All You Never Say

di julessnuff
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: What Kind Of Man ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Runaway ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Colors ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: What Kind Of Man ***



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I overheard the man

whisper

I am a lover

not a fighter,”

and to myself

I thought

I,

am in fact,

both.

For is it love

at all

if it's not worth

fighting

for?”

(Tyler Knott Gregson)






All You Never Say

Capitolo I: What Kind Of Man




8 novembre 2014



I was alone, falling free,
trying my best not to forget
what happened to us, what happened to me,
what happened as I let it slip.”


Harry si allunga, prende il cellulare dal comodino e spegne la sveglia. Si lascia cadere di nuovo tra le lenzuola, gli occhi chiusi, le labbra secche, la mente offuscata. Lentamente, lascia che le sue dita danzino nello spazio vuoto al suo fianco – sente che le lenzuola sono fredde.

È quasi confuso, prima di ricordare.

Sospira.



Harry si veste lentamente, il corpo ancora intorpidito dal sonno, quando sente il suo cellulare vibrare sul letto – eccolo, il primo messaggio del mattino. Non lo leggerà, questa volta. Non lo leggerà, perché oggi si sente forte.

Prende un paio di pillole dal comodino. Le manda giù senza acqua.

Il cellulare vibra di nuovo, ma Harry lo ignora, mentre va a fare colazione.



Buongiorno, Haz.”

Harry si siede di fronte al suo migliore amico, inizia a versare i cereali nella sua tazza.

Buongiorno, Ni.”

Niall sorride intorno al cucchiaio, fissandolo con quei suoi occhi gentili. “Hai dormito bene, stanotte?”

Sì, grazie. Anche se avrei preferito rimanere a letto un altro po'.”

Harry mangia un cucchiaio di cereali, e storce le labbra.

Il fatto è che ha sempre detestato i cereali. Quando era piccolo, sua madre si svegliava sempre prima di lui e di sua sorella Gemma per preparare la colazione – a volte erano uova strapazzate, altre volte pancakes, altre ancora colazioni inglesi complete – finché questo compito non era toccato a Harry. E non gli era mai pesato, davvero, lasciar riposare sua madre un po' e preparare la colazione per le persone a cui teneva di più – amava svegliarsi prima di tutti gli altri, camminare nella casa silenziosa e svegliarsi con l'odore del cibo mentre friggeva nella padella. Era uno dei suoi momenti preferiti della giornata – un'abitudine che ha mantenuto fino ad ora. Fino a un anno prima, a dire la verità.

Per qualche motivo, ora questo gesto gli costa troppa fatica – così mangia i suoi cereali in silenzio, senza farsi troppe domande.

Oggi è il grande giorno, eh?”

Harry sorride. Si era quasi dimenticato – oggi il dottor Winston, il suo psicoanalista, presenterà un libro nella sua libreria. È il primo evento che organizza da solo, e si sente orgoglioso di sé stesso. Fino a pochi mesi fa non pensava che avrebbe mai più messo un piede fuori casa, e ora è lì, è vivo, e sta realizzando delle cose - delle belle cose - completamente da solo.

Già. Grazie per avermi fatto tornare l'ansia, comunque.” dice, sorridendo per far capire a Niall che sta solo scherzando.

Ansia per l'evento o per il fatto che stai per diventare famoso?”

Harry sospira. “Ni, è solo un trattato di psicologia. E poi quante volte ti ho detto che parla dei suoi pazienti in forma anonima? Non comparirà il mio nome.”

Comunque c'è anche il tuo caso, lì dentro. Io sarei un po' in ansia sapendo che tutti possono leggere le mie turbe psicologiche in un libro.” Niall infila una mano tra i suoi capelli ossigenati e li spettina un po', prima di borbottare un: senza offesa.

Harry si mette a ridere, coprendosi la bocca con una mano. “Grazie, mi stai aiutando molto con il controllo dell'ansia.” dice, alzandosi, mettendo la sua tazza dentro al lavello.

Niall spalanca gli occhi, rendendosi conto di quello che ha appena detto. “Oh, cazzo – scusami, Harry, non volevo peggiorare la situazione. Sono proprio un amico di merda.”

Harry ride di nuovo, scrolla le spalle, mentre si appoggia con un fianco alla tavola. “Non ti preoccupare, Ni, stavo solo scherzando.”

All'inizio il fatto che la sua storia, i suoi pensieri e le sue emozioni sarebbero stati pubblicati in un libro non l'aveva entusiasmato molto – non è fiero di come si sentisse, di quello che si è lasciato fare, e solo poche persone, nella sua vita, sanno cosa sia successo in realtà, figuriamoci cosa abbia provato nel frattempo. Poi aveva saputo dell'anonimato, e il dottor Winston – o Ben, come si fa chiamare dai suoi pazienti – gli aveva spiegato che la sua storia avrebbe potuto aiutare altri psicoterapeuti ad affrontare persone con i suoi stessi problemi – a quel punto non era stato difficile scegliere.

No, mi dispiace davvero. Ogni tanto dovrei collegare il cervello alla bocca e -”

Il cellulare di Harry vibra sul tavolo per la terza volta, quella mattina.

Harry, è -”

Sì.” Harry non lo lascia neanche finire, il senso di colpa che stringe il suo stomaco in una morsa terribile.

Lo sai che dovresti -”

Harry lo interrompe di nuovo. “Sì, lo so. Non dire niente, per favore. Ci sto provando.”

Niall lo guarda negli occhi e annuisce, senza dire nient'altro.

Harry prende il cellulare e cancella i messaggi prima di leggerli.




Harry si lega i capelli, mentre osserva il suo respiro condensarsi nell'aria davanti a lui. Poi inizia a correre, sperando di riscaldarsi un po' – è ormai novembre, e la felpa non riesce a fermare l'aria gelida che corre giù per la sua schiena e lo fa rabbrividire.

Harry odia correre, per davvero. Ha iniziato sperando che potesse essere utile per scaricare un po' di tensione – per aiutarlo a dormire, alla sera, e renderlo un po' più rilassato durante la giornata – ma, ovviamente, non è servito a nulla. Ha anche provato a smettere, ma si è accorto come quasi gli mancasse sentire quel dolore alle gambe, il fiato corto, il sangue che pulsa in ogni angolo del corpo – quindi, alla fine, ha ricominciato. E sono le mattine come queste in cui non si pente della sua decisione – il Sole è ancora basso e si rispecchia sulle strade coperte dal ghiaccio, il rumore delle sue scarpe da ginnastica che colpiscono il cemento spezzano il silenzio soffice che avvolge tutto – è come vivere in un altro mondo, in un'altra vita, almeno per un po'. Un momento in cui può dimenticare tutto – un momento in cui si può distaccare da sé stesso e prendere il volo, guardare tutto dall'alto e godersi la vista, per una volta – un momento in cui la sua mente non è più sua e la sua storia non è più sua e la sua vita, anche per un secondo, non fa più male.

Forse Harry, dopotutto, non odia correre.




Harry rimane sotto la doccia più del necessario.

Sa che dovrebbe sbrigarsi, che probabilmente sarà in ritardo per l'apertura della libreria – ma ha bisogno di stare fermo un minuto in più – ha bisogno di raccogliere i suoi pensieri, ha bisogno di guadagnare un po' di autocontrollo, perché oggi non si prospetta una bella giornata; le vibrazioni del suo cellulare sono troppo frequenti, sta diventando già difficile ignorarle e sono solo le otto e mezza di mattina – Harry non vuole cedere, non oggi, non più.

Il suo sguardo cade sul suo polso, dove le lettere EP stanno iniziando a sbiadire – non sono più nere e grosse com'erano fino all'anno prima, ma sono ancora lì, a ricordargli qualcosa – qualcuno – che vorrebbe solo dimenticare.

Harry pensa che, se potesse, si strapperebbe quel pezzo di pelle a morsi – se questo servisse a cancellare il passato, a distruggere quel legame che lo costringe a vivere così, lo farebbe in un attimo. Ma la firma dell'Anima Gemella non funziona in questo modo.

È curioso, è davvero curioso, perché Harry si ricorda quanto fosse felice, il giorno del suo quattordicesimo compleanno, quando si era svegliato e aveva trovato quelle lettere sul polso. Si ricorda di quanto ci avesse fantasticato sopra – si ricorda quanti libri avesse letto sull'argomento, a soli dieci anni. Si ricorda di quando aveva ascoltato per la prima volta il mito degli ermafroditi – di come, all'origine, l'uomo non avesse genere sessuale, come ogni essere umano avesse quattro gambe, quattro braccia e due teste – come gli dei avessero deciso di punire l'umanità dividendo ogni persona in due parti con un fulmine, condannandoli a vagare per l'eternità alla ricerca della loro parte mancante. Ricorda di essere stato grato e felice di avere la possibilità di ritrovare l'altra metà della sua anima grazie alle iniziali che sarebbero comparse sulla sua pelle solo nella notte del suo quattordicesimo compleanno – ricorda di aver trovato l'idea che la sua anima fosse legata per l'eternità a un'altra estremamente romantica – ricorda che non stava nella pelle al pensiero di potersi ricongiungere con il suo pezzo mancante. Ricorda di essere corso giù dalle scale, le lacrime agli occhi e un sorriso enorme sul viso, ricorda di aver ripetuto le sue iniziali come un mantra, quasi per tutto il giorno – EP –, ricorda di essere stato così sollevato dal fatto di non essere un Senza Legame, un'anima in pena che non avrebbe mai trovato la sua completezza – ricorda le lacrime agli occhi di sua madre e le sue raccomandazioni, ricorda gli sguardi di tutti sul suo polso scoperto – Harry voleva trovare la sua Anima Gemella, disperatamente e subito.

Ricorda la prima volta che aveva sentito quelle iniziali bruciare sulla pelle, a sedici anni – ricorda perfettamente come il suo sguardo avesse iniziato a vagare tra i visi dei ragazzi radunati davanti alla scuola, sperando di trovare un segno, un segno che dicesse: eccoti, finalmente ci siamo trovati. Era talmente perso a cercare un viso, che non si accorse neanche che stava camminando senza guardare dove stesse andando; era talmente perso che neanche si rese conto, quasi, di aver sbattuto contro qualcuno. Contro un ragazzo, precisamente. Elijah Penlock, era il suo nome.

Harry esce dalla doccia in fretta.

Oggi non è il giorno giusto per ricordare.




Harry è appoggiato con la schiena contro uno scaffale, lo sguardo puntato su Ben – sta parlando di un disturbo di cui non ricorda neanche il nome. Non è importante, comunque, visto che sta capendo due parole su cinque del suo discorso.

La presentazione sta andando meglio del previsto – le sedie che Harry ha disposto davanti al tavolo di Ben sono quasi tutte piene, non ci sono stati imprevisti, per ora, e il suo psicologo ha davvero la capacità di incantare tutti, grazie alla sua presenza – solo lui potrebbe rendere interessante un trattato di psicologia, davvero.

È in quel momento, mentre inizia a sentirsi meglio per la riuscita del suo lavoro, che la sente.

Una spinta, un'attrazione che nasce da un punto talmente profondo dentro di sé che non riesce a capire dove sia, precisamente – un secondo in cui sente che tutto torna al suo posto, in cui il passato viene cancellato e tutto quello che importa è quel secondo, quel momento, e i secondi e i momenti che seguiranno, perché niente, niente ha avuto importanza prima di questo istante. Niente può essere paragonato a quella frazione di secondo, quando ogni cellula della sua pelle brucia di un fuoco rassicurante e gentile, quando ogni cosa al mondo sembra smussarsi, diventare più dolce, più colorata – più viva.

Poi sparisce, all'improvviso.

Harry è senza fiato.




Gli sembra di essere in una bolla di silenzio bianco e vuoto.

Non sa cosa sia successo, non sa perché tutto quello sia sparito in meno di due secondi – non sa nemmeno perché si senta così, non ha idea di cosa significhi, ma – forse quelli sono stati i due secondi in cui si è sentito più vivo nella sua vita. Si sente sconvolto, scombussolato – non aveva mai sentito niente del genere. Neanche quando aveva incontrato Elijah per la prima volta – neanche quando l'aveva lasciato. Ha sentito talmente tante emozioni, tutte insieme, talmente forti e brillanti da riempire ogni centimetro del suo corpo – talmente intense da far impallidire ogni cosa che ha provato finora – talmente splendenti che anche ora sente una scia elettrica increspare la sua pelle, dalla nuca ai polsi ai fianchi alle ginocchia alle dita dei piedi, la polvere di un'emozione esplosa dentro agli atomi del suo corpo – è sicuro che se guardasse il suo corpo sotto i vestiti troverebbe pennellate di luce che lo illuminano come un cielo pieno di stelle.

Harry ha quasi paura di sentirlo di nuovo.




Tu ci stai capendo qualcosa?”

Harry sobbalza leggermente, riaffiorando dai suoi pensieri bruscamente, e si volta verso la voce.

C'è un ragazzo di fianco a lui. Chissà da quanto tempo è lì.

No. Ho smesso di ascoltare più o meno venti minuti fa.”

Il ragazzo ride, e Harry vede un guizzo di azzurro, nei suoi occhi, prima che rivolga lo sguardo di nuovo verso Ben – bene, mi sento meno stupido, ora, sussurra. Harry si ritrova a fissarlo, e non sa neanche il perché – non ha posato il suo sguardo su nessun altro dopo Elijah, non potrebbe mai farlo, ma questo ragazzo ha qualcosa di diverso – il suo viso è aguzzo e pieno di spigoli, ma il suo sorriso è quanto di più dolce Harry abbia mai visto nella sua vita – il modo in cui la pelle intorno ai suoi occhi si increspa, la curva sulle sue labbra, l'azzurro dei suoi occhi che assomiglia più al cielo limpido che al ghiaccio – Harry non sa perché, ma trova queste contraddizioni estremamente belle, su di lui. Questo ragazzo non è attraente, no. È semplicemente bello, di una bellezza intrinseca e non immediata, di una bellezza rara – guardarlo sorridere verso di lui gli toglie il fiato.

Harry non si sente così da molto tempo. Forse è per questo che non riesce a dire niente.

Io sono Louis.” dice il ragazzo, porgendogli una mano. Harry l'afferra, la stringe nella sua e si rende conto di quanto sia più piccola, ma piena di calli – vorrebbe già fargli mille domande e chiedergli come se li è procurati, ma si trattiene, perché non è questo che fanno le persone normali.

Sta per dirgli il suo nome, ma il ragazzo – Louis – continua a parlare. “Sono il caso numero otto. Disturbo da stress post-traumatico. E tu?”

Harry si sente sprofondare. Come fa a essere così aperto su una cosa del genere? Come può dirgli che -

Oh, no, io non sono un paziente.” Harry lascia la sua mano, mentre sente il viso andare in fiamme per la bugia. “Sono solo l'organizzatore dell'evento. Lavoro qui.”

Oh.” Louis rimane in silenzio per un momento, gli occhi spalancati – sono di un blu elettrico di cui Harry non riesce a definire la sfumatura, che strano -, prima di portarsi una mano sul viso. “Dio, scusami. Non so perché ho pensato che tu – scusami.”

Harry lo guarda mentre si tira indietro i capelli e li spettina – sono lisci e sottili e lucenti e Harry si ritrova a immaginare la loro consistenza tra le sue dita -, e afferra il braccio appoggiato di fianco a lui sullo scaffale.

Non ti preoccupare, davvero. Io sono Harry, comunque.”

Louis sorride, come per scusarsi. “Giuro che di solito non vado in giro a dire alla gente che sono un malato di mente. E di solito non presumo che lo siano anche gli altri. Scusami.”

Harry ride un poco, e si rende conto che questa è una delle rare risate sincere che rimbombano nel suo cuore. “Ti ho detto di non preoccuparti. E non sei malato di mente – è solo un trauma psicologico.”

Una volta ho sentito il rumore di un aereo e mi sono buttato a terra in mezzo a Picadilly Circus. Se questa tu non la chiami malattia mentale...” dice Louis, e ride. Non fa ridere, non fa ridere per davvero, ma lui sta lì e lo dice con una leggerezza disarmante, e Harry non può fare a meno di invidiarlo un po'.

Una volta mi è quasi venuto un attacco di panico perché la guardia di un supermercato mi ha guardato male. Non vuol dire niente.” dice Harry, cercando di sorridere. Louis si mette a ridere ancora di più, e ha una risata così bella, una risata di quelle che prendono tutto il corpo, una di quelle che sembra che nascano dall'anima e non dalla gola. Una risata che fa tremare il mondo.

A me è capitato addormentarmi in treno, una volta, e quando ho aperto gli occhi stavo per strangolare il mio vicino. Lo so, lo so, non fa ridere – ma dovevi vedere la sua faccia, Harry – la sua faccia! Era un energumeno alto il doppio di me e largo il triplo – avrebbe potuto buttarmi a terra in un batter d'occhio – invece stava lì come se lo avesse assalito una specie di Hulk, capisci?”, continua a ridere, mentre si indica: “Insomma, mi hai visto? Non arrivo neanche allo scaffale più alto della mia cucina!”

Allora Harry ride. Non sa perché – Louis ha ragione, non dovrebbe far ridere – ma il suo petto continua a tremare e inizia a fare quei suoni imbarazzanti – Elijah gli ha sempre detto di ridere in silenzio, perché pensava quegli ha! scalmanati fossero patetici – e dagli occhi di Louis scappa una lacrima da quanto sta ridendo e la gente sta iniziando a girarsi e guardarli male perché stanno ridendo rumorosamente e Harry non sa da quanto questo non succedesse, da quanto non ridesse così di pancia senza un motivo, una spiegazione logica. È stupido, ma bello.

Quando riescono a fermarsi, Louis lo guarda con un sorriso dipinto sulle labbra, le guance rosse e gli occhi lucidi – l'azzurro che galleggia tra quelle lacrime è caldo e rassicurante – come può essere l'azzurro un colore caldo? Harry non lo sa, ma è torpore quello che sente fino alla punta delle dita, calore e serenità, per una volta.

Non so perché io ti abbia detto queste cose dopo aver scambiato solo due frasi. E non so perché io abbia riso. Ma è stato liberatorio.” dice, senza mai staccare lo guardo dal suo viso.

E io non so perché abbia riso con te. Non era divertente.” Harry si asciuga le lacrime, cercando di togliersi quel sorriso dalle labbra. “Non posso neanche immaginare che cosa tu abbia passato per tentare di strangolare la gente sui treni.”

Sono – ero – un soldato.” Louis si passa una mano tra i capelli, di nuovo, spettinandoli ancora di più. “Sono stato congedato con onore un anno fa.”

Oh.” dice Harry, e vorrebbe tornare serio, davvero, ma Louis lo sta guardando leggerezza negli occhi e non riesce a fermarsi. “Immagino sia stata un'esperienza particolarmente divertente, da quello che racconti.”

Louis è piacevolmente stupito, si lascia scappare una risata incredula, ma i suoi occhi sono gentili, mentre dice: “Molto divertente. Non puoi capire che risate mi sia fatto in Afghanistan, guarda.”

Harry appoggia una mano sul suo giubbotto di jeans, mentre lo guarda negli occhi. “Mi dispiace.” Poi, prima che l'argomento diventi troppo pesante, cerca di cambiare discorso. “Non è un po' freddo per portare solo una giacca di jeans? Hai anche istinti suicidi, soldato?”

Louis alza le spalle e sorride. “Istinti suicidi – non esageriamo. Magari sono solo un impavido soldato senza paura.”

O magari sei solo un po' stupido. La tua Anima Gemella dovrà prendersi cura di te.”

Il sorriso nei suoi occhi si spegne. Harry sta per dire che stava solo scherzando, ma Louis lo precede. “Sono un Senza Legame.”

Harry spalanca gli occhi – come è possibile che questo ragazzo non sia destinato ad amare ed essere amato per l'eternità? Come è possibile che chiunque, al mondo, si meriti di restare solo per sempre?

Questa storia delle Anime Gemelle gli piace sempre meno.

Mi dispiace, Louis.”

Louis alza le spalle, di nuovo, uno sguardo un po' triste negli occhi. “Non ti preoccupare. Significa che non dovrò perseguitare una povera anima per l'eternità, giusto?”

Harry sta per rispondere, ma Louis lo ferma. “Credo che Ben abbia finito.”

Harry distoglie lo sguardo da quel ragazzo e vede che il pubblico si è disperso - Ben sta stringendo alcune mani, e Harry non se n'era neanche accorto – che diavolo gli succede?

Quando si volta per dire qualcosa a Louis, questo è già alla porta – gli regala un sorriso e un piccolo saluto, prima di sparire in mezzo alla folla fuori dal negozio.

Harry non sa cosa pensare.




Solo più tardi controlla il cellulare – cinque nuovi messaggi.

Si rende conto che non ha pensato a Elijah per almeno una mattinata.

Sono passi avanti.







9 novembre 2014

Ore 1:56



Mi sono appena svegliato.

L'ho sognato. Anche stanotte, l'ho sognato.

Il suo volto non era proprio il suo, ma era offuscato, fuori fuoco, ma chi altro poteva essere, se non lui?

L'ho sognato, e c'ero anche io nel sogno. Eravamo stesi sotto il cielo illuminato dalla Luna, le sue dita tra i miei capelli, e mi sentivo come se ci fossimo solo noi al mondo – ma poi ho visto la Luna ridere e le stelle sorridere di rimando, i lupi ululare una canzone d'amore solo per noi.

L'ho sognato, ed ero tra le sue braccia, e nulla poteva farmi del male; ero al sicuro e potevo sentire il suo battito cardiaco sotto le dita.

E lui mi diceva ti amo, e io ho scelto quel momento per svegliarmi.

Ma era solo un sogno, ecco cos'era. Un sogno.

Perché ora so che stare con qualcuno non significa appartenergli, non significa perdere sè stessi per lasciare lo spazio necessario per l'ego dell'altro. Ora so che non bisogna affidare la propria felicità solo nelle mani dell'altra persona, perché le persone sono inaffidabili, e basta uno schiocco di dita per trasformare felicità in dolore. In sofferenza.

Ora so che l'amavo troppo, e amare troppo vuol dire amare male. Vuol dire non amarsi abbastanza per restare in piedi con i propri piedi.

Ora so che la dipendenza può essere così forte da spezzarti. Da renderti cieco e sordo. La dipendenza è subdola – si insinua nei tuoi pensieri e senza neanche rendertene conto, ti convince di stare meglio con qualcuno al tuo fianco, che senza quella persona ti verrà portata via anche una parte di te – che non sei mai stato completo, senza di lei.

La verità è che sono qui, sono sempre stato qui, e sono intero. Sono piegato, ma non spezzato. Sopravviverò.

Ma so anche che posso scrivere la storia più triste del mondo, stasera.

Io lo amavo, e a volte

mi amava anche lui.











Ciao a tutti!

Eccomi con una nuova storia. 

Scusatemi per la prolungata assenza - è un periodo un po' difficile, in generale, e non trovo mai la motivazione per continuare a scrivere. Questa storia mi è uscita così - ho pensato di aver bisogno di parlare anche di questa questione, vediamo cosa ne esce.

Come sempre, è molto personale e sentita - spero che vi piaccia, davvero.

Il titolo del capitolo è preso da What Kind Of Man di Florence + The Machine.

Grazie in anticipo a chi leggerà.

Un bacio,

Giulia

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Runaway ***



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All You Never Say

Capitolo II: Runaway



I was listening to the ocean,
I saw a face in the sand
but when I picked it up
then it vanished away from my hands.
I had a dream I was seven,
climbing my way in a tree,

I saw a piece of heaven
waiting, impatient, for me.
And I was running far away,
would I run off the world someday?
Nobody knows, nobody knows.
And I was dancing in the rain,
I felt alive and I can't complain;
but now take me home.
Take me home where I belong.

I can't take it anymore.”





9 novembre 2014



Quella mattina, Harry si sveglia e cerca qualcuno tra le pieghe delle lenzuola, come fa sempre da un anno, ormai.

Era più facile quando Niall aveva deciso di dormire con lui per quasi un mese – non è tanto la mancanza di Elijah il suo problema, ormai, ma la mancanza di qualcuno in generale. Per sette anni aveva avuto una presenza confortante al suo fianco – qualcuno da cercare in quel momento in cui non dorme più, ma non è neanche sveglio del tutto – quel momento in cui sente il corpo pesante e la mente intorpidita, leggera, meravigliosamente vuota, anche solo per pochi attimi – uno di quei momenti in cui non si sente solo e ha bisogno di un calore che può solo trovare in qualcuno vicino a lui, nell'intreccio di dita e nel rannicchiarsi tra le braccia di un altro essere umano – la sensazione di non aver bisogno di aprire gli occhi, anche solo per alcuni minuti, perché si è esattamente in un posto che non si vuole lasciare.

Non sarà mai facile stare da soli, anche se Harry sa benissimo che questo sarà il suo futuro – è stato lui stesso a lasciare la sua Anima Gemella, è consapevole delle conseguenze – deve solo abituarsi.

Ci si abitua. Ci si abitua a tutto.



Quando inizia a correre, quella mattina, sente una sensazione diversa nelle membra.

Oggi Harry è arrabbiato. Oggi nelle sue vene scorre solo rabbia, cieca rabbia, verso tutto e verso tutti, scorre legata al suo sangue e si espande in ogni angolo del suo corpo – Harry spera che, lasciandola libera, possa scaricarsi sul cemento sotto le sue scarpe da ginnastica, come un fulmine, come una scossa elettrica.

Oggi ce l'ha con sé stesso, più di tutti. Per quello che si è lasciato fare, per quello che ha lasciato correre. Vorrebbe prendersela con qualcun altro – è sempre più facile rivolgere la rabbia verso qualcos'altro, piuttosto che contro la sua anima -, ma la realtà è che il suo più grande nemico è sé stesso – come può pretendere rispetto dagli altri quando lui non ne ha mai avuto per sé? Come può pretendere comprensione, quando non riesce a capire nemmeno lui cosa gli fosse passato nella mente, per tutto quel tempo in cui è stato con una persona che lo amava così, nel modo più sbagliato possibile?

Lo amava. Sì, certo.

Si odia, si odia, perché anche dopo un anno non riesce ad ammettere a sé stesso che lui non lo amasse. Ben glielo dice sempre – lui non ti amava, Harry, non si ama così -, ma la realtà è che la parte più profonda di Harry non è ancora in grado di ammetterlo. Perché ha sempre pensato che il problema non fosse l'amore in sé – Elijah è la sua Anima Gemella, dopotutto – deve averlo amato in un qualche modo, no? Non può essere stata solo una costruzione, un'illusione, un castello di carta che è esistito solo nella sua mente, giusto? Non è così che funziona. E anche dopo ogni litigata e ogni umiliazione e ogni insulto Harry non ha mai pensato che non lo amasse – solo che Elijah magari lo facesse in modo sbagliato – tutto quel dolore doveva avere un senso. Non riusciva neanche a pensare che tutto quel male che gli infliggeva, in realtà, non avesse nessuno scopo se non la pura distruzione, depersonalizzazione di Harry. Tutto per renderlo dipendente, fragile, patetico – l'ombra di sé stesso.

Forse è vero che l'amore rende ciechi.

E tutta questa cecità è solo colpa sua – solo colpa di Harry. Perché se solo non fosse stato così ingenuo, così speranzoso – magari cambierà, deve solo crescere -, se solo non fosse stato così maledettamente sicuro del suo futuro – se solo non avesse avuto tutte quelle illusioni e preconcetti – se solo non avesse iniziato a sognare, a soli sette anni, di arrampicarsi su un albero e scoprire che un pezzo di Paradiso stava aspettando solo lui – una persona che lo portasse a casa, che lo conducesse nel suo lieto fine – se solo non fosse stato sempre così stupido.

E il fatto è che fa ancora male. Fa male sapere di aver trovato la persona che avrebbe potuto fermare la sua corsa – una persona che avrebbe potuto mostrargli un luogo soffice dove riposare – un luogo a cui appartenere – fa ancora male sapere che quella persona, l'altra metà della sua anima, non è mai stata interessata a farlo. Fa male essere immerso in un oceano, da solo, continuare a nuotare per rimanere a galla, cercando qualcosa di continuo, di continuo, anche se le braccia fanno male e le gambe faticano a muoversi per il troppo sforzo, anche se la pelle è secca per il sale nell'acqua che lo ricopre come catrame e gli occhi bruciano perché chissà da quanto non dorme – fa male vedere un viso sulla sabbia, sul fondo lontano, prendere un respiro profondo e immergersi, nuotare sempre più a fondo, le orecchie che si chiudono e il respiro che inizia a mancare – fa male allungare una mano e vedere quel viso sparire sotto i suoi occhi.

Fa male sapere di aver perso ogni possibilità.

È in quel momento che inizia a piovere.

Piove, e Harry corre, e pensa alle bugie che si è raccontato. Pensa a quando Elijah lo aveva chiamato per la prima volta inutile spreco di spazio. Ricorda ogni parola. Ricorda la forma esatta delle sue labbra mentre sputava la sua sentenza.

Inutile

spreco

di

spazio.

Ricorda di non aver mai pensato che le parole potessero fare così male.

Ricorda le prime scuse costruite nella sua mente.

È arrabbiato, non lo dice per ferirmi. Perché è così arrabbiato, comunque? Forse ho sbagliato qualcosa.

Harry non aveva sbagliato nulla. Harry voleva solo uscire con i suoi amici, invece che restare a casa da solo.

Quindi pensa alle bugie che si è raccontato, perché se n'è raccontate tante per davvero – per sette anni, una collezione di menzogne completamente ridicole e prive di senso, di credibilità, che non ha mai avuto il coraggio di dire ad alta voce per paura che si sbriciolassero non appena fossero uscite dalle sue labbra – la cosa peggiore è che conosceva la loro natura – sapeva che non erano verità, ma semplicemente scuse che ammorbidivano un po' le parole che Elijah pronunciava tutte le volte.

Harry non è mai stato la vittima, ma il complice, e questa è una cosa che non riesce ad accettare.

Si ferma, si china sulle ginocchia, sperando che il battito cardiaco rallenti – il suo cuore palpita alla stessa velocità dei suoi pensieri, e ha bisogno di fermarsi.

Inizia a essere difficile ignorare tutto e trovare momenti di pace.

Inizia a essere stanco.



La cosa che forse fa più male è vedere quanto le sue parole siano entrate in profondità.

Harry aveva solo sedici anni quando lo aveva incontrato. Solo sedici anni, quando Elijah aveva iniziato a cambiarlo, a stravolgerlo, senza neanche darlo troppo a vedere.

Era iniziato tutto dalle piccole cose, da un non metterti quella camicia, mi piaci di più con le felpe – niente che avrebbe potuto far nascere il sospetto. Poi c'erano stati i tagliati i capelli, Haz, sembri un senzatetto, poi i devi smetterla di uscire con quella feccia dei tuoi amici, Harry, non vedi che ti usano solamente?, fino ai smettila di ridere così, Harry, sei ridicolo.

Sei

ridicolo.

E alla fine, Harry non era più la stessa persona – talmente convinto che ogni suo gesto fosse un enorme sbaglio, bisognoso di approvazione per muovere anche solo un passo – era diventato un verme, un bambino con le sembianze di un uomo, solo, spaventato, dipendente. Una persona che non aveva mai voluto essere. Drenato, stremato. Piccolo. Inutile.

Ridicolo.

È in questi momenti che capisce la profondità a cui Elijah è riuscito ad arrivare con le sue parole – quando si insulta da solo, senza neanche accorgersene. Quando non parla con nessuno, perché sente di essere solo un peso. Quando soffre in silenzio, perché gli è sempre stato detto che è lagnoso, insopportabile, quando parla dei suoi sentimenti.

È in questi momenti che soffre di più, perché Elijah non gli ha tolto solo la possibilità di amare ed essere amato dal suo unico vero amore, dalla sua Anima Gemella, no. Gli ha tolto anche la possibilità di amare sé stesso – forse per sempre.

Sarebbe stato meglio se fosse stato un inaffidabile. Uno di quelli che preferiscono scappare che strisciare. Uno di quelli che non confondono la fantasia e la menzogna. Un silenzio al posto delle parole. Una pausa invece di una rima. Uno che non si sa trovare mai.

Invece Harry è solo Harry, e sempre lo sarà.

Non cambierà più per nessuno.




Harry sta cancellando i messaggi ancora non letti, quando sente qualcosa – come una carezza allo stomaco, l'eco di una sensazione che ha provato solo il giorno prima – un'onda che accarezza la sua pelle da capo a piedi, un'onda che sussurra svegliati, Harry, svegliati.

È di nuovo al lavoro, nella libreria – e anche se il cellulare trema ancora una volta tra le sue dita, non si preoccupa. È tranquillo, sereno.

Non assomiglia a niente che abbia mai provato in vita sua.




Harry sta mettendo a posto un paio di libri, quando nota una figura in fondo alla scaffalatura. Strano, non ha sentito nessuno entrare.

Ciao, posso aiutarti?”

La persona sussulta visibilmente, e in un secondo si nasconde dietro alla fila dei libri. Harry si avvicina, riesce a sentire un respiro affannato.

Quando svolta l'angolo, un paio di occhi blu elettrici lo immobilizzano sul posto.

Dio, Harry, non ti hanno mai detto che non è carino piombare così alle spalle delle persone?”

Harry sbarra gli occhi, e stranamente riesce a vedere la vena sul suo collo pulsare all'impazzata, gli occhi sgranati e spaventati, il respiro affannoso – Harry conosce tutti questi segni, perché sono gli stessi che prova sulla propria pelle quando sta per avere un attacco di panico – all'improvviso ricorda la conversazione del giorno prima. Disturbo post-traumatico da stress.

Louis – scusami. Non volevo spaventarti, scusa.”

Harry si sente terribilmente in colpa – non voleva allarmarlo, né risvegliare brutti ricordi nella sua mente.

Louis sorride, i suoi occhi si ammorbidiscono. “Non chiedermi scusa, Harry. Non è colpa tua. Ero talmente preso a leggere che non ti ho sentito avvicinarti.”

Harry guarda il libro tra le sue mani – è il trattato di Ben. Cerca di cambiare discorso, perché sa quanto possa essere imbarazzante farsi vedere così davanti a uno sconosciuto.

Non sei riuscito a darci un'occhiata, ieri, giusto? Sei sparito in un secondo.” dice, indicando il libro tra le sue dita. Louis sposta lo sguardo dal viso di Harry, guardando la sua mano come se non si fosse accorto di avere qualcosa tra le dita, come se si fosse dimenticato tutto, giusto per un secondo.

Oh. Il libro. Sì, scusa per ieri, per come me ne sono andato – ma anche per la conversazione in generale. C'è un motivo per cui sono entrato senza farmi vedere.” sussurra Louis, il sorriso sparito dalle sue labbra, una sincerità disarmante sulla sua lingua.

Harry non può credere che si sia vergognato di quello che è successo ieri – sì, è stata una delle conversazioni più strane che Harry abbia mai avuto nella sua vita, ma non per questo brutta o imbarazzante. Sincera, la definirebbe. Rara.

Non devi. Non devi vergognarti – mi è piaciuto quello che mi hai detto. Era vero. Senza artifici.”

Louis sorride, sposta il peso sull'altra gamba, abbassa lo sguardo – tutto, nella sua persona, emana un grazie enorme, e in un secondo l'atmosfera si solleva e si alleggerisce.

Volevo solo vedere se Ben mi fa sembrare ancora più pazzo di quello che sono. Direi anche che ci è quasi riuscito.” Louis alza il libro, sventolandolo in aria. Harry ride, più per quel gesto esagerato e drammatico di alzare il libro sulla sua testa – non sa neanche perché, a dire il vero. Forse la velocità con cui è cambiata l'atmosfera, le emozioni sul viso di Louis, lo hanno lasciato un po' confuso.

Come se avessi capito anche solo una parola di quello che c'è scritto.” dice Harry, un sorriso sulle labbra.

Facciamo una media di una parola su tre. E quelle che capisco non sono proprio piacevoli. Aspetta.” Louis apre il libro, cerca le pagine in cui si parla del suo caso, inizia a muovere gli occhi tra le righe e Harry aspetta. E lo fissa. “Paranoia... Stato confusionale... Trauma... Inconsapevolmente violento...” Louis stacca gli occhi dal libro, alza le spalle e le sopracciglia, uno sguardo ironico negli occhi. “Non il massimo, eh?”

Non sa come, ma Harry vede qualcosa dietro alla compostezza di Louis – un piccolo mostro compare dietro lo specchio dei suoi occhi, minacciando di oscurare quell'azzurro limpido, e Harry non è disposto a lasciarglielo fare.

Nessuno ha il diritto di spegnere il Sole.

Per questo prende il libro dalle mani di Louis e lo chiude, senza dire una parola. Louis deve leggere qualcosa nel suo viso, perché lo guarda negli occhi e resta in silenzio.

Harry osserva come l'ombra si dissolva come inchiostro nell'acqua.

I silenzi sono più forti di qualsiasi parola.



Cosa fa un ragazzo del Nord a Bristol?”

Harry si blocca per un secondo, curvo sulla pila di libri che sta mettendo sugli scaffali.

Ho lasciato Holmes Chapel per seguire il mio ex all'università, vorrebbe dire, e poi sono scappato da Londra per evitare che mi trovasse.

Ho pensato che un po' di aria nuova non potesse farmi male.” dice, invece, riponendo una nuova edizione di Cormac McCarthy.

Lo guarda senza voltarsi, per testare la sua reazione. Ha un sorriso enigmatico sul viso, e Harry capisce che Louis non si è bevuto neanche una parola.

Si sente nudo.

Anche io sono del Nord. Doncaster, per la precisione.” dice, cambiando discorso.

E cosa ci fa un ragazzo del Nord a Bristol?” chiede Harry, ripetendo la domanda che gli è stata posta, grato della via di fuga che Louis gli ha appena offerto.

C'era bisogno di qualcuno nell'ufficio amministrativo dell'esercito. Non ho ancora capito perché si trovi proprio a Bristol, però.”

Quindi lavori ancora nel campo.” dice Harry, e non è una domanda.

Sì. Non saprei che altro fare. Mi sono arruolato a diciotto anni, non è che io abbia mai imparato a fare altro.” risponde Louis, incrociando le braccia, uno sguardo sereno sul viso.

Deve essere stata una decisione molto difficile. Arruolarsi, intendo.” dice Harry, mentre cerca di concentrarsi sul proprio lavoro. È la terza volta che sbaglia l'ordine alfabetico e ripone i libri nell'ordine sbagliato – gli risulta impossibile non rivolgere tutta la proprio attenzione sull'uomo carismatico al suo fianco.

In realtà non lo è stata per niente. Anche mio padre era un militare – ha perso la vita nella Guerra del Golfo. Sono morti solo in una cinquantina. Mi è sembrato più che giusto seguire le sue orme.”

Harry è senza parole, come sempre. L'onestà disarmante di Louis quasi non sembra reale. “Mi dispiace.”

Louis si mette a ridere, e non per finta. “Non ti dispiacere, Harry, non l'ho neanche mai conosciuto. È morto prima che io nascessi – non ne sento la mancanza.”

Harry non sa cosa dire. Non è facile parlare con le persone, non lo è mai stato per lui, soprattutto negli ultimi anni, e Louis non lo sta aiutando per niente, con la sua voglia di aprirsi e mettersi a nudo. Lo invidia, perché lui fa fatica anche solo a pensare alle cose brutte della sua vita, figuriamoci a parlarne. Lo invidia da morire.

Per questo non dice nulla.

Ok, facciamo così, Harry: tu non ami parlare, io non amo sentirmi invadente. Cosa ne dici se giochiamo alle dieci domande?”

Harry non ha bisogno di rispondere ad altre domande, grazie mille. Non capisce perché Louis sia così curioso nei suoi confronti, anche se lui stesso prova la stessa curiosità.

Non sono bravo a fare domande.”

E non sei bravo neanche a rispondere, immagino.” risponde subito Louis. “Non ti metterò in difficoltà, e se vuoi faccio io le domande – per ogni tua risposta, te ne darò una anche io. Che ne dici?”

Harry si volta verso di lui, lo guarda. Si copre le mani con il maglione che indossa, perché è nervoso – può essere un gioco pericoloso, ma sente il fuoco della curiosità bruciargli nel petto – è una possibilità di conoscerlo meglio, raccogliere le informazioni che lui stesso è disposto a dare, senza essere inopportuno o invadente.

È pericoloso, ma qualcosa gli dice che ne varrà la pena.

Va bene.”

Louis sorride e a Harry ricorda il Sole. Splende, inavvicinabile. Ha paura di bruciare anche solo guardandolo.

Prima domanda: qual è il tuo colore preferito?”

Harry scoppia a ridere. “La tua prima domanda è questa, seriamente?”

Quanto sei stupido, vorrebbe dire, ma lo tiene per sé.

Sono serissimo. È un'informazione fondamentale per un'amicizia.”

Harry scuote il capo, tutta la preoccupazione di prima che scivola sulle sue spalle come acqua. “Giallo. O blu. Elettrico.”

Come i tuoi occhi.

Colori complementari. Interessante.” Louis gli sorride, e Harry è quasi accecato. “Il mio è il rosso.”

Harry vorrebbe dire che gli s'addice molto.

Ok, seconda domanda: quanti anni hai?”

Harry gli sorride.



Harry ha ventiquattro anni, viene da Holmes Chapel, Cheshire, ma ha vissuto a Londra per quattro anni. Ha una sorella, Gemma, che abita in America da sei anni, ormai, una madre e un padre ancora nel suo paese natale, un migliore amico di nome Niall che conosce da quando era bambino. Odia il tè e ama il caffè. Non è andato all'università perché non si è mai sentito bravo in nulla di accademico; lavora in una libreria perché ama leggere, trovare sé stesso nelle parole di qualcun altro. Abita in un appartamento in centro con Niall, di cui va molto orgoglioso, perché non sembra una topaia – ma, soprattutto, è qualcosa che riesce ad avere grazie ai suoi sforzi. Il suo film preferito è Love, Actually perché gli ricorda dei natali in casa, e anche perché sarà sempre un'anima romantica. Ama l'autunno e odia l'estate, perché non riesce a sopportare il caldo umido inglese.



Louis ha ventisei anni, viene da Doncaster, South Yorkshire, ma ha passato molti anni alla base di Andover per l'addestramento. Ha cinque sorelle e un fratello, tutti più piccoli di lui – un inferno, Harry, te lo posso giurare -, una madre, due patrigni, un migliore amico di nome Zayn che si è arruolato con lui ed è stato congedato con lui – ora vivono e lavorano insieme in centro a Bristol, e condividono tutto, come hanno sempre fatto. Ama il tè e odia il caffè. Ha deciso di arruolarsi invece che laurearsi perché è sempre stato il suo sogno, probabilmente sentendosi in dovere di seguire la strada del padre defunto – non ha mai capito il vero motivo dietro alla sua decisione, a essere sinceri. Non è mai stato uno che pensa troppo. Non ha lasciato la British Army perché non saprebbe cosa fare, altrimenti; la sua esperienza si ferma a una qualche stagione estiva come cameriere in un ristorante nella periferia di Doncaster. Il suo film preferito è Grease, perché una volta ha recitato come Danny Zuko in una produzione scolastica e, da allora, non riesce a smettere di guardarlo. Ama la primavera e odia l'estate, per lo stesso motivo di Harry.



Come ultima domanda, Louis chiede a Harry se crede nelle Anime Gemelle.



Harry risponde di no.



Louis resta in silenzio.



10 novembre 2014

Ore 3.23




Fidati di me, Harry.

Mi sono svegliato con queste parole nella mente.

Fidati di me, Harry.

Elijah me lo diceva sempre.

Fidati di me.

Effettivamente ha sempre mantenuto le sue promesse – io non ti lascerò mai andare, non ti abbandonerò mai, Harry, fidati di me – e io mi sono sempre fidato.

Io non ho mantenuto le mie promesse. Parole soffiate sulla pelle, marchiate a fuoco in ogni mio tocco – mi troverai sempre qui ad aspettarti.

Io non lo aspetto più. Non abbiamo mai avuto una seconda chance.

La vita continua e non fa più male, a volte.

Ogni tanto mi viene il dubbio che io non lo abbia amato per davvero – che abbia amato più l'idea di lui, della mia Anima Gemella, piuttosto che la persona in sé – e quando penso questo, mi crolla il mondo addosso, ci credi?, mi crolla il mondo addosso perché se anche quello era una bugia, allora cosa ho vissuto? Cosa ho perso? Perché soffro?

Perché il mio non era un amore di quelli che ti fanno venire di tuffarti in una piscina in pieno inverno, di quelli che ti metti a ballare sotto alla pioggia oppure urlare contro l'alba che lo ami, che lo ami così tanto da non riuscire a respirare. No, il mio era un amore silenzioso. Un amore che stava nel svegliarmi tutte le mattine per cucinargli la colazione. Un amore che si nascondeva dietro alla scelta di trasferirmi a Londra da lui e non iscrivermi all'Università. Un amore che metteva a tacere tutte le mie voci interiori.

Si può chiamare amore questo?

A volte riesco a rispondermi.

No, non è amore.

Altre volte non ci riesco. Perché se non era amore, che cos'era?

Che cos'era?




Note

Ciao a tutti!

Eccomi con il secondo capitolo. Sì, lo so, inizia l'angst e siamo solo all'inizio... Scusatemi.

Spero tanto che questa storia vi piaccia - fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Il titolo per questo capitolo è tratto da "Runaway" di AURORA.

Un bacio,

Giulia

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Capitolo 3
*** Capitolo III: Colors ***



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All You Never Say

Capitolo III: Colors



You were red, and you liked me because I was blue.
You touched me and suddenly I was a lilac sky -
a
nd you decided purple just wasn't for you.”


14 novembre 2014



Il buio sotto alle coperte ha sempre confortato Harry.

Fin da quando era piccolo, per ogni tipo di problema, andava in camera sua, chiudeva le tende della sua cameretta, spegneva la luce e si rannicchiava nel centro del letto, rifugiandosi nell'oscurità tra le sue lenzuola che profumavano di pulito e casa. Non dormiva, non chiudeva nemmeno gli occhi – restava lì, immobile, abbracciandosi il petto per scaldarsi il cuore, per non pensare. Forse quei momenti sono stati i più belli della sua esistenza – poche ore in cui poteva restare sveglio e rallentare il ritmo dei pensieri, lasciarli riposare un attimo, darsi un attimo di tregua. Harry è sempre stato il tipo che pensava troppo, che rimaneva deluso e ferito per le minime cose ed emozionato per gesti senza significato – ha sempre dato importanza alle piccole cose, e mai ai problemi più grandi. Forse aveva paura che questi gli facessero troppo male, forse non ha mai visto il mondo intorno a sé dallo stesso punto di vista degli altri – Harry sentiva il petto riempirsi di gioia quando vedeva due persone anziane sorridersi e sfiorarsi le mani nel parco vicino a casa sua, sentiva il cuore spezzarsi in due non appena vedeva lo sguardo bagnato del cane dei suoi vicini quando veniva lasciato a casa da solo. Ha sempre percepito le emozioni sulla pelle, ma non in modo positivo, la maggior parte delle volte – spesso anche la felicità si abbatteva su di lui come invisibili onde elettromagnetiche, elettrizzando la sua pelle al punto che diventava troppo, troppo, e doveva di nuovo chiudersi nella sua stanza e farsi piccolo sotto alle coperte, il suo respiro umido a scaldargli la pelle, gli occhi spalancati e le braccia intorno al petto.

È sempre stato convinto che le sue emozioni lo avrebbero ucciso, prima o poi.

E dopo tanti anni è ancora lì, al centro del letto nel suo appartamento di Bristol, le gambe lunghe premute contro il petto e le braccia intorno allo stomaco, occhi sbarrati e labbra serrate, nel caldo bollente sotto alle coperte.

Il fatto è che oggi è domenica, e questo significa che la libreria è chiusa, Niall è a lavorare, i negozi sono chiusi; Harry non ha nulla da fare per distrarsi, per trattenersi dal fissare il cellulare e tentare di convincersi che non deve, non deve leggere i messaggi di Elijah.

Non deve.

Eppure lo fa.


Buongiorno piccolo


E poi ancora.


Lo so che ti manco, so che stai leggendo i miei messaggi. Torna da me. Sai di non poter vivere senza di me


E ancora.


Rispondimi Harry


E ancora.


Non sei niente senza di me, lo sai anche tu. Devi dirmi solo dove sei e tornerà tutto come prima, te lo prometto


Poi:


Ti starai divertendo tanto senza di me, eh? Fai la puttana in giro, Harry? Non cambia un cazzo, perché tu sei mio. Sei mio. Hai le mie iniziali sul polso. Non dimenticarlo.


Basta.


Harry appoggia il cellulare sul comodino e torna sotto alle coperte, il respiro accelerato, le mani che tremano, gli occhi bagnati. Ascolta il rumore dell'aria che entra ed esce dai suoi polmoni.

Dentro.

Fuori.

Dentro.

Fuori.

Occhi spalancati e dentro.

Fuori.

Dentro.

Fuori.

La sua mente si svuota.




Burro d'arachidi.

È questo il primo pensiero che compare nella sua mente dopo ore sotto alle coperte.

Non sa neanche perché, non è che gli sia mai piaciuto così tanto – Harry è più un tipo da frutta fresca, carne poco condita e verdura – ma ora ne sente quasi il sapore sulle labbra, una voglia irrefrenabile lo pervade – deve trovare del burro d'arachidi. Deve.

Si alza dal letto e va in cucina – magari Niall, in mezzo alle sue scorte di cibo infinite, ne ha un barattolo -, inizia a aprire tutte gli sportelli e a cercare in ogni angolo.

Niente.

Non vorrebbe uscire per comprarlo, perché è quasi l'una di notte e l'unico Tesco aperto è a dieci minuti di camminata dal suo appartamento – e poi oggi è domenica, e lui non vuole uscire, non se la sente – eppure quella voglia lo sta facendo diventare irrequieto, sa che non dormirà finché non ne mangerà almeno un po'.

Così corre in bagno per prepararsi.

Ed esce.



La realtà è che le luci a neon di quel Tesco gli fanno male agli occhi.

Non sarebbe mai dovuto uscire.

L'unica altra persona nel supermercato è una povera commessa alla cassa che sembra sul punto di addormentarsi sulla sua sedia – è stata una pessima idea. Non sarebbe mai dovuto uscire.

Harry inizia a cercare il burro d'arachidi, cercando di fare più in fretta possibile perché doveva essere a casa dieci minuti fa – lo trova, si abbassa per prenderlo – la sua mano sfiora le dita di un'altra persona, ed è come se questo tocco infiammasse ogni terminazione nervosa del suo corpo, facendolo balzare in aria. Il cuore batte veloce – ma il suo corpo è rilassato, tranquillo, la pelle formicola da capo a piedi, e all'improvviso non ha più voglia di tornare a casa e non sa neanche perché.

Harry?”

Ed è come se Harry riafforasse dall'acqua – prende un respiro profondo e finalmente la mente non è più annebbiata, i suoni non sono più ovattati – e c'è Louis. C'è Louis.

Ciao, vorrebbe dire, ciao, Louis.

Cosa diavolo ci fai qui?” dice, invece.

Le luci del neon sopra di loro accentuano le guance incavate di Louis, illuminano perfettamente i suoi zigomi pronunciati e aguzzi – i suoi occhi brillano come sempre, divertiti, e Harry è senza fiato.

Potrei chiederti la stessa cosa.” risponde, sorridendo.

Volevo del burro d'arachidi. E non so neanche il perché, l'avrò mangiato sì e no due volte nella mia vita e non è che mi faccia impazzire, a dire la verità.”

Harry è nervoso. Vomita parole senza controllo.

Oh, io lo amo. Sono venuto anche io a comprarlo perché Zayn ha fatto la spesa ieri e ovviamente se l'è dimenticato. Stavo morendo dalla voglia.”

Si guardano negli occhi, e la mente di Harry sta urlando che è strano, che è troppo strano, veramente, una coincidenza stranissima che non sa come catalogare ma poi Louis sorride e tutti i pensieri svaniscono, perché Louis porta una berretta blu sopra i capelli spettinati e Louis ha un paio di occhiaie che rispecchiano le sue, probabilmente, e perché il suo sguardo è quanto di più caldo Harry abbia mai sperimentato – è come stringere una tazza di cioccolata calda tra le dita mentre fuori nevica, è la sensazione del suo maglione preferito sulla pelle dopo una lunga giornata in libreria, è il Sole che picchia negli occhi e la sabbia tra le dita dei piedi, per la prima volta, durante quella vacanza in Francia quando aveva otto anni.

Louis è tutte queste cose, e molto di più, per questo la risposta è ovvia quando Louis chiede:

Ti va di mangiarlo in macchina?”



Oddio.”

Louis chiude gli occhi, mentre continua a leccarsi il dito, burro d'arachidi su ogni angolo del suo viso. “Tu non hai idea di quanto ne avessi voglia.”

Oh, lo so, vorrebbe rispondere Harry, lo so benissimo, ma è troppo preso a infilare il suo stesso dito tra le labbra per rispondere.

Così sono seduti in macchina, entrambi i barattoli aperti e le dita impastate di burro d'arachidi, i suoni della città come unico sottofondo musicale.

Harry non vorrebbe essere in nessun altro posto al mondo.



Ti va di giocare di nuovo?”

Questa volta Harry non ha esitazioni a rispondere.

Sì.”



Harry ascolta musica indie, hipster, roba che non conosce nessuno – me lo aspettavo, con quelle camicie non potevi che ascoltare delle lagne -, così Harry collega il suo cellulare al cavo aux della radio – You already know dei Bombay Bycicle Club accompagna le loro parole come poesia. È difficile scegliere un libro preferito, ma alla fine opta per 1984 di George Orwell perché è stato uno dei primi classici che ha letto, uno dei primi libri a fargli apprezzare ancora di più la letteratura. Il suo sport preferito è il calcio, e la sua squadra del cuore è il Manchester United, perché è un ragazzo del Nord fino in fondo, ma apprezza anche il golf, anche se nessuno lo accompagna mai – si vede che sei del Chesire, Harry, a nessuno piace giocare a golf, a meno che tu non sia un vecchio imprenditore di sessant'anni o uno snob dello Cheshire. Harry non sa giocare a calcio, nonostante gli piaccia così tanto – è sempre stato un disastro per la coordinazione, le sue gambe troppo lunghe per seguire dei movimenti agili, i suoi riflessi uno schifo, per davvero – durante l'ora di ginnastica passava più tempo con il sedere a terra che nel campo. Quando era piccolo aveva un gatto, Dusty, e ora gli piacerebbe prenderne un altro, anche se ha paura di ucciderlo siccome fatica a prendersi cura di sé stesso, figuriamoci di un'altra creatura. Non crede in Dio, ma crede nell'Universo, nella scienza, crede di far parte di qualcosa di molto più grande di lui – crede di essere una minuscola creatura in uno spazio così grande, e a volte questo pensiero gli fa anche un po' paura, ma soprattutto lo conforta sapere che i casini nella sua vita non valgono niente, in confrontò all'immensità di ciò che lo circonda – alcune persone nascono con le costellazioni negli occhi e tornado che scombussolano la loro vita, altri nascono con le stelle tra le mani ma le anime perse in mezzo all'oceano, sussurra Louis, e Harry non sa come interpretare quelle parole. Porta quelle camicie perché gli piacciono, e si lascia scappare che non ha mai potuto farlo, prima, ma non spiega il motivo e abbassa gli occhi davanti al punto di domanda sul viso di Louis. Ama i tatuaggi, un giorno gli spiegherà cosa significano, anche se Harry sa perfettamente che probabilmente non gli dirà mai tutta la verità dietro a quei disegni sotto la pelle. Poi Louis chiede se si è mai innamorato, e Harry annuisce, senza dire niente.



Louis è più un tipo da pop-rock classico, come Queen, R.E.M., Radiohead, Pink Floyd, David Bowie, così Harry sceglie Lover, you should've come over di Jeff Buckley dalla sua playlist. Louis ammette di non essere uno che legge molto, in realtà, soprattutto perché si annoia in fretta e la concentrazione manca, manca sempre, ma sceglie Il piccolo principe come libro preferito, perché è corto e pieno di significato. Il suo sport preferito è il calcio, ovviamente, e la sua squadra preferita il Manchester United, ovviamente, perché sono un soldato, Harry, sono patriottico di natura. Louis dice di essere bravo a giocare, e che se non avesse scelto l'esercito, probabilmente avrebbe provato a intraprendere la carriera di calciatore – e Harry riesce quasi a immaginarlo mentre corre su un campo e insegue un pallone, pensa che gli si addica molto, la sua corporatura minuta lo avrebbe sicuramente aiutato nelle partite, rendendolo più veloce e agile. Louis non ha mai avuto un animale domestico – bastava il circo che avevamo in casa, Harry, credimi -, ma gli piacerebbe avere un cane. Louis non sa se credere in Dio, sinceramente – ha visto troppe cose terribili perché la sua fede non vacilasse, ma questa storia delle Anime Gemelle, beh, non può provenire dal nulla, di questo è certo; per essere sicuro, più di una volta ha pregato per la sua vita, in Afghanistan – e se mi sbagliassi, Harry? Sarei condannato a una vita eterna all'Inferno, e no, grazie, ho già visto e vissuto cose terribili per altre quattro vite – non ho bisogno di vivere di nuovo cose del genere. Louis dice che non porta mai camicie, probabilmente perché è rimasto traumatizzato dalla quantità di uniformi che ha dovuto stirare nell'esercito – questo non giustifica la tua inclinazione a vestirti come un barbone ventiquattro ore su ventiquattro, replica Harry, e Louis lo colpisce su un braccio e borbotta un non sembro un barbone petulante e adorabile. Anche Louis ama i tatuaggi, anche se i suoi sono quasi tutti senza significato – te l'ho detto, Harry, non sono uno che pensa troppo alle cose che fa, dice, e Harry indica lo smiley e forse dovresti iniziare a farlo, dice, e Louis ride e Harry arrossisce, la pelle elettrica e formicolante, per essere riuscito a farlo ridere così, con la testa buttata indietro e le dita sporche di burro d'arachidi appoggiate sulla pancia, perché Elijah non ha mai riso così spontaneamente alle sue battute, e si sente meglio. Si sente meglio.



Harry lo ascolta parlare, e quello che sente è una cosa un po' strana.

Familiarità. Agio. Tranquillità.

Come se lo conoscesse da molto tempo.

Anche la sua voce – Harry ha questa sensazione, come quando è in libreria e presta attenzione alla radio, quando inizia una canzone che gli ricorda viaggi in macchina con sua madre e sua sorella – quei viaggi in cui apriva il finestrino e lasciava che il vento gli scompigliasse i capelli, quei viaggi in cui cantavano a squaciagola una canzone senza conoscere le parole – è simile a quello che prova quando la radio passa una canzone che fa parte della colonna sonora della sua infanzia e tutto quello che riesce a fare è sentire ancora una volta il vento sul viso e la leggerezza della sua anima – è questo quello che brucia nel suo petto. È come essere bombardato da immagini e suoni di un altro tempo, di un altro luogo, ma di cui non riesce a distinguere parole e contorni – sa solo che c'è blu. C'è blu, dappertutto, nella voce di Louis, dietro alle sue ciglia, esplosioni di colori tra le sue costole. È blu quello che tinge la sua mente, ora, è blu quello che vede negli occhi di Louis, e anche nella sua anima. Ed è anche un po' spaesato, perché lui è grigio, lui è fumo, lui è nuvole cariche di pioggia – non sa cosa significhi tutto questo colore. Se si concentra abbastanza, riesce quasi a vederne le macchie sulla punta delle dita – fa un po' paura, ricordarsi tutto questo colore come se una volta ne fosse pervaso anche lui. In un altra vita, in un altro mondo, in un altro sé stesso. Fa paura ricordare qualcosa che non si è mai realmente vissuto - almeno, non in questa vita.

Louis è blu.

E forse, in un'altra vita, lo era anche Harry.



Louis finge di dimenticarsi la domanda sull'amore, e Harry lo lascia fare.

È assordato dalle parole che non riesce a pronunciare.



Harry?”

Harry sussulta quando vede Niall in piedi nella loro cucina, i capelli ossigenati scompigliati e gli occhi gonfi per la stanchezza.

Ni. Cosa ci fai in piedi?”

Niall si passa una mano sul viso, come per svegliarsi. “Cosa ci facevi fuori a quest'ora?” chiede, sospettoso.

Sono andato da Tesco. Non so perché, mi era presa questa voglia di burro d'arachidi e -” inizia Harry, nervoso. Non sa neanche perché si senta così, come un bambino beccato con le mani ancora sporche di cioccolato.

Burro d'arachidi. Non sapevo neanche che ti piacesse.” dice Niall, prendendo il barattolo e aprendolo.

Infatti non è una delle mie cose preferite. Non so neanche perché -”

Hai un'aria strana.” lo interrompe di nuovo l'amico, iniziando a spalmare il burro su una fetta di pane. “E tu non esci mai la domenica.”

Harry inizia ad andare nel panico e non sa neanche perché. “Io -”

Hai ricominciato a parlare con Elijah?” Niall sposta gli occhi azzurri e acuti sui suoi, e Harry non può fare altro che pensare che sono così diversi da quelli di Louis, così diversi. “Dio, dimmi che non sei uscito nel cuore della notte per vederlo.”

Elijah? No, Ni, non -”

Dimmi che non ha scoperto dove abitiamo, perché giuro che se lo hai visto di nuovo ti lego e ti porto via di qui.” continua, come se non l'avesse neanche sentito.

Niall, non ho visto Elijah. E non ho risposto ai suoi messaggi. Non lo farei mai.” dice Harry, confuso. Perché tirar fuori questo discorso ora?

Niall fa uno strano suono con il naso. “Come se non lo avessi mai fatto.”

Ti giuro, non ho fatto nulla.”

Non ho bisogno di essere salvato.

Niall mangia un morso della fetta di pane, appoggiandosi al bancone della cucina con un fianco. “Allora perché hai quella faccia?”

Quale faccia?”

Harry non sta capendo.

Quella faccia. Quella che ti ho visto poche volte nella vita, e di solito quando Elijah ti faceva stare bene.”. Niall pronuncia le ultime parole con disprezzo, come se non credesse che Elijah lo abbia mai fatto sentire bene per davvero. Non ha tutti i torti.

Non lo so.” dice Harry, mentendo, un po'.

Allora dimmi, ti sei perso nel Tesco visto che se uscito all'una e ora sono quasi le quattro?”

Cazzo. Harry non si era accorto che fosse così tardi, né che Niall lo avesse sentito uscire.

È un disastro a mentire.

Ho incontrato un amico.” dice, alla fine.

Un amico. Al Tesco, di domenica notte.”

Harry sospira. “È stranissimo, lo so. Ma è successo. Anche lui aveva voglia di burro d'arachidi.”

Anche Niall sospira, prima di ingoiare quasi in un unico boccone il suo panino. “Va bene, ti credo. Scusami, Haz, sai che tengo a te. Non voglio che torni tutto come prima.”

Harry lo abbraccia, tenendolo stretto, perché sa che è vero. Sa che Niall tiene a lui, sa che è solo preoccupato. “Lo so, Ni. Grazie.”



Harry sta per mettersi sotto alle coperte, quando la testa bionda di Niall compare alla porta della sua camera.

A proposito. Come si chiama questo amico?”

Harry gli dà le spalle e sorride.

Louis. Louis Tomlinson.”




14 novembre 2014

Ore 4.23


Mi sono appena reso conto di una cosa.

Se potessi scegliere chi amare, se la mia anima fosse libera da ogni tipo di legame, credo che potrei amarlo.

E lui non è quel tipo di cui ti innamori solo per il suo aspetto, per il suo involucro, ma per la sua anima. Anche se lui è uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto – probabilmente il più bello di tutti i tempi, per come lo vedo io, per come mi fa sentire. Il suo corpo è perfetto, come la sua anima. Il suo viso – il suo viso. I suoi tratti. Quelle labbra che vorresti baciare per sempre, come se fossero aria e i tuoi polmoni non ti permettessero di respirare altro, quegli occhi in cui vorresti perderti per sempre, quelle orecchie in cui vorresti sussurrare tutto il tempo, quella pelle dorata che vorresti sentire sulla tua pelle. Tutto.

Ma questa non è la ragione per cui mi potrei innamorare di lui, in un mondo parallelo, perché la bellezza può essere trovata ovunque. C'è qualcosa in più.

Forse è il fatto che lui è quel tipo di ragazzo su cui scrivono libri – che mentre leggi, sei senza respiro perché a un certo punto sai che ci sarà una fine e non sarà lo stesso quando li rileggerai una seconda volta. È quel tipo di ragazzo su cui scriveresti interi libri, che ti ispira con la sua perfezione fino a riempire pagine intere, centinaia di pagine solo dedicate a lui, perché lui ti porta a un altro livello di immaginazione, rivelando la poesia nascosta nella tua anima. Forse è il fatto che lui potrebbe aprire nuove porte nella mia stanza di sentimenti. Forse perché mi fa avere paura. Paura di perderlo, anche se l'ho appena conosciuto. Forse perché si è già avvicinato troppo a me e ho paura che scopra tutti i miei difetti e che diventi l'unico che conosce il vero me, la persona che nascondo dal resto del mondo – e che decida di restare al mio fianco lo stesso.

Forse è per questo che lo vedo così.

Se le persone fossero atomi, io sarei un quark e lui sarebbe il Big Bang.




Il rumore del suo respiro.

È in posizione, fermo dietro al muro diroccato, un Sole soffocante sopra alla sua testa, un elmetto che sta gli sta friggendo il cervello, polvere nel naso, dita che stringono la sua arma e tutto quello che sente è il rumore del suo respiro.

Sta per succedere qualcosa. Sa che sta per succedere qualcosa.

Guarda la strada deserta davanti a lui. Le case sembrano abbandonate, non c'è nessuno in giro, neanche un'anima, a parte lui e un altro soldato al suo fianco. È tutto troppo, troppo silenzioso, rispetto a quello che deve accadere.

Poi lo vede. Una testolina esce da una di quelle porte quasi inesistenti – poi una manina. Un corpicino.

È un bambino.

No, rimbomba nella sua testa. No.

Si è alzato. Qualcuno lo blocca.

No.

Si dimena, ma le braccia che lo stanno trattenendo sono troppo forti.

No.

Un'esplosione.

È solo un bambino.

Poi più nulla.




Note

Ciao a tutti!

Eccomi con il nuovo capitolo. Oggi non è una gran bella giornata, quindi non so davvero cosa dire in queste note. Spero solo che vi piaccia, ecco tutto.

Vi ringrazio immensamente per leggere e commentare questa storia. Grazie, Davvero!

Il titolo è preso da "Colors" di Halsey.

Un bacio,

Giulia

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