Il cielo in inverno

di Foglia 21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perché non prima? ***
Capitolo 2: *** Sonno e dormiveglia ***



Capitolo 1
*** Perché non prima? ***


Trassi un respiro profondo e bussai alla porta di legno scuro. Mi trovavo in uno dei bui corridoi nel lato ovest della Luce degli Elfi e, scocciato, attendevo che Alathaia aprisse la porta delle sue stanze. Nonostante mi stesse aspettando dovetti bussare una volta ancora perché si decidesse a degnarmi delle sue attenzioni. “Buona sera cerimoniere, perdona l’attesa…” mi disse sorridendo maliziosamente e appoggiandosi allo stipite.
Immagino quanto ti dispiaccia, pensai stizzito. Quella donna mi trasmetteva antipatia e repulsione dal primo istante in cui l’avevo incontrata.
“Entra. Ci sono alcune disposizioni di cui vorrei parlarti personalmente.”
La seguii all’interno della lussuosa stanza. Indossava lo stesso abito nero di quella mattina, semplice e disadorno, ma il suo viso non era più celato dal velo. Ora potevo fissare con maggiore chiarezza i suoi lineamenti sottili e i suoi occhi profondi. Mi persi per qualche secondo nel verde di quegli abissi, cercando di decifrare i segreti celati dietro il suo sguardo. Avvertivo qualcosa di profondamente sbagliato e maligno nella sua aurea.
La vidi sorridere. “Che cosa cerchi di leggere in me, Alvias?” disse avvicinandosi lentamente.
Potevo sentire il suo respiro sul mio viso. “Niente. Non penso riuscirei a leggere qualcosa.” Risposi senza muovermi di un millimetro.
“Ne sei sicuro?” rise.
Non riuscivo a capire dove volesse arrivare, comunque decisi che la cosa non mi riguardava. “Quali sono le disposizioni di cui volevi parlarmi?”
Fece qualche passo indietro. “In realtà sono solo due, ma volevo comunicarle ad una persona che le farà rispettare sicuramente.” Si sistemò i lunghi capelli corvini dietro alle orecchie, continuando ad osservarmi in modo fastidiosamente provocante. “Vorrei che nessuno dei servitori del castello entrasse in questa stanza se non in orari prestabiliti che provvederò a comunicarti. E vorrei consigliarti di intonacare le pareti della stanza di rosso.”
Inarcai le sopracciglia, scettico. “Di rosso? E per quale motivo dovrei farlo?”
Sogghignò. “Non ritengo saggio parlartene. Ti do solamente questo consiglio sperando che tu lo segua.”
Cosa avrà in mente? “Farò in modo che nessuno ti disturbi, ma per le pareti non prometto nulla.”
“Alvias, non dirmi che ti infastidisce modificare un po’ una delle stanze! Credimi se ti dico che ne verranno più danni se non la farai intonacare.” La donna osservò le pareti candide per poi posare nuovamente lo sguardo su di me.
“Allora dovrò chiederti di prestare attenzione.”
“Non prometto nulla!” Mi imitò ghignando maliziosamente.
Mi venne quasi da ridere, ma resistetti all’impulso. “È tutto?” domandai pacato.
“Sì, per ora non c’è altro. Come ho già detto ti informerò riguardo agli orari di accesso alle mie stanze. Non ti dispiacerà se busserò alla porta delle tue per riferirteli, vero?”
“No, certo che no.” Risposi, aprendo la porta per uscire. Mi voltai un attimo e lei mi sorrise. In realtà non aveva smesso di farlo neppure per un attimo del nostro breve incontro.
“Allora a presto!”
Non appena chiusa la porta mi sentii sollevato.
 
Aprii gli occhi e mi alzai di scatto, facendo cadere il cuscino a terra e impigliandomi nelle lenzuola candide. Era notte fonda e qualcuno bussava con energia alla porta della stanza.
Mi alzai, rischiando di crollare a terra, e barcollai verso l’ingresso. Riuscivo a nascondere perfettamente le mie emozioni e a mantenere un atteggiamento inespressivo a corte, ma se qualcuno mi svegliava di notte avevo l’aspetto di un pesce fuor d’acqua. Sperai fosse solo un servitore e non qualcuno con cui avrei dovuto vergognarmi per il resto della vita.
Non appena ebbi aperto la porta le mie speranze furono estirpate. Davanti a me c’era Alathaia, impeccabile nel suo abito nero e con il suo solito ghigno stampato sul volto. Mi chiesi se quella donna dormisse ogni tanto, ma probabilmente passava il tempo seduta nella sua stanza a sogghignare.
La donna mi fissò da capo a piedi, soffermandosi sui capelli arruffati e la maglietta stropicciata. “Scusa il disturbo, a quanto pare stavi riposando.”
“Non importa…” borbottai, cercando di trattenere uno sbadiglio. “Volevi riferirmi gli orari?”
“Sì, ho deciso che sarà possibile l’accesso solo in mattinata, prima di mezzogiorno.”
“Bene, darò disposizione ai servitori…”
Per un attimo nessuno dei due parlò, poi lei si mosse e mi scostò i capelli dalla fronte. “Grazie…e buon riposo.” disse prima di incamminarsi. Rimasi ad osservarla mentre si allontanava, poi tornai a letto.
 
Sentivo il suo sguardo che mi accarezzava e mi percorreva lentamente. Avevo avuto sensazione per tutta la serata, fin dall’inizio della cena, e avevo fatto molta fatica a rilassarmi. Sospirai profondamente e mi passai una mano sul viso, avevo mal di testa. Chiusi gli occhi e cercai di distrarmi dalla sensazione di disagio che provavo. Ero talmente concentrato sul pensare ad altro che sussultai quando qualcuno pronunciò il mio nome.
Alzai lo sguardo e vidi che buona parte delle persone, invece di concentrarsi sul suo pasto, stava fissando me.
Merda. Mi trattenni per poco dal dirlo ad alta voce. Volsi lo sguardo verso Alathaia, ovvero la responsabile di quella situazione, e vidi che ridacchiava, nascondendosi dietro al bicchiere di vino che teneva in mano.
“Alvias, ci stavamo domandando quando organizzerai una festa in onore della nostra gradita ospite.”
Guardai la regina, chiedendomi se fosse del tutto impazzita. “Presto.” mi limitai a rispondere abbassando lo sguardo e concentrandomi sul piatto, che avevo a malapena toccato. Gradita ospite, questa poi.
Quando la cena fu conclusa e tutti furono usciti dalla sala, mi fermai per aiutare i coboldi a sistemare. Portai i piatti in cucina e mi incamminai verso il giardino per prendere una boccata d’aria. Ad una quindicina di minuti dall’uscita vi era un luogo isolato, poco frequentato, dove spesso mi rintanavo la sera o a notte inoltrata, quando non riuscivo a dormire. Negli ultimi giorni ci andavo spesso e pensavo alla mia donna e ai miei figli, che erano lontani dalla Terra Centrale. Mi sedetti su una panchina e lì rimasi per qualche ora. Rientrai nella mia stanza verso la mezzanotte. Accesi una candela e svuotai le tasche sul comodino.
“Il giardino è un luogo meraviglioso, vero? Soprattutto la notte.”
Alathaia era comodamente stesa sul mio letto, fasciata in un altro dei suoi succinti abiti neri.
“Come mai sei qui?”
“Ti dispiace?”
“Non hai risposto alla mia domanda.”
Lei sorrise e fece spallucce. “Volevo sapere se avevi ripensato alla mia richiesta.”
“E per questo sei entrata nelle mie stanze e mi hai aspettato?”
“Non avevo molto da fare.”
“Non ho cambiato opinione.”
“Sei piuttosto testardo.”
Calò il silenzio mentre la osservavo. Nei suoi occhi leggevo divertimento, e anche qualcosa di piuttosto sconveniente. Sembrava che la donna stesse seriamente cercando di sedurmi, ed era una cosa piuttosto assurda a pensarci. Chissà cosa leggeva lei nei miei occhi. Non mi piaceva come persona, eppure cominciava ad incuriosirmi.
Un attimo dopo me la trovai di fronte, il suo naso a pochi millimetri dal mio, il suo profumo che mi avvolgeva. Quando le sue labbra morbide si appoggiarono sulle mie non riuscii a trattenermi dal ricambiare il bacio. Mi sentivo come se le azioni non mi appartenessero più. Lei mi strinse a sé e le sue mani iniziarono ad accarezzarmi la schiena con delicatezza. A dispetto del suo atteggiamento, non c’era prepotenza nelle azioni di Alathaia, solo un’estrema dolcezza che non aveva significato per me. Fu a malincuore che staccai il viso dal suo. Lei mi fissava incuriosita, per la prima volta senza provocazione, cercando di capire cosa provavo.
“Perché?” domandai.
Lei sospirò. “Sei sempre stato mio, anche se ti ho perso più volte.”
“Perché non prima?” Tutto girava davanti ai miei occhi, non credevo a ciò che mi stava dicendo.
“Sono stati secoli oscuri e ora, nonostante non sia un periodo felice, io sono qui.”
“La tua anima è oscura.”
“Tu non vedi tutta la mia anima.”
La testa mi scoppiava, piena di immagini senza senso. Il suo viso ora mi sembrava così familiare. Non sentii l’impatto con il pavimento, né la sua voce che mi chiamava, avevo già perso conoscenza. 

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Capitolo 2
*** Sonno e dormiveglia ***


Ripresi conoscenza con la sensazione di qualcosa di fresco che mi veniva premuto sulla fronte. La testa mi faceva ancora male, anche se un po’ di meno. Non aprii subito gli occhi, limitandomi a percepire le sensazioni che arrivavano, come la morbidezza delle coperte su cui ero steso e il rumore della pioggia fuori dalla finestra. Poco dopo riaffiorarono i ricordi di quanto era successo e soprattutto di quello che mi aveva detto Alathaia. Prima di perdere conoscenza avevo visto delle immagini confuse di noi due, in un prato e poi in una stanza buia che non mi era familiare. Forse mi aveva fatto un incantesimo, eppure non capivo lo scopo di tutto questo, e neppure cosa mi stesse succedendo.
La porta della stanza si aprì. “Si è svegliato?”
“Non ancora, mia signora.” rispose una voce maschile più vicina a me.
“Va pure, rimango io con lui.”
“Come desideri.”
Sentii la porta richiudersi, poi il panno bagnato che mi veniva passato prima sul viso, poi sul collo.
“Lo so che sei cosciente.”
Sospirai e aprii gli occhi. La luce mi ferì, nonostante fosse fioca, e dovetti sbattere più volte le palpebre prima di riuscire a tenerli aperti. La regina mi osservava con una strana espressione preoccupata.
“Come ti senti?”
“Stanco…”
Mi prese la mano. “Stringi.”
Ero debole, non avrei fatto del male a una mosca con la forza che mi era rimasta.
“Ti fa male qualcosa?”
“La testa.”
Mi scostò i capelli dal viso. “Perché Alathaia era qui l’altra notte?”
La osservai per qualche secondo, prima di mentire. “Non ricordo…”
Non disse più nulla, nonostante fossi sicuro di non averla convinta, perciò chiusi gli occhi e mi lasciai scivolare in un sonno agitato. La mia mente si riempì di figure oscure, che mi stringevano senza lasciarmi respirare. L’odore del sangue mi riempì le narici al punto da darmi la nausea, mentre una lama sembrava trafiggermi la testa. Non seppi ricordare in seguito cosa fosse realtà o cosa no. Voci mi parlavano, qualcuno cercava di calmarmi, qualcun altro mi teneva fermo.
Quando mi svegliai di nuovo tutto era calmo e non sentivo più dolore.
 
Vivid tornò una settimana dopo la mia malattia, splendida nel suo abito di seta blu e con i riccioli rossi che le cascavano sulle spalle. Lei era sempre stata il mio esatto contrario, calda e sorridente, e tutti si chiedevano cosa l’avesse fatta innamorare di me. Mi avvolse in un caloroso abbraccio non appena mi vide e una parte di me si sentì a disagio. Feci finta di niente, baciandole le labbra e chiedendole come stesse nostra figlia, da poco diventata madre.
“Devi vederla. È così serena e il suo bimbo è meraviglioso!” Continuò per ore a parlarmi di quanto era accaduto in quelle sue settimane lontana dalla Terra Centrale e io fui contento di ascoltare, facendo solo qualche domanda qua e là. Quando chiese a me di raccontare non ebbi molto da dirle, gli unici eventi degni di nota era meglio restassero segreti. Non avevo visto Alathaia per più di pochi minuti da quella notte, sembrava evitasse i pasti comuni e lo stesso facevo io, nel limite del possibile. Lei ed Emerella passavano molte ore assieme, discutendo di chissà cosa, e ogni volta che entravo nella sala del trono per comunicare qualcosa, la principessa del Langollion osservava un punto imprecisato sulla parete di pietra. Non avrei saputo dire cosa provavo riguardo al suo atteggiamento, mi aspettavo un evento, però non avrei saputo dire quale ne quando.
La testa mi faceva spesso male, accompagnata da un fastidioso senso di vomito e strane immagini che mi balenavano in mente. Perlopiù erano paesaggi che non conoscevo, che guardavo provando strane sensazioni.
“Alvias? Mi stai ascoltando?” Vivid mi osservava con aria incredula. In genere non ero una persona che perdeva la concentrazione.
“No, scusami. Forse sono un po’ stanco.”
Lei sorrise dolcemente. “Allora ne parliamo domattina, che ne dici se ci mettiamo a letto? Devo ammettere che sono stanca anch’io.”
Annuii senza dire nulla e andai a cambiarmi. Una volta steso a letto mi addormentai appoggiato alla spalla della mia donna, mentre lei mi accarezzava la schiena dolcemente. Non potei fare a meno di pensare alle mani di Alathaia che mi stringevano.
 
“Pensavi di dirmi che sei stato male?” Vivid si avvicinò mentre dalla terrazza osservavo distrattamente i giardini del castello.
Avevo terminato le mie mansioni ed ero uscito per respirare un po’ d’aria fresca. Mi voltai verso di lei e feci spallucce, sapeva che non l’avrei fatto.
Sospirò e mi accarezzò una guancia. “Come ti senti?”
“Meglio.”
“Ma non bene.”
Mi limitai a lanciarle un’occhiata e a girarmi di nuovo. Lei mi abbracciò da dietro, appoggiando la testa sulla mia schiena e stringendomi con forza.
All’improvviso mi sentii osservato, ma quando alzai lo sguardo per trovare conferma non vidi nessuno.
“Entriamo.”
Trascorsi il tardo pomeriggio a letto, passando continuamente dal sonno al dormiveglia. Sentii Vivid che parlava con qualcuno e poi, dopo quello che mi parve un secondo, lei che provava a farmi alzare, forse per la cena. Non aprii neppure gli occhi, dissi che ero stanco e volevo dormire. Dopo un po’ si arrese e io mi riaddormentai.
 
Mi svegliai con il sole accecante di mezzogiorno che filtrava attraverso le lunghe tende bianche. Mi coprii il viso con un braccio e mi lasciai sfuggire un gemito, mentre mi giravo dall’altro lato. Ci vollero alcuni minuti perché mi rendessi conto che non ero andato al lavoro e soprattutto che dormivo dal pomeriggio precedente. Mi misi a sedere di scatto e la stanza iniziò a girare davanti ai miei occhi.
“Piano…” Vivid si sedette accanto a me e mi spostò con delicatezza i capelli dietro le orecchie. Feci un respiro profondo e lentamente tutto smise di muoversi.
“Va meglio?”
Annuii. “Perché non mi hai svegliato prima?”
Mi osservò preoccupata. “Ho provato, tesoro, ma non ci sono riuscita. Emerella ha detto di lasciarti dormire.”
“È stata qui?”
“Ieri sera e questa mattina…assieme ad Alathaia.”
La osservai come se avessi visto un fantasma e poi mi alzai in piedi, facendola spostare.
“Dove vai?”
Dovevo parlare con lei, con la principessa del Langollion.
 

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