Siamo ancora noi

di Hermione Weasley e Nightmare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passi nella notte... ***
Capitolo 2: *** Spezzata ***
Capitolo 3: *** Legati per l'eternità… ***
Capitolo 4: *** Un angelo prigioniero dell'inferno ***
Capitolo 5: *** Angelo... ***
Capitolo 6: *** Sola ***
Capitolo 7: *** Indefinito ***
Capitolo 8: *** Incompleta ***
Capitolo 9: *** Piccola mia… ***



Capitolo 1
*** Passi nella notte... ***


Dedico questo capitolo a Silverwings… che è tornata finalmente

Dedico questo capitolo a Silverwings… che è tornata finalmente.

 

Eccoci qua!

Non vedevate l’ora, dite la verità! I due pazzi che scrivono insieme, che meraviglia!

Ok, non andatevene… non ancora almeno. Dobbiamo raccontarvi una storia, una delle nostre storie. Potrà piacervi, potrà disgustarvi… come meglio crederete. Ma è venuto fuori così questo capitolo, senza uno schema preciso… E pensare che volevo scrivere con un po’ più di romanticismo, stavolta! ^_^ Ma come al solito la mia vena macabra e malinconica, ha preso il sopravvento e… è venuto fuori questo. Del resto i capitoli romantici sono una priorità della nostra cara Hermione Weasley… lasciate i capitoli tristi allo Zio Night, ok? ^_^

 

Ed è così che ha inizio il nostro cammino insieme. Stavolta è il mio turno, la prossima volta toccherà a Hermione Weasley, che alzerà il livello senza dubbio ^_^, e così proseguiremo insieme fino alla fine… lasciatevi portare per mano, per una volta. Non abbiate fretta, pazientate.

 

E con Passi nel buio, cominciamo a camminare…

 

Buona lettura

 

 

SIAMO ANCORA NOI

- Passi nella notte -

Molti uomini si sono trovati a vagare per strade, senza accorgersi di dove stavano andando. Molti uomini si sono lasciati trasportare dall’istinto. Molti uomini hanno perso la via ancora prima d’averla trovata. Ma per quegli uomini non ha importanza avere una metà precisa… basta solo camminare nella notte.

 

1° capitolo

Passi nella notte…

 

*** *** ***

My shadows the only one that walks beside me
My shallow hearts the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Till then I'll walk alone

 

La mia ombra è l'unica che mi sta vicino.
Il mio cuore dissanguato è l'unica cosa che pulsa.
In certi momenti desidero che qualcuno là fuori mi trovi,

ma sino ad allora, continuerò a camminare da solo…

 

(Boulevard of Broken Dreams – Green Day)

 

*** *** ***

 

L’uomo è stanco.

Sa di dover camminare ancora molto prima di arrivare al rifugio, ma non gli importa. Le energie rimaste sono tutte concentrate per quell'unico scopo: arrivare a casa.

L’uomo è stanco e si guarda intorno… carcasse e rifiuti per terra. Sacchi maleodoranti e un vicolo a pezzi. Ha fatto un buon lavoro, verrà ricompensato. Sa di aver commesso un crimine, ma non gli importa. Una cosa di poco valore, che rilevanza ha?

L’uomo è stanco, e tira dritto. Sente un ululato nella notte, i passi di qualcuno che sì avvicina… che lo stiano seguendo? La paura s’impossessa di lui. Inizia a correre…

L’uomo è stanco, ma non ha importanza. Il frusciare ritmico di qualcuno che si avvicina, i passi leggeri e precisi sulla neve appena caduta… svolta, prende vie che nemmeno conosce e si perde nell’oscurità. Sa di dover correre veloce o verrà preso.

Non può permetterselo.

L’uomo è stanco e il suo respiro si fa irregolare. Sente mille occhi che lo scrutano e lo seguono, lentamente. Inizia a sudare freddo… “Lasciatemi in pace” grida, ad una notte che non lo ascolta. Non sa di aver firmato la sua condanna, non capisce cosa sta facendo…

Estrae la pistola e prende un nuovo caricatore. Sente i passi sempre più vicini. Uno scandire lento e preciso, l’appuntamento con il destino… i passi si fanno sempre più rumorosi sulla fredda neve d’inverno, ma non vede nessuno. 

Aspetta.

L’uomo è stanco e ha paura. I suoni della notte si fanno di colpo più vivi. Si guarda intorno al minimo rumore, scatta al primo alito di vento. Guarda e scruta, in una notte che non gli appartiene… poi, ad un tratto, il silenzio.

I passi svaniscono… la paura si dirada. La notte non gli fa più così terrore, e od ogni cosa sembra tornare al proprio posto, vittima di uno strano gioco che viene chiamato vita… Che sia stato tutto frutto della sua immaginazione?

L’uomo sorride.

Pensa di essere al sicuro. Ripone la pistola dentro la giacca e attende… sì, si è immaginato tutto. Che sciocco che è stato.

L’uomo è stanco, ma è tranquillo adesso. Riprende lentamente il cammino senza guardarsi indietro. Non manca molto al suo rifugio. Una serata piacevole l’attende… perché darsi pensiero?

Inizia a percorrere l’ultimo tratto di salita che lo separa da casa. Inciampa nella soffice neve chiara e ci ride sopra. È stata una buona giornata, dopotutto… ma non si rende conto che potrebbe essere l’ultima.

L’uomo è quasi arrivato… ma qualcosa lo blocca.

Una mano decisa si poggia sulla sua spalla e gli sbarra il passo. Sente le gambe molli, e il coraggio svanire a poco a poco… suda freddo e non si volta. Ha paura di quello che potrebbe vedere… ha paura di quello che potrebbe sentire.

L’uomo trema e decide di affrontare la paura.

Si gira… e poi il buio.

Il peso della coscienza che cade su di lui. Sa di aver commesso un crimine, ma che importanza ha?

Passi sicuri e spediti tornano indietro… il destino ha effettuato il suo corso.

Un corpo senza vita sulla neve…

L’uomo è morto.

 

 

16 Gennaio. Mattino. Ore 05.13

Casa di Ron

Odio svegliarmi la mattina presto.

È una cosa che non sopporto, non ci riesco… credete che sia bello, ogni mattina, alzarsi al solo rumore di quella dannata sveglia? È un qualcosa di tremendamente infernale quell’aggeggio. Inizia a suonare in maniera assordante, a tal punto da scatenare proteste persino nei miei vicini, e non la smette più per buoni cinque minuti… e non si può bloccare. È terrificante.

Considerate le mie ragioni, allora… sono ormai sette lunghi anni che mi sveglio a questo modo.

Alzarsi, già di per sé, è qualcosa che nessuno di voi vorrebbe mai fare… abbandonare il tepore del letto, il calduccio delle coperte per andare a lavoro? Ma chi me lo fa fare! Ma poi prevale la coscienza e iniziamo a mettere il primo piedino fuori dal letto. Quando entra in contatto con il freddo pavimento di casa, allora possiamo dire d’essere pronti per la nuova giornata.

Odio svegliarmi la mattina presto… e lo faccio da molti anni ormai.

Sempre con occhiaie pesanti e con una voglia matta di ritornare sotto le coperte, ma lo faccio…e devo dire che nei primi tempi, ero particolarmente restio ad intraprendere una carriera del genere, così priva d’ore di sonno e così piena di turni di notte. Ma adesso, con giorni e giorni d’esperienza alle spalle, posso dirmi abbastanza soddisfatto della mia vita. So che manca ancora qualcosa… ma non ho tempo e voglia di parlarne, al momento. Non ci riesco a quest’ora del mattino…

La sveglia emette il suo ultimo stridulo acuto e poi tace…

Che sensazione magnifica… non so se ha voi capitano mai cose del genere, ma posso assicurarvi che sentire quella sveglia smettere di suonare, è per me qualcosa di terribilmente appagante. È un po’ come quando si corre tanto, faticando, e dopo abbiamo un’impellente bisogno di una doccia. Trovarsi sotto i suoi getti caldi e rilassanti fa terribilmente piacere… con la sveglia è così. Quando finisce la sua atroce cantilena, ti senti in pace con il mondo…

Vi chiederete, e a ragione, perché non me ne sia ancora sbarazzato. Vi chiederete perché io non l’abbia semplicemente presa a martellate e chiasso finito.

Vi chiederete molte cose… ma io posso solo dirvi che non potrei mai separarmi da essa.

Mai.

Non che l’idea non mi sia passata di mente, lo ammetto… un pensierino ce lo avevo pure fatto. Ma quando arrivavo a metterlo in pratica, la mano si bloccava e un tremendo senso di colpa si attanagliava a me. Oggi, non ho più di questi problemi: mi alzo, aspetto che finisca di “cantare”, e inizio a vivere…

Semplicemente mi sono abituato all’idea di averla sempre lì con me, schiamazzi a parte… gli unici che non si sono abituati sono i miei vicini, ma questo è un discorso che tralascerei… non posso separarmene. È troppo importante.

Cosa avrà mai di speciale questa sveglia? Dite la verità, ve lo state chiedendo già da un po’…

Semplicemente non posso separarmi dall’ultima cosa che mi è rimasta ancora di lei… non ci riesco. È più forte di me. Solo gli sciocchi si fanno influenzare da certe cose, ma in questo momento non ho nessun motivo per non esserlo.

Sono uno stupido, lo so.

Ma la speranza che in questi anni mi ha accompagnato, il desiderio di poterla rivedere almeno una volta, solo una volta… a poco a poco si sta affievolendo per lasciare il posto ad una quieta agonia… una lunga e quieta agonia.

È scomparsa.

Non si sa il come e non si sa il perché… non abbiamo un minimo indizio, una sola traccia… niente di niente. Se n’è andata ed è svanita nel nulla… senza un saluto, senza un abbraccio… senza sapere di ferire una persona che le è stata sempre accanto. Senza sapere di ferire me.

Ricordo ancora il giorno in cui divenni partecipe di quell’atroce verità.

Ricordo le facce sconvolte dei miei genitori, il tremolio ritmico di Ginny…

Ricordo una strada buia. Ricordo la pioggia che cadeva sul mio viso affranto…

Ricordo quella precisa bottiglia di whisky che mi sono bevuto, vagando come un uomo senza metà per vicoli oscuri…

Ricordo… e mi fa male.

Ma non devo pensarci più di tanto, ormai. È andata, devo farmene una ragione…

Inizio a prepararmi la colazione con particolare maestria. Devo fare presto. Il lavoro mi attende.

Non posso permettermi di arrivare ancora una volta in ritardo, dopo la mia ultima convocazione ufficiale… semplicemente mi sono giocato il bonus. E non mi sarà permesso di sbagliare ancora.

Liam me lo ha detto chiaro e tondo: “Se arriverai anche solo un secondo dopo il raduno, comincia già a fare le valigie, Weasley” e se n’era andato senza dire nient’altro, come spesso faceva. Era un tipo apposto, Liam. Credeva in quello che realizzava e ci metteva l’anima. Alcuni pensavano che fosse solo un presuntuoso bastardo che si atteggiava a generale… ma lui non si atteggiava a generale, lui lo era…

Per quanto mi riguarda, ha sempre fatto una buon’impressione su di me, influenzando la mia vita di recluta in maniera determinante… quando sono salito di grado i nostri contatti giornalieri sono diminuiti considerevolmente, ma non manca mai di farmi, quando mi vede, la sua strigliata quotidiana…

È uno che non scherza, il generale Liam… e non vi auguro di trovarvi sotto i suoi colpi, come a me è capitato, perché se lo vorrà potrebbero essere gli ultimi. È di una potenza mostruosa, ineguagliabile… quando combatte si estrania da tutto e diventa una belva. Una belva in cerca di sangue… di quel sangue che, con estrema codardia, gli è stato sottratto.

Non ha passato una vita facile.

Molti se lo scordano, restando abbagliati dalla luce della sua fermezza e dal suo spirito battagliero, ma non dovrebbero. Ha perso molto, in questa dannata guerra…

È rimasto solo… e non è facile tirare avanti nelle condizioni in cui si trova. Io non so se ci riuscirei. Non so se avrei ancora la forza di alzare la testa dopo tutte le umiliazioni, i dolori, le torture… non so se riuscirei a guardare ancora in faccia un essere umano, dopo aver visto con quanta leggera barbaria la sua vita è stata stroncata. Distrutta, spezzata… un angelo caduto, le ali divise in due da una fitta lancinante, in un eterno dolore che rappresenta il silenzio… è l’uomo ha fatto tutto questo. Ha distrutto dove con così tanta fatica era stato creato. Ha diviso un legame indissolubile per lasciare il vuoto. Ha portato la morte dove la vita scorreva leggera, in un limbo di pace dal quale non si vuole uscire.

I Mangiamorte sono anche questo.

Non vedono la purezza di un bimbo appena nato, ma ne vogliono il sangue indifeso per cibarsi nella loro famelica corsa al potere. Non provano pietà. Non sentono ragioni… sono automi creati, formati, educati per un unico scopo: cancellare la vita, in ogni sua forma.

Non si piegano al dolore. Non si scompongono se vengono colpiti e continuano la loro folle marcia verso la morte. Non si curano dei sentimenti e delle emozioni… sono vuoti. Gusci vuoti in attesa di essere saziati.

I Mangiamorte sono anche questo.

Ma, essenzialmente, tutto ciò è dovuto ad una e ad una sola cosa: la loro cecità. Sono ciechi.

Non vedono quando dovrebbero vedere. Non provano strazio alcuno nel togliere una vita ad una persona. Non vedono… sono ciechi.

Proprio come Liam… anche se in forma diversa.

Liam… il nostro generale.

E ancora oggi non mi sono abituato all’idea di vederlo in questo stato. Lui che più di tutti sapeva emanare energia da quegli occhi così carichi di fiero orgoglio. Lui che avevo visto pericoli lontani quando altri non ne avevano ancora avuto il cauto sentore. Lui che mi aveva guardato con sincero dispiacere e una buona dose di decisa determinazione, il giorno più brutto della mia vita. Il giorno della sua scomparsa…

E in un momento come un altro, in quel tremendo venerdì di luglio, si era ritrovato cieco… isolato da un mondo per il quale aveva combattuto. Scacciato da una realtà che gli apparteneva di diritto.

Fu un colpo tremendo, per tutti.

Quel giorno, che verrà ricordato nei libri di Storia della Magia come il giorno nel quale avvenne il più grande genocidio di massa dell’intero globo magico, resta ancora una macchia indelebile che non sono riuscito a cancellare. Una ferita profonda che ha segnato un’epoca che ancora oggi fa fatica a rialzarsi… uno sterminio indiscriminato, un atto di pura vandalia…

Un popolo.

Un popolo che ha retto le ultime difese prima dello scontro. Un popolo che ha dato la sua vita per consentire ancora agli altri di sperare… Il popolo che con estremo coraggio ha consentito la ritirata alle Avantgardes

Nessuno li ha mai ringraziati abbastanza per il loro sacrificio… nessuno li ha mai ricordati abbastanza.

Ma io non mi scorderò mai delle nobili gesta dei Queen e del loro ultimo grido di battaglia…

Il cercapersone inizia a vibrare in maniera fastidiosa dentro la tasca leggermente sfilacciata della divisa.

Chac mi sta aspettando…

 

Ore 05.59

Quartier Generale

Un minuto.

Un minuto ancora e tutta l’ira di Liam si riverserà su di me, come se non attendesse altro… corro per uno stretto corridoio illuminato da torce, alcuni quadri ad olio appesi alle pareti e un’insopportabile aria viziata che mi da letteralmente alla nausea… dietro posso sentire il respiro irregolare e affannato di Chac, che come al solito ha deciso di aspettarmi fino all’ultimo. È un buon amico, Chac.

Io non so se, ogni giorno, riuscirei a fare altrettanto per lui.

Distinguo un brusio concitato arrivare dal salone laterale. L’ora del raduno sta per scoccare e ormai sono tutti riuniti in attesa di iniziare una nuova giornata lavorativa. O meglio, quasi tutti sono riuniti… come al solito sono in ritardo…

Venti secondi.

Possibile che ogni volta debba sempre ritrovarmi in queste condizioni? Chac arranca nella mia scia e sembra perdere colpi, ma non molla. Non è da lui. Sarebbe tutto così facile se ci lasciassero smaterializzare, basterebbe un secondo. Ma una barriera magica molto potente, come quella che una volta avevamo anche a Hogwarts, ci impedisce questo particolare privilegio, per cui ogni mattina… Ogni santa mattina, mi ritrovo a fare questi sprint che se rafforzano il fisico, di sicuro mi lasciano anche una consistente e fastidiosa fitta al petto. Insopportabile.

Dieci secondi.

Ormai penso di avercela fatta. Sento il brusio dietro la gigantesca porta delle Rifondazione, farsi sempre più vicino e distinto. Spalanco con forza l’entrata e sono finalmente arrivato. Chac è dietro di me, c’è l’ha fatta anche lui. Anche questa volta…

I presenti si voltano verso di noi, incuriositi dal quanto mai eccessivo sbattere della porta alle nostre spalle, assumendo espressioni più o meno contrastanti: dalla fila dei Progressisti salgono alcune calde risate e posso vedere distintamente il colonnello Brave alzare il pollice alto verso la mia posizione; alla mia destra, nel reparto dei Rivoluzionari, sento distintamente il classico è sonoro fischio di Clear che si perde nel vociare dei compagni; al centro, dove la tanto odiata e stimata fila dei Conservatori tiene raccolta, posso distinguere chiaramente occhiate di disappunto e un imperturbabile maggiore Stiff che ci squadra con una fastidiosissima aria di sufficienza…

E poi c’è lui.

Il ghigno sul suo volto è evidente. Un sorriso esce spontaneo dal suo viso tormentato. Cosparso da un’infinità di cicatrici da fare invidia persino all’ormai defunto e compianto “Malocchio Moody”, richiama in me ancora una certa tranquillità d’animo. Sicurezza… una parola che nel mondo in cui siamo costretti a vivere, si sente sempre più flebilmente. Una parola, che presto o tardi, verrà dimenticata e scacciata da un mondo che non ha più bisogno di lei.

Una parola che siamo tenuti ad onorare ma che sempre di più sfugge al nostro controllo.

« Grazie per averci onorato della sua presenza, tenente Weasley… » il suo tono era scherzoso e gioviale, ma lasciava trasparire anche una decisa nota di severità nascosta. Un secondo di più e sarebbero stati guai veramente grossi. « E anche lei maggiore Meek, si segga o potrebbe morire di infarto da un momento all’altro… » aggiunse il generale scatenando le risate della fila dei Progressisti e l’imbarazzo evidente del povero Chac in evidente affanno fisico, che come unica colpa aveva soltanto l’avermi aspettato un momento di troppo.

Ci sedemmo e…

Così ha inizio la mia giornata da molti anni a questa parte… non vi serve sapere altro. Non è necessario che veniate a sapere dei nostri compiti, della nostra organizzazione, del nostro modo di fare… non ha assolutamente alcuna rilevanza. Non vi racconterò la mia classica giornata lavorativa, e le mille peripezie che vi sono in essa svolte… non vi serve saperlo.

Posso solo dirvi che vivere così è come essere di nuovo in famiglia; essere appoggiati nelle proprie scelte e prendere decisioni che possono salvare vite umane; ricevere un sorriso una volta ogni tanto; vedere negli occhi delle persone ancora un briciolo di speranza… io non ho bisogno di altro in questo momento.

Ed è per questo che sono entrato nel corpo più spregiudicato della Rifondazione: sono diventato un avantgarde e nulla potrà farmi tornare indietro. Niente e nessuno potrà distogliermi dal portare a termine il mio compito… lottare, fino alla fine se necessario, per portare la suprema Luce dove nessuna luce risplende più. I vigliacchi non sono ammessi. I codardi vengono cacciati. Le spie vengono uccise.

E vi sembrerà strano che io vi dica queste cose. Ma la realtà è immutabile ed è l’unica cosa che mi tiene ancora in vita, quando nulla più mi è rimasto…

Io sono solo…

Ma quando sono con loro… non lo sono più.

 

17 Gennaio. Ore 3.00

Obscure Cave

Una figura scura rivolta a terra, come un straccio… come qualcuno che non ha più la forza di vivere.

Attorno a lei soltanto fredde mura di cemento e una sensazione di impotenza, di chi non ce la fa più. Sono mesi, forse anni, che si trova in questa situazione… non può fuggire, non può scappare… non può morire. Viene tenuta in vita esclusivamente per un perverso gioco, per una stupida e fiera rivalsa… Il volto di quegli uomini che la violentano, che la torturano… che non le lasciano campo ad altro se non la sofferenza, si perdono in una notte che non sa dare risposte e che alimenta solo domande.

Non è forse meglio la morte di questo?

Sarebbe un premio troppo grande da soddisfare, una cupa e pallida illusione di chi si attacca a tutto pur di continuare ad esistere. Cosa può fare, altrimenti? Non esiste sbocco, via d’uscita… non ci sono amici che la possono trovare. Non ci sono modi per continuare a sperare. C’è solo l’attesa.

Straziante, assolutamente inaccettabile e incredibilmente lunga… c’è solo l’attesa, di chi spera in un cambiamento che non verrà. C’è solo una speranza, di quando le cose si fanno insopportabili e nulla a più senso. C’è solo l’attesa di chi attende la morte.

La figura striscia sul pavimento sporco di sangue… il suo sangue. Quello che con tanta leggerezza le è stato strappato. Emette un impercettibile sospiro, come a volersi ricordare di respirare. Striscia su quel pavimento che ha ospitato gli atti perversi di uomini, che non hanno identità… che non hanno volto.

Le parole di quell’uomo, che ha visto una volta sola ma che riecheggia nei suoi incubi più duri, le rimbombano nel cervello, stordendola… una cantilena insopportabile che non le dà pace e che non la lascia respirare.

   « Tu sei mia. E il tuo amichetto, non verrà a salvarti… »

E poi quella risata. Gelida, agghiacciante… una risata senza gioia, che si nutre della disperazione e della sofferenza altrui. Quella risata che l’accompagna nel triste regno degli incubi, guidandola quando non ce ne sarebbe bisogno…

   « Il tuo amichetto non verrà a salvarti »

Poteva perdere anche quell’ultima speranza? Aveva il coraggio di abbandonarsi completamente all’oblio, senza provare né dolore né gioia? Sarebbe stato comodo… molto comodo. Spegnere la luce e dire basta. Sarebbe stato tutto più semplice, ma non sarebbe stato da lei…

E anche se tutto andava male, anche se non vedeva più la luce da tanto tempo… lei avrebbe continuato a vivere. Non avevano importanza quelle mani profane sul suo corpo. Non avevano importanza le sue lacrime quando entravano selvaggiamente in lei. Non avevano importanza le parole di quell’uomo che con quelle frasi voleva piegarla al suo volere.

No, non si sarebbe piegata.

Il ricordo di lui, ogni giorno sempre più debole e forte allo stesso tempo, la convinceva ancora a resistere. E lei sapeva che un giorno o l’altro l’avrebbero salvata, non come ma lo sapeva.

E con quell’unica luce continuava a aspettare.

E poi… passi. Passi nella notte che si fanno più vicini. Un uomo dalla corporatura robusta si fa avanti alla luce febbricitante di una bacchetta. Oggi è il suo turno… lo sguardo famelico di chi a perso la ragione. Il sudare disgustoso di chi si eccita per così poco. Oggi è il suo turno e non sentirà ragioni… non esiterà a picchiarla se si lamenta. La prenderà a poco a poco, infamando il suo corpo ormai distrutto… nell’animo, nella ragione.

Oggi è il suo turno, e domani toccherà a qualcun altro…

Ma lei vede ancora quella luce. E in fondo, sì sa…

La luce più grande è in ognuno di noi. 

 

Ringrazio infinitamente chi ha letto fino a qui, vi ringrazio davvero. Questo è solo un progetto in via di sviluppo. Un’idea… l’idea di scrivere insieme. E se vorrete lasciarci impressioni e recensioni, noi saremo ben felici di leggerle. Ve lo assicuro!

 

Appunto personale: ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato “Lettera dall’inferno”, vi adoro!Mi spiace non poter scrivere un ringraziamento personale per tutti, stavolta. Ma non ne ho proprio il tempo, caspita! Grazie, grazie, grazie! ^_^ Non posso che dirvi questo!

 

Nel destino di ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta dolo per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.

Victor Hugo – L’uomo che ride

 

Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può darsi interamente.

Octavio Paz – Passione e lettura

 

Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come uomini o donne libere.

Gandhi – Antiche come le montagne

 

Iniziative: è stato aperto da qualche mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

È stato aperto da pochi giorni anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

darksoul899@msn.it

 

 

Harry Potter e la Stella di luce

L’attimo prima del volo…

Behind Blue Eyes

Lettera dall’inferno

 

E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.

Per maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!

 

E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^

 

Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!

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V

 

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Capitolo 2
*** Spezzata ***


Dedico questo capitolo alla mia ballerina preferita che oggi compie gli anni

Dedico questo capitolo alla mia ballerina preferita che oggi compie gli anni!

 

Ehilà! Tocca già a me, eh!

Prima di tutto volevo sottolineare il fatto che Nightmare, non scrive affatto peggio di me, anzi. Siamo semplicemente due generi diversi, no Fede?

A parte questo.

La proposta di una FF insieme è stata mia (ancora mi chiedo perchè l'ho fatto...scherzo :P ) e quindi eccomi qui a dare il mio contributo. Questo capitolo è diverso da tutti quelli che ho scritto, l'influenza di Federico è veramente evidente. Spero che vi piaccia comunque!

 

Questo è il secondo capitolo, il prossimo è tutto di Night!

Buona lettura!

Un baciotto

Hermione Weasley

 

Siamo ancora noi

 - Spezzata -

Vola alto solo chi osa farlo.

 

2° Capitolo

Spezzata

 

*** *** ***

Open your eyes and look outside, find a reasons why.

You've been rejected, and now you can't find what you left behind.

Be strong, be strong now.

Too many, too many problems.

Don't know where she belongs, where she belongs.

She wants to go home, but nobody's home.

It's where she lies, broken inside.

With no place to go, no place to go to dry her eyes.

Broken inside.

Her feelings she hides.

Her dreams she can't find.

She's losing her mind.

She's fallen behind.

She can't find her place.

She's losing her faith.

She's fallen from grace.

She's all over the place.

 

Apri gli occhi e guarda al di fuori, trova la ragione del perchè.

Sei stata respinta, e ora non riesci a trovare quel che hai lasciato

indietro.

Sii forte, sii forte ora.

Tanti, tanti problemi.

Non si sa a cosa o a chi lei appartenga.

Vuole andare a casa, ma non c'è nessuno.

E' li che lei si riposa, a pezzi nel profondo.

Con nessun posto dove andare, nessun posto dove asciugarsi le lacrime.

A pezzi nel profondo.

Nasconde i suoi sentimenti.

Non trova i suoi sogni.

Sta perdendo la testa.

E' rimasta indietro.

Non riesce a trovare il suo posto.

Sta perdendo la speranza.

Ha perduto la grazia di Dio.

Lei è dappertutto...

 

( Nobody's Home - Avril Lavigne )

 

*** *** ***

 

18 Gennaio. Notte. Ore 02:34

Obscure Cave

Freddo, che s’ insinua tra le ossa, che ti gela il cuore.

Odio, che ti annebbia la vista, t’intorpidisce i sensi. Ti acceca.

Che senso ha vivere chiusa tra quattro mura? Che senso ha vivere la propria vita, se così si può chiamare la mia misera esistenza, attraverso ricordi, parole, sussurri, così lontani da questi giorni?

Riuscire a vedere il cielo, solo attraverso il ricordo dei suoi occhi. Che senso ha vivere per morire ogni giorno? Ogni sera muoio e tutte le mattine rinasco contro la mia volontà, vivere per soffrire, soffrire per vivere.

I ricordi di tutto ciò che mi hanno portato a questa situazione, sono ancora vivi nella mia testa, si ripetono ogni maledetto giorno che passa, ogni misera ora che scocca, ogni minuto che scorre via in silenzio. Si, perchè in fondo io vivo nei ricordi, nei miei ricordi, dopo tanto tempo il mio corpo non mi appartiene più, mi è estraneo, passatempo di qualche bastardo in cerca di piacere, piacere perverso. Ma ormai, non piango più, non urlo più, non mi oppongo più.

Mi sono arresa?

Forse.

Le mie sono forse lacrime di dolore, di sofferenza?

No, le mie sono lacrime di rabbia, lacrime di odio. Si, odio. Non pensavo che avrei mai potuto provare una cosa del genere, eppure, lo sento qui, che mi avvelena il cuore, che mi istiga, che mi seduce con il suo oscuro sussurro.

Ma ho forse ceduto? Ho mai implorato quegli uomini, perchè la morte sopraggiungesse?

No.

L'ho desiderata, tanto, la morte. Che mi avvolgesse nel suo sonno ovattato e eterno, senza più dolore, senza più sofferenza, senza più violenze. Ma non l'ho mai chiesta, mai.

Ma in me si è insinuato un pensiero. Un pensiero di speranza direte voi. Bè… all'inizio poteva essere anche così, ma adesso non è questo che mi manda avanti, oh no. E' il desiderio di vendetta. Dolce vendetta. Nelle mie giornate vuote mi perdo nei miei pensieri, vendetta e odio ne sono lo scenario. Desidero, voglio vendetta.

Io vivo, sopravvivo sperando che un giorno io possa ammazzarli tutti questi bastardi. Uno per uno, senza esclusione di nessuno, e farli soffrire così come loro hanno fatto soffrire me, li voglio sentire urlare, contorcersi ai miei piedi, negar loro quella pietà che mi hanno sempre rifiutata.

Ed è questo che ogni volta mi aiuta a non pensare, negli attimi in cui, loro si divertono con me, mi estraneo dal mio corpo, mi allontano con l'anima, con il pensiero, e desidero vendetta, solo vendetta.

E quando mi lasciano, soddisfatti, ansanti, appagati, rimango sola, con me stessa, come sempre.

Ed è in quei momenti che provo un ribrezzo incontrollabile per me, per il mio corpo. Mi odio, mi detesto. Sola ogni giorno, respirando polvere, tentando di ricordare di che colore fossero le colline, e la sensazione del vento sul viso.

Solo buio, buio e polvere, polvere e rimembranze, rimembranze e dolore, tutte in un assurdo circolo di sofferenza. E poi all'improvviso, mi sovviene il suo ricordo.

Lui.

E' stata l'ultima persona che ho visto. Lui, che mi è stato sempre vicino, non è riuscito a salvarmi da coloro che ci muovevano guerra contro. O forse sono io che non mi sono lasciata salvare? Con quanta caparbietà mi sono ostinata a voler partecipare alla guerra, quanta? Oh ma ero diversa allora, piena di vita e di speranze, di sogni...

Adesso non ne ho più, sono grigia, fredda. E lui? Me lo tolgo dalla testa senza troppe cerimonie, non sarà di certo stato ad aspettare me, ad aspettare che un fantasma potesse ritornare dall'Inferno...o dal Paradiso...non lo so.

Ma non sempre riesco a dimenticare quegli occhi, il mio cielo.

Quel giorno fu un caos. Ci dividemmo. I vari corpi di Auror combattevano a marce serrate contro i Mangiamorte, e con loro, noi. Piccoli eroi, forse troppo desiderosi di combattere, troppo ingenui per capire che certe cose non finiscono mai nel migliore dei modi.

Eravamo insieme noi tre. Come sempre. Un incantesimo, un botto, un' esplosione. Ricordo di essere stata sbalzata lontano da loro. Caddi riversa su un cadavere. L'odore di sangue sulle mie mani, e le pupille vuote che mi fissavano.

Li persi di vista. Non li trovavo più.

Cominciai ad avanzare da sola, con le mie sole forze. E poi...

Qualcuno mi afferrò da dietro. Mi strinse i polsi dietro la schiena. Ricordo la sensazione. Chiusi gli occhi cercando di trovare una soluzione logica, come avrei fatto una volta. E quando li riaprii mi trovai davanti ad un intero schieramento del corpo Auror del Ministero della Magia. Ma non ci fu niente da fare. Vennero uccisi tutti uno ad uno.

I Queen, coloro che difendevano più strenuamente la nostra vita, i nostri ideali, accerchiarono un esiguo numero di Mangiamorte tra i quali il mio sequestratore. Una strana sensazione di caldo mi invase le membra quando vidi Lui tra la folla che ci stava attorno. E poi niente. Un'esplosione, altri morti, altri cadaveri, altro sangue umano, versato per una guerra che sarebbe finita alla pari. Non Lo rividi più. Quel che so per certo è che mi credono morta.

Per il mondo, io non esisto.

18 Gennaio, Mattina. Ore 10:06

Obscure Cave

Mi passo la lingua sulle labbra. Sento il sapore del sangue.

Chiudo gli occhi. Respiro.

Ho la gola arida.

Deglutisco, rannicchiandomi nell'angolo più buio.

Mi passo una mano sul torace.

Un taglio. Un profondo taglio. Ha smesso solo qualche minuto fa di sanguinare. Sono tutta sporca.

Mi viene da ridere.

La mia gelida risata rimbomba tra le pietre, nel buio.

Sto impazzendo. Non è incredibile?

Rido ancora.

Mi sale un groppo alla gola. Sto per piangere? No.

Non le sento uscire, le lacrime. Sono bloccate, ferme, ghiacciate, lì.

Appoggio la testa sulle ginocchia tentando di calmarmi. La mano che si stringe attorno al collo. Altre cicatrici, altri tagli, altro sangue...sento un sottile strato di cordicella sotto le dita.

Ah.

Mi dimentico spesso di averlo. Alzo gli occhi, sfilandomi la collanina.

Un angioletto mi fissa.

E' d'argento. Ritratto in atto di pregare. Le ali spiegate come in procinto di spiccare il volo. Lui che può farlo. Sorrido mestamente al ricordo.

Era Natale quando lo vidi per la prima volta. Si, era in una scatolina di velluto azzurro, avvolto nel cotone rosato. Gli sorrisi. Un angelo mi aveva regalato un angelo.

Lo rimproverai per avermi fatto un regalo del genere, lui non poteva permetterselo. Non sono gingilli d'oro o d'argento a rendermi felice. Sapeva che sarebbe bastata solo una parola a farmi sorridere se detta da lui.

Ma non riesco a disprezzare un tale regalo. E' il mio...angelo. Si, che vola per me.

Un rumore, il cigolare di una porta.

Scatto in piedi infilando la catenina sotto la tunica.

Non è possibile, è troppo presto.

Il buio mi avvolge. Qualcuno sta venendo qui. Da me. Hanno forse deciso che il dolore inflittomi le sere è troppo poco? Non basta più? Anche la mattina, adesso?

Lo stridere del metallo sulla pietra, la flebile luce di una candela mi raggiunge. Chiudo gli occhi. Non sopporto la luce, non più ormai.

Tento di abituarmi. Gli occhi mi fanno male.

Un uomo di media statura mi guarda. Un ghigno sulle labbra. Folti capelli castani, sporchi, unti. Barba incolta gli cresce sulle guance gonfie, una profonda cicatrice gli attraversa la palpebra destra.

Bastardo.

Nella mano sinistra, un candelabro a tre braccia. Solo una candela è accesa, quella di sinistra, le altre due sono solo piccoli mozziconi di cera.

   « Bè? » chiedo piatta.

   « Sta' zitta »

Stringo le labbra. Uno scintillio attira la mia attenzione. Come se fossi una gazza ladra, cerco con gli occhi la fonte di quel barlume.

Lo vedo.

Un pugnale, stretto nella cintura dell'uomo.

Deglutisco, elaborando velocemente.

Potrei...

    « Hai visite » dice all'improvviso il Mangiamorte.

Faccio una smorfia.

    « Visite? » chiedo senza dare troppo peso alle sue parole. -E chi sarebbe? »  tengo lo sguardo fisso sul pugnale.  

Sto bene attenta a non attirare l'attenzione dell'uomo. Ma sarebbe difficile che riesca a notare la direzione del mio sguardo, sono avvolta dalla penombra.

    « Qualcuno ti vuole bene qui »sghignazza rude.

Sento una fitta allo stomaco.

Come può dire che qualcuno mi vuole bene? Schifoso!

Tutti coloro che mi vogliono bene mi credono morta, pregano sulla tomba di nessuno!

Dopo tutti questi anni di supplizio, come fa a dire che qualcuno mi vuole bene?

Ecco, lo sento. L'odio, mi scivola dentro.

Scatto verso di lui, tendo la mano verso la cintura, la serro contro l'impugnatura del pugnale. Lo sfodero e mi allontano di un passo dall'uomo.

Ce l'ho.

Mi guarda con aria interrogativa.

Lancia un'occhiata incredula alla sua cintura e poi torna a fissarmi.

Fa una smorfia.

     « Schifosa puttanella... »

Mi si avventa contro. Mi stringe le mani attorno al collo. Mi preme contro il muro, il suo alito fetido sulle labbra.

Stavolta sarà diverso.

Mi sporgo in avanti, serro la presa sul manico. E poi lo sento...

Il sangue che mi scorre caldo sulle mani. Per la prima volta, dopo tanti anni, quello non è il mio sangue. Sento un qualcosa scattare in me. Un suono strozzato abbandona le labbra dell'uomo. I suoi occhi hanno un sussulto. Il candelabro cade a terra con un tonfo sordo. La candela si spenge e con essa anche la mia ragione.

Estraggo la lama dal ventre dell'uomo. Sento l'odore del sangue, mi annebbia i sensi.

Senza pensarci affondo ancora una volta il metallo, il gelido metallo...

Ancora...e ancora...e ancora...

Ad ogni colpo, sento qualcosa rompersi dentro di me, ma non me ne interesso. Alla decima coltellata spingo il corpo esanime dell'uomo lontano da me. Lascio cadere il coltello.

Mi passo una mano sullo fronte. Mi lascio scivolare lungo il muro, finché non tocco terra.

Odore di sangue, le mie mani sporche.

Ho ucciso. Ho ucciso un uomo. Ho spezzato una vita.

E all'improvviso sebbene la cosa mi abbia fatto stare meglio prima, sento un peso immenso cadermi sul petto, con un cupo tonfo.

Ho ucciso.

Voglio piangere.

Posso piangere.

Devo piangere.

DEVO PIANGERE! IO DEVO PIANGERE!

Afferro il candelabro e lo scaravento contro il muro. Va a schiantarsi a pochi centimetri dalla porta aperta.

Non sento le lacrime scendere, non scendono, non ci sono.

Non riesco.

Sono vuota.

Inizio a tremare.

    « Interessante »

Una voce fredda e tagliente mi costringe ad alzare lo sguardo. Non vedo il viso del mio interlocutore. Ne distinguo la sagoma. Alto, magro, capelli lunghi.

Tasto la pietra, in cerca del pugnale. Invano.

    « Non serve » mi dice ancora.

Lo guardo ancora.

    « Che vuoi? »

La mia voce esce più ferma e sicura di quello che pensassi.

Io non sento niente.

Non sento niente.

Niente.

    « Sono venuto a farti un'offerta »

Sento il mio cuore...no, non ho più un cuore.

   « E sarebbe? » chiedo di nuovo alzandomi in piedi.

   « Ti offro » vedo...due occhi neri come la pece, occhi di corvo che mi fissano « la libertà. »

Non esulto, non gioisco. Dopo tanti anni, mi sembra impossibile. La libertà?

E in cambio di cosa? Del mio corpo? Del mio sangue?

Per quale fottutissimo motivo vuole darmi la libertà?

Mio malgrado diffido da lui.

    « In cambio di cosa? »

Una risata agghiacciante.

    « Di un'assassina »

__________________________________________________________________________

 

Ed ecco qua! Spero che non sia stato troppo noioso arrivare fino qua.

Via, siccome oggi mi sento buona renderò la conclusione il più breve possibile.

 

Ringrazio da parte mia e di Nightmare tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo!

Grazie, grazie, grazie!!!

 

Cedo il testimone a Nightmare, sono sicura che saprà regalarvi un capitolo stupendo (come sempre d'altronde)

 

Su su, se siete arrivati sin qua potete anche lasciarci una recensione...anche piccola piccola dai!!!

^_^

 

Se vi va di leggere ricordate che c'è ancora

Let Love Be Your Energy

in corso.

 

Un baciotto! Alla prossima!

Hermione Weasley

 

We could be heroes

just for one day

 

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Capitolo 3
*** Legati per l'eternità… ***


Dedico questo capitolo alla mia migliore amica… augurandole d’essere felice

Dedico questo capitolo alla mia migliore amica… augurandole d’essere felice.

 

Ed ecco che tocca di nuovo a me! Non vedevate l'ora, eh? ^_^

Ok, dopo provvederò a spararmi in privato, ma prima devo continuare il mio cammino insieme a voi. E se all'inizio abbiamo camminato insieme nel buio e nei misteri della notte, adesso resteremo uniti ancora per un po' nel singolare viaggio di due persone che si amano. Nulla di così romantico, non ancora... c'è ancora troppa sofferenza, troppi morti, troppa violenza. Arriverà anche quel momento.

Ma per adesso, accontentatevi di ascoltare la storia così com'è, nel bene e nel male... perchè in fondo questo è il racconto di due persone che sono legate.

Legate per l'eternità.

 

Ringrazio infinitamente chi ha commentato, via adoro tutti! Non posso lasciarvi ringraziamenti accurati perchè non n'è ho il tempo! Prometto di rifarmi in seguito, lo giuro!

L'unica cosa che posso fare è augurarvi...

 

Buona lettura!

 

Nightmare

 

SIAMO ANCORA NOI

 - Legati per l’eternità -

Quando due persone si amano, sembra che nulla possa turbare la bellissima quiete della loro vita… nessuno può distrarli dalla loro metà e dal loro reciproco amore. Poi irrimediabilmente… alcune storie finiscono. Non si sa il come e non si sa il perché… ma finiscono.

Ed è qui… nella lontananza, nella sofferenza, nel ricordo di un amore passato… che ci si accorge di una cosa. La storia potrà anche essere finita. I rapporti potranno essere cambiati…

Non si guarderanno più negli occhi… ma, in qualche modo…

Resteranno uniti per l’eternità.

 

3° Capitolo

Legati per l'eternità…

 

*** *** ***

Ci troveremo ancora
più grandi e più sinceri in una lacrima
e parleremo ancora di cieli immensi
avremo nuove verità
dimmi se ti ho deluso
e quanto hai pianto senza di me
io di pensarti non ho smesso neanche un attimo
e quanto dura l'eternità
ci abbracceremo ancora
più stretti di un anello
che non toglierò
e chiederemo al mondo
che male abbiamo fatto
per restare qui
dimmi se ti ho perduto
e quante volte hai cercato me
io di pensarti non ho smesso neanche un attimo
ci meritammo l'eternità
dimmi se senti me
come fossimo una cosa sola
una foglia in mezzo a questo vento che ci ha portato l'eternità'
l'eternità
il tempo e' già finito
lo spazio e' aperto davanti a noi che siamo come diamanti pronti a non spezzarsi mai
ci meritiamo l'eternità

 

( Giorgia - L'eternità )

 

*** *** ***

 

18 Gennaio. Mattino. Ore 10.07

Viale del Perdono

Il viale del perdono è desolato e solitario come al solito.

La gente, e comunque le persone in generale, lo considera come un luogo che ha perso ormai tutto il suo interesse, e per questo non se ne cura più come una volta. E' un luogo dove molti di noi hanno serbato un ricordo, in qualche modo... in un tempo ormai lontano, al suo interno, risiedeva la più grande Confraternita di pace esistente al mondo. Migliaia di persone venivano qua ogni giorno, in preghiera, per ascoltare insegnamenti e comportamenti nascosti all'umanità.

Adesso è soltanto un cumulo di macerie in rovina... le strade, che prima erano ben curate e abbellite da magnifiche piante prensili, contavano soltanto una decina di lastroni ancora intatti. Gli edifici che per un tempo che sembra lontano secoli, avevano dato lustro alla nostra regione, sono crollati... spazzati da una furia che non ha più nome ma che ne conserva comunque il volto... la guerra porta anche questo.

Ma nonostante tutto, io e Chac, siamo ancora qua... è un posto tranquillo e discreto, dove nessuno ti può disturbare, e capita spesso che durante la pausa pranzo ci ritroviamo qui, per parlare serenamente e in tutta calma. E' diventato un po' il nostro punto di ritrovo e non penso che cambieremo abitudini tanto presto...

Per cui, eccoci... ancora una volta.

Chac è seduto, quanto più comodamente possibile, su un lastrone di marmo chiaro e sta leggendo il giornale... Il Cavillo per l'esattezza. Vi sembra strano? Bè... è il giornale più efficiente e ricco di notizie che esiste al momento. Riporta in tempo reale tutte le notizie accadute con una precisione quasi disarmante e riesce a soddisfare ogni genere di lettore.

Bisogna dire che Luna ha fatto un gran lavoro e il merito è in parte suo. Ha sostituito più che bene suo padre... anche se, la vecchia tradizione di sparare un'infinita di stupidaggini a raffica non le è ancora passata, temo. Alle ultime pagine, che Chac prontamente ha già cestinato, si trovano, infatti, tutte le novità e le informazione sul Riccio-qualcosa Schiattante, o qualcosa del genere, al quale viene sempre dedicato più di un articolo.

Ma a parte questo, resta comunque un buonissimo giornale...

Mi appoggio con la schiena al mio albero preferito e chiudo gli occhi. Una brezza leggera mi accarezza il volto... ma non riesco a rilassarmi. Non mi sento granché bene, oggi. Mi gira la testa e se stringo forte gli occhi iniziano a lacrimare... sono molto stanco.

Chac sfoglia il giornale freneticamente, assumendo espressioni più o meno contrastanti a seconda della situazione... qualche volta si agita, sbraita, commenta ad alta voce in maniera non opportuna e poco carina... altre volte sorride, come adesso.

Magari sta leggendo l'articolo sportivo su i Tornados, che hanno vinto il campionato per la quinta volta consecutiva... maledetti loro! I Cannoni sono arrivati noni anche quest'anno... che barba! Anche io mi scelgo certe squadre, però!

   « Sai cosa è successo ieri? »

Ecco, come volevasi dimostrare... adesso inizierà un lunghissimo e barboso soliloquio sulla forza dei Tornados, e mi toccherà anche dargli ragione, purtroppo. Se vuoi vivere in pace con Chac ci sono tre regole da rispettare, se non ne vuoi uscire gravemente ferito dopo un incontro ravvicinato: per prima cosa non vuole essere chiamato per cognome. Solo il generale ha questo privilegio. Chi si azzarda anche solo una volta a farlo, l'ultima cosa che potrebbe vedere è un gigantesco pugno sul naso. Per secondo, non tollera assolutamente il pesce. Lo odia profondamente... non so, un giorno mi disse che ha avuto un trauma per il pesce, e non si è spinto oltre. Mah... vallo a capire. Comunque non cucinate pesce quando c'è lui, perché dopo potrebbero essere veramente guai. Per ultimo, e qui proprio non transige, mai insultare, criticare, sbeffeggiare i Tornados davanti a lui. E ragazzi, vi assicuro che le conseguenze di queste azioni suicide, possono essere devastanti. Ve lo dice uno che ha provato, purtroppo... ma lasciamo stare.

Chac è partito in quarta e sembra non volersi fermare più. L'ultima cosa che sento è l'accurata descrizione del mirabolante portiere Jondal, nelle sue parate di giornata. Poi... mi assopisco. Qualche volta, per riflesso, annuisco con la testa e Chac sembra essere molto soddisfatto perché continua a parlare, ma io continuo a non capirci nulla.

Poi ad un tratto s’interrompe, e io immagino che sia per riprendere fiato, ma quando alzo la testa verso di lui, ancora intontito dal sonno, vedo che sta fissando il giornale molto seriamente.

   « Credi che dovremmo occuparcene? »

La sua voce mi arriva lontana e impercettibile, come se la distanza tra di noi fosse infinita… non riesco a connettere ancora bene, e gli sforzi per tornare concentrato al momento mi sembrano vani.

Mi sento strano, oggi. Forse è solo la stanchezza… Liam ci ha davvero massacrato, senza ritegno aggiungerei, con le esercitazioni di questo mattina. Ma c’è qualcos’altro… non so cosa, ma sono sicuro che stia accadendo qualcosa d’importante da qualche parte. Non so dove, ma… Che sia frutto della mia già compromessa e fervida immaginazione?

Eppure…

   « Mi stai ascoltando? »

Stavolta il tono di voce del mio corpulento amico è irritato. Sbatto gli occhi, come uscito da un grande sogno, e sbuffo vistosamente… cosa vuole adesso?

   « Cosa c’è, ancora? »

Le parole mi escono a stento. Mi sento pesante... mi giro verso di lui impacciatamente e scuoto la testa. Perché devo sempre trattarlo così?

   « Scusa Chac... è che mi sento molto stanco oggi. Cosa stavi dicendo? »

Un ghigno soddisfatto si increspa dalla sua bocca, sa di avere completamente la mia attenzione adesso. Si siede meglio sui grossi gradini di marmo del parco e prende un bel sospiro.

  « Pochi giorni fa è stato ucciso, in modo molto... sanguinoso, ecco... uno dei membri più scaltri del Corpo Oscuro. E' stato ritrovato morto davanti alla sua abitazione e non possedeva bacchetta... solo una comunissima pistola babbana. Credi che dovremo occuparcene noi, o lasciamo tutto al movimento degli Auror? »

Lascia la domanda in sospeso, in attesa di un mio giudizio. E' dire che è lui il Maggiore. Io sono solo un semplice Tenente... ma ogni volta vuole, anzi ordina quasi categoricamente, un mio personale parere sulla questione da affrontare.

 « Guarda questo simbolo... »

Mi passa il giornale sgualcito e scorre lentamente le pagine, come per ricordarsi dove ha visto l'articolo. Ad un certo punto, quando ormai mi ero già preparato la tenda per andare a dormire (ci ha messo un secolo, per intenderci!), emette un suono compiaciuto e con il grosso ditone mi indica un punto del giornale.

Proprio al centro della pagina, corredata da articoli di cui non vi importa sapere l'entità e la rilevanza, c'è una grossa foto in bianco e nero, abbastanza scura che, così su due piedi, ancora intontito dal sonno, non ci avevo notato nulla di strano. Ma poi, mettendo bene a fuoco l'immagine, vedo un simbolo che nella sua magnifica originalità, mi ricorda qualcosa... un angelo scuro avvolto dalle fiamme, si trova sul palmo della vittima. Sembra voler spiccare il volo, ma qualcosa lo lega a terra... quelle fiamme, così caratteristiche e ben curate, rappresentano l'agonia di un personaggio che una volta ha saputo anche amare. Un segno, un biglietto da visita, un avvertimento... l'assassino lancia messaggi ai suoi inseguitori. Una provocazione in piena regola...

   « Allora, cosa hai deciso? »   

 Bè... non so il perché ma sul momento non diedi molto peso alla cosa. Mi pareva solo un caso come un altro, uno di quei tanti omicidi del quale si sente tanto parlare... una cosa di poca rilevanza, dopotutto.

Ma come mi accorsi in seguito, e porto vivo nel ricordo e nella mente ogni cosa, le parole che dissi a lui quel giorno, avrebbero segnato il mio destino in maniera determinante e imprevedibile.

   « Mmh... sì, ce ne occupiamo noi »

Forse presi quella decisione perché quell'angioletto mi ricordava qualcosa. Forse perché sentivo un legame, uno strano gioco di energie con l'assassino. Fatto sta, che presi una mia decisione. Una decisione che se sul momento poteva sembrare di scarsa importanza, nel futuro avrebbe potuto cambiare la vita di molte persone... una scelta che avrebbe condizionato la sorte di molti personaggi, con o senza la loro volontà.

E lei...

Era una di questi.

Interno giorno. Ore 13.47.

Rifugio oltre il confine

Libera...

Piccole gocce d'acqua scivolano sul suo corpo e cadono giù, sul freddo e lucido pavimento del bagno... purificano, scorrono, curano... cancellano fin dove gli è possibile i segni d’anni di sofferenze, i lividi di uomini che non avuto pietà... che non hanno avuto compassione.

Neanche lei ne avrebbe più avuta d'ora in avanti. Non si sarebbe lasciata intenerire da uno sguardo implorante, non si sarebbe commossa vedendo strisciare qualcuno ai suoi piedi. Avrebbe colpito... avrebbe spezzato ogni vita a poco a poco, assaporando la dolce agonia delle cose che non esistono più. Avrebbe ucciso...ancora, e ancora, e ancora... come aveva già fatto.

Le gocce carezzano la sua schiena, rilassandola... aveva ottenuto la sua libertà e aveva ricevuto una missione. Un compito da portare a buon fine, una possibilità che desiderava da anni. Poteva lasciarsi sfuggire l'occasione per ideali in cui non credeva neanche più? Lei avrebbe avuto vendetta e il resto non contava assolutamente niente.

Adesso poteva sfogare tutto il rancore, l'odio, la rabbia.

Poteva umiliare quando anche lei era stata umiliata.

Poteva disprezzare quando anche lei era stata disprezzata

Poteva uccidere perché in fondo anche lei era stata uccisa...

La sua anima, il suo essere ancora bambina... le era stato tutto portato via. Perduto in una guerra del quale non avrebbe dovuto conoscere neanche l'esistenza. Prigioniera in un mondo che sa solo odiare e uccidere, dove non c'è posto per trovare riposo... e dopo anni, oh sì... lei si sarebbe adeguata.

Uccidevano? Avrebbe ucciso anche lei...

Torturavano? Perché sottrarsi da tale piacere?

E lei non si sarebbe sottratta, no di certo. Perché in fondo nulla le era più rimasto. Tutti la credevano morta e persa nel ricordo, troppo impegnati in una guerra che non aveva tregue e non concedeva errori. I suoi genitori avevano lasciato questa terra, in un giorno come un altro, alla tenera luce del sole delle prime giornate d'agosto... i Corpi del Male li avevano portati via con loro. Non li aveva più rivisti, dopo quel giorno...

E poi... c'era lui.

Ma aveva senso illudersi dopo tutto questo tempo? Sicuramente si era rifatto una vita, una famiglia... l'aveva creduta morta come tutti gli altri... e allora perché era così triste? Perché si sentiva così delusa da l'unica persona che aveva manifestato un minimo d'affetto per lei?

Non l'aveva più cercata... l'aveva abbandonata al suo destino e magari adesso conduceva una bella vita, sbattendosene di quello che era stato... l'aveva abbandonata quando lei aveva riposto ogni forza, ogni speranza in lui. L'aveva lasciata a marcire in quella merda di buco per anni, senza provare a cercarla. L'aveva abbandonata a se stessa, senza pentimento né remora, e non c'era scusa per questo.

Delusa. Tremendamente delusa.

E allora perché continuare ad illudersi quando nessuna illusione era possibile?

Doveva ricominciare a vivere... e non aveva bisogno di nessuno per farlo. Avrebbe condotto la propria vita senza guardare al passato, sforzandosi di dimenticare... impegnandosi nel suo macabro gioco da burattinaio, dove i fantocci venivano controllati da lei e da lei sola.

Perché questo le era stato chiesto...

E un assassino non può far altro che eseguire. Vede il sangue delle persone uscire a fiotti nelle proprie mani e non pensa ad altro. Assapora la carne e non si da problemi sulle conseguenze. Lacera e distrugge vite a suo piacimento...

Si volta e chiude la doccia... Esce scuotendo freneticamente i capelli e si guarda allo specchio...

L'assassino non ha identità.

Lei l'ha persa da un pezzo...

19 Gennaio. Mattino. Ore 07.56

Città dei Ricordi

La neve si è sciolta quasi completamente in questi giorni.

Ai lati delle strade si può ancora vedere qualche sporadica chiazza bianca risparmiata dal sole. Nonostante tutto fa ancora molto freddo. Mi stringo alla vita il cappotto e mi sistemo al meglio la sciarpa. Qualche piccolo raggio di luce fa capolino tra le nuvole chiare e illumina un poco la giornata, che di per sè, resta comunque ancora un po' buia.

Oggi è domenica, finalmente... l'unico giorno libero che, nonostante tutto, ci viene concesso dalla severissima e temutissima Rifondazione. E io sono qua, nella città che da un tempo a questa parte, viene chiamata città del ricordo... un ricordo doloroso ma che continua a farci sperare. Proprio così... e qui che si decise uno dei più grandi capitoli della storia magica, purtroppo. Questa città, che un tempo era piena di vita e di vivacità; questa città che un tempo era centro turistico e commerciale per ogni mago che si rispetti; questa città in cui venivo da ragazzino a comprare gli oggetti di scuola e ad ammirare le scope da corsa, ha perso un nome che l'aveva resa famosa a suo tempo. E' strano tornare a Diagon Alley dopo così tanti anni.

Ormai è deserta... solo qualche vecchio nostalgico la popola ancora, nella speranza che un giorno torni al suo antico splendore. Solo qualche sperduto viaggiatore cammina ancora su quello che fu, nel tempo andato, campo di battaglia di due forze opposte ma potenti allo stesso modo. Solo chi come me, ha ancora voglia di rivedere persone care... in un attimo che in questo luogo viene chiamato shiadif: ricordo.

E io sono qui anche per questo. Devo vedere una persona... una persona molto importante, che non vedo da tanto tempo. Una persona di cui conservo solo un tenue ricordo, cancellato via via dalla furia degli anni e dall'incessare rabbioso della guerra.

Devo vederla... anche se non sarà possibile.

Cammino a passo spedito verso il versante Nord della città e non mi guardo indietro. Non che ci sia molto da vedere...

La città dei ricordi non è un luogo dove venire in gita di piacere... è un luogo dove regna il silenzio assoluto, in memoria di chi si è sacrificato per noi... in memoria di chi ha combattuto per noi. E' un luogo dove parlare è infrangere un patto segreto e taciuto; è un luogo dove esiste solo preghiera e ricordo. Ricordo e preghiera.

In un circolo continuo che purifica l'anima e alimenta la mente.

Svolto improvvisamente alla mia destra dirigendomi verso la piazza... quella piazza. Il luogo dove migliaia di persone morirono, il singolare e improvvisato campo di battaglia di gesta eroiche e combattimenti mortali, l'ultimo sbarramento di difesa che ci era rimasto... questa piazza, che per i pochi abitanti che si trovano ancora qui, si chiama ancora piazza del massacro, è il luogo più importante e ricco di ricordi della storia magica contemporanea.

E proprio qui ebbe inizio e fine il loro scontro... io ero presente, ma non mi ricordo quasi niente. Sono stato allontanato da Harry subito dopo un'esplosione e ho dovuto combattere tra carcasse di corpi straziati e fiotti di maledizioni che passavano sopra la mia testa, per restare in vita... i libri, o molti saggi del nostro tempo, descrivono il loro combattimento come uno scontro a dir poco epocale. Uno scontro alla pari tra due forze diametralmente opposte, ma che comunque si equivalevano...

Harry la luce.

Voldemort le tenebre.

Ed è finita pari, ancora una volta... nessun vincitore, nessuno sconfitto. Soltanto due fazioni che si sono trovate prive del loro simbolo, della loro guida. Da una parte i Mangiamorte che avevano già gridato al successo, dopo aver visto Harry cadere in ginocchio... Da una parte noi, giovani Auror, che vedevamo l'Oscuro Signore tramontare per sempre... e poi, come in un sogno troppo irreale per essere raccontato, arrivò il silenzio.

Il silenzio di persone che non credono a quello che è successo. Il silenzio prima della rabbiosa e furiosa ritorsione, per chi vuole vendicare anche se non serve a niente. Un silenzio pieno di dolore e di odio, di quando gli avvenimenti non contano più.

Le lacrime rabbiose di chi è consapevole. L'urlo nero di chi chiede vendetta.

Perché in fondo l'uomo è così... non si da pace, non capisce quando è il momento di smetterla e dire basta. Sa solo continuare, furiosamente, volendo prevalere... e non hanno importanza le migliaia di vite spezzate che salirono al cielo quel giorno; non hanno importanza le gesta di un ragazzo di 18 anni che si è sacrificato per portare la luce; non hanno importanza i destini intrecciati di persone lontane che magari non si vedranno più... l'unica cosa che contava veramente in quel momento era la vendetta. Sanguinosa, violenta, senza freni... i Mangiamorte si avventarono su di noi come impazziti, guidati dalla folle oscurità che scendeva su di loro.

Cosa potevamo fare, allora?

Erano in troppi... il corpo dell'avantgardes, che già aveva subito perdite considerevoli durante lo scontro, era ai ferri corti. Il generale Liam perse la vista proprio in quel frangente, quando il giovane Malfoy gli lanciò un anatema irreversibile contro...

Viscido bastardo...

Ma poi ha avuto la sua vendetta, il nostro generale... lo ha inseguito, nonostante la sua ovvia impossibilità di vedere le cose, lo ha trovato, e non chiedetemi come perchè resta tuttora un mistero, e quando è riuscito a intrappolarlo, in un di quei cunicoli che tanto gli piacevano, lo ha massacrato. Guidato da una furia sconosciuta anche a lui stesso, spinto dal desiderio di cancellare colui che aveva osato rovinargli la vita, lo ha lasciato a marcire a brandelli, in una pozza di sangue che gli spettava di diritto.

Poi sono arrivati loro... i Queen.

Un grido dal cielo, teste che si alzano verso l'alto, sguardi interrogativi che accarezzano la volta celeste... così arrivarono i difensori della Luce, a cavallo di giganteschi cavalli alati, scendendo in picchiata sulla città...

E il loro intervento fu provvidenziale... scatenando la potenza e la forza di Shiva, placarono per qualche minuto la furia dei Mangiamorte, ancora troppo basiti per la loro venuta.

Poi... un corno che suona da lontano. Il segnale di ritirata della Rifondazione.... gente che corre e si ammassa per uscire fuori dalla città; bambini in lacrime che cercano la mamma e non sanno cosa fare; soldati feriti trasportati su barelle improvvisate in una lotta tra la vita e la morte; urla disperate di chi non vuole lasciare i propri cari e vuole morire con loro... al loro fianco.

E quando non fu più possibile sostenere l'emblema di Shiva, i Queen si ritrovarono tutto il Corpo Oscuro contro, senza alcuna difesa. Numericamente inferiori e parecchio provati dallo sforzo di evocare un Eone così potente, non ebbero scampo... uno ad uno caddero sotto la furia dei Mangiamorte, lasciando solo il loro triste ricordo...

Noi fuggimmo lontano, verso la Londra babbana, dove i nostri nemici non ebbero il coraggio di arrivare... io ero gravemente ferito ad una spalla e l'unica cosa che ricordo e il volto di Chac e lui che mi sta portando via da quell'inferno.

Mi ha salvato... anche se non ama parlarne. Probabilmente sarei morto lì in mezzo, distrutto da una furia che spinse i Mangiamorte anche a dilaniare i cadaveri rimasti. Furono fatti tutti a pezzi... non gli bastò portare via soltanto la vita a queste persone, ma vollero, nel loro macabro modo di vedere le cose, assaporare il piacere di aver rovinato loro anche la morte, se così si può dire.

La piazza è priva di vita e della gioia che un tempo l'animava. Al centro, tra le macerie di carcasse sconosciute che nessuno si è dato la briga di sgombrare, c'è una fontana... la fontana del sopravvissuto per l'esattezza. La limpida acqua chiara scorre ancora leggera, su di essa, come l'unico baluardo che è riuscito a resistere alla tempesta. Congiungo le mani e le immergo in quel liquido sacro, che nonostante il tempo e le difficoltà provate, conserva ancora la sua intatta purezza.

Non bevo... non sarebbe rispettoso da parte mia.

Anche queste acque, a loro tempo, sono state infamate, macchiate da un sangue innocente e colpevole allo stesso modo... anche queste acque hanno conosciuto lo strazio di agonie lontane. E anche se adesso, quando il naturale scorrere degli eventi ha cancellato il corso andato, queste acque sono pure e immacolate, non mi permetterei mai di diventare un sacrilego: non senza una giusta causa.

Ma adesso, torniamo a noi e al motivo della mia venuta nella città del ricordo.

Perché credete io sia qui?

Pensate che sia soltanto un modo come un altro per passare il tempo?

No.

Se sono qui un motivo c'è... mi incammino lungo una lieve salita alberata, un luogo che si distacca completamente dal resto del paesaggio, e mi guardo intorno. Sembra che la guerra non sia riuscita ad intaccare la purezza di questo posto. Forse i Mangiamorte hanno avuto il timore di sfidare ancora una volta gli dei o forse hanno semplicemente avuto un minimo di lucidità e rispetto per coloro che sono caduti... questo luogo, che nella sua essenza resta ancora intatto agli occhi della gente, porta comunque una ferita troppo grande da sopportare.

E il dolore si aggiunge al dolore... il pianto di un'anima rimasta sola, che anela alla morte per raggiungere i propri cari.

Morte...

Dietro ai miei occhi si forma un velo spesso e opaco, di chi vuole piangere ma non ci riesce. Piccoli sassolini di ghiaia volano sul terreno al mio passaggio; i miei passi si fanno pesanti... non mi guardo in giro, non mi volto.

Non vedo quelle migliaia di foto che mi guardano come un oggetto estraneo. Non sento il richiamo etereo di un grido lontano... mi dirigo verso la sua lapide, come in un patto prestabilito, e la mia mente forma pensieri vertiginosi che mi danno alla testa, sommessamente.

Svolto, guidato da una forza troppo grande per essere contrastata. Centinaia di crisantemi resi in omaggio, senza distinzioni né privilegi... anche i Mangiamorte che qui hanno distrutto, ucciso, massacrato hanno avuto un piccolo tributo di perdono. Se lo sono forse meritato? Io credo di no...

Un leggero vento di presagi accompagna la mia venuta... un angelo con le ali spezzate indica con la manina una direzione lontana. Indica l'Est dove sorge il sole e dove tutte le cose hanno inizio. Ha il volto sofferente, intriso di pianto, unico essere che rimane da guida ma che non ne sopporta il peso.

E poi... la vedo.

La sua immagine triste e un po' oscurata dal tempo, mi guarda con espressione persa, come a volermi dire: " Che ci faccio qui? ". La fisso come una persona che sta per scoppiare in lacrime, ma non voglio piangere.

Bacio la fredda lapide di marmo e mi seggo sulla ghiaia scura. Percorso di anime che cercano la luce e il riposo, sentiero, per quelli come me, che chiedono di rivedere i propri cari...

Insulsa speranza...

Accarezzo i crisantemi bianchi alla sua destra; pendono flosci e spenti come alla fine dei loro giorni. Li accarezzo e sento le loro foglie perdersi tra le mie mani, vittime di un gesto delicato che può risultare violento se fatto con costanza. Li tolgo dal lucido vasetto nero in cui erano posti, e li lancio in aria, preda del vento che saprà cosa fare di loro. Piccoli e chiari petali bianchi volano nel cielo...

Prendo il vasetto tra le mani e lo scuoto con cura. Pezzi di terra e di foglie passate cadono giù, sul freddo terreno d'inverno. Rovisto nella tasca interna della mia giacca, cercando... Devo mantenere fede alla mia promessa, ancora una volta...

Per l'ultima volta...

Candidi fiori del color d’arancio si levano dalla mia mano, assaporando l'atmosfera del silenzio più assoluto e sorridendo ai primi raggi di sole di un giorno che ha inizio. Li sistemo con grazia nel piccolo vasetto nero e m’inginocchio ancora una volta. Sono fiori magici, non sfioriranno mai... hanno un potere che nessun uomo può ancora raggiungere. La pace e la vita eterna.

Fisso ancora quella lapide e il suo volto sorridente... un sorriso di chi non è consapevole di ciò che sta per accadere. Un sorriso di chi si alimenta ancora di sogni e di speranze future. Un sorriso che si è spento... il suo sorriso.

Il mio capo si rivolge a terra... sento docili lacrime calde scendere sul mi viso ormai segnato.

Prego...

Non l'ho mai fatto prima d'ora, non vengo da una famiglia molto religiosa, ma adesso come non mai ne sento il bisogno. Prego. Prego perchè qualcuno lassù mi ascolti, quando io per anni mi sono rifiutato di ascoltare il mio cuore; prego perchè mi venga concessa anche solo un'altra possibilità. Prego perchè in fondo spero che lei sia ancora viva, in un modo o nell'altro...

La sua tomba è vuota.

All'interno solo stupidi oggetti e ricordi senza senso, di chi ormai si è rifiutato di aspettare. Io non ho messo nulla, non avrei potuto... sopra soltanto cumuli di terra grigia, a nascondere una volontà che resta comunque innegabile.

Lei non è là dentro.

E comunque io mi trovo ancora qui... inginocchiato davanti alla tomba di nessuno, a pregare... a sperare ancora nel miracolo. Sarà l'ultima volta che ci vengo, l'ho promesso a me stesso... non posso continuare a vivere di rimpianti, non posso.

Mi alzo da terra e m’incammino fuori.

L'ho rivista per l'ultima volta, per ora mi basta... forse è arrivato il momento di lasciare andare tutto, di farla finita con il passato. Io sono Ronald Weasley, tenente di 1° livello della sezione Avantgardes, cerchiamo di non dimenticarcelo... devo smetterla di inseguire fantasmi che non torneranno più, che non rivedrò mai più su questa terra.

Devo smetterla.

Perché tutto questo non ha senso. Non potrò mai più rivederla; non saprò mai più cosa vuol dire assaporare il suo profumo di pesca; non riuscirò a sentire ancora il suono melodioso nella sua voce... non posso.

Ma ormai nulla ha più importanza. Perché c'è un legame tra di noi che non si è ancora spezzato, lo sento... se mi fermo e ascolto il battito del mio cuore, posso sentirlo. Lì, sotto la pelle, che ti conduce al ricordo e al pianto... E forse un giorno, se il cielo lo vorrà, la rincontrerò... del resto non possiamo stare troppo divisi.

E un motivo c'è...

Resteremo uniti per l'eternità.

 

Finito anche questo… che fatica, ragazzi! Ma sono abbastanza soddisfatto, dai… non posso lamentarmi, stavolta!

Ringrazio in anticipo tutti coloro che commenteranno!

Grazie, grazie, grazie… ^_^

 

Nel destino d’ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.

Victor Hugo – L’uomo che ride

 

Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può darsi interamente.

Octavio Paz – Passione e lettura

 

Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come uomini o donne libere.

Gandhi – Antiche come le montagne

 

Iniziative: è stato aperto da qualche mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

nightmare899@hotmail.it

 

 

Harry Potter e la Stella di luce

L’attimo prima del volo…

Behind Blue Eyes

Lettera dall’inferno

 

E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.

Per maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!

 

E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^

 

Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!

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Capitolo 4
*** Un angelo prigioniero dell'inferno ***


Dedico questo capitolo al cnsc e alla sua biciclettina spastica, perchè solo lui riesce a farmi saltare i nervi come Dio coman

Dedico questo capitolo al cnsc e alla sua biciclettina spastica, perchè solo lui riesce a farmi saltare i nervi come Dio comanda.

Ps. prima o poi però in Arno ti ci butto, sì sì

 

Ave!

E insomma...devo dire che questa storia mi sta prendendo più del previsto.

Rimarrei ore e ore a scrivere su questa trama intricata e un po' dark.

Mi affascina, non so come sia venuta fuori tutta 'sta cosa, boh!

E' stato il primo capitolo di Fede a darmi l'input per tutto e ora mi diverto.

Aahahahahah (risata satanica).

Ehm ehm

*Sere ritrova la calma interiore*

Mi sto appassionando al personaggio che sta venendo fuori, mi affascina, molto.

Sto facendo dannare quel povero ragazzo perchè gli scrivo i capitoli prima che lui scriva i suoi e poi non coincide una mazza, nevvero Fede?

Ahahah, ma lui ha pazienza...vero? Veeero?

Ok ok basta deliri ;_;

Sono impazzita!

(E sai che novità N.d.Fede) (Questo è il mio capitolo, pussa via!N.d.Sere)

(Racchia! N.d.Fede) (Se non ti cheti ti schianto!N.d.Sere)

*cough cough*

Ok ora potete cominciare a leggere sul serio.

Scusate il delirio.

 

Un baciotto

Hermione Weasley

 

 

4° Capitolo 

 - Un angelo prigioniero dell'Inferno -

 

*** *** ***

 

How can you see into my eyes like open doors

leading you down into my core

where i've become so numb without a soul my spirit sleeping somewhere cold

until you find it there and lead it back home wake me up inside

wake me up inside

call my name and save me from the dark

bid my blood to run

before i come undone

save me from the nothing I’ve become

Frozen inside

only you are the life among the dead

 

Come fai a vedere dentro i miei occhi

come se fossero porte aperte,

arrivando nelle profondità del mio corpo,

dove sto diventando ghiacciata.

Senza un'anima

il mio spirito sta dormendo in qualche luogo freddo

fino a che non lo ritroverai e lo riporterai a casa.

Svegliami dentro

Svegliami dentro

Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre

permetti al mio sangue di scorrere

prima che cada a pezzi

salvami dal niente che sono diventata

Ghiacciata dentro

 Solo tu sei la vita in mezzo alla morte.

 

(Bring Me To Life - Evanescence)

 

*** *** ***

 

 

 

16 Febbraio. Notte. Ore 03:05

Vicoli di Londra

Un uomo, come tutti gli altri.

Un uomo il cui destino è stato deciso da altri.

Si guarda intorno con circospezione, con fare guardingo.

Non sa di essere la preda.

Pedina di un gioco spietato, inconsapevole del proprio destino, ma conscio del pericolo che attende in agguato ad ogni angolo, in ogni ombra, in ogni cigolio di porta o finestra.

L'essere umano si rende conto del pericolo che sta correndo.

I suoi passi risuonano nei bui vicoli della Londra notturna. Quei vicoli malfamati, pericolosi, di certo non il luogo ideale per passare la serata con gli amici.

Vicoli di una Londra decisamente periferica.

Cammina con crescente tensione. Si volta ogni tanto, guardandosi alle spalle, ma non la sente, non la vede. Eppure avverte la sua presenza, sente quasi il suo respiro regolare e gelido. Lo stropiccio di stivali di gomma sull'asfalto bagnato.

E la sua testa non riesce a non smettere di pensare. Lui sa che qualcosa sta per succedere.

Sa che la Morte sta sopraggiungendo, contro la sua volontà. Lei è lì che attende, che spia ogni sua mossa, lei vede tutto. E lui sa che lo porterà via, tra non molto.

L'uomo continua a camminare con paura, agitazione, svolta in un vicolo.

Non sa che è cieco. Che non c'è via d'uscita, che ha messo la firma sul suo contratto di morte, senza che nessuno la dovesse falsificare. Si è messo in gabbia, da solo.

Strano come la mente umana vada in panne quando si tratta di pericolo.

Il nostro sistema nervoso non elabora più in certe situazioni d’agitazione e panico.

Cammina fino a che non arriva ad un muro, freddo, semi-distrutto.

Quella sarà la sua tomba.

Sta per voltarsi, sa che si troverà davanti la Morte, che gli porterà via il bene più prezioso che un uomo possa avere: la Vita.

    « Preso  una voce di donna, fredda e pungente »

L'uomo si volta lentamente.

Non credeva che la morte avesse un'esile corpo slanciato, due gambe magre e perfette avvolte da pantaloni neri, stivali di pelle, una maglietta aderente.

Fondine ai lati delle cosce. Un giubbotto corto, un pesante cappuccio di pelliccia che le ricopre gli occhi da sguardi indiscreti.

L'uomo ride, crede che sia uno scherzo. Non sa che lei lo farà sul serio, perchè quello è il suo lavoro.

Lui pensa che sia un gioco, si sbaglia. Senza farsi alcun problema prende la sua bacchetta e gliela punta contro. Continua a ridere.

Lei gli sorride e con velocità sorprendente estrae una delle due pistole. Le canne ghiacciate adesso gli solleticano la fronte.

Lui trema, rabbrividisce, ha paura. Capisce di aver sbagliato.

    « Lo sai che un colpo di questa ti spacca il cranio in meno di un quarto di secondo? E quando avrò premuto il grilletto, mi divertirò a raccogliere pezzi del tuo cervello spappolato. Sarai così sfigurato che nemmeno tua moglie saprà riconoscerti, sempre che esista qualcuna così stupida da scaldare il letto di un uomo viscido e inutile come te. »

Gli sorride perfida.

Lui non dice nulla non ne avrebbe il tempo.

E' la fine.

Lei, con la mano libera, si abbassa il cappuccio. Due occhi color nocciola spenti, due labbra rosee piegate in un oscuro sorriso.

    « Guarda bene la mia faccia » gli dice « Perchè sarà l'ultima che vedrai su questa Terra »

Un clic, uno sparo attutito dal silenziatore.

Come un secchio di vernice lanciato contro una bianca tela,  così il sangue dell'uomo macchia il muro, come un affresco dalle macabre tinte.

Lei non si scompone. Prende un fazzoletto e pulisce la canna della pistola. La infila nella fondina. Si mette un paio d’occhiali scuri, a coprirle gli occhi. Si rimette il cappuccio, che le fa ombra sul viso.

Si abbassa, le ginocchia piegate. Con un colpo secco afferra la mano destra dell'uomo.

Una smorfia di puro disgusto dipinta sul viso.

Tira fuori la bacchetta, mormora delle parole sottovoce.

E poi calore, lo sfrigolio della carne messa sul fuoco.

Una sagoma appare sul palmo della sua vittima.

E' un Angelo tra le fiamme dell'Inferno.

Le ali spiegate come in procinto di prendere il volo, la testa piegata all'indietro, le labbra dischiuse in un grido di dolore.

Le braccia tese, i polsi fermati da lingue di fuoco.

E le fiamme che ne lambiscono il corpo, con violenza, senza pietà.

Un volo impedito, il Bene prigioniero del Male.

Perché in fondo è questo che lei è.

Un Angelo rinchiuso all'Inferno.

Da una fugace occhiata al disegno che gli ha appena marchiato a fuoco sulla mano. Lancia un sorriso, quasi divertito, al cadavere.

E' una pratica riservata a tutte le sue vittime. La sua firma.

Senza rimpianti.

Senza rimorsi.

Sapeva forse chi era?

No.

Perché doveva morire?

No.

Aveva sensi di colpa?

No.

Perché in fondo è questo che fanno gli assassini.

Uccidono senza curarsi di chi sono le loro vittime, senza sapere perchè devono sottrarre loro la vita.

Lei lo fa e basta.

Lei uccide.

Si volta all'improvviso, e comincia a correre, il respiro regolare, svolta in un angolo e sparisce nella notte, lasciandosi dietro solo Morte e una scia di profumo di pesca.

 

 

16 Febbraio. Mattina presto. Ore 07:45

Rifugio oltre il confine. 

Non ho sonno.

E' tutta la notte che resto sveglia, eppure non ho sonno.

Cammino lentamente, testa china, mani in tasca.

Non mi preoccupo di chi mi potrebbe vedere.

Giungo davanti alla porta di un vecchio magazzino. Mi guardo intorno.

L'aria mattutina è fredda e pungente. Il cielo è ancora grigio, non so se pioverà o meno.

Non mi interessa.

Tiro fuori la bacchetta, mormoro una manciata di parole a voce bassa. Si sente un rumore, solo un leggero scricchiolio.

Una lastra d’asfalto giusto a pochi centimetri dai miei piedi scorre via, rivelando ai miei occhi la presenza di una rampa di scale, inghiottita dal buio.

Aspetto che l'apertura sia finalmente libera. Scendo i primi scalini.

Richiudo la pietra sopra di me.

Mi volto e continuo a scendere.

Cammino con entrambe le mani poggiate sulla fredda pietra dei muri.

In pochi minuti giungo in un grande salone, illuminato a giorno.

Il fuoco scoppietta nel caminetto davanti al divano. I miei stivali scricchiolano a contatto con il parquet.

Mi piego, apro le cerniere prima dell'uno e poi dell'altro e me li sfilo, in rapida sequenza.

Li sistemo in un angolo, per poi raggiungere camera mia.

Sono a casa.

E non c'è nessuno ad accogliermi.

Magari mi prenderò un cane prima o poi.

Entro in una grande stanza. Ho fatto mettere tutta una serie di specchi sulle pareti, così sembrerà ancora più spaziosa.

Mi tolgo il giubbotto lanciandolo sul letto.

Mi sfilo gli occhiali.

Mi spoglio lentamente.

Ho bisogno di una doccia.

Ancora addosso quell'odore.

Odore di morte.

Prendo l'accappatoio e me lo infilo. Mi avvio pesantemente verso il bagno.

Apro la porta della doccia con un tonfo secco.

Svito la manopola dell'acqua calda e la lascio scorrere.

Bollente.

Mi posiziono davanti allo specchio illuminato da un paio di lampadine bianche.

Fisso il mio riflesso mentre il vapore caldo invade la stanza.

Abbasso gli occhi sul lavandino. Li rialzo ma non vedo più il mio riflesso: lo specchio è appannato. Ho perso la mia immagine.

Mi sono persa.

Persa.

Deglutisco.

Mi sfilo l'accappatoio.

Sto per entrare nella doccia quando mi ricordo di una cosa.

Mi avvicino alla parete.

Mi metto in punta di piedi in modo da poter raggiungere una mensola un po' troppo alta per me.

Vado a tentoni finche non trovo quello che cerco.

Avevo dimenticato il mio bagnoschiuma alla pesca.

 

16 Febbraio.Tarda Mattinata. Ore 11:07

Rifugio oltre il confine.

Alzo il calice.

Faccio ondeggiare il vino che c'è all'interno.

Vino rosso, francese.

Osservo le sfaccettature che crea il fuoco in contrapposizione al bicchiere semi vuoto.

Mi perdo in stupide e insulse constatazioni.

Le mie giornate scorrono più o meno tutte simili.

Il mio Capo mi ha concesso una casa, vivo qui grazie a lui. Ha messo a mia disposizione alcuni architetti e arredatori del suo staff, mi ha lasciato libera scelta su come sistemarla. Mi ha tirata fuori da quel buco. E io in cambio uccido, per lui. Uccido chi mi ordina di uccidere.

Non penso mai quando lo faccio, lo faccio e basta.

Lavoro solo di notte, di giorno rischio di essere scoperta, anche se chi mi vedesse giurerebbe di aver visto un fantasma, il ricordo opaco di un tempo lontano. E' come se li vedessi: sgranerebbero gli occhi, si passerebbero le mani sulle palpebre chiuse per accertarsi di aver visto bene, e quando li riaprirebbero sarei già corsa lontano, così che sembrerebbe loro solo una visione passeggera dovuta alla stanchezza o a qualche bicchiere di birra di troppo.

Ma non mi lamento.

E' un sollievo non sentire più i passi di quei bastardi avvicinarsi alla porta di ferro che mi separava dal mondo.

Eppure ogni sera, mi rannicchio nel mio letto, troppo vuoto, e tremo come se loro stessero per arrivare, di nuovo.

Mi stendo meglio sul divano, reggendo in mano il bicchiere.

Ne bevo un sorso.

Buono. Ha un leggero aroma d’albicocca.

Fisso il fuoco. Le fiamme salire su per il camino per poi morire tra le ceneri.

Faccio una smorfia.

Il mio sguardo si sposta sul ciondolo posato sul tavolino che separa il caminetto dal divano.

L'ho tolto dopo aver fatto la doccia. Mi da fastidio, è come se fosse la mia coscienza. Mi guarda con quello sguardo argentato come a ricordarmi i miei peccati. Lo odio.

Eppure non sono riuscita a sbarazzarmene.

Ogni volta che vado sulle sponde del Tamigi, magari durante una passeggiata notturna, dopo una missione appena compiuta, me lo sfilo, lo appallottolo bene nel pugno, alzo il braccio sto per lanciarlo; faccio un brusco movimento con la mano, sono convinta di averlo gettato lontano. E poi, mi guardo il pugno ancora chiuso, ne schiudo una dopo l'altra le dita serrate intorno.

E lo vedo, ancora lì.

Ancora a guardarmi.

La verità è che non ho il coraggio di farlo.

Qualche giorno fa, ero seduta qui, come ogni mattina, l'ho guardato con rabbia e l'ho buttato nel fuoco. Sono rimasta alcuni secondi lì davanti al caminetto. Guardarlo mentre veniva inghiottito dalle fiamme.

L'immagine mi ha ispirata.

Ho preso velocemente l'attizzatoio e l'ho tirato fuori. Caldo e incandescente ma ancora intatto. L'argento ha un'elevata temperatura di fusione, temperatura che sicuramente il fuoco del caminetto non poteva raggiungere.

Ho deciso che sarebbe stata la mia firma.

Tutti devono sapere che un Angelo è tornato dall'Inferno per vendicarsi, per seminare morte e distruzione, dolore e sofferenza, ad un mondo che si è dimenticato di lui.

Uccido con armi babbane, il Capo pensa che attiri meno l'attenzione rispetto a metodi magici. In fondo ha ragione, raramente le autorità del Ministero della Magia si occupano di delitti in stile babbano, il più delle volte li archiviano come rapine, saldature di conti, cose così, senza importanza.

Non possono rinchiudere un babbano ad Azkaban.

Ho pensato molte volte alla possibilità di finire laggiù. Ed è strano che la cosa non mi sfiori nemmeno, probabilmente mi ucciderei prima di essere rinchiusa, non di nuovo.

Oh, si. Un colpo alla tempia e via. Non cambierebbe niente a nessuno, io resterei sempre morta. Solo i delitti rimarrebbero impuniti.

Ma non me ne importa niente.

Il mondo deve soffrire per quello che mi ha fatto.

Coloro che uccido sono persone poco raccomandabili, a volte implicati in traffico di droga, o pozioni illecite, e armi.

C'è un business incredibile anche nel mondo dei maghi.

Il mio Capo, è un trafficante di pozioni messe fuori legge dal Ministero. Non è un Mangiamorte. Diciamo che non si è mai interessato ai fatti legati alla guerra.

Non pensavo che ce né si potesse estraniare completamente.

Eppure lui l'ha fatto.

E' un uomo di mezza età, una cinquantina d'anni, ma non li dimostra.

E' molto ricco, aveva una moglie e due figli, ma sono morti tutti, uccisi per ritorsione. Il delitto non fu mai rivendicato ma lui è convinto di sapere chi è stato. Ha deciso di farsi giustizia da solo e ha assoldato me.

Sembra che ci sia un mercato d’assassini, o almeno questo è quello che ho inteso dalle volte che me ne ha parlato.

Molti di coloro che svolgono mansioni del genere, sono ex-carcerati, o prigionieri che non hanno niente da perdere, che possono rischiare la propria vita, nessuno se ne accorgerebbe se venissero a mancare.

Il Capo è una persona divorata dall'odio, non ha pietà. I suoi occhi sono vuoti, così come il suo cuore.

Proprio come me.

Non conosco il suo nome, ma non ha importanza, e non ho intenzione di insistere affinché me lo dica.

Ne posso fare tranquillamente a meno.

Ogni sera mi manda un biglietto, con scritto il nome di chi devo uccidere.

Non succede regolarmente, ma almeno tre volte alla settimana si.

Esco solo la sera, al buio.

E uccido.

Vivo di notte.

 

16 Febbraio. Imbrunire. Ore 19:34

Città dei Ricordi 

Non dovrei essere qui.

E non potrei.

Cammino lentamente attraverso le varie tombe.

Scivolo sulla ghiaia scura.

Il cappuccio sugli occhi. I capelli raccolti sulla nuca.

Quegli stupidi capelli che mi ritrovo.

Ero sola in casa, come sempre, quando il desiderio di vedere la mia tomba è stato irrefrenabile.

Il cielo è scuro, con qualche spruzzo di rosa e arancione qua e là.

Le lenti nere degli occhiali, però, mi fanno vedere  tutto ancora più ombreggiato.

Non devono riconoscermi.

Mi metto le mani in tasca, e continuo a camminare. Ho lasciato le fondine a casa. Non è normale che qualcuno si aggiri nei cimiteri dei maghi con addosso armi babbane.

Devo evitare certi stupidissimi errori.

Chissà se ci saranno dei fiori.

Magari un mazzo di rose appassite, marroni senza colore.

La foto sciupata dall'acqua, la lapide sporca di terra.

Un velo d’abbandono.

Continuo a camminare.

Mi avvicino ad un addetto e gli chiedo dove siano state collocate le salme dei morti in guerra. Mi indica il lato Ovest del Cimitero.

Mi allontano da lui senza una parola, un ringraziamento.

    « Dio la benedica » mi dice da lontano.

Stupido.

Dio si è dimenticato di me.

E io di lui.

Giungo nella zona che mi ha indicato, faccio scorrere gli occhi sui nomi incisi sulle lapidi. Riconosco i nomi d’alcuni ex compagni di scuola. Persone che si erano odiate, eppure accomunate dal solito perfido destino.

Volti sorridenti, sguardi persi nel nulla. Vaghi ricordi.

E poi la vedo.

Mi blocco all'istante.

Rimango per un bel po' di tempo a fissare la mia foto.

Una ragazza sorridente, con tanta voglia di vivere e combattere per i propri sogni.

Quella non sono io.

Mi stupisco nel vedere un mazzo di fiori arancioni. Freschi, vivi, in contrapposizione alla morte che regna tutt'attorno.

Il mio colore preferito.

Deglutisco.

La mia sicurezza...la sento vacillare.

Mi inginocchio.

Faccio scorrere le dita sulle lettere d'ottone incastonate nel marmo.

Ne seguo i sinuosi movimenti.

Strano pregare sulla propria tomba. Non penso che molti possano dire di averlo fatto.

Dovrei esserne lusingata, no?

Mi viene da ridere. La cosa ha un non so che d’esilarante.

La verità è che sto diventando pazza. Oh si, pazza da legare.

Torno a guardare la foto.

Odio che la gente mi ricordi per quella che non sono.

Sciocchi! Perché devono avere un'immagine di me, un ricordo, che non rispecchia la realtà? Io sono qui, porca puttana!

Sono qui, sono viva! E non sono più la ragazza sorridente che distribuiva consigli a destra e manca! Non esiste più.

Lei non esiste più.

Quella non sono io.

Prima che me ne possa rendere conto, alzo il pugno, e mi avvento con rabbia sulla foto. Un tonfo secco.

Il vetro che si incrina sotto la pressione della mia mano.

Abbasso lo sguardo, riprendendo fiato.

Mi porto le nocche sbucciate e sanguinanti alle labbra. Cerco di fermare il sangue che esce.

Rialzo gli occhi.

Una ragnatela d’incrinature, fenditure offusca la mia foto. Non mi vedo più. Non ci sono più. Non scorgo più il mio sorriso attraverso il vetro rotto.

Quella non sono io.

Mi rialzo quasi indignata, pronta a tornare nel mio rifugio, la mia tana.

La tana del diavolo.

    « Non dovresti essere qui »

Riconosco quella voce.

Il Capo.

Mi volto verso di lui.

E' apparso alle mie spalle, in silenzio.

Sembra conoscere ogni mia mossa, ogni mia idea, ogni intenzione che mi balena nella testa.

Ficco le mani in tasca con movimento deciso.

Non accade quasi mai che lo veda di persona, succede raramente.

Però mi fa piacere. E' come se fosse il mio mentore, il mio unico contatto con il mondo dei vivi.

Dei vivi.

    « Lo so » rispondo asciutta, fissando un punto non ben definito oltre la collina ad Est.

    « Ho la missione di stasera »

    « Dimmi tutto » torno a voltarmi verso di lui, drizzando le orecchie.

    « Ernest Hogan, spacciatore di droga babbana, è un mago, mi sta dando dei problemi nel Midland. Si trova a Londra per una soffiata; fermalo prima che dica cose che non deve dire »

    « Perfetto » Annuisco memorizzando tutto ciò che mi ha appena detto.

    « Ah, ho anche quelle informazioni che mi avevi chiesto »

Mi ghiaccio. Una stretta mi attanaglia lo stomaco. La gola mi si secca, all'improvviso.

    « Bene » riesco a dire con un filo di voce.

Mi porge una busta marroncina di forma rettangolare.

Sono convinta che qualsiasi cosa leggerò in quella busta, mi farà male, solo male.

La prendo.

    « Voglio un lavoro pulito, come sempre, non lasciare tracce »

Annuisco e lo vedo smaterializzarsi con un sonoro clac.

Mi passo la busta tra le mani.

Un'etichetta bianca.

Ronald Bilius Weasley, Ministero della Magia, Dipartimento Avantgardes

E sotto una scritta in rosso "Top Secret- Informazioni Riservate ".

Rimango per un po' a fissarla, indecisa sul da fare.

All'improvviso mi apro il giubbotto e la infilo nella tasca interna.

Dopo.

_____________________________________________________________

 

Finito anche questo!

Ripasso il testimone a Fede/Night

 

Ho solo una comunicazione da fare.

Faccio parte di un RPG (o GDR a vostra scelta) su Harry Potter.

E' come una mega ff.

Se vi va di leggere

Ricordo che i thread più nuovi sono in cima, per quelli vecchi dovrete scavare nelle profondità del sito * *

E per lasciare un commentino invece

Insomma ci farebbe molto piacere. La storia è ambientata al sesto anno...

Se avete tempo e voglia...

Flag gioco

E per le recensioni…

Flag Recensioni

//Fine Comunicazione Pallosa

 

Presto scriverò anche il capitolo di Let Love Be Your Energy, ho bisogno di raccogliere un po' le idee.

 

Ok io ho concluso.

Lasciate un commentino da bravi bimbi della mamma

(Ma è scema? N.d. Lettori)(Ehm si...ma è così sempre, eh. Voi annuite e tutto andrà bene N.d. Fede)

 

Un baciotto alla prossima!

Hermione Weasley

 

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Capitolo 5
*** Angelo... ***


Dedico questo a capitolo a mio nonno

 

Dedico questo a capitolo a mio nonno... che la sua luce nel cielo possa brillare per

sempre e che possa restarmi da guida.

 

Ed eccomi di nuovo qua!

Sono imperdonabile, lo ammetto... ma non sapevo proprio cosa scrivere e cosa dire. Ho avuto un blocco pazzesco, e che nervi quando mi vengono, e le giornate di sole che sono venute fuori in questi giorni (ora tra parentesi, piove!), mi hanno indotto ad uscire... ^_^ Come si può resistere al richiamo della primavera?

Non c'è l'ho fatta, scusatemi anche per questo (soprattutto tu Sere, che hai avuto pazienza!).

Questo capitolo non mi piace per niente, a dire il vero, ma è quanto di meglio sono riuscito a tirare fuori. E' più corto del solito, qualche centinaio di parole meno, credo... e essenzialmente non è un capitolo da leggere quando si è molto assonnati perchè si rischia di non capaci nulla! E' molto contorto e complesso. Ci sono cose che sembrano quasi persone e esseri umani che cambiano continuamente. Bisogna saper cogliere i diversi punti di vista e le varie allusioni, che ci sono. La mia mente malata ha creato questo.

Può darsi, e non me ne sorprenderei, che troverete questo capitolo troppo noioso e complicato, ma non aveva altro in mente... la prima parte penso che sia abbastanza chiara, ma la seconda... vabbè, vedrete. Nel caso, basta chiedere spiegazioni.

Scusatemi ancora per la lentezza.

 

E adesso un angelo vi accompagnerà...

 

Buona lettura

 

SIAMO ANCORA NOI
-
Angelo -

Gli angeli vegliano su di noi continuamente, come se ad ogni passo dovessimo andare a sbattere chissà dove. Gli angeli ci vogliono bene, ci accudiscono e ci proteggono. Purtroppo, qualche volta, qualcuno perde la strada.

Ed è difficile tornare indietro [...]

 

5° Capitolo

Angelo

 

*** *** ***
I can love
But I need his heart
I am strong even on my own
But from him I never want to part
He's been there since the very start
My angel Gabriel

 

Posso amare

Ma ho bisogno del suo cuore

 Sono forte anche da solo

Ma da lui non voglio mai separarmi

È stato li sin dall’inizio

 Mio angelo Gabriele

 

(Gabriel - Lamb)

 

*** *** ***

 

26 Febbraio. Giorno. Ore 14.32

Quartier generale.

Adesso, lo ammazzo...  

    « Non si occuperà di questo caso, Weasley... è la mia ultima parola »

Sala d’addestramento delle reclute. Sezione B5. Un'insopportabile voglia di prendere a pugni chi mi sta davanti.

Un uomo malvagio, una persona che ha perso motivi per vivere, uno che non dovrebbe essere qui.

Sento le mie vene ingrossarsi sotto l'effetto della rabbia, ma mi contengo. Non posso rischiare di prendere un altro avvertimento ufficiale. Mi volto verso di lui con espressione seccata e al limite della sopportazione. Mi sforzo di fissare quegli occhi odiosamente vuoti e privi di calore. Mi prometto di non usare le mani, o almeno, non per questa volta.

Il Maggiore Stiff, mi guarda con un'insopportabile aria di sufficienza, di chi si crede superiore e crede d’avere parola su tutto. Si strofina le mani con energia, per scacciare il freddo e s’impettisce ancora un poco, come se ne avesse un atroce bisogno.

Si sistema con cura quasi maniacale la divisa, controllandone bottone su bottone, come in un rituale prestabilito. Non sembra dare caso alle mie parole, cariche d’impeto e frustrazione, che ho pronunciato poco prima con totale e incondizionata sicurezza di me. Non sembra dare troppo peso neanche alla mia espressione furibonda, troppo impegnato nel suo fastidiosissimo gioco d’attese e silenzi. Sembra trarre un incredibile giovamento da queste situazioni: parla a sproposito, fa saltare i nervi, e non ti considera... con l'inevitabile e irreparabile conseguenza, se così si può chiamare, che lui su tutte predilige.

Sono circa due anni, più o meno, che sta tentando di farmi fuori... in senso puramente metaforico, ovviamente. Anche se credo che un pensierino, nella semplice e pura realtà delle cose, ce l'ho faccia tuttora... semplicemente non vuole vedermi più qui. Vuole cacciarmi. Vuole il privilegio di sbattermi fuori personalmente, con le sue mani... e ogni volta, ogni santissima volta che ci troviamo a discutere, non riesce a fare altro che provocare.

Provocare e ignorare...             

Una miscela di comportamenti esplosivi che farebbero perdere la testa a chiunque, incondizionatamente. E in fondo, lo sapete, è nel mio carattere reagire sempre e comunque, in ogni situazione o contesto. E se sono ancora qui, nel nome di un miracolo chiamato Chac, è soltanto per la sua mediazione nei confronti del generale. Sembra avere una grande influenza su di lui...

Ma ormai i miei giorni sembrano quasi finiti, dopo tanti anni d’onorata carriera. Non credo di saper reggere ancora per molto. Ho ricevuto il mio ultimo avvertimento per un motivo banale come dieci minuti di ritardo, ed è inevitabile dire che il Maggiore Scuro, come lo chiamano nella base da un po' di tempo a questa parte, ci sia andato a nozze...

E così, eccomi qua... ancora una volta a confronto con lui.

Lui...

Un essere ripugnante, subdolo. Attaccato al denaro e alla vendetta personale. Schiavo di un ricordo troppo doloroso per essere contrastato… era una persona che un tempo stimavo e ammiravo, inconsapevole di quanto l’uomo possa cambiare in così pochi attimi. Lo ritenevo un uomo d’onore e di coraggio, senza fini se non la nostra causa. Ma come spesso accade, il destino e il suo infido corso, possono cambiare le cose in maniera imprevedibile.

Una semplice parola.

Una parola che deve ottenebrare ancora i suoi incubi, prigioniera nella sua mente perversa. Una parola pronunciata da chi sta in alto, ai vertici della nostra organizzazione, senza appello e con rinuncia. Un ordine, esplicito e violento, per chi si vuole ribellare.

E quando la sua casa venne fatta a pezzi, distrutta fino alle fondamenta da Mangiamorte impazziti, l’unica cosa che i nostri superiori seppero dire, di fronte a quel macello, fu:

“ Fermi… “

Fermi… come si poteva chiedere ad un uomo di restare fermo, quando la sua famiglia… sì, proprio la sua famiglia, veniva trucidata tra le fiamme? Come si poteva chiedere ad un anima di non opporsi quando vedeva la sua vita fuggire, svanire di fronte ad un eco lontano?

Come si poteva anche solo pensare di restare immobili, quando nostro figlio veniva attaccato al palo con violenza…

Fustigato.

 Torturato.

 Violentato… come si poteva? mi chiedo ancora… e, infatti, non c’è riuscito.

Non è riuscito a restare immobile. Non è riuscito ad eseguire un ordine che già io, giovane recluta, stentavo a capire. Non è riuscito a diventare una macchina, priva d’emozioni, per estraniarsi da tutto e da tutti. Non c'è riuscito... e per il suo gesto molte persone hanno perso la vita.

Inutilmente.

Lo vidi, dal mio precario riparo sotto gli scudi, partire di corsa sul suo destriero. Senza armi, né protezioni. Ancora oggi non so come ha fatto a sopravvivere. Lo vidi correre all'impazzata verso un nemico che lo attendeva a braccia aperte, sogghignando. Ordini e commenti svaniti nel tempo, urla rabbiose di generali che gridavano al massacro. Quando sparì nella coltre nebbia del ricordo, era già successo l'irreparabile.

E come in un sogno, o come in uno di quei film babbani che hanno poco senso, come forse impazzite e senza controllo le nostre truppe si gettarono nella mischia, consapevoli del raschio ma fiere di aiutare un uomo che era stato un esempio. I nostri generali, con la loro incompetenza che resta un fattore molto vivido nella situazione, decisero di ritirarsi nell'ombra.

E io cosa feci, secondo voi?

I più ottimisti e coraggiosi, urlerebbero alla riscossa, e mi vorrebbero nella mischia. Sono un Grifondoro, dopotutto. E quella era una buon’occasione di dimostrarlo... I più meschini ed egoisti, o forse solo quelli che si credono un po' più furbi da non rischiare la pelle, avrebbero gridato una sonora e limpida "Ritirata!", consigliandomi di non avventurarmi in azioni folli e senza esito.

Secondo voi, cosa sono stato capace di fare io?

Non mi sono ritirato, questo no. Non avrei potuto. Dentro quella bolgia c'erano miei amici, che forse stavano morendo, e come potevo lasciare tutto per semplice codardia? Ditemelo, voi fareste mai una cosa del genere?

E fu così che lasciai le briglie di Noor al loro destino buttandomi nella nebbia sconosciuta, senza freni e guidato da una forza che ritenevo troppo forte per essere contenuta.

Troppo tardi...

Lo spettacolo che mi si presentò davanti resta uno degli incubi più pressanti della mia esistenza... un massacro di vite, indiscriminato, e senza ragione se non l'ingiustificata voglia di prevalere.

Attorno a me, soltanto corpi feriti e straziati, vittime di un percorso troppo difficile per essere proseguito; caduti in un terreno impervio, con onore e con voglia di dimostrare qualcosa...

Grida disperate d'aiuto da punti indefiniti. Il vento che sollevava la terra, formando grossi cumuli di foschia giallastra. Una striscia di sangue che scorreva ai miei piedi... quel sangue poteva essere di chiunque. Di un Mangiamorte, come inconsciamente speravo, o di un mio compagno, che al contrario di me si era gettato nella mischia subito, senza starci troppo a pensare.

Era passato un solo minuto da quell'atto di follia collettiva. Un solo e semplice attimo, confrontato con l'incessare veloce delle cose che scorrono... eppure era bastato. Tutta la violenza, insita nell'animo di un ogni uomo, si era sprigionata con furia e ferocia quasi incredibilmente eccessiva. Non c'era corpo, escluso il mio forse anche più ferito di tutti quelli che stavano ai miei piedi, che fosse rimasto illeso...

La casa, che in un tempo non lontano dal nostro, doveva fiorire d’amore e speranza, era stata orrendamente distrutta. Il lavoro di una vita che sembra andare in fumo, e tutti i tuoi sogni che svaniscono... un piccolo fiore che era sbocciato e che la guerra aveva prontamente spazzato via con il vento.

E poi... una delle immagini che ancor oggi, a distanza di anni, turba i miei incubi più cupi.

La vedo ancora, nel vagare rapido della mente in luoghi e situazioni che faremmo meglio a dimenticare.

Una croce annerita, dalla furia e dal fuoco... un corpo irriconoscibile tra le macerie. I segni scuri e violacei sulla schiena, di chi è stato torturato. Gli occhi cavi e increduli per troppo dolore e per troppa violenza.

Suo figlio... o almeno quello che ne rimaneva.

E poi, un singhiozzo. Uno strazio nell'animo che esce attraverso parole sconnesse e urla ricacciate nel profondo.

Il Maggiore Stiff, anche se a quel tempo era solo un semplice tenente, piangeva ai piedi di quello spettacolo immondo. Non sembrava ragionare... la luce di consapevolezza, dove quella leggera demarcazione tra realtà e follia era conservata, era svanita del tutto... come la sua esistenza, del resto.

 E quando feci il primo passo verso di lui, consapevole di non potere fare nulla per aiutarlo, consapevole di non poter riportare l'anima straziata di suo figlio in vita, lui mi si scagliò contro... e il grido che lanciò su di me, disumano e orribile nel suo profondo dolore, squarcia ancora le mie notti più cupe.

Il suo viso era segnato da una follia troppo grande per essere stata veramente creata; le vene del suo collo, a tratti sporco di terra e di cenere, assumevano un colore violaceo dai risvolti inquietanti; i suoi occhi, neri come un pozzo profondo e senza ritorno, erano piccolissimi dietro le palpebre chiare e comunicavano una tristezza lontana e consapevole che sembrava non voler far parte di quel corpo ormai segnato... mi urlò di tutto, quel giorno.

Si scagliò contro di me come se fossi la sua ultima ancora di salvezza, un salvataggio per un marinaio disperso che vuole rivedere la propria terra, e vedendo la mia assoluta impotenza non fece che infierire... e non so come, quel dannato giorno, la sua furia non mi fece a pezzi... mi fece male, molto male... un male che va al di là del dolore fisico. Un male che nasce spontaneo da dentro e che ti consuma. Un male che lascia rancore e repulsa, e non consente rimedi...

Ed ogni sua singola forza, ogni suo singolo brandello di umanità... tutto svanito. Soltanto posto per odio e disperazione. Disperazione ed odio... dove a tratti prevaleva l'uno, e nei casi peggiori dominava l'altro. Dove un uomo che aveva fatto troppo bene e che aveva voluto troppo bene, si era ritrovato solo. Solo con il suo desiderio di personale vendetta... il resto non contava più.

La storia del Maggiore Stiff, la vita dell'uomo che mi sta davanti, avrebbe ancora molto da dire e raccontare... molti sono gli articoli su di lui presenti sul giornale; molte le voci che scorrono al suo passaggio; molti i documenti e addirittura intere sezioni, che parlano solo e soltanto di lui... tante cose, sfuggite al tempo e alla memoria di molti, potrebbero essere raccontate.

Ma il tempo che mi è concesso, lo spazio che mi è consentito per raccontarvi questa storia, è molto limitato e dovrete accontentarvi, Forse un giorno vi racconterò la sua storia per intero. Forse vi spiegherò perchè quest'uomo mi odia e disprezza così tanto... forse un giorno verrà il momento di sapere, ma non è ancora il momento. Non ancora...

Adesso ho cose più importante a cui pensare. Devo avere la mia chance, solo una... poi potrò anche andarmene.

    « Mi dia un mese... se non riuscirò a prenderlo, sparirò per sempre... lo giuro » dissi con una foga che non pensavo di possedere.

Ormai si tratta solo di una battaglia personale.

L'Angelo Nero mi è già sfuggito troppo volte. Le sue vittime nell'ultimo mese non si contano neanche più. Il suo marchio, quel marchio che quel giorno non mi parve nulla d’eccezionale, adesso ricorre sui giornali costantemente, come un chiaro segnale di pericolo che incombe, come un angelo che chiede e regala giustizia... la sua giustizia.

Molti parlano di un ritorno del Signore Oscuro, sotto mentite spoglie, ma io non ci credo... non è nel suo stile attaccare una persona alla volta, per scopi apparentemente inutili. Lui massacrava interi quartieri e non si abbassava di certo a livelli così inferiori. Quando uccideva, lui personalmente, lo faceva con lentezza e macabra soddisfazione... non può essere lui. Il sacrificio di Harry non è rimasto vano, ne sono sicuro.

Sento di conoscerlo... sento di averlo già incontrato in una vita o nell'altra. Ma non lo riconosco. Non so chi sia... l'unica cosa che mi è dato sapere è che è il mio obiettivo. Troppe volte mi è sfuggito per un pelo... non deve ricapitare più.

Assumo l'espressione più professionale possibile, date le circostanze in cui mi trovo, e mi sforzo di guardare ancora l'ultima persona che avrei voluto trovare sul mio cammino.

Il Maggiore sembra ragionare ad un ritmo frenetico, sotto il berretto della divisa... sta valutando le sue possibilità. Ha l'occasione, finalmente aggiungerei, di sbarazzarsi di me una volta per tutte. Ma per contro, anche se mi odia e mi disprezza sa bene quale sono le mie capacità... potrei farcela davvero.

Vedo la sua bocca incresparsi in un ghigno sottile.

Brutto segno... poi la liberazione.

   « Un mese non di più... »

Ha deciso di giocare anche lui a dadi con il destino. Si volta e si incammina nella direzione opposta. Il suo corpo stanco e affaticato da troppe guerre, mantiene un portamento comunque fiero e potente, anche da una lunga distanza.

Un uomo che un tempo stimavo...

Lui ha giocato con il destino, ha corso questo rischio...

Vedrò di farlo anche io.

Ritroverò il mio angelo...

28 Febbraio. Notte. Ore 23.24

Lake

La superficie del lago, leggermente increspata dall'insistente brezza del vento, era illuminata tenuemente dalla chiara luce di una luna leggera... alcune piccole foglie grigiastre, danzavano nell'aria, accompagnate dal cullare lento della natura circostante. Alcune piccole stelle, rare nella volta celeste, rilucevano armonicamente nel buio delle notte.

Al centro di tanta grazia e di una distesa d'acqua tranquilla, nella sua magnifica purezza e originalità, si ergeva un grande albero, accarezzato dalle acque... un'esemplare unico e di rara bellezza. Le sue radici, curve e umide nel riflesso di luce, sporgevano verso l'alto, come a voler tendere braccia invisibili che cercano di catturarti. Il tronco, vecchio ma comunque ancora robusto, godeva di tutta quella linfa vitale che scorreva su di esso. Non aveva bisogno di piogge o di vento. Non aveva bisogno di sole o di luce... tutto quello che gli serviva per sopravvivere lo aveva a portata di mano, senza muovere un passo. Le foglie verdi tutti l'anno e i ricchi aromi che i suoi frutti sprigionavano, rendevano quel posto un'oasi di vero piacere. Un autentico paradiso terrestre, controllato dalle acque...

Il paradiso... un angelo dell'inferno non aveva diritto di trovarsi lì. Un essere macchiato da tanta violenza e da tanto dolore non poteva assolutamente contaminare la purezza di un posto del genere. Non doveva approfittare di tutto questo... eppure lo faceva. Quasi con perfida arroganza e con un misto di sfida nello sguardo.

Non poteva... ma aveva veramente senso darsi delle regole quando la sua vita, o meglio la sua misera esistenza, non trovava più un punto su cui appoggiarsi? E allora, perchè no?

Il vento smise di danzare il primo ballo con le foglie e si fermò di colpo... in attesa di un avvenimento che avrebbe cambiato la sua storia, o semplicemente infastidito da una presenza che gli rimaneva estrania.

L'angelo decaduto, quello che ormai aveva il male dentro e che lo mostrava a poco a poco fuori, decise di aprire le ali... si tolse gli indumenti, anch'essi sporchi di un sangue che non era il suo, e si immerse in quel liquido generatore, che provava a respingerlo ma non ne aveva la forza.

Il calore freddo dei sensi che svaniscono... l'angelo chiuse gli occhi e iniziò a nuotare verso il centro del lago, guidato da una forza potente e misteriosa... l'albero illuminato dalla luce lunare splendeva come a giorno, e sembrava in attesa.

Avvicinandosi, l'essere profano, provò per la prima volta freddo in quella sera; freddo che gela le ossa ma che viene dall'alto. Un freddo non dovuto al gelido scorrere delle acque d'inverno... piuttosto un brivido.

Un brivido di paura e soggezione.

E quella sensazione sarebbe rimasta scolpita per sempre dentro al suo povero cuore distrutto. Un richiamo potente, lontano... una mamma amorevole che chiama a sè i figli, per proteggerli da un essere malvagio.

Ed era lei l'essere malvagio. Consumato e troppo ferito per ricominciare a vivere, ferito nell'anima e nel corpo fino allo sfinimento... e quando si sono portati via ogni tuo singolo frammento di dignità, non c'è più niente che conti veramente. Non ti importa più di quello che sei, di come ti comporti... non ti vergogni se rubi un gelato ad un bambino o semplicemente non provi pietà alcuna, per uomini che si rotolano nella polvere per non essere uccisi.

L'albero era in attesa e dava giudizio.

Accettare di prendere sotto di sè un essere macchiato dal più grande crimine che si possa immaginare, non era uno sforzo facile da sostenere... ospitare un angelo stanco e sfinito, che chiedeva perdono, in silenzio... questo sì, si poteva fare.

Perché in fondo, non contavano quegli uomini uccisi e senza volto. Quell'angelo aveva commesso il più grande errore della sua vita, e ne scontava le colpe tuttora: quell'angelo aveva smesso di vivere.

Vita...

E lui aveva il compito, dalla sua estrema saggezza, di riportarlo a sperare. E anche se non c'erano modi, anche se lei aveva generato troppo male per chiedere perdono, lui l'avrebbe accolta senza opporsi, come un nonno che stringe al petto il nipote e gli sussurra parole di conforto.

Vita...

L'angelo tese le braccia verso un ramo e si tirò su... al contatto con il freddo e possente tronco, sentì un brivido. Un brivido diverso, stavolta... più come una scarica di energia inaspettata, più come un raggio di calore positivo.

Si sentiva, dopo tante sofferenze, finalmente serena... che avesse trovato il luogo in cui morire?  Una pace dolce e soffice si insinuò nella sua mente, cucendo ricordi troppo dolorosi per essere dimenticati. Rammendando per quanto gli era possibile.

Ed in un attimo si trovò su.

In vetta a quell'angolo stupendo e da cui tutto ebbe origine, in cima ad una forza che lo aveva accolto e protetto come se fosse un figlio.

Il lago sembrava ancora più bello tra le fronde verdeggianti e la luna, anche se nascosta, sembrava gettare tutta la propria luce su di lei...

Vita...

L'aveva accolta e l'aveva rigenerata...

Ed era stato un brutto errore.

Perché in fondo non si smette mai di essere come ci hanno fatto diventare. E anche se per un momento, quel luogo così mistico l'aveva voluto con se, scorgendo la luce pura del suo passato, non aveva fatto i conti con una prospettiva molto più grande e inquietante.

Lei non era più una semplice ragazzina, gioiosa e rompiscatole di un tempo. Non era più un essere in grado di amare. Era solo un'assassina... una sporca assassina, niente di più.

Ma, ormai, era troppo tardi. Non poteva rimandarla indietro, anche se si stava impossessando di lui.

E come un piccolo germoglio, innocuo e dolcissimo all'apparenza, si era arrampicato su di lui e ne aveva tratto beneficio. Poi era cresciuto a poco a poco, diventando sempre più esigente e sempre più difficile da controllare... e alla fine, la sua fine, il piccolo germoglio, o almeno quello che ne rimaneva, era diventato talmente grande da ricoprire l'intero albero, prendendo la sua linfa vitale e godendo di tutta la luce... l'albero era morto.

Di lui, resta solo un sostegno, sempre più sporco e consunto, ogni giorno che passa.

E non serve più a niente.

L'angelo si buttò in acqua dalla cima facendo un deciso salto. Piccole onde circolari si andarono creando formando particolari giochi di luce.

Raggiunse la riva e si voltò.

L'albero si era di tutto colpo spento.

Nel cielo la luna non splendeva più e grosse nuvole nere oscuravano il cielo.

Aveva ucciso anche lui... era nella sua natura.

Piccole cristalli d'acqua cominciarono a cadere dal cielo.

Guarda la pioggia, angelo... tu che non sei più in grado di amare.

Morte...

 

Nel destino d’ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.

Victor Hugo – L’uomo che ride

 

Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può darsi interamente.

Octavio Paz – Passione e lettura

 

Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come uomini o donne libere.

Gandhi – Antiche come le montagne

 

Iniziative: è stato aperto da qualche mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

nightmare899@hotmail.it

 

 

Harry Potter e la Stella di luce

L’attimo prima del volo…

Behind Blue Eyes

Lettera dall’inferno

 

E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.

Per maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!

 

E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^

 

Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!

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V

 

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Capitolo 6
*** Sola ***


Ed ecco il nuovo capitolo

Ed ecco il nuovo capitolo!

Spero vi piaccia!

 

Hermione Weasley

 

 

Siamo Ancora Noi

 

Sola

 

*** *** ***

Why should I care

Cuz you weren't there when I was scared I was so alone

You, you need to listen I'm starting to trip,

I'm losing my grip and I'm in this thing alone

Open your eyes

Open up wide

Why should I care

Cuz you weren't there

when I was scared I was so alone Why should I care

Cuz you weren't there when I was scared I was so alone

Why should I care

If you don't care then I don't care were not going newhere

Why should I care cuz you weren't there when I was scared I was so alone

Why should I care If you don't care then i don't care were not going newhere

 

Perché dovrei preoccuparmi?

Perché tu non eri qui quando ero spaventata

Ero così sola…

Tu, tu devi ascoltarmi

Sto andando fuori di testa, sto perdendo il controllo

E sono sola in questa situazione

Piangere senza farsi sentire

Sto piangendo senza farmi sentire

Piangere senza farsi sentire

Sto piangendo senza farmi sentire

Apri gli occhi

Apriti completamente

Perché dovrei preoccuparmi?

Perché tu non eri qui quando ero spaventata

Ero così sola…

Perché dovrei preoccuparmi?

Perché tu non eri qui quando ero spaventata

Ero così sola…

Perché dovrei preoccuparmi?

Se tu non ti preoccupi allora neanche io mi preoccupo

Non andremo da nessuna parte.

 

( Avril Lavigne - Losing Grip )

 

*** *** ***

 

 

 

L'Angelo Nero Semina il Terrore

L'inviato della Gazzetta del Profeta Jeremy Hills

 

"Angelo Nero" così è stato soprannominato il killer che sta seminando morte e terrore nella comunità magica londinese.

Negli ultimi mesi sono state circa una ventina le sue vittime, barbaramente uccise a sangue freddo sempre con l'ultilizzo di armi babbane.

E in ognuno di questi la stessa macabra firma: la figura di un angelo che brucia tra le fiamme marchiata a fuoco su ogni cadavere, nessuno escluso.

Si è subito pensato ad un invasato, un pazzo, ma la precisione, la puntigliosità con cui ognuno di questi efferati delitti è stato portato a termine fa pensare ad una mente lucida.

Nonostante le accurate indagini che si stanno svolgendo sulle varie scene del delitto nulla ancora si è scoperto su questo misterioso assassino. Tutti gli assassinati erano ex pregiudicati o allontanati dalla comunità soprattutto per spaccio e traffico di sostanze illegali e armi babbane.

L'ultimo a esserci caduto è Malcolm Supper, che aveva scontato 2 anni ad Azkaban per traffico di pozioni illecite, poi rilasciato per buona condotta. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato seduto nella sua vettura. Un proiettile di pistola (un'arma molto diffusa tra i babbani) ha oltrepassato il vetro e ucciso l'uomo sul colpo.

Nulla è ancora trapelato delle indagini.

Il Ministro si dice piuttosto tranquillo, facendo notare più volte che non c'è nessun pericolo per i maghi onesti. Tuttavia un dubbio sorge spontaneo: come può un essere così pericoloso vagare senza limiti nella Londra magica e non,  senza che nessuno riesca a fermarlo?

E ancora: il Ministero è in grado di far fronte a questo problema in modo egregio come ci si aspetta?

Per adesso questi rimarranno interrogativi senza risposta.

Nel frattempo pare che il caso sia stato passato alla sezione Avantgardes dei corpi di sicurezza pubblica del Ministero.

Il Maggiore Stiff ha così liquidato le nostre domande:"Purtroppo questa serie di omicidi non ha una priorità assoluta, sappiamo benissimo che il nemico numero uno è un altro e come tale dobbiamo combatterlo, faremo comunque il possibile per garantire la sicurezza e l'ordine dei nostri cittadini".

Ebbene, che cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi giorni? Si scoprirà l'identità di quest'uomo maledetto dal destino? Non possiamo saperlo, Londra attende con il fiato sospeso l'esito dei prossimi sopralluoghi.

 

da "La Gazzetta del Profeta" 17 Febbraio

 

 

17 Febbraio, Mattina. Ore 09:34

Rifugio oltre il confine.

 

 

Scorro velocemente l'articolo di prima pagina della Gazzetta del Profeta.

E' incredibile quante cazzate i media si possano inventare per rendere un semplice e insulso omicidio lo scoop dell'anno.

Quante persone moriranno ogni giorno nel mondo?

Tante, tantissime.

Non si spende mai una parola di più quando le loro vite si spezzano.

E invece, muoiono una decina di pregiudicati qui nella Londra babbana e ecco lo scoop!

L'Angelo Nero.

Cazzate.

 

Non riesco a concepire tutta questa foga di notizie.

Le mie vittime sono persone di cui la gente ha paura, ma così all'improvviso diventano povere pedine di un gioco più grande e crudele di loro: la Morte.

E tutti li compatiscono, come poveri cristi.

Ipocriti.

Sono solo bugiardi.

Magari due numeri fa li additavano come "Pericolosi criminali", "La Feccia del mondo magico" e all'improvviso diventano "Vittime inconsapevoli", "Amati padri di famiglia".

 

Ripiego il giornale con stizza e lo lancio sulla poltrona di fianco al divano sul quale sono distesa.

Sospiro, incrociando le mani sulla pancia.

Guardo il soffitto, grandi travi di legno lo solcano in tutta la sua lunghezza.

Socchiudo gli occhi rilasciando un gemito.

 

Il mondo adesso sa.

Sanno che l'Angelo Nero uccide.

Tutti conoscono la minaccia che costituisco per la comunità magica.

E adesso?

Hanno paura di me.

Mi danno la caccia, vogliono trovarmi e consegnarmi alla giustizia.

 

Ma esiste ancora la vera giustizia?

E' giusto che una ragazza venga tenuta prigioniera anni ed anni come assurdo passatempo di uomini senza scrupoli, psicopatici, violenti e crudeli?

E' giusto che una persona perda ogni sostegno della propria vita così di punto in bianco, in una guerra che ci ha segnati tutti?

 

No.

Non è giusto.

La Giustizia non esiste più.

 

Mi alzo di scatto.

Odio quando comincio a perdermi nei miei pensieri.

E' nel silenzio di questi momenti che la fastidiosa vocina della mia coscieza comincia a farsi sentire.

E la odio, semplicemente la odio.

Devo tenermi occupata.

 

Per questo mi dirigo in camera a passo svelto.

Passo accanto al tavolo della cucina, così senza pensare.

Ma mi cade l'occhio su una busta di carta marroncina.

Faccio per andare oltre, ma mi blocco inesorabilmente.

 

Faccio scorrere le dita sulla superficie cartacea liscia.

Sono le informazioni che avevo richiesto al Capo, non le ho ancora lette, e sinceramente non ho nemmeno intenzione di farlo.

La verità è che ho paura, una fottutissima paura di quello che potrebbe esserci scritto dentro.

Ronald Weasley sposato da...no non ci posso pensare, non riuscirei a leggere una cosa del genere.

E se fosse morto?

Chi mi dice che sia ancora vivo? Potrebbe essersi ammalato, oppure impazzito, o semplicemente ucciso da qualche Mangiamorte ancora in servizio.

No.

Non posso scoprire cosa c'è scritto in quella busta.

E comunque non ci riconosceremmo più, non siamo più quelli di una volta.

Il tempo, le ingiustizie e le violenze ci hanno cambiato, ne sono convinta.

Non ritroverei in lui il Ron con il quale trascorrevo le mie giornate scolastiche.

Giorni che sembrano lontani anni luce da adesso, che riafforano nei miei pensieri come fantasmi di un'altra vita, di un'altra era...

 

E Harry.

Saremmo io e Ron, ma Harry?

Lui non c'è più, ci ha lasciati, ha lasciato questo mondo che non gli aveva dato altro che sofferenze e responsabilità.

E io.

Io che non l'ho potuto nemmeno salutare un' ultima volta, guardare nei suoi occhi verdi, sorridergli una volta ancora.

Io non c'ero.

Non l'ho salvato, non gli ho impedito di morire.

Ho tradito i miei amici.

Sono diventata qualcosa che loro non condividerebbero.

 

E non posso fare niente per evitarlo.

 

17 Febbraio, Sera. Ore 22:07

Black Horse Pub, Londra

 

Pub del Black Horse.

Luogo malfamato, ritrovo di criminali, persone che non hanno una vita.

Di certo non un luogo dove trascorrere le serate con gli amici.

Si trova in un vicolo buio, vicino al luogo dove il Tamigi si congiunge al mare, dove le sue acque addolciscono il Mare del Nord, come in una sorta di crudele battaglia.

Bene o male le acque del mare non si sottoporrano mai a quelle del fiume.

Per quanto dolce possa essere, il salato del mare non si piegherà mai alla sua volontà.

E' una guerra in cui il vincitore è sempre lo stesso.

Non vi possono essere cambiamenti.

 

Mi avvicino all'entrata.

Alcuni uomini in gruppetti di due o  tre parlano, celando i visi, fumando sigarette di pessima qualità.

Altri a cui ormai l'alcool ha offuscato i sensi, dormono distesi agli angoli del vicolo, sull'umido dell'asfalto e il freddo della notte di febbraio.

 

Indosso un lungo cappotto nero, i capelli raccolti sulla nuca, due grandi occhiali da sole.

Anche se è notte, corro il rischio di farmi riconoscere, specialmente in un luogo pubblico.

Mi passo le mani sui fianchi, sento le pistole saldamente fissate alle mie cosce nelle fondine, meglio non attirare l'attenzione.

 

Faccio una smorfia notando un uomo sui quarant'anni in preda a conati di vomito poco lontano dall'entrata di servizio.

 

Mi affretto ad entrare.

 

Il locale è silenzioso.

Un'aria opprimente e viziata vi è tutto intorno.

Ai tavoli sporchi e consunti, sono seduti uomini dai visi loschi, barbe incolte, bende sugli occhi, cicatrici sulle guance.

Parlano sommessamente tra di loro, lanciando occhiate qua e là verso l'entrata.

Sorseggiano birra, wishky, scotch e qualche bicchiere di vino di pessima scelta.

 

Rimango per un attimo ferma sulla soglia.

Mi ci vuole una manciata di secondi prima di dirigermi verso il bancone.

Il barista sta pulendo un boccale con uno straccio unto e macchiato.

Mi sfugge mio malgrado una smorfia di disgusto.

Decido di sedermi.

Non mi tolgo gli occhiali.

 

Una strana sensazione mi assale all'improvviso.

Come se qualcuno mi stesse fissando insistentemente.

Mi volto prima a destra e poi a sinistra, ma non vedo che criminali e prostitute che cercano di abbordarli.

Torno a guardare verso il barista.

 

-Un bicchiere di vino rosso-

 

Parlo piano tenendo lo sguardo fisso in quello dell'uomo.

Ha capelli neri legati in una coda, la barba incolta che gli cresce sul mento e sulle guance. Due occhi grigi, spenti.

Mi guarda con aria vuota, prima di chinarsi, prendere un bicchiere pulito e riempirlo con un po' di vino.

Me lo porge.

Lo ringrazio con un cenno del capo.

Ne bevo un sorso.

Fa schifo. Questo è sola una disgustosa e mal riuscita imitazione di un vino.

Riappoggio il bicchiere sul bancone.

 

Ancora quella fastidiosa sensazione: qualcuno mi fissa.

Mi costringo a tenere lo sguardo fisso sul legno scheggiato quando sento una voce alle mia destra.

Mi volto lentamente.

Un uomo alto e possente mi guarda.

Ha un ridicolo sorriso sulle labbra.

 

-Ehi, bella.-

 

Non lo considero minimamente e torno a concentrarmi sul mio vino o presunto tale.

Ma questo non se ne va, anzi, si siede sullo sgabello accanto al mio.

 

-Fai la preziosa?-

-Mi lasci in pace-

 

Rispondo piatta, evitando il suo sguardo.

Questo scoppia a ridere.

 

-Come ti chiami?- mi chiede dopo essersi calmato.

 

Sento la rabbia montarmi dentro.

Con una velocità della quale anche io mi soprendo, infilo la mano sotto il cappotto, serro la presa sulla mia pistola.

Mi sporgo verso di lui puntandogli la canna ghiacciata alla pancia.

 

-Ho detto: mi lasci in pace-

 

Scandisco ogni singola parola con voce gelida.

Nessuno ha notato le mie manovre, fortunatamente.

Lo vedo sbiancare.

Si alza di scatto dallo sgabello, alzando le mani.

Rimetto la pistola al suo posto prima che qualcuno la noti.

 

-Ehi Ehi Ehi. Non c'è bisogno di scaldarsi tanto-

 

Rimane fermo in piedi davanti a me, con aria persa e impaurita.

Dio quanto è ridicolo, grande e grosso eppure pavido come un coniglio.

E ancora.

Qualcuno mi fissa, sento il suo sguardo sulla nuca.

Socchiudo gli occhi stringendo le labbra fino a farle diventare bianche.

Rialzo lo sguardo sull'uomo.

 

-Chi è Angus Lowfire?-

 

Mi informo sull'uomo che devo uccidere stasera.

Il bestione sembra tranquillizzarsi.

 

-E' fuori sta discutendo con un gruppo di uomini-

 

Finisco il vino in un sorso solo, reprimendo una smorfia.

Lascio alcune monete sul bancone, prima di avvicinarmi all'uscita senza una parola in più.

Vediamo di sbrigare questa faccenda nel minor tempo possibile.

 

Ma quando giungo alla soglia una figura attira la mia attenzione.

Un uomo solo, incappucciato, seduto al tavolo più vicino all'uscita.

Sorseggia birra da una pinta.

Riduco gli occhi a fessure tentando di vedere meglio, ma non ci riesco.

 

Mi volto decisa ed esco.

Vedo il gruppetto indicatomi poco più in là dell'entrata del locale.

Mi avvicino.

 

-Angus Lowfire?-

 

Un uomo pelato, magro, con un tatuaggio sul collo fa capolino dalla massa.

Gli altri si spostano in modo che lo possa guardare in faccia.

Mi sfugge un sorriso.

 

-Si?-

 

Mi risponde poco convinto.

Tiro fuori le pistole in un batter d'occhio.

Tutti si discostano chi gridando, chi correndo via.

Mi lasciano piazza libera.

 

-Sei arrivato al capolinea, tesoro- gli rispondo divertita.

 

Carico entrambe le armi anche se all'ultimo momento ne sceglierò una.

Ma prima che possa fare fuoco una voce proveniente da dietro le mie spalle mi ferma.

 

-Ferma. Mani in alto. Sono del corpo Auror.-

 

Non mi sento per niente intimorita, anzi quasi compiaciuta da questo cambiamento di programma.

Mi volto lentamente, mantenendo una pistola su Angus e l'altra sull'Auror.

Inclino la testa, per niente intenzionata a fare quello che mi dice.

 

-Sei arrivato giusto in tempo per vedere le cervella di questo scarto di società saltare in aria-

 

Senza una parola, premo il grilletto.

Un colpo secco, uno suono strozzato mi giunge alle orecchie.

La cosa non mi turba più di tanto.

Non mi volto nemmeno a vedere il cadavere della mia vittima, quel che conta è che sia morto.

Rido portando entrambe le pistole sull'uomo incappucciato.

 

Si perchè solo ora mi rendo conto che era suo quello sguardo che mi sentivo puntato addosso in quel pub.

Mi cercano, mi stanno alle calcagna, e credono di avermi presa.

Povero illuso.

 

-Non dovevi farlo- mi dice tenendo la bacchetta puntata contro di me.

 

Con un movimento deciso lo raggiungo, gli tiro un calcio ben assestato nella pancia.

Si piega in due con un gemito.

 

-Cazzo- parla a denti stretti prima di lanciarmi contro uno Schiantesimo.

 

Lo evito per un pelo facendomi da parte.

Rinfodero le pistole.

Mi torna addosso stavolta da dietro.

Sento uno strano rumore ma tento di non farci caso.

Alzo il gomito colpendolo con decisione al mento.

Mi volto appena in tempo per vederlo vacillare.

Colgo l'occasione per tirargli un altro pugno, spingedolo con la schiena verso il muro.

Il naso gli sanguina.

Si porta una mano alle labbra, anch'esse spaccate, si fissa la mano sporca di sangue prima di alzare lo sguardo su di me.

 

-Sono desolata, non l'ho fatto apposta- rispondo allegra.

-Cazzo ma sei una donna!- esclama.

 

Sento la rabbia salirmi dentro.

Estraggo le pistole e gliele punto contro.

 

-Si sono una donna, problemi? Sei un altro di quei fottuti misogini che lavorano al Ministero?-

-Sai che non puoi fuggire per sempre-

-Non dovevi impicciarti-

-Ti prenderemo prima o poi-

-Come ti chiami?-

-Chac-

-Allora, Chac, ti devo confessare che adesso ho una gran voglia di ammazzarti-

 

Rimane zitto, ma non lo vedo spaventato.

Bene, un avversario degno di essere ucciso.

Carico le pistole.

Ma all'improvviso sento dei passi avvicinarsi velocemente.

Guardo nella direzione dal quale provengono, per poi tornare a fissare Chac.

 

-Fregata- mi dice.

-Qualcuno ti vuole bene, Chac-

 

Punto la pistola alla gamba destra dell'uomo e faccio fuoco.

Lo sento gridare prima di cadere a terra tenendosi la gamba ferita con entrambe le mani.

 

-Io ti ho fregato- gli dico facendogli il verso.

 

Ormai sono vicini.

Rinfodero le pistole.

 

-Addio-

 

Corro verso la parte più buia del vicolo prima di Smaterializzarmi appena in tempo perchè gli Auror non mi vedano.

 

17 Febbraio, Sera. Ore 22:24

Black Horse Pub, Londra

 

Corro a più non posso.

Il segnale di Chac è appena arrivato, sono riuscito giusto a chiamare un paio di Auror prima di raggiungere il Black Horse.

Ci muoviamo veloci, ma quando intravedo l'insegna del locale, non tardo a capire che ormai è troppo tardi.

L'Angelo Nero se n'è andato.

 

Aumento la velocità rimettendo la bacchetta nella tasca dei pantaloni.

Non ce ne sarà bisogno, stavolta.

Noto la figura curva di Chac per terra, vicino alla porta di entrata.

Nessuno gli ha prestato aiuto.

 

Lo raggiungo chinandomi su di lui cercando di riprendere fiato.

Tiro un sospiro di sollievo, mio malgrado, vedendolo cosciente.

 

-Ehi....tutto...bene?- dico a fatica.

-Ron è una donna! Una donna!- scuote la testa incredulo passandosi le mani sporche sui capelli.

-Andate a vedere in fondo al vicolo- urlo ai miei compagni.

 

Fisso la ferita da fuoco.

Anche stavolta ha usato armi babbane.

Devo portarlo al San Mungo.

A malapena sento le sue parole.

 

-Una donna?- chiedo senza pensarci troppo.

-Si una donna, è incredibile, stiamo correndo dietro ad una ragazza!-

 

Le parole di Chac sembrano assumere improvvisamente un significato.

 

-No, aspetta- gli faccio -Chi è una donna?-

-L'Angelo Nero, Ron! Chi sennò?- mi chiede agitato.

 

Rimango basito.

 

-Cosa?-

 

Sbuffa stizzito.

 

-Si Ron! E' una donna. L'Angelo Nero è una donna!- Scandisce le parole come se stesse parlando con un sordo.

 

Apro la bocca un paio di volte senza sapere che dire.

Rimango in silenzio.

 

-Dobbiamo andare al San Mungo- rispondo piatto e confuso.

-Non c'è nessuno tenente Weasley.- uno dei uomini si avvicina.

-Fa niente, tornate a casa, stileremo il verbale domani-

 

Dico solo questo prima di Smaterializzarmi assieme a Chac.

______________________________________________________________

 

E anche questo è andato!

Lasciate un commentino e mille grazie a tutti coloro che l'hanno fatto con il capitolo precedente!

Passo il testimone a Fede!

 

Un bacione

Hermione Weasley

 

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Capitolo 7
*** Indefinito ***


Dedico questo capitolo ad Alessandro e a Nicola, che nonostante siano degli idioti, restano sempre miei amici… che possa andar

Dedico questo capitolo ad Alessandro e a Nicola, che nonostante siano degli idioti, restano sempre miei amici… che possa andarvi sempre tutto bene.

 

Scusate il ritardo...

Ma dovrete abituarvi, temo, se vorrete avere ancora a che fare con me... lo so, dovrei trovarmi uno spazio anche per scrivere, con maggior regolarità e assiduità, senza pormi troppi grattacapi. Il problema è che proprio non ci riesco, e ve lo giuro è stata una sofferenza scrivere questo capitolo. Non so se sia una schifezza o meno, ma di sicuro si può fare molto meglio di così. Scusatemi ancora... ma l'estate mi rende strano, molto più strano di quanto non sia già.

E se l'autunno mi placa e mi dona ispirazione, triste il più delle volte, il caldo e la sua stagione madre mi chiamano fuori, allo scoperto...

E non ci sono versi o cose che possono dissuadermi da queste azioni.

Perciò, se vedrò che sarà così, non mi lamenterò di certo se riceverò poche recensioni... voglio dire, ne avete tutto il diritto.

La mia collega, almeno, aggiorna a velocità lampo e quantomeno il periodo che perdo io lo recupererà lei... ma so che comunque non è abbastanza.

Mi spiace.

Semplicemente.

Non posso che dirvi grazie... grazie se leggerete questo capitolo. Grazie se in un impulso d’euforia lo commenterete. Grazie se perderete anche solo un momento ad ascoltare le parole di un pazzo.

Grazie... non lo merito, ma comunque lo apprezzo.

 

E adesso, come essere invisibili e irriconoscibili, seguiamo il percorso di più vite che si fondono insieme...

 

Indefinite.

 

Buona lettura...

 

SIAMO ANCORA NOI

Indefinito

La vita disegna trame e percorsi che, per certi versi e per la maggior parte delle volte, non riusciamo a ben identificare. Ci sembra di conoscere l'origine delle cose e come si svolgono realmente i fatti.

Ma se qualcosa nel nostro stupendo castello di carte cede, ci ritroviamo spaesati... perduti in un mondo pieno di domande ingiustificabili e di inutili sospetti.

Se ci fermassimo invece a pensare e a guardare le cose nella loro natura, e non nella nostra mentalità contorta, forse vedremo quello che la vita è in realtà.

Qualcosa di indefinito.

Ma di comunque bellissimo...

 

7° Capitolo

Indefinito

 

*** *** ***

I am unwritten, can't read my mind, I'm undefined
I'm just beginning, the pen's in my hand, ending unplanned

Starring at the blank page before you
Open up the dirty window
Let the sun illuminate the words that you cannot find

Reaching for something in the distance
So close you can almost taste it
Release your innovations
Feel the rain on your skin
No one else can feel it for you
Only you can let it in
No one else, no one else
Can speak the words on your lips
Drench yourself in words unspoken
Live your life with arms wide open
Today is where your book begins
The rest is still unwritten

 

Sono qualcosa d’indefinito, non riesco a capire la mia mente, non ho una definizione
Sono ancora all'inizio, la penna è nella mia mano, la fine non è stata ancora decisa

 

Stavo fissando la pagina bianca prima che tu
Apra la finestra sporca e
Lasci che il sole illumini le parole che non riuscivo a trovare

Cerchi di prendere qualcosa lontano
Sei tanto vicino che puoi quasi sentirne il gusto
Lascia perdere le tue inibizioni
Senti la pioggia sulla tua pelle
Nessuno può descriverti questa sensazione
Solo tu puoi lasciarla entrare in te
Nessun altro, nessun altro
Nessun altro può dire le parole che stanno sulle tue labbra
Bagnati con le parole che non hai detto
Vivi la tua vita a braccia aperte
Oggi è il giorno in cui inizia il tuo libro
Tutto il resto non è ancora stato scritto

 

(Unwritten - Natasha Bedingfield)

 

*** *** ***

18 Febbraio. Sera. Ore 23.32

Heaven Street

 

Un uomo dall'aria imponente troneggia sul cumulo di morti... sa che molte persone sono cadute oggi. Sa anche che sono cadute per mano sua, ma non se ne cura poi più di tanto.

Ha una larga cicatrice che gli attraversa tutto il volto. Una mezzaluna storta, più contorta del suo possessore. Gli occhi rimangono lucidi e freddi come specchi di ghiaccio e attraversano tutta l'aria circostante, quasi a volerla abbracciare col solo sguardo.

 

Un ghigno esce dal suo volto deturpato. Un lavoro ben fatto, anche questa volta... presto arriverà il momento del vero divertimento. Per ora gli sono stati assegnati tutti compiti abbastanza facili. Vittime pure e indifese da massacrare.

 

Un lavoro facile... e senza rimorsi.

 

Si guarda le mani sporche di sangue e se le porta alla bocca. Sente il sapore metallico del sangue accarezzargli il palato e inebriarlo di piacere. No, non è un vampiro... questo no. E' solo un uomo che è passato al male e che non ha provato a tornare indietro. Più che un uomo può sembrare un demone, tanta è la ferocia e la determinazione con cui strazia le sue vittime in battaglia. Un uomo votato alla causa suprema dell'Ordine, che non fa domande, non si pone domande, e si preoccupa di eseguire senza chiedere risposte.

 

Un uomo dannato... niente di più.

 

Si scuote il mantello nero pece, dalla terra del campo. Lo fa con frenesia e leggera soddisfazione. Muovendosi, calpesta per sbaglio, o per leggera rivalsa, la piccola mano di un bambino la cui vita è da poco stata spezzata. Ricorda la sua morte. Come ricorda tutte quelle delle sue vittime.

 

E non n'è servito a nulla sentirsi pregare in ginocchio, strusciando per terra con sottomissione puerile. Non sono servite le sue lacrime calde scendere per aiutare una madre, che aveva perso troppo sangue per essere anche solo salvata. Non n'è servito il suo grido corroso, un urlo dalle tonalità grigie, appena è stato trafitto dalla sua spada...

 

A nulla questo è servito, perchè lui non ha avuto pietà, e perchè il loro destino era già segnato. Un destino di poveri sciocchi, inutili nel cammino del mondo.

 

Avrebbe potuto risparmiarli? Sì, certo... ma non ne trovava il vantaggio. Non si trattava di giovani ragazze da assaporare lentamente, che potevano servirgli anche da vive, ma di vecchi... e soprattutto di bambini. Che vantaggio poteva trarre dal lasciarli in vita?

 

Nessuno...

 

Forse sarebbero cresciuti... con il rancore e l'odio che cova dentro. Forse in un futuro lontano l'avrebbero cercato, seguito... forse l'avrebbero trovato, vecchio e sfinito da mille battaglie, e gli avrebbero fatto subire l'umiliazione che aveva fatto provare loro. Forse lo avrebbero semplicemente ucciso.

 

E il suo orgoglio, questo, non poteva permetterselo.

 

Fu così che si voltò dalla parte opposta, senza pensare e dire più niente, senza rimorsi e senza rimpianti, e s’incamminò... adesso non era più il tempo per sciocchi ricordi. Adesso avrebbe avuto missioni più difficili da portare a termine. Missioni rischiose e avventate, nelle quali si rischia più volte la vita... le sue preferite.

 

L'Ordine gli aveva dato un compito molto interessante. S’immaginava già la scena e ne pregustava le mille sfaccettature. Sentiva le urla di quella ragazza invocare pietà, o magari chiedere aiuto... vedeva le sue lacrime gravi uscire dai suoi occhi pallidi. Sentiva il suo suono straziato di chi non si può opporre...

 

Si sarebbe divertito. Molto divertito.

 

E sarebbe diventato un passatempo molto rilassante, tra un ordine e l'altro... avrebbe giocato, oh sì, come avrebbe giocato. L'avrebbe resa schiava ancora una volta, quando in passato lo era già stata. Ne avrebbe assaggiato la pelle setosa e avrebbe accarezzato i suoi capelli di pesca. L'avrebbe fatta piangere e soffrire. Ma si trattava di pura e semplice prassi, nell'oceano del silenzio. In fondo lo sapete, come lui lo sa, il silenzio della coscienza non genera altro che mostri. Mostri e paure... da cui non si può sfuggire.

 

Soffrire o morire... a lei sarebbe spettata la scelta. Lui si sarebbe solo regolato di conseguenza.

 

Ma... c'era qualcosa... Qualcosa di fastidioso, che intralciava il suo stupendo sogno di crudeltà. Qualcosa di tremendamente fastidioso....

 

Non sarebbe stato facile, tutt'altro... gliel' avevano descritta al suo comando e sentirsela presentare così, all'inizio gli parve un po' esagerato, ma con il tempo e sopratutto con la scia di morte che aveva seminato al suo passaggio, le sue convinzioni seppero crollare.

 

Forte, decisa, ineguagliabile nelle arti magiche.... una tigre. Una tigre senza casa e senza meta, che deve solo trovare il mezzo più facile per sopravvivere e per andare avanti. Una tigre pronta a combattere ad ogni costo. Per se stessa e per la sua libertà...

 

No, non sarebbe stato facile... no.

 

Ma lui non poteva farsi problemi e sicuramente le profezie non dicevano di certo il falso... la sua via era segnata. Il suo cammino già deciso.

 

Lui era un uomo, e doveva eseguire il suo compito. Lui era Raw, e non si sarebbe di certo fatto spaventare da una donna...

 

Si sistemò al meglio il mantello e guardo il cielo.

 

Immagini imprescindibili si formavano nella volta celeste seguendo un percorso senza senso, ma comunque bellissimo.

 

No, non sarebbe stato un problema... non questa volta.

 

E non vi stupirete alle mie parole, sentendomi dire che a molte miglia di distanza da quel luogo di sangue, un angelo ebbe un sussulto.

 

Un angelo nero che si risveglia dal sonno...

 

Impaurito.

 

19 Febbraio. Notte. Ore 2.00

Casa di Ron

Sono stanco.

 

Molto stanco.

 

Mi rigirò nel letto con innaturale frenesia, e anche se vorrei chiudere questi dannati occhi e concentrarmi in piacevoli sogni, che poi di solito si rivelano incubi terribili, le mie palpebre restano ben ancorate verso l'alto non permettendomi il meritato riposo.

 

Il soffitto della mia stanza, ampia e spaziosa come sin dai tempi della Tana avevo desiderato, sembra ancora più buio di quanto non sia in realtà. Il lampadario di vetro lavorato oscilla leggermente sopra la mia testa, un po' come l'ascia del boia che aspetta il condannato, e forma cerchi più o meno concentrici nel suo andirivieni lento e costante. Fuori dalla finestra rumori di strada e di motociclette che sgommano sull'asfalto... i soliti idioti che non hanno niente di meglio da fare che consumare le gomme nella gelida nottata, e soprattutto consumare le mie più sensibili parti maschili... insopportabilmente idioti. Idioti patentati... ma non ho neanche la forza di alzarmi per fare loro una lavata di capo, o forse non voglio dare loro la soddisfazione di deridermi dal basso, come un vecchio ormai in pensione.

 

Sono stanco... stanco, davvero.

 

Muovo le gambe sotto le coperte in cerca di calore. E' stata una settimana molto fredda e piovosa, quest'ultima... i giornali babbani, che sono sempre pretenziosamente pronti ad esagerare tutto, l'hanno definita pure come una specie di seconda era glaciale. Pensa un po' te... mah, non riesco a capire come possano andare avanti babbei come si ritrovano. Sono semplicemente allucinanti.

 

Mi sdraio meglio sul fianco e cerco di pensare a qualcosa di felice e rilassante, in modo da assicurarmi un sonno sereno e duraturo, anche se sono ben consapevole della difficoltà di quest'atroce operazione. Mia madre, per quanto io la ricordi ancora, lo diceva sempre e mi esortava a mettere in pratica i suoi affettuosissimi, forse troppo a dire il vero, insegnamenti.

 

Ronald... non riesci a dormire?

 

No, mamma... non ci riesco. E non chiamarmi Ronald, quante volte devo dirtelo ancora?

 

Su su, basta storie... adesso chiudi gli occhi e pensa a qualcosa di bello, ma di bello davvero, vedrai che farai un buon sonno.

 

Ok, ci proverò...

 

Bene, notte tesoro.

 

Notte, mà...

 

Notte.

 

Cara vecchia mamma... anche lei mi ha lasciato solo. Come tutti del resto. Da ragazzo, ho sempre pensato, come è solito per la gran parte dei ragazzi della mia giovane età, che la mamma fosse solo un qualcosa di imprescindibile e inarrivabile. Qualcosa di fastidioso e di dolce, qualcosa di severo e di allegro, qualcosa da detestare e semplicemente da amare. Oh, sì... io volevo bene a mio madre, anche se forse il mio più grande rimpianto è stato sicuramente di non averglielo mai detto direttamente. Mai un ti voglio bene. Mai un grazie sincero, ma solo di circostanza. Solo frasi fatte, e abbracci di convenienza... perchè sì, lo ammetto, sono stato e sono un'egoista.

Ma a queste cose ci pensi dopo, quando ormai è troppo tardi e quando ormai i tuoi errori non possono essere più riparati. Non puoi farci niente, è solo.... così, niente di più. E quando morì, e ancora oggi le cause di quella morte improvvisa sotto la pioggia d'estate restano arcane e sconosciute, mi accorsi in realtà di quanto avevo perso. Mi accorsi di quanto fossi stato tremendamente sbagliato e di quanto avevo voluto bene a quella donna, che oltre ad un madre, nell'ultimo periodo, era diventata anche un'amica.

 

E così.... puff. Svanita nella nebbia.

E non è servito urlare al cielo parole rabbiose e frustrate, contro un Dio sconosciuto che aveva saputo portarmela via. Ero ben consapevole di aver commesso un errore, un errore grande e pesante come un macigno spesso e insostenibile, e di quanto la colpa fosse solo mia. Sarebbe bastato un niente per non avere rimpianti... e invece, ci soffro ancora. Ancora.

 

Per cui, voi che in questo momento mi state ascoltando, voi che siete qui e sentite la mia storia, non fate come me. Non fatelo perchè potrebbe costarvi caro. Fatemi un favore, o meglio fate un favore a voi stessi, appena finito con me cercate i vostri genitori... non importa se sono lontani. Trovateli, chiamateli, fatevi sentire... e poi se li vedete abbracciateli, ricopriteli di baci e ditegli quanto gli volete bene, ma tutto il bene che provate dentro di voi. Promettete di farlo... vi prego. Questo è indipendente, e slegato da tutto il resto, da quanto io voglia raccontarvi la storia. Consideratelo solo un consiglio... un consiglio di chi ha sbagliato e di chi continua a sbagliare tuttora. E' un consiglio... e anche se non lo avete mai fatto, anche se vi riesce difficile avere un tipo di contatto così intenso con loro, per favore, donategli questo regalo. Un regalo che viene dal cuore, lo apprezzeranno... ne sono sicuro.

 

E se vi chiederanno: "Hai combinato qualcosa e vuoi addolcirci la pillola?" ditegli solo la verità. Perché anche se sono rompiscatole e a volte, spesso diciamo, sembrano avere dei paraocchi formato Salumi Beretta, vedono quando si è sinceri o no. Magari gli ci vuole un po'... ma ci arrivano, vedrete.

 

Posiziono meglio il cuscino e sposto la testa leggermente sulla mia destra. Forse una cosa che dovrei cambiare davvero è proprio il materasso. E' scomodissimo e ad ogni movimento il letto sembra produrre sempre dei rantoli soffocati. Un vero inferno.

 

Pensa... pensa a qualcosa di bello.

 

Vedrai che farai un buon sogno.  

 

Come se fosse facile, cavolo... ho mille problemi che mi gironzolano nel cervello, e non è affatto un buona situazione. Senza contare che sono molto preoccupato per Chac e per la sua salute... appena al San Mungo, me lo hanno letteralmente strappato dalle braccia dicendo che aveva bisogno di cure urgenti e che per alcuni giorni non doveva essere disturbato. Quante idiozie mi tocca sentire... Chac è una roccia, figurati se rischia qualcosa, ma i medici hanno sempre avuto il dono di mettermi ansia. A volte mi viene da pensare che fare da soli sia addirittura meglio, ma in questi anni ho appurato di quanto fosse sbagliata la mia constatazione.

 

E poi c'è lui... l'angelo Nero.

 

O meglio lei.

 

Ma la prenderò... fosse l'ultima cosa che faccio. Ha commesso un errore che potrebbe costargli caro: ha sparato a Chac, e questo non doveva farlo. E sapete una cosa, sono incazzato nero, ma nero davvero. E non è un buon auspicio, tutt'altro...

 

Anche se, bisogna dirlo, è stata una vera sorpresa, deve ammetterlo sinceramente. Un donna, che crea un tale casino... ne conoscevo solo una che, quando si arrabbiava, diventava così tremendamente incontrollabile. Ma anche lei... puff, svanita.

 

Come a tutte le cose a cui io voglio bene.

 

A volte, mi sembra che lassù se la siano presa con me per qualcosa... a dire il vero, non so cosa e non ci tengo neanche a saperlo, ma comunque questa sensazione continua ad accompagnarmi.... sempre. Uno dopo l'altro mi sono stati portati via, senza possibilità di appello e senza aver almeno la possibilità di salutarli.

 

Io non vi conosco. Nessuno di voi... vedo le vostre facce attente e silenziose, e penso a quante vite si intrecciano anche solo per un singolo attimo. Domani non mi ricorderò più delle vostre espressioni e dei vostri commenti sottovoce. Tra un mese non sarete altro che spessa e fitta nebbia. E se a distanza di tempo dovessi rincontrarvi, c'è una grandissima probabilità che non riesca a riconoscervi.

 

Ma non importa... perchè adesso siete qui ad ascoltare la mia storia. E anche se siete capitati per sbaglio, non andatevene... non ancora. Devo ancora finire quello che ormai da tempo ho iniziato e se ve ne andate, se mi abbandonate, non rimarrà nessun ricordo di quello che fu e che è stato.

 

Ormai sono giunto alla conclusione, senza dubbio sensata e mi costa molto ammetterlo, che non riuscirò a dormire e che mi toccherà passare l'ennesima notte in bianco. Come se ne avessi bisogno.

 

Mi scopro lentamente dal mio giaciglio di pensieri e coperte, e mi metto in posizione eretta sullo scomodo letto. La sveglia, sì proprio quella... avete capito, segna con fare luminoso e spettrale le due di notte, annunciandomi l'ora del mio temporaneo ritorno nel mondo dei vivi.

 

Mi alzo in piedi e abbandono quel luogo di sudore freddo e tetri pensieri, e cammino sul pavimento di marmo a piedi nudi, visto che questo non può far altro che giovare alla mia già precaria salute.

 

Non ci vedo un accidenti... e non mi piace. Da piccolo ho sempre avuto dei blocchi mentali piuttosto idioti, molti generati dai miei adorati e ormai compianti fratelli, e alcuni di essi li riporto tuttora. I ragni, come ormai tutto il mondo magico sa (anche questa cosa poi, mi andrebbe spiegata) sono il mio punto debole per eccellenza. Quando li vedo... mi blocco. Semplicemente. Non tremo e strillo più come una gallina impazzita, come tempo addietro ero capace di fare (Hagrid ancora me la paga...), ma resta il fatto che mi pietrifico completamente. Non ci posso fare nulla, purtroppo... l'aracnofobia è molto diffusa come tipo di patologia, anche se ad un tenente dei difensori magici, è richiesta un po' più di calma e sangue freddo, purtroppo.

 

Insomma, per uscire da questi ricordi spiacevoli, parlavo del buio. Bhè... il buio è molto strano, direi. Può essere rilassante o spiacevole, come in contraposizione continua. Può dare semplicemente una sensazione di vuoto o può terrorizzare a morte. Basta scegliere... gli aspetti sono molti.

 

E adesso, che mi ritrovo qui, al centro della mia stanza, soltanto con il mio corto pigiama comprato alla fiera, sento dentro di me una leggera inquietudine. Perchè il buio porta con se ricordi dolorosi della mia vita e non è facile sempre accantonare le cose. I rumori si fanno più spessi, amplificati... terrorizzanti.

 

E poi io voglio vedere in faccia la vita così com'è... non dico certo che preferisco vedere un cadavere straziato che restare al buio, questo no. Ma è fastidioso non vedere le cose.

 

Avanzo tentoni verso la porta della mia camera, desideroso di premere il tasto che porta alla tanta agognata luce. Posso distinguerlo ora che i miei occhi si stanno abituando all'oscurità. Continuo a camminare con cautela con la mano protesa in avanti, un po' come in quel film babbano dove il cowboy sta per morire.

 

E poi... l'irreparabile.

 

Cado rovinosamente con il mio posteriore per terra, e mi trascino dietro nella caduta un mobiletto della stanza, nel tentativo di frenare in parte l'imminente contraccolpo.

 

" Cazzo "

 

Perchè la mia mente da decerebrato deve sempre lasciare i pesi da 10 chili nel mezzo alla stanza? Non è normale che poi qualche coglione inevitabilmente ci casca sopra?

 

Il resto è solo una mare di imprecazioni emanate sottovoce, come leggero sfogo. A terra cocci di porcellana e vetro, e altre cose che per adesso non sono in grado di identificare. Raggiungo dolorante la porta e riesco finalmente ad accendere quella maledetta luce.

 

La stanza si illumina subito, con forza, accecandomi parzialmente.

 

Cerco di guardare a terra per vedere l'entità del danno precedente, che subito un’altra sciagura si abbatte su di me.

 

" PORCA PUTTANA "

 

Scusatemi, non sono un mostro di eleganza e di gentilezza, ma in sostanza quando ci vuole ci vuole. Un urlo disumano si scaglia nel silenzio quando un vetro particolarmente spesso si pianta con poca grazia nel mio piede.

 

Il resto è immaginabile.

 

Ancora urla.

Ancora insulti ad un Dio, che se esiste, odio profondamente.

Ancora imprecazioni.

 

E non mi resta altro che incamminarmi verso il bagno, con il sedere dolorante per la caduta, e con il piede insanguinato che ormai sta raggiungendo tonalità grigie e mortuarie.

 

Che razza di sfigato.

 

Me lo diceva sempre Malfoy, ma se un po' di giustizia c'è, almeno lui è schiattato e poi adesso pensare a lui è l'ultima delle mie prerogative.

 

Mi avvicino al bagno, senza particolare grazia, inscenando un patetico balletto su un piede solo e effettuando piroette senza senso per procedere più velocemente.

 

Quando ho medicato, asciugato, curato (per quanto le mie conoscenze mediche, mi hanno permesso) il mio povero arto dolorante, la prima domanda che mi sorge spontanea quando torno in camera è: " non potevo stare in quel cazzo di letto? "

 

Adesso che i miei occhi si sono abituati alla luce, o quantomeno adesso che riesco a vedere quello che mi circonda in maniera più o meno nitida, vedo il disastro che poi è la mia stanza.

 

Magliette varie e jeans sparsi ovunque. Lo stereo ancora aperto e con i cd che girano di continuo. L'armadio semi aperto che rivela una quantità di roba informe che tenta di uscire. Sì, sono goffo, egoista, pigro e anche disordinato. Quale donna non mi vorrebbe tra le sue braccia? Sono o non sono un uomo da sposare?

 

Ok, tralasciando l'ironia e il sarcasmo che non n'è ho bisogno al momento, inquadriamo bene la situazione. Al centro della stanza vedo gli artefici di tutto il precedente casino e del mio consistente dolore fisico, anche se gran parte del merito spetta sempre a me, e la prima cosa che vorrei fare è tirarci un grosso calcio, anche se poi le conseguenze potrebbero essere devastanti... per il mio piede, intendo.

 

Mi volto verso il luogo dell'incidente e quello che vedo mi butta ancora più giù, come se fosse ancora possibile. Il mio preziosissimo vaso Ming, comprato da un contrabbandiere a prezzo stracciato, è in pezzi. I libri, giusto perchè mi ritengo un persona acculturata, sono sparsi per terra e raffigurano splendide immagini di donne nude... e non consideratemi male. Solo che certe volte se ne sente il bisogno, no? No... ho capito, sto zitto.

 

Il telefono, una delle cose che prima non ero riuscito ad identificare, e vi annuncio che da alcuni mesi ho anche imparato a digitare i numeri (anche se chiamare è un'altra cosa), pende leggermente dal mobiletto ammaccato e a vederlo mi fa ancora più l'effetto di un oggetto totalmente inutile, oltre che babbano.

 

E poi vedo una cosa che mi stringe il cuore. Una cornicetta di conchiglie, molto semplice, leggermente scalfita dalla caduta... al suo interno una foto, che da anni mi ero imposto di non guardare più e che da mesi tenevo persino capovolta. Poi un vetro, spaccato in più diramazioni (considerando che un pezzo consistente lo ha accolto il mio piede) e una sottile scalfitura sul lato posteriore.

 

Quella foto... a rivederla vorrei urlare ancora.

 

Ma non di dolore. Di disperazione, di rimpianto, di rimorso... un urlo ancora più forte di quello tirati in precedenza. Vorrei poter gettare tutto e fuggire, anche così in pigiama con il freddo dell'inverno a gelarmi le ossa e con i ragazzini che mi deridono sulla strada. Vorrei non essermi mai alzato, improvvisamente.

 

Ma ormai è tardi.

 

I miei occhi non si staccano più da quell'oggetto arcano. La mia mano ripercorre il profilo di persone e cose di tempi andati, sfregando le crepe del vetro, come in una semplice e sfuggevole carezza.

 

Volti sorridenti e luci spensierate. Il canto di qualcosa di non veritiero, ma che comunque resta nella memoria. E poi, sì... noi che ci tenevamo per mano e ridevamo allegramente. Noi che a poco a poco ci abbracciavamo... noi che restavamo così, per molto tempo. Senza chiedere di più se non il contatto dell'altro.

 

Lei...

 

E poi le lacrime.

 

Chiare. Cristalline. Pietose e disperate.

 

E non servono le mie mani sugli occhi per frenare il torrente di emozioni che mi sento dentro. Non servono... e quando un lacrima scende giù, brillante di luce, e cade sulla foto, su quella foto che per anni avevo tentato di non guardare, sento che non ce la faccio più.

 

E non sono niente i dolori fisici di poco prima. Perchè dentro scorre qualcosa di più grande e velenoso. Qualcosa di sbagliato ma che non si può eliminare.

 

Farla finita... punto.

 

In fondo, al comando non hanno bisogno di me. Come dice sempre il maggiore Stiff, sono un inetto. E allora, perchè continuare?

 

Perchè lo devi a te stesso, prima che a me.

 

Ed è così che mi alzo dalla mia posizione scomoda e mi dirigo in cucina. Le lacrime continuano a scorrere ma non ci faccio caso. Come un automa apro cassetti che non sapevo di possedere e mi armo di forza di volontà. Quella che è rimasta...

 

E sembra strano come le cose nella vita possano cambiare. Un giorno ci sei, e un'altro non ci sei più. Ed è così che la vecchia cornice, il vecchio vetro e il vecchio sostegno se ne vanno. Il vecchio lascia campo al nuovo. La cornice e il resto vengono sostituiti... ma qualcosa rimane, qualcosa di importante e che mi prometto di non scacciare più.

 

La foto resta... lei resta, dentro di me.

 

Perchè in fondo le origini e il passato non sì perdono mai...

 

Basta saperli cercare.

 

19 Febbraio. Primo mattino. Ore 5.27

 Darkness Falls

" E-è tutto pronto, Signore... "

 

Un uomo dall'aria malaticcia e consunta, che credo di non aver mai visto prima, si avvicina a me tremando visibilmente. Deve essere un nuovo adepto, da come parla e da come si muove. Possiede ancora tutto il timore e la paura reverenziale dei nuovi membri... semplicemente patetico.

 

Lo vedo chinarsi ai miei piedi, come da protocollo prestabilito, e posso sentire il suo panico giungere fino alla mia anima, che se ne nutre e se ne compiace. Essere inutile e debole, del quale forse un giorno mi sbarazzerò personalmente, che non è stato in grado di mantenere un contegno anche in un compito così facile. Vomitevole.

 

" Puoi andare "

 

La mia voce si abbatte nella stanza come un pugno allo stomaco. Vedo la tensione sciogliersi dal viso di quel essere immondo e posso sentire il suo respiro irregolare farsi più calmo. Il suo volto perde un po' di colore grigiastro e una goccia di sudore repressa gli scivola lentamente sulla guancia.

 

" Grazie, m-mio signore... "

 

Lo vedo, dal mio trono di potenza e negatività, darmi le spalle e incamminarsi verso l'uscita, con fare eccessivamente veloce e frettoloso. Pensa di aver fatto il suo dovere, magari non impeccabilmente, ma comunque pensa di averlo fatto. E di sicuro più di questo, a un essere che non so cosa ci faccia ancora qui, non si può di certo chiedere. Però...

 

" Aspetta un attimo "

 

E anche se è girato, e non posso far altro che ammirare la sua vergognosa e innaturale gobba, posso vederlo in tutto il suo splendore, sbiancare... è terrorizzato, e mi piace. Mi piace da morire.

 

Si volta lentamente, non potendo disubbidire, con l'espressione di un condannato a morte. Nuovo sudore perlaceo scende dalla sua fronte, e il cappuccio nero del mantello sembra non volergli proprio stare in piega.

 

" Crucio "

 

E non posso che scoppiare a ridere quando lo vedo contorcersi sotto il mio incantesimo. Occhi fuori dalle orbite, muscoli in fiamme... sta soffrendo come un cane. Oh sì, mi piace da pazzi... ma forse per oggi basta così. Sciolgo l'incantesimo con un tocco deciso e sento il suo debole corpo contorcersi a terra.

 

" Mai voltare le spalle al tuo signore, verme... "

 

I suoi occhi sono opachi e persi di incredulità. Cosa credeva? Che essere ammessi al Corpo Oscuro fosse una semplice vita di vacanza? Credeva di guadagnarsi la pagnotta con poco?

 

" Striscia verme, e non voltarti indietro "

 

Con un calcio deciso e potente nel costato, lo faccio rotolare per la scalinata.

 

Sento qualche risata provenire dall'esterno e mi unisco al comune gaudio. E sempre molto divertente sperimentare questi giochetti. Il nuovo adepto, che per chiamarlo così altro che eufemismo, striscia in direzione dell'uscita. Doppiamente patetico.

 

Con noncuranza mi siedo al posto che mi spetta e congiungo le mani.

 

E' arrivato il momento di una smossa decisiva alla questione. Sono stufo di mandare i miei uomini migliori in campagne senza senso e in stragi inutili e infruttuose. Dobbiamo iniziare a mobilitarci... e voglio proprio vedere come ci respingeranno gli Auror questa volta.

 

Con un gesto secco della mano convoco a me i miei servi più fedeli. Ritrovati di magia oscura, fratelli persi nel cammino dell'oblio e della disperazione, creature che sono rimaste troppo imprigionate per non essere arrabbiate... le tre piaghe dell'Oscurità.

 

Una luce sinistra esce dalla mia mano tesa. Un riflesso di calore amarognolo invade la stanza e sento la forza degli antichi congiungersi con me.

 

E poi, come se fossero stati lì da sempre, in attesa di ordini e protezione, li vedo comparire alle mie spalle, forti di una potenza a loro stessi sconosciuta. Ogni volta che sento la loro emanazione vicina sento quanto in realtà posso fare su questo mondo. Grazie al loro aiuto, e a dire il vero non servirebbero neanche i miei migliori Mangiamorte, potrei in pochissimo tempo rendere il mondo in completa schiavitù. Sotto la mia schiavitù...

 

Uno di loro, forse il più cupo e distruttivo, si avvicina a me scuotendo il candido mantello porpora. Il colore del sangue. I suoi occhi grigi e impenetrabili dall'odio e dal tempo mi fissano con discreto rispetto, e i capelli, anche essi grigi come la sua anima, oscillano lievemente, in sincronia con il suo scorrere lento sul posto.

 

Lui è Kaos. Il Primo delle tre piaghe dell'Oscurità, e per adesso ho solo bisogno di lui.

Con un movimento del braccio e con la sacra formula dell'Incatenazione, congedo i miei sudditi nel sonno profano.

 

Vedo Kaos sorridere sotto la maschera di cera nera.

 

E' giunto il suo momento.

 

19 Febbraio. Mattino. Ore 8.02

Ospedale San Mungo

Adoro questo posto...

 

E' proprio rinfrancante trovarsi qui, di prima mattina e ciondolante dal sonno, con fitte doloranti che ti traforano il piede e con una busta piena di riviste inutili sotto braccio. E' proprio bello aspettare delle ore in piedi, fuori da una porta che non sembra aprirsi mai, per stupidi e confusionari turni di burocrazia... è veramente una pacchia. E non sono un cerebroleso masochista, il mio è solo un patetico quanto comprensibilissimo tentativo di sdrammatizzare le cose. Vedete quanto serve l'auto-ironia a volte?

 

Attorno a me un mondo di rapidità e caos continuo. Medici con cartelle cliniche in mano che corrono da una parte all'altra; infermiere corpulente che con fatica caricano pazienti sui lettini; uomini con due teste e babbani che hanno perso la memoria... ecco a voi il San Mungo, l'ospedale per ferite da incantesimi e creature magiche.

 

Nell'aria il sottilissimo odore dell'alcool metanolo, che si propaga al contatto con le persone come nebbiolina fine e concentrata.

 

Un uomo dalla carnagione scura, tipico dei luoghi del mondo tribale, con un grosso tatuaggio verde chiaro sulla spalla, si fa avanti all'ufficio assistenza con particolare noncuranza. Ha i tratti somatici di qualcuno che conosco bene, anche se al momento non riesco a ricordare a chi possa appartenere un corpo del genere. E poi dopo tre notti consecutive senza dormire, scusatemi se il mio cervello ci mette un po', prima di cominciare il suo lavoro.

 

Sento la testa girarmi.

Ma non mi preoccupo poi più di tanto. Se dovessi svenire o se comunque dovesse succedermi qualcosa, sono sicuramente nel posto giusto. Garantito.

Continuo a fissare lo strano tipo da lontano, con molta e discontinua intensità. Vedo che si sbraccia contro un'infermiera e a vederlo così, su due piedi, mi sembra parecchio arrabbiato. Posso distinguere il sudore perlaceo bagnargli il volto e i suoi occhi sprizzare furore da tutte le parti.

 

Poi com'era venuto, come uno la quale vita per poco è stata intrecciata con altre, se n'era andato, senza una parola. E di lui, forse, un giorno parlerò più avanti... con la sua sete di vendetta e il suo tatuaggio verde in risalto.

 

Passò un'ora.

Ne passarono due...

Quando ormai i miei muscoli sembravano non voler più rispondere a i miei impulsi, arrivò la tanto attesa ed agognata ora di entrare.

 

La famosa porta di vetro infrangibile fece uno scatto sinistro e si schiuse appena un poco. La varcai con discreta euforia e con particolare gaudio... forse avrei trovato un posto a sedere, anche scomodo sarebbe andato bene, visto che in sala d'attesa c'erano stipate più di duecento persone ed era praticamente impossibile aspettare con tranquillità. Addirittura, qualche volta e in casi di particolare trambusto, a peggiorare la situazione, si scatenavano vere e proprie risse per chi doveva essere ricevuto o curato prima. E non era cosa rara vedere vecchiette assatanate munite di ombrelli appuntiti, scaraventarsi contro esseri con la coda o uomini diventati irrimediabilmente antropomorfi.

 

Giustificate la mia felicità, se non altro... capite le mie ragioni.

Mi trovai in un corridoio dalle pareti bianche, tanto bianche da risultare accecanti, e privo di qualsiasi forma di oggetto o vita. Un po' come il limbo che si attraversa per giungere in paradiso, o all'inferno se non siamo stati capaci di vivere in pace con gli altri.

 

In fondo, l'entrata... una porta, anch'essa bianca ma di un colore più tenue, che divide la sottile linea tra il conosciuto e l'arcano. Perchè in fondo, dovreste saperlo... ogni porta che varchiamo è una nuova sorpresa. Anche nella nostra casa, varcando le varie porte del nostro appartamento, ogni volta vediamo qualcosa di nuovo. E così per la vita... l'uomo è tenuto a compiere delle scelte, basta sapersi orientare, e scegliere la porta giusta... il resto non è ancora stato scritto e non ci è tenuto sapere come andrà a finire.

 

Io ho fatto la mia scelta.

 

Apro la porta con molta delicatezza e la socchiudo con molta calma. Uno stanzone pieno di apparecchiature strane, molte con mia grande sorpresa babbane, e un letto di dimensioni quantomeno eccessive.

 

E poi c'è lui, Chac, che mi sorride con il solito ghigno disteso da quel luogo di candida purezza... era inutile preoccuparsi per lui, lo sanno tutti che è una roccia difficilmente abbattibile.

 

" Per il tuo grasso culo ballonzolante, ho dovuto aspettare tre ore in piedi, in questo maledetto ospedale... razza di idiota " un modo un po' colorito per dirgli che gli voglio bene e che sono contento di vederlo quanto meno in salute.

 

Sorride...

E senza parole sa già di avermi risposto.

 

Ma poi, come il temporale che non ti aspetteresti mai di vedere, muta improvvisamente espressione e mi fissa con occhi tremendamente e incredibilmente seri. La bocca è serrata e sembra voler far uscire molte cose, troppe da poter sostenere. I suoi occhi mi dicono che non ha aspettato altro che vedermi, per questo… per tirare tutto fuori a qualcuno che lo può facilmente comprendere.

 

“ È una donna, cazzo… ti rendi conto? Noi abbiamo corso per tutto questo tempo dietro ad una donna… io mi sono fatto stendere così, facilmente, e lei non era altro che una ragazza. È incredibile. “

 

Il suo sguardo era incredulo e assente, come se la cosa potesse turbarlo più che ha chiunque altro. Effettivamente nella mia memoria non era mai risultato un caso del genere, e credo che raramente anche il generale, lui che ne ha viste di tutte, abbia assistito ad una tale dimostrazione di potenza da parte di una ragazza, che dalle descrizione, sembrerebbe soltanto un piccolo essere minuto e indefinito.

 

“ Guarda questo “

 

Chac mi distoglie da i miei pensieri e tiene rivolto il pugno chiuso verso di me. Mi faccio avanti e prendo con leggerezza il contenuto delle sua mano.

 

E quello che vedo mi gela il cuore.

 

Un angioletto d’argento, in procinto di spiccare il volo e con le mani congiunte in preghiera… è così piccolo nella mia grossa mano callosa e sembra voler fuggire, per ritornare al suo possessore.

 

I ricordi non si perdono mai… basta saperli cercare.

 

Ma non è possibile. Esisteranno migliaia di esemplari come questo nel mondo… chiunque potrebbe averlo comprato e non mi stupirei se qualcuno non lo avesse addirittura rubato. Non è possibile… è passato troppo tempo, troppo anche solo per crederci.

 

Eppure…

 

“ Sono riuscito a strapparglielo durante il corpo a corpo… ti dice qualcosa? “

 

Chac mi guarda speranzoso e il primo istinto che mi verrebbe sarebbe di buttare fuori tutto. Magari piangere. Magari ridere di quanto la situazione non abbia senso… qualsiasi cosa.

 

L’angioletto mi fissa con impertinenza dal basso della mia mano.

 

“ Allora, ti dice qualcosa? “

 

Io ho fatto la mia scelta.

 

“ No… “

 

Che abbia senso o meno, questo non ha importanza… ogni uomo fa le sue scelte e scrive la propria storia. E quando, a poco a poco, le pagine bianche del nostro libro cominciano a riempirsi di colori vuol dire che stiamo iniziando a vivere. La scalata è dura e i pericoli sono tanti… ma un giorno il libro non avrà più pagine e non ci resterà che mettere la parola fine.

 

È ancora lontano quel giorno… per il resto, nulla è ancora stato scritto.

 

E se oggi ho preso questa via, può anche darsi che fosse meglio procedere verso l’altra direzione. Questo ci è tenuto sapere…

 

Tutto il resto è indefinito.

 

Finito!

Finalmente anche questa è andata… è venuto più lungo di quanto credevo, caspita! Spero non vi dispiacerà.

Un ultimo appunto: ricordate la storia dei genitori e del consiglio che vi ho dato? Rifletteteci, se non altro… era solo un consiglio, magari mascherato, ma comunque un consiglio che v’invito a seguire.

 

Adesso basta parlare… sarete stanchi! ^_^

 

Passo il testimone alla mia collega e spero che faccia un buon lavoro, visto che il prossimo capitolo è il più importante di tutto il racconto!

 

Ci sarà un incontro… e non vi dico altro.

 

Buon lavoro Sere, a te il testimone.

 

Ringrazio in anticipo tutti coloro che commenteranno!

Grazie, grazie, grazie… ^_^

 

Nel destino d’ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.

Victor Hugo – L’uomo che ride

 

Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può darsi interamente.

Octavio Paz – Passione e lettura

 

Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come uomini o donne libere.

Gandhi – Antiche come le montagne

 

Iniziative: è stato aperto da qualche mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

nightmare899@hotmail.it

 

 

Harry Potter e la Stella di luce

L’attimo prima del volo…

Behind Blue Eyes

Sono diverso…

Walking to the sun

Lettera dall’inferno

 

E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.

Per maggiori comodità andate sul mio account!

 

E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^

 

Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!

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Capitolo 8
*** Incompleta ***


Dedico questo capitolo alla mia stellina Sara che ha compiuto da pochissimo gli anni

Dedico questo capitolo alla mia stellina Sara che ha compiuto da pochissimo gli anni!

E diventi sempre più vecchia, eh!

(Il capitolo doveva essere postato proprio sabato ma è slittato tutto!)

Si perde colpi, la vecchiaia galoppa, mia cara!

Ti voglio bene.

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Allur.

Eccomi con l'ottavo capitolo.

Mi scuso per il ritardo e avverto che non è proprio niente di eccezionale.

Avrei voluto scrivere qualcosa di meglio ma questo è tutto quello che sono riuscita a fare.

Decisamente non all'altezza del precedente capitolo di Fede, anzi.

Mi perdo molto meno in viaggi instrospettivi ed emozioni, sono molto più superficiale nel raccontare le cose e me ne dispiaccio ;_;

Poi la fine della scuola che mi stressa a dir poco e mille altri impegni mi rubano il tempo per scrivere.

Oggi tre orette libere le avevo ed eccomi qua.

Questo è il frutto della mia mente bacata^^

Spero vi piaccia, e state tranquilli che Federico trova il modo di risollevare il tutto con il prossimo capitolo.

L'ispirazione e la voglia mi mancano, ho fatto quel che ho potuto!

Scusate per il ritardo e l'obrobrio.

Un bacione

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Hermione Weasley

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SIAMO ANCORA NOI

Incompleta

Prego affinchè questo cuore non si spezzi.

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8° Capitolo

Incompleta

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*** *** ***

Empty spaces fill me up with holes

Distant faces with no place left to go

Without you within me I can't find no rest

Where I'm going is anybody's guess

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I tried to go on like I never knew you

I'm awake but my world is half asleep

I pray for this heart to be unbroken

But without you all I'm going to be is

Incomplete

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Dentro di me, pieno di spazi vuoti

volti distanti che non hanno

nessun posto dove andare

senza di te accanto a me

non riesco a trovare pace

tutti si chiedono dove io stia andando

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Ho cercato di andare avanti

come se non avessi mai saputo

sono sveglio ma il mio mondo

è mezzo addormentato

prego affinchè questo cuore non si spezzi

ma senza di te tutto quello che sarò è

Incompleto

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(Incomplete - Back Street Boys)

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*** *** ***

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18 Febbraio, notte fonda. Ore 0:52

Rifugio oltre il confine.

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[if !supportEmptyParas] [endif]

La cosa che mi più mi manca di una vita normale è il concetto di casa.

Quando ritorno, dopo una notte passata in bianco, oppure a lavorare per conto del Capo, non sento quella vampata di calore, di felicità, di sollievo varcando la soglia.

Non mi sento a mio agio, tutto mi è estraneo qua dentro, dai muri, fino alla singola posata nel casetto della cucina.

Non mi sento a casa.

Affatto.

Tutto mi è avverso, lo sento, lo percepisco.

Non amano la mia presenza.

L'aria che respiro non sa di casa.

Non riconosco questo posto come il mio rifugio, il mio angolo di mondo, il mio pezzo di paradiso...

Ma quale paradiso?

Qui non c'è altro che Inferno.

Solo quello.

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Quando mi materializzo nel salone, non mi sento sollevata, rinfrancata, tranquillizzata.

No.

Solo abbandonata, odiata, disprezzata.

E questo è quanto.

[if !supportEmptyParas] [endif]

Lascio cadere le pistole sul divano.

Mi tolgo il cappotto, gli occhiali e mi rivelo per quella che sono.

Solo una donna.

Una donna che ha perso se stessa, che ha perso la voglia di vivere.

Perchè vivo?

Forse perchè sono troppo codarda per morire.

Anzi no.

Non è codardia la mia.

E' più che altro un senso di incompletezza che mi lacera ogni giorno.

E' come il pezzo mancante di un puzzle, non trovi pace fino a che non lo vedrai completato in ogni sua parte.

La mia vita è un puzzle del quale ho perduto un pezzo.

Solo se e quando lo ritroverò mi potrò dire completa, e quindi accettare le morte, in ogni suo aspetto, quel dolce torpore che ti invade le membra, ti annebbia i sensi, e rende ogni cosa meno dolorosa e terribile.

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Scuoto la testa cercando di scacciare il pensiero.

Mi dirigo in bagno.

La doccia post-lavoro è sacra ormai.

Raccolgo i capelli sopra la nuca, mi spoglio rapidamente e per quanto cerchi di non guardare la mia immagine allo specchio è come se il mio riflesso mi chiamasse.

Alzo lo sguardo verso la superficie speculare.

Riduco gli occhi a fessure osservando pezzo per pezzo il mio corpo.

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-Bastardo-

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Mormoro notando che vari lividi sono spuntati sulle braccia, sulle gambe, sicuramente bei ricordi dello scontro che ho avuto poco fa.

E' la prima volta che un Auror riesce ad avvicinarmi.

Sono stati bravi stavolta, devo ammetterlo.

Ormai la mia è una routine, i luoghi in cui si consumano i miei delitti sono più o meno sempre gli stessi: luoghi malfamati dove pullula la feccia della società.

Sono stata prevedibile stavolta, devo ammetterlo.

Ormai le forze dell'ordine mi stanno alle calcagna non avranno pace fino a che non risolveranno il caso dell'Angelo Nero.

E adesso sanno che sono una donna.

Quell'Auror sa che sono una donna. Chac.

E' un pericolo.

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Apro la cabina doccia, lasciando che il vapore creato dall'acqua bollente invada la stanza.

Sono intenta a prendere l'accappatoio appeso lungo la parete quando di nuovo la mia immagine riflessa strepita per farsi notare.

E poi me ne rendo conto.

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Una sottile linea rossa mi cinge il collo.

Mi porto una mano sulla pelle irritata.

Schiudo le labbra in un'espressione di puro disgusto.

Non c'è più.

La mia collana non c'è più.

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-Merda-

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Ma non mi sento incazzata o furiosa.

Solo amareggiata.

Quello era il mio appiglio alla ragione, al Mondo dei Vivi.

Persino il mio angioletto d'argento se n'è andato.

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Anche lui mi disprezza.

Anche lui mi odia.

Anche lui mi ha lasciata.

Anche lui ha spiccato il volo.

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*

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Buio.

E' tutto buio.

Cammino lungo la navata centrale di una grande chiesa gotica.

Le vetrate non lasciano trasparire nemmeno il più piccolo e indifeso raggio di luna.

Passo attraverso le panche di legno che accompagnano il mio passaggio, severe.

Tutto qui dentro mi rimprovera.

Tutto mi giudica.

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Mi voglio fermare ma non riesco a farlo, cammino contro la mia volontà.

Le gambe non accennano a fermarsi, continuano il loro cammino fino all'altare.

Mi guardo intorno, e per la prima volta dopo tanto tempo, sento il fremito della paura attraversarmi.

Un brivido lungo la schiena.

Sento il respiro farsi più pesante e veloce.

Mi fermo.

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Alzo gli occhi verso l'abside.

Un grande Angelo mi fissa, dipinto sulla parete circolare.

E per quanto voglia distogliere gli occhi da quelli di quell'entità, non ci riesco.

Non mi è possibile.

Sono come incatenati ai miei.

E vedo quegli occhi farsi di fuoco.

Faccio per gridare ma dalle mie labbra non esce alcun suono.

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E poi le sento.

Mani che mi cingono le caviglie, che si arrampicano sulle mie gambe.

Abbasso lo sguardo e quello che vedo mi gela il sangue nelle vene.

Spettri, spettri di altri tempi che fanno capolino dal pavimento di pietra come fosse uno specchio d'acqua.

E mi fissano con i loro sguardi vuoti, le facce scheletriche, i capelli bianchi e radi.

E tirano, strattonano i miei vestiti come a volermi trascinare giù con loro.

All'Inferno.

Dove stanno i dannati.

E iniziano il loro lugubre canto, mormorii, bisbigli, sussurri.

Mi chiamano lo sento, mi chiamano.

Cerco invano di liberarmi dalla loro presa.

Le mie gambe sono incollate al pavimento, e cercare di afferare le loro mani è come tentare di afferrare l'aria, perfettamente inutile.

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Voglio urlare.

E non ci riesco.

Alzo gli occhi verso il dipinto dell'Angelo, ma quello non c'è più.

Se n'è andato.

E' sparito.

Mi ha lasciata sola con i miei peccati, i miei delitti, le mie colpe.

La paura mi scuote.

Mi pervade.

Le ombre mi inghiottono.

Mi tolgono il respiro.

E grido.

Nessuno suono.

E le loro voci farsi più alte ed insistenti.

E ancora nuovi spettri.

E sono perduta.

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Perduta.

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*

20 Febbraio, notte. Ore 03:41

Rifugio oltre il confine.

Mi risveglio di botto.

Tremo.

Piccole gocce di sudore ghiacciato mi imperlano la fronte.

Mi guardo intorno.

Il respiro è affannato, il battito cardiaco mostruosamente accellerato.

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Era un incubo mi dico tentando di calmarmi.

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Socchiudo gli occhi passandomi una mano tra i capelli.

Raggiungo a fatica l'interruttore, e pochi secondi dopo una tenue luce rossastra illumina la stanza.

Mi trattengo dal guardare negli angoli rimasti bui.

Mi mordo con foga le labbra.

Ho la gola arida.

Faccio per scendere dal letto, intenzionata ad andare in cucina a bere un po' d'acqua, quando una busta bianca rettangolare, posata sul comodino attira la mia attenzione.

Sono sicura che quando sono arrivata non c'era.

La prendo esitante.

La apro, le mani ancora mi tremano.

Srotolo il foglio che c'è dentro.

Vi è scritto solo un indirizzo.

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Riconosco la calligrafia del Capo, e non stento a capire che quello non è altro che uno straordinario.

Sicuramente un'altra persona da eliminare.

O come ama dirlo lui, soggetto da neutralizzare.

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Mi trascino fuori dalle coperte e mi vesto velocemente.

Non sarei comunque riuscita a riaddormentarmi.

Questo è poco ma sicuro.

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Mi infilo l'indirizzo nella tasca dei pantaloni.

Indosso il giubbotto, fisso le pistole alle cosce.

Gli occhiali, la bacchetta.

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Dieci minuti dopo il mio risveglio sono già a lavoro.

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20 Febbraio, notte. Ore 04:05

Complesso residenziale alla periferia di Londra.

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Arrivo davanti ad una piccola casetta, una delle tante a schiera che si trovano nelle periferie londinesi.

Un po' come Privet Drive dove abitava Harry.

Mi avvicino alla finestra più bassa.

Le luci sono tutte spente, la casa è silenziosa.

Come tutto qui attorno.

Salgo quei due o tre scalini che conducono alla porta d'ingresso.

Giro la maniglia.

A vuoto.

Ovviamente è chiusa, non che mi aspettassi qualcosa di diverso.

Tiro fuori la bacchetta.

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-Alohomora-

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Mormoro.

Riprovo ad aprirla, ma ancora niente.

Deve essere un mago, o una strega, nessun babbano sarebbe in grado di impedire l'efficacia di un incantesimo di apertura.

Avvicino la punta della bacchetta alla serratura.

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-Stupeficium-

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L'incantesimo ha perforato la porta.

La serratura si è staccata e adesso posso vedere l'interno.

Stavolta la maniglia non oppone alcuna resistenza.

Entro senza problemi.

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Una strana sensazione mi invade non appena varco la soglia.

Faccio una smorfia scrutando ogni angolo della casa.

C'è un caos incredibile.

Salgo al piano superiore.

Mi ritrovo in un piccolo corridoio costellato di stanze.

Apro la prima che altro non si rivela se non uno sgabuzzino per le scope.

Faccio schioccare la lingua, seccata.

Passo alla seconda.

Spalanco lentamente l'uscio.

La riconosco come la camera da letto.

Ma non c'è nessuno.

Ci sono vari vestiti ammonticchiati qua e là e il letto è disfatto.

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Richiudo la porta tornando al piano inferiore.

Chiunque abiti qui dentro adesso è fuori.

A fare la bella vita immagino, data l'ora.

Osservo una grande pendola che si trova nel piccolo salottino.

Sono le quattro di notte.

Non resta che aspettare.

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Mi avvicino ad una delle due poltrone al centro della stanza.

Afferro la pila di riviste di Quidditch che vi sono posate sopra e le getto senza troppi complimenti per terra.

Tutto è buio intorno a me.

Mi siedo sbuffando irritata.

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Odio il disordine.

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20 Febbraio. Ore 4:07

Compleasso residenziale alla periferia di Londra.

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Due figure si materializzano sul vialetto antecedente la casetta che appartiene ad uno dei due.

Si stringono le mani, un paio di pacche sulla schiena.

Si augurano la buona notte.

Dopodichè uno dei due, zoppicando, si dirige verso l'entrata dell'abitazione, scomparendo dietro la porta, dopo aver salutato ancora con un cenno del capo l'amico.

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Questo, ormai rimasto solo, si smaterializza con uno schiocco che rimbomba in tutta la strada deserta.

Tornano a casa dopo una serata passata in un pub.

Donne semi-nude, birra a fiumi, ore piccole.

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L'uomo si passa una mano sul viso.

E' assonato e stanco.

Si materializza anche lui davanti alla sua casa, il suo rifugio.

Non vede l'ora di stendersi nel suo letto e dormire fino al pomeriggio del giorno dopo.

Ma quando arriva all'entrata, trova la porta socchiusa.

Rimane per un minuto buono a fissare la serratura distrutta.

Tira fuori la bacchetta, all'erta.

Dopo un attimo di silenzio, varca la soglia assicurandosi che la porta non cigoli sui cardini, rivelando così la sua presenza ad un possibile ladro.

La riaccosta alle sue spalle, gli stivali però scricchiolano sul pavimento.

Maledice mentalmente le calzature mentre si assicura che non ci sia nessuno in cucina.

Torna nell'ingresso.

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Il buio inghiotte la casa.

L'uomo distingue a malapena i mobili.

Non ha paura.

E' tranquillo, sa quello che fa, e dopotutto è il suo lavoro.

Ma sa di non essere solo.

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E anche l'altra presenza ha capito, si è resa conto che non è più la sola in quell'edificio.

La sua attesa è terminata.

E' convinta che tra non molto potrà già essere sulla strada di ritorno per la sua di casa.

Lei incrocia le gambe, lasciando che un sorrisetto sadico le si dipinga sulle labbra.

Ha sentito i suoi passi.

Di sicuro non è una donna, sono passi di una persona alta, come minimo un 40 di piede.

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Lui decide di ispezionare il salotto.

Ed è come se avvertisse il respiro di qualcuno.

Costringendosi a stare calmo, punta la bacchetta contro il nulla, davanti a sé.

Distingue una delle due poltrone proprio davanti ai suoi occhi.

Un tenero fascio di luce lunare la illumina.

E' vuota.

Ma adesso lo schienale dell'altra si è fatto più vicino.

E quel respiro è sempre più forte, il suono moltiplicato e ingrandito nel silenzio della stanza.

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Lei sorride.

Lo sente avvicinarsi.

Sa che gli è alle spalle.

E già pregusta il sapore della vendetta.

Sceglie il modo in cui lo ucciderà.

Il più veloce o il più doloroso?

Si sforza sempre di deciderlo prima, ma finisce che la decisione è presa sul momento, quello clou di tutta l'azione.

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-Ti aspettavo-

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Lei parla, sorprendendolo.

E lui ancora alle sue spalle, sente il cuore perdere un battito.

Crede di aver capito con chi ha a che fare.

Sicuramente non un'ammiratrice segreta, una fanatica della sua persona che si è introdotta in casa sua per fargli una sopresa.

No.

Lei è l'Angelo Nero.

E lui lo sa.

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-Anch'io-

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Riesce a rispondere lui.

Lei fa una smorfia di apprezzamento, non sono molte le sue vittime che hanno avuto il coraggio di risponderle.

Di solito aprono bocca solo per chiedere pietà e quindi salva la vita.

Cosa che lei non concede mai.

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-Sai perchè sono qui?-

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Chiede ancora lei con voce ferma e pacata.

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-Per ammazzarmi immagino-

-Uuuh sei perspicace. Mi piace la perspicacia in un uomo-

-Stronza-

-Ehi moderiamo i termini. Ti ho forse offeso?-

-Mi offendi esistendo-

-Andiamo sul personale quindi. Ci siamo già incontrati?-

-Per mia e tua fortuna no-

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Lei estrae lentamente una delle due pistole, cercando di non farsi sentire.

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-Allora cos'è quest'odio represso nei miei confronti?-

-Un amico-

-Aaaah capisco. L'ho ammazzato ed era tuo amico. Se ci tieni così tanto ti mando da lui in meno di un secondo-

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La donna si alza di scatto, voltandosi nella direzione dell'uomo.

Non lo vede in volto.

Fa fuoco.

Ma lui non c'è più.

Sgrana gli occhi sorpesa.

Lo sparo si perde nel vuoto.

-Giochiamo a nascondino?-

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Non fa a tempo a ricevere risposta che due braccia le cingono le gambe facendole perdere l'equilibrio.

Cade a terra.

L'uomo ha aggirato la poltrona e l'ha colta alle spalle.

E adesso lei è distesa per terra, divertita, mentre lui le punta la bacchetta contro, in piedi.

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-Chi cazzo sei?-

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Chiede lui con disprezzo.

Lei ride.

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-Chi sono? L'inizio della tua fine-

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Si smaterializza per poi rimaterializzarsi alle spalle del uomo.

Gli tira un calcio sulla schiena facendolo vacillare.

Ma senza perdere un colpo, questo si volta e le assesta un calcio dritto sulla mano che impugna la pistola.

Quella cade lontano dalla proprietaria.

Lui le immobilizza i polsi, lasciando però cadere la bacchetta.

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-Chi sei?-

-Cazzi miei, bastardo-

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Impossibilitata all'uso delle mani, gli tira una ginocchiata nella pancia.

L'uomo si piega in due, gemendo di dolore, e mollando la presa sui polsi di lei.

La donna scatta all'indietro, intenzionata a recuperare la sua pistola.

Ma quello è più veloce, afferra la bacchetta e con uno schiantesimo, distrugge l'arma babbana.

Uno scaffale pieno zeppo di libri, viene colpito di striscio dalla fattura.

Lei scivola a terra, proprio sotto quello scaffale che oscilla pericolosamente.

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-Merda-

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Si alza di scatto poco prima che tutto il mobile cada fragorosamente a terra portandosi con se tutti i vari volumi che vi erano sistemati.

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-Il peso della conoscenza-

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Commenta sarcastico lui, mentre lei si rialza in piedi.

La donna inclina la testa di lato, si mette le mani sui fianchi.

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-Abbiamo appena cominciato-

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Gli si scaglia contro prima che possa scagliarle qualsiasi incantesimo.

Lo afferra per un polso, quello della mano che stringe la bacchetta.

Gli assesta una violenta gomitata sul petto prima di farlo sbilanciare a terra, strattonandolo per il braccio.

Lo osserva dall'alto.

I loro volti ancora in penombra.

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-Allora, chi è in difficoltà?-

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Chiede lei estraendo l'altra pistola.

La carica, con un clic.

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-Tu, puttana-

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Prima che possa fare fuoco le imprigiona le gambe con le proprie, la strattona a terra, e cade al suo fianco.

Lei sbuffa, visibilmente irritata.

Lui si rialza di scatto, lasciandosi cadere su una delle poltrone.

Lei non perde tempo, sebben distesa a terra, i capelli che le impediscono la visuale, gli punta la bacchetta contro.

Lancia uno schiantesimo.

La poltrona si ribalta all'indietro, e lui con quella.

Lei lascia cadere la bacchetta a terra, esausta, fin troppo.

Sente il respiro venirle a mancare.

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Lui fa capolino da dietro la poltrona.

Un rigolo di sangue gli scorre giù dal labbro.

Lei si volta a pancia in giù nascondendo il viso tra i capelli.

Respira affannosamente, una fitta lancinante al petto.

Rilascia un gemito.

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-Che cazzo fai?-

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Le si avvicina raccogliendo la bacchetta che lei aveva lasciato cadere.

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-La super donna è in difficoltà a quanto pare.

Che c'è?

I sensi di colpa si fanno sentire?-

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Non riceva alcuna risposta.

Tira su col naso passandosi il dorso della mano sul mento, portando via il sangue.

Lei geme sul pavimento, mentre il dolore va via via scemando.

Lui le tira un calcio nello stomaco costringendola a rotolare verso la zona illuminata dalla luce della luna.

Lei maledice il mondo, coprendosi con entrambe le braccia il viso.

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-Prima ammazzi la gente e poi ti vergogni a farti vedere?-

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Le chiede inginocchiandolesi a fianco.

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-Non mi toccare-

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Gli intima lei in tutta risposta.

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-Perchè sennò? Hai perso Angelo Nero. E adesso prima di portarti in centrale sono proprio curioso di sapere che cazzo di faccia hai!-

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Rilascia una risata.

Appoggia la bacchetta a terra e , ignorando il dimenarsi della donna, le afferra i polsi e con tutta la forza che ha in corpo glieli immobilizza sul pavimento sopra la testa.

Nel farlo, a causa dei troppi e bruschi movimenti, la catenina che indossa esce da sotto la maglietta.

Un angioletto d'argento che oscilla sopra il viso di lei.

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Lei apre sdegnosa gli occhi e riconosce quel ciondolo.

Sgrana gli occhi, mentre il cuore accellera i suoi battiti.

Non ha il coraggio di guardarlo in viso, mentre sa che lui l'ha già fatto.

E la fissa, avidamente, puntando i suoi grandi occhi azzurri nei suoi color nocciola.

Fa una smorfia, mentre la presa sui polsi di lei diminuisce via via.

Si allontana dalla donna, come scottato.

Seduto sul pavimento, lo sguardo puntato su di lei.

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-Hermione?-

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Chiede con un filo di voce.

E lei che sente un enorme peso allo stomaco, e un nodo alla gola, le lacrime che premono ai lati degli occhi per uscire, scorrere libere sul suo volto.

Lei si mette a sedere.

Scuote la testa, iniziando silenziosamente a piangere.

Piangere per la prima volta dopo tanto tempo.

Quella parola, quel nome, le rimbomba negli orecchi.

E ancora quel dolore al petto, freddo lancinante, che la costringe a piegarsi in due, una smorfia sofferente le si dipinge sul volto bagnato, mentre con un gemito si accascia a terra.

Lui senza esitare le va incontro, anche la sua voce spezzata dal pianto.

Le parole gli muoiono in gola.

Le alza il capo poggiandolo sulle sue gambe.

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-Sei viva-

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Mormora a fatica.

Lei continua a piangere scuotendo la testa.

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-Ron-

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Riesce a sussurrare prima di perdere i sensi.

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___________________________________________________________________________

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Solo una cosa.

Un invito a leggere e seguire (se avete voglia e tempo) un Gioco di Ruolo su Harry Potter!

Se volete darci un'occhiata Flagrate!

Per eventuali commenti Flagraters!

Per spiegazioni o domande scrivete a

hermione.weasley@email.it

serena.stagi@email.it

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Bacissimi!!!

Al prossimo capitolo!

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Hermione Weasley

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Capitolo 9
*** Piccola mia… ***


Nuova pagina 1

Dedico questo capitolo a Maria che nonostante tutto mi vuole ancora bene.

 

Eccomi!

Dopo mesi e mesi di silenzio, il mio cervellino bacato ha deciso di continuare quello che non era stato ancora proseguito. Molti mi hanno chiesto con ansia questo capitolo, sia con le recensioni (graditissime) che con le varie mail che ho avuto il piacere di ricevere (molto gradite anche quelle). E allora mi sono detto: come posso non accontentarli?

Non posso!

E allora la mia mente malata a partorito questo capitolo. Un capitolo intenso, profondo (giudizio non mio, ovviamente… non sono così patetico) e che ha una certa dose di sentimentalismo straziante, avvolgente… avvincente in fin dei conti.

Spero che possa piacervi…

Ron si trova di nuovo a contatto con la sua “piccola”, vedremo cosa riuscirà a fare.

 

Non mi resta che augurarvi…

 

Buona lettura.

 

Avvertenza:  questa ff non è giunta al suo termine. Mancano ancora vari capitoli e credo che non finirà così presto come qualcuno può aver frainteso. Temo, piuttosto, che dobbiate sopportarci ancora un po’! Spero che la cosa possa farvi piacere!

Nightmare

 

SIAMO ANCORA NOI

Piccola mia…

E anche se il tempo e le distanze ci hanno diviso, io non mi scorderò mai di te, piccola mia. […]

 

9° Capitolo

Piccola mia…

 

*** *** ***

Are you gone and into someone new?
I needed somewhere to hang my head
Without your noose
You gave me something that I didn't have
But had no use
I was too weak to give in
Too strong to lose
My heart is under arrest again
But I break loose
My head is giving me life or death
But I can't choose
I swear I'll never give in
I refuse

 

Sei andata alla ricerca di qualcosa di nuovo?

Avevo bisogno di un posto

Dove appendere la mia testa

Senza il tuo laccio

Mi hai dato qualcosa che non avevo

Ma non aveva utilità

Era troppo debole per reggere

Troppo forte per perdere

Il mio cuore si è arrestato di nuovo

Ma sto rompendo la libertà

La mia testa mi sta dando vita o morte

Giuro che non mi arrenderò mai

Mi rifiuto

 

(Best of you – Foo Fighters)

 

*** *** ***

20 Febbraio. Mattino. Ore 10.56

Infermeria.

“Sei viva…”

 

Lacrime. Lacrime amare che scendono su un profilo ben disegnato. Piccoli frammenti di un’anima che non conosce pace, che non chiede altro che riposo. Una voce insistente dentro la testa, insopportabilmente veritiera, che conduce al tormento e al ricordo.

 

Lo specchio di una situazione che non si sarebbe dovuta creare. Un incubo. Puro. Dai tratti sospesi e innocenti, come il cadere di una foglia d’inverno. Voci che si susseguono e parole che non vengono dette.

 

Confusione. Per quello che è accaduto e per tutto quello che succederà.

Rabbia. Per il sentire lento di una sensazione fastidiosa, l’acuirsi di un sentimento leggero e pericoloso: la sensazione terribile di sentirsi sporca.

 

Hermione… Sei viva… Tre parole che, per il gusto di rivalsa d’ogni soggetto umano, l’hanno lentamente portata sul cammino della ragione. Ha rivisto la luce. Luce. Nei suoi occhi chiari, azzurri quanto un cielo e riflessi di stupore misto ad incredulità. Li ha visti e non ha retto.

 

E’ viva. Sì lo è… ma è come se non lo fosse. Ha un qualcosa dentro che non le permette di respirare. Una biglia incastrata nell’esofago che non si muove né in una direzione né in un’altra; un magone che le attanaglia il petto e che la schiaccia, fastidiosamente.

 

Si guarda intorno e anche se ogni cosa sembra normale, in quello stanzino che potrebbe tranquillamente essere confuso per un’infermeria, lei non vede altro che ripudio o sporcizia attorno alla sua persona copiosamente in lacrime. È sporca. Abietta. Arcadicamente e socialmente insulsa. Uno straccio nero e consunto, troppe volte usato per puro divertimento e adesso incapace di ritrovare brillantezza. Lei è sporca. Lo ha sentito, per la prima volta così chiaramente, in quel momento. Quando ha capito che la persona che avrebbe dovuto uccidere era anche la sola che aveva mai aspettato e amato; quando aveva visto quella catenella oscillare brevemente davanti a lei, richiamandola nel mondo dei vivi; quando si era specchiata in quel torrente d’emozioni che poi erano i suoi occhi… ancora… per una volta ancora.

 

E lì – sì, proprio in quell’attimo, aveva capito… avrebbe preferito morire che essere vista in quello stato. Avrebbe dato qualsiasi cosa, adesso, per ritrovarsi in quella cella angusta e fredda, in attesa del suo torturatore del giorno.

 

Ma non c’era più tempo. Non ora.

 

E allora che fare? Piangere. Piangere. Piangere fino allo sfinimento dei sensi, fino alla perdita della ragione. Versare lacrime fino a quando quel nodo stretto alla gola non si fosse allentato.

 

Vedere i suoi occhi adesso potrebbe essere l’ultima cosa che potrebbe sopportare.

 

Per ora, non le resta che piangere.

 

Di nuovo.

 

20 Febbraio. Mattino. Ore 11.12

Quartier generale. Settore ricovero e infermeria.

 

Passi.

Passi che risuonano in un corridoio buio e oscuro. Passi pesanti, ben calcati sul marmo chiaro, impressi in un momento di grande foga ed eccessiva impulsività. L’uomo che si fa avanti alla luce di un sole sbiadito, filtrato appena da un’ampia finestra rettangolare, ha sul volto un’espressione che rasenta l’incredulità. I suoi capelli, rossi come il fuoco che gli arde dentro, oscillano in maniera vistosa nell’incedere della sua andatura irregolare. I suoi occhi blu, dietro le lenti d’occhiali spessi, sono vividi… quasi maniacali. Attenti ad ogni piccolo particolare.

 

L’uomo è inquieto. Sente una sensazione opprimente schiacciargli il petto. Le viscere si contorcono dentro di lui. Il suo respiro è affannato, e un sudore perlaceo contorna il suo corpo.

 

Semplicemente Ronald Weasley, colui che è sempre stato capace – o quasi – di affrontare ogni situazione inesplicabile e pericolosa, non è pronto a fronteggiare quello che gli si prospetta davanti. Diciamolo pure con tranquillità… Ronald Weasley ha paura.

 

Ma non è un sentimento ingiustificato, badate bene… è solo la reazione di un uomo che aveva perso tutto, ogni scopo della vita, e che prontamente è stato sbalzato in qualcosa che definire più grande di lui risulterebbe persino riduttivo. Semplicemente non riesce a crederci.

 

Anni.

Anni passati cercando e non trovando. Anni passati a vedere la speranza che si affievoliva sempre di più e che ogni cosa non potesse essere d’aiuto. Quanto tempo, in quelle fredde e spietate notti, aveva concentrato le sue energie nella sua direzione… ma non era servito a nulla. Solo mesi trascorsi in una leggera e nostalgica apatia, convincendosi progressivamente alla resa finale…

 

Hermione… sei viva…

 

Le sue parole gli sembrano ancora prive d’alcun senso, d’alcun rigor di logica. Sembrano soltanto le ansiose speranze, ritrovate chissà dove, di un sogno troppo bello per essere anche solo minimente preso in considerazione. Come può essere ancora viva dopo tutto questo tempo?

 

Viva. Sì…

I suoi occhi, che nei suoi incubi lo angosciavano, che la notte lo torturavano, lo avevano guardato ancora una volta, una volta ancora… e cosa aveva visto dietro di essi, lui che nient’altro avrebbe voluto guardare?

 

Paura. Rimorso. Tristezza.

 

E anche tanta, tanta sofferenza… aveva scontrato nei suoi occhi color del cielo, i suoi, e lo aveva implorato con lo sguardo.

 

Salvami…

 

Sì, era questo quel che era riuscito a vedere. Aveva visto, quando lei non avrebbe voluto, e aveva scorto in quell’anima distrutta da chissà quali mostri, la sua richiesta d’aiuto. Disperata, oltre ogni dire. Oltre ogni modo.

 

E lui se l’era trovata tra le braccia. Svenuta. Come un angelo straziato, privo delle ali per spiccare il volo e imprigionato da fiamme alte e aggressive, riposto tra le sue braccia che a stento riuscivano a sostenerlo. Era riuscito a rivederla, quando con tutto il cuore sapeva che non sarebbe mai successo, e adesso… non sapeva cosa fare.

 

Le persone cambiano.

 

I rapporti finiscono.

 

E se lei non avesse più voluto saperne di lui? Cosa era diventata? Cosa le avevano fatto?

 

Salvami…

 

Cosa poteva spingere una persona come lei a diventare quello che era?

Un’assassina. Terribile. Crudele. Una persona che negli ultimi mesi aveva spezzato qualcosa come trenta vite – insulsi e sporchi contrabbandieri, d’accordo – ma pur sempre trenta anime che erano volate in cielo.

 

Cosa ti hanno fatto piccola mia?

 

E ancora… una sensazione che opprime i suoi sensi. Il lieve sentore di trovarsi sporco. Inadeguato. Avrebbe dovuto salvarla da tutto questo, rendere i suoi giorni difficili degni di uno scopo, e renderla felice, anche solo per poco. E invece cosa aveva fatto?

 

Aveva mollato. Si era arreso anche per lei. Aveva smesso di pensarla, di cercarla…. Aveva iniziato a dimenticarla.

 

E lei era viva.

In sua attesa…

 

Passi…

Passi pesanti e afflitti che calcano il pavimento. Deve vederla. Deve spiegare.

 

Non sarà facile.

 

Ma ci riuscirà.

20 Febbraio. Mattino. Ore 11.13.

Infermeria. Piano inferiore.

 

Non ce la faccio più.

La testa mi sta scoppiando. Sento indistintamente dei rumori provenire da fuori, ma tutto quanto mi sembra ovattato, inesplicabilmente ridotto, di fronte alle fitte che a poco a poco mi stanno perforando il cervello.

 

L’aria è abbastanza fresca e la stanza, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, è parecchio illuminata. Ma nonostante questo, come se fosse possibile il contrario, sento il corpo irrigidirsi ogni secondo di più. I nervi sono tesi e il respiro lievemente irregolare.

 

Dove mi trovo? chiedo flebilmente più a me stessa che ad un qualcosa d’immaginario. Sono stata adagiata su un letto morbido, dalle candide lenzuola di lino, e i vari macchinari che monitorano il mio stato, farebbero presagire ad una piccola quanto atipica sala d’infermeria. Il soffitto è alto e spazioso. Un neon arrugginito espande il calore della luce tutt’intorno e un piccolo ragno poco sviluppato cammina sopra di esso tessendo le sue esili tele.

 

Comincio a sentirmi male. Una grande e incontrollabile voglia di vomitare mi sale fino allo stomaco, ma in qualche maniera – o meglio, in qualche modo – sembra voler restare tutto sospeso dentro di me. Asciugo, con fare frettoloso e per nulla aggraziato, i miei occhi con un lembo sgualcito della mia maglia. Li vedo riflessi chiaramente nel piccolo specchio posto davanti a me… sono stanchi e arrossati. Il frutto di troppo stress, troppe emozioni, e troppe notti insonni…

 

Scuoto debolmente la testa. Mi rendo conto che è una mossa sbagliata perché subito piccoli cristalli di luce iniziano a baluginare davanti alla mia faccia, congiungendosi a fitte di dolore di media intensità. Sono a pezzi…

 

Vorrei solo poter fuggire… o morire, se proprio lo desiderano le conseguenze. Ma sono talmente stanca, sfinita – con le forze che sembrano essermi state prosciugate per magia – che non riuscirei a fare né una cosa né l’altra.

 

Morire a questo punto diventa molto faticoso, oltre che fastidioso. O meglio, anche solo muovere un braccio per fare qualsiasi cosa mi sembra, al momento, molto proibitivo. Quindi non mi resta che restare qui, in attesa… con il nodo e il groppo alla gola che non si vogliono decidere di liberarmi, con il cauto presentimento che qualcosa debba andare storto… come se la situazione potesse ancora peggiorare.

 

Cerco di non pensare a quello che succederà… ma le immagini delle ultime ore mi passano davanti agli occhi come flash indistinti, foto ricordo macabre e insensate, non lasciandomi alcuna possibilità d’uscita. Mi vedo nell’atto di uccidere uomini, ridere con fare noncurante sui loro corpi straziati dalla mia furia; vedo quello che sono diventata con il tempo, per una legge ingiusta che non esiste; vedo lui e tutto quello che potrebbe pensare adesso di me…

 

Non ce la faccio più.

 

Sarebbe più giusto se non dovessi mai più rivederlo. Essere sbattuta ad Azkaban, prigioniera di me stessa e dei dissennatori, finendo i miei giorni rivedendo l’orrore nel suo viso e l’incredulità nei suoi specchi di verità. Sarebbe più giusto… ma non è propriamente, e sicuramente, la strada che quegli aguzzini che stanno la fuori decideranno di prendere. O meglio, non subito…

 

Prima, forse, m’interrogheranno. Mi prenderanno informazioni con la tortura e mi lasceranno a marcire in una cella maleodorante. E poi, quando non gli sarò più d’alcun aiuto, mi uccideranno… come io avrei fatto con loro. E tutto sarà finito.

 

Per sempre.

 

Ma una vocina interna, fastidiosa oltre ogni dire, si fa campo – a poco a poco – dentro la mia mente lucida d’efferata assassina.

 

Lui non lo permetterà…

 

E sentendola mi viene quasi da ridire. Nessuno lo obbliga ad occuparsi di me. Forse ha già lasciato il caso a qualcun altro, ritenendolo una seccatura insulsa, non degna della sua attenzione. Forse non si preoccuperà neppure di sapere se verrò uccisa o meno, e sicuramente non assisterà al mio funerale, tra le macerie di una prigione immaginaria.

 

Lui non lo permetterà.

Che idea insensata. Non pensavo che la mia testa potesse partorire qualcosa di così incredibilmente folle. Lui ha visto quello che sono diventata. Lui ha scorto, dietro i miei vestiti di pluri-omicida, tutto lo sporco che sì è annidato dentro di me. Non baratterà la sua integrità morale per un rifiuto della società.

 

Non lo farà…

 

Ma non sapeva… di quanto si stava sbagliando.

 

20 Febbraio. Mattino inoltrato. 11.34

Settore ricovero e infermeria. Piano attiguo.

 

Devo sbrigarmi.

 

Sento il cuore pompare a mille sotto lo scomodo tessuto di raso della camicia. Non sono in queste condizioni perché sto correndo, o semplicemente non mi sto sforzando a livello fisico in modo così clamoroso. Sento solo che il sangue viaggia a velocità raddoppiata – se è in qualche modo possibile – nelle mie vene e ogni sforzo, perché di sforzo si tratta, che faccio per tentare di calmarmi, al momento, risulta soltanto come qualcosa di terribilmente vano e fuori luogo. Sono decisamente sotto pressione.

 

Fuggevolmente mi passa davanti l’immagine di me stesso, svenuto a causa di problemi cardiaci, e con la faccia rivolta a terra, grondante di bava e sudore. Vedo accorrere medici che fanno referti inspiegabili, decantando ai mille venti la mia morte, mentre con giusto spirito d’iniziativa vedo la mia figura tastarsi amorevolmente le parti basse, in segno di scongiuro. Sento nell’aria il peso di qualcosa. Il peso che si aggrava, passo dopo passo, sul mio corpo scolpito ma non per quest’evenienza. Il peso del senso di colpa.

 

Insopportabilmente reale.

 

Mi fermo un attimo e appoggio una mano sul freddo muro alla mia destra. Valuto le mie possibilità e calcolo le varie conseguenze. A dire il vero non sono mai stato bravo in questo. Io sono sempre stato un impulsivo. Conoscevo una sola persona che riusciva a farlo con grande maestria e quella persona è a pochi metri da me, dopo tanto tempo. Cerco di regolarizzare il battito ma mi rendo conto che un’impresa disperata.

 

Mi asciugo il sudore della faccia con una mano e volgo la mia direzione in avanti, cercando di ragionare. Davanti a me, come nei più cupi film babbani dell’orrore, un corridoio lunghissimo e sinistro. Perché cavolo l’hanno costruita così questa base? si chiede il mio ego moralmente in disaccordo.

 

Una lunga passeggiata per giungere alla fine. M’incammino con quella che definirei noncuranza forzata, ma sicuro di fare la cosa migliore per il mio stato mentale.

 

In fondo… una porta.

Scura.

Nera.

Simbolo onirico del mio animo travagliato.

Una maniglia. Grigia. Spessa. Motivo di confusione nel cervello. Perdita progressiva della ragione. Un filo che ti lega ad un mondo alla tua antitesi.

 

Mi avvicino con circospezione a quel luogo di sacralità mistica; il confine visibile, tangibile, di un mondo ben demarcato ma comunque in conflitto con l’esterno.

 

La sicurezza che scivola dalle mie mani.

 

Al di là di quella porta tutto potrebbe accadere. Qualsiasi cosa. E propriamente non è una sensazione molto rassicurante.

 

Appoggio l’orecchio sulla fredda e liscia porta di metallo. Non un suono viene da dentro. Non un grido. Non un alito di vento. Niente.

 

Le mani sudano ad un ritmo incontrollabile.

 

   « Cazzo »

Impreco sottovoce, non potendo fare altro…

Davanti le immagini di noi due, a Hogwarts. Un passato felice… lontano. Il suo volto che mi esplode nitido nella mente.

 

Mi faccio coraggio. Il momento è giunto.

 

Apro leggermente l’ultimo ostacolo che mi separa da lei. Il cuore pulsa dentro di me. La vista si snebbia.

 

Guardo dentro quella stanza luminosa e vengo accecato parzialmente dalla luce che è racchiusa dentro di essa.

 

Il letto è vuoto. Disfatto dal suo occupante in un passato vicinissimo e la brocca d’acqua, posta leggermente sul comodino alla sinistra, è ancora piena fino alla metà. Il mio sguardo percorre frenetico tutta la stanza e poi… si ferma.

 

Lei è lì. Appoggiata con le braccia al balcone della finestra attigua. Il viso rivolto chissà dove, i capelli boccolosi che svolazzano tristemente con il carezzare del vento. Non sì è accorta di me. Lo posso percepire dai suoi nervi distesi e dal suo sguardo, che non vedo, ma che immagino perso nel vuoto.

 

    « Hermione… »

 

Si volta precipitosamente verso di me e i suoi pozzi d’acqua contaminata si specchiano di nuovo, per una volta ancora, nei miei. Il suo corpo è un tremito sommesso e straziante, i suoi nervi s’incrinano… il suo volto è prossimo alle lacrime.

 

Un lampo. Un lampo d’odio e ribrezzo solca le sue gote arrossate. Mi da nuovamente le spalle e con voce flebile, quasi in preghiera, mi dice:

 

   « Vattene via  »

 

Incasso un colpo che non avrei voluto incassare. Mi faccio più vicino e la posso sentire chiaramente singhiozzare tra le mani.

 

Cosa ti hanno fatto piccola mia?

 

La raggiungo sul piccolo balconcino. È molto piccolo e stretto. Ci entriamo con difficoltà a mala pena in due… Lei non si volta verso di me. La sento piangere dietro alle mani con rabbiosa e determinata disperazione. Mi fa male vederla così.

 

Cerco di trovare un contatto. Anche misero.

 

Pongo la mano in avanti, intenzionato ad accarezzarle i capelli come facevo una volta.

 

La reazione è qualcosa d’incredibile e inaspettato. Come una furia piomba su di me e mi scaraventa a terra. Sotto indistintamente qualcosa andare in frantumi, ma non mi cura di cosa possa essere. Lei è sopra di me, le lacrime che le sgorgano piene dalla faccia, che continua a darmi pugni rabbiosi, senza controllo…

 

   « NON TOCCARMI! » grida con tutto il fiato che ha in corpo.

 

Le blocco le mani con le mie, ben più forti e sviluppate, e inverto la posizione, schiacciandola sotto di me. La vedo, una tigre incattivita a chiunque che cerca di divincolarsi, e il nodo al petto si allenta un po’

 

Salvami…

 

   « Sfogati su di me se vuoi… ne hai tutto il diritto… » riesco a dire con la maggior dolcezza possibile.

 

Lei è un fiume in piena che va fatto sfogare. Calmare. Quietare.

 

   « DOV’ERI TU QUANDO AVEVO BISOGNO DI TE? DOV’ERI? E’ STATO FACILE SCORDARSI DI ME, VERO? LURIDO FIGLIO DI PUTTANA! »

 

Un mare d’imprecazioni che si scagliano su di me come mille colpi al volto. Vacillo ma non mollo la presa. Devo aiutarla. A qualunque costo…

 

   « COSA CAZZO VUOI DA ME? TORNATENE DALLA TUA MOGLIETTINA CHE SICURMENTE TI STARA ASPETTANDO! LASCIAMI IN PACE »

 

Ogni grido è come una pugnalata al cuore. Sento che la mia presa si fa via via sempre meno serrata. Lei continua a piangere. Ad urlare.

 

Cosa ti hanno fatto piccola mia?

 

   « Non sono sposato… non avrei potuto… in ogni caso… » mi esce detto, quasi a voler chiarire la cosa di meno importanza

 

La sento rilassarsi appena sotto di me. Le lacrime si aggiungono alle lacrime, ma il tono con cui mi parla e più spento. Flebile.

 

   « E perché non  avresti potuto? » mi chiede in un sussurro

 

E le parole mi escono dette tutte di un fiato.

 

   « Perché io non mi sono mai scordato di te… Mai… ti ho cercato ‘Mione, davvero. Con tutto me stesso. In tutti questi anni mi sono detto che eri ancora viva, che mi stavi aspettando... ma poi la speranza si è affievolita. Sei diventata un ricordo… » adesso le lacrime iniziano a solcare anche il mio viso, deturpandolo ma rendendolo comunque sereno   « … un ricordo bellissimo che iniziava a sfuggirmi dalle mani. Ma adesso sei qui. Sei viva. Non importa cosa, dove, come… sei viva… mi basta questo. »

 

E come se fosse la cosa più semplice di questo mondo, la attraggo a me con tutta la forza. La abbraccio. Le bacio tutto il collo e tutto il viso.

 

E lei piange. E ride.

 

Sento il nodo che stringeva il mio petto sciogliersi come neve al sole.

 

Restiamo così, distrutti e sfiniti da tanto dolore, abbracciati l’uno all’altro, su quel freddo pavimento d’infermeria. Non so quanto tempo stiamo così, uniti dalle nostre speranze e dalle nostre debolezze, in lacrime e con il cuore che pompa a mille.

 

Ma so che in questo momento non importa veramente niente.

 

Un pezzo di me stesso, il più importante, è ritornato al suo possessore. Adesso non resta che guardare avanti, con ottimismo se possibile.

 

Ti sento staccarti brevemente da me. Mi guardi negli occhi, pieni di gioia e di pianto.

 

Mi sorridi e io mi ricordo quanto bello fosse stato il tuo sorriso.

 

   « Cosa siamo adesso? » mi chiedi con voce piccola, inaspettatamente…

 

Ti guardo. E non posso che sorridere a mia volta.

 

Potrei dire molto. Che sei la mia sola ragione di vita, che non posso vivere senza di te… potrei dire che tu sei la mia metà mancante. Ma sarebbe fuori luogo…

 

E così, allo scoccare di un mezzogiorno strano ma comunque intenso, dalle mie labbra nasce la cosa più spontanea da dire:

 

   « Siamo ancora noi… non scordartelo mai… ».

 

Mi auguro che questo capitolo sia stato gradito, anche se come al solito non è nulla di che…

Ringrazio tutti quello che hanno commentato in precedenza e quelli che commenteranno e leggeranno ora. Un grazie speciale va a tutte le persone che mi hanno sollecitato ad andare avanti, richiedendo espressamente questo capitolo.

 

Vi adoro!

 

Lascio lo scettro a te, Sere! Cerca di fare un buon lavoro!

 

Nightmare

 

Iniziative: è stato aperto da un po’ di tempo un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per salire nella Top 100! Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.

 

Harry Potter Forum

 

È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!

Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!

 

Anti-Emma Forum

 

Per coloro che volessero contattarmi, per parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e il mio indirizzo MSN:

 

godhands89@yahoo.it

nightmare899@hotmail.it

 

 

Harry Potter e la Stella di luce

Il richiamo del mare

Sono diverso…

L’attimo prima del volo…

Behind Blue Eyes

Lettera dall’inferno

Siamo ancora noi ( al nick Hermione Weasley e Nightmare)

 

E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.

Per maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!

 

E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^

 

Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!

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