Il domani non muore mai di germangirl (/viewuser.php?uid=228131)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - From New York with love ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - You only live twice ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Die another day ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - For your eyes only ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Tomorrow never dies ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - From New York with love ***
Capitolo 1 – From New York with love
Se
ne sta seduto al bancone della cucina, avvolto dalla
penombra del loft. Sorseggia un whisky, meditabondo, la mente persa in
un
turbine di pensieri. E’ rientrato da poco e si è
limitato a salutare Lucy,
informandola educatamente di non aver voglia di chiacchierare. Cosa
che, di per
sé, la dice già lunga: Lucy è stata la
sua confidente più fidata delle ultime
settimane e si è sorbita interminabili elucubrazioni sui
veri motivi che hanno
spinto la terza signora Castle ad andarsene e infinite strategie su
come
riconquistarla. Per fortuna dello scrittore, Lucy è
programmata per rispettare
le sue richieste. Se ci fossero state Martha o Alexis, probabilmente
non si
sarebbe potuto crogiolare in quel silenzio stasera. Anzi, le due readheads lo avrebbero sommerso di
domande o di attenzioni, spinte dal grande amore che provano per lui e
dal
desiderio di vederlo finalmente stare bene, pronte a fornirgli il loro
incondizionato supporto o almeno a passargli i fazzoletti di carta.
Fra
pochi giorni sarà il loro primo anniversario di
matrimonio, quello che ogni coppia festeggia sempre con grande
entusiasmo (e
tanto, tanto ottimo sesso, quello spumeggiante e con quel senso di
sicurezza
che regala sempre una marcia in più) e invece eccoli qui che
vivono in appartamenti
diversi.
Si
sono presi una pausa.
O
meglio, lei
gli ha chiesto una pausa e lui non ha potuto fare altro che
concedergliela.
Perché Richard Castle è così: un uomo
buono, rispettoso e dal cuore grande. Un
cuore che stravede per Katherine Houghton Beckett.
Forse
è proprio questo il suo errore, come gli ha fatto
notare Ethan Slaughter senza troppi giri di parole. Deve smettere di
chiedere
il permesso e deve riappropriarsi di sua moglie e della loro vita
insieme. Deve
fare l’uomo, insomma.
Un
momento, sta prendendo seriamente in considerazione
l’idea di dar ragione al detective Slaughter? Davvero?
L’uomo
che ha messo in pericolo la sua vita più di una
volta quando si sono incontrati anni fa, tanto che ha dovuto assumere
ansiolitici per un mese?
L’uomo
che lo ha coinvolto in una rissa anche nelle
ultime ore?
Dio,
è messo proprio male.
Considerare
Ethan Slaughter come un mentore, come un
modello da imitare. No, non se ne parla nemmeno. Posa il bicchiere sul
piano
d’appoggio e si passa le mani sul viso, quasi a voler
scacciare fisicamente
quel pensiero che si fa strada nella sua mente. Ma compie
quell’azione con
troppa enfasi e il naso ancora dolorante per le botte prese gli manda
un
segnale chiaro e forte. Non è proprio cosa.
Eppure…
Slaughter
è anche l’uomo che gli ha suscitato una grassa
risata. Anzi, per meglio dire che gli
avrebbe provocato una grassa risata, la prima da quando lui e
Beckett si
sono presi il time out, se solo non
avesse
prevalso il terrore per come avrebbe reagito a quello scoppio di risa.
Gli ci è
voluta tutta la sua forza d’animo per trattenersi dallo
sghignazzare sapendo
che il suo interlocutore al college aveva studiato musical
theatre e che era stato sposato con una diva della lirica.
Lui.
Quello
stesso uomo che capisce solo violenza, minacce e
sopraffazione. Insomma, dai, tutta la faccenda è esilarante.
Però… beh, il suo
amico Slaughter ha anche dimostrato di saperci fare in cucina. E per
cucinare
bene ci vuole una certa delicatezza. Oddio, l’immagine di
quell’armadio con il
grembiulino che prepara manicaretti deliziosi resta inquietante, eppure
lo ha
visto lui stesso all’opera e ha assaggiato di persona la
squisitezza dei suoi
piatti. Quindi qualcosa di buono ci deve essere in lui. Se non altro,
è stato
una fonte di distrazione, che lo ha distolto dalla malinconia nella
quale era
sprofondato ancora una volta quella mattina. Allora può
permettersi di dare una
chance anche ai suoi consigli, anche se lo prende in giro appellandolo
Sherlock.
Del resto, qui tutti si sentono in dovere di raccomandargli come agire
con
Kate, a partire da Martha che a breve pubblicherà
“Unsolicited Advice by Martha
Rodgers”, un libro che raccoglie una serie di suggerimenti
non richiesti, arte
nella quale è davvero una maestra. E Rick è una
fonte più che autorevole per
affermarlo: ne beneficia da un’intera esistenza, e a dosi
massicce.
Insomma,
Slaughter non è certo la quintessenza della
sensibilità ma anche lui si è accorto che Kate
è innamorata persa dello
scrittore. Intendiamoci, è giunto a questa conclusione per
spiegare più che
altro a sé stesso e al suo orgoglio virile il motivo per cui
quella donna tanto
sexy non si sia concessa a lui direttamente su una scrivania del
Dodicesimo e
senza nemmeno chiudere la porta dell’ufficio. Ma ragionamenti
contorti a parte,
a modo suo gli ha detto la stessa cosa dell’esperta
profumiera, quella povera
donna affetta da iperosmia. Con la sola differenza che quella di Mia
era una
deduzione scientifica. Il suo naso le aveva detto che i feromoni del
capitano
Beckett erano impazziti appena aveva visto il marito. Insomma, era
ancora
profondamente stregata da Rick. E delle sue capacità
olfattive non si può certo
dubitare.
In
fondo anche lui percepisce l’amore che Kate prova nei
suoi confronti, anche se la sua decisione di allontanarlo da
sé gli ha triturato
il cuore, sminuzzandolo in mille pezzi. Per l’ennesima volta.
Comprende il suo
senso di giustizia, il dolore che ha provato quando ha scoperto che
persone che
lei conosceva e stimava hanno perso la vita per colpa sua, diretta o
indiretta
che fosse. Ma non riesce ad accettare il fatto che la sua Kate sia
tornata la
vecchia Beckett, quella che affrontava le proprie battaglie da sola,
come un
condottiero solitario in cima alla montagna, pronta a scontrarsi con un
intero
esercito e a immolare la propria esistenza per la causa.
Non
può più essere così. E al diavolo il
rischio che il
suo coinvolgimento potrebbe causare. Si sono sposati.
Dov’è finita la loro
promessa nuziale di essere partners in
crime and in life?
OK,
è deciso. Ha ragione Slaughter. E’ arrivato il
momento di riprendersi sua moglie. Ora basta pensare a un piano per
raggiungere
questo scopo. Dunque, Kate è fuori città in
questi giorni… potrebbe aspettarla
davanti al suo appartamento e farle una bella sorpresa. Parafrasando il
titolo
di un film di James Bond, è un modo per salutarla da New
York con amore.
Oh
sì, lui adora le sorprese.
Sono
sempre state il suo forte, se lo dice anche da solo.
E si darebbe persino una pacca sulla spalla a sottolineare
l’evidenza, se non
fosse che grazie alla zuffa di poche ore fa ha le braccia doloranti e
ogni movimento
gli provoca delle fastidiose fitte. A dir la verità, anche
Kate è brava con le
sorprese: guarda che super festa di compleanno gli ha organizzato
qualche anno
fa con tanto di delitto inscenato, quando lo scrittore era costretto a
casa con
una gamba rotta a morire di noia. Era stata epica! Ma non divaghiamo.
Dunque,
sì, il piano per riconquistare il capitano Beckett prevede
di recarsi a casa
sua. Ma… ops, manca un piccolo dettaglio. Castle non
è mai stato nel nuovo
appartamento di Beckett. Conosce l’indirizzo ma non si
è mai presentato lì.
Non
che sia stata sua moglie a comunicargli la sua nuova
residenza, intendiamoci.
Diciamo
che è un’informazione di cui è venuto a
conoscenza. Del resto fa l’investigatore privato, scoprire
dettagli è il suo
lavoro, no? Ok, non ci giriamo tanto intorno e confessiamolo pure. Ha
origliato
mentre Kate ne parlava con Lanie. Ma non è colpa sua se lui
passava da lì
proprio in quel momento. E’ stato un segno
dell’universo e chi è lui per
mettersi contro il Fato?
Quindi,
potrebbe appostarsi davanti all’edificio e
attendere il suo rientro. O forse Kate è già a
New York? Non ha idea di quali
fossero i suoi programmi per il viaggio. Non sa nemmeno qual
è il vero motivo
per cui è partita. Gli pare di aver capito che è
a un incontro
sull’antiterrorismo, ma deve ammettere che ultimamente non si
fida del tutto di
quello che gli dice sua moglie. Ed è una sensazione
terribile. Questi dubbi non
dovrebbero esistere in una coppia. Ma è più forte
di lui. Sicuramente ha degli
ottimi motivi per non raccontargli tutto: forse lo fa per proteggerlo o
perché
magari si tratta di informazioni confidenziali, ma non ne
può più di segreti e
bugie. Anche se… lui stesso ha un bel bagaglio in quel
senso. Quel buco di mesi
che si ritrova nella memoria non depone a suo favore, con
l’aggravante di
essere scomparso proprio il giorno del suo matrimonio, abbandonandola
letteralmente sull’altare.
Vabbè,
torniamo al piano. Potrebbe sempre fare un giro in
quella zona e ritrovarsi per caso a
quell’indirizzo e, sempre per caso,
potrebbe presentarsi alla sua porta e invitarla a prendere un
caffè, così,
senza un vero motivo, senza un secondo fine. Sempre che non ci sia un
portiere
nello stabile in cui si è trasferita. Magari un omone grosso
come un armadio, pronto
a prenderlo a calci là dove non batte il sole. Se non a
fargli di peggio.
Però
non è il momento di essere pavidi. Correrà il
rischio di farsi menare dal mobile a sei ante, se serve per riprendersi
sua
moglie.
Mette
il bicchiere nel lavello della cucina, vola a farsi
una doccia rinfrescante, cercando di non pensare a quante shower routines hanno visto quelle pareti
di vetro, per non parlare
delle effusioni più o meno erotiche che si sono scambiati
sotto il getto
dell’acqua. Evocare quelle immagini provoca
un’immediata reazione nel suo
fisico, tanto che è costretto a distogliere il pensiero. Non
vuole correre il
rischio di arrivare al punto di non ritorno, adesso non ha tempo per
quello. Meglio
pensare a Slaughter e ai pericoli che gli ha fatto correre anche questa
volta.
Ecco infatti che la paura ha un effetto immediato e tutto torna ad
essere sotto
controllo.
Si
asciuga rapidamente e indossa un paio di pantaloni
scuri e la camicia azzurra, quella che mette in risalto i suoi occhi e
che
Beckett adora. Aggiunge un po’ di quel dopobarba che sua
moglie gli ha detto di
amare particolarmente. Insomma, non lascia niente di intentato. In
guerra e in
amore tutto è permesso. E lui sta per affrontare una
battaglia non da poco,
quindi occorre schierare l’artiglieria al gran completo. Ma
il premio che spera
di ottenere vale ogni strategia: sua moglie.
Rinfrancato
dai suoi propositi belligeranti, afferra le
chiavi della Ferrari, si avvia verso la porta del loft, gira il pomello
e… di
fronte si trova l’ultima persona che si aspettava di
incontrare.
Nota
dell’autrice
Mancavo
da questi schermi da un po’ e, come ho già
confessato in altre occasioni, l’attuale
stagione di Castle non mi convince. Confidavo che l’ultimo
episodio prima della
pausa invernale mi avrebbe fatto cambiare idea ma rimango perplessa. E
allora
ho lasciato che la fantasia mi aiutasse a riscrivere la storia
e… eccola qui.
Grazie
come sempre al mio angelo custode che – nonostante i suoi
mille impegni
lavorativi e familiari – si legge i capitoli in anteprima e
mi supporta nelle
mie elucubrazioni.
E
grazie a chi di voi mi ha regalato il proprio tempo ed è
arrivato fino qui.
Al
prossimo capitolo,
Deb
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - You only live twice ***
Capitolo
2. You only live twice
Rientra
nel suo appartamento, posa il trolley accanto al
mobiletto dell’ingresso e si guarda intorno, sconsolata.
Lì non si sente a
casa. E’ solo una scatola in cui rifugiarsi a fine giornata,
appena meno
asettica e impersonale di una camera d’albergo. Nonostante
viva lì da qualche
tempo ormai, non ha nemmeno provato a renderla un po’
più sua. Non gliene
importa molto.
Si
siede sul divano, poggia la nuca alla spalliera e
chiude gli occhi, facendo un respiro profondo. Penserà
più tardi a sistemare i
suoi effetti personali e a disfare il bagaglio. Ora ha solo voglia di
riposare.
La
riunione agli affari interni sull’antiterrorismo cui
ha partecipato celava in realtà un incontro prevalentemente
politico. Questo è
un aspetto del suo lavoro che il Capitano Beckett non ama molto, ma che
fa
parte del pacchetto, e così periodicamente deve recarsi in
pellegrinaggio a
Washington, turarsi il naso e curare quel network. E’
orgogliosa della
posizione che ricopre al 12th Precint, ma le manca l’azione,
il lavoro sul
campo, tanto che non si lascia scappare l’occasione di
intervenire in prima
persona ogni qual volta le capita, sia per un sopralluogo sulla scena
di un
crimine, sia addirittura per un’operazione sotto copertura.
Il
suo non è un ruolo semplice. E’ una donna che ha
una
posizione di comando in un mondo di uomini. Deve prendere decisioni
difficili
continuamente, senza mai un momento di tregua, senza mai mollare la
presa e
condividere quel fardello con qualcun altro. Ma non cambierebbe il suo
lavoro
per niente al mondo, perché il suo profondo senso della
giustizia non potrebbe
trovare migliore collocazione.
La
due giorni a DC, molto teorica e assai poco pratica,
le ha lasciato un accenno di mal di testa e le ha dato modo di pensare.
Allontanarsi dalla Grande Mela le ha fatto bene, le ha permesso di
vedere le
cose da una prospettiva diversa e di giungere ad un’unica,
semplice ed
inconfutabile conclusione.
Le
manca suo marito.
Terribilmente.
Le
manca il contatto fisico con lui, la loro intimità, e
le manca quel brain sharing che ha
sempre caratterizzato la loro unione e che ha sempre divertito, stupito
e fatto
impazzire chi stava loro intorno. E si è resa conto che
separarsi da lui è
stata una cavolata di dimensioni stratosferiche, seppur dettata dalla
volontà
di proteggerlo, di non metterlo in pericolo. Del resto, come si fa a
non amare
un uomo che l’ha messa al primo posto sulla sua bucket list? Una lista compilata almeno
tre anni prima di riuscire
finalmente ad averla? Nell’insonnia che le ha fatto compagnia
negli ultimi mesi
la sua mente l’ha portata spesso a rivivere i momenti
più belli, romantici,
appassionati della sua storia d’amore con Rick, iniziata in
verità assai prima
di quella fatidica prima notte insieme. Come non pensare a quando lo
scrittore le
ha fatto aggiustare il prezioso orologio di suo padre, rimasto
danneggiato
dall’esplosione del suo appartamento? O a quando le ha
procurato la foto
autografata dell’intero cast di Temptation Lane? O a tutti i
caffè che le ha
regalato sin dagli albori della loro collaborazione, quando lei
continuava a
guardarlo come una fastidiosa spina nel fianco? E vogliamo dimenticare
la borsa
di studio in memoria di sua madre? E non stavano ancora insieme in quel
momento. Poi, da quando anche l’ultimo mattone del suo muro
è crollato e si è
abbandonata all’amore per questo uomo straordinario, lui non
ha fatto che
adorarla, venerarla e amarla di un sentimento profondo e palpabile.
Tutti
questi ricordi l’hanno aiutata a comprendere che, solo se ha
suo marito accanto
a sé, sarà in grado di sconfiggere
l’ennesimo Drago.
E’
grazie a lui se ha iniziato una seconda vita, dopo che
la prima si era spenta quando era morta sua madre. Gli anni successivi
a quel
terribile evento erano stati una specie di limbo, nel quale Kate aveva
galleggiato senza vivere realmente. Invece con lui è tornata
a vivere e, come
dice il titolo di quel film di James Bond, si vive solo due volte. Non
può
sprecare la sua occasione, non ne avrà altre.
Ora
basta solo trovare il modo di farsi perdonare. Tanto
più che presto sarà il loro primo anniversario di
matrimonio e mai e poi mai si
sarebbe immaginata di trascorrerlo lontana da lui. Vorrebbe andare da
lui, al
loft, ma… ha paura. Non le va di affrontare né
Martha né Alexis.
Baggianate.
Il
vero motivo è che teme che suo marito si sia stufato
di aspettarla. Pare che l’attesa sia il leitmotiv della loro
storia, ed è sempre
lei a decidere sulla durata di questa attesa. Ma quanta pazienza
potrà ancora
avere quell’uomo? Cos’altro può
pretendere da lui? E se si fosse stancato? Se
avesse compreso che non ne vale più la pena? Se avesse perso
la speranza?
Scuote
la testa di fronte a questi pensieri nefasti e
decide di tentare il tutto per tutto. Si recherà al loft a
implorare suo marito
di riprendersela e
di aiutarla nella sua
crociata. Con la speranza che nessuna delle altre donne della vita
dello
scrittore sia in zona. Perché se quell’incontro va
nel modo giusto stasera non
tornerà a dormire nella scatola.
Sorride
al pensiero e dà il via ai preparativi. Una bella
doccia rinfrescante, quella crema per il corpo alle ciliegie, che suo
marito
adora, quel completino di seta, rosso passione, che le ha regalato
tempo fa,
senza nessun motivo, e che non ha ancora indossato per lui
e… un ingrediente
speciale. Che sembra tutt’altro che romantico e sensuale ma
che per loro ha un
significato profondo.
Nasconde
quell’intimo elegantemente provocante sotto un
paio di jeans attillati e un maglioncino leggero, calza le sue
amatissime
scarpe con il tacco e parte per la sua missione. Per recuperare
quell’ingrediente mancante deve fare una piccola deviazione
dall’itinerario che
la conduce al 595 di Broome Street. Insomma, non lascia niente di
intentato. In
guerra e in amore tutto è permesso. E lei sta per affrontare
una battaglia non
da poco, quindi occorre schierare l’artiglieria al gran
completo. Ma il premio
che spera di ottenere vale ogni strategia: suo marito.
Giunta
alla prima tappa, Kate accosta la Crown e scende.
Entra da Remy’s e dopo aver scambiato quattro chiacchiere con
Paul, il
cameriere che ha sempre servito lei e Castle ogni volta che sono andati
a
mangiare lì, gli ordina due cheeseburger. E’ una
specie di codice per lei e suo
marito. E non solo perché quella doveva essere la sua safeword qualora si fosse trovato in
difficoltà quando una sua fan
aveva preso in ostaggio diverse persone per attirare
l’attenzione sul suo caso e
aveva detto espressamente che avrebbe negoziato solo e soltanto con
Richard
Castle. No, Remy’s è un luogo del cuore per loro.
E’ lì che hanno avuto il loro
primo appuntamento-non appuntamento. Sorride con tenerezza al ricordo
di quella
fase della loro vita: quella sera, in particolare, lei era uscita con
Brad
Dekker, alias Mr
July del calendario dei
vigili del fuoco, e lui con Amanda Livingston, una bionda affascinante,
ma
entrambi non avevano fatto altro che pensare al caso su cui stavano
investigando
e avevano finito per abbandonare i rispettivi accompagnatori, dedicarsi
al
lavoro e precipitarsi da Remy’s a fine serata, nonostante
l’ora tarda, a
festeggiare la conclusione vittoriosa delle indagini e a godersi la
reciproca
compagnia.
Porgendole
il sacchetto di carta con il suo prezioso
contenuto, Paul la distoglie dal suo viaggio lungo il viale dei
ricordi. Kate
paga la cena, lo saluta e riparte per portare a termine la sua
missione.
Nel
frattempo, al 595 di Broome Street Richard Castle ha
appena aperto la porta.
“Papà?!?!?”
esclama sorpreso.
“Mi
fai entrare?” gli chiede l’uomo canuto,
oltrepassando
l’uscio senza aspettare la risposta del figlio. Ha la sua
solita espressione
indecifrabile, che contrasta apertamente con lo stupore dipinto sul
volto dello
scrittore. Eppure ormai dovrebbe essersi abituato alle apparizioni
improvvise
di Jackson Hunt. Appena si riprende dallo sbalordimento, chiude la
porta e si
volta verso il suo ospite, recuperando almeno le buone maniere:
“Posso offrirti
qualcosa?”
“Un
whisky andrebbe bene. E, dammi retta, non farebbe
male nemmeno a te” risponde criptico. Però cammina
senza difficoltà, segno che
questa volta nessuno gli ha sparato. E’ già
qualcosa.
La
faccenda, comunque, non promette nulla di buono, ma
Rick ubbidisce alla richiesta e, avvicinandosi al mobile bar, prepara
due
bicchieri di quel liquido ambrato, porgendone uno al genitore.
“Cosa
ci fai qui?” gli domanda Castle. Lo strano rapporto
che ha instaurato, per così dire, con suo padre prevede
pochi convenevoli.
“Dobbiamo
parlare di Kate” arriva dritto al sodo Hunt. “She’s good at what she does, ma
si sta
cacciando in un guaio più grosso di lei” aggiunge.
“Cosa
ne sai tu?” si informa, incuriosito dalla sua
affermazione.
“Mia
moglie Rita ha coperto le spalle a lei e a Vikram
qualche mese fa e da allora la teniamo sotto controllo”
spiega Jackson.
“Tua
moglie? Sei sposato? E non ti è nemmeno passato per
l’anticamera del cervello di dirmelo? Magari lo eri
già quando ci siamo visti a
Parigi?” reagisce Rick, offeso per il mancato coinvolgimento.
Ancora non ha
imparato che da suo padre non può aspettarsi un
comportamento affettivo normale.
“Getting
emotional, now it’s not the time”
commenta asciutto Hunt. “Lo
sai, con quello che faccio non è mai il momento di lasciare
spazio ai
sentimentalismi. I let my guard down,
people die. Quindi, veniamo al dunque. Tua moglie sta
indagando in modo
indipendente per arrivare a Loksat, solo che si è rivolta
alla persona
sbagliata” taglia corto l’agente segreto.
Il
cervello e il cuore di Rick sono in pieno subbuglio.
Fino a due minuti fa si stava preparando per andare a riconquistare sua
moglie,
pregustando una serata romantica e passionale, invece ora suo padre,
che avrà
visto per poco più di 48 ore in totale in tutta la sua
esistenza, è davanti a
lui, gli ha appena detto che Beckett è in pericolo e lo ha
informato en passant
di essere a sua volta sposato. In quel groviglio di emozioni che gli
fanno
girare la testa però si fa strada l’unica
deduzione possibile: “Mi stai dicendo
che Vikram non è chi dice di essere?”
“L’ho
sempre saputo che sei un ragazzo sveglio. Ora,
dobbiamo mettere in guardia Kate senza però che Vikram se ne
accorga. So che non vivete più
insieme…”
“Come lo sai?”
“I may not
be good at this but I’m still your father. Comunque,
confido che siate ancora in buoni rapporti. Le devi parlare, Rick, e
devi fare
in modo che si allontani da quell’uomo o che almeno finga di
farlo. Non può
troncare di netto i rapporti con lui, altrimenti si accorgerebbe subito
che
qualcosa non va. E’ tutt’altro che uno
sprovveduto” lo istruisce Hunt.
“Sì,
hai ragione. Stavo giusto andando da lei. Avevo
tutt’altro in mente per questa serata, ma non importa. Senti,
se vuoi puoi
fermarti nella camera degli ospiti per stasera, mia madre e mia figlia
sono
fuori per qualche giorno…”
Mentre
Hunt sta per rispondere, qualcuno bussa alla
porta.
Mettendosi
l’indice davanti alle labbra, Jackson fa cenno
al figlio di non rivelare la sua presenza e con passo felpato si
nasconde nello
studio.
Preoccupato,
Rick si reca ad aprire e di fronte si trova
Kate.
“Hey”
la saluta. “I
was just coming to see you” aggiunge stupito e
rinfrancato dalla
consapevolezza che, nonostante tutto, sono sempre in sintonia.
“I was coming to
see you” gli risponde Beckett, sorridendo e al
tempo stesso aggrottando la
fronte. Non l’ha invitata a entrare e non sa bene come
comportarsi. Poi gioca
la sua carta. “I brought dinner for
us”
dichiara, porgendogli la busta di carta contenente i due cheeseburger.
“Remy’s!”
esclama Rick, felice per aver riconosciuto in
quel gesto un messaggio nascosto. “Vieni, accomodati. Li
mangiamo al bancone
della cucina, che ne dici?” le propone ciarliero mentre
chiude la porta, troppo
contento di avere di nuovo sua moglie vicino – e di sua
spontanea iniziativa,
per giunta –, dimenticando che suo padre è nella
stanza accanto. Dettaglio
trascurabile al momento.
Quando
si volta e se la trova davanti le scopre sul volto
un’espressione sofferente. “Ehm, Rick, ti chiedo
scusa. Pensavo che da sola ci
sarei riuscita. Volevo solo proteggerti, ero convinta che
l’unico modo per
tenerti in vita fosse allontanarti da me. Ora ho capito
perché anche tu mi hai
mentito quando sei andato a Parigi a riprenderti Alexis e ricordo
quanto ho
sofferto sapendoti là fuori da solo. Mi sono appoggiata a
Vikram perché non ho
nessun legame con lui. Non ho coinvolto nemmeno Ryan o Espo,
perché non volevo
assolutamente che corressero alcun pericolo. E’ la mia
battaglia, Rick. E’ la
mia guerra. Però… senza di te non ce la faccio.
So che è egoista da parte mia,
so che in questo modo è come se ti attaccassi un bersaglio
sul cuore, ma mi
manchi, babe. Eppure se qualcosa
andasse male e tu morissi… Dio, Castle, non ne uscirei mai. I would die if I lost you. Hai visto
cosa era successo a mio padre dopo la morte di mamma…
è caduto nel baratro e ne
è uscito a fatica solo dopo anni, ma io non ce la farei. Non
potrei mai
perdonarmelo… però… ho bisogno di te.
E ho capito che solo se sei accanto a me
ce la possiamo fare insieme. E solo se sei con me posso proteggere te,
posso
proteggere noi e il nostro futuro insieme.”
Il
respiro affannato, il battito cardiaco accelerato, gli
occhi lucidi e il fatto che non abbia mai smesso di tormentarsi le mani
tradiscono le forti emozioni che sta provando. Sa che tutto il suo
discorso è
un groviglio fitto di contraddizioni e non ha mai preso fiato per
arrivare in
fondo, temendo forse che se si fosse fermata non sarebbe riuscita a
fargli
comprendere quanto stia soffrendo e quanto sia rammaricata per averlo
ferito,
per averlo escluso.
Rick
rimane imbambolato a fissarla per un tempo che le
pare infinito e poi la bacia, riscoprendo il suo sapore, ritornando a
casa. E’
un bacio breve ma intenso, perché ahimè ha altro
a cui pensare in questo
momento. Per esempio al fatto che c’è un agente
segreto nascosto nello studio.
Sempre che non si sia magicamente volatilizzato nel frattempo.
“Kate,
ci sono dentro anch’io, che tu lo voglia o no. Ricordi?
Partners in life and in crime”
le rammenta.
“Voglio aiutarti e lo farò.
Però…”
Beckett
gli rivolge uno sguardo interrogativo e confuso.
Quella frase in sospeso non la tranquillizza per nulla.
“C’è
qualcosa che devi sapere e credo sia meglio che te
ne parli direttamente la mia fonte” dichiara serio Castle. A
quelle parole,
Hunt esce dallo studio.
“Nice to see you
again, Kate” la saluta con un enigmatico sorriso.
Nota
dell’autrice
Il
loft è fin troppo affollato: ecco che ritorna persino Hunt,
cuore di padre (a
modo suo). Anche Kate è intenzionata a salvare il proprio
matrimonio, ma come
reagirà di fronte alle rivelazioni del suocero?
Grazie
per aver accolto la storia con affetto e per avermi dedicato ancora una
volta
il vostro tempo arrivando fino qui.
Un
abbraccio,
Deb
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Die another day ***
Capitolo
3 – Die another day
Lo
sguardo di Kate rimbalza più volte da Rick a suo
padre, mentre la solita ruga le si forma in mezzo alla fronte, segno
inequivocabile che il cervello ha messo in moto gli ingranaggi e sta
attivando
tutte le sinapsi.
“Suppongo
tu abbia finalmente rivisto Rita” deduce
Beckett, saltando a piè pari i convenevoli e senza che
nessuno dei presenti se
ne stupisca. Evidentemente il loro rapporto funziona così.
Intanto una fitta
colpisce ancora una volta il cuore di Castle, che perde un battito.
Kate ha
incontrato la moglie di suo padre e si è ben guardata
dall’informarlo. L’ennesima
omissione. Fa un respiro profondo per tentare di scacciare quel dolore
che gli trafigge
l’anima come un pugnale affilato e, invitando i suoi ospiti a
prendere posto al
tavolo della cucina, suggerisce: “Credo sia meglio se ci
sediamo”.
Poi
aggiunge: “E preparo anche un caffè”,
consapevole che
i due bicchieri di whisky che si è scolato quel pomeriggio
possano già limitare
la sua lucidità senza bisogno di aggiungerne un terzo.
“Per te un cappuccino,
Kate? Uno di quelli che solo io so preparare?” le chiede poi
sollevando le
sopracciglia, con quell’espressione da sbruffone che lei
adora e che al tempo
stesso le farebbe venire voglia di strozzarlo almeno dieci volte al
giorno.
Perché anche se si sono separati, anche se non risolvono
più intricati casi di
omicidio fianco a fianco, anche se non dormono più sotto lo
stesso tetto, lei pensa
a lui almeno dieci volte al giorno. Come minimo.
Beckett
si limita ad annuire. Per un microsecondo il
pensiero dei cheeseburger di Remy’s (e di tutto quello che si
era immaginata
sarebbe successo dopo) le attraversa il cervello e le provoca una punta
di
delusione, però la sua curiosità sul vero motivo
della presenza di Jackson Hunt
ha la meglio e così si siede di fronte a lui, mentre Rick
armeggia davanti alla
macchina del caffè. Lei e il suocero si fronteggiano come
due duellanti pronti
a estrarre la propria arma, stile mezzogiorno di fuoco, senza
profferire
parola. Una parte di Kate non riesce proprio a fidarsi di
quell’uomo
dall’espressione imperscrutabile, nonostante invece suo
marito riponga
un’inspiegabile fiducia in lui. Che poi come fa a essersi
affezionato a un
padre che non si è mai davvero curato di lui e di cui
è venuto a conoscenza
solo pochi anni fa e in una situazione profondamente dolorosa
è una cosa che
Kate non è in grado di comprendere.
Pochi
minuti dopo, Castle porge un mug di caffè scuro a
suo padre e una tazza con un inconfondibile cuore sulla schiuma del
cappuccino
a sua moglie, che solleva gli occhi da quell’ennesima
dimostrazione d’amore –
nonostante tutto – e gli rivolge uno dei suoi sorrisi, quelli
che lui adora e
che gli illuminano anche le notti più buie, quelli che gli
fanno
momentaneamente dimenticare quante bugie gli abbia raccontato o quante
informazioni abbia deciso di non condividere con lui.
“Allora,
perché sei qui Hunt?” gli chiede Kate dopo aver
sorseggiato la bevanda calda preparata sempre con tanto affetto da suo
marito.
“Quanto
ti fidi di Vikram Singh?” le domanda a sua volta
la spia, fissandola negli occhi. Questo interrogativo diretto spiazza
il
capitano Beckett e improvvisamente tutti i suoi dubbi diventano
realtà.
“Sinceramente,
a questo punto non molto” ammette. “Ti
confesso che stavo per rivolgermi a un investigatore privato per
raccogliere maggiori
informazioni su di lui” aggiunge, facendo
l’occhiolino a suo marito, per poi
tornare a guardare seria l’uomo seduto di fronte a lei.
“E
fai bene. Quella dell’analista è solo una
copertura”
dichiara Hunt senza troppi preamboli. “Il suo ruolo
è quello di tenerti buona,
fingendo di indagare per tuo conto, e non farti arrivare a
destinazione. Mi
pare ci stia riuscendo, peraltro.”
“Sì…
ogni volta che troviamo qualcosa finisce sempre che
si tratta di una falsa pista che ci conduce in un vicolo cieco. E
poi… fa di
tutto per tenermi lontana da Rick, per impedirmi di vederlo e parlare
con lui”
concorda il capitano, con una punta di amarezza.
“E’
bravo nel suo lavoro, questo gli va riconosciuto”
dichiara Hunt. “E ha anche un background di tutto rispetto.
Suppongo tu abbia
fatto qualche controllo prima di assumerlo al distretto e sono sicuro
che ne è
uscito un quadro impeccabile, giusto?”
Kate
annuisce. Poi l’uomo canuto riprende, senza mai
distogliere i propri occhi da quelli della giovane donna seduta davanti
a lui:
“Beh, è tutto finto. Gli hanno creato un profilo
perfetto. E’ un vero professionista
ed è una pedina all’interno di
un’organizzazione solida, gestita da persone molto
potenti e dotate di risorse finanziarie notevoli. Ora, so che Rita ti
ha detto
che se tu avessi coinvolto Rick in questa storia ti saresti macchiata
del suo
sangue…”
Le
dure parole della moglie di Hunt, pronunciate durante
il loro incontro “fortuito” in quella strada
affollata di New York,
riecheggiano nella mente di Kate come una terribile minaccia: Anybody who dies now – their blood is on
you.
E’ quello il motivo fondamentale per cui ha deciso di
separarsi da suo marito e
gettarsi da sola in questa crociata. Ma adesso ha anche capito che
senza il suo
aiuto non riuscirà mai ad arrivare al termine della sua
missione.
“Il
nostro lavoro non ci permette sentimentalismi e anche
esserci sposati è stata una mossa azzardata. Ma entrambi
siamo in questo mondo da
tutta la vita e siamo consapevoli di quello che facciamo. Rita ci
è andata giù
pesante perché voleva convincerti a non affrontare questa
storia. Per il tuo
bene, Kate. E’ una faccenda più grande di quanto
pensi. Loksat è una leggenda.
Aveva collaborato con quel Bracken, creando un cartello della droga che
triangolava New York, la Columbia e il Messico, e avevano dato vita a
un
business davvero redditizio. I soldi provenienti dal commercio delle
sostanze
stupefacenti erano stati ripuliti ed erano serviti a finanziare la
campagna
elettorale del senatore. Ma tu questo lo sai già, vero
Kate?” le chiede e pare
quasi che il suo sguardo sia attraversato da un guizzo di compassione
nei
confronti della sofferenza inflitta a quella donna, sia dai torturatori
al
soldo di Vulkan Simmons sia dalla vita in generale. Che Jackson Hunt
abbia un
cuore? Ma è un lampo che si spegne subito, e
l’espressione torna ad essere
glaciale e imperturbabile.
Kate,
a sua volta, chiude gli occhi e deglutisce. Quel
ricordo è ancora vivo nella sua memoria, tanto che un
brivido di freddo le
scuote le membra e le sembra di percepire in modo nitido il gelo
dell’acqua in
netto contrasto con il fuoco che sentiva nei polmoni, annaspando in
cerca di
ossigeno. Rick, che finora è stato in religioso silenzio ad
ascoltare le parole
di suo padre senza mai distogliere lo sguardo dal volto di sua moglie,
le
stringe una mano, sorridendole mestamente per infonderle forza e
sostegno.
Anche per lui quell’episodio è
tutt’altro che dimenticato. Dio, quante ne hanno
passate insieme: in ordine sparso, Kate è finita su una
bomba, entrambi sono
quasi annegati nell’Hudson, spinti nel fiume a bordo della
macchina di servizio
di Beckett, un cecchino le ha sparato in pieno petto al funerale di
Montgomery,
ha rischiato che la graziosa dottoressa Nieman le strappasse la faccia
per
cambiarle i connotati, per un pelo non sono diventati il pasto di una
tigre,
hanno rischiato il congelamento in un camion frigorifero… e
questo solo per
citare alcuni episodi.
“Sai
anche che Bracken era diventato un peso per l’organizzazione
ed è stato eliminato. Adesso Loksat ha agganci con vari
personaggi molto
potenti, dall’apparenza pura e immacolata ma che sono
corrotti fino al midollo.
Quindi, credimi, Kate, non puoi affrontare questa storia da sola e mio
figlio
non sarà James Bond, ma a modo suo è coraggioso e
ha un cervello sveglio” conclude
Hunt. In quel momento, Rick si sente stranamente orgoglioso per il
complimento
ricevuto da suo padre, anche se quell’a
modo suo lo lascia un po’ perplesso.
Però poi si consola con la
considerazione che da un genitore sui generis come Jackson Hunt non si
può
certo aspettare lodi sperticate. Senza dimenticare che ha citato James
Bond e
il suo pensiero è volato subito a “Casino
Royale” e a ciò che quel libro ha
significato per loro due.
“Oh,
so bene quanto sia sveglio tuo figlio, il suo modo
di pensare out of the box mi ha
aiutato in più di un’occasione” concorda
Beckett, stringendo la mano di suo
marito e sorridendogli riconoscente. “E ora cosa suggerisci
di fare?” chiede
poi a Hunt, rivolgendosi a lui.
“Dovremmo
cercare di capire come Vikram si tiene in
contatto con la sua rete. In questo modo, potremmo risalire ad altri
membri e
avere un quadro più completo” si intromette Rick,
pensando già di ricorrere
all’aiuto di Hayley e alle sue competenze di hacker per
mettere sotto controllo
il cellulare e il computer del loro nuovo nemico. Hayley si
è rivelata una
risorsa preziosa, oltre ad essere una persona squisita.
“Non
sarà semplice, devo ammettere che è un vero
esperto
informatico. Ha creato una linea sicura con cui possiamo comunicare
senza
essere intercettati e gestisce vari server in remoto”
dichiara Kate. “O almeno
questo è ciò che mi ha detto” aggiunge
con amarezza, consapevole di non sapere
più quanto di ciò che ha vissuto negli ultimi
mesi sia vero e quanto finzione.
“Sarà
un genio tecnologico ma io ho maggiore esperienza
sul campo. So che avete installato una postazione in uno stripper club
sotto
sequestro, pensi che possiamo farci un salto? Vorrei dare
un’occhiata a cosa
sta facendo e verificare in che modo potremmo tenerlo
sott’occhio” le chiede
Hunt e Kate ormai non si stupisce più che il padre di Rick
sia a conoscenza
anche di questo dettaglio, seppure sia una decisione di pochi giorni
fa.
Evidentemente sa come fare il suo mestiere.
“Sì.
Andrò io per prima, così se Vikram fosse
lì posso
sempre far finta di essere passata per vedere se sta facendo progressi
con
l’ultima pista” dichiara il capitano Beckett e Rick
riconosce in quella
proposta l’indole battagliera della donna che ha sposato.
Bandiera bianca,
arrenditi scrittore: ami così tanto quella donna che sei
disposto a perdonarle
tutto pur di averla di nuovo accanto a te.
“Noi
ti seguiamo con la macchina che ho noleggiato” dice
Hunt, poi rivolgendosi a Castle aggiunge: “Hai un ottimo
gusto per le auto,
figliolo, ma una Mercedes o una Ferrari darebbero troppo
nell’occhio.”
Rick
annuisce e l’operazione prende il via. Mentalmente,
Castle la rinomina “Die another day”, come uno dei
film di James Bond,
confidando che il titolo sia propiziatorio. Ha troppi progetti per il
futuro e
non gli andrebbe proprio di morire prima di portarli a compimento.
Senza
considerare che in questo momento sta collaborando con suo padre e la
cosa gli
riempie il cuore. Non è certo una delle classiche
attività che uniscono padri e
figli, ma con un agente segreto come genitore non ci si può
aspettare una vita
canonica fatta di passeggiate in bici al parco o di pomeriggi trascorsi
a
costruire castelli di sabbia sulla spiaggia bianca degli Hamptons.
“Hai
la tua pistola con te?” chiede l’agente segreto a
Beckett.
“No,
non pensavo che ne avrei avuto bisogno stasera”
ammette.
“E’
comunque meglio così: se succede qualcosa, non è
opportuno che si trovino proiettili riconducibili a un’arma
registrata a nome
del capitano Beckett” dichiara Hunt. L’uomo si
abbassa leggermente e sfila
dalla fondina al polpaccio una piccola semiautomatica che porge alla
nuora. Poi
estrae dalla giacca un’altra pistola per il figlio e si
avviano alle rispettive
vetture, mentre Rick giunge alla conclusione che a quel punto non si
sarebbe
stupito che suo padre avesse tirato fuori anche un Kalashnikov, come il
proverbiale asso nella manica.
Le
tenebre stanno calando sulla città che non dorme mai,
ma il traffico è ancora sostenuto. Mentre è
seduto dal lato del passeggero –
questo è evidentemente il suo ruolo, a prescindere da chi
stia al volante – lo
scrittore rompe il silenzio e chiede a suo padre: “Quanto
stiamo rischiando?”
“Non
poco. Ma non possiamo fare diversamente. Tua moglie
è un tipo tosto, ma adesso ha bisogno del nostro
aiuto” dichiara Hunt.
“Ho
già temuto di perderla più di una
volta” commenta
Rick con un sospiro.
“Questa
volta non sei da solo. Abbi fiducia. E ora
concentrati su quello che dobbiamo fare” ordina Jackson con
un tono che fa
chiaramente capire che il momento delle chiacchiere è
concluso.
Giunti
a destinazione, vedono Kate parcheggiare la Crown poco
lontano dall’ingresso del locale, mentre i due uomini si
tengono a debita distanza.
Beckett scende e poco dopo padre e figlio la raggiungono vicino alla
porta
laterale. Tutti e tre impugnano la propria arma e cercano di capire se
ci sia
qualcuno ma nessun rumore sembra provenire dall’interno
dell’edificio. Con un
cenno d’intesa scambiato con gli altri due, Kate abbassa la
maniglia ed entra. Si
muove lentamente perché la stanza è in penombra,
ma il capitano si rende subito
conto che c’è qualcosa di diverso. I suoi occhi
scansionano l’ambiente, per
quanto glielo permetta l’oscurità, e quando
finalmente riesce a mettere a fuoco,
ciò che vede la raggela.
Nota
dell’autrice
Qualora
non si fosse capito, Vikram non è il mio personaggio
preferito e ancora non ho
capito se, almeno per quanto vediamo in tv, c’è o
ci fa. Qui ho provato a darmi
delle spiegazioni… spero che siano di vostro gradimento.
La
missione è partita, ma cosa avrà visto Kate nel
locale? Si accettano scommesse!
Grazie
ancora una volta per avermi regalato il vostro tempo.
Un
abbraccio,
Deb
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - For your eyes only ***
Capitolo 4 – For your eyes only
Niente.
Niente
monitor, server, tastiere.
Nemmeno
il tavolo che Vikram aveva utilizzato come
scrivania per la postazione che aveva allestito nello stripper club
posto sotto
sequestro.
Il
locale non porta alcuna traccia della nuova
destinazione d’uso che l’analista di origini
indiane, o qualunque sia la sua
vera identità, le aveva assegnato.
Come
se non fosse mai stato lì.
Come
se quel luogo fosse rimasto il solito night club.
Come
se da un momento all’altro potessero saltare fuori
delle ballerine seminude pronte a strusciarsi intorno a un palo.
Il
cervello di Kate lavora a ritmo serrato, cercando di
processare le informazioni raccolte e prevedere le prossime mosse di
Loksat e
quale sia la strategia migliore da adottare, ma non riesce a giungere
ad alcuna
conclusione. La sua mente è al buio, proprio come quel
locale illuminato solo
dalle luci che indicano le uscite di emergenza. Nel frattempo, con
passo
felpato i due uomini l’hanno raggiunta e a loro volta si
guardano intorno. Hunt
fa cenno al figlio e alla nuora di non parlare e di ridurre al minimo i
rumori.
Ha subito realizzato che il posto è stato ripulito a dovere
e teme che chi ha
eseguito il lavoro abbia lasciato qualche cimice. Spera solo che non
abbiano
installato anche delle telecamere nascoste. Ha osservato con attenzione
i posti
dove lui le avrebbe posizionate e non ha notato nessuna lucetta o
apparecchio
elettronico, ma non può avere l’assoluta certezza
che il night club sia sicuro.
Lentamente
e nel silenzio più totale, i tre si avviano
verso l’uscita, capitanati da Beckett, il cuore colmo di
delusione. Non è
questo che avevano in mente. Non è così che
pensavano di portare a termine la
loro missione. Persino Hunt, che sembrava sapere tutto, pare stupito
dal non avere
trovato niente, anche se la sua espressione rimane imperturbabile. Un
pezzo di
ghiaccio.
Appena
fuori dall’edificio, nel vicolo su cui sbuca
l’ingresso secondario, Rick afferra delicatamente Kate per un
braccio per farla
voltare verso di lui. Lo sguardo muto dell’uomo le chiede
come sta, mentre
l’espressione corrucciata della donna gli rivela che il suo
cervello sta ancora
elaborando quanto è appena successo.
“Torniamo
a casa, Kate” le propone. “Vieni anche tu,
papà” dice poi voltandosi verso di lui.
Entrambi
annuiscono e poi si avviano verso le rispettive
vetture, con Rick che tallona Beckett. E al diavolo la prudenza. Non ha
nessuna
intenzione di lasciare sola sua moglie in questo momento.
Il
viaggio verso il loft inizia nel silenzio più totale,
finché il cellulare di Beckett non si mette a vibrare.
Dovrebbero essere
abituati al fatto che qualcuno la possa cercare a qualsiasi ora del
giorno e
della notte, ma ricevere una chiamata proprio in quel momento fa
sobbalzare
entrambi, tanto che si scambiano uno sguardo sorpreso. Kate accosta la
Crown e
osserva il display. E’ il numero dell’assistente
del Commissario capo del NYPD,
quello che sta a One Police Plaza. Impossibile rifiutare una chiamata
proveniente da lì. Fa cenno a Rick di tacere e schiaccia il
tasto del vivavoce
prima di rispondere: “Beckett.” Ha deciso di essere
sincera fino in fondo con
lui, anche perché l’aver visto quel velo di
tristezza passargli sul volto
quando ha scoperto che non gli aveva detto nulla di Rita le ha stretto
il cuore
e l’ha fatta sentire una carogna. Una carogna maleodorante,
per la precisione.
“Capitano,
la contatto per conto del dott. Bratton. Ha
bisogno di incontrarla domattina alle ore 8. Puntuale” le
ordina una voce femminile
autoritaria.
“D’accordo”
ubbidisce Kate, chiudendo la comunicazione e
facendo un sospiro profondo. Quella convocazione non promette nulla di
buono.
Sa di essersi messa nei guai un’altra volta, di aver abusato
della sua
posizione e di aver utilizzato mezzi di proprietà dello
Stato per un’indagine
personale e non certo autorizzata. L’ha combinata davvero
grossa e rischia la
fine ingloriosa di una carriera rapida e ricca di successi.
Senza
dire altro, Kate si rimette al volante e si dirige
verso il loft. Anche se non era esattamente quello il programma che
aveva per
la serata, non vuole tornare a dormire nella scatola.
Quando
tutti e tre raggiungono l’appartamento di Castle,
Rick rompe il silenzio e domanda a suo padre: “OK, ammetto
che sono confuso.
Cosa è successo? Ci sei tu dietro a questa storia?”
Hunt
risponde: “No, figliolo. Ma è un lavoro da
professionisti e sono sicuro che nemmeno la scientifica riuscirebbe a
trovare
alcuna traccia. Domattina attivo i miei contatti e verifico. Adesso
andate a
dormire, domani faremo il punto. Il loft è sicuro, non
preoccupatevi: ci sono
un paio di miei uomini di guardia.” Dopo una breve pausa
aggiunge: “Per ogni
evenienza.”
Un
profondo senso di gratitudine nei confronti del padre
invade il cuore di Rick. Vorrebbe anche ringraziarlo, magari
abbracciandolo, ma
non sa come gestire il rapporto con lui. Senza considerare che
l’ultima volta
che si sono abbracciati il gesto è partito da Hunt e aveva
il secondo (o
primario?) fine di depositargli un localizzatore GPS in tasca. E
così resta lì,
senza dire o fare altro se non ripetergli l’invito a
sistemarsi nella stanza
degli ospiti.
Adesso
sono rimasti solo loro due.
Entrambi
avevano sognato di trovarsi da soli al termine
di quella giornata, ma non avrebbero mai pensato che ci sarebbero
arrivati con
quello stato d’animo. I piani di seduzione che
l’uno all’insaputa dell’altro
aveva preparato sono totalmente fuori luogo adesso, tanto che nessuno
dei due
sa come comportarsi.
Rick
si schiarisce la gola e le dice: “Ehm, Kate, non
voglio rendere la situazione più complicata di quanto
già sia, quindi se vuoi
puoi dormire in camera di Alexis…”
“Ti
dispiace se invece dormo con te in camera nostra?”
gli chiede, quasi sussurrando, come se avesse paura di essere rifiutata.
In
tutta risposta, Rick si avvicina a lei e la avvolge in
un abbraccio stretto. Quello stesso abbraccio in cui, anni prima, le
aveva
detto Let me take you some place, Kate.
Some place you’ll be safe. E vorrebbe ripeterle la
stessa promessa, perché
la sua massima aspirazione è tenerla al sicuro, proteggerla
da tutti e magari
anche da sé stessa. Se ha imparato a conoscerla un
po’ in questi anni, sa che
adesso si sta arrovellando il cervello, maledicendosi per non aver
capito prima
che Vikram la stava manipolando e si stava prendendo gioco di lei.
Kate
si scioglie dalla presa del marito e, senza dire
niente, lo prende per mano conducendolo verso la loro stanza. Ha
bisogno di lui
e non solo per dimenticare quello che è successo, ma
soprattutto le serve un
minimo di pace e di normalità. Rivuole il suo matrimonio,
con annessi e
connessi. Magari non proprio nell’ingresso del loft e con il
suocero che dorme
a pochi metri da loro, ecco. Meglio dirigersi verso
l’intimità della loro alcova.
E
una volta oltrepassata la soglia, le loro labbra, le
loro mani e i loro sensi si ritrovano e riscoprono quella connessione
che li ha
uniti sin dalla loro prima volta insieme. Prima di perdere
completamente il
possesso delle proprie facoltà mentali, un lampo di
lucidità attraversa il
cervello di Rick e l’uomo si stacca dalla moglie,
provocandole un mugolio di
protesta come risposta, e le sussurra: “Kate, lasciati amare
da me stanotte.”
Lei
lo fissa intensamente e annuisce, mordendosi il
labbro inferiore. Sa che quella richiesta nasconde ben altro.
Avrà lui il
comando stanotte ed è ben felice di lasciarglielo. E da quel
momento le parole
non servono più e lasciano spazio a baci, carezze, gemiti,
sospiri, corpi che
si riconoscono e si uniscono in un incastro perfetto.
La
mattina dopo, Kate si sveglia all’alba, in un meraviglioso
groviglio di arti e lenzuola. Dormire fra le braccia di suo marito le
ha
permesso di riposare meglio di quanto abbia fatto nelle ultime
settimane,
nonostante quello che è successo al night club e la
telefonata ricevuta. A dir
la verità, hanno dormito ben poco ed è stato
meglio così. Hanno investito il
tempo in attività assai più piacevoli di cui
entrambi avevano sentito molto la
mancanza. Ma adesso l’aspetta l’incontro con il
Commissario.
Un
incontro dal quale dipende il suo futuro lavorativo.
Per
sua fortuna al loft aveva lasciato un sobrio tailleur
pantaloni grigio antracite e una camicetta chiara, così
può avviarsi al
patibolo vestita in modo appropriato. Un serio chignon e un velo di
trucco
completano l’opera: ora è davvero pronta. Pur
avendo saltato la cena la sera
prima, e aver dato fondo alle sue energie durante la notte, la tensione
le
chiude lo stomaco e le impedisce di fare colazione. Prenderà
qualcosa più
tardi, prima di andare al lavoro. Sempre che un lavoro ce
l’abbia ancora…
Appena
giunta al numero 1 di Police Plaza, Beckett si
presenta alla receptionist che la invita ad accomodarsi nella saletta
numero 3
a piano terra. Kate si siede e poco dopo viene raggiunta da un uomo
alto che
indossa un completo nero, una camicia bianca e una cravatta nera. Se
solo portasse
anche gli occhiali da sole sarebbe un vero man
in black che potrebbe stare bene in uno dei film di Will
Smith. O almeno
questo è ciò che avrebbe pensato Castle in quella
situazione. Ormai Kate non si
stupisce più di aver adottato lo stesso processo mentale di
suo marito: il modo
di pensare dello scrittore deve essere contagioso! Comunque,
l’uomo di fronte a
lei non è certo il Commissario, con cui il capitano Beckett
pensava di avere
appuntamento. Ma forse il capo della Polizia di New York è
impegnato con casi
più gravi o più importanti del suo e ha mandato
un delegato. Speriamo che sia
un buon segno.
L’interlocutore
si presenta come John Smith.
Davanti
a questo nome, così banale, il capitano Beckett
solleva impercettibilmente un sopracciglio, cercando comunque di
mantenere la
sua collaudata poker face. Ci
mancava
giusto che dicesse my name is Bond, James
Bond.
“So
che le sembra un nome inventato, capitano” la precede
l’agente, che evidentemente sa come leggere la mente e il
linguaggio non
verbale di chi gli sta di fronte. Nonostante la frustrazione per essere
stata
scoperta – mannaggia, questo è più
scafato di lei –, Kate nota che l’uomo non
ha né confermato né negato quel sospetto.
“Ma non siamo qui per parlare di me”
continua Smith, o qualunque sia il suo nome.
Poi
le porge una cartellina, invitandola ad aprirla.
Il
primo pensiero di Kate è che lì dentro ci sia la
sua
lettera di licenziamento. Sospira. Non vorrebbe lasciare il proprio
lavoro. Non
saprebbe cosa fare della sua vita senza essere un poliziotto, senza
poter
portare giustizia a chi è vittima di un crimine. Le
è già successo dopo essere
stata licenziata dall’FBI e non vuole ripetere
quell’esperienza: non ha certo l’indole
da casalinga. Allo stesso tempo, si rimprovera mentalmente
perché, ancora una
volta, sta mettendo sé stessa davanti al suo matrimonio e
alla sua esistenza
accanto a Rick. Questo è il suo vero problema e ha anche
capito come
affrontarlo. Ma adesso non è il momento. Basta farsi
coraggio e vedere cosa il
destino ha in serbo per lei in quel fascicolo.
Apre
l’incartamento e scopre che, in realtà, il foglio
riporta l’ordine immediato e tassativo di trasferimento per
Vikram Singh dal
Dodicesimo agli affari interni, per un incarico altamente confidenziale.
Ecco,
questo proprio non se l’aspettava.
Beckett
solleva lo sguardo dalla comunicazione, redatta
su carta intestata del Commissario e debitamente siglata, e, corrugando
la
fronte, lo rivolge a Smith, fissandolo dritto negli occhi. Le sue iridi
gridano
a chiare lettere quanto sia determinata a non uscire da quella stanza
senza una
spiegazione.
Per
un attimo i due si fronteggiano senza aprire bocca.
Poi l’uomo esordisce: “Capitano, questa
conversazione non ha mai avuto luogo,
ci siamo capiti?”
Kate
annuisce e la sua mente è attraversata dal titolo di
un altro film di James Bond, For your
eyes only. Com’è che in questi giorni
pensa sempre a 007? Bah, ci sarà una
spiegazione logica che al momento le sfugge.
“Stavamo
sulle tracce di Singh, anche noto come Pawan Dahr,
Udhai Khan, Hasnain Sukumar e altri alias, da tanto tempo e adesso che
lo
abbiamo trovato abbiamo intenzione di usarlo per arrivare a Loksat. So
che la
cosa interessa anche lei, ma non aveva e continua a non avere alcuna
autorizzazione a continuare le sue indagini. Per rispetto alla sua
carriera non
proseguiremo con ulteriori accertamenti su ciò che lei ha
fatto finora. Ma da
adesso ce ne occuperemo noi. Senza ulteriori intromissioni, sono stato
chiaro?”
dichiara con un tono che non ammette smentite.
Beckett
è combattuta. Nonostante il luogo in cui si
trovano, una parte di lei non crede alle parole dell’uomo che
le sta di fronte.
Potrebbe essere un agente corrotto o un membro di
quell’organizzazione potente
di cui le ha parlato Hunt giusto la sera prima e che deve essersi
infiltrata
ovunque e fino nelle alte sfere. Però poi lui pronuncia una
frase,
apparentemente senza senso, che dissipa ogni dubbio.
Con
quella consapevolezza, Beckett stringe la mano a
Smith e guardandolo intensamente negli occhi si congeda da lui.
Nota
dell’autrice
Non
so se l’evolversi della storia sia in linea con quello che vi
aspettavate…
spero che sia comunque di vostro gradimento! Vikram è
sparito e Beckett è stata
convocata a 1PP, ma ci sarà davvero da fidarsi di quello che
le dice Smith?
Grazie
per avermi regalato il vostro tempo e al prossimo (e ultimo) capitolo,
Deb
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Tomorrow never dies ***
Capitolo
5 – Tomorrow never dies
Non
resiste più.
Le
ha lasciato tutto lo spazio e il tempo che le serviva.
Una
parte di lui l’avrebbe addirittura accompagnata
all’incontro con il Commissario, ma è riuscito a
trattenersi dal proporglielo,
sapendo bene quanto il capitano Beckett tenga alla propria
indipendenza. Ma
adesso la curiosità lo sta uccidendo. Quella e anche la
preoccupazione che quella
convocazione repentina abbia avuto un esito nefasto. In
realtà Kate gli ha
mandato un sms appena uscita dal numero uno di Police Plaza, in cui lo
informava che stava bene, che sarebbe andata al Dodicesimo, e in cui
gli
chiedeva di vedersi quella sera all’Old Haunt, ma
l’ansia gli sta chiudendo la
gola e non vede l’ora di poter avere di nuovo sua moglie
sott’occhio. E magari
anche fra le braccia, come la notte scorsa.
Ah,
che meraviglia poterla stringere di nuovo, poterle
dimostrare ancora una volta ciò che prova per lei. Era stato
persino meglio di
quanto si ricordasse! E poi quel completino rosso… appena lo
aveva acquistato
aveva realizzato che su di lei sarebbe stato esplosivo e non si era
certo
sbagliato.
Per
quanto assurdo possa sembrare, deve ammettere che Ethan
Slaughter aveva ragione: ha smesso di chiedere permesso e se
l’è ripresa. Sì,
insomma, diciamo che ha comunque rispettato i desideri della moglie ma
non ha
annientato i propri, ecco. Ora spera solo che la notte che hanno
trascorso di
nuovo avvinghiati l’uno all’altra non abbia
rappresentato un episodio sporadico,
una specie di time out from the time out,
ma che Kate ritorni finalmente a casa e al suo fianco, e non solo
affinché lui
le fornisca support and comfort. Lots and lots of comfort, per essere
precisi. Richard Castle è un uomo generoso, in tutti i
sensi!
Già,
ma se anche fosse, quanto durerà? Cos’altro
scatenerà l’innato senso di giustizia di Beckett e
la farà immolare per la
causa, a scapito di chi le sta intorno? Ha dichiarato I’m
done playing the lone wolf, gli ha detto di volerlo accanto a
sé in questa battaglia, ma può davvero fidarsi di
lei? Proprio questo dubbio
gli riempie il cuore di tristezza e gli avvelena l’anima. Fra
marito e moglie
non dovrebbe esistere questa mancanza di fiducia, ma la delusione e la
sofferenza
provata sono ancora recenti e fa fatica a superarle. Gli risulta
difficile
mettere a tacere quel tarlo che gli rode l’anima, anche se
non ha mai perso la
speranza di riconquistare l’amore della sua vita.
Però ancora non sa quanto gli
ci vorrà per perdonarla completamente. Anche se
ciò che le ha letto negli occhi
la sera precedente lo ha colpito molto. In tutti questi anni ha
scoperto tutti
gli strati della cipolla Beckett: l’ha vista soffrire per sua
madre,
precipitare nel baratro degli attacchi di panico dopo essere stata
ferita,
ergere muri altissimi per non condividere il suo vero io con nessuno,
gioire
per il matrimonio di Kevin e Jenny e la nascita di Sarah Grace,
sciogliersi
davanti a Cosmo, pur avendo dichiarato di non essere una baby
person, ridere con leggerezza davanti alle sue battute
sciocche e trasformarsi in una donna appassionata e profondamente
innamorata. E
lui ha perso la testa per tutte le sfaccettature di questa meravigliosa
creatura, è inutile negarlo. Sin dal primo momento in cui
l’ha incontrata al
party per il lancio del suo ultimo libro di Storm, quando lei si
è presentata
in tutta la sua altezzosa serietà. Sì, Kate
Beckett è davvero straordinaria! E
lui sa perfettamente che tutti questi ragionamenti non hanno senso, che
è una
contraddizione vivente, ma non può farci niente.
L’altra
cosa che lo inquieta è che suo padre è sparito
senza nemmeno salutarli o far sapere loro chi aveva fatto ripulire lo
stripper
club o che fine abbia fatto Vikram. Affacciandosi alla camera degli
ospiti
quella mattina, ha trovato il letto intatto, come se non vi avesse
dormito
nessuno. Le opzioni sono due: o Jackson Hunt è un casalingo
provetto oppure deve
essersene andato la sera prima, senza nemmeno coricarsi.
Chissà perché propende
per la seconda ipotesi. Ormai dovrebbe essersi abituato al
comportamento di
Hunt eppure ogni volta ne rimane ferito. Ogni volta pensa di costruire
un
rapporto normale con lui, fatto di condivisione di piccoli eventi
quotidiani, e
ogni volta irrimediabilmente ne rimane deluso. La logica gli ripete che
un
agente segreto non può avere una vita comune, ordinaria,
però la sua
inesauribile fiducia nel futuro lo porta regolarmente a illudersi che
prima o
poi il miracolo avverrà, nonostante la resistenza di
quell’uomo sfuggevole ed
elusivo.
Sospira.
E’ nel suo ufficio da investigatore privato e
sta cercando di ingannare il tempo, ma non avendo clienti non ha casi
da
seguire e non c’è nemmeno Alexis con cui scambiare
quattro chiacchiere. La Richard
Castle Investigations non sta andando bene come pensava e appena le
cose si
calmano sul fronte familiare dovrà rivedere i suoi programmi
professionali e
comprendere cosa vuole fare da grande. Gli manca da morire la sua
esperienza al
Dodicesimo: gli anni trascorsi con Kate, Esposito, Ryan, il compianto
Montgomery e persino la Gates hanno rappresentato una parentesi
lavorativa e
personale straordinaria, dalla quale è uscito profondamente
arricchito.
Intanto,
il pensiero gli corre di nuovo all’altro protagonista
dell’intera faccenda. Quel Vikram non gli era mai piaciuto,
sin dalla prima
volta in cui lo aveva incontrato in quell’hangar. Il suo
istinto non gli aveva
mentito, ma i fatti sembravano dargli torto, come anche Hayley gli
aveva fatto
notare proprio in quell’episodio. E ora vorrebbe tanto sapere
dove è finito e
qual è la sua vera storia...
Sospira
di nuovo e controlla l’orologio per l’ennesima
volta. Deve resistere ancora qualche ora prima
dell’appuntamento con Kate. Il
suo cervello non riesce a trovare pace e sa che, in questi casi,
l’unico modo è
lasciare che la sua immaginazione iperattiva prenda il sopravvento e
trasformi
tutti quei pensieri intricati in un romanzo. Si mette comodo sulla sua
poltrona, solleva il monitor del portatile, apre una pagina di word e
le sue
dita iniziano a scorrere veloci sulla tastiera, creando intrecci,
narrando
emozioni, dipanando grovigli. Seppellendo la sua ansia nella trama di
una
storia, insomma. Il titolo provvisorio che si fa largo nella sua mente
è Indian Heat, ma non
è certo che
pubblicherà mai questo libro. Intanto gli serve da valvola
di sfogo, poi
chissà.
Qualche
ora più tardi, l’atmosfera calda e accogliente e
il chiacchiericcio sommesso del locale avvolgono la donna appena apre
la porta.
Eddie è ancora seduto al piano e sta allietando gli
avventori con un piacevole
accompagnamento musicale, vagamente jazz. Kate ha sempre adorato quel
luogo. Un
po’ perché per Rick rappresenta un posto
leggendario, per la storia
dell’edificio e per il periodo che lui personalmente vi ha
trascorso quando
stava scrivendo il suo primo libro. Un po’ perché
a lei ricorda Montgomery e le
uscite con lui, Castle, Kevin e Javier che li hanno visti brindare ai
casi
risolti o semplicemente alla fine dell’ennesima estenuante
settimana lavorativa.
Si rammenta ancora di quando ci sono andati per la prima volta tutti
insieme,
cantando “Piano man”. Rick aveva appena comprato il
locale e li aveva invitati
tutti a condividere con lui una bottiglia del leggendario whiskey di
Beau James,
che gli era costata una generosa donazione al fondo orfani della
polizia. Le
pare che quel periodo risalga a un secolo prima, anche se in
realtà sono
passati pochi anni. Ma alcuni momenti della nostra esistenza sono
così intensi
che paiono durare un’eternità. E poi Rick
è così carino in quella foto appesa
sul wall of fame, circondato dagli
altri
grandi scrittori che hanno frequentato quel bar. Kate ricorda ancora
che faccia
aveva fatto Rick quando lei aveva esclamato: “Oh
my goodness Castle, you were so cute back then!”. Back then… come se nel
frattempo avesse
perso il proprio fascino... E invece è tuttora un uomo molto
attraente e lei è
fortunata ad averlo nella sua vita, soprattutto perché quel
bel faccino
nasconde un cuore grande.
“Signora
Castle, che piacere rivederla!” la accoglie
gioviale Vince, il barista assunto da Rick qualche anno fa in
sostituzione di
Brian Elliott. Beckett gli risponde con un sorriso sincero e prima che
possa
aprire bocca lui la informa che il proprietario è nel suo
ufficio al piano di
sotto.
“Grazie
Vince, ci vediamo dopo” lo saluta prima di
avviarsi verso la sua destinazione.
Scende
i pochi scalini che la conducono alla stanza
preferita di Rick. Lo trova concentrato sul laptop, tanto che pare non
accorgersi di lei. In tutti questi anni, Kate ha imparato che quando
Castle è
in piena fase creativa entra in una specie di trance, in un universo
parallelo
che lo isola dal resto del mondo, dal quale emerge spossato e a volte
frustrato, quando il risultato non lo convince. Da quando vivono
insieme ha
assistito a momenti di totale frenesia adrenalinica, nei quali si
alzava anche
nel cuore della notte perché folgorato da un’idea
che doveva assolutamente
sviluppare, alternati da altri di profonda crisi, nei quali non
riusciva a
sbloccare gli intrecci delle sue storie o a mettere per scritto
qualcosa che il
suo critico più feroce, ovvero sé stesso, avrebbe
considerato accettabile. Ora
sembra totalmente assorto e lei è felice di vederlo
così: sa bene che scrivere
per suo marito è come respirare, rappresenta una delle sue
funzioni vitali.
Il
legno dell’ultimo scalino scricchiola e distoglie lo
scrittore dalla sua storia. Quello che era cominciato solo come un modo
per ingannare
il tempo ed esorcizzare la sua ansia si è trasformato in un
intreccio
intrigante che lo ha rapito, tanto che non ha potuto fare a meno di
portarsi
dietro il computer e continuare a scrivere anche lì. Ma
adesso che sua moglie è
arrivata, la narrazione può aspettare. Salva il documento al
volo e si alza dal
divano che ha fatto posizionare nel seminterrato.
“Ehy”
lo saluta Kate con un sorriso.
Castle
la abbraccia, le lascia un bacio leggero sul collo,
subito sotto l’orecchio, inebriandosi del suo profumo, e la
invita ad
accomodarsi accanto a lui. Sta morendo dalla curiosità di
sapere com’è andata
con il Commissario, ma non vuole aggredire sua moglie con la sua lista
di
domande, anche se fa davvero fatica a contenersi.
“Non
ho parlato con il Commissario” chiarisce subito Kate
e, di fronte allo sguardo sbalordito del marito, gli racconta di Smith.
Gli
dice tutto, senza tralasciare alcun dettaglio, compreso
l’aver pensato che
fosse un man in black. Basta
segreti.
Basta omissioni.
“Come
fai a fidarti di quello che ti ha detto? Anche lui
potrebbe far parte di quell’organizzazione di cui ci ha
parlato mio padre, come
Vikram stesso che ti voleva solo depistare” domanda Rick,
frustrato. A questo
punto c’è dentro anche lui e vorrebbe arrivare
alla soluzione del caso, anche
perché sa bene quanto sia testarda sua moglie e vederla
invece così arrendevole
lo stranisce.
Kate
gli prende le mani e, guardandolo fisso negli occhi,
risponde: “Perché mi ha detto che aveva bisogno di
far lavare le tende. Lo so
che ti sembra una follia e probabilmente a ruoli inversi
anch’io penserei che
ti sei bevuto il cervello, ma è la stessa frase che mi ha
detto di usare Rita
qualora avessi avuto bisogno di mettermi in contatto con lei,
telefonando a un
certo numero. Voglio credere che sia lei che tuo padre siano dalla
mia… dalla
nostra parte, babe. Non so ancora
quale fosse il ruolo di Hunt in tutto questo, ma credo di dover
cominciare ad
accettare il fatto di non poter sempre sapere tutto. Con la richiesta
di
trasferimento immediata di Vikram, Smith mi ha anche coperto le spalle,
così ho
una spiegazione ufficiale per la sua sparizione immediata dal
Distretto, senza
destare sospetti.”
Di
fronte al silenzio del marito, che continua a
osservarla senza però riuscire ad articolare alcun commento,
Beckett prende un
bel respiro e giunge alla parte più importante del suo
discorso: “E poi ho
deciso di farmi aiutare. Ho capito di avere un’ossessione per
la giustizia, che
mi impedisce di assegnare le priorità in modo appropriato.
Mi butto a capofitto
in queste missioni, più o meno suicide, non pensando a chi
mi sta accanto.
Anche questa volta ho messo a repentaglio il nostro futuro, la nostra
vita
insieme. Ho messo Loksat prima di te, Rick, e non è giusto.
Dopo aver
incontrato Smith stamani ho chiamato il dottor Burke. Mi ha fissato la
prima
seduta domani pomeriggio. Io… ti amo, Rick, e voglio
ricominciare con te.”
Castle
incatena i suoi occhi a quelli della moglie. E’
come se le leggesse l’anima e lei spera con tutto il cuore
che ciò che vede lo
rassicuri. Sa di averlo ferito profondamente con il suo allontanamento
e spera
che adesso non sia troppo tardi.
In
realtà, le parole di Kate suonano come una musica celestiale
agli orecchi dell’uomo. Sua moglie ha deciso di diventare una
persona migliore
per lui, di sconfiggere i propri demoni per ricominciare con lui. E
inizierà da
domani.
Che
bella, quella parola.
Domani.
Il
domani non muore mai, come dice il titolo di quel film
di James Bond. E a questo punto lui è sicuro che il suo
futuro non morirà,
anzi, sarà meraviglioso accanto a quella straordinaria
creatura che ha
riconosciuto i propri limiti e gli ha dichiarato ancora una volta il
proprio
amore. Perché l’amore è
l’elemento salvifico che può riparare tutto, che
può
restituire la speranza e la fiducia nel domani.
A
quel punto, però, il silenzio del marito comincia ad
inquietare Beckett, che si morde nervosamente il labbro inferiore. Teme
di
essere andata troppo oltre. Teme che, nonostante la meravigliosa notte
d’amore
trascorsa fra le sue braccia forti, lui abbia deciso che non ne vale
più la
pena. Game over, insomma.
Fortunatamente,
l’uomo si risveglia dal suo torpore e le
dice soltanto: “Shut up and kiss me”
Nota
dell’autrice
Eccoci
al termine di questa storia. Hunt rimane l’uomo sfuggevole
che abbiamo
intravisto in tv e che, a modo suo e con i suoi tempi, entra a gamba
tesa nella
vita del figlio. I men in black sono intervenuti nel caso di Loksat e
si
occuperanno loro di Vikram, mentre i Caskett possono tornare ad essere
una
coppia normale. A modo loro, naturalmente!
A
questo punto non mi resta altro che dire grazie.
Grazie
a chi ha letto in silenzio e a chi ha trovato il tempo di regalarmi
delle splendide
recensioni.
Grazie
a chi ha messo la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle
seguite
E
grazie al mio angelo custode che mi ha suggerito il titolo, oltre a
tutto il
resto!
Un
abbraccio,
Deb
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