La ricetta per un gusto perfetto

di Pimpi95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partenza di Erina ***
Capitolo 2: *** La partenza di Erina (parte 2) ***
Capitolo 3: *** La foto ***
Capitolo 4: *** Cominciano i guai ***
Capitolo 5: *** La verità ***
Capitolo 6: *** L'amicizia ***
Capitolo 7: *** Soma a New York ***
Capitolo 8: *** Torte in faccia ***
Capitolo 9: *** Vacanze ***
Capitolo 10: *** Ami e Yumi ***
Capitolo 11: *** Battaglie culinarie ***



Capitolo 1
*** La partenza di Erina ***


Erina era nella sua camera, da sola, con i suoi pensieri a tenerle compagnia. Il ballo era stato ricco di emozioni e di sorprese. Aver scoperto che Yukihira era il figlio di Joichirou l’aveva scioccata, si sentiva in colpa per tutte le cattiverie che aveva detto a Soma, ma nonostante la verità non poteva certo pensare di Yukihira come un cuoco d’elité.
Comunque apprezzava il fatto che Yukihira si sforzasse tanto per superare la cucina del padre e anche per lei Joichirou era un modello fondamentale a cui ispirarsi.
Tuttavia era confusa sul rapporto tra Saiba e suo padre. Come si erano conosciuti? Perché aveva avuto l’impressione, alla festa, che non andassero molto d’accordo?
Aveva assaggiato il cibo di Soma che le aveva doto quella sera, ma era ancora lontano dalla perfezione di Joichirou Saiba. Così si addormentò con la mente affollata di domande.
- Come mai mi hai fatto chiamare, papà? – chiese Erina il mattino seguente.
- Oggi pomeriggio dopo le lezioni vorrei che mi raggiungessi qui in ufficio, perché devo parlarti di una cosa importante. –
- Aspetta, quindi posso frequentare le lezioni? – domandò speranzosa la ragazza.
- Certo tesoro, se lo desideri, ma non scordarti di oggi pomeriggio. –
- Non mancherò. – disse Erina felice di poter rivedere Hisako, ma prima di uscire dalla stanza fece una domanda a suo padre – Come vi siete conosciuti tu e Joichirou Saiba? –
- Te ne parlerò in un altro momento. Sono occupato al momento. Ci vediamo dopo. –
Erina si diresse verso l’aula di storia della cucina delusa dalla risposta fredda di suo padre. Hisako era felicissima di vedere Erina a lezione, mentre gli altri studenti un po’ la temevano perché faceva parte dei migliori dieci e perché era la figlia del direttore che stava conducendo la nuova rivoluzione.
Il pomeriggio non tardò ad arrivare ed Erina si trovò nell’ufficio di suo padre come se il tempo fosse volato in un istante. Alice intanto che cercava il suo assistente vide la porta di suo zio semi aperta e con lui sua cugina così si fermò ad ascoltare ogni cosa.
- Vado dritto al punto, Erina. Vorrei che facessimo un viaggio all’estero. In America. Ci sarebbero delle persone che voglio farti conoscere –
- Ma…all’estero? E la scuola? –
- Non preoccuparti, non saranno più di quattro o cinque mesi puoi sempre recuperare. Sei preparata abbastanza con la teoria e poi sono io il direttore quindi non ci sono problemi.
- Ma… - non sapeva come controbattere. Questa sarebbe stata la sua fine.
- E’ un’occasione per conoscere nuovi sapori, persone e luoghi. Non farà che accrescere le tue abilità culinarie questo viaggio, vedrai! E poi in questo modo non disturberò i tuoi amici del dormitorio Stella Polare e sospenderò un po' anche gli shokugeki. –
Era chiaro che Azami voleva convincere con ogni mezzo sua figlia anche ricorrendo ad azioni buone.
Erina ricordò tutti i volti dei ragazzi del dormitorio Stella Polare. Amici? Erano davvero diventati suoi amici? Tutto quello che sperava Erina era che Azami li lasciasse in pace.
Amici o no erano delle brave persone con cui aveva passato dei momenti sereni a parte Yukihira che la infastidiva sempre.
- Inoltre. – continuò Azami – Potrò spiegarti come conosco Saiba Joichirou. –
Erina sapeva che accettando di partire avrebbe rinunciato alla sua libertà, ma desiderava dare tranquillità ai ragazzi della Stella Polare e di coloro che potevano perdere le loro attività in ogni momento. Poi era davvero curiosa di sapere di Joichirou e di suo padre così decise in fretta.
- D’accordo, partirò con te. Quando patiremo? –
- Domani pomeriggio. Il più presto possibile. –
- Domani? – domandò sorpresa la figlia.
- Si, così non perdiamo tempo e tu puoi salutare i tuoi amici. Puoi andare ora. – disse tranquillo Azami seduto alla scrivania.
Suo padre aveva preparato tutto prima ancora di conoscere la risposta di Erina. Ma ormai era troppo tardi per lei.
Erina uscì dallo studio con la testa bassa.
- Non posso credere che tu abbia accettato di partire. – disse Alice qualche metro più avanti.
- Alice… -
- Se partissi non ti perdonerò. –
Erina non rispose. Andò via senza degnare di uno sguardo Alice.
La ragazza dai capelli bianco platino sbuffò per poi di colpo intristirsi. Si rendeva conto che sarebbero state nuovamente lontane.
Erina quella sera non toccò la cena, ma si preparava psicologicamente alla partenza. Non avrebbe avuto vicino né la sua amica Hisako né un conoscente stretto, ma solo suo padre. Suo nonno riprendeva temporaneamente il suo ruolo di direttore ma non aveva il diritto di fare alcun cambiamento senza la consultazione di Azami o dei migliori dieci.
Alle lezioni del giorno dopo Erina non si presentò e Hisako incominciò a preoccuparsi, perciò avrebbe chiesto ad Alice se ci fosse stato un problema.
Erina stava facendo le sue valigie. Non voleva l’aiuto di nessuna domestica e di proposito non era andata a lezione quella mattina perché era troppo doloroso dire della sua partenza a Hisako.
“Sicuramente prenderà male la notizia” pensò a come avrebbe potuto reagire la sua amica.
Tuttavia colui che non voleva più di tutti incontrare era Yukihira.
Di lui però non riusciva a immaginare la reazione del ragazzo a questa improvvisa partenza.
“Forse incomincerebbe a sparare battutine stupide e insensate” pensò Erina. Sarebbe partita alle prime ore del pomeriggio e ancora i suoi pensieri non le davano pace. Cominciò a credere che avrebbe passato mesi di terrore con suo padre.
Finché non bussò alla sua porta Saenzemon.
- Nonno! – lo abbracciò d’impulso. Voleva tanto tornare come i vecchi tempi solo loro due senza Azami e questa insensata partenza.
- Mi dispiace nipotina mia. Ma proverò a fare qualcosa, vedrai. – la consolò suo nonno sempre disponibile e affettuoso.
- Grazie nonno, ma cerca di non metterti nei guai per me, ok? –
- Abbi fiducia. Farò il possibile. –
La partenza era agli sgoccioli Erina era sul punto di salire sulla vettura nera, la solita limousine quando sua cugina la fermò.
- Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
- Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva fatto.
Erina aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Ryou a fianco di Alice poté notare una lacrima sul volto della ragazza, ma tacque.
Erina salì sulla limousine e si raccolse i capelli in modo tale da farli entrare in un cappello che avrebbe indossato per non farsi riconoscere dai paparazzi poi ordinò al guidatore di partire. Il volo per New York l’aspettava.



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Capitolo 2
*** La partenza di Erina (parte 2) ***


Hisako non riusciva a contattare Erina sul cellulare perché l’aveva spento così chiamò Alice per sicurezza. Alice le raccontò tutto, cercando di smascherare la sua tristezza e Hisako si allarmò tantissimo. Decise infatti di andare all’aeroporto per parlare con Erina ma non da sola. Hisako e Alice aiutati da Kuroba raggiunsero Yukihira e gli altri.
- Nakiri parte per New York? – non riusciva a credere Megumi.
- Si, dobbiamo fermarla. Alice non c’è riuscita ma forse se andiamo tutti insieme… - disse Hisako battagliera.
- Come facciamo? L’aeroporto è lontano. Senza contare che manca poco alla partenza e di sicuro ci saranno molte persone sarà difficile trovarla. – disse Ibusaki.
- Possiamo farcela, quanti di voi hanno il motorino? – chiese Yuki spavalda.
- Non preoccupatevi per i mezzi di trasporto, ecco qui alcune macchine. – disse Senzaemon accompagnato da almeno cinque limousine nere.
- Ex direttore Senzaemon! – disse Yukihira sorpreso. Non lo vedeva da quando gli aveva chiesto di salvare Erina da suo padre.
- Io prendo il motorino per fare prima. Hisako vieni con me. – Soma sapeva bene che Hisako era molto attaccata a Erina e per questo le diede volentieri un passaggio.
Hisako ringraziò Soma, doveva raggiungere a tutti i costi la sua amica. Non si dava pace del perché Erina avesse deciso di nascondere la sua partenza proprio a lei che si preoccupava più di chiunque altro. Fortunatamente la presa di posizione di Yukihira aveva convinto anche tutti gli altri amici per cercare di fermare Erina.
Ognuno dei ragazzi prese un mezzo e cercò di arrivare in tempo all’aeroporto.
Soma non agiva mosso dalla determinazione di Hisako e Alice o dal discorso che tempo fa gli fece Senzaemon, ma solo perché lo voleva per se stesso. Impedire a Erina di andare via. Anche se non era per sempre il ragazzo aveva il presentimento che la ragazza, in quei mesi, si scordasse della promessa. Ossia l’obiettivo di sentirle dire “Che buono”.
Senzaemon si rilassò. Sapeva che forse era inutile tutto quello che cercavano di fare i ragazzi per Erina, ma almeno era il segno che le volevano bene.
Yukihira e Hisako grazie alla moto riescono a superare il traffico dell’autostrada e ad arrivare in aeroporto.
Gente che correva all’ultimo minuto per prendere il proprio volo, persone che chiedevano di affittare un taxi, altre che aspettavano l’arrivo di qualcuno, gite organizzate di gruppo. Insomma c’era parecchia gente ovunque, come sospettavano, era come cercare un ago in un pagliaio.
I due ragazzi erano quasi sul punto di arrendersi ma alla fine fu Hisako a dare coraggio - Non possiamo fermarci. Dividiamoci così avremo più possibilità di vederla. –
Soma capì e corse dal lato opposto a quello preso da Hisako.
Per come riconoscere Erina, Alice aveva descritto come si era vestita e che indossava un berretto blu scuro e degli occhiali da sole per non farsi notare dalla gente.
Yukihira percorse un’intera zona ma c’erano persone che assomigliavano molto alla descrizione fatta da Alice così si fermò per riflettere. Grazie alla meditazione comprese che la ragazza doveva per forza essere circondata da guardie del corpo. Infatti la trovò.
Intravide subito Azami scortato da una decina di uomini in giacca e cravatta e poco lontano ad aspettare Erina era seduta ad aspettare il volo con ai lati almeno tre guardie del corpo. Approfittando della distrazione di Azami, Yukihira si corse subito da lei. – Nakri – disse con un po’ di fiatone – Ti ho cercata dappertutto! – continuò spavaldo.
A sentire il nome Nakiri due delle guardie del corpo lo presero per le braccia e lo immobilizzarono creando un po’ di scompiglio tra la gente che preoccupata si allontanò.
- Yukihira che ci fai qui? – lo riconobbe Erina.
- Lo conosce? – si accertò una guardia.
- Si non c’è problema è solo uno stupido studente della Tootsuki. –
- Vorrei parlarti. – riuscì a dire Soma.
- Cosa? Rimangono solo venti minuti al mio volo. – disse convinta che Yukihira avrebbe rinunciato.
- Beh, allora c’è tempo. – disse Soma come se non gli importasse dei minuti che passavano.
- No, che non c’è tempo! – lo rimproverò Erina, ma si alzò lo stesso dalla sedia – Lasciatelo. – ordinò ai suoi uomini. Loro obbedirono malgrado non volessero e si incamminarono dietro Erina per scortarla.
Yukihira però non era d’accordo – Se è possibile vorrei parlare da solo con Nakiri. –
Le guardie del corpo gli lanciarono sguardi minacciosi – Va bene – disse una donna tra le guardie – Ci posizioneremo qualche metro lontano da voi, ma sappi che ti teniamo d’occhio. –
- Non so perché tu stia partendo ma non pensi che sarà problematico non frequentare la scuola per diversi mesi? – cominciò Yukihira.
- Ti ricordo che stai parlando con la figlia del direttore dell’accademia e poi non paragonarmi a te. Potrò sempre restare al passo con gli argomenti studiando a New York. Veramente, cosa ci fai qui? – lo interrogò Erina.
- Non ci sono solo io. Sono venuti tutti perché vogliamo impedirti di partire. Sono tutti preoccupati per te. - disse Soma senza adirarsi più di tanto.
Erina abbassò lo sguardo – Ho pensato che non salutarvi sarebbe stato meno doloroso per tutti. –
- Quindi hai davvero intenzione di andartene? –
- Non vado via per sempre! – disse Erina con una voce mediamente alta, poi continuò con un tono più basso – Non è un addio. –
- Per qualcuno sembra di si. – disse il ragazzo inconsciamente.
In quel momento Erina si sentiva uno schifo, sapeva che aveva sbagliato a non parlare con Hisako e tranquillizzarla e trascorrere più tempo con tutti ma quel viaggio era importante.
Era la prima volta che faceva qualcosa non solo per e stessa ma anche per gli altri e l’aveva scelto lei di sua spontanea volontà. Ne valeva la pena? “Chissà” pensò nella sua testa la ragazza.
Nonostante gli occhiali da sole Yukihira riuscì a scorgere gli occhi lucidi di Erina.
- Perché sei venuto anche tu? – domandò curiosa la ragazza.
- Per dare una mano ma anche per di ricordarti della promessa che ci siamo fatti alla festa. –
- Ancora con questa storia – si spazientì Erina.
Nello stesso momento Soma e Erina furono travolti da una marea di persone che erano appena arrivate e freneticamente raggiungevano parenti, conoscenti o mezzi di trasporto tutti contemporaneamente.
Le tre guardie di Erina non riuscivano più a localizzare i due per la folla mentre i ragazzi venivano spinti dalle persone. Erina perse i suoi occhiali e poi…poi si creò un incidente inaspettato.
Soma e Erina finirono col baciarsi sulle labbra. Non fu un bacio a stampo.
I due erano totalmente presi da quel bacio, da quel gusto. Quel gusto travolgente che piano piano li trasportava verso il paradiso dei sapori. Si erano dimenticati completamente della partenza, delle persone intorno a loro e non avevano ancora realizzato che si stavano baciando per di più in pubblico, anche se quest’ultimo molto distratto.
Il bacio durò circa 40 secondi finché li riportò alla realtà un altoparlante da cui si sentivano troppe voci confusionarie e indistinte.
Erina e Soma non fecero molto caso all’altoparlante, dove Alice e gli altri litigavano su chi doveva fare il discorso per attirare l’attenzione di Nakiri.
I due erano ancora vicini e sentivano i loro cuori in subbuglio. Erina diventò subito rossa in viso e si allontanò da Yukihira – Non ti avvicinare – gli disse.
Soma che intanto aveva finalmente capito quello che era accaduto disse semplicemente – Beh, è stato un incidente. – con la sua solita faccina di quando vuole sdrammatizzare una situazione. Tuttavia quel bacio non lo rese del tutto indifferente.
Il cuore di Erina non cessava di tranquillizzarsi. Possibile che un bacio, in quel modo così imprevedibile, le era piaciuto tanto da farle battere il cuore? Era confusa. – Bastardo – riuscì solo a dire.
- Eh, ma ti ho spiegato che si è trattato di un incidente. – continuò Soma.
- Non ci credo! – s'infuriò la ragazza.
Poi ad un tratto la voce all’altoparlante si fece più chiara.
- Erina! – si sentì per tutto l’aeroporto. Era la voce potente di Alice che aveva vinto sugli altri. Erina non poté fare a meno di ascoltare sua cugina e ricordarsi che mancavano pochi minuti al suo imminente volo.
- Erina siamo venuti tutti qui, per te! – dopo Alice chiese ai ragazzi di dire anche loro qualcosa per non farla partire per poi continuare lei – Non puoi partire, perché non è questo quello che vuoi! Sistemeremo le cose insieme non devi fare tutto da sola. Ti prego rimani! – terminò commossa la cugina.
Erina percepì il dolore di Alice e anche quello del suo cuore ma doveva andare fino in fondo alla sua scelta. Azami che intanto aveva sentito tutto si precipitò dalla figlia per dirle che era ora di andare via.
Soma non voleva sforzare la decisione di Erina le disse solo un’ultima cosa – Ti giuro che arriverà il giorno in cui ti farò apprezzare la mia cucina. Solo…non dimenticartelo. –
Come sempre Yukihira sapeva come sorprenderla. Sentiva l’impulso di partire di dimenticare quello successo pochi minuti fa, ma poteva davvero scordare quel bacio e quelle parole così sincere?
Hisako che aveva percorso tutto l’aeroporto finalmente scorse un cappello blu scuro tra la folla, gli inconfondibili capelli dorati sotto i raggi del sole che spuntavano un po’ fuori dal berretto e accanto a lei Soma.
Erina si accorse subito della sua presenza. La sua amica aveva l’affanno a causa sua. Le andò incontro dopo aver chiesto a suo padre di poter parlare con Hisako, e poi sarebbero partiti.
- Mi dispiace per averti nascosto questa cosa, ma non volevo vederti così. – disse addolorata Erina guardando le lacrime rigare il volto di Hisako.
Quest’ultima l’abbracciò – Capisco che devi per forza partire ma volevo dirti lo stesso “Fai buon viaggio, amica mia”. –
Erina non pianse, lei non piangeva mai però si sentì bene in quel momento. Sapere che la sua amica aveva compreso la sua scelta la rendeva felice e allo stesso triste perché aveva fatto preoccupare ancora Hisako.
- Ci sentiremo tutti i giorni, va bene? Non preoccuparti troppo. – disse Erina staccandosi dall’abbraccio.
- Certamente Erina sama. – disse Hisako sempre in maniera formale, asciugandosi un po’ le lacrime.
Erina senza voltarsi indietro salì sull’aereo insieme a suo padre e le sue guardie del corpo.
Sull’aereo aveva un bel posto vicino al finestrino, c’erano delle persone forse parenti o amici di qualcuno che come lei partiva con quel volo. Alla fine arrivarono anche loro i suoi amici erano tutti insieme per salutarla ancora, agitando le braccia. Qualcuno di loro parlava anche e, nonostante il rumore dei motori che si accendevano dell’aereo, Erina immaginò quello che stavano dicendo. Poi si aggregò anche Yukihira che gli ricordò ancora del bacio e la sensazione di calore che aveva avvertito in quel momento.
L’aereo partì. Erina si toccò le labbra pensando “Sarà forse questo il sapore dell’amore?”.

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Capitolo 3
*** La foto ***



Soma sfrecciava con la sua moto, da solo. Una corsa contro il vento che senza pietà lo attraversava, intanto i suoi pensieri gli parlavano. Lo tormentavano. Riusciva ancora a percepire il tocco delle sue labbra contro quelle di Erina. Perché ogni volta che ricordava quel bacio lo portava in una dimensione di piacere sconfinato? Eppure si era trattato solo di una cosa accidentale. Non capiva come non avesse dato di matto in presenza dei suoi amici. Si era allontanato da solo proprio perché non riusciva a dimenticare il gusto che aveva assaporato in quel momento. Era qualcosa di sublime, indescrivibile. Assolutamente divino. Fece una sosta. Si avvicinò ad un distributore di bibite automatico. Sentiva improvvisamente caldo perciò prese la prima cosa fresca che gradiva. Appoggiò la lattina sul viso “Possibile che provo qualcosa per lei?” chiese Yukihira nella sua testa. “No, non è possibile. Non può piacermi una ragazza viziata e egocentrica come Erina” si rispose autonomamente. Aprì la lattina, ma il suo cuore non gli permise di bere. Aveva difficoltà anche solo ad avvicinare la bibita alle labbra. Subito gli venne un’idea folle. Con il sapore di quel bacio intendeva ricreare lo stesso gusto, e le sperimentazioni dovevano essere fatte all’istante. Così non perse tempo e recuperò la moto per tornare in accademia e iniziare a preparare dei piatti che si avvicinassero a quel sapore. Tutti gli altri tornarono ai loro dormitori con le auto dell’ex direttore anche Hisako che aveva preferito tornare a casa con calma in macchina.
Alice non aveva preso bene la partenza di sua cugina. Aveva fatto tanto per trovarle un posto lontano da suo padre grazie all’ospitalità del dormitorio Stella Polare, ma era fallito. Aveva provato anche a fermarla prima di andare a New York però senza risultati. Si era iscritta alla Tootsuki per battere Erina ma lei era sempre occupata. Avrebbe solo voluto passare più tempo con sua cugina. Aveva paura che Azami le potesse inculcare insegnamenti sbagliati o farle del male e sapere che non poteva fare nulla la faceva stare male. Ryou era li con lei ma non era bravo con le parole di conforto perciò la strinse a sé d’istinto. Alice fu sorpresa dal suo comportamento però non protestò le faceva piacere avere una spalla su cui piangere, così rimasero a lungo abbracciati.

Arrivato al dormitorio Soma prese un po’ di alimenti dal frigo e dalle dispense per provare a cucinare qualcosa, sotto gli occhi attenti e stupefatti di Fumio.
- Che stai facendo? – domandò curiosa la donna.
- Niente di particolare. – disse sbrigativo e concentrato in quello che stava facendo.

- Come è andata con la questione di Nakiri? –

- Oh niente, è partita ma abbiamo potuto salutarla tutti. –

Fumio vide la velocità e l’impegno con cui cucinava il ragazzo ma c’era qualcosa che la irritava.

- Non consumare tutte le provviste! E poi perché ti sei messo a lavorare di punto in bianco? E’ forse accaduto qualcosa? – chiese ancora la donna sperando in una risposta che non arrivò. Quando tornarono anche tutti gli altri, Fumio domandò ai ragazzi cosa fosse successo all’aeroporto poiché trovava Yukihira piuttosto strano.

- Perché questa domanda? – chiese Ibusaki dirigendosi con gli altri in cucina.

Si levò un acutissimo – Eeeehhhhh – da parte di tutti.

- Come mai Yukihira sta cucinando? – si domandava Yuki.

- E perché tutti questi ingredienti? – chiese invece Ryouko.

Soma mischiava di tutto, creava pietanze una dopo l’altra senza rendersi conto del tempo che passava.

- Servitevi, non fatevi problemi. Sto sperimentando una nuova ricetta. – disse Yukihira senza accennare del bacio.

Tutti assaggiarono i piatti che Soma preparava, ma si sorpresero che ognuno era diverso.

- Sono tutti molto buoni ma che genere di ricetta stai sperimentando? Ogni piatto ha ingredienti completamente differenti. – disse Isshiki cercando di capire cosa aveva/avesse in mente di creare l’amico.

- Beh, ancora non so quale ricetta utilizzare, perciò, per trovarla, sto facendo molte prove con ogni mix di sapore che mi viene in mente. – disse stupidamente. A quelle parole cascarono tutti dalle sedie.

- Si, è ufficiale. Credo che Yukihira abbia qualcosa che non va. – disse Marui.

- Si, ma chissà cosa. – era preoccupata Megumi.

Isshiki intuiva che il problema doveva avere a che fare con Nakiri Erina, ma non ci diede troppo peso. Dopo aver mangiato tutte quelle pietanze i ragazzi non cenarono neanche per idea. Fu una giornata stancante e così andarono a dormire presto. Soma si sdraiò sul letto con l’unico pensiero “Non ci siamo. Sono ancora ben lontano da quel gusto.”
Nei corridoi della scuola, il giorno dopo, Soma fu raggiunto dal suo amico giornalista.

- Ehi, volevo darti una cosa. L’articolo del ballo mi è venuto davvero bene e anche le foto. Questa è la copia in anticipo della rivista, guarda! – disse allegro Mitsuru.

Soma ricordò il giorno del ballo, sembrava passato un secolo. Una voce alle spalle di Yukihira però lo riportò al presente.

- Yukihira Soma sei tu giusto? Ho una cosa da dirti, è importante. – disse un ragazzo con un sorriso furbetto.

Soma lo guardò indifferente.

- Hai capito cosa ho detto? – insistette.

- Sto aspettando che tu mi dica la cosa importante. – disse Yukihira senza fretta.

- Capisco quindi non ti importa che ho una foto di te e Nakiri compromettente e potrebbe sentirlo l’intera scuola. – lo provocò.

Soma capì al volo e gli diede appuntamento in un posto riservato. Mitsuru ci capiva sempre di meno, ma non volle indagare oltre. Se Soma avesse avuto bisogno di lui allora gli avrebbe volentieri dato una mano. Il ragazzo si chiamava Hitoshi, frequentava il secondo anno. Aveva in mente qualcosa. Soma e Hitoshi si fermarono a parlare in un luogo isolato dl cortile infinito dell’accademia.

- Prima di tutto vorrei vedere la prova che hai effettivamente la foto. – disse Yukihira.

- Certo è comprensibile. – sfilò dalla tasca dei pantaloni il cellulare e mostrò la foto. L’immagine era nitida e purtroppo i due erano riconoscibilissimi. Per un momento Soma si sentì a disagio guardando quell’immagine di lui e Erina molto intimi, ma aveva nella testa ancora il sorriso beffardo di Hitoshi.

- Dimmi cosa vuoi? Sembra quasi che tu mi stia minacciando. –

- Sai, devi ritenerti piuttosto fortunato che sia stato io a vedervi e non qualcun altro altrimenti a quest’ora sarebbe già stata di dominio pubblico. –

Soma lo guardò male ma continuò a lasciarlo parlare.

- Se non vuoi che io pubblicizzi questa foto dovrai fare uno shokugeki con il sottoscritto. –

Soma aveva molte possibilità di vincere quindi accettò senza farsi problemi.

- Aspetta a dire di si. – Hitoshi sfoderò un altro dei suoi sorrisi.

- Di che parli? – chiese molto confuso Yukihira.

- Non avevo finito di parlare! – si agitò Hitoshi - In questo shokugeki devi fare a modo mio, ossia dovrai perdere contro di me in pubblico. –

Yukihira fu assalito dal terrore. Era costretto a perdere in una battaglia culinaria di proposito. Non poteva accettarlo così facilmente.

- Naturalmente non devi rispondermi ora, ma hai 24 ore di tempo per pensarci Yukihira Soma. Ricordati che se dovessi rifiutare le mie condizioni quella foto, quando sarà pubblicata, porterà dei guai sia a Nakiri Erina che a te. – terminò Hitoshi prima di lasciare solo Soma nella disperazione.

Qual era la scelta giusta da fare? Cos’era più importante, la foto o vincere allo shokugeki? Soma non aveva mai perso una sfida contro uno studente snob e per nulla talentuoso. Sarebbe stato considerato un perdente.

- Aaaahhhhh che devo fare!!! – si scompiglio i capelli rossi, parlando a voce abbastanza alta.

- Problemi Soma kun? – chiese gentilmente Megumi che passava di lì.

- Ah, Tadokoro chan. Nessun problema, ahahah – mentì il ragazzo, voleva nascondere il più possibile la storia del bacio perché di sicuro gli avrebbero fatto mille domande e la verità era solo uno stupido incidente.

- Anche tu hai terminato le lezioni? – domandò la ragazza.

- No, anzi ora che mi ci fai pensare ho una lezione tra cinque minuti. – disse tranquillo Soma.

- Corri allora, non vorrai rimanere fuori! – disse Megumi facendo ragionare l’amico. Soma perciò la salutò e andò via di corsa. Ogni volta che stavano insieme Megumi si divertiva sempre. La ragazza non aveva ancora avuto il coraggio di ammettere a se stessa che le piaceva Yukihira. C’era qualcosa che tuttavia la turbava. Soma non si comportava come sempre e lei voleva davvero sapere la causa di ciò. Terminate le lezioni Yukihira si fermò a riflettere sulla questione della foto. In fondo era solo una foto! No, non una semplice foto, ripensò il rosso. Se Nakamura Azami avesse saputo di quel bacio, sicuramente Soma sarebbe stato espulso e la Stella Polare in pezzi. Inoltre come padre era il peggiore, Erina sarebbe stata nei guai più di lui. Il sapore di quel bacio non riusciva a scordarlo…Soma appoggiò la schiena ad un tronco d’albero. Gli mancava quel comportamento da reginetta di Erina e poi lei lo aveva aiutato in diverse occasioni anche contro la propria volontà. Yukihira doveva farle questo favore. Per non causare problemi a lei o a lui, Soma aveva scelto di partecipare alla sfida. Camminava con la testa tra le nuvole poiché gli era già venuta un’idea di quale pietanza preparare durante lo shokugeki. Non poteva dimostrare le sue ottime abilità di cuoco, ma neanche creare i suoi esperimenti disgustosi all’inverosimile. Così optò per farsi aiutare da una ragazza che aveva conosciuto al festival del banchetto lunare, Nao Sadatsuka. Trovò Nao vicino ad un albero intenta a guardare qualcosa tramite un cannocchiale, ma Soma non diede molto peso alle azioni di stolking di Sadatsuka. Ovviamente la ragazza stava pedinando come il solito Hisako Arato che quel giorno aveva deciso di recarsi in biblioteca a fare delle ricerche. Nao la seguì sempre a una certa distanza e Soma, anche se non capiva quello che stava facendo, fece altrettanto perché doveva assolutamente parlare con Sadatsuka.

- Ehilà, Sadatsuka Nao! Come va? – le appoggiò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. La ragazza si girò con il cannocchiale ancora sugli occhi finché non riconobbe Yukihira.

- Stavi andando in libreria? Senti vorrei parlarti di una cosa. – disse cordialmente il ragazzo.

- A proposito di parlare anche io avrei da discutere una cosa con te. Ho visto che tu e Hisako onee-sama siete saliti sulla stessa moto l’altro giorno. Come mai? Stavo pensando quale maledizione inviarti. –

- Cosa? – chiese perplesso il ragazzo – Beh, era una situazione difficile. Per arrivare in tempo all’aeroporto a salutare Nakiri avevo pensato di darle un passaggio in moto. Tutto qua. –

- Ah capisco, allora va bene – si rincuorò Nao – Avevi qualcosa da chiedermi? – domandò poi la ragazza che intanto si avvicinava alla finestrella della biblioteca per spiare Hisako.

- Si, avrei bisogno di un consiglio per una ricetta disgustosamente raffinata. Proprio come le prepari tu. –

Nao si voltò verso Soma interessata – Sul serio? Beh allora certo che ti do una mano. – disse volenterosa. Trascorsero il tempo a pensare ad una ricetta che poteva essere utile a Soma.

Hisako intanto riuscì a trovare tutti i libri di cui aveva bisogno e li prese in prestito per consultarli al meglio. Era sempre in pensiero per Erina, non le aveva ancora telefonato. Si diresse verso l’uscita e vide la cosa più strana che avesse mai visto. Soma parlava amichevolmente con Sadatsuka Nao? Si stropicciò gli occhi per capire se fosse una visione o meno, ma non era un sogno. “Come mai Sadatsuka e Yukihira andavano d’accordo, ma soprattutto quando si erano conosciuti?” pensò Arato sempre più confusa, ma alla fine cedette e non indagò oltre. Le sembrava tutto così assurdo e surreale così tornò a casa.

Erina era stanca gli occhi sembravano chiudersi contro la sua volontà. Aveva lavorato troppo. Era il quinto giorno che trascorreva nella grande mela. Una bella città, ma troppi impegni. Con gli occhi chiusi i pensieri le scivolarono di mente, ma una cosa non la lasciava riposare tranquilla. Il pensiero assillante di quel bacio. Soma lo aveva raccontato ai suoi amici?Cosa avrebbe pensato Hisako se avesse saputo l’accaduto?
Perché si preoccupava così tanto? In fondo era stato un incidente e lei non provava nulla di romantico verso Soma, allora perché si faceva così tanti problemi? Non aveva telefonato a Hisako in quei giorni, le mancava, ma non poteva farci niente. Il lavoro con suo padre e la questione del bacio, di cui non voleva parlare, le mettevano ansia e stress.
Anche senza forze si ricordò di aver ricevuto un pacco da suo nonno. Lo aprì e ci trovò il nuovo numero del giornalino della scuola.
In prima pagina c’era la foto di Soma con Hitoshi che lo sfida a uno shokugeki. Ecco, anche la rivista gli ricordava di Yukihira e di quanto fosse impulsivo, ma Erina si domandava piuttosto come mai suo nonno le avesse inviato quel giornale.


Quella sera alla Tootsuki invece Soma aveva appena perso lo shokugeki di proposito con HItoshi e tutti i suoi amici lo tempestarono di domande per scoprire la causa. Soma non poteva aver perso sul serio, pensavano gli altri spingendo Yukihira a confessare della foto.


Erina si buttò sul letto, dentro di se si chiedeva cosa stesse succedendo all’accademia e cosa pensava Soma del loro bacio.
Lo squillo del suo cellulare la colse di sorpresa. Quando vide il numero e la persona che la stava chiamando ebbe un po’ di esitazione a rispondere. Era Hisako.
Doveva mentirle sul bacio? E se lo avesse già scoperto cosa avrebbe dovuto dirle?

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Capitolo 4
*** Cominciano i guai ***



La palestra della Tootsuki era maestosa proprio come tutti i luoghi che facevano capo alla famiglia Nakiri. Talmente grande che si poteva ospitare una gara di basket con uno stadio pari a quello calcistico. Soma percorse tutto il perimetro della stanza per ricongiungersi con i suoi compagni di accademia. C’erano proprio tutti i suoi amici. Il professore divise i ragazzi che avrebbero giocato a basket e le ragazze a pallavolo.
Soma era capitato nella squadra con Hayama, Marui e Ibusaki mentre come rivali c’erano Takumi, che non vedeva l’ora di cominciare per sfidare Yukihira e batterlo anche nello sport, insieme a Kuroba che aveva una faccia indifferente, ma in fondo era pronto per dare una lezione ad Hayama.
Intanto Isami tifava per suo fratello, restando in panchina, facendo compagnia a Megumi che aveva deciso di non  fare sport quel giorno. Era ancora molto giù dal bacio fra Soma e Erina, non poteva farci niente lei stava male e basta. Stringeva tra le mani il cellulare di Hisako perché la ragazza si era raccomandata che se avesse chiamato Erina avrebbe dovuto avvertirla subito.
Le squadre delle ragazze erano composte da Alice, che non capiva nulla di sport e altre studentesse davvero brave. Nella squadra avversaria invece c’era Hisako come caposquadra, che era abbastanza abile negli sport, più Ryouko, Yuki e Nao che con la sua ombra scura faceva quasi allontanare gli altri membri della squadra.
Il coach diede il fischio d’inizio così cominciarono le partite di basket e pallavolo.
Soma era veloce, scattante come una saetta e ogni volta si scontrava con Takumi che lo ostacolava in tutti i modi possibili. Soma non era abbastanza bravo da fare canestro così ogni volta Hayama, essendo più alto, segnava più punti possibili per la sua squadra. Kuroba invece sembrava davvero minaccioso, con o senza bandana in testa aveva una forza e uno sguardo sovrumani destando stupore tra i presenti.
Hisako e la sua squadra intanto stava vincendo contro quella di Alice che si muoveva come un bradipo per evitare di sudare. Tuttavia Nakiri odiava perdere così cercò di fare una schiacciata, ma non da sola. Chiamò Ryou a pochi metri da lei che era intento a fare canestro da lontano. Sentendosi chiamare dalla sua signora, però, lasciò immediatamente il pallone da basket e corse in direzione di Alice. La sollevò in aria quel tanto che bastava per fare una schiacciata. Il coach rimase senza parole. Hisako era immobile guardò soltanto la palla che cadeva con forza sul pavimento, incontrastabile e imprendibile. I ragazzi che giocavano a basket si fermarono di giocare per vedere tutta la scena. Era incredibile come Ryou, palestrato e minaccioso si facesse manovrare in quel modo.
Soma andò incontro a Kuroba – Che forza però sollevare Nakiri così, wow! – ammirava le braccia muscolose di Ryou.
- Hai visto! Ryou kun si allena ogni giorno per stare in forma e diventare super forte. – si vantò del suo assistente, Alice alla quale non importava assolutamente della partita.
Il professore di educazione fisica cercò di riportare l’ordine nelle squadre e con il fischietto attirare l’attenzione dei ragazzi per tornare ad esercitarsi negli sport. Tutto inutile.
Hisako era furiosa – Che cosa volevi fare? Guarda che non hai rispettato le regole e ovviamente quel punto non vale, ti sei fatta aiutare da Kuroba! E per giunta lo hai chiamato nel momento in cui anche lui stava giocando, sei scorretta! – cercò di avere ragione Arato.
- Scusami, ma non sapevo che esistessero delle regole per la pallavolo e poi sono stata io a fare la schiacciata. Quindi il punto vale eccome! – disse l’altra.
Hisako continuò a discutere con Alice lasciando in sospeso la partita di pallavolo. I ragazzi invece continuarono a giocare a basket come volevano loro. Il coach che era stufo di essere ignorato gettò la scheda degli esercizi che avrebbero dovuto fare i suoi alunni su una sedia e lasciò la palestra – Sono gli unici studenti che non mi ascoltano! – esclamò irritato mentre andava via, Isami e Megumi però lo sentirono da lontano.
Dopo squillò il cellulare di Hisako e Megumi chiamò Arato gridando per la palestra. Fortunatamente la ragazza sentì e si precipitò per rispondere alla chiamata di Erina ma nel farlo si scontrò con Hayama. I loro sguardi si incrociarono, ma Hisako lo ignorò subito per raggiungere il suo iphone e rispondere al più presto alla telefonata. Erina non poteva chiamare spesso, così ogni volta che si presentava l’occasione di sentirla Hisako non se lo faceva ripetere due volte.
Erano passati dei giorni da quando Soma aveva rivelato la verità sul bacio e Erina aveva ricevuto dei messaggi di Alice provocatori perché infatti anche lei  venne a sapere tutto. Così Erina cercava di non rispondere alle chiamate di sua cugina e a rispondere vagamente ai suoi sms. Insomma anche volendo dimenticare quel bacio era impossibile soprattutto quando ci si metteva Alice a rompere le scatole. Hisako cercava di far sbollire la rabbia di Erina che si sfogava proprio di questo, ma alla fine si finiva sempre per toccare il discorso su quell’incidente con Soma.
Alice curiosa di sapere cosa si dicevano Hisako e sua cugina gridò correndo nella direzione di Arato – Anch’io voglio parlare con Erina! – protestò.
Erina sentì le grida di Alice ed ebbe l’impulso di chiudere la telefonata, ma la voce che più la indusse a terminare la chiamata fu quella di Soma. Al solo sentire le sue parole Nakiri diventò rossa all’istante tanto da non capire più nulla – Hisako, c-ci sentiamo in un altro momento, ok? A presto. – disse agitata.
Hisako non comprese il suo atteggiamento, però aver sentito la sua voce la rendeva più tranquilla.
Erina sapeva che dal giorno della sua partenza qualcosa era cambiato in lei, ma soprattutto nel momento in cui le sue labbra avevano sfiorato quelle di Yukihira. Accidentalmente o meno, era successo. Non aveva il coraggio di parlare con Soma, l’imbarazzo glielo impediva. Nonostante tutto però la ragazza era felice di aver sentito qualche parola di Yukihira anche soltanto per telefono. Scosse la testa per cacciare via quel pensiero incessante “Non poteva innamorarsi di quello stupido!”. Non aveva mai avuto la necessità di questo sentimento d’amore quindi perché avrebbe dovuto accoglierlo con tanta facilità. Si sentiva triste per aver chiuso presto la telefonata, voleva tanto parlare con qualcuno che conosceva. Lì a New York non aveva amici ne ottimi conoscenti, ma solo datori di lavoro e collaboratori. Suo padre era riuscito ancora a rendere la sua vita chiusa e vuota. Era sul punto di richiamare la sua amica, ma aveva timore di sentire la voce di Soma. Non conosceva i sentimenti del ragazzo, cosa avrebbe pensato all’ipotesi di loro due come fidanzati. Faceva ridere al solo pensiero. Si, Erina non riusciva a prendere sul serio i suoi sentimenti. Forse era troppo fredda per ammettere le emozioni che la colpivano ogni qual volta Yukihira era nei paraggi e che la destabilizzavano del tutto.
Era sul letto a scrivere delle ricette nuove che aveva preteso suo padre. Azami non tollerava piatti pieni di sentimento o buoni all’inverosimile. Desiderava invece un tipo di cucina raffinatissima e di alta qualità.
Posò lo sguardo sull’orologio accanto al suo comodino, erano quasi l’una, il fuso orario la stancava parecchio, abituarsi era difficile e anche i suoi pensieri le cominciavano a pesare.
Si diresse verso la cucina perché il ristorante dove lavorava aveva bisogno di una mano in più per soddisfare i moltissimi clienti che arrivavano affamati e soprattutto spinti dalle voci che circolavano della famosa “God Tongue”.
Dopo ore in cucina vicino ai fornelli e aiutando i cuochi a dare il loro meglio Nakiri si cambiò per fare due passi in città. Era sera, scortata dai suoi soliti uomini uscì sotto gli occhi attenti di Azami che la vide dalla finestra dell’albergo in cui alloggiavano.
In quel momento Kohinata e la sua fedele amica Suzuki, divenuti clienti abituali del locale dei Nakiri, avevano prospettato di entrare per mangiare qualcosa di buono, ma appena videro Erina decisero di presentarsi.
- Devi essere la famosa nipote di Nakiri Saenzaemon, giusto? – si accertò Kohinata anche se sapeva benissimo chi era la ragazza.
Erina lo guardò bene – Si e voi? –
- Io sono Kohinata e lei è la mia amica Suzuki. Veniamo spesso in questo ristorante. –
- Mi dispiace ma non concedo autografi in questo momento. – disse prevenuta.
- No, non vogliamo un autografo. Vedi io ho frequentato per tre anni di medie l’accademia Tootsuki. So perfettamente quanto sia stancante cucinare. Io e la mia amica volevamo proporti di farti conoscere dei posti dove non solo si mangia bene, ma ci si diverte anche. – inventò al momento il ragazzo.
Le guardie del corpo non erano molto consenzienti però era Erina che doveva decidere. Nakiri non aveva amici in quella città e avrebbe dovuto passare ancora dei mesi lì, forse qualche conoscenza in più poteva essere l’ideale specialmente perché erano più o meno della sua età.
Azami ordinò al suo assistente di verificare chi fossero quei ragazzi che si erano avvicinati a sua figlia. Non si fidava di quei giovani spuntati dal nulla e così inviò una macchina dietro per spiarli.
Erina seguì i due ragazzi nelle strade affollate e luminose della grande mela sotto l’oscurità della sera. Si domandava come sarebbe stato girare la città con Hisako e gli altri. Soma, stranamente era sempre nella sua testa. Quella sera, come tutte le sere, buia e l’oscurità associata a suo padre la rendeva timorosa. Sentì un brivido per tutto il corpo. Yukihira era l’unico pensiero che riusciva ad annullare tutti gli altri.
Kohinata e Suzuki la fecero distrarre un po’ in alcuni locali dove si ascoltava anche musica dal vivo. Fu una serata nel complesso piacevole, ma Erina sentiva in ogni caso nostalgia degli amici che aveva lasciato alla Tootsuki.
Trascorsi due giorni a fare indagini su Kohinata e la sua amica, Nakamura decise di convocarlo nel suo ufficio e parlare a quattr’occhi.
Kohinata non conosceva affatto Azami ma pensò che come tutti i padri fosse geloso e protettivo nei confronti della propria figlia. Si presentò puntuale. Il padre di Erina era vicino alla finestra intento a specchiarsi. Non appena vide la sagoma del ragazzo sul vetro lucido si voltò piano – Così hai deciso di uscire con mia figlia. – cominciò severo.
- Si, credo che abbia bisogno di svagarsi un po’. –
- Già, il problema è che lo dico io con chi far uscire mia figlia. – disse Azami duramente.
Kohinata non fiatò.
- Ho saputo che hai frequentato la Tootsuki per tre anni circa, perché? –
- Volevo studiare diritto come mio padre. –
- Si, so che è uno stimato magistrato. Ora, dimmi la ragione per la quale io dovrei permettere che una persona come te possa frequentare Erina. –
Come avrebbe dovuto rispondere? Il ragazzo si trovava confuso, la persona che si trovava di fronte non era quella che si immaginava. Non gli avrebbe concesso tanto facilmente di poter diventare un amico o qualcosa di più della ragazza che amava. Gli occhi, crudeli, scuri lo fissavano intensamente e lo inducevano a indietreggiare. Così sfoderò la sua arma migliore, che poteva garantirgli un vantaggio.
- Per questa foto. Potrei mostrarla al mondo intero e creare uno scandalo, se lei non mi permettesse di vedere più vostra figlia. – mostrò il bacio tra Erina e Soma.
Azami studiò a lungo quel bacio. Non credeva possibile una relazione tra Erina e il figlio di Joichirou. Questo poteva vanificare tutto quello che aveva costruito del futuro di sua figlia. Doveva essere fredda, giudicare severamente ogni piatto e ubbidire ciecamente ai suoi comandi. Yukihira però poteva essere un problema. Non poteva permettere che Erina si innamorasse o sarebbe stata la fine della sua rivoluzione. I suoi piani potevano essere rovinati, ma cercò di rimanere calmo, avrebbe sicuramente trovato una soluzione anche a questo problema.
- Come l’hai ottenuta? – domandò il nuovo preside con un certo interesse.
- Non importa come io abbia fatto, quello che conta è che ho una prova schiacciante. -
Nakamura prese con gentilezza l’iphone di Kohinata, recuperò la memory card e la micro sd, poi lo gettò a terra e lo distrusse schiacciandolo con una scarpa.
Si avvicinò al ragazzo tremante e immobile – Non provare mai più a minacciarmi, chiaro? E se ti sto dando campo libero per uscire con mia figlia è solo perché questo fa parte del mio piano. Dimmi il nome di chi ha scattato la foto e non ne riparliamo più, d’accordo? – cercò di sorridere poi prese dei dollari – Tieni questi soldi, basteranno no? Puoi anche comprarti un cellulare di ultima generazione, basta che non fai capricci. –
Kohinata li prese e si dileguò in fretta da quell’ufficio dopo aver spifferato il nome del suo amico. Azami era una persona terrificante, adesso lo sapeva. Era dispiaciuto per aver rivelato il fatto della foto, ma ormai non poteva farci nulla.
Erina era intenta a preparare un sufflè quando entrò in cucina suo padre che la immobilizzò all’istante. Ogni volta che lo vedeva apparire, Erina aveva sempre il timore che poteva succedere qualcosa di spiacevole.
Azami ordinò agli altri cuochi di andare a lavorare nella cucina a fianco affinché lasciassero da soli lui e sua figlia.
- C’è forse qualche problema? – chiese Erina.
- Guarda tu stessa. – mostrò il bacio tra lei e Soma.
Erina diventò bianca, non poteva credere a quello che vedeva. Come l’avrebbe dovuto giustificare a suo padre? Il segreto non bastava perché quella foto era una prova più che sufficiente a rovinare la sua reputazione. Aveva il cuore che le martellava nel petto, ma non per aver visto immortalato il suo primo bacio bensì la paura dell’ira di Azami.
- Posso sapere che tipo di relazione hai con Yukihira? – domandò senza rabbia, ma con espressione atroce.
A quella domanda Nakiri non sapeva cosa rispondere, suo padre non avrebbe ascoltato una sola parola. Abbassò lo sguardo e fece capire che si era trattato di un incidente e che non aveva idea della foto.
Azami ripose nella tasca il suo telefonino – Quell’incidente come lo chiami tu potrebbe provocare uno scandalo mondiale. Anche se Yukihira è figlio di Joichirou non è certo un nobile come te! –
- Lo so. – disse incerta la ragazza – Come avete ottenuto quella foto, padre? – chiese Erina che voleva saperne di più.
- Non ha importanza, di questo me ne occuperò io. – disse, poi si voltò per lasciare Erina da sola a riflettere – Non credere che questo non poterà a delle conseguenze. Ricordatelo. – terminò Azami, minaccioso.
La ragazza appoggiò le mani sul tavolo e inclinò la testa disperata. Si domandava chi avesse scattato quella foto e cosa poteva fare per rimediare.
Hisako aveva appena seguito una lezione noiosa sull’igiene, ma visto che lei era esperta non le interessava più di tanto a parte il fatto che si trovava in vantaggio rispetto agli altri. Controllò il suo cellulare, era diventata una mania da quando la sua padrona e amica si trovava in un altro continente.
Incontrò Megumi con al seguito Yukihira e i fratelli Aldini e decise di fare un po’ di strada in loro compagnia finché non ricevette un sms su whatsapp da parte di Erina.
- Che cosa ti ha scritto? – chiese Soma.
Hisako aveva il volto preoccupato, da quel momento in poi pensò sarebbero cominciati i guai.
Il messaggio diceva così “E’ terribile Hisako, mio padre ha scoperto del bacio perché qualcuno gli ha inviato una foto di quel giorno e ora non so che fare. Tu sai qualcosa di tutto ciò?”.
Soma, Megumi e Takumi si allarmarono. Yukihira sospirò pesantemente, doveva trovare una soluzione al più presto ma la prima cosa era di parlarne con Erina. Doveva sapere la verità.
- Come rispondo, ragazzi? Parlarne per messaggi potrebbe equivocare le cose. – chiese consigli Hisako che aveva paura per la sua amica ancora le capitasse qualcosa.
- Ci parlo io. – si propose Soma – Componi il numero di Nakiri, Arato, voglio chiarire la situazione, a voce. –
Erina non si aspettava una chiamata di Hisako, le aveva mandato un messaggio proprio perché non si sentiva in grado di reggere una conversazione parlata, ma in fondo doveva pur sfogarsi con qualcuno.
- Pronto. – rispose Erina.
- Nakiri, sono Yukihira ho letto il tuo messaggio perciò è giusto che tu sappia ogni cosa. –
- Y-y-yukihira, che cosa? Perché mi hai chiamata con il numero di Hisako? – disse Erina troppo sorpresa e arrabbiata per comprendere le parole del ragazzo.
- Lascia stare questo, ho incontrato Arato poco fa. Ascoltami, io conoscevo l’esistenza di quella foto e voglio raccontarti tutta la verità. –
- Cosa vorresti dire con questo, che mi hai nascosto la verità sulla foto? E quale sarebbe questa verità? Tu cosa centri in questo? – si agitò Erina che era più confusa di prima.
- Un ragazzo di nome Hitoshi, che frequenta il secondo anno delle superiori qui alla Tootsuki per caso ci ha scattato quella foto e mi ha ricattato. Se avessi perso ad uno shokugeki contro di lui, non avrebbe pubblicato la foto. Ecco come sono andate le cose, non avevo idea che la foto fosse arrivata a tuo padre. – spiegò al meglio Soma.
- Che cosa! – esclamò Erina, voleva sparire in quel momento. Non conosceva quel dettaglio della storia e stava parlando con il ragazzo che aveva tentato di proteggerla. Aveva sacrificato una facile vittoria, si era messo in cattiva luce solo per evitare che una stupida foto girasse tra i media. Abbandonò il suo cellulare e si portò le mani sul viso sconsolato. La colpa per tutto quello che stava succedendo era sua, Erina lo sapeva bene. Per essere famosa, di ricca famiglia e per avere un padre terrificante. Yukihira non poteva fare nulla contro tutto ciò. Aveva cercato di aiutarla, ma se avesse continuato a fare qualcosa per lei sarebbe stato in pericolo.
- Nakiri, ci sei? – tentò più volte Soma per verificare che Erina fosse ancora in ascolto.
La ragazza dopo l’insistenza di Yukihira si accorse che la telefonata era ancora aperta. Portò il suo telefono all’orecchio destro e rispose ormai rassegnata – Ho capito, non ti preoccupare. – poi ebbe un esitazione e Soma se ne accorse.
- Eh? – disse Yukihira che ci stava capendo poco di quello che stava succedendo nella testa di Erina. Odiava parlare al telefono, non riusciva a percepire le emozioni dell’altra persona ne poter vedere il suo volto ne la sua vera reazione.
Erina voleva dire di più, ma la voce non rispondeva ai comandi. La sua testa le imponeva di sfogarsi ma il suo cuore era chiuso e pieno di lacrime per potersi esprimere.
- Mi dispiace. – disse infine la ragazza e chiuse la telefonata.
- Nakiri, rispondi! Nakiri! – provò ad insistere Soma, ma era inutile.
- Ha chiuso. – si rivolse agli altri vicino a lui.
Takumi e Megumi non dissero una parola, la situazione era più grave di quanto pensassero e stare lontani rendeva tutto più complicato. Hisako aveva un’aria triste, non aveva mai visto Soma tanto preoccupato e adirato. Però era ancora convinta che Yukihira potesse essere la speranza per contrastare Azami e salvare Erina.
- Dove vai? – chiese Megumi a Soma che si avviava verso la direzione opposta a quella del dormitorio.
- Vado a parlare con Hitoshi, voglio sapere quali sono le sue vere intenzioni. – disse deciso il ragazzo.
“Mi dispiace” quella frase offuscava la mente di Yukihira. Quando mai lei si scusava di qualcosa? E poi perché, se il pasticcio lo aveva creato lui. Voleva capire come mai quella chiamata lo turbava al punto da impazzire.


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Capitolo 5
*** La verità ***



Soma aveva perso lo shokugeki proprio come desiderava Hitoshi in cambio di mantenere il silenzio sulla foto del bacio. Alcuni degli studenti che erano andati ad assistere alla battaglia furono contenti che Yukihira avesse perso. In questo modo chiunque poteva pensare di battere Soma in uno shokugeki. La reputazione sarebbe certamente crollata ma non per i suoi amici che lo assalirono di domande.
Il rosso sperava di cavarsela con una risposta del tipo “Volevo sperimentare una cosa nuova, ma nel tentativo ho fallito”. Tuttavia nessuno poteva credere a quelle parole, non era nel suo stile perdere per una scusa del genere.
- Ok avete ragione, non sono stato sincero del tutto. Il giorno della partenza di Nakiri un ragazzo dell’accademia ci ha scattato una foto e mi ha in un certo senso ricattato per non renderla pubblica – spiegò in parte Soma.
- Non può essere che per una foto di voi due… - rifletté Hisako, sempre interessata a tutto ciò che riguardava Erina, poi ci arrivò molto vicino – A meno che non sia una foto compromettente! –
Yukihira ebbe una leggera esitazione perciò Nikumi insistette – Allora! Si può sapere che cosa è successo? –
Yukihira non aveva altra scelta che rivelare la verità del bacio.
- Tu e Nakiri vi siete baciati? – sperava di aver capito male Nikumi.
- Scusa ma è difficile da credere. – disse Marui.
Megumi faticava a immaginare la scena, ma i suoi sentimenti parlavano chiaro. Quella notizia la rendeva triste come non mai.
- E’ stato solo un caso, ma ecco la foto – mostrò a tutti i presenti la foto che gli aveva inviato Hitoshi.
- Sei sicuro che si è trattato di un caso perché dalla foto sembra tutt’altro! – gli fece notare Takumi.
- Sicuro che sia tutto ok? quel ragazzo poteva anche essere uno della “centrale” comandata da Azami. – chiese Ibusaki.
- Dai ragazzi ora non ne fate un dramma – cercò di sdrammatizzare Soma.
- Allora com’è stato? – chiese curiosa Ryouko.
- Beh, non mi viene in mente nulla. – mentì Yukihira.
- Come sarebbe! Baci colei che possiede il palato divino e non hai nulla da dire? – protestò Yuki desiderosa di sapere tutti i dettagli.
Hisako si creava tutti i possibili film mentali di come fosse potuta accadere una cosa situazione simile.
- Se si è tratto solo di un caso allora spiegaci come sono andate le cose. – volle sapere, molto interessata, Ryouko.
- E successo che all’improvviso una folla di gente ci ha spinto, per la fretta, tanto da baciarci. –
Hisako sentendo ciò si infuriò con Soma – Ma quante possibilità c’erano di baciarvi? Che cosa ti ha detto Erina? Non puoi essere così tranquillo mentre lei probabilmente avrà avuto un crollo psicologico! – poi prese il suo iphone – Adesso la chiamo per sapere come sta. Perché non l’hai detto prima? –
- Perché volevo evitare fraintendimenti. – cercò di giustificarsi.
- Quindi visto che è stato un caso, non siete una coppia vero? – chiese timidamente Nikumi che voleva a tutti i costi accertarsi dei sentimenti di Soma. Involontariamente era imbarazzata a fare quella domanda, ma il suo cuore voleva sapere la verità su quel bacio.
- Eh? – Yukihira stava cercando di elaborare una risposta decente, non poteva certo raccontare che il bacio gli era piaciuto altrimenti lo avrebbero frainteso completamente.
- Allora! – esclamarono Nikumi e Takumi all’unisono in attesa di una risposta soddisfacente.
- E’ stato solo uno sbaglio. Un bacio casuale niente di più. – disse in modo teatrale.
Nikumi si calmò, ma di poco, dentro di se non era del tutto sicura che quella fosse la verità. Nello stesso momento Hisako provava a telefonare alla sua amica. Quest’ultima era indecisa se rispondere o meno, ma in fondo non sentiva Hisako da giorni e forse parlare con lei le avrebbe fatto bene.
- Erina come sono felice di sentirti! Come stai? Ho saputo tutto da Yukihira, mi dispiace per quello che è accaduto. –
L’ipotesi di Erina era diventata realtà, Soma aveva raccontato a tutti dell’incidente. Solo che Erina non trovava il coraggio di parlare di quell’argomento.
Hisako si preoccupò di non sentire la voce dell’amica – Allora è vero che stai male per quel bacio! Probabilmente hai subito una specie di trauma, ma con me puoi parlare liberamente, se ti va. – si agitò Hisako.
- Calmati ti prego. Sto bene, ma preferisco non parlare di quello. Piuttosto come vanno le cose a scuola? –
Hisako si tranquillizzò sentando la voce limpida di Erina – Si sono fermati gli shokugeki, perciò è tutto più calmo. –
- Sono contenta, ma allora perché Soma ha dovuto fare uno shokugeki? – domandò perplessa Erina.
- Eh? – disse confusa Hisako – Come l’hai saputo? –
- Mio nonno mi ha inviato una copia del giornale dell’accademia. Allora chi ha vinto? –
Hisako era sul punto di dire la verità, ma conosceva Erina e sapeva che dicendole ogni cosa l’avrebbe fatta preoccupare.
Mentire era sbagliato, ma in fondo non poteva prendersi quella responsabilità che spettava a Yukihira. Era Soma a dover spiegare la situazione. Ma cosa poteva dirle? Alla fine si ricordò della collaborazione che Soma aveva stipulato con Sadatsuka.
- Si, Soma è impulsivo come sempre. Ha accettato uno shokugeki perché voleva sperimentare una nuova ricetta che aveva preparato usando la stessa cucina di Sadatsuka Nao. E ovviamente ha perso. –
- Cosa? E da quando quei due si conoscono? – si stupì l’amica.
- Già me lo chiedo anch’io. –
Le ragazze parlarono a lungo di come Erina trascorreva la vita a New York, della cucina di Sadatsuka e di quanti giorni sarebbero state ancora lontane.
Dopo la chiamata Erina si sentì più rilassata e libera. Aveva ascoltato la voce della sua amica, anche se distanti sapeva di poter sempre su di lei e viceversa. Riprese il pacco del nonno, all’interno c’era anche una lettera oltre al giornalino scolastico. La lettera era breve ma simpaticissima proprio come se l’aspettava. C’era anche qualcos’altro. Delle fotografie che ritraevano lei con gli altri ragazzi al ballo. Si soffermò sulla foto di lei e Yukihira mentre ballavano. Un miscuglio di emozioni la pervasero in un attimo. Quelle foto la portavano indietro nel tempo e ne sentiva nostalgia essendo poi lontana da tutto e da tutti. Fece un respiro profondo e ripose tutto nella busta così com’era arrivata. Non voleva stare male per dei ricordi così piacevoli. Riguardo Soma…no non aveva la forza per pensare anche a lui così crollò dalla stanchezza.
Soma aveva ascoltato parte della conversazione e c’era un dubbio che lo opprimeva – Le hai detto qualcosa della foto. – chiese a Hisako.
Lei aveva un’espressione seria. Soma aveva perso uno shokugeki e il suo orgoglio a causa di quella foto, ma non era colpa di Yukihira né di Erina.
- No, ovviamente le ho mentito. Però non si può andare avanti così. Di sicuro quell’Hitoshi non manterrà la sua parola. Non possiamo sapere quali sono i suoi veri obiettivi. – disse senza giri di parole.
- Lo so. – s’incupì Soma – Quando sarà il momento voglio essere io a dirglielo. –
Hisako fu contenta di sentire ciò da Yukihira e si rilassò di più.


“Avrò fatto bene a mentire sul bacio? Forse dovevo essere più sincero” rimuginava Soma, fuori al balcone. Neanche lui sapeva spiegare a parole quello che aveva provato durante il bacio e cosa sentiva nell’istante in cui cercava di ricordarlo. Forse era semplicemente ignorante al riguardo.
Hisako era tornata a casa accompagnata dai fratelli Aldini e Nikumi, giù di corda.
Megumi invece non aveva rivolto una sola parola a Soma. Era molto scossa anche se non lo dava a vedere.
- E’ stato un bel gesto quello di perdere una battaglia per il bene di Nakiri – si avvicinò Isshiki anche lui al balcone.
- Quella foto potrebbe danneggiare Nakiri, ma anche il nostro dormitorio se capitasse nelle mani di Azami. Perciò ho dovuto assecondare le volontà di quel ragazzo e poi non sarà una sconfitta a buttarmi giù di morale. – disse con una punta d’orgoglio.
- Conosco prima di te Nakiri Erina e ho notato che da quando ci sei tu lei tende a mostrare spesso il suo carattere nascosto. Davvero quel bacio non ha significato niente per voi? – chiese indagatore Satoshi.
- Non capisco di cosa tu stia parlando – disse ingenuamente Soma, era sincero non sapeva a cosa alludesse il senpai.
- Niente. Dimentica quella domanda. Piuttosto hai fatto amicizia con Sadatsuka Nao – cambiò improvvisamente discorso Satoshi.
- Si ci capiamo molto e poi è davvero in gamba. – Soma continuò a parlare del tipo di cucina che voleva imitare, simile a quella di Nao.
Isshiki ascoltava divertito i suoi discorsi, ma aveva ancora un dubbio “Se davvero non provi nulla perché non hai cancellato quella foto dal tuo cellulare, Yukihira kun?”. Isshiki rinunciò a far confessare Soma, prima o poi ogni cosa sarebbe venuta a galla.

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Il sesto giorno a New York cominciò per Erina in uno degli hotel più costosi e prestigiosi della città. Consumò velocemente la colazione che lei stessa si era preparata ed espresse poi il desiderio di poter visitare la grande mela. Azami nonostante fosse riluttante all’idea, le concesse di uscire per svagarsi un po’. Tuttavia doveva essere scortata da tre guardie del corpo.
Essere famosi e ricchi comportava sempre un prezzo da pagare. In questo caso la libertà. Non poteva uscire da sola perché qualcuno poteva riconoscerla e darle rogne, così doveva oltretutto utilizzare un abbigliamento non troppo vistoso, o peggio potevano rapirla per chiedere un riscatto.
I marciapiedi erano affollati dal via vai delle persone mentre il  traffico dei mezzi peggiorava col passare delle ore. Era abituata a vedere grattacieli maestosi o le strade affollate ma non la varietà di persone di diversa etnia passeggiare tutti insieme senza avere pregiudizi.
Come per il cibo, mischiare i diversi aromi o anche accostare tipi di cucine diverse, così si formava un cuoco eccellente. Sperimentare le varie cucine sparse nel mondo. I piatti di Joichirou Saiba erano perfetti proprio perché rispecchiavano queste caratteristiche culinarie.
Non poteva fare a meno di pensare al padre di Soma perché sapeva che stava lavorando a New York. Le sarebbe piaciuto assaggiare la cucina di Saiba prima di tornare in Giappone. Azami non le aveva ancora rivelato come conosceva Joichirou, però Erina evitava di fargli pressioni e motivi per farlo arrabbiare.
Anche volendo rivederlo non sapeva in quale ristorante lavorava Joichirou così si perse d’animo e non ci sperò più.
Era inevitabile pensare a Yukihira. La telefonata con Hisako l’altra sera la face riflettere. Perché Soma avrebbe perso in uno stupido shokugeki per fare sperimentazioni col cibo?
Qualcosa non le tornava. Erina non era stupida, gli  stavano nascondendo qualcosa.
Faceva supposizioni, si poneva tutti gli interrogativi possibili ed immaginabili ma più di ogni altra cosa…come mai Soma simpatizzava con Sadatsuka Nao, sua precedente stolker?
Sembrava quasi gelosa e un po’ si sentiva esclusa poiché non conosceva tutti i dettagli della relazione tra quei due.
Camminava affiancata da una guardia del corpo femminile e poco più indietro due uomini ben palestrati che indossavano vestiti comunissimi per passare inosservati.
- Signorina cerca di non pensare troppo perché potresti sbattere contro qualcuno o inciampare in qualcosa per terra. – la esortò la donna accanto a Erina.
La ragazza era abbastanza seccata da quel commento – Lo so, non sono più una bambina. –
Si avvicinò, ad un tratto, una ragazza di origini spagnole che chiedeva un’informazione. La guardia del corpo era pronta a rispondere ma Nakiri la precedette dimostrando di essere indipendente. Conosceva qualcosa di spagnolo oltre che perfettamente l’inglese e qualche altra lingua straniera, perché essendo una nobile non poteva essere da meno degli altri.
La donna sapeva quanto fosse incredibile Nakiri Erina, ma era ancora troppo ingenua per lasciarla girare da sola una città così grande.
Passarono le ore a girare mezza città, un po’ a piedi e il resto in limousine, finché non gli venne fame. Erina cercava un nuovo ristorante da provare, così andando un po’ alla cieca scovò un posto lussuosissimo.
- Meglio di no è troppo affollato qualcuno potrebbe riconoscerti. – consigliò la donna vicino a Erina.
- Non prendo ordini da nessuno. Se decido di mangiare in quel ristorante allora lo faccio. Lei non è mia madre per decidere cosa è meglio per me! – disse sprezzante Erina. La ragazza non si capacitava del perché avesse scelto quelle parole. Perché aveva messo in ballo sua madre? Scosse la testa per rimuovere l’immagine di quella figura materna dalla testa. Fermò l’autista e scese dall’auto scura.
Le tre guardie si arresero a quel comportamento ostinato e altezzoso perciò la seguirono in silenzio senza contraddirla, oltre.
Un ragazzo seduto al bar poco distante dal famoso ristorante non toglieva gli occhi di dosso da Erina. L’aveva riconosciuta, la stava seguendo da un po’. Questo poiché era un amico di Hitoshi, Kohinata.
Quest’ultimo sin da bambino l’ammirava. La conosceva di fama, collezionava tutti i suoi articoli e servizi fotografici. Il suo sogno era di poterla incontrare. Era un’ammirazione molto profonda, ma diversa da quella di Erina per Joichirou. Kohinata era proprio cotto di lei. Lui era simpatico, affascinante e ricco poteva far cadere ai suoi piedi qualunque ragazza, ma non era un don Giovanni. Per Kohinata esisteva solo la bella Erina. Persino la sua migliore amica, che sedeva lì con lui al tavolo del bar, non poteva reggere il confronto. La sua amica però nonostante fosse innamorata di lui lo supportava in ogni cosa.
Hitoshi che sapeva quanto il suo amico amasse Erina, non si era limitato a fargli sapere che la ragazza avrebbe trascorso qualche mese a New York, ma gli inviò anche la foto del bacio tra lei e Soma.
Kohinata non era geloso, conosceva le proprie doti e non temeva nessun rivale, quella foto poteva risultargli utile in ogni momento. Grazie ad essa infatti aveva riconosciuto Erina per il cappello che portava lo stesso giorno della partenza. Lui e la sua amica americana si imbucarono nel lussuoso hotel.
L’impressione che Erina aveva di quel luogo era piuttosto buona, gli dava molte aspettative.
Sin dalla prima portata Nakiri sentiva la straordinaria capacità dello chef, dopo cinque portate ebbe l’effettiva conferma che il cuoco fosse Saiba Joichirou. Non aveva dubbi! Voleva vederlo, perciò chiese ai suoi uomini di potersi allontanare per verificare di persona, in cucina, se il suo buon senso, in fatto di gusto, avesse fatto centro.
Sentendo il nome di Saiba, la donna le lasciò fare come desiderava, ma non si sarebbe allontanata per più di cinque metri dalla ragazza.
- Le chiedo scusa, prima ho detto qualcosa di sconveniente. – disse Erina dispiaciuta nei confronti della sua guardia del corpo.
- Non si preoccupi, non mi sono offesa, davvero. – tagliò corto la donna. Non conosceva perfettamente Erina, ma l’assenza della madre doveva essere un peso troppo grande da sopportare per lei.
Il padre di Soma era intento a cucinare e dare consigli agli aiutanti chef però non appena notò Erina la accolse calorosamente.
- Sono felice che tu sia venuta a trovarmi. Come stai? Sei venuta con tuo padre giusto? –
- Si, resterò per qualche mese qui a New York. –
- Soma mi aveva già avvisato che saresti venuta, ma non mi sarei mai aspettato di vederti così presto. –
- E’ stato un caso a dire la verità, avevo fame e mi sono fermata in questo bellissimo hotel. –
- Ti sono piaciuti i miei piatti? –
- Certo, come sempre. – era in imbarazzo, ma voleva tanto fargli quella domanda – Potresti assaggiare qualche piatto fatto da me? – sperò la ragazza.
Saiba si sorprese a quella richiesta ma non avendo nulla da obiettare, accettò volentieri offrendole l’opportunità di usare la cucina del ristorante.
Inizialmente non sapeva cosa preparare. Voleva stupirlo.
Quando si tolse la giacca, dalla tasca le cadde un foglio. Erina si ricordò della ricetta che aveva inventato dopo il bacio tra lei e Soma. Non l’aveva neanche sperimentata ma sapeva che non era del tutto completa e non poteva far assaggiare, all’uomo che ammirava tanto, un piatto incompleto. Il suo cuore tuttavia le ricordò del sapore di quel bacio che l’aveva mandata in estasi, impedendole di pensare a qualche altra bontà. Controllò che ci fossero tutti gli ingredienti che le servivano e propose a Saiba un piatto incompleto di ingredienti e privo di nome. Joichirou lo assaggiò ugualmente. Erina fece lo stesso per capire come fosse venuto. La cottura era perfetta, ma mancava infatti qualcosa. Non andava bene come gusto, non era uguale a quello che desiderava lei.
- Lo chef Yukihira approva! – disse Saiba entusiasta.
- Eh, ma… - farfugliò qualcosa Nakiri.
- Sei davvero un’ottima cuoca. Sono certo che se mi facessi assaggiare qualche tua specialità me ne innamorerei. –
In quel momento Erina arrossì tanto da rischiare di perdere i sensi, quello era un complimento che non sentiva tutti i giorni e poi proprio da Joichirou. Era il massimo per lei sentire quelle parole.
- Manca qualcosa vero? Il problema e che non so cosa. – spiegò Erina che intanto faceva funzionare il suo cervello in attesa di una brillante idea.
- Si manca qualcosa, ma credo che sembra già perfetto così com’è. –
- E quel “sembra” che mi fa impazzire! – si tormentò la ragazza.
- Hai pensato da sola a questo piatto? – domandò curioso.
- Beh, si più o meno. – balbettò Erina che non voleva dirgli che lei e suo figlio si erano baciati per sbaglio, e che il gusto di quel bacio l’aveva portata a creare una ricetta simile. L’avrebbe di certo presa per pazza o qualcosa del genere. Le balenò subito in testa una ipotesi sconcertante, cosa avrebbe pensato Joichirou del bacio? I suoi dubbi si spensero guardando l’orario. Doveva tornare da suo padre perché aveva un incontro importante perciò dovette salutare lo chef.
- Ci vediamo presto, uno di questi giorni e se ti fa piace potresti lasciarmi preparare questo piatto ai clienti. Magari riesco anche a trovare l’ingrediente mancante, ti va? – offrì Joichirou.
Erina fu felice di quella proposta lasciò la sua ricetta nelle mani di Saiba che non immaginava assolutamente quello che c’era stato tra lei e suo figlio. Tornando in macchina all’hotel dove soggiornava, Erina notò molte coppiette di fidanzati tenersi per mano. “Chissà cosa provano quei ragazzi? Perché l’amore è necessario? Cosa si prova ad avere una persona speciale che rivolge attenzioni solo nei tuoi confronti?” domandava a se stessa la ragazza mentre si preparava psicologicamente al resto della giornata da trascorrere con suo padre e i suoi uomini d’affari.



Sono riuscita a terminare il capitolo prima del previsto, il prossimo, però, uscirà a fine febbraio. A presto :).

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Capitolo 6
*** L'amicizia ***



Soma camminava tra i giardini stupendi e imponenti della Tootsuki in cerca del ragazzo che stava creando problemi a lui e a Erina. Camminava ma i suoi pensieri erano altrove, cercavano il volto di Nakiri Erina. Era spaventato all’idea che lei potesse tremare proprio come l’aveva vista il giorno del banchetto lunare a causa di suo padre. Incontrò per caso Alice e Ryou così fu costretto a riferire della telefonata. Alice decise di aiutare Soma – Da quando ho saputo da Hisako la situazione ho tenuto d’occhio Hitoshi quindi so dove cercarlo. –
Hitoshi era in un’aula vuota chino sui libri di storia della cucina. Soma fu percorso da una scarica elettrica appena vide il ragazzo. Lo prese per la camicia – Bugiardo, perché non hai rispettato il patto! –
Alice in quel momento pensò che Yukihira fosse diventato pazzo così chiese a Ryou di dividere i due. Hitoshi non capiva quell’atteggiamento.
- Non so di cosa parli! Datti una calmata. Se è per la foto non l’ho pubblicata affatto. –
- Già, ma al nuovo direttore si! Sa tutto. – disse Soma cercando di trattenere la rabbia per non esplodere come prima.
- Cosa? – Hitoshi non aveva inviato la foto ad Azami ne era più che sicuro poi ricordò Kohinata, lui era l’unico a cui l’aveva data.
Ryou incitato dalla sua padrona domandò – Se non sei stato tu a inviare quella foto. Chi è stato? –
Hitoshi non poteva rischiare di essere picchiato perciò raccontò di Kohinata.
- Perfetto adesso tu dici a questo tizio che non deve intromettersi in queste faccende. – chiarì Nakiri.
Soma non era più sicuro di nulla, c’era un ragazzo di cui non conosceva l’esistenza che aveva mostrato quel bacio ad Azami. Perché? Per quale motivo l’avrebbe fatto. Era troppo lontano per poter fare qualcosa.
- Lascia perdere Alice, Nakamura ormai sa tutto in ogni caso. – si arrese all’idea il rosso.
- Hai forse intenzione di arrenderti? Ci sei dentro anche tu in questa situazione! – lo rimproverò Alice – Io andrò fino in fondo finché non saprò Erina al sicuro. – continuò.
- Già, ma dimmi tu quello che bisogna fare perché non ne ho idea! – le gridò di rimando Yukihira.
- Ehi, Yukihira non ti conviene parlare così alla mia signora. – disse Ryou vedendo la faccia di Alice sconvolta per il tono che aveva utilizzato Soma. Quest’ultimo si rese conto di non essere stato gentile. Si scusò e andò via. Odiava quel sentimento di sconfitta ogni volta che perdeva ad una sfida culinaria e quella volta pur non essendo uno shokugeki si sentiva così. Aveva perso la possibilità di rendersi utile.

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Le giornate erano diventate tutte uguali per Erina, non aveva più contattato nessuno da quella telefonata. Neanche con Hisako riusciva più a parlare. In più era deconcentrata nella cucina. Quasi si tagliava con un coltello nel tagliare una carota, non era più lei. Anche la cucina non riusciva a trasmetterle nulla. La forza e la passione che lei ritrovava quando preparava dei gustosi piatti sembrava essere morta con quel “Mi dispiace”. Involontariamente aveva perso la voglia di fare l’unica cosa che amava tanto: cucinare. Dalla finestra doveva filtrare ancora la luce del giorno ma Erina vedeva solo un colore spento. Grigio, proprio come lo era la sua vita in quelle giornate prive di colori vivaci.



Era sera, la biblioteca dell’accademia rimaneva aperta entro massimo le otto e mezza. Hisako era lì, si era appisolata per la stanchezza dello studio abbandonata sopra un libro di cucina che le aveva consigliato tempo fa Erina. La sua mente cercava di elaborare delle immagini. Un sogno vivido perché era realmente accaduto tempo fa portò Hisako indietro nel tempo, ad un ricordo importante. Il primo giorno che incontrò Erina.
Aveva solo cinque anni quando Hisako vide per la prima volta Erina. Passeggiava con la sua famiglia per i viali alberati ad un certo punto vide una bambina con i capelli lunghi biondi. Era di spalle e accanto tre uomini distinti in giacca e cravatta che la invitavano a salire in una limousine scura. Da quel giorno Hisako si appostò vicino alla villa dei Nakiri per sperare di rivedere quella bambina finché il suo desiderio si avverò. Erina era alta quanto lei. La prima cosa che Arato piccina pensò fu quanto fosse bella, i capelli curatissimi, lucidi e splendenti. Il suo viso però era pallido, aveva uno sguardo perso nel vuoto. C’era un po’ di inquietudine in lei e sicuramente anche se taceva sembrava gridarle aiuto. Hisako era sbalordita dalla sua coetanea, voleva davvero essere come lei ma non poteva perché Erina sembrava un angelo. Anzi, no, era come una dea in miniatura. Una piccola divinità scesa in terra. Hisako non proferì parola si limitò ad ammirarla ed Erina che dopo aver visto l’oscurità riusciva finalmente a vedere qualcuno, una potenziale amica.
La biblioteca a poco a poco si stava svuotando. Hayama era uno degli studenti rimasti ancora che fu sollecitato dalla bibliotecaria ad andare via perché avrebbe dovuto chiudere a chiave la stanza. Il problema era Hisako addormentata. Akira non sapeva che ci fosse anche lei, ma vista la situazione si incaricò di persona di chiudere la biblioteca. La donna si fidò e gli affidò le chiavi di riserva. Erano quasi le nove Hayama sbirciò il libro su cui era appoggiata la ragazza. Lo conosceva bene, poi si soffermò sul viso di lei. Semplice e delicato, si limitò a sorridere. Prese un libro dallo scaffale più vicino e lo sfogliò per ingannare il tempo.
Hisako si svegliò a causa di uno squillo del suo cellulare. Aprì gli occhi lentamente e si trovò di fronte il ragazzo con cui non voleva avere a che fare.
- Ben svegliata! Per quanto ancora avresti voluto dormire? – domandò lui sarcastico.
Hisako era meravigliata di trovarlo lì, di fronte a lei, ma ignorò completamente Hayama e guardò il suo iphone. Sperava con tutto il cuore che Erina le avesse manato un sms, ma era solo suo padre che voleva sapere come stava sua figlia. Rispose al messaggio e chiuse il prezioso libro di cucina che aveva consultato.
- Mi dovresti ringraziare perché ti ho aspettato. – disse Akira mentre Hisako riponeva i vari libri nei vari scaffali – Ho capito che mi stai evitando, ma potresti anche rispondere. –
- Cosa dovrei dirti? Grazie per gli insulti, vorresti aggiungerne altri? – rispose risentita la ragazza, ricordando il giorno dello shokugeki.
- Veramente erano delle critiche costruttive. – spiegò Akira mettendo a posto il libro che aveva tirato giù dalla libreria alle sue spalle.
- Ok, lasciamo stare. – non voleva discutere Hisako.
Dopo aver chiuso a chiave la biblioteca Hayama chiese alla ragazza se preferiva che l’accompagnasse.
- Casa mia è vicina. Non ho bisogno della balia. – disse con orgoglio.
Akira si arrese e prese un’altra strada.
Ogni volta che vedeva Hayama, le faceva male. Non poteva fare a meno di pensare che era a causa sua se decise per un periodo di abbandonare Erina.
Il cuore di Erina era tornato come i vecchi tempi, di pietra. Al punto che per distrarsi un po’ preferiva uscire con Kohinata e Suzuki piuttosto di chiacchierare con la sua amica Hisako. Ormai la sua vita procedeva così non c’era più posto per le vecchie conoscenze, il piano di suo padre era infatti allontanare dalla figlia tutti coloro che piano piano la stavano aiutando a cambiare. Erina lasciò il suo cellulare incustodito sul tavolo della cucina. Azami lo notò perché ogni tanto si illuminava e vibrava. Erano i tanti messaggi che Hisako inviava a Erina incessantemente perché voleva ricordare alla sua amica che per qualsiasi cosa lei ci sarebbe sempre stata. Azami prese in custodia il telefono della figlia, lo spense e lo nascose nel suo ufficio.
Era passato un mese dalla partenza di Erina. Hisako non riusciva a contattare più Nakiri, sperava che fosse a causa dell’impegno con la cucina. In realtà però sapeva che c’era qualcosa di più e preoccupante.
D’improvviso ricevette una telefonata. Era il numero di Erina. Un barlume di speranza si era acceso nei suoi occhi, non ebbe alcuna esitazione e rispose raggiante – Sono felice che tu mi abbia chiamata! – disse contenta Hisako.
- Mi dispiace, ma Erina non può parlare. Perciò lo farò io al suo posto. – disse una voce maschile, inconfondibile e cupa. Era Azami. Perché aveva il cellulare di Erina? Era paralizzata dalla paura, inconsciamente.
- Erina sta bene, se è questo quello che vuoi sentire. Tuttavia ha già degli amici che la distraggono abbastanza, non ha bisogno di te. Quindi ti sarei grato se non la richiamassi più, ne tanto meno mandarli messaggi. Mi sono spiegato? –
Quella appariva più come una minaccia, Hisako era forte ma quando si trattava di Erina il suo umore cambiava drasticamente. Il dolore che provava Erina, anche se lievemente, lo sentiva pure lei.
- Ho capito, ma vorrei sentire comunque la sua voce. È possibile? La prego! – disse con parole tremanti.
Azami non negò quell’offerta, seppur sbagliata poteva renderla a suo vantaggio. Accostò il ricevitore abbastanza vicino a Erina che intanto giocava a carte con Kohinata e Suzuki. Hisako ascoltò tutto. Erina sembrava molto serena e la sua amica l’aveva compreso bene solo che non si aspettava un cambiamento così radicale. Non sapeva che Erina avesse conosciuto degli amici in poco tempo ed essere entrata così in sintonia con loro. Le sembrava impossibile, ma era la realtà. E doveva accettarla. Istintivamente Hisako chiuse il telefono. Per Azami invece era una delle vittorie che si impose di ottenere.
I passi si fecero sempre più lenti e incerti. Hisako si abbandonò di spalle ad un tronco d’albero, lo stesso con cui passava i pomeriggi a leggere o pensare. C’era un’atmosfera di quiete, era davvero piacevole sentire il vento tra i capelli quasi come una ninna nanna. La voglia di dormire c’era però i suoi occhi non si chiudevano. Erano pieni di lacrime. La sua migliore amica l’aveva rimpiazzata con qualcun’altra molto facilmente. La colpa era certamente di suo padre, ma sentire Erina felice e spensierata che giocava a carte con altri amici la rendeva triste e malinconica. A pochi isolati da Hisako una ragazza la ammirava dalle lenti di un binocolo.
Nao Sadatsuka piangeva per Hisako, aveva ascoltato tutta la conversazione – Maledetta Erina, a causa tua adesso Hisako sta piangendo. Che perfida! – commentò tra se. Voleva essere accanto a lei per consolarla, confortarla ma qualcuno la precedette.
Hayama stava percorrendo quel viale alberato con la sua moto, ma appena vide Hisako si fermò. Lei gli lanciò un’occhiata di disgusto mentre Akira le si avvicinava. Lui si sedette sull’altro lato del tronco d’albero dove era appoggiata la ragazza.
- E’ a causa di Erina? – chiese cordialmente.
Hisako tacque. Non aveva voglia di parlare con Hayama di un discorso così delicato.
- Capisco perché non me ne vuoi parlare, in fondo siamo praticamente estranei. Però non è la prima volta che ti vedo in queste condizioni. –
La ragazza si sorprese a quella frase – Che vorresti dire? – volle sapere.
- Non conosco il motivo, ma avrò avuto più o meno sei anni il giorno in cui ti vidi piangere dopo essere stata nella residenza dei Nakiri. –
- Cosa? Quindi il bambino che non riuscii a vedere eri tu? Che ci facevi da quelle parti? – chiese Hisako asciugandosi gli occhi.
- In quel periodo fui adottato da Jun e per la prima volta dovevo frequentare una vera scuola quindi ero andato dal preside per le pratiche. –
Hisako ricordava bene quel giorno. Aveva pianto tanto perché Erina era molto esigente con il cibo e desiderava dei piatti perfetti. Da quel momento in poi si era fatta in due per arrivare ad un livello possibilmente accettabile da Erina.
- Non era un buon motivo per spiarmi. – continuò la conversazione Hisako.
- Mi trovavo nei paraggi, non l’ho fatto di proposito. Piuttosto dov’è finita la grinta che avevi nel migliorarti tanto per la tua padrona? –
- Hai intenzione di farmi arrabbiare perché ci stai riuscendo! – disse la ragazza alzandosi in piedi. Hayama fece lo stesso – Sto cercando di aiutarti! Devi sfogarti! –
Lei lo guardò con gli occhi ancora rossi e bagnati di lacrime – Vuoi sapere che è successo? –
Akira era pronto ad ascoltarla.
- Erina ha dei nuovi amici, forse è come avevi detto tu sono troppo limitata per starle accanto. Non mi impegno abbastanza! –
Hayama voleva ribattere a quelle parole, sentiva di dover dire qualcosa riguardo quella battaglia culinaria, ma optò per qualcos’altro – Ho capito, sei gelosa. –
- Cosa? Non è affatto vero! – si scaldò Hisako.
- Certo che è così. È chiaro che ti da fastidio il fatto che Nakiri ti abbia messa da parte al posto di qualcun altro, mentre prima tu eri la sua preferita. Qualcuno su cui poteva contare, ma adesso non ti risponde neanche a degli stupidi sms. È questa la verità! –
Akira aveva colto nel segno e Hisako era tentata di strangolarlo o cose del genere. Scoppiò a piovere forte e i due si bagnarono un po’.
- Tieni il casco, così ti ripari la testa. – propose Hayama tempestivamente – Ti accompagno a casa. – decise lui.
- Scordatelo! Io non ci salgo sulla tua moto! – protestò Hisako.
- Sbrigati o prenderai un raffreddore! – gridò Akira col casco abbassato, successivamente Hisako salì senza fare altra resistenza.
Sadatsuka Nao bagnata fradicia vide i due allontanarsi – Stupido Hayama la prossima volta non te la farò passare liscia. – disse per sfogare la rabbia.
Quando la portò nella sua villetta Hisako ringraziò Akira.
- Non devi ringraziarmi. – disse lui alzando la visiera del casco.
- Già, non te lo meriti. – concordò Hisako.
I genitori di Hisako un po’ in ansia la raggiunsero. Hisako entrò subito al riparo con sua madre mentre suo padre si avvicinò ad Hayama.
- Grazie mille per aver riportato mia figlia a casa. – disse gentile.
- Si figuri. Non è stato nulla di ché. –
- Infatti non pensare di innamorarti della mia bambina, capito? – disse un iperprotettivo esemplare di padre. Akira si stupì del veloce cambiamento di personalità dell’uomo.
- Comunque sia ti sono debitore per la seconda volta. Grazie per esserti preso cura di mia figlia ancora. –
Hayama era intontito. “Per la seconda volta”? Che cosa significavano quelle parole? C’era stata una prima volta in cui aveva riaccompagnato Hisako a casa sua? Il problema era che lui non ricordava affatto quel particolare giorno.
Hisako era in camera sua. Fuori pioveva ancora. Ripensò alla gentilezza di Akira, non se lo aspettava proprio. Però la cosa che la paralizzava era di non poter comunicare con Erina e che forse sarebbe arrivata presto la fine della loro amicizia.
Il giorno successivo Hisako parlò con Soma e tutti gli altri. Yukihira aveva perso la voglia di fare qualcosa. Se neanche Hisako era riuscita a parlare con Erina neanche lui avrebbe potuto salvarla.
- Yukihira tu sei il solo che puoi farla ragionare! – disse Alice convinta – Parlerò con mio nonno. Lui può farci arrivare a New York con la scusa di fare esperienza culinaria in uno dei suoi ristoranti. Non è ancora detta l’ultima parola. – disse rivoluzionaria e piena di entusiasmo Nakiri.
Senzaemon accolse la richiesta dei ragazzi, in vista delle vicine vacanze estive, lui avrebbe fatto partire almeno gli otto ragazzi arrivati in finale alle elezioni autunnali, per dare a loro la possibilità di salvare sua nipote.
Soma però chiese al vecchio direttore di poter fare un’eccezione. Voleva partire qualche giorno prima della fine delle lezioni, in quanto aveva già un posto in cui stare. Avrebbe raggiunto suo padre a New York per le vacanze e rivedere al più presto Nakiri.
Erina era affacciata al balcone. Di sera le luci della città rendevano tutto più malinconico. Le giornate che passava erano sempre uguali, tutto era diventato monotono. I ricordi della Tootsuki erano davvero belli da stare male perciò li reprimeva dentro di sé e lasciava il posto alla freddezza. Aveva eretto un muro con coloro che la rendevano felice e fece posto a tutto ciò che non comprendeva emozioni. Persino il sapore di quel primo bacio stava svanendo e la possibilità si sfogarsi con la sua migliore amica era improbabile. Il suo cuore di pietra non lo accettava e non poteva spezzarsi sapendo che c’era ancora qualcuno che le voleva bene.
Anche Soma aveva raggiunto la staccionata del suo amato terrazzo. Non aveva ancora riprodotto perfettamente il sapore di quel meraviglioso bacio ma la determinazione non era svanita del tutto. Erina doveva solo attendere un altro po’ e lui sarebbe andato a riprenderla.

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Capitolo 7
*** Soma a New York ***



Soma sapeva qualcosa riguardo l’America. Il posto più bello e ambito del pianeta. New York poi essendo la capitale molto moderna e industrializzata attirava i visitatori da tutte le parti del mondo. Si doveva aspettare una varietà di etnie, lingue e culture diverse tra loro e lui essendo giapponese si sentiva più estraneo di chiunque. Tuttavia anche se l’America poteva essere una grossa opportunità, le persone che ci abitavano erano uguali a tutte le altre. La gente ricca da una parte mentre quella di ceto sociale inferiore da un’altra. Questo non sarebbe cambiato da nessuna parte del mondo. La sua guardia del corpo era simpatica, un uomo alto e robusto che parlava solo se interpellato però aiutava moltissimo Yukihira a relazionarsi con le persone inglesi dato che il ragazzo era ignorante con le lingue straniere.
L’obiettivo primario di Soma era parlare con Erina in ogni caso perciò si faceva guidare dall’uomo di fiducia di Senzaemon per incontrare la ragazza.
Le 12:00 segnava il cellulare di Soma mentre avanzava verso l’Hotel in cui lavorava Nakiri. Più passi faceva più si sentiva nervoso di incontrarla. Non sapeva bene come chiamare quei sentimenti che provava il suo cuore gli diceva soltanto che non poteva ignorare il fatto di aiutare Erina. Quel bacio tra di loro gli aveva dato la voglia di agire e preoccuparsi per la ragazza con cui si scontrava sempre. Non avevano mai avuto una conversazione normale, ma solo battibecchi. Lei non sopportava il modo di fare di Soma e lui non riusciva a stare al passo con le sue provocazioni.
Il posto non lo sorprese affatto, elegante e bellissimo. Quell’Hotel doveva valere molto e anche il servizio.
C’erano molti tavoli prenotati, altri già occupati da gruppi di famiglie o semplicemente persone d’affari e coppie. Fortunatamente il loro tavolo era stato già ordinato grazie a Senzaemon che aveva provveduto. Soma e il suo accompagnatore si accomodarono e sfogliarono il menu. A Yukihira quasi venne un colpo nel leggere i prezzi delle pietanze. Sicuramente non avrebbe potuto pagare nulla con quelle cifre, ma Sai, la sua guardia, gli assicurò che ci avrebbe pensato lui.
Scelse un primo piatto di pesce mentre Sai optò per un piatto totalmente vegetariano.
- Sono davvero curioso di assaggiare qualcosa preparata da Nakiri. È la prima volta, sa? – disse Yukihira a Sai.
- Non credo che la signorina Nakiri cucinerà ogni cosa, penso invece che darà una mano nella preparazione, ma che lei cucini direttamente dei suoi piatti è difficile. Ho sentito dire che Azami è molto esigente e perciò sarà lui a decidere quali pietanze servire. Dal menu infatti sembra tutto così raffinato e lontano dalle prelibatezze della figlia. – rivelò Sai.
- Lei ha mai assaggiato qualcosa preparata da Nakiri per fare un confronto? – chiese il ragazzo.
- Certo sono molto vicino alla famiglia Nakiri e mi è capitato qualche volta di poter assaporare dei cibi vegetariani davvero sopraffini quando la nipote di Senzaemon desiderava sperimentare questo tipo di piatti. –
Soma, deluso, si rassegnò all’idea di conoscere come cucinava Erina.
Dopo aver degustato le portate Soma, con la pancia piena decise di farsi accompagnare dalla sua guardia nelle cucine dove presumibilmente lavorava anche Erina. La ragazza era intenta a preparare una musse al cioccolato, concentratissima da non notare l’entrata di Soma.
Uno dei cuochi si avvicinò ai due per farli allontanare ma Yukihira era ostinato – Voglio solo parlare con Nakiri. È urgente. –
La voce di Soma attirò l’attenzione di Erina che si girò di scatto. I due ragazzi incrociarono i loro sguardi, per Erina vedere Yukihira sembrò quasi una speranza. Rivedere qualcuno che ogni volta le scatenava mille emozioni la fece agitare. La sorpresa di rivedere Yukihira fu tale da lasciar cadere la ciotola col cioccolato sul pavimento. Erina distrattamente la recuperò e chiese aiuto per pulire il danno che aveva fatto.
- Ci pensiamo noi. – disse una giovane ragazza gentile e premurosa. Erina si scusò e vide Soma avvicinarsi a lei.
- Non ti avvicinare. Prima dimmi che sei venuto a fare a New York! E poi mi spieghi che ci fai nel mio ristorante? – domandò a raffica Erina.
- Sono venuto per sapere cosa ti succede. Eravamo tutti preoccupati soprattutto la tua amica Arato, perché avevi smesso di contattarla. –
- Non ti intromettere nella mia vita! Vorrei che ne restassi fuori, chiaro! – disse freddamente lei.
- Questa è stata anche un’idea di tuo nonno, è preoccupato. – fece presente il rosso.
- Lo so ma ora sono qui e mi sto adattando. Tu non hai il padre che ho io. Non puoi capire! E poi sto imparando tante cose. – disse fiera Erina.
- Certo come no, magari preparando dei piatti che non sono neanche nel tuo stile perché tuo padre ti controlla. Ma non capisci che ti sta facendo il lavaggio del cervello. – la schernì Soma.
- Basta, invece di sprecare il tempo a capirmi perché non ti preoccupi della tua vita. Non sei minimamente all’altezza di tuo padre. Sono andata nel ristorante dove lavora e mi è sembrato fosse migliorato ancora in cucina. – fece un ghigno – Di sicuro non arriverai mai al suo livello, ne tantomeno provare a convincermi che puoi aiutarmi, con la mia situazione, perché è così. Nessuno può aiutarmi. Adesso vattene, se ti trovasse qui mio padre sarebbe un guaio. – si voltò e ricominciò a cucinare con i suoi colleghi.
Soma era ferito dalle parole di Nakiri ma più di tutto essere paragonato a suo padre. Il migliore. Se prima sentiva compassione per Erina in quel momento c’era solo risentimento nei suoi confronti. Avrebbe voluto controbattere, ma la verità era che Erina aveva ragione. Lui non poteva competere ancora contro il suo vecchio.
- Mi dispiace ma non ho intenzione di mollare. Non ti darò pace finché non comprenderai che hai bisogno di aiuto. – disse Soma prima di andare via lasciando Nakiri in stato confusionario. Per Erina non era costato nulla dire quelle parole, era stato facile dire cose cattive però doveva ammettere che il muro di ghiaccio si era scalfito un poco dopo l’apparizione di Soma. La rabbia che aveva provato nel rivederlo e le emozioni forti, che le stringevano il cuore, erano la prova che l’indifferenza nei confronti di tutto ciò che si voleva lasciare alle spalle, ovvero i suoi amici, non aveva un effetto duraturo. Ricominciò a sentire un lieve dolore, in particolare pensando a Hisako per la quale aveva ignorato i suoi sms e le sue chiamate.
Kohinata vide Soma uscire dal locale dei Nakiri e subito lo raggiunse.
- Scusami! – attirò l’attenzione di Soma.
- Dici a me? Chi sei? –
- Mi chiamo Kohinata e sono un amico di Nakiri Erina. Beh a dire il vero siamo amici da poco. –
- Kohinata…aspetta come mai mi conosci? –
- Non so il tuo nome ma ti ho riconosciuto subito appena ti ho visto. A causa della foto del bacio. –
Soma ricordò che Nick aveva inviato la foto compromettente a un suo amico di New York. Era infastidito da quel tono quasi amicale e meschino di quel ragazzo che non si era fatto scrupoli a mostrare ad Azami quel bacio. Avrebbe voluto mollargli un pugno in faccia, ma non poteva dare spettacolo e in più c’era troppa gente.
- Che cosa vuoi? Cosa volevi ottenere mostrando ad Azami quella foto? – chiese con foga.
- Ero in una situazione difficile, non volevo che andava a finire in quel modo. Voglio dirti solo una cosa, non perderò contro di te. Erina capirà quanto valgo e che ti deve stare lontana. – puntualizzò Kohinata.
Yukihira non comprese quell’ultima frase, ma sapeva che quel ragazzo non lo spaventava. Avrebbe agito come sempre, con determinazione e impegno.
- Non mi interessa ciò che dici. Io faccio quello che mi pare e se ci scontreremo, allora si vedrà. – si allontanò Soma con il fuoco vivo dentro di se.


Al dormitorio Stella Polare i ragazzi discutevano del più e del meno.
- Non vi sembra strano che proprio Yukihira sia partito per primo? – chiese Marui agli altri.
- Che vorresti dire? – domandò Yuki.
- Poteva pensarci Alice che è la cugina di Nakiri oppure la sua amica Arato. Quello che si è proposto, però, è stato Soma che per altro non è in buonissimi rapporti con Nakiri. – ragionava Marui.
- Hai ragione è strano, ma con la situazione del bacio penso sia cambiato qualcosa tra loro. Poi forse Yukihira si sente un po’ colpevole per quella foto e che quindi sia voluto andare anticipatamente a New York, per sistemare le cose con Nakiri. – rispose Ibusaki.
- Ah, come è bella la gioventù! – s’intromise Isshiki – E’ difficile comprendere gli adolescenti. -
- Parla come se fosse molto più grande, ma in fondo ha solo un anno più di noi. – commentò Yuki vicino all’orecchio di Ryouko per non farsi sentire.
- Avete mai baciato qualcuno? – domandò tutto a un tratto Satoshi. I ragazzi si imbarazzarono a quella domanda impertinente. Marui fece cadere il libro che stava leggendo, era nervosissimo – Pe-perché questa domanda? Per baciare qualcuno devi essere attratto dall’altra persona e…insomma ti deve piacere qualcuno, ecco! –
- Ha ragione Marui, io per esempio non mi sono mai fidanzata. – confessò apertamente e senza imbarazzo Yuki.
- Io ho avuto una relazione di sei mesi con un ragazzo dell’accademia, ma non era una cosa seria. – disse Ryouko un po’ rossa in viso.
- C’era da immaginarselo, tu sei troppo bella! – dichiarò Yuki abbracciando l’amica.
- Dai non esagerare – disse l’altra.
- Ibusaki e tu? – chiese prepotente Isshiki.
- Perché dovrei raccontare qualcosa di questo genere. Piuttosto senpai perché non ci racconti tu, se hai avuto qualche relazione. – rispose alla provocazione Ibusaki.
- Beh, si e no. Forse, probabile. – disse vagamente Isshiki, era chiaro che non aveva intenzione di parlare della sua vita sentimentale passata o presente che fosse.
Megumi non era insieme a loro, ma nella sua stanza. Era rimasta scottata troppo da quello che aveva visto accadere tra Soma e Erina, tanto che non aveva voglia di toccare argomenti sentimentali di nessun genere. Ryouko era preoccupata per l’amica che si faceva vedere poco, ma sapeva di doverle dare tempo per riprendersi. Non conosceva i sentimenti che Megumi provava per Yukihira, ma lo sospettava un po’ soprattutto dopo averne parlato con Isshiki. Quest’ultimo conosceva il malessere d’amore che provava Megumi e sperava che col tempo si sarebbe ripresa.


Soma e il suo fidato accompagnatore, Sai, presero un taxi che li avrebbe portati direttamente al ristorante dove era stato assunto Joichirou. Yukihira ripensava alla conversazione che aveva avuto con Erina e alla freddezza della ragazza; si rattristò. Ancora una volta Erina si era dimostrata crudele e antipatica, quasi egoista.
Soma era troppo orgoglioso per chiedere un consiglio a suo padre, ma doveva fare un’eccezione perché avrebbe dovuto trovare un modo per aiutare e parlare civilmente con Nakiri. Almeno ci doveva provare e per tentare di convincerla ancora, gli serviva un ottimo piano. Le pubblicità lo distrassero finché non arrivò a destinazione.
Joichirou stava aspettando suo figlio all’ingresso dell’hotel dove alloggiava e lavorava. Appena vide Soma gli andò incontro e lo accompagnò dentro.
Il ragazzo notò i vari dipendenti che salutavano cordialmente suo padre e lui ricambiava. Era molto amato e rispettato Joichirou, anche alla tavola calda era popolarissimo, ma quel giorno sembrava che avesse un’aura totalmente differente rispetto a quando lavorava con lui nel loro paesino.
- E’ un bel posto – ammise Yukihira.
- Si, è stata una fortuna essere assunto qui e poi mi pagano abbastanza bene. Piuttosto non mi hai detto il motivo per cui ti trovi qui. Insomma sono felice che tu sia venuto a trascorrere un po’ di tempo insieme a me, ma credevo che avresti voluto ritornare ad aprire il nostro locale, durente l’estate. –
- Si lo farò, ma prima dovevo venire a New York per una persona. –
- La nipote di Senzaemon, giusto? –
- Come lo sai? –
- L’ho incontrata. È già venuta nel mio ristorante anche se solo per una volta. –
Soma rimase sorpreso, ma non del tutto visto l’ammirazione di Erina nei confronti di suo padre. Joichirou mostrò a Soma la sua stanza e gli propose di aiutarlo in cucina come i vecchi tempi. Yukihira si entusiasmò moltissimo e accettò senza problemi tirando fuori il suo inseparabile fazzoletto bianco.
La cucina era fornitissima, Joichirou presentò suo figlio al capo e ai suoi colleghi. Soma si sentì subito a suo agio, come se fosse uno di loro e rispettò ogni ordine che gli veniva impartito. Dopo lo staigeaire Yukihira era diventato più professionale nel gestire un ristorante, suo padre infatti era contento che avesse fatto dei progressi. Mentre preparavano i vari piatti Joichirou chiese a Soma – Cosa è successo tra te e Nakiri Erina? Perché per come ti sei precipitato a New York, prima delle vacanze, deve essere qualcosa di importante. –
- Non proprio. Azami non è un ottimo padre, tu dovresti conoscerlo meglio di me visto che è stato un tuo ex compagno di scuola. –
- Si non è certo la persona più bella del mondo ma è pur sempre il papà di Erina, perciò non è facile intromettersi tra loro, poi è anche una persona influente. –
- Ad ogni modo devo rimediare a un problema. Un ragazzo dell’accademia ha scattato una foto di me e Nakiri che ci baciamo e Azami l’ha vista. Ci sono stati dei fraintendimenti tra me e lei non saprei. Il fatto è che non ha più contattato la sua amica ne sua cugina, quindi nessuno sapeva come stesse Nakiri perciò sono qui per risolvere la situazione di malinteso che c’è stata tra noi. –
- Aspetta, tu e Erina vi siete baciati? – si fermò di colpo suo padre.
- E’ stato un incidente. –
- Chiaro, quindi è stato accidentale. Ma davvero? – continuò a chiedere incredulo.
- Dai non prendermi in giro, vecchio. – disse un po’ irritato e imbarazzato allo stesso tempo.
- Ok, come vuoi. Sei già andato a trovarla? –
- Si e mi ha cacciato. Diciamo che non è stata proprio felice di vedermi. –
- Beh che cosa ti aspettavi. Chiaramente Azami le avrà fatto il lavaggio del cervello un’altra volta. –
- Si è probabile. Comunque fra qualche giorno dovrebbero arrivare altri amici dell’accademia per vedere Nakiri. –
- Sul serio! Allora devi farmeli conoscere! –
- Certo! – sorrise raggiante Soma – Sono fantastici. –
- Ti consiglio, però, prima che arrivino i tuoi amici di sistemare i problemi con Erina, secondo me sarebbe meglio per entrambi. –
Soma non capiva bene a cosa alludesse suo padre, ma rifletté a quelle parole. Avrebbe dovuto fare un altro tentativo prima di mollare. Spostò lo sguardo sul menu e vide una pietanza che non aveva mai assaggiato. Chiese al padre che tipo di ricetta fosse e lui rispose subito – Quando è venuta a trovarmi Erina, lei ha voluto sperimentare una nuova ricetta e così io alla fine l’ho approvata per il ristorante. –
Soma pensò che quella fosse un’ottima occasione per assaggiare qualcosa creata da Erina. Perciò con il consenso di Joichirou, Soma ricreò fedelmente il piatto per assaggiarlo e momentaneamente lasciare il posto di aiutante chef. Il piatto era fenomenale ma sentiva un sapore vagamente familiare. Gli ricordava li bacio. Anche Erina aveva avuto la sua stessa idea di riprodurre quel gusto? Non gli sembrava possibile. Un po’ sperava che fosse così, magari era l’unica soluzione che gli restava per parlare con la ragazza. Senza pensarci due volte prese alcuni ingredienti e cominciò a cucinare.
- Scusa Soma che stai facendo? – chiese perplesso suo padre mentre tagliava l’aglio.
- E’ un problema se sperimento un piatto che mi è venuto in mente? –
- No, ma come mai di punto in bianco? –
- Voglio aggiungere degli ingredienti che mi sembrano perfetti alla ricetta di Erina. –
- Sul serio? Allora hai trovato quello che mancava! Erina mi ha lasciato apposta la ricetta perché io potessi aiutarla a trovare l’elemento mancante. Secondo lei era incompleto il suo piatto. Tu invece l’hai capito? –
Finalmente Soma aveva la conferma che sia lui che Erina volevano riprodurre lo stesso sapore percepito durante il bacio. Anche se era solo un’ipotesi doveva provarci.
- Si credo di aver trovato una soluzione. –
Joichirou trovò molto cambiato suo figlio rispetto a un tempo. Sembrava più maturo. Soma era assorto nella sua cucina, ripensò agli insegnamenti di Shinomya, il mago delle verdure, alle sue sconfitte con il padre e con i ragazzi con cui aveva gareggiato alla Tootsuki. Mischiò tutte le sue conoscenze per creare un valido piatto e possibilmente straordinario per il palato di Nakiri Erina.
Soma era arrivato come se niente fosse e ancora una volta le stravolgeva la vita. Erina era arrivata a pensare che le fosse capitato un beffardo destino e che giocasse con i suoi sentimenti.
Soma era la sua speranza o un ostacolo da abbattere come pensava Azami? La domanda era ancora senza risposta. Erina non sapeva come fermare il suo cuore ogni volta che Yukihira appariva, però sentiva fortemente l’oscurità dentro di sé una barriera scura che opprimeva il suo cuore e la mente. Vedeva tutto negativo e monotono. Le foto del ballo le apparivano un ricordo lontano, quasi estraneo, come se non avesse mai vissuto quei momenti allegri e spensierati. Soma era diventata la sola persona per cui provare dei sentimenti, in quella gabbia dove Azami l’aveva rinchiusa. Anche se in un altro continente Erina sapeva che la differenza erano le persone, se non c’è chi ami, a cui vuoi bene, nessun posto può essere bello o luminoso. New York era diventata la sua nuova gabbia. La ragazza non voleva contare sull’unica persona che ogni volta allontanava da sé quasi fosse una malattia da evitare, ma Soma era l’unico che poteva aiutarla a svagarsi ed essere libera da tutto. Sentiva di volerlo vedere, magari scusarsi per come l’avesse trattato ma il suo umore, nero, gli impediva qualunque scelta avesse a che fare con Yukihira.
Proprio quando stava pensando a lui, Yukihira apparve con il suo solito sorriso luminoso.
- Ehilà Nakiri! –
- Esci subito da qui! – lo intimò Erina con il volto paonazzo.
- No, non ci penso neanche, che ti piaccia o meno. Ho una proposta da farti che non potrai rifiutare. –
Erina non voleva sentire ragioni e continuò a sbraitare contro Soma.
- Ti propongo uno shokugeki. Se vinco io dovrai ascoltare tutto ciò che ti dirò. Caso contrario, me ne andrò come vuoi tu. –
- Cosa? Certo che no! E poi non vinceresti mai contro di me. Io ti sono nettamente superiore. –
- Allora visto che sei tanto convinta, dimostralo con questa sfida! Però ad una condizione che tu utilizzi uno dei cibi che sono su quel menu – indicò il menu tipico del ristorante scelto da Azami in persona.
- Sei diventato matto? Chiedermi uno shokugeki e per di più vorresti battere uno dei cibi più costosi e prelibati di questo ristorante! Non ci sono neanche i tre giudici che dovrebbero fare la prova assaggio. –
- Dei giudici non preoccuparti, ho trovato qua e là dei cuochi disposti ad aiutarci, stanno per arrivare. Inoltre voglio dimostrarti che la cucina di tuo padre non è la migliore e il fatto che sia tu a prepararla non farà alcuna differenza. Ho una ricetta che batterà questo tipo di cucina, che tu stai approvando insieme e tuo padre. –
Erina ebbe un po’ di timore a quelle parole. Forse Soma poteva avere ragione riguardo la cucina di suo padre, ma c’era in ballo la sua dignità e doveva dare il meglio. Aveva le spalle al muro, non poteva tirarsi indietro.
- D’accordo accetto la sfida e le condizioni. Sappi, però, che lo faccio per provarti che ti stai sbagliando su tutto. –
Soma non fiatava, era sicurissimo di vincere, ma ogni tanto sbirciava il lavoro di Nakiri. Lei era talmente assorta da non sentire minimamente la pressione o l’ansia. Non poteva perdere, anche se cucinare uno dei piatti del ristorante di suo padre non era il massimo per dimostrare quanto valeva realmente.
Anche Erina gettò uno sguardo sulla cucina di Soma. Qualcosa di quello che stava preparando il ragazzo le sembrava molto somigliante a una ricetta che aveva creato, ma non ci diede peso. Non poteva essere la stessa, pensò.
Joichirou gustò fino all’ultima briciola la ricetta che aveva sperimentato Soma. Aveva un sorriso malinconico, ma non solo. Aveva le lacrime agli occhi. Lacrime per qualcuno. Quel gusto gli ricordava, infatti, il suo primo amore. Di certo Soma era migliorato, ma quel piatto era l’unione di due pensieri quello di Erina e di suo figlio. Era una ricetta speciale e Joichirou la chiamò proprio “Il sapore dell’amore”.
I giudici arrivarono con anticipo. Due di loro erano proprietari di pasticcerie e non conoscevano Nakiri Erina mentre il terzo apparteneva a una famiglia di salumieri e aveva già assaggiato nel locale dei Nakiri.
Soma e Erina presentarono i loro piatti. Entrambi sembravano entusiasti ma solo uno di loro poteva fare la differenza.
I giudici anche se un po’ combattuti furono molto chiari nella loro scelta: il vincitore fu Yukihira.
- Come è possibile che il mio piatto abbia perso? C’è stato un qualche trucco forse? Eravate d’accordo? – domandò a raffica Erina.
- No, per capirlo dovrai assaggiare il mio piatto. – la invitò Soma.
Erina era troppo scossa da prendere in giro Yukihira, voleva capire a tutti i costi come era riuscito a vincere contro di lei. Ingoiò subito un boccone fumante ed esplose di felicità. La stessa emozione che aveva provato nel baciare Soma. Lo stesso sapore. Yukihira aveva reso completa la sua ricetta, solo perché?
- Allora, non ti ricorda qualcosa di familiare? – la provocò Soma.
- Hai preso la mia ricetta come base, per poi trasformarla. Si l’ho notato. – disse con le guance rosse.
- Come ti sembra? Non credi che abbia fatto un ottimo lavoro? – disse sorridente. Erina guardò i suoi occhi dolci e vivaci. Il sapore di quel bacio, che aveva quasi dimenticato, ormai era diventato di dominio pubblico con quel piatto. Avvampò come non mai, sentiva un caldo insopportabile. Di lì a pochi secondi tutto le sembro insopportabile, doveva esplodere prima o poi, così rispose di getto – Non è assolutamente paragonabile ai miei piatti! Ricordati che questa volta non ho gareggiato con le mie specialità perciò non ti montare la testa. –
- Ahahahah – scoppiò a ridere Soma – Lo sapevo che avresti detto qualcosa di simile. Comunque non avevo intenzione di batterti in uno shokugeki per discutere su chi di noi fosse il migliore. So bene che i tuoi piatti sono migliori di quelli di tuo padre, anche se in verità non li ho mai assaggiati. Questa battaglia era un pretesto per chiederti di assaggiare la ricetta che tu hai cominciato e io l’ho migliorata, modestamente. –
La ragazza sentì con ammirazione le parole di Soma, ma l’ultima frase la fece incavolare – Come sarebbe a dire “io l’ho migliorata”! Guarda che non l’avevo terminata quella ricetta e di certo non avrei chiesto a te l’aiuto perciò non so di cosa tu stia parlando! – sbuffò.
Soma pensò tra sé “ Certo che a volte ha un caratteraccio”!
Si sentirono delle voci in lontananza ma Erina riconobbe i passi di suo padre e dei suoi uomini.
- Presto, devi andartene Soma. Se ti vedesse mio padre sarebbero guai! –
- Certo, ma come la metti con la cucina? È tutto in disordine. –
- Non c’è tempo, sarà qui a momenti mio padre, lo capisci? Ci penso io a sistemare. – disse la ragazza invitando anche i giudici dello shokugeki a uscire dalla porta sul retro. Soma non era d’accordo sul piano di Erina e infetti fece a modo suo.
- Io me ne vado, ma tu vieni con me. – le prese un braccio e la trascinò con sé mentre la guardia del corpo, Sai, li aiutava nella fuga – Fidati di me! – disse infine Yukihira guardando il volto sgomento di Nakiri correre di fianco a lui. Era una follia ma per la prima volta a New York quello fu il momento in cui Erina si sentì più libera e viva.
Quando Azami trovò la cucina sotto sopra e sua figlia scomparsa si preoccupò. Diede una veloce occhiata alla stanza e vide il piatto ancora caldo che aveva preparato Soma. Per curiosità lo assaggiò, senza sapere il perché – Ma che cosa…? – si chiese incredulo.
Di lì a poco uno dei suoi uomini avvertì Azami che c’erano delle visite per lui. Nakamura non aveva voglia di vedere nessuno, ma doveva sapere cosa era successo in quella cucina e perché sua figlia era andata via senza la sua guardia del corpo. Quest’ultima era mortificata dell’inconveniente e sarebbe andata subito a cercare Erina.
- No, la cercherò di persona. – disse serio Nakiri.
- Lascia perdere Azami, piuttosto perché non facciamo due chiacchiere. – apparve all’improvviso Joichirou.
- Saiba, tu qui? – si stupì l’uomo.
- Mi dispiace signore, voleva entrare a tutti i costi. – si scusò la fidata guardia del corpo di Azami.
- Qui c’è una persona che ti vuole parlare. – continuò il padre di Soma indicando una persona alle sue spalle.
Azami non poteva credere ai suoi occhi – Tu che cosa ci fai qui? – si rivolse alla persona accompagnata da Joichirou che a sua volta aveva uno sguardo severo.

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Capitolo 8
*** Torte in faccia ***




- Signor Sai, la prego, fermi subito l’auto! Mio padre a quest’ora avrà già mandato qualcuno a cercarmi. Non ci vorrà molto a trovarmi. – protestò Erina che non voleva coinvolgere nessun altro nei suoi problemi con suo padre.

- Stai tranquilla. Se ne sta occupando mio padre. Mi ha promesso di aiutarci. – disse prontamente Soma.
Sai aveva affittato una macchina per scortare i due ragazzi dove volevano. Intanto dietro la loro auto ne sfrecciava un’altra guidata da una donna, proprio la guardia del corpo di Erina.
Sai si accorse che erano pedinati e cercò immediatamente un punto dove poter fermare la macchina. Parcheggiò vicino ad un centro commerciale a più piani. Erina e Soma uscirono in fretta dall’auto ed entrarono dentro l’imponente edificio. La donna che li inseguiva invece fu fermata da Sai che gli spiegò la situazione per cercare di farla ragionare e aiutare Erina nella fuga.
Erina per nascondere la sua immagine da ragazza nobile e famosa portava solo un cappello a visiera, datole da Sai, a causa del fatto che era dovuta uscire di corsa e non era riuscita a prendere tutto l’occorrente. Entrare in un ambiente pieno di telecamere e persone le dava molte preoccupazioni. Infatti essere riconosciuta, creare scandali di cui si cibavano i giornalisti e la confusione la rendevano nervosa soprattutto se vicino a lei c’era Yukihira, impulsivo come sempre. Non poteva distrarsi un momento.
- Yukihira cerchiamo di non dare troppo nell’occhio, ok? – cercò di avvisarlo la ragazza, ma Soma era già attaccato a una vetrina di dolci.
Erina doveva aspettarselo, tuttavia era irritata lo stesso - Non siamo qui per comprare e poi perché ti entusiasmi per una comunissima pasticceria? –
- Tu pensi? Non so, ma io voglio dare una sbirciatina dentro. – insisté il ragazzo con il luccichio negli occhi.
- Sul serio? Non abbiamo soldi! – disse un po’ a bassa voce, ma con tono autoritario.
- E qui che ti sbagli. Guarda! – mostrò una carta di credito, Soma, abbastanza conosciuta dalla ragazza.
- Non dirmi che te l’ha prestata Sai! – s’infuriò Erina.
- Esatto! È stato molto gentile. Non potevo rifiutare. – disse con faccia innocente Soma.
Erina era sbalordita e prese la carta dalle mani di Yukihira, appropriandosene - Beh, visto che la carta appartiene alla mia famiglia è ovvio che sarò io a tenerla. –
Insistendo un po’, però, Yukihira convinse Nakiri ad entrare.
All’interno c’erano dei graziosi tavoli a tema cioccolata. Soma si sedette su una sedia che aveva la forma di cioccolato mentre quella di Erina era a forma di fragola.
Tutta quella creatività aveva acceso in Yukihira la voglia di aprire anche lui una pasticceria particolare e colorata.
Erina guardava Soma che esplorava con lo sguardo pieno di gioia il locale e in fondo anche lei era contenta per quel tempo libero; si limitò a sospirare. Soma in quel momento era troppo esagitato per fargli un discorso serio così la ragazza lasciò perdere le raccomandazioni e godersi le sue portate. Nakiri scelse un tiramisù alla fragola e cioccolato più un frullato alla frutta mentre Soma prese un pancakes al cioccolato più una crepes alle fragole, banane e cioccolato, per bevanda invece un frullato allo yogurt.
Per il palato divino di Erina non era stata male come degustazione e doveva ringraziare Soma, ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Soma girava per negozi del centro seguito da una Erina ansiosa che cercava di calare la visiera del suo berretto il più possibile vicino agli occhi per non farsi riconoscere.
- Guarda che belli questi utensili da cucina! – era sbalordito Yukihira soffermandosi ad ammirare degli attrezzi costosi, in uno dei negozi più popolari per la casa.
- Dai non sono nulla di speciale in confronto a quelli che utilizziamo in accademia.
- Si, hai ragione, ma stavo pensando che potevano andare bene per il ristorante Yukihira. Per rinnovare quelli che ci sono già. – spiegò il rosso.
Erina non conosceva molto le origini di Soma a parte suo padre e quindi era curiosa di sapere qualcosa riguardo alla tavola calda di cui parlava il ragazzo. Magari, pensò, che le sarebbe piaciuto poter visitare, un giorno, il posto dove era cresciuto Yukihira.
- Prima però devo chiedere al mio vecchio il permesso, visto che è ancora lui il proprietario. – rimuginò Soma.
Erina invece era stata attirata da una vetrina di giocattoli. Aveva riconosciuto un gioco di costruzioni che possedeva da bambina e con cui si divertiva spesso con sua cugina Alice. A quel ricordo pensò ad Alice che aveva tentato di fermarla il giorno della partenza. Portò una mano nel punto in cui sua cugina le aveva mollato lo schiaffo. Sembrava come se le facesse ancora male. Non capiva se quello fosse stato un gesto affettuoso oppure era solo un momento di rabbia dovuto alla promessa delle lettere non mantenuta; o ancora perché erano diventate troppo distanti come cugine per recuperare il tempo perduto.
- Cosa stai guardando, Nakiri? – chiese curioso Soma spazzando via quei pensieri tristi e malinconici della ragazza.
- Mi hai spaventata. Poi, cerca di non gridare il mio nome ai quattro venti, lo sai che non posso espormi troppo! – sussultò Erina.
- Come vuoi, non ti agitare.  Secondo me, però, devi distrarti e questa è un’ottima occasione. –
Mentre i due passeggiavano la ragazza approfittò di fare una domanda che la tormentava dall’inizio - Perché hai completato la mia ricetta? Come sapevi quali alimenti aggiungere? –
La ragazza si aspettava una risposta che aveva a che fare con l’incidente del bacio, ma Soma, colto alla sprovvista, mentì – Beh, quando mio padre mi ha spiegato che eri in difficoltà con una ricetta, ho provato a mettermi in gioco e trovare la soluzione adatta. –
Erina comprese le parole di Yukihira e non insistette. Non era triste bensì delusa.
Anche il ragazzo si rese conto che la sua risposta non combaciava con la verità né tanto meno con i suoi reali sentimenti. Cambiare i fatti tuttavia non gli sembrava la cosa migliore in quell’istante.
Nakiri non fece altre domande, voleva evitare di risultare troppo invadente e curiosa nei suoi confronti; del resto lui aveva già fatto molto per lei senza chiederle nulla. Anche se inconsciamente, Soma le dava sostegno e cercava di distrarla dai suoi pensieri. La maschera di fredda e scostante persona si era rotta nell’istante in cui Yukihira era piombato alla Tootsuki. Già da allora aveva iniziato a scalfirsi, però dentro di se aveva paura che potesse ritornare ad essere l’odiosa e insopportabile erede della famiglia Nakiri.
I due continuarono ad esplorare i piani di quell’enorme palazzo finché non si trovarono ad assistere a un concerto di ragazzi che riproponevano canzoni già famose e note di grandi artisti di fama mondiale.
Erina e Soma di fermarono ad ascoltare, contenti di quell’evento gratuito e divertente.
Non poteva certo mancare la canzone “You are not alone” di Michael Jackson. Quel brano, neanche a farlo apposta, rattristò Erina. Sentiva come se in parte la rispecchiasse. Guardando Soma, però, accanto a lei che cantava insieme alla folla di gente intorno a loro, si tranquillizzò e sorrise per la pronuncia inglese sbagliata del rosso che storpiava le parole.
In un angolino intanto le due guardie del corpo li sorvegliavano attenti.
Mentre a New York l’orologio segnava le nove passate di sera, in Giappone erano le 11:20 di mattina. L’ora che segnò finalmente la tanto attesa partenza del volo diretto in America, dei ragazzi che Senzaemon aveva approvato per raggiungere sua nipote e nel contempo approfittare per una settimana di stage pratico a migliorare le loro abilità culinarie.
Viaggiarono tutti in prima classe accompagnati da alcuni uomini fidati dell’ex direttore.
All’aeroporto erano andati a salutarli tutti i ragazzi del dormitorio Stella Polare più Isami che abbracciò suo fratello prima di salire sull’aereo. Jun raccomandò ad Akira non solo di dare il meglio nella cucina, ma anche di divertirsi. All’inizio Hayama non aveva intenzione di partire e lasciare da sola Jun, ma l’idea di fare uno stage all’estero non era poi così male. Hisako era l’unica che controllava spesso il suo iphone, perché si aspettava di ricevere un messaggio da Soma che le aveva promesso di farle sapere come stesse Erina. Tuttavia Yukihira si era scordato della promessa, perciò Hisako aveva maggiormente il desiderio di rivedere al più presto l’amica poiché temeva che avesse problemi con il padre.
Con i pensieri rivolti solo ad Erina, la ragazza si accomodò nel posto assegnato; si accorse tardi che era seduta accanto ad Hayama. Quando i loro sguardi s’incontrarono, Hisako fece una smorfia disgustata e si girò dall’altra parte. Akira capì dal suo atteggiamento che non era possibile dialogare con lei, così prese un libro e si addentrò nella lettura. Hisako che non voleva essere da meno, fece lo stesso. Leggere, almeno, le faceva scordare di avere vicino qualcuno che detestava.
Takumi era capitato vicino a Mimasaka, non andavano molto d’accordo, però il biondo aveva la mente occupata dal pensiero di dover fare uno stage per migliorarsi. Voleva sorprendere Yukihira, tutte le sue energie le avrebbe spese per battere Soma una volta per tutte.
Megumi invece non aveva accanto nessuno che conosceva, c’era una donna che lavorava su un ipad. Forse era meglio così, pensò la ragazza. Non aveva voglia di vedere Soma, era piuttosto timorosa, i suoi sentimenti verso di lui erano chiari, ma doveva nasconderli. Non capiva che relazione avessero Erina e Soma perciò cominciò a pensare negativo, demoralizzandosi ancora di più. Se Yukihira si fosse innamorato di Nakiri, Megumi non avrebbe avuto possibilità, questo rimuginava Tadokoro con il morale a terra.
Alice e Ryou per passare il tempo giocavano a carte. Anche se non sembrava, Alice era con la testa altrove. Ryou si era accorto dello strano comportamento di Alice però non le fece domande. La ragazza stava elaborando un discorso, nella testa, da fare a Erina non appena si fossero riviste.
Alice sospirò – Non devi preoccuparti per me, Ryou kun. – disse così perché il ragazzo la stava aiutando a vincere tutte le partite.
- Ho fatto male? – chiese Kurokiba guardandola innocentemente.
- No. Grazie per essere così. – disse senza pensarci due volte.
- Così come? – domandò incerto.
- Premuroso. – disse a voce bassissima.
- Cosa? Può ripetere, mia signora? – intento a mescolare le carte.
Alice lo fissò poi abbassò lo sguardo – Nulla, lascia stare. –
L’albina sapeva bene quanto Ryou contasse nella sua vita. È stato l’unico vero amico della sua infanzia, ci teneva molto, ma ancora di più era confortante per lei averlo sempre vicino. Ryou colmava il vuoto che le aveva lasciato sua cugina, ma anche l’unico su cui contare sempre. Solo che a volte non sapeva come comportarsi con lui, se aprirsi completamente o lasciar perdere. Aveva troppi dubbi nella mente, così si sfogò sul gioco senza più pensarci.
Erina terminò la serata passeggiando con Soma e dietro a loro, di qualche metro, camminavano Sai e la sua collega per dare un po’ di privacy ai ragazzi.
Le coppie di innamorati erano davvero numerose tanto che Erina si imbarazzò al pensiero che lei e Yukihira potessero essere scambiati per due fidanzati, ma nessun passante faceva caso a loro.
Soma non sembrava infastidito dalle coppiette, camminava incurante di quello che gli succedeva intorno.
- E’ stato divertente, vero? – era euforico Yukihira. Il ragazzo era contento di aver passato qualche ora con Nakiri, anche se in quel momento sentiva che la serata stava volgendo al termine e dentro di se sperava durasse di più. Era indecifrabile il sentimento che sbocciava tutte le volte che guardava Erina: felice, imbronciata, arrabbiata, triste o indifferente i volti che lei gli mostrava trasportavano Soma indietro nel tempo, al giorno in cui era cominciato tutto. Il suo soggiorno alla Tootsuki. Il primo giorno in quell’accademia, che fu il peggiore fra tutti, quando Erina aveva provato disgusto nell’assaggiare uno dei piatti che solitamente veniva apprezzato molto alla tavola calda Yukihira. Da allora era diventata una sfida per lui far cambiare idea a Nakiri sul suo cibo, ma senza reali risultati.
Da quel bacio per sbaglio era cambiato qualcosa in lui, doveva ammetterlo. Stava crescendo sempre più il desiderio di vederla e starle vicino.
- Insomma, non è stato niente di che. Ho passato giornate migliori. – ripose Erina non completamente sincera. La solarità di Soma riusciva a disperdere l’oscurità dentro il suo cuore e nella sua mente, ma l’orgoglio non le impediva di essere acida e scostante. Pur non avendo commenti negativi non riusciva a disfarsi di quella personalità arrogante.
Yukihira tacque; non voleva iniziare una nuova polemica perché entrambi avevano qualcosa da nascondere a vicenda.
Lucky si chiamava il ristorante di lusso che propose Sai per cenare insieme. Era adatto anche al “palato divino”, infatti quello era uno dei posti dove si mangiava davvero bene, consigliato da Senzaemon.
Erina e Soma avevano già fatto uno spuntino dolce alla pasticceria del grande centro commerciale, però entrambi desideravano provare dei piatti salati e gustosi. I camerieri erano molto eleganti nei gesti e professionali in tutto. Questi accompagnarono a un tavolo per due i ragazzi, con disapprovazione di Erina che preferiva non essere in compagnia di Soma, ma doveva sopportarlo che le piaceva/ piacesse o meno. Le due guardie del corpo si sedettero ad un tavolo a parte.
Il tavolo metteva a disagio i due ragazzi poiché vi erano dei fiori e una candela accesa vistosa, ma particolarmente bella. I fiori erano un omaggio a Nakiri in quanto era stata scoperta la sua identità. Erina non poteva nascondersi ogni volta che le persone la riconoscevano; la trattavano come una principessa e non si godeva mai niente senza essere osservata e ammirata dagli altri. Era estenuante! Squadrò Soma che sfogliava il menu delle ordinazioni con un’espressione incerta.
- Cosa c’è? Non ti piacciono i piatti? – domandò la ragazza togliendosi il cappello e sfoggiando i suoi lunghi e incantevoli capelli biondi.
- No, tutto il contrario. – diventò allegro all’improvviso – Non so quale scegliere! Mi piacerebbe assaggiarli tutti. -
- Tranquilli prepareremo tutti i piatti che vorrete. Sarebbe ottimo se la signorina Nakiri provasse qualche pietanza e la commentasse. – disse con gentilezza il proprietario accanto a loro.
La ragazza sapeva che sarebbe andata a finire così. Al contrario, Yukihira era eccitatissimo e non vedeva l’ora di cominciare.
- D’accordo. – disse esausta Erina prima ancora di iniziare.
- Tranquilla, ti darò una mano volentieri. – fece Soma, felice che Nakiri avesse accettato.
Soma non si risparmiò e assaggiò ogni tipo di cibo che gli veniva servito mentre Erina cercava di non esagerare, in ogni modo fornì ai cuochi dei suggerimenti per migliorare qualche piatto.
Yukihira gettò un rapido sguardo sul balcone poco distante da loro e invitò Erina a darci un’occhiata insieme. La ragazza era stranita da quella proposta, ma non aveva voglia di chiedersi cosa passasse per la testa di Soma così lo accontentò. La terrazza era ampia e  ospitava già dei ragazzini che si divertivano a giocare con dei robot, un uomo che leggeva appoggiato alla ringhiera e una coppia adulta che si tenevano per mano.
I due trovarono un posto, isolato dagli altri e ammirarono la veduta che dava sul mare. La statua della Libertà, luminosa, che si distingueva facilmente dalle innumerevoli luci della grande mela, affascinava Erina ammirandola intensamente. La ragazza non si sentiva libera, come il nome di quella statua, doveva ancora liberarsi di tutto quello che occupava la sua mente. Infatti gli occhi della statua parevano comunicarle affettuosamente che doveva chiarire qualcosa con Soma, mentre un vento freddo le attraversò i capelli facendola tremare.
- Hai freddo? – si accorse Soma.
- No, è solo un brivido da niente. – mentì spudoratamente.
Yukihira aveva la sensazione che Erina gli stesse mentendo come tutte le volte in cui lui cercava di essere gentile e premuroso nei suoi confronti, ma puntualmente lei gli rispondeva male.
Soma era stufo di sentire che lei stava bene, quando era palese che non quella non fosse la realtà, così le si avvicinò abbracciandola d’istinto.
Erina si sentì stringere da mani calde e forti per poi trovare il suo viso a contatto con la maglietta nera di Yukihira. Quel contatto caldo e rassicurante le ricordò il loro bacio, era così piacevole che staccarsi sarebbe stato un peccato.
- Ti è così difficile essere sincera? Perché non dici che hai freddo? – chiese il ragazzo tenendola ancora stretta.
Le uniche parole che Erina aveva nella testa erano dure e cattive; quell’abbraccio non sarebbe dovuto succedere come per la storia del bacio. “Soma non doveva prendersi tutte quelle libertà con lei” voleva dire. Non riusciva a concepire la sua vita condivisa con un ragazzo come Soma. “Neanche per idea”, pensava testardamente. Infatti, poco dopo aver fatto chiarezza con la testa, gridò – Lasciami subito! – allontanando da se Yukihira.
- Scusa, pensavo che ti servisse un po’ di calore perché ti vedevo tremare. Ho sbagliato? – domandò Soma.
- In quel caso un gentil uomo offre la propria giacca, stupido! –
Il rosso capì di aver agito male e si chiese come mai avesse compiuto quel gesto incontrollato. Per rimediare, si tolse la giacca per metterla sulle spalle di Erina – Credo di aver esagerato un po’. – tentò di scusarsi ancora.
Nakiri non poteva guardarlo in faccia perché anche se non era più giorno si vergognava per essere diventata paonazza e iniziò a sentire un caldo soffocante. Si sentiva un po’ in colpa per aver alzato la voce, in fondo era sempre così. Alzava la voce per sentire quanta ancora risolutezza e forza aveva dentro di se quando dall’esterno si mostrava debole e fragile a qualsiasi sentimento che registravano il cuore e la mente - No, scusa anche tu per aver urlato. –
Sulla bocca di Soma si disegnò un bel sorriso poi sbirciò le labbra di Erina perfette anche nel buio della notte. Si immerse all’istante nel bacio e in quel mondo che solo lui e Nakiri avevano visto, quel posto magico che gli aveva fatto conoscere quasi la chiave di svolta per migliorare la sua cucina. Avevano creato insieme un piatto decisamente unico e buono. 
- Nakiri… - cominciò Soma inducendo Erina a guardarlo negli occhi.
- Ho mentito sulla vicenda del piatto. – continuò mantenendo lo sguardo rivolto verso il panorama che aveva davanti a sé.
- Che vorresti dire? – s’interessò la ragazza desiderosa di sapere il resto, ma anche nervosa perché stava per conoscere la verità.
- Ho trovato il modo di completare la tua ricetta perché dopo quel bacio mi sono messo a pensare ad un piatto che avesse potuto ottenere lo stesso gusto che ho percepito. A dire il vero non volevo dirtelo perché è davvero imbarazzante. Ahahahah. – ci scherzò su il rosso.
Erina divenne più rossa dei capelli di Soma – Infatti potevi tenertelo per te. Come fai a dire una cosa così imbarazzante con tanta leggerezza! – si spazientì la ragazza evitando lo sguardo di Yukihira.
- Ma io avevo necessità di dirtelo. E poi è stata l’esperienza più piacevole che abbia fatto. – disse spontaneamente Soma, ma il suo cuore invece di liberarsi di un peso si caricava di altre emozioni a lui sconosciute.
“L’esperienza più piacevole che abbia fatto”, quelle parole erano uscite spontanee che neanche Soma aveva preparato. Aveva esagerato pensò Yukihira vedendo il volto di Erina scioccato.
La ragazza ne aveva abbastanza, se Soma avesse voluto dirle altro probabilmente sarebbe collassata. Tutti quei colpi al cuore per cosa erano? Possibile che dentro di lei provasse sentimenti d’amore per la persona che aveva di fronte? No, rispose Erina alla sua mente. quelle parole la colpivano perché anche lei aveva provato la stessa cosa baciandolo ed erano le prime parole dolci rivolte solo a lei. Non per la sua bravura in cucina o per il suo palato, ma solo a causa di emozioni nascoste provate in una situazione accidentale.
- Adesso basta! – prese il controllo della situazione Nakiri – Lo ammetto…anch’io ho provato a creare quella ricetta che tu hai completato solo dopo l’incidente in aeroporto, ma voglio che il discorso finisca qui. – Erina ricordò le parole di suo padre, mentre cercava di formulare una frase che racchiudesse il suo stato d’animo in quel momento. “Vuoi arrivare alla vetta della Tootsuki ed essere la numero uno? Allora fai attenzione che Yukihira non ti prenda il posto che spetta a te.” Erano le parole di suo padre, schiette e dure quanto vere.
- Il bacio ormai appartiene al passato, non ha senso pensarci ancora. Non ho dimenticato il giorno in cui sei stato ammesso alla Tootsuki, a mia insaputa per giunta. – disse freddamene e si irritò anche, ma non aveva terminato il discorso che Soma, a sua volta, cercava di comprendere – Alla cerimonia di inizio anno hai apertamente segnato la tua carriera perché la vetta della Tootsuki appartiene a me. Tra di noi c’è solo competizione e nient’altro, chiaro? -
Gli occhi di Soma s’infiammarono di fuoco vivo – Benissimo, per me è lo stesso. Non mi lascerò battere da te, Nakiri! – lo spirito di competizione prese il sopravvento in Soma, rispetto a quel sentimento che aveva preso forma sia nel suo cuore che nella sua testa.
Il cuore di Erina cominciò a battere più regolarmente grazie al fatto che Yukihira era tornato ad essere lo stesso ragazzo che odiava perdere.
- Ti dimostrerò che faccio sul serio. Per prima cosa entrerò nei migliori dieci e infine preparerò un piatto che neanche il palato divino potrà negare la squisitezza, cedendomi il posto in cima a tutti. – viaggiò d’immaginazione Soma.
La faccia di Nakiri si gonfiò come un pallone – Non riuscirai mai a farmi apprezzare un tuo piatto completamente e neanche soffiarmi la vetta! Questa non te la perdono! – s’infiammò Erina tanto da voler strangolare il rosso per la sua sfacciataggine infinita.
Yukihira tornato al presente, dopo i suoi viaggi mentali che lo vedevano protagonista di essere ritenuto da tutti il numero uno indiscusso, notò che intorno a lui e Erina si erano girate le persone che erano lì vicino a seguire la loro scenetta. In quell’istante pensò di aver fatto arrabbiare Erina seriamente.
Sai guardò nella loro direzione senza intervenire – Si stanno proprio divertendo, non trovi? – disse alla sua collega, per giunta dandole del tu.
- Cos’è tutta questa confidenza? Comunque non sono d’accordo. Prima si abbracciano, poi si scannano. Io li vado a dividere. – decise da sola prima che Sai potesse fermarla.
Nel momento in cui la donna si avvicinò ai due squillò il cellulare di Soma.
Era Joichirou che chiese a Soma di raggiungerlo con Erina all’hotel dove alloggiavano.
In aereo la vivacità di Alice si era spenta con il sonno. La sua testa era appoggiata sul braccio di Ryou ancora sveglio. Non aveva sonno e da ottima guardia del corpo prestava attenzione che nessuno si avvicinasse alla sua lady. Sentiva appena il respiro di Alice sul suo braccio muscoloso. La sua espressione da duro e indifferente si addolcì nell’ammirare il viso candido e perfetto della ragazza. Spostò dietro le orecchie un ciuffo di capelli bianchi di Alice che le erano finiti sugli occhi, ma così facendo la svegliò.
- Che stai facendo? – chiese ancora assonnata l’albina.
- Mi spiace di averla svegliata, mia signora. –
Alice sbuffò e si riposizionò come stava prima.
- Dormi anche tu, è un ordine. –
- Non dovrei farle da guardia del corpo in questi casi? –
- No, ci sono un mucchio di uomini che mi stanno sorvegliando, tranquillo. – disse, per poi tornare a immergersi nei sogni.
Ryou si guardò attorno notando parecchi uomini con abiti scuri in allerta. Così, accertato che non ci fosse pericolo per Alice, il ragazzo chiuse gli occhi e poggiò, rilassato, la testa sul cuscino dello schienale.
Megumi, Takumi e Mimasaka erano già profondamente addormentati. Megumi sognava di indossare un abito da sposa per il suo desideroso matrimonio con Soma, Takumi invece era nel bel mezzo di uno shokugeki con Yukihira e Mimasaka sognava di essere diventato un grande cuoco che gestiva un locale tutto suo.
Akira e Hisako erano ancora immersi nelle loro letture solo che la ragazza, arrivata al ventesimo capitolo del romanzo, pensò di chiudere il libro e riposarsi un po’ per non arrivare a New York distrutta dalle occhiaie.
Nel conservare il libro, però, il segnalibro cadde vicino alle scarpe di Hayama. Il ragazzo lo vide e tentò di recuperarlo mentre Hisako faceva la stessa cosa. I loro visi si trovarono vicinissimi l’uno dall’altra, infatti Hisako arrossì subito specialmente pensando che quella situazione poteva essere considerata simile all’incidente del bacio tra Soma e Erina.
L’idea di baciare Akira la rese ancora più nervosa e imbarazzata tanto che Akira se ne accorse. Il ragazzo le raccolse il segnalibro noncurante della reazione della ragazza. Lui non ci trovava nulla di strano e non sapeva di quello che era accaduto tra Soma e Erina, però doveva ammettere che i suoi capelli avevano un buon profumo poi riprese tranquillamente a leggere.
Hisako aveva mille pensieri per la testa, ma la stanchezza la rapì trascinandola nel mondo dei sogni. La sua mente occupata dalla figura di Erina ovviamente la portò a sognare la sua amica e Hisako che la proteggeva da un mostro che aveva le sembianze di Azami. Cambiando scenario invece fu catapultata in un sogno che vedeva protagonista Sadatsuka Nao che cercava in tutti i modi di dividere Hisako da Erina. Quei sogni fecero venire i brividi a Hisako, Akira infatti si preoccupò e posò la sua giacca sulla ragazza dormiente. Alla fine, però, anche Hayama cedette al sonno. I ragazzi fecero un lunghissimo sonno con sogni piacevoli e anche terrificanti ad accompagnarli per tutto il viaggio.
Erina aveva dormito bene quella notte. Finalmente era piacevole svegliarsi pensando di essere in una delle città più bramate del mondo, ma senza dover pensare di doversi alzare per lavorare con suo padre. Non aveva avuto incubi o comunque non ricordava di aver fatto alcun sogno tormentato. La ragazza era stata ospitata in una delle stanze d’albergo dove alloggiavano anche Soma e suo padre. La stanza non era male: letto a due piazze, cuscini di prima qualità e uno specchio piccolo accanto ad un mobiletto dove erano stati appoggiati dei vestiti per lei procurati dalla sua guardia del corpo. Infatti tutte le sue cose personali erano state lasciate nell’hotel affittato da Azami. Prese gli abiti e si recò subito in bagno per rinfrescarsi. Il suo viso nello specchio appariva riposato, nessuna occhiaia o imperfezione, le sue labbra però formarono un sorriso malinconico. Voleva tanto tornare in accademia e rivedere Hisako per scusarsi della sua assenza; di tornare a casa sua.
Aveva persino coinvolto Joichirou per aiutarla ad allontanarsi da suo padre. Non capiva perché lei fosse tanto aiutata da persone che la conoscevano poco. Si domandò se anche lei avrebbe fatto la stessa cosa per loro nel caso in cui fossero stati in difficoltà serie.
Erina non era abituata a interagire con persone amiche a parte Hisako e sua cugina il resto erano solo collaboratori della sua famiglia ai quali non doveva dare troppa confidenza. Non era in grado di aiutare gli altri con le sue sole forze o meglio non l’aveva mai sperimentato.
La notte prima Joichirou aveva raccontato, omettendo qualche particolare, che Azami non avrebbe costretto Erina a tornare a lavorare con lui. Poteva davvero godersi quelle ultime vacanze in pace? Erina si sentiva tremare quando pensava di trovare suo padre all’improvviso che sperava di riportarla dalla sua parte.
Il padre di Soma aveva rassicurato i due ragazzi anche riguardo la foto compromettente: l’immagine era stata cancellata per sempre.
La foto non era sparita per sempre come pensavano Joichirou e Erina perché c’era ancora Soma ad averne una copia. Lui però era talmente assorto nel sorprendere Nakiri con l’arrivo degli altri amici che si scordò di questo particolare. Sul cellulare controllò solo la cartella degli sms piena di messaggi da Hisako che sperava una risposta sulle condizioni di Erina più il messaggio che gli ricordava della loro partenza e che si sarebbero incontrati al posto accordato in precedenza. Al risveglio Soma incontrò, nel corridoio, Erina che si stava avviando in cucina per prepararsi qualcosa da mettere sotto i denti.
- Ehilà Nakiri! Dormito bene? –
Erina si voltò con sguardo indifferente – Si, credo che stare qui mi faccia bene. –
Yukihira era contento di vederla più colorita di qualche giorno fa e seguì la ragazza.
Tutti gli addetti di quell’hotel, non appena vedevano Soma e Erina li salutavano allegramente senza fare domande. Nel posto in cui Erina soggiornava prima le persone non erano così solari o spontanee. Per lei era una cosa strana, ma vedendo quei visi felici si sentì esplodere di positività.
La cucina era già occupata da diversi cuochi che facevano sperimenti e Joichirou che stava preparando la colazione per loro.
- Non avresti dovuto, con quello che avete fatto per me, volevo cucinare io. – disse imbarazzata Erina mentre il suo palato desiderava assaggiare quello che aveva preparato l’uomo.
- Infatti! Perché lo hai fatto tu? Volevo cucinare io la colazione per tutti. Uffa! – sbuffò Soma, con aria di competizione verso suo padre che lo guardava rassegnato.
- Facciamo così la prossima volta chiederò anche il vostro aiuto, ok? Adesso sedetevi e mangiate. – disse Saiba, mentre gli altri gustavano i suoi piatti deliziosi.
Intanto Sai spiegava a Erina e Soma cosa avrebbero dovuto fare quella mattina.
- Ho chiamato suo nonno e gli ho riferito la sua situazione signorina, quindi lui mi ha riferito che lei e Yukihira avete uno stage da portare a termine. Questo perché ha ricevuto un incarico da un suo amico che vive proprio qui a New York e così vorrebbe dare a voi l’opportunità di sperimentare le vostre qualità culinarie. –
- Sul serio? Ma così, di punto in bianco? – chiese Erina che non capiva bene la situazione.
Sai e Soma si guardarono complici, però cercarono di convincere Erina a seguire le indicazioni; del resto non aveva nulla da perdere.
Sai scortò Erina e Soma nel posto indicato dall’ex direttore verso le dieci di mattina. Arrivati, Erina si tolse gli occhiali da sole per vedere meglio il locale e si stupì. Aveva creduto di dover lavorare in un ristorante di bassa qualità o qualche villaggio turistico, ma mai si sarebbe aspettata di fare uno stage per un ricevimento nuziale. Il posto era un sogno. Ristorante al chiuso e all’aperto in base al gradimento degli ospiti e una spiaggia di sabbia che brillava di luce propria.
- Sul serio dobbiamo cucinare per un matrimonio? – chiese scioccata Erina che non credeva fosse possibile.
- Certo, me lo ha espressamente richiesto vostro nonno. – rispose, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Soma esplorò tutto l’ambiente a disposizione ammirando ogni cosa – Potrebbe essere un’esperienza fantastica! Non ho mai provato a cucinare per un ricevimento simile. Sarà divertente! –
- Anche no! Io conosco qualcosa, ma non ho mai sperimentato dal vivo tutto ciò. – sbottò Erina.
- Va bene, rilassati. Siamo qui per imparare, no? –
- Certo. – si avvicinò il capo chef – Vi daremo tutte le indicazioni possibili e vi seguiremo in ogni cosa. – rassicurò lui.
Il capo chef poi si avvicinò a Sai e gli sussurrò all’orecchio qualcosa – Non dovevano essere più di cinque, i ragazzi? –
- Si, gli altri arriveranno fra qualche ora. Non si deve preoccupare. – disse Sai tranquillo.
Lo chef si presentò ai due ragazzi facendo infiniti complimenti a Erina, erede della famiglia Nakiri.
Soma ed Erina furono invitati a sedersi ad uno tavoli che erano stati adibiti all’esterno. La vista era stupenda e il vento era piacevole. Il proprietario del ristorante cominciò ad illustrare ai due il menu del ricevimento richiesto categoricamente dalle famiglie degli sposi.
Quando Soma ebbe letto fino in fondo i piatti che avrebbe dovuto preparare sentì una scarica elettrica attraversargli il corpo. Era una nuova sfida per lui, piatti nuovi e ricette da sperimentare che avrebbero arricchito la sua conoscenza culinaria.
Erina invece non era proprio eccitata infatti faticava a comprendere la buona riuscita di quello stage per giunta con l’aiuto inesperto di Yukihira.
- Insomma il menu è all’italiana, ma non sarebbe più opportuno chiedere a qualche italiano di dare una mano? – domandò in modo naturale Erina.
- Ci abbiamo provato, ma vostro nonno ha dato la sua parola che voi avreste saputo cosa fare. – spiegò l’uomo – Quando volete, vi mostro la cucina e per gli ingredienti vi fornirò di tutto ciò che avrete bisogno. –
- S-si. – disse incerta la ragazza. Conosceva poco della cucina italiana, se ci fossero stati i fratelli Aldini però sarebbe stato tutto più semplice, pensò lei.
- Vedrai, andrà bene! – la confortò Soma con aria solare.
Erina amava cucinare, ma lavorare con Yukihira le pesava non poco. Avevano dei gusti di cucinare diversi, lei sceglieva con accuratezza gli ingredienti invece lui decideva tutto al momento senza una precisa istruzione. Come avrebbero potuto conciliarsi?
Soma invece aveva appena ricevuto il messaggio da Alice che erano appena arrivati e che si sarebbero incontrati al ristorante intorno alle 12:30.
Accompagnati dai bodyguard, i ragazzi, erano entusiasti di essere in quella città magica e divertente. Alice, per prima, correva da tutte le parti cercando un posto in particolare costringendo gli altri a seguirla per tutta la città.
- Eccolo! – esclamò Alice, indicando un bar. Aveva voglia di fare colazione perché il buco allo stomaco si faceva sentire.
- Non possiamo perdere tempo a mangiare! Dobbiamo andare da Erina. – protestò Hisako contro Alice generando una discussione tra le due.
- C’è tempo! Non essere così apprensiva, dai! Divertiamoci! – disse Alice che aveva trovato l’allegria appena scesa dall’aereo. L’albina si sentiva più vicina a sua cugina perciò non aveva motivo di essere troppo preoccupata. Prese per un braccio Hisako e la trascinò dentro il locale.
- Insomma, solo io mi preoccupo di trovare al più presto Erina! – si arrabbiò Hisako.
- Dovresti rilassarti, ti farà bene pensare a qualcos’altro. – si avvicinò Akira all’orecchio della ragazza.
Hisako avrebbe risposto male ad Ayama, ma Alice le disse qualcosa che la calmò definitivamente – Anche io non vedo l’ora di vedere quella noiosa di mia cugina, però so che sta insieme a Yukihira. Ha risposto a un mio sms poco fa, quindi possiamo tranquillizzarci, giusto? –
- D’accordo. – accettò Hisako che mise da parte la sua rivalità verso Alice.
Takumi fu subito preso in simpatia dalla ragazza che lavorava dietro il bancone del bar. Megumi invece fu circondata da due ragazzi che volevano offrirle qualcosa finché non s’intromise Mimasaka, sedendosi accanto alla ragazza, che fece scappare i due.
Dopo una ricca mangiata si avviarono all’appuntamento nel ristorante dove avrebbero fatto lo stage e per fare una sorpresa a Erina.
Mentre Soma e Erina cercavano di fare amicizia con gli altri cuochi arrivarono Hisako e gli altri irrompendo nella sala interna del ristorante.
Erina non sapeva cosa provare in quel momento né aveva parole da pronunciare. Vide Soma che andò incontro agli amici per scherzare un po’, aveva intuito che il rosso sapeva già del loro arrivo. L’unica persona però che voleva vedere era Hisako. Quest’ultima si avvicinò con lentezza verso Erina – Sono contenta che tu stia bene. Siamo venuti quasi tutti perché eravamo preoccupati, tuo nonno ci ha dato una mano. -
Hisako non dovette sforzarsi tanto per dimostrarle affetto perché ci pensò Erina. Nakiri la abbracciò forte – Scusami per averti ignorato, sono stata un’egoista e insensibile. Grazie per essere qui, Hisako. Grazie davvero. –  ebbe il coraggio di far uscire tutto quello che sentiva.
Soma e gli altri guardarono la scena strappalacrime, sprizzando felicità.
Erina si accorse in un secondo momento che mancava qualcuno – Non è venuta Alice? – chiese a Hisako.
- Si, era con noi. Forse è in giro a perlustrare. –
Erina aveva sperato che non fosse venuta. Non voleva rivedere Alice dopo quello che era successo tra loro. C’era troppa insicurezza quando pensava ai litigi con sua cugina e sarebbe stato difficile parlarle. Non voleva complicare di più la loro situazione.
Alice guardava con aria assente la superfice limpida del mare in lontananza. Non si staccava dalla parete che si affacciava sui tavoli adibiti all’esterno. Sembrava come se stesse aspettando qualcuno. Di lì a poco infatti anche Erina sembrava rapita dall’aria fresca di quel posto. Erina perlustrò coi suoi occhi lilla ogni angolo in cerca di Alice. Sua cugina che era proprio alle sue spalle attirò la sua attenzione – Stavi cercando me? –
Erina si girò per nulla sorpresa, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Alice, ma il suo discorso non sembrava affatto pronto per fare pace.
- Così sei venuta anche tu. - Erina teneva gli occhi bassi.
- Pensavi che non venissi? – cominciò a fare due passi in avanti, Alice.
- Forse. – era incerta l’altra.
- Io ti avevo avvertita che non sarebbe stato piacevole obbedire a tuo padre, ma tu non hai voluto il mio aiuto. –
- E’ pur sempre mio padre. – cercò di trovare il modo di rendere convincente quella frase.
- Già questo lo capisco, però certe volte…non so…vorrei che tu non debba seguire sempre tutto quello che ti dice di fare Azami. Sii più severa quando si tratta della tua vita non fartela costruire dagli altri, ma solo da te stessa. Devi essere padrona delle tue scelte e se hai paura non avere timore di chiedere aiuto. –
- Accidenti avevi davvero tanto da dirmi. – fece sarcastica Erina.
- Sei sempre così cinica nei miei confronti. – continuò Alice, ferita perché sentiva che Erina nascondeva i suoi sentimenti.
- Non è così, io so quello sto facendo e non ti credere di sapere tutto solo perché vuoi sentirti superiore a me. –
- Non accetti critiche, eh? Tipico di te che sei perfetta in tutto. – la provocò Alice.
- Vuoi litigare? – domandò acida Erina.
- Perché non lo stiamo già facendo? Litighiamo sempre. – mostrò la realtà, Alice.
- Di chi pensi che sia la colpa? – s’irritò Erina.
Alice incrociò le braccia al petto e si sedette su una delle sedie che le era capitata vicino. Girò lo sguardo dalla parte opposta a quella di Erina e sua cugina fece lo stesso cercando di calmarsi.
- Ogni volta finisco per prendermela con te, è patetico. Lo so che è difficile avere una cugina come me, hai tutte le ragioni per arrabbiarti. Mi dispiace, Alice, per essere stata così distante e di averti fatta preoccupare. – cercò di chiedere una scusa stupida quanto sincera.
- Ahhhh, lascia stare. È tutto a posto. – si alzò Alice e andò verso la porta.
- Aspetta, Alice. – la chiamò Erina e Alice si bloccò aspettando che l’altra parlasse.
- Lavoreremo insieme per questo stage, non sarà un peso per te? – chiese seria la biondina.
- No, credo che sarà inevitabile. Come è inevitabile che abbiamo lo stesso sangue che ci scorre nelle vene. È inevitabile che ci incontreremo e cucineremo spesso insieme alla Tootsuki. Così come è inevitabile che litigheremo ancora. Adesso torno dentro per capire quale menu sarà servito per le nozze. – Alice aspettò qualche secondo e poi lasciò sua cugina da sola.
Erina colse una certa malinconia nelle parole di sua cugina, forse si erano avvicinate un po’, ma sapeva che dovevano lavorare ancora molto sul loro rapporto di cugine per recuperare l’affetto di un tempo.
Passarono cinque giorni di intenso lavoro tra fornelli e cibi di alta qualità. I ragazzi si divisero la preparazione delle portate e non mancarono infatti i litigi. L’unico che era a suo agio era Takumi che finalmente vedeva la possibilità di mostrare le sue capacità culinarie della sua Italia. Soma gli fece molti complimenti che Aldini apprezzò appieno; anche se in fondo Yukihira cercava solo di apprendere l’arte di Takumi e imitarla perché lo incuriosiva troppo.
Takumi aiutò chiunque; lavorò persino con Erina che pur essendo più capace di lui accettava i suoi consigli.
Furono giorni di sperimenti che ogni giorno venivano perfezionati con l’aiuto di Erina che desiderava per ogni piatto la perfezione. Erano talmente in conflitto tra di loro che riuscirono persino a creare due torte nuziali differenti. Takumi desiderava una classica torta con la panna sopra a ricoprire i sei piani del gigantesco dolce con sopra la statuina dei due sposi, mentre Soma e Alice volevano preparare qualcosa di diverso. Una torta a otto piani. La base a forma di cuore adonata con rose rosse di zucchero più fiori veri e sopra all’ultimo piano un castello con altrettante rose vere e una scala lunga per tutta la torta con i due sposi che si accingono a salire la scalinata decorata di fiori reali e profumati. Erina a priori aveva scartato questa ipotesi, ma fu propensa all’idea originale che anche Hisako approvava. L’avrebbero preparata se avessero avuto il tempo di farlo. E fu così che oltre ad aver creato una torta classica ne realizzarono anche una molto più complicata e artistica.
I risultati erano molto buoni e cinque giorni di perfezionamenti e impegno sparirono in tempi brevissimi.
L’atmosfera di quel giorno era diversa da come se la immaginava Yukihira. Uscì dalla cucina con la divisa per camerieri e vide gli invitati degli sposi tutti eleganti che prendevano posto, parlavano e ridevano. L’aria che si respirava non era semplicemente di festa. Erano tutti contenti, quasi contagiosi. Anche Soma aveva l’impulso di sorridere e mischiarsi tra gli invitati perché la gioia che si respirava era vera e sincera. Yukihira pensò, ad un certo punto, che pur servendo un piatto scadente non se ne sarebbe accorto nessuno. Era davvero così bello il giorno di un matrimonio? Ecco che le domande tornarono a riempirgli la mente.
- Yukihira kun, abbiamo bisogno di te. – lo sollecitò Megumi e Soma la seguì di corsa.
In cucina si impegnarono tutti ricordando ogni prova che avevano fatto per arrivare a creare il menu che gli sposi desideravano tanto. Per rendere quel matrimonio ancora più piacevole e spettacolare mancavano solo i piatti principali che tra una musica e l’altra i cuochi servivano.
Erina era indaffarata a dirigere i cuochi, ma anche lei si prendeva delle brevi pause per sbirciare la festa in corso. Specialmente durante i balli. Il ballo lento dello sposo e della sposa, le fece capire quanto quelle persone fossero felici insieme e affiatate. Anche lei aveva ballato con qualcuno, e la musica bella e lenta c’era, ma la canzone non basta per rendere magico quel momento.
Alice e Hisako si avvicinarono anche loro per guardare i balli.
- Non ti sembra qualcosa di già visto, cugina? – domandò Alice, maliziosa.
- No, perché? – chiese distratta Erina.
- Anche all’accademia abbiamo ballato a quella festa. E se non sbaglio tu hai ballato con Yukihira lo stesso ragazzo che hai baciato. – Alice cominciò a prendere in giro Erina.
Erina si imbarazzò subito, ma non voleva affatto darla vinta ad Alice – Smettila, questo fatto non c’entra nulla con il matrimonio. –
- Ha ragione Erina, le nozze sono un avvenimento che ti cambia la vita soprattutto perché hai una persona che ami e che ti ama. – disse Hisako.
Erina lo sapeva, il matrimonio non è una semplice festa con la musica d’atmosfera, ma un giorno importante, speciale per molti, perché si trova la persona giusta con cui passare tutta la vita insieme.
- Certo che si, Hisako, ma non solo! Per esempio il mio matrimonio dovrà essere in grande stile come quello che mi hanno raccontato i miei genitori. Romantico e spettacolare dal giorno della promessa fino alla data di nozze. Tu come vorresti il tuo matrimonio Megumi? – domandò Alice che intanto continuava a pensare a come poteva essere il suo matrimonio, tranne per lo sposo che nella sua testa non trovava ancora un volto.
- Il mio matrimonio? Non saprei a me importa solo che ci sia la persona che mi piace. Si credo che vorrei solo questo. – disse con semplicità Megumi.
- Ha ragione Megumi, insomma alla fine non conta il posto o la musica, ma la persona che scegli di sposare che dovrà rendere il giorno del matrimonio un giorno speciale. – s’intromise Takumi, saggiamente.
Erina fu felice di sentire quelle parole, era proprio quello che dentro di sé sentiva.
- Si, sono d’accordo con Aldini. – disse Hisako mentre preparava un piatto.
- No, io non sono d’accordo. Tu che ne pensi Yukihira? – chiese Alice convinta del suo discorso.
- Non saprei, ma credo che la penserei come Takumi e Tadokoro insomma non mi capita mai di pensare a certe cose…però anche la tua idea mi piace. – rispose vago Soma concentrato sul piatto da preparare.
- Io penso che Tadokoro, come Aldini, abbia espresso la giusta considerazione. Anche per me basta avere la persona giusta per essere felice. – contribuì alla conversazione Mimasaka mentre versava del sugo di qualità.
- Stranamente siamo d’accordo su qualcosa. – disse un po’ acido Takumi a Mimasaka accanto a lui.
Alice si imbronciò perché nessuno accettava la sua idea, così cercò appoggiò nel suo fedele assistente, ma Ryou era in modalità Berserk e quindi decise di lasciar perdere tanto non l’avrebbe ascoltata in ogni caso.
- Invece di perdere tempo nel pensare a certe cose, pensate a cucinare abbiamo ancora delle portate da servire. – disse freddamente Hayama che era intento a mescolare aromi di ogni genere. Alice lo guardò male e si rimise a lavoro.
Quei discorsi non fecero altro che mettere altre domande nella mente di Soma. Come era stato il matrimonio dei suoi genitori? Era come l’aveva immaginato? Era con la persona giusta?
Il cervello di Erina pure elaborava teorie sull’unione dei propri genitori. Si amavano davvero? La ragazza scacciò all’istante quei pensieri con una grande forza di volontà per non deconcentrarsi.
Il lavoro di squadra procedette bene anche se le statistiche iniziali non l’avrebbero previsto.
Giunto il momento della torta i ragazzi non ebbero dubbi e portarono in sala le due torte con lo stupore di tutti i presenti.
Gli sposi si congratularono con gli chef e la loro creatività che lasciò di stucco anche il proprietario del ristorante.
Si era fatta sera ormai e quindi gli invitati compreso la coppia festeggiata si trasferirono dalla sala interna, che aveva il condizionatore per le ore di pomeriggio calde, a quella all’aperto decorata di fiori e ornamenti di festa colorati per gustarsi meglio il dolce e scattare foto in riva al mare con la luce della luna.
Tutto stava procedendo per il meglio, ma qualcosa non prevista rovinò l’atmosfera.
La ex fidanzata dello sposo si presentò alla festa litigando animosamente con la sposa che gelosissima cercava l’appoggio di suo marito per mandare quella pazza scatenata fuori dal ristorante e dalle loro vite.
La discussione però si trasformò in una gara di torte. Tutto iniziò quando la ex prese un pezzo di torta per lanciarlo sul vestito della sposa e che a sua volta quest’ultima volle vendicarsi. Qualche pezzo di torta finì anche sugli ospiti che cominciarono anche a lanciare tra di loro altri pezzi di panna e cioccolato addosso. Questo finì per divertire sia gli invitati che gli sposi. I pezzi accuratamente tagliati delle due torte bellissime furono lanciati dappertutto, volarono anche addosso ai camerieri. Soma fu contagiato da quell’euforia che si buttò nella mischia e Takumi accolse la provocazione per rendere anche quella situazione un pretesto per gareggiare contro Yukihira, ma il suo tiro fu scarso infatti finì per colpire Erina che stava cercando di calmare la folla impazzita. La ragazza si spazientì tanto da lanciare pezzi di torta che aveva a portata di mano contro Soma poiché credeva che la colpa fosse anche sua. Invece di mettere ordine al caos che si era reato Yukihira e gli altri si lanciarono cibo a volontà. Hisako proteggeva Erina, come fosse il suo scudo. Akira e Hayama si sfidarono con quello che trovavano invece Mimasaka e Megumi tentavano invano di fermare quella guerra di cibo mentre venivano sporcati anche loro da ogni tipo di schifezza.
Quando finalmente arrivò il proprietario con un megafono grande il caos si arrestò, ma ormai erano tutti sporchi come pure i tavoli. Era tutto un disastro, ma Soma ebbe una folle idea - Perché non ci facciamo un bagno nel mare! -
Gli sposi per primi non si fecero problemi e si buttarono con tutti i vestiti nell’acqua lì vicino rischiarata dalla luce della luna. Gli altri li seguirono a ruota persino gli anziani furono propensi a quella trovata. Così come Yukihira e i suoi amici fecero altrettanto. Si divertirono un sacco a bagnarsi dalla testa ai piedi. A fare gare di nuoto. Quel matrimonio sarà ricordato nella storia come quello più folle.
Le guardie del corpo della famiglia Nakiri corsero subito a procurare tanti asciugamani da mare per tutti, così la festa continuò, in riva al mare, con brindisi e quel poco di torta che era rimasta. Fortuna che ne avevano preparate due!
Quando ormai Erina non aveva più da fare in cucina si trascinò sulla spiaggia; era stanca, ma i suoi pensieri no. Era stato un matrimonio divertente e forse l’unico a cui era stata, certo non come invitata o festeggiata, ma si sentiva comunque di aver fatto parte della festa e forse ancora una volta il merito era di Soma.
Il ragazzo vide in lontananza Erina e decise di farle compagnia.
- Tieni, sono degli avanzi della festa. È tutto buonissimo, te lo giuro! – disse Yukihira allegro mentre si sedeva accanto a Erina.
- E’ stata una bella festa. – disse la ragazza, mettendo da parte i pensieri negativi.
- Sì, è stato divertente. A me è piaciuta la parte del lancio delle torte. – commentò Soma divertito.
Erina non era certo contenta di sapere che metà del lavoro che avevano fatto per realizzare quelle super torte era andato sprecato, ma ammise di essersi divertita.
- Hai avuto una bella idea. Quella di farsi il bagno in mare, intendo. – cercò di essere naturale Erina.
- Si, mi è venuta di colpo. Davvero geniale, eh? – concordò Soma.
I due guardarono verso le famiglie e gli amici che circondavano gli sposi tutti felici e sorridenti. Anche Erina si fece contagiare spontaneamente e sul suo viso apparve un bel sorriso che Soma le fece notare – Finalmente ti sei divertita. –
Erina si girò verso di lui – Si, ma non montarti la testa. Non è solo merito tuo. –
- Ok, ok. – rise Yukihira.
Hisako fu contenta di vedere Erina serena e continuò a guardare i due in riva al mare, ma sentì le voci di due guardie del corpo che dicevano:
- Ehi, quel ragazzo non sembra un parente, né un amico degli sposi. –
- Già, perché si sta dirigendo verso la signorina Nakiri. –
- Forse è un amico del ragazzo accanto a lei, Yukihira Soma. –
- Forse, ma è meglio tenerlo d’occhio. Andiamogli dietro. –
Due agenti in nero seguirono il ragazzo che aveva intenzione di parlare con Erina.
- Ciao, Nakiri. Possiamo parlare. – disse Kohinata appena arrivato.
- Che cosa ci fai qui, Kohinata? – domandò sorpresa Erina.

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Capitolo 9
*** Vacanze ***




Soma squadrò Kohinata dalla testa ai piedi, mentre in lontananza si sentiva ancora la musica della festa in corso. Il vento piacevolmente fresco perché vicino al mare scosse i capelli di Erina che guardava con sorpresa il ragazzo spuntato dal nulla.
- Perché sei qui? Ti ha forse mandato mio padre a controllarmi? – domandò la ragazza sospettosa e vigile, che si aspettava di trovare suo padre comparire da un momento all’altro.
Kohinata fu colpito da quella domanda e cercò di rispondere subito, ma Soma lo precedette – Tu sei il ragazzo che mi ha fatto il terzo grado per quella foto. – lo riconobbe il rosso che aveva incontrato Kohinata proprio il suo primo giorno a New York, dopo aver discusso con Erina.
- Ancora con questa storia! Yukihira, ti ci metti anche tu ora? Non era tutto sistemato? – chiese ancora Nakiri infuriata appena aveva sentito parlare della foto compromettente e imbarazzante per lei.
- Tranquilla, la foto non c’è più e credo che nessun media ne sia al corrente. Non sono venuto per conto di tuo padre. Ho sentito da una guardia del corpo, al ristorante di Azami, che tu eri occupata con uno stage e che non ti avrei rivista al ristorante Nakiri. Per cui sono venuto qui. Devo dirti qualcosa. – disse tutto d’un fiato Kohinata.
Erina non fiatò. Aspettava che il ragazzo parlasse, ma i bodygard non gli permisero di dire nulla. Due uomini presero per le braccia Kohinata e lo trascinarono a terra legandogli le mani. Nel contempo il ragazzo cercava di dire qualche sillaba cercando di sputare la sabbia che gli entrava nella bocca – Io… devo dire… -
Intanto le guardie che stavano immobilizzando Kohinata lo tempestarono di domande – Tu chi sei e perché stai parlando alla signorina Nakiri Erina? Forza parla! –
Erina guardò tutta la scena sbigottita mentre Soma di fianco a lei si preoccupava di quel povero ragazzo messo al tappeto.
- Smettetela immediatamente, è solo un mio conoscente di New York. È inoffensivo. – cercò di dissuadere la sua scorta, Erina.
Hisako seguita da Alice e gli altri ragazzi dell’Accademia si  precipitarono a vedere la scena.
- Che succede, Erina? – domandò Alice che voleva saperne di più, invece Kohinata fu lasciato libero anche se aveva ancora una corda tra le mani.
- Volevo solo dirti una cosa Nakiri. Non mi aspettavo questa resistenza. – pronunciò queste parole mentre sputava qualche granello di sabbia.
- Scusa, sono spiacente. Puoi dirmi tutto, ora. Fai in fretta però perché devo rimettermi a lavorare. –
- Certo, sarò breve. – prese il coraggio che gli serviva e poi Kohinata, sotto gli occhi e le orecchie a portata di Soma e di tutti gli amici di Erina disse – Io sono innamorato di te e vorrei che tu mi dia la possibilità di farti capire che sono la persona più adatta a stare al tuo fianco. –
Dopo quella dichiarazione diretta, al chiaro di luna, Erina aveva la mente libera e chiara per rispondere ciò che significava per lei quello che aveva detto Kohinata – Capisco che tu stia provando questo per me, ma io non sento le stesse cose e credo che non cambieranno i miei sentimenti, in futuro. Perciò scusa, ma declino la tua proposta. – disse molto chiaramente e col cuore di ghiaccio. Era come se le parole fossero già state preparate nella sua testa, forse sospettava già che il ragazzo provasse sentimenti per lei. Tuttavia quello che Erina provava per Kohinata era solo amicizia e nulla di più.
Soma non reagì, rimase in piedi a fissare Erina che rifiutava Kohinata. Non aveva frasi decenti da dire e sembrava aver perso anche il suo solito umorismo, così aspettò che Erina sistemasse da sola quella difficile relazione.
Alice, per aiutare sua cugina inventò una stupidaggine per spezzare quell’atmosfera tetra che si stava creando – Insomma Kohinata, non ti abbattere. Non sei mica l’unico che va dietro a Erina. Mettiti in fila! Vedi tutti questi giovanotti? Loro sono gli altri che vorrebbero uscire con mia cugina, quindi dovrai faticare molto. Ahahah. – si divertì la cuginetta indicando Takumi, Soma, Mimasaka, Ryou e Akira accanto a lei.
Erina a seguito della sceneggiata di Alice divenne tutta rossa e le corse incontro – Che ti è saltato in mente! Vieni qui e sistema il guaio che hai combinato! – gridò per tutta la spiaggia mentre cercava di prendere sua cugina che fuggiva da tutte le parti.
Akira e gli altri rimasero senza parole, ma non diedero peso a quello che aveva detto Alice perché ormai sapevano che alla ragazza piaceva scherzare.
Le guardie del corpo andarono via, dopo il pericolo scampato, ma Kohinata era rimasto fermo sulla spiaggia a riflettere.
- Aspetta. – disse Kohinata a Soma mentre si avviava con i suoi amici diretti al ristorante.
Yukihira sapeva che era riferito a lui e si fermò. Lo guardò.
- Non so se Nakiri Erina si accorgerà mai di me o forse non lo farà mai perché è interessata a qualcun altro, ma sarà difficile entrare a far parte della famiglia Nakiri. – disse Kohinata e Soma elaborava ciò che diceva il ragazzo.
- Perché lo stai dicendo a me? – chiese stupidamente Yukihira.
Kohinata non sapeva cosa sentiva Soma per Erina o se non si erano ancora resi conto dei loro sentimenti, ma fece finta di nulla – Niente, dico solo che io non mi arrenderò facilmente. Conquisterò Erina e la famiglia Nakiri per avere qualche chance in più. Ci si vede, Yukihira Soma. – Kohinata calciò la sabbia con una scarpa e si diresse nella direzione opposta a quella di Soma.
Yukihira non aveva colto la sottile rivalità che Kohinata provava nei suoi confronti. Nei confronti di Soma che forse aveva una possibilità maggiore di conquistare il cuore di Erina.
“Cosa voleva dire Kohinata?”, metteva in moto il cervello di Soma “Aveva già discusso con lui e c’era sempre Erina di mezzo, ma perché?”, si domandava ancora. Voleva scacciare Kohinata fuori dai suoi pensieri, ma era difficile. Cosa lo tratteneva dal farlo? Doveva capirlo e si promise di scoprirlo prima di tornare alla Tootsuki.
Il responsabile nonché capo del ristorante ricevette una telefonata da Senzaemon che fu subito passata a Erina per spiegare cosa era successo al matrimonio – Nonno mi dispiace, non siamo stati molto professionali e c’è stato uno spreco di cibo, ma io me ne assumo tutta la colpa. –
- Ahahah, si tranquilla. Lo so cosa è successo, mi ha chiamato Alice poco fa per raccontarmi tutto. –
- Certo, ma perché stai ridendo? – chiese Erina un po’ perplessa dalla reazione esagerata di suo nonno, per nulla arrabbiato.
- Va tutto bene, ho saputo che vi siete divertiti. Tu e i tuoi amici. Sono contento che il mio piano abbia avuto successo. Lo stage doveva aiutare te e i tuoi amici a lavorare insieme, mettere da parte i vostri problemi e collaborare come gruppo. Non potevo sentire una notizia più positiva di questa! E poi non è certo colpa vostra se siete stati coinvolti in una specie di rissa. Ahahah. –
- O-ok. Grazie nonno, effettivamente non è stato male. – fu sincera e sollevata Erina mentre salutava suo nonno.
- Ci vediamo presto nipotina. – chiuse la chiamata Senzaemon, sospirò e sorrise. Qualcosa di buono, in quel viaggio aveva aiutato Erina a reagire e questo era ciò che sperava l’ex direttore della Tootsuki.
Dopo la prova culinaria affrontata con successo, i ragazzi ebbero la possibilità di trascorrere altri due giorni a New York in totale relax prima di ripartire.
Alice aveva programmato tutta la giornata e gli altri ragazzi lasciarono a lei decidere dove andare, perché era l’unica ad avere idee per trascorrere al meglio il soggiorno nella grande mela.
Central Park era la prima tappa. Alice ordinò ai suoi bodygard di procurare delle carrozze a cavallo da trasportare lei e i suoi amici per una buona parte di Central Park. Comprarono tutti un gelato e poi salirono sulle carrozze. I primi furono Ryou e Alice che fremeva, poi fu la volta di Soma e Takumi che erano eccitatissimi di essere trasportati da un cavallo e contagiarono Megumi che li seguì sulla stessa carrozza. Akira partì con Mimasaka che si era già sistemato per gustarsi il suo sorbetto. Erina e Hisako invece partirono per ultime. La biondina si accorse della confidenza reciproca tra Megumi e Yukihira. Non poteva farne a meno, aveva passato un po’ di tempo con il ragazzo e guardandolo da lontano aveva capito quanto lui si divertisse con i suoi amici. Era bello vederlo allegro, ma si domandava se anche con lei si divertisse allo stesso modo. Gli occhi di Erina riuscivano a catturare la spensieratezza che Soma aveva nell’ammirare il paesaggio naturale di Central Park. In qualche modo riusciva a entrare nel suo mondo vivace che lei non vedeva da tempo. Hisako accanto a lei cercava in tutti i modi di trovare le parole per parlare con la sua amica di quello che le era successo, nei giorni in cui non riuscivano a comunicare e chi fosse quel ragazzo Kohinata. Il volto di Erina però era sereno e Hisako non voleva oscurarlo con ricordi spiacevoli perciò si trattenne dal farle domande sconvenienti in quel momento.
Alice era scatenata come al solito e prese di mira Soma che accetto subito la sua idea folle. L’albina prese il comando della carrozza tenendo le redini del cavallo e fece scendere il cocchiere. Yukihira fece lo stesso mentre Takumi e Megumi si preparavano a reggersi forte perché sapevano che sarebbe potuta finire male quella strana corsa che avevano deciso di disputare i loro amici. Soma e Alice guidarono i cavalli più veloci di chiunque altro per vedere chi delle due carrozze fosse la più veloce. Il rosso non aveva mai guidato una carrozza né tantomeno salire su un cavallo però se la cavava con le istruzioni di Takumi che reggendosi forte gli gridava cosa doveva fare. Ryou invece mezzo addormentato scorgeva lo sguardo di sfida nelle pupille di Alice che faceva di tutto per vincere quella sfida.
- Sembrano dei bambini. – disse Hisako che sperava non facessero male alle persone che volevano godersi la passeggiata, ma in fondo non andavano molto veloci. Alice sapeva che Soma non poteva certo governare al meglio una carrozza trainata da un cavallo e manteneva una velocità bassa per permettere al rosso di avere qualche vantaggio in più.
- A me sembra che si stiano divertendo tanto. Piuttosto non credevo che Alice voglia far vincere Yukihira. Con quell’andatura verrebbe superata subito. – commentò Erina divertita.
Hisako percepì una strana calma nelle parole dell’amica e la vide più contenta del solito.
- Sì, hai ragione. – sorrise Hisako felice che Erina si stesse godendo tranquillamente quella giornata senza irritarsi con Alice o Soma. Le persone che senza dubbio avevano quel carattere capace di farti cambiare idea su ogni cosa e rallegrarsi per tutto ciò che decidevano di fare. Erano forse le sole persone che davano quella scarica positiva a Erina per reagire alla sua condizione famigliare.
Quel lungo parco che presentava un miscuglio di colori e vegetazione viva rendeva la giornata più bella.
Mimasaka si godeva con una pace mai provata prima tutto quello che lo circondava dai fiori alle voci dei passanti, si accorse anche di Akira che ad un certo punto saltò dalla loro carrozza.
- Scusami, non è per te. – disse Hayama che vide Mimasaka aprire i suoi occhi semiaperti – Voglio fare una passeggiata per conto mio. – finì la frase sbrigativo e l’amico ritornò al suo sonnellino.
Hisako vide Akira allontanarsi e seguì lo sguardo che il ragazzo le ricambiò.
- Che succede? Come mai Hayama sta andando via? – domandò Erina incuriosita.
- Chi lo sa. Non mi interessa. – girò la testa da un’altra parte Hisako.
- E’ successo qualcosa fra di voi? – chiese ancora la biondina.
- No. –
- Forse è a causa della vostra battaglia. Certamente ci sei rimasta male per aver perso contro di lui. –
- Sì, è così. Ma non ho il diritto di lamentarmi. Devo solo cercare di fare meglio la prossima volta. –
Erina guardò la sua amica attentamente. Hisako si era sempre confidata con lei e parlavano molto di ogni cosa, però l’argomento di quella battaglia culinaria non era mai oggetto di conversazione. Nemmeno quando era ritornata al suo fianco. Aveva sempre taciuto quel discorso e forse si sentiva parte della colpa. Lei era sempre la numero uno e Hisako voleva essere a tutti i costi la sua segretaria, aiutarla per ogni minima cosa. Hisako non le chiedeva mai nulla e si sacrificava tanto per lei. Erina avendo sempre i riflettori puntati godeva di molte cose, ma Hisako restava sempre in ombra anche quando non era necessario.
- Non devi essere arrabbiata con Hayama, la colpa è mia che ti ho scaricato troppe aspettative e che ti do sempre molto da fare. –
- Ma no. Non è vero. La colpa è solo mia per essere stata sempre dietro di te e mai al tuo fianco. Avevo il timore di sminuirti se ti fossi stata accanto. In fondo io non sono al tuo livello, però Yukihira mi ha fatto capire che devo almeno provarci a starti vicino. –
- Yukihira? – era perplessa la biondina a sentire il suo nome.
- Sì, durante lo stagiaire Yukihira mi ha aiutato a capire come affrontare il blocco che non mi permetteva di vederti. – disse con un largo sorriso.
Da quella conversazione Erina capì come Soma e Hisako fossero diventati amici. Tutto merito di Yukihira se Hisako era tornata; ancora una volta Soma le aveva fatto un grande favore. Come avrebbe potuto ricambiare tutte le volte che il rosso l’aveva aiutata?
Akira passeggiava solo nei vialetti alberati e i suoi occhi potevano scorgere tante famiglie, turisti che si divertivano insieme. Non potevano mancare gli innamorati e la gente che era sola a rilassarsi nel parco più grande che esisteva. Quella passeggiata serviva per riflettere sulle parole che il ragazzo aveva sentito al matrimonio.
Due ragazzi chiacchieravano di un loro amico che si era innamorato di una donna con il doppio dei suoi anni e che sarebbe stata perciò una relazione impossibile per la loro differenza d’età. Akira ci pensava perché in fondo era una situazione uguale alla sua. Lui provava qualcosa di forte per Jun, ma sapeva anche che, nonostante l’aspetto della donna, aveva molti anni in più. Poteva avere una chance? Lui era confuso e rifletterci gli avrebbe dato solo speranze inutili. L’unica opzione possibile che la sua mente concepì fu di confessare quello che provava a Jun e capire se lei fosse interessata a lui. Sebbene il ragazzo fosse concentrato sui suoi pensieri notò distintamente Alice e Soma che, esausti, si risposavano al centro del parco. Decise quindi di accodarsi a loro per uscire da Central Park e sapere quali fossero le altre tappe da vedere.
L’albina chiamò Erina e Hisako per riunirsi. Mimasaka era già arrivato alla fine della sua corsa e aspettava i suoi amici per andare tutti a Rockefeller Center. L’edificio altissimo li aspettava imponente e pieno di gente.
Avevano un tavolo prenotato al ristorante Rainbow Room al 65° piano. Dopo quasi un’intera mattina al parco avevano una fame tale da spendere un patrimonio di cibo. Poi si munirono di macchine fotografiche pronti a salire altri piani per godersi il panorama speciale che quel grattacielo regalava.
Soma iniziò a scattare foto da tutte le angolazioni possibili senza darsi tregua e Takumi fece lo stesso, sembrava che stessero facendo a gara chi fotografava in pochi minuti tanti scorci di New York. Yukihira però non aveva quel fine lui fotografava perché era elettrizzato da quell’altezza e dal panorama che vedevano i suoi occhi dorati. Aveva già collezionato ben trenta foto, ma le sue dita si fermarono prima di scattare qualsiasi altro pezzo di città. L’obiettivo si era fermato a individuare Erina che, invece di scattare fotografie, guardava dritto verso un punto preciso. Soma le scattò una foto e la ragazza si accorse subito di lui.
- Mi hai forse fotografata? – era infastidita Erina.
- Si, colpa mia. Cosa guardavi? Sembravi triste. –
- No, al contrario. Sono felice di visitare New York con tutti voi. Mi aiuta a non pensare a mio padre. –
- Beh, l’idea è venuta da Alice. –
- Sì, lo so. Eppure tu hai fatto molto di più, per me. – non sapeva come continuare. Voleva ringraziarlo, ma riuscirci era faticoso.
- Non devi dire nulla. – sembrò leggerle la mente, Soma – Non c’è bisogno che mi ringrazi. Siamo amici, giusto? Fare l’eroe mi riesce bene, vero? –
Erina sperò di pronunciare una parola di ringraziamento, ma quello che uscì fu solo una frase che non centrava affatto – Questa vista sembra qualcosa di comune, ma non lo è. Ogni volta che vedo un panorama dall’alto, il cielo mi sembra così vicino che mi viene voglia di volare. –
- Sì, anche a me piacerebbe. Volare è sempre stato un mio desiderio, ma credo impossibile. – scherzò il rosso.
- Cosa fai? Mi prendi in giro? – s’imbronciò Erina.
- Ahahah, mi sembravi un po’ giù perciò una risata era l’ideale. –
- Devi sempre rovinare tutto. – sorrise anche lei mentre cercava di riportare la serietà nella mente di Soma, senza riuscirci ovviamente.
Hisako fu sorpresa di vedere Erina e Soma scherzare perché li vedeva sempre come cane e gatto, ma quel cambiamento ammise che era una cosa positiva per la sua amica. Li lasciò soli e si accodò a Takumi e Megumi.
Hayama aveva un carattere che gli imponeva di stare per conto suo e con i suoi occhi verde smeraldo entrava nel panorama cogliendo il più piccolo difetto, poi immortalava tutto con una foto. Ogni tanto però dava uno sguardo agli altri, ma solo Hisako lo faceva riflettere. Pensava a quello che aveva detto il padre di lei. L’aveva già accompagnata a casa sua tempo fa, ma non ricordava proprio nulla, anche sforzandosi.
Ryou invece scattava tutte le foto possibili ad Alice che faceva da modella. Il panorama di Rockefeller non era la loro principale attrazione e Alice iperattiva sperava di poter visitare tanto altro di New York, così convinse i suoi amici a farsi una foto insieme e poi andare in città per negozi.
Ognuno di loro sperava di acquistare dei souvenir per ricordo di quella vacanza e magari anche per comprare dei regali. Erina vide Hisako e Megumi vicino ad un negozio che vendeva palle di vetro con la neve, alcune erano bellissime di tutte le dimensioni che ritraevano monumenti o scorci di New York. C’era anche una statua della libertà grande, avrebbe voluto prenderla, ma si rese conto che trasportarla non era facile. Le cartoline non mancavano e Hisako ne prese molte per i suoi genitori. Takumi era in cerca di qualche regalo per suo fratello e la sua famiglia lontana. Mimasaka invece si provava ogni tipo di abito che gli sembrava adatto a lui. Alice accompagnata da Ryou spendeva migliaia di soldi solo per lei e alla fine decise anche di fare regali per i suoi genitori, convinta dal ragazzo.
Soma era l’unico indeciso. Vicino al negozio di gioielleria, era costoso, ma sperava davvero di comprare qualcosa. Pensava a una persona, era lontana e la vedeva raramente però non poteva scordarla facilmente. Akira era accanto al rosso e pure lui cercava un bel gioiello per Jun, ma si poteva permettere poco così entrambi si recarono alle bancarelle poco distanti dai negozi dove erano entrati gli altri amici.
Yukihira comprò subito un braccialetto elegante e luminoso adatto per la persona a cui voleva regalarlo. Hayama invece vide una collana con un punto luce, semplice, ma carina. Si accorse inoltre di un'altra collana, ma non sapeva se prenderla o meno. Aveva una pietra rossa che ricordava gli occhi di Hisako. Akira non capiva il perché l’avesse attratta tanto quella pietra, ma continuò a fissarla finché il venditore lo avvertì di una cosa – E’ molto bello quel rubino vero? Devi sapere però che se regali un gioiello a una donna allora significa che provi dei forti sentimenti per lei. –
- Davvero? – pensò il ragazzo, guardando la collana che voleva dare a Jun. Se avesse dato una collana a Shiomi forse lei si sarebbe accorta dei suoi sentimenti. Poi riguardò il gioiello con il rubino - E’ vero rubino, quello? –
- Sì, per questo te lo sto dicendo. – confermò l’uomo.
- Come fa a capire che voglio regalarlo a qualcuno? – domandò Akira.
- So riconoscere una persona indecisa e interessata a qualcosa della mia bancarella. – rispose con un sorriso enigmatico il signore.
Akira non poteva comprare una collana con una pietra preziosa a caso e certamente non l’avrebbe regalata a Hisako solo perché quel rubino gliela ricordava. Così comprò solo la collana per Jun senza perdere altro tempo.
Alice vagava senza meta seguita dal suo fidato assistente che pareva annoiarsi molto, ma non lo dava a vedere perché voleva evitare di bisticciare con la sua signora.
I due sembravano attirare molto l’attenzione dei passanti, infatti un ragazzo si avvicinò ad Alice. La trovava molto bella e attraente così sperava di chiederle un appuntamento. Ryou non l’aveva nemmeno notato perché camminava dietro la ragazza come da suo comando e non appena quel ragazzo si avvicinò ad Alice, l’assistente annoiato assunse uno sguardo minaccioso che faceva paura a chilometri di distanza.
Non aveva neanche il fazzoletto rosso in testa, eppure quella situazione lo infastidiva parecchio perciò senza il minimo scrupolo colpì, con un calcio, lo stomaco del giovane che stava cercando di flirtare con Alice.
- Ryou! Cattivo! – lo colpì con pugni a raffica che non gli facevano niente – Perché l’hai fatto? –
Alice si scusò con il ragazzo e poi trascinò via il suo assistente con la folla che si riuniva per capire come fossero andate le cose.
Ryou non fiatava, sapeva di aver commesso una stupidaggine, ma non voleva ammetterlo. Dentro di sé capiva che non poteva scusarsi perché semplicemente non voleva. Il suo compito era di proteggere la lady, non era un segretario comune eppure non concepiva il suo comportamento di prima. Poteva allontanare il ragazzo con la forza del suo fazzoletto rosso, ma aveva deciso di non ricorrere a quella personalità. Aveva rinunciato alla violenza brutale per un altro tipo di scontro. La personalità che esce quando indossa la bandana rossa in fondo faceva pur sempre parte di lui e la poteva usare anche senza travestimento.
- Allora? Mi dici perché ti sei comportato così? Voleva solo rimorchiarmi. Uffa, sei sempre così avventato. Chiedi scusa. –
- No, non lo farò. – disse schiettamente Ryou.
Alice lo fissò per un po’ di tempo prima di fermare la sua collera verso di lui. Aveva capito che il ragazzo stava solo cercando di salvarla da una situazione che poteva mettersi anche male e per questo non riprese più quell’argomento. Poi si ricordò che Ryou non aveva il fazzoletto rosso per la “modalità Berserk”, come lei la chiamava, e rise. Ryou si era preoccupato per lei e Alice apprezzò il gesto.
- Ho fatto bene a scegliere te, come assistente. – disse a bassa voce, apposta. Sperava che lui non lo sentisse perché in quelle parole c’era del vero sentimento. Un’emozione dettata dal momento? Cos’era? Domandava a se stessa, senza avere risposta. L’aveva già provato prima, ma non ricordava bene quando.
Ryou, però, aveva sentito e anche senza cogliere quel sentimento lui ne fu felice. Camminare distante dalla sua signora non gli piaceva, così senza il suo consenso si avvicinò mettendosi di fianco. Alice, colse stranamente il ragazzo, non protestò, ma continuò a camminare vicino a Ryou come se niente fosse.
L’ultima tappa era partecipare a una mega festa in riva al mare. Una spiaggia piena di gente che si diverte, giochi sportivi, il cibo e le bevande da gustare in riva al mare tutti insieme. Normalmente a queste occasioni di festa si fanno incontri interessanti e magari si trova l’anima gemella. Nulla di tutto questo, però, era nei programmi di Soma e dei suoi amici.
Il mare di sera, quando il sole era ormai tramontato, faceva tutti più malinconici.
Un momento di risate e follia riaffiorò nei pensieri di Yukihira mentre sorseggiava un tè. Era il bagno che aveva fatto un giorno prima. Erano tutti contenti e quell’avventura sembrava proprio un miraggio perché già pensava al ritorno in Accademia. Megumi si sedette accanto a lui, sulla sabbia fredda, con una sola domanda per la mente – Cosa provi per Nakiri? – la rivolse a Soma lì vicino.
- DI che parli? Anche tu mi chiedi cose come questa. È a causa del bacio? – rise Soma, ma un po’ irritato. Sembrava come se tutti si volessero intromettere nella sua mente e sperare di ricevere risposte che nemmeno lui conosceva.
- Scusami, solo che mi sembrava tu provassi qualcosa di importante per lei. Ti sei fiondato da lei a New York per aiutarla. –
- Non avrei dovuto? Insomma, non mi piace Nakiri in quel senso. Non so neanche che significa fidanzarsi. Ho aiutato Nakiri perché lo sentivo e basta. – continuò Soma, ma poi si pentì di aver detto certe cose e di essersi quasi arrabbiato con Megumi. Perciò la voce si fece più dolce – Scusa, volevo solo spiegare come mi sento. Ultimamente non so cosa rispondere quando mi fate domande come questa.–
- Tranquillo, ti capisco benissimo. Ho sbagliato io a farti quella domanda così indiscreta. – senza toccare più quel tasto, Tadokoro rimase in silenzio a fissare il mare.
Yukihira avrebbe voluto capire qualcosa di più sui suoi sentimenti, su cosa provava ogni volta che guardava Erina e del perché non provava lo stesso con nessun’altra. Incrociò lo sguardo di Nakiri, sembrava serena. Si limitò ad accennare un saluto alzando di poco la bevanda che aveva in mano. Erina fece lo stesso, ripetendo il gesto con la sua aranciata, ma in quel momento avrebbe voluto essere vicino a lui. È stato il suo primo pensiero, vedendolo con Megumi si sentiva triste, ma il sorriso di Soma era così contagioso che anche da lontano poteva percepire il suo calore.
Hisako fu trascinata da Alice che cercava di formare una squadra per giocare a beach volley. Reclutò anche Takumi e insieme a Ryou formò la sua squadra per sfidare Soma, Megumi, Erina, Akira e Mimasaka.
Alice credeva di essere nella squadra più forte, con Hisako e Ryou fortissimi negli sport e più Takumi che dava sempre il meglio per battere Soma in tutto, ma l’altro gruppo fece sul serio. Erina, campionessa in tutto e Akira, per la sua statura, erano due pallavolisti fantastici; il lavoro di squadra tra Megumi e Soma poi era incredibile. Mimasaka, però, era quello più sorprendente perché, anche se cicciottello, si dimostrò agile e faceva schiacciate da paura tanto da far vincere la sua squadra.
Takumi pianse per la sconfitta e ovviamente Alice si sentì ferita nel profondo, era ancora di più in competizione con la cugina dopo quell’affronto.
Hisako non s’interessò dell’aver perso, invece si complimentò con Erina e gli altri a parte Akira che ignorò a priori.
Erina vide quell’atteggiamento distaccato tra la sua amica e Hayama perciò si avvicinò ad Akira, nel frattempo che Hisako le prendeva una bibita per rinfrescarsi dopo quella partita.
- Non sottovalutare Hisako, capito? – disse severamente Nakiri ad Hayama che la guardava stranito.
- Ti riferisci a quello che è successo mesi fa? –
- Si, ma non farla facile. Hisako c’è rimasta male e io pure. A causa tua ho rischiato di non vederla più. –
Akira cercò le parole giuste, ma non aveva intenzione di chiedere scusa. Perlomeno non ad Erina – Ho detto certe cose solo perché… - non finì Akira poiché Erina lo interruppe all’istante.
- So perché l’hai fatto, ma quello che voglio dirti è che tu non la conosci meglio di me. ti posso assicurare che quando s’impegna è davvero strepitosa e ti supererà senza problemi. Molto presto. – continuò seriamente la biondina senza essere interrotta. Akira capì la predica e si allontanò prima che arrivasse Hisako. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Non era ferito dalle parole di Erina, ma aveva capito che Arato ricordava ancora bene quello che le aveva detto e doveva chiarire con lei, per mettere fine a quell’atteggiamento di indifferenza che Hisako aveva eretto come un muro visibile solo da loro due.
Quella sera non c’erano guardie del corpo così Alice approfittò di lasciare gli altri amici e seguire il suo istinto. Aveva un conto in sospeso.
- Dove stiamo andando, mia signora? – chiese Ryou che sapeva già la risposta.
- All’albergo dove alloggia mio zio. Devo dirgli due paroline. – camminava a passo spedito Alice.
- Non credo che sia una buona idea, ma lei farà comunque di testa sua. Vero? –
Alice si fermò di colpo e lo guardò dritto negli occhi. A quella distanza Ryou si sentiva a disagio, ma non perse la calma mentre la sua lady parlava con occhi di fuoco – Infatti. Ho preso la mia decisione. Prima di tornare alla Tootsuki voglio chiarire delle cose con Azami. Odio la sua morale e voglio farglielo sapere al più presto. Perciò ora seguimi senza fermarmi. –
Il ragazzo non si mosse – Come desidera. – disse soltanto.
Erina girò lo sguardo e vide Alice e Ryou andare verso la strada. Forse volevano tornare in albergo? No, pensò dopo la ragazza, riflettendoci su. Quando Alice si mette in testa qualcosa di illogico non lo dice a nessuno e parte in quarta. Così, invece di aspettare che Hiskao ritornasse con le bevande, corse incontro ad Alice e il suo assistente.
- Vengo anche io, Alice! – gridò Erina, ma sua cugina la sentì perfettamente.
- Vai via. Non seguirmi. –
- Perché sei sempre così avventata e testarda! – continuò a gridare la biondina avvicinandosi sempre di più all’altra.
Alice rallentò – Perché vuoi venire? Per stare ancora male? –
- No, per fermarti. Non serve che tu faccia l’eroina. –
- Invece voglio farlo, ok? – gridò anche Alice, esasperata – Lascia che mi occupi di tuo padre. Voglio aiutarti e non mi fermerai. – disse ferma nei suoi propositi.
Erina la guardò scioccata. Non riusciva a controbattere, perché pur volendo sapeva che Alice avrebbe fatto tutto il contrario. Alice ci teneva a lei e voleva dimostrarlo.
Azami era in piedi, vicino alla finestra del suo studio. Forse in cerca di qualcuno o forse sperava di vedere ritornare da lui sua figlia. Intanto le sue orecchie potevano udire perfettamente la voce della donna che era alle sue spalle e che imperterrita cercava di farlo ragionare.
Uno degli uomini di Azami, tuttavia, bussò alla porta semiaperta della stanza per avvertire della presenza di sua figlia insieme a sua nipote. La donna che era con Azami fu presa da un sentimento malinconico e speranzosa aspettava le due ragazze.
Alice entrò per prima, arrabbiata e al tempo stesso furiosa tanto da distruggere tutto quello che vedeva nella stanza con la forza del pensiero, ma si fermò di colpo. Si fermò vedendo la donna che era lì. La conosceva, non benissimo, ma sapeva chi fosse.
Erina si presentò subito dopo Ryou e anche lei si congelò nel vedere quella figura così familiare eppure così nostalgica che le veniva da piangere.
Non aveva mai pianto, non trovava mai stimoli abbastanza forti da provocarle una simile emozione.
Quel momento però era diverso, avrebbe voluto gridare, arrabbiarsi e buttare tutto all’aria, ma le sue gambe agirono da sole. Scappò immediatamente da quella stanza e uscì da quell’albergo di incubo.
Credeva quasi di svenire, le lacrime uscivano spontanee e senza comandi. Alice seguì sua cugina senza fermarsi e Ryou era con lei.
Cominciò a piovere, piano. Poi molto forte, era un vero e proprio diluvio. Sembrava quasi che il tempo si fosse collegato emotivamente alla ragazza. Erina si stava bagnando tutta, ma le importava meno di zero. Un dolore immenso cercava di venire fuori da dove era stato sepolto anni prima. Voleva solo sfogarsi in quel momento e Alice arrivò da lei per quel motivo. Per starle vicino. La abbracciò forte e la sentì piangere come se non l’avesse mai fatto prima di allora. Era più di uno sfogo. Erina non accennava a calmarsi, era impossibile da consolare. L’unica cosa che poteva fare Alice era di stringerla forte e ripararsi sotto un balcone.
L’acqua si mescolava alle sue lacrime, Erina vedeva solo questo.
Mentre sua cugina le accarezzava la testa e i capelli zuppi, il suo assistente chiamò i bodyguard per soccorrerli, portare coperte e ombrelloni. La macchina fortunatamente arrivò in pochi minuti e i tre salirono confortati dal caldo della limousine.
In spiaggia Hisako, si riparò velocemente sotto la tenda enorme che avevano reso disponibile e si preoccupò che non trovava Erina, ma Akira si avvicinò per dirle che l’aveva vista con sua cugina.
- Dove sono? Ho portato la bevanda che piace a Erina. - cercò con gli occhi la sua mica tra la gente. Intanto la pioggia diventava sempre più forte.
- Non credo siano più in spiaggia. Le ho viste che andavano via, prima di quest’acquazzone. – la informò il ragazzo.
- Capito. – era delusa Hisako.
- Ascolta, voglio parlarti di una cosa. – prese il discorso Hayama.
- Sinceramente, credo che andrò via anche io. –
- Se non c’è la tua signora non ti diverti, eh? –
- Non è per questo. Forse si, ma non è questo il punto. Non ho intenzione di stare qui con te. –
Akira stava ricevendo, ancora una volta, solo disprezzo e lo capiva. Se lo meritava, così arrivò al dunque – Quando ti ho detto che la tua cucina era limitata volevo solo farti capire che tu vali molto, ma non ti impegni come dovresti. Avevi bisogno di una sconfitta per farti capire che non ti devi accontentare solo di piacere a Nakiri, ma affinare di più le tue capacità per starle vicino e non essere considerata solo la numero due. –
Hisako ascoltò ogni parola e si rese conto di essere stata troppo dura nei suoi confronti – Lo so benissimo quello che volevi dirmi. Forse ti ho dato l’impressione di odiarti, ma in realtà io odio me stessa perché avevi ragione e Yukihira mi ha fatto capire in tempo quello che mi volevi trasmettere da quelle dure parole. Certo che però tu potevi anche andarci piano quella volta. – disse tutto d’un fiato.
- Se non mi odi, allora perché mi eviti? – voleva una risposta, Akira.
- Il perché non lo so! Forse perché mi sembrava più facile odiare te anziché me stessa. – si agitò la ragazza. Dopo una breve pausa, si calmò e disse un po’ a disagio – Scusa. –
- Lascia stare. – disse subito il ragazzo, per evitare l’imbarazzo.
La telefonata di Alice, comunque, non tardò ad arrivare dal cellulare di Hisako che rispose pensando fosse una chiamata di Erina.
- Non ti agitare, ok? Io e Ryou siamo con Erina. Erina mi ha chiesto di partire subito quindi vorrebbe andarsene al più presto. – fece concisa, Alice.
- Cosa? Perché? È successo qualcosa? – iniziò ad agitarsi la ragazza.
- Ti dirò tutto non appena tu e il resto del gruppo tornerete in albergo. Vi aspettiamo. Stanno arrivando le guardie del corpo con ombrelloni e macchine per farvi tornare prima. Ci vediamo dopo. – terminò con la voce più rassicurante che poteva avere in quel momento.
Hisako guardò Akira con preoccupazione, ma lui la rassicurò che non fosse accaduto nulla di grave. Soma e gli altri furono avvisati dopo, ma anche loro si allarmarono per il tempismo di quella telefonata. Nemmeno la guardia del corpo, Sai, accennò qualcosa.
Erina aveva il volto distrutto e il mal di testa per aver pianto tanto. Non aveva dimenticato nulla ed era sempre più convinta che tornare in Accademia fosse la soluzione migliore. Più lontana sarebbe andata meglio era. Quell’impulso di scappare lontano, in una terra sconosciuta dove nessuno poteva raggiungerla. Quel pianto liberatorio sembrava averla pulita da un sentimento importante, ma non era finita. Le lacrime erano state ricoperte, ma come una profonda ferita aspettavano il momento adatto per tornare a rigarle il viso. Tutto a causa sua, pensò la ragazza distesa sul letto. Non faceva altro che rivedere quella persona nella sua mente, scolpita nel suo cuore. E le faceva male.
Soma e i suoi amici furono messi al corrente della vicenda ed erano disposti ad aiutare Erina in qualunque momento.
Yukihira la vide stare male e per empatia sembrava provare il suo stesso dolore. Non voleva vederla così, non poteva lasciarla disperarsi ancora. Una delle sue brillanti idee si fecero largo nella testa e una soluzione fu trovata presto.
- Ho trovato! – disse a voce alta, il ragazzo, che riuscì ad arrivare anche alle orecchie di Erina confortata dalla voce di Soma – Andiamo nella mia città. Sono sicuro che la mia tavola calda vi piacerà! – annunciò con allegria. Un’allegria che Erina credette di non provare mai più, ma con Yukihira tutto era possibile e l’aveva sperimentato di persona. Una piccola speranza trovò luce nei suoi occhi.

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Capitolo 10
*** Ami e Yumi ***



Capitolo 10: Ami e Yumi



- Non saresti dovuta venire. Hai visto la reazione di tua figlia, sarà difficile parlarle ora. – adottò un tono autoritario, Azami, guardando sua moglie che era distrutta dall’incontro con Erina - Sei stata lontana da lei per anni, è ovvio che lei non voglia vederti né sentirti nominare. – disse senza un minimo di empatia o commozione.

- Parli come se la colpa fosse solo mia, Azami. Sei stato tu a spingermi verso questa strada. Non sarei mai andata via, se solo tu non fossi cambiato tanto. Cosa ti è successo? Anche adesso parli come se il nostro matrimonio fosse stata solo una farsa. Dov’è l’uomo che ho sposato? – lo scrutò nei suoi occhi neri, ma la donna pareva vedere solo un grande buio. L’oscurità della notte, affascinante, che trasmettevano quegli occhi si era trasformata in una folle ricerca di potere e conquista.

Azami non la guardò nemmeno. Il suo sguardo era posato sull’agenda dei suoi impegni lavorativi – L’uomo che vorresti vedere è cambiato. Diversamente da allora sono riuscito a costruirmi un obiettivo e lo porterò a termine. Puoi andare se non hai altro da dirmi, Yumi. –

Yumi era ancora in piedi nella sua stanza, non si sedette nemmeno per sbaglio. Era certa che la sua visita non fosse gradita, ma lei ci sperava davvero che Azami cambiasse. Un altro buco nell’acqua, ma non sarebbe rimasta senza fare nulla – Non chiamarmi per nome e smettila di usare il mio cognome come se ti appartenesse dalla nascita. Mi riprenderò la mia dignità come erede dei Nakiri e ti spodesterò come preside della Tootsuki. – disse crudelmente.

Azami la vide uscire e sbattere violentemente la porta. Lui non sapeva perché lo disturbasse tanto, ma odiò il silenzio che lasciò, in quella stanza, sua moglie Yumi.

Yukihira seguì con lo sguardo preoccupato Erina che saliva sull’aereo insieme ad Alice e Hisako per tenerle compagnia.

Erina era appoggiata al finestrino e guardava fuori con aria assente. Il suo cuore si sentiva ferito dall’altra sera, ma poteva ricordare ancora bene le ferite che si portava dal passato. La sua famiglia non era mai stata molto unita e lei ne soffriva perché la compagnia Nakiri aveva molte filiali in quasi tutto il mondo e la persona più importante di tutte era andata via per questo motivo, o forse no. Non ne era convinta. Sua madre, la donna che aveva visto la sera prima nello studio di suo padre, era la ragione per la sua partenza improvvisa. Aveva incominciato il viaggio in modo pessimo, ma stava tornando in Giappone con un ricordo peggiore.

Non voleva assolutamente rivedere sua madre dopo averla lasciata per anni a subire l’addestramento di Azami e di aver perduto il rapporto madre figlia che si aspettava, che i libri raccontavano, ma che lei non aveva mai realmente provato. Un po’ invidiava i genitori di Alice, erano sicuramente la famiglia che avrebbe voluto in cambio dei suoi.

Non ne aveva mai parlato nemmeno con Hisako, le aveva nascosto i suoi genitori perché non ne andava fiera e perché credeva allo stesso tempo di non rivedere. Eppure, la sua amica, era lì al suo fianco che si prendeva cura di lei.

- Hai bisogno di un cuscino per la schiena, o quello per la testa così puoi riposarti meglio. Ah, magari vuoi un tè, te lo preparo subito. – si alzò Hisako.

- No, non te la prendere ma vorrei solo dormire. Non ho ne fame, ne sete. Scusa. – disse in tempo Erina.

- Allora ti prendo solo un cuscino comodo. – andò via Hisako e Erina non riuscì a combattere contro la forte volontà dell’amica. Involontariamente le si accese un sorriso che fu spento dall’intervento di Alice, seduta di fronte a lei.

- Non so come ti senti adesso, ma se hai bisogno di parlarne… - iniziò la cugina. Alice non aveva mai visto piangere così Erina; il suo cuore si spezzava ogni volta che ci pensava.

- Non voglio prendere il discorso, scusa. – fu evasiva Erina.

- So che tua madre ti ha ferita, ma dovrai parlare con lei prima o poi. –

- Si è presentata a New York come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sapeva che potevo esserci anch’io, allora per cosa era venuta? Per riavvicinarsi a me? – le parole uscirono come punte affilate di una spada. Odiava parlare di qualcuno che non c’era mai stato per lei.

- Non è solo colpa sua, penso che c’entri lo zio in tutto questo. –

Erina si rabbuiò ancora pensando a suo padre che aveva manipolato sia lei che sua madre per i suoi scopi.

- Non potrai evitare i tuoi genitori. Sei ancora dipendente da loro e poi non vuoi scoprire la ragione per la quale tua madre ti ha lasciata per mesi e poi comparire a New York proprio durante il tuo soggiorno lì. Pensaci. – continuò Alice con una vena di tristezza per sua cugina. Si alzò da dove era e si posizionò al posto di Hisako per starle più vicina. Non poteva fare altro.

Hisako vide le due ragazze condividere un momento tra cugine e per non rovinarlo tornò indietro cercando un posto libero, ma si scontrò con Soma.

- Hisako, come sta Nakiri? –

- Male, però credo che Alice si stia prendendo cura di lei. –

- Che ci fai con del tè in mano? –

- Ah, già. Era per Erina, ma non voglio disturbarla. –

I due si sedettero in due posti vuoti, l’uno di fronte all’altra.

- Vedrai che prima o poi si sfogherà anche con te. – percepì subito la gelosia di Hisako nei confronti di Alice.

- Già, lo spero anch’io. Forse ci siamo allontanate un po’ a causa di quel viaggio a New York. Io non ero a conoscenza di sua madre. Pensavo fosse morta e che non sarebbe stato opportuno da chiedere a Erina. –

- Così c’era qualcosa che ancora non sapevi su di lei, eh? – rifletté Soma sovrappensiero.

- Si, mio padre mi aveva chiesto di non chiedere nulla dei genitori di Erina. Volevo che me ne parlasse lei, però, non lo ha mai fatto. –

- La famiglia Nakiri è davvero complicata, ma so che Erina ti vuole bene. Sicuramente si confiderà con te. – la confortò Yukihira poi involontariamente prese la tazza di tè per assaggiarla, ma Hisako lo fermò subito come se fosse di sua proprietà – Questa non è per te! Vai lì al bancone e prenditi la bevanda che vuoi. –

Soma accettò il consiglio e la ragazza lo vide parlare col cameriere con una confidenza assurda, in una manciata di secondi.

Hayama seguì con lo sguardo tutti i movimenti di Hisako perché il sonno ancora non lo raggiungeva. La vide sedersi accanto a Megumi che dormiva beatamente. Il rapporto difficile che Erina aveva con la sua famiglia gli fece ricordare il suo passato. A lui erano capitati forse i genitori peggiori perché lo avevano abbandonato al suo destino, tuttavia, decise di non scoraggiarsi e vagare per una meta, finché non fu adottato dalla professoressa Jun.

La stanchezza era tanta, il fuso orario cominciava a sentirlo, ma Hayama non trovava pace per quei ricordi che gli sembravano tanto lontani quanto dolorosamente vicini al suo cuore. Poteva dare la colpa a suo padre o a sua madre per essere rimasto solo, ma in fondo non sarebbe servito. Lui ora conduceva una nuova vita e buttava il passato alle spalle.

Hisako teneva ancora tra le mani la tazza fumante di tè. Era indecisa se portarla a Erina o rimanere seduta accanto all’addormentata Megumi. Fu la sua mano accaldata dal bollente contenuto che la invitò a bere quella bevanda. La ragazza si precipitò al bancone del mini bar per chiedere un altro tè per la sua amica, che lei aveva purtroppo già terminato. Il nervosismo l’aveva sopraffatta; presentarsi dalle due cuginette non le piaceva. Non voleva rovinare il loro momento, però anche Hisako sperava che Erina si confidasse con lei. Il cameriere le servì il tè che aveva chiesto e poi in un altro bicchiere versò un succo di frutta alla mela.

- Mi scusi, ma non ho chiesto anche il succo. -

- Lo so, è stato quel ragazzo a chiedermelo. – indicò un ragazzo alto dai capelli argento.

- Hayama, perché? – si  avvicinò a lui – Non avresti dovuto. Sono già abbastanza nervosa e tu non mi aiuti con la tua presenza. –

- Scusa, ultimamente mi sto scusando spesso con te. Continuo a sbagliare e mi dispiace. – il ragazzo spostò i suoi occhi smeraldo dalla sua aranciata per rivolgerli a Hisako. Lei lo fissò aspettando che fosse lui il primo a distogliere il suo sguardo. Quegli occhi verdi erano affascinanti tanto quanto lui, ma non poteva dirglielo. Combatteva persino con la sua coscienza di ignorare ciò che sentiva. Doveva accettare quella bibita senza coinvolgimenti emotivi, eppure gli sembrava triste come lei per Erina. In qualche modo si sentiva connessa a lui. Akira rimase al suo posto e ordinò degli stucchini.

Hisako notava il silenzio imbarazzante che si era creato tra loro e, anche se gli sembrava stupido, lo sentiva confortante.

- Sono molto preoccupata… -

- Per la tua signora. L’ho notato, sarebbe strano il contrario. –

Hisako non sapeva perché si stava confidando con lui e nemmeno cosa ci facesse ancora vicino ad Akira. Era irrazionale anche il modo in cui si guardavano i due.

- Perché sei qui? – chiese non avendo altro da dire.

- Mi annoiavo e non avevo sonno. Ti do fastidio? –

- No, anzi! Credo che mi farò una bella dormita. – Hisako si alzò dal bancone e portò via il succo di mela – A più tardi. – terminò lei.

Hayama non si mosse, accennò solo un breve cenno col capo. Con la coda dell’occhio guardò il posto vuoto accanto al suo, dove prima c’era la ragazza. Hisako gli aveva cancellato dalla testa tutti i suoi pensieri.

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La città dove aveva sempre abitato Soma era un piccolo paesino dove tutti si conoscevano. Non vi erano grandi palazzi o negozi super costosi, tutto era nella norma. Quasi una noiosa e pacifica cittadina dove ognuno poteva dedicarsi ai suoi sogni. Soma, quando descriveva la sua città appariva orgoglioso e cominciava a raccontare tutte le sue, sebbene piccole, avventure.

Era cresciuto in un paesino dove aveva fatto amicizia con svariate persone, della sua età e persino adulti che gli volevano bene. Soma amava la città natia, il suo sogno era di poter gestire il ristorante Yukihira tutto da solo.

La sua personalità energica attirava chiunque infatti era impossibile non accorgersi della sua presenza e i cittadini salutavano il rosso con allegria, gridando il suo nome. Soma sembrava una celebrità lì, notò Erina.

Gli amici del rosso si guardavano attorno curiosi, ma soprattutto credevano di essere piuttosto osservati dalla gente che iniziava a fare commenti in segreto o li guardavano come fossero superstar.

Tutti quegli occhi addosso mettevano in soggezione Erina, nonostante fosse sempre circondata da un pubblico notevole che faceva pettegolezzi su di lei. In quel posto però non c’era mai stata e si sentiva imbarazzata, aveva solo un paio di occhiali da sole e sperava di non essere stata riconosciuta. Voleva evitare i fan scatenati. Avrebbe solo apprezzato un bel bagno e un letto dove sdraiarsi in pace, ma tutto ciò faceva a pugni con il desiderio di scoprire qualcosa di più su Yukihira.

Soma aveva tutta la strada per lui e i suoi compagni di Accademia lo vedevano sfilare, come se fosse su una passerella, al centro dell’attenzione di tutti, mentre sorrideva e salutava i conoscenti.

Di certo il rosso non lo faceva per mettersi in mostra, semplicemente quello era il suo modo di comportarsi. Essere sempre sorridente, scherzare con tutti e tornare a casa sua per una sorpresa inaspettata.

Hisako vide con piacere che Erina si stava concentrando sulla nuova città piuttosto che sulla serata finita in lacrime.

Gli odori che si mescolavano, tra i ristoranti all’aperto e il mare non molto lontano, facevano scordare totalmente quella brutta serata che Alice aveva passato a confortare Erina. Alice aveva in mente di portare per qualche settimana sua cugina a casa sua, in Danimarca, però voleva che prima si divertisse qualche giorno di più con tutti gli altri.

Ryou era vicino alla sua lady e le dava tutto il supporto morale che necessitava.

New York era difficile da scordare, passare da una città frenetica e ricca di svago per finire in un paesino tranquillo sembrava di essere arrivata nel paradiso terrestre. Per Erina quella pausa le serviva anche se non era su uno yacht costoso a sorseggiare una bibita ghiacciata sotto il sole, cullata dal mare, quel posticino era l’ideale.

Dei ragazzi, che Soma riconobbe al volo, passeggiavano incuranti dell’arrivo del loro vecchio amico e Yukihira molto contento li chiamò per attirare l’attenzione. Tra i suoi amici vi erano anche Mayumi la ragazza che aveva una cotta per il rosso e la sua migliore amica Aki che cercava sempre di convincerla a dichiararsi.

Mayumi sentì una voce familiare e quel tono vivace le ricordò il suo primo amore che non vedeva da mesi. Rimase pietrificata, come sempre quando vedeva Soma, e le si fermarono le parole di bocca. Diventò taciturna e imbarazzata che anche guardarlo risultava uno sforzo sovrumano. Mayumi era così, timidissima con tutti e in particolare verso Yukihira. Alzò di poco lo sguardo per vedere che Aki era già corsa incontro al rosso seguita dagli altri amici di comitiva.

- Soma! Ti trovo bene. – disse spavalda Aki.

- Già amico, ci sei mancato! – dissero gli altri ragazzi in compagnia di altre ragazze che avevano fatto amicizia durante l’anno scolastico.

- Sono stato molto impegnato in Accademia, lo sapete no? – poi si rivolse a Mayumi – Ehi, Mayumi come te la passi? –

In quel momento la ragazza preferiva sparire da qualche parte, ma Aki non le lasciava alcuna via di fuga e le sussurrava di rispondergli.

- T-tutto b-bene. – balbettò. Aspettava di trovare un argomento più esaustivo – Sei migliorato nella cucina? –

- Si, sto facendo molti progressi che non vedo l’ora di mostrarli a tutti voi. Infatti sto andando proprio ora al ristorante. Venite con noi? – era solare Soma e parlava al plurale, cosa che non passò assolutamente inosservata.

- Con noi? Non sei venuto da solo? – domandò Aki che non si faceva sfuggire niente.

- Ah, giusto! – ricordò di non aver fatto le dovute presentazioni – Questi sono alcuni miei amici della Tootsuki! –

Mayumi seguì il dito di Yukihira che puntava dietro di lui. Otto ragazzi che emanavano una luce bellissima e di successo. Sembravano usciti da un film hollywoodiano. La ragazza aveva già conosciuto Ikumi Mito un’altra amica che aveva conosciuto Soma in Accademia, ma trovarsi di fronte altri fantastici cuochi di quella scuola un po’ la intimidiva, si sentiva fuori posto nonostante quella fosse la sua città. Lei e i suoi amici delle superiori al confronto erano dei piccoli chicchi di riso bianchi senza aromi né spezie a impreziosirli e insaporirli. Le ragazze della comitiva di Mayumi avevano gettato l’occhio sui ragazzi in particolare Akira, alto e affascinante, Takumi e persino Ryou era apprezzato. Invece i ragazzi ovviamente si soffermavano ad ammirare le ragazze che erano una più bella dell’altra.

Tutti gli amici di Soma si lasciarono guidare da lui che li stava portando dritti al ristorante Yukihira.

Il primo obiettivo di Soma era quello di aprire il locale di suo padre che immaginava, dopo tanto tempo, avesse bisogno di essere spolverato anche se Mimasaka c’era stato qualche volta. Con sua enorme sorpresa però c’era un’evidente folla attorno al ristorante. Casa sua era appena stata invasa da tantissime persone, ma non capiva come fosse possibile. Nessuno sapeva del suo arrivo, con un pizzico di intuito alla fine arrivò all’unica conclusione. Iniziò a correre e farsi largo tra la folla euforica che impediva l’accesso e scorse la persona che stava effettivamente cercando.

- Mamma! – gridò per farsi sentire da lei.

Una figura snella e giovanile guardò il figlio raggiante come tutte le volte che si rivedevano e gli andò incontro. Tutti i clienti che aspettavano di mangiare e allo stesso tempo di ascoltare le storie della donna si voltarono verso Soma, increduli che lui fosse tornato presto.

- Soma! Che gioia vederti! Ci speravo davvero tanto, tesoro. – lo abbracciò all’istante. Gli altri tutti intorno a loro si commossero.

- Manca solo Joichirou e ci sarebbe stata tutta la famiglia. – disse uno accomodato ad uno dei tavoli.

Intanto entrarono anche gli amici di Accademia di Yukihira e i compagni delle medie del ragazzo che si meravigliarono di quella scena madre – figlio.

- Ragazzi, vi presento la donna più importante della mia vita! Mia madre! – era contentissimo il rosso mentre la presentava, poi si voltò verso sua madre – Mamma, questi sono i miei amici della nuova Accademia che sto frequentando. – indicò.

- E’ un piacere conoscerla, signora. – dissero in coro i ragazzi.

- Potete chiamarmi Ami. Non siate così formali. – disse la donna.

- Loro sono Tadokoro Megumi, Takumi Aldini, Hayama Akira, Arato Hisako, Kurokiba Ryou, Mimasaka che ogni tanto è venuto al ristorante e infine le due cugine Nakiri. – presentò uno ad uno il rosso.

Al sentire il cognome Nakiri s’incuriosirono tutti. Conoscevano di fama quel nome e persino Ami, la mamma di Soma, rimase incredula che suo figlio avesse fatto amicizia addirittura con la famiglia Nakiri.

- Dai, Soma, non scherzare! Non può essere che tu abbia portato, in questa piccola città senza valore, dei Nakiri.  Per giunta poi le due cugine, una di loro dovrebbe essere la ragazza dal “palato divino”. – non credeva a quello che aveva sentito, Yuya Tomita.

- A dire il vero siamo proprio noi, Nakiri Alice e mia cugina Erina. – si tolse gli occhiali e anche Erina fece lo stesso, tanto le avevano già scoperte.

Yuya svenne di colpo mentre si levava un sonoro – Coooosaaaaa!!! – urlò all’improvviso la gente che si era riversata lì.

Per la confusione che si era creata Ami cercò di ripristinare l’ordine - Soma perché tu e i tuoi amici non preparate qualcosa di buono ai clienti mentre io accompagno le ragazze a fare shopping? Immagino che nessuna delle tue nuove amiche conosca la città, vero? –

- Va bene. Io e i miei amici non vediamo l’ora di farvi vedere come cuciniamo alla Tootsuki! – rispose euforico Yukihira.

- Ti do volentieri una mano, Soma. – lo incoraggiò Mimasaka indossando il grembiule simile a quello del rosso.

- Veramente io non ne ho voglia. – disse Akira, ma fu costretto a cambiare idea quando Mimasaka lo prese di peso per avvicinarlo ai fornelli.

- Fantastico! Ehi, Yukihira, perché non facciamo una sfida per vedere chi di noi è il migliore? – chiese Takumi pronto per combattere contro il rosso.

- Perché no? Facciamolo! – Soma brandì in alto il suo coltello affilato e puntandolo in alto come fosse una spada.

Ryou indossò il suo fedele fazzoletto rosso - Sfida? Nessuno mi batterà! – esclamò con ferocia spaventando i presenti.

La madre di Soma era una stilista e perciò aveva occhio per la moda e tutte le cose che facevano tendenza. Si teneva sempre aggiornata sui cambi di stagione e della moda che cambiava spesso. Alice, interessata ai suoi discorsi, sperava tanto di chiederle un abito su misura per lei. Erina guardava assente tutto ciò che gli passava sotto gli occhi, ma non smetteva di ascoltare Ami. C’era qualcosa che la attirava e poi il suo tono colloquiale e dolce la metteva di buon umore.

- Quindi se non ho capito male, vivi a Parigi. – voleva una conferma Megumi.

- Si, torno raramente qui, ma cerco sempre di trovare del tempo per andare a trovare mio marito e Soma. Purtroppo i miei parenti e il mio lavoro sono in Francia e per seguire il mio sogno ho dovuto lasciare le persone più importanti. –

- Beh, la cosa importante è di vedersi, ogni tanto. – sorrise Mayumi alla donna che era diventata malinconica per la sua situazione.

Hisako guardò Erina accanto a lei, sapeva che l’amica odiava l’argomento della distanza famigliare. Le ricordava certamente sua madre. Aveva coraggio a rimanere impassibile a quelle parole, pensò Hisako.

Ami si accorse che Erina non aveva una bella cera, avrebbe voluto prenderla in disparte e parlarle, ma non le sembrava opportuno. Così decise di portare le ragazze vicino a un chiosco di gelato per rinfrescarsi.

Megumi sedette vicino a Mayumi.

- Così conosci molto bene Soma kun. – cominciò Megumi.

- Si, da quando frequentavamo le elementari. È sempre stato ossessionato dalla cucina, come si trova in Accademia? – chiese l’altra curiosa.

- Va abbastanza bene. Soma kun è sempre tenace, riesce in tutto e mi aiuta sempre quando ne ho bisogno. – ricordò la prima volta che lei aveva fatto squadra con Yukihira.

- Si, è davvero unico. – sognava a occhi aperti Mayumi. Quest’ultima si sentiva a suo agio con Megumi, era l’unica che considerava più o meno come lei rispetto alle altre ragazze della Tootsuki che sembravano tutte modelle.

Aki vide le due ragazze, con lo stesso gelato al cioccolato e  panna, parlavano di Soma e non poté fare a meno di pensare che pure Megumi era interessata al rosso tanto quanto Mayumi.

Aki era capitata accanto ad Hisako che cercava di ordinare due frullati per lei ed Erina.

- Hisako giusto? Per caso sai se la tua amica Megumi si è presa una cotta per Soma? – domandò Aki perché doveva mettere in allerta Mayumi di eventuali altre pretendenti di Yukihira.

- Che? Non lo so, ma perché me lo chiedi? – si meravigliò la ragazza che pensava a tutt’altro.

- No, niente solo un presentimento. Dimentica ciò che ho detto. – fu sbrigativa.

Hisako prese in fretta i suoi frullati e si allontanò da quelle, secondo lei, inutili chiacchiere.

I pensieri di Erina erano fermi a sua madre che si era ripresentata nella sua vita e lei era scappata perché non sapeva cosa fare. Doveva sfogarsi con lei e magari mandarla a quel paese, solo che il coraggio non era bastato. Ami era davvero una persona gentile, aveva gli occhi dorati con la stessa luce di Yukihira e un sorriso radioso e tenero. Si comportava proprio come la madre che avrebbe tanto voluto. Continuava a guardarla e si domandava con quale stato d’animo rivedeva suo figlio dopo mesi. Forse la stessa risposta sarebbe stata simile a quella di sua madre o forse no. Aveva timore di chiedere. L’unica certezza era la sua amica che le corse incontro tenendo in mano due frullati uno ai frutti di bosco e un altro alla fragola.

- Volevi quello ai frutti di bosco, giusto? –

- Grazie mille Hisako, ma non dovevi andare tu. –

- Na, tu ti devi rilassare e poi lo faccio per te quindi non mi pesa. –

- Qualcosa non va? – chiese Erina a una triste Hisako.

- Veramente volevo sapere come stessi tu. –

Erina si accorse di aver fatto soffrire ancora la sua amica – A questo punto le scuse sono troppo ridotte, vero? Volevo raccontarti di mia madre, ma non c’è l’ho fatta. Sono passati anni e l’unica cosa che sono riuscita a fare è nascondere la verità. Non mi sono mai abituata al fatto che mia madre fosse andata via perché credevo che sarebbe tornata presto, magari perché le mancavo. Alla fine la porta rimaneva chiusa e nessuno mi diceva che era ritornata. Volevo scordarla e ci ero quasi riuscita. Poi… - si fermò, fissò il suo frullato ancora freddo, ma non era stato bevuto nemmeno di un sorso. Nel contenuto poteva vedere il volto di sua madre.

Hisako taceva, aspettava di sentire il resto per non interromperla.

- Quando l’ho rivista ho sentito l’impulso di abbracciarla, ma avevo troppa rabbia dentro verso di lei e ho preferito non buttarla fuori così sono corsa il più lontano possibile. Più correvo, più piangevo, non mi era mai successo. Questa cosa mi spaventa. – aveva gli occhi lucidi, però si controllava.

Hisako sapeva quello che doveva fare. La abbracciò per farle capire che le sarebbe stata vicina in qualsiasi circostanza.

Alice che parlava di abbigliamento con la madre di Soma e in mano un gelato alla vaniglia, che aveva divorato in parte, vide le due ragazze stringersi e sorrise. In quel momento Erina aveva bisogno di tutto il conforto possibile.

- Secondo te a Megumi piace Yukihira? – chiese di punto in bianco l’amica.

- Cosa? – rise Erina per il brusco cambio di argomento.

- Si, mi ha parlato Aki, un’amica di Yukihira, e diceva che probabilmente Megumi si era presa una cotta per lui. – sorrise anche lei.

- Ahah, ma no. Sono solo amici. – rideva ancora la biondina che non credeva possibile a quello che diceva Hisako.

Erano state fuori a passeggiare e fare acquisti per tutto il pomeriggio, ma le aspettava ancora la  super cena realizzata dai ragazzi che si erano offerti di cucinare per loro. La comitiva di Mayumi e Aki, invece, non rimase a mangiare con gli altri perché avevano anche loro delle famiglie da cui tornare.

Soma, sua madre e gli amici della Tootsuki cenarono sotto le stelle; sistemarono fuori, al fresco della sera, un grande e lungo tavolo di legno per sorreggere tutte le portate che i ragazzi avevano cucinato e mangiarono a sazietà. Erina non risparmiò le sue critiche culinarie specialmente sui piatti di Soma e Takumi che erano sempre in competizione. Il palato di Erina non poteva fare a meno di sgradire qualcosa che era stata preparata in modo imperfetto.

Takumi e Yukihira vennero totalmente sconfitti dalle parole della ragazza, ma quella freddezza era sintomo che lei aveva ripreso il suo solito atteggiamento da principessina e Soma ne fu contento.

- Ragazzi, vorrei proporvi una cosa. Prima, io e Takumi abbiamo parlato di preparare una pizza. – accennò Soma.

- Si, che bella idea! – si alzò felicissima Alice – Voglio darvi una mano. –

- Ma certo! Avevo pensato che potevamo partecipare tutti, perché sarebbe stato geniale creare una pizza gigante! –

- Cioè? Vorreste realizzare la pizza più grane del mondo? – chiese Hisako inesperta, ma aveva sentito parlare di una enorme pizza.

- Esattamente. –

- Beh, io non credo che riusciremo a farla così grande, ma ci possiamo provare. Che ne pensate? – domandò Takumi che era disponibile a condividere le sue conoscenze, dato che si trattava di una pietanza esclusivamente italiana.

- D’accordo, vi darò una mano anch’io. – disse Erina suscitando sgomento nei volti di tutti quanti.

- Sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori! – era contenta Ami.

- Non vedo l’ora di sapere come sarà! – commentò Megumi.

Soma informò anche gli amici del dormitorio Stella Polare e Ikumi di raggiungerlo nella sua città per passare qualche giorno tutti insieme. In questo modo avrebbero avuto delle mani in più per lavorare e creare una pizza fenomenale.

Takumi invece chiamò suo fratello perché gli mancava, così gli propose di trascorrere alcuni giorni da Yukihira dove lui era stato invitato.

Isami sarebbe arrivato il giorno della pizza e Takumi sprizzò di felicità; potevano dimostrare quanto fosse fantastica la cucina italiana.

Erina portò alcuni piatti da lavare dentro il ristorante Yukihira; voleva dare un aiuto. Dentro non c’era nessuno, un luogo tranquillo, lo cercava da quando aveva rivisto sua madre. Quel locale sembrava davvero carino, non aveva nulla di lussuoso o prezioso, però le trasmetteva un senso di serenità e accoglienza. Si guardò attorno per cercare di catturare quel posto e fissarselo nella testa come una fotografia. Un ambiente rustico e caldo che attrae anche i più freddi di cuore. Lesse il menu e tra i nomi presenti scorse il nome del Furikake trasformato, a base di uova, che Soma le aveva preparato il primo giorno di esami alla Tootsuki. Quel piatto era stato l’inizio di tutto. Aveva quasi nostalgia di quel momento; un ricordo che non le dava più fastidio.

Sulla mensola più alta lo sguardo di Erina si focalizzò su una foto incorniciata, non l’aveva notata prima. Si avvicinò di più per afferrarla. La foto ritraeva Joichirou, Ami e un piccolo Soma.

Sorrise brevemente, Soma era molto carino e allegro in quello scatto. Aveva certamente immortalato una famiglia felice, ma Erina non sembrava molto divertita. Quella foto le diceva chiaramente che lei non possedeva nulla di simile con i suoi genitori. Erano mai stati una vera famiglia? Lei ormai l’aveva dimenticato, sempre che ci fosse stato almeno un giorno così in passato e trattenne a stento delle lacrime amare; possedeva solo un ritratto di famiglia rotto e scomposto in tanti piccoli frammenti, un puzzle i cui pezzi non combaciavano.

Ami distrusse i suoi pensieri entrando nel locale – Lì, Soma aveva su per giù quattro anni. Era proprio tenero, vero? – si riferiva alla foto che teneva ancora tra le mani, Erina.

- Si, è così. –

- E’ stato poco dopo quello scatto che mi sono dovuta trasferire con la mia famiglia in Francia. Da allora vedo raramente entrambi e me lo ricorda ogni volta questa foto. Ne possiedo una identica nel mio portafoglio. Purtroppo viaggio spesso e anche Joichirou ha ripreso questo tipo di vita, lasciando Soma all’Accademia. –

Ami fece segno a Erina di sedersi, parlare era la sua specialità oltre allo stile di abiti da indossare.

- Sai, ero partita per inseguire il mio sogno di stilista professionista e ci sono riuscita, ma per sentirmi soddisfatta vorrei poter tornare a vivere con la mia famiglia, di nuovo tutti e tre insieme. –

- Ti è mancato tuo figlio? – fece una domanda scontata, ma Erina voleva comunque sentire quella risposta.

- Si, non sai quanto! -

Ami vide la ragazza farsi triste e siccome non capiva il perché, la portò a sfogarsi.

- Qualcosa ti turba, giusto? Se non mi vuoi dire il motivo, allora provo ad indovinare. –

Erina voleva tenersi quel dolore per sé, si era sfogata già con Hisako e Alice. Non aveva bisogno di altra commiserazione, però Ami le trasmetteva fiducia e sicurezza. In quel luogo si sentiva parte di una famiglia che non risparmiava mai l’affetto.

- Per caso si tratta di Soma? Hai qualche problema con lui? –

- N-no, lui non c’entra. Stavo pensando a mia madre. L’ho rivista dopo molti anni. – faticò a raccontare.

Ami comprese il problema, conosceva Yumi. Una donna determinata, forte e molto impegnata per fare un salto nella sua vecchia casa a trovare sua figlia. Sapeva, inoltre, che Yumi amava Erina più di se stessa. In ogni caso, se non era stata presente durante l’infanzia di sua figlia, in parte la colpa era proprio sua.

- Tempo fa ho conosciuto tua madre. Non  posso prendere totalmente le sue difese, però un cosa posso dirtela. Lei ti ama molto. –

- Se mi avesse amato tanto, allora non sarebbe andata via. Non mi avrebbe lasciata sola. –

- Sai l’amore a volte può essere difficile. Ti porta a fare scelte sbagliate, in fondo l’amore stesso è irrazionale e credo sia una delle principali cause che hanno spinto tua madre ad allontanarsi dalla famiglia. –

- Avrei voluto una famiglia come la vostra. Nonostante la distanza non sembra essere cambiato il legame che si vede in quella foto. – Erina diede ancora una rapida occhiata alla cornice d’argento che imprigionava la fotografia.

- Già, per me non è cambiato nulla. La felicità che provavo in quel momento non è mai sbiadita. –

Quell’affetto spontaneo e vero ingelosiva Erina che sperava a tutti i costi di avere una famiglia che si prendeva cura di lei, invece di essere usata come fosse un oggetto prezioso da sfruttare a loro vantaggio. Lei lavorava volentieri per la sua famiglia, era un onore, ma desiderava anche fare viaggi di piacere in compagnia dei suoi genitori e passare dei momenti insieme, uniti. Tutto ciò non poteva accadere, lo sapeva, ma non smetteva di pensarci perché togliendole quella speranza poteva distruggerle l’anima.

- Forse non sono la persona più indicata per dirlo, ma una madre dovrebbe essere vicino ai propri figli nei momenti più importanti. Sia io che tua madre abbiamo fallito in questo, però non è detto che in futuro possa cambiare tutto. –

- Si. Vorrei poterci credere, ma lei non è come mia madre. Io probabilmente non la conosco nemmeno. Come faccio a fidarmi ancora di lei? –

- Non ti dirò di fidarti, ma solo…dalle una seconda chance. Una possibilità in più per dimostrarti che ti vuole bene. Che per te potrebbe tornare a casa vostra e riunire la famiglia, ma in questo caso devi essere forte e perdonarla. –

Erina fissò il volto dolce di Ami che le rivolgeva mentre conversavano come fossero due amiche che si incontravano regolarmente ogni giorno. La semplicità delle parole della mamma di Soma riusciva a calmare le insicurezze di Erina. Tuttavia rivedere Yumi e concederle un’altra possibilità di conoscere sua figlia non sembrava facile per Erina che preferiva scappare, piuttosto che affrontare la realtà dei fatti. Perdonare una madre che non vedeva da quando aveva si e no cinque anni risultava tutt’altro che una passeggiata. Nonostante le parole rassicuranti e adulatorie di Ami la sua mente continuava a mandarle messaggi negativi su sua madre che le impedivano di trovare qualcosa di buono in lei. Eppure un abbraccio, nell’istante in cui l’aveva rivista, sperava tanto di averlo; di sentirsi al sicuro tra le braccia della sua mamma dopo tanto tempo.

- Secondo me tornerete ad essere una famiglia felice. – cercò ancora di darle speranza.

- Non ricordo di aver mai visto la mia famiglia felice. Insomma non so neanche se mia madre fosse innamorata di papà. –

- Conoscendo Yumi, amava tuo padre, forse la delusione di quell’amore l’ha resa invulnerabile e alla fine ha preso la decisione sbagliata senza tenere conto della famiglia. – ipotizzò Ami.

- A New York ho lavorato per una festa di matrimonio e ho pensato molto a come fosse stata la cerimonia dei miei genitori. Erano felici come quei due sposi? Probabilmente non lo saprò mai. –

- Questa domanda dovresti farla ai tuoi. Ricordo perfettamente il giorno delle mie nozze. Era una festa per pochi, ma molto carina. – Ami viaggiò con la mente anni indietro nel passato, uno dei momenti più piacevoli della sua vita.

- Come vi siete conosciuti, lei e Saiba Joichirou? – era curiosa di sapere, la ragazza.

Proprio allora entrò nel ristorante Soma che volle unirsi alla conversazione.

- Di cosa stavate parlando? –

- Pochi minuti fa, Erina mi ha fatto una domanda. Come ho conosciuto tuo padre. – sorrise a quella richiesta.

Soma si accomodò vicino a sua madre – Voglio ascoltare anch’io. Sembra divertente! Ora che ci penso, non mi hai mai parlato del vostro primo incontro. –

- Ora vi racconto. –

Ami era in vacanza con sua madre, una grandissima stilista, insieme erano state ingaggiate dalla famiglia Nakiri per creare degli abiti di sera in occasione di una festa. Il sedicesimo compleanno di Yumi. Fu proprio allora che Ami incontrò la mamma di Erina, entrambe ancora giovani, ma talentuose. Yumi era un asso negli affari, ma non solo, era molto abile anche in cucina; Ami, invece, aveva un dono creativo, innato, che le permetteva di disegnare abiti e accessori fuori dal comune. Ami restò in Accademia per qualche settimana a lavorare per i Nakiri e fare amicizia con Yumi, ma c’era un ragazzo che le faceva visita spesso. Joichirou Saiba era curioso di conoscere la ragazza nuova, sarebbe rimasta per poco tempo, ma in ogni caso la affascinava. Il modo in cui Ami si impegnava tanto e perfezionava i suoi lavori, intrigava il ragazzo. Joichirou la guardava lavorare molto e pensò quindi di prepararle un buon piatto per ricaricarsi di energie. Il ragazzo infatti si presentò a Ami con una pentola, un piatto e delle posate.

- Scusami, tu chi saresti? – domandò accigliata la ragazza che si sentiva infastidita.

- Sono un cuoco di questa scuola, mi chiamo Joichirou. – disse allegramente – Ti ho portato qualcosa da mangiare, è un piatto di ramen speciale. –

Ami osservò con attenzione il ragazzo sorridente davanti a lei, ma non aveva nessuna intenzione di mangiare in quel momento né tanto meno assaggiare un piatto tipico giapponese.

- Mi dispiace, ma non mangio cibi giapponesi. Anche se sono giapponese ho viaggiato spesso in Europa e quindi ho gusti completamente differenti. Ti chiedo per favore di lasciarmi lavorare, ora. –

Joichirou sembrò turbato da quelle che parevano dure e taglienti parole, ma non voleva mollare.

- Dovresti provare, prima di dire che non ti piace la mia cucina. Ti chiedo di assaggiare solo un boccone e se non ti piacerà, andrò via. – insistette.

Per Ami, quella sembrava una sfida piuttosto che una richiesta e poi doveva terminare un vestito entro il tramonto, perciò accettò la proposta e ricaricarsi di energie.

Appena il ragazzo sollevò il coperchio con la pietanza ancora calda e fumante, un buon profumino arrivò a stuzzicare il naso di Ami che non lo credeva possibile, eppure cominciò a desiderare di assaggiare quel ramen. Era buono, ma trovava il sapore molto forte. Non la convinse affatto, così il giorno seguente Saiba tornò da lei con un ramen diverso e anche il giorno dopo e quello ancora dopo. Passò una settimana e Joichirou era alla ricerca di un ramen che Ami poteva gradire. Qualche giorno prima della partenza di lei, il ragazzo le fece provare l’ennesimo tentativo di quel piatto.

Ami spiegò tutto nei minimi particolari infatti Erina e Soma ascoltavano in silenzio aspettando che lei continuasse la sua storia.

- Alla fine ho mandato giù il primo boccone, come facevo sempre. –

- E poi? Cosa è successo? – domandò appassionato Soma.

- Poi…ho divorato tutto quello che c’era nel piatto. Era il ramen più buono che avessi mai mangiato. Mi aveva davvero stupita! – rise Ami mentre ricordava quel giorno; Joichirou la guardò divertito mentre lei gli chiedeva il bis con il volto completamente rosso.

Da quella esperienza, Joichirou si era promesso di preparare ancora dei piatti per lei; tutti i giorni, finché Ami non andò via. La ragazza tornò in Francia, a casa, ma sperava che prima o poi l’avrebbe rivisto. Qualche anno dopo Joichirou, vagabondo com’era, la incontrò a Parigi e i due si innamorarono perdutamente. Ami era stata colei che aveva cambiato lo stile di Joichirou, rendendolo un grandissimo chef.

- Erina sama! – la chiamò Hisako, vide Soma, Ami e la sua amica seduti intorno ad un tavolo come fossero una famiglia – Andiamo a fare una passeggiata? – propose lo stesso, la ragazza, che sperava di smaltire tutto quello che aveva mangiato.

- Certo, arrivo subito Hisako. – poi si rivolse alla mamma di Soma – E’ stata una bella storia e grazie per la chiacchierata di prima. –

- Figurati, se ti servono altri consigli puoi sempre chiedere. – Ami era contenta di aver tirato su di morale la ragazza.

Quando Erina e Hisako furono sparite dal locale, Ami iniziò a punzecchiare suo figlio – Insomma, è andato bene il viaggio a New York? Con tutte quelle belle ragazze là fuori, per caso c’è né una che ti piace? –

- Mamma, di cosa stai parlando? Papà ti ha detto qualcosa? –

- Mi ha telefonato dopo che ha assaggiato un piatto che avevi preparato al suo ristorante. Mi ha raccontato anche di un certo incidente con Nakiri Erina e guarda caso la ritrovo qui. –

- Anche tu credi che mi piaccia Nakiri, non è così? Beh, ti assicuro che vi state sbagliando in molti. –

- Ok, quindi non ti piace nessuna? –

- No, mamma – disse divertito – E poi Nakiri non mi ha ancora detto che gli piace la mia cucina. –

- Capisco, ma non puoi pretendere qualcosa del genere. In fondo è lei ad avere un palato sopraffino, no? Dalle tempo e l’unica cosa che puoi fare e continuare ad affinare le tue capacità. Sono sicura che un giorno la stupirai! –

- Si, questo lo so! – s’incoraggiò il rosso, poi tirò dalla tasca un braccialetto – Ho comprato un regalo per te, l’ho trovato in una bancarella a New York. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto. –

- Tesoro, grazie. È davvero stupendo! Proprio come piace a me e poi sembra quasi che mi rappresenti. – indossò il braccialetto; aveva alcuni ciondoli in miniatura: un vestitino elegante, una borsetta di prima classe, una scarpa col tacco rossa, un quadrifoglio e una coccinella portafortuna.

Ami abbracciò Soma non soltanto per il regalo, ma per il fatto che si ricordava sempre di farla sorridere. Aveva anche lei dei regali per lui, ma l’unica vera sorpresa per entrambi era di passare un po’ di tempo insieme.

- Siccome rimango un mese intero, abbiamo tutto il tempo per passare qualche giornata madre-figlio. Sei d’accordo anche tu? –

- Certo che si! Non vedo l’ora, mamma! –

Ami rovistò nella sua valigia dei regali – Guarda! Mi avevi chiesto delle altre magliette e io te ne ho portate almeno una decina! – aveva tra le mani delle t-shirt blu scuro con il logo del ristorante Yukihira. Le stesse magliette che Joichirou aveva espressamente chiesto a sua moglie di creare per farne una divisa personalizzata e poi quando nacque il piccolo Soma, anche lui pretese lo stesso abbigliamento. Soma fu felicissimo di quel regalo, era il logo della famiglia e ogni volta gli ricordava casa. Per questo ovunque andava indossava sempre una maglietta blu scuro; proprio quella che sua madre realizzava per lui e suo padre.

- Quindi ti sei innamorata di papà perché lui ti preparava sempre dei piatti squisiti? – domandò Soma ancora incantato dalla storia dei suoi genitori.

- Non proprio, mi sono innamorata di quello che metteva nei suoi piatti. La sua vera essenza. –

Il ragazzo pensò all’espressione che l’ex direttore Senzaemon aveva pronunciato durante la finale delle elezioni autunnali, “il volto del cuoco”.

- Poi la perseveranza con cui cucinava per me, mi aveva fatto capire quanto ci tenesse a conquistarmi. Inoltre era un ragazzo affascinante e sapeva farmi ridere, credo che l’insieme di tutto questo mi ha fatto innamorare di lui. –

Soma carpì tutto quello che gli aveva detto sua madre. I suoi genitori si amavano tanto e il  loro legame era ben saldo; pensare che Erina non aveva avuto una cosa simile, lo rattristava. Lui invece poteva considerarsi fortunato da quel punto di vista.

La mattina seguente, Soma si era svegliato presto per i preparativi della festa a base di pizza gigante. Ami preparava la colazione nel frattempo che arrivassero gli amici di suo figlio, sistemati nell’albergo più vicino del ristorante Yukihira.

Erina e Hisako si erano già messe in cammino.

- Alice mi ha detto che posso passare qualche settimana a casa sua, in Danimarca. – annunciò Erina.

- Sul serio? Quando, se posso saperlo? – chiese l’amica.

- Non lo so, ma credo a breve. Perché non vieni con me? Se non ti è di peso, ovviamente. – aveva timore di chiederle troppo, Hisako era stata già presente per lei in molte occasioni e forse stava esagerando, pensava la biondina.

- Ma certo! Io starò sempre al tuo fianco, se hai bisogno di me, ci sarò anche questa volta. In Danimarca o dovunque tu voglia. Andremo insieme e poi non sarei così tranquilla sapendoti con quella stramba di Alice. –

Erina sapeva che avrebbe potuto contare ancora su di lei e questo la rendeva felice – Grazie, davvero, Hisako. Grazie per tutto. –

Takumi, Megumi e Mimasaka si erano fermati a comprare dei cornetti caldi per fare colazione con tutti.

Alice invece aveva buttato giù dal letto Ryou e il povero Akira per farle da scorta e arrivare prima degli altri al ristorante di Soma.

- Perché avete trascinato anche me? – sbuffava Hayama.

- Non lamentarti, dobbiamo sbrigarci con i preparativi. Sai quanto ci vorrà per ottenere gli ingredienti importanti per la pizza? Prima iniziamo, meglio sarà. Forza, in marcia! –

Ryou rimase zitto mentre Hayama lo guardava in cagnesco.

- Yukihira! Siamo arrivati! –

Soma era dietro la cucina ad aiutare sua madre – Ciao, ragazzi. Siete stati velocissimi, non sono neanche le otto di mattina. Sedetevi che ora arriva la colazione! –

- Benissimo, se vi servono altre sei mani… – si propose l’albina.

- No, abbiamo tutto sotto controllo. Inoltre Joichirou mi ha insegnato qualche trucchetto. State tranquilli vi preparerò qualcosa di eccezionale. - disse Ami.

Alice e i due ragazzi aspettarono pazientemente. Quando fossero arrivati tutti avrebbero iniziato la riunione per la festa da organizzare. Insomma essere arrivati primi non era servito a nulla e Akira riversò il suo odio facendo una serie di occhiatacce ai due seduti davanti a lui. Ogni volta veniva coinvolto nell’euforia di Alice e purtroppo non aveva nessuna voce in capitolo per tirarsi indietro.

Fortuna che di lì a poco il ristorante si riempì con gli altri amici. Mimasaka aiutava Ami a servire i clienti abituali, ai tavoli. Megumi e Takumi invece offrirono i cornetti con vari gusti, ancora ben riscaldati.

Erina e Hisako si aggregarono al tavolo di Alice che aveva già riservato altri due posti in più, senza la loro approvazione.

- Non era necessario e poi speravo di dare una mano alla madre di Soma. – Erina stava ancora in piedi.

- Ma no, c’è Yukihira che l’aiuta. Non ha voluto neanche il nostro aiuto e noi eravamo in tre. –

La biondina si arrese, i suoi occhi erano volti a cercare Yukihira che intanto andava qua e là per i tavoli. Ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno che non o vedeva da tanto e poi riprendeva a cucinare velocemente per non far aspettare le altre persone in attesa. Era davvero ammirevole, pensò Erina che non si perdeva neanche un singolo movimento del rosso. Il ristorante era super animato, tra le voci dei clienti e le risate, ma anche i racconti che si percepivano da parte di Soma. Era un vero tornado di allegria.

Mimasaka però non scherzava, era quello che si faceva notare di più per la sua stazza corpulenta. Le sue mani ampie e robuste maneggiavano con cura i piatti che Ami gli passava; le persone rimanevano stupite ogni volta.

Erina e Hisako, però, la sera prima non erano state con le mani in mano. Erina aveva ideato dei volantini per far partecipare più persone alla lavorazione della pizza e Hisako le aveva dato una grossa mano a realizzarli con cura.

Quando Soma si avvicinò al loro tavolo, le due ragazze gli mostrarono il loro lavoro.

- Siete state grandi! Adesso proverò a girare alcuni di questi fogli così avremo più aiuto possibile! – era super eccitato il ragazzo.

Le due amiche si sorrisero a vicenda e non fecero in tempo a fare una qualsiasi ordinazione che sentirono la voce di Yuki far tremare tutto il locale.

- Megumi!!! Erinacchi!!! Siamo qui! – una voce squillante risuonò nelle teste di chiunque fosse lì.

Tutti gli occhi erano puntati verso Yuki che invece molto sorridente inquadrò Megumi per abbracciarla.

- Quanto tempo! Ci sono anche Marui, Isami, Daigo e Shoji! –

- Ciao a tutti! – dissero Daigo e Shoji.

- Gli altri dovrebbero arrivare più tardi, nel pomeriggio. Forse ci sarà anche Isshiki senpai. – disse Marui che provava a valutare in numeri il posto dove lavorava Soma.

- Esatto, ma quindi come sarà la festa? Voglio tutti i dettagli. – chiese Yuki esagitata.

- Veramente non ne abbiamo ancora parlato. – le rispose Erina.

- Si, per adesso pensiamo a cercare più gente possibile per aiutarci con la cucina e poi quando arriveranno anche gli altri, parleremo di come organizzare tutto. – intervenne Soma mentre aveva tre piatti tra le mani. Yuki gli diede subito una mano perché voleva rendersi utile, si avvicinò ad Ami e ipotizzò all’istante la parentela tra lei e Soma; incominciò a farle mille domande.

Isami si riunì a Takumi che era contento di riabbracciare suo fratello.

- Come stanno mamma e papà? –

- Tutto apposto. Invece tu ti sei divertito a New York, giusto? Volevo tanto esserci anch’io. –

- Si, mi sei mancato. Comunque possiamo sempre fare qualcosa di divertente anche qui. Organizzeremo una festa fenomenale, dobbiamo creare la pizza più buona di sempre. Ci stai? –

- Puoi contarci, sarà stupenda fratellone, però evita di sfidare ancora Yukihira. Intesi? –

Takumi percepì la frecciatina del suo gemello, ma non ci badò. Infatti era già pronto ad entrare nuovamente in competizione con il rosso.

Soma e i suoi amici girarono per la città, bussando a chiunque avesse esperienza di cuoco per dare una mano a realizzare una bella e grande pizza.

Ami e Mimasaka intanto gestivano il ristorante e accoglievano i clienti con piatti prelibati. Tutto era ben calcolato e Soma non stava più nella pelle di incominciare quell’enorme creazione culinaria.

Durante le prime ore di pomeriggio Ikumi scese da un’elegante limousine. Si guardava attorno come in cerca di qualcuno, ma dopo alcuni minuti s’incamminò per le strade di quella città che conosceva bene.

Ryouko era arrivata col bus, ma non sapendo la strada da percorrere per raggiungere il locale Yukihira fece una telefonata a Ikumi che l’avrebbe certamente aiutata. Nello stesso momento la ragazza notò Ibusaki che vagava pure lui in cerca della giusta destinazione, perciò si avvicinarono. Ryouko attendeva in linea Ikumi che rispose di lì a poco e insieme accordarono il punto d’incontro, ovvero alla fermata dell’autobus.

- Ikumi sta arrivando per farci strada. – disse Ryouko e il ragazzo accanto a lei si limitò a dire: “Perfetto.” C’era un po’ di tensione tra i due. Entrambi erano curiosi di sapere come mai Yukihira li avesse invitati ad una festa di punto in bianco, per giunta dopo essere tornato da New York. Forse la grande città aveva reso il rosso ancora più pimpante e festaiolo del solito. Ibusaki ipotizzava che ci fosse una ragione più seria dietro quell’invito, magari era per tirare su di morale Nakiri Erina per tutti quei problemi con suo padre. Ryouko la pensava alla stessa maniera, c’era sotto qualcosa.

Isshiki tirava la sua valigia con aria spensierata, era felicissimo di essere stato invitato alla festa; amava divertirsi in compagnia dei suoi amici. Adocchiò immediatamente Ibusaki e Ryouko, li assalì alle spalle con gesto affettuoso, sorprendendoli – Come va, ragazzi! -

- Isshiki, ti pare il modo di salutare! – esclamò irritato Ibusaki.

- Ahahah, scusate, ma sbaglio o siete venuti insieme? Che sia una specie di appuntamento? – li provocò.

- N-niente del genere. – rispose in fretta Ryouko, arrossita di colpo.

- Infatti, ci siamo incontrati qualche minuto fa. – confermò, impassibile, il ragazzo.

Isshiki sorrise, per lui era normale prendere in giro i suoi compagni di dormitorio, in particolare Ibusaki. Poi Ikumi li trovò e insieme trovarono il posto.

Ami si presentò anche al resto della compagnia di suo figlio e parlò a lungo della sua carriera lavorativa, poiché risultava completamente diversa dalla ristorazione. In seguito, di fronte all’ennesima richiesta di incominciare la riunione, Isshiki annunciò che mancava ancora un altro elemento al gruppo.

Un rumore assordante di elicottero mise in allarme i ragazzi che assistettero alla caduta, col paracadute, di una decina di uomini pelati che scortavano il loro signorino. Kuga si presentò fiero e determinato come suo solito. Soma era sorpreso di vederlo, ma ne fu contento.

- Sono qui perché Isshiki mi ha parlato che avreste intenzione di cucinare una pizza. Beh, chi meglio di me sa fare una pizza piccante? Ovviamente nessuno. Per questo mi sono precipitato con i miei assistenti. Yukihira, ti sfido con uno shokugeki al piccante! –

Takumi sembrò nervoso e irritato da quella proposta di sfida. Anche lui desiderava scontrarsi nuovamente con Soma e vincere.

Yukihira, però, non accettò la sfida perché la sola e unica intenzione era di creare tutti insieme qualcosa di fantastico. Una pizza unica, originale e soprattutto gustosamente celestiale.

Una pizza normale, per gli studenti della Tootsuki non era ammessa, ognuno doveva dare il meglio che sapeva fare. Decisero di sperimentare una ricetta della pizza gigante tutti i gusti. Avrebbe avuto trentasei spigoli enormi di cui ognuno rappresentava un gusto differente. Trentasei tipi di pizze italiane in una sola; come la capricciosa, la quattro formaggi, la margherita, la quattro stagioni, la diavola, la caprese e quella alle verdure. Insomma, la regina delle pizze.

Takumi aiutava con la preparazione della base e insieme a Erina guidava i cuochi nella gestione degli ingredienti da aggiungere all’impasto.

Kuga suggeriva di persona come insaporire con il piccante, mentre nel campo dei frutti di mare e del pesce si occupavano Ryou e Megumi aiutata da Isshiki. Akira aiutava con la scelta delle migliori spezie e Hisako cercava di bilanciare i gusti e la scelta delle spezie in modo tale da non rendere troppo pesante la varietà di gusti della pizza. Soma e gli altri si divertivano a realizzare quella gigantesca creazione culinaria; c’era bisogno di una quantità di cibo non indifferente, tuttavia le industrie Nakiri finanziarono tutto quello che era necessario. I fratelli Aldini ebbero molti complimenti per aver sfornato una pizza degna del loro paese; la cucina italiana che faceva gola a molti, finalmente era messa in rilievo come meritava.

Il lavoro di squadra aveva funzionato e per un po’ Erina si sentì felice di essere lì, di aver cambiato aria. Quella festa la aiutava a distrarsi, infatti era proprio questo il vero obiettivo di Soma. Lui la guardava sorridere e mangiare di gusto con Hisako e le altre amiche.

- Finalmente la vedo allegra! – spuntò Ami da dietro le spalle del figlio – Sono davvero orgogliosa di te. Hai organizzato una festa spettacolare, quando lo saprà Joichirou diventerà geloso per non aver potuto partecipare. –

Isshiki notò che Soma non toglieva gli occhi di dosso a Erina. Sorrise, perché sapeva il motivo profondo che i due sentivano l’uno per l’altra, ma gli piaceva scherzare – Se continui a guardarla, penserò che tu sia attratto da lei. –

- Ancora con questa storia, sei davvero incorreggibile. –

- Ahahah, hai ragione dovrei tenere per me certe considerazioni. – disse; poi si rivolse alla madre di Soma e prese il discorso del ballo. Anche Ami avrebbe dovuto presenziare al ballo in Accademia, ma per il lavoro distante non aveva fatto in tempo a partecipare. Ami era davvero dispiaciuta di non esserci stata e promise, specialmente a suo figlio, che non sarebbe mancata ancora.

Quella festa realizzata in poco tempo era stata la migliore alla quale era stata Erina. La pizza, la musica, ma soprattutto i suoi nuovi amici rendevano speciale quella serata. I fuochi d’artificio con i loro colori e scoppiettii completavano bene la giornata, ma non era ancora finita.

Hisako si trovò a sedersi vicino ad Hayama perché lo vedeva un po’ in disparte e pensieroso. Non era dovuta a stargli accanto, ma una voglia incontrollabile la lasciò decidere così.

- Tutto bene? – domandò lei, cercando di non risultare troppo invadente.

- Mentre noi stiamo festeggiando, Jun si trova da sola. Lei non è brava a sbrigare le faccende di casa. – ammise Hayama.

- Stai parlando della professoressa Shiomi? Come sarebbe? Lei è un adulta, non preoccuparti. –

Seguirono alcuni minuti imbarazzanti che sembravano un’eternità.

- Azami vi ha minacciato? – chiese Hisako che voleva prendere da tempo quella conversazione.

- No, ma prima o poi capiterà di certo. – rispose con preoccupazione verso Jun.

La pizza enorme stava poco a poco terminando grazie a tutte le persone che avevano deciso di far parte della festa, come pure gli alcolici.

- La tua pizza non è male. – continuò Hayama.

Hisako arrossì per quel piccolo e insignificante complimento che significò davvero tanto. La ragazza era migliorata dopo quello che Akira le aveva sbattuto in faccia con crudeli parole.

- G-grazie, la tua è fenomenale, ma c’era da aspettarselo. –

- Quella volta, alle selezioni autunnali io avrei voluto scontrarmi con il tuo vero potenziale. Avevo un’alta considerazione delle tue capacità, ma credo di aver alzato troppo le aspettative. – disse scontento.

La ragazza era dispiaciuta per non essere stata all’altezza del loro confronto, Akira aveva ragione, poteva cucinare qualcosa di meglio e batterlo alla pari.

- Se dovessi scontrarti con qualcuno della centrale, non farti sconfiggere. Chiaro? –

Hayama fu sorpreso da quella precisazione, ma la lasciò finire.

- Perché non voglio che vai via dalla Tootsuki, prima di ricevere la mia rivincita contro di te. – terminò Hisako, con gli occhi pieni di determinazione.

Akira rise spontaneamente, era una reazione inconscia e poteva anche ferire la ragazza che con molta serietà si era rivolta a lui. Infatti tornò serio in pochi secondi e rispose sinceramente - Scusami, ma mi hai colto alla sprovvista. –

Hisako era stata già ferita e stava per andarsene perché odiava quel comportamento indifferente nei suoi confronti come se non valesse nulla, per la seconda volta, ma Hayama la fermò con una semplice frase – Non perderò contro nessuno, è una garanzia. Non andrò via dalla Tootsuki, se vorrai sfidarmi, ci sarò. –

La ragazza non si voltò indietro, ma fu contenta di aver ricevuto le parole che voleva sentire; la sua attenzione ricadde su Erina che stava cercando nella marea di gente.

Yukihira aveva attaccato bottone con Kuga che piangeva di essere stato espulso dai migliori dieci, cercava di consolarlo e di cambiare discorso. Non voleva ricordare il motivo per il quale era corso in America a causa del nuovo direttore dell’Accademia che aveva privato Erina della sua libertà. Più ci pensava, peggio si sentiva.

- Comunque Yukihira, ho sentito che hai battuto Nakiri ad uno shokugeki. Almeno l’hai sfidata chiedendole il nono seggio con la vittoria? –

- No, sinceramente non ci ho pensato, però, ora che me lo fai notare… -

- Insomma, ti appare una situazione favorevole per entrare nei migliori dieci e tu non cogli l’occasione! È proprio un peccato, volevo che tu entrassi perché in quel caso avrei potuto strapparti in un attimo il seggio. Uffa! – sbuffò.

Erina era vicino a loro e recepiva ogni parola. Kuga e Soma stavano discutendo su quanto fosse stato facile batterla perciò la ragazza si avvicinò a Soma per dirgliene quattro, trattenendo un bicchiere pieno di vino rosso. Si sentiva sminuita dai loro commenti – Yukihira non ti permetto di beffarti di me, capito? Quella volta hai avuto fortuna, ma puoi stare certo che la mia abilità culinaria è al di sopra della tua! –

Alice era dietro di lei e rideva per la rabbia incontrollata di sua cugina; le aveva dato da bere molti bicchieri di vino e Erina appariva brilla. Nonostante il suo controllo mentale, la biondina era sopraffatta dalla bevanda che teneva in mano e ogni tanto sorseggiava per darsi più coraggio e dire quello che sentiva. Il risentimento per quello che Soma diceva del loro shokugeki la spinse a dire cose che non avrebbe mai pronunciato da sobria. In realtà era il vino a distorcere le parole del rosso che a lei risultavano senza senso.

Hisako era sul punto di raggiungere l’amica, ma si congelò nel momento in cui Erina continuò la sua scenata.

- Yukihira, ti propongo uno shokugeki. Non puoi rifiutare in nessun caso, perché lo dico io! – annunciò tutto d’un fiato, col bicchiere ormai vuoto e la voce più alta e strana del normale. L’avevano sentito tutti. Uno shokugeki richiesto da Nakiri Erina in persona, era una portata su un piatto d’argento.

Persino Soma che era vicinissimo alla biondina sembrava stordito da quella dichiarazione. Hisako quasi inciampava e gli amici del dormitorio Stella Polare non credevano a quelle parole.

Hisako diede la colpa ad Alice che ci aveva messo lo zampino, ma l’albina era un po’ delusa – Volevo immortalare il momento con una ripresa video. Erina, non è che potresti dirlo un’altra volta? – chiese con una faccia divertita e il cellulare già pronto con la fotocamera in funzione.

Hisako la schernì con uno sguardo glaciale, ma nulla impedì ad Alice di catturare le parole della cuginetta.

- Yukihira, ti sfido ad uno shokugeki! – decretò una seconda volta, ma sempre incosciente di quello che stava facendo.

Dopo un po’ di esitazione il ragazzo accettò - D’accordo, non ci sono problemi. –

Hisako iniziò a guardare male pure Soma, il quale non si rendeva ancora conto della proposta di Nakiri, ma che lo rendeva fortunato.

Nessuno si sarebbe perso quella battaglia.

- Domani decideremo le condizioni e il piatto da preparare, ok? – continuò Erina, ma non riuscì a terminare perché Hisako la trascinò via, aveva paura che l’amica iniziasse a dire qualche altra cosa di cui si poteva pentire. Infatti era già piuttosto preoccupata della reazione di quando Erina avrebbe ripreso coscienza dello shokugeki che lei stessa aveva chiesto a Soma.

Al mattino, la stanza d’albergo di Erina si presentava ai suoi occhi stanchi e semiaperti molto più strana e diversa dal normale.

Non aveva mal di testa poiché si trattava solo di aver ingerito un leggero quantitativo di alcool rispetto alle solite degustazioni di vini che la ragazza assaggiava, ma sentiva la sua testa più vuota e pesante. Accanto al letto Hisako le domandò se stesse bene. Erina si sforzava di ricordare la notte precedente, tuttavia alcuni pezzi della sua memoria sembravano cancellati.

- Perché sei qui? È successo qualcosa? – chiese Erina controllando l’orario.

- Bhe, vedi, ieri sera…durante la festa hai detto una cosa a Yukihira. Te la ricordi? –

La biondina frugò nella sua testa, ma era tutto confuso e nebuloso, tuttavia l’argomento era Yukihira e lei voleva capire cosa fosse successo e per quale motivo non lo ricordava.

- Credo di avere un vuoto di memoria, mi puoi spiegare cosa è successo con Yuihira? –

Alice entrò sul più bello e Erina maledisse la sua presenza in quel momento.

- Vorresti sapere cosa è accaduto alla festa? – si sedette comodamente – Hai sfidato Yukihira a uno shokugeki. –

- Cooooosaaaa? No, non è possibile. – si agitò Erina che desiderava in ogni caso i dettagli.

- Avevi bevuto qualche litro di vino in più, non è stata colpa tua. – disse Hisako per calmarla, ma non ci riuscì perché Erina stava andando nel panico.

- Come è potuto succedere? Perché nessuno mi ha fermato? E Yukihira ha accettato? –

- Si, cuginetta. –

- No, aspetta. Deve essere uno scherzo. Hisako dimmi che si tratta solo di uno scherzo. – cercò di mantenere la sua lucidità.

- Per tua fortuna, ho registrato tutto in un video. Se non ci credi, guarda qui. –

Erina si appropriò velocemente del telefonino di Alice, con disappunto di sua cugina, poi visionò tutto il filmato girato. La ragazza tornò a rivivere quella penosa sceneggiata che la fece vergognare tantissimo, però non poteva farci nulla. Lo shokugeki era già stato deciso e anche se quella sera non ne aveva avuto il controllo mentale Erina doveva accettare la realtà di aver chiesto espressamente uno scontro culinario con Soma. In altre parole, non poteva rifiutarsi perché la gente poteva pensare che la ragazza avesse paura di perdere.

Il luogo della sfida era stato deciso che si sarebbe tenuto fuori di un locale del centro commerciale poiché gli spettatori erano tanti e quel posto era abbastanza grande per contenerli e avere maggiore visibilità, così anche le ultime speranze di sfidarsi in segreto, per Erina, furono sfumate all’istante.

Per la scelta del piatto da cucinare, Takumi aveva pensato alla lasagna. Un cibo italiano così che nessuno dei due avesse avuto un vantaggio sull’altro. Sia Yukihira che Erina non patteggiarono alcunché, quella era solo una sfida per decretare il migliore tra di loro.

Erina aveva indossato la sua uniforme da cuoca, bianca, guardò Soma che era già pronto a dare il tutto e per tutto, molto tranquillo nonostante stesse gareggiando contro di lei. In realtà Yukihira sentiva la tensione alle stelle, non era sicuro di vincere dal singolo momento in cui Nakiri aveva preparato gli ingredienti. La sua bravura lo colpiva sempre molto forte, aveva paura di fallire, anzi, sapeva che avrebbe perso clamorosamente, però quel non mollare mai lo spinse a continuare lo shokugeki.

Erina era super concentrata quando cucinava, era il momento che preferiva per rinchiudersi nel mondo di cui conosceva il meglio. Il mondo culinario che la portava a scoprire sempre dei sapori e profumi nuovi, per lei era come respirare. Nella lasagna che voleva preparare ci aggiunse del sapere smisurato e ciò che provava; ci aveva messo anche qualcos’altro. La storia della sua vita, spezzata. La versione che vinse su tutta la linea.

Yukihira fu sconfitto, ma come ogni volta che perdeva la sua autostima scendeva e si demoralizzava. Aveva perso; questo ascoltava nella sua testa che non pensava ad altro e Erina si sentiva un po’ in colpa per aver chiesto quella stupida sfida. Assaggiò il piatto di Soma e pur essendo davvero delizioso, non era abbastanza per superare la sua ricetta infatti elencò tutti gli errori che il ragazzo aveva commesso durante la cottura.

Soma si rintanò in un angolino buio mentre le persone che erano lì pendevano dalle labbra di Erina che spiegava come aveva cucinato la sua lasagna, nei minimi dettagli.

Soma era molto amareggiato per aver fallito con la sua magica lasagna, ma soprattutto di aver perso contro Nakiri Erina. Non si era ancora reso conto che la strada da percorrere aveva ancora molte difficoltà e prove da superare prima di diventare il numero uno; aveva collezionato diverse vittorie, però le sconfitte, pur essendo poche, si mostravano taglienti e sovrastavano quelle vittoriose. Non era soddisfatto della sua cucina e arrivò addirittura a dubitare delle sue reali capacità, ma la voglia di confrontarsi ancora con Erina non era del tutto sparita.

Per conoscere il vero talento della ragazza si servì da solo un piatto con, ancora calda, una fetta di lasagna di Nakiri; la forchetta ne tagliò senza difficoltà un morbido pezzo e l’assaggiò. Un puro concentrato di sapori si sciolse in bocca lasciando un gusto che lasciava desiderare di volerne ancora e ancora. Al secondo boccone Yukihira si bloccò per un istante e la posata che teneva in mano gli sfuggì per cadere sul tavolo. Il ragazzo fu immerso nel mondo di Erina: i suoi pensieri e ciò che provava nel momento in cui creava la sua pietanza vincitrice. Nello stesso tempo che gustava la paradisiaca lasagna, Soma percepiva lo stato di tristezza che affliggeva la ragazza. I suoi occhi riuscivano a vedere chiaramente la solitudine famigliare che Erina si portava dietro e la rabbia che riservava verso i suoi genitori. Lo scenario che Soma aveva vissuto con quel piatto gli fece capire non solo l’immensa bravura di Nakiri che sarebbe stata complicata da raggiungere e superare, ma anche la condizione in cui viveva Erina e quello che doveva affrontare con le sue forze. Una pressione non indifferente dalla sua famiglia per essere nata con un palato divino e la triste infanzia che le aveva sottratto un padre amorevole al posto di uno crudele e sopraffatto dal potere, più l’assenza di sua madre che la faceva soffrire maggiormente.

Quell’insieme di emozioni e sensazioni che provò Yukihira furono accompagnate dalle lacrime che uscivano solitarie e senza controllo. Assaporò ogni attimo di quel cibo che lo emozionava più di qualsiasi altro che avesse mai mangiato fino a quel momento, perché gli rimanesse impresso nella sua memoria. Soma cominciò a sentire nuovamente il sapore del suo primo bacio, quello che accidentalmente aveva dato a Erina e notò una certa somiglianza con quel cibo che, veloce, scendeva nel suo stomaco. Quando terminò l’ultima fetta pensò addirittura di provare un sentimento a lui quasi estraneo, ma di cui aveva già sentito nominare. Si era innamorato di quella lasagna, ma prima di capire qualcosa di ancora più importante Erina era già andata via. Partì prima del solito con Alice, Ryou e Hisako per trascorrere le ultime settimane di estate in Danimarca. Soma riuscì a salutare tutti e con Erina aveva solo agitato una mano in segno di arrivederci mentre lei saliva in fretta sull’auto che li portava via. Yukihira si accorse successivamente che, dopo tutto il tempo passato con Nakiri, le sarebbe mancata per il resto delle vacanze. Sì, con lei in particolare, che lo aveva salutato frettolosamente con un sorriso sulle labbra da lontano.

Akira tornò alla Tootsuki, contento dal suo faticoso e stranamente particolare viaggio che aveva intrapreso con i suoi amici.

La persona che voleva rivedere era Jun per darle subito il suo regalo, ma lei non era sola. Azami era già comodamente seduto e si versava tranquillamente un buon liquore, che Shiomi conservava per le occasioni speciali. Hayama poteva solo immaginare il perché il nuovo direttore fosse lì.

- Hayama Akira, vero? Posso sapere come sta mia figlia? –

- Non faccia domande inutili e spiegatemi cosa volete. –

- Arrivo subito al punto. Se tu passassi dalla mia parte e lavorassi con me avresti ricchezza, potere, prestigio e lo stesso sarebbe per Shiomi. Avreste la possibilità di lavorare in un posto più confortevole e prendere possesso di tutte le spezie più ricercate del mondo. Al contrario perdereste tutto ciò che si trova in questo laboratorio e Shiomi verrebbe licenziata all’istante, senza contare che non lavorerebbe più per nessuno perché la mia influenza non lo permetterebbe. Inoltre tu, Hayama Akira, non potresti più studiare in questa Accademia. La scelta spetta a te, ma pensaci molto bene perché è un’offerta irripetibile. –

Akira si era trovato spiazzato a quella richiesta che lo incatenava senza alcuna possibilità di uscita. Doveva prendere una decisione e alla svelta, ma cosa avrebbe dovuto fare? Pugnalare alle spalle i suoi amici per salvare lui e Jun? La decisione più importante era nelle sue mani.









ANGOLO AUTRICE: In questo enorme capitolo, rispetto ai precedenti, ho inventato che la mamma di Erina e anche quella di Soma sono ancora in vita. Nel manga non è stato rivelato nulla su di loro, infatti non si sa se le due madri sono vive o decedute, però, nel mio immaginario, ho ipotizzato che fossero entrambe in vita. Così ho inventato un po’ del passato di Ami, la presunta madre di Soma per la quale ho dato pure un nome a caso. Stessa cosa vale per il personaggio di Yumi, che ho immaginato madre di Erina, ma su di lei non ho scritto molto in questo capitolo perché comparirà maggiormente nei prossimi capitoli. Spero di non aver annoiato nessuno e soprattutto di non avervi deluso con questo capitolo. Ciao a tutti! Alla prossima! :).


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Capitolo 11
*** Battaglie culinarie ***



Capitolo 11: Battaglie culinarie



Ryou si ritrovò ad osservare la stanza dove per molti anni aveva vissuto, da quando Alice era entrata nella sua vita e aveva trovato un posto nella sua famiglia agiata. La Danimarca era la sua casa, ma ancora di più Ryou sentiva casa le persone con le quali aveva stretto un legame molto solido e importante che lo facevano sentire parte integrante di quella famiglia.

Ritornare in quella casa era sempre nostalgico per lui e quella serata doveva essere l’ultima delle vacanze estive.              

Uscì dalla sua camera per sorvegliare ancora una volta la stanza accanto alla sua, dove Alice era sempre sdraiata sul divano; accoccolata in una coperta a guardare con comodità un film in televisione, ma la ragazza si era addormentata davanti alla tv accesa.

Quella stanza appariva bella e innaturale come fosse una di quelle camerette in miniatura che venivano create per le casette delle bambole; era arredata allo stesso modo con tutti i particolari degli oggetti che vi erano lì. Il ragazzo spense il televisore e fu quasi tentato di addormentarsi vicino alla sua lady, però, il padre della ragazza irruppe nella stanza nonostante fosse già abbastanza tardi.

- Ho fatto tardi, mi dispiace. – disse desolato Soe Nakiri.

- La signorina Nakiri e Arato sono partite questa mattina, non volevano aspettare oltre, ma Alice voleva salutarvi perciò abbiamo aspettato un giorno per prendere il volo di domani mattina, con calma. – spiegò il ragazzo.

- Ci avrei scommesso. Ci saluteremo domani, piccolina. – accarezzò la testa di sua figlia con dolcezza e con gli occhi stanchi di chi aveva lavorato ininterrottamente per tutto il giorno, ma la sua attenzione ricadde su Ryou.

- Allora, ti fermerai ancora per molto qui? – chiese Soe a Ryou con un tono geloso nei confronti della sua preziosa figlia.

- Vado subito nella mia stanza, signore. – capì al volo quel sottile rimprovero che il padre di Alice gli aveva lanciato.

- Ryou… – lo fermò sulla soglia della porta, sussurrando, per non svegliare la ragazza – Grazie per essere sempre vicino a mia figlia, sei il ragazzo di cui mi posso fidare. –

Il ragazzo era abituato a certi complimenti. Anche se Soe era protettivo nei confronti di Alice si fidava di Ryou al punto di vederli partire insieme per tempi lunghi e interminabili come affermava lui stesso.

- Non esagerare troppo, però. Sai bene che controllo ogni tua mossa. – si sistemò gli occhiali da vista in modo da apparire sinistro.

- Sì, signore. – accennò un sorriso. A volte, tuttavia, Nakiri appariva fin troppo protettivo tanto da far sorridere.

Era giorno quando l’aereo sorvolava ancora le città e si immergeva nelle nuvole soffici e compatte come zucchero filato; era piacevole guardare dal finestrino l’immensità del cielo. Incollata ai tanti interrogativi che la mente elaborava all’infinito, senza neanche accorgersene, Erina non sapeva quando avrebbe rivisto sua madre, ma aveva il presentimento che si sarebbero ritrovate nuovamente, faccia a faccia, molto presto. Non era ancora pronta a parlare con lei e provò ad immaginare come sarebbe stata la sua vita se sua madre non fosse mai andata via di casa; dopo averne parlato con Hisako e Alice, però, la ragazza si era convinta di provare a dare un’opportunità a sua madre per tentare di allacciare un vero rapporto madre-figlia. Yukihira era un altro dei suoi problemi lasciati in sospeso. Anche lui faceva parte del suo tormentato coinvolgimento emotivo e sperava di rivederlo al più presto. Grazie a Soma si era allontanata dalla sottomissione di suo padre; si sentiva quasi libera, ma le mancava ancora qualcosa da fare. Liberarsi del titolo di decimo posto dei migliori dieci. Ci aveva pensato a lungo e quella le era sembrata la soluzione più ovvia per poter continuare a lottare al fianco dei suoi amici contro la dittatura di Azami.

Hisako, accanto a Erina, cercava di passare il tempo leggendo un po’, ma la verità era che celava una grande preoccupazione verso la sua amica e tutto quello che stava capitando alla Tootsuki.




La sala delle riunioni dei migliori dieci si riempì di tutti i membri in questione più Azami che voleva discutere con loro delle sue prossime mosse di cambiamenti, ma una donna entrò nella stanza senza poter essere fermata. Yumi aveva fatto la sua comparsa dopo tanti anni in quell’Accademia e in particolare era decisa a spodestare Azami dal suo potere di nuovo direttore; i ragazzi furono stupiti da quella donna bellissima e allo stesso tempo misteriosa.

- Fai sul serio? – domandò, per nulla entusiasta, Azami – Sono occupato, al momento, quindi se sei qui per parlare in privato con me, dovrai aspettare fuori. -

- Non sono qui per parlarti in privato. Lo sai bene. – era più agguerrita che mai.

- Lo immaginavo. Allora, sentiamo, qual è la tua richiesta? –

- Questa Accademia è mia per diritto di successione, tu non avevi diritto di prenderne possesso senza consultarmi, però, so anche che per avere il posto di direttore bisogna avere dalla propria parte i migliori dieci. Così è nel regolamento, ma visto che non ho potere su questo, perché sono appena arrivata, ho deciso che saranno gli shokugeki a parlare. –

I ragazzi attorno al tavolo ci capivano sempre meno di quella stramba discussione, ma soprattutto non avevano ancora concepito l’idea di chi fosse la donna che stava parlando.

- Shokugeki? Quale sarebbe la novità? –

Yumi illustrò la sfida. L’esercito dei ragazzi che seguivano gli ideali di Azami dovevano confrontarsi contro chi non approvava le nuove riforme, così chi avrebbe avuto meno sconfitte nella propria squadra sarebbe restato al comando della Tootsuki; il perdente invece sarebbe stato costretto ad andarsene.

- Sei d’accordo? –

Azami era scettico sulla proposta appena ascoltata e se fosse stato solo per lui avrebbe sicuramente rifiutato; perciò sperava che anche il consiglio dei migliori dieci non accettasse, ma purtroppo per lui i ragazzi erano entusiasti ed eccitati per quella sfida.

Hayama era stato costretto ad accettare il ruolo di decimo posto dei migliori dieci, tuttavia assisteva impassibile alle conversazioni. Non gli importava nulla delle decisioni di Azami e si chiese se il piano di Yumi fosse davvero la mossa vincente per fermare tutta quella follia.

Doveva convivere con la pressante voce nella sua testa che gli diceva di aver commesso uno sbaglio, ma non poteva tornare indietro o almeno non per il momento.

Akira raggiunse la città con il suo veloce motorino per acquistare delle spezie arrivate su sua commissione e, grazie alla potenza che esercitava Azami sul mercato, era riuscito ad impossessarsene in quantità. Durante il tragitto del ritorno, però, trovò un posto molto familiare per qualche motivo. Non trovava il ricordo nella sua testa, sembrava ormai sepolto da tempo. Non riusciva a ricordarlo; lasciò la moto parcheggiata lì vicino e poi si diresse sul luogo che gli aveva suscitato interesse. Un posto isolato, in mezzo al verde e un santuario che non ricordava di aver mai visitato. Rimase immobile davanti a quella struttura ancora in piedi, ma praticamente abbandonata, sperava di ritrovare qualche memoria dimenticata. Invece nulla. Le sue sinapsi ricevevano solo il buio più totale.

Si guardò attorno e poteva vedere una fitta vegetazione incolta, una bellezza innaturale seppur non curata. Il vento era gentile in quel luogo e i fiori danzavano con l’erba in un ballo incantato, dolcemente, che portavano Akira in uno stato di pace e riflessione completa. La natura gli stava sussurrando di restare lì, lontano dalle incertezze e dai problemi della vita. Lasciare indietro ogni preoccupazione e rimanere in quel paradiso.

Fece qualche passo in avanti e salì il primo, poi il secondo, il terzo e infine il quarto gradino che arrivava alle porte del tempio e prima di entrare all’interno di esso i suoi ricordi, magicamente, si tinsero vividi nella sua mente.

Era tornato indietro di sei anni. Prima media; fu proprio nelle ore scolastiche che Akira incontrò di persona Hisako. In quel periodo, il ragazzo non immaginava minimamente dell’astio di Hisako nei suoi confronti, figuriamoci il motivo poi, ma giorni più tardi la stessa ragazza confidò ad Akira ciò che temeva di lui.

Girava voce, nella scuola, che Hayama, il nuovo studente della Toostuki, fosse molto talentuoso e quasi paragonabile alle abilità gustative di Erina Nakiri. Hisako odiava quelle voci e naturalmente guardava torvo Akira dall’olfatto super sviluppato. In poco tempo il ragazzo divenne lo studente più meritevole per gli insegnanti e popolarissimo tra le ragazze, ma Arato teneva sempre nascosto il dissenso che provava per lui e nonostante Akira fosse all’oscuro di tutto, il ragazzo percepiva una tensione innegabile tra loro, quando per pura coincidenza si incrociavano per i corridoi o si trovavano vicini durante le ore di lezione.

Un giorno, Hisako uscì con suo padre e alcuni suoi colleghi per lavoro. La ragazza era curiosa di quello che faceva il papà così lo seguì in quella uscita formale, tuttavia lo stesso giorno vide la signorina Erina girare con suo nonno un angolo della strada e poi scomparire dalla sua visuale. Senza farsi accorgere da suo padre, Hisako si allontanò per andare incontro alla sua amica e invece di trovarla facilmente, ad un certo punto, si rese conto di essersi persa. Nel momento in cui constatò di aver perso le tracce di Erina e di suo padre, senza un cellulare in grado di poter telefonare, pensò subito di tornare in Accademia da sola. Poteva farcela, ma proprio in quel momento cominciò a piovere fortissimo. Si stava bagnando tutta; così cercò un riparo in fretta trovandolo in un tempio nascosto, nelle vicinanze.

Non poteva contemplare quel posto idilliaco in cui si era imbattuta e non trovava neanche un’idea utile per tornare a casa prima che i suoi genitori chiamassero mezzo mondo per ritrovarla.

Solo Akira si trovò a passare di lì, per caso, e la vide, infreddolita e sola in quel posto sperduto.

- Tu non sei una mia compagna di classe? Cosa fai lì? Dai, ti riaccompagno a casa. – alzò la voce Akira, mentre la pioggia scendeva impetuosa e rumorosa, che accostò la sua bicicletta e porse una mano alla ragazza.

Hisako aveva riconosciuto quel ragazzo albino insopportabile, da parte sua, però non aveva alternative e si vide costretta dalla sua volontà ad accettare quel salvataggio. Hayama si tolse la sua giacca blu, tipica divisa degli studenti della Tootsuki e la avvolse al corpo di Hisako, facendo attenzione a coprirle anche la testa. La ragazza, senza dire una parola, seguì in sella alla bici Akira e insieme tornarono all’Accademia, ma prima di essere portata a casa sua, Hisako chiese il favore ad Hayama di fare una sosta da lui. Non poteva farsi vedere, combinata com’era, dai suoi genitori; pertanto Jun prestò dei vestiti asciutti alla ragazza per tornare dai suoi con più tranquillità, la donna era contenta che suo figlio adottivo avesse aiutato un’amica in difficoltà e perciò era favorevole ad aiutare Hisako.

- Adesso sei pronta per tornare a casa? Jun sta chiamando i tuoi per avvisarli che stai bene. – Akira stava preparando una seconda volta la bici per accompagnare la ragazza.

- Grazie, per avermi portata qui, ma ora vado a casa da sola. Conosco la strada, non c’è bisogno che mi fai da babysitter. –

- Non capisco perché sei arrabbiata con me. –

- È a causa della tua abilità speciale. Non mi piace. –

- Ok, ma non ho scelto io tutto questo. Scusami, se ho qualcosa di unico. –
- Non è perché tu sei speciale che mi da fastidio. Tutti nella scuola credono che tu diventerai il miglior amico di Nakiri Erina e ovviamene punterai a farle da assistente o roba del genere, giusto? Questo perché voi due avete qualcosa che vi accomuna, qualcosa di speciale. Mentre io non avrò la minima possibilità di competere con te e stare accanto alla signorina Erina sarà praticamente impossibile. –
Akira era scioccato – Sul serio? Mi odi per questo motivo? A me non interessa essere al servizio di Nakiri Erina. Non sapevo nemmeno di quelle stupide voci e poi non dovresti sottovalutarti senza neanche aver provato a lottare per quello che vuoi. –
Hisako e Akira rimasero a lungo in silenzio, poi la ragazza decise che era meglio incamminarsi verso casa. L’albino lasciò la sua bici e seguì i passi di Hisako.
- Perché mi stai seguendo? – chiese ancora, un tantino adirata, la ragazza.
- Ho promesso a Jun di scortarti fino a casa tua, non lo faccio per te, stai tranquilla. Non parlerò. –
Hisako lesse una vera sincerità specchiandosi negli occhi verdi di Akira e proseguì a camminare facendo attenzione a non fiatare, per entrambi.
Perché aveva cancellato quel ricordo? Non lo capiva, Akira. Era rimasto sui gradini del tempietto che si ergeva solitario dietro la sua schiena. I raggi del sole c’erano ancora a scaldarlo dolcemente, gli stessi che decisero per lui di tenerlo in quel posto fino al tramonto.


Erina e Hisako tornarono alla Tootsuki in limousine, una macchina le aveva aspettate in aeroporto per scortarle a casa loro prima di sera. Era stato un viaggio lungo e per nulla riposante a causa delle preoccupazioni che avvertivano i pensieri delle ragazze, ma appena tornate un giornale dell’Accademia era volato vicino alla casa di Arato. Hisako che era scesa dall’auto per tornare a casa sua, raccolse la rivista, poi, invece di salutare la sua amica, la intimò a scendere dall’auto per leggere insieme ciò che vi era riportato in prima pagina.
“Lotta di Shokugeki tra la Centrale e i ribelli”, questo era il titolo di cronaca e sotto un articolo che parlava di quella notizia insieme a una foto di tutti gli attuali migliori dieci. Mancava Erina, sempre decisa a lasciare quel gruppo, ma uno dei nuovi membri sconvolse entrambe; in particolare Hisako. Era Akira ad attirare l’attenzione in quella foto. Hisako non voleva crederci, ma le prove erano più che evidenti. Erina rilesse due volte l’articolo, non sapeva se pensare ad un miracolo o a una piccola possibilità di eliminare le nuove disposizioni di suo padre dalla scuola. Mise una mano sulla spalla destra della sua amica – Ci vediamo più tardi, alla festa che Isshiki ha organizzato al dormitorio Stella Polare. Ci sarai, vero? –
Hisako con titubanza rispose – Si, non ti preoccupare. –
Erina si fermò ancora per qualche minuto nell’auto prima di ripartire verso la sua reggia; prima di vedere Hisako entrare finalmente in casa. Aveva compreso che c’era un’intesa speciale tra Hisako e Hayama, perciò era preoccupata che l’amica potesse sentirsi giù di morale. Doveva consolarla, ma come poteva? Perché nemmeno lei si era ripresa del tutto da ciò che la faceva soffrire.
Incontrò suo nonno, appena fece ritorno a casa e lui molto contento l’abbracciò forte.
- So che non è un buon momento, sei appena tornata, non voglio farti pressioni, ma vorrei parlare di quello che ti è successo a New York. –
- Senzaemon era preoccupato della sua salute, ma soprattutto non sapeva come dirle che sua madre era lì, in Accademia.
- Vorrei solo prendere delle cose dalla mia stanza, credo che tornerò al dormitorio Stella Polare. –
- Capisco la tua decisione, forse è meglio così. –
- Non devi fingere con me, nonno. So che hai saputo di mamma, probabilmente te lo ha raccontato Alice o gli zii, però, sto bene. Ne parleremo un’altra volta, ok? –
- Hai saputo della sfida di shokugeki? –
- Si, ho letto poco fa un giornale che ne parlava. Comunque come ti avevo già accennato per telefono, ho deciso di lasciare i migliori dieci per non farmi coinvolgere oltre da mio padre. È quello che speravi anche tu, no? –
- Si, credo che tu faccia bene ad allontanarti, per ora. Tuttavia devo dirti anche un’altra cosa. –
Erina guardò suo nonno che meditava le parole 
adatte per dirle di Yumi.
- Tua madre è qui in città ed è stata proprio lei ad accogliere la richiesta di quella sfida con Azami. –  suo nonno immaginava già la reazione di Erina, ma doveva riferirlo.
La ragazza sentì una leggera pressione nel suo cuore al pensiero che lei fosse stata lì, a scuola. Avrebbe potuto rimanere per vederla e dare una seconda possibilità a sua madre di parlarle. Trovava difficile pensare di avere ancora una madre dopo tanti anni, senza di lei al suo fianco e le sembrava impossibile pensare che forse era proprio lei la ragione per la quale Yumi era tornata a casa. Voleva che fosse così. Erina aveva bisogno di sua madre, nonostante si sentiva abbandonata dalla stessa donna che l’aveva messa al mondo. Quella stessa mamma che, pur essendo stata egoista, era parte di lei. 
Erina poteva giurare di essere davvero pronta per rivederla, se non fosse stata per quella leggera ansia di ritrovarsi faccia a faccia con lei, da sole, non riusciva a smettere di pensarci. Aveva paura di scappare di nuovo, a provare dolore per se stessa; pensando che anche Yumi avrebbe sofferto per il suo comportamento distaccato e immaturo.
- Buon per lei. Ci vediamo, nonno. – fu sbrigativa.

Non appena furono scandite le otto di sera, Hisako uscì di casa per incamminarsi alla festa dove avrebbe rivisto tutti i suoi amici anche se ci fosse stato Isshiki mezzo nudo e Yuki che avrebbe sparato nomignoli casuali a tutti. La infastidiva essere chiama “Hishoko”, non era certo quello il suo nome, ma irritarsi serviva a poco con quei ragazzi.
Gli unici a mancare sarebbero stati Alice e Ryou, ma forse quello che più voleva rivedere era anche colui che aveva tradito la sua fiducia, alleandosi con il nemico.
Hisako si fermò poco più avanti casa sua, il punto esatto dove per la prima volta Akira l’aveva riaccompagnata a casa dopo il salvataggio al tempio desolato. Aveva giurato al ragazzo che non sarebbe ricapitato un secondo salvataggio, non voleva più il suo aiuto, eppure Akira, a discapito della sua testardaggine, era tornato ad aiutarla ancora in un’altra occasione; prima di partire per l’America. La ragazza si promise che non sarebbe più accaduto nulla di simile, ancora. Poteva riuscirci?
Il rombo di una moto urtò la fine delle sue riflessioni, era Akira che, senza una vera motivazione, vedendo Hisako, rallentò la sua corsa per stare al passo con lei.
- Sei tornata, quindi. – constatò lui.
- Sì e allora? Ti importa, forse? – cercò di ignorarlo come poteva.
Akira aveva colto la freddezza sull’atteggiamento distaccato di lei e pensò che doveva trattarsi del suo coinvolgimento nella Centrale.
- L’hai saputo, vero? Sono diventato il nono seggio. –
- Le notizie girano in fretta se è il giornale della Tootsuki a farle circolare. - era palesemente ironica.
- Non avevo scelta. Azami aveva messo me e Jun con le spalle al muro, potevo solo accettare. –
- Oppure potevi chiedere aiuto ai tuoi amici, no? – si fermò per guardarlo negli occhi, scoperti di poco dalla visiera del casco. Lei gli lanciò uno sguardo ferito che il ragazzo aveva paura di sostenere, così prese l’iniziativa di scappare da quella discussione quasi imbarazzante concludendo – Forse ho sbagliato, non lo so, ma almeno avrai un’occasione per prenderti la rivincita sullo shokugeki che avevi perso a causa mia. Ci vediamo. –
La ragazza lo vide sfrecciare via e si maledisse subito di essere stata troppo dura nei suoi confronti.
A tutta velocità con il suo bolide, Akira comprese la ragione per la quale HIsako era diventata il centro dei suoi pensieri; era stata la prima persona che lo aveva trattato come suo pari, non come qualcuno da idolatrare; bensì un valido avversario con cui confrontarsi e quella grinta che possedeva nel fare qualsiasi cosa, la ammirava, perché lui poteva solo scordarsela, quell’inesauribile tenacia.

Erina arrivò alla “Stella Polare” che non avevano ancora finito i preparativi per la cena festosa e mancavano i fratelli Aldini, Hisako e Ikumi. Erina fu invasa immediatamente dagli aromi che Yukihira stava mescolando nella sua nuova ricetta, da far assaggiare a tutto il gruppo e la ragazza rimase un po’ ad osservarlo cucinare; era affascinata dal sorriso e dall’entusiasmo che il rosso metteva nel preparare leccornie per gli altri; metteva sempre tutto l’impegno che serviva per far felici le persone con la sua cucina e Erina sperava dentro di se di diventare come lui un giorno, riuscire non solo a creare piatti squisiti, ma anche entrare in contatto con le persone senza mostrarsi troppo rigida e fredda.
Soma la notò dopo un po’. Rivederla lo incitò maggiormente a impegnarsi nella cucina per farle una buona impressione. Si era allenato molto nel suo locale, Yukihira, per sperimentare nuove ricette e nuovi sapori creativi da lasciare stupefatti.
Erano accadute molte cose a New York e Yukihira lo ricordava come fosse un sogno, ma uno di quelli belli da cui non vorresti svegliarti mai e in ognuno di essi c’era Erina, una delle ragioni per restare a sognare.
Lei arrossì leggermente, quando entrambi si guardarono in viso, però, a smorzare quella situazione fu sempre Soma – Nakiri, sono felice che tu ci abbia raggiunta! –
- C-certo, non mi sarei mai persa questa festa e poi, credo che tornerò a vivere qui. – Erina sentiva quasi di appartenere ormai a quel dormitorio, era semplice ed essenziale, ma accogliente per coloro che erano lì e che la facevano sentire a casa nonostante le stramberie dei coinquilini.
- Fantastico! Saremo ancora compagni d’avventura! È la giusta decisione, a mio parere. – era felice di aver sentito quelle parole - Sto preparando qualcosa di eccezionale, vedrai! Tra poco sarà pronto. – disse il ragazzo e Nakiri sapeva già che Soma l’avrebbe sorpresa ancora, d'altronde era sempre così; Yukihira riusciva sempre a rompere i cattivi pregiudizi che si creavano su di lui.
L’atmosfera che aleggiava tra i due fu scombinata dalla stessa Erina che decise di fare quattro passi nei dintorni e che sarebbe tornata in tempo per il banchetto, così lasciò Soma a ultimare il suo capolavoro in tutta tranquillità.
La ragazza attraversò la campagna circostante il dormitorio, fitta di imponenti alberi, accompagnata da una piacevole aria fresca che le sfiorava delicatamente il viso, ma non appena si addentrò in quel tunnel di alberi di colpo il nero la inghiottì. Aveva già percorso quella strada la prima volta che si era ritrovata a rifugiarsi per puro caso alla “Stella Polare” in compagnia di Alice, Ryou e Hisako ed ebbe l’impressione che fossero passati anni rispetto al tempo che realmente era trascorso.
Per un istante Erina aveva concentrato una moltitudine di pensieri tutti insieme da non avere il tempo di catturarne neanche uno in particolare e crebbe sul serio di avere la mente sgombra, senza accorgersi che proprio davanti a lei comparve Yumi e, sorprese entrambe di essersi rincontrate così casualmente, rimasero a fissarsi, mute e immobili, per qualche minuto.
- Papà mi aveva detto che ti saresti fermata per un po’ al dormitorio “Stella Polare”, ma non credevo di rivederti qui…ne sono felice. –
- Volevo fare  due passi prima di riunirmi agli altri. – Erina sentiva una strana leggerezza in quelle parole, una calma mai percepita, una naturalezza che persino lei stessa credeva di aver dimenticato di possedere prima di quel momento.
Yumi, istintivamente, fece qualche passo per avvicinarsi a sua figlia; avrebbe voluto abbracciarla o anche solo sfiorarla, ma sentiva di essere un’estranea per Erina da avere la possibilità di farlo.
Erina notò come l’espressione di sua madre divenne grave su quel volto che le sembrava di rivedere tutte le volte che si guardava allo specchio. Erano talmente simili che a Yumi venne spontaneo accennare a un triste, ma compiaciuto sorriso nel pensare al capolavoro che la natura le aveva fatto dono. 
La ragazza cercava di non incontrare troppo spesso il suo sguardo con quello di Yumi eppure trovava interessante come la sua mamma si soffermasse ad ammirare ogni angolo di quella zona alberata perché ogni tanto dei ricordi, flash, si insinuavano nella sua memoria e mutavano velocemente i suoi stati d’animo; da essere felice tornava malinconica, poi triste, dopo ancora allegra e spensierata che per poco non cominciava a ridere. I ricordi la travolsero. Poteva vedere frammenti del suo passato nel presente e le davano la certezza di come fosse cambiata nel tempo. “Solo i ricordi possono farci capire di aver vissuto pienamente, attimo dopo attimo”, diceva ella.
Incominciò a raccontare della prima volta che provò a cucinare; non aveva solo distrutto la cucina spargendo ingredienti per tutta la stanza, ma aveva più volte rotto utensili e piatti pregiatissimi. Non era mai stata un asso come cuoca e lo era anche ora. Ammirava invece il talento di Azami e provò a ripercorre quella prima volta che lo aveva conosciuto narrando alla ragazza del loro primo incontro. 
Credeva di averlo scordato. Di aver scordato quanto fosse stato perfetto il giorno in cui aveva conosciuto Azami, del suo impacciato, ma allo stesso tempo, tenero comportamento nei suoi confronti. Yumi stava tornando a casa dopo una giornata stressante di lavoro come erede della famiglia Nakiri e chiese all’autista di scendere dalla macchina poiché aveva notato un ragazzo in difficoltà. Era proprio Azami che non trovava la strada per il dormitorio “Stella Polare”. Lei gli offrì subito il suo aiuto, ma non gli disse che apparteneva alla famiglia Nakiri, preferiva almeno per una volta essere solo Yumi. Quelle poche ore che trascorse insieme al ragazzo erano le migliori che avesse mai vissuto prima di allora. Poteva finalmente scrollarsi di dosso il suo nome ed essere una normale studentessa liceale piuttosto che interpretare spesso il ruolo che più le si addiceva, un prodigio. Azami non le chiese nulla, ne il suo nome, ne dove fosse il suo alloggio e le prestò la sua felpa quando il freddo della sera incominciò a farsi pungente. Poteva sembrare una banalità, ma Azami non si era mai comportato così dolcemente con una ragazza e non aveva mai prestato a nessuna la sua giacca, anche Yumi non aveva mai parlato con nessun ragazzo liberamente come con Azami e soprattutto senza scorta. Aveva abbandonato l’auto e il suo autista per aiutare quel ragazzo di cui si sarebbe innamorata qualche anno dopo. Probabilmente era stato un errore innamorarsi di lui, ma ogni qual volta ricordava quei giorni e quei momenti così spensierati con Azami non poteva che affermare una sola cosa; se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel passato, avrebbe lasciato che la storia raccontasse di loro nella stessa identica maniera.
Dopo il racconto, la donna, era ancora là a fissare un punto nel vuoto della natura che la circondava. Immerse i suoi pensieri nei ricordi più recenti e dolorosi, colpevoli di essere stati creati e si voltò verso sua figlia che non smetteva di guardarla negli occhi, per quanto facesse male ad entrambe. Passò teneramente e con lentezza una mano fra i capelli di Erina – Sono stata crudele a lasciarti da sola, non sai quanto mi pento di quella scelta che feci quel giorno. – 
- Di cosa parli? – chiese Erina che sperava delle risposte più convincenti per il suo abbandono.
- Avevi solo quattro anni quando mi raggiunse la notizia che eri diventata un prodigio in campo culinario, ma non tolleravo il fatto che fosse stato tutto merito di Azami. Io non avevo contribuito affatto ai tuoi progressi, a migliorare il tuo genio, io non c’ero per te. Tornai a casa e rivederti fu la mia unica gioia. Azami aveva talento nel mondo culinario, io decisamente no e pensai che la mia presenza poteva solo ostacolare il tuo destino, le tue geniali capacità, per questo ti lasciai ad Azami, lui aveva grandi progetti su di te e sfruttare al meglio le tue doti che io invece non potevo colmare perché ero davvero una frana ai fornelli. Questa decisione è costata a tutti e continuo a farmene una colpa. A causa mia ti è stata preclusa l’infanzia e ogni genere di svago, di fare amicizie, di avere una mamma al tuo fianco. –
- Si, sei stata un’egoista, ma so che lo hai fatto per il tuo lavoro. Perché eri un genio nel settore imprenditoriale, per le industrie della famiglia. Non ti odio, però, mi è difficile capire la tua scelta. Avrei voluto una famiglia normale o almeno unita. Non posso fare finta di nulla, non riesco a perdonarti. – si allontanò da sua madre poco alla volta e si girò di spalle ad ella nella speranza che andasse via e che la lasciasse sola. Voleva ritrovare la sua tranquillità ed elaborare tutto ciò che sua madre le aveva raccontato. 
- Non sono qui solo per legare con te, Erina. –
La ragazza non si mosse di un millimetro, ma ascoltava attentamente ogni parola, non ne poteva fare a meno.
- Ho intenzione di rimediare ai miei sbagli e uno dei tanti è aver lasciato che Azami si impadronisse della scuola e la cambiasse del tutto. La mia rivoluzione andrà avanti con o senza la tua fiducia, tesoro mio. Farei qualsiasi cosa perché questo posto rimanga lo stesso e cercherò di non fallire, di non deluderti ancora. – Yumi era malinconica, non era più la stessa ragazzina che scorrazzava per la Tootsuki e si divertiva con poco, tuttavia le mancava essere così forte e spensierata – Mi dispiace piccola mia. Ci rivedremo presto. – 
Erina, con la coda dell’occhio destro, tristemente, la guardò girarsi e andare via. Poteva ascoltare quella vocina interiore che la esortava a fermare sua madre e provare ad andare d’accordo, ma non si mosse; lasciò tutto quello che la rabbia in quel momento le consigliava di fare. Continuare a disprezzare l’abbandono di Yumi e restare ancora sola. 
L’obiettivo di Yumi era aiutare sua figlia e i suoi amici a lottare per i propri diritti, ad essere liberi di ribellarsi per ciò che non andava bene, ossia la nuova politica del nuovo preside. La felicità di Erina veniva prima di tutto, poteva solo fare questo per lei e avrebbe tentato con ogni mezzo per surclassare Azami, per riportare in auge la Tootsuki come una volta; quando tutti erano liberi di sperimentare la propria idea di gastronomia, perfetta o imperfetta che fosse. La mente di Yumi era occupata principalmente di questo e si avviò a passo spedito verso il castello per ultimare le scartoffie per la grande battaglia culinaria. Soma passò di lì, cercava Erina, e vide la donna che proseguiva verso la direzione opposta alla sua. Ipotizzò che fosse la mamma di Erina, per quanto le assomigliasse e si affrettò a raggiungere l’amica.
Erina era seduta sotto un bell’albero in fiore, c’erano petali sparsi per terra, ma poco importava. Il ragazzo seguì quella scia e si sedette accanto a lei senza chiederle il permesso. Il loro rapporto era così stretto che non aveva più bisogno di superflue parole. Quando avevano bisogno dell’uno o dell’altra era così. 
- Stai bene? – ruppe il silenzio Soma.
- No. – ammise Erina e con le palpebre che volevano chiudersi avvicinò il capo sul tronco dell’albero dietro di lei per poi incontrare lo sguardo del ragazzo che le era vicino – L’hai vista? -
- Sì, quando ti cercavo. Ho capito subito che era tua madre. Avete parlato un po’? –
- Sì, mi ha raccontato qualcosa di sé e del perché mi avesse lasciata sola. Mi domando se sia venuta per legare davvero con me o semplicemente per recuperare la sua adorata Tootsuki. – Erina continuò a parlare di ciò che si erano dette lei e Yumi, mentre Soma da bravo ascoltatore non la interruppe neanche una volta, nemmeno quando aveva saputo del primo incontro tra sua madre e Azami. Intanto cercava le parole giuste per farla sentire meglio, ma non credeva di esserne proprio in grado; lui era bravo in cucina non con le parole, non esattamente.
- Mi ritrovo a pensare che se mio padre non si fosse fatto vivo e non avesse rivoluzionato l’Accademia probabilmente mia madre non si sarebbe mai scomodata a venire qui per me. –
- No, ti sbagli. Almeno, secondo me. Tua madre ti vuole bene, credo che questa situazione sia stata più un pretesto per cercare di arginare le cose e magari farsi vedere sotto una nuova luce da te, vuole aiutarti in questa battaglia e ribellarsi insieme a noi per ripristinare le cose come prima. Già il fatto che ti abbia raccontato del suo passato e abbia cercato di rimediare ai suoi sbagli è un grande passo in avanti. Vuole davvero riavvicinarsi a te, ne sono sicuro, altrimenti non avrebbe neanche sprecato un minuto a parlarne con te e a convincerti che è disposta a cambiare per recuperare il tempo che avete perso. -
Dopo le parole di Soma, Erina sembrava non avere più voce per contrastare il ragazzo. Era forse la prima volta. Sentiva che in quel discorso c’era la verità e pur considerando ancora il dolore che provava quando cominciava a ricordare di non aver avuto vicino una madre per anni, qualcosa le diceva che doveva ascoltare Yukihira e accettare il fatto che le cose e le persone possono cambiare; chi in meglio, chi in peggio, ma che nonostante tutto sua madre ora fosse lì, per legare con lei e aiutarla a recuperare la vecchia Tootsuki.
Soma si era accorto delle perplessità di Erina, dopo il suo sproloquio e cercò subito di rimediare – Scusa, credo di non aver detto le parole giuste, però, tua madre è qui e non dovresti sprecare l’occasione di conoscerla e di passare più tempo con lei piuttosto che farvi la guerra per colpa del passato. – aveva accennato quel suo solito sorriso furbetto sul volto e a Erina venne spontaneo sorridere.
- Non è vero che non sei bravo con le parole. Grazie, Yukihira. –
Soma si sentì sollevato da quel sorriso perfetto; pensò a quelle labbra che sperava di toccare con le sue un’altra volta, magari quando tutto sarebbe tornato al giusto ordine. Non trovò il coraggio neanche per dirle che era rimasto folgorato dalle lasagne che aveva preparato mesi fa e che le aveva letteralmente amate. Poi si ritrovò il volto di Erina appoggiarsi alla sua spalla, lui non si mosse e respirando il suo profumo la prese per mano e restarono così vicini per un po’. Erina aveva bisogno di tranquillità e riposare la mente, avere Soma al suo fianco le dava sicurezza.
Hisako stava per raggiungere il posto dove si erano accoccolati Erina e Soma, ma un tonfo la costrinse a guardare l’accaduto poco più avanti a lei. C’erano i fratelli Aldini uno sopra l’altro schiacciati per terra e poco distanti anche Ikumi e la stalker Sadatsuka Nao. Cosa ci facessero lì, di sera, al buio e insieme era un mistero che Hisako voleva assolutamente comprendere. 
- Che cosa ci fate voi in mezzo agli alberi? – chiese subito spiegazioni la ragazza che magicamente si scordò dei problemi con Akira.
- Non è colpa nostra. Abbiamo visto Sadatsuka Nao spiare Nakiri e Yukihira. – cercò di trattenere il nervosismo di quella situazione Takumi e Ikumi intervenne subito a raccontare che, mentre salivano sull’albero, più basso, per impedire alla stalker di fotografare i due, Isami, salendo anch’egli sul ramo, aveva provocato la caduta in comune con gli altri; facendoli precipitare rovinosamente sul terreno.
Sporchi e doloranti pregarono Hisako di non riferire nulla a Soma ed Erina dell’accaduto o sarebbe stato molto imbarazzante, ma sfortunatamente per loro, i due in questione, avendo sentito quel rumore assordante, videro tutta la scena da lontano e si precipitarono a soccorrere i loro amici che si erano fatti male.
- Non è stato niente, tranquilli. – disse cercando, in modo spavaldo, di essere il più naturale e felice possibile Takumi.
- Si, stiamo tutti bene. – continuò Ikumi, arrossendo per la vergogna come Takumi e ogni tanto si lanciavano occhiate complici.
Sadatsuka Nao invece prese la macchina fotografica per scattare qualche foto ricordo, aggiungendole alle altre milioni che aveva nella sua stanza, di Hisako e di Erina. 
Isami rideva per il comportamento strano di suo fratello e di Ikumi che con la loro gelosia nei confronti di Soma ed Erina si erano cacciati in quel pasticcio, anche se la colpa era tutta sua.
- Isami ti avevo detto di non salire anche tu, vedi cha hai combinato! – lo rimproverò Takumi.
- Dai, non ne fare un dramma, fratellone, e poi grazie a me adesso quei due non sono più così vicini. –
- Isami, ma cosa stai dicendo. Smettila! – Takumi aveva paura che anche gli altri avessero sentito quelle parole, ma ognuno era preso da altro.
Hisako era subito andata incontro ad Erina e Soma, cacciando Sadatsuka Nao dalla sua vista, per capire cosa ci facessero in messo al nulla ed Erina le spiegò ogni cosa. Quando tornarono alla festa dagli altri amici del dormitorio “Stella Polare”, Erina parlò del suo incontro con Yumi e di come fosse stata lei a programmare quella battaglia culinaria che era riportata sul giornale dell’Accademia, alle quale avrebbero partecipato sia i membri della “Centrale”, compresi i migliori dieci, sia tutti coloro che si opponevano ad Azami, ma le regole sarebbero state divulgate in seguito.
La festa, dopo il triste annuncio che preannunciava una lotta intensa e impegnativa che poteva, in caso di perdita, prevedere l’espulsione, proseguì con allegria e spirito che fecero bene anche ad Erina per concludere in meglio quella serata che le aveva portato tristezza e solitudine. Hisako non era di buon umore, neanche quando i ragazzi del dormitorio provarono a far ridere tutti con sketch umoristici o balletti improponibili. Da un lato risentiva della decisione di Hayama e dall’altra percepiva le sensazioni di Erina dopo aver parlato con sua madre, da sola, per la prima volta. 
Erina si avvicinò ad Hisako – Non devi preoccuparti per me. Sto bene, sono solo un po’ stanca. –
- Che impressione ti ha fatto rivederla? Non ci credo che stai bene. – 
- Non voglio accollarti un peso che è solo mio. Tu hai già qualcuno a cui pensare. –
- Ti sbagli. Tu sei molto più importante, perciò puoi parlare di tutto con me. –
- Posso dirti che aveva molto da dire, mia madre. Non credo sia proprio una chiacchierona, ma ha raccontato alcuni suoi ricordi personali e mi ha fatto sentire a mio agio perché, a dirla tutta, ero abbastanza nervosa di vederla. Eppure adesso che ne sto parlando con te, che è passato un po’ di tempo, mi sento meglio. Non ho più rabbia dentro di me, anzi. Credo di aver esagerato con le parole. –
- No, non ti devi sentire in colpa. Tua madre capirà, lo sa che le hai detto certe cose solo perché ti aveva ferita in questi anni. È stato un momento dettato dall’impulso, lei, sono sicura che questo lo capisce. È pur sempre tua madre. –
- Sì, ma io credo di averla offesa. Non so, mi sento un po’ in colpa. –
- Io credo che tu non abbia niente di cui rimproverarti. Piuttosto anche lei ha sbagliato, no? Quindi siete pari, quasi. –
Erina abbraccio d’istinto Hisako – Hai ragione e poi ho ancora tempo per legare con lei. Piuttosto, riguardo il tuo problema sentimentale… -
- Cosa? Adesso lo chiami così? –
- Beh, non sono esperta, però riconosco quanto lui ti piaccia. –
Hisako divenne rossa, ma anche Erina aveva il volto come un pomodoro; affrontare quell’argomento imbarazzava entrambe e ne avrebbero parlato a lungo, di Akira, di Soma, ma furono bruscamente interrotte dal tonfo di Marui che era finito col distruggere una portata di Yuki e quest’ultima lo rincorse per tutto il dormitorio e si perse l’atmosfera e l’intenzione di discorrere d’amore.
L’aria di festa proseguì tutta la notte e se la signora Fumio non li avesse esortati a rientrare per riposarsi un po’, sarebbero rimasti fino all’alba, ed era in progetto davvero, nella mente di alcuni di loro, ma l’indomani dovevano alzarsi presto per le lezioni mattutine e decisero di lasciar perdere l’alba per quel giorno.

Il giorno seguente Erina, spinta dai suoi compagni d’avventura, la sera precedente, si recò a casa sua per dimettersi dal consiglio dei migliori dieci. Aveva timore della reazione di suo padre e allo stesso tempo non aveva voglia di rivederlo dopo quello che era successo a New York, ma nonostante tutto il suo passo era deciso; Hisako era con lei per supportarla. Erina era determinata più che mai a ribellarsi a suo padre, parlare con lui faccia a faccia e liberarsi totalmente delle costrizioni, della gabbia che la teneva ancora legata a lui, per essere libera.
Yumi e Azami erano insieme, nello studio di lui, per decidere le modalità della battaglia ed erano arrivati ad un compromesso. Si sarebbe svolta dopo due settimane; lui avrebbe giocato i suoi migliori studenti, ovvero i dieci eletti ed ella avrebbe schierato i migliori studenti, ribelli, in campo culinario; mettendo in squadra anche i ragazzi cacciati dai loro precedenti seggi, dei migliori dieci, come Kuga e Isshiki. Gli studenti si sarebbero sfidati a coppie e i gruppi da due dovevano essere in tutto cinque per lui ed altrettanti cinque per la squadra di lei. Le coppie potevano essere formate a piacimento, avrebbe vinto la squadra con la coppia rimanente in gara. 
Dopo aver deciso le regole, Erina entrò nella stanza. Non fu sorpresa di vederli insieme, erano lì per affari; lo sapeva bene. 
- Che sorpresa. Non ci vediamo da quando mi hai lasciato, senza spiegazioni, a New York, con tanti clienti insoddisfatti, Erina. –
- Non sono qui per parlare di quello che è accaduto a New York o chiedere scusa per ciò che ho fatto, perché non lo farò, padre. Sono qui per comunicarti che lascio il mio posto di decimo eletto. Mi unisco ai ribelli. –
- Che stai dicendo? Vuoi davvero schierarti dalla fazione sbagliata, Erina? Sappi che se intraprenderai questa strada io non sarò certo clemente nel giudizio, non ti aiuterò neanche se si trattasse di mia figlia. Lo capisci, vero? –
- Lo so, non ho preso questa decisione alla leggera. L’ho fatto perché incominciavo ad essere stufa della gabbia che avevi creato per me. Mi hai tenuta prigioniera per anni e adesso che sono libera dai tuoi condizionamenti non ho più intenzione di seguire i tuoi ideali. Ora che conosco la libertà, non voglio più perderla. Ti dimostrerò che è con essa che noi vinceremo. –
Azami la guardò severo e lo sguardo torvo non approvava la decisione libera e pura di sua figlia che lo stava abbandonando, che avrebbe cercato di distruggere i suoi piani, ma sentiva di non poterla costringere se fosse stata davvero lei a volere tutto questo.
- Allora preparati, perché la guerra inizierà molto presto, ma credo piuttosto che sarò io a vincere. –
- A dire il vero, sono certa che Erina e i suoi amici ti daranno filo da torcere. Perché si sa, quanto più cadi in fondo tanto più ti rialzi e finisci per vincere. – si contrappose, Yumi, al litigio padre – figlia.
Azami non rispose alla provocazione, vide Yumi ed Erina, poi, uscire dal suo studio con il volto distrutto dalla rabbia e i pugni, sul tavolo, serrati.
- Erina, aspetta! – la chiamò Yumi che vedeva sua figlia uscire dal castello per raggiungere Hisako; la ragazza si fermò e volse il suo sguardo nella sua direzione.
- Ho qui una lista di cuochi da tutto il mondo, non sono molti, ma li ho chiamati per aiutare te e i tuoi compagni di scuola a prepararvi per la sfida. –
Erina guardò con stupore e con gioia quella lista, in effetti poteva essere molto d’aiuto per alcuni dei ribelli.
- Sei stata coraggiosa a ribellarti a tuo padre. Hai fatto bene, tesoro. –
- Dovevo farlo per i miei amici, non voglio deluderli. –
- Lo capisco ed è per questo che sono fiera di te. –
Erina la fissò un attimo e col sorriso rispose “Grazie”, dopo tornò dall’amica che la stava aspettando all’ingresso e mentre uscivano dalla reggia incontrarono Alice e Ryou appena arrivati. Inutile dirvi che Alice andò subito incontro ad Erina per abbracciarla e chiedere degli ultimi gossip che giravano per l’Accademia, così Hisako ed Erina raccontarono ogni cosa.
Le lezioni della scuola erano cambiate drasticamente e prevedevano istruttori e maestri selezionati esclusivamente dal preside Azami che controllava con il suo simbolo “Central” ogni azione ribelle nei confronti della sua riforma. I ribelli si trovarono, infatti, “in gabbia” fin da subito, impediti di sperimentare liberamente le loro qualità e capacità in cucina; un risveglio per nulla confortante che li accompagnò per qualche settimana prima della sfida.
Rindou si aggirava tra le classi in cerca di Eishi e lo trovò, infatti, che insegnava in un’aula gremita di studenti pronti a ricevere i suoi insegnamenti perfetti e per nulla criticabili. Questi pendevano letteralmente dalla sue labbra e le ragazze, in particolare, ne erano affascinate, per quanto raffinato, elegante e bello fosse, quando cucinava specialmente, il primo degli eletti della “Centrale” istituita da Azami.
Rindou non era contenta di quello che stava diventando Tsukasa, poteva vedere l’oscurità che piano piano consumava quel ragazzo e se avesse continuato in quella maniera probabilmente lo avrebbe perso per sempre. L’assalì quel ricordo di un anno fa. Uno dei più dolorosi.
Eishi a quel tempo, dopo aver incominciato a vedere regolarmente Azami, all’estero, non faceva che parlare di come si sentiva bene e delle loro straordinarie conversazioni, piene di insegnamenti, di come finalmente 
si sentiva fiero della sua cucina, di come avrebbe potuto, grazie ad Azami, migliorare ulteriormente le sue capacità. Rindou si sentiva messa da parte, invisibile a tratti, oscurata dall’intelligenza e dall’influenza che quell’uomo esercitava su Eishi e non lo sopportava. Stava vanificando tutto ciò che lei aveva in mente di costruire per il suo amico; avvicinarlo poco a poco a sperimentare e scoprire i suoi sentimenti nascosti e la sua passione per la cucina per renderlo una persona migliore, più umana e vincente. Lo avrebbe supportato in tutto e sarebbe migliorata insieme a lui. Avrebbero cercato insieme la vera essenza gastronomica. Invece no. Rindou veniva schiacciata dalla bravura di un uomo che neanche conosceva bene, che preferiva non rivedere; poi arrivò il giorno in cui lo stesso Eishi arrivò a parlare come Azami e questo non poteva tollerarlo. Provò quindi a farlo desistere dal seguire i precetti di quell’uomo subdolo che aveva solo intenzione di usare Eishi per i suoi scopi personali, che non avevano nulla di buono, piuttosto che aiutarlo a capire se stesso.
- Rindou, non hai idea di quanto mi faccia bene parlare con il signor Azami. È pieno di idee, di talento, d’intelligenza. Sto imparando davvero molto, grazie a lui. Lo sai, ha un’idea di gastronomia davvero affascinante, innovativa, unica! –
- Mi sembri davvero eccitato all’idea! Di cosa si tratta? – provò ad essere interessata Rindou per mascherare la sua disapprovazione.
- Vorrebbe eliminare tutti quei piatti che non sono degni di essere mangiati, ovvero ciò che non è vera gastronomia e aiutare i cuochi di tutto il Giappone, e forse estenderlo anche all’estero, a diventare veri chef stellari, che non commettano errori in cucina. Probabilmente chiudendo tutti quei locali che non servono altro che cucina scadente e immangiabile per crearne invece di nuovi; supportati da cuochi che sappiano distinguere il vero cibo, la perfezione culinaria da quella imperfetta e tipica della gente comune. –
- Che progetto ambizioso e direi anche un po’ egoista da parte sua, non credi? Poi, mi spieghi come potrebbe mai decidere cosa sia più buono rispetto ad un altro in modo giusto e oggettivo? –
- il progetto è ambizioso, ma non irrealizzabile. Sua figlia, il palato divino, potrà giudicare ciò che è buono o no. Non è egoista quello che vuole realizzare il signor Azami, lui sa ciò che è giusto per questo ambiente, se fossi stata con me in quegli incontri probabilmente lo avresti apprezzato anche tu. –
Rindou era seria, faceva fatica a capire quel discorso sconnesso di Eishi, quasi non lo riconosceva più o forse era sempre stato così, ma fino a quel momento non lo aveva compreso.
- Non capisci? – continuava entusiasta, il ragazzo – Grazie alle idee di Azami potremo cambiare il futuro, rivoluzionare e innovare la gastronomia di tutto il mondo e noi saremo il centro di tutto questo. La Tootsuki che prepara cuochi di alto livello. Chiunque potrà arrivare ai nostri talenti o comunque avvicinarsi. – indicava sia lui che Rindou, quando diceva “noi”, perché Eishi riconosceva la bravura della sua amica, proprio come la vedeva lo stesso Azami, insomma un’altra pedina utile per forgiare cuochi perfetti e cucina di alto livello – Rindou, dobbiamo solo affidarci a lui e troveremo il vero segreto della gastronomia in pochissimo tempo. –
- Non lo so, credevo che il nostro obiettivo, il nostro sogno, fosse quello di arrivare insieme, solo tu ed io, alla verità. Abbiamo raggiunto con successo il nostro primo obiettivo, quello di arrivare ad occupare il primo ed il secondo seggio, no? Perché adesso vuoi seguire quest’altro piano? Perché stai rovinando il nostro sogno? Possiamo farcela anche senza di quell’uomo, ne sono certa, ma devi lasciare l’idea di Azami. –
- Non ti capisco, davvero, Rindou. Forse il nostro piano sta cambiando per me, ma non è poi così diverso da quello iniziale, l’importante è arrivare all’obiettivo, non contano i mezzi, giusto? E poi ho bisogno dell’aiuto di Azami, io mi sentivo perso, sconsolato, stavo male quando le persone che giudicavano i miei piatti li giudicavano perché fossi il primo seggio dei migliori dieci della Tootsuki. Sinceramente voglio qualcuno che mi ascolti, che provi a migliorarmi per ottenere e raggiungere quello che desidero e mi piacerebbe che tu fossi con me. Siamo arrivati sino qui insieme, perché tirarti indietro adesso? Possiamo ancora raggiungere la vetta più alta di quella che abbiamo adesso, insieme. Come ci eravamo promessi di fare all’inizio. Devo sapere cosa vuoi. Sei con me oppure no? –
Eishi non voleva saperne di cambiare idea, ormai Azami lo aveva rapito del tutto e l’oscurità cominciava ad insinuarsi in lui. Stava diventando una marionetta nelle mani di un uomo senza scrupoli e non riusciva ad accorgersene, non voleva ascoltare nemmeno la sua più cara amica, ma ella sapeva che Tsukasa avrebbe fatto di testa sua, che non l’avrebbe mai ascoltata, che anche senza il suo aiuto sarebbe andato avanti; avrebbe seguito la politica di Azami anche senza lei. Lo percepiva dai suoi occhi spenti e freddi, trasparenti come vetro da cui si poteva vedere quanta devozione insana avessero catturato.
Rindou indugiò ancora a quella richiesta. Voleva davvero rischiare la sua carriera e il suo futuro per andare incontro alle follie di Eishi? Poteva davvero seguire qualcosa in cui non poteva credere? Ma non poteva perderlo, non voleva, non così senza neanche aver provato l’impossibile.
- D’accordo, sono con te. –
- Come mai hai cambiato idea in fretta, mi sembrava che non avessi fiducia in Azami e incominciavo a pensare che non ne avessi neanche in me dopo tutto il tempo passato insieme. Credevo che avremmo dovuto discuterne ancora. –
Ella fu spiazzata da quelle parole, aveva forse sbagliato? No, non aveva sbagliato. Continuare a litigare l’avrebbe solo tormentata, l’avrebbe solo fatta sentire peggio, sarebbe stata male se avesse continuato a trovare delle scuse per convincere Eishi ad abbandonare le sue convinzioni per sentirsi dire che stava sbagliando e che avrebbe continuato imperterrito nella sua direzione anche senza il suo aiuto; che sarebbe stata messa fuori dai giochi, che probabilmente non sarebbero più stati così uniti e insieme come una volta e sì, sarebbe cambiato tutto di sicuro accettando di collaborare a quel folle piano, ma almeno sarebbero stati ancora uniti. 
- Ci ho riflettuto bene, davvero! Insomma credo che in fondo potrebbe essere una cosa divertente, ma soprattutto eccitante! Sono con te, sul serio! – cercò di convincere Eishi, nel modo più sereno possibile. In realtà aveva già pensato a qualcosa, Yukihira Soma, il ragazzo da cui non ci si aspetta chissà cosa, ma che in realtà poteva dare uno scossone alla mentalità rigida e fredda di Eishi. Solo da lui poteva aspettarsi un cambiamento positivo in Tsukasa, ciò che purtroppo non era riuscita lei a fare. Era davvero amareggiata per non essere stata in grado di aiutare Eishi, di non avere avuto la forza e la bravura necessarie per riportarlo alla ragione; eppure qualcosa dentro di lei, nella sua testa, le diceva di non forzare la decisione di Tsukasa, di essergli vicino invece, di aiutarlo perché vedeva Eishi più felice, più sereno e pimpante come non lo aveva mai visto ultimamente. 
- Sul serio? Sono davvero felice che tu abbia capito. Avanzeremo insieme verso questa rotta, non te ne pentirai, vedrai! – era contento l’albino.
“Lo spero davvero, di non pentirmi della decisione che ho preso, Eishi”, pensò tra sé la ragazza; tornata alla realtà e fissando ancora i movimenti precisi di Tsukasa e le sue labbra formarono un sorriso per qualche secondo “Mi domando ancora, che cosa succedeva in te, che cosa sentiva il tuo cuore, mentre io cominciavo ad innamorarmi di te, Eishi”; dopo tornò seria, voleva a tutti i costi proteggere i suoi sogni e quelli di Tsukasa che albergavano nella parte più profonda di lui.
Kuga percorreva lo stesso corridoio dove Rindou si era fermata, si stava affrettando ad andare nella sua dimora per sperimentare un nuovo piatto super piccante da usare in occasioni speciali e si fermò bruscamente nel vedere il secondo seggio con un’espressione tutt’altro che allegra, pareva essere caduta improvvisamente in uno stato di trance e depressione; perciò le si avvicinò cautamente - E’ davvero strano vedere Eishi che parla tranquillamente ad un gruppo di persone, non è vero? No, aspetta in realtà è plausibile visto che la cucina è il discorso che più gli riesce meglio senza essere nervoso. – 
Colta alla sprovvista la ragazza per poco non cacciò un urlo, ma, fortunatamente per lei, si trattenne – Mi hai spaventata Kuga! Che modi sono questi di usare sulla tua senpai! Uffa! – rispose di rimando.
- Scusa, scusa. Dovevi vedere com’eri pensierosa! Era solo uno scherzo, calmati. – 
- Ok, ok. Perdonato. –
I due si allontanarono subito dalla stanza dove faceva lezione il primo seggio e Kuga non risparmiò alla rossa altri commenti su Tsukasa, sembrava essere diventato un angelo fastidioso che ricordava a Rindou 
di quello in cui si erano cacciati sotto suo personale consiglio.
- Abbiamo davvero fatto la cosa giusta? Aderire al progetto del nuovo preside? Insomma, potrebbe anche andare tutto storto. –
Rindou si fece nuovamente seria.
- Ormai io sono fuori dai giochi, che altro potrei fare? Avevi detto che avresti avuto il piano perfetto per cambiare Tsukasa e al momento vedo solo che ti stai lasciando usare dalla “Centrale”. –
- Non importa cosa faccia io o come mi usino. Tutto questo è ciò che dobbiamo continuare a sopportare per il suo bene. Per aiutare Eishi a scrollarsi quell’uomo folle che gli riempie la testa di stupidaggini e non posso agire da sola, ho bisogno di te e degli altri. Te lo dico ancora. Sei disposto a rischiare come me, per lui, Kuga? –
Kuga non era certo di poter fare molto, ma la determinazione della sua senpai lo motivava sempre, come una sorella maggiore alla quale dare ascolto nelle situazioni difficili. Doveva trovare il modo di aiutare Eishi a cercare la sua umanità ed eliminare le oppressioni di Azami.
- Sono con te, anche se al momento sono a corto di idee ora che sono fuori dai migliori dieci. –
- Tranquillo, sono sicura che non saremo da soli. I ribelli ci daranno una mano. Saranno loro la nostra carta vincente. L’ho percepito subito in quel ragazzo, Yukihira, sarà lui a trovare una soluzione e senza che glielo chiediamo. –
- In effetti lui è proprio il contrario di Eishi, soprattutto nella cucina. –
- Esatto, mi è piaciuto sin dall’inizio. Quella sua sfrontata determinazione ad ottenere la vetta di questa Accademia senza davvero conoscere gli ostacoli che avrebbe dovuto superare prima, mi ha davvero colpita. L’ho trovato subito motivato, proprio come quando ho conosciuto te, Kuga. –
- Aspetta, adesso stai cercando di paragonarmi a quel Yukihira? –
- Non te la prendere, secondo me è anche un complimento. Ahahah, sono sicura che avremo un’occasione per rimediare a tutto, anche a questo pasticcio in cui ci siamo messi in trappola. –
- Se lo dici tu. –
- Piuttosto ti chiedo un favore, se i ribelli avranno bisogno di aiuto… -
- Si, si ho capito. Li aiuterò come posso. – il ragazzo finì la frase di Rindou e lei sfoggiò un enorme sorriso e incominciò ad abbracciarlo e punzecchiarlo in tutti i modi, tanto che il ragazzo cercava di divincolarsi dalla sua presa senza molte possibilità – Smettila! – continuava a imprecare.
Rindou aveva ritrovato il buonumore, una speranza c’era ancora e si chiamava Yukihira Soma.

Passarono più di due settimane e il giorno della prima battaglia si faceva attendere con impazienza, soprattutto per Soma gasatissimo di entrare in scena, idem per Takumi; quasi facessero una gara.
Le squadre furono divise, per i migliori dieci, Nene e Saito, Momo ed Eizan, Tsukasa e Rindou, Hayama e un altro ragazzo del secondo anno, più un'altra coppia di studenti promettenti del terzo anno, che favorivano, allo stremo, la “Centrale”. Per il gruppo dei ribelli invece c’erano Hisako e Kuga, poiché entrambi conoscevano le spezie molto bene, Megumi e Isshiki, per la lavorazione di piatti a base di pesce, Takumi e Mimasaka, Ikumi e l’ex terzo seggio Megishima e infine Erina e Soma, su consiglio di Joichirou che era arrivato a dare una mano a suo figlio per combattere quella faida che Azami, per colpa sua, aveva cominciato. Joichirou aveva già assaggiato un piatto che comprendeva le capacità sia di Soma che di Erina, per questo voleva i due insieme; perché i loro piatti si completano a vicenda. Credeva che avrebbero potuto creare un mix di gusto fenomenale. 
Alice avrebbe voluto partecipare, ma lei e Ryou non erano proprio adatti a fare squadra con altri cuochi; così rimasero come riserve. 
La battaglia si svolse a Hokkaido, mentre il resto degli studenti, facenti parte delle disposizioni del nuovo preside, svolgevano in contemporanea gli esami di routine.
Rindou non avrebbe ceduto tanto facilmente il suo secondo seggio che aveva tanto desiderato e faticato per avere, insieme a Tsukasa, perciò avrebbe dato tutto se stessa per affrontare i suoi avversari e quest’ultimi dovevano a loro volta dare tutto loro stessi per conquistare il suo posto nei migliori dieci. Se avesse perso, almeno avrebbe combattuto lealmente e con tutta la forza che poteva avere in corpo. lo doveva a se stessa, tuttavia il piano doveva proseguire; se la liberazione di Eishi significava la perdita del suo seggio l’avrebbe fatto e la sua preoccupazione, che tra i giudici ci fosse anche Azami con le sue idee malsane, aumentava.
HIsako voleva assolutamente la rivincita contro Akira e grazie alle abilità della cucina di Kuga riuscì a giudicarsi il primo punto per i ribelli, Erina ne fu orgogliosa, ma non troppo fortunati furono Takumi e Mimasaka contro Momo ed Eizan. Vinsero, infatti, quest’ultimi.
Anche Ikumi e Megishima trovarono avversari tanto forti da ostacolarli, il problema sorgeva soprattutto nel gioco di squadra che non era perfetto, quindi il punto andò ancora a favore della Centrale.
Isshiki e Megumi, tuttavia, riuscirono a fronteggiare al meglio Nene e Saito che, per scarsa compatibilità, persero.
Quando arrivò il turno di Erina e Soma, ella vide sua madre tra il pubblico. Se non fosse stato per il cognome della famiglia Nakiri che li univa, lei, sua madre e Azami non sembravano una famiglia; anzi non avevano neanche motivo di esserlo in quella circostanza. Erina poteva essere considerata facilmente un’orfana per quanto poteva constatare, nella sua vita, in quegli ultimi anni. Sua madre l’aveva lasciata per la carriera e Azami era stato la causa per la quale Erina era diventata insensibile e fredda nell’animo, anche nei confronti della cucina che amava.
Cacciò quei pensieri negativi dalla mente che le offuscavano la battaglia mentre Soma, concentratissimo dall’inizio, scalpitava per cominciare a cucinare. Voleva battere il primo seggio, eppure dopo tante discussioni con la sua partner avrebbe solo fatto la parte, quasi, da assistente; però le sue idee portarono alla creazione di un piatto che nemmeno Erina avrebbe potuto mai immaginare di realizzare in tutta la sua vita. Un piatto che mescolava le loro diversità culinarie, ma allo stesso modo trovava l’equilibrio di un gusto unico che puntava dritto alla vittoria, che arrivava a colpire nel profondo le papille gustative di ogni giudice in sala. Azami fu sopraffatto da quel perfetto mix, ma il suo piano era troppo ambizioso per essere distrutto facilmente da sua figlia. In fondo lo sapeva, sì, lo sapeva che Erina avrebbe sfruttato le sue meravigliose capacità per vincere in sicurezza e con eleganza, però, la sua ribellione non poteva tollerarla. Lo aveva abbandonato per unirsi con i ribelli e aveva vanificato i suoi ideali, non trovava il coraggio di ammettere che fosse stato sconfitto. Era in tempo per trovare un’altra soluzione, per falsificare il suo giudizio, ma sia il suo cuore che la parte più inconscia della sua mente desideravano la vittoria di sua figlia e gridavano quanto sensazionale e buona fosse quella pietanza appena degustata. Anche il suo orgoglio non ammetteva un giudizio contrario a quello che effettivamente sentiva di dover pronunciare.
Erina e Soma, dunque vinsero a pieni voti ed Eishi come Rindou dovettero farsene una ragione. Avevano perso i posti come primo e secondo seggio dei migliori dieci, ma fu come se si fossero tolti un peso più grande di loro che gravava sulle spalle e si gettarono a terra molto più leggeri di prima a posare l’ascia di guerra e riposare per la fatica; schiacciati dalla sconfitta.
Tsukasa uscì dall’arena lasciandosi alle spalle le urla e i pianti di gioia dei ribelli che sovraeccitati scatenarono un caos. Lui si sentiva un perdente, aveva perso contro dei primini, seppur molto capaci, non aveva ancora lasciato perdere l’idea di raggiungere la vera gastronomia e se all’inizio della fine aveva creduto di essere ad un passo da questa ora non ne aveva più la certezza. Si era affidato ad Azami e in  un certo senso si sentiva deluso e triste per essersi affiancato a lui. Quegli ideali erano stati buttati giù e anche lui poteva definirsi approdato sul fondo di profondissimo abisso che non lo conduceva da nessuna parte. La vera gastronomia? Da dove l’avrebbe appresa? Come avrebbe fatto a trovarla in sé? Doveva ricominciare daccapo e no, non ne aveva le forze. Rindou uscì dopo Eishi e lo ritrovò attaccato, sembrava una calamita, al muro di un'altra stanza, era amareggiato ed ella poteva solo immaginare cosa sentisse davvero in quel momento. Nonostante tutto con aria spavalda diede una pacca forte sulla spalla del suo amico per tirarlo su di morale e lui reagì poco con un rantolo strozzato – Su con la vita! Abbiamo perso questa battaglia, ma non è la fine del mondo. Possiamo ancora riprenderci i nostri posti! –
- No. – intervenne sconsolato Eishi, riprendendosi dalla tristezza e dal dolore della pacca di Rindou. – Non faremo assolutamente niente. Tutto quello in cui credevo si è rivelato per metà falso, quindi imperfetto e questo lo detesto. Ho perso perché credevo di essere già ad un passo dalla perfezione gastronomica, invece, mi sembra di aver fatto innumerevoli passi indietro. Voglio solo… -
- Riacquistare fiducia nella tua cucina? – finì per lui, la ragazza, che scivolò accanto a lui di spalle al muro.
Eishi si sorprese per come lei riusciva a capirlo così bene – Già – poté, solo, dire. Ricordò come Rindou si era opposta a quella rivoluzione e di come lui egoisticamente l’avesse convinta a seguire i suoi, anzi, gli ideali di Azami.
- Mi dispiace tanto. Dovevo ascoltarti. –
- No, hai fatto ciò che ritenevi giusto e poi non ti avrei mai abbandonato. In compenso, ti confesso che mi sono divertita molto. Anche adesso sono felice. –
- Sei felice? Hai perso anche tu, il tuo seggio. Ed è ancora colpa mia, se fossi stato più bravo non sarebbe successo nulla. –
- Sono felice perché la cucina più libera che ha forgiato Yukihira Soma insieme a quel genio di Nakiri abbia scalfitto la tua idea di cucina oggettivamente perfetta. Devi provare anche tu ad essere più libero dalle tue convinzioni e creare la tua vera idea di cucina gastronomica. Io continuerò a supportarti se proseguirai su questa strada. –
- Che cosa vorresti dire? – disse Tsukasa, voltandosi improvvisamente nella sua direzione.
- Se tornerai da quell’uomo io non ci sarò. Non posso sostenere le sue idee e non sopporterei di vederti manipolato ancora da uno come lui. –
Ci fu una breve pausa dove nessuno dei due voleva ammettere nulla.
Poi Rindou guardandolo negli occhi proseguì – Voglio assaggiare un piatto che contenga la tua passione, i tuoi sentimenti più nascosti; non mi basta più il tuo lato indifferente e distaccato. – l’espressione seria, di ella, si tramutò in un sorriso che ad Eishi sembrò dolcissimo – Non te l’avevo già detto? – 
Quel discorso accese d’emozione il cuore di Eishi che aveva da tempo chiuso, bloccato, imprigionato ogni forma di sentimento d’amore perché poteva ostacolare la forma perfetta dei suoi piatti, ma proprio quello sbaglio gli aveva precluso la possibilità di arrivare prima all’essenza della verità che tanto bramava. Sorrise anche lui. Portò la sua mano destra in direzione del volto della ragazza e le accarezzò una guancia con dolcezza – Non tornerò da Azami se significasse perderti. – gli occhi erano fissi su quelli d’oro della ragazza di cui aveva preso una bella sbandata dalle medie. Rindou non era abituata a quel contatto gentile e tenero del ragazzo, ma era piacevole provarlo per la prima volta e si ritrovò di colpo ad accoccolarsi sul petto di Tsukasa, come fosse una magia calda e miracolosa che si spandeva per tutto il corpo e non ne poteva fare a meno.
- Scusami per averlo capito solo ora. Ti amo anch’io, Rindou. - 
Ella si fece stringere di più da Eishi, dopo aver ascoltato le parole che voleva sentire da tempo e avrebbe atteso con impazienza il giorno in cui le avrebbe preparato un piatto appassionato solo per lei.

Tra la confusione della vittoria e le grida dei loro amici Soma ed Erina trovarono un varco per scappare da tutti quegli abbracci soffocanti che stavano cominciando ad essere pesanti, non appena soli ripresero fiato.
- Ce l’abbiamo fatta, no? Non sembra vero. – era euforico Yukihira.
- Già, abbiamo vinto. Insieme. – concordò, serena, Erina.
I due si sorrisero a vicenda teneramente.
- Senza la mia idea non avresti fatto quel piatto, quindi penso di meritarmi il primo seggio, giusto? – provò a contrattare Soma, mentre la ragazza si infastidì non poco.
- Non credo proprio. Non siamo noi a decidere che posti ci spettano e non si può stabilire con certezza i posti da assegnare così su due piedi. – lo rimproverò – Inoltre sono stata io ad aver reso perfetto quel piatto. –
- Ehi, non litigate! Abbiamo vinto, dovete solo concentrarvi sulla festa che io e gli altri abbiamo preparato per voi. Io Joichirou in persona, Gin e altri ex studenti di questa Accademia prepareremo un banchetto speciale per la vostra vittoria. Comunque figliolo, Erina ha perfettamente ragione. Non sarete voi a stabilire i posti per i migliori dieci e non sarà possibile decretarlo subito, immagino. Quindi godetevi senza pensieri questa giornata e basta. –
La festa sarebbe continuata una volta tornati tutti alla Tootsuki, un grande banchetto per tutti, vincitori e vinti. In più nessuno avrebbe lasciato la scuola, ma la politica della “Centrale” era stata abolita del tutto.
Era stata riconsegnata la libertà a tutti e gli ex migliori dieci avrebbero potuto continuare a frequentare l’Accademia senza problemi. Senzaemon non voleva tornare preside, ma tutto era ancora da decidere. Quella giornata doveva solo era di svago per tutti, nessuno sarebbe stato escluso.
Erina non partecipò alla festa, si recò nel luogo dove precedentemente aveva conversato con sua madre. Si illudeva che fosse cambiato qualcosa per la sua famiglia. Sperava in un certo modo di parlare ancora con lei e alla festa non c’era; per questo non rimase.
La luna piena era favolosa e le stelle attorno formavano una luce pallida e splendente. Un ottimo posto per riflettere, ma soprattutto romantico per Soma che al posto di andare ad una certa festa aveva preferito fare anch’egli una passeggiata al chiaro di luna. Il caso li aveva uniti ancora una volta e lui non sprecò l’occasione. Entrambi erano super eleganti ed Erina sembrava più bella del solito col suo abito azzurro, i capelli trattenuti da un elastico e le scarpette bianche. Non poteva affermarlo con certezza eppure il ragazzo pareva di vedere il colore della pelle di ella splendere di quella pallida luce. Lei si accorse di lui solo quando Yukihira pestò una foglia caduca. Forse era anche colorata, ma non ci fece caso. Erina gli sorrise brevemente – Che ci fai qui? –
- Avevo voglia di fare quattro passi. Tu piuttosto. –
- È buffo, sai. Speravo di rivedere da queste parti mia madre, la stavo aspettando, proprio io. Proprio io che non facevo altro che allontanarla da me, ogni volta. –
Soma le andò incontro e la abbracciò, la strinse forte e lei ricambiò; avvolse le sue braccia attorno alla vita del ragazzo. Gli occhi umidi di lei incontrarono quelli di lui, vivaci come oro nella poca illuminazione dei corpi celesti che dall’alto brillavano per loro. I loro visi erano distanti millimetri e nessuno dei due si faceva più avanti. L’emozione di stare così stretti, così vicini da poter sentire i loro reciproci respiri era troppo forte da gestire e insieme scoppiarono a ridere, ma nessuno dei due lasciava la stretta. Si guardarono ancora negli occhi e lentamente le labbra di ciascuno si unirono nella danza più dolce che avessero mai provato. 
Continuarono a scambiarsi baci a tratti lunghi a tratti brevi, provavano a lasciarsi, ma era tutto inutile. Desideravano quelle coccole, quei baci e le carezze, gli sguardi fugaci che si mandavano tra un bacio e un altro; non potevano farne a meno. 
- Questa volta sei stata tu a completare il piatto, ma non scordare che io completai quella tua ricetta a New York, ricordi? – disse Soma senza smettere di staccarsi da quell’abbraccio intimo.
- Certo che me lo ricordo, siamo un’ottima squadra noi due, vero? –
- Verissimo. – 
Sorrisero, di nuovo, entrambi. Non avevano molta voglia di andare al "party della vittoria"; era così che gli amici del dormitorio “Stella polare” l’avevano chiamato.
Nello stesso momento, Hisako, alla festa, cercava disperatamente Erina e s’imbatté in Akira che la guardò divertito – Stai cercando la tua signora? Non è un po’ troppo presto per cominciare a preoccuparsi della sua assenza? –
Nella sala dovevano ancora arrivare tantissime persone, Hayama aveva ragione, eppure Hisako si preoccupava sempre troppo. Forse era diventata paranoica senza saperlo. Akira le porse la sua mano e la ragazza lo guardò strano.
- Vieni con me. Ti porto in un posto. –
- Cosa? Perché? Tra poco inizia la festa ed è per noi ribelli specialmente, lo so che per te non è importante, ma sono sicura che la signorina Erina verrà e se non mi trovasse potrebbe preoccuparsi o peggio. –
- Adesso stai veramente esagerando, per una volta vuoi pensare a te! – fu un po’ duro il ragazzo, ma grazie a quelle parole l’ansia per la sua signora si arrestò e guardò con occhi diversi Akira.
- D’accordo. – disse senza pensarci Hisako e prese la mano del ragazzo su cui tutte le altre studentesse presenti nella sala avevano gettato gli occhi.
I due perciò si allontanarono in moto con la sera a fare da sfondo.
Arrivarono al luogo dove si erano imbattuti per la prima volta tempo fa, a quel tempio nel verde, silenzioso, isolato e sorprendentemente magico e luminoso. Akira aveva portato, precedentemente, lì delle candeline e con un accendino, fortuna che non piovesse, ne accese una ventina per avere l’atmosfera più romantica che poteva.
Hisako pareva morire di fronte a quello spettacolo di luci e ombre che si posavano su di loro ed era diventata rossa per l’imbarazzo di quel momento.
- Ti piace? Non avevo altre idee, così… -
- È perfetto. Sul serio. – cercò di sorridere e di non sembrare più nervosa di quello che poteva apparire.
- Ok. – Akira era preoccupato di aver sbagliato qualcosa, aveva esagerato con le candele, lo sentiva quindi convenne che forse era meglio spegnerle. Così lo fece sul serio, ma Hisako lo fermò.
- Che stai facendo? È perfetto così com’è, non devi spegnere nulla. – cercò di tornare il più razionale possibile con la testa, per lui – Sono solo stata colta alla sprovvista e ammetto di essere un po’ nervosa, ma mi piace quello che hai fatto. Riguardo alle candele, s’intende. –
Akira rise, adesso erano in due in imbarazzo e lui non poteva farci niente.
Si sedettero entrambi sugli scalini e le file delle candele erano percepite più vicine del previsto ed emanavano un bel tepore.
Erano abbastanza vicini che forse un centimetro sarebbe risultato inutile a misurare quella circostanza.
- Sei riuscita a battermi e volevo complimentarmi con te. –
- Ah sì, perché allora le candele? – aveva il sorriso sulle labbra, la ragazza.
- Mi hai beccato. –
- Adesso tornerà tutto alla normalità. – proseguì Hisako.
- Così credo. –
- E tu che farai? –
- In che senso? –
- Facevi parte dei migliori dieci, grazie alla “Centrale” e se non sbaglio hai sempre puntato in alto, ma ora non hai molte possibilità. –
- Non mi interessa più, come non mi importano più altre cose. –
Hisako ne voleva sapere di più, avrebbe indagato se fosse stato necessario, lei era fatta così e poi si trattava di Akira. Era davvero bello, col suo smoking bianco, e le aveva dimostrato tante volte che teneva a lei, ma non sapeva davvero che cosa voleva.
- Sei curiosa? –
- Cosa? – aveva la testa fra le nuvole, ma sapeva a cosa si riferiva - Solo se vuoi raccontarlo. –
- Jun è stata la prima persona che ha riconosciuto qualche valore in me e che mi ha dato un tetto sopra la testa, una casa, perfino dei giocattoli quando non ne avevo bisogno. Era folle e sbadata alcune volte, ma sapevo di poter sempre contare su di lei perciò dovevo ripagarla per quello che mi aveva dato. Per questo mi sono unito alla follia di Azami, per proteggerla. –
- Insomma, avevi una sorta di cotta per la tua mamma adottiva. – disse lei, convinta.
- Che? Come fai a saperlo. – era stupito l’altro.
- Intuito e ho studiato un po’ di psicologia. L’ho capito da subito, direi che è piuttosto normale. –
- Anche il fatto di averla amata fino a questa età? –
Hisako e Hayama si guardarono profondamente e poi la ragazza rise – Non ti giudico, sul serio, ma sei sicuro di non aver confuso i sentimenti romantici da quelli amorevoli che di solito si hanno verso una madre? Anch’io avevo creduto di amare mio padre fino ad una certa età infantile, ma dopo ho capito che era solo amore familiare, tutto qui. –
- Non prendermi in giro. –
- Non lo sto facendo, sono solo considerazioni. –
Tornò nuovamente il silenzio imbarazzante dell’inizio, ma stranamente ci erano abituati e il nervosismo era passato.
- Allora, si può sapere, a parte le varie confessioni, perché mi hai portato qui? –
- Lo riconosci questo posto? –
Hisako si guardò attorno e il flashback le arrivò subito alla memoria – Sì e credimi non è uno dei miei preferiti. –
- Però è dove ci siamo incontrati davvero. Non credi che possa essere una specie di rifugio per noi? –
- Aspetta, parla per te. Non ci vengo qui da quel giorno. –
- Io invece mi ci sono imbattuto di recente e mi ha ricordato te. – mentre disse queste parole Hisako voleva sprofondare per quanto fredda e insensibile si stava mostrando verso di lui, mentre Akira era stato così perfetto fino ad ora.
- Sono stato bene. – continuò lui – Mi ha dato il coraggio per affrontare la battaglia e mi ha fatto vedere più chiaramente ciò che non volevo vedere. –
- Ma dai? - riuscì a proferire Hisako.
- Già. – la guardò divertito.
- Che c’è? Faccio così ridere? –
- No, solo, mi sento bene in tua compagnia. Ora so qual è la persona che mi piace più di ogni altra. – la guardò ancora con quello sguardo tenero e i suoi occhi verdi si posavano ora sui capelli, ora sugli occhi color rubino, ora sulle sue labbra rosee. Provò a baciarla e nonostante lei avesse il cuore in subbuglio e il calore di Akira sul suo volto che le appannavano la vista, spostò la testa di lato. Non capiva il suo comportamento nemmeno lei stessa, sapeva che la ragazza, in questione, che piaceva ad Hayama era proprio lei e Hisako credeva di desiderare molto più di lui quel bacio eppure l’aveva respinto. Doveva essere proprio un’idiota.
- Forse non ti piaccio. – azzardò Akira.
- No, non è per quello. Non lo so. – ammise con un po’ di agitazione.
- Sei solo molto nervosa. – le prese entrambe le mani – Calmati, respira. –
Hisako ascoltò i consigli – Tu come fai ad essere così calmo, invece? –
- Ti fa rabbia che io sia più tranquillo di te, in questo momento? Ahahahah – cominciò a ridere di gusto con ella che metteva su il broncio – Sei davvero terribile. Vuoi sapere il mio segreto? –
- Eh? Cos’è Sadatsuka Nao ti ha fatto qualche magia? –
- Chi? No, assolutamente no. Sono calmo perché finalmente ho ammesso a me stesso ciò che provo per te. Cioè che ti amo tanto. –
Quella dichiarazione così spontanea e pura fece diventare Hisako ancora più rossa di quello che era.
- Stai bruciando, forse ho sbagliato a dirtelo. – Akira sentiva le mani della ragazza quasi in fiamme ed era preoccupato, oltre che incominciare ad imbarazzarsi di nuovo pure lui.
- N-no, non hai sbagliato e tu mi piaci davvero. Sono proprio un’imbranata a volte. Sei davvero dolce e io sono molto stupida, scusami. - ritrasse le sue mani da quelle di Akira e poi una di esse sfiorò un ciuffo di capelli che era vicino al volto di lui e alla fine avvicinò il suo viso e le labbra a quelle dell’albino. Si baciarono con gusto; Hayama ne fu piacevolmente sorpreso.
-  Possiamo restare qui tutto il tempo che vuoi. – disse Akira in un momento di distacco reciproco per riprendere fiato.
- No, non posso, se Erina avesse bisogno di me… - non finì la frase perché Akira le tappò subito la bocca con un altro bacio appassionato, il più lungo che si fossero mai dati.
- Vuoi forse uccidermi? – domandò dopo essersi staccata da quel contatto che, seppur tenero, la stava soffocando.
- Scusa, ho rischiato di soffocare entrambi perché non voglio sentirti parlare di Erina questa sera. Alla festa ci saranno migliaia di persone e poi adesso sono io ad aver bisogno di te. – Hayama le aveva rivolto, alla fine, un sorriso che Hisako avrebbe davvero pagato per vederlo ancora. Si sfiorarono le labbra ancora e poi Akira proferì di nuovo – E tu hai bisogno di me. –
Hisako non voleva dirlo ad alta voce, ma quello scambio di baci era davvero la sua fine per quella serata.

Erina e Soma intanto, dopo aver passato molto tempo a stuzzicarsi a vicenda e baciarsi e restare abbracciati per tempi infiniti, decisero di proseguire a farsi una passeggiata sotto le stelle; mano nella mano. Per loro non era ancora il momento di dirsi “Ti amo”, non potevano ancora parlare d’amore benché si piacessero. Avevano molta chimica, erano attratti l’uno dall’altra, ma ancora non avevano raggiunto quelle forti sensazioni che potevano sentire Akira e Hisako o Eishi e Rindou perché questi si conoscevano da più tempo e avevano condiviso più momenti insieme. Tuttavia, Soma riconosceva quanto fosse il suo desiderio di avere vicino la ragazza che teneva per mano ed Erina non avrebbe lasciato la mano di lui, voleva quel contatto più di ogni altra cosa. Soma, però, non era ancora riuscito a farle dire che la sua cucina era buona ed Erina aveva ancora per la testa la sua famiglia a pezzi. Questi ostacoli non permettevano ai due di dire ciò che nel più profondo sentivano, ma questo bastava a renderli felici e inseparabili.
Alice e Ryou erano in ritardo, ovviamente a causa di lei e correvano per andare alla festa, ma notarono i due che si tenevano per mano ed ella si bloccò. Era contenta che sua cugina avesse una buona distrazione; poi dopo quella vittoria se lo meritava davvero e volle scattare una foto, ma Ryou glielo impedì.
- Basta con le foto. Non ricordi ciò che è successo per quella famosa foto? –
Ryou a volte sembrava la voce della sua coscienza, Alice lo amava anche per questo – Voglio solo scattare una foto ricordo e mandarla alla mia cuginetta e a Yukihira per prenderlo un po’ in giro, che male c’è? Avrai anche ragione, ma stai un po’ esagerando. –
- Scherzi sempre, milady, ma questa volta io no. –
Alice gli rivolse uno sguardo indagatore – Che ti succede? –
- Non abbiamo mai un momento di serietà, milady. Prima di andare da qualsiasi parte, dobbiamo parlare. –
- Parlare di cosa? –
- Di noi due. –
Alice sospettava che prima o poi avrebbero preso questa discussione. Preferiva scappare piuttosto che guardarlo in viso e parlare come due persone mature sul loro rapporto. Non lo aveva mai visto così serio e preoccupato allo stesso tempo, lui le si avvicinò scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Che ti piaccia o no, ne dobbiamo parlare. –

 Azami stava preparando le sue valigie. Sgombrava il suo studio e ogni tanto verificava le lancette dell’orologio per evitare di perdere il suo volo. Il suo piano era stato distrutto e ora non gli rimaneva altro da fare che andare via.
Senzaemon era stato avvisato, era stato il primo a saperlo che sarebbe partito il più presto possibile. Era stato ferito nell’orgoglio e da sua figlia, che aveva scelto la libertà piuttosto che stare al suo fianco, doveva capirlo da quella volta a New York; aveva fatto un errore a tornare in quella scuola. Lui che voleva trovare la perfezione in tutte le cose e che credeva fermamente che sarebbe stata la sua salvezza si era trasformata nella sua prigione. Si era messo in gabbia da solo, aveva una bella famiglia, ma l’aveva rovinata pur di arrivare ai suoi ideali folli e inconcludenti. Vedere Joichirou e suo figlio uniti e vincenti lo aveva reso invidioso e provare a cambiare non avrebbe portato sua figlia ad amarlo. Non più. Lei lo avrebbe odiato, per ciò che le aveva fatto. La colpa gravava sulle sue spalle e non avrebbe più rivisto la sua famiglia, non in quello stato. Non ne aveva il coraggio. Eppure i momenti felici alla Tootsuki ce n’erano stati molti, quando aveva conosciuto sua moglie, quando aveva assaggiato i piatti di Joichirou e le avventure con i suoi compagni di scuola. Lì era cominciato tutto anche la sua follia e lì doveva finire.
Si apprestò a salire in auto, ma Yumi era già ad aspettarlo all’ingresso del castello; prima di vederlo uscire per sempre dalla sua vita.
- Hai vinto, questo è quello che conta, vero? –
- Azami, stai scappando. –
Lui la guardò con il volto sconfitto e i suoi occhi scuri che 
rispecchiavano quel cielo nero della notte erano più dolci del solito.
- Sì, sto scappando, ma lo faccio essenzialmente per Erina e per te. Credimi, è la cosa migliore. –
- Non ti odierà per sempre. Anche per me è stata dura tornare e vedersi odiare da lei, ma io il primo passo l’ho fatto comunque e dovresti farlo anche tu. –
Azami le prese una mano, avvicinò il viso al suo e le baciò la guancia – Lo so, quando sarà il momento, seguirò il tuo consiglio. Per ora, lasciami andare. –
Yumi lo vide allontanarsi con la sua limousine e a malincuore lasciò che andasse via per la sua strada.






ANGOLO AUTRICE: Scusate per l’assenza. Saranno passati anni da quando pubblicai il capitolo 10 e sinceramente non credevo che mai sarei arrivata a scrivere l’undicesimo. Tuttavia, ci sono riuscita. Sono molte pagine, mi scuso anche per questo, ma era tutto indispensabile. In ogni caso mancano solo tre capitoli alla conclusione e saranno tutti incentrati sulle coppie, sul romanticismo. Spero davvero di poterli pubblicare entro quest’anno per terminare la storia. Grazie a chi mi supporta ancora e chi mi supporterà in futuro. Spero, inoltre, di non avervi tediato troppo, per la quarantina di pagine e alla prossima :).





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