Odissea

di SSJD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** έντεκα ***
Capitolo 2: *** δώδεκα ***
Capitolo 3: *** δεκατρείς ***
Capitolo 4: *** δεκατέσσερα ***
Capitolo 5: *** δεκαπέντε ***
Capitolo 6: *** δεκαέξι ***
Capitolo 7: *** δεκαέξι / δις ***
Capitolo 8: *** δεκαεπτά ***
Capitolo 9: *** δεκαοχτώ ***
Capitolo 10: *** δεκαεννέα ***
Capitolo 11: *** είκοσι ***
Capitolo 12: *** είκοσι ένα ***
Capitolo 13: *** είκοσι δύο ***
Capitolo 14: *** είκοσι τρία ***
Capitolo 15: *** είκοσι τέσσερις ***



Capitolo 1
*** έντεκα ***


« Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά
πλάγχθη, ἐπεί Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν »
 
 
« Narrami, o Musa, dell'uomo dall'agile mente, che tanto vagò, dopo che distrusse la sacra città di Troia. »
 


 
“Andatevene, per favore. Lasciate questa stanza, prima che chiami le mie guardie” supplicò sommessamente la regina, senza nemmeno degnare il suo interlocutore di uno sguardo.
“Hohoho…le guardie…Non siate così frettolosa, mia regina. Cosa vi turba? Pensate che vi possa fare del male?” chiese il principe avvicinandosi alla donna che, sino a quel momento, non aveva smesso nemmeno un secondo di guardare fuori dalla finestra, verso l’orizzonte che da anni, ormai, le si palesava tristemente vuoto.
Sentendo il sospiro di lui farsi intenso sul suo collo e le sue labbra umide e morbide appoggiarsi delicatamente sulla pelle della sua spalla nuda, Bulma si voltò di scatto e con la mano aperta, tesa all’inverosimile, colpì la guancia morbida e vellutata dell’uomo che aveva osato toccarla.
In tutta risposta, lui aprì un sorriso malizioso e con la mano si massaggiò leggermente la guancia offesa, che già aveva preso un imbarazzante colore rosso acceso.
“Mi piace il vostro carattere. Freddo, ma, allo stesso tempo, così…come posso dire…così…calorosamente ribelle” continuò il principe allungando una mano e spostandole una ciocca di capelli, fuoriuscita dall’impeccabile acconciatura, dietro un orecchio.
“Non mi toccate. Non ne siete degno. Si può sapere cosa mai volete da me? Volete il mio regno? Il trono di mio marito? Un posto nel suo letto? O semplicemente tra le mie gambe? Non avrete niente. NIENTE! Avete capito? Fareste meglio ad andarvene, voi e i vostri cari amichetti. Da troppo tempo state occupando senza alcun diritto la reggia che appartiene solo a me e al mio amatissimo consorte, nutrendovi della NOSTRA selvaggina più pregiata e dissetandovi coi migliori vini. Ora basta! Dovete andarvene, prima che mio marito tor…
“AHAHAHHAHAH” la interruppe bruscamente il principe Broli, capo dei Proci che, da ormai troppo tempo, avevano deciso di approfittare dell’ospitalità della reggia e attendere che la regina si rassegnasse finalmente alla perdita del suo amato consorte.
L’uomo, in preda alla risata più beffarda che potesse fare, inclinò addirittura la testa all’indietro per poi riportarla in posizione eretta, fissare i suoi occhi neri come due pozzi senza speranza, in quelli azzurri e cristallini di lei e continuare:
“Vostro marito non tornerà mai più. Perché non lo volete capire? La guerra, a Troia, è finita da ben dieci anni. Tutti i re che vi hanno partecipato sono tornati a casa da molto tempo. Vostro marito no. Dubito che ricomparirà da un giorno con l’altro proprio ora, perché non vi rassegnate e cercate di rifarvi una nuova vita? La vostra bellezza, nonostante il passare degli anni, non è per nulla sfiorita. Perché non lasciate che qualcuno vi ami e vi faccia sentire ancora la regina che meritate di essere?”
A quelle parole, a Bulma si riempirono gli occhi di lacrime, ma per non darla vinta a quell’essere ignobile che le stava di fronte, abbassò lo sguardo e si fece immediatamente silenziosa.
Tutto ciò che il principe le stava rinfacciando era vero e, come un coltello troppo affilato che si rigira in una piaga ormai aperta da anni, aveva affondato la sua cattiveria nel suo dolore più profondo, mettendola nuovamente di fronte agli stessi dubbi che, da troppo tempo, affliggevano il suo cuore.
Era tutto dannatamente vero. La guerra di Troia era terminata da parecchio tempo ormai. Tutti i re che vi avevano preso parte avevano, chi prima e chi dopo, fatto ritorno alle proprie patrie, alle proprie abitazioni.
Tutti, tranne lui: Vegeta.
Da fonti certe aveva saputo che Vegeta aveva sicuramente preso la via del ritorno, a bordo delle sue navi e con i suoi uomini al seguito, poi, più nulla.
Erano passati dieci anni.
Dieci anni di sguardi sempre meno speranzosi verso l’orizzonte.
Dieci anni in cui aveva visto suo figlio crescere senza un padre a fianco e, nonostante questo, Trunks lo adorava, come se fosse sempre stato lì, vicino a lui.
Dieci lunghissimi anni, in cui aveva visto il suo viso intristirsi sempre di più, riflesso in quello specchio con la cornice di legno intagliato proprio da lui, dal suo re.
Il giorno che aveva saputo della fine della guerra, a Troia, sembrava le fossero stati restituiti anni di vita: Bulma era uscita dalle sue stanze come rinata di un nuovo splendore. I capelli raccolti in una treccia lunghissima arrotolata in un perfetto chignon, sostenuto da fermagli dorati, le incorniciavano, con due piccole ciocche ricce e ribelli, un viso candido e dolcissimo.
Le labbra color porpora e il leggero trucco che le adornava gli occhi non facevano altro che mettere ancora di più in evidenza quanto la sua bellezza, in quei dieci anni di assurda guerra, non avesse ceduto nemmeno un istante, all’inesorabile trascorrere del tempo.
Quel giorno aveva indossato la sua veste bianca più bella. Quella che metteva maggiormente in risalto il meraviglioso profilo del suo prosperoso seno e aveva indossato solo un paio di calzari di cuoio ai piedi, per andare sulla spiaggia e lì, mettersi ad aspettare.
Aspettò.
Attese con pazienza di vedere comparire quella nave.
Passarono giorni, settimane, mesi.
Quando le visite alla spiaggia cominciarono a diradarsi, fino a diventare sporadiche apparizioni nell’unico giorno dell’anno in cui lei ricordava di aver celebrato, proprio lì, il loro matrimonio, la gente dell’isola aveva cominciato a perdere la fede e la speranza che, un giorno, il re sarebbe tornato.
Di lì a pochi anni, erano arrivati i Proci: principi e ricconi provenienti da terre vicine che, pur di conquistare la nomea di ‘regnanti’ avevano approfittato prima dell’educazione della regina di Itaca e, col passare del tempo, della perdita della sua voglia di lottare e di mandarli via, definitivamente.
Quanta tristezza si poteva leggere negli occhi della donna che ora era sottoposta alle attenzioni di quell’uomo interessato più alla sua terra e al suo corpo che al suo bene personale e che cercava in tutti i modi di sedurla.
“Quanta amarezza nel vedervi così triste, mia regina. Come vorrei riuscire a farmi spazio nel vostro cuore…” rincarò la dose Broli, accarezzandole di nuovo il braccio candido.
“Lasciatela in pace!” irruppe la voce giovane e ancora immatura di un ragazzo piombato nella stanza con non poca rabbia in corpo.
Broli alzò gli occhi al cielo.
Possibile che tutte le volte che riusciva a trovare un po’ di tempo per tentare di convincere quella donna a cedere alle sue lusinghe, dovesse arrivare lui?
Broli fece buon viso a cattivo gioco e si stampò un sorriso di finto buonismo in volto. Si voltò verso il ragazzo e, con cordiale ironia, lo salutò:
“Principe Trunks! Buongiorno! Qual buon vento? Ero venuto ad assicurarmi che la regina non avesse bisogno di nulla”
“Da voi, no di sicuro. Andatevene, per favore” rispose secco il principe indicandogli con il braccio l’uscita.
“Ma quanto siamo scortesi…Mi domando quanto ancora potrà durare questa situazione. Spero che anche voi facciate altrettanto. Buona giornata, regina. Principe…” rispose l’uomo passando davanti a Trunks e rivolgendogli un cenno di saluto, prima di uscire dalla stanza.
“Madre, state bene?” chiese il ragazzo avvicinandosi alla donna che, nel contempo, si era lasciata cadere su un divanetto adiacente la finestra.
“OH, Trunks…figlio mio…Cosa devo fare? Non ce la faccio più. Più che pensare che tuo padre sia morto, ciò che mi addolora maggiormente è non sapere quale tremenda fine possa aver fatto. Ti prego, dimmi cosa posso fare. Forse dovrei risposarmi e ridare a Itaca un degno re…Oppure lasciare a te il trono, ponendo fine a questa mia vita di sofferenza…Ti prego…aiutami tu…” disse la donna scoppiando in un pianto disperato tra le braccia forti del figlio.
“Madre. Non dovete cedere. Mio padre tornerà, ne sono certo. So che le speranze sono deboli, ma dobbiamo credere che il giorno in cui vedremo la sua nave comparire all’orizzonte è ormai vicino” cercò di consolarla il ragazzo, poco più che ventenne.
“No, no…Anche sua madre si è tolta la vita, per non sopportare più il dolore della sua perdita e la scomparsa di tuo nonno, il vecchio re Vegeta, è la dimostrazione che, anche lui, avesse perso le speranze…Fino a quando dovrei aspettarlo secondo te?” chiese disperata la donna alzando il suo sguardo colmo di rabbia, tristezza e lacrime per incrociare quello rigido di lui che, immediatamente, si staccò da lei e, voltandole le spalle, le disse:
“Madre, ho intenzione di partire. Domattina, all’alba. Salperò in direzione di Sparta, da Krillin. Prima che voi prendiate qualsiasi decisione, devo scoprire che fine ha fatto mio padre. Voi prendete tempo, qui. Tesserete il sudario per mio nonno di giorno e la notte lo disfarete. Direte ai Proci che, al termine del vostro lavoro, prenderete una decisione. In questo modo, spero di avere abbastanza tempo per tornare con le notizie che tanto desiderate o, nel migliore dei casi, con mio padre. Non dite a nessuna delle vostre ancelle ciò che fate. Molte di loro sono legate ai Proci, non c’è da fidarsi. Avete capito bene? Mi promettete che aspetterete il mio ritorno, prima di prendere qualsiasi decisione?”
“Sì. D’accordo. Non so per quanto riuscirò a tenerli a bada, ma ci proverò. Ma mi devi promettere una cosa. Fra un mese esatto, partendo da domani, se non avrai notizie o non avrai trovato tuo padre, tornerai a casa comunque. Altrimenti non avrai il mio consenso a partire” rispose seriamente la donna.
“Ve lo prometto”
 
Quella sera, i due scesero a banchettare con i loro sgraditi ospiti e annunciarono loro l’imminente partenza del principe. Trunks chiese chi, dei presenti, volesse dimostrare la propria lealtà al re, seguendolo nella improbabile spedizione.
Alla proposta calò nella sala un silenzio surreale, spezzato solo dal versare del vino nelle coppe dorate da parte delle ancelle e dal rumoreggiare sommesso di qualche animale dormiente.
“Capisco. Non vi disturbate oltre. Salperò domatt…
“Verrò io, con voi, principe” annunciò la voce del giovane che, fino a quel momento, era stato seduto a fianco del principe.
“Lapis…non avevo dubbi…Ti ringrazio, per la tua lealtà, amico” rispose Trunks mostrandogli un sincero sorriso di gratitudine, per poi proseguire: “Quanto a voi, signori, quando tornerò con mio padre, saprà lui come ricompensarvi per la vostra collaborazione” disse raccogliendo, come unica risposta,  risatine ironiche provenienti da ogni angolo del salone.
“Buon viaggio, principino…Divertitevi col vostro amico!” disse una voce piena di ironia proveniente dal fondo della sala.
“BASTA! Non osate! Lapis è il mio più caro amico, uno dei combattenti migliori che conosca. Non merita le vostre insinuazioni!” si ribellò il giovane principe alzandosi in piedi e sfoderando la sua spada.
“Su, su, calma, calma. Non siate così offensivi nei confronti del principe e del suo accompagnatore. In fondo stanno partendo per una missione quasi…impossibile. Ѐ ammirevole, da parte loro, non vi pare, miei fedelissimi compagni?” si intromise Broli con un sorriso sadico stampato in volto, per poi proseguire:
“Con tutto il cuore, principe Trunks, spero che il vostro viaggio vi porti ciò che state cercando. Mi auguro di rivedervi presto, cosicché possiate accettare anche voi la decisione che vostra madre sceglierà di prendere”
“Tornerò con mio padre. Ve lo garantisco” concluse Trunks digrignando i denti per poi voltargli le spalle e allontanarsi, con la madre, dalla sala.








NA: Momento culturale: In realtà, Trunks (Telemaco) parte all'insaputa della madre la quale da sola decide di tessere e disfare il sudario per la futura morte del suocero, per prendere tempo ed attendere il ritorno del figlio.

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Capitolo 2
*** δώδεκα ***




“Trunks! Vieni, non esitare! I miei uomini mi hanno avvisato dell’arrivo di una nave battente bandiera di Itaca. Sono venuto personalmente a vedere chi fosse. Sono felice di vederti, ragazzo! Stai benissimo, sei cresciuto forte come tuo padre, ma devo dire che la bellezza l’hai presa tutta da tua madre! Avanti entrate! Lui chi è? Un tuo cugino, forse?” chiese un Krillin emozionatissimo, facendo gli onori di casa e accogliendo i due ragazzi come se fossero i suoi figli.
“No, lui è un mio amico, Lapis. Sebbene ci conosciamo da pochi mesi, è diventato come un fratello, per me. Grazie per l’accoglienza che ci avete riserbato. Siamo partiti da Itaca sfiduciati e maltrattati. Speravamo di incontrare persone che ci trattassero più degnamente…” rispose Trunks commosso.
“Oh, ragazzo mio. Questo è il minimo che possa fare per te, per tuo padre e per la vostra terra. So quale disgrazia affligge le vostre giornate, ma credo che tu abbia fatto bene a partire per cercare risposte. Vieni, mia moglie Lazuli ha fatto preparare un banchetto solo per voi” lo informò Krillin indicando loro la via per il grande salone in cui era stato organizzato il pranzo.
 
Durante il banchetto, Krillin, seduto vicino ai due ospiti, prese la parola e chiese:
“Allora, Trunks, dimmi…Cosa vuoi sapere? Credo che tu possa immaginare che io non abbia la minima idea di dove si trovi tuo padre, vero?”
“No…certo…Ho bisogno di sapere tutto, dal principio, se possibile…vorrei cercare di capire. Come…come è terminata la guerra, a Troia? Noi non c’eravamo, non lo abbiamo mai saputo…con precisione. Le notizie che ci sono giunte erano…frammentarie e per nulla coerenti, l’una con l’altra” disse timidamente Trunks fissando le sue iridi color mare in quelle del vecchio re, ormai quasi prive di colore.
“Aahhh…-sospirò scuotendo la testa- La più stupida guerra che sia mai stata combattuta, è terminata solo grazie a chi non avrebbe mai voluto partecipare: tuo padre. Dopo dieci anni di scontri, morte, perdite incommensurabili in entrambi gli schieramenti, l’uccisione di Gohan da parte di Goku, per vendicare la perdita del suo amatissimo Turles e la successiva scomparsa del nostro guerriero più forte…beh…le nostre speranze di vittoria si erano affievolite smisuratamente. Una sera tuo padre venne nella mia tenda esponendomi un piano che poteva sembrare bizzarro. Mi disse che avremmo dovuto lasciare la spiaggia il mattino seguente, tutti quanti. Aveva fatto preparare da una squadra un enorme cavallo di legno dentro il cui ventre si sarebbe nascosto lui con i suoi uomini. Doveva servire come regalo per i troiani ai quali cedevamo l’ipotetica vittoria della guerra. Convinsi mio fratello Napa a seguire il piano, ma non ne volle sapere di lasciare a tuo padre tutta la gloria; così, più spinti dalla fama che dall’onore, decidemmo entrambi di far parte della squadra che sarebbe entrata a Troia, mediante il cavallo.
Quella notte fu una strage. I troiani ubriachi per i festeggiamenti si addormentarono sommessamente. Noi scendemmo silenziosamente dall’apertura posta sul ventre del cavallo e…” si interruppe sospirando; poi, con parole piene di dolore continuò:  
“Appiccammo il fuoco. Ho ancora le urla disperate delle donne e dei bambini che scappavano in preda al panico. Ho visto una donna andare a fuoco davanti ai miei occhi…teneva in braccio un bambino di pochi mesi…Oh, dei…potrete mai perdonarmi? Mio fratello ci incitò ad entrare a palazzo e ad uccidere la famiglia reale. Goten e Bardok tentarono di difendere invano le loro donne che si rifugiarono in una stanza, assieme alla moglie e alla figlia di soli sei anni di Gohan. Quando le scovammo, Napa uccise Videl e la regina. Le trafisse con la spada sotto gli occhi della piccola Pan, che piangeva come una disperata. La prese per i capelli e andò alla finestra, con la ferma intenzione di gettarla dalle mura. Fu a quel punto che intervenne lei, 18…ehm…voglio dire…Lazuli. Si inginocchiò ai miei piedi e mi supplicò. Mi disse che sarebbe tornata a casa con me, ma che poi si sarebbe uccisa, se non avessi salvato la bambina.
Oh, Trunks, se tu sapessi…In quel momento il mio cuore era colmo di rabbia. Le puntai la spada alla gola con la ferma intenzione di trafiggerla. Quando Napa si voltò con il suo ghigno malvagio per chiedermi cosa volessi che facesse, fu tuo padre ad intervenire. Mi si affiancò e mi tolse la spada dalla mano, dicendomi: - Krillin, basta morti. Abbiamo iniziato questa guerra per questa donna che ora ti sta implorando di tornare a casa con te. Ti prego, non rendere dieci anni vani. Rendi salva la vita a lei e a quella mocciosa che le si è affezionata e andiamocene, prima che qui crolli tutto –
Il re si interruppe di nuovo, questa volta per prendere il calice d’oro che aveva davanti a sé e bere un sorso dell’ottimo vino rosso che Trunks aveva portato in dono. Poi prese il tovagliolo che teneva appoggiato sulle gambe e si pulì la bocca, con molta calma. Si schiarì la voce e ricominciò:
“Questo vino è ottimo, ragazzo mio…”
“Sono contento che sia di vostro gradimento, ma vi prego, continuate, il vostro racconto è davvero interessante” commentò Trunks molto cordialmente.
“Non c’è molto altro da dire. Presi Lazuli e ordinai a mio fratello di darmi quella bambina. Scappammo da quell’inferno e salpammo per far ritorno a casa…ognuno sulla propria nave. I sogni di gloria di mio fratello, che ormai era convinto di essere il padrone del mondo, si infransero sulla spiaggia di Micene, la sua terra, dove venne ucciso da sua moglie.
Gli dei avevano deciso di punirlo, come avevano deciso di punire tutti i re partecipanti a quel terribile massacro…Io stesso faticai a tornare alla mia terra. I venti e il dio del mare fecero danzare la mia flotta per mezzo Mediterraneo, facendoci arrivare addirittura in Egitto…
Siamo riusciti a tornare a Sparta solo due anni fa…”
Furono quelle parole che fecero scattare Trunks in piedi facendo cadere a terra la pesante sedia di legno sulla quale era stato tranquillamente seduto, fino a quel momento.
“Cosa? Volete dire che anche voi avete naufragato per otto anni? Ma allora è possibile che anche mio padre sia da qualche parte, sperso nel Mediterraneo…Forse gli dei hanno deciso di punirvi per come avete sconfitto Troia, con l’inganno, voglio dire…E visto che mio padre è stato l’ideatore del cavallo, probabilmente la sua punizione si è protratta più a lungo…Cosa ne pensate? Lo credete possibile?” chiese con gli occhi sgranati e le vene pulsanti sul collo e le tempie.
“Sì. Credo sia così, ma purtroppo…il Mediterraneo è molto vasto e solo gli dei sanno su quale delle migliaia di isole tuo padre sia finito…” commentò sommessamente il re appoggiando una mano su quella del ragazzo per invitarlo a ritrovare la calma.
Trunks raccolse la sedia da terra e ci si risedette sopra. Abbassò il capo e si mise a fissare un punto qualsiasi del tavolo davanti a sé. Era evidentemente pensieroso e muoveva velocissimamente la gamba in un gesto di nervosismo e agitazione assoluti.
“Calmati, Trunks. Il tuo nervosismo non condurrà da nessuna parte…” tentò di tranquillizzarlo Krillin.
Il ragazzo, rallentò, seppur di poco, l’irrefrenabile movimento del suo arto inferiore, ma continuò a tenere lo sguardo fisso nello stesso punto. Tentò in tutti i modi di fare un punto della situazione, facendo passare, frase dopo frase, tutto il racconto che aveva appena udito dal re.
Poi, come se un lampo avesse illuminato la sua mente, voltò leggermente lo sguardo verso il vecchio e, sempre con estrema cordialità, gli domandò:
“Sire…Cosa intendevate, prima, quando avete detto che Goku è scomparso? Intendevate dire che è morto, giusto?”
A quella domanda, il re fece un sospiro e strinse le labbra inarcandole leggermente verso il basso. Guardò per qualche istante la moglie e la bellissima figlia adottata, sedute dalla parte opposta del tavolo, per poi espirare rumorosamente e avvicinarsi all’orecchio di Trunks per sussurrargli:
“Questa storia non te la posso raccontare…qui. Dopo cena avrai tutte le spiegazioni che desideri, ma saremo solo io e te. Hai capito?”
“Sì, Sire” rispose solamente Trunks corrucciando lo sguardo per fargli capire quanto fosse interessato a sentire quel misterioso seguito.
A quel punto Krillin si alzò in piedi e, prendendo il calice del vino disse:
“Brindo ai miei ospiti, alla mia adorata moglie Lazuli e alla mia dolcissima figlia Pan! Che gli dei vi proteggano!”
Poi, dopo che tutti ebbero alzati i calici al cielo ed ebbero brindato alla famiglia reale, Krillin si inchinò leggermente verso il principe di Itaca e, prendendo la mano della figlia che gli si era avvicinata, gli disse:
“Trunks, posso presentarti la mia figlia adottiva, Pan?”
Il giovane si alzò in piedi e, dopo aver fatto un lieve inchino, alzò lo sguardo per andare ad incrociare quello scuro come la notte di lei.
“Ѐ un vero onore, fare la vostra conoscenza, principessa” disse con un leggero sorriso.
“Il piacere è tutto mio. Vi fermerete molto, qui a Sparta, signore?” domandò lei cordialmente.
Trunks lanciò un’occhiata al vecchio re che, in tutta risposta, si sentì in dovere di intervenire:
“Figlia mia, non credo che, dopo ciò che il principe Trunks ha appreso stasera, si fermerà a lungo qui da noi. Credo che il suo desiderio di ritrovare suo padre sia di gran lunga superiore al mio di averlo come ospite. Domani, al più, temo partirà”
“Oh…in tal caso…vi auguro ogni fortuna, principe Trunks. A voi e al vostro seguito” concluse la ragazza alzando un angolo della bocca in un sorriso enigmatico.
“Grazie, principessa. Ѐ stata una delizia, conoscervi” le rispose il ragazzo rifacendo l’inchino.
 
Quella notte fu inquieta per Trunks.
Nemmeno la vicinanza e il calore emesso dal corpo di Lapis riuscirono a calmarlo. Si alzò più e più volte vagando per l’enorme stanza che il re gli aveva messo a disposizione per riposare e si recò diverse volte sul balcone che dava sul mare distante chilometri, per cercare di catturare l’aria fresca e salmastra da far arrivare ai propri polmoni.
Continuava a ripensare al colloquio privato avuto poche ore prima con Krillin: la notizia della fuga di Goku dal campo di battaglia, pochi giorni prima della costruzione del cavallo lo aveva sconcertato non poco.
Il vecchio re gli aveva confessato che il semidio, dopo un colloquio avuto con Vegeta, nottetempo aveva deciso di radunare gli uomini, di prendere la sua donna Chichi e di partire, per non fare mai più ritorno in quella terra maledetta, dove gli dei avevano già deciso il suo destino.
Il motivo dell’agitazione del ragazzo era iniziato una volta appresa questa incredibile notizia. Goku aveva dunque preferito andarsene con una donna, piuttosto che affermare la sua gloria come i cantori andavano proclamando per anni, anche alla sua corte.
Il fatto che solo i re che avevano preso parte alla guerra ne fossero a conoscenza e che Krillin avesse mantenuto il segreto per tutti quegli anni, lo fece meditare sul fatto che, se gli dei avevano permesso a Goku di salvarsi, probabilmente anche con suo padre erano stati magnanimi.
Il sovrano di Sparta gli aveva indicato su una carta il punto esatto in cui avrebbe potuto trovare l’isola su cui si era stabilito Goku, con Chichi, aggiungendo che dubitava fortemente, che Vegeta si trovasse presso di lui.
Gli aveva spiegato che suo padre desiderava più degli altri porre fine alla guerra, per poter tornare finalmente a casa, dalla sua regina e da suo figlio. Se fosse in qualche modo giunto sulla terra di Goku, lo stesso avrebbe rivelato all’intera Grecia la verità sul suo destino, pur di riaccompagnare personalmente il suo migliore amico alla sua amata terra.
Mentre il ragazzo, con le mani appoggiate alla balaustra di marmo del balcone, ripensava a quanto questa ipotesi fosse plausibile, sentì una mano calda, appoggiata alla schiena nuda, lasciargli una leggera carezza, ridestandolo dai suoi pensieri.
“Mi dispiace, ti ho svegliato…” disse sommessamente.
“A cosa pensi?” chiese Lapis affiancandolo e appoggiandosi coi gomiti alla balaustra.
“Domani partiremo…Faremo rotta verso l’Adriatico…” rispose Trunks, senza aggiungere altro.
“Non ti ho chiesto questo. Ti ho domandato su cosa stai riflettendo” insistette Lapis guardando l’orizzonte.
Trunks si voltò verso di lui e l’amico fece lo stesso. Appena i loro sguardi si incrociarono, il ragazzo fece un sorriso al maggiore e gli disse:
“Niente…Non preoccuparti…Ora è meglio tornare a dormire, domattina salpiamo presto”
“Va bene. Desideri che torni nella stanza che mi era stata assegn…
“NO! Voglio dire…no, per favore, rimani. So che non riuscirei ad addormentarmi da solo”  
“Come desideri” concluse l’altro mostrandogli un sorriso dolcissimo.
 
I due si rimisero a letto e, poco dopo, si fecero rapire entrambi dalle accomodanti braccia di Morfeo.
Ma mentre il sonno di Lapis filava liscio come l’olio, quello di Trunks era agitato e per nulla ristoratore. Dormì malamente per un paio d’ore fino al momento in cui sentì una lama gelida lambirgli la giugulare pulsante. Il ragazzo aprì un occhio, seguito immediatamente dall’altro e mise a fuoco l’immagine che gli si era parata dinnanzi. Poi, prima che potesse dire qualsiasi cosa, la sua bocca venne malamente coperta da una mano bianca e morbida, il tutto accompagnato da un “SSSHHH”, pronunciato con un tono bassissimo.









NCA (Nota culturale autore): Nella storia originale, Telemaco passa prima da Nestore (un altro re che aveva partecipato alla guerra di Troia) e poi da Menelao, il quale gli svela che aveva saputo da fonti certe che Ulisse era ancora vivo, ma sperso nel Mediterraneo. Per quanto riguarda Pan, tutta la storia è completamente inventata (da me). Il figlio di pochi mesi di Ettore, fu effettivamente gettato dalle mura di Troia, su consiglio di Ulisse...per altro...

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Capitolo 3
*** δεκατρείς ***





Solo quando gli occhi di lui si fecero cupi, la voce della persona che lo stava incomprensibilmente minacciando, si decise a fornire una spiegazione:
“Non voglio farvi del male, principe, non mi costringete. Sono venuta qui solo per informarvi che, fra poche ore, quando salperete, io verrò con voi. Non ho intenzione di crearvi alcun disturbo, sarà come se non ci fossi, a bordo della vostra nave. Gli uomini di bordo mi scambieranno per un giovine, visto che ho intenzione di travestirmi. Non interferirò né con la vostra missione, né con la relazione con il vostro compagno. Avete compreso?”
Così dicendo, tolse la mano dalla bocca di Trunks, lasciando la lama a lambire il suo collo. Si scostò leggermente da lui, permettendogli di sollevarsi sui gomiti. Dopo che l’ebbe squadrata per qualche secondo pensieroso, le chiese:
“Intendete usare quell’arma per uccidermi?”
“Sì, se non acconsentirete a soddisfare la mia richiesta” rispose lei fiera.
“Se mi uccidete non partirete comunque” spiegò con tono ironico afferrando senza alcuna fatica il coltello e disarmando una mano troppo debole, per opporre resistenza. Le porse la lama e continuò:
“Non è necessario minacciarmi con questo; riponetelo, per favore. Non ho intenzione di dirvi di no, ma dovete rispondermi sinceramente. Vostro padre sa che desiderate partire?”
“No e non deve saperlo” rispose Pan con indifferenza.
“E secondo voi, quando domani non vi vedrà per pranzo, non si chiederà che fine avete fatto? Ha scatenato una guerra contro Troia, quando gli hanno portato via la moglie, non pensate che non ci metterà nulla a muovere le sue navi su Itaca, se penserà che io vi abbia rapita?” chiese il ragazzo con un sorriso ironico.
“Non mi importa, io voglio venire. In più sono una ottima arciera, potreste aver bisogno di me” insistette la ragazza.
“Ѐ lecito chiedere il perché della vostra inconsueta richiesta?” chiese allora il principe incuriosito.
“Voglio conoscere vostro padre: l’uomo che mi ha salvato la vita” rispose secca la ragazza distogliendo lo sguardo da quello interrogativo di lui.
“Strano che voi non nutriate alcun rancore, verso di lui: è per causa sua che Troia è stata espugnata…” sottolineò il ragazzo che credeva poco alla versione fornita da Pan, per farsi condurre da colui che sì le aveva salvato la vita, ma di fatto aveva contribuito alla morte di tutta la sua famiglia.
“Se non fosse stato per vostro padre, io a quest’ora sarei solo un piccolo cumulo di ossa ai piedi delle mura di Troia…Non posso che essergli riconoscente” precisò la ragazza con un tono che sembrava quello di qualcuno che cerca di convincere più se stesso che il proprio interlocutore.
Trunks diventò pensieroso.
Anche se avesse creduto alla motivazione fornitagli dalla ragazza, riguardo a suo padre, come avrebbe reagito quando, di lì a pochi giorni, avrebbe incontrato, forse, Goku, l’assassino di suo padre Gohan?
Come d’istinto, decise tutto ad un tratto che la questione si sarebbe risolta solo una volta che si fosse presentata. In quel momento c’erano questioni più importanti da chiarire. Il principe rialzò lo sguardo, incrociando quello supplichevole di lei e le disse:
“Potrete venire con noi, a patto che: primo, abbiate il consenso di vostro padre. Prima di partire verrò con voi a chiederglielo personalmente. Non ho intenzione di scatenare una guerra tra Itaca e Sparta per i capricci di una ragazzina…
“Non sono una ragazz…
“Secondo, verrete a bordo vestita con gli abiti degni della principessa che siete. Gli uomini non faranno domande, nel vedervi salpare con noi…
“Ma, principe, io…
“Ma avete finito di interrompermi? Siete davvero indecente, signorina! Gli uomini hanno un po’ troppa propensione a…diciamo così…avvalersi della compagnia notturna di giovani, piuttosto che di belle ragazze come voi. Credo sia meglio che vi considerino…intoccabile…piuttosto che…altro…Comprendete?”
“Oh…sì…certo…naturalmente” rispose la ragazza sentendosi le guance avvampare di un rosso acceso.
“E terza e ultima cosa: Lapis non è il mio compagno, anche se tutti, a Itaca, credono il contrario. Il nostro rapporto è…diciamo che siamo molto legati e lo considero come il fratello maggiore che non ho mai avuto” concluse facendole un sorriso.
“Non eravate tenuto a parlarmi delle vostre faccende private” ci tenne a precisare Pan.
“No, ma avete supposto cose errate e se la vostra scelta di venire con noi era fondata anche sul fatto che non possa essere interessato a voi…beh…vi sbagliavate. Personalmente vi trovo incantevole, nonostante il vostro carattere impertinente...Quindi ora, sta a voi la scelta…state o partite?”
La ragazza si morse il labbro inferiore.
Nella sua mente si fece largo l’idea che la motivazione addotta per poter partire con il principe di Itaca era stata accettata come veritiera, ma in cuor suo la ragazza sapeva quale fossero i reali sentimenti che l’avevano spinta a chiedere così impunemente di aggregarsi alla spedizione.
Nessuna benevolenza, nessuna gratitudine verso l’uomo che, anni prima, aveva ingannato Troia, la sua amatissima patria e contribuito all’uccisione della sua famiglia.
Pan aveva ancora negli occhi l’immagine dell’amatissima madre che veniva trafitta dalla spada già insanguinata di Napa e dello stesso che la teneva appesa nel vuoto, strattonandola per i capelli.
Quando Krillin aveva deciso di salvarla, per lei era iniziata una nuova vita, in una nuova famiglia. Lazuli si era presa cura di lei come fosse la sua vera figlia, mentre l’uomo aveva cercato, a suo modo, di essere un buon padre, nonostante l’inesorabile fardello del senso di colpa che si portava dentro, per il fatto che suo fratello avesse sterminato la sua famiglia.
Tutte le cure e le attenzioni dei due genitori adottivi, le erano valse un titolo nobiliare, che comunque già possedeva, un’ottima educazione, cultura e una buona forma fisica che, negli anni dello sviluppo, l’avevano resa un’incantevole e affascinante donna.
Tanto era bastato perché, nonostante nelle sue vene scorresse sangue troiano, tutti l’accettassero come la degna erede del trono di Sparta. Cosa che avrebbe reso il riscatto della sua amata terra, quasi completo.
Mancava solo un piccolo particolare, alla riuscita totale della sua soddisfazione.
L’occasione si era presentata inaspettatamente su un piatto d’argento ed ora era lì, dinnanzi ai suoi occhi scuri: il principe di Itaca l’avrebbe portata a vendicare definitivamente la sua famiglia, se solo fosse riuscita ad uccidere Vegeta.
Ora però, i suoi pensieri erano stranamente confusi.
Gli occhi cristallini e la gentilezza di quel ragazzo che le stava di fronte la mandavano completamente fuori di senno e l’apprendere che il principe non era sentimentalmente impegnato con colui che lei aveva creduto essere il suo amante, l’aveva spiazzata completamente.
Se si fosse innamorata di lui, le possibilità di portare a termine il suo piano sarebbero diminuite di molto, se non svanire del tutto.
Come avrebbe potuto cercare di uccidere l’adorato padre della persona amata?
No, sarebbe stato pressoché impossibile.
E sia.
Pan affrontò la cosa con lo spirito di una ragazzina con propositi troppo grandi per poter essere gestiti dalla sua giovane età, così, sfacciatamente, guardò il principe e concluse:
“Parto, ma vi avverto: non sono interessata al genere maschile. Spero sia chiaro”
“Certo. Desiderate portarvi un’ancella o una servitrice, per le vostre necessità?” chiese Trunks trattenendo a stento un risolino.
“Oh! Che sfacciataggine! Ma come vi permettete?” chiese la ragazza alzandosi dal letto infuriata.
“Cosa ho detto di male? Tutte le principesse hanno chi le assiste nelle faccende mattutine…è normale…credo…” spiegò lui allibito per la reazione della ragazza.
“Ah…sì…certo…ehehe…che sciocca…le faccende mattutine…Comunque no, verrò da sola. Sono in grado di badare a me stessa, grazie comunque, per il vostro interessamento. Ora vado. Devo preparare il mio bagaglio…Non vi preoccupate, porterò poche cose, non voglio essere d’impiccio…a fra poche ore, principe” disse infilando velocemente la porta e uscendo dalla camera.
Si fermò nel corridoio per tentare di fare mente locale sulla figura barbina che aveva appena fatto con Trunks. Fraintendere la sua richiesta di portare un’accompagnatrice con l’esplicita richiesta, da parte di lui, di conoscere le sue abitudini sessuali, era stato decisamente imbarazzante.
Dopo un breve sorriso di autocommiserazione per il suo comportamento alquanto infantile, Pan corse in camera sua. Raccattò pochi abiti e un paio di calzari, il suo amatissimo arco e la faretra e si sedette sul letto ad aspettare il momento in cui il suo viaggio sarebbe finalmente incominciato.
 
“Sai che mente, vero?” chiese Lapis una volta che la ragazza fu uscita dalla camera da letto, senza muovere un solo muscolo del suo corpo che, ancora prono, riposava a fianco al principe.
“Ti ho svegliato ancora? Mi spiace…di nuovo…” rispose Trunks demoralizzato, voltandosi verso l’amico.
“Non è colpa tua…vuoi davvero portarla con te? Li hai compresi anche tu, i suoi veri propositi. Vuoi veramente rischiare che li porti a termine?” insistette il maggiore voltandosi per parlare all’amico e potendolo così guardare negli occhi.
“Credi che abbia la forza e il coraggio di portare a termine il suo piano?” chiese Trunks incuriosito, ma quasi per nulla preoccupato.
“Il cuore e la mente di quella ragazza sono confusi dall’odio e dal rancore che sono germogliati nel momento in cui è stata strappata alla sua famiglia. In questi anni, questi due sentimenti erano assopiti: Krillin e Lazuli sono stati capaci di farle accettare il fatto che qualcun altro, oltre ai suoi genitori naturali, potesse amarla. Il tuo arrivo e il ricordo di quanto le è accaduto da piccola hanno risvegliato quel germoglio, mai morto, che il suo animo portava in seno. Come sai gli dei non possono gestire il libero arbitrio degli uomini, ma solo se il suo odio verrà contrastato da un sentimento più grande, tuo padre non correrà alcun pericolo” spiegò l’uomo con molta serietà.
“Capisco cosa intendi. Pensi che abbia mentito anche riguardo al resto? Credi che davvero non sia interessata agli uomini?” chiese il principe con falsa indifferenza.
“Quando ha detto che non era interessata al genere maschile ho capito che aveva mentito su tutto. Con quella frase il suo pensiero è stato chiarito definitivamente” spiegò Lapis facendo un risolino molto simile a quello che stava per scappare, molto poco educatamente, a Trunks, dopo aver sentito quella stessa affermazione.
“Anche a me ha fatto sorridere. Secondo te perché l’ha detto?” chiese il ragazzo per avere conferma che la sua intuizione fosse corretta.
“Se si innamorasse di te, pensi che sarebbe facile, per lei, portare a termine la sua vendetta? Certo che no. Si è barricata dietro quel muro per mantenere le distanze da chiunque possa farle cambiare idea. Hai visto come ha dubitato quando le hai detto che tra noi non c’era nulla? E quale donna dai gusti saffici non si porta un’ancella che la soddisfi? Credimi, il suo disinteresse è pretenzioso…” spiegò Lapis con tono malizioso.
“Mhmm…Mi chiedo quanto sia forte questo muro che ha eretto per difendere i suoi principi…” chiese abbassando lo sguardo Trunks e fissando pensieroso un punto qualsiasi del letto.
“Questo, amico mio, dipende solo da te…” rispose Lapis facendogli un sorriso, non appena il ragazzo tornò a guardarlo.
“D-da…da me?” chiese deglutendo aria.
“Certo, da quanto sarai desideroso di farle capire che l’odio è qualcosa di effimero, se confrontato a un sentimento benevolo ben più elevato. Non dovrai fare altro che starle a fianco e non lasciarla sola a fomentare il suo risentimento, prima che diventi irreparabile odio…Ma non credo che questo, ti verrà molto difficile…ho visto, come la guardi…” spiegò con un pizzico di malizia Lapis.
“Ѐ bellissima…non trovi?” chiese Trunks arrossendo leggermente.
“Credo…di sì…insomma…sai…Ma che domande mi fai, Trunks?” domandò arrossendo a sua volta, per poi tornare serissimo e concludere: “Credo che tu debba preoccuparti di più del suo carattere e di come farle cambiare idea, riguardo a tuo padre”
“Spero solo di esserne capace…” confessò il principe abbassando di nuovo lo sguardo.
“Penso che tu abbia buone possibilità di riuscita” cercò di tranquillizzarlo Lapis.
“Beh…altrimenti ci sarai sempre tu, a proteggerci, no?” chiese voltandosi verso l’amico.
“Sì, ci sarò sempre, ma devi essere tu, a conquistare il suo cuore. Non posso fare nulla, al riguardo. Ricordatelo” rispose Lapis abbracciandolo e lasciandogli un casto bacio sulla fronte.
“Sì, non lo scorderò. Grazie, Lapis”
“Riposa, Trunks…fra non molto inizierà un viaggio difficile per tutti” concluse riadagiandosi e permettendo all’amico di addormentarsi con la testa dolcemente appoggiata al suo petto.   







NCA: In realtà, Telemaco parte con il figlio di Nestore per far ritorno a Itaca ad informare la madre che Ulisse è ancora vivo.
 

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Capitolo 4
*** δεκατέσσερα ***





Mentre la nave di Trunks prendeva il largo dalle coste di Sparta, su una spiaggia lontana, i flutti schiumosi delle onde del mare si infrangevano pacifici sulla battigia andando a lambire, sporadicamente, le caviglie immobili di un uomo disteso sulla sabbia bagnata.
L’uomo, totalmente privo di abiti, di un nome e di qualsiasi cosa potesse far ricordare quale grande re fosse, giaceva lì sin dalle prime ore dell’alba, a fianco ad una sorta di catasta di legna che, nemmeno lontanamente, poteva ricordare la forma di un qualsiasi tipo di imbarcazione.
Il corpo privo di forze poteva apparire addirittura privo di vita, se non fosse stato per il lieve movimento, quasi impercettibile, che il torace involontariamente faceva, per portare aria a polmoni che ancora, evidentemente, ne richiedevano.
La pelle bruciata dal sole e seccata dalla disidratazione dovuta alla mancanza di acqua dolce, che un qualsiasi naufrago si vede costretto ad affrontare, dopo parecchi giorni in mare aperto, era segno evidente che, quell’uomo, doveva aver passato molto tempo in balia del niente che circondava le isole del mar Mediterraneo.
Approdato chissà da dove su quella terra sconosciuta, si era lasciato andare.
Aveva viaggiato, senza averne coscienza, per dieci lunghissimi anni. Ogni volta che era sbarcato su qualche nuova spiaggia lontana dalla sua amata patria, aveva perso uomini, speranze e, in ultimo, dignità. Dopo aver trascorso gli ultimi anni in balia di una dea crudele, malvagia e approfittatrice, che l’aveva torturato e costretto a soddisfare ogni suo desiderio e ogni suo piacere fisico, era finalmente riuscito a scappare. Sperava che il dio del mare e gli altri dei, che fino ad allora avevano manipolato con sadismo i fili del suo destino, lo avessero finalmente perdonato, ma anche questa volta, la speranza era stata vana.
Dopo giorni e giorni in balia di un mare ostile, era riuscito ad arrivare lì, su quella spiaggia, ancora una volta, sconosciuta.
L’ennesima delusione gli aveva fatto perdere le poche flebili speranze che ancora riserbava dentro di sé e, giungere in una nuova terra priva di qualsiasi riferimento che gli facesse intuire che fosse la sua fu la goccia che fece traboccare il vaso delle sue aspettative deluse. Così, senza più alcuna motivazione, si era disteso nell’esatto punto in cui aveva toccato terra e lì aveva abbandonato il suo corpo al destino che gli dei gli avevano riservato.
Non poteva di certo sapere, Vegeta, che la punizione divina era oramai definitivamente terminata e che, da quel momento in poi, il suo destino sarebbe stato deciso solo e unicamente da lui e dalla sua volontà di ricominciare.
Quando sentì il punzecchiare di un rametto appuntito sulla sua spalla, riuscì a malapena ad alzare lo sguardo, facendo penetrare i suoi occhi di tenebra dal sole accecante non completamente coperto dalla piccola figura dai lunghi capelli color pece, che gli si ergeva davanti, prima di svenire definitivamente, immerso nei suoi pensieri più cupi.
 
“Chi è madre? Lo conoscete?” chiese la vocina gentile di una bambina che camminava a passo svelto a fianco della giovane donna che, insieme a lei, aveva ritrovato il corpo dell’uomo.
“L’ultima persona che mi sarei aspettata di trovare, tesoro mio” rispose la donna lanciando prima un’occhiata all’uomo trasportato da due inservienti su una lettiga improvvisata e poi un sorriso teso alla bambina.
“Come si chiama?” insistette la piccola.
“Vegeta, re di Itaca” rispose la donna senza aggiungere altro.
 
“Ahhh...” si lamentò l’uomo mentre la stessa donna che lo aveva trovato, cercava di ripulire il suo corpo con un panno umido.
“Scusate, starò più attenta” gli disse a bassa voce continuando il suo lavoro.
La pelle dell’uomo era ricoperta da un’infinità di piccole ferite, oltre che quasi completamente ustionata dal sole e quella intorno ai polsi e alle caviglie sembrava distrutta da cicatrici vecchie di anni come nuove di giorni. Nel tentare di alleviare il suo dolore, alla donna si riempirono gli occhi di lacrime e, tutto ad un tratto, si ritrovò a massaggiare i suoi stessi polsi, imbambolata è immersa in tristissimi ricordi, che da anni non facevano più capolino nella sua memoria.
Poi, tornando in sé, si ritrovò a osservare il corpo dell’uomo di fronte ai suoi occhi e si chiese cosa lo avesse portato lì e, soprattutto, chi lo avesse ridotto in quelle condizioni.
Se lo ricordava bene, Vegeta: un re degno di tale titolo, distante anni luce come carattere e modi regali da quelli di altri re, una volta suoi alleati.
Immersa in questi pensieri, continuò il suo lavoro per tentare di alleviare il dolore di quell’uomo. Prese un unguento e si mise con cura e delicatezza a cospargerlo sulla pelle infuocata di lui, notando con lieve soddisfazione il rilassarsi del volto del re, via via che il medicamento proseguiva nella sua azione lenitiva.
Quando terminò, si sedette su una sedia e si mise ad attendere che lui, la persona che aveva salvato la vita a lei due volte e alla sua famiglia, si ridestasse.
Vegeta sembrava assopito solo apparentemente in un sonno ristoratore, ma la realtà era tutt’altra.
Gli incubi che lo avevano afflitto negli ultimi dieci anni tornavano a fargli visita ogni volta che tentava di riposare: mostri, demoni, maghe e soprattutto, la dea che lo aveva soggiogato negli ultimi anni del suo peregrinare, non gli lasciavano tregua.
Mai.
Nemmeno ora che, finalmente, il suo triste vagare era, forse, finito.
All’ennesima immagine della sua involontaria eccitazione afferrata dalle labbra e poi dai denti di quella strega che diceva di amarlo, Vegeta si issò dolorante, mettendosi a sedere sul letto sul quale era stato curato, gridando un inequivocabile e inquietante NO.
Si guardò attorno e vide la figura femminile, che fino a quel momento aveva atteso in silenzio il suo risveglio, avvicinarsi al suo letto.
In un gesto del tutto inaspettato, il re si ritrasse sempre di più e, prima che la donna gli fosse accanto, la supplicò:
“Vi prego...vi prego, lasciatemi in pace. Non ne posso più. Lasciatemi tornare alla mia terra. Vi supplico”
In tutta risposta, la donna si fermò e girò attorno al letto mantenendosi a debita distanza, per andare ad accostare leggermente le tende che oscuravano eccessivamente la stanza, non permettendogli di poterla riconoscere.
Dopo averle scostate e legate con estrema calma ad una parete, tramite un grosso cordone, si voltò lentamente e, non appena la vista di lui riuscì a riadattarsi alla nuova luminosità, gli fece un sorriso per poi chiedere:
“State tranquillo, re Vegeta, nessuno vi farebbe mai del male, qui. Sapete chi sono?”
Vegeta sgranò gli occhi.
Com’era possibile? Come poteva essere lei?
Gli occhi gli si riempirono di lacrime e iniziò a singhiozzare come un bambino felice che la mamma lo stia consolando. Poi, dopo interminabili minuti di commozione, si asciugò le lacrime e, tornando a guardarla negli occhi neri come i suoi, le disse solo:
“Chichi”
“Sì, sono io. Posso avvicinarmi?” chiese con molta cordialità.
“Vi prego, fatevi osservare, siete bellissima, come sempre” la invitò allungando il braccio con la mano tesa per indicarle che poteva avvicinarsi.
“E voi siete troppo gentile, con me, come sempre. Desiderate del cibo o del vino?” chiese la donna da perfetta padrona di casa.
“Io...desidero...Per favore, solo dell’acqua...ho infinite domande da porvi, potreste...voglio dire...avreste tempo per aiutarmi a capire tutte le questioni che mi tormentano?” domandò quasi imbarazzato.
Chichi prese una brocca dorata da un tavolino e versò dell’acqua in una coppa dello stesso materiale, proprio come lui aveva fatto con lei, la sera che l’aveva salvata dalle grinfie di Napa e gliela porse.
Il re bevve tutto d’un sorso per poi renderle il calice che venne riposto nell’esatto punto in cui si trovava precedentemente. Poi, gli fece un sorriso e gli disse:
“Credo che ci sia un’altra persona che desideri rispondere alle vostre domande. Per cui vi prego. Ora riposate. Vi ho fatto portare degli indumenti che spero siano della vostra misura. Più tardi, a cena, avrete tutte le vostre risposte. Ora devo andare, prima che mia figlia si inquieti. A più tardi, sire”
Fece per infilare la porta, ma lui la fermò chiedendole:
“Chichi! Solo una domanda, vi supplico”
“Dite, cosa volete sapere?” domandò lei tornando sui suoi passi.
“Vi siete presa voi cura di me?” chiese abbassando lo sguardo, come se si vergognasse di ciò che lei avesse potuto vedere.
Lei si fece cupa e si avvicinò al letto.
In un gesto del tutto inaspettato, gli diede una carezza sulla guancia ricoperta da una folta barba, soffermandosi sotto il mento invitandolo a sollevare di nuovo lo sguardo, per poterla guardare negli occhi. Quando riuscì nel suo intento, gli disse fermamente:
“Credetemi, sono l’unica persona che può capire come vi sentite. Ricordate?” chiese mostrandogli entrambe le cicatrici vecchie di dieci anni, che ancora si potevano notare sui suoi polsi, per poi concludere:
“Queste nessuno le può cancellare, ma il dolore per ciò che esse vi ricordano di tanto terribile, sì. Il tempo e la vostra amata moglie saranno le migliori cure per il vostro cuore e l’unica via per far sì che gli incubi non vengano più a disturbare i vostri sogni. Ve lo assicuro, Sire”
L’uomo non aggiunse nient’altro ad un ‘grazie’ pieno di riconoscenza, più per le parole che lei gli aveva rivolto che per le cure che gli aveva prestato.
Quando lei uscì dalla stanza, lui si riadagiò sul letto e, senza accorgersi, stremato, si riaddormentò.
 
Poche ore più tardi, mentre il re di Itaca si ridestava da un sonno non ancora del tutto tranquillo, la nave di Trunks veleggiava fiera, solcando un mare mosso, ma accogliente.
Pan se n'era stata tutto il pomeriggio a prua della nave, scrutando l'orizzonte pensierosa.
Al tramonto, ancora non si era scostata di un solo centimetro, nemmeno quando il mare si era alzato e la brezza aveva iniziato a impregnarle gli abiti di una fastidiosa salinità.
Solo quando il sole era ormai immerso per più di tre quarti in quell'orizzonte lontano, sentì una pelliccia calda e morbida coprirle le spalle scoperte.
Si voltò leggermente, solo per confermare a se stessa che stava per ringraziare la persona che immaginava fosse ancora alle sue spalle.
Si seccò molto nel constatare che non era chi si aspettava, ma per cortesia disse:
"Grazie, inizia a fare fresco"
"Desiderate altro, principessa?" chiese l'uomo cortesemente.
"No, ma...Chi vi ha mandato a portarmi questa gradita pelle?" domandò incuriosita, ma con tono indifferente.
"Il principe" rispose l'uomo di un’età indefinita e indefinibile timidamente.
Pan non fece altro che dipingersi in volto una sorta di smorfia per poi chiedere nuovamente:
"Dove si trova ora?"
"Sottocoperta, con Lapis" rispose l'uomo con lo sguardo basso.
"Oh, grazie. Potete andare" lo congedò gentilmente ricevendo in cambio una sorta di inchino sghembo dovuto alla gamba malandata dell'uomo.
Pan si rimise a guardare l'orizzonte. La breve pausa che si era presa per dialogare con quel marinaio le aveva fatto perdere il tramonto.
Alzò gli occhi al cielo, tirando qualche sproloquio poco cordiale al poco tempismo del marinaio, ma soprattutto al fatto che non fosse stato Trunks, a farle perdere quel bellissimo spettacolo.
Sentì il nervoso crescerle da dentro e, dopo aver osservato ancora per qualche secondo il mare rassegnata, si voltò e corse nella cabina che le avevano riservato per dormire. Chiuse la porta con il pesante chiavistello e si fece negare fino all'ora di cena quando, ovviamente, sentì bussare per l'ennesima volta.
"Principessa, ci fareste l'onore di cenare assieme a noi?" chiese una voce irriconoscibile, giunta ovattata a causa del grosso spessore della pesante porta.
"Andatevene, non ho fame" rispose secca lei che, di cenare con persone sconosciute, non ne aveva la minima intenzione.
"Beh, se cambiate idea, mi trovate in cabina, ceno con Lapis, fra non molto" la informò la voce.
A quelle parole la ragazza scattò in piedi e corse ad aprire: era Trunks.
Con un sorriso che avrebbe sciolto anche Darbula, il demone dallo sguardo pietrificante, le chiese:
"Qualcuno vi ha infastidito?"
"Oltre a voi?" rispose lei con aria irritata.
"Io?" domandò meravigliato.
"Mandate sempre i vostri uomini a compiere gesti di cortesia? Cos'è, eravate troppo impegnato per portarmi voi stesso qualcosa per ripararmi dalla brezza marina?" chiese scocciata.
"Avete detto che sapete badare a voi stessa, ma oltre a non essere stata molto socievole per tutto il giorno, non avete nemmeno compreso che non è molto salutare stare fuori sul fare del tramonto. Se volete godervelo appieno, domani sera, vi conviene munirvi di una pelle calda prima di passare la serata in balia del vento freddo"
"Mi state facendo la paternale?" lo sfidò lei avvicinandosi minacciosamente e squadrandolo dalle due fessure che racchiudevano il suo sguardo, dal basso verso l'alto.
Trunks alzò un sopracciglio perplesso. Quella ragazza era davvero impertinente e portava con sé una certa dose di incoscienza, se aveva il coraggio di affrontare in quel modo qualcuno indubbiamente più forte di lei.
 






NCA:  come credo tutti sappiano, Ulisse arrivò sull'isola dei Feaci (odierna Corfù) e fu ritrovato da Nausicaa, figlia del re Alcinoo e dalle sue ancelle. Lo trassero in salvo e Ulisse, dopo essersi ristabilito, raccontò la sua storia.

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Capitolo 5
*** δεκαπέντε ***


 
 
 
Durante l’intera giornata, Trunks si era domandato più e più volte come fosse possibile che la giovane donna sembrasse non aver paura di nulla.
Quella mattina, prima di partire, aveva assecondato il suo desiderio di recarsi con lui a chiedere il permesso di partire a Krillin, con aria indifferente e sicura di sé. Durante il breve dialogo, in cui il suo padre adottivo non aveva eccepito su nulla riguardo la sua formale richiesta, Pan aveva dimostrato un carattere duro e deciso, per nulla conciliante. Sembrava quasi fosse lì a sfidarlo, come a dire:
"Se acconsenti bene, altrimenti parto lo stesso"
La cosa aveva particolarmente colpito Trunks il quale, una volta rimasto solo con il re, aveva avuto modo di scambiare due parole con lui.
Krillin gli aveva domandato, ancora una volta, se fosse un problema, per lui, portare con sé la sua amata figlia. Alla sua negazione sincera, il sovrano gli si era avvicinato e l'aveva guardato severamente negli occhi color cristallo e sommessamente lo aveva avvisato:
"Ragazzo, non abbassare mai la guardia, con lei. Se hai intenzione di portarla con te solo perché te lo ha chiesto, senza essere interessato a prendertene cura, ti prego di lasciarla qui, con noi. Capisci? Pan non deve sentirsi sola e abbandonata. Giurami che la proteggerai, Trunks"
"Non vi deluderò, Sire, state tranquillo" gli aveva risposto per cercare di rassicurarlo, ma sperando sinceramente che Lapis lo avrebbe aiutato ad assecondare la più che legittima richiesta del re.
Poco più tardi erano saliti a bordo. Lui stesso aveva informato i marinai che la principessa avrebbe viaggiato con loro fino alla loro prima, e inconsapevolmente anche ultima, destinazione.
Percorse le prime miglia di allontanamento dalla costa, durante le quali Pan se n'era stata solitaria e con lo sguardo misto tra malinconico e soddisfatto ad osservare la sua terra divenire un piccolo puntino nerastro sullo sfondo azzurro del mare estivo, lui le si era affiancato. Aveva appoggiato un piede alla balaustra di legno dinnanzi a sé e si era sporto in avanti, facendo peso sulla gamba piegata, per osservare il mare che si apriva allegro al loro passaggio.
"Fra poco la vostra terra non si vedrà più" aveva commentato abbozzando un sorriso.
In tutta risposta lei aveva alzato le spalle, come se la notizia le fosse scivolata addosso senza averla minimamente interessata e aveva risposto:
"Sarà là, quando tornerò. E comunque quella è la mia terra solo in minima parte"
"La governerete voi, un giorno" le aveva risposto continuando ad osservare il mare.
"Pensate che ne possa essere felice? Avrei preferito governare la mia terra natia, Troia...Anziché occuparmi della mia patria adottiva. Ma bisogna che mi accontenti, no? La mia città è andata distrutta, cosa posso pretendere?" aveva osservato con astio, voltando lo sguardo verso il principe.
Trunks aveva così rafforzato la sua convinzione che la ragazza fosse realmente intenzionata a vendicare la caduta di Troia e aveva deciso di cambiare strategia per approcciarsi a lei.
Le aveva rivolto un mezzo sorriso e aveva commentato ironico:
"Sparta è una terra molto più grande di Troia. Bisogna essere abili regnanti per condurla a dovere. Sono certo che Krillin sarà fiero di voi. Vi ha insegnato lui a tirare con l'arco?"
"No, mio zio, Goten. Da piccola mi mise in mano un piccolo arco costruito su misura per me e mi insegnò a tirare. Era un ottimo arciere..."
Si era interrotta per evitare che lui si accorgesse che la sua voce era tremolante e aveva abbassato mestamente lo sguardo, tornando a non osservare il mare.
Trunks si era morso la lingua per averle rivolto una domanda che le aveva provocato il dolore di ricordare uno dei suoi cari.
Aveva pensato di essere stato avventato e che sarebbe stato meglio scusarsi, in qualche modo. Si era schiarito la voce e le aveva detto:
“Mio padre lo è...Un bravissimo arciere, intendo. Ha costruito lui stesso un arco che solo lui è in grado di tendere. Il vostro non è male, ma sono sicuro che mio padre potrebbe costruirne uno bellissimo, da donarvi”
“E perché dovrebbe? Come vi ho detto, sono io ad essere in debito con lui. Non lui con me. Perché dovrebbe farmi un dono così prezioso?" aveva chiesto lei con tono acido, voltandosi per guardarlo.
“Semplicemente perché una buona arciera, come voi stessa vi siete definita, non deve sprecare il suo talento con un'arma non perfetta” aveva risposto lui sicuro, più che altro per dimostrarle che riusciva a tenerle testa.
“Mhmm...sarà...mi basterebbe avere tempo per esercitarmi un po' di più. I miei genitori…voglio dire…Krillin e Lazuli vogliono che io studi: storia, geografia, matematica e lingue assurde, come il latino e l'arabo. Dicono che solo con la cultura, si evitano le guerre...” aveva spiegato lei, tornando a disperdere il suo sguardo verso l'orizzonte.
“Non mi sembrate convinta” aveva commentato lui.
“Krillin ha scatenato una guerra solo per riprendersi sua moglie…Cosa c’entra la cultura in tutto questo? Gli uomini agiscono per istinto, non per coerenza” aveva risposto facendo spallucce, come se la cosa le fosse scivolata addosso e l’avesse presa come un ‘dato di fatto’.
“Quello era solo un pretesto per iniziare…Napa ha fatto il resto, trascinando a Troia anche chi non ci sarebbe mai voluto andare, come mio padre” spiegò Trunks assumendo un tono pacato, come per mantenere la distanza con quel re assassino e spietato e dalle sue manie di grandezza.
Lei aveva assunto un’aria seria, per poi tornare a guardare il mare e, apparentemente, aveva voluto cambiare discorso, chiedendo:
"Voi tirate con l'arco, principe?"
"Non sono sicuramente bravo quanto voi, ma me la cavo. Preferisco lancia e scudo. Mi alleno con Lapis...è un ottimo compagno"  le aveva risposto sinceramente.
Da quel momento, la ragazza si era chiusa in un mutismo assurdo, perorato poi per tutto il giorno, fino al momento in cui qualcuno aveva bussato alla sua porta e lei era andata ad aprire, sperando fosse il ragazzo che ora, senza timore, lei stava fulminando con due occhi di tenebra.
 
“Quindi? Pensate di potermi trattare come una bambina solo perché ho qualche anno in meno di voi? Non avete nemmeno la barba da radere alla mattina e passate la giornata a divertirvi con il vostro amico Lapis, anziché premurarvi di prestare le giuste attenzioni ai vostri ospiti” lo incalzò lei, distraendolo dal pensiero della lunga giornata trascorsa.
In tutta risposta, lui alzò un angolo della bocca, in un sorriso malizioso. Avanzò di qualche centimetro avvicinandosi al corpo minuto di lei e facendola ritrarre.
Pan si dipinse in volto un’espressione seria e continuò a fissarlo senza mai abbassare lo sguardo, come a volerlo sfidare.
Quando si accorse che la porta della sua camera si era chiusa dietro le sue spalle e che quindi lei era incastrata tra il legno e il corpo di lui, ora a pochi centimetri dal suo, si guardò intorno con aria spaesata e cupa, come in cerca di qualcuno che le potesse venire in soccorso.
“Che avete? Vi metto a disagio? Esattamente, che tipo di attenzioni desiderereste ricevere?” chiese il ragazzo mantenendo quel sorrisetto per nulla rassicurante.
Le guance di Pan avvamparono e il suo cuore cominciò a battere ad un ritmo del tutto innaturale. Ma cosa le stava prendendo tutto ad un tratto? Perché non riusciva a controllarsi in presenza di quel principe che le serviva solo per portare a termine i suoi piani di vendetta?
 
La ragazza non riusciva a spiegarselo.
Dopo aver parlato con lui, quella mattina, il cuore si era chiuso in una morsa di dolore al ricordo che la mente aveva ripercorso. Trunks le aveva confidato le sue abilità di combattente con lo scudo e la lancia e, da quel momento in poi, l’unica immagine che aveva avuto innanzi a sé, non era stato il mare lievemente increspato dal vento, ma quella di suo padre, trafitto dalla lancia impietosa di Goku durante un crudele duello di vendetta.
Quanto dolore aveva provato nel momento in cui aveva udito l’urlo straziante di suo padre, che veniva ucciso senza pietà e quello di sua madre, nel momento in cui aveva compreso che, da quella sera in poi, non avrebbe più dormito tra le braccia forti del suo principe.
Da quel giorno maledetto, tutto era cambiato, nella sua vita. Le sorti della guerra erano mutate da un giorno con l’altro, fino al triste epilogo che gli dei avevano previsto per la sua terra natia.
Aveva ricominciato una nuova vita, amata e coccolata, come una vera figlia, da Krillin e Lazuli, ma lei, purtroppo, era convinta che, quanto accaduto, non l’avrebbe mai dimenticato e, se gli dei le avessero dato l’occasione, avrebbe cancellato il suo dolore per sempre, portando a termine finalmente la sua vendetta.
Ne era stata fermamente convinta fino a quel mattino, quando furtiva si era intrufolata nella camera di un principe venuto da una terra lontana.
Ne era ancora convinta quando, puntandogli il coltello alla gola, lo aveva minacciato, informandolo che avrebbe dovuto portarla con sé, alla ricerca di suo padre.
Ne era stata fortemente certa fino a quando, poco dopo, le sue motivazioni avevano cominciato a vacillare, di fronte ai modi garbati e agli occhi cristallini di lui, che l’avevano scrutata, le era parso, fin nei punti più profondi del suo animo, facendola ammansire all’istante.
Poi però, dopo il dialogo che aveva avuto con lui quella mattina, i suoi propositi erano tornati a rafforzarsi dentro di lei e li aveva custoditi e coccolati nel suo animo, per tutto il pomeriggio. Quando aveva sentito la pelliccia appoggiarsi delicatamente sulle sue spalle, aveva di nuovo perso il lume della ragione pensando che, a porgergliela, fosse stato lui: Trunks.
La sua delusione nel rendersi conto che il gesto proveniva solo indirettamente da lui, che aveva ordinato al suo marinaio di compierlo, l’aveva fatta infuriare. Si era chiusa nella sua stanza e, una volta sola, aveva di nuovo cominciato a rimuginare su come, quando e dove portare a termine i suoi propositi.
Ora però era lì, dinnanzi a lui e tutte le sue idee erano come…offuscate o dissipate, come un sogno che si dimentica a poco a poco, nonostante il desiderio del sognatore di tenerlo a mente, come gradito ricordo.
Ma perché? Perché era così difficile concentrarsi, o meglio, perorare la causa che si era prefissata, quando era vicina a lui?
Pan non poteva saperlo, ma nel suo cuore era già iniziata una guerra tra i due sentimenti che fanno degli uomini animali o dei: la vendetta e il perdono.
La prima sarebbe stata forse lecita, ma niente avrebbe potuto giustificarla dinnanzi allo sguardo dolce e sincero del ragazzo che era capitato a Sparta in cerca di notizie riguardanti suo padre, del quale probabilmente non ricordava nemmeno i lineamenti del viso.
Pan si rese conto che, tutto sommato, lei aveva vissuto molti più anni con un padre, prima vero e poi adottivo, dell’uomo che aveva di fronte, cresciuto praticamente come orfano.
Fece un sospiro e, anziché provare la più che legittima compassione derivante da quest’ultima sua deduzione, sollevò fiera la testa, allungando altezzosamente il collo, per poi riavvicinarsi all’orecchio di lui e sensualmente sussurrargli:
“Niente che voi mi possiate offrire. Principe”
Lui si ritrasse leggermente, per poterla di nuovo fissare negli occhi. Non la voleva perdere quella battaglia, Trunks. Suo padre era famoso per la sua furbizia e lui, negli anni, sembrava aver ben ereditato quei particolari geni. Così, mantenendo lo stesso sorrisetto malizioso di poco prima, le disse semplicemente:
“So che avete fame…Non avete toccato cibo tutto il giorno…Io non credo che offrirvi la cena vi crei disgusto. Anche chi, come voi, preferisce avvalersi della compagnia di altre donne, prima o poi deve nutrirsi. Se la mia presenza non vi aggrada, principessa, posso farvi portare in cabina la vostra razione, ma sinceramente, preferirei che ci teneste compagnia. Lapis ed io oggi abbiamo tracciato una rotta verso la destinazione che vostro padre ci ha indicato: ci piacerebbe avere un vostro parere, visto che vi intendete di navigazione e geografia. Se non vi è di troppo disturbo, ovviamente”
La ragazza aveva sgranato gli occhi e spalancato la bocca. In sequenza l’aveva accusata di ingordigia e, per la seconda volta nella stessa giornata, di avere gusti saffici.
Indurì i tratti del volto, unendo le sopracciglia in uno sguardo orgogliosamente offeso e disse:
“La vostra insolenza supera ogni limite sopportabile, signore. Non verrò a cena con voi. Spero passiate una buona serata. A domani”
“Vi sbagliate, è la vostra testardaggine ad essere insopportabile” rispose lui con aria di sufficienza.
“Io sarei testarda? Ah! Per gli dei! Questa sì che è bella! Ѐ lecito chiedere da dove deriva questa vostra intuizione su un tratto del mio carattere che, sinceramente, non credo mi appartenga?” chiese lei cercando di mantenere un contegno.
“Siete stata invitata a pranzo e vi siete fatta negare ed è da stamane che non rivolgete più parola a nessuno, senza fornire la benché minima spiegazione. Se ho detto o fatto qualcosa che vi ha offeso, me ne scuso, non era mia intenzione, ma il comportamento che avete adottato per tutto il giorno è, a mio giudizio, un atteggiamento da persona o completamente immatura, o decisamente testarda. Mi avete detto di non farvi la paternale, perché non sono sufficientemente adulto per potervi rimproverare di qualcosa. Dunque, se non è questione di maturità, il problema è la testardaggine” rispose il ragazzo con fare ironico.
La ragazza rimase basita. Com’era possibile che con cordialissimo giro di parole l’avesse circuita in quel modo, portando la ragione dalla sua parte e facendola passare per un’ottusa ragazzina?
Inclinò la testa di lato, squadrandolo severamente. L’unica cosa che le venne in mente di fare, per dimostrargli che aveva torto, fu quella di dipingersi un sorriso di circostanza in volto e dire:
“E va bene, se proprio insistete…Mi interessa la rotta che avete tracciato, nonché la cena che mi avete offerto. Mi accompagnate voi?”
Trunks fece una mezza faccia perplessa. Quest’ultima uscita proprio non se l’aspettava. Allargò un braccio per indicarle cordialmente la direzione da prendere e, senza aggiungere altro ad un semplice "prego, da questa parte...dopo di voi, principessa", si avviò con lei verso la sua cabina.




 

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Capitolo 6
*** δεκαέξι ***





“Vegeta! Per gli dei! Non ci posso credere! Amico mio, come stai? Quando Chichi mi ha detto che eri qui, tu non sai…il mio cuore è quasi esploso dalla gioia” irruppe allegra la voce di un uomo entrando nella stanza dove, fino a quel momento, aveva riposato l’amico che, molti anni prima, aveva di fatto salvato la vita a lui e alla sua famiglia.
Vegeta si era destato da non molto e si era alzato per vestirsi con l’abito che Chichi gli aveva lasciato assieme a degli accessori da bagno con i quali si era potuto rasare la barba: gli dava un senso di nausea al solo pensiero che gli ricoprisse il volto. Poi, in tutta tranquillità, si era messo a scrutare il mare, sospirando più e più volte, immerso nei suoi pensieri.
Quando poco dopo aveva sentito bussare alla porta, aveva sperato con tutto se stesso che fosse di nuovo Chichi: non gli andava che qualcun altro venisse a fare domande sul suo stato di salute.
Mai più si sarebbe immaginato che, la visita ricevuta, potesse essere in assoluto la più gradita: Goku.
Il re di Itaca si voltò. Gli occhi pieni di lacrime di gioia.
Non disse nemmeno una parola e, andandogli incontro, lo abbracciò.
Entrambi scoppiarono in un pianto liberatorio, ricco di gioia per la ritrovata amicizia e la consapevolezza, da parte di Vegeta, che quasi certamente il suo incubo fosse finalmente terminato.
Dopo un tempo indecifrabile, i due si calmarono e si allontanarono di poco, per poi stringere, ancora per qualche istante, l’uno le braccia dell’altro.
“Goku, amico mio…A vederti sembra ieri che ci siamo lasciati su quella spiaggia maledetta. Non sei cambiato…Ѐ la fortuna dei semidei, quella di non invecchiare mai?” chiese con un sorriso malinconico.
“No, ora sono un mortale e il tempo passa anche per me, ma dieci anni non sono poi così tanti per…
“COSA? Die-dieci anni? Sono passati dieci anni dalla fine della guerra?” lo interruppe Vegeta quasi sotto shock, sentendosi le gambe cedere.
Goku, rimase stupito. Non si aspettava di certo che il suo migliore amico avesse perso completamente la cognizione del tempo. Per evitare che cadesse a terra a causa del cedimento delle sue stesse gambe, lo sorresse fino al letto, dove lo fece sedere per permettergli di riprendere fiato.
Appena si furono seduti, uno a fianco all’altro, Vegeta alzò lo sguardo che in quel momento era a dir poco disperato e chiese di nuovo:
“Sono passati veramente dieci anni dall’ultima volta che ci siamo visti? Eh, Goku?”
“Sì, Vegeta…temo di sì…Ti va di raccontarmi cosa ti è accaduto?” chiese l’uomo afflitto per aver dato per scontata una notizia rivelatasi così sconcertante all’amico.
“Temo di non averne la forza, Goku. Non ce la faccio più. Io voglio…voglio solo tornare a casa…Sono…ve-vent’anni che non vedo mia moglie e mio figlio. Che ne è stato di loro? Non mi aspetteranno più oramai…Ma io voglio tornare...Ti prego…aiutami tu…dimmi, dove ci troviamo? Che terra è questa?” chiese quasi supplicandolo di lasciarlo partire all’istante.
“Ѐ l’isola di Corfù. Siamo ad ovest della costa greca, Vegeta…Poche miglia a nord della tua terra, Itaca” rispose l’uomo con un sorriso rassicurante.
“Per gli dei, ma allora posso…posso tornare finalmente a casa!” disse balzando in piedi e fissando di nuovo il mare, attraverso l’enorme finestra che dava su un terrazzo.
“Sì…non sarò di certo io a fermarti, ma credo che tu abbia bisogno di ristabilirti. Il vento non è favorevole ad una navigazione verso sud. Potrai fermarti qui, per qualche giorno. Poi potrai partire. Ti accompagnerò io stesso, se sei d’accordo” lo informò Goku alzandosi a sua volta per poterlo guardare negli occhi, per poi proseguire: “Ѐ necessario che tu ti rinvigorisca, Vegeta”
“Già…- commentò mestamente – oramai non so più quanto tempo sia passato dall’ultima volta che posso dire di aver banchettato decentemente”
“A questo porrò rimedio immediatamente. Ho fatto preparare una cena apposta per te, per festeggiare il tuo arrivo. Ho invitato tutti gli abitanti dell’isola. Non che siamo in molti, ma tanti bastano per darti una più che degna accoglienza. Così, appena ti sarai rimesso in forze, mi racconterai cosa ti è accaduto e dove sei stato, per tutto questo tempo. Sempre che tu lo voglia, ovviamente” disse un Goku raggiante e felice di poter godere della compagnia dell’amico per qualche giorno.
 
La cena fu davvero un toccasana, per il re di Itaca. Al tavolo reale aveva trovato posto tra Goku e Tarble, sua fedele guardia, da sempre. Poi però, inaspettatamente, la bimba che solo quella mattina lo aveva punzecchiato sulla spiaggia si era alzata dal suo posto, a fianco alla madre e, per qualche assurdo motivo dettato dalla sua testolina, era andata a sussurrare qualcosa all’orecchio del padre. Goku l’aveva ascoltata e, scostandosi da lei, le aveva detto:
“Devi chiedere a Vegeta, se a lui va bene”
La bambina aveva fatto un sorrisone e, avvicinandosi all’amico del padre gli aveva cortesemente domandato:
“Sire, verreste a cenare a fianco a me? Così mi raccontate come siete arrivato, stamane, sulla spiaggia! Vi ha portato la tempesta delle scorse notti?”
“Oh…ma sì…sì, certo. Posso fare cambio di posto con tua madre, se è d’accordo…” le aveva risposto quasi imbarazzato.
E così, si era ritrovato seduto tra Goku e la sua adorabile figlioletta, curiosa, come tutti gli altri, di sapere come e perché, lui in quel momento si trovasse seduto lì.
 
Alla quindicesima domanda che la bambina gli rivolse, Vegeta fece un sospiro. Prese il calice di vino e ne bevve un sorso. Dopodiché, con estrema calma, si pulì la bocca con un tovagliolo, che depositò poi sulla tavola dinnanzi a sé e, dopo essersi schiarito la voce, iniziò a raccontare:
 
Dopo essere partiti da Troia, coi miei uomini ci fermammo nella città dei Ciconi, che saccheggiammo barbaramente senza nemmeno un motivo plausibile. Quando ripartimmo, il mare si fece burrascoso e navigammo senza cognizione di spazio per ben nove giorni, fino ad arrivare alla terra dei Lotofagi, i mangiatori di loto: un popolo disperato, senza radici, valori, storia, ricordi…Chi si nutre di quei fiori cade in un oblio eterno, dimenticando affetti e tutti i ricordi legati alla propria terra d’origine. Inutili furono i miei tentativi di dissuadere i miei uomini dall’assaggiare quei fiori maledetti. Appena li ingerirono, si dimenticarono persino i loro stessi nomi.
Con molta fatica li riportai ad uno ad uno sulla nave e li legai ai banchi, per riuscire a proseguire il viaggio.
Mai più avrei pensato che la loro sorte sarebbe stata forse migliore, se li avessi lasciati al loro oblio in quella terra dimenticata dagli dei.
Navigammo ancora per alcuni giorni, fino ad arrivare su un’isola. Imperversava una bufera di vento gelido e decidemmo di approdare e cercare rifugio in una delle innumerevoli caverne che si trovavano non lontane dalla spiaggia, mentre il ‘proprietario’ era assente. In quella caverna tutto faceva intendere che le dimensioni dell’essere che vi risiedeva non potessero essere normali. Il giaciglio misurava più di venti passi e gli attrezzi utilizzati per nutrirsi o per la caccia avevano dimensioni decisamente fuori dal comune. I miei uomini ebbero paura e cercarono di convincermi a scappare, prima che colui che si erano convinti essere un mostro, fosse tornato…
“E siete scappati?” lo interruppe la bambina stretta nell’abbraccio del padre che cercava in tutti i modi di calmare la sua paura dovuta al racconto inquietante di Vegeta.
“No…purtroppo no…Volevo rimanere per vedere chi abitasse in quella caverna. Ero semplicemente…curioso. Mai la mia curiosità fu tanto mal pagata. Quando la creatura rientrò con il suo gregge di pecore e chiuse la spelonca della grotta con un enorme masso, mi sentii in trappola. Decisi di presentarmi cortesemente, chiedendogli accoglienza in nome di Kaio Shin, protettore degli ospiti, ma Tensing, questo era il suo nome, un essere mostruoso con un solo occhio in mezzo alla fronte, in tutta risposta mi domandò dove fosse la mia nave.
Impaurito dal suo fare poco conciliante e dai suoi modi terrificanti, gli dissi che era andata distrutta contro gli scogli e lui, aprendo un sorrisetto orribile, afferrò a caso due dei miei uomini e… li mangiò…
Vegeta si interruppe all’istante vedendo gli occhi terrorizzati della bambina che lo guardavano supplicante di evitare di raccontare altri particolari così terribili. Purtroppo però, lui sapeva che il racconto delle sue avventure sarebbe andato di male in peggio per cui, dopo aver sorseggiato del vino da un calice, si rivolse a Chichi e le disse:
“Credo che sia ora che questa bimba vada a riposare, non credo che il racconto delle mie disavventure possa essere ‘interessante’ per lei”
“Lo credo anche io. Forza, a letto, Gine. Domattina avrai lezione e non voglio che il tuo mentore si venga di nuovo a lamentare per la tua scarsa attenzione alle sue lezioni” la rimproverò Chichi bonariamente.
“Ma madre! Io voglio sent…
“Forza, Gine! Domani sono sicuro che Vegeta ti farà un riassunto molto più interessante del suo viaggio. Ora va a riposare. Ѐ tardi” la spronò Goku dandole un bacio in fronte e facendola scendere dalle sue gambe sulle quali era stata seduta fino a quel momento.
“E va bene. Buonanotte, Sire. Buonanotte, padre. A domani” salutò rassegnata la bambina, prendendo per mano la madre e allontanandosi dai commensali per dirigersi verso la sua stanza.
“Ѐ incantevole, come sua madre…Sai che ha il tuo stesso sguardo?” commentò Vegeta quando le due si furono allontanate, rivolgendosi a Goku che ancora le guardava.
“Sì, lo so…quando ho capito che era mia, le ho dato il nome di mia madre…Ѐ una creatura dolcissima, come Chichi, del resto…Ma ti prego, continua…Il tuo racconto è incredibile” disse Goku voltando di nuovo lo sguardo verso l’amico.
“Sì, certo…Dicevo…Sai cosa ha fatto dopo averli ingeriti? Ci ha bevuto sopra del buon latte e si è addormentato. Il mattino seguente, appena sveglio, ne trovò altri due che non si erano nascosti per tempo. Ad uno staccò la testa con un morso e lo sgranocchiò pezzo a pezzo sotto gli occhi terrorizzati di quello ancora vivo che teneva nell’altra mano. A lui toccò la sorte peggiore. Iniziò a mangiarlo dai piedi, in modo che potesse sentire tutto il dolore derivante dalla macerazione delle sue carni. C’era sangue ovunque, Goku e le urla di quel poverino ancora echeggiano nelle mie orecchie, nelle mie notti insonni. Mi chiamava: - Sire, Sire! Vi prego aiutatemi! -, ma non potei fare altro che assistere impassibile e terrorizzato alla sua fine atroce. Quando il pasto finì, Tensing prese le sue pecore e uscì al pascolo, chiudendo di nuovo la caverna dietro di sé e levandoci ogni possibilità di scappare. Fu in quel momento che iniziai a meditare la mia vendetta.
Quando la sera rientrò, mi premurai di offrirgli del buon vino che avevo portato con me. Lui, in tutta risposta, afferrò altri due uomini e li divorò, come se non avesse mangiato tutto il giorno, per poi prendere la coppa che gli avevo offerto e ingurgitarla per intero. Gliela riempii per ben tre volte; poi, stordito e confuso, prima di addormentarsi, mi promise un dono ospitale, se gli avessi detto il mio nome.
- Nessuno – gli dissi – Nessuno, è il mio nome – ripetei convincente. Lui si mise a ridere, beffandosi di me e disse che, come omaggio, mi avrebbe mangiato per ultimo.
Solo quando lo sentii russare profondamente, coi miei uomini decidemmo di attuare il piano che avevo elaborato. Prendemmo un tronco di ulivo che avevamo per tutto il giorno lavorato ed appuntito e, dopo averlo messo nel fuoco per renderlo incandescente, lo conficcammo, senza esitazione, nel suo unico occhio.
Sai, Goku, non provai nessuna pietà nel vederlo dimenarsi e…contorcersi…e urlare di rabbia e dolore davanti ai nostri occhi divertiti. Iniziò a gridare e a chiedere aiuto e quando ai suoi compagni, che dall’esterno gli chiedevano chi gli stesse facendo del male, lui rispose:
- Nessuno mi sta facendo male! – loro se ne andarono deridendolo.
Il mattino seguente, Tensing aprì la grotta per far uscire a pascolare le sue pecore sotto le quali ci aggrappammo saldamente, in modo tale che, se lui le avesse controllate ad una ad una, non ci avrebbe comunque trovato.
In questo modo riuscimmo a scappare, ma feci l’errore più grande della mia vita quando, per umiliarlo ancora di più, dalla mia nave gli urlai beffardo che ad accecarlo era stato, Vegeta, re di Itaca. Lui infuriato, pregò suo padre, Kibith, il dio del mare, di rendere il nostro viaggio di ritorno lungo e pericoloso, come poi si dimostrò essere”
“Accidenti…che storia pazzesca…Immagino che sia stato terribile perdere tutti quegli uomini in un modo così macabro, ma quelli che si sono salvati saranno stati devoti alla tua astuzia, o sbaglio?” commentò Goku quasi incantato da tanto il racconto fosse coinvolgente.
“Già, ma purtroppo anche loro non hanno avuto una buona sorte...In parte a causa della loro stessa stupidità…Dopo qualche giorno di viaggio arrivammo all’isola galleggiante di Dende, il dio dei venti. Ci ospitò per un mese intero, rifocillandoci e ripristinando il nostro antico vigore, oltre che risollevando il nostro umore. Quando partimmo, mi regalò un otre nella quale aveva racchiuso tutti i venti, raccomandandomi di tenerne la bocca ben chiusa con un filo d’argento. L’unico vento lasciato libero era lo Zefiro che, in poco tempo, ci avrebbe spinto verso Itaca.
Arrivammo a poche miglia dalla costa che riuscii a intravvedere, prima di cadere stremato dalla fatica. Durante il mio sonno, i miei uomini pensarono che nell’otre avessi nascosti chissà quali tesori e decisero di aprirla. I venti iniziarono a soffiare in ogni direzione e la nave si allontanò dalla mia terra per tornare di nuovo da Dende.
Lo supplicai di fornirmi un altro otre, spiegandogli l’accaduto, ma lui, arrabbiatissimo con me e con i miei uomini, mi cacciò in malo modo.
Navigammo altri sette giorni, fino alle coste della Terra dei Giganti, mangiatori di uomini. Appena arrivati, mandai tre dei miei uomini ad effettuare un giro di ricognizione, ma non fecero più ritorno. Quando sentii le loro urla disperate mentre le loro carni venivano dilaniate addirittura dalle fauci del re, tagliai la corda che tratteneva la nave e, alzate le vele, scappammo in tutta fretta. Attraversammo il mar Tirreno e giungemmo all’isola della maga Zangya.
Eravamo stremati e decidemmo di approdare e di fermarci a riposare per qualche giorno. All’alba del terzo, decisi di organizzare due squadre, una guidata da Yamko e una da me per esplorare l’isola e decidere cosa fare”
Il re si interruppe nuovamente. Era evidentemente provato dal lungo racconto e da tutti i tristi ricordi che gli stavano tornando alla mente, dopo tutti quegli anni. Fece un sospiro e, prima di riprendere a parlare, fu Chichi, che nel contempo era riuscita a far addormentare la figlia e a tornare a sedersi a fianco al marito, a domandare:
“Re Vegeta, desiderate qualcosa da bere? Vi vedo affannato”
“Oh, sì, per favore, potrei avere ancora di questo buonissimo vino delle vostre terre?” rispose l’uomo con un sorriso stanco.
Dopo che si fu dissetato, fu Goku a chiedere:
“Quindi, Vegeta, l’avete incontrata, alla fine, la maga Zangya? Dicono sia bellissima”
“Oh, sì, lo è…bellissima…







NCA: Tutta la storia raccontata da Vegeta/Ulisse, corrisponde all'originale. L'ho divisa in 2 capitoli perchè altrimenti veniva troppo lunga...Naturalmente, Dende è il dio dei venti: Eolo; Tensing è Polifemo; Kibith è il dio del mare: Poseidone e Zangya è la maga Circe.

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Capitolo 7
*** δεκαέξι / δις ***


 
…Tanto bella quanto crudele. Il gruppo guidato da Yamko, come dicevo, era costituito da più di venti uomini che vagarono per qualche ora sull’isola verdeggiante e dal clima mite, prima di arrivare al palazzo della maga, che ne sorgeva al centro. A fare da guardia al palazzo c’erano lupi e leoni stranamente mansueti che la maga accarezzò affettuosamente prima di andare ad accogliere i nuovi forestieri. Li fece entrare e offrì loro la cena che venne accettata volentieri da tutti, tranne che da Yamko il quale, troppo insospettito, rimase fuori ad aspettare.
La maga offrì loro cibi e bevande squisiti e un’accoglienza quasi regale, ma era tutto un inganno. Il vino con cui riempì più volte le loro coppe era colmo di una pozione magica che li avrebbe trasformati, non appena lei li avesse toccati con un bastone, in maiali.
Yamko, spaventato, corse a riferirmi tutto e a supplicarmi di scappare da quell’isola maledetta, ma io, come al solito, volli fare di testa mia e decisi di affrontare la maga e farmi rendere i miei uomini sani e salvi. Tentai di convincerlo ad accompagnarmi, ma di fronte al terrore che leggevo nei suoi occhi, decisi di andare da solo. Lungo la strada incontrai un ragazzo che si presentò come Whis, il dio messaggero e che mi diede un fiore, raccomandandomi di cibarmene, dato che era l’unico antidoto contro i malefici della maga.
Arrivato al suo palazzo fui abbagliato dalla sua bellezza: i lunghi capelli di un biondo dorato le ricadevano ricci e ribelli sulle spalle e sul seno prosperoso, messo in risalto da una veste fin troppo ammaliante, per essere considerata elegante. Due occhi del colore del mare mi accolsero con uno sguardo al quale non si poteva sfuggire, mi calamitarono nella sala da pranzo dove, con fare cordiale e modi regali, la donna mi offrì del cibo indiscutibilmente delizioso.
Quando finii di saziarmi, mi si avvicinò e grande fu la sua sorpresa quando, al tocco della sua verga sul mio capo, nulla accadde. Sguainai la mia spada e minacciai di ucciderla. In tutta risposta, lei si inginocchiò dinnanzi a me, pregandomi di risparmiarle la vita e proponendomi di governare con lei quella terra.
Accettai, a patto che facesse tornare uomini i miei compagni di viaggio.
Rimanemmo su quell’isola per un anno, durante il quale nulla ci fu fatto mancare. L’ospitalità e la gentilezza della maga erano sicuramente motivo di grande desiderio, da parte nostra, di rimanere ospiti presso di lei.
Quando decidemmo di partire, il desiderio di ritornare nell’amata patria natia era diventato di nuovo fortissimo, nel mio cuore e, nonostante le cure e le attenzioni che quella donna sapeva regalarmi ogni notte, le mie intenzioni erano ormai evidentemente confermate. Prima di partire, mi disse che dovevo consultare l’indovina Baba, che avrei trovato negli inferi.
Grande fu il mio sconcerto nell’udire quale sarebbe stata la meta successiva del mio viaggio, ma quello era evidentemente il mio destino. Informai i miei uomini e, a vele spiegate, ci dirigemmo verso il bosco sacro dove, io solo, avrai atteso l’arrivo di Baba sulla riva dell’Acheronte…
Vegeta scoppiò in un pianto incontrollato, coprendosi il volto con una mano per la vergogna di mostrarsi così debole dinnanzi ad un guerriero come Goku e alla sua consorte. Chichi a quel punto, non fece altro che porgergli un tovagliolo ancora ripiegato, preso dalla tavola e porgerglielo con tanta grazia, dicendogli:
“Sire, se non ve la sentite di raccontare oltre, non dovete. La vostra disperazione ci fa intendere che abbiate incontrato l’anima di qualche persona cara. Ci duole per la vostra perdita. Tenete, bevete dell’acqua e prendetevi una pausa. Saremo lieti di sentire il proseguo del vostro racconto, ma solo se non vi porti ulteriore dolore nel ricordo di quanto accaduto”
Vegeta sollevò lo sguardo, colmo di tristezza e fece ciò che la donna gli aveva consigliato. Si asciugò le lacrime con il tovagliolo e bevve dell’acqua fresca da un calice. Fece un sospiro profondo e proseguì:
“Incontrai mia madre. Mi disse di essere morta di dolore per il mio mancato ritorno. Mi sentii in colpa e sprofondai nella disperazione. Sentii come un macigno comprimermi il cuore nel petto e solo quando mi accasciai a terra quasi privo di respiro, mia madre si avvicinò e tentò di consolarmi, dicendomi che a Itaca c’era ancora chi mi aspettava con amore e in trepidante attesa. Mi rialzai e tentai di abbracciarla, ma il suo spirito era impalpabile e mi ritrovai con le braccia avvinghiate al mio stesso corpo. Mi fece un sorriso impercettibile e, poco dopo, la sua anima scomparve…Molte altre mi si avvicinarono chiedendomi di riferire messaggi ai vivi…
“Chi hai incontrato, Vegeta?” chiese Goku incuriosito.
“Se mi stai chiedendo se ho visto Turles, Goku, la mia risposta è sì, ma ti prego, non rattristarti per il suo ricordo. La sua anima era serena nella consapevolezza che tu fossi vivo e amato dalla donna per cui hai sacrificato la tua gloria. Nessun rancore nei tuoi confronti. Solo amore e benevolenza nei suoi occhi fatti di spirito e nel suo sorriso sincero” rispose Vegeta spiegando tutto con estrema tranquillità.
“Mi manca moltissimo” commentò Goku sommessamente, abbassando lo sguardo.
“Lo sa, sta’ tranquillo, lui…aspetta serenamente che la sua anima si ricongiunga alla tua, quando gli dei decideranno di porre fine alla tua vita” spiegò senza esitazioni.
“Spero avranno la benevolenza di far sì che ci incontreremo di nuovo” concluse Goku mostrando un sorriso sforzato.
“Vedrai che sarà così” lo rassicurò l’amico appoggiando la mano sul ginocchio del giovane re, come per confermare ciò di cui era quasi sicuro.
Goku rialzò lo sguardo e lo fissò rasserenato in quello sincero dell’amico per poi proseguire:
“Cosa ti disse Baba alla fine? L’hai incontrata, no?”
Sì, Sì, certo. Mi disse che il dio del mare, Kibith, era in collera con me perché avevo accecato suo figlio Tensing e che, per evitare altre sventure, avrei dovuto non commettere altre imprudenze, com’era stata quella di rivelare a quel mostro il mio vero nome. Mi disse che, una volta tornato a Itaca, avrei trovato la mia reggia invasa da squallidi individui che, in mia assenza, avrebbero cercato in tutti i modi di impossessarsi del mio trono e, cosa ancor più grave, dell’affetto di mia moglie. Mi disse quali sacrifici avrei dovuto fare per placare l’ira di Kibith, per poi congedarsi e lasciarmi alla visione inquietante delle anime che mi si avvicinavano e che mi fecero fuggire dalla paura. Corsi alla mia nave e salpai con i miei uomini allontanandomi il più velocemente possibile da quel posto triste e cupo.
Sapevo già dove i venti ci avrebbero portati. Zangya mi aveva avvisato. A largo delle coste Campane vi è un’isola su cui vivono delle creature crudeli, malvage e assassine: le sirene. Esse sono mezze donne e mezze pesce. Hanno una voce soave e melodiosa che attrae gli sprovveduti e coloro che non riescono a resistere alla loro ineguagliabile bellezza. I malcapitati che si avvicinano, vengono però catturati e trascinati nelle profondità degli abissi dove vengono divorati da quelle che, solo in apparenza, si mostrano come creature benevole e gentili”
“Come avete fatto a non cadere nella loro trappola?” chiese Goku sempre più interessato.
“Con della cera i miei uomini si fecero dei tappi per le orecchie, mentre io…
Vegeta s’interruppe di nuovo. Il ricordo di quelle corde che lo tenevano legato all’albero maestro della nave e le sue urla disperate per richiamare l’attenzione dei suoi uomini ‘sordi’, per farsi slegare ed essere libero di gettarsi in mare e nuotare fino all’idillio che quelle mezze donne gli promettevano, era troppo umiliante da poter essere raccontato. Fece un sospiro e disse solo:
Espiai parte delle mie colpe verso Kibith e decisi di sopportare la sofferenza dell’udire quel canto melodioso, legato ad un albero della nave. Fu un incubo. Dissi parole malvage di ogni genere ai miei uomini che non mi liberavano e nemmeno si accorgevano della mia sofferenza, ma la decisione era stata mia: guai a loro se avessero disubbidito ai miei ordini iniziali e avessero assecondato il mio delirio.
A volte mi mancano molto, i miei uomini. Credo che gli dei siano stati troppo crudeli con loro strappandoli alle loro giovani vite e non permettendo loro di ritornare all’amata patria e dalle loro famiglie”
“Come sono morti, re Vegeta?” domandò allora Chichi con aria mesta.
“Quando ci allontanammo dall’isola delle sirene, anziché circumnavigare la Sicilia, i venti ci portarono attraverso lo stretto, dimora di MajinBu, un mostro a sei teste divoratore di uomini e Cell, un’altra orribile creatura che erutta e ingoia tre volte al giorno. Io ero stato avvisato da Zangya, su quale sarebbe stato il destino di sei dei miei uomini: presi e dilaniati dalle bocce fameliche di MajinBu. La nostra nave riuscì miracolosamente ad evitare il secondo mostro e finimmo su un’isola non molto distante dallo stretto. Ci fermammo lì per un mese, per aspettare i venti propizi che ci avrebbero riportato finalmente a casa. Dopo un mese però, le nostre provviste iniziarono a scarseggiare e, approfittando del mio assopimento, i miei uomini, capitanati da Yamko, decisero di uccidere e mangiare due delle vacche sacre che pascolavano sull’isola, accudite da una giovane di nome Valese.
Mi avevano giurato che non le avrebbero toccate, quelle vacche. Erano sacre, mi aveva avvertito Zangya, ma loro non mi vollero ascoltare e, facendo di testa loro, segnarono il loro stesso destino. Valese avvisò Kaio Shin dell’incommensurabile perdita e, non appena ci rimettemmo in viaggio, il padre degli dei fece abbattere su di noi una tempesta terribile. I miei infedeli e disobbedienti compagni furono sbalzati in mare, dove trovarono presto la morte e l’ira di Kibith ad accoglierli. Io naufragai, solo, avvilito e stanco, fino ai confini del Mediterraneo e, prima di scomparire al passaggio delle colonne d’Ercole, fui tratto in salvo su una piccola isola, abitata dalla dea Lunch…A quanto mi avete detto, mi ha tenuto prigioniero per sette lunghissimi anni…”
Concluse abbassando il capo e coprendosi gli occhi stanchi e arrossati con una mano, come per ritrovare un po’ di forza per continuare.
In realtà, Vegeta non aveva la minima idea di come fossero passati, quei sette lunghissimi anni.
Ciò che non si riusciva veramente a spiegare, era come il tempo fosse trascorso così velocemente e inconsapevolmente. Aveva perso la ragione o semplicemente quella dea aveva adoperato qualche filtro magico per fargli perdere la cognizione del tempo? Gli risultava ancora incomprensibile come fosse stato ‘fortunato’ o ‘furbo’ ad essere riuscito a scappare. Ad ogni modo, ora finalmente era lì, con il suo più caro amico, l’ultima persona che si sarebbe mai aspettato di incontrare, in quello che sembrava finalmente essere il termine delle sue disavventure.
“Come avete fatto a scappare?” chiese Chichi distraendolo dai suoi pensieri.
Vegeta alzò lo sguardo per tentare di farle un sorriso e proseguire nel racconto, ma in quel momento si sentiva troppo stanco e afflitto e il solo ricordo di quella dannata donna che lo aveva tenuto prigioniero contro la sua volontà per tutto quel tempo, gli provocava un dolore a dir poco immenso.
“Non credo sia il caso di continuare, mia signora. Vegeta è molto stanco e ha bisogno di riposare. Lo accompagno nelle sue stanze e rimango a fargli compagnia. Voi andate a riposare, credo che il racconto abbia sconvolto anche voi, quanto me” intervenne Goku rivolgendo alla moglie un sorriso rassicurante.
“Oh…certo. Scusatemi. La mia curiosità è andata oltre il buon senso. Buonanotte, re Vegeta. Buona notte, mio signore” disse la donna allontanandosi dai due che, alzandosi, le avevano rivolto un inchino di gratitudine.









NCA: In realtà Ulisse, sul fiume Acheronte, trova sua madre Anticlea e Achille, che gli chiede di suo figlio. Poi parla con l'indovino Tiresia, che gli spiega quanto ho scritto. Prima di andarsene vede anche Agamennone e Patroclo.
 


 

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Capitolo 8
*** δεκαεπτά ***


Mentre Vegeta raccontava la sua triste e incredibile avventura, la cena a bordo della nave di Trunks proseguiva in un clima tranquillo. Pan aveva colloquiato molto amabilmente con i due ragazzi che ascoltavano interessati il suo racconto su com’era stato vivere in Egitto, per ben otto anni. La ragazza la considerava un po’ come la sua patria, visto che aveva avuto l’occasione di imparare la lingua, la lettura dei geroglifici, la storia e la cultura del grande popolo egiziano.
Trunks e Lapis, che con un’agile mossa aveva spostato la conversazione su un argomento che sembrava appassionare la giovane commensale, l’ascoltavano e, nel contempo, la guardavano basiti per la quantità di cibo che Pan riusciva ad ingurgitare durante il suo racconto, senza mai parlare con la bocca piena o sembrare maleducata, alla faccia del ‘non ho fame, non verrò a cena con voi’.
“L’appetito non vi manca, principessa” esordì il ragazzo più anziano che aveva già finito la sua porzione da un’abbondante decina di minuti.
La ragazza deglutì l’ultimo boccone e ci bevve a seguito un calice colmo di latte per poi asciugarsi le labbra con un tovagliolo e fissare finalmente il suo sguardo sui due.
“Beh? Non avete mai visto una ragazza mangiare? Non credo sia educato, da parte vostra, guardarmi in quel modo” li rimproverò lei con fare scocciato.
I due si scambiarono uno sguardo complice e un sorriso d’intesa, per poi tornare ad osservarla silenziosi.
Lei li squadrò. Quei due avevano in mente qualcosa che le sfuggiva e la cosa non le piaceva affatto.
“Principessa avete terminato? O desiderate altro?” chiese Trunks cordialmente.
“Già, per dovermi poi subire i vostri scherni per quanto mangio? No, grazie. Non desidero altro, se non darvi un parere sulla rotta che avete tracciato” rispose la ragazza continuando a guardarli di traverso.
“Non abbiamo detto nulla…” commentò Lapis cercando di non far trasparire il tono ironico della sua affermazione.
“Sono bastati i vostri sguardi…il vostro in particolare, principe. Dunque? Posso vedere questa rotta o no?” insistette la ragazza indicando con un indice accusatore gli occhi cristallini di Trunks.
“Certo. Venite” la assecondò l’accusato alzandosi e indicandole un tavolo posto in un angolo della stanza, su cui erano accuratamente srotolate delle carte nautiche.
I tre si avvicinarono al tavolo e Pan diede una rapida occhiata alla rotta tracciata grossolanamente a carboncino sulla vecchia carta che Krillin aveva donato loro.
Inclinò la testa di lato e ridusse gli occhi a due fessure, che resero il suo sguardo serissimo.
Con le dita, seguì la linea nera marcata sul foglio e, arrivata alla fine, picchiettò un paio di volte sull’isola indicata come meta finale del loro viaggio.
“Cosa non vi convince? Sembrate dubbiosa”
La ragazza si inumidì le labbra, morsicandosele nervosamente per poi dire:
“Questa rotta non va bene”
“Come non va bene? Ci abbiamo messo tutto il pom….
“Lapis! Lascia che esprima il suo parere. Per favore, amico. Cerchiamo di capire le sue perplessità, prima di scartare la sua idea, no?” lo interruppe bruscamente Trunks, rivolgendosi poi alla ragazza con tono cordiale: “Perché pensate che non sia una buona rotta?”
“In questo periodo dell’anno le correnti sono molto forti verso nord, ma cambieranno presto, in una settimana al massimo. Se prendiamo la via che avete con tanto impegno tracciato ed entro pochi giorni non riusciamo ad arrivare a Corfù, sarà difficilissimo poi, riuscire a fare rotta lì. I venti ci porteranno per lo Jonio o peggio per il Mediterraneo, facendoci perdere un sacco di tempo” spiegò Pan seriamente.
“Cosa suggerite allora?” chiese Trunks sempre più interessato.
“Viaggiare sotto costa. Passando ad est delle isole potremmo arrivare domattina allo stretto di Lefkada e con un po’ di fortuna, in serata, approdare a Corfù…” spiegò senza indugi la ragazza.
I due ragazzi guardarono la carta seguendo con lo sguardo le dita di lei che si muovevano lungo la via che stava accuratamente descrivendo a parole e ne rimasero seriamente stupiti.
La ragazza aveva avuto un intuito particolare, per pensare di attraversare un così poco frequentato stretto, com’era quello indicato sulla carta.
“Ma Trunks, così perderemo un sacco di tempo a fare manovra attraverso quello stretto…Ci sarà un motivo per cui ne girano tutti alla larga…no?” cercò di dissuadere entrambi i suoi interlocutori Lapis.
Fu in quel momento che Trunks lo guardò seriamente e, rivolgendosi per un solo istante alla giovane che lo guardava leggermente perplessa, le disse:
“Perdonatemi solo un istante, dovrei interloquire in privato con il mio amico, se permettete”
Così dicendo, prese sotto braccio Lapis e lo condusse dall’altra parte della stanza per potergli parlare apertamente:
“Cosa ti prende? Perché non vuoi anticipare in nostro arrivo a Corfù? Mi hai convinto a tracciare una rotta lunghissima, in confronto a quella suggerita da Pan. Perché? Mio padre potrebbe essere là, lo capisci?”
“Trunks, parliamoci chiaramente. Tu sai…chi sono io…Anche se non mi hai detto nulla di quanto ti ha raccontato in via confidenziale Krillin, io so chi vive a Corfù. L’ho sempre saputo…ma era inutile, fino ad oggi, che tu ne venissi a conoscenza…
“CHE COSA? Ma come hai potuto, Lapis?” lo interruppe il principe con un tono evidentemente irritato.
“Trunks…Trunks, calmati…Non ti arrabbiare, ti prego…ascoltami” lo supplicò dopo aver visto gli occhi di lui sgranarsi per poi stringersi, in uno sguardo pieno di collera, per quanto aveva appena udito.
“Tuo padre è arrivato solo stamane, a Corfù. Ѐ stato prigioniero di una dea per molti anni, su un’isola lontana. Era questo il volere degli dei. Le sue abili maestrie nell’ingannare gli altri, hanno alterato la benevolenza che gli dei avevano nei suoi confronti. Nessuno, poteva fare nulla, per salvarlo. Ma dopo dieci anni di peripezie, le sue innumerevoli colpe sono state espiate e gli dei hanno deciso di permettergli di tornare a casa” spiegò il ragazzo con tono pacato.
“Mio padre è…è là?” chiese quasi spaesato.
“Sì, tuo padre è là, sano e salvo. Goku e la sua famiglia si stanno prendendo cura di lui” spiegò Lapis con un sorriso rassicurante.
“Ma allora perché non vuoi far sì che giungiamo domani, a Corfù? Perché dobbiamo rischiare una sorte analoga a quella subita da mio padre, per aver provocato gli dei?” chiese balbettando un Trunks confuso e dallo sguardo allucinato, per la nuova notizia sconvolgente che aveva ricevuto.
“Il motivo, Trunks, per cui sarebbe meglio tardare il nostro arrivo, è la tua ospite. Le serve più tempo per aprire il suo cuore al tuo. So che ti interessa. Il tuo sguardo è pieno di sentimenti benevoli, nei suoi confronti, ma dubito che riuscirai a conquistarla e a dissuaderla dai suoi propositi, in così poco tempo. Anche se tu riuscissi a placare i suoi intenti di vendetta contro tuo padre, come pensi reagirà quando vedrà Goku?” spiegò Lapis terminando con una domanda a cui Trunks, in quel momento, non aveva decisamente risposta.
Una cosa alla volta’, pensò tra sé il principe, mentre rivolgeva lo sguardo verso la ragazza che, ancora china sulla mappa, cercava di eliminare tutti i possibili ‘difetti’ che la sua rotta potesse avere. Poi, rigirandosi verso l’amico, fissò i suoi occhi di cristallo in quelli di lui, del suo stesso colore. Fece un sospiro, come per trovare le parole giuste e gli disse:
“Lapis, informa gli uomini della nuova rotta. Non preoccuparti per il resto. Non metterei mai in pericolo la vita di mio padre. Lasciami solo con lei. Non è così dura come credi”
“Ne sei convinto? Se il tuo intuito si dovesse sbagliare, domani non potrò fare nulla per evitare che accada il peggio” lo redarguì l’amico.
“Non accadrà. Va’ adesso e bada che gli uomini ammainino le vele a tempo debito, quando dovremo attraversare lo stretto” concluse Trunks facendo un sorriso di gratitudine all’amico per la comprensione che gli aveva appena dimostrato.
“D’accordo. Se è questo che desideri…’Notte, Trunks, ti sono vicino. Buonanotte, principessa, a domattina” salutò Lapis, abbracciando l’amico prima di uscire dalla cabina.
“Buonanotte” fece appena in tempo a rispondere la ragazza, voltandosi per osservare stupita l’allontanamento di Lapis.
“Era contrariato?” chiese la ragazza a Trunks, rimasto pensieroso ad osservare il legno della porta che si era appena richiusa davanti a lui.
Il ragazzo si voltò e si dipinse in volto un sorriso rassicurante prima di dirle:
“No…affatto…era solo un po’…Aveva qualche perplessità sulla rotta che avete suggerito, ma ora è andato ad avvisare gli uomini del cambiamento”
“Da-davvero? Seguirete le mie indicazioni?” chiese incredula di cotanta fiducia.
“Perché siete stupita? La vostra proposta è di gran lunga migliore di quella studiata da me e Lapis. Perché non assecondarla?” chiese il ragazzo avvicinandosi di nuovo al tavolo presso cui era rimasta la ragazza ad attenderlo.
“No…è che…veramente…” balbettò senza parole.
“Cosa? Non vi aspettavate di arrivare così presto a destinazione?” chiese lui.
“No...il fatto è che…Ѐ…Ѐ avvenuto tutto così…così in fretta… Fino a ieri sera ero a Sparta e ora sono…Voglio dire…domani…arriverò a Corfù…senza nemmeno sapere cosa mi aspetta….Sono…sono…un po’…confusa…ecco” balbettò la ragazza titubante, non riuscendo nemmeno più a sostenere lo sguardo di lui.
“Cosa vi preoccupa, Pan?…Se è lecito, chiamarvi per nome” chiese Trunks con molta tranquillità.
“Veramente…mi fa sentire…a disagio…signore” spiegò arrossendo vistosamente.
“Ѐ questo che vi preoccupa? Che possa in qualche modo avvicinarmi a voi?”
La corvina arrossì vistosamente. Erano ormai evidenti i sentimenti contrastanti che provava nel suo animo. L’eterna lotta tra il sentimento e la ragione, l’amore e l’odio, il perdono o la vendetta. Dubbi che avrebbero attanagliato il cuore di guerrieri con spirito ben più forte di quello di una semplice ragazza che era cresciuta comunque, per grazia o per un triste destino, sotto le amorevoli cure di due persone che non avevano mai smesso di amarla.
In quel momento, Pan si sentiva enormemente frustrata dalla situazione in cui, lei stessa, suo malgrado o sua fortuna, si era cacciata.
Riuscì a sollevare lo sguardo supplicante per andare a cogliere quello interrogativo di lui che, preoccupato, le disse:
“Vi chiedo perdono. Temo di essere stato…indiscreto…
“No…no…è colpa mia…La realtà è che…Perché siete così gentile con me? Assecondate i miei desideri portandomi con voi, vi interessate a me e ora siete stato anche disposto a cambiare la rotta seguendo quella che io vi ho indicato. Perché? Perché fate tutto questo?” lo interruppe lei mantenendo uno sguardo quasi malinconico.
“Perché no? Non capisco. Cosa non vi convince? Ci deve essere un motivo particolare per le buone maniere? O pensate abbia un secondo fine?” chiese il principe sperando in qualche modo di ‘farla confessare’.
“Un secondo fine? Come potreste essere coì mesch…
Pan si interruppe. Si portò una mano davanti alla bocca come per bloccare le parole che stava per pronunciare e sgranò gli occhi sotto lo sguardo sereno di lui.
Stava veramente per dare della meschina ad una persona che agisce come proprio lei stava facendo?
La ragazza si sentì come se il mondo le fosse crollato sotto i piedi.
Scrutò nella parte più intima della sua anima, cercando disperatamente il germe d’odio che aveva coltivato durante tutto il pomeriggio passato da sola a meditare vendetta, ma si accorse ben presto che, nonostante i suoi sforzi per preservarlo, non era rimasto che un fuscello rinsecchito. Al suo posto, era maturato in lei un gran senso di pace, riflesso negli occhi cristallini di colui che, in quel momento, la stava osservando con sguardo sincero.
“Vi sentite bene? Avete un’aria così…triste” le chiese con un tono dolcissimo.
“P-perdonatemi…io…è meglio che vada, ora” disse voltandosi per andare a recuperare una stola che aveva lasciata appoggiata alla sedia.
“No, aspettate…vi prego…fermatevi ancora un po’. Per favore” la supplicò lui.
Pan si fermò a metà strada tra lui e la sedia. Fece un sospiro e, senza nemmeno voltarsi, mormorò:
“Non credo sia opportuno che io resti qui…sola…con voi”
“E perché mai? Ho già cenato, non vi mangio mica” disse scherzosamente.
A quella stupidaggine, Pan reagì in un modo che non si aspettava assolutamente: si accorse, tutto ad un tratto, che stava sorridendo.
Era tanto tempo che qualcuno non la faceva ridere, per aver detto o fatto qualcosa di assolutamente stupido.
“State ridendo di me?” chiese Trunks sentendola sghignazzare.
“Sì…” disse voltandosi e mettendosi a ridere di gusto.
“Ridete di me veramente?” chiese incredulo.
“Scusate…è che l’immagine di voi che azzannate un mio avambraccio mi fa morire dalle risate…” spiegò senza ancora riuscire a trattenere le risa.
A quel punto anche a Trunks scappò un sorriso divertito e lei non poté fare a meno di constatare, quanto quel sorriso fosse dolcissimo.
“Siete buffo” lo canzonò lei, cercando di ritrovare un contegno.
“E voi siete bellissima e quando sorridete, lo siete ancora di più. Dovreste ridere più spesso…Vi va se…Anzi…volete venire a vedere una cosa?” le domandò porgendole la mano, come per invitarla a seguirlo.
“Dopo tutte queste lusinghe, come posso dire di no?” chiese lei arrossendo leggermente.
“Se siete stanca e volete andare a riposare, non sarò di certo io a costringervi”
“No, non sono stanca. Dove volete condurmi?” chiese incuriosita.
“Venite”
 
Due minuti dopo, i due erano sul ponte della nave a rimirare lo scintillio della Luna sulle leggere increspature di un mare calmo.
“Guardate!” disse Trunks puntando l’indice verso il basso, in un punto preciso non distante dallo scafo.
“Incredibile! Ma quelli sono…sono…
“Delfini, belli vero?” la interruppe lui per poi proseguire: “Non li avevo mai visti, fino a l’altro ieri. Non ho mai preso il mare, in tutta la mia vita…Mi chiedo quale assurde creature marine abbia dovuto affrontare mio padre…in tutti questi anni. Spero solo di trovarlo in salute…” concluse rattristandosi.
Lei sollevò lo sguardo per andare a cercare quello di lui che ancora però fissava il mare in un punto indecifrabile. Gli si avvicinò e, con la spontaneità di una bambina innocente, gli prese una ciocca fuoriuscita dalla lunga treccia che gli correva lungo la schiena e gliela scostò dal viso, depositandola con dolcezza dietro l’orecchio, richiamando così la sua attenzione. Si inumidì le labbra e gli chiese:
“Pensate sia a Corfù? Voglio dire…stiamo andando lì perché credete ci sia qualche possibilità di trovarlo?”
Trunks si impensierì all’istante. Non poteva dirle che a Corfù viveva l’uomo che aveva ucciso suo padre Gohan e nemmeno che ormai era certo che il re di Itaca si trovasse presso di lui, grazie alle informazioni ricevute da Lapis.
Non era ancora tempo di rivelarle nulla.
Ogni cosa a tempo debito’, pensò tra sé prima di sentire la voce di lei che gli diceva:
“Vostro padre è una persona fortunata, ad avere un figlio come voi e una famiglia che lo ha atteso, per tutti questi anni”
A quel punto lui si voltò, rivolgendole uno sguardo di gratitudine e le disse:
“Non avrei potuto farne a meno. Io amo mio padre…anche se non ricordo nemmeno il suo viso…Continuerei ad amarlo anche se gli dei avessero deciso di non farmelo mai incontrare…Punendo me, lui e mia madre per colpe che non abbiamo commesso”
Queste ultime parole colpirono molto Pan. Se il suo piccolo germe d’odio avesse avuto ancora qualche insignificante barlume di speranza di tornare a rafforzarsi, con quest’ultimo pensiero da parte del principe, la piccola piantina rinsecchita era stata completamente sradicata. Di fatto, lei non aveva alcun diritto di sostituirsi agli dei, punendo ulteriormente una persona e i suoi cari, che avevano già sofferto abbastanza.
Fu così che, con il cuore in pace e sotto lo sguardo soddisfatto e incredulo di Lapis che manovrava il timone non molto distante, la ragazza si avvicinò al principe e si accoccolò appoggiando delicatamente la sua chioma corvina al petto di lui, che l’accolse con un sobbalzo del cuore.
Quando lei sollevò il viso per poterlo guardare negli occhi, si accorse che lo sguardo di lui era pieno di gioia e di stupore. Gli fece un sorriso e gli disse:
“Avevo un po’ freddo…spero non vi spiaccia”
Lui le cinse le spalle con un braccio, cercando di donarle un po’ di tepore. Poi le accarezzò i capelli e le depositò un casto bacio sulla fronte prima di sussurrarle:
“No…non mi dispiace affatto”    
 
 
 
 
 
 
 
NA: E con questo vi saluto. Me ne vo’ in vacanza per una settimana, così vi lascio mettere alla pari con tutti i capitoli e vi liberate un po’ della mia ingombrante presenza in ‘sto sito. Tornerò il 29/02 (che figata! Pubblicare il 29/02! Solo ogni quattro anni si può! Ok, la pianto) con il nuovo capitolo e, prima o poi, con il proseguo dei sette vizi capitali, 2. Non disperate!
Nel contempo, conto che le mie autrici/autori preferite/i sollazzino le mie ferie con interessanti letture.
Grazie e alla prox!
SSJD

 
 

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Capitolo 9
*** δεκαοχτώ ***




“Vuoi che resti?” domandò sommessamente Goku, vedendo l’amico inquieto.
“Lo faresti?” chiese l’altro dandogli ancora le spalle.
“L’ho già fatto una volta, ricordi?” affermò togliendosi la veste, i calzari e infilandosi sotto il telo di lino che ricopriva il letto su cui già giaceva Vegeta, per poi aggiungere:
“Certo qui è molto più comodo del giaciglio della tua tenda…al campo…”
“Già…ma la comodità non è purtroppo l’unica cosa che serve, per avere un buon sonno ristoratore. L’ultima volta che mi ricordi di aver dormito in pace è stato con te, dieci anni fa, Goku…” commentò il re senza voltarsi, per non far vedere all’amico che aveva ancora gli occhi pieni di lacrime, al ricordo.
Goku rimase in silenzio. Non aveva parole per la gratitudine, per il rispetto, ma, allo stesso tempo, per il dispiacere che provava nei confronti dell’amico. Vegeta gli aveva, di fatto, salvato la vita e tutti su quell’isola, gli erano riconoscenti: lui, Chichi, i suoi uomini che lo avevano seguito e gli erano rimasti fedeli, condividendo con lui e con le loro famiglie quella terra inesplorata e infine, la piccola Gine. Anche lei inconsapevolmente era potuta crescere in una famiglia che l’amava, solo grazie a Vegeta.
Se la ricordava bene, Goku, la notte in cui, consigliato dall’amico e spinto dai venti, che si erano messi a soffiare inaspettatamente da terra, aveva deciso di partire a bordo della sua nave e di lasciare quella spiaggia maledetta, per sempre.
La vendetta degli dei era stata placata da re Kaio in persona, invocato da Chichi, sua sacerdotessa. Quando si era trovato al cospetto del dio, lo stesso si era stupito molto dalla sua richiesta: avrebbe rinunciato alla gloria che gli sarebbe valsa dalla sua dipartita durante quella maledetta guerra, pur di potersene andare con la sua donna, per sempre.
Ma le parole del dio erano state inequivocabili:
“Temo che agli dei e a Kaio Shin in particolare, della tua rinuncia non interessi nulla. Le tue gesta verranno comunque narrate nei secoli, che tu cada o meno sul campo di battaglia…Sei e rimarrai sempre una minaccia, per loro, a meno che…tu non decida di rinunciare alla tua immortalità. In tal caso ti vedranno come un uomo qualsiasi e niente sarà loro più dovuto…
Sentendo quelle parole a lui era tornato in mente il dialogo avuto solo qualche ora prima con il suo più caro amico:
“Goku, questa non è mai stata la tua guerra. Ti avevo convinto a partecipare per la tua gloria, perché il tuo nome riecheggiasse nei secoli. Hai ucciso il principe di Troia per vendicare la persona che amavi di più a questo mondo e ciò ha permesso agli Achei di avanzare di nuovo e di respingere con maggiore forza gli attacchi dei nemici. Le genti parleranno di te comunque, nei secoli avvenire. Ora non hai più motivo di rimanere. La notte che abbiamo passato assieme ha fatto rinascere in me l’ingegno e ho in mente un piano, per espugnare Troia, ma non lo realizzerò mai, se so che tu sei rimasto per andare incontro alla morte certa che il volere degli dei ti hanno riservato…”
Ripensando a quelle parole, senza alzare nemmeno il capo, aveva risposto alla richiesta del dio che aveva di fronte, con una semplice e inequivocabile parola:
“Rinuncio”
Re Kaio a quel punto aveva alzato un angolo della bocca e appoggiato una mano sul capo che, chino di fronte a lui, era ancora prostrato in segno di riverenza e sottomissione.
A quel punto aveva sentito le forze venirgli meno e il vigore di sempre abbandonarlo in un unico istante.
Il suo destino era compiuto.
Da quel momento in poi non sarebbe stato più il semidio che il mondo avrebbe ricordato, ma un semplice uomo, desideroso di terminare i suoi giorni in pace.
Quando Re Kaio se ne era andato, aveva raccolto le sue cose, caricato la sua nave, chiamato a raduno i suoi uomini ed era partito, portando con sé la sua amata e il bambino che portava in grembo, convinto che avrebbe imparato ad amarlo, nonostante fosse certo essere l’indegno figlio di Napa.
Avevano viaggiato per giorni fino ad approdare su un’isola deserta, ad est dalla terra greca e si erano stabiliti lì, lontani dal mondo e da tutti e avevano vissuto tutti quegli anni in pace.
Quando Chichi aveva dato alla luce la bambina, l’amata madre di Goku gli era apparsa in sogno e l’aveva rassicurato che, non solo la piccola era figlia sua, ma anche che, come lui lo era stato, fino a pochi mesi prima, era una semidea che avrebbe portato prosperità e pace, nella terra che avevano scelto per vivere.
Il mattino seguente, ricordava di essersi alzato dal letto per andare a prendere in braccio la neonata per guardarla profondamente in quegli occhi d’ebano della sua stessa identica espressione e, dopo averle fatto un leggero sorriso, che la bambina aveva stranamente corrisposto, le aveva dato il nome che ancora le mancava: Gine, lo stesso di sua madre.
Da allora non gli era importato altro che proteggere la sua famiglia e vivere in pace e serenità in quella terra dove mai nessuno ‘straniero’ aveva più messo piede, fino a quel giorno.
Si voltò di lato e vide il corpo di Vegeta muoversi sotto la spinta di quelli che sembravano essere singhiozzi incontrollabili.
A Goku si spezzò il cuore nel vederlo così afflitto. Gli mise una mano sulla spalla, invitandolo a voltarsi.
Vegeta mosse il braccio per levarsi, con il dorso della mano, le lacrime dagli occhi, prima di girarsi verso l’amico con cui aveva evidentemente bisogno di sfogarsi:
“Non riesco a prendere sonno, Goku. Ho incubi tutte le notti”
“Cosa ti tormenta, Vegeta? I mostri di cui hai parlato questa sera? La morte dei tuoi compagni?” chiese Goku desideroso di scoprire cosa turbasse realmente l’amico.
“No…quelli solo…in parte…Ma c’è dell’altro e non volevo parlarne in presenza della tua sposa, per non turbarla. Ciò che non mi fa dormire è il ricordo della dea Lunch. Quella non era una dea, Goku, ma un demone. Mi ha tenuto prigioniero per sette anni…sette…dannatissimi… anni…senza che…nemmeno…me ne accorgessi. Mi ha fatto rivivere per tutto quel tempo sempre lo stesso giorno, in modo che ne perdessi la cognizione. Di giorno sembrava la creatura più bella e gentile che esistesse sulla terra, ma di notte…
Tutte le sere a cena mi corteggiava, lusingava e ballava sensualmente per me. Mi faceva bere del vino ottimo e mangiare del cibo mai assaporato in vita mia per poi convincermi, con l’inganno, ad assecondare tutti i suoi desideri. Quando cercavo di resisterle era anche peggio. Prendeva delle corde…stregate…che usava per legarmi polsi e caviglie, per poi fare di me ciò che voleva…
Ogni volta che mi ridestavo al mattino, avevo dimenticato tutto, ma mi ritrovavo con segni evidenti delle sue perversioni su tutto il corpo: morsi, lividi, cicatrici che indicavano quanto quelle corde fossero strette intorno ai miei arti e poi…il dolore. Il dolore che a volte mi pervadeva il corpo partendo da ciò che fa di me un uomo. Un dolore indescrivibile che mi auguro nessun altro uomo debba provare. Mi ha distrutto, Goku. Quella donna ha distrutto tutto il mio desiderio. Quel desiderio…”
Si interruppe perché gli occhi avevano di nuovo ripreso a pizzicare a causa delle lacrime amarissime che stavano per esplodergli dentro, salendogli direttamente dal cuore. I suoi lugubri pensieri furono interrotti da una domanda da parte dell’amico che, attento alla spiegazione, necessitava di un chiarimento:
“Come sei riuscito a scappare?”
“Una sera, ho deciso di far finta di sorseggiare la bevanda che sapevo mi avrebbe fatto scordare tutto, il giorno seguente. Volevo capire come fosse possibile che, dopo ogni notte passata con lei, il mio corpo fosse in condizioni sempre più pietose.
Quella notte fu un incubo. Ѐ ancora impressa qui, nella mia memoria ed è quell’unica notte che non mi consente prendere sonno. Finita la cena mi invitò a seguirla nelle sue stanze. Lo feci senza discutere, non volevo si insospettisse per il mio eventuale rifiuto. Mi fece sdraiare sul suo letto e di nuovo mi bloccò con quelle dannate corde…e…” si interruppe deglutendo più volte il niente, tanto il dolore del ricordo gli stesse facendo male.
“E?” lo incitò Goku che riteneva giusto farlo sfogare fino in fondo.
“Contro ogni mio volere, abusò di me. Mi procurò ferite che pensavo mi avrebbero portato alla morte. La supplicavo di smettere, ma sembrava godere ancora di più del mio profondo dolore. Il mattino seguente, mi svegliai a fianco a lei. Le corde erano sparite, ma il ricordo di quanto accaduto no. Era vivido nella mia mente ed evidente sul mio corpo. Mi vestii di fretta e corsi alla spiaggia. Trovai una specie di zattera, caricai del cibo e un otre d’acqua e partii…Il resto…beh…sono qui…” concluse abbassando lo sguardo come se si sentisse colpevole di qualcosa.
Goku sospirò. Come avrebbe potuto consolare l’amico, il suo più caro amico, l’uomo migliore che lui avesse mai avuto l’onore di conoscere? Come poteva fargli capire che poteva tornare a fidarsi delle persone che lo circondavano, dopo tutto ciò che aveva passato?
Senza pensarci troppo su, con l’indice sotto il mento, lo invitò a rialzare il viso e fissò i suoi occhi ebano in quelli di lui, pieni di tristezza e umidi di lacrime. Fece un sorriso impercettibile, prima di sollevare leggermente il capo, per annullare la distanza tra le loro labbra e baciarlo.
Dopo un primo momento di totale imbarazzo, misto a sconcerto, in cui Vegeta aveva sgranato gli occhi fino a quasi farli uscire dalle orbite, il suo cuore tornò inaspettatamente a battere ad un ritmo normale. Chiuse gli occhi e si concesse a quello che sembrava essere una sorta di piccolo paradiso di emozioni piacevoli e di inebriante desiderio. Schiuse le labbra per poter meglio assaporare quelle ‘sconosciute’ dell’amico e scoprirne così un gusto dolcissimo.
Poi, preso dal piacere che quel gesto inatteso gli stava donando, Vegeta decise di sdraiarsi quasi completamente sul corpo dell’amico, che gli concesse la nuova posizione senza replicare, né interrompere il contatto delle loro labbra che ora si sfioravano appena, come se timidamente cercassero di accarezzarsi senza essere impudenti.
Goku prese ad accarezzargli la schiena delicatamente. Sapeva le condizioni in cui versava la pelle di lui che, nonostante le cure prestategli qualche ora prima da Chichi, risultava ancora leggermente arrossata e dolorante.
Vegeta lo lasciò fare. Sentiva di avere il bisogno di potersi lasciare andare. Il disperato bisogno di potersi fidare di nuovo di qualcuno. E chi altro se non il suo migliore amico? La persona che con quel semplicissimo gesto d’affetto gli stava donando così tanto piacere, risollevando il suo morale da un abisso che poteva sembrare troppo profondo? Già, doveva essere proprio lui: Goku. Colui che una volta era stato il guerriero più forte del mondo ellenico ora era lì ad aiutare lui che, con infinita gioia, aveva deciso di farsi salvare.
Il giovane re continuò a lungo, senza stancarsi e percorrendo i fasci dorsali e lombari in tutta la loro lunghezza. Rimase piacevolmente sorpreso quando Vegeta lasciò che gli sfiorasse i glutei e con le dita seguisse il profilo dell’incavo fra le natiche.
Il bacio, l’abbraccio e tutte le piacevoli carezze che Goku gli stava concedendo, avevano sicuramente sortito l’effetto desiderato allorché Vegeta, interrompendo quel momento idilliaco di riconciliazione con se stesso, senza dire nulla si sdraiò a lato dell’amico, liberandolo così dal suo peso.
Goku girò leggermente la testa dalla sua parte e lo trovò ad osservare il soffitto con uno sguardo decisamente sereno.
“Va tutto bene, Vegeta?” gli chiese sottovoce.
L’amico non fece altro che voltarsi verso di lui, per poterlo guardare negli occhi e rispondergli:
“Sì. Era tanto tempo che non mi sentivo così bene. Ѐ stato molto… appagante e infinitamente… piacevole… Grazie, amico mio”.
Goku aprì un sorriso dolcissimo e sinceramente gli disse:
“SSSSHHH… sono io a doverti ringraziare, per esserti fidato di me ed esserti abbandonato alle mie carezze. Volevo dimostrarti che le persone che ti amano non potranno mai farti del male. Ora è tardi, è meglio riposare. Sono sicuro che il tuo sonno sarà più tranquillo e poi… domattina ti devo portare a vedere una cosa”
“Va bene. Pensi che la tua dolce consorte mi odierà se ti chiedo di restare con me, stanotte?” lo supplicò quasi.
“Certo che no! Mi ha suggerito lei di starti vicino. Dormire con lei o con te mi fa stare ugualmente a mio agio,” scherzò Goku.
“Ah! Ma come puoi dire una cosa del genere? Guarda che non sono disposto a sostituirmi a tua moglie. Quindi vedi di fare il bravo, sai?” gli rispose Vegeta che sembrava aver ritrovato parte del suo antico buonumore.
“Mhmm anche tu, furbetto…” lo redarguì Goku con un sorrisetto malizioso.
“Buonanotte e di nuovo, grazie. Ti devo molto” sussurrò Vegeta tornando improvvisamente serio prima di chiudere gli occhi su un sorriso sereno.
“Ti sbagli, sono io ad essere ancora in debito con te” rispose Goku sottovoce spegnendo la candela presente sul comodino dalla sua parte del letto.
“Buonanotte, Vegeta” concluse senza ricevere risposta: il re di Itaca era già caduto nel sonno profondissimo che cercava da anni.
 
 
 
 
 




NCA: Secondo il racconto dell'Odissea di Omero, Calipso (Lunch) era figlia di Atlante e viveva sull'isola di Ogigia, che gli autori pongono nel Mediterraneo occidentale. Donna bellissima e immortale, Calipso fu punita dagli dei per essersi schierata dalla parte del padre nella Titanomachia. Fu costretta a rimanere sull'isola di Ogigia, dove le Moire, mandavano uomini bellissimi ed eroici di cui non faceva che innamorarsi, ma che poi dovevano partire. Nell’Odissea si racconta come ella amò Ulisse e lo tenne con sé, secondo Omero, per sette anni (secondo lo Pseudo-Apollodoro cinque e secondo Igino solo uno) offrendogli invano l'immortalità, che l'eroe insistentemente rifiutava. Ulisse conservava in fondo al cuore il desiderio di tornare ad Itaca e non si lasciò sedurre.
Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch'esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano.
Le lacrime di Ulisse vennero accolte da Atena, la quale, dispiaciuta per il suo protetto, chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

 

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Capitolo 10
*** δεκαεννέα ***






Pan, Trunks, Vegeta e Goku, dormirono tutti serenamente, sognando chi l’arrivo, chi la partenza, ignari del fatto che, di lì a poche ore, le due cose sarebbero coincise.
Il mattino seguente, Goku fu svegliato dal lieve tocco di piccole nocche sul legno della porta della camera in cui aveva dormito, tutta la notte, a fianco dell’amico.
Si alzò lentamente e, senza preoccuparsi di indossare alcunché, andò ad aprire: sapeva già chi avrebbe trovato dall’altra parte.
“Buongiorno, Chichi…Dormito bene?” le chiese non appena ebbe di fronte gli occhi neri della moglie.
Chichi inarcò le sopracciglia in un’espressione mista tra stupita e sconsolata. Decisamente non si sarebbe mai abituata al poco decoro del marito. Storse il naso e sbirciò al di sopra della spalla di lui, per verificare se Vegeta stesse ancora dormendo.
A quel punto anche Goku voltò lo sguardo sopra la spalla, per osservare l’amico che, pacifico, ancora era assopito nel grande letto presente al centro della stanza.
Tornò a guardare la moglie e aprì un mezzo sorriso dicendole imbarazzato:
“Eheh…dorme…”
“Vedo” rispose le con tono leggermente seccato.
“Che c’è? Tutto bene? Mi sembri contrariata…” chiese lui allungando un braccio verso il viso di lei per depositarle una delicata carezza sulla guancia.
Chichi si morse un labbro. Sì, in effetti, leggermente contrariata lo era. Se Vegeta dormiva così pacificamente significava solo una cosa e, quella cosa, andava chiarita subito, prima che Goku la ipnotizzasse di nuovo con il tocco vellutato della sua mano sulla sua pelle.
Chichi alzò una mano e prese il polso del marito, bloccandone di fatto il dolce struscio che le stava donando alla guancia.
“Goku, no…Lasciami stare…Tornerò quando il tuo amico si sarà svegliato…” disse accigliata facendo per allontanarsi.
L’uomo, dopo un primo momento di sconcerto, capì finalmente quale fosse il cruccio della moglie. La prese per un braccio prima che si allontanasse dalla sua portata e la tirò a sé, racchiudendola in un abbraccio delicato, ma, allo stesso tempo, deciso. La guardò negli occhi e scoprì che la sua intuizione riguardo all’agitazione di Chichi era corretta. Senza spostare lo sguardo da quello severo di lei, con un tono pacatissimo le disse:
“Ti sbagli, non è successo nulla di ciò che pensi. Vegeta aveva solo bisogno di sfogarsi e ritrovare la fiducia in se stesso, prima che negli altri. Quando ha capito di essere in presenza di chi gli vuole bene, si è addormentato…Lo sai che sei tu…la seconda persona che amo di più, in tutto il mondo…” concluse intervallando le parole con piccoli baci a fior di pelle sul viso abbronzato di lei.
“La seconda?” chiese lei in un sospiro difficile da controllare, visto che Goku era sceso nel contempo a baciarle il collo.
L’uomo salì fino all’orecchio e, dopo aver assaporato il lobo tra le labbra umide, le disse:
“Certo…prima c’è Gine…”
“Mhm…non vale…G-Goku…che intenzioni hai?” chiese cercando di mantenere un controllo che era ormai praticamente impossibile da gestire.
“Le peggiori” rispose lui prima di prenderla in braccio e portarla nella loro camera nuziale, di fronte a quella in cui ignaro dormiva ancora il re di Itaca.
A dispetto della definizione data poco prima ai suoi intenti, Goku amò la moglie con una dolcezza infinita, com’era sempre stato e come sempre avrebbe fatto, negli anni avvenire.
“Perdonami…per ciò che ho supposto, poco fa…Sono stata sciocca” disse dopo il lungo silenzio che aveva seguito l’apice del loro piacere.
“SSSHHH…Ti amo…” le sussurrò solo lui depositandole un casto bacio sulla fronte, prima di alzarsi, vestirsi ed andare, in tutta calma, a svegliare il suo migliore amico.
 
“Vegetaaaa…Vegetaaaa! Svegliati, pigrone! Re Kaio ha già portato il Sole alto nel cielo da un sacco di tempo! Quanto pensi di dormire ancora?” domandò Goku scuotendo animatamente l’amico.
“Mhmm…lasciami dormire…” fu la risposta del re di Itaca che fece sprofondare la testa ricoperta dai lunghi e arruffati capelli neri sotto il cuscino.
“Ma quale dormire, Vegeta! Chichi è già passata per sapere se ti eri svegliato per prestarti di nuovo le sue cure. In più…abbiamo una nave da sistemare!” esclamò allegro Goku, cercando di dissuaderlo da un’ accidia che non era da lui.
A quelle parole, Vegeta si sollevò dal letto in un istante.
“Una nave? E perché non l’hai detto subito? Dove sono i miei abiti?” disse tutto trafelato.
“Calmati, Vegeta! Prima deve passare Chichi, poi c’è la colazione, poi dobbiamo andare a vedere i materiali che ci servono…Ce n’è di cose da fare!” lo informò il giovane.
“No ma…
 
TOC TOC
 
“Avanti! Vieni, Chichi!” esclamò Goku entusiasta.
“Ma Goku! Sono nudo!” annunciò l’altro in preda al panico.
“Beh? E di cosa ti preoccupi? Come pensi che ti abbia trovato ieri sulla spiaggia? Agghindato a festa?” lo informò Goku sghignazzando.
“Non è divertente, Goku” lo redarguì Chichi entrata nella stanza, fulminandolo con uno degli sguardi più severi del suo repertorio. Che il marito fosse rozzo poteva anche passare, ma che cercasse di far passare per normalità la sua poca discrezione anche con Vegeta, era troppo.
“Mhmm…scusate…Vado a vedere che fine ha fatto mia figlia…deve fare i suoi esercizi mattutini” concluse uscendo a capo chino e lasciando i due alle loro faccende.
“Sire, come vi sentite? Avete riposato?” domandò la donna andando ad aprire le tende, come aveva fatto il giorno precedente, per far entrare i raggi del caldo sole estivo e aspettando che l’uomo potesse debitamente coprirsi. Poi voltandosi verso di lui per poterlo osservare, continuò:
“Sembrate rinato, rispetto a ieri. I vostri occhi hanno riacquistato la lucentezza e la vitalità di sempre”
“Non potete immaginare quanto la serata di ieri mi abbia ristabilito, nell’animo e nel corpo. Devo molto a voi e a vostro marito. Posso chiedervi un favore?” chiese lui con la consueta cortesia.
“Ma certo, intanto sdraiatevi e voltatevi, la pelle della vostra schiena necessita di un’altra buona dose di unguento. Vedrete, prima di sera sarete come nuovo”
“Mi spiace darvi tanto disturbo. Una regina non dovrebbe occuparsi di curare un naufrago…nelle mie condizioni…” disse rammaricato, ma emettendo, nel contempo, un gemito di piacere, non appena sentì l’olio, seguito dalle dita morbide di lei, venire cosparso sulla sua pelle in via di guarigione.
“Nemmeno un re si dovrebbe occupare di prendersi cura di una povera schiava, ma sia voi che mio marito, non avete avuto remore a farlo con me, se ben ricordate. Quindi non è un disturbo, ma vi rammento che anche io conosco bene le doti del mio consorte. Ha salvato la mia anima quand’era alla deriva, dopo che, grazie a voi, fui liberata dalla prigionia di Napa. Immagino abbia saputo fare lo stesso con voi…” chiese lei continuando imperturbabile il suo incarico.
“Già…Anche la mia…era un po’ alla deriva…” sospirò lui sommessamente ripensando a come, con un semplice bacio, Goku fosse riuscito a calmare il suo animo in subbuglio.
“Cosa volevate domandarmi?” chiese allora la donna per distrarlo da quelli che lei immaginava fossero brutti ricordi che cercavano di farsi ancora spazio nella mente fragile dell’uomo.
“Mi tagliereste i capelli? Non mi piacciono così lunghi, come sono diventati. La barba l’ho tagliata da me, ma la chioma…è un po’ difficile…vorrei tornare a Itaca come…come quando sono partito…” disse cercando di essere il più cordiale possibile.
“Certo. Anche mio marito ama tenerli corti. Li taglio sempre anche a lui, ma sono così…ribelli…Beh, l’avete visto, no? Non se ne cura affatto” spiegò lei con tono quasi rassegnato per poi concludere: “A voi stanno indubbiamente meglio corti: così mi ricordate vagamente Radish…Anche la moglie di Tarble me lo ha detto, ieri sera, quando vi ha visto…”
“La…moglie di Tarble…mi…mi conosce?” chiese Vegeta sollevandosi sui gomiti e voltandosi verso la sua interlocutrice per farle notare il suo sguardo stupito.
“Oh…sì…è Marron, la vostra…beh…Era con voi, a Troia…Ricordate?” spiegò Chichi con tono imbarazzato, mordendosi la lingua più volte sulle parole ‘serva’, ‘schiava’ e ‘amante’, per non metterlo a disagio.
“Ma-Marron? Per gli dei, ma sono felicissimo! Saperla in salvo mi riempie il cuore di gioia e venire a conoscenza del fatto che sia felicemente sposata, ancora di più! Chi lo avrebbe mai detto?! E così si è sposata con Tarble, eh? E ditemi, per favore, hanno figli?” chiese lui che, solo in quel momento, iniziò a sentirsi come a casa.
“Beh…in effetti…è in attesa del quarto…Spera vivamente di avere una femmina, questa volta…Sapete, dopo tre maschietti…” rispose Chichi facendo un sorriso divertito per quanto Vegeta le ricordasse, in quel momento, un bambino curioso.
“Alla salute!" esclamò Vegeta evidentemente entusiasta nell’apprendere la notizia. Si rimise sdraiato per permettere a Chichi di terminare il lavoro che aveva dovuto interrompere non appena lui si era sollevato. Poi di nuovo domandò:
“Ma ditemi, avete parlato di Radish…non l’ho visto ieri sera. Non vive su quest’isola?”.
A Chichi scappò un leggero sorriso, che venne percepito dal re il quale, di nuovo, voltò la testa per tornare a guardarla e domandò incuriosito:
“Ho detto qualcosa di buffo?”
“Cosa? No…no è solo che…vedete…Radish era il capo delle guardie di Goku. Quando morì Turles ed io ero ancora in balia della follia di Napa, lui fu molto vicino a mio marito, molto più di quanto il suo incarico lo richiedesse. Goku aveva la mente offuscata dal pensiero della vendetta e non gli bastò uccidere il figlio di Napa per sanare la sua sete di giustizia. Quando partimmo da Troia, una sera, sulla nave, lui e Radish si chiusero in una cabina e discussero a lungo. Il giorno dopo arrivammo a Micene, patria di Napa e lo lasciammo sulla spiaggia. Qualche anno fa abbiamo saputo che Napa è stato ucciso da sua moglie, non appena tornato da Troia e che Radish si è sposato con la regina. So solo che Goku ha sorriso, quando lo ha saputo. Credo che la sua vendetta si possa ritenere chiusa, a questo punto” concluse sospirando.
“E la vostra?” chiese Vegeta con tono freddo.
“La vendetta è un sentimento che non mi appartiene, ma sono felice che mio marito sia stato appagato delle sue sofferenze. E poi…quando è nata Gine tutto è come…svanito…” concluse serenamente e con tono sincero.
“Vi comprendo…Posso chiedervi che esercizi mattutini deve svolgere vostra figlia? Spero che Goku non le stia insegnando a duettare di spada…Non si addice ad una creatura dolce come Gine”
“Oh, no…certo che no…niente armi su quest’isola. Ѐ una delle regole” iniziò a spiegare la donna continuando, con una delicatezza incredibile, a cospargere l’unguento sulla pelle rilassata di lui.
“Niente armi?” chiese lui incuriosito.
“Già. Prima di giungere su questa terra, che prima del nostro arrivo era completamente deserta, a largo della costa mio marito ordinò a tutti gli uomini di gettare armi e armature in mare. Dopo un primo momento di smarrimento, spiegò che potevano tenere archi, frecce e qualche lancia per la caccia. Ma niente di più. Chi non era d’accordo, era libero di andarsene. Nessuno lo fece. Gli sono rimasti fedeli per tutti questi anni e da allora lo considerano re dell’isola, nonostante lui si ritenga loro pari. Hanno continuato a rispettarlo senza mai tradire la sua fiducia e questo ha portato solo bene, a questa terra.
L’unica persona che mio marito considera più importante, persino della sua stessa vita, è Gine. Loro fanno molta ginnastica, al mattino. Fortifica lo spirito e il corpo di nostra figlia, nonché favorisce l’apprendimento delle nozioni impartite dal suo mentore…
Ho terminato…Prendo una lama per tagliarvi i capelli e radervi di nuovo la barba, torno subito” disse allontanandosi e lasciandolo a godersi i primi momenti benefici dovuti alla cura che lei gli aveva prestato.
Al suo ritorno, Vegeta si era vestito con un abito dal gonnellino corto, che gli calzava alla perfezione e la aspettava seduto su una sedia rivolta verso la grande finestra che dava sul mare.
Guardava con un sorriso Gine e suo padre che correvano a piedi nudi sulla spiaggia e l’immagine gli diede un senso di pace e di famigliare normalità.
Mentre Chichi tagliava quei lunghi capelli neri, Vegeta chiuse gli occhi e per la sua mente passò il ricordo di quando era la sua sposa a occuparsi di quella faccenda così ‘famigliare’, ma ora così dannatamente lontana nel tempo.
Sentì le ciocche scivolare a terra e, con esse, molti dei brutti ricordi che avevano occupato la sua mente negli ultimi vent’anni.
Era giunto il momento di ricominciare, di dare un taglio netto al passato e che lo stesso, venisse messo al rogo sotto le sembianze di quella sgradita peluria, che ora stava andando a ricoprire il pavimento, come un lurido tappeto.
Quando la donna terminò il lunghissimo lavoro, si occupò di raderlo con cura. Tolse i rimasugli di barba dal volto di lui con una pezza umida e poi si mise a rimirare il taglio che gli aveva fatto, per vedere se le fosse sfuggita qualche ciocca ribelle.
Inclinò la testa di lato per poi fare un sorriso. Sì, era soddisfatta del lavoro: ora l’uomo che aveva davanti a sé era esattamente come se lo ricordava. Certo, aveva perso la tonicità del corpo del guerriero che era stato, dieci anni prima, ma non si poteva di certo dire che il tempo e le disavventure lo avessero invecchiato, nemmeno di un giorno.
“Grazie” le disse facendole un sorriso sincero.
“Ѐ stato solo un piacere. Credo che i miei cari stenteranno a riconoscervi! Venite? La colazione è già in tavola da un pezzo. Meglio andare, prima che si faccia troppo tardi. Mio marito mi ha avvisato che avete del lavoro da fare” rispose lei corrispondendogli il sorriso.
“Oh! Allora sarà meglio che mi nutra a sufficienza!” scherzò lui alzandosi e facendosi accompagnare su un terrazzo, su cui era stato allestito il banchetto.









 
 

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Capitolo 11
*** είκοσι ***




Nel contempo, sulla nave di Trunks…
 
“Hey…Trunks…Trunks, svegliati, dormiglione!”
La voce di Lapis giunse calda e accogliente all’orecchio del ragazzo che dormiva ancora pacificamente al suo fianco.
“Non dovresti essere al timone?” sbiascicò il principe senza nemmeno sollevare la testa dal cuscino.
“C’è Pan, al timone…Quella ragazza è una continua sorpresa” commentò il corvino.
Trunks si decise allora a sollevare il capo, per poter guardare l’amico negli occhi e poter chiedere incredulo:
“P-Pan?”
“Sì…Si è svegliata di buon’ora ed è venuta sul ponte a dirmi se volevo il cambio, in modo da potermi riposare un po’ anche io” disse con un sorriso per poi aggiungere: “Trunks, mi spieghi come hai fatto? Ieri sera non avrei scommesso una sola moneta, sulla possibilità di ‘convertire’ quella ragazza alle nobili imprese di cui è evidentemente capace”
“Non ho fatto altro che mostrarle cortesia e…come sono. Non ha mai avuto realmente intenzione di portare a termine il suo intento di vendetta. Mio padre non è mai stato realmente in pericolo…” rispose il ragazzo senza spostare il suo sguardo da quello dell’amico.
“Ecco…a proposito di questo…Trunks…Ci ho pensato a lungo, questa notte. Credo che Pan riconoscerà tuo padre, quando lo vedrà, ma non credo possa distinguere Goku. Come te, anche lei non l’ha mai visto. Io penso che per la sua serenità e pace, sia meglio che non venga a conoscenza del fatto che l’assassino di suo padre sia ancora vivo. Krillin non l’ha mai detto a nessuno, solo a te. Il mondo, gli Achei, tutti quanti, credono che Goku sia morto, a Troia. Perché risvegliare vecchi ranc…
“Basta! Non proseguire oltre. Ho capito cosa intendi…” lo interruppe Trunks saltando giù dal letto. Poi, mentre indossava la sua veste, proseguì:
“Il fatto è che non posso accettare tutto questo. Mi sono innamorato, di lei…di Pan. Come posso aspettarmi che lei si fidi di me quando io devo occuparmi di doverle nascondere, per tutto il resto della mia vita, una cosa del genere? Con quale coraggio potrò guardarla negli occhi, sapendo di mentirle? No, Lapis, lei deve sapere”
“Vuoi darle questo immenso dolore, Trunks? Non pensi che ti odierà per questo?” chiese il ragazzo ancora sdraiato con un braccio sotto la nuca, a sorreggergli il capo.
“Correrò il rischio…” mormorò sommessamente.
“Sicuro?”
“Che alternativa ho? Eh, Lapis?” chiese irritato rivoltandosi verso di lui.
“Beh…una…in effetti…ci sarebbe…” mormorò l’altro sollevandosi sui gomiti.
“Ovvero?” chiese il principe diventando improvvisamente serio.
“E se nemmeno tu sapessi che a Corfù vive Goku?” cercò di spiegare Lapis.
“Che sciocchezze vai dicendo? Io so che stiamo andando a Corfù, perché là ci vive Goku e so che là troveremo mio padre” chiese il ragazzo che aveva frainteso le parole dell’amico.
“No, voglio dire. Se ti dicessi che c’è la possibilità che nella tua memoria il suo nome venga sostituito con un altro, un re qualsiasi, che non fosse lui, ti sentiresti più tranquillo, nei riguardi di Pan?” cercò di spiegarsi meglio il corvino.
“Vorresti che io mi dimenticassi della sua esistenza? E come? Mio padre lo saprebbe comunque e secondo te dovrebbe tenersi il segreto per sempre?” chiese Trunks, stupito e alterato per quella che a lui sembrava essere una proposta assurda.
“Tuo padre ha ben altre cose da conservare nei cassetti dei propri ricordi e faccende molto più importanti a cui pensare, che doversi occupare di cosa condividere o meno con suo figlio, della terribile esperienza che ha vissuto. Scusa la mia franchezza, Trunks, ma la mia proposta è l’unica possibilità, per evitare sofferenze a te, a Pan e a tuo padre, e perché no, salvare la vita a Goku. Non posso permettere che venga ucciso” disse il giovane mettendosi a sedere sul letto e stringendone tra le mani il bordo, come per volersi calmare.
“Come potrebbe una ragazzina uccidere un semid…
“Non lo è più, Trunks! Goku ha rinunciato alla sua immortalità perché così gli dei lo avrebbero lasciato in pace, non vedendo più in lui alcuna minaccia di usurpare i loro troni. Lo capisci? Goku è un mortale, come te, come tuo padre. Vuole solo vivere la sua vita con sua moglie e sua figlia, senza nuocere nessuno. Credi sia tanto sbagliato? Se Pan venisse a sapere che è ancora in vita, le crollerebbe il mondo addosso. Comincerebbe a dubitare di Krillin, di te, di tutti. L’odio tornerebbe a farsi vivo più che mai, dentro di lei e cercherebbe in tutti i modi di vendicare suo padre, uccidendo chi gliel’ha portato via. Vuoi questo? Beh, io no. Non sono disposto a rischiare la vita di Goku” lo interruppe Lapis balzando in piedi e andando a parlargli a pochi centimetri di distanza dal volto.    
Il principe abbassò lo sguardo pensieroso. Certo l’amico aveva ragione su tutto, ma nel suo cuore, la paura di assecondare la strana richiesta che lui gli aveva appena proposto, come soluzione al problema, era ancora molto forte. Dopo qualche istante, senza alzare lo sguardo, disse:
“Non voglio scordare il motivo per cui sono venuto qui e di certo, non voglio che dalla mia memoria sia cancellato il ricordo della serata che ho trascorso ieri. Non voglio perdere…lei…
“Ma no, sciocco! Ciò che succederà sarà solo uno…scambio di persona…Sarà come se Krillin ti avesse detto: “Vai a Corfù e chiedi a re Bills, se lui sa qualcosa”…Capisci? Come se non ti avesse mai parlato di Goku. Le altre informazioni che ti ho rivelato, sulla presenza di tuo padre a Corfù, non verranno minimamente intaccate, fidati. Poi, quando arriveremo a destinazione, lascia che scenda a terra da solo, con una scialuppa. Troverò tuo padre e lo porterò con me, qui, a bordo…” spiegò il giovane con fare convincente.
Trunks alzò lo sguardo.
Aveva bisogno di cogliere negli occhi dell’amico tutta la lealtà e la sincerità che gli aveva sempre mostrato. Quando vide quella luce di speranza nell’azzurro cristallino delle iridi del suo interlocutore, il suo volto si rasserenò all’improvviso e, con tono pacato, chiese:
“Non dimenticherò nulla del resto, vero?”
“No, non lo permetterei mai” gli rispose l’altro con un sorriso.
“Fallo, allora” concluse sicuro.
“Va bene, ma c’è un’ultima cosa. Anche questa nostra conversazione, verrà rimossa dalla tua memoria. Capisci il motivo?” chiese per assicurarsi che fosse informato perfettamente su ciò che gli sarebbe accaduto.
“Naturalmente, ma fammi un favore. Quando avrai portato a compimento il tuo intento, devi dirmi che è stata un’idea mia, quella di mandare te solo sull’isola a cercare mio padre. Altrimenti io e Pan vorremo venire. Inventati tu un motivo per cui dobbiamo rimanere a bordo. Va bene?” chiarì Trunks inarcando le sopracciglia in uno sguardo serio.
“Va bene. Fidati di me, ora” gli disse l’altro avvicinandosi ancora di più di quanto già non fossero.
“Come sempre” gli rispose il giovane prima che l’amico lo accogliesse in un abbraccio profondo e gli depositasse un lungo e casto bacio sulla fronte.
 
“Lapis…L-Lapis…mi vuoi soffocare?”
Il ragazzo dai capelli corvini e dallo sguardo di cristallo si staccò dal più giovane che lo squadrò perplesso:
“Che ti è preso? Hai bisogno d’affetto? Non c’è bisogno di stringermi così tanto, sai? Ti ho mai negato un abbraccio?”
Il corvino non rispose e gli regalò un semplice sorriso, prima di voltarsi e andare a recuperare la veste da indossare. Poi, rimanendo voltato di spalle, mentre si rivestiva, gli disse:
“Credo sia meglio andare sul ponte. Fra non molto dovremmo intravvedere l’isola di Corfù”
“Come? Siamo già arrivati? Non posso credere che oggi rivedrò mio padre…” esclamò il principe entusiasta, sentendo il cuore che quasi gli scoppiava nel petto dall’emozione.
“Spero non dovrò girare molto, per trovarlo” continuò Lapis, sempre voltato di spalle.
“Trovarlo?” chiese perplesso Trunks facendo intuire all’amico che la sua memoria, riguardo a ciò di cui avevano discusso solo pochi istanti prima, era stata correttamente annullata.
“Sì, beh…ieri sera hai detto che non ti fidavi a lasciare i marinai soli con Pan…” continuò il più grande, mentendo.
“Ho detto così? Beh, ma…può venire anche lei a terra, con noi, no?” insistette Trunks che proprio non riusciva a raccapezzarsi, in quel discorso.
“Ieri sera non eri dello stesso avviso. Dicesti che non era sicuro, per lei, mettere piede su una terra sconosciuta, governata da uno dei re più ‘infastiditi’ dall’esistenza dei troiani…Però vedi tu…se hai cambiato idea…” concluse con un sospiro Lapis, il quale odiava mentire, soprattutto all’amico.
“Oh…no…certo…Sì, meglio che vada tu…” concluse Trunks per nulla convinto che l’idea fosse stata effettivamente sua.
Quando salirono sul ponte, trovarono Pan che, in perfetta forma, conduceva la nave verso la terra che, oramai, aveva contorni ben definiti, davanti agli occhi increduli e cristallini dei due uomini.
“Visto? Vento a favore e in meno di un giorno, siamo arrivati a destinazione” esclamò allegra, rivolta ai due.
“Siete stata geniale, principessa, a tracciare quella rotta. Ora proseguiamo verso ovest, circumnavigheremo l’isola in senso orario. Sarà più facile ridiscendere lungo le coste ad est, se siamo protetti dalla terraferma” spiegò Trunks.
“Agli ordini, capitano” rispose allegra la ragazza che sembrava raggiante e di un ottimo umore scherzoso.
“Viaggiate sotto costa, così possiamo osservare meglio se ci sono abitazioni, a terra” precisò Lapis mettendosi a guardare, assieme all’amico, le magnifiche coste dell’isola di Corfù, che già si ergevano dal mare, parallele al ponte di babordo.
 
Mentre la nave di Trunks veleggiava fiera verso nord, guidata dalle abili mani di Pan, su una delle spiagge a nord ovest dell’isola, due uomini si mettevano all’opera, per sistemare la chiglia di una vecchia imbarcazione in disuso.
I due stavano discutendo animatamente sul tipo di materiale fosse meglio utilizzare, sotto lo sguardo incuriosito di Gine e quello sconsolato di Chichi alla quale i due continuavano a chiedere supporto, cercando di far valere le proprie ragioni, a lei completamente sconosciute.
Molto diplomaticamente la donna cercava di assecondare l’uno e l’altro, non avendo però alcun successo, nel tentativo di porre termine alla discussione.
Fu la voce di Gine, a mettere fine alla comica scenetta. La bimba, alzandosi in piedi e correndo verso la battigia, esclamò allegra:
“Padreeee, c’è una naveeee!”
A quell’avviso, Goku e Vegeta si misero quasi sull’attenti, volgendo lo sguardo verso l’orizzonte per cercare di inquadrare l’imbarcazione che la bambina aveva avvistata per prima.
Quando riuscirono a localizzarla, lontano, alla loro sinistra, Goku si calò nel buco che la chiglia della nave mostrava a poppa che, fino a quel momento, era stato oggetto delle loro discussioni.
“Dove vai, Goku?” chiese perplesso Vegeta, vedendolo sparire nella pancia dell’imbarcazione.
“Ci deve essere un binocolo qui, da qualche parte…Eccolo!” esclamò allegro ricomparendo un istante dopo e mettendosi in piedi nel punto più alto fornito dalla barca.
Chiuse un occhio appoggiando la parte più stretta del monocolo all’occhio rimasto aperto. Dopo qualche secondo di ‘messa a fuoco’, abbassò l’attrezzo ingranditore e sospirò rumorosamente.
“Chi è Goku?” chiese Vegeta incuriosito.
“Credo sia meglio che venga tu stesso…a vedere…” rispose il minore, porgendogli il monocolo.
Vegeta si issò, andando a mettersi a fianco dell’amico e prendendo con mano tremante l’oggetto che gli stava porgendo. Si posizionò meglio sulle assi traballanti della nave ed eseguì la stessa procedura che Goku aveva appena compiuto.
Non appena riuscì ad inquadrare l’imbarcazione che era ormai a poche miglia dalla costa, e quindi molto più visibile, sentì il cuore quasi fermarsi. Deglutì aria e sentì le gambe cedere.
“Chichi, porta dell’acqua, presto!” esclamò Goku sorreggendo l’amico.
“Bevi, Vegeta, riprendi fiato…” gli disse sostenendolo e porgendogli l’otre che la donna si era affrettata a portare.
“Ѐ…Ѐ…mio figlio…è Trunks…” riuscì a dire il re di Itaca, non appena ebbe ripreso vigore.
“Certo che voi abitanti di Itaca siete davvero…invasivi…Dieci anni senza mai vedere un forestiero e ora in due giorni ne sono già arrivati due. Mancava solo che venissero tuo padre e tua moglie…” scherzò Goku cercando di far riprendere l’amico il prima possibile.
“Goku!” lo redarguì la moglie guardandolo di traverso.
“Che c’è? Ѐ un dato di fatto. Mi chiedo chi altro si sia portato dietro, tuo figlio…Ho intravisto altre due figure sul ponte di vedetta” continuò Goku sedendosi a fianco all’amico che, nel contempo, aveva ripreso colore.
“La donna al timone è Pan…Goku” lo informò Vegeta che aveva riconosciuto, nella giovane donna, la bambina che anni prima aveva salvato da morte certa, strappandola alle grinfie di quell’invasato di Napa.
“PAAAAN??” chiesero all’unanimità Chichi e Goku entrambi sbalorditi. Nessuno dei due poteva infatti sapere che le sorti della piccola figlia di Gohan non erano state terribili come quelle subite da tutta la sua famiglia.
Fu allora che Vegeta si vide costretto a spiegare brevemente cosa fosse accaduto dopo l’assedio di Troia, della morte di tutti i membri della famiglia reale tranne, appunto, quella della piccola Pan, adottata da Krillin e Lazuli e cresciuta a Sparta.
“Oh! Per gli dei! Che storia incredibile! Ma cosa ci fa ora a bordo della nave di tuo figlio?” chiese Goku al termine di quello che gli era sembrato il racconto più sconvolgente che avesse sentito dalle labbra di Vegeta.
“Non lo so…lo chiederemo a lei…Piuttosto mi chiedo chi sia il ragazzo dai capelli corvini. Non lo conosco…” concluse il re di Itaca riporgendo il monocolo all’amico per incentivarlo a dare un suo parere sul giovane sconosciuto.
Dopo aver dato una rapida occhiata, Goku abbassò lo strumento e alzò un angolo della bocca, dipingendosi in volto un sorrisetto malizioso.
“Allora? Lo conosci?” chiese l’amico impaziente.
“Certo…ma anche tu…la conosci…” rispose Goku con una certa malizia.
La? Ma come? Quello è un ragazzo, Goku! Sei diventato cieco?” chiese Vegeta con molta sorpresa.
“Oh…no…no…ti sbagli…Ora lo vedrai da te, sta venendo qui su una scialuppa…da sola…” continuò Goku indicando la piccola imbarcazione che, dopo l’attracco a largo della nave maestra, era stata calata in mare con a bordo Lapis, che si avvicinava ora ad ampi colpi di remi.
 

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Capitolo 12
*** είκοσι ένα ***


Fu la piccola Gine ad accogliere la barca sulla battigia, sotto gli occhi meravigliati di Vegeta che non poteva credere che Goku lasciasse avvicinare la figlia ad un uomo apparentemente sconosciuto, senza preoccuparsi che quest’ultimo potesse farle del male.
Il re dell’isola di Corfù si avvicinò solo dopo che la bambina ebbe preso per mano l’uomo appena sceso dalla scialuppa e con un allegro “Buon pomeriggio!” gli diede il benvenuto.
“Goku…Lieta di rivederti in forze…Tua figlia è bellissima, sana e forte, proprio come te” esclamò il ragazzo inclinando leggermente la testa in segno di saluto a colui che sembrava essere suo amico da sempre.
“Lieta? Goku, mi vuoi spiegare? Chi è questo giovane? Dici che lo conosco…ma…non…
Vegeta si interruppe all’istante. Aveva osservato meglio lo sguardo del giovane, che ora era a meno di un metro da lui dato che, al suo arrivo, il re si era portato a fianco di Goku e l’aveva finalmente riconosciuto. Quello sguardo così profondo, cristallino, puro, poteva appartenere ad un’unica persona. Vegeta si inginocchiò all’istante, chinando il capo in segno di rispetto e, sommessamente, mormorò:
“N-Nishi”
“Vegeta, no…ti prego…Alzati…non merito tutto questo…da parte tua” disse Lapis inarcando le sopracciglia in un’espressione tristissima e andando ad accovacciarsi a fianco del re.
“Siete la dea della saggezza e, come tale, dovete essere rispettata” continuò l’uomo senza osare alzare lo sguardo verso il suo interlocutore.
“No, Vegeta…Ti sbagli…Gli dei non andrebbero rispettati a prescindere. Anche noi a volte sbagliamo e dobbiamo chiedere perdono. Questo è il momento giusto per farlo…Hai penato per ben dieci anni e questo credo sia, in parte, causa mia. Ho chiesto troppo tardi a Kaio Shin di permetterti di abbandonare l’isola di Lunch…Ma ora sono venuta qui, con tuo figlio, per rimediare al mio torto e portarti, finalmente, a casa…” spiegò Lapis accarezzando la testa del re con non poca benevolenza.
A quel punto Vegeta alzò lo sguardo velato da amarissime lacrime, per andare a cercare quello rassicurante del suo interlocutore. Quando lo trovò chiese solo:
“Siete stata voi? Mi avete fatto scappare voi da quell’isola maledetta?”
“Sì, ma sono ancora afflitta per averlo fatto così tardi. Mi perdonerai mai?” chiese il ragazzo parlando con il cuore in mano.
“Siete venuta a riportarmi a casa, con mio figlio…L’avete protetto per tutti questi anni come io vi avevo chiesto di fare…Non avete niente da farvi perdonare e io…non voglio più pensare al passato” concluse dopo aver rivolto uno sguardo riconoscente a Goku e a Chichi, che si era stretta al fianco del marito e osservava la scena commossa.
“Torniamo a casa, Vegeta. La tua terra, tua moglie e il tuo regno, hanno bisogno del loro re” concluse Lapis rialzandosi ed aiutando l’uomo a sollevarsi a sua volta.
“Sì…” riuscì a dire il re ancora sconvolto.
“Goku, Chichi…grazie per esservi presi cura di lui…Penserò io a portarlo a bordo della nave. Suo figlio lo sta attendendo con ansia” spiegò Lapis rivolgendosi ai due sovrani dell’isola.
“Ѐ stato solo un piacere…e un onore…farlo. Immagino che sia stata tu ad evitare che Pan venisse qui…vero, Nishi?” chiese Goku incuriosito.
“Ha già sofferto abbastanza, nella sua vita. Ho pensato che la cosa migliore fosse quella di lasciarle credere…ciò che le ha raccontato Krillin” disse Lapis correggendosi all’ultimo ed evitando così il trauma a Gine, nell’apprendere che suo padre fosse un assassino.
“Chi avete detto loro che vive, su quest’isola?” chiese allora Vegeta per informarsi su cosa non avrebbe dovuto eventualmente rivelare.
“A Trunks ho detto che probabilmente era abitata da Bills…ma che non ne ero così sicuro…Per Pan non ci sono volute altre spiegazioni. Quando ha sentito quel nome, l’ha collegato subito all’odio che quell’essere spregevole aveva verso i Troiani e non ne ha voluto sapere di mettere piede sull’isola. Quando vedranno che ti ho trovato, il loro interesse per gli effettivi abitanti di questa terra verrà completamente annullato. Avrete ben altro a cui pensare…conoscervi, per esempio” spiegò Lapis tornando verso l’imbarcazione ed invitando Vegeta a seguirlo.
Il re si avvicinò, ma passando davanti a Goku, non resistette alla tentazione di abbracciarlo un’ultima volta.
Il giovane re lo accolse tra le sue braccia e lo strinse forte a sé, come per voler sigillare quell’amicizia che non aveva mai smesso di nutrirsi della stima e dell’affetto reciproco che i due provavano, l’uno per l’altro.
“Grazie di tutto, Goku. Ti verrò a trovare, quando potrò” disse Vegeta prima di sciogliere l’abbraccio.
“Ti aspetterò…non farmi attendere altri dieci anni, però!” concluse Goku tentando di far rientrare le lacrime che cercavano prepotentemente di farsi spazio nei suoi occhi scuri.
“Addio, Chichi. Non so come ringraziarvi, per ciò che avete fatto per me” disse allora Vegeta rivolgendosi alla donna che non riusciva bene come loro a trattenere le lacrime.
“Non dovete. Tornate quando volete, re Vegeta. Sarà un onore, ospitarvi di nuovo” concluse Chichi abbozzando un mezzo sorriso.
“Arrivederci Goku, Chichi…e arrivederci anche a te…Gine” salutò Lapis mentre Goku dava una spinta alla piccola imbarcazione, per farle prendere il largo.
 
“Non capisco…Lapis sta tornando con un uomo…Prego gli dei che sia mio padre…” disse sommessamente Trunks porgendo il monocolo che aveva utilizzato fino a quel momento per seguire, anche se solo con gli occhi, ciò che stesse succedendo a riva.
Pan lo prese tra le mani e diede un’occhiata pensierosa alla barca in avvicinamento.
Fece un sospiro e, tornando a guardare il principe a fianco a lei, gli disse:
“Sì, è vostro padre. Non scorderei il suo volto per nulla al mondo”
Gli occhi del ragazzo si riempirono di lacrime di una gioia infinita. Si volse verso la ragazza e, deglutendo il niente, le disse solo:
“Mio padre…”
“Sì, Trunks. L’avete trovato! Sono tanto felice per voi!” esclamò la ragazza appoggiando la sua mano su quella di lui e stringendogliela leggermente, come per dargli forza.
Il giovane principe si voltò di scatto verso di lei e le fece un sorriso che durò un’impercettibile frazione di secondo, prima di tornare ad osservare il mare.
“Che c’è? Perché avete fatto quella faccia? Ho detto qualcosa di strano per caso?” chiese lei tentando di farlo sorridere di nuovo per smorzare la tensione che, ora, si poteva quasi palpare nell’aria.
“Mi avete chiamato Trunks…Venite” fu l’unica cosa che rispose il ragazzo prima di spostarsi sul ponte nel punto in cui sarebbe stata, di lì a pochi ma interminabili minuti, issata la barca che, nel contempo, si era avvicinata con remate lente, ma possenti.
Trunks aspettò, con il cuore che sentiva quasi scoppiargli nel petto, che la scialuppa fosse messa in sicurezza per poi avvicinarsi e tendere la mano tremante all’uomo che, per primo, stava per scendere sul pontile.
Quando il loro sguardi si incrociarono, non ci furono parole da dire. Padre e figlio si abbracciarono e, finalmente, si lasciarono andare in un pianto liberatorio, carico di gioia e di immenso amore reciproco.
Pan si commosse nel vedere il ricongiungimento dei reali di Itaca e anche lei, come Lapis, non poté trattenere le lacrime.
Quando il momento di commozione terminò e padre e figlio sciolsero finalmente l’abbraccio, fu Vegeta a parlare per primo:
“Ragazzo mio, che gioia rivederti così forte e in salute! Sai, hai gli stessi occhi di tua madre…Come sta? Come sta la mia regina?”
Trunks abbassò lo sguardo e scosse la testa sconsolato, per poi sospirare rumorosamente e dire:
“Purtroppo a Itaca le cose non vanno molto bene, padre. Proci e gentaglia di ogni tipo…ah…da molti anni approfittano dell’ospitalità di mia madre. Si nutrono dei frutti delle nostre terre e ora…ora…
Il ragazzo si interruppe. Come poteva spiegare a suo padre, che aveva appena rincontrato dopo tutti quegli anni, che il suo trono era minacciato e che la fedeltà di sua moglie era messa a dura prova ormai da troppo tempo?
“Non angosciarti oltre, figlio mio, ho compreso da me. Vorrà dire che dovremo affrettarci e andare a riprenderci la nostra isola. Anche se siamo in pochi, ce la faremo, vedrai…Certo, solo in tre…Questi vecchi marinai non sono in grado di impugnare una spada, finirebbero uccisi in men che non si dica” constatò Vegeta guardando leggermente sconsolato la ciurma.
“Siamo in quattro, sire” intervenne Pan facendo voltare tutti verso di lei.
“Pan…giusto?” chiese Vegeta per farle capire che anche lui non si era dimenticato di lei, nonostante la sua trasformazione da bimba ad incantevole donna.
“Corretto, re Vegeta. Ѐ un onore e un privilegio, fare la vostra conoscenza. Vostro figlio ha avuto la benevolenza di farmi partecipare a questo viaggio, solo per…conoscervi e per consentirmi di ringraziarvi, per avermi salvato la vita, a Troia, anni fa. Ma ora, sarò ben lieta di rendere giustizia al vostro trono, combattendo al vostro fianco, per cacciare i disonesti che mirano a conquistarlo” spiegò la ragazza con molta sincerità.
“Siete una splendida donna, principessa. Il salvarvi la vita è stato l’unico sollievo che ha riempito i miei ricordi di quella dannata guerra. Ma ditemi, sapete duettare di spada?” chiese Vegeta stupito del coraggio della giovane donna.
“No, lei…è un’arciera, padre” intervenne Trunks arrossendo.
Vegeta incurvò leggermente le sopracciglia un’espressione mista tra perplessità e vacuo ottimismo, dopodiché le disse:
“Principessa, l’onore di rivedervi è mio. Più tardi mi farete vedere come tirate con l’arco. Devo essere sicuro che non corriate alcun pericolo, non potrei mai perdonarmelo. Forza, issate le vele. Abbiamo tempo per i racconti. Lapis, ci seguirete fino a Itaca?” domandò Vegeta rivolgendosi alla dea.
“Naturalmente. Avete ancora bisogno di me” rispose il ragazzo con un sorriso.
 
Dopo due giorni dalla partenza da Corfù la nave veleggiava a fatica verso sud, dato che i venti ancora non erano volti a loro favore. Vegeta stava sul ponte a guardare la terra dell’amico Goku allontanarsi lentamente, ma inesorabilmente, dalla sua vista. Pensava tra sé che ci sarebbe tornato, un giorno, a trovare colui che aveva senza dubbio contribuito a salvare ciò che rimaneva del suo essere uomo e a fargli riscoprire che, nel suo cuore, c’era ancora spazio per l’amore verso la sua Bulma e verso suo figlio Trunks. Solo loro potevano riuscire a cancellare completamente i brutti ricordi di quell’assurda avventura durata fin troppo tempo, che non sarebbe ancora terminata, se Nishi non fosse intervenuta a suo favore.
Rallegrandosi per la buona piega che la sua vita aveva finalmente preso, si voltò ad osservare il figlio che, con un sorriso sognante sulle labbra, gestiva con fermezza il timone della nave.
“Re Vegeta…sire…perdonate”
Fu la voce di Pan a distrarlo dai suoi pensieri benevoli nei confronti di quel ragazzo che amava tantissimo, nonostante avesse passato tutta la sua esistenza, lontano da lui.
Il re si voltò e trovò la ragazza armata di tutto punto con il suo arco e le sue frecce. Alzò un sopracciglio perplesso e le chiese cortesemente:
“Quello è il vostro arco?”
La ragazza lo guardò un po’ stranita per poi abbassare lo sguardo sulla sua arma e rassegnata dire:
“Ehm…sì. Cos’ha che non va?”
“Ѐ troppo piccolo per voi. Le vostre braccia sono forti, meritate di meglio che questo oggetto. Chi ve lo ha donato?” chiese allora Vegeta dopo aver esaminato l’arma che la ragazza gli aveva consegnato.
“Ehm…mio padre…voglio dire…Krillin” rispose la ragazza timidamente.
“Ah…Quell’uomo ha sempre fatto costruire le cose in proporzione a se stesso…Quando tutto sarà finito, a Itaca, ve ne costruirò io stesso, uno adatto a voi. Mi fate vedere come tirate?” disse restituendoglielo.
“Certo, a cosa posso mirare?” chiese lei dubbiosa dopo essersi fatta scappare un sorriso, ripensando all’altezza poco signorile del suo padre adottivo.
“Mhmm…vediamo…quel gabbiano lassù? Ѐ ottimo per il pranzo di oggi…” esclamò Vegeta dopo essersi guardato intorno per qualche secondo e puntando con indifferenza lo sguardo verso la povera bestiola.
“Come? Io non ho mai ucciso un essere vivente!” esclamò la ragazza ritraendosi un pochino, all’idea di fare del male a qualcuno.
A quelle parole seguì qualche attimo di silenzio. Solo qualche secondo in cui, nella mente di Pan passò la domanda, senza alcuna risposta, di come avrebbe potuto uccidere Vegeta se non riusciva a procurare a se stessa nemmeno il pranzo del mezzogiorno, mentre lo sguardo di Trunks, rivolto all’amico Lapis, significava solo una cosa: “Te l’avevo detto”.
Negli stessi pochi secondi, la dea Nishi, nelle sembianze di Lapis, pensò tra sé che, molto probabilmente, quella ragazza non avrebbe mai potuto fare del male nemmeno a Goku, ma avrebbe mostrato compassione e perdono, nei suoi confronti. Tutti questi pensieri, furono interrotti dalla voce di Vegeta che, tra lo sconsolato e l’indispettito, disse:
“Ma come? Trunks mi aveva detto che eravate un’ottima arciera…A cosa pensate di dover tirare, una volta arrivati a Itaca?”
La ragazza alzò lo sguardo, diventato improvvisamente serio e ribatté:
“Sono un’ottima arciera. Ho una mira infallibile, nonostante il mio arco vi disgusti. Solo che non vedo la necessità di uccidere una povera creatura innocente”
“La necessità c’è…è il vostro, nonché mio, pranzo” spiegò Vegeta inarcando le sopracciglia, come se avesse detto qualcosa di scontato.
“Il fatto è che…non credo di esserne capace…” disse lei mestamente, abbassando di nuovo lo sguardo.
“Principessa, permettetemi di insegnarvi. Ho bisogno di sapere che ci sarete d’aiuto, una volta arrivati a Itaca. Abbiamo davvero bisogno di fidarci del fatto che sarete pronta a difendere voi stessa e noi altri, prima di intraprendere la dura lotta che temo ci aspetti. Lo capite?” chiese l’uomo parlandole con voce calda e piena sincerità.
“Sì…lo capisco…” disse la ragazza volgendo ancora un’occhiata sconsolata verso il gabbiano inconsapevole, che ancora si spulciava, accovacciato sulla traversa dell’albero maestro.
“Lapis, mi portereste un arco e una freccia, per cortesia?” chiese allora Vegeta spiazzando tutti.
Il ragazzo non fece domande e scese velocemente in coperta a recuperare la sua stessa arma che, poco dopo, consegnò al re che ne aveva fatta richiesta, con un semplice: “Prego, Sire”
“Grazie, Lapis” gli rispose con un impercettibile sorriso.
Vegeta tese l’arco con la freccia innescata e lo puntò verso il gabbiano, prendendo la mira, per poi riabbassarlo e voltarsi verso la ragazza, dicendole:
“Siete pronta?”
Al suo cenno affermativo, proseguì:
“Forza, allora. Puntate, tirate e lanciate. Io farò lo stesso, con voi. Così lo colpiremo entrambi e voi non vi sentirete troppo in colpa per avermi procurato un così succulento pranzetto. Va bene?”
Alla ragazza sembrò un’idea eccellente. Se lei lo avesse mancato, l’uccello sarebbe morto ugualmente per mano di Vegeta, quindi non sarebbe stata per niente, o quasi, colpa sua, il sacrificio dell’innocente bestiola.
Il piano funzionò. La freccia scagliata dal re si infilò nello stesso identico punto di quella di Pan nel petto dell’animale che finì, prima sul pontile della nave e, qualche ora dopo, nei piatti dei quattro commensali che pranzarono allegri per l’ottimo cibo che stavano inaspettatamente gustando.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NCA: Ferme tutte, niente panico. Respirate e calmatevi, ora vi spiego tutto.
Nella storia originale, durante il viaggio Telemaco fu accompagnato da
Atena, dea della saggezza (per questo sa proprio tutto!), che assunse l'aspetto di Mentore, suo aio, al quale Ulisse lo aveva affidato prima di partire per la guerra di Troia. Fu proprio lei a consigliare a Telemaco di partire alla ricerca di notizie di suo padre. Una volta saputo che si trovava ad Ogigia, da Calipso, Telemaco decise di tornare a Itaca incontrando poi lì suo padre in arrivo dall’isola dei Feaci.
 
NCA DB: Nishi non me lo sono inventato, è il nome dell’unica Kaio Shin femmina di DB.

 

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Capitolo 13
*** είκοσι δύο ***





Mentre la nave volgeva le vele verso sud, in direzione della terra tanto ambita, alla reggia di Itaca Bulma tesseva. Lavorava al telaio con sguardo assente e con le mani che si muovevano autonomamente svolgendo quello che era diventato un assurdo pretesto, per prendere tempo.
Di giorno tesseva e di notte disfaceva, come suo figlio le aveva detto di fare.
La mente svuotata da ogni pensiero e il cuore da ogni emozione.
Dopo quasi una settimana dalla partenza di suo figlio, la donna iniziò ad avere paura.
Paura che anche il suo amatissimo Trunks si fosse smarrito assieme a suo padre e che, come lui, non facesse mai più ritorno.
Fu così che, distratta da questi pensieri, nel tardo pomeriggio del giorno precedente il ritorno di suo figlio e del suo unico re, la donna si mise a disfare la tela, anziché lavorarci fino a tarda serata, come aveva sempre fatto.
Fu la voce di una delle ancelle, a risvegliarla dai suoi pensieri, facendola sobbalzare dallo spavento:
“Che state facendo, mia regina?” chiese la giovane ragazza con fare sospettoso.
Bulma arrossì all’istante imbarazzata di essere stata ‘colta sul fatto’ e si affrettò a cercare una scusa che, forse, arrivò un po’ troppo incerta:
“Oh…il disegno non era degno del lavoro che stavo compiendo”
L’ancella la squadrò con sguardo serio per poi dirle:
“Desiderate cenare?”
“No, non voglio vedere nessuno, puoi andare. Chiudi la porta, quando esci” concluse la donna rimanendo, così, sola, con un pesante groppo che le chiudeva lo stomaco e la gola.
Come Trunks aveva immaginato, l’ancella andò ad informare Broli, di quanto aveva intuito e l’uomo, innervosito, decise di porre fine a quella farsa, immediatamente.
A grandi passi salì le scale che portavano alla stanza della regina e la spalancò, senza nemmeno bussare e cogliendola in fragrante a disfare il telo, proprio come gli era stato riferito dall’ancella sua amante.
“Orbene? Ci avete ingannato, vedo” esordì furioso.
“Andatevene, devo comunque aspettare il ritorno di mio figlio, per prendere una decisione. Posso impiegare il mio tempo come desidero, visto che sono sempre la regina, qui” disse la donna raccogliendo tutto il suo coraggio.
“No, voi la decisione la prendete ora. Altrimenti, quando tornerà vostro figlio, gli tenderemo un agguato e lo uccideremo. Ѐ chiaro, mia regina?” la minacciò l’uomo.
“No, Trunks!” lo supplicò lei.
“Allora? Cosa decidete?” insistette il principe deciso.
“Va bene…va bene…lasciatemi sola per qualche minuto…fra poco scenderò e vi dirò cosa ho deciso” disse la donna mestamente.
“Brava…Non fatevi attendere troppo…regina” disse lui lasciandola e uscendo, pochi secondi dopo, dalla sua vita, a sua insaputa, per sempre.
 
Poco dopo, nella sala in cui bivaccavano ormai da anni i pretendenti, arrivarono dei servitori della regina con in braccio delle lunghe asce. Sotto gli occhi perplessi dei Proci, le inforcarono ad una ad una su una sorta di rastrelliera in legno, formando così una lunga fila. All’apice del manico di ogni asta, vi era un anello di diametro sufficientemente grande per poter essere attraversato da una freccia. Quando ebbero finito, senza dire nulla, fecero per ritirarsi, ignorando completamente le domande che i Proci avevano continuato a rivolgere loro, per tutto il tempo.
Gli uomini, con a capo Broli, irritati per l’atteggiamento indifferente dei servitori, li presero a male parole e, alcuni di essi, li malmenarono, nel tentativo di ottenere qualche spiegazione che, comunque, non arrivò se non da una voce femminile e irritata:
“Lasciateli andare! Non sanno nulla, loro”
Tutti alzarono lo sguardo verso la balconata che dava sul salone in cui era stato allestito lo strano rituale, nel punto esatto da cui proveniva la voce:
“Prendete questo!” esclamò Bulma lanciando al centro della sala un arco con una faretra, contenente delle lunghe frecce.
Alcuni uomini si dovettero scansare, per non ricevere addosso il misterioso oggetto che tutti osservarono attoniti. Poi, dopo qualche attimo di puro sconcerto, fu di nuovo la regina a parlare:
“Chi di voi riuscirà a tendere l’arco costruito da mio marito e a scagliare una freccia attraverso tutti gli anelli delle asce infilate, verrà scelto come mio sposo. Ad ogni modo, mi auguro che domani, a quest’ora, questa sala sarà piena di doni nuziali, dato che non si è mai visto, dacché io ne sappia, che un pretendente festeggi il proprio matrimonio prima che lo stesso sia stato compiuto e non porti nulla in dono alla sposa che dice di amare con tanto fervore. Buona notte, signori”
“Aspettate!” tuonò la voce di Broli attraverso tutta la sala.
“Ditemi, principe Broli, qualcosa non vi è chiaro?” chiese la donna ironicamente.
“Non state a vedere chi di noi sarà il vostro futuro sposo?” chiese lui sicuro di essere il candidato con maggiori possibilità.
“Al di là di quanto possiate pensare, principe, io non ho alcun interesse verso alcuno di voi altri. Per me siete tutti ugualmente infimi. Se mai qualcuno di voi riuscirà a tendere quell’arco, io lo sposerò, come ho detto. Tornerò domattina, a vedere a che punto siete con i doni e con la semplice prova che vi ho chiesto di superare” concluse Bulma allontanandosi e interrompendo così qualsiasi altra richiesta.
Gli uomini rimasero interdetti di fronte all’atteggiamento duro della donna, ma presi dalla smania di riuscire nell’intento di poterla sposare l’indomani, decisero di tornare alle loro terre e portare a corte il maggior numero di doni possibili, per festeggiare in modo degno il loro ipotetico matrimonio con la regina di Itaca.
Per tutta la notte fu un andirivieni di gente che faceva roteare botti di vino, caricava animali su carri per trasportarli più velocemente, svuotava le cantine da ogni ben di dio o recuperava stoffe e ornamenti. Per non contare l’enorme quantità di gioielli, statue e tappeti che tornarono a corte dopo che, negli anni, erano stati sottratti ai regnanti di Itaca.
Terminato il trasbordo, i Proci erano troppo stanchi, per provare a tendere quell’arco che la regina aveva consegnato loro e, con l’intento di iniziare i tentativi da lì a poche ore, al sorgere cioè del loro ultimo sole, si addormentarono pacificamente.
Il mattino seguente, tutti erano troppo impegnati nel difficile compito di tendere quel maledetto arco per accorgersi che, a largo della costa di Itaca, la nave del principe Trunks aveva fatto capolino spinta da venti a favore che, a breve, l’avrebbero condotta ad approdare nel punto esatto da cui era partita, non più di una settimana prima.
A bordo i preparativi e i piani di attacco furono ripetuti fino allo sfinimento.
Lapis, dopo aver rivelato anche a Pan che lui non era un giovane e comune mortale, ma aveva scelto quei panni per nascondere il fatto che Trunks fosse aiutato da una dea, spiegò a tutti che, la cosa migliore, fosse quella di celare, ancora per un po’, che il re di Itaca fosse tornato. Propose dunque di fargli assumere le sembianze di vecchio mendicante, in modo da riuscire ad entrare a corte senza problemi. Trunks e Lapis sarebbero rientrati poco dopo con Pan e, assieme, avrebbero atteso il momento giusto per agire.
Fu così che, una volta sbarcati, ognuno seguì il piano alla lettera, per evitare che ci fossero intoppi.
Vegeta era stato trasformato così bene dalla dea sua protettrice, che solo il suo vecchio cane, Sao, seppe riconoscerlo per poi morire, poco dopo, dall’emozione di aver rivisto per l’ultima volta il suo padrone.
Vegeta entrò a corte poco dopo e, vedendo quegli uomini tentare in tutti i modi di tendere un arco che non sarebbero mai stati in grado di rendere funzionante, gli si dipinse in volto un sorrisetto malizioso. Sua moglie aveva trovato il modo di prendere ancora tempo e lo aveva fatto con l’arma che lui stesso aveva costruito e che solo lui poteva utilizzare, conoscendone il segreto.
Si mise in un angolo a far finta di mendicare del cibo, schernito e maltrattato dai Proci che lo insultavano per il cattivo odore che emanava e per la sporcizia e il poco decoro che mostrava.
Uno di loro, un certo Paragas, un uomo brutto, maleducato ed insolente, a dir poco il peggiore di tutti loro, si prese la briga di insultarlo più degli altri e di strattonarlo così forte da farlo cadere a terra. Fu allora che Vegeta reagì e lo sfidò in un duello di lotta: chi avesse perso, avrebbe dovuto lasciare la reggia, per sempre.
Il re di Itaca, sotto gli occhi sgranati e ovviamente stupiti di chi assisteva allo scontro e che su Vegeta non avrebbe scommesso una sola moneta, ebbe la meglio e il pretendente arrogante fu scacciato con immensa soddisfazione di tutti visto che, se c’era uno che aveva qualche possibilità in più di vincere la sfida dell’arco, quello era proprio Paragas.
Dopo l’episodio, Vegeta chiese di poter tentare anche lui di tendere l’arco e la richiesta fu accolta da una serie di ironiche risatine, provenienti da ogni parte della grande sala. Fu Broli a intervenire, annunciando ironicamente:
“Signori! Signori! Un po’ di cortesia! Questo vecchio ci ha inaspettatamente, devo dire, liberati di Paragas, finalmente! Lasciamo che provi a tirare con l’arco, mi sembra si sia guadagnato questo privilegio, o sbaglio?”
“Grazie, principe…vi sono grato, per la vostra indulgenza” rispose con voce mesta Vegeta raccogliendo l’arco da terra.
Mentre il re, con estrema calma, si metteva a cavalcioni dell’arco e ne tendeva la fune come se fosse l’operazione più semplice al mondo, Trunks, Pan e Lapis, chiudevano le porte di accesso alla sala, sbarrandole dall’esterno, senza che i Proci se ne accorgessero, intenti com’erano ad osservare increduli il vecchio che tendeva l’arco e scoccava la freccia attraverso tutti gli anelli delle asce.
Nella sala cadde un silenzio surreale, rotto solo dal rumore dell’ultima porta che si chiudeva alle spalle di Trunks e Pan e veniva sigillata all’esterno da Lapis che, prima di lasciare i Proci al loro destino, fece riprendere a Vegeta le sue sembianze di sempre, sotto gli occhi sbalorditi dei presenti.
Il re di Itaca raccolse allora la faretra contenente le lunghe frecce e, con l’arco ancora in mano, si andò a sedere sul trono di cui era unico indiscusso sovrano.
Squadrò tutti i presenti fissandoli ad uno ad uno con due occhi color tenebra per poi sollevare un angolo della bocca e, in un sorriso sadico, dire:
“Bene, bene, bene…vedo che avete rifornito la mia casa e l’avete adornata a festa…La festa degna per il ritorno del vostro re…”
Silenzio.
Nella sala sembrava che nessuno avesse più nemmeno il fiato per respirare.
Vegeta inarcò le sopracciglia e, alzandosi, continuò:
“Cosa vi succede? Ho forse interrotto i festeggiamenti per qualche altro evento?”
“Sire…noi…” tentò di dire uno dei Proci, sperando che lo sguardo truce di Vegeta non fosse la premessa alle sue intenzioni.
Il re alzò una mano, bloccando così qualsiasi tentativo di false scuse ed irritanti richieste di perdono. Poi, voltandosi verso il figlio, gli gridò:
“Trunks! A te la scelta, uccidi chi vuoi, io e Pan penseremo agli altri”
 
Tutto avvenne in un lampo.
Vegeta alzò l’arco e sfilò una freccia dalla sua faretra.
Tese la corda e prese la mira.
Scagliò la freccia contro il gruppetto di giovanotti che si erano beffati del suo aspetto, poco prima e ne trafisse due assieme, uccidendoli all’istante.
Gli altri, tutti attorno, dopo un primo momento di incredulità, o per meglio dire, di totale sconcerto, sentirono crescere dentro di loro un sentimento mai provato, fino a quel momento: la paura.
Il panico si diffuse per la sala e, mentre i giovani disarmati iniziarono a battere disperatamente contro le porte, pregando che qualcuno aprisse loro una via d’uscita, quelli muniti di spada furono i primi ad essere presi di mira da Vegeta che, senza alcuna pietà e scoccando frecce una dopo l’altra, ne uccise una ventina spargendo sangue, corpi, lamenti e urla disperate ovunque. Trunks, nel contempo, aveva sguainato la spada e, con Pan alle spalle a fargli da protezione, si fece strada tra la folla di gente in fuga, ferendo e uccidendo chiunque osasse mettersi sulla sua strada, quella che lo avrebbe condotto dal suo obiettivo principale: Broli.
Ad un tratto, si trovò ad affrontare un uomo orribile, grande e grosso come un colosso che tentò subito di trafiggerlo con la spada, sfiorandolo appena. Per evitare di essere d’intralcio, Pan si mise dietro una delle colonne che circondavano la sala, ferendo, colpo dopo colpo con il suo inseparabile arco, tutti coloro che tentavano invano di avvicinarsi a lei e inutilmente cercare di fuggire dalla porta alle sue spalle.
Con apprensione e il cuore in gola, appena poteva gettava un’occhiata preoccupata allo scontro tra il principe di Itaca e il colosso con cui il poverino si era trovato a combattere.
Quando il ragazzo stava per avere la peggio, inchinato e disarmato com’era ai piedi dell’uomo che gli puntava la spada alla gola, fu il tempestivo intervento di Vegeta, a rendergli salva la vita. Il re, constatando l’immane pericolo di vita del figlio, puntò la freccia già caricata nel suo arco verso il colosso e, scoccando il colpo, lo colpì in pieno petto, facendolo sbalzare all’indietro di un paio di metri, prima di farlo cadere a terra privo di vita.
Mai più, rialzandosi per andare a recuperare la sua spada, Trunks avrebbe pensato che la sua vita, sarebbe potuta essere ancora più in pericolo, di qualche istante prima.
Non appena si fu rimesso in piedi, infatti, sentì una lama gelida che, sostenendogli il mento, di fatto gli avrebbe tranciato di netto la giugulare, se si fosse mosso di un solo millimetro.
Il braccio destro era bloccato alle sue spalle da una presa forte e decisa, mentre il sinistro tentava invano di allontanare l’arto che impugnava saldamente la lama affilata che gli lambiva il collo.
“Come la mettiamo, ora, principino?” chiese Broli nell’orecchio di Trunks a cui il sudore imperlinava la fronte e il dolore per il braccio distorto dietro la schiena gli offuscavano la vista.
“Lasciatemi!” gridò Trunks richiamando così l’attenzione di Pan, distratta dal suo impegno nell’atterrare l’ultimo degli uomini ancora rimasti in piedi.
La ragazza, vedendo il principe sotto seria minaccia di pericolo, sbiancò. Il suo cuore perse dei battiti e il suo respiro si fece affannoso.
“Principessa!” la richiamò Vegeta che, dalla sua posizione, non aveva Broli a portata di tiro. Il re avrebbe infatti colpito anche suo figlio, se avesse voluto anche solo ferire l’uomo che lo teneva prigioniero.
La ragazza si voltò verso di lui e scosse la testa, come per destarsi da un terribile incubo.
“Pan, tocca a voi” disse Vegeta tenendo comunque puntato l’arco su Broli.
La ragazza continuò a fissarlo per interminabili secondi che sembrarono ore. Poi, fece un sospiro e alzò l’arco, puntandolo dritto alla testa di Broli.
“AHAHAH! Cosa volete fare? Siete solo una ragazzina! Se sbagliate mira, colpirete il principe Trunks, oppure spedirete la freccia lontano, lasciandomi l’onore di ucciderlo da me!” la provocò l’uomo.
“Sire…” implorò la ragazza, come per avere il permesso di scoccare la freccia.
“Tirerò anch’io, Pan. L’avete in mira?” la rassicurò Vegeta senza perdere la concentrazione.
“Sì” rispose lei sottovoce.
“Pensate davvero di riuscire a colpirmi evitando di ferire, o peggio, uccidere il principe? AHAHAHAH! Sciocca ragaz…
La parola gli morì in gola, trafitta dalla freccia scagliata dall’arco di Pan che, sfiorando l’orecchio di Trunks, si conficcò inesorabile nella trachea del principe Broli.
L’uomo fece cadere a terra la lama che teneva prigioniero Trunks e cominciò a girare su se stesso tenendo la freccia con le due mani, nel vano tentativo di estrarla dal suo corpo.
Iniziò a boccheggiare, sputando sangue e soffocando i polmoni con quello che, ad ogni inspirazione forzata, gli scendeva lungo la trachea.
Dopo la strana e macabra danza che sembrò durare ore, anziché pochi secondi, l’uomo cadde a terra, privo di vita, sotto lo sguardo ancora terrorizzato di Trunks, quello incredulo di Vegeta e quello soddisfatto di Pan che, abbassando l’arco e fissando il cadavere dell’uomo giunto rantolante fino ai suoi piedi, disse seccamente:
“Non sono una ragazzina”
 
 





 
NCA: La narrazione di Omero, che li mostra come parassiti, dimoranti nella reggia per anni, sarebbe incomprensibile a noi moderni se non considerassimo la sacralità della ospitalità presso la civiltà greca. Perciò è rilevante lo stratagemma di Penelope la quale, per ritardare il momento della scelta, ingegnò l'astuzia della tela.
Al ritorno, Ulisse, che si presenta sotto mentite spoglie vestendosi da mendicante che solo il fedele cane Argo riesce a riconoscere, prevale sui Proci in una gara di tiro con l'arco organizzata da Penelope per scegliere definitivamente il futuro sposo, che si risolve nella loro strage, grazie anche all'aiuto della dea
Atena, che fiacca le forze dei pretendenti in maniera che non riescano a tendere l'arco e dunque partecipare alla gara. Solo Ulisse infatti riuscirà a tendere l'arco, incoccare e centrare il bersaglio; quindi col medesimo arco inizierà la strage dei Proci. Con l'aiuto dei servitori fedeli Eumeo e Filezio e del figlio Telemaco Ulisse elimina a uno a uno tutti, compreso Antinoo (Broli), i pretendenti e i traditori itacesi.
 

 

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Capitolo 14
*** είκοσι τρία ***


L’uomo bussò alla porta della sua camera da letto e ricevette un secco “Avanti” come unica risposta.
Entrò e trovò Bulma in piedi di fronte alla finestra dove aveva passato anni a scrutare inutilmente il mare, in attesa del ritorno del suo re.
“Qualcuno è riuscito a tendere l’arco?” chiese la regina senza voltarsi, pensando di interloquire con la più fedele delle sue ancelle, l’unica rimasta in vita, dopo la strage compiuta nel salone della reggia dove le altre donne prestavano servizio, e non solo, ai Proci.
“Sì, io” rispose Vegeta avvicinandosi.
A Bulma mancò il respiro.
Pensieri contrastanti si fecero spazio nella sua mente. Non era possibile che qualcuno fosse riuscito a tendere l’arma che solo suo marito conosceva, a meno che…
Ad un tratto si rese conto che quella voce le era suonata così dannatamente famigliare, tanto che i muscoli non risposero più ai suoi comandi e smise per incessanti attimi di respirare.
No, non poteva essere lui. Era così forte il desiderio che fosse Vegeta, che le sue orecchie ne avevano percepito la voce? Il suo olfatto ne aveva sentito l’odore? No, doveva sbagliarsi. Chiuse gli occhi facendo cadere le lacrime di cui si erano velati sulle sue guance candide e, radunando tutte le forze che le erano rimaste, chiese:
“Come vi chiamate?”
Vegeta non rispose e, oramai alle sue spalle, non fece altro che appoggiare le mani alla pelle delle braccia nude di lei e accarezzarla leggermente con i pollici. Brividi incontrollati le percorsero la pelle, bloccandole il fiato in gola. Il re le si avvicinò all’orecchio e, sensualmente le sussurrò:
“Vegeta, mia regina”
A quelle parole, la donna non fece altro che asciugarsi le lacrime, dato che troppe ne aveva versate aspettando il ritorno del suo amato e, dopo un profondo respiro, sussurrargli:
“Siete tornato”
“Sì” rispose lui prima di farla voltare, per sprofondare i suoi occhi d’ebano in quelli cristallini di lei. Pochi secondi, prima di annullare la distanza tra le loro labbra e baciarla.
Fu un bacio intenso, profondo, pieno d’amore e di desiderio di cancellare il tempo che li aveva tenuti distanti.
Le loro labbra si schiusero timidamente, permettendo alle loro lingue di riabbracciarsi e di cullarsi l’un l’altra come due amanti che si incontrano dopo una vita passata a ricercarsi. Quando si separarono, il re aprì in volto un sorriso dolcissimo per poi regalarle una carezza sulla guancia e confidarle quasi imbarazzato:
“Sei bellissima, Bulma. Il tempo non ha avuto la meglio, sul tuo aspetto incantevole”
“Purtroppo è la mia anima a mostrare i segni del tempo, mio re” disse lei sommessamente, abbassando lo sguardo.
“Non preoccupartene, ora. Saprò cancellare le ferite che ti affliggono. Voglio ricominciare a vivere, ma devo essere certo che tu sarai al mio fianco. In due ce la faremo, abbi fiducia” cercò di tranquillizzarla lui, stringendola a sé.
“Non ho mai smesso di confidare in te, Vegeta, ma ci sono ancora questioni da sistemare e finché non sarò certa che tutto sia in ordine, non potrò essere tranquilla…” spiegò lei senza sciogliere quell’abbraccio che, per anni, aveva desiderato di poter rivivere.
“Questioni?” chiese lui stupito, scostandosi leggermente da lei, per poterla guardare negli occhi.
“Sì. Trunks è partito per cercarti e in più, la reggia è invasa da anni da gente senza scrupoli, che mira a prendermi in sposa, solo per conquistare il trono di It…
“SSSSHHH…Mia regina…le tue preoccupazioni sono già tutte risolte, non lo sai? Trunks è venuto a prendermi, a Corfù. Sono tornato con lui, con Pan, figlia di Gohan, principe di Troia e con Lapis, o meglio, la dea Nishi. Gli uomini che ti hanno infastidito in tutti questi anni non ci sono più. Li abbiamo uccisi. Tutti. Guarda…” disse invitando la donna a sporgersi attraverso la finestra per poter osservare il cortile della reggia, dove molti servitori erano indaffarati a costruire delle pire di legna, su cui bruciare la cinquantina di corpi che la strage aveva lasciato nel salone.
La donna si portò la mano davanti alla bocca spalancata. Faticava a credere che il suo lungo incubo fosse finalmente terminato.
“Visto? Non c’è più nulla di cui tu debba preoccuparti…se non aiutarmi ad organizzare una degna festa di bentornato!” esclamò allegro per farla sorridere.
A quelle parole, Bulma, regina di Itaca, dopo vent’anni, alzò gli angoli della bocca in quello che il suo re trovò essere un sorriso meraviglioso.
 
Quella sera ci fu una enorme festa, con balli e cibo a volontà per tutti gli abitanti dell’isola che, in un solo giorno, avevano visto realizzati i loro desideri di rivedere il loro re, scacciare i Proci e, non poca cosa, tornare a veder sorridere la propria regina.
Ci furono brindisi al ritorno dei regnanti e auguri di pace e prosperità per il futuro a venire.
I festeggiamenti proseguirono a lungo, poi…venne la notte a concludere il giorno più lungo per Itaca. L’ultimo giorno, prima di una nuova vita, per tutti.
 
Vegeta e Bulma si ritirarono nella propria stanza, augurando la buona notte a Trunks e Pan che, soddisfatti per l’allegra serata e per la felice sorte che aveva avuto la loro missione, si diressero ognuno nei propri alloggi.
Una volta rimasti soli, il re e la regina decisero che era giunto il momento di finire di ricucire l’uno le ferite dell’altra, amandosi come non facevano ormai da molto, troppo tempo.
Quando le si avvicinò, per spogliarla della veste che indossava, facendola scivolare a terra senza pudore, Bulma lo guardò negli occhi, con un’espressione che racchiudeva tutta la sua tristezza.
“Non ti va, Bulma? Se sei stanca lo capisco, è notte fonda, ormai. Abbiamo tempo, per recuperare tutto quello perduto” le disse mostrandole un sorriso sereno.
“No…non sono stanca…è solo che…è passato così tanto tempo, Vegeta…” mormorò sommessamente abbassando lo sguardo afflitto.
“Cosa succede, mia regina? Ti prego, dimmi che l’affetto che nutrivi nei miei confronti non è mutato, in tutto questo tempo…” sussurrò lui quasi smarrito, mal interpretando lo sguardo di lei.
“Ma certo! Io ti amo, Vegeta! Ti ho sempre amato e non smetterò mai. Non avrei smesso di amarti nemmeno se non fossi…
“SSSHHH…Bulma. Se mi ami, devi fidarti di me. Comprendo il tuo timore, ma non sono tornato, dopo tutti questi anni, senza sapere come la mia regina deve essere amata” la interruppe lui mettendole in dito sulle labbra color ciliegia, per poi sostituirlo con le sue e baciarla.
Fu solo allora che la donna si lasciò completamente trasportare da lui, dalla persona che amava di più al mondo, al pari di suo figlio Trunks. Lo spogliò della veste che ancora indossava per poi prenderlo per mano e insieme andare a sdraiarsi, pieni di desiderio, sul talamo nuziale che Vegeta stesso, molti anni prima, aveva scolpito in un tronco di ulivo.
Si baciarono a lungo lasciando che, nel contempo, fossero i loro corpi a ritrovare la stessa confidenza e armonia che anni prima avevano raggiunto e che i vent’anni passati ad aspettarsi, non potevano aver cancellato.
La mente di Bulma era libera da ogni pensiero, preoccupazione e ricordo crudele.
Lei era libera.
Finalmente era libera di amare di nuovo e di farsi amare dall’uomo che aveva aspettato da una vita, ormai. In balia di questa pace dell’anima, la donna schiuse dolcemente le lunghe gambe e permise alla parte più intima di se stessa di accogliere l’uomo che le stava delicatamente sdraiato sopra.
In quel momento, nella mente di Vegeta, tutti i pensieri, le paure e il dolore che i sette anni di torture per mano della dea Lunch gli avevano segnato la mente svanirono, annullati dall’immenso piacere che solo il corpo accogliente di sua moglie, poteva donargli.
“Ti amo” disse in un gemito prima di ricominciare a baciarla e a muoversi con una delicatezza infinita dentro di lei.
Poco dopo però, quando la regina tentò di ribaltare le posizioni, Vegeta si fermò all’istante e sollevò leggermente il capo per poterla guardare negli occhi. Bulma si accorse immediatamente dell’espressione quasi terrorizzata del marito e unì le sopracciglia in uno sguardo interrogativo. Lui si sollevò leggermente, facendo perno su un braccio teso e la osservò per qualche secondo prima di tentare di fornirle una spiegazione, impossibile da dare alla persona che si ama.
Impossibile raccontarle le volte in cui il suo orgoglio si era dovuto piegare al volere di quella dannata dea che gli aveva fatto perdere anni della sua vita, distruggendo in gran parte la sua stessa virilità.
Era inaccettabile, per Vegeta, dover spiegare alla moglie perché sarebbe stato così doloroso, per lui, adottare con lei la stessa posizione che per anni Lunch l’aveva costretto a mantenere, durante i loro violenti rapporti.
No, non poteva.
Fece per abbandonare, non senza riluttanza, il corpo di lei, giustificandosi con un balbettante:
“Perdonami, mia regina…io non…io…
“Sssshhh…Vegeta…va bene…Calmati…Se preferisci stare così, a me va bene…non ti preoccupare” cercò di tranquillizzarlo lei, allungando una mano per accarezzargli la schiena in tutta la sua lunghezza.
Fu in quel momento che al re tornò in mente la sera passata con Goku, non più di una settimana prima. ‘Le persone che ti amano non potranno mai farti del male’, gli aveva detto l’amico.
Bulma era la persona che amava di più al mondo e di cui si fidava, più di chiunque altro. Le aveva chiesto di fidarsi di lui e lei si era abbandonata a quella richiesta senza esitazioni. Era giunto il momento in cui lui, finalmente, poteva chiudere definitivamente il capitolo orribile che il destino gli aveva imposto, negli ultimi vent’anni e ricominciare a vivere.
Il re di Itaca, non fece altro che sorriderle dolcemente e, con un gesto repentino, posizionarsi sotto il corpo di lei. Bulma, dopo un primo momento di smarrimento, ricominciò a muoversi con la stessa lentezza a cui lui l’aveva abituata poco prima, fino a raggiungere il piacere che, per entrambi, aspettava da troppo tempo di essere riscoperto.
Poco dopo, sdraiati l’una parzialmente sopra l’altro, Bulma accarezzava il braccio del suo uomo, tenendo la testa appoggiata al suo petto, ascoltando il battito di un cuore che, in quel momento, sembrava pulsasse solo per lei.
Scese ad accarezzargli i polsi e, quando giunse alle ferite che ancora evidenti sulla pelle, alzò lo sguardo interrogativo, per tentare di ricevere una spiegazione che avrebbe ricevuto, forse, un giorno.
In quel momento, la donna non poté fare altro che aprire un leggero sorriso: Vegeta si era addormentato, tranquillo e rilassato, per la prima volta dopo anni, tra le braccia di una donna.
La sua.
 
 
 
 
 
NCA: Penelope rappresenta, all'interno dell'Odissea, l'ideale di donna del mondo omerico, un vero e proprio modello di comportamento. Ella è la sintesi di bellezza, regalità, pudore, fedeltà e astuzia. Ѐ lei a ideare il trucco del talamo nuziale per verificare che l’uomo che si spacciava per suo marito (che lei dopo vent’anni aveva giustamente faticato a riconoscere), fosse davvero Ulisse. Ordinò che il letto fosse portato nella sala dove si trovava l’uomo. Penelope capì che si trattava del suo re quando lui, accigliandosi, le rispose:

Donna, hai detto parole davvero offensive.
Chi potrebbe altrove portare quel letto?
Arduo sarebbe anche a un esperto dell’arte,
se un dio non venga a spostarlo, a metterlo altrove
agevolmente. Nessuno fra gli uomini, vivo,
mortale, nel vigor dell’età, riuscirebbe
facilmente a rimuoverlo, perché un grande segreto
è in quel letto, soltanto da me costruito.
Dentro il recinto un olivo sorgeva di fronde
fitte, fiorente: sembrava il suo tronco
una grossa colonna: intorno ad esso il talamo feci
con pietre connesse, e lo coprii di buon tetto,
porte ben salde vi posi con forti battenti…
…E questo, donna, è il segreto, il segno. Non so
se fisso quel letto è  ancora al suo posto,
o se divelto dal ceppo il tronco d’olivo
l’abbia qualcuno altrove portato.

Una donna capace di aspettare l'uomo che ama. Senza mai dubitare del suo amore. Infatti, viene definita alter ego femminile di Ulisse.
 

*TSK…crediamoci…*

NCA (che ritengo personalmente più plausibile): Non tutte le versioni, però, sostengono la castità e la fedeltà di Penelope verso il marito; secondo alcune leggende la donna amò il dio Ermes, con il quale condivise il suo letto e dal quale fu addirittura resa incinta, concependo il dio Pan (che coincidenza, eh?); un'altra versione sostiene invece che cedette al proco Anfinomo (il più fico tra i proci)…Hai capito Penelope?
 

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Capitolo 15
*** είκοσι τέσσερις ***


Nel contempo, in un’altra ala del palazzo…
 


“Che hai? Sei così…pensieroso” chiese Lapis al giovane amico che, con la testa appoggiata al suo petto, sembrava insolitamente irrequieto.
Trunks si sollevò facendo leva su un gomito e reggendo la testa con la mano. Fissò i suoi occhi acquamarina in quelli puri di lui e, con la mano libera, fece una carezza sul volto dell’amico che la ricevette con un leggero sorriso.
“Tutto bene?” insistette il corvino mantenendo uno sguardo sereno.
Il principe si inumidì le labbra e abbassò lo sguardo per poi confessare sommessamente:
“Lapis…mi mostri come sei…realmente?”
Il più anziano alzò impercettibilmente un angolo della bocca e ponderando bene le parole, con tono pacato, gli chiese:
“Perché? Il mio aspetto non  ti aggrada?”
Trunks, stupito per la domanda, rialzò lo sguardo, ora perplesso e specificò:
“Hai preso le sembianze di un uomo, di aspetto gradevole, senza dubbio, ma sai che questo non è il mio gusto. Mi piacerebbe sapere qual è il tuo aspetto come…Nishi…”
Il maggiore allargò il sorriso e semplicemente rispose:
“Benché la tua richiesta sia lecita e non particolarmente impertinente, visto che spinta solo dalla tua curiosità, la mia risposta è comunque no. Non lo farò. Ho mantenuto questo aspetto dal momento in cui ho iniziato a stare al tuo fianco come ‘persona fisica’. Mi hai accettato e considerato subito come tuo amico e ho assunto queste sembianze solo per non ‘distrarti’, conoscendo i tuoi gusti, da quello che sarebbe stato il tuo destino. Pensaci. Se mi fossi palesata come donna, tutto sarebbe stato molto più difficile, per te, per la missione che abbiamo portato felicemente a termine e anche…per Pan”
A quelle parole, il giovane principe di Itaca si fece improvvisamente serio e pensieroso. Come sempre Lapis aveva ragione su tutto. Probabilmente sotto le sembianze di donna, loro due non sarebbero nemmeno riusciti a partire e, quasi sicuramente, la sua determinazione nel voler ritrovare suo padre non sarebbe stata altrettanto forte, se fosse stato distratto dalla bellezza e dalle movenze divine di un corpo femminile al suo fianco.
Tutto ad un tratto si rese conto che, di fatto, l’unica persona che avrebbe voluto avere vicino in quel momento e, a pensarci bene, per tutta la vita, era tutt’altra rispetto a quella che gli stava parlando con tanta grazia. Fece un sospiro e fissò i suoi occhi in quelli altrettanto cristallini dell’amico prima di chiedere:
“Credi che sia sbagliato che in questo momento io desideri solo stare con lei?”
Lapis aprì un sorrisetto malizioso e, restituendogli la carezza che lui gli aveva donato poco prima, lo redarguì:
“Se desideri stare con lei, Trunks, cosa ci fai ancora qui con me?”
“Mi stai cacciando via? Guarda che questo è il mio letto, sai?” scherzò il più giovane dopo aver allargato gli angoli della bocca in un sorriso di gratitudine.
Lapis scoppiò in una risata piena della sua genuinità e purezza e in quel momento il giovane principe pensò che a quell’amico così particolare, lui avrebbe voluto bene per sempre.
Quando tornò serio, lo guardò con lo sguardo più sincero che riuscisse a fare e gli sussurrò:
“Trunks, va da lei…”
Il ragazzo gli sorrise e, prima di alzarsi, gli depositò un casto bacio sulle labbra accompagnato da un impercettibile ‘grazie’. Si infilò la prima veste che trovò e senza più voltarsi, uscì dalla sua camera.
Una volta sola, Nishi strofinò il labbro inferiore con quello superiore inumidendoli entrambi, come per assaporare fino in fondo il bacio di Trunks. Poi alzò gli angoli della bocca in un sorriso tenero e, prima di sparire nell’oscurità della notte, sussurrò:
“Anche io ti voglio bene, Trunks”
 
TOC TOC
 
Un paio di colpi schioccarono leggeri e timorosi sulla porta della camera da letto di Pan.
“Avanti!” esclamò la ragazza allegra, come se fosse pieno giorno, anziché notte fonda e che quindi fosse assolutamente normale, ricevere una visita.
“Posso…posso entrare? Disturbo?” chiese titubante la voce del principe facendosi avanti.
“No!, affatto, venite!” rispose la ragazza dimenticando completamente le buone maniere e rimanendo sdraiata a pancia in giù sul suo letto, sostenendo la testa su quella che sembrava essere una sorta di pergamena.
“Sedetevi!” aggiunse scostandosi leggermente verso il centro del letto per lasciare un po’ di spazio sul bordo, in modo che Trunks avesse sufficiente spazio per accomodarsi.
Il ragazzo arrossì vistosamente. Certo era andato da lei nella speranza di riuscire finalmente a farle capire le sue intenzioni e ad esprimere i suoi sentimenti. Mai più avrebbe pensato che, già l’inizio, sarebbe stato così difficile. Gli riusciva davvero tedioso affrontare un discorso di quel tipo in quelle condizioni. Sarebbe stato molto meglio rinunciare, darle di nuovo la buona notte, a costo di passar per uno stupido, e riprendere l’argomento il giorno successivo, magari a pranzo o a colazione.
Già, la spontaneità della ragazza lo aveva disarmato completamente e anche la sua totale mancanza di pudore, non era d’aiuto. Non aveva mai visto nessuna che, senza il minimo timore, agitava i piedi dai perfetti lineamenti greci all’aria, mostrando caviglie e polpacci di una forma perfetta, disinteressandosi completamente della sua presenza. Solo le ancelle di corte, che avevano tradito sua madre per dedicare corpo e mente alle cure dei proci, mostravano senza ritegno la loro indiscutibile bellezza. Ma loro erano serve, divenute schiave del desiderio di compiacere quegli uomini disgustosi. Lei no. Pan era una principessa. Perché era così difficile per lei comportarsi come tale? Tutto ad un tratto Trunks si rese conto che, in realtà, quell’atteggiamento era solo in apparenza irriverente e lei si mostrava così ‘sfacciata’, solo in sua presenza, mai con gli altri.
Questa deduzione lo predispose a sperare che, forse, anche Pan nutrisse una certa simpatia nei suoi confronti. Fu la voce insistente della ragazza, a distrarlo dai suoi intrigati pensieri:
“Dunque? Vi sedete o no? Sto terminando di scrivere ai miei genitori, per informarli di quanto accaduto” disse senza voltarsi a vedere che fine avesse fatto il suo visitatore notturno.
Trunks deglutì aria e fece un sospiro, tentando invano di uscire da quello strano stato di agitazione in cui era sprofondato.
Si avvicinò al letto di lei e, radunando tutto il suo coraggio per tentare di non darla vinta alla sua inconsueta timidezza, chiese:
“Avete informato vostro padre che avete salvato la vita all’uomo che gli aveva giurato di proteggerla a voi?”
A quella domanda, la ragazza si decise finalmente a voltare la testa verso di lui, che ancora stava in piedi a fianco al letto e a squadrarlo con un sopracciglio alzato a dimostrare tutto il suo stupore.
“In che lingua volete che ve lo chieda, di sedervi? Questo letto è comodissimo, sapete? E poi è così grande che ci si sta tranquillamente in due” lo redarguì scherzosamente.
“Ma veramente…io…
Lei alzò gli occhi al cielo e si decise ad allungare un braccio verso di lui per prendergli la mano e strattonarlo verso il posto che gli aveva riservato al suo fianco, per poi rimettersi a scrivere tranquilla, come se nulla fosse.
“Ho quasi finito. Abbiate pazienza qualche istante, per favore. Poi sarò tutta per voi” concluse mettendo ancora di più a disagio il principe, di quanto già non fosse.
Poco dopo, infatti, la ragazza arrotolò con cura la pergamena e la depositò con la penna con cui aveva scritto, su un tavolino dalla parte opposta del letto, per poi tornare a guardare Trunks che, con un’espressione imbarazzatissima in volto, sembrava facesse fatica addirittura a respirare.
La giovane troiana fece un leggero sorriso, prima di appoggiare la mano su quella di lui e stringergliela appena, come per voler richiamare la sua attenzione.
Quando finalmente Trunks si decise a spostare lo sguardo su di lei, Pan si portò le dita di lui alla bocca e depositò su ognuna di esse un casto bacio.
Il ragazzo, preso alla sprovvista dal gesto inatteso, incurvò le sopracciglia, mostrando uno sguardo stupito, cosicché lei, si sentì in dovere di tranquillizzarlo, ponendogli una domanda che doveva avere una legittima risposta:
“Perché siete qui, principe?”
“V-volevo…volevo ringraziarvi…e non so come farlo, visto che la vita di una persona non può essere ripagata con nessun tesoro…” spiegò lui riabbassando lo sguardo.
“Non è necessario, ringraziarmi. Non potevo permettere che vi facesse del male, anche voi avreste fatto lo stesso per me…Vostro padre…ha fatto questo per me…molti anni fa” spiegò lei intervallando le parole con piccoli baci a fior di labbra sulle nocche di lui.
“P-pan…voglio dire…Principessa…per favore…perché fate così? Ѐ già troppo difficile, per me, esprimere ciò che provo, in questo momento…Non rendete tutto così…complicato” disse lui sconsolato.
“Sono sicura che, con un po’ di impegno, sareste in grado di esprimere tutto senza nemmeno aprir bocca” gli disse sensualmente, mentre con le sue piccole dita si era messa ad accarezzare quelle di lui, intrecciandole di tanto in tanto e facendogli venire i brividi. Poi, dopo aver depositato un casto bacio sul palmo aperto della mano immobile di lui, alzò di nuovo lo sguardo e con sorriso malizioso, concluse senza remore:
“Vi interesso, principe? O preferite…Trunks?”
Il ragazzo rimase stupito da tanta intraprendenza e finì per posare gli occhi su di lei, che non sembrava affatto volerlo mettere a suo agio. Ad un tratto si rese conto che, per quanto potesse controllarsi in quell’assurda, ma, allo stesso tempo, piacevole situazione, nulla avrebbe potuto dire per tentare di riportarla ad una conversazione meno provocante.
Sarebbe stato impossibile esprimere a parole ciò che provava per quella ragazza, bellissima, forte, intelligente e perché no, impertinente quanto bastava per farlo sentire libero di lasciarsi andare e dimostrarle, come lei stessa gli aveva appena fatto intendere, quanto lui l’amasse.
Come dotata di vita propria, la mano libera dell’uomo andò ad accarezzarle il viso con il dorso, ricevendo in cambio un sospiro di piacere da parte della donna che, per godersi meglio il momento, chiuse gli occhi e inclinò leggermente la testa verso la mano che la stava sfiorando, con così tanta dolcezza.
Senza dire nulla, riappoggiò la testa al cuscino, liberando la mano di lui che, ormai, senza più timore, le andò ad accarezzare i lunghi capelli corvini per poi proseguire la sua corsa, fino a sfiorarle i glutei che, sodi e rotondi, si ergevano sotto la veste bianca che indossava.
Coi polpastrelli scese ad accarezzarle le gambe, fino al ginocchio, senza che lei si ritraesse al tocco o ne avesse il timore che normalmente hanno le giovani donne quando affrontano per la prima volta un contatto così intimo con un uomo.
Incoraggiato dalla fiducia che la principessa stava dimostrando verso di lui, Trunks si azzardò a sollevarle la veste: prima fino al punto di giunzione tra le natiche e le gambe e poi, continuando a non notare alcuna remora da parte di lei, fino all’avvallamento lombare della schiena.
Scese di nuovo ad accarezzarle la pelle morbida delle gambe, risalendo fino alla giunzione di esse e sfiorando la parte più intima di lei che, nel contempo, non aveva fatto altro che appoggiare una guancia sul letto per potersi voltare leggermente verso di lui e poter fissare i sue occhi scuri in quelli acquamarina di lui e lì lasciarli, durante tutto quell’incredibilmente eccitante scoperta del piacere.
Poi, tutto ad un tratto, il ragazzo interruppe il piacevole contatto provocando in lei un certo disappunto che si tradusse, in pochi secondi, in uno sguardo accigliato.
Trunks fece un sospiro e, per tentare di dare una spiegazione, le chiese malizioso:
“Quanto posso spingermi oltre, a mostrarvi il mio interesse, Pan?”
A quel punto, lo sguardo di lei si rasserenò e le sue labbra si incurvarono nello stesso sorriso enigmatico che lui le stava ancora mostrando. Si voltò su un fianco, mostrandogli senza pudore la sua femminilità, per poi allungare una mano e accarezzargli la coscia, fino a sfiorare l’innaturale piega che la veste di lui aveva preso, a causa della sua ormai evidente eccitazione.
Capendo le intenzioni di lei, il ragazzo si alzò per levarsi i calzari e la veste, sotto lo sguardo malizioso di Pan che, in tutta risposta, si rimise prona a far ciondolare i piedi all’aria, strusciandone uno contro l’altro.
Il ragazzo ne afferrò uno per depositarci un casto bacio e separarlo così dal suo compagno per poi risalire sul letto e posizionarsi in ginocchio in mezzo alle gambe dischiuse di lei. Si chinò in avanti sollevandole la veste per poi levargliela del tutto facendola scorrere fin sopra la testa e godersi la visione della pelle nivea della sua schiena, prima di iniziare a depositarle casti baci a fior di pelle, fino alla spalla.
Le si avvicinò all’orecchio, che baciò teneramente per poi sussurrarle:
“Voltati, Pan. Non è così che voglio amare la mia principessa…(*)”
La giovane non disse nulla e, non appena lui si fu risollevato per permetterle di mettersi supina, assecondò il suo desiderio.
Trunks si adagiò di nuovo molto delicatamente su di lei, facendo combaciare perfettamente i loro bacini, unendo le loro vite e fondendo le loro anime in quell’unico intimo abbraccio che strappò a lei un gemito misto tra dolore e piacere e a lui un profondo sospiro.
“Perdonami…” le sussurrò dispiaciuto notando la leggera smorfia comparsa sul volto della ragazza.
“Va tutto bene” lo rassicurò lei facendo un sospiro per tentare di rilassarsi.
Quando finalmente si abituò alla presenza di lui dentro il suo corpo, incrociò le dita di entrambe le sue mani con quelle di lui e le strinse leggermente, invitandolo così a proseguire.
Affondò il suo sguardo buio come la notte, ma allo stesso tempo illuminato da una nuova luce, in quello cristallino di lui, scrutando la sua anima e cercando in essa la pace che aveva desiderato, in tutti quegli anni. Quando la trovò, si lasciò completamente andare ai movimenti lenti e sensuali che quel ragazzo stava regalando ad entrambi, per la prima volta.
I loro gemiti di piacere si spensero l’uno sulle labbra dell’altra che, fino alla fine, non si stancarono mai di assaporarsi e bramose divorarsi a vicenda.
“Ti amo” disse alla fine Trunks liberando il corpo di lei dal suo peso e sdraiandosi supino al suo fianco.
“Ti amo, mio principe” rispose lei sollevando la testa leggermente, per andare ad adagiarla sul petto di lui, che ancora si alzava ed abbassava velocemente.
Stettero così, per interminabili minuti, ad accarezzarsi in silenzio in quella notte di pace, in cui le uniche testimoni della loro truffaldina unione erano le stelle che, nel cielo, brillavano serene e per nulla imbarazzate.
Fu un risolino di Pan ad interrompere quel magico momento idilliaco. La ragazza, senza muoversi di un millimetro, con la sua solita ironia, gli chiese:
“Era così che mi volevi ringraziare per averti salvato la vita?”
“Veramente quella era solo una scusa per venire qui…” rispose lui un po’ avvilito continuando ad accarezzarle i capelli.
“Davvero? E qual era il motivo vero?” chiese lei incuriosita.
“Veramente il mio piano era: ringraziarti, sedurti, amarti e infine, chiederti di diventare la mia sposa” spiegò lui imbarazzato.
A quelle parole, Pan sollevò la testa dal petto su cui era stata fino a quel momento appoggiata e fissò i suoi occhi in quelli sconsolati di lui, alzando un sopracciglio perplesso, per poi dire:
“Scusa, ma il tuo piano era pessimo, come la rotta tracciata da te e Lapis, voglio dire, Nishi”
“Pessimo?” chiese perplesso.
“Terribile, direi. Non mi hai ringraziato ‘ufficialmente’ e a sedurti ci ho pensato io. Va bene, mi sono sentita amata, ma hai davvero intenzione di chiedere una troiana in sposa?” ribatté lei scherzosamente.
“Pan…ti ho già detto che sei indecente?” chiese lui con lo stesso tono scherzoso.
“Sì, ma quella era un’altra Pan. Questa è quella che ha appena fatto l’amore con te e che ti avrebbe salvato la vita anche a costo di mettere in pericolo la sua” precisò lei.
“Amo questa Pan e l’amore va ben oltre i dissidi che le nostre stirpi hanno vissuto. Quindi…Mi concederesti l’onore di diventare la mia sposa?”
“Mhmm…solo se tuo padre mi farà dono del suo magnifico arco…” scherzò la ragazza abbandonandosi di nuovo sul petto di lui e chiudendo gli occhi.
“Mhmm…allora è un sì” concluse lui chiudendo gli occhi a sua volta e addormentandosi, per la prima volta, tra le braccia di una donna.
La sua.





 
FINE
 




(*) Nell’antichità andava molto di moda il machismo ed era l’uomo a dominare tutte le situazioni: quando, dove, come e con chi.
Tutta questo capitolo è quindi del tutto ‘inappropriato’ per i tempi. Non esisteva infatti che fosse la donna a provocare l’uomo. Diciamo che lui se la sarebbe presa senza troppi giri di parole…
L’unica cosa di ‘reale’ è la frase detta da Trunks (“Voltati, Pan. Non è così che voglio amare la mia principessa…”) che è più un ‘ordine’ che un ‘suggerimento’.
Per scagliare una lancia a suo favore però, c’è da dire che il sesso doveva essere fatto ‘a regola d’arte’, altrimenti l’uomo non veniva considerato ‘valido’…
Certo che dovevano essere proprio bravi a fare quello, visto che la questione dei ‘preliminari’ (soprattutto quelli sulla donna) pur sapendo come si facessero, venivano puntualmente evitati, perché considerati volgari (
*e vabbè*).
 
 
NCA: Secondo la
Telegonia, Telemaco sposò Circe dopo la morte del padre, ma quando la maga scoprì che suo marito Telemaco si era appena macchiato del sangue di Cassifone, figlia sua e di Ulisse, si vendicò e cercò di ucciderlo. Saputolo, Telemaco respinse l'attacco di Circe e la uccise con un colpo di spada, ma, pentitosi del gesto, si uccise gettandosi da un'altissima rupe.
Per altri fu la stessa
Cassifone a uccidere il giovane, a causa della crudeltà che aveva dimostrato verso la madre Circe, uccidendola.
Secondo
Aristotele invece, Telemaco sposò Nausicaa (principessa dei Feaci) ed ebbe un figlio chiamato Persepolis.
Le tradizioni sulla sua morte variano a seconda degli autori. Secondo una tradizione del tutto aberrante, Telemaco intraprese con i suoi compagni un viaggio via
mare. Mentre passava dalle coste della Campania incontrò le sirene, le ammaliatrici che invano avevano tentato di sedurre suo padre Ulisse molto tempo prima. Quando videro arrivare il figlio di colui che le aveva rifiutate, le fanciulle decisero di vendicarsi, si avventarono furibonde sulla nave di Telemaco e, sotto gli occhi sbalorditi dei compagni, lo uccisero e fecero scempio del suo cadavere, mutilandolo.
 
*Sceglietevi voi la versione che preferite, tanto nessuno se ne avrà a male…*

 
 
 
 
NA: Dedico quest’ultimo capitolo a chi non si aspettava che ci fosse e, soprattutto, che fosse pubblicato proprio oggi…
 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito (accidenti, quanti siete! Come posso non esserne felice?) o inserito la storia in una delle categorie.
Grazie davvero per avermi seguito in questa ‘epica’ follia…
 
Come sempre vi lascio con un allegro ‘alla prox’ (che per vostra disgrazia sarà molto presto)!
SSJD

 

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