Ciò che era e ciò che dovrebbe essere.

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno. ***
Capitolo 2: *** La realtà. ***



Capitolo 1
*** Il sogno. ***


N.d.A.: Allora, vi spiego. Un po’ di tempo fa scrissi una storia intitolata L'ultimo bacio
Triste, ma tanto triste.  Ma tanto tanto!!!
E chi l’ha letta , sa di che cosa parlo.
Però, ogni volta che mi capitava di rileggerla, la mia mente malata continuava a ripetere: “Trova un modo. Cambia la storia!!Smetti di piangere ogni volta che la leggi.”
Poi , la cara Lylyy, un giorno, non avendo niente da fare ha deciso di infilarsi il costume da diavoletto e volando sulla mia spalla, mentre il mio Castiel di turno era in pausa pranzo, mi ha tentato con un sequel di quella storia originaria.
Ed eccola qui!!
Indicazioni alla lettura ( mamma quanto è brutta sta’ cosa!!): Saranno due capitoli ( oltre 30 pagine di word sono tante da postare tutte in una volta!!) e durante questa storia ci saranno dei flash.
Se avete letto L’ultimo bacio, vi saranno familiari. Se non lo avete fatto ( perché non lo avete fatto??) fatelo, o questo racconto sarà un piccolo casino!!
Comunque, ognuno deciderà cosa crede meglio fare.
Mi auguro che questo sequel piaccia come la storia originale e in attesa dei vostri (spero) commenti…
Baci, baci!!
Cin.
 

 
Jensen quella sera non aveva proprio voglia di uscire, era stanco. Davvero sfinito. Andare in giro per studi tecnici a mostrare le nuove forniture mediche era stato estenuante, anche perché era stata una giornata decisamente calda.
Ma aveva promesso al suo caro amico Jim, il dott. Jim Beaver, che lo avrebbe raggiunto ad un party gala.
Mi serve qualcuno che abbia i miei stessi gusti in fatto di bere o impazzirò tra vini e spumanti. Io ho bisogno di birra!” fu la disperata richiesta dell’amico medico.
Così, Jensen, aveva accettato e ora , dopo essersi fatto una doccia veloce, si stava infilando un semplice pantalone nero che puntava al classico e una camicia di un  verde tenue ma che faceva pandan  con i suoi occhi verde smeraldo, quando il suo cellulare squillò.
“Pronto?!”
Aiuto!!
“Jim?!” fece stupito.
Ma dove sei finito? Non ce la faccio più con questi fanatici del vino e la persona che è con me , non mi aiuta!!
“Sono per strada!” disse mentre usciva effettivamente dal suo appartamento.
Muoviti! O mi avrai sulla coscienza!

Circa un quarto d’ora dopo, Jensen era nella grande sala dove si stava tenendo la festa e non appena mise piede all’interno del salone allestito, vide Jim andargli incontro.
“Finalmente!!” lo accolse l’amico medico.
“Ho finito tardi di lavorare e il tempo di andare a ….”
“Sì..sì…sì…Ti perdono. Ora…” fece tirandoselo dietro verso il bar. “Birra, birra, birra…” diceva come se fosse stato in astinenza.
E quando il medico ordinò al bar le due birre e ne buttò giù un sorso, Jensen lo vide sospirare di compiacimento.
“E ci volevo io per farti fare questo??!” chiese bevendo anche lui, divertito.
“Lo sai che non mi piace bere da solo!”
“Ma hai detto per telefono che eri in compagnia?!” gli ricordò il ragazzo che lo guardava amichevolmente.
“Sì, ma quel traditore di Jared stasera ha deciso di farsi affascinare dai vini che stanno servendo!” rispose appena deluso.
“Jared?” domandò non sapendo a chi si riferiva.
“Oh…già!! E’ vero, voi due non vi conoscete.” fece rendendosi conto della cosa solo in quel momento. “L’ho praticamente fatto nascere, sono stato il suo pediatra e ora sono il suo medico curante non che padrino!!!” asserì orgoglioso. “Jared è un ragazzo fantastico. Ti piacerà!” disse convinto. “Ma vieni che te lo presento!” e così dicendo non aspettò altro e si trascinò dietro il giovane amico che non ebbe nemmeno il tempo di replicare in qualsiasi maniera. “Ehi, Jay!!”
“Jimbo, ma dove eri finito?!” fece il giovane che lo raggiunse immediatamente.
Jim, doveva ammettere Jensen, aveva ragione. Jared era fantastico e lo era in tutti i sensi. Era alto, i capelli leggermente lunghi che gli incorniciavano sensualmente – un attimo…aveva appena pensato sensualmente??- il viso. I suoi occhi erano di un uno strano colore , tra il verde e l’ambrato e brillavano di una bellissima luce. E di certo la sua corporatura non passava inosservata.

“Jared …lui è Jensen. Quel mio amico rappresentante di cui ti avevo parlato!” fece sornione e poi guardando Jensen. “Jensen…lui è Jared. Il ragazzo che ti avevo detto!”

I due , solo in quel momento, capirono che erano solo vittime di un incontro non troppo causale architettato da Jim, che fissandoli mentre si stringevano la mano, non faceva altro che sorridere compiaciuto.
“Ma davvero??” esclamò Jared. “Sei arrivato fino a questo punto??!”
“Jim non dirmi che hai fatto il disperato in astinenza da birra solo per farci conoscere?!” lo accusò bonariamente anche Jensen.
“Astinenza da birra??!...quella che ha tra le mani sarà almeno la …quarta birra… che gli vedo bere da quando siamo qui!!” svelò il trucco il giovane.
“Che figlio di….”
“Ehi!!! andiamo, ragazzi!”,si difese il medico sorridendo ad entrambi. “Tu sei single…” fece rivolto a Jensen. “E anche tu sei single!” rivolgendosi a Jared. “ e credetemi ragazzi..insieme siete uno spettacolo della natura!!”
“Non ci posso credere!” fecero stranamente all’unisono i due ragazzi.
“Vedete!! La pensate già allo stesso modo!!” e li lasciò da soli perché richiamato da un suo collega.
 
Per un attimo i due restarono a fissare il medico che si allontanava da loro, ancora straniti dall’innocente stratagemma.
“Senti…” iniziò Jared. “… mi dispiace…davvero. Jim mi ha praticamente cresciuto e in questi ultimi anni gli è presa la fissa di ….accasarmi!”
“Beh!! accasarsi non dovrebbe essere difficile per uno come te!” gli rispose Jensen, ammiccando appena.
Jared gli sorrise come per ringraziarlo del velato complimento e poi facendosi serio ci tenne a precisare. “Lo so ma ho un grande difetto!”
“Sarebbe?” chiese sorpreso l’altro dopo averlo osservato da capo a piedi alla ricerca del fantomatico difetto.
“Cerco la mia anima gemella!”
Jensen lo fissò ancora dopo quella rivelazione e strinse appena gli occhi per guardarlo meglio. “Jim ha ragione.”
“Su cosa?”
“La pensiamo allo stesso modo!” replicò convinto.
“Cerchi anche tu la mia anima gemella?!” scherzò ironico Jared, facendo ridere entrambi.
 
La serata continuò decisamente in modo piacevole. Jared e Jensen continuarono a chiacchierare tra loro, o con gli altri o con Jim che non li perdeva mai di vista, preoccupato di vedere se la sua strategia era andata a buon fine. E in effetti sembrava che le cose andassero bene.
Quei due erano una meraviglia insieme!
I due ragazzi si scambiarono i loro numeri a fine serata, promettendosi che si sarebbero chiamati per bere qualcos’altro insieme.
Giusto e solo per rivedersi. Senza impegno.
Ma quando , prima di congedarsi definitivamente, Jensen strinse la mano di Jared, accadde qualcosa.
Un flash violento. Un dolore sibilante al centro della testa.
Una forte luce bianca abbagliò la visuale del biondo.
Delle immagini assurde lo colpirono, delle immagini che lo vedevano decisamente provato e disperato e che gli mostravano un Jared , in un letto, tremendamente malato. E poi una sensazione di forte dolore che non era fisico, lo sopraffece.
 
Ti amerò per sempre. Sei stato l’amore della mia vita. E grazie a te, in questa mia vita non ho nessun rimpianto.”
“Jared, ti prego…no!”
“Non piangere. Io non ti lascerò mai. Sarò sempre con te.”
 “No, per favore…no!...non lasciarmi…non….ancora!!”
“Sono stanco…tanto stanco!!”
 
 
E poi ancora, mentre Jared lo sorresse istintivamente, vedendolo stringere gli occhi dal disagio.
 
Posso chiederti un favore?!”
 “Tutto quello che vuoi, piccolo!”
“Un tuo bacio…Un tuo bacio, da portare con me!”
 
 
E poi un forte dolore al cuore, quasi come se qualcuno glielo avesse appena fatto in mille pezzi.
“Jim!!!” gridò Jared, spaventato da quella situazione. “Jim, corri!!”
Il medico che era già entrato già in macchina, a quel richiamo così allarmato, si precipitò fuori e vide Jensen letteralmente sorretto da un abbraccio di Jared.
“Ma che diamine succede?!” si preoccupò di chiedere mentre si assicurava che Jensen fosse almeno reattivo.
“Non lo so, ci stavamo salutando e all’improvviso lui…lui…”
“Ok!, Tranquillo …ci sono io adesso. Appoggialo alla macchina!” gli suggerì Jim , aiutandolo a sorreggere Jensen che sembrava pian piano riprendersi.
E Jared così fece, appoggiando delicatamente Jensen  con la schiena alla macchina dietro di lui, mentre questi ancora gemeva flebilmente.
“Jensen…Jensen. Mi senti?” diceva Jim mentre gli controllava il polso e la respirazione.
“Io…io…”
“Jensen hai i battiti molto accelerati…ascolta. Ora ti mettiamo in macchina e ti portiamo in ospedale, ok?!”
“Cosa?...no, no, no…sto bene!” sembrò riaversi finalmente.
“No, non stai bene. Che diavolo ti è preso?!” fece poi, aiutandolo ancora e osservandogli le pupille.
“Credo …credo di aver bevuto troppo!” si giustificò il ragazzo vedendo lo sguardo ancora preoccupato del suo nuovo amico che ancora lo sorreggeva.
“Bevuto troppo un accidente!!” dissentì ironicamente il medico.
“Senti, Jim…sto bene.” asserì convinto issandosi eretto e mostrandosi ai due che lo fissavano non proprio convinti. “Ho avuto una mattinata frenetica e un pomeriggio ancora peggiore. Poi sono venuto qui e ho bevuto qualche birra di troppo, ma sto bene. Te lo giuro, sto benone….guardami!!” fece allargando le braccia per dimostrare che , ora, stava effettivamente meglio.
Jim lo guardò per un attimo e doveva ammettere che anche il colorito stava tornando normale. Ma non si lasciò convincere del tutto.“Ok! Ma non esiste che tu guidi dopo questo scherzo che mi hai fatto.”
“Lo accompagno io a casa sua e poi da lì prendo un taxi, ok!?” suggerì Jared.
 “Ottima idea!” affermò convinto Jim.
“Cosa? No!!” si intromise Jensen che comunque vedeva che le sue repliche erano decisamente ignorate. “Davvero, ragazzi. Non ce n’è bisogno. Sto benone e posso guidare fino a casa mia. Mi basterà qualche ora buona di sonno e domani sarò di nuovo Capitan Meraviglia!” provò a mediare.
“Ok!, domani sarai Capitan Meraviglia. Ma per adesso sei solo un mio paziente a cui io ordino di farsi accompagnare a casa.” precisò Jim.
“Ma Jim…”
“Ok, ragazzo. O a casa con Jared o in ospedale con me. Decidi!” fece categorico.
Jensen, sconfitto e imbronciato, passò le chiavi della sua macchina al giovane al suo fianco.
“Che palle!!” esclamò mentre imbronciato si infilava in macchina.
“Ehi!! non rubarmi le battute!” lo provocò Jim mentre faceva l’occhiolino a Jared.

*******

Nei giorni successivi, Jensen non ebbe altri malori, fin quando non ricevette un messaggio da parte di Jared che lo avvisava che entro qualche giorno sarebbe tornato dal suo viaggio di lavoro e che gli sarebbe piaciuto bere quelle birre che a causa di quel viaggio non avevano più potuto bersi.
Jensen accettò di buon grado perché Jared lo aveva colpito. Gli era piaciuto subito e gli sarebbe davvero piaciuto se qualcosa tra loro fosse scattato.
Ma quello che accadde da quel momento in poi lo sconvolse.
 
Tutto iniziò quella notte.
 
Jensen andò a letto con già uno strano sentore nello stomaco. Non era nausea, nemmeno dolore. Era più che altro una forte sensazione di angoscia. Non ci fece caso più di tanto e si mise a letto, pensando che quel suo non sentirsi bene fosse dovuto a qualcosa che aveva mangiato.
Nella notte, poi, le immagini di uno studio medico a lui familiare iniziarono a entrargli nella mente assonnata e dopo quelle immagini anche le persone e le parole. E poi un assurdo, assurdo colloquio.
 
“Sono un po’ nervoso!”
“Sta’ tranquillo. Vedrai, vorrà solo comunicarti gli esiti degli ultimi esami che hai fatto. Sai che Jim ci tiene a fare le cose per bene e dato che in questi mesi non sei stato in forma, come dire…ti ha fatto il tagliando completo e adesso vuole darti i risultati!”
 …..“Ho i risultati dei tuoi controlli. Di tutti i tuoi esami.”
 “Jim…..Che cosa c’è?!”

“C’è qualcosa nella risonanza che hai fatto, Jared!”
“Cosa?!”
 “ Una macchia. Alla base del cervello….E’ un tumore, Jared.”
 
Jensen si agitava tra le lenzuola del suo letto. Sudato, quasi disperato.
Sentiva quelle parole, viveva quelle parole.
Erano dannatamente vere e preannunciavano qualcosa di profondamente angosciante. Nel sonno cercò di sfuggire a quell’incubo, ma ebbe l’effetto contrario. Tutto divenne ancora più nitido e frustrante. 

“E’ sicuro?…forse…forse dovremmo ripetere gli esami e vedere se…”
 “Li ho già ripetuti e ricontrollati. E li ho anche fatti controllare da altri miei colleghi e uno specialista oncologo. Non ci sono errori o dubbi….Mi dispiace, Jared. Tu non sai quanto mi dispiace!”

….“Che vuoi dire Doc?!”
“Il tumore è in una posizione che non può essere toccato. È letteralmente aggrovigliato al nervo centrale. È inoperabile ed è… all’ultimo stadio!”
“Mi stai dicendo che sto morendo?!”
 “No…no, no. Lui non sta dicendo questo, Jared. Lui sta’ dicendo che sarà un bel casino, ma che ne verremo fuori. Che tu ne verrai fuori. Vero ?!”
…“Quanto tempo mi resta?!”
“Cosa???”
 “Due mesi…al massimo tre se proviamo a rallentarlo con un attacco massivo di radioterapia.”
 
“Noooo!!!” si ritrovò a gridare Jensen, risvegliandosi di soprassalto.
Era fradicio, era terrorizzato. A malapena controllava il suo respiro che lo costringeva ancora ad ansimare.
“Mio Dio!! Mio Dio!!” mormorò ancora scosso da quello che aveva sognato. “Che sogno assurdo…perché è un sogno…solo un sogno…solo uno stupidissimo orrendo sogno!!” si disse cercando di calmarsi.

Ma in quella stessa nottata e anche in quelle successive, quel sogno di una specie di vita parallela, tornò vivido e pressante nella mente del giovane tecnico sanitario.
Ad alternarsi ad immagini di un assurda malattia e del calvario che essa imponeva, immagini di una vita felice, fatta di viaggi divertenti ma anche romantici.
Una vita fatta di amici e soddisfazioni, fatta di momenti appassionati e intimi. Di quei momenti particolari in cui anche i “Ti amo da morire!” sembravano essere veri e non frutto della sua immaginazione.
Ma poi come lampi a ciel sereno, quelle immagini dolorose tornavano prepotenti a dileguare la calma  e la dolcezza di un bacio o di un abbraccio o del ricordo di loro semplicemente seduti sul divano a godersi la loro intimità.
 
“Ciao, Mish!....no. Non ci siamo andati….Lui si sentiva stanco….No, magari, richiamo per fissare un altro appuntamento….certo che puoi passare e …Jared!!! Oh mio Dio!!!”
…..“Come sta?!”
“Dio!!, è stato orribile. Continuavo a chiamarlo, ma lui non…”
 “Hai saputo qualcosa?!”
“No. È passata un infermiera prima, ma niente…è ancora in osservazione!”
 “In osservazione?!”
“Si. Lo stanno visitando. Ancora. C’è anche Beaver con loro e sto aspettando che qualcuno mi dica qualcosa!”
“Ok!, sta calmo. Vedrai che tra un po’ ci verranno a dire come stanno le cose!”
 
Jensen farneticava in quel suo sogno o meglio in quel suo incubo che era tornato a tormentarlo.  Scalciava con i piedi mentre dormiva come se quel gesto potesse servigli per mandarlo via e dargli pace, perché davvero nella sua mente inconscia non riusciva a capire il perché di tutto quello che gli stava succedendo. Il perché di ciò che gli veniva mostrato.
 
Jensen?!”
“Dimmi, piccolo!”
“Voglio andare a casa.”
“Tra qualche giorno. Devono prima metterti di nuovo in sesto!!”
“Non ho qualche giorno, Jensen. Lo so io e lo sai tu. Voglio andare a casa. Non voglio che tutto finisca qui dentro…ti prego…ti..”
 
“Va’ bene. Va’ bene. Ma tu sta’ calmo. Vado a preparare i documenti!”.

 
E poi la rabbia di quel Misha, la triste comprensione dell’amico medico. La frustrazione di sapere che il tempo era finito, la rabbia segreta di quella così prossima separazione. Tutto, tutto era maledettamente vero. Tutto sembrava essere dannatamente reale. Tutto faceva dolorosamente male.
“No…no…basta….basta…per favore….basta!!” sussurrava gemente Jensen in quel sonno così agitato.
 
Era come se quella preghiera onirica fosse stata rivolta a chiunque elargisse i sogni, affinchè non gli mostrasse la fine di quello che stava avendo lui.
 
Ma purtroppo non fu così e nell’ennesimo sogno, Jensen, arrivò alla fine di quella sua “altra” vita.
Si rivide baciare con infinita dolcezza Jared. Sentì il tiepido calore delle labbra del compagno svanire pian piano. Rivide il suo petto smettere di respirare. Si rivide piangere disperatamente sul corpo ormai senza vita di quello che capì essere l’amore della sua vita.
Provò quella disperazione, quella rabbia tipica di chi sopravvive alla morte.
Sentì la difficoltà nel riprendere fiato per poter piangere ancora e più forte.
Sentì la sua voce gridare al cielo il nome di Jared e in quel grido disperato, Jensen si destò dal sonno.
 
Stava piangendo. Il suo volto era completamente bagnato di lacrime e i suoi occhi, freneticamente andarono a cercare qualcuno. Si rese conto di essere solo e che stava abbracciando solo un cuscino e  che il cuscino era bagnato di quelle stesse lacrime.
Il suo stomaco si contrasse per il nervosismo e il ragazzo fu costretto a correre in bagno per rigettare quello che era solo il panico e il dolore che quel sogno aveva procurato.
Seduto a terra, con la schiena appoggiata al cristallo della doccia del suo bagno, Jensen , si passò, sfinito, una mano sul volto contratto.
 “Che mi sta succedendo?...che mi sta succedendo!!?” ansimò cercando di calmarsi quanto più gli riusciva di fare in quel momento. E quando si sentì leggermente più lucido decise il da farsi.
Anche se quel da farsi, gli sembrava assurdo. Decisamente assurdo.

*******

Il mattino dopo andò da Jim, al suo ambulatorio.
“Ehi, Jens. Che c’è? Sei stato di nuovo male?!” chiese con un tono leggermente apprensivo il medico, vedendolo pallido e decisamente teso.
“No…o almeno credo.” lo rassicurò il ragazzo.
“Spiegati!”
“Si tratta di Jared.” sembrò avvisarlo.
“Jared?” fece l’amico e poi prima che l’altro potesse parlare: “Grandioso!!! Allora il mio appuntamento alla cieca ha funzionato!!”
“No. No. No.  Non si tratta di quello….Oddio!! è assurdo….io…io non …” cominciò a blaterare nervosamente mentre stringeva i pugni sulle gambe.
“Ok! Va bene!, calmiamo gli ormoni e dimmi tutto. Che c’entra Jared con il fatto che sei tu ad essere in uno studio medico?!” chiese cercando di portare alla calma il suo amico.
“Lui sta male!”
“Cosa??” esclamò allarmato Jim.
“O meglio: starà male se tu non lo aiuti!”
“Ma di che diavolo stai parlando, Jensen!?!” ed era decisamente preoccupato, perché lui non sapeva. Jim non poteva sapere.

Jensen gli spiegò tutto.
Il sogno, quello che aveva provato, quello che aveva vissuto in quel sogno. L’incontro con Jared, il loro primo appuntamento, lo scoprire che si amavano. La loro prima casa acquistata insieme. Il vecchio barbecue che bruciava sempre le loro bistecche e poi quello che era accaduto a Jared in quel maledetto incubo.
Gli riassunse quello che per lui era stato il sogno di cinque anni di una vita meravigliosa.

“Jensen ma cosa….” sussurrò appena Jim, dopo aver ascoltato ogni parola che Jensen aveva pronunciato. Dopo aver guardato quel ragazzo che tremava ad ogni parola pronunciata.
“ Lo so…lo so… che è assurdo. Ma credimi Jim era tutto così reale, così vero. Io sono il primo a darmi del pazzo per quello che sto facendo e per quello che ti sto dicendo, ma …quello…quello che sento nello stomaco quando ci ripenso….mi dice che non posso…non posso fare finta di niente!”
“E cosa dovrei fare io?!” chiese interdetto l’altro.
“Non lo so…fagli degli esami…metti una scusa…accertati che Jared non ha nulla e che io sono semplicemente impazzito!” suggerì quasi isterico.
“Jensen ma io non….”
“Ascolta…” fece poi Jensen, cercando di riprendere la calma. Per quanta calma potesse ancora avere. “ Jared ha una cicatrice sulla gamba…sul polpaccio destro.”
“No, Jensen, no. Ti sbagli. Jared non ha nessuna cicatrice sul polpaccio destro!” lo corresse pacatamente il medico. “Io lo saprei!” disse con apprensione.
Jensen tacque sorpreso. Pensò e ripensò a quello che aveva vissuto in sogno, tutto quello che aveva visto e rivisto. E poi arrivò alla risposta di quell’errore.
“Ancora non deve essere successo , allora!”
“Cosa?!” fece sbalordito Jim.
“Ascoltami!! Jared si farà male, mentre è in bici. Assisterà ad uno scippo e correrà dietro al ladro , ma il pallone di un bambino lo farà cadere e lui si taglierà sul selciato. Ma lui sa che tu odi quando fa queste cose da “supereroe urbano” .. e Jim trasalì quando sentì quell’appellativo che solo lui e Jared conoscevano.
“Come fai a sapere di…”
“Me lo ha detto lui…Jared. O meglio il Jared del mio sogno. Comunque, lui ti dirà che ha solo scansato un bambino che gli ha tagliato la strada all’improvviso. Te lo dirà per non farti arrabbiare  e preoccupare.”
“Jensen …è assurdo!” fece Jim, scuotendo la testa a causa della confusione che sentiva in quel momento.
Chi non sarebbe stato confuso? Chi ci avrebbe creduto immediatamente?
“Lo so. Ma ti supplico se…se in questi giorni…se dovesse succedere una cosa del genere, ti prego…ti prego…fa’ quello che devi per salvargli la vita!” e detto questo si alzò dalla sua sedia e andò via lasciandosi alle spalle un Jim completamente basito e sconvolto.
 
L’argomento non fu più ripreso, anzi i due nemmeno si sentirono, forse perché Jim non sapeva che dirgli e Jensen si sentiva in imbarazzo per la situazione.
 
Ma nei giorni successivi, quando Jared fu tornato, l’infermiera che assisteva Jim nel suo ambulatorio, lo richiamò.
“Dott. Beaver, ci sarebbe Jared di là che ha decisamente bisogno del suo intervento!” lo avvisò.
“Che ha combinato questa volta?!” fece raggiungendo la ragazza che lo anticipava verso la piccola stanza adiacente al suo studio.
Quando il medico vi entrò, vide un Jared ammaccato e con un vistoso taglio sul polpaccio.
Quello destro.
Una lampadina si accese luminosa nella mente del medico. Immediatamente gli venne in mente il discorso avuto con Jensen e rimase per un attimo confuso da tutto quello che stava accadendo.
Jared che lo vide in quelle condizioni, si apprestò a rassicurarlo.
“Tranquillo Jimbo. È solo un taglio. Ero in bici e un bambino mi ha tagliato la strada e per scansarlo  io….”
“..sei caduto sul selciato!” finì per lui, il medico, atono. Quasi a ripetere qualcosa che già sapeva.
“Già!!” mormorò Jared , leggermente sorpreso che Jim sapesse.
“Balle!” esclamò l’altro, fissando il taglio alla gamba.
“Come scusa?!” fece il giovane che non comprese il senso di quell’esclamazione.
“Bambino un cavolo!!! Sei corso dietro ad uno scippatore, non è vero?!” chiese furente.
Jared completamente stranito sia dal tono dell’amico che dal fatto di essere stato scoperto, restò per un attimo sconcertato. Cercò furiosamente una scusa plausibile per giustificarsi quando Jim lo aggredì di nuovo.
“Jim ma come…”
“Non è vero?....hai assistito ad uno scippo e hai voluto fare di nuovo il supereroe urbano!!” ringhiò mentre prendeva ciò che gli serviva per suturare la ferita.
“Che avrei dovuto fare, Jim?? Guardare dall’altra parte? Lo sai che non sono il tipo!!” si difese innocentemente, ignorando la cosa più importante. Come diavolo faceva Jim a sapere quello che era davvero successo?
“Dannazione!! Jared ti farai ammazzare uno di questi giorni!!” lo rimproverò ma immediatamente dopo, si rese conto del verbo che aveva usato e Jensen gli venne di nuovo in mente.
Si calmò all’improvviso.
“Ok! Ok!!” fece riacquistando la calma. “Scusa, ma è che mi preoccupo per te.” cercò di rimediare a quel suo sfogo.
“Lo so, amico. Lo so. Ma te lo giuro….sto bene.” lo rassicurò di nuovo con quel tono gentile che era solo suo.
Jim lo guardò apprensivo non appena Jared pronunciò quello “sto bene!”.
Il medico deglutì e ignorando la medica razionalità che il suo ruolo gli imponeva decise di dare ascolto a Jensen. Male che fosse andata, sarebbero stati solo dei controlli.
“Senti una cosa….Ora ti rimetto in sesto, ma voglio che tu dopo faccia una cosa per me!”
“D’accordo.” Acconsentì il giovane amico.
“Tieniti leggero stasera a cena e domani mattina non mangiare nulla. Alle otto, ti voglio in ospedale.”
“Cosa?...andiamo, Jim!! È solo un taglio!!” replicò Jared decisamente non convinto della cosa.
“Non è per il taglio. Voglio farti dei controlli….un bel tagliando. Infondo è da un po’ che non lo fai!”
“Non mi va di passare una giornata in day ospital.” quasi piagnucolò.
“Fallo per me!”, lo esortò Jim. “Per farti perdonare questa stronzata!”
“Ok!” acconsentì sconfitto. “Ma ti dimmi prima una cosa..” riprese Jared ora che la situazione era più calma.
“Cosa?!” fece il medico mentre gli disinfettava la ferita.
“Come sapevi quello che è successo?!”
Jim si trovò a disagio. Quello non era il momento di dirgli la verità. Aveva paura che se lo avesse fatto , Jared si sarebbe opposto agli esami clinici e quindi optò per la scusa o la bugia più plausibile.
“Ti hanno visto.. Batman!”
 
Il giorno dopo puntuale, Jared si presentò in ospedale e Jim gli fu accanto in ogni esame a cui il giovane era stato destinato.
Jared non capiva il perché di quei controlli, ma Jim era stato così supplichevole che gli lasciò fare tutto.
“Ok! Abbiamo quasi finito Jared. Tra mezzora ti faranno una TAC e poi abbiamo concluso.” lo avvisò vedendo l’insofferenza sempre più presente in Jared.
“Una TAC?”
“Ricordi? Tagliando completo per il tuo vecchio zio Jim!!” cercò anche di scherzare.
“Il vecchio zio Jim sta esagerando!!” lo stuzzicò Jared mentre si sistemava il suo camice ospedaliero.
 
Quando arrivarono nel laboratorio radiologico, l’infermiere tecnico, chiese spiegazioni su dove puntare e Jim fu preciso.
“Cervello, base cervicale, prime vertebre!” elencò deciso.
“Cerca qualcosa di specifico, dottore?!” mentre puntava e registrava il macchinario secondo le indicazione del medico al suo fianco
“Qualcosa che spero di non trovare!”
Il tecnico osservò le immagini appena inviate al computer dalla macchina e strinse le labbra in segno di preoccupazione.
“Io credo invece che qualcosa ci sia, Dott. Beaver. Guardi la prima scansione.” Fece indicando una piccola ombra al centro dei nervi cervicali.
Jim guardò lo schermo e trasalì.

C’era.
Quel dannato tumore, c’era.
Piccolo, non ancora aggrovigliato ai nervi e al tronco celebrale come gli aveva raccontato Jensen, ma comunque c’era e faceva già paura.

“Aveva ragione, mio Dio. Aveva ragione!!” sussurrò Jim visionando quelle immagini.

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Capitolo 2
*** La realtà. ***


Due settimane dopo, Jared veniva dimesso dall’ospedale. Completamente guarito.
Il tumore era stato preso in tempo e l’operazione era riuscita al cento per cento. Certo, avrebbe dovuto comunque fare un ciclo di radioterapia, ma la cosa non gli avrebbe causato alcun disagio.
Il giovane era felice e grato di quella risoluzione, ma ora aveva altro a cui pensare.
Aveva parlato con Jim. Gli aveva chiesto di dirgli la verità sul perché di tutti quegli esami e soprattutto gli aveva chiesto come mai sapeva dove guardare.
 E Jim era stato sincero, ora poteva esserlo, e gli aveva detto tutto. E come lui, anche Jared rimase basito e sbalordito dal racconto e dal sapere da chi quel racconto era stato originato.
 
La mattina successiva Jared bussò alla porta della casa di Jensen.
Il tecnico aprì e si sorprese quando si vide di fronte il giovane.
“Jared? Come…come mai qui?...da queste parti?” chiese cortesemente.
Jared sorrise e rispose come se niente fosse.
“Ti avevo avvisato che stavo tornando in città e che mi sarebbe piaciuto bere qualche birra con te!”
“Sì, ma è passato del tempo e io credevo che…”
“Credevi male!! Perciò…eccomi qui e le birre ci aspettano.” lo interruppe Jared sorridendogli più apertamente.
Jensen esitò. Si sentiva confuso da quella visita.
No! Non era confuso.
Jensen era terrorizzato perché quelle immagini che per intere notti lo avevano tormentato, erano ancora vivide nella sua mente e ora Jared gli stava di fronte e lui non sapeva se Jim gli avesse o meno….
Così cercò di nascondere al meglio quel suo tentennamento.
“Beh! per me è un po’ presto per la birra alle dieci di mattina….”
“Oh!” esclamò deluso Jared e Jensen cercò di rimediare immediatamente.
“Ma ….ma mi stavo preparando un caffè…se…se ti va?!”
“Molto volentieri!” rispose di nuovo sorridente l’altro.

I due si sorrisero , ma stranamente, Jensen non si mosse dalla sua posizione.

Jared si guardò con indifferenza intorno e poi tornò a fissare l’altro che fissava lui. “Me lo offri qui , sulla porta…. o posso entrare?!”
“Cosa?? Oddio…che stupido….Scusami, no. Entra, entra. Ti prego scusami ancora!!”, continuava a dire mentre si spostava per farlo passare. “Stanotte ho dormito male e sono ancora un po’….sfatto!”
“Incubi?!” azzardò Jared mentre gli passava davanti per entrare in casa.
“Una specie!” ammise Jensen. “Ma niente di ….” e rimase a metà frase quando chiudendo la porta e girandosi verso Jared, vide il piccolo bendaggio bianco alla base della nuca.
Le parole gli si fermarono in gola. I suoi pensieri presero a vorticare così furiosamente che, paradossalmente, non riusciva a pensare a niente. Poi una semplice domanda gli volò via dalle labbra.
“Che …che hai fatto?!” quasi balbettò.
“Cosa?!” fece Jared voltandosi verso di lui.
“Sì…insomma…cosa…” biascicò indicando con l’indice la zona interessata.
Jared imitò quello stesso gesto mettendosi una mano sul cerotto sanitario e poi guardò fisso e serio, il ragazzo di fronte a lui.

“Questo?!” e Jensen annuì appena. “Beh! dovresti saperlo!” lo spiazzò Jared.

Gli occhi di Jensen si spalancarono a quell’affermazione. Il suo cuore iniziò a pulsare furiosamente e sentiva il respiro farsi corto. Jim non poteva avergli detto tutto.
“Co-…No, no…mi dispiace. Io non…non lo so. Non vedo Jim da un po’ e non so…davvero…cosa...…” mentì.
“Strano. Da quello che so, che ho saputo, sembra che invece sia stato tu a dire a Jim di rivoltarmi come un calzino!” lo provocò ancora, mentre avanzava verso di lui.
“Non so di che cosa tu stia parlando, Jared!” fece l’altro, indietreggiando e andando  verso la macchinetta del caffè.
“Sto parlando di te che hai avuto visioni su di me..” iniziò semplicemente Jared. Così, senza mezzi termini e fissando con negli occhi stretti quasi a fessura sul volto decisamente terrorizzato di Jensen.
“E’ assurdo!”
“…su di noi…insieme!” andò avanti con più decisione.
“E’ pazzesco! Tu non ….”
“Parlo di te che mi hai visto morire e che in qualche modo , mistico o meno, mi hai salvato la vita!” continuava ad insistere seguendolo in cucina e bloccandogli la via di fuga che Jensen cercava.
“ Credo che la botta che hai preso in testa ti abbia lasciato un effetto collaterale di troppo, Jared. Ti rendi conto di quanto sia assurdo quello che sta dicendo?!” chiese ironizzando su quel discorso che pur sapendo vero, continuava ad essere illogico.
“Se fosse solo per me, ti darei ragione.” Convenne Jared con calma. “Ma il fatto è, che tutta questa storia viene da Jim. Un dottore. Uno scienziato. La persona più equilibrata e lucida e razionale che io abbia mai conosciuto!”
“Io…io…” era ormai alle strette.
“Parla con me!” lo incoraggiò Jared.
“No!”
“Perché?!”
“Perché …..” e tentennava ancora.
“Perché???!!”
“Perché è da pazzi!!”, sbottò alla fine. “E’ da incoscienti …e folli…e pazzi…credere ad una cosa del genere!”
“Ma è quello che è successo!”, cercò di intervenire Jared vedendo il panico che si impossessava di Jensen. “Ci siamo conosciuti, è scattato qualcosa e quel qualcosa è come se ti avesse fatto fare un salto in quello che sarebbe dovuto accadere.”
“E cosa sarebbe dovuto accadere?!”
“Non lo so. Forse dovevamo conoscerci, forse dovevi salvarmi la vita, forse…”
“Forse , cosa?!” esclamò ancora con allarmismo.
“Forse dovevamo succedere….noi!” finendo in modo strano quella frase.
“Jared..” sussurrò  sfinito e forse confuso e sorpreso da quella conclusione.
“Jensen che tu ci creda o no, che tu ci voglia credere o meno…mi hai salvato la vita. Mi hai salvato da un tumore che non mi avrebbe dato scampo. Quando Jim mi ha detto tutto, io ci ho creduto e ci sto ancora credendo e non posso pensare che tu non ci creda!” provò a farlo ragionare.
“Io non…” ma Jared non lo fece finire. Si avvicinò a lui e lo guardò con dolcezza e convinzione. Dritto negli occhi.
“Ascolta. Non saresti andato da Jim a supplicarlo di farmi fare degli esami, se non ci avessi creduto!” lo spiazzò Jared. E aveva ragione.
“Ti rendi conto di come e quanto sia assurda questa cosa?!”
“La vita è assurda, Jensen.”, convenne Jared facendo spallucce. Poi si allontanò solo un po’ da lui e gli sorrise. “Ora, per favore, offrimi quel caffè e raccontami tutto!”

Jensen sorrise e sorridendogli, acconsentì. Gli fece segno di accomodarsi al divano mentre lui preparava il caffè iniziando il suo racconto e quando fu pronto gli porse una tazza fumante.
Jared bevve e immediatamente dopo ebbe un sussultò di sorpresa. Jensen se ne accorse.
“Che c’è?”
Jared lo fissò per un attimo e poi guardo ancora il suo caffè.
“E’ esattamente come lo bevo io. Leggermente macchiato e con un po’ di vaniglia.”
Jensen sorrise e abbassando lo sguardo: “Lo so.”
“Il sogno?!” e Jensen annuì leggermente in imbarazzo. “Così…cinque anni?!” chiese curioso.
“Già. Cinque anni in poche notti.” Ammise ancora incredulo Jensen. “Non mi era mai accaduta una cosa del genere e da quando tutto…tutto è finito, è come se ….”
“Come se , cosa?!” fece Jared, curioso.
“Come se anche il sogno fosse finito lasciandomi solo il ricordo del sogno stesso. Non so come sia stato possibile, ma ogni ricordo è così vivido. Mi sembra di ricordare ogni singolo giorno di quei cinque anni. Delle cose che abbiamo fatto insieme, le persone conosciute..ogni…ogni cosa!”

Jensen iniziò a parlare serenamente quando si rese conto che Jared lo seguiva senza pregiudizio o perplessità. Così , gli raccontò di quello che era stato il loro primo appuntamento, di come e quando decisero di andare a vivere insieme, degli amici che facevano parte della loro vita e di come quella loro vita era meravigliosa. O almeno lo fu fino al momento della scoperta della malattia di Jared.

“Deve essere stato difficile per te trovare il coraggio di confidarti con Jim e rivelargli tutto!” fece comprensivo il giovane dopo aver ascoltato quel racconto. O almeno parte di esso.
“Non volevo all’inizio. Pensavo che fosse solo uno scherzo della mia mente, ma quello che provavo ogni volta che ci ripensavo, il modo in cui stavo…male, ogni volta che quelle immagini mi si ripresentavano….mi spavenatava e allora ho deciso che o c’era qualcosa di vero in quello che mi stava succedendo o stavo impazzendo. In un modo o nell’altro , Jim, mi sarebbe stato utile!” ironizzò, facendo sorridere il giovane che lo ascoltava.
Per un attimo ci fu silenzio tra loro, poi Jensen senza pensarci si guardò l’orologio.

Wow!! Avevano parlato per oltre due ore!!

“Senti…io comincio ad avere una certa fame. Ti va di rimanere?...niente di che. Ordiniamo una pizza e ….”
“Mi andrebbe davvero di rimanere!” fece Jared senza lasciarlo finire.
“Ok! Vado ad ordinarle!” e si avviò al telefono, trafficò per un attimo in un cassetto, cercando il depliant di qualche pizzeria da asporto e poi richiamò Jared. “Tu prendi la solita?!” chiese con naturalezza.
“Come scusa?!” decisamente colto di sorpresa.
“Ben cotta, con le verdure , ma senza funghi, giusto ?!” chiese sporgendosi dal bancone della cucina per poter guardare Jared e quando i loro sguardi si incrociarono, Jensen potè vedere lo sbalordimento più profondo sul volto del suo ospite e solo allora capì di quello che aveva detto e fatto. “Oddio…mi dispiace…credo…credo di averlo fatto di nuovo!” si scusò , immaginando la situazione inquietante in cui aveva messo Jared.
“Non…non scusarti. Infondo…credo…credo che tu lo abbia fatto per…cinque anni, no?” provò a tranquillizzarlo.

“Cinque anni, otto mesi e venticinque giorni e dodici ore!” si ritrovò a dire Jensen istintivamente e che sparì immediatamente in cucina quando si accorse della risposta che aveva dato.

Jared in salotto accusò il vero senso di quella risposta e percepì la piccola espressione di dolore con cui Jensen aveva concluso quella sua frase.
Pochi minuti dopo, il giovane gli era vicino. In cucina.
Jensen era di spalle, rivolto al bancone del piano cottura a fissare un numero di telefono che ancora non componeva. Jared gli poggiò una mano sulla spalla , invitandolo dolcemente a voltarsi per poterlo guardare negli occhi.
“Dodici ore?!” chiese dolcemente, mentre Jensen teneva ancora gli occhi bassi.
“Le più brutte della mia vita.” , ripensando a quel sogno e alle ultime ore che lo vedevano accanto al capezzale di Jared.  “Qualunque vita io abbia vissuto o sognato!”
“Smettila di pensarci, ora!” tentò di confortarlo. “Qualunque cosa sia successa, qualunque cosa ti abbia portato a vedere ciò che hai visto…mi ha salvato la vita. Jensen…tu mi hai salvato la vita e io sono qui, adesso. Il tumore è andato e quando finirò il ciclo di radioterapia, tutto sarà definitivamente finito!”
“Radioterapia!?” fece spaventato Jensen.
“Jim e l’oncologo che mi ha operato vogliono andare sul sicuro e anche se il tumore è stato completamente asportato, vogliono darmi la copertura completa!” gli spiegò serenamente. “Dimentica quelle dodici ore e tutto quello che è accaduto e che le ha causate.”
“E’ difficile!” fece ancora prigioniero di quelle sensazioni.

Poi accadde qualcosa. Jared gli si fece più vicino e Jensen, meccanicamente , si ritrovò ad indietreggiare verso il bancone della cucina alle sue spalle. Il giovane sollevò una mano, per carezzare il viso preoccupato del ragazzo di fronte a lui che lo fissava quasi spaurito.
“Jared…” esalò appena dopo che la mano di Jared lo aveva sfiorato.
“In un certo senso tu hai guarito me, forse io….posso….” sussurrò a pochi centimetri dal volto di Jensen.
Le loro labbra si unirono, piano, docili. Con lentezza, quasi avessero paura che tutto fosse ancora un sogno. Jared prevaricava dolcemente su Jensen. Guidava lui quel bacio, quello stesso bacio che il giovane stesso aveva iniziato e Jensen ne seguiva, remissivo e conquistato, ogni movimento e ogni ritmica.
Si lasciava baciare la bocca, si lasciava carezzare le labbra e lasciava che Jared gli cingesse il volto per accompagnarlo in quel sensuale movimento alla ricerca dell’angolazione perfetta.
E quando, la lingua di Jared , gentilmente, accennò al desiderio di approfondire quell’unione tra di loro, Jensen, quasi istintivamente, si aggrappò ai fianchi del giovane, acconsentendo.
Quei baci, quei momenti intimi tra di loro, quelle situazioni più accaldate vissute in quel sogno , si palesarono immediatamente nella mente del biondo, che si tese naturalmente contro il corpo del giovane compagno.
Jared capì il gesto di improvviso turbamento e si fermò, lasciando piano le labbra meravigliose che aveva appena baciato.

“Cosa c’è?!” sussurrò ancora alla distanza di un respiro da Jensen.
“Ricordo perfino il tuo modo di baciare e….credimi….credimi….dobbiamo fermarci. Non è…non è ancora il momento per….”
“Per passare in rassegna la parte erotica del tuo sogno?!” cercò di farlo sorridere e non sentire in imbarazzo per quello che quel bacio aveva cominciato a scatenare in entrambi.
Jensen non rispose, arrossendo appena e sentendosi comunque imbarazzato perché anche se aveva sorvolato sul riferire certi ricordi, quei momenti passionali e appassionati tra loro erano tanto vividi quanto tutti gli altri ricordi.
“Ok! Sai che ti dico?...lascia stare la pizza. Ti porto in un posto!” esclamò, poi, Jared, lasciando il viso di Jensen e prendendogli una mano tra le sue.
“Cosa? dove….dove andiamo? E’ ora di pranzo e tu dovresti mangiare qualcosa dato che sei appena stato dimesso.” sembrò quasi rimproverarlo Jensen.
“D’accordo! Tu vieni con me senza fare storie e io prometto di fare il pranzo più salutistico possibile. Verdura , frutta, e perfino una tisana al posto del caffè!”
“ Ti prendo in parola!”
“Ok! Prendi la giacca.”
 
Quando arrivarono al locale in cui Jared volle portare Jensen, il maggiore non potè non riconoscerlo anche se non c’era insegna ad indicarne il nome.
“Il Friend’s!” disse guardando l’entrata del locale e poi guardando Jared al suo fianco. Ma ciò che vide sul volto del giovane lo preoccupò. “Che c’è?”
“Misha ha acquistato questo locale due mesi fa. È ancora registrato con il vecchio nome , ma lui vuole cambiarlo e ha detto solo a me come ha intenzione di chiamarlo!” disse decisamente sbalordito. “Mio Dio…” sussurrò poi, come se avesse avuto l’ennesima conferma di tutto ciò che stava accadendo. “Hai davvero vissuto tutto!!” sembrò confermare a sé stesso.
Jensen si sentì spaventato , ma poi, vide Jared sorridere di puro compiacimento e quando il giovane lo rassicurò con una leggera carezza sul viso e uscì dalla macchina, Jensen lo seguì, rinfrancato.
 
Quando entrarono nel locale, per Jared fu come entrare a casa sua. Gente che lo salutava a destra e a sinistra, felici di vedere che ormai stesse bene , dato che la notizia del suo ricovero aveva comunque raggiunto tutti. Jensen, appena dietro di lui, guardava quei volti conosciuti e sconosciuti allo stesso tempo ed era così strana come sensazione. Si sentiva confuso, fin quando una mano di Jared non lo afferrò per la sua e lo incitò a seguirlo.
Appena un po’ all’interno, Jensen vide avvicinarsi a grandi passi veloci, verso di loro, un ragazzo. Era abbastanza alto, bruno, sorridente all’inverosimile e due occhi blu da far impallidire Paul Newman.
“O Dio..” sussurrò non appena lo riconobbe, ma il ragazzo in questione lo ignorò del tutto e si lanciò decisamente in un abbraccio fraterno con Jared che ricambiava sorridendo felice.
“Perchè non mi hai detto che saresti uscito? Sarei venuto a prenderti!” sembrava rimproverarlo bonariamente il bruno.
“Tranquillo, amico. C’era Jim con me e poi dovevo risolvere alcune cose. Ma sono qui ora, no?!” lo rassicurò Jared.
“Sì..sì..che lo sei. E non provare più a farmi uno scherzo del genere, amico mio.” fece l’amico abbracciandoselo ancora.

 Poi Jared si staccò un attimo, ma sempre sorridente, si voltò verso Jensen.
“Devo…voglio presentarti una persona!” e Misha si avvicinò allo sconosciuto che lo guardava con un espressione confusa ma sorridente. “Lui è Jensen!”
Il giovane non fece in tempo a fare le presentazioni che Jensen lo anticipò, senza pensarci.
“E’ un piacere….. conoscerti , Misha!” fece porgendo la mano che venne stretta quasi con titubanza.
Il suo nome infondo non era mai stato fatto.
 
Misha! Quel Misha.
L’amico fraterno di Jared e poi anche suo, quando lui e Jared si misero insieme. Il Misha che era testimone costante del loro amore. Che festeggiava con loro ogni avvenimento felice e si struggeva nel volerli aiutare quando li vedeva in difficoltà. Il Misha che aveva imprecato furioso contro di lui, Dio e la malattia quando Jared era terminale e voleva andare a casa.
Misha…che lo aveva abbracciato forte e aveva pianto con lui, quando, quella triste mattina, gli aveva detto che Jared se n’era andato via per sempre.
 
“Ti chiedo scusa, ma.... ci conosciamo?!” fu la domanda del ragazzo che lo riscosse dai suoi pensieri.
Jensen si rese conto di aver sbagliato di nuovo, ma preso dai ricordi di Misha e di quella che era la loro amicizia all’interno di quel dannato sogno, non ci aveva pensato a far finire la presentazione iniziata da Jared.
“Gliel’ho detto io….prima …prima di entrare.” intervenne  Jared, portando via l’imbarazzo. “Gli ho parlato di te , del locale e sai….è un tipo intelligente. Avrà fatto due più due!!” scherzò.
Misha osservò con sguardo indagatore sia Jared che quel nuovo amico che continuava a fissarlo in modo strano.
“Sta con te, non può essere così intelligente!” fu la sua conclusione.
“Cosa?...” esclamò Jensen. “Io…lui…noi….noi non….”
“Beh!! grazie per la fiducia!!” ironizzò Jared.
Misha gli strizzò l’occhio con espressione complice e poi si avvicinò al suo “nuovo amico”.
“Ehi?! te lo sei portato già a letto?!” domandò con discrezione a Jensen , indicando Jared  e godendo dell’espressione sbalordita del biondo.
“No…sì…cioè no….non ancora…è che…Gesù!!” si afflisse in imbarazzo.
“Ma lo vuoi lasciare in pace??!! Ci siamo conosciuti solo da poco e ci stiamo lavorando, ok?” andò in soccorso Jared, conoscendo la vena spensierata dell’amico e capendo anche la confusione della risposta di Jensen.
“E va bene..va bene, piccioncini romantici. Ma nell’attesa dei vostri “lavori in corso”, che ne dite di mangiare qualcosa?” suggerì festoso.
“Sarebbe fantastico!” fece Jared. “Beviamo qualcosa prima!”.
“Ci penso io!” fece Jensen avviandosi al bar, mentre Misha guidava Jared a quello che sarebbe stato il loro tavolo.

Quando Jensen tornò da loro, porse le birre che aveva ordinato.
“Ecco qui! Chiara per Jared, scura per me, alla spina e senza schiuma per Misha!” disse, porgendo ad ognuno la birra giusta. Il ragazzo, poi, si sedette e solo allora si accorse di essere sotto osservazione.
“Beh!!...questa me la devi spiegare!” fece guardando completamente basito Jensen. “Come diavolo fai a sapere come bevo la birra?!”
Jensen trasalì. “Io…io…”
“Senti, Mish. È una lunga storia che ti racconterò un giorno. Ma ti giuro, che è tutto a posto, ok?” lo rassicurò amichevolmente Jared.
“Ma lui…”
“E’ tutto ok!” fece ancora.
“D’accordo, e comunque oggi sono talmente felice di rivederti in forma che non mi interessa altro!!” asserì Misha, alzando il bicchiere di birra in segno di brindisi a cui gli altri due si accodarono compiaciuti.
“Ehi, Misha! Puoi venire un attimo?!” fece la voce di un dipendente del locale.
“Il lavoro mi chiama ragazzi. Torno tra un po’!” fece battendo la mano sulla spalla del giovane amico.

Per un po’ i due ragazzi rimasti al tavolo sorseggiarono in silenzio le loro birre, ma poi Jared non resistette alla tentazione.
“C’era anche lui!?” chiese dopo un po’ Jared, vedendo che Jensen continuava a guardare Misha.
“C’è sempre stato. Fino alla fine …più o meno!” rispose fissando lo sguardo sullo scintillio della birra nel suo bicchiere.
“Più o meno?!” fece confuso.
“Vorrei non parlarne!”
“Oh andiamo!!” esclamò senza però sembrare insistente.
Jensen sospirò profondamente. Infondo era della sua vita che si parlava anche in quel sogno e alla fine, arrivò alla conclusione che Jared aveva diritto di sapere.
“Quando oramai sapevamo che tu….insomma…” ma quella parte della storia o del sogno o di qualunque cosa fosse stata, proprio non riusciva a concepirla.
“Ok, va bene. Tranquillo!” la confortò Jared, carezzandogli discretamente la mano appoggiata al tavolo. E da quel gesto, Jensen , parve trarne coraggio.
“Anche tu ne eri consapevole e non volevi che tutto finisse in ospedale. Così mi chiedesti di essere portato a casa. Io acconsentii e Misha si infuriò. Andò fuori di testa e mandò al diavolo tutto e tutti. Ma non lo fece perché non voleva accontentarti, io so che lo fece perché non era pronto a perderti. Lui non voleva….” Ma si fermò quando vide Jared che guardava quasi sorridendo l’amico che parlava con i suoi dipendenti.
“Che c’è?!” fece Jensen curioso.
“Sai è strano.”
“Cosa?!”
“Misha ..fuori di testa. Da quando lo conosco al massimo lo sento imprecare con un “Porca miseria!” o un “Ma che cavolo!!” quando perde la sua squadra.” Riferì deridendo amichevolmente il linguaggio di Misha.
“Credimi!!…Misha infuriato fa decisamente paura!!”

Quando li avvertirono che potevano ordinare, Jensen ricordò a Jared la sua promessa. Cibo sano. Niente hamburger o schifezze varie.
Il giovane gli aveva promesso che per almeno la durata della terapia avrebbe seguito una dieta di tutto rispetto, avrebbe fatto attività fisica e avrebbe ridotto al minimo le bevande alcoliche. E Jensen, di contro, gli aveva promesso che avrebbe seguito con lui lo stesso tenore di vita, per fargli compagnia e anche dargli manforte.

Fu  una serata più che piacevole e almeno per un po’ Jensen riuscì a non pensare a quell’altro Jared, ma si focalizzò solo sullo splendido ragazzo che aveva di fronte, che era sano, spensierato e aveva una risata cristallina e felice ogni volta che Misha lo faceva ridere.
 
Quando oramai furono passate le dieci di sera, Jared e Jensen, salutarono Misha e uscirono dal locale.
“Wow!! S’è fatto davvero tardi, ma sono stato bene con te. Davvero!” fece il biondo mentre prendeva il suo cellulare.
“Che cosa stai facendo?!” chiese, sorpreso da quel gesto.
“Chiamo un taxi. Non c’è bisogno che mi riaccompagni a casa e poi che….”
“Non dirlo nemmeno per scherzo. Monta in macchina e ti ci metto di peso su quel sedile!” ribadì con divertita decisione Jared, e Jensen non seppe sottrarsi ad un tale gentile invito.
 
Parlarono ancora durante il tragitto e quando arrivarono a casa di Jensen, il ragazzo chiese a Jared se voleva un ultima tazza di caffè , dato che di bicchierino della staffa nemmeno se ne poteva parlare.
Jared acconsentì e quando entrarono in casa , invece, il giovane non diede nemmeno tempo all’altro di avvicinarsi alla cucina.

Lo afferrò per le spalle, lo voltò verso di lui e lo spinse gentilmente contro la parete del soggiorno.
“Ti ho guardato per tutta la sera, ho guardato i tuoi occhi brillare e sorridere ad ogni mio sorriso. Ho notato le tue mani che a forza si negavano di raggiungere le mie. Ho visto le tue labbra muoversi in maniera magnifica pronunciando il mio nome. Ora…ora sono stanco di guardarti!!” e annullando lo spazio tra loro e approfittando del fatto che Jensen era stato preso decisamente alla sprovvista da quel suo gesto, il giovane lo baciò.
Ma questa volta il bacio fu ben diverso da quello che si erano scambiati nel pomeriggio. Questa volta c’era impeto, c’era passione e Jensen lo sentiva, c’era anche desiderio e non solo da parte di Jared. Anche lui si stava lasciando trasportare da quel bellissimo bacio, dalle emozioni che sentiva e che, ora sapeva, non erano solo frutto di un ricordo onirico, ma erano vere, reali e concrete e le sentiva e le provava per Jared.

Questo era vero! Ciò che stava accadendo era vero! Jared lo era e lo era magnificamente!
E Jensen non ce la faceva a rifiutarlo o solo a stargli ancora lontano!

Fu per questo che si scostò appena dalle labbra del giovane.
"Ne sei sicuro?!" chiese ansimando Jensen.
"Voglio cercare di riscrivere quei cinque anni, se ti va!" rispose Jared, passandogli l'indice lungo la guancia e scendeno lentamente sul collo fino alla spalla. 
Jensen allora, fece scendere le mani sulla propria camicia e iniziò a sbottonare lentamente i bottoni. Piano , uno alla volta.
Jared lo fissò incantato. Era un gesto talmente semplice  eppure incredibilmente sensuale ed eccitante.

“Voglio dimenticare quel sogno, Jared.” Sussurrò guardandolo negli occhi , mentre la sua camicia scivolava via dalle spalle con un movimento dolce ma pur sempre mascolino.
“E io voglio fartelo dimenticare e ne voglio creare un altro che non finisca mai!” sembrò promettergli Jared, mentre allungava una mano verso il viso del maggiore per accarezzarne i lineamenti incredibilmente dolci in quel momento.

Raggiunsero la camera da letto di Jensen, tenendosi per mano, guardandosi appena negli occhi e ogni volta era un timido sorriso complice a brillare nello sguardo di entrambi.
Amarsi fu semplice. Naturale. Dolcissimo ma anche appassionato. Le mani che rincorrevano ogni centimetro del loro corpo e della loro pelle accaldata. Le loro dita premurose ed esperte che che portavano piacere al loro piacere. Le labbra che si baciavano affamate e mai sazie. Le lingue che mischiavano sensualmente i loro sapori.  Il desiderio esigente.
E poi le loro voci basse e affannate.
I loro nomi invocati nel desiderio più caldo.
E quando il piacere più alto li conquistò, rendendo i loro movimenti più veloci e tenaci, un sospirò rauco e appagante riecheggiò nella penombra della camera.

Jared crollò esausto e felice sul petto di Jensen, che lo accolse in un caldo abbraccio. Il maggiore se lo strinse forte contro il torace ancora ansimante, come se Jared potesse farlo respirare meglio o ridargli quel respiro che adesso gli mancava. Jared si abbandonava definitivamente alle braccia del suo miracoloso amante, sorridendo alle sensazioni magnifiche che sentiva dentro.
Quando i loro respiri si fecero più regolari, fu Jensen a spezzare quel momento di silenzio tra loro.
“Ho paura!” confessò mentre le sue mani non riuscivano a smettere di accarezzare il ragazzo che se ne stava ancora beatamente disteso sul suo corpo.
“Paura di che?!”
“Di innamorarmi di te!”
“E sarebbe davvero così terribile se ti accadesse?!” ironizzò il giovane , issandosi su un gomito così da poter guardare Jensen negli occhi.
“Sì, perché già so come mi sentirei ad amarti e ho il terrore di riprovare ciò che ho provato quando ti ho perso.” Rispose Jensen accarezzandogli il viso.
“Jensen tu non mi hai mai perso. È stato un sogno…o meglio, un incubo. Un incubo che non si avvererà mai, dato che tu hai cambiato le cose. E poi…”
“E poi, cosa?” chiese con timore.
“Ricordi quando ci siamo conosciuti settimane fa, a quella festa con Jim?!”
“Sì che lo ricordo!”
“Ti dissi che cercavo l’anima gemella e tu mi rispondesti che facevi lo stesso.” gli ricordò sorridendo a quel ricordo.
“Non ti seguo!”
“E se il destino avesse capito che separarci è stato uno sbaglio? Ci ha messo insieme nel tuo sogno e in quello stesso sogno ci ha divisi. Se n’è reso conto e ora è come se ci stesse dando una seconda possibilità.” azzardò come ipotesi. Molto molto ipotesi!!
“Lo sai che questa tua spiegazione è forse più assurda di quello che ho sognato io?!” gli fece presente Jensen guardandolo con dolcezza.
“Ma almeno la mia è più romantica!” ammise sinceramente.
“Sì, lo è decisamente.” ammise convinto.
“Allora?!” fece curioso, risalendo appena un po’ sul torace di Jensen, fin quando i loro volti non furono ad una distanza accettabile.
“Allora, che ?!”
“Hai ancora paura di innamorarti di me?!” chiese Jared.
“Tu..ti innamoreresti di me?!” rispose Jensen.
“Io sono già a buon punto!” ammise baciando la mano che gli accarezzava il viso sereno.
“Jim aveva proprio ragione!” fece mente locale Jensen.
“Su cosa?!”
“La pensiamo allo stesso modo!” sporgendosi e baciando con dolcezza, quasi devozione, quelle labbra che gli stavano sorridendo.
 


Due anni dopo….

Jensen entrò nello studio medico di Jim. L’amico dottore non appena lo vide, si fece serio, forse preoccupato. Jensen era pallido, nervoso e decisamente sudato.
“Jensen che hai?...l’ultima volta che sei venuto nel mio studio ed eri in queste condizioni, abbiamo avuto la conversazione più assurda e incredibile della mia vita.” gli ricordò il medico che si sentì improvvisamente scomodo sulla sua poltrona.
“Jim ,...tu..tu sei l’unico che può aiutarmi!” iniziò Jensen decisamente preoccupato.
“Aiutarti? Aiutarti a fare che?!” chiese con deciso timore.
“Jared!” e a quel nome Jim trasalì. E anche lui iniziò ad agitarsi.
“Cosa?? O Dio , ti prego…non di nuovo!!”
“Jim, io…io…tu  devi…devi…”
“Per l’amore di Dio, smetti di balbettare e sputa il rospo. Peggio dell’ultima volta non può essere!!” lo rimproverò Jim, cercando di avere dal ragazzo qualcosa di più chiaro che delle mezze parole e degli sguardi confusi e spaesati.
“Non è detto!” si ritrovò a dire Jensen.
“Perché?!”
“Jim…”, fece ancora Jensen. poi prese un respiro e continuò  “ aiutami…”, disse quasi con esasperazione. “ Io devo chiedergli di sposarmi!”

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