La ricetta per un gusto perfetto di Pimpi95 (/viewuser.php?uid=894488)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partenza di Erina ***
Capitolo 2: *** La partenza di Erina (parte 2) ***
Capitolo 3: *** La foto ***
Capitolo 4: *** Cominciano i guai ***
Capitolo 5: *** La verità ***
Capitolo 6: *** L'amicizia ***
Capitolo 7: *** Soma a New York ***
Capitolo 8: *** Torte in faccia ***
Capitolo 9: *** Vacanze ***
Capitolo 10: *** Ami e Yumi ***
Capitolo 11: *** Battaglie culinarie ***
Capitolo 1 *** La partenza di Erina ***
Erina
era nella sua camera, da sola, con i suoi pensieri a tenerle compagnia. Il ballo
era stato ricco di emozioni e di sorprese. Aver scoperto che Yukihira era il
figlio di Joichirou l’aveva scioccata, si sentiva in colpa per tutte le
cattiverie che aveva detto a Soma, ma nonostante la verità non poteva certo
pensare di Yukihira come un cuoco d’elité.
Comunque
apprezzava il fatto che Yukihira si sforzasse tanto per superare la cucina del
padre e anche per lei Joichirou era un modello fondamentale a cui ispirarsi.
Tuttavia
era confusa sul rapporto tra Saiba e suo padre. Come si erano conosciuti? Perché
aveva avuto l’impressione, alla festa, che non andassero molto d’accordo?
Aveva
assaggiato il cibo di Soma che le aveva doto quella sera, ma era ancora lontano dalla perfezione di Joichirou
Saiba. Così si addormentò con la mente affollata di domande.
- Come
mai mi hai fatto chiamare, papà? – chiese Erina il mattino seguente.
-
Oggi pomeriggio dopo le lezioni vorrei che mi raggiungessi qui in ufficio, perché
devo parlarti di una cosa importante. –
-
Aspetta, quindi posso frequentare le lezioni? – domandò speranzosa la ragazza.
-
Certo tesoro, se lo desideri, ma non scordarti di oggi pomeriggio. –
-
Non mancherò. – disse Erina felice di poter rivedere Hisako, ma prima di uscire
dalla stanza fece una domanda a suo padre – Come vi siete conosciuti tu e
Joichirou Saiba? –
-
Te ne parlerò in un altro momento. Sono occupato al momento. Ci vediamo dopo. –
Erina
si diresse verso l’aula di storia della cucina delusa dalla risposta fredda di
suo padre. Hisako era felicissima di vedere Erina a lezione, mentre gli altri
studenti un po’ la temevano perché faceva parte dei migliori dieci e perché era
la figlia del direttore che stava conducendo la nuova rivoluzione.
Il
pomeriggio non tardò ad arrivare ed Erina si trovò nell’ufficio di suo padre come
se il tempo fosse volato in un istante. Alice intanto che cercava il suo
assistente vide la porta di suo zio semi aperta e con lui sua cugina così si
fermò ad ascoltare ogni cosa.
-
Vado dritto al punto, Erina. Vorrei che facessimo un viaggio all’estero. In America.
Ci sarebbero delle persone che voglio farti conoscere –
-
Ma…all’estero? E la scuola? –
-
Non preoccuparti, non saranno più di quattro o cinque mesi puoi sempre
recuperare. Sei preparata abbastanza con la teoria e poi sono io il direttore
quindi non ci sono problemi.
-
Ma… - non sapeva come controbattere. Questa sarebbe stata la sua fine.
-
E’ un’occasione per conoscere nuovi sapori, persone e luoghi. Non farà che
accrescere le tue abilità culinarie questo viaggio, vedrai! E poi in questo
modo non disturberò i tuoi amici del dormitorio Stella Polare e sospenderò un po' anche gli shokugeki. –
Era
chiaro che Azami voleva convincere con ogni mezzo sua figlia anche ricorrendo
ad azioni buone.
Erina
ricordò tutti i volti dei ragazzi del dormitorio Stella Polare. Amici? Erano
davvero diventati suoi amici? Tutto quello che sperava Erina era che Azami li
lasciasse in pace.
Amici
o no erano delle brave persone con cui
aveva passato dei momenti sereni a parte Yukihira che la infastidiva sempre.
-
Inoltre. – continuò Azami – Potrò spiegarti come conosco Saiba Joichirou. –
Erina
sapeva che accettando di partire avrebbe rinunciato alla sua libertà, ma
desiderava dare tranquillità ai ragazzi della Stella Polare e di coloro che
potevano perdere le loro attività in ogni momento. Poi era davvero curiosa di
sapere di Joichirou e di suo padre così decise in fretta.
- D’accordo,
partirò con te. Quando patiremo? –
-
Domani pomeriggio. Il più presto possibile. –
-
Domani? – domandò sorpresa la figlia.
-
Si, così non perdiamo tempo e tu puoi salutare i tuoi amici. Puoi andare ora. –
disse tranquillo Azami seduto alla scrivania.
Suo
padre aveva preparato tutto prima ancora di conoscere la risposta di Erina. Ma ormai era troppo tardi per lei.
Erina
uscì dallo studio con la testa bassa.
-
Non posso credere che tu abbia accettato di partire. – disse Alice qualche
metro più avanti.
-
Alice… -
-
Se partissi non ti perdonerò. –
Erina
non rispose. Andò via senza degnare di uno sguardo Alice.
La
ragazza dai capelli bianco platino sbuffò per poi di colpo intristirsi. Si rendeva
conto che sarebbero state nuovamente lontane.
Erina
quella sera non toccò la cena, ma si preparava psicologicamente alla partenza. Non
avrebbe avuto vicino né la sua amica Hisako né un conoscente stretto, ma solo
suo padre. Suo nonno riprendeva temporaneamente il suo ruolo di direttore ma
non aveva il diritto di fare alcun cambiamento senza la consultazione di Azami
o dei migliori dieci.
Alle
lezioni del giorno dopo Erina non si presentò e Hisako incominciò a
preoccuparsi, perciò avrebbe chiesto ad Alice se ci fosse stato un problema.
Erina
stava facendo le sue valigie. Non voleva l’aiuto di nessuna domestica e di
proposito non era andata a lezione quella mattina perché era troppo doloroso
dire della sua partenza a Hisako.
“Sicuramente
prenderà male la notizia” pensò a come avrebbe potuto reagire la sua amica.
Tuttavia
colui che non voleva più di tutti incontrare era Yukihira.
Di
lui però non riusciva a immaginare la reazione del ragazzo a questa improvvisa
partenza.
“Forse
incomincerebbe a sparare battutine stupide e insensate” pensò Erina. Sarebbe partita
alle prime ore del pomeriggio e ancora i suoi pensieri non le davano pace. Cominciò
a credere che avrebbe passato mesi di terrore con suo padre.
Finché
non bussò alla sua porta Saenzemon.
-
Nonno! – lo abbracciò d’impulso. Voleva tanto tornare come i vecchi tempi solo
loro due senza Azami e questa insensata partenza.
-
Mi dispiace nipotina mia. Ma proverò a fare qualcosa, vedrai. – la consolò suo
nonno sempre disponibile e affettuoso.
-
Grazie nonno, ma cerca di non metterti nei guai per me, ok? –
-
Abbi fiducia. Farò il possibile. –
La
partenza era agli sgoccioli Erina era sul punto di salire sulla vettura nera,
la solita limousine quando sua cugina la fermò.
-
Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la
frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
-
Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva
fatto.
Erina
aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Ryou
a fianco di Alice poté notare una lacrima sul volto della ragazza, ma tacque.
Erina
salì sulla limousine e si raccolse i capelli in modo tale da farli entrare in
un cappello che avrebbe indossato per non farsi riconoscere dai paparazzi poi
ordinò al guidatore di partire. Il volo per New York l’aspettava.
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Capitolo 2 *** La partenza di Erina (parte 2) ***
Hisako
non riusciva a contattare Erina sul cellulare perché l’aveva spento così chiamò
Alice per sicurezza. Alice le raccontò tutto, cercando di smascherare la sua
tristezza e Hisako si allarmò tantissimo. Decise infatti di andare
all’aeroporto per parlare con Erina ma non da sola. Hisako e Alice aiutati da
Kuroba raggiunsero Yukihira e gli altri.
- Nakiri parte per New York? – non riusciva a
credere Megumi.
-
Si, dobbiamo fermarla. Alice non c’è riuscita ma forse se andiamo tutti
insieme… - disse Hisako battagliera.
-
Come facciamo? L’aeroporto è lontano. Senza contare che manca poco alla
partenza e di sicuro ci saranno molte persone sarà difficile trovarla. – disse
Ibusaki.
-
Possiamo farcela, quanti di voi hanno il motorino? – chiese Yuki spavalda.
-
Non preoccupatevi per i mezzi di trasporto, ecco qui alcune macchine. – disse
Senzaemon accompagnato da almeno cinque limousine nere.
-
Ex direttore Senzaemon! – disse Yukihira sorpreso. Non lo vedeva da quando gli
aveva chiesto di salvare Erina da suo padre.
-
Io prendo il motorino per fare prima. Hisako vieni con me. – Soma sapeva bene
che Hisako era molto attaccata a Erina e per questo le diede volentieri un
passaggio.
Hisako
ringraziò Soma, doveva raggiungere a tutti i costi la sua amica. Non si dava
pace del perché Erina avesse deciso di nascondere la sua partenza proprio a lei
che si preoccupava più di chiunque altro. Fortunatamente la presa di posizione
di Yukihira aveva convinto anche tutti gli altri amici per cercare di fermare
Erina.
Ognuno
dei ragazzi prese un mezzo e cercò di arrivare in tempo all’aeroporto.
Soma
non agiva mosso dalla determinazione di Hisako e Alice o dal discorso che tempo
fa gli fece Senzaemon, ma solo perché lo voleva per se stesso. Impedire a Erina
di andare via. Anche se non era per sempre il ragazzo aveva il presentimento
che la ragazza, in quei mesi, si scordasse della promessa. Ossia l’obiettivo di
sentirle dire “Che buono”.
Senzaemon
si rilassò. Sapeva che forse era inutile tutto quello che cercavano di fare i
ragazzi per Erina, ma almeno era il segno che le volevano bene.
Yukihira
e Hisako grazie alla moto riescono a superare il traffico dell’autostrada e ad
arrivare in aeroporto.
Gente
che correva all’ultimo minuto per prendere il proprio volo, persone che
chiedevano di affittare un taxi, altre che aspettavano l’arrivo di qualcuno,
gite organizzate di gruppo. Insomma c’era parecchia gente ovunque, come sospettavano,
era come cercare un ago in un pagliaio.
I due
ragazzi erano quasi sul punto di arrendersi ma alla fine fu Hisako a dare
coraggio - Non possiamo fermarci. Dividiamoci così avremo più possibilità di
vederla. –
Soma
capì e corse dal lato opposto a quello preso da Hisako.
Per
come riconoscere Erina, Alice aveva descritto come si era vestita e che
indossava un berretto blu scuro e degli occhiali da sole per non farsi notare dalla
gente.
Yukihira
percorse un’intera zona ma c’erano persone che assomigliavano molto alla
descrizione fatta da Alice così si fermò per riflettere. Grazie alla
meditazione comprese che la ragazza doveva per forza essere circondata da
guardie del corpo. Infatti la trovò.
Intravide
subito Azami scortato da una decina di uomini in giacca e cravatta e poco
lontano ad aspettare Erina era seduta ad aspettare il volo con ai lati almeno
tre guardie del corpo. Approfittando della distrazione di Azami, Yukihira si corse
subito da lei. – Nakri – disse con un po’ di fiatone – Ti ho cercata
dappertutto! – continuò spavaldo.
A sentire
il nome Nakiri due delle guardie del corpo lo presero per le braccia e lo
immobilizzarono creando un po’ di scompiglio tra la gente che preoccupata si
allontanò.
-
Yukihira che ci fai qui? – lo riconobbe Erina.
-
Lo conosce? – si accertò una guardia.
-
Si non c’è problema è solo uno stupido studente della Tootsuki. –
-
Vorrei parlarti. – riuscì a dire Soma.
-
Cosa? Rimangono solo venti minuti al mio volo. – disse convinta che Yukihira
avrebbe rinunciato.
-
Beh, allora c’è tempo. – disse Soma come se non gli importasse dei minuti che
passavano.
-
No, che non c’è tempo! – lo rimproverò Erina, ma si alzò lo stesso dalla sedia –
Lasciatelo. – ordinò ai suoi uomini. Loro obbedirono malgrado non volessero e
si incamminarono dietro Erina per scortarla.
Yukihira
però non era d’accordo – Se è possibile vorrei parlare da solo con Nakiri. –
Le
guardie del corpo gli lanciarono sguardi minacciosi – Va bene – disse una donna
tra le guardie – Ci posizioneremo qualche metro lontano da voi, ma sappi che ti
teniamo d’occhio. –
-
Non so perché tu stia partendo ma non pensi che sarà problematico non
frequentare la scuola per diversi mesi? – cominciò Yukihira.
-
Ti ricordo che stai parlando con la figlia del direttore dell’accademia e poi
non paragonarmi a te. Potrò sempre restare al passo con gli argomenti studiando
a New York. Veramente, cosa ci fai qui? – lo interrogò Erina.
-
Non ci sono solo io. Sono venuti tutti perché vogliamo impedirti di partire. Sono
tutti preoccupati per te. - disse Soma senza adirarsi più di tanto.
Erina
abbassò lo sguardo – Ho pensato che non salutarvi sarebbe stato meno doloroso
per tutti. –
-
Quindi hai davvero intenzione di andartene? –
-
Non vado via per sempre! – disse Erina con una voce mediamente alta, poi
continuò con un tono più basso – Non è un addio. –
-
Per qualcuno sembra di si. – disse il ragazzo inconsciamente.
In
quel momento Erina si sentiva uno schifo, sapeva che aveva sbagliato a non
parlare con Hisako e tranquillizzarla e trascorrere più tempo con tutti ma quel
viaggio era importante.
Era
la prima volta che faceva qualcosa non solo per e stessa ma anche per gli altri
e l’aveva scelto lei di sua spontanea volontà. Ne valeva la pena? “Chissà”
pensò nella sua testa la ragazza.
Nonostante
gli occhiali da sole Yukihira riuscì a scorgere gli occhi lucidi di Erina.
-
Perché sei venuto anche tu? – domandò curiosa la ragazza.
-
Per dare una mano ma anche per di ricordarti della promessa che ci siamo fatti
alla festa. –
-
Ancora con questa storia – si spazientì Erina.
Nello
stesso momento Soma e Erina furono travolti da una marea di persone che erano
appena arrivate e freneticamente raggiungevano parenti, conoscenti o mezzi di
trasporto tutti contemporaneamente.
Le
tre guardie di Erina non riuscivano più a localizzare i due per la folla mentre
i ragazzi venivano spinti dalle persone. Erina perse i suoi occhiali e poi…poi
si creò un incidente inaspettato.
Soma
e Erina finirono col baciarsi sulle labbra. Non fu un bacio a stampo.
I due
erano totalmente presi da quel bacio, da quel gusto. Quel
gusto travolgente che piano piano li trasportava verso il paradiso dei sapori. Si
erano dimenticati completamente della partenza, delle persone intorno a loro e
non avevano ancora realizzato che si stavano baciando per di più in pubblico,
anche se quest’ultimo molto distratto.
Il
bacio durò circa 40 secondi finché li riportò alla realtà un altoparlante da
cui si sentivano troppe voci confusionarie e indistinte.
Erina
e Soma non fecero molto caso all’altoparlante, dove Alice e gli altri
litigavano su chi doveva fare il discorso per attirare l’attenzione di Nakiri.
I due
erano ancora vicini e sentivano i loro cuori in subbuglio. Erina diventò subito
rossa in viso e si allontanò da Yukihira – Non ti avvicinare – gli disse.
Soma
che intanto aveva finalmente capito quello che era accaduto disse semplicemente
– Beh, è stato un incidente. – con la sua solita faccina di quando vuole
sdrammatizzare una situazione. Tuttavia quel bacio non lo rese del tutto
indifferente.
Il
cuore di Erina non cessava di tranquillizzarsi. Possibile che un bacio, in quel
modo così imprevedibile, le era piaciuto tanto da farle battere il cuore? Era confusa.
– Bastardo – riuscì solo a dire.
-
Eh, ma ti ho spiegato che si è trattato di un incidente. – continuò Soma.
-
Non ci credo! – s'infuriò la ragazza.
Poi
ad un tratto la voce all’altoparlante si fece più chiara.
-
Erina! – si sentì per tutto l’aeroporto. Era la voce potente di Alice che aveva
vinto sugli altri. Erina non poté fare a meno di ascoltare sua cugina e
ricordarsi che mancavano pochi minuti al suo imminente volo.
-
Erina siamo venuti tutti qui, per te! – dopo Alice chiese ai ragazzi di dire
anche loro qualcosa per non farla partire per poi continuare lei – Non puoi partire,
perché non è questo quello che vuoi! Sistemeremo le cose insieme non devi fare tutto
da sola. Ti prego rimani! – terminò commossa la cugina.
Erina
percepì il dolore di Alice e anche quello del suo cuore ma doveva andare fino
in fondo alla sua scelta. Azami che intanto aveva sentito tutto si precipitò
dalla figlia per dirle che era ora di andare via.
Soma
non voleva sforzare la decisione di Erina le disse solo un’ultima cosa – Ti giuro
che arriverà il giorno in cui ti farò apprezzare la mia cucina. Solo…non
dimenticartelo. –
Come
sempre Yukihira sapeva come sorprenderla. Sentiva l’impulso di partire di
dimenticare quello successo pochi minuti fa, ma poteva davvero scordare quel
bacio e quelle parole così sincere?
Hisako
che aveva percorso tutto l’aeroporto finalmente scorse un cappello blu scuro
tra la folla, gli inconfondibili capelli dorati sotto i raggi del sole che
spuntavano un po’ fuori dal berretto e accanto a lei Soma.
Erina
si accorse subito della sua presenza. La sua amica aveva l’affanno a causa sua.
Le andò incontro dopo aver chiesto a suo padre di poter parlare con Hisako, e
poi sarebbero partiti.
-
Mi dispiace per averti nascosto questa cosa, ma non volevo vederti così. –
disse addolorata Erina guardando le lacrime rigare il volto di Hisako.
Quest’ultima
l’abbracciò – Capisco che devi per forza partire ma volevo dirti lo stesso “Fai
buon viaggio, amica mia”. –
Erina
non pianse, lei non piangeva mai però si sentì bene in quel momento. Sapere che
la sua amica aveva compreso la sua scelta la rendeva felice e allo stesso
triste perché aveva fatto preoccupare ancora Hisako.
-
Ci sentiremo tutti i giorni, va bene? Non preoccuparti troppo. – disse Erina
staccandosi dall’abbraccio.
-
Certamente Erina sama. – disse Hisako sempre in maniera formale, asciugandosi
un po’ le lacrime.
Erina
senza voltarsi indietro salì sull’aereo insieme a suo padre e le sue guardie
del corpo.
Sull’aereo
aveva un bel posto vicino al finestrino, c’erano delle persone forse parenti o
amici di qualcuno che come lei partiva con quel volo. Alla fine arrivarono
anche loro i suoi amici erano tutti insieme per salutarla ancora, agitando le
braccia. Qualcuno di loro parlava anche e, nonostante il rumore dei motori che
si accendevano dell’aereo, Erina immaginò quello che stavano dicendo. Poi si
aggregò anche Yukihira che gli ricordò ancora del bacio e la sensazione di
calore che aveva avvertito in quel momento.
L’aereo
partì. Erina si toccò le labbra pensando “Sarà forse questo il sapore dell’amore?”.
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Capitolo 3 *** La foto ***
Soma
sfrecciava con la sua moto, da solo. Una corsa contro il vento che senza pietà
lo attraversava, intanto i suoi pensieri gli parlavano. Lo tormentavano. Riusciva
ancora a percepire il tocco delle sue labbra contro quelle di Erina. Perché
ogni volta che ricordava quel bacio lo portava in una dimensione di piacere
sconfinato? Eppure si era trattato solo di una cosa accidentale. Non capiva
come non avesse dato di matto in presenza dei suoi amici. Si era allontanato da
solo proprio perché non riusciva a dimenticare il gusto che aveva assaporato in
quel momento. Era qualcosa di sublime, indescrivibile. Assolutamente divino. Fece
una sosta. Si avvicinò ad un distributore di bibite automatico. Sentiva
improvvisamente caldo perciò prese la prima cosa fresca che gradiva. Appoggiò
la lattina sul viso “Possibile che provo qualcosa per lei?” chiese Yukihira
nella sua testa. “No, non è possibile. Non può piacermi una ragazza viziata e egocentrica
come Erina” si rispose autonomamente. Aprì la lattina, ma il suo cuore non gli
permise di bere. Aveva difficoltà anche solo ad avvicinare la bibita alle
labbra. Subito gli venne un’idea folle. Con il sapore di quel bacio intendeva
ricreare lo stesso gusto, e le sperimentazioni dovevano essere fatte
all’istante. Così non perse tempo e recuperò la moto per tornare in accademia e
iniziare a preparare dei piatti che si avvicinassero a quel sapore. Tutti
gli altri tornarono ai loro dormitori con le auto dell’ex direttore anche
Hisako che aveva preferito tornare a casa con calma in macchina.
Alice
non aveva preso bene la partenza di sua cugina. Aveva fatto tanto per trovarle
un posto lontano da suo padre grazie all’ospitalità del dormitorio Stella
Polare, ma era fallito. Aveva provato anche a fermarla prima di andare a New
York però senza risultati. Si era iscritta alla Tootsuki per battere Erina ma
lei era sempre occupata. Avrebbe solo voluto passare più tempo con sua cugina.
Aveva paura che Azami le potesse inculcare insegnamenti sbagliati o farle del
male e sapere che non poteva fare nulla la faceva stare male. Ryou era li con
lei ma non era bravo con le parole di conforto perciò la strinse a sé
d’istinto. Alice fu sorpresa dal suo comportamento però non protestò le faceva
piacere avere una spalla su cui piangere, così rimasero a lungo abbracciati.
Arrivato
al dormitorio Soma prese un po’ di alimenti dal frigo e dalle dispense per provare
a cucinare qualcosa, sotto gli occhi attenti e stupefatti di Fumio.
-
Che stai facendo? – domandò curiosa la donna.
- Niente di particolare. – disse sbrigativo e
concentrato in quello che stava facendo.
-
Come è andata con la questione di Nakiri? –
-
Oh niente, è partita ma abbiamo potuto salutarla tutti. –
Fumio
vide la velocità e l’impegno con cui cucinava il ragazzo ma c’era qualcosa che
la irritava.
-
Non consumare tutte le provviste! E poi perché ti sei messo a lavorare di punto
in bianco? E’ forse accaduto qualcosa? – chiese ancora la donna sperando in una
risposta che non arrivò. Quando
tornarono anche tutti gli altri, Fumio domandò ai ragazzi cosa fosse successo
all’aeroporto poiché trovava Yukihira piuttosto strano.
-
Perché questa domanda? – chiese Ibusaki dirigendosi con gli altri in cucina.
Si
levò un acutissimo – Eeeehhhhh – da parte di tutti.
-
Come mai Yukihira sta cucinando? – si domandava Yuki.
-
E perché tutti questi ingredienti? – chiese invece Ryouko.
Soma
mischiava di tutto, creava pietanze una dopo l’altra senza rendersi conto del
tempo che passava.
-
Servitevi, non fatevi problemi. Sto sperimentando una nuova ricetta. – disse
Yukihira senza accennare del bacio.
Tutti
assaggiarono i piatti che Soma preparava, ma si sorpresero che ognuno era
diverso.
-
Sono tutti molto buoni ma che genere di ricetta stai sperimentando? Ogni piatto
ha ingredienti completamente differenti. – disse Isshiki cercando di capire
cosa aveva/avesse in mente di creare l’amico.
-
Beh, ancora non so quale ricetta utilizzare, perciò, per trovarla, sto facendo
molte prove con ogni mix di sapore che mi viene in mente. – disse stupidamente. A
quelle parole cascarono tutti dalle sedie.
-
Si, è ufficiale. Credo che Yukihira abbia qualcosa che non va. – disse Marui.
-
Si, ma chissà cosa. – era preoccupata Megumi.
Isshiki
intuiva che il problema doveva avere a che fare con Nakiri Erina, ma non ci
diede troppo peso. Dopo
aver mangiato tutte quelle pietanze i ragazzi non cenarono neanche per idea. Fu
una giornata stancante e così andarono a dormire presto. Soma si sdraiò sul
letto con l’unico pensiero “Non ci siamo. Sono ancora ben lontano da quel
gusto.”
Nei
corridoi della scuola, il giorno dopo, Soma fu raggiunto dal suo amico
giornalista.
-
Ehi, volevo darti una cosa. L’articolo del ballo mi è venuto davvero bene e
anche le foto. Questa è la copia in anticipo della rivista, guarda! – disse
allegro Mitsuru.
Soma
ricordò il giorno del ballo, sembrava passato un secolo. Una voce alle spalle
di Yukihira però lo riportò al presente.
-
Yukihira Soma sei tu giusto? Ho una cosa da dirti, è importante. – disse un
ragazzo con un sorriso furbetto.
Soma
lo guardò indifferente.
-
Hai capito cosa ho detto? – insistette.
-
Sto aspettando che tu mi dica la cosa importante. – disse Yukihira senza
fretta.
-
Capisco quindi non ti importa che ho una foto di te e Nakiri compromettente e
potrebbe sentirlo l’intera scuola. – lo provocò.
Soma
capì al volo e gli diede appuntamento in un posto riservato. Mitsuru
ci capiva sempre di meno, ma non volle indagare oltre. Se Soma avesse avuto
bisogno di lui allora gli avrebbe volentieri dato una mano. Il
ragazzo si chiamava Hitoshi, frequentava il secondo anno. Aveva in mente
qualcosa. Soma
e Hitoshi si fermarono a parlare in un luogo isolato dl cortile infinito
dell’accademia.
-
Prima di tutto vorrei vedere la prova che hai effettivamente la foto. – disse
Yukihira.
-
Certo è comprensibile. – sfilò dalla tasca dei pantaloni il cellulare e mostrò
la foto. L’immagine
era nitida e purtroppo i due erano riconoscibilissimi. Per
un momento Soma si sentì a disagio guardando quell’immagine di lui e Erina
molto intimi, ma aveva nella testa ancora il sorriso beffardo di Hitoshi.
-
Dimmi cosa vuoi? Sembra quasi che tu mi stia minacciando. –
-
Sai, devi ritenerti piuttosto fortunato che sia stato io a vedervi e non
qualcun altro altrimenti a quest’ora sarebbe già stata di dominio pubblico. –
Soma
lo guardò male ma continuò a lasciarlo parlare.
-
Se non vuoi che io pubblicizzi questa foto dovrai fare uno shokugeki con il
sottoscritto. –
Soma
aveva molte possibilità di vincere quindi accettò senza farsi problemi.
-
Aspetta a dire di si. – Hitoshi sfoderò un altro dei suoi sorrisi.
-
Di che parli? – chiese molto confuso Yukihira.
-
Non avevo finito di parlare! – si agitò Hitoshi - In questo shokugeki devi fare
a modo mio, ossia dovrai perdere contro di me in pubblico. –
Yukihira
fu assalito dal terrore. Era costretto a perdere in una battaglia culinaria di
proposito. Non poteva accettarlo così facilmente.
-
Naturalmente non devi rispondermi ora, ma hai 24 ore di tempo per pensarci
Yukihira Soma. Ricordati che se dovessi rifiutare le mie condizioni quella
foto, quando sarà pubblicata, porterà dei guai sia a Nakiri Erina che a te. –
terminò Hitoshi prima di lasciare solo Soma nella disperazione.
Qual
era la scelta giusta da fare? Cos’era più importante, la foto o vincere allo
shokugeki? Soma
non aveva mai perso una sfida contro uno studente snob e per nulla talentuoso.
Sarebbe stato considerato un perdente.
-
Aaaahhhhh che devo fare!!! – si scompiglio i capelli rossi, parlando a voce
abbastanza alta.
-
Problemi Soma kun? – chiese gentilmente Megumi che passava di lì.
-
Ah, Tadokoro chan. Nessun problema, ahahah – mentì il ragazzo, voleva
nascondere il più possibile la storia del bacio perché di sicuro gli avrebbero
fatto mille domande e la verità era solo uno stupido incidente.
-
Anche tu hai terminato le lezioni? – domandò la ragazza.
-
No, anzi ora che mi ci fai pensare ho una lezione tra cinque minuti. – disse
tranquillo Soma.
-
Corri allora, non vorrai rimanere fuori! – disse Megumi facendo ragionare
l’amico. Soma perciò la salutò e andò via di corsa. Ogni
volta che stavano insieme Megumi si divertiva sempre. La ragazza non aveva
ancora avuto il coraggio di ammettere a se stessa che le piaceva Yukihira.
C’era qualcosa che tuttavia la turbava. Soma non si comportava come sempre e
lei voleva davvero sapere la causa di ciò. Terminate
le lezioni Yukihira si fermò a riflettere sulla questione della foto. In fondo
era solo una foto! No, non una semplice foto, ripensò il rosso. Se Nakamura
Azami avesse saputo di quel bacio, sicuramente Soma sarebbe stato espulso e la
Stella Polare in pezzi. Inoltre
come padre era il peggiore, Erina sarebbe stata nei guai più di lui. Il
sapore di quel bacio non riusciva a scordarlo…Soma appoggiò la schiena ad un
tronco d’albero. Gli mancava quel comportamento da reginetta di Erina e poi lei
lo aveva aiutato in diverse occasioni anche contro la propria volontà. Yukihira
doveva farle questo favore. Per non causare problemi a lei o a lui, Soma aveva
scelto di partecipare alla sfida. Camminava con la testa tra le nuvole poiché
gli era già venuta un’idea di quale pietanza preparare durante lo shokugeki.
Non poteva dimostrare le sue ottime abilità di cuoco, ma neanche creare i suoi
esperimenti disgustosi all’inverosimile. Così optò per farsi aiutare da una
ragazza che aveva conosciuto al festival del banchetto lunare, Nao Sadatsuka. Trovò
Nao vicino ad un albero intenta a guardare qualcosa tramite un cannocchiale, ma
Soma non diede molto peso alle azioni di stolking di Sadatsuka. Ovviamente la
ragazza stava pedinando come il solito Hisako Arato che quel giorno aveva
deciso di recarsi in biblioteca a fare delle ricerche. Nao la seguì sempre a
una certa distanza e Soma, anche se non capiva quello che stava facendo, fece
altrettanto perché doveva assolutamente parlare con Sadatsuka.
-
Ehilà, Sadatsuka Nao! Come va? – le appoggiò una mano sulla spalla per attirare
la sua attenzione. La
ragazza si girò con il cannocchiale ancora sugli occhi finché non riconobbe
Yukihira.
-
Stavi andando in libreria? Senti vorrei parlarti di una cosa. – disse
cordialmente il ragazzo.
-
A proposito di parlare anche io avrei da discutere una cosa con te. Ho visto
che tu e Hisako onee-sama siete saliti sulla stessa moto l’altro giorno. Come mai?
Stavo pensando quale maledizione inviarti. –
-
Cosa? – chiese perplesso il ragazzo – Beh, era una situazione difficile. Per arrivare
in tempo all’aeroporto a salutare Nakiri avevo pensato di darle un passaggio in
moto. Tutto qua. –
-
Ah capisco, allora va bene – si rincuorò Nao – Avevi qualcosa da chiedermi? –
domandò poi la ragazza che intanto si avvicinava alla finestrella della biblioteca
per spiare Hisako.
-
Si, avrei bisogno di un consiglio per una ricetta disgustosamente raffinata. Proprio
come le prepari tu. –
Nao
si voltò verso Soma interessata – Sul serio? Beh allora certo che ti do una
mano. – disse volenterosa. Trascorsero il tempo a pensare ad una ricetta che
poteva essere utile a Soma.
Hisako
intanto riuscì a trovare tutti i libri di cui aveva bisogno e li prese in
prestito per consultarli al meglio. Era sempre in pensiero per Erina, non le
aveva ancora telefonato. Si diresse verso l’uscita e vide la cosa più strana
che avesse mai visto. Soma parlava amichevolmente con Sadatsuka Nao? Si
stropicciò gli occhi per capire se fosse una visione o meno, ma non era un
sogno. “Come
mai Sadatsuka e Yukihira andavano d’accordo, ma soprattutto quando si erano
conosciuti?” pensò Arato sempre più confusa, ma alla fine cedette e non indagò
oltre. Le sembrava tutto così assurdo e surreale così tornò a casa.
Erina
era stanca gli occhi sembravano chiudersi contro la sua volontà. Aveva lavorato
troppo. Era il quinto giorno che trascorreva nella grande mela. Una bella città,
ma troppi impegni. Con gli occhi chiusi i pensieri le scivolarono di mente, ma
una cosa non la lasciava riposare tranquilla. Il pensiero assillante di quel
bacio. Soma lo aveva raccontato ai suoi amici?Cosa
avrebbe pensato Hisako se avesse saputo l’accaduto?
Perché
si preoccupava così tanto? In fondo era stato un incidente e lei non provava
nulla di romantico verso Soma, allora perché si faceva così tanti problemi? Non
aveva telefonato a Hisako in quei giorni, le mancava, ma non poteva farci
niente. Il lavoro con suo padre e la questione del bacio, di cui non voleva parlare,
le mettevano ansia e stress.
Anche
senza forze si ricordò di aver ricevuto un pacco da suo nonno. Lo aprì e ci
trovò il nuovo numero del giornalino della scuola.
In
prima pagina c’era la foto di Soma con Hitoshi che lo sfida a uno shokugeki. Ecco,
anche la rivista gli ricordava di Yukihira e di quanto fosse impulsivo, ma
Erina si domandava piuttosto come mai suo nonno le avesse inviato quel
giornale.
Quella
sera alla Tootsuki invece Soma aveva appena perso lo shokugeki di proposito con
HItoshi e tutti i suoi amici lo tempestarono di domande per scoprire la causa. Soma
non poteva aver perso sul serio, pensavano gli altri spingendo Yukihira a
confessare della foto.
Erina
si buttò sul letto, dentro di se si chiedeva cosa stesse succedendo all’accademia
e cosa pensava Soma del loro bacio.
Lo
squillo del suo cellulare la colse di sorpresa. Quando vide il numero e la
persona che la stava chiamando ebbe un po’ di esitazione a rispondere. Era Hisako.
Doveva
mentirle sul bacio? E se lo avesse già scoperto cosa avrebbe dovuto dirle?
|
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Capitolo 4 *** Cominciano i guai ***
La
palestra della Tootsuki era maestosa proprio come tutti i luoghi che facevano
capo alla famiglia Nakiri. Talmente grande che si poteva ospitare una gara di
basket con uno stadio pari a quello calcistico. Soma percorse tutto il
perimetro della stanza per ricongiungersi con i suoi compagni di accademia.
C’erano proprio tutti i suoi amici. Il professore divise i ragazzi che
avrebbero giocato a basket e le ragazze a pallavolo.
Soma
era capitato nella squadra con Hayama, Marui e Ibusaki mentre come rivali
c’erano Takumi, che non vedeva l’ora di cominciare per sfidare Yukihira e
batterlo anche nello sport, insieme a Kuroba che aveva una faccia indifferente,
ma in fondo era pronto per dare una lezione ad Hayama.
Intanto
Isami tifava per suo fratello, restando in panchina, facendo compagnia a Megumi
che aveva deciso di non fare sport quel
giorno. Era ancora molto giù dal bacio fra Soma e Erina, non poteva farci
niente lei stava male e basta. Stringeva tra le mani il cellulare di Hisako
perché la ragazza si era raccomandata che se avesse chiamato Erina avrebbe
dovuto avvertirla subito.
Le
squadre delle ragazze erano composte da Alice, che non capiva nulla di sport e
altre studentesse davvero brave. Nella squadra avversaria invece c’era Hisako
come caposquadra, che era abbastanza abile negli sport, più Ryouko, Yuki e Nao
che con la sua ombra scura faceva quasi allontanare gli altri membri della
squadra.
Il
coach diede il fischio d’inizio così cominciarono le partite di basket e
pallavolo.
Soma
era veloce, scattante come una saetta e ogni volta si scontrava con Takumi che
lo ostacolava in tutti i modi possibili. Soma non era abbastanza bravo da fare
canestro così ogni volta Hayama, essendo più alto, segnava più punti possibili
per la sua squadra. Kuroba invece sembrava davvero minaccioso, con o senza
bandana in testa aveva una forza e uno sguardo sovrumani destando stupore tra i
presenti.
Hisako
e la sua squadra intanto stava vincendo contro quella di Alice che si muoveva
come un bradipo per evitare di sudare. Tuttavia Nakiri odiava perdere così
cercò di fare una schiacciata, ma non da sola. Chiamò Ryou a pochi metri da lei
che era intento a fare canestro da lontano. Sentendosi chiamare dalla sua
signora, però, lasciò immediatamente il pallone da basket e corse in direzione
di Alice. La sollevò in aria quel tanto che bastava per fare una schiacciata.
Il coach rimase senza parole. Hisako era immobile guardò soltanto la palla che
cadeva con forza sul pavimento, incontrastabile e imprendibile. I ragazzi che
giocavano a basket si fermarono di giocare per vedere tutta la scena. Era
incredibile come Ryou, palestrato e minaccioso si facesse manovrare in quel
modo.
Soma
andò incontro a Kuroba – Che forza però sollevare Nakiri così, wow! – ammirava
le braccia muscolose di Ryou.
-
Hai visto! Ryou kun si allena ogni giorno per stare in forma e diventare super
forte. – si vantò del suo assistente, Alice alla quale non importava
assolutamente della partita.
Il
professore di educazione fisica cercò di riportare l’ordine nelle squadre e con
il fischietto attirare l’attenzione dei ragazzi per tornare ad esercitarsi
negli sport. Tutto inutile.
Hisako
era furiosa – Che cosa volevi fare? Guarda che non hai rispettato le regole e
ovviamente quel punto non vale, ti sei fatta aiutare da Kuroba! E per giunta lo
hai chiamato nel momento in cui anche lui stava giocando, sei scorretta! –
cercò di avere ragione Arato.
-
Scusami, ma non sapevo che esistessero delle regole per la pallavolo e poi sono
stata io a fare la schiacciata. Quindi il punto vale eccome! – disse l’altra.
Hisako
continuò a discutere con Alice lasciando in sospeso la partita di pallavolo. I
ragazzi invece continuarono a giocare a basket come volevano loro. Il coach che
era stufo di essere ignorato gettò la scheda degli esercizi che avrebbero
dovuto fare i suoi alunni su una sedia e lasciò la palestra – Sono gli unici
studenti che non mi ascoltano! – esclamò irritato mentre andava via, Isami e
Megumi però lo sentirono da lontano.
Dopo
squillò il cellulare di Hisako e Megumi chiamò Arato gridando per la palestra.
Fortunatamente la ragazza sentì e si precipitò per rispondere alla chiamata di
Erina ma nel farlo si scontrò con Hayama. I loro sguardi si incrociarono, ma
Hisako lo ignorò subito per raggiungere il suo iphone e rispondere al più
presto alla telefonata. Erina non poteva chiamare spesso, così ogni volta che
si presentava l’occasione di sentirla Hisako non se lo faceva ripetere due
volte.
Erano
passati dei giorni da quando Soma aveva rivelato la verità sul bacio e Erina
aveva ricevuto dei messaggi di Alice provocatori perché infatti anche lei venne a sapere tutto. Così Erina cercava di
non rispondere alle chiamate di sua cugina e a rispondere vagamente ai suoi
sms. Insomma anche volendo dimenticare quel bacio era impossibile soprattutto
quando ci si metteva Alice a rompere le scatole. Hisako cercava di far sbollire
la rabbia di Erina che si sfogava proprio di questo, ma alla fine si finiva
sempre per toccare il discorso su quell’incidente con Soma.
Alice
curiosa di sapere cosa si dicevano Hisako e sua cugina gridò correndo nella
direzione di Arato – Anch’io voglio parlare con Erina! – protestò.
Erina
sentì le grida di Alice ed ebbe l’impulso di chiudere la telefonata, ma la voce
che più la indusse a terminare la chiamata fu quella di Soma. Al solo sentire
le sue parole Nakiri diventò rossa all’istante tanto da non capire più nulla –
Hisako, c-ci sentiamo in un altro momento, ok? A presto. – disse agitata.
Hisako
non comprese il suo atteggiamento, però aver sentito la sua voce la rendeva più
tranquilla.
Erina
sapeva che dal giorno della sua partenza qualcosa era cambiato in lei, ma
soprattutto nel momento in cui le sue labbra avevano sfiorato quelle di
Yukihira. Accidentalmente o meno, era successo. Non aveva il coraggio di
parlare con Soma, l’imbarazzo glielo impediva. Nonostante tutto però la ragazza
era felice di aver sentito qualche parola di Yukihira anche soltanto per
telefono. Scosse la testa per cacciare via quel pensiero incessante “Non poteva
innamorarsi di quello stupido!”. Non aveva mai avuto la necessità di questo
sentimento d’amore quindi perché avrebbe dovuto accoglierlo con tanta facilità.
Si sentiva triste per aver chiuso presto la telefonata, voleva tanto parlare
con qualcuno che conosceva. Lì a New York non aveva amici ne ottimi conoscenti,
ma solo datori di lavoro e collaboratori. Suo padre era riuscito ancora a
rendere la sua vita chiusa e vuota. Era sul punto di richiamare la sua amica,
ma aveva timore di sentire la voce di Soma. Non conosceva i sentimenti del
ragazzo, cosa avrebbe pensato all’ipotesi di loro due come fidanzati. Faceva
ridere al solo pensiero. Si, Erina non riusciva a prendere sul serio i suoi
sentimenti. Forse era troppo fredda per ammettere le emozioni che la colpivano
ogni qual volta Yukihira era nei paraggi e che la destabilizzavano del tutto.
Era
sul letto a scrivere delle ricette nuove che aveva preteso suo padre. Azami non
tollerava piatti pieni di sentimento o buoni all’inverosimile. Desiderava
invece un tipo di cucina raffinatissima e di alta qualità.
Posò
lo sguardo sull’orologio accanto al suo comodino, erano quasi l’una, il fuso
orario la stancava parecchio, abituarsi era difficile e anche i suoi pensieri
le cominciavano a pesare.
Si
diresse verso la cucina perché il ristorante dove lavorava aveva bisogno di una
mano in più per soddisfare i moltissimi clienti che arrivavano affamati e
soprattutto spinti dalle voci che circolavano della famosa “God Tongue”.
Dopo
ore in cucina vicino ai fornelli e aiutando i cuochi a dare il loro meglio
Nakiri si cambiò per fare due passi in città. Era sera, scortata dai suoi
soliti uomini uscì sotto gli occhi attenti di Azami che la vide dalla finestra
dell’albergo in cui alloggiavano.
In
quel momento Kohinata e la sua fedele amica Suzuki, divenuti clienti abituali
del locale dei Nakiri, avevano prospettato di entrare per mangiare qualcosa di
buono, ma appena videro Erina decisero di presentarsi.
-
Devi essere la famosa nipote di Nakiri Saenzaemon, giusto? – si accertò
Kohinata anche se sapeva benissimo chi era la ragazza.
Erina
lo guardò bene – Si e voi? –
-
Io sono Kohinata e lei è la mia amica Suzuki. Veniamo spesso in questo
ristorante. –
-
Mi dispiace ma non concedo autografi in questo momento. – disse prevenuta.
-
No, non vogliamo un autografo. Vedi io ho frequentato per tre anni di medie l’accademia
Tootsuki. So perfettamente quanto sia stancante cucinare. Io e la mia amica
volevamo proporti di farti conoscere dei posti dove non solo si mangia bene, ma
ci si diverte anche. – inventò al momento il ragazzo.
Le
guardie del corpo non erano molto consenzienti però era Erina che doveva
decidere. Nakiri non aveva amici in quella città e avrebbe dovuto passare
ancora dei mesi lì, forse qualche conoscenza in più poteva essere l’ideale
specialmente perché erano più o meno della sua età.
Azami
ordinò al suo assistente di verificare chi fossero quei ragazzi che si erano
avvicinati a sua figlia. Non si fidava di quei giovani spuntati dal nulla e
così inviò una macchina dietro per spiarli.
Erina
seguì i due ragazzi nelle strade affollate e luminose della grande mela sotto
l’oscurità della sera. Si domandava come sarebbe stato girare la città con
Hisako e gli altri. Soma, stranamente era sempre nella sua testa. Quella sera,
come tutte le sere, buia e l’oscurità associata a suo padre la rendeva
timorosa. Sentì un brivido per tutto il corpo. Yukihira era l’unico pensiero
che riusciva ad annullare tutti gli altri.
Kohinata
e Suzuki la fecero distrarre un po’ in alcuni locali dove si ascoltava anche
musica dal vivo. Fu una serata nel complesso piacevole, ma Erina sentiva in
ogni caso nostalgia degli amici che aveva lasciato alla Tootsuki.
Trascorsi
due giorni a fare indagini su Kohinata e la sua amica, Nakamura decise di
convocarlo nel suo ufficio e parlare a quattr’occhi.
Kohinata
non conosceva affatto Azami ma pensò che come tutti i padri fosse geloso e
protettivo nei confronti della propria figlia. Si presentò puntuale. Il padre
di Erina era vicino alla finestra intento a specchiarsi. Non appena vide la
sagoma del ragazzo sul vetro lucido si voltò piano – Così hai deciso di uscire
con mia figlia. – cominciò severo.
-
Si, credo che abbia bisogno di svagarsi un po’. –
-
Già, il problema è che lo dico io con chi far uscire mia figlia. – disse Azami
duramente.
Kohinata
non fiatò.
-
Ho saputo che hai frequentato la Tootsuki per tre anni circa, perché? –
-
Volevo studiare diritto come mio padre. –
-
Si, so che è uno stimato magistrato. Ora, dimmi la ragione per la quale io
dovrei permettere che una persona come te possa frequentare Erina. –
Come
avrebbe dovuto rispondere? Il ragazzo si trovava confuso, la persona che si
trovava di fronte non era quella che si immaginava. Non gli avrebbe concesso
tanto facilmente di poter diventare un amico o qualcosa di più della ragazza
che amava. Gli occhi, crudeli, scuri lo fissavano intensamente e lo inducevano
a indietreggiare. Così sfoderò la sua arma migliore, che poteva garantirgli un
vantaggio.
-
Per questa foto. Potrei mostrarla al mondo intero e creare uno scandalo, se lei
non mi permettesse di vedere più vostra figlia. – mostrò il bacio tra Erina e
Soma.
Azami
studiò a lungo quel bacio. Non credeva possibile una relazione tra Erina e il
figlio di Joichirou. Questo poteva vanificare tutto quello che aveva costruito
del futuro di sua figlia. Doveva essere fredda, giudicare severamente ogni
piatto e ubbidire ciecamente ai suoi comandi. Yukihira però poteva essere un
problema. Non poteva permettere che Erina si innamorasse o sarebbe stata la
fine della sua rivoluzione. I suoi piani potevano essere rovinati, ma cercò di
rimanere calmo, avrebbe sicuramente trovato una soluzione anche a questo
problema.
-
Come l’hai ottenuta? – domandò il nuovo preside con un certo interesse.
-
Non importa come io abbia fatto, quello che conta è che ho una prova
schiacciante. -
Nakamura
prese con gentilezza l’iphone di Kohinata, recuperò la memory card e la micro
sd, poi lo gettò a terra e lo distrusse schiacciandolo con una scarpa.
Si
avvicinò al ragazzo tremante e immobile – Non provare mai più a minacciarmi,
chiaro? E se ti sto dando campo libero per uscire con mia figlia è solo perché questo
fa parte del mio piano. Dimmi il nome di chi ha scattato la foto e non ne
riparliamo più, d’accordo? – cercò di sorridere poi prese dei dollari – Tieni
questi soldi, basteranno no? Puoi anche comprarti un cellulare di ultima
generazione, basta che non fai capricci. –
Kohinata
li prese e si dileguò in fretta da quell’ufficio dopo aver spifferato il nome
del suo amico. Azami era una persona terrificante, adesso lo sapeva. Era
dispiaciuto per aver rivelato il fatto della foto, ma ormai non poteva farci
nulla.
Erina
era intenta a preparare un sufflè quando entrò in cucina suo padre che la
immobilizzò all’istante. Ogni volta che lo vedeva apparire, Erina aveva sempre
il timore che poteva succedere qualcosa di spiacevole.
Azami
ordinò agli altri cuochi di andare a lavorare nella cucina a fianco affinché
lasciassero da soli lui e sua figlia.
-
C’è forse qualche problema? – chiese Erina.
-
Guarda tu stessa. – mostrò il bacio tra lei e Soma.
Erina
diventò bianca, non poteva credere a quello che vedeva. Come l’avrebbe dovuto
giustificare a suo padre? Il segreto non bastava perché quella foto era una
prova più che sufficiente a rovinare la sua reputazione. Aveva il cuore che le
martellava nel petto, ma non per aver visto immortalato il suo primo bacio
bensì la paura dell’ira di Azami.
-
Posso sapere che tipo di relazione hai con Yukihira? – domandò senza rabbia, ma
con espressione atroce.
A
quella domanda Nakiri non sapeva cosa rispondere, suo padre non avrebbe
ascoltato una sola parola. Abbassò lo sguardo e fece capire che si era trattato
di un incidente e che non aveva idea della foto.
Azami
ripose nella tasca il suo telefonino – Quell’incidente come lo chiami tu
potrebbe provocare uno scandalo mondiale. Anche se Yukihira è figlio di
Joichirou non è certo un nobile come te! –
-
Lo so. – disse incerta la ragazza – Come avete ottenuto quella foto, padre? –
chiese Erina che voleva saperne di più.
-
Non ha importanza, di questo me ne occuperò io. – disse, poi si voltò per
lasciare Erina da sola a riflettere – Non credere che questo non poterà a delle
conseguenze. Ricordatelo. – terminò Azami, minaccioso.
La
ragazza appoggiò le mani sul tavolo e inclinò la testa disperata. Si domandava chi
avesse scattato quella foto e cosa poteva fare per rimediare.
Hisako
aveva appena seguito una lezione noiosa sull’igiene, ma visto che lei era
esperta non le interessava più di tanto a parte il fatto che si trovava in
vantaggio rispetto agli altri. Controllò il suo cellulare, era diventata una
mania da quando la sua padrona e amica si trovava in un altro continente.
Incontrò
Megumi con al seguito Yukihira e i fratelli Aldini e decise di fare un po’ di
strada in loro compagnia finché non ricevette un sms su whatsapp da parte di
Erina.
-
Che cosa ti ha scritto? – chiese Soma.
Hisako
aveva il volto preoccupato, da quel momento in poi pensò sarebbero cominciati i
guai.
Il
messaggio diceva così “E’ terribile Hisako, mio padre ha scoperto del bacio
perché qualcuno gli ha inviato una foto di quel giorno e ora non so che fare.
Tu sai qualcosa di tutto ciò?”.
Soma,
Megumi e Takumi si allarmarono. Yukihira sospirò pesantemente, doveva trovare
una soluzione al più presto ma la prima cosa era di parlarne con Erina. Doveva
sapere la verità.
-
Come rispondo, ragazzi? Parlarne per messaggi potrebbe equivocare le cose. –
chiese consigli Hisako che aveva paura per la sua amica ancora le capitasse
qualcosa.
-
Ci parlo io. – si propose Soma – Componi il numero di Nakiri, Arato, voglio
chiarire la situazione, a voce. –
Erina
non si aspettava una chiamata di Hisako, le aveva mandato un messaggio proprio
perché non si sentiva in grado di reggere una conversazione parlata, ma in
fondo doveva pur sfogarsi con qualcuno.
-
Pronto. – rispose Erina.
-
Nakiri, sono Yukihira ho letto il tuo messaggio perciò è giusto che tu sappia
ogni cosa. –
-
Y-y-yukihira, che cosa? Perché mi hai chiamata con il numero di Hisako? – disse
Erina troppo sorpresa e arrabbiata per comprendere le parole del ragazzo.
-
Lascia stare questo, ho incontrato Arato poco fa. Ascoltami, io conoscevo
l’esistenza di quella foto e voglio raccontarti tutta la verità. –
-
Cosa vorresti dire con questo, che mi hai nascosto la verità sulla foto? E
quale sarebbe questa verità? Tu cosa centri in questo? – si agitò Erina che era
più confusa di prima.
-
Un ragazzo di nome Hitoshi, che frequenta il secondo anno delle superiori qui
alla Tootsuki per caso ci ha scattato quella foto e mi ha ricattato. Se avessi
perso ad uno shokugeki contro di lui, non avrebbe pubblicato la foto. Ecco come
sono andate le cose, non avevo idea che la foto fosse arrivata a tuo padre. –
spiegò al meglio Soma.
-
Che cosa! – esclamò Erina, voleva sparire in quel momento. Non conosceva quel
dettaglio della storia e stava parlando con il ragazzo che aveva tentato di
proteggerla. Aveva sacrificato una facile vittoria, si era messo in cattiva
luce solo per evitare che una stupida foto girasse tra i media. Abbandonò il
suo cellulare e si portò le mani sul viso sconsolato. La colpa per tutto quello
che stava succedendo era sua, Erina lo sapeva bene. Per essere famosa, di ricca
famiglia e per avere un padre terrificante. Yukihira non poteva fare nulla
contro tutto ciò. Aveva cercato di aiutarla, ma se avesse continuato a fare
qualcosa per lei sarebbe stato in pericolo.
-
Nakiri, ci sei? – tentò più volte Soma per verificare che Erina fosse ancora in
ascolto.
La
ragazza dopo l’insistenza di Yukihira si accorse che la telefonata era ancora
aperta. Portò il suo telefono all’orecchio destro e rispose ormai rassegnata –
Ho capito, non ti preoccupare. – poi ebbe un esitazione e Soma se ne accorse.
-
Eh? – disse Yukihira che ci stava capendo poco di quello che stava succedendo
nella testa di Erina. Odiava parlare al telefono, non riusciva a percepire le
emozioni dell’altra persona ne poter vedere il suo volto ne la sua vera
reazione.
Erina
voleva dire di più, ma la voce non rispondeva ai comandi. La sua testa le
imponeva di sfogarsi ma il suo cuore era chiuso e pieno di lacrime per potersi
esprimere.
-
Mi dispiace. – disse infine la ragazza e chiuse la telefonata.
-
Nakiri, rispondi! Nakiri! – provò ad insistere Soma, ma era inutile.
-
Ha chiuso. – si rivolse agli altri vicino a lui.
Takumi
e Megumi non dissero una parola, la situazione era più grave di quanto
pensassero e stare lontani rendeva tutto più complicato. Hisako aveva un’aria
triste, non aveva mai visto Soma tanto preoccupato e adirato. Però era ancora
convinta che Yukihira potesse essere la speranza per contrastare Azami e
salvare Erina.
-
Dove vai? – chiese Megumi a Soma che si avviava verso la direzione opposta a
quella del dormitorio.
-
Vado a parlare con Hitoshi, voglio sapere quali sono le sue vere intenzioni. –
disse deciso il ragazzo.
“Mi
dispiace” quella frase offuscava la mente di Yukihira. Quando mai lei si
scusava di qualcosa? E poi perché, se il pasticcio lo aveva creato lui. Voleva capire
come mai quella chiamata lo turbava al punto da impazzire.
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Capitolo 5 *** La verità ***
Soma
aveva perso lo shokugeki proprio come desiderava Hitoshi in cambio di mantenere
il silenzio sulla foto del bacio. Alcuni
degli studenti che erano andati ad assistere alla battaglia furono contenti che
Yukihira avesse perso. In questo modo chiunque poteva pensare di battere Soma
in uno shokugeki. La reputazione sarebbe certamente crollata ma non per i suoi
amici che lo assalirono di domande.
Il
rosso sperava di cavarsela con una risposta del tipo “Volevo sperimentare una
cosa nuova, ma nel tentativo ho fallito”. Tuttavia nessuno poteva credere a
quelle parole, non era nel suo stile perdere per una scusa del genere.
-
Ok avete ragione, non sono stato sincero del tutto. Il giorno della partenza di
Nakiri un ragazzo dell’accademia ci ha scattato una foto e mi ha in un certo
senso ricattato per non renderla pubblica – spiegò in parte Soma.
-
Non può essere che per una foto di voi due… - rifletté Hisako, sempre
interessata a tutto ciò che riguardava Erina, poi ci arrivò molto vicino – A
meno che non sia una foto compromettente! –
Yukihira
ebbe una leggera esitazione perciò Nikumi insistette – Allora! Si può sapere
che cosa è successo? –
Yukihira
non aveva altra scelta che rivelare la verità del bacio.
-
Tu e Nakiri vi siete baciati? – sperava di aver capito male Nikumi.
-
Scusa ma è difficile da credere. – disse Marui.
Megumi
faticava a immaginare la scena, ma i suoi sentimenti parlavano chiaro. Quella
notizia la rendeva triste come non mai.
-
E’ stato solo un caso, ma ecco la foto – mostrò a tutti i presenti la foto che
gli aveva inviato Hitoshi.
-
Sei sicuro che si è trattato di un caso perché dalla foto sembra tutt’altro! –
gli fece notare Takumi.
-
Sicuro che sia tutto ok? quel ragazzo poteva anche essere uno della “centrale”
comandata da Azami. – chiese Ibusaki.
-
Dai ragazzi ora non ne fate un dramma – cercò di sdrammatizzare Soma.
-
Allora com’è stato? – chiese curiosa Ryouko.
-
Beh, non mi viene in mente nulla. – mentì Yukihira.
-
Come sarebbe! Baci colei che possiede il palato divino e non hai nulla da dire?
– protestò Yuki desiderosa di sapere tutti i dettagli.
Hisako
si creava tutti i possibili film mentali di come fosse potuta accadere una cosa
situazione simile.
-
Se si è tratto solo di un caso allora spiegaci come sono andate le cose. –
volle sapere, molto interessata, Ryouko.
-
E successo che all’improvviso una folla di gente ci ha spinto, per la fretta,
tanto da baciarci. –
Hisako
sentendo ciò si infuriò con Soma – Ma quante possibilità c’erano di baciarvi?
Che cosa ti ha detto Erina? Non puoi essere così tranquillo mentre lei
probabilmente avrà avuto un crollo psicologico! – poi prese il suo iphone –
Adesso la chiamo per sapere come sta. Perché non l’hai detto prima? –
-
Perché volevo evitare fraintendimenti. – cercò di giustificarsi.
-
Quindi visto che è stato un caso, non siete una coppia vero? – chiese
timidamente Nikumi che voleva a tutti i costi accertarsi dei sentimenti di Soma.
Involontariamente era imbarazzata a fare quella domanda, ma il suo cuore voleva
sapere la verità su quel bacio.
-
Eh? – Yukihira stava cercando di elaborare una risposta decente, non poteva
certo raccontare che il bacio gli era piaciuto altrimenti lo avrebbero
frainteso completamente.
-
Allora! – esclamarono Nikumi e Takumi all’unisono in attesa di una risposta
soddisfacente.
-
E’ stato solo uno sbaglio. Un bacio casuale niente di più. – disse in modo
teatrale.
Nikumi
si calmò, ma di poco, dentro di se non era del tutto sicura che quella fosse la
verità. Nello stesso momento Hisako provava a telefonare alla sua amica.
Quest’ultima era indecisa se rispondere o meno, ma in fondo non sentiva Hisako
da giorni e forse parlare con lei le avrebbe fatto bene.
-
Erina come sono felice di sentirti! Come stai? Ho saputo tutto da Yukihira, mi
dispiace per quello che è accaduto. –
L’ipotesi
di Erina era diventata realtà, Soma aveva raccontato a tutti dell’incidente.
Solo che Erina non trovava il coraggio di parlare di quell’argomento.
Hisako
si preoccupò di non sentire la voce dell’amica – Allora è vero che stai male
per quel bacio! Probabilmente hai subito una specie di trauma, ma con me puoi
parlare liberamente, se ti va. – si agitò Hisako.
-
Calmati ti prego. Sto bene, ma preferisco non parlare di quello. Piuttosto come
vanno le cose a scuola? –
Hisako
si tranquillizzò sentando la voce limpida di Erina – Si sono fermati gli
shokugeki, perciò è tutto più calmo. –
-
Sono contenta, ma allora perché Soma ha dovuto fare uno shokugeki? – domandò
perplessa Erina.
-
Eh? – disse confusa Hisako – Come l’hai saputo? –
-
Mio nonno mi ha inviato una copia del giornale dell’accademia. Allora chi ha
vinto? –
Hisako
era sul punto di dire la verità, ma conosceva Erina e sapeva che dicendole ogni
cosa l’avrebbe fatta preoccupare.
Mentire
era sbagliato, ma in fondo non poteva prendersi quella responsabilità che
spettava a Yukihira. Era Soma a dover spiegare la situazione. Ma cosa poteva
dirle? Alla fine si ricordò della collaborazione che Soma aveva stipulato con
Sadatsuka.
-
Si, Soma è impulsivo come sempre. Ha accettato uno shokugeki perché voleva
sperimentare una nuova ricetta che aveva preparato usando la stessa cucina di
Sadatsuka Nao. E ovviamente ha perso. –
-
Cosa? E da quando quei due si conoscono? – si stupì l’amica.
-
Già me lo chiedo anch’io. –
Le
ragazze parlarono a lungo di come Erina trascorreva la vita a New York, della
cucina di Sadatsuka e di quanti giorni sarebbero state ancora lontane.
Dopo
la chiamata Erina si sentì più rilassata e libera. Aveva ascoltato la voce
della sua amica, anche se distanti sapeva di poter sempre su di lei e
viceversa. Riprese il pacco del nonno, all’interno c’era anche una lettera
oltre al giornalino scolastico. La lettera era breve ma simpaticissima proprio
come se l’aspettava. C’era anche qualcos’altro. Delle fotografie che ritraevano
lei con gli altri ragazzi al ballo. Si soffermò sulla foto di lei e Yukihira
mentre ballavano. Un miscuglio di emozioni la pervasero in un attimo. Quelle
foto la portavano indietro nel tempo e ne sentiva nostalgia essendo poi lontana
da tutto e da tutti. Fece un respiro profondo e ripose tutto nella busta così
com’era arrivata. Non voleva stare male per dei ricordi così piacevoli.
Riguardo Soma…no non aveva la forza per pensare anche a lui così crollò dalla
stanchezza.
Soma
aveva ascoltato parte della conversazione e c’era un dubbio che lo opprimeva – Le
hai detto qualcosa della foto. – chiese a Hisako.
Lei
aveva un’espressione seria. Soma aveva perso uno shokugeki e il suo orgoglio a
causa di quella foto, ma non era colpa di Yukihira né di Erina.
-
No, ovviamente le ho mentito. Però non si può andare avanti così. Di sicuro
quell’Hitoshi non manterrà la sua parola. Non possiamo sapere quali sono i suoi
veri obiettivi. – disse senza giri di parole.
-
Lo so. – s’incupì Soma – Quando sarà il momento voglio essere io a dirglielo. –
Hisako
fu contenta di sentire ciò da Yukihira e si rilassò di più.
“Avrò
fatto bene a mentire sul bacio? Forse dovevo essere più sincero” rimuginava
Soma, fuori al balcone. Neanche lui sapeva spiegare a parole quello che aveva
provato durante il bacio e cosa sentiva nell’istante in cui cercava di
ricordarlo. Forse era semplicemente ignorante al riguardo.
Hisako
era tornata a casa accompagnata dai fratelli Aldini e Nikumi, giù di corda.
Megumi
invece non aveva rivolto una sola parola a Soma. Era molto scossa anche se non
lo dava a vedere.
-
E’ stato un bel gesto quello di perdere una battaglia per il bene di Nakiri –
si avvicinò Isshiki anche lui al balcone.
-
Quella foto potrebbe danneggiare Nakiri, ma anche il nostro dormitorio se
capitasse nelle mani di Azami. Perciò ho dovuto assecondare le volontà di quel
ragazzo e poi non sarà una sconfitta a buttarmi giù di morale. – disse con una
punta d’orgoglio.
-
Conosco prima di te Nakiri Erina e ho notato che da quando ci sei tu lei tende
a mostrare spesso il suo carattere nascosto. Davvero quel bacio non ha
significato niente per voi? – chiese indagatore Satoshi.
-
Non capisco di cosa tu stia parlando – disse ingenuamente Soma, era sincero non
sapeva a cosa alludesse il senpai.
-
Niente. Dimentica quella domanda. Piuttosto hai fatto amicizia con Sadatsuka
Nao – cambiò improvvisamente discorso Satoshi.
-
Si ci capiamo molto e poi è davvero in gamba. – Soma continuò a parlare del tipo
di cucina che voleva imitare, simile a quella di Nao.
Isshiki
ascoltava divertito i suoi discorsi, ma aveva ancora un dubbio “Se davvero non
provi nulla perché non hai cancellato quella foto dal tuo cellulare, Yukihira
kun?”. Isshiki rinunciò a far confessare Soma, prima o poi ogni cosa sarebbe
venuta a galla.
____________________________________________________________
Il
sesto giorno a New York cominciò per Erina in uno degli hotel più costosi e
prestigiosi della città. Consumò velocemente la colazione che lei stessa si era
preparata ed espresse poi il desiderio di poter visitare la grande mela. Azami
nonostante fosse riluttante all’idea, le concesse di uscire per svagarsi un
po’. Tuttavia doveva essere scortata da tre guardie del corpo.
Essere
famosi e ricchi comportava sempre un prezzo da pagare. In questo caso la
libertà. Non poteva uscire da sola perché qualcuno poteva riconoscerla e darle
rogne, così doveva oltretutto utilizzare un abbigliamento non troppo vistoso, o
peggio potevano rapirla per chiedere un riscatto.
I
marciapiedi erano affollati dal via vai delle persone mentre il traffico dei mezzi peggiorava col passare
delle ore. Era abituata a vedere grattacieli maestosi o le strade affollate ma
non la varietà di persone di diversa etnia passeggiare tutti insieme senza
avere pregiudizi.
Come
per il cibo, mischiare i diversi aromi o anche accostare tipi di cucine
diverse, così si formava un cuoco eccellente. Sperimentare le varie cucine
sparse nel mondo. I piatti di Joichirou Saiba erano perfetti proprio perché
rispecchiavano queste caratteristiche culinarie.
Non
poteva fare a meno di pensare al padre di Soma perché sapeva che stava
lavorando a New York. Le sarebbe piaciuto assaggiare la cucina di Saiba prima
di tornare in Giappone. Azami non le aveva ancora rivelato come conosceva
Joichirou, però Erina evitava di fargli pressioni e motivi per farlo
arrabbiare.
Anche
volendo rivederlo non sapeva in quale ristorante lavorava Joichirou così si
perse d’animo e non ci sperò più.
Era
inevitabile pensare a Yukihira. La telefonata con Hisako l’altra sera la face
riflettere. Perché Soma avrebbe perso in uno stupido shokugeki per fare
sperimentazioni col cibo?
Qualcosa
non le tornava. Erina non era stupida, gli
stavano nascondendo qualcosa.
Faceva
supposizioni, si poneva tutti gli interrogativi possibili ed immaginabili ma
più di ogni altra cosa…come mai Soma simpatizzava con Sadatsuka Nao, sua
precedente stolker?
Sembrava
quasi gelosa e un po’ si sentiva esclusa poiché non conosceva tutti i dettagli
della relazione tra quei due.
Camminava
affiancata da una guardia del corpo femminile e poco più indietro due uomini
ben palestrati che indossavano vestiti comunissimi per passare inosservati.
-
Signorina cerca di non pensare troppo perché potresti sbattere contro qualcuno
o inciampare in qualcosa per terra. – la esortò la donna accanto a Erina.
La
ragazza era abbastanza seccata da quel commento – Lo so, non sono più una bambina. –
Si
avvicinò, ad un tratto, una ragazza di origini spagnole che chiedeva un’informazione. La guardia del corpo era pronta a rispondere ma Nakiri la precedette dimostrando
di essere indipendente. Conosceva qualcosa di spagnolo oltre che perfettamente
l’inglese e qualche altra lingua straniera, perché essendo una nobile non
poteva essere da meno degli altri.
La
donna sapeva quanto fosse incredibile Nakiri Erina, ma era ancora troppo
ingenua per lasciarla girare da sola una città così grande.
Passarono
le ore a girare mezza città, un po’ a piedi e il resto in limousine, finché non
gli venne fame. Erina cercava un nuovo ristorante da provare, così andando un
po’ alla cieca scovò un posto lussuosissimo.
-
Meglio di no è troppo affollato qualcuno potrebbe riconoscerti. – consigliò la
donna vicino a Erina.
-
Non prendo ordini da nessuno. Se decido di mangiare in quel ristorante allora
lo faccio. Lei non è mia madre per decidere cosa è meglio per me! – disse
sprezzante Erina. La ragazza non si capacitava del perché avesse scelto quelle
parole. Perché aveva messo in ballo sua madre? Scosse la testa per rimuovere
l’immagine di quella figura materna dalla testa. Fermò l’autista e scese
dall’auto scura.
Le
tre guardie si arresero a quel comportamento ostinato e altezzoso perciò la
seguirono in silenzio senza contraddirla, oltre.
Un
ragazzo seduto al bar poco distante dal famoso ristorante non toglieva gli
occhi di dosso da Erina. L’aveva riconosciuta, la stava seguendo da un po’.
Questo poiché era un amico di Hitoshi, Kohinata.
Quest’ultimo
sin da bambino l’ammirava. La conosceva di fama, collezionava tutti i suoi
articoli e servizi fotografici. Il suo sogno era di poterla incontrare. Era
un’ammirazione molto profonda, ma diversa da quella di Erina per Joichirou. Kohinata
era proprio cotto di lei. Lui era simpatico, affascinante e ricco poteva far
cadere ai suoi piedi qualunque ragazza, ma non era un don Giovanni. Per
Kohinata esisteva solo la bella Erina. Persino la sua migliore amica, che
sedeva lì con lui al tavolo del bar, non poteva reggere il confronto. La sua
amica però nonostante fosse innamorata di lui lo supportava in ogni cosa.
Hitoshi
che sapeva quanto il suo amico amasse Erina, non si era limitato a fargli sapere
che la ragazza avrebbe trascorso qualche mese a New York, ma gli inviò anche la
foto del bacio tra lei e Soma.
Kohinata
non era geloso, conosceva le proprie doti e non temeva nessun rivale, quella
foto poteva risultargli utile in ogni momento. Grazie ad essa infatti aveva
riconosciuto Erina per il cappello che portava lo stesso giorno della partenza.
Lui e la sua amica americana si imbucarono nel lussuoso hotel.
L’impressione
che Erina aveva di quel luogo era piuttosto buona, gli dava molte aspettative.
Sin
dalla prima portata Nakiri sentiva la straordinaria capacità dello chef, dopo
cinque portate ebbe l’effettiva conferma che il cuoco fosse Saiba Joichirou.
Non aveva dubbi! Voleva vederlo, perciò chiese ai suoi uomini di potersi
allontanare per verificare di persona, in cucina, se il suo buon senso, in
fatto di gusto, avesse fatto centro.
Sentendo
il nome di Saiba, la donna le lasciò fare come desiderava, ma non si sarebbe
allontanata per più di cinque metri dalla ragazza.
-
Le chiedo scusa, prima ho detto qualcosa di sconveniente. – disse Erina
dispiaciuta nei confronti della sua guardia del corpo.
-
Non si preoccupi, non mi sono offesa, davvero. – tagliò corto la donna. Non
conosceva perfettamente Erina, ma l’assenza della madre doveva essere un peso
troppo grande da sopportare per lei.
Il
padre di Soma era intento a cucinare e dare consigli agli aiutanti chef però
non appena notò Erina la accolse calorosamente.
-
Sono felice che tu sia venuta a trovarmi. Come stai? Sei venuta con tuo padre
giusto? –
-
Si, resterò per qualche mese qui a New York. –
-
Soma mi aveva già avvisato che saresti venuta, ma non mi sarei mai aspettato di
vederti così presto. –
-
E’ stato un caso a dire la verità, avevo fame e mi sono fermata in questo
bellissimo hotel. –
-
Ti sono piaciuti i miei piatti? –
-
Certo, come sempre. – era in imbarazzo, ma voleva tanto fargli quella domanda –
Potresti assaggiare qualche piatto fatto da me? – sperò la ragazza.
Saiba
si sorprese a quella richiesta ma non avendo nulla da obiettare, accettò
volentieri offrendole l’opportunità di usare la cucina del ristorante.
Inizialmente
non sapeva cosa preparare. Voleva stupirlo.
Quando
si tolse la giacca, dalla tasca le cadde un foglio. Erina si ricordò della
ricetta che aveva inventato dopo il bacio tra lei e Soma. Non l’aveva neanche
sperimentata ma sapeva che non era del tutto completa e non poteva far
assaggiare, all’uomo che ammirava tanto, un piatto incompleto. Il suo cuore
tuttavia le ricordò del sapore di quel bacio che l’aveva mandata in estasi,
impedendole di pensare a qualche altra bontà. Controllò che ci fossero tutti
gli ingredienti che le servivano e propose a Saiba un piatto incompleto di
ingredienti e privo di nome. Joichirou lo assaggiò ugualmente. Erina fece lo
stesso per capire come fosse venuto. La cottura era perfetta, ma mancava
infatti qualcosa. Non andava bene come gusto, non era uguale a quello che
desiderava lei.
-
Lo chef Yukihira approva! – disse Saiba entusiasta.
-
Eh, ma… - farfugliò qualcosa Nakiri.
-
Sei davvero un’ottima cuoca. Sono certo che se mi facessi assaggiare qualche
tua specialità me ne innamorerei. –
In
quel momento Erina arrossì tanto da rischiare di perdere i sensi, quello era un
complimento che non sentiva tutti i giorni e poi proprio da Joichirou. Era il
massimo per lei sentire quelle parole.
-
Manca qualcosa vero? Il problema e che non so cosa. – spiegò Erina che intanto
faceva funzionare il suo cervello in attesa di una brillante idea.
-
Si manca qualcosa, ma credo che sembra già perfetto così com’è. –
-
E quel “sembra” che mi fa impazzire! – si tormentò la ragazza.
-
Hai pensato da sola a questo piatto? – domandò curioso.
-
Beh, si più o meno. – balbettò Erina che non voleva dirgli che lei e suo figlio
si erano baciati per sbaglio, e che il gusto di quel bacio l’aveva portata a
creare una ricetta simile. L’avrebbe di certo presa per pazza o qualcosa del
genere. Le balenò subito in testa una ipotesi sconcertante, cosa avrebbe
pensato Joichirou del bacio? I suoi dubbi si spensero guardando l’orario.
Doveva tornare da suo padre perché aveva un incontro importante perciò dovette
salutare lo chef.
-
Ci vediamo presto, uno di questi giorni e se ti fa piace potresti lasciarmi
preparare questo piatto ai clienti. Magari riesco anche a trovare l’ingrediente
mancante, ti va? – offrì Joichirou.
Erina
fu felice di quella proposta lasciò la sua ricetta nelle mani di Saiba che non
immaginava assolutamente quello che c’era stato tra lei e suo figlio. Tornando
in macchina all’hotel dove soggiornava, Erina notò molte coppiette di fidanzati
tenersi per mano. “Chissà cosa provano quei ragazzi? Perché l’amore è
necessario? Cosa si prova ad avere una persona speciale che rivolge attenzioni
solo nei tuoi confronti?” domandava a se stessa la ragazza mentre si preparava
psicologicamente al resto della giornata da trascorrere con suo padre e i suoi
uomini d’affari.
Sono riuscita a terminare il capitolo prima del previsto, il prossimo, però, uscirà a fine febbraio. A presto :).
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Capitolo 6 *** L'amicizia ***
Soma
camminava tra i giardini stupendi e imponenti della Tootsuki in cerca del
ragazzo che stava creando problemi a lui e a Erina. Camminava ma i suoi
pensieri erano altrove, cercavano il volto di Nakiri Erina. Era spaventato
all’idea che lei potesse tremare proprio come l’aveva vista il giorno del
banchetto lunare a causa di suo padre. Incontrò per caso Alice e Ryou così fu
costretto a riferire della telefonata. Alice decise di aiutare Soma – Da quando
ho saputo da Hisako la situazione ho tenuto d’occhio Hitoshi quindi so dove
cercarlo. –
Hitoshi
era in un’aula vuota chino sui libri di storia della cucina. Soma fu percorso
da una scarica elettrica appena vide il ragazzo. Lo prese per la camicia –
Bugiardo, perché non hai rispettato il patto! –
Alice in
quel momento pensò che Yukihira fosse diventato pazzo così chiese a Ryou di
dividere i due. Hitoshi non capiva quell’atteggiamento.
- Non so
di cosa parli! Datti una calmata. Se è per la foto non l’ho pubblicata affatto.
–
- Già, ma
al nuovo direttore si! Sa tutto. – disse Soma cercando di trattenere la rabbia
per non esplodere come prima.
- Cosa? –
Hitoshi non aveva inviato la foto ad Azami ne era più che sicuro poi ricordò
Kohinata, lui era l’unico a cui l’aveva data.
Ryou
incitato dalla sua padrona domandò – Se non sei stato tu a inviare quella foto.
Chi è stato? –
Hitoshi
non poteva rischiare di essere picchiato perciò raccontò di Kohinata.
-
Perfetto adesso tu dici a questo tizio che non deve intromettersi in queste
faccende. – chiarì Nakiri.
Soma non
era più sicuro di nulla, c’era un ragazzo di cui non conosceva l’esistenza che
aveva mostrato quel bacio ad Azami. Perché? Per quale motivo l’avrebbe fatto.
Era troppo lontano per poter fare qualcosa.
- Lascia
perdere Alice, Nakamura ormai sa tutto in ogni caso. – si arrese all’idea il
rosso.
- Hai
forse intenzione di arrenderti? Ci sei dentro anche tu in questa situazione! –
lo rimproverò Alice – Io andrò fino in fondo finché non saprò Erina al sicuro.
– continuò.
- Già, ma
dimmi tu quello che bisogna fare perché non ne ho idea! – le gridò di rimando
Yukihira.
- Ehi,
Yukihira non ti conviene parlare così alla mia signora. – disse Ryou vedendo la
faccia di Alice sconvolta per il tono che aveva utilizzato Soma. Quest’ultimo
si rese conto di non essere stato gentile. Si scusò e andò via. Odiava quel
sentimento di sconfitta ogni volta che perdeva ad una sfida culinaria e quella
volta pur non essendo uno shokugeki si sentiva così. Aveva perso la possibilità
di rendersi utile.
__________________________________________________________
Le
giornate erano diventate tutte uguali per Erina, non aveva più contattato
nessuno da quella telefonata. Neanche con Hisako riusciva più a parlare. In più
era deconcentrata nella cucina. Quasi si tagliava con un coltello nel tagliare
una carota, non era più lei. Anche la cucina non riusciva a trasmetterle nulla.
La forza e la passione che lei ritrovava quando preparava dei gustosi piatti
sembrava essere morta con quel “Mi dispiace”. Involontariamente aveva perso la
voglia di fare l’unica cosa che amava tanto: cucinare. Dalla finestra doveva
filtrare ancora la luce del giorno ma Erina vedeva solo un colore spento.
Grigio, proprio come lo era la sua vita in quelle giornate prive di colori
vivaci.
Era sera,
la biblioteca dell’accademia rimaneva aperta entro massimo le otto e mezza.
Hisako era lì, si era appisolata per la stanchezza dello studio abbandonata sopra
un libro di cucina che le aveva consigliato tempo fa Erina. La sua mente
cercava di elaborare delle immagini. Un sogno vivido perché era realmente
accaduto tempo fa portò Hisako indietro nel tempo, ad un ricordo importante. Il
primo giorno che incontrò Erina.
Aveva
solo cinque anni quando Hisako vide per la prima volta Erina. Passeggiava con
la sua famiglia per i viali alberati ad un certo punto vide una bambina con i
capelli lunghi biondi. Era di spalle e accanto tre uomini distinti in giacca e
cravatta che la invitavano a salire in una limousine scura. Da quel giorno
Hisako si appostò vicino alla villa dei Nakiri per sperare di rivedere quella
bambina finché il suo desiderio si avverò. Erina era alta quanto lei. La prima
cosa che Arato piccina pensò fu quanto fosse bella, i capelli curatissimi,
lucidi e splendenti. Il suo viso però era pallido, aveva uno sguardo perso nel
vuoto. C’era un po’ di inquietudine in lei e sicuramente anche se taceva
sembrava gridarle aiuto. Hisako era sbalordita dalla sua coetanea, voleva
davvero essere come lei ma non poteva perché Erina sembrava un angelo. Anzi,
no, era come una dea in miniatura. Una piccola divinità scesa in terra. Hisako
non proferì parola si limitò ad ammirarla ed Erina che dopo aver visto
l’oscurità riusciva finalmente a vedere qualcuno, una potenziale amica.
La
biblioteca a poco a poco si stava svuotando. Hayama era uno degli studenti
rimasti ancora che fu sollecitato dalla bibliotecaria ad andare via perché
avrebbe dovuto chiudere a chiave la stanza. Il problema era Hisako
addormentata. Akira non sapeva che ci fosse anche lei, ma vista la situazione
si incaricò di persona di chiudere la biblioteca. La donna si fidò e gli affidò
le chiavi di riserva. Erano quasi le nove Hayama sbirciò il libro su cui era appoggiata
la ragazza. Lo conosceva bene, poi si soffermò sul viso di lei. Semplice e
delicato, si limitò a sorridere. Prese un libro dallo scaffale più vicino e lo
sfogliò per ingannare il tempo.
Hisako si
svegliò a causa di uno squillo del suo cellulare. Aprì gli occhi lentamente e
si trovò di fronte il ragazzo con cui non voleva avere a che fare.
- Ben
svegliata! Per quanto ancora avresti voluto dormire? – domandò lui sarcastico.
Hisako
era meravigliata di trovarlo lì, di fronte a lei, ma ignorò completamente
Hayama e guardò il suo iphone. Sperava con tutto il cuore che Erina le avesse
manato un sms, ma era solo suo padre che voleva sapere come stava sua figlia.
Rispose al messaggio e chiuse il prezioso libro di cucina che aveva consultato.
- Mi
dovresti ringraziare perché ti ho aspettato. – disse Akira mentre Hisako
riponeva i vari libri nei vari scaffali – Ho capito che mi stai evitando, ma
potresti anche rispondere. –
- Cosa
dovrei dirti? Grazie per gli insulti, vorresti aggiungerne altri? – rispose risentita
la ragazza, ricordando il giorno dello shokugeki.
-
Veramente erano delle critiche costruttive. – spiegò Akira mettendo a posto il
libro che aveva tirato giù dalla libreria alle sue spalle.
- Ok,
lasciamo stare. – non voleva discutere Hisako.
Dopo aver
chiuso a chiave la biblioteca Hayama chiese alla ragazza se preferiva che
l’accompagnasse.
- Casa
mia è vicina. Non ho bisogno della balia. – disse con orgoglio.
Akira si
arrese e prese un’altra strada.
Ogni
volta che vedeva Hayama, le faceva male. Non poteva fare a meno di pensare che
era a causa sua se decise per un periodo di abbandonare Erina.
Il cuore
di Erina era tornato come i vecchi tempi, di pietra. Al punto che per distrarsi
un po’ preferiva uscire con Kohinata e Suzuki piuttosto di chiacchierare con la
sua amica Hisako. Ormai la sua vita procedeva così non c’era più posto per le
vecchie conoscenze, il piano di suo padre era infatti allontanare dalla figlia
tutti coloro che piano piano la stavano aiutando a cambiare. Erina lasciò il
suo cellulare incustodito sul tavolo della cucina. Azami lo notò perché ogni
tanto si illuminava e vibrava. Erano i tanti messaggi che Hisako inviava a
Erina incessantemente perché voleva ricordare alla sua amica che per qualsiasi
cosa lei ci sarebbe sempre stata. Azami prese in custodia il telefono della
figlia, lo spense e lo nascose nel suo ufficio.
Era
passato un mese dalla partenza di Erina. Hisako non riusciva a contattare più
Nakiri, sperava che fosse a causa dell’impegno con la cucina. In realtà però sapeva
che c’era qualcosa di più e preoccupante.
D’improvviso
ricevette una telefonata. Era il numero di Erina. Un barlume di speranza si era
acceso nei suoi occhi, non ebbe alcuna esitazione e rispose raggiante – Sono
felice che tu mi abbia chiamata! – disse contenta Hisako.
- Mi
dispiace, ma Erina non può parlare. Perciò lo farò io al suo posto. – disse una
voce maschile, inconfondibile e cupa. Era Azami. Perché aveva il cellulare di
Erina? Era paralizzata dalla paura, inconsciamente.
- Erina
sta bene, se è questo quello che vuoi sentire. Tuttavia ha già degli amici che
la distraggono abbastanza, non ha bisogno di te. Quindi ti sarei grato se non
la richiamassi più, ne tanto meno mandarli messaggi. Mi sono spiegato? –
Quella
appariva più come una minaccia, Hisako era forte ma quando si trattava di Erina
il suo umore cambiava drasticamente. Il dolore che provava Erina, anche se
lievemente, lo sentiva pure lei.
- Ho
capito, ma vorrei sentire comunque la sua voce. È possibile? La prego! – disse
con parole tremanti.
Azami non
negò quell’offerta, seppur sbagliata poteva renderla a suo vantaggio. Accostò il
ricevitore abbastanza vicino a Erina che intanto giocava a carte con Kohinata e
Suzuki. Hisako ascoltò tutto. Erina sembrava molto serena e la sua amica l’aveva
compreso bene solo che non si aspettava un cambiamento così radicale. Non sapeva
che Erina avesse conosciuto degli amici in poco tempo ed essere entrata così in
sintonia con loro. Le sembrava impossibile, ma era la realtà. E doveva
accettarla. Istintivamente Hisako chiuse il telefono. Per Azami invece era una
delle vittorie che si impose di ottenere.
I passi
si fecero sempre più lenti e incerti. Hisako si abbandonò di spalle ad un
tronco d’albero, lo stesso con cui passava i pomeriggi a leggere o pensare. C’era
un’atmosfera di quiete, era davvero piacevole sentire il vento tra i capelli
quasi come una ninna nanna. La voglia di dormire c’era però i suoi occhi non si
chiudevano. Erano pieni di lacrime. La sua migliore amica l’aveva rimpiazzata
con qualcun’altra molto facilmente. La colpa era certamente di suo padre, ma
sentire Erina felice e spensierata che giocava a carte con altri amici la
rendeva triste e malinconica. A pochi isolati da Hisako una ragazza la ammirava
dalle lenti di un binocolo.
Nao
Sadatsuka piangeva per Hisako, aveva ascoltato tutta la conversazione –
Maledetta Erina, a causa tua adesso Hisako sta piangendo. Che perfida! –
commentò tra se. Voleva essere accanto a lei per consolarla, confortarla ma
qualcuno la precedette.
Hayama stava
percorrendo quel viale alberato con la sua moto, ma appena vide Hisako si
fermò. Lei gli lanciò un’occhiata di disgusto mentre Akira le si avvicinava. Lui
si sedette sull’altro lato del tronco d’albero dove era appoggiata la ragazza.
- E’ a
causa di Erina? – chiese cordialmente.
Hisako tacque.
Non aveva voglia di parlare con Hayama di un discorso così delicato.
- Capisco
perché non me ne vuoi parlare, in fondo siamo praticamente estranei. Però non è
la prima volta che ti vedo in queste condizioni. –
La ragazza
si sorprese a quella frase – Che vorresti dire? – volle sapere.
- Non conosco
il motivo, ma avrò avuto più o meno sei anni il giorno in cui ti vidi piangere
dopo essere stata nella residenza dei Nakiri. –
- Cosa? Quindi
il bambino che non riuscii a vedere eri tu? Che ci facevi da quelle parti? – chiese Hisako asciugandosi gli occhi.
- In quel
periodo fui adottato da Jun e per la prima volta dovevo frequentare una vera scuola
quindi ero andato dal preside per le pratiche. –
Hisako ricordava
bene quel giorno. Aveva pianto tanto perché Erina era molto esigente con il
cibo e desiderava dei piatti perfetti. Da quel momento in poi si era fatta in
due per arrivare ad un livello possibilmente accettabile da Erina.
- Non era
un buon motivo per spiarmi. – continuò la conversazione Hisako.
- Mi
trovavo nei paraggi, non l’ho fatto di proposito. Piuttosto dov’è finita la grinta
che avevi nel migliorarti tanto per la tua padrona? –
- Hai
intenzione di farmi arrabbiare perché ci stai riuscendo! – disse la ragazza
alzandosi in piedi. Hayama fece lo stesso – Sto cercando di aiutarti! Devi sfogarti!
–
Lei lo
guardò con gli occhi ancora rossi e bagnati di lacrime – Vuoi sapere che è
successo? –
Akira era
pronto ad ascoltarla.
- Erina
ha dei nuovi amici, forse è come avevi detto tu sono troppo limitata per starle
accanto. Non mi impegno abbastanza! –
Hayama voleva
ribattere a quelle parole, sentiva di dover dire qualcosa riguardo quella
battaglia culinaria, ma optò per qualcos’altro – Ho capito, sei gelosa. –
- Cosa? Non
è affatto vero! – si scaldò Hisako.
- Certo
che è così. È chiaro che ti da fastidio il fatto che Nakiri ti abbia messa da
parte al posto di qualcun altro, mentre prima tu eri la sua preferita. Qualcuno
su cui poteva contare, ma adesso non ti risponde neanche a degli stupidi sms. È
questa la verità! –
Akira aveva
colto nel segno e Hisako era tentata di strangolarlo o cose del genere. Scoppiò
a piovere forte e i due si bagnarono un po’.
- Tieni
il casco, così ti ripari la testa. – propose Hayama tempestivamente – Ti accompagno
a casa. – decise lui.
-
Scordatelo! Io non ci salgo sulla tua moto! – protestò Hisako.
-
Sbrigati o prenderai un raffreddore! – gridò Akira col casco abbassato, successivamente
Hisako salì senza fare altra resistenza.
Sadatsuka
Nao bagnata fradicia vide i due allontanarsi – Stupido Hayama la prossima volta
non te la farò passare liscia. – disse per sfogare la rabbia.
Quando la
portò nella sua villetta Hisako ringraziò Akira.
- Non
devi ringraziarmi. – disse lui alzando la visiera del casco.
- Già,
non te lo meriti. – concordò Hisako.
I genitori
di Hisako un po’ in ansia la raggiunsero. Hisako entrò subito al riparo con sua
madre mentre suo padre si avvicinò ad Hayama.
- Grazie
mille per aver riportato mia figlia a casa. – disse gentile.
- Si
figuri. Non è stato nulla di ché. –
- Infatti
non pensare di innamorarti della mia bambina, capito? – disse un iperprotettivo
esemplare di padre. Akira si stupì del veloce cambiamento di personalità dell’uomo.
-
Comunque sia ti sono debitore per la seconda volta. Grazie per esserti preso
cura di mia figlia ancora. –
Hayama era
intontito. “Per la seconda volta”? Che cosa significavano quelle parole? C’era
stata una prima volta in cui aveva riaccompagnato Hisako a casa sua? Il problema
era che lui non ricordava affatto quel particolare giorno.
Hisako era
in camera sua. Fuori pioveva ancora. Ripensò alla gentilezza di Akira, non se
lo aspettava proprio. Però la cosa che la paralizzava era di non poter comunicare
con Erina e che forse sarebbe arrivata presto la fine della loro amicizia.
Il giorno
successivo Hisako parlò con Soma e tutti gli altri. Yukihira aveva perso la
voglia di fare qualcosa. Se neanche Hisako era riuscita a parlare con Erina
neanche lui avrebbe potuto salvarla.
-
Yukihira tu sei il solo che puoi farla ragionare! – disse Alice convinta –
Parlerò con mio nonno. Lui può farci arrivare a New York con la scusa di fare
esperienza culinaria in uno dei suoi ristoranti. Non è ancora detta l’ultima
parola. – disse rivoluzionaria e piena di entusiasmo Nakiri.
Senzaemon
accolse la richiesta dei ragazzi, in vista delle vicine vacanze estive, lui
avrebbe fatto partire almeno gli otto ragazzi arrivati in finale alle elezioni
autunnali, per dare a loro la possibilità di salvare sua nipote.
Soma però
chiese al vecchio direttore di poter fare un’eccezione. Voleva partire qualche
giorno prima della fine delle lezioni, in quanto aveva già un posto in cui
stare. Avrebbe raggiunto suo padre a New York per le vacanze e rivedere al più
presto Nakiri.
Erina era
affacciata al balcone. Di sera le luci della città rendevano tutto più malinconico.
Le giornate che passava erano sempre uguali, tutto era diventato monotono. I ricordi
della Tootsuki erano davvero belli da stare male perciò li reprimeva dentro di
sé e lasciava il posto alla freddezza. Aveva eretto un muro con coloro che la
rendevano felice e fece posto a tutto ciò che non comprendeva emozioni. Persino
il sapore di quel primo bacio stava svanendo e la possibilità si sfogarsi con
la sua migliore amica era improbabile. Il suo cuore di pietra non lo accettava
e non poteva spezzarsi sapendo che c’era ancora qualcuno che le voleva bene.
Anche Soma
aveva raggiunto la staccionata del suo amato terrazzo. Non aveva ancora
riprodotto perfettamente il sapore di quel meraviglioso bacio ma la
determinazione non era svanita del tutto. Erina doveva solo attendere un altro po’
e lui sarebbe andato a riprenderla.
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Capitolo 7 *** Soma a New York ***
Soma sapeva qualcosa riguardo l’America. Il posto più bello e ambito
del pianeta. New York poi essendo la capitale molto moderna e industrializzata
attirava i visitatori da tutte le parti del mondo. Si doveva aspettare una
varietà di etnie, lingue e culture diverse tra loro e lui essendo giapponese si
sentiva più estraneo di chiunque. Tuttavia anche se l’America poteva essere una
grossa opportunità, le persone che ci abitavano erano uguali a tutte le altre.
La gente ricca da una parte mentre quella di ceto sociale inferiore da
un’altra. Questo non sarebbe cambiato da nessuna parte del mondo. La sua
guardia del corpo era simpatica, un uomo alto e robusto che parlava solo se
interpellato però aiutava moltissimo Yukihira a relazionarsi con le persone
inglesi dato che il ragazzo era ignorante con le lingue straniere.
L’obiettivo primario di Soma era parlare con Erina in ogni caso perciò
si faceva guidare dall’uomo di fiducia di Senzaemon per incontrare la ragazza.
Le 12:00 segnava il cellulare di Soma mentre avanzava verso l’Hotel in
cui lavorava Nakiri. Più passi faceva più si sentiva nervoso di incontrarla.
Non sapeva bene come chiamare quei sentimenti che provava il suo cuore gli
diceva soltanto che non poteva ignorare il fatto di aiutare Erina. Quel bacio
tra di loro gli aveva dato la voglia di agire e preoccuparsi per la ragazza con
cui si scontrava sempre. Non avevano mai avuto una conversazione normale, ma
solo battibecchi. Lei non sopportava il modo di fare di Soma e lui non riusciva
a stare al passo con le sue provocazioni.
Il posto non lo sorprese affatto, elegante e bellissimo. Quell’Hotel
doveva valere molto e anche il servizio.
C’erano molti tavoli prenotati, altri già occupati da gruppi di
famiglie o semplicemente persone d’affari e coppie. Fortunatamente il loro
tavolo era stato già ordinato grazie a Senzaemon che aveva provveduto. Soma e
il suo accompagnatore si accomodarono e sfogliarono il menu. A Yukihira quasi
venne un colpo nel leggere i prezzi delle pietanze. Sicuramente non avrebbe
potuto pagare nulla con quelle cifre, ma Sai, la sua guardia, gli assicurò che
ci avrebbe pensato lui.
Scelse un primo piatto di pesce mentre Sai optò per un piatto
totalmente vegetariano.
- Sono davvero curioso di assaggiare qualcosa preparata da Nakiri. È la
prima volta, sa? – disse Yukihira a Sai.
- Non credo che la signorina Nakiri cucinerà ogni cosa, penso invece
che darà una mano nella preparazione, ma che lei cucini direttamente dei suoi
piatti è difficile. Ho sentito dire che Azami è molto esigente e perciò sarà
lui a decidere quali pietanze servire. Dal menu infatti sembra tutto così
raffinato e lontano dalle prelibatezze della figlia. – rivelò Sai.
- Lei ha mai assaggiato qualcosa preparata da Nakiri per fare un
confronto? – chiese il ragazzo.
- Certo sono molto vicino alla famiglia Nakiri e mi è capitato qualche
volta di poter assaporare dei cibi vegetariani davvero sopraffini quando la
nipote di Senzaemon desiderava sperimentare questo tipo di piatti. –
Soma, deluso, si rassegnò all’idea di conoscere come cucinava Erina.
Dopo aver degustato le portate Soma, con la pancia piena decise di
farsi accompagnare dalla sua guardia nelle cucine dove presumibilmente lavorava
anche Erina. La ragazza era intenta a preparare una musse al cioccolato,
concentratissima da non notare l’entrata di Soma.
Uno dei cuochi si avvicinò ai due per farli allontanare ma Yukihira era
ostinato – Voglio solo parlare con Nakiri. È urgente. –
La voce di Soma attirò l’attenzione di Erina che si girò di scatto. I
due ragazzi incrociarono i loro sguardi, per Erina vedere Yukihira sembrò quasi
una speranza. Rivedere qualcuno che ogni volta le scatenava mille emozioni la
fece agitare. La sorpresa di rivedere Yukihira fu tale da lasciar cadere la
ciotola col cioccolato sul pavimento. Erina distrattamente la recuperò e chiese
aiuto per pulire il danno che aveva fatto.
- Ci pensiamo noi. – disse una giovane ragazza gentile e premurosa.
Erina si scusò e vide Soma avvicinarsi a lei.
- Non ti avvicinare. Prima dimmi che sei venuto a fare a New York! E
poi mi spieghi che ci fai nel mio ristorante? – domandò a raffica Erina.
- Sono venuto per sapere cosa ti succede. Eravamo tutti preoccupati
soprattutto la tua amica Arato, perché avevi smesso di contattarla. –
- Non ti intromettere nella mia vita! Vorrei che ne restassi fuori,
chiaro! – disse freddamente lei.
- Questa è stata anche un’idea di tuo nonno, è preoccupato. – fece
presente il rosso.
- Lo so ma ora sono qui e mi sto adattando. Tu non hai il padre che ho
io. Non puoi capire! E poi sto imparando tante cose. – disse fiera Erina.
- Certo come no, magari preparando dei piatti che non sono neanche nel
tuo stile perché tuo padre ti controlla. Ma non capisci che ti sta facendo il
lavaggio del cervello. – la schernì Soma.
- Basta, invece di sprecare il tempo a capirmi perché non ti preoccupi
della tua vita. Non sei minimamente all’altezza di tuo padre. Sono andata nel
ristorante dove lavora e mi è sembrato fosse migliorato ancora in cucina. –
fece un ghigno – Di sicuro non arriverai mai al suo livello, ne tantomeno
provare a convincermi che puoi aiutarmi, con la mia situazione, perché è così.
Nessuno può aiutarmi. Adesso vattene, se ti trovasse qui mio padre sarebbe un
guaio. – si voltò e ricominciò a cucinare con i suoi colleghi.
Soma era ferito dalle parole di Nakiri ma più di tutto essere
paragonato a suo padre. Il migliore. Se prima sentiva compassione per Erina in
quel momento c’era solo risentimento nei suoi confronti. Avrebbe voluto
controbattere, ma la verità era che Erina aveva ragione. Lui non poteva
competere ancora contro il suo vecchio.
- Mi dispiace ma non ho intenzione di mollare. Non ti darò pace finché
non comprenderai che hai bisogno di aiuto. – disse Soma prima di andare via
lasciando Nakiri in stato confusionario. Per Erina non era costato nulla dire
quelle parole, era stato facile dire cose cattive però doveva ammettere che il
muro di ghiaccio si era scalfito un poco dopo l’apparizione di Soma. La rabbia
che aveva provato nel rivederlo e le emozioni forti, che le stringevano il
cuore, erano la prova che l’indifferenza nei confronti di tutto ciò che si
voleva lasciare alle spalle, ovvero i suoi amici, non aveva un effetto
duraturo. Ricominciò a sentire un lieve dolore, in particolare pensando a Hisako
per la quale aveva ignorato i suoi sms e le sue chiamate.
Kohinata vide Soma uscire dal locale dei Nakiri e subito lo raggiunse.
- Scusami! – attirò l’attenzione di Soma.
- Dici a me? Chi sei? –
- Mi chiamo Kohinata e sono un amico di Nakiri Erina. Beh a dire il
vero siamo amici da poco. –
- Kohinata…aspetta come mai mi conosci? –
- Non so il tuo nome ma ti ho riconosciuto subito appena ti ho visto. A
causa della foto del bacio. –
Soma ricordò che Nick aveva inviato la foto compromettente a un suo
amico di New York. Era infastidito da quel tono quasi amicale e meschino di
quel ragazzo che non si era fatto scrupoli a mostrare ad Azami quel bacio.
Avrebbe voluto mollargli un pugno in faccia, ma non poteva dare spettacolo e in
più c’era troppa gente.
- Che cosa vuoi? Cosa volevi ottenere mostrando ad Azami quella foto? –
chiese con foga.
- Ero in una situazione difficile, non volevo che andava a finire in quel
modo. Voglio dirti solo una cosa, non perderò contro di te. Erina capirà quanto
valgo e che ti deve stare lontana. – puntualizzò Kohinata.
Yukihira non comprese quell’ultima frase, ma sapeva che quel ragazzo
non lo spaventava. Avrebbe agito come sempre, con determinazione e impegno.
- Non mi interessa ciò che dici. Io faccio quello che mi pare e se ci
scontreremo, allora si vedrà. – si allontanò Soma con il fuoco vivo dentro di
se.
Al dormitorio Stella Polare i ragazzi discutevano del più e del meno.
- Non vi sembra strano che proprio Yukihira sia partito per primo? –
chiese Marui agli altri.
- Che vorresti dire? – domandò Yuki.
- Poteva pensarci Alice che è la cugina di Nakiri oppure la sua amica
Arato. Quello che si è proposto, però, è stato Soma che per altro non è in
buonissimi rapporti con Nakiri. – ragionava Marui.
- Hai ragione è strano, ma con la situazione del bacio penso sia
cambiato qualcosa tra loro. Poi forse Yukihira si sente un po’ colpevole per
quella foto e che quindi sia voluto andare anticipatamente a New York, per
sistemare le cose con Nakiri. – rispose Ibusaki.
- Ah, come è bella la gioventù! – s’intromise Isshiki – E’ difficile
comprendere gli adolescenti. -
- Parla come se fosse molto più grande, ma in fondo ha solo un anno più
di noi. – commentò Yuki vicino all’orecchio di Ryouko per non farsi sentire.
- Avete mai baciato qualcuno? – domandò tutto a un tratto Satoshi. I
ragazzi si imbarazzarono a quella domanda impertinente. Marui fece cadere il
libro che stava leggendo, era nervosissimo – Pe-perché questa domanda? Per
baciare qualcuno devi essere attratto dall’altra persona e…insomma ti deve
piacere qualcuno, ecco! –
- Ha ragione Marui, io per esempio non mi sono mai fidanzata. – confessò
apertamente e senza imbarazzo Yuki.
- Io ho avuto una relazione di sei mesi con un ragazzo dell’accademia,
ma non era una cosa seria. – disse Ryouko un po’ rossa in viso.
- C’era da immaginarselo, tu sei troppo bella! – dichiarò Yuki
abbracciando l’amica.
- Dai non esagerare – disse l’altra.
- Ibusaki e tu? – chiese prepotente Isshiki.
- Perché dovrei raccontare qualcosa di questo genere. Piuttosto senpai
perché non ci racconti tu, se hai avuto qualche relazione. – rispose alla
provocazione Ibusaki.
- Beh, si e no. Forse, probabile. – disse vagamente Isshiki, era chiaro
che non aveva intenzione di parlare della sua vita sentimentale passata o
presente che fosse.
Megumi non era insieme a loro, ma nella sua stanza. Era rimasta
scottata troppo da quello che aveva visto accadere tra Soma e Erina, tanto che
non aveva voglia di toccare argomenti sentimentali di nessun genere. Ryouko era
preoccupata per l’amica che si faceva vedere poco, ma sapeva di doverle dare
tempo per riprendersi. Non conosceva i sentimenti che Megumi provava per
Yukihira, ma lo sospettava un po’ soprattutto dopo averne parlato con Isshiki.
Quest’ultimo conosceva il malessere d’amore che provava Megumi e sperava che
col tempo si sarebbe ripresa.
Soma e il suo fidato accompagnatore, Sai, presero un taxi che li
avrebbe portati direttamente al ristorante dove era stato assunto Joichirou.
Yukihira ripensava alla conversazione che aveva avuto con Erina e alla
freddezza della ragazza; si rattristò. Ancora una volta Erina si era dimostrata
crudele e antipatica, quasi egoista.
Soma era troppo orgoglioso per chiedere un consiglio a suo padre, ma
doveva fare un’eccezione perché avrebbe dovuto trovare un modo per aiutare e
parlare civilmente con Nakiri. Almeno ci doveva provare e per tentare di
convincerla ancora, gli serviva un ottimo piano. Le pubblicità lo distrassero
finché non arrivò a destinazione.
Joichirou stava aspettando suo figlio all’ingresso dell’hotel dove
alloggiava e lavorava. Appena vide Soma gli andò incontro e lo accompagnò dentro.
Il ragazzo notò i vari dipendenti che salutavano cordialmente suo padre
e lui ricambiava. Era molto amato e rispettato Joichirou, anche alla tavola
calda era popolarissimo, ma quel giorno sembrava che avesse un’aura totalmente
differente rispetto a quando lavorava con lui nel loro paesino.
- E’ un bel posto – ammise Yukihira.
- Si, è stata una fortuna essere assunto qui e poi mi pagano abbastanza
bene. Piuttosto non mi hai detto il motivo per cui ti trovi qui. Insomma sono
felice che tu sia venuto a trascorrere un po’ di tempo insieme a me, ma credevo
che avresti voluto ritornare ad aprire il nostro locale, durente l’estate. –
- Si lo farò, ma prima dovevo venire a New York per una persona. –
- La nipote di Senzaemon, giusto? –
- Come lo sai? –
- L’ho incontrata. È già venuta nel mio ristorante anche se solo per
una volta. –
Soma rimase sorpreso, ma non del tutto visto l’ammirazione di Erina nei
confronti di suo padre. Joichirou mostrò a Soma la sua stanza e gli propose di
aiutarlo in cucina come i vecchi tempi. Yukihira si entusiasmò moltissimo e
accettò senza problemi tirando fuori il suo inseparabile fazzoletto bianco.
La cucina era fornitissima, Joichirou presentò suo figlio al capo e ai
suoi colleghi. Soma si sentì subito a suo agio, come se fosse uno di loro e
rispettò ogni ordine che gli veniva impartito. Dopo lo staigeaire Yukihira era
diventato più professionale nel gestire un ristorante, suo padre infatti era
contento che avesse fatto dei progressi. Mentre preparavano i vari piatti
Joichirou chiese a Soma – Cosa è successo tra te e Nakiri Erina? Perché per
come ti sei precipitato a New York, prima delle vacanze, deve essere qualcosa
di importante. –
- Non proprio. Azami non è un ottimo padre, tu dovresti conoscerlo
meglio di me visto che è stato un tuo ex compagno di scuola. –
- Si non è certo la persona più bella del mondo ma è pur sempre il papà
di Erina, perciò non è facile intromettersi tra loro, poi è anche una persona
influente. –
- Ad ogni modo devo rimediare a un problema. Un ragazzo dell’accademia
ha scattato una foto di me e Nakiri che ci baciamo e Azami l’ha vista. Ci sono
stati dei fraintendimenti tra me e lei non saprei. Il fatto è che non ha più
contattato la sua amica ne sua cugina, quindi nessuno sapeva come stesse Nakiri
perciò sono qui per risolvere la situazione di malinteso che c’è stata tra noi.
–
- Aspetta, tu e Erina vi siete baciati? – si fermò di colpo suo padre.
- E’ stato un incidente. –
- Chiaro, quindi è stato accidentale. Ma davvero? – continuò a chiedere
incredulo.
- Dai non prendermi in giro, vecchio. – disse un po’ irritato e
imbarazzato allo stesso tempo.
- Ok, come vuoi. Sei già andato a trovarla? –
- Si e mi ha cacciato. Diciamo che non è stata proprio felice di
vedermi. –
- Beh che cosa ti aspettavi. Chiaramente Azami le avrà fatto il
lavaggio del cervello un’altra volta. –
- Si è probabile. Comunque fra qualche giorno dovrebbero arrivare altri
amici dell’accademia per vedere Nakiri. –
- Sul serio! Allora devi farmeli conoscere! –
- Certo! – sorrise raggiante Soma – Sono fantastici. –
- Ti consiglio, però, prima che arrivino i tuoi amici di sistemare i
problemi con Erina, secondo me sarebbe meglio per entrambi. –
Soma non capiva bene a cosa alludesse suo padre, ma rifletté a quelle
parole. Avrebbe dovuto fare un altro tentativo prima di mollare. Spostò lo
sguardo sul menu e vide una pietanza che non aveva mai assaggiato. Chiese al
padre che tipo di ricetta fosse e lui rispose subito – Quando è venuta a
trovarmi Erina, lei ha voluto sperimentare una nuova ricetta e così io alla
fine l’ho approvata per il ristorante. –
Soma pensò che quella fosse un’ottima occasione per assaggiare qualcosa
creata da Erina. Perciò con il consenso di Joichirou, Soma ricreò fedelmente il
piatto per assaggiarlo e momentaneamente lasciare il posto di aiutante chef. Il
piatto era fenomenale ma sentiva un sapore vagamente familiare. Gli ricordava
li bacio. Anche Erina aveva avuto la sua stessa idea di riprodurre quel gusto?
Non gli sembrava possibile. Un po’ sperava che fosse così, magari era l’unica
soluzione che gli restava per parlare con la ragazza. Senza pensarci due volte
prese alcuni ingredienti e cominciò a cucinare.
- Scusa Soma che stai facendo? – chiese perplesso suo padre mentre
tagliava l’aglio.
- E’ un problema se sperimento un piatto che mi è venuto in mente? –
- No, ma come mai di punto in bianco? –
- Voglio aggiungere degli ingredienti che mi sembrano perfetti alla
ricetta di Erina. –
- Sul serio? Allora hai trovato quello che mancava! Erina mi ha
lasciato apposta la ricetta perché io potessi aiutarla a trovare l’elemento
mancante. Secondo lei era incompleto il suo piatto. Tu invece l’hai capito? –
Finalmente Soma aveva la conferma che sia lui che Erina volevano
riprodurre lo stesso sapore percepito durante il bacio. Anche se era solo
un’ipotesi doveva provarci.
- Si credo di aver trovato una soluzione. –
Joichirou trovò molto cambiato suo figlio rispetto a un tempo. Sembrava
più maturo. Soma era assorto nella sua cucina, ripensò agli insegnamenti di
Shinomya, il mago delle verdure, alle sue sconfitte con il padre e con i
ragazzi con cui aveva gareggiato alla Tootsuki. Mischiò tutte le sue conoscenze
per creare un valido piatto e possibilmente straordinario per il palato di
Nakiri Erina.
Soma era arrivato come se niente fosse e ancora una volta le
stravolgeva la vita. Erina era arrivata a pensare che le fosse capitato un
beffardo destino e che giocasse con i suoi sentimenti.
Soma era la sua speranza o un ostacolo da abbattere come pensava Azami?
La domanda era ancora senza risposta. Erina non sapeva come fermare il suo
cuore ogni volta che Yukihira appariva, però sentiva fortemente l’oscurità
dentro di sé una barriera scura che opprimeva il suo cuore e la mente. Vedeva
tutto negativo e monotono. Le foto del ballo le apparivano un ricordo lontano,
quasi estraneo, come se non avesse mai vissuto quei momenti allegri e
spensierati. Soma era diventata la sola persona per cui provare dei sentimenti,
in quella gabbia dove Azami l’aveva rinchiusa. Anche se in un altro continente
Erina sapeva che la differenza erano le persone, se non c’è chi ami, a cui vuoi
bene, nessun posto può essere bello o luminoso. New York era diventata la sua
nuova gabbia. La ragazza non voleva contare sull’unica persona che ogni volta
allontanava da sé quasi fosse una malattia da evitare, ma Soma era l’unico che
poteva aiutarla a svagarsi ed essere libera da tutto. Sentiva di volerlo vedere,
magari scusarsi per come l’avesse trattato ma il suo umore, nero, gli impediva
qualunque scelta avesse a che fare con Yukihira.
Proprio quando stava pensando a lui, Yukihira apparve con il suo solito
sorriso luminoso.
- Ehilà Nakiri! –
- Esci subito da qui! – lo intimò Erina con il volto paonazzo.
- No, non ci penso neanche, che ti piaccia o meno. Ho una proposta da
farti che non potrai rifiutare. –
Erina non voleva sentire ragioni e continuò a sbraitare contro Soma.
- Ti propongo uno shokugeki. Se vinco io dovrai ascoltare tutto ciò che
ti dirò. Caso contrario, me ne andrò come vuoi tu. –
- Cosa? Certo che no! E poi non vinceresti mai contro di me. Io ti sono
nettamente superiore. –
- Allora visto che sei tanto convinta, dimostralo con questa sfida!
Però ad una condizione che tu utilizzi uno dei cibi che sono su quel menu –
indicò il menu tipico del ristorante scelto da Azami in persona.
- Sei diventato matto? Chiedermi uno shokugeki e per di più vorresti
battere uno dei cibi più costosi e prelibati di questo ristorante! Non ci sono
neanche i tre giudici che dovrebbero fare la prova assaggio. –
- Dei giudici non preoccuparti, ho trovato qua e là dei cuochi disposti
ad aiutarci, stanno per arrivare. Inoltre voglio dimostrarti che la cucina di
tuo padre non è la migliore e il fatto che sia tu a prepararla non farà alcuna
differenza. Ho una ricetta che batterà questo tipo di cucina, che tu stai
approvando insieme e tuo padre. –
Erina ebbe un po’ di timore a quelle parole. Forse Soma poteva avere
ragione riguardo la cucina di suo padre, ma c’era in ballo la sua dignità e
doveva dare il meglio. Aveva le spalle al muro, non poteva tirarsi indietro.
- D’accordo accetto la sfida e le condizioni. Sappi, però, che lo
faccio per provarti che ti stai sbagliando su tutto. –
Soma non fiatava, era sicurissimo di vincere, ma ogni tanto sbirciava
il lavoro di Nakiri. Lei era talmente assorta da non sentire minimamente la
pressione o l’ansia. Non poteva perdere, anche se cucinare uno dei piatti del
ristorante di suo padre non era il massimo per dimostrare quanto valeva
realmente.
Anche Erina gettò uno sguardo sulla cucina di Soma. Qualcosa di quello
che stava preparando il ragazzo le sembrava molto somigliante a una ricetta che
aveva creato, ma non ci diede peso. Non poteva essere la stessa, pensò.
Joichirou gustò fino all’ultima briciola la ricetta che aveva
sperimentato Soma. Aveva un sorriso malinconico, ma non solo. Aveva le lacrime
agli occhi. Lacrime per qualcuno. Quel gusto gli ricordava, infatti, il suo
primo amore. Di certo Soma era migliorato, ma quel piatto era l’unione di due
pensieri quello di Erina e di suo figlio. Era una ricetta speciale e Joichirou
la chiamò proprio “Il sapore dell’amore”.
I giudici arrivarono con anticipo. Due di loro erano proprietari di
pasticcerie e non conoscevano Nakiri Erina mentre il terzo apparteneva a una
famiglia di salumieri e aveva già assaggiato nel locale dei Nakiri.
Soma e Erina presentarono i loro piatti. Entrambi sembravano entusiasti
ma solo uno di loro poteva fare la differenza.
I giudici anche se un po’ combattuti furono molto chiari nella loro scelta:
il vincitore fu Yukihira.
- Come è possibile che il mio piatto abbia perso? C’è stato un qualche
trucco forse? Eravate d’accordo? – domandò a raffica Erina.
- No, per capirlo dovrai assaggiare il mio piatto. – la invitò Soma.
Erina era troppo scossa da prendere in giro Yukihira, voleva capire a
tutti i costi come era riuscito a vincere contro di lei. Ingoiò subito un
boccone fumante ed esplose di felicità. La stessa emozione che aveva provato
nel baciare Soma. Lo stesso sapore. Yukihira aveva reso completa la sua
ricetta, solo perché?
- Allora, non ti ricorda qualcosa di familiare? – la provocò Soma.
- Hai preso la mia ricetta come base, per poi trasformarla. Si l’ho
notato. – disse con le guance rosse.
- Come ti sembra? Non credi che abbia fatto un ottimo lavoro? – disse
sorridente. Erina guardò i suoi occhi dolci e vivaci. Il sapore di quel bacio,
che aveva quasi dimenticato, ormai era diventato di dominio pubblico con quel
piatto. Avvampò come non mai, sentiva un caldo insopportabile. Di lì a pochi
secondi tutto le sembro insopportabile, doveva esplodere prima o poi, così
rispose di getto – Non è assolutamente paragonabile ai miei piatti! Ricordati
che questa volta non ho gareggiato con le mie specialità perciò non ti montare
la testa. –
- Ahahahah – scoppiò a ridere Soma – Lo sapevo che avresti detto
qualcosa di simile. Comunque non avevo intenzione di batterti in uno shokugeki
per discutere su chi di noi fosse il migliore. So bene che i tuoi piatti sono migliori
di quelli di tuo padre, anche se in verità non li ho mai assaggiati. Questa
battaglia era un pretesto per chiederti di assaggiare la ricetta che tu hai
cominciato e io l’ho migliorata, modestamente. –
La ragazza sentì con ammirazione le parole di Soma, ma l’ultima frase
la fece incavolare – Come sarebbe a dire “io l’ho migliorata”! Guarda che non l’avevo
terminata quella ricetta e di certo non avrei chiesto a te l’aiuto perciò non
so di cosa tu stia parlando! – sbuffò.
Soma pensò tra sé “ Certo che a volte ha un caratteraccio”!
Si sentirono delle voci in lontananza ma Erina riconobbe i passi di suo
padre e dei suoi uomini.
- Presto, devi andartene Soma. Se ti vedesse mio padre sarebbero guai! –
- Certo, ma come la metti con la cucina? È tutto in disordine. –
- Non c’è tempo, sarà qui a momenti mio padre, lo capisci? Ci penso io
a sistemare. – disse la ragazza invitando anche i giudici dello shokugeki a
uscire dalla porta sul retro. Soma non era d’accordo sul piano di Erina e
infetti fece a modo suo.
- Io me ne vado, ma tu vieni con me. – le prese un braccio e la
trascinò con sé mentre la guardia del corpo, Sai, li aiutava nella fuga –
Fidati di me! – disse infine Yukihira guardando il volto sgomento di Nakiri
correre di fianco a lui. Era una follia ma per la prima volta a New York quello
fu il momento in cui Erina si sentì più libera e viva.
Quando Azami trovò la cucina sotto sopra e sua figlia scomparsa si
preoccupò. Diede una veloce occhiata alla stanza e vide il piatto ancora caldo
che aveva preparato Soma. Per curiosità lo assaggiò, senza sapere il perché –
Ma che cosa…? – si chiese incredulo.
Di lì a poco uno dei suoi uomini avvertì Azami che c’erano delle visite
per lui. Nakamura non aveva voglia di vedere nessuno, ma doveva sapere cosa era
successo in quella cucina e perché sua figlia era andata via senza la sua
guardia del corpo. Quest’ultima era mortificata dell’inconveniente e sarebbe
andata subito a cercare Erina.
- No, la cercherò di persona. – disse serio Nakiri.
- Lascia perdere Azami, piuttosto perché non facciamo due chiacchiere. –
apparve all’improvviso Joichirou.
- Saiba, tu qui? – si stupì l’uomo.
- Mi dispiace signore, voleva entrare a tutti i costi. – si scusò la fidata
guardia del corpo di Azami.
- Qui c’è una persona che ti vuole parlare. – continuò il padre di Soma
indicando una persona alle sue spalle.
Azami non poteva credere ai suoi occhi – Tu che cosa ci fai qui? – si rivolse
alla persona accompagnata da Joichirou che a sua volta aveva uno sguardo
severo.
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Capitolo 8 *** Torte in faccia ***
- Signor Sai, la prego, fermi subito l’auto! Mio padre a quest’ora avrà già
mandato qualcuno a cercarmi. Non ci vorrà molto a trovarmi. – protestò Erina
che non voleva coinvolgere nessun altro nei suoi problemi con suo padre.
- Stai tranquilla. Se ne sta occupando mio padre. Mi ha promesso di
aiutarci. – disse prontamente Soma.
Sai aveva affittato una macchina per scortare i due ragazzi dove
volevano. Intanto dietro la loro auto ne sfrecciava un’altra guidata da una
donna, proprio la guardia del corpo di Erina.
Sai si accorse che erano pedinati e cercò immediatamente un punto dove
poter fermare la macchina. Parcheggiò vicino ad un centro commerciale a più
piani. Erina e Soma uscirono in fretta dall’auto ed entrarono dentro
l’imponente edificio. La donna che li inseguiva invece fu fermata da Sai che
gli spiegò la situazione per cercare di farla ragionare e aiutare Erina nella
fuga.
Erina per nascondere la sua immagine da ragazza nobile e famosa portava
solo un cappello a visiera, datole da Sai, a causa del fatto che era dovuta
uscire di corsa e non era riuscita a prendere tutto l’occorrente. Entrare in un
ambiente pieno di telecamere e persone le dava molte preoccupazioni. Infatti
essere riconosciuta, creare scandali di cui si cibavano i giornalisti e la
confusione la rendevano nervosa soprattutto se vicino a lei c’era Yukihira,
impulsivo come sempre. Non poteva distrarsi un momento.
- Yukihira cerchiamo di non dare troppo nell’occhio, ok? – cercò di
avvisarlo la ragazza, ma Soma era già attaccato a una vetrina di dolci.
Erina doveva aspettarselo, tuttavia era irritata lo stesso - Non siamo
qui per comprare e poi perché ti entusiasmi per una comunissima pasticceria? –
- Tu pensi? Non so, ma io voglio dare una sbirciatina dentro. – insisté
il ragazzo con il luccichio negli occhi.
- Sul serio? Non abbiamo soldi! – disse un po’ a bassa voce, ma con
tono autoritario.
- E qui che ti sbagli. Guarda! – mostrò una carta di credito, Soma,
abbastanza conosciuta dalla ragazza.
- Non dirmi che te l’ha prestata Sai! – s’infuriò Erina.
- Esatto! È stato molto gentile. Non potevo rifiutare. – disse con
faccia innocente Soma.
Erina era sbalordita e prese la carta dalle mani di Yukihira,
appropriandosene - Beh, visto che la carta appartiene alla mia famiglia è ovvio
che sarò io a tenerla. –
Insistendo un po’, però, Yukihira convinse Nakiri ad entrare.
All’interno c’erano dei graziosi tavoli a tema cioccolata. Soma si
sedette su una sedia che aveva la forma di cioccolato mentre quella di Erina
era a forma di fragola.
Tutta quella creatività aveva acceso in Yukihira la voglia di aprire
anche lui una pasticceria particolare e colorata.
Erina guardava Soma che esplorava con lo sguardo pieno di gioia il
locale e in fondo anche lei era contenta per quel tempo libero; si limitò a
sospirare. Soma in quel momento era troppo esagitato per fargli un discorso
serio così la ragazza lasciò perdere le raccomandazioni e godersi le sue
portate. Nakiri scelse un tiramisù alla fragola e cioccolato più un frullato
alla frutta mentre Soma prese un pancakes al cioccolato più una crepes alle
fragole, banane e cioccolato, per bevanda invece un frullato allo yogurt.
Per il palato divino di Erina non era stata male come degustazione e
doveva ringraziare Soma, ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Soma girava per negozi del centro seguito da una Erina ansiosa che
cercava di calare la visiera del suo berretto il più possibile vicino agli
occhi per non farsi riconoscere.
- Guarda che belli questi utensili da cucina! – era sbalordito Yukihira
soffermandosi ad ammirare degli attrezzi costosi, in uno dei negozi più
popolari per la casa.
- Dai non sono nulla di speciale in confronto a quelli che utilizziamo
in accademia.
- Si, hai ragione, ma stavo pensando che potevano andare bene per il
ristorante Yukihira. Per rinnovare quelli che ci sono già. – spiegò il rosso.
Erina non conosceva molto le origini di Soma a parte suo padre e quindi
era curiosa di sapere qualcosa riguardo alla tavola calda di cui parlava il
ragazzo. Magari, pensò, che le sarebbe piaciuto poter visitare, un giorno, il
posto dove era cresciuto Yukihira.
- Prima però devo chiedere al mio vecchio il permesso, visto che è
ancora lui il proprietario. – rimuginò Soma.
Erina invece era stata attirata da una vetrina di giocattoli. Aveva
riconosciuto un gioco di costruzioni che possedeva da bambina e con cui si
divertiva spesso con sua cugina Alice. A quel ricordo pensò ad Alice che aveva
tentato di fermarla il giorno della partenza. Portò una mano nel punto in cui
sua cugina le aveva mollato lo schiaffo. Sembrava come se le facesse ancora
male. Non capiva se quello fosse stato un gesto affettuoso oppure era solo un
momento di rabbia dovuto alla promessa delle lettere non mantenuta; o ancora
perché erano diventate troppo distanti come cugine per recuperare il tempo
perduto.
- Cosa stai guardando, Nakiri? – chiese curioso Soma spazzando via quei
pensieri tristi e malinconici della ragazza.
- Mi hai spaventata. Poi, cerca di non gridare il mio nome ai quattro
venti, lo sai che non posso espormi troppo! – sussultò Erina.
- Come vuoi, non ti agitare.
Secondo me, però, devi distrarti e questa è un’ottima occasione. –
Mentre i due passeggiavano la ragazza approfittò di fare una domanda
che la tormentava dall’inizio - Perché hai completato la mia ricetta? Come
sapevi quali alimenti aggiungere? –
La ragazza si aspettava una risposta che aveva a che fare con
l’incidente del bacio, ma Soma, colto alla sprovvista, mentì – Beh, quando mio
padre mi ha spiegato che eri in difficoltà con una ricetta, ho provato a
mettermi in gioco e trovare la soluzione adatta. –
Erina comprese le parole di Yukihira e non insistette. Non era triste
bensì delusa.
Anche il ragazzo si rese conto che la sua risposta non combaciava con
la verità né tanto meno con i suoi reali sentimenti. Cambiare i fatti tuttavia
non gli sembrava la cosa migliore in quell’istante.
Nakiri non fece altre domande, voleva evitare di risultare troppo
invadente e curiosa nei suoi confronti; del resto lui aveva già fatto molto per
lei senza chiederle nulla. Anche se inconsciamente, Soma le dava sostegno e
cercava di distrarla dai suoi pensieri. La maschera di fredda e scostante
persona si era rotta nell’istante in cui Yukihira era piombato alla Tootsuki.
Già da allora aveva iniziato a scalfirsi, però dentro di se aveva paura che
potesse ritornare ad essere l’odiosa e insopportabile erede della famiglia
Nakiri.
I due continuarono ad esplorare i piani di quell’enorme palazzo finché
non si trovarono ad assistere a un concerto di ragazzi che riproponevano
canzoni già famose e note di grandi artisti di fama mondiale.
Erina e Soma di fermarono ad ascoltare, contenti di quell’evento
gratuito e divertente.
Non poteva certo mancare la canzone “You are not alone” di Michael
Jackson. Quel brano, neanche a farlo apposta, rattristò Erina. Sentiva come se
in parte la rispecchiasse. Guardando Soma, però, accanto a lei che cantava
insieme alla folla di gente intorno a loro, si tranquillizzò e sorrise per la
pronuncia inglese sbagliata del rosso che storpiava le parole.
In un angolino intanto le due guardie del corpo li sorvegliavano
attenti.
Mentre a New York l’orologio segnava le nove passate di sera, in
Giappone erano le 11:20 di mattina. L’ora che segnò finalmente la tanto attesa
partenza del volo diretto in America, dei ragazzi che Senzaemon aveva approvato
per raggiungere sua nipote e nel contempo approfittare per una settimana di
stage pratico a migliorare le loro abilità culinarie.
Viaggiarono tutti in prima classe accompagnati da alcuni uomini fidati
dell’ex direttore.
All’aeroporto erano andati a salutarli tutti i ragazzi del dormitorio
Stella Polare più Isami che abbracciò suo fratello prima di salire sull’aereo.
Jun raccomandò ad Akira non solo di dare il meglio nella cucina, ma anche di
divertirsi. All’inizio Hayama non aveva intenzione di partire e lasciare da
sola Jun, ma l’idea di fare uno stage all’estero non era poi così male. Hisako
era l’unica che controllava spesso il suo iphone, perché si aspettava di
ricevere un messaggio da Soma che le aveva promesso di farle sapere come stesse
Erina. Tuttavia Yukihira si era scordato della promessa, perciò Hisako aveva
maggiormente il desiderio di rivedere al più presto l’amica poiché temeva che
avesse problemi con il padre.
Con i pensieri rivolti solo ad Erina, la ragazza si accomodò nel posto
assegnato; si accorse tardi che era seduta accanto ad Hayama. Quando i loro
sguardi s’incontrarono, Hisako fece una smorfia disgustata e si girò dall’altra
parte. Akira capì dal suo atteggiamento che non era possibile dialogare con
lei, così prese un libro e si addentrò nella lettura. Hisako che non voleva
essere da meno, fece lo stesso. Leggere, almeno, le faceva scordare di avere
vicino qualcuno che detestava.
Takumi era capitato vicino a Mimasaka, non andavano molto d’accordo,
però il biondo aveva la mente occupata dal pensiero di dover fare uno stage per
migliorarsi. Voleva sorprendere Yukihira, tutte le sue energie le avrebbe spese
per battere Soma una volta per tutte.
Megumi invece non aveva accanto nessuno che conosceva, c’era una donna
che lavorava su un ipad. Forse era meglio così, pensò la ragazza. Non aveva
voglia di vedere Soma, era piuttosto timorosa, i suoi sentimenti verso di lui
erano chiari, ma doveva nasconderli. Non capiva che relazione avessero Erina e
Soma perciò cominciò a pensare negativo, demoralizzandosi ancora di più. Se
Yukihira si fosse innamorato di Nakiri, Megumi non avrebbe avuto possibilità,
questo rimuginava Tadokoro con il morale a terra.
Alice e Ryou per passare il tempo giocavano a carte. Anche se non
sembrava, Alice era con la testa altrove. Ryou si era accorto dello strano
comportamento di Alice però non le fece domande. La ragazza stava elaborando un
discorso, nella testa, da fare a Erina non appena si fossero riviste.
Alice sospirò – Non devi preoccuparti per me, Ryou kun. – disse così
perché il ragazzo la stava aiutando a vincere tutte le partite.
- Ho fatto male? – chiese Kurokiba guardandola innocentemente.
- No. Grazie per essere così. – disse senza pensarci due volte.
- Così come? – domandò incerto.
- Premuroso. – disse a voce bassissima.
- Cosa? Può ripetere, mia signora? – intento a mescolare le carte.
Alice lo fissò poi abbassò lo sguardo – Nulla, lascia stare. –
L’albina sapeva bene quanto Ryou contasse nella sua vita. È stato
l’unico vero amico della sua infanzia, ci teneva molto, ma ancora di più era
confortante per lei averlo sempre vicino. Ryou colmava il vuoto che le aveva
lasciato sua cugina, ma anche l’unico su cui contare sempre. Solo che a volte
non sapeva come comportarsi con lui, se aprirsi completamente o lasciar
perdere. Aveva troppi dubbi nella mente, così si sfogò sul gioco senza più
pensarci.
Erina terminò la serata passeggiando con Soma e dietro a loro, di
qualche metro, camminavano Sai e la sua collega per dare un po’ di privacy ai
ragazzi.
Le coppie di innamorati erano davvero numerose tanto che Erina si
imbarazzò al pensiero che lei e Yukihira potessero essere scambiati per due
fidanzati, ma nessun passante faceva caso a loro.
Soma non sembrava infastidito dalle coppiette, camminava incurante di
quello che gli succedeva intorno.
- E’ stato divertente, vero? – era euforico Yukihira. Il ragazzo era
contento di aver passato qualche ora con Nakiri, anche se in quel momento
sentiva che la serata stava volgendo al termine e dentro di se sperava durasse
di più. Era indecifrabile il sentimento che sbocciava tutte le volte che
guardava Erina: felice, imbronciata, arrabbiata, triste o indifferente i volti
che lei gli mostrava trasportavano Soma indietro nel tempo, al giorno in cui
era cominciato tutto. Il suo soggiorno alla Tootsuki. Il primo giorno in quell’accademia,
che fu il peggiore fra tutti, quando Erina aveva provato disgusto
nell’assaggiare uno dei piatti che solitamente veniva apprezzato molto alla
tavola calda Yukihira. Da allora era diventata una sfida per lui far cambiare
idea a Nakiri sul suo cibo, ma senza reali risultati.
Da quel bacio per sbaglio era cambiato qualcosa in lui, doveva ammetterlo.
Stava crescendo sempre più il desiderio di vederla e starle vicino.
- Insomma, non è stato niente di che. Ho passato giornate migliori. –
ripose Erina non completamente sincera. La solarità di Soma riusciva a
disperdere l’oscurità dentro il suo cuore e nella sua mente, ma l’orgoglio non
le impediva di essere acida e scostante. Pur non avendo commenti negativi non
riusciva a disfarsi di quella personalità arrogante.
Yukihira tacque; non voleva iniziare una nuova polemica perché entrambi
avevano qualcosa da nascondere a vicenda.
Lucky si chiamava il ristorante di lusso che propose Sai per cenare
insieme. Era adatto anche al “palato divino”, infatti quello era uno dei posti
dove si mangiava davvero bene, consigliato da Senzaemon.
Erina e Soma avevano già fatto uno spuntino dolce alla pasticceria del
grande centro commerciale, però entrambi desideravano provare dei piatti salati
e gustosi. I camerieri erano molto eleganti nei gesti e professionali in tutto.
Questi accompagnarono a un tavolo per due i ragazzi, con disapprovazione di
Erina che preferiva non essere in compagnia di Soma, ma doveva sopportarlo che
le piaceva/ piacesse o meno. Le due guardie del corpo si sedettero ad un tavolo
a parte.
Il tavolo metteva a disagio i due ragazzi poiché vi erano dei fiori e
una candela accesa vistosa, ma particolarmente bella. I fiori erano un omaggio
a Nakiri in quanto era stata scoperta la sua identità. Erina non poteva
nascondersi ogni volta che le persone la riconoscevano; la trattavano come una
principessa e non si godeva mai niente senza essere osservata e ammirata dagli
altri. Era estenuante! Squadrò Soma che sfogliava il menu delle ordinazioni con
un’espressione incerta.
- Cosa c’è? Non ti piacciono i piatti? – domandò la ragazza togliendosi
il cappello e sfoggiando i suoi lunghi e incantevoli capelli biondi.
- No, tutto il contrario. – diventò allegro all’improvviso – Non so
quale scegliere! Mi piacerebbe assaggiarli tutti. -
- Tranquilli prepareremo tutti i piatti che vorrete. Sarebbe ottimo se
la signorina Nakiri provasse qualche pietanza e la commentasse. – disse con
gentilezza il proprietario accanto a loro.
La ragazza sapeva che sarebbe andata a finire così. Al contrario,
Yukihira era eccitatissimo e non vedeva l’ora di cominciare.
- D’accordo. – disse esausta Erina prima ancora di iniziare.
- Tranquilla, ti darò una mano volentieri. – fece Soma, felice che
Nakiri avesse accettato.
Soma non si risparmiò e assaggiò ogni tipo di cibo che gli veniva
servito mentre Erina cercava di non esagerare, in ogni modo fornì ai cuochi dei
suggerimenti per migliorare qualche piatto.
Yukihira gettò un rapido sguardo sul balcone poco distante da loro e
invitò Erina a darci un’occhiata insieme. La ragazza era stranita da quella
proposta, ma non aveva voglia di chiedersi cosa passasse per la testa di Soma
così lo accontentò. La terrazza era ampia e
ospitava già dei ragazzini che si divertivano a giocare con dei robot,
un uomo che leggeva appoggiato alla ringhiera e una coppia adulta che si
tenevano per mano.
I due trovarono un posto, isolato dagli altri e ammirarono la veduta
che dava sul mare. La statua della Libertà, luminosa, che si distingueva
facilmente dalle innumerevoli luci della grande mela, affascinava Erina ammirandola
intensamente. La ragazza non si sentiva libera, come il nome di quella statua,
doveva ancora liberarsi di tutto quello che occupava la sua mente. Infatti gli
occhi della statua parevano comunicarle affettuosamente che doveva chiarire
qualcosa con Soma, mentre un vento freddo le attraversò i capelli facendola
tremare.
- Hai freddo? – si accorse Soma.
- No, è solo un brivido da niente. – mentì spudoratamente.
Yukihira aveva la sensazione che Erina gli stesse mentendo come tutte
le volte in cui lui cercava di essere gentile e premuroso nei suoi confronti,
ma puntualmente lei gli rispondeva male.
Soma era stufo di sentire che lei stava bene, quando era palese che non
quella non fosse la realtà, così le si avvicinò abbracciandola d’istinto.
Erina si sentì stringere da mani calde e forti per poi trovare il suo
viso a contatto con la maglietta nera di Yukihira. Quel contatto caldo e
rassicurante le ricordò il loro bacio, era così piacevole che staccarsi sarebbe
stato un peccato.
- Ti è così difficile essere sincera? Perché non dici che hai freddo? –
chiese il ragazzo tenendola ancora stretta.
Le uniche parole che Erina aveva nella testa erano dure e cattive;
quell’abbraccio non sarebbe dovuto succedere come per la storia del bacio. “Soma
non doveva prendersi tutte quelle libertà con lei” voleva dire. Non riusciva a
concepire la sua vita condivisa con un ragazzo come Soma. “Neanche per idea”,
pensava testardamente. Infatti, poco dopo aver fatto chiarezza con la testa,
gridò – Lasciami subito! – allontanando da se Yukihira.
- Scusa, pensavo che ti servisse un po’ di calore perché ti vedevo
tremare. Ho sbagliato? – domandò Soma.
- In quel caso un gentil uomo offre la propria giacca, stupido! –
Il rosso capì di aver agito male e si chiese come mai avesse compiuto
quel gesto incontrollato. Per rimediare, si tolse la giacca per metterla sulle
spalle di Erina – Credo di aver esagerato un po’. – tentò di scusarsi ancora.
Nakiri non poteva guardarlo in faccia perché anche se non era più
giorno si vergognava per essere diventata paonazza e iniziò a sentire un caldo
soffocante. Si sentiva un po’ in colpa per aver alzato la voce, in fondo era
sempre così. Alzava la voce per sentire quanta ancora risolutezza e forza aveva
dentro di se quando dall’esterno si mostrava debole e fragile a qualsiasi
sentimento che registravano il cuore e la mente - No, scusa anche tu per aver
urlato. –
Sulla bocca di Soma si disegnò un bel sorriso poi sbirciò le labbra di
Erina perfette anche nel buio della notte. Si immerse all’istante nel bacio e
in quel mondo che solo lui e Nakiri avevano visto, quel posto magico che gli
aveva fatto conoscere quasi la chiave di svolta per migliorare la sua cucina.
Avevano creato insieme un piatto decisamente unico e buono.
- Nakiri… - cominciò Soma inducendo Erina a guardarlo negli occhi.
- Ho mentito sulla vicenda del piatto. – continuò mantenendo lo sguardo
rivolto verso il panorama che aveva davanti a sé.
- Che vorresti dire? – s’interessò la ragazza desiderosa di sapere il
resto, ma anche nervosa perché stava per conoscere la verità.
- Ho trovato il modo di completare la tua ricetta perché dopo quel
bacio mi sono messo a pensare ad un piatto che avesse potuto ottenere lo stesso
gusto che ho percepito. A dire il vero non volevo dirtelo perché è davvero
imbarazzante. Ahahahah. – ci scherzò su il rosso.
Erina divenne più rossa dei capelli di Soma – Infatti potevi tenertelo
per te. Come fai a dire una cosa così imbarazzante con tanta leggerezza! – si
spazientì la ragazza evitando lo sguardo di Yukihira.
- Ma io avevo necessità di dirtelo. E poi è stata l’esperienza più
piacevole che abbia fatto. – disse spontaneamente Soma, ma il suo cuore invece
di liberarsi di un peso si caricava di altre emozioni a lui sconosciute.
“L’esperienza più piacevole che abbia fatto”, quelle parole erano
uscite spontanee che neanche Soma aveva preparato. Aveva esagerato pensò
Yukihira vedendo il volto di Erina scioccato.
La ragazza ne aveva abbastanza, se Soma avesse voluto dirle altro
probabilmente sarebbe collassata. Tutti quei colpi al cuore per cosa erano?
Possibile che dentro di lei provasse sentimenti d’amore per la persona che
aveva di fronte? No, rispose Erina alla sua mente. quelle parole la colpivano
perché anche lei aveva provato la stessa cosa baciandolo ed erano le prime
parole dolci rivolte solo a lei. Non per la sua bravura in cucina o per il suo
palato, ma solo a causa di emozioni nascoste provate in una situazione
accidentale.
- Adesso basta! – prese il controllo della situazione Nakiri – Lo
ammetto…anch’io ho provato a creare quella ricetta che tu hai completato solo dopo
l’incidente in aeroporto, ma voglio che il discorso finisca qui. – Erina
ricordò le parole di suo padre, mentre cercava di formulare una frase che
racchiudesse il suo stato d’animo in quel momento. “Vuoi arrivare alla vetta
della Tootsuki ed essere la numero uno? Allora fai attenzione che Yukihira non
ti prenda il posto che spetta a te.” Erano le parole di suo padre, schiette e
dure quanto vere.
- Il bacio ormai appartiene al passato, non ha senso pensarci ancora.
Non ho dimenticato il giorno in cui sei stato ammesso alla Tootsuki, a mia
insaputa per giunta. – disse freddamene e si irritò anche, ma non aveva
terminato il discorso che Soma, a sua volta, cercava di comprendere – Alla
cerimonia di inizio anno hai apertamente segnato la tua carriera perché la
vetta della Tootsuki appartiene a me. Tra di noi c’è solo competizione e
nient’altro, chiaro? -
Gli occhi di Soma s’infiammarono di fuoco vivo – Benissimo, per me è lo
stesso. Non mi lascerò battere da te, Nakiri! – lo spirito di competizione
prese il sopravvento in Soma, rispetto a quel sentimento che aveva preso forma
sia nel suo cuore che nella sua testa.
Il cuore di Erina cominciò a battere più regolarmente grazie al fatto
che Yukihira era tornato ad essere lo stesso ragazzo che odiava perdere.
- Ti dimostrerò che faccio sul serio. Per prima cosa entrerò nei
migliori dieci e infine preparerò un piatto che neanche il palato divino potrà
negare la squisitezza, cedendomi il posto in cima a tutti. – viaggiò
d’immaginazione Soma.
La faccia di Nakiri si gonfiò come un pallone – Non riuscirai mai a
farmi apprezzare un tuo piatto completamente e neanche soffiarmi la vetta!
Questa non te la perdono! – s’infiammò Erina tanto da voler strangolare il
rosso per la sua sfacciataggine infinita.
Yukihira tornato al presente, dopo i suoi viaggi mentali che lo
vedevano protagonista di essere ritenuto da tutti il numero uno indiscusso,
notò che intorno a lui e Erina si erano girate le persone che erano lì vicino a
seguire la loro scenetta. In quell’istante pensò di aver fatto arrabbiare Erina
seriamente.
Sai guardò nella loro direzione senza intervenire – Si stanno proprio
divertendo, non trovi? – disse alla sua collega, per giunta dandole del tu.
- Cos’è tutta questa confidenza? Comunque non sono d’accordo. Prima si
abbracciano, poi si scannano. Io li vado a dividere. – decise da sola prima che
Sai potesse fermarla.
Nel momento in cui la donna si avvicinò ai due squillò il cellulare di
Soma.
Era Joichirou che chiese a Soma di raggiungerlo con Erina all’hotel
dove alloggiavano.
In aereo la vivacità di Alice si era spenta con il sonno. La sua testa
era appoggiata sul braccio di Ryou ancora sveglio. Non aveva sonno e da ottima
guardia del corpo prestava attenzione che nessuno si avvicinasse alla sua lady.
Sentiva appena il respiro di Alice sul suo braccio muscoloso. La sua
espressione da duro e indifferente si addolcì nell’ammirare il viso candido e
perfetto della ragazza. Spostò dietro le orecchie un ciuffo di capelli bianchi
di Alice che le erano finiti sugli occhi, ma così facendo la svegliò.
- Che stai facendo? – chiese ancora assonnata l’albina.
- Mi spiace di averla svegliata, mia signora. –
Alice sbuffò e si riposizionò come stava prima.
- Dormi anche tu, è un ordine. –
- Non dovrei farle da guardia del corpo in questi casi? –
- No, ci sono un mucchio di uomini che mi stanno sorvegliando,
tranquillo. – disse, per poi tornare a immergersi nei sogni.
Ryou si guardò attorno notando parecchi uomini con abiti scuri in
allerta. Così, accertato che non ci fosse pericolo per Alice, il ragazzo chiuse
gli occhi e poggiò, rilassato, la testa sul cuscino dello schienale.
Megumi, Takumi e Mimasaka erano già profondamente addormentati. Megumi
sognava di indossare un abito da sposa per il suo desideroso matrimonio con
Soma, Takumi invece era nel bel mezzo di uno shokugeki con Yukihira e Mimasaka
sognava di essere diventato un grande cuoco che gestiva un locale tutto suo.
Akira e Hisako erano ancora immersi nelle loro letture solo che la
ragazza, arrivata al ventesimo capitolo del romanzo, pensò di chiudere il libro
e riposarsi un po’ per non arrivare a New York distrutta dalle occhiaie.
Nel conservare il libro, però, il segnalibro cadde vicino alle scarpe
di Hayama. Il ragazzo lo vide e tentò di recuperarlo mentre Hisako faceva la
stessa cosa. I loro visi si trovarono vicinissimi l’uno dall’altra, infatti
Hisako arrossì subito specialmente pensando che quella situazione poteva essere
considerata simile all’incidente del bacio tra Soma e Erina.
L’idea di baciare Akira la rese ancora più nervosa e imbarazzata tanto
che Akira se ne accorse. Il ragazzo le raccolse il segnalibro noncurante della
reazione della ragazza. Lui non ci trovava nulla di strano e non sapeva di
quello che era accaduto tra Soma e Erina, però doveva ammettere che i suoi capelli
avevano un buon profumo poi riprese tranquillamente a leggere.
Hisako aveva mille pensieri per la testa, ma la stanchezza la rapì trascinandola
nel mondo dei sogni. La sua mente occupata dalla figura di Erina ovviamente la
portò a sognare la sua amica e Hisako che la proteggeva da un mostro che aveva
le sembianze di Azami. Cambiando scenario invece fu catapultata in un sogno che
vedeva protagonista Sadatsuka Nao che cercava in tutti i modi di dividere
Hisako da Erina. Quei sogni fecero venire i brividi a Hisako, Akira infatti si
preoccupò e posò la sua giacca sulla ragazza dormiente. Alla fine, però, anche
Hayama cedette al sonno. I ragazzi fecero un lunghissimo sonno con sogni
piacevoli e anche terrificanti ad accompagnarli per tutto il viaggio.
Erina aveva dormito bene quella notte. Finalmente era piacevole
svegliarsi pensando di essere in una delle città più bramate del mondo, ma senza
dover pensare di doversi alzare per lavorare con suo padre. Non aveva avuto
incubi o comunque non ricordava di aver fatto alcun sogno tormentato. La
ragazza era stata ospitata in una delle stanze d’albergo dove alloggiavano
anche Soma e suo padre. La stanza non era male: letto a due piazze, cuscini di
prima qualità e uno specchio piccolo accanto ad un mobiletto dove erano stati
appoggiati dei vestiti per lei procurati dalla sua guardia del corpo. Infatti
tutte le sue cose personali erano state lasciate nell’hotel affittato da Azami.
Prese gli abiti e si recò subito in bagno per rinfrescarsi. Il suo viso nello
specchio appariva riposato, nessuna occhiaia o imperfezione, le sue labbra però
formarono un sorriso malinconico. Voleva tanto tornare in accademia e rivedere
Hisako per scusarsi della sua assenza; di tornare a casa sua.
Aveva persino coinvolto Joichirou per aiutarla ad allontanarsi da suo
padre. Non capiva perché lei fosse tanto aiutata da persone che la conoscevano
poco. Si domandò se anche lei avrebbe fatto la stessa cosa per loro nel caso in
cui fossero stati in difficoltà serie.
Erina non era abituata a interagire con persone amiche a parte Hisako e
sua cugina il resto erano solo collaboratori della sua famiglia ai quali non
doveva dare troppa confidenza. Non era in grado di aiutare gli altri con le sue
sole forze o meglio non l’aveva mai sperimentato.
La notte prima Joichirou aveva raccontato, omettendo qualche
particolare, che Azami non avrebbe costretto Erina a tornare a lavorare con
lui. Poteva davvero godersi quelle ultime vacanze in pace? Erina si sentiva
tremare quando pensava di trovare suo padre all’improvviso che sperava di
riportarla dalla sua parte.
Il padre di Soma aveva rassicurato i due ragazzi anche riguardo la foto
compromettente: l’immagine era stata cancellata per sempre.
La foto non era sparita per sempre come pensavano Joichirou e Erina
perché c’era ancora Soma ad averne una copia. Lui però era talmente assorto nel
sorprendere Nakiri con l’arrivo degli altri amici che si scordò di questo
particolare. Sul cellulare controllò solo la cartella degli sms piena di
messaggi da Hisako che sperava una risposta sulle condizioni di Erina più il
messaggio che gli ricordava della loro partenza e che si sarebbero incontrati
al posto accordato in precedenza. Al risveglio Soma incontrò, nel corridoio,
Erina che si stava avviando in cucina per prepararsi qualcosa da mettere sotto
i denti.
- Ehilà Nakiri! Dormito bene? –
Erina si voltò con sguardo indifferente – Si, credo che stare qui mi faccia
bene. –
Yukihira era contento di vederla più colorita di qualche giorno fa e
seguì la ragazza.
Tutti gli addetti di quell’hotel, non appena vedevano Soma e Erina li
salutavano allegramente senza fare domande. Nel posto in cui Erina soggiornava
prima le persone non erano così solari o spontanee. Per lei era una cosa
strana, ma vedendo quei visi felici si sentì esplodere di positività.
La cucina era già occupata da diversi cuochi che facevano sperimenti e
Joichirou che stava preparando la colazione per loro.
- Non avresti dovuto, con quello che avete fatto per me, volevo
cucinare io. – disse imbarazzata Erina mentre il suo palato desiderava
assaggiare quello che aveva preparato l’uomo.
- Infatti! Perché lo hai fatto tu? Volevo cucinare io la colazione per
tutti. Uffa! – sbuffò Soma, con aria di competizione verso suo padre che lo
guardava rassegnato.
- Facciamo così la prossima volta chiederò anche il vostro aiuto, ok?
Adesso sedetevi e mangiate. – disse Saiba, mentre gli altri gustavano i suoi
piatti deliziosi.
Intanto Sai spiegava a Erina e Soma cosa avrebbero dovuto fare quella
mattina.
- Ho chiamato suo nonno e gli ho riferito la sua situazione signorina,
quindi lui mi ha riferito che lei e Yukihira avete uno stage da portare a
termine. Questo perché ha ricevuto un incarico da un suo amico che vive proprio
qui a New York e così vorrebbe dare a voi l’opportunità di sperimentare le
vostre qualità culinarie. –
- Sul serio? Ma così, di punto in bianco? – chiese Erina che non capiva
bene la situazione.
Sai e Soma si guardarono complici, però cercarono di convincere Erina a
seguire le indicazioni; del resto non aveva nulla da perdere.
Sai scortò Erina e Soma nel posto indicato dall’ex direttore verso le
dieci di mattina. Arrivati, Erina si tolse gli occhiali da sole per vedere
meglio il locale e si stupì. Aveva creduto di dover lavorare in un ristorante
di bassa qualità o qualche villaggio turistico, ma mai si sarebbe aspettata di
fare uno stage per un ricevimento nuziale. Il posto era un sogno. Ristorante al
chiuso e all’aperto in base al gradimento degli ospiti e una spiaggia di sabbia
che brillava di luce propria.
- Sul serio dobbiamo cucinare per un matrimonio? – chiese scioccata
Erina che non credeva fosse possibile.
- Certo, me lo ha espressamente richiesto vostro nonno. – rispose, come
se fosse la cosa più normale del mondo.
Soma esplorò tutto l’ambiente a disposizione ammirando ogni cosa –
Potrebbe essere un’esperienza fantastica! Non ho mai provato a cucinare per un
ricevimento simile. Sarà divertente! –
- Anche no! Io conosco qualcosa, ma non ho mai sperimentato dal vivo tutto
ciò. – sbottò Erina.
- Va bene, rilassati. Siamo qui per imparare, no? –
- Certo. – si avvicinò il capo chef – Vi daremo tutte le indicazioni
possibili e vi seguiremo in ogni cosa. – rassicurò lui.
Il capo chef poi si avvicinò a Sai e gli sussurrò all’orecchio qualcosa
– Non dovevano essere più di cinque, i ragazzi? –
- Si, gli altri arriveranno fra qualche ora. Non si deve preoccupare. –
disse Sai tranquillo.
Lo chef si presentò ai due ragazzi facendo infiniti complimenti a
Erina, erede della famiglia Nakiri.
Soma ed Erina furono invitati a sedersi ad uno tavoli che erano stati
adibiti all’esterno. La vista era stupenda e il vento era piacevole. Il
proprietario del ristorante cominciò ad illustrare ai due il menu del
ricevimento richiesto categoricamente dalle famiglie degli sposi.
Quando Soma ebbe letto fino in fondo i piatti che avrebbe dovuto
preparare sentì una scarica elettrica attraversargli il corpo. Era una nuova
sfida per lui, piatti nuovi e ricette da sperimentare che avrebbero arricchito
la sua conoscenza culinaria.
Erina invece non era proprio eccitata infatti faticava a comprendere la
buona riuscita di quello stage per giunta con l’aiuto inesperto di Yukihira.
- Insomma il menu è all’italiana, ma non sarebbe più opportuno chiedere
a qualche italiano di dare una mano? – domandò in modo naturale Erina.
- Ci abbiamo provato, ma vostro nonno ha dato la sua parola che voi
avreste saputo cosa fare. – spiegò l’uomo – Quando volete, vi mostro la cucina
e per gli ingredienti vi fornirò di tutto ciò che avrete bisogno. –
- S-si. – disse incerta la ragazza. Conosceva poco della cucina
italiana, se ci fossero stati i fratelli Aldini però sarebbe stato tutto più semplice,
pensò lei.
- Vedrai, andrà bene! – la confortò Soma con aria solare.
Erina amava cucinare, ma lavorare con Yukihira le pesava non poco.
Avevano dei gusti di cucinare diversi, lei sceglieva con accuratezza gli
ingredienti invece lui decideva tutto al momento senza una precisa istruzione.
Come avrebbero potuto conciliarsi?
Soma invece aveva appena ricevuto il messaggio da Alice che erano appena
arrivati e che si sarebbero incontrati al ristorante intorno alle 12:30.
Accompagnati dai bodyguard, i ragazzi, erano entusiasti di essere in
quella città magica e divertente. Alice, per prima, correva da tutte le parti
cercando un posto in particolare costringendo gli altri a seguirla per tutta la
città.
- Eccolo! – esclamò Alice, indicando un bar. Aveva voglia di fare
colazione perché il buco allo stomaco si faceva sentire.
- Non possiamo perdere tempo a mangiare! Dobbiamo andare da Erina. –
protestò Hisako contro Alice generando una discussione tra le due.
- C’è tempo! Non essere così apprensiva, dai! Divertiamoci! – disse
Alice che aveva trovato l’allegria appena scesa dall’aereo. L’albina si sentiva
più vicina a sua cugina perciò non aveva motivo di essere troppo preoccupata.
Prese per un braccio Hisako e la trascinò dentro il locale.
- Insomma, solo io mi preoccupo di trovare al più presto Erina! – si
arrabbiò Hisako.
- Dovresti rilassarti, ti farà bene pensare a qualcos’altro. – si
avvicinò Akira all’orecchio della ragazza.
Hisako avrebbe risposto male ad Ayama, ma Alice le disse qualcosa che
la calmò definitivamente – Anche io non vedo l’ora di vedere quella noiosa di
mia cugina, però so che sta insieme a Yukihira. Ha risposto a un mio sms poco fa,
quindi possiamo tranquillizzarci, giusto? –
- D’accordo. – accettò Hisako che mise da parte la sua rivalità verso
Alice.
Takumi fu subito preso in simpatia dalla ragazza che lavorava dietro il
bancone del bar. Megumi invece fu circondata da due ragazzi che volevano
offrirle qualcosa finché non s’intromise Mimasaka, sedendosi accanto alla
ragazza, che fece scappare i due.
Dopo una ricca mangiata si avviarono all’appuntamento nel ristorante
dove avrebbero fatto lo stage e per fare una sorpresa a Erina.
Mentre Soma e Erina cercavano di fare amicizia con gli altri cuochi
arrivarono Hisako e gli altri irrompendo nella sala interna del ristorante.
Erina non sapeva cosa provare in quel momento né aveva parole da
pronunciare. Vide Soma che andò incontro agli amici per scherzare un po’, aveva
intuito che il rosso sapeva già del loro arrivo. L’unica persona però che
voleva vedere era Hisako. Quest’ultima si avvicinò con lentezza verso Erina –
Sono contenta che tu stia bene. Siamo venuti quasi tutti perché eravamo preoccupati,
tuo nonno ci ha dato una mano. -
Hisako non dovette sforzarsi tanto per dimostrarle affetto perché ci
pensò Erina. Nakiri la abbracciò forte – Scusami per averti ignorato, sono
stata un’egoista e insensibile. Grazie per essere qui, Hisako. Grazie davvero.
– ebbe il coraggio di far uscire tutto
quello che sentiva.
Soma e gli altri guardarono la scena strappalacrime, sprizzando
felicità.
Erina si accorse in un secondo momento che mancava qualcuno – Non è
venuta Alice? – chiese a Hisako.
- Si, era con noi. Forse è in giro a perlustrare. –
Erina aveva sperato che non fosse venuta. Non voleva rivedere Alice
dopo quello che era successo tra loro. C’era troppa insicurezza quando pensava
ai litigi con sua cugina e sarebbe stato difficile parlarle. Non voleva complicare
di più la loro situazione.
Alice guardava con aria assente la superfice limpida del mare in
lontananza. Non si staccava dalla parete che si affacciava sui tavoli adibiti
all’esterno. Sembrava come se stesse aspettando qualcuno. Di lì a poco infatti
anche Erina sembrava rapita dall’aria fresca di quel posto. Erina perlustrò coi
suoi occhi lilla ogni angolo in cerca di Alice. Sua cugina che era proprio alle
sue spalle attirò la sua attenzione – Stavi cercando me? –
Erina si girò per nulla sorpresa, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto
affrontare Alice, ma il suo discorso non sembrava affatto pronto per fare pace.
- Così sei venuta anche tu. - Erina teneva gli occhi bassi.
- Pensavi che non venissi? – cominciò a fare due passi in avanti, Alice.
- Forse. – era incerta l’altra.
- Io ti avevo avvertita che non sarebbe stato piacevole obbedire a tuo
padre, ma tu non hai voluto il mio aiuto. –
- E’ pur sempre mio padre. – cercò di trovare il modo di rendere
convincente quella frase.
- Già questo lo capisco, però certe volte…non so…vorrei che tu non
debba seguire sempre tutto quello che ti dice di fare Azami. Sii più severa
quando si tratta della tua vita non fartela costruire dagli altri, ma solo da
te stessa. Devi essere padrona delle tue scelte e se hai paura non avere timore
di chiedere aiuto. –
- Accidenti avevi davvero tanto da dirmi. – fece sarcastica Erina.
- Sei sempre così cinica nei miei confronti. – continuò Alice, ferita
perché sentiva che Erina nascondeva i suoi sentimenti.
- Non è così, io so quello sto facendo e non ti credere di sapere tutto
solo perché vuoi sentirti superiore a me. –
- Non accetti critiche, eh? Tipico di te che sei perfetta in tutto. –
la provocò Alice.
- Vuoi litigare? – domandò acida Erina.
- Perché non lo stiamo già facendo? Litighiamo sempre. – mostrò la
realtà, Alice.
- Di chi pensi che sia la colpa? – s’irritò Erina.
Alice incrociò le braccia al petto e si sedette su una delle sedie che
le era capitata vicino. Girò lo sguardo dalla parte opposta a quella di Erina e
sua cugina fece lo stesso cercando di calmarsi.
- Ogni volta finisco per prendermela con te, è patetico. Lo so che è
difficile avere una cugina come me, hai tutte le ragioni per arrabbiarti. Mi
dispiace, Alice, per essere stata così distante e di averti fatta preoccupare.
– cercò di chiedere una scusa stupida quanto sincera.
- Ahhhh, lascia stare. È tutto a posto. – si alzò Alice e andò verso la
porta.
- Aspetta, Alice. – la chiamò Erina e Alice si bloccò aspettando che
l’altra parlasse.
- Lavoreremo insieme per questo stage, non sarà un peso per te? –
chiese seria la biondina.
- No, credo che sarà inevitabile. Come è inevitabile che abbiamo lo
stesso sangue che ci scorre nelle vene. È inevitabile che ci incontreremo e
cucineremo spesso insieme alla Tootsuki. Così come è inevitabile che
litigheremo ancora. Adesso torno dentro per capire quale menu sarà servito per
le nozze. – Alice aspettò qualche secondo e poi lasciò sua cugina da sola.
Erina colse una certa malinconia nelle parole di sua cugina, forse si
erano avvicinate un po’, ma sapeva che dovevano lavorare ancora molto sul loro
rapporto di cugine per recuperare l’affetto di un tempo.
Passarono cinque giorni di intenso lavoro tra fornelli e cibi di alta
qualità. I ragazzi si divisero la preparazione delle portate e non mancarono
infatti i litigi. L’unico che era a suo agio era Takumi che finalmente vedeva
la possibilità di mostrare le sue capacità culinarie della sua Italia. Soma gli
fece molti complimenti che Aldini apprezzò appieno; anche se in fondo Yukihira
cercava solo di apprendere l’arte di Takumi e imitarla perché lo incuriosiva
troppo.
Takumi aiutò chiunque; lavorò persino con Erina che pur essendo più
capace di lui accettava i suoi consigli.
Furono giorni di sperimenti che ogni giorno venivano perfezionati con
l’aiuto di Erina che desiderava per ogni piatto la perfezione. Erano talmente
in conflitto tra di loro che riuscirono persino a creare due torte nuziali
differenti. Takumi desiderava una classica torta con la panna sopra a ricoprire
i sei piani del gigantesco dolce con sopra la statuina dei due sposi, mentre
Soma e Alice volevano preparare qualcosa di diverso. Una torta a otto piani. La
base a forma di cuore adonata con rose rosse di zucchero più fiori veri e sopra
all’ultimo piano un castello con altrettante rose vere e una scala lunga per
tutta la torta con i due sposi che si accingono a salire la scalinata decorata
di fiori reali e profumati. Erina a priori aveva scartato questa ipotesi, ma fu
propensa all’idea originale che anche Hisako approvava. L’avrebbero preparata
se avessero avuto il tempo di farlo. E fu così che oltre ad aver creato una
torta classica ne realizzarono anche una molto più complicata e artistica.
I risultati erano molto buoni e cinque giorni di perfezionamenti e
impegno sparirono in tempi brevissimi.
L’atmosfera di quel giorno era diversa da come se la immaginava
Yukihira. Uscì dalla cucina con la divisa per camerieri e vide gli invitati
degli sposi tutti eleganti che prendevano posto, parlavano e ridevano. L’aria
che si respirava non era semplicemente di festa. Erano tutti contenti, quasi
contagiosi. Anche Soma aveva l’impulso di sorridere e mischiarsi tra gli
invitati perché la gioia che si respirava era vera e sincera. Yukihira pensò,
ad un certo punto, che pur servendo un piatto scadente non se ne sarebbe
accorto nessuno. Era davvero così bello il giorno di un matrimonio? Ecco che le
domande tornarono a riempirgli la mente.
- Yukihira kun, abbiamo bisogno di te. – lo sollecitò Megumi e Soma la
seguì di corsa.
In cucina si impegnarono tutti ricordando ogni prova che avevano fatto
per arrivare a creare il menu che gli sposi desideravano tanto. Per rendere
quel matrimonio ancora più piacevole e spettacolare mancavano solo i piatti
principali che tra una musica e l’altra i cuochi servivano.
Erina era indaffarata a dirigere i cuochi, ma anche lei si prendeva
delle brevi pause per sbirciare la festa in corso. Specialmente durante i balli.
Il ballo lento dello sposo e della sposa, le fece capire quanto quelle persone
fossero felici insieme e affiatate. Anche lei aveva ballato con qualcuno, e la
musica bella e lenta c’era, ma la canzone non basta per rendere magico quel
momento.
Alice e Hisako si avvicinarono anche loro per guardare i balli.
- Non ti sembra qualcosa di già visto, cugina? – domandò Alice,
maliziosa.
- No, perché? – chiese distratta Erina.
- Anche all’accademia abbiamo ballato a quella festa. E se non sbaglio
tu hai ballato con Yukihira lo stesso ragazzo che hai baciato. – Alice cominciò
a prendere in giro Erina.
Erina si imbarazzò subito, ma non voleva affatto darla vinta ad Alice –
Smettila, questo fatto non c’entra nulla con il matrimonio. –
- Ha ragione Erina, le nozze sono un avvenimento che ti cambia la vita
soprattutto perché hai una persona che ami e che ti ama. – disse Hisako.
Erina lo sapeva, il matrimonio non è una semplice festa con la musica d’atmosfera,
ma un giorno importante, speciale per molti, perché si trova la persona giusta
con cui passare tutta la vita insieme.
- Certo che si, Hisako, ma non solo! Per esempio il mio matrimonio
dovrà essere in grande stile come quello che mi hanno raccontato i miei
genitori. Romantico e spettacolare dal giorno della promessa fino alla data di
nozze. Tu come vorresti il tuo matrimonio Megumi? – domandò Alice che intanto
continuava a pensare a come poteva essere il suo matrimonio, tranne per lo
sposo che nella sua testa non trovava ancora un volto.
- Il mio matrimonio? Non saprei a me importa solo che ci sia la persona
che mi piace. Si credo che vorrei solo questo. – disse con semplicità Megumi.
- Ha ragione Megumi, insomma alla fine non conta il posto o la musica,
ma la persona che scegli di sposare che dovrà rendere il giorno del matrimonio
un giorno speciale. – s’intromise Takumi, saggiamente.
Erina fu felice di sentire quelle parole, era proprio quello che dentro
di sé sentiva.
- Si, sono d’accordo con Aldini. – disse Hisako mentre preparava un piatto.
- No, io non sono d’accordo. Tu che ne pensi Yukihira? – chiese Alice
convinta del suo discorso.
- Non saprei, ma credo che la penserei come Takumi e Tadokoro insomma
non mi capita mai di pensare a certe cose…però anche la tua idea mi piace. –
rispose vago Soma concentrato sul piatto da preparare.
- Io penso che Tadokoro, come Aldini, abbia espresso la giusta considerazione.
Anche per me basta avere la persona giusta per essere felice. – contribuì alla
conversazione Mimasaka mentre versava del sugo di qualità.
- Stranamente siamo d’accordo su qualcosa. – disse un po’ acido Takumi
a Mimasaka accanto a lui.
Alice si imbronciò perché nessuno accettava la sua idea, così cercò
appoggiò nel suo fedele assistente, ma Ryou era in modalità Berserk e quindi
decise di lasciar perdere tanto non l’avrebbe ascoltata in ogni caso.
- Invece di perdere tempo nel pensare a certe cose, pensate a cucinare
abbiamo ancora delle portate da servire. – disse freddamente Hayama che era
intento a mescolare aromi di ogni genere. Alice lo guardò male e si rimise a
lavoro.
Quei discorsi non fecero altro che mettere altre domande nella mente di
Soma. Come era stato il matrimonio dei suoi genitori? Era come l’aveva
immaginato? Era con la persona giusta?
Il cervello di Erina pure elaborava teorie sull’unione dei propri
genitori. Si amavano davvero? La ragazza scacciò all’istante quei pensieri con
una grande forza di volontà per non deconcentrarsi.
Il lavoro di squadra procedette bene anche se le statistiche iniziali
non l’avrebbero previsto.
Giunto il momento della torta i ragazzi non ebbero dubbi e portarono in
sala le due torte con lo stupore di tutti i presenti.
Gli sposi si congratularono con gli chef e la loro creatività che
lasciò di stucco anche il proprietario del ristorante.
Si era fatta sera ormai e quindi gli invitati compreso la coppia
festeggiata si trasferirono dalla sala interna, che aveva il condizionatore per
le ore di pomeriggio calde, a quella all’aperto decorata di fiori e ornamenti
di festa colorati per gustarsi meglio il dolce e scattare foto in riva al mare
con la luce della luna.
Tutto stava procedendo per il meglio, ma qualcosa non prevista rovinò l’atmosfera.
La ex fidanzata dello sposo si presentò alla festa litigando
animosamente con la sposa che gelosissima cercava l’appoggio di suo marito per
mandare quella pazza scatenata fuori dal ristorante e dalle loro vite.
La discussione però si trasformò in una gara di torte. Tutto iniziò
quando la ex prese un pezzo di torta per lanciarlo sul vestito della sposa e
che a sua volta quest’ultima volle vendicarsi. Qualche pezzo di torta finì
anche sugli ospiti che cominciarono anche a lanciare tra di loro altri pezzi di
panna e cioccolato addosso. Questo finì per divertire sia gli invitati che gli
sposi. I pezzi accuratamente tagliati delle due torte bellissime furono
lanciati dappertutto, volarono anche addosso ai camerieri. Soma fu contagiato
da quell’euforia che si buttò nella mischia e Takumi accolse la provocazione
per rendere anche quella situazione un pretesto per gareggiare contro Yukihira,
ma il suo tiro fu scarso infatti finì per colpire Erina che stava cercando di
calmare la folla impazzita. La ragazza si spazientì tanto da lanciare pezzi di
torta che aveva a portata di mano contro Soma poiché credeva che la colpa fosse
anche sua. Invece di mettere ordine al caos che si era reato Yukihira e gli
altri si lanciarono cibo a volontà. Hisako proteggeva Erina, come fosse il suo
scudo. Akira e Hayama si sfidarono con quello che trovavano invece Mimasaka e
Megumi tentavano invano di fermare quella guerra di cibo mentre venivano
sporcati anche loro da ogni tipo di schifezza.
Quando finalmente arrivò il proprietario con un megafono grande il caos
si arrestò, ma ormai erano tutti sporchi come pure i tavoli. Era tutto un
disastro, ma Soma ebbe una folle idea - Perché non ci facciamo un bagno nel
mare! -
Gli sposi per primi non si fecero problemi e si buttarono con tutti i
vestiti nell’acqua lì vicino rischiarata dalla luce della luna. Gli altri li
seguirono a ruota persino gli anziani furono propensi a quella trovata. Così come
Yukihira e i suoi amici fecero altrettanto. Si divertirono un sacco a bagnarsi
dalla testa ai piedi. A fare gare di nuoto. Quel matrimonio sarà ricordato
nella storia come quello più folle.
Le guardie del corpo della famiglia Nakiri corsero subito a procurare
tanti asciugamani da mare per tutti, così la festa continuò, in riva al mare,
con brindisi e quel poco di torta che era rimasta. Fortuna che ne avevano
preparate due!
Quando ormai Erina non aveva più da fare in cucina si trascinò sulla
spiaggia; era stanca, ma i suoi pensieri no. Era stato un matrimonio divertente
e forse l’unico a cui era stata, certo non come invitata o festeggiata, ma si
sentiva comunque di aver fatto parte della festa e forse ancora una volta il
merito era di Soma.
Il ragazzo vide in lontananza Erina e decise di farle compagnia.
- Tieni, sono degli avanzi della festa. È tutto buonissimo, te lo
giuro! – disse Yukihira allegro mentre si sedeva accanto a Erina.
- E’ stata una bella festa. – disse la ragazza, mettendo da parte i pensieri
negativi.
- Sì, è stato divertente. A me è piaciuta la parte del lancio delle
torte. – commentò Soma divertito.
Erina non era certo contenta di sapere che metà del lavoro che avevano
fatto per realizzare quelle super torte era andato sprecato, ma ammise di
essersi divertita.
- Hai avuto una bella idea. Quella di farsi il bagno in mare, intendo. –
cercò di essere naturale Erina.
- Si, mi è venuta di colpo. Davvero geniale, eh? – concordò Soma.
I due guardarono verso le famiglie e gli amici che circondavano gli
sposi tutti felici e sorridenti. Anche Erina si fece contagiare spontaneamente
e sul suo viso apparve un bel sorriso che Soma le fece notare – Finalmente ti
sei divertita. –
Erina si girò verso di lui – Si, ma non montarti la testa. Non è solo
merito tuo. –
- Ok, ok. – rise Yukihira.
Hisako fu contenta di vedere Erina serena e continuò a guardare i due
in riva al mare, ma sentì le voci di due guardie del corpo che dicevano:
- Ehi, quel ragazzo non sembra un parente, né un amico degli sposi. –
- Già, perché si sta dirigendo verso la signorina Nakiri. –
- Forse è un amico del ragazzo accanto a lei, Yukihira Soma. –
- Forse, ma è meglio tenerlo d’occhio. Andiamogli dietro. –
Due agenti in nero seguirono il ragazzo che aveva intenzione di parlare
con Erina.
- Ciao, Nakiri. Possiamo parlare. – disse Kohinata appena arrivato.
- Che cosa ci fai qui, Kohinata? – domandò sorpresa Erina.
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Capitolo 9 *** Vacanze ***
Soma squadrò Kohinata dalla testa ai piedi, mentre in lontananza si
sentiva ancora la musica della festa in corso. Il vento piacevolmente fresco
perché vicino al mare scosse i capelli di Erina che guardava con sorpresa il
ragazzo spuntato dal nulla.
- Perché sei qui? Ti ha forse mandato mio padre a controllarmi? –
domandò la ragazza sospettosa e vigile, che si aspettava di trovare suo padre
comparire da un momento all’altro.
Kohinata fu colpito da quella domanda e cercò di rispondere subito, ma
Soma lo precedette – Tu sei il ragazzo che mi ha fatto il terzo grado per
quella foto. – lo riconobbe il rosso che aveva incontrato Kohinata proprio il
suo primo giorno a New York, dopo aver discusso con Erina.
- Ancora con questa storia! Yukihira, ti ci metti anche tu ora? Non era
tutto sistemato? – chiese ancora Nakiri infuriata appena aveva sentito parlare
della foto compromettente e imbarazzante per lei.
- Tranquilla, la foto non c’è più e credo che nessun media ne sia al
corrente. Non sono venuto per conto di tuo padre. Ho sentito da una guardia del
corpo, al ristorante di Azami, che tu eri occupata con uno stage e che non ti
avrei rivista al ristorante Nakiri. Per cui sono venuto qui. Devo dirti
qualcosa. – disse tutto d’un fiato Kohinata.
Erina non fiatò. Aspettava che il ragazzo parlasse, ma i bodygard non
gli permisero di dire nulla. Due uomini presero per le braccia Kohinata e lo
trascinarono a terra legandogli le mani. Nel contempo il ragazzo cercava di
dire qualche sillaba cercando di sputare la sabbia che gli entrava nella bocca
– Io… devo dire… -
Intanto le guardie che stavano immobilizzando Kohinata lo tempestarono
di domande – Tu chi sei e perché stai parlando alla signorina Nakiri Erina?
Forza parla! –
Erina guardò tutta la scena sbigottita mentre Soma di fianco a lei si
preoccupava di quel povero ragazzo messo al tappeto.
- Smettetela immediatamente, è solo un mio conoscente di New York. È
inoffensivo. – cercò di dissuadere la sua scorta, Erina.
Hisako seguita da Alice e gli altri ragazzi dell’Accademia si precipitarono a vedere la scena.
- Che succede, Erina? – domandò Alice che voleva saperne di più, invece
Kohinata fu lasciato libero anche se aveva ancora una corda tra le mani.
- Volevo solo dirti una cosa Nakiri. Non mi aspettavo questa
resistenza. – pronunciò queste parole mentre sputava qualche granello di
sabbia.
- Scusa, sono spiacente. Puoi dirmi tutto, ora. Fai in fretta però
perché devo rimettermi a lavorare. –
- Certo, sarò breve. – prese il coraggio che gli serviva e poi
Kohinata, sotto gli occhi e le orecchie a portata di Soma e di tutti gli amici
di Erina disse – Io sono innamorato di te e vorrei che tu mi dia la possibilità
di farti capire che sono la persona più adatta a stare al tuo fianco. –
Dopo quella dichiarazione diretta, al chiaro di luna, Erina aveva la
mente libera e chiara per rispondere ciò che significava per lei quello che
aveva detto Kohinata – Capisco che tu stia provando questo per me, ma io non
sento le stesse cose e credo che non cambieranno i miei sentimenti, in futuro.
Perciò scusa, ma declino la tua proposta. – disse molto chiaramente e col cuore
di ghiaccio. Era come se le parole fossero già state preparate nella sua testa,
forse sospettava già che il ragazzo provasse sentimenti per lei. Tuttavia
quello che Erina provava per Kohinata era solo amicizia e nulla di più.
Soma non reagì, rimase in piedi a fissare Erina che rifiutava Kohinata.
Non aveva frasi decenti da dire e sembrava aver perso anche il suo solito
umorismo, così aspettò che Erina sistemasse da sola quella difficile relazione.
Alice, per aiutare sua cugina inventò una stupidaggine per spezzare
quell’atmosfera tetra che si stava creando – Insomma Kohinata, non ti
abbattere. Non sei mica l’unico che va dietro a Erina. Mettiti in fila! Vedi
tutti questi giovanotti? Loro sono gli altri che vorrebbero uscire con mia
cugina, quindi dovrai faticare molto. Ahahah. – si divertì la cuginetta
indicando Takumi, Soma, Mimasaka, Ryou e Akira accanto a lei.
Erina a seguito della sceneggiata di Alice divenne tutta rossa e le
corse incontro – Che ti è saltato in mente! Vieni qui e sistema il guaio che
hai combinato! – gridò per tutta la spiaggia mentre cercava di prendere sua
cugina che fuggiva da tutte le parti.
Akira e gli altri rimasero senza parole, ma non diedero peso a quello
che aveva detto Alice perché ormai sapevano che alla ragazza piaceva scherzare.
Le guardie del corpo andarono via, dopo il pericolo scampato, ma
Kohinata era rimasto fermo sulla spiaggia a riflettere.
- Aspetta. – disse Kohinata a Soma mentre si avviava con i suoi amici
diretti al ristorante.
Yukihira sapeva che era riferito a lui e si fermò. Lo guardò.
- Non so se Nakiri Erina si accorgerà mai di me o forse non lo farà mai
perché è interessata a qualcun altro, ma sarà difficile entrare a far parte
della famiglia Nakiri. – disse Kohinata e Soma elaborava ciò che diceva il
ragazzo.
- Perché lo stai dicendo a me? – chiese stupidamente Yukihira.
Kohinata non sapeva cosa sentiva Soma per Erina o se non si erano
ancora resi conto dei loro sentimenti, ma fece finta di nulla – Niente, dico
solo che io non mi arrenderò facilmente. Conquisterò Erina e la famiglia Nakiri
per avere qualche chance in più. Ci si vede, Yukihira Soma. – Kohinata calciò
la sabbia con una scarpa e si diresse nella direzione opposta a quella di Soma.
Yukihira non aveva colto la sottile rivalità che Kohinata provava nei
suoi confronti. Nei confronti di Soma che forse aveva una possibilità maggiore
di conquistare il cuore di Erina.
“Cosa voleva dire Kohinata?”, metteva in moto il cervello di Soma
“Aveva già discusso con lui e c’era sempre Erina di mezzo, ma perché?”, si
domandava ancora. Voleva scacciare Kohinata fuori dai suoi pensieri, ma era
difficile. Cosa lo tratteneva dal farlo? Doveva capirlo e si promise di
scoprirlo prima di tornare alla Tootsuki.
Il responsabile nonché capo del ristorante ricevette una telefonata da
Senzaemon che fu subito passata a Erina per spiegare cosa era successo al
matrimonio – Nonno mi dispiace, non siamo stati molto professionali e c’è stato
uno spreco di cibo, ma io me ne assumo tutta la colpa. –
- Ahahah, si tranquilla. Lo so cosa è successo, mi ha chiamato Alice
poco fa per raccontarmi tutto. –
- Certo, ma perché stai ridendo? – chiese Erina un po’ perplessa dalla
reazione esagerata di suo nonno, per nulla arrabbiato.
- Va tutto bene, ho saputo che vi siete divertiti. Tu e i tuoi amici.
Sono contento che il mio piano abbia avuto successo. Lo stage doveva aiutare te
e i tuoi amici a lavorare insieme, mettere da parte i vostri problemi e
collaborare come gruppo. Non potevo sentire una notizia più positiva di questa!
E poi non è certo colpa vostra se siete stati coinvolti in una specie di rissa.
Ahahah. –
- O-ok. Grazie nonno, effettivamente non è stato male. – fu sincera e
sollevata Erina mentre salutava suo nonno.
- Ci vediamo presto nipotina. – chiuse la chiamata Senzaemon, sospirò e
sorrise. Qualcosa di buono, in quel viaggio aveva aiutato Erina a reagire e
questo era ciò che sperava l’ex direttore della Tootsuki.
Dopo la prova culinaria affrontata con successo, i ragazzi ebbero la
possibilità di trascorrere altri due giorni a New York in totale relax prima di
ripartire.
Alice aveva programmato tutta la giornata e gli altri ragazzi lasciarono
a lei decidere dove andare, perché era l’unica ad avere idee per trascorrere al
meglio il soggiorno nella grande mela.
Central Park era la prima tappa. Alice ordinò ai suoi bodygard di
procurare delle carrozze a cavallo da trasportare lei e i suoi amici per una buona
parte di Central Park. Comprarono tutti un gelato e poi salirono sulle
carrozze. I primi furono Ryou e Alice che fremeva, poi fu la volta di Soma e
Takumi che erano eccitatissimi di essere trasportati da un cavallo e
contagiarono Megumi che li seguì sulla stessa carrozza. Akira partì con
Mimasaka che si era già sistemato per gustarsi il suo sorbetto. Erina e Hisako
invece partirono per ultime. La biondina si accorse della confidenza reciproca
tra Megumi e Yukihira. Non poteva farne a meno, aveva passato un po’ di tempo
con il ragazzo e guardandolo da lontano aveva capito quanto lui si divertisse
con i suoi amici. Era bello vederlo allegro, ma si domandava se anche con lei
si divertisse allo stesso modo. Gli occhi di Erina riuscivano a catturare la
spensieratezza che Soma aveva nell’ammirare il paesaggio naturale di Central
Park. In qualche modo riusciva a entrare nel suo mondo vivace che lei non
vedeva da tempo. Hisako accanto a lei cercava in tutti i modi di trovare le
parole per parlare con la sua amica di quello che le era successo, nei giorni
in cui non riuscivano a comunicare e chi fosse quel ragazzo Kohinata. Il volto
di Erina però era sereno e Hisako non voleva oscurarlo con ricordi spiacevoli
perciò si trattenne dal farle domande sconvenienti in quel momento.
Alice era scatenata come al solito e prese di mira Soma che accetto
subito la sua idea folle. L’albina prese il comando della carrozza tenendo le
redini del cavallo e fece scendere il cocchiere. Yukihira fece lo stesso mentre
Takumi e Megumi si preparavano a reggersi forte perché sapevano che sarebbe
potuta finire male quella strana corsa che avevano deciso di disputare i loro
amici. Soma e Alice guidarono i cavalli più veloci di chiunque altro per vedere
chi delle due carrozze fosse la più veloce. Il rosso non aveva mai guidato una
carrozza né tantomeno salire su un cavallo però se la cavava con le istruzioni
di Takumi che reggendosi forte gli gridava cosa doveva fare. Ryou invece mezzo
addormentato scorgeva lo sguardo di sfida nelle pupille di Alice che faceva di
tutto per vincere quella sfida.
- Sembrano dei bambini. – disse Hisako che sperava non facessero male
alle persone che volevano godersi la passeggiata, ma in fondo non andavano
molto veloci. Alice sapeva che Soma non poteva certo governare al meglio una
carrozza trainata da un cavallo e manteneva una velocità bassa per permettere
al rosso di avere qualche vantaggio in più.
- A me sembra che si stiano divertendo tanto. Piuttosto non credevo che
Alice voglia far vincere Yukihira. Con quell’andatura verrebbe superata subito.
– commentò Erina divertita.
Hisako percepì una strana calma nelle parole dell’amica e la vide più
contenta del solito.
- Sì, hai ragione. – sorrise Hisako felice che Erina si stesse godendo
tranquillamente quella giornata senza irritarsi con Alice o Soma. Le persone
che senza dubbio avevano quel carattere capace di farti cambiare idea su ogni
cosa e rallegrarsi per tutto ciò che decidevano di fare. Erano forse le sole
persone che davano quella scarica positiva a Erina per reagire alla sua
condizione famigliare.
Quel lungo parco che presentava un miscuglio di colori e vegetazione
viva rendeva la giornata più bella.
Mimasaka si godeva con una pace mai provata prima tutto quello che lo
circondava dai fiori alle voci dei passanti, si accorse anche di Akira che ad
un certo punto saltò dalla loro carrozza.
- Scusami, non è per te. – disse Hayama che vide Mimasaka aprire i suoi
occhi semiaperti – Voglio fare una passeggiata per conto mio. – finì la frase
sbrigativo e l’amico ritornò al suo sonnellino.
Hisako vide Akira allontanarsi e seguì lo sguardo che il ragazzo le
ricambiò.
- Che succede? Come mai Hayama sta andando via? – domandò Erina
incuriosita.
- Chi lo sa. Non mi interessa. – girò la testa da un’altra parte
Hisako.
- E’ successo qualcosa fra di voi? – chiese ancora la biondina.
- No. –
- Forse è a causa della vostra battaglia. Certamente ci sei rimasta
male per aver perso contro di lui. –
- Sì, è così. Ma non ho il diritto di lamentarmi. Devo solo cercare di
fare meglio la prossima volta. –
Erina guardò la sua amica attentamente. Hisako si era sempre confidata
con lei e parlavano molto di ogni cosa, però l’argomento di quella battaglia
culinaria non era mai oggetto di conversazione. Nemmeno quando era ritornata al
suo fianco. Aveva sempre taciuto quel discorso e forse si sentiva parte della
colpa. Lei era sempre la numero uno e Hisako voleva essere a tutti i costi la
sua segretaria, aiutarla per ogni minima cosa. Hisako non le chiedeva mai nulla
e si sacrificava tanto per lei. Erina avendo sempre i riflettori puntati godeva
di molte cose, ma Hisako restava sempre in ombra anche quando non era
necessario.
- Non devi essere arrabbiata con Hayama, la colpa è mia che ti ho
scaricato troppe aspettative e che ti do sempre molto da fare. –
- Ma no. Non è vero. La colpa è solo mia per essere stata sempre dietro
di te e mai al tuo fianco. Avevo il timore di sminuirti se ti fossi stata
accanto. In fondo io non sono al tuo livello, però Yukihira mi ha fatto capire che
devo almeno provarci a starti vicino. –
- Yukihira? – era perplessa la biondina a sentire il suo nome.
- Sì, durante lo stagiaire Yukihira mi ha aiutato a capire come
affrontare il blocco che non mi permetteva di vederti. – disse con un largo
sorriso.
Da quella conversazione Erina capì come Soma e Hisako fossero diventati
amici. Tutto merito di Yukihira se Hisako era tornata; ancora una volta Soma le
aveva fatto un grande favore. Come avrebbe potuto ricambiare tutte le volte che
il rosso l’aveva aiutata?
Akira passeggiava solo nei vialetti alberati e i suoi occhi potevano
scorgere tante famiglie, turisti che si divertivano insieme. Non potevano
mancare gli innamorati e la gente che era sola a rilassarsi nel parco più
grande che esisteva. Quella passeggiata serviva per riflettere sulle parole che
il ragazzo aveva sentito al matrimonio.
Due ragazzi chiacchieravano di un loro amico che si era innamorato di
una donna con il doppio dei suoi anni e che sarebbe stata perciò una relazione
impossibile per la loro differenza d’età. Akira ci pensava perché in fondo era
una situazione uguale alla sua. Lui provava qualcosa di forte per Jun, ma
sapeva anche che, nonostante l’aspetto della donna, aveva molti anni in più. Poteva
avere una chance? Lui era confuso e rifletterci gli avrebbe dato solo speranze
inutili. L’unica opzione possibile che la sua mente concepì fu di confessare
quello che provava a Jun e capire se lei fosse interessata a lui. Sebbene il
ragazzo fosse concentrato sui suoi pensieri notò distintamente Alice e Soma
che, esausti, si risposavano al centro del parco. Decise quindi di accodarsi a
loro per uscire da Central Park e sapere quali fossero le altre tappe da
vedere.
L’albina chiamò Erina e Hisako per riunirsi. Mimasaka era già arrivato
alla fine della sua corsa e aspettava i suoi amici per andare tutti a
Rockefeller Center. L’edificio altissimo li aspettava imponente e pieno di
gente.
Avevano un tavolo prenotato al ristorante Rainbow Room al 65° piano.
Dopo quasi un’intera mattina al parco avevano una fame tale da spendere un
patrimonio di cibo. Poi si munirono di macchine fotografiche pronti a salire
altri piani per godersi il panorama speciale che quel grattacielo regalava.
Soma iniziò a scattare foto da tutte le angolazioni possibili senza
darsi tregua e Takumi fece lo stesso, sembrava che stessero facendo a gara chi
fotografava in pochi minuti tanti scorci di New York. Yukihira però non aveva
quel fine lui fotografava perché era elettrizzato da quell’altezza e dal
panorama che vedevano i suoi occhi dorati. Aveva già collezionato ben trenta
foto, ma le sue dita si fermarono prima di scattare qualsiasi altro pezzo di
città. L’obiettivo si era fermato a individuare Erina che, invece di scattare
fotografie, guardava dritto verso un punto preciso. Soma le scattò una foto e
la ragazza si accorse subito di lui.
- Mi hai forse fotografata? – era infastidita Erina.
- Si, colpa mia. Cosa guardavi? Sembravi triste. –
- No, al contrario. Sono felice di visitare New York con tutti voi. Mi
aiuta a non pensare a mio padre. –
- Beh, l’idea è venuta da Alice. –
- Sì, lo so. Eppure tu hai fatto molto di più, per me. – non sapeva
come continuare. Voleva ringraziarlo, ma riuscirci era faticoso.
- Non devi dire nulla. – sembrò leggerle la mente, Soma – Non c’è
bisogno che mi ringrazi. Siamo amici, giusto? Fare l’eroe mi riesce bene, vero?
–
Erina sperò di pronunciare una parola di ringraziamento, ma quello che
uscì fu solo una frase che non centrava affatto – Questa vista sembra qualcosa
di comune, ma non lo è. Ogni volta che vedo un panorama dall’alto, il cielo mi
sembra così vicino che mi viene voglia di volare. –
- Sì, anche a me piacerebbe. Volare è sempre stato un mio desiderio, ma
credo impossibile. – scherzò il rosso.
- Cosa fai? Mi prendi in giro? – s’imbronciò Erina.
- Ahahah, mi sembravi un po’ giù perciò una risata era l’ideale. –
- Devi sempre rovinare tutto. – sorrise anche lei mentre cercava di
riportare la serietà nella mente di Soma, senza riuscirci ovviamente.
Hisako fu sorpresa di vedere Erina e Soma scherzare perché li vedeva
sempre come cane e gatto, ma quel cambiamento ammise che era una cosa positiva
per la sua amica. Li lasciò soli e si accodò a Takumi e Megumi.
Hayama aveva un carattere che gli imponeva di stare per conto suo e con
i suoi occhi verde smeraldo entrava nel panorama cogliendo il più piccolo
difetto, poi immortalava tutto con una foto. Ogni tanto però dava uno sguardo
agli altri, ma solo Hisako lo faceva riflettere. Pensava a quello che aveva
detto il padre di lei. L’aveva già accompagnata a casa sua tempo fa, ma non
ricordava proprio nulla, anche sforzandosi.
Ryou invece scattava tutte le foto possibili ad Alice che faceva da
modella. Il panorama di Rockefeller non era la loro principale attrazione e
Alice iperattiva sperava di poter visitare tanto altro di New York, così
convinse i suoi amici a farsi una foto insieme e poi andare in città per
negozi.
Ognuno di loro sperava di acquistare dei souvenir per ricordo di quella
vacanza e magari anche per comprare dei regali. Erina vide Hisako e Megumi
vicino ad un negozio che vendeva palle di vetro con la neve, alcune erano
bellissime di tutte le dimensioni che ritraevano monumenti o scorci di New
York. C’era anche una statua della libertà grande, avrebbe voluto prenderla, ma
si rese conto che trasportarla non era facile. Le cartoline non mancavano e
Hisako ne prese molte per i suoi genitori. Takumi era in cerca di qualche
regalo per suo fratello e la sua famiglia lontana. Mimasaka invece si provava
ogni tipo di abito che gli sembrava adatto a lui. Alice accompagnata da Ryou
spendeva migliaia di soldi solo per lei e alla fine decise anche di fare regali
per i suoi genitori, convinta dal ragazzo.
Soma era l’unico indeciso. Vicino al negozio di gioielleria, era
costoso, ma sperava davvero di comprare qualcosa. Pensava a una persona, era
lontana e la vedeva raramente però non poteva scordarla facilmente. Akira era
accanto al rosso e pure lui cercava un bel gioiello per Jun, ma si poteva
permettere poco così entrambi si recarono alle bancarelle poco distanti dai
negozi dove erano entrati gli altri amici.
Yukihira comprò subito un braccialetto elegante e luminoso adatto per
la persona a cui voleva regalarlo. Hayama invece vide una collana con un punto
luce, semplice, ma carina. Si accorse inoltre di un'altra collana, ma non
sapeva se prenderla o meno. Aveva una pietra rossa che ricordava gli occhi di
Hisako. Akira non capiva il perché l’avesse attratta tanto quella pietra, ma
continuò a fissarla finché il venditore lo avvertì di una cosa – E’ molto bello
quel rubino vero? Devi sapere però che se regali un gioiello a una donna allora
significa che provi dei forti sentimenti per lei. –
- Davvero? – pensò il ragazzo, guardando la collana che voleva dare a
Jun. Se avesse dato una collana a Shiomi forse lei si sarebbe accorta dei suoi
sentimenti. Poi riguardò il gioiello con il rubino - E’ vero rubino, quello? –
- Sì, per questo te lo sto dicendo. – confermò l’uomo.
- Come fa a capire che voglio regalarlo a qualcuno? – domandò Akira.
- So riconoscere una persona indecisa e interessata a qualcosa della
mia bancarella. – rispose con un sorriso enigmatico il signore.
Akira non poteva comprare una collana con una pietra preziosa a caso e
certamente non l’avrebbe regalata a Hisako solo perché quel rubino gliela ricordava.
Così comprò solo la collana per Jun senza perdere altro tempo.
Alice vagava senza meta seguita dal suo fidato assistente che pareva
annoiarsi molto, ma non lo dava a vedere perché voleva evitare di bisticciare
con la sua signora.
I due sembravano attirare molto l’attenzione dei passanti, infatti un
ragazzo si avvicinò ad Alice. La trovava molto bella e attraente così sperava
di chiederle un appuntamento. Ryou non l’aveva nemmeno notato perché camminava
dietro la ragazza come da suo comando e non appena quel ragazzo si avvicinò ad
Alice, l’assistente annoiato assunse uno sguardo minaccioso che faceva paura a
chilometri di distanza.
Non aveva neanche il fazzoletto rosso in testa, eppure quella situazione
lo infastidiva parecchio perciò senza il minimo scrupolo colpì, con un calcio,
lo stomaco del giovane che stava cercando di flirtare con Alice.
- Ryou! Cattivo! – lo colpì con pugni a raffica che non gli facevano
niente – Perché l’hai fatto? –
Alice si scusò con il ragazzo e poi trascinò via il suo assistente con
la folla che si riuniva per capire come fossero andate le cose.
Ryou non fiatava, sapeva di aver commesso una stupidaggine, ma non
voleva ammetterlo. Dentro di sé capiva che non poteva scusarsi perché semplicemente
non voleva. Il suo compito era di proteggere la lady, non era un segretario
comune eppure non concepiva il suo comportamento di prima. Poteva allontanare
il ragazzo con la forza del suo fazzoletto rosso, ma aveva deciso di non
ricorrere a quella personalità. Aveva rinunciato alla violenza brutale per un
altro tipo di scontro. La personalità che esce quando indossa la bandana rossa
in fondo faceva pur sempre parte di lui e la poteva usare anche senza
travestimento.
- Allora? Mi dici perché ti sei comportato così? Voleva solo
rimorchiarmi. Uffa, sei sempre così avventato. Chiedi scusa. –
- No, non lo farò. – disse schiettamente Ryou.
Alice lo fissò per un po’ di tempo prima di fermare la sua collera
verso di lui. Aveva capito che il ragazzo stava solo cercando di salvarla da
una situazione che poteva mettersi anche male e per questo non riprese più
quell’argomento. Poi si ricordò che Ryou non aveva il fazzoletto rosso per la “modalità
Berserk”, come lei la chiamava, e rise. Ryou si era preoccupato per lei e Alice
apprezzò il gesto.
- Ho fatto bene a scegliere te, come assistente. – disse a bassa voce,
apposta. Sperava che lui non lo sentisse perché in quelle parole c’era del vero
sentimento. Un’emozione dettata dal momento? Cos’era? Domandava a se stessa,
senza avere risposta. L’aveva già provato prima, ma non ricordava bene quando.
Ryou, però, aveva sentito e anche senza cogliere quel sentimento lui ne
fu felice. Camminare distante dalla sua signora non gli piaceva, così senza il
suo consenso si avvicinò mettendosi di fianco. Alice, colse stranamente il ragazzo,
non protestò, ma continuò a camminare vicino a Ryou come se niente fosse.
L’ultima tappa era partecipare a una mega festa in riva al mare. Una spiaggia
piena di gente che si diverte, giochi sportivi, il cibo e le bevande da gustare
in riva al mare tutti insieme. Normalmente a queste occasioni di festa si fanno
incontri interessanti e magari si trova l’anima gemella. Nulla di tutto questo,
però, era nei programmi di Soma e dei suoi amici.
Il mare di sera, quando il sole era ormai tramontato, faceva tutti più
malinconici.
Un momento di risate e follia riaffiorò nei pensieri di Yukihira mentre
sorseggiava un tè. Era il bagno che aveva fatto un giorno prima. Erano tutti
contenti e quell’avventura sembrava proprio un miraggio perché già pensava al
ritorno in Accademia. Megumi si sedette accanto a lui, sulla sabbia fredda, con
una sola domanda per la mente – Cosa provi per Nakiri? – la rivolse a Soma lì
vicino.
- DI che parli? Anche tu mi chiedi cose come questa. È a causa del
bacio? – rise Soma, ma un po’ irritato. Sembrava come se tutti si volessero
intromettere nella sua mente e sperare di ricevere risposte che nemmeno lui
conosceva.
- Scusami, solo che mi sembrava tu provassi qualcosa di importante per
lei. Ti sei fiondato da lei a New York per aiutarla. –
- Non avrei dovuto? Insomma, non mi piace Nakiri in quel senso. Non so
neanche che significa fidanzarsi. Ho aiutato Nakiri perché lo sentivo e basta. –
continuò Soma, ma poi si pentì di aver detto certe cose e di essersi quasi
arrabbiato con Megumi. Perciò la voce si fece più dolce – Scusa, volevo solo
spiegare come mi sento. Ultimamente non so cosa rispondere quando mi fate
domande come questa.–
- Tranquillo, ti capisco benissimo. Ho sbagliato io a farti quella
domanda così indiscreta. – senza toccare più quel tasto, Tadokoro rimase in
silenzio a fissare il mare.
Yukihira avrebbe voluto capire qualcosa di più sui suoi sentimenti, su
cosa provava ogni volta che guardava Erina e del perché non provava lo stesso
con nessun’altra. Incrociò lo sguardo di Nakiri, sembrava serena. Si limitò ad
accennare un saluto alzando di poco la bevanda che aveva in mano. Erina fece lo
stesso, ripetendo il gesto con la sua aranciata, ma in quel momento avrebbe
voluto essere vicino a lui. È stato il suo primo pensiero, vedendolo con Megumi
si sentiva triste, ma il sorriso di Soma era così contagioso che anche da lontano
poteva percepire il suo calore.
Hisako fu trascinata da Alice che cercava di formare una squadra per
giocare a beach volley. Reclutò anche Takumi e insieme a Ryou formò la sua
squadra per sfidare Soma, Megumi, Erina, Akira e Mimasaka.
Alice credeva di essere nella squadra più forte, con Hisako e Ryou
fortissimi negli sport e più Takumi che dava sempre il meglio per battere Soma
in tutto, ma l’altro gruppo fece sul serio. Erina, campionessa in tutto e Akira,
per la sua statura, erano due pallavolisti fantastici; il lavoro di squadra tra
Megumi e Soma poi era incredibile. Mimasaka, però, era quello più sorprendente perché,
anche se cicciottello, si dimostrò agile e faceva schiacciate da paura tanto da
far vincere la sua squadra.
Takumi pianse per la sconfitta e ovviamente Alice si sentì ferita nel
profondo, era ancora di più in competizione con la cugina dopo quell’affronto.
Hisako non s’interessò dell’aver perso, invece si complimentò con Erina
e gli altri a parte Akira che ignorò a priori.
Erina vide quell’atteggiamento distaccato tra la sua amica e Hayama perciò
si avvicinò ad Akira, nel frattempo che Hisako le prendeva una bibita per
rinfrescarsi dopo quella partita.
- Non sottovalutare Hisako, capito? – disse severamente Nakiri ad
Hayama che la guardava stranito.
- Ti riferisci a quello che è successo mesi fa? –
- Si, ma non farla facile. Hisako c’è rimasta male e io pure. A causa
tua ho rischiato di non vederla più. –
Akira cercò le parole giuste, ma non aveva intenzione di chiedere
scusa. Perlomeno non ad Erina – Ho detto certe cose solo perché… - non finì
Akira poiché Erina lo interruppe all’istante.
- So perché l’hai fatto, ma quello che voglio dirti è che tu non la
conosci meglio di me. ti posso assicurare che quando s’impegna è davvero strepitosa
e ti supererà senza problemi. Molto presto. – continuò seriamente la biondina
senza essere interrotta. Akira capì la predica e si allontanò prima che
arrivasse Hisako. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Non era ferito dalle
parole di Erina, ma aveva capito che Arato ricordava ancora bene quello che le
aveva detto e doveva chiarire con lei, per mettere fine a quell’atteggiamento
di indifferenza che Hisako aveva eretto come un muro visibile solo da loro due.
Quella sera non c’erano guardie del corpo così Alice approfittò di
lasciare gli altri amici e seguire il suo istinto. Aveva un conto in sospeso.
- Dove stiamo andando, mia signora? – chiese Ryou che sapeva già la
risposta.
- All’albergo dove alloggia mio zio. Devo dirgli due paroline. –
camminava a passo spedito Alice.
- Non credo che sia una buona idea, ma lei farà comunque di testa sua. Vero?
–
Alice si fermò di colpo e lo guardò dritto negli occhi. A quella
distanza Ryou si sentiva a disagio, ma non perse la calma mentre la sua lady
parlava con occhi di fuoco – Infatti. Ho preso la mia decisione. Prima di
tornare alla Tootsuki voglio chiarire delle cose con Azami. Odio la sua morale
e voglio farglielo sapere al più presto. Perciò ora seguimi senza fermarmi. –
Il ragazzo non si mosse – Come desidera. – disse soltanto.
Erina girò lo sguardo e vide Alice e Ryou andare verso la strada. Forse
volevano tornare in albergo? No, pensò dopo la ragazza, riflettendoci su. Quando
Alice si mette in testa qualcosa di illogico non lo dice a nessuno e parte in
quarta. Così, invece di aspettare che Hiskao ritornasse con le bevande, corse
incontro ad Alice e il suo assistente.
- Vengo anche io, Alice! – gridò Erina, ma sua cugina la sentì
perfettamente.
- Vai via. Non seguirmi. –
- Perché sei sempre così avventata e testarda! – continuò a gridare la
biondina avvicinandosi sempre di più all’altra.
Alice rallentò – Perché vuoi venire? Per stare ancora male? –
- No, per fermarti. Non serve che tu faccia l’eroina. –
- Invece voglio farlo, ok? – gridò anche Alice, esasperata – Lascia che
mi occupi di tuo padre. Voglio aiutarti e non mi fermerai. – disse ferma nei
suoi propositi.
Erina la guardò scioccata. Non riusciva a controbattere, perché pur
volendo sapeva che Alice avrebbe fatto tutto il contrario. Alice ci teneva a
lei e voleva dimostrarlo.
Azami era in piedi, vicino alla finestra del suo studio. Forse in cerca
di qualcuno o forse sperava di vedere ritornare da lui sua figlia. Intanto le
sue orecchie potevano udire perfettamente la voce della donna che era alle sue
spalle e che imperterrita cercava di farlo ragionare.
Uno degli uomini di Azami, tuttavia, bussò alla porta semiaperta della
stanza per avvertire della presenza di sua figlia insieme a sua nipote. La donna
che era con Azami fu presa da un sentimento malinconico e speranzosa aspettava
le due ragazze.
Alice entrò per prima, arrabbiata e al tempo stesso furiosa tanto da
distruggere tutto quello che vedeva nella stanza con la forza del pensiero, ma
si fermò di colpo. Si fermò vedendo la donna che era lì. La conosceva, non benissimo,
ma sapeva chi fosse.
Erina si presentò subito dopo Ryou e anche lei si congelò nel vedere
quella figura così familiare eppure così nostalgica che le veniva da piangere.
Non aveva mai pianto, non trovava mai stimoli abbastanza forti da
provocarle una simile emozione.
Quel momento però era diverso, avrebbe voluto gridare, arrabbiarsi e
buttare tutto all’aria, ma le sue gambe agirono da sole. Scappò immediatamente
da quella stanza e uscì da quell’albergo di incubo.
Credeva quasi di svenire, le lacrime uscivano spontanee e senza
comandi. Alice seguì sua cugina senza fermarsi e Ryou era con lei.
Cominciò a piovere, piano. Poi molto forte, era un vero e proprio
diluvio. Sembrava quasi che il tempo si fosse collegato emotivamente alla
ragazza. Erina si stava bagnando tutta, ma le importava meno di zero. Un dolore
immenso cercava di venire fuori da dove era stato sepolto anni prima. Voleva solo
sfogarsi in quel momento e Alice arrivò da lei per quel motivo. Per starle
vicino. La abbracciò forte e la sentì piangere come se non l’avesse mai fatto
prima di allora. Era più di uno sfogo. Erina non accennava a calmarsi, era
impossibile da consolare. L’unica cosa che poteva fare Alice era di stringerla
forte e ripararsi sotto un balcone.
L’acqua si mescolava alle sue lacrime, Erina vedeva solo questo.
Mentre sua cugina le accarezzava la testa e i capelli zuppi, il suo
assistente chiamò i bodyguard per soccorrerli, portare coperte e ombrelloni. La
macchina fortunatamente arrivò in pochi minuti e i tre salirono confortati dal
caldo della limousine.
In spiaggia Hisako, si riparò velocemente sotto la tenda enorme che
avevano reso disponibile e si preoccupò che non trovava Erina, ma Akira si
avvicinò per dirle che l’aveva vista con sua cugina.
- Dove sono? Ho portato la bevanda che piace a Erina. - cercò con gli
occhi la sua mica tra la gente. Intanto la pioggia diventava sempre più forte.
- Non credo siano più in spiaggia. Le ho viste che andavano via, prima
di quest’acquazzone. – la informò il ragazzo.
- Capito. – era delusa Hisako.
- Ascolta, voglio parlarti di una cosa. – prese il discorso Hayama.
- Sinceramente, credo che andrò via anche io. –
- Se non c’è la tua signora non ti diverti, eh? –
- Non è per questo. Forse si, ma non è questo il punto. Non ho
intenzione di stare qui con te. –
Akira stava ricevendo, ancora una volta, solo disprezzo e lo capiva. Se
lo meritava, così arrivò al dunque – Quando ti ho detto che la tua cucina era
limitata volevo solo farti capire che tu vali molto, ma non ti impegni come
dovresti. Avevi bisogno di una sconfitta per farti capire che non ti devi
accontentare solo di piacere a Nakiri, ma affinare di più le tue capacità per
starle vicino e non essere considerata solo la numero due. –
Hisako ascoltò ogni parola e si rese conto di essere stata troppo dura
nei suoi confronti – Lo so benissimo quello che volevi dirmi. Forse ti ho dato
l’impressione di odiarti, ma in realtà io odio me stessa perché avevi ragione e
Yukihira mi ha fatto capire in tempo quello che mi volevi trasmettere da quelle
dure parole. Certo che però tu potevi anche andarci piano quella volta. – disse
tutto d’un fiato.
- Se non mi odi, allora perché mi eviti? – voleva una risposta, Akira.
- Il perché non lo so! Forse perché mi sembrava più facile odiare te anziché
me stessa. – si agitò la ragazza. Dopo una breve pausa, si calmò e disse un po’
a disagio – Scusa. –
- Lascia stare. – disse subito il ragazzo, per evitare l’imbarazzo.
La telefonata di Alice, comunque, non tardò ad arrivare dal cellulare
di Hisako che rispose pensando fosse una chiamata di Erina.
- Non ti agitare, ok? Io e Ryou siamo con Erina. Erina mi ha chiesto di
partire subito quindi vorrebbe andarsene al più presto. – fece concisa, Alice.
- Cosa? Perché? È successo qualcosa? – iniziò ad agitarsi la ragazza.
- Ti dirò tutto non appena tu e il resto del gruppo tornerete in
albergo. Vi aspettiamo. Stanno arrivando le guardie del corpo con ombrelloni e
macchine per farvi tornare prima. Ci vediamo dopo. – terminò con la voce più
rassicurante che poteva avere in quel momento.
Hisako guardò Akira con preoccupazione, ma lui la rassicurò che non
fosse accaduto nulla di grave. Soma e gli altri furono avvisati dopo, ma anche
loro si allarmarono per il tempismo di quella telefonata. Nemmeno la guardia
del corpo, Sai, accennò qualcosa.
Erina aveva il volto distrutto e il mal di testa per aver pianto tanto.
Non aveva dimenticato nulla ed era sempre più convinta che tornare in Accademia
fosse la soluzione migliore. Più lontana sarebbe andata meglio era. Quell’impulso
di scappare lontano, in una terra sconosciuta dove nessuno poteva raggiungerla.
Quel pianto liberatorio sembrava averla pulita da un sentimento importante, ma
non era finita. Le lacrime erano state ricoperte, ma come una profonda ferita
aspettavano il momento adatto per tornare a rigarle il viso. Tutto a causa sua,
pensò la ragazza distesa sul letto. Non faceva altro che rivedere quella
persona nella sua mente, scolpita nel suo cuore. E le faceva male.
Soma e i suoi amici furono messi al corrente della vicenda ed erano
disposti ad aiutare Erina in qualunque momento.
Yukihira la vide stare male e per empatia sembrava provare il suo
stesso dolore. Non voleva vederla così, non poteva lasciarla disperarsi ancora.
Una delle sue brillanti idee si fecero largo nella testa e una soluzione fu
trovata presto.
- Ho trovato! – disse a voce alta, il ragazzo, che riuscì ad arrivare
anche alle orecchie di Erina confortata dalla voce di Soma – Andiamo nella mia
città. Sono sicuro che la mia tavola calda vi piacerà! – annunciò con allegria.
Un’allegria che Erina credette di non provare mai più, ma con Yukihira tutto
era possibile e l’aveva sperimentato di persona. Una piccola speranza trovò
luce nei suoi occhi.
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Capitolo 10 *** Ami e Yumi ***
Capitolo 10: Ami e Yumi
- Non saresti dovuta venire. Hai visto la reazione di tua figlia, sarà
difficile parlarle ora. – adottò un tono autoritario, Azami, guardando sua
moglie che era distrutta dall’incontro con Erina - Sei stata lontana da lei per
anni, è ovvio che lei non voglia vederti né sentirti nominare. – disse senza un
minimo di empatia o commozione.
- Parli come se la colpa fosse solo mia, Azami. Sei stato tu a
spingermi verso questa strada. Non sarei mai andata via, se solo tu non fossi
cambiato tanto. Cosa ti è successo? Anche adesso parli come se il nostro
matrimonio fosse stata solo una farsa. Dov’è l’uomo che ho sposato? – lo scrutò
nei suoi occhi neri, ma la donna pareva vedere solo un grande buio. L’oscurità
della notte, affascinante, che trasmettevano quegli occhi si era trasformata in
una folle ricerca di potere e conquista.
Azami non la guardò nemmeno. Il suo sguardo era posato sull’agenda dei
suoi impegni lavorativi – L’uomo che vorresti vedere è cambiato. Diversamente
da allora sono riuscito a costruirmi un obiettivo e lo porterò a termine. Puoi
andare se non hai altro da dirmi, Yumi. –
Yumi era ancora in piedi nella sua stanza, non si sedette nemmeno per
sbaglio. Era certa che la sua visita non fosse gradita, ma lei ci sperava
davvero che Azami cambiasse. Un altro buco nell’acqua, ma non sarebbe rimasta
senza fare nulla – Non chiamarmi per nome e smettila di usare il mio cognome
come se ti appartenesse dalla nascita. Mi riprenderò la mia dignità come erede
dei Nakiri e ti spodesterò come preside della Tootsuki. – disse crudelmente.
Azami la vide uscire e sbattere violentemente la porta. Lui non sapeva
perché lo disturbasse tanto, ma odiò il silenzio che lasciò, in quella stanza,
sua moglie Yumi.
Yukihira seguì con lo sguardo preoccupato Erina che saliva sull’aereo
insieme ad Alice e Hisako per tenerle compagnia.
Erina era appoggiata al finestrino e guardava fuori con aria assente. Il
suo cuore si sentiva ferito dall’altra sera, ma poteva ricordare ancora bene le
ferite che si portava dal passato. La sua famiglia non era mai stata molto
unita e lei ne soffriva perché la compagnia Nakiri aveva molte filiali in quasi
tutto il mondo e la persona più importante di tutte era andata via per questo
motivo, o forse no. Non ne era convinta. Sua madre, la donna che aveva visto la
sera prima nello studio di suo padre, era la ragione per la sua partenza
improvvisa. Aveva incominciato il viaggio in modo pessimo, ma stava tornando in
Giappone con un ricordo peggiore.
Non voleva assolutamente rivedere sua madre dopo averla lasciata per
anni a subire l’addestramento di Azami e di aver perduto il rapporto madre
figlia che si aspettava, che i libri raccontavano, ma che lei non aveva mai
realmente provato. Un po’ invidiava i genitori di Alice, erano sicuramente la
famiglia che avrebbe voluto in cambio dei suoi.
Non ne aveva mai parlato nemmeno con Hisako, le aveva nascosto i suoi
genitori perché non ne andava fiera e perché credeva allo stesso tempo di non
rivedere. Eppure, la sua amica, era lì al suo fianco che si prendeva cura di
lei.
- Hai bisogno di un cuscino per la schiena, o quello per la testa così
puoi riposarti meglio. Ah, magari vuoi un tè, te lo preparo subito. – si alzò
Hisako.
- No, non te la prendere ma vorrei solo dormire. Non ho ne fame, ne
sete. Scusa. – disse in tempo Erina.
- Allora ti prendo solo un cuscino comodo. – andò via Hisako e Erina
non riuscì a combattere contro la forte volontà dell’amica. Involontariamente le
si accese un sorriso che fu spento dall’intervento di Alice, seduta di fronte a
lei.
- Non so come ti senti adesso, ma se hai bisogno di parlarne… - iniziò
la cugina. Alice non aveva mai visto piangere così Erina; il suo cuore si
spezzava ogni volta che ci pensava.
- Non voglio prendere il discorso, scusa. – fu evasiva Erina.
- So che tua madre ti ha ferita, ma dovrai parlare con lei prima o poi.
–
- Si è presentata a New York come se fosse la cosa più naturale del
mondo. Sapeva che potevo esserci anch’io, allora per cosa era venuta? Per
riavvicinarsi a me? – le parole uscirono come punte affilate di una spada.
Odiava parlare di qualcuno che non c’era mai stato per lei.
- Non è solo colpa sua, penso che c’entri lo zio in tutto questo. –
Erina si rabbuiò ancora pensando a suo padre che aveva manipolato sia
lei che sua madre per i suoi scopi.
- Non potrai evitare i tuoi genitori. Sei ancora dipendente da loro e
poi non vuoi scoprire la ragione per la quale tua madre ti ha lasciata per mesi
e poi comparire a New York proprio durante il tuo soggiorno lì. Pensaci. –
continuò Alice con una vena di tristezza per sua cugina. Si alzò da dove era e
si posizionò al posto di Hisako per starle più vicina. Non poteva fare altro.
Hisako vide le due ragazze condividere un momento tra cugine e per non
rovinarlo tornò indietro cercando un posto libero, ma si scontrò con Soma.
- Hisako, come sta Nakiri? –
- Male, però credo che Alice si stia prendendo cura di lei. –
- Che ci fai con del tè in mano? –
- Ah, già. Era per Erina, ma non voglio disturbarla. –
I due si sedettero in due posti vuoti, l’uno di fronte all’altra.
- Vedrai che prima o poi si sfogherà anche con te. – percepì subito la
gelosia di Hisako nei confronti di Alice.
- Già, lo spero anch’io. Forse ci siamo allontanate un po’ a causa di
quel viaggio a New York. Io non ero a conoscenza di sua madre. Pensavo fosse
morta e che non sarebbe stato opportuno da chiedere a Erina. –
- Così c’era qualcosa che ancora non sapevi su di lei, eh? – rifletté
Soma sovrappensiero.
- Si, mio padre mi aveva chiesto di non chiedere nulla dei genitori di
Erina. Volevo che me ne parlasse lei, però, non lo ha mai fatto. –
- La famiglia Nakiri è davvero complicata, ma so che Erina ti vuole
bene. Sicuramente si confiderà con te. – la confortò Yukihira poi involontariamente
prese la tazza di tè per assaggiarla, ma Hisako lo fermò subito come se fosse
di sua proprietà – Questa non è per te! Vai lì al bancone e prenditi la bevanda
che vuoi. –
Soma accettò il consiglio e la ragazza lo vide parlare col cameriere
con una confidenza assurda, in una manciata di secondi.
Hayama seguì con lo sguardo tutti i movimenti di Hisako perché il sonno
ancora non lo raggiungeva. La vide sedersi accanto a Megumi che dormiva
beatamente. Il rapporto difficile che Erina aveva con la sua famiglia gli fece
ricordare il suo passato. A lui erano capitati forse i genitori peggiori perché
lo avevano abbandonato al suo destino, tuttavia, decise di non scoraggiarsi e
vagare per una meta, finché non fu adottato dalla professoressa Jun.
La stanchezza era tanta, il fuso orario cominciava a sentirlo, ma
Hayama non trovava pace per quei ricordi che gli sembravano tanto lontani
quanto dolorosamente vicini al suo cuore. Poteva dare la colpa a suo padre o a
sua madre per essere rimasto solo, ma in fondo non sarebbe servito. Lui ora
conduceva una nuova vita e buttava il passato alle spalle.
Hisako teneva ancora tra le mani la tazza fumante di tè. Era indecisa
se portarla a Erina o rimanere seduta accanto all’addormentata Megumi. Fu la
sua mano accaldata dal bollente contenuto che la invitò a bere quella bevanda.
La ragazza si precipitò al bancone del mini bar per chiedere un altro tè per la
sua amica, che lei aveva purtroppo già terminato. Il nervosismo l’aveva
sopraffatta; presentarsi dalle due cuginette non le piaceva. Non voleva
rovinare il loro momento, però anche Hisako sperava che Erina si confidasse con
lei. Il cameriere le servì il tè che aveva chiesto e poi in un altro bicchiere
versò un succo di frutta alla mela.
- Mi scusi, ma non ho chiesto anche il succo. -
- Lo so, è stato quel ragazzo a chiedermelo. – indicò un ragazzo alto
dai capelli argento.
- Hayama, perché? – si avvicinò
a lui – Non avresti dovuto. Sono già abbastanza nervosa e tu non mi aiuti con
la tua presenza. –
- Scusa, ultimamente mi sto scusando spesso con te. Continuo a
sbagliare e mi dispiace. – il ragazzo spostò i suoi occhi smeraldo dalla sua
aranciata per rivolgerli a Hisako. Lei lo fissò aspettando che fosse lui il
primo a distogliere il suo sguardo. Quegli occhi verdi erano affascinanti tanto
quanto lui, ma non poteva dirglielo. Combatteva persino con la sua coscienza di
ignorare ciò che sentiva. Doveva accettare quella bibita senza coinvolgimenti
emotivi, eppure gli sembrava triste come lei per Erina. In qualche modo si
sentiva connessa a lui. Akira rimase al suo posto e ordinò degli stucchini.
Hisako notava il silenzio imbarazzante che si era creato tra loro e,
anche se gli sembrava stupido, lo sentiva confortante.
- Sono molto preoccupata… -
- Per la tua signora. L’ho notato, sarebbe strano il contrario. –
Hisako non sapeva perché si stava confidando con lui e nemmeno cosa ci
facesse ancora vicino ad Akira. Era irrazionale anche il modo in cui si
guardavano i due.
- Perché sei qui? – chiese non avendo altro da dire.
- Mi annoiavo e non avevo sonno. Ti do fastidio? –
- No, anzi! Credo che mi farò una bella dormita. – Hisako si alzò dal
bancone e portò via il succo di mela – A più tardi. – terminò lei.
Hayama non si mosse, accennò solo un breve cenno col capo. Con la coda
dell’occhio guardò il posto vuoto accanto al suo, dove prima c’era la ragazza.
Hisako gli aveva cancellato dalla testa tutti i suoi pensieri.
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La città dove aveva sempre abitato Soma era un piccolo paesino dove
tutti si conoscevano. Non vi erano grandi palazzi o negozi super costosi, tutto
era nella norma. Quasi una noiosa e pacifica cittadina dove ognuno poteva
dedicarsi ai suoi sogni. Soma, quando descriveva la sua città appariva
orgoglioso e cominciava a raccontare tutte le sue, sebbene piccole, avventure.
Era cresciuto in un paesino dove aveva fatto amicizia con svariate
persone, della sua età e persino adulti che gli volevano bene. Soma amava la
città natia, il suo sogno era di poter gestire il ristorante Yukihira tutto da
solo.
La sua personalità energica attirava chiunque infatti era impossibile
non accorgersi della sua presenza e i cittadini salutavano il rosso con
allegria, gridando il suo nome. Soma sembrava una celebrità lì, notò Erina.
Gli amici del rosso si guardavano attorno curiosi, ma soprattutto
credevano di essere piuttosto osservati dalla gente che iniziava a fare
commenti in segreto o li guardavano come fossero superstar.
Tutti quegli occhi addosso mettevano in soggezione Erina, nonostante
fosse sempre circondata da un pubblico notevole che faceva pettegolezzi su di
lei. In quel posto però non c’era mai stata e si sentiva imbarazzata, aveva
solo un paio di occhiali da sole e sperava di non essere stata riconosciuta.
Voleva evitare i fan scatenati. Avrebbe solo apprezzato un bel bagno e un letto
dove sdraiarsi in pace, ma tutto ciò faceva a pugni con il desiderio di
scoprire qualcosa di più su Yukihira.
Soma aveva tutta la strada per lui e i suoi compagni di Accademia lo
vedevano sfilare, come se fosse su una passerella, al centro dell’attenzione di
tutti, mentre sorrideva e salutava i conoscenti.
Di certo il rosso non lo faceva per mettersi in mostra, semplicemente
quello era il suo modo di comportarsi. Essere sempre sorridente, scherzare con
tutti e tornare a casa sua per una sorpresa inaspettata.
Hisako vide con piacere che Erina si stava concentrando sulla nuova
città piuttosto che sulla serata finita in lacrime.
Gli odori che si mescolavano, tra i ristoranti all’aperto e il mare non
molto lontano, facevano scordare totalmente quella brutta serata che Alice
aveva passato a confortare Erina. Alice aveva in mente di portare per qualche settimana
sua cugina a casa sua, in Danimarca, però voleva che prima si divertisse
qualche giorno di più con tutti gli altri.
Ryou era vicino alla sua lady e le dava tutto il supporto morale che
necessitava.
New York era difficile da scordare, passare da una città frenetica e
ricca di svago per finire in un paesino tranquillo sembrava di essere arrivata
nel paradiso terrestre. Per Erina quella pausa le serviva anche se non era su
uno yacht costoso a sorseggiare una bibita ghiacciata sotto il sole, cullata
dal mare, quel posticino era l’ideale.
Dei ragazzi, che Soma riconobbe al volo, passeggiavano incuranti
dell’arrivo del loro vecchio amico e Yukihira molto contento li chiamò per
attirare l’attenzione. Tra i suoi amici vi erano anche Mayumi la ragazza che
aveva una cotta per il rosso e la sua migliore amica Aki che cercava sempre di
convincerla a dichiararsi.
Mayumi sentì una voce familiare e quel tono vivace le ricordò il suo
primo amore che non vedeva da mesi. Rimase pietrificata, come sempre quando
vedeva Soma, e le si fermarono le parole di bocca. Diventò taciturna e
imbarazzata che anche guardarlo risultava uno sforzo sovrumano. Mayumi era
così, timidissima con tutti e in particolare verso Yukihira. Alzò di poco lo
sguardo per vedere che Aki era già corsa incontro al rosso seguita dagli altri
amici di comitiva.
- Soma! Ti trovo bene. – disse spavalda Aki.
- Già amico, ci sei mancato! – dissero gli altri ragazzi in compagnia
di altre ragazze che avevano fatto amicizia durante l’anno scolastico.
- Sono stato molto impegnato in Accademia, lo sapete no? – poi si
rivolse a Mayumi – Ehi, Mayumi come te la passi? –
In quel momento la ragazza preferiva sparire da qualche parte, ma Aki
non le lasciava alcuna via di fuga e le sussurrava di rispondergli.
- T-tutto b-bene. – balbettò. Aspettava di trovare un argomento più
esaustivo – Sei migliorato nella cucina? –
- Si, sto facendo molti progressi che non vedo l’ora di mostrarli a
tutti voi. Infatti sto andando proprio ora al ristorante. Venite con noi? – era
solare Soma e parlava al plurale, cosa che non passò assolutamente inosservata.
- Con noi? Non sei venuto da solo? – domandò Aki che non si faceva
sfuggire niente.
- Ah, giusto! – ricordò di non aver fatto le dovute presentazioni –
Questi sono alcuni miei amici della Tootsuki! –
Mayumi seguì il dito di Yukihira che puntava dietro di lui. Otto
ragazzi che emanavano una luce bellissima e di successo. Sembravano usciti da
un film hollywoodiano. La ragazza aveva già conosciuto Ikumi Mito un’altra
amica che aveva conosciuto Soma in Accademia, ma trovarsi di fronte altri
fantastici cuochi di quella scuola un po’ la intimidiva, si sentiva fuori posto
nonostante quella fosse la sua città. Lei e i suoi amici delle superiori al
confronto erano dei piccoli chicchi di riso bianchi senza aromi né spezie a
impreziosirli e insaporirli. Le ragazze della comitiva di Mayumi avevano
gettato l’occhio sui ragazzi in particolare Akira, alto e affascinante, Takumi
e persino Ryou era apprezzato. Invece i ragazzi ovviamente si soffermavano ad
ammirare le ragazze che erano una più bella dell’altra.
Tutti gli amici di Soma si lasciarono guidare da lui che li stava
portando dritti al ristorante Yukihira.
Il primo obiettivo di Soma era quello di aprire il locale di suo padre
che immaginava, dopo tanto tempo, avesse bisogno di essere spolverato anche se
Mimasaka c’era stato qualche volta. Con sua enorme sorpresa però c’era
un’evidente folla attorno al ristorante. Casa sua era appena stata invasa da
tantissime persone, ma non capiva come fosse possibile. Nessuno sapeva del suo
arrivo, con un pizzico di intuito alla fine arrivò all’unica conclusione.
Iniziò a correre e farsi largo tra la folla euforica che impediva l’accesso e
scorse la persona che stava effettivamente cercando.
- Mamma! – gridò per farsi sentire da lei.
Una figura snella e giovanile guardò il figlio raggiante come tutte le
volte che si rivedevano e gli andò incontro. Tutti i clienti che aspettavano di
mangiare e allo stesso tempo di ascoltare le storie della donna si voltarono
verso Soma, increduli che lui fosse tornato presto.
- Soma! Che gioia vederti! Ci speravo davvero tanto, tesoro. – lo
abbracciò all’istante. Gli altri tutti intorno a loro si commossero.
- Manca solo Joichirou e ci sarebbe stata tutta la famiglia. – disse
uno accomodato ad uno dei tavoli.
Intanto entrarono anche gli amici di Accademia di Yukihira e i compagni
delle medie del ragazzo che si meravigliarono di quella scena madre – figlio.
- Ragazzi, vi presento la donna più importante della mia vita! Mia
madre! – era contentissimo il rosso mentre la presentava, poi si voltò verso
sua madre – Mamma, questi sono i miei amici della nuova Accademia che sto
frequentando. – indicò.
- E’ un piacere conoscerla, signora. – dissero in coro i ragazzi.
- Potete chiamarmi Ami. Non siate così formali. – disse la donna.
- Loro sono Tadokoro Megumi, Takumi Aldini, Hayama Akira, Arato Hisako,
Kurokiba Ryou, Mimasaka che ogni tanto è venuto al ristorante e infine le due
cugine Nakiri. – presentò uno ad uno il rosso.
Al sentire il cognome Nakiri s’incuriosirono tutti. Conoscevano di fama
quel nome e persino Ami, la mamma di Soma, rimase incredula che suo figlio
avesse fatto amicizia addirittura con la famiglia Nakiri.
- Dai, Soma, non scherzare! Non può essere che tu abbia portato, in
questa piccola città senza valore, dei Nakiri. Per giunta poi le due cugine, una di loro
dovrebbe essere la ragazza dal “palato divino”. – non credeva a quello che
aveva sentito, Yuya Tomita.
- A dire il vero siamo proprio noi, Nakiri Alice e mia cugina Erina. –
si tolse gli occhiali e anche Erina fece lo stesso, tanto le avevano già
scoperte.
Yuya svenne di colpo mentre si levava un sonoro – Coooosaaaaa!!! – urlò
all’improvviso la gente che si era riversata lì.
Per la confusione che si era creata Ami cercò di ripristinare l’ordine
- Soma perché tu e i tuoi amici non preparate qualcosa di buono ai clienti
mentre io accompagno le ragazze a fare shopping? Immagino che nessuna delle tue
nuove amiche conosca la città, vero? –
- Va bene. Io e i miei amici non vediamo l’ora di farvi vedere come
cuciniamo alla Tootsuki! – rispose euforico Yukihira.
- Ti do volentieri una mano, Soma. – lo incoraggiò Mimasaka indossando
il grembiule simile a quello del rosso.
- Veramente io non ne ho voglia. – disse Akira, ma fu costretto a
cambiare idea quando Mimasaka lo prese di peso per avvicinarlo ai fornelli.
- Fantastico! Ehi, Yukihira, perché non facciamo una sfida per vedere chi
di noi è il migliore? – chiese Takumi pronto per combattere contro il rosso.
- Perché no? Facciamolo! – Soma brandì in alto il suo coltello affilato
e puntandolo in alto come fosse una spada.
Ryou indossò il suo fedele fazzoletto rosso - Sfida? Nessuno mi
batterà! – esclamò con ferocia spaventando i presenti.
La madre di Soma era una stilista e perciò aveva occhio per la moda e
tutte le cose che facevano tendenza. Si teneva sempre aggiornata sui cambi di
stagione e della moda che cambiava spesso. Alice, interessata ai suoi discorsi,
sperava tanto di chiederle un abito su misura per lei. Erina guardava assente
tutto ciò che gli passava sotto gli occhi, ma non smetteva di ascoltare Ami.
C’era qualcosa che la attirava e poi il suo tono colloquiale e dolce la metteva
di buon umore.
- Quindi se non ho capito male, vivi a Parigi. – voleva una conferma
Megumi.
- Si, torno raramente qui, ma cerco sempre di trovare del tempo per
andare a trovare mio marito e Soma. Purtroppo i miei parenti e il mio lavoro sono
in Francia e per seguire il mio sogno ho dovuto lasciare le persone più
importanti. –
- Beh, la cosa importante è di vedersi, ogni tanto. – sorrise Mayumi
alla donna che era diventata malinconica per la sua situazione.
Hisako guardò Erina accanto a lei, sapeva che l’amica odiava l’argomento
della distanza famigliare. Le ricordava certamente sua madre. Aveva coraggio a
rimanere impassibile a quelle parole, pensò Hisako.
Ami si accorse che Erina non aveva una bella cera, avrebbe voluto
prenderla in disparte e parlarle, ma non le sembrava opportuno. Così decise di
portare le ragazze vicino a un chiosco di gelato per rinfrescarsi.
Megumi sedette vicino a Mayumi.
- Così conosci molto bene Soma kun. – cominciò Megumi.
- Si, da quando frequentavamo le elementari. È sempre stato
ossessionato dalla cucina, come si trova in Accademia? – chiese l’altra
curiosa.
- Va abbastanza bene. Soma kun è sempre tenace, riesce in tutto e mi
aiuta sempre quando ne ho bisogno. – ricordò la prima volta che lei aveva fatto
squadra con Yukihira.
- Si, è davvero unico. – sognava a occhi aperti Mayumi. Quest’ultima si
sentiva a suo agio con Megumi, era l’unica che considerava più o meno come lei
rispetto alle altre ragazze della Tootsuki che sembravano tutte modelle.
Aki vide le due ragazze, con lo stesso gelato al cioccolato e panna, parlavano di Soma e non poté fare a
meno di pensare che pure Megumi era interessata al rosso tanto quanto Mayumi.
Aki era capitata accanto ad Hisako che cercava di ordinare due frullati
per lei ed Erina.
- Hisako giusto? Per caso sai se la tua amica Megumi si è presa una
cotta per Soma? – domandò Aki perché doveva mettere in allerta Mayumi di
eventuali altre pretendenti di Yukihira.
- Che? Non lo so, ma perché me lo chiedi? – si meravigliò la ragazza
che pensava a tutt’altro.
- No, niente solo un presentimento. Dimentica ciò che ho detto. – fu
sbrigativa.
Hisako prese in fretta i suoi frullati e si allontanò da quelle,
secondo lei, inutili chiacchiere.
I pensieri di Erina erano fermi a sua madre che si era ripresentata
nella sua vita e lei era scappata perché non sapeva cosa fare. Doveva sfogarsi
con lei e magari mandarla a quel paese, solo che il coraggio non era bastato.
Ami era davvero una persona gentile, aveva gli occhi dorati con la stessa luce
di Yukihira e un sorriso radioso e tenero. Si comportava proprio come la madre
che avrebbe tanto voluto. Continuava a guardarla e si domandava con quale stato
d’animo rivedeva suo figlio dopo mesi. Forse la stessa risposta sarebbe stata
simile a quella di sua madre o forse no. Aveva timore di chiedere. L’unica certezza
era la sua amica che le corse incontro tenendo in mano due frullati uno ai
frutti di bosco e un altro alla fragola.
- Volevi quello ai frutti di bosco, giusto? –
- Grazie mille Hisako, ma non dovevi andare tu. –
- Na, tu ti devi rilassare e poi lo faccio per te quindi non mi pesa. –
- Qualcosa non va? – chiese Erina a una triste Hisako.
- Veramente volevo sapere come stessi tu. –
Erina si accorse di aver fatto soffrire ancora la sua amica – A questo
punto le scuse sono troppo ridotte, vero? Volevo raccontarti di mia madre, ma
non c’è l’ho fatta. Sono passati anni e l’unica cosa che sono riuscita a fare è
nascondere la verità. Non mi sono mai abituata al fatto che mia madre fosse
andata via perché credevo che sarebbe tornata presto, magari perché le mancavo.
Alla fine la porta rimaneva chiusa e nessuno mi diceva che era ritornata.
Volevo scordarla e ci ero quasi riuscita. Poi… - si fermò, fissò il suo
frullato ancora freddo, ma non era stato bevuto nemmeno di un sorso. Nel
contenuto poteva vedere il volto di sua madre.
Hisako taceva, aspettava di sentire il resto per non interromperla.
- Quando l’ho rivista ho sentito l’impulso di abbracciarla, ma avevo
troppa rabbia dentro verso di lei e ho preferito non buttarla fuori così sono corsa
il più lontano possibile. Più correvo, più piangevo, non mi era mai successo. Questa
cosa mi spaventa. – aveva gli occhi lucidi, però si controllava.
Hisako sapeva quello che doveva fare. La abbracciò per farle capire che
le sarebbe stata vicina in qualsiasi circostanza.
Alice che parlava di abbigliamento con la madre di Soma e in mano un
gelato alla vaniglia, che aveva divorato in parte, vide le due ragazze
stringersi e sorrise. In quel momento Erina aveva bisogno di tutto il conforto
possibile.
- Secondo te a Megumi piace Yukihira? – chiese di punto in bianco
l’amica.
- Cosa? – rise Erina per il brusco cambio di argomento.
- Si, mi ha parlato Aki, un’amica di Yukihira, e diceva che
probabilmente Megumi si era presa una cotta per lui. – sorrise anche lei.
- Ahah, ma no. Sono solo amici. – rideva ancora la biondina che non
credeva possibile a quello che diceva Hisako.
Erano state fuori a passeggiare e fare acquisti per tutto il
pomeriggio, ma le aspettava ancora la
super cena realizzata dai ragazzi che si erano offerti di cucinare per loro.
La comitiva di Mayumi e Aki, invece, non rimase a mangiare con gli altri perché
avevano anche loro delle famiglie da cui tornare.
Soma, sua madre e gli amici della Tootsuki cenarono sotto le stelle;
sistemarono fuori, al fresco della sera, un grande e lungo tavolo di legno per
sorreggere tutte le portate che i ragazzi avevano cucinato e mangiarono a
sazietà. Erina non risparmiò le sue critiche culinarie specialmente sui piatti
di Soma e Takumi che erano sempre in competizione. Il palato di Erina non poteva
fare a meno di sgradire qualcosa che era stata preparata in modo imperfetto.
Takumi e Yukihira vennero totalmente sconfitti dalle parole della
ragazza, ma quella freddezza era sintomo che lei aveva ripreso il suo solito
atteggiamento da principessina e Soma ne fu contento.
- Ragazzi, vorrei proporvi una cosa. Prima, io e Takumi abbiamo parlato
di preparare una pizza. – accennò Soma.
- Si, che bella idea! – si alzò felicissima Alice – Voglio darvi una
mano. –
- Ma certo! Avevo pensato che potevamo partecipare tutti, perché
sarebbe stato geniale creare una pizza gigante! –
- Cioè? Vorreste realizzare la pizza più grane del mondo? – chiese
Hisako inesperta, ma aveva sentito parlare di una enorme pizza.
- Esattamente. –
- Beh, io non credo che riusciremo a farla così grande, ma ci possiamo
provare. Che ne pensate? – domandò Takumi che era disponibile a condividere le
sue conoscenze, dato che si trattava di una pietanza esclusivamente italiana.
- D’accordo, vi darò una mano anch’io. – disse Erina suscitando sgomento
nei volti di tutti quanti.
- Sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori! – era contenta Ami.
- Non vedo l’ora di sapere come sarà! – commentò Megumi.
Soma informò anche gli amici del dormitorio Stella Polare e Ikumi di
raggiungerlo nella sua città per passare qualche giorno tutti insieme. In
questo modo avrebbero avuto delle mani in più per lavorare e creare una pizza
fenomenale.
Takumi invece chiamò suo fratello perché gli mancava, così gli propose di
trascorrere alcuni giorni da Yukihira dove lui era stato invitato.
Isami sarebbe arrivato il giorno della pizza e Takumi sprizzò di
felicità; potevano dimostrare quanto fosse fantastica la cucina italiana.
Erina portò alcuni piatti da lavare dentro il ristorante Yukihira;
voleva dare un aiuto. Dentro non c’era nessuno, un luogo tranquillo, lo cercava
da quando aveva rivisto sua madre. Quel locale sembrava davvero carino, non
aveva nulla di lussuoso o prezioso, però le trasmetteva un senso di serenità e
accoglienza. Si guardò attorno per cercare di catturare quel posto e fissarselo
nella testa come una fotografia. Un ambiente rustico e caldo che attrae anche i
più freddi di cuore. Lesse il menu e tra i nomi presenti scorse il nome del
Furikake trasformato, a base di uova, che Soma le aveva preparato il primo
giorno di esami alla Tootsuki. Quel piatto era stato l’inizio di tutto. Aveva
quasi nostalgia di quel momento; un ricordo che non le dava più fastidio.
Sulla mensola più alta lo sguardo di Erina si focalizzò su una foto
incorniciata, non l’aveva notata prima. Si avvicinò di più per afferrarla. La
foto ritraeva Joichirou, Ami e un piccolo Soma.
Sorrise brevemente, Soma era molto carino e allegro in quello scatto.
Aveva certamente immortalato una famiglia felice, ma Erina non sembrava molto
divertita. Quella foto le diceva chiaramente che lei non possedeva nulla di
simile con i suoi genitori. Erano mai stati una vera famiglia? Lei ormai
l’aveva dimenticato, sempre che ci fosse stato almeno un giorno così in passato
e trattenne a stento delle lacrime amare; possedeva solo un ritratto di
famiglia rotto e scomposto in tanti piccoli frammenti, un puzzle i cui pezzi
non combaciavano.
Ami distrusse i suoi pensieri entrando nel locale – Lì, Soma aveva su
per giù quattro anni. Era proprio tenero, vero? – si riferiva alla foto che teneva
ancora tra le mani, Erina.
- Si, è così. –
- E’ stato poco dopo quello scatto che mi sono dovuta trasferire con la
mia famiglia in Francia. Da allora vedo raramente entrambi e me lo ricorda ogni
volta questa foto. Ne possiedo una identica nel mio portafoglio. Purtroppo
viaggio spesso e anche Joichirou ha ripreso questo tipo di vita, lasciando Soma
all’Accademia. –
Ami fece segno a Erina di sedersi, parlare era la sua specialità oltre
allo stile di abiti da indossare.
- Sai, ero partita per inseguire il mio sogno di stilista
professionista e ci sono riuscita, ma per sentirmi soddisfatta vorrei poter
tornare a vivere con la mia famiglia, di nuovo tutti e tre insieme. –
- Ti è mancato tuo figlio? – fece una domanda scontata, ma Erina voleva
comunque sentire quella risposta.
- Si, non sai quanto! -
Ami vide la ragazza farsi triste e siccome non capiva il perché, la
portò a sfogarsi.
- Qualcosa ti turba, giusto? Se non mi vuoi dire il motivo, allora
provo ad indovinare. –
Erina voleva tenersi quel dolore per sé, si era sfogata già con Hisako
e Alice. Non aveva bisogno di altra commiserazione, però Ami le trasmetteva
fiducia e sicurezza. In quel luogo si sentiva parte di una famiglia che non
risparmiava mai l’affetto.
- Per caso si tratta di Soma? Hai qualche problema con lui? –
- N-no, lui non c’entra. Stavo pensando a mia madre. L’ho rivista dopo molti
anni. – faticò a raccontare.
Ami comprese il problema, conosceva Yumi. Una donna determinata, forte
e molto impegnata per fare un salto nella sua vecchia casa a trovare sua
figlia. Sapeva, inoltre, che Yumi amava Erina più di se stessa. In ogni caso, se
non era stata presente durante l’infanzia di sua figlia, in parte la colpa era proprio
sua.
- Tempo fa ho conosciuto tua madre. Non
posso prendere totalmente le sue difese, però un cosa posso dirtela. Lei
ti ama molto. –
- Se mi avesse amato tanto, allora non sarebbe andata via. Non mi
avrebbe lasciata sola. –
- Sai l’amore a volte può essere difficile. Ti porta a fare scelte
sbagliate, in fondo l’amore stesso è irrazionale e credo sia una delle
principali cause che hanno spinto tua madre ad allontanarsi dalla famiglia. –
- Avrei voluto una famiglia come la vostra. Nonostante la distanza non
sembra essere cambiato il legame che si vede in quella foto. – Erina diede
ancora una rapida occhiata alla cornice d’argento che imprigionava la
fotografia.
- Già, per me non è cambiato nulla. La felicità che provavo in quel
momento non è mai sbiadita. –
Quell’affetto spontaneo e vero ingelosiva Erina che sperava a tutti i costi
di avere una famiglia che si prendeva cura di lei, invece di essere usata come
fosse un oggetto prezioso da sfruttare a loro vantaggio. Lei lavorava
volentieri per la sua famiglia, era un onore, ma desiderava anche fare viaggi
di piacere in compagnia dei suoi genitori e passare dei momenti insieme, uniti.
Tutto ciò non poteva accadere, lo sapeva, ma non smetteva di pensarci perché
togliendole quella speranza poteva distruggerle l’anima.
- Forse non sono la persona più indicata per dirlo, ma una madre dovrebbe
essere vicino ai propri figli nei momenti più importanti. Sia io che tua madre
abbiamo fallito in questo, però non è detto che in futuro possa cambiare tutto.
–
- Si. Vorrei poterci credere, ma lei non è come mia madre. Io
probabilmente non la conosco nemmeno. Come faccio a fidarmi ancora di lei? –
- Non ti dirò di fidarti, ma solo…dalle una seconda chance. Una
possibilità in più per dimostrarti che ti vuole bene. Che per te potrebbe
tornare a casa vostra e riunire la famiglia, ma in questo caso devi essere
forte e perdonarla. –
Erina fissò il volto dolce di Ami che le rivolgeva mentre conversavano
come fossero due amiche che si incontravano regolarmente ogni giorno. La
semplicità delle parole della mamma di Soma riusciva a calmare le insicurezze
di Erina. Tuttavia rivedere Yumi e concederle un’altra possibilità di conoscere
sua figlia non sembrava facile per Erina che preferiva scappare, piuttosto che
affrontare la realtà dei fatti. Perdonare una madre che non vedeva da quando
aveva si e no cinque anni risultava tutt’altro che una passeggiata. Nonostante
le parole rassicuranti e adulatorie di Ami la sua mente continuava a mandarle
messaggi negativi su sua madre che le impedivano di trovare qualcosa di buono
in lei. Eppure un abbraccio, nell’istante in cui l’aveva rivista, sperava tanto
di averlo; di sentirsi al sicuro tra le braccia della sua mamma dopo tanto
tempo.
- Secondo me tornerete ad essere una famiglia felice. – cercò ancora di
darle speranza.
- Non ricordo di aver mai visto la mia famiglia felice. Insomma non so
neanche se mia madre fosse innamorata di papà. –
- Conoscendo Yumi, amava tuo padre, forse la delusione di quell’amore
l’ha resa invulnerabile e alla fine ha preso la decisione sbagliata senza
tenere conto della famiglia. – ipotizzò Ami.
- A New York ho lavorato per una festa di matrimonio e ho pensato molto
a come fosse stata la cerimonia dei miei genitori. Erano felici come quei due
sposi? Probabilmente non lo saprò mai. –
- Questa domanda dovresti farla ai tuoi. Ricordo perfettamente il
giorno delle mie nozze. Era una festa per pochi, ma molto carina. – Ami viaggiò
con la mente anni indietro nel passato, uno dei momenti più piacevoli della sua
vita.
- Come vi siete conosciuti, lei e Saiba Joichirou? – era curiosa di
sapere, la ragazza.
Proprio allora entrò nel ristorante Soma che volle unirsi alla
conversazione.
- Di cosa stavate parlando? –
- Pochi minuti fa, Erina mi ha fatto una domanda. Come ho conosciuto
tuo padre. – sorrise a quella richiesta.
Soma si accomodò vicino a sua madre – Voglio ascoltare anch’io. Sembra divertente!
Ora che ci penso, non mi hai mai parlato del vostro primo incontro. –
- Ora vi racconto. –
Ami era in vacanza con sua madre, una
grandissima stilista, insieme erano state ingaggiate dalla famiglia Nakiri per
creare degli abiti di sera in occasione di una festa. Il sedicesimo compleanno
di Yumi. Fu proprio allora che Ami incontrò la mamma di Erina, entrambe ancora
giovani, ma talentuose. Yumi era un asso negli affari, ma non solo, era molto
abile anche in cucina; Ami, invece, aveva un dono creativo, innato, che le
permetteva di disegnare abiti e accessori fuori dal comune. Ami restò in
Accademia per qualche settimana a lavorare per i Nakiri e fare amicizia con
Yumi, ma c’era un ragazzo che le faceva visita spesso. Joichirou Saiba era
curioso di conoscere la ragazza nuova, sarebbe rimasta per poco tempo, ma in
ogni caso la affascinava. Il modo in cui Ami si impegnava tanto e perfezionava
i suoi lavori, intrigava il ragazzo. Joichirou la guardava lavorare molto e pensò
quindi di prepararle un buon piatto per ricaricarsi di energie. Il ragazzo
infatti si presentò a Ami con una pentola, un piatto e delle posate.
- Scusami, tu chi saresti? – domandò
accigliata la ragazza che si sentiva infastidita.
- Sono un cuoco di questa scuola, mi
chiamo Joichirou. – disse allegramente – Ti ho portato qualcosa da mangiare, è
un piatto di ramen speciale. –
Ami osservò con attenzione il ragazzo
sorridente davanti a lei, ma non aveva nessuna intenzione di mangiare in quel
momento né tanto meno assaggiare un piatto tipico giapponese.
- Mi dispiace, ma non mangio cibi
giapponesi. Anche se sono giapponese ho viaggiato spesso in Europa e quindi ho
gusti completamente differenti. Ti chiedo per favore di lasciarmi lavorare,
ora. –
Joichirou sembrò turbato da quelle che
parevano dure e taglienti parole, ma non voleva mollare.
- Dovresti provare, prima di dire che
non ti piace la mia cucina. Ti chiedo di assaggiare solo un boccone e se non ti
piacerà, andrò via. – insistette.
Per Ami, quella sembrava una sfida
piuttosto che una richiesta e poi doveva terminare un vestito entro il
tramonto, perciò accettò la proposta e ricaricarsi di energie.
Appena il ragazzo sollevò il coperchio
con la pietanza ancora calda e fumante, un buon profumino arrivò a stuzzicare
il naso di Ami che non lo credeva possibile, eppure cominciò a desiderare di
assaggiare quel ramen. Era buono, ma trovava il sapore molto forte. Non la
convinse affatto, così il giorno seguente Saiba tornò da lei con un ramen
diverso e anche il giorno dopo e quello ancora dopo. Passò una settimana e
Joichirou era alla ricerca di un ramen che Ami poteva gradire. Qualche giorno
prima della partenza di lei, il ragazzo le fece provare l’ennesimo tentativo di
quel piatto.
Ami spiegò tutto nei minimi particolari infatti Erina e Soma
ascoltavano in silenzio aspettando che lei continuasse la sua storia.
- Alla fine ho mandato giù il primo boccone, come facevo sempre. –
- E poi? Cosa è successo? – domandò appassionato Soma.
- Poi…ho divorato tutto quello che c’era nel piatto. Era il ramen più
buono che avessi mai mangiato. Mi aveva davvero stupita! – rise Ami mentre
ricordava quel giorno; Joichirou la guardò divertito mentre lei gli chiedeva il
bis con il volto completamente rosso.
Da quella
esperienza, Joichirou si era promesso di preparare ancora dei piatti per lei;
tutti i giorni, finché Ami non andò via. La ragazza tornò in Francia, a casa,
ma sperava che prima o poi l’avrebbe rivisto. Qualche anno dopo Joichirou,
vagabondo com’era, la incontrò a Parigi e i due si innamorarono perdutamente.
Ami era stata colei che aveva cambiato lo stile di Joichirou, rendendolo un
grandissimo chef.
- Erina sama! – la chiamò Hisako, vide Soma, Ami e la sua amica seduti
intorno ad un tavolo come fossero una famiglia – Andiamo a fare una
passeggiata? – propose lo stesso, la ragazza, che sperava di smaltire tutto
quello che aveva mangiato.
- Certo, arrivo subito Hisako. – poi si rivolse alla mamma di Soma – E’
stata una bella storia e grazie per la chiacchierata di prima. –
- Figurati, se ti servono altri consigli puoi sempre chiedere. – Ami
era contenta di aver tirato su di morale la ragazza.
Quando Erina e Hisako furono sparite dal locale, Ami iniziò a
punzecchiare suo figlio – Insomma, è andato bene il viaggio a New York? Con
tutte quelle belle ragazze là fuori, per caso c’è né una che ti piace? –
- Mamma, di cosa stai parlando? Papà ti ha detto qualcosa? –
- Mi ha telefonato dopo che ha assaggiato un piatto che avevi preparato
al suo ristorante. Mi ha raccontato anche di un certo incidente con Nakiri
Erina e guarda caso la ritrovo qui. –
- Anche tu credi che mi piaccia Nakiri, non è così? Beh, ti assicuro
che vi state sbagliando in molti. –
- Ok, quindi non ti piace nessuna? –
- No, mamma – disse divertito – E poi Nakiri non mi ha ancora detto che
gli piace la mia cucina. –
- Capisco, ma non puoi pretendere qualcosa del genere. In fondo è lei
ad avere un palato sopraffino, no? Dalle tempo e l’unica cosa che puoi fare e
continuare ad affinare le tue capacità. Sono sicura che un giorno la stupirai!
–
- Si, questo lo so! – s’incoraggiò il rosso, poi tirò dalla tasca un
braccialetto – Ho comprato un regalo per te, l’ho trovato in una bancarella a
New York. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto. –
- Tesoro, grazie. È davvero stupendo! Proprio come piace a me e poi
sembra quasi che mi rappresenti. – indossò il braccialetto; aveva alcuni
ciondoli in miniatura: un vestitino elegante, una borsetta di prima classe, una
scarpa col tacco rossa, un quadrifoglio e una coccinella portafortuna.
Ami abbracciò Soma non soltanto per il regalo, ma per il fatto che si
ricordava sempre di farla sorridere. Aveva anche lei dei regali per lui, ma
l’unica vera sorpresa per entrambi era di passare un po’ di tempo insieme.
- Siccome rimango un mese intero, abbiamo tutto il tempo per passare
qualche giornata madre-figlio. Sei d’accordo anche tu? –
- Certo che si! Non vedo l’ora, mamma! –
Ami rovistò nella sua valigia dei regali – Guarda! Mi avevi chiesto
delle altre magliette e io te ne ho portate almeno una decina! – aveva tra le
mani delle t-shirt blu scuro con il logo del ristorante Yukihira. Le stesse
magliette che Joichirou aveva espressamente chiesto a sua moglie di creare per farne
una divisa personalizzata e poi quando nacque il piccolo Soma, anche lui pretese
lo stesso abbigliamento. Soma fu felicissimo di quel regalo, era il logo della
famiglia e ogni volta gli ricordava casa. Per questo ovunque andava indossava
sempre una maglietta blu scuro; proprio quella che sua madre realizzava per lui
e suo padre.
- Quindi ti sei innamorata di papà perché lui ti preparava sempre dei
piatti squisiti? – domandò Soma ancora incantato dalla storia dei suoi
genitori.
- Non proprio, mi sono innamorata di quello che metteva nei suoi
piatti. La sua vera essenza. –
Il ragazzo pensò all’espressione che l’ex direttore Senzaemon aveva
pronunciato durante la finale delle elezioni autunnali, “il volto del cuoco”.
- Poi la perseveranza con cui cucinava per me, mi aveva fatto capire
quanto ci tenesse a conquistarmi. Inoltre era un ragazzo affascinante e sapeva
farmi ridere, credo che l’insieme di tutto questo mi ha fatto innamorare di
lui. –
Soma carpì tutto quello che gli aveva detto sua madre. I suoi genitori
si amavano tanto e il loro legame era
ben saldo; pensare che Erina non aveva avuto una cosa simile, lo rattristava. Lui
invece poteva considerarsi fortunato da quel punto di vista.
La mattina seguente, Soma si era svegliato presto per i preparativi
della festa a base di pizza gigante. Ami preparava la colazione nel frattempo
che arrivassero gli amici di suo figlio, sistemati nell’albergo più vicino del
ristorante Yukihira.
Erina e Hisako si erano già messe in cammino.
- Alice mi ha detto che posso passare qualche settimana a casa sua, in
Danimarca. – annunciò Erina.
- Sul serio? Quando, se posso saperlo? – chiese l’amica.
- Non lo so, ma credo a breve. Perché non vieni con me? Se non ti è di
peso, ovviamente. – aveva timore di chiederle troppo, Hisako era stata già
presente per lei in molte occasioni e forse stava esagerando, pensava la
biondina.
- Ma certo! Io starò sempre al tuo fianco, se hai bisogno di me, ci
sarò anche questa volta. In Danimarca o dovunque tu voglia. Andremo insieme e
poi non sarei così tranquilla sapendoti con quella stramba di Alice. –
Erina sapeva che avrebbe potuto contare ancora su di lei e questo la
rendeva felice – Grazie, davvero, Hisako. Grazie per tutto. –
Takumi, Megumi e Mimasaka si erano fermati a comprare dei cornetti
caldi per fare colazione con tutti.
Alice invece aveva buttato giù dal letto Ryou e il povero Akira per
farle da scorta e arrivare prima degli altri al ristorante di Soma.
- Perché avete trascinato anche me? – sbuffava Hayama.
- Non lamentarti, dobbiamo sbrigarci con i preparativi. Sai quanto ci
vorrà per ottenere gli ingredienti importanti per la pizza? Prima iniziamo,
meglio sarà. Forza, in marcia! –
Ryou rimase zitto mentre Hayama lo guardava in cagnesco.
- Yukihira! Siamo arrivati! –
Soma era dietro la cucina ad aiutare sua madre – Ciao, ragazzi. Siete
stati velocissimi, non sono neanche le otto di mattina. Sedetevi che ora arriva
la colazione! –
- Benissimo, se vi servono altre sei mani… – si propose l’albina.
- No, abbiamo tutto sotto controllo. Inoltre Joichirou mi ha insegnato
qualche trucchetto. State tranquilli vi preparerò qualcosa di eccezionale. -
disse Ami.
Alice e i due ragazzi aspettarono pazientemente. Quando fossero
arrivati tutti avrebbero iniziato la riunione per la festa da organizzare.
Insomma essere arrivati primi non era servito a nulla e Akira riversò il suo
odio facendo una serie di occhiatacce ai due seduti davanti a lui. Ogni volta
veniva coinvolto nell’euforia di Alice e purtroppo non aveva nessuna voce in
capitolo per tirarsi indietro.
Fortuna che di lì a poco il ristorante si riempì con gli altri amici.
Mimasaka aiutava Ami a servire i clienti abituali, ai tavoli. Megumi e Takumi
invece offrirono i cornetti con vari gusti, ancora ben riscaldati.
Erina e Hisako si aggregarono al tavolo di Alice che aveva già
riservato altri due posti in più, senza la loro approvazione.
- Non era necessario e poi speravo di dare una mano alla madre di Soma.
– Erina stava ancora in piedi.
- Ma no, c’è Yukihira che l’aiuta. Non ha voluto neanche il nostro
aiuto e noi eravamo in tre. –
La biondina si arrese, i suoi occhi erano volti a cercare Yukihira che
intanto andava qua e là per i tavoli. Ogni tanto si fermava a parlare con
qualcuno che non o vedeva da tanto e poi riprendeva a cucinare velocemente per
non far aspettare le altre persone in attesa. Era davvero ammirevole, pensò
Erina che non si perdeva neanche un singolo movimento del rosso. Il ristorante era
super animato, tra le voci dei clienti e le risate, ma anche i racconti che si
percepivano da parte di Soma. Era un vero tornado di allegria.
Mimasaka però non scherzava, era quello che si faceva notare di più per
la sua stazza corpulenta. Le sue mani ampie e robuste maneggiavano con cura i
piatti che Ami gli passava; le persone rimanevano stupite ogni volta.
Erina e Hisako, però, la sera prima non erano state con le mani in
mano. Erina aveva ideato dei volantini per far partecipare più persone alla lavorazione
della pizza e Hisako le aveva dato una grossa mano a realizzarli con cura.
Quando Soma si avvicinò al loro tavolo, le due ragazze gli mostrarono
il loro lavoro.
- Siete state grandi! Adesso proverò a girare alcuni di questi fogli così
avremo più aiuto possibile! – era super eccitato il ragazzo.
Le due amiche si sorrisero a vicenda e non fecero in tempo a fare una
qualsiasi ordinazione che sentirono la voce di Yuki far tremare tutto il
locale.
- Megumi!!! Erinacchi!!! Siamo qui! – una voce squillante risuonò nelle
teste di chiunque fosse lì.
Tutti gli occhi erano puntati verso Yuki che invece molto sorridente
inquadrò Megumi per abbracciarla.
- Quanto tempo! Ci sono anche Marui, Isami, Daigo e Shoji! –
- Ciao a tutti! – dissero Daigo e Shoji.
- Gli altri dovrebbero arrivare più tardi, nel pomeriggio. Forse ci
sarà anche Isshiki senpai. – disse Marui che provava a valutare in numeri il
posto dove lavorava Soma.
- Esatto, ma quindi come sarà la festa? Voglio tutti i dettagli. –
chiese Yuki esagitata.
- Veramente non ne abbiamo ancora parlato. – le rispose Erina.
- Si, per adesso pensiamo a cercare più gente possibile per aiutarci
con la cucina e poi quando arriveranno anche gli altri, parleremo di come
organizzare tutto. – intervenne Soma mentre aveva tre piatti tra le mani. Yuki
gli diede subito una mano perché voleva rendersi utile, si avvicinò ad Ami e
ipotizzò all’istante la parentela tra lei e Soma; incominciò a farle mille
domande.
Isami si riunì a Takumi che era contento di riabbracciare suo fratello.
- Come stanno mamma e papà? –
- Tutto apposto. Invece tu ti sei divertito a New York, giusto? Volevo
tanto esserci anch’io. –
- Si, mi sei mancato. Comunque possiamo sempre fare qualcosa di
divertente anche qui. Organizzeremo una festa fenomenale, dobbiamo creare la
pizza più buona di sempre. Ci stai? –
- Puoi contarci, sarà stupenda fratellone, però evita di sfidare ancora
Yukihira. Intesi? –
Takumi percepì la frecciatina del suo gemello, ma non ci badò. Infatti era
già pronto ad entrare nuovamente in competizione con il rosso.
Soma e i suoi amici girarono per la città, bussando a chiunque avesse
esperienza di cuoco per dare una mano a realizzare una bella e grande pizza.
Ami e Mimasaka intanto gestivano il ristorante e accoglievano i clienti
con piatti prelibati. Tutto era ben calcolato e Soma non stava più nella pelle
di incominciare quell’enorme creazione culinaria.
Durante le prime ore di pomeriggio Ikumi scese da un’elegante
limousine. Si guardava attorno come in cerca di qualcuno, ma dopo alcuni minuti
s’incamminò per le strade di quella città che conosceva bene.
Ryouko era arrivata col bus, ma non sapendo la strada da percorrere per
raggiungere il locale Yukihira fece una telefonata a Ikumi che l’avrebbe
certamente aiutata. Nello stesso momento la ragazza notò Ibusaki che vagava
pure lui in cerca della giusta destinazione, perciò si avvicinarono. Ryouko
attendeva in linea Ikumi che rispose di lì a poco e insieme accordarono il
punto d’incontro, ovvero alla fermata dell’autobus.
- Ikumi sta arrivando per farci strada. – disse Ryouko e il ragazzo
accanto a lei si limitò a dire: “Perfetto.” C’era un po’ di tensione tra i due.
Entrambi erano curiosi di sapere come mai Yukihira li avesse invitati ad una
festa di punto in bianco, per giunta dopo essere tornato da New York. Forse la
grande città aveva reso il rosso ancora più pimpante e festaiolo del solito.
Ibusaki ipotizzava che ci fosse una ragione più seria dietro quell’invito,
magari era per tirare su di morale Nakiri Erina per tutti quei problemi con suo
padre. Ryouko la pensava alla stessa maniera, c’era sotto qualcosa.
Isshiki tirava la sua valigia con aria spensierata, era felicissimo di
essere stato invitato alla festa; amava divertirsi in compagnia dei suoi amici.
Adocchiò immediatamente Ibusaki e Ryouko, li assalì alle spalle con gesto
affettuoso, sorprendendoli – Come va, ragazzi! -
- Isshiki, ti pare il modo di salutare! – esclamò irritato Ibusaki.
- Ahahah, scusate, ma sbaglio o siete venuti insieme? Che sia una
specie di appuntamento? – li provocò.
- N-niente del genere. – rispose in fretta Ryouko, arrossita di colpo.
- Infatti, ci siamo incontrati qualche minuto fa. – confermò,
impassibile, il ragazzo.
Isshiki sorrise, per lui era normale prendere in giro i suoi compagni
di dormitorio, in particolare Ibusaki. Poi Ikumi li trovò e insieme trovarono
il posto.
Ami si presentò anche al resto della compagnia di suo figlio e parlò a
lungo della sua carriera lavorativa, poiché risultava completamente diversa
dalla ristorazione. In seguito, di fronte all’ennesima richiesta di
incominciare la riunione, Isshiki annunciò che mancava ancora un altro elemento
al gruppo.
Un rumore assordante di elicottero mise in allarme i ragazzi che
assistettero alla caduta, col paracadute, di una decina di uomini pelati che
scortavano il loro signorino. Kuga si presentò fiero e determinato come suo
solito. Soma era sorpreso di vederlo, ma ne fu contento.
- Sono qui perché Isshiki mi ha parlato che avreste intenzione di
cucinare una pizza. Beh, chi meglio di me sa fare una pizza piccante? Ovviamente
nessuno. Per questo mi sono precipitato con i miei assistenti. Yukihira, ti
sfido con uno shokugeki al piccante! –
Takumi sembrò nervoso e irritato da quella proposta di sfida. Anche lui
desiderava scontrarsi nuovamente con Soma e vincere.
Yukihira, però, non accettò la sfida perché la sola e unica intenzione
era di creare tutti insieme qualcosa di fantastico. Una pizza unica, originale
e soprattutto gustosamente celestiale.
Una pizza normale, per gli studenti della Tootsuki non era ammessa,
ognuno doveva dare il meglio che sapeva fare. Decisero di sperimentare una
ricetta della pizza gigante tutti i gusti. Avrebbe avuto trentasei spigoli
enormi di cui ognuno rappresentava un gusto differente. Trentasei tipi di pizze
italiane in una sola; come la capricciosa, la quattro formaggi, la margherita,
la quattro stagioni, la diavola, la caprese e quella alle verdure. Insomma, la
regina delle pizze.
Takumi aiutava con la preparazione della base e insieme a Erina guidava
i cuochi nella gestione degli ingredienti da aggiungere all’impasto.
Kuga suggeriva di persona come insaporire con il piccante, mentre nel
campo dei frutti di mare e del pesce si occupavano Ryou e Megumi aiutata da
Isshiki. Akira aiutava con la scelta delle migliori spezie e Hisako cercava di
bilanciare i gusti e la scelta delle spezie in modo tale da non rendere troppo
pesante la varietà di gusti della pizza. Soma e gli altri si divertivano a
realizzare quella gigantesca creazione culinaria; c’era bisogno di una quantità
di cibo non indifferente, tuttavia le industrie Nakiri finanziarono tutto
quello che era necessario. I fratelli Aldini ebbero molti complimenti per aver
sfornato una pizza degna del loro paese; la cucina italiana che faceva gola a
molti, finalmente era messa in rilievo come meritava.
Il lavoro di squadra aveva funzionato e per un po’ Erina si sentì
felice di essere lì, di aver cambiato aria. Quella festa la aiutava a
distrarsi, infatti era proprio questo il vero obiettivo di Soma. Lui la
guardava sorridere e mangiare di gusto con Hisako e le altre amiche.
- Finalmente la vedo allegra! – spuntò Ami da dietro le spalle del
figlio – Sono davvero orgogliosa di te. Hai organizzato una festa spettacolare,
quando lo saprà Joichirou diventerà geloso per non aver potuto partecipare. –
Isshiki notò che Soma non toglieva gli occhi di dosso a Erina. Sorrise,
perché sapeva il motivo profondo che i due sentivano l’uno per l’altra, ma gli
piaceva scherzare – Se continui a guardarla, penserò che tu sia attratto da
lei. –
- Ancora con questa storia, sei davvero incorreggibile. –
- Ahahah, hai ragione dovrei tenere per me certe considerazioni. –
disse; poi si rivolse alla madre di Soma e prese il discorso del ballo. Anche
Ami avrebbe dovuto presenziare al ballo in Accademia, ma per il lavoro distante
non aveva fatto in tempo a partecipare. Ami era davvero dispiaciuta di non
esserci stata e promise, specialmente a suo figlio, che non sarebbe mancata
ancora.
Quella festa realizzata in poco tempo era stata la migliore alla quale
era stata Erina. La pizza, la musica, ma soprattutto i suoi nuovi amici
rendevano speciale quella serata. I fuochi d’artificio con i loro colori e
scoppiettii completavano bene la giornata, ma non era ancora finita.
Hisako si trovò a sedersi vicino ad Hayama perché lo vedeva un po’ in
disparte e pensieroso. Non era dovuta a stargli accanto, ma una voglia
incontrollabile la lasciò decidere così.
- Tutto bene? – domandò lei, cercando di non risultare troppo
invadente.
- Mentre noi stiamo festeggiando, Jun si trova da sola. Lei non è brava
a sbrigare le faccende di casa. – ammise Hayama.
- Stai parlando della professoressa Shiomi? Come sarebbe? Lei è un
adulta, non preoccuparti. –
Seguirono alcuni minuti imbarazzanti che sembravano un’eternità.
- Azami vi ha minacciato? – chiese Hisako che voleva prendere da tempo
quella conversazione.
- No, ma prima o poi capiterà di certo. – rispose con preoccupazione
verso Jun.
La pizza enorme stava poco a poco terminando grazie a tutte le persone
che avevano deciso di far parte della festa, come pure gli alcolici.
- La tua pizza non è male. – continuò Hayama.
Hisako arrossì per quel piccolo e insignificante complimento che
significò davvero tanto. La ragazza era migliorata dopo quello che Akira le
aveva sbattuto in faccia con crudeli parole.
- G-grazie, la tua è fenomenale, ma c’era da aspettarselo. –
- Quella volta, alle selezioni autunnali io avrei voluto scontrarmi con
il tuo vero potenziale. Avevo un’alta considerazione delle tue capacità, ma
credo di aver alzato troppo le aspettative. – disse scontento.
La ragazza era dispiaciuta per non essere stata all’altezza del loro
confronto, Akira aveva ragione, poteva cucinare qualcosa di meglio e batterlo
alla pari.
- Se dovessi scontrarti con qualcuno della centrale, non farti
sconfiggere. Chiaro? –
Hayama fu sorpreso da quella precisazione, ma la lasciò finire.
- Perché non voglio che vai via dalla Tootsuki, prima di ricevere la
mia rivincita contro di te. – terminò Hisako, con gli occhi pieni di
determinazione.
Akira rise spontaneamente, era una reazione inconscia e poteva anche
ferire la ragazza che con molta serietà si era rivolta a lui. Infatti tornò
serio in pochi secondi e rispose sinceramente - Scusami, ma mi hai colto alla
sprovvista. –
Hisako era stata già ferita e stava per andarsene perché odiava quel
comportamento indifferente nei suoi confronti come se non valesse nulla, per la
seconda volta, ma Hayama la fermò con una semplice frase – Non perderò contro
nessuno, è una garanzia. Non andrò via dalla Tootsuki, se vorrai sfidarmi, ci
sarò. –
La ragazza non si voltò indietro, ma fu contenta di aver ricevuto le
parole che voleva sentire; la sua attenzione ricadde su Erina che stava
cercando nella marea di gente.
Yukihira aveva attaccato bottone con Kuga che piangeva di essere stato
espulso dai migliori dieci, cercava di consolarlo e di cambiare discorso. Non
voleva ricordare il motivo per il quale era corso in America a causa del nuovo
direttore dell’Accademia che aveva privato Erina della sua libertà. Più ci
pensava, peggio si sentiva.
- Comunque Yukihira, ho sentito che hai battuto Nakiri ad uno
shokugeki. Almeno l’hai sfidata chiedendole il nono seggio con la vittoria? –
- No, sinceramente non ci ho pensato, però, ora che me lo fai notare… -
- Insomma, ti appare una situazione favorevole per entrare nei migliori
dieci e tu non cogli l’occasione! È proprio un peccato, volevo che tu entrassi
perché in quel caso avrei potuto strapparti in un attimo il seggio. Uffa! –
sbuffò.
Erina era vicino a loro e recepiva ogni parola. Kuga e Soma stavano
discutendo su quanto fosse stato facile batterla perciò la ragazza si avvicinò
a Soma per dirgliene quattro, trattenendo un bicchiere pieno di vino rosso. Si
sentiva sminuita dai loro commenti – Yukihira non ti permetto di beffarti di
me, capito? Quella volta hai avuto fortuna, ma puoi stare certo che la mia
abilità culinaria è al di sopra della tua! –
Alice era dietro di lei e rideva per la rabbia incontrollata di sua
cugina; le aveva dato da bere molti bicchieri di vino e Erina appariva brilla.
Nonostante il suo controllo mentale, la biondina era sopraffatta dalla bevanda
che teneva in mano e ogni tanto sorseggiava per darsi più coraggio e dire
quello che sentiva. Il risentimento per quello che Soma diceva del loro
shokugeki la spinse a dire cose che non avrebbe mai pronunciato da sobria. In
realtà era il vino a distorcere le parole del rosso che a lei risultavano senza
senso.
Hisako era sul punto di raggiungere l’amica, ma si congelò nel momento
in cui Erina continuò la sua scenata.
- Yukihira, ti propongo uno shokugeki. Non puoi rifiutare in nessun
caso, perché lo dico io! – annunciò tutto d’un fiato, col bicchiere ormai vuoto
e la voce più alta e strana del normale. L’avevano sentito tutti. Uno shokugeki
richiesto da Nakiri Erina in persona, era una portata su un piatto d’argento.
Persino Soma che era vicinissimo alla biondina sembrava stordito da
quella dichiarazione. Hisako quasi inciampava e gli amici del dormitorio Stella
Polare non credevano a quelle parole.
Hisako diede la colpa ad Alice che ci aveva messo lo zampino, ma
l’albina era un po’ delusa – Volevo immortalare il momento con una ripresa video.
Erina, non è che potresti dirlo un’altra volta? – chiese con una faccia
divertita e il cellulare già pronto con la fotocamera in funzione.
Hisako la schernì con uno sguardo glaciale, ma nulla impedì ad Alice di
catturare le parole della cuginetta.
- Yukihira, ti sfido ad uno shokugeki! – decretò una seconda volta, ma
sempre incosciente di quello che stava facendo.
Dopo un po’ di esitazione il ragazzo accettò - D’accordo, non ci sono
problemi. –
Hisako iniziò a guardare male pure Soma, il quale non si rendeva ancora
conto della proposta di Nakiri, ma che lo rendeva fortunato.
Nessuno si sarebbe perso quella battaglia.
- Domani decideremo le condizioni e il piatto da preparare, ok? –
continuò Erina, ma non riuscì a terminare perché Hisako la trascinò via, aveva
paura che l’amica iniziasse a dire qualche altra cosa di cui si poteva pentire.
Infatti era già piuttosto preoccupata della reazione di quando Erina avrebbe
ripreso coscienza dello shokugeki che lei stessa aveva chiesto a Soma.
Al mattino, la stanza d’albergo di Erina si presentava ai suoi occhi
stanchi e semiaperti molto più strana e diversa dal normale.
Non aveva mal di testa poiché si trattava solo di aver ingerito un
leggero quantitativo di alcool rispetto alle solite degustazioni di vini che la
ragazza assaggiava, ma sentiva la sua testa più vuota e pesante. Accanto al
letto Hisako le domandò se stesse bene. Erina si sforzava di ricordare la notte
precedente, tuttavia alcuni pezzi della sua memoria sembravano cancellati.
- Perché sei qui? È successo qualcosa? – chiese Erina controllando
l’orario.
- Bhe, vedi, ieri sera…durante la festa hai detto una cosa a Yukihira.
Te la ricordi? –
La biondina frugò nella sua testa, ma era tutto confuso e nebuloso, tuttavia
l’argomento era Yukihira e lei voleva capire cosa fosse successo e per quale
motivo non lo ricordava.
- Credo di avere un vuoto di memoria, mi puoi spiegare cosa è successo
con Yuihira? –
Alice entrò sul più bello e Erina maledisse la sua presenza in quel
momento.
- Vorresti sapere cosa è accaduto alla festa? – si sedette comodamente
– Hai sfidato Yukihira a uno shokugeki. –
- Cooooosaaaa? No, non è possibile. – si agitò Erina che desiderava in
ogni caso i dettagli.
- Avevi bevuto qualche litro di vino in più, non è stata colpa tua. –
disse Hisako per calmarla, ma non ci riuscì perché Erina stava andando nel
panico.
- Come è potuto succedere? Perché nessuno mi ha fermato? E Yukihira ha
accettato? –
- Si, cuginetta. –
- No, aspetta. Deve essere uno scherzo. Hisako dimmi che si tratta solo
di uno scherzo. – cercò di mantenere la sua lucidità.
- Per tua fortuna, ho registrato tutto in un video. Se non ci credi,
guarda qui. –
Erina si appropriò velocemente del telefonino di Alice, con disappunto
di sua cugina, poi visionò tutto il filmato girato. La ragazza tornò a rivivere
quella penosa sceneggiata che la fece vergognare tantissimo, però non poteva
farci nulla. Lo shokugeki era già stato deciso e anche se quella sera non ne
aveva avuto il controllo mentale Erina doveva accettare la realtà di aver
chiesto espressamente uno scontro culinario con Soma. In altre parole, non
poteva rifiutarsi perché la gente poteva pensare che la ragazza avesse paura di
perdere.
Il luogo della sfida era stato deciso che si sarebbe tenuto fuori di un
locale del centro commerciale poiché gli spettatori erano tanti e quel posto
era abbastanza grande per contenerli e avere maggiore visibilità, così anche le
ultime speranze di sfidarsi in segreto, per Erina, furono sfumate all’istante.
Per la scelta del piatto da cucinare, Takumi aveva pensato alla
lasagna. Un cibo italiano così che nessuno dei due avesse avuto un vantaggio
sull’altro. Sia Yukihira che Erina non patteggiarono alcunché, quella era solo
una sfida per decretare il migliore tra di loro.
Erina aveva indossato la sua uniforme da cuoca, bianca, guardò Soma che
era già pronto a dare il tutto e per tutto, molto tranquillo nonostante stesse
gareggiando contro di lei. In realtà Yukihira sentiva la tensione alle stelle, non
era sicuro di vincere dal singolo momento in cui Nakiri aveva preparato gli
ingredienti. La sua bravura lo colpiva sempre molto forte, aveva paura di
fallire, anzi, sapeva che avrebbe perso clamorosamente, però quel non mollare
mai lo spinse a continuare lo shokugeki.
Erina era super concentrata quando cucinava, era il momento che
preferiva per rinchiudersi nel mondo di cui conosceva il meglio. Il mondo
culinario che la portava a scoprire sempre dei sapori e profumi nuovi, per lei
era come respirare. Nella lasagna che voleva preparare ci aggiunse del sapere
smisurato e ciò che provava; ci aveva messo anche qualcos’altro. La storia
della sua vita, spezzata. La versione che vinse su tutta la linea.
Yukihira fu sconfitto, ma come ogni volta che perdeva la sua autostima
scendeva e si demoralizzava. Aveva perso; questo ascoltava nella sua testa che
non pensava ad altro e Erina si sentiva un po’ in colpa per aver chiesto quella
stupida sfida. Assaggiò il piatto di Soma e pur essendo davvero delizioso, non
era abbastanza per superare la sua ricetta infatti elencò tutti gli errori che
il ragazzo aveva commesso durante la cottura.
Soma si rintanò in un angolino buio mentre le persone che erano lì
pendevano dalle labbra di Erina che spiegava come aveva cucinato la sua
lasagna, nei minimi dettagli.
Soma era molto amareggiato per aver fallito con la sua magica lasagna,
ma soprattutto di aver perso contro Nakiri Erina. Non si era ancora reso conto
che la strada da percorrere aveva ancora molte difficoltà e prove da superare
prima di diventare il numero uno; aveva collezionato diverse vittorie, però le
sconfitte, pur essendo poche, si mostravano taglienti e sovrastavano quelle
vittoriose. Non era soddisfatto della sua cucina e arrivò addirittura a dubitare
delle sue reali capacità, ma la voglia di confrontarsi ancora con Erina non era
del tutto sparita.
Per conoscere il vero talento della ragazza si servì da solo un piatto
con, ancora calda, una fetta di lasagna di Nakiri; la forchetta ne tagliò senza
difficoltà un morbido pezzo e l’assaggiò. Un puro concentrato di sapori si
sciolse in bocca lasciando un gusto che lasciava desiderare di volerne ancora e
ancora. Al secondo boccone Yukihira si bloccò per un istante e la posata che
teneva in mano gli sfuggì per cadere sul tavolo. Il ragazzo fu immerso nel
mondo di Erina: i suoi pensieri e ciò che provava nel momento in cui creava la
sua pietanza vincitrice. Nello stesso tempo che gustava la paradisiaca lasagna,
Soma percepiva lo stato di tristezza che affliggeva la ragazza. I suoi occhi
riuscivano a vedere chiaramente la solitudine famigliare che Erina si portava
dietro e la rabbia che riservava verso i suoi genitori. Lo scenario che Soma
aveva vissuto con quel piatto gli fece capire non solo l’immensa bravura di
Nakiri che sarebbe stata complicata da raggiungere e superare, ma anche la
condizione in cui viveva Erina e quello che doveva affrontare con le sue forze.
Una pressione non indifferente dalla sua famiglia per essere nata con un palato
divino e la triste infanzia che le aveva sottratto un padre amorevole al posto
di uno crudele e sopraffatto dal potere, più l’assenza di sua madre che la
faceva soffrire maggiormente.
Quell’insieme di emozioni e sensazioni che provò Yukihira furono
accompagnate dalle lacrime che uscivano solitarie e senza controllo. Assaporò ogni
attimo di quel cibo che lo emozionava più di qualsiasi altro che avesse mai
mangiato fino a quel momento, perché gli rimanesse impresso nella sua memoria. Soma
cominciò a sentire nuovamente il sapore del suo primo bacio, quello che
accidentalmente aveva dato a Erina e notò una certa somiglianza con quel cibo
che, veloce, scendeva nel suo stomaco. Quando terminò l’ultima fetta pensò
addirittura di provare un sentimento a lui quasi estraneo, ma di cui aveva già
sentito nominare. Si era innamorato di quella lasagna, ma prima di capire
qualcosa di ancora più importante Erina era già andata via. Partì prima del
solito con Alice, Ryou e Hisako per trascorrere le ultime settimane di estate
in Danimarca. Soma riuscì a salutare tutti e con Erina aveva solo agitato una
mano in segno di arrivederci mentre lei saliva in fretta sull’auto che li
portava via. Yukihira si accorse successivamente che, dopo tutto il tempo
passato con Nakiri, le sarebbe mancata per il resto delle vacanze. Sì, con lei
in particolare, che lo aveva salutato frettolosamente con un sorriso sulle
labbra da lontano.
Akira tornò alla Tootsuki, contento dal suo faticoso e stranamente
particolare viaggio che aveva intrapreso con i suoi amici.
La persona che voleva rivedere era Jun per darle subito il suo regalo,
ma lei non era sola. Azami era già comodamente seduto e si versava
tranquillamente un buon liquore, che Shiomi conservava per le occasioni
speciali. Hayama poteva solo immaginare il perché il nuovo direttore fosse lì.
- Hayama Akira, vero? Posso sapere come sta mia figlia? –
- Non faccia domande inutili e spiegatemi cosa volete. –
- Arrivo subito al punto. Se tu passassi dalla mia parte e lavorassi
con me avresti ricchezza, potere, prestigio e lo stesso sarebbe per Shiomi. Avreste
la possibilità di lavorare in un posto più confortevole e prendere possesso di
tutte le spezie più ricercate del mondo. Al contrario perdereste tutto ciò che
si trova in questo laboratorio e Shiomi verrebbe licenziata all’istante, senza
contare che non lavorerebbe più per nessuno perché la mia influenza non lo
permetterebbe. Inoltre tu, Hayama Akira, non potresti più studiare in questa
Accademia. La scelta spetta a te, ma pensaci molto bene perché è un’offerta
irripetibile. –
Akira si era trovato spiazzato a quella richiesta che lo incatenava
senza alcuna possibilità di uscita. Doveva prendere una decisione e alla
svelta, ma cosa avrebbe dovuto fare? Pugnalare alle spalle i suoi amici per
salvare lui e Jun? La decisione più importante era nelle sue mani.
ANGOLO AUTRICE: In questo enorme capitolo, rispetto ai precedenti, ho
inventato che la mamma di Erina e anche quella di Soma sono ancora in vita. Nel
manga non è stato rivelato nulla su di loro, infatti non si sa se le due madri
sono vive o decedute, però, nel mio immaginario, ho ipotizzato che fossero
entrambe in vita. Così ho inventato un po’ del passato di Ami, la presunta
madre di Soma per la quale ho dato pure un nome a caso. Stessa cosa vale per il
personaggio di Yumi, che ho immaginato madre di Erina, ma su di lei non ho scritto
molto in questo capitolo perché comparirà maggiormente nei prossimi capitoli. Spero
di non aver annoiato nessuno e soprattutto di non avervi deluso con questo
capitolo. Ciao a tutti! Alla prossima! :).
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Capitolo 11 *** Battaglie culinarie ***
Capitolo
11: Battaglie culinarie
Ryou si ritrovò ad osservare la stanza dove per molti anni aveva
vissuto, da quando Alice era entrata nella sua vita e aveva trovato un posto
nella sua famiglia agiata. La Danimarca era la sua casa, ma ancora di più Ryou
sentiva casa le persone con le quali aveva stretto un legame molto solido e
importante che lo facevano sentire parte integrante di quella famiglia.
Ritornare in quella casa era sempre nostalgico per lui e quella serata
doveva essere l’ultima delle vacanze estive.
Uscì dalla sua camera per sorvegliare ancora una volta la stanza
accanto alla sua, dove Alice era sempre sdraiata sul divano; accoccolata in una
coperta a guardare con comodità un film in televisione, ma la ragazza si era
addormentata davanti alla tv accesa.
Quella stanza appariva bella e innaturale come fosse una di quelle
camerette in miniatura che venivano create per le casette delle bambole; era
arredata allo stesso modo con tutti i particolari degli oggetti che vi erano
lì. Il ragazzo spense il televisore e fu quasi tentato di addormentarsi vicino
alla sua lady, però, il padre della ragazza irruppe nella stanza nonostante
fosse già abbastanza tardi.
- Ho fatto tardi, mi dispiace. – disse desolato Soe Nakiri.
- La signorina Nakiri e Arato sono partite questa mattina, non volevano
aspettare oltre, ma Alice voleva salutarvi perciò abbiamo aspettato un giorno
per prendere il volo di domani mattina, con calma. – spiegò il ragazzo.
- Ci avrei scommesso. Ci saluteremo domani, piccolina. – accarezzò la
testa di sua figlia con dolcezza e con gli occhi stanchi di chi aveva lavorato
ininterrottamente per tutto il giorno, ma la sua attenzione ricadde su Ryou.
- Allora, ti fermerai ancora per molto qui? – chiese Soe a Ryou con un
tono geloso nei confronti della sua preziosa figlia.
- Vado subito nella mia stanza, signore. – capì al volo quel sottile rimprovero
che il padre di Alice gli aveva lanciato.
- Ryou… – lo fermò sulla soglia della porta, sussurrando, per non
svegliare la ragazza – Grazie per essere sempre vicino a mia figlia, sei il
ragazzo di cui mi posso fidare. –
Il ragazzo era abituato a certi complimenti. Anche se Soe era
protettivo nei confronti di Alice si fidava di Ryou al punto di vederli partire
insieme per tempi lunghi e interminabili come affermava lui stesso.
- Non esagerare troppo, però. Sai bene che controllo ogni tua mossa. – si
sistemò gli occhiali da vista in modo da apparire sinistro.
- Sì, signore. – accennò un sorriso. A volte, tuttavia, Nakiri appariva
fin troppo protettivo tanto da far sorridere.
Era giorno quando l’aereo sorvolava ancora le città e si immergeva
nelle nuvole soffici e compatte come zucchero filato; era piacevole guardare dal
finestrino l’immensità del cielo. Incollata ai tanti interrogativi che la mente
elaborava all’infinito, senza neanche accorgersene, Erina non sapeva quando
avrebbe rivisto sua madre, ma aveva il presentimento che si sarebbero ritrovate
nuovamente, faccia a faccia, molto presto. Non era ancora pronta a parlare con
lei e provò ad immaginare come sarebbe stata la sua vita se sua madre non fosse
mai andata via di casa; dopo averne parlato con Hisako e Alice, però, la
ragazza si era convinta di provare a dare un’opportunità a sua madre per
tentare di allacciare un vero rapporto madre-figlia. Yukihira era un altro dei
suoi problemi lasciati in sospeso. Anche lui faceva parte del suo tormentato
coinvolgimento emotivo e sperava di rivederlo al più presto. Grazie a Soma si
era allontanata dalla sottomissione di suo padre; si sentiva quasi libera, ma
le mancava ancora qualcosa da fare. Liberarsi del titolo di decimo posto dei
migliori dieci. Ci aveva pensato a lungo e quella le era sembrata la soluzione
più ovvia per poter continuare a lottare al fianco dei suoi amici contro la
dittatura di Azami.
Hisako, accanto a Erina, cercava di passare il tempo leggendo un po’,
ma la verità era che celava una grande preoccupazione verso la sua amica e
tutto quello che stava capitando alla Tootsuki.
La sala delle riunioni dei migliori dieci si riempì di tutti i membri
in questione più Azami che voleva discutere con loro delle sue prossime mosse
di cambiamenti, ma una donna entrò nella stanza senza poter essere fermata.
Yumi aveva fatto la sua comparsa dopo tanti anni in quell’Accademia e in
particolare era decisa a spodestare Azami dal suo potere di nuovo direttore; i
ragazzi furono stupiti da quella donna bellissima e allo stesso tempo
misteriosa.
- Fai sul serio? – domandò, per nulla entusiasta, Azami – Sono occupato,
al momento, quindi se sei qui per parlare in privato con me, dovrai aspettare
fuori. -
- Non sono qui per parlarti in privato. Lo sai bene. – era più agguerrita che mai.
- Lo immaginavo. Allora, sentiamo, qual è la tua richiesta? –
- Questa Accademia è mia per diritto di successione, tu non avevi
diritto di prenderne possesso senza consultarmi, però, so anche che per avere
il posto di direttore bisogna avere dalla propria parte i migliori dieci. Così
è nel regolamento, ma visto che non ho potere su questo, perché sono appena
arrivata, ho deciso che saranno gli shokugeki a parlare. –
I ragazzi attorno al tavolo ci capivano sempre meno di quella stramba
discussione, ma soprattutto non avevano ancora concepito l’idea di chi fosse la
donna che stava parlando.
- Shokugeki? Quale sarebbe la novità? –
Yumi illustrò la sfida. L’esercito dei ragazzi che seguivano gli ideali
di Azami dovevano confrontarsi contro chi non approvava le nuove riforme, così
chi avrebbe avuto meno sconfitte nella propria squadra sarebbe restato al
comando della Tootsuki; il perdente invece sarebbe stato costretto ad
andarsene.
- Sei d’accordo? –
Azami era scettico sulla proposta appena ascoltata e se fosse stato
solo per lui avrebbe sicuramente rifiutato; perciò sperava che anche il
consiglio dei migliori dieci non accettasse, ma purtroppo per lui i ragazzi
erano entusiasti ed eccitati per quella sfida.
Hayama era stato costretto ad accettare il ruolo di
decimo posto dei migliori dieci, tuttavia assisteva impassibile alle conversazioni. Non gli importava nulla delle decisioni di Azami e si
chiese se il piano di Yumi fosse davvero la mossa vincente per fermare tutta
quella follia.
Doveva convivere con la pressante voce nella sua testa che gli diceva
di aver commesso uno sbaglio, ma non poteva tornare indietro o almeno non per
il momento.
Akira raggiunse la città con il suo veloce motorino per acquistare
delle spezie arrivate su sua commissione e, grazie alla potenza che esercitava
Azami sul mercato, era riuscito ad impossessarsene in quantità. Durante il
tragitto del ritorno, però, trovò un posto molto familiare per qualche motivo.
Non trovava il ricordo nella sua testa, sembrava ormai sepolto da tempo. Non
riusciva a ricordarlo; lasciò la moto parcheggiata lì vicino e poi si diresse
sul luogo che gli aveva suscitato interesse. Un posto isolato, in mezzo al
verde e un santuario che non ricordava di aver mai visitato. Rimase immobile
davanti a quella struttura ancora in piedi, ma praticamente abbandonata,
sperava di ritrovare qualche memoria dimenticata. Invece nulla. Le sue sinapsi
ricevevano solo il buio più totale.
Si guardò attorno e poteva vedere una fitta vegetazione incolta, una
bellezza innaturale seppur non curata. Il vento era gentile in quel luogo e i
fiori danzavano con l’erba in un ballo incantato, dolcemente, che portavano
Akira in uno stato di pace e riflessione completa. La natura gli stava sussurrando
di restare lì, lontano dalle incertezze e dai problemi della vita. Lasciare
indietro ogni preoccupazione e rimanere in quel paradiso.
Fece qualche passo in avanti e salì il primo, poi il secondo, il terzo
e infine il quarto gradino che arrivava alle porte del tempio e prima di
entrare all’interno di esso i suoi ricordi, magicamente, si tinsero vividi
nella sua mente.
Era tornato indietro di sei anni. Prima media;
fu proprio nelle ore scolastiche che Akira incontrò di persona Hisako. In quel
periodo, il ragazzo non immaginava minimamente dell’astio di Hisako nei suoi
confronti, figuriamoci il motivo poi, ma giorni più tardi la stessa ragazza
confidò ad Akira ciò che temeva di lui.
Girava voce, nella scuola, che Hayama,
il nuovo studente della Toostuki, fosse molto talentuoso e quasi paragonabile
alle abilità gustative di Erina Nakiri. Hisako odiava quelle voci e
naturalmente guardava torvo Akira dall’olfatto super sviluppato. In poco tempo
il ragazzo divenne lo studente più meritevole per gli insegnanti e
popolarissimo tra le ragazze, ma Arato teneva sempre nascosto il dissenso che
provava per lui e nonostante Akira fosse all’oscuro di tutto, il ragazzo
percepiva una tensione innegabile tra loro, quando per pura coincidenza si
incrociavano per i corridoi o si trovavano vicini durante le ore di lezione.
Un giorno, Hisako uscì con suo padre e
alcuni suoi colleghi per lavoro. La ragazza era curiosa di quello che faceva il
papà così lo seguì in quella uscita formale, tuttavia lo stesso giorno vide la
signorina Erina girare con suo nonno un angolo della strada e poi scomparire
dalla sua visuale. Senza farsi accorgere da suo padre, Hisako si allontanò per
andare incontro alla sua amica e invece di trovarla facilmente, ad un certo
punto, si rese conto di essersi persa. Nel momento in cui constatò di aver
perso le tracce di Erina e di suo padre, senza un cellulare in grado di poter
telefonare, pensò subito di tornare in Accademia da sola. Poteva farcela, ma
proprio in quel momento cominciò a piovere fortissimo. Si stava bagnando tutta;
così cercò un riparo in fretta trovandolo in un tempio nascosto, nelle
vicinanze.
Non poteva contemplare quel posto
idilliaco in cui si era imbattuta e non trovava neanche un’idea utile per tornare
a casa prima che i suoi genitori chiamassero mezzo mondo per ritrovarla.
Solo Akira si trovò a passare di lì, per
caso, e la vide, infreddolita e sola in quel posto sperduto.
- Tu non sei una mia compagna di classe?
Cosa fai lì? Dai, ti riaccompagno a casa. – alzò la voce Akira, mentre la
pioggia scendeva impetuosa e rumorosa, che accostò la sua bicicletta e porse
una mano alla ragazza.
Hisako aveva riconosciuto quel ragazzo
albino insopportabile, da parte sua, però non aveva alternative e si vide costretta
dalla sua volontà ad accettare quel salvataggio. Hayama si tolse la sua giacca
blu, tipica divisa degli studenti della Tootsuki e la avvolse al corpo di Hisako,
facendo attenzione a coprirle anche la testa. La ragazza, senza dire una parola,
seguì in sella alla bici Akira e insieme tornarono all’Accademia, ma prima di
essere portata a casa sua, Hisako chiese il favore ad Hayama di fare una sosta
da lui. Non poteva farsi vedere, combinata com’era, dai suoi genitori; pertanto
Jun prestò dei vestiti asciutti alla ragazza per tornare dai suoi con più
tranquillità, la donna era contenta che suo figlio adottivo avesse aiutato
un’amica in difficoltà e perciò era favorevole ad aiutare Hisako.
- Adesso sei pronta per tornare a casa?
Jun sta chiamando i tuoi per avvisarli che stai bene. – Akira stava preparando
una seconda volta la bici per accompagnare la ragazza.
- Grazie, per avermi portata qui, ma ora
vado a casa da sola. Conosco la strada, non c’è bisogno che mi fai da
babysitter. –
- Non capisco perché sei arrabbiata con
me. –
- È a causa della tua abilità speciale.
Non mi piace. –
- Ok, ma non ho scelto io tutto questo.
Scusami, se ho qualcosa di unico. –
- Non è perché tu sei speciale che mi da
fastidio. Tutti nella scuola credono che tu diventerai il miglior amico di Nakiri
Erina e ovviamene punterai a farle da assistente o roba del genere, giusto?
Questo perché voi due avete qualcosa che vi accomuna, qualcosa di speciale. Mentre
io non avrò la minima possibilità di competere con te e stare accanto alla
signorina Erina sarà praticamente impossibile. –
Akira era scioccato – Sul serio? Mi odi
per questo motivo? A me non interessa essere al servizio di Nakiri Erina. Non
sapevo nemmeno di quelle stupide voci e poi non dovresti sottovalutarti senza
neanche aver provato a lottare per quello che vuoi. –
Hisako e Akira rimasero a lungo in
silenzio, poi la ragazza decise che era meglio incamminarsi verso casa. L’albino
lasciò la sua bici e seguì i passi di Hisako.
- Perché mi stai seguendo? – chiese ancora,
un tantino adirata, la ragazza.
- Ho promesso a Jun di scortarti fino a
casa tua, non lo faccio per te, stai tranquilla. Non parlerò. –
Hisako lesse una vera sincerità
specchiandosi negli occhi verdi di Akira e proseguì a camminare facendo
attenzione a non fiatare, per entrambi.
Perché aveva cancellato quel ricordo? Non lo capiva, Akira. Era rimasto
sui gradini del tempietto che si ergeva solitario dietro la sua schiena. I
raggi del sole c’erano ancora a scaldarlo dolcemente, gli stessi che decisero
per lui di tenerlo in quel posto fino al tramonto.
Erina e Hisako tornarono alla Tootsuki in limousine, una macchina le
aveva aspettate in aeroporto per scortarle a casa loro prima di sera. Era stato
un viaggio lungo e per nulla riposante a causa delle preoccupazioni che avvertivano
i pensieri delle ragazze, ma appena tornate un giornale dell’Accademia era
volato vicino alla casa di Arato. Hisako che era scesa dall’auto per tornare a
casa sua, raccolse la rivista, poi, invece di salutare la sua amica, la intimò
a scendere dall’auto per leggere insieme ciò che vi era riportato in prima
pagina.
“Lotta di Shokugeki tra la Centrale e i ribelli”, questo era il titolo
di cronaca e sotto un articolo che parlava di quella notizia insieme a una foto
di tutti gli attuali migliori dieci. Mancava Erina, sempre decisa a lasciare
quel gruppo, ma uno dei nuovi membri sconvolse entrambe; in particolare Hisako.
Era Akira ad attirare l’attenzione in quella foto. Hisako non voleva crederci,
ma le prove erano più che evidenti. Erina rilesse due volte l’articolo, non
sapeva se pensare ad un miracolo o a una piccola possibilità di eliminare le
nuove disposizioni di suo padre dalla scuola. Mise una mano sulla spalla destra
della sua amica – Ci vediamo più tardi, alla festa che Isshiki ha organizzato
al dormitorio Stella Polare. Ci sarai, vero? –
Hisako con titubanza rispose – Si, non ti preoccupare. –
Erina si fermò ancora per qualche minuto nell’auto prima di ripartire
verso la sua reggia; prima di vedere Hisako entrare finalmente in casa. Aveva
compreso che c’era un’intesa speciale tra Hisako e Hayama, perciò era
preoccupata che l’amica potesse sentirsi giù di morale. Doveva consolarla, ma
come poteva? Perché nemmeno lei si era ripresa del tutto da ciò che la faceva
soffrire.
Incontrò suo nonno, appena fece ritorno a casa e lui molto contento
l’abbracciò forte.
- So che non è un buon momento, sei appena tornata, non voglio farti
pressioni, ma vorrei parlare di quello che ti è successo a New York. –
- Senzaemon era preoccupato della sua salute, ma soprattutto non sapeva
come dirle che sua madre era lì, in Accademia.
- Vorrei solo prendere delle cose dalla mia stanza, credo che tornerò
al dormitorio Stella Polare. –
- Capisco la tua decisione, forse è meglio così. –
- Non devi fingere con me, nonno. So che hai saputo di mamma,
probabilmente te lo ha raccontato Alice o gli zii, però, sto bene. Ne parleremo
un’altra volta, ok? –
- Hai saputo della sfida di shokugeki? –
- Si, ho letto poco fa un giornale che ne parlava. Comunque come ti
avevo già accennato per telefono, ho deciso di lasciare i migliori dieci per non
farmi coinvolgere oltre da mio padre. È quello che speravi anche tu, no? –
- Si, credo che tu faccia bene ad allontanarti, per ora. Tuttavia devo
dirti anche un’altra cosa. –
Erina guardò suo nonno che meditava le parole
adatte per dirle di Yumi.
-
Tua madre è qui in città ed è stata proprio lei ad accogliere la richiesta di
quella sfida con Azami. – suo nonno immaginava già la
reazione di Erina, ma doveva riferirlo.
La
ragazza sentì una leggera pressione nel suo cuore al pensiero che lei fosse
stata lì, a scuola. Avrebbe potuto rimanere per vederla e dare una seconda
possibilità a sua madre di parlarle. Trovava difficile pensare di avere ancora
una madre dopo tanti anni, senza di lei al suo fianco e le sembrava impossibile
pensare che forse era proprio lei la ragione per la quale Yumi era tornata a
casa. Voleva che fosse così. Erina aveva bisogno di sua madre, nonostante si
sentiva abbandonata dalla stessa donna che l’aveva messa al mondo. Quella
stessa mamma che, pur essendo stata egoista, era parte di lei.
Erina
poteva giurare di essere davvero pronta per rivederla, se non fosse stata per
quella leggera ansia di ritrovarsi faccia a faccia con lei, da sole, non
riusciva a smettere di pensarci. Aveva paura di scappare di nuovo, a provare
dolore per se stessa; pensando che anche Yumi avrebbe sofferto per il suo
comportamento distaccato e immaturo.
-
Buon per lei. Ci vediamo, nonno. – fu sbrigativa.
Non
appena furono scandite le otto di sera, Hisako uscì di casa per incamminarsi
alla festa dove avrebbe rivisto tutti i suoi amici anche se ci fosse stato
Isshiki mezzo nudo e Yuki che avrebbe sparato nomignoli casuali a tutti. La
infastidiva essere chiama “Hishoko”, non era certo quello il suo nome, ma
irritarsi serviva a poco con quei ragazzi.
Gli
unici a mancare sarebbero stati Alice e Ryou, ma forse quello che più voleva
rivedere era anche colui che aveva tradito la sua fiducia, alleandosi con il nemico.
Hisako
si fermò poco più avanti casa sua, il punto esatto dove per la prima volta
Akira l’aveva riaccompagnata a casa dopo il salvataggio al tempio desolato. Aveva
giurato al ragazzo che non sarebbe ricapitato un secondo salvataggio, non
voleva più il suo aiuto, eppure Akira, a discapito della sua testardaggine, era
tornato ad aiutarla ancora in un’altra occasione; prima di partire per
l’America. La ragazza si promise che non sarebbe più accaduto nulla di simile,
ancora. Poteva riuscirci?
Il
rombo di una moto urtò la fine delle sue riflessioni, era Akira che, senza una
vera motivazione, vedendo Hisako, rallentò la sua corsa per stare al passo con
lei.
-
Sei tornata, quindi. – constatò lui.
-
Sì e allora? Ti importa, forse? – cercò di ignorarlo come poteva.
Akira
aveva colto la freddezza sull’atteggiamento distaccato di lei e pensò che
doveva trattarsi del suo coinvolgimento nella Centrale.
-
L’hai saputo, vero? Sono diventato il nono seggio. –
-
Le notizie girano in fretta se è il giornale della Tootsuki a farle circolare.
- era palesemente ironica.
-
Non avevo scelta. Azami aveva messo me e Jun con le spalle al muro, potevo solo
accettare. –
-
Oppure potevi chiedere aiuto ai tuoi amici, no? – si fermò per guardarlo negli
occhi, scoperti di poco dalla visiera del casco. Lei gli lanciò uno sguardo
ferito che il ragazzo aveva paura di sostenere, così prese l’iniziativa di
scappare da quella discussione quasi imbarazzante concludendo – Forse ho
sbagliato, non lo so, ma almeno avrai un’occasione per prenderti la rivincita
sullo shokugeki che avevi perso a causa mia. Ci vediamo. –
La
ragazza lo vide sfrecciare via e si maledisse subito di essere stata troppo
dura nei suoi confronti.
A
tutta velocità con il suo bolide, Akira comprese la ragione per la quale HIsako
era diventata il centro dei suoi pensieri; era stata la prima persona che lo
aveva trattato come suo pari, non come qualcuno da idolatrare; bensì un valido
avversario con cui confrontarsi e quella grinta che possedeva nel fare
qualsiasi cosa, la ammirava, perché lui poteva solo scordarsela, quell’inesauribile
tenacia.
Erina
arrivò alla “Stella Polare” che non avevano ancora finito i preparativi per la
cena festosa e mancavano i fratelli Aldini, Hisako e Ikumi. Erina fu invasa
immediatamente dagli aromi che Yukihira stava mescolando nella sua nuova
ricetta, da far assaggiare a tutto il gruppo e la ragazza rimase un po’ ad
osservarlo cucinare; era affascinata dal sorriso e dall’entusiasmo che il rosso
metteva nel preparare leccornie per gli altri; metteva sempre tutto l’impegno
che serviva per far felici le persone con la sua cucina e Erina sperava dentro
di se di diventare come lui un giorno, riuscire non solo a creare piatti
squisiti, ma anche entrare in contatto con le persone senza mostrarsi troppo
rigida e fredda.
Soma
la notò dopo un po’. Rivederla lo incitò maggiormente a impegnarsi nella cucina
per farle una buona impressione. Si era allenato molto nel suo locale, Yukihira,
per sperimentare nuove ricette e nuovi sapori creativi da lasciare stupefatti.
Erano
accadute molte cose a New York e Yukihira lo ricordava come fosse un sogno, ma
uno di quelli belli da cui non vorresti svegliarti mai e in ognuno di essi
c’era Erina, una delle ragioni per restare a sognare.
Lei
arrossì leggermente, quando entrambi si guardarono in viso, però, a smorzare
quella situazione fu sempre Soma – Nakiri, sono felice che tu ci abbia
raggiunta! –
-
C-certo, non mi sarei mai persa questa festa e poi, credo che tornerò a vivere
qui. – Erina sentiva quasi di appartenere ormai a quel dormitorio, era semplice
ed essenziale, ma accogliente per coloro che erano lì e che la facevano sentire
a casa nonostante le stramberie dei coinquilini.
-
Fantastico! Saremo ancora compagni d’avventura! È la giusta decisione, a mio
parere. – era felice di aver sentito quelle parole - Sto preparando qualcosa di
eccezionale, vedrai! Tra poco sarà pronto. – disse il ragazzo e Nakiri sapeva
già che Soma l’avrebbe sorpresa ancora, d'altronde era sempre così; Yukihira
riusciva sempre a rompere i cattivi pregiudizi che si creavano su di lui.
L’atmosfera
che aleggiava tra i due fu scombinata dalla stessa Erina che decise di fare
quattro passi nei dintorni e che sarebbe tornata in tempo per il banchetto,
così lasciò Soma a ultimare il suo capolavoro in tutta tranquillità.
La
ragazza attraversò la campagna circostante il dormitorio, fitta di imponenti
alberi, accompagnata da una piacevole aria fresca che le sfiorava delicatamente
il viso, ma non appena si addentrò in quel tunnel di alberi di colpo il nero la
inghiottì. Aveva già percorso quella strada la prima volta che si era ritrovata
a rifugiarsi per puro caso alla “Stella Polare” in compagnia di Alice, Ryou e
Hisako ed ebbe l’impressione che fossero passati anni rispetto al tempo che
realmente era trascorso.
Per
un istante Erina aveva concentrato una moltitudine di pensieri tutti insieme da
non avere il tempo di catturarne neanche uno in particolare e crebbe sul serio
di avere la mente sgombra, senza accorgersi che proprio davanti a lei comparve
Yumi e, sorprese entrambe di essersi rincontrate così casualmente, rimasero a
fissarsi, mute e immobili, per qualche minuto.
-
Papà mi aveva detto che ti saresti fermata per un po’ al dormitorio “Stella
Polare”, ma non credevo di rivederti qui…ne sono felice. –
- Volevo
fare due passi prima di riunirmi agli
altri. – Erina sentiva una strana leggerezza in quelle parole, una calma mai
percepita, una naturalezza che persino lei stessa credeva di aver dimenticato
di possedere prima di quel momento.
Yumi,
istintivamente, fece qualche passo per avvicinarsi a sua figlia; avrebbe voluto
abbracciarla o anche solo sfiorarla, ma sentiva di essere un’estranea per Erina
da avere la possibilità di farlo.
Erina
notò come l’espressione di sua madre divenne grave su quel volto che le
sembrava di rivedere tutte le volte che si guardava allo specchio. Erano
talmente simili che a Yumi venne spontaneo accennare a un triste, ma
compiaciuto sorriso nel pensare al capolavoro che la natura le aveva fatto
dono.
La
ragazza cercava di non incontrare troppo spesso il suo sguardo con quello di Yumi
eppure trovava interessante come la sua mamma si soffermasse ad ammirare ogni
angolo di quella zona alberata perché ogni tanto dei ricordi, flash, si
insinuavano nella sua memoria e mutavano velocemente i suoi stati d’animo; da
essere felice tornava malinconica, poi triste, dopo ancora allegra e
spensierata che per poco non cominciava a ridere. I ricordi la travolsero.
Poteva vedere frammenti del suo passato nel presente e le davano la certezza di
come fosse cambiata nel tempo. “Solo i ricordi possono farci capire di aver
vissuto pienamente, attimo dopo attimo”, diceva ella.
Incominciò
a raccontare della prima volta che provò a cucinare; non aveva solo distrutto
la cucina spargendo ingredienti per tutta la stanza, ma aveva più volte rotto
utensili e piatti pregiatissimi. Non era mai stata un asso come cuoca e lo era
anche ora. Ammirava invece il talento di Azami e provò a ripercorre quella
prima volta che lo aveva conosciuto narrando alla ragazza del loro primo
incontro.
Credeva
di averlo scordato. Di aver scordato quanto fosse stato perfetto il giorno in
cui aveva conosciuto Azami, del suo impacciato, ma allo stesso tempo, tenero
comportamento nei suoi confronti. Yumi stava tornando a casa dopo una giornata
stressante di lavoro come erede della famiglia Nakiri e chiese all’autista di
scendere dalla macchina poiché aveva notato un ragazzo in difficoltà. Era proprio
Azami che non trovava la strada per il dormitorio “Stella Polare”. Lei gli
offrì subito il suo aiuto, ma non gli disse che apparteneva alla famiglia
Nakiri, preferiva almeno per una volta essere solo Yumi. Quelle poche ore che
trascorse insieme al ragazzo erano le migliori che avesse mai vissuto prima di
allora. Poteva finalmente scrollarsi di dosso il suo nome ed essere una normale
studentessa liceale piuttosto che interpretare spesso il ruolo che più le si
addiceva, un prodigio. Azami non le chiese nulla, ne il suo nome, ne dove fosse
il suo alloggio e le prestò la sua felpa quando il freddo della sera incominciò
a farsi pungente. Poteva sembrare una banalità, ma Azami non si era mai
comportato così dolcemente con una ragazza e non aveva mai prestato a nessuna
la sua giacca, anche Yumi non aveva mai parlato con nessun ragazzo liberamente
come con Azami e soprattutto senza scorta. Aveva abbandonato l’auto e il suo
autista per aiutare quel ragazzo di cui si sarebbe innamorata qualche anno
dopo. Probabilmente era stato un errore innamorarsi di lui, ma ogni qual volta
ricordava quei giorni e quei momenti così spensierati con Azami non poteva che
affermare una sola cosa; se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel
passato, avrebbe lasciato che la storia raccontasse di loro nella stessa
identica maniera.
Dopo
il racconto, la donna, era ancora là a fissare un punto nel vuoto della natura
che la circondava. Immerse i suoi pensieri nei ricordi più recenti e dolorosi,
colpevoli di essere stati creati e si voltò verso sua figlia che non smetteva
di guardarla negli occhi, per quanto facesse male ad entrambe. Passò
teneramente e con lentezza una mano fra i capelli di Erina – Sono stata crudele
a lasciarti da sola, non sai quanto mi pento di quella scelta che feci quel
giorno. –
-
Di cosa parli? – chiese Erina che sperava delle risposte più convincenti per il
suo abbandono.
-
Avevi solo quattro anni quando mi raggiunse la notizia che eri diventata un
prodigio in campo culinario, ma non tolleravo il fatto che fosse stato tutto
merito di Azami. Io non avevo contribuito affatto ai tuoi progressi, a
migliorare il tuo genio, io non c’ero per te. Tornai a casa e rivederti fu la
mia unica gioia. Azami aveva talento nel mondo culinario, io decisamente no e
pensai che la mia presenza poteva solo ostacolare il tuo destino, le tue
geniali capacità, per questo ti lasciai ad Azami, lui aveva grandi progetti su
di te e sfruttare al meglio le tue doti che io invece non potevo colmare perché
ero davvero una frana ai fornelli. Questa decisione è costata a tutti e
continuo a farmene una colpa. A causa mia ti è stata preclusa l’infanzia e ogni
genere di svago, di fare amicizie, di avere una mamma al tuo fianco. –
-
Si, sei stata un’egoista, ma so che lo hai fatto per il tuo lavoro. Perché eri
un genio nel settore imprenditoriale, per le industrie della famiglia. Non ti
odio, però, mi è difficile capire la tua scelta. Avrei voluto una famiglia normale
o almeno unita. Non posso fare finta di nulla, non riesco a perdonarti. – si
allontanò da sua madre poco alla volta e si girò di spalle ad ella nella
speranza che andasse via e che la lasciasse sola. Voleva ritrovare la sua
tranquillità ed elaborare tutto ciò che sua madre le aveva raccontato.
-
Non sono qui solo per legare con te, Erina. –
La
ragazza non si mosse di un millimetro, ma ascoltava attentamente ogni parola,
non ne poteva fare a meno.
-
Ho intenzione di rimediare ai miei sbagli e uno dei tanti è aver lasciato che
Azami si impadronisse della scuola e la cambiasse del tutto. La mia rivoluzione
andrà avanti con o senza la tua fiducia, tesoro mio. Farei qualsiasi cosa
perché questo posto rimanga lo stesso e cercherò di non fallire, di non
deluderti ancora. – Yumi era malinconica, non era più la stessa ragazzina che
scorrazzava per la Tootsuki e si divertiva con poco, tuttavia le mancava essere
così forte e spensierata – Mi dispiace piccola mia. Ci rivedremo presto. –
Erina,
con la coda dell’occhio destro, tristemente, la guardò girarsi e andare via.
Poteva ascoltare quella vocina interiore che la esortava a fermare sua madre e
provare ad andare d’accordo, ma non si mosse; lasciò tutto quello che la rabbia
in quel momento le consigliava di fare. Continuare a disprezzare l’abbandono di
Yumi e restare ancora sola.
L’obiettivo
di Yumi era aiutare sua figlia e i suoi amici a lottare per i propri diritti,
ad essere liberi di ribellarsi per ciò che non andava bene, ossia la nuova
politica del nuovo preside. La felicità di Erina veniva prima di tutto, poteva
solo fare questo per lei e avrebbe tentato con ogni mezzo per surclassare Azami,
per riportare in auge la Tootsuki come una volta; quando tutti erano liberi di
sperimentare la propria idea di gastronomia, perfetta o imperfetta che fosse.
La mente di Yumi era occupata principalmente di questo e si avviò a passo
spedito verso il castello per ultimare le scartoffie per la grande battaglia
culinaria. Soma passò di lì, cercava Erina, e vide la donna che proseguiva
verso la direzione opposta alla sua. Ipotizzò che fosse la mamma di Erina, per
quanto le assomigliasse e si affrettò a raggiungere l’amica.
Erina
era seduta sotto un bell’albero in fiore, c’erano petali sparsi per terra, ma
poco importava. Il ragazzo seguì quella scia e si sedette accanto a lei senza
chiederle il permesso. Il loro rapporto era così stretto che non aveva più
bisogno di superflue parole. Quando avevano bisogno dell’uno o dell’altra era
così.
-
Stai bene? – ruppe il silenzio Soma.
-
No. – ammise Erina e con le palpebre che volevano chiudersi avvicinò il capo
sul tronco dell’albero dietro di lei per poi incontrare lo sguardo del ragazzo
che le era vicino – L’hai vista? -
-
Sì, quando ti cercavo. Ho capito subito che era tua madre. Avete parlato un
po’? –
-
Sì, mi ha raccontato qualcosa di sé e del perché mi avesse lasciata sola. Mi
domando se sia venuta per legare davvero con me o semplicemente per recuperare
la sua adorata Tootsuki. – Erina continuò a parlare di ciò che si erano dette
lei e Yumi, mentre Soma da bravo ascoltatore non la interruppe neanche una
volta, nemmeno quando aveva saputo del primo incontro tra sua madre e Azami.
Intanto cercava le parole giuste per farla sentire meglio, ma non credeva di
esserne proprio in grado; lui era bravo in cucina non con le parole, non
esattamente.
-
Mi ritrovo a pensare che se mio padre non si fosse fatto vivo e non avesse
rivoluzionato l’Accademia probabilmente mia madre non si sarebbe mai scomodata
a venire qui per me. –
- No, ti sbagli. Almeno, secondo me. Tua madre ti
vuole bene, credo che questa situazione sia stata più un pretesto per cercare
di arginare le cose e magari farsi vedere sotto una nuova luce da te, vuole
aiutarti in questa battaglia e ribellarsi insieme a noi per ripristinare le cose
come prima. Già il fatto che ti abbia raccontato del suo passato e abbia
cercato di rimediare ai suoi sbagli è un grande passo in avanti. Vuole davvero
riavvicinarsi a te, ne sono sicuro, altrimenti non avrebbe neanche sprecato un
minuto a parlarne con te e a convincerti che è
disposta a cambiare per recuperare il tempo che avete perso. -
Dopo
le parole di Soma, Erina sembrava non avere più voce per contrastare il
ragazzo. Era forse la prima volta. Sentiva che in quel discorso c’era la verità
e pur considerando ancora il dolore che provava quando cominciava a ricordare
di non aver avuto vicino una madre per anni, qualcosa le diceva che doveva
ascoltare Yukihira e accettare il fatto che le cose e le persone possono
cambiare; chi in meglio, chi in peggio, ma che nonostante tutto sua madre ora
fosse lì, per legare con lei e aiutarla a recuperare la vecchia Tootsuki.
Soma
si era accorto delle perplessità di Erina, dopo il suo sproloquio e cercò
subito di rimediare – Scusa, credo di non aver detto le parole giuste, però, tua
madre è qui e non dovresti sprecare l’occasione di conoscerla e di passare più
tempo con lei piuttosto che farvi la guerra per colpa del passato. – aveva
accennato quel suo solito sorriso furbetto sul volto e a Erina venne spontaneo
sorridere.
-
Non è vero che non sei bravo con le parole. Grazie, Yukihira. –
Soma
si sentì sollevato da quel sorriso perfetto; pensò a quelle labbra che sperava
di toccare con le sue un’altra volta, magari quando tutto sarebbe tornato al
giusto ordine. Non trovò il coraggio neanche per dirle che era rimasto
folgorato dalle lasagne che aveva preparato mesi fa e che le aveva
letteralmente amate. Poi si ritrovò il volto di Erina appoggiarsi alla sua
spalla, lui non si mosse e respirando il suo profumo la prese per mano e
restarono così vicini per un po’. Erina aveva bisogno di tranquillità e
riposare la mente, avere Soma al suo fianco le dava sicurezza.
Hisako
stava per raggiungere il posto dove si erano accoccolati Erina e Soma, ma un
tonfo la costrinse a guardare l’accaduto poco più avanti a lei. C’erano i
fratelli Aldini uno sopra l’altro schiacciati per terra e poco distanti anche
Ikumi e la stalker Sadatsuka Nao. Cosa ci facessero lì, di sera, al buio e
insieme era un mistero che Hisako voleva assolutamente comprendere.
-
Che cosa ci fate voi in mezzo agli alberi? – chiese subito spiegazioni la
ragazza che magicamente si scordò dei problemi con Akira.
-
Non è colpa nostra. Abbiamo visto Sadatsuka Nao spiare Nakiri e Yukihira. –
cercò di trattenere il nervosismo di quella situazione Takumi e Ikumi
intervenne subito a raccontare che, mentre salivano sull’albero, più basso, per
impedire alla stalker di fotografare i due, Isami, salendo anch’egli sul ramo,
aveva provocato la caduta in comune con gli altri; facendoli precipitare
rovinosamente sul terreno.
Sporchi
e doloranti pregarono Hisako di non riferire nulla a Soma ed Erina dell’accaduto
o sarebbe stato molto imbarazzante, ma sfortunatamente per loro, i due in
questione, avendo sentito quel rumore assordante, videro tutta la scena da
lontano e si precipitarono a soccorrere i loro amici che si erano fatti male.
-
Non è stato niente, tranquilli. – disse cercando, in modo spavaldo, di essere
il più naturale e felice possibile Takumi.
-
Si, stiamo tutti bene. – continuò Ikumi, arrossendo per la vergogna come Takumi
e ogni tanto si lanciavano occhiate complici.
Sadatsuka
Nao invece prese la macchina fotografica per scattare qualche foto ricordo,
aggiungendole alle altre milioni che aveva nella sua stanza, di Hisako e di
Erina.
Isami
rideva per il comportamento strano di suo fratello e di Ikumi che con la loro
gelosia nei confronti di Soma ed Erina si erano cacciati in quel pasticcio,
anche se la colpa era tutta sua.
-
Isami ti avevo detto di non salire anche tu, vedi cha hai combinato! – lo
rimproverò Takumi.
-
Dai, non ne fare un dramma, fratellone, e poi grazie a me adesso quei due non sono più così
vicini. –
-
Isami, ma cosa stai dicendo. Smettila! – Takumi aveva paura che anche gli altri
avessero sentito quelle parole, ma ognuno era preso da altro.
Hisako
era subito andata incontro ad Erina e Soma, cacciando Sadatsuka Nao dalla sua
vista, per capire cosa ci facessero in messo al nulla ed Erina le spiegò ogni
cosa. Quando tornarono alla festa dagli altri amici del dormitorio “Stella
Polare”, Erina parlò del suo incontro con Yumi e di come fosse stata lei a
programmare quella battaglia culinaria che era riportata sul giornale
dell’Accademia, alle quale avrebbero partecipato sia i membri della “Centrale”,
compresi i migliori dieci, sia tutti coloro che si opponevano ad Azami, ma le
regole sarebbero state divulgate in seguito.
La
festa, dopo il triste annuncio che preannunciava una lotta intensa e
impegnativa che poteva, in caso di perdita, prevedere l’espulsione, proseguì
con allegria e spirito che fecero bene anche ad Erina per concludere in meglio
quella serata che le aveva portato tristezza e solitudine. Hisako non era di
buon umore, neanche quando i ragazzi del dormitorio provarono a far ridere
tutti con sketch umoristici o balletti improponibili. Da un lato risentiva
della decisione di Hayama e dall’altra percepiva le sensazioni di Erina dopo
aver parlato con sua madre, da sola, per la prima volta.
Erina
si avvicinò ad Hisako – Non devi preoccuparti per me. Sto bene, sono solo un
po’ stanca. –
- Che
impressione ti ha fatto rivederla? Non ci credo che stai bene. –
-
Non voglio accollarti un peso che è solo mio. Tu hai già qualcuno a cui
pensare. –
-
Ti sbagli. Tu sei molto più importante, perciò puoi parlare di tutto con me. –
-
Posso dirti che aveva molto da dire, mia madre. Non credo sia proprio una
chiacchierona, ma ha raccontato alcuni suoi ricordi personali e mi ha fatto
sentire a mio agio perché, a dirla tutta, ero abbastanza nervosa di vederla. Eppure
adesso che ne sto parlando con te, che è passato un po’ di tempo, mi sento
meglio. Non ho più rabbia dentro di me, anzi. Credo di aver esagerato con le
parole. –
-
No, non ti devi sentire in colpa. Tua madre capirà, lo sa che le hai detto
certe cose solo perché ti aveva ferita in questi anni. È stato un momento
dettato dall’impulso, lei, sono sicura che questo lo capisce. È pur sempre tua
madre. –
-
Sì, ma io credo di averla offesa. Non so, mi sento un po’ in colpa. –
-
Io credo che tu non abbia niente di cui rimproverarti. Piuttosto anche lei ha
sbagliato, no? Quindi siete pari, quasi. –
Erina
abbraccio d’istinto Hisako – Hai ragione e poi ho ancora tempo per legare con
lei. Piuttosto, riguardo il tuo problema sentimentale… -
- Cosa?
Adesso lo chiami così? –
-
Beh, non sono esperta, però riconosco quanto lui ti piaccia. –
Hisako
divenne rossa, ma anche Erina aveva il volto come un pomodoro; affrontare
quell’argomento imbarazzava entrambe e ne avrebbero parlato a lungo, di Akira,
di Soma, ma furono bruscamente interrotte dal tonfo di Marui che era finito col
distruggere una portata di Yuki e quest’ultima lo rincorse per tutto il
dormitorio e si perse l’atmosfera e l’intenzione di discorrere d’amore.
L’aria
di festa proseguì tutta la notte e se la signora Fumio non li avesse esortati a
rientrare per riposarsi un po’, sarebbero rimasti fino all’alba, ed era in
progetto davvero, nella mente di alcuni di loro, ma l’indomani dovevano alzarsi
presto per le lezioni mattutine e decisero di lasciar perdere l’alba per quel
giorno.
Il
giorno seguente Erina, spinta dai suoi compagni d’avventura, la sera
precedente, si recò a casa sua per dimettersi dal consiglio dei migliori dieci.
Aveva timore della reazione di suo padre e allo stesso tempo non aveva voglia
di rivederlo dopo quello che era successo a New York, ma nonostante tutto il
suo passo era deciso; Hisako era con lei per supportarla. Erina era determinata
più che mai a ribellarsi a suo padre, parlare con lui faccia a faccia e
liberarsi totalmente delle costrizioni, della gabbia che la teneva ancora
legata a lui, per essere libera.
Yumi
e Azami erano insieme, nello studio di lui, per decidere le modalità della
battaglia ed erano arrivati ad un compromesso. Si sarebbe svolta dopo due
settimane; lui avrebbe giocato i suoi migliori studenti, ovvero i dieci eletti
ed ella avrebbe schierato i migliori studenti, ribelli, in campo culinario;
mettendo in squadra anche i ragazzi cacciati dai loro precedenti seggi, dei
migliori dieci, come Kuga e Isshiki. Gli studenti si sarebbero sfidati a coppie
e i gruppi da due dovevano essere in tutto cinque per lui ed altrettanti cinque
per la squadra di lei. Le coppie potevano essere formate a piacimento, avrebbe
vinto la squadra con la coppia rimanente in gara.
Dopo
aver deciso le regole, Erina entrò nella stanza. Non fu sorpresa di vederli
insieme, erano lì per affari; lo sapeva bene.
-
Che sorpresa. Non ci vediamo da quando mi hai lasciato, senza spiegazioni, a
New York, con tanti clienti insoddisfatti, Erina. –
-
Non sono qui per parlare di quello che è accaduto a New York o chiedere scusa
per ciò che ho fatto, perché non lo farò, padre. Sono qui per comunicarti che
lascio il mio posto di decimo eletto. Mi unisco ai ribelli. –
-
Che stai dicendo? Vuoi davvero schierarti dalla fazione sbagliata, Erina? Sappi
che se intraprenderai questa strada io non sarò certo clemente nel giudizio,
non ti aiuterò neanche se si trattasse di mia figlia. Lo capisci, vero? –
-
Lo so, non ho preso questa decisione alla leggera. L’ho fatto perché
incominciavo ad essere stufa della gabbia che avevi creato per me. Mi hai
tenuta prigioniera per anni e adesso che sono libera dai tuoi condizionamenti
non ho più intenzione di seguire i tuoi ideali. Ora che conosco la libertà, non
voglio più perderla. Ti dimostrerò che è con essa che noi vinceremo. –
Azami
la guardò severo e lo sguardo torvo non approvava la decisione libera e pura di
sua figlia che lo stava abbandonando, che avrebbe cercato di distruggere i suoi
piani, ma sentiva di non poterla costringere se fosse stata davvero lei a
volere tutto questo.
-
Allora preparati, perché la guerra inizierà molto presto, ma credo piuttosto
che sarò io a vincere. –
-
A dire il vero, sono certa che Erina e i suoi amici ti daranno filo da torcere.
Perché si sa, quanto più cadi in fondo tanto più ti rialzi e finisci per
vincere. – si contrappose, Yumi, al litigio padre – figlia.
Azami
non rispose alla provocazione, vide Yumi ed Erina, poi, uscire dal suo studio
con il volto distrutto dalla rabbia e i pugni, sul tavolo, serrati.
-
Erina, aspetta! – la chiamò Yumi che vedeva sua figlia uscire dal castello per
raggiungere Hisako; la ragazza si fermò e volse il suo sguardo nella sua
direzione.
-
Ho qui una lista di cuochi da tutto il mondo, non sono molti, ma li ho chiamati
per aiutare te e i tuoi compagni di scuola a prepararvi per la sfida. –
Erina
guardò con stupore e con gioia quella lista, in effetti poteva essere molto
d’aiuto per alcuni dei ribelli.
-
Sei stata coraggiosa a ribellarti a tuo padre. Hai fatto bene, tesoro. –
-
Dovevo farlo per i miei amici, non voglio deluderli. –
-
Lo capisco ed è per questo che sono fiera di te. –
Erina
la fissò un attimo e col sorriso rispose “Grazie”, dopo tornò dall’amica che la
stava aspettando all’ingresso e mentre uscivano dalla reggia incontrarono Alice
e Ryou appena arrivati. Inutile dirvi che Alice andò subito incontro ad Erina
per abbracciarla e chiedere degli ultimi gossip che giravano per l’Accademia,
così Hisako ed Erina raccontarono ogni cosa.
Le
lezioni della scuola erano cambiate drasticamente e prevedevano istruttori e
maestri selezionati esclusivamente dal preside Azami che controllava con il suo
simbolo “Central” ogni azione ribelle nei confronti della sua riforma. I
ribelli si trovarono, infatti, “in gabbia” fin da subito, impediti di
sperimentare liberamente le loro qualità e capacità in cucina; un risveglio per
nulla confortante che li accompagnò per qualche settimana prima della sfida.
Rindou
si aggirava tra le classi in cerca di Eishi e lo trovò, infatti, che insegnava
in un’aula gremita di studenti pronti a ricevere i suoi insegnamenti perfetti e
per nulla criticabili. Questi pendevano letteralmente dalla sue labbra e le ragazze,
in particolare, ne erano affascinate, per quanto raffinato, elegante e bello
fosse, quando cucinava specialmente, il primo degli eletti della “Centrale”
istituita da Azami.
Rindou
non era contenta di quello che stava diventando Tsukasa, poteva vedere
l’oscurità che piano piano consumava quel ragazzo e se avesse continuato in
quella maniera probabilmente lo avrebbe perso per sempre. L’assalì quel ricordo
di un anno fa. Uno dei più dolorosi.
Eishi
a quel tempo, dopo aver incominciato a vedere regolarmente Azami, all’estero,
non faceva che parlare di come si sentiva bene e delle loro straordinarie
conversazioni, piene di insegnamenti, di come finalmente
si sentiva fiero della sua cucina, di
come avrebbe potuto, grazie ad Azami, migliorare ulteriormente le sue capacità.
Rindou si sentiva messa da parte, invisibile a tratti, oscurata dall’intelligenza
e dall’influenza che quell’uomo esercitava su Eishi e non lo sopportava. Stava
vanificando tutto ciò che lei aveva in mente di costruire per il suo amico; avvicinarlo
poco a poco a sperimentare e scoprire i suoi sentimenti nascosti e la sua
passione per la cucina per renderlo una persona migliore, più umana e vincente.
Lo avrebbe supportato in tutto e sarebbe migliorata insieme a lui. Avrebbero
cercato insieme la vera essenza gastronomica. Invece no. Rindou veniva
schiacciata dalla bravura di un uomo che neanche conosceva bene, che preferiva
non rivedere; poi arrivò il giorno in cui lo stesso Eishi arrivò a parlare come
Azami e questo non poteva tollerarlo. Provò quindi a farlo desistere dal
seguire i precetti di quell’uomo subdolo che aveva solo intenzione di usare
Eishi per i suoi scopi personali, che non avevano nulla di buono, piuttosto che
aiutarlo a capire se stesso.
- Rindou, non hai idea di quanto mi
faccia bene parlare con il signor Azami. È pieno di idee, di talento, d’intelligenza.
Sto imparando davvero molto, grazie a lui. Lo sai, ha un’idea di gastronomia
davvero affascinante, innovativa, unica! –
- Mi sembri davvero eccitato
all’idea! Di cosa si tratta? – provò ad essere interessata Rindou per
mascherare la sua disapprovazione.
- Vorrebbe eliminare tutti quei
piatti che non sono degni di essere mangiati, ovvero ciò che non è vera
gastronomia e aiutare i cuochi di tutto il Giappone, e forse estenderlo anche
all’estero, a diventare veri chef stellari, che non commettano errori in
cucina. Probabilmente chiudendo tutti quei locali che non servono altro che
cucina scadente e immangiabile per crearne invece di nuovi; supportati da
cuochi che sappiano distinguere il vero cibo, la perfezione culinaria da quella
imperfetta e tipica della gente comune. –
- Che progetto ambizioso e direi
anche un po’ egoista da parte sua, non credi? Poi, mi spieghi come potrebbe mai
decidere cosa sia più buono rispetto ad un altro in modo giusto e oggettivo? –
- il progetto è ambizioso, ma non
irrealizzabile. Sua figlia, il palato divino, potrà giudicare ciò che è buono o
no. Non è egoista quello che vuole realizzare il signor Azami, lui sa ciò che è
giusto per questo ambiente, se fossi stata con me in quegli incontri
probabilmente lo avresti apprezzato anche tu. –
Rindou era seria, faceva fatica a
capire quel discorso sconnesso di Eishi, quasi non lo riconosceva più o forse
era sempre stato così, ma fino a quel momento non lo aveva compreso.
- Non capisci? – continuava
entusiasta, il ragazzo – Grazie alle idee di Azami potremo cambiare il futuro,
rivoluzionare e innovare la gastronomia di tutto il mondo e noi saremo il
centro di tutto questo. La Tootsuki che prepara cuochi di alto livello.
Chiunque potrà arrivare ai nostri talenti o comunque avvicinarsi. – indicava
sia lui che Rindou, quando diceva “noi”, perché Eishi riconosceva la bravura
della sua amica, proprio come la vedeva lo stesso Azami, insomma un’altra
pedina utile per forgiare cuochi perfetti e cucina di alto livello – Rindou,
dobbiamo solo affidarci a lui e troveremo il vero segreto della gastronomia in
pochissimo tempo. –
- Non lo so, credevo che il nostro
obiettivo, il nostro sogno, fosse quello di arrivare insieme, solo tu ed io,
alla verità. Abbiamo raggiunto con successo il nostro primo obiettivo, quello
di arrivare ad occupare il primo ed il secondo seggio, no? Perché adesso vuoi
seguire quest’altro piano? Perché stai rovinando il nostro sogno? Possiamo
farcela anche senza di quell’uomo, ne sono certa, ma devi lasciare l’idea di
Azami. –
- Non ti capisco, davvero, Rindou.
Forse il nostro piano sta cambiando per me, ma non è poi così diverso da quello
iniziale, l’importante è arrivare all’obiettivo, non contano i mezzi, giusto? E
poi ho bisogno dell’aiuto di Azami, io mi sentivo perso, sconsolato, stavo male
quando le persone che giudicavano i miei piatti li giudicavano perché fossi il
primo seggio dei migliori dieci della Tootsuki. Sinceramente voglio qualcuno
che mi ascolti, che provi a migliorarmi per ottenere e raggiungere quello che
desidero e mi piacerebbe che tu fossi con me. Siamo arrivati sino qui insieme,
perché tirarti indietro adesso? Possiamo ancora raggiungere la vetta più alta
di quella che abbiamo adesso, insieme. Come ci eravamo promessi di fare
all’inizio. Devo sapere cosa vuoi. Sei con me oppure no? –
Eishi non voleva saperne di cambiare
idea, ormai Azami lo aveva rapito del tutto e l’oscurità cominciava ad insinuarsi
in lui. Stava diventando una marionetta nelle mani di un uomo senza scrupoli e
non riusciva ad accorgersene, non voleva ascoltare nemmeno la sua più cara
amica, ma ella sapeva che Tsukasa avrebbe fatto di testa sua, che non l’avrebbe
mai ascoltata, che anche senza il suo aiuto sarebbe andato avanti; avrebbe
seguito la politica di Azami anche senza lei. Lo percepiva dai suoi occhi spenti
e freddi, trasparenti come vetro da cui si poteva vedere quanta devozione
insana avessero catturato.
Rindou indugiò ancora a quella richiesta.
Voleva davvero rischiare la sua carriera e il suo futuro per andare incontro
alle follie di Eishi? Poteva davvero seguire qualcosa in cui non poteva
credere? Ma non poteva perderlo, non voleva, non così senza neanche aver
provato l’impossibile.
- D’accordo, sono con te. –
- Come mai hai cambiato idea in
fretta, mi sembrava che non avessi fiducia in Azami e incominciavo a pensare
che non ne avessi neanche in me dopo tutto il tempo passato insieme. Credevo
che avremmo dovuto discuterne ancora. –
Ella fu spiazzata da quelle parole,
aveva forse sbagliato? No, non aveva sbagliato. Continuare a litigare l’avrebbe
solo tormentata, l’avrebbe solo fatta sentire peggio, sarebbe stata male se
avesse continuato a trovare delle scuse per convincere Eishi ad abbandonare le
sue convinzioni per sentirsi dire che stava sbagliando e che avrebbe continuato
imperterrito nella sua direzione anche senza il suo aiuto; che sarebbe stata
messa fuori dai giochi, che probabilmente non sarebbero più stati così uniti e
insieme come una volta e sì, sarebbe cambiato tutto di sicuro accettando di
collaborare a quel folle piano, ma almeno sarebbero stati ancora uniti.
- Ci ho riflettuto bene, davvero!
Insomma credo che in fondo potrebbe essere una cosa divertente, ma soprattutto eccitante!
Sono con te, sul serio! – cercò di convincere Eishi, nel modo più sereno
possibile. In realtà aveva già pensato a qualcosa, Yukihira Soma, il ragazzo da
cui non ci si aspetta chissà cosa, ma che in realtà poteva dare uno scossone
alla mentalità rigida e fredda di Eishi. Solo da lui poteva aspettarsi un
cambiamento positivo in Tsukasa, ciò che purtroppo non era riuscita lei a fare.
Era davvero amareggiata per non essere stata in grado di aiutare Eishi, di non
avere avuto la forza e la bravura necessarie per riportarlo alla ragione;
eppure qualcosa dentro di lei, nella sua testa, le diceva di non forzare la
decisione di Tsukasa, di essergli vicino invece, di aiutarlo perché vedeva
Eishi più felice, più sereno e pimpante come non lo aveva mai visto ultimamente.
- Sul serio? Sono davvero felice che
tu abbia capito. Avanzeremo insieme verso questa rotta, non te ne pentirai,
vedrai! – era contento l’albino.
“Lo
spero davvero, di non pentirmi della decisione che ho preso, Eishi”, pensò tra
sé la ragazza; tornata alla realtà e fissando ancora i movimenti precisi di
Tsukasa e le sue labbra formarono un sorriso per qualche secondo “Mi domando
ancora, che cosa succedeva in te, che cosa sentiva il tuo cuore, mentre io
cominciavo ad innamorarmi di te, Eishi”; dopo tornò seria, voleva a tutti i
costi proteggere i suoi sogni e quelli di Tsukasa che albergavano nella parte
più profonda di lui.
Kuga
percorreva lo stesso corridoio dove Rindou si era fermata, si stava affrettando
ad andare nella sua dimora per sperimentare un nuovo piatto super piccante da
usare in occasioni speciali e si fermò bruscamente nel vedere il secondo seggio
con un’espressione tutt’altro che allegra, pareva essere caduta improvvisamente
in uno stato di trance e depressione; perciò le si avvicinò cautamente - E’
davvero strano vedere Eishi che parla tranquillamente ad un gruppo di persone,
non è vero? No, aspetta in realtà è plausibile visto che la cucina è il
discorso che più gli riesce meglio senza essere nervoso. –
Colta
alla sprovvista la ragazza per poco non cacciò un urlo, ma, fortunatamente per
lei, si trattenne – Mi hai spaventata Kuga! Che modi sono questi di usare sulla
tua senpai! Uffa! – rispose di rimando.
-
Scusa, scusa. Dovevi vedere com’eri pensierosa! Era solo uno scherzo, calmati.
–
-
Ok, ok. Perdonato. –
I due si allontanarono subito dalla stanza dove faceva
lezione il primo seggio e Kuga non risparmiò alla rossa altri commenti su
Tsukasa, sembrava essere diventato un angelo fastidioso che ricordava a Rindou
di
quello in cui si erano cacciati sotto suo personale consiglio.
-
Abbiamo davvero fatto la cosa giusta? Aderire al progetto del nuovo preside?
Insomma, potrebbe anche andare tutto storto. –
Rindou
si fece nuovamente seria.
-
Ormai io sono fuori dai giochi, che altro potrei fare? Avevi detto che avresti
avuto il piano perfetto per cambiare Tsukasa e al momento vedo solo che ti stai
lasciando usare dalla “Centrale”. –
-
Non importa cosa faccia io o come mi usino. Tutto questo è ciò che dobbiamo
continuare a sopportare per il suo bene. Per aiutare Eishi a scrollarsi
quell’uomo folle che gli riempie la testa di stupidaggini e non posso agire da
sola, ho bisogno di te e degli altri. Te lo dico ancora. Sei disposto a
rischiare come me, per lui, Kuga? –
Kuga
non era certo di poter fare molto, ma la determinazione della sua senpai lo
motivava sempre, come una sorella maggiore alla quale dare ascolto nelle
situazioni difficili. Doveva trovare il modo di aiutare Eishi a cercare la sua
umanità ed eliminare le oppressioni di Azami.
-
Sono con te, anche se al momento sono a corto di idee ora che sono fuori dai
migliori dieci. –
-
Tranquillo, sono sicura che non saremo da soli. I ribelli ci daranno una mano.
Saranno loro la nostra carta vincente. L’ho percepito subito in quel ragazzo,
Yukihira, sarà lui a trovare una soluzione e senza che glielo chiediamo. –
-
In effetti lui è proprio il contrario di Eishi, soprattutto nella cucina. –
-
Esatto, mi è piaciuto sin dall’inizio. Quella sua sfrontata determinazione ad
ottenere la vetta di questa Accademia senza davvero conoscere gli ostacoli che
avrebbe dovuto superare prima, mi ha davvero colpita. L’ho trovato subito
motivato, proprio come quando ho conosciuto te, Kuga. –
-
Aspetta, adesso stai cercando di paragonarmi a quel Yukihira? –
-
Non te la prendere, secondo me è anche un complimento. Ahahah, sono sicura che
avremo un’occasione per rimediare a tutto, anche a questo pasticcio in cui ci
siamo messi in trappola. –
-
Se lo dici tu. –
-
Piuttosto ti chiedo un favore, se i ribelli avranno bisogno di aiuto… -
-
Si, si ho capito. Li aiuterò come posso. – il ragazzo finì la frase di Rindou e
lei sfoggiò un enorme sorriso e incominciò ad abbracciarlo e punzecchiarlo in
tutti i modi, tanto che il ragazzo cercava di divincolarsi dalla sua presa
senza molte possibilità – Smettila! – continuava a imprecare.
Rindou
aveva ritrovato il buonumore, una speranza c’era ancora e si chiamava Yukihira
Soma.
Passarono
più di due settimane e il giorno della prima battaglia si faceva attendere con
impazienza, soprattutto per Soma gasatissimo di entrare in scena, idem per
Takumi; quasi facessero una gara.
Le
squadre furono divise, per i migliori dieci, Nene e Saito, Momo ed Eizan,
Tsukasa e Rindou, Hayama e un altro ragazzo del secondo anno, più un'altra
coppia di studenti promettenti del terzo anno, che favorivano, allo stremo, la
“Centrale”. Per il gruppo dei ribelli invece c’erano Hisako e Kuga, poiché
entrambi conoscevano le spezie molto bene, Megumi e Isshiki, per la lavorazione
di piatti a base di pesce, Takumi e Mimasaka, Ikumi e l’ex terzo seggio
Megishima e infine Erina e Soma, su consiglio di Joichirou che era arrivato a
dare una mano a suo figlio per combattere quella faida che Azami, per colpa
sua, aveva cominciato. Joichirou aveva già assaggiato un piatto che comprendeva
le capacità sia di Soma che di Erina, per questo voleva i due insieme; perché i
loro piatti si completano a vicenda. Credeva che avrebbero potuto creare un mix
di gusto fenomenale.
Alice
avrebbe voluto partecipare, ma lei e Ryou non erano proprio adatti a fare
squadra con altri cuochi; così rimasero come riserve.
La
battaglia si svolse a Hokkaido, mentre il resto degli studenti, facenti parte
delle disposizioni del nuovo preside, svolgevano in contemporanea gli esami di
routine.
Rindou
non avrebbe ceduto tanto facilmente il suo secondo seggio che aveva tanto
desiderato e faticato per avere, insieme a Tsukasa, perciò avrebbe dato tutto
se stessa per affrontare i suoi avversari e quest’ultimi dovevano a loro volta
dare tutto loro stessi per conquistare il suo posto nei migliori dieci. Se
avesse perso, almeno avrebbe combattuto lealmente e con tutta la forza che
poteva avere in corpo. lo doveva a se stessa, tuttavia il piano doveva
proseguire; se la liberazione di Eishi significava la perdita del suo seggio l’avrebbe
fatto e la sua preoccupazione, che tra i giudici ci fosse anche Azami con le
sue idee malsane, aumentava.
HIsako
voleva assolutamente la rivincita contro Akira e grazie alle abilità della
cucina di Kuga riuscì a giudicarsi il primo punto per i ribelli, Erina ne fu
orgogliosa, ma non troppo fortunati furono Takumi e Mimasaka contro Momo ed
Eizan. Vinsero, infatti, quest’ultimi.
Anche
Ikumi e Megishima trovarono avversari tanto forti da ostacolarli, il problema
sorgeva soprattutto nel gioco di squadra che non era perfetto, quindi il punto
andò ancora a favore della Centrale.
Isshiki
e Megumi, tuttavia, riuscirono a fronteggiare al meglio Nene e Saito che, per
scarsa compatibilità, persero.
Quando
arrivò il turno di Erina e Soma, ella vide sua madre tra il pubblico. Se non
fosse stato per il cognome della famiglia Nakiri che li univa, lei, sua madre e
Azami non sembravano una famiglia; anzi non avevano neanche motivo di esserlo
in quella circostanza. Erina poteva essere considerata facilmente un’orfana per
quanto poteva constatare, nella sua vita, in quegli ultimi anni. Sua madre
l’aveva lasciata per la carriera e Azami era stato la causa per la quale Erina
era diventata insensibile e fredda nell’animo, anche nei confronti della cucina
che amava.
Cacciò
quei pensieri negativi dalla mente che le offuscavano la battaglia mentre Soma,
concentratissimo dall’inizio, scalpitava per cominciare a cucinare. Voleva
battere il primo seggio, eppure dopo tante discussioni con la sua partner
avrebbe solo fatto la parte, quasi, da assistente; però le sue idee portarono
alla creazione di un piatto che nemmeno Erina avrebbe potuto mai immaginare di
realizzare in tutta la sua vita. Un piatto che mescolava le loro diversità
culinarie, ma allo stesso modo trovava l’equilibrio di un gusto unico che
puntava dritto alla vittoria, che arrivava a colpire nel profondo le papille
gustative di ogni giudice in sala. Azami fu sopraffatto da quel perfetto mix,
ma il suo piano era troppo ambizioso per essere distrutto facilmente da sua
figlia. In fondo lo sapeva, sì, lo sapeva che Erina avrebbe sfruttato le sue
meravigliose capacità per vincere in sicurezza e con eleganza, però, la sua
ribellione non poteva tollerarla. Lo aveva abbandonato per unirsi con i ribelli
e aveva vanificato i suoi ideali, non trovava il coraggio di ammettere che
fosse stato sconfitto. Era in tempo per trovare un’altra soluzione, per
falsificare il suo giudizio, ma sia il suo cuore che la parte più inconscia della
sua mente desideravano la vittoria di sua figlia e gridavano quanto
sensazionale e buona fosse quella pietanza appena degustata. Anche il suo
orgoglio non ammetteva un giudizio contrario a quello che effettivamente
sentiva di dover pronunciare.
Erina
e Soma, dunque vinsero a pieni voti ed Eishi come Rindou dovettero farsene una
ragione. Avevano perso i posti come primo e secondo seggio dei migliori dieci,
ma fu come se si fossero tolti un peso più grande di loro che gravava sulle
spalle e si gettarono a terra molto più leggeri di prima a posare l’ascia di
guerra e riposare per la fatica; schiacciati dalla sconfitta.
Tsukasa
uscì dall’arena lasciandosi alle spalle le urla e i pianti di gioia dei ribelli
che sovraeccitati scatenarono un caos. Lui si sentiva un perdente, aveva perso
contro dei primini, seppur molto capaci, non aveva ancora lasciato perdere
l’idea di raggiungere la vera gastronomia e se all’inizio della fine aveva
creduto di essere ad un passo da questa ora non ne aveva più la certezza. Si
era affidato ad Azami e in un certo
senso si sentiva deluso e triste per essersi affiancato a lui. Quegli ideali
erano stati buttati giù e anche lui poteva definirsi approdato sul fondo di
profondissimo abisso che non lo conduceva da nessuna parte. La vera
gastronomia? Da dove l’avrebbe appresa? Come avrebbe fatto a trovarla in sé?
Doveva ricominciare daccapo e no, non ne aveva le forze. Rindou uscì dopo Eishi
e lo ritrovò attaccato, sembrava una calamita, al muro di un'altra stanza, era
amareggiato ed ella poteva solo immaginare cosa sentisse davvero in quel
momento. Nonostante tutto con aria spavalda diede una pacca forte sulla spalla
del suo amico per tirarlo su di morale e lui reagì poco con un rantolo
strozzato – Su con la vita! Abbiamo perso questa battaglia, ma non è la fine
del mondo. Possiamo ancora riprenderci i nostri posti! –
-
No. – intervenne sconsolato Eishi, riprendendosi dalla tristezza e dal dolore
della pacca di Rindou. – Non faremo assolutamente niente. Tutto quello in cui
credevo si è rivelato per metà falso, quindi imperfetto e questo lo detesto. Ho
perso perché credevo di essere già ad un passo dalla perfezione gastronomica,
invece, mi sembra di aver fatto innumerevoli passi indietro. Voglio solo… -
-
Riacquistare fiducia nella tua cucina? – finì per lui, la ragazza, che scivolò
accanto a lui di spalle al muro.
Eishi
si sorprese per come lei riusciva a capirlo così bene – Già – poté, solo, dire.
Ricordò come Rindou si era opposta a quella rivoluzione e di come lui
egoisticamente l’avesse convinta a seguire i suoi, anzi, gli ideali di Azami.
-
Mi dispiace tanto. Dovevo ascoltarti. –
-
No, hai fatto ciò che ritenevi giusto e poi non ti avrei mai abbandonato. In
compenso, ti confesso che mi sono divertita molto. Anche adesso sono felice. –
-
Sei felice? Hai perso anche tu, il tuo seggio. Ed è ancora colpa mia, se fossi
stato più bravo non sarebbe successo nulla. –
-
Sono felice perché la cucina più libera che ha forgiato Yukihira Soma insieme a
quel genio di Nakiri abbia scalfitto la tua idea di cucina oggettivamente
perfetta. Devi provare anche tu ad essere più libero dalle tue convinzioni e
creare la tua vera idea di cucina gastronomica. Io continuerò a supportarti se
proseguirai su questa strada. –
-
Che cosa vorresti dire? – disse Tsukasa, voltandosi improvvisamente nella sua
direzione.
-
Se tornerai da quell’uomo io non ci sarò. Non posso sostenere le sue idee e non
sopporterei di vederti manipolato ancora da uno come lui. –
Ci
fu una breve pausa dove nessuno dei due voleva ammettere nulla.
Poi
Rindou guardandolo negli occhi proseguì – Voglio assaggiare un piatto che
contenga la tua passione, i tuoi sentimenti più nascosti; non mi basta più il tuo
lato indifferente e distaccato. – l’espressione seria, di ella, si tramutò in
un sorriso che ad Eishi sembrò dolcissimo – Non te l’avevo già detto? –
Quel
discorso accese d’emozione il cuore di Eishi che aveva da tempo chiuso,
bloccato, imprigionato ogni forma di sentimento d’amore perché poteva
ostacolare la forma perfetta dei suoi piatti, ma proprio quello sbaglio gli
aveva precluso la possibilità di arrivare prima all’essenza della verità che
tanto bramava. Sorrise anche lui. Portò la sua mano destra in direzione del
volto della ragazza e le accarezzò una guancia con dolcezza – Non tornerò da
Azami se significasse perderti. – gli occhi erano fissi su quelli d’oro della
ragazza di cui aveva preso una bella sbandata dalle medie. Rindou non era
abituata a quel contatto gentile e tenero del ragazzo, ma era piacevole
provarlo per la prima volta e si ritrovò di colpo ad accoccolarsi sul petto di
Tsukasa, come fosse una magia calda e miracolosa che si spandeva per tutto il
corpo e non ne poteva fare a meno.
-
Scusami per averlo capito solo ora. Ti amo anch’io, Rindou. -
Ella si fece stringere di più da Eishi, dopo aver ascoltato le parole
che voleva sentire da tempo e avrebbe atteso con impazienza il giorno in cui le
avrebbe preparato un piatto appassionato solo per lei.
Tra la confusione della vittoria e le grida dei loro amici Soma ed
Erina trovarono un varco per scappare da tutti quegli abbracci soffocanti che
stavano cominciando ad essere pesanti, non appena soli ripresero fiato.
- Ce l’abbiamo fatta, no? Non sembra vero. – era euforico Yukihira.
- Già, abbiamo vinto. Insieme. – concordò, serena, Erina.
I due si sorrisero a vicenda teneramente.
- Senza la mia idea non avresti fatto quel piatto, quindi penso di
meritarmi il primo seggio, giusto? – provò a contrattare Soma, mentre la
ragazza si infastidì non poco.
- Non credo proprio. Non siamo noi a decidere che posti ci spettano e
non si può stabilire con certezza i posti da assegnare così su due piedi. – lo
rimproverò – Inoltre sono stata io ad aver reso perfetto quel piatto. –
- Ehi, non litigate! Abbiamo vinto, dovete solo concentrarvi sulla
festa che io e gli altri abbiamo preparato per voi. Io Joichirou in persona,
Gin e altri ex studenti di questa Accademia prepareremo un banchetto speciale
per la vostra vittoria. Comunque figliolo, Erina ha perfettamente ragione. Non
sarete voi a stabilire i posti per i migliori dieci e non sarà possibile
decretarlo subito, immagino. Quindi godetevi senza pensieri questa giornata e
basta. –
La festa sarebbe continuata una volta tornati tutti alla Tootsuki, un
grande banchetto per tutti, vincitori e vinti. In più nessuno avrebbe lasciato
la scuola, ma la politica della “Centrale” era stata abolita del tutto.
Era stata riconsegnata la libertà a tutti e gli ex migliori dieci
avrebbero potuto continuare a frequentare l’Accademia senza problemi. Senzaemon
non voleva tornare preside, ma tutto era ancora da decidere. Quella giornata
doveva solo era di svago per tutti, nessuno sarebbe stato escluso.
Erina non partecipò alla festa, si recò nel luogo dove precedentemente
aveva conversato con sua madre. Si illudeva che fosse cambiato qualcosa per la
sua famiglia. Sperava in un certo modo di parlare ancora con lei e alla festa
non c’era; per questo non rimase.
La luna piena era favolosa e le stelle attorno formavano una luce
pallida e splendente. Un ottimo posto per riflettere, ma soprattutto romantico
per Soma che al posto di andare ad una certa festa aveva preferito fare
anch’egli una passeggiata al chiaro di luna. Il caso li aveva uniti ancora una
volta e lui non sprecò l’occasione. Entrambi erano super eleganti ed Erina
sembrava più bella del solito col suo abito azzurro, i capelli trattenuti da un
elastico e le scarpette bianche. Non poteva affermarlo con certezza eppure il ragazzo
pareva di vedere il colore della pelle di ella splendere di quella pallida
luce. Lei si accorse di lui solo quando Yukihira pestò una foglia caduca. Forse
era anche colorata, ma non ci fece caso. Erina gli sorrise brevemente – Che ci
fai qui? –
- Avevo voglia di fare quattro passi. Tu piuttosto. –
- È buffo, sai. Speravo di rivedere da queste parti mia madre, la stavo
aspettando, proprio io. Proprio io che non facevo altro che allontanarla da me,
ogni volta. –
Soma le andò incontro e la abbracciò, la strinse forte e lei ricambiò;
avvolse le sue braccia attorno alla vita del ragazzo. Gli occhi umidi di lei
incontrarono quelli di lui, vivaci come oro nella poca illuminazione dei corpi
celesti che dall’alto brillavano per loro. I loro visi erano distanti millimetri
e nessuno dei due si faceva più avanti. L’emozione di stare così stretti, così vicini
da poter sentire i loro reciproci respiri era troppo forte da gestire e insieme
scoppiarono a ridere, ma nessuno dei due lasciava la stretta. Si guardarono
ancora negli occhi e lentamente le labbra di ciascuno si unirono nella danza
più dolce che avessero mai provato.
Continuarono a scambiarsi baci a tratti lunghi a tratti brevi,
provavano a lasciarsi, ma era tutto inutile. Desideravano quelle coccole, quei
baci e le carezze, gli sguardi fugaci che si mandavano tra un bacio e un altro;
non potevano farne a meno.
- Questa volta sei stata tu a completare il piatto, ma non scordare che
io completai quella tua ricetta a New York, ricordi? – disse Soma senza
smettere di staccarsi da quell’abbraccio intimo.
- Certo che me lo ricordo, siamo un’ottima squadra noi due, vero? –
- Verissimo. –
Sorrisero, di nuovo, entrambi. Non avevano molta voglia di andare al "party della vittoria"; era così che gli amici del dormitorio “Stella polare”
l’avevano chiamato.
Nello stesso momento, Hisako, alla festa, cercava disperatamente Erina
e s’imbatté in Akira che la guardò divertito – Stai cercando la tua signora?
Non è un po’ troppo presto per cominciare a preoccuparsi della sua assenza? –
Nella sala dovevano ancora arrivare tantissime persone, Hayama aveva
ragione, eppure Hisako si preoccupava sempre troppo. Forse era diventata
paranoica senza saperlo. Akira le porse la sua mano e la ragazza lo guardò
strano.
- Vieni con me. Ti porto in un posto. –
- Cosa? Perché? Tra poco inizia la festa ed è per noi ribelli
specialmente, lo so che per te non è importante, ma sono sicura che la
signorina Erina verrà e se non mi trovasse potrebbe preoccuparsi o peggio. –
- Adesso stai veramente esagerando, per una volta vuoi pensare a te! –
fu un po’ duro il ragazzo, ma grazie a quelle parole l’ansia per la sua signora
si arrestò e guardò con occhi diversi Akira.
- D’accordo. – disse senza pensarci Hisako e prese la mano del ragazzo
su cui tutte le altre studentesse presenti nella sala avevano gettato gli
occhi.
I due perciò si allontanarono in moto con la sera a fare da sfondo.
Arrivarono al luogo dove si erano imbattuti per la prima volta tempo
fa, a quel tempio nel verde, silenzioso, isolato e sorprendentemente magico e
luminoso. Akira aveva portato, precedentemente, lì delle candeline e con un
accendino, fortuna che non piovesse, ne accese una ventina per avere
l’atmosfera più romantica che poteva.
Hisako pareva morire di fronte a quello spettacolo di luci e ombre che
si posavano su di loro ed era diventata rossa per l’imbarazzo di quel momento.
- Ti piace? Non avevo altre idee, così… -
- È perfetto. Sul serio. – cercò di sorridere e di non sembrare più
nervosa di quello che poteva apparire.
- Ok. – Akira era preoccupato di aver sbagliato qualcosa, aveva
esagerato con le candele, lo sentiva quindi convenne che forse era meglio
spegnerle. Così lo fece sul serio, ma Hisako lo fermò.
- Che stai facendo? È perfetto così com’è, non devi spegnere nulla. –
cercò di tornare il più razionale possibile con la testa, per lui – Sono solo
stata colta alla sprovvista e ammetto di essere un po’ nervosa, ma mi piace
quello che hai fatto. Riguardo alle candele, s’intende. –
Akira rise, adesso erano in due in imbarazzo e lui non poteva farci
niente.
Si sedettero entrambi sugli scalini e le file delle candele erano
percepite più vicine del previsto ed emanavano un bel tepore.
Erano abbastanza vicini che forse un centimetro sarebbe risultato inutile a misurare quella circostanza.
- Sei riuscita a battermi e volevo complimentarmi con te. –
- Ah sì, perché allora le candele? – aveva il sorriso sulle labbra, la
ragazza.
- Mi hai beccato. –
- Adesso tornerà tutto alla normalità. – proseguì Hisako.
- Così credo. –
- E tu che farai? –
- In che senso? –
- Facevi parte dei migliori dieci, grazie alla “Centrale” e se non
sbaglio hai sempre puntato in alto, ma ora non hai molte possibilità. –
- Non mi interessa più, come non mi importano più altre cose. –
Hisako ne voleva sapere di più, avrebbe indagato se fosse stato
necessario, lei era fatta così e poi si trattava di Akira. Era davvero bello,
col suo smoking bianco, e le aveva dimostrato tante volte che teneva a lei, ma
non sapeva davvero che cosa voleva.
- Sei curiosa? –
- Cosa? – aveva la testa fra le nuvole, ma sapeva a cosa si riferiva -
Solo se vuoi raccontarlo. –
- Jun è stata la prima persona che ha riconosciuto qualche valore in me
e che mi ha dato un tetto sopra la testa, una casa, perfino dei giocattoli
quando non ne avevo bisogno. Era folle e sbadata alcune volte, ma sapevo di
poter sempre contare su di lei perciò dovevo ripagarla per quello che mi aveva
dato. Per questo mi sono unito alla follia di Azami, per proteggerla. –
- Insomma, avevi una sorta di cotta per la tua mamma adottiva. – disse
lei, convinta.
- Che? Come fai a saperlo. – era stupito l’altro.
- Intuito e ho studiato un po’ di psicologia. L’ho capito da subito,
direi che è piuttosto normale. –
- Anche il fatto di averla amata fino a questa età? –
Hisako e Hayama si guardarono profondamente e poi la ragazza rise – Non
ti giudico, sul serio, ma sei sicuro di non aver confuso i sentimenti romantici
da quelli amorevoli che di solito si hanno verso una madre? Anch’io avevo
creduto di amare mio padre fino ad una certa età infantile, ma dopo ho capito
che era solo amore familiare, tutto qui. –
- Non prendermi in giro. –
- Non lo sto facendo, sono solo considerazioni. –
Tornò nuovamente il silenzio imbarazzante dell’inizio, ma stranamente
ci erano abituati e il nervosismo era passato.
- Allora, si può sapere, a parte le varie confessioni, perché mi hai
portato qui? –
- Lo riconosci questo posto? –
Hisako si guardò attorno e il flashback le arrivò subito alla memoria –
Sì e credimi non è uno dei miei preferiti. –
- Però è dove ci siamo incontrati davvero. Non credi che possa essere
una specie di rifugio per noi? –
- Aspetta, parla per te. Non ci vengo qui da quel giorno. –
- Io invece mi ci sono imbattuto di recente e mi ha ricordato te. –
mentre disse queste parole Hisako voleva sprofondare per quanto fredda e
insensibile si stava mostrando verso di lui, mentre Akira era stato così
perfetto fino ad ora.
- Sono stato bene. – continuò lui – Mi ha dato il coraggio per
affrontare la battaglia e mi ha fatto vedere più chiaramente ciò che non volevo
vedere. –
- Ma dai? - riuscì a proferire Hisako.
- Già. – la guardò divertito.
- Che c’è? Faccio così ridere? –
- No, solo, mi sento bene in tua compagnia. Ora so qual è la persona
che mi piace più di ogni altra. – la guardò ancora con quello sguardo tenero e
i suoi occhi verdi si posavano ora sui capelli, ora sugli occhi color rubino,
ora sulle sue labbra rosee. Provò a baciarla e nonostante lei avesse il cuore
in subbuglio e il calore di Akira sul suo volto che le appannavano la vista,
spostò la testa di lato. Non capiva il suo comportamento nemmeno lei stessa,
sapeva che la ragazza, in questione, che piaceva ad Hayama era proprio lei e
Hisako credeva di desiderare molto più di lui quel bacio eppure l’aveva
respinto. Doveva essere proprio un’idiota.
- Forse non ti piaccio. – azzardò Akira.
- No, non è per quello. Non lo so. – ammise con un po’ di agitazione.
- Sei solo molto nervosa. – le prese entrambe le mani – Calmati,
respira. –
Hisako ascoltò i consigli – Tu come fai ad essere così calmo, invece? –
- Ti fa rabbia che io sia più tranquillo di te, in questo momento?
Ahahahah – cominciò a ridere di gusto con ella che metteva su il broncio – Sei
davvero terribile. Vuoi sapere il mio segreto? –
- Eh? Cos’è Sadatsuka Nao ti ha fatto qualche magia? –
- Chi? No, assolutamente no. Sono calmo perché finalmente ho ammesso a
me stesso ciò che provo per te. Cioè che ti amo tanto. –
Quella dichiarazione così spontanea e pura fece diventare Hisako ancora
più rossa di quello che era.
- Stai bruciando, forse ho sbagliato a dirtelo. – Akira sentiva le mani
della ragazza quasi in fiamme ed era preoccupato, oltre che incominciare ad
imbarazzarsi di nuovo pure lui.
- N-no, non hai sbagliato e tu mi piaci davvero. Sono proprio
un’imbranata a volte. Sei davvero dolce e io sono molto stupida, scusami. -
ritrasse le sue mani da quelle di Akira e poi una di esse sfiorò un ciuffo di
capelli che era vicino al volto di lui e alla fine avvicinò il suo viso e le
labbra a quelle dell’albino. Si baciarono con gusto; Hayama ne fu piacevolmente
sorpreso.
- Possiamo restare qui tutto il
tempo che vuoi. – disse Akira in un momento di distacco reciproco per
riprendere fiato.
- No, non posso, se Erina avesse bisogno di me… - non finì la frase
perché Akira le tappò subito la bocca con un altro bacio appassionato, il più
lungo che si fossero mai dati.
- Vuoi forse uccidermi? – domandò dopo essersi staccata da quel
contatto che, seppur tenero, la stava soffocando.
- Scusa, ho rischiato di soffocare entrambi perché non voglio sentirti
parlare di Erina questa sera. Alla festa ci saranno migliaia di persone e poi
adesso sono io ad aver bisogno di te. – Hayama le aveva rivolto, alla fine, un
sorriso che Hisako avrebbe davvero pagato per vederlo ancora. Si sfiorarono le
labbra ancora e poi Akira proferì di nuovo – E tu hai bisogno di me. –
Hisako non voleva dirlo ad alta voce, ma quello scambio di baci era
davvero la sua fine per quella serata.
Erina e Soma intanto, dopo aver passato molto tempo a stuzzicarsi a
vicenda e baciarsi e restare abbracciati per tempi infiniti, decisero di
proseguire a farsi una passeggiata sotto le stelle; mano nella mano. Per loro
non era ancora il momento di dirsi “Ti amo”, non potevano ancora parlare
d’amore benché si piacessero. Avevano molta chimica, erano attratti l’uno
dall’altra, ma ancora non avevano raggiunto quelle forti sensazioni che
potevano sentire Akira e Hisako o Eishi e Rindou perché questi si conoscevano
da più tempo e avevano condiviso più momenti insieme. Tuttavia, Soma riconosceva
quanto fosse il suo desiderio di avere vicino la ragazza che teneva per mano ed
Erina non avrebbe lasciato la mano di lui, voleva quel contatto più di ogni
altra cosa. Soma, però, non era ancora riuscito a farle dire che la sua cucina
era buona ed Erina aveva ancora per la testa la sua famiglia a pezzi. Questi
ostacoli non permettevano ai due di dire ciò che nel più profondo sentivano, ma
questo bastava a renderli felici e inseparabili.
Alice e Ryou erano in ritardo, ovviamente a causa di lei e correvano
per andare alla festa, ma notarono i due che si tenevano per mano ed ella si
bloccò. Era contenta che sua cugina avesse una buona distrazione; poi dopo
quella vittoria se lo meritava davvero e volle scattare una foto, ma Ryou
glielo impedì.
- Basta con le foto. Non ricordi ciò che è successo per quella famosa
foto? –
Ryou a volte sembrava la voce della sua coscienza, Alice lo amava anche
per questo – Voglio solo scattare una foto ricordo e mandarla alla mia
cuginetta e a Yukihira per prenderlo un po’ in giro, che male c’è? Avrai anche
ragione, ma stai un po’ esagerando. –
- Scherzi sempre, milady, ma questa volta io no. –
Alice gli rivolse uno sguardo indagatore – Che ti succede? –
- Non abbiamo mai un momento di serietà, milady. Prima di andare da qualsiasi
parte, dobbiamo parlare. –
- Parlare di cosa? –
- Di noi due. –
Alice sospettava che prima o poi avrebbero preso questa discussione.
Preferiva scappare piuttosto che guardarlo in viso e parlare come due persone
mature sul loro rapporto. Non lo aveva mai visto così serio e preoccupato allo
stesso tempo, lui le si avvicinò scostandole una ciocca di capelli dietro
l’orecchio – Che ti piaccia o no, ne dobbiamo parlare. –
Azami stava preparando le sue
valigie. Sgombrava il suo studio e ogni tanto verificava le lancette dell’orologio
per evitare di perdere il suo volo. Il suo piano era stato distrutto e ora non
gli rimaneva altro da fare che andare via.
Senzaemon era stato avvisato, era stato il primo a saperlo che sarebbe
partito il più presto possibile. Era stato ferito nell’orgoglio e da sua
figlia, che aveva scelto la libertà piuttosto che stare al suo fianco, doveva
capirlo da quella volta a New York; aveva fatto un errore a tornare in quella
scuola. Lui che voleva trovare la perfezione in tutte le cose e che credeva
fermamente che sarebbe stata la sua salvezza si era trasformata nella sua
prigione. Si era messo in gabbia da solo, aveva una bella famiglia, ma l’aveva
rovinata pur di arrivare ai suoi ideali folli e inconcludenti. Vedere Joichirou
e suo figlio uniti e vincenti lo aveva reso invidioso e provare a cambiare non
avrebbe portato sua figlia ad amarlo. Non più. Lei lo avrebbe odiato, per ciò
che le aveva fatto. La colpa gravava sulle sue spalle e non avrebbe più rivisto
la sua famiglia, non in quello stato. Non ne aveva il coraggio. Eppure i
momenti felici alla Tootsuki ce n’erano stati molti, quando aveva conosciuto
sua moglie, quando aveva assaggiato i piatti di Joichirou e le avventure con i
suoi compagni di scuola. Lì era cominciato tutto anche la sua follia e lì
doveva finire.
Si apprestò a salire in auto, ma Yumi era già ad aspettarlo
all’ingresso del castello; prima di vederlo uscire per sempre dalla sua vita.
- Hai vinto, questo è quello che conta, vero? –
- Azami, stai scappando. –
Lui la guardò con il volto sconfitto e i suoi occhi
scuri che
rispecchiavano quel cielo nero della notte erano più dolci del solito.
- Sì, sto scappando, ma lo faccio essenzialmente per Erina e per te.
Credimi, è la cosa migliore. –
- Non ti odierà per sempre. Anche per me è stata dura tornare e vedersi
odiare da lei, ma io il primo passo l’ho fatto comunque e dovresti farlo anche
tu. –
Azami le prese una mano, avvicinò il viso al suo e le baciò la guancia
– Lo so, quando sarà il momento, seguirò il tuo consiglio. Per ora, lasciami
andare. –
Yumi lo vide allontanarsi con la sua limousine e a malincuore lasciò
che andasse via per la sua strada.
ANGOLO AUTRICE: Scusate per l’assenza. Saranno passati
anni da quando pubblicai il capitolo 10 e sinceramente non credevo che mai
sarei arrivata a scrivere l’undicesimo. Tuttavia, ci sono riuscita. Sono molte
pagine, mi scuso anche per questo, ma era tutto indispensabile. In ogni caso
mancano solo tre capitoli alla conclusione e saranno tutti incentrati sulle coppie,
sul romanticismo. Spero davvero di poterli pubblicare entro quest’anno per
terminare la storia. Grazie a chi mi supporta ancora e chi mi supporterà in
futuro. Spero, inoltre, di non avervi tediato troppo, per la quarantina di pagine e alla prossima :).
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