Glow.

di _Tiina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one. ***
Capitolo 2: *** Chapter two. ***



Capitolo 1
*** Chapter one. ***


Link Video- Trailer: https://youtu.be/Ly0oUCLpQH0

Chapter one.

"Vedrai che ti piacerà, Ab." ripeteva mio padre mentre era alla guida verso la nuova casa.

I miei genitori avevano deciso di trasferirsi a Londra poiché mio padre aveva trovato un ottimo posto di lavoro. Mia madre è casalinga mentre io ho appena finito gli studi.
10 ore di volo dal Wisconsin all' Inghilterra che sembravano interminabili per me. Eravamo atterrati all'aeroporto internazionale britannico, Heathrow, dopodiché la prossima destinazione era nel quartiere Camberwell. Mai sentito nominare alle mie orecchie in realtà.

Ah, non mi sono presentata.
Il mio nome è Abbie Alicia Parker (eliminate Alicia dalla vostra mente, non mi facevo mai chiamare così nel capoluogo del Wisconsin, Madison), ho 18 anni da qualche settimana. Sono alquanto bassa ma non mi lamento, non mi sono mai piaciute le stambecche alte non so quanto. Ho i capelli lunghi, ricci e di una tonalità di biondo molto chiara. I miei occhi sono di colore azzurro.
Se devo dirvi qualcosa di me non saprei cosa scrivere. Forse qualcosa c'è: sono stata fidanzata per 3 anni con Oliver, con lui ho fatto le peggiori stronzate. Quindi prima volta in tutto e per tutto. Purtroppo ho deciso di chiudere la storia definitivamente perché le relazioni a distanza non sono fatte per me. Ci sto ancora male, certo, ma la vita va avanti no?

Mia madre si chiama Cheril, ha 36 anni ed è davvero generosa nonostante sia completamente diversa da me. Ha i capelli castani scuro e corti, occhi tendenti al nero, pelle molto chiara, alta ma non troppo. Conobbe mio padre a 14 anni, se ne innamorò e compiuti i diciotto anni mi mise al mondo. Era una gravidanza indesiderata, ma mia madre non potrebbe mai uccidere una vita quindi accettò le conseguenze e i problemi che la avrebbero ostacolata solo per me.

Mio padre è un uomo alquanto misterioso, non ama parlare con gli altri. E' coraggioso, alto, capelli biondi, occhi color ghiaccio e soprattutto sembra un armadio per via delle sue larghe spalle. Ha frequentato la palestra per qualche anno da giovane, ancora mi chiedo come può il suo fisico non essere cambiato dopo tanti anni. Lui ha 38 anni.

Banda alle ciance, arrivammo davanti alla nostra casa.

"Wow." esclamò mia madre.
"Stupenda, non è vero? Non mi è nemmeno costata granché." esultò mio padre scendendo dall'auto.

Io restai in silenzio e mentre stavo per camminare lungo l'ingresso ricoperto da fiori, prato inglese e cespugli ben curati, mia madre mi fermò.

"Abbie." mi chiamò.
"Che c'è?" mi girai esausta.
"Non credi che dovresti portare i tuoi bagagli in casa? Oppure hai delle cameriere che ti aspettano." incrociò le braccia al petto.
"Magari." bofonchiai sussurrando.

Tornai indietro e presi il mio unico bagaglio, un borsone marrone chiaro.

Entrai.

Non era una casa. Era un palazzo.

"Dio mio." esclamai spalancando gli occhi per la sorpresa.

Scale in legno, pareti dorate con dei tamponamenti colorati di nero, due pilastri all'ingresso che ti portavano nel salotto e poi non so cos'altro c'era davanti ai miei occhi.

Senza pensarci su due volte, salii le scale e mi diressi nella stanza che doveva toccare a me, era già immobiliata. Era enorme, porta in vetro, letto matrimoniale, finestra ampia e profumava di un fiore di cui non ricordo il nome. Appoggiai il borsone al pavimento e mi lasciai cadere sul letto.

"E' comodissimo!" esclamai sorridendo.

Senza aspettare, misi la mia roba nell'armadio. Poi posai tutti i miei gioielli nel cofanetto bianco sopra il comodino in legno accanto al letto. Per quanto riguarda gli scaffali posai tutti i miei libri preferiti, fra cui Il grande Gatsby, 1984, Il giovane Holden, Moby Dick ecc...

Dopo circa un ora riuscii a terminare di sistemare tutto, controllai l'ora ed erano all'incirca le quattro. Scesi di sotto e i miei genitori non c'erano. 

"Mamma!" urlai mentre scendevo le scale. "Papà!" continuai.
"Siamo in cucina." rispose mio padre.
"Che state combinando?" chiesi loro sedendomi sul tavolo.
"La mamma sta provando i fornelli." rise dandomi un bacio sulla fronte.
"Preparo dei puncakes con burro, fragole e sciroppo d'acero." specificò mia madre mentre faceva saltellare nella padella il composto rotondo e dorato.
"Ah ok. C'è qualche vicino almeno?" gli chiesi scendendo dal tavolo.
"Si, ci sono molti ragazzi e ragazze qui accanto. Esci e conoscine qualcuno, forza!" mi incitò sorridendomi.
"Ok mamma, vado a vedere chi decelebrato o decelebrata abita in questo quartiere di merda." sbuffai scendendo dal tavolo.
"Usa termini più adeguati, Abbie." mi sgirdò mio padre.

Uscii di casa e un vento freddo invase le mie narici e soffiò fra i miei capelli. Mi girai intorno e difronte a me c'era una villa carina di colore bianco, originalità 0.

Poco dopo vidi anche un ragazzo con i capelli sul castano-biondo, stava salendo sulla sua moto enorma e nera. Ne approfittai, attraversai la strada e lo raggiunsi nel suo cortile.

Lo guardai meglio, era un bel ragazzo. Occhi color miele, i suoi bei capelli, alto, magro, si intravedevano tatuaggi lungo il suo braccio. 
Si accorse di me.
Mi guardò fisso negli occhi, era così misterioso. Non riuscivo a guardarci dentro che mi confondeva.

"E tu che ci fai fuori casa mia?" mi raggiunse mettendo il cavalletto alla moto.

Respirai all'improvviso e lo trattenni nei polmoni.

Pensandoci meglio, era un vicino, e all'inizio era sempre così. Sorrisi, annuii e gli allungai la mano stringendogliela.

"Ciao. Io sono Abbie Alicia Parker, e sono la tua nuova vicina di casa!" gli mostrai uno dei miei sorrisi migliori.
"Ciao. Io sono Justin Bieber, e non me ne frega un cazzo di te." mi fece una smorfia fingendosi lieto. 


CONTINUA....

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Capitolo 2
*** Chapter two. ***


Link Video- Trailer: https://youtu.be/Ly0oUCLpQH0 

 

 Chapter two.

 

 "Questo è il tuo modo di presentarti?" inarcai un sopracciglio e lo guardai dritto negli occhi.

 "Oh, scusami." si finse dispiaciuto. "Avrei dovuto mandarti a fanculo direttamente?" continuò. 

"No." scossi il capo e abbassai lo sguardo. "Almeno con un ciao, mi sarei accontentata lo stesso." bofonchiai. 

"Smamma, piccola." si girò di spalle e raggiunse di nuovo la sua moto. 

"Non me ne vado, voglio esserti amica. Nulla di più." gli andai dietro di pari passo. 

"Io non voglio esserti amico, non ne ho bisogno. Ho già il mio giro di amicizie." tolse il cavalletto alla sua moto e ci saltò su. 

"Beh, credo che tu debba aggiungerne un'altra." appoggiai una mano sul fianco e lo guardai sorridendogli per metà.

 

 Si fece scappare una risatina. Era così "amichevole"? Fanculo, mia madre aveva del tutto torto.

 

 "Senti mocciosetta. Non sarà né la tua gonna a tubino corta né i tuoi capelli ondulati, oppure tu a sedurmi, ok? Ho visto di meglio!" strinse il labbro inferiore coi denti. 

"Senti spaghettino di merda, non sarai tu a trattarmi così. Non ho bisogno di sedurti, non mi piaci affatto. Volevo avere degli amici dal momento che mi sono trasferita da poco più di un quarto d'ora qua difronte, ma sai che c'è? Mi sono detta 'Chissà, forse quel cazzone potrebbe essere una mia preda da farmi come amico', ma a quanto pare sei peggio di quanto pensassi." gli urlai contro. "Fanculo, Justin." sputai alzandogli il dito medio. 

"Hey, fermati un attimo, stronzetta." cercò di scendere dalla moto ma io ero già andata via. 

 

 Cadde a terra per via dei lacci intrappolati tra il cavalletto e il poggiapiedi. Figure di merda, nulla di più, noh?

 

 Mi girai intorno, dove sarei potuta andare per fare delle amicizie serie? Vidi una ragazza che gettava la spazzatura nel bidone dell'immondizia, così mi avvicinai. 

 

 "Ciao." cercai di attirare la sua attenzione. 

"Hey! Tu devi essere la nuova arrivata in quartiere. Benvenuta!" mi abbracciò istintivamente. "Si è parlato così tanto di te, soprattutto ci siamo chiesti chi pazzo sarebbe potuto venire ad abitare qua." continuò sorridendomi.

 "Ehm, si è parlato di me?" spalancai gli occhi sorprendendomi.

 "Certo. Qui parlano tutti di tutto, e tu in queste settimane sei stata il soggetto delle nostre conversazioni." mi rispose tenendomi la mano. 

"Io sono Abbie." portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

"Megan." rispose con uno dei suoi sorrisi. 

 

 Calò il silenzio. Ero alquanto imbarazzata per via della nuova vicina simpatica e chiacchierona fin dall'inizio. 

 

 "Hai conosciuto gli altri?" mi chiese chiudendosi nella sua felpa viola. 

"N-Non direi, solo quel ragazzo accanto casa tua." scossi il capo e quasi mi venne la pelle d'oca solo a pensarci.

 "Justin." continuò per me.

 "Già. Un 'pò' ostile." virgolettai la parola 'pò'. 

"Un pò? Chi dice che è amichevole è davvero pazzo." divenne seria.

 "C-Che significa?" inarcai un sopracciglio. 

 "Cosa." rispose con tono interrogativo.

 "Hai cambiato subito espressione in viso. Qualcosa non va in quel ragazzo?" le spiegai. 

"E-Ecco, non mi sarebbe concesso parlarne. Anche perché non ti conosco bene." abbassò lo sguardo e incrociò le braccia al petto.

 "Megan, puoi fidarti di me." le strofinai un braccio.

 "I-Io..." ma non continuò la frase che le cadde una goccia d'acqua sulla spalla. 

"Sta per piovere, vieni da me." la tirai verso casa mia.

 "Devo avvisare i miei, altrimenti si preoccuperanno di non vedermi ritornare." sbuffò seguendomi.

 "Li chiamerai con il mio cellulare, muovi il culo." risi divertita mentre correvo per strada.

 

 Lei rise e mi rincorse. 

 

 La pioggia iniziò a scendere sul serio, senza interruzioni. Quella strada sembrava disabitata, nessuno, e dico nessuno anche solo con un ombrello, che ci fosse o che camminasse per ripararsi. La pioggia bagnava tutto e niente si salvava. 

 

 "Ab, sei tutta bagnata!" esclamò mio padre raggiungendoci nel salotto. 

"Vedo che hai trovato un'amica." sorrise mia madre portandoci delle coperte. 

"S-Salve." salutò Megan timidamente. 

"Mamma, papà, lei è Megan." gli presentai la ragazza. "Meg, loro sono Cheril e Ethan, i miei genitori." le presentai anche ad essa la mia famiglia.

 "Piacere di conoscerti." dissero in coro i miei.

 "E' un enorme piacere." annuì semplicemente col capo mentre si moriva dal freddo. 

"Abbie, porta la tua amica sul divano davanti al camino e guardatevi un film, i tuoi sanno che sei da noi, vero?" disse mia madre. 

 

 Mi ci giocavo le ovaie che avrebbe chiesto dei genitori di Megan. Stronza.

 

 "N-No, devo avvisarli. Abbie, mi accompagni al telefono?" mi chiese sorridendomi. 

"Certo, vieni." mi diressi al telefono e lei mi seguì. 

 

 Compose il numero e parlò con i suoi genitori avvisandoli della nuova arrivata e che stava da me poiché pioveva.

 

 "Fatto." riattaccò.

 "Perfetto, andiamo sul divano tanto i miei genitori staranno di sopra a sistemare la loro roba." dissi ridendo. 

"E' una casa già ammobiliata, non è vero?" si guardò intorno e poi si sedette sul divano.

 "Si, come lo sai?" risposi quasi balbettando, ero stupita.

 "Beh, prima di te qui abitava una mia amica, anzi, la mia migliore amica." mi spiegò."Oh." annuii abbassando lo sguardo.

 "Parlami di lei." le dissi sorridendole. 

"B-Beh lei era dolce, simpatica." mi spiegò mentre guardava le fiamme del camino. "Il suo nome era Celine. Assomigliava a te, tale e quale, tant'è che all'inizio pensavo fossi lei." continuò mentre sul suo viso c'era stampato un sorriso ma allo stesso tempo era anche angosciata.

 "Ne parli al passato, per caso è..." ma non continuai poiché non credevo fosse giusto in quel discorso parlare della morte. 

"No! Assolutamente." esclamò guardandomi dritto negli occhi. "Lei era gioiosa e divertente, solare come non mai, finché non incontrò una persona che riuscì a cambiarla e a farla piangere ogni giorno." spiegò. "Lui la trattò prima male, poi si unì a lei in un modo incredibile, senza darle tempo di capire cosa davvero provasse. Stettero insieme per moltissimo tempo, lui si era innamorato per la prima volta e nemmeno io lo credevo possibile. Cambiò dal male al bene, poi la mise incinta." abbassò lo sguardo mentre pronunciò l'ultima frase. 

"M-Mi dispiace chiedertelo ma..." non continuai la frase che mi interruppe. 

"So che vuoi sapere chi è il ragazzo. Sei la prima e l'unica che si è interessata di chi fosse e non di come mi sentivo io su questa cosa. In ogni caso... Justin." alzò gli occhi al cielo. 

 

 Una fitta nello stomaco.

 

 "Lui accettò il bambino, andò dai genitori per prendersi le sue responsabilità. Le grida si sentivano fin casa mia, anche se non è molto distante. Lui era andato da lei, per lei. Capisci?" mi disse mentre iniziava a piangere. 

 

La capivo, ma non capivo come mai lei piangesse dal momento che lei in questa storia non c'entrava nulla. 

 

"Capisco, perfettamente. Ma alla fine cos'è successo? Dov'è questo bambino? E lei?" le feci milioni di domande, ok, ero curiosa. 

"Celine piangeva, lei lo amava, era pronta anche a scappare senza una meta, senza soldi, tutto però con lui. Il padre di Celine urlò, la madre anche quando sapette la cosa, il latte era versato su tutto il vialetto, lei era rimasta impassibile e scioccata da ciò che le sue orecchie avevano sentito. Justin anche piangeva, solo che non voleva darlo a vedere. Lo cacciarono fuori e nonostante ciò il padre gli sferrò un pugno in pieno viso. Justin non capì nulla, non era capace di rispondere con violenza, non voleva passare dalla ragione al torto anche perché era comunque il padre di Celine." mi spiegò. "Dopo qualche settimana sembrava tutto tranquillo. Celine ed io parlavamo, lei mi spiegava di come andava la gravidanza, era incinta da circa un mese quando andò via di casa. Lei non sapeva nulla, non poteva prevedere che i suoi genitori le avrebbero nascosto la nuova destinazione. Le privarono del telefono, quando usciva dovevano per forza accompagnarla altrimenti doveva restare chiusa in camera sua a leggere libri o a guardare la televisione." nascose una lacrima sotto la coperta che la riscaldava. 

"Ma allora perché non è scappata con Justin se lo amava così tanto?!" le chiesi. 

"Non ne era capace con un bambino in grembo, aveva paura del futuro del piccolo." rispose.

 "Mi dispiace tantissimo." abbassai il capo. 

"Anche a me." annuì col capo. 

"Ma il bambino nacque? Dov'è?" le chiesi.

 "Da quanto disse la madre ai miei, il bambino era nato. Sano come un pesce, il suo nome era Benji. Era biondo e occhi azzurri come la madre, ma caratterialmente era già come il padre. Dissero infine, su di lui, che lo avrebbero mandato in collegio per dargli un'educazione esemplare degna della loro famiglia." concluse.

 "Aspetta, ma cosa successe dopo?" le chiesi, ero ancora curiosa. 

"Successe che la portarono in Argentina. Non si sa dove, non le è permesso telefonarmi, i genitori le hanno chiuso ogni portale per Londra e Inghilterra compresa. Justin ha provato a telefonarla ma ogni volta rispondeva la madre dicendogli che lei stava bene, che frequentava il college, che aveva trovato delle sue vecchie amiche e che aveva trovato un ragazzo che l'amava e che non aveva precedenti." rispose alla mia domanda senza peli sulla lingua. 

 

 Quelle parole mi scombussolarono il cervello. Aveva detto seriamente 'senza precedenti'? 

 

 "S-Senza precedenti?" spalancai gli occhi e mi racchiusi nelle coperte. 

"Oh, Abbie. Tu non sai ancora niente su quel ragazzo, ti consiglio di starci lontana. Lui ti odia, non voglio che succeda la stessa cosa anche a te, non voglio che ti usi solo perché sei identica al suo primo e vero amore. Promettimi che non ti verrà per la testa di provare dei sentimenti per lui." mi guardò negli occhi.

 "D'accordo." abbassai lo sguardo e giocherellai con le mani.

 "Promettilo, Ab." ripetè più decisa. 

 

 Silenzio assoluto... 

 

 "Prometto."

 

 

 

 CONTINUA....

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