Through his eyes.

di nowtellmeastory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I. ***
Capitolo 3: *** II. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.

Non aveva mai fatto caso a quanto fossero stupidamente bianche le pareti delle stanze d'ospedale, o meglio del pronto soccorso, anche perchè non ci passava mai volentieri del tempo all'interno, eppure quella volta era stato costretto da un pugno in più durante una rissa. Matt, trentaquattro anni appena compiuti ed una band affermata alle spalle, aveva avuto una discussione accesa con un uomo in un bar quella stessa notte, trovandosi così irrimediabilmente in pronto soccorso alle quattro del mattino, a causa della stessa discussione purtroppo – per lui – degenerata.
«Stia fermo un attimo, Mr. Sanders, altrimenti non posso ripulirle la ferita.»
«Faccia piano, almeno. Non sono ancora diventato un cadavere ed un po' di tatto sarebbe gradito.»
«Astrid, puoi venire un attimo e portarmi delle bende pulite? Il signore qui ne ha decisamente bisogno.»

«Arrivo, dottor Barnes.»

Astrid, ventotto anni, specializzanda in chirurgia e mancante di almeno sedici ore di sonno divise accuratamente in due notti consecutive. Quella notte era una della due.
Spingendo il carrello dalla stanza in cui lei si trovava fin nella stanza in cui si trovavano il dottor Barnes e Matt, la giovane donna si avvicinò al lettino dove il musicista stava seduto ed osservava con le labbra unite in una linea dura l'estesa ferita, verticale, riportata da lui sul dorso della mano sinistra. La ragazza, coperta da alcuni dei suoi abiti più comodi e dal tipico camice bianco, stava al fianco dell'esperto chirurgo capitato per caso di fronte a Matt nel momento in cui era entrato al pronto soccorso per farsi medicare, mentre le mani dell'uomo si muovevano intorno a quella sinistra – e ferita – del musicista. Dopo essersi assicurato di averla ripulita perfettamente, il dottor Barnes si impegnò nel fasciarla correttamente con le bende necessarie a tenerla chiusa e protetta dagli agenti esterni che avrebbero potuto generare l'infezione, dato che vi erano stati ritrovati all'interno anche dei pezzi di vetro, residui di una bottiglia rotta.

«Torno subito, devo chiedere all'infermiera di stampare il referto. Non si muova.»
Aveva detto il dottore lasciando la stanza senza troppi giri di parole. Matt, testardo e decisamente poco incline alle regole in generale, aveva già abbandonato la postura da seduto sul lettino per rimettersi in piedi ed avviarsi alla soglia della porta.
«Non può uscire, non ha ancora il referto.»
Lo aveva fermato a voce Astrid, con la mano sinistra ancora sul carrello e la destra lasciata cadere mollemente lungo il rispettivo fianco. Gli occhi erano puntati sulla muscolosa figura dell'uomo tatuato.
«Farai finta di non aver visto nulla e saremo felici tutti. Buonanotte.»
Sanders si voltò nuovamente verso l'uscita della stanza, ma Astrid allontanò la mano sinistra dal carrello e a falcate veloci si diresse verso la porta, posizionandosi esattamente di fronte al musicista che si trovava così davanti a lei in fedele compagnia di uno sguardo tra il contrariato ed il truce.

«Ti chami Astrid, giusto? Ecco, Astrid, devi sapere che l'altra mano è ancora buona: non costringermi ad usarla per spostarti dalla porta, perchè non è decisamente il momento per me di fare questi giochetti. Potrei farti male.»
«Non è un giochetto, bensì il mio lavoro. Torni al suo posto, signor Sanders.»

Era bastato quel breve scambio di battute a coprire l'arco temporale che aveva diviso l'uscita del dottor Barnes dalla stanza dal suo ritorno, quando ormai Matt era tornato a sedersi ed Astrid aveva ripreso con entrambe le mani il carrello per riportarlo nell'altra stanza.

«Ed ecco qui. Questo è il suo referto, cambi le bende una volta al giorno per i primi due o tre giorni e poi anche una volta ogni due, fino a quando la ferita non si richiuderà. Non è molto profonda, dunque basterà poco tempo. Ah, le raccomando anche di ripulirla prima di cambiare le bende, ovviamente.»
«Certo, la ringrazio. Buonanotte, dottore.»

Uscendo dalla stanza, Matt incrociò per l'ultima volta lo sguardo di Astrid, che si stava liberando dal camice per poter riprendere le proprie cose e tornare a casa, dato che il suo turno era ormai finito. Lei all'interno della stanza adiacente a quella lasciata poco prima, lui che usciva proprio da quell'ultima, diretto verso le porte del pronto soccorso.
Un secondo di quegli occhi verdi in quegli occhi turchesi, non di più.
Poi andò via, indifferente.

---

Lo ammetto: questo mondo mi mancava, così come mi mancavano i miei A7X. Questa storia mi frullava nella testa da un bel po' ma, un po' per mancanza di tempo e un po' per paura (di cosa, poi?!), non l'ho mai pubblicata, nonostante avessi già dei capitoli pronti. Che dire? E' un nuovo esperimento, mi aiutate a portarlo a termine dicendomi cosa ne pensate?
Un bacio!

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Capitolo 2
*** I. ***


I.

 

Dal 2009 era passato un bel po' di tempo. Le acque per i ragazzi degli Avenged Sevenfold si erano calmate, anche se con lentezza e frequenti momenti di sconforto; non era stato facile accettare la perdita di una persona fondamentale sia dal punto di vista umano che musicale come Jimmy, le sue folli idee ed i suoi sorrisi mancavano a coloro che avevano lavorato con lui e non solo, la sua simpatia non riempiva più l'aria delle salette dove i ragazzi registravano e quella batteria era rimasta lì, nella sala dove il batterista aveva suonato l'ultima volta, senza nessuno che avesse avuto il coraggio di smontarla e conservarne ogni pezzo.

La mattina dopo lo spiacevole incidente di Matt, il cantante americano decise di tornare nel bar dove si era tenuta la violenta discussione nemmeno dodici ore prima per provare a rintracciare, a sua detta, il bastardo che doveva ricevere una proficua lezione.
Entrato nel locale, a quell'ora ancora per metà deserto fatta eccezione per qualche cliente che era solito consumare lì la colazione, Shadows prese posto al bancone ancora lucido e pulito dove ordinò un caffè per assicurarsi un risveglio piacevole, come al contrario non lo era stata la notte appena trascorsa.

«Può passarmi lo zucchero, per cortesia?»
Chiese l'uomo alla donna che gli stava di fianco, seduta a mezzo metro di distanza, non alzando nemmeno lo sguardo. Solo in seguito, quando la guardò per poter prendere la bustina contenente granelli bianchi e dolci che ella gli stava passando, si rese conto che la gentilezza proveniva dall'assistente del medico che quella notte l'aveva aiutato a rimettere a posto la mano.
«Signor Sanders.»
Disse senza una particolare intonazione, rivolgendogli lo sguardo per non più di una manciata di secondi.
«Non l'avevo riconosciuta.»
Rispose Matt, tornando a concentrarsi sul suo caffè.
«Me ne ero resa conto. Come va la mano?»
«Bene.»
«Dia qui, faccia vedere.»
«Non mi sembra il caso.»
«A me sì, quindi faccia vedere.»
Astrid portò entrambe le mani verso la terza, appartenente a Matt, ed accuratamente controllò che le bende fossero strette al punto giusto, tenendo il suo palmo fasciato a contatto con il proprio palmo nudo sinistro, mentre le dita della mano opposta sistemavano i bordi delle bende con minuzia.
«Le hanno mai detto che è una prepotente?»
Accennò il cantante alla ragazza, seguendo i movimenti delle sue dita con gli occhi vigili.
 «Devo forse ricordarle il modo in cui voleva abbandonare il pronto soccorso questa notte? Non siamo più a scuola, signor Sanders, non può fare il bullo con le persone a caso, soprattutto se queste persone hanno una laurea in medicina e le impongono di non muoversi dal lettino. Il ferito è lei, non il dottor Barnes.»
In sottofondo si potevano udire le note di "Friction", una canzone degli Imagine Dragons, prendere vita da due casse posizionate in alto su due delle pareti del locale.
«Era solo una ferita, bastava ripulirla.»
«Mi dica, ha per caso da lamentarsi per come è stato trattato o curato ore fa?»
Una volta che ebbe finito di sistemare le bende a quella mano malconcia, Astrid ritirò a sè le proprie, intrecciandole tramite le dita contro il proprio petto sul solido appoggio che era il bancone. Alzò lo sguardo celeste sul viso di Matt ed attese una risposta.
 «No.»
 «Allora la prego, stia zitto ed apprezzi. In America molta gente non può permettersi neanche il minimo indispensabile, parlando di cure. So chi è lei, non ha problemi di questo genere perchè il suo stato le permette di avere molto più del necessario, ma ogni tanto non sarebbe male ringraziare per poi tacere.
Le auguro una buona giornata, signor Sanders, e che la ferita si richiuda al più presto.»
La ventottenne pagò la propria colazione lasciando il denaro sul bancone, abbandonò il suo posto e tornò in piedi, riprendendo la propria borsa. Tutto sotto gli occhi di Shadows.
«Aspetti.»
Disse lui voltandosi nella sua direzione e sostenendo il suo sguardo.
«Mi dica.»
«Grazie per quello che ha fatto.»
La ragazza annuì un paio di volte accennando un sorriso all'angolo sinistro delle labbra e lasciando subito dopo il locale, mentre il futile desiderio di vendetta di Matt per quella scazzottata andava svanendo secondo dopo secondo.

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Capitolo 3
*** II. ***


II.
 

«Se vuoi continuare con il tirocinio ti conviene fare poche storie e recarti in ospedale, qualunque sia l'orario. Ti saluto, Astrid... tieni duro.»
«Questo non è tirocinio, è sfruttamento. Buonanotte per dopo, Heather.»

Rispose colma di collera Astrid mentre riponeva aggressivamente nella borsa il cellulare, sul quale aveva appena chiuso la chiamata effettuata da ella stessa alla sua migliore amica per potersi sfogare, dopo aver ricevuto la super notizia dell'ultima ora: per il resto del mese avrebbe dovuto continuare con l'orario suicida notturno presso l'ospedale dove stava effettuando il tirocinio, restando fortunatamente, però, sotto le direttive del gentile dottor Barnes.
Preparato tutto l'occorrente per inaugurare quella lunga notte tra stanze bianche e corridoi ridipinti male, con il costante odore dei medicinali proprio sotto il naso, Astrid afferrò la fedele borsa ed uscì di casa recandosi alla propria auto, prima di salirci sbuffando ed immettersi nel traffico scorrevole di Huntington, mentre ormai il buio serata bussava alle porte della città.

Nel frattempo, non poco lontano dal suo piccolo mondo, un altro piccolo mondo prendeva vita sotto il tetto di casa Vengeance.
«Le casse più a destra, Johnny.»
«Zacky, me le hai fatte spostare otto volte.»
«Se la musica è buona deve essere buona anche la posizione delle casse, altrimenti la gente non se la gode.»
«Sei una rottura di palle cosmica.»
«Ah, Johnny, avevo dimenticato di dirti che a te tocca andare a prendere la birra, Brian porterà il vino e Matt... Matt, tu porta la tua adorabile faccia da culo. Quella basterà.»
«Qualcuno ha detto "vino"?»
Chiese Brian uscendo di casa per raggiungere il gruppo in giardino ed intervenendo di conseguenza nel discorso del bassista e del secondo chitarrista.
«Io. Devi andarlo a prendere, è già tardi e tra un'ora saranno tutti qui.»
Rispose Zacky, facendo successivamente segno al bassista di lasciar perdere le casse e seguire il primo chitarrista per uscire ed andare a prendere da bere prima dell'arrivo degli ospiti, in vista di quella che sarebbe stata una festicciola in pieno stile Huntington Beach: donne, alcool a fiumi e buona musica.
«Saremo qui in mezz'ora, non di più.»
Asserì Gates prima di oltrepassare, insieme a Johnny, il cancello in ferro battuto che divideva la proprietà di Zacky Vengeance dal resto del vicinato, salire a bordo della propria auto e sparire dalla vista dell'altra metà della band in pochi secondi.
Durante tutto quel tempo, Matt era rimasto in disparte a bordo piscina a fumare una dopo l'altra le sigarette del suo pacchetto già mezzo vuoto, fissando la strada oltre il suddetto cancello e prestando davvero poca attenzione ai discorsi degli amici e colleghi su questo o quell'argomento.
Dopo aver disposto sul tavolo bianco montato a dovere fuori dalla porta di casa i tipici bicchieri alti in plastica rossi, capovolti e pronti per essere riempiti a piacimento con birra o vino di lì a poco, Zacky notò l'espressione assente di Matt e si avvicinò, sedendosi accanto a lui a bordo piscina.
«Eri così entusiasta di questa festa fino a due giorni fa, amico! Ora sembri uno zombie, che succede?»
«Pensavo.»
Rispose il cantante chiudendo gli occhi e sollevando le sopracciglia prima di scuotere la testa, come se si risvegliasse da un sonno profondo. Si mise a guardare distrattamente l'acqua della piscina.
«Come va la mano?»
«Come deve andare, nulla di grave.»
«Credevo che il periodo delle risse nei locali fosse terminato da un po'. Capisco il tuo essere testa di cazzo, lo capiamo tutti, ma un cantante o un musicista con le mani fuori uso non servirebbe a nessuno. In realtà nemmeno un amico con le mani fuori uso potrebbe servire: come farebbe a tenere la bottiglia mentre ci si ubriaca?»
Domandò in maniera retorica il secondo chitarrista, con le labbra modellate in un bel sorriso che metteva in mostra gli snake bites e la dentatura ben curata.
Matt si voltò nella direzione dell'amico e gli rivolse a sua volta un sorriso sbieco battendogli con energia la mano sana sulla spalla sinistra, un gesto che aveva contraddistinto da subito la loro amicizia nei momenti belli e meno belli.

[...]

«Should I stay or should I go?»
Astrid canticchiava a bassa voce il famoso motivetto, mentre rimetteva in ordine i medicinali nella vetrinetta sistemata sul fondo dello studio del dottor Barnes secondo componenti, uso e modalità d'assunzione.
«Sei qui, non ti avevo visto entrare.»
Il dottore bussò con le nocche della mano destra alla porta aperta prima di parlare, al fine di non far spaventare la ragazza concentrata nel sistemare meticolosamente ogni confezione.
«Dottore! Ha saputo dei miei orari? Da oggi fino alla fine del mese le terrò compagnia sempre a quest'ora.»
Esclamò con costruito entusiasmo la ventottenne, distogliendo appena lo sguardo dalla vetrinetta.
«Me l'ha riferito un superiore. Non è una bella notizia, eh?»
«Per niente.»
«Sfogherai pacificamente la delusione svolgendo alla perfezione il tuo lavoro. Un giorno tutto questo verrà ripagato, credimi.»
Annuì l'uomo in tono gentile, lasciando poi la stanza dopo aver regalato un sorriso rassicurante alla ragazza.
«Ci può giurare. Un giorno tutti sapranno chi è Astrid Sullivan.»
Mormorò lei in risposta, mentre una scintilla di coraggio e determinazione si accendeva negli occhi color ghiaccio, uguali a quelli che appartenevano a suo cugino.

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