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Dedico questo capitolo a Silverwings… che è tornata finalmente
Dedico
questo capitolo a Silverwings… che è tornata finalmente.
Eccoci qua!
Non vedevate l’ora, dite la
verità! I due pazzi che scrivono insieme, che meraviglia!
Ok, non andatevene… non
ancora almeno. Dobbiamo raccontarvi una storia, una delle nostre storie. Potrà
piacervi, potrà disgustarvi… come meglio crederete. Ma è venuto fuori così
questo capitolo, senza uno schema preciso… E pensare che volevo scrivere con un
po’ più di romanticismo, stavolta! ^_^ Ma come al solito la mia vena macabra e
malinconica, ha preso il sopravvento e… è venuto fuori questo. Del resto i
capitoli romantici sono una priorità della nostra cara Hermione Weasley…
lasciate i capitoli tristi allo Zio Night, ok? ^_^
Ed
è così che ha inizio il nostro cammino insieme. Stavolta è il mio turno, la
prossima volta toccherà a Hermione Weasley, che alzerà il livello senza dubbio
^_^, e così proseguiremo insieme fino alla fine… lasciatevi portare per mano,
per una volta. Non abbiate fretta, pazientate.
E
con Passi nel buio, cominciamo a camminare…
Buona
lettura
SIAMO
ANCORA NOI
- Passi
nella notte -
Molti
uomini si sono trovati a vagare per strade, senza accorgersi di dove stavano
andando. Molti uomini si sono lasciati trasportare dall’istinto. Molti uomini
hanno perso la via ancora prima d’averla trovata. Ma per quegli uomini non ha
importanza avere una metà precisa… basta solo camminare nella notte.
1°
capitolo
Passi
nella notte…
*** *** ***
My shadows the only one that walks beside me
My shallow hearts the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Till then I'll walk alone
La
mia ombra è l'unica che mi sta vicino.
Il mio cuore dissanguato è l'unica cosa che pulsa.
In certi momenti desidero che qualcuno là fuori mi trovi,
ma sino ad
allora, continuerò a camminare da solo…
(Boulevard
of Broken Dreams – Green Day)
*** *** ***
L’uomo
è stanco.
Sa
di dover camminare ancora molto prima di arrivare al rifugio, ma non gli
importa. Le energie rimaste sono tutte concentrate per quell'unico scopo:
arrivare a casa.
L’uomo è stanco e si guarda
intorno… carcasse e rifiuti per terra. Sacchi maleodoranti e un vicolo a pezzi.
Ha fatto un buon lavoro, verrà ricompensato. Sa di aver commesso un crimine, ma
non gli importa. Una cosa di poco valore, che rilevanza ha?
L’uomo
è stanco, e tira dritto. Sente un ululato nella notte, i passi di qualcuno che sì
avvicina… che lo stiano seguendo? La paura s’impossessa di lui. Inizia a
correre…
L’uomo
è stanco, ma non ha importanza. Il frusciare ritmico di qualcuno che si
avvicina, i passi leggeri e precisi sulla neve appena caduta… svolta, prende
vie che nemmeno conosce e si perde nell’oscurità. Sa di dover correre veloce o
verrà preso.
Non
può permetterselo.
L’uomo
è stanco e il suo respiro si fa irregolare. Sente mille occhi che lo scrutano e
lo seguono, lentamente. Inizia a sudare freddo… “Lasciatemi in pace” grida, ad
una notte che non lo ascolta. Non sa di aver firmato la sua condanna, non
capisce cosa sta facendo…
Estrae
la pistola e prende un nuovo caricatore. Sente i passi sempre più vicini. Uno
scandire lento e preciso, l’appuntamento con il destino… i passi si fanno
sempre più rumorosi sulla fredda neve d’inverno, ma non vede nessuno.
Aspetta.
L’uomo
è stanco e ha paura. I suoni della notte si fanno di colpo più vivi. Si guarda
intorno al minimo rumore, scatta al primo alito di vento. Guarda e scruta, in
una notte che non gli appartiene… poi, ad un tratto, il silenzio.
I
passi svaniscono… la paura si dirada. La notte non gli fa più così terrore, e
od ogni cosa sembra tornare al proprio posto, vittima di uno strano gioco che
viene chiamato vita… Che sia stato tutto frutto della sua immaginazione?
L’uomo
sorride.
Pensa
di essere al sicuro. Ripone la pistola dentro la giacca e attende… sì, si è
immaginato tutto. Che sciocco che è stato.
L’uomo
è stanco, ma è tranquillo adesso. Riprende lentamente il cammino senza
guardarsi indietro. Non manca molto al suo rifugio. Una serata piacevole
l’attende… perché darsi pensiero?
Inizia
a percorrere l’ultimo tratto di salita che lo separa da casa. Inciampa nella
soffice neve chiara e ci ride sopra. È stata una buona giornata, dopotutto… ma
non si rende conto che potrebbe essere l’ultima.
L’uomo
è quasi arrivato… ma qualcosa lo blocca.
Una
mano decisa si poggia sulla sua spalla e gli sbarra il passo. Sente le gambe
molli, e il coraggio svanire a poco a poco… suda freddo e non si volta. Ha
paura di quello che potrebbe vedere… ha paura di quello che potrebbe sentire.
L’uomo
trema e decide di affrontare la paura.
Si
gira… e poi il buio.
Il peso
della coscienza che cade su di lui. Sa di aver commesso un crimine, ma che
importanza ha?
Passi
sicuri e spediti tornano indietro… il destino ha effettuato il suo corso.
Un
corpo senza vita sulla neve…
L’uomo è
morto.
16 Gennaio. Mattino. Ore
05.13
Casa di Ron
Odio
svegliarmi la mattina presto.
È una cosa che non sopporto, non ci riesco… credete che
sia bello, ogni mattina, alzarsi al solo rumore di quella dannata sveglia? È un
qualcosa di tremendamente infernale quell’aggeggio. Inizia a suonare in maniera
assordante, a tal punto da scatenare proteste persino nei miei vicini, e non la
smette più per buoni cinque minuti… e non si può bloccare. È terrificante.
Considerate
le mie ragioni, allora… sono ormai sette lunghi anni che mi sveglio a questo
modo.
Alzarsi,
già di per sé, è qualcosa che nessuno di voi vorrebbe mai fare… abbandonare il
tepore del letto, il calduccio delle coperte per andare a lavoro? Ma chi me lo
fa fare! Ma poi prevale la coscienza e iniziamo a mettere il primo piedino
fuori dal letto. Quando entra in contatto con il freddo pavimento di casa,
allora possiamo dire d’essere pronti per la nuova giornata.
Odio
svegliarmi la mattina presto… e lo faccio da molti anni ormai.
Sempre
con occhiaie pesanti e con una voglia matta di ritornare sotto le coperte, ma
lo faccio…e devo dire che nei primi tempi, ero particolarmente restio ad
intraprendere una carriera del genere, così priva d’ore di sonno e così piena
di turni di notte. Ma adesso, con giorni e giorni d’esperienza alle spalle,
posso dirmi abbastanza soddisfatto della mia vita. So che manca ancora
qualcosa… ma non ho tempo e voglia di parlarne, al momento. Non ci riesco a
quest’ora del mattino…
La
sveglia emette il suo ultimo stridulo acuto e poi tace…
Che
sensazione magnifica… non so se ha voi capitano mai cose del genere, ma posso
assicurarvi che sentire quella sveglia smettere di suonare, è per me qualcosa
di terribilmente appagante. È un po’ come quando si corre tanto, faticando, e
dopo abbiamo un’impellente bisogno di una doccia. Trovarsi sotto i suoi getti
caldi e rilassanti fa terribilmente piacere… con la sveglia è così. Quando
finisce la sua atroce cantilena, ti senti in pace con il mondo…
Vi
chiederete, e a ragione, perché non me ne sia ancora sbarazzato. Vi chiederete
perché io non l’abbia semplicemente presa a martellate e chiasso finito.
Vi
chiederete molte cose… ma io posso solo dirvi che non potrei mai separarmi da
essa.
Mai.
Non
che l’idea non mi sia passata di mente, lo ammetto… un pensierino ce lo avevo
pure fatto. Ma quando arrivavo a metterlo in pratica, la mano si bloccava e un
tremendo senso di colpa si attanagliava a me. Oggi, non ho più di questi
problemi: mi alzo, aspetto che finisca di “cantare”, e inizio a vivere…
Semplicemente
mi sono abituato all’idea di averla sempre lì con me, schiamazzi a parte… gli
unici che non si sono abituati sono i miei vicini, ma questo è un discorso che
tralascerei… non posso separarmene. È troppo importante.
Cosa
avrà mai di speciale questa sveglia? Dite la verità, ve lo state chiedendo già
da un po’…
Semplicemente
non posso separarmi dall’ultima cosa che mi è rimasta ancora di lei… non ci
riesco. È più forte di me. Solo gli sciocchi si fanno influenzare da certe
cose, ma in questo momento non ho nessun motivo per non esserlo.
Sono
uno stupido, lo so.
Ma
la speranza che in questi anni mi ha accompagnato, il desiderio di poterla
rivedere almeno una volta, solo una volta… a poco a poco si sta affievolendo
per lasciare il posto ad una quieta agonia… una lunga e quieta agonia.
È
scomparsa.
Non
si sa il come e non si sa il perché… non abbiamo un minimo indizio, una sola
traccia… niente di niente. Se n’è andata ed è svanita nel nulla… senza un
saluto, senza un abbraccio… senza sapere di ferire una persona che le è stata
sempre accanto. Senza sapere di ferire me.
Ricordo
ancora il giorno in cui divenni partecipe di quell’atroce verità.
Ricordo
le facce sconvolte dei miei genitori, il tremolio ritmico di Ginny…
Ricordo
una strada buia. Ricordo la pioggia che cadeva sul mio viso affranto…
Ricordo
quella precisa bottiglia di whisky che mi sono bevuto, vagando come un uomo
senza metà per vicoli oscuri…
Ricordo…
e mi fa male.
Ma
non devo pensarci più di tanto, ormai. È andata, devo farmene una ragione…
Inizio
a prepararmi la colazione con particolare maestria. Devo fare presto. Il lavoro
mi attende.
Non
posso permettermi di arrivare ancora una volta in ritardo, dopo la mia ultima
convocazione ufficiale… semplicemente mi sono giocato il bonus. E non mi sarà
permesso di sbagliare ancora.
Liam
me lo ha detto chiaro e tondo: “Se arriverai anche solo un secondo dopo il
raduno, comincia già a fare le valigie, Weasley” e se n’era andato senza dire
nient’altro, come spesso faceva. Era un tipo apposto, Liam. Credeva in quello
che realizzava e ci metteva l’anima. Alcuni pensavano che fosse solo un
presuntuoso bastardo che si atteggiava a generale… ma lui non si atteggiava a
generale, lui lo era…
Per
quanto mi riguarda, ha sempre fatto una buon’impressione su di me, influenzando
la mia vita di recluta in maniera determinante… quando sono salito di grado i
nostri contatti giornalieri sono diminuiti considerevolmente, ma non manca mai
di farmi, quando mi vede, la sua strigliata quotidiana…
È uno che non scherza, il
generale Liam… e non vi auguro di trovarvi sotto i suoi colpi, come a me è
capitato, perché se lo vorrà potrebbero essere gli ultimi. È di una potenza
mostruosa, ineguagliabile… quando combatte si estrania da tutto e diventa una
belva. Una belva in cerca di sangue… di quel sangue che, con estrema codardia,
gli è stato sottratto.
Non
ha passato una vita facile.
Molti
se lo scordano, restando abbagliati dalla luce della sua fermezza e dal suo
spirito battagliero, ma non dovrebbero. Ha perso molto, in questa dannata
guerra…
È
rimasto solo… e non è facile tirare avanti nelle condizioni in cui si trova. Io
non so se ci riuscirei. Non so se avrei ancora la forza di alzare la testa dopo
tutte le umiliazioni, i dolori, le torture… non so se riuscirei a guardare
ancora in faccia un essere umano, dopo aver visto con quanta leggera barbaria
la sua vita è stata stroncata. Distrutta, spezzata… un angelo caduto, le ali
divise in due da una fitta lancinante, in un eterno dolore che rappresenta il
silenzio… è l’uomo ha fatto tutto questo. Ha distrutto dove con così tanta
fatica era stato creato. Ha diviso un legame indissolubile per lasciare il
vuoto. Ha portato la morte dove la vita scorreva leggera, in un limbo di pace
dal quale non si vuole uscire.
I
Mangiamorte sono anche questo.
Non
vedono la purezza di un bimbo appena nato, ma ne vogliono il sangue indifeso
per cibarsi nella loro famelica corsa al potere. Non provano pietà. Non sentono
ragioni… sono automi creati, formati, educati per un unico scopo: cancellare la
vita, in ogni sua forma.
Non
si piegano al dolore. Non si scompongono se vengono colpiti e continuano la
loro folle marcia verso la morte. Non si curano dei sentimenti e delle
emozioni… sono vuoti. Gusci vuoti in attesa di essere saziati.
I
Mangiamorte sono anche questo.
Ma,
essenzialmente, tutto ciò è dovuto ad una e ad una sola cosa: la loro cecità.
Sono ciechi.
Non
vedono quando dovrebbero vedere. Non provano strazio alcuno nel togliere una vita
ad una persona. Non vedono… sono ciechi.
Proprio
come Liam… anche se in forma diversa.
Liam…
il nostro generale.
E
ancora oggi non mi sono abituato all’idea di vederlo in questo stato. Lui che
più di tutti sapeva emanare energia da quegli occhi così carichi di fiero
orgoglio. Lui che avevo visto pericoli lontani quando altri non ne avevano
ancora avuto il cauto sentore. Lui che mi aveva guardato con sincero dispiacere
e una buona dose di decisa determinazione, il giorno più brutto della mia vita.
Il giorno della sua scomparsa…
E
in un momento come un altro, in quel tremendo venerdì di luglio, si era
ritrovato cieco… isolato da un mondo per il quale aveva combattuto. Scacciato
da una realtà che gli apparteneva di diritto.
Fu
un colpo tremendo, per tutti.
Quel
giorno, che verrà ricordato nei libri di Storia della Magia come il giorno nel
quale avvenne il più grande genocidio di massa dell’intero globo magico,
resta ancora una macchia indelebile che non sono riuscito a cancellare. Una
ferita profonda che ha segnato un’epoca che ancora oggi fa fatica a rialzarsi…
uno sterminio indiscriminato, un atto di pura vandalia…
Un
popolo.
Un
popolo che ha retto le ultime difese prima dello scontro. Un popolo che ha dato
la sua vita per consentire ancora agli altri di sperare… Il popolo che
con estremo coraggio ha consentito la ritirata alle Avantgardes…
Nessuno
li ha mai ringraziati abbastanza per il loro sacrificio… nessuno li ha mai
ricordati abbastanza.
Ma
io non mi scorderò mai delle nobili gesta dei Queen…e del loro
ultimo grido di battaglia…
Il
cercapersone inizia a vibrare in maniera fastidiosa dentro la tasca leggermente
sfilacciata della divisa.
Chac
mi sta aspettando…
Ore 05.59
Quartier Generale
Un minuto.
Un minuto ancora e tutta
l’ira di Liam si riverserà su di me, come se non attendesse altro… corro per
uno stretto corridoio illuminato da torce, alcuni quadri ad olio appesi alle
pareti e un’insopportabile aria viziata che mi da letteralmente alla nausea…
dietro posso sentire il respiro irregolare e affannato di Chac, che come al
solito ha deciso di aspettarmi fino all’ultimo. È un buon amico, Chac.
Io non so se, ogni giorno,
riuscirei a fare altrettanto per lui.
Distinguo un brusio
concitato arrivare dal salone laterale. L’ora del raduno sta per scoccare e
ormai sono tutti riuniti in attesa di iniziare una nuova giornata lavorativa. O
meglio, quasi tutti sono riuniti… come al solito sono in ritardo…
Venti secondi.
Possibile che ogni volta
debba sempre ritrovarmi in queste condizioni? Chac arranca nella mia scia e
sembra perdere colpi, ma non molla. Non è da lui. Sarebbe tutto così facile se
ci lasciassero smaterializzare, basterebbe un secondo. Ma una barriera magica
molto potente, come quella che una volta avevamo anche a Hogwarts, ci impedisce
questo particolare privilegio, per cui ogni mattina… Ogni santa mattina, mi
ritrovo a fare questi sprint che se rafforzano il fisico, di sicuro mi lasciano
anche una consistente e fastidiosa fitta al petto. Insopportabile.
Dieci secondi.
Ormai penso di avercela
fatta. Sento il brusio dietro la gigantesca porta delle Rifondazione, farsi
sempre più vicino e distinto. Spalanco con forza l’entrata e sono finalmente
arrivato. Chac è dietro di me, c’è l’ha fatta anche lui. Anche questa volta…
I presenti si voltano verso
di noi, incuriositi dal quanto mai eccessivo sbattere della porta alle nostre
spalle, assumendo espressioni più o meno contrastanti: dalla fila dei
Progressisti salgono alcune calde risate e posso vedere distintamente il
colonnello Brave alzare il pollice alto verso la mia posizione; alla mia
destra, nel reparto dei Rivoluzionari, sento distintamente il classico è sonoro
fischio di Clear che si perde nel vociare dei compagni; al centro, dove la
tanto odiata e stimata fila dei Conservatori tiene raccolta, posso distinguere
chiaramente occhiate di disappunto e un imperturbabile maggiore Stiff che ci
squadra con una fastidiosissima aria di sufficienza…
E poi c’è lui.
Il ghigno sul suo volto è
evidente. Un sorriso esce spontaneo dal suo viso tormentato. Cosparso da
un’infinità di cicatrici da fare invidia persino all’ormai defunto e compianto
“Malocchio Moody”, richiama in me ancora una certa tranquillità d’animo.
Sicurezza… una parola che nel mondo in cui siamo costretti a vivere, si sente
sempre più flebilmente. Una parola, che presto o tardi, verrà dimenticata e
scacciata da un mondo che non ha più bisogno di lei.
Una parola che siamo tenuti
ad onorare ma che sempre di più sfugge al nostro controllo.
« Grazie per averci
onorato della sua presenza, tenente Weasley… » il suo tono era scherzoso e
gioviale, ma lasciava trasparire anche una decisa nota di severità nascosta. Un
secondo di più e sarebbero stati guai veramente grossi. « E anche lei maggiore
Meek, si segga o potrebbe morire di infarto da un momento all’altro… » aggiunse
il generale scatenando le risate della fila dei Progressisti e l’imbarazzo
evidente del povero Chac in evidente affanno fisico, che come unica colpa aveva
soltanto l’avermi aspettato un momento di troppo.
Ci sedemmo e…
Così ha inizio la mia
giornata da molti anni a questa parte… non vi serve sapere altro. Non è
necessario che veniate a sapere dei nostri compiti, della nostra
organizzazione, del nostro modo di fare… non ha assolutamente alcuna rilevanza.
Non vi racconterò la mia classica giornata lavorativa, e le mille peripezie che
vi sono in essa svolte… non vi serve saperlo.
Posso solo dirvi che vivere
così è come essere di nuovo in famiglia; essere appoggiati nelle proprie scelte
e prendere decisioni che possono salvare vite umane; ricevere un sorriso una
volta ogni tanto; vedere negli occhi delle persone ancora un briciolo di
speranza… io non ho bisogno di altro in questo momento.
Ed è per questo che sono
entrato nel corpo più spregiudicato della Rifondazione: sono diventato un avantgarde
e nulla potrà farmi tornare indietro. Niente e nessuno potrà distogliermi
dal portare a termine il mio compito… lottare, fino alla fine se necessario,
per portare la suprema Luce dove nessuna luce risplende più. I vigliacchi non
sono ammessi. I codardi vengono cacciati. Le spie vengono uccise.
E vi sembrerà strano che io
vi dica queste cose. Ma la realtà è immutabile ed è l’unica cosa che mi tiene
ancora in vita, quando nulla più mi è rimasto…
Io sono solo…
Ma quando sono con loro… non
lo sono più.
17
Gennaio. Ore 3.00
Obscure
Cave
Una figura scura rivolta a
terra, come un straccio… come qualcuno che non ha più la forza di vivere.
Attorno a lei soltanto
fredde mura di cemento e una sensazione di impotenza, di chi non ce la fa più.
Sono mesi, forse anni, che si trova in questa situazione… non può fuggire, non
può scappare… non può morire. Viene tenuta in vita esclusivamente per un
perverso gioco, per una stupida e fiera rivalsa… Il volto di quegli uomini che
la violentano, che la torturano… che non le lasciano campo ad altro se non la
sofferenza, si perdono in una notte che non sa dare risposte e che alimenta
solo domande.
Non è forse meglio la morte
di questo?
Sarebbe un premio troppo
grande da soddisfare, una cupa e pallida illusione di chi si attacca a tutto
pur di continuare ad esistere. Cosa può fare, altrimenti? Non esiste sbocco,
via d’uscita… non ci sono amici che la possono trovare. Non ci sono modi per
continuare a sperare. C’è solo l’attesa.
Straziante, assolutamente
inaccettabile e incredibilmente lunga… c’è solo l’attesa, di chi spera in un
cambiamento che non verrà. C’è solo una speranza, di quando le cose si fanno
insopportabili e nulla a più senso. C’è solo l’attesa di chi attende la morte.
La figura striscia sul
pavimento sporco di sangue… il suo sangue. Quello che con tanta leggerezza le è
stato strappato. Emette un impercettibile sospiro, come a volersi ricordare di respirare.
Striscia su quel pavimento che ha ospitato gli atti perversi di uomini, che non
hanno identità… che non hanno volto.
Le parole di quell’uomo, che
ha visto una volta sola ma che riecheggia nei suoi incubi più duri, le
rimbombano nel cervello, stordendola… una cantilena insopportabile che non le
dà pace e che non la lascia respirare.
« Tu sei mia. E il tuo amichetto, non verrà a salvarti… »
E poi quella risata. Gelida,
agghiacciante… una risata senza gioia, che si nutre della disperazione e della
sofferenza altrui. Quella risata che l’accompagna nel triste regno degli
incubi, guidandola quando non ce ne sarebbe bisogno…
« Il tuo amichetto non verrà a salvarti »
Poteva perdere anche
quell’ultima speranza? Aveva il coraggio di abbandonarsi completamente
all’oblio, senza provare né dolore né gioia? Sarebbe stato comodo… molto
comodo. Spegnere la luce e dire basta. Sarebbe stato tutto più semplice, ma non
sarebbe stato da lei…
E anche se tutto andava
male, anche se non vedeva più la luce da tanto tempo… lei avrebbe continuato a
vivere. Non avevano importanza quelle mani profane sul suo corpo. Non avevano
importanza le sue lacrime quando entravano selvaggiamente in lei. Non avevano
importanza le parole di quell’uomo che con quelle frasi voleva piegarla al suo
volere.
No, non si sarebbe piegata.
Il ricordo di lui, ogni
giorno sempre più debole e forte allo stesso tempo, la convinceva ancora a
resistere. E lei sapeva che un giorno o l’altro l’avrebbero salvata, non come
ma lo sapeva.
E con quell’unica luce
continuava a aspettare.
E poi… passi. Passi nella
notte che si fanno più vicini. Un uomo dalla corporatura robusta si fa avanti
alla luce febbricitante di una bacchetta. Oggi è il suo turno… lo sguardo
famelico di chi a perso la ragione. Il sudare disgustoso di chi si eccita per
così poco. Oggi è il suo turno e non sentirà ragioni… non esiterà a picchiarla
se si lamenta. La prenderà a poco a poco, infamando il suo corpo ormai
distrutto… nell’animo, nella ragione.
Oggi è il suo turno, e
domani toccherà a qualcun altro…
Ma lei vede ancora quella
luce. E in fondo, sì sa…
La luce più grande è in
ognuno di noi.
Ringrazio
infinitamente chi ha letto fino a qui, vi ringrazio davvero. Questo è solo un
progetto in via di sviluppo. Un’idea… l’idea di scrivere insieme. E se vorrete
lasciarci impressioni e recensioni, noi saremo ben felici di leggerle. Ve lo
assicuro!
Appunto
personale: ringrazio tutti quelli che hanno letto e commentato “Lettera
dall’inferno”, vi adoro!Mi spiace non poter scrivere un ringraziamento
personale per tutti, stavolta. Ma non ne ho proprio il tempo, caspita! Grazie,
grazie, grazie! ^_^ Non posso che dirvi questo!
Nel destino di ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta dolo
per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.
Victor
Hugo – L’uomo che ride
Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può
darsi interamente.
Octavio
Paz – Passione e lettura
Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come
uomini o donne libere.
Gandhi
– Antiche come le montagne
Iniziative: è stato aperto da qualche
mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo
smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore
propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo
bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del gioco. Quindi, perché non ci
fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
È stato aperto da pochi giorni anche un altro forum! Non che io
condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3
delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice…
Emma Watson!
E
quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero
ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro
scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.
Per
maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!
E
ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^
Vedete
quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!
Dedico questo capitolo alla mia ballerina preferita che oggi compie gli
anni
Dedico
questo capitolo alla mia ballerina preferita che oggi compie gli anni!
Ehilà! Tocca già a me, eh!
Prima di tutto volevo sottolineare il fatto che Nightmare,
non scrive affatto peggio di me, anzi. Siamo semplicemente due generi diversi,
no Fede?
A parte questo.
La proposta di una FF insieme è stata mia (ancora mi chiedo
perchè l'ho fatto...scherzo :P ) e quindi eccomi qui a dare il mio contributo.
Questo capitolo è diverso da tutti quelli che ho scritto, l'influenza di
Federico è veramente evidente. Spero che vi piaccia comunque!
Questo è il secondo capitolo, il prossimo è tutto di Night!
Buona lettura!
Un baciotto
Hermione Weasley
Siamo
ancora noi
- Spezzata
-
Vola alto solo chi osa farlo.
2° Capitolo
Spezzata
*** *** ***
Open your eyes and look
outside, find a reasons why.
You've been rejected, and
now you can't find what you left behind.
Be strong, be strong now.
Too many, too many problems.
Don't know where she belongs,
where she belongs.
She wants to go home, but
nobody's home.
It's where she lies, broken
inside.
With no place to go, no
place to go to dry her eyes.
Broken inside.
Her feelings she hides.
Her dreams she can't find.
She's losing her mind.
She's fallen behind.
She can't find her place.
She's losing her faith.
She's fallen from grace.
She's all over the place.
Apri gli occhi e guarda al di fuori, trova la ragione del
perchè.
Sei stata respinta, e ora non riesci a trovare quel che hai
lasciato
indietro.
Sii forte, sii forte ora.
Tanti, tanti problemi.
Non si sa a cosa o a chi lei appartenga.
Vuole andare a casa, ma non c'è nessuno.
E' li che lei si riposa, a pezzi nel profondo.
Con nessun posto dove andare, nessun posto dove asciugarsi
le lacrime.
A pezzi nel profondo.
Nasconde i suoi sentimenti.
Non trova i suoi sogni.
Sta perdendo la testa.
E' rimasta indietro.
Non riesce a trovare il suo posto.
Sta perdendo la speranza.
Ha perduto la grazia di Dio.
Lei è dappertutto...
( Nobody's Home - Avril Lavigne
)
***
*** ***
18
Gennaio. Notte. Ore 02:34
Obscure
Cave
Freddo, che s’ insinua tra le ossa, che ti gela il
cuore.
Odio, che ti annebbia la vista, t’intorpidisce i
sensi. Ti acceca.
Che senso ha vivere chiusa tra quattro mura? Che
senso ha vivere la propria vita, se così si può chiamare la mia misera
esistenza, attraverso ricordi, parole, sussurri, così lontani da questi giorni?
Riuscire a vedere il cielo, solo attraverso il
ricordo dei suoi occhi. Che senso ha vivere per morire ogni giorno? Ogni sera
muoio e tutte le mattine rinasco contro la mia volontà, vivere per soffrire,
soffrire per vivere.
I ricordi di tutto ciò che mi hanno portato a questa
situazione, sono ancora vivi nella mia testa, si ripetono ogni maledetto giorno
che passa, ogni misera ora che scocca, ogni minuto che scorre via in silenzio.
Si, perchè in fondo io vivo nei ricordi, nei miei ricordi, dopo tanto tempo il
mio corpo non mi appartiene più, mi è estraneo, passatempo di qualche bastardo
in cerca di piacere, piacere perverso. Ma ormai, non piango più, non urlo più,
non mi oppongo più.
Mi sono arresa?
Forse.
Le mie sono forse lacrime di dolore, di sofferenza?
No, le mie sono lacrime di rabbia, lacrime di odio.
Si, odio. Non pensavo che avrei mai potuto provare una cosa del genere, eppure,
lo sento qui, che mi avvelena il cuore, che mi istiga, che mi seduce con il suo
oscuro sussurro.
Ma ho forse ceduto? Ho mai implorato quegli uomini,
perchè la morte sopraggiungesse?
No.
L'ho desiderata, tanto, la morte. Che mi avvolgesse
nel suo sonno ovattato e eterno, senza più dolore, senza più sofferenza, senza
più violenze. Ma non l'ho mai chiesta, mai.
Ma in me si è insinuato un pensiero. Un pensiero di
speranza direte voi. Bè… all'inizio poteva essere anche così, ma adesso non è
questo che mi manda avanti, oh no. E' il desiderio di vendetta. Dolce vendetta.
Nelle mie giornate vuote mi perdo nei miei pensieri, vendetta e odio ne sono lo
scenario. Desidero, voglio vendetta.
Io vivo, sopravvivo sperando che un giorno io possa ammazzarli
tutti questi bastardi. Uno per uno, senza esclusione di nessuno, e farli
soffrire così come loro hanno fatto soffrire me, li voglio sentire urlare,
contorcersi ai miei piedi, negar loro quella pietà che mi hanno sempre
rifiutata.
Ed è questo che ogni volta mi aiuta a non pensare,
negli attimi in cui, loro si divertono con me, mi estraneo dal mio corpo, mi
allontano con l'anima, con il pensiero, e desidero vendetta, solo vendetta.
E quando mi lasciano, soddisfatti, ansanti,
appagati, rimango sola, con me stessa, come sempre.
Ed è in quei momenti che provo un ribrezzo
incontrollabile per me, per il mio corpo. Mi odio, mi detesto. Sola ogni
giorno, respirando polvere, tentando di ricordare di che colore fossero le
colline, e la sensazione del vento sul viso.
Solo buio, buio e polvere, polvere e rimembranze,
rimembranze e dolore, tutte in un assurdo circolo di sofferenza. E poi
all'improvviso, mi sovviene il suo ricordo.
Lui.
E' stata l'ultima persona che ho visto. Lui, che mi
è stato sempre vicino, non è riuscito a salvarmi da coloro che ci muovevano
guerra contro. O forse sono io che non mi sono lasciata salvare? Con quanta
caparbietà mi sono ostinata a voler partecipare alla guerra, quanta? Oh ma ero
diversa allora, piena di vita e di speranze, di sogni...
Adesso non ne ho più, sono grigia, fredda. E lui? Me
lo tolgo dalla testa senza troppe cerimonie, non sarà di certo stato ad
aspettare me, ad aspettare che un fantasma potesse ritornare dall'Inferno...o
dal Paradiso...non lo so.
Ma non sempre riesco a dimenticare quegli occhi, il
mio cielo.
Quel giorno fu un caos. Ci dividemmo. I vari corpi
di Auror combattevano a marce serrate contro i Mangiamorte, e con loro, noi.
Piccoli eroi, forse troppo desiderosi di combattere, troppo ingenui per capire
che certe cose non finiscono mai nel migliore dei modi.
Eravamo insieme noi tre. Come sempre. Un
incantesimo, un botto, un' esplosione. Ricordo di essere stata sbalzata lontano
da loro. Caddi riversa su un cadavere. L'odore di sangue sulle mie mani, e le
pupille vuote che mi fissavano.
Li persi di vista. Non li trovavo più.
Cominciai ad avanzare da sola, con le mie sole
forze. E poi...
Qualcuno mi afferrò da dietro. Mi strinse i polsi
dietro la schiena. Ricordo la sensazione. Chiusi gli occhi cercando di trovare
una soluzione logica, come avrei fatto una volta. E quando li riaprii mi trovai
davanti ad un intero schieramento del corpo Auror del Ministero della Magia. Ma
non ci fu niente da fare. Vennero uccisi tutti uno ad uno.
I Queen, coloro che difendevano più
strenuamente la nostra vita, i nostri ideali, accerchiarono un esiguo numero di
Mangiamorte tra i quali il mio sequestratore. Una strana sensazione di caldo mi
invase le membra quando vidi Lui tra la folla che ci stava attorno. E poi
niente. Un'esplosione, altri morti, altri cadaveri, altro sangue umano, versato
per una guerra che sarebbe finita alla pari. Non Lo rividi più. Quel che so per
certo è che mi credono morta.
Per il mondo, io non esisto.
18 Gennaio, Mattina. Ore
10:06
Obscure Cave
Mi passo la lingua sulle labbra. Sento il sapore del
sangue.
Chiudo gli occhi. Respiro.
Ho la gola arida.
Deglutisco, rannicchiandomi nell'angolo più buio.
Mi passo una mano sul torace.
Un taglio. Un profondo taglio. Ha smesso solo
qualche minuto fa di sanguinare. Sono tutta sporca.
Mi viene da ridere.
La mia gelida risata rimbomba tra le pietre, nel
buio.
Sto impazzendo. Non è incredibile?
Rido ancora.
Mi sale un groppo alla gola. Sto per piangere? No.
Non le sento uscire, le lacrime. Sono bloccate, ferme,
ghiacciate, lì.
Appoggio la testa sulle ginocchia tentando di
calmarmi. La mano che si stringe attorno al collo. Altre cicatrici, altri
tagli, altro sangue...sento un sottile strato di cordicella sotto le dita.
Ah.
Mi dimentico spesso di averlo. Alzo gli occhi,
sfilandomi la collanina.
Un angioletto mi fissa.
E' d'argento. Ritratto in atto di pregare. Le ali
spiegate come in procinto di spiccare il volo. Lui che può farlo. Sorrido
mestamente al ricordo.
Era Natale quando lo vidi per la prima volta. Si,
era in una scatolina di velluto azzurro, avvolto nel cotone rosato. Gli
sorrisi. Un angelo mi aveva regalato un angelo.
Lo rimproverai per avermi fatto un regalo del
genere, lui non poteva permetterselo. Non sono gingilli d'oro o d'argento a
rendermi felice. Sapeva che sarebbe bastata solo una parola a farmi sorridere
se detta da lui.
Ma non riesco a disprezzare un tale regalo. E' il
mio...angelo. Si, che vola per me.
Un rumore, il cigolare di una porta.
Scatto in piedi infilando la catenina sotto la tunica.
Non è possibile, è troppo presto.
Il buio mi avvolge. Qualcuno sta venendo qui. Da me.
Hanno forse deciso che il dolore inflittomi le sere è troppo poco? Non basta
più? Anche la mattina, adesso?
Lo stridere del metallo sulla pietra, la flebile
luce di una candela mi raggiunge. Chiudo gli occhi. Non sopporto la luce, non
più ormai.
Tento di abituarmi. Gli occhi mi fanno male.
Un uomo di media statura mi guarda. Un ghigno sulle
labbra. Folti capelli castani, sporchi, unti. Barba incolta gli cresce sulle
guance gonfie, una profonda cicatrice gli attraversa la palpebra destra.
Bastardo.
Nella mano sinistra, un candelabro a tre braccia.
Solo una candela è accesa, quella di sinistra, le altre due sono solo piccoli
mozziconi di cera.
« Bè? » chiedo piatta.
« Sta' zitta »
Stringo le labbra. Uno scintillio attira la mia
attenzione. Come se fossi una gazza ladra, cerco con gli occhi la fonte di quel
barlume.
Lo vedo.
Un pugnale, stretto nella cintura dell'uomo.
Deglutisco, elaborando velocemente.
Potrei...
« Hai visite » dice all'improvviso il
Mangiamorte.
Faccio una smorfia.
« Visite? » chiedo senza dare troppo
peso alle sue parole. -E chi sarebbe? »tengo lo sguardo fisso sul
pugnale.
Sto bene attenta a non attirare l'attenzione dell'uomo.
Ma sarebbe difficile che riesca a notare la direzione del mio sguardo, sono
avvolta dalla penombra.
« Qualcuno ti vuole bene qui »sghignazza rude.
Sento una fitta allo stomaco.
Come può dire che qualcuno mi vuole bene? Schifoso!
Tutti coloro che mi vogliono bene mi credono morta,
pregano sulla tomba di nessuno!
Dopo tutti questi anni di supplizio, come fa a dire
che qualcuno mi vuole bene?
Ecco, lo sento. L'odio, mi scivola dentro.
Scatto verso di lui, tendo la mano verso la cintura,
la serro contro l'impugnatura del pugnale. Lo sfodero e mi allontano di un
passo dall'uomo.
Ce l'ho.
Mi guarda con aria interrogativa.
Lancia un'occhiata incredula alla sua cintura e poi
torna a fissarmi.
Fa una smorfia.
« Schifosa puttanella... »
Mi si avventa contro. Mi stringe le mani attorno al
collo. Mi preme contro il muro, il suo alito fetido sulle labbra.
Stavolta sarà diverso.
Mi sporgo in avanti, serro la presa sul manico. E
poi lo sento...
Il sangue che mi scorre caldo sulle mani. Per la
prima volta, dopo tanti anni, quello non è il mio sangue. Sento un qualcosa
scattare in me. Un suono strozzato abbandona le labbra dell'uomo. I suoi occhi
hanno un sussulto. Il candelabro cade a terra con un tonfo sordo. La candela si
spenge e con essa anche la mia ragione.
Estraggo la lama dal ventre dell'uomo. Sento l'odore
del sangue, mi annebbia i sensi.
Senza pensarci affondo ancora una volta il metallo,
il gelido metallo...
Ancora...e ancora...e ancora...
Ad ogni colpo, sento qualcosa rompersi dentro di me,
ma non me ne interesso. Alla decima coltellata spingo il corpo esanime
dell'uomo lontano da me. Lascio cadere il coltello.
Mi passo una mano sullo fronte. Mi lascio scivolare
lungo il muro, finché non tocco terra.
Odore di sangue, le mie mani sporche.
Ho ucciso. Ho ucciso un uomo. Ho spezzato una vita.
E all'improvviso sebbene la cosa mi abbia fatto
stare meglio prima, sento un peso immenso cadermi sul petto, con un cupo tonfo.
Ho ucciso.
Voglio piangere.
Posso piangere.
Devo piangere.
DEVO PIANGERE! IO DEVO PIANGERE!
Afferro il candelabro e lo scaravento contro il
muro. Va a schiantarsi a pochi centimetri dalla porta aperta.
Non sento le lacrime scendere, non scendono, non ci
sono.
Non riesco.
Sono vuota.
Inizio a tremare.
« Interessante »
Una voce fredda e tagliente mi costringe ad alzare
lo sguardo. Non vedo il viso del mio interlocutore. Ne distinguo la sagoma.
Alto, magro, capelli lunghi.
Tasto la pietra, in cerca del pugnale. Invano.
« Non serve » mi dice ancora.
Lo guardo ancora.
« Che vuoi? »
La mia voce esce più ferma e sicura di quello che
pensassi.
Io non sento niente.
Non sento niente.
Niente.
« Sono venuto a farti
un'offerta »
Sento il mio cuore...no, non ho più un cuore.
« E sarebbe? » chiedo di nuovo alzandomi
in piedi.
« Ti offro » vedo...due occhi neri come
la pece, occhi di corvo che mi fissano « la libertà. »
Non esulto, non gioisco. Dopo tanti anni, mi sembra
impossibile. La libertà?
E in cambio di cosa? Del mio corpo? Del mio sangue?
Per quale fottutissimo motivo vuole darmi la
libertà?
Dedico questo capitolo alla mia migliore amica… augurandole d’essere
felice
Dedico questo capitolo alla
mia migliore amica… augurandole d’essere felice.
Ed ecco che tocca di nuovo a
me! Non vedevate l'ora, eh? ^_^
Ok, dopo provvederò a
spararmi in privato, ma prima devo continuare il mio cammino insieme a voi. E
se all'inizio abbiamo camminato insieme nel buio e nei misteri della notte,
adesso resteremo uniti ancora per un po' nel singolare viaggio di due persone
che si amano. Nulla di così romantico, non ancora... c'è ancora troppa
sofferenza, troppi morti, troppa violenza. Arriverà anche quel momento.
Ma per adesso,
accontentatevi di ascoltare la storia così com'è, nel bene e nel male... perchè
in fondo questo è il racconto di due persone che sono legate.
Legate per l'eternità.
Ringrazio infinitamente chi
ha commentato, via adoro tutti! Non posso lasciarvi ringraziamenti accurati
perchè non n'è ho il tempo! Prometto di rifarmi in seguito, lo giuro!
L'unica cosa che posso fare
è augurarvi...
Buona lettura!
Nightmare
SIAMO ANCORA NOI
- Legati per l’eternità -
Quando due persone si amano,
sembra che nulla possa turbare la bellissima quiete della loro vita… nessuno
può distrarli dalla loro metà e dal loro reciproco amore. Poi
irrimediabilmente… alcune storie finiscono. Non si sa il come e non si sa il
perché… ma finiscono.
Ed è qui… nella lontananza,
nella sofferenza, nel ricordo di un amore passato… che ci si accorge di una
cosa. La storia potrà anche essere finita. I rapporti potranno essere cambiati…
Non si guarderanno più negli
occhi… ma, in qualche modo…
Resteranno uniti per
l’eternità.
3° Capitolo
Legati per l'eternità…
*** *** ***
Ci troveremo ancora
più grandi e più sinceri in una lacrima
e parleremo ancora di cieli immensi
avremo nuove verità
dimmi se ti ho deluso
e quanto hai pianto senza di me
io di pensarti non ho smesso neanche un attimo
e quanto dura l'eternità
ci abbracceremo ancora
più stretti di un anello
che non toglierò
e chiederemo al mondo
che male abbiamo fatto
per restare qui
dimmi se ti ho perduto
e quante volte hai cercato me
io di pensarti non ho smesso neanche un attimo
ci meritammo l'eternità
dimmi se senti me
come fossimo una cosa sola
una foglia in mezzo a questo vento che ci ha portato l'eternità'
l'eternità
il tempo e' già finito
lo spazio e' aperto davanti a noi che siamo come diamanti pronti a non
spezzarsi mai
ci meritiamo l'eternità
( Giorgia - L'eternità )
*** *** ***
18 Gennaio. Mattino. Ore
10.07
Viale del Perdono
Il
viale del perdono è desolato e solitario come al solito.
La
gente, e comunque le persone in generale, lo considera come un luogo che ha
perso ormai tutto il suo interesse, e per questo non se ne cura più come una
volta. E' un luogo dove molti di noi hanno serbato un ricordo, in qualche
modo... in un tempo ormai lontano, al suo interno, risiedeva la più grande
Confraternita di pace esistente al mondo. Migliaia di persone venivano qua ogni
giorno, in preghiera, per ascoltare insegnamenti e comportamenti nascosti
all'umanità.
Adesso
è soltanto un cumulo di macerie in rovina... le strade, che prima erano ben
curate e abbellite da magnifiche piante prensili, contavano soltanto una decina
di lastroni ancora intatti. Gli edifici che per un tempo che sembra lontano
secoli, avevano dato lustro alla nostra regione, sono crollati... spazzati da
una furia che non ha più nome ma che ne conserva comunque il volto... la guerra
porta anche questo.
Ma
nonostante tutto, io e Chac, siamo ancora qua... è un posto tranquillo e
discreto, dove nessuno ti può disturbare, e capita spesso che durante la pausa
pranzo ci ritroviamo qui, per parlare serenamente e in tutta calma. E'
diventato un po' il nostro punto di ritrovo e non penso che cambieremo
abitudini tanto presto...
Per
cui, eccoci... ancora una volta.
Chac
è seduto, quanto più comodamente possibile, su un lastrone di marmo chiaro e
sta leggendo il giornale... Il Cavillo per l'esattezza. Vi sembra
strano? Bè... è il giornale più efficiente e ricco di notizie che esiste al
momento. Riporta in tempo reale tutte le notizie accadute con una precisione
quasi disarmante e riesce a soddisfare ogni genere di lettore.
Bisogna
dire che Luna ha fatto un gran lavoro e il merito è in parte suo. Ha sostituito
più che bene suo padre... anche se, la vecchia tradizione di sparare
un'infinita di stupidaggini a raffica non le è ancora passata, temo. Alle
ultime pagine, che Chac prontamente ha già cestinato, si trovano, infatti,
tutte le novità e le informazione sul Riccio-qualcosa Schiattante, o
qualcosa del genere, al quale viene sempre dedicato più di un articolo.
Ma
a parte questo, resta comunque un buonissimo giornale...
Mi
appoggio con la schiena al mio albero preferito e chiudo gli occhi. Una brezza
leggera mi accarezza il volto... ma non riesco a rilassarmi. Non mi sento
granché bene, oggi. Mi gira la testa e se stringo forte gli occhi iniziano a
lacrimare... sono molto stanco.
Chac
sfoglia il giornale freneticamente, assumendo espressioni più o meno
contrastanti a seconda della situazione... qualche volta si agita, sbraita,
commenta ad alta voce in maniera non opportuna e poco carina... altre volte
sorride, come adesso.
Magari
sta leggendo l'articolo sportivo su i Tornados, che hanno vinto il
campionato per la quinta volta consecutiva... maledetti loro! I Cannoni
sono arrivati noni anche quest'anno... che barba! Anche io mi scelgo certe
squadre, però!
« Sai cosa è successo ieri? »
Ecco,
come volevasi dimostrare... adesso inizierà un lunghissimo e barboso soliloquio
sulla forza dei Tornados, e mi toccherà anche dargli ragione, purtroppo.
Se vuoi vivere in pace con Chac ci sono tre regole da rispettare, se non ne
vuoi uscire gravemente ferito dopo un incontro ravvicinato: per prima cosa non
vuole essere chiamato per cognome. Solo il generale ha questo privilegio. Chi
si azzarda anche solo una volta a farlo, l'ultima cosa che potrebbe vedere è un
gigantesco pugno sul naso. Per secondo, non tollera assolutamente il pesce. Lo
odia profondamente... non so, un giorno mi disse che ha avuto un trauma per il
pesce, e non si è spinto oltre. Mah... vallo a capire. Comunque non cucinate
pesce quando c'è lui, perché dopo potrebbero essere veramente guai. Per ultimo,
e qui proprio non transige, mai insultare, criticare, sbeffeggiare i Tornados
davanti a lui. E ragazzi, vi assicuro che le conseguenze di queste azioni
suicide, possono essere devastanti. Ve lo dice uno che ha provato, purtroppo...
ma lasciamo stare.
Chac
è partito in quarta e sembra non volersi fermare più. L'ultima cosa che sento è
l'accurata descrizione del mirabolante portiere Jondal, nelle sue parate di giornata.
Poi... mi assopisco. Qualche volta, per riflesso, annuisco con la testa e Chac
sembra essere molto soddisfatto perché continua a parlare, ma io continuo a non
capirci nulla.
Poi
ad un tratto s’interrompe, e io immagino che sia per riprendere fiato, ma
quando alzo la testa verso di lui, ancora intontito dal sonno, vedo che sta
fissando il giornale molto seriamente.
« Credi che dovremmo occuparcene? »
La
sua voce mi arriva lontana e impercettibile, come se la distanza tra di noi
fosse infinita… non riesco a connettere ancora bene, e gli sforzi per tornare
concentrato al momento mi sembrano vani.
Mi
sento strano, oggi. Forse è solo la stanchezza… Liam ci ha davvero massacrato,
senza ritegno aggiungerei, con le esercitazioni di questo mattina. Ma c’è
qualcos’altro… non so cosa, ma sono sicuro che stia accadendo qualcosa
d’importante da qualche parte. Non so dove, ma… Che sia frutto della mia già
compromessa e fervida immaginazione?
Eppure…
« Mi stai ascoltando? »
Stavolta
il tono di voce del mio corpulento amico è irritato. Sbatto gli occhi, come
uscito da un grande sogno, e sbuffo vistosamente… cosa vuole adesso?
« Cosa c’è, ancora? »
Le
parole mi escono a stento. Mi sento pesante... mi giro verso di lui
impacciatamente e scuoto la testa. Perché devo sempre trattarlo così?
« Scusa Chac... è che mi sento molto stanco
oggi. Cosa stavi dicendo? »
Un
ghigno soddisfatto si increspa dalla sua bocca, sa di avere completamente la
mia attenzione adesso. Si siede meglio sui grossi gradini di marmo del parco e
prende un bel sospiro.
« Pochi giorni fa è stato ucciso, in modo
molto... sanguinoso, ecco... uno dei membri più scaltri del Corpo Oscuro. E'
stato ritrovato morto davanti alla sua abitazione e non possedeva bacchetta...
solo una comunissima pistola babbana. Credi che dovremo occuparcene noi, o
lasciamo tutto al movimento degli Auror? »
Lascia
la domanda in sospeso, in attesa di un mio giudizio. E' dire che è lui il
Maggiore. Io sono solo un semplice Tenente... ma ogni volta vuole, anzi ordina
quasi categoricamente, un mio personale parere sulla questione da affrontare.
« Guarda questo simbolo... »
Mi
passa il giornale sgualcito e scorre lentamente le pagine, come per ricordarsi
dove ha visto l'articolo. Ad un certo punto, quando ormai mi ero già preparato
la tenda per andare a dormire (ci ha messo un secolo, per intenderci!), emette
un suono compiaciuto e con il grosso ditone mi indica un punto del giornale.
Proprio
al centro della pagina, corredata da articoli di cui non vi importa sapere l'entità
e la rilevanza, c'è una grossa foto in bianco e nero, abbastanza scura che,
così su due piedi, ancora intontito dal sonno, non ci avevo notato nulla di
strano. Ma poi, mettendo bene a fuoco l'immagine, vedo un simbolo che nella sua
magnifica originalità, mi ricorda qualcosa... un angelo scuro avvolto dalle
fiamme, si trova sul palmo della vittima. Sembra voler spiccare il volo, ma
qualcosa lo lega a terra... quelle fiamme, così caratteristiche e ben curate,
rappresentano l'agonia di un personaggio che una volta ha saputo anche amare.
Un segno, un biglietto da visita, un avvertimento... l'assassino lancia
messaggi ai suoi inseguitori. Una provocazione in piena regola...
« Allora, cosa hai deciso? »
Bè... non so il perché ma sul momento non
diedi molto peso alla cosa. Mi pareva solo un caso come un altro, uno di quei
tanti omicidi del quale si sente tanto parlare... una cosa di poca rilevanza,
dopotutto.
Ma
come mi accorsi in seguito, e porto vivo nel ricordo e nella mente ogni cosa,
le parole che dissi a lui quel giorno, avrebbero segnato il mio destino in
maniera determinante e imprevedibile.
« Mmh... sì, ce ne occupiamo noi »
Forse
presi quella decisione perché quell'angioletto mi ricordava qualcosa. Forse
perché sentivo un legame, uno strano gioco di energie con l'assassino. Fatto
sta, che presi una mia decisione. Una decisione che se sul momento poteva
sembrare di scarsa importanza, nel futuro avrebbe potuto cambiare la vita di
molte persone... una scelta che avrebbe condizionato la sorte di molti
personaggi, con o senza la loro volontà.
E lei...
Era
una di questi.
Interno giorno. Ore 13.47.
Rifugio oltre il confine
Libera...
Piccole
gocce d'acqua scivolano sul suo corpo e cadono giù, sul freddo e lucido pavimento
del bagno... purificano, scorrono, curano... cancellano fin dove gli è
possibile i segni d’anni di sofferenze, i lividi di uomini che non avuto
pietà... che non hanno avuto compassione.
Neanche
lei ne avrebbe più avuta d'ora in avanti. Non si sarebbe lasciata intenerire da
uno sguardo implorante, non si sarebbe commossa vedendo strisciare qualcuno ai
suoi piedi. Avrebbe colpito... avrebbe spezzato ogni vita a poco a poco,
assaporando la dolce agonia delle cose che non esistono più. Avrebbe ucciso...ancora,
e ancora, e ancora... come aveva già fatto.
Le
gocce carezzano la sua schiena, rilassandola... aveva ottenuto la sua libertà e
aveva ricevuto una missione. Un compito da portare a buon fine, una possibilità
che desiderava da anni. Poteva lasciarsi sfuggire l'occasione per ideali in cui
non credeva neanche più? Lei avrebbe avuto vendetta e il resto non contava
assolutamente niente.
Adesso
poteva sfogare tutto il rancore, l'odio, la rabbia.
Poteva
umiliare quando anche lei era stata umiliata.
Poteva
disprezzare quando anche lei era stata disprezzata
Poteva
uccidere perché in fondo anche lei era stata uccisa...
La
sua anima, il suo essere ancora bambina... le era stato tutto portato via.
Perduto in una guerra del quale non avrebbe dovuto conoscere neanche
l'esistenza. Prigioniera in un mondo che sa solo odiare e uccidere, dove non
c'è posto per trovare riposo... e dopo anni, oh sì... lei si sarebbe adeguata.
Uccidevano?
Avrebbe ucciso anche lei...
Torturavano?
Perché sottrarsi da tale piacere?
E
lei non si sarebbe sottratta, no di certo. Perché in fondo nulla le era più
rimasto. Tutti la credevano morta e persa nel ricordo, troppo impegnati in una
guerra che non aveva tregue e non concedeva errori. I suoi genitori avevano
lasciato questa terra, in un giorno come un altro, alla tenera luce del sole
delle prime giornate d'agosto... i Corpi del Male li avevano portati via con
loro. Non li aveva più rivisti, dopo quel giorno...
E
poi... c'era lui.
Ma
aveva senso illudersi dopo tutto questo tempo? Sicuramente si era rifatto una
vita, una famiglia... l'aveva creduta morta come tutti gli altri... e allora
perché era così triste? Perché si sentiva così delusa da l'unica persona che
aveva manifestato un minimo d'affetto per lei?
Non
l'aveva più cercata... l'aveva abbandonata al suo destino e magari adesso
conduceva una bella vita, sbattendosene di quello che era stato... l'aveva
abbandonata quando lei aveva riposto ogni forza, ogni speranza in lui. L'aveva
lasciata a marcire in quella merda di buco per anni, senza provare a cercarla.
L'aveva abbandonata a se stessa, senza pentimento né remora, e non c'era scusa
per questo.
Delusa.
Tremendamente delusa.
E
allora perché continuare ad illudersi quando nessuna illusione era possibile?
Doveva
ricominciare a vivere... e non aveva bisogno di nessuno per farlo. Avrebbe
condotto la propria vita senza guardare al passato, sforzandosi di
dimenticare... impegnandosi nel suo macabro gioco da burattinaio, dove i
fantocci venivano controllati da lei e da lei sola.
Perché
questo le era stato chiesto...
E
un assassino non può far altro che eseguire. Vede il sangue delle persone
uscire a fiotti nelle proprie mani e non pensa ad altro. Assapora la carne e
non si da problemi sulle conseguenze. Lacera e distrugge vite a suo piacimento...
Si
volta e chiude la doccia... Esce scuotendo freneticamente i capelli e si guarda
allo specchio...
L'assassino
non ha identità.
Lei
l'ha persa da un pezzo...
19 Gennaio. Mattino. Ore
07.56
Città dei Ricordi
La
neve si è sciolta quasi completamente in questi giorni.
Ai
lati delle strade si può ancora vedere qualche sporadica chiazza bianca
risparmiata dal sole. Nonostante tutto fa ancora molto freddo. Mi stringo alla
vita il cappotto e mi sistemo al meglio la sciarpa. Qualche piccolo raggio di luce
fa capolino tra le nuvole chiare e illumina un poco la giornata, che di per sè,
resta comunque ancora un po' buia.
Oggi
è domenica, finalmente... l'unico giorno libero che, nonostante tutto, ci viene
concesso dalla severissima e temutissima Rifondazione. E io sono qua,
nella città che da un tempo a questa parte, viene chiamata città del ricordo...
un ricordo doloroso ma che continua a farci sperare. Proprio così... e qui che
si decise uno dei più grandi capitoli della storia magica, purtroppo. Questa città,
che un tempo era piena di vita e di vivacità; questa città che un tempo era
centro turistico e commerciale per ogni mago che si rispetti; questa città in
cui venivo da ragazzino a comprare gli oggetti di scuola e ad ammirare le scope
da corsa, ha perso un nome che l'aveva resa famosa a suo tempo. E' strano
tornare a Diagon Alley dopo così tanti anni.
Ormai
è deserta... solo qualche vecchio nostalgico la popola ancora, nella speranza
che un giorno torni al suo antico splendore. Solo qualche sperduto viaggiatore
cammina ancora su quello che fu, nel tempo andato, campo di battaglia di due
forze opposte ma potenti allo stesso modo. Solo chi come me, ha ancora voglia
di rivedere persone care... in un attimo che in questo luogo viene chiamato shiadif:
ricordo.
E
io sono qui anche per questo. Devo vedere una persona... una persona molto
importante, che non vedo da tanto tempo. Una persona di cui conservo solo un
tenue ricordo, cancellato via via dalla furia degli anni e dall'incessare
rabbioso della guerra.
Devo
vederla... anche se non sarà possibile.
Cammino
a passo spedito verso il versante Nord della città e non mi guardo indietro.
Non che ci sia molto da vedere...
La
città dei ricordi non è un luogo dove venire in gita di piacere... è un luogo
dove regna il silenzio assoluto, in memoria di chi si è sacrificato per noi...
in memoria di chi ha combattuto per noi. E' un luogo dove parlare è infrangere
un patto segreto e taciuto; è un luogo dove esiste solo preghiera e ricordo.
Ricordo e preghiera.
In
un circolo continuo che purifica l'anima e alimenta la mente.
Svolto
improvvisamente alla mia destra dirigendomi verso la piazza... quella piazza.
Il luogo dove migliaia di persone morirono, il singolare e improvvisato campo
di battaglia di gesta eroiche e combattimenti mortali, l'ultimo sbarramento di
difesa che ci era rimasto... questa piazza, che per i pochi abitanti che si
trovano ancora qui, si chiama ancora piazza del massacro, è il luogo più
importante e ricco di ricordi della storia magica contemporanea.
E
proprio qui ebbe inizio e fine il loro scontro... io ero presente, ma non mi
ricordo quasi niente. Sono stato allontanato da Harry subito dopo un'esplosione
e ho dovuto combattere tra carcasse di corpi straziati e fiotti di maledizioni
che passavano sopra la mia testa, per restare in vita... i libri, o molti saggi
del nostro tempo, descrivono il loro combattimento come uno scontro a dir poco
epocale. Uno scontro alla pari tra due forze diametralmente opposte, ma che
comunque si equivalevano...
Harry la luce.
Voldemort
le tenebre.
Ed
è finita pari, ancora una volta... nessun vincitore, nessuno sconfitto.
Soltanto due fazioni che si sono trovate prive del loro simbolo, della loro
guida. Da una parte i Mangiamorte che avevano già gridato al successo, dopo aver
visto Harry cadere in ginocchio... Da una parte noi, giovani Auror, che
vedevamo l'Oscuro Signore tramontare per sempre... e poi, come in un sogno
troppo irreale per essere raccontato, arrivò il silenzio.
Il
silenzio di persone che non credono a quello che è successo. Il silenzio prima
della rabbiosa e furiosa ritorsione, per chi vuole vendicare anche se non serve
a niente. Un silenzio pieno di dolore e di odio, di quando gli avvenimenti non
contano più.
Le
lacrime rabbiose di chi è consapevole. L'urlo nero di chi chiede vendetta.
Perché
in fondo l'uomo è così... non si da pace, non capisce quando è il momento di
smetterla e dire basta. Sa solo continuare, furiosamente, volendo prevalere...
e non hanno importanza le migliaia di vite spezzate che salirono al cielo quel
giorno; non hanno importanza le gesta di un ragazzo di 18 anni che si è
sacrificato per portare la luce; non hanno importanza i destini intrecciati di
persone lontane che magari non si vedranno più... l'unica cosa che contava
veramente in quel momento era la vendetta. Sanguinosa, violenta, senza freni...
i Mangiamorte si avventarono su di noi come impazziti, guidati dalla folle
oscurità che scendeva su di loro.
Cosa
potevamo fare, allora?
Erano
in troppi... il corpo dell'avantgardes, che già aveva subito perdite
considerevoli durante lo scontro, era ai ferri corti. Il generale Liam perse la
vista proprio in quel frangente, quando il giovane Malfoy gli lanciò un anatema
irreversibile contro...
Viscido
bastardo...
Ma
poi ha avuto la sua vendetta, il nostro generale... lo ha inseguito, nonostante
la sua ovvia impossibilità di vedere le cose, lo ha trovato, e non chiedetemi
come perchè resta tuttora un mistero, e quando è riuscito a intrappolarlo, in
un di quei cunicoli che tanto gli piacevano, lo ha massacrato. Guidato da una
furia sconosciuta anche a lui stesso, spinto dal desiderio di cancellare colui
che aveva osato rovinargli la vita, lo ha lasciato a marcire a brandelli, in
una pozza di sangue che gli spettava di diritto.
Poi
sono arrivati loro... i Queen.
Un
grido dal cielo, teste che si alzano verso l'alto, sguardi interrogativi che
accarezzano la volta celeste... così arrivarono i difensori della Luce,
a cavallo di giganteschi cavalli alati, scendendo in picchiata sulla città...
E
il loro intervento fu provvidenziale... scatenando la potenza e la forza di Shiva,
placarono per qualche minuto la furia dei Mangiamorte, ancora troppo basiti per
la loro venuta.
Poi...
un corno che suona da lontano. Il segnale di ritirata della Rifondazione....
gente che corre e si ammassa per uscire fuori dalla città; bambini in lacrime
che cercano la mamma e non sanno cosa fare; soldati feriti trasportati su
barelle improvvisate in una lotta tra la vita e la morte; urla disperate di chi
non vuole lasciare i propri cari e vuole morire con loro... al loro fianco.
E
quando non fu più possibile sostenere l'emblema di Shiva, i Queen
si ritrovarono tutto il Corpo Oscuro contro, senza alcuna difesa. Numericamente
inferiori e parecchio provati dallo sforzo di evocare un Eone così
potente, non ebbero scampo... uno ad uno caddero sotto la furia dei
Mangiamorte, lasciando solo il loro triste ricordo...
Noi
fuggimmo lontano, verso la Londra babbana, dove i nostri nemici non ebbero il
coraggio di arrivare... io ero gravemente ferito ad una spalla e l'unica cosa
che ricordo e il volto di Chac e lui che mi sta portando via da quell'inferno.
Mi
ha salvato... anche se non ama parlarne. Probabilmente sarei morto lì in mezzo,
distrutto da una furia che spinse i Mangiamorte anche a dilaniare i cadaveri
rimasti. Furono fatti tutti a pezzi... non gli bastò portare via soltanto la
vita a queste persone, ma vollero, nel loro macabro modo di vedere le cose,
assaporare il piacere di aver rovinato loro anche la morte, se così si può dire.
La
piazza è priva di vita e della gioia che un tempo l'animava. Al centro, tra le
macerie di carcasse sconosciute che nessuno si è dato la briga di sgombrare,
c'è una fontana... la fontana del sopravvissuto per l'esattezza. La limpida
acqua chiara scorre ancora leggera, su di essa, come l'unico baluardo che è
riuscito a resistere alla tempesta. Congiungo le mani e le immergo in quel
liquido sacro, che nonostante il tempo e le difficoltà provate, conserva ancora
la sua intatta purezza.
Non
bevo... non sarebbe rispettoso da parte mia.
Anche
queste acque, a loro tempo, sono state infamate, macchiate da un sangue
innocente e colpevole allo stesso modo... anche queste acque hanno conosciuto
lo strazio di agonie lontane. E anche se adesso, quando il naturale scorrere
degli eventi ha cancellato il corso andato, queste acque sono pure e
immacolate, non mi permetterei mai di diventare un sacrilego: non senza una
giusta causa.
Ma
adesso, torniamo a noi e al motivo della mia venuta nella città del ricordo.
Perché
credete io sia qui?
Pensate
che sia soltanto un modo come un altro per passare il tempo?
No.
Se
sono qui un motivo c'è... mi incammino lungo una lieve salita alberata, un
luogo che si distacca completamente dal resto del paesaggio, e mi guardo
intorno. Sembra che la guerra non sia riuscita ad intaccare la purezza di
questo posto. Forse i Mangiamorte hanno avuto il timore di sfidare ancora una
volta gli dei o forse hanno semplicemente avuto un minimo di lucidità e
rispetto per coloro che sono caduti... questo luogo, che nella sua essenza
resta ancora intatto agli occhi della gente, porta comunque una ferita troppo
grande da sopportare.
E
il dolore si aggiunge al dolore... il pianto di un'anima rimasta sola, che
anela alla morte per raggiungere i propri cari.
Morte...
Dietro
ai miei occhi si forma un velo spesso e opaco, di chi vuole piangere ma non ci
riesce. Piccoli sassolini di ghiaia volano sul terreno al mio passaggio; i miei
passi si fanno pesanti... non mi guardo in giro, non mi volto.
Non
vedo quelle migliaia di foto che mi guardano come un oggetto estraneo. Non
sento il richiamo etereo di un grido lontano... mi dirigo verso la sua lapide,
come in un patto prestabilito, e la mia mente forma pensieri vertiginosi che mi
danno alla testa, sommessamente.
Svolto,
guidato da una forza troppo grande per essere contrastata. Centinaia di
crisantemi resi in omaggio, senza distinzioni né privilegi... anche i
Mangiamorte che qui hanno distrutto, ucciso, massacrato hanno avuto un piccolo
tributo di perdono. Se lo sono forse meritato? Io credo di no...
Un
leggero vento di presagi accompagna la mia venuta... un angelo con le ali
spezzate indica con la manina una direzione lontana. Indica l'Est dove sorge il
sole e dove tutte le cose hanno inizio. Ha il volto sofferente, intriso di
pianto, unico essere che rimane da guida ma che non ne sopporta il peso.
E
poi... la vedo.
La
sua immagine triste e un po' oscurata dal tempo, mi guarda con espressione
persa, come a volermi dire: " Che ci faccio qui? ". La fisso come una
persona che sta per scoppiare in lacrime, ma non voglio piangere.
Bacio
la fredda lapide di marmo e mi seggo sulla ghiaia scura. Percorso di anime che
cercano la luce e il riposo, sentiero, per quelli come me, che chiedono di
rivedere i propri cari...
Insulsa
speranza...
Accarezzo
i crisantemi bianchi alla sua destra; pendono flosci e spenti come alla fine
dei loro giorni. Li accarezzo e sento le loro foglie perdersi tra le mie mani,
vittime di un gesto delicato che può risultare violento se fatto con costanza.
Li tolgo dal lucido vasetto nero in cui erano posti, e li lancio in aria, preda
del vento che saprà cosa fare di loro. Piccoli e chiari petali bianchi volano
nel cielo...
Prendo
il vasetto tra le mani e lo scuoto con cura. Pezzi di terra e di foglie passate
cadono giù, sul freddo terreno d'inverno. Rovisto nella tasca interna della mia
giacca, cercando... Devo mantenere fede alla mia promessa, ancora una volta...
Per
l'ultima volta...
Candidi
fiori del color d’arancio si levano dalla mia mano, assaporando l'atmosfera del
silenzio più assoluto e sorridendo ai primi raggi di sole di un giorno che ha
inizio. Li sistemo con grazia nel piccolo vasetto nero e m’inginocchio ancora
una volta. Sono fiori magici, non sfioriranno mai... hanno un potere che nessun
uomo può ancora raggiungere. La pace e la vita eterna.
Fisso
ancora quella lapide e il suo volto sorridente... un sorriso di chi non è
consapevole di ciò che sta per accadere. Un sorriso di chi si alimenta ancora
di sogni e di speranze future. Un sorriso che si è spento... il suo sorriso.
Il
mio capo si rivolge a terra... sento docili lacrime calde scendere sul mi viso
ormai segnato.
Prego...
Non
l'ho mai fatto prima d'ora, non vengo da una famiglia molto religiosa, ma
adesso come non mai ne sento il bisogno. Prego. Prego perchè qualcuno lassù mi
ascolti, quando io per anni mi sono rifiutato di ascoltare il mio cuore; prego
perchè mi venga concessa anche solo un'altra possibilità. Prego perchè in fondo
spero che lei sia ancora viva, in un modo o nell'altro...
La
sua tomba è vuota.
All'interno
solo stupidi oggetti e ricordi senza senso, di chi ormai si è rifiutato di
aspettare. Io non ho messo nulla, non avrei potuto... sopra soltanto cumuli di
terra grigia, a nascondere una volontà che resta comunque innegabile.
Lei
non è là
dentro.
E
comunque io mi trovo ancora qui... inginocchiato davanti alla tomba di nessuno,
a pregare... a sperare ancora nel miracolo. Sarà l'ultima volta che ci vengo, l'ho
promesso a me stesso... non posso continuare a vivere di rimpianti, non posso.
Mi
alzo da terra e m’incammino fuori.
L'ho
rivista per l'ultima volta, per ora mi basta... forse è arrivato il momento di
lasciare andare tutto, di farla finita con il passato. Io sono Ronald Weasley,
tenente di 1° livello della sezione Avantgardes, cerchiamo di non
dimenticarcelo... devo smetterla di inseguire fantasmi che non torneranno più,
che non rivedrò mai più su questa terra.
Devo
smetterla.
Perché
tutto questo non ha senso. Non potrò mai più rivederla; non saprò mai più cosa
vuol dire assaporare il suo profumo di pesca; non riuscirò a sentire ancora il
suono melodioso nella sua voce... non posso.
Ma
ormai nulla ha più importanza. Perché c'è un legame tra di noi che non si è
ancora spezzato, lo sento... se mi fermo e ascolto il battito del mio cuore,
posso sentirlo. Lì, sotto la pelle, che ti conduce al ricordo e al pianto... E
forse un giorno, se il cielo lo vorrà, la rincontrerò... del resto non possiamo
stare troppo divisi.
E
un motivo c'è...
Resteremo uniti per l'eternità.
Finito
anche questo… che fatica, ragazzi! Ma sono abbastanza soddisfatto, dai… non
posso lamentarmi, stavolta!
Ringrazio
in anticipo tutti coloro che commenteranno!
Grazie,
grazie, grazie… ^_^
Nel destino d’ogni uomo può esserci una fine del mondo fatta solo
per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di stelle cadenti.
Victor
Hugo – L’uomo che ride
Nessuno può possedere completamente un altro perché nessuno può
darsi interamente.
Octavio
Paz – Passione e lettura
Dobbiamo essere contenti di morire, se non possiamo vivere come
uomini o donne libere.
Gandhi
– Antiche come le montagne
Iniziative: è stato aperto da qualche
mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo
smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che
l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti
chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del
gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io
condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3
delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice…
Emma Watson!
E
quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non avessero
ancora letto queste storie, e per coloro che vogliono leggere qualcos’altro
scritto da me, eccovi sopra indicati i titoli delle mie fanfiction.
Per
maggiori comodità andate sul mio account, se volete leggerle!
E
ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^
Vedete
quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!
Capitolo 4 *** Un angelo prigioniero dell'inferno ***
Dedico questo capitolo al cnsc e alla sua biciclettina spastica, perchè
solo lui riesce a farmi saltare i nervi come Dio coman
Dedico questo capitolo al cnsc e alla sua biciclettina
spastica, perchè solo lui riesce a farmi saltare i nervi come Dio comanda.
Ps. prima o poi però in Arno ti ci butto, sì sì
Ave!
E insomma...devo dire che questa storia mi sta prendendo più del previsto.
Rimarrei ore e ore a scrivere su questa trama intricata e un po' dark.
Mi affascina, non so come sia venuta fuori tutta 'sta cosa, boh!
E' stato il primo capitolo di Fede a darmi l'input per tutto e ora mi
diverto.
Aahahahahah (risata satanica).
Ehm ehm
*Sere ritrova la calma interiore*
Mi sto appassionando al personaggio che sta venendo fuori, mi
affascina, molto.
Sto facendo dannare quel povero ragazzo perchè gli scrivo i capitoli
prima che lui scriva i suoi e poi non coincide una mazza, nevvero Fede?
Ahahah, ma lui ha pazienza...vero? Veeero?
Ok ok basta deliri ;_;
Sono impazzita!
(E sai che novità N.d.Fede) (Questo è il mio capitolo, pussa
via!N.d.Sere)
(Racchia! N.d.Fede) (Se non ti cheti ti schianto!N.d.Sere)
*cough cough*
Ok ora potete cominciare a leggere sul serio.
Scusate il delirio.
Un baciotto
Hermione Weasley
4° Capitolo
- Un angelo prigioniero
dell'Inferno -
*** *** ***
How can you see into my eyes
like open doors
leading you down into my
core
where i've become so numb
without a soul my spirit sleeping somewhere cold
until you find it there and
lead it back home wake me up inside
wake me up inside
call my name and save me
from the dark
bid my blood to run
before i come undone
save me from the nothing
I’ve become
Frozen inside
only you are the life among
the dead
Come fai a vedere dentro i miei occhi
come se fossero porte aperte,
arrivando nelle profondità del mio corpo,
dove sto diventando ghiacciata.
Senza un'anima
il mio spirito sta dormendo in qualche luogo freddo
fino a che non lo ritroverai e lo riporterai a casa.
Svegliami dentro
Svegliami dentro
Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre
permetti al mio sangue di scorrere
prima che cada a pezzi
salvami dal niente che sono diventata
Ghiacciata dentro
Solo tu sei la vita in mezzo
alla morte.
(Bring Me To Life -
Evanescence)
*** *** ***
16 Febbraio. Notte. Ore 03:05
Vicoli di Londra
Un uomo, come tutti gli
altri.
Un uomo il cui destino è stato
deciso da altri.
Si guarda intorno con
circospezione, con fare guardingo.
Non sa di essere la preda.
Pedina di un gioco spietato,
inconsapevole del proprio destino, ma conscio del pericolo che attende in
agguato ad ogni angolo, in ogni ombra, in ogni cigolio di porta o finestra.
L'essere umano si rende
conto del pericolo che sta correndo.
I suoi passi risuonano nei
bui vicoli della Londra notturna. Quei vicoli malfamati, pericolosi, di certo
non il luogo ideale per passare la serata con gli amici.
Vicoli di una Londra
decisamente periferica.
Cammina con crescente
tensione. Si volta ogni tanto, guardandosi alle spalle, ma non la sente, non la
vede. Eppure avverte la sua presenza, sente quasi il suo respiro regolare e
gelido. Lo stropiccio di stivali di gomma sull'asfalto bagnato.
E la sua testa non riesce a
non smettere di pensare. Lui sa che qualcosa sta per succedere.
Sa che la Morte sta
sopraggiungendo, contro la sua volontà. Lei è lì che attende, che spia ogni sua
mossa, lei vede tutto. E lui sa che lo porterà via, tra non molto.
L'uomo continua a camminare
con paura, agitazione, svolta in un vicolo.
Non sa che è cieco. Che non
c'è via d'uscita, che ha messo la firma sul suo contratto di morte, senza che
nessuno la dovesse falsificare. Si è messo in gabbia, da solo.
Strano come la mente umana
vada in panne quando si tratta di pericolo.
Il nostro sistema nervoso
non elabora più in certe situazioni d’agitazione e panico.
Cammina fino a che non
arriva ad un muro, freddo, semi-distrutto.
Quella sarà la sua tomba.
Sta per voltarsi, sa che si
troverà davanti la Morte, che gli porterà via il bene più prezioso che un uomo
possa avere: la Vita.
«
Preso una voce di donna, fredda e pungente »
L'uomo si volta lentamente.
Non credeva che la morte
avesse un'esile corpo slanciato, due gambe magre e perfette avvolte da
pantaloni neri, stivali di pelle, una maglietta aderente.
Fondine ai lati delle cosce.
Un giubbotto corto, un pesante cappuccio di pelliccia che le ricopre gli occhi
da sguardi indiscreti.
L'uomo ride, crede che sia
uno scherzo. Non sa che lei lo farà sul serio, perchè quello è il suo lavoro.
Lui pensa che sia un gioco,
si sbaglia. Senza farsi alcun problema prende la sua bacchetta e gliela punta
contro. Continua a ridere.
Lei gli sorride e con
velocità sorprendente estrae una delle due pistole. Le canne ghiacciate adesso
gli solleticano la fronte.
Lui trema, rabbrividisce, ha
paura. Capisce di aver sbagliato.
«
Lo sai che un
colpo di questa ti spacca il cranio in meno di un quarto di secondo? E quando
avrò premuto il grilletto, mi divertirò a raccogliere pezzi del tuo cervello
spappolato. Sarai così sfigurato che nemmeno tua moglie saprà riconoscerti,
sempre che esista qualcuna così stupida da scaldare il letto di un uomo viscido
e inutile come te. »
Gli sorride perfida.
Lui non dice nulla non ne
avrebbe il tempo.
E' la fine.
Lei, con la mano libera, si
abbassa il cappuccio. Due occhi color nocciola spenti, due labbra rosee piegate
in un oscuro sorriso.
«
Guarda bene la
mia faccia » gli dice « Perchè sarà l'ultima che
vedrai su questa Terra »
Un clic, uno sparo attutito
dal silenziatore.
Come un secchio di vernice
lanciato contro una bianca tela,così
il sangue dell'uomo macchia il muro, come un affresco dalle macabre tinte.
Lei non si scompone. Prende
un fazzoletto e pulisce la canna della pistola. La infila nella fondina. Si
mette un paio d’occhiali scuri, a coprirle gli occhi. Si rimette il cappuccio,
che le fa ombra sul viso.
Si abbassa, le ginocchia
piegate. Con un colpo secco afferra la mano destra dell'uomo.
Una smorfia di puro disgusto
dipinta sul viso.
Tira fuori la bacchetta,
mormora delle parole sottovoce.
E poi calore, lo sfrigolio
della carne messa sul fuoco.
Una sagoma appare sul palmo
della sua vittima.
E' un Angelo tra le fiamme
dell'Inferno.
Le ali spiegate come in
procinto di prendere il volo, la testa piegata all'indietro, le labbra
dischiuse in un grido di dolore.
Le braccia tese, i polsi
fermati da lingue di fuoco.
E le fiamme che ne
lambiscono il corpo, con violenza, senza pietà.
Un volo impedito, il Bene
prigioniero del Male.
Perché in fondo è questo che
lei è.
Un Angelo rinchiuso
all'Inferno.
Da una fugace occhiata al
disegno che gli ha appena marchiato a fuoco sulla mano. Lancia un sorriso,
quasi divertito, al cadavere.
E' una pratica riservata a
tutte le sue vittime. La sua firma.
Senza rimpianti.
Senza rimorsi.
Sapeva forse chi era?
No.
Perché doveva morire?
No.
Aveva sensi di colpa?
No.
Perché in fondo è questo che
fanno gli assassini.
Uccidono senza curarsi di chi
sono le loro vittime, senza sapere perchè devono sottrarre loro la vita.
Lei lo fa e basta.
Lei uccide.
Si volta all'improvviso, e
comincia a correre, il respiro regolare, svolta in un angolo e sparisce nella
notte, lasciandosi dietro solo Morte e una scia di profumo di pesca.
16 Febbraio. Mattina presto. Ore 07:45
Rifugio oltre il confine.
Non ho sonno.
E' tutta la notte che resto
sveglia, eppure non ho sonno.
Cammino lentamente, testa
china, mani in tasca.
Non mi preoccupo di chi mi
potrebbe vedere.
Giungo davanti alla porta di
un vecchio magazzino. Mi guardo intorno.
L'aria mattutina è fredda e
pungente. Il cielo è ancora grigio, non so se pioverà o meno.
Non mi interessa.
Tiro fuori la bacchetta,
mormoro una manciata di parole a voce bassa. Si sente un rumore, solo un
leggero scricchiolio.
Una lastra d’asfalto giusto
a pochi centimetri dai miei piedi scorre via, rivelando ai miei occhi la
presenza di una rampa di scale, inghiottita dal buio.
Aspetto che l'apertura sia
finalmente libera. Scendo i primi scalini.
Richiudo la pietra sopra di
me.
Mi volto e continuo a
scendere.
Cammino con entrambe le mani
poggiate sulla fredda pietra dei muri.
In pochi minuti giungo in un
grande salone, illuminato a giorno.
Il fuoco scoppietta nel
caminetto davanti al divano. I miei stivali scricchiolano a contatto con il
parquet.
Mi piego, apro le cerniere
prima dell'uno e poi dell'altro e me li sfilo, in rapida sequenza.
Li sistemo in un angolo, per
poi raggiungere camera mia.
Sono a casa.
E non c'è nessuno ad accogliermi.
Magari mi prenderò un cane
prima o poi.
Entro in una grande stanza.
Ho fatto mettere tutta una serie di specchi sulle pareti, così sembrerà ancora
più spaziosa.
Mi tolgo il giubbotto
lanciandolo sul letto.
Mi sfilo gli occhiali.
Mi spoglio lentamente.
Ho bisogno di una doccia.
Ancora addosso quell'odore.
Odore di morte.
Prendo l'accappatoio e me lo
infilo. Mi avvio pesantemente verso il bagno.
Apro la porta della doccia
con un tonfo secco.
Svito la manopola dell'acqua
calda e la lascio scorrere.
Bollente.
Mi posiziono davanti allo
specchio illuminato da un paio di lampadine bianche.
Fisso il mio riflesso mentre
il vapore caldo invade la stanza.
Abbasso gli occhi sul
lavandino. Li rialzo ma non vedo più il mio riflesso: lo specchio è appannato. Ho
perso la mia immagine.
Mi sono persa.
Persa.
Deglutisco.
Mi sfilo l'accappatoio.
Sto per entrare nella doccia
quando mi ricordo di una cosa.
Mi avvicino alla parete.
Mi metto in punta di piedi
in modo da poter raggiungere una mensola un po' troppo alta per me.
Vado a tentoni finche non
trovo quello che cerco.
Avevo dimenticato il mio
bagnoschiuma alla pesca.
16 Febbraio.Tarda Mattinata. Ore 11:07
Rifugio oltre il confine.
Alzo il calice.
Faccio ondeggiare il vino
che c'è all'interno.
Vino rosso, francese.
Osservo le sfaccettature che
crea il fuoco in contrapposizione al bicchiere semi vuoto.
Mi perdo in stupide e
insulse constatazioni.
Le mie giornate scorrono più
o meno tutte simili.
Il mio Capo mi ha concesso
una casa, vivo qui grazie a lui. Ha messo a mia disposizione alcuni architetti
e arredatori del suo staff, mi ha lasciato libera scelta su come sistemarla. Mi
ha tirata fuori da quel buco. E io in cambio uccido, per lui. Uccido chi mi
ordina di uccidere.
Non penso mai quando lo
faccio, lo faccio e basta.
Lavoro solo di notte, di
giorno rischio di essere scoperta, anche se chi mi vedesse giurerebbe di aver
visto un fantasma, il ricordo opaco di un tempo lontano. E' come se li vedessi:
sgranerebbero gli occhi, si passerebbero le mani sulle palpebre chiuse per
accertarsi di aver visto bene, e quando li riaprirebbero sarei già corsa
lontano, così che sembrerebbe loro solo una visione passeggera dovuta alla
stanchezza o a qualche bicchiere di birra di troppo.
Ma non mi lamento.
E' un sollievo non sentire
più i passi di quei bastardi avvicinarsi alla porta di ferro che mi separava
dal mondo.
Eppure ogni sera, mi
rannicchio nel mio letto, troppo vuoto, e tremo come se loro stessero per
arrivare, di nuovo.
Mi stendo meglio sul divano,
reggendo in mano il bicchiere.
Ne bevo un sorso.
Buono. Ha un leggero aroma
d’albicocca.
Fisso il fuoco. Le fiamme
salire su per il camino per poi morire tra le ceneri.
Faccio una smorfia.
Il mio sguardo si sposta sul
ciondolo posato sul tavolino che separa il caminetto dal divano.
L'ho tolto dopo aver fatto
la doccia. Mi da fastidio, è come se fosse la mia coscienza. Mi guarda con
quello sguardo argentato come a ricordarmi i miei peccati. Lo odio.
Eppure non sono riuscita a
sbarazzarmene.
Ogni volta che vado sulle
sponde del Tamigi, magari durante una passeggiata notturna, dopo una missione
appena compiuta, me lo sfilo, lo appallottolo bene nel pugno, alzo il braccio
sto per lanciarlo; faccio un brusco movimento con la mano, sono convinta di
averlo gettato lontano. E poi, mi guardo il pugno ancora chiuso, ne schiudo una
dopo l'altra le dita serrate intorno.
E lo vedo, ancora lì.
Ancora a guardarmi.
La verità è che non ho il
coraggio di farlo.
Qualche giorno fa, ero
seduta qui, come ogni mattina, l'ho guardato con rabbia e l'ho buttato nel
fuoco. Sono rimasta alcuni secondi lì davanti al caminetto. Guardarlo mentre
veniva inghiottito dalle fiamme.
L'immagine mi ha ispirata.
Ho preso velocemente
l'attizzatoio e l'ho tirato fuori. Caldo e incandescente ma ancora intatto.
L'argento ha un'elevata temperatura di fusione, temperatura che sicuramente il
fuoco del caminetto non poteva raggiungere.
Ho deciso che sarebbe stata
la mia firma.
Tutti devono sapere che un Angelo
è tornato dall'Inferno per vendicarsi, per seminare morte e distruzione, dolore
e sofferenza, ad un mondo che si è dimenticato di lui.
Uccido con armi babbane, il
Capo pensa che attiri meno l'attenzione rispetto a metodi magici. In fondo ha
ragione, raramente le autorità del Ministero della Magia si occupano di delitti
in stile babbano, il più delle volte li archiviano come rapine, saldature di
conti, cose così, senza importanza.
Non possono rinchiudere un
babbano ad Azkaban.
Ho pensato molte volte alla
possibilità di finire laggiù. Ed è strano che la cosa non mi sfiori nemmeno,
probabilmente mi ucciderei prima di essere rinchiusa, non di nuovo.
Oh, si. Un colpo alla tempia
e via. Non cambierebbe niente a nessuno, io resterei sempre morta. Solo i delitti
rimarrebbero impuniti.
Ma non me ne importa niente.
Il mondo deve soffrire per
quello che mi ha fatto.
Coloro che uccido sono
persone poco raccomandabili, a volte implicati in traffico di droga, o pozioni
illecite, e armi.
C'è un business incredibile anche
nel mondo dei maghi.
Il mio Capo, è un
trafficante di pozioni messe fuori legge dal Ministero. Non è un Mangiamorte.
Diciamo che non si è mai interessato ai fatti legati alla guerra.
Non pensavo che ce né si
potesse estraniare completamente.
Eppure lui l'ha fatto.
E' un uomo di mezza età, una
cinquantina d'anni, ma non li dimostra.
E' molto ricco, aveva una
moglie e due figli, ma sono morti tutti, uccisi per ritorsione. Il delitto non
fu mai rivendicato ma lui è convinto di sapere chi è stato. Ha deciso di farsi
giustizia da solo e ha assoldato me.
Sembra che ci sia un mercato
d’assassini, o almeno questo è quello che ho inteso dalle volte che me ne ha
parlato.
Molti di coloro che svolgono
mansioni del genere, sono ex-carcerati, o prigionieri che non hanno niente da
perdere, che possono rischiare la propria vita, nessuno se ne accorgerebbe se
venissero a mancare.
Il Capo è una persona
divorata dall'odio, non ha pietà. I suoi occhi sono vuoti, così come il suo
cuore.
Proprio come me.
Non conosco il suo nome, ma
non ha importanza, e non ho intenzione di insistere affinché me lo dica.
Ne posso fare
tranquillamente a meno.
Ogni sera mi manda un
biglietto, con scritto il nome di chi devo uccidere.
Non succede regolarmente, ma
almeno tre volte alla settimana si.
Esco solo la sera, al buio.
E uccido.
Vivo di notte.
16 Febbraio. Imbrunire. Ore 19:34
Città dei Ricordi
Non dovrei essere qui.
E non potrei.
Cammino lentamente
attraverso le varie tombe.
Scivolo sulla ghiaia scura.
Il cappuccio sugli occhi. I capelli
raccolti sulla nuca.
Quegli stupidi capelli che
mi ritrovo.
Ero sola in casa, come
sempre, quando il desiderio di vedere la mia tomba è stato irrefrenabile.
Il cielo è scuro, con
qualche spruzzo di rosa e arancione qua e là.
Le lenti nere degli occhiali,
però, mi fanno vederetutto ancora più
ombreggiato.
Non devono riconoscermi.
Mi metto le mani in tasca, e
continuo a camminare. Ho lasciato le fondine a casa. Non è normale che qualcuno
si aggiri nei cimiteri dei maghi con addosso armi babbane.
Devo evitare certi
stupidissimi errori.
Chissà se ci saranno dei
fiori.
Magari un mazzo di rose
appassite, marroni senza colore.
La foto sciupata dall'acqua,
la lapide sporca di terra.
Un velo d’abbandono.
Continuo a camminare.
Mi avvicino ad un addetto e
gli chiedo dove siano state collocate le salme dei morti in guerra. Mi indica
il lato Ovest del Cimitero.
Mi allontano da lui senza
una parola, un ringraziamento.
« Dio la benedica » mi dice da lontano.
Stupido.
Dio si è dimenticato di me.
E io di lui.
Giungo nella zona che mi ha
indicato, faccio scorrere gli occhi sui nomi incisi sulle lapidi. Riconosco i
nomi d’alcuni ex compagni di scuola. Persone che si erano odiate, eppure
accomunate dal solito perfido destino.
Volti sorridenti, sguardi
persi nel nulla. Vaghi ricordi.
E poi la vedo.
Mi blocco all'istante.
Rimango per un bel po' di
tempo a fissare la mia foto.
Una ragazza sorridente, con
tanta voglia di vivere e combattere per i propri sogni.
Quella non sono io.
Mi stupisco nel vedere un mazzo
di fiori arancioni. Freschi, vivi, in contrapposizione alla morte che regna
tutt'attorno.
Il mio colore preferito.
Deglutisco.
La mia sicurezza...la sento
vacillare.
Mi inginocchio.
Faccio scorrere le dita
sulle lettere d'ottone incastonate nel marmo.
Ne seguo i sinuosi
movimenti.
Strano pregare sulla propria
tomba. Non penso che molti possano dire di averlo fatto.
Dovrei esserne lusingata,
no?
Mi viene da ridere. La cosa
ha un non so che d’esilarante.
La verità è che sto
diventando pazza. Oh si, pazza da legare.
Torno a guardare la foto.
Odio che la gente mi ricordi
per quella che non sono.
Sciocchi! Perché devono
avere un'immagine di me, un ricordo, che non rispecchia la realtà? Io sono qui,
porca puttana!
Sono qui, sono viva! E non
sono più la ragazza sorridente che distribuiva consigli a destra e manca! Non
esiste più.
Lei non esiste più.
Quella non sono io.
Prima che me ne possa
rendere conto, alzo il pugno, e mi avvento con rabbia sulla foto. Un tonfo
secco.
Il vetro che si incrina
sotto la pressione della mia mano.
Abbasso lo sguardo,
riprendendo fiato.
Mi porto le nocche sbucciate
e sanguinanti alle labbra. Cerco di fermare il sangue che esce.
Rialzo gli occhi.
Una ragnatela d’incrinature,
fenditure offusca la mia foto. Non mi vedo più. Non ci sono più. Non scorgo più
il mio sorriso attraverso il vetro rotto.
Quella non sono io.
Mi rialzo quasi indignata,
pronta a tornare nel mio rifugio, la mia tana.
La tana del diavolo.
«
Non dovresti
essere qui »
Riconosco quella voce.
Il Capo.
Mi volto verso di lui.
E' apparso alle mie spalle,
in silenzio.
Sembra conoscere ogni mia
mossa, ogni mia idea, ogni intenzione che mi balena nella testa.
Ficco le mani in tasca con
movimento deciso.
Non accade quasi mai che lo
veda di persona, succede raramente.
Però mi fa piacere. E' come
se fosse il mio mentore, il mio unico contatto con il mondo dei vivi.
Dei vivi.
«
Lo so » rispondo asciutta, fissando
un punto non ben definito oltre la collina ad Est.
«
Ho la missione
di stasera »
«
Dimmi tutto » torno a voltarmi verso di
lui, drizzando le orecchie.
«
Ernest Hogan,
spacciatore di droga babbana, è un mago, mi sta dando dei problemi nel Midland.
Si trova a Londra per una soffiata; fermalo prima che dica cose che non deve
dire »
«
Perfetto » Annuisco memorizzando tutto
ciò che mi ha appena detto.
«
Ah, ho anche
quelle informazioni che mi avevi chiesto »
Mi ghiaccio. Una stretta mi
attanaglia lo stomaco. La gola mi si secca, all'improvviso.
« Bene » riesco a dire con un filo
di voce.
Mi porge una busta
marroncina di forma rettangolare.
Sono convinta che qualsiasi
cosa leggerò in quella busta, mi farà male, solo male.
La prendo.
«
Voglio un
lavoro pulito, come sempre, non lasciare tracce »
Annuisco e lo vedo
smaterializzarsi con un sonoro clac.
Mi passo la busta tra le mani.
Un'etichetta bianca.
Ronald Bilius Weasley,
Ministero della Magia, Dipartimento Avantgardes
E sotto una scritta in rosso
"Top Secret- Informazioni Riservate ".
Rimango per un po' a
fissarla, indecisa sul da fare.
All'improvviso mi apro il
giubbotto e la infilo nella tasca interna.
Dedico questo a capitolo a
mio nonno... che la sua luce nel cielo possa brillare per
sempre e che possa
restarmi da guida.
Ed
eccomi di nuovo qua!
Sono
imperdonabile, lo ammetto... ma non sapevo proprio cosa scrivere e cosa dire.
Ho avuto un blocco pazzesco, e che nervi quando mi vengono, e le giornate di
sole che sono venute fuori in questi giorni (ora tra parentesi, piove!), mi
hanno indotto ad uscire... ^_^ Come si può resistere al richiamo della
primavera?
Non
c'è l'ho fatta, scusatemi anche per questo (soprattutto tu Sere, che hai avuto
pazienza!).
Questo
capitolo non mi piace per niente, a dire il vero, ma è quanto di meglio sono
riuscito a tirare fuori. E' più corto del solito, qualche centinaio di parole
meno, credo... e essenzialmente non è un capitolo da leggere quando si è molto
assonnati perchè si rischia di non capaci nulla! E' molto contorto e complesso.
Ci sono cose che sembrano quasi persone e esseri umani che cambiano
continuamente. Bisogna saper cogliere i diversi punti di vista e le varie
allusioni, che ci sono. La mia mente malata ha creato questo.
Può
darsi, e non me ne sorprenderei, che troverete questo capitolo troppo noioso e
complicato, ma non aveva altro in mente... la prima parte penso che sia
abbastanza chiara, ma la seconda... vabbè, vedrete. Nel caso, basta chiedere
spiegazioni.
Scusatemi
ancora per la lentezza.
E
adesso un angelo vi accompagnerà...
Buona
lettura
SIAMO ANCORA NOI
- Angelo -
Gli
angeli vegliano su di noi continuamente, come se ad ogni passo dovessimo andare
a sbattere chissà dove. Gli angeli ci vogliono bene, ci accudiscono e ci
proteggono. Purtroppo, qualche volta, qualcuno perde la strada.
Ed
è difficile tornare indietro [...]
5° Capitolo
Angelo
*** *** ***
I can love
But I need his heart
I am strong even on my own
But from him I never want to part
He's been there since the very start
My angel Gabriel
Posso
amare
Ma
ho bisogno del suo cuore
Sono forte anche da solo
Ma
da lui non voglio mai separarmi
È
stato li sin dall’inizio
Mio angelo Gabriele
(Gabriel - Lamb)
***
*** ***
26 Febbraio. Giorno.
Ore 14.32
Quartier generale.
Adesso, lo ammazzo...
« Non si
occuperà di questo caso, Weasley... è la mia ultima parola »
Sala d’addestramento delle reclute. Sezione B5.
Un'insopportabile voglia di prendere a pugni chi mi sta davanti.
Un uomo malvagio, una persona che ha perso motivi per
vivere, uno che non dovrebbe essere qui.
Sento le mie vene ingrossarsi sotto l'effetto della rabbia,
ma mi contengo. Non posso rischiare di prendere un altro avvertimento
ufficiale. Mi volto verso di lui con espressione seccata e al limite della
sopportazione. Mi sforzo di fissare quegli occhi odiosamente vuoti e privi di
calore. Mi prometto di non usare le mani, o almeno, non per questa volta.
Il Maggiore Stiff, mi guarda con un'insopportabile aria di
sufficienza, di chi si crede superiore e crede d’avere parola su tutto. Si
strofina le mani con energia, per scacciare il freddo e s’impettisce ancora un
poco, come se ne avesse un atroce bisogno.
Si sistema con cura quasi maniacale la divisa,
controllandone bottone su bottone, come in un rituale prestabilito. Non sembra
dare caso alle mie parole, cariche d’impeto e frustrazione, che ho pronunciato
poco prima con totale e incondizionata sicurezza di me. Non sembra dare troppo
peso neanche alla mia espressione furibonda, troppo impegnato nel suo
fastidiosissimo gioco d’attese e silenzi. Sembra trarre un incredibile
giovamento da queste situazioni: parla a sproposito, fa saltare i nervi, e non
ti considera... con l'inevitabile e irreparabile conseguenza, se così si può
chiamare, che lui su tutte predilige.
Sono circa due anni, più o meno, che sta tentando di farmi
fuori... in senso puramente metaforico, ovviamente. Anche se credo che un
pensierino, nella semplice e pura realtà delle cose, ce l'ho faccia tuttora...
semplicemente non vuole vedermi più qui. Vuole cacciarmi. Vuole il privilegio
di sbattermi fuori personalmente, con le sue mani... e ogni volta, ogni
santissima volta che ci troviamo a discutere, non riesce a fare altro che
provocare.
Provocare e
ignorare...
Una miscela di comportamenti esplosivi che farebbero
perdere la testa a chiunque, incondizionatamente. E in fondo, lo sapete, è nel
mio carattere reagire sempre e comunque, in ogni situazione o contesto. E se
sono ancora qui, nel nome di un miracolo chiamato Chac, è soltanto per la sua
mediazione nei confronti del generale. Sembra avere una grande influenza su di
lui...
Ma ormai i miei giorni sembrano quasi finiti, dopo tanti
anni d’onorata carriera. Non credo di saper reggere ancora per molto. Ho
ricevuto il mio ultimo avvertimento per un motivo banale come dieci minuti di
ritardo, ed è inevitabile dire che il Maggiore Scuro, come lo chiamano nella
base da un po' di tempo a questa parte, ci sia andato a nozze...
E così, eccomi qua... ancora una volta a confronto con lui.
Lui...
Un essere ripugnante, subdolo. Attaccato al denaro e alla
vendetta personale. Schiavo di un ricordo troppo doloroso per essere
contrastato… era una persona che un tempo stimavo e ammiravo, inconsapevole di
quanto l’uomo possa cambiare in così pochi attimi. Lo ritenevo un uomo d’onore
e di coraggio, senza fini se non la nostra causa. Ma come spesso accade, il
destino e il suo infido corso, possono cambiare le cose in maniera imprevedibile.
Una semplice parola.
Una parola che deve ottenebrare ancora i suoi incubi,
prigioniera nella sua mente perversa. Una parola pronunciata da chi sta in
alto, ai vertici della nostra organizzazione, senza appello e con rinuncia. Un
ordine, esplicito e violento, per chi si vuole ribellare.
E quando la sua casa venne fatta a pezzi, distrutta fino
alle fondamenta da Mangiamorte impazziti, l’unica cosa che i nostri superiori
seppero dire, di fronte a quel macello, fu:
“ Fermi… “
Fermi… come si poteva chiedere ad un uomo di restare fermo,
quando la sua famiglia… sì, proprio la sua famiglia, veniva trucidata tra le
fiamme? Come si poteva chiedere ad un anima di non opporsi quando vedeva la sua
vita fuggire, svanire di fronte ad un eco lontano?
Come si poteva anche solo pensare di restare immobili,
quando nostro figlio veniva attaccato al palo con violenza…
Fustigato.
Torturato.
Violentato… come si
poteva? mi chiedo ancora… e, infatti, non c’è riuscito.
Non è riuscito a restare immobile. Non è riuscito ad
eseguire un ordine che già io, giovane recluta, stentavo a capire. Non è
riuscito a diventare una macchina, priva d’emozioni, per estraniarsi da tutto e
da tutti. Non c'è riuscito... e per il suo gesto molte persone hanno perso la
vita.
Inutilmente.
Lo vidi, dal mio precario riparo sotto gli scudi, partire
di corsa sul suo destriero. Senza armi, né protezioni. Ancora oggi non so come
ha fatto a sopravvivere. Lo vidi correre all'impazzata verso un nemico che lo
attendeva a braccia aperte, sogghignando. Ordini e commenti svaniti nel tempo,
urla rabbiose di generali che gridavano al massacro. Quando sparì nella coltre
nebbia del ricordo, era già successo l'irreparabile.
E come in un sogno, o come in uno di quei film babbani che
hanno poco senso, come forse impazzite e senza controllo le nostre truppe si
gettarono nella mischia, consapevoli del raschio ma fiere di aiutare un uomo
che era stato un esempio. I nostri generali, con la loro incompetenza che resta
un fattore molto vivido nella situazione, decisero di ritirarsi nell'ombra.
E io cosa feci, secondo voi?
I più ottimisti e coraggiosi, urlerebbero alla riscossa, e
mi vorrebbero nella mischia. Sono un Grifondoro, dopotutto. E quella era una
buon’occasione di dimostrarlo... I più meschini ed egoisti, o forse solo quelli
che si credono un po' più furbi da non rischiare la pelle, avrebbero gridato
una sonora e limpida "Ritirata!", consigliandomi di non avventurarmi
in azioni folli e senza esito.
Secondo voi, cosa sono stato capace di fare io?
Non mi sono ritirato, questo no. Non avrei potuto. Dentro
quella bolgia c'erano miei amici, che forse stavano morendo, e come potevo
lasciare tutto per semplice codardia? Ditemelo, voi fareste mai una cosa del
genere?
E fu così che lasciai le briglie di Noor al loro destino
buttandomi nella nebbia sconosciuta, senza freni e guidato da una forza che
ritenevo troppo forte per essere contenuta.
Troppo tardi...
Lo spettacolo che mi si presentò davanti resta uno degli
incubi più pressanti della mia esistenza... un massacro di vite, indiscriminato,
e senza ragione se non l'ingiustificata voglia di prevalere.
Attorno a me, soltanto corpi feriti e straziati, vittime di
un percorso troppo difficile per essere proseguito; caduti in un terreno
impervio, con onore e con voglia di dimostrare qualcosa...
Grida disperate d'aiuto da punti indefiniti. Il vento che
sollevava la terra, formando grossi cumuli di foschia giallastra. Una striscia
di sangue che scorreva ai miei piedi... quel sangue poteva essere di chiunque.
Di un Mangiamorte, come inconsciamente speravo, o di un mio compagno, che al
contrario di me si era gettato nella mischia subito, senza starci troppo a
pensare.
Era passato un solo minuto da quell'atto di follia
collettiva. Un solo e semplice attimo, confrontato con l'incessare veloce delle
cose che scorrono... eppure era bastato. Tutta la violenza, insita nell'animo
di un ogni uomo, si era sprigionata con furia e ferocia quasi incredibilmente
eccessiva. Non c'era corpo, escluso il mio forse anche più ferito di tutti
quelli che stavano ai miei piedi, che fosse rimasto illeso...
La casa, che in un tempo non lontano dal nostro, doveva
fiorire d’amore e speranza, era stata orrendamente distrutta. Il lavoro di una
vita che sembra andare in fumo, e tutti i tuoi sogni che svaniscono... un
piccolo fiore che era sbocciato e che la guerra aveva prontamente spazzato via
con il vento.
E poi... una delle immagini che ancor oggi, a distanza di
anni, turba i miei incubi più cupi.
La vedo ancora, nel vagare rapido della mente in luoghi e
situazioni che faremmo meglio a dimenticare.
Una croce annerita, dalla furia e dal fuoco... un corpo
irriconoscibile tra le macerie. I segni scuri e violacei sulla schiena, di chi
è stato torturato. Gli occhi cavi e increduli per troppo dolore e per troppa
violenza.
Suo figlio... o almeno quello che ne rimaneva.
E poi, un singhiozzo. Uno strazio nell'animo che esce
attraverso parole sconnesse e urla ricacciate nel profondo.
Il Maggiore Stiff, anche se a quel tempo era solo un
semplice tenente, piangeva ai piedi di quello spettacolo immondo. Non sembrava
ragionare... la luce di consapevolezza, dove quella leggera demarcazione tra
realtà e follia era conservata, era svanita del tutto... come la sua esistenza,
del resto.
E quando feci il
primo passo verso di lui, consapevole di non potere fare nulla per aiutarlo,
consapevole di non poter riportare l'anima straziata di suo figlio in vita, lui
mi si scagliò contro... e il grido che lanciò su di me, disumano e orribile nel
suo profondo dolore, squarcia ancora le mie notti più cupe.
Il suo viso era segnato da una follia troppo grande per
essere stata veramente creata; le vene del suo collo, a tratti sporco di terra
e di cenere, assumevano un colore violaceo dai risvolti inquietanti; i suoi
occhi, neri come un pozzo profondo e senza ritorno, erano piccolissimi dietro
le palpebre chiare e comunicavano una tristezza lontana e consapevole che
sembrava non voler far parte di quel corpo ormai segnato... mi urlò di tutto,
quel giorno.
Si scagliò contro di me come se fossi la sua ultima ancora
di salvezza, un salvataggio per un marinaio disperso che vuole rivedere la
propria terra, e vedendo la mia assoluta impotenza non fece che infierire... e
non so come, quel dannato giorno, la sua furia non mi fece a pezzi... mi fece
male, molto male... un male che va al di là del dolore fisico. Un male che
nasce spontaneo da dentro e che ti consuma. Un male che lascia rancore e
repulsa, e non consente rimedi...
Ed ogni sua singola forza, ogni suo singolo brandello di
umanità... tutto svanito. Soltanto posto per odio e disperazione. Disperazione
ed odio... dove a tratti prevaleva l'uno, e nei casi peggiori dominava l'altro.
Dove un uomo che aveva fatto troppo bene e che aveva voluto troppo bene, si era
ritrovato solo. Solo con il suo desiderio di personale vendetta... il resto non
contava più.
La storia del Maggiore Stiff, la vita dell'uomo che mi sta
davanti, avrebbe ancora molto da dire e raccontare... molti sono gli articoli
su di lui presenti sul giornale; molte le voci che scorrono al suo passaggio;
molti i documenti e addirittura intere sezioni, che parlano solo e soltanto di
lui... tante cose, sfuggite al tempo e alla memoria di molti, potrebbero essere
raccontate.
Ma il tempo che mi è concesso, lo spazio che mi è
consentito per raccontarvi questa storia, è molto limitato e dovrete
accontentarvi, Forse un giorno vi racconterò la sua storia per intero. Forse vi
spiegherò perchè quest'uomo mi odia e disprezza così tanto... forse un giorno
verrà il momento di sapere, ma non è ancora il momento. Non ancora...
Adesso ho cose più importante a cui pensare. Devo avere la
mia chance, solo una... poi potrò anche andarmene.
« Mi dia un
mese... se non riuscirò a prenderlo, sparirò per sempre... lo giuro » dissi con
una foga che non pensavo di possedere.
Ormai si tratta solo di una battaglia personale.
L'Angelo Nero mi è già sfuggito troppo volte. Le sue
vittime nell'ultimo mese non si contano neanche più. Il suo marchio, quel
marchio che quel giorno non mi parve nulla d’eccezionale, adesso ricorre sui
giornali costantemente, come un chiaro segnale di pericolo che incombe, come un
angelo che chiede e regala giustizia... la sua giustizia.
Molti parlano di un ritorno del Signore Oscuro, sotto
mentite spoglie, ma io non ci credo... non è nel suo stile attaccare una
persona alla volta, per scopi apparentemente inutili. Lui massacrava interi
quartieri e non si abbassava di certo a livelli così inferiori. Quando
uccideva, lui personalmente, lo faceva con lentezza e macabra soddisfazione...
non può essere lui. Il sacrificio di Harry non è rimasto vano, ne sono sicuro.
Sento di conoscerlo... sento di averlo già incontrato in
una vita o nell'altra. Ma non lo riconosco. Non so chi sia... l'unica cosa che
mi è dato sapere è che è il mio obiettivo. Troppe volte mi è sfuggito per un
pelo... non deve ricapitare più.
Assumo l'espressione più professionale possibile, date le
circostanze in cui mi trovo, e mi sforzo di guardare ancora l'ultima persona
che avrei voluto trovare sul mio cammino.
Il Maggiore sembra ragionare ad un ritmo frenetico, sotto
il berretto della divisa... sta valutando le sue possibilità. Ha l'occasione,
finalmente aggiungerei, di sbarazzarsi di me una volta per tutte. Ma per
contro, anche se mi odia e mi disprezza sa bene quale sono le mie capacità...
potrei farcela davvero.
Vedo la sua bocca incresparsi in un ghigno sottile.
Brutto segno... poi la liberazione.
« Un mese non di
più... »
Ha deciso di giocare anche lui a dadi con il destino. Si
volta e si incammina nella direzione opposta. Il suo corpo stanco e affaticato
da troppe guerre, mantiene un portamento comunque fiero e potente, anche da una
lunga distanza.
Un uomo che un tempo stimavo...
Lui ha giocato con il destino, ha corso questo rischio...
Vedrò di farlo anche io.
Ritroverò il mio angelo...
28 Febbraio. Notte.
Ore 23.24
Lake
La superficie del lago, leggermente increspata
dall'insistente brezza del vento, era illuminata tenuemente dalla chiara luce
di una luna leggera... alcune piccole foglie grigiastre, danzavano nell'aria,
accompagnate dal cullare lento della natura circostante. Alcune piccole stelle,
rare nella volta celeste, rilucevano armonicamente nel buio delle notte.
Al centro di tanta grazia e di una distesa d'acqua
tranquilla, nella sua magnifica purezza e originalità, si ergeva un grande
albero, accarezzato dalle acque... un'esemplare unico e di rara bellezza. Le
sue radici, curve e umide nel riflesso di luce, sporgevano verso l'alto, come a
voler tendere braccia invisibili che cercano di catturarti. Il tronco, vecchio
ma comunque ancora robusto, godeva di tutta quella linfa vitale che scorreva su
di esso. Non aveva bisogno di piogge o di vento. Non aveva bisogno di sole o di
luce... tutto quello che gli serviva per sopravvivere lo aveva a portata di
mano, senza muovere un passo. Le foglie verdi tutti l'anno e i ricchi aromi che
i suoi frutti sprigionavano, rendevano quel posto un'oasi di vero piacere. Un
autentico paradiso terrestre, controllato dalle acque...
Il paradiso... un angelo dell'inferno non aveva diritto di
trovarsi lì. Un essere macchiato da tanta violenza e da tanto dolore non poteva
assolutamente contaminare la purezza di un posto del genere. Non doveva
approfittare di tutto questo... eppure lo faceva. Quasi con perfida arroganza e
con un misto di sfida nello sguardo.
Non poteva... ma aveva veramente senso darsi delle regole
quando la sua vita, o meglio la sua misera esistenza, non trovava più un punto
su cui appoggiarsi? E allora, perchè no?
Il vento smise di danzare il primo ballo con le foglie e si
fermò di colpo... in attesa di un avvenimento che avrebbe cambiato la sua
storia, o semplicemente infastidito da una presenza che gli rimaneva estrania.
L'angelo decaduto, quello che ormai aveva il male dentro e
che lo mostrava a poco a poco fuori, decise di aprire le ali... si tolse gli
indumenti, anch'essi sporchi di un sangue che non era il suo, e si immerse in
quel liquido generatore, che provava a respingerlo ma non ne aveva la forza.
Il calore freddo dei sensi che svaniscono... l'angelo
chiuse gli occhi e iniziò a nuotare verso il centro del lago, guidato da una
forza potente e misteriosa... l'albero illuminato dalla luce lunare splendeva
come a giorno, e sembrava in attesa.
Avvicinandosi, l'essere profano, provò per la prima volta
freddo in quella sera; freddo che gela le ossa ma che viene dall'alto. Un
freddo non dovuto al gelido scorrere delle acque d'inverno... piuttosto un
brivido.
Un brivido di paura e soggezione.
E quella sensazione sarebbe rimasta scolpita per sempre
dentro al suo povero cuore distrutto. Un richiamo potente, lontano... una mamma
amorevole che chiama a sè i figli, per proteggerli da un essere malvagio.
Ed era lei l'essere malvagio. Consumato e troppo ferito per
ricominciare a vivere, ferito nell'anima e nel corpo fino allo sfinimento... e
quando si sono portati via ogni tuo singolo frammento di dignità, non c'è più
niente che conti veramente. Non ti importa più di quello che sei, di come ti
comporti... non ti vergogni se rubi un gelato ad un bambino o semplicemente non
provi pietà alcuna, per uomini che si rotolano nella polvere per non essere
uccisi.
L'albero era in attesa e dava giudizio.
Accettare di prendere sotto di sè un essere macchiato dal
più grande crimine che si possa immaginare, non era uno sforzo facile da
sostenere... ospitare un angelo stanco e sfinito, che chiedeva perdono, in
silenzio... questo sì, si poteva fare.
Perché in fondo, non contavano quegli uomini uccisi e senza
volto. Quell'angelo aveva commesso il più grande errore della sua vita, e ne
scontava le colpe tuttora: quell'angelo aveva smesso di vivere.
Vita...
E lui aveva il compito, dalla sua estrema saggezza, di
riportarlo a sperare. E anche se non c'erano modi, anche se lei aveva generato
troppo male per chiedere perdono, lui l'avrebbe accolta senza opporsi, come un
nonno che stringe al petto il nipote e gli sussurra parole di conforto.
Vita...
L'angelo tese le braccia verso un ramo e si tirò su... al
contatto con il freddo e possente tronco, sentì un brivido. Un brivido diverso,
stavolta... più come una scarica di energia inaspettata, più come un raggio di
calore positivo.
Si sentiva, dopo tante sofferenze, finalmente serena... che
avesse trovato il luogo in cui morire?Una pace dolce e soffice si insinuò nella sua mente, cucendo ricordi
troppo dolorosi per essere dimenticati. Rammendando per quanto gli era
possibile.
Ed in un attimo si trovò su.
In vetta a quell'angolo stupendo e da cui tutto ebbe
origine, in cima ad una forza che lo aveva accolto e protetto come se fosse un
figlio.
Il lago sembrava ancora più bello tra le fronde
verdeggianti e la luna, anche se nascosta, sembrava gettare tutta la propria
luce su di lei...
Vita...
L'aveva accolta e l'aveva rigenerata...
Ed era stato un brutto errore.
Perché in fondo non si smette mai di essere come ci hanno
fatto diventare. E anche se per un momento, quel luogo così mistico l'aveva
voluto con se, scorgendo la luce pura del suo passato, non aveva fatto i conti
con una prospettiva molto più grande e inquietante.
Lei non era più una semplice ragazzina, gioiosa e
rompiscatole di un tempo. Non era più un essere in grado di amare. Era solo
un'assassina... una sporca assassina, niente di più.
Ma, ormai, era troppo tardi. Non poteva rimandarla
indietro, anche se si stava impossessando di lui.
E come un piccolo germoglio, innocuo e dolcissimo
all'apparenza, si era arrampicato su di lui e ne aveva tratto beneficio. Poi
era cresciuto a poco a poco, diventando sempre più esigente e sempre più
difficile da controllare... e alla fine, la sua fine, il piccolo germoglio, o
almeno quello che ne rimaneva, era diventato talmente grande da ricoprire
l'intero albero, prendendo la sua linfa vitale e godendo di tutta la luce...
l'albero era morto.
Di lui, resta solo un sostegno, sempre più sporco e
consunto, ogni giorno che passa.
E non serve più a niente.
L'angelo si buttò in acqua dalla cima facendo un deciso
salto. Piccole onde circolari si andarono creando formando particolari giochi
di luce.
Raggiunse la riva e si voltò.
L'albero si era di tutto colpo spento.
Nel cielo la luna non splendeva più e grosse nuvole nere
oscuravano il cielo.
Aveva ucciso anche lui... era nella sua natura.
Piccole cristalli d'acqua cominciarono a cadere dal cielo.
Guarda la pioggia, angelo... tu che non sei più in grado di
amare.
Morte...
Nel destino d’ogni uomo può
esserci una fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione. L’anima
è piena di stelle cadenti.
Victor Hugo – L’uomo che ride
Nessuno può possedere
completamente un altro perché nessuno può darsi interamente.
Octavio Paz – Passione e lettura
Dobbiamo essere contenti di
morire, se non possiamo vivere come uomini o donne libere.
Gandhi – Antiche come le montagne
Iniziative: è stato aperto da qualche mese
un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo
smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che
l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti
chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del
gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
È stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida
i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie
più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice…
Emma Watson!
E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei
lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro
che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i
titoli delle mie fanfiction.
Per maggiori comodità andate sul mio account, se
volete leggerle!
E ricordate una recensione, è sempre gradita…
^_^
Vedete
quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!
Cuz
you weren't there when I was scared I was so alone
You,
you need to listen I'm starting to trip,
I'm
losing my grip and I'm in this thing alone
Open
your eyes
Open
up wide
Why
should I care
Cuz
you weren't there
when
I was scared I was so alone Why should I care
Cuz
you weren't there when I was scared I was so alone
Why
should I care
If
you don't care then I don't care were not going newhere
Why
should I care cuz you weren't there when I was scared I was so alone
Why
should I care If you don't care then i don't care were not going newhere
Perché dovrei preoccuparmi?
Perché tu non eri qui quando ero spaventata
Ero così sola…
Tu, tu devi ascoltarmi
Sto andando fuori di testa, sto perdendo il
controllo
E sono sola in questa situazione
Piangere senza farsi sentire
Sto piangendo senza farmi sentire
Piangere senza farsi sentire
Sto piangendo senza farmi sentire
Apri gli occhi
Apriti completamente
Perché dovrei preoccuparmi?
Perché tu non eri qui quando ero spaventata
Ero così sola…
Perché dovrei preoccuparmi?
Perché tu non eri qui quando ero spaventata
Ero così sola…
Perché dovrei preoccuparmi?
Se tu non ti preoccupi allora neanche io mi
preoccupo
Non andremo da nessuna parte.
( Avril Lavigne - Losing Grip )
*** *** ***
L'Angelo Nero Semina il
Terrore
L'inviato della Gazzetta
del Profeta Jeremy Hills
"Angelo Nero"
così è stato soprannominato il killer che sta seminando morte e terrore nella
comunità magica londinese.
Negli ultimi mesi sono
state circa una ventina le sue vittime, barbaramente uccise a sangue freddo
sempre con l'ultilizzo di armi babbane.
E in ognuno di questi la
stessa macabra firma: la figura di un angelo che brucia tra le fiamme marchiata
a fuoco su ogni cadavere, nessuno escluso.
Si è subito pensato ad un
invasato, un pazzo, ma la precisione, la puntigliosità con cui ognuno di questi
efferati delitti è stato portato a termine fa pensare ad una mente lucida.
Nonostante le accurate
indagini che si stanno svolgendo sulle varie scene del delitto nulla ancora si
è scoperto su questo misterioso assassino. Tutti gli assassinati erano ex
pregiudicati o allontanati dalla comunità soprattutto per spaccio e traffico di
sostanze illegali e armi babbane.
L'ultimo a esserci caduto
è Malcolm Supper, che aveva scontato 2 anni ad Azkaban per traffico di pozioni
illecite, poi rilasciato per buona condotta. Il suo corpo senza vita è stato
ritrovato seduto nella sua vettura. Un proiettile di pistola (un'arma molto
diffusa tra i babbani) ha oltrepassato il vetro e ucciso l'uomo sul colpo.
Nulla è ancora trapelato
delle indagini.
Il Ministro si dice
piuttosto tranquillo, facendo notare più volte che non c'è nessun pericolo per
i maghi onesti. Tuttavia un dubbio sorge spontaneo: come può un essere così
pericoloso vagare senza limiti nella Londra magica e non,senza che nessuno riesca a fermarlo?
E ancora: il Ministero è
in grado di far fronte a questo problema in modo egregio come ci si aspetta?
Per adesso questi
rimarranno interrogativi senza risposta.
Nel frattempo pare che il
caso sia stato passato alla sezione Avantgardes dei corpi di sicurezza pubblica
del Ministero.
Il Maggiore Stiff ha così
liquidato le nostre domande:"Purtroppo questa serie di omicidi non ha una
priorità assoluta, sappiamo benissimo che il nemico numero uno è un altro e
come tale dobbiamo combatterlo, faremo comunque il possibile per garantire la
sicurezza e l'ordine dei nostri cittadini".
Ebbene, che cosa dobbiamo
aspettarci dai prossimi giorni? Si scoprirà l'identità di quest'uomo maledetto
dal destino? Non possiamo saperlo, Londra attende con il fiato sospeso l'esito
dei prossimi sopralluoghi.
da "La Gazzetta del
Profeta" 17 Febbraio
17 Febbraio, Mattina. Ore 09:34
Rifugio oltre il confine.
Scorro
velocemente l'articolo di prima pagina della Gazzetta del Profeta.
E'
incredibile quante cazzate i media si possano inventare per rendere un semplice
e insulso omicidio lo scoop dell'anno.
Quante
persone moriranno ogni giorno nel mondo?
Tante,
tantissime.
Non
si spende mai una parola di più quando le loro vite si spezzano.
E
invece, muoiono una decina di pregiudicati qui nella Londra babbana e ecco lo
scoop!
L'Angelo
Nero.
Cazzate.
Non
riesco a concepire tutta questa foga di notizie.
Le
mie vittime sono persone di cui la gente ha paura, ma così all'improvviso
diventano povere pedine di un gioco più grande e crudele di loro: la Morte.
E
tutti li compatiscono, come poveri cristi.
Ipocriti.
Sono
solo bugiardi.
Magari
due numeri fa li additavano come "Pericolosi criminali", "La
Feccia del mondo magico" e all'improvviso diventano "Vittime
inconsapevoli", "Amati padri di famiglia".
Ripiego
il giornale con stizza e lo lancio sulla poltrona di fianco al divano sul quale
sono distesa.
Sospiro,
incrociando le mani sulla pancia.
Guardo
il soffitto, grandi travi di legno lo solcano in tutta la sua lunghezza.
Socchiudo
gli occhi rilasciando un gemito.
Il
mondo adesso sa.
Sanno
che l'Angelo Nero uccide.
Tutti
conoscono la minaccia che costituisco per la comunità magica.
E
adesso?
Hanno
paura di me.
Mi
danno la caccia, vogliono trovarmi e consegnarmi alla giustizia.
Ma
esiste ancora la vera giustizia?
E'
giusto che una ragazza venga tenuta prigioniera anni ed anni come assurdo
passatempo di uomini senza scrupoli, psicopatici, violenti e crudeli?
E'
giusto che una persona perda ogni sostegno della propria vita così di punto in
bianco, in una guerra che ci ha segnati tutti?
No.
Non
è giusto.
La
Giustizia non esiste più.
Mi
alzo di scatto.
Odio
quando comincio a perdermi nei miei pensieri.
E'
nel silenzio di questi momenti che la fastidiosa vocina della mia coscieza
comincia a farsi sentire.
E
la odio, semplicemente la odio.
Devo
tenermi occupata.
Per
questo mi dirigo in camera a passo svelto.
Passo
accanto al tavolo della cucina, così senza pensare.
Ma
mi cade l'occhio su una busta di carta marroncina.
Faccio
per andare oltre, ma mi blocco inesorabilmente.
Faccio
scorrere le dita sulla superficie cartacea liscia.
Sono
le informazioni che avevo richiesto al Capo, non le ho ancora lette, e
sinceramente non ho nemmeno intenzione di farlo.
La
verità è che ho paura, una fottutissima paura di quello che potrebbe esserci
scritto dentro.
Ronald
Weasley sposato da...no non ci posso pensare, non riuscirei a leggere una cosa
del genere.
E
se fosse morto?
Chi
mi dice che sia ancora vivo? Potrebbe essersi ammalato, oppure impazzito, o
semplicemente ucciso da qualche Mangiamorte ancora in servizio.
No.
Non
posso scoprire cosa c'è scritto in quella busta.
E
comunque non ci riconosceremmo più, non siamo più quelli di una volta.
Il
tempo, le ingiustizie e le violenze ci hanno cambiato, ne sono convinta.
Non
ritroverei in lui il Ron con il quale trascorrevo le mie giornate scolastiche.
Giorni
che sembrano lontani anni luce da adesso, che riafforano nei miei pensieri come
fantasmi di un'altra vita, di un'altra era...
E
Harry.
Saremmo
io e Ron, ma Harry?
Lui
non c'è più, ci ha lasciati, ha lasciato questo mondo che non gli aveva dato
altro che sofferenze e responsabilità.
E
io.
Io
che non l'ho potuto nemmeno salutare un' ultima volta, guardare nei suoi occhi
verdi, sorridergli una volta ancora.
Io
non c'ero.
Non
l'ho salvato, non gli ho impedito di morire.
Ho
tradito i miei amici.
Sono
diventata qualcosa che loro non condividerebbero.
E
non posso fare niente per evitarlo.
17 Febbraio, Sera. Ore 22:07
Black
Horse Pub, Londra
Pub del Black Horse.
Luogo
malfamato, ritrovo di criminali, persone che non hanno una vita.
Di
certo non un luogo dove trascorrere le serate con gli amici.
Si
trova in un vicolo buio, vicino al luogo dove il Tamigi si congiunge al mare,
dove le sue acque addolciscono il Mare del Nord, come in una sorta di crudele
battaglia.
Bene
o male le acque del mare non si sottoporrano mai a quelle del fiume.
Per
quanto dolce possa essere, il salato del mare non si piegherà mai alla sua
volontà.
E'
una guerra in cui il vincitore è sempre lo stesso.
Non
vi possono essere cambiamenti.
Mi
avvicino all'entrata.
Alcuni
uomini in gruppetti di due otre
parlano, celando i visi, fumando sigarette di pessima qualità.
Altri
a cui ormai l'alcool ha offuscato i sensi, dormono distesi agli angoli del
vicolo, sull'umido dell'asfalto e il freddo della notte di febbraio.
Indosso
un lungo cappotto nero, i capelli raccolti sulla nuca, due grandi occhiali da
sole.
Anche
se è notte, corro il rischio di farmi riconoscere, specialmente in un luogo
pubblico.
Mi
passo le mani sui fianchi, sento le pistole saldamente fissate alle mie cosce
nelle fondine, meglio non attirare l'attenzione.
Faccio
una smorfia notando un uomo sui quarant'anni in preda a conati di vomito poco
lontano dall'entrata di servizio.
Mi
affretto ad entrare.
Il
locale è silenzioso.
Un'aria
opprimente e viziata vi è tutto intorno.
Ai
tavoli sporchi e consunti, sono seduti uomini dai visi loschi, barbe incolte,
bende sugli occhi, cicatrici sulle guance.
Parlano
sommessamente tra di loro, lanciando occhiate qua e là verso l'entrata.
Sorseggiano
birra, wishky, scotch e qualche bicchiere di vino di pessima scelta.
Rimango
per un attimo ferma sulla soglia.
Mi
ci vuole una manciata di secondi prima di dirigermi verso il bancone.
Il
barista sta pulendo un boccale con uno straccio unto e macchiato.
Mi
sfugge mio malgrado una smorfia di disgusto.
Decido
di sedermi.
Non
mi tolgo gli occhiali.
Una
strana sensazione mi assale all'improvviso.
Come
se qualcuno mi stesse fissando insistentemente.
Mi
volto prima a destra e poi a sinistra, ma non vedo che criminali e prostitute
che cercano di abbordarli.
Torno
a guardare verso il barista.
-Un
bicchiere di vino rosso-
Parlo
piano tenendo lo sguardo fisso in quello dell'uomo.
Ha
capelli neri legati in una coda, la barba incolta che gli cresce sul mento e
sulle guance. Due occhi grigi, spenti.
Mi
guarda con aria vuota, prima di chinarsi, prendere un bicchiere pulito e
riempirlo con un po' di vino.
Me
lo porge.
Lo
ringrazio con un cenno del capo.
Ne
bevo un sorso.
Fa
schifo. Questo è sola una disgustosa e mal riuscita imitazione di un vino.
Riappoggio
il bicchiere sul bancone.
Ancora
quella fastidiosa sensazione: qualcuno mi fissa.
Mi
costringo a tenere lo sguardo fisso sul legno scheggiato quando sento una voce
alle mia destra.
Mi
volto lentamente.
Un
uomo alto e possente mi guarda.
Ha
un ridicolo sorriso sulle labbra.
-Ehi,
bella.-
Non
lo considero minimamente e torno a concentrarmi sul mio vino o presunto tale.
Ma
questo non se ne va, anzi, si siede sullo sgabello accanto al mio.
-Fai
la preziosa?-
-Mi
lasci in pace-
Rispondo
piatta, evitando il suo sguardo.
Questo
scoppia a ridere.
-Come
ti chiami?- mi chiede dopo essersi calmato.
Sento
la rabbia montarmi dentro.
Con
una velocità della quale anche io mi soprendo, infilo la mano sotto il
cappotto, serro la presa sulla mia pistola.
Mi
sporgo verso di lui puntandogli la canna ghiacciata alla pancia.
-Ho
detto: mi lasci in pace-
Scandisco
ogni singola parola con voce gelida.
Nessuno
ha notato le mie manovre, fortunatamente.
Lo
vedo sbiancare.
Si
alza di scatto dallo sgabello, alzando le mani.
Rimetto
la pistola al suo posto prima che qualcuno la noti.
-Ehi Ehi Ehi. Non c'è bisogno di scaldarsi tanto-
Rimane
fermo in piedi davanti a me, con aria persa e impaurita.
Dio
quanto è ridicolo, grande e grosso eppure pavido come un coniglio.
E
ancora.
Qualcuno
mi fissa, sento il suo sguardo sulla nuca.
Socchiudo
gli occhi stringendo le labbra fino a farle diventare bianche.
Rialzo
lo sguardo sull'uomo.
-Chi
è Angus Lowfire?-
Mi
informo sull'uomo che devo uccidere stasera.
Il
bestione sembra tranquillizzarsi.
-E'
fuori sta discutendo con un gruppo di uomini-
Finisco
il vino in un sorso solo, reprimendo una smorfia.
Lascio
alcune monete sul bancone, prima di avvicinarmi all'uscita senza una parola in
più.
Vediamo
di sbrigare questa faccenda nel minor tempo possibile.
Ma
quando giungo alla soglia una figura attira la mia attenzione.
Un
uomo solo, incappucciato, seduto al tavolo più vicino all'uscita.
Sorseggia
birra da una pinta.
Riduco
gli occhi a fessure tentando di vedere meglio, ma non ci riesco.
Mi
volto decisa ed esco.
Vedo
il gruppetto indicatomi poco più in là dell'entrata del locale.
Mi
avvicino.
-Angus
Lowfire?-
Un
uomo pelato, magro, con un tatuaggio sul collo fa capolino dalla massa.
Gli
altri si spostano in modo che lo possa guardare in faccia.
Mi
sfugge un sorriso.
-Si?-
Mi
risponde poco convinto.
Tiro
fuori le pistole in un batter d'occhio.
Tutti
si discostano chi gridando, chi correndo via.
Mi
lasciano piazza libera.
-Sei
arrivato al capolinea, tesoro- gli rispondo divertita.
Carico
entrambe le armi anche se all'ultimo momento ne sceglierò una.
Ma
prima che possa fare fuoco una voce proveniente da dietro le mie spalle mi
ferma.
-Ferma.
Mani in alto. Sono del corpo Auror.-
Non
mi sento per niente intimorita, anzi quasi compiaciuta da questo cambiamento di
programma.
Mi
volto lentamente, mantenendo una pistola su Angus e l'altra sull'Auror.
Inclino
la testa, per niente intenzionata a fare quello che mi dice.
-Sei
arrivato giusto in tempo per vedere le cervella di questo scarto di società
saltare in aria-
Senza
una parola, premo il grilletto.
Un
colpo secco, uno suono strozzato mi giunge alle orecchie.
La
cosa non mi turba più di tanto.
Non
mi volto nemmeno a vedere il cadavere della mia vittima, quel che conta è che
sia morto.
Rido
portando entrambe le pistole sull'uomo incappucciato.
Si
perchè solo ora mi rendo conto che era suo quello sguardo che mi sentivo
puntato addosso in quel pub.
Mi
cercano, mi stanno alle calcagna, e credono di avermi presa.
Povero
illuso.
-Non
dovevi farlo- mi dice tenendo la bacchetta puntata contro di me.
Con
un movimento deciso lo raggiungo, gli tiro un calcio ben assestato nella
pancia.
Si
piega in due con un gemito.
-Cazzo-
parla a denti stretti prima di lanciarmi contro uno Schiantesimo.
Lo
evito per un pelo facendomi da parte.
Rinfodero
le pistole.
Mi
torna addosso stavolta da dietro.
Sento
uno strano rumore ma tento di non farci caso.
Alzo
il gomito colpendolo con decisione al mento.
Mi
volto appena in tempo per vederlo vacillare.
Colgo
l'occasione per tirargli un altro pugno, spingedolo con la schiena verso il
muro.
Il
naso gli sanguina.
Si
porta una mano alle labbra, anch'esse spaccate, si fissa la mano sporca di
sangue prima di alzare lo sguardo su di me.
-Sono
desolata, non l'ho fatto apposta- rispondo allegra.
-Cazzo
ma sei una donna!- esclama.
Sento
la rabbia salirmi dentro.
Estraggo
le pistole e gliele punto contro.
-Si
sono una donna, problemi? Sei un altro di quei fottuti misogini che lavorano al
Ministero?-
-Sai
che non puoi fuggire per sempre-
-Non
dovevi impicciarti-
-Ti
prenderemo prima o poi-
-Come
ti chiami?-
-Chac-
-Allora,
Chac, ti devo confessare che adesso ho una gran voglia di ammazzarti-
Rimane
zitto, ma non lo vedo spaventato.
Bene,
un avversario degno di essere ucciso.
Carico
le pistole.
Ma
all'improvviso sento dei passi avvicinarsi velocemente.
Guardo
nella direzione dal quale provengono, per poi tornare a fissare Chac.
-Fregata-
mi dice.
-Qualcuno
ti vuole bene, Chac-
Punto
la pistola alla gamba destra dell'uomo e faccio fuoco.
Lo
sento gridare prima di cadere a terra tenendosi la gamba ferita con entrambe le
mani.
-Io
ti ho fregato- gli dico facendogli il verso.
Ormai
sono vicini.
Rinfodero
le pistole.
-Addio-
Corro
verso la parte più buia del vicolo prima di Smaterializzarmi appena in tempo
perchè gli Auror non mi vedano.
17 Febbraio, Sera. Ore 22:24
Black
Horse Pub, Londra
Corro
a più non posso.
Il
segnale di Chac è appena arrivato, sono riuscito giusto a chiamare un paio di
Auror prima di raggiungere il Black Horse.
Ci
muoviamo veloci, ma quando intravedo l'insegna del locale, non tardo a capire
che ormai è troppo tardi.
L'Angelo
Nero se n'è andato.
Aumento
la velocità rimettendo la bacchetta nella tasca dei pantaloni.
Non
ce ne sarà bisogno, stavolta.
Noto
la figura curva di Chac per terra, vicino alla porta di entrata.
Nessuno
gli ha prestato aiuto.
Lo
raggiungo chinandomi su di lui cercando di riprendere fiato.
Tiro
un sospiro di sollievo, mio malgrado, vedendolo cosciente.
-Ehi....tutto...bene?-
dico a fatica.
-Ron
è una donna! Una donna!- scuote la testa incredulo passandosi le mani sporche
sui capelli.
-Andate
a vedere in fondo al vicolo- urlo ai miei compagni.
Fisso
la ferita da fuoco.
Anche
stavolta ha usato armi babbane.
Devo
portarlo al San Mungo.
A
malapena sento le sue parole.
-Una
donna?- chiedo senza pensarci troppo.
-Si
una donna, è incredibile, stiamo correndo dietro ad una ragazza!-
Le
parole di Chac sembrano assumere improvvisamente un significato.
-No,
aspetta- gli faccio -Chi è una donna?-
-L'Angelo
Nero, Ron! Chi sennò?- mi chiede agitato.
Rimango
basito.
-Cosa?-
Sbuffa
stizzito.
-Si
Ron! E' una donna. L'Angelo Nero è una donna!- Scandisce le parole come se
stesse parlando con un sordo.
Apro
la bocca un paio di volte senza sapere che dire.
Rimango
in silenzio.
-Dobbiamo
andare al San Mungo- rispondo piatto e confuso.
-Non
c'è nessuno tenente Weasley.- uno dei uomini si avvicina.
-Fa
niente, tornate a casa, stileremo il verbale domani-
Dico
solo questo prima di Smaterializzarmi assieme a Chac.
Dedico questo capitolo ad Alessandro e a Nicola, che nonostante siano
degli idioti, restano sempre miei amici… che possa andar
Dedico
questo capitolo ad Alessandro e a Nicola, che nonostante siano degli idioti,
restano sempre miei amici… che possa andarvi sempre tutto bene.
Scusate il ritardo...
Ma dovrete abituarvi, temo, se vorrete avere ancora
a che fare con me... lo so, dovrei trovarmi uno spazio anche per scrivere, con
maggior regolarità e assiduità, senza pormi troppi grattacapi. Il problema è
che proprio non ci riesco, e ve lo giuro è stata una sofferenza scrivere questo
capitolo. Non so se sia una schifezza o meno, ma di sicuro si può fare molto
meglio di così. Scusatemi ancora... ma l'estate mi rende strano, molto più
strano di quanto non sia già.
E se l'autunno mi placa e
mi dona ispirazione, triste il più delle volte, il caldo e la sua stagione
madre mi chiamano fuori, allo scoperto...
E non ci sono versi o cose
che possono dissuadermi da queste azioni.
Perciò, se vedrò che sarà
così, non mi lamenterò di certo se riceverò poche recensioni... voglio dire, ne
avete tutto il diritto.
La mia collega, almeno,
aggiorna a velocità lampo e quantomeno il periodo che perdo io lo recupererà
lei... ma so che comunque non è abbastanza.
Mi spiace.
Semplicemente.
Non posso che dirvi
grazie... grazie se leggerete questo capitolo. Grazie se in un impulso
d’euforia lo commenterete. Grazie se perderete anche solo un momento ad
ascoltare le parole di un pazzo.
Grazie... non lo merito, ma
comunque lo apprezzo.
E adesso, come essere
invisibili e irriconoscibili, seguiamo il percorso di più vite che si fondono
insieme...
Indefinite.
Buona lettura...
SIAMO ANCORA NOI
Indefinito
La vita disegna trame e
percorsi che, per certi versi e per la maggior parte delle volte, non riusciamo
a ben identificare. Ci sembra di conoscere l'origine delle cose e come si
svolgono realmente i fatti.
Ma se qualcosa nel nostro
stupendo castello di carte cede, ci ritroviamo spaesati... perduti in un mondo
pieno di domande ingiustificabili e di inutili sospetti.
Se ci fermassimo invece a
pensare e a guardare le cose nella loro natura, e non nella nostra mentalità
contorta, forse vedremo quello che la vita è in realtà.
Qualcosa di indefinito.
Ma di comunque
bellissimo...
7°
Capitolo
Indefinito
***
*** ***
I
am unwritten, can't read my mind, I'm undefined
I'm just beginning, the pen's in my hand, ending unplanned
Starring at the blank page before you
Open up the dirty window
Let the sun illuminate the words that you cannot find
Reaching for something in the distance
So close you can almost taste it
Release your innovations
Feel the rain on your skin
No one else can feel it for you
Only you can let it in
No one else, no one else
Can speak the words on your lips
Drench yourself in words unspoken
Live your life with arms wide open
Today is where your book begins
The rest is still unwritten
Sono qualcosa d’indefinito,
non riesco a capire la mia mente, non ho una definizione
Sono ancora all'inizio, la penna è nella mia mano, la fine non è stata ancora
decisa
Stavo fissando la
pagina bianca prima che tu
Apra la finestra sporca e
Lasci che il sole illumini le parole che non riuscivo a trovare
Cerchi di prendere qualcosa lontano
Sei tanto vicino che puoi quasi sentirne il gusto
Lascia perdere le tue inibizioni
Senti la pioggia sulla tua pelle
Nessuno può descriverti questa sensazione
Solo tu puoi lasciarla entrare in te
Nessun altro, nessun altro
Nessun altro può dire le parole che stanno sulle tue labbra
Bagnati con le parole che non hai detto
Vivi la tua vita a braccia aperte
Oggi è il giorno in cui inizia il tuo libro
Tutto il resto non è ancora stato scritto
(Unwritten
- Natasha Bedingfield)
*** *** ***
18 Febbraio. Sera. Ore 23.32
Heaven Street
Un
uomo dall'aria imponente troneggia sul cumulo di morti... sa che molte persone
sono cadute oggi. Sa anche che sono cadute per mano sua, ma non se ne cura poi
più di tanto.
Ha
una larga cicatrice che gli attraversa tutto il volto. Una mezzaluna storta,
più contorta del suo possessore. Gli occhi rimangono lucidi e freddi come
specchi di ghiaccio e attraversano tutta l'aria circostante, quasi a volerla
abbracciare col solo sguardo.
Un
ghigno esce dal suo volto deturpato. Un lavoro ben fatto, anche questa volta...
presto arriverà il momento del vero divertimento. Per ora gli sono stati
assegnati tutti compiti abbastanza facili. Vittime pure e indifese da massacrare.
Un
lavoro facile... e senza rimorsi.
Si
guarda le mani sporche di sangue e se le porta alla bocca. Sente il sapore
metallico del sangue accarezzargli il palato e inebriarlo di piacere. No, non è
un vampiro... questo no. E' solo un uomo che è passato al male e che non ha
provato a tornare indietro. Più che un uomo può sembrare un demone, tanta è la
ferocia e la determinazione con cui strazia le sue vittime in battaglia. Un
uomo votato alla causa suprema dell'Ordine, che non fa domande, non si pone domande,
e si preoccupa di eseguire senza chiedere risposte.
Un
uomo dannato... niente di più.
Si
scuote il mantello nero pece, dalla terra del campo. Lo fa con frenesia e
leggera soddisfazione. Muovendosi, calpesta per sbaglio, o per leggera rivalsa,
la piccola mano di un bambino la cui vita è da poco stata spezzata. Ricorda la
sua morte. Come ricorda tutte quelle delle sue vittime.
E
non n'è servito a nulla sentirsi pregare in ginocchio, strusciando per terra
con sottomissione puerile. Non sono servite le sue lacrime calde scendere per
aiutare una madre, che aveva perso troppo sangue per essere anche solo salvata.
Non n'è servito il suo grido corroso, un urlo dalle tonalità grigie, appena è
stato trafitto dalla sua spada...
A
nulla questo è servito, perchè lui non ha avuto pietà, e perchè il loro destino
era già segnato. Un destino di poveri sciocchi, inutili nel cammino del mondo.
Avrebbe
potuto risparmiarli? Sì, certo... ma non ne trovava il vantaggio. Non si
trattava di giovani ragazze da assaporare lentamente, che potevano servirgli
anche da vive, ma di vecchi... e soprattutto di bambini. Che vantaggio poteva
trarre dal lasciarli in vita?
Nessuno...
Forse
sarebbero cresciuti... con il rancore e l'odio che cova dentro. Forse in un
futuro lontano l'avrebbero cercato, seguito... forse l'avrebbero trovato,
vecchio e sfinito da mille battaglie, e gli avrebbero fatto subire
l'umiliazione che aveva fatto provare loro. Forse lo avrebbero semplicemente
ucciso.
E
il suo orgoglio, questo, non poteva permetterselo.
Fu
così che si voltò dalla parte opposta, senza pensare e dire più niente, senza
rimorsi e senza rimpianti, e s’incamminò... adesso non era più il tempo per
sciocchi ricordi. Adesso avrebbe avuto missioni più difficili da portare a
termine. Missioni rischiose e avventate, nelle quali si rischia più volte la
vita... le sue preferite.
L'Ordine
gli aveva dato un compito molto interessante. S’immaginava già la scena e ne
pregustava le mille sfaccettature. Sentiva le urla di quella ragazza invocare
pietà, o magari chiedere aiuto... vedeva le sue lacrime gravi uscire dai suoi
occhi pallidi. Sentiva il suo suono straziato di chi non si può opporre...
Si
sarebbe divertito. Molto divertito.
E
sarebbe diventato un passatempo molto rilassante, tra un ordine e l'altro...
avrebbe giocato, oh sì, come avrebbe giocato. L'avrebbe resa schiava ancora una
volta, quando in passato lo era già stata. Ne avrebbe assaggiato la pelle
setosa e avrebbe accarezzato i suoi capelli di pesca. L'avrebbe fatta piangere
e soffrire. Ma si trattava di pura e semplice prassi, nell'oceano del silenzio.
In fondo lo sapete, come lui lo sa, il silenzio della coscienza non genera
altro che mostri. Mostri e paure... da cui non si può sfuggire.
Soffrire
o morire... a lei sarebbe spettata la scelta. Lui si sarebbe solo regolato di
conseguenza.
Ma...
c'era qualcosa... Qualcosa di fastidioso, che intralciava il suo stupendo sogno
di crudeltà. Qualcosa di tremendamente fastidioso....
Non
sarebbe stato facile, tutt'altro... gliel' avevano descritta al suo comando e
sentirsela presentare così, all'inizio gli parve un po' esagerato, ma con il
tempo e sopratutto con la scia di morte che aveva seminato al suo passaggio, le
sue convinzioni seppero crollare.
Forte,
decisa, ineguagliabile nelle arti magiche.... una tigre. Una tigre senza casa e
senza meta, che deve solo trovare il mezzo più facile per sopravvivere e per
andare avanti. Una tigre pronta a combattere ad ogni costo. Per se stessa e per
la sua libertà...
No,
non sarebbe stato facile... no.
Ma
lui non poteva farsi problemi e sicuramente le profezie non dicevano di certo
il falso... la sua via era segnata. Il suo cammino già deciso.
Lui
era un uomo, e doveva eseguire il suo compito. Lui era Raw, e non si sarebbe di
certo fatto spaventare da una donna...
Si
sistemò al meglio il mantello e guardo il cielo.
Immagini
imprescindibili si formavano nella volta celeste seguendo un percorso senza
senso, ma comunque bellissimo.
No,
non sarebbe stato un problema... non questa volta.
E
non vi stupirete alle mie parole, sentendomi dire che a molte miglia di
distanza da quel luogo di sangue, un angelo ebbe un sussulto.
Un
angelo nero che si risveglia dal sonno...
Impaurito.
19 Febbraio. Notte. Ore
2.00
Casa di Ron
Sono
stanco.
Molto
stanco.
Mi
rigirò nel letto con innaturale frenesia, e anche se vorrei chiudere questi
dannati occhi e concentrarmi in piacevoli sogni, che poi di solito si rivelano
incubi terribili, le mie palpebre restano ben ancorate verso l'alto non
permettendomi il meritato riposo.
Il
soffitto della mia stanza, ampia e spaziosa come sin dai tempi della Tana avevo
desiderato, sembra ancora più buio di quanto non sia in realtà. Il lampadario
di vetro lavorato oscilla leggermente sopra la mia testa, un po' come l'ascia
del boia che aspetta il condannato, e forma cerchi più o meno concentrici nel
suo andirivieni lento e costante. Fuori dalla finestra rumori di strada e di
motociclette che sgommano sull'asfalto... i soliti idioti che non hanno niente
di meglio da fare che consumare le gomme nella gelida nottata, e soprattutto
consumare le mie più sensibili parti maschili... insopportabilmente idioti.
Idioti patentati... ma non ho neanche la forza di alzarmi per fare loro una
lavata di capo, o forse non voglio dare loro la soddisfazione di deridermi dal
basso, come un vecchio ormai in pensione.
Sono
stanco... stanco, davvero.
Muovo
le gambe sotto le coperte in cerca di calore. E' stata una settimana molto
fredda e piovosa, quest'ultima... i giornali babbani, che sono sempre pretenziosamente
pronti ad esagerare tutto, l'hanno definita pure come una specie di seconda era
glaciale. Pensa un po' te... mah, non riesco a capire come possano andare
avanti babbei come si ritrovano. Sono semplicemente allucinanti.
Mi
sdraio meglio sul fianco e cerco di pensare a qualcosa di felice e rilassante,
in modo da assicurarmi un sonno sereno e duraturo, anche se sono ben
consapevole della difficoltà di quest'atroce operazione. Mia madre, per quanto
io la ricordi ancora, lo diceva sempre e mi esortava a mettere in pratica i
suoi affettuosissimi, forse troppo a dire il vero, insegnamenti.
Ronald...
non riesci a dormire?
No,
mamma... non ci riesco. E non chiamarmi Ronald, quante volte devo dirtelo
ancora?
Su
su, basta storie... adesso chiudi gli occhi e pensa a qualcosa di bello, ma di
bello davvero, vedrai che farai un buon sonno.
Ok,
ci proverò...
Bene,
notte tesoro.
Notte,
mà...
Notte.
Cara
vecchia mamma... anche lei mi ha lasciato solo. Come tutti del resto. Da
ragazzo, ho sempre pensato, come è solito per la gran parte dei ragazzi della
mia giovane età, che la mamma fosse solo un qualcosa di imprescindibile e
inarrivabile. Qualcosa di fastidioso e di dolce, qualcosa di severo e di
allegro, qualcosa da detestare e semplicemente da amare. Oh, sì... io volevo
bene a mio madre, anche se forse il mio più grande rimpianto è stato
sicuramente di non averglielo mai detto direttamente. Mai un ti voglio bene.
Mai un grazie sincero, ma solo di circostanza. Solo frasi fatte, e abbracci di
convenienza... perchè sì, lo ammetto, sono stato e sono un'egoista.
Ma
a queste cose ci pensi dopo, quando ormai è troppo tardi e quando ormai i tuoi
errori non possono essere più riparati. Non puoi farci niente, è solo.... così,
niente di più. E quando morì, e ancora oggi le cause di quella morte improvvisa
sotto la pioggia d'estate restano arcane e sconosciute, mi accorsi in realtà di
quanto avevo perso. Mi accorsi di quanto fossi stato tremendamente sbagliato e
di quanto avevo voluto bene a quella donna, che oltre ad un madre, nell'ultimo
periodo, era diventata anche un'amica.
E
così.... puff. Svanita nella nebbia.
E
non è servito urlare al cielo parole rabbiose e frustrate, contro un Dio
sconosciuto che aveva saputo portarmela via. Ero ben consapevole di aver
commesso un errore, un errore grande e pesante come un macigno spesso e
insostenibile, e di quanto la colpa fosse solo mia. Sarebbe bastato un niente
per non avere rimpianti... e invece, ci soffro ancora. Ancora.
Per
cui, voi che in questo momento mi state ascoltando, voi che siete qui e sentite
la mia storia, non fate come me. Non fatelo perchè potrebbe costarvi caro.
Fatemi un favore, o meglio fate un favore a voi stessi, appena finito con me
cercate i vostri genitori... non importa se sono lontani. Trovateli, chiamateli,
fatevi sentire... e poi se li vedete abbracciateli, ricopriteli di baci e
ditegli quanto gli volete bene, ma tutto il bene che provate dentro di voi.
Promettete di farlo... vi prego. Questo è indipendente, e slegato da tutto il
resto, da quanto io voglia raccontarvi la storia. Consideratelo solo un
consiglio... un consiglio di chi ha sbagliato e di chi continua a sbagliare
tuttora. E' un consiglio... e anche se non lo avete mai fatto, anche se vi
riesce difficile avere un tipo di contatto così intenso con loro, per favore,
donategli questo regalo. Un regalo che viene dal cuore, lo apprezzeranno... ne
sono sicuro.
E
se vi chiederanno: "Hai combinato qualcosa e vuoi addolcirci la
pillola?" ditegli solo la verità. Perché anche se sono rompiscatole e a
volte, spesso diciamo, sembrano avere dei paraocchi formato Salumi Beretta,
vedono quando si è sinceri o no. Magari gli ci vuole un po'... ma ci arrivano,
vedrete.
Posiziono
meglio il cuscino e sposto la testa leggermente sulla mia destra. Forse una cosa
che dovrei cambiare davvero è proprio il materasso. E' scomodissimo e ad ogni
movimento il letto sembra produrre sempre dei rantoli soffocati. Un vero
inferno.
Pensa...
pensa a qualcosa di bello.
Vedrai
che farai un buon sogno.
Come
se fosse facile, cavolo... ho mille problemi che mi gironzolano nel cervello, e
non è affatto un buona situazione. Senza contare che sono molto preoccupato per
Chac e per la sua salute... appena al San Mungo, me lo hanno letteralmente
strappato dalle braccia dicendo che aveva bisogno di cure urgenti e che per
alcuni giorni non doveva essere disturbato. Quante idiozie mi tocca sentire...
Chac è una roccia, figurati se rischia qualcosa, ma i medici hanno sempre avuto
il dono di mettermi ansia. A volte mi viene da pensare che fare da soli sia
addirittura meglio, ma in questi anni ho appurato di quanto fosse sbagliata la
mia constatazione.
E
poi c'è lui... l'angelo Nero.
O
meglio lei.
Ma
la prenderò... fosse l'ultima cosa che faccio. Ha commesso un errore che
potrebbe costargli caro: ha sparato a Chac, e questo non doveva farlo. E sapete
una cosa, sono incazzato nero, ma nero davvero. E non è un buon auspicio,
tutt'altro...
Anche
se, bisogna dirlo, è stata una vera sorpresa, deve ammetterlo sinceramente. Un
donna, che crea un tale casino... ne conoscevo solo una che, quando si
arrabbiava, diventava così tremendamente incontrollabile. Ma anche lei... puff,
svanita.
Come
a tutte le cose a cui io voglio bene.
A
volte, mi sembra che lassù se la siano presa con me per qualcosa... a dire il
vero, non so cosa e non ci tengo neanche a saperlo, ma comunque questa
sensazione continua ad accompagnarmi.... sempre. Uno dopo l'altro mi sono stati
portati via, senza possibilità di appello e senza aver almeno la possibilità di
salutarli.
Io
non vi conosco. Nessuno di voi... vedo le vostre facce attente e silenziose, e
penso a quante vite si intrecciano anche solo per un singolo attimo. Domani non
mi ricorderò più delle vostre espressioni e dei vostri commenti sottovoce. Tra
un mese non sarete altro che spessa e fitta nebbia. E se a distanza di tempo
dovessi rincontrarvi, c'è una grandissima probabilità che non riesca a
riconoscervi.
Ma
non importa... perchè adesso siete qui ad ascoltare la mia storia. E anche se
siete capitati per sbaglio, non andatevene... non ancora. Devo ancora finire
quello che ormai da tempo ho iniziato e se ve ne andate, se mi abbandonate, non
rimarrà nessun ricordo di quello che fu e che è stato.
Ormai
sono giunto alla conclusione, senza dubbio sensata e mi costa molto ammetterlo,
che non riuscirò a dormire e che mi toccherà passare l'ennesima notte in
bianco. Come se ne avessi bisogno.
Mi
scopro lentamente dal mio giaciglio di pensieri e coperte, e mi metto in
posizione eretta sullo scomodo letto. La sveglia, sì proprio quella... avete
capito, segna con fare luminoso e spettrale le due di notte, annunciandomi
l'ora del mio temporaneo ritorno nel mondo dei vivi.
Mi
alzo in piedi e abbandono quel luogo di sudore freddo e tetri pensieri, e
cammino sul pavimento di marmo a piedi nudi, visto che questo non può far altro
che giovare alla mia già precaria salute.
Non
ci vedo un accidenti... e non mi piace. Da piccolo ho sempre avuto dei blocchi
mentali piuttosto idioti, molti generati dai miei adorati e ormai compianti
fratelli, e alcuni di essi li riporto tuttora. I ragni, come ormai tutto il
mondo magico sa (anche questa cosa poi, mi andrebbe spiegata) sono il mio punto
debole per eccellenza. Quando li vedo... mi blocco. Semplicemente. Non tremo e
strillo più come una gallina impazzita, come tempo addietro ero capace di fare
(Hagrid ancora me la paga...), ma resta il fatto che mi pietrifico
completamente. Non ci posso fare nulla, purtroppo... l'aracnofobia è molto
diffusa come tipo di patologia, anche se ad un tenente dei difensori magici, è
richiesta un po' più di calma e sangue freddo, purtroppo.
Insomma,
per uscire da questi ricordi spiacevoli, parlavo del buio. Bhè... il buio è
molto strano, direi. Può essere rilassante o spiacevole, come in
contraposizione continua. Può dare semplicemente una sensazione di vuoto o può
terrorizzare a morte. Basta scegliere... gli aspetti sono molti.
E
adesso, che mi ritrovo qui, al centro della mia stanza, soltanto con il mio
corto pigiama comprato alla fiera, sento dentro di me una leggera inquietudine.
Perchè il buio porta con se ricordi dolorosi della mia vita e non è facile
sempre accantonare le cose. I rumori si fanno più spessi, amplificati...
terrorizzanti.
E
poi io voglio vedere in faccia la vita così com'è... non dico certo che
preferisco vedere un cadavere straziato che restare al buio, questo no. Ma è
fastidioso non vedere le cose.
Avanzo
tentoni verso la porta della mia camera, desideroso di premere il tasto che
porta alla tanta agognata luce. Posso distinguerlo ora che i miei occhi si
stanno abituando all'oscurità. Continuo a camminare con cautela con la mano
protesa in avanti, un po' come in quel film babbano dove il cowboy sta per
morire.
E
poi... l'irreparabile.
Cado
rovinosamente con il mio posteriore per terra, e mi trascino dietro nella
caduta un mobiletto della stanza, nel tentativo di frenare in parte l'imminente
contraccolpo.
"
Cazzo "
Perchè
la mia mente da decerebrato deve sempre lasciare i pesi da 10 chili nel mezzo
alla stanza? Non è normale che poi qualche coglione inevitabilmente ci casca
sopra?
Il
resto è solo una mare di imprecazioni emanate sottovoce, come leggero sfogo. A
terra cocci di porcellana e vetro, e altre cose che per adesso non sono in
grado di identificare. Raggiungo dolorante la porta e riesco finalmente ad
accendere quella maledetta luce.
La
stanza si illumina subito, con forza, accecandomi parzialmente.
Cerco
di guardare a terra per vedere l'entità del danno precedente, che subito
un’altra sciagura si abbatte su di me.
"
PORCA PUTTANA "
Scusatemi,
non sono un mostro di eleganza e di gentilezza, ma in sostanza quando ci vuole
ci vuole. Un urlo disumano si scaglia nel silenzio quando un vetro
particolarmente spesso si pianta con poca grazia nel mio piede.
Il
resto è immaginabile.
Ancora
urla.
Ancora
insulti ad un Dio, che se esiste, odio profondamente.
Ancora
imprecazioni.
E
non mi resta altro che incamminarmi verso il bagno, con il sedere dolorante per
la caduta, e con il piede insanguinato che ormai sta raggiungendo tonalità grigie
e mortuarie.
Che
razza di sfigato.
Me
lo diceva sempre Malfoy, ma se un po' di giustizia c'è, almeno lui è schiattato
e poi adesso pensare a lui è l'ultima delle mie prerogative.
Mi
avvicino al bagno, senza particolare grazia, inscenando un patetico balletto su
un piede solo e effettuando piroette senza senso per procedere più velocemente.
Quando
ho medicato, asciugato, curato (per quanto le mie conoscenze mediche, mi hanno
permesso) il mio povero arto dolorante, la prima domanda che mi sorge spontanea
quando torno in camera è: " non potevo stare in quel cazzo di letto?
"
Adesso
che i miei occhi si sono abituati alla luce, o quantomeno adesso che riesco a
vedere quello che mi circonda in maniera più o meno nitida, vedo il disastro
che poi è la mia stanza.
Magliette
varie e jeans sparsi ovunque. Lo stereo ancora aperto e con i cd che girano di
continuo. L'armadio semi aperto che rivela una quantità di roba informe che
tenta di uscire. Sì, sono goffo, egoista, pigro e anche disordinato. Quale
donna non mi vorrebbe tra le sue braccia? Sono o non sono un uomo da sposare?
Ok,
tralasciando l'ironia e il sarcasmo che non n'è ho bisogno al momento,
inquadriamo bene la situazione. Al centro della stanza vedo gli artefici di
tutto il precedente casino e del mio consistente dolore fisico, anche se gran
parte del merito spetta sempre a me, e la prima cosa che vorrei fare è tirarci
un grosso calcio, anche se poi le conseguenze potrebbero essere devastanti...
per il mio piede, intendo.
Mi
volto verso il luogo dell'incidente e quello che vedo mi butta ancora più giù,
come se fosse ancora possibile. Il mio preziosissimo vaso Ming, comprato da un
contrabbandiere a prezzo stracciato, è in pezzi. I libri, giusto perchè mi
ritengo un persona acculturata, sono sparsi per terra e raffigurano splendide
immagini di donne nude... e non consideratemi male. Solo che certe volte se ne
sente il bisogno, no? No... ho capito, sto zitto.
Il
telefono, una delle cose che prima non ero riuscito ad identificare, e vi
annuncio che da alcuni mesi ho anche imparato a digitare i numeri (anche se
chiamare è un'altra cosa), pende leggermente dal mobiletto ammaccato e a
vederlo mi fa ancora più l'effetto di un oggetto totalmente inutile, oltre che
babbano.
E
poi vedo una cosa che mi stringe il cuore. Una cornicetta di conchiglie, molto
semplice, leggermente scalfita dalla caduta... al suo interno una foto, che da
anni mi ero imposto di non guardare più e che da mesi tenevo persino capovolta.
Poi un vetro, spaccato in più diramazioni (considerando che un pezzo
consistente lo ha accolto il mio piede) e una sottile scalfitura sul lato
posteriore.
Quella
foto... a rivederla vorrei urlare ancora.
Ma
non di dolore. Di disperazione, di rimpianto, di rimorso... un urlo ancora più
forte di quello tirati in precedenza. Vorrei poter gettare tutto e fuggire,
anche così in pigiama con il freddo dell'inverno a gelarmi le ossa e con i
ragazzini che mi deridono sulla strada. Vorrei non essermi mai alzato,
improvvisamente.
Ma
ormai è tardi.
I
miei occhi non si staccano più da quell'oggetto arcano. La mia mano ripercorre
il profilo di persone e cose di tempi andati, sfregando le crepe del vetro,
come in una semplice e sfuggevole carezza.
Volti
sorridenti e luci spensierate. Il canto di qualcosa di non veritiero, ma che
comunque resta nella memoria. E poi, sì... noi che ci tenevamo per mano e
ridevamo allegramente. Noi che a poco a poco ci abbracciavamo... noi che
restavamo così, per molto tempo. Senza chiedere di più se non il contatto
dell'altro.
Lei...
E
poi le lacrime.
Chiare.
Cristalline. Pietose e disperate.
E
non servono le mie mani sugli occhi per frenare il torrente di emozioni che mi
sento dentro. Non servono... e quando un lacrima scende giù, brillante di luce,
e cade sulla foto, su quella foto che per anni avevo tentato di non guardare,
sento che non ce la faccio più.
E
non sono niente i dolori fisici di poco prima. Perchè dentro scorre qualcosa di
più grande e velenoso. Qualcosa di sbagliato ma che non si può eliminare.
Farla
finita... punto.
In
fondo, al comando non hanno bisogno di me. Come dice sempre il maggiore Stiff,
sono un inetto. E allora, perchè continuare?
Perchè
lo devi a te stesso, prima che a me.
Ed
è così che mi alzo dalla mia posizione scomoda e mi dirigo in cucina. Le lacrime
continuano a scorrere ma non ci faccio caso. Come un automa apro cassetti che
non sapevo di possedere e mi armo di forza di volontà. Quella che è rimasta...
E
sembra strano come le cose nella vita possano cambiare. Un giorno ci sei, e
un'altro non ci sei più. Ed è così che la vecchia cornice, il vecchio vetro e
il vecchio sostegno se ne vanno. Il vecchio lascia campo al nuovo. La cornice e
il resto vengono sostituiti... ma qualcosa rimane, qualcosa di importante e che
mi prometto di non scacciare più.
La
foto resta... lei resta, dentro di me.
Perchè
in fondo le origini e il passato non sì perdono mai...
Basta
saperli cercare.
19 Febbraio. Primo mattino.
Ore 5.27
Darkness
Falls
"
E-è tutto pronto, Signore... "
Un
uomo dall'aria malaticcia e consunta, che credo di non aver mai visto prima, si
avvicina a me tremando visibilmente. Deve essere un nuovo adepto, da come parla
e da come si muove. Possiede ancora tutto il timore e la paura reverenziale dei
nuovi membri... semplicemente patetico.
Lo
vedo chinarsi ai miei piedi, come da protocollo prestabilito, e posso sentire
il suo panico giungere fino alla mia anima, che se ne nutre e se ne compiace.
Essere inutile e debole, del quale forse un giorno mi sbarazzerò personalmente,
che non è stato in grado di mantenere un contegno anche in un compito così
facile. Vomitevole.
"
Puoi andare "
La
mia voce si abbatte nella stanza come un pugno allo stomaco. Vedo la tensione
sciogliersi dal viso di quel essere immondo e posso sentire il suo respiro
irregolare farsi più calmo. Il suo volto perde un po' di colore grigiastro e
una goccia di sudore repressa gli scivola lentamente sulla guancia.
"
Grazie, m-mio signore... "
Lo
vedo, dal mio trono di potenza e negatività, darmi le spalle e incamminarsi
verso l'uscita, con fare eccessivamente veloce e frettoloso. Pensa di aver
fatto il suo dovere, magari non impeccabilmente, ma comunque pensa di averlo
fatto. E di sicuro più di questo, a un essere che non so cosa ci faccia ancora
qui, non si può di certo chiedere. Però...
"
Aspetta un attimo "
E
anche se è girato, e non posso far altro che ammirare la sua vergognosa e
innaturale gobba, posso vederlo in tutto il suo splendore, sbiancare... è
terrorizzato, e mi piace. Mi piace da morire.
Si
volta lentamente, non potendo disubbidire, con l'espressione di un condannato a
morte. Nuovo sudore perlaceo scende dalla sua fronte, e il cappuccio nero del
mantello sembra non volergli proprio stare in piega.
"
Crucio "
E
non posso che scoppiare a ridere quando lo vedo contorcersi sotto il mio
incantesimo. Occhi fuori dalle orbite, muscoli in fiamme... sta soffrendo come
un cane. Oh sì, mi piace da pazzi... ma forse per oggi basta così. Sciolgo
l'incantesimo con un tocco deciso e sento il suo debole corpo contorcersi a
terra.
"
Mai voltare le spalle al tuo signore, verme... "
I
suoi occhi sono opachi e persi di incredulità. Cosa credeva? Che essere ammessi
al Corpo Oscuro fosse una semplice vita di vacanza? Credeva di guadagnarsi la
pagnotta con poco?
"
Striscia verme, e non voltarti indietro "
Con
un calcio deciso e potente nel costato, lo faccio rotolare per la scalinata.
Sento
qualche risata provenire dall'esterno e mi unisco al comune gaudio. E sempre
molto divertente sperimentare questi giochetti. Il nuovo adepto, che per
chiamarlo così altro che eufemismo, striscia in direzione dell'uscita.
Doppiamente patetico.
Con
noncuranza mi siedo al posto che mi spetta e congiungo le mani.
E'
arrivato il momento di una smossa decisiva alla questione. Sono stufo di
mandare i miei uomini migliori in campagne senza senso e in stragi inutili e
infruttuose. Dobbiamo iniziare a mobilitarci... e voglio proprio vedere come ci
respingeranno gli Auror questa volta.
Con
un gesto secco della mano convoco a me i miei servi più fedeli. Ritrovati di
magia oscura, fratelli persi nel cammino dell'oblio e della disperazione,
creature che sono rimaste troppo imprigionate per non essere arrabbiate... le
tre piaghe dell'Oscurità.
Una
luce sinistra esce dalla mia mano tesa. Un riflesso di calore amarognolo invade
la stanza e sento la forza degli antichi congiungersi con me.
E
poi, come se fossero stati lì da sempre, in attesa di ordini e protezione, li
vedo comparire alle mie spalle, forti di una potenza a loro stessi sconosciuta.
Ogni volta che sento la loro emanazione vicina sento quanto in realtà posso
fare su questo mondo. Grazie al loro aiuto, e a dire il vero non servirebbero
neanche i miei migliori Mangiamorte, potrei in pochissimo tempo rendere il
mondo in completa schiavitù. Sotto la mia schiavitù...
Uno
di loro, forse il più cupo e distruttivo, si avvicina a me scuotendo il candido
mantello porpora. Il colore del sangue. I suoi occhi grigi e impenetrabili
dall'odio e dal tempo mi fissano con discreto rispetto, e i capelli, anche essi
grigi come la sua anima, oscillano lievemente, in sincronia con il suo scorrere
lento sul posto.
Lui
è Kaos. Il Primo delle tre piaghe dell'Oscurità, e per adesso ho solo bisogno
di lui.
Con
un movimento del braccio e con la sacra formula dell'Incatenazione, congedo i
miei sudditi nel sonno profano.
Vedo
Kaos sorridere sotto la maschera di cera nera.
E'
giunto il suo momento.
19 Febbraio. Mattino. Ore
8.02
Ospedale San Mungo
Adoro
questo posto...
E'
proprio rinfrancante trovarsi qui, di prima mattina e ciondolante dal sonno,
con fitte doloranti che ti traforano il piede e con una busta piena di riviste
inutili sotto braccio. E' proprio bello aspettare delle ore in piedi, fuori da
una porta che non sembra aprirsi mai, per stupidi e confusionari turni di burocrazia...
è veramente una pacchia. E non sono un cerebroleso masochista, il mio è solo un
patetico quanto comprensibilissimo tentativo di sdrammatizzare le cose. Vedete
quanto serve l'auto-ironia a volte?
Attorno
a me un mondo di rapidità e caos continuo. Medici con cartelle cliniche in mano
che corrono da una parte all'altra; infermiere corpulente che con fatica
caricano pazienti sui lettini; uomini con due teste e babbani che hanno perso
la memoria... ecco a voi il San Mungo, l'ospedale per ferite da incantesimi e
creature magiche.
Nell'aria
il sottilissimo odore dell'alcool metanolo, che si propaga al contatto con le
persone come nebbiolina fine e concentrata.
Un
uomo dalla carnagione scura, tipico dei luoghi del mondo tribale, con un grosso
tatuaggio verde chiaro sulla spalla, si fa avanti all'ufficio assistenza con
particolare noncuranza. Ha i tratti somatici di qualcuno che conosco bene,
anche se al momento non riesco a ricordare a chi possa appartenere un corpo del
genere. E poi dopo tre notti consecutive senza dormire, scusatemi se il mio
cervello ci mette un po', prima di cominciare il suo lavoro.
Sento
la testa girarmi.
Ma
non mi preoccupo poi più di tanto. Se dovessi svenire o se comunque dovesse
succedermi qualcosa, sono sicuramente nel posto giusto. Garantito.
Continuo
a fissare lo strano tipo da lontano, con molta e discontinua intensità. Vedo
che si sbraccia contro un'infermiera e a vederlo così, su due piedi, mi sembra
parecchio arrabbiato. Posso distinguere il sudore perlaceo bagnargli il volto e
i suoi occhi sprizzare furore da tutte le parti.
Poi
com'era venuto, come uno la quale vita per poco è stata intrecciata con altre,
se n'era andato, senza una parola. E di lui, forse, un giorno parlerò più
avanti... con la sua sete di vendetta e il suo tatuaggio verde in risalto.
Passò
un'ora.
Ne
passarono due...
Quando
ormai i miei muscoli sembravano non voler più rispondere a i miei impulsi,
arrivò la tanto attesa ed agognata ora di entrare.
La
famosa porta di vetro infrangibile fece uno scatto sinistro e si schiuse appena
un poco. La varcai con discreta euforia e con particolare gaudio... forse avrei
trovato un posto a sedere, anche scomodo sarebbe andato bene, visto che in sala
d'attesa c'erano stipate più di duecento persone ed era praticamente impossibile
aspettare con tranquillità. Addirittura, qualche volta e in casi di particolare
trambusto, a peggiorare la situazione, si scatenavano vere e proprie risse per
chi doveva essere ricevuto o curato prima. E non era cosa rara vedere
vecchiette assatanate munite di ombrelli appuntiti, scaraventarsi contro esseri
con la coda o uomini diventati irrimediabilmente antropomorfi.
Giustificate
la mia felicità, se non altro... capite le mie ragioni.
Mi
trovai in un corridoio dalle pareti bianche, tanto bianche da risultare
accecanti, e privo di qualsiasi forma di oggetto o vita. Un po' come il limbo
che si attraversa per giungere in paradiso, o all'inferno se non siamo stati
capaci di vivere in pace con gli altri.
In
fondo, l'entrata... una porta, anch'essa bianca ma di un colore più tenue, che
divide la sottile linea tra il conosciuto e l'arcano. Perchè in fondo, dovreste
saperlo... ogni porta che varchiamo è una nuova sorpresa. Anche nella nostra
casa, varcando le varie porte del nostro appartamento, ogni volta vediamo
qualcosa di nuovo. E così per la vita... l'uomo è tenuto a compiere delle
scelte, basta sapersi orientare, e scegliere la porta giusta... il resto non è
ancora stato scritto e non ci è tenuto sapere come andrà a finire.
Io
ho fatto la mia scelta.
Apro
la porta con molta delicatezza e la socchiudo con molta calma. Uno stanzone
pieno di apparecchiature strane, molte con mia grande sorpresa babbane, e un
letto di dimensioni quantomeno eccessive.
E
poi c'è lui, Chac, che mi sorride con il solito ghigno disteso da quel luogo di
candida purezza... era inutile preoccuparsi per lui, lo sanno tutti che è una
roccia difficilmente abbattibile.
"
Per il tuo grasso culo ballonzolante, ho dovuto aspettare tre ore in piedi, in
questo maledetto ospedale... razza di idiota " un modo un po' colorito per
dirgli che gli voglio bene e che sono contento di vederlo quanto meno in
salute.
Sorride...
E
senza parole sa già di avermi risposto.
Ma
poi, come il temporale che non ti aspetteresti mai di vedere, muta improvvisamente
espressione e mi fissa con occhi tremendamente e incredibilmente seri. La bocca
è serrata e sembra voler far uscire molte cose, troppe da poter sostenere. I
suoi occhi mi dicono che non ha aspettato altro che vedermi, per questo… per
tirare tutto fuori a qualcuno che lo può facilmente comprendere.
“
È una donna, cazzo… ti rendi conto? Noi abbiamo corso per tutto questo tempo
dietro ad una donna… io mi sono fatto stendere così, facilmente, e lei non era
altro che una ragazza. È incredibile. “
Il
suo sguardo era incredulo e assente, come se la cosa potesse turbarlo più che
ha chiunque altro. Effettivamente nella mia memoria non era mai risultato un
caso del genere, e credo che raramente anche il generale, lui che ne ha viste
di tutte, abbia assistito ad una tale dimostrazione di potenza da parte di una
ragazza, che dalle descrizione, sembrerebbe soltanto un piccolo essere minuto e
indefinito.
“
Guarda questo “
Chac
mi distoglie da i miei pensieri e tiene rivolto il pugno chiuso verso di me. Mi
faccio avanti e prendo con leggerezza il contenuto delle sua mano.
E
quello che vedo mi gela il cuore.
Un
angioletto d’argento, in procinto di spiccare il volo e con le mani congiunte
in preghiera… è così piccolo nella mia grossa mano callosa e sembra voler
fuggire, per ritornare al suo possessore.
I
ricordi non si perdono mai… basta saperli cercare.
Ma non è possibile. Esisteranno migliaia di esemplari
come questo nel mondo… chiunque potrebbe averlo comprato e non mi stupirei se
qualcuno non lo avesse addirittura rubato. Non è possibile… è passato troppo
tempo, troppo anche solo per crederci.
Eppure…
“ Sono riuscito a strapparglielo durante il corpo a
corpo… ti dice qualcosa? “
Chac mi guarda speranzoso e il primo istinto che mi
verrebbe sarebbe di buttare fuori tutto. Magari piangere. Magari ridere di
quanto la situazione non abbia senso… qualsiasi cosa.
L’angioletto mi fissa con impertinenza dal basso della
mia mano.
“ Allora, ti dice qualcosa? “
Io ho fatto la mia scelta.
“ No… “
Che abbia senso o meno, questo non ha importanza… ogni
uomo fa le sue scelte e scrive la propria storia. E quando, a poco a poco, le
pagine bianche del nostro libro cominciano a riempirsi di colori vuol dire che
stiamo iniziando a vivere. La scalata è dura e i pericoli sono tanti… ma un
giorno il libro non avrà più pagine e non ci resterà che mettere la parola
fine.
È ancora lontano quel giorno… per il resto, nulla è
ancora stato scritto.
E se oggi ho preso questa via, può anche darsi che fosse
meglio procedere verso l’altra direzione. Questo ci è tenuto sapere…
Tutto il resto è indefinito.
Finito!
Finalmente anche questa è
andata… è venuto più lungo di quanto credevo, caspita! Spero non vi dispiacerà.
Un ultimo appunto:
ricordate la storia dei genitori e del consiglio che vi ho dato? Rifletteteci,
se non altro… era solo un consiglio, magari mascherato, ma comunque un
consiglio che v’invito a seguire.
Adesso basta parlare…
sarete stanchi! ^_^
Passo il testimone alla mia
collega e spero che faccia un buon lavoro, visto che il prossimo capitolo è il
più importante di tutto il racconto!
Ci sarà un incontro… e non
vi dico altro.
Buon lavoro Sere, a te il
testimone.
Ringrazio in
anticipo tutti coloro che commenteranno!
Grazie, grazie,
grazie… ^_^
Nel destino d’ogni uomo può esserci una
fine del mondo fatta solo per lui. Si chiama disperazione. L’anima è piena di
stelle cadenti.
Victor Hugo – L’uomo che ride
Nessuno può possedere completamente un
altro perché nessuno può darsi interamente.
Octavio Paz – Passione e lettura
Dobbiamo essere contenti di morire, se non
possiamo vivere come uomini o donne libere.
Gandhi – Antiche come le montagne
Iniziative: è stato aperto da qualche
mese un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo un gioco di ruolo, lo
smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che
l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti
chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per entrare nel vivo del
gioco. Quindi, perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
È
stato aperto da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida i
principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie più
care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo
per chi odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di attrice… Emma Watson!
E quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei
lavori! Per coloro che non avessero ancora letto queste storie, e per coloro
che vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i
titoli delle mie fanfiction.
Per maggiori comodità andate sul mio account!
E ricordate una recensione, è sempre gradita… ^_^
Vedete quella scritta
blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!
Dedico questo capitolo alla mia stellina Sara che ha compiuto da
pochissimo gli anni
Dedico questo capitolo alla mia stellina Sara che
ha compiuto da pochissimo gli anni!
E diventi sempre più vecchia, eh!
(Il capitolo doveva essere postato proprio sabato
ma è slittato tutto!)
Si perde colpi, la vecchiaia galoppa, mia cara!
Ti voglio bene.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
Allur.
Eccomi con l'ottavo capitolo.
Mi scuso per il ritardo e avverto che non è proprio
niente di eccezionale.
Avrei voluto scrivere qualcosa di meglio ma questo
è tutto quello che sono riuscita a fare.
Decisamente non all'altezza del precedente capitolo
di Fede, anzi.
Mi perdo molto meno in viaggi instrospettivi ed
emozioni, sono molto più superficiale nel raccontare le cose e me ne dispiaccio
;_;
Poi la fine della scuola che mi stressa a dir poco
e mille altri impegni mi rubano il tempo per scrivere.
Oggi tre orette libere le avevo ed eccomi qua.
Questo è il frutto della mia mente bacata^^
Spero vi piaccia, e state tranquilli che Federico
trova il modo di risollevare il tutto con il prossimo capitolo.
L'ispirazione e la voglia mi mancano, ho fatto quel
che ho potuto!
Scusate per il ritardo e l'obrobrio.
Un bacione
[if !supportEmptyParas] [endif]
Hermione Weasley
[if !supportEmptyParas] [endif]
SIAMO ANCORA NOI
Incompleta
Prego affinchè questo cuore non si spezzi.
[if !supportEmptyParas] [endif]
8° Capitolo
Incompleta
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
*** *** ***
Empty spaces fill me up with holes
Distant faces with no place left to go
Without you within me I can't find no rest
Where I'm going is anybody's guess
[if !supportEmptyParas] [endif]
I tried to go on like I never knew you
I'm awake but my world is half asleep
I pray for this heart to be unbroken
But without you all I'm going to be is
Incomplete
[if !supportEmptyParas] [endif]
Dentro di me, pieno di spazi vuoti
volti distanti che non hanno
nessun posto dove andare
senza di te accanto a me
non riesco a trovare pace
tutti si chiedono dove io stia andando
[if !supportEmptyParas] [endif]
Ho cercato di andare avanti
come se non avessi mai saputo
sono sveglio ma il mio mondo
è mezzo addormentato
prego affinchè questo cuore non si spezzi
ma senza di te tutto quello che sarò è
Incompleto
[if !supportEmptyParas] [endif]
(Incomplete - Back Street Boys)
[if !supportEmptyParas] [endif]
*** *** ***
[if !supportEmptyParas] [endif]
18 Febbraio, notte fonda. Ore 0:52
Rifugio oltre il confine.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
La
cosa che mi più mi manca di una vita normale è il concetto di casa.
Quando
ritorno, dopo una notte passata in bianco, oppure a lavorare per conto del
Capo, non sento quella vampata di calore, di felicità, di sollievo varcando la
soglia.
Non
mi sento a mio agio, tutto mi è estraneo qua dentro, dai muri, fino alla
singola posata nel casetto della cucina.
Non
mi sento a casa.
Affatto.
Tutto
mi è avverso, lo sento, lo percepisco.
Non
amano la mia presenza.
L'aria
che respiro non sa di casa.
Non
riconosco questo posto come il mio rifugio, il mio angolo di mondo, il mio
pezzo di paradiso...
Ma
quale paradiso?
Qui
non c'è altro che Inferno.
Solo
quello.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Quando
mi materializzo nel salone, non mi sento sollevata, rinfrancata, tranquillizzata.
No.
Solo
abbandonata, odiata, disprezzata.
E
questo è quanto.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lascio
cadere le pistole sul divano.
Mi
tolgo il cappotto, gli occhiali e mi rivelo per quella che sono.
Solo
una donna.
Una
donna che ha perso se stessa, che ha perso la voglia di vivere.
Perchè
vivo?
Forse
perchè sono troppo codarda per morire.
Anzi
no.
Non
è codardia la mia.
E'
più che altro un senso di incompletezza che mi lacera ogni giorno.
E'
come il pezzo mancante di un puzzle, non trovi pace fino a che non lo vedrai
completato in ogni sua parte.
La
mia vita è un puzzle del quale ho perduto un pezzo.
Solo
se e quando lo ritroverò mi potrò dire completa, e quindi accettare le morte,
in ogni suo aspetto, quel dolce torpore che ti invade le membra, ti annebbia i
sensi, e rende ogni cosa meno dolorosa e terribile.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Scuoto
la testa cercando di scacciare il pensiero.
Mi
dirigo in bagno.
La
doccia post-lavoro è sacra ormai.
Raccolgo
i capelli sopra la nuca, mi spoglio rapidamente e per quanto cerchi di non
guardare la mia immagine allo specchio è come se il mio riflesso mi chiamasse.
Alzo
lo sguardo verso la superficie speculare.
Riduco
gli occhi a fessure osservando pezzo per pezzo il mio corpo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Bastardo-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mormoro
notando che vari lividi sono spuntati sulle braccia, sulle gambe, sicuramente
bei ricordi dello scontro che ho avuto poco fa.
E'
la prima volta che un Auror riesce ad avvicinarmi.
Sono
stati bravi stavolta, devo ammetterlo.
Ormai
la mia è una routine, i luoghi in cui si consumano i miei delitti sono più o
meno sempre gli stessi: luoghi malfamati dove pullula la feccia della società.
Sono
stata prevedibile stavolta, devo ammetterlo.
Ormai
le forze dell'ordine mi stanno alle calcagna non avranno pace fino a che non
risolveranno il caso dell'Angelo Nero.
E
adesso sanno che sono una donna.
Quell'Auror
sa che sono una donna. Chac.
E'
un pericolo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Apro
la cabina doccia, lasciando che il vapore creato dall'acqua bollente invada la
stanza.
Sono
intenta a prendere l'accappatoio appeso lungo la parete quando di nuovo la mia
immagine riflessa strepita per farsi notare.
E
poi me ne rendo conto.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Una
sottile linea rossa mi cinge il collo.
Mi
porto una mano sulla pelle irritata.
Schiudo
le labbra in un'espressione di puro disgusto.
Non
c'è più.
La
mia collana non c'è più.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Merda-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Ma
non mi sento incazzata o furiosa.
Solo
amareggiata.
Quello
era il mio appiglio alla ragione, al Mondo dei Vivi.
Persino
il mio angioletto d'argento se n'è andato.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Anche
lui mi disprezza.
Anche
lui mi odia.
Anche
lui mi ha lasciata.
Anche
lui ha spiccato il volo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
*
[if !supportEmptyParas] [endif]
Buio.
E'
tutto buio.
Cammino
lungo la navata centrale di una grande chiesa gotica.
Le
vetrate non lasciano trasparire nemmeno il più piccolo e indifeso raggio di
luna.
Passo
attraverso le panche di legno che accompagnano il mio passaggio, severe.
Tutto
qui dentro mi rimprovera.
Tutto
mi giudica.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mi
voglio fermare ma non riesco a farlo, cammino contro la mia volontà.
Le
gambe non accennano a fermarsi, continuano il loro cammino fino all'altare.
Mi
guardo intorno, e per la prima volta dopo tanto tempo, sento il fremito della
paura attraversarmi.
Un
brivido lungo la schiena.
Sento
il respiro farsi più pesante e veloce.
Mi
fermo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Alzo
gli occhi verso l'abside.
Un
grande Angelo mi fissa, dipinto sulla parete circolare.
E
per quanto voglia distogliere gli occhi da quelli di quell'entità, non ci
riesco.
Non
mi è possibile.
Sono
come incatenati ai miei.
E
vedo quegli occhi farsi di fuoco.
Faccio
per gridare ma dalle mie labbra non esce alcun suono.
[if !supportEmptyParas] [endif]
E
poi le sento.
Mani
che mi cingono le caviglie, che si arrampicano sulle mie gambe.
Abbasso
lo sguardo e quello che vedo mi gela il sangue nelle vene.
Spettri,
spettri di altri tempi che fanno capolino dal pavimento di pietra come fosse
uno specchio d'acqua.
E
mi fissano con i loro sguardi vuoti, le facce scheletriche, i capelli bianchi e
radi.
E
tirano, strattonano i miei vestiti come a volermi trascinare giù con loro.
All'Inferno.
Dove
stanno i dannati.
E
iniziano il loro lugubre canto, mormorii, bisbigli, sussurri.
Mi
chiamano lo sento, mi chiamano.
Cerco
invano di liberarmi dalla loro presa.
Le
mie gambe sono incollate al pavimento, e cercare di afferare le loro mani è
come tentare di afferrare l'aria, perfettamente inutile.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Voglio
urlare.
E
non ci riesco.
Alzo
gli occhi verso il dipinto dell'Angelo, ma quello non c'è più.
Se
n'è andato.
E'
sparito.
Mi
ha lasciata sola con i miei peccati, i miei delitti, le mie colpe.
La
paura mi scuote.
Mi
pervade.
Le
ombre mi inghiottono.
Mi
tolgono il respiro.
E
grido.
Nessuno
suono.
E
le loro voci farsi più alte ed insistenti.
E
ancora nuovi spettri.
E
sono perduta.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Perduta.
[if !supportEmptyParas] [endif]
*
20 Febbraio, notte. Ore 03:41
Rifugio oltre il confine.
Mi
risveglio di botto.
Tremo.
Piccole
gocce di sudore ghiacciato mi imperlano la fronte.
Mi
guardo intorno.
Il
respiro è affannato, il battito cardiaco mostruosamente accellerato.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Era
un incubo
mi dico tentando di calmarmi.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Socchiudo
gli occhi passandomi una mano tra i capelli.
Raggiungo
a fatica l'interruttore, e pochi secondi dopo una tenue luce rossastra illumina
la stanza.
Mi
trattengo dal guardare negli angoli rimasti bui.
Mi
mordo con foga le labbra.
Ho
la gola arida.
Faccio
per scendere dal letto, intenzionata ad andare in cucina a bere un po' d'acqua,
quando una busta bianca rettangolare, posata sul comodino attira la mia
attenzione.
Sono
sicura che quando sono arrivata non c'era.
La
prendo esitante.
La
apro, le mani ancora mi tremano.
Srotolo
il foglio che c'è dentro.
Vi
è scritto solo un indirizzo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Riconosco
la calligrafia del Capo, e non stento a capire che quello non è altro che uno
straordinario.
Sicuramente
un'altra persona da eliminare.
O
come ama dirlo lui, soggetto da neutralizzare.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mi
trascino fuori dalle coperte e mi vesto velocemente.
Non
sarei comunque riuscita a riaddormentarmi.
Questo
è poco ma sicuro.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mi
infilo l'indirizzo nella tasca dei pantaloni.
Indosso
il giubbotto, fisso le pistole alle cosce.
Gli
occhiali, la bacchetta.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Dieci
minuti dopo il mio risveglio sono già a lavoro.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
20 Febbraio, notte. Ore 04:05
Complesso residenziale alla periferia di Londra.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
Arrivo
davanti ad una piccola casetta, una delle tante a schiera che si trovano nelle
periferie londinesi.
Un
po' come Privet Drive dove abitava Harry.
Mi
avvicino alla finestra più bassa.
Le
luci sono tutte spente, la casa è silenziosa.
Come
tutto qui attorno.
Salgo
quei due o tre scalini che conducono alla porta d'ingresso.
Giro
la maniglia.
A
vuoto.
Ovviamente
è chiusa, non che mi aspettassi qualcosa di diverso.
Tiro
fuori la bacchetta.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Alohomora-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mormoro.
Riprovo
ad aprirla, ma ancora niente.
Deve
essere un mago, o una strega, nessun babbano sarebbe in grado di impedire
l'efficacia di un incantesimo di apertura.
Avvicino
la punta della bacchetta alla serratura.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Stupeficium-
[if !supportEmptyParas] [endif]
L'incantesimo
ha perforato la porta.
La
serratura si è staccata e adesso posso vedere l'interno.
Stavolta
la maniglia non oppone alcuna resistenza.
Entro
senza problemi.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Una
strana sensazione mi invade non appena varco la soglia.
Faccio
una smorfia scrutando ogni angolo della casa.
C'è
un caos incredibile.
Salgo
al piano superiore.
Mi
ritrovo in un piccolo corridoio costellato di stanze.
Apro
la prima che altro non si rivela se non uno sgabuzzino per le scope.
Faccio
schioccare la lingua, seccata.
Passo
alla seconda.
Spalanco
lentamente l'uscio.
La
riconosco come la camera da letto.
Ma
non c'è nessuno.
Ci
sono vari vestiti ammonticchiati qua e là e il letto è disfatto.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Richiudo
la porta tornando al piano inferiore.
Chiunque
abiti qui dentro adesso è fuori.
A
fare la bella vita immagino, data l'ora.
Osservo
una grande pendola che si trova nel piccolo salottino.
Sono
le quattro di notte.
Non
resta che aspettare.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Mi
avvicino ad una delle due poltrone al centro della stanza.
Afferro
la pila di riviste di Quidditch che vi sono posate sopra e le getto senza
troppi complimenti per terra.
Tutto
è buio intorno a me.
Mi
siedo sbuffando irritata.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Odio
il disordine.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
20 Febbraio. Ore 4:07
Compleasso residenziale alla periferia di Londra.
[if !supportEmptyParas] [endif]
[if !supportEmptyParas] [endif]
Due
figure si materializzano sul vialetto antecedente la casetta che appartiene ad
uno dei due.
Si
stringono le mani, un paio di pacche sulla schiena.
Si
augurano la buona notte.
Dopodichè
uno dei due, zoppicando, si dirige verso l'entrata dell'abitazione, scomparendo
dietro la porta, dopo aver salutato ancora con un cenno del capo l'amico.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Questo,
ormai rimasto solo, si smaterializza con uno schiocco che rimbomba in tutta la
strada deserta.
Tornano
a casa dopo una serata passata in un pub.
Donne
semi-nude, birra a fiumi, ore piccole.
[if !supportEmptyParas] [endif]
L'uomo
si passa una mano sul viso.
E'
assonato e stanco.
Si
materializza anche lui davanti alla sua casa, il suo rifugio.
Non
vede l'ora di stendersi nel suo letto e dormire fino al pomeriggio del giorno
dopo.
Ma
quando arriva all'entrata, trova la porta socchiusa.
Rimane
per un minuto buono a fissare la serratura distrutta.
Tira
fuori la bacchetta, all'erta.
Dopo
un attimo di silenzio, varca la soglia assicurandosi che la porta non cigoli
sui cardini, rivelando così la sua presenza ad un possibile ladro.
La
riaccosta alle sue spalle, gli stivali però scricchiolano sul pavimento.
Maledice
mentalmente le calzature mentre si assicura che non ci sia nessuno in cucina.
Torna
nell'ingresso.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Il
buio inghiotte la casa.
L'uomo
distingue a malapena i mobili.
Non
ha paura.
E'
tranquillo, sa quello che fa, e dopotutto è il suo lavoro.
Ma
sa di non essere solo.
[if !supportEmptyParas] [endif]
E
anche l'altra presenza ha capito, si è resa conto che non è più la sola in
quell'edificio.
La
sua attesa è terminata.
E'
convinta che tra non molto potrà già essere sulla strada di ritorno per la sua
di casa.
Lei
incrocia le gambe, lasciando che un sorrisetto sadico le si dipinga sulle
labbra.
Ha
sentito i suoi passi.
Di
sicuro non è una donna, sono passi di una persona alta, come minimo un 40 di
piede.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lui
decide di ispezionare il salotto.
Ed
è come se avvertisse il respiro di qualcuno.
Costringendosi
a stare calmo, punta la bacchetta contro il nulla, davanti a sé.
Distingue
una delle due poltrone proprio davanti ai suoi occhi.
Un
tenero fascio di luce lunare la illumina.
E'
vuota.
Ma
adesso lo schienale dell'altra si è fatto più vicino.
E
quel respiro è sempre più forte, il suono moltiplicato e ingrandito nel
silenzio della stanza.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lei
sorride.
Lo
sente avvicinarsi.
Sa
che gli è alle spalle.
E
già pregusta il sapore della vendetta.
Sceglie
il modo in cui lo ucciderà.
Il
più veloce o il più doloroso?
Si
sforza sempre di deciderlo prima, ma finisce che la decisione è presa sul
momento, quello clou di tutta l'azione.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Ti
aspettavo-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lei
parla, sorprendendolo.
E
lui ancora alle sue spalle, sente il cuore perdere un battito.
Crede
di aver capito con chi ha a che fare.
Sicuramente
non un'ammiratrice segreta, una fanatica della sua persona che si è introdotta
in casa sua per fargli una sopresa.
No.
Lei
è l'Angelo Nero.
E
lui lo sa.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Anch'io-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Riesce
a rispondere lui.
Lei
fa una smorfia di apprezzamento, non sono molte le sue vittime che hanno avuto
il coraggio di risponderle.
Di
solito aprono bocca solo per chiedere pietà e quindi salva la vita.
Cosa
che lei non concede mai.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Sai
perchè sono qui?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Chiede
ancora lei con voce ferma e pacata.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Per
ammazzarmi immagino-
-Uuuh
sei perspicace. Mi piace la perspicacia in un uomo-
-Stronza-
-Ehi
moderiamo i termini. Ti ho forse offeso?-
-Mi
offendi esistendo-
-Andiamo
sul personale quindi. Ci siamo già incontrati?-
-Per
mia e tua fortuna no-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lei
estrae lentamente una delle due pistole, cercando di non farsi sentire.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Allora
cos'è quest'odio represso nei miei confronti?-
-Un
amico-
-Aaaah
capisco. L'ho ammazzato ed era tuo amico. Se ci tieni così tanto ti mando da
lui in meno di un secondo-
[if !supportEmptyParas] [endif]
La
donna si alza di scatto, voltandosi nella direzione dell'uomo.
Non
lo vede in volto.
Fa
fuoco.
Ma
lui non c'è più.
Sgrana
gli occhi sorpesa.
Lo
sparo si perde nel vuoto.
-Giochiamo
a nascondino?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Non
fa a tempo a ricevere risposta che due braccia le cingono le gambe facendole
perdere l'equilibrio.
Cade
a terra.
L'uomo
ha aggirato la poltrona e l'ha colta alle spalle.
E
adesso lei è distesa per terra, divertita, mentre lui le punta la bacchetta
contro, in piedi.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Chi
cazzo sei?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Chiede
lui con disprezzo.
Lei
ride.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Chi
sono? L'inizio della tua fine-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Si
smaterializza per poi rimaterializzarsi alle spalle del uomo.
Gli
tira un calcio sulla schiena facendolo vacillare.
Ma
senza perdere un colpo, questo si volta e le assesta un calcio dritto sulla
mano che impugna la pistola.
Quella
cade lontano dalla proprietaria.
Lui
le immobilizza i polsi, lasciando però cadere la bacchetta.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Chi
sei?-
-Cazzi
miei, bastardo-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Impossibilitata
all'uso delle mani, gli tira una ginocchiata nella pancia.
L'uomo
si piega in due, gemendo di dolore, e mollando la presa sui polsi di lei.
La
donna scatta all'indietro, intenzionata a recuperare la sua pistola.
Ma
quello è più veloce, afferra la bacchetta e con uno schiantesimo, distrugge
l'arma babbana.
Uno
scaffale pieno zeppo di libri, viene colpito di striscio dalla fattura.
Lei
scivola a terra, proprio sotto quello scaffale che oscilla pericolosamente.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Merda-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Si
alza di scatto poco prima che tutto il mobile cada fragorosamente a terra
portandosi con se tutti i vari volumi che vi erano sistemati.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Il
peso della conoscenza-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Commenta
sarcastico lui, mentre lei si rialza in piedi.
La
donna inclina la testa di lato, si mette le mani sui fianchi.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Abbiamo
appena cominciato-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Gli
si scaglia contro prima che possa scagliarle qualsiasi incantesimo.
Lo
afferra per un polso, quello della mano che stringe la bacchetta.
Gli
assesta una violenta gomitata sul petto prima di farlo sbilanciare a terra,
strattonandolo per il braccio.
Lo
osserva dall'alto.
I
loro volti ancora in penombra.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Allora,
chi è in difficoltà?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Chiede
lei estraendo l'altra pistola.
La
carica, con un clic.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Tu,
puttana-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Prima
che possa fare fuoco le imprigiona le gambe con le proprie, la strattona a
terra, e cade al suo fianco.
Lei
sbuffa, visibilmente irritata.
Lui
si rialza di scatto, lasciandosi cadere su una delle poltrone.
Lei
non perde tempo, sebben distesa a terra, i capelli che le impediscono la
visuale, gli punta la bacchetta contro.
Lancia
uno schiantesimo.
La
poltrona si ribalta all'indietro, e lui con quella.
Lei
lascia cadere la bacchetta a terra, esausta, fin troppo.
Sente
il respiro venirle a mancare.
[if !supportEmptyParas] [endif]
Lui
fa capolino da dietro la poltrona.
Un
rigolo di sangue gli scorre giù dal labbro.
Lei
si volta a pancia in giù nascondendo il viso tra i capelli.
Respira
affannosamente, una fitta lancinante al petto.
Rilascia
un gemito.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Che
cazzo fai?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Le
si avvicina raccogliendo la bacchetta che lei aveva lasciato cadere.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-La
super donna è in difficoltà a quanto pare.
Che
c'è?
I
sensi di colpa si fanno sentire?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Non
riceva alcuna risposta.
Tira
su col naso passandosi il dorso della mano sul mento, portando via il sangue.
Lei
geme sul pavimento, mentre il dolore va via via scemando.
Lui
le tira un calcio nello stomaco costringendola a rotolare verso la zona
illuminata dalla luce della luna.
Lei
maledice il mondo, coprendosi con entrambe le braccia il viso.
[if !supportEmptyParas] [endif]
-Prima
ammazzi la gente e poi ti vergogni a farti vedere?-
[if !supportEmptyParas] [endif]
Le
chiede inginocchiandolesi a fianco.
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-Non
mi toccare-
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Gli
intima lei in tutta risposta.
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-Perchè
sennò? Hai perso Angelo Nero. E adesso prima di portarti in centrale sono
proprio curioso di sapere che cazzo di faccia hai!-
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Rilascia
una risata.
Appoggia
la bacchetta a terra e , ignorando il dimenarsi della donna, le afferra i polsi
e con tutta la forza che ha in corpo glieli immobilizza sul pavimento sopra la
testa.
Nel
farlo, a causa dei troppi e bruschi movimenti, la catenina che indossa esce da
sotto la maglietta.
Un
angioletto d'argento che oscilla sopra il viso di lei.
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Lei
apre sdegnosa gli occhi e riconosce quel ciondolo.
Sgrana
gli occhi, mentre il cuore accellera i suoi battiti.
Non
ha il coraggio di guardarlo in viso, mentre sa che lui l'ha già fatto.
E
la fissa, avidamente, puntando i suoi grandi occhi azzurri nei suoi color
nocciola.
Fa
una smorfia, mentre la presa sui polsi di lei diminuisce via via.
Si
allontana dalla donna, come scottato.
Seduto
sul pavimento, lo sguardo puntato su di lei.
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-Hermione?-
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Chiede
con un filo di voce.
E
lei che sente un enorme peso allo stomaco, e un nodo alla gola, le lacrime che
premono ai lati degli occhi per uscire, scorrere libere sul suo volto.
Lei
si mette a sedere.
Scuote
la testa, iniziando silenziosamente a piangere.
Piangere
per la prima volta dopo tanto tempo.
Quella
parola, quel nome, le rimbomba negli orecchi.
E
ancora quel dolore al petto, freddo lancinante, che la costringe a piegarsi in
due, una smorfia sofferente le si dipinge sul volto bagnato, mentre con un
gemito si accascia a terra.
Lui
senza esitare le va incontro, anche la sua voce spezzata dal pianto.
Dedico
questo capitolo a Maria che nonostante tutto mi vuole ancora bene.
Eccomi!
Dopo mesi e mesi di
silenzio, il mio cervellino bacato ha deciso di continuare quello che non era
stato ancora proseguito. Molti mi hanno chiesto con ansia questo capitolo, sia
con le recensioni (graditissime) che con le varie mail
che ho avuto il piacere di ricevere (molto gradite anche quelle).
E allora mi sono detto: come posso non
accontentarli?
Non posso!
E
allora la mia mente malata a partorito questo capitolo. Un capitolo intenso,
profondo (giudizio non mio, ovviamente… non sono così patetico) e che ha una
certa dose di sentimentalismo straziante, avvolgente… avvincente in fin dei
conti.
Spero che possa
piacervi…
Ron si trova di
nuovo a contatto con la sua “piccola”, vedremo cosa riuscirà a fare.
Non mi resta che
augurarvi…
Buona lettura.
Avvertenza: questa
ff non è giunta al suo termine. Mancano ancora vari capitoli e credo che non
finirà così presto come qualcuno può aver frainteso. Temo, piuttosto, che
dobbiate sopportarci ancora un po’! Spero che la cosa possa farvi piacere!
Nightmare
SIAMO ANCORA NOI
Piccola mia…
E
anche se il tempo e le distanze ci hanno diviso, io non mi scorderò mai di te,
piccola mia. […]
9°
Capitolo
Piccola mia…
*** ***
***
Are you
gone and into someone new?
I needed somewhere to hang my head
Without your noose
You gave me something that I didn't have
But had no use
I was too weak to give in
Too strong to lose
My heart is under arrest again
But I break loose
My head is giving me life or death
But I can't choose
I swear I'll never give in
I refuse
Sei andata
alla ricerca di qualcosa di nuovo?
Avevo bisogno di un
posto
Dove
appendere la mia testa
Senza il tuo laccio
Mi hai dato
qualcosa che non avevo
Ma
non aveva utilità
Era troppo debole
per reggere
Troppo forte per
perdere
Il mio cuore si è
arrestato di nuovo
Ma
sto rompendo la libertà
La mia testa mi sta
dando vita o morte
Giuro che non mi
arrenderò mai
Mi rifiuto
(Best
of you – Foo Fighters)
*** ***
***
20
Febbraio.
Mattino. Ore 10.56
Infermeria.
“Sei viva…”
Lacrime. Lacrime
amare che scendono su un profilo ben disegnato. Piccoli frammenti di un’anima
che non conosce pace, che non chiede altro che riposo. Una voce insistente
dentro la testa, insopportabilmente veritiera, che conduce al tormento e al
ricordo.
Lo specchio di una
situazione che non si sarebbe dovuta creare. Un incubo. Puro. Dai tratti
sospesi e innocenti, come il cadere di una foglia d’inverno. Voci che si
susseguono e parole che non vengono dette.
Confusione. Per
quello che è accaduto e per tutto quello che succederà.
Rabbia. Per il
sentire lento di una sensazione fastidiosa, l’acuirsi di un sentimento leggero
e pericoloso: la sensazione terribile di sentirsi sporca.
Hermione… Sei viva…
Tre parole che, per il gusto di rivalsa d’ogni soggetto umano, l’hanno
lentamente portata sul cammino della ragione. Ha rivisto la luce. Luce. Nei
suoi occhi chiari, azzurri quanto un cielo e riflessi di stupore misto ad
incredulità. Li ha visti e non ha retto.
E’ viva. Sì lo è…
ma è come se non lo fosse. Ha un qualcosa dentro che non le permette di
respirare. Una biglia incastrata nell’esofago che non si muove né in una
direzione né in un’altra; un magone che le attanaglia il petto e che la
schiaccia, fastidiosamente.
Si guarda intorno e
anche se ogni cosa sembra normale, in quello stanzino che potrebbe
tranquillamente essere confuso per un’infermeria, lei non vede altro che
ripudio o sporcizia attorno alla sua persona copiosamente in lacrime. È
sporca. Abietta. Arcadicamente e socialmente insulsa. Uno straccio nero e
consunto, troppe volte usato per puro divertimento e adesso incapace di
ritrovare brillantezza. Lei è sporca. Lo ha sentito, per la prima volta così
chiaramente, in quel momento. Quando ha capito che la persona che avrebbe
dovuto uccidere era anche la sola che aveva mai aspettato e amato; quando
aveva visto quella catenella oscillare brevemente davanti a lei, richiamandola
nel mondo dei vivi; quando si era specchiata in quel torrente d’emozioni che
poi erano i suoi occhi… ancora… per una volta ancora.
E lì – sì, proprio
in quell’attimo, aveva capito… avrebbe preferito morire che essere vista in
quello stato. Avrebbe dato qualsiasi cosa, adesso, per ritrovarsi in quella
cella angusta e fredda, in attesa del suo torturatore del giorno.
Ma non c’era più
tempo. Non ora.
E allora che fare?
Piangere. Piangere. Piangere fino allo sfinimento dei sensi, fino alla perdita
della ragione. Versare lacrime fino a quando quel nodo stretto alla gola non
si fosse allentato.
Vedere i suoi occhi
adesso potrebbe essere l’ultima cosa che potrebbe sopportare.
Per ora, non
le resta che piangere.
Di nuovo.
20 Febbraio.
Mattino. Ore 11.12
Quartier generale.
Settore ricovero e infermeria.
Passi.
Passi che risuonano
in un corridoio buio e oscuro. Passi pesanti, ben calcati sul marmo chiaro,
impressi in un momento di grande foga ed eccessiva impulsività. L’uomo che si
fa avanti alla luce di un sole sbiadito, filtrato appena da un’ampia finestra
rettangolare, ha sul volto un’espressione che rasenta l’incredulità. I suoi
capelli, rossi come il fuoco che gli arde dentro, oscillano in maniera vistosa
nell’incedere della sua andatura irregolare. I suoi occhi blu, dietro le lenti
d’occhiali spessi, sono vividi… quasi maniacali. Attenti ad ogni piccolo
particolare.
L’uomo è inquieto.
Sente una sensazione opprimente schiacciargli il petto. Le viscere si
contorcono dentro di lui. Il suo respiro è affannato, e un sudore perlaceo
contorna il suo corpo.
Semplicemente
Ronald Weasley, colui che è sempre stato capace – o quasi – di affrontare ogni
situazione inesplicabile e pericolosa, non è pronto a fronteggiare quello che
gli si prospetta davanti. Diciamolo pure con tranquillità… Ronald Weasley ha
paura.
Ma non è un
sentimento ingiustificato, badate bene… è solo la reazione di un uomo che
aveva perso tutto, ogni scopo della vita, e che prontamente è stato sbalzato
in qualcosa che definire più grande di lui risulterebbe persino riduttivo.
Semplicemente non riesce a crederci.
Anni.
Anni passati
cercando e non trovando. Anni passati a vedere la speranza che si affievoliva
sempre di più e che ogni cosa non potesse essere d’aiuto. Quanto tempo, in
quelle fredde e spietate notti, aveva concentrato le sue energie nella sua
direzione… ma non era servito a nulla. Solo mesi trascorsi in una leggera e
nostalgica apatia, convincendosi progressivamente alla resa finale…
Hermione… sei viva…
Le sue parole gli
sembrano ancora prive d’alcun senso, d’alcun rigor di logica. Sembrano
soltanto le ansiose speranze, ritrovate chissà dove, di un sogno troppo bello
per essere anche solo minimente preso in considerazione. Come può essere
ancora viva dopo tutto questo tempo?
Viva. Sì…
I suoi occhi, che
nei suoi incubi lo angosciavano, che la notte lo torturavano, lo avevano
guardato ancora una volta, una volta ancora… e cosa aveva visto dietro di
essi, lui che nient’altro avrebbe voluto guardare?
Paura. Rimorso.
Tristezza.
E anche tanta,
tanta sofferenza… aveva scontrato nei suoi occhi color del cielo, i suoi, e lo
aveva implorato con lo sguardo.
Salvami…
Sì, era questo quel
che era riuscito a vedere. Aveva visto, quando lei non avrebbe voluto, e aveva
scorto in quell’anima distrutta da chissà quali mostri, la sua richiesta
d’aiuto. Disperata, oltre ogni dire. Oltre ogni modo.
E lui se l’era
trovata tra le braccia. Svenuta. Come un angelo straziato, privo delle ali per
spiccare il volo e imprigionato da fiamme alte e aggressive, riposto tra le
sue braccia che a stento riuscivano a sostenerlo. Era riuscito a rivederla,
quando con tutto il cuore sapeva che non sarebbe mai successo, e adesso… non
sapeva cosa fare.
Le persone
cambiano.
I rapporti
finiscono.
E se lei non avesse
più voluto saperne di lui? Cosa era diventata? Cosa le avevano fatto?
Salvami…
Cosa poteva
spingere una persona come lei a diventare quello che era?
Un’assassina.
Terribile. Crudele. Una persona che negli ultimi mesi aveva spezzato qualcosa
come trenta vite – insulsi e sporchi contrabbandieri, d’accordo – ma pur
sempre trenta anime che erano volate in cielo.
Cosa ti hanno fatto
piccola mia?
E ancora… una
sensazione che opprime i suoi sensi. Il lieve sentore di trovarsi sporco.
Inadeguato. Avrebbe dovuto salvarla da tutto questo, rendere i suoi giorni
difficili degni di uno scopo, e renderla felice, anche solo per poco. E invece
cosa aveva fatto?
Aveva mollato. Si
era arreso anche per lei. Aveva smesso di pensarla, di cercarla…. Aveva
iniziato a dimenticarla.
E lei era viva.
In sua attesa…
Passi…
Passi pesanti e
afflitti che calcano il pavimento. Deve vederla. Deve spiegare.
Non sarà facile.
Ma ci riuscirà.
20 Febbraio.
Mattino. Ore 11.13.
Infermeria. Piano
inferiore.
Non ce la faccio
più.
La testa mi sta
scoppiando. Sento indistintamente dei rumori provenire da fuori, ma tutto
quanto mi sembra ovattato, inesplicabilmente ridotto, di fronte alle fitte che
a poco a poco mi stanno perforando il cervello.
L’aria è abbastanza
fresca e la stanza, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, è
parecchio illuminata. Ma nonostante questo, come se fosse possibile il
contrario, sento il corpo irrigidirsi ogni secondo di più. I nervi sono tesi e
il respiro lievemente irregolare.
Dove mi trovo?
chiedo flebilmente più a me stessa che ad un qualcosa d’immaginario. Sono
stata adagiata su un letto morbido, dalle candide lenzuola di lino, e i vari
macchinari che monitorano il mio stato, farebbero presagire ad una piccola
quanto atipica sala d’infermeria. Il soffitto è alto e spazioso. Un neon
arrugginito espande il calore della luce tutt’intorno e un piccolo ragno poco
sviluppato cammina sopra di esso tessendo le sue esili tele.
Comincio a sentirmi
male. Una grande e incontrollabile voglia di vomitare mi sale fino allo
stomaco, ma in qualche maniera – o meglio, in qualche modo – sembra voler
restare tutto sospeso dentro di me. Asciugo, con fare frettoloso e per nulla
aggraziato, i miei occhi con un lembo sgualcito della mia maglia. Li vedo
riflessi chiaramente nel piccolo specchio posto davanti a me… sono stanchi e
arrossati. Il frutto di troppo stress, troppe emozioni, e troppe notti
insonni…
Scuoto debolmente
la testa. Mi rendo conto che è una mossa sbagliata perché subito piccoli
cristalli di luce iniziano a baluginare davanti alla mia faccia,
congiungendosi a fitte di dolore di media intensità. Sono a pezzi…
Vorrei solo poter
fuggire… o morire, se proprio lo desiderano le conseguenze. Ma sono talmente
stanca, sfinita – con le forze che sembrano essermi state prosciugate per
magia – che non riuscirei a fare né una cosa né l’altra.
Morire a questo
punto diventa molto faticoso, oltre che fastidioso. O meglio, anche solo
muovere un braccio per fare qualsiasi cosa mi sembra, al momento, molto
proibitivo. Quindi non mi resta che restare qui, in attesa… con il nodo e il
groppo alla gola che non si vogliono decidere di liberarmi, con il cauto
presentimento che qualcosa debba andare storto… come se la situazione potesse
ancora peggiorare.
Cerco di non
pensare a quello che succederà… ma le immagini delle ultime ore mi passano
davanti agli occhi come flash indistinti, foto ricordo macabre e insensate,
non lasciandomi alcuna possibilità d’uscita. Mi vedo nell’atto di uccidere
uomini, ridere con fare noncurante sui loro corpi straziati dalla mia furia;
vedo quello che sono diventata con il tempo, per una legge ingiusta che non
esiste; vedo lui e tutto quello che potrebbe pensare adesso di me…
Non ce la faccio
più.
Sarebbe più giusto
se non dovessi mai più rivederlo. Essere sbattuta ad Azkaban, prigioniera di
me stessa e dei dissennatori, finendo i miei giorni rivedendo l’orrore nel suo
viso e l’incredulità nei suoi specchi di verità. Sarebbe più giusto… ma non è
propriamente, e sicuramente, la strada che quegli aguzzini che stanno la fuori
decideranno di prendere. O meglio, non subito…
Prima, forse,
m’interrogheranno. Mi prenderanno informazioni con la tortura e mi lasceranno
a marcire in una cella maleodorante. E poi, quando non gli sarò più d’alcun
aiuto, mi uccideranno… come io avrei fatto con loro. E tutto sarà finito.
Per sempre.
Ma una vocina
interna, fastidiosa oltre ogni dire, si fa campo – a poco a poco – dentro la
mia mente lucida d’efferata assassina.
Lui non lo
permetterà…
E sentendola mi
viene quasi da ridire. Nessuno lo obbliga ad occuparsi di me. Forse ha già
lasciato il caso a qualcun altro, ritenendolo una seccatura insulsa, non degna
della sua attenzione. Forse non si preoccuperà neppure di sapere se verrò
uccisa o meno, e sicuramente non assisterà al mio funerale, tra le macerie di
una prigione immaginaria.
Lui non lo
permetterà.
Che idea insensata.
Non pensavo che la mia testa potesse partorire qualcosa di così
incredibilmente folle. Lui ha visto quello che sono diventata. Lui ha scorto,
dietro i miei vestiti di pluri-omicida, tutto lo sporco che sì è annidato
dentro di me. Non baratterà la sua integrità morale per un rifiuto della
società.
Non lo farà…
Ma non sapeva… di
quanto si stava sbagliando.
20 Febbraio.
Mattino inoltrato. 11.34
Settore ricovero e
infermeria. Piano attiguo.
Devo sbrigarmi.
Sento il cuore
pompare a mille sotto lo scomodo tessuto di raso della camicia. Non sono in
queste condizioni perché sto correndo, o semplicemente non mi sto sforzando a
livello fisico in modo così clamoroso. Sento solo che il sangue viaggia a
velocità raddoppiata – se è in qualche modo possibile – nelle mie vene e ogni
sforzo, perché di sforzo si tratta, che faccio per tentare di calmarmi, al
momento, risulta soltanto come qualcosa di terribilmente vano e fuori luogo.
Sono decisamente sotto pressione.
Fuggevolmente mi
passa davanti l’immagine di me stesso, svenuto a causa di problemi cardiaci, e
con la faccia rivolta a terra, grondante di bava e sudore. Vedo accorrere
medici che fanno referti inspiegabili, decantando ai mille venti la mia morte,
mentre con giusto spirito d’iniziativa vedo la mia figura tastarsi
amorevolmente le parti basse, in segno di scongiuro. Sento nell’aria il peso
di qualcosa. Il peso che si aggrava, passo dopo passo, sul mio corpo scolpito
ma non per quest’evenienza. Il peso del senso di colpa.
Insopportabilmente
reale.
Mi fermo un attimo
e appoggio una mano sul freddo muro alla mia destra. Valuto le mie possibilità
e calcolo le varie conseguenze. A dire il vero non sono mai stato bravo in
questo. Io sono sempre stato un impulsivo. Conoscevo una sola persona che
riusciva a farlo con grande maestria e quella persona è a pochi metri da me,
dopo tanto tempo. Cerco di regolarizzare il battito ma mi rendo conto che
un’impresa disperata.
Mi asciugo il
sudore della faccia con una mano e volgo la mia direzione in avanti, cercando
di ragionare. Davanti a me, come nei più cupi film babbani dell’orrore, un
corridoio lunghissimo e sinistro. Perché cavolo l’hanno costruita così questa
base? si chiede il mio ego moralmente in disaccordo.
Una lunga
passeggiata per giungere alla fine. M’incammino con quella che definirei
noncuranza forzata, ma sicuro di fare la cosa migliore per il mio stato
mentale.
In fondo… una
porta.
Scura.
Nera.
Simbolo onirico del
mio animo travagliato.
Una maniglia.
Grigia. Spessa. Motivo di confusione nel cervello. Perdita progressiva della
ragione. Un filo che ti lega ad un mondo alla tua antitesi.
Mi avvicino con
circospezione a quel luogo di sacralità mistica; il confine visibile,
tangibile, di un mondo ben demarcato ma comunque in conflitto con l’esterno.
La sicurezza che
scivola dalle mie mani.
Al di là di quella
porta tutto potrebbe accadere. Qualsiasi cosa. E propriamente non è una
sensazione molto rassicurante.
Appoggio l’orecchio
sulla fredda e liscia porta di metallo. Non un suono viene da dentro. Non un
grido. Non un alito di vento. Niente.
Le mani sudano ad
un ritmo incontrollabile.
« Cazzo »
Impreco sottovoce, non potendo fare altro…
Davanti le immagini di noi due, a Hogwarts. Un passato felice… lontano. Il suo
volto che mi esplode nitido nella mente.
Mi faccio coraggio. Il momento è giunto.
Apro leggermente l’ultimo ostacolo che mi separa da lei. Il cuore pulsa dentro
di me. La vista si snebbia.
Guardo dentro quella stanza luminosa e vengo accecato parzialmente dalla luce
che è racchiusa dentro di essa.
Il letto è vuoto. Disfatto dal suo occupante in un passato vicinissimo e la
brocca d’acqua, posta leggermente sul comodino alla sinistra, è ancora piena
fino alla metà. Il mio sguardo percorre frenetico tutta la stanza e poi… si
ferma.
Lei
è lì. Appoggiata con le braccia al balcone della finestra attigua. Il viso
rivolto chissà dove, i capelli boccolosi che svolazzano tristemente con il
carezzare del vento. Non sì è accorta di me. Lo posso percepire dai suoi nervi
distesi e dal suo sguardo, che non vedo, ma che immagino perso nel vuoto.
« Hermione… »
Si volta precipitosamente verso di me e i suoi pozzi d’acqua contaminata si
specchiano di nuovo, per una volta ancora, nei miei. Il suo corpo è un tremito
sommesso e straziante, i suoi nervi s’incrinano… il suo volto è prossimo alle
lacrime.
Un lampo. Un lampo d’odio e ribrezzo solca le sue gote arrossate. Mi da
nuovamente le spalle e con voce flebile, quasi in preghiera, mi dice:
«
Vattene via »
Incasso un colpo che non avrei voluto incassare. Mi faccio più vicino e la
posso sentire chiaramente singhiozzare tra le mani.
Cosa ti hanno fatto piccola mia?
La raggiungo sul piccolo balconcino. È molto piccolo e stretto. Ci entriamo
con difficoltà a mala pena in due… Lei non si volta verso di me. La sento
piangere dietro alle mani con rabbiosa e determinata disperazione. Mi fa male
vederla così.
Cerco di trovare un contatto. Anche misero.
Pongo la mano in avanti, intenzionato ad accarezzarle i capelli come facevo
una volta.
La reazione è qualcosa d’incredibile e inaspettato. Come una furia piomba su
di me e mi scaraventa a terra. Sotto indistintamente qualcosa andare in
frantumi, ma non mi cura di cosa possa essere. Lei è sopra di me, le lacrime
che le sgorgano piene dalla faccia, che continua a darmi pugni rabbiosi, senza
controllo…
« NON TOCCARMI! » grida con tutto il
fiato che ha in corpo.
Le blocco le mani con le mie, ben più forti e sviluppate, e inverto la
posizione, schiacciandola sotto di me. La vedo, una tigre incattivita a
chiunque che cerca di divincolarsi, e il nodo al petto si allenta un po’
Salvami…
« Sfogati su di me se
vuoi… ne hai tutto il diritto…
» riesco a
dire con la maggior dolcezza possibile.
Lei è un fiume in piena che va fatto sfogare. Calmare. Quietare.
«DOV’ERI TU QUANDO AVEVO BISOGNO DI TE? DOV’ERI? E’
STATO FACILE SCORDARSI DI ME, VERO? LURIDO FIGLIO DI PUTTANA! »
Un mare d’imprecazioni che si scagliano su di me come mille colpi al volto.
Vacillo ma non mollo la presa. Devo aiutarla. A qualunque costo…
«
COSA CAZZO VUOI DA ME? TORNATENE DALLA TUA MOGLIETTINA CHE SICURMENTE TI STARA
ASPETTANDO! LASCIAMI IN PACE »
Ogni grido è come una pugnalata al cuore. Sento che la mia presa si fa via via
sempre meno serrata. Lei continua a piangere. Ad urlare.
Cosa ti hanno fatto piccola mia?
«
Non sono sposato… non avrei potuto… in ogni caso… »
mi esce detto, quasi a voler chiarire la cosa di meno importanza
La sento rilassarsi appena sotto di me. Le lacrime si aggiungono alle lacrime,
ma il tono con cui mi parla e più spento. Flebile.
«
E perché non avresti potuto? »
mi chiede in un sussurro
E le parole mi escono dette tutte di un fiato.
«
Perché io non mi sono mai scordato di te… Mai… ti ho cercato ‘Mione, davvero.
Con tutto me stesso. In tutti questi anni mi sono detto che eri ancora viva,
che mi stavi aspettando... ma poi la speranza si è affievolita. Sei diventata
un ricordo… »
adesso le lacrime iniziano a solcare anche il mio viso, deturpandolo ma
rendendolo comunque sereno «
… un ricordo bellissimo che iniziava a sfuggirmi dalle mani. Ma adesso sei
qui. Sei viva. Non importa cosa, dove, come… sei viva… mi basta questo. »
E come se fosse la cosa più semplice di questo mondo, la attraggo a me con
tutta la forza. La abbraccio. Le bacio tutto il collo e tutto il viso.
E lei piange. E ride.
Sento il nodo che stringeva il mio petto sciogliersi come neve al sole.
Restiamo così, distrutti e sfiniti da tanto dolore, abbracciati l’uno
all’altro, su quel freddo pavimento d’infermeria. Non so quanto tempo stiamo
così, uniti dalle nostre speranze e dalle nostre debolezze, in lacrime e con
il cuore che pompa a mille.
Ma so che in questo momento non importa veramente niente.
Un pezzo di me stesso, il più importante, è ritornato al suo possessore.
Adesso non resta che guardare avanti, con ottimismo se possibile.
Ti sento staccarti brevemente da me. Mi guardi negli occhi, pieni di gioia e
di pianto.
Mi sorridi e io mi ricordo quanto bello fosse stato il tuo sorriso.
«
Cosa siamo adesso? »
mi chiedi con voce piccola, inaspettatamente…
Ti guardo. E non posso che sorridere a mia volta.
Potrei dire molto. Che sei la mia sola ragione di vita, che non posso vivere
senza di te… potrei dire che tu sei la mia metà mancante. Ma sarebbe fuori
luogo…
E così, allo scoccare di un mezzogiorno strano ma comunque intenso, dalle mie
labbra nasce la cosa più spontanea da dire:
«
Siamo ancora noi… non scordartelo mai… ».
Mi auguro che questo
capitolo sia stato gradito, anche se come al solito
non è nulla di che…
Ringrazio tutti
quello che hanno commentato in precedenza e quelli che commenteranno e
leggeranno ora. Un grazie speciale va a tutte le
persone che mi hanno sollecitato ad andare avanti, richiedendo espressamente
questo capitolo.
Vi adoro!
Lascio lo scettro a
te, Sere! Cerca di fare un buon lavoro!
Nightmare
Iniziative: è
stato aperto da un po’ di tempo un carinissimo forum di Harry Potter. Abbiamo
un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni settimana chi troverà la soluzione
all'indovinello che l'Amministratore propone vincerà avatars, gift e
animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno di nuovi iscritti per
salire nella Top 100! Quindi,
perché non ci fate un salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
È stato aperto
da pochi mesi anche un altro forum! Non che io condivida
i principi morali di questo sito, ma visto che è stato creato da 3 delle mie
più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo per chi
odia, disprezza, ritiene indegna di ruolo di
attrice… Emma Watson!
Siamo
ancora noi ( al nick Hermione Weasley e Nightmare)
E
quindi mi trovo qui, a pubblicizzare i miei lavori! Per coloro che non
avessero ancora letto queste storie, e per coloro che
vogliono leggere qualcos’altro scritto da me, eccovi sopra indicati i
titoli delle mie fanfiction.
Per maggiori comodità
andate sul mio account, se volete leggerle!
E ricordate una
recensione, è sempre gradita… ^_^
Vedete quella scritta blu? Quella in basso? Bene, cliccate e recensite!