Moonset● di marziaaadm (/viewuser.php?uid=44849)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Forks ***
Capitolo 2: *** Imprinting ***
Capitolo 3: *** come un fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 4: *** chi non puoi sconfiggere...fattelo alleato ***
Capitolo 5: *** Bacio ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni~ ***
Capitolo 7: *** Chiarezza◊ ***
Capitolo 8: *** Fedeltà e dolore. ***
Capitolo 9: *** special cap: Marzia design!*o* ***
Capitolo 10: *** Gelosia ***
Capitolo 11: *** Scelta. ***
Capitolo 12: *** Sabba. ***
Capitolo 1 *** Forks ***
bha
Prima di inziare a
leggere vorrei apecificare che onde evitare di stressarvi traducendo il mio
inglese maccheronico o strani tentativi di scrittura, metto i discorsi in glese
tra " -", riportandoli in italiano. I discorsi in italino o latino così: -.
Grazie dell'attenzione e buon
divertimento.
Marzia.
» Il cielo si tappa
il naso e la luna abbassa lo sguardo.
Il vento ruffiano che bacia tutto ciò che
incontra, si rannicchia ammutolito negli abissi per non
sentire.
William Shakespeare-
Otello
Cap.1
- Forks
Fino
a quel momento la mia vita è stata davvero noiosa. Passavo il tempo a riempire
il vuoto dentro di me. Mi sentivo inutile in un certo senso. Uscivo, studiavo,
mangiavo,dormivo...era un circolo vizioso che non finiva mai. Mi sentivo
prigioniera di me stessa: troppo debole per spezzare la catena che mi teneva
legata ad una vita apparentemente perfetta sotto tutti i punti di vista. Avevo
degli amici, dei conoscenti, ero una studentessa nella media. I ragazzi
venivano e andavano e uscivo quando avevo tempo. Mi divertivo, avevo una
famiglia che mi amava. Tutto quello che si potesse desiderare. Ma allora di
cosa mi lamentavo? So solo che da quando ho incontrato Jacob Black, la mia vita è cambiata, ha iniziato ad avere un
senso.
Oh...vi
starò annoiando con la mia melodrammicità e sdolcinatezza.Non mi sono neanche
presentata...che tipa! Meglio tardi che mai diciamo dalle mie parti. Piacere
sono Marzia. Non penso vi interessi anche il mio cognome, data di nascita,
stato sociale o quante volte vado al bagno! Ho ancora quindici anni,
anche se secondo il Nintendo Wii ne ho 72. Bhe, potrei andare a fare la
pubblicità della crema Olaz: ho 72 anni, si vede?
Ma
tornando a noi, circa un mese fa, settimana più, settimana meno, visto che
avevano chiuso scuola per disinfestarla dai topi ( t’ho guarda se mi tocca vive
tra i sorci -.-), i miei genitori mi spedirono da mio zio Charlie Swan,
il quale vive nella più triste e cupa città che abbia mai visto: Forks, in
America. Non ho ancora capito il motivo, già il mio inglese era pessimo, mi
mandano anche dove dovevo parlarlo per forza! Quando arrivai zio Charlie non
aveva ancora avvertito Bella, mia cugina. Ero spaesata in un posto sconosciuto
senza neanche un raggio di sole ad illuminarmi il cammino. La prima
impressione che ebbi di Forks non fu delle migliori.
Sembrava
una di quelle città fantasma che si vedono sempre nei film dell'orrore. Tetra,
grigia e deserta. Pioveva quando vi misi piede ed io odio la pioggia. La trovo
così...bagnata.
"Piove,
piove, piove...sai cosa fa? Piove!" mi ripetevo mentre osservavo il
paesaggio boscoso e sinistro che si intravedeva dal finestrino posteriore,
bagnato, della macchina. Probabilmente la città non era così male da come la stavo
vedendo, sarà stata colpa del mio sbalzo d'umore, insolito per una Bilancia,
fatto sta che volevo scappare, subito, teletrasportarmi se possibile. Forse se lo
avessi desiderato il Capitano Kirk sarebbe
venuto a prendermi. Ok , lo ammetto, la pazzia aveva preso il sopravvento su
l'ultimo briciolo di ragione rimastami. Ero come un pesce fuor d'acqua, anche
se lì di acqua ce n'era, anche troppa per i miei gusti.
La
pioggia cadeva violenta sui molti alberi che circondavano le strade, e si
abbandonava infine sulle vie solitarie.
A
Forks vivevano più o meno tremila abitanti, e ciò mi rendeva ancora più
depressa. Quanto avrei resistito nella solitudine?
Tutto
ciò a cui sfrecciavamo davanti, sembrava tremendamente triste e silenzioso,
perfino le persone. Morti viventi, anzi, i morti erano fin troppo arzilli al
confronto. Era come se ci fosse una maledizione su quella città. Magari una
strega cattiva aveva fatto uno strano incantesimo di cui le persone sono
tutt’ora prigioniere. Ma che dico?! Queste cose succedono solo nelle favole.
Darwin diceva che si ci abitua al luogo dove viviamo. Vedendo Forks me ne
convinsi ancora di più.
Girare
sulla vettura della polizia, per di più,
mi faceva sembrare una criminale, ma, chissà perché alla gente non interessava
se passava o meno la macchina dello sceriffo. Sapevo che gli Americani erano
strani, ma non immaginavo fino a questo punto! A pensarci bene, forse ero solo
io a vedere tutti quei difetti. Lo zio non fiatava. Il silenzio si tagliava con
il coltello, e io mi sentivo terribilmente in imbarazzo, sia per la mancanza di
una conversazione, sia per il fatto che la soggezione si impossessava di me
quando dovevo parlare una lingua che a malapena conoscevo.
Ero
sperduta in un paese di cui sapevo solo il nome,ero limitata, spaventata e di
certo il gelo tra me e mio zio non mi aiutava a sentirmi meglio. Mi ricordavo fosse un tipo piuttosto timido e introverso, ma, santo
cielo, un po' di buone maniere le conoscerà anche lui! Chissà, magari questi
intricati pensieri se li stava ponendo anche lui! La cosa era buffa sotto un
certo aspetto. Sembravamo come i protagonisti di quei vecchi film comici in
bianco e nero.
Imboccamo
una stradina sdruccevole e non asfaltata. A Poco a poco stavo iniziando a gustarmi quel viaggio senza
un'apparente destinazione.
Lo
sgretolare della polvere e dei sassi sotto le ruote mi dava uno strano senso di
adrenalina.
Una
serie di curve.
Di
primo acchitto quello che vidi fuori dalla vettura erano poche casette e
macchine parcheggiate. Sembrava uno di quei paesini di montagna dove trascorrevo
le vacanze estive. Mancavano solo i vecchi bisbetici che criticavano persino i
sassi e i bambini che urlavano
come barbari.
Zio
si fermò davanti una casetta in legno, piccola, dall'aria trasandata ma con uno
spiazzale piuttosto ampio e una specie di boscaglia sul retro. La mia
conoscenza della flora è alquanto limitata, quindi perdonatemi se riporto
descrizioni così superficiali.
Sinceramente
immaginavo la casa di mio zio, un tantino più lussuosa, o almeno più
grande.
A
capire avevo capito, un tantino, ma quello che non capivo era perché lo zio
urlasse in quel modo. Ero straniera, mica sorda!
Benché quattro parole di inglese le conoscessi,
mio zio mi guardò perplesso, colpa a mio avviso di un volgare accento romano.
Come
un gentiluomo fa alla sua dama,
scese e prese i miei bagagli, correndo sotto la pioggia torrenziale. Io lo
seguii, maledicendo la pioggia e
la parte dell'America che non conosceva gli ombrelli. Vi ho già detto che odio
la pioggia? Bhè, mi pare il momento di ribadirlo!
Fortunatamente
l'ingresso non era lontano. Mio zio mi aveva preceduta portando goffamente le
mie due valige. Fortuna per lui mi trattenevo solo un mese. Mi diressi verso la
luce che fuoriusciva dallo spiraglio della porta.
Al
suo interno, la casa era modesta come fuori. Un divano, due poltrone, un
televisore e un tavolinetto al centro della sala.
Scrutai
quel nuovo ambiente, la sala aveva una strana aria accogliente e vecchio stile.
Lo zio era scomparso, ma in compenso un signore sulla sedia a rotelle dai
lunghi capelli argentei e la pelle bronzea mi sorrideva forzatamente. Accanto a lui, sei ragazzi alti, corpulenti e dai
corti capelli corvini mi guardavano incuriositi, alcuni si davano addirittura
dei colpetti con il gomito. Mi sentivo tremendamente in imbarazzo al centro di
tutta quell' attenzione. Tanto per rilassarmi chiusi la porta dietro di me e
quando mi rigirai sentii una forte presa stritolarmi.
-
Mayetta! Che bello rivederti!-
La
folta chioma caramello e liscia di mia cugina copriva la visuale. Era la
prima cosa calda che sentivo da quando ero scesa dall'aereo. La abbracciai a
mia volta stringendola forte a me. Adoravo mia cucina, era la mia amica
oltreoceano. Siamo sempre state molto unite, forse perché avevamo gusti in comune
o perché riuscivo ad ascoltarla senza giudicarla. Anche se ultimamente ci
eravamo sentite molto poco. Addosso aveva uno strano odore, come quello...di un
cane. Puzzare? Mia cugina?! Probabilmente era il cambio d'aria.
-Lei
è mia cugina Marzia- iniziò a dire rivolta alla folla di fronte a me.
-
Ciao - fu tutto quello che riuscii a dire sollevando gestualmente la mano. Era
l'unica parola universale che sapevo avrebbero capito.
Li
vidi sghignazzare...maledetto accento! Vedi tu se mi dovevo sentire in quel
modo appena arrivata!
Probabilmente
arrossii perché sentii Bella strofinarmi le spalle in modo rassicurante. Che
fossero i miei vestiti a suscitare tutto questo scalpore? Un paio di jeans e un
maglioncino azzurro non credo fossero tanto strani a vedersi. L'ho detto e lo
ripeto, gli Americani sono fin troppo strani.
Provai
a sorridere, anche se più che un dolce
sorriso sembrava avessi appena mangiato un limone. L'odore di cane bagnato
ancora non era svanito, la casa era impregnata di un fetore che mi dava la
nausea. Non mi era mai parso di essere così sensibile agli odori come in quel
momento. Più mi avvicinavo a quegli sconosciuti e più l'odore si faceva forte e
batteva nel mio naso come un tamburo. Stava diventando quasi insopportabile.
Strinsi
la mano al signore, aveva una presa salda, ma la sorpresa più forte la ebbi
nello stringere quella degli altri ragazzi. La presa era identica tra loro,
forte e vigorosa, quasi stritolatoria e...caldissima.
Sembrava
di toccare un ferro rovente. Feci finta di nulla sopportando in silenzio e
mostrandomi forte. Uno dei ragazzi sembrava aver capito il mio bluff, mi guardò incuriosito e si leccò le
labbra a mò di sfida. Che patetico. Avrei avuto voglia di provocarlo, ma era
davvero troppo grosso per me, farlo spazientire non era la mossa più adeguata.
Non
feci in tempo a finire il pensiero che il ragazzo che sembrava più
maturo e taciturno gli lanciò un'occhiataccia.
-Smettila
Paul!- lo rimproverò. Il suo tono sembrò più simile a un ringhio che ad una
voce umana.
Ero
sempre più confusa. Il fetore mi dava alla testa e gli occhi iniziarono a
infastidirmi. Quegli elementi mi provocavano strane reazioni fisiche, ma
probabilmente ero solo allergica alla polvere che sporcava l'aria.
Tutto
il mio disturbo era palpabile e non riuscivo ad evitare il nervosismo che
cresceva costantemente.
C'era
qualcosa, in quei nuovi personaggi, che non mi tornava, qualcosa di veramente
strano e bizzarro, troppo per una persona comune. Probabilmente avrei dovuto
spaventarmi e smettere di fantasticarci su, ma, al contrario, ne ero tremendamente affascinata.
Neque
irasci, neque admirari, sed intelligere (non arrabiarsi, non stupirsi, ma
comprendere) dicevano i latini ed io, degna figlia di quella cultura, non
potevo sottrarmi a quell' incoraggiamento.
sghignazzò Paul dando gomitate al ragazzo di fianco a lui
per poi tornare a soffermare il suo sguardo su di me. Sembrava volesse leggermi
l'anima.
Quel
suo modo di fare il simpatico, il tono di voce che usava e la sfacciataggine
che aveva nel guardarmi mi davano il nervoso. Sentivo il sangue ribbollirmi
nelle vene, ma trattenni il respiro e distolsi lo sguardo.
I
miei occhi viaggiavano lungo le pareti consumate della stanza cercando non so
cosa. Scrutavano i mobili, le finestre, ogni minimo oggetto per
cercare
di calmare l'agitazione che quei ragazzi imponenti mi creavano. Mentre cercavo
di tranquillizzarmi, il mio sguardo cadde su un piccolo oggetto, il quale a
prima impressione suscitava interesse. Era poggiato sul tavolinetto antico
vicino al divano, illuminato dal bagliore della abat-jour .
Era
un braccialetto davvero particolare, costituito da legno di mogano lavorato,
intagliato con grande precisione ritraeva decorazioni di stile indiano credo. E
infine gli era legato un ciondolo molto bello, la testa di un lupo. Una testa
grande e nera con due occhi bianche dalle pupille rosse disegnati ai lati ,, i
denti che sporgevano erano grandi e minacciosi. Mi intrigava. Avrei avuto
voglia di prenderlo e giocari, passarlo tra le dita, osservarlo, come fossi un
bimbo che vede un nuovo gioco.
Era
la prima cosa che mi piaceva in quella casa, però devo ammettere che ho sempre
avuto un debole per lo stile “pellerossa”,
sapeva
tanto di....indiano/selvaggio!
L'istante
seguente mi voltai verso Bella,cercando un minimo di conforto,lei ricambiò lo
sguardo, non sapendo se sorridermi o arrabbiarsi con Paul.
-Avrai
capito che lui è Paul...- lo inidicò pronunciando il nome con un tono che di
solito si usa con ciò che ci fa schifo, il quale mi fece l'occhiolino mentre lo
guardavo -...e lui è Sam!- spostò la mano verso l'altro ragazzo. ora che lo
guardavo meglio di corporatura era anche il più grosso. Era uno spettacolo così
grosso da fare senso.
-Io
sono Billy- si presentò l'uomo sulla sedia a rotelle sfoderando un altro
sorriso, apparentemente garbato. Avete presente le maschere del teatro No?
Quelle dal sorriso così strano da non capire se sia buono o cattivo? Vedendo il
suo sorriso mi posi la stessa domanda.
-Loro
sono Embry...- proseguì Billy indicando il ragazzo alla destra di Paul -...e
Jared- Spostò la mano verso la figura alla sinistra di Paul.
Non
so come feci e se tantomeno mi ero immaginata tutto ed
ebbi fortuna nell'azzeccare ciò che accadde.
-Qualcuno
sta venendo qui!- interruppi Billy,
-Sarà
Charlie!- rispose Bella, come se la mia fosse stata un'affermazione inadeguata.
-No,
il passo è leggero, ma il peso...sembra quello di un orso!- risposi stupita e
irritata dall'affermazione di mia cugina.
Immediatamente
mi accorsi della precisione con cui avevo descritto quei passi, mi resi conto
inoltre che nessun'altro, oltre me, aveva udito quel lieve rumore. Stavo forse
sviluppando il senso dell'udito e dell'olfatto?O forse era solo l’apice che
preannunciava la mia futura pazzia? O probabilmente mi stavano solo prendendo
in giro, ma da come mi guardavano allibiti…non avevano sentito nulla per
davvero. Eppure era un rumore chiaro, come quello dei tacchi che picchiettano
sul pavimento.
Poco
dopo entrò un ragazzo, alto, molto alto, dai capelli corti e corvini, dalla
corporatura più che grossa oserei dire imponente e massiccia,e, maledetta me e
il momento in cui li guardai, aveva
due occhi scurissimi che mostravano l'irrequietezza di un cavallo imbizzarrito.
Attrazione,
eccitazione, adrenalina, forse confusione o sorpresa...non so cosa provai in
quel secondo, fatto sta che mi sentii come...rinata.
Non immaginavo minimamente, la piega che di lì a
poco, la storia avrebbe preso.
In
quell'istante le altre persone mi sembrarono inesistenti, tutto nella stanza
polverosa sembrava sparire, tutto, tranne quella nuova essenza che aveva
varcato la soglia. Il tempo si era bloccato, il cuore si era fermato, non sentivo più il mio respiro e qualcosa di
indescrivibile, forte come una scossa, ma delicato accadde.
Lui
mi fissò, io lo fissai.
-Piacere!-
Ci presentammo contemporaneamente.
Che
ore erano? Per quanto tempo ero rimasta ad ammirarlo?
No,
l'ora di cena era passata, ero scesa dall'aereo con lo stomaco pieno...
-Marzia,
lui è mio figlio Jakob, e nel tempo in cui sarai ospite a casa nostra, sarà la
tua guida e accompagnatore ok?- la voce di Billy mi riportò alla realtà. Stavo
ancora fissando il ragazzo appena entrato? Guarda il fato, appena conosciuto e
già ho sono riuscita a renderlo la mia balia personale.
-S-si!-
provai ad essere il più naturale possibile.
-Le
tue cose sono già nella tua stanza. Bella noi andiamo a casa, domani avrete
tempo per parlare!- aggiunse Charlie
-Jakob
falle vedere la stanza!-
Il
figlio di Billy si incamminò con passo incerto ed io lo seguii impietrita nell'ombra del corridoio.
Note della [folle]
autrice:
Fa schifo.
Lasciatemi delle recensioni con
delle critiche costruttive, please. Vorrei scrivere delle cose decenti da
postare su questo fandom.
E sembra proprio che questa cosa
non appartenga alla categoria…
Sofy ti voglio bene, sei la migliore beta.
E ne voglio anche a te, O coglione
che hai letto questa fan fiction.
E te ne vorrò ancora di più se mi
lasci una recensione ♥
Cordialmente [o forse no?]
vostra,
BlAcK_BerrY
|
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Capitolo 2 *** Imprinting ***
bha2
»Vi
è qualche particella di bene anche nelle cose peggiori, sta agli uomini saperla
attentamente estrarla.
W. Shakespere-Enrico V
Cap.2-Imprinting
Jacob’s thinks
Non
sono mai stato una persona che sa manifestare in modo spudorato i miei
sentimenti, ma lei era l'eccezione che confermava la regola.
Accadde tutto troppo in fretta per riuscire a farmi capire cosa fosse successo.
Già, cosa? Cosa furono quelle sensazioni dolci ma aspre, forti ma tenere, calde
ma fredde, intense ma deboli...
Cosa le ha scatenate? I suoi occhi, apparentemente innocui, ma capaci di farmi
tremare? Il suo viso, spaventato e sperduto da sembrare che invocasse
protezione? Quella sua aria da bambina innocente? Tutto era così strano da
rasentare la pazzia! Sembrava cappuccetto rosso che aveva incontrato il lupo,
ma stavolta era il lupo ad avere paura di cappuccetto rosso.
Era qualcosa di davvero unico e indecente. Ero incondizionatamente e inspiegabilmente
attratto da lei. Il suo profumo era dolce e stuzzicante. Mi entrava nella
testa e martellava. Ne ero assuefatto al punto che se anche non ci fosse stato
lo avrei sentito lo stesso. Era una droga, una volta provata difficilmente
smetti, ma io non volevo smettere. Riusciva in un modo inspiegabile a scatenare
i miei istinti di lupo, evitando che mi trasformarsi. La desideravo, cioè
volevo che tutti sapessero fosse un mio possesso, che nulla potesse portemela
via, poterci giocare solo io, farla innervosire per divertimento, avere potere
di vita o di morte su di lei.
Ero
diventato l'esempio vivente dell'egoismo.
Camminavamo silenziosi lungo il corridoio buio e stretto. Non mi giravo verso
di lei, ne avevo timore, ma ancora di più temevo il suo sguardo sereno, che
su di me aveva la forza dell'acqua su una pietra che affonda.
Io
ero la pietra.
Sarei
potuto sprofondare senza accorgermene.
Anche
se non parlavamo, anche se non ci guardavamo, era bello così. Per la prima
volta mi sentivo a casa.
Aprii la porta.
La camera era ancora disordinata come quella mattina, tranne il letto.
Non
ero tornato a dormire. Troppo impegnato con la ronda.
Però...sembrava non importarle, anzi era di suo gradimento. Si guardò intorno.
Si sedette sul letto. Era...impacciata. Mi faceva ridere un po'. Aveva un modo
goffo di camminare. Era la degna cugina di Bella. Ma anche quel suo andamento
lento e sconnesso mi piaceva. Mi faceva sentire meno diverso. Strano da dirsi
per uno come me! Lei era l'unica persona con cui riuscivo a pensare di esser
Jacob e non un "protettore".
- Anche tu amante del caos vedo - squittì all'improvviso.
Sorrideva,
si trovava bene, o semplicemente non voleva dar a vedere che le faceva schifo
l'ambiente.
Sentivo il suo respiro lento...fin troppo lento, come se cercasse di trattenere
il respiro. Che la stanza puzzasse? Non sentivo nulla io!
- S…si. Mi dispiace che non sia tutto a...posto -mi sembrò la parola più
appropriata. Come inizio non poteva fare più schifo. Bravo Jacob, finalmente
trovi una ragazza che ha questo effetto su di te e inizi così?! No, davvero,
complimenti! Che deficiente che sei, ma con la "d" maiuscola!
Vergognati!
*Jakob!*
una voce mi ringhiò nella mente.
Sam era nervoso più dei suoi standart.
Corsi nell'altra sala di malavoglia senza salutarla e chiudendomi la porta
dietro di me. Che figura. Di male in peggio!
Il branco era tutto là, Bella compresa. Strano!
-Bells non dovresti essere con Charlie?- domandai confuso.
-Vado dopo.- aveva anche lei un tono nervoso.
"Ma che diamine sta succedendo?" domandai tra me e me. Ero confuso,
disorientato e mi sentivo la causa di tutto, come un assassino che nasconde il
coltello fin troppo evidente dietro la schiena davanti gli occhi della
polizia.
- Dovresti saperlo meglio di noi Jak!-si intromise Paul. Era incazzato nero...e
tremava.
Il fatto di poter scambiarci l'un l'altro i nostri pensieri era una
figata utilissima sotto un certo aspetto, ma in quel momento ne
avrei fatto volentieri a meno. Mi stavo agitando anch’io e lì con me non c'era
Marzia a calmarmi. No, lei non c'era! Era di là, nella mia stanza, da sola, con
Paul pronto a trasformarsi da un momento all'altro. Era in pericolo.
"Proteggila" mi ripetevo dentro.
-Tranquillo Jak! So trattenermi. Non mi piace rompere i giocattoli nuovi! -mi
canzonava ridacchiando e facendosi grande agli occhi degli altri come per dire,
guardate come fa il micio e sta zitto. Ma poi ripensai a quello che aveva
detto.
Giocattolo
!
Paul
me le stava togliendo dalle mani!
- Come hai osato paragonarla?- Stavo seriamente perdendo la pazienza. Ora la
mia voce sembrava più un ringhio di sfida che un urlo di sfogo.
- Paul, Jacob smettetela!- ordinò Sam con il suo vocione ancora più acuto e
solenne. - Jak...abbiamo sentito cosa hai provato prima!- continuò - sai cosa
vuol dire? -
- No! - fui secco. Scocciato, duro.
- Aspetta Sam! Prima di dirgli tutto dobbiamo esporre tutti i fatti!- irruppe
Bella.
Come
osava mettersi in mezzo.
- Quali fatti?- domandai.
- Il fatto che è riuscita a sentire i tuoi passi, mentre io no! - rispose
allarmata e stavolta...spaventata.
- Passi che a malapena abbiamo udito noi! - stavolta fu Embry a parlare.
- E questo che centra?- ero ancora più confuso.
- Ve lo dicevo io che era un bel giocattolino. Di prima scelta oserei dire! -
se ne uscì Paul sempre più soddisfatto di sé.
- Paul! -lo riprese Sam, ancora serio e burbero.
Paul fece un passo indietro, si ammutolì abbassando la testa.
Quella
reazione mi diede tanta soddisfazione come se fossi stato io stesso a farlo
sentire così.
- Significa che non è una cosa normale.- continuò Bella.
Non
riuscivo a capire cosa volessero dire. Riuscire a sentire i nostri passi ero
impossibile per un essere umano. Causavamo problemi ai vampiri, figuriamoci ad
una ragazzina. Che fossero solamente gelosi? Gelosi che avevo trovato una
persona interessante? O solamente preoccupati che potessi dirle tutto? Quando
mi piaceva Bella hanno fatto di tutto per dissuadermi dal pensiero di dirle
tutto e dichiararmi.
“Non possiamo mettere a rischio il
branco” mi
ripeteva Sam in continuazione.
Eravamo
diversi. Noi e gli esseri umani. Non dovevamo avere relazioni tranne con alcune
persone “selezionate”. Ma quanto avrei dovuto aspettare per trovare quella
persona “selezionata”?
No…di
passare l’esistenza alla ricerca di una persona che potrebbe non esistere non
se ne parlava. Perché non potevo semplicemente provarci con l’unica persona
capace di rendermi mansueto e farmi dimenticare Bella per un secondo?
Bella
poteva stare con un succhia sangue e io non potevo provarci con la cugina?
Non
avevo mai preso ordini da nessuno, figuriamoci se facevo come volevano loro.
Ma
l’autorità di Sam era difficile da contrariare. Lui era il capo, l’alfa del
branco…guai a chi disubbidiva.
Che
nervi che mi dava. Non l’avevo mai potuto patire.
Persino
mio padre concordava con lui e il suo assurdo modo di pensare! A proposito…ma
papà?
Dov’era?
Strano non fosse già intervenuto!
Mi
guardai intorno e non lo vidi.
Bella
continuava a parlare e accorgendosi della mia irrequietezza si innervosì:
-
Insomma Jak, mi stai ascoltando? E’ una cosa seria. Dovrei dirla ad Edward.
Edward…bastava
il nome per farmi innervosire.
-Edward
–sussurrai- EDWARD?-urlai.
Inconsciamente
presi a tremare. Mi sentivo bollire il sangue sotto pelle, il cervello non
ragionava più.
Non
c’era niente capace di fermarmi adesso. Non potevo fare nulla per bloccarmi.
Cosa
voleva fare Bella? Far vedere la cugina alsuo fidanzatino e farla vivisezionare
da quella famiglia di mostri. Bhè se parliamo di mostri io non ero da meno, ma
fortunatamente io non ero un vampiro.
Le
avrebbero fatto sicuramente del male. Non erano affidabili. Dicono di sapersi
controllare, dicono di essere diversi, ma rimanevano dei mostri assetati di
sangue. Cosa avrebbero potuto fare ad una ragazza fragile come marzia? Come
avrebbero potuto resistere al suo profumo?
No,
non potevo permetterlo.
-
No…non lascierò che tu e i tuoi amichetti vi divertiate cin lei. E’ tua cugina
come puoi farle questo?- stavo urlando come un pazzo
-
Jak calmo..non ti agitare-mi ordinava Sam
- E poi quello che era pericoloso ero
io!?-canzonava Paul
-
Jak…mi stai facendo paura. Smettila di urlare.- l’espressione di Bella era
inspiegabilmente appagante. Il terrore dipinto sul suo volto era qualcosa di
bellissimo.
-
Io ti faccio paura? Però i succhia sangue non ti fanno paura!-mi stavo sfogando
a poco a poco, sempre di più, sempre più forte.
-
Dov’è Billy?- domandai cercando di respirare a fondo e calmarmi. Non potevo
trasformarmi. Paul aveva ragione, il vero pericolo per Marzia ero io. Io che
volevo tanto proteggerla. Aveva bisogno della mia protezione.
-
Con Charlie- rispose Embry
Ora
capivo.
Sam
stava cercando di spiegarmi qualcosa che avrebbe potuto essere un pericolo per
Billy. Forse…si riferiva a me?
-
Tornando
a ciò che hai provato...anch’io sentii la stesso cosa con Emily!- proruppe Sam,
calmatosi un pochino.-Sai come chiamiamo noi licantropi i sentimenti verso la nostra
presunta anima gemella?
Ero shoccato! Prima mi vengono a dire tutti
incazzati che la ragazza che iniziava ad attirare la mia attenzione non era
normale, poi che potrebbe essere la mia anima gemella.
-
Sveglia
Jak, l'Imprinting - diversamente dalle mia previsioni Paul aveva ripreso
a parlare.
Imprin..."
non riuscii a finire il pensiero che un odore dolciastro mi riprese a
martellare il cervello. Mi girai verso il corridoio.
Nascosta nell’ ombra c'era lei, che mi guardava. Non riuscivo a vederla bene in
volto e non sapevo che espressione avesse.
- Marzia...-sussurrai.
Tutti si voltarono verso l'ombra.
- Come hai fatto a sentirla Jack?- chiese allibito Sam.
- L'odore- risposi impietrito.
- Noi non lo abbiamo sentito. Né quello...né i passi.- rispose quello.
Mi voltai di scatto verso Sam e poi di nuovo verso Marzia.
Cosa starà pensando, cosa crederà ora? Cosa penserà di me? Non poteva andare
peggio dicevo? Mi sa che il destino ce l'avesse con me.
Merda!
Marzia’s thinks
Smisi di guardarmi intorno, per poter guardare in faccia Jacob. Per vedere quel
volto che sicuramente avrebbe causato qualche reazione su di me.
Ma quando trovai il coraggio di guardarlo, lui era scomparso.
Che educazione! Mi sentii ancor più abbandonata. Chissà che impressione gli
avrò fatto per costringerlo a scappare a quel modo. Mi sentivo in colpa. Avevo
appena trovato qualcuno di interessante in quella sottospecie di villaggio
sperduto e avevo già rovinato tutto. Se potessero dare il nobel per la
deficienza, penso che lo darebbero a me...insieme ad un migliaio di persone, ma
me compresa!
Se fino a quel momento avevo cercato di non pensare a ciò che mi ero lasciata
alle spalle,in quel momento il mio stato d'animo mi buttò tutto a dosso.
Le mie amiche erano in Italia, la mia famiglia era in Italia, le persone che mi
erano antipatiche erano in Italia, i miei compagni erano in Italia, i
miei professori erano in Italia, persino il cane della mia vicina era in Italia
e io dove ero? In America.
Fila
il discorso? No!
Che ci facevo io lì? Non centravo nulla, ero di troppo, Appena arrivata e
guarda che casini che avevo combinato. Ero un caso perso. Non aveva senso che
rimanessi lì. Stavo solo peggiorando la mia situazione. Mi avrebbero deriso
tutti. Tutti chi non lo sapevo, ma ero in uno stato talmente pessimo da non
trovare nulla di buono. Ma oramai ero in ballo e quindi dovevo ballare.
Ma
in realtà tutto quello che mi interessava era cosa pensasse di me Jacob.
Sicuramente non gli avevo fatto un buona impressione. Da quel che mi raccontava
Bella lui aveva una specie di cotta per lei. Io non ero bellissima, né
tantomeno somigliavo a mia cugina. Potevo consolarmi con una bella amicizia, ma
se per lui fosse stata solo un’amica la cosa mi avrebbe fatto sentire ancora
peggio.
Mi
sentivo immersa nel mio oblio interno. Cosa avrei dovuto fare? Con Jacob avrei
dovuto passare l’intero mese. Mi avrebbe fatto da guida mentre bella era
impegnata con il misterioso ragazzo bellissimo che morivo dalla voglia di
vedere.
Ecco
che si accese la lampadina. Perché affannarmi su un pensiero tanto doloroso
come “cosa fare con Jacob”. Domani mia cugina mi avrebbe presentato il ragazzo.
Non ero più nella pelle. Come mi sarei dovuta vestire? Chissà se a Jocob piacerò.
Qualsiasi
cosa facessi, non serviva a cancellare l’immagine di Jacob dalla mia mente.
Ecco
che l’insoddisfazione e il malumore stavano tornando a prendermi.
Improvvisamente
sentii delle urla, anzi, dei ringhi che mi riportarono alla dura realtà.
Qualcosa
stava succedendo nell’altra stanza. Una discussione accesa direi. I suoni che
venivano dal salone non erano dei migliori.
Sentii
la voce di Bell. Non doveva essere a casa con lo zio? Che ci faceva ancora qui,
per di più a discutere con quei vocioni. Probabilmente stava discutendo con
Jacob e lui affascinato come sarà da lei la starà difendendo con le unghie e
con i denti.
Ma
cosa stava succedendo. Chi o cosa era la causa di quelle urla?
Ero
spaventata, ma anche curiosa. Ma di cosa avevo paura?
Non
erano fatti miei, ma stavano succedendo cose troppo strane.
Senza pensarci aprii lentamente la porta cercando di non farmi sentire e
sgattaiolai lungo il corridoio costeggiando l'ombra.
- Sveglia Jak, l'Imprinting - sentii esclamare il ragazzo che mi
aveva provocato oggi...come si chiamava...Paolo!
Ma Imprinting cosa?
Non avevo ancora capito cosa stesse succedendo che prima Jak e poi gli altri si
accorsero di me!
Merda, ora si che ero nei casini. Mi sa tanto che il peggio non ha mai fine!
- Come hai fatto a sentirla Jack?- chiese allibito Sam.
- L'odore- rispose impietrito Jacob.
Ma allora era vero che puzzavo! Non potevo crederci.
Bhe,
dopo più di 2 ore di viaggio mi sembrava comprensibile avere un lieve olezzo,
ma loro esageravano a sottolinearlo così. Mi sarei lavata mentre mi
mettevo il pigiama. Che rozzi, non si tratta così una ragazza.
- Hai sentito tutto?- chiese Sam. Aveva ripreso un' espressione decente.
- Solo la storia dell’Imprinting- risposi rimanendo dove ero.
Sembrava
il nome in codice di una strana missione di boss mafiosi. Ma dove ero
capitata?Cosa stava succedendo, e perché nessuno mi stava spiegando niente?
Perché Bella era ancora lì e cosa centrava in quella storia? Cosa era
l’imprinting, ma soprattutto, come aveva fatto Jacob a sentirmi? Ero stata
talmente silenziosa da stupire me stessa!
Perché
nessuno cerva di giustificarsi? Mi sarebbe bastata una scusa qualsiasi, mi
sarei aggrappata a qualsiasi scusa in quelle condizioni. Confusa, persa,
spaventata, accusata…mi guardavano tutti sorpresi. Sicuramente stavano pensando
a qualcosa, a che mossa eseguire. Ero immobilizzata, non riuscivo a parlare.
-
Allora
mi sa che è inutile nasconderle tutto. Appena arrivata e già ci ha scoperti,
dobbiamo migliorare ragazzi così proprio non va!- concluse Sam ridacchiando.
- E se provassimo con le calzamaglie tipo Superman?- chi poteva essere se non
Paul a dire ciò?
- Questa potevi risparmiartela.-lo congelò Embry.
- Ok ragazzi, direi che abbiamo disturbato la poveretta a sufficienza.
Andiamo.- detto questo Sam prese Bella rimasta imbambolata e la trascino via.
Lei
si voltò, mi guardò per poi sparire
dietro la porta.
Mi sentivo come una di quelle eroine dei manga, che avrebbero fatto meglio a
farsi gli affari loro.
Sentii una mano calda stringere la mia. Era Jak.
Lo guardai e lui mi sorrise. Non mi ero accorta di quando fosse bello il suo
sorriso.
Era
qualcosa di ipnotico e stupefacente. Bello, troppo bello per essere vero.
Ancora
non capivo. A cosa si riferiva Sam? Cosa avevo scoperto? Cosa mi stavano nascondendo
tutti.
A queste
domande basto il sorriso di Jak per farle tacere.
-
Sei stanca?Ti porto a letto!- mi disse dolcemente
E senza
darmi il tempo di capire mi prese in braccio come fanno gli sposi alle spose e
mi portò in camera.
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Capitolo 3 *** come un fulmine a ciel sereno ***
baba
* Lei ora è caduta in un pozzo d’inchiostro, che il gran mare non ha gocce
bastanti per mondarla,
né tanto sale da preservare la sua carne corrotta fino
all’osso.
William Shakespere - Molto rumore per nulla.
Cap.3 – Come un fulmine a ciel sereno
Quando Jacob mi prese in braccio mi sentii ancora più
disorientata di prima. Tutta quella confidenza da cosa era causata? Che mi
avesse preso per una facile con cui divertirsi? Allora si era sbagliato di
grosso! Come osava comportarsi così? Senza neanche chiedere il permesso poi! E
poi neanche una spiegazione.
Prima fanno tutti i misteriosi e poi ti liquidano dando
tutto per scontato. Ma avrò anche io diritto in capitolo o no?!
Ora Jak mi sente e come se mi sente.
Però…come era caldo.
Aveva il petto duro, marmoreo e bronzeo. Caldissimo, fin
troppo caldo per una persona normale. Ma era anche comodo e in un certo
senso…morbido.
Era bello accoccolarcisi sopra. Mi dava uno strano senso di
protezione.
Anche se alcuni suoi modi di fare mi davano ai nervi quando
ero con lui stavo stranamente e piacevolmente bene. Era come una camomilla.
C’era qualcosa in lui che mi attraeva in modo
incomprensibile.
Che fosse il suo sguardo magnetico e o l’alone di mistero
che lo circondava, nulla avrebbe potuto farmi cambiare idea.
Era l’inspiegabile convinzione di cui ero fermamente
convinta.
Durante il percorso non parlo, si limitò a mandarmi
occhiatine dolci, sorrisini e qualche lieve e pacato bacio sulla testa.
Sembravamo la coppietta felice di ritorno dal viaggio di
nozze. Lui perfetto e gentilissimo, io timida e ingenua.
La casetta tra i boschi e il quadretto era fatto.
Era tutto così nuovo per me e la cosa mi destava una certa
curiosità, ma il fatto di avere tutte quelle attenzioni da un ragazzo, che,
diciamocelo, non era niente male, mi sorprendevano non poco, ma soprattutto
anche se le avevo sempre desiderate, ora mi davano fastidio.
Che la mia fosse semplice paura dell’ignoto?
Forse ero solo addormentata e quello era un sogno, uno
stranissimo sogno da cui tra qualche ora mi sarei svegliata…avrei aspettato
ancora un po’ a riprendere coscienza, giusto per vedere come andava a finire,
ma sfortunatamente non mi trovavo nel MIO letto a sonnecchiare dolcemente.
No!
Mi trovavo nella camera di un ragazzo conosciuto da poco
con il quale avrei condiviso il letto.
Ma cos’era di questo ragionamento che mi dava tanto
fastidio?
Ancora adesso non so rispondere a questa domanda.
Jacob mi posò dolcemente sul letto, come fossi un pargolo.
Si sedette accanto a me, si tolse la canottiera bianca
gettandola nel mucchio degli oggetti non identificati per poi buttarsi con un
tonfo sordo sul letto. Le braccia larghe, aperte sul lenzuolo rosso. Guardava
fisso il soffitto e curiosa come sono non resistetti ad imitarlo. Alzai anch’io
la testa ma quello che visi fu solo uno spoglio,bianco soffitto. Cosa aveva di
tanto interessante?
Qualcosa di caldo mi
prese la mano poggiata dolcemente sul lenzuolo e stringendola come se cercasse
di non rompermi il polso mi trascinò giù. Mi ritrovai stesa anch’io distesa sul
materasso. Gli occhi sgranati, immobili a fissare il soffitto o ero solamente
io che continuavo a cercare qualcosa che non c’era in quella parete.
Più che altro avevo voglia di sfuggire dalla realtà. Semplicemente
ero preoccupata per me stessa.
La mia vita era cambiata in meno di cinque minuti. Ansia,
un tremendo, pazzesco senso di ansia mi stringeva la gola soffocandomi.
Jacob, agilmente, mi coprì la visuale salendomi sopra,
poggiandosi sui gomiti. Ora tutto quello che vedevo era il suo viso. Tra tutto
il caos in quella stanza, quello era l’unica cosa che avrei evitato di
guardare. Sortiva uno strano effetto su di me.
Mi fissava. Mi infastidiscono le persone che ti fissano. E’
scortese.
Era tranquillo, vestito di un’apparente aria cortese.
Provai ad evitare il suo sguardo. Il suo odore era lo
stesso degli altri ragazzi, oramai ci avevo fatto l’abitudine, ma continuava a
suscitarmi un certo fastidio.
Un braccio alzato, l’altro lungo i fianchi…la posizione in cui
mi trovavo non era delle più comode, ma il mio corpo, per quanto desiderassi
muovermi, non rispondeva. Ero immobilizzata, assuefatta e osservata.
Accellerai incondizionatamente il respiro.
Veloce, sempre più veloce.
Sentii i sui capelli sulle mie guancie. Stavano ardendo. La
vergogna, il timore, mi stavano condizionando.
Sentii che le sue labbra iniziavano a sfiorarmi la pelle,
calma, rilassate, morbide. Il suo respiro sul mio collo.
Una di quelle classiche scene da film di innamorati.
Eppure non mi
piaceva. Non lo volevo, non volevo niente di simile.
Strizzai gli occhi come per liberarmi di quelle sensazioni,
come per sperare che Jacob la smettesse, che fossero tutte mie fantasie.
Ma lui continuava. Mi sfiorava la guancia destra col naso.
Avrei voluto dirgli: Jacob basta.
Non uscii niente.
Avrei voluto urlargli: Jacob, smettila!
Mossi impercettibilmente le labbra, ma ancora nulla.
Nessun suono, nessuna parola.
Muta!
Si staccò. Lo sentii alzare le braccia. Aprii gli occhi
piano piano, per accertarmi di non correre pericoli.
Lo vidi reggersi su un braccio e con l’altro riprendere la
mia mano lontana, in alto e riportarlo piegata vicino al mio viso, stringendola
salda.
Fece lo stesso con l’altra, che gli costo meno fatica, e se
la portò sulla guancia sfiorandola con le labbra. Era bollente. Sembrava
febbricitante.
Forse ero solo io quella calda. Un calore causato dai miei
stati d’animo contrastanti tra loro che mi agitavano sempre di più, sempre più
forti, sempre con più irruenza.
Iniziai a scrutarlo. L’unica cosa che già conoscevo era il
suo bronzeo colore della pelle, che anzi, era lievemente accennato.
Lo guardai meglio, in cerca di qualche nuovo particolare.
Mi soffermai sui muscoli delle braccia, sui piccoli nervi che gli sporgevano
per lo sforzo, sui muscoli così evidenti e voluminosi per un ragazzo
di…effettivamente non sapevo neanche quanti anni avesse.
Effettivamente non sapevo nulla di lui.
Risalii con lo sguardo, finendo per incrociare il suo
sguardo. Sorrideva, mostrandomi delle carinissime fossette. Anche se sembrava
maturo, aveva ancora qualcosa di infantile.
Sorrisi, era come trovare un’ oasi nel deserto.
Sembravamo complici di un qualche arcano mistero. Eravamo
divertiti l’uno dell’altro.
Quel sorriso spuntato per caso riuscì in qualche modo a
farmi sciogliere.
I capelli neri, lucidi sottili e corti erano spettinati, ma
con un tocco glamour a modo loro. Inizia ad invidiarlo. Volevo anch’io un
taglio così bello e naturale.
Avvicinò il volto fino a sfiorare il mio, strofinando il
naso sul mio.
Ora stavo seriamente ridendo, mostrando, ahimè, i miei
denti non pienamente perfetti.
Era un sorriso voluto,desiderato, sincero, colmo di
felicità.
Non ridevo così spensieratamente da tanto, troppo tempo.
Anche lui si divertiva, più strofinava, più allargava il
suo sorriso.
L’imbarazzo e l’ansia di poco prima erano svaniti. Non
pensavo ci sarebbe voluto così poco.
Non pensavo ci sarebbe riuscito Jacob.
- Posso baciarti?- mi chiese interrompendo quel momento
magico.
Mi prese alla sprovvista, mancava solo il bacio a
completare il quadretto. Era tutto perfetto, troppo perfetto. Ma stranamente
dalle mie aspettative non volevo quel bacio.
Qualcosa in me non
lo desiderava, anzi lo respingeva benché la nostra attrazione fosse
palese.
- Cosa dicevano i tuoi amici prima?- cambiai discorso.
- Tanto lo sai, ora fatti baciare- insistette lui.
Spostai il volto facendoglielo affondare nelle coperte.
-Mi dici che ti prende? Perché devi rovinare tutto?- si
lamentò
-Rispondi!- insistetti.
-Ma a cosa?-
-Del coso, Impringo.Che roba è?-
-Imprinting dici?- mi corresse alzando un sopracciglio.
-Si quello! Cos’è?- chiesi speranzosa di una risposta dopo
tanto tempo.
-Mi stai prendendo in giro?- ora il suo tono era sconvolto
-No!- risposi
-Cioè fammi capire, fino ad ora credevo che tu mi
contraccambiassi e adesso te ne esci facendo la finta tonta? E’ perché non vuoi
baciarmi? Guarda che basta dirlo!- rispose amaro
-No no, non lo so davvero.- risposi stupita.
Contraccambiare cosa?
-Non lo sai?- chiese in fine con il tono più triste che
abbia mai sentito usargli.
-No…-
-E’ quando un licantropo si innamora della sua anima
gemella. E’ una cosa naturale per noi.- rispose prendendomi per mano e
sorridendomi
-Frena frena- ritrassi le mani- licantropi cosa?- domandai
sconvolta
- Sono un licantropo, non lo avevi capito?- chiese cercando
di baciarmi
Mi trassi indietro. Indietreggiando a tentoni sul letto.
-Che hai?-chiese avvicinandosi
-Stammi lontano!- ripetevo
-Ma come puoi…
-STAMMI LONTANO- urlai
Jacob si immobilizzò.
-Che hai? Perché così sconvolta?- chiese abbassando lo
sguardo.
- Non puoi essere un licantropo.- affermai
-Perché no?- chiese sforzando un sorriso
- Perché non esistono.- rispose
-Io esisto- e senza che me ne accorsi si avvicinò a me
tornando a pochi centimetri dal mio volto
-Hai paura?- sussurrò
- Sì!- risposi
Jacob mi baciò sulla guancia.
-Ti dovrò far cambiare idea. Che mi ami è sicuro almeno.-
-No!-
-Come no?- chiese davvero sorpreso.
-L’amore non viene in pochi secondi.- risposi allibita
- Ma noi…non puoi non amarmi!- era esasperato
- Tho guarda non ti amo!- risposi sarcastica.
- Cambierai idea vedrai. Tra poco mi urlerai che mi ami. -
-Non credo!- risposi sempre più convinta e seccata.
Come poteva pretendere che lo amassi, e dopo pochi minuti
poi! Ma soprattutto, come pretendeva che credessi alla sua storia di
licantropi, e se anche lo fosse, come poteva pretendere che amassi…un mostro?!
- Scommettiamo?- domandò guardandomi tutto convinto di sé.
- Scommettiamo!-
Avevo ufficialmente accettato la sfida.
-Ora spogliati e mettiamoci a dormire.-
-Cosa dovrei fare? – domandai irritata
-Spogliarti!.-fece il sarcastico. Io ero molto più brava.
-Col cazzo!- era inevitabile lo dicessi. Il mio istinto
romano aveva preso il sopravvento.
-Cosa?- chiese. Naturalmente non aveva capito.
-Non ci peso proprio.- risposi in modo comprensibile.
-Ti vergogni?- chiese imitando l’aria arrapata e vogliosa,
mordendo per di più il labbro.
-Non meriti cotanto splendore.- risposi ridacchiando della
sua reazione.
Rise con me.
- Dov’è il bagno?- gli chiesi dolcemente.
Mi guardò come sbuffando e fingendo di esserci rimasto
male.
-La porta di fronte- rispose osservandomi mentre uscivo
dalla camera.
Mi chiusi la porta dietro.
-Guarda che vedo sbircio dalla serratura- lo sentii
ridacchiare.
-Ha ha…provaci cane!- risposi ridendo di conseguenza.
Jacob…Ti pentirai di avermi sfidata. Non mi innamorerò di
te, dovessi morire pur di rimanere fedele a me stessa.
Nota [pazza] dell'autrice
Salve a tutti voi cari lettori.
Grazie per aver letto, o fatto finta di leggere.
Ma lo sapete che vi voglio bene? Ecco allora nn mettete la fic solo tra i preferiti,
ma COMMENTATEEEEE!
Grazie di tutto serellina e sofy <3
Baciii*
|
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Capitolo 4 *** chi non puoi sconfiggere...fattelo alleato ***
b
..Poi, ho visto gli occhi suoi
Come grano in mano
al vento
Sono ciliegie del
mio pianto
Così tanto io ti
sento
Sai, ho visto te con
lui
Quando scende
La tristezza
In fondo al cuore[…]
Occhi – Zucchero.
CAP. 4 - Chi non puoi sconfiggere…fattelo alleato.
La mattina seguente mi svegliai intorno alle cinque. Benché
mi girai e rigirai tra le braccia di Jacob, che per tutta la notte mi aveva
scaldata, non riuscivo a riprendere sonno.
Mi alzai, stordita e irritata: abituarsi al fuso orario era
una vera tortura!
La parte della giornata che più odio è il risveglio! Sono
inguardabile, incomprensibile, irritabile.
Ostentando un passo minimamente simile a quello di un
bradipo, andai alla ricerca della cucina.
Non avevo ancora fatto il giro della casa. La sera precedente
mi sembrava microscopica e invece era più grande dell’idea che mi ero fatta.
Sapeva di vecchio, ma quel vecchio con una sua storia
intrigante e inverosimile. Accogliente a modo suo. Forse perché ero
frastornata, con i pensieri ancora in disordine, ma iniziavo ad abituarmi a
quel ambiente così marrone, come autunnale.
Tutto era come lo ricordavo. Il divano ancora da rifare,
con le impronte dei pesi dei lupi sopra, il pavimento sporco delle pedate di
fango ieri. Vedere quell’ambiente calmo e tranquillo, mi fece perfino pensare
di non essere nella stessa casa della sera precedente. Dovevo ammetterlo, tutto
lì aveva un certo ascendente su di me, fosse la curiosità, fosse che ancora non
ero nel pieno delle mie capacità mentali, eppure quel posto mi piaceva.
Nell’aria aleggiava un profumino di frittelle, che mi guidò
dritta vero la cucina, che, guarda caso, confinava con il salottino, diviso da
questa da una porta, aperta.
Questa era composta da un angolo cottura e un lavandino con alcune mensole soprastanti.
Un misto tra marmo grigio e un color castagno , ecco cosa vidi. Tutto dentro
quella stanzetta era di quel colore, a parte il lavandino. Una piccola
finestrella dalle tendine bianche, tirate e semitrasparenti, per bellezza, faceva
filtrare un po’ di luce che rendeva l’ambiente più misterioso, ma, allo stesso
tempo, addolciva quei colori così duri.
Mi fermai sulla soglia della porta. Voltato di spalle, e
con una disinvoltura che reputavo strana per uno in quelle condizioni, vi era Billy,
che armeggiava con la padella.
Il friccicare dell’olio nella padella mi ricordò che stavo
morendo di fame provocando, così, un brontolio terrificante dal mio stomaco.
Billy sussultò e per poco la padella non rovesciò il
contenuto sulle sue ginocchia; poverino!
Si girò e io abbassai lo sguardo arrossendo, entrando in
uno stato catatonico-imbarazzato.
Fissai i miei piedi, strusciai le dita una contro l’altra,
cercando di scaldarne le punte. Avevano preso una strano colorito biancastro
misto a polvere. Non mi è mai capitato di camminare scalza per casa. Mio padre
me lo vietava fin da bambina sgridandomi se mi vedeva senza ciabatte, da allora
è un’abitudine per me coprire i piedi, perfino con gli antiscivoli.
Ennesima prova di come non
penso di prima mattina.
Pochi istanti dopo, quando trovai il coraggio di alzare gli
occhi, pochi istanti dopo,lo vidi ridere, di gusto questa volta, e trasmesse
quel sorriso sincero anche a me, tanto che dopo poco scoppiammo a ridere
insieme.
-
Non
vergognarti - mi disse tra una risata e l’altra – è normale.
Qualcosa in quelle parole dal tono paterno mi sorpresero e
piacquero. Mi fecero sentire accettata anche nelle mie gaffe.
Arrossii.
-
Ma
mi vergogno! – esclamai con un filo di voce. Cercando di guardare altrove,
farmi vedere presa dall’ambiente piuttosto che dal suo sguardo, Pensandoci
neanche sapevo come aveva gli occhi, non ci avevo prestato troppa attenzione.
- Beata gioventù, almeno te ti scusi,
se aspetto che Jacob faccia lo stesso per tutti i rumori che fa sto fresco.-
Mentre finiva la frase mise la frittella nel piatto. Sorrisi
a quella uscita. Che fosse un modo per fami sentire “normale” paragonata a
Jacob non era riuscito, ma almeno ci aveva provato. Si stava dimostrando una
persona estremamente cortese, sia nei modi che nel tono. E’ questo che accomuna
tutti i genitori o era solo un modo per mostrarsi educato con la nipote del suo
migliore amico?
- La vuoi?- offrì gentilmente.
Quella mattina Billy si dimostrò così gentile, che tutte le
cattiverie pensate sul suo carattere la sera prima scomparvero.
E’ vero, non si può dire gatto se non l’hai nel sacco, e
allo stesso modo non potevo giudicare Billy senza averci parlato.
-No, shalla! Non sono abituata a colazioni così pompose.-
risposi alzando le mani, e muovendole per declinare l’offerta.
-…Shalla?- domandò
Senza riflettere avevo detto una parola per me
familiare, ma che non era lo stesso per lui.
- Vuol dire tranquillo nel dialetto
moderno.- spiegai
-Mmm, shalla, shalla…mi
piace…shalla…-canticchio per un po’ porgendomi insistentemente il piatto.
Benché fosse stato tanto gentile già dall’ospitarmi non
potevo approfittarmi anche della sua educazione.
- Mangiala tu, io mi rischeldo
del latte-
Mi avvicinai alla mensola cercando invano qualcosa con cui
farmi la colazione.
-…riscaldo.- mi corresse.
Ennesima gaffe. Il mio accento proprio non ne voleva sapere
di farmi parlare come Cristo comanda.
Continuò a ridacchiare, porgendomi un padellino e del
latte. Galantemente mi accese il gas e vi sistemò il padellino. Io mi sentivo
imbarazzata, impacciata da ostentargli i
movimenti. Non sapevo cosa fare, stavo andando nel panico, non ero abituata a
una situazione simile.
Mi sentivo tremendamente a disagio.
Billy,poggiando il piatto sulle ginocchia iniziò a
mangiare.
- So cosa provi, non sai come comportarti vero?- disse
notando il mio disagio.
Non avrei giudicato Billy una persona così perspicace. Osservai
il suo volto mentre mi fissava. Il colorito era come quello di Jacob, bronzeo ,leggermente
spento, con molte rughe sulla fronte. I capelli lunghi, lisci come quelli degli
angeli e argentei, più che brizzolati.
I suoi occhi, forti, intensi, neri. Trasmettevano saggezza.
- E’ che non vorrei…essere un impiccio.- spensi il gas
cercando di ignorare i suoi occhi scuri e penetranti mentre mi squadravano.
Erano uguali sia per colore che per profondità a quelli di
Jak; come si dice: tale padre, tale figlio!
- Tranquilla, ci farai la mano!-mi fece l’occhiolino,
continuando a masticare- come mai sveglia a quest’ora?- mi domandò cambiando
discorso.
Se stava cercando una vana scusa per farmi stare meglio, ci
stava riuscendo in pieno.
- Fuso orario e tu?- presi la palla al balzo cercando di
istaurare una qualche conversazione.
- A pesca con Charlie.-risposta secca, che gli consentì di
non sputacchiare tutto. Era perfino più impacciato di me mentre mangiava. So
vedeva che non era più nella pelle. Lui e lo zio sono grandi amici.
Pensandoci ero anche un tantino scettica sul quel modo di
fare. Ma chi glielo faceva fare di alzarsi a quell’ora per andare a prende due
miseri pesci che si possono tranquillamente comprare?
Ricordate quello che dicevo sugli Americani? Ora sono quasi
sicura siano una qualche popolazione aliena.
Sorseggiai la tazza che mi ero fatta, bianca, con poco
zucchero.
Caffè, mi serviva del caffè.
Trovarlo, ma soprattutto farlo, in quella cucina sembrava
impossibile. Pensai seriamente che mi sarebbe convenuto aspettare Jak per la
colazione.
Sentii un clacson suonare.
Billy finì di mangiare, posò il piatto nel lavandino e
salutandomi prese l’amo e uscì.
- Saluta lo zio…- gli chiesi mentre usciva. Non ci fu
risposta.
Erano le cinque e mezza del mattino, il mio umore stava
migliorando, Jacob dormiva e io gironzolavo senza meta per casa. Chiunque mi
avesse vista mi avrebbe scambiata per pazza.
Iniziai a sentire freddo benché indossassi un pigiamone
felpato con un allegro orsacchiotto disegnato. Era simpatico, mi piacciono le
cose pucciose e infantili.
Tanto per distrarmi lavai i piatti, li asciugai, mi lavai
e, finalmente scovai le ciabatte nella mia valigia.
Poteva anche scoppiare la terza guerra mondiale, Jacob non
aveva intenzione di svegliarsi. Proprio quando serve non c’è mai! Ora cosa
potevo fare?
Lagnandomi con me stessa perché non avevo portato la play,
mi ricordai di avere il pc portatile, fregato a papà e da usale solo in casi di emergenza. Quella, per me, era
un’emergenza!
In Italia che ore potevano essere…le 8? Appunto la gente a
quell’ora è sveglia! Deve essere sveglia!
Pronta per entrare in msn, mi accorsi di non avere la
connessione al modem. Quando si dice sfiga. Cosa ci facevo con un computer se
non avevo internet?
Merda, merda, merda mi ripetevo sbattendo delicatamente la
fronte contro lo schermo. Se tornata a casa il computer fosse stato lievemente
ammaccato o graffiato, l’ira funesta di mio padre si sarebbe abbattuta su una
povera, dolce e indifesa, nonché affascinante, ragazza come me!
Lo ammetto, la modestia non è il mio forte, ma bisogna
credere in sé stessi…io ci credevo solo un po’ più degli altri.
Ma il problema continuava a persistere.
Cosa potevo fare?
Uscire era escluso, troppo freddo, troppo presto, troppa
poca gente.
Chattare era escluso, niente connessione, niente msn…dovrò
mandare una lettera di reclamo al Bill Gates o come si scrive.
Spensi il pc sistemandolo sul pavimento. I comodini in
quella stanza erano un optional e per posarlo sulla scrivania avrei dovuto
alzarmi dal letto.
Troppa fatica!
Potevo leggere. L’avvincente nesso tra Carlo Magno e
Maometto…ma anche no!
Per di più avrei dovuto accendere la luce e quello avrebbe
dato fastidio a Jak.
Jacob!
Improvvisamente mi si acese la lampadina.
Perché non svegliarlo?
Inizia a smuoverlo, sempre più violentemente, ma non ne
voleva sapere di aprire gli occhi.
Aveva il sonno profondo il ragazzo!
Provai a chiamarlo:
- Jak…Jak? Avanti Jacobino svegliati…- dissi con
il mio tono mieloso e dolce che solitamente usavo per estorcere soldi a mio
padre.
Si mosse. Prenderlo con le buone stava dando i suoi frutti.
Provai con le carezze e il classico tono dolce. Ancora
nulla.
Stavo perdendo ogni speranza di una probabile
conversazione.
Mi distesi sul letto
osservando il soffitto annoiata e delusa. Jacob iniziò anche a russare, non poteva
andare peggio.
Erano le sei, molto lentamente un’ora stava passando.
Stavo ancora contando le pecorelle, quando sentii bussare
alla porta.
Non mi sembrava vero. Chi poteva essere?
Bella venuta a presentarmi il misterioso ragazzo?
Brad Pitt che aveva saputo della mia gitarella?
O semplicemente Billy
che si era dimenticato qualcosa?
L’ultima opzione sembrava la più plausibile, ma corsi lo
stesso ad aprire, almeno era un’anima con cui parlare!
Mi venne in mente un’altra opzione: il venditore ambulante,
ma la scartai subito per non rovinarmi l’entusiasmo.
Fortunatamente qualcuno di vagamente familiare aveva
suonato, ma non chi volevo io!
Paolo, il tipo dall’equivoco senso dell’umorismo, per non
dire inesistente, si estendeva sulla soglia di casa. Quando mi vide sgranò gli
occhi sorpreso. Non mi ero accorta di come fosse buffo. Spettinato, occhiaglie
lievemente accennate, altissimo…portava una maglietta sbrindellata e un paio di
jeans. Le scarpe era meglio se non le avessi viste. Rovinate era dire poco.
- Buongiorno mia bella fanciulla!- esclamò sfoggiando un
sorriso che a me parve più una smorfia.
- Ah sei tu Paolo!- la mia risposta fredda trasmise tutta
la mia delusione nel vederlo.
- Paul…- corresse- cosa ci fa una bella ragazza, in pigiama,
sveglia a quest’ora?- il suo sguardo si fermò sul mio orsacchiotto.
- Hai qualche problema col mio orso?- gli rifilai
un’occhiataccia tanto per ridere che lui chiaramente con capì.
- No no…figurati. Jacob è pronto?- chiese pensando fossi
nervosa.
- Nel mondo dei sogni è probabile.- fu la mia ironica
risposta che chiaramente lui non comprese, ancora. Ma cosa aveva al posto del
cervello? Un’arachide?!
- Cosa vuoi dire?- domandò.
- Che dome?!- risposi sarcastica scansandomi dalla porta
per farlo entrare.
-Cosa?! Questo a Sam non piacerà!- si lagnò.
Lo guardai lievemente irritata. Era entrato e subito si era
diretto verso la cucina a cercare da mangiare. La maleducazione di certa gente
non aveva limiti.
- Non hai nulla da offrirmi?- fece come per sgridarmi.
- Si dia il caso non sia casa mia!- ribattei.
Lui alzò un sopracciglio lanciandomi un’occhiatina incredula
come se sapesse qualcosa che voleva tacere.
- Ma dopo la nottata trascorsa con Jacob, presto sarà anche
tua. Povero Billy, scommetto non l’avete fatto dormire vero?- mi guardò ancora
più malizioso sghignazzando sotto i baffi.
Ma a cosa si stava riferendo?
Era palese, sapeva qualcosa che io non sapevo.
- Ma di cosa stai parlando?- domandai effettivamente
sorpresa.
- Non fare tanto la pudica, a me lo puoi dire, tanto se non
me lo dici te i particolari li chiedo a
Jak.- mi canzonò
Si sistemò sul divano del salotto confinate, lanciandomi
occhiatine sempre più strane.
Se prima era confusa ora ero sconvolta, shoccata,
allibita…insomma la mia adolescenza, che era sconvolta già di suo, ora stava subendo qualche nuovo arrangiamento.
- Particolari di te e Jak che…- invece di finire la frase
chiuse la mano a pugno e piegando il braccio iniziò a gesticolare distendendolo
e ritraendolo.
Avevo finalmente capito. Mi precipitai sul divano per farlo
smettere, imbarazzata e seccata.
- Ma cosa vai a pensare. Non ho fatto nulla con Jacob. Ti
pare che vado a letto con uno che non è nemmeno il mio ragazzo?- mi affrettai a
rispondere, ma le parole mi uscirono a razzo che sperai avesse capito.
- Non è…il tuo ragazzo? Come no?- ora era lui a non capire.
- Non stiamo insieme.- risposi.
- Ma come? E l’imprinting?- Si scostò da me ancora con un’espressione
impietrita in faccia.
- Non amo Jak, l’ho appena conosciuto!-precisai- Che vuoi
che faccia l’imprinting?-
- Ma…Sam ed Emily…-farfugliò- e i nostri antenati..- tornò
a fissarmi- tu non puoi non amarlo!-
Era letteralmente allibito. Mi guardava come se fossi pazza o stessi
nascondendo la verità, verità di cui non c’era bisogno nasconderla.
Eco la cosa che più mi stava dando fastidio e mi irritava,
anzi mi faceva letteralmente infuriare: perché dovevo amare Jacob, per forza?
- Dio, perché non posso non amarlo? Me lo impone qualcuno?-
domandai. La sentivo che mi lasciava: la pazienza.
- No…però. –balbettò per poi domandare preoccupato- Per
quanto tempo credi aspetterà che tu inizi a ragionare?- sottolineò quel tu con
rigore.
Lo guardai, cercando di capire dove volesse arrivare.
- L’imprinting- continuò- è basato quasi esclusivamente sul
rapporto fisico che ne concerne- spiegò- lui potrà aspettare, ma prima o poi si
spazientirà e poi…non è mai successo che la ragazza a cui era trasmesso
l’imprinting rifiutasse. E’ qualcosa di troppo forte da evitare per testardaggine.
E’ impossibile!- finì guardandomi come per cercare di vedere se stessi
mentendo.
Iniziavo ad irritami, perché dovevo amare Jacob a tutti i
costi. Non si ama una persona dall’oggi al domani, come pretendevano che
succedesse tutto come per magia e poi…pretendevano pure che ci andassi al
letto. Altro no?!
- Guarda che è vero. Non lo amo! E’ carino, ma non lo amo!-
sottolineai l’ultima parola.
- Ammettilo tu lo ami! Se solo cocciuta.- si gonfiò come per ribadire che era lui nella
ragione.
- Ho detto che è carino, ma no che lo ami!- ripetei
scocciata.
Stette zitto, tanto che mi preoccupai e mi girai verso di
lui. Mi fissava, perso nei sui pensieri. Io lo scrutai alla ricerca di una
risposta a quella reazione finché non ripresi la parola:
- Abbiamo persino scommesso che non riuscirà in un mese a
farmi innamorare di lui.- spiegai
Lui perseverava nei suoi ragionamenti.
Dopo un po’ parlò:
- E se lo facessimo ingelosire?- domandò
In che senso?- chiesi.
Tu non vuoi innamorartene per orgoglio no? E se lui ci
riuscisse a te non piacerebbe e il rischio che ci riesca c’è!- non capivo dove
volesse arrivare- A me dare fastidio a Jak piace, perciò fai finta che ti
piaccia io, e vediamo come reagisce. Sarà divertente!- esclamò
L’idea di far ingelosire Jacob non so perché mi stuzzicò
tanto. Il fatto che in quel modo avrei potuto far smettere di pensare che io
sia una proprietà di Jacob mi dava una grande soddisfazione. Potevo sbattere
loro in faccia che non era come credevano, mi diede una scarica di adrenalina.
- Ok Paolo- risposi- ci sto!-
- Poul- mi corresse stringendomi la mano- affare fatto?-
chiese
- Affare fatto!- lo rassicurai.
Ci scambiammo due sguardi complici, per poi andare a
svegliare il dormiglione.
Rimasi sulla porta mentre Paul iniziava a darmi bacini e
imitando la mia voce.
Vidi Jacob sorridere ad ogni bacio e ad ogni carezza,
convinto davvero che fossi io, prendendo alla sprovvista Poul, e baciandolo.
Paul si scostò scandalizzato, imprecando.
Sbottai a ridere, così che Jacob aprendo gli occhi e
capendo la situazione, imprecò a sua volta e notando come mi dimenavo tra le
risate mi fulminò con uno sguardo.
- Questa me la paghi- mi disse furioso.
E senza darmi il tempo di capire me lo ritrovai addosso.
Note della [svampita]
autrice:
Salve
cavi,
sono
sempre io, l’autrice ( ghigno soddisfatto)
ecco un
nuovo capitolo che spero vi piaccia.
Oramai la
mia beta mi sta abbandonando*baba*
Sofy
fatti viva 3
Per il
resto ieri è stata una tragedia, il terremoto ha scosso anche me.
Io ho
persino dei parenti lì.
Tornando
a noi, vi annuncio che sta per entrare in scena Edward* rombo di tamburi*
Quindi
aspettate e nel frattempo
COMMENTATE,
COMMENTATE, COMMENTATE.
Baciii*
BlAcK_BerrY
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Capitolo 5 *** Bacio ***
moonset5
~ Ricordi svaniti
memorie ricostruite
e un sogno
un sogno su di te in un mondo senza te.[
KH: ReCom]
Cap5. Bacio
BELLA POV.
Quella notte, benché Edward mi tenne vicina per tutto il
tempo, non mi calmai. Ero fin troppo concentrata nel l’unico pensiero che mi
insospettiva: cosa era successo a mia cugina.
Pensai e ripensai all’episodio con Jacob, lui che la
difendeva e lei, lei che era fin troppo strana. Come era riuscita a sentire ciò
che nemmeno Sam e gli altri erano riusciti? Ma soprattutto, aveva sentito
altro? Un’unica domanda non osavo pormi: cosa era successo a Marzia o meglio
come era successo? Che fosse merito dell’Imprinting. No, non poteva essere.
Jake ancora non l’aveva vista, l’effetto non sin era ancora scatenato in lei.
Che fosse stata una coincidenza era da escludere, è da quando avevo scoperto
cosa fosse Edward che non credevo più alle coincidenze.
Edward mi fissava, pensierosa, con i suoi ipnotici occhi
ambra. Non diceva nulla, studiava le espressioni che si susseguivano sul mio
viso dalla sedia a dondolo in camera mia. Non avevamo parlato da quando ero
tornata da casa Black. L’orrore, la preoccupazione, verso il membro più
importante della mia famiglia mi suscitava paura, una vera, profonda, paura.
Che fossi solo io a sentire questo, che fossi solo io a
immaginarmi tutto, che fossi solo io a ipotizzare che fosse qualcosa di
anormale. In fondo era più che normale che lo pensassi; il mio ragazzo era un
vampiro-buono a modo suo, ma pur sempre un vampiro -, il mio migliore amico era
un licantropo e lei, la mia amata cugina…cosa era lei? Un’aliena? Oramai la mia
fantasia era a corto.
Edward continuava a scrutarmi senza batter ciglio,
immobile, con le gambe incrociate e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Le mani
chiuse una nell’altra e il mento poggiatovi sopra. Bianco e perfetto, ecco
com’era Edward. Il più temibile dei predatori, la paura in carne ed ossa, tutto
ciò che avrei potuto temere e che invece continuavo ostinatamente a desiderare.
Ero forse io quella anormale?
Lo fissai, continuando a torturarmi con le mie assurde
ipotesi, dondolandomi. Le braccia abbracciate alle ginocchia piegate. Atterrita
da quella verità che desideravo non sapere.
Il mio sguardo era perso nella mia paura, sgomenta di poter
minimamente pensare certe cose.
Nascosi la testa tra l’incavo delle ginocchia,e le sentii,
lente e calde, che solcavano il mio viso. Lacrime di angoscia e depressione.
Senza che me accorgessi sentii le fredde mani di Edward
cingermi le spalle e le sue morbide e gelate labbra, consolarmi con i suoi baci
sui capelli.
- Cosa c’è che non va Bella? Sembri sconvolta!- mi sussurrò
all’orecchio. La sua voce, leggera e melodiosa come sempre era ciò che
aspettavo per sfogarmi. Sebbene sapessi che Jacob sarebbe stato contrario,
Edward era l’unica persona che aveva l’esperienza sufficiente a spiegarmi ciò
che non capivo.
Alzai la faccia verso il suo bellissimo volto. Io: gli
occhi gonfi e rossi, lui: sorridente e stupendo.
- Oggi, ho rivisto Marzia.
- Tua cucina? Mi ricordo che eri euforica al pensiero del
suo arrivo.- mi rispose lui indagatore.
- E lo ero, ero felice di rivederla, ma è successa una cosa
strana.- spiegai tra un singhiozzo e l’altro. Edward mi guardava in silenzio,
aspettando che continuassi il racconto, pronto con la sua parola di
consolazione e il suo sorriso sghembo a tranquillizzarmi.
- Mentre le presentavo tutti, si è accorta dei passi di
Jacob, passi talmente silenziosi che né io- come al solito- , ma soprattutto
gli altri del branco, hanno sentito. Eppure li descriveva con una tale
precisione che non capivo come avesse fatto. Per giunta ha avuto anche
l’imprinting con Jake. Non penso sia dovuto a quello tutta quella precisione,
bensì a qualcos’altro. E’ successo tutto prima. Cosa ne pensi?- Chiesi
guardandolo in cerca di conforto. Lui mi strinse ancora di più a sé con la sua
stretta d’acciaio.
- Penso che probabilmente tua cucina ha un’ udito molto
sviluppato.- concluse facendomi stendere. Il buio non aveva intaccato la sua
bellezza, lo vedevo ancora meraviglioso
e surreale.
- Ed non scherziamo! Mia cugina è ancor peggio di me. Non
sa distinguere il suono del tostapane da quello del forno, figuriamoci i passi
di un licantropo.- quelle parole mi uscirono come la peggiore delle accuse. Ero
seria, e guardavo i fascinosi occhi di Edward con i miei che ardevano di
incomprensione.
- Ancora peggio del tuo modo di attirare le calamità?-
domandò cercando una metafora che lo aiutasse a capire meglio.
- Sarebbe in grado di attirare l’apocalisse.- risposi. Un
brivido mi percosse la schiena al solo pensiero.
- Questo si che è un bel problema- concluse alzando gli
occhi al cielo.
Restammo zitti per un po’. Guardavo il suo volto, calmo e
pacato che fissava il mio e vedevo la mia espressione rispecchiarsi nei suoi
occhi. Leggevo: paura, angoscia e rabbia.
- E se la facessimo vedere a Carlisle?- chiesi disperata.
- Suvvia Bella- esclamò lui guardandomi sconcertato- non
vorrai mobilitarlo per una sciocchezza del genere!-
- Non è una sciocchezza.- lo guardai implorante.- Ti prego,
Edward.-pronunciai il suo nome come un sussurro, ma sapevo che mi aveva
sentito.
Guardò altrove, cercando di non farsi abbindolare dai miei
occhi da cucciolo spaventato. Infine disse:
- Se la poto da Carlisle che sicuramente non noterà nulla
di anormale, ti calmerai?-chiese sbuffando.
- Si!- esclamai alzando il mio tono di tre ottave e
abbracciandolo quanto mi era permesso dalle mie forse.
Lui contraccambiò, per poi immergerci in un’ appassionato
bacio.
Il mattino dopo mi svegliai di buon ora. Edward era ancora
di fianco a me.
- Buongiorno- mi sussurrò bacandomi sulla fronte.
Sorrisi piena di gioia nel vederlo, come ogni mattina.
- Pensi che tua cugina oggi che è domenica sia libera?-
domandò. Aveva deciso di aiutarmi in fine.
Guardai la sveglia sul mio comodino. Le otto. Ora perfetta
per andare a trovarla.
- Cosa le diciamo per portarla da Carlisle?- chiese.
Probabilmente pensava avessi già un piano, che naturalmente non avevo!
- Non lo so!- lo guardai preoccupata.
Alzò gli occhi al cielo, esasperato.
- Cosa le piace?- chiese
- Mmm…la mitologia, la moda…la letteratura classica…oh, è
appassionata di Saffo, i bei ragazzi, i manga…- inizia ad elencare una serie di
cose che sapevo piacessero a mia cucina.
- Potremo chiedere ad Alice di farle vedere qualcuno dei
suoi vestiti- mi interruppe- Non avrà nulla di effettivamente appropriato a
Forks.- concluse guardandomi con un’aria soddisfatta di sé.
- E un’idea splendida!-esclamai. Avevo un genio per
ragazzo.
Guardai l’orologio nuovamente: le otto e un quarto. Dovevo
sbrigarmi.
- Facciamo così-proposi- io la vado a prendere e le dico
che voglio farle vedere qualcosa, se Jake chiede cosa gli dico che è una
sorpresa. La porto a casa tua. Tu intanto averti Carlisle e gli spieghi la
situazione.- Mentre spiegavo iniziai a vestirmi, indossando gli abiti che
trovavo, ossia quelli del giorno prima. Raccolsi i capelli in una coda. Edward
rimase sul letto, sdraiato, intento ad ascoltarmi, bello come un modello. La
pelle pallida e marmorea tesa e perfetta, i suoi occhi ambrati concentrati e
profondi, i capelli rossastri, spettinati, ma sexy e il suo meraviglioso e
misterioso sorriso sghembo impresso sul viso.
Come poteva, un’ essere tanto bello, essere innamorato di
me?
Mentre scendevo la porta mi chiese mordendosi un labbro:
- Secondo te le piacerò?- si vedeva che voleva dar bella
mostra del suo innato fascino.
- Tu no, ma Carlisle è sicuro, forse anche Emmet.- urlai
mentre scendevo le scale.
Per fortuna non dovevo dare spiegazioni a Charlie di dove
stessi andando. Era uscito a pescare e sarebbe ritornato molto tardi.
Aprii la porta diretta al pic-up con le chiavi della mia
potente autovettura in mano.
Vidi Edward posato dolcemente sul cruscotto.
- E perché le dovrebbe piacere solo papà?- domandò
sorpreso.
Aprii lo sportello sedendomi sul posto del passeggero. Lui
teneva aperto lo sportello in attesa della mia risposta.
- Perché le piacciono gli uomini maturi e biondi con gli
occhi chiari- spiegai- e anche quelli corpulenti.- gli lanciai un’ occhiata.
Lui era mio e basta.
Misi in moto il motore, che sbuffò. Lui mi chiuse lo
sportello per poi dileguarsi nel fitto della
vegetazione.
Feci un bel respiro. Quel giorno avrei affrontato un altro
mistero. Feci marcia indietro e spingendo l’acceleratore mi diressi verso La Push.
Le otto e quaranta. In mezz’ora avrei dovuto farcela.
Presto, molto presto, sapevo che una verità sarebbe venuta a galla, anzi, lo
speravo.
MARZIA POV.
Jacob mi saltò addosso, prendendomi in braccio e buttandomi
sul letto. Mi fece il solletico ripetendo:
- Avanti scusati e arrenditi.-
- No! Mai…- ripetevo con le lacrime agli occhi. Ridevo,
ridevo e mi dimenavo.
-Paul aiuto- strillavo
Avevo appena stipulato un patto assurdo con lui, aiutami in
quel momento era il minimo che potesse fare.
- Hei Jake, avanti lasciala.- disse a denti stretti.
Lo tirò lontano da me. Mi rialzai, continuando a
ridacchiare, mentre Jake fulminò Paul per averlo interrotto.
- Come mai qui Paul?-gli chiese acido.
- Perlustrazione mattutina.-rispose sorridendomi
Jake notò quel sorriso e lanciò un’altra occhiataccia a
Paul per poi guardare me mordendosi un labbro.
- Ok, arrivo subito, tu precedimi.- sospirò.
- A dopo.- disse Paul facendomi l’occhiolino.
Jacob lo guardò irritato. Aggrottò le sopracciglia e tornò
a guardarmi. Appena Sentimmo la porta
chiudersi si sedette accanto a me. Mi fissò per un secondo, poi mi prese
violentemente e mi strinse a sé. Eravamo a pochi centimetri l’uno dal viso
dell’altra. Sentivo il suo respiro, lento. L’alito, purtroppo era assai
pesante. I suoi occhi trasmettevano un’aria pensierosa e triste.
Lo fissai, in silenzio, respirando piano. Mi accorsi che
quello che pensavo fosse odore di alito pesante, non era altro che lo stesso
odore da cane bagnato che avevo sentito appena arrivata. Pensavo che fosse solo
una cosa passeggera, che ci avrei fatto l’abitudine, ma più lo sentivo e più mi
infastidiva. Forse Jake era davvero un lupo mannaro?
Abbassò lo sguardo. Stringendomi più forte. Ardeva, come il
fuoco. Più lo guardavo e più mi accorgevo di quanto mi piacessero i suoi occhi,
la sua pelle, la sua muscolature. Tutto in lui mi piaceva. Avrei voluto
lasciarmi andare, ammettere ciò che negavo a me stessa, lasciarmi andare a
quelle sensazioni, ma dovevo essermi fedele,. Avevo giurato di non fare nulla
di ciò e lo avrei mantenuto. Mi morsi un labbro, per rimorso di ciò che stavo
perdendo. Jacob era un po’ come una fragola, dolce e corposo, io invece ero il
limone, aspro che, stranamente, accompagnava meravigliosamente il sapore della
succosa fragola.
- Cosa mi nascondi?- mi chiese con tono flebile.
- Io?- domandai, cercando di fingere stupore.
Al contrario di Bella, ero sempre stata un’ottima
attrice, anche se, mentire a Jake mi faceva male, più del necessario. Col
tempo, avevo imparato a frenare le mie emozioni, il dolore scaturito da ogni
menzogna, ma in quel momento, il lavoro di anni si stava sgretolando.
Jacob era l’unica persona a cui non desideravo mentire.
Mentirgli, era come mentire a me stessa.
- Non mi incanti. Conosco Paul e il modo in cui ti guardava
era tutt’altro che rassicurante.- si avvicinò ancora di più, curvando la testa,
vicino le mie labbra, sempre più vicino. Potevo sentire il calore della sua
bocca, che mi sfiorava ad ogni parola.
- Allora chiedilo a lui cosa c’è che non va. – risposi
ammiccando un sorriso.
Sorrise anche lui, come se nella sua testa sapesse di
avermi già fregata.
- Tu centri qualcosa. Ti ha parlato vero?- chiese
fissandomi negli occhi. Quel nero era così forte e tetro da scuotermi l’anima.
- E se anche fosse?- volevo stuzzicarlo, volevo che fosse
lui a fare ciò che io mi ero vietata.
- Cosa ti ha detto?- chiese fingendosi calmo, ma ogni
sillaba nascondeva un ringhio.
- …- feci una pausa, respirai a fondo preparandomi alla sua
reazione- che mi porterà via da te. – sillabai le parole lentamente così da
assicurarmi la sua comprensione.
Inaspettatamente Jacob rimase fermo chiuse gli occhi e sorrise mostrando i suoi denti perfetti e
bianchissimi, Soltanto i canini, grossi
come zanne, spuntavano fuori.
- E tu? Hai intenzioni di farti portare via?-domandò. Un
suono flebile e vellutato gli uscì dalla bocca, non una frase ma una supplica.
Solo allora mi accorsi di cosa aveva veramente paura Jake. Aveva paura…di
perdermi.
Rimasi zitta, non risposi, ma continuai a fissare i suoi
occhi neri e imploranti di amore. Piano piano, avvicinava le sue labbra alle
mie, chiusi gli occhi e vissi quell’istante dove il calore della sua bocca
entrava nella mia. Teneramente si faceva spazio. Come potevo io resistere? Mi
feci trasportare da quel calore, da quella umida sensazione di piacere, dolce e
timida e poi sempre più passionale e forte. Era come una lotta, un’intensa
lotta. Non so quanto tempo durò, so solo che non ne avevo abbastanza.
Jacob si staccò e quando riapri gli occhi lo trovai a
guardarmi sollevato.
Lo guardai vestirsi intontita, ma soprattutto delusa da me
stessa. Ero così debole?
Benché lo guardassi la mai mente era assente, l’espressione
vuota e cercavo una scappatoia mentale per convincermi che non mi ero tradita.
Però, io avevo giurato di non amarlo non di non baciarlo e un bacio può essere
dato anche senza amore. Si, non avevo sbagliato.
Ma chissà lui cosa aveva capito.
Non mi accorsi neanche che aveva finito, e che indossasse
solo dei jeans e le scarpe da ginnastica.
Alzai lo sguardo e incontrai il suo.
- Per caso ho vinto la scommessa?- chiese ridacchiando.
- No! Solo quando ti amerò, cosa improbabile, allora avrai
vinto.- risposi evitando di guardarlo negli occhi. Avevo ancora voglia di lui.
Ridacchiò.
- E così cappuccetto rosso si innamorò del lupo cattivo.-
Lo guardai in faccia, sorpresa di quell’uscita. Sorrisi
compiaciuta che si credesse ancora in gioco.
Ho voluto la bicicletta? E adesso pedalo.
Ancora oggi sono fiera di me, che non mi sono lanciata
subito fra le braccia di Jacob. Io, mi definisco una persona facile, un
cagnolino, che scodinzola al primo che la sentire importante, ma per quante
attenzioni Jacob mi desse, non erano mai abbastanza. Ne volevo di più, sempre
di più.
- Hei cappuccetto…tu ci credi nell’amore?- mi chiese
improvvisamente
Cappuccetto, era il primo soprannome che mi dava.
- No!- risposi secca.
- Perché?- domandò.
- Io credo che tra uomini e donne esista solo il desiderio
sessuale. L’amore è qualcosa di effimero che serve come scusa per il desiderio
che provi. L’essere umano è solo un vigliacco.- risposi lentamente.
- Che risposta da figo, quasi quasi te la rubo.- rispose
accennando un sorrisetto.
Risi della sua battuta, mi sarei aspettata qualsiasi risposta,
ma mai una del genere.
- Ci vediamo per pranzo.-
e uscendo dalla finestra
scomparve nella foresta.
“ Care vecchie porte…orami siete un optional” pensai.
Erano le sette. La tempesta dopo la calma.
Ero di nuovo sola in una casa ignota. Cosa potevo fare?
Rammenta che avevo ancora-meno male- il mio cellulare, un N95 color sabbia. Mi
piaceva molto, era davvero fine.
Lo accesi e guardando come ero ridotta pensai di darmi una sistemata.
Quel bacio, mi aveva resa la ragazza più felice della Terra. Finchè non fui
pronta, mentre mi mettevo le mutandine nere, le calze nere, la gonna a balze
nera ed una maglietta a collo alto bianca pensai a Jake, a cosa stesse facendo e
se mi stava pensando. Persino mentre tiravo fuori i miei stivaletti in camoscio
nero col tacco- come se non fossi già abbastanza nera- pensavo a lui.
Spazzolai i miei capelli castano scuro lisci per diverso tempo, e mentalmente ripercorrevo
qual ricordo. Il mio viso era ancora bollente. Poiché tutti dicevano che stavo
meglio con la cosa, me la feci, sperando fosse così anche per Jacob e mi truccai
solo con la matita che rendeva ancora più misteriosi i miei occhi cangianti. Né
verdi, né marroni a seconda della luce era dell’uno o dell’altro colore.
Erano le otto passate. E’ impensabile che una donna ci
impieghi più di un’ora per farsi bella.
Canticchiavo persino una melodia che non conoscevo.
Guardai il telefono, avevo un messaggio.
“ Amore come stai? Mi
manchi tanto.”
La mia migliore amica si era già fatta sentire. Ebbi l’impulso
di chiamarla per dirle tutto, ma mentre stavo per mandarle il messaggio di
risposta, pensai alle conseguente: o mi avrebbe presa per passa- soluzione più
probabile- o avrei messo in pericolo Jake e gli altri. Ancora non avevo
assimilato che il ragazzo di cui ero affascinata fosse un licantropo. Il mio Jacob
un licantropo. Assurdità.
Pensai:
“ E se mi stesse
prendendo solo in giro? Se si volesse solo divertire?”
Effettivamente quelle erano belle domande, di cui non
sapevo la risposta. Mi passo la voglia di risponderle.
Riflettei non so per quanto tempo, senza trovare una
risposta. Poteva Jacob divertirsi alle mie spalle e magari Poul con lui?
Non so perché inizia a dubitare e la delusione si face
sempre più forte.
Suonò il campanello. Alla porta trovai Bella.
Note
della [depressa] autrice.
Fa sempre più schifo, diciamocelo.
Nessuno che mi dice se questa storia
piace,
che mi dice se la trama è affascinante,
se è interessato. No! A volte mi chiedo se
recensite per pietà.
La mia Beta mi ha abbandonata,
e voi, oh miei amati lettori,
mettete la fic tra i preferiti e non
lasciate nemmeno un commentuccio.
Ma come faccio a capire se la fic va
bene o no?
Come?
È?
Che tristezza, ma ora basta,
Se non ricevo almeno 3 commenti
Non aggiorno e non rivelo la verità
su Marzia.
Non lo posto il capitolo dove si
scopre perché sente l’odore di lupo e roba varia
e nemmeno perché copia i poteri
Ai vampiri…
Ops, mi sa che ho detto troppo.
Ma le condizione ce le avete. O
commentate o niente verità.
MUHAHAHA.[ho fatto la rima XD]
Con affetto:
Black_BerrY.
|
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Capitolo 6 *** Rivelazioni~ ***
(LLL)
¬Nec sine te nec tecum vivere possum.
[Ovidio]
[Non posso vivere né senza te né con te]
CAP.6 °-
Rivelazioni~
JACOB POV.
Mi
trasformai.
Andavo più
veloce del normale. Sentivo il vento gelido del mattino abbattersi sul mio
muso, il pelo si muoveva in sua balia e i miei muscoli erano flessi in ogni mio
movimento. Mi sentivo libero, ma sebbene la temperatura rigida, il sangue, che
fino ad un momento prima mi ribolliva nelle vene, non aveva smesso di pulsare.
Un’intensa passione mi aveva oscurato la mente, e mi stava rendendo pazzo. Ne
avevo bisogno, come un drogato ha bisogno della sua dose. Meglio
dell’adrenalina, mi sentivo forte e vigoroso. Non pensavo che amare una persona
al punto di ucciderla pur di averla mi rendesse così.
Si! Per
quella donna avrei fatto di tutto. L’avrei seguita anche all’inferno - benché
non esistesse inferno peggiore di un secondo senza di lei. Tutto quello che
provavo era nuovo ed intenso. Non mi lasciava il tempo di analizzarmi, veniva
come veniva e ne ero insistentemente succube.
Annientava
i miei sensi, sopprimeva i miei istinti e mi lasciava in balia della follia.
Ora capivo
come si sentiva quel succhiasanque di Edward Cullen: chiunque umano, licantropo
o vampiro-o qualsiasi altra creatura esistente- aveva il diritto di provare
quello che provavo io.
L’imprinting
era qualcosa di sensazionale, indescrivibile, ma…se non ci fosse stato, se
avessi conosciuto Marzia come un comune umano-proprio come ho conosciuto Bella-
l’avrei amata così tanto?
…probabilmente
no!
Nella mie
mente risuonava un ronzio di voci, che i miei pensieri tenevano a bada e
oscuravano consentendomi di mantenermi lucido. Sentivo i loro commenti
pungenti: “ Jake si è rammollito”, “ Il lupo innamorato”…
Sapevo che
loro sapevano ciò che io solo sapevo, ma non mi importava.
Oramai –
benché con un’inaspettata velocità- tutto era successo. La mia vita aveva
subito una svolta memorabile. Se da umano non avrei amato quella pazza donna,
ora non potevo farne a meno. Era mia, mia, mia,mia! Morte a chiunque me
l’avrebbe osata toccare.
Paul!
Bastardo…
Quel nome
mi venne improvvisamente in mente…che Marzia scherzasse prima? No…gli occhi di
Paul erano troppo espressivi ed intensi.
Perché?
Perché tra tutte le donne esistenti, il suo nuovo giocattolo -il motivo di
tanta attenzione- doveva essere la mia
donna?
Un ghigno
spiccò nel vociare. Quel suono sgradevole poteva appartenere solo ad una
persona.
Il
paesaggio sembrava non cambiare mai, tutt’intorno avevo un monocromatico sfondo
verde. A volte di tonalità scure, altre chiare. Più aumentava la mia velocità e
più la rabbia cresceva. La terra tremava ad ogni mio passo, l’aria si
riscaldava ad ogni mio respiro. Sentivo gli sguardi degli animali nascosti e
gli scricchiolii della vegetazione…e quel ghigno che mi martellava il cervello.
Il pensiero mi mandava in bestia. Già me lo immaginavo, lui che cingeva la vita
al mio giocattolo, che baciava quelle
labbra tentatrici, che godeva di quei rari sorrisi, e l’amava come io avrei voluto. Il solo pensiero del
suo corpo minuto poggiato sul petto di
quello lì…
Emisi un
ringhio agghiacciante che risuonò nella foresta. Le mascelle si incurvarono
lasciando trasparire le zanne affilate.
Un ghigno.
Basta!
Ora desideravo solo una cosa: il suo sangue.
Ed ecco
una luce abbagliarmi e davanti a me espandersi l’illuminata radura.
MARZIA
POV.
Vedere la
figura familiare di mia cugina, il suo sorriso e il suo tenero sguardo mi
sorprese, facendo sobbalzare qualcosa in me.
Vederla era sempre una nuova gioia. Non potevo che gettarmi tra le sue
braccia, alla ricerca di quell’affetto che ricercavo sempre in ognuno delle
persone che conoscevo. Bella ha sempre avuto lo strano potere di sapermi
sciogliere col pensiero. Mi sentivo come una ragazzina ossessionata dal suo
primo amore. Fin da bambina avevo visto mia cugina come una sorella maggiore,
la mia migliore amica nonché confidente, una parte di me. Era un idolo per me,
perfetta nella sua imperfezione. Il mio idolatrarla era molto più simile ad una
fissazione.
- Sei già
vestita! Avevi qualcosa di bello fa fare?- mi domandò strofinandomi la schiena.
- No,
assolutamente!- esordì squillante.
Mi sorrise
nuovamente. Su di me, aveva lo stesso effetto di un sole su una radura ghiacciata.
La invidiavo, la invidiavo davvero tanto. Era così…felice e io,invece, che mi
martoriavo. Brutta bestia, l’invidia, ti assale e non ti lascia. A volte si
tramuta in ira spingendoti a fare ciò che non avresti mai voluto.
Ripensandoci
adesso, la persona che sarebbe dovuta essere irata non ero io, eppure non
potevo farne a meno.
Sono davvero
un’ ipocrita.
- Allora
non hai problemi se ti porto a casa di Edward!- affermò
- Mi porti
a fare il terzo incomodo?- chiesi schietta. L’euforia stava a mano a mano
spegnendosi.
- Ma no
sema. La sorella di Ed ha una marea di vestiti che volevo farti vedere.-
continuò.
- Mi stai
dicendo che mi vesto male?- mia cugina stava facendo un errore dietro l’altro.
- No, no.
Non fraintendere. Pensavo che ti servisse qualcosa di più adatto a Forks…-
Non la
lascia finire:
-
Bugiarda! Mi stai davvero dicendo che mi vesto male!- sgranai gli occhi e aprii la bocca in
un’espressione alquanto buffa e allarmata. Il mio tono era vagamente isterico.
- Marzia,
dai! E capiscimi! Ti pare che ti vesti male?- eccolo il tono lagnosamente
infantile di mia cugina. Sotto sotto è una ragazza talmente facile da
abbindolare.
- Me lo
stai dicendo tu!- continuai offesa.
La
situazione stava volgendo al peggio. Più che altro la mia finta arrabbiatura
stava mandando nel pallone mia cugina. Sapevo che su vestiti e compagnia bella
non sapeva spiegarsi e mi divertivo fin troppo a stuzzicarla ed a metterle il
broncio.
- Ma no!
Che hai capito…uffa! E aiutami! Lo sai che sono imbranata in queste cose!?-
sbuffò esasperata.
“Non solo
in queste”, pensai maligna.
L’avevo
fatta talmente agitare che stava sbattendo i piedi come una bimba capricciosa.
Dire che era esilarante era dire poco. Grande, grossa, vaccinata e lagnosa. Che
fior di fanciulla. Trasudava maturità da tutti i pori. Probabilmente ero
l’unica a conoscere quel suo lato del carattere.
- Hey, Bell calma!- cercai di tranquillizzarla.
- Non te
la sei presa?- chiese con tono basso e colpevole.
- No,
no…ti stavo solo prendendo per il culo!- esclamai divertita.
Strinse
gli occhi fino a farne fessure, cercando di lanciarmi un’occhiata fulminatoria,
inutilmente.
- Per la
cronaca, fai pena anche nel lanciare occhiatacce!- alzai le mani in segno di
resa e saltellando mi avvia verso la misera autovettura di Bella. Più che
un’autovettura sembrava una trappola su ruote. La sentii ridacchiare mentre mi
accomodavo al posto del passeggero.
Ci stavamo
allontanando da La Push.
Più mi
allontanavo e più sentivo la mancanza di Jacob. Anche convincendomi di non aver
ceduto, mi sentivo colpevole. Bella notò la mia espressione pensierosa e demoralizzata. Non potrebbe sembrare, ma mia
cugina ha davvero un bell’intuito, bhè…a giudicare dal momento chiunque lo
avrebbe capito. Ero assorta in una ragnatela di pregiudizi creati dalla mia
mente. Sapevo quale era il problema: io non accettavo Jacob come licantropo.
C’era qualcosa in me, qualcosa che non sapevo spiegarmi, che istintivamente
metteva un palo alle mie emozioni verso di lui. Sentivo che più stavo con lui e
più quella reazione aumentava e ne avevo paura. Avevo timore addirittura al
pensiero.
- Come mai
pensierosa?- mi chiese lanciandomi occhiatine ogni tanto.
Avrei
voluto tacere quei dubbi che mi tormentavano, ma il bisogno prevalse.
- Ho
baciato Jake, prima.- risposi tutta d’un fiato.
- Bene. E
dov’è il problema?- sorrideva. Doveva
essere felice. Chissà perché.
- Il fatto
è che non lo amo.- risposi amareggiata. Se non era amore, allora cosa provavo
per Jacob?
La nostra
era qualcosa di più di semplice amicizia.
Perché
stava succedendo tutto quello? Perché dovevo struggermi con assurdi tormenti?
Frenò di
colpo. Se non fosse stato per le cinture di sicurezza saremmo entrambe
schizzate fuori dallo spesso vetro.
Mi venne
un colpo. Una frenata improvvisa non me l’aspettavo.
Guardai la
strada per vederne il motivo, ma non c’era nulla di sospetto. Guardai Bella. Mi
fissava sbalordita e spaventata allo stesso tempo. L’espressione assente, la
bocca aperta e respirava con affanno. La guardai prima curiosa, sbattendo gli
occhi per mettere a fuoco nella mente la situazione e una volta capito mi feci
prendere dall’ansia del momento
agitandomi come una matta e scuotendo Bella nel tentativo di rianimarla.
Sbatté le palpebre ancora stordita.
- CHE
COSA?- urlò.
Ero
impietrita dal panico. Cosa potevo rispondere? Sapevo che Bella avrebbe evitato
di giudicarmi, ma quella sua espressione e quel suo tono, insoliti per una come
lei, mi spaventavano a morte.
-
Bell…stai calma.- sforzai un sorrisetto stringendo il tessuto consumato del
sedile.
- Come fai
a non amare Jacob?- chiese abbassando lievemente il tono, nell’invano tentativo
di tornare in sé.
- Lo sai
come sono fatta.- il mio tono era un sussurro- Io non ci credo nell’amore.-
-Cosa?-
chiese sbattendo nuovamente gli occhi. Una ciocca di capelli le finì in bocca.
Mi avvicinai lentamente per scostarla. Appena la sfiorai si ritrasse.
- Bella ma
che hai oggi?- stavolta ero io quella
con il tono esasperato, meravigliata da quelle strane reazioni- Per poco non ci
sfracellavamo sulla strada, ora hai una crisi isterica, ma stai bene?- le
domandai alzando il tono di voce.
- Sei tu
quella che non è normale!- si tolse in fretta la ciocca senza però risolvere il
problema, ma ritrovandosi la ciocca aperta che le copriva un lato della bocca.
Le mani strette al volante.
Ci
guardammo negli occhi, cercando le rispettive risposte una negli occhi dell’altra.
Il rumore del motore come sottofondo. Quel silenzio era peggiore delle urla.
Sembravo una matta criminale colta in flagrante.
-
B-Bella,- tentai di dire calma senza distogliere lo sguardo- rilassati.
La vidi rilassarsi
e calmare il respiro, ma la sua espressione era tutt’altro che calma.
- Bella tu
sai come la penso riguardo l’amore e sai anche che è impossibile che una
persona si innamori dall’oggi al domani…-la vidi acconsentire con un rapido
accenno di capo- tutti, mi state attaccando per questa storia, e non ne capisco
il motivo. Sono o no padrona delle mie emozioni?- proseguii.
- Sì,
ma..- mi interruppe lei, ma la con un
gesto della mano le feci intendere di lasciarmi finire.
- Non nego
di provare un’attrazione sorprendentemente forte, addirittura folle oserei
dire, ma dire di amarlo mi sembra prematuro. Voglio capire, voglio metterlo
alla prova. Ho fatto una specie di patto con quel Paul e lo vogliamo far
ingelosire…- non riuscii a finire che Bella, nuovamente isterica mi azzittì.
- Ma ti
rendi conto di cosa dici? Sai quanto lo farai soffrire?- mi domandò ferita-
Jacob stravede per te. E’ l’imprinting! Per quanto cerchi di sottrartene sarà
inutile. Perché vuoi fare soffrire lui, ma soprattutto te?-
Notai che
le iniziarono a brillare le iridi. Se non intervenivo si sarebbe messa a
piangere. Lo sapevo che dovevo rimanermene in silenzio.
- E tu ti
rendi conto di cosa stiamo parlando?- iniziai a urlarle contro anch’io- Come
puoi credere che ami un tizio che si crede un mezzo lupo e dice di amarmi per
motivi come l’imprinting?- i miei occhi sprizzavano irritazione. Non mi
aspettavo che persino Bella mi avrebbe attaccata. Dovevo guardare in faccia la
realtà.
Ero sola.
- Sono i
MIEI sentimenti. Stanne fuori!- le strillai
- No!-
rispose solenne- Jacob ha sofferto a sufficienza.-abbassò lo sguardo,
malinconica.
Da irata divenni perplessa: “ Sofferto? Jacob?
Ma quando? A me sembra così felice!” pensai.
- Che vuoi
dire?- domandai placida.
Bella fece un bel respiro e confessò ciò che
non mi sarei mai aspettata:
- Fino
all’altro ieri piacevo a Jake, io ho messo dei pali, per cercare di salvare
l’amicizia, ma per lui non era sufficiente essermi solo amico, ma poi sei
arrivata tu…e lui è cambiato, era davvero
felice e sentirti dire certe cose mi manda in bestia. Jake è così buono.- disse
lentamente scandendo ogni parola ed enfatizzando quelle più significative. Non
so dove trovò la forza di trattenere le
lacrime.
“
Bella…Jacob….Bella…Jacob…” era l’incubo che la mia mente ripeteva. Sembrava una
maledizione. Avrei voluto correre da Jacob a dirgli di smentire tutto, di
rassicurarmi, avrei voluto che Bella mi stesse mentendo, ma la sua espressione
era fin troppo sincera. Mi sentii tradita, profondamente e violentemente.
Jacob, io
mi fidavo di lui.
Provai
gelosia? Forse.
So solo
che iniziai ad odiarlo. Lo odiavo, perché tutti mi imponevano di amarlo, perché
lui pretendeva il mio amore, perché mi sconvolgeva l’anima, la mente e il corpo
e poi perché mi aveva tradita. Sì!
Lo odiavo!
Mi
ripresi.
- Bella,
Jacob l’ha presa bene, anzi, è determinato a farmi innamorare di lui.- cercai
di tranquillizzarla.
Mi studiò
per poi riprendere la guida. Mi stava credendo.
Per tutto
il tragitto non parlammo più, e quel silenzio era la peggiori delle pene. Mi
sentivo sempre più in colpa. Se avessi potuto, sarei tornata indietro nel
tempo.
Fuori, la
vegetazione smeraldina contrastava con il grigio cupo dell’asfalto. Si
mescolavano in un colore indefinito più la macchina andava veloce, cioè,
parlando di quel coso, a passo sostenuto.
Per
arrivare dai Cullen, prendemmo un sentiero al lato dell’autostrada, nascosto.
Sentivo i sassi scricchiolare sotto le ruote e davanti una fitta nebbia di
polvere. La visibilità era pessima, ma ciò non fu un problema . Mi sentivo
ancora peggio di prima. Non ero più solamente in crisi per il bacio tra me e il
mezzo lupo, ma anche per la litigata con Bella , se possiamo definirla
litigata. Lei, di sicuro, ci era rimasta male, ma quella più ferita ero io. Mia
cugina e il ragazzo per cui provavo una strana attrazione, impicciati o meglio,
lui ne era attratto. Ma lei cosa provava? Potevo essere sicura della verità
delle sue parole?
Evitai di
pensarci, benché i pensieri mi si piazzavano di fronte.
Parcheggiammo
in quello che ritenevo il giardino della
grande casa bianca, in legno. Sembrava una di quelle casette di montagna
vecchio stile. Le tendine tirate e deliziose le davano un’aria accogliente. Mi
incoraggiai e seguii Bella. Il prato era curato e smeraldino, coperto
dall’ombra delle chiome degli alberi. Passo dopo passo, la casa si faceva
sempre più vicina e sempre più grande. A dir la verità sembrava più una villa.
Il tetto rosso accesso spiccava sulla pittura brillante. I vetri lucidi e le
ante delle finestre di uno scuro marrone. Ad aspettarci sulla soglia c’era una
ragazzo pallidissimo dai capelli rossastri e gli occhi color del miele,
enigmatici e gioiosi. Mi scrutava, aggrottando di tanto in tanto le
sopracciglia, lanciando qualche occhiatina languida a Bell. Aveva i pettorali
sporgenti, esaltato dalla maglietta aderente nera e da un semplice paio di
pantaloni della tuta. Non era affatto brutto, solo…dalle descrizioni di Bella
me lo aspettavo decisamente meglio.
Era così
smorto e bianco da sembrare un cadavere. Si stava mettendo troppo in mostra a
mio avviso, lo notavo dalla postura, anche se l’abbigliamento gli stava da Dio.
Sospirai.
Ero delusa.
Speravo in
qualcosa di supervo, ma stranamente c’era un non so che di sorprendentemente attraente in lui. Forse
lo sguardo cupo ed enigmatico o il sorriso brillante, fatto sta che era delizioso. Probabilmente mi ci dovevo solo
abituare. Eppure, benché non ne fossi affascinata, non riuscivo a staccargli
gli occhi di dosso. Si, me lo stavo innaturalmente mangiando con gli occhi,
mordendomi addirittura le labbra. Accennò un risolino. Probabilmente la mia
reazione era quello che voleva. Quanto poteva essere vanitoso?
-
Benvenuta.- mi accolse continuando a sorridere. Ricambiai sorridendo a mia
volta e stringendo la gelida mano che mi porse. Un brivido mi attraversò la
schiena come una scossa lieve ed impercettibile.
- Io sono
Edward Cullen.- mi fece l’occhiolino amichevolmente.
- Piacere,
Marzia.- abbassai lo sguardo imbarazzata.
Stringere
quella mano fredda era come stringerla ad una statua. La differenza con il calore
di Jake era notevole e stava sottolineando la sua assenza, a cui a fatica
cercavo di non pensare.
Mi colse
una strana sensazione. Mi sentivo come se le stravaganti iridi di quel
fascinoso ragazzo cercassero di perforarmi il cranio nella speranza di leggere
nella mia testa. Era qualcosa di forte e fastidioso. Durò pochi secondi, ma
sembrava come se fosse durato minuti interi. Lo osservai, studiandolo nel
tentativo di accertandomi che fosse stata solo una mia impressione, ma quel
senso di perforazione persisteva. Bella ci guardava, passando lo sguardo prima
sull’uno e poi sull’altra, cercando di capire qualcosa anche lei. Se c’era
qualcuno che sapeva qualcosa di sicuro era Bella. Tutto ciò che mi appariva
diverso e impossibile, per lei era la semplice realtà
Qualcosa
però era cambiato. Ora, riuscivo a sentire i pensieri di quel ragazzo.
“ Come mai non sento i suoi
pensieri? Evidentemente è come Bella, sono anche cugine. Ma con Charlie è
diverso…e anche con Renèe. Ma allora? E’ come se opponesse resistenza.”
Notai che
mi guardava enigmatico. Ma ancora più
enigmatico erano i pensieri che mi venivano in mente:
“ Pelle
bianca, fredda, perfetto, marmoreo, occhi…strani occhi…aria affabile e
terrificante allo stesso tempo… Vampiro…Vampiro…”. Perché mai stavo pensando
che Edward fosse un vampiro? Perché sentivo i suoi pensieri? Cosa stava
accadendo?
Stavo mica
impazzendo? Guardai Bella che mi osservava interrogatoria.
Ma la voce
non smetteva: “ Bella aveva ragione,
Carlisle deve vederla…”.
Mi sentivo la testa scoppiare. I suoi
ragionamenti erano veloci e forti come esplosivi nella mia testa. Mi sembrava
che stesse scoppiando.
Ma si
aggiunse un’altra voce e dei passi, leggeri, morbidi ed altri lievemente
più…intensi, tozzi.
“ Eccola” diceva l’altra voce, che si sovrapponeva
ai ragionamenti di Edward” vediamo un po’
di cosa parlava Ed”.
E da una stanza adiacente uscirono uno splendido uomo biondo, con i
capelli tirati indietro e vestito di una camicia bianca di seta che gli illuminava gli occhi anch’essi
miele e gli cadeva leggiadra sulla corporatura scultorea e dei pantaloni neri.
Bello, da mozzare il fiato. Certo, gli uomini adulti e dai capelli chiari sono
la mia ossessione, ma di una simile bellezza non ne avevo mai visti.
Probabilmente aprii la bocca per lo stupore. Con lui vi era un ragazzo grosso e
muscoloso, dagli occhi ambrati come il biondo, che sembrava un modello, capelli
corti e castani con riflessi color ciliegio e l’aria di una finta allegria.
Entrambi erano pallidi come Edward. Suoi parenti, fratelli forse? Erano molto
più attraenti del ragazzo di mia cugina. Quello grosso soprattutto, mi attraeva
in modo terrificante. Trasmetteva forza e potenza.
“
Carlisle” Pensai senza motivo. Fu una reazione improvvisa. Quell’istinto dentro
di me si stava riprendendo.
Il bellissimo signore biondo mi guardò per un’
istante per poi sgranare i dolci occhi ambrati.
- Didyme…-
gli lessi sulle labbra che si mossero impercettibilmente veloci.
Note
della[demotivata] autrice:
Signore e signori,
dame e cavalieri,
ecco il 6° cap.
E’ un po’ più piccolo degli altri si vede?
Spero che la mia assenza dal postare vi abbia logorato!
La trama sta prendendo finalmente una svolta
e i nodi vengono al pettine.
Prossimo capitolo: la
verità!
Ho un’ottima notizia:
La mia Beta
è tornata!
Deo Gratia~
Lo avrete notato no? Nessun errore!
Certo che siete pigri, neanche commentate
Se non ve lo richiedo! V.V
Che perfidi.
Mi sa che dovrò postare solo quando vedrò
miglioramenti.
[ SIIII, ricattiamo le povere anime in pena XD]
Bhe è tutto.
Ave lettori, la somma vi saluta.
BlAcK_BerrY
|
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Capitolo 7 *** Chiarezza◊ ***
M7
● La chiarezza non viene mai se non
con l’azione.
[ Otello –
W. Shakespeare]
Cap.7-
Chiarezza◊
Marzia
POV.
A quell'epoca non ero in grado di
amare nessuno in modo maturo ed equilibrato. Ciò nonostante, ero ossessionata
dal bisogno di essere amata.
Li vidi
avvicinarsi a noi, leggiadri e sinuosi come foglie in balia della dolce brezza
estiva. Proprio come il sole erano uno spettacolo affascinante, che ti
costringeva a guardarli, ma si sa, guardare il sole fa male e il mio sbaglio fu
proprio di fissare quegli occhi duri e incerti di quel ammaliante palestrato.
Mi stupii
io stessa, di aver azzeccato il nome del misterioso, biondo, personaggio. Il
fatto di trovarlo familiare, non aveva, però, aumentato i miei dubbi, li aveva
semplicemente rafforzati. Invece, chi più mi impressionò , fu l’euforica
occhiata che ricevetti dal muscoloso ragazzo.
Fu un
momento, pochi istanti, quasi eterno, che mi stregò.
Non se ne
accorse nessuno, solo io. Ma l’alchimia che nacque da quella calda sensazione
di felicità era pari a quella del sole quando, con i suoi tiepidi raggi, ti
scalda e ti avvolge in una spirale di piacere. Lo trovavo irresistibile, la mia
droga vivente.
Cosa sarebbe successo se non mi
fossi lasciata trascinare dalle fantasie di quel momento?
Probabilmente adesso non mi starei
struggendo così intensamente, ma sono ancora convinta che se anche tornassi
indietro nel tempo rifarei le stesse cose e prenderei le stesse decisioni…
…anche se continuerei a pentirmene
amaramente.
Spero tu possa perdonarmi…Jacob.
- Bella, è
sempre un piacere rivederti,- esordì Carlisle. Il suo tono era profondo e sexy.
– Tu saresti la cugina? Piacere io sono il padre di Edward, il ragazzo di
Isabella. Mi chiamo Carlisle.-
Mi porse
la sua mano e strinse la mia dolcemente, accarezzandola. Lo shock che gli avevo
visto disegnato prima sul luminoso volto era scomparso…o lo stava nascondendo
alla perfezione.
Appariva
come il perfetto signore di casa. Dolce, ospitale, pacato…dal tocco gelido.
Nulla è
perfetto e la sua espressione impassibile lo stava tradendo. Una persona normale
non ci avrebbe fatto caso e avrebbe tralasciato i dettagli di quell’incontro e
mi sorprendo ancora adesso di come non mi sia sfuggito nulla. Era da quando avevo
incontrato Jake che mi risaltava all’occhio ogni particolare.
Sarei
stata in grado di trovare un ago in un pagliaio.
Eppure…per
quanto quel signore rappresentasse il mio tipo, i miei pensieri erano rivolti
verso il ragazzo con lui. Alzai timidamente gli occhi incrociando quelle due
pietre scintillanti come i raggi di luna.
Lui si
passò una mano tra i capelli, e mi toccò la punta del naso con l’indice gelato,
dandomi un buffetto.
- Io sono
Emmett, il fratello di Eddy.- la sua voce era pura musica.
Eppure,
l’aura di simpatia che lo avvolgeva era smontata da quel senso di malinconia
che, nel profondo delle sue iridi lo attorniava.
C’era
qualcosa in lui, qualcosa di profondo, che era insoddisfatto della vita che
conduceva, che era forzato a sottostare a quella vita.
Ero
talmente presa dall’ammirare quel ragazzo così curioso, da non accorgermi che
la mia mente non prestava più attenzione ai pensieri altrui. Questi, erano
diventati voci di sottofondo, come se la stanza fosse invasa del vociare di
tante persone.
- Carlisle
c’è Alice?- chiese Bella che fino a quel momento aveva taciuto. Sembrava
ansiosa, curiosa, mordendosi le labbra ogni tanto.
- Mi
rincresce Bella, ma lei, Esme e Rosalie sono partite per alcune
richieste…familiari.-mi ero abituata al suo tono e sembrava più agitato.-
Vorrei parlare un secondo con te ed Edward, in privato. Emm puoi tenere
compagnia tu alla nostra gentile ospite?- domandò lanciando un’occhiata ad
Emmett che non permetteva rifiuti.
- Certo!-
sorrise il gigante.
Che fosse
un sogno? Mi era permesso di già rimanere da sola con quello splendore di
figliuolo?
…che culo!
Purtroppo
però l’educazione impartitami dai miei mi impose di dire quelle maledette
parole da galateo:
- Non
vorrei esse un peso. Io dovrei andare a fare anche il pranzo. Forse è meglio
che vada.- dissi biascicando. Era più che evidente che desiderassi il
contrario.
- Puoi
cucinare qui.- rispose Carlisle sorridendo e mostrando la sua dentatura
perfetta, fin troppo perfetta.
- Ci
metteremo poco.- aggiunse Bella guardando Carlisle che annuì.
Li vidi
salire le scale per il piano di sopra. Il legno lucido risaltava sul contorno
bianco della sala.
-Vieni.-
disse Emmett precedendomi.
Silenziosamente
lo segui, continuando a studiare meglio quel contrasto di emozioni che sentivo.
Una cosa
positiva però c’era: avevo smesso di struggermi per Jacob!
Che fosse
Emmett la soluzione a tutte le mie pene?
Carlisle
POV.
Non avrei
mai pensato di rivedere quel volto. Era ancora bella e solare come la
ricordavo.
Non credevo
che a quelli come noi, sia possibile una seconda possibilità.
Probabilmente
Dio è stato clemente con un’anima pura come la sua. L’unica colpa di cui si è
macchiata è stata trascinare in una spirale di adorazione chiunque le stesse
intorno…fratello compreso.
Ma si può
condannare qualcuno per il semplice fatto di essere ardentemente desiderata?
Anche’io,
benché lei non fosse più viva, l’ho desiderata fino alla rassegnazione.
Spettacoli
singolari come quelli sono così rari! Credevo di averla sepolta tra i miei
ricordi più cari e mai avrei creduto di farla riaffiorare nella mia memoria, ma
il Fato ha stabilito sia io a svelare l’arcano.
Oh Destino
immondo…perché devo essere io il narratore di questa sventura?
Gelosia,
perdizione…è sorprendente come quelli come noi mantengano sentimenti tanto
ignobili anche in questa forma.
Eppure lei
era solamente il movente.
Tre secoli
erano passati da quando l’avevo vista la prima volta.
Ancora
oggi, è identica a quel dipinto del quale rimasi affascinato. Candida, pura,
irreale. Mi sembrò quasi una visione soprannaturale, o forse solo la pena che provavo
per lei me la mostrò sotto questa chiave.
Bella
aveva ragione ad essere preoccupata. Come al solito il suo sesto senso le ha
fatto intuire qualcosa di davvero interessante.
Ma come
potevo spiegarle tutto?
Sicuramente
Edward non accetterà mai le mie parole, va contro tutte le sue teorie
sull’anima e le pene di noi vampiri.
Anche la
mia, in fondo, è solo una teoria. Ma la prova è evidente!
Lei è Didyme! Non ne avevo dubbi!
Camminai
svelto, saltando gran parte dei gradini della lunga scala a chiocciola. Il buio
del corridoio, così inconsueto paragonato alla tiepida luce del salone, non mi
era di nessun problema. Conosco alla perfezione la strada per mio studio.
Svelto,
sempre più svelto, scivolavo tra l’ombra della stanza. Accesi delicatamente la
luce e mi sedetti dietro la scrivania di pino russo. Sospirai. Mi sentivo
rincuorato e al sicuro, sentimento insolito per un predatore del mio calibro.
Però, la
frenesia che mi ero trascinato per tutto il tragitto mi era rimasta
avvinghiata, insinuandosi in me con i suoi artigli.
Edward e
Bella mi avevano seguito. Mi guardavano enigmatici. In piedi, di fronte a me.
Edward
aspettava una risposta alla sua espressione sorpresa. Probabilmente doveva
avermi letto il sospetto e la tensione nella mente agitata, ma Bella, sudava e
tremava, ansiosa di una risposta che confermasse i suoi timori.
Ma come
spiegar loro l’intrigata storia di quella povera creatura?
Se avessi
potuto, avrei pianto.
- Papà,
cosa ci nascondi?- mi domandò Edward con il suo raro tono autoritario.
-
Carlisle…- sussurrò Bella sapendo che riuscivo a sentirla.
Sospirai,
riorganizzando le idee nel vano tentativo di trovare un modo facile per
spiegare tutto.
Ma come
potevo, io stesso che dubitavo di quel pensiero sottile e confuso, poter
spiegare la mia teoria?
Mi alzai e
lentamente mi avvicinai al quadro che raffigurava me e i miei “amici” Aro,
Caius e Marcus seguito dagli sguardi trepidanti dei giovani.
Marcus,
caro Marcus…hai sofferto così tanto. Se sapessi che lei è ancora viva, se
sapessi che potresti tornare quello di un tempo…
Sfiorai
insicuro la stoffa della tela.
-
Carlisle…- il tono allarmato di Bella ruppe l’agonia dei miei intricati
pensieri.
Non sapevo
come spiegarmi, non trovavo la forza.
Per la
prima volta mi sentii impotente.
- Edward,
tu avrai sentito tutto oramai…ti prego parla per me. – supplicai mio figlio,
continuando a scrutare l’apatico volto di Marcus, intrappolato nella tela…e
nell’eternità. Neanche la morte, se mai lo incontrerà, potrà dar sollievo al
suo spirito deceduto da quel sventurato giorno, poiché la soluzione a tutte le
sue pene, non è nel regno dei defunti.
Probabilmente
anch’io, se perdessi la mia amata Esme, cadrei in uno stato simile.
Il fatto
che perdere ciò che ho mi spaventi, è una prova di quanto sia fortunato ad
averlo.
Marcus…valeva
lo stesso anche per te vero?
-
Carlisle…-scandì lentamente mio figlio- io…ho sentito riflessi i miei pensieri.-
il suo tono era sofferente.
- Cosa
intendi dire Edward?- chiese Bella preoccupata.
- Da
quando ho cercato di vedere nella mente di tua cugina, ecco che non sono
riuscito a sentire più nulla. Cioè sentivo gli altri, come sempre del resto, ma
quando tentavo di sentire quelli di tua cugina, allora riuscivo solo a leggere
i miei stessi pensieri. Era come se pensasse ciò che pensavo, con la sua voce.-
Mi voltai,
riagganciandomi alla realtà dei fatti. Ora avevo tutte le prove.
Quella
ragazza nel fiore della sua età era la donna che aveva dannato l’anima di
Marcus.
La defunta
sorella di Aro…Didyme.
- Carlisle
se sai qualcosa dillo!- mi urlò Edward nervoso come mai.
Lo guardai
negli occhi, cercando di trasmettergli quei miei sentimenti dolorosi, ma senza
riuscirvi. Il mio modo silenziose e solitario lo stava facendo infuriare sempre
maggiormente. I suoi occhi scintillavano
e il suo spirito era in balia dell’ira.
Bella, immobile, lo fissava impietrita.
Povera, debole, fragile…umana.
-
Edward…ti ho mai parlato di Didyme?-
chiesi dolcemente cercando di calmarlo.
- Chi è
Didyme?- domandò Bella nervosa, ma
sempre imbambolata dalla scena. Che tenero spettacolo. Chissà come avrebbe
preso al notizia, se ci avrebbe creduto…o no.
- La
defunta moglie di Marcus.- spiegò Edward interessato a quello che stavo per
dire.
- Marcus?
E chi sarebbe?- continuò Bella.
-
Ascoltami Bella.-mi intromisi- Quando andai a cercare altri come me in Italia,
fui ospitata da una facoltosa famiglia, come ben sai, nota tra noi tutti per la
sua potenza. I Volturi, si fanno chiamare, risiedono a Volterra, ma sono
originari della Roma repubblicana. A capo di questa famiglia vi sono tre
uomini: Aro l’astuto, Caius l’impulsivo e Marcus il pio. Ognuno di questi
aggettivi descrive un lato fondamentale del loro carattere che hanno conservato
dopo la trasformazione.
Aro è
sempre stato un uomo ambizioso, un collezionista di “rarità” diciamo. Un uomo
che non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno pur di raggiungere i suoi
obbiettivi.
Lui è
anche il fondatore dei Volturi, il più anziano, e ha un potere molto simile a
quello di Edward: sa leggere tutta la vita delle persone con sui ha un contatto
fisico. L’altro ad avere un dono particolare è Marcus, il quale riesce a capire
la forza dei legami tra le persone. E’ stato chiamato il pio, perché è il
famoso San Marco protettore di Volterra, conosciuto come colui che ha scacciato
i vampiri.- mi fermai per studiare le loro espressioni, erano attenti e
incuriositi, pendendo dalla mie labbra.-Quando giunsi, ancora non avevo
conosciuto Esme e la loro accoglienza mi diede modo di avere una storia con la
moglie di Aro.
La cara Sulpicia
è una donna vogliosa a cui piace provare tutto ciò che di nuovo entra nella sua
vita. Solo come ero, cedetti alle sue seduzioni e alle spalle dell’uomo che mi
aveva accolto, divenni il suo amante nelle rare notti solitarie.-iniziavo a
viaggiare con la memoria in quel primo periodo della mia nuova vita, il più
doloroso se devo essere sincero. - Una volta, durante uno dei nostri incontri,
notai un quadro affascinante, bellissimo. Raffigurava una ragazza che suonava
l’arpa. I capelli lisci e lunghi, color della terra. La pelle bianca, nivea e
perfetta e due sensazionali occhi né verdi, né nocciola, ipnotici e radiosi. La
toga verde chiara lasciava trasparire il dolce corpo infantile che nascondeva,
ma che, proprio per quella sua aria innocua era fonte di attrazione. Tutto in
lei era caldo ed invitante e trasmetteva serenità. Risaltava
incondizionatamente nella sfarzosa stanza che la contornava.
Rimasi
affascinato da quello spettacolo. Non avevo mai visto nulla di così splendido e
delizioso.
Non era un
angelo, sarebbe stato troppo facile da paragonare, era qualcosa di eccelso…di
inimmaginabile, superiore a tutto e paragonabile a nulla. Pensai ad una dea
della mitologia classica, ma Sulpicia mi spiegò.
La ragazza
del dipinto si chiamava Didyme ed era la giovane sorella di Aro. Aveva quindici
anni quando divenne una vampira. Il fratello, che ne era innamorato, si
trastullava con la sorella e accecato dal desiderio di continuare il loro
perverso segreto e speranzoso che la sorella avesse un potere potente come il
suo, la trasformò. Da vampira Didyme divenne ancora più bella che da viva.
Eternamente una giovane da maritare, dall’aspetto casto. L’unica traccia della
sua umanità furono i suoi occhi, così diversi e irrequieti come cavalli. Quelli
non cambiavano, anzi, a seconda dello stato d’animo divenivano o di un colore o dell’altro. Uno spettacolo incredibile, mi
disse Sulpicia, da non ritenere possibile. Una creatura delicata, dalle movenze
dolci e l’aria allegra e gioiosa. Questa sua caratteristica era aumentata dopo
la trasformazione. Infatti, l’eterna giovane, aveva non solo il dono di poter
trasmettere felicità a chiunque le era intorno, ma anche un altro,
ingovernabile, che aveva taciuto al fratello per il terrore dei suoi diabolici
piani: poteva copiare i poteri altrui. Il fratello, insoddisfatto del debole
potere della sorella di trasmettere felicità, si accontentò di possederla come
suo oggetto più prezioso. Non l’amava solo come sorella, ma ne aveva fatta la
sua amante personale. Fatto sta che un giorno la ragazza, conobbe Marcus e ne
ricambiò i sentimenti. Aro, in cuor suo rammaricato, diede loro la sua
benedizione, ma mantenne il desiderio verso la sorella. L’unica che sapeva la
verità su Didyne era Sulpicia, che gelosa del forte legame che univa Aro alla
sorella, sicura di non essere scoperta, la uccise. Così ottenne le attenzioni
di Aro, che si martoriò per la perdita di Didyme, ma chi soffrì di più, fu il
compagno Marcus che da allora perse ogni traccia di umanità. Perennemente
incurante, apatico. Con la moglie gli avevano portato via anche l’anima. Aro,
preoccupato della fedeltà del compagno, lo fece tenere sotto controllo dai
poteri di Chelsea, che può controllare le emozioni altrui, ma ciò non fu
sufficiente a restituirgli il suo vecchio carattere. In fondo, era morto anche
lui.- conclusi riprendendo fiato.
Bella ed
Edward mi guardavano confusi, aspettando ancora il nesso tra la mia storia e la
cugina di Bella.
- Quello
che vorrei farvi capire, -prosegui calmo, guardandoli negli occhi- è che Didyme
è uguale alla cugina di Bella. L’ho riconosciuta subito, a distanza di quasi
tre secoli.-
Bella
spalancò la bocca. Voleva parlare, ma non le usciva nulla. Edward mi fissava perplesso.
- Stai
dicendo che Didyme sarebbe Marzia?- chiese scosso.
Marzia,
che ironia della sorte!
- Si!-
esclamai.
- Come
puoi affermalo? E’ morta!- rispose Edward basito.
Lo guardai
incredulo che non ci fosse arrivato. Bella ascoltava in silenzio.
-
L’aspetto è identico, per di più hai affermato che da quando hai provato a
leggerle la mente hai “perso” il tuo potere nei suoi confronti. Ciò mi porta a
pensare che lei te lo abbia preso, diciamo, per copiarlo. Per di più si chiama
Marzia…femminile di Marcus. Buffo no?- sorrisi dell’ultima parte.
- Papà
stai insinuando che sia la sua reincarnazione?- domandò allibito mio figlio.
Finalmente
aveva centrato il punto.
- Si!-
risposi duro. Dovevo fargli capire che fossi convinto delle mia teoria.
- Ma
figurati!- alzò gli occhi al cielo.
- Io gli
credo.- disse Bella, ripresasi, voltandosi verso Edward.- Anche Marzia ha gli
stessi occhi. Ed è appassionata di miti antichi, fa il classico…un collegamento
deve esserci.- il tono fermo e persuasivo.
- Avanti Bella,
figurati se esiste la reincarnazione!- rispose esasperato Edward.
- Tu
esisti!- gli disse lei di risposta.
Edward
ammutolì. Bella lo aveva colpito. Come esistevano i vampiri, potevano esistere
anche le reincarnazioni. Non vi era davvero fine alle sorprese di questo mondo.
Forse è questa l’unica fortuna di cui sono dotati i nostri corpi eterni.
- Cosa
facciamo ora?- mi domandò Bella.
- Non
possiamo dirglielo, Dobbiamo tenere la cosa per noi. Solo…- iniziai a
riflettere.
- …Solo?-
chiese Bella trepidante.
- Esme e
le altre sono dovute andare in Italia a…ricevere i Volturi. Vogliono venire
qui. Entro la prossima settimana arriveranno.- spiegai agghiacciato.
- Cosa
vogliono?- chiese nervoso Edward.
- Non lo
so, ma la cosa è seria. Se vengono qui, Aro, anzi Sulpicia potrebbe vedere
Marzia e la cosa finirà male, ma non solo, verranno a sapere di te e Bella.
Potrebbero uccidervi entrambi.- finì preoccupato.
Nella mia
mente immaginavo già il peggio. Tutto quello che avrei desiderato, non era un
finale così triste.
- Allora è
meglio informare Emmett e Jacob del pericolo e farci aiutare. Oh…contattare Esme
e farle prendere tempo anche.- osò insicura Bella. Il tono scosso ed impaurito.
- No! Se
informassimo Esme, Aro le leggerebbe la mente e saprebbe tutto. E se lo
dicessimo ad Emmett succederebbe lo stesso quando verrebbero qui. Comunque vada
non abbiamo vie di fuga.- proruppe saggio Edward.
- Se la
rimandassimo in Italia?- insistette Bella.
- Vuoi
mandarla tra le braccia del nemico?- urlò Edward.
Sapevo
perché era così freddo, temeva per la vita dell’amata più che per la sua. Ma
dovevamo trovare una soluzione…ed al più presto!
- Jasper?-
chiese Bella malinconica. Non aveva più idee.
- E’ a
caccia, ma la situazione non cambierebbe.- la smontò mio figlio.
- Tutto
quello che possiamo fare è nasconderla. Avvertite i licantropi di tenerla
d’occhio. Anche te Bella, è meglio se per un po’ non ti fai vedere con Edward.
Fino a quando Aro non sa nulla è meglio non insospettirlo.- era l’unica strada
che potessi prendere, per quanto difficile fosse.
- Mi
sembra una cosa giusta.- aggiunse
Edward.
- Ma
come?!- si stupì Bella.-Potrebbe durare mesi…non sopporterei di starti lontana
per così tanto!-
- Ne va
della nostra vita, Bella. Se tu
morissi non me lo perdonerei mai.- mio figlio era serio e la guardò dolente. In
cuor suo sentiva già il peso della fine.
Bella
iniziò a piangere, silenziosa…
- Bella,
ti prego…- le sussurrò Edward, ma lei non accennava a smettere. Quanta
sofferenza possono provocare delle parole!
- Bella,
fai credere a tua cugina che tu ed Edward vi siate lasciati, così da tenerla lontana,
anche se dubito del contrario. Ora è meglio tornare di là.- conclusi e
precedendoli mi chiusi dietro la porta lasciandoli nella loro depressione
amorosa.
Note
della [rammaricata] autrice:
Carissimi lettori,
spero che la verità sulla nostra “paladina” vi sia
piaciuta.
Era da tanto che aspettavo di scrivere questo pezzo
di storia
E mi duole informarmi che vorrei smettere.
Purtroppo per me, noto che la storia è piatta e che
benché riscuota un discreto successo,
non vi smuovete a lasciarmi opinioni e
critiche
perciò mi viene da pensare che non vi interessi: ecco la mia scelta di sospenderla.
Se per favore la pensate al mio stesso modo, vi prego
di informarmi.
Se invece volete sapere come va a finire allora
informatemi lo stesso XD.
Sappiate che intanto tra Emmett e Marzia succederà
qualcosa che sarà determinante per il seguito e per il finale.
Spero che la curiosità vi divori anche se deciderete
di interrompere la pubblicazione della storia.
Sappiate che mi ha fatto molto piacere vedere che
l’avete almeno letta.
Grazie dal profondo.
Un grande bacio alla mia Beta che ultimamente viene e
va,
un grazie a chi commenta sempre incoraggiandomi
e a chi mi
mette tra i preferiti.
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.
Allora aspetto l’esito della vostra scelta:
Volete che continui o
no?
Con amore[o forse no?!]
Vostra BlAcK_BerrY
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Capitolo 8 *** Fedeltà e dolore. ***
m
∙Sii fedele a te
stesso,
ne conseguirà come
la notte al giorno,
che non potrai
essere falso con gli altri.
[ W. Shakespeare – Amleto]
Cap. 8~ Fedeltà e dolore.
EDWARD
POWA.
Bella
piangeva. L’abbracciai cercando di placare la sua sofferenza. Ogni lacrima,
ogni mugolio, aumentava la mia tristezza. Non volevo separarmene.
Non
avevamo altra scelta. Per quanto la illudessi, quella era davvero la fine.
Non
parlammo, sapevamo entrambi che nessuna parola avrebbe taciuto il dolore, ma al
contrario, lo avrebbe aumentato.
Ero
impotente e non potevo farci nulla, non potevo rimediare in alcun modo.
Ero
deluso da me stesso, addolorato per quel drammatico futuro e arrabbiato perché
non potevo impedirlo.
Lasciai
Bella.
Prima
avessi messo a conoscenza i licantropi dell'accaduto, più possibilità di
salvezza potevo costruire.
Uscii
dalla finestra senza voltarmi indietro, consapevole che se lo avessi fatti non
avrei avuto il coraggio e la forza di lasciare quel viso straziato ed indifeso.
Sei un
egoista Edward e non puoi farci niente.
Dietro
di me la porta sbatté.
Non ci
dicemmo addio, ma quei piccoli gesti portavano dentro profondi significati.
Eppure, in
confronto alla tristezza per aver perso tutto... la progressiva crisi in cui mi
trovavo era molto più dolorosa. La verità è che sono fragile.
Non è colpa tua
Bella.
EMMETT
POWA.
Ero
rimasto nella cucina. Immobile, a fissare il vuoto.
Come
avevo potuto?
Come
aveva potuto quella misera umana farmi venire tanti dubbi?
Che
rabbia…dove era finito il forte Emmett?
Bastava
qualche parolina di quella ragazza qualche occhiatina per farti crollare a
picco?
E a
Rose? Non ci pensi a tua moglie?
Già…mia
moglie. Fino a poco fa lo era, ma ora cos’era? Lo sapevi Emmett…lo hai sempre
saputo…Rose non è mai stata nulla. Quell’umana aveva dannatamente ragione.
Tentai
di riprendermi guardandomi intorno alla ricerca della sua presenza…del suo
odore che stranamente non riuscivo a sentire. Era una creatura unica…non
sentivo il suo sangue, non ne sentivo il profumo, era come se fosse una persona
fatta apposta per crearmi domande le cui risposte si concentrano in lei.
Era
perfetta per me, come se fosse nata per questo motivo. Non avevo mai incontrato
una creatura che mi facesse sentire…vivo.
Probabilmente
era una sensazione che sentivo solo io. Essendo una persona insicura, ho sempre
fatto lo spaccone per nascondere questa mia debolezza e non capivo che stavo
camuffando me stesso.
Invece,
con lei, ho trovato quella sicurezza che nel profondo stavo disperatamente
cercando.
Scusami
Rose, io ti ho tradita. L’ho fatto con consapevolezza e non me ne pento.
Solo ora
me ne rendo conto. Io non ti ho mai amata.
E’
proprio come aveva detto Marzia!
Camminavo
davanti a lei, cercando di far tacere quel suo forte battito, cercando di non
sentire il suo sangue dolce. Ero assetato e se mi fossi concentrato le avrei
salvato la vita. In quel momento mi accorsi che non c’era nessun odore e che
lei stessa non ne aveva. Non odorava di nulla. Né di lupo, né di vampiro, né di
umano. Neanche una lieve fragranza.
Nulla.
Lo
stupore fu tanto forte da farmi soffermare. La osservavo mentre si avvicinava.
Non mostrava una grazia innaturale. Era una ragazza carina, nella norma. Una
semplice umana. Eppure c’era qualcosa di inumano in lei.
io mi
intendo di certe cose...
Ma cosa?
La
studiavo in ogni minimo particolare. Il suo ondeggiare della anche, gli occhi
vivaci che scrutavano la casa per poi soffermarsi sula mio volto incuriosito. Probabilmente
si domandò perché mai avevo quell’espressione, ma senza rivolgermi parola mi
sorrise. Era come un raggio di sole in una giornata grigia. Mi riempiva di
calma e pace. Sarei rimasto a fissarla per ore. Ero stranamente felice.
Non mi
accorsi che era al mio fianco, guardandomi nella speranza che continuassi a
farle strada.
Distolsi
lo sguardo, imbarazzato, precedendola nella speranza di evitare i suoi occhi.
Neanche
quando giungemmo in cucina mi sentii sollevato. La trovavo squallida e uguale
al resto della casa. In quella topaia non c’era nulla di affascinante. Ero tutto squallidamente uguale.
- Usa
quello che vuoi!- le dissi agitato. Mi sentivo in soggezione con i suoi occhi
puntati addosso.
Probabilmente
mi stava guardando inquietata. Probabilmente pensava di non piacermi o di
starmi antipatica o che fossi solo un povero pazzo.
- Emmett
vero?- mi chiese educatamente.
- Si!-
risposi monosillabico.
- Perché
sei così teso?- mi domandò preoccupata. Il suo tono era debole e sensibile.
Avevo lo strano effetto di quello di un terapista sul suo paziente. Avrebbe
anche potuto chiedermi cos’era e glielo avrei detto al comando. Infatti anche
quella volta non esitai.
-Nulla…sono
solo agitato.- era una mezza verità Però non potevo dirle che era lei la causa.
- E’
colpa mia!- esclamò sospirando.
- No!-
mi girai di scatto cercando di dissuaderla. Aveva tremendamente ragione.
Mi
guardò accigliata. Perché quella ragazza così tenera ed indifesa mi mandava nel
pallone.
"Grande
e grosso come sei ti fai mettere al tappeto da una ragazzina". Pensai a
Rose, lei sarebbe rimasta disgustata dal mio comportamento.
Chissà
cosa faceva…forse era a caccia…
- Ti
manca tua moglie?- mi chiese avvicinandosi al frigo. Fortunatamente Esme lo
riempiva sempre per le rare volte che Bella mangiava qui.
Ma come
faceva a sapere che ero sposato?
- Che ne
sai che sono spostato?- domandai sorpreso. Non indossavo neanche una fede.
-
Bhè….lo hai pensato.- mi rispose come se leggere i pensieri fosse la risposta
più ovvia del mondo.
- Leggi
il pensiero?- domandai sempre più allibito.
Ma
cos’era quella ragazza? Una super eroina? Una mutante? Un’extraterrestre?
Aveva
messo su l’acqua nella pentola, nel frattempo sbatteva le uova. I suoi
movimenti erano terribilmente aggraziati. Non ci avevo fatto caso. Come se le
sue doti nascoste si manifestassero nelle piccole cose.
Quella
ragazza aveva un fascino ineccepibile su di me. Bassa, minuta. Sembrava una
bambola di porcellana, fragile e preziosa. Iniziai a guardarla con occhi
adoranti. Non me ne accorsi, ma ero appena finito nella sua ragnatela.
- Ti si
legge in faccia!- esclamò sorridendo.
Il suo
sorriso mi rilassò. Quanto potevo esserle succube?
Ma cosa
pensavo? Non potevo fare questo a Rose!
- Sicuro
di amare tua moglie?- mi domandò lanciandomi un’occhiata per poi tornare a
panare la carne.
Il lieve
friccichio dell’olio come sottofondo non era il massimo. Sarebbe stata più
adatta una melodia stile Mozard, profonda e ansiosa.
-
Certo!- risposi automaticamente.
Perché
mi faceva quelle domande? Se continuava mi avrebbe messo in crisi. Provai a
sedermi, guardandola. Era minuta e fine. La carnagione di un rosa pallido e
vellutato e i capelli lunghi scuri dai riflessi nocciola legati in una lunga
coda risaltavano sul suo colorito chiaro. Gli occhi erano i più ammalianti e
particolari che avessi mai visto. Né marroni né verdi. Erano un miscuglio di
emozioni e colori. Caldi e irrequieti. Mi lanciava sguardi imbarazzati ogni
tanto.
Avevo
fatto colpo! Per gli esseri umani la mia era una bellezza divina. Eppure era
stranamente a suo agio. Che nascondesse la sua calma dietro a quegli occhi così
languidi?
- A me
non sembra.- rispose lei scrutandomi- Mi pare che tu sia affascinato da me.-
ridacchiò.
Le
suscitai grande confidenza per essere il nostro primo incontro, e mi sembrava
davvero strano. Ciò mi agitava...
-Ti
sbagli!- esclamai imbarazzato guardano fuori la finestra. Come poteva capirmi
così facilmente e precisamente?
- Tu sei
succube di tua moglie! Ti senti riconoscente verso di lei e ci stai insieme per
farle piacere. Oramai è un’abitudine , ma tu in realtà non la ami. Lo fai
perché ti senti in dovere.- disse sicura di sé.
Ma come
le venivano in mente certe cose? Poi così, all'improvviso...
La
guardai allibito. Mi aveva diagnosticato un pensiero che non mi era mai passato
per la testa.
Restammo
in silenzio. La guardai e nella mia mente riflessi su quelle parola
inaspettatamente esatte. Io stavo con Rosalie da quando mi aveva salvato,
tramutandomi in un vampiro come lei. Sto insieme a lei da quel giorno. Le sono
grato di avermi salvato, ma non mi sono mai chiesto se l’amassi davvero o no e chiedendomelo adesso la
risposta è un palese no! Come era possibile?
Da
quando mi portò via dalla morte l'ho sempre considerata come un angelo, il mio
angelo custode, ed è forse solo questo che provo per lei, niente di più.
Che
quella ragazza mi stesse ipnotizzando o cosa?
Io sto
con Rosalie da decenni oramai. E’ vero..è abitudine la mia. Non ne sono mai
stato realmente attratto. Ma sento nei suoi confronti una sincera riconoscenza.
Quella
ragazza…come faceva? Mi stava affascinando, mi stava capendo come mai nessuno
nella mia vita. Come neanche Rose ha mai provato a fare. E lei in pochi minuti
mi ha squadrato. Ma come faceva?
- Ti sei
mai chiesto cosa vuoi?- mi domandò rompendo il silenzio.
Cosa
volevo? La risposta fu stranamente veloce.
Lei !
Volevo
quella ragazza. Ora, in quel momento, mia!
Ero in
preda al panico e senza accorgermene stavo iniziando a comportarmi come
Rosalie. Era succube delle mie voglie.
Io
capivo Rosalie, lei mi amava, ma non mi capiva.
Quella
ragazza, mi capiva e io? Io cosa provavo? Perché la volevo improvvisamente?
Ora
capisco che strano potere aveva. Poteva incantare le persone…o almeno su di me
aveva quell’effetto.
Mi
avvicinai a lei. Volevo starle vicino, capire meglio cosa mi stava accadendo.
Più mi
accostavo a lei e più ardevo di adrenalina.
Che lei
fosse per me come Bella per Edward?
Troppe
cose mi stavano confondendo. Ne avrei dovuto parlare con Carlisle.
Ma come
fare? Se gli avessi detto che non pensavo più a Rose mi avrebbe ucciso. Lui
teneva a lei come ad una figlia.
Di una
cosa ero sicuro. Non volevo più Rosalie.
Volevo
quella piccola ragazza umana.
Era
anche il mio tipo. Bassa e magra simile ad una cartone animato. Sì, somigliava
ad una di quelle paladine della tv.
Il
pensiero mi fece ridere.
Si girò
a guardarmi.
- Perché
ridi?- chiese mostrando due occhioni da cucciolo smarrito.
-
Somigli ad un cartone animato.- gli risposi sorridendo prendendole una ciocca
ed annusandola. Non sapeva di nulla, ma era bello lo stesso. Stavo bene con
lei, ero felice e mi piaceva. Invece con Rose doveva sempre stare attento a
renderla felice.
- Hai
mai pensato di tradire tua moglie?- mi chiese preparando i piatti da portare
via. Il tono fu flebile e pensieroso,
come se stesse creando non so quale malefico piano. Ma non mi importava. Le
avrei detto qualunque cosa. Avrei fatto qualunque cosa per lei. Aveva il potere
di ipnotizzarmi e rendermi suo schiavo. Non so come faceva e neanche mi
importava.
Mi
piaceva. Nessuno me l'aveva imposta ed io non lo avevo imposto a me stesso.
Mi piace
perché mi piace.
Tutto
qui.
- Si!-
le risposi poggiando il mento sull’incavo tra spalla e collo. la sua pelle era
tiepida e tremò al contatto con la mia. Le accarezzai impulsivamente le braccia
cercando invano di riscaldarla.
Lei non
si scansava, anzi sorrideva soddisfatta.
Le piacevano quelle piccole e futili attenzioni.
Quei suoi leggeri sprizzi di energia mi rendevano allegro. Per la prima volta
mi stavo seriamente affezionando ad una persona. Finalmente stavo plasmando i
miei desideri. Non ero più succube di ciò che mi veniva imposto. Ora erano le
miei emozioni a governarmi.
E non c’era nulla di più piacevole.
- Quando?- mi chiese lieve voltandosi verso di me.
I nostri volti divisi da miseri centimetri.
Così vicini, ma così lontani per sfiorarci
davvero.
Eppure anche solo sentire la sua presenza e la sua
voce calda mi bastava.
Il grosso Emmett aveva preso la sua prima cotta.
Buffo!
- Ora!-la guardai allungandomi per strofinare le
sue labbra rosse come ciliegie. Rabbrividii al tocco, come se fosse stata
attraversata da una lieve scossa. Mi ritrassi e ne rimarcai i contorni con un
dito.
Lei mi guardava sbalordita. Il respiro fermo dalla
sorpresa. Le orbite sgranate e il cuore che batteva a mille. Tutti quei
particolari mi rendevano fiero di me e felice come mai.
“ Ricambiami, ti prego ricambiami” pensavo.
Ma mentre mi avvicinavo sempre di più a lei sentii
i passi fugaci e danzanti di Carlisle.
Mi staccai, prendendola per mano e nascondendo
quel gesto dal marmo del mobile.
Lui entrò agitato, ma sorridendo, nascondendo
quella che avrei giurato fosse paura ed angoscia.
Poco dopo sbatté una porta e sentii sussultare il
corpo davanti a me.
Strinsi la mano per rassicurarla. Quel gesto di
coraggio mi fece sentire autoritario e potente.
Io sarei dovuto diventare il suo punto di forza,
tutto ciò di importante.
Non sapevo nulla di lei. Quale fosse il suo colore
preferito o la canzone. Nulla. Ma di una cosa ero sicuro. Ora che l’avevo
trovata avrei fatto di tutto per tenermela stretta. Mi infondeva la sicurezza
che ho sempre cercato.
Carlisle si voltò verso il corridoio dal quale
spuntò Bella, in lacrime. Un rapido cenno e il mio sogno svanì portandosi
dietro le sue pietanze.
Era come se mi stessero negando l’ unica mia fonte
di sopravvivenza.
Tutte le emozioni che avevo sentito in quei pochi attimi
stavano svanendo con lei, i suoi passi che si avvicinavano preoccupati verso
Bella e poi verso la porta, graffiavano come pugnali su di me, non mi ero mai
sentito così fragile in tutta una vita e in questa non morte.
Sentivo l'allegria e la felicità abbandonarmi,
legate a lei vi erano le mie speranze.
La porta dell'ingresso si chiuse. Il pianto
disperato di Bella, ma soprattutto l'andar via di Marzia causarono in me
alcune, molte, troppe incertezze.
Sentivo quasi quella nostra fantastica attrazione
finire. Stavo pian piano tornando nel mio mondo succube?
No. Non sarebbe finita così, non avrei perso
quegli occhi così enigmatici né quella semplicità tanto desiderata.
Nessuno mi avrebbe impedito di baciare ancora
quelle labbra carnose, di tenere stratta la sua mano, nessuno mi avrebbe
impedito di vederla, avrei sicuramente trovato un modo, una soluzione.
JAKE
POWA.
In fondo al cuore... spero che
Marzia stia annegando in una tristezza sempre più profonda, e che arda d'amore
per me.
Eccolo
davanti a me, sghignazzante.
Felice.
Quella
sua aria beata mi dava ai nervi.
Una cosa
dovevo riconoscergli, riusciva a ridere di fronte alla morte.
Lo
guardai infiammato dalla rabbia. Il vento soffiava forte, come volesse portarmi
via i miei sanguinosi propositi, ma nulla mi avrebbe fatto desistere dal mio
intento. Potevano farmi qualsiasi cosa, ma non portarmi via quella che ora era
la mia unica ragione d’esistenza. Strinsi le zanne acuminate, strusciando le
une contro le altre, pregustando il momento in cui avrei dato libero sfogo alla
mia furia assassina. Stavo per massacrare quello che, bene o male, ritenevo un
fratello…grandissima cazzata!
Un
fratello non avrebbe toccato la mia donna, il mio imprinting!
Aveva
superato il limite, era la regola.
Questa
Paul me l'avrebbe pagata.
Un
ultimo sospiro, l’incertezza iniziò a farsi strada nella mia caotica testa.
Altri ringhi mi offuscarono i pensieri. Non eravamo solo io e Paul in quella
radura. Anche gli altri ci stavano osservando, alcuni con un sorriso beffardo
sul muso peloso, pronti a gustarsi la lotta imminente, altri preoccupati, i
muscoli tesi, pronti a fermarmi nel momento opportuno.
Forse mi
ero lasciato fin troppo prendere dai miei progetti di morte per rendermi
seriamente conto di quello che stavo per fare. Ma se anche provavo a non
pensarci e a riflettere con calma, non trovavo altra soluzione alla mia furia
se non con la vendetta…e la situazione sembrava consigliarmi lo stesso.
Paul era
di fronte a me. La sua mole si mostrava rilassata. Era troppo sicuro di sé.
Qualcosa
non quadrava.
Gli
altri erano disposti ai nostri lati, come a formare due fazioni: i pro Jake ed
i pro Paul.
Li
osservai uno per uno. Seth, Embry e Quil alla mia destra. Sam e gli altri alla
sinistra. Naturalmente con loro vi era anche la tosta Leah, che faceva tanto la
selvaggia per poi ridursi a fare il cane di Sam. Che fine squallida, anche se
io non sono da meno. Mi ero ridotto a fare il cucciolo di una ragazzina che mi
allontanava.
Forse
non mi meritava, però più mi scacciava e più la desideravo. Guarda te se mi
dovevo ridurre così!
Esitai
ancora un po’. Stranamente Sam non mi ordinava di fermarmi. Nessuno mi parlava
direttamente, attendevano una mia mossa, Paul compreso.
Ringhiai.
Perché quel silenzio mi innervosiva tanto? Cosa nascondeva?
Eccola,
la sentivo tornare, l’adrenalina che mi pulsava nelle vene e poi…
Balzai
contro Paul mirando alla gola. Gli uccelli impauriti volarono via lasciandosi
dietro stridii acuti. Qualche battito d’ali e finì tutto. Paul non aveva
neanche provato a difendersi. Si sentiva in colpa il bastardo.
Lo avevo
in pugno, potevo sentire il suo calore nella mia bocca.
“ Ora
basta Jacob!” mi ordinò autoritario Sam.
Lasciai
di scatto Paul, guardandolo con disprezzo. Non ero ancora soddisfatto. Non si
era difeso.
Che
gusto c’era?
“ Sam,
lasciami sfogare!” gli ringhiai nervoso.
“ Jacob,
sappiamo cosa ha fatto Paul ed è
imperdonabile, ma la vendetta non risolve nulla.” Rispose con tono freddo ed
intransigente, come al solito.
“ Sam
sono cazzi miei! Non metterti in mezzo anche tu o non avrò problemi a farti
male.” Dissi strafottente.
“ Jacob,
non voglio ripetertelo. La prima regola è difendere il branco non combatterci
contro.” Mi ricordò enfatizzando l’ultima parte. Non mi permetteva di
ribattere.
Lentamente
gli altri si avvicinarono. Non mi stupiva che sapessero già tutto.
Ringhiai
loro contro, ferito. Perché si mettevano in mezzo? Cosa interessava loro?
Perché
tutto mi veniva contro?Tutta la rabbia che stavo sopprimendo mi stava per far
esplodere. Ero come un toro che vedeva tutto rosso.
Volevo,
desideravo, fare tutto e tutti a pezzi.
“
Jacob…” disse Paul.
“ Non
osare parlarmi.” Risposi acido, ma in quel momento vidi la scena che tutto il
branco aveva già visto. Lui, Marzia e…quello strano “patto”?
Una
prova è? Lei voleva una prova? Osava pretendere una prova?
“ Jacob
io lo faccio per te.” Disse piano.
“ Per
me? Provi a portarmi via la ragazza che mi piace e dici anche che lo fai per
me?” risposi furioso.
“ Non
può piacere anche a me?” domandò ironico.
“ Dove
vuoi arrivare?” chiesi.
“ Ne ho
già parlato con gli altri. Il fatto che lei ti resista non è normale. Infatti
prima abbiamo visto Bella che la portava dai Cullen.” L’espressione pensierosa.
Cullen.
Edward Cullen. Bella mi stava sfidando. Le avevo specificatamente imposto di
tenerla lontana da quelle sanguisughe e lei mi aveva disubbidito.
“
Jacob…” mi distolse dai miei pensieri Sam “ Bella ha avuto il nostro stesso
presagio e avrà sicuramente scoperto qualcosa.”
“ E
allora? Ma oggi che è? La giornata contro Jacob?” ero umiliato, irato e
stupito.
Perché
tutti erano convinti che la donna che amavo non era normale? Tutti possono
avere dei dubbi. Lei no? Probabilmente solo io la capivo. Solo io ero paziente
e pronto ad accoglierla a braccia aperte. Solo io le avrei perdonato tutto.
Marzia…è
possibile che ti ami così tanto?
In quel
momento vidi nuove immagini. Come un flash back impiantato nel cervello. Quel
Cullen era apparso poco prima che io arrivassi. Ero talmente agitato da non far
caso nemmeno al suo odore.
Devo
imparare a mantenere la calma. Sono troppo impulsivo, ma che ci posso fare se
odio quando mi toccano le mie cose.
Sono
anche troppo possessivo!
Si era
avvicinato al branco, in maniera pacifica e aveva raccontato tutto ciò che ci
siamo persi. Il racconto di Carlisle, la presunta verità venuta a galla e
l’imminente pericolo che ci veniva incontro.
Tutto
quello che voleva era che proteggessimo Marzia e Bella.
Come se
non lo avessi fatto. Ringhiai al pensiero che dei fetidi vampiri potessero
anche solo sfiorarla. Avrei combattuto con tutto me stesso.
Però
dovevamo mantenere il silenzio con lei. Non potevamo dirle cos’era. Cosa…come
se fosse stata un mostro. Non ne erano neanche certi e già l’aveva etichettata.
Se solo avessi potuto, l’avrei rapita e portata in un posto lontano.
Soltanto
io e lei. Quella si che era una prospettiva allettante.
“ Ora
capisci?” mi domandò Sam.
“ Io ero
rimasto al tradimento di Paul!” lo squadrai.
“
Dimenticati di Paul. Adesso abbiamo un altro problema.” Ruggì il capo.
La
questione non era chiusa. Paul non poteva considerarsi ancora salvo.
“ Jacob,
dalla prossima settimana devi essere costantemente appiccicato a Marzia. Noi
penseremo a Bella e agli umani” ordinò duro l’alpha.
Sbuffai
seccato.
Quel
giorno non me ne stava andato bene una.
L’unica
soddisfazione concessami era tornare a casa dalla mia bella. Lei mi avrebbe
accolto con una sorriso e
avremmo
mangiato le sue leccornie. Purtroppo avrebbe puzzato di vampiro. Le avrei
dovuto fare il bagno. La prospettiva di spogliarla e lavarla non era poi tanto
male.
Sì, mi
sarei potuto accontentare.
Veloce
mi voltai verso casa, pronto a correre.
“ Ah,
Jacob.” Mi fermò Sam “ Cullen dice che Marzia potrebbe saper leggere il
pensiero ora.”
Lo
ascoltai senza troppo attenzione e veloce mi diressi verso casa.
NOte della [sexy e bella] Beta U_U:
Salve lettori. Sono la Beta.
Sua eccellenza la scrittrice ha problemi con la tastiera
e l'ultima parte del racconto di Emmett l'ho scritto io.
Il resto è la "solita noia" dell'autrice.
Beh spero che il capitolo vi piaccia e vi intrighi.
Commentate o saranno dolori! XD
|
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Capitolo 9 *** special cap: Marzia design!*o* ***
Spero vi
piaccia.
Visto che la storia non la commentate,
lasciate un
commentino al disegnino*O*
Così mi fate
felice e voi
volete farmi felice veeeero?
Bacioniiiiii(LLL)
|
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Capitolo 10 *** Gelosia ***
cap.9
●Il Diavolo ha il potere di apparire
alla
gente in forme seducenti
ed
ingannatorie.
[ W. Shekespeare]
Il capitolo è dedicato a tutte le mamme che domani
festeggiano. Buona festa a tutte voi.
Specialmente a Nerry, mamma, che mi segue.
Grazie amora(LLL).
Marzia~
Cap.9 - ●
Gelosia.
Marzia
POWA.
Mentre
tornavamo a casa non feci domande.
Vedevo
Bella in preda al terrore, più che al dolore.
Singhiozzava,
mentre le lacrime le scendevano da sole.
Avevo
paura di intromettermi, avevo paura di consolarla, poiché, probabilmente, la
causa di quel dolore potevo anche essere io.
L’odio,
che provavo fino a poco fa per la pseudo relazione tra lei e Jake, era quasi
del tutto scomparso. Non credevo il merito fosse di quel suo stato decisamente
pietoso, certo in parte lo era, sarei stata un’insensibile altrimenti, ma sono
tutt’ora convinta che il merito fosse dell’aitante marito e del bacio nella
cucina.
Non nego mi fosse piaciuto. Emmett
è stato un elemento importante in quel periodo, ma il dolore che ha provocato e
i destini che ha intrecciato…
Forse tutto questo si sarebbe
potuto evitare.
Dovevo,
però, nasconderlo a Jake: uno perché sarebbe andato in bestia e avrebbe fatto
seriamente del male
ad Emmett,
due perché temevo di ferirlo.
Da quando
mi importava tanto di quel sacco di pulci?
Ero
consapevole che Jake era il tipo che mi avrebbe dato anima e corpo, ma più si
prostrava ai miei piedi e più lo cacciavo, anche se, in cuor mio, lo desideravo
fino alla pazzia.
Era come
se ragione e sentimento non andassero di pari passo. Il corpo faceva azioni che
il cuore non avrebbe voluto.
Mi sentivo
così fragile…come una foglia al vento.
Avrei
voluto iniziare la più romantica delle storie con Jake, ero convinta dei suoi
sentimenti, ma il mio ego me lo impediva. Anzi, più che ego, c’era qualcosa in
me, la stessa cosa che mi ha concesso di leggere i sentimenti, non la mente, di
Emmett, per poi privarmi di quel potere e che mi trasmetteva un senso di
riluttanza verso Jake.
Soltanto
verso di lui.
Come se
cercassi qualcosa e quella sensazione fosse l’allarme di aver toppato. Ma
allora perché io pretendevo quel cane?
Guardai
fuori il finestrino. Vedevo tutto grigio e cupo. E’ strano come l’umore influenzi
ciò che vediamo. Anche la più bella delle giornate diventa la peggiore se non
siamo felici.
Ripensai
ad Emmett, alla sua tristezza e a quanto mi facesse sentire una traditrice. La
sua presenza, per quanto mi fosse di intralcio, mi distoglieva dai miei
pensieri. Mi faceva sentire libera e leggera.
Però io
non provavo nulla di certo…o almeno così
credevo.
Ero certa,
però, che lui…mi suscitasse tanta pena.
- Ci siamo
lasciati.-singhiozzò mia cugina. I capelli umidi appiccicati alle guance.
- Mi
dispiace.- mentii. In realtà ero felice. Le stava bene, era la giusta punizione
per aver osato avvicinarsi a Jacob.
Ma ora,quella
stessa desiderata separazione iniziava ad essere un problema.
Se Bella
si fosse di nuovo gettata tra le braccia di Jacob, per come è fatto l’avrebbe
accolta e magari l’avrebbe anche amata di nuovo.
Dovevo
assolutamente impedirlo.
Ma…avrei
potuto usare ciò a mio vantaggio e allontanare i due amiconi una volta per
tutte.
Mi morsi
l’unghia del pollice, emanando un leggero ringhio. Sentivo che la parte in me
sconosciuta stava macchinando qualcosa.
Era dalla
mia parte.
Allungai
un’occhiata verso Bella.
Lei non era più la mia migliore amica.
Lei era la
mia peggior nemica.
Quando
arrivai a La Push
scesi dalla vettura, incurante della mia compagna. La vidi di sfuggita mentre
si arricciava per scoppiare in un tormento epocale. E più si contraeva e si
sentiva morire e più ero felice.
Che fossi
diventata un demonio?
Beh…una
volta che soffri, non puoi far altro che passare dalla parte di chi fa
soffrire.
Da preda
diventi predatrice.
Era quella
sensazione che mi stava rendendo così…e io non mi stavo opponendo.
Insieme
avremo potuto fare grandi cose, insieme avremo potuto avere tutto.
Tutto!
Con la mano libera aprii la porta e una volta
entrata posai il cibo sul tavolo.
Stavo
diventato un demone, un mostro, una creatura insensibile e perché? Perché mi
ero semplicemente innamorata.
In fondo
mi si poteva biasimare?
Sentivo in
ogni centimetro della casa il forte odore di Jacob, che, per quanto mi
sembrasse ripugnante, riusciva a colmare la distanza che la sua assenza
provocava.
Avrei
voluto stringerlo forte e chiedergli fino all’esasperazione se mi amasse, se
avesse rinunciato a tutto e a tutti per me.
Volevo,
desideravo, fosse unicamente mio.
Strinsi i
pugni e i denti fino a farmi male.
Ringhiavo
in modo disumano, come demoniaco. Stavo davvero diventando qualcosa di
sconosciuto.
Che il
Diavolo si fosse impossessato di me?
Effettivamente
come esistevano i licantropi…doveva per forza esistere il Demonio.
Mi stavo lentamente sgretolando.
Non mi accorgevo nemmeno che la causa di tutto ero semplicemente io. Forse
questa fine…
Forse…
Me la sono davvero meritata.
Ma a me…se non posso più amarlo…a
me che serve vivere?
Narro il lento scorrere di questo
mese di passioni ed odio che come amanti si intrecciano.
Ho causato tanti guai.
Forse sto anche annoiando voi, ma
volevo semplicemente ricordare prima di…
Sarebbe
stato meglio se non fossi uscita da quella cucina.
In quel
caso la storia avrebbe preso pieghe diverse.
Lì, nel
cortile, proprio dove Bella stava lentamente morendo, li vidi, lui che la
consolava e lei che lo stringeva come io avrei voluto.
Jacob, la
teneva forte, salda, come solitamente si fa con chi si ama.
Iniziai a
vedere tutto rosso. Il sangue scottava dentro le vene, pronto a fuoriuscire.
Se avessi
potuto uccidere con lo sguardo Bella non sarebbe più in questo mondo da un
pezzo.
Dio come vorrei vederla morta…
- Che
bella scena commuovente!- esclami avvicinandomi.
Quella
scena, per me, era peggiore di qualsiasi tradimento.
Se prima
io e Jake eravamo uno a uno, ora lui aveva segnato un altro punto.
Male mio
caro lupo…molto male.
Bella non
si voltò. Continuava a bagnare il petto del mio
uomo.
Cos’era
che mi dava tanto fastidio?
…Ah sì,
che le uniche lacrime che avrebbero potuto bagnare quel corpo erano le mie!
- Cappuccetto-
sorrise vedendomi il traditore.
“ Marzia Jacob ti ama – puttana- Sei l’unica
donna che potrei amare- bugiardo” mi tornarono in mente quelle parole che avevo
stupidamente preso per vere.
Ma se
Jacob non potevo averlo io, allora non l’avrebbe avuto nessuna, ma non solo,
avrebbe dovuto soffrire ancor più di me.
-
Guardali, guardali…ma che teneri che siete. La strana coppia.- dissi schifata
contorcendo le labbra.
- Sei
gelosa?- domandò sorridendomi lui.
- Fossi in
te non riderei. Visto che state tanto bene, mettetevi insieme no? Tanto Bella,
tu sei proprio il tipo che scodinzola dietro al primo che ti si fila. Non sei
altro che una bieca cagna.- accentuai il tono dispregiativo.
Jacob mi
guardò sorpreso, mentre lievemente anche mia cugina muoveva il volto guardando
di sbieco per poter vedere la mia faccia.
- Ma cosa
dici?-chiese lui incredulo che la ragazza di fronte loro fosse la stessa che
fino alla mattina prima lo attendeva con il cuore trepidante.
- Dico che mi fate schifo.-
Ero irata,
sconvolta e assetata di vendetta. Mi avvicinai al bosco fino a scomparire tra
la vegetazione. Correvo, sempre più veloce, sempre più forte, come mai nella
mia vita.
Ho sempre
pensato che correre fino a sentire i polmoni bruciare, fosse come fare l’amore
con il vento.
Ma in quel
momento non mi sentivo nemmeno correre, ma anzi…volavo!
Sentii
Jacob chiamarmi, urlarmi dietro nella speranza di capire e di farmi ragionare,
ma si bloccò quando Bella gli chiese di rimanere con lei.
“L'amore non è bello se non è litigarello"
dice la gente. Eppure, secondo me, i litigi non sono altro che uno scontro di
ego; e non credo affatto che, quando si confessa all'altra persona il proprio
disagio durante un litigio, questo favorisca la comprensione reciproca.
Forse è vero che non è possibile vivere senza subire qualche ferita... ma
finora ho sempre creduto che fosse doveroso compiere uno sforzo per non
infliggerne agli altri.
Sono stata proprio un'ingenua.
Jacob
aveva dunque scelto. La sua amicizia piuttosto che me.
E come
previsto scoppiai a piangere logorata da una ferita che avevo difficilmente
ricucito, che Jacob stava ricucendo.
Ognuno di noi nasconde ferite, che nessuno
dovrebbe mai riaprire.
Mi sentivo
morire e come polvere da sparo, pronta ad esplodere.
Da quando
tempo correvo?
Dove ero?
So solo
che quando mi svegliai non ero più nel bosco.
Marcus
POWA.
Caius
parlava a vanvera. Era divertente vedere le sue labbra muoversi senza prestare
attenzione a cosa dicesse.
Questa
vita, piatta e sempre uguale è troppo noiosa.
Se Dydime
fosse stata ancora viva e avrebbe potuto dormire, a quest’ora avrebbe attirato
l’ira dell’impetuoso Caius.
Sorrisi
all’idea. Ogni tanto mi capitava di mostrare qualche segno di vita. Solo quando
pensavo a lei, alla mia amata e defunta moglie.
Lei era
tutto per me. Anima e corpo.
Ma me
l’hanno portata via…
…e con lei
anche me.
Solo la
mia immane natura mi lega ancora a questo mondo.
La stanza
illuminata dalle fiammeggianti candele
risplendeva ai movimenti di quelle arzille fiamme rosse ed intense. Il
marmo rifletteva le bellissime immagini dei miei sottoposti. Tutti i vampiri
erano distribuiti intorno all’ampia sala osservando attenti il discorso e le
movenze di Caius.
Accanto a
me, seduto sul suo trono, vi era Aro. L’espressione gioiosa mascherava la sua
crudeltà.
Non
capisco cosa mi legasse ancora a lui. Forse la sua potenza o il suo splendido
aspetto? Un uomo stupendo era, se non qualcosa di ancora più eccelso. Una
figura dai lunghi capelli setosi, luminosi, neri come il buio più tetro e la
pelle rilucente di un niveo candore.
Volevo e
non volevo rimanere qui. In questo squallido castello in questo lugubre
paesino.
Però, se
anche me ne fossi andato…quale sarebbe stata la mia meta? Vagherei solo come
uno spirito, non che non gli somigliassi.
A volte la
vita è così crudele e la morte…lei si prende sempre le persone che non se lo meritano.
Vorrei
poterti vendicare amore mio…ma so che è impossibile. Oramai sono stanco, stanco di cercare la causa
di questo dolore, stanco di illudermi nella tua vita spezzata dalle
Parche, e stanco di rimanere lontano da te.
Ma non
posso…
E’ colpa
mia?
Si
amore…perché non ho saputo proteggerti.
Il
grilletto destinato a sconvolgere la vita di una persona si preme in un
secondo.
Ma chi lo
ha premuto?
Se tu
fossi ancora viva raderei il mondo al suolo pur di stanarti, ma tu che sarai
finita nel girone degli amanti dannati, tu…mi vieti di oltrepassare le fiamme
dell’ Inferno pur di raggiungerti.
Mi viene
da pensare sia solo colpa tua allora. Che non mi ami più.
Questo si
che sarebbe peggio di qualunque veleno.
Forse a
quest’ora sarai insieme a qualche bel demone.
Ma non
sono forse anch’io un demonio?
Allora
perché non corri da me?
Io ti
aspetterò…dovessero passare dieci, cinquanta…cent’anni, se non molti di più…
- Marcus?
Dunque fratello cosa ne pensi?- richiamò la mia attenzione il tono burbero di
Caius.
Lo guardai
accigliato. Non sapevo di cosa stesse parlando. Fortunatamente Aro mi aiutò,
sebbene involontariamente.
- Sei
d’accordo sull’attacco ai figli della luna?- chiese melodioso.
Ah, già…Caius
aveva scoperto che un branco di mutaforma era nelle vicinanze del territorio
del dottor Cullen.
Il caro Carlisle.
Era un buon amico. Mi dispiacque aver dovuto
tenere sotto pressione le sue donne.
- Io credo
che dovremo valutare se possono tornaci utili- proposi.
- Scherzi
fratello?- abbaiò Caius – Quei licantropi sono pericolosi, se si
moltiplicassero, se volessero predominare…per noi sarebbe la fine!-gli occhi
ricercavano il terrore impresso nei suoi ricordi.
- Ma caro
Caius, in questo modo sarebbe guerra con i nostri amici Cullen- vidi Aro
mandare un’occhiata di finta compassione verso tre donne nella folla. Una era
minuta , con gli occhi stretti in due fessure, i capelli corvini ribelli,
pronta a scattare in difesa della sua famiglia. Posò una mano sulla sua spalla
una giovane donna. Alta, il viso quadrato e spigoloso. Gli zigomi accentuati e
gli occhi colmi di dolcezza. I capelli lungi e morbidi le scendeva sulle spalle
strette. Infine, immobile dietro alle compagne, c’era una bellissima giovane.
Alta, bionda, dallo sguardo superbo e acido, ma al contempo preoccupato. Ci
temeva, come tutti del resto.
Nessuno
aveva capito che in gruppo noi Volturi siamo invincibili, ma presi
separatamente non siamo nulla.
Lo dicevi
sempre anche te mia amata.
Più provo a
raggiungerti…e più mi rimandi in questo mondo.
La tua
ninna nanna, dolce e tenera, mi incatena a questa non vita. Vorrei tanto poter
volare, come gli uccelli, come gli insetti...e venire da te.
A volte mi
chiedo, se tu sia davvero morta, se magari ci sei ancora, da qualche parte, nel
mondo.
Forse è
questa speranza che mi mantiene ancora in vita.
Chissà…
Sai,
Dydime… In questi momenti mi sembra di udire la tua canzone.. "L’inno alla
notte". Ora però non sento più nulla. E a volte penso che neanche tu senta
più la mia voce.
- Le
nostre ospiti hanno confermato che i mutaforma non sono una minaccia!- risposi
attento alle smaniose reazioni del mio accanito fratello.
- Non
possiamo fidarci di loro. Sono delle nemiche, loro alleate. Fratelli…- disse
rivolgendosi alla folla- chi è con me?-
Forti
ringhi eccitati si alzarono nella splendida sala.
- Se è
dunque questo il volere del popolo…- costernato Aro doveva dare la vittoria a
Caius.
- Allora
verifichiamo le loro parole.- un’idea malsana mi venne in mente. In quel momento
avrei fatto di tutto per distrarmi.- Andrò a controllare che le signore Cullen
dicano il vero. Così il consiglio potrà
decidere meglio.- guardai Aro. Gli occhi scintillanti di un qualcosa che non
sapevo cogliere.
Caius
ringhiò mentre Aro rise divertito.
Non capivo
come mai fosse tanto allegro. In fondo una guerra non avrebbe fatto altro che
giovarlo.
Nuove
reclute…sangue…potenza.
-
Splendido mio astuto Marcus.- disse euforico Aro- Con te verranno il nostro
Alec e il fido Demetri.-
Notai i
rubini che avevano per occhi brillare.
Felix, il
grosso vampiro tra le nostre fila, ringhiava rabbioso di essere stato escluso.
Jane era
sbigottita. Non voleva separarsi dal fratello.
Gli altri
tacquero mentre le tre ospiti si scambiavano strani sguardi tesi.
- E’
deciso!- proruppe Aro- questa notte partirete.-
- Cosa?-
domandai- Non è meglio giungere per la prossima settimana? Tempo che ci
rifocilliamo…-
No,
partire precocemente avrebbe causato una strage solo per sfamarci.
- Vi
rifocillerete strada facendo. Dovrete arrivare entro domani sera e vi rivoglio
qui il prima possibile.-
Guardai
verso le tre donne e le viti sorprese e impaurite. Nascondevano qualcosa…e Aro
lo aveva capito.
Note della [tornata] autrice:
“L’amore conta…”
Mentre scrivo ascolto questa dolce melodia.
Penso sia la canzone più appropriata a questo
capitolo di tristezza
e cambiamenti.
Non trovate?
Finalmente accade qualcosa.
Dove sarà
finita Marzia?
Ma soprattutto, cosa succederà tra Jake e Bella?
E Edward che fine ha fatto?
E suo fratello?
I Volturi stanno alle porte.
C’è vento di cambiamenti.
Domani festa della mamma.
Auguri mamme!!
Aggiornerò il prima possibile.
La storia tra poco chiederà i battenti.
Vi mancherò?
Come al solito spero che commenterete in molti.
Voglio almeno 5 commenti altrimenti non aggiorno.
Lo sapete che mi fate felice coi commenti no?
E allora che vi costa? ç__ç
Ah, spero vi sia piaciuto il disegno di Marzia. Io la
immagino così.
Baciiii*
BlAcK_BerrY
|
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Capitolo 11 *** Scelta. ***
capitolo
Note della { affaticata} autrice.
Carissimi, ecco il cap.
Stavolta è davvero lunghissimo, come i rotoloni
reggina XDD.
Spero che anche solo stavolta lo leggerete, spero, o
lo commenterete.
Anche se mi sono rassegnata all’idea.
Ho capito di aver fallito come autrice.
* sospira delusa*
Ok, allora alla prossima.-.
Spero che il cap vi piaccia.
« A scattered dream
that's like a far-off memory.
A far-off memory
that's like a scattered dream.
I want to line the pieces up-
yours and mine.
»
«Frammenti di sogno che sembrano
ricordi lontani.
Ricordi lontani che sembrano frammenti di sogno.
Voglio allineare i pezzi.
I tuoi e i miei.»
K.Hearts II°
Capitolo
1o – Avvertimento.
Marzia
POWA.
Aprii gli
occhi lentamente, stordita dalla forte luce bianca che mi fece rinvenire. Tanto
forte, da provocarmi un cerchio alla testa. Mi abituai a fatica al forte candore.
La prima cosa che pensai fu che fossi morta, ma la esclusi subito: una come me
poteva andare solo all’Inferno e lì c’era troppa luce.
Non che il
pensiero mi dispiacesse poi tanto…ho sempre immaginato quel luogo come l’eterno
Paese dei balocchi. Le solite fantasie da liceale…ma per l’amante di un mannaro
l’unica via di fuga da quella vita era la morte.
Morire…
Troppo
bello per essere vero.
Cercai di
focalizzare l’ambiente.
Non ero
più nel bosco, bensì in una stanza…molto simile al salone di Jake.
Possibile
che il lupastro mi avesse già trovata?
La cosa
che inavvertitamente mi capitava, era la strana accettazione verso la sua
presunta natura. Pensare all’esistenza di esseri mitologici del genere…era da
pazzi. Io lo ero, questo era certo, ma perché?
Non avevo
prove che quello che mi aveva raccontato fosse reale…eppure mi accontentavo
della sua parola.
Gemendo,
mi misi seduta sul soffice divano verdastro su cui ero stata poggiata. Un
dolore lancinante mi bloccava le gambe, dovuto, forse, all’infondata
convinzione di aver sperimentato il volo.
Tutto era
di un legno sbiadito. Doveva essere una casa piuttosto vecchia e sapeva sia di
muffa, sia di cane. Che coincidenza.
A meno che
Billy non aveva cambiato l’arredamento alla velocità del fulmine…quella non
poteva essere la casa dove ero ospitata.
Accanto a
me, un lungo tavolo era apparecchiato per due. Complessivamente era una stanza
vuota. Un tavolo da salone, un divano, un televisore anch’esso vecchio e una
mensola con delle stoviglie d’argento messe in bella mostra.
Da una
porta che si affacciava in quel luogo misterioso, proveniva
un saporito odore di minestra.
Provai a
poggiare cauta i piedi a terra. Ero scalza e non vi era ombra delle mie scarpe.
Ottimo,
tanto quella che si sporca i piedi sono io!
Zoppicante,
mi avvicinai alla porta misteriosa e vi guardai dentro. Una giovane stava
cucinando, canticchiando un motivetto simile a quello che ero solita cantare da
piccola. Tutti gli altri suoni erano coperti da quel motivetto apparentemente
familiare. Era così singolare, trovarmi in casa altrui, ad ascoltare una
giovane sconosciuta. Sembrava innocua.
Alta
-anche se al mio confronto sono tutte alte- molto magra e dai lunghi capelli
neri, lisci e lucidi di un nero pece, raccolti in una morbida
treccia.
Si
avvicinò al gas e lo spense, mettendo il contenuto in due piatti fumanti che
posò sulla mensola di fronte a me.
Fortunatamente
non la spaventai e il contenuto non si rovesciò.
La
guardai, senza riuscire a dire nulla.
- Ti sei
svegliata, dunque.- mi disse gentilmente, sorridendomi.
Annui, la
voce era come svanita.
Come con
Edward, riuscii a leggere la mente anche a lei, vedendo immagini agghiaccianti.
Lei, un lupo grosso come un cavallo…la luna piena…avvolta dal sangue che colava
lento dal suo volto.
Portava
dentro di sé e su di sé un dolore forte ed indelebile…detto…Sabba.
Era
l’unica parola che le risuonava dentro, come le campane in un giorno di festa.
E più
rifletteva su quei ricordi…e più provava odio, terrore…e tanta pena.
Non capivo
perché.
Era come
se sapeva che il fautore di tutto ciò, fosse come corroso dai sensi di colpa e
qualcosa in lei le impediva di odiarlo, anche se, in cuor suo, ciò che li
legava era tutt’altro che amore.
Lessi
ancora, avida di saper ciò che mi era vietato. Niditi ricordi…tutti tristi e
malinconici.
Uno in
particolare. Lei, che piangeva tra le braccia di un giovane che mi appariva
familiare.
Singhiozzava
parole di perdono, mentre lui, furioso della sua tristezza, ma consapevole di
esserne la causa restava in silenzio.
-Leah….-singhiozzava…
-Leah…-le
faceva lui da eco.
Era la
scena più appassionante e straziante che avessi mai visto. Ero come commossa da
quella sua vita fatta di fardelli, che lei per un volere superiore, era
costretta a portare.
Un volere
come il mio…l’Imprinting, a cui io, però, continuavo a non cedere.
Forse
perché, in cuor mio, ho sempre temuto di fare una fine simile e che camuffavo
come il semplice desiderio di evitare storie che non avrei potuto continuare.
L’Italia e
l’America sono troppo distanti.
Troppo…
Prese i
piatti e li portò nella sala apparecchiata, poggiandoli sul tavolo, uno di
fronte al altro.
- Devi
mangiare. Hai dormito tanto.-
Mi
sedetti, imbarazzata da quelle visioni e
dalla sua presenza. Mentre mangiavamo in silenzio, la studiai, cercando i segni
di quel male. Aveva delle grosse cicatrici sulla guancia destra che l’aveva
sfigurata.
Quante
pene dovette sopportare, povera donna!
Appena finì la sua porzione iniziò a guardarmi
mangiare, mascherata, di un sorriso che trasmetteva paura e malinconia.
Quando
anch’io finii, la guardai guardarmi. I suoi occhi neri erano dei muri
invalicabili.
- Io sono
Emily. Ti ho trovata svenuta nella radura.- il suo tono non esprimeva emozioni.
- Io…-
provai a dire, ma venni interrotta.
- So chi
sei!-
Quella
risposta secca mi stupì quanto allarmò.
Come
faceva a saperlo?
- Ho
chiesto a Jakob di tornare quando ti saresti svegliata, così da avere
l’opportunità di parlarti.-assunse un’ espressione e un tono duro- ascoltami
bene, stai lontana da Jake.-
Non capivo
cosa volesse.
Conosceva
Jake e sapeva dell’imprinting…allora perché era la prima ad allontanarmi da
lui?
- Ma
cosa…- provai a chiedere lieve come un sussurro.
- Potresti
morire…ti prego…se puoi, salvati…- iniziò a singhiozzare. Mi stava mettendo in
guardia, ma da cosa?
- Spiegami
Emily!-
Toccata
dalle sue parole le asciugai con le dita le lacrime che le uscivano dagli
occhi.
Sentivo
che era sincera e che appoggiava quella parte di me che ora sapevo aveva
ragione.
-
Loro…vogliono solo “ quella” cosa.- spiegò indicando il mio basso ventre.
Capii a
cosa si riferiva…Paul aveva fatto le stesse allusioni anche se riguardo cose
diverse.
La
ascoltavo attenta e silenziosa. Si sentivano solo i nostri respiri. I miei
apparentemente calmi, i suoi veloci ed intensi.
- E se non
la ottengono, per quanto tu possa essere oggetto del loro amore, se la
pretendono la prima notte di luna piena.-
Mi venne
alla mente il ricordo di lei e del grosso lupo.
- Si
trasformano e ti cacciano pur di raggiungere il loro scopo, ma in quella forma
sono poco più di animali evoluti, prede dei loro istinti, che possono perdere
la testa e…ucciderti.- concluse d’un fiato.
- A te…-
provai a parlare.
- Lo hai
visto cosa mi è successo, sai che non mento.-mi si sovrappose secca
Lei sapeva
tutto di me…eppure io, sapevo solo qualche frammento di lei.
- Presto
Jake sarà qui. Verrà con Sam. Hai dove scappare? Domani notte è Sabba.-
Doveva
essere la notte di cui mi aveva parlato poco prima, forse.
- Cos’è
il…- provai a chiedere. Quella donna mi inteneriva e impressionava allo stesso
tempo.
Mi
fulminò, come se fino ad allora avessi fatto altro che guardarmi in giro.
Respirò a
fondo.
- Vedi,
l’imprinting non è altro che un sistema che i lupi mannari hanno per capire con
chi proseguire e migliorare la specie. Appena avuto, il pensiero primario è
quello di mettere in atto il loro dovere.
Qualora
l’oggetto del loro desiderio si rifiuti, anche se difficilmente accade, finché
sono umani, possono capire e controllarsi, ma se non ottengono ciò entro la
prima notte di luna piena…se la prendono con la forza, ma perdono la testa, se
ti opponi…e diventano…lupi. – concluse accarezzandomi
una guancia e sistemandomi una ciocca dietro l’orecchio.
Riflettei
sulle sue parole.
Ne ero
spaventata, ma affascinata allo stesso tempo. Era come se l’immagine dolce e
pacata di Jake, venisse distrutta da questa rivelazione. Quello che dovevo
capire è quanto potesse essere pericolosa.
Se fosse
stato qualcosa di grave, forse sarei potuta pure scappare da mia cugina. Magari
ne era all’oscuro anche lei, o forse, se fosse stata una minima attenzione,
avrei potuto anche offrirmigli per salvarmi la vita. Però…gli avrei spezzato il
cuore.
Ma lui a
spezzare il mio non si era fatto scrupolo…
Ma se il
pericolo fosse stato davvero grande, da perseverare nel tempo…forse non avrei
potuto neppure scappare.
Se fosse
stato così, allora, avrei avuto due piccioni con una fava. La mia vendetta su
Jacob, i sensi di colpa di mia cugina…
Il mio scopo era mutato.
Non
desideravo più le sole attenzioni di Jake, ma solo vendetta per l’illusine di
cui mi avevano convinto quei due amanti.
C’era
qualcosa in me di malefico e assurdo, che ragionava e mi piazzava quei
ragionamenti, convincendomi di future lusinghe…anche se mi mascherava la
sofferenza che ne avrei derivato.
- Quante
volte capita?- domandai una domanda che non avevo nemmeno pensato.
- Vedo che
mi segui.- socchiuse gli occhi.
Aspettai
la sua risposta.
- Ogni
mese.- rispose.
- E tu
come fai allora ad essere viva?- chiesi insospettita.
Formulavo
ragionamenti che non mi appartenevano. Come se qualcuno ragionasse per me.
- Lui mi
ha già avuta…quelle notti devo solo accontentarlo.-rispose gioiosa, come se
quell’incubo fosse diventato un sogno.
- E se io
facessi lo stesso?- chiesi studiandola.
Che le sue
fossero solo meccanismi per spingermi subdolamente verso Jacob?
Mi
sorrise, dolcemente. Quella donna maschera il suo vero stato d’animo con
maschere diverse a seconda di come vuole ammaliare una persona. Ma com’è
davvero?
- Sono
certa, che l’attrazione tra te e Jake sia davvero forte. Così forte che la
vostra collisione rischia di distruggere entrambi. Tu ne sei consapevole, ma
non accetti la cosa,. Per questo credo non ci andrai mai a letto. Sei troppo
viziata dal suo affetto certo. Ti piace torturarlo. Sei infida, stupida e
troppo forte.-
Stupida…mi
aveva dato della stupida…ma chi era? Come osava?
Strinsi i
pugni e contai fino a dieci cercando di calmarmi.
La
fulminai con lo sguardo, ma lei rimase composta. Quella donna era anche peggio
di me.
- Tu parli
così di me…ma chi o cosa, sei tu?- le parole mi uscirono di getto, nervose e
potenti.
- Credi
che il branco non ti tenga d’occhio? Ci servi tanto quanto ti temiamo, ma sei
pur sempre una merce di scambio.- il suo tono era diventato minacciosamente
lento.
Avevo
capito. Mi stava tenendo occupata per studiarmi meglio per conto degli
amichetti del traditore.
Che cagna…
- Cosa
volete da me?- cercai di mantenere un contegno. Picchiarla sarebbe stato
inutile. Magari era anche più forte di me.
Difficile,
visto che piano piano, sentivo nascere in me sempre nuovi poteri.
L’unica
cosa da fare, era mostrami sua amica e falsificare quelle forze di cuoi, forse,
erano a conoscenza.
- Questi
sono affari che non ti riguardano.-
Stavo
lentamente andando in iperventilazione. Ero agitata da quel comportamento.
Era quello
che voleva…
Provai a
leggerle la mente…ma caso strano, era come se riuscisse a difendersi.
Forse
avevo dei limiti?
Con Emmett
riuscivo solo a sentire le sue emozioni, con lei i poteri venivano ed andavano,
con mia cugina non funzionavano…dovevo fare altre prove.
Prima,
però, dovevo depistarla e farla parlare di sé. Per fare ciò, dovevo toccare un
tasto dolente.
- Emily…-provai a chiedere- … chi è
Leah?-
Sospirò.
Avevo
fatto centro.
- E’ mia
cugina!- rispose piano.
- Posso
chiederti cosa centra con i tuoi ricordi?- le chiesi tenendole falsamente la
mano. Stavo percorrendo il suo stesso destino.Solo che io…avrei rimescolato le
carte a mio favore. Mi servivano maggiori informazioni però.
Respirò a
fondo.
-
L’Imprinting che ho avuto è stato col suo ragazzo.-rispose soffocando i
singhiozzi.
La
squadrai. Che diavolo le prendeva. Era come se avesse due personalità.
La causa
dei suoi guai era lei, ma un’altra lei.
Allora è
vero come dice il Manzoni: i guai vengono per chi se li cerca e per chi no.
Vanno
affrontati.
Dio, può
solo incitarti!
Aiutati
che Dio ti aiuta…
Io però
ero sola…persino Dio mi aveva lasciata ora che ero passata dalla parte del
demonio. Ma se è all’Inferno il mio posto…tanto vale che mi prepari un posto
d’onore!
- E tu…hai
sopportato tutto, senza opporti?- le domandai delusa.
- Io…amavo
da prima Sam!- mi fissò piena di dolore.
Ora la
capivo. L’imprinting era stato il coronamento di un sogno che l’ha portata a
vivere in un incubo. Ma era quella la strada che aveva scelto, anche se non del
tutto. Le serviva solo lui. Il resto, le dispiaceva solo.
Era questa
la nostra differenza. Per quanto lei soffrisse e lui la facesse soffrire, si
consolava credendo alla sincerità dei suoi sentimenti.
Io, al
contrario, una volta ferita da Jake - e le sue ferite erano squarci nell’anima
–desideravo farlo soffrire perché più che addolorata…ero delusa.
- E
Leah…?- chiesi scuotendo la testa come per scacciare quelle parole così opposte
ai suoi pensieri.
- Lei…per
lei non esisto più.-si strinse nelle spalle.
Stava
succedendo lo stesso a me. Io, mia cugina e Jake…il triangolo perfetto.
Non avrei
permesso che ciò accadesse.
Non dovevo
soffrire.
Non io.
Restammo
in silenzio per qualche minuto, ascoltando il ticchettio dell’orologio.
- Allora
sai dove andare? Qui è campo minato…- chiese sforzandosi di sorridere.
Perché era
tanto interessata? Doveva dirlo al branco
di sicuro.
Ci
riflettei su…da mia cugina era meglio di no.
Non potevo
fidarmi. Ma allora da chi?
Eccola…la
mia via di fuga.
Emmett…la
moglie assente….ma come potevo presentarmi?
Neanche lo
conoscevo. Con che faccia mi sarei fatta viva?
Eppure, lo
avevo percepito chiaro, che nei miei confronti sentiva ammirazione ed
attrazione.
Lui solo
poteva aiutarmi.
Era la mia
ultima risorsa.
Il
tradimento con Emmett per distruggere
Jake.
Annuì.
Ora
l’unica cosa da fare ora…era stimolare Jake in quella notte nefasta. Però, come
avrei spiegato l’attacco e il sangue?
Erano
umani loro…non potevano capire. Però…nascondevano qualcosa…lo sentivo!
- Ottimo.
Sai come arrivarci?-
- No!-
risposi cauta. Senza essere diretta cercava di capir da chi mi sarei rifugiata
per studiare una contromossa.
- Male. E’
lontano?- domandò mordendosi un’ unghia.
Feci spallucce.
In un
impeto di furia Emily sbatté i pugni sul tavolo facendolo tremare.
Sobbalzai.
- Scappare
è inutile..- rifletteva.
Che falsa…
Suonò il
campanello. Lei sgranò gli occhi furiosa e spaurita. Forse il suo ragazzo si
sarebbe infuriato con lei. In fondo, non aveva scoperto nulla.
Volse lo
sguardo verso di me, terrorizzata. La vidi alzarsi.
- No!-
urlai trattenendola per il gomito. Ma sì. Mettiamo il dito nella piaga.
Sbattiamole davanti la sconfitta.
Si fermò
un secondo, poi si avviò verso l’uscio, staccandosi dalla mia presa.
L’ultima
cosa che volevo fare in quel momento, era parlare con Jacob. Su di lui, non
ricordavo che effetto facessero i miei poteri…e non avevo vie di uscita.
Cosa mi
restava fare?
Non potei
rifletterci che sentii la sua voce calda dietro di me. Ero troppo spaventata e
terribilmente offesa, ancora, per poter voltarmi e sostenere il suo sguardo. Se
lo avessi fatto, sapevo sarei caduta nella sua rete.
- Mi
dispiace!- biascicò.
Mi
dispiace…solo “ mi dispiace” sapeva dire? Dopo tutto quello che aveva fatto e
scelto?
Restai
muta, stringendo il sedile della sedia tra le mani.
Faceva
male, ma ignoravo il dolore provocato dall’astio.
Non dovevo
tornare sui miei passi. Avevo deciso: doveva soffrire.
Vendetta,tremenda
vendetta.
-
Vattene.- trovai il coraggio di dirgli.
-
Mar…-provò a implorare.
-
Vattene!- ripetei forte, quasi isterica.
-Ascolta…-
lo sentii voltarmi, ma opposi resistenza. Lui si fermò.
-Lasciala Jake…- sentii implorare Emily.
- Emily!-
una sola parola, capace di richiamarla e lei smise.
Sam
ordinava, lei eseguiva.
Forse Sam,
fece qualche cenno a Jake. So solo che mi alzò di peso e poi mi portò con sé.
Inutile
dire che urlai, ma nulla.
Jacob, mi
trascinò per un sentiero che dava sul retro della sua casa.
- Lasciami
sacco di pulci.- gli urlavo scalciando
Lui,
deciso, mi portò in casa gettandomi violentemente sul letto.
Appena fui
lasciata provai a fuggire, ma lui mi bloccò di nuovo rigettandomi sul letto.
Provai a calmarmi. L’astio, il terrore e la furia me lo mostravano come il
mostro che sta per divorare la vittima. Io non lo amava, io…lo odiavo.
Odi e amo…
diceva Catullo. Mi sa che senza saperlo…si riferisse a me.
Sentii le
rotelle di Billy avvicinarsi e dire dall’atra parte della porta:
- Jake, non
essere violento!-
Ma lui lo
ignorò. Mi fissava, coperto dall’ombra, così che non potessi vedere la sua
espressione.
Avevo una
tremenda, pazza paura…di poter averlo ferito così che lui, potesse ferire me.
- Sono
stufo.- disse senza muoversi dalla porta.- Stufo di correrti dietro.-
Lo guardai
sconvolta. Era la prima volta che mi rimproverava. Lui aveva sempre dato il
massimo per me e io…lo avevo ridotto così. Quanto potevo essere malvagia?
- Non ce
la faccio più…-proseguì. Mi sentii il cuore in gola.- Sono stufo…- eccolo stava
per attaccarmi.- …di amarti così tanto!- esclamò in fine scuotendo la testa.
Emily
POWA.
La lasciai
andare appena Sam me lo ordinò. Sapeva che avevo fallito e ne ero desolata.
Non
riuscire a far felice Sam…era la peggiore delle punizioni.
Lui, che
mi aveva chiesto un favore vitale…
Io…che non
ero riuscita ad essergli di aiuto….
Sono solo
un peso.
-
Scusami…- dissi iniziando a piangere. Sono sempre stata fragile e debole.
Se non
fosse per questo mio marito che tanto amo e che mi ha salvata, incapace come sono
di arrangiarmi da sola.
Eppure,
per quando mi disperi per lui, non sono in grado di aiutarlo.
Gli ho
creato sempre problemi…
…i miei
problemi.
Singhiozzavo
piano, cercando di evitargli il di disturbo di sentire le mie lamentele.
Lui non mi
disse nulla. Mi abbracciò forte. Tenendomi stretta al suo petto caldo.
Era così
che mi consolava…ed era così che io mi scioglievo. Solo lui sapeva sorreggermi
e tenermi aggrappata a questa vita che per me…è già finita.
Prima
avevo tutto e niente.
Ora avevo niente
e tutto.
Io avevo
fallito.
Saremmo
morti tutti.
I Freddi
ci avrebbero attaccati sicuramente.
Era inutile
che quel dottore diceva che venivano solo a verificare.
Una
guerra.
Era
inevitabile.
Avevamo
solo due possibilità: o dare la ragazza ai vampiri e sperare di salvarci, o
combattere per l’amore di Jake e per la nostra eventuale sopravvivenza.
Marzia
POWA.
Jake pronunciò
quelle parole con un tono di rassegnazione e depressione che mai gli avevo sentito
prima. La voce dura, si era ammaliata.
Non capivo
perché mi dicesse quelle cose, so solo che mi sciolsi come neve al sole.
Se prima,
ero riuscita a macchinare la più terribile vendetta, vedendolo così…non potevo
fare altro che desiderare la sua felicità.
-
Vorrei…vorrei tenerti stretta, e renderti felice, ma tu non vuoi.-proseguì- so
di averti ferita oggi, ma sappi, che tu sei l’unica donna con cui vorrei
stare.- si avvicinò lento come per vedere se avessi qualche reazione –
Non mi
serve la benedizione di Dio, né una vita da immortale…mi servi soltanto tu
Marzia.- era davanti a me. Immobile.
Quella…era
la sua dichiarazione? Se no…ci andava tremendamente vicino.
- So cosa
ti ha detto Emily e non posso negarti sia vero, ma ti giuro che mai ti farei
del male. Proprio per questo ti difenderò dai piani di Sam, dovessi lasciare il
branco, ma mai permetterò loro di metterti in pericolo.- si mise in ginocchio.
Oddio….quella
sapeva tanto di dichiarazione…o rivelazione shock, a voi la scelta.
Gli occhi neri
lucidi mi fissavano e avevano lo stesso effetto di quelli dei piccoli cuccioli
di cane.
Io,
d’altra parte, ero pietrificata a fissare quel volto ed a rimanere incantata da
quelle parole. Quando lui era con me, anche quella strana sensazione in me si annullava,
anche se, a volte, dava i suoi segni di vita, ma che riuscivo ad ignorare.
- Cosa
vuoi dire? – domandai pacata fissando quello sguardo cupo.
- Non
l’hai ancora capito?- mi mostrò uno dei suoi solari sorrisi.-Anche se vengo
calpestato, preso a calci, sono un uomo incontrollabile che mantiene sempre la
sua parola. Io ti amo!- sussurrò deciso.
Quello lo
sapevo, eppure sentirselo dire mi rendeva stranamente contenta.
Perché
dovevo privarmi di quella felicità?
Io lo
volevo almeno quanto lui voleva me.
Sapevo che
il passo che stavo facendo sarebbe stata la nostra rovina, ma non importava ad
entrambi.
Per quanto
possa essere effimera, la felicità è il desiderio di perseverare quei momenti.
Sapevo anche
che mi sarei pentita di ciò, che avrei sofferto, ma l’unico pensiero capace di
risollevarmi era che lo stesso sarebbe stato per lui e che mi continuava ad
amare.
Quella era la forza che tutt’ora mi
spinge ad andare avanti, aspettando la mia fine.
Lui era una
creatura dannata, io un’umana che aveva ripudiato la sua stessa natura per lui.
- Entrambi
sappiamo che questa felicità non durerà per sempre. Però, almeno per il momento,
vogliamo comportarci come se fossimo una coppia felice?- mi chiese infine.
Si…era
davvero uva dichiarazione.
Stavo per
andare in iperventilazione.
Sentivo il
cuore soffocarmi in gola.
Ma ciò nonostante
sorrisi come una scema annuendo per poi avere il peso di Jake saltatomi
addosso.
Non
importa se era una cosa amorale, o se avrei sofferto, se la mia famiglia
sarebbe stata contraria o meno.
Era tutto
indifferente.
Avevo
perso la scommessa. Avevo accettato il suo amore. Avevo messo da parte il mio
orgoglio.
E’ vero
ero uva pazza. Pazza di lui.
Al
cospetto di Dio saremo senz’altro giudicati colpevoli, ma saremo i peccatori
più felici di questo mondo.
- E così cappuccetto rosso si innamorò del lupo cattivo…- mi sussurrò
all’orecchio stringendomi a sé.
- No, non
esiste il lupo cattivo, solo il mio super eroe.-gli risposi allegra.
Era
riuscito a farmi tornare quella di sempre.
L’allegra, spensierata fanciulla.
Però…l’odio
verso mia cugina rimaneva.
- Guarda
che a me neanche la criptonite mi ferma.- mi morse l’orecchio.
Avrei voluto che tutto rimanesse così…che
illusa…
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Capitolo 12 *** Sabba. ***
cap 11
¬ I soli possono tramontare e poi risorgere;
noi,
una volta finita la breve luce,
dobbiamo dormire un'unica eterna notte.
[ Catullo ]
Capitolo 11 – Sabba.
Marzia. POWA
Dall’ altra parte della stanza, il predatore mi
scrutava silenzioso.
I suoi occhi scuri, erano gli unici punti luminosi
che scintillavano nella stanza buia.
Mi scrutava, sì, come per pregustarsi il mio ultimo
momento di vita.
Sobbalzai.
Subito accorse al mio fianco, accennando sollievo nel vedermi ancora in forze.
‹ Non è nulla. ›mi affrettai ad aggiungere, tra un’
affanno e l’altro.
Tornò al suo punto di osservazione, mutando
nuovamente espressione e parando i tremolanti raggi di luce che filtravano
dalla mal ridotta finestrella alle sue spalle.
Mi portai una mano sul ventre, accarezzando il boia
al suo interno.
Improvvisamente, il predatore parlò:
‹ Continua…›
Il suo tono gelido e duro, per un istante, mi parve
cupo e straziato, ma probabilmente, mi stavo sbagliando.
***
Quella notte, dormii tra le braccia di Jacob,
protetta dal suo corpo e dal suo calore. Quelli che sembravano piccoli sprezzi
di amore, riuscirono solo a medicare le ferite causatemi da quella parte di me
che, sadica, provava gusto nel vedermi soffrire.
La parte più dura fu il risveglio. Ero
completamente intorpidita. Dormire nuda, sotto la grossa mole di Jacob, non era
stata una così tanto brillante idea, ma, in quei momenti di passione, mi fu
difficile persino rimanere lucida.
Il dolore più acuto, proveniva dal mio basso
ventre, messo a dura prova per l’intera nottata. Mi fu difficile, infatti,
mettermi in piedi e cercarmi da mangiare.
Però, non era il sorriso a mancarmi.
Mi infilai la prima cosa che trovai, senza badare a
ciò che avrebbe capito Billy, vedendomi con indosso una delle enormi magliette
di Jake.
Sarebbe stato normale, infondo, ma il pensiero mi
apparve più vergognoso che mai. E, ancora più vergognoso, mi sembrò il pensiero
che di lì a poco, tutto il suo branco lo avrebbe saputo.
Ora potevano tirare un respiro di sollievo, tutto
era nella norma, ma, la prova più grande l’avrei avuta quella sera; la sera di
Sabba.
Non ero più così spaventata. Il grosso era passato,
però, la probabilità che qualcosa andasse storto rimaneva.
Accesi il telefono. Jake dormiva ancora, calmo e
beato. Sembrava un bambino, il mio bambino.
Gli accarezzai i capelli cercando di non
svegliarlo. Era così strano credere che ora era il mio ragazzo.
Tutta la grinta messa per respingere una sicura
sofferenza, era svanita insieme all’odio. Dovevo arrendermi all’idea che fossi
una debole.
Presi il telefono e mi trascinai in cucina.
La casa era silenziosa e ancora assorta tra le
braccia di Morfeo.
Mi preparai del latte, non avendo lo stesso fame e
mentre facevo bollire il liquido, il telefono squillò.
- Pulcino!- l’urlo stridulo di mia madre fu inconfondibile.
Dovetti allontanare l’aggeggio dal mio apparato
uditivo per riprendermi un attimo.
- Come stai tesoro?- riprese la voce squillate.
- Stavo meglio prima.- insinuai perfida.
Sentii mia madre mugolare. Era una donna come
dire…lamentosamente gioiosa.
- Dina, che cazzo ti urli!?- eccolo l’uomo della
mia vita.
Papà, richiamò mia madre. Lui era il macho che non
doveva mostrare emozioni.
- Chicco, vuoi parlare con la bambina?- chiese mia
madre euforica.
Il latte gorgoglieggiò, sbottando dal pentolino.
- Non chiamarmi Chicco!- sentii baccagliare
dall’altra parte della cornetta.
Specifico, a 15 anni mia madre mi chiama ancora
“bambina” e soprattutto: Pulcino!
- Come stai?- fece duro lui.
- Meglio ora!- affermai gioiosa nel sentirlo. Io
sono sempre stata innamorata del mio vecchio.
- Suvvia Alvaro, sii più dolce con la pupa!- eccola
che si rilamentava.
Sì, sono sempre io
la “ pupa”.
- Stai zitta te!- rispose lui.
Sentii mia madre insinuare qualcosa.
- Se n’è andata.- aggiunse lui.
- Meno male!-
E poi ecco il papone che tanto adoravo venire
fuori.
- Mi maaaaanchi piccola di papiiiiii!- fece
lui melodrammatico.
- Su, su papi. ‘Sta settimana e torno.- lo
rincuorai.
- Io lo dicevo di non farti partire. Mi sente tua
madre, oh si!- continuò tra sé e sé.
- Chicco, è prontoooo.- tuonò mamma.
- Devo staccare. Ti chiamo dopo. Stai attenta ai
ragazzi. Ti manca il tuo papi verooo? Baci piccola. Chissi, chissi.- e
agganciò.
Si lo so, vivo circondata da squilibrati mentali. E
che posso farci io?
Oramai dovevo buttare pure il latte.
Sbuffai, trascinandomi nuovamente a letto.
Trovai Jake in piedi, intento a vestirsi. Mi lanciò
un sorriso beffardo, per poi strapparmi un bacio.
Era come vivere un incubo, dai colori sgargianti.
***
‹ Perciò il figlio che aspetti…è di Jacob? › chiese
il predatore speranzoso.
Sarebbe piaciuto anche a me fosse stato così.
‹ No! ›
Si bloccò, per poi riprendere contegno e tornare a
studiarmi.
Sarà perché ora sono madre o perché mi è difficile scappare da qui.
Sono molte le ragioni per cui non posso andare
subito a cercare Jacob.
Ma, in realtà, penso che la mia sia solo paura.
Paura di rivelargli che il figlio che ho in grembo
non sia suo e che la mia mano protesa…venga respinta.
‹ E allora…› lo sentii timoroso nel domandarmelo
‹...allora…di chi è? › deglutii rumorosamente.
Sorrisi beffarda, alzando il volto e fissando negli
occhi la morte.
***
Era la mattina del 12 Febbraio e in America si
festeggiava il compleanno di Lincoln, così Jake poté passare la giornata con
me.
Tutto passò molto velocemente.
La passeggiata sulla spiaggia, il pranzo rigorosamente
pagato da lui…si susseguì tutto così velocemente, da essere vuoto. Mi sembro di
rivivere le stesse cose…di continuo.
Sarà che i posti da veder erano sempre quelli.
Billy era dal Charlie a vedere una partita.
Di Bella neanche l’ombra. Poco me ne importava,
sinceramente, però era uno dei miei pensieri fissi.
Mi sentivo colpevole della sua tristezza.
- Che hai?- mi chiese Jake mentre lo facevamo.
Avevamo casa tutta per noi, eppure, anche in quei
momenti, non ero soddisfatta.
La colpa non era né mia, né delle doti amatorie di
Jacob. La colpa, era di quelle immagini che si proiettavano nella mia mente.
Le vedevo, definite, momenti di passione tra due amanti.
Due persone nascoste da un baldacchino che si
muoveva rapido. Dalla tenda usci una mano.
Marmorea, forte, fredda.
- Oi?- mi richiamò Jake.
Lo guadai stralunata, ma il volto che vidi non era quello del mio desiderato lupo, bensì
un volto più bello, dai tratti simili a quelli di Emmett. I capelli neri, fini.
Gli occhi rossi e la pelli bianca. Lo accarezzai rapita. Lui mi sorrise e
riprese quella danza vellutata.
Ma di sottofondo, non sentivo più il sussurro del
mio nome, ma un altro, stranamente familiare.
Didyme…
***
‹ Vuoi farmi credere rivivevi i suoi ricordi? ›
Era confuso.
‹ Si. ›
Tornò impassibile.
‹ Non farmi ridere. ›
***
E calò silenziosa, come una pantera pronta in posizione
di caccia.
Io ero la sua preda.
Jacob era sicuro di avermi avuta a sufficienza per
quel giorno e che dovevo tranquillizzarmi.
Più facile a dirsi che a farsi.
Cenammo da soli. Tutto al lume di candela, felici
della nostra intimità.
Poco prima Jake era andato alla ronda col branco.
Tornò tutto incazzato.
- Paul dice che hai un bel culo, Quill una botta te
la darebbe…- iniziò a sfogarsi
Lo guadai allibita e orgogliosa di me.
- Di
positivo c’è che stasera non dovrebbe succedere nulla….almeno così dice Sam.-
mi prese per i fianchi da dietro mentre cucinavo.
- Lo sa pure Sam?- mi voltai ironica.
- Lo sanno tutti.- rispose mordendomi l’orecchio.
Tutto sembrava
perfetto, immutabile.
Purtroppo, durante la notte qualcosa cambiò.
Stavamo parlando. Era tardi, ma non riuscivo a
dormire e lui mi faceva compagnia.
Improvvisamente fu percosso da brividi.
- Jake?- domandi allarmata.
Ringhiò.
- JACOB!- urlai iniziando a piangere.
Fu tutto velocissimo. La sua trasformazione, la corsa…
…tutto inutile.
Gli unici ricordi che ho furono i raggi della luna…e
due figure: una enorme, l’altra brillate e poi…sangue.
***
‹ Fu l’ultima volta che lo vidi…›
‹ Ti manca molto? ›
‹ Come l’aria. › esclamai al pensiero.
Qualche attimo di silenzio, mentre la preda guardava
negli occhi il suo predatore.
‹ …ora sai come mi sento. › sussurrò.
***
Note
dell’[‘affaticata] autrice
Ho la tastiera
rotta ç__ç
Scusate il ritardo.
Appena potrò
posterò.
Spero il cap vi piaccia.
Colpi di scena…
chi avrà salvato Maya? °-°
Vi saluto mie anime pie…
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Kissi <3
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