Elementare, mio caro Watson

di Evoladler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Otto Possibili Scenari ***
Capitolo 2: *** The Box ***
Capitolo 3: *** L’incubo ***
Capitolo 4: *** La domanda ***



Capitolo 1
*** Otto Possibili Scenari ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento


OTTO POSSIBILI SCENARI


Sono davanti alla porta e appoggio la mano alla maniglia. Ho una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non è da me essere così agitato.

Ci sono otto possibili scenari nella mia testa:
1.    John sbianca e sviene e dovrò passare la serata a cercare di rianimarlo.
2.    Scoppia a ridermi in faccia, pensando ad una battuta. A quel punto potrei ridere anch’io (risata molto amara) e non proverò mai più a parlarne.
3.    Mi dà una testata. Non credo che effettivamente reagirebbe così, ma la natura umana continua a sorprendermi, quindi non lo escludo.
4.    Chiama immediatamente Mycroft, pensando sia sotto l’influsso di qualche droga e mi fa portare in riabilitazione.
5.    Scoppia a piangere (perché dovrebbe farlo? Ah già, il mistero della natura umana. Comunque no, è improbabile).
6.    “Non sono gay” (scenario più probabile, e già più volte testato)
7.    Rimette tutte le sue cose in valigia (cavolo, è appena tornato in Baker Street... forse potrei aspettare) e se ne va.. Per sempre (!!!)
8.    “Ti amo anch’io” (non succederà mai).

La mia mano gira la maniglia ed entro.

Dieci minuti dopo, non sono ancora riuscito ad aprire bocca (ridicolo).

Sono disteso sul divano e John mi sta baciando da 9 minuti e 55 secondi.

Quando decide di staccarsi, forse per controllare se sono ancora vivo, dato che devo aver smesso di respirare alcuni minuti fa, ma non ho mai smesso di tremare (emozione? Dovrò fare una ricerca su questo tipo di reazione), mi accarezza la guancia e ride.

Lo guardo perplesso (lo scenario in cui scoppiava a ridermi in faccia lo immaginavo diverso) e un po' contrariato (bacio così male?), ma finisco per esalare soltanto “devo essermi perso qualcosa” con una voce qualche ottava più alta del mio solito tono.

“Ho notato che eri fuori da quella porta da almeno venti minuti, ero stufo di aspettare che ti decidessi” risponde John ammiccante.

“Quello che non ho capito è come diavolo facessi a sapere quello che stavo per dire e fare”

 “Sai Sherlock, a volte noto cose che a te sfuggono" e riprende a baciarmi. Avremmo decisamente dovuto pensarci anni fa, subito dopo "tenga, prenda il mio".





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Capitolo 2
*** The Box ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento

THE BOX
Ovvero… quando Sherlock trovò la scatola militare di John.
 


Baker Street, 11:00 di mattina.
 

Era una domenica tranquilla e soleggiata.
 
Non c’erano casi in corso e John non doveva andare l’ambulatorio medico. Cosi pensò di passare quella mattina mettendo a posto le sue vecchie scatole, che qualche giorno prima aveva preso da Harry; era andato da lei per aiutarla con il trasloco e la sorella aveva trovato i vecchi oggetti e vestiti di John, e lui aveva deciso di portarli con se.
 
Prima di iniziare si fece una doccia veloce, si asciugò e si mise la sua vestaglia; andò tranquillo nella camera di sopra (ormai la usavano come ripostiglio, da quando lui e Sherlock erano sono messi insieme ufficialmente) per fare ordine.
 
Ma vide che gli mancava una scatola e rimase stranito.
 
Era sicuro che avesse messo tutto nella stanza da solo, mentre Sherlock era occupato a fare sperimenti sui pollici mozzati in cucina.
 
“Forse l’ho messa da un'altra parte e l’ho dimenticata li.” Pensò l’ex medico militare.
 
Così decise di andare in camera del detective (che ormai era diventata la loro camera, ancora John non ci credeva),

e spalancando la porta esclamò: “Sherlock, hai visto per caso la mia scatola…”
 
Ma la frase gli morì in gola, quando mise un piede dentro alla camera.
 
Vide Sherlock ancora in mutande, che stava indossando una sua vecchia giacca mimetica militare, con addosso le sue piastrine attorno al collo e davanti ai suoi piedi la sua scatola aperta.
 
I due si guardarono: John era incredulo vedendo la scena e aveva gli occhi spalancati.
 
Sherlock invece, che evidentemente non aveva sentito John arrivare, aveva lo sguardo imbarazzato ed era un po’ rosso sulle guance.
 
Dopo secondi di silenzio che sembrarono infiniti, il consulente investigativo disse con voce fintamente sicura:

“E’… è per un esperime….”
 
“Silenzio!” interruppe John con tono autoritario.
 
Sherlock guardò in basso trattenendo il respiro, un po’ sorpreso per la sua reazione.
 
“Non avete la disciplina per indossare quella uniforme!” disse John con tono serio ma con il sorriso ammiccante e continuò:

“Forse dovremo lavorarci sopra, finché non sarai pronto.” E fissò il fidanzato con aria maliziosa e con gli occhi che sembravano che stesse mangiando la figura di Sherlock.

Il detective fece un sorriso un po’ imbarazzato ma allegro, diventando ancora più rosso in faccia, immaginando come sarebbe stato bello vedere il “Capitano John”  in azione....

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Note della autrice:
Salve! Sono Evola_Love_Beatles e...
questa è la mia storia!
Si, lo so è molto stupida e idiota ma...
hey! Nessuno è miai morto per una storia
idiota! (credo...) Ma ho scrito questa storia
dopo aver visto questa Fan art (che io amo) 

http://41.media.tumblr.com/021b4049fd39e1415e3f2facb3e04088/tumblr_n8ofmxmPCt1rcbqu4o1_1280.jpg
e ho pnesato: "Chi scrivo una storia e la pubblico!" 
e lo fatto!
Spero che vi sia piacuta, e che avete già
imaginato cosa sucederà dopo i tre punti ;)
Rigrazio molto la mia amica Adlerlock
che la coretta e... recesite!
Ciao! 
Evola

 

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Capitolo 3
*** L’incubo ***


L’incubo. 
 


Mezzanotte passata.

Stavano camminando per ritornare a casa, dopo aver risolto un caso che sembrava da sette, quasi un otto, ma poi si rivelò essere un caso da sei scarso.

Sherlock stava camminando insieme a John, deluso e in più non c’erano taxi in quella strada.

“Non essere così scontroso. In fondo hai impedito un altro omicidio.” Cercò di consolarlo il blogger.

“Certo. Di una fidanzata gelosa che ha ucciso i nonni paterni di lui come avvertimento.” Rispose lui indifferente.

“Beh, il ragazzo la tradiva continuamente e invece di lasciarlo ha deciso di uccidere la sua famiglia come avvertimento. E la prossima vittima sarebbe stato suo padre”. Disse John e aggiunse:

“Se tu non avessi capito il suo piano.” E fece un piccolo sorriso.

È fiero di me per un caso così scarso?” pensò Sherlock confuso da quel sorriso.

“Ma questi sono delitti frivoli, di una persona malata di gelosia che non è stato in grado di elaborare un omicidio più complesso, almeno per confondere la polizia. Forse perfino Anderson chi sarebbe arrivato.” Spiegò lui, con tono quasi scontroso.

John sopirò e chiese: “Ma possibile che non ti accontenti quasi mai dopo aver risolto un caso? Hai impedito un omicidio, ma per te se il caso non è contorto o malato non ti piace?”

e lo guardò con aria paziente e aggiunse: “Insomma non ti accontenti di quello che fai per gli altri? Insomma… haaa! Non importa.” E continuò a camminare un po’ deluso.

Sherlock lo guardò, pensò alle sue parole, guardò in basso. Voleva dire qualcosa ma non sapeva cosa dire, cosi decise di restare muto.

Pochi minuti dopo, si fermarono davanti a un semaforo pedonale rosso e rimasero ad aspettare sulle strisce; Anche se Sherlock, in realtà, avrebbe attraversato comunque, visto che non cera nessuno, ma John glielo impedì, cosi decise di accendersi una sigaretta sfilandola dalla tasca del capotto e cominciò a fumare.

L’amico lo guardò con aria ancora più paziente, dicendo: “Andiamo Sherlock! Hai appena risolto un caso! Si può sapere perché adesso ti metti a fumare?”

“Perché ogni tanto, anche io devo smettere di pensare. E il fumo e la nicotina mi aiutano su questo fatto.” E fece un'altra tirata di fumo.

John lo guardò infastidito: “Pensavo che il fumo ti servisse come anti stress per la noia.”

“Si, anche per quello.”

E il dottore sopirò ancora più forte e guardò in basso e finirono per rimanere in silenzio.

Ad un certo punto Sherlock fissò John, lo sguardo del dottore, da severo di colpo diventò spaventato e alzò lestamente la testa e le mani in altro.

Il consulente investigativo lo guardò confuso ma allo stesso tempo preoccupato dicendo: “John?”

“Sorpresa! Disse una voce maschile, l’uomo dal buio si fece vedere nella luce del lampione.

Moriarty?!” pensò lui scioccato.

Era proprio lui. Dietro alle spalle di John, che gli stava puntando una pistola alla testa, con il suo solito sorriso sicuro.

Sherlock era immobilizzato dalla paura e non sapeva che cosa fare o cosa dire.

Ma in un giro di poco secondi Jim fece un sorrisetto beffardo, e disse calmo: “Bang” e sparò in testa a John.

Il suo sangue schizzò fino alla faccia di Sherlock.
All’inizio rimase impietrito, poi iniziò a gridare per la disperazione di vedere John per terra, senza vita, con un buco in testa e il sangue dappertutto.

Sherlock stava urlando di disperazione e di rabbia. Aveva una sola cosa da fare, ovvero proteggere John dal suo mondo, dove anche il dottore sapeva che c’erano rischi, ma aveva scelto di restare vicino al detective e in cambio lui doveva solo proteggerlo.

Ma aveva fallito, aveva visto morire il suo migliore amico per causa di Moritaty e sua. E si sentiva morto dentro.

Chiuse gli occhi, si mise le mani sulla testa e iniziò a piangere di disperazione vedendo solo il buio vuoto dei suo occhi.

“John!” Urlò Sherlock, aprendo gli occhi e alzandosi di scatto. Aveva il cuore che batteva forte fino in gola e il fiatone.

Si girò attorno e anche se era buio riconobbe la stanza, era la sua camera da letto, ma questo non lo tranquillizzava.

Così si alzò, prese la sua vestaglia blu e corse in camera di John.

Aprì la porta gridando il suo nome e senti un sospiro sorpreso, accompagnato da una specie di mugolio assonato.

Sherlock si sedette del bordo del letto e cominciò a scuoterlo chiamandolo. Alla fine si alzò dicendo con tono arrabbiato:

“Sherlock! Si può sapere che cavolo sei venuto a fare in camera mia a quest’ora?! E si può sapere il perché sei cosi agitato?” e lo guardò con la faccia imbronciata.

Il detective lo guardò sorpreso e con gli occhi lucidi. E finalmente capì che era solo un sogno, un orrendo sogno, e che John era ancora vivo.

Cosi lo abbracciò stringendolo forte, come se avesse paura di perderlo e cercò di frenare le lacrime e gli singhiozzi.

L’amico era confuso dal quell’ abbraccio inaspettato, e chiese con tono un po’ perplesso: “Sherlock va tutto bene?”

“Si John va tutto bene.” Rispose lui, cerando di non piangere.

Ma John capi subito la situazione “Hai avuto un incubo, non è vero?”

Al quel punto il consulente investigativo non riusciva più a trattenessi e cominciò a singhiozzare dicendo: “Si… ho avuto un incubo!” e pianse, appoggiando la testa sulla spalla di John.

In quel momento Sherlock si sentiva patetico a piangere cosi, soprattutto davanti agli occhi del suo migliore amico.

E probabilmente, se Mycroft lo avesse visto il quel momento, lo avrebbe rimproverato del suo comportamento e poi gli avrebbe fatto di nuovo il discorso dei rischi e pericoli dei sentimenti.

Ma in quel momento non gli interessava. Voleva solo sfogarsi, dimenticando quell’incubo e essere contento che John stesse bene.

John ricambiò l’abbraccio, stringendo quel corpo cosi magro e cercando di farlo sentire al sicuro.

“E.. Ti va di parlamene?” chiese lui con tono nomale ma allo stesso tempo confortante.

Sherlock fece un cenno con la testa dicendo: “No! Non ho voglia di panarmene!” e lo strinse ancora più forte.

Lui fece un piccolo sorriso pensando: “Lo sapevo…”
Ma sentendo l’amico sfogarsi cosi, per la prima volta, lo fece sentire al sicuro. Almeno non stava tenendo tutto dentro.

Dopo due minuti che sembrarono ore (ma nel senso buono) di abbraccio, John si staccò, lo guardo in faccia e rimase un po’ sorpreso dalla sua espressione.

Cerava di mantenere il suo sguardo neutro, ma gli occhi rossi per le lacrime lo tradivano e non lo guardava in faccia.

John fece un piccolo sorriso dicendo con voce tenera: “Hey, ti va se andiamo in cucina, ti preparo un bel tè caldo, cosi ti calmi e se hai voglia, mi racconti di quell’ incubo?”

Sherlock alzò gli occhi, guardò l’amico e fece un cenno con la testa.

Lui gli prese la mano dicendo: “Allora andiamo.” E si alzarono.

Sherlock rimase un po’ perplesso da quella presa di mano, così delicata e dolce, ma sorrise.

E capi che questa era la realtà e che nulla al modo avrebbe potuto portate via John da lui. Nel bene e del male.

Finché ci sarà lui a proteggerlo.
Ma in quel momento era John a proteggere lui.
 
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Note della autrice:
Ed ecco la mia nuova storia!
E questa volta è un pò più seria.
Ovviamene mi sono epispiarata
con una bella Fan Art che vi l'ascierò
sotto.
Spero che vi piacuta!
Alla prosima
Evola.
Fan art:

https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/originals/20/f3/6c/20f36cc989ef473e9b173b1e2fa0e40a.jpg

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Capitolo 4
*** La domanda ***


La domanda
 


Baker Street, pomeriggio

John era seduto al tavolo del soggiorno, intento ad aggiornando il suo blog, mentre Sherlock era sdraiato sul divano con le mani sotto al mento a occhi chiusi.

Sembrava un Tranquillo pomeriggio domenicale. Ma Sherlock stava pensando ad una cosa molto importate.

“Come lo dico? Come lo posso chiedere? Insomma, già questa domanda non sembra una cosa molto sensata, ma… è quello che fa la gente e quello che farebbe anche John.” E sopirò nel suo palazzo mentale.

“Mycroft pensa che ho paura a dirlo, ma la mia non è paura. È solo che non so come chiederlo. Insomma, ho visto molti video su YuoTube di come fare, ma erano ridicoli, stupidi e senza senso. O tutte le tre cose insieme.” E sbuffò.

“Ma… io non voglio fare una cosa ridicola, voglio che sia una cosa semplice… ho chiesto aiuto sia a Molly che a Eva* e mi hanno detto entrambe di farlo in modo spontaneo ma… non so.”

Apri gli occhi, guardò John e pensò: “Beh… forse è meglio iniziare con una domanda per rompere il ghiaccio e poi glielo chiedo.”

Così disse: “John?”

“Si?” rispose lui normale, senza smettere di fare quello che stava facendo.

“Da quanto tempo ci conosciamo noi due?” chiese lui Tranquillo.

Il compagno fece un piccolo Sorriso dicendo: “Beh… dovresti saperlo.”

“SI, ma mi piacerebbe sentirlo da te.”

Il medico alzò gli occhi al cielo divertito, fece finta di pensarci e rispose: “Cinque anni. Ma per essere precisi, tre anni di amicizia e due di coppia.”

Dopo ci pensò a questa richiesta e aggiunse: “Perché?”

“Niente.” Rispose Sherlock.

Dopo pochi secondi di silenzio disse con tono calmo: “Vorrei chiederti se mi vuoi sposare.”

Al quel punto John si fermò, pensò alle ultime parole del detective lo guadò stranito dicendo: “Cosa?”

Pensando che non stesse dicendo su serio e che forse era un effetto collaterale dei cerotti alla nicotina.

Ma lui ripose Tranquillo, e un po’ più lentamente: “Se. Mi. Vuoi. Sposare.”

Il medico, batté le palpebre velocemente, si alzò, si inginocchiò davanti al divano, dove il fidanzato era ancora disteso, lo guardò dicendo: “Sherlock, stai dicendo su serio?”

Lui lo fissò con aria un po’ confusa dicendo: “Beh... Si. Perché?”

Ora era John ad essere confuso: “Beh… non me lo spettavo da te. Pensavo che fosse una cosa stupida per te.”

E il detective ripose: “Si, è solo una cosa che fanno le persone che stanno insieme da tanto tempo, come noi… che decidono di ufficializzare la loro unione con una cerimonia, firmando un certificato che dà loro molti diritti legali in quanto coppia legalmente sposata e molti doveri ma… lo fanno perché si amano.” E diventò un po’ rosso sulle guance.

John sorrise, con una mano accarezzò i capelli del compagno dicendo:

“E… tu vuoi il matrimonio perché vuoi ufficializzare la nostra unione e anche perché mi ami?”

“Ma certo che ti amo! Altrimenti non starei insieme a te e non ti avrei mai chiesto una cosa del genere!” ripose lui con tono un po’ irritato e lo guardò in faccia con un broncio adorabile.

Il medico lo guardò, sorrise e cominciò a ridere di gusto.

Il compagno rimase offeso da questa risata, si sistemò seduto sul divano e disse con tono arrabbiato:

“Si può sapere perché ridi? Per te è una cosa così ridicola chiederti di sposarmi?!” e lo guardò male.

John smise di ridere dicendo: “No, no… è solo che… solo tu puoi fare una dichiarazione matrimoniale cosi formale.”

E si sedette vicino a lui, sorridendo.

Sherlock guardò in basso e disse con tono di voce basso: “Allora… per te questa dichiarazione non è stata speciale…” e guardò il pavimento con aria triste.

John gli prese le mani, le strinse leggermente dicendo con tono serio:

“No, no, no! È stato davvero molto speciale, credimi. È solo che… stavo pensando di chiederlo io a te.”
 
Il detective alzò lo sguardo con aria sorpresa dicendo con tono normale: “Davvero?”

A quel punto era John a guardare in basso e arrossendo sulle guance dicendo: “Beh… si, volevo chiederti di sposarmi da un po’ ma… non ho mai avuto il coraggio di farlo, non so il perché, pensavo che per te il matrimonio era solo una cosa stupida. Ma… non sapevo come chiedertelo in un modo speciale. Volevo che arrivasse l’occasione. Ma di certo non avrei mai avuto il coraggio di chiederlo cosi, come hai fatto tu.” E rimasero muti.

Sherlock rimase sorpreso da John. Non pensava che stesse seriamente pensando di chiedergli di sposarlo, e che stava aspettando il momento giusto. Cosi gli venne un’idea:

“Beh… potresti chiederlo ora.”

Il medico lo guardò con aria perplessa e rispose: “Ma… me lo hai chiesto prima tu.”

“Si, ma non mi hai risposto, quindi è come se io non avessi detto niente.”

Si avvicinò a lui, appoggiandosi la sua fronte sulla sua e dicendo: “E poi non hai detto che questo momento è speciale? Quindi hai la possibilità di chiederlo a modo tuo.” E gli carezzò le mani con le dita.
A John gli mancò il fiato da quel gesto e dalla sua voce.

Cosi prese un bel respiro profondo e disse con in tono un po’ nervoso: “William Sherlock Scott Holmes… mi vorresti sposare?” alzò lo sguardo   guardando i suoi occhi.

Quegli occhi tra i blu e il verde, non ben definiti che adorava tanto, e vide che si illuminavano ancora di più.

Poi guardò le labbra a forma di cuore che stavano sorridendo, piccolo ma sincero sorriso che veniva voglia di bacare.

“Si John Hamish Watson, voglio sposarti e passare il resto della mia vita con te.”

Si sorrisero e si bacarono. Un bacio lungo e casto. Caldo e dolce.
Quando si staccarono si guardarono sorridendo.

Ma Sherlock gli venne un dubbio e chiese: “Allora dobbiamo organizzarci.”

Il medico rimase confuso dicendo: “Cosa?”

“Beh… dobbiamo organizzarci, dirlo a Lestrade, a Molly, alla signora Hudson, a Eva a Mycroft. In più organizzare il matrimonio, la cerimonia, gli…”

John gli mise un dito sulle labbra per zittirlo dicendo con tono dolce:

“Dopo Sherlock, anzi, domani lo diremo a tutti e penseremo al resto, se voi possiamo mettere la notizia sui giornali cosi tutti lo sapranno. Ma adesso teniamocelo per noi e godiamoci il momento.”

E cominciò a baciarlo sul collo, mentre gli accarezzava la schiena.

“Ma... ma se vuoi che la gente lo sappia domani, possiamo metterlo oggi.” cercò di spiegare lui.

Ma John lo zittì con un bacio, lo fece sdraiarle del divano e cominciò a coccolarlo e Sherlock ricambiò molto volentieri l’attenzione del compagino.

Ed da ora in avanti i due futuri sposi, ricordarono questo giorno come uno dei momenti più belli e speciali della loro vita.
E Sherlock capì che le cose importati dette in un modo spontaneo erano le scelte giuste. 

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Note della autrice:

(*Eva è il personaggio della mia storia
"Sherlock Holmes e il tesimone scomparso" 
E se vi interesa, vi metto il link della stoira qui

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3258293&i=1)
Allora! Ecco la mia nuova storia! Spero che vi sia piacuta
in questa versione di Sherlock insicuro ma diretto.
Rigazio a tutti quelli che legono e recesiciono.
Alla prosima!
Ciao
Evola

 

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