Destino

di I love chocolate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo incontro ***
Capitolo 2: *** Era solo un ragazzo ***
Capitolo 3: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 4: *** Mente cuore mente cuore ***
Capitolo 5: *** La verità ***
Capitolo 6: *** Uno sguardo ***
Capitolo 7: *** I figli delle ombre ***
Capitolo 8: *** Fiamme ***
Capitolo 9: *** Fiore d'arancio ***
Capitolo 10: *** Constance ***



Capitolo 1
*** Un nuovo incontro ***


 

Destino



Ripensandoci adesso, mi sembra quasi impossibile che tutto questo sia nato da una semplice missione, una semplice missione che era stata capace di sconvolgere a tal punto le nostre vite.
Ma forse, è meglio che io racconti dall’inizio, così semmai qualcuno, per puro caso, dovesse leggere questa storia potrà capire di cosa sto parlando.  
Ebbene, tutto cominciò in un pomeriggio d’autunno, quando il caldo dell’estate era ormai lontano e il gelido freddo invernale era prossimo a raggiungerci. Io e i miei fratelli eravamo in una piccola cittadina portuale chiamata Calais, il nostro obbiettivo era di portare un mago, che aveva cercato di scappare in Inghilterra e che invece era stato catturato dalle guardie del cardinale, a Parigi dove sarebbe stato condannato secondo la volontà divina. 
Però, nel momento stesso in cui per la prima volta vedemmo il nostro prigioniero, capimmo che c’era qualcosa di strano: sembrava molto esile, quasi scheletrico; a tal punto senza forze che, legato al cavallo di una guardia, veniva trascinato sul sassoso e irregolare terreno, senza che né lui avesse la forza per alzarsi, né il cavaliere mostrasse un minimo di pietà per quel corpo a terra che trascinava come un qualunque sacco. A tutto questo si aggiungeva che, per quanto esile e debole il prigioniero apparisse, era circondato da sei guardie armate fino ai denti, e quando queste si fermarono di fronte a noi, subito due corsero a slegare il prigioniero dal cavallo mentre altre le due le seguirono tenendo le spade sguainate. L’uomo che aveva trascinato fino a quel momento il mago, nel frattempo scendeva lentamente da cavallo, in un modo che sembrava quasi solenne e con questa stessa aria solenne afferrò la cima della corda che la guardia gli porgeva, e appena l’ebbe in mano la tirò con quanta forza poteva, costringendo il prigioniero ad alzarsi, ma questi che non aveva neppure la forza per restare in piedi se le due guardie prontamente non lo avessero afferrato trascinandolo verso di noi. Solo allora ci rendemmo conto della reale condizione in cui egli si trovava, oltre le corde dalle quali era stato trascinato fino a quel momento, portava due spesse catene ai polsi e alle caviglie, ma ciò che ci sconvolse più di tutto fu il sacco di iuta che gli copriva la testa, al di sotto del quale a giudicare dai versi strozzati, che aveva emesso quando era stato alzato, era stato anche imbavagliato. Solo in un secondo momento notai gli abiti lisi e stracciati in più parti, all’inizio pensai ingenuamente che si trattava di una persona povera, solo più tardi appresi che era il segno più evidente di un lungo periodo di tortura. L’uomo che aveva trascinato il mago si avvicinò a noi senza perdere mai la sua compostezza e l’aria solenne dicendo: << Siete voi Athos, Porthos, Aramis e Rochefort, moschettieri del re incaricati di trasportare il prigioniero accusato di stregoneria a Parigi per essere giudicato? >> << In persona >> rispose Athos non meno solennemente della guardia << Benissimo, lo affido, allora, alla vostra custodia, ma accettate un consiglio da chi già si è occupato di lui a lungo: non lasciatevi ingannare dall’aria innocente, è pericoloso e subdolo, tenterà di scappare; non lo slegate, e per nessun motivo dovete togliere il sacco o il bavaglio nemmeno per nutrirlo, tanto non ne ha bisogno >> detto questo l’uomo affidò ad Athos le chiavi delle catene che prontamente le passò a Porthos ritenendole così più al sicuro data la stazza dell’uomo, e fatto questo rimontò a cavallo mentre le due guardie lasciarono quel corpo martoriato davanti a noi per seguire il proprio capo.  

Il prigioniero non essendo più sorretto da nessuno cadde miseramente a terra e avrebbe anche sbattuto il capo se Aramis impietosito non lo avesse afferrato prima . Come poteva un essere così debole da non riuscire a restare in piedi da solo essere considerato un pericolo?Errore stupido di giudizio, scoprì in seguito, ma allora mai avrei potuto immaginarlo.  

<< Athos non avrai mica intenderai mica trascinarlo da qui a Parigi legato al tuo cavallo come una bestia? Vero? >> chiese uno dei miei fratelli condividendo la mia pietà per quell’uomo ai nostri piedi.
Athos,allora, bloccando Rochefort che stava per opporsi a lui  con un semplice gesto della mano , tanta era la sua autorità da poter essere ubbidito senza bisogno di parole
, rispose semplicemente: 

 << Caricatelo sul mio cavallo, non sopravvivrebbe se lo trascinassimo fino a Parigi >> Porthos e Aramis tirarono un sospiro di sollievo mentre si si affrettavano ad eseguire gli ordini.  

Prima di continuare chiedo scusa all’eventuale lettore che sia arrivato fino a questo punto della storia ma mi sembrava doveroso spiegargli che cercherò d’ora in poi di raccontare sempre ciò che ho vissuto nel modo più oggettivo mi sia possibile, per fare ciò ho deciso di estraniarmi totalmente dal racconto e sempre mi riferirò a questo scopo al mio personaggio in terza persona. Chissà se tu magari dovessi arrivare a leggere la fine delle mie avventure ti potrei anche svelare la mia vera identità, ma prima è giusto che io ti racconti la mia storia come ho promesso. 

 

 

Note dell'autrice 

Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fino alla fine del capitolo, spero vi sia piaciuto. Volevo chiarire un paio di cose che forse potrebbero non risultare subito chiare, il narratore è uno dei personaggi principali della storia, ma non svelerà il suo nome fino alla fine di essa. Perciò tende a parlare di se stesso in 3 persona ma alcune volte questo non avverrà sono errori fatti apposta per lasciare qualche indizio sulla sua vera identità...  

Per quanto riguarda  Rochefort nella mia storia è uno dei moschettieri e loro caro amico. 

Volevo aggiungere un'ultima cosa, cercherò di aggiornare ogni settimana, questa storia è solo un esperimento, quindi, se qualcuno volesse recensirla si senta libero di essere il piu cattivo possibile. 

Grazie mille per aver letto questo primo capitolo!  

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Capitolo 2
*** Era solo un ragazzo ***


 

Destino



Era ormai calata la notte, penso che tutti eravamo distrutti dalle continue pressioni di Rochefort per legare il mago al cavallo e trascinarlo come "l'animale che era"; Porthos, sicuramente più di tutti, era sospettoso ultimamente nei confronti del suo tanto caro amico: era successo solo qualche giorno prima, una sera, in cui lui era particolarmente ubriaco di averlo incontrato  mentre parlava in spagnolo con un uomo incappucciato, solo poche cose era riuscito a capire, tra cui "pagare il debito" e "il re" nella stessa frase, queste le conosceva essendo un esperto giocatore e non promettevano mai nulla di buono insieme. Ma quando al mattino raccontò ad Aramis e ad Athos l'accaduto, essi non gli credettero, considerandolo troppo ubriaco per distinguere la realtà e inoltre gli ripeterono diverse volte che conosceva bene quanto Rochefort odiasse gli spagnoli dopo quello che aveva sopportato, ma Porthos non era convinto. 

 Come dicevo, quindi, era ormai sera, ci eravamo fermati in una piccola radura nel bosco, ben nascosta, il prigioniero era stato saldamente legato ad un albero, mentre Aramis era stato il primo a fare il turno di guardia.  
Il moschettiere era riuscito a resistere a malapena due ore, ma poi, preso dalla curiosità, si avvicinò a quell'albero con un coltello in mano e molto lentamente tolse il sacco di juta e il bavaglio ma rimase sconvolto alla vista. Quello che si trovò al di sotto era solo un ragazzo,   meno di vent'anni, viso magro, quasi scavato dalla fame, eppure quando aprì gli occhi, rivelò uno sguardo pieno di forza in contrasto con la debolezza del suo corpo. Il ragazzo osservò prima Aramis, poi il coltello rivolto al suo collo e di nuovo il moschettiere con quello sguardo minaccioso, senza osare, però, ancora parlare; fu a quel punto che anche Porthos si svegliò. Questo si avvicinò e gli altri due, scioccato da ciò che l'amico aveva fatto, una violazione così diretta degli ordini era molto strana da parte sua.  
Nel frattempo i due erano troppo presi da quel colloquio per fare caso a lui. 
<< Ora ti farò delle domande>> disse Aramis con voce ferma e minacciosa << a cui tu dovrai rispondere senza né aggiungere altro né fare un minimo movimento sospetto. Ti avverto se tenterai di fare un incantesimo me ne accorgerò e le conseguenze saranno gravi. Capito? >> non ricevendo risposta continuò 
<< Prima di tutto, voglio sapere come ti chiami e quanti anni hai >> il ragazzo sembrò confuso e meravigliato per un secondo di quelle domanda, ma poi con tono di sfida e occhi iniettati d'odio rispose: 
<< Non vedo come ti possa interessare. Inoltre per quanto riguarda le condizioni ,che hai messo, per me non hanno alcun senso, in quanto non posso muovermi perché i tuoi stessi compagni mi hanno legato a quest'albero, ne comunque avrei la forza di evocare la mia magia senza restarci secco e credimi non mi interessi così tanto da rischiare la vita per recarti fastidio.>> Aramis a quella risposta rimase inflessibile, lasciò cadere il sacco e la benda a terra e si allontanò senza prestare attenzione all'amico andando a coricarsi dove prima Porthos dormiva.  
Il moschettiere rimasto in piedi si avvicinò al falò, dove qualche ora prima avevano mangiato e afferrò una pentola, non c'era molto dentro, un paio di cucchiai di zuppa al massimo, ciononostante la portò verso il prigioniero e gliene diede un po' senza che lui tentasse nemmeno di sottrarsi.Era talmente affamato che, probabilmente anche se fosse stato veleno, l' avrebbe mangiato allo stesso modo senza battere ciglio.Solo una volta finito gli avanzi, con uno sguardo dubbioso e con parole incerte, chiese in un sussurro 
<< Perché l'hai fatto? >>  
<< Ti aspettano lunghe giornate e non parlo di questo viaggio. Acquistare un po' di forze certo non può farti male  >> il ragazzo sorrise a queste parole con leggera amarezza  
<< Mi sento come un tacchino ingrassato per il macello >> Porthos non rispose all'osservazione, poi afferrando il sacco e il bavaglio disse 
<< Lo sai che te li devo rimettere vero? >> A un cenno di assenso dell'altro si avvicinò, ma proprio in quel momento anche Athos si svegliò. L'uomo osservò la scena intorno a lui con stupore, ma passato questo,si avvicinò ai due dicendo  
<< Lascia, ormai è inutile, se avesse voluto lanciare un incantesimo, lo avrebbe già fatto e non posso escludere che non sia andata così. Comunque ora è tardi, quindi che prenda un po' d'aria. Ora però torniamo a dormire, domani ci aspetta una lunga giornata.Porthos se vuoi posso montare io la guardia >>  
<< Non preoccuparti amico. Tu già ieri te ne sei occupato, ora riposa un po', sveglierò io tutti all'alba  >> e con un cenno del capo, Athos tornò a dormire così come il ragazzo. Porthos, invece, si andò a sedere accanto ad Aramis, intuendo che l'amico doveva essere ancora sveglio e attendendo che tutti gli altri fossero profondamente addormentati, gli domandò 
<< Perché l'hai fatto? >> il moschettiere si mostrò leggermente meravigliato per essere stato smascherato dal suo finto sonno,  ma in fondo, avrebbe dovuto sapere quanto Porthos lo conosceva bene.Si mise seduto in modo da poter conversare più comodamente e rispose 
<< Non riesco a fare a meno di guardarlo e vedere in lui Marsac >> si interruppe un secondo, viso contratto dalla forza avvolgente di ricordi tanto dolorosi, ma poi con un po' di fatica continuò a parlare<< anche lui era un mago lo sai? È così che ci ha salvato, ma è dovuto scappare per non essere giustiziato. Non era giusto! Non aveva fatto altro che salvarmi la vita! ma se fosse stato preso, sarebbe stato anche lui condannato a morte. E ora Porthos guardalo anche tu, non è che un ragazzo, non ha nemmeno vent'anni! Che male può aver fatto al mondo, tanto da dover essere giustiziato?  A parte il fatto di essere nato con dei poteri che altri non hanno, mentre tutto intorno brulica di ladri, stupratori e assassini impuniti. Ciò che volevo era sapere e sapendo capire perché quest'ignoranza mi sta uccidendo>> Porthos non sapeva cosa dire alla confessione dell'amico, non l'aveva mai visto in questo stato, a tal punto sconvolto dal dolore che non riusciva quasi a trattenere le lacrime al pensiero del caro amico morto, ma dopo qualche secondo disse con non poco sforzo qualche parola  
<< Non c'è una spiegazione, abbiamo scelto di diventare moschettieri del re, di seguire tutti i suoi ordini, non importa dove conducano, persino alla morte. Purtroppo Aramis non spetta a noi decidere cosa è giusto, l'unica cosa che possiamo fare, è rendere confortevole per quel ragazzino quest'ultimo viaggio a Parigi e una volta lì pregare che sarà giudicato nel modo più imparziale possibile. Ora, però, non ti interrogare su questi argomenti, dormi un po',resterò io di guardia fino all'alba >> 

 

Note dell'autrice 

Ciao a tutti quelli che sono arrivati fino a questo secondo capitolo, spero tanto vi sia piaciuto! Alla fine ho aggiornato un po' prima di quanto credevo complici anche quattro giorni di reclusione forzata per febbre... 
Avevo solo una piccola nota da fare per quanto riguarda questo capitolo, per quanto riguarda la storia di Marsac penso di distaccarmi un po' dalla serie della BBC, ma risulterà tutto più chiaro più avanti...almeno spero... 
Ci tenevo a dire che se qualcuno volesse le recensioni anche se negative sono sempre ben accette e volevo ringraziare devil_smile per aver recensito il primo capitolo e LadyStarKiller98 e LadyRhaenys_Tangaryen per avermi aiutato a correggere questa storia. 

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Capitolo 3
*** Un nuovo giorno ***


 
Un nuovo giorno

 
Credevo che da quel mattino tutto si sarebbe risolto in una normale missione, niente più dubbi, sensi di colpa, siamo soldati! Questo è il nostro lavoro eppure ancora una volta scoprì di sbagliare terribilmente. La mattina cominciò tranquillamente, al sorgere dell'alba.Porthos svegliò gli altri, per ultimo Rochefort, era ancora confuso nei confronti dell'amico.Doveva credere oppure no a ciò che aveva visto? Il cuore gli diceva di fidarsi,ma la ragione,di essere attento, ed egli era totalmente preso dal conflitto. Però appena Rochefort fu sveglio si rese conto di ciò che era successo e andò verso il ragazzo ancora addormentato e senza che gli altri riuscissero a fermarlo,lo svegliò con un calcio nelle costole urlando:

<< Tu,feccia! Hai usato la tua magia per liberarti, pensavi che forse avremo lasciato correre vedendo il tuo bel faccino?Beh io non mi faccio incantare.Quale doveva essere il prossimo passo? Liberarti dalle catene? E così poi magari liberarti anche di noi? >>
Mentre urlava queste cose,riuscì a colpire il ragazzo un'altra volta prima che gli altri lo trascinassero via. Nel frattempo il prigioniero appariva sconvolto dal terrore a questa scena.Si era sentito più sicuro dopo la sera precedente e ora non sapeva cosa pensare, mentre osservava Aramis che cercava di tranquillizzare l'amico.

<< Rochefort calma! Sono stato io a liberarlo! Era una crudeltà inutile.Ci avrebbe solo rallentato! >>Ma quello non sembrava voler sentire ragione

<< Tu! Perché hai fatto? Ti ha forse hai fatto un incantesimo? Quella feccia! Gliela farò pagare io! >> alla fine Athos, impassibile chiuse così il discorso

:<< Rochefort in quanto tuo comandante ti ordino di calmarti.Ho dato io l'ordine per il bene della missione e ti posso garantire che è stato fatto nel pieno delle mie facoltà mentali e ora,per l'amore del cielo,dategli qualcosa da mangiare! >> disse l'ultima parte indicando il ragazzo<< È così magro che temo che un alito di vento lo possa spezzare. >>.
Rochefort non convinto comunque si zittì, sedendosi sul terreno mentre Porthos preparava qualcosa da mangiare.Non c'era molto,solo altra zuppa avrebbe dovuto cacciare.Quella sera erano estremamente a corto di provviste. Aramis, nel frattempo, slegò il prigioniero e lo aiutò a mettersi in piedi.Il ragazzo resistette soltanto qualche secondo prima di crollare.Fu il moschettiere allora ad afferrarlo,prima che toccasse terra sorprendendosi di quanto fosse leggero e offrendogli un braccio,lo aiuto a fare i passi rimasti per sedersi accanto a Porthos che stava preparando la zuppa,di cui appena pronta,ricevette una ciotola. Il ragazzo in tutto questo non aveva ancora pronunciato una parola,aveva una sguardo confuso per il comportamento di questi uomini così gentili da averlo persino difeso. Sembrava terrorizzato all'idea di parlare,forse a causa delle torture che aveva dovuto sopportare.Fu allora,forse che iniziai capire,quanto deve essere profondo,il dolore che il ragazzo aveva provato,pur essendo così giovane. Probabilmente non era nemmeno un decimo della realtà,ma almeno un inizio. Dopo quel piccolo pasto, lo aiutammo salire sul cavallo di Athos.Non era facile,perché era impacciato a causa delle catene pesanti intorno ai polsi e alle caviglie.Sarebbe stato più facile avendo Porthos la chiave per liberarlo,ma Rochefort si era opposto e questa volta Athos era stato dalla sua parte.
 
Note dell'autrice
Finalmente sono tornata! (Con grande dispiacere di tutti ahahah). Mi dispiace per il capitolo corto, mi farò perdonare con il prossimo....ma soprattutto per il ritardo assurdo nel pubblicare Ringrazio ancora LadyStarKiller98 e Snappy98 per le loro correzioni e soprattutto devil_smile per le recensioni! Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Mente cuore mente cuore ***


 

Mente cuore mente cuore



Erano passate solo un paio d'ore dalla partenza, sembrava tutto così calmo, ma nessuno poteva immaginare ciò che stava per succedere; l'unico suono udibile era il canto degli uccellini mentre attraversavano la foresta in quel punto dove era così fitta da non riuscire più a vedere il cielo e da dover scendere dai cavalli per riuscire ad attraversarla lasciando solo il ragazzo in groppa. Poi all'improvviso il canto tacque, cadde un silenzio  profondo, ma durò solo pochi secondi, non avemmo il tempo per renderci conto di ciò che stava per succedere quando il grido selvaggio di trenta uomini rimpiazzò il dolce canto. 
Ci accerchiarono da ogni lato, erano uomini poveri,  straccioni e male armati:  alcuni con bastoni, altri con spade smussate, uno ne aveva persino una spezzata che usava come bastone .Le uniche armi da fuoco presenti avevano l'aria di non essere state pulite per secoli, tanto da poter essere oramai pericolose per le stesse persone che sparavano. 

 << Porthos porta al sicuro il prigioniero >>  

fu l'unica cosa che Athos riuscì a dire prima di essere assalito da cinque uomini, certo si trattava di cinque uomini completamente disorganizzati senza nessuna abilità bellica contro Athos, il miglior spadaccino del reggimento, ma era pur sempre uno sconto cinque a uno e passarono solo pochi secondi prima che uno di loro riuscisse a ferirlo, un semplice graffio, però segno inesorabile di quello che sarebbe stato l'esito del conflitto. 
Porthos dovendo seguire, pur a malincuore gli ordini del suo comandante, era riuscito a caricarsi in spalla il prigioniero che però continuava a dimenarsi, il moschettiere senza dargli peso continuò a correre verso la foresta con una spada nella mano libera trafiggendo chiunque gli si parava davanti.Solo una volta giunto abbastanza lontano sentì che cosa il ragazzo gli stava dicendo: 

<< Lasciami! >> 

 << Sta zitto ragazzo! >>gli rispose preoccupato che le sue urla attirassero i nemici, le sue parole sembrarono funzionare per alcuni secondi poi il ragazzo stavolta a voce più bassa e quasi rassegnato ma ancora disposto a provare per l'ultima volta 

<< Porthos >> era la prima volta che lo chiamava col suo nome, non sapeva nemmeno che l'altro lo conoscesse 

 << Porthos so quanto sia stato difficile per te lasciare indietro i tuoi fratelli, perché so che tu li vedi come tali, perciò ti chiedo, anzi ti imploro di darmi la possibilità di salvarli da morte certa.So che non hai nessuno motivo per farlo ma ti prego fidati di me abbastanza da liberarmi le mani, non scapperò voglio solo sdebitarmi con loro che sono stati così buoni con me >> di nuovo la sua mente gli diceva di non fidarsi, che era un prigioniero sarebbe scappato appena avuto la possibilità, ma il suo cuore gli diceva di fidarsi di lui che era l'unico modo per salvare i suoi amati fratelli. 

Mente  

Cuore  

Mente 

Cuore. 

Di nuovo quel conflitto,come era stato per Rochefort ma ora mille volte più forte per la posta in gioco. 

Mente  

Cuore  

Mente  

Cuore 

Cosa doveva fare?  

Mente  

Cuore  

Mente  

lo appoggiò a terra per guardarlo negli occhi mentre doveva rifiutargli la richiesta come diceva il suo dovere. 

Mente 

Mente  

Ma poi incrociò il suo sguardo con quello del ragazzo e non vide altro che pura sincerità in questi resi lucidi dalle lacrime che sembrava trattenere a stento. 

Cuore 

Però doveva seguire il suo dovere, ma nello stesso momento aveva già deciso.Afferrò le chiavi e liberò le mani del ragazzo che acquistò subito un po' di colore e sussurrò con un filo di voce 

<< Grazie >> 

 prima di iniziare a correre verso il luogo della battaglia con una velocità sorprendente per una persona che fino a quella mattina non riusciva nemmeno a camminare  più tardi Porthos avrebbe chiesto spiegazioni ma ora l'unica cosa importante era correre verso i suoi fratelli dietro quel ragazzino appena conosciuto ma a cui iniziava già ad affezionarsi. Nel frattempo Athos, Rochefort e Aramis continuavano a combattere ormai stanchi e prossimi alla sconfitta, Aramis in particolare diventava ogni momento più pallido e stava per svenire a causa di una pugnalata sul braccio da cui continuava a sgorgare sangue a fiotti colorando di rosso la bianca giacca del moschetterie. Il mago si fermò solo in mezzo a quello che era diventato il campo di battaglia, chiuse gli occhi e spalancò le braccia, li riaprì ma stavolta erano di un color rosso fuoco e un secondo dopo un raggio d'energia dorata portati dal suo corpo abbastanza forte da scaraventare a terra anche i moschettieri. 

Quasi tremava il terreno, quando Porthos raggiunse il mago.Lo spettacolo che gli si presentò davanti lo colpì più forte di una coltellata nel petto: trenta uomini, per terra, morti, uccisi da una potenza così forte che non importa quello che avrebbero fatto, la loro forza, la loro determinazione, nulla li avrebbe salvati da quell'attacco così terribile da essere riuscito in pochi secondi a stroncare trenta uomini, trenta vite, persone che probabilmente avevano una fattoria di cui prendersi cura e una moglie e dei figli che da essa dipendevano, e quelli invano avrebbero aspettato il loro ritorno infreddoliti sugli usci delle case, senza volersi arrendere a quella che sarebbe stata la soluzione più logica.Non si trattava neanche di soldati ovvero di persone consapevoli dei rischi della battaglia addestrati per questi e pronti a morire per gli ideali in cui credevano, ma di semplici contadini che combattevano probabilmente per dare cibo alle troppe bocche che da loro dipendevano. 
Beh stasera non solo quelle bocche sarebbero rimaste senza cibo ma anche colmate dal dolore della perdita. 
Era quasi spaventato il moschettiere da quel cambiamento così improvviso da uomini pieni di vita, di forza, di energia e ora erano corpi freddi con gli occhi ancora spalancati per lo spavento, braccia davanti al volto quasi a volersi proteggere da quella forza distruttiva... non era servito. 
 Porthos provò quasi pietà per loro, cui corpi venivano abbandonati alle sole cure della gentile pioggia che proprio ora stava iniziando a cadere ripulendo quei cadaveri dal fango e dalla pioggia. 
Ma il moschettiere fu presto distolto da questi pensieri dai suoi compagni: Athos e Rochefort, che seppur non feriti, erano stati gettati a terra dall'onda di energia, si stavano rialzando. Aramis, invece, era appoggiato contro un tronco, con il respiro corto, il volto coperto di sudore mentre si contorceva per cercare invano di vedere la ferita sul braccio nascosta dalla manica, che prima bianca, ora sembrava star bevendo avida il sangue che scorreva dal moschettiere sempre più pallido, ma quell'attimo di distrazione, mentre osservava i caduti e l'amico ferito, gli costò caro.Infatti non vide che Rochefort ,appena ripresosi, era corso verso il ragazzo, ancora fermo nel punto in cui aveva lanciato l'onda di luce. Stava per corrergli incontro, ma fu anticipato da Athos, che senza scomporsi, afferrò il braccio dell'uomo, con una forza tale da gettarlo a terra e prima che questi potesse fare qualunque cosa, gli puntò la spada alla gola e disse con quella sua voce calma e impassibile senza che nemmeno un sentimento trapelasse da essa. 

<< Sta fermo.Sono stato sin troppo comprensivo fino a questo momento, ma fai una sola azione contro quel ragazzo, che è nostro dovere proteggere, o dici anche una semplice parola senza il mio permesso e giuro che non sarà la nostra antica amicizia né il mio affetto nei tuoi confronti a fermarmi dal piantare questa spada dritta nel tuo cuore. Ora va! >> e quindi lo liberò dalla mortale stretta << Raccogli i cavalli che sono scappati e torna in fretta.Dobbiamo ripartire.>> Nel frattempo il mago osservava la scena incredulo, anche lui pallido, quasi ancor più di quando aveva le catene e tremavasembrava prossimo a svenire.Eppure riuscì a percorrere i pochi passi, che lo separavano da Aramis, cadendo in ginocchio a poca distanza da dove il moschettiere ferito era caduto e osservò per alcuni secondi il volto madido di sudore e pallido.Poi con mano tremante, cercò di scostare il lembo di stoffa che copriva la ferita, facendo scappare all'uomo un gemito di dolore.Fu proprio a questo suono, che Porthos sembrò riprendersi dal mare di emozioni che finora l'avevano travolto.Fece per avvicinarsi all'amico, ma nello stesso momento dalla mano del ragazzo fuoriuscì una nuova onda di luce che colpì direttamente la spalla del moschettiere.Pochi secondi dopo Aramis sembrava aver ripreso tutto il suo colore, ma il mago era ancor più pallido e sempre più tremante.Resistette solo pochi secondi prima di perdere i sensi e sarebbe caduto nel fango ,come gli altri trenta uomini che lui stesso aveva eliminato, se le braccia dell'ormai guarito moschettiere non l'avessero prontamente afferrato.Il ragazzo però, prima di cadere nell'oblio, riuscì a pronunciare alcune parole con voce così flebile che,se Aramis non gli fosse stato tanto vicino, non le avrebbe sentite, ma avendole ascoltate impallidì.  

<< il mio nome è Charles d'Artagnan, ho 19 anni. >> 

 

 

Note dell'autrice 

Ciao a tutti! Ci tenevo davvero a ringraziare le anime coraggiose che sono arrivate a leggere fino a questo capitolo senza vomitare... avevo promesso un capitolo più lungo e con qualche colpo di scena beh spero che questo vi sia piaciuto anche se sono di nuovo in un ritardo assurdo ma sono stata occupatissima. Volevo ringraziare in particolare LadyRhaenys_Targaryen( anche se ci ho messo mezz'ora per scrivero questo nome!) devil_smile e Cara93 per le loro recensioni ma anche LadyStarKiller98 e yanu_smile per avermi corretto i capitoli. 

Spero di non aver fatto altri errori di punteggiatura e se ne ho fatti mi dispiace ma questo capitolo era davvero lunghissimo per me! 
Alla prossima 

I love chocolate  

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Capitolo 5
*** La verità ***



La verità

 

Aramis camminava lentamente avanti e indietro per quella piccola stanza, rimuginando tra sé. Il moschettiere era ancora sconvolto dagli avvenimenti del giorno precedente . Non era stata tanto la battaglia in sé ciò che l'aveva colpito, quanto il momento in cui il ragazzo aveva sacrificato le sue poche energie per guarirlo, quel gesto aveva risvegliato dentro di lui una forza non definibile con parole umane, un potere che per anni aveva cercato di rinchiudere, di cacciare, di eliminare.
E credeva di esserci riuscito ma da quando aveva visto quel ragazzino incatenato, D'Artagnan, aveva detto di chiamarsi, qualcosa era cambiato, una parte,seppur piccola, di quell'energia,era tornata a chiamarlo sempre più forte, per poi imporsi prepotentemente, cercando di sfuggire a quella prigione mortale nel momento in cui era venuta in contatto con la magia del ragazzo.
Su tutto questo Aramis ragionava mentre percorreva l'angusta stanza per la centesima volta osservando quel corpo steso, sull'unico letto presente, incosciente e pallido al punto da sembrare parte della coperta stessa, se non fosse stato per i capelli che gli incorniciavano il viso lunghi e scuri come se volessero contrastare il più possibile con il resto del corpo. Tanto era assolto dai suoi pensieri da non rendersi nemmeno conto di quella mano che aveva iniziato a muovere leggermente le dita, oppure del respiro che diventava più pesante o di quelle palpebre che,con fatica,lottavano contro la pesante morsa del sonno per rendere la vista al proprio proprietario. Solo quando, infine, gli occhi cristallini furono completamente aperti e il ragazzo tentò senza successo di alzarsi Aramis si risvegliò dai suoi pensieri e gli fu immediatamente accanto , aiutandolo a sollevarsi abbastanza da potersi sedere e dandogli un bicchiere d'acqua. Il ragazzo, nel frattempo non smetteva di osservarlo intensamente senza, però, dire una parola; aveva già notato che il ragazzo era silenzioso e che non parlava se non interpellato o se necessario, ma solo in quel momento realizzò come questo silenzio fosse in realtà il frutto delle torture inumane che aveva subito e forse per questo quel silenzio allora gli parve più pesante di un macigno mentre osservava quelle labbra testardamente serrate contrapposte agli occhi che chiedevano insieme mille domande, e il povero moschettiere pregò silenziosamente che il ragazzo parlasse perché quel silenzio avrebbe potuto ucciderlo.
Alla fine fu Aramis a romperlo  impietosito dalla confusione del ragazzo.
<< Ragazzino non preoccuparti,non siamo arrivati a Parigi,né tu sei nei guai per ciò che hai fatto.Anzi,semmai ti devo i miei ringraziamenti! perché con il tuo gesto non solo hai salvato la vita a me ma anche ai miei compagni. Quindi ti prego calmati,hai l'espressione di un bambino scoperto dalla madre mentre ruba un biscotto!>> in fondo è poco più di un bambino pensò il moschettiere.Mentre il ragazzo si calmava a quelle parole pronunciate con un tono dolce che non sentiva da tempo, almeno rivolto a lui, ma ancora non parlava.
<< Lo sai che se hai domande non devi aver paura di chiedere a tutti noi, non posso nemmeno immaginare cosa ti abbiano fatto i tuoi precedenti carcerieri, ma giuro sul mio onore di gentiluomo che né io né i miei compagni alzeremo una mano contro di te per farti del male!>> un amaro sorriso comparve sul viso del ragazzo.
<< Non pensavo di sentire questo detto da uno degli uomini che hanno compito di scortarmi fino al rogo..>>
<< Non è detto che avrai la pena di morte, la sentenza non è ancora.. >> cominciò Aramis,come era solito dire in una situazione del genere ,ma si fermò allo sguardo del ragazzo, D'Artagnan era troppo intelligente per cadere in una così stupida bugia, e poi proprio Aramis lo sapeva benissimo che non c'era salvezza per i maghi,quindi sospirando,stavolta rispose onestamente
<< Nessuno di noi può cambiare il tuo destino,siamo moschettieri del re, il nostro dovere è eseguire qualunque ordine il nostro sovrano ci comandi, non abbiamo la facoltà di scegliere,al massimo,quella di ritardare il fatidico momento dell'arrivo e di rendere questi ultimi giorni quanto meno terribili possibile per te.>> questa volta dal volto del ragazzo scomparve l'ironia e ciò che Aramis vide,non era più un potente mago pronto ad affrontare una morte ingiusta,ma un ragazzino innocente, spaventato da un destino troppo grande e terribile,che pesava terribilmente sulle sue gracili spalle e quasi con un sussurro disse:

<< Lo so.>>

Il moschettiere sorrise gentilmente ma nei suoi occhi la tristezza era evidente per quel destino, e perché Aramis veramente capiva.Aramis sapeva che quella stessa sorte che,ora era di quel ragazzo,un giorno, presto o tardi,sarebbe stata la sua.
<< Che cosa mi volevi chiedere prima D'Artagnan? >>
<< Che cosa è successo dopo che sono svenuto?>> questa volta non ebbe timore di parlare.
<< Eri pallido da far paura, sembravi sul punto di morire prima che Porthos ti togliesse quelle maledette catene anche dalle caviglie,spiegandoci prima come rimuoverle,ti aveva ridonato colore e forza. Appena gli altri ritorneranno ci dovrai una spiegazione a riguardo. Comunque, benchè fossi meno pallido, non eri esattamente in forma e Athos ha insistito perché restassimo in una locanda finché non ti fossi completamente ristabilito.Ha anche,inoltre,preteso di essere lui stesso a portarti sul suo cavallo e non ti ha lasciato fino a quando non siamo arrivati in questa camera.Sai penso di non aver mai visto Athos affezionarsi così velocemente a qualcuno.>>
<< Athos? Non mi ha mai nemmeno rivolto la parola, come puoi dirlo? >> chiese il ragazzo meravigliato.
<< Perché conosco Athos.>>.
I due continuarono a parlare e persino in alcuni momenti scherzare,fino a quando non sentirono le voci degli altri che si avvicinavano, allora il ragazzo divenne di nuovo serio e prima che questi entrassero riuscì a pronunciare una sola frase.

<< Aramis, io so la verità, so che anche tu sei un mago.>>

















Note dell'autrice


Buonasera
Se c'è ancora qualcuno che ha intenzione di leggere questa storia mi scuso per tutto questo ritardo ma negli ultimi due mesi non ho avuto tempo per pubblicare, sono stata totalmente preso dallo studio.
Adesso che sono completamente libera prometto di pubblicare molto molto più spesso magari pubblico un altro capitolo questa settimana.
Tornando alla storia se qualcuno l'ha letto spero sinceramente che gli sia piaciuto questa rivelazione finale. Alla prossima( sperando che sia presto)
I love chocolate

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Capitolo 6
*** Uno sguardo ***


 

Uno sguardo





<<  ...io so che tu sei un mago, Aramis...  >>

In quel momento,come un turbine, entrarono nella piccola stanzetta Athos Porthos e Rochefort, portando una quantità di cibo, probabilmente sufficiente a sfamare una intera armata, almeno secondo l'opinione del giovane D'Artagnan ,che non aveva mai visto così tanta abbondanza in tutta la sua vita ma che non aveva nemmeno mai visto un'armata affamata.Quindi,forse non è esattamente corretto che io riferisca le sue opinioni come verità, però spero che il lettore mi perdoni per questa frase,eppure ci tenevo a riportarla perché,quel giorno,quando ero in quella stanza,insieme ai miei amici e compagni,mi colpì tanto per la sua ingenuità da non averla dimenticata e così l'ho scritta qui così,quando un giorno,non molto lontano,io non sarò più qui a ricordarla,ci sarete voi a farlo per me come testimonianza di un'ingenua innocenza giovanile che nemmeno anni di sofferenze erano riusciti a eliminare; ma adesso divago quando invece la storia non è che al suo inizio.

Athos e Rochefort continuavano a litigare, mentre Porthos si era avventato subito su quel cibo; erano quindi tutti e tre troppo impegnati per notare lo strano comportamento del loro compagno.

In tutto quella confusione,né le minacce pronunciate da Athos a Rocherfort,né le maledizioni che Porthos lanciava contro il locandiere,che aveva dato loro vino scadente spacciandolo per ottimo, catturarono l'attenzione di Aramis. Il giovane si era ritirato in un angolo cercando di non essere notato dagli altri e in quel momento sembrò funzionare.

Di nuovo quel turbine di pensieri contrastanti lo afferrò e lo travolse, sembrava quasi volerlo imprigionare in quei meandri oscuri, in cui luce non entrava da tempo, che erano la sua coscienza.

Il primo sentimento a raggiungerlo, fu la meraviglia per le capacità così straordinarie che quel ragazzo aveva potuto sviluppare,per il semplice fatto che era stato coraggioso abbastanza da allenarsi con i doni che madre natura gli aveva donato, capacità che forse, se la storia fosse andata in maniera diversa, anche lui avrebbe potuto avere. Eppure dopo la meraviglia, arrivò il terrore di essere scoperto, suo costante compagno, che fedele al suo scopo ritornava forte dopo ogni qualvolta che, per più di un paio di secondi, osava dimenticare quale destino orribile gli sarebbe capitato se avesse utilizzato i suoi poteri, destino che, tra l'altro,era ancora più difficile ignorare poiché aveva davanti ai suoi occhi una delle sue ultime vittime. Ma non fu solo questo il motivo per il quale in quel giorno il terrore gli pareva più forte e il destino più concreto e vicino,quasi come se questo turbinio di emozioni gli si fosse avvolto intorno al collo stringendolo fino a soffocarlo, forse come segno premonitore della sua prossima sventurata fine. Infatti c'era un motivo ben concreto per cui Aramis temeva per la sua vita:

Non era difficile immaginare che il ragazzo avrebbe potuto chiedere una riduzione della sua pena in cambio della sua vita. Era giusto infondo una vita per una vita.

Eppure, quando questa terribile idea si formulò nella sua mente,non bastò altro che uno sguardo per diradarla, uno sguardo a quel ragazzino che sembrava ancora più piccolo rannicchiato in quel letto che, unico dei presenti si era reso conto del suo conflitto interiore ed era in grado di capirlo.Un ragazzino che lo osservava con due innocenti occhi azzurri,pieni di rimorso, per non aver potuto terminare quella discussione così importante,con quella frase così determinante per la vita del moschettiere, e ancora quello stesso ragazzino che, nonostante avesse l'anima e il cuore ricolmi di innocenza, aveva sofferto tanto e ora sembrava volere evitare che qualunque altro essere vivente soffrisse quanto lui. E alla fine bastò un semplice sguardo per cancellare da un'anima in pena dubbi e paure.

Non so perché il moschettiere fu capace di rinunciare completamente al buon senso,solo grazie a un ragazzino,conosciuto pochi giorni prima e di cui non sapeva assolutamente niente.Eppure,quando la ragione stava per avere la meglio,il moschettiere,semplicemente alzando lo sguardo ,forse per osservare un'ultima volta i suoi amici o per sfidare apertamente quel ragazzo,che si era posto come minaccia a quella quotidianità conquistata con il sudore e con il sangue.Non fu un uomo senza cuore,pronto a tutto,pur di sopravvivere,che vide bensì due lucidi occhi cristallini che sembravano a stento trattenere le lacrime,non per la sorte tremenda che lo aspettava,ma per aver turbato Aramis con la sua rivelazione.Come poteva tanta innocenza essere capace di azioni così meschine.Ogni pensiero maligno verso D'Artagnan scomparve,mentre il ragazzo mimava con le labbra senza poter emettere alcun suono per non attirare l'attenzione degli altri:

<<  Non dirò nulla. >>

Bastarono quelle parole a risollevarlo completamente e solo in quel momento,si rese conto di ciò che stava accadendo intorno a lui.Porthos e Athos,avevano appena finito di apparecchiare quella piccola tavola che avevano nella stanza.Entrambi ora lanciavano sguardi preoccupati a Rochefort che,furioso per la discussione appena terminata,si era ritirato in un angolo affianco alla finestra.Nonostante questo,non perdeva un secondo di vista il giovane mago,tenendo per precauzione,una mano sul manico della pistola,pronto ad estrarla dalla fondina alla minima azione sospetta.La piacevole e familiare confusione,che fino a quel momento aveva riempito la stanza,era ora rimpiazzata da un silenzio profondo e fu proprio Aramis a porre fine a questo dirigendosi verso i suoi amici per discutere di particolari di poca importanza.

Porthos appena lo vide avvicinarsi gli rivolse un caloroso sorriso chiedendogli:

<<  Aramis secondo te il ragazzino è forte abbastanza da mangiare a tavola con noi o il letto è una scelta migliore?  >>

Il moschettiere sorrise anch'egli a quel soprannome,che si adattava perfettamente a D'Artagnan e al quale il ragazzo fece una smorfia facendo ridere i tre amici, ed infondo era la prima volta che il giovane avesse lasciato cadere quella maschera di fredda ironia per comportarsi in maniera spensierata.

<<  Porthos penso che D'ARTAGNAN essendo sveglio potrebbe darci lui una risposta .>> il ragazzo rimase non leggermente meravigliato di essere stato interpellato in quella faccenda, era ormai abituato a persone che parlassero di lui come se non fosse nemmeno presente e che prendevano qualunque decisione al posto suo.Tuttavia ricomponendosi in fretta e con un leggero sorriso rispose:

<< Non preoccupatevi,mi sento già bene, posso benissimo fare un paio di passi per mangiare al tavolo con tutti voi. >>

Ma alzandosi dal letto,riuscì a malapena a mettersi in piedi,prima di perdere l'equilibrio,ancora esausto per il gran sforzo che aveva fatto.Fu Aramis ad afferrarlo,prima che finisse a terra,offrendosi anche di aiutarlo a percorrere quella breve distanza fino al tavolo dove Athos, che fino a quel momento non aveva aperto bocca,con un ghigno leggermente ironico ma divertito gli disse:

<< Cosa dicevi di poter fare? >>ma dopo queste parole l'uomo si zittì riassumendo la sua solita espressione inscrutabile, fu allora Aramis a intervenire,capendo cosa turbasse il ragazzo.

<< D'Artagnan è normale che tu ti senta debole, il tuo corpo è molto deperito dopo tutto ciò che hai passato.Non ritornerà come era nel giro di qualche giorno, ma vedrai che già domani starai bene abbastanza da poter camminare, per distanze non troppo lunghe ovviamente .>> a questa frase si intromise anche Porthos:

<< Mi sembra,dunque di capire,da quello che dice Aramis,che se non mangiamo in fretta,questa cibo si raffredderà e sarebbe un peccato data la fortuna che ci è costato e poi sono certo che dopo cena Mucchio d'ossa sarà felice di raccontarci qualche cosa interessante sulla magia, non è vero D'Arty? >>

Note dell'Autrice
Ciaoo XD Prima di tutto
vorrei ringraziare devilsmile Cara93 e Lady_RhaenysTangaryen per aver continuato a recensire la mia storia. Questo capitolo è un po' più corto del solito mi dispiace in realtà infatti era più o meno la metà del capitolo originale ma ci tenevo a non far passare altro tempo prima di pubblicare.
Non sono neanche troppo felice del risultato dxi questo capitolo dopo averlo analizzato se qualcuno di voi quindi avesse consigli o critiche sarei felicissima di riceverli.
Ancora grazie mille
Alla prossima
I love chocolate

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Capitolo 7
*** I figli delle ombre ***


I figli delle ombre


 
Finirono di mangiare scherzando e ridendo, tutti,ad eccezione di Rochefort,che era rimasto in silenzio in un angolo, senza toccare cibo,ma osservandoli con una mano sull'impugnatura della pistola, pronto a sfoderarla al primo movimento sospetto del ragazzo. Non era stolto lui,aveva vissuto sulla sua pelle ciò che i maghi potevano fare, erano esseri malvagi e senz'anima; forse il ragazzino, con la sua area indebolita e quegli occhi da cucciolino bastonato, poteva aver fatto breccia nel cuore dei suoi fratelli, ma non nel suo,non era così stupido. Si era già occupato personalmente della faccenda, anche se dubitava che i moschettieri avrebbero apprezzato il suo intervento, forse l'avrebbero chiamato traditore, ma lui aveva fatto ciò che aveva fatto,solo per salvarli dalla rovina in cui loro stessi si erano cacciati. In fondo erano i suoi fratelli, non avrebbe voluto vederli morti.
In quel momento, però, nella sua mente, si presentò una nuova possibilità di aprire gli occhi a quegli uomini. Fece qualche passo avanti,verso i suoi compagni, che si erano radunati intorno al letto di quella feccia.
Pff...avevano pure dato un letto a un animale del genere,tanto vale darlo al suo cavallo,se lo meritava certamente di più. Poi con una voce che mal celava il disprezzo provato disse:
<< Mago. >> il ragazzo si voltò verso di lui, non leggermente intimorito e subito gli altri gli si avvicinarono, quasi come se le sue parole potessero fisicamente fargli del male...magari fosse così semplice.
<< Tranquilli non intendo arrecare nessun danno al mago, al meno per il momento, ma solo fargli una domanda e visto il trattamento da principe che sta ricevendo mi sembra che gli sia d'obbligo soddisfare la mia curiosità. >>
<< Il mago ha un nome...>> stava per rispondere Porthos, quando fu interrotto dallo stesso D'Artagnan, che a testa bassa ma con voce ferma esclamò:
<< Per il rispetto che provo nei confronti dei vostri compagni vi risponderò, se possibile, ma parlate perché non leggo nel pensiero. >>
<< Su quest'ultimo punto non mi sono ancora accertato ma vedi, feccia...>> a quella parola i tre uomini fecero fatica a trattenere la rabbia, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio
<< Mi sono sempre chiesto: tutti i maghi che ho scortato,che mi siano stati consegnati o che li abbia catturati personalmente, hanno sempre reclamato con tutte le loro forze di non essersi macchiati di nessun crimine più di qualsiasi altro condannato a morte, eppure,tutti i giorni io ho notizie di omicidi, guerre razzie e altri crimini commessi dalla vostra gente. Quindi perché dopo tutte le vostra azioni continuate a proclamarvi innocenti? Come pensate che noi esseri umani dovremmo credervi? Sono certo che avrai una buona storia per persuadermi, dopo tutto le menzogne sono la vostra specialità! Non è vero? Racconta ora! >> D'Artagnan era impallidito alla domanda ma era sempre determinato a non mostrare la paura che provava nei confronti dell'uomo.
<< Vedete, per cominciare a rispondere dalla prima delle vostre affermazioni, come avete visto non è controllare la mente il mio potere, se ne fossi capace, sarei già libero. Per quanto riguarda la vostra domanda, una spiegazione ce l'ho e vi dò la mia parola d'onore che è autentica ma sarebbe lunga e complicata da spiegare, stanotte desidererei riposare. >>
<< Questa è davvero divertente! Da quando un mago ha il diritto di dare la sua parola d'onore? Le persone hanno onore, hai presente quelli che per vivere hanno bisogno di mangiare dormire e non fanno incantesimi ? Un mago, inoltre, non ha bisogno di riposo. Quindi a che scopo aspettare una notte, se non per darti il tempo di inventare una menzogna , se invece la tua storia è veritiera,come tu dici, raccontacela ora abbiamo tutta la notte.>> l'ultima notte pensò fra sé e sé
<< Come desiderate, ma permettetevi prima di dirvi, voi che mi considerate diverso, anche io sono umano, ho bisogno di cibo e sono nato da una madre e da un padre, quindi che cosa mi dovrebbe rendere così diverso?Non lo capisco. Ora visto che ci tenete a conoscere la storia della mia gente ve la racconto.>> pronunciò D'Artagnan, con una voce leggermente scossa dalla paura.
<< Inizio dicendo che i maghi sono essenzialmente divisi in due stirpi principali opposte e complementari... >>
<< Mi pareva di aver chiesto la verità, non quella filastrocca che rifilate a tutti Charles. >> gli occhi del ragazzo si dilatarono dal terrore, Rochefort sapeva.
<< Come desiderate...>>
Non avrebbe voluto avere un tono così servile, ma ribellarsi significava solo dolore e lui era stanco di soffrire.
<< La nostra storia è antica, intrecciata a quella umana più di quanto spesso vi piaccia ammettere, eppure avete ragione i nostri antenati sono diversi. I maghi sono nati dall'odio, voi dall'amore, ma la verità sulle nostre origini si perde spesso nel mito, quindi non credete che la mia sia una storia facile da raccontare.
Si narra che Lucifero, l'angelo caduto, fosse così pieno di furia, dopo la sua cacciata dal Paradiso, e il suo arrivo nell'Inferno creato dalla sua caduta, sua eterna dimora, che cercò con tutte le sue forze di distruggere le creature predilette di Dio: gli uomini. Per perseguire il suo scopo quindi forgiò nuove esseri, sei, per la precisione, e li mandò sulla terra con questo fine.
I primi maghi, erano semi-immortali, dai poteri straordinari e benché fossero completamente diversi l'uno dall'altro, avevano tutti un abilità comune: poter evocare l'Oscurità del padre, e nessuna arma può distruggere più di questa. Una volta catturati dall'Oscurità, nessuno ne può uscire vivo se non i Sei. Come ho già detto però questo non era il loro unico potere:
Il più giovane Adalsteinn, che nell'antica lingua significa il nobile, poteva controllare il tempo, era capace di evocare tempeste o tifoni ed abbattere intere città soltanto schioccando le dita , eppure, era uno dei meno potenti.
Fargrimir era il quinto controllava le fiamme, il suo nome era ed è ancora oggi di difficile interpretazione, in quanto letteralmente significa "Maschera volante". La leggenda afferma che questo mago,era stato l'unico a non acquisire i suoi poteri alla nascita, bensì anni dopo, quando si ritrovò intrappolato in un edificio in fiamme, il fuoco gli bruciò completamente il volto, lasciando intatti solo gli occhi , che, secondo il mito, da quel giorno cambiarono colore divenendo rossi. Il suo viso sfigurato, lo costrinse a portare una maschera del colore della cenere. Da allora, grazie alla sua ira, fu capace di controllare lo stesso elemento che lo aveva quasi distrutto. La sua potenza era tale che era riuscito a incanalarla in modo da potersi innalzare da terra e volare.
Il quarto era anche conosciuto come il "Senza-Nome". Controllava tutto ciò che riguardava la terra e gli oggetti da essa provenienti,era capace di dare vita a un albero così come sollevare una casa, ma non erano i suoi poteri il motivo per cui era temuto,bensì la sua perfidia.Si narra che,amasse eliminare i figli davanti agli occhi supplicanti delle madri in maniera lenta e dolorosa e poi eliminare le stesse madri impiccandole,con corde fatte dalle budella dei figli. Infine i primi tre erano la vera arma dell'angelo caduto, il terrore degli uomini, i veri distruttori. Asmideus era il più piccolo del trio, il suo potere era di risucchiare la vita. Poteva aspirare l'essenza di una persona, infatti pur essendo immortale come i suoi fratelli non era immune a quella piaga umana conosciuta come l'invecchiamento. Il mago era capace di ringiovanire ed eliminare gli effetti causati da questo con la vita di un altro, più giovane la persona più duraturi gli effetti.
Murmur, il secondo, è uno dei più mostruosi. Il suo nome così come il suo vero volto non si conoscono, quello con cui noi lo chiamiamo deriva dal latino:"mormorio" perché nessuno osava parlare di lui ad alta voce. Il suo potere, beh , uno dei peggiori poteva controllare le menti,portare la più innocente e giusta delle anime ad azioni indicibili,senza un briciolo di rimorso. Ribellarsi o ritornare alla vecchia vita era impossibile, una volta preso,eri destinato a servire il male. Mi spiace dire che, anche se questa creatura non cammina più tra noi,il suo potere non è estinto. >>
<< Ma se questi esseri sono immortali, come tu affermi,come possono essere morti? >> chiese Porthos, interrompendo il silenzio nella stanza, popolata solo dalla voce del ragazzo.
<< Non sono morti infatti, ho solo detto che non sono più fra noi. Porthos se mi darai l'opportunità ti spiegherò tutto. La mia storia non è che appena iniziata. C'era anche un ultimo mago,l'unica donna, la primogenita, la prediletta del padre. Il suo potere mi ha sempre dato i brividi. Si narra che fosse nata dalla morte di un innocente e che il giorno della sua nascita, la malattia si diffuse per la prima volta nel mondo. Era completamente immortale, come il padre, non invecchiava e si diceva avesse ereditato la sua bellezza angelica. Gli araldi cantano della sua pelle marmorea priva di difetti, dei suoi lunghi capelli dorati e della sua voce simile a quella di una sirena. Sarebbe passata facilmente per un'umana, eppure c'era un elemento che la distingueva da tutti gli altri e non lasciava dubbi sulla sua identità.
I suoi occhi.
Erano neri completamente neri.
Il suo potere inoltre era il più agghiacciante.
Poteva ridare la vita ai morti e commutarli nel suo personale esercito di schiavi senz'anima. Si dice che fosse sempre su un cavallo scheletrico, seguito a dei cavalieri.
Qui, però, le leggende si confondono, perché pare che ognuno tendesse a vedere, nel volto dei cavalieri, persone amate e perse per sempre che lo osservavano con occhi iniettati di sangue.
Dimenticavo un particolare importante il suo nome:
Hela.
Eppure il suo potere finì con lei,non ebbe figli,come i fratelli. Le leggende dicono infatti che al pari dei suoi schiavi, non sarebbe stata altro che un corpo morto e risvegliato col solo scopo di distruggere e quindi non avrebbe potuto generare vita.
Quanto di vero ci sia in queste voci non c'è dato dirlo.
Solo il tempo, se sarà clemente, fornirà risposte. >>
<< Ma come possono aver procreato tali mostri? Quale donna giacerebbe con un demone? >> Aramis appariva sconvolto alla rivelazione.
<< In realtà, i fratelli si muovevano spesso, distruggendo villaggi e insidiando le donne contro la loro volontà. Murmur più di tutti. La loro prole risultava dai tratti molto più umani.
Provavano sentimenti, morivano, soffrivano, ma avevano ereditato i terribili poteri paterni e con essi la loro missione. Per quasi un secolo, i maghi erano stati capaci di perseguire il loro obiettivo senza ostacoli, ma la loro rovina venne proprio dal loro interno.
Una delle donne violentate, salvò il mondo con un semplice atto d'amore. Portava nel suo grembo il figlio di Fargrimir, colui che controllava il fuoco, ma a differenza di molte altre, non cercò di sbarazzarsene o lo abbandonò appena nato, non provò odio per quella creatura ancora innocente, bensì gli mostrò l'amore incondizionato di una madre.
Lo trattò come un figlio, cosa che nessuno prima di lei avrebbe mai immaginato di fare. Affrontò così tutte le difficoltà che le si presentarono davanti, nessuno era dalla sua parte. Gli abitanti del suo stesso villaggio avrebbero voluto metterlo al rogo mentre ancora succhiava il latte dal seno materno, ma lei si oppose e alla fine ebbe ragione. Quando il ragazzo non aveva più di sedici anni,il suo villaggio fu attaccato,di nuovo, da cinque stregoni, ma stavolta, quell'unico mago, li sconfisse tutti.
Egli era più potente di loro,perché il suo potere non derivava dalla brama di distruzione, ma dal bisogno disperato di proteggere coloro che si amano e questo gli altri maghi non avrebbero potuto capirlo perché non avevano mai conosciuto altro sentimento al di fuori dell'odio.
L'esempio della madre fu seguito da altre,creando così una nuova generazione definita "Maghi della Luce" perché al posto dell'Oscurità dei loro avi, erano capaci di evocare una luce accecante.
La stessa luce che ho evocato nella foresta, inoltre, come gli antenati,in molti avevano anche dei poteri ma unicamente legati alla natura in tutte le sue forme. Molti controllano l'acqua e da questa ricavavano poteri guaritivi, altri la terra, in pochi l'aria, mentre il fuoco il potere originario del nostro antenato è diventato uno dei più rari nella Generazione della Luce.
Tornando però alla storia. I nuovi nati, dunque crebbero sempre di più in numero, eliminando la maggior parte degli stregoni oscuri e con un potente incantesimo,di cui non abbiamo più tracce e per il quale molte vite furono sacrificate, riuscirono infine a confinare i Sei nell'inferno che era loro casa paterna.
Eliminate quindi,le maggiori minacce, ritornarono ognuno alle loro case, alle loro famiglie, ai loro villaggi, ma qui gli uomini,che fino a quel momento, li avevano accolti e amati,mostrarono la loro vera faccia.
Non volevano rischiare che le nuove generazioni decidessero di ritornare sui passi dei loro antenati quindi sfruttarono il loro momento di debolezza e prima che potessero riprendersi dagli sforzi dell'incantesimo compiuto.
Iniziarono ad isolarli dagli altrii, rinfacciandogli la loro discendenza e facendo perdere nell'oscurità i nomi dei maghi che persero la vita per proteggerli.
Presto, si passò all'arresto alle torture e infine alle condanne a morte su rogo, che si credeva l'unico modo per mandare l'anima peccatrice nell'inferno da cui proveniva. Così, migliaia di maghi, per secoli, furono costretti a nascondersi dalle persone per cui loro avevano dato la vita per proteggere. >>
E con queste parole Charles D'Artagnan fermò il suo discorso. Un silenzio opprimente calò nella stanza, mentre il ragazzo alzava gli occhi, mostrando uno sguardo pieno d'odio e d'ira rivolto verso Rochefort, al quale il moschettiere non poté che indietreggiare per la forza di quelli che normalmente erano occhi cristallini e sembravano ora color del fuoco.
Alla fine, lo stesso mago ruppe il silenzio con una voce così piatta ma allo stesso tempo carica di risentimento celato che faceva gelare il sangue.




<< Hai ragione Rochefort, io non sono un essere umano, non lo sono mai stato e non ho nessuna intenzione di diventare parte di una razza di traditori >>









Note dell'Autrice
Buonasera a tutti le persone misericordiose che leggono la mia storia non inorridite!
Come sempre per prima cosa mi scuso per il ritardo nella pubblicazione e anche per non aver risposto a tutte le bellissime recensioni che ho ricevuto ma sono partita qualche giorno dopo aver pubblicato e sono tornata solo domenica.
Ci tenevo ad aggiungere un paio di cose prima di salutarvi su questo capitolo, spero prima di tutto che vi sia piaciuto perché ho davvero dato il mio meglio se avete critiche sullo stile o sul contenuto vi prego fatemele perché ci tengo davvero molto a migliorare.
Per quanto riguarda la trama dopo gli ultimi capitoli ho deciso di riscriverla completamente perciò accetto davvero qualsiasi suggerimento per continuarla per esempio vorreste che i Sei ritornassero nella storia oppure no?
Mi piacerebbe davvero tanto conoscere la vostra opinione.
Come sempre ringrazio le ragazze che mi hanno recensito devil_smile e Cara93 ma anche LadyRhaenisTangaryen e quella povera ragazza che corregge i miei testi illeggibili LadyStarKiller(non sono sicura di aver scritto bene tutti i nomi non uccidetemi nel caso please)
Al prossimo capitolo
I love chocolate



 

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Capitolo 8
*** Fiamme ***







 

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Fiamme







Buio, non c'era altro tutto intorno, solo un buio accecante, non c'era nulla che non fosse nascosto da questo, sembrava soffocarlo, gli sembrava che lo stesse respirando e che gli corresse nei polmoni al posto dell'ossigeno. Uccidendolo, lentamente, inesorabilmente. 
E poi la luce arrivò, e con questa subito un leggero barlume di speranza, destinata a spegnersi con la stessa velocità con cui era arrivata quando si rese conto da dove proveniva, e allora rimpianse il buio. 
Fiamme. 
Alte fiamme invadevano la stanza, ora sapeva che si trovava in una stanza, dove non c'erano né porte né finestrein un'altra occasione si sarebbe chiesto come era arrivato fin , ma ora è ora, gli altri momenti non contano e in quel preciso momento lui sentì un antico sentimento pervaderlo, il terrore. 

Aveva, altre volte, provato paura; eppure non ricordava l'ultima volta che questa gli aveva impedito di muoversi, persino di respirare, di ragionare, di trovare una via di scampo. 
C'era solo il terrore. 
La testa iniziò a dolergli, senza dubbio il fumo pensò all'inizio con quel briciolo di lucidità che gli era rimasto, eppure il dolore era troppo forte, arrivava a fitte. Chiuse gli occhi e subito vide immagini che era sicuro di non  conoscere, eppure gli erano familiari. 
Prima era un giardino in primavera con una donna ridente, poi la donna scomparve e con lei l'allegria primaverile, al suo posto una carrozza cupa, poi ancora un castello nero e infine per ultimo, una cella, le sapeva riconoscere bene le celle lui, grigia semi buia priva di finestre e con una massiccia porta di legno chiusa ovviamente. Un uomo, un nobile, che gli dava le spalle, appariva soddisfatto, mentre guardava il centro della stanza dove  pendevano delle catene impregnate di sangue con le quali era stata legata una donna moribonda, sicuramente erano quelle a tenerla in piedi, perché appariva esausta e a malapena respirava il capo chino come rassegnato, i suoi umili vestiti erano a brandelli e orrende ferite coprivano il suo corpo, poi con una forza che non avrebbe mai considerato che quella apparentemente fragile creatura potesse avere alzò il capo nella sua direzione, e finalmente la riconobbe era la donna che rideva sul prato allora piena di vita e anche ora morente sorrise, non un sorriso sarcastico ma un vero sorriso pieno d'amore, mentre con flebile voce mormorò 

<< Non dimenticare Charles, non dimenticare chi sei, tesoro mio >> 
Riaprì gli occhi, era di nuovo nella stanza in fiamme ma  stavolta non era più solo, una figura si ergeva di fronte a lui. Da dove veniva? Era sempre stato lì? Forse... 
La figura, non sapeva se poteva definirlo un uomo perché una lunga veste nera lo copriva completamente, l'unica parte al di fuori di essa era il viso, ma questo era coperto da una maschera, anch'essa nera rendendo visibili solo gli occhi. Due grandi occhi, forse sarebbero stati considerati belli, se non fosse stato per il loro colore. 
Erano rossi. 
Rossi come il fuoco che tutto intorno avanzava sempre di più. 
<< Chi sei? >> riuscì a nascondere orgogliosamente la paura che provava ma in risposta una lugubre risata provenne dalla figura. 
<< Tranquillo, ragazzino, non morirai oggi; smettila di tremare come una foglia. Sei ridicolo! Ho sentito parlare di te, ma devo dire che oggi che finalmente ti incontro, mi deludi. 
Sei solo un ragazzo >> la sua voce era bassa e sembrava distorta come se venisse da lontano, dalle profondità della terra.  
Mi sforzati di calmarmi. 
<< Ti ho chiesto il tuo nome, ti ordino di rispondermi immediatamente o ti eliminerò! >> 
<< Tu? eliminare me? >> chiese scetticamente la figura 
<< Allora oltre a essere uno stupido, sei anche un folle.  
I maghi più potenti tutti insieme non poterono fare nulla contro di me, e  tu, un ragazzino, pensi di potercela fare da solo? Divertente. Ma ora taci. >> a quelle parole non riuscì a replicare, la sua bocca era come irrigidita, la sua lingua sembrava troppo pensante per muoversi. 
<< Non è ancora tempo che tu conosca il mio nome, presto lo capirai, ma non oggi, ti ho convocato per darti uno scorcio del tuo futuro. Vedi queste fiammetu hai ciò che non molti hanno, anche se ognuno pensa di avere: 

Una scelta. 

Puoi scegliere di controllarle o di soccombere ad esse>> e di nuovo rise. 
Dopo queste parole tutto quello che aveva intorno si dissolse, sparirono le fiamme, la figura e la sua risata.Tutto divenne buio ,ma stavolta si rese conto di avere gli occhi chiusi; quando li riaprì era di nuovo alla locanda, Porthos accanto a lui russava leggermente assopito su una sedia: era stato tutto un sogno. 

L'alba non era ancora spuntata, doveva essersi addormentato durante la cena, non ne ricordava assolutamente niente, strano che non l'avessero svegliato, e tra l'altro dove erano ora gli altri? Provò a ricordare ma la sua mente era ancora annebbiata dal sonno e quel letto era così soffice, lo stava invitando a tornare nelle braccia di Morfeo, che male poteva esserci dopotutto nel dormire altri cinque minuti? E poi chissà quando avrebbe avuto di nuovo la possibilità di avere un letto, mai più probabilmente , il pensiero non lo spaventava ormai, aveva accettato da tempo l'inevitabilità del suo destino, ancor prima di essere catturato, in fondo quanto a lungo poteva vivere un mago in un mondo simile? Diciannove anni erano già molti per sfuggire alla sorte, solo che... c'erano ancora delle cose che avrebbe voluto fare, gli salì alla mente l'immagine di un dolce e paffuto volto chiaro, ma per allora il sonno aveva già vinto, e stava scivolando lentamente in un felice oblio. 

Sono desolato di interrompere la storia a questo punto, ma ho una confessione da farvi. 
Vi confesso, amici miei, perché, anche se non vi conosco e mai vedrò i vostri visi, voi siete già cari al mio cuore, che sono stato disonesto finora. 
Quando ho cominciato a scrivere non credevo che avrei lasciato una parte del mio cuore in queste pagine. 
Il mio scopo era raccontarvi la storia di un eroe, che senza queste parole sarà inevitabilmente dimenticato, avrei tralasciato alcuni eventi che ritenevo per voi insignificanti, ma che nel mio cuore erano gelosamente custoditi. Riconosco ora di essere stato egoista.  

E l'ho compreso solo adesso. Ora che non sto vivendo altro che momenti rubati alle strette grinfie della dea incappucciata, perché la mia morte è prossima a giungere. 

Ho quindi deciso di narrarvi anche di questi momenti a me più cari e che ora ho due ragioni per narrarvi. 

La prima è molto semplice, come ho già detto, non mi rimarrà ancora molto da trascorrere in questo mondo, perciò non è detto che io riesca a terminare la mia storia quindi è almeno mio dovere cercare di farvi comprendere in queste poche pagine che riuscirò a scrivere chi era davvero Charles D'Artagnan, uomo di grande coraggio, grande onore, ma soprattutto enorme cuore. 

E' ovvio che farò del mio meglio per completare la mia storia, ma cercate di capirmi se non dovessi farcela, non odiatemi perché pur avendo perso i miei fratelli, i miei familiari, mia moglie e mio figlio, nonostante la corona mi abbia più volte abbandonato come tutti gli altri suoi soldati, io non smetterò mai di proteggere la Francia. 

Il secondo motivo è di natura più egoista, me ne rendo conto, eppure sono solo un uomo, ho molti difetti, probabilmente più che pregi, e durante la mia vita ho visto molti morire, che siano caduti in battaglia oppure a causa di un mortale morbo, li ho visti presto dimenticati, i loro corpi coperti dalla polvere lasciati a decomporre, mentre i loro cari lentamente li abbandonavano. Io non ho cari, nessuno mi rimpiangerà quando non sarò più qui, dopo un anno sarò già stato dimenticato da tutti, dopo dieci non sarò altro che uno scheletro lasciato in una fossa comune. Io non sopravviv a questa guerra ma almeno la mia speranza è che i miei ricordi lo facciano. 

Non ho altro da dirvi su di me, perciò torno a narrarvi la storia che mi scuso di aver interrotto con queste vili parole. 

 

<< D'Artagnan, svegliati!  >> il ragazzo sembrava ancora profondamente addormentato, quando aveva tentato di chiamarlo si era semplicemente voltato dall'altro lato , mormorando qualcosa che molto lontanamente ricordava  

<< Altri dieci minuti per favore >> al quale Porthos non poté trattenere un sorriso, era  così intenerito da quella richiesta da star per cedere, ma Aramis doveva controllare le sue ferite per sapere se potevano riprendere il cammino, sospirò, se fossero partiti sarebbero arrivati a Parigi in meno di due giorni, non era ancora pronto a dire addio al ragazzo, e soprattutto a lasciarlo nelle mani di uomini tanto orrendi. Sperava in un ultimo giorno di pace in quella tranquilla locanda. 

Così delicatamente poggiò una mano sulla spalla del mago scrollandolo dolcemente, a quel gesto finalmente D'Artagnan aprì gli occhi, osservandolo disorientato per qualche secondo, prima di comprendere dove si trovasse e chi fosse l'uomo di fronte a lui, poi finalmente mormorò: 

<< Porthos >> stropicciandosi gli occhi << Perché mi hai svegliato? Stavo facendo un così bel sogno >> al moschettiere sembrava di parlare con un bambino, e il paragone non poté che farlo ridere. 

<< Mi dispiace D'Artagnan, ma l'ora di svegliarsi è arrivata, Aramis sta per arrivare e ho pensato che avresti voluto mangiare qualcosa e almeno lavarti un minimo, senza offesa ragazzo, ma puzzi! >> 

<< Io non puzzo affatto! Tu al massimo. >> 

<< Si certo come vuoi tu, ma qui è appena arrivata una bella colazione dalla cucina se ne vuoi un po' devi lavarti, l'acqua è già qui. >> solo in quel momento il ragazzo vide il vassoio ancora fumante ricolmo di delizie. 

<< Va bene >> si alzò, finalmente, sbuffando per quel forzato risveglio e, ai suoi occhi, ingiusto ricatto. Porthos temeva che sarebbe potuto cadere come il giorno precedente, eppure ora il ragazzo appariva in forma migliore, aveva guadagnato anche colore; era un prodigio la velocità con cui quel ragazzo poteva guarire, eppure quel pensiero che in un altro momento lo avrebbe rallegrato, ora lo preoccupava, non poco. 

<< Porthos scusami? >> quelle parole lo risvegliarono dal turbine di pensieri in cui era caduto. 

<< Si ragazzo? >> 

<< Potrei lavarmi senza che tu mi osservi tutto il tempo, non rischio di affogarmi nell'acqua tranquillo >> un sorrise sorse spontaneo sulle labbra di entrambi a quelle parole 

<< Non ti stavo "osservando" , ragionavo solo su quanto velocemente fossi guarito >> 

<< Nel caso lo dimenticassi sono un mago, un vantaggio ci deve essere con tutti i guai che porta >> 

<< Beh il poter non mangiare per giorni, guarire in pochi secondi sia te stesso che altre persone e cacciare enormi fasci di luce non mi sembra proprio un piccolo vantaggio >> 

<< Chiamali come vuoi, ma ora posso rimanere solo? >> stavolta lo chiese con un espressioni da cane bastonato sperando di intenerire il tenero animo del moschettiere, furbo il ragazzo. 

<< Come vuoi tu , ragazzina; pero ascoltami bene non cercare di rimuovere le bende, lascia che sia Aramis a farlo, e per l'amor del cielo lavati quei capelli,fremo al solo pensiero di cosa troverai al loro interno. >> 

Quando uscii dalla stanza mi trovai  davanti la persona che più di tutte cercavo in quel momento 

<< Buongiorno Aramis, come hai passato la notte con Athos e Rochefort? >> 









Note dell'autrice
Buonasera a chiunque stia leggendo.
Mi dispiace da morire per il mio immenso ritardo, stavo cercando di scrivere un capitolo un po' più leggero rispetto al solito, perchè mi hanno fatto notare che la storia stava diventando pesante. Devo dire che comunque non è esattamente un capitolo leggero ma ho una spiegazione il capitolo originale era in realtà lungo 20 pagine di word e quindi forse poteva risultare, ma dico forse eh, un pochino lunghetto! 
Quindi vi dò una buona notizia il prossimo capitolo è già pronto e lo pubblicherò sabato prossimo "ti prego LadyStarKiller98 ora l'ho detto toglimi quella pistola dalla testa" ahahahha
Vi dò un piccolo indizio non dimenticate il dolce faccino che D'Artagnan vede prima di riaddormentarsi.
Ringrazio come al solito tutte le persone che mi hanno recensito e LadySTarKiller98 per il suo disegno, se vi va fatemi sapere che ne pensate anche di quello.
Grazie mille per il vostro tempo.
Ora vado buonaserata a tutti XD

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Capitolo 9
*** Fiore d'arancio ***




Fiore d'arancio


<< Buongiorno Aramis come hai passato la notte con 
Rochefort e Athos? Aspetta non rispondere deduco dalla tua faccia che o le loro discussioni ti hanno tenuto sveglio tutta la notte o al posto di dormire hai deciso di assaporare i sublimi versi della bibbia fino allo spuntar dell'alba >> l'occhiata torva che gli lanciò il fratello confermò i suoi sospetti più di quanto avrebbero potuto le sue parole. 

<< Sai, Porthos, ho avuto, però, tempo per pensare>> disse improvvisamente serio 

<< Pensare a cosa? >> 

<< A noi, alle nostre azioni, a ciò che abbiamo fatto e a ciò che stiamo per fare, perché so come questa storia andrà a finire e non prevedo un lieto fine per noi. Le nostre azioni ci hanno portato a tradire il nostro regimento, lo stesso che, a costo della vita, abbiamo giurato di difendere, che per anni abbiamo difeso. Possibile che per anni abbiamo protetto coloro che hanno permesso che tali accadessero a innocenti? Possibile che tutte le nostre azioni, negli ultimi anni, non siano state altro che un errore? E su quali basi possiamo affermare tutto ciò? Sulla parola di un ragazzino che non conosciamo che potrebbe averci detto la verità, così come averci raccontato un mucchio di frottole, perché mai dovremo essere in grado di distinguerle, per quanto ne sappiamo potrebbe essersele procurate da solo quelle ferite. >> 

<< Non starai dicendo sul serio? Vero? >> 
<< No, ovviamente no; o forse sì, sono stanco, ho bisogno di tempo per capire. Il mio cervello continua a ripetermi di non fidarmi e di vedere solo un grosso imbroglione, ma la verità è che quando incrocio i suoi occhi vedo solo quella pura innocenza che mi fa vergognare dei miei sospetti. Come può una tale innocenza aver commesso azioni così terribili da poter giustificare un simile trattamento, sempre se un simile trattamento po' essere giustificabile. >> 

<< Aramis ascoltami... >> ma le sue parole furono presto interrotte 
<< Aramis ha ragione >> apparve in quel momento D'Artagnan con addosso i vestiti di Aramis così larghi su quell'esile corpo che lo facevano apparire quasi un bambino che all'oscuro dei parenti aveva voluto provare i vestiti della domenica del padre. Aveva i capelli ancora bagnati che gli colavano davanti agli occhi puntati verso il basso 

<< Aramis ha ragione. Non c'è nessun motivo per il quale vi dovreste fidare di me, è inutile quanto tentiate di negarlo. Io Charles D'Artagnan, un tempo mago apprezzato dai miei simili, oggi sono solo un prigioniero che voi avete l'ordine di condurre alla morte. Come potrei mai convicervi della mia innocenza. Io stesso, al vostro posto, avrei diversi dubbi al riguardo. Tuttavia vi sono grato e vi sarei grato anche se ora decidesse di farmi rimettere gli stracci, il bavaglio, il sacco e di legarmi dietro il vostro cavallo più veloce in modo che arrivi a Parigi entro questo pomeriggio in quelle catene. >> Ingenuo il ragazzo non sapeva che mancava meno di un'ora per arrivare alla porta della capitale << Vi sarei grato perché mi avete mostrato il senso della parola "umanità", perché senza dovermi nulla mi avete nutrito, lavato e protetto. Mai prima di questi giorni persone diverse da me mi avevano accolto con simile gentilezza. Non sento di meritare tutto questo, perché se voi chiedeste a me di rivelarmi della mia gente, dei loro nomi, delle loro posizioni non lo potrei fare. Ho giurato sulla mia vita di non farlo, ma se posso fare altro, qualunque altra cosa, io vi giurò che non mi tirerò indietro. >> 

<< D'Artagnan mai ti potremo chiedere un simile sacrificio così come io non tradirei mai i miei fratelli, io capisco il tuo bisogno di proteggere i tuoi, però se davvero posso chiederti qualunque altra cosa>> 

Il ragazzo annuì convinto  

<< Qualunque altra cosa sarei felice di farla per voi >> 

<< Per caso... risponderesti a delle domande? >> sorrise a quelle parole 

<< Se posso, ne sarei molto felice.>> 

<< Allora entriamo, parlerete mentre cambio le tue bende>>Il moro annuì facendo entrare i due nella stanza e sedendosi sul letto. 

<< Togliti la camicia ragazzo. >> ubbidì prontamente alle parole del moschettiere mostrando il torso coperto di bende. 

<< Mi sbaglio oppure queste sono ustioni>> il suo volto si fece improvvisamente serio 

<< Si è vero Aramis, le fiamme erano il metodo di tortura preferito dai miei carcerieri. >> 

<< Quanto tempo sei stato prigioniero? >> occhi confusi risposero a quella domanda 

<< Io...non so che giorno è oggi... non so quanto sia passato onestamente>> 

<< Oggi è il 17 ottobre 1617>> stavolta il suo volto fu preso dallo sconforto 

<< Sono stato rinchiuso più di un anno, fui catturato il 21 aprile 1616, il giorno dell'inizio della primavera, lo ricordo perché quella mattina trovai un arancio, fiorito prima di tutti gli altri, era bellissimo e così decisi di raccogliere alcuni boccioli. Ovviamente la maggior parte caddero a terra quando mi presero le guardie eppure ne riuscì a conservare uno, quel piccolo fiore mi diede speranza in quei primi giorni bui, se lui poteva continuare a risplendere in tutta la sua bellezza nonostante fosse stato strappato prima del tempo dalla mia mano crudele, perché non dovevo riuscirci io? No durò a lungo il fiore fu bruciato dalle guardie non appena lo trovarono appena una settimana dopo ormai secco e senza forza, ma scusatemi stavo divagando.>> 

<< Niente affatto è bello sentirti parlare, è quasi rilassante, sei nato per raccontare storie, ma ora per favore cambiamo argomento. >> 

<< Aspetta, Aramis, io ho ancora una domanda se D'Artagnan è disposto ancora a rispondermi. >> l'interpellato annuì a queste parole 

<< Allora perché hai riacquisito e forze quando ti ho tolto le catene nella foresta? E soprattutto perché ieri hai cambiamento subito atteggiamento quando Rochefort ha pronunciato il tuo nome?>> 

<< Queste sono due domande, comunque quelle non sono semplici catene ma un artefatto di magia oscura, sono utilizzate per contenere il nostro potere, ma la magia è parte di me, sopprimerla, è come tagliarmi un braccio, causa immenso dolore. Le catene possono essere di diverso materiale a seconda del loro potere, le mie erano di metallo, avrebbero limitato completamente la magia solo di qualcuno estremamente scarso, nonostante questo tentare di evocare la mia magia mi avrebbe causato un dolore accecante, solo un pazzo l'avrebbe fatto >> 

<< Tu l'hai fatto per salvare noi!>> 

<< Non ho mai detto di non essere pazzo, comunque il materiale più fine è il diamante, ne esistono solo poche paia al mondo, ma il loro potere avvelena lentamente chi le indossa portandolo inevitabilmente a una dolorosa morte. >> 
<< Mi dispiace ragazzo, avrei dovuto bruciare quei congegni infernali per evitare che qualcun altro debba patire la tua sofferenza, ma Rochefort le ha prese e le custodisce gelosamente, tuttavia non gli permetterò di avvicinarsi nuovamente a te. Te lo giuro. >> 

<< Porthos non capisci la situazione è più grave di quanto pensi, pensavo lo sapeste ma mi sono ricreduto. Rochefort sa qualcosa di me che lo rende molto potente. Il mio vero nome, perché, vedete, niente nel mio mondo è più forte del nome che la madre dà al suo piccolo la prima volta che lo stringe tra le braccia, solo pochi fidati dovrebbero conoscere il vero nome di un mago perché gli permette di controllare il mago stesso e disobbedire agli ordini di chi conosce il tuo nome è quasi impossibile.>> 
<< Perdonami D'Artagnan, di nuovo, la mia ignoranza ti ha messo in pericolo. >> 
<< Porthos dimentichi forse che è stata una mia scelta rivelarvi il mio nome e ancora oggi non me ne pento. >> 

<< Ora però basta domande, il ragazzo deve riposare ancora un altro giorno prima che sia pronto a partire.>> Affermò Aramis che in tutto quel tempo aveva ascoltato in silenzio, e alle cui parole il volto del ragazzo si illuminò: un altro giorno di riposo, anzi in realtà l'ultimo della sua breve vita. 

<< Permettimi di chiedere adesso io un favore, non penso di meritarlo, ma mai più avrò una simile opportunità. >> 

<< Parla mucchietto d'ossa>> rispose Porthos sorridendo di cuore 

<< Potremo uscire? Ci sono dei campi lì fuori li ho visti dalla finestra. Mi piacerebbe vederli mi ricordano la mia casa.>> 





Note dell'autrice
Vi prego se è rimasto qualcuno a leggere questa storia non mi uccida per averla abbandonata per più di un anno, la verità è che mi sono ritrovata all'improvviso molti impegni e soprattutto troppa ansia addosso , ma stasera mi sono ricordata quanto in realtà mi piaccia scrivere. Ok scusatemi divago come D'Artagnan. Volevo solo ringraziare la recensione di devilsmile che dopo così tanto tempo mi ha fatto ripensare a questa storia ma anche Cara93 e LadyRhaenysTargaryen che mi hanno dato opinioni e consigni utili ogni volta.
Ora ci tenevo solo a precisare una cosa se li aveste notati i doppi sensi sono volontari ma messi lì al solo scopo di far ridere e rendere questo capitolo un po' più leggero, non sono capace a scrivere slash.
Nella speranza che un'anima pia mi faccia sapere cosa ne pensa di questo disastro vi scrivo solo 
A presto
I love chocolate

 

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Capitolo 10
*** Constance ***


 

Constance


<< Potremo uscire? Ho visto dei campi qui fuori dalla finestra... Potremo andare lì? >>

I due moschettieri parvero preoccupati

<< Aramis, è il ragazzo forte abbastanza? >>

<< Si! Lo sono, per favore. Aramis dillo pure tu te ne prego. >> e insieme a queste parole sfoderò uno sguardo da cucciolo degno di poter rompere il cuore dell'uomo più inflessibile che io abbia mai conosciuto, vale a dire Athos.

Dopo un lungo momento di riflessione Aramis infine sbuffando rispose

<< Va bene, ma ci sono delle condizioni. >> Gli occhi del ragazzo si illuminarono e un grande sorriso si aprì sul suo volto, bastò quell'espressione per farmi capire che la nostra era la scelta giusta. E' difficile spiegarlo a una persona che non ha potuto assistere personalmente a quei giorni e vi assicuro, miei cari lettori dalla dubbia esistenza, che ci ho provato molte volte dopo la morte di tutti i miei fratelli, forse per estrema solitudine ho provato a riportarli in vita anche solo per pochi secondi raccontando ad altri i miei ricordi. Ho provato e riprovato, eppure ogni volta che arrivavo a questo punto della storia quello che vedevo era sempre lo stesso sguardo, incredulità, perchè vedete anche se conoscevo d'Artagnan da pochi giorni era per me diventato come un fratello piccolo da proteggere, avevo sviluppato un forte affetto nei suoi confronti, nessuno credeva che in così poco tempo un simile legame potesse essere creato e forse poiché non riuscivo più a sopportare l'ipocrisia che dimostravano coloro intorno a me che fingevano di credermi ma che in realtà non ne erano capaci e quindi sorridevano e annuivano come si fa con le parole di un vecchio pazzo, forse per questo motivo ho smesso di raccontare questa storia, ma mi sentivo solo, incredibilmente solo, circondato da ricordi lontani che piano piano stavano sbiadendo è così che ho iniziato a scrivere questo piccolo diario con la speranza che il calore di queste parole possa far luce nelle tenebre della mia solitudine. Comunque come mio solito sto divagando, forse sono davvero un vecchio pazzo, quando il tempo stringe e tanto rimane da dire.

<< Farò qualunque cosa Aramis! >>

<< Va bene, prima di tutto bene, voglio che tu mangi, non quelle misere quantità che hai ingurgitato finora ma una ricca colazione, poi ovviamente ti dovrai coprire bene l'inverno è alle porte e tu sei ancora troppo debole, inoltre non voglio che tu compia sforzi eccessivi...>>

<< Suvvia Aramis credo abbia capito, non fare la mammina come tuo solito. >>

<< d'Artagnan promettimi che farai come ti dico e non il contrario, come hai fatto finora >>

<< Aramis, premesso che il mio “fare il contrario” è l'unica ragione per cui siete ancora vivi, ma se ti fa star tranquillo prometto che ti starò a sentire. Ora passami la colazione che tutto quel verde mi sta chiamando >>.

<< Bravo ragazzo >> rise Porthos dandogli una pacca sulla spalla un po troppo forte che per poco non gettò il ragazzo giù dal letto.

 

Non dimenticherò mai quella giornata, uno dei nostri ultimi momenti di felicità e forse l'ultimo di spensieratezza. Si dice che il cigno, animale maestoso e di invidiabile bellezza, intoni il suo canto più bello poco prima di lasciarsi avvolgere dalle gelide braccia della dea nera, così per me fu quel pomeriggio l'ultima scintilla di gioia prima che ci circondasse l'oscurità.

I campi di cui parlava d'Artagnan non erano altro che un prato incolto dove soffiava un leggero venticello che scuoteva le foglie dorate degli alberi, gentile come se anche lui cercasse di essere delicato per non arrecare danno alla già compromessa salute del nostro giovane amico. A delimitare il prato era un bosco di cui non si riusciva a intuire la fine (forse su quelle montagne lontane?) dove gli alberisembravano non essersi accorti della stagione in cui si trovavano e le loro foglie crescevano forti e verdi come se fossero stati in primavera. d'Artagnan, ancora debole si accasciò contro il tronco di un albero con i capelli leggermente mossi dal vento, il volto illuminato dal sole, straordinariamente caldo per una giornata autunnale, e gli occhi chiusi in un'espressione di totale rilassamento.

<< Lo sapete questo mi ricorda la nostra prima conversazione anche allora ero in un prato contro un albero mancano solo diversi strati di corde e catene >>

<< Ti hanno mai detto che hai uno strano senso dell'umorismo ragazzo? >>
<< Tante volte >> disse ridendo.

Con quelle parole calò il silenzio, ma non un silenzio teso come la sera prima, quel giorno la calma faceva da padrona e la quiete era interrotta solo dal canticchiare di qualche ultimo uccellino che presto sarebbe partito come i suoi fratelli per lasciare questa terra di sofferenza.

Restammo fuori fino all'ora di pranzo, pasto che con nostra grande sorpresa la figlia del locandiere decise di servirci sul prato, era una ragazza esile, probabilmente dell'età di d'Artagnan i cui capelli neri erano stati raccolti con molta fatica in una treccia, ma nonostante la volontà della loro padrona non sembravano per niente domati, anzi sfuggivano in ogni punto, dandole un'aria piuttosto disordinata, probabilmente non migliorata dalle macchie di farine sul grembiule grigio. Eppure nonostante l'aspetto leggermente goffo era molto graziosa un piccolo nasino e due grandi occhi verdi abbellivano il suo volto. Uscì dalla locanda portando un vassoio spaventosamente pieno di deliziose pietanze, tanto che dopo pochi passi, uno dei calici cadde a terra e subito il ragazzo si precipitò al suo fianco per raccoglierlo e prendere il vassoio dalle mani della locandiera.

<< Sono lieta di vedervi in piedi, Monsieur, quando siete arrivato eravate così pallido che ho temuto il peggio >>

<< Allora probabilmente vi devo i miei ringraziamenti, Mademoiselle >> lei lo guardò con aria interrogativa

<< Di certo senza i vostri piatti deliziosi non sarei qui a godermi questo sole oggi. >> continuò il ragazzo mentre la mora arrossiva visibilmente al complimento ma quando stava per rispondere udimmo provenire dalla locanda una voce profonda

<< Perdonatemi, Monsieur, mio padre mi chiama, spero possiate godervi il pranzo >>.

Nel frattempo Porthos e Aramis avevano assistito all'intera scena, ridacchiando silenziosamente e soltanto quando la ragazza scomparve alla loro vista Porthos esordì con:

<< Devo complimentarmi con il tuo buon gusto Darty, Elise è davvero molto affascinante >> a queste parole il ragazzo arrossì visibilmente

<< Porthos lei è davvero molto bella, ma mi dispiace deluderti il mio cuore apparterrà per sempre ad un altra, per quanto Lei abbia deciso di rifiutarlo. >>

<< E' lei la persona che hai giurato di proteggere? >> intervenne Aramis e d'Artagnan annuì leggermente

<< Prima dicevo che capivo il tuo desiderio di proteggere i tuoi fratelli, però ora in effetti mi rendo conto che in realtà il termine non era dei più adatti >> i tre scoppiarono a ridere all'affermazione

<< Ci parleresti di lei? >>

<< In realtà non c'è molto da dire, era bella come il sole, in effetti assomigliava ad Elise ma era anche completamente diversa >> al solo parlare di lei i suoi occhi si illuminarono << Era molto esile, ma era un errore considerarla fragile o delicata, aveva grandi occhi marroni con lunghe sopracciglia, però qui terminano i tratti che la potevano far confondere per una gran signora, era figlia di due contadini molto poveri, sin da piccola era stata abituata a lavorare nei campi quindi portava i capelli molto corti cosicché non le fossero d'intralcio, dacché mi ricordi li ha sempre tagliati più corti dei miei, ma dovevano essere sempre perfettamente in ordine tra l'altro era incredibile ma nonostante le lunghe ore passate sotto il sole la sua pelle era sempre bianchissima.

Era anche lei una maga, una potente anche, poteva controllare l'acqua, mi salvò la vita al nostro primo incontro quando entrambi eravamo poco più che bambini e non so più quante altre volte. Lei era innamorata dell'avventura, non so quante volte mi convinse a scappare di notte per poter attraversare la foresta lì vicino , per andare a vedere i cuccioli di lupi appena nati, di solito essere attaccati dalle loro mamme, cercare delle bacche selvatiche deliziose, ma soprattutto per imparare a utilizzare i nostri poteri. Avevamo quindici anni quando ci scambiammo per la prima volta e anche per l'ultima un bacio, nient'altro che un leggero tocco di labbra , ma non posso dimenticarlo. Lei si sarebbe sposata il giorno dopo, il suo futuro marito aveva il doppio della sua età ma era un borghese, era un matrimonio molto vantaggioso per i suoi genitori che avrebbero finalmente potuto smettere di lavorare, ma lei sarebbe stata infelice. Ricordo la tristezza nei suoi occhi quella sera, credevo che si sarebbe messa a piangere a un certo punto, ma lei era forte non l'ho mai vista piangere e avrebbe fatto di tutto per i suoi genitori perciò aveva accettato quel misero destino. Andammo via all'alba e da quel giorno la riuscì a vedere solo raramente, non avemmo più l'occasione di parlare . Un anno dopo fui arrestato, sull'orlo della sua nuova casa avevo voluto portarle dei fiori per rallegrarla, Lei amava i fiori d'arancio, li usava spesso per adornarsi i capelli come se avesse avuto bisogno di qualcosa che la rendesse più bella, eppure quei fiori mi caddero tutti quando vidi le guardie rosse, furono calpestati e distrutti, sotto gli occhi di Lei, perchè mentre venivo arrestato Lei era in casa la vidi che mi osservava da una finestra eppure non fece nessun cenno di volermi aiutare, tutto ciò che fece fu solamente osservare mentre mi trascinavano via. >>

una lacrima solitaria attraversò la sua guancia e si affrettò ad aggiungere << E' stato molto tempo fa, non preoccupatevi. >>

Porthos senza dire nulla si alzò e abbracciò il ragazzo in maniera stranamente delicata per uno come lui, quasi temesse che fosse così fragile da potersi rompere

<< Porthos ti ricordo che non sono un pezzo di porcellana, non mi spezzo facilmente, perchè adesso non facciamo invece una passeggiata, potremo gustare questo cibo nel bosco >> disse iniziando a camminare senza neanche aspettarli, quegli alberi lo chiamavano in maniera inspiegabile.

<< Si hai ragione d'Artagnan tu non ti spezzi >> mormorò Aramis senza essere sentito dagli altri due.

Aveva dimenticato la bellezza della foresta, l'aria umida, il verde intorno e quel posto inoltre gli sembrava stranamente familiare, quegli alberi, quelle montagne, gli ci volle più di qualche secondo per poterli riconoscere, ma non ebbe più dubbi quando vide che su un albero antico era stata incisa una croce al di sotto della quale c'erano due lettere due C tra loro intrecciate, era il bosco dove scappavano loro due. Poi si ricordò che avevano inciso quell'albero come molti altri nella foresta per non perdersi, che conducevano a una caverna che attraversava i monti. Se avesse voluto sarebbe potuto scappare, era impossibile ritrovare la strada senza conoscere la foresta. Avrebbe potuto scappare lasciarsi alle spalle quell'incubo e ritornare alla sua vecchia vita, avrebbe dimenticato quell'anno di tortura, quelle catene soffocanti, la minaccia del rogo che pendeva costantemente sulla sua testa. Però avrebbe dovuto abbandonare Porthos, Aramis e anche Athos, loro l'avevano aiutato e protetto senza che nessuno glielo avesse chiesto, senza ricevere nulla in cambio per la loro generosità anzi rischiando di essere cacciati dal reggimento per aver infranto la legge. Grazie a loro aveva ritrovato il sorriso, aveva scoperto che esistevano anche uomini caritatevoli, li conosceva solo da pochi giorni eppure gli doveva molto , troppo per abbandonarli così senza nemmeno una spiegazione.

E poi sarebbe scappato per tornare dove? Non aveva genitori o amici e l'unica donna che aveva mai amato lo aveva abbandonato al suo destino. Non era meglio morire tra persone care che vivere da solo?

Non si era accorto di aver iniziato a correre, la caverna ormai era vicina, ma si fermò improvvisamente e i due moschettieri lo raggiunsero in poco.

<< d'Artagnan cosa ti ha preso? Temevamo ti saresti ferito correndo così! >> esclamò Porthos, dolce ingenuo Porthos, l'idea che il ragazzo scappasse non lo aveva nemmeno sfiorato

<< Porthos potresti andare a prendere qualcosa da mangiare, presi dalla corsa di d'Artagnan abbiamo dimenticato il pranzo >>
<< Come vuoi Aramis >> e con queste parole tornò indietro ma l'altro moschettiere non parlò finchè non fu sicuro di non poter essere sentito

<< Perchè ti sei fermato? Se avessi tentato di scappare non ti avremo fermato ,di certo non ti avrei biasimato e neanche gli altri. Avremo capito. >>

<< Aramis i tuoi compagni sanno del tuo segreto? >> il moschettiere rimase spiazzato dalla domanda ma dopo qualche secondo rispose con un secco no

<< Hai paura che ti denuncino? >> questa il moschettiere rispose con un sonoro no immediatamente

<< E allora perchè?>>

<< Già altri sono morti per il mio segreto, non voglio che la situazione si ripeta . Non posso permettere che si ripeta >> affermò Aramis con gli occhi bassi e i pugni stretti come ricordando con rabbia le ingiustizie del suo passato

<< Anche io >> queste parole sorpresero il moschettiere

<< Cosa intendi? >>

<< Aramis se io scappassi, sareste voi a finire nei guai, verreste cacciati dal reggimento e forse incarcerati per aver aiutato un criminale, perchè è quello che sono secondo la legge. Non accetto che qualcun altro paghi per le mie azioni, soprattutto se sono persone che, anche se conosco da poco, mi sono diventate molto care. Tra l'altro dove potrei andare se scappassi? Affronterò il mio destino , qualunque esso sia. >> il volto del ragazzo si scurì, gli occhi sembrarono per un momento divenire rossi, ma forse si trattò solo di un'impressione, si uno strano riflesso.

<< Aramis stai sicuro che quando arriverò a Parigi lotterò per dimostrare la innocenza mia e di tutti quelli prima di me. Chi mi incarcerò si pentirà delle sue azioni! >>

<< Cosa intendi fare? Ribellarti alla corona? Al potere del cardinale? >>

<< Intendo domare le fiamme invece di soccombere ad esse >>

Note dell'autrice

Incredibile ma vero due aggiornamenti nello stesso mese....potrebbe essere un nuovo record...
Comunque immagino che questi capitoli nella locanda stiano leggermente iniziando a stancare, presto comincerà la vera azione anche se spero che il prossimo capitolo lo troverete interessante lo stesso ( sarà l'ultimo nella locanda) sarà dedicato al moschettiere che fino a questo momento ho lasciato un po' da parte Athos perchè data la sua diffidenza ho creduto che il suo rapporto con d'Artagnan si dovesse sviluppare lentamente, non si poteva affezionare subito come Porthos.
Per quanto riguarda questo capitolo, avevo promesso un capitolo più leggero e invece ho cominciato con i lamenti del narratore,mi dispiace non so proprio fare a meno del dramma, a proposito del narratore ho una cosa da dire, ha sempre detto di non essere bravo a raccontare e che commetterà degli errori, magari uno di questi errori potrebbe essere un indizio sulla sua vera identità?
Avverto che il personaggio di Constancesarà diverso da come ve lo aspettate, all'inizio volevo creare un personaggio molto più classico, ma ho deciso , invece di cambiare completamente; perciò vi avverto fin dall'inizio non vi aspettate un'eroina ma nemmeno una cattiva, di più non posso dire senza rovinare la storia.
Un'ultima cosa volevo ringraziare devil_smile e Kiriosako per le loro recensioni, se a qualcuno dovesse venire la malsana idea di leggere  questa storia lo prego di farmi sapere cosa ne pensa anche insultandola, accetto tutte le critiche perchè voglio imparare a scrivere meglio.
A presto
I love chocolate

 

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