Private Emotion

di agatha
(/viewuser.php?uid=9800)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1° ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2° ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3° ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5° ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1° ***


L’unica luce presente nella stanza era data da una lampadina di colore rosso scuro.
Nonostante il buio Maria De Luca si muoveva agilmente nella camera oscura, intenta a sviluppare delle foto. Prese le pinze per immergere la carta fotografica nella soluzione della bacinella. Attese e, poco alla volta, vide comparire l’immagine. Recuperò la fotografia e con delicatezza la appese per lasciarla asciugare. Aveva quasi finito per fortuna. Nella camera oscura faceva un gran caldo e lei non vedeva l’ora di uscire per godersi il fresco dell’aria condizionata e sorseggiare un drink prima di cena. Era rinchiusa da quasi due ore e sentiva un leggero intorpidimento alle braccia.
“Ancora tre foto e poi ho finito”
Completato il lavoro uscì dalla stanza lasciando la porta leggermente aperta in modo da far circolare l’aria. Si spogliò buttando i vestiti nel cesto e aprì la doccia lasciandosi coccolare dal getto freddo dell’acqua. Chiuse gli occhi lasciandosi bagnare il viso e i capelli. Si rifiutò di pensare alle foto appena sviluppate e cercò di concentrarsi su pensieri più leggeri.
Purtroppo non era facile non andare con la mente al triste anniversario del giorno dopo.
 
Maria De Luca era stata, un tempo, una normalissima ragazzina che viveva in una sperduta cittadina del New Mexico. Era figlia unica, fin da bambina aveva sviluppato un carattere solare, allegro e molto aperto verso gli altri, merito anche dei suoi genitori, persone abbastanza anticonformiste e anche un po’ hippy, soprattutto sua madre Amy. Non aveva ancora un’idea precisa di quello che voleva fare nella vita, sentiva solo che voleva evadere da quella piccola cittadina, un posto con una mentalità troppo ristretta, dove molti ancora erano dell’idea che le donne dovessero stare a casa a badare al marito ed ai figli.
Assurdo, lei pensava in grande, non si sarebbe mai sacrificata solo per seguire degli stupidi schemi. L’occasione della sua vita arrivò proprio quando meno se l’aspettava. Era andata a ballare con una sua amica quando era stata avvicinata da un uomo che si era presentato dicendo di essere un talent scout. Subito Maria lo aveva liquidato classificandolo come un maniaco in cerca di qualche ragazzina da molestare ma l’uomo non si era rassegnato e le aveva dato il suo biglietto da visita.
 
“Mi hai colpito appena ti ho visto. Hai mai pensato di fare la modella? Sei proprio il tipo adatto e vorrei proporti alla mia agenzia”
Quante volte le ragazze sognano di sentirsi dire queste parole?
Troppe volte per poterci credere. Maria sapeva ormai che le favole esistevano solo sui libri stampati, non nella realtà. L’uomo che aveva di fronte era gentile per cui lei aveva deciso di accettare il suo biglietto, per pura cortesia, decisa ad accantonare questo episodio. Tutt’al più avrebbe usato il suo biglietto da visita come segnalibro. Non aveva neanche raccontato l’accaduto ai suoi, per paura di venire sgridata per aver ascoltato quello sconosciuto. Ormai erano passate due settimane e lei aveva rimosso del tutto quell’incontro quando, passeggiando per una via del centro lo aveva incontrato di nuovo. Questa volta non era solo e anche la sua compagna aveva fatto dei commenti su di lei affermando che era proprio la persona che stavano cercando.
“Hai il volto ed il corpo adatto. Non vorresti fare la modella?”
Ancora una volta quella domanda.
Maria aveva scosso la testa. Possibile che volessero prenderla in giro fino a questo punto? Lei non si vedeva così speciale. Sapeva di essere graziosa e ci teneva ad essere sempre al meglio e basta. Questa volta aveva risposto piuttosto sgarbatamente e aveva ricominciato a camminare decisa a non ascoltarli più. Invece neanche dieci minuti dopo lei, i due sconosciuti e i suoi genitori erano tutti seduti nel loro soggiorno discutendo del suo futuro.
Quando se n’erano andati aveva finalmente realizzato che era tutto vero. Erano veramente di un’agenzia di modelle, veramente pensavano che lei avesse tutte le carte per fare quel lavoro.
Assurdo ma vero.
Ne aveva discusso con i suoi genitori. Suo padre era titubante e restio, preferiva che si concentrasse sullo studio mentre Amy aveva ribattuto che un’occasione così capita solo una volta nella vita e che, se lei desiderava provare, forse loro dovevano permetterle di farlo.
Maria ci riflettè tutta la notte e decise di accettare, di provarci.
 
L’agenzia di modelle Elite era una delle più importanti a Los Angeles e lei ancora non credeva di essere stata presa per lavorare da loro. I primi tempi si era sentita come un manichino sballottato di qua e di là. La prima cosa da fare era stata un book fotografico da mostrare come passaporto personale. Venne affiancata ad un’assistente che si occupò di migliorare la sua immagine. I suoi capelli erano stati leggermente accorciati e scalati, il truccatore aveva accentuato la profondità dei suoi occhi e sottolineato le sue labbra. Guardandosi allo specchio Maria aveva stentato a riconoscersi. Ricordava ancora il suo primo commento: Dannatamente bella.
Poi erano seguiti i corsi di portamento e, alla fine, era arrivata la sua prima sfilata. Un’emozione indescrivibile. Da lì era partito tutto e lei si era ritrovata ad essere richiesta da numerosi stilisti. Aveva imparato il significato di “vivere con la valigia in mano”. A quei tempi non aveva legami sentimentali e il suo carattere piuttosto indipendentemente l’aveva aiutata a sopportare la solitudine e la lontananza da casa. Era difficile in quell’ambiente riuscire a stringere delle amicizie. C’era molto competizione e quindi l’ipocrisia regnava sovrana. Un giorno avevi di fianco una ragazza che ti sorrideva incoraggiandoti e, magari, il giorno dopo quella stessa persona ti faceva le scarpe soffiandoti qualche contratto.
 
Durante una sfilata a Parigi aveva conosciuto Sheila. Erano in camera con altre due ragazze ma con lei aveva legato particolarmente. Parlando erano venuti fuori tanti interessi in comune. A differenza delle altre lei era stata sincera e non l’aveva mai pugnalata alle spalle. Era stato come trovare un’oasi nel deserto. A Maria il lavoro sembrava più leggero, il fuso orario non le pesava più e aspettava con ansia di terminare una sfilata in modo da poter commentare con lei i vestiti, i personaggi presenti in sala e tutto quello che veniva loro in mente.
Sempre tramite l’agenzia aveva conosciuto Billy. Lavorava nel settore come agente delle modelle e tutti ne parlavano bene. Dopo un primo colloquio informale con lei e i suoi genitori era diventato anche il suo agente. Effettivamente Maria dovette riconoscere che era bravo, sapeva muoversi nell’ambiente della moda e conosceva tutte le persone e gli agganci giusti. Da quando l’aveva assunto Maria non aveva sbagliato un ingaggio arrivando ad essere abbastanza popolare.
Una sera lui l’aveva invitata a cena e le sembrò naturale, in seguito, mettersi con lui. Conosceva tutto di lei, frequentavano gli stessi ambienti e avevano sempre argomenti in comune di cui parlare. Non si sentiva davvero innamorata di lui, non credeva nell’amore eterno o nei colpi di fulmine, e si accontentava della loro reciproca compagnia.
 
Se in quel momento avessero domandato a Maria cosa voleva dalla vita lei avrebbe risposto niente. Stava diventando famosa, guadagnava discretamente, aveva un’amica del cuore e un ragazzo. Purtroppo aveva imparato, a caro prezzo, quanto quella fosse solo un’illusione, una bolla di sapone trasparente, che le dava l’illusione di vedere il mondo com’era ma, in realtà, al primo tocco la bolla era scoppiata rompendo l’incantesimo.
Ricordava ancora il giorno del funerale. Non si era vestita di nero perché, parlando una volta con Sheila, si erano trovate d’accordo che non era certo il colore dei vestiti a determinare il rispetto verso una persona. Non aveva versato una lacrima, il dolore era stato troppo grande, troppo forte da impedirle quasi di soffrire e di sfogarsi. Era rimasta in trance durante tutta la cerimonia e, alla fine, aveva rifiutato la compagnia di Billy. Si era rifugiata nella villa che aveva comprato isolandosi da tutto e da tutti.
 
“Basta con i ricordi”

Maria si asciugò i capelli e indossò un leggero vestito corto di cotone. Si riempì un bicchiere di succo d’arancia fresco e si sedette su una sdraio in giardino. Ormai era pomeriggio inoltrato e quindi il sole era diventato una palla arancione e il caldo era molto più sopportabile. Lo squillo del telefono risuonò nel silenzio.
“Pronto”
“Maria ciao, sono Isabel”
“Qualcosa mi dice che questa non è una telefonata solo per sapere come sto”
“Sei spiritosa, dato che ci siamo viste questa mattina. Comunque è vero, ho un nuovo incarico per te”
“Di cosa si tratta?”
“Uno di quegli incarichi che accetterei al volo se fossi una fotografa brava”
“Come premessa non c’è male. Chi è il soggetto?”
“Un soggetto molto interessante. E’ uno dei nuovi modelli emergenti e una rivista ci ha commissionato un intero servizio fotografico su di lui”
“Lo sai che non mi piacciono questi incarichi”
“Non sai cosa ti perdi ragazza mia. Uno squisito bocconcino, con un corpo mozzafiato, ha dei muscoli…”
“Frena! Ho capito il tipo. Uno dei tanti bellimbusti tutto muscoli e niente cervello”
“Tu e le tue idee! Io parlo di rifarsi gli occhi e tu mi smonti subito”
“Scusami”
“Allora? Accetti?”
“Non lo so. Preferirei qualcos’altro. I modelli sono troppo capricciosi”
“Ma siccome sono io il tuo capo ti assegno questo lavoro. Sei una delle migliori e mi aspetto grandi foto da te”
“Va bene”
“Passo tutti i documenti e le informazioni a Liz. Incontro dopodomani”
“Ok ciao”
 
Maria appoggiò il telefono sul tavolino e chiuse gli occhi. Non era particolarmente ansiosa di iniziare questo lavoro. Preferiva i servizi che riguardavano scoperte archeologiche o comunque qualcosa di connesso con l’ambiente. Si augurò caldamente di non avere a che fare con qualche modello montato che si considerava la nuova stella emergente, con pretese assurde e magari credendo meglio di lei di sapere quali pose tenere durante le foto. Ma forse era solo lei che era pessimista dato che conosceva bene quel tipo di persona.
“Devo almeno concedergli una possibilità, dato che non lo conosco”
 Purtroppo aveva pensieri ben più gravi nella sua mente che non questo lavoro.

Domani sarebbe caduto il secondo, triste anniversario che aveva cambiato per sempre la sua vita.

-------------------------
Ecco qui una nuova AU sempre su Roswell. E' un'altra ff che ho scritto tanto tempo fa e spero vi piaccia. Rispetto alla precedente "Cinderella" ho cercato di scrivere qualcosa un po' meno dolce ma approfondendo di più la parte introspettiva.

Agatha

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2° ***


Maria si svegliò la mattina sentendosi un peso sul cuore. Non era servito a niente lavorare fino a tardi il giorno prima per andare a dormire distrutta, non era quasi riuscita a riposare e il giorno era arrivato troppo presto.
Non se la sentiva di uscire e non potè fare altro che spostarsi da una stanza all’altra incapace di leggere un libro o guardare un film per più di cinque minuti. Ad un certo punto si sentì quasi soffocare. I muri e il soffitto le davano l’impressione di essere chiusa in una gabbia.
Doveva uscire fuori, respirare una boccata d’aria fresca. Prese la borsa e uscì senza una meta precisa.
 
Camminava ormai da un po’, si era resa conto di aver perso la cognizione del tempo. Vide l’insegna luminosa di un pub, Williamson’s, e decise, impulsivamente, di entrare e mangiare un panino. Non si sentiva ancora in grado di rientrare a casa. Spinse la porta e si accorse che c’erano pochi clienti. I tavolini erano rotondi, in legno come le sedie.
Tutto sommato l’atmosfera le piaceva.
Andò a sedersi lontano, in un angolo in modo da rimanere parzialmente nascosta alla vista di chi entrava dirigendosi direttamente al bancone. Non voleva correre il rischio di incontrare qualcuno che la conosceva. Quella era la sua giornata della memoria e non desiderava sentire le solite parole di circostanza.
“Quanto mi dispiace”
“Ma ormai sono passati tanti anni, quanti di preciso?”
“Chi l’avrebbe mai detto”
Queste erano alcune delle espressioni che più la facevano irritare. Persone che magari l’avevano conosciuta solo di sfuggita, oppure vista semplicemente in foto, che esprimevano giudizi sul suo carattere, sul perché tutto si era concluso in quel modo. Lei odiava dover ascoltare queste frasi, sentiva crescerle dentro una rabbia e avrebbe voluto urlare a tutti di lasciarla in pace
 
Stava ancora rimuginando su questi pensieri quando la figura del cameriere che si avvicinava a lei con un bicchiere di vino riuscì a distrarla.
“Io non ho ordinato niente”
“Lo so signorina, ma quel signore laggiù ha chiesto espressamente di portarglielo”
Maria seguì con lo sguardo il tavolo indicato da lui e notò un ragazzo solo, seduto a mangiarsi una bistecca che le fece un cenno con il bicchiere come a voler brindare. Lei rimase impassibile evitando di rispondergli.
"Che sfacciato"
Le era già capitato, quando faceva la modella, di essere abbordata dagli sconosciuti, la cosa non aveva mai mancato di irritarla perché erano uomini che pensavano bastasse un piccolo omaggio per far sì che lei fosse a loro completa disposizione. Oggi poi non era proprio il momento giusto.
"Adesso ti rimetto io al tuo posto"
“Dica a quel signore che ho già ordinato da bere e che non ho bisogno di nessun regalo” affermò decisa.
La faccia del cameriere rivelò tutto il suo stupore avvertendo il tono duro nella sua voce.
“Certamente”
Maria era compiaciuta di come aveva liquidato la faccenda, poi un’idea si affacciò nella sua mente.
“Aspetti un attimo”
Il cameriere ritornò davanti a lei e attese.
“Ho cambiato idea. Riferisca a quel signore che accetto il suo dono solamente se verrà qui a brindare con me”
“Certamente signorina”
Sorrise immaginando che lui l’aveva ormai classificata tra le persone eternamente indecise. Non che le importasse qualcosa e poi aveva un piano preciso in mente. Osservò il cameriere dirigersi verso quel ragazzo e chinarsi per comunicargli il suo messaggio. Vide alternarsi le espressioni sul suo viso, prima lo stupore per il suo invito, poi il compiacimento e infine la determinazione ad accettare questa sua sfacciata richiesta. Alzò lo sguardo verso di lei che gli sorrise in risposta, invitandolo a raggiungerla solo con gli occhi.
 
Lui rimase sorpreso quando il cameriere tornò da lui riferendogli le sue parole.
Era seduto da un quarto d’ora a mangiare tranquillamente quando l’aveva vista entrare. Qualcosa nel suo sguardo l’aveva colpito, i suoi occhi erano tristi e spenti. Aveva ripreso a mangiare godendosi la tranquillità di quel locale. Purtroppo erano rare le occasioni in cui riusciva a ritagliarsi del tempo solo per sé, sedersi ad un tavolo e ordinare qualcosa di semplice da mangiare nella più completa solitudine. Mentre beveva un sorso di vino aveva incrociato, per un attimo, lo sguardo di quella ragazza e aveva avvertito l’impulso di fare qualcosa per lei.
Per questo motivo aveva chiamato il cameriere spiegandogli che intendeva offrire un bicchiere di vino alla bionda sconosciuta. Per una volta tanto non aveva nessun secondo fine, non voleva conoscerla né provarci con lei. Voleva solo fare un gesto gentile.
Tutto qui.
Questo invito l’aveva spiazzato, non le era sembrata proprio una ragazza che si propone così ad uno sconosciuto, non sarebbe rimasto sorpresa se l’avesse mandato al diavolo e rifiutato il suo regalo. Per un secondo si chiese se non fosse il caso di non accettare, anzi era quasi deciso a declinare l’invito quando, alzando lo sguardo verso di lei, incrociò ancora una volta i suoi occhi. C’era una luce nuova adesso, l’espressione era sempre malinconica ma qualcosa era cambiato.
Incuriosito decise di accettare il suo invito, poi se ne sarebbe tornato a casa dimenticando quell’episodio.
 
Maria osservò i suoi movimenti. Si era domandata se non era stata troppo sfacciata e pensò, per un attimo, che lui l’avrebbe ringraziata per l’invito e poi se ne sarebbe andato per la sua strada adducendo una scusa. Invece lo vide incrociare le posate nel piatto vuoto e afferrare il bicchiere che aveva davanti., alzarsi e aggirare le sedie vuote per giungere fino a lei.
“Posso sedermi?”
“Certo”
“La ringrazio dell’invito ma non era questo il mio scopo”
“Era il minimo che potessi fare dopo il suo gentile omaggio”
Maria era rimasta piacevolmente colpita dalla sua voce calda, leggermente roca.
“A cosa vogliamo brindare?”
Lo sconosciuto aveva alzato il bicchiere verso di lei.
“Direi a noi due, al nostro incontro”
Lei aveva modulato la voce in modo che suonasse più bassa, più seducente. Aveva sempre odiato l’atteggiamento di quelle donne che si comportano da gatte morte solo per intrappolare un uomo ma questa sera il suo scopo era proprio quello e ogni arma per riuscirci era lecita.
“Vogliamo presentarci?”
“Uno sconosciuto gentile. Perlomeno non ha cominciato ad elencare il suo nome e la sua professione per fare colpo” pensò lei cinicamente.
“Preferirei di no. Mi intriga di più se celiamo la nostra identità”
Si chiese se non stesse esagerando, quell’uomo poteva anche spaventarsi e tirarsi indietro con una scusa qualsiasi.
“Non ho mai incontrato una donna come te”
Lui la guardava ipnotizzato, i suoi occhi verdi lo fissavano direttamente.
“Allora questa è la tua serata fortunata”
Finirono di bere il vino e guardando l’ora Maria si rivolse a lui.
“La notte è ancora giovane, hai degli impegni?”
“No, questa sera sono completamente libero”
Si alzarono per andare alla cassa a pagare. Lui si offrì di saldare entrambi i conti.
“Non è il caso grazie”
Maria si sentiva già in colpa per il fatto di usarlo che non poteva permettergli di pagare anche la cena. Uscirono e presero a camminare per le vie osservando le vetrine. Lei infilò un braccio nel suo che aveva messo la mano nella tasca dei pantaloni.
 
Lui intanto stava riflettendo sulla situazione in cui si era cacciato.
Neanche mezz’ora prima era seduto da solo e il suo obiettivo era di passare una tranquilla cenetta e poi voleva andare a casa a guardarsi la televisione comodamente sdraiato sul suo divano. Senza nessuna distrazione femminile, dopo la storia con Courtney aveva imparato che le relazioni stabili erano troppo complicate e, soprattutto, a lui piaceva essere libero senza legami.
Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato rimorchiato da una stupenda bionda che non voleva sapere neanche il suo nome?
Non poteva negare di essere intrigato da questa situazione, lei era veramente bella ma non era il suo viso che l’aveva colpito, il brivido che gli era passato lungo la schiena era dovuto a qualcosa di più, come se lei avesse emanato delle strane vibrazioni che erano riuscite a toccarlo nel profondo.
Per questo aveva accettato incuriosito dalle emozioni che riusciva a provare accanto a lei.
Non era sicuro su come doveva comportarsi, lei sembrava più che disponibile ma, nonostante la sua fama di rubacuori, non era abituato ad essere una preda, lui preferiva cacciare. Però, per una volta, poteva provare quest’inversione dei ruoli.
“Dove vogliamo andare?”
Maria temeva e aspettava questa domanda. Non era molto sicura della decisione che aveva preso ma ormai non poteva più tirarsi indietro e comunque una parte di lei voleva arrivare fino in fondo, per esorcizzare i fantasmi che l’avrebbero assaliti se fosse rimasta da sola.
“Mi piace camminare ma mi è venuta un po’ di sete”
“Vuoi fermarti a bere qualcosa da qualche parte?”
“Preferirei un posto più tranquillo”
Lei aveva lanciato la proposta e ora stava a lui accettarla. La mente gli diceva di far finta di niente, portarla in un bar e scrollarsi di dosso quella strana ragazza, ma l’istinto gli suggeriva di accettare, di vedere fin dove lei si sarebbe spinta e seguirla fino in fondo. Le parole gli uscirono di bocca senza che se ne fosse quasi accorto.
“Il mio appartamento non è molto lontano. Ti sembra abbastanza tranquillo come posto?”
Lei alzò gli occhi verso di lui regalandogli un sorriso.
“Non potevi suggerire un luogo migliore”
“Allora prendiamo un taxi, così arriviamo prima”
“Certo”
Arrivati davanti al portone lui tirò fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi e aprì facendola passare per prima. Schiacciò il tasto n. 5 dell’ascensore.
 
Si accorse di avere le dita che tremavano leggermente mentre apriva la porta di casa sua per completare il viaggio verso l’ignoto cominciato un’ora prima, quando aveva deciso di offrire da bere ad una bella sconosciuta con gli occhi tristi.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3° ***


Appena entrati in casa si creò fra di loro un momento di imbarazzo. Si era spezzata quell’intesa che li aveva portati ad incontrarsi e a giocare questo pericoloso gioco. Maria si sentì fortemente intimidita. Il buon senso le stava suggerendo di fare marcia indietro e andarsene subito, di inventare una scusa qualsiasi per uscire da questa situazione. Le serviva un po’ di tempo per riflettere.
“Ho bisogno del bagno” mormorò con voce flebile evitando di incrociare il suo sguardo.
“Certo. La prima porta a sinistra”
Lui rimase ad osservarla finchè non sparì e ammirò il suo fondoschiena piccolo e rotondo, proprio come piaceva a lui. Quando sentì chiudersi la porta si lasciò scappare un sospiro. Si passò una mano fra i capelli e sedette sul divano. Si mise a riflettere su tutta la situazione. Era talmente inverosimile che quasi stentava lui stesso a crederci. La bella sconosciuta non scherzava, lui aveva dubitato sulle sue intenzioni, sul fatto di arrivare fino in fondo. Invece erano qui, soli, a casa sua. Finora si era limitato a svolgere un ruolo passivo, lasciando a lei l’iniziativa e assecondandola. Ma adesso erano nel suo regno, se lei voleva una notte di fuoco allora lui gliel’avrebbe data.
“Non sia mai che una donna si lamenti di non ricevere le mie attenzioni”
Avrebbe sfoderato le sue doti di seduttore. L’aver deciso di prendere in mano la situazione gli fece scorrere più veloce il sangue nelle vene, si sentiva come un leone che si sta preparando ad attaccare la sua preda.
 
Contemporaneamente, nel bagno, Maria stava facendo delle riflessioni diverse. Si era bagnata le mani ed era rimasta a fissare la propria immagine nello specchio.
"Maria, cosa vuoi fare?"
Purtroppo il riflesso non era in grado di darle una risposta o un qualsiasi tipo di aiuto. Stava solo a lei decidere.
“Finora il mio piano ha funzionato, non ho più pensato a niente”
Sentì un piccolo brivido attraversarle la schiena  mentre fissava le piastrelle lucide del pavimento. Rimase in silenzio per quasi un minuto prima di rialzare la testa e vedere nello specchio i suoi occhi scintillare dopo aver preso una decisione.
Spalancò decisa la porta e quasi si scontrò  con lui finendo dritta tra le sue braccia.
“Scusami. Non volevo…”
“Ero venuto a bussare per chiedere se stavi male o se avevi bisogno di qualcosa” le spiegò  brevemente.
“E’ tutto a posto grazie”
“Torniamo di là”
 
Si sedettero sul divano e lui prese due bicchierini, che aveva sistemato su un tavolino di vetro, porgendogliene uno. Poi prese una bottiglia scura e versò il contenuto in entrambi i bicchieri. Lei guardò il suo.
“Cos’è?”
“Crema di caffè al liquore”
“Sembra buona”
“Te lo assicuro. Un brindisi al nostro incontro”
“Sì”
Fecero tintinnare i bicchieri e Maria bevve quasi d’un fiato. L’effetto del liquore le fece arrossare il viso e cominciare a tossire.
“Ehi”
Lui si avvicinò mettendole una mano sulla schiena e dandole delle pacche per aiutarla. I loro visi si trovavano vicinissimi. Maria riusciva persino a vedere le pagliuzze dorate negli occhi ambrati di lui.
“Passato?”
“Sì. Non so che mi è preso. Non credevo fosse tanto forte”
“Allora è meglio che ti insegni io”
Lei lo guardò interrogativamente e rabbrividì, dato che aveva pronunciato quelle parole sfiorando il suo orecchio con le labbra. Lo vide scostarsi per prendere la bottiglia. Con la coda dell’occhio lui poté notare, soddisfatto, come fosse avvampata di nuovo. Sorrise senza farsi vedere: il suo tocco funzionava alla perfezione.
Le versò di nuovo un dito di liquore.
 
“Lo devi assaggiare con calma”
La sua voce era bassa e calda e Maria si sentiva quasi ipnotizzata mentre lo ascoltava.
“Bevi un piccolo sorso e tienilo in bocca, poi mandalo giù lentamente”
Lei fece quello che aveva detto e sentì il sapore dolce del caffè con una punta di amaro data dal liquore.
“Lo senti scendere caldo giù per la gola?”
Mentre le faceva questa domanda le sue dita le accarezzarono la gola.
Lei annuì sentendo la pelle bruciare.
“Il piacere non deve essere una cosa veloce. Lo devi sentire crescere, lo devi prolungare il più possibile e assaporarlo fino in fondo, fino all’ultima goccia”
Maria colse il doppio senso nelle sue parole e lo fissò incapace di pronunciare qualsiasi parola.
Lui la vide rilassata e decise che era ora di balzare sulla sua preda.
 
“Lo sai come mi piace berlo?”
“No. Come?”
Per tutta risposta lui intinse un dito nel bicchiere e lo passò sulle labbra di lei bagnandole. Poi si avvicinò e si mise a leccarle. Non la baciò però, si limitò a quella piccola tortura. Si allontanò e questa volta aspettò che fosse lei a prendere l’iniziativa. A lui piaceva giocare ma voleva essere sicuro che anche lei fosse d’accordo. Maria capì che stava aspettando una sua reazione.
Tutta la situazione era molto eccitante e lei voleva continuare.
“Posso provare anch’io?”
Lui sorrise.
“Come no”
Intinse le dita nel bicchiere e si sporse avvicinandosi a lui. Toccò le sue labbra morbide lasciando cadere delle gocce.
Aveva perfettamente e totalmente ragione.
Questo fu l’ultimo pensiero coerente di Maria mentre leccava le labbra. Poi lui l’avvolse tra le sue forti braccia, catturandola in un coinvolgente bacio, a cui rispose ben volentieri. Lo lasciò invadere la sua bocca, cercare la sua lingua per incatenarla alla propria.
 
Non si accorse che lui l’aveva spogliata se non quando sentì le sue mani calde sulla pelle. Erano grandi, leggermente ruvide, e sapevano perfettamente come muoversi sul suo corpo.
Chiuse gli occhi lasciandosi sopraffare dall’eccitazione.
Anche lui aveva gli occhi chiusi mentre le baciava avidamente il collo. La sua pelle era vellutata, il suo corpo morbido e ben modellato. Un dolore al braccio gli ricordò quanto fosse scomodo il divano a volte. Si sollevò prendendola in braccio per portarla in camera sul letto. Maria non disse una parola ma gli cinse il collo incrociando le mani dietro la sua nuca e appoggiando la testa sulla sua spalla. Il tragitto sembrò troppo lungo ma finalmente le sue forti braccia la distesero sul letto. Lui finì di spogliarla, togliendosi i vestiti a sua volta.
Lei cercò di tirarlo sopra di sé alzando i fianchi contro i suoi ma lui si ritrasse.
“Cosa ti ho detto prima? Il piacere va gustato lentamente”
 
Michael cominciò a baciarla dalla punta dei piedi risalendo lentamente sulle caviglie, depose dei piccoli baci sul polpaccio e prese a leccarle l’incavo del ginocchio provocandole una risatina.
“Così mi fai il solletico”
“Shhh, aspetta e vedrai”
Come aveva predetto Maria smise di ridere e venne pervasa da una nuova sensazione di calore. Aveva ragione lui, quello era un punto molto sensibile.
Lui si stava dimostrando un’amante davvero eccezionale. Le stava spiegando dettagliatamente quanto fosse vera la sua teoria sul piacere lungo e prolungato.
Quando si sdraiò sopra, lei gli allacciò le braccia intorno alle spalle per attirarlo a sé, vicino al suo viso e alla sua bocca.
“Credo di aver capito, sei stato un bravo insegnante”
“Non è ancora finita, adesso arriva la parte migliore”
“Non vedo l’ora”
Non ci furono altre parole lui le chiuse la bocca con un bacio soffocando il gemito di lei mentre la faceva sua.
 
Si svegliò qualche ora dopo.
Lui stava dormendo a pancia in su e lei si era rannicchiata contro il suo fianco mentre lui le teneva un braccio intorno alle spalle per tenerla vicino. Aveva la testa appoggiata sul suo petto e chiuse gli occhi ascoltando il battito ritmico del suo cuore. Era un suono così rassicurante, si sentiva felice ed appagata come non mai. Quel contatto con lui le stava dando stranamente sicurezza. In quel momento si sentiva troppo stanca per cercare di capire come mai si sentisse così. Il ricordo di quello successo prima la fece sorridere come un gatto soddisfatto e si avvicinò ancora di più contro il suo corpo.
Sapeva di doversene andare, di non poter affrontare delle domande da parte sua. L’orologio la informò che erano solo le 3.00 del mattino.
 
Poteva permettersi di dormire ancora per un po’ prima di scappare via.
Poteva godere ancora del calore che lui emanava.
Poteva sentire ancora i suoi muscoli tesi e forti sfiorare le sue gambe e la schiena mentre, nel sonno, la teneva vicino a sé.
 
Sì, poteva chiudere gli occhi e prolungare quella stupenda notte fuori dal mondo che stava vivendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4° ***


Maria aprì gli occhi di scatto quando sentì qualcosa sfiorarle una coscia. In un primo momento non capì dove si trovava, poi un’occhiata al corpo nudo steso di fianco a lei le fece tornare tutto alla mente.
Aveva fatto sesso con questo sconosciuto ed ora si trovava nuda nel suo letto.
Guardò l’orologio, erano le 5.00 del mattino. Doveva assolutamente andarsene. Sentiva la mente perfettamente lucida e quello che stava ricordando non le piaceva.
Ma come aveva potuto abbordare uno sconosciuto in un bar e andare a casa sua per passa la notte insieme?
Si era comportata come una sgualdrina, purtroppo non c’erano altri termini per definire quello che aveva fatto. D’un tratto venne assalita dalla vergogna e dalla voglia di scappare subito via. Lentamente, con delicatezza, spostò la mano di lui dal suo fianco e lo vide fare una piccola smorfia nel sonno, fortunatamente non si svegliò.
Maria si alzò dal letto e si mise a cercare i vestiti nella stanza, illuminata debolmente dai raggi del sole che filtravano attraverso le tende. Ritrovò il reggiseno abbandonato sul comodino e subito lo infilò agganciandolo. Scrutando il pavimento non riuscì ad individuare il suo perizoma, decise di spostarsi il salotto, sperando di essere più fortunata. Per terra, vicino al divano, ritrovò i suoi pantaloni. Con sorpresa scoprì che la sua maglietta era vicino alla porta d’ingresso, non si ricordava come fosse finita lì, forse era stato lui a lanciarla oppure lei nella foga di svestirsi… sarebbe rimasto un piccolo mistero. Le mancavano ancora gli slip ma non poteva rischiare di tornare un’altra volta in quella stanza, non voleva correre il rischio che lui si svegliasse. Se fosse successo sarebbe stato inevitabile parlare e lei voleva evitarlo a tutti i costi, si vergognava abbastanza di ciò che aveva fatto e l’unico desidero che aveva al momento era andarsene da lì al più presto, senza rivederlo mai più.
 
Indossò lo stesso i pantaloni e, dopo aver preso al volo la borsa, si diresse alla porta e l’aprì.
Poi bloccò la mano sulla maniglie , silenziosamente, guidata da una forza misteriosa, ritornò indietro fino alla camera da letto. Guardò il corpo nudo addormentato, era abbronzato e muscoloso, poteva ricordare bene ogni muscolo, dato che le sue mani l’avevano accarezzato ripetutamente e avevano percorso il suo profilo e graffiato la sua schiena mentre lui la faceva eccitare.
Se avesse avuto la sua macchina fotografica lo avrebbe immortalato. Gli spostò una ciocca di capelli dalla guancia e gli sorrise con tenerezza.
Piano piano si avvicinò al suo viso e gli dette un leggero bacio sulle labbra, un muto ringraziamento per quello che aveva fatto, per come l’aveva fatta sentire.
Per fortuna non si svegliò e lei si rialzò. Prese il bordo del lenzuolo e lo coprì amorevolmente. Sembrava quasi che stesse cercando delle scuse per non andarsene via. Nel momento in cui realizzò questo pensiero venne prese di nuova dalla paura e si allontanò da lui come se si fosse scottata. Indietreggiò e poi si girò di scatto raggiungendo velocemente la porta. Questa volta riuscì’ a varcare la soglia e si richiuse il battente alle spalle. Non attese l’ascensore, scese facendo i gradini due a due nella fretta di allontanarsi. Una volta in strada si guardò intorno e non vide nessun taxi. Si incamminò a piedi. Automaticamente si abbracciò cercando di confortarsi.
Il sole era appena sorto. Il cielo azzurro si stava tingendo di giallo e rosa pastello, era un bellissimo spettacolo. Maria si fermò ad osservarlo, oggi era un giorno nuovo, aveva superato quel terribile momento e poteva ricominciare a vivere.
 
Michael stava dormendo beatamente. Non si accorse che lei si era svegliata, non la sentì girare per le stanze alla ricerca dei suoi vestiti e non avvertì nemmeno il suo leggero bacio a fior di labbra. Fu solo quando si girò nel letto che una sensazione strana lo disturbò facendolo svegliare.
Il lenzuolo.
Lui dormiva nudo o quasi d’estate e odiava il contatto della stoffa con la sua pelle. Quando aprì gli occhi notò la mancanza della bella sconosciuta. Il cuscino vicino a lui recava ancora l’impronta della sua testa bionda ma, appoggiando una mano, si accorse che il materasso era freddo. Con un lo slancio delle gambe si scoprì facendo cadere il lenzuolo ai pedi del letto. Si alzò in piedi nudo e andò in salotto, ogni traccia di lei era svanita.
Non c’erano più i suoi vestiti né la sua borsa. Per un momento si domandò se non avesse sognato tutto, se in realtà lui fosse uscito solo da quel bar e la sua fantasia lo aveva portato ad immaginare una storia con quella bionda, di portarla a casa sua e fare l’amore con lei. Scosse la testa, probabilmente era troppo assonnato ed era inutile continuare a rimuginarci sopra. Mentre tornava in camera per rimettersi a dormire il suo piedi toccò qualcosa di strano, sollevandolo si trovò tra le mani un piccolo perizoma nero. Questo gli diede la prova che cercava.
Era tutto vero.
 
Si sdraiò di nuovo, era presto e voleva dormire ancora un po’. Purtroppo, come tutte le altre volte, la sveglia suonò troppo presto richiamandolo alla realtà. Senza aprire gli occhi allungò un braccio cercando il tasto per spegnere quell’aggeggio infernale che alcuni chiamavano radiosveglia. Si alzò in piedi con un solo occhio aperto e una ciocca di capelli ribelle che gli solleticava il naso costringendolo ad una smorfia mentre stava entrando nella doccia. Il getto tiepido dell’acqua servì a snebbiargli quasi subito la mente. Si girò di schiena lasciandosi massaggiare le spalle leggermente indolenzite e sospirando di piacere a quel massaggio naturale.
Ora poteva concedersi il lusso di ripensare a tutto quello che era successo. Gli era piaciuto davvero tanto fare l’amore con quella sconosciuta però c’era una cosa che non riusciva a mandare giù: lei se n’era andata via di soppiatto, senza dire niente, quasi come se l’avesse usato.
“In fin dei conti anch’io l’ho usata. Mi sono divertito a giocare con lei e devo dire che il risultato è stato superiore alla mie aspettative”
Ricordando alcuni particolari intimi di quella notte dovette aumentare l’acqua fredda dato che si stava risvegliando una parte di lui che doveva restare a riposo per il momento. Per fortuna ottenne il risultato sperato. Uscì poi dalla doccia rinvigorito e si avvolse un piccolo asciugamano intorno ai fianchi e uno sopra la testa. Pur non volendo continuava a pensare alla bionda sconosciuta. Si sentiva ferito nel suo amor proprio, non era abituato ad essere lasciato da una donna, in questo modo per giunta.
“Avrebbe potuto almeno salutarmi. Credo di essermi comportato bene, di averla soddisfatta”
Finì di asciugarsi e scelse un paio di boxer neri da indossare, non riuscendo a scrollarsi di dosso quella sensazione di fastidio.
“Magari ha già scordato tutto aggiungendomi come numero sul suo libretto delle conquiste. Forse, in questo momento, sta già pensando a qualcun altro da rimorchiare stasera. E’ inutile che continui a pensarci, non ne vale proprio la pena”
Prese un paio di jeans neri e indosso una maglietta rossa attillata. I capelli erano ancora umidi e lui si mise un po’ di gel tirando indietro e lasciando che si asciugassero all’aria.
“Eppure avrei voluto guardarla in faccia ancora una volta, baciare quelle labbra morbide e toccarla. Aveva un corpo perfetto, che si adattava così ben al mio. Perché è scappata via in quel modo? Non sapevamo niente l’uno dell’altra e non poteva certo aver avuto paura di me… Era solo una facile, non c’è altra spiegazione, che si diverte a fare in questo modo. Anche se quegli occhi mi aveva dato un’impressione totalmente diversa… Tutto sommato è stato meglio così. Piuttosto che sentire qualche frase banale da parte sua… Almeno così mi è rimasto un bel ricordo”
Prese la macchina e si immise nel traffico cittadino.
“Comunque non riesco a digerire di essere stato mollato. Le conviene non incrociare più la mia strada perché, in caso contrario, mi vendicherei per come mi ha trattato. Imparerebbe che non permetto a nessuno di usarmi in questo modo e poi lasciarmi se prima non sono io a deciderlo”
 
Quando Maria entrò in casa le sembrò fossero passati secoli dall’ultima volta in cui ci aveva messo piede. Venne assalita da un senso di stanchezza, guardò l’orologio sulla mensola e decise che aveva ancora tempo per riposarsi. Si buttò sul letto vestita, decise a concedersi solo qualche minuto di sonno prima di prepararsi per andare allo studio. Appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Quando li riaprì si stiracchiò, quei cinque minuti di riposo le avevano fatto proprio bene. Tutta la vergogna, l’incredulità per il suo gesto di follia della sera prima erano scomparsi. Si sentiva abbastanza bene, giurò a sè stessa di non commettere più uno sbaglio del genere. Quella faccenda era ormai morta e sepolta. Nessuno ne era al corrente tranne lei e quello sconosciuto, che comunque non avrebbe visto mai più. Uscì dal bagno rincuorata da questi pensieri e , quando lo sguardo le cadde sulla sveglia, lanciò un grido: erano le 9.60 e lei aveva appuntamento allo studio per 9.15 con un cliente. Si cambiò in fretta e furia, ricordando di essere senza slip e maledicendosi per non averli trovati e corse fuori di casa. Parcheggiò in sosta vietata ma proprio sotto l’ufficio e corse attraverso i corridoio, vide la sua segretaria guardarla con un’espressione di rimprovero.
 
“Lo so Liz, sono in un ritardo mostruoso ma…”
“Loro sono già dentro. Ho inventato una scusa ma credo siano un po’ irritati. Accidenti Maria, dovevo farti vedere il suo book fotografico così da impostare una location, decidere lo stile del servizio…”
Maria le fece un cenno con la mano per interromperla.
“Non fa niente Liz, improvviserò dopo averlo visto di persona, come sto?”
“Bellissima come sempre”
“Tu sei troppo buona”
“Fa parte dei miei compiti di segretaria adularti”
“Cosa non si fa per un aumento”
Le due ragazze scoppiarono a ridere, erano amiche e si divertivano a scherzare insieme. Maria si ricompose e aprì la porta del suo ufficio.
“Buongiorno, scusate per il ritardo ma…”
Le parole di scusa le morirono in gora e la stanza prese a girare mentre lei spalancava gli occhi fissando gli sconosciuti seduti, o meglio fissando uno dei due sconosciuti. Quel volto che voleva dimenticare, che non avrebbe dovuto rivedere mai più la stava fissando con la stessa espressione di incredulità dipinta sul volto: era lo sconosciuto del bar.
 
Anche Michael rimase piuttosto sconvolto dal fatto di trovarsela davanti così d’improvviso.
Si era svegliato la seconda volta pensando ancora a lei, sperando di incontrarla ancora. Non credeva di veder realizzato così in fretta il suo desiderio. Era arrivato con il suo agente puntuale allo studio fotografico, consapevole di avere una grossa opportunità per emergere nel mondo della moda e della pubblicità. Il servizio fotografico commissionato dalla rivista NY Fashion poteva essere il suo trampolino di lancio. La segretaria, una brunetta molto carina, li aveva fatti accomodare nello studio della fotografa Maria De Luca, assicurando che in pochi minuti lei sarebbe arrivata. Invece erano rimasti seduti per quasi mezz’ora ad aspettare, la ragazza aveva motivato il ritardo con una scusa piuttosto assurda, a cui lui non aveva creduto minimamente. Iniziava a spazientirsi ma, soprattutto, si stava arrabbiando con la fotografa. Gli avevano assicurato che era una professionista, molto brava nel suo lavoro ma l’opinione che si era fatto su di lei era di tutt’altro genere. Se li avesse fatti attendere ancora l’avrebbe ringraziata e poi chiesto che fosse sostituita da qualcuno di più affidabile. Non intendeva mettere la sua possibilità più importante di far carriera nelle mani di una ritardataria completamente inaffidabile. Era arrivato a questa conclusione quando aveva sentito delle voci provenire dalla stanza di fianco. Sentì ridere e questo lo fece infuriare ancora di più, se per questa Maria De Luca era tutto un gioco le avrebbe fatto capire quanto si sbagliava. Fissò la porta deciso a dirgliene quattro ma quando il battente si aprì nessun suono uscì dalla sua gola.
 
Potè solo spalancare gli occhi fissando l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5° ***


Maria aveva camminato fino a sedersi sulla sua poltrona davanti alla scrivania, la sua postazione le dava un po’ di sicurezza e le permetteva di avere un ostacolo tra loro. Si schiarì la voce sperando di ritrovare un tono professionale e deciso.
“Buongiorno. Mi scuso ancora per il ritardo, non mi è mai successo, vi assicuro che…”
“Il suo comportamento è stato a dir poco scortese, ci avevano assicurato che era una professionista ma sappia che siamo molto delusi dal suo modo di fare. Se pensa che rimarremo qui a ….”
L’agente non poté concludere la sua sfuriata, Michael gli aveva passato una mano sul braccio per interromperlo.
“Non credo che la signorina De Luca l’abbia fatto apposta. Propongo di dimenticare questo piccolo incidente e di procedere parlando del servizio”
Maria non potè fare a meno di essergli grata, poiché sapeva di essere in torto. Doveva porre rimedio e mostrasi professionale, tese la mano per presentarsi.
“Sono Maria De Luca piacere di conoscervi”
La prima mano che strinse fu quella di lui.
“Michael Guerin, il suo cliente”
Un brivido caldo passò tra le loro mani diffondendosi per tutto il corpo.
“Sono Thomas Stevens, l’agente del sig. Guerin”
A malincuore Michael lasciò la mano di lei e si risedette.
“Siamo ansiosi di sentire le sue parole per realizzare questo servizio fotografico”
Maria annuì con il capo.
Internamente si stava maledicendo per essersi addormentata, in realtà avrebbe dovuto visionare stamattina le foto di lui e pensare all’ambientazione più adatta. Certo non poteva confessarlo a loro. Una scena le balenò nella mente, quando quella mattina si sera soffermata ad osservare il suo corpo, si era immaginata di fotografarlo su uno sfondo bianco che facesse risaltare la sua splendida abbronzatura.
“Santorini” disse ad alta voce.
I due la guardarono attendendo ulteriori spiegazioni.
“Secondo me l’ambientazione ideale è quella della Grecia. Mare e cielo blu con lo sfondo bianco delle case, perfetto per il colore sulla sua carnagione”
Infervorata e sempre più convinta  cominciò a sfogliare un album in cui stavano alcuni suoi lavori realizzati in Grecia.
“Ecco questi sono alcuni esempi di quello che ho in mente.”
Mostrò loro i paesaggi e li vide annuire in segno di approvazione.
“Mi piace, credo sia un’ottima idea la sua”
Michael le sorrise sinceramente soddisfatto.
“Sono d’accordo con il mio cliente, anche se non capisco come le sia venuta in mente di valorizzare l’abbronzatura dato che nelle foto che le abbiamo lasciato non si vede”
Maria tossì.
“Beh…. Avevo fatto diverse ipotesi e guardandolo in faccia ho deciso che era la migliore”
Sentiva che stava per arrossire.
“Ho bisogno di un caffè, gradite qualcosa?”
“No grazie, la sua segretaria ci ha già servito”
“Allora vi lascio discutere della proposta in privato. Torno dopo”
 
Maria si avviò decisa alla macchinetta del caffè, aveva veramente bisogno di bere qualcosa ma, più importante ancora, voleva allontanarsi dal suo ufficio e dallo shock di ritrovarsi davanti l’ultima persona al mondo che voleva vedere. Quando era entrata di corsa nella stanza non aveva creduto ai suoi occhi, ma sperava di essere riuscita a simulare abbastanza bene la sua sorpresa. Prese delle monetine da una tasca dei pantaloni e stava per inserirle nella macchinetta quando una mano dietro di lei la precedette.
“Ma cosa…”
Si girò e vide Michael Guerin.
“Non poteva aspettare un attimo? Avrei preso il mio caffè e poi le avrei lasciato tutto lo spazio”
Maria aveva risposto con un tono tagliente, furiosa più con sè stessa per non essersi accorta della sua presenza.
“Veramente volevo offriglielo io” le rispose in tono dolce.
Maria strinse le labbra ricordando la scena della sera prima.
“No grazie, preferisco di no”
Lui non replicò e schiacciò il bottone del caffè macchiato, ricordando come l’aveva ordinato la sera prima e glielo porse. Lei lo accettò e dopo aver bevuto un sorso si rese conto di essere stata maleducata.
 
“Mi dispiace per il mio atteggiamento è che …. Ho avuto una nottata difficile e senza la mia dose di caffè non sono in pace con il mondo”
Lui la fissò un istante negli occhi.
“Certo che il mondo è strano, io invece ho passato una bellissima notte e stamattina mi sono svegliato fresco e riposato”
Maria arrossì.
“Buon per lei sig. Guerin”
“Non crede che potremmo darci del tu data la situazione?”
Lei arrossì di nuovo al suo riferimento a quello che era successo. Accorgendosene Michael continuò.
“Dato che lavoreremo insieme”
“Come? Sì, certamente…. Per quello”
Lui tese la mano.
“Sono Michael”
“Ma ci siamo già presentati prima”
“Quella era una presentazione di lavoro, io voglio una presentazione vera tra noi due”
Maria capì che si riferiva alla mancata presentazione della sera prima. Riflettè che comunque lui era stato gentile, nessun riferimento o accenno. Stranamente le piaceva il ragazzo che aveva di fronte, nonostante fosse un modello.
“Maria, piacere”
“Il piacere è tutto mio”
 
Si fissarono negli occhi e a lei sembrò di perdersi nell’ambra dei suoi occhi, che le stavano promettendo altre notti come quella appena passata.
“Credo sia meglio rientrare”
“Sì dopo di te”
Si risedette alla sua scrivania e attese un giudizio sulla sua proposta. Parlò l’agente.
“Io e il mio cliente ne abbiamo discusso e siamo favorevoli alla sua proposta. Può procedere ad organizzare quanto necessario”
Maria si rilassò impercettibilmente, aveva il terrore di aver compromesso il lavoro.
“Benissimo. Ci occuperemo di tutto e vi farò avere date, orari e programma dettagliato”
Si alzarono e Maria li osservò uscire e chiudere la porta.
Si lasciò cadere stancamente sulla sedia.
“Speriamo che le sorprese siano terminate. Voglia una tranquilla e noiosa giornata di lavoro”
 Liz bussò poco dopo alla porta per sapere com’erano andate le cose. Maria la informò su tutto dicendole di prenotare i voli e l’albergo per la prossima settimana.
 
Michael se ne era andato dall’ufficio di lei in preda a sentimenti contrastanti.
Da un lato era contento per averla ritrovata, per aver saputo il suo nome e chi era, ma dall’altro non aveva dimenticato l’affronto che lei gli aveva fatto abbandonandolo così. Pian piano, nella sua mente, prese corpo un’idea.
Era un’idea folle, leggermente perversa ma proprio per questo, adatta a lui.
Sorrise mentre lui e il suo agente salivano su un taxi.
“Allora cosa ne pensi?”
Era stato Thomas a rivolgergli quella domanda, interrompendo le sue riflessioni.
“Cosa…”
“La fotografa, Maria De Luca. Come ti è sembrata?”
“E a te, che impressione ha fatto?”
“Non ti vuoi sbilanciare eh? A parte la faccenda del ritardo, che mi ha scombussolato alcuni appuntamenti, mi è sembrata una persona competente. E’ chiaro che sapeva di cosa stava parlando quando ci ha spiegato la sua idea. Anche se…”
Michael sorrise, immaginando perfettamente, dove sarebbe finito il discorso.
“Continua”
“Una ragazza così bella non dovrebbe stare dietro la macchina fotografica. Ce la vedrei meglio davanti, possibilmente poco vestita…. Scherzi a parte, non mi sembra proprio il tipo. Dev’essere piuttosto fredda e riservata”
“Dici?”
Nella sua mente si materializzarono alcune scene della notte passata, di lei che lo baciava avidamente, dei graffi che aveva lasciato sulla sua schiena mentre lui le assaggiava la pelle intorno alla gola prima di spostarsi più giù, della dolcezza con cui si era abbandonata a lui.
“Non lo so. Potrebbe anche darsi che sia solo una maschera, magari nel privato si comporta diversamente”
“Non lo sapremo mai”
Michael preferì non rispondere, anche se per un attimo si immaginò che faccia avrebbe fatto il suo agente se gli avesse raccontato che la fotografa che avevano appena incontrato lo aveva rimorchiato in un bar e aveva passato la notte con lui, scappando la mattina dopo e lasciandogli come souvenir un piccolo perizoma.
Scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi.
“Cos’hai?”
“Niente. Mi sento solo di buonumore”
 
Più tardi il taxi lasciò Michael nella hall di un famoso albergo, che avrebbe presentato la collezione di uno stilista e lui era uno dei modelli di punta. Mentre aspettava di essere chiamato vide passare alcune modelle. Erano alte e bellissime.
“Ma allora perché io riesco solo ad immaginarmi la misteriosa Maria De Luca?”
Nonostante l’iniziale rancore era stato contento di averla trovata invece era chiaro che lei non era dello stesso parere. Aveva percepito della freddezza nei suoi confronti, come se averlo rivisto l’avesse fatta arrabbiare. Eppure nello sguardo che si erano scambiati vicino alla macchinetta del caffè gli era sembrato di vedere qualcosa oltre la sua maschera fredda.
Ma era stato solo un attimo, troppo poco per capire cosa pensava veramente.
L’importante era che avrebbero lavorato insieme. Aveva tutto il tempo per avvicinare, scoprire e conoscere la vera Maria De Luca. Non aveva accantonato del tutto la sua piccola idea e poteva divertirsi un po’ ad indagare su di lei.
 
*****
 
La giornata, per fortuna, era trascorsa senza altre complicazioni. Maria aveva concluso delle foto per un servizio su alcuni alberghi ed era rientrata a casa ad un orario civile. Si era scaldata un hambuger nel microonde e si era preparata una ciotola di insalata. Un bicchiere di vino rosso completava il suo pasto. Non aveva voglia di guardare la televisione nè di restare in casa. Non si accorse nemmeno di essere uscita finché non riconobbe la stessa strada percorsa la sera prima. Inconsciamente stava ritornando verso il Williamson’s dove aveva incontrato Michael.
Si bloccò impaurita.
“E se lui fosse stato lì?”
Impossibile, aveva sentito il suo agente ricordargli che era stato invitato ad una festa per l’uscita di un nuovo profumo.
Questo pensiero la tranquillizzò, sarebbe passata davanti al bar e poi sarebbe andata dritta a casa. In questi giorni la sua mente le stava giocando brutti scherzi. Passò davanti alle vetrine e vide solo un tavolino occupato da due ragazze. Era passato oltre quando si sentì afferrare per un braccio.
Si voltò e lo vide. Era in piedi, davanti a lei.
Era vestito casual ma elegante, portava un paio di jeans accompagnati da una camicia e una giacca chiaramente firmate.
“Cosa ci fai qui?”
Maria lo aggredì. Accidenti a lui, doveva essere alla festa, non qui a scoprirla mentre si aggirava furtivamente.
“Passavo di qui, proprio come te”
“Ti auguro una buona serata, io devo andare”
Maria aveva detto questa frase fermamente intenzionata a girare sui tacchi e andarsene ma il suo corpo non rispose e rimase fermo davanti a lui. Rimase immobile anche mentre lui si avvicinava prendendola tra le braccia. Reagì solo quando lui la baciò, rispondendo al bacio e infilando le mani nei suoi capelli. Fu un bacio lungo e profondo, con le lingue che si incontravano e respingevano per poi tornare ancora a cercarsi. Si separarono solo quando furono senza fiato. Maria si toccò le labbra con una mano.
“E’ tardi” riuscì a mormorare e scappò via.
 
Lui non reagì e la guardò semplicemente andare via, ancora turbato dalle emozioni che lei sapeva fargli provare.
Quella sera era andato alla festa in un famoso albergo deciso a non ripensare agli ultimi avvenimenti che gli avevano sconvolto la vita. Ora doveva preoccuparsi di farsi vedere negli ambienti giusti, con le persone giuste, in modo che il suo nome diventasse sempre più conosciuto. Aveva resistito solo mezz’ora. Non era proprio dell’umore giusto. Dopo aver chiacchierato con una modella famosa si era sentito come se gli mancare l’aria, dovette uscire fuori per riprendersi. Fece quattro passi e si accorse di essere nei pressi del bar dell’altra sera. Si immaginò di rivederla e si scoprì a sperare di incontrarla mentre anche lei veniva qui per lo stesso motivo.
Ovviamente non c’era.
Deluso stava per tornare in albergo quando l’aveva vista. Si era nascosto dietro l’aiuola che decorava il bar e l’aveva afferrata per un braccio quando era passata davanti a lui. Non aveva la più pallida idea di cosa dirle e fu solo quando lei lo aggredì che cedette all’impulso di baciarla, di cancellare quella sua freddezza e sentirla sciogliersi ancora tra le sue braccia.
Così fu. Provò l’inebriante sensazione di sentire i loro corpi toccarsi e le loro labbra assaggiarsi.
La osservò scappare via un’altra volta ma adesso lui era in vantaggio.
 
Oltre a sapere il suo nome conosceva l’unico modo per fra breccia nella corazza che si era costruita intorno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3375464