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di Relou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** | ***
Capitolo 2: *** || ***
Capitolo 3: *** ||| ***
Capitolo 4: *** |||| ***
Capitolo 5: *** !!!!! ***
Capitolo 6: *** Epilogo: Il Discorso del Testimone ***



Capitolo 1
*** | ***


Erano tutti increduli, attesero mesi, non giorni o settimane ma mesi, per credere che tutto ciò fosse vero.
Erano esistiti giorni in cui si domandavano quali fossero i gusti di Sherlock Holmes, se preferisse le donne o gli uomini, l’arrivo di John aveva confermato la seconda ipotesi, soprattutto secondo la signora Hudson,
ma poi ci fu La Donna, Irene Adler, a far intendere che per Sherlock la bellezza femminile non fosse indifferente come voleva far credere. La stessa farsa con Janine, che l’aveva portato addirittura l’andarci a letto, era una prova inconfutabile. Mai nessuno, a quanto pare, aveva mai considerato seriamente l’idea che Sherlock potesse avere una relazione vera con una donna, reale, sincera, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti. Quando ci fu l’annuncio del suo matrimonio, tutti, soprattutto John, avevano dato per scontato che fosse uno dei suoi soliti piani per chissà quale caso contorto. La stessa Molly era incredula.
Era lei che avrebbe sposato. Di questo in realtà non c’era da stupirsi. Se non a Molly Hooper ,  a chi avrebbe potuto affidare la sua fiducia, Sherlock Holmes, perché lui aveva imparato che l’amore era anche quello, fiducia. Lo aveva imparato da John e Mary che nonostante tutto, il loro amore era profondo e indissolubile. John si fidava di Mary, come lei di lui.
Ma come sembrava inevitabile che quella donna potesse essere Molly Hooper, ad un’altra andava il pensiero, a un’altra donna che aveva saputo attirare l’attenzione di Sherlock, una donna per cui aveva dimostrato che avrebbe fatto qualunque cosa per salvarla e che se non l’avesse fatto, se avesse permesso che lei morisse, questo non sarebbe passato per nulla inosservato.
  • La Donna. – sillabò John a Mary, in risposta ad un discorso più ampio. John era stato partecipe del dolore di Sherlock quando pensava che lei fosse morta, anche se non aveva capito fino infondo cosa in realtà l’amico pensasse o provasse, era evidente che ci fosse qualcosa di più.
Molly non era nascosta, non stava origliando, era solo arrivata nel momento sbagliato o giusto, dipende dalla prospettiva.  Aveva sentito quel tanto che bastava e sarebbe bastato solo sentire quel nome, per sprofondare nelle incertezze che in realtà non l’avevano ancora abbandonata dal giorno del fatidico si.  Appena John la vide le corse subito incontro.
  • Molly, mi dispiace. Non badare a ciò che ho detto, erano solo riflessioni. Raccontavo a Mary l’ultima e forse unica volta in cui avevo visto Sherlock coinvolto con una donna. – Molly annuì accentando le scuse, e sussurrando – Non fa nulla.- abbandonò la stanza e l’appartamento. Nella sua testolina però si stava facendo strada un pensiero, un timore che le provocava un dolore fisico. Cosa sarebbe successo se LEI fosse tornata?
Molly viveva ancora nel suo appartamento, nonostante passasse qualche notte al 221B, ed è lì che si rifugiò. Sapeva che se fosse rimasta da Sherlock, lui  avrebbe dedotto che c’era qualcosa che non andava e prima di parlarne, sempre se avesse deciso di farlo, avrebbe dovuto chiarire le idee con se stessa. Si preparò un infuso di erbe con l’intento di attenuare i nervi e calmare il mal di testa. Si raggomitolò sul divano avvolta nella coperta e la sua mente cominciò a vagare.




Molly era stata chiamata di urgenza al 221B di Baker Street, era sera e stava uscendo dal Bart’s. Si sentiva stanca ma era sempre emozionata quando Sherlock la chiamava, perché non solo avrebbe visto lui ma avrebbe avuto da fare qualcosa di interessante. Strada facendo si ricordò di quando, per sdebitarsi, Sherlock l’aveva invitata a risolvere dei casi con lui. Non passava una giornata così eccitante e stimolante da.. tre anni, da quando lui se n’era andato più un anno impegnato a riconciliare i rapporti e sventare nuovi psicopatici. A quel ricordo una fitta al petto era inevitabile. Arrivata si sorprese di non trovare la signora Hudson e salì le scale con un po’ di preoccupazione. La porta era socchiusa, ovviamente la stava aspettando, l’aprì del tutto e quello che si trovò davanti non era affatto ciò che si aspettava. In quel momento confuso della sua mente, si sentii sicura di aver sbagliato, che Sherlock potesse essere impegnato e ignara che lui l’avesse già notata stava per chiudere la porta e andarsene.
  • Molly.. – Sherlock pronunciò il suo nome piano ma senza perdere la sua solita risolutezza. Quindi lei riaprì la porta. Rimase sulla soglia ad osservare. C’erano rose sparse quasi ovunque, erano rosse ed emanavano un profumo travolgente, la luce era soffusa, gestita dalle candele anche esse sparse in maniera solo apparentemente casuale, al centro della stanza c’era un piccolo tavolo rotondo con due candele lunghe, lisce riposte in un candelabro semplice color oro e altre rose, stavolta dallo stelo tagliato, da fare da centro tavola, la tovaglia era bianca e ricadeva soffice molto vicina al pavimento. Molly controllò la sua bocca, fece modo di non tenerla spalancata ma gli occhi, confusi e sgranati sfuggivano al suo controllo. Rimase ad osservare in cerca di una spiegazione, avrebbe potuto chiedere, certo, ma qualcosa nel farlo l’avrebbe fatta sentire stupida. Ammise che inizialmente aveva pensato che tutto ciò potesse essere per lei, certi scenari visibili solo nella finzione ricamata dei film, volevano dire amore, proposte importanti e poi, era di Sherlock che stavamo parlando, non era tipo di fare certe cose, inoltre lei non avrebbe saputo perché avrebbe dovuto fare una cose del genere. Nonostante lui fosse lì, davanti ai suoi occhi, se lo immaginò sbuffare disgustato nella sua mente, alla vista di tutto ciò.
Infine, si decise a parlare e nel tentativo di mantenere un po’ di dignità chiese vaga – Di che caso si tratta? – e non poté trattenere l’istinto di deglutire. Sherlock non rispose, si avvicinò al tavolino rotondo e spostò una delle due sedie, non disse nulla ma almeno quello, Molly lo tradusse come un “accomodati” . Così fece ma si avvicinò alla sedia con passo molto lento, timido e decisamente confuso, in quei pochi passi che le servivano per raggiungere la sedia tenuta ancora da Sherlock, stava valutando diverse alternative, ipotesi, cercava una spiegazione per quel sogno ad occhi aperti. Si dimenticò per un attimo l’eventualità di poter infastidire Sherlock con tutta quella lentezza ma quando tornò ai suoi occhi vide solo gentilezza e qualcosa simile.. all’imbarazzo?!
 Lui l’aiutò a togliere il cappotto. Molly si sentì terribilmente fuori luogo. Se lo avesse saputo prima si sarebbe vestita adeguatamente, aveva addosso i suoi tipici abiti comodi ed eccentrici per il lavoro che faceva, tutti quei colori in un obitorio. Sherlock invece era elegante come al solito, anzi forse di più. Aveva un completo nero, dalla giacca spuntava una camicia bianca, sembrava nuovo. Una volta che si sedette Molly, Sherlock fece lo stesso. Rimasero qualche lunghissimo secondo in silenzio, entrambi stavano valutando la situazione o forse erano semplicemente in cerca di un argomento. Molly in realtà sapeva cosa voleva chiedere, sapeva di cosa sarebbe stato interessante parlare in quel momento ma qualcosa le diceva di andarci piano, c’era tensione nell’aria. Alla fine fu Sherlock ad abbozzare qualcosa – Mancano dei violinisti o meglio, forse sarebbero stati necessari dei camerieri. – tutto serviva solo a confonderla sempre di più, gli occhi di lei rimanevano come quando era entrata e Sherlock in risposta a quello sguardo, che iniziava un po’ a preoccuparlo, si schiarì la voce. Molly strinse le labbra, aveva deciso di parlare ma doveva dire le cose giuste non quello che avrebbe voluto realmente chiedere che avrebbero potuto rivelare addirittura una certa prepotenza. – Prendo io i piatti? – Molly indicò la cucina con il pollice. Si sentì così stupida in quel momento.
  • No, no, ci penso io. – Sherlock si alzò di slancio e si diresse in cucina. Molly approfittò di quei pochi secondi di solitudine per rilassare i muscoli facciali e tirare un lungo sospiro. Tornato Sherlock, tornò anche la tensione. Lui che le sistemava la portata davanti non migliorava le cose.
  • Dov’è la signora Hudson? – almeno questo poteva chiederlo.
  • A trovare delle amiche. –
  • Hai cucinato tu? – a Molly sfuggì un lieve sorriso divertito al quale Sherlock rispose – No, mi hanno dato una mano. –
Chi, chi altro sapeva di tutto ciò? Molly avrebbe voluto saperlo, avrebbe voluto allontanarsi un attimo con una scusa banale, come l’andare in bagno, per chiamare il complice di quella bizzarra situazione e riuscire a capire cosa stesse succedendo. Sherlock non si decideva a parlare, a quel punto diventava necessario chiedere chiaramente cosa stesse succedendo. Molly decise di trattenersi ancora un po’, fiduciosa che avrebbe avuto le sue risposte. Mangiarono quasi del tutto in silenzio, ogni tanto si sbirciavano, si studiavano. La situazione era sempre più bizzarra, non c’era altro termine appropriato che le venisse in mente. Bizzarro. Finalmente finirono di cenare, Molly sospettò che Sherlock aspettasse quel momento per parlare, infatti aveva combattuto contro l’istinto di divorare la cena in pochi secondi per arrivare al sodo ma non le sembrò opportuno.
  • Molly. – cominciò lui con tono deciso. – Ci conosciamo ormai da diversi anni, insieme ne abbiamo passate molte e credo che tu mi conosca abbastanza bene. – fino a lì non c’era nulla da obbiettare. Finita una breve pausa Sherlock ricominciò – Anch’io ti conosco e non solo attraverso le mie deduzione, hai saputo comunque stupirmi a volte, ti conosco come persona, ti ho vista maturare e crescere in tutti i sensi, come anche a me è accaduto. Io ti devo addirittura la vita, Molly Hooper. – Molly ebbe un sussultò a quelle ultime parole. Sherlock si era già sdebitato per l’aiuto che gli aveva dato nel sopravvivere a Moriarty, possibile che tutto ciò fosse ancora per quello?!
  • Molly.. – proseguì, abbandonando ogni tanto lo sguardo di lei – Vorresti, vuoi.. – un’altra pausa – Molly Hooper, vuoi sposarmi? – Sherlock aveva alzato il tono di voce, ma non fu questo a scuotere Molly. Sherlock Holmes  le aveva fatto La Proposta. Si pizzicò con la violenza che le permetteva la discrezione nella speranza di non farsi notare, per capire se sveglia, se tutto ciò non stesse accadendo solo nella sua mente, come infondo era già successo. Molly, una volta preso coscienza che ciò fosse reale, valutò l’eventualità che la stesse prendendo in giro o che stesse facendo qualche esperimento. No, Molly non riusciva a credere che facesse sul serio. Intanto, Sherlock attendeva rilassando la postura sulla sedia e portando le mani giunte alle labbra. Il silenzio non era silenzio, c’erano troppi pensieri nell’aria, a Molly parve di percepire anche quelli di Sherlock e capì finalmente, fino infondo, cosa intendesse lui quando si lamentava di “sentir pensare” .
Molly doveva dire qualcosa, tutto però sembrava inappropriato. Molly sapeva cosa avrebbe voluto dire, ma se si stesse sbagliando, che figura avrebbe fatto. Doveva, doveva parlare. La risposta sarebbe stata no, indubbiamente. Per quale motivo, così di punto in bianco, Sherlock aveva fatto una cosa del genere. Molly si stupì, quasi , quando si rese conto che tutto ciò non la stava facendo esultare ed esplodere il cuore di gioia, come nelle sue immaginazioni. Lei avrebbe dovuto dire necessariamente no, anche se forse se ne sarebbe pentita, rimaneva comunque la risposta più giusta e sensata e rispettosa verso se stessa– Si. – disse infine. COSA?! Quella domanda suonò così forte nella sua mente che quasi temette di averla detta ad alta voce. Alla fine aveva prevalso la Molly dal cuore pieno di amore per quell’uomo seduto ad attendere davanti a lei, la Molly che conosceva solo la sincerità e che faticava a trattenere la sua spontaneità.
Sherlock si drizzò, sorrise, con cautela ma sorrise. – Adesso dovrei ..-
  • Baciarti? – concluse Molly portandosi una mano alla bocca, colpevole di essersi fatta sfuggire troppo. Sherlock non dissentì ma nessuno dei due si mosse, non erano mai stati così simili . Si trovavano nella stessa identica posizione, probabilmente provavano e pensavano la stessa cosa. Sherlock si alzò, il battito di Molly accelerò. Si alzò anche lei e si avvicinò a lui con l’intento di colmare quella poco distanza rimasta e fare come era stato detto ma Sherlock indietreggiò. Molly rimase di sasso. Lo sapeva, lo sapeva, che stupida, aveva frainteso tutto. Prima che la valanga di negatività sommergesse completamente Molly, accompagnata dalle lacrime, Sherlock si inginocchiò di fronte a lei. I suoi pensiero tacquero. Sherlock prese una scatolina di velluto azzurro dalla giacca, l’aprì e all’interno luccicava un anello. Era d’argento, era  liscio ma aveva un’unica pietra abbastanza evidente, dal taglio frastagliato e un colore leggermente azzurro, Molly non poté non associarla ai suoi occhi. Sherlock, nella classica posizione che voleva dire solo una cosa, disse con il tono di voce più suadente che avrebbe mai potuto sfoderare– Molly Hooper, vuoi sposarmi? –
    Molly fu colta inevitabilmente dalle emozioni che si era stupita di non aver provato alla versione precedente della proposta. tremava.  – Si!- disse Molly, con qualche lacrima che era sfuggita al suo controllo. Sherlock con una nuova luce negli occhi le si avvicinò e per la prima volta la baciò.
C’era molto di cui parlare. Tanto per cominciare, Sherlock le aveva chiesto di sposarla senza che i due avessero mai avuto una vera relazione, inoltre, cos’era successo così di punto in bianco, dov’era finito lo Sherlock che di lei non voleva saperne, almeno non in quel senso. Quante volte l’aveva rifiutata, quante volte aveva messo in chiaro, anche se non con un discorso diretto, che tra di loro non avrebbe potuto esserci nulla, nulla che potesse essere chiamato amore, almeno da parte sua. Ma quei discorsi non furono affrontati quella sera. Quella sera, fu dedicata ai sentimenti. Molly trascorse la notte a Baker Street.








Erano tempi di una ritrovata e meritata pace. Moriarty non era più un pericolo,  nessuna enorme minaccia incombeva su di loro. I casi non mancavano ma erano di flebile importanza, appartenevano alla routine.
I Watson conducevano la loro vita da perfetta famiglia felice, soprattutto adesso che la bambina era nata. La piccola Sharyl. Nome che Sherlock aveva dato prova di apprezzare molto, sotto i sorrisi inteneriti di Mary e quelli un po’ più sarcastici di John.  Sherlock, disabituato a rimanere troppo tempo da solo, nonostante John non lo avesse affatto abbandonato, sia come amico che come collega, continuava a sentire uno strano senso di vuoto e solitudine. Perciò, forse in cerca di maggiore svago o, come a Molly piaceva un po’ illudersi, in cerca della sua compagnia,frequentava più spesso di quanto già non facesse, il Bart’s. A Molly non dispiaceva, era un po’ come vivere con lui, pensava divertita, era preda costante dei suoi travagliati umori e oltre al suo lavoro doveva occuparsi dei capricci di lui. Fu così che Molly e Sherlock si avvicinarono più di quanto in realtà non avessero già fatto. Sherlock era cambiato, non era un uomo che respingeva i sentimenti col timore che questi potessero ostacolarlo o in qualche modo danneggiarlo. Lo aveva dimostrato in diverse occasione, tra le quali accettando di buon grado Mary, perdonandola e rassicurando John di non aver fatto un errore. Sherlock aveva mostrato e aveva parlato di sentimenti, conservando il suo stile rigido, distaccato e scientifico ma erano comunque sentimenti. Molly lo vedeva e ogni tanto gli sorrideva senza che lui ne capisse il perché ma infondo era Molly..



Molly si ridestò da quello che le sembrò uno stato di trance. Pensava fossero passate delle ore, perfino tutta la notte, in realtà solo pochi minuti, nei quali aveva rivissuto gli ultimi avvenimenti, anche essi sviluppatosi in poco tempo ma che le avevano stravolto la vita. Il suo sogno stava per realizzarsi ma non riusciva ad esserne felice.
Si trascinò fino alla camera da letto, stanca e con la testa troppo pensante, non desiderava altro che ricevere il caldo abbraccio delle coperte.
 

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Capitolo 2
*** || ***


- John, sei in ritardo! – Sherlock aveva la testa china su cataloghi, che un tempo lui stesso, con una smorfia, avrebbe considerato futili.
  • Vedo che ti stai impegnando. –  John ancora non riusciva a crederci, guardava Sherlock con circospezione. Nonostante l’affetto e la fiducia che nutriva verso l’uomo che aveva davanti, sapeva che era in grado di fare cose orribili alle persone, aveva lui stesso assistito. Per lui i sentimenti erano solo una debolezza, qualcosa da sfruttare a suo vantaggio ma non esattamente nella maniera più romantica e dolce che si potrebbe intendere. John si rese conto che in tutto quel tempo si era semplicemente lasciato andare a congetture personali, che i due non avevano mai seriamente affrontato il discorso. John moriva dalla curiosità di sapere come Sherlock avesse chiesto la mano a Molly ma preso da altri pensieri e preoccupazioni, soprattutto, dimenticava sempre di prendere l’argomento.
  • Certo, perché non dovrei? È il mio matrimonio. –
  • Certo. – fece eco John. Sherlock tornò ai cataloghi di abiti da sposa, fiori, torte e quant’altro.
  • Non dovrebbe occuparsi Molly di questa roba? –  
  • Sta lavorando. –
John prese un catalogo e iniziò a sfogliarlo a caso – Sai, non mi hai ancora raccontato come hai fatto la proposta a Molly. –  fingeva disinteresse, atteggiamento inutile considerando con chi stava parlando ma forse lo faceva più per se stesso, per sentirsi più a suo agio.
  • L’ho fatto bene. Ne è rimasta colpita. - 
John attese che proseguisse ma senza successo. Stava per ricominciare a parlare quando avvertì una presenza alle sue spalle.
  • Fratello. – come sempre,  il saluto dei fratelli Holmes era carico di sarcasmo e provocazioni che solo loro potevano comprendere.
  • Fratellino. - 
Mycroft cominciò a girare per la stanza come se non l’avesse mai vista.  – Sento ancora il profumo delle rose. –
  • Rose? – si stupì John.
Ma Mycroft lo ignorò e continuò la sua analisi. Passò un dito su un mobile per attirarne la polvere, lo studiò e con un gesto rapido scacciò i residui.
  • Dovresti cominciare a rivedere parecchie delle tue brutte abitudini, Sherlock. – Mycroft continuò il tour della stanza. Come Sherlock, anche John cominciava a sentirsi infastidito.
  • Non credo, Molly mi conosce da anni. – Sherlock non aveva smesso di sfogliare i cataloghi. John si chiese se fosse sincero interesse o un pretesto per ignorare Mycroft o comunque fargli capire che avrebbe preferito che concludesse la visita il prima possibile.
  • Non metto in dubbio che la signorina Hooper ti abbia visto anche nei tuoi momenti peggiori ma, a volte, in preda all’amore cieco, si tende a idealizzare troppo l’oggetto del proprio interesse. –
  • E tu che ne sai, Mycroft? – Sherlock abbandonò i cataloghi solo per poter dedicare uno sguardo di sfida al fratello che, ovviamente non si rivelò particolarmente colpito.
  • Potremmo sempre andare a vivere in una casa molta grande, in cui ognuno potrebbe concedersi lo spazio necessario per continuare a coltivare le proprie.. cattive abitudini. -  Sherlock accompagnò la sua spiegazione con degli svolazzi della mano, tanto per sottolineare l’ovvietà della sua idea e tornò a sfogliare i cataloghi. Mycroft si lasciò andare ad una solenne risata che fece sobbalzare John.
  • -Sei così.. tenero, Sherlock. Mio fratello che parla di vita di coppia. Mamma e papà ne sarebbero deliziati! -   
Rese chiaro, quindi, quanto per lui fosse assurdo che il fratello addirittura si sposasse. Per lui era certo che non avesse assolutamente idea di cosa significasse il matrimonio. Un uomo così pieno di manie, cattive abitudine, testardo e davvero poco altruista per quanto riguarda gli spazi personali, come poteva accettare l’idea di condividere i suoi spazi con una donna per giunta?! Fin’ora aveva sperimentato la convivenza con John ma non sarebbe stato certo uguale con la signorina Hooper, John era un uomo. Dubitava che lei gli potesse permettere di lasciare pezzi di cadaveri in giro per casa, in cucina poi. E i figli?! Chissà se li aveva messi in conto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 






Mary era su di giri per il matrimonio ormai imminente. Non mancava mai dall’accompagnare Molly a qualche commissione.
  • Manca l’abito! Come mai non hai ancora pensato di provarne qualcuno? – Mary adesso era una madre a tutti gli effetti e Molly riusciva a percepirne l’istinto materno.
  • Non ho avuto molto tempo ultimamente. Pensa che della gran parte delle cose se n’è occupato Sherlock. -  Le due donne, anzi le tre donne contando Sharyl, erano in giro a fare shopping. Era uno shopping più per divertimento che di utilità al matrimonio e inoltre, volevano accertarsi di portare ancora la stessa taglia, nonostante gli innumerevoli assaggi per scegliere la torta e tutto il menù per il ricevimento.
  • Ho capito che tra te e Sherlock c’era una certa intimità, quando lo hai preso a schiaffi. Io credo che ti ami davvero. – Mary sorrise teneramente e Molly nascose gli occhi lucidi e il rossore delle guance  dietro una camicetta dalle stampe fantasiose e coloratissime. Aveva sempre rispettato Mary, la vedeva come una donna molto intelligente e sveglia, quindi accolse calorosamente la sua osservazione. Molly credeva nei sentimenti di Sherlock. Era strano ma non ne aveva mai dubitato. Forse era presunzione o la sua mente fin troppo romantica ma non poteva credere che Sherlock potesse prendersi gioco di lei fino a questo punto, almeno non senza qualche psicopatico a dargli un motivo valido. Sapeva che per molti quella situazione sembrava più una barzelletta e che, dietro il sorriso, nascondevano la preoccupazione che fosse tutta una messa in scena ma che lei sapesse, nessuno stava tentando di uccidere nessuno, almeno per adesso, quindi, superato lo shock iniziale le venne facile credere che quella proposta fosse sincera ma meno facile dedurne il motivo.
  • Sai, credo di non essere ancora convinta sulla torta. Andiamo ad assaggiarne qualcun’altra? -  disse Molly, riemergendo dalla camicetta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Molly raggiunse Baker Street, stanca e con un po’ di nausea per i troppi assaggi di dolci. Entrando trovò Sherlock al suo computer che appena la sentì arrivare, sollevò subito lo sguardo e l’accolse con un sorriso. Oh Sherlock, pensò Molly, sarebbe così facile per te ingannarmi. Vedendo che lei non si mosse, Sherlock si alzò e sistemandosi la giacca le posò un bacio sulla guancia. Era il loro modo di salutarsi. Un semplice bacio sulla guancia, così dolce ogni volta da lasciare Molly sempre un po’ incantata. Si era addirittura resa conto, di quanto quel gesto mettesse a volte a disagio John o Lestrade. – Come è andato lo shopping? – domanda di gentilezza da parte di Sherlock, dato che Molly era tornata a mani vuote.
  • Non c’era nulla che mi convincesse ma è stato divertente. Adoro la compagnia di Mary e ogni tanto una pausa fa bene. –
  • Sei passata dalla pasticceria. – ovviamente non era una domanda. Sherlock la guardò un po’ perplesso. Molly confermò con un gesto del capo e iniziò a liberarsi della borsa e del cappotto. Si sentiva perfettamente a suo agio a Baker Street , raramente ormai sentiva la mancanza del suo appartamento. Era strano ormai per lei non sentire il chiacchiericcio della signora Hudson o semplicemente non assistere alla figura di Sherlock aggirarsi per l’appartamento. Quando lui era indaffarato in qualche caso, in cui magari lo assisteva John, si ritrovava sulla poltrona ad osservarlo pensare, fare avanti indietro per la stanza e sbottare appena avuta l’idea. John l’aveva da subito messa in guardia sulle cattive abitudini di Sherlock o anche sul suo caratteraccio ma lui stesso, si rese conto di quanto fosse inutile avvertirla dato che lei magari lo conosceva anche meglio o comunque da più tempo.
Sherlock notò un po’ di rigidità nella figura di Molly e le si avvicino massaggiandole dolcemente le spalle. La guardò sciogliersi sotto il suo tocco esperto e si fece sfuggire un lievi sorrise compiaciuto che nascose con un bacio, stavolta sulle labbra. L’idea era forse quella di un piccolo e rapido bacio ma Molly gli buttò le braccia al collo e rese tutto un po’ più passionale ma Sherlock non si tirò indietro. Fece scivolare delicatamente le mani dalle spalle ai fianchi.
  • Ti amo. – disse Molly, con ancora le labbra che sfioravano quelle di Sherlock.
  • Certo. – fu però, la risposta di lui. Era la prima volta che Molly gli diceva chiaramente quelle due parole banali, forse, per i più scettici e meno romantici ma piene di significato. Quelle due parole sono il breve riassunto di una dichiarazione che se espressa nei più piccoli dettagli, potrebbe durare ore. Molly aveva sempre custodito il significato di quelle parole, lei ci credeva. Quella volta, nonostante fosse la prima , le aveva dette più con l’intento di fare un esperimento. In cuor suo, non si aspettava che Sherlock le rispondesse nello stesso modo, ma rimase comunque ferita da quella inappropriata risposta. Le aveva chiesto di sposarla ma non le aveva ancora parlato apertamente dei suoi sentimenti. Lui si stava allontanando verso il bagno. – Sherlock. – lo fermò prima che potesse sparire dietro la porta. – Non è esattamente così che si risponde. – Molly serrò i pugni lungo i fianchi, non era rabbia, era solo bisogno di sapere. - Sherlock, perché mi hai chiesto di sposarti? È perché ti senti solo? È a causa di John che si è fatto una famiglia e ti senti abbandonato?-
  • Quante domande, Molly. Avevo intenzione di andare a fare un bagno rilassante, se vuoi possiamo continuare la conversazione nella vasca. –
Molly sgranò gli occhi e arrossire fu inevitabile. I suoi pugni di rilassarono ma non perse determinazione.
  • No, Sherlock, preferisco parlarne qui. – non aveva perso determinazione ma la voce le vibrò un po’.



- Non credo più che i sentimenti siano un ostacolo. La presunzione lo era. Troppi impostori e troppi psicopatici sono sfuggiti ai miei occhi indagatori, ai miei.. radar speciali. Ho imparato, quindi, che l’amore non è affatto un ostacolo ma un punto di riferimento, una marcia in più. Questo me lo hai insegnato tu, Molly Hooper. Mi hai insegnato a fidarmi delle persone, a tenerne conto. Perché soli non si arriva da nessuna parte. Ho sempre creduto che abbandonarmi a certe futili debolezze potesse solo crearmi distrazioni e punti deboli. Ma non è così. -
Sherlock tornò da Molly e le prese la mano che custodiva l’anello di fidanzamento. L’accarezzò, strofinando il pollice prima sul dorso della mano e poi sul palmo – Per me è tutto nuovo. Sto riscoprendo una nuova fonte di forza. – Molly fu commossa da quelle parole. Gli strinse la mano con cui aveva preso la sua. Sherlock si avvicinò ad abbracciarla -  Io non sono Moriarty, io sono Sherlock Holmes – sussurrò piano. Per quella sera Molly si disse soddisfatta della risposta di Sherlock. Lei aveva pazienza, ne aveva sempre avuta.
Finito l’abbraccio, si lasciò guidare per mano verso il bagno. 

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Capitolo 3
*** ||| ***


Lestrade non voleva perdersi un istante dei preparativi del matrimonio, guardare Sherlock alle prese con fiocchi colorati, tessuti pomposi e tutto ciò che c’è di più romantico e allegro nei preparativi di un matrimonio, non aveva paragoni. Armato di videofonino, riprendeva Sherlock assaggiare i dolci e quindi affondare nella panna, nel caramello, nella pasta di zucchero. Riprese Molly che lo ripuliva dalla crema che aveva formato un adorabile baffetto sulle labbra. Sherlock si interessava anche agli abiti che avrebbero dovuto indossare le damigelle, Mary e due amiche di Molly che stava imparando a conoscere negli ultimi giorni. Annusava ogni singolo fiore che era piaciuto esteticamente a Molly, per assicurarsi che insieme quegli odori dessero una sensazione piacevole.
  • Molly, l’abbinamento rosso \ rosa è orribile. Dovresti dare un’occhiata ai cataloghi anche tu. –
Per Lestrade ascoltare certi discorsi da parte di Sherlock era esilarante. Il giorno in cui era stato invitato a Baker Street per un annuncio importante,  aveva riso fino alle lacrime.
Adesso, Lestrade stava riprendendo Molly che era rimasta incantata alla vista di un abito da sposa in vetrina.













“Baker Street, urgente. “
“Molto urgente.”
Con questi due messaggi, distanziati da pochi secondi l’uno dall’altro, Sherlock aveva messo tutti in allarme. Lestrade fu il primo a varcare la soglia del 221B, poco dopo lo seguì John.
  • La bambina ti sta rallentando, John. – Sherlock guardava tutti serio, ritto davanti a loro si preparava a dare un annuncio importante. Anche la signora Hudson era lì, questo non sfuggì a Lestrade che si incuriosì. Ma cosa ancora più curiosa, Molly, la patologa, era a fianco di Sherlock che si torturava le mani ed evitava gli sguardi di tutti.
  • Dov’è Mary? – Sherlock analizzava i visi sconvolti davanti a lui. Aveva fretta di parlare ma avrebbero dovuto esserci tutti.
  • Non pensavo dovesse venire anche lei. – John, nonostante fosse stato molte volte partecipe delle situazioni assurde create dall’amico Sherlock, sembrava farsi trovare impreparato ogni volta.
  • Non pensavo di dover specificare qualcosa di così ovvio. Chiamala. – il tono di Sherlock non ammetteva repliche. John sbuffando, quindi obbedì.
Finalmente erano davvero tutti: John, Mary e la piccola Sharyl, Lestrade, Mrs Hudson e Molly. C’erano tutte le persone importanti, quella a cui era necessario dare l’annuncio prima di tutti. Sherlock si prese un ultimo momento di pausa, si schiarì la voce e poggiando una mano sulla schiena di Molly disse – Io e Molly ci sposiamo. –
Il silenzio calò, l’intera Londra sembrava tacere sconvolta da quelle parole. Sherlock Holmes si sarebbe sposato. Ma il silenzio fu presto interrotto con l’urlo emozionato e gracchiante della signora Hudson che corse subito ad abbracciare Molly e poi Sherlock che meno gentile di Molly, si scostò subito, sfuggendo alla presa. Lestrade dopo aver sbottato un “Non ci posso credere” a bocca aperta, esplose in una risata che imbarazzò ancora di più Molly. Mary, affettuosa e materna si avvicinò ad abbracciare Molly e fece loro le congratulazioni. John impiegò un po’ più di tempo a muoversi da dov’era rimasto in piedi, impaziente, adesso però, preoccupato. Infine, incoraggiato dalla moglie, anche lui si fece avanti congratulandosi. Il suo sorriso era sincero, ammise che infondo se lo aspettava, ma la sua preoccupazione fu evidente. Tutti erano un po’ preoccupati ma questo non impedì i festeggiamenti. Molly cominciava a rilassarsi e iniziò ad essere preda delle battutine di Lestrade, su quanto fosse matta e che avrebbe voluto sapere tutto di Sherlock in versione fidanzato ma non proprio tutto, certi dettagli poteva anche sorvolarli. Un clamoroso “cin cin”  augurò, infine gioia e fortuna ai futuri sposi. Sherlock stese meno in disparte quella sera, infondo i festeggiamenti erano anche per lui.












Sherlock, nella solitudine del suo appartamento, si sistemò davanti al suo computer. Estrasse dalla tasca il cellulare che aveva sottratto a Lestrade, senza che se accorgesse, e cominciò a studiare i video che aveva fatto. Vide Molly, sorridere alla vista di Sharyl con l’abito che avrebbe indossato alla cerimonia in cui aveva il compito di spargere petali di rose e viole al passaggio di Molly in abito da sposa. Vide Molly, studiare con attenzione la qualità dei tessuti per le tovaglie e i tovaglioli dei tavoli al ricevimento. Vide Molly, accarezzare i petali dei fiori, annusarli e sbuffare quando non le piaceva l’odore. E poi, vide Molly, guardare un abito da sposa in una vetrina. Non stava sorridendo, la sua espressione era carica di un emozione particolare, gli angoli della sua bocca erano rivolti all’ingiù. Molly era triste. C’era qualcosa che non andava e Sherlock lo aveva percepito da tempo ma non riusciva a capire cosa fosse. Lo sfiorò l’idea che lei non volesse più sposarlo ma la scartò subito perché Molly non aveva mai smesso di dimostrargli il suo amore, aveva dimostrato entusiasmo nei preparativi e accarezzava dolcemente l’anello quando cercava conforto. Lei lo amava, questo non era cambiato. Infondo, però, non per forza avrebbe dovuto smettere di amarlo per decidere di non sposarlo ma mancava un mese alle nozze, se avesse voluto interromperle lo avrebbe già fatto. Il vestito, si ricordò Sherlock, non lo aveva ancora scelto, perché?
Chiuse il computer con troppa violenza e di slancio si alzò per buttarsi poi sulla sua poltrona. Guardava la poltrona di John, in cerca di consiglio. Avrebbe potuto chiamarlo, metodo molto più rapido ed efficace ma no, forse non sarebbe stata una buona idea. Neanche John è bravo in certe cose.
Prese il cellulare, “Avrei bisogno di un consiglio, aiutami.” La prima parte del messaggio serviva a sminuire la seconda. Premette invio e il messaggio viaggiò fino a Mary.


 

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Capitolo 4
*** |||| ***


- Sherlock, oggi niente preparativi per il matrimonio? – John, con il più smagliante dei sorrisi, entrò nell’appartamento. Mary non era con lui. 
Sherlock era sulla sua poltrona, pensante, gli occhi chiusi e le dita a sfiorargli le labbra. John non era sicuro che si fosse accorto del suo arrivo.
 
- E’ praticamente tutto pronto, manca solo il vestito di Molly e quindi il mio. Deve esserci un minimo di abbinamento, no?! – La sua voce tonante irruppe nel silenzioso dubbio di John che si accomodò sulla poltrona di fronte. 
 - Certo, si, si. – la faccia di John non riusciva a smettere di essere sconvolta ogni volta che si toccava quell’argomento.
- Mary quanto ha impiegato a scegliere il suo vestito? – 
- Non saprei, io non ero presente, come richiede la tradizione, ma non credo ci abbia messo molto. Per quanto ne so è la parte preferita delle donne, la scelta dell’abito. – John gesticolava imbarazzato e confuso. Non sapeva mai che tono usare per rispondere a questo tipo di domande, inoltre era preoccupato. Per tutto il tempo, fin dall’inizio, da quando aveva appreso la notizia del  matrimonio, John era in apprensione per Molly, che temeva fosse vittima di qualche giochetto dell’amico ma in quel momento, un dubbio che non si sarebbe mai aspettato di provare si fece strada tra i suoi pensieri, spostando la preoccupazione su colui che avrebbe dovuto essere lo sposo. - Molly non l’ha ancora scelto? –
- No – Sherlock manteneva gli occhi chiusi, a cosa stesse pensando tanto intensamente per John era sempre un mistero, un mistero che non sempre era interessato a scoprire.
 
 


 
 
 
 
 
 
Molly tornò molto tardi quella sera ma Sherlock sapeva che non era a causa del turno al Bart’s, infatti rispetto al suo ritorno aveva staccato un’ora prima. Sherlock era alla finestra, con lo sguardo vuoto verso la strada sottostante che in realtà non stava guardando, in quanto era immerso nel suo palazzo mentale. Si accorse, però,  dell’arrivo di Molly, la vide sbucare nella strada e avvicinarsi al portone. Aveva ormai un suo mazzo di chiavi, nonostante non si fosse ancora decisa a traslocare definitivamente. Rimase davanti alla finestra ascoltando i passi di lei avvicinarsi. 
- Sherlock. – Molly era sorridente, sembrava tranquilla, eppure.. 
- Molly, non togliere il cappotto. Usciamo. - 


Sherlock , indossato cappotto e sciarpa,si diresse verso la porta pronto ad andare. Molly, insospettita dalla situazione, lo fermò. 
- Dove dovremmo andare? – 
Sherlock si fece più vicino, la guardava con uno sguardo acceso e carico di autorevolezza – Andiamo a comprare il tuo abito da sposa! – 
Sembrava irremovibile ma come dargli torto. Ormai era tutto pronto, mancava solo l’abito, il matrimonio sarebbe stato tra meno di un mese ma Molly trovò modo di ribattere. 
- Non se ne parla. Dobbiamo rispettare la tradizione. – e prima che lui la interrompesse dimostrando il suo poco interesse verso tali inutili tradizioni, Molly proseguì – Andrò con Mary a scegliere il vestito, non voglio toglierle questo piacere. Domani stesso andrò. – 
Anche nello sguardo e nella voce di Molly c’era sicurezza. Sherlock attese un attimo, combattuto sul dargliela vinta o meno. Alla fine si arrese. – D’accordo. Faremo come dici tu ma se anche domani ti rifiuterai comprerò l’abito senza di te, lo farò provare a John, vedremo. – 
Molly, felice di averlo convinto lo abbracciò, nascose il viso nella sua spalla, non voleva che Sherlock si accorgesse della fitta d’ansia che l’aveva pervasa. 


Il mattino dopo, Molly si alzò consapevole di dover mantenere una promessa. Nonostante lei si potesse considerare una mattiniera, si svegliava sempre dopo Sherlock, poche volte aveva avuto il piacere di trovarlo lì vicino a lei, con i riccioli neri e fitti che spiccavano sul cuscino bianco e il viso così vicino da sentire il fiato come una calda carezza. Ricordò la prima notte insieme e arrossendo nascose il viso sotto il lenzuolo. Molti dubbi la stavano pervadendo in quel periodo ma tra questi non c’era assolutamente in discussione l’amore per quell’uomo che stava riscoprendo ogni giorno e ogni giorno se era possibile se ne innamorava di più. Non era una compagnia facile, nonostante fosse ormai così umano manteneva comunque il suo carattere scientifico e all’apparenza poco empatico. Molly però non lo avrebbe mai voluto diverso. Lei già amava l’uomo ostile e insensibile di qualche anno fa. 
 
 
Mary l’aspettava impaziente all’incrocio vicino al negozio di abiti da sposa in cui lei aveva comprato il suo. Era trepidante. Sharyl non era con lei. 
- Mary – disse Molly abbracciandola – dov’è la piccola? – 
- È con John e Sherlock. Oggi dovremo faticare un po’. La scelta del vestito è il momento più bello ma anche molto stancante. Renditi conto che dovrai entrare e uscire da tanti corpetti diversi e non è detto che troverai ciò che cerchi in un solo negozio..- Mary, incapace di contenere la gioia del momento, non smise molto presto di parlare di quanto fossero belli gli abiti da sposa, di quanto a primo occhio tutti sembrassero meravigliosi ma appena iniziato a provare  sembra che mai si trovi  quello giusto, quello perfetto.. tutto questo, accresceva l’ansia di Molly che, come Mary faticava a trattenere la gioia, Molly faticava a trattenere lacrime di panico e rimorso. 
La commessa accolse le due donne con un enorme sorriso e una gioia che fece intimidire la già stressata, sposa.  
Pensierosa, Molly fece scorrere delicatamente le dita tra gli abiti protetti dalle custodie di plastica impermeabili. Quel gesto le faceva sperare che all’improvviso una forza misteriosa le avrebbe fermato la mano su quello che sarebbe stato il primo abito da provare, quello che l’avrebbe rinvigorita. Era stanca di quel peso che sentiva premere forte sullo stomaco. Perciò era contenta di essere lì, pronta a sbloccare la situazione, e proprio nel momento in cui l’ottimismo la illuminò,le sue dita si fermarono finalmente su un abito. – Partirei da questo qui. – 
 
 
 
 
 
John era già andato via e con sé la piccola Sharyl che aveva trattenuto, più del solito, la signora Hudson. Il pomeriggio era quindi stato piuttosto vivace e rumoroso, più a causa della signora Hudson che per la bambina. 
Sherlock si massaggiò le tempie godendosi il ritrovato silenzio. Il silenzio è utile, è sano, fa pensare, lascia che la mente lavori e si mantenga in forma ma i pensieri che Sherlock ormai faticava ad ignorare, ingombravano molto più di quanto lui volesse nella sua mente. 


Mary aveva accolto immediatamente la richiesta di aiuto di Sherlock e come lui aveva immaginato, sapeva già di cose le volesse parlare. 
- Il matrimonio è un passo importante. Chiunque ha dei dubbi, se così vogliamo chiamare la paura che inizia a incombere poco prima della fatidica data. – Mary aveva passato molto tempo con Molly, fin dall’inizio dei preparativi e l’aveva seguita in ogni passo. Era stata l’unica a credere da subito che quel matrimonio fosse reale, che Sherlock stesse facendo sul serio. 
- Mary, non ti ho chiamata perché tu mi rifilassi le banali scuse di tutti.- Sherlock si aggirava nervoso per la stanza. Odiava non capire ma soprattutto odiava essere l’unico a non capire. Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, mai, ma si sentiva uno stupido ogni volta che guardava negli occhi Molly, la stringeva e sentiva che qualcosa non andava. Per lui la natura umana era sempre stata un mistero, o comunque tutto ciò che riguardasse i sentimenti, per lui era un territorio sconosciuto. Non gli era mai stato utile prenderne atto. Molly sembrava più semplice degli altri da leggere ma comunque sapeva metterlo in difficoltà. In ogni caso sapeva che c’era qualcosa di grosso sotto, qualcosa che lei faticava a rivelargli. 
- Molly non mi ha detto nulla di particolare. È vero che l’ho vista giù ma questo più nell’ultimo periodo.. – Mary parlava come se stesse pensando ad alta voce. – Forse qualcosa c’è. Hai mai più avuto a che fare con Irene Adler? – quel nome fermò il girovagare di Sherlock. Rimase in piedi, portandosi le dita alle labbra, come faceva ogni volta che si immergeva totalmente nei suoi pensieri. Mary restò in attesa. 
- No. – disse Sherlock guardando dritto di fronte a sé con gli occhi a fessura come se vedesse cose, che non c’entravano con la stanza in cui si trovavano e che Mary non avrebbe mai potuto vedere. 
- Forse è di questo che dovreste parlare. 

 

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Capitolo 5
*** !!!!! ***



 
Mancavano tre settimane al matrimonio e Molly non aveva ancora trovato l’abito giusto. Si era impegnata. Aveva girato tutti i negozi migliori, o almeno così credeva, ma nulla sembrava andar bene. I tentavi di Mary di consolarla ormai sembravano poco convincenti e sinceri. Tre settimana e gli sposi non sapevano ancora cosa indossare. 
 
 
Sherlock faticava a mantenere la calma ma era necessario che lo facesse. La conversazione avuta con Mary non smetteva mai di ronzargli in testa. In qualche modo avrebbe dovuto affrontare quell’argomento con Molly  ma il come rimaneva ancora un mistero. Sherlock, immerso nei suoi pensieri, percepì improvvisamente un tonfo provenire dalla sua camera da letto. Senza perder tempo ci si precipitò, pronto ad affrontare chiunque stesse cercando di intrufolarsi in casa sua. Era solo in casa, non c’era neanche la Signora Hudson al piano di sotto. Sherlock aprì la porta con decisione e una folata di vento, arricchita da un profumo dolce e femminile, lo investì inaspettatamente. Cauto, come se si aspettasse un attacco nella stanza buia, si fece strada, con le orecchie ben tese. Sembrava non esserci più nessuno. Chiunque si fosse introdotto era già uscito da dove era entrato: dalla finestra. Accese la luce e un nuovo particolare attirò il suo sguardo. Sul suo letto c’era una busta. Lentamente avanzò per prenderla. Non fu sorpreso quando ebbe la conferma di chi fosse il mittente. 
 
 
La camera da letto era gelata . Sherlock aveva lasciato la finestra aperta per chissà quanto tempo. Molly stava mettendo in ordine la stanza quando un biglietto attirò la sua attenzione. Solitamente non si azzardava a ficcanasare a quel modo ma in quel periodo era così tormentata da dubbi e insicurezze che la parte più infantile prese il sopravvento. Il biglietto era stato accartocciato come qualcosa che si vorrebbe buttare ma era lì , in quel cassetto, sepolto da aggeggi ed esperimenti scientifici momentaneamente abbandonati. La carta sembrava costosa, era ruvida e un po’ pesante. Lentamente aprì il biglietto e una fitta le colpì il cuore come una pugnalata. Si sentii impallidire e una voce crudele nella sua testa non la smetteva di dirle quanto fosse stupida e che aveva avuto ragione dal primo momento. “Pensavo fosse un errore umano, l’amore, signor Holmes. “ era firmato con le iniziali LD ma Molly non era neanche arrivata a leggerle quelle due lettere che già la sua mente, d’accordo con il cuore, aveva svelato il mistero. La Donna aveva contattato Sherlock e chissà se l’aveva consegnato di persona quel biglietto, chissà se era un modo per dire che era tornata e poi , perché Sherlock non le aveva detto nulla. Si lasciò cadere ai piedi del letto ancora disfatto e senza che una lacrima le sfuggisse, ad occhi spalancati iniziò ad immaginare scenari di lei abbandonata all’altare, ad aspettare quell’uomo che non sarebbe mai arrivato. Una rabbia, rivolta più a se stessa, cominciò a travolgerla.






Sherlock aveva trascorso il resto del pomeriggio e poi della serata in giro con John, alle prese con un caso. Si era fatta quasi mezza notte quando tornò a Baker Street, perciò non era certo che vi avrebbe trovato Molly. Varcò la soglia di casa rumorosamente, quando si accorse di una luce soffusa data da una lampada accesa. Fu allora che si accorse del piccolo corpicino di Molly raggomitolato sulla sua poltrona. Le si avvicinò e tese una mano per accarezzarle la guancia. Le scostò poco i capelli e si accorse degli occhi rossi e gonfi, come se avesse pianto fino a poco fa. Una fitta gli attraversò il petto e allontanò la mano. Dovevano necessariamente parlare e senza giri di parole. Tese di nuovo la mano e la poggiò piano sulla spalla di Molly, voleva svegliarla ma senza spaventarla. Molly mugugnò qualcosa ma i suoi occhi rimasero chiusi. Per un attimo si chiese se non fosse meglio lasciarla riposare e parlarne appena fatto giorno ma una fessura formatasi dalla palpebra di Molly gli fece capire che non era più il caso di rimandare. 




 
- Ho trovato questa oggi, nella tua camera da letto. – Molly non aveva perso tempo, appena riaperti gli occhi non pensò nemmeno di salutarlo. Si era stiracchiata appena, per sgranchirsi dalla pessima posizione che aveva assunto sulla poltrona. Gli mostrò subito la lettera che aveva lasciato Irene Adler. 
- Perché non mi hai detto niente? – i suoi occhi erano ancora arrossati dalle lacrime incessanti che l’avevano certamente travolta prima che lui tornasse. In quel momento però non piangeva. C’era dell’incomprensibile imbarazzo nei suoi modi e nella sua voce ma anche qualcosa di simile alla rabbia. Tutto ciò però non sembrava indirizzato totalmente a Sherlock. Molly si sentiva in imbarazzo perché si era permessa di credere a tutto quello avevano vissuto negli ultimi mesi. 
- Te l’avrei detto. – Sherlock manteneva la distanza di sicurezza che lei stessa aveva imposto. La guardava negli occhi come se fosse deluso oltre che dispiaciuto. 
- Quando? – chiese Molly abbassando lo sguardo. 
- Stasera stesso o al massimo domani mattina. – 
 Molly fece un lungo sospiro e tornò a guardarlo. - No, quando l’hai incontrata? –
- Non l’ho vista, ho solo trovato la busta sul letto. – 
Le dita di Molly torturavano l’anello di fidanzamento. Sherlock temeva che quella volta non lo stesse facendo solo in cerca di conforto ma anche perché una piccola parte di lei, che probabilmente cominciava a crescere, pensava che sarebbe stato meglio toglierlo. 

- Non ti concedo di dubitare di me. – Sherlock cominciò a prendere posizione, deciso che avrebbe parlato a chiare lettere . -Come potrei concedere quel sentimento che chiamiamo amore ad una donna di cui non posso fidarmi? Per lei provavo attrazione, si, lo ammetto, era attrazione e rispetto. Provavo rispetto per le sue capacità, verso la sua intelligenza. Ma non era amore. C’è stato qualcosa tra di noi in passato ma nulla che possa oscurare ciò che abbiamo noi due, neanche se lei tornasse in questo momento. – i suoi occhi non volevano abbandonare quelli di lei che sembravano lottare contro un’altra ondata di lacrime. Molly non rispose. Il suo sguardo viaggiava dagli occhi di Sherlock all’anello sempre più giù sul profilo del dito. 
-Dì qualcosa Molly.. – Sherlock la stava sinceramente supplicando. Non avrebbe mai immaginato che potesse esserci tutto questo dolore e tutti questi dubbi nella mente di Molly. 



- Molly Hooper, tu non mi vedi più- quelle parole furono come una pugnalata, no,no, peggio di una pugnalata. Il dolore fisico poco dopo tace ma quello, quel dolore continuava a farsi strada e minacciava di aumentare se non fosse riuscita a trovare una soluzione, la risposta giusta. Sherlock mantenne il suo sguardo e non voleva cedere, i suoi occhi si erano fatti spiritati. Stava soffrendo. Molly Hooper stava facendo soffrire Sherlock Holmes. Una persona dal cuore più nero, avrebbe trovato la cosa quasi divertente e appagante, i ruoli si erano invertiti. Adesso soffriva lui. Ma Molly, lei no, non avrebbe mai potuto pensare di far soffrire quell’uomo che era sempre stato oggetto di un’attenzione e un’ammirazione che non conosceva limiti, come le concessione che gli dava sul lavoro. Molly Hooper non avrebbe mai trovato piacere nel soffrire altrui, soprattutto se si trattava del suo Sherlock Holmes. Nonostante tutto, Molly sentiva di essere sempre appartenuta un po’ a quell’uomo e anche lei vantava, nella parte più nascosta di sé che un po’ di Sherlock le appartenesse. Ma non come un oggetto, era tutto un lavoro di squadra. Un aiutarsi a vicenda che li salvava di continuo. In Molly si fecero strada il turbamento per quelle parole che non si aspettava, il disgusto per se stessa per aver causato tale reazione, il rimorso e poi la vergogna per aver dato inizio a tutto ciò. A Molly avrebbe dovuto bastare che era di Sherlock che si parlava, un uomo che non concedeva a chiunque i suoi.. sentimenti. Irene Adler perse  importanza, le due parole non dette persero importanza.  Ma non era comunque giusto che tutto quel suo dolore, tenuto nascosto solo per affetto e uscito fuori perché ormai troppo grande e opprimente, venisse messo a tacere così, con il rischio che potesse sbucare fuori alla vista di un’altra lettere, alla vista di quella donna che ufficialmente era stata l’unica ad aver mai attirato l’attenzione di Sherlock. Di lei, non aveva dubitato mai nessuno. 
- Io non voglio credere di essere stata semplicemente una stupida.  Ho sofferto, anzi soffro perché ti amo con tutta me stessa. – Molly non abbassò lo sguardo. Erano in un momento cruciale, erano arrivati alla resa dei conti. Sherlock rimase in silenzio, finché il suo sguardo non cedette. 
Molly decise che era ora di abbandonare la stanza. Afferrò svelta la maniglia con l’intenzione di sbattersi la porta dietro ma Sherlock la fermò – Io ti amo Molly . Ti prego non abbandonarmi. –  



 
 
 
 
Molly rimaneva incantata ad ogni superficie riflettente. Era luminosa, il ritratto della felicità. Il lungo abito bianco la fasciava stretta sul corpetto arricchito da pizzo che avvolgeva anche le braccia, poi si apriva morbido in una non troppo ampia campana di raso. Non era stato semplice trovare l’abito perfetto ma finalmente eccolo lì, perfetto come tutto ciò che la circondava, perfetto come l’uomo che le stava accanto e che non la lasciava sola un attimo. Tanti visi sorridenti e occhi commossi non vedevano l’ora di potersi congratulare con gli sposi, Sherlock avrebbe piacevolmente evitato quella parte. 
Lestrade poggiò una mano sulla spalla di Sherlock – Adesso non ti rimane che la prima notte di nozze. Sai in cosa consiste, vero? – Sherlock, reggendo il gioco, restituì il colpo sulla spalla all’ispettore – Certo. Pensavo di proporle una partita all’allegro chirurgo. – Molly arrossì violentemente e abbassò lo sguardo sperando di non essere notata. 

 
Gli sposi aprirono finalmente le danze. Sherlock prese dolcemente la mano di Molly e l’accompagnò al centro della pista da ballo. Una dolce canzone si diffuse per la sala. Le braccia di Sherlock cinsero la vita di Molly che si guardò intorno con imbarazzo ma anche con orgoglio per l’uomo che poteva vantare di avere tra le braccia. Ripensò al matrimonio dei Watson e a quanto le cose fossero cambiate da quell’ultimo grande evento. Lei era insieme a Tom e Sherlock.. con Janine, le sfuggì una smorfia. Sherlock la strinse più forte e all’orecchio chiese – A cosa stai pensando? Fra le mie braccia non devi aver paura di cadere. – 
Molly arrossì ancora una volta, quel giorno sembrava impossibile mantenere un colorito normale. 
- Pensavo a Janine. – face una pausa – Al matrimonio di John e Mary era tutto diverso. – 
- Tu eri felicemente fidanzata con Tom . – Molly ebbe da ridire sul “felicemente” . – Entrambi, adesso, siamo nel posto giusto con le persone giuste. – riprese Sherlock. Molly poggiò il viso sul suo petto e fingendo che non ci fosse nessun altro oltre loro, chiuse gli occhi e si fece trasportare dal loro ondeggiare lento e sincronico. Sherlock portò le sue mani alle spalle di lei che sollevò lo sguardo, le prese delicatamente il mento. Le pupille di Molly divorarono l’iride dall’emozione. Sherlock la baciò con passione, stupendo tutti i presenti che si lasciarono andare in sospiri e poi in applausi, qualcuno tossicchiò. La signora Hudson, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto commentò – È proprio vero che il matrimonio cambia le persone. – Mary l’abbracciò, anche lei commossa.  
La canzone finì e mentre un’altra stava cominciando, John si avvicinò agli sposi – Mi permetti un ballo con la sposa? – Sherlock si distanziò da Molly e lasciò che fosse John ad accompagnarla in questo ballo. 



 
 
- Ti sei sposato. – il tono di Mycroft manteneva sempre una punta di veleno e sfida. 
- Già, adesso toccherebbe a te. – 
- Non dire sciocchezze. – i due fratelli Holmes guardavano i festeggiamenti da un piccolo angolo buio della sala. – Solo tu puoi farti travolgere tanto dai sentimenti. – 
- Alla fine sei venuto. – proseguì Sherlock ignorando il commento e continuando a guardare dritto di fronte a sé. Molly stava ancora volteggiando con John. 
- Non volevo assolutamente perdermi questo spettacolo. Non credevo ci sareste arrivati. – Mycroft indicò con un gesto della mano ciò che li circondava. – Un vero matrimonio, una sposa dalla discutibile felicità che ti attende. Credo passerò molto presto a trovarvi nel vostro.. nido d’amore. Muoio dalla voglia di vederti versione “adorabile maritino.” -  
- Sarai il ben venuto. – Sherlock non perse il buon umore. I commenti del fratello non lo scalfirono neanche un po’. 
- Bene, allora, ti faccio le mie più sentite congratulazioni, fratellino. – Mycroft si voltò con l’intenzione di abbracciare il fratello ma Sherlock con una smorfia si scostò – Ma per favore. Attento a non addolcirti troppo.- fece per andarsene, poi si voltò. – Quel vino dolce ha troppi zuccheri per la tua dieta. – 
 
 
 
 
 
Sulle note di All I want, dei Kodaline, Sherlock si ricongiunse a Molly che non vedeva l’ora di tornare tra le sue braccia. Mentre tutti ballavano, ridevano e festeggiavano felici, Sherlock e Molly ondeggiavano abbracciati al centro della pista affollata, complici come sempre, capaci di capirsi con uno sguardo, senza bisogno di troppe parole. Per loro era sempre stato così, Sherlock le aveva chiesto di sposarla senza che i due avessero avuto anni di fidanzamento alle spalle perché loro non  avevano bisogno di altre prove o certezze. Era utile solo decidere che era giunto finalmente il momento di dimostrare che entrambi volevano la stessa cosa, che ne avevano bisogno. Non era più necessario attendere o  credere che sarebbe stato giusto vivere separati. Insieme erano più forti, perfettamente in grado di dare all’altro ciò di cui aveva bisogno. Molly non dubitava più, non temeva più che Irene Adler o chiunque altro, potesse essere in grado di introdursi tra loro due. I dubbi e la sofferenza che avevano oscurato gli ultimi preparativi per il matrimonio, non li toccavano più. Erano un capitolo chiuso, senza pericolo di ritorno, perché anche se La Donna fosse tornata in quel esatto momento Sherlock avrebbe avuto tra le braccia, ora e per sempre, L’Unica donna, l’unica che contava davvero. 
Sherlock poggiò una mano sulla guancia accaldata di Molly, la guardò con quei suoi occhi color del ghiaccio ma in quel momento capaci di esprimere solo calore e prima di poggiare le labbra sulle sue disse – Ti amo, signora Holmes. – Molly emozionata dalla solennità di quelle poche parole, faticava a trattenere le lacrime – Ti amo, Sherlock Holmes. – piccole e timide lacrime infine sfuggirono al suo controllo, Sherlock le asciugò con il pollice e finalmente le sue labbra toccarono quelle di sua moglie che gli si sciolse tra le braccia, completamente sua. 

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Capitolo 6
*** Epilogo: Il Discorso del Testimone ***



- Ricordo bene il discorso da testimone di nozze che fece il mio amico, Sherlock Holmes, al mio matrimonio. Non credo mi dilungherò quanto lui e spero non ci siano sorprese simili a quelle che ci furono allora.
 Comunque, il suo discorso non era  da sottovalutare, perché nonostante tutto quel trambusto, è stato capace di dire cose che non mi sarei aspettato da lui. Sherlock, sei cambiato molto in questi ultimi anni. Ti ho sconosciuto che non perdevi tempo neanche a guardare in faccia le persone, sembrava non ti importasse di nessuno. Probabilmente questa mia prima analisi non fu corretta, perché ti interessasti subito al mio disturbo psicosomatico, tant’è che posso dire che fosti tu a curarlo. Prima di conoscerti era solo, povero e zoppo. Alla povertà aveva cominciato a riparare tuo fratello Mycroft, aveva pensato di darmi un bel mucchietto di soldi se ti avessi.. tenuto d’occhio ma io avevo già passato un’intera giornata con te ed era stata la più vissuta ed emozionante della mia vita, dopo la guerra e te n’ero grato, perciò rifiutai pensando che esserti amico sarebbe stato molto più gratificante.  La prima cosa che appariva di te era la tua intelligenze e la tua voglia di mostrarla a tutti senza alcuna vergogna, sembrava ci prendessi gusto nel vedere le facce sconvolte di coloro che analizzavi, anzi leggevi, come se avessi un portfolio di ognuno di loro. Eri così.. scientifico, apparivi così poco umano.. Non che adesso tu abbia perso queste tue.. caratteristiche ma il solo fatto di essere qui  a festeggiare questo più che lieto evento dimostra che umano lo sei davvero.
 C’è chi darebbe il merito di questo tuo profondo cambiamento a me , forse io posso ritenermi il punto di partenza, quell’evento nuovo che ha sbloccato la situazione ma infondo non è me che stai sposando. Beh, si, fate come se non avessi detto quest’ultima cosa. 
Ciò che vorrei dire è che, Sherlock, tu sei indubbiamente la persona più bizzarra e singolare che io abbia mai avuto il piacere di conoscere. Il piacere, sì, perché a dispetto di tanti eventi che volevano dimostrare il contrario, io so e sono sicuro che ormai sia un po’ chiaro a tutti, che tu sia un uomo meraviglioso e in grado di donare l’amore che merita questa donna. Molly Hooper, mai vista, mia moglie a parte, donna più paziente, coraggiosa, sotto molti aspetti, compresa la decisione di sposare Sherlock, intelligente e onesta come poche. Forte contro ogni avversità, anche contro i più temibili criminali. Sempre pronta ad aiutare, senza obbiettare. Ammetto di aver dubito parecchio quando ho saputo che vi sareste sposati ma non ho dubitato di te, Molly, ma del solo fatto che Sherlock volesse sinceramente fare un passo così grande e rivoluzionario.  Devi credermi se ti dico che se non tu, non saprei con chi altro Sherlock possa decidere di apparire così umano, così.. innamorato. Tu sei degna della fiducia di questo grande e intelligente uomo, anche se troppo  pieno di sé. Io ti ammiro.
 Sherlock, spero che la tratterai nel migliore dei modi e spero che voi due siate sempre così come siete adesso: felici, innamorati, sinceri e uniti come una sola persona.
Alzando quindi i bicchieri vi dedico con tutto il cuore e con tutto il mio affetto per voi, un brindisi e le più vive congratulazioni. Auguri!

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