The last part of us

di Allie_Mayniac
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Your smile in a frame with broken glass ***
Capitolo 2: *** Me Against the world pt.1 ***
Capitolo 3: *** Me against the world pt.2 ***
Capitolo 4: *** My own Patroclo. ***



Capitolo 1
*** Your smile in a frame with broken glass ***


"Now I need someone to breath me back to life."



 

16 Aprile 2014 17:07 
 

-Gennaro alzati. Devi reagire.-

Tiro ancora più sulla testa uno dei tre plaid, come se non fossi già completamente coperto.

-Gennaro Raia! Ti do tre secondi per uscire da questo ammasso di stracci puzzolenti che chiami letto.-

Biascico con voce roca un –cinque minuti...-

-Cinque minuti un cazzo, ti ho già dato tre giorni in cui sei uscito dal letto tipo due volte e solo per andare in bagno, almeno fatti una doccia e mangia qualcosa sennò diventi trasparente.-

In un'altra situazione avrei risposto con un "sei solo gelosa perché sono più in linea di te" ma il solo sforzo di aver detto due parole poco prima mi ha totalmente prosciugato la gola quindi mi limito ad aspettare in silenzio che Maria se ne vada per poter riprendere il mio letargo.

Proprio quando mi convinco che se ne sia andata sento un'improvvisa ondata di freddo e la luce del sole mi investe violentemente anche attraverso le palpebre chiuse. Sento gli occhi bruciare troppo così perdo l'occasione di riprendermi la coperta preferendo coprire il volto con entrambe le braccia.

Maledetti occhi azzurri, sempre troppo delicati.

-Sei l'unico uomo al mondo che usa un pigiama, io non so come tu faccia a definirti normale. Ora alza il culo e non costringermi a usare l'arma del solletico che stai puzzando e mi fa schifo toccarti.-

"Tu starai puzzando, stronza".

Per la seconda volta stamattina (è mattina??) rinuncio a parlare per evitare di peggiorare la situazione a livello di corde vocali. E pur di zittire quella rottura di palle della mia coinquilina forzata accumulo tutta l'energia che trovo, che per inciso è davvero poca non ostante i tre giorni passati a non fare il minimo movimento se non necessario, cerco un cambio pulito e scappo in bagno. "Scappo"...mi avvicino a un passo tale che anche un bradipo sotto effetto di Xanax potrebbe superarmi senza problemi. Ma non importa, non mi importa neanche dei milioni di dolori che sento spargersi per il corpo perché non sono neanche paragonabili a quello che mi porto nel petto da giorni.

Mi dispiacerebbe ammettere che Maria non si sbagliava, una doccia è stata rigenerante, ma in ogni caso non le dirò che aveva ragione. Mai nella vita.

A differenza dell'effetto di momentaneo sollievo donato dalla doccia, quando trovo finalmente la forza di provare a mangiare mi devo limitare a un pezzo di pane prima che la nausea abbia il sopravento sulle buone intenzioni che mi sono autoimposto. Okay... Quasi autoimposto, perché, nuovamente, se non fosse per l'infinita determinazione di quella psicopatica di mia sorella starei ancora aspettando di morire nel sonno controllando continuamente quel cellulare in attesa di un miracolo.

Ma non voglio un miracolo grande.

Me ne basta uno piccolino.

Un sms sarebbe fantastico per esempio.

Mi arrendo alla realtà e provo a fare una lista mentale delle cose che potrei fare per evadere un po' dalle mie prigioni mentali prima che torni l'oscurità.

Ovviamente fallisco e ritorno per l'ennesima volta a quell'ammasso di ricordi ancora così chiari e vivi.

Il dolore la prima volta non è arrivato subito, ma è arrivato assieme alla consapevolezza di ciò che è successo dopo ore e ore di apatia e movimenti meccanici dettati dalla paura di pensare a ciò che comportavano gli eventi di quel giorno.

Colui che era diventato ormai un, il compagno di vita ha deciso che non avremmo mai più avuto niente in comune e ciò ha portato in un primo momento solo tanta rabbia, una rabbia animalesca.

Ho urlato, l'ho insultato, ho solo puntato ad essere tagliente e fargli tutto il male che potevo.

E a ripensarci non so cosa sarebbe stato meglio fare.

Mi sembrava che tutto andasse per il meglio: i locali sempre più conosciuti che accettavano le nostre richieste di suonare qualche sera al mese per pochissimo denaro, la sincronizzazione naturale tra le nostre voci, i sempre meno comuni problemi, l'"effetto urban" che si tramutava in una sempre maggiore capacità di nascondere subito gli errori. Alessio non si era nemmeno incazzato quando lo avevo lasciato cantare in italiano da solo anzi, nelle ultime settimane era stato molto disponibile, forse anche più del solito.

Durante l'ultimo concerto invece successe qualcosa di inaspettato. Dopo l'ultimo brano in scaletta al posto che salutare e ringraziare il piccolo pubblico con me mi zittii, staccò il mio microfono e cogliendomi di sorpresa decise di cantare un pezzo da solo, senza nessun mio intervento. Non riuscii a reagire mentre mi staccava l'attrezzatura e prendeva quella Gibson, con cui aveva passato ore e ore della sua vita a migliorare le sue tecniche per me impeccabili, iniziando subito a cantare quelle parole così familiari di quella canzone che avevamo scritto assieme in una notte un po' strana diversi mesi prima.

Mimò quasi ogni frase con quegli occhi che avevano perso la solita venatura di dolcezza e lasciavano spazio solo alla determinazione, tradita però dal tremolio alla fine della prima frase.

Don't look at me again this way

I can't hold the breath

Don't hold me tight, a tear from my eyes

Una lacrima minacciava davvero di uscire ma nessuno oltre me l'aveva notata, non ostante il locale fosse pieno, nessuno oltre me poteva riconoscere la lucentezza di quello sguardo

You don't have to wait, your hand tremble on my face

Di nuovo un piccolo quasi impercettibile tremolio.

A part of me wants to love you the other one, wants to burn you alive.

Eppure "love" non sarebbe dovuto essere cantato con una nota così alta.

A distrarmi dalla confusione ancora presente dovuta a quell'iniziativa e alla scelta della canzone, fu il ricordo dei biscotti che avevo fatto per mesi fino a farli odiare ad Alessio perché lo costringevo ad assaggiarli per dirmi se stavo migliorando o facevano sempre cagare. Inutile sottolineare come lui dicesse sempre che erano buonissimi non ostante imperterrito non gli credessi, non erano davvero buoni era lui che era davvero gentile.

Continuò la canzone fino alla fine, ripetendo meno ritornelli del dovuto, decisione dovuta probabilmente al fatto che mancassi io a fare il canone.

-Grazie mille, siete stati gentilissimi, ora andate a prendervi un Sex on the beach che qui sono i migliori di tutta la Campania!-

Non parlammo dopo il concerto, non subito per lo meno. Quando gli chiesi perché aveva cantato da solo mi liquidò con una di quelle lente e tenere alzate di spalle che mi facevano sempre sorridere e intenerire così mi dimenticai di tutto per un po' nuotando nell'inibizione dovuta ai suoi gesti e a quel paio di birre che avevo bevuto durante la serata, a stomaco vuoto.

Solo la mattina dopo ( e con mattina intendo le 14.30) decisi di volere una risposta, così andai a casa sua senza neanche avvisarlo e quando arrivai ad aprirmi la porta fu il fratello.

-Eih Genn, Alessio non c'è, pensavo fosse da te a dire il vero, non lo so prova a cercarlo.-

Dopo aver ringraziato quel ragazzo che ormai vedevo puntualmente da un anno a quella parte decisi di fare mente locale, nella mia piuttosto disordinata mente, per poter fare una lista dei posti in cui avrei potuto il mio partner.

Partner.

Cercai al parco centrale, nel nostro solito bar, addirittura a casa di sua nonna ma, ovviamente, come avrei dovuto capire dall'inizio era proprio nel primo posto in cui ero andato: a casa sua, sul tetto.

Lo raggiungo e mi siedo al suo fianco prendendogli dalle dita la sigaretta e facendo un paio di tiri. Sigaretta in mano ad Alessio vuol dire solo una cosa: guai.

-Alè ti ho cercato ovunque, perché non sei sceso quando mi hai visto arrivare?-

-Scusami.-

-Non sono arrabbiato dai, sono solo curioso riguardo ieri sera, perché hai cantato Frame da solo?-

Il moro mi rivolge uno sguardo smarrito e mi ricorda una di quelle gazzelle inseguite dal leone nel documentario che ci siamo guardati una sera, fatti, alla tv.

-Genn dobbiamo devo parlare.-

-Lo stiamo facendo, dimmi.-

-Due mesi fa ho fatto un paio di test per l'università.-

Università? Alessio? Quell'Alessio che sta puntando al 60?

-E..?-

-Non ho ancora gli esiti e non son o neanche sicuro del motivo per cui li ho fatti, ma con frame volevo solo dirti addio.-

-No, aspetta. Nonono. Alé dimmi che scherzi e che non stai davvero rinunciando agli Urban, a Londra, al nostro sogno.-

-Non sono sicuro di voler vivere senza nessuna certezza. Così, senza un posto fisso, uno scopo visibile dal presente.-

-Nessuna certezza?-

-Ho paura Genn.-

E credi che io non ne abbia brutto stupido? Credi che io sia sempre sicuro di poter sopportare tutto? E' per questo che io ho te e tu hai me.

-Potremmo farcela noi due, non siamo per niente male assieme, siamo due amici, siamo una band. Non ti basta più tutto questo?-

Lo vedo sussultare e puntare lo sguardo insistentemente sulle sue mani e dentro di me sento la rabbia prendere il sopravvento.

-No, non mi basta. Ho bisogno di sicurezza, di certezze e tu... E tu e le tue paranoie di sicuro non siete una buona base su cui costruire il mio futuro, non abbiamo neanche i biglietti per Londra, nessuna casa, nessun lavoro. Nessuna certezza. Tu hai lasciato la scuola e rispetto la tua scelta ma sai che voglio diplomarmi e prendere il diploma senza andare all'università è inutile, non ho nessuna possibilità...-

-Credevo che gli Urban Strangers fossero la certezza, la sicurezza ma a questo punto è ovvio, non ti importa, non più. Probabilmente dovresti tornare da quella ragazza schifosa che ti ostini ad ascoltare come un cagnolino obbediente, dovresti seguire lei nella sua cazzo di città di merda per la sua cazzo di università che ti porterà a vivere infelice e senza arte a studiare qualcosa che non ti interessa per fare un lavoro che ti farà cagare. Spero tu sia felice nella tua vita da sfigato frustrato.-

Alessio mi guardava con un'espressione indecifrabile persino per me, la stessa che ogni tanto era spuntata negli ultimi tempi nei silenzi che partivano tra una canzone e l'altra che ascoltavamo i vecchi 50giri dal vecchio giradischi della cantina, quello che mi aveva regalato mio nonno anni prima.

Non mi rispose, non spiccicò parola per quei cinque secondi che mi sembrarono ore.

Senza più fiato e con la voce prossima allo sparire decisi di saltare subito giù nel balcone della camera che probabilmente non avrei rivisto presto e uscire da casa sua rapidamente senza salutare le persone al suo interno, incazzato e deluso come mai prima nella vita.




 

Spazio Autrice

Non scrivevo una fanfiction da secoli e spero vivamente che non faccia troppo cagare.

Allora, è una sorta di What if? in cui gli Urban si separano. Per sempre? Per poco? Per molto? Non si sa. Davvero, non lo so ancora nemmeno io.

Ho preferito evitare di usare i nomi veri delle sorelle di Gennaro perché comunque non so se gli farebbe piacere o meno.

Genn ha solo una sorella: Maria e, Alex un solo fratello, cui nome non credo sarà rilevante (Nando tvb).

La frase a inizio capitolo è Stitches di Shawn Mendes mentre il titolo del capitolo e la canzone "Frame" cantata da Alex è ovviamene Empty bed degli Urban Strangers.

Se avete dubbi o semplicemente  voglia di parlare su twitter sono @skillzasdonuts.

* abbraccione grande grande *

Alex

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Capitolo 2
*** Me Against the world pt.1 ***


20 aprile 15:30

-Gennà sarà il quarto caffè che prendi oggi, non starai esagerando?-

-E' solo il terzo, quella tazza- indico con mano tremolante una della tante mug sporche nel lavello- era ginseng.-

-Non comprendo la differenza. Comunque...-

Maria inclina la testa leggermente nella stessa identica maniera in cui lo faceva il nostro cane e mi guarda con uno sguardo dispiaciuto e confuso.

-Cosa credi di fare adesso?-

-Pensavo di aggiungere un po' di miele, così oltre che riscaldarmi magari mi fa anche bene alla gola.-

-Non era quello che intendevo ma... ti preoccupi della gola perché hai voglia di cantare?-

-E perché mai. Non ho né la minima voglia né una sola buona ragione per farlo.-

Mia sorella mi guarda un'ultima volta sorridendo appena prima di uscire dalla stanza e lasciarmi da solo.

Riprendo in mano il libro che avevo lasciato sul tavolo con l'angolo della pagina piegato per tenere il segno e penso a come mi sgriderebbe Alessio se fosse qui, ma non c'è, non ci sarà né per il resto di questa futile giornata né di questa settimana e chissà per quanto ancora. Per sempre?
No. Non può essere per sempre, non ce la farei a vivere solo, suonare solo. Non so suonare, quella poca sicurezza di esserne minimamente capace si manifesta solo ed esclusivamente durante le prove con Ale.

Quindi il problema non è stare solo, non sono così solo. Il problema è stare senza Alessio.
Ma se lui ha deciso così io non sono nessuno per privarlo delle "certezze" che tanto brama, rispetterò la sua decisione.

Constato che Mari è andata a riposarsi così cerco di muovermi il più silenziosamente possibile mentre vago per la casa. Mi fermo senza apparente motivo nel piccolo studio disordinato e noto tra le mille carte una vecchia moleskine nera. La prendo e la sfoglio.

È piena di disegni brutti, di sfoghi, di pezzi di canzoni mie e non, continuo a sfogliarla rapito da quante volte il nome di Alessio appaia, così come la sua scrittura dai caratteri enormi e quasi infantili che vanno a formare frasi in inglese di dubbia correttezza grammaticale.

Mi sale un groppo alla gola, prendo l'agenda con me ed esco in balcone a fumare una sigaretta, a pensare, ancora.

Non ostante fossimo gli opposti per la maggior parte del tempo, riuscivamo a trovare quelle poche cose in comune che erano talmente forti, genuine e favolose che diventavamo una persona sola.

-Ale, domani salti la scuola?-

-Cosa? No, non posso.-

-Certo che puoi, io lo faccio sempre. E sì, so che mi stai giudicando in questo momento, lo capisco dalle tue sopracciglia.-

Il moro alzò d'istinto le sopracciglia e un'espressione sorpresa apparse sul quel volto che piano piano stava diventando sempre più squadrato e adulto.

-E so anche che in realtà stai considerando la mia proposta.-

-No, non esiste. Ho compito di chimica, se lo salto anche questa volta quella mi uccide in modo lento e doloroso, molto doloroso.-

-Dai, mi scoccio a entrare.-

-Facciamo dopo domani.-

-Ti odio.-

Misi su il miglior broncio dolce possibile pur essendo perfettamente consapevole che l'esperto nelle facce dolci era Alessio, non io.

-Butch, è inutile che fai quella faccina da Gatto con gli stivali. First chimica, than your cazzate.-

Risi di gusto, sia per il suo rimandare all'ultimo film per cui l'ho trascinato di peso al cinema, sia per la serietà nella sua pronuncia di quelle due parole in inglese messe a cazzo.

-Alessio, spiegami com'è che non riesco mai arrabbiarmi con te?-

-Sei tu contro me e la mia faccia da dio greco. Vinco io.-

-Contro il mondo.-

-Sì, sei tu contro il mondo.-

E bastò un breve sguardo d'intensa.

- Me against the world, so what?-

-I'm crying Dawkins...-

E proseguimmo la canzone assieme, io concentrandomi nel ricordare il testo e Alessio improvvisando una base sbattendo le mani sullo sgabello e con un accenno di beatbox.

I am me I'm a fire marshall and this is my...

Senza più fiato sorrisi al mio amico, fiero di quei trenta secondi di Eminem appena improvvisati nella sua cucina e lui mi guardò con un sorriso a bocca chiusa con gli occhi pieni di gioia.

-Madonna, ragazzi! Non posso lasciarvi cinque minuti da soli che rischio di trovarmi i D12 in cucina!-

Sentì il mio cuore perdere un colpo dallo spavento. Nando era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.

-Cantatemi qualcos'altro, siete fantastici quando vi sincronizzate. Susu sono sicuro che conoscete entrambi qualche altra canzone!-

Credo di esser diventato di un colore improponibile in quel momento.
Ma Nando è stato il primo nostro vero e proprio fan. In seguito ci procurò diverse serate in locali in vicinato per iniziare quella gavetta in cui gli Urban hanno messo tutti loro stessi.

Dopo la sua esortazione comunque cantammo Lego house senza neanche andare a prendere chitarra o nient'altro, solo noi due, le nostre due voci alternate e sincronizzate, un paio di stonature, di pause sgarrate, diversi risolini trattenuti e sorrisi aperti fra noi due, dimenticandoci di Nando.

-Vi prego, sposatevi, incidete milleduecentosessantasei album tutti acustici e adottatemi.-

Io mi limitai a ridere coprendomi il viso con entrambe le mani mentre Alessio si alzò e spinse il fratello maggiore fuori dalla stanza accompagnando le spinte con qualche insulto ma con ancora quel sorriso angelico inciso sulle gote.

16.45

Spengo ciò che resta di della settima sigaretta della giornata e notando come veda sfocato capisco di avere gli occhi umidi. Li asciugo con la manica della felpa e accendo l'ottava.

"Stai fumando troppo Gennà, se ti si rovina la voce poi ti prendo a calci in culo per fartela tornare."

Quella che era la più comune sgridata per la questione fumo da parte di Alessio mi entra in testa così come il suo sguardo serio e preoccupato mentre lo diceva.

 

 

Spazio autrice

Ecco il secondo capitolo che in realtà è la prima parte di un intero capitolo che mi sembrava troppo lungo ( e noioso).

La canzone è Legacy di Eminem.

Ho deciso di nominare il povero Nando perché sì, ha un ruolo dopo tutto.

Se mi lasciaste una recensione dicendomi se vi piace, vi fa cagare o vi è del tutto indifferente o anche scrivendomi "banane" vi vorrei davvero bene.

A prestissimo (maybe) 

An Another Urban Stranger

 

 

 

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Capitolo 3
*** Me against the world pt.2 ***


 
 
 
 
 
Quella fu la prima volta che Alessio mi fece una sorpresa. Una delle più belle della mia vita.

Al tempo, ma forse anche ora, ero totalmente in fissa per alcuni pittori sopratutto quelli specializzati nel surrealismo. Avevo divorato interi volumi su Magritte, Picasso, Max, Mirò, Klee e Frida Kahlo ma solo un pittore mi aveva fatto sentire compreso, meno pazzo, mi aveva fatto capire che la creatività poteva scaturire anche da situazioni mentali instabili come la mia, da rincorrenti incubi e idee totalmente pazze.

Dalì.

Salvador Dalì mi aveva trasportato nel turbine della sua unicità, delle sue paure così diverse ma analoghe alle mie, nei suoi surreali incubi, nelle sue perversioni, nelle sue notti creative spese in sostanze che alternano la mente e forse anche troppi fumi di vernici.

Dio benedica quelle vernici, colori a olio, tempere, graffiti, qualsiasi cosa sia stata il tramite tra Salvador Dalì e tutte le superfici da lui decorate e rese opere d'arte.

Immergermi nelle sue opere, nei suoi scritti, biografie, era il modo per sconfiggere quella noia che di cui tanto parlava. La noia come unica occasione dell'uomo per accorgersi della sua miseria, del suo essere sempre troppo piccolo, troppo debole, un insulso punto in un piano senza dimensioni. La noia era la mia più grande paura, non avere nulla da fare, nulla a cui pensare se non a quanto insognificante io fossi.

In realtà ora è di nuovo la mia paura principale. Ora che si accompagna alla solitudine, che a pensarci non è solitudine. È Assenza, nostalgia. Nostalgia di quell'unione di battute squallide e talento musicale, nostalgia di colui che dalla mia stessa noia mi ha tirato fuori per farmi scoprire tutta una nuova magia relativa alla condivisione. Condivisione di musica, di opinioni diverse, di sorrisi, di muretti mai troppo stretti per ospitare due persone, di sguardi di complicità, di bisticci, di insulti urlati a squarciagola, di corde di chitarra rotte, di un piccolo pubblico, di un sogno.

Il giorno dopo la mia proposta bocciata di saltare la scuola assieme, venni svegliato dieci minuti prima della mia sveglia dal telefono che squillava con l'inizio di una canzone dei The Script.

Pensai che avrei ucciso chiunque avesse osato privarmi di quei dieci preziosi minuti di sonno.

Lessi il nome sull schermo "Alex" e pensai che il moro avesse cambiato idea riguardo il fare vela.

Accettai la chiamata e risposi con un "pronto?" che assomigliava più al verso del carlino di mia zia.

-Gennà preparati, abbiamo un mini viaggio in macchina da fare.-

-Un cosa?-

-Viaggio in macchina, muoviti, vestiti.-

-Per dove? Io ho appuntamento con delle mie compagne alle otto e mezza.-

-Non è importante, fidati. Ti aspetto tra quindici minuti sotto casa tua.-

Per la prima volta in vita mia mi fidai davvero di quel ragazzino nerd che stavo iniziando a considerare come il mio migliore amico. Alla fine l'appuntamento con le mie compagne era solo una scusa per passare la mattinata a fumare in compagnia piuttosto che da solo e a cercare di inculcare in quelle teste piene di forcine e tinta bionda qualche buon genere musicale. Tutti tentativi vani del resto.

Mi lavai e mi vestii velocissimo, cosa del tutto inusuale per i miei ritmi da bradipo. Impiegai meno di un quarto d'ora così mi ritrovai ad aspettare Alessio poggiato al muro di casa mia con gli insulti di mia madre in sottofondo gridati dalla finestra di cucina.

-Prendi freddo! Copriti disgraziato che se ti ammali ti do il resto!-

-Ti voglio bene anche io mamma! Sto aspettando Alessio, mi accompagna a scuola in macchina.- urlai di rimando.

Visi la sua faccia dubbiosa non ostante la distanza. L'espressività l'ho sicuramente presa da lei.

-Ma non lui diciasette anni anche lui?-

-Boh, forse guida il fratello.-

-Figlio mio, neanche tu lo sai dove andrai a finire.-

Dovetti fare uno sguado davvero molto confuso perchè a quel punto mia madre si fece il segno della croce scuotendo la testa per poi chiudere la finestra e sparire dalla mia visuale.

Comunque aveva ragione, stavo iniziando a sentire il freschetto mattutino ma tutto ciò che mi serviva per riscaldarmi era una sigaretta e di sicuro non l'avrei fumata davanti a casa mia, non se ci tenevo a non essere ucciso dalla mia procreatrice senza neanche scoprire dove mi volesse portare Alessio.

Quando arrivò erano passati ventisei minuti dalla sua chiamata. Era in ritardo, come sempre.

-Sei in ritardo.-

-Nando non usciva più dal bagno!-

Notai il ragazzo fresco di patente con le mani sul volante.

-Oh, ciao Nando.-

-Ciao Genn, sali dai che si parte per un'avventura.-

In quell'esatto momento io e Alessio ci scambiammo uno sguardo e iniziammo all'unisono a cantare.

-Non sarà un'avventura questa non è soltanto una priiimavera...-

-E infatti cari coglioni siamo in autunno, dai muoviti a salire o ti lascio qui.-

Capì che il ragazzo non scherzava così mi decisi a salire con ancora il motivetto di Battisti in testa.

Il viaggio in macchina fu stranamente rilassante non ostante i due fratelli Iodice fossero soliti discutere animatamente usando tonalità di voci che superavano persino quella degli insulti dalla finestra di mia madre.

Decidemmo di lasciare la radio piuttosto che mettere un cd perché di sentire i neomelodici di Nando non ne avevamo la minima voglia, mentre criticare insieme le canzoni trash commerciali che passavano era decisamente un buon passatempo.

Nando rimaneva dubbioso su parecchie canzoni inglesi di cui capiva poche parole confuse.

-Questa canzone in pratica di cosa parla? Di tette e fumo?-

Alessio rispose al fratello con quell'aria seria da spavento.

-Nono fratello, ti sbagli. E' molto di più.-

-Mmh, e di cosa parla?-

-Di culi e fumo, culi, non tette. La differenza è importante-

Il maggiore insultò in dialetto il fratello e risi di gusto davanti alla complicità dei due mori.

Interruppi quel momento di insulti e risate ripetendo la stessa domanda che ripetevo da quasi un'ora.

-Ma quindi dov'è che stiamo andando?-

Alex mi rivolse uno sguardo degno di un film basato sul migliore romanzo di Stephen King.

-Gennaro Raia ti giuro che se me lo chiedi un'altra volta ti porto in un vicolo buio e rendo fondati i tuoi dubbi riguardo la nostra intenzione di rapirti e violent... ECCOCI!-

Guardai dal vetro frontale dell'auto e lessi a caratteri cubitali su un manifesto "Salvador Dalì" e sentii il mio cuore esplodere di gioia.

-Alessio dimmi che scherzi.-

-Buon compleanno Gennaro.-

-Ma non è il mio compleanno.-

-Lo so ma questo siccome mi dimenticheròquando sarà quello vero fingo sia oggi così sono a posto con quest'anno.-

-Tu sei scemo. E io ti amo perchè è il migliori regalo di sempre. Anche a te Nando, sei il migliore.-

Il maggiore sollevò le spalle con finta modestia mentre Alessio sorrise e abbassò lo sguardo sulle sue mani.

-Speravo tanto ti piacesse, ho visto tutti quei libri sulla tua scrivania che nel tempo cambiavano ma erano sempre sullo stesso pittore così quando ho letto sul giornale di questa mostra ho deciso di farti una sorpresa e venire a vederla con te. Magari mi piacerà pure.-

-Ceh fammi capire, hai fatto tutto questo per me?

-Beh, sì, non me ne intendo di arte.-

Mi porsi verso il sedile del passeggero non ostante fossimo ancora in movimento e baciai ripetutamente l'enorme testa e la guancia sinistra di Alessio sorprendendomi io stesso dello slancio di affettuosità.

-Giuro che dopo questa mostra diventerai il più grande amante del surrealismo mai esistito.-

Il moro ancora sotto shock per il contatto di poco prima alzò un sopracciglio e mi guardò come Beyoncé guarderebbe Baby K.

-Vedremo.-

-Vedrai.-

Gli promisi.













 

Spazio autrice

Prima di tutto vorrei scusarmi per il capitolo, fa schifo e ne sono totalmente consapevole ma capitemi, stavo studiando Pascal in questo periodo (da qui la teoria della noia eccecc) e quando mi sono ricordata delle foto di Genn riguardanti un libro, magliette e la mostra di Dalì ed essendo quest'ultimo uno dei miei pittori preferiti ho voluto dedicargli il capitolo.

Vi giuro mi diverto troppo a descrivere gli sguardi di Alessio.

(Se ci sono fan di Baby K perdonatemi, io vi voglio bene)

La canzone che le due fatine cantano è ovviamente Un'avventura di Lucio Battisti


An Another Urban Stranger

 

P.s. spammatemi tutte le vostre storie che ultimamente io e l'insonnia siamo grandi amiche.

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Capitolo 4
*** My own Patroclo. ***


2 maggio 18:20

"If I'm different from the rest, do I have to run and hide?"

Dopo aver ritrovato quella moleskine qualche settimana fa ho deciso di passare in rassegna tutti i fogli, le agende, i quaderni e i libri nello studio e buttare tutto ciò che non serve più.

Ho trovato di tutto.

Nella libreria alle spalle della poltrona ci sono perlopiù cartelle di documenti di mia sorella che ho lasciato com'erano per non infastidirla.
Nella libreria nella parete ovest ho trovato tutti i quaderni e i libri che sono riuscito a recuperare dalla vecchia casa, ho buttato un paio di quaderni e qualche volta ho persino ridacchiatto grazie ai vecchi diari scolastici su cui ho scritto innumerevoli cazzate e altrettanti pensieri tristi celati verso frasi di canzoni.

Sto finendo di spolverare l'ennesima mensola della libreria nella parete est quando trovo un vecchio album fotografico con la copertina a fantasia floreale coperta di polvere.

Apro per curiosità e vedo una foto in cui ci siamo io, mia sorella e mia nonna paterna.

Le donne della mia vita. Le uniche due, coloro che sono riuscite a darmi tutto ciò che mia madre non è mai riuscita a fare. Ho realizzato troppo tardi perché nonostante mi amasse in quanto suo figlio non riuscisse ad amarmi in quanto diverso.

Diverso in tutti i sensi: mai d'accordo con ciò che mi intimava di fare, ciò che provava a insegnarmi o a impormi. Ai suoi occhi ero sempre e comunque senza amici e senza fidanzata, le costavo soldi per il mio sistema immunitario che non faceva il suo dovere, non guardavo cartoni animati come tutti i bambini ma preferivo i telefilm di Maria, non volevo mai andare ai compleanni dei miei compagnetti.

Non hai mai provato a capirmi davvero, si è limitata a rassegnarsi e aspettare che gli anni passassero finchè l'unico suo supporto al mondo l'ha abbandonata. La fuga definitiva di mio padre l'ha lasciata senza nessuna forza. L'ha fatta impazzire, ha costretto me a scappare dalla casa in cui avevo passato 18 anni della mia vita perché non poteva neanche vedermi. A dire il vero, non può, ancora oggi.

Le uniche due volte in cui ho provato ad andare a trovarla non ha fatto altro che urlare cose terribili, a incolparmi di qualsiasi cosa fino a costringere l'infermiera che l'accudisce a usare le mani per trattenerla dal saltarmi addosso.

"E' colpa tua se non è più qui, se ha preferito un'altra vita con un'altra donna! Mai mi avrebbe lasciato se non avesimo avuto un mostro come te a rovinarci la vita!"

Quelle parole sono rimaste incise nella mia testa per troppo tempo, a volte riemergono.

E mi sono pentito mille volte di aver lasciato la scuola, di non essermene andato io prima, di non essermi ucciso quando ciò avrebbe solo potuto aiutarli.

Poi ho capito, sono maturato, ho smesso di torturarmi per problemi grossi come case di cui io potevo essere a mala pena una mattonella. Certo, una mattonella piuttosto brutta, scheggiata, di colore diverso dalle altre, ma niente di più.

Probabilmente mia madre l'ha capito prima di me, molto prima di me.

Aveva capito che avevo qualcosa di diverso, per lei tutto meno che "speciale", avevo capito che ero malato, incapace di farmi piacere le ragazze nonostante provassi, nonostante tutto intorno a me mi dicesse che invece mi sarebbero dovute piacere, mi sarei dovuto innamorare di un viso angelico pieno di trucco circondato da capelli lunghi.
È così che vedevo le ragazze e nulla di loro mi attirava.

Quando ho scoperto cosa fosse l'omosessualità ero forse in terza media e una mia compagna mi raccontava di suo fratello e di come i genitori lo avessero cacciato di casa dopo averlo trovato a letto con un altro ragazzo, pensai che fosse qualcosa fuori dal comune, di innaturale forse, mi avevano sempre detto che l'amore nasce sol tra uomo e donna.

Poi col tempo cambiai idea. Capii.

Capii che il fratello di quella mia compagna era più simile a me di quanto potessi pensare.

E che dopo tutto per Achille, Patroclo, non era un semplice amico.

Iniziò nei primi anni di liceo una fase della mia vita in cui mi convinsi di essere assessuale, totalmente disinteressato all'amore, agli impulsi del mio corpo, ai sentimenti verso qualsiasi tipo di essere umano.

Poi arrivò Alessio a sconvolgermi totalmente.

In un primo momento lo vidi come un nemico, un coglione con l'intelligenza di un criceto affetto da alzheimer precoce e una bocca troppo piccola da cui uscivano solo freddure e osservazioni totalmente scontate e irrilevanti.

"Non puoi decidere di imparare a suonare così da un momento all'altro, serve tempo, pratica, sacrifici e dita distrutte ma sopratutto talento. Tu credi di avere talento?"

Mi interruppe mentre parlavo con un mio amico, cogliendomi di sorpresa.

Quella fu la prima volta che mi sentii insultato e sfidato da Alessio.
Non avevo capito che la sua domanda non era una presa in giro, era una domanda sincera.

"Se sei tanto esperto, caro Slash napoletano, insegnami tu."

Spalancò gli occhi scuri come un gatto alla vista di un cane, ma solo per un secondo.

"E va bene, vieni a casa mia domani pomeriggio e ti insegno gli accordi base, chissà, magari per il prossimo anno impari a suonare 'La canzone del sole!'"

Mi lasciò totalemente spiazzato così decisi di accettare l'offerta, avrei lasciato che quel coglione mi insegnasse a suonare la chitarra, d'altronde erano pur sempre lezioni gratis.

Vedendo Alessio sempre più spesso mi arresi ai suoi tentativi di instaurare un'amicizia nonostante stessi sempre sulla difensiva fino a suonarci assieme periodicamente, apprezzando la sua presenza, fino a sentirla necessaria ogni giorno.

Il momento cruciale risale a dopo una festa di compleanno di un amico in comune, quando ci addormentammo nello stesso letto per la prima volta, lui ubriaco e io con troppa erba in corpo, io con la schiena quasi dritta sulla testiera e lui con la testa sulla mia spalla. E non successe nulla all'apparenza, solo due amici devastati dalla loro prima festa assieme che si addormentano nella prima camera trovata fra altre dieci persone.

Ma quando mi svegliai successe di tutto.

Sentii dei dolori mai provati, diversi da ogni frattura, emicrania o crampo provato in vita mia. Sentii il dolore più atroce e piacevole della mia intera esistenza.

Percepire la sua tempia sulla mia spalla mi fece venire un formicolio strano lungo tutto l'arto, iniziai a temere di star sudando e che si sarebbe svegliato e, schifato, avrebbe deciso di non rivolgermi più la parola. Fu la prima volta che ebbi paura di perdere Alessio.

Sentire il suo respiro pensante mi avrebbe dovuto disturbare, invece risultò essere il suono più piacevole al mondo dopo la voce melodiosa con cui cantava le note mentre accordava la chitarra durante le nostre lezioni e capii che quando sfiorava le mie dita non trasalivo soltanto per il contatto delle sue fredde in contrasto alle mie calde.

Capì che non ero assessuale, nè tanto meno etero o qualsiasi altra cosa. Ero semplicemente innamorato di Alessio. E il solo pensiero mi causò una serie di piccole fitte a livello dello stomaco, pensai dovessero essere quelle le tanto citate farfalle nello stomaco.

Avevo trovato il mio Patroclo, e promisi a me stesso di proteggerlo da tutto e tutti.

Spazio autrice

Quanto fa pena sto capitolo? Molto.

Quanti secoli sono passati dall'ultimo aggiornamento? Molti.

Quanti schiaffi mi dovrei meritare? Moltissimi.

Anyway (runaway) questo è il capitolo in cui Genn ricorda alcune sue prime volte, tutte riguardanti Alessio, la prima festa, prima offesa, prima volta in cui ha paura di perderlo ecc.. (no okay, forse erano solo queste...)

La citazione iniziale è degli Imagine Dragons, al canzone è "Monster" e credo sia perfetta per questo capitolo.

Non sono gay, non sono sicura di quello che si provi quando si capisce di esserlo, ma ho provato a immaginarmelo, d'altronde non credo sia troppo diverso da quando ci si accorge di essere innamorati di qualcuno (se ho detto una cazzata, perdonatemi).

D'altro canto non intendo in nessun modo sostenre che Gennaro o Alessio siano, nella vita reale, niente di ciò che dico in questa storia, è tutto frutto della mia contorta immaginazione.

Ho voluto nominare La canzone del sole perché suvvia, è quella che tutti imparano per prima nel giro di una settimana (tutti tranne me che proprio non so un singolo accordo ma tralasciamo).

Mi sto dilungando troppo.

Allora, scusatemi per i tempi biblici che mi sono presa ma le verifiche di fine quadrimestre mi hanno impedito di aggiornare puntuale.

Have a nice day and a even nicer life.

Un abbraccio

An Another Urban Stranger

 

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