“Non voglio solo questo!” ribatto, staccandomi e lasciandolo di sasso.

Una strana luce si accende negli occhi di Heiji. “Senti, diciamolo così: perché pensi che io voglia che tu rimanga a Osaka?”

“Perché mi ami e non vuoi che corra rischi.”

“E perché tu non vuoi rimanere a Osaka?”

“Per le tue stesse motivazioni.”

Heiji distoglie lo sguardo. Sembra un po' nervoso, ma io non demordo. Gli ho tenuto testa finora, non mollerò proprio adesso.

Poi fa una cosa che non mi sarei mai aspettata. Afferra un casco da motorino e me lo passa. “Forza. Salta su.”

 

[(Shiho)]

 

Perché?

È una domanda che ho continuato a farmi da quattro anni a questa parte. Perché cavolo ho accettato di tornare all'Organizzazione? E la cosa peggiore è che ora devo anche lottare contro i miei migliori amici, o meglio, la mia famiglia. Vorrei piangere e continuare a commiserarmi da sola, ma, a quanto ordina Gin, è il momento di scendere in campo.

Sembriamo proprio una legione che sta per scendere in battaglia, schierati ordinatamente in fila orizzontale dietro Gin e Vermouth. Davanti a noi ci sono, più disordinati, Shinichi, Ran, il ragazzo di Osaka e la sua fidanzata, Sonoko e i Detective Boys, Ayumi, Genta... e Mitsuhiko. Mitsuhiko... lui mi guarda sfiduciato, triste, deluso. Il suo sguardo mi fa male, so quanto mi amasse e quanto mi stimasse, e vedersi crollare davanti la persona che si ama è doloroso.

Shinichi invece è impassibile, ci guarda con aria sicura e addirittura di sfida. Ho sempre adorato i suoi occhi, blu come l'oceano, profondi come tale. E da quattro anni mi chiedo come ho potuto essere così stupida da correre il rischio di perderli.

“Shinichi Kudo... quanto tempo, eh?” ghigna Gin, con quella sua espressione da lupo famelico che vuole solo uccidere.

“Tanto, Gin. Davvero tanto.” ribatte Shinichi, gelido. Non riesco davvero a capire come faccia a tenere i nervi saldi anche in occasioni del genere.

Gin liquida qualsiasi altro discorso con un gesto della mano, ma, prima che possa parlare, interviene Vermouth. “È il momento di dare le regole del gioco.”

Gioco, lo chiama lei. Magari per lei è davvero un gioco, un gioco di violenza e morte. Uno di quei giochi da cui può dipendere la vita o la morte. “Ognuno di noi avrà a disposizione le armi che si è procurato più quelle già presenti nella tenda. Non sarà possibile contattare nessuno dalla città, primo perché qui il telefono non prende, e secondo perché violereste le regole del gioco. L'organizzazione interna, per esempio per quanto riguarda i turni di ronda eccetera sarà a preferenza della squadra. Inoltre è possibile proporre delle sfide, ovvero dei combattimenti singoli o a più sfidanti. Per il resto non c'è nulla da spiegare.” A Vermouth luccicano gli occhi, di una luce inquietante. “Allora ci state?”

Shinichi, in qualche modo, sorride, deciso. “Ovvio.”

----------Angolo dell'autrice-------
Ciao a tutti!
rieccomi con un nuovo capitolo, dopo tanto tempo che non aggiorno, ma spero di essermi riscattata con i contenuti...
ci vediamo con il prossimo capitolo e (per chi volesse) con le recensioni!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il lato giusto ***


  1. Il lato giusto

 

[(Shiho)]

 

Appena rientrati nella tenda, prendo da parte Vermouth. “Vermouth, io non voglio combattere contro di loro. Io me ne vado.”

“Eh no, mia cara Sherry.” Una luce inquietante brilla negli occhi della donna. “Ormai ci sei dentro, e non puoi più tirarti indietro.”

“No.” Non ho intenzione di lottare contro i miei amici. Ho corso il rischio di uccidere Shinichi, ma non voglio ricadere nello stesso errore.

Negli occhi di Vermouth si accende una luce malvagia. “Ah, no?”

“No.”

“Okay. Sappi che i sei rovinata da sola.” Vermouth chiama con un gesto della mano due energumeni di cui non so neanche il nome in codice. “Ragazzi, portatela nelle celle di sicurezza.” Mentre i due tipi mi trascinano via di forza,io cerco di divincolarmi, urlo a questi due bestioni di lasciarmi andare, ma, con mio grande orrore, i due non si smuovono neppure, mandandomi nel panico. Ho l'impressione di aver già sentito nominare la cella di sicurezza, ma ricordo solo che non è per niente bella.

Vermouth mi saluta con la mano, con un sorriso crudele ed elegante, come se stessi facendo un viaggio di piacere. “Addio, Sherry! Ci vediamo all'inferno!”

 

[(Shiho)]

 

Ecco dove avevo già sentito nominare le celle di sicurezza. Era lì che mi avevano rinchiuso quando avevo reclamato mia sorella. Ed è qui che Vermouth mi ha fatto rinchiudere per la mia ribellione. E sono di nuovo senza scampo, senza vie d'uscita. Quando però trascorre un po' di tempo, non so se si tratti di un'ora o di cinque minuti, infilo la mano libera nella tasca destra del grembiule, e tiro un sospiro di sollievo. È una fortuna che non mi abbiano perquisito prima di mettermi dentro.

Così, un po' titubante, tiro fuori, stretta tra le dita, una pillola bianca e rossa, di mia stessa invenzione, e me la avvicino alla bocca... ma poi mi blocco. Non sono sicura di essere pronta per subire di nuovo quel dolore. Ma poi ripenso all'unica alternativa possibile, e decido che non conviene. Così, evitando di pensarci troppo, mi infilo tra le labbra l'Apotoxin.

Per un attimo sembra che non succeda niente. Poi però sento una fitta al centro del petto, che mi costringe a piegarmi in due, tenendomi stretto lo stomaco. Mi si comincia a stringere tutto il corpo, con fitte dolorosissime. Mi premo una mano sulla bocca per costringermi a non urlare, ma non è così semplice. Sento le ossa che fumano, si comprimono, e se non lo si prova non si può avere idea di cosa si tratta.

Poi, all'improvviso, il nulla. E, in un attimo, i sensi mi si spengono.

 

[(Mitsuhiko)]

 

Mi sono offerto io per il primo turno di ronda, perché voglio essere utile ma soprattutto perché ho bisogno di stare da solo e di riflettere.

Vedere quella ragazza così simile alla mia Ai mi ha aperto gli occhi: anche lei aveva preso quella sostanza che provoca il rimpicciolimento come Shinichi, e anche lei ha trovato il modo per tornare adulta. E fa parte dei cattivi contro cui dovremo combattere. Nel rendermi conto di tutto questo, ho sentito il mio cuore che si spezzava in due, per la disperazione. Io amo Ai da tanto, tanto tempo, e ora che l'ho ritrovata, non credo più che fossi tanto pronto. La verità fa male,a volte. All'improvviso, però, a interrompere i miei pensieri ci pensa una figura in lontananza, proveniente dal campo avversario. Potrà avere più o meno la mia età, con i capelli ramati e bellissimi occhi grigio turchesi. Quando mi rendo conto di chi è, mi viene un colpo.

“Ai... Ai Haibara...”

Lei mi arriva davanti, stremata. Non riesce quasi a tenersi in piedi, così, per quanto titubante, la sostengo per i fianchi. “Mitsuhiko... io... non voglio... combattervi.” sussurra, la sua voce così flebile da essere quasi coperta da battito frenetico del mio cuore. Poi, all'improvviso, le sue gambe cedono, e mi crolla tra le braccia, svenuta.

Dovrei portarla al campo subito, ma sono pietrificato per lo shock. Nel mio cuore è tutto un gran groviglio, da cui non si riuscirebbe a cavare qualcosa anche rimanendoci su per tutto il giorno. Mi sento allo stesso tempo felice per il ritorno di Ai, deluso dal suo passato tradimento, nel complesso molto turbato. Tra le mie braccia, ora, non sembra più una scienziata fredda e solitaria, ma una normale ragazzina, delicata, che trema come un foglia per il freddo e la paura.

Poi però mi risveglio dalla trance, e mi accorgo di quanto è messa male: ha graffi praticamente ovunque, è tutta sporca e impolverata, il cuore batte più debolmente di quanto dovrebbe.

Così, senza esitare più, la prendo in braccio. È più leggera di quanto possa sembrare, oltre che molto delicata. Il suo volto è pallido, rigato di lacrime, ma è sempre bellissima.

La porto di corsa al campo, con l'unico pensiero di permetterle di guarire quanto prima.

 

[(Shiho)]

 

Quando riapro gli occhi, davanti ho Genta, Ran e Ayumi. Mi sento intorpidita e un po' dolorante praticamente ovunque, ma a parte questo sto bene.

“Cosa... cosa è successo?” È tutto molto confuso, ma improvvisamente mi torna in mente il momento in cui sono stata recuperata da... “Dov'è Mitsuhiko?”

Ran sorride appena. “Da quando ieri sera ti ha salvata, ti è stato accanto tutto il tempo, anche se era stremato. Abbiamo dovuto praticamente costringerlo ad andare a dormire un po'.”

Mitsuhiko... cavoli, poverino. Non riesco neanche a immaginare come debba essersi sentito quando mi ha rivista dopo tutto quello che era successo.

Tento di alzarmi dal letto. Non appena poggio il secondo piede, perdo l'equilibrio, e Genta e Ran mi sorreggono. “Non dovresti ancora sforzarti così...” dice Ayumi, cercando di rimettermi a sedere. Ma io non demordo, ritento e stavolta riesco a muovere qualche passo. Mi avvicino al letto di Mitsuhiko. Dorme ancora. Poverino, doveva essere sfinito. Eppure mi è rimasto accanto lo stesso per tutto il tempo.

Mi siedo accanto al suo letto. Sembra più piccolo dell'età che ha davvero, mentre dorme. Somiglia a uno di quei angeli raffigurati nei dipinti di certi grandi autori italiani. Sorrido. “Grazie.” sussurro, accarezzandogli piano la guancia. Gli sono molto grata.

“Shiho.”

Una voce mi richiama da dietro. Mi volto. Shinichi mi fissa, dall'entrata della tenda. Non riesco in nessun modo a decifrare il suo sguardo. L'espressione è fredda e controllata, come se volesse mascherare i suoi sentimenti.

“Shinichi.” rispondi, alzandomi in piedi e avvicinandomi a lui. Tra di noi cala un silenzio freddo e incerto, come se nessuno dei due avesse intenzione di fare il primo passo. “E così, sei tornata tra noi come Ai Haibara.” comincia alla fine, tenendo lo sguardo fisso nel mio. I suoi occhi sono del tutto inespressivi. Credo che sia rimasto deluso.

“Già.” rispondo, abbassando il volto. Non ho il coraggio di continuare a guardarlo negli occhi. Tuttavia li rialzo, e mi costringo a fissare il mio sguardo nel suo per dimostrargli che sto dicendo la verità. “Ma, Shinichi, io non voglio combattere contro di voi. Siete la famiglia che non ho mai avuto, non sopporto l'idea di potervi uccidere.”

“Eppure quattro anni fa non hai esitato neanche un secondo per spararmi.”

“Lo so, ma ero cieca. L'Organizzazione mi aveva promesso di restituirmi Akemi, e tu sai quanto io la amassi. Anzi, devi ringraziare il tuo amico di Osaka, è stato grazie a lui se ho capito che non potrò riavere Akemi in nessun modo. Ma ora voglio combattere insieme a voi, contro i corvi.”

Shinichi continua a fissarmi, duro. Sembra davvero il leader di una qualche squadra di battaglia, deciso a non commettere errori prendendo sotto la propria ala talpe o tranelli. Tuttavia, distoglie lo sguardo. “E va bene. Sei dei nostri.”

------------Angolo dell'autrice------
Ciao a tutti!
scusate se il capitolo è un po' corto, ma spero di essermi riscattata con i contenuti!
ci vediamo!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La prima Sfida ***


  1. La prima Sfida

 

[(Shinichi)]

 

Il ritorno di Shiho è stato strano. Ormai erano quattro anni che stava dal lato dei Corvi, e ora, di punto in bianco, ritorna di qua. Fino a del tempo fa era una delle mie migliori amiche, m ora, mio malgrado, mi ritrovo a dubitare di lei. La paura che stia facendo il doppio gioco, per quanto io tenti di scacciarla, è altissima, e mi attanaglia perennemente la mente e il cuore.

Poi però mi ricordo, per qualche motivo, che dobbiamo organizzarci un attimo, per esempio per i turni di ronda, i letti, e tutto il resto, insomma. Quando ci ritroviamo tutti insieme nell'ambiente centrale della tenda, tutti mi fissano, in attesa di un giudizio. Cosa che trovo piuttosto strana. “Cosa... cosa...?”

“Dobbiamo decidere come organizzarci, Shin.” dice Kazuha, e fin qua ci arrivo anch'io. Solo... “Lo so questo, ma non capisco perché steste aspettando me!”

“Ovvio, sei tu il leader!”

Il mio cervello ci mette un po' ad elaborare la notizia. Cioè... leader? Credo di avere qualche problemino alle orecchie. “Leader?”

“Ovvio, Kudo, tu sei quello che ci è dentro fino al collo!” risponde Heiji, dandomi una pacca sulla spalla. “Grazie per l'incoraggiamento esemplare, Hattori...”

“Di niente!”

Credo che abbia afferrato benissimo il sarcasmo, solo che vuole canzonarmi ancora un po'.

Per un attimo ho l'istinto di dirgli che anche Shiho ci è dentro fino al midollo, anche più di me, poi però i miei sogni più brutti mi assalgono di nuovo la mente, e mi decido ad accettare il ruolo che mi hanno affibbiato.

“Okay, ehm... partiamo dalle sistemazioni per la notte...”

Un po' per volta, riusciamo ad organizzare tutto, anche per quanto riguarda i due letti mancanti.

Durante la discussione, noto che Shiho continua a lanciarsi occhiate intorno, agitate ma anche attente. Il filo di matita nera che ha applicato intensifica ancora di più gli sguardi che lancia per la tenda, facendola apparire ancora più attenta. Per un attimo mi dimentico di quello che ho intorno, aggredito di nuovo dai miei dubbi su di lei, ma, grazie a uno scossone di Heiji riesco a riprendere il controllo di me stesso.

Poi però, all'improvviso, un tacco batte sulla tavoletta di legno che abbiamo sulla soglia, e, alzando gli occhi, ci troviamo davanti una donna dai corti capelli neri, biondi come l'oro, con un'ala di farfalla disegnata con il trucco sotto l'occhio sinistro e gli occhi grigi accesi di una luce folle. “Buongiorno, ragazzini. Siamo qui perché abbiamo una sfida da offrirvi: due contro due. Per stavolta saremo così clementi da lasciar scegliere a voi i vostri sfidanti. Ci vediamo stasera alle sette.” annuncia la donna, senza neanche aspettare una risposta prima di andarsene.

“Chianti...” sibilo, guardandola andare via nel suo vestito rosso vino.

“Pazzesco!” esclama intanto Heiji, nervoso. “Neanche il primo giorno è trascorso, e già ci chiedono una sfida! Roba da matti!”

“Calmati, Heiji...” gli sussurra Kazuha, prendendogli la mano. Lui tira un respiro profondo, insieme alla ragazza, poi tira un sospiro sollevato.

“Chi ha un'idea per offrirsi?” chiedo, tanto per prendere un'iniziativa. Inutile dire che tutti alzano il braccio, ad eccezione di Shiho, che invece prende ad agitarsi sulla sua sedia, risvegliando i miei dubbi. Lei incrocia il mio sguardo per un attimo, poi però lo abbassa, non so se per vigliaccheria o per cos'altro.

Un colpo di Ran, forse accidentale, mi risveglia dai miei pensieri. Si accende tutta una discussione su chi far rimanere alla tenda, ma alla fine si decide per me e per Heiji. Mitsuhiko ha da ridire su questo, ma poi accetta il rifiuto e si rassegna per andare la volta successiva.

 

[(Heiji)]

 

E così, alla fine, la sfida la faremo io e Kudo. Sono agitato, anche se non lo ammetterei mai davanti agli altri. Insomma, siamo qui da poche ore e già rischiamo la vita.

Solo per preparare le pistole ci mettiamo mezz'ora: io non ho mai preso in mano un'arma da fuoco prima d'ora (se non sono validi i fucili del tiro al bersaglio del luna park), e, anche se Kudo si è ritrovato a sparare un paio di volte, non gli era mai capitato di dover caricare una pistola, e qui non c'è neanche una schifezza di libretto di istruzioni. Insomma, brancoliamo nel buio.

Alla fine, però, dopo aver sprecato almeno una decina di proiettili e parecchi chili di polvere da sparo, riusciamo a mettere insieme una pistola caricata bene, o, almeno, in modo decente.

Così, alle sei e mezza siamo quasi pronti per uscire dalla tenda per la sfida. Il cuore va a mille dentro il mio petto, e, dalla sua espressione capisco che anche Kudo non sta tanto meglio.

Ma quella che sembra più preoccupata di tutti (o almeno ai miei occhi) è Kazuha, che mi fissa con le lacrime agli occhi, neanche stessi per partire per la guerra. Mi avvicino, piano. “Ehi, piccola, cosa c'è?”

Kazuha mi guarda per un attimo, poi si getta sul mio petto, stringendomi forte. “Ho paura, Heiji. Io sto morendo di paura, qui.” sussurra, tra i singhiozzi. Mi è subito tutto chiaro, così le circondo il busto tremante con le braccia, facendole bagnare di lacrime la mia camicia. “Stai tranquilla, Kazuha. Abbiamo passato di peggio, noi due, vedrai che ce la caveremo anche stavolta. Tu, solo, fidati di me.”

Le sollevo la testa, premendo le mie labbra contro le sue, forte, come se non ci dovessimo mai più staccare.

“Hattori, è il momento.” chiama Kudo, dietro di noi. Con amarezza, mi stacco da Kazuha, fissandola negli occhi. “Ora vado, ma tu non ti preoccupare.”

Faccio per andarmene, ma lei mi richiama un'ultima volta. Mi volto verso di lei. “Ce l'hai il portafortuna, vero?”

Mi porto una mano al petto, battendocela sopra, sforzandomi di sorridere, poi mi dirigo fuori, dietro al mio amico.

 

[(Heiji)]

 

Fuori dalla tenda, oltre a quella della Banda dei Neri o come cavolo si chiama, c'è... beh, un cavolo. Per intenderci, niente di niente, neanche una pianta mezza morta. Zero di zero.

“Hai paura, Hattori?” chiede Kudo, all'improvviso, prendendomi completamente alla sprovvista. Lui guarda l'orizzonte, al di là di tutto questo, il ciuffo ribelle che danza nel vento.

Non posso rivelargli la verità, perché io ho paura, in realtà. “Chi, io? Certo che no!”

“Io sì.” lo dice molto francamente, senza smettere di guardare il cielo. Poi però abbassa lo sguardo verso di me. “Io ho paura.”

Lo fisso, stupito. Non è da lui confessare le sue paure, eppure ora lo sta facendo apertamente. “Sai, è da tanto che temevo arrivasse questo momento, la resa dei conti, il momento in cui avrei dovuto mettermi allo scoperto.”

“Eh, guarda che questo è solo l'antipasto: la resa dei conti è ancora lontana!” rispondo, riuscendo chissà come a sorridere.

“Sarà...” dice, perdendo di nuovo lo sguardo nel cielo.

Poi, all'improvviso, dalla tenda avversaria escono due uomini, uno grosso ma non molto alto e uno smilzo, con uno strano berretto e ciuffi di capelli che sbucano da sotto a esso. Sarebbe buffo, se non fosse vestito tutto di nero e non avesse un'espressione fredda e senza sentimenti. Entrambi hanno in mano dei revolver semplici e piuttosto rozzi, ma non per questo meno temibili.

“E così siete già qui.” ghigna il primo, facendo roteare la rivoltella su un dito.

Anche noi, in istinto di difesa, alziamo le pistole, preparandole a sparare. Gli uomini devono averlo preso come un segno di sfida, perché iniziano subito a fare il conto alla rovescia di passi indietro, per poi voltarsi e sparare. Dalla tenda, tutti i nostri amici ci guardano, con il fiato sospeso gli occhi dilatati. Kazuha stringe la mano a Ran, con le lacrime agli occhi, che incontro per un attimo, giusto il tempo di inviarle uno sguardo rassicurante.

Al sette, però, Ran lancia un urlo improvviso, avvertendo Shinichi di qualcosa dietro le sue spalle. Lui si volta appena in tempo per evitare di prendere nella pancia un proiettile sparato prima del decimo passo dall'uomo smilzo, che però lo prende di striscio al braccio destro. Shinichi urla il fallo, rispondendo con un colpo forse sparato alla cieca, che riesce a colpire il malfattore di striscio anche lui, ma al fianco, che fa dieci volte più male: l'uomo si stringe il busto, imprecando tra i denti, e ricomincia a sparare a raffica, anche se finisce i colpi disponibili tutti adesso. Dalla tenda tutti lanciano esclamazioni di sorpresa e preoccupazione, ma tra tutti prevale il grido disperato di Kazuha, anche se non capisco il motivo. Poi mi guardo il busto, sentendo fitte dolorose un po' ovunque, e capisco il motivo di tutta quella agitazione: i colpi alla cieca di quel tizio hanno colpito tutti me, quasi tutti di striscio, addirittura uno mi ha attraversato il braccio sinistro, e ora mi fa un male terribile tutto il corpo. Shinichi mi fissa, stranito e scioccato, ma io lo guardo, cercando, per quanto possibile, di tenermi dritto, e mi sforzo di fargli un sorriso. “Sta' tranquillo, Kudo. Ora però finiamo quanto più in fretta possibile questa faccenda.”

Così, come se avessimo preso mezz'ora per coalizzarci, io e Shinichi cominciamo a sparare a raffica, infierendo al nostro unico avversario rimasto quanti più colpi di striscio possibili, ma uno lanciato da Shinichi lo colpisce nel ginocchio destro, attraversandolo da parte a parte.

Scioccati, i due sfidanti si allontanano, sorreggendosi l'uno all'altro.

“La prima sfida è nostra!” esclama Shinichi, porgendomi la mano. Faccio per prenderla, ma una fitta al busto mi fa crollare in ginocchio. Sento, un po' appannati, gli urli della squadra, ma soprattutto il pianto di Kazuha mi trafigge le orecchie, avvicinandosi sempre di più: in pochi istanti lei è accanto a me, inginocchiata anche lei, che mi abbraccia, piangendo sulla mia spalla. Si starà sporcando tutta di sangue, ma sembra non fregargliene niente.

“Non piangere, Kazuha, ti prego...” sussurro, con le ultime forze che mi rimangono.

Un'altra fitta improvvisa. Il mondo mi si spegne davanti agli occhi, e io scivolo nel buio.

---------Angolo dell'autrice---------
Ciao a tutti!
rieccomi con un nuovo capitolo della storia!
volevo ringraziare un attimo Miss All Sunday e The_Malevolent_Girl, che hanno commentato sempre questa storia, quasi dall'inizio fino a qui!
comunque, spero che il capitolo vi piaccia!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Doppio gioco ***


  1. Doppio gioco

 

[(Heiji)]

 

Dopo un tempo che non saprei quantificare, riesco, in qualche modo, a riprendere possesso del mio corpo, e riapro gli occhi. Ho il torace quasi completamente bendato, il braccio sinistro fasciato strettissimo. E sono steso... su un letto. È strano, la mia sistemazione per la notte dovrebbe essere a terra, accanto a questo letto.

Abbasso gli occhi. Kazuha è distesa affianco a me, dove dovrei dormire io. Ha le guance rigate di lacrime, come se avesse pianto nel sonno. Sta scomodissima, ha freddo, trema come una foglia, ma nonostante ha accettato di dormire per terra, pur di lasciarmi il letto comodo e morbido.

Sorrido, commosso, e ancora una volta mi ritrovo a pensare quanto sia dolce e generosa Kazuha nei miei confronti.

Così, piano, la prendo in braccio e la poggio sul letto, sistemandole le coperte e la testa sul cuscino. È sempre bellissima, in qualunque situazione si trovi.

Mi distendo anch'io, accanto a lei, carezzandole la guancia morbida finché il suo volto non si distende e le labbra si contraggono in un sorriso. Solo ora mi concedo di addormentarmi di nuovo anch'io.

 

[(Shinichi)]

 

Sono sempre più preoccupato.

Ieri, durante il duello, ho notato che Shiho era l'unica che non osservava con il fiato sospeso come gli altri. Se ne stava da parte, seguendo semplicemente i proiettili con lo sguardo. In più, quando Korn aveva sparato prima del dieci, non aveva detto neanche una lettera per avvertirmi, ma era rimasta in silenzio, gli occhi gelidi come sempre.

I dubbi mi aggrediscono sempre più spesso, ma lei continua a comportarsi come fa di solito: a ogni passo che fa si guarda intorno, come se volesse fissare nella mente tutto quello che vede, evita quante più chiacchiere possibili, parla meno di un cadavere (e so di cosa parlo).

Lo ammetto, non riesco più a vederla come un membro della squadra. Mi appare sempre di più come una donna dei Corvi, infiltratasi tra di noi per seminare zizzania e raccogliere vittoria nera. Tendo sempre di più a ignorare le sue richieste, raramente addirittura a criticarle. Ma è più forte di me. Agli istinti non so resistere, chi mi conosce lo sa bene.

Così, per esempio, oggi si deve decidere chi farà i turni di ronda stasera. Abbiamo deciso che che si offre ma è già andato dovrà cedere il turno agli offerti non ancora usciti. Shiho si era sempre offerta, ma non era mai stata scelta. Fatto sta che tutti gli altri lo hanno già fatto almeno una volta.

Concediamo di andare a Mitsuhiko e a Sonoko, ma Shiho scatta subito: “Ehi, ma io non sono mai uscita! Oggi tocca a me!”

Vari gli danno ragione, ma io sono irremovibile: non mi fido a mandarla con qualcuno nei turni di ronda, ho paura che possa mandare tutto a rotoli. Lo so, sono tragico, ma non ce la faccio. Più cerco di scacciare il dubbio più questo riesce a convincermi.

Tuttavia, alla fine, le concedo di andare in ronda con Sonoko, con gran disappunto di Mitsuhiko. C'è una ragione. Mitsuhiko adora così tanto Shiho lei potrebbe sfruttare questo fatto a suo favore. O almeno io la vedo così.

 

[(Sonoko)]

 

Devo i miei ringraziamenti a Shinichi. Non mi va di andare in giro con un ragazzino quattordicenne. Cioè, anche Shiho ha quattordici anni, ma è una ragazza. E poi, in realtà ne ha venticinque.

Solo non capisco perché abbia fatto tante storie prima di accettare. Lei aveva ragione, era toccato a tutti tranne che a lei, era il suo turno. Anzi, trovo che in questo periodo Shin ce l'abbia un po' con lei. Ma giusto un po', eh. Solo che non capisco il motivo di questa faccenda. Sarà qualche divergenza che ha avuto con lei, o qualcosa di simile.

Ad ogni modo, sia io che Shiho ci prepariamo, con una pistola carica nascosta in caso di necessità sotto la giacca, e ci accingiamo a uscire.

“Posso sapere cosa è successo tra te e Shin?”

“Eh?”

“Sembra che tu e lui stiate un po' ai ferri corti.”

“Non lo so, è da un po' di giorni che mi guarda in modo strano...” si decide a rispondere alla fine, abbassando lo sguardo. “Non vorrei aver fatto qualcosa di sbagliato nei suoi e nei vostri confronti. Insomma, sono tornata di qua ormai, contro i Corvi, ma Shinichi continua a comportarsi male con me...”

“Stai tranquilla, i ragazzi sono strani a volte!” cerco di consolarla io, dandole una leggera gomitata nel fianco. Lei mi guarda, e sorride.

“A proposito... non è che un giorno di questi mi insegneresti a mettere la matita nera come lo fai tu?”

 

[(Shinichi)]

 

Di norma, mentre ci sono due persone che fanno i turni di ronda, gli altri dormirebbero. In effetti, io sono disteso nel mio letto, con Mitsuhiko, Genta e Heiji nella “stanza”, ma non riesco neanche a chiudere gli occhi. Non riesco a fare a meno di pensare a Sonoko da sola con Shiho là fuori, non so neanche dove con precisione.

Cerco di convincermi che è tutto a posto, che Shiho sta con noie ha voltato le spalle ai Corvi, ma ogni volta mi torna in mente il suo sguardo, e torno a contorcermi nel letto, stritolando le mie povere coperte. Così, dopo mezz'ora passata in questo inferno, mi alzo dal letto, infilo le scarpe ed esco, furtivamente, quanto più in silenzio mi riesce possibile, e cammino dietro a Sonoko e Shiho.

A un certo punto,però, la prima si allontana per un attimo... e Shiho scappa, verso la tenda dei Corvi. Istintivamente, le corro dietro, insospettito. La mia mente vuole beccarla a tradirci, ma il cuore continua a desiderare follemente che mi sbagli.

All'improvviso, si ferma, e io mi nascondo dietro una cassa, sperando che il battito frenetico del mio cuore non mi tradisca e mi faccia scoprire.

Shiho si guarda intorno, cercando disperatamente qualcosa.. o qualcuno. Pochi istanti dopo una figura emerge dal buio, vestita ovviamente in abiti neri, sulle cui spalle cade una cascata di riccioli biondi ed affascinanti, incorniciando un volto elegante, con le labbra lucide e gli occhi azzurri e indecifrabili. Vermouth...

Le due donne si scambiano delle battute. Non riesco a distinguere le parole che dicono, ma sembrano in atteggiamenti piuttosto confidenziali, come due amiche. Il sangue comincia a scorrermi velocemente nelle vene, salendo alla testa. Non posso fare a meno di rimanerci male. È vero, i miei dubbi erano fortissimi, ma una parte di me sperava ancora che mi sbagliassi. Ora però so che i miei interrogativi erano perfettamente fondati: Shiho sta chiaramente parlando con Vermouth degli sviluppi della situazione da questo lato del campo, per aiutarli a preparare qualcosa contro di noi.

“Shiho.”

Lei si volta, la follia della paura negli occhi turchesi. Ma non è paura di quello che è successo. È la paura di essere beccata, di dover scoprire la proprie carte.

Vermouth, al contrario, rimane del tutto indifferente alla mia comparsa. Smette di parlare con Shiho, e mi guarda negli occhi con la sua solita espressione enigmatica e capace di confondere le idee a chiunque.

“Shiho, vieni con me.”

All'inizio lei è un po' riluttante, ma poi si decide e si avvia al mio fianco. Si tormenta le mani, agitata, guardandosi intorno ma evitando di incontrare il mio sguardo.

“Shiho, voglio sapere che ci facevi fuori dal giro di ronda, a parlare con Vermouth.” dico, fermandomi con la schiena appoggiata a un albero. Lei non risponde subito, ma poi si decide a buttare fuori qualche parola. “Non posso dirtelo.”

“Era qualcosa su di noi, vero? Stavi facendo il doppio gioco.”

“No.” nega, senza però guardarmi negli occhi. Così le alzo lo sguardo, fissando i miei occhi nei suoi e tenendole il volto fermo. “Rispondimi: cosa stavi facendo?”

Silenzio. Continua a guardarmi, lo sguardo terrorizzato, le lacrime agli occhi. Non voglio spaventarla, ma non mi lascia altra scelta. Anzi, così non fa che peggiorare la sua situazione. Con uno sforzo immane, riesce ad abbassare lo sguardo. “Nulla.”

Sento la rabbia montarmi in corpo. Lascio le sue guance e distolgo lo sguardo, per evitare di esploderle in faccia. “Mi dispiace Shiho, ma non ho altra scelta.”

Deve aver capito, perché mi fissa negli occhi, pieni di lacrime. “No... Shinichi, non puoi, ti prego...” La sua voce trema, sull'orlo dei singhiozzi.

Tuttavia non credo di poter rimediare in altro modo. Tutto quello che ho visto non fa che confermare i miei sospetti, oltre che amplificarli, e non posso fare altro che prendere una decisione definitiva. “Purtroppo sì, Shiho. Sei fuori dalla squadra.”

--------Angolo dell'autrice------
Ciao a tutti!!
chiedo scusa per un capitolo così tragico.... non ho giustificazioni se non che the show must go on!
beh, spero che il capitoolo vi piaccia!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tradimenti e imbrogli ***


  1. Tradimenti e imbrogli

 

[(Mitsuhiko)]

 

Nella tenda entrano all'improvviso Shinichi e Sonoko, ma, per qualche motivo, di Shiho non c'è traccia. Mi balza il cuore in gola, insieme alla preoccupazione che possa esserle successo qualcosa.

Immagino che Shinichi faccia qualche annuncio,ma non dice nulla, così lo fermo per il braccio, il cuore che mi pulsa nelle orecchie. “Shinichi, dov'è Shiho?”

Lui mi guarda, una strana luce che scintilla per un attimo nei suoi occhi. “Lei non c'è più.”

Un tremendo pensiero mi attraversa la mente. “Non sarà mica...?”

“No, Mitsuhiko.” Shinichi scuote la testa. “Non sta più nella nostra squadra. Faceva il doppio gioco.”

Le sue parole mi colpiscono come un pugno in faccia non potrebbe essere capace. “Che?”

“Hai capito bene, Mitsuhiko. Ci tradiva. Trasmetteva informazioni ai Corvi.”

Sento da una parte il cuore che mi si spezza in due, dall'altra il sangue che mi si gela nelle vene, togliendomi il respiro. “E tu che ne sai?”

“L'ho vista. L'ho vista parlare con Vermouth. Non mi ha voluto dire quello di cui stavano parlando. Che cosa potrà mai significare secondo te?”

Gli mollo il braccio, il cervello che si appanna completamente insieme ai miei occhi. Non è possibile, non può essere... perché avrebbe dovuto farlo?

Annuisco, in silenzio. Non posso crederci. Non voglio crederci. La mia Shiho non lo farebbe mai, non ci tradirebbe mai...

Mi chiudo in quello che è il nostro bagno, strisciando con la schiena sulla porta fino a ritrovarmi seduto, con le ginocchia al petto. Non ho la forza di immaginare quello che è successo. Io la amavo, e, per quanto mi sforzi del contrario, la amo ancora, il pensiero che sia una traditrice mi fa più male di mille coltelli. Così, senza neanche che io me ne accorga, mio malgrado, una lacrima mi scivola sulla guancia, poi un'altra, e mi ritrovo a piangere sulle mie ginocchia, desiderando di poter sparire come quelle gocce che dalle guance mi scivolano sul pavimento.

 

[(Shinichi)]

 

Sono due ore che Mitsuhiko è chiuso nel bagno. Dobbiamo riuscire a farlo uscire: non può stare tutto il tempo a piangersi addosso, abbiamo bisogno di lui di qua, e poi non è bene per lui che si abbatta per questo (e poi perché noi ce la stiamo facendo sotto, ma questo è leggermente meno importante).

Così mi avvicino alla porta, e busso appena.

“Mitsuhiko, sei ancora lì?” chiedo, appoggiando una mano sul legno della porta. Nessuna risposta. “Mitsuhiko, dai, rispondimi.”

Ancora niente. Poverino, deve stare davvero male per restarsene chiuso fino al calare del sole così. Poi però mi accorgo che dovrebbero arrivare dei singhiozzi, mentre non arrivano neanche quelli. Ma non è ancora il caso di correre a spiegazioni affrettate, così provo a smuovere appena la porta... che si apre senza difficoltà. E Mitsuhiko non è lì.

Tutti andiamo nel panico, e io impreco tra i denti. Se la sarà svignata dalla finestrella che c'è in alto sulla parete, lui è un ragazzo magro e molto agile.

Per di più ora già buio, per i Corvi sarà uno scherzo acciuffarlo.

Non ci resta che darci da fare per ritrovarlo prima che sia tardi.

 

[(Mitsuhiko)]

 

Correre, correre via da questa realtà. Via.

Mi fermo solo quando sento i polmoni scoppiare e gli occhi bruciare per le lacrime e per il vento. Il mio cuore deve ancora capacitarsi di quello che è successo.

Solo ora però mi rendo conto che è sera ormai, e che, essendo fuori dalla tenda, quindi in territorio neutrale, i Corvi potrebbero catturarmi e combinare qualcosa. Ciò fa nascere i miei sensi di colpa: la squadra potrebbe trovarsi nei guai per colpa mia. Ma non ho ancora il coraggio di tornare di là. Ho bisogno di riflettere.

Però, all'improvviso, delle mani forti e grosse mi chiudono la bocca e mi premono la pancia, per tenermi fermo. Vado nel panico, ma cerco di tenere possesso di me stesso. Così, senza pensarci due volte, tiro un calcio all'indietro, e l'uomo mi toglie le mani di dosso, mugolando. Credo di averlo colpito in un posto piuttosto doloroso.

Tiro fuori la pistola, puntandogliela addosso. Non so se sia carica, ma una pistola fa sempre la sua figura. “Fermo dove sei.” gli intimo, legandogli delle corde intorno al corpo, con l'arma da fuoco tra i denti. È mia abitudine uscire con una cintura con lo stretto necessario appeso. Tutti gli altri lo reputavano pressoché inutile, ma stavolta mi è servita davvero.

Gli imbavaglio anche il muso, poggiandogli le armi a un paio di metri di distanza. Anche se dovesse in qualche modo riuscire a raggiungerle dovrebbe trovare il modo per liberarsi prima dell'arrivo dei suoi compagni.

“Grazie mille, Korn.”

Una voce proveniente da dietro di me mi gela il sangue nelle vene. È gelida, spaventosa.

Mi volto, puntando la pistola senza neanche pensarci. Si tratta di tre uomini. Uno è quello che aveva fatto la Sfida con Heiji e Shinichi insieme allo spilungone, riconoscibile per la corporatura imponente. Il secondo è piuttosto giovane, sui venticinque anni, dai capelli rossi e ricci e il sopracciglio spezzato, come quando ci si fa una cicatrice, e gli occhi verdi e scaltri. Il terzo però è inquietante. Ha lunghissimi capelli color platino e un sorriso senza sentimenti da lupo. Ma sono gli occhi a fare paura. Sono azzurro ghiaccio, spietati e malvagi, freddi, senza scrupoli, gli occhi di un assassino.

“Posa quella pistola, ragazzino, è un giocattolino pericoloso... lasciala a chi la sa usare...” dice quest'ultimo, tirando fuori in contemporanea con gli altri armi da fuoco piuttosto grosse e dall'aria pericolosa.

“Io so usarla!” ringhio, stringendola più forte tra le dita. Comincio a sudare freddo, la mia sicurezza comincia a vacillare. Ho come l'impressione che mettere fuori combattimento questi tre non sarà facile come per quello che hanno chiamato Korn.

Il tizio ringhia. “Sarà... senti, ti offriamo una sfida: noi tre contro di te. Che ne pensi?”

La mia mente folle per un attimo pensa di accettare, ma poi mi accorgo di cosa sono andato a pensare. “Sono giovane, non idiota.” rispondo, quanto più freddo e inflessibile riesca. Non è semplice, e, mio malgrado, avverto nella mia stessa voce un tremore che dipende sia dalla paura che dal freddo che fa qua fuori.

“Dai, quattro spari e poi ce ne andiamo...” insiste l'uomo. Ho appena il tempo di pensare di rifiutare che tutti e tre prendono a sparare come se avessero delle mitragliatrici. E io, istintivamente, mi piazzo dietro un cespuglio e comincio a sparare a mia volta.

A un certo punto però mi accorgo che ne manca uno, quello giovane. In men che non si dica, però, me lo ritrovo alle spalle, con la sua pistola puntata proprio dietro la mia testa. Grazie ai miei riflessi veloci riesco a spostarmi un istante prima che il proiettile mi colpisca il cranio. Ma proprio ora capisco la loro strategia.

L'obiettivo del ragazzo non era di spararmi alla testa, ma di distrarmi dai suoi compagni, che, liberato Korn, mi sono venuti vicino, circondandomi. Alzo la pistola, solo per intimorirli: per quanto mi possa sforzare, non potrò colpirli tutti prima di essere ammazzato io.

“Te lo avevo detto io, di lasciar fare ai professionisti.” sorride malvagio il biondo, puntandomi la pistola alla fronte, seguito da tutti gli altri. Stringo gli occhi, cercando di asciugare le lacrime. Temo proprio che sarà così che morirò, con quattro proiettili nella testa, nell'inutile tentativo di scappare da me stesso e dalla realtà. Ma soprattutto morirò con la consapevolezza di non aver potuto fare niente per riportare indietro Shiho.

Mi preparo a ricevere il colpo... che però non arriva. Il rosso rotea gli occhi, cadendo addosso all'energumeno, che perde l'equilibrio sul biondo, che fa cadere a sua volta Korn per terra. E sopra di loro, ammassati l'uno all'altro a sfogare la loro fantasia nelle imprecazioni... c'è lei, c'è Shiho, con una mazza di legno in mano, i capelli scompigliati e le guance rigate di lacrime, anche se è sempre bellissima. Mi tende una mano, agitata. “Vieni, Mitsuhiko, prima che si liberino!”

Io e lei dobbiamo farci una bella chiacchierata, tuttavia, visto che non ho molte altre vie di salvezza, le prendo la mano, scavalco i corpi degli uomini in nero e corro via con lei.

 

[(Mitsuhiko)]

 

Quando finalmente siamo fuori dalla loro vista, ci fermiamo, appoggiati pesantemente a un albero, cercando di riprendere fiato con il viso al cielo e i cuori che battono all'impazzata.

Dopo qualche minuto mi decido a guardarla, e il mio cuore riprende la sua rincorsa. Poi però mi ricordo di quello che ha fatto, e sento di nuovo l'avvilimento impadronirsi di me. “E così sei di nuovo nei Corvi.” La mia voce tradisce tutti i miei sentimenti, mio malgrado.

Lei scuote la testa, abbassando lo sguardo. “No, Mitsuhiko, ti giuro che non è così. È vero, stavo parlando con Vermouth, ma non è di quello che pensate voi. È un segreto, ma non è quello.”

“Puoi almeno dirmi di che tipo di segreto si tratta?”

“Mitsuhiko,ti scongiuro, non insistere...”

“Ti prego, dimmelo.” Sento gli occhi riempirsi di lacrime, il cuore che minaccia di spezzarsi in due. “Ne ho bisogno.”

Lei mi guarda per un attimo, combattuta. Sembra che sia sospesa tra il non vedermi piangere e la sua segretezza. Tuttavia, si avvicina al mio orecchio, e mi sussurra il motivo di tutto questo disastro. Non appena finisce di parlare, non riesco a fare a meno di scoppiare in una risata sollevata, rido fino a lacrimare.

Shiho sembra offesa. “Si può sapere cosa c'è da ridere?”

“No, no... è che...” cerco di parlare e di smettere di ridere per quanto sia difficile. “...pensavo che fosse chissà cosa per dover tenere così il segreto... e invece proprio non capisco che cosa ci sia di così compromettente!”

“Credimi, è molto più di quanto sembri, o almeno per me e per Vermouth. Ma non riguarda in nessun modo i nostri contesti lavorativi.”

Mi rialzo, la ridarella che si è finalmente fermata. Sorrido, facendole cenno di seguirmi. “Ora però torniamo alla tenda.”

----------Angolo dell'autrice---------
Ciao a tutti!
spero che il capitolo vi piaccia... ma ora devo andare!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Nuova sfida ***


  1. Nuova sfida

 

[(Shinichi)]

 

Inutile dire che, quando ho visto Mitsuhiko tornare di corsa alla tenda con il fiatone, la pistola e la corda rimesse alla meno peggio nella cintura e Shiho per mano, la mascella mi è scesa quasi fino a terra per la sorpresa. “Mitsuhiko, ma che...? Cosa...?”

“Lei non ci stava tradendo!” risponde lui, senza mezzi termini, stringendo per qualche motivo la mano di Shiho. Lei sembra decisa e decisamente sollevata, per un altro motivo (che non mi è neanche chiaro).

Sento di nuovo scattare qualcosa dentro di me. “Sì, perché quando stava parlottando fitto fitto con Vermouth si stavano organizzando per un pic-nic!”

“Non esattamente” risponde Shiho. Non riesco a trattenere una risatina nervosa. Avrà capito il mio sarcasmo? E risponde pure! Tuttavia vorrei capire a questo punto di cosa parlavano. “E di' un po', di cosa stavate parlando, se non di questo?”

Shiho abbassa gli occhi, ma Mitsuhiko le rialza lo sguardo, chiedendole conferma per qualcosa. Lei fa scorrere lo sguardo da lui a me, ma poi annuisce piano con la testa. Mitsuhiko, contro ogni mia aspettativa mi si avvicina e mi sussurra nell'orecchio la chiave di tutto questo.

Quando allontana la bocca, sbatto le palpebre e comincio a boccheggiare come un pesce, guardando prima Shiho poi Mitsuhiko, poi di nuovo lei e così via. Non posso credere che l'ho cacciata e ho fatto tutto questo macello per una cosa del genere. Ho una gran voglia di sbattere la testa contro il muro.

“Shinichi, io non vi ho mai traditi o abbandonati, e mai lo farei. Voi siete la mia famiglia, non i Corvi.” Shiho tira fuori dalla tasca del grembiule un foglietto bagnato di sangue secco e lacrime ormai asciugate. “Quattro anni fa ho giurato che sarei diventata un arcobaleno, e non ho intenzione di mancare la mia promessa.”

È come se avesse catapultato nel mio passato. Sono passati appena quattro anni, ma mi sembra un'eternità fa che dato quel biglietto a Shiho. Con le dita tremanti, sfioro appena quel pezzetto di carta, ed è come se rivedessi nei miei occhi, distinti come se ce lo avessi ancora davanti, lo sguardo di Akemi. Sono passati sette anni ormai, ma ricordo ancora ogni singolo lineamento, le scintille di vita che si spegnevano lentamente ma la luce di speranza ancora luminosa e resistente, a dire che lei non si sarebbe mai arresa, neanche da morta.

Deglutisco, tornando alla realtà, risvegliato da una fitta alla cicatrice che mi è rimasta da quattro anni fa, e ritiro le dita da foglietto. “Va bene. Ripristineremo le sistemazioni originarie dei letti.” borbotto alla fine, distogliendo lo sguardo per nascondere il sorriso che mi sta scappando.

“Vuoi dire che...” la voce di Shiho si sta eccitando.

“Sì, sei di nuovo dei nostri.” rispondo, allontanandomi. Riesco appena a vedere Mitsuhiko che, in preda all'allegria, esulta e abbraccia Shiho, per poi staccarsi rosso in volto almeno quanto lei.

 

[(Ayumi)]

 

La situazione ha avuto una svolta positiva: Mitsuhiko è tornato sano e salvo, e, cosa più interessante, Ai non ci aveva mai traditi, ma era stato tutto frutto di un equivoco.

Non potrei essere più felice. Il pensiero che Ai potesse essere una traditrice mi aveva fatto male. Certo, all'inizio non ci avevo creduto, ma più trascorrevano le ore più temevo che Shinichi avesse ragione. Se non fosse stato per Genta, sarei crollata praticamente subito.

Gli rivolgo uno sguardo, anche se lui sembra più attento ai discorsi attorno al tavolo del pranzo. Prima è solo grazie a lui se sono riuscita a resistere. Gli stavo infradiciando la spalla di lacrime, ma sembrava che non gliene fregasse proprio nulla, e ha continuato a consolarmi fin quando non ho smesso di piangere.

Scivolo sulla panca verso destra, accanto ad Ai. “Ehi, Ai!”, poi mi ricordo che forse non è più Ai. “Cioè... posso continuare a chiamarti Ai?”

Lei mi guarda, e sorride, quel sorriso che fa solo a me da quando siamo diventate amiche. “Se preferisci così sì.”

Mi illumino di nuovo. “Sono felice che tu stia con noi! Il solo pensiero mi faceva star male, mi veniva voglia di piangere...”

“Ma ora sono tornata, ed è questo che conta, no?” sorride, anche se probabilmente non si aspetta l'abbraccio che le dò. Inizialmente rimane spiazzata e immobile, ma poi si scioglie in un sorriso e ricambia l'abbraccio.

Il pranzo continua in tranquillità, quando, all'improvviso, qualcuno bussa per terra, e ci ritroviamo davanti un ragazzo sui venticinque-trent'anni, poco più grande di Shinichi, con una folta capigliatura rossa e riccia e gli occhi verde palude. Il sopracciglio destro è interrotto più o meno a metà, come se si fosse fatto un taglio profondo tanto tempo fa e fosse rimasto il segno.

Shinichi scatta in piedi. “E tu chi sei?” Sembra un po' spaesato, come se non avesse mai avuto a che fare con lui.

Il ragazzo sorride di sbieco, maligno, scoprendo il canino destro un po' più lungo e appuntito del normale. “Fernet. Piacere di conoscerti, Shinichi Kudo.” Stringe gli occhi, chiudendoli fino a due fessure che lasciano filtrare una crudeltà tremenda, che mi fa rabbrividire. “Abbiamo una sfida da proporvi: io contro...” rivolge lo sguardo verso di me, e mi sembra che le ginocchia mi stiano per cedere. “...la ragazzina.”

Rimango a fissarla scioccata, a metà tra il piangere e urlare, in preda al panico. Già da quando sono arrivata qui e ho visto le pistole, ho promesso a me stessa che non avrei mai preso in mano uno di quegli arnesi, ma ora mi ritrovo praticamente costretta a farlo. Le lacrime già si stanno accumulando davanti gil occhi, quando sento la voce di Genta, che deve aver notato il mio terrore, urlare: “Non se ne parla, mi rifiuto di lasciarla andare tutta sola in mezzo a due pistole! Se vi va fatemi andare al posto suo o insieme a lei, ma da sola non può farcela! Non vedi che sta per piangere, poverina?!” esclama, poggiandomi una mano sulla schiena. Tra le lacrime che sento scorrere sulle guance, riesco a capire quello che sta succedendo: Genta sta per rischiare la vita al posto mio.

“E poi” aggiunge Shinichi, indicando prima Heiji e poi Mitsuhiko. “vorrei ricordarti che avete già avuto una sfida e quella che potrebbe essere definita tale, anche se senza accordi.” Mitsuhiko si alza la manica della maglietta, rivelando un lungo taglio sulla spalla. “Quell'agguato che mi avete teso era praticamente una sfida, tremendamente sleale del resto.”

“E per quanto mi riguarda mi avete quasi ammazzato.” aggiunge Heiji, massaggiandosi il torace.

In risposta, Fernet liquida l'affermazione con un gesto noncurante della mano. “Questo non significa proprio un bel niente. Possiamo porre quante sfide vogliamo. E mi dispiace ragazzino, ma non potrai entrare nella sfida: dovrai lasciare che la tua amichetta combatta contro di me.”

Detto questo, Fernet mi guarda con una luce negli occhi che mi gela il sangue nelle vene e se ne va, calpestando con gli scarponi da trekking sporchi di fango il pavimento sotto i suoi piedi, dopo aver gelato con la sua presenza l'aria nella tenda.

 

[(Ayumi)]

 

Sono nel panico. La sfida con Fernet sta per iniziare, ma io ho tanta paura che credo di star esaurendo le lacrime da piangere. Mancano infatti cinque minuti, e rimango a versarle tutte sullo stipite dell'entrata della tenda. “Ehi.”

Mi volto. Genta è qui, con una mano sulla mia spalla. “Senti, forse Fernet mi ha detto di rimanere qui dentro, ma...” fissa i suoi occhi nei miei, trasmettendomi in qualche modo una sensazione di sicurezza e tranquillità. “...sappi che io sarò sempre accanto a te, anche se non fisicamente. Se sei in difficoltà, pensa che io ti resterò vicino. Intesi?”

Lo guardo negli occhi, chiedendomi come faccia a tenere il sorriso in occasioni del genere, ammirando tanto questa sua qualità. In qualche modo, riesco a mettere su un sorriso. “Grazie, Genta.”

Dall'altro lato del campo, Fernet emette un fischio acuto, roteando la pistola sul dito dell'altra mano. “Dai, tocca a te.” mi dice Genta, lasciandomi lentamente la mano. “Ricorda che sarò lì accanto a te.”

Con le parole di Genta nella mente, mi avvio al centro, con la pistola nelle mani sudate. Sento il cuore battermi all'impazzata per la paura. La cosa peggiore è che, al mio confronto, Fernet è tremendamente sicuro di sé, ed è certo di vincere. Cosa di cui sono consapevole anch'io.

Faccio i dieci passi indietro lentamente, incespicando continuamente, con il terrore che Fernet possa girarsi prima del tempo e colpirmi come ha fatto quell'altro con Shinichi. Per fortuna,prima del decimo passo non succede nulla di strano, anche se il mio cuore sembra essere attirato come da una calamita verso terra.

Mi volto. Riesco appena a vedere Fernet che alza la pistola, per premere il grilletto, ma, per un istinto che neanche sapevo di avere, scarto a destra, evitando il proiettile completamente. Ora però toccherebbe a me attaccare... e sparare. Alzo la pistola, tremante, ma il coraggio e la sicurezza mi abbandonano di nuovo. Poi però mi tornano in mente le parole di Genta: “Ricorda che sarò lì accanto a te”. Così, di nuovo sicura di avere tutte le carte in regola per vincere, miro alla mano con cui tiene l'arma... e sparo. Il grilletto, dopo un attimo, è diventato morbidissimo, e si è lasciato premere senza difficoltà. Il proiettile, in qulche modo, riesce a prendere in pieno il palmo della sua mano, senza rimanerci bloccato dentro ma attraversandola letteralmente. Fernet getta a terra la pistola, ringhiando frustrato e per il dolore, fissando sbigottito la mano sanguinante, poi mi guarda. Nei suoi occhi c'è uno sguardo assassino e aggressivo, assetato di morte e di vendetta. “Ci rivedremo presto, ragazzina.” ringhia, per poi scappare come un lupo che si ritira dalla lotta.

E io? Beh, non sono felice di aver sparato con una pistola, ma sono contenta di aver superato la mia paura. Infatti corro verso la mia squadra, ridendo felice. Il primo che mi corre incontro è Genta, che mi stringe così forte da sollevarmi. “Ce l'hai fatta! Io lo sapevo, che potevi riuscirci!”

“Grazie a te!” esclamo, stampandogli un bacio sulla guancia e gettandomi nell'abbraccio collettivo, lasciando Genta a fissarmi pietrificato toccandosi la guancia.

-----------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!!
bene, rieccomi con questo capitolo, anche se in ritardo... anzi no, in ritardissimo '-_-
mi scuso per avervi fatto apsettare tanto... spero che il capitolo vi piaccia lo stesso!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Istinti pericolosi ***


  1. Istinti pericolosi

 

[(Shiho)]

 

Non potrei essere più felice di così (per quanto lo possa essere in un campo di battaglia in pratica). Temevo che Shinichi avrebbe continuato a comportarsi in modo diffidente nei miei confronti, invece sono parte della squadra e mi sento tale come mai prima d'ora. E sinceramente non rimpiango di aver ripreso l'Apotoxin: per Shinichi il suo corpo di bambino era una prigione, ma perché aveva un sacco di amici come Shinichi Kudo che lo aspettavano, oltre ad avere Ran, ovviamente. Quando è ed era nel suo corpo di Shinichi Kudo sta bene, mentre come Conan Edogawa era costretto a fare molte cose che avrebbe sinceramente preferito non fare. Invece, pensandoci, nel corpo di Ai Haibara sono sempre stata una bambina normale, con degli amici e una cotta come qualunque altra bambina, mi sono sentita amata. Come Shiho no. Nel mio corpo “originale” sono sempre cresciuta sola, senza amici, priva di sentimenti e lasciata raffreddare come ghiaccio.

Sento la mano sfiorarne casualmente un'altra, e quando, alzando gli occhi, mi rendo conto di chi è, non posso fare a meno di arrossire e abbassare lo sguardo, portandomi le braccia dietro la schiena. Non so neanche perché, in fondo era stato un tocco casuale, ma è bastato a farmi avvampare.

Poi però, all'improvviso, la temperatura si abbassa di almeno dieci gradi, o perlomeno io ho quest'impressione, e un attimo dopo ho anche modo di capirne il perché. Sull'uscio della tenda c'è un uomo alto, dai lunghi capelli biondo platino, gli occhi di ghiaccio e un sorriso da lupo. Quell'uomo mi mette addosso una sensazione strana, quella sensazione che provo quando ho a che fare con uomini in nero. Istintivamente, completamente paralizzata, afferro il polso più vicino, che è quello di Mitsuhiko. Ma in questo momento sono insensibile a qualunque cosa che non sia lo sguardo spietato di Gin, che continua a fissarmi con un'espressione preoccupantemente folle che mi mette i brividi. Comincio ad ansimare. Lo sguardo fisso di Gin è terribile, è come una scatola che mi sta mettendo addosso, impedendomi di uscire e scappare. Mi sento quasi mancare.

Improvvisamente, qualcosa sulla mia mano mi fa sussultare. Sforzandomi per abbassare lo sguardo... mi accorgo che è Mitsuhiko, che mi sta stringendo la mano. “Stai tranquilla, calmati. Non ti potrà fare niente finché siamo con te.”

Non posso fare a meno di notare che dopo “niente” ha fatto una pausa, come se stesse per dire qualche altra parola al posto di “siamo”.

Mitsuhiko mi porta in un altro ambiente della tenda, per sottrarmi a quell'inquietante sguardo imprigionante del miglior cecchino dell'Organizzazione. Da quest'altro locale posso solo sentire la conversazione, per mia fortuna. Si sente la voce di Shinichi che chiede a Gin il motivo della sua visita, ma lui risponde con un enigmatico “Volevo solo sapere se siete sicuri che Miyano non sia rimasta con noi.”

Sento la rabbia montarmi in corpo, e sibilo tra i denti i peggiori epiteti e insulti che mi passino per la testa. Se Mitsuhiko non mi fermasse, temo che gli salterei anche addosso.

Dopo quella che ci arriva come un'accesa discussione tra la squadra e Gin, sento il Corvo mormorare la resa. Chissà perché, mi azzardo a sporgere il viso, ma è una pessima idea. Per un attimo incontro gli occhi di Gin, e lo sento chiaramente sussurrare: “A più tardi, mia dolce Sherry.”

Rabbrividisco. “Shiho, stai...” comincia Mitsuhiko, incerto. Faccio per annuire, ma le gambe mi cedono all'improvviso, facendomi cadere proprio tra le sue braccia. Non posso dire il contrario, una bugia simile non sarebbe possibile da dire, verrebbe scoperta subito: quest'intervento di Gin mi ha turbata molto, e questo è dire poco. Ha lasciato un segno nella mia mente, che non credo sarà tanto facile da cancellare.

“Oh! Shiho, ti senti bene?” Mitsuhiko sembra sinceramente preoccupato. Io però mi rimetto in piedi, e dopo aver alzato lo sguardo a fatica, prendo un bel respiro e annuisco. Non so perché, ma vicino a lui mi sento più tranquilla.

 

[(Shiho)]

 

Per quanto sia ancora un po' turbata, mi sono piuttosto tranquillizzata dagli avvenimenti di stamattina.

Ora sto risistemando le armi, visto che, giocando a pallone, Genta e Ayumi le hanno messe tutte in disordine. Mi ricordo anche io, anche ora, le fantastiche partite che facevamo tutti insieme quando eravamo ancora i Detective Boys, tutti insieme, come bambini. Appena sette anni fa... cavoli, sembra passato un secolo da allora.

All'improvviso, una voce dietro di me mi fa sobbalzare: “Ciao, Sherry.”

Come per una reazione immediata e automatica, comincio ad ansimare, il cuore che batte all'impazzata per l'inquietudine. Istintivamente, cerco la mano di qualcuno, qualcuno qualsiasi, ma mi ricordo all'improvviso di essere sola, tutti gli altri sono in giro per la tenda a farsi i fatti propri. Un'ondata di terrore mi assale, ma mi sforzo di mettermi in piedi e mettermi di fronte a lui. “Cosa vuoi?” Cerco di tenere la voce quanto più ferma possibile, ma riesco io stessa a percepire il folle tremore nella mia voce.

“Come sei fredda...” risponde Gin, avvicinandosi a me, lentamente ma inesorabilmente. Per istinto, indietreggio, fino a toccare qualcosa con la schiena. Con orrore, mi accorgo di essere finita con le spalle al muro. Sono in trappola.

“Lascia che ti riscaldi...” Gin è vicino, dannatamente vicino, pericolosamente vicino. I visi sono a pochi centimetri. Gin appoggia una sua lurida manaccia di assassino sulla mia guancia, facendomi rabbrividire completamente. Urlerei, ma il terrore ha paralizzato anche le mie corde vocali.

Quando sento il suo respiro sulle mie labbra, il panico mi stinge ancora di più. Mi rifiuto di baciare una bestia come lui, non voglio neanche averci a che fare. Cerco di spingerlo via, ma è più forte di quanto pensassi. Anche divincolandomi non ottengo nulla, mi stringe anche i fianchi impedendomi di muovermi. È sempre più vicino, sento i nostri respiri incrociarsi: per quanto possa ribellarmi Gin è troppo forte. Così, quando le labbra si sfiorano, cado del tutto nel panico, tanto che perdo il controllo di me stessa.

Quando torno in me, ho un coltello in mano, e Gin è a terra, una spalla sanguinante. Ha un'espressione scioccata, piena di furia assassina. Fisso l'arma che ho in mano, bagnata di rosso, e, senza riuscire a controllarmi, mi porto una mano alla bocca, gemendo allarmata.

All'improvviso però Gin si rialza, come ignorando il dolore alla spalla, afferra un coltello e mi si avventa contro, feroce come un lupo, animato solo dal desiderio di vendetta, vendetta per il colpo che gli ho inferto, vendetta per il mio rifiuto. Continuo a ripetergli che non volevo colpirlo, che non lo avevo fatto apposta, ma lui sembra sordo alle mie suppliche e cieco alla mia disperazione, e lo vedo sempre più vicino, il coltello alto nella sua mano. Lo so, è la fine per me. Mi dispiace solo di non aver fatto in tempo a mantenere il giuramento che mi ero fatta, ma anche di non aver mai rivelato i miei sentimenti al ragazzo che amo.

Poi però, all'improvviso, qualcosa, o meglio qualcuno, si frappone tra me e Gin, tenendolo in qualche modo lontano e gettandogli il coltello a terra. Improvvisamente, facendomi sussultare, Gin si afferra la spalla, ansimando... e crolla a terra, privo di sensi... o forse morto.

Mi porto le mani alla bocca, gli occhi che minacciano di bagnarsi. Da quando ho fatto quel giuramento, ho deciso che non avrei mai ucciso una persona... ma a quanto pare è tutto saltato.

“Shiho... cosa è successo?” Mitsuhiko mi si avvicina, preoccupato. “Va tutto bene?”

“L'ho ucciso io.” sussurro, sforzandomi per non scoppiare in lacrime. Non lo avrei mai creduto, ma in questo momento ho paura di me stessa e di quello che potrei fare fuori controllo.

Mitsuhiko sembra confuso. “Eh?”

“L'ho fatto io, non l'ho fatto apposta. Lui stava cercando di baciarmi, e io... io... non lo so, ho perso il controllo di me stessa... quando sono tornata in me, lui era a terra, ferito, e io tenevo in mano un coltello insanguinato.” Il respiro mi si strozza. “È stata tutta colpa mia.”

“No, nono dire così.” Mitsuhiko mi appoggia una mano sulla schiena. “Era il tuo istinto. Certo, a volte è meglio seguire la logica che l'istinto... ma c'è un motivo se si chiama così. È proprio perché non puoi fermarlo, a meno che tu non impari a domarlo. Ma in situazioni estreme come questa neanche il più allenato potrebbe riuscirci.” Mi alza lo sguardo, fissando i miei occhi nei suoi. “Non è colpa tua.”

Come ci è riuscito? Mitsuhiko ha dissipato parte della mia angoscia, ha avuto su di me come un potere calmante. Ma appena smette di parlare mi torna alla mente l'immagine del sangue di Gin sulle mie mani. Stavolta non riesco neanche a sbiadire il pensiero, e crollo. Cercando di stringermi quanto più riesca, sento le lacrime scorrere veloci, rincorrendosi sulle guance, scossa da singulti che non riesco a reprimere. Vorrei trattenermi, ma non ci riesco, è più forte di me. Poi però qualcosa si posa sulla mia schiena, aiutandomi in qualche modo a calmarmi. È Mitsuhiko: mi ha poggiato le mani sulla schiena, mettendomi la testa sulla sua spalla. Normalmente mi staccherei, ma ora sono troppo scossa per pensarci, così non faccio altro che affondare il viso sulla sua spalla, ringraziandolo nella mia mente per essermi vicino in un momento simile.

---------Angolo dell'autrice----
Ciao a tutti!!
eccomi con questo altro capitolo... chiedo scusa per avervi fatto aspettare tanto e presentarmi con un capitolo tutto impuntato su un unico personaggio... spero che vi piaccia!!!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Sacrificio ***


17. Sacrificio

 

[(Shinichi)]

 

All'improvviso, mentre sembra essere tutto tranquillo, la voce terrorizzata di Ran rompe la momentanea quiete: “Shinichi! Shinichi, è un guaio!”

Allarmato, scatto in piedi, insieme a tutti gli altri. Cavoli, cosa sarà mai successo? Sono bastate cinque parole per mandare tutti nel panico, e se queste sono solo cinque parole di quello che è accaduto...

“Ran, ora calmati e spiegaci che cosa è successo, ok? Calmati, fai un respiro profondo...” Mi sto rivolgendo a Ran, ma parlo più con me stesso che con lei.

Finalmente, Ran si decide a parlare, ma invece di spiegare a parole ci conduce nella stanza delle armi, dove Mitsuhiko accarezza la schiena di Shiho, che invece è in lacrime. E per terra...

Ora capisco cosa c'era di così grosso. Gin è steso a terra, privo di sensi, con una fasciatura stretta sulla spalla, poco sopra il cuore. Il tutto sembra così confuso che non riesco a farmi un'idea di quello che potrebbe essersi svolto. O meglio, quello che mi viene in mente è così terribile che non vi voglio neanche pensare. Faccio per chiedere ad alta voce una spiegazione di tutto questo, ma Mitsuhiko mi precede, facendomi cenno di non parlarne davanti a tutti per delicatezza nei confronti di Shiho, così prendo da parte il mio amico Detective Boy e gli pongo la domanda che ho sulla lingua da minuti ormai: “Si può sapere che cosa è successo?”

“Beh, vedi...” Nonostante siamo già in disparte rispetto agli altri, Mitsuhiko si avvicina a me, abbassando la voce. “Gin è venuto di qua...”

Stringo i denti. Di nuovo? Ma non era già venuto a guastarci il pranzo? Un attimo... Effettivamente aveva detto “a più tardi”...

“... e ha tentato di baciare Shiho.”

“CHE?” La sua ultima frase mi ha letteralmente scioccato. Insomma, come si è permesso di venire di qua a far del male a Shiho per un motivo per niente valido?

Mitsuhiko mi fa di nuovo cenno di abbassare la voce, per poi continuare: “A questo punto, lei ha perso il controllo e l'ha colpito con un coltello alla spalla.”

“COSA?” Il mio volume è ancora più alto di prima, ma non sono riuscito a controllarmi. Il mio sangue freddo si sta esaurendo, devo riconoscerlo purtroppo. Temo che questa possa tornare come una debolezza, a favore dei nostri nemici, ma devo cercare di non far condizionare la battaglia da questo dettaglio.

“Sono riuscito a sistemare la ferita alla meglio...” Mitsuhiko sembra pensieroso e perplesso, anche forse un po' preoccupato. “...ma non so se con la fasciatura che ho fatto riuscirà ad arrivare a stasera.”

La sua aria esitante mi inquieta non poco. Dobbiamo fare del nostro meglio per risolvere quanto più possibile, almeno a farlo arrivare a domani. “Fa' vedere.”

Mi dirigo con il mio amico verso il corpo inerme di Gin, disteso a terra. Così sembra quasi più inquietante che da vivo e vegeto, fa veramente pensare a un vampiro. Devo ammettere, per un quattordicenne la fasciatura non è venuta poi così male, ma dovrebbe essere sistemata in alcuni punti. “Kazuha, tu studi medicina, vero? Beh, non è che potresti darmi una mano qui?”

Al pensiero di dover lavorare su questo mezzo cadavere, Kazuha deglutisce, forse disgustata, ma si avvicina comunque e raddrizza le garze, le fissa meglio, insomma un lavoretto di perfezionamento.

Shiho continua a guardare a terra, cercando di trattenere le lacrime, ma inutilmente. Mitsuhiko sembra tentato dal metterle un braccio intorno alle spalle, ma si trattiene e continua ad accarezzarle la schiena rassicurandola. Mi scappa un sorriso. In questo momento, Mitsuhiko sembra l'unico in grado di essere un punto fisso e di riferimento, il suo centro. Sembra che quando siano insieme per loro vada tutto meglio. Chissà se saranno mai in grado di confessarselo.

Chissà perché, ma, a questo proposito, il pensiero mi corre a Ran. Le ho detto tutto a Londra, in quel pomeriggio che ricordo come fosse ieri, quell'istante magico in cui il tempo si è fermato e c'eravamo solo noi due nel mondo. Da allora siamo in equilibrio precario, ogni volta che sembriamo avvicinarci ci allontaniamo di nuovo, come se avessimo paura di spingerci troppo oltre. Spero di non aver combinato un pasticcio troppo grosso, o non so cosa farei.

 

[(Ran)]

 

Non ho idea del motivo, ma quando vedo Shiho e Mitsuhiko insieme non riesco a fare a meno di pensare a me e Shinichi. Ripenso a Londra, a quando mi ha confessato i suoi sentimenti, e continuo a chiedermi se non avrei dovuto fare qualcosa anch'io, rispondere in qualche modo. Temo di aver avvelenato quelli che poteva esserci tra noi con quel mio silenzio, quello che ho tenuto ogni volta che mi si presentava ogni volta che avevo la possibilità di liberarmene.

I miei pensieri vengono interrotti proprio da lui, che prende la parola a tavola, su tutto quello che sta succedendo. Lo so, in questo momento non ci dovrei pensare, ma non posso fare a meno di notare che Shinichi è diventato ancora più sicuro di sé e soprattutto più deciso da quando siamo qui, credo per via del ruolo di leader che gli è stato affibbiato. “Dobbiamo fare un discorso su quello che sta succedendo. La situazione ci sta sfuggendo di mano.”

Così improvvisamente da far sobbalzare tutti, Heiji scatta in piedi, sbattendo la mano sul tavolo. Sembra molto arrabbiato. “Io direi che è il momento di piantarla di subire così in silenzio! Non so se ve ne siete accorti, ma ci stanno praticamente piegando alla loro mercé! Secondo me dobbiamo offrire noi una sfida, o non andremo proprio da nessuna parte.”

Molti annuiscono, d'accordo con lui. Devo ammettere che lo sono anch'io. Se vogliamo finire tutto questo, dobbiamo agire e reagire, dobbiamo fare noi il primo passo per finirlo, perché se aspettiamo che siano loro, beh, dovremo aspettare per sempre.

Shinichi riflette un attimo, tenendosi il mento con le dita. “Parli per caso di offrire una sfida? Se intendi questo, io direi che si può fare.”

Heiji sembra soddisfatto e più sereno.

Faccio per alzarmi e offrirmi per la sfida, ma Sonoko scatta prima di me. “Mi offro per la sfida.”

Inutile dire che tutti rimaniamo a bocca aperta. Non la facevo così intrepida, o almeno non tanto da offrirsi per un probabile suicidio. Lei però strizza l'occhio, con un sorriso. “Insomma, ho voglia anch'io di fare qualcosa!”

Non riesco a trattenere un sorriso divertito. Sonoko è sempre la stessa, fantastica ragazza. Prima che possa farlo qualcun altro, mi alzo in piedi, determinata. “Voglio offrirmi anch'io.”

Alla mia offerta, Shinichi sembra agitarsi un po'. “Ran, sei sicura di...”

“Ovvio che sì.” Sono più che decisa ad andare, primo perché voglio rendermi utile, e secondo perché non voglio abbandonare Sonoko nel momento del bisogno. Siamo amiche, per tutta la vita, fino alla morte e oltre.

Shinichi mi fissa negli occhi, quasi volesse parlarmi con lo sguardo. Riesco anche a capire cosa mi stai chiedendo: di non andare, di rimanere con lui. Ma io sostengo il suo sguardo, decisa a restare con Sonoko. Alla fine, Shinichi abbassa gli occhi. “E va bene.” mormora, a voce bassa.

 

[(Ran)]

 

É quasi il momento di uscire, e siamo tutti molto tesi. Dall'altro lato, gli uomini in nero hanno accettato la sfida, e a breve dovremo avere a che fare con Fernet e Chianti. Perché poi proprio loro non lo so: non sono i meno offensivi, né hanno qualche caratteristica in più o in meno rispetto agli altri. Forse Fernet è più giovane ed è dei loro da meno tempo, ma non è da sottovalutare. Invece Chianti è davvero inquietante. Ride in modo strano, come se fosse perennemente in stato di ebrezza (cosa che poi forse non è neanche tanto falsa), e ha uno sguardo ancora peggiore, folle e privo di sentimenti.

Insomma, mi vergogno da matti a dirlo, ma ho paura. Tanto più che non ho mai preso una pistola in mano in vita mia, e temo di sbagliare il colpo, di non riuscire a premere il grilletto, di fallire. Ho paura che dal mio fallimento dipenda l'esito di tutto questo. Solo il pensiero che la mia migliore amica sia al mio fianco in questo momento mi aiuta a non arrendermi.

Stiamo per uscire, ma i nostri sfidanti non sono ancora lì. “Ehi, Ran!” sussurra Sonoko, neanche dovesse cercare di non farsi beccare dalla prof.

“Sì?”

“Tu hai paura?”

“Io... ehm...” Non so perché non rispondo, so solo che c'è qualcosa che mi blocca.

“Io sì! Ne ho tantissima!” risponde Sonoko, ma sembra tutt'altro che spaventata. Lo dice come si stesse avviando al luna park, saltellando divertita ed entusiasta.

“A volte non ti capisco proprio.” Le sorrido, perplessa e divertita, cercando di trattenere una risatina. Sonoko è sempre la mia mitica amica.

Nel campo, all'improvviso, ad interromperci arrivano Chianti e Fernet, le loro pistole in mano. Entrambi ci guardano minacciosi, con delle espressioni che non lasciano presagire nulla di buono.

“Dieci passi indietro, ragazze, please.” dice Fernet, con un tono tremendamente strafottente che m dà un fastidio incredibile. Mi volto, respirando profondamente, e conto dieci passi, al ritmo dei battiti del mio cuore.

...nove e dieci.

Mi giro di scatto, puntando la pistola, cercando di concentrarmi solo sul mio obiettivo e non sul mio possibile fallimento, il mio possibile disastro... Oh, cavolo. Basta, basta, Ran! Concentrati sul tuo bersaglio e spara, punto. Nient'altro.

Faccio per premere il grilletto, ma un proiettile mi si avvicina velocemente, contro ogni mia aspettativa. Sento Shinichi urlare, disperato, probabilmente trattenuto dagli altri. Cerco di evitarlo, ma il proiettile ha una traiettoria tutta storta e strana, così che non riesco a capire dove possa andare a finire. Insomma, non mi resta che prendere il colpo, e tanti saluti a tutti.

Poi però qualcosa si frappone tra me e la mia morte... e un attimo dopo Sonoko è a terra, che si tiene gemendo un punto tra lo stomaco e il petto. Oh, no... ditemi che non è vero... non può...

“Sonoko!” Mi getto in ginocchio accanto a lei, pregando che si rialzi e mi rida in faccia, o anche solo che mi dica di star bene, mentre sento le lacrime accumularsi veloci dietro i miei occhi. “Ti prego, dimmi che non ti hanno sparato, che stai bene e che è tutto a posto...”

Sonoko sorride appena. “Dimmi tu...”

Sento le lacrime sgorgare dagli occhi, scivolando sulle guance per poi cadere sul viso della mia amica, la mia migliore amica, quella che conosco fin dai tre anni, che mi conosce meglio di me stessa.

“Ehi, Ran, non piangere, che ti si arrugginiscono le guance!” risponde alle mie lacrime, asciugandosele dalla guancia pallida. “Piuttosto, cerca di vincere questa sfida anche per me.”

Non basterebbero mille parole per descrivere il vuoto che mi sento dentro. Ormai Sonoko era una sorella per me, non posso perderla.

Sonoko tossisce con forza, e la ferita si apre ancora di più. “Ran...” La sua voce così sofferente mi impedisce di parlare, ho la gola imbottita di lacrime. La sento scivolare lentamente dalle mie braccia, piano ma inesorabilmente. E fa male. “Di' a Makoto che gli voglio bene, e poi, questo è il mio ultimo desiderio...” Sonoko abbassa la voce, non so se per il dolore o per non farsi sentire, forse tutti e due. “...avvertimi quando ti deciderai a baciare Shinichi!”

Tra le lacrime, non riesco a trattenere un sorriso: Sonoko ha sempre avuto la fissazione di me e Shinichi, anche adesso che sono i suoi ultimi momenti. Se non fossimo in una situazione simile, arrossirei violentemente e le urlerei che la coppia “Ran e Shinichi” non esiste, ma non ci riesco. Annuisco, piano, cercando di sorridere, per lei, perché mi ricordi per sempre con il mio sorriso. “Lo farò.”

Sonoko fa un gran sorriso, strizzandomi l'occhio... e poi la vita le scivola via, abbandonandola tra le mie braccia, inerte.

Presa dalla rabbia, con le lacrime agli occhi, riafferro la pistola e sparo ad entrambi gli avversari, senza alcuna esitazione o difficoltà: proprio alla spalla, nel punto in cui si articola al braccio. Non è un punto da cui è possibile uccidere, ma tiene ferme le braccia per parecchio tempo.

I due si guardano scioccati le spalle, per poi andarsene brontolando. La rabbia però mi abbandona, prosciugandosi velocemente, lasciando il posto solo al vuoto che mi sento dentro. Crollo in ginocchio, accanto a Sonoko, come se stesse finendo anche per me. Tra le lacrime che ho davanti agli occhi, i più bei momenti che abbia passato con Sonoko sbiadiscono lentamente, cancellati dal dolore e dalla morte. Non dimenticherò mai la mia migliore amica, la mia sorella gemella, l'altra me stessa.


-----Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!
ehm.. devo a tutti voi delle scuse. (non solo mi faccio risentire con questa fanfic dopo secoli, ma vi faccio pure morire un personaggio come Sonoko... scusatemi tutti -_-)
vabbe', a prte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate una recensioncina se vi va ^_^
bacioni!!!
<3, _happy_04



P.S.: scusatemi tanto, non è che qualcuno potrebbe dirmi come partecipare ai contests? grazie mille a chi dovesse rispondere!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** La chiave ***


  1. La chiave

 

[(Shinichi)]

 

Finalmente mi mollano. Non appena sento le braccia libere dalle prese dei miei compagni, mi precipito verso Ran e verso Sonoko, seguito da tutti gli altri. Ran è in ginocchio accanto alla nostra amica, immobile, come se stesse morendo anche lei.

Non riesco a fare a meno di sentirmi in colpa per quello che è successo a Sonoko. Se non mi fossi immischiato e non avessi coinvolto anche lei in tutto questo, ora probabilmente sarebbe ancora viva. E invece, per colpa mia, lei è morta, ci ha lasciati tutti.

Mi getto accanto a lei e a Ran, cadendo in ginocchio anch'io. Anche se so che è completamente inutile, prendo delicatamente tra le mani il polso della mia amica, come se sperassi di star vivendo solo un brutto sogno.

Purtroppo non è un sogno. È la cruda e vera verità. Lascio ricadere il braccio di Sonoko, mentre tutto il resto di lei rimane immobile e insensibile. Anche le labbra, in perenne movimento, si sono fermate. Sento gli occhi pungermi, anche se l'ultima cosa che voglio è piangere. “Cavoli, no...”

Accanto a me, un sussulto richiama la mia attenzione. Ran è ancora statica, non muove un muscolo, solo la schiena si alza e si abbassa in singulti. “Ran...” Solo ora mi accorgo che, se soffro così io, non posso avere la minima idea di cosa stia passando lei in questo momento. Tra lei e Sonoko c'era un legame speciale, erano come sorelle.

Ran alza in qualche modo lo sguardo, che mi spezza letteralmente l'anima. Nonostante si sforzi di non piangere, ha gli occhi annebbiati di lacrime, sembrano si stiano svuotando lentamente ma inesorabilmente. E la cosa peggiore è che è colpa mia. Ho messo in mezzo Ran e Sonoko, e ora lei ci ha rimesso la pelle.

Non ho neanche il coraggio di chiederle scusa. Cerco di trasmetterle il mio messaggio con gli occhi, perché la voce mi si è impigliata in gola. Poi però Ran non resiste più. E cede.

Crolla su di me, affondando il viso nel mio petto, sfogandosi, buttando fuori tutte le sue lacrime. Sentirla tremare per il pianto contro di me mi fa male, molto più male di quanto potrebbe fare un proiettile nel petto. Ran si è sempre voluta mostrare forte, invincibile, ma ora è fragile come un cuore di porcellana. La stringo fra le mie braccia, pregandola in silenzio di smettere di piangere, di ferirmi così, anche perché i miei sensi di colpa per lei e per Sonoko mi stanno uccidendo.

 

[(Shinichi)]

 

Riuniti quasi tutti nella sala comune, rimaniamo in silenzio, a ripensare a quello che è successo poco fa. Almeno un po', Ran si è calmata, e ha smesso di piangere, anche se trema ancora un po' e il suo sguardo non si sposta da vuoto infinito e silenzioso in cui si è rinchiusa.

All'improvviso, però, un'ombra fruscia contro la stoffa della tenda. Il suono arriva basso e soffuso, ma alle mie orecchie di detective non sfugge per niente. Drizzo in un attimo le orecchie, richiamando l'attenzione di tutti. Concentrandocisi, sembra che anche Hattori abbia percepito qualcosa di strano, e, in pochi istanti, il rumore arriva alle orecchie di tutti. Kazuha stringe la mano di Heiji, rabbrividendo. Dopo gli avvenimenti di oggi pomeriggio è particolarmente tesa, e basta il minimo segno strano a farla spaventare. “Che... che cos'era?” sussurra appena, in un fruscio. Heiji le accarezza la mano, senza distogliere l'attenzione dall'ambiente circostante. “Non lo so, ma niente di buono.” Kazuha impallidisce, stringendo la mano di Heiji fino a far sbiancare le nocche di entrambi.

“Chi ve l'ha detto, che non sarà nulla di buono?”

Una voce elegante e misteriosa risuona all'improvviso. Tutti ci giriamo verso l'entrata, dove c'è una donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi di ghiaccio, con un forte lucidalabbra rosso e uno sguardo fiero. Tiene le braccia incrociate sotto il petto, con un'espressione di sfida e il mento alto.

Senza neanche accorgermene, scatto in piedi, mentre Kazuha emette un gemito e si stringe ancora di più a Heiji. “Vermouth! Che ci fai qui?”

“Che accoglienza calorosa, Silver Bullet. Sono felice anch'io di vederti.”

Non so perché, ma l'ironia nella sua voce mi va a toccare i nervi. “Pochi scherzi, Vermouth. Dicci cosa c'è, così finiamo la cosa.”

Lei ha la faccia tosta di avvicinarsi e poggiare le mani sul tavolo. “Ho un paio di cose da dirvi. Cose che potrebbero aiutarti a colpire il cuore dei Corvi, Silver Bullet.”

Queste ultime parole attirano tutta la mia attenzione, facendomi dimenticare in un attimo tutto il resto. Un modo per neutralizzare finalmente completamente gli Uomini in Nero. Sono sette anni che aspetto questo momento, e ora finalmente è arrivato. Sento come una scarica elettrica lungo tutta la spina dorsale. “Avanti, spara.”

Negli occhi di Vermouth scatta una scintilla di soddisfazione. “Felice di sentirtelo dire.” Dopodiché afferra distrattamente un foglio di carta e una penna, scarabocchiandoci sopra qualcosa. Dopo aver finito quella che sembrerebbe essere una cartina approssimata della zona con tanto di tende, comincia il suo discorso rappresentativo: “Voi siete qui.” indica un quadratino sull'angolo in basso a destra del foglio. “C'è un modo molto rapido per distruggere tutto subito, e non è questa stupida sfida. Ci sono alcuni punti strategici, che, se colpiti, sono capaci di far crollare l'intera Organizzazione.”

In pochi istanti, il discorso di Vermouth ha attirato tutti, persino Kazuha, che si affaccia timidamente da sopra la spalla di Heiji.

E io? Devo ammettere che la cosa si fa interessante. Non sembra essere una balla. Anzi, sembra più vero di qualsiasi cosa abbia mai sentito dire a Vermouth/Sharon. E poi... insomma, un modo rapido e veloce di distruggere l'Organizzazione Nera? Sembra una buona opzione. Certo, bisogna vedere di che si tratta, ma in linea di massima il piano si può anche modificare un po'.

“Bene, qui, qui, qui e qui ci sono i punti strategici di cui vi parlavo prima. Colpendo lì, l'Organizzazione potrà definirsi ufficialmente finita.”

I punti di cui parla Vermouth si trovano più o meno agli estremi del foglio. Heiji però sembra piuttosto turbato da quei quadrati storti, in particolare dal più grande di loro. “Scusa tanto, ma... come sarebbero fatti questi palazzi?”

La donna sembra un po' perplessa, ma poi fa mente locale: “Questo piccolo è alto una decina di piani, di cemento, con poche ma grandi vetrate. Questo qui è medio, simile al primo ma un po' più grande. Il terzo è alto meno piani, ma più largo. Questo qui, invece, è il principale, interamente di vetro, alto tra i cinquanta e i sessanta piani.”

Kazuha impallidisce, diventando bianca come un cencio, mentre Heiji sembra starsi strozzando. “Hattori, che...?”

Lui deglutisce e cerca di riprendere la calma. “Credo di averlo già visto.”

“CHE?”

“Ma certo, quando mi hai chiesto, quattro anni fa, di recuperare la biondina.”

La saliva mi va di traverso per la sorpresa. “E tu non me l'hai detto?”

“Non immaginavo che fosse così importante!”

“Non è questo il punto.” taglia corto Vermouth, bloccando la discussione sul nascere. “Dovete mettere fuori uso quei posti, e la vittoria sarà vostra.”

“In che senso, mettere fuori uso?” domanda Ran, prima che Vermouth cambi discorso.

Lei sembra soddisfatta della domanda di Ran, come se aspettasse solo quella. “Io avevo pensato a delle bombe, per dire, all'ingresso, nella sala comandi e in quella delle armi. Tanto dalle finestre non ci si può scappare: sono antiproiettile e antitutto, in pratica. Neanche una bomba aprirebbe quelle finestre. Questo vale per il palazzo grande, per gli altri due basterà bloccare le entrate e le uscite, visto che le sale comandi sono fuori servizio e quelle delle armi completamente vuote.”

“E come si dovrebbe fare per raggiungere questi locali?” Anche Mitsuhiko si sta facendo coinvolgere, anzi, quasi più di tutti gli altri: si è sporto così tanto sul tavolo da oscurare quasi la vista a Ayumi e Genta.

In risposta, Vermouth tira fuori dalle tasche alcuni fogli, che, spiegati, rivelano le piante del terzo e del quinto piano del palazzo maggiore. “Le entrate sono una per lato, su due lati, quelli corti.”

Prendo tra le mani i fogli, analizzandoli bene, cercando di memorizzare tutti i dettagli: tutte le stanze si sviluppano su quattro corridoi che formano un cancelletto dritto. Le stanze in questione sono tutte negli angoli, quindi non sarà difficile ricordare, soprattutto tenendo conto della posizione dell'entrata principale.

Vermouth fa per congedarsi. “Spero sia tutto chiaro. Vedete di non cominare pasticci.”

Si avvicina all'uscita, ma la fermo con un'ultima domanda, che ho sulla punta della lingua da quando ha cominciato a svelare tutti questi segreti. “Vermouth?”

Lei si gira verso di me, fermandosi sulla soglia.

“Perché stai facendo tutto questo per me?”

Vermouth sorride appena, per la prima volta non un sorriso enigmatico, di sfida o perfido, ma un sorriso vero, di fiducia risposta, di richiesta. “Vedi di non deludermi, Silver Bullet.” dice, invece di rispondermi, allontanandosi.

Proprio ora, Shiho emerge dalle stanze della tenda, ma quando vede Vermouth allontanarsi la prende il panico. “No! Perché la state lasciando andare?”

Faccio per chiederle spiegazioni, ma il rumore di uno sparo richiama la nostra attenzione: Gin è sull'uscio della tenda dei Corvi, con una pistola in mano, puntata su Vermouth... che però sta cadendo verso il terreno, silenziosamente ma senza perdere quel suo sguardo fiero, neanche nel suo ultimo istante.

Shiho, disperata, si sporge verso l'esterno, urlando con tutto il fiato che ha in gola il nome della sua amica, bloccata appena in tempo da Mitsuhiko un attimo prima che si lanci fuori dalla tenda, senza smettere di gridare tra le lacrime.

In fondo, neanch'io sono più sicuro, ma so per certo che non tradirò la fiducia che Sharon ha riposto in me.

 

[(Vermouth)]

 

Non appena mi avvicino alla tenda, Gin mi punta una pistola contro, la rabbia negli occhi verdi. “Si può sapere cosa stavi combinando di là?”

“Non sono affari tuoi.”

Ringhiando minaccioso, Gin richiede ancora una riposta, ma mi rifiuto di dargli la soddisfazione di vedermi cadere. Così Gin ricorre alla soluzione più rapida: spara.

Mentre il proiettile arriva e mi scava il cuore però non mi smuovo, e decido di non farmi vedere debole da lui neanche mentre muoio.

Ho fiducia in te, Silver Bullet.


-----------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!!
eccomi qui con questo nuovo capitolo!!!! non avete idea di cosa ho fatto per stenderlo entro oggi pomeriggio (credo ci sia quasi la cena ad apsettarmi a tavola ^_^)
beh, spero che vi piaccia, e lasciate un commentino se vi va!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Il primo obiettivo ***


  1. Il primo obiettivo

 

[(Shiho)]

 

Anche lei. Anche Vermouth se ne è andata, ora. Mi ha lasciata anche lei. Per colpa mia.

Non riesco a trattenere le lacrime, le urla di disperazione, i singhiozzi. Sento qualcosa che mi scivola per tutto il corpo, lasciando il suo segno doloroso ovunque tocchi. Non riesco a provare, sentire niente, solo lo sconforto per aver perso anche lei.

Mi sento crollare, fisicamente e psicologicamente. Cado sulle gambe, evitando di finire a terra solo per delle braccia pronte che mi tengono prima che tocchi il pavimento.

“Shiho, stai tranquilla. Andrà tutto bene.” Il sussurro di Mitsuhiko mi penetra nell'anima, come un calmante a effetto immediato. Ma non è mica così facile dimenticare tutto quello che è successo finora. Senza neanche desiderarlo, mi ritrovo a piangere su una spalla, quella di chi mi ha raccolto poco fa, mentre la sua mano si appoggia sulla mia schiena, carezzandola con vigore. “Dai, calmati. Ora devi essere in forma, viene la parte più difficile.”

Non so neanche come, alzo lo sguardo, cercando di placare il pianto, e prendo un respiro profondo. Mitsuhiko ha ragione, devo farmi forza e sistemare questa faccenda una volta per tutte.

Shinichi fissa i suoi occhi nei miei. “Allora, come ti senti ora?”

Faccio cenno con la testa per dirgli che sto bene, anche se sento ancora il respiro tremare.

Shinichi annuisce, facendo mente locale. “Okay, dobbiamo organizzarci per distruggere le basi dell'Organizzazione. Innanzitutto, chi è che vuole tornare a casa ora? Non c'è nessun problema, possiamo anche farlo in meno di otto, quindi sentitevi liberi di andare se non ve la sentite, non vi biasimo. In fondo, anche a me farebbe piacere tornarmene a casa mia.”

Vedo appena Heiji, accanto a me, che dà dei colpetti sul braccio a Kazuha, mentre lei stringe di più, anche se impercettibilmente, il bordo del tavolo. “Andiamo, Kazuha... te lo ha detto, puoi tranquillamente tornare a casa e metterti ai ripari, tornerò.”

“Non se ne parla, io non ti lascio proprio ora.”

“Andiamo, Kazuha, non fare la bimba viziata.”

“No, io rimango qui.”

“Ma...”

“No.”

Heiji buffa sonoramente, ma poi lascia stare. “E va bene. Ma ricorda che io ti avevo avvertito.”

Kazuha esibisce un'espressione soddisfatta, ma intreccia le dita con quelle di Heiji.

Non riesco a fare a meno di sorridere. Quei due sono incredibili. Il loro amore è molto particolare, litigano in continuazione ma in fondo si amano a vicenda più di qualunque altra cosa.

Anche in base alle offerte e alle proposte, formiamo le coppie per l'operazione, mentre sento una strana agitazione dentro di me: sta per finire tutto, l'Organizzazione, la perenne preoccupazione di essere beccati, la necessità di stare sempre sul “chi va là”, tutto, sta per finire tutto. Ogni cosa.

 

[(Ayumi)]

 

Quando Shinichi chiede chi non se la sente di sistemare questa faccenda delle bombe sento i brividi dietro la schiena, mentre le mani sudano di un sudore freddo: certo, ormai è finita, ma... non so se me la sento di piazzare le bombe, di finire, appunto. È come se la paura cercasse di sovrastare sulla volontà.

Tuttavia, Genta sembra accorgersi del mio disagio. “Ehi, Ayumi, cosa c'è?”

“Genta, io non lo so, io... io ho paura.”

Lui sfoggia uno di quei sorrisi rassicuranti che è capace di fare solo lui, dandomi una leggera gomitata nelle costole. “Dai, lo so che hai paura, ne ho anch'io, ma... andiamo, è finita! Devi solo darti lo sprint finale! In fondo, usciti di qua, non ci sarà più bisogno di tutto questo!”

Non so neanch'io come, ma riesco a sorridere, come se una parte del peso si fosse sollevata dal cuore. “Già, mi sa che hai proprio ragione!”

Solo adesso, Shinichi ripiega la “cartina” fornitaci da Vermouth. “Bene, allora direi che possiamo anche passare all'azione.”

 

[(Kazuha)]

 

Quando Shinichi scioglie la riunione per farci iniziare ad organizzare, Heiji mi prende da parte, in un angolo. “Senti, Kazuha, devo parlarti.”

Inclino la testa, appoggiandomi alla parete dietro di me. “Cosa è successo?”

“Dai, hai capito...” Heiji mi fissa negli occhi. “Credo che tu sia ancora in tempo per andare a casa.”

Sorrido, senza distogliere lo sguardo. “Ma io non voglio tornare a casa. Non mi va che tu faccia tutto questo da solo... cioè, lo sai, ti è capitato già due volte. E ti ricordi chi è stato a vincere entrambe le volte, no?”

“Lo so, ma qui la cosa è seria. Cioè... bombe, Kazuha! Ti rendi conto di che cosa stiamo parlando?”

“Perfettamente.”

“Ma allora perché...”

Interrompo la sua domanda posando le mie labbra sulle sue. “Perché ti amo, razza di idiota. Dovresti saperlo ormai, no?”

Heiji stringe le labbra, forse indeciso su cosa dire, ma poi rilassa i muscoli, e, per quanto riluttante, mi fa cenno di venire con lui. “Su, andiamo. Se non ci sbrighiamo rischiamo di combinare disastri.”

Soddisfatta per aver vinto di nuovo, lo seguo, imitando tutti i suoi gesti. In fondo però una cosa su cui aveva ragione è che qui parliamo di bombe, non di giocattolini qualsiasi. Bisogna fare attenzione, più ancora di prima, ma è proprio per questo che voglio rimanere con Heiji in questo momento.

Heiji si alza, con dei pacchetti in mano. “Dai, prendine due e andiamo.”

Raccolgo altri due pacchetti dalla cassa, per poi raggiungerlo fuori dalla porta. Sento il cuore battere a mille, per l'emozione di poter finalmente mettere fine a tutto questo ma anche per il terrore. Quando si maneggia questa roba basta poco per perderne il controllo e far andare storto qualcosa, e rimetterci la pelle.

Davanti a noi si staglia all'improvviso un enorme edificio alto una quindicina di piani, piuttosto largo, senza porte sul lato per il momento visibile. Le vetrate non sono molte, cinque o sei per piano, ma sono grandissime, larghe almeno qualche metro.

Deglutisco, quasi inconsciamente. “Insomma, dovremmo far saltare in aria... questo?”

“Già.”

Dopo qualche istante di silenzio, Heiji fa schioccare la lingua, avviandosi verso il lato corto del palazzo. “Forza, andiamo a sistemare questi cosi e togliamoci il pensiero.”

Nonostante le gambe mi tremino appena, lo seguo, cercando di stargli dietro, anche se lui è piuttosto veloce. Quando lo raggiungo, ha già piazzato e fatto partire il conto alla rovescia di due bombe, sugli stipiti bassi di quella che sembra la porta principale. “Abbiamo sessanta secondi per allontanarci di qui. Vieni!” Heiji mi afferra la mano, cominciando di nuovo a correre lungo il lato del palazzo. Le gambe mi si rimettono in moto da sole, senza bisogno che io decida di correre di nuovo.

Quando ci fermiamo, siamo davanti a un'altra porta, come le porte antincendio dei negozi. Heiji ci si inginocchia davanti, tendendomi la mano. “Passa, forza!”

Proprio ora sento uno scoppio incredibile che mi fa letteralmente saltare, tanto che quasi mi cadono di mano le bombe. Heiji mi rivolge uno sguardo, fischiando sommessamente. “Accidenti...”

Dopo qualche secondo, mentre dall'interno risuonano delle voci allarmate, si sente un bip, e Heiji mi afferra di nuovo la mano. “Corri, Kazuha!”

Sono solo due parole, ma bastano a farmi scappare come mai prima d'ora, quasi non sento il fiatone, la stanchezza, solo il desiderio fortissimo di sopravvivere insieme ad Heiji, cercando di superare il timer che conta inesorabilmente da trenta in giù, verso lo zero.

Sembra quasi che stia andando bene, quando, all'improvviso, tutto crolla. Il collo del piede mi rimane bloccato contro il bordo di una buca, e perdo l'equilibrio, cadendo con il mento per terra.

Heiji si ferma un attimo dopo di me, guardandomi spaventato. “Kazuha!”

Ormai mancano, secondo il mio timer interiore, circa quaranta secondi. Per quante soluzioni cerchi, l'unica valida è la più dolorosa per entrambi, anche se so che è la più giusta. Nonostante senta delle lacrime dietro gli occhi, sussurro, sforzandomi con tutta me stessa di non piangere: “Heiji, scappa senza di me.”

Heiji mi fissa, disperato. “Ma, Kazuha...”

“Heiji, so che è dura, fa male anche a me, ma è la cosa più giusta da fare. Adesso però vai. E ricorda sempre che ti amo.”

Heiji continua a guardarmi combattuto. Probabilmente si rende conto che ho ragione, ma spesso è difficile fare la cosa giusta.

Appoggio la testa per terra, socchiudendo gli occhi. Mi rimane solo da attendere la mia fine. Sento i passi di Heiji che si allontanano. Forse mi ha ascoltato... ma poi sento sollevarmi dal busto, e Heiji mi stringe il braccio sulle sue spalle forti. “Forza Kazuha, andiamo.”

Quasi mi viene da piangere. Non riesco a credere cosa Heiji sia disposto a fare per me. Molto probabilmente stiamo per morire entrambi, ma ha preferito farlo insieme piuttosto che salvarsi e lasciarmi qui. E, forse, per quanto possa sembrare egoista, lo sono anch'io. Insieme fino alla nostra fine.

Poi però mi rendo conto che stiamo andando troppo lenti. Sono trascorsi trenta secondi e non siamo neanche a metà. Per quanto sia bello rimanere insieme fino alla fine, in effetti, è tremendamente egoistico pretendere che muoia anche lui per colpa mia. Così m faccio forza, e glielo ridico. “Heiji, devi andartene e lasciarmi qui. Se prima avevamo qualche speranza di uscirne vivi, adesso siamo quasi spacciati. Ti sto rallentando troppo.”

Per un attimo sembra che Heiji stia cedendo, ma poi mi fa ruotare e mi ritrovo distesa sulle sue braccia. “Tieniti forte Kazuha.”, e riprende a correre ancora più veloce.

Sembra che uno spiraglio di luce si sia aperto davanti a noi. Affondo il viso nel petto di Heiji e cerco di stringermi quanto più forte a lui, assaporando il suo dolce profumo di ciliegi per quella che è molto probabilmente la mia ultima volta, ascoltando il suo cuore che batte insieme al mio.

Poi però si ferma all'improvviso, e apro gli occhi in avanti: un burrone, che sembra circondare su tre lati la vallata, si apre proprio davanti a noi in una gola senza fondo.

“A quanto pare siamo arrivati alla fine.” dice, con la sua voce rauca e delicata allo stesso tempo. Temo che abbia ragione.

Heiji guarda dietro di sé. “A occhio e croce, da qui al palazzo su cui abbiamo piazzato le bombe sembrano una trentina di metri, ovvero un po' più del raggio di azione che dovrebbero avere le bombe. Possiamo solo fermarci qui e sperare che abbia ragione.”

“Insomma, sta per finire.” sussurro, mentre Heiji mi posa a sedere per terra. Lui si siede accanto a me, sorridendomi dolcemente. “Sembrerebbe proprio di sì.”

“Ti amo, Heiji, ti amo alla follia, più di qualunque altra cosa o persona al mondo, e continuerò ad amarti fino alla morte e oltre.” mormoro, perdendomi nei suoi occhi verde oceano.

Heiji mi stringe, in un abbraccio forte, come mai prima d'ora. “Ti amo anch'io, Kazuha, sempre e per sempre, continua a ricordarlo e non scordarlo mai.”

Mentre le ceneri e le fiamme delle bombe si avvicinano a noi, tingendo l'aria di arancio e rosso e riempiendola di polveri, io e Heiji ci uniamo in un bacio eterno, senza tempo, che durerà per sempre.

 

-----------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!
eccomi con un nuovo capitolo, completato proprio oggi, insomma nuovo di zecca.
(se non è chiaro, nella descrizione degli occhi di Heiji, con "verde mare" intendevo turchese, ma l'ho detto perché mi sembrava più musicale e poetico. fatemi sapere nel caso non vi dovesse sembrare appropriato)
spero vi sia piaciuto! lasciate una recensioncina se vi va, mi potrebbe essere utile e mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Uno dopo l'altro ***


  1. Uno dopo l'altro

 

[(Shiho)]

 

“Dai, Shiho, sono andati anche questi! Ancora due ed è fatta!”

Mitsuhiko mi fa cenno di correre dietro di lui, mentre il conto alla rovescia della bomba parte da sessanta, avvicinandosi sempre di più allo zero.

Senza pensare, con le gambe che si attivano in modo automatico, mi alzo e riprendo a correre come se avessi le ali sotto i piedi, anche se decisamente non come Mitsuhiko, che sembra una freccia lanciata da un arco, così veloce che sembra i suoi contorni si confondano con l'aria intorno. Solo quando arriviamo alla seconda porta ci fermiamo, riprendendo fiato. Appoggiandomi alla parete, mi poggio una mano sul petto, dove il cuore batte come impazzito per l'affanno, mentre il suo eco si sente pulsare fin nelle orecchie. Per un attimo mi viene quasi la tentazione di lasciarmi scivolare lungo la parete e abbandonarmi lì, ma, come se mi avesse letto nel pensiero, Mitsuhiko mi ferma, prendendomi un polso, facendo battere ancora di più il cuore. “No, Shiho, non puoi mollare proprio ora. Manca un tanto così, è solo un ultimo sforzo.”

Guardo nei suoi occhi, decisi e rassicuranti, come se ci credesse sul serio. Ma in fondo, perché non dovrebbe? È vero, manca davvero poco, o almeno così sembra. Così annuisco e noto che, nel frattempo, lui ha già installato le bombe, c'è solo da avviare il conto alla rovescia.

Ma, ovviamente, qualcosa deve andare storto. E infatti, improvvisamente delle voci dall'interno del palazzo richiamano la nostra attenzione: sono alte e rabbiose. Evidentemente si sono accorti dall'esplosione che c'è qualcosa che non va. In più, tra queste c'è una voce che ho imparato purtroppo a conoscere: è roca, dura e rozza. Si tratta di Korn.

Un brivido mi percorre tutto il corpo, risvegliandomi e addormentando in un attimo i sensi di stanchezza. Senza un attimo di esitazione, attivo la bomba e riprendo a correre, mentre Mitsuhiko è già davanti a me, che si volta solo ogni tanto. Poi però, dopo essersi voltato per un attimo, si ferma do botto. Istintivamente mi chiedo che motivo c abbia per fermarsi, ma poi mi afferra per le spalle e mi sposta davanti a lui, mentre risuona uno sparo. Ho la tentazione di girarmi e accertarmi che sia tutto a posto, ma mi ferma la voce di Mitsuhiko: “No, Shiho, non ti fermare! È tutto a posto, o almeno lo sarà quando crolleranno queste entrate del cavolo!”

Troppo agitata per rispondere negativamente, obbedisco e continuo a correre, guardando fisso davanti a me.

In uno scatto finale, Mitsuhiko mi spinge la schiena, mentre la bomba esplode dietro di noi.

Ansimando, rialzo il viso sporco di terra e sangue. “Ce l'abbiamo fatta.” Faccio una breve pausa, per metabolizzare il fatto. Persino io faccio fatica a concepirlo, ma è vero. “Non posso crederci, ce l'abbiamo fatta sul serio.”

Conoscendolo, mi aspetto un “già” di Mitsuhiko... che però non arriva.

L'agitazione fa per prendermi, ma poi mi chiedo perché devo pensare per forza al peggio e giro appena lo sguardo. Ma non appena mi rendo conto di cosa è successo, il fiato mi viene a mancare, mentre tutta l'eccitazione incredula di un attimo fa si prosciuga in meno di un attimo.

Sul viso di Mitsuhiko è dipinta un'espressione sofferente, mentre più in basso, nel fianco, c'è una larga ferita che sembra star perdendo sangue, che scivola sulla mia camicia fino a bagnarmi la pelle.

“Mi... Mitsuhiko...” La voce mi si spezza in gola prima che possa continuare la frase o dire qualunque altra cosa.

Lui si tira a sedere, seppur a fatica. “Stai tranquilla, non è nulla. Sto bene.” Ma si capisce dalla sua espressione che è una bugia, e anche bella grossa.

“Anche lui. No, no. Perché, perché anche lui?”, è il pensiero che si formula nella mia mente. Quasi senza accorgermene, le lacrime si raccolgono dietro gli occhi, mentre l'amarezza si accumula nel cuore. Prima mia madre, mio padre... poi mia sorella... Vermouth... no, no, non posso perdere anche lui. Ma perché?

Mitsuhiko mi guarda, preoccupato, abbassando lo sguardo fino a farlo arrivare all'altezza del mio. “Shiho, ti dico che è tutto a posto. Guarirà in poco.”

Scuoto la testa, in ginocchio. “Mia madre e mia sorella sono morte per garantirmi una buona vita, Vermouth per liberarmi dall'Organizzazione... e ora tu per proteggermi da quel proiettile. Distruggo ogni cosa che tocco. Anche se non voglio, non c'è niente da fare, il nero non viene più via. Sarebbe stato meglio se...” Non riesco a continuare la frase, mentre i singhiozzi mi fanno sussultare, uno dopo l'altro.

Davanti a me, però, Mitsuhiko sembra star ribollendo, come una pentola a pressione... fin quando, all'improvviso, mi mette le mani sulle spalle, facendomi trasalire. “Insomma, basta Shiho, basta! Smettila di fare questi discorsi, ma ti rendi conto di tutte le scemenze che ne escono? “Il nero non viene più via”... “Il nero ti marchia per sempre”... ma capisci quello che dici?” Dopo un attimo di rabbia incontrollata, Mitsuhiko prende un respiro profondo per calmarsi, togliendo le mani dalle mie spalle. “Senti, forse tu sei convinta di essere... beh, sbagliata, no? Beh, certo, forse avrai fatto delle cose non proprio da esempio, come entrare nell'Organizzazione, sparare ad alcune persone, accettare di continuare a lavorare a quella sostanza. Ma hai fatto anche tante cose buone. Hai messo da parte quello che volevi per salvare Heiji e Kazuha, hai cambiato lato e sei tornata con noi, ci hai aiutati nella lotta contro l'Organizzazione...” Mitsuhiko mi prende la mano, facendo balzare il cuore nel mio petto, e inchioda i suoi occhi nei miei, guardandomi con un sorriso che mi scombussola tutta. “... sei entrata nella mia vita.”

Il cuore mi batte nel petto come impazzito, fuori controllo. Fisso il suo sguardo, dolce e pieno di vita e aspettative per il futuro. Mi ritrovo bloccata nei suoi occhi, chiedendomi ancora una volta come faccia a essere così tanto per me.

Piano, senza pensare, solo seguendo i nostri cuori, avviciniamo lentamente i volti. Ormai riesco a sentire i suoi capelli che mi accarezzano la fronte, sfiorandola appena. A metà strada, le labbra si appoggiano òe une contro le altre, in un bacio delicato ma che basta a farmi sentire le farfalle che volano confusamente nello stomaco, ma il bacio che avrei voluto, quello che mi rendo conto di aspettare da più di quanto credessi. La chiusura di un'età, l'apertura di una nuova era.

 

[(Ayumi)]

 

Genta si volta a guardami, lo sguardo che indugia sui pacchetti che tengo in mano. “Ayumi, dai, stai tranquilla. Ricorda, siamo all'ultimo. Fai quest'ultimo sforzo ed è fatta.”

Mi mordo nervosamente un labbro, muovendo i piedi. Certo, ci vuole poco a dirlo. Ma farlo, beh, è tutta un'altra cosa. “Io, beh... ma certo.”

Genta alza un sopracciglio.

“Oh, e va bene. Non lo so. Sono troppo agitata. E se dovesse esserci qualche... fuori programma? Tipo, che so, che le bombe dovessero scoppiare troppo tardi uccidendoci? E se dovessero uccidere qualcun altro? E se non riuscissimo a scappare in tempo? E se...”

Adesso, mi sarei aspettata qualunque cosa da Genta, anche che mi avesse dato ragione. Ma di sicuro non mi sarei aspettata che avrebbe riso. “Dai, Ayumi, non essere melodrammatica! Vedrai che andrà tutto bene! Devi solo credere in te stessa. E se dovesse esserti difficile, pensa che io sono accanto a te. Okay? Me lo prometti?”

Deglutisco. Tuttavia, anche se le immagini di ciò che potrebbe succedere continuano a comparire nella mia mente, mi aggrappo all'ottimismo e al sorriso di Genta e mi avvio con lui al palazzo da rendere inaccessibile.

Quando ci accostiamo alla porta, Genta si abbassa, attaccando la bomba al pilastro dell'entrata. “Dai Ayumi, all'altro pensaci tu.”

Ancora una volta mi mordo il labbro, mentre le mani iniziano a tremare. Ecco che ci risiamo. Ogni volta che provo anche solo a pensare di fare qualcosa che possa anche solo danneggiare qualcuno, che si tratti di un buono o di un cattivo, l'ansia mi riprende.

“Vuoi che lo faccia io?”

Annuisco, tirando un sospiro misto tra sollievo e delusione da me stessa, passando uno dei due pacchetti a Genta, che preme un pulsante su entrambi e mi afferra la mano, facendomi sobbalzare il cuore nel petto. “Dai, corri!”

Senza esitazioni, punto i pedi alternativamente a terra e prendo a correre, veloce come mai in vita mia. Le piante dei piedi già cominciano a pizzicare, ma non mi fermo fin quando non arrivo lontano dal punto dove si è consumata l'esplosione. Mi appoggio pesantemente alle ginocchia, ansimando e cercando di riprendere il fiato nonostante la fatica che mi perfora la gola.

Genta invece si rimette subito in piedi, o meglio in ginocchio, per piazzare la terza bomba. “Ayumi, qui però devi collaborare anche tu, perché potrebbero essersi accorti di cosa abbiamo combinato dall'altro lato.”

Il labbro comincia a tremare. “Ma, Genta, io...”

“No, Ayumi, stavolta niente “ma”. Devi aiutarmi, e soprattutto devi avere fiducia in te stessa. Sei molto più di una semplice ragazzina piena di paure, ma sei l'ultima che deve ancora capirlo. Quindi non protestare e aiutami a piazzare queste bombe. In fondo, te l'ho detto, siamo all'ultimo. Ci mancano solo queste.” Detto questo, sfoggia un altro grande sorriso, infondendomi tutto il coraggio di cui ho bisogno. Parte della paura si dissolve in un attimo, mentre mi abbasso accanto a lui, e, con pochi decisi gesti, fisso il pacchetto all'architrave.

Genta mi guarda, sorridendo soddisfatto. “Grande, Ayumi. Ora aziona il conto alla rovescia e scappa come mai in vita tua, okay?”

Annuisco, per la prima volta decisa e senza esitazione. Premo il pulsante al lato del mini schermo a cristalli liquidi e prendo a correre più veloce di quanto pensassi di poter persino fare. Finalmente, all'ultimo, mi ritrovo Genta al fianco, proprio nell'istante in cui le onde di ripercussione dell'esplosione ci gettano a terra.

Ansimando, mi prendo un momento per riflettere, e metabolizzo finalmente quello che ho fatto. Quello che sono riuscita a fare. Che siamo riusciti fare. “Ce l'abbiamo fatta. Ce l'abbiamo fatta davvero.”

“No, Ayumi!” esclama Genta, accanto a me, con un sorriso enorme, suol punto di scoppiare a ridere dalla gioia. “Ce l'hai fatta!”

Quando me ne rendo effettivamente conto, neanche io riesco a trattenermi dal ridere forte, fin quasi a farmi mancare il fiato. Guardo Genta, che ride anche lui, felice come non credo di averlo mai visto.

Presa dall'entusiasmo, senza neanche riflettere, gli getto le braccia al collo e lo bacio, premendo le labbra sulle sue. Quando mi stacco, rendendomi conto solo ora di quel che è successo e di quel che ho fatto, lo guardo, chiedendomi quale possa essere la sua reazione... ma, dopo un attimo di sorpresa, mi stringe le braccia intorno al busto, stringendomi a sé, senza smettere di ridere.

Beh, direi che da adesso in poi le cose possono solo migliorare per noi.


------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!
siamo in dirittura d'arrivo a quanto pare.... tristi? io un po' sì, in realtà (mi sono fatta un po' d conti, mancano esattamente 2 capitoli per arrivare alla fine della storia)
questo capitolo è stato molto speciale, soprattutto dal momento che avevo tutto in testa praticamente da quando ho iniziato a scrivere (e-ehm...)
spero che vi sia piaciuto, e lasciate una recensioncina se vi va, mi farebbe piacere sapere che ne pensate!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Ultimo atto ***


  1. Ultimo atto

 

[(Shinichi)]

 

Fisso meglio la bomba alla gamba della scrivania, assicurandomi che non possa cadere per errore. “Ran, ci sei?”

“Sì, ho fatto.” La sua voce mi arriva da destra, emi volto a guardarla. Cerca di nascondersi dietro una maschera di sicurezza, ma nella sua voce risuona un tremore appena percepibile. Ha paura, solo che non lo ammetterebbe mai, neanche davanti a me. Soprattutto davanti a me. Teme che tra di noi possa cambiare qualcosa, anche impercettibilmente.

Non riesco a trattenere un sorriso tra l'amaro e l'intenerito, per questa ragazzina che si traveste da roccia ma nasconde tante insicurezze dentro la sua corazza.

“Pronta?” Avvicino la mano al pacchetto legato alla gamba della scrivania. “Tre, due... uno...” Le afferro la mano e la spingo in avanti, esortandola a correre. “VIA!”

Proprio nell'istante in cui riusciamo a metterci fuori dalla portata della bomba, un'esplosione rimbomba dietro di noi. “E siamo a due. Avanti, Ran, ci mancano solo le porte.”

Dopo un attimo per riprendersi dalla corsa, Ran annuisce e riprende a correre per le scale, scendendo veloce come una mina vagante.

Mina vagante...

Per un attimo mi torna in mente il sogno che faccio praticamente ogni notte quando mi stendo nella mia postazione per la notte: una pistola dell'Organizzazione a cui viene premuto il grilletto, il proiettile che parte... e, per quanti sforzi faccia, che entra nel petto di Ran. Lei che rimane paralizzata, con una mano sul petto, che si insanguina velocemente... e poi le sue ginocchia che cedono sul pavimento, e il suo corpo che cade inerme tra le mie braccia, con la consapevolezza di dover continuare ugualmente la mia missione...

Strizzo gli occhi, cercando di scacciare queste immagini dalla mia mente. Non devo pensarci. Forse, in fondo, la missione potrà concludersi senza danni troppo rilevanti. Non è necessario che veniamo conciati per le feste dagli Uomini in Nero.

In fondo al corridoio risuonano delle voci sommesse che urlano arrabbiati e preoccupati, così il mio istinto si muove prima di me, e sposto di peso Ran dietro a una porta aperta, chiudendola silenziosamente. Sia io che lei rimaniamo persino senza respirare, nell'attesa che gli uomini siano passati: l'unica cosa che in questo momento può tradirci è il battito frenetico dei nostri cuori, che sembra fare nella mia testa più chiasso di qualunque altra cosa, anche dal momento che, per infilarci in fretta nel nascondiglio, siamo finiti schiacciati l'uno contro l'altra, mentre i nostri visi sono pericolosamente vicini.

Sembra che non ci sia più nessuno fuori, quando improvvisamente un viso si avvicina pericolosamente all'angolo. Fisso gli occhi di Ran, che si stanno dilatando quasi più dei miei. Sento il suo cuore battere proprio accanto al mio, ma molto più veloce, quasi voglia uscire dalla cassa toracica.

Dopo quelli che sono probabilmente pochi istanti ma a noi sembrano eternità, il viso si ritrae e si allontana con gli altri.

Quando per il corridoio non si sentono più rumori di nessun tipo, mi permetto di respirare di nuovo, anche se il cuore continua a battere furiosamente.

Solo ora mi accorgo di essere ancora stretto a Ran, mentre lei è tutta rossa in volto... esattamente come credo di essere appena diventato io.

Distolgo rapidamente lo sguardo, controllando di nuovo il corridoio e facendole cenno di muoversi. “Via libera.”

Ran annuisce appena, seguendomi nel corridoio completamente deserto. Gli unici suoni che si sentono nell'ambiente sono i nostri passi sommessi, che generano un debole eco per le pareti e la stanza vuote.

Faccio per imboccare le scale, m delle voci lontane mi dicono che in fondo a questa rampa ci sono degli Uomini che aspettano solo che noi scendiamo.

Mi guardo intorno, cercando qualche via alternativa. Il mio sguardo cade quasi subito sull'ascensore, e, prima che possa pensare qualunque altra cosa, tiro Ran per il polso e la porto nella cabina vuota, premendo alla svelta il pulsante. Le porte si chiudono, ma, ai miei occhi, lente, troppo lente per noi, che stiamo fuggendo e abbiamo bisogno dell'unica cosa che non abbiamo: tempo.

Dopo un tempo che mi sembra incommensurabile, con un ding le porte si riaprono, su un corridoio all'apparenza deserto. Neanche il tempo di uscire dall'ascensore però che degli Uomini circondano l'entrata, con le pistole in mano. Non dicono nulla, m il messaggio è più che chiaro: fermi dove siete.

Il cuore batte di nuovo come un ossesso, mentre cerco disperatamente con gli occhi un modo per sfuggire e piazzare le ultime bombe. Lo sapevo che era difficile, è lei che è troppo testarda.

Poi però accade qualcosa, tutto in un istante. Uno di loro alza la pistola e appoggia il dito sul grilletto, mirando su un punto davanti a sé. Prima che possa anche solo rendermene conto, con uno scatto metallico e uno scoppio, la pistola spara. Il proiettile parte... e attraversa la maglietta di Ran.

Il tempo si blocca all'improvviso. Mentre sento il respiro accorciarsi, un nodo alla gola che mi si stringe sempre di più, paralizzato, fisso le immagini del mio incubo che si sovrappongono alla realtà, Ran che crolla in ginocchio, con gli occhi spalancati, con una mano che poggia sul petto, e io che non riesco a fare a meno di urlare il suo nome, cercando di richiamarla, di farla tornare da me.

Premo un pulsante a casaccio per far chiudere l'ascensore, mentre nella mia mente lampeggia solo il nome di Ran, della mia piccola Ran, una ragazza che ha voluto a tutti i costi venire con me, aiutarmi.

Mi inginocchio accanto a lei, cercando di prenderla tra le braccia, continuando a chiamarla, mentre sento i miei occhi appannarsi.

Solo ora però mi accorgo di qualcosa. C'è molto meno sangue di quanto avrebbe dovuto. Il fiato mi si appesantisce. Incerto, lancio uno sguardo alla maglietta di Ran, nel punto in cui si è aperta, e qualcosa mi scoppietta dentro. Il proiettile ha sì attraversato la stoffa, ma si è conficcato nel diamantino blu di un ciondolo con il mio nome inciso sopra. La punta del proiettile ha appena graffiato la pelle di Ran, quindi si era trattato più dello shock che di altro.

Alzo lo sguardo sul suo viso, e lei mi fissa, lo sconvolgimento le si legge dritto negli occhi. Ha il fiato corto anche lei.

Ma è viva. È viva, sta bene. Ce la metto tutta per non scoppiare a ridere dal sollievo, ma non riesco a trattenermi del tutto dall'abbracciarla di slancio, ringraziando internamente chiunque l'abbia tenuta in vita e l'abbia salvata per un millimetro dalla morte. Dopo un attimo di incertezza, anche Ran si abbandona all'abbraccio, circondandomi il collo con le braccia morbide, affondando il viso nella mia spalla.

Cerco di godermi il momento, soprattutto dal momento che cose così belle non durano mai abbastanza... infatti, dopo tre secondi, le porte dell'ascensore si spalancano. Siamo costretti a sciogliere l'abbraccio e scappare verso l'uscita, percorrendo le scale alla cieca, facendoci guidare solo dall'istinto, e arrivando in un attimo giù nell'atrio.

Andando più veloci di qualunque altra volta in vita nostra, attacchiamo le bombe ai pilastri della porta e scappiamo come dal diavolo, verso l'altra entrata.

Proprio come previsto, dopo novanta secondi esatti l'ordigno scoppia con un boato assordante, sollevando polvere e detriti di tutte le sorte.

Sistemiamo le bombe alla seconda porta, mentre il mio cuore scandisce bene i secondi, battendo come sotto scariche continue.

“VIA, VIA!” urlo, afferrando la mano di Ran e prendendo a correre come mai prima d'ora, cercando di sentire bene i secondi che passano, veloci, troppo veloci.

Purtroppo, molto prima del limite dell'area di azione della bomba, sono costretto a fermarmi di botto, chiedendomi cosa sia possibile fare ora.

 

[(Ran)]

 

Per un attimo sono tentata di chiedere a Shinichi perché si sia fermato così all'improvviso, ma poi abbasso lo sguardo e per poco non mi viene un colpo.

Proprio davanti ai nostri piedi si apre un precipizio che sembrerebbe, a occhio, circondare per tre lati la vallata. L'altra sponda è a circa cinque metri d qui, quindi, anche usando tutte le nostre forze, un balzo non sarebbe abbastanza.

Mi mordo un labbro. Cerco con gli occhi un modo qualsiasi per sfuggire, ma sembra non esserci proprio nulla. A correre lungo la spaccatura non faremmo mai in tempo, né da un lato né dall'altro. Andare indietro è più cretino che altro, ma anche andare avanti potrebbe significare gettarsi dritto nelle braccia della morte.

Insomma, siamo in trappola, per farla breve.

Tuttavia, un attimo dopo, Shinichi mi rivolge uno sguardo che non saprei in nessun modo decifrare. “Ran, ho un'idea, ma è molto pericolosa. Te la senti?”

No che non me la sento!” urla una vocina dentro di me. Poi però mi dico che Shinichi sarà accanto a me, che non mi abbandonerà, che sarà qui a darmi forza e a risollevarmi se necessario. “Ma certo. Spara.”

“È una cosa che ho fatto con i Detective Boys del tempo fa, parecchi anni per la precisione, quando siamo dovuti scappare dalle torri gemelle di Nishitama.”

Le sue parole mi richiamano alla mente un ricordo così vecchio che ormai lo avevo quasi rimosso: per scappare lui e i Detective Boys avevano sfruttato la forza dell'esplosione e l'accelerazione della macchina che si trovava là dentro (lunga storia). E adesso lui, se lo conosco, ha deciso di sfruttare lo stesso trucco.

Cercando di nascondere il panico che sta crescendo un po' per volta e annuisco decisa. “Okay.”

Shinichi chiude gli occhi per un istante. “Mancano circa trenta secondi. Ran, per la riuscita di questo piano devi tenerti forte, okay?” Cerca chiaramente di nasconderlo, ma sta arrossendo, e pure parecchio. Tende imbarazzato le braccia. “Dai.”

Solo ora, come una scema, capisco che cosa volesse dire. Arrossisco violentemente anch'io, mentre il cuore batte all'impazzata, ma mi stringo ugualmente al suo collo, mentre lui mi circonda il busto con le sue braccia forti. Per un attimo, straordinariamente, mi sento.. bene. Non come se fossimo forse a pochi secondi dalla morte, ma solo in un abbraccio, stretta a lui come se esistessimo solo noi due.

Solo ora mi torna in mente una frase detta da una persona molto importante. “Shin...” sussurro appena, quel tanto che basta perché mi senta. “Questa potrebbe essere la fine?”

“Già.”

Alzo lo sguardo, sui suoi occhi limpidi, blu come l'oceano, sul suo sorriso, che, almeno ai miei occhi, non è per niente offuscato dalla paura del momento. E, dopo un attimo di esitazione, pensando al fatto che questa potrebbe essere la mia ultima occasione, lo bacio. Appoggio le labbra sulle sue, godendomi il suo profumo di... beh, di lui. Di casa, di amicizia, di amore.

Inaspettatamente, sento che anche lui sta ricambiando il bacio. È il nostro momento. Il nostro ultimo, ma solo il nostro. Nostro e di nessun altro.

All'improvviso, sento la sua voce che mi sussurra, quasi nell'orecchio: “Tieniti pronta.”

Annuisco, chiudendo le palpebre e stringendomi a Shinichi, mentre l'esplosione ci fa saltare sul burrone. Non so come stia andando, ma per la testa ho un unico, grande pensiero: “Sonoko, l'ho fatto.


-------Angolo dell'autrice
EHILA' BELLA GENTE! (sì, è la fine della scuola che mi ha dato alla testa. non ci badate)
Ciao a tutti ,dunque!
eccomi con questo nuovo capitolo, il penultimo per la precisione.
eh sì, è già quasi finito.... sniff, a me un po' dispiace. e a voi? *no decisamente molto convinto dal pubblico*
vabbe'.
non posso frae altro se non augurarmi che vi sia piaciuto e invitarvi a lasciare una recensioncina, anche piccola, tanto per farmi sapere che ne pensate.
e adesso mi posso dileguare, dovrei aver detto tutto.
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Epilogo ***


  1. Epilogo

 

“...insomma, io e Ran siamo riusciti a uscirne indenni, ci siamo ritrovati insieme agli altri e tutto è finito per il meglio. Fine.”

Shinichi abbassa la schiena sul comodo schienale del divano, guardando soddisfatto i nipotini che lo fissano a bocca spalancata. A quanto pare è riuscito a stupirli. Tuttavia, la sua espressione cambia del tutto...

...quando i cinque bambini scoppiano a ridere, così forte che a un certo punto una di loro, una bimba sugli otto anni dai capelli scuri e gli occhi di un particolare colore ambrato, si ritrova distesa a terra a tenersi la pancia.

Shinichi li guarda sgomento e anche un po' deluso. “Scusate, ma che... cosa c'è da ridere?”

Un bimbetto sui quattro anni, biondo con dei begli occhi blu, riesce a dire, tra le lacrime: “Niente, nonno... è una bella storia...”

“...ma è troppo poco credibile per mettere come protagonisti te e la nonna!” completa un altro bimbo, di un paio di anni più grande del primo, piuttosto simile al precedente ma con un casco di ricci rossi sulla testa.

Shinichi si ritrova suo malgrado a esibire una grande espressione esasperata. “Ma è tutto vero... vi assicuro che è vero...” Senza sapere più che fare, si rivolge a una bimbetta di due anni, che tiene abbracciato a sé un orsacchiotto di peluche. “Reiko, tu mi credi, vero?”

Reiko lo fissa confusa con i grandi occhi verde oceano, facendo ricadere di lato i capelli corti e neri. “Perché nonnino, non era solo una storia?”

Shinichi sente qualcosa sprofondargli nello stomaco. Non riesce a farsi credere neanche da una bambina convinta dell'esistenza degli unicorni! Ma come è possibile? “Ma io vi assicuro che...”

“Andiamo, papà!” Dallo stipite della porta, una donna sui trentacinque anni, dai lunghi capelli neri striati di cioccolato e gli occhi azzurro-lilla, ride, facendo risaltare la voce limpida e acuta. “Non vorrai mica continuare a raccontare questa storia fino a quando non troverai qualcuno che ci creda?”

“Sono...” Seduto al tavolo, un uomo poco più piccolo di lei, con gli occhi blu oceano e i capelli castano chiaro, alza gli occhi per riflettere un attimo.

“...trentatré anni, fratello.” suggerisce quella che chiaramente è la sua gemella, accanto a lui, per poi rivolgersi al padre. “Papà, sono trentatré anni che continui a ripetere la stessa storia a ogni generazione.”

Shinichi fa scorrere lo sguardo tra i figli, sgomento, perdendo ogni speranza di trovare in loro la garanzia che serviva ai bambini per credergli. “Ma... Sonoko, Conan, Sharon...” Disperato, cerca una risposta anche fra i piccoli, guardandoli a uno a uno nell'ordine in cui erano intervenuti poco prima. “Masami! Hiroshi! Eisuke! Reiko!” I quattro bambini però scuotono la testa, con un'espressione che sembra dire “Mi dispiace, ma non posso farci nulla!”. Shinichi reprime uno sbuffo, ormai quasi senza speranze. Cerca un ultimo sguardo di conforto nell'unico rimasto, che ancora non ha detto una parola. “Forse ho ancora una speranza...” “Atsushi... tu mi credi, vero?”

Il bimbo si morde un labbro. Nonostante il grande ciuffo scuro che gli scende sulla fronte, si nota l'indecisione tra dire la verità e non rischiare di ferire il nonno negli occhi ambrati come quelli della sorella. “Beh, è un racconto molto dettagliato, in cui è presente anche la nonna...” Poi però scuote la testa. “...ma sembra la trama di uno di un libro d'azione come quelli che legge la mamma.”

... o forse no.

Shinichi sente allo stesso tempo qualcosa che si accende e qualcos'altro che si spegne dentro di lui, farfugliando una qualsiasi cosa che possa convincere i nipotini, cercando di non farsi prendere dall'esasperazione.

A interromperlo è una risata cristallina che sente provenire da dietro di lui, che gli fa dimenticare tutto e lo spinge a voltarsi. Dalla porta della cucina esce Ran. Ormai sono passati quarant'anni da quel momento, non è più una ragazzina. Le rughe hanno già da tempo cominciato a rigarle il volto, mentre tra i capelli scuri si vedono numerosi filamenti bianchi... ma, almeno agli occhi di Shinichi, è sempre bellissima, proprio come allora, se non di più. Persino la sua risata sembra non essere cambiata, e ha ancora il potere di far dimenticare a suo marito tutti i suoi problemi, anche solo per un istante. “Stai cercando ancorai di convincere i nostri bimbi di tutto quello che è successo quarant'anni fa?” domanda con un sorriso divertito, posando sulla tavola la teglia che porta in mano.

“Ma, Ran è tutto vero, tu...”

“Lo so, Shinichi, me lo ricordo ancora bene.” Ran si siede accanto a lui sul divano, prendendogli la mano e appoggiando la testa sulla sua spalla, con un sorriso dolce sulle labbra. “Non potrei mai dimenticare. È stato allora che siamo riusciti ad ammettere a noi stessi che un “noi due” esistesse.”

“E io ti amo sempre e da sempre, proprio come allora, anzi, ancora di più.” Shinichi le lascia un bacio sulla fronte, per poi sorridere insieme a lei proprio come da ragazzi.

Hiroshi emette un verso disgustato, proprio come faceva suo padre Conan da piccolo in momenti del genere. Al contrario, Masami sospira sognante, sembrando, se non fosse per gli occhi, la fotocopia di sua madre Sonoko alla sua età.

“Nonostante tutto questo, Shin,” continua Ran, chiamandolo con il diminutivo usato fin da quando erano due ragazzini. “non puoi pretendere che ti credano. Devi ammettere che è piuttosto particolare, come vicenda. Se non lo avessi vissuto io stessa, probabilmente non ci avrei creduto neanch'io.”

Shinichi si morde un labbro. Deve ammettere che Ran ha ragione, come sempre. In fondo, quando si era risvegliato in ospedale dopo gli ultimi accertamenti, quarant'anni prima, aveva faticato lui stesso a credere a quello che era appena successo.

“Ma...” La preoccupazione di Shinichi però è un'altra, anche se non sa come spiegarla a parole. Forse, il punto è che teme che tutto passi come se nulla fosse accaduto. Ran deve aver capito, perché si rivolge ai nipotini, sorridendo dolcemente. “Bambini, però dovete fare a me e a nonno una promessa. Dovete prometterci che da grandi, anche quando noi dovessimo non esserci più, racconterete questa storia ai vostri figli e ai vostri nipoti, che a loro volta dovranno raccontarla a figli e nipoti e così via, in modo che la storia sopravviva per sempre. Ce lo promettete?”

I piccoli si guardano l'un l'altro, ma poi annuiscono decisi alla nonna, giurando in coro.

Ran si appoggia di nuovo alla spalla del marito, che la guarda divertito e sorpreso, sorridendo furbetta. “Visto? Non era difficile!”

***

Mi siedo sulla poltrona della sala d'attesa dell'editore, poggiando la borsa sulla sedia accanto a me e riprendendo in mano una risma di fogli fissati insieme. Soddisfatta, prendo un respiro, rileggendo con calma alcuni passi. Anche se non ce n'è bisogno, o almeno io non ne ho: ho sentito quella storia, da piccola, così tante volte, che l'ho praticamente imparata a memoria. Il nonno, in fondo, si ostinava a raccontarla ogni volta che nasceva un nuovo nipotino. E, considerando che io ero la maggiore, la avevo sentita alla nascita mia e di ogni mio cuginetto... ovvero per cinque volte totali, senza contare quelle che la raccontava tanto per fare qualcosa.

Tuttavia, alla decima volta, avevo iniziato a chiedermi se non fosse accaduto davvero. Così, molto più tardi, avevo chiesto anche alla nonna, e avevo scoperto che quella storia era tutta vera. Da quel momento in poi avevo cercato di raccogliere le testimonianze di tutti i protagonisti della vicenda, per poi trascrivere tutto in un racconto a capitoli, ciascuno dei quali diviso in paragrafi. In ognuno di questi si raccontava dal punto di vista di qualcuno.

Dopo che lo avessi finito però qualcuno di molto premuroso (“ciao, mamma”) aveva “riordinato” la mia camera, e la storia era finita in qualche meandro della mia libreria.

Invece, proprio la mattina del giorno di parecchi anni dopo (“ovvero proprio stamattina”), ho riaperto casualmente quel cassetto, e l'ho trovato. Immediatamente, mi è scattata un'idea in testa. “Perché non pubblicarlo proprio, in modo da farlo diventare leggenda assoluta?” E da questa folle congettura nata quasi per scherzo mi sono ritrovata tra le mani un futuro libro che probabilmente, o almeno così si spera, avrebbe fatto il giro del mondo.

E adesso ho tra le mani proprio questo libro, questo racconto così sacro per me e per tutta la famiglia, una storia vecchia di sessantatré anni ma che ha condizionato intere generazioni.

Nonno ne sarebbe contento.” Il ricordo di nonno che racconta questa storia mi fa sorridere ancora, sia per l'ironia dei momenti che per nostalgia. Soprattutto dal momento che avevo fatto appena in tempo a dirgli che gli credevo, poche ore prima che morisse. Scrivendo quella storia, non ero riuscita a fare a meno di pensare che aveva avuto davvero una gioventù rocambolesca, che però era finita in una vita incredibile. Sfogliando queste pagine, riesco a sentire il profumo di nonno, dei suoi racconti così coinvolgenti ed emozionanti, al limite del non credibile. Quasi senza farlo apposta, accarezzo le pagine del libro, dolcemente. “Ti voglio bene, nonno.”

Improvvisamente, a risvegliarmi dai miei pensieri, quello che immagino sia il segretario dell'editore mi raggiunge nella sala. “Signora Masami Konobuchi? Il capo dice che può entrare.”

Alzo lo sguardo, e, riprendendo la borsa, sussurro a mio nonno tra le pagine del libro: “Andiamo a renderti leggenda, nonno.”

----------Angolo dell'autrice
Ciao a tutti!!!
e così, anche questa ff è finita..... sniff, mi sto mettendo a piangere. anche se non saprei valutare la qualità stilistica del capitolo, di sicuro la situazione non è male. (la parte di “nonno Shin” già ce l'avevo in mente da secoli. quella di Masami da grande in realtà l'ho avuta sul momento, anche se non mi sembrava male. e poi... è grazie a lei se c'è questa storia!)
prima di causare un corto circuito del computer, mi dileguo. spero che, nel complesso la storia vi sia piaciuta! fatemi sapere!
bacioni!!!
<3, _happy_04

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3364341