Un Gelido Destino (riveduto e completo)

di Manu75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno normale ***
Capitolo 2: *** Due ospiti ***
Capitolo 3: *** Pranzo di famiglia ***
Capitolo 4: *** Il futuro consorte ***
Capitolo 5: *** Dietro l'arazzo ***
Capitolo 6: *** Sentimenti inattesi ***
Capitolo 7: *** Ammirazione ***
Capitolo 8: *** Natale- prima parte- Andromeda ***
Capitolo 9: *** Natale- seconda parte- Bellatrix ***
Capitolo 10: *** Natale- terza parte- Narcissa ***
Capitolo 11: *** L'orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte prima) ***
Capitolo 12: *** L'orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte seconda) ***
Capitolo 13: *** Calma apparente ***
Capitolo 14: *** Malesseri ***
Capitolo 15: *** Imposizioni ***
Capitolo 16: *** Inconsapevole salvezza ***
Capitolo 17: *** Qualcosa di caldo ***
Capitolo 18: *** Ritorsione (prima parte) ***
Capitolo 19: *** Ritorsione (ultima parte) ***
Capitolo 20: *** Incontri ***
Capitolo 21: *** Future consuetudini (prima parte) ***
Capitolo 22: *** Future consuetudini (seconda parte) ***
Capitolo 23: *** Future consuetudini (ultima parte) ***
Capitolo 24: *** Essere parte di un dramma (prima parte) ***
Capitolo 25: *** Essere parte di un dramma (seconda parte) ***
Capitolo 26: *** Essere parte di un dramma (ultima parte) ***
Capitolo 27: *** Finché morte non li separi (prima parte) ***
Capitolo 28: *** Finché morte non li separi (seconda parte) ***
Capitolo 29: *** Finché morte non li separi (ultima parte) ***
Capitolo 30: *** Malfoy Manor (prima parte) ***
Capitolo 31: *** Malfoy Manor (seconda parte- Draco) ***
Capitolo 32: *** La sottile differenza tra una luce fredda e un'ombra fresca ***
Capitolo 33: *** Un barlume di comprensione (prima parte) ***
Capitolo 34: *** Un barlume di comprensione (ultima parte) ***
Capitolo 35: *** Cuori senza voce (prima parte) ***
Capitolo 36: *** Cuori senza voce (seconda parte) ***
Capitolo 37: *** Cuori senza voce (ultima parte) ***
Capitolo 38: *** Doveri Imprescindibili (prima parte) ***
Capitolo 39: *** Doveri Imprescindibili (seconda parte) ***
Capitolo 40: *** Doveri imprescindibili (ultima parte) ***
Capitolo 41: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 42: *** Regalo di compleanno (prima parte) ***
Capitolo 43: *** Regalo di compleanno (ultima parte) ***
Capitolo 44: *** L'assenza di quiete dopo la tempesta (prima parte) ***
Capitolo 45: *** L'assenza di quiete dopo la tempesta (ultima parte) ***
Capitolo 46: *** Riprendere a respirare ***
Capitolo 47: *** Vulpes Ferrilata ***
Capitolo 48: *** Kwaheri rafiki ***
Capitolo 49: *** Strategie ***
Capitolo 50: *** Un segno sulla pelle, uno sul cuore ***
Capitolo 51: *** La Giostra ***
Capitolo 52: *** La caduta degli Dei (prima parte) ***
Capitolo 53: *** La caduta degli Dei (seconda parte) ***
Capitolo 54: *** La caduta degli Dei (ultima parte) ***
Capitolo 55: *** Un terreno arido ***
Capitolo 56: *** Lunga notte ***
Capitolo 57: *** Evan ***
Capitolo 58: *** Agapanthus ***
Capitolo 59: *** I miei occhi su di te, sempre (prima parte) ***
Capitolo 60: *** I miei occhi su di te, sempre (seconda parte) ***
Capitolo 61: *** Presa di coscienza (prima parte) ***
Capitolo 62: *** Presa di coscienza (ultima parte) ***
Capitolo 63: *** Land's End (prima parte) ***



Capitolo 1
*** Un giorno normale ***


Ho pubblicato questa storia, per la prima volta, ben dieci anni fa. Ne pubblicai trentaquattro capitoli, suddivisi in due parti ma, al momento di dedicarmi alla terza e ultima parte, varie vicissitudini e l'uscita del settimo libro di Harry Potter (che mi tolse ogni ispirazione...) non mi permisero di completarla come avrei voluto. A distanza di tanto, tantissimo, tempo ho deciso di completarla (sto già scrivendo i nuovi capitoli) perché la storia è sempre rimasta ben viva in me e, nel frattempo, di ripostare i vecchi capitoli, possibilmente riveduti e corretti, se il tempo a mia disposizione me lo permetterà.
Il mio più grande rammarico è che, con ogni probabilità, le mie lettrici di allora non lo sapranno mai...a loro dedico questa riedizione della mia ff, loro che mi sostennero e con cui ebbi un dialogo davvero appagante tanto tempo fa. Spero che questa mia piccola "opera" possa incuriosire e interessare, accetto volentieri critiche sia positive che negative, basta che vengano espresse con educazioe e che siano costruttive ^_^ Buona lettura.



L'immagine di Narcissa è stata gentilmente creata, appositamente per questa storia, da miss Gold_394




UN GELIDO DESTINO



Primo Capitolo

(Un giorno normale)

 

La bella stanza quadrata era illuminata da un pallido sole di marzo che, filtrando timidamente dalla grande finestra, giocava debolmente con le finiture in oro della tappezzeria.Seduta in mezzo alla stanza, davanti ad un antico e prezioso specchio, stava una delicata figura vestita d’azzurro.
L’abito era ampio e ricco e fasciava elegantemente la snella figura che si specchiava rapita, apparentemente, dal proprio riflesso.I biondi capelli erano sciolti sulla spalle, in attesa che mani esperte li acconciassero e la giovane donna stava con le mani posate in grembo, immobile.
‘Sono io quella?’ si chiese la ragazza, aggrottando leggermente le delicate sopracciglia bionde, che incorniciavano due sfavillanti occhi grigi.
‘Come sono arrivata qui?’ si chiese di nuovo, questa volta con un leggero tono angosciato.
- Come siete bella, Miss Narcissa!- esclamò una voce alle sue spalle, facendola sussultare impercettibilmente.
Un’anziana donna che indossava quella che, evidentemente, era la divisa da lavoro delle grandi occasioni, era entrata nella stanza e ora osservava, con occhi lucidi, la giovane donna che ricambiava lo sguardo attraverso lo specchio.
- Vostro padre sarebbe così orgoglioso! Anche Vostra madre, se fosse ancora viva…- la donna si soffiò il naso, con aria commossa.
- Si, Dorothy, se mia madre fosse qui sarebbe davvero felice…- sussurrò Narcissa, incupendosi.
- Tra poco arriverà l’Elfa domestica dei Malfoy- aggiunse la donna, cambiando tono - Io non ero molto d’accordo ma il Signor Abraxas ha insistito, affermando che è un portento nell’acconciare i capelli e che sua moglie non voleva che nessun altro glieli toccasse…mah!- la domestica era evidentemente scettica.
- Ma Voi siete così pallida!E’ normale, l’emozione, vado a prepararVi una leggera tisana corroborante!- e Dorothy uscì, con aria affaccendata, dalla stanza.
Narcissa si concentrò nuovamente sulla propria immagine riflessa nello specchio.
‘Mamma, quello che desideravi si sta avverando e tu non sei qui ad assistere, proprio tu!’
Chiuse gli occhi, con un leggero sorriso amaro, mentre la mente tornava rapidamente all’ultimo giorno normale che Narcissa riuscisse a ricordare.
L’ultimo, prima che la sua vita cominciasse lentamente a cambiare.

 

La Tenuta dei Black di Weirwater, tra tutte le innumerevoli tenute della famiglia Black, non era né la più grande, né la più antica, ma di certo era la più nobile e bella.
La dimora era incastonata nello splendido paesaggio della Scozia, in una zona centrale a metà strada tra Edimburgo e i selvaggi fiordi scozzesi, ed era lambita da un corso d’acqua che ,formando una piccola rapida, con il suo incessante scorrere riempiva l’aria e ne aveva ispirato il nome. La proprietà comprendeva un immenso parco, contornato da alberi secolari che sembravano proteggere, come silenziosi guardiani, il grande  edificio bianco, risalente al diciassettesimo secolo, che svettava su tre piani e contava un centinaio di stanze.
L’aveva ereditato Cygnus Black quale terzogenito di Pollux Black, mago di grande fama e nobilissime origini; come tutti i Black del resto.
Weirwater avrebbe dovuto essere la tenuta estiva, delle vacanze, ma Cygnus l’amava
a tal punto da averla eletta dimora permanente per lui e la sua famiglia, a discapito della più comoda casa londinese.

C’erano tre cose delle quali Cygnus Black andava estremamente orgoglioso:
Il proprio cognome e quindi il suo sangue, nobile e puro, senza contaminazioni di sorta.
La bellezza di sua moglie, Druella, che l’aveva portato ad essere, il giorno delle nozze, il mago più invidiato di tutta l’Inghilterra; ma che l’aveva abbagliato a tal punto da impedirgli di vedere ciò che adesso, dopo ventidue anni di matrimonio, non poteva più negare: sua moglie era una donna estremamente fragile e malata, la cui salute mentale andava rapidamente peggiorando.
Infine, il principale motivo di orgoglio di Cygnus, erano le sue tre figlie.
La primogenita, Andromeda, che all’epoca aveva diciannove anni, era la sua prediletta.
Nonostante fossero in perenne conflitto, lui l’amava teneramente. Adorava il temperamento forte, ma pieno di calore, di questa sua figlia che condiva la ribellione con una dolcezza ed una vivacità che gliela rendevano ancora più cara.Amava tutto della sua primogenita: i capelli castani dai riflessi ramati, così simili a quelli della nonna paterna, i grandi occhi scuri, ereditati dalla madre, scintillanti e pieni di vita, la bocca sempre aperta al sorriso e alla risposta pronta.
L’aveva persino perdonata di non essere stata smistata nella nobile Casa di Serpeverde, come era avvenuto per quasi tutti i Black prima di lei, al suo ingresso ad Hogwarts, e di essere finita, invece, nella Casa di Corvonero.
Cygnus sentiva che sarebbe stato disposto a perdonare tutto ad Andromeda. Almeno così credeva.
La secondogenita, Bellatrix aveva quindici anni e delle tre era quella che possedeva la bellezza più appariscente, una bellezza bruna che non passava inosservata. I capelli erano quelli scuri dei Black e gli occhi, come anche per Andromeda, erano gli stessi di Druella.
Anche il corpo, raggiunti i quindici anni, era fiorito e, rispetto alle sue sorelle, possedeva una femminilità più prorompente, che suscitava l’ammirazione in qualunque uomo la conoscesse.
Cygnus amava esibire questa sua bella figlia con i suoi soci o con i vecchi amici, ma il carattere scontroso, cupo e acido di Bellatrix gliela rendevano molto meno cara di Andromeda. Non aveva alcun dialogo con lei e, con il passare degli anni, Cygnus aveva cominciato a notare quanto il carattere di Bella somigliasse sempre di più a quello della madre, della quale era la favorita.
La terzogenita Narcissa, che aveva undici anni, rappresentava agli occhi di Cygnus la perfezione. Delle tre ragazze era l’unica che avesse ereditato la bionda bellezza della madre, alla quale somigliava come una goccia d’acqua, ma era anche l’unica delle tre che avesse in sé l’innata eleganza, la grazia, la nobiltà nei movimenti tipici dei Black. Nonché gli occhi chiari che distinguevano quel ramo della famiglia e che si riflettevano in quelli identici di Cygnus.
Narcissa aveva anche il carattere più quieto ed i modi più pacati e, tuttavia, nascondeva in sé una forte volontà ed una grande determinazione. Le sue emozioni non trasparivano mai facilmente, al contrario delle sue sorelle sapeva mantenere il controllo senza sforzo.
Cygnus la considerava la figlia sulla quale puntare.
Quell’ ultimo giorno normale era il trenta di agosto del millenovecentosessantasei. Due giorni dopo, Narcissa avrebbe fatto il suo ingresso ad Hogwarts e la ragazzina era estremamente felice ed emozionata.
Osservava i suoi bagagli e la sua divisa, già pronti, con grande orgoglio, piena di un senso di anticipazione e grandi aspettative.
Andromeda, che aveva appena conseguito i suoi M.A.G.O con grande successo, le aveva sempre raccontato storie fantastiche su quella scuola; a differenza di Bella, che non le aveva mai raccontato nulla, se non cose terribili, circa compiti difficilissimi e dolorosissime punizioni.
Narcissa non lo avrebbe ammesso mai, nemmeno se le avessero fatto ingurgitare un’intera bottiglia di Veritaserum, ma uno dei motivi per i quali aspettava con ansia di entrare ad Hogwarts era la segreta speranza di riavvicinarsi a Bellatrix.
Nella loro infanzia le due sorelle erano state estremamente unite: avevano giocato, litigato e combinato guai insieme. Bellatrix aveva difeso Narcissa dalle ire materne innumerevoli volte e si era addossata la colpa dei danni causati, involontariamente, dalla sorella minore, subendo le punizioni paterne. Narcissa l’aveva sempre ammirata e amata, persino più di quanto avesse amato la sua cara Andromeda.
Poi, Bellatrix era andata ad Hogwarts e ne era tornata profondamente cambiata.
Quando era a casa, passava la maggior parte del suo tempo con la madre e Narcissa aveva perso così, con grande dolore, la sua compagna di giochi e di avventure.
Ora sognava di ricucire quel rapporto così compromesso proprio tra le mura di Hogwarts.
Narcissa si staccò a fatica dalla contemplazione dei libri e degli oggetti che le appartenevano e che l’avrebbero resa, si augurava, una perfetta studentessa ed una strega degna dei suoi avi.
La giornata era splendida e lei decise di uscire e di leggere il libro che suo padre le aveva prestato, sotto l’albero di Castagno che amava tanto.
Giunta alla fine della doppia scalinata che conduceva all’ingresso si imbatté in Bella che proveniva, evidentemente, dal salottino privato della madre.
- Dove vai?- le chiese dura, senza preamboli.
Nonostante non lo dimostrasse, Narcissa temeva Bellatrix quando era di quell'umore. Gli occhi scuri, ormai perennemente semichiusi sotto le pesanti palpebre che scintillavano febbrili e , spesso, malevoli e i denti che tormentavano le belle labbra carnose erano i segnali di pericolo che la ragazzina aveva imparato a riconoscere così bene.
- Vado a fare una passeggiata- le rispose calma, Narcissa.
- Cos’è quello?- esclamò Bella, sfilando il libro dalle mani di sua sorella.
- Me l’ha prestato papà, ti prego di ridarmelo.- le rispose, allungando la mano, in attesa.
Bellatrix lo tenne sollevato sulla testa, ridendo e sfidando la sorella a riprendersi il libro elegantemente rilegato. La notevole differenza d’altezza e di corporatura delle due ragazze avrebbe reso l’impresa di Narcissa quasi disperata e quindi la ragazzina rimase immobile, senza cedere alla provocazione.
- Sei una bugiarda!- esclamò Bella, infastidita dalla mancanza di reazione di Narcissa e ridendo beffarda – Papà non permette a nessuno di toccare i suoi libri-
- A me si!Ha detto che sa che lo tratterò con cura!- si difese Narcissa, consapevole che così dicendo avrebbe alimentato l’ira di sua sorella
Infatti, sul volto di Bella passò un’espressione furiosa e la ragazza spinse Narcissa, in malo modo, lontano da lei.
- Bene, se lo puoi tenere tu allora significa che lo posso leggere anch’io!- e si allontanò con il libro.
Narcissa sospirò, rassegnata. Opporsi a Bella quando era di quell' umore era impossibile e la lealtà che, nonostante tutto, sentiva di dovere alla sorella le impediva di andare a protestare da suo padre.
Decise di infilarsi nello studio di Cygnus nella speranza di recuperare un altro bel libro.
Una volta entrata fece per dirigersi verso la grande libreria che occupava un’intera parete della stanza, ma si bloccò.
Nello studio c’era un uomo.
Le voltava le spalle contemplando il grande ritratto di Druella, che dominava la stanza e che la ritraeva il giorno delle nozze: splendida, in un sontuoso abito verde salvia. La ragazza del quadro sorrideva con alterigia, ma la giovane età che aveva all'epoca del suo matrimonio ne mitigava l'espressione snob e gli occhi scuri e dolci la rendevano simile ad una splendida e seducente fata.
Narcissa rimase immobile, indecisa sul da farsi. La buona educazione, così radicata in lei, le imponeva di palesarsi e di presentarsi allo sconosciuto ospite. La sua indole riservata, invece, la spingeva ad allontanarsi in silenzio.
Prima che potesse prendere una decisione, l’uomo parlò.
- Devo dire che la somiglianza è davvero notevole! - esordì, con una voce bassa e profonda -Tu devi essere Narcissa!- concluse, voltandosi verso di lei.
La ragazzina rimase ammutolita, fissandolo con i suoi occhi grigi.
- Ebbene, posso sperare di udire la tua voce?- le chiese, serio ma gentile.
Era un uomo alto, sulla cinquantina, con dei capelli di un biondo molto chiaro e gli occhi pallidi ma brillanti.
Vestiva in maniera estremamente elegante e teneva il mento leggermente sollevato, con aria molto altera.
- Si signore…- rispose Narcissa, cercando di tenere la voce ad un tono né troppo basso né troppo acuto – Sono Narcissa Black, figlia terzogenita di Cygnus Black. – e fece un piccolo inchino, come le aveva insegnato sua madre.
- Ottimo! – si compiacque lui – Dunque, Narcissa, non eri entrata qui nella speranza di sostituire un libro che ti è stato portato via?- le chiese, estremamente serio.
Narcissa soffocò un’esclamazione di sorpresa. L’uomo doveva aver assistito a tutta la scena con Bella. Si sentì arrossire.
In quel momento, Cygnus entrò nello studio.
- Scusa se ti ho fatto attendere…- ma si bloccò, vedendo Narcissa nella stanza.
- Cissy, che ci fai qui?- la sorpresa lo spinse ad adoperare il vezzeggiativo che usava solo nei momenti di intimità familiare.
- Mi stava intrattenendo con la sua squisita compagnia.- intervenne il misterioso ospite – Hai davvero una figlia adorabile, Cygnus. Nonché davvero estremamente graziosa. Il ritratto vivente di sua madre! – concluse con calore.
Cygnus assunse un’espressione orgogliosa e si avvicinò a Narcissa, dandole un leggero buffetto sulla guancia.
Narcissa si stupì, suo padre non usava mai gesti affettuosi in pubblico.
- Allora Narcissa hai già finito di leggere il libro che ti ho dato?- le chiese suo padre, sorridendole.
- Non ancora – mormorò lei, con il cuore che batteva forte – E' troppo complicato per me, l’ho prestato a Bella, speravo di poterne prendere un altro.-
Suo padre aggrottò le sopracciglia, stupito e leggermente irritato. Nè Andromeda nè Bella avevano l’autorizzazione a toccare i suoi libri più preziosi, in quanto l’una era troppo distratta e l’altra mancava di delicatezza nel maneggiarli.
Lo sconosciuto osservò Narcissa con occhi ammirati.
- Trovo encomiabile che due sorelle dividano ogni cosa! Se Lucius non fosse figlio unico spererei di trovare in lui un simile atteggiamento fraterno-
Queste parole sembrarono addolcire Cygnus, che si avviò verso la libreria e ne tornò con un nuovo volume.
- Ecco cara! Ora vai, devo parlare di cose importanti con il nostro ospite-
Narcissa fece per uscire ma si bloccò gettando indietro la testa, con i capelli biondi che ondeggiarono sulla schiena, e porse la mano al visitatore.
- Spero di rincontrarLa…Signor…- disse con voce chiara ma arrossendo leggermente.
Lui trattenne un sorriso e afferrò con delicatezza la piccola mano, accennando un leggero inchino.
- Malfoy, Abraxas Malfoy.- si presentò con un’aria molto seria e compita, in risposta a quella della ragazzina. Tuttavia gli occhi sorridevano.
Narcissa gli sorrise con calore e uscì dalla stanza, camminando leggiadra come una ballerina, la schiena diritta e i biondi capelli luminosi, seguita dallo sguardo chiaro e improvvisamente serio di Abraxas Malfoy.

FINE PRIMO CAPITOLO

 

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Capitolo 2
*** Due ospiti ***


Ed ecco Andromeda, Sirius e Regulus ^_^

 


UN GELIDO DESTINO

 

Secondo capitolo

 

(Due ospiti)

 

Il giorno prima della sua partenza per Hogwarts, Narcissa si svegliò con addosso uno strano senso di irrealtà.
L'indomani, per la prima volta, avrebbe lasciato la sua casa per un periodo così lungo e l'idea la riempiva di eccitazione mista a una leggera paura dell'ignoto tuttavia, come sempre, dal suo volto non trasparì nessuna di queste sensazioni e si diresse verso la sala da pranzo per la colazione, con il passo leggero e il volto sereno e serio.
Scese le scale e si incamminò lungo il corridoio quando, da una porta socchiusa, una voce lamentosa la richiamò facendola tornare sui suoi passi.
Sospinse delicatamente la porta ed entrò nella stanza semibuia dove, sdraiata su un sofà a ridosso di una pila di cuscini e con aria sofferente, stava sua madre: Druella.
- Narcissa...lo sapevo che eri tu! Tua sorella non cammina mai, corre! E Bella ha il passo più pesante.- le disse la donna, agitando la mano con aria leggermente infastidita e facendo cenno a Narcissa di avvicinarsi.
- Come state, Madre?- chiese la ragazzina, afferrando delicatamente la mano bianca e fredda di Druella.
- Come sempre, lo sai.- rispose la donna, con il tono lamentoso che le era ormai proprio - Potresti dire a Dorothy di portarmi la solita tisana..? L'ho chiesta almeno un'ora fa, a uno di questi elfi domestici, e sto ancora aspettando. Non capisco come facciano i Black ad affidarsi tanto a quegli esseri sporchi e pigri!-
Druella conservava ancora le tracce della sua straordinaria bellezza giovanile, così simile a quella della figlia. Tuttavia l'atteggiamento perennemente nervoso e sofferente aveva finito per offuscarla.
Narcissa fece per allontanarsi, per soddisfare le richieste della madre, ma Druella le trattenne la mano.
- Così domani te ne vai anche tu!- le disse, sollevandosi leggermente sul gomito per guardarla meglio - Andromeda se ne va chissà dove, Bella ritorna a scuola e tu la segui, ci lasciate soli...-
Narcissa nascose il proprio stupore.
Sua madre non cercava mai la sua compagnia quando era a casa e dimostrava una certa affezione e una sorta di attaccamento solo per Bellatrix, che era di gran lunga la sua preferita.
Con Andromeda poi, non aveva alcun dialogo ed esistevano solo rarissimi momenti di incontro, per lo più molto formali, che si concludevano invariabilmente con la cacciata dalla stanza della figlia maggiore accusata di essere 'un rumoroso tormento'.
Nemmeno l'indole pacata di Narcissa sembrava soddisfare Druella, che in lei ritrovava troppi tratti del suo severo marito.
- Tornerò per Natale, Madre - mormorò Narcissa - E per le vacanze estive...-
Druella le lasciò la mano riadagiandosi sui cuscini.
- Và e mandami Dorothy. Oggi pranzerò con voi, visto che abbiamo anche due ospiti.- si voltò dall'altra parte, sospirando e congedando così la figlia.
Narcissa si allontanò silenziosamente e richiuse la porta, avviandosi poi verso le cucine.
'Due ospiti?' si chiese al colmo della curiosità, dimenticando la colazione.


Per quanto fosse la luce dei suoi occhi, Cygnus trovava, spesso e volentieri, stancanti i faccia a faccia con sua figlia Andromeda.
Lei era adorabile e vivace, ma ugualmente testarda e irremovibile nelle sue decisioni; tanto che la pazienza e la volontà di ferro dell'uomo vacillavano paurosamente sotto i colpi inferti, con determinata allegria, dalla sua solare primogenita.
- Posso sapere perché non mi hai parlato prima di questo viaggio? Solo due giorni di preavviso...e parti domani!- chiese, respirando a fondo per non esplodere e osservandola attraverso la scrivania.
-Te l'ho detto papà.- gli rispose, calma e sorridente, Andromeda, ricorrendo all'appellativo più affettuoso che lei sola usava con Cygnus - Ho avuto la risposta solo due giorni fa. Starò via sei mesi al massimo, poi ritornerò-
- Sei mesi?- il tono di voce del Signor Black si alzò di un tono - Ma tu lo sai che io, per Gennaio, ho organizzato un ricevimento a cui parteciperanno tutte le famiglie più nobili e importanti, vero? Ci saranno anche i Bulsdrode...- Andromeda alzò gli occhi al cielo, ma lui proseguì imperterrito - Mi dicono che Angelus Bulsdrode desidera fortemente rivederti...-
- Si, per divorarmi immagino, come fa con tutto quello che gli capita a tiro!- esclamò Andromeda, con un sorriso sereno.
- Andromeda!- stavolta il tono di Cygnus era decisamente alterato - I Bulsdrode sono una famiglia più che degna! Purosangue, da almeno dieci generazioni!Hanno proprietà ovunque, Angelus Senior é un membro del Wizengamot!-
Andromeda sbadigliò ostentatamente.
Una vena prese a pulsare sulla tempia di suo padre e lei gli sorrise con dolcezza.
- Papà, non mi piace quel tipo.- gli disse, con voce carezzevole - Davvero vorresti vedermi accoppiata con quella specie di Troll travestito da uomo?- continuò, divertita - O me lo trasfiguri prima in un bel ragazzo oppure gli fai un bell'Incantesimo di Adesione Permanente e gli appiccichi addosso la pelle di un baldo giovane, altrimenti non credo di poter proprio far coppia con lui!-
Suo malgrado, Cygnus scoppiò a ridere di gusto e la sua ira si placò subito.
-Allora - disse, quando l'ilarità fu passata - Dov'è che andresti di preciso?-
- Nel Galles. - gli rispose lei sorridente - Ospite di una mia compagna di Hogwarts, Hellen Mitchell.-
- Mitchell?...- Cygnus aggrottò le sopracciglia - E' forse parente dei Mitchell di Narborough?-
-...potrebbe anche essere...- sussurrò Andromeda, con una smorfietta birichina sul volto.
- Molto bene, ottima famiglia, e sia! Vai e cerca di far fruttare questo viaggio, d'accordo? Ma, se per aprile non sarai qui, verrò a riprenderti personalmente-
- Va bene, papà! - gli rispose Andromeda.
I due si guardarono con grande affetto attraverso il tavolo.
Nessuno dei due poteva immaginare che quello sarebbe stato l'ultimo incontro sereno e affettuoso che avrebbero avuto.

 

- Preparo subito la tisana, allora!- disse Dorothy con aria indaffarata - I poveri nervi di Vostra madre non possono che risentirne, con tutti questi elfi domestici che girano inutilmente per casa. Dovrebbero stare chiusi esclusivamente in cucina o girare di notte...sfacciate creature!- la governante lanciò occhiatacce ai piccoli esseri che lavoravano incessantemente.
- Bene. - le rispose Narcissa ignorando i proclami della donna e le creature che ne erano l'oggetto.- Ho saputo che abbiamo ospiti a pranzo, chi sono?-
- Oh, i signorini Regulus e Sirius. Sono appena arrivati, li ho fatti accomodare nel salottino blu, il vostro preferito -
Narcissa si illuminò, ma attese di essere uscita dalla cucina per accelerare il passo e dirigersi nel salotto dove avrebbe trovato i suoi cugini.
- Regulus!- esclamò con calore, entrando nella stanza, e strinse in un abbraccio affettuoso il bambino più piccolo dei due, ignorando l'altro.
Il bimbo rimase immobile tra le sue braccia e lei lo lasciò andare per guardarlo in faccia.
Era rosso e teneva la testa bassa, sbattendo le palpebre come se volesse piangere-
- Reg!- gli disse Narcissa - Nemmeno saluti la tua Cissy?-
- Credo che il piccolo Reg sia stufo di essere trattato come un bambolotto, vero Reggie?- ghignò Sirius alle spalle di Narcissa, osservando il fratello minore.
La ragazzina si voltò e lanciò uno sguardo carico di antipatia verso il cugino più grande.
I due si affrontarono per qualche istante, fissandosi negli occhi identici.
Sirius aveva dieci anni ma era già alto per la sua età e prometteva, come tutti i Black, di diventare estremamente attraente: con i lineamenti fini, i capelli scuri e gli occhi chiari.
Regulus aveva sette anni e somigliava moltissimo al fratello, ma aveva gli occhi più grandi e i lineamenti più dolci.
- Che cosa gli hai fatto?- chiese Narcissa gelida, rivolta a Sirius.
- Io? Niente, ma forse Reggie vuol essere trattato come un maschio e non come la tua compagnetta di giochi, Cissy!- Sirius sorrise beffardo.
Lui e la sua bionda e bella cugina non riuscivano proprio ad andare d'accordo.
Il pessimo rapporto dei due era superato solo da quello burrascoso che il ragazzino aveva con Bella.
Narcissa aggrottò le sopracciglia e si voltò verso Regulus, per il quale provava, invece, un forte attaccamento ed una profonda tenerezza.
- E' così Reg? Ti da fastidio che io ti abbracci?- gli chiese, addolorata.
Il bambino la fissò con gli occhi sgranati, pieni di infantile sofferenza.
- Se Kreacher non serve più, Kreacher va in cucina ad aiutare...- intervenne un'acuta voce da un punto imprecisato della stanza.
- Kreacher non serve mai a nulla e se, piuttosto che andare in cucina, te ne andassi dove so io sarebbe di gran lunga meglio!- rispose un disgustato Sirius, rivolgendosi ad un vecchio elfo domestico.
L'elfo si inchinò profondamente, con aria devota.
- ...ma siccome Kreacher è servo della sua grande e giusta padrona...- sussurrò l'elfo, rivolto al pavimento - ...e non di questo odioso ragazzino....Kreacher andrà in cucina, come la sua padrona gli ha detto di fare.....-E, tenendosi stretto il vecchio straccio che aveva addosso e che fungeva da gonnellino, Kreacher corse fuori dalla stanza, avendo cura di passare lontano da Sirius.
- Tsk, vecchia tartaruga! Un giorno, quando dovrà ubbidire a me, lo vedrà! Adesso mi odia perché ho tentato di togliergli la gonna, speravo si infilasse un vestito e se ne andasse per sempre...- Sirius rivolse al vecchio elfo una smorfia di disgusto.
- Non capisco come tu possa essere un membro di questa famiglia, Sirius!- gli disse Narcissa osservandolo con alterigia.
- E' quello che mi chiedo anch'io...- mormorò lui in risposta, sempre con un sorrisetto ironico stampato in faccia, ma con un'ombra negli occhi.
Narcissa si sentì tirare la veste e vide che Regulus la guardava, con occhi speranzosi.
- Sembri un cane!- gli abbaiò contro Sirius - Cosa ti ho detto? Non è così che si comporta un uomo!-
- Allora sei tu che gli metti strane idee in testa, lo sapevo!- Narcissa strinse gli occhi, furiosa - Fatti gli affari tuoi!Io e Reg siamo amici e stiamo volentieri insieme, se tu non vai d'accordo con nessuno e non hai nessun amico non prendertela con lui!-I due si fronteggiarono per qualche minuto, sotto lo sguardo sgranato di Regulus.Il bambino osservava le due persone che amava di più sulla Terra sfidarsi apertamente.
Difficile scegliere per chi tifare: se per il suo amato fratello maggiore, verso il quale provava ammirazione, soggezione e un forte desiderio di emulazione o per Narcissa, ai suoi occhi la persona più bella e dolce del mondo.
Siccome Regulus aveva Sirius sempre accanto a sé, mentre Cissy la vedeva molto più di rado e siccome, particolare non trascurabile, Narcissa era una bellissima ragazzina bionda, il bambino optò per la cugina e si aggrappò con più decisione alla sua veste ignorando, per una volta, lo sguardo fulminante di suo fratello.
In quel momento la porta di spalancò ed entrò Andromeda.
- Sirius!Regulus!- esclamò gioiosa e portando, come sempre quando entrava in una stanza, un'allegria ed un calore unici - Come sono felice di vedervi!-
Regulus le sorrise timidamente e Sirius accennò ad un sorriso che voleva essere indifferente, ma non riuscì a mimetizzare lo scintillio degli occhi che si era acceso quando Andromeda era entrata, e il soffuso rossore sulle guance.
- Sir!Cos'è quel sorrisetto stiracchiato?!Vieni qui!!- esclamò la ragazza e afferrò Sirius, abbracciandolo con calore.
Il volto di Sirius, sprofondato nel seno della sua bella cugina, divenne paonazzo.
- A quanto pare, invece, al piccolo Sir piace essere trattato come un bambolotto!- gli sussurrò beffarda Narcissa, afferrando la mano di Regulus e trascinandolo fuori dalla stanza con aria altera.

 

Una volta che si trovarono in camera sua, Narcissa riuscì, poco alla volta, a sciogliere Regulus che dopo mezz'ora già chiacchierava incessantemente, raccontando a Narcissa ogni cosa che gli passava per la testa, senza una logica precisa.
- Lo sai che domani parto per andare a Scuola? Ad Hogwarts?- gli disse, ad un certo punto, Narcissa.
Lui annuì, improvvisamente abbattuto.
- Sir mi ha detto che ti richiuderanno per sette anni e che non ci vedremo più, perché quando uscirai sarai talmente diversa che non ti riconoscerò...- mormorò tristemente il bambino.
Narcissa controllò l'ira che sentì nascere verso il cugino più grande.
- Ascolta Reg...- gli disse, avvicinandosi di più al bambino - Questo non è affatto vero, Sirius scherzava! Io ritornerò ogni Natale ed ogni estate, ci vedremo sempre e, presto, anche tu verrai ad Hogwarts. Vuoi credere alla tua Cissy?- gli chiese, vedendo l'aria titubante di Regulus.
Lui osservò il bel volto della cugina e poi l'abbracciò con slancio.
- Cissy, mi mancherai- sussurrò, perso tra i suoi capelli biondi - Tanto tanto, io ti voglio bene! Ho chiesto alla mamma: anche se siamo cugini io e te potremo sposarci da grandi! Anche se Sir dice che tu non sposerai mai un piagnone come me...-
Narcissa lo strinse forte a sé.
- Reg, da grande tu non sarai affatto un piagnone! Diventerai più alto , più bello e più forte di Sirius e tutti vedranno quanto sei eccezionale! -
Si sciolsero dall'abbraccio e si sorrisero.
- Ho un nuovo libro, una storia bellissima! Parla di un unicorno, vuoi che te la legga Reg?- gli disse, scompigliandogli i neri capelli.
- Si!- esclamò pieno di entusiasmo il bambino.
Si sedettero vicini: le due teste, una bionda ed una mora, l'una accanto all’altra, illuminate dai raggi del sole mattutino. Narcissa prese a leggere, lanciando a tratti uno sguardo al visetto sognante di Regulus.
Ogni tanto si sorridevano e commentavano le belle figure del libro mentre, di tanto in tanto, una nuvola passava ad oscurare il sole e il loro volti di bambini.

 

FINE SECONDO CAPITOLO

 

ps: Regulus dovrebbe avere sei anni meno di Cissy, non quattro, ma questa è una di quelle piccole licenze che mi prenderò in corso d'opera, alla prossima!!

 

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Capitolo 3
*** Pranzo di famiglia ***


UN GELIDO DESTINO

 

Terzo capitolo

 

(Pranzo di famiglia)

 

La mattinata trascorse tranquilla e Narcissa si godette la compagnia di Regulus, che suscitava in lei una profonda tenerezza e che era un ottimo compagno di giochi.
Sirius vagava per casa come un’anima in pena, deciso ad evitare la compagnia del fratello e della cugina, ancora più deciso ad evitare Bellatrix, con la quale aveva un rapporto davvero difficile.
La sua segreta speranza era quella di riuscire a passare qualche minuto con Andromeda ma la ragazza era stata requisita dal padre, che la chiamava nel suo studio ogni minuto per mille motivi diversi.
Il ragazzino si guardò intorno ammirando, come sempre , quella casa che era luminosa e piacevole ai suoi occhi, abituato a vivere negli ambienti cupi e tristi che sua madre, Walburga Black, prediligeva.
Druella invece aveva desiderato una casa che di oscuro avesse ben poco, in quanto i suoi fragili nervi non tolleravano ambienti eccessivamente bui o inquietanti.
Alla fine Sirius si sedette su una poltrona nel piccolo salottino dove lui e Regulus erano stati ricevuti, cambiando posizione ogni due secondi.
Dopo qualche minuto entrò nella stanza Andromeda e gli sorrise avvicinandosi.
- Eccoti!- esclamò – E' un po’ che ti cerco! Papà vuol sapere ogni singolo particolare del mio viaggio…- gli strizzò l’occhio con aria furba.
- Allora, dov’è che te ne vai?- le chiese lui, con tono indifferente.
-Nel Galles, aspetta, ti faccio vedere esattamente dove!- e si diresse verso la libreria, tornando con un grosso volume rilegato.
Si sedette sul bracciolo della poltrona di Sirius e si mise a sfogliare il libro.
Sirius represse il suo primo istinto, che lo spingeva ad allontanarsi e porre così una distanza di sicurezza dalla sua bella cugina e, dopo un po’, si perse nella contemplazione del suo profilo.
Le lunghe ciglia di lei ombreggiavano le guance, gli occhi scuri si muovevano, cercando sulle pagine la cartina del Galles, i folti capelli ramati scendevano sulle spalle. Una ciocca di capelli scivolò a sfiorarle il volto e lei se la portò dietro l’orecchio.
Sirius provò l’istinto di posare il volto sulla spalla di Andromeda, lasciarsi avvolgere dal suo dolce profumo e riscaldare dal calore che la ragazza sembrava emanare naturalmente.
Alla sola idea arrossì leggermente e sentì una stretta alla bocca dello stomaco.
Gli piaceva Andromeda, adorava la sua compagnia, la considerava una femmina al di sopra di tutte le altre, perché non era spocchiosa, né vanitosa né noiosa.
Non aveva nemmeno un’aria severa e cupa, come tutte le altre donne della famiglia, ma era solare e gioiosa.
Andromeda sapeva sempre trovare un gioco divertente, raccontare una storia di paura o una leggenda affascinante.
Andromeda era perfetta e lui la adorava segretamente ma mai, nemmeno sotto tortura, avrebbe ammesso ciò e la sola idea che qualcuno potesse capire quello che provava lo inorridiva. Così Sirius distolse lo sguardo da lei e lo posò sul libro, concentrandosi su quello che la cugina andava spiegandogli man mano.

 

All’ora di pranzo si ritrovarono tutti a tavola insieme, in un’atmosfera abbastanza serena.
Druella, che eccezionalmente aveva deciso di pranzare con loro, e Cygnus sedevano a capotavola. Lei aveva accanto a sé Bellatrix e Regulus, che stranamente sembrava essere nelle sue grazie, in quanto era un bimbo timido e silenzioso.
Accanto al bambino sedeva Narcissa e ai lati di Cygnus sedevano Andromeda e Sirius, per il quale l’uomo aveva una grande propensione in quanto rappresentava, ai suoi occhi, il figlio che non aveva mai avuto; sebbene sua sorella Walburga se ne lamentasse in continuazione, raccontando quanto quel figlio le causasse fastidi con il suo atteggiamento ribelle.
Ma a Cygnus, Sirius, piaceva proprio per questo: ammirava il temperamento del ragazzino e il fatto che non si facesse mettere i piedi in testa.
Al contrario, l’uomo era infastidito dal carattere timido e remissivo di Regulus e non perdeva mai occasione di riprenderlo aspramente e fare confronti con il fratello maggiore.
Quel giorno non fece eccezione e a metà pranzo la tortura di Regulus ebbe inizio.
- Hai già finito di mangiare?- sbottò ad un certo punto Cygnus, rivolto al nipote più piccolo – Se continui a mangiare come una bimbetta malata non crescerai mai, non diventerai mai alto come Sirius!-
Regulus impallidì, abbassando la testa, con gli occhi già pieni di lacrime.
Narcissa allungò la mano sotto il tavolo e coprì con la propria quella piccola e paffuta del bimbo, stringendola lievemente a mo di incoraggiamento.
Cygnus continuò imperterrito.
- Ho saputo che non hai voluto prendere lezioni di volo. Sirius alla tua età sapeva già cavalcare una scopa alla perfezione, non per niente gli ho regalato una Nimbus 750 per il suo settimo compleanno!-
Le labbra di Regulus presero a tremare e Sirius aggrottò le sopracciglia.
- Sto insegnando io a Regulus a volare! Quell’insegnante che ha trovato la mamma è un idiota, non sa nemmeno distinguere una scopa da un paiolo, tra una settimana Reg saprà volare meglio di chiunque altro!- disse, continuando a mangiare tranquillo.
Gli occhi di Cygnus brillarono, guardando il nipote maggiore.
- Sei fortunato ad avere un fratello così in gamba! Vedi di imparare quanto più puoi da lui, Regulus!- si rivolse severo al nipote più piccolo.
Regulus annuì in silenzio, fissando il proprio piatto con un lacrimone che scendeva silenzioso lungo la guancia.
- E potresti cominciare dal non piangere per ogni sciocchezza!Nemmeno le tue cugine, da piccole, erano così piagnucolose!- sbottò aspro.
Narcissa accarezzò con il pollice la piccola mano stretta nella sua, in un tentativo di conforto.
Bellatrix fissò Regulus con una smorfia infastidita, colma di disprezzo sul volto, mentre Druella cominciò a massaggiarsi le tempie.
- Papà, perché ora non cerchiamo di gustarci questo ottimo pranzo?- intervenne Andromeda, fissando il padre con i suoi occhi scuri e decisi.
Cygnus riprese a mangiare e, per qualche minuto, un quieto silenzio calò sulla sala.
- Allora, domani dovete trovarvi a King's Cross?- chiese ad un certo punto Andromeda con aria discorsiva.
- Trovo scandaloso che si debba prendere per forza quel treno così sporco e rumoroso.- intervenì Druella.
- Tutto ciò è colpa di Silente!- disse Cygnus, con le narici dilatate – Una volta le famiglie per bene potevano mandare i propri figli ad Hogwarts con i loro mezzi, senza doverli mischiare e mezzosangue e sanguesporco!- l’ultima parola sembrò esplodere dalla sua bocca.
Per una volta Bella sembrò dare ragione al padre, anche Narcissa era turbata all’idea di dover frequentare dei mezzosangue o dei sanguesporco, dei babbani. Non ne aveva mai conosciuto uno e Bellatrix le aveva detto che erano degli incapaci, sporchi e invidiosi dei purosangue.
L’unica a rimanere impassibile fu Andromeda.
Sirius sembrava disinteressato.
- Meno male che Cissy affronterà il viaggio con Rubinia Alderman, almeno sappiamo che sarà in buona compagnia.- sospirò Druella, con un tono sempre più drammatico.
- Si, almeno è una famiglia di purosangue- assentì Cygnus.
- Tuttavia non credo che sua madre lascerebbe che Rubinia sia amica di Narcissa, visto la tanto superiore bellezza di nostra figlia.– aggiunse Druella, con la voce improvvisamente molto meno lamentosa – Se Rubinia non fosse legata con una promessa di fidanzamento al figlio dei Lestrange-
Narcissa tacque, continuando a mangiare, ma le dispiaceva sentir parlare così dell’unica amica che avesse al di fuori della famiglia.
- Si, anche se Rodolphus non ha certo i modi e la nobiltà di suo padre.- continuò Cygnus.
- E’ una fortuna per noi che almeno una delle nostre figlie abbia il futuro praticamente assicurato con un purosangue di altissimo lignaggio…- proseguì Druella, stavolta palesemente soddisfatta, lanciando uno sguardo a Bellatrix, che sostenne quello sguardo con un’espressione molto seria sul volto.
- Si...- mormorò Cygnus e  sul suo viso passò un lampo di soddisfazione repressa, mista a qualcosa di indefinibile – Narcissa è fortunata, infatti.-
Improvvisamente il rumore di posate venne meno e tutti rivolsero uno sguardo stupito verso il capofamiglia.
Narcissa era esterrefatta.
- Intenderai Bellatrix…- sussurrò Druella.
- Niente affatto. – le rispose Cygnus, continuando a mangiare tranquillamente – Ieri ho avuto un colloquio con Abraxas ed è stato molto chiaro.- fece una pausa, sollevando lo sguardo dal piatto - Ha cambiato idea. Ha detto che, se negli anni la situazione si evolverà come si auspica e se una delle nostre figlie sposerà Lucius, sarà Narcissa e solo lei –
Druella era così pallida che sembrava sull’orlo di uno svenimento.
Andromeda si alzò in piedi, con i pugni stretti lungo i fianchi.
- Papà! Narcissa ha appena undici anni!Non puoi legarla ad una promessa di fidanzamento!Noi non siamo gli Alderman!- gli occhi erano sgranati ed esprimevano incredulità.
- Non dipende solo da me, dipende anche dai Malfoy, ma entrambi auspichiamo questa unione. – le rispose calmo lui, ma lo sguardo era duro- Ora siediti, Andromeda-.
- Ma è una cosa arcaica!- protestò ancora Andromeda, senza sedersi.
- La scelta doveva ricadere su Bellatrix ma Abraxas le ha preferito Narcissa e non intende sentire ragioni. Narcissa dovrebbe ritenersi fortunata.-
Bellatrix sbatté le posate sul suo piatto e Druella si prese la testa tra le mani, con aria sofferente.
Narcissa rimase immobile, il volto serio e gli occhi fermi.
Cygnus osservò sua moglie e le sue figlie maggiori. Poi osservò Narcissa.
- Ecco perché!- disse con voce gelida - Guardate: l’unica che avrebbe il diritto di dire qualcosa o di protestare rimane silenziosa, composta e dignitosa! Ecco perché il capostipite di una delle famiglie più nobili, nonché l’uomo più potente del Paese, ha fatto cadere la sua scelta su Narcissa.- studiò uno ad uno i volti di Andromeda, Bellatrix e Druella – Imparate da vostra sorella voi due e ricordate che una calma dignitosa è la più grande dote che una donna debba possedere. Narcissa è così, perché lei è una vera Black!- concluse, soddisfatto.
Bellatrix impallidì e, spinta indietro la sedia con un movimento violento, lasciò la stanza.
Andromeda le corse dietro e Druella si alzò lentamente, accasciandosi sul sofà li vicino.
Sirius aveva un’aria annoiata.
Narcissa si rese conto solo in quel momento che stava letteralmente stritolando la mano di Regulus , ancora stretta nella sua, e lui la fissava senza fiato per il dolore e per la sorpresa.
- Bene, vogliamo finire di mangiare? So che c’è un dolce speciale in onore dei nostri due ospiti.- disse tranquillo Cygnus e continuò il suo pasto con aria serena, ma nei suoi occhi brillava una luce dura e trionfante.

Narcissa rilassò la mano cercando di sorridere a Regulus, ma la bocca rimase stretta e sigillata, incapace di stendersi.

 

Finito quello sfortunato pranzo, Narcissa e Regulus decisero di andare a giocare in giardino mentre Sirius riprese a vagare per la casa, senza posa e senza trovare nulla da fare.
Andromeda e Bella non si videro più fino a sera.
Narcissa avrebbe voluto che quello che era accaduto a pranzo non rovinasse quel pomeriggio, ma nemmeno la lunga passeggiata che fece con Regulus né le chiacchiere di quest’ultimo, riuscirono a distoglierla da quel unico pensiero che le riempiva la mente.
Non riusciva a capacitarsi che, da qualche parte, vi fosse il suo probabile futuro sposo o meglio, che questo futuro sposo avesse un nome ed un cognome e che lei non avesse idea di come fosse il suo viso.
Rammentò il volto di Abraxas e si chiese se Lucius fosse anche lui biondo, con gli occhi chiari, un bel portamento e una voce gentile e profonda.
- Cissy!- la chiamò ad un certo punto Regulus.
Lei si riscosse e gli prestò attenzione, decidendo che era inutile tormentarsi per il momento.
Verso sera rientrarono perché i due ragazzini dovevano tornare a casa.
Al momento di salutarsi ricomparve Andromeda, che aveva un’aria pensierosa ma, come al solito, abbracciò e baciò allegramente Sirius e Regulus.
- Fate i bravi!Spero di vedervi presto!Per Natale mi auguro!-
Narcissa ignorò Sirius, il quale la ignorò a propria volta e si concentrò su Regulus.
- Fa il bravo, io ti scriverò presto e ti racconterò ogni cosa di Hogwarts...va bene?-
Lui annuì e la abbracciò, sussurrandole qualcosa che lei non capì.
I due ragazzini salirono su una specie di carrozza, apparentemente trainata dal nulla, che portava sul fianco lo stemma della famiglia e che li avrebbe riportati a casa loro e sparirono in un baleno, lasciandosi alle spalle Weirwater.

Sirius sospirò profondamente.
Aveva lasciato la sua dimora per qualche ora e si era sentito libero, ora il pensiero di farvi ritorno lo angustiava tremendamente.
Ad un certo punto sentì un singhiozzo soffocato provenire dalla parte di Regulus.
- Che c’è ora?- gli chiese, infastidito e rassegnato insieme.
- Cissy si sposa?- gli rispose la voce rotta dai singhiozzi del fratello.
Sirius rimase di stucco.
Non credeva che Reg avesse capito una sola parola di quello che era stato detto a pranzo e di certo non pensava che ne facesse una simile questione.
Tuttavia avvertì la reale, infantile, sofferenza di cui era intrisa la voce del bambino.
Sirius lottò qualche minuto contro l’istinto di prenderlo in giro e alla fine si avvicinò a lui, scompigliandoli con aria goffa e burbera i capelli.
- Ma va! E’ piccola, ha solo un anno più di me! Chi la sposerebbe mai?! Ma, se ci tieni tanto, beh, allora smettila di essere così piagnone e diventa coraggioso, così magari ti riesce di sposarla tra qualche anno…anche perché dubito che qualcun altro desidererebbe mai sposare quella streghetta che sembra fatta di ghiaccio!-
- C-Cissy non è fatta di ghiaccio! E’ bella e gentile…ed è bionda!- sbottò indignato Regulus.
- Ecco così, vedi come sei già più coraggioso?- gli disse Sirius, trattenendo la gran voglia che aveva di ridere.
Nel buio della carrozza lui pensava ad un'altra ragazza, bella e gentile, i cui capelli però erano castani dai riflessi ramati.

 

Narcissa prese coraggio prima di andare a dormire quella sera, bussò alla stanza di Bella ed entrò quando ricevette il permesso.
Bellatrix era già in vestaglia e alla luce soffusa delle candele era talmente affascinante da sembrare quasi irreale.
- Che vuoi?- le chiese freddamente, congelando all’istante ogni speranza che Narcissa aveva riposto in quella visita.
- Volevo solo dirti che…buona notte!- le disse e si voltò, pronta per uscire.
- Credi che io mi stia struggendo per Lucius Malfoy?- le disse Bellatrix, bloccandola sulla soglia.
Narcissa si voltò e fisso il bel viso della sorella.
Bellatrix si alzò, scuotendo leggermente i lunghi capelli bruni.
- Tientelo!- sibilò velenosa– Non so che farmene di lui!Lo conoscerai molto presto, che bel esemplare di uomo!- sputò le parole come dardi infuocati - Io voglio un vero maschio come marito, non un damerino spocchioso che ha paura di stropicciarsi la veste e di scompigliarsi i capelli!- si fermò, sorridendo con astio – La mamma desiderava questo fidanzamento ma, credimi, per me è una liberazione! Buona fortuna Cissy!-
Narcissa capì di essere stata congedata, ma non voleva andarsene così, sconfitta, senza aver detto nemmeno una parola.
- Sono felice che per te sia una liberazione, sorella mia, peccato che tu abbia ottenuto la tua libertà grazie ad un’umiliazione. Sei stata scaricata Bella, questa è la verità! Ora aspetta che il tuo vero maschio venga a raccoglierti! - detto ciò si voltò e uscì dalla stanza, con il cuore che batteva forte nel petto e il senso di colpa che già le attanagliava le viscere.
Bellatrix rimase immobile, pallida come un cencio, con gli occhi colmi di risentimento.

 

Davanti allo specchio della sua camera, Narcissa cercava di scacciare la sensazione di angoscia che avvertiva e l’emozione per l’imminente partenza, ma inutilmente.
Ad un certo punto Andromeda fece capolino dalla porta.
- Posso?- chiese gentilmente e si infilò nella stanza.
Si avvicinò a Narcissa, prese una spazzola e cominciò a pettinarle i capelli con delicatezza.
- Come sono belli. – mormorò ammirata – Sembrano d’oro!Te li invidio molto!-
Passò qualche istante di silenzio e ad un certo punto i loro occhi si incontrarono nello specchio.
- Cissy, rammenta una cosa. – le disse Andromeda posando la spazzola, con voce estremamente seria – Tu sola sei padrona della tua vita, non permettere agli altri di decidere per te…-
Narcisa non disse nulla per un po’ ma poi si alzò e si voltò verso Andromeda.
- E tu non pensare solo a te stessa Andromeda, perché così è come se decidessi per gli altri!- le disse con rassegnazione.
Andromeda impallidì leggermente a quelle parole.
-Promettimi – continuò Narcissa, con voce accorata -Che noi saremo sempre unite, giurami che non cambierai mai!-
Andromeda la abbracciò con slancio.
- Farò il possibile Cissy, e tu ricordati sempre che io ti voglio bene e ne voglio anche a Bella…-
Narcissa ricambiò l’abbraccio, mentre il principio di un temporale di fine estate alimentava quell’atmosfera densa di cattivi presagi.

 

FINE TERZO CAPITOLO

 

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Capitolo 4
*** Il futuro consorte ***


UN GELIDO DESTINO

 

Quarto capitolo

 

(Il futuro consorte…)

 

La mattina seguente vi fu poco tempo per gli addii.
Le tre sorelle andarono a salutare la madre, che le ricevette nel buio della sua stanza sdraiata sulla solita pila di cuscini e con la sua consueta aria sofferente.
Andromeda fu la prima a lasciare la casa, smaterializzandosi in un istante insieme al suo piccolo e pratico bagaglio.
Cygnus la osservò sparire con la mascella contratta. Separarsi da quella figlia lo affliggeva non poco.
Prima di andarsene la ragazza abbracciò e baciò le sue sorelle.
Narcissa accolse e ricambiò il bacio con la compostezza che le era solita, anche se si sentiva piena di malinconia all’idea di non vedere Andromeda per un lungo periodo.
Bella non finse nemmeno di ricambiare il bacio ma si limitò ad accettare freddamente quello della sorella.
Andromeda la fissò con gli occhi colmi di tristezza e, prima di voltarsi e allontanarsi, le fece una lieve carezza sulla guancia.
I preparativi per il viaggio delle due sorelle minori furono ben più caotici in quanto i bagagli erano ingombranti e il viaggio fino a Londra più problematico.
Ma alla fine fu tutto pronto e Narcissa vide allontanarsi Weirwater, con un’ansia mista ad una grande eccitazione.

 

La stazione di King’s Cross fu uno spettacolo incredibile agli occhi di Narcissa che, vissuta da sempre in un mondo ovattato, non aveva mai veduto nulla di così frenetico, rumoroso e vivace.
Tuttavia la vicinanza di tutti quei babbani la infastidiva davvero. Sembravano privi di qualsiasi eleganza e compostezza, ignari di qualunque cosa che non gli si parasse sotto il naso.
Narcissa, Bellatrix e Dorothy, seguite da un Elfo domestico a cui un Incantesimo di Illusione aveva donato delle fittizie sembianze umane agli occhi dei non maghi, avanzarono lungo il binario e, trovato il divisorio dei binari nove e dieci, vi si infilarono con noncuranza.
Dall’altra parte della magica barriera regnava un allegro e variopinto caos, mentre l’Espresso di Hogwarts sbuffava fumo, pronto a partire.
- Cissy!- chiamo una voce, in mezzo a quella confusione.
Narcissa si voltò e vide venirle incontro Rubinia Alderman, accompagnata da sua madre.
- Ruby!- rispose al suo richiamo, sorridendole.
Come aveva detto Druella, Rubinia era tutt’altro che bella.
Piccola di statura e con un corpicino ossuto, aveva il volto spigoloso e la bocca sottile; gli occhi erano grandi, ma di uno spento colore che non era né azzurro né verde, ombreggiati da ciglia chiare, come i capelli.
Il contrasto con Narcissa era davvero notevole. Infatti, mentre i capelli di quest'ultima erano di un bel biondo luminoso, i capelli della sua amica erano di uno spento biondo sporco che scendevano crespi poco sotto le spalle.
La Signora Alderman, che era la versione adulta della figlia, salutò gentilmente Narcissa ma i suoi occhi chiari scrutarono gelidi il bel volto della ragazzina, i lunghi capelli che le incorniciavano il viso dai lineamenti perfetti e dalla carnagione luminosa.
Anche il portamento di Narcissa era perfetto e la Signora Alderman strinse le labbra, quando osservò quanto sua figlia fosse goffa e ben poco femminile al confronto.
Con Bellatrix ci fu un freddo scambio di convenevoli ma Narcissa, ignara di essere l’oggetto di un così poco benevolo esame, non se ne stupì.
Sua sorella, ormai, sembrava non andare più d’accordo con nessuno.
Tuttavia il motivo di tanta freddezza fu molto più chiaro pochi minuti dopo.
Il Signor Alderman, un uomo dall’aspetto distinto e piacente sulla quarantina, raggiunse la moglie e la figlia, salutò Narcissa con gentilezza; e poi non staccò più gli occhi da Bella che, come sempre, spiccava in mezzo alla folla con la sua straordinaria bellezza e la sua prorompente femminilità.
Non c’era uomo o ragazzo, sul binario nove e trequarti, che non le lanciasse almeno un’occhiata.
La Signora Alderman gettò a suo marito uno sguardo colmo di rancore.
Poco dopo si incamminarono tutti in direzione della coda del treno, dove la folla era meno pressante.
Al momento di salire ci fu un attimo di confusione, ma a Narcissa non sfuggì che il padre di Rubinia si affrettò ad aiutare Bellatrix a salire e che le trattenne la mano per qualche istante.
Bella rimase impassibile, ma ricambiò la stretta per un secondo.
Narcissa rimase di stucco e sentì un lieve crampo di disagio, e di paura, allo stomaco.
C’era qualcosa di così intimo e sensuale nel modo in cui i due si erano sfiorati che nemmeno lei, che era poco più di una bambina, poté evitare di notarlo e di comprendere che c’era come dell’elettricità tra sua sorella e quell’uomo.
Al solo pensiero di sentì arrossire.
Dieci minuti dopo il treno partì, destinazione Hogwarts.

 

Andromeda si guardò attorno con aria curiosa.
La casa della sua amica Hellen era una piccola villetta a schiera, strutturata su un piano basso interrato ed un primo piano alto, di un quartiere popolare babbano, e, agli occhi della giovane Black, era estremamente affascinante.
- Allora, mi spieghi come hai fatto a convincere tuo padre a mandarti qui?- le chiese la sua amica, sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania della sua stanza.
Andromeda, che era seduta sulla sponda del letto, sollevò leggermente i piedi da terra, prendendo tempo.
- Andiamo, sarò anche una babbana, ma anch’io ho frequentato Hogwarts! Sai che la vostra famiglia è molto nota, dimmi la verità!- la incalzò Hellen, con un sorriso.
- Lui non sa che siete babbani…- ammise Andromeda – Non gli ho mentito, ho solo omesso di dirglielo!- aggiunse, con aria birichina.
- Oddio! Dimmi che tra un mese non mi capiteranno qui una schiera di maghi infuriati per riportarti a casa!- esclamò la sua amica -Sai, mia mamma ancora fa fatica ad accettare che io sappia far levitare il nostro gatto e pulire la sua lettiera sventolando una bacchetta.- sospirò la ragazza, rassegnata.
Andromeda rise di gusto, sollevata che la sua amica la prendesse così bene.
- Mi piace la tua stanza, è così intima! E anche la tua casa!- aggiunse con calore.
- Sinceramente mi vergogno un po’, voglio dire, dopo aver visto le fotografie di Weirwater e della vostra casa londinese! Sembra impossibile che viviate in simili castelli!- Hellen aveva un tono ammirato – Devo dire che ti invidio…e non ti capisco. Venire qui, in un quartiere così squallido!-
Andromeda si alzò a andò alla finestra, gettando uno sguardo in strada dove dei bambini stavano disegnando con il gesso qualcosa sul marciapiedi.
- Invece mi piace qui, c’è calore…- chiuse gli occhi, per concentrarsi sui rumori della strada.
Quando riaprì gli occhi lanciò un urlo di sorpresa.
Fuori dalla finestra stava un giovane, che la fissava sorridendo.
- Ma è…come…siamo al primo piano!- balbettò Andromeda, che si era allontanata di corsa dalla finestra.
- Scusa!- disse il ragazzo, sorridendo amabilmente – Ho visto che Hellen era tornata e aveva ospiti, volevo solo salutarvi!-
- Ma sei matto!Ci hai fatto prendere un colpo!- lo sgridò Hellen.
- Dai! Non reagire così!- cercò di rabbonirla lui -Michael mi ha chiesto di dirti se stasera ti va di andare alla fiera con lui!-
- E perché non me lo chiede lui di persona?- esclamò la ragazza, arrossendo come un peperone.
- Sai com’è...- le sorrise il ragazzo – Naturalmente sei invitata anche tu, – aggiunse, rivolto ad Andromeda – Così venite a vedere lo spettacolo!Io faccio il trampoliere!- esclamò, sorridendo orgoglioso.
Le due ragazze si avvicinarono alla finestra e videro che, effettivamente, il ragazzo stava in equilibrio su un paio di altissimi trampoli.
Andromeda la trovò una cosa squisitamente divertente e scoppiò a ridere.
- Verrò volentieri!- esclamò, volgendo il bel viso sorridente verso il giovane.
Il ragazzo sembrò colpito da un fulmine ed arrossì vistosamente poi, all’improvviso, impallidì, perché aveva perso l’equilibrio e i trampoli avevano preso ad ondeggiare paurosamente.
- Oh…ohhhhhhh!- urlò e precipitò di sotto, proprio sull’unico, misero, cespuglio che ornava il giardino della mamma di Hellen.
Le due ragazze si sporsero, piene d’ansia.
- S-sto bene!- urlò il giovane, con le gambe per aria e uno dei trampoli spezzato.
La Signora Mitchell si affacciò dalla finestra della cucina interrata, cominciando a sbraitare verso il ragazzo, che tentava di rialzarsi inutilmente.
Hellen si voltò verso Andromeda, alzando gli occhi al cielo, con un sospiro.
- Ti presento Ted Tonks!-
Andromeda lanciò uno sguardo al ragazzo e sul suo volto si aprì un sorriso, che le illuminò i begli occhi scuri.

 

- Non penserete di seguirmi, spero!- esclamò Bellatrix, voltandosi verso Narcissa e Rubinia che la stavano tallonando lungo il corridoio del treno, alla ricerca di uno scompartimento – Io ora raggiungo i miei compagni del quinto anno, voi fate quello che volete, basta che mi stiate lontane! – aggiunse, sibilando e fulminandole con gli occhi.
Narcissa rimase indifferente, Rubinia le si nascose dietro: Bellatrix la terrorizzava.
Quando la ragazza si fu allontanata, Narcissa sospirò.
- Andiamo?- disse alla sua amica, che la seguì fedelmente.
- Il prossimo vagone è l’ultimo, se non troviamo uno scompartimento vuoto, cerchiamo almeno di evitare i babbani…- aggiunse.
Ad un certo punto, nello snodo tra i due vagoni, le due ragazzine si bloccarono, in quanto la porta dall’altra parte sia aprì e comparvero due ragazzi, che ostruirono il passaggio.
- E’ questo quello che mi piace dell’essere Prefetto- stava dicendo uno dei due – Non certo per i motivi che crede mio padre! Se il prossimo anno sarò Caposcuola, forse finirà di darmi il tormento!- la voce del ragazzo aveva un accento perfetto inquinato, però, dal tono tremendamente snob e dal modo di parlare strascicato.
- Pensa il mio allora, io non sono Prefetto e lui non fa che fare paragoni…chissà con chi!- disse l’altro.
- E’ solo che sei poco furbo- lo derise il ragazzo Prefetto, fermandosi e dando le spalle alle ragazzine.
- Si e tu lo sei pure troppo, dico io! Non ti beccano mai, né quando tormenti quei piccoli sanguesporco né quando fai qualsiasi altra cosa. E così hai già scroccato un appuntamento a Susele, eh? Cavolo hai tutte le fortune tu!- terminò il ragazzo, con aria invidiosa.
- Te l’ho detto, sei poco furbo...- gli ribadì l’altro con aria annoiata – Non vedo l’ora di cominciare a rimettere in riga quei bamboccetti del primo anno, ho un paio di ideuzze per fa capire loro chi è che comanda ad Hogwarts!- aggiunse, con voce chiara.
Cissy e Ruby si scambiarono uno sguardo, paralizzate dalla paura.
I ragazzi bloccavano il passaggio e sembravano non averle minimamente notate, anche perché erano ben più alti di loro.
La cosa migliore sembrava quella di dileguarsi non viste.
Narcissa, tuttavia, provò un impeto di orgoglio che le diede coraggio e così si schiarì la voce.
- Potete farci passare, per cortesia?- chiese, fredda ma educata, lottando contro la terribile voglia che aveva di fare dietro front e darsela a gambe.
Rubinia la fissò ammirata e terrorizzata insieme.
Il ragazzo più alto dei due si voltò, notandole con un certo stupore.
Aveva un viso molto comune, con i capelli castani e gli occhi scuri. Diede una leggera gomitata all’altro, che si voltò con aria altera e annoiata.
- Ce ne avete messo di tempo per decidervi.- disse il giovane, che aveva dei lunghi capelli biondi, quasi bianchi da quanto erano chiari, stretti in una coda - Mi chiedevo se avreste mai trovato il coraggio. – fece una smorfia derisoria, scrutandole con i suoi occhi chiari.
Narcissa ebbe un guizzo di irritazione.
Lui le aveva notate subito ma aveva finto di non averle viste, per prendersi gioco di loro.
- Quindi possiamo passare?- chiese, fissandolo gelida con i suoi occhi grigi e facendo un movimento irritato con la testa, che fece ondeggiare i lunghi capelli biondi sulle spalle.
Il Prefetto strinse gli occhi, studiandola attentamente.
- Piuttosto coraggiosa…per essere nient’altro che una piccola pulce insignificante!- le disse, smettendo di sorridere – Se fossimo già ad Hogwarts potrei toglierti dei punti per questo, piccola insolente!- concluse, con la sua voce fredda e altezzosa.
- Dai, lasciale perdere queste due cosette.- gli disse il suo amico, tirandolo per la veste, dove era appuntata la spilla di Prefetto – Abbiamo di meglio da fare: ho visto Garrison e Mc Finley più in la! Ho sentito la loro puzza di luridi sanguesporco a un miglio di distanza –
Il ragazzo biondo fece una smorfia in direzione delle ragazzine e le scansò in malo modo per passare ma, nel farlo, afferrò una ciocca dei capelli di Narcissa, tirandogliela piuttosto brutalmente.
- Ah..!- esclamò lei, sorpresa e infuriata.
Avrebbe voluto reagire, ma non ebbe la prontezza e, inoltre, sua madre le aveva sempre insegnato che una vera signora non perde mai la calma e la compostezza.
- Che essere spregevole…- mormorò indignata, seguendolo con lo sguardo mentre spariva e massaggiandosi lievemente il cuoio capelluto – Ed è un Serpeverde! Hai visto la sua divisa, Rubinia?-
L’amica la fissò sorpresa.
- Ma come, non sai chi è?- le chiese la ragazzina – Io l’ho visto un paio di volte a casa, quando lui e suo padre sono stati ospiti di papà…- le spiegò – Quello è Lucius Malfoy!-
Narcissa rimase senza parole, volgendo lo sguardo verso la direzione dove era sparito il suo, probabile, futuro marito.


FINE QUARTO CAPITOLO

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Capitolo 5
*** Dietro l'arazzo ***


Non ho mai amato personaggi quali Bellatrix, Lucius e, soprattutto, Sirius! Eppure ho sempre provato un grande piacere a scrivere su di loro e a muoverli secondo una mia logica! Le parti dedicate a loro mi divertono in modo particolare, che strana la mente umana! :) Buona lettura.


UN GELIDO DESTINO

 

Quinto Capitolo

 

(Dietro l’arazzo)



 

Hogwarts era bella come Narcissa l’aveva immaginata dalle descrizioni di Andromeda.
Tutti gli alunni del primo anno attraversarono il grande Lago Nero, su piccole barchette dall’aria poco sicura.
Rubinia si strinse forte a Narcissa, guardando le acque profonde e scure con diffidenza mista a terrore.
Giunti al Castello, furono accolti da una strega dall’aria estremamente severa, con i capelli bruni legati stretti in una crocchia ed un abito scuro dal taglio estremamente austero e sobrio.
- Io sono la Professoressa Mc Granitt – si presentò la donna – La vostra insegnante di Trasfigurazione. Adesso verrete smistati in una della quattro nobili Case che, da sempre, raccolgono tutti gli studenti di questa Scuola. Dovunque voi siate destinati, siatene orgogliosi!- li ammonì, rafforzando l’impressione di severità che comunicava.
Poi l’imponente porta che dava sulla Sala Grande venne spalancata e i tremanti ragazzini vennero fatti sfilare davanti al resto della Scuola.
La Professoressa Mc Granitt srotolò una lunga pergamena e prese a chiamare i nuovi studenti uno ad uno, affinché indossassero il vecchio Cappello Parlante che li avrebbe smistati.
Rubinia fu una dei primi ad essere chiamata e, non appena ebbe sfiorato la sua testa, il cappello strillò – Serpeverde!- e, dall’ultimo tavolo in fondo alla Sala, si levò un applauso.
La ragazzina era la prima nuova Serpeverde dell’anno e corse tra i suoi nuovi compagni con aria orgogliosa.
Seguendola con gli occhi, Narcissa poté scorgere Lucius Malfoy in mezzo agli altri del sesto anno.  Stava seduto negligentemente piegato in avanti, con il mento posato sulla mano sinistra, mentre l’altra giocava con la spilla da Prefetto appuntata alla sua divisa perfettamente inamidata.
Il suo amico gli parlava da una parte e una ragazza dai capelli scuri gli sussurrava qualcosa dall’altra. Lui sembrava annoiato e, non appena incrociò gli occhi di Narcissa, fece una smorfia beffarda e si raddrizzò, voltandosi verso la bella moretta.
- Black, Narcissa!- chiamò la voce chiara della Professoressa Mc Granitt e la ragazzina si fece avanti con passo sicuro.
Tuttavia, nei pochi istanti che ci mise per sedersi sullo sgabello, rivolta verso gli altri studenti, Narcissa si sentì travolgere dall’ansia.
Sentiva tutti quegli sguardi su di sé. Molto probabilmente la stavano soppesando in quanto, per ragioni assai diverse, sia Andromeda che Bellatrix erano estremamente conosciute ad Hogwarts e Black era un cognome famoso.
La maggiore delle sue sorelle era stata, e lo era ancora, popolarissima sia tra i ragazzi, per ovvi motivi, sia tra le ragazze che l’adoravano per il suo temperamento solare e gioviale e la sua assoluta mancanza di snobismo e vanità.
Bellatrix, invece, era molto ammirata dai ragazzi per la sua bellezza così appariscente e sensuale ma era assai impopolare tra le ragazze, anche quelle della sua Casa, che mal la tolleravano sia per il suo successo tra i maschietti, che per il suo carattere cupo e superbo.
Narcissa tremò interiormente.
Andromeda era stata perdonata da Cygnus per non essere stata smistata tra i Serpeverde, perché era senza dubbio la figlia prediletta, ma lei sapeva che se, per disgrazia, le fosse toccata un’altra Casa non avrebbe goduto di tale ,benevole, tolleranza.
Un istante prima che il Cappello parlante le calasse sugli occhi, Narcissa cercò al tavolo dei Serpeverde sua sorella Bellatrix, che la fissava beffarda, come se sapesse perfettamente quali pensieri le si agitavano dentro.
Poi lo sguardo, irresistibilmente, scivolò lungo il tavolo alla ricerca di colui il quale era stato designato come suo futuro marito.
Questa volta lui la fissava con l’espressione di chi è rimasto fulminato; gli occhi chiari spalancati dalla sorpresa e attraversati da un lampo di comprensione.
Narcissa non poté non provare un moto di soddisfazione.
La reazione del ragazzo non era lusinghiera, forse, ma almeno il suo incredulo disappunto era pari a quello che era toccato a lei.
Un istante dopo era al buio.

- Mh…- mormorò la vocina del cappello parlante al suo orecchio - …Ecco, ancora un Black… sempre difficili da smistare, o meglio, davvero facili da collocare ma dalle menti davvero difficili da dipanare.- si corresse, lasciando una piccola pausa per rendere l’affermazione più drammatica - Quanto orgoglio vedo qui! – riprese poi, più serio e concentrato - Proprio qui, dentro di te! Smisurato, ma accompagnato da un cervello fine e da un’intelligenza acuta…e dal desiderio di emergere...-
- Io devo – sussurrò Narcissa – Devo essere una Serpeverde!- lo disse senza pregare, nemmeno con un antico e potente Cappello, che poteva decidere la sua sorte, riusciva ad essere umile e implorante. Vide l’immagine del volto di suo padre, quello di sua madre, e i freddi occhi chiari di Lucius Malfoy - Ne ho bisogno!- aggiunse, chiedendolo come un diritto e non come un favore.
-E cosa ti fa credere - le rispose il Cappello, stupito - Che io possa collocarti altrove?!Sei senza alcun dubbio una SERPEVERDE!- concluse, urlando l’ultima parola in modo che fosse udibile a tutta la Sala.
Sollievo liquido sembrò sciogliersi dentro Narcissa, che porse il cappello allo studente dopo di lei e si avviò, con passo elegante e schiena diritta, verso il tavolo dei Serpeverde, dove venne accolta con un lungo applauso.
Lucius Malfoy la ignorò, concentrandosi in una fitta conversazione con il suo amico.

 

Alla fine della cena, tutti gli alunni del primo anno furono condotti alle loro Sale Comuni.
Quella dei Serpeverde si trovava nel sotterraneo ed era una Stanza molto grande e bella, anche se dall’aria leggermente tetra.
Tuttavia un enorme caminetto dominava la Sala, donandole un aspetto confortevole, mentre diverse poltrone, vecchie ma comode, erano disseminate qua e la.
I ragazzini nuovi si guardarono attorno un po’ a disagio, mentre gli studenti più grandi si accomodavano e chiacchieravano tranquilli.
- Dove sarà il nostro dormitorio?- le sussurrò Rubinia, spaurita.
- Credo che il dormitorio femminile sia dietro quell’arazzo. – le rispose Narcissa, rammentando uno dei rari racconti che le aveva fatto Bella sulla Scuola.
- Allora che ne dici di andare? Così prepariamo le cose per domani…- la incitò l’amica.
Narcissa non trovò nulla da obiettare e quindi seguì Rubinia verso un arazzo che stava sulla parete in fondo, alla destra di un grande ritratto di Salazar Serpeverde, che dominava la stanza con aria altera.
Sulla sinistra stava un altro grande Arazzo che celava l’ingresso del dormitorio maschile.
Le ragazzine sollevarono il pesante tessuto e si trovarono all’entrata di un lungo e stretto corridoio tappezzato di verde e argento, illuminato da alcune torce, sul quale si affacciavano sette porte in legno scuro.
Non appena l’arazzo ritornò al suo posto, le voci e i rumori della Sala si spensero di colpo grazie, dedusse Narcissa, ad un qualche ingegnoso incantesimo.  
Le due ragazze mossero un passo nel corridoio ma si fermarono di colpo: la strada era bloccata.
- Bene, bene…- sussurrò Lucius Malfoy, osservando Narcissa – Ecco la mia dolce metà!-
Rubinia soffocò un gridolino di paura e scappò lungo il corridoio, infilandosi nella prima porta che trovò.
Narcissa fece per seguirla, senza correre, con il cuore in gola; ma Lucius sollevò una gamba e, posandola sull’altra parete, le bloccò il passaggio.
- Narcissa Black, eh?- allungò una mano e afferrò un braccio della ragazzina, costringendola ad avvicinarsi per poterla studiare bene in volto.
Il cuore le batteva svelto in petto, ma lei non voleva che lui lo capisse.
- Mio padre mi ha detto meraviglie di te.- aggiunse lui, con il suo tono insopportabilmente strascicato – Ed ecco che io mi ritrovo praticamente impegnato con una mocciosa impertinente!- gli occhi di lui erano chiari e freddi come il ghiaccio - Quasi quasi era meglio sposarsi Bellatrix!- sembrò riflettere qualche istante e poi fece una smorfia sprezzante – No, dopotutto no!- sorrise ironico -Vediamo se almeno ho la speranza che tu diventi una donna decente…-
Narcissa alzò la mano per tirargli uno schiaffo, colpita dolorosamente da quelle parole così dure; nessuno le aveva mai parlato così fino ad ora e i suoi undici anni la rendevano comunque vulnerabile.
Lui le bloccò il braccio ridendole in faccia e con l’altra mano le tirò leggermente i capelli per farle reclinare la testa, in modo che il viso fosse bene illuminato.
La fissò per dei lunghi secondi.
Le ciglia scure che ombreggiavano gli occhi chiari e luminosi, la pelle diafana, il naso diritto e perfetto, la bella bocca.
Improvvisamente la lasciò andare.
- Bene, vedi di non rovinarti crescendo! - le disse, brusco.
- Lucius, non mi dirai che adesso ci provi anche con le bambine!- mormorò una gelida voce alle loro spalle – Capisco che si tratta della tua fidanzata, ma non è ancora il momento di far valere certi tuoi diritti…-
Narcissa si voltò e vide sua sorella che teneva sollevato l’arazzo, fissando Lucius con occhi colmi di disprezzo.
- Miss Bellatrix.- le rispose lui, con una smorfia – Dovresti sapere che non mi piacciono né le bambine, né le ragazze prive di classe!-
- Ah, si?- Bella sollevò un sopracciglio, con aria beffarda – E' per questo che te la fai con Susele Andrews? Dubito che sia la classe che tu cerchi in lei!-  scosse i lunghi capelli scuri, con aria decisa – Ora, se non ti dispiace, questo è il dormitorio delle donne, dovresti proprio toglierti di qui…-
- Sai, una comune studentessa non dovrebbe dare ordini ad un Prefetto!- disse lui, con noncuranza, staccandosi però dalla parete alla quale era poggiato – E non mi risulta che tu sia divenuta Prefetto, la spilla è toccata a Susele quest’anno…o sbaglio?-
Bellatrix impallidì leggermente, ma si limitò a scostarsi di lato, tenendo aperto l’arazzo per far passare Lucius.
- ‘Notte mogliettina mia!-  salutò lui sarcastico, in direzione di Narcissa, e uscì senza degnare Bella di uno sguardo.
- Grazie…- sussurrò tra i denti Narcissa rivolta alla sorella, verso la quale, in quel momento, provava un autentico rigurgito di amore fraterno.
Bellatrix la fissò con gli occhi ridotti a fessura, in uno sguardo colmo di risentimento.
-Non credere che l’abbia fatto per te!- le sibilò, velenosa – E' solo che Lucius Malfoy rappresenta tutto ciò che io non tollero in un uomo!- la bocca si aprì in un sorriso cattivo – Non sai quanto io sia felice di aver scampato un fidanzamento con un essere simile! Ora non puoi capire ma, presto, quando crescerai, comprenderai cosa significa stare con un uomo, se così si può chiamare, del genere!-
Bellatrix scosse nuovamente i lunghi capelli scuri e si avviò lungo il corridoio.
- Certo, molto meglio gli uomini sposati, vero Bella?!- le sussurrò Narcissa colma di rabbia, sentendo svanire ogni slancio affettuoso verso la sorella – Quelli che hanno il doppio della tua età!-
Bellatrix rimase impietrita, come fulminata in mezzo al corridoio, poi si voltò e tornò verso la sorella come una furia, afferrandola per le spalle e sbattendola letteralmente contro il muro.
- Senti, piccola vipera! – le disse, guardandola con gli occhi fuori dalle orbite – Non ti permettere di ficcare il naso nella mia vita, non sai niente tu! Se ti azzardi solo ad aprire bocca!-
Narcissa tratteneva le braccia della sorella, cercando di rendere la presa meno dura; la fissava diritto negli occhi, lieta di aver fatto agitare e di essere riuscita, in qualche modo, a scalfire quella sua sorella verso la quale provava tanti sentimenti così contrastanti.
- A me non importa quello che fai…- le disse, cercando di non gemere per il dolore che le unghie di Bella, conficcate nelle spalle, le procuravano – Ma ricordati che come ho visto io, così può vedere qualcun altro! E ricordati anche di non sputare sentenze, non verso di me, almeno!-
Le due si fronteggiarono per diversi secondi.
Una alta, mora e colma di un fuoco malato che le bruciava l’anima.
Una esile e bionda, con le sembianze di un gelido cristallo che celava qualcosa di intimamente caldo.
All’improvviso Bellatrix la lasciò andare, come se si fosse scottata.
- Tu vivi la tua vita ma non permetterti di intrometterti nella mia, chiaro? Qui ad Hogwarts non siamo costrette a frequentarci. Rammenta Cissy, non mi faccio scrupoli solo perché siamo sorelle e abbiamo un passato che ci accomuna, lasciami in pace!-
La ragazza si allontanò con passo deciso lasciando Narcissa in mezzo al corridoio, con le lacrime di rabbia e qualcos’altro che non riusciva a definire, che facevano capolino agli angoli degli occhi.

FINE QUINTO CAPITOLO

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Capitolo 6
*** Sentimenti inattesi ***


UN GELIDO DESTINO

 

Sesto capitolo

 

(Sentimenti inattesi)

 

Andromeda si guardava attorno con grande interesse, cercando di nascondere, senza molto successo, la meraviglia che la grande Fiera paesana le suscitava.
Non aveva mai visto tanti babbani tutti insieme e, di certo, non nel loro ambiente naturale. Tutti quelli che aveva frequentato ad Hogwarts, compresa Hellen, ad un certo punto venivano influenzati dal mondo magico.
- Allora, che te ne pare?- le chiese l’amica all’improvviso.
- Mi sembra tutto molto divertente, vorrei provare una di quelle…giostre?!- rispose Andromeda con entusiasmo.
- Ma no!- le sussurrò Hellen, tra l’esasperato e il divertito - Dicevo, che te ne pare di Michael?- specificò, arrossendo.
- Oh…- sussurrò Andromeda, capendo finalmente ciò che intendeva la sua amica – E' davvero carino, proprio un bel colpo Hel!-
Hellen le fece un sorrisetto imbarazzato e si voltò per parlare con il ragazzo in questione.
Le due amiche si erano incontrate con Ted Tonks e il famoso Michael alle otto, per andare alla fiera che si teneva una volta all’anno e che richiamava tante persone anche da fuori paese.
Michael aveva salutato Andromeda cordialmente, era un bel ragazzo alto e prestante, dal viso aperto, e poi si era concentrato su Hellen, cullandosela con gli occhi.
- Devi scusare mio cugino.- le aveva detto Ted, roteando gli occhi – Ma quando c’è Hellen non capisce più nulla!-
- Non c’è problema! – gli aveva risposto lei, sorridendo – Allora, questa sera c’è la tua esibizione, giusto?- Andromeda aveva evitato di nominare gli strani aggeggi sui quali aveva visto camminare, o meglio, rovinare a terra, Ted nel pomeriggio.
Non ricordava se si chiamavano trespoli o trandoli.
- Si!- le confermò Ted, entusiasta – Sui miei trampoli!-
Andromeda registrò mentalmente il nome esatto, sollevata di non aver fatto una figuraccia.
- Ho aggiustato quello rotto con lo scotch…- aggiunse Ted, poco convinto.
Andromeda lo osservò.
Ted era davvero carino: con i capelli castani arruffati, alto e dinoccolato, gli occhi chiari e scintillanti.
Lei si era stupita di riuscire a conversare così naturalmente con un ragazzo che apparteneva ad un mondo così diverso dal suo.
- Ehi!- la richiamò alla realtà Hellen – Tra poco c’è Ted che si esibisce…-
Si fermarono ai bordi di una specie di pista circolare improvvisata e delimitata da dei cartoni colorati.
- Signore e signori!- annunciò un uomo, che sfoggiava una giacca rossa scintillante
- Ehi, Joe!- urlò qualcuno dalla folla – Ma dove l’hai presa quella giacca?! Ammettilo che te la sei fatta con un vecchio vestito di Alice!!-
Tutta la folla scoppiò a ridere, compreso Joe.
- Qui in paese ci si conosce tutti – le spiegò Hellen – E la Fiera è organizzata da tutte le famiglie, ognuno fa qualcosa. Mia mamma ha cucinato una trentina di torte, sai, i soldi vanno in beneficenza.-
Andromeda osservò tutte quelle persone che ridevano e si scambiavano battute, travolta da un senso di benessere e calore.
- Dicevo Signore e Signori…- riprese l’uomo con la giacca rossa - Ecco a voi l’acrobata più spericolato di Whitechurch…Ted Tonks!!-
Ted comparve, truccato e vestito da pagliaccio, sugli altissimi trampoli, facendo roteare in aria dei birilli colorati.
I bambini applaudirono entusiasti.
- Ohi, Teddy!Ma tu, di solito, non inciampi anche sulle ciabatte??- gridò lo stesso signore buontempone di prima.
Molti ragazzi presenti nella folla risero di gusto e applaudirono il coraggioso acrobata.
Tutto filò liscio per un po’ ma, all’improvviso, Andromeda vide Ted impallidire sotto il trucco e vacillare pericolosamente e lei notò che, da sotto la stoffa del vestito da pagliaccio, sporgeva qualcosa.
Lo scotch doveva essersi scollato ed il trampolo rotto si era staccato.
La gente radunata li intorno trattenne il fiato, vedendo il giovane ondeggiare così pericolosamente, ma Andromeda non perse tempo.
- Reparo…- sussurrò, afferrando la bacchetta che teneva nella borsetta.
Il trampolo tornò al suo posto immediatamente, sigillandosi perfettamente e Ted recuperò l’equilibrio prontamente.
La folla, credendo si fosse trattato di una cosa preparata, scoppiò in un sincero applauso e il numero fu un successo.

 

- Davvero non capisco come sia accaduto…- mormorò per l’ennesima volta Ted, quando si ritrovò con Andromeda, Hellen e Michael.
- Che ti importa Teddy?- gli chiese Michael, distratto – Hellen, lo vuoi uno di quei peluches?- chiese, tutto uno zucchero, rivolto all’amica di Andromeda.
Lei arrossì ed annuì e lui la prese per mano trascinandola via e urlando un allegro ‘Ci si vede!’ molto generico.
Un po’ imbarazzati, Andromeda e Ted rimasero da soli, anche se in realtà erano in mezzo a centinaia di persone.
- Mh- esordì lui, cincischiando con la sua felpa – Ti va un giro sulla ruota panoramica?- le propose, titubante.
- Si!- si entusiasmò lei – E' da prima che volevo salire su quella cosa!!!-
- Ah, ok...- le rispose Ted, un pochino perplesso.
Una volta che furono saliti chiacchierarono poco, perché lei era molto presa dal panorama e dall’entusiasmo per le cabine che oscillavano cigolando.
- Sai - le disse il ragazzo ad un certo punto – Certe volte non sembri nemmeno di questo mondo…-
Andromeda si voltò, sul chi va là.
- Non in senso negativo.- si affrettò a dire lui, notando l’espressione della ragazza – Solo che sei così entusiasta, insomma, quel college dev’essere un mondo molto chiuso!-
- Oh- mormorò lei, sollevata – s-si, in effetti si può proprio dire che sia un altro mondo…-
Rimasero in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri.
- Vuoi che ti legga la mano?- le chiese lui all’improvviso, quando la cabina di fermò nel punto più alto.
- Hai poteri divinatori?!- si stupì lei, porgendogli il palmo della mano destra.
- Ehm…no- le rispose spiazzato Ted, osservando i fiduciosi occhi scuri della ragazza e rinunciando a prenderle la mano – Era solo per dire, in realtà volevo solo provarci!- ammise, grattandosi la testa.
- Ah, beh sai, puoi anche provarci, ma se non possiedi l’occhio interiore dubito tu possa vedere qualcosa!- gli spiegò, candidamente.
- …n-no…io…- biascicò lui, al colmo dell’imbarazzo  -Sinceramente…intendevo…che volevo provarci con te…è la tecnica più vecchia del mondo: mano nella mano, sai, le teste che si fanno più vicine…- balbettò, incapace di zittirsi ma con l’aria di uno che avrebbe preferito buttarsi dalla ruota piuttosto che dire quello che stava dicendo.
Andromeda arrossì violentemente, sia per le parole di lui che per la propria ingenuità.
Pur essendo stata molto corteggiata ad Hogwarts, non aveva mai accettato di uscire con nessuno, troppo presa da altri interessi e poco propensa verso quei maghi dall’aria un pochino troppo saccente.
In pratica non aveva mai avuto un ragazzo, né tanto meno le era importato averlo.
Il silenzio si prolungò per un po’, mentre la cabina riprese a scendere lentamente.
- Scusa, sono un disastro! Michael dice che non troverò mai la ragazza, perché a ventidue anni sono ancora così imbranato!- le sorrise timido e fece una smorfia buffa – Parla lui, che muore dietro ad Hellen da almeno sei anni e ha trovato solo ora il coraggio di farsi avanti!Non te la sei presa vero? Non me lo perdonerei mai…- e parve sinceramente afflitto all’idea.
- No, sono rimasta solo sorpresa! Non preoccuparti, sul serio!- gli disse lei, osservando il viso magro del ragazzo e provando l’impulso irresistibile di accarezzargli i bei capelli castani.
Si sorrisero nella semi oscurità.
La cabina toccò terra e loro scesero.
- Allora! – le disse, di nuovo allegro – Vogliamo mettere qualcosa sotto i denti?-
- Si!!- approvò lei, felice – Voglio uno di quei zucchero pelato!!-
Ted sbuffò, trattenendo a fatica una risata e provando, simultaneamente, uno slancio di tenerezza verso quella ragazza così bella, ma così inconsapevole di esserlo, così fine e misteriosa ma così piena di calore.
Non ebbe cuore di correggerla e le porse la mano, afferrando poi la sua saldamente e conducendola verso le bancarelle dove c’era ogni ben di Dio da mangiare.
Ci impiegarono quasi un’ora a raggiungerle perché, ad ogni passo, venivano fermati da qualcuno che voleva congratularsi con Ted per la sua esibizione così riuscita o farsi presentare Andromeda, che rappresentava una novità in paese.
Lei si divertì un sacco a sentire tutti quei discorsi e quelle battute e avvertì la prepotente sensazione di appartenere a quel posto, di essere parte di quell’insieme.
Di essere una di loro.
Quando finalmente si accostarono alle bancarelle gastronomiche, i suoni allegri e gli odori dolciastri li avvolsero; Andromeda si sentiva piena di un’autentica felicità mista a serenità.
In quel momento, Weirwater e la sua famiglia le parevano delle ombre indistinte e lontanissime.

 

I primi tre mesi ad Hogwarts volarono via e Narcissa quasi non si rese conto che le vacanze di Natale si avvicinavano.
In poco tempo si era adattata perfettamente alla vita scolastica e a tutte le sue regole e ormai spiccava tra tutti gli allievi del primo anno, sia per la sua bravura, che per la sua bellezza.
Anche qualche ragazzo più grande si era interessato a lei ma Narcissa, con il suo atteggiamento altero e algido, non lasciava spazio a nessun tentativo di approccio: lei pensava a tutto tranne che ai ragazzi.
Quello che le premeva era di tornare a casa, per le vacanze natalizie, con dei voti perfetti, in modo che suo padre fosse orgoglioso di lei e non avesse nulla da ridire, come faceva sempre con Bellatrix, il cui rendimento scolastico era tutt’altro che esaltante.
Sembrava che alla ragazza non importasse nulla di applicarsi a fondo nello studio e vivesse di rendita, cioè delle nozioni che riusciva ad assimilare durante le lezioni.
Narcissa sapeva, visto che conosceva la sorella meglio di chiunque altro, che non era per un senso di ribellione o per un reale disinteresse; semplicemente, Bellatrix sembrava vivere in una dimensione tutta sua, un proprio mondo dove nessuno era ammesso, persa nella prospettiva di un qualche futuro grandioso di cui solo lei era a conoscenza.
Eppure Narcissa sapeva che a sua sorella era pesato moltissimo non ricevere la spilla da Prefetto l’estate scorsa.
Suo padre era andato su tutte le furie.
Andromeda l’aveva ottenuta al quinto anno, anche se per Corvonero.
In quelle prime settimane Narcissa non ebbe modo di frequentare Lucius Malfoy, se non durante i pasti, momenti nei quali lui la ignorava con molta naturalezza.
Cissy era sollevata da ciò, ma anche indefinibilmente infastidita.
L’unico vero sollievo era che nessuno sapeva che erano promessi e quindi nessuno poteva provare pena per lei, per l’atteggiamento distaccato del suo ‘fidanzato’.
Tuttavia lo osservava spesso di sottecchi, cercando di prendere familiarità con i suoi modi, atteggiamenti e con le sue fattezze, persino con la sua voce.
Lucius era molto ammirato e corteggiato, ma Narcissa lo guardava con occhi impietosi e capiva che molta della sua popolarità era dovuta alle sue origini e alle sue ricchezze, doti che di certo lei non disprezzava, e tuttavia Lucius non aveva la signorilità e la calda eleganza del padre.
Abraxas era più alto del figlio, dal fisico più massiccio e aveva un’aria severa, ma gli occhi chiari erano comunque saldi ma benevoli. Lei se lo rammentava bene.
Lucius mancava di tutto ciò ma, tuttavia, era un bel ragazzo e questo la consolava.
Finì che lei si rese conto, con grande stizza, di passare un po’ troppo tempo a pensare a lui, nonché ed osservarlo attentamente, e si impose di ignorarlo del tutto e di non perdere più il proprio tempo in quel modo.
‘Dopotutto’ si disse, cercando conforto da quelle elucubrazioni ‘il fidanzamento non è ancora né ufficiale, né tanto meno ufficioso…può succedere di tutto’
Rubinia aveva avuto molte più difficoltà di adattamento: non spiccava in nulla, anzi, vicino a Narcissa spariva del tutto, sia nello studio che nell’aspetto fisico.
Impossibile non paragonare le due inseparabili ragazzine, Black e Alderman, a discapito della seconda e tuttavia, almeno per il momento, Ruby sembrava ignorare tutto ciò, anche perché non perdeva occasione di raccontare a Cissy tutte le meravigliose cose che i suoi genitori le riferivano sul suo promesso sposo: Rodolphus Lestrange.
- Ha ventun anni, ma si sta facendo molto onore, sai?...- le disse un sabato sera, molto tardi, mentre sedevano sui loro letti nel dormitorio del primo anno - Ha il senso degli affari, dice papà - confidò a Narcissa, con l’aria di chi non ha ben capito cosa dice – Papà ha detto che lui mi aspetterà fino a quando completerò gli studi, mi manda sempre tanti bei regali, guarda!- ed estrasse dal suo baule un preziosissimo e delicatissimo ciondolo di cristallo.
Al suo interno vi era conservata un piccola farfalla colorata.
- Non è bellissimo?- chiese in tono sognante, osservandolo controluce.
- Si lo è - mormorò Narcissa, che lo trovava un pochino macabro in realtà, senza sapere perché.
La vita della farfalla era stata spezzata al culmine della sua bellezza e poi conservata in un gelido involucro, in modo che fosse preservata in eterno.
Bellissima ma gelida.
Narcissa rabbrividì impercettibilmente e distolse lo sguardo dal ciondolo, leggermente nauseata.
Ad un certo punto, Rubinia si piegò in due sul suo letto, serrando la pancia con le mani.
- Cos’hai Ruby?!- scattò Narcissa, cercando di non svegliare le loro due compagne.
-N-niente, i soliti dolori di pancia!- gemette la ragazzina, con voce sofferente.
- Vado a prenderti una tisana calmante!- le sussurrò Narcissa, preoccupata.
Rubinia aveva spesso quei terribili mal di pancia e le prendevano dei fortissimi dolori senza alcun preavviso.
Cissy si infilò una vestaglia sulla camicia da notte e uscì silenziosamente dalla stanza.
Non amava l’idea di aggirarsi per il castello vestita in quel modo ma a quell’ora non c’era nessun studente in giro, mentre sapeva che c’erano degli Elfi domestici, vicino alle cucine, pronti a soddisfare qualsiasi richiesta.
Sollevò delicatamente l’arazzo e si ritrovò nella Sala Comune, che era illuminata fiocamente dalla luce del camino.
Fece per dirigersi verso l’uscita quando sentì un rumore e un mormorio e si bloccò, nascondendosi svelta dietro una poltrona.
- Lucius, smettila!- sussurrò una ridente voce femminile.
- Non fare la smorfiosa…- rispose la voce snob e strascicata del giovane Malfoy – Non eri tanto restìa oggi pomeriggio ad Hogsmeade!-
- Ma può vederci qualcuno!- disse ancora la ragazza, che Narcissa riconobbe essere Susele Andrews.
La ragazzina si arrischiò a guardare oltre il bracciolo della poltrona, con il cuore che batteva forte.
Vide Susele alzarsi da terra, davanti al camino, e voltarsi per dirigersi verso il dormitorio femminile quando Lucius scattò in piedi, l’afferrò per il braccio e la fece voltare, per poi baciarla appassionatamente.
Il baciò durò un’eternità e Narcissa avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma proprio non ci riuscì.
Infine Susele si staccò e corse via ridacchiando.
Lucius sbuffò e si passò una mano tra i lunghi capelli biondi, che scendevano sciolti sulle spalle, e si lasciò sprofondare in una poltrona, poco lontano da quella dietro la quale stava nascosta Narcissa.
Lei si trovò bloccata lì.
Bloccata dalla paura di essere scoperta e annichilita da un nuovo sentimento che le incendiava il petto.
La gelosia.

FINE SESTO CAPITOLO

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Capitolo 7
*** Ammirazione ***


Finché ho tempo aggiorno! Non si sa mai :P  Fin qui è facile, sono capitoli già esistenti resi più corretti  e fluidi rispetto agli originali.

Lucius ha sempre avuto un certo fascino nell'immaginario collettivo, diciamo che è bello, ricco e sprezzante al punto giusto. Non ho mai visto nulla di tutto ciò in Draco, tranne forse per il suo sarcasmo, davvero pungente. Per come mi sono figurata io Narcissa e Lucius il loro figliolo avrebbe dovuto essere più carismatico ^_^ . Buona lettura.



UN GELIDO DESTINO

 

Settimo Capitolo

 

(Ammirazione)

 

L’orologio della Torre di Hogwarts batté l’una e, da qualche parte nel buio, un gufò emise il suo verso cupo ed inquietante.
Narcissa non sapeva più da quanto tempo era nascosta dietro quella poltrona, nella vana speranza che Lucius Malfoy si decidesse a tornare nel suo dormitorio, sapeva solo che aveva i piedi gelati.
Nella fretta aveva dimenticato le ciabatte.
Era tentata di provare a strisciare fino all’uscita della Sala, ma sapeva che era impossibile uscire senza essere notati.
Sospirò piano, sentendo le gambe informicolate per la scomoda posizione e intirizzite dal freddo; il camino, evidentemente, andava spegnendosi.
Passarono lentamente altri minuti e Narcissa cominciò a seccarsi per quella posizione di stallo, inoltre Ruby doveva essere ancora li a contorcersi dal dolore.
Ad un certo punto avvertì un lieve fruscìo e allora si azzardò ad affacciarsi nuovamente dalla poltrona, nella speranza che Lucius fosse effettivamente andato a dormire.
- Ma guarda!- disse una voce proveniente da sopra la sua testa – A quanto pare la Sala comune è infestata da piccoli roditori notturni…-
Narcissa soffocò un’esclamazione e guardò in alto, dove vide il volto beffardo di Lucius Malfoy spuntare dalla poltrona dietro la quale si era nascosta.
La ragazzina si alzò di scatto e rimase ferma al lato della vecchia poltrona, incapace di dire nulla.
Detestava l’idea di essere stata sorpresa in un atteggiamento così poco dignitoso e, ancor più, detestava l’idea che a sorprenderla fosse stato lui.
Lucius era seduto con fare estremamente rilassato, i biondi capelli sciolti sulle spalle, la camicia bianca aperta sul petto, i pantaloni neri.
Un braccio era posato sullo schienale, con le dita che tamburellavano sulla morbida e consumata pelle della poltrona , le gambe accavallate.
- Sei senza parole?- le chiese, con una smorfia – Grande qualità in una moglie! Mi stavo appunto chiedendo per quanto tempo tu avessi intenzione di restare nascosta là.-
Narcissa rimase impassibile, ma dentro di sé non poté fare a meno di indignarsi…lui l’aveva vista subito!Di nuovo, com’era accaduto sull’espresso per Hogwarts.
- E’ davvero seccante questa cosa.- le disse, più serio – Non fai che fissarmi e tenermi d’occhio, mi chiedo cosa farai quando saremo sposati, se mai lo saremo, ovvio!-
- Non ti stavo affatto spiando!- esclamò Cissy, incapace di trattenersi più a lungo -…Stavo andando alle cucine, volevo… bere qualcosa…- il tono si fece meno convinto.
Lui inarcò un sopracciglio.
- Uscire…?!- la sua voce, adesso, non era più tanto melliflua, ma aveva un sottofondo più duro – Ma lo sai che se vieni scoperta ti attende una punizione?-
-Nessuno oserebbe punire una Black!- esclamò Narcissa, alzando il mento, realmente sconvolta alla sola idea di un simile affronto.
Lucius scoppiò a ridere di gusto, gettando indietro la testa.
- Piccola illusa!- le disse, quando l’ilarità si fu spenta - Questo varrebbe se le cose andassero come dovrebbero! Ma così non è, razza di sciocca! Il Preside è Albus Silente! Colui che ha permesso a tutta la feccia, tutti i babbani, sanguesporco e straccioni di ogni sorta di infestare questa Scuola!- gli occhi mandavano lampi – Credi che a lui importi del tuo sangue puro e del tuo cognome nobile??!-
Narcissa non seppe cosa rispondere.
Aveva sentito infinite volte suo padre inveire contro Silente e i suoi metodi; ma non l’aveva mai sfiorata che, entrando ad Hogwarts, le sarebbero stati negati i privilegi che riteneva le fossero dovuti di diritto.
- Allora se vogliono punirmi dovranno prendermi!- esclamò e fece per voltarsi e dirigersi verso l’uscita.
Ma la piccola mano le venne presa da Lucius che la bloccò così, vicino alla poltrona.
Quel contatto le diede una strana sensazione.
- Ma dove vai?...sei scalza!- mormorò, seccato.
Questa volta Narcissa arrossì: l’idea di essere a piedi nudi di fronte a lui, chissà perché, la scombussolava.
Il ragazzo, con una smorfia infastidita, si alzò in piedi e le lasciò la mano – Vado io, cos’è che volevi?-
Il volto di Narcissa stavolta non riuscì a nascondere la sorpresa. Lui la voleva aiutare!
-
 Non fare quella faccia, non lo faccio per te!- le chiarì subito - Ma, se ti succedesse qualcosa, mio padre sarebbe capace di diseredarmi, mi darebbe il tormento! Lui vede già la Pluffa nell’anello, praticamente ti considera già sua nuora…- gli occhi chiari si strinsero, e lui sospirò, seccato – Allora, mi dici che volevi o no?-
- Una tisana calmante…- sussurrò.
Lucius inarcò un sopracciglio, ma non fece commenti. La lasciò li e uscì.
Dopo una ventina di minuti fu di ritorno e le porse una teiera, dalla quale fuoriusciva del vapore.
Lei fece per prenderla, ma il giovane trattenne la teiera per qualche istante.
- Non ho sentito la parolina magica…- le disse, con fare sarcastico.
Narcissa si morse il labbro inferiore, incapace di decidersi a ringraziarlo. L’idea non le garbava per niente, anche se sapeva che avrebbe dovuto farlo.
- Piccola ingrata!- sussurrò Lucius acidamente, lasciando andare all’improvviso la teiera – Vai a dormire, va! Anche se ti prendi un raffreddore mio padre potrebbe convincersi che è colpa mia che non ti ho rimboccato le coperte!-
Si voltò e un attimo dopo era uscito dalla Sala, lasciando Narcissa in preda ad una specie di senso di colpa.
Quando rientrò nella sua stanza, trovò che Ruby si era addormentata rannicchiata sotto le coperte. Cissy sospirò, soffiò sulla candela e si infilò a letto, cercando di sgomberare la mente e dormire, ma inutilmente.

 

Nei giorni seguenti, Narcissa cercò di creare un’occasione per cercare di avvicinare Lucius e poterlo così ringraziare togliendosi quel peso dal cuore.
Ma non lo incrociava quasi mai e, quando finalmente lo incontrava, lui la ignorava in maniera così smaccata che lei sentiva montare la rabbia e svanire ogni istinto pacificatore.
- Black, ehi Black!- la chiamò una voce e Narcissa si voltò, con i grigi occhi gelidi.
Lucius era appena passato e non l’aveva degnata di uno sguardo.
- Cosa vuoi ?- chiese gelida, al Serpeverde del terzo anno che l’aveva chiamata.
- Ehm…- disse il ragazzo, smontato dalla freddezza della sua compagna - Susele Andrews…mi ha chiesto di riferirti che ti cerca; vuol parlare con te, la trovi in Cortile vicino al busto di Salazar Serpeverde. - era arrossito, sotto lo sguardo chiaro di Narcissa.
Lei si incupì ulteriormente sentendo nominare Susele, ma non disse nulla, tranne un ‘grazie’ molto spiccio e si allontanò alla ricerca dell’altra ragazza.
Il ragazzo la osservò allontanarsi con un sospiro di sollievo misto a rimpianto.
Troppo bella e troppo inarrivabile quella Black.


Una volta giunta in cortile, Narcissa si diresse in un angolo più isolato, e sentì delle voci femminili provenire da dietro il busto in pietra che ritraeva Salazar Serpeverde.
- Dai, racconta!- esclamò una voce eccitata.
- Ti dico che non è successo nulla!- le rispose la voce ridente di Susele, che sembrava anche molto soddisfatta.
- Come niente!- sbottò una terza voce – Con Lucius Malfoy??!...ma a chi la racconti!-
Narcissa rimase di sasso, pietrificata dov’era, a pochi passi dalle tre ragazze del quinto anno, che non l’avevano vista.
- Certo che no!- disse Susele, con aria indignata – Per chi mi hai preso?!Mica sono Bellatrix Black!-
Narcissa, che si era già voltata per andarsene, si bloccò nuovamente, fulminata.
- Ah, quella! Per carità, quella è una poco di buono!- disse disgustata la prima voce, che apparteneva ad una ragazza di nome Daisy, la quale, a dispetto del nome, non aveva nulla di floreale.
- Una poco di buono!- aggiunse la terza voce, che era quella di una ragazza di cui Narcissa non riusciva a rammentare il nome.
- Appunto, non vi ho forse detto che questa estate l’ho vista a Notturn Alley in compagnia di un uomo che poteva essere suo padre? E, credetemi, lui non la stava tenendo sulle ginocchia per raccontarle una favola…- sibilò velenosamente Susele, suscitando l’ilarità delle altre due.
Narcissa sentì l’ira bruciarle dentro e avanzò verso le tre ragazze.
Daisy la scorse e diede una piccola gomitata a Susele, la quale si voltò e si ricompose subito, vedendo di chi si trattava.
- Ah, Black, sei tu!- disse, nascondendo un sorrisetto – Ti cercavo.- esclamò, con l’aria di un superiore che si rivolge ad un subalterno - La Professoressa Mc Granitt mi ha affidato il compito di organizzare, insieme agli altri Prefetti, degli intrattenimenti per il Banchetto di Natale, quello che si tiene prima delle vacanze.- spiegò, mentre Narcissa la fissava con le labbra serrate – Devo coinvolgere uno studente ed una studentessa di ogni anno e ho pensato a te, per le ragazze del primo anno, che mi dici?-
- Dico che non sono interessata.- le rispose Narcissa, glaciale.
- Come..?!- le chiese Susele restando di stucco, mentre le altre due si scambiavano uno sguardo.
- Hai sentito perfettamente, non mi interessa collaborare con te. Qualunque cosa tu abbia in mente sarà senza alcun dubbio qualcosa di cattivo gusto, quindi è una cosa che non mi riguarda.- le disse Narcissa, con voce soave.
Le tre ragazze impallidirono in sincrono e poi arrossirono di rabbia.
- Ripetilo se hai il coraggio!- scattò Daisy, alzandosi in piedi, seguita dalle altre due.
- Volentieri!- le disse Narcissa, che era circa la metà di lei, sia in altezza che in larghezza – Riassumendo: ho detto che lei è volgare – spiegò, indicando con un piccolo cenno Susele – E aggiungo che voi due siete le sue degne compari. Tre sgualdrine, mezzosangue per di più. Quando i Black vivevano già da tempo in un Castello, i vostri avi penzolavano ancora come scimmie da un albero, insieme ad altri selvaggi babbani…!- la voce di Narcissa era limpida e chiara, come se stesse spiegando loro i dettagli di una delle innumerevoli rivolte dei Troll studiate a scuola.
Le tre ruggirono letteralmente di rabbia ed estrassero le bacchette simultaneamente, ma la ragazza aveva già estratto la sua.
Si fronteggiarono per qualche istante ma, mentre Narcissa si chiedeva quale delle tre le conveniva attaccare, accadde qualcosa.
Le bacchette delle ragazze più grandi volarono via misteriosamente e, quando Susele e le sue amiche scattarono per cercare di riprenderle, rovinarono a terra, chiaramente intrappolate dall’Incantesimo delle Pastoie.
Narcissa rimase stupefatta e, rinfoderata in fretta la bacchetta, si guardò attorno per capire chi mai fosse l’autore, o l'autrice, di tutto ciò.
Non vide nessuno.
Allora si voltò verso le tre, che giacevano a terra, agitandosi e cercando di rialzarsi.
La bocca di Narcissa si distese in un sorriso malizioso.
- Direi che il vostro aspetto esteriore dovrebbe rispecchiare ciò che siete veramente!- e, estratta nuovamente la bacchetta, la puntò verso le tre ragazze, che smisero di agitarsi all’istante, impaurite.
Narcissa sussurrò un facile Incantesimo Tagliuzzante e i capelli delle tre rivali vennero accorciati all’istante e malamente, con delle corte ciocche che spuntavano qua e la sulle loro teste come i ciuffi d’erbaccia che spuntano ai lati delle strade asfaltate.
-Proprio delle scimmie…- le derise Narcissa, raccogliendo le loro bacchette – Queste non vi servono: i primati non sanno formulare incantesimi…- e, gettati i biondi capelli dietro le spalle, la ragazzina si allontanò con l’aria altera di una Regina lasciando le tre a terra dietro di sé, che la guardavano inorridite.
 

Poco lontano, nascosta da una colonna, una figura si ritrasse, continuando a seguire con lo sguardo Narcissa che si allontanava e poi si liberava delle bacchette delle altre ragazze.
- Hai capito la mia mogliettina…- mormorò, divertito e ammirato insieme, Lucius Malfoy fischiando sommessamente.
Rinfoderò la propria bacchetta e si allontanò, ridendo tra sé e sé, compiaciuto.

FINE SETTIMO CAPITOLO

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Capitolo 8
*** Natale- prima parte- Andromeda ***


La parte calda e confortevole del Natale e della famiglia Black: Andromeda. Andromeda la bella, la dolce, la buona e la forte. Andromeda dal cuore caldo e affettuoso. E' la meno protagonista della storia ma mi è sempre piaciuta molto, scrivere di lei è come sorseggiare una cioccolata calda in un pomeriggio invernale. Buona lettura. 


UN GELIDO DESTINO

 

Ottavo Capitolo

 

(Natale – prima parte - Andromeda)

 

- Allora, come ti sembro?- chiese Hellen, rivolta ad Andromeda, nel tardo pomeriggio dell’antivigilia di Natale.
Andromeda studiò la sua amica, che indossava una bella gonna aderente lunga fino a metà polpaccio, una camicetta in seta e delle eleganti scarpe col tacco.
- Sei davvero bella!- approvò infine – Mi piace lo stile babbano elegante!-
Hellen scoppiò a ridere e si voltò nuovamente verso lo specchio, sorridendo soddisfatta alla propria immagine riflessa.
- Michael ha detto che il ristorante è molto elegante e non volevo farlo sfigurare!...speriamo che la gonna non sia scomoda per ballare.- disse, in tono dubbioso, provando qualche passo con un cavaliere immaginario.
Andromeda le sorrise, felice che la sua amica fosse così gioiosa.
‘E’ normale’ pensò dentro di sé ‘è innamorata, ricambiata, e sta per passare una serata da sogno con il ragazzo del suo cuore’
Improvvisamente si sentì assalire da una grande malinconia.
Hellen e Michael avevano appuntamento alle sei e, poco più tardi, Andromeda avrebbe preso una corriera babbana fino a Liverpool, perché l’idea di un viaggio simile la elettrizzava molto; poi, una volta al riparo da sguardi indiscreti, si sarebbe smaterializzata e avrebbe fatto ritorno a casa fino all’anno nuovo.
‘In fondo mi separerò da Hellen solo per una decina di giorni…’ ma non era verso la sua amica che i suoi pensieri erano rivolti in quel momento.
Più tardi le due amiche si salutarono abbracciandosi, liete all’idea che si sarebbero riviste molto presto.
Andromeda salutò anche i genitori della sua amica e, poco dopo, era per strada, con in spalla il suo semplice bagaglio. In realtà dentro vi era di tutto, ma un astuto incantesimo aveva reso lo zaino capiente, senza ingrandirlo di un centimetro.
Aveva rifiutato con decisione qualsiasi passaggio, perché la stazione delle corriere distava solo una ventina di minuti a piedi e lei voleva fare due passi, sola.
Si sentiva stranamente malinconica all’idea di tornare a Weirwater e sentiva una sottile angoscia all’idea della solita festa sfarzosa a cui avrebbero partecipato per la Vigilia di Natale, il giorno dopo.
Senza volerlo, lanciò uno sguardo di sottecchi alla casa dove viveva Ted Tonks, poco lontano da Hellen.
Le finestre erano buie e di lui non vi era traccia.
Andromeda sospirò e riprese a camminare, illuminata a tratti dalla luce della strada che giocava coi riflessi ramati dei suoi capelli, coperti in parte da un berretto di lana che Hellen le aveva regalato.
In quei quattro mesi di permanenza a Whitechurch, Andromeda aveva imparato ad amare i modi di fare dei babbani, il loro forte senso della comunità che, in qualche modo, sentiva così distante dallo stile dei maghi, abituati ad essere più dispersivi nei rapporti interpersonali e a non vivere molto in gruppo.
In tutte quelle settimane lei, Hellen e i due cugini Tonks, erano stati inseparabili, facendo gite nelle belle giornate autunnali o giocando a divertenti giochi di società babbani nelle lunghe e fredde sere invernali.
Il rapporto tra Hellen e Michael si era fatto sempre più stretto e, alla fine, i due ragazzi si erano fidanzati.
Andromeda e Ted, dopo quella primissima uscita alla Fiera, erano diventati molto amici, facendosi compagnia nei momenti in cui Hellen e Michael tendevano ad isolarsi nel loro mondo di freschi innamorati.
Ted era stato una vera sorpresa, in quanto Andromeda aveva imparato a conoscere molti lati del suo carattere che glielo avevano reso, col passare delle settimane, sempre più caro.
Innanzi tutto aveva appreso che Ted aveva perso entrambi i genitori quando era piccolo e che era cresciuto con lo zio paterno, il padre di Michael, la zia e suo cugino, con il quale aveva un rapporto speciale.
A diciotto anni, tuttavia, era andato a vivere nella casa che gli aveva lasciato la nonna paterna, che poi era anche la nonna di Michael, poco lontano dalla casa degli zii.
Nonostante tutto, quindi, la sua infanzia era stata felice; anche se, spesso, aveva degli attimi in cui abbassava la guardia e, sotto il suo volto sempre sorridente, faceva capolino un volto diverso, più serio e malinconico.
Andromeda aveva imparato a riconoscere quei momenti ed era divenuta la persona che più di ogni altra al mondo sapeva come stargli accanto, in silenzio, donandogli un senso di tranquillità oppure chiacchierando del più e del meno, finché il volto di lui ritornava ad essere quello aperto e sorridente di sempre.
Lei amava gli occhi chiari di Ted quando brillavano di allegria ma, ancora di più, li amava quando divenivano più scuri e profondi, nei suoi momenti di intima malinconia.
Aveva scoperto, inoltre, che il ragazzo era una specie di genio della chimica e che aveva vinto una borsa di studio che l’avrebbe portato a partire, prima della prossima estate, per Oslo.
Andromeda si fermò in mezzo alla strada, soffiando fuori aria calda e guardandola condensarsi, con il volto assorto.
In aprile sarebbe finito il suo soggiorno da Hellen, perché la ragazza aveva deciso di frequentare un’ Università babbana, la stessa dove studiava Michael.
- Ho deciso di mettere da parte ogni cosa che riguardi la mia vita da strega, così come l’ho vissuta fino ad ora. – le aveva spiegato la sua amica – Michael non riuscirebbe a comprendere mai, perché è una persona troppo pratica, anche se credo che accetterebbe, magari con qualche difficoltà, questa verità.- aveva sorriso davanti l’espressione dolente di Andromeda – Questo non significa che io rinneghi questi anni - si affrettò ad aggiungere -Ma mi sono sempre chiesta cosa avrei fatto una volta lasciata Hogwarts; questo è il mio mondo, qui, con la mia famiglia e con Michael: rinuncio volentieri! Meno male che ogni estate ho frequentato dei corsi di studio babbano!Ho ancora qualche mese per continuare a prepararmi, sono un po' in ansia all’idea del College ma non vedo l’ora!E’ una nuova avventura, in fondo!-
Andromeda l’aveva ammirata, compresa e le aveva augurato di essere felice pur non capendo fino in fondo quella scelta così radicale.
Tuttavia conveniva che Michael non avrebbe capito mai la verità, in quanto era un ragazzo gentile, forte e buono, ma dotato di un’intelligenza molto spiccia e di un animo semplice e diretto.
Era Ted quello profondo e sfaccettato, quello che aveva mille sfumature e una mente pronta.
E in aprile, Ted sarebbe partito per la Norvegia.
Per due anni.
Andromeda emise un sospiro ancora più profondo, senza decidersi a riprendere il cammino.
- Non perderai l’autobus, così?- Le chiese una voce proprio dietro le sue spalle.
Lei sussultò per la sorpresa e si voltò, in preda ad un’emozione profonda.
- Ted!- esclamò, incapace di aggiungere altro, mentre il cuore le batteva in petto ad un ritmo serratissimo, il volto arrossato di gioia.
- Pensavo di accompagnarti.- le disse lui, osservandola con i suoi occhi chiari così indecifrabili - Se la cosa non ti disturba…-
- Oh, no! Certo, grazie…- sussurrò lei, per una volta priva della sua verve e della sua parlantina così naturali.
Si incamminarono in silenzio, mentre qualche timido fiocco di neve scendeva leggiadro e muto.
Giunsero presto alla Stazione ed entrambi si fermarono ad osservarne l’esterno, senza decidersi ad entrare.
- B-bene...- disse Andromeda, con la voce leggermente tremula e sopraffatta dall’improvvisa voglia di piangere, che la spingeva ad allontanarsi da lui il prima possibile-…io, credo…a presto allora!-
- A presto, Buon Natale!- le disse pacato, guardandola intensamente.
Andromeda fece un sorriso poco convincente e si voltò, decisa a scappare lontano da Ted, prima che le lacrime che minacciavano di scendere facessero la loro comparsa.
- Non partire…-
Lei si bloccò, stupita.
Poi si voltò lentamente verso il ragazzo, che l’aveva afferrata per la mano con gentilezza ma, al tempo stesso, con decisione.
-Come?- gli chiese lei, con voce tremante e incredula.
- Ho detto, non partire.- ripeté lui, piano-  Andromeda, l’idea di non vederti per dieci giorni mi è insopportabile, dico sul serio…non volevo dirtelo, ma è più forte di me: resta. So che è egoistico – sorrise a mo di scusa – Ma io ho bisogno di te, resta con me. Passiamo il Natale insieme! Io credo, anzi, ne sono sicuro ormai…- si fermò un istante, sotto lo sguardo pieno di aspettativa di Andromeda -…Io mi sono innamorato di te.- concluse, dolcemente.
La ragazza gli gettò le braccia al collo, stringendosi forte a lui.
- Resto!- sussurrò, con voce rotta dall’emozione.
Lui sospirò piano, colmo di sollievo, e chiuse gli occhi per un istante; poi li riaprì, prese tra le mani il volto di Andromeda e la baciò leggermente sulle labbra.
- Grazie…- le mormorò con passione.
-No, grazie a te!- esclamò lei, contro le sue labbra.
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere, poi si abbracciarono di nuovo, restando fermi per molto tempo sotto la gelida neve che si scioglieva, non appena entrava in contatto con i loro volti tiepidi, immobili, guancia contro guancia.

 

Molto lontano, a Weirwater, Cygnus Black stava organizzando un grande banchetto di bentornato per la sua amatissima primogenita. Lassù in Scozia, la neve era una vera e propria tormenta ed il vento ululava furioso, facendo tremare le finestre della casa.

 

FINE OTTAVO CAPITOLO

 

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Capitolo 9
*** Natale- seconda parte- Bellatrix ***


Grazie a Gialy66 per aver lasciato un commento ^_^

Nelle mie fan fiction non ho mai amato andare OOC, preferisco di gran lunga riempire i vuoti lasciati nella trama originale, pur prendendomi diverse libertà, ma senza cambiare radicalmente il carattere dei personaggi. Buona lettura!




UN GELIDO DESTINO

 

NONO CAPITOLO

 

(Natale –seconda parte – Bellatrix)

 

Narcissa si era aspettata qualche ritorsione dopo il brutto scherzo che aveva giocato a Susele e le sue amiche, ma invece i giorni erano trascorsi e non era accaduto nulla.
Aveva incrociato le tre ragazze nella Sala Comune e loro l’avevano ignorata, come se la temessero.
L’antivigilia di Natale quasi tutti gli studenti di Hogwarts lasciarono la Scuola per trascorrere le vacanze a casa propria.
Narcissa preparò il suo baule, lieta di tornare a Weirwater e di poter rivedere Andromeda con la quale, in quei quattro mesi, aveva intrattenuto uno scambio epistolare regolare, fornendole sue notizie e godendo delle lettere affettuose e divertenti della sua amata sorella maggiore.
Invece Bellatrix era di umore sempre più cupo e, la sera prima della partenza, non si era nemmeno unita ai suoi compagni per la cena.
Narcissa non si era avvicinata a lei per chiederle spiegazioni perché in quelle ultime settimane il loro rapporto, invece che rinsaldarsi come lei aveva segretamente sperato, si era deteriorato sempre di più.
Osservandola da vicino, Cissy aveva capito che per Bella non era tanto una questione personale ma che, in effetti, sua sorella sembrava catapultata in un mondo tutto suo.
Un mondo buio, veniva da pensare, osservando i suoi bei occhi scuri che emanavano una luce febbrile eppure, allo stesso tempo, fredda.
Il suo fascino restava intatto nonostante ciò anzi, negli ultimi giorni, sembrava che la bellezza della ragazza fosse esplosa in tutto in suo splendore.
Guardandola, tuttavia, non si poteva che paragonarla ad una qualche particolare pianta esotica e velenosa: bellissima ma letale.
Narcissa non vide neanche Lucius Malfoy prima della partenza, ma non se preoccupò.
I suoi pensieri erano rivolti altrove in quel momento.

 

Quando le due sorelle rimisero piede a casa, furono accolte da tutta la servitù capeggiata dalla fedele Dorothy, che si adoperò a servirle affinché potessero mettersi subito a proprio agio.
Ma dei loro genitori non c’era nemmeno l’ombra.
Druella era ancora a letto, nonostante fosse quasi l’ora di pranzo e Cygnus era impegnato in alcuni affari urgenti.
Andromeda sarebbe dovuta rientrare quella sera stessa, per l’ora di cena.
- Mi ritiro in camera mia. – si limitò a dire Bellatrix e sparì senza degnare alcuno di uno sguardo.
- Dorothy – disse allora Narcissa – Aiutami a disfare il baule!-
La governante non chiedeva di meglio visto che Narcissa era, senza alcun dubbio, la sua preferita e l’accompagnò di sopra tempestando la ragazzina di domande sui suoi progressi a Scuola e riportandole le ultime novità della casa.

 

Cygnus aveva disposto che il pranzo fosse piuttosto semplice e aveva ordinato che la cena fosse servita nella grande Sala, che di solito usavano solo per gli ospiti.
Tutti i piatti preferiti di Andromeda erano stati preparati con cura e lui attendeva con ansia il momento in cui avrebbe potuto rivedere la sua adorata figlia maggiore.
Aveva bisogno di averla vicina.
Lei era così allegra e piena di calore anche se, a volte, la sua mancanza di buone maniere, adeguate al suo rango, e le idee troppo liberali lo lasciavano spiazzato e irritato, tuttavia egli la amava come non amava nessun altro al mondo.
Ultimamente la salute fisica e mentale di Druella era peggiorata sempre di più, facendo si che la donna non si muovesse più dalla propria camera e dal proprio letto. Al massimo, la donna si accasciava sul sofà con aria estremamente sofferente.
I due coniugi non si vedevano per giorni interi e, le rare volte in cui lui andava ad informarsi personalmente della salute della moglie, se ne andava dopo pochi minuti, oppresso dal tono lamentoso di lei, che spesso aveva sbalzi d'umore molto preoccupanti.
Chiedeva incessantemente di Bella e spesso sembrava del tutto ignara di chi fosse lui, di avere delle altre figlie e persino di dove si trovasse.
Per questo Cygnus aveva così bisogno di vedere Andromeda.
L’amore per sua moglie era morto ormai da tempo, forse non era mai esistito e lui era stato solo abbagliato dalla sua bellezza e dalle sue origini così prestigiose.
Ma se c’era una cosa buona che quelle nozze gli avevano portato era proprio quella sua figlia, che aveva il dono di consolarlo dalla solitudine del suo cuore.
Questo gli permetteva di difenderla a testa alta e senza remore dalle critiche feroci di cui era spesso oggetto in seno alla famiglia Black, specie da parte di sua sorella Walburga la quale, Cygnus ne era certo, rivedeva con terrore nel proprio primogenito Sirius lo stesso temperamento e gli stessi atteggiamenti anticonformisti.
- A quanto pare mi piacciono i ribelli…- sorrise tra sé Cygnus, pensando a sua figlia e al suo amato nipote.
Lavorò a vari affari di famiglia fino alle sei e mezza e, quando stava già pregustando la cena, bussarono alla porta.
Subito dopo fece il suo ingresso Dorothy, che era pallida e aveva un’aria molto contrita, quasi spaventata.
Stringeva in mano una pergamena.
Cygnus aggrottò le sopracciglia, osservando il volto della domestica.
- Ebbene..?- chiese, con aria severa – Non mi dirai che la cena è già servita? Andromeda non dev’essere ancora rientrata!-
- Ecco...- cominciò la donna, con voce incerta – E' appena giunta una lettera, via gufo…era indirizzata a me, ma…-
Cygnus si avvicinò a Dorothy e le strappò di mano la pergamena, contravvenendo alle regole della buona educazione, colto da un cattivo presentimento.
Lesse le poche righe e poi rimase in silenzio per qualche istante, sotto lo sguardo ansioso della governante.
- Lasciami!- disse ad un certo punto Cygnus, con voce fredda – Niente cena, stasera. Ognuno cenerà in camera propria. Ma prima mandami Bellatrix e Narcissa-
Dorothy annuì e usci dalla stanza con enorme sollievo.
Rimasto solo, Cygnus accartocciò la pergamena e, estratta la bacchetta, la fece volare fino nel camino, dove prese subito fuoco.
Andromeda annunciava che stava male, che si sentiva debole e che quindi non sarebbe rientrata per il Natale.
Si scusava, ma sperava di vederli tutti quanto prima.
Cygnus era deluso e furioso.
Andromeda non gli aveva nemmeno scritto personalmente, aveva scritto alla domestica. Questo gli suggeriva che sua figlia sapeva bene quale dispiacere gli avrebbe inferto e non aveva avuto il coraggio di indirizzare a lui la scarna missiva.
Era così colmo di rabbia e delusione che non riuscì nemmeno a preoccuparsi per la salute di Andromeda, non diede ascolto nemmeno alla voce interiore che gli suggeriva che tutto ciò era molto strano e che avrebbe dovuto preoccuparsi, invece, e molto.
Ma non di una malattia.

 

Poco dopo, Bellatrix e Narcissa bussarono alla porta dello studio del padre e poi, avuto il permesso, entrarono.
La stanza era semibuia e Cygnus stava seduto sulla sua poltrona, con aria arcigna.
-
 Bentornate- disse, senza alcun calore – Visionerò i vostri risultati scolastici nei prossimi giorni. Intanto volevo annunciarvi che domani sera siamo invitati al grande ballo in maschera che Abraxas Malfoy ha organizzato per festeggiare la Vigilia di Natale.-
Per quanto Narcissa fosse addolorata dall’accoglienza fredda e distaccata ricevuta dal padre, la sorpresa e l’aspettativa per quel ballo presero il sopravvento.
Bellatrix rimase impassibile.
Cygnus le congedò con un breve cenno della mano, perso nei suoi cupi pensieri.
Cissy lasciò la stanza in silenzio, ma Bellatrix si fermò sulla soglia e si voltò verso il padre.
- Se si tratta di un ballo in maschera. – disse, con voce lenta e naturale – Sia io che Cissy avremo bisogno di un abito adeguato. Abbiamo il permesso di andare a Diagon Alley, domani mattina, per acquistarne uno per l’occasione?-
Cygnus posò lo sguardo su sua figlia, leggermente irritato dalla richiesta, e all’improvviso la vide veramente, per la prima volta dopo tanto tempo.
Bellatrix era una donna ormai.Una giovane donna bellissima.
E lui non se n’era realmente accorto, fino a quel momento.
La richiesta che lei gli aveva espresso era legittima e naturale; tuttavia, osservando il viso della ragazza che esprimeva un ingenuo interesse ma, in realtà, mascherava l’aspettativa per qualcosa e, incrociandone lo sguardo,  fintamente innocente ma offuscato da un’ombra torbida, l’istinto di Cygnus, che sembrava assopito per quanto riguardava Andromeda, si destò di colpo, all’erta.
Bellatrix gli nascondeva qualcosa e, suo padre se ne rese conto, aveva lo stesso sguardo malato di sua madre Druella.
- Allora padre, possiamo andarci domani mattina?- lo incalzò lei, con un pizzico di ansia in più.
- Va bene…- le rispose Cygnus lentamente, seguitando ed osservarla – Fatevi accompagnare da Dorothy.-
Non si era sbagliato.
Nel momento in cui aveva espresso il proprio assenso, negli occhi di Bellatrix era passato un lampo di trionfo, occultato prontamente.
La ragazza fece un breve cenno di ringraziamento, poi si voltò e uscì.
Cygnus continuò a guardare la porta ancora a lungo, dopo che lei fu uscita.

 

La mattina seguente la carrozza dei Black, che portava Narcissa e Bella a fare acquisti, lasciò Weirwater ad una velocità innaturale che permise alle due ragazze di ritrovarsi a fare compere a Diagon Alley in un battito di ciglia.
Passarono due ore dalla più famosa sarta di Londra, una florida strega dalle mani abili e svelte, che le accolse con tutti i riguardi e promise di consegnare gli abiti in tempo per la festa di quella sera.
Tutta una serie di folletti lavoravano alacremente alla realizzazione dei complicati costumi che le due ragazze avevano scelto per l’occasione.
Lasciate la bottega della sarta, si immersero nella folla che inondava Diagon Alley e cominciarono a guardare gli accessori.
Verso mezzogiorno, Bellatrix si voltò verso Narcissa e Dorothy, che stavano cercando di non farsi pigiare dalla folla di clienti del negozio di maschere, bigiotterie e gingilli magici.
- Mi sono ricordata che devo fare degli acquisti per la Scuola. – disse disinvolta – Ci vediamo tra un po', davanti al Ghirigoro. -
Dorothy cercò di protestare ma, in quel momento, qualcuno le pestò un piede e la poveretta urlò di dolore.
Bellatrix si allontanò in fretta e Cissy, colta da un’intuizione, la seguì senza che la domestica potesse fermarla.
La ragazzina seguì sua sorella lungo le strade laterali di Diagon Alley, attenta a non farsi scoprire.
Bellatrix aveva chiaramente mentito, si stava allontanando da Diagon Alley ed era diretta a Notturn Alley.
Narcissa rammentando le parole di Susele Andrews che aveva udito qualche giorno prima, la seguì col batticuore e con la segreta speranza che sua sorella desiderasse solo acquistare qualcosa di particolare da abbinare al suo abito.
Anche se la ragione le suggeriva che, in quel caso, sua sorella non avrebbe  avuto bisogno di mentire ed essere così furtiva.
Bellatrix si muoveva per Notturn Alley come se fosse a casa sua e, ad un certo punto, si infilò in un vicolo particolarmente stretto e buio.
Cissy la seguì e, vedendo che sua sorella si era fermata poco distante, fece appena in tempo a nascondersi in una rientranza del muro, acquattandosi fin quasi a sfiorare terra con i capelli biondi.
La strada lastricata era sudicia e maleodorante.
- Finalmente…- mormorò una voce maschile e, con orrore, Narcissa vide un uomo vestito di scuro, che indossava un mantello nero, stringere tra le braccia sua sorella e baciarla con passione.
La ragazzina non poteva vedere in volto Bellatrix, ma poteva vedere il volto del suo innamorato.
Il cuore le scese in fondo alle scarpe, sommerso dalla vergogna, dal dolore e dall’indignazione.
Era il Signor Alderman, il padre di Ruby, proprio come aveva temuto.
Bellatrix si staccò dall’uomo e scosse i lunghi capelli scuri, come faceva sempre quando era irritata.
-Mi soffochi!- sussurrò la ragazza, con voce fredda.
-..scusa…- le rispose lui, ansioso.
- Non ho molto tempo…- gli disse Bellatrix, con un tono pratico e noncurante – Questa sera ci sarai?-
-Si – le disse l'uomo, osservandola con occhi colmi di passione – Ma ci saranno anche, sai, mia moglie e mia figlia…- il tono era di scuse – Perciò ti do adesso il mio regalo.-
Bellatrix non prese il pacchetto che lui le porgeva.
- Ti ho detto cosa voglio!- sibilò furiosa – Non voglio altro, voglio solo quello!-
- Ma non posso! L’indosserà lei, se ne accorgerebbe!- replicò lui con tono lamentoso.
Narcissa non riusciva a riconoscere in quell’uomo il padre di Rubinia, il raffinato Signor Alderman.  Sembrava che Bellatrix gli avesse fatto un qualche oscuro incantesimo.
- O quello o niente!- sibilò di nuovo Bella e, strappato il pacchetto dalle mani dell’uomo, lo getto per terra calpestandolo con il tacco.
Poi si voltò, pronta ad andarsene.
-No, aspetta!- la implorò lui, afferrandola per il braccio – Ti prego! Va bene, l’avrai…- capitolò l’uomo, ormai privo di qualsiasi volontà.
-Stasera!- comandò Bella inesorabile, voltandosi per guardarlo in viso.
Lui la fissò disperato, ma non riuscì a resistere allo sguardo di lei fattosi improvvisamente vellutato.
-E sia, stasera..- si arrese del tutto il Signor Alderman.
Il volto di Bellatrix si aprì in un fulgido sorriso e, dopo avergli preso il volto rassegnato tra le mani, lo baciò sulle labbra.
Narcissa distolse lo sguardo.
Era nauseata e disgustata oltre ogni dire.
-Vedrai, stasera ti lascerò senza fiato con il mio nuovo abito…- gli sussurrò, carezzevole.
Lui le rivolse un pallido sorriso, sembrava del tutto svuotato.
La giovane si staccò dal Signor Alderman e attraversò nuovamente il vicolo.
Narcissa fece appena in tempo ad appiattirsi ancora di più nella rientranza, che Bella la sfiorò con il proprio mantello ma, siccome stava fissando diritto davanti a sé, non vide la sorella.
Cissy rimase senza fiato vedendo lo sguardo e l’espressione che ora albergavano sul viso di Bellatrix: era uno sguardo duro e freddo, calcolatore, e le labbra erano distorte da un sorriso pieno di disprezzo.
- ..povero idiota…- la sentì mormorare, mentre si allontanava.
Narcissa si affrettò a seguirla, non vista, per tornare a Diagon Alley.
Ma non era l’unica ad osservare sua sorella con occhi increduli e feriti.
Un'altra persona osservava Bellatrix fendere la folla, con l’animo colmo di furore e di dolore che gridava vendetta.

FINE NONO CAPITOLO

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Capitolo 10
*** Natale- terza parte- Narcissa ***


Grazie a sweetsirius ed Ecatecallisto per aver recensito ^_^

Ho sempre immaginato il mondo dei maghi purosangue come una società chiusa e leggermente arcaia, con dei rapporti e dei legami molto simili ad una società nobiliare ottocentesca. Buona lettura!



UN GELIDO DESTINO

 

Decimo capitolo

 

(Natale – Terza parte – Narcissa)


Il rientro a Weirwater si svolse in un silenzio pesante.
Bellatrix era immersa nei propri pensieri, Narcissa le lanciava delle occhiate di sottecchi, ancora incredula per quello a cui aveva assistito.
Dorothy era pallida e stanca.
Per dei lunghi e angosciosi attimi aveva perduto di vista le due ragazze e, sebbene Cissy fosse ricomparsa poco dopo dicendo di essere stata travolta dalla folla e Bella si fosse regolarmente presentata al rendez-vous, davanti al Ghirigoro, quei minuti di panico l’avevano lasciata in uno stato di prostrazione.
Alla fine, una volta rientrate a casa, ognuna delle tre si ritirò nella propria stanza, senza pronunciare parola.

 

La sera verso le sei, la Governante bussò alla porta di Narcissa e, ottenuto il permesso, entrò portando tra le braccia una confezione trasparente che lasciava intravedere qualcosa di argentato e vaporoso.
- Ecco il vestito!- annunciò la brava donna allegramente.
Narcissa si alzò dalla poltrona nella quale era sprofondata con compostezza ma, dentro di sé, bruciava di una curiosità piena di aspettativa.
Liberò l’abito dal suo involucro con delicatezza e alla fine lo osservò in silenzio, per qualche istante, estasiata.
- Una Ninfa della Luna! Non è il più bell’abito che tu abbia mai visto, Dorothy? Non ho fatto un’ottima scelta?- chiese la ragazzina, vibrante di orgoglio e soddisfazione.
- Nessuno indosserà un abito più bello! – le assicurò la domestica, con convinzione – E' meglio cominciare a prepararsi, tra poco più di un’ora dovrete andare alla festa!-
I preparativi richiesero molto tempo.
Dorothy acconciò amorevolmente i capelli biondi della sua diletta, con cura ed attenzione.
Il risultato fu un’acconciatura che raccoglieva i capelli sulla sommità della nuca, per poi farli ricadere qua e la in piccoli boccoli, intrecciati a dei scintillanti nastri argentati.
L’abito era una piccola nuvola di chiffon color argento, intessuto con dei lucidi nastri rosa pallido, lo stesso colore delle piccole scarpine fatte su misura.
Una maschera, tempestata di piccoli brillanti e di Topazi rosa, celava in parte il bel volto ovale della ragazza.
Il risultato finale era tutto grazia e delicatezza.
- Avete dei gusti proprio raffinati!- esclamò, piena di orgoglio, Dorothy.
Narcissa si sentiva davvero eccitata e non vedeva l’ora di farsi ammirare nel suo vestito meraviglioso.

 

Scese le scale sollevando delicatamente l’orlo del abito e aspettò di sentire i commenti dei suoi genitori.
Ma non arrivò alcun commento.
Cygnus aveva un’aria cupa e tetra e Druella non c’era perché, alla fine, si era rifiutata di presenziare adducendo una qualche indisposizione.
Bellatrix era favolosa.
Indossava un attillato abito nero che le fasciava il bel corpo sensuale, una coda di chiffon viola e blu pavone le ornava il retro del vestito, che aveva una scollatura generosa che evidenziava il décolleté e le belle spalle dalla carnagione dorata.
Le labbra erano dipinte di rosso e il volto era coperto per buona parte da una maschera nera, contornata da piccole piume di pavone.
Era bella, straordinariamente sexy……e ‘leggermente volgare’, sospirò tra sé e sé Narcissa, sapendo che nessuno avrebbe notato ciò.
- Andiamo?- borbottò Cygnus, con voce fredda.
Narcissa nascose la propria delusione per l’indifferenza paterna e si apprestò ad uscire.
- Sembri proprio una bambolina!- le sussurrò Bella, sarcastica - Una bambolina molto piccola, Ninfa della Luna , eh? Chissà che risate si farà Lucius Malfoy! Sempre che non si metta a piangere invece, come sei patetica…Ninfadora…- e con un sorrisetto crudele uscì di casa.
Suo malgrado Cissy arrossì leggermente sotto la maschera.
Bellatrix aveva capito il significato del suo abito e questo la faceva sentire umiliata.
Quando erano bambine, Andromeda le aveva sempre deliziate raccontando loro delle storie, allegre o di paura, che inventava di sana pianta. Così un giorno, Narcissa aveva deciso di inventare un racconto per Andromeda e aveva inventato la storia della Ninfa della Luna: Ninfadora. Bellatrix, che all’epoca era ancora la sua compagna di giochi, aveva borbottato e si era lamentata ma alla fine l’aveva aiutata a scrivere la storia e aveva decorato i fogli di pergamena con dei bei disegni, nei quali era molto abile.
Ninfadora era una Ninfa dai capelli rosa che vestiva un abito bellissimo tutto d’argento e rosa, che danzava al chiaro di Luna aspettando il suo perduto amore e incontrando esseri meravigliosi e incantati.
Andromeda, ricevendo quel dono era scoppiata in lacrime e le aveva abbracciate e baciate entrambe, promettendo che avrebbe conservato la storia per sempre.
- Sono certa che prima o poi incontrerò Ninfadora…una Ninfa dai capelli rosa deve per forza entrare nella mia vita e diventare mia amica!- aveva esclamato la ragazza, accarezzando la guancia di Cissy.
Narcissa si avviò verso la carrozza dei Black, con l’entusiasmo che si era volatilizzato in un istante.
Aveva completamente scordato che la Festa si svolgeva a Malfoy Manor e che, quindi, avrebbe rivisto Lucius Malfoy.

 

Malfoy  Manor era la tenuta principale della famiglia Malfoy e si trovava in una zona isolata, non molto distante da Londra.
Per quanto Weirwater fosse grande e bella e per quanto la loro casa londinese fosse elegante, Narcissa non poté che prendere atto di come la residenza dei Malfoy fosse il più imponente, maestoso e sfarzoso edificio che avesse mai veduto.
Era illuminato da centinaia e centinaia di innumerevoli piccole fate, evidentemente costrette da un Incantesimo Congelante a rimanere immobili e sospese nell'aria.Non sembravano molto felici.
Una volta all’interno, i Black furono accolti da Abraxas in persona.
- Cygnus!- esclamò con calore e strinse la mano del suo ospite – ...tua moglie non è venuta?- chiese con tono leggermente deluso, poi scorse Bellatrix e Narcissa e, alla vista di quest’ultima, il suo volto si illuminò.
- Davvero due dame splendide! – mormorò galante – Lucius dovrebbe essere qui a momenti, sta facendo gli onori di casa... nel salone…- mormorò poi, accigliato.
Alla fine fece accomodare Cygnus e le sue figlie nell’immensa sala delle feste, dove il party era cominciato e dove vi erano almeno duecento persone, mascherate di tutto punto.
Cygnus fu subito catturato da un gruppo di maghi, che stavano discutendo molto animatamente.
Narcissa poté udire solo le parole ‘Silente’ e ‘vergognoso’, poi venne risucchiata dagli ospiti e così si trovò sola.
Bellatrix era sparita.
- Narcissa!- la chiamò una voce conosciuta e la ragazzina vide spuntare la sua amica Rubinia al fianco della madre.
Ruby era vestita con un abito rosso ed attillato che, sul suo esile e ossuto corpicino di bimba, pendeva sgraziatamente. Al collo portava delle perle e sul viso aveva una mascherina nera.
Sembrava la patetica imitazione di una donna adulta.
Sua madre era vestita più o meno allo stesso modo.
- Ciao Ruby!- esclamò Narcissa, trattenendo il disappunto per la mise infelice della sua amica e rinnovando l’orgoglio per la propria.
La signora Alderman strinse gli occhi, osservando la grazia piena di innata eleganza di Narcissa.
- Vi lascio sole…- mormorò la donna – Non allontanatevi dal salone, va bene Rubinia?- esclamò con voce fredda.
Le due ragazzine si misero in un angolino appartato ad osservare tutti quegli adulti che danzavano, parlavano e si godevano il buffet.
- Che bello il tuo vestito!- le disse Ruby, facendo sentire Narcissa leggermente in colpa – Sai…- aggiunse esitante ma con i pallidi occhi che si illuminarono di colpo – Rodolphus è qui! Me l’ha detto la mamma, finalmente lo conoscerò!-
Cissy aggrottò le sopracciglia.
- Ma non l’hai mai visto, Ruby?-
La ragazzina scosse la testa.
- Ma ho visto un suo ritratto sai, è bello e alto! Potrò ringraziarlo per i regali, se riuscirò a parlare…sono così emozionata!-
Narcissa non disse nulla, in fondo anche se lei conosceva a mala pena il suo futuro marito, almeno poteva dire di averlo visto.
Ad un certo punto udirono la voce di Bellatrix poco distante, provenire dall’angolo dove si servivano gli alcolici.
-…mi tolga le mani di dosso…signore!- stava sibilando, rivolta ad un giovane che, chiaramente in preda ai fumi dell’alcool, la stava importunando, trattenendola per un braccio.
Il giovane aveva un volto pingue e molle, che lo invecchiava pesantemente, i capelli gli scendevano sudati lungo il volto, anch’esso sudato e accaldato.
Aveva già un doppio mento pronunciato e degli occhi piccoli e poco espressivi, accesi da una luce di bramosia mentre studiava il bel volto di Bellatrix.
La ragazza osservava il giovane sconosciuto con disgusto, cercando inutilmente di liberarsi dalla stretta.
-Rodolphus...che fai?- intervenne ad un certo punto una terza persona.
Rubinia e Narcissa sussultarono contemporaneamente.
Il Signor Alderman era comparso al fianco di Bella e la stava liberando dalla presa dell’altro uomo.
-…Sei ubriaco…questa è una delle signorine Black…!- lo rimproverò aspramente – Cosa credi di fare? Lasciala e ricordati che Rubinia è presente stasera! Vedi di comportarti decentemente!Comportati come un Lestrange, per una volta!-
Narcissa si voltò verso la sua amica e vide che Rubinia era di un pallore spettrale, un muto orrore dipinto sul volto, poté quasi sentire il rumore di un sogno che si infrangeva e di un’illusione che svaniva.
La piccola Alderman fece dietro front e scappò fuori in giardino.
Narcissa si morse le labbra.
Da una parte vide il Signor Alderman allontanarsi con Bellatrix, dall’altra vide Rubinia accasciarsi poco lontano.
Decise di raggiungere la sua amica e lasciare sua sorella al proprio destino, almeno per il momento.
Rubinia era accucciata come una piccola anima tormentata, stringendosi convulsamente il ventre, in preda ad un forte dolore.
Gli occhi erano pieni di lacrime.
-…Rubinia…- le sussurrò Narcissa, sinceramente dispiaciuta.
- Ho solo male alla pancia…- mormorò l’altra, sofferente – Cissy, mi accompagni in un posto dove io possa stendermi…?-
Narcissa annuì e si accucciò accanto all’amica, pronta ad aiutarla a rialzarsi, con il vestito che si gonfiò attorno a lei.
Le due ragazzine si rialzarono, Rubinia col magro braccino ricoperto da un lungo guanto, attorno al collo di Cissy.
Nel momento in cui si voltarono si trovarono di fronte Rodolphus Lestrange.
Lui le osservò barcollando leggermente, con gli occhi stretti a fessura, nel difficoltoso tentativo di metterle a fuoco.
- M-mi hanno…d-detto- biascicò, chiaramente in difficoltà -…che Miss Alderman è uscita…qui…chi sei..? Quale delle due…?- chiese, con grande sforzo.
Rubinia soffocò un’esclamazione di puro terrore e, lasciato il sostegno di Narcissa, si precipitò dentro.
Cissy cercò di seguirla ma Rodolphus la bloccò.
-…S-sei tu..?- le chiese, con un pesante alito di alcool.
La ragazzina rabbrividì leggermente e lui le mise le mani sulle spalle, rischiando di farla cadere di schianto, in quanto si appoggiò con tutto il suo notevole peso.
-…Sei piccola….- mormorò, aggrottando le sopracciglia e avvicinando il volto a quello della ragazzina per guardarla meglio -...Ma sei bella, meglio di niente!-
Le afferrò una mano e se la portò alle labbra, in un goffo baciamani.
Narcissa rabbrividì di disgusto, avrebbe voluto gridare, ma rimase immobile.
-…T-ti sono piaciuti i miei regali…? Li ha scelti mio padre, veramente, ma visto che sei così graziosa la prossima volta lo scelgo io…va bene?...ti piacciono le bambole?-
- Rodolphus...- chiamò una voce fredda e strascicata – Se proprio vuoi importunare una sposa bambina, fallo con quella giusta. Si da il caso che questa sia la mia.-
Narcissa si sciolse per il sollievo, Lucius era spuntato alle spalle del giovane Lestrange e lo aveva tirato indietro, facendo sì che si allontanasse dalla ragazza.
Indossava un sontuosissimo abito nero e argento e nessuna maschera a coprirgli il volto.
-…L-lucius..?- chiese Rodolphus, cercando di non balbettare.
-In persona.- confermò Lucius, gelido- Vai dentro Rodolphus, tuo padre ti cerca.- aggiunse, osservando l’altro leggermente disgustato – E prenditi una mentina, dammi retta…-
Rodolphus sembrò accartocciarsi sotto lo sguardo freddo dell'altro ragazzo e si voltò, rientrando nel salone quasi strisciando.
Tra Narcissa e Lucius cadde il silenzio.
Lui osservò la minuta figuretta della ragazzina, avvolta da tutto quel tulle scintillante ed i piccoli boccoli che addolcivano i lineamenti del fine visetto, coperto dalla maschera.
Allungò la mano e gliela levò dal volto.
- Toglila, è ridicola!- le disse infastidito, poi fece per andarsene.
- Grazie…- gli disse Narcissa, soffocando il suo orgoglio e sentendo le lacrime fare capolino agli angoli degli occhi: finalmente era riuscita a dirlo.
Lui si voltò e, con una piccola smorfia, le sorrise.
-Almeno hai imparato l’educazione!- la studiò ancora qualche secondo – In realtà ti stavo cercando, ho un regalo per te. -aggiunse con aria annoiata.
Narcissa sgranò gli occhi per la sorpresa.
- Mio padre ha voluto. – specificò lui – Ciò non toglie che il disturbo per sceglierlo me lo sono dovuto prendere io…- fece un’altra smorfia e, estratta la bacchetta, fece comparire un pacchetto grande poco più di un libro, quindi glielo fece volare direttamente in mano.
Narcissa lo afferrò e poi, con mani leggermente tremanti, lo aprì.
Era un cofanetto portagioie di squisita fattura, con incisi dei piccoli unicorni. Lo aprì e una musica malinconica fuoriuscì, riempiendo la notte.
- Non avevo idea di cosa potesse piacerti….e sono quasi certo che tu non giochi più con le bambole…- sorrise con ironia.
Involontariamente un sorriso si aprì sul volto di Narcissa e poi lei tornò a fissare il cofanetto.
- Buon Natale. - le disse il ragazzo, stringendosi nelle spalle e allontanandosi.
Narcissa rimase ferma al buio, chiedendosi come mai avesse tanta voglia di piangere e rimproverandosi per quella sua debolezza.
Non riusciva a decidersi a chiudere il cofanetto e continuò ad ascoltare la musica ancora a lungo, sotto la luce delle Luna.


Lucius rientrò e cercò suo padre trovandolo, infine, nel suo studio, dove stava sistemando delle carte con aria seria e concentrata, prima di rientrare alla festa.
-Padre.- chiamò freddamente.
Lui e Abraxas non avevano un grande rapporto, Lucius considerava suo padre troppo debole e permissivo, in molti settori.
- Lucius…devo sbrigare un paio di cose urgenti, vai a fare gli onori di casa- gli disse l'uomo, senza distogliere gli occhi dalle pergamene sulla sua scrivania.
-Volevo solo dirVi che, se gli sviluppi futuri lo consentiranno, non ho più alcun dubbio: accetto di prendere, al momento opportuno, Narcissa Black come mia fidanzata e poi moglie.- la voce di Lucius era fredda come di consueto, ma aveva perso il solito tono sprezzante.
Abraxas sollevò finalmente la testa, stupito.
- Mi compiaccio – mormorò, stringendo gli occhi e studiando il volto di suo figlio – A cosa devo questo cambiamento così radicale?-
Lucius rifletté un istante, sostenendo l’esame di suo padre.
- Diciamo che sarebbe potuto andarmi peggio!- le sue labbra si arricciarono - So riconoscere un buon investimento quando lo vedo, me lo dite sempre anche Voi che ho un buon naso per gli affari…- si voltò e lasciò la stanza, tornando in mezzo agli invitati, nel Salone della Casa che un giorno gli sarebbe appartenuta.
Così come, Lucius non aveva dubbi, gli sarebbe appartenuta anche Narcissa.

FINE DECIMO CAPITOLO

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Capitolo 11
*** L'orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte prima) ***


Grazie, come sempre, ad EcateCallisto per aver recensito ^_^ e grazie a chi legge questa mia ff, aggiorno con un nuovo capitolo perché domani è lunedì...inizio settimana tedioso, sigh!

Mentre il capitolo precedente è stato, ed è tutt'ora, uno dei miei preferiti, scrivere questo  è stato pesante, lo ricordo bene, così come lo è stato revisionarlo. Mi ha dato la stessa sensazione che si ha sulle montagne russe, la risalita faticosa prima della discesa a tutta velocità. Questo capitolo mi ha richiesto uno sforzo notevole, tuttavia lo considero un preludio importante. Buona lettura!


UN GELIDO DESTINO

 

Undicesimo capitolo

 

(Natale – quarta parte – l’orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte prima))

 

Mentre Lucius svolgeva, impeccabilmente, i suoi doveri di padrone di casa facendo le veci del padre, Narcissa si cullava nel buio della notte al suono dolce e melanconico del carillon che le era stato appena donato.
Dopo un po’ respirò a fondo l’aria fredda e pungente e decise che era il caso di rientrare, anche se a malincuore.
Non aveva ancora mosso due passi che un sussurro le giunse all’improvviso nell’oscurità, bloccandola e facendola tornare sui propri passi.
Aveva riconosciuto la voce di sua sorella Bellatrix.

 

In un piccolo anfratto del giardino di Malfoy Manor, poco distante dalle immense vetrate della villa dalle quali giungevano le luci sfavillanti della festa mascherata, sostavano due figure, l’una di fronte all’altra, in piedi.
Narcissa nascosta da un albero secolare, socchiuse gli occhi per mettere a fuoco la scena e vide che si trattava proprio di sua sorella maggiore e, purtroppo non vi era alcun dubbio, del signor Alderman.
- Siamo sicuri che qui non possa vederci nessuno?- chiese l’uomo, evidentemente preoccupato.
- Naturalmente!- lo rassicurò Bella -Puoi stare tranquillo, nessuno si è accorto che siamo spariti dalla festa. – la ragazza aveva una voce calda e ammaliante che Narcissa a malapena riconobbe.
Il signor Alderman si avvicinò alla fanciulla e, presala tra le braccia, la baciò con passione e trasporto.
Cissy fremette di disgusto e fece per andarsene, decisa a non assistere alle tresche clandestine di sua sorella ma, proprio in quel momento, il padre di Rubinia si allontanò di un passo e la ragazzina lo vide posare un sacchetto di velluto tra le mani di Bellatrix.
Ricordando il famoso dono che sua sorella aveva preteso da quell’ uomo, Narcissa si impose di rimanere dov’era, vinta dalla curiosità.
Bellatrix sorrise facendo scintillare i suoi denti bianchissimi, poi aprì il nastro che teneva uniti i lembi del sacchetto nero e ne rivelò il contenuto.
Cissy represse appena in tempo un singulto di meraviglia e ammirazione e, contemporaneamente, fu invasa dall’orrore della comprensione.
Nella notte, catturando la poca luce esterna che emetteva la Luna e quella artificiale che proveniva dall’interno della casa, brillava una favolosa collana d’oro tempestata di gemme preziose.
Bellatrix la fissò rapita, sollevandola davanti agli occhi.
- Mettimela!- ordinò, con voce pacata ma vibrante di soddisfazione, al Signor Alderman.
Lui prese il superbo gioiello dalle mani della ragazza e, soggiogato, gliela allacciò sulla nuca, sigillando il gesto con un piccolo bacio devoto sul collo della sua splendida innamorata.
Bellatrix fece una piroetta su se stessa, allontanandosi di qualche passo e lasciandosi ammirare.
La collana era stretta intorno al collo e scendeva lungo il decolleté, aprendosi come una rete di finissimo oro e, ad ogni delicato incrocio della filigrana preziosa, vi era incastonata una pietra preziosa.
Erano almeno un centinaio di gemme, grandi come nocciole, diamanti e rubini che si alternavano scintillando intensi nella notte.
Narcissa era senza parole.
Quella collana era quella che la Signora Alderman indossava ad ogni occasione importante. Apparteneva alla famiglia della donna da secoli e rappresentava uno dei più preziosi gioielli esistenti in tutta la Gran Bretagna.
Rubinia l’avrebbe avuta in dote il giorno delle sue nozze; tutti conoscevano quella collana, tutti.
Narcissa non capiva come il Signor Alderman avesse potuto cedere alla folle richiesta di sua sorella e correre un rischio così grande.
Quanto a Bella…non vi erano parole adatte per descrivere la sua scelleratezza.
-Come sei riuscito a prendergliela?- chiese la ragazza – Immagino volesse indossarla stasera, lo fa sempre nelle occasioni importanti…-
- Le ho detto che la portavo da un Orafo di Diagon Alley.- disse lui, ansioso- Che gliela avrebbe lucidata e riparata per la Festa di Capodanno…la chiusura ha un piccolo difetto, non ha fatto molte storie…- le spiegò l’uomo, con una voce bassa e quasi timorosa.
- Allora!- la voce di Bellatrix non era più un sussurro -Non sono bella? Non mi sta d’incanto?- gli chiese la ragazza, con voce colma di giubilo.
Lui le rivolse un pallido sorriso di risposta e poi le tese le braccia, invitandola a raggiungerlo.
Bellatrix continuò ad allontanarsi, facendo delle piroette e ridendo nell’oscurità.
Narcissa sentì il proprio cuore mancare un battito.
La risata della sorella era diversa ora: era fredda e senza gioia. Un brutto presentimento la colse.
Il Signor Alderman, sorridendo appena, cominciò a seguire Bella come in un gioco, mentre lei continuava ad allontanarsi e, come notò Cissy con orrore, a dirigersi velocemente verso la villa.
- Dai! Non fare la monella, vieni qui!- le sussurrava nella notte il Signor Alderman, divertito.
Narcissa si mosse dal suo nascondiglio e seguì i due, badando di restare sempre nascosta.
- Se vuoi prendermi devi raggiungermi!- rideva piano Bellatrix -Devi prendermi, prima che io rientri in casa…- aggiunse ad un certo punto, con una voce cattiva.
L’atmosfera cambiò di colpo.
Il Signor Alderman sembrò destarsi improvvisamente dal suo sogno.
L’uomo si rese conto, e Narcissa con lui, che ora erano sul lato est del grande Palazzo, proprio accanto ad una portafinestra socchiusa che dava su un salottino appartato.
Dal salottino giungevano delle allegre voci di donna.
-Bella, che fai?!...torna qui!- sussurrò l’uomo con una voce colma di panico perché, tra quelle voci femminili, spiccava netta quella della Signora Alderman.
-No!- gli rispose Bellatrix, maligna.
Narcissa dovette premersi una mano sulla bocca per reprimere un gemito di terrore.
Conosceva sua sorella e sapeva che non stava scherzando, non più.
-…Suvvia..- le sussurrò implorante il signor Alderman -Non fare così, vieni qui! C’è Aloise li dentro, vuoi rovinarmi?Smettila di scherzare…- cercò di sorridere ma le sue labbra non si distesero.
- Ma io non sto affatto scherzando! Ho intenzione di entrare li dentro, esattamente tra meno di un minuto!- gli rispose Bella, smettendo finalmente di ridere e perdendo la sua aria giocosa in un istante.
Il Signor Alderman fissò il volto della ragazza per la quale aveva perduto del tutto la ragione e sembrò rinsavire di colpo, mentre la piena comprensione di ciò che stava per avvenire lo colpiva con tutta la sua forza devastante.
- Bella, ma che dici...perché?- sussurrò, inerme.
-Credevi davvero che io ti amassi? Non mi dirai che pensavi che potessi amare un essere debole e stolto come te, vero?- lo interrogò lei, sinceramente incredula -Perché, mi chiedi?...Dovresti chiederlo a tua moglie!- gli rispose con una voce dura e fredda Bellatrix - Quella maledetta che ha fatto in modo che mia madre fosse esclusa dal Concilio! Calunniandola, adducendo il fatto che è una malata di mente e tutto ciò solo perché è invidiosa! Invidiosa della sua bellezza, da sempre! Invidiosa del fatto che abbia sposato l’uomo che lei voleva per sé: mio padre! Ha precluso l’entrata nel Concilio a me e alle mie sorelle, mia zia Walburga ha assistito alla votazione!-  la voce di Bella era piena di odio e Cissy capiva finalmente il perché.
‘The United Kingdom Council of Pureblood Witches’ era un’Istituzione millenaria che, da sempre, riuniva le streghe più nobili e facoltose di tutto il Regno Unito.
Bastava essere una purosangue e l’accesso era pressoché automatico, se ne veniva escluse solo per motivi gravissimi e, questa esclusione, era un’umiliazione terribile.
Su mozione di Albus Silente, il Ministero aveva pensato di abolire questa specie di società elitaria in quanto, nei secoli passati, essa riuniva delle Streghe Oscure di potenza e malvagità inaudite e, ancora oggi, si vociferava che le pratiche di quel particolare circolo non fossero così limpide.
La mozione, tuttavia, non era passata, in quanto i maghi purosangue avevano ancora il predominio al Ministero e in tutte le cariche più in vista.
Narcissa sentì finalmente di capire i sentimenti di sua sorella, ma comprendeva anche la pericolosità della situazione; nulla avrebbe distolto Bella dai suo propositi di vendetta ma un simile gesto non sarebbe stato esente da gravi conseguenze.
- Ha fatto pressioni affinché fosse isolata del tutto dalla buona società.- stava continuando, infatti, la ragazza - E ha convinto alcune delle famiglie di Purosangue più importanti ad escluderla da ogni avvenimento di rilievo, umiliandola ancora e ancora e poi, l’ultima volta che mia madre ha fatto la sua comparsa in pubblico, l’estate scorsa, io ero presente... da allora mia madre non si è più mossa da Weirwater!-
-M-ma che dici…? Aloise non ha questo potere all’interno del Concilio!- balbettò il Signor Alderman, incredulo.
-Povero patetico omuncolo!- Bellatrix gli sputò addosso quelle parole come se fossero dardi infuocati - Tua moglie è molto più di quello che credi! - proseguì ancora la ragazza, che sembrava godere nell’umiliarlo -L’ultima volta che ha incontrato mia madre ha indossato il diadema che era appartenuto alla mia trisnonna e che avrebbe dovuto far parte del corredo nuziale di mia madre!- Bellatrix sembrava davvero fuori di sé, Cissy non l’aveva mai veduta con una simile espressione sul volto - Avrebbe dovuto indossarlo il giorno delle sue nozze se tua moglie non avesse convinto mia nonna a donarglielo con l'inganno!Sai, la cara Aloise è molto esperta nelle arti oscure, sa come irretire le persone per convincerle a fare ciò che desidera! Quella sera ha indossato quella tiara per deridere mia madre e umiliarla di nuovo, come se farla escludere dal Concilio e farla isolare e ignorare da tutti non fosse stato sufficiente! Mia madre era distrutta dal dolore…-
Narcissa rammentava quella particolare sera d’estate in cui sua madre era rientrata da un impegno mondano insieme a Bella, in preda ad una grande prostrazione.
Da allora si era praticamente chiusa in casa senza uscirne più.
-Non è così!- esclamò il Signor Alderman, improvvisamente sollevato dal poter fornire una spiegazione -Non dare ascolto a tutto quello che dice tua madre! Druella è malata, è vero e tu lo sai benissimo!Mia moglie non ha ingannato nessuno per avere quel diadema, tua nonna era anche la prozia di Aloise e glielo donò spontaneamente! Non faceva parte di alcun corredo nuziale, tua madre ebbe il suo corredo al completo ma distrusse il proprio diadema in uno dei suoi eccessi di rabbia, prima di sposare tuo padre!-
Il cuore di Narcissa fece una capriola e lo stomaco le si strinse dall’ansia, avrebbe potuto giurare, infatti, di aver visto l’ombra del dubbio attraversare gli occhi di sua sorella.
-Il diadema è solo un dettaglio!- si riprese Bellatrix con prontezza -E' il modo in cui l’ha trattata, il modo in cui cerca di gettare fango su tutte noi. La temi vero? In fondo sai che lei è potente e pericolosa, molto più di te. Ma anche lei ha un punto debole – Bella riprese fiato - E sei proprio tu!- l’uomo aprì la bocca ma non riuscì a parlare –Si, persino una donna come quella, una strega così potente, può amare e, io lo so, lei ti ama moltissimo!- la voce di Bellatrix ora era incredula – Non capisco perché, un uomo così debole!-
Il Signor Alderman sembrò annichilito da quel tono così sprezzante e Cissy provò quasi pena per lui.
-Mi sono avvicinata a te solo per questo. - aggiunse la ragazza con uno sguardo malvagio -E' stato così facile! Sei caduto ai miei piedi in un istante...e tutto solo per questo momento...- sussurrò Bella, quasi sognante adesso – Il momento in cui frantumerò in un solo colpo l’anima, l’orgoglio e persino il cuore di quella donna: di tua moglie. –
-Ma ora, che intendi fare…?!Non puoi andare lì dentro con quella al collo! – il Signor Alderman era in preda al terrore.
Bella gli rivolse un ghigno di derisione e si voltò per varcare la portafinestra,  l’uomo estrasse la propria bacchetta, pronto a colpirla.
-…Bella!- l’avvertì Narciss,a piano ma con decisione, uscendo allo scoperto e correndo accanto alla sorella, che si volse sorpresa.
-Cissy!- le sussurrò in risposta, guardando prima lei poi il suo ex amante, che la teneva sotto tiro.
- Che cosa crede di fare?- gli chiese Narcissa, sollevando il mento e nascondendo la paura, stringendo forte al petto il carillon di Lucius.
-Non posso permetterti di rovinarmi…- disse l’uomo, fissando Bella e ignorando Narcissa.
-Credi che io mi lasci colpire così?- gli rispose lei, afferrando la sorella minore per il braccio e scostandola dalla traiettoria della bacchetta.
-Non puoi, non puoi usare la magia fuori da Hogwarts è la nuova legge, lo sai!Sei minorenne, dammi la collana e non ti farò nulla…altrimenti ti bloccherò e me la riprenderò comunque ma tua sorella si farà male!- minacciò con voce tremante e il volto lucido di sudore.
Entrambe le ragazze lo fissarono disgustate.
-Hai ragione, io non posso usare la magia, ma c’è chi può farlo per me…- sorrise con malizia Bellatrix, schioccando le dita.
Un secondo dopo, comparve un piccolo essere disgustoso che si inchinò profondamente ai suoi piedi.
-La padrona chiama e io corro…mia Signora….- sussurrò l’essere, con la testa rotonda che sfiorava il manto erboso del giardino.
-Kreacher!- sussurrò Narcissa, colpita; riconoscendo l’Elfo Domestico che serviva fedelmente i Black di Grimmauld Place e che, generalmente, accompagnava sempre i suoi cugini: Regulus e Sirius.
-Bravo Kreacher!- approvò Bella, soddisfatta – Zia Walburga mi aveva assicurato che mi avresti ubbidito quando ti ho chiesto in prestito, sarà soddisfatta di te…- lo rassicurò lei.
Lui mugolò di contentezza, quasi facendo le fusa.
-..Sai quello che devi fare…- concluse la ragazza e l’Elfo osservò maligno il Signor Alderman, che ancora non si era ripreso da quella improvvisa apparizione, e fece schioccare le dita.
L’uomo fu istantaneamente colpito da un Incantesimo Congelante e rimase immobile e muto, ma pienamente consapevole di tutto ciò che accadeva attorno a lui.
-Molto bene Kreacher.- approvò Bellatrix -Nessuno saprà mai che hai usato la magia contro un mago, puoi stare tranquillo! Non permetterò che ti accada nulla.– mormorò la ragazza all’ Elfo domestico, che la fissava devoto con uno sguardo quasi innamorato – Ora resta qui di guardia, sai come agire se arriva qualcuno…-
Lui si inchinò di nuovo profondamente, nemmeno a Sirius e Regulus ubbidiva con così docile convinzione.
-E quanto a te... – disse lei, voltandosi verso il suo ex innamorato, che la fissava inorridito e immobile - Ecco, assisti ora alla rovina della tua famiglia, povero stolto! Nessuno, nessuno umilia un Black…- e, ignorando la mano di Narcissa che si sollevò poco convinta a fermarla, Bellatrix raddrizzò la schiena, facendo scintillare quasi furiosamente la splendida collana che indossava, e fece il suo ingresso all’interno del salottino privato da dove giungevano le voci sobrie e ovattate delle dame presenti alla festa.

 

FINE UNDICESIMA PARTE


ps: io detesto il genere di uomo che il Signor Alderman rappresenta, Bellatrix ha fatto da portavoce per questo mio disprezzo XD

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Capitolo 12
*** L'orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte seconda) ***


Doveroso il ringraziamento ad Ecatecallisto per la recensione ^_^ e, naturalmente, a chi legge questa storia.

Siamo ad un avvenimento fondamentale che, da adesso in poi, influenzerà la sorte di Narcissa, Bellatrix e di tutti i Black. Buona lettura! 



UN GELIDO DESTINO

 

Dodicesimo capitolo

 

(Natale – ultima parte – l’orgoglio della vendetta e il potere di una maledizione (parte seconda))

 

La portafinestra non cigolò nemmeno quando Bella la spinse delicatamente per poter entrare nel piccolo salottino; al centro della stanza stavano in piedi, disposte a semicerchio, cinque signore vestite con degli abiti sfarzosi ognuno dei quali rappresentava, secondo le intenzioni delle dame, le famose Streghe che avevano fondato il Concilio più o meno all’epoca della creazione di Hogwarts: mille anni prima.
Narcissa entrò dietro a Bella, sentendosi come l’inerme spettatrice di un dramma teatrale.
Il comportamento di Bellatrix le risultava tuttora incredibile ma, allo stesso tempo, comprensibile.
L’umiliazione e il dolore subiti da Druella erano una motivazione più che legittima ai suoi occhi.
I Black erano una famiglia importante, il loro sangue era purissimo, le loro origini nobili pensò Cissy, con un impeto di grande orgoglio, e nessuno avrebbe dovuto trattare un suo componente in quella maniera.
Narcissa era conscia di ciò e trovava inaccettabile che la Signora Alderman, per quanto purosangue, si fosse permessa di oltraggiare sua madre.
Provò uno slancio di affetto e ammirazione per la sua coraggiosa sorella, accantonando qualsiasi paura per il futuro e dimenticandosi totalmente delle conseguenze che quel gesto poteva portare.
Bellatrix avanzò nella piccola sala, al centro della quale capeggiava un grande caminetto in pietra.  Era acceso e le fiamme vi danzavano allegramente regalando calore alla stanza; degli eleganti candelabri erano disseminati qua e là e diffondevano una luce tenue nel salotto.
Cissy restò ammaliata dal fuoco che, ogni tanto, sprizzava scintille.
- Buonasera Signore!Una festa magnifica, non trovate?- esclamò con voce chiara, quasi gentile, Bellatrix distogliendo l’attenzione di Narcissa dal camino.
La scena clou di quella farsa aveva avuto inizio.
La luce calda delle candele e delle fiamme del caminetto strappavano un luccichio quasi doloroso dalla collana che Bella ostentava al suo bel collo da cigno.
Il mormorio delle signore scemò pian piano, mentre alcune si voltarono nella direzione dalla quale proveniva la voce.
Al centro del piccolo gruppo vi era proprio la Signora Alderman, che sembrava una regina in mezzo alle sue dame di compagnia.
Per qualche istante regnò un silenzio assoluto.
Poi tutto accadde contemporaneamente.
Una delle signore aprì la bocca per replicare, un’altra le diede una leggera gomitata per fermarla, muovendo quasi impercettibilmente il mento in direzione della collana e la Signora Alderman prima impallidì, poi arrossì, poi impallidì nuovamente.
Nessuna parola avrebbe potuto esprimere meglio la sorpresa e poi la dolorosa comprensione della donna.
Una delle signore si lasciò sfuggire un leggero singulto inorridito.
Ognuna di quelle dame frequentava da sempre gli Alderman, erano le amiche intime della signora, coloro le quali erano sempre al suo fianco e le stesse che avevano snobbato Druella l’estate precedente, escludendola da importanti eventi mondani e dal Concilio.
La Signora Alderman aveva appena finito di spiegare loro il motivo che non le aveva permesso di indossare la sua preziosissima collana, quella sera.
- Ebbene, non ho forse ragione? Non è forse una splendida festa?- chiese nuovamente Bellatrix, fingendo sorpresa per la mancata risposta da parte delle sue interlocutrici.
Il cuore di Narcissa le galoppava in petto.
- Come osi! Dove hai preso quella collana?- la aggredì all’improvviso una signora corpulenta sulla cinquantina, che parlava con un niente di accento straniero, avanzando di un passo con fare minaccioso.
- Solange!- la fermò la Signora Alderman avanzando anche lei e ponendosi tra la donna e Bellatrix – Me la sbrigo da sola…vi prego di lasciarci!- era un ordine, non una richiesta.
Le altre donne si scambiarono uno sguardo, indecise e perplesse.
-M-ma Aloise…- protestò debolmente una donna dal volto duro.
- Vi prego davvero di lasciarci e di non dire ad alcuno che sono qui.- ripeté ,pallida e calma, la donna.
Le altre si agitarono leggermente ma, alla fine, ubbidirono, lanciando occhiate bieche alle due ragazze.
Il fatto che avessero compreso all’istante la situazione fece capire a Cissy che la tresca di sua sorella con il Signor Alderman non era un segreto per nessuno, tranne che per i Black o, forse, solo per Cygnus e lei.
Le lunghe ora che Bella aveva passato tutta l’estate precedente nella stanza di Druella avevano una spiegazione più chiara, adesso.
All’improvviso, la consapevolezza che sua madre, non solo aveva sempre saputo ma, probabilmente, aveva spinto e incoraggiato Bellatrix a gettarsi tra le braccia di un uomo simile, aprì una breccia nella sicurezza di Narcissa che tutta quella situazione fosse estrema, si, ma giusta e giustificabile.
Avvertì un malessere e improvvisamente vide sua madre con gli stessi occhi con cui tutto il resto del mondo doveva vederla.
Tutti tranne Bellatrix.
Delusione, rabbia e disgusto sommersero l’amore che aveva sempre creduto di provare per quella madre così bella e, allo stesso tempo, così lontana ed assente.
Mai aveva sentito di amare così tanto, invece, sua sorella e mai aveva, fino ad ora, sentito il bisogno di essere amata.
Osservò il profilo di Bellatrix, insondabile ed affascinante, e capì che quella non era più, né mai lo sarebbe stata di nuovo, la sua compagna di giochi dell’infanzia. Tremò.
Adesso le importava solo di uscire da quella situazione quanto prima e di sapere che a Bella non sarebbe accaduto nulla.
‘E così sarà! nessuno può farci del male’ si disse, avanzando di un passo in modo da affiancarsi a sua sorella ‘Siamo Black, siamo potenti, la nostra famiglia è importante…nessuno può farci del male!’
-…E così…l’ha presa per darla a te…-
La voce sepolcrale, bassa e calma, della Signora Alderman strappò Narcissa dai suoi pensieri.
La donna si era avvicinata di qualche passo e osservava Bellatrix con gli occhi socchiusi, mentre la ragazza la sfidava con lo sguardo.
- Che sciocco…- sospirò la donna, chiudendo gli occhi per un istante.
-Si, un vero sciocco – assentì Bellatrix – Ma si sa, l’amore ottenebra la mente –
Gli occhi della donna scintillarono di rabbia, mostrando per la prima volta l’animo ferito che si celava dietro ad essi.
-Quello che prova per te non è amore!- la voce della Signora Alderman si levò di un tono - Dov’è lui, adesso?-
-Non ha importanza! - tagliò corto la ragazza -Sono qui solo per renderti la collana e, perché no, per renderti tuo marito…o quello che ne rimane. – le rispose Bella, passando al tu in modo offensivo – Perché dopo avere avuto me, nessun uomo, mai, potrebbe volere te! –
Narcissa sussultò leggermente per la crudezza di quelle parole, dette con così spietata naturalezza.
Sua sorella si tolse la collana dal collo e la gettò, con fare sprezzante, ai piedi della sua rivale.
La Signora Alderman perse la calma flemmatica che l’aveva sorretta fino a quel momento ed estrasse, imitando inconsapevolmente lo stesso gesto del suo consorte, la bacchetta puntandola con odio verso la ragazza che le aveva rubato l’amore di suo marito.
La collana scintillava splendente tra le due, assistendo silenziosa a quel dramma, come un giudice imparziale assiste alla sfida tra due contendenti.
- Non meriti di vivere!- sibilò la donna, con la voce intrisa di disperazione – Sei una povera pazza, come tua madre e come sua madre prima di lei! Discendi da una stirpe di folli, mia madre me lo diceva sempre che il sangue di sua zia era stato contaminato dalla follia di quel Gaunt!-
Narcissa avanzò decisa e si pose davanti a Bellatrix.
-Non Le conviene farlo!- esclamò con voce chiara, infastidita dalla perdita di controllo della donna, più che impaurita – Di certo non in questa casa! Non solo mio padre è qui presente ma questa, come vorrà senza dubbio ricordare, è la dimora della famiglia Malfoy. E si da il caso che io sia, secondo il desiderio di Abraxas Malfoy stesso, la promessa sposa di Lucius, nonché futura padrona di casa di questa stessa casa! Farci del male ora non la porterebbe che nel baratro della rovina-
La Signora Alderman osservò per qualche istante, come se non riuscisse a metterla a fuoco, la figuretta minuta di Cissy; poi le parole della ragazzina sembrarono far presa e la donna abbassò lentamente la sua bacchetta.
-…Diverrai una Malfoy..?- chiese, folgorata.
- E’ così!- assentì la ragazza, stringendo a sé lo scrigno d’argento e prendendo coscienza di ciò nello stesso momento in cui lo confermò alla donna.
Si, sarebbe divenuta una Malfoy, la moglie di Lucius.
Non importava tra quanti anni, capì che era quello che desiderava e avrebbe fatto di tutto affinché ciò si avverasse.
Il fascino di quella prospettiva, per un attimo, minacciò di distogliere la sua attenzione da quello che stava succedendo in quella stanza.
- Abraxas ha scelto te, come futura signora Malfoy..?- la voce della donna era doppiamente incredula, adesso.
Bellatrix scoppiò a ridere improvvisamente, facendo sussultare le altre due.
-Dunque è vero!- esclamò la ragazza con la voce trionfante – Mia madre mi disse che avevi proposto al Signor Malfoy di riunire le vostre due casate! Ma lui ha rifiutato! Nessun uomo vi vuole, né te né la tua patetica figlia!-
- Bella, adesso basta!- esclamò Narcissa, volgendo il capo verso sua sorella con una voce autorevole che fece vacillare per qualche istante la vanagloria di Bellatrix.
Le due ragazze si guardarono per qualche istante, rendendosi conto solo ora della reale situazione che stavano vivendo insieme.
- Usciamo di qui e dì a Kreacher di rientrare, torniamo da papà…- riprese a voce più bassa la minore delle sorelle Black.
- Suo marito si trova qui fuori, poco distante.- proseguì poi Narcissa rivolta alla madre di Rubinia- Le consiglio davvero di non fare parola con nessuno di quanto è accaduto qui, questa sera. Non credo voglia farsi né deridere né compatire da nessuno; personalmente non lo sopporterei e, se non desidera farlo per sé stessa, lo faccia per sua figlia, che non ne trarrebbe alcun beneficio-
La Signora Alderman impallidì, rendendo il suo volto non bello quasi spettrale, le pupille dei suoi pallidi occhi erano dilatate.
Bellatrix, stranamente, non aggiunse nulla, si strinse nelle spalle e avanzò nella stanza pronta ad uscire, seguita dalla sorella.
Le due ragazze erano quasi sulla porta, quando la voce della Signora Alderman le bloccò.

-Un gelido destino…-
Si voltarono entrambe, sorprese.
La donna avanzò di un passo, frantumando letteralmente sotto i tacchi la collana che ancora giaceva a terra.
Le pietre rotolarono ovunque, alcune schizzarono lontane, continuando a scintillare instancabili.
La Signora Alderman fissava le due ragazze con gli occhi che emettevano una luce quasi verdastra.
Narcissa credette di immaginare ciò, Bellatrix strinse le labbra e si pose a fianco della sorella.
-…ecco cosa vi attende…un gelido destino….- continuò la voce quasi ultraterrena della donna, i cui capelli acconciati sembravano strisciare sulla sua testa, in un’illusione spaventosa, sembrava completamente fuori di sé eppure la sua voce era bassa, calma e atona.
L’aria nella stanza pareva venire risucchiata via da ogni suo respiro.
-..per te, donna bruna dalla pelle dorata…per te: né amore, né lode, né frutto nel tuo grembo! Arida come il ramo secco di una pianta morta…nulla di ciò che desideri otterrai e tutto ti verrà tolto. Colui che avrai la sventura di amare, la tua mente, la tua libertà…tutto perderai….incarcerata e senza speranza…-
Narcissa aggrottò le sopracciglia e si volse verso sua sorella, che ascoltava con aria concentrata.
- …e tu…- proseguì, con voce disumana, la Signora Alderman - femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi…nel tuo orgoglio soccomberai! Prigioniera in una cella di ghiaccio : né calore, né gioia, né amore…un uomo bruno che ti ama perderai…un uomo bruno che amerai condannerai…sola e desolata…incatenata dal senso di colpa, incapace di salvare chi ami e te stessa…la tua prigione farà solo filtrare la luce ma non ti consentirà di avvertirne il calore….autrice della tua stessa sconfitta…-
Cissy sentì un brivido correrle lungo la schiena, attonita di fronte a quello che stava accadendo.
-…tutti voi…sarete condannati…io vi maledico!…Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia……e morte! Così è stato detto…che così accada!-
All’improvviso il tempo nella stanza sembrò riprendere a scorrere normalmente, la Signora Alderman sospirò piano e sembrò ritornare in sé.
-E’ tutto inutile!- mormorò Bella, con voce decisa – Mia zia mi aveva avvisata che avresti tentato ciò! Credi che non sappia che discendi da una stirpe di fattucchiere? Credi non immaginassi che avresti lanciato una delle vostre maledizioni?-
-...Una maledizione!- prese coscienza Narcissa, capendo finalmente ciò che era avvenuto in quei pochi spaventosi attimi.
- Mi sono premunita!- proseguì Bellatrix -Ho un amuleto addosso! Esso ha protetto me e Cissy, sei sconfitta su tutta la linea!- la derise ancora la ragazza.
-…Vedremo…chi sarà sconfitto!- sussurrò la donna, con negli occhi ancora quel bagliore malefico.
Bella mise una mano sulla spalla di Narcissa e la condusse fuori dalla stanza.
Q
uando la ragazzina sollevò di nuovo lo sguardo su sua sorella vide che era pallida e sudata.
Bellatrix era spaventata.

 

FINE DODICESIMO CAPITOLO


ps: non so come mai ma, dall'anteprima, il capitolo non mi mantiene lo stile e mi mette tutto in grassetto...è l'una di notte, non mi porgerò troppe domande e posterò come sta! Chiedo scusa...

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Capitolo 13
*** Calma apparente ***


Buona lettura ^_^

UN GELIDO DESTINO

 

Tredicesimo capitolo

 

(Calma apparente)

 

La mattina del quattro gennaio, Narcissa si stava preparando per tornare ad Hogwarts, controllando che tutto ciò di cui aveva bisogno fosse sistemato con cura da Dorothy.
Una delle ultime cose ad entrare nel baule fu il carillon, dono di Lucius.
Cissy lo ripose personalmente, avvolgendolo con cura tra due strati di indumenti.
Nel momento in cui lo prese tra le mani ritornò con la mente, per l’ennesima volta in quegli ultimi giorni, a ciò che era avvenuto la sera di Natale.


Lei e Bellatrix si erano allontanate dal salotto con passo calmo, senza dire una parola.
Poi, all’improvviso, Bella l’aveva presa con forza per un braccio e l’aveva fatta voltare verso di sé facendo cadere per terra, con un tonfo sordo, il carillon che Narcissa teneva ancora stretto tra le braccia.
Il viso di Bellatrix era deformato dall’ira.
- Si può sapere cosa diamine ti è saltato in mente di seguirmi?!- le aveva sibilato, stravolta dalla rabbia – Come ti permetti di ficcare il naso nei miei affari?! Perché sei entrata con me?? Perché?-
Qualcosa simile alla disperazione sembrava ora permeare la sua voce.
- S-scusa…- aveva mormorato Narcissa, lasciandosi scuotere senza opporre resistenza e avvertendo solo ora il colpo di ciò che era accaduto -….Non volevo….ma tu…ti saresti ficcata nei guai!-
- Sciocca bambina!- la voce di Bella ora era acuta e gli occhi erano sbarrati e sembravano due pozze scure nel volto pallido e sudato – Così ora ci siamo entrambe nei guai!- la ragazza stava scivolando nell’isteria.
Narcissa non ricordava di averla mai vista così.
- Vedrai che la Signora Alderman non racconterà nulla a nessuno! – mormorò incoraggiante, sperando di placare la sorella maggiore.
Bella gettò indietro la testa e scoppiò a ridere, scoprendo i bei denti candidi.
-…Non è certo questo che mi preoccupa….- aveva mormorato alla fine, mollando il braccio di sua sorella quando l’attacco di ilarità si era spento, lasciandola apparentemente esausta.
Narcissa aveva capito, allora, cosa preoccupava Bellatrix e aveva sospirato di sollievo.
- Non preoccuparti, hai l’amuleto, no?- aveva chiesto, speranzosa.
Bellatrix aveva inchiodato i suoi occhi neri e lucenti come la pece, in quelli chiari e scintillanti di Narcissa.
Il cuore della minore delle sorelle Black aveva perso un battito quando  aveva letto lo sguardo della sorella maggiore.
-..E così,vero?- aveva insistito, con il cuore in gola.
-Naturalmente…- aveva risposto Bellatrix, assumendo un tono calmo -…Puoi stare tranquilla, mi ero ben premunita…andiamo ora, papà si stare chiedendo dove siamo finite.-
Nacissa aveva raccolto da terra il carillon d’argento e aveva seguito Bella verso il salone, con la mente in tumulto.
Quando la festa era terminata, ben dopo la mezzanotte, lei, sua sorella e suo padre, avevano salutato i padroni di casa.
Di Rubinia e dei suoi genitori, Cissy non aveva più visto traccia e ne era stata sollevata.
Bellatrix aveva a mala pena rivolto la parola ai Malfoy e, Narcissa era stata educata ma distaccata, ancora troppo presa dagli avvenimenti accaduti nel salottino privato, solo poche ore prima.
Lucius aveva avuto un moto di fastidio davanti a quella indifferenza.
- Allora siamo d’accordo, vero?- aveva mormorato Cygnus ad Abraxas, stringendogli vigorosamente la mano
Malfoy Senior era sembrato leggermente indeciso e titubante poi, incalzato dallo sguardo vibrante del Signor Black, aveva ricambiato la stretta ed aveva annuito silenziosamente, pallido e serio, con dipinta sul volto un’aria grave.
Cygnus era parso soddisfatto e si era persino aperto in un sorriso.
Poco dopo, mentre erano sulla carrozza, Narcissa aveva posato la testa sulla morbida imbottitura e aveva chiuso gli occhi, lasciandosi cullare dal rumore che faceva la vettura sfrecciando, ad una magica andatura, nell’oscurità.
Davanti agli occhi le era riapparsa la scena spaventosa della Signora Alderman che declamava la sua maledizione.
‘Prigioniera di una cella di ghiaccio….né amore…né calore….né gioia….’ La ragazzina aveva preso a giocherellare con le dita sulla superficie lavorata del carillon ‘un uomo bruno che ti ama perderai…’ aveva aggrottato le sopracciglia, sempre tenendo gli occhi chiusi ‘un uomo bruno che amerai condannerai….’
Aveva spalancato gli occhi, fissandoli nel buio.
‘Ecco…’ Aveva pensato trionfante ‘ certo…non c’è nulla di vero!Io non potrò mai amare un uomo bruno! Perché io sposerò Lucius!...Certo, perché…io sono innamorata di Lucius!’ aveva realizzato improvvisamente, con il cuore che aveva preso a galopparle in petto.
Non poteva che essere così, lei lo amava, ecco perché l’idea di sposarlo non la sgomentava più, ecco perché il suo cuore batteva forte quando lo vedeva ed ecco perché era gelosa di lui.
Si era innamorata, per la prima volta nella sua vita.
E per l’ultima.
‘Non potrei mai amare nessun altro ora…nessuno è alla sua altezza!’
E non esisteva nessuna maledizione.
Cullata da quella certezza, aveva richiuso gli occhi e si era addormentata, con un leggero sorriso sulla labbra.
Bellatrix aveva fissato fuori dalla carrozza, nel buio della notte, per tutti i pochi minuti del tragitto, ignara dello sguardo di suo padre puntato su di lei.
Una volta rientrati, Cygnus aveva dato ordine di non svegliare Narcissa e di portarla direttamente nella sua stanza.
Bellatrix si era congedata dal padre augurandogli la buona notte, poi si era diretta verso le stanze di sua madre.
Aveva bussato piano, ma sapeva che Druella l’aspettava sveglia.
Era entrata nella stanza semibuia e aveva intravisto la sagoma di sua madre stesa sul letto.
- Ebbene…?- la voce di Druella era volata spettrale fino a Bella.
-E’ tutto fatto.- l’aveva rassicurata subito la ragazza -Avreste dovuto vedere la sua faccia!-
- Era distrutta? Era disperata? Solo questo voglio sapere!- la voce di Druella si era alzata un poco, eccitata.
- Molto di più! Ella era annientata…- aveva risposto Bella ricordando, con un brivido, lo sguardo della Signora Alderman.
- Bene!- Druella aveva sospirato piano -..Lasciami adesso…via…mi stanchi terribilmente..-
- Buona notte madre…- aveva salutato piano la ragazza, uscendo silenziosamente dalla stanza.
Druella non aveva risposto, persa nel suo mondo, un mondo in cui la Signora Alderman piangeva lacrime di sangue e si strappava il cuore dal petto per la disperazione.
Bella era andata nella sua camera con passo stanco e poi si era seduta davanti alla specchiera.
Aveva sciolto i lunghi capelli, osservandosi nello specchio senza vedersi.
Era rimasta immobile per dei lunghi minuti, persa nei sentieri impervi della sua mente, poi si era alzata e si era spogliata del tutto.
Lo specchio rifletteva l’immagine del suo bel e giovane corpo di donna.
Un corpo splendido e desiderabile.
Un corpo che non indossava alcun amuleto.

 

Narcissa, ignara di tutto ciò, viveva nella serena convinzione che l’aveva animata sulla carrozza al rientro dalla festa.
La maledizione era falsa, non solo l’amuleto di Bella la rassicurava, ma soprattutto la considerazione che solo e solamente Lucius avrebbe avuto il suo amore.
Lei e Bellatrix lasciarono Weirwater dirette alla stazione di King’s Cross in silenzio, senza che né Cygnus né Druella le salutassero.
Una volta giunte al binario nove e tre quarti, Bella si allontanò a passo svelto, lasciando Cissy indietro.
Per tutto il resto delle vacanze la ragazza si era isolata e non aveva cercato la compagnia di nessuno, tantomeno quella di Narcissa.
La ragazzina sospirò e, all’improvviso, si rese conto che presto avrebbe rivisto Rubinia.
Non aveva considerato quell’aspetto della situazione.
‘Di certo mi ignorerà’ pensò Narcissa, stringendosi nelle spalle.
- Narcissa!- la chiamò una voce ben nota.
- Ruby!- si lasciò scappare Narcissa, con un tono di voce troppo allegro.
Non voleva ammetterlo ma vedere la sua amica che le correva incontro, come se nulla fosse, le fece piacere.
- Ciao! Scusami, dopo Natale non ci siamo più sentite!- le disse allegramente la ragazzina, che era ancora più pallida del solito.
La Signora Alderman stava alle spalle di sua figlia, con un volto impenetrabile.
Ignorò Narcissa, ma Rubinia non se ne accorse e la ragazza, grazie a questo atteggiamento calmo, vide rafforzata la propria convinzione che non esistesse alcuna autentica maledizione.
Il brivido che le era corso lungo la schiena in quella fatidica sera, in quello spaventoso momento, e quella terribile sensazione di irrealtà, erano stati accantonati.
Dopo qualche minuto le due ragazzine salirono sul treno, alla ricerca di uno scompartimento che non fosse infestato da mezzosangue o da babbani.
Mentre percorrevano i lunghi corridoi, Narcissa rammentò il suo primo incontro con Lucius e, come chiamato dai suoi ricordi, il ragazzo le comparve dinnanzi bloccandole il passaggio.
Suo malgrado Narcissa arrossì, vedendoselo di fronte così all’improvviso.
La nuova consapevolezza dei suoi sentimenti la rendeva più timida al cospetto di lui.
- Allora!- l’apostrofò lui, con il suo solito tono strascicato ed indolente - Il treno è quasi finito, conti di andare direttamente sul binario e seguirci a piedi o uno scompartimento di rispettabili Serpeverde può andar bene per il tuo palato raffinato?- le chiese beffardo.
Lei lo guardò, incredula.
Le stava dicendo di andare nel suo scompartimento?
-Può andar bene…- mormorò piano, cercando di mostrarsi composta e indifferente.
Lui annuì e posò uno sguardo distratto su Ruby, che lo fissava colma di timore reverenziale.
Lucius era davvero bello, specie ai loro occhi di ragazzine, con la sua uniforme perfetta ed i lunghi capelli biondi legati sulla nuca.
Prese Narcissa per il gomito e aprì la porta di uno scompartimento, poi vi fece accomodare la ragazzina, invitando anche Rubinia ad entrare e aspettando che entrambe scivolassero dentro.
Narcissa si bloccò, sorpresa, studiando i volti di coloro che occupavano lo scompartimento.
Quelli erano Serpeverde si, ma del primo anno, come lei e Ruby.
Si voltò verso Lucius, che studiava la sua espressione con aria malignamente divertita.
Sapeva bene quale illusione le avesse dato.
-Non crederai che mi porti dietro delle marmocchie per tutto il viaggio, vero?- la dileggiò con gusto -Nemmeno se una delle marmocchie in questione è la mia dolce metà…- le sussurrò, avvicinandosi al suo orecchio con un sorrisetto diabolico - Se permetti, io vado con quelli della mia età e poi sono un Prefetto, ne va del mio buon nome…mogliettina mia!- sussurrò ancora più piano, in modo che solo lei potesse udirlo.
L’espressione indignata di Narcissa sembrò divertirlo un mondo, perché scoppiò a ridere e le chiuse la porta scorrevole in faccia.
La ragazza si voltò verso i suoi compagni di viaggio, con aria imbronciata.
Rubinia si era già seduta timidamente in uno dei due posti liberi e Cissy si sedette nell’altro, seguita dallo sguardo ammirato dei suoi compagni che la fissavano di sottecchi.
Il viaggio cominciava davvero male!
Ma poi, ripensando alla risata di Lucius, Narcissa si rasserenò.
In fondo lui le aveva usato una cortesia, anche se a modo suo.
Si, nessuno era migliore di Lucius Malfoy e lei non avrebbe mai potuto desiderare di meglio per sé.
Lei non avrebbe mai potuto amare nessun altro.

FINE TREDICESIMO CAPITOLO

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Capitolo 14
*** Malesseri ***


Lo dico e lo ripeterò sempre, io adoro Aloise Alderman, è un personaggio con una sua etica, una donna forte, una strega potente, una madre amorevole...Buona lettura!


UN GELIDO DESTINO

 

Quattordicesimo capitolo

 

( Malesseri)



 

Una donna dallo sguardo cupo, dal passo svelto e dall’incedere deciso, attraversava i lunghi corridoi di Hogwarts, illuminati a tratti dalla luce pallida di marzo.
Arrivata ad una grande e doppia porta di legno scuro la aprì, senza tante cerimonie, ed entrò in un grande stanza rettangolare.
Sul lato sinistro vi erano sei letti e altrettanti paraventi, alla destra vi erano degli armadietti chiusi a chiave ed un’altra porta che si apriva su quello che aveva tutta l’aria di essere un piccolo ufficio.
Il letto più lontano dalla porta era anche l’unico ad essere occupato al momento; tra le lenzuola giaceva la figuretta di una ragazzina, il cui volto pallido e sofferente posava su due voluminosi cuscini, confondendosi quasi con il bianco delle candide federe.
Ai lati del letto stavano due donne, che sembravano fronteggiarsi in una muta sfida.
- Eccomi qua, mi hai fatto chiamare Chips?- chiese la donna, che portava degli occhiali dalla montatura rettangolare, rivolgendosi alla donna bassa e rotondetta che indossava un’immacolata divisa da infermiera.
-Minerva, eccoti finalmente!- sussurrò l’altra, sospirando di sollievo.
L’altra donna, che era alta e ossuta, si voltò con gli occhi lampeggiati.
- Perché Lei? Ho chiesto espressamente del Professor Slughorn che, si da il caso, è il CapoCasa di Rubinia…-
- E si da il caso – intervenne, decisa, Minerva Mc Granitt – Che il Professore sia impegnato e abbia delegato a me questo delicato compito.- le narici della donna si dilatarono nel pronunciare il nome del collega, il quale odiava, risaputamente, le situazioni scomode e delicate - In considerazione del fatto che sono la Vicepreside, tra l'altro. - aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.
L’altra parve ingoiare a forza le parole sgradevoli che, certamente, avevano fatto capolino sulla sua bocca sottile e sostenne lo sguardo della Professoressa per qualche istante ma poi, dinnanzi agli occhi decisi dell’altra, fu costretta a distogliere i propri, che si posarono sulla povera figuretta scarna di sua figlia.
- Signora Alderman – proseguì Minerva – Non abbiamo potuto esimerci dal richiedere la Sua presenza. E' la quinta volta che sua figlia finisce in infermeria, la quarta solo da gennaio, da quando è rientrata dopo le vacanze. – fece una pausa per lasciare che le parole facessero presa nella donna, che si ostinava al silenzio – E' stato tentato ogni rimedio possibile per questi dolori che Rubinia lamenta, ma nulla è servito…- si bloccò e fece cenno alle altre due donne di allontanarsi dal letto.
- La conclusione più plausibile è che abbiano un’altra origine…- e qui, la Professoressa parve esitare per la prima volta -...Riteniamo che siano di origine nervosa e nessuna pozione o decotto può servire per questo.-
La Signora Alderman lanciò uno sguardo furente alla VicePreside, impallidendo sempre di più.
- Mia figlia non è pazza!- esclamò, con aria offesa – E' il cibo di questa scuola che è pessimo!-
L’infermiera parve indignata e intervenne per la prima volta.
- Il cibo di Hogwarts è ottimo ed inoltre si da il caso che sappia curare un’intossicazione alimentare, io! Rubinia lamenta dolori di stomaco ma non ha altri sintomi, senza contare che questi dolori le si presentano senza alcun motivo apparente! Quella povera piccola ha solo un forte stress! -
- Il punto è - la interruppe la Mc Granitt – Che Rubinia con noi non vuol parlare, ma ha lasciato intendere che ha degli incubi che la perseguitano e che ha paura di qualcosa, o di qualcuno…-
- Sciocchezze!- la Signora Alderman sollevò il mento, furente -La porterò al San Mungo, mi pare ovvio che qui non ci sono persone qualificate abbastanza!-
Madama Chips fece per dire qualcosa, ma la VicePreside la bloccò con un'unica occhiata.
- Naturalmente, se desidera sentire un altro parere è liberissima di farlo. – disse poi con voce quieta – Tuttavia, Le consiglierei di parlare con Sua figlia; inoltre, sarebbe un peccato che perdesse la Scuola adesso, visto che è un’alunna diligente.- osservò ancora un attimo il volto non bello di Aloise -La lasciamo sola con Rubinia, vieni Chips!-
La Professoressa e l’Infermiera uscirono, mormorando tra di loro.
La Signora Alderman rimase ferma dov’era qualche istante poi si avvicinò al letto dove giaceva sua figlia, che la fissava con gli occhi spalancati-
- Non voglio andar via mamma…- mormorò con voce timida.
- E’ per il tuo bene, poi starai meglio.- le rispose la madre, decisa – Coraggio ti aiuto a vestirti.-
- Mamma non voglio! Voglio restare a Scuola…- piagnucolò Rubinia debolmente.
- Ti ho detto di non discutere, muoviti!- gli occhi della donna lampeggiarono e sua figlia sembrò accartocciarsi dalla paura.
Passò qualche istante e la ragazzina scostò le coperte con aria disperata e fece per alzarsi, ma in quel momento entrò Narcissa e Rubinia si bloccò, osservando prima la sua amica e poi sua madre con aria spaventata.
-Buongiorno.- salutò fredda Narcissa, rivolta alla donna – Ruby, ritorno più tardi…-
- E’ inutile, Rubinia se ne va, se devi dirle qualcosa, fallo ora. – annunciò fredda la Signora Alderman.
I suoi occhi lampeggiarono mentre osservava la figuretta di Narcissa, ma un lampo di trionfo represso le balenò in fondo allo sguardo gelido.
- Non importa.- disse Cissy, decisa a nascondere la sorpresa e il disappunto alla notizia che la sua amica sarebbe andata via – Ruby ti dirò quando ritorni!- disse fiduciosa, rivolta alla ragazzina, e si voltò uscendo a testa alta.
-Mamma, io voglio restare qui…- sussurrò allora Rubinia – Non voglio perdere la scuola e non voglio tornare a casa…- due grosse lacrime scivolarono lungo le guance scarne.
- Sciocchezze!-  la voce di Aloise fu come una frustata -Ti curerò io stessa, non devi preoccuparti, e avrai un insegnante privato!-
-M-mamma, io c’ero…- sussurrò allora, in maniera quasi impercettibile, sua figlia -…Ero li, ero venuta a cercarti, stavo male, ma tu stavi parlando con le tue amiche e allora mi sono nascosta per il mal di pancia, mi sono stesa su un sofà.- cadde un attimo di silenzio -Perché hai fatto del male a Cissy?-
Sollevò gli occhi, ora colmi di terrore, verso sua madre.
-Cosa intendi? Non capisco…- mormorò la signora Alderman, che invece sembrava capire anche troppo bene.
-Lo sai, alla festa - le spiegò Rubinia, con uno sforzo -Io lo vedo quello che hai fatto a Cissy,  lo vedo sulla sua pelle! E’ un’ombra scura…anche su sua sorella…ma di lei non mi importa nulla! - sospirò piano – Ma Cissy, invece! La sua pelle era così bella e bianca…ed io, ora, la vedo solo con quelle ombre scure, dei segni neri, non riesco più a vederla come prima…- gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre quelli di sua madre la fissavano con muto orrore.
-T-tu vedi la maledizione? Tu la vedi?!- la voce era bassa, ma, allo stesso tempo, acuta.
Rubinia annuì lentamente, con aria poco convinta e con il volto pallido rigato di lacrime.
-M-mamma, io non voglio sposare Rodolphus! E’ orribile, lo è davvero, ti prego mamma!-e, stavolta, scoppiò in singhiozzi stringendosi la pancia con le mani –Ho sempre male quando ci penso, ti prego mamma! Sposerò un altro, qualsiasi altro, o starò sempre con te ma, ti prego, lui no…-
La Signora Alderman cedette di schianto sul letto, troppo inorridita per parlare.
- Tu sei un Testimone, hai sigillato la maledizione…- mormorò la donna, con un tono raccapricciato -Credevo di bastare io, dovevo bastare io! Ma tu eri li, io non ti ho vista! Perchè eri li Rubinia?Perchè?!….il tuo sangue…il mio sangue, la maledizione lo esige!-
Fuori il cielo era azzurro e terso ed il sole brillava, luminoso ma freddo.
Ma mai freddo quanto il cuore della Signora Alderman, che aveva capito che sua figlia era condannata, condannata per mano sua.

 

La Pasqua si avvicinava e nella cittadina di Whitechurch fervevano i preparativi, come sempre per ogni occasione importante.
Andromeda era coinvolta nei festeggiamenti, in quanto ormai faceva parte di quella piccola comunità e tutti la trattavano come se la conoscessero da sempre, conquistati dal carattere solare e allegro di quella ragazza così graziosa che, da qualche settimana, girava mano nella mano con quel fortunello di Ted Tonks.
Andromeda viveva quei giorni godendosi ogni istante, in quanto era fin troppo consapevole che il mese seguente Ted sarebbe partito per la Norvegia e lei sarebbe dovuta rientrare a Weirwater.
Lui faceva progetti per l’estate, quando sarebbe rientrato per le vacanze, raccontandole l’itinerario che aveva pensato per il loro viaggio.
Lei taceva, sognando insieme a lui e celando in fondo al cuore la paura che aumentava giorno dopo giorno.
Ted non sapeva nulla della sua famiglia, delle sue origini. Non sapeva nemmeno chi lei fosse e il senso di colpa si ingigantiva ogni giorno che passava, crescendo come l’amore che provava per lui.
- Andromeda – le aveva detto Hellen pochi giorni prima, vedendola tormentata – La tua situazione è ben diversa dalla mia, la mia famiglia è felicissima all’idea che io accantoni ogni cosa che riguardi i miei poteri, la magia, Hogwarts... ma tu, tu non puoi farlo, lo sai! Prima o poi, Ted dovrà sapere e, credimi, prima è meglio è!-
Andromeda aveva annuito, stropicciando inconsapevolmente la stoffa della sua gonna pantalone.
Amava Ted, come non amava nessun altro, e l’idea di perderlo la terrorizzava; era talmente concentrata su di lui che nemmeno pensava ai suoi genitori e alla sua famiglia.
Ogni mattina si svegliava piena di buoni propositi e ogni sera andava a dormire senza aver risolto nulla.
Erano giorni che non mandava sue notizie a casa.
Quel giorno di fine marzo stava passeggiando mano manina con Ted, socchiudendo gli occhi alla luce del sole che si affacciava timidamente in cielo.
- Il mio volo parte a mezzogiorno, giovedì prossimo. – le stava raccontando il ragazzo – Il primo mese non potrò muovermi, ma poi tornerò ogni quindici giorni.- la rassicurò.
Lei annuì, senza dire nulla. L’idea di stare senza di lui la lasciava senza fiato.
- Potrei venire io - sussurrò la ragazza, sapendo che smaterializzandosi avrebbe potuto fare avanti e indietro ogni volta che lo desiderava.
- No!- le rispose, deciso – Non posso permettere che tu spenda tanto, puoi stare tranquilla, io non mancherò di tornare. –
Le sorrise e le diede un bacio leggero sulle labbra.
Accadde in un attimo.
Lei chiuse gli occhi per ricambiare il bacio e quando li riaprì era distesa su una panchina, con la testa sulle ginocchia di Ted, che la fissava pallido in volto.
-Meno male!- le sussurrò, angosciato -Non sai che paura ho avuto, mi sei svenuta tra le braccia! Come ti senti?-
Andromeda sbatté le palpebre e si rialzò lentamente.
Si sentiva debole, ma nel complesso abbastanza bene.
-Non so come mai, nel momento in cui ho chiuso gli occhi...- cercò di sorridergli.
- Ti porto subito da un medico!- esclamò il ragazzo, aiutandola ad alzarsi in piedi.
-No, no! Sto bene, sul serio!- rispose lei, che effettivamente si sentiva molto meglio – Sarà un po’ di stanchezza!-
Lui la osservò poco convinto, poi la prese tra le braccia, con dolcezza.
- Caspita!- esclamò all’improvviso, Ted – A quest’ora dovevo già essere all’Università per presentare il progetto di cui farò parte!Oddio, non posso lasciarti qui da sola! Prima ti riaccompagno, poi vado!-
Lei rise, di fronte alla sua agitazione.
-Ted!Corri subito e non preoccuparti!- gli disse, dandogli una spintarella – Io sto benone, credimi!Tra poco Hellen sarà qui, proprio qui, perché abbiamo un appuntamento!- indicò una fontana poco lontano, che di soluto fungeva da ritrovo per le compagnie di ragazzi del paese -La aspetterò su questa panchina, come d’accordo, buona buona, ok?-
Lui esitò ancora, ma davanti alle proteste di Andromeda cedette.
- Ti amo infinitamente lo sai vero?- le disse, stringendola forte – Lo sai si, che sei la mia unica gioia? L’unica vera gioia della mia vita?-
Lei gli si strinse, commossa, tuffando le mani nei suoi capelli morbidi, che amava tanto.
- Lo so, ti amo anch’io!- gli rispose con dolcezza, schioccandogli un ultimo bacio sulle labbra.
- A dopo allora! Solita ora e solito posto, ok?- così dicendo si avviò, sventolando la man per salutarla.
Lei annuì sorridendogli con calore e seguendolo con lo sguardo mentre scompariva all’orizzonte.
Poi si sedette e chiuse gli occhi, respirando l’aria fresca e godendosi il quieto silenzio del parco.
Non c’era nessun altro.
Quindici minuti dopo arrivò Hellen, trafelata.
- Andromeda scusa!!- esclamò – C’era una fila infernale e io…-
Ma non c’era nessuno ad accettare le sue scuse, la panchina dove Andromeda avrebbe dovuto essere seduta era vuota e li intorno non c’era anima viva.

FINE QUATTORDICESIMO CAPITOLO

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Capitolo 15
*** Imposizioni ***


Come sempre ringrazio chi legge questa mia storia, in particolare Ecatecallisto che ha, gentilmente, recensito.
Questa ff è davvero incentrata sui sentimenti di ogni personaggio, poco importa che siano di odio, amore, conquista, vendetta o desiderio...ogni personaggio ha i suoi obiettivi, le sue priorità e le persegue in modo appassionato, giusto o sbagliato che sia, nel bene e nel male. 
Quello che mi piace di Narcissa è il fatto che, a modo suo, è pura e cristallina, ha un bisogno smisurato d'amore ed è alla ricerca di un suo posto nel mondo. Mi fa tenerezza il fatto che sia così giovane e circondata da persone troppo prese dai loro obiettivi per darle l'amore ed il calore che merita. E lei? Quale sarà il suo obiettivo, la sua ragione di vita?Buona lettura!


UN GELIDO DESTINO

 

Quindicesimo capitolo

 

(Imposizioni)


Numerosi gruppetti di studenti e studentesse camminavano a passo svelto lungo i corridoi di Hogwarts, tra una lezione e l’altra, diretti verso le varie aule.
Chiacchieravano e ridacchiavano tra di loro o discutevano della lezione appena conclusa.
Narcissa camminava da sola, diretta verso il portone principale e da li alle Serre della Scuola, visto che la prossima lezione della mattina sarebbe stata Erbologia.
L’aria era fresca ma piacevole e il sole, oscurato a tratti dalle nuvole bianche che il vento trascinava con sé in cielo, era tiepido e luminoso.
Il giorno dopo, le lezioni sarebbero state interrotte per una settimana, in occasione delle vacanze di Pasqua.
Era da due settimane che Rubinia aveva lasciato Hogwarts e Cissy non ne aveva saputo più nulla. Trovarsi sola, senza la sua timida e spaurita amica, dava una strana sensazione di abbandono a Narcissa, che si era resa conto di non avere nessun’altra amicizia al di fuori della piccola Alderman.
Tutti erano gentili ed educati con lei, ma i gruppetti si erano già formati e lei era esclusa.
La solitudine non le pesava particolarmente, ma c’erano momenti in cui sentiva la mancanza della quieta e discreta Rubinia.
Anche in questo momento, mentre attraversava i Giardini della scuola, camminava in solitudine staccata dal resto dei suoi compagni di Serpeverde e assai lontana dagli studenti di Corvonero, con i quali seguivano le lezioni della professoressa Sprite.
I capelli biondi le danzavano sulle spalle, contrastando con la nera divisa e scintillando sotto i raggi del sole, strappando qualche sguardo ammirato da parte degli altri studenti.
Improvvisamente il laccio che tratteneva i suoi libri si ruppe ed essi scivolarono a terra, sparpagliandosi.
Lei rimase impassibile, sbuffando infastidita dentro di sé, e rifiutò con garbo e decisione l’aiuto offerto da alcuni compagni, incitandoli a precederla alle Serre.
Si chinò e raccolse velocemente i pesanti volumi e, quando si raddrizzò, si trovo di fronte Susele Andrews e le sue due inseparabili compagne del quinto anno.
- Bene, bene…- mormorò la bella moretta, squadrando la figura esile di Narcissa – Vediamo adesso come te la cavi! E vediamo se sei ancora così carina senza i tuoi bei capelli biondi!- esclamò velenosamente Susele- La vendetta è un piatto che va servito freddo, lo sapevi, piccola vipera?- le chiese poi, e mosse un passo minaccioso verso di lei, sfoderando la propria bacchetta, subito imitata dalle altre due.
Narcissa si rese conto che la sua bacchetta giaceva in terra, proprio accanto ai piedi della sua rivale e capì di essere in un grosso guaio.


La stanza era semibuia e le pesanti tende, tirate del tutto, lasciavano filtrare appena la luce luminosa del mattino.
La ragazza stava seduta su una sedia con le mani posate in grembo, diritta e immobile, lo sguardo perso nel vuoto.
- Intendi andare avanti così ancora a lungo?- le disse severo l’uomo che stava in piedi, a pochi passi da lei.
La ragazza tenne gli occhi scuri fissi dinnanzi a sé, senza battere ciglio.
Muta e testarda.
- Non mangiando e non parlando non risolverai alcun ché!- le ribadì l’uomo, con un impercettibile moto di fastidio – Non hai alcun diritto di atteggiarti così e lo sai bene! Hai mentito e mentito ancora, per mesi!- il tono dell’uomo ora si fece più duro – Questa sera le tue sorelle tornano a casa e sappi che, se manterrai ancora questo atteggiamento, non ti consentirò di vederle-
La ragazza strinse impercettibilmente gli occhi per qualche istante, ma mantenne il proprio sguardo fisso nello stesso punto.
- E’ inutile che tu metta il broncio, Andromeda.– le disse Cygnus, mantenendo la calma con molta fatica – Ritieniti fortunata che io mi limiti a questo! Ma sappi che quel posto, carico di luridi babbani, ha già avuto quello che si meritava…-
Stavolta la ragazza si voltò di scatto verso suo padre, con gli occhi spalancati.
Lui parve soddisfatto di aver finalmente ottenuto una reazione.
-….Babbani…- disse, con la voce colma di disprezzo – Loro e le loro casupole così fragili; i loro giornali hanno parlato di un tifone anomalo, senza precedenti sulle coste gallesi. Una vera sfortuna che siano scoppiati anche quegli incendi...-
Andromeda scattò in piedi e si lanciò contro il padre, afferrandolo per la veste e fissandolo con gli occhi colmi di terrore.
- Che hai fatto??- gli chiese, con voce acuta – Che hai fatto?!-
- Solo il mio dovere di padre e di capofamiglia!- le disse freddo, staccandole le mani con decisione - Proprio tu! La mia primogenita, senza alcun ritegno, con quel babbano! - l’ultima parola esplose come una schioppettata dalla sua bocca - Un lurido sangue sporco! Credevi che ti avrei lasciata rovinare la nostra famiglia in questo modo?- il suo stupore era sincero – Ho ben altri progetti per te!- e, dopo averla scansata con decisione, lasciò la stanza.
Andromeda si accasciò in terra, tormentata dal dubbio e dalla paura.
Suo padre aveva fatto del male a coloro che amava. Come stava Ted? E Hellen? E Michael?
Era stata una stupida e una folle a non considerare tutte le possibili conseguenze.
Si era dimenticata chi era e aveva dimenticato chi era suo padre. Aveva vissuto quei sei mesi in una sorta di sogno dolce come il miele e ora il risveglio era più amaro del fiele.
Si prese la testa tra le mani e scoppiò a piangere, consapevole che suo padre l’avrebbe fatta marcire la dentro, piuttosto che lasciata libera di vivere accanto ad un babbano come Ted.
Poco dopo si addormentò, esausta.
Era da giorni che non mangiava nulla, lo stomaco troppo in subbuglio per reggere qualsiasi cosa e la disperazione troppo grande per farle anche solo desiderare di nutrirsi.

 

Cygnus si fermò e appoggiò una mano sulla porta della stanza di sua figlia, sigillandola nuovamente con l’incantesimo protettivo.
Andromeda nella sua stanza non poteva compiere alcuna magia e la sua bacchetta le era stata sequestrata.
Sentì la propria figlia maggiore scoppiare in singhiozzi disperati e strinse i pugni, afflitto dalla rabbia e dal furore.
Ricordava fin troppo bene la delusione che aveva provato due settimane prima, quando aveva ricevuto il rapporto in cui gli si diceva che Andromeda stava bene, si, ma risiedeva in una cittadina babbana, in casa di babbani, ospite di una sua ex compagna di Scuola.
La sua rabbia era stata grande, ma mai grande come nel momento in cui aveva deciso di andarla a riprendere di persona.
L’aveva trovata tra le braccia di un comune babbano, a scambiarsi baci, parole e promesse d’amore.
Ricordava ancora perfettamente l’espressione impaurita e colpevole di Andromeda quando, seduta su quella panchina, se l’era trovato di fronte, furioso e colmo di dolore.
L’espressione della ragazza era valsa più di mille risposte e lui l’aveva afferrata senza dire una parola e l’aveva ricondotta a Weirwater in un attimo.
Da allora lei non aveva detto una parola e non aveva quasi toccato cibo.
Ma lui la preferiva morta, nella sua casa, che saperla viva, legata ad uno sporco babbano.
Nessuno doveva infangare il nome dei Black.
Si staccò dalla porta della camera di Andromeda e si diresse velocemente nel suo studio.
Afferrò uno specchio dorato e vi si piazzò davanti, mormorando un incantesimo e poi un nome.
Subito dall’altra parte apparve uno stupito Abraxas Malfoy.
- Scusa il disturbo – disse, con l’aria di chi non si sta affatto scusando – Ma ho urgenza di sapere a che punto siamo con quella faccenda.-
L’altro parve sorpreso e leggermente irritato, tuttavia rispose con un tono calmo.
- E’ questione di poco…come mai tutta questa fretta?-
- Devo risolvere questa cosa quanto prima, ora più che mai. Posso contarci?-
- Si, ho promesso e quando io prometto mantengo, ti basta come risposta?- chiese l’altro, mantenendo sempre un tono basso- Non ho forse risolto quella faccenda per te? Quei babbani non hanno avuto quello che si meritavano?-
Cygnus si rilassò e si scusò e poi, dopo qualche altro convenevole, chiuse la conversazione.
Il suo sangue non si sarebbe mai e poi mai sporcato, lui non l’avrebbe permesso.
Si sedette nella sua poltrona preferita e si rilassò, certo di avere tutto sotto il proprio controllo.


Narcissa si chiese, per un attimo, come fosse possibile uscire da quella situazione visto che li intorno non c’era nessuno e che tre contro una, per lo più disarmata, era proprio una brutta faccenda.
Rimase tuttavia impassibile.
- Non dici nulla?- le disse Susele, indispettita da quella mancanza di reazione – Facciamo così, se ti prostri ai miei piedi e mi baci le scarpe, magari posso anche chiudere un occhio! Naturalmente devi farlo anche con loro due...- e indicò con un breve cenno le sue amiche.
Narcissa non batté ciglio.
- Forse, oltre che tagliuzzare i tuoi capelli, dovrei tagliuzzare anche i tuoi abiti allora…- aggiunse l’altra, con cattiveria – Saresti proprio carina!-
Narcissa sollevò un sopracciglio e sorrise. Ecco l’appiglio che le serviva.
- Di certo sempre molto più carina di te Susele, ho saputo che Lucius Malfoy ti ha scaricata già da un po’, chissà come mai?-
Susele arrossì di rabbia.
- Lui non mi ha scaricata!- sbottò, con un tono frustrato e quasi lamentoso -Nessuno mi scarica, piccola sgualdrina!-
- Che mi dici se ti svelo il motivo per il quale lui ti ha mollata?- le chiese Narcissa, divertendosi un mondo davanti l’espressione di quella stupida ragazza.
La situazione le era del tutto sfavorevole eppure, nel giro di un attimo, aveva invertito i ruoli e nonostante l’altra avesse la bacchetta, fosse più grande e non fosse sola, era Narcissa che conduceva il gioco in quel momento.
‘Pensa…pensa…come puoi cavarti d’impaccio Narcissa?’ si chiese nel frattempo, cercando di non far capire che stava maturando un piano.
- Vero motivo?- le chiese Susele– Che stai dicendo?-
- Certo, lui stava con te ma poi ti ha lasciata, giusto..?- le disse Narcissa, continuando a prendere tempo – Ed io so bene qual è la ragione!-
- Smettila di parlare di Lucius…- le rispose la ragazza, evidentemente agitata, ma chiaramente attratta dall’argomento, mentre le altre due si scambiavano uno sguardo preoccupato e incerto.
- Il punto è – disse Narcissa, ignorandola – Che lui ti ha lasciata perché è pazzamente innamorato di un’altra ragazza!-
Susele sgranò gli occhi, folgorata.
‘Non è elegante, ma…’ sospirò dentro di sé Cissy e lasciò cadere per terra due dei pesanti libri, che stringeva ancora al petto, con un tonfo sordo.
Le altre tre si distrassero e spostarono istintivamente lo sguardo su i due tomi e allora Narcissa, tenendo saldamente con due mani il libro che ancora reggeva, lo calò con tutte le proprie forze sulla mano di Susele che stringeva la bacchetta.
La ragazza la lasciò cadere con un urlo di sorpresa e di dolore e Narcissa l’afferrò al volo.
- Wingardium leviosa!- esclamò poi e gli altri due volumi si sollevarono e poi, guidati dalla bacchetta e dalla volontà della ragazzina, andarono a colpire al volto le altre due ragazze, troppo sorprese dalla dinamica e dalla velocità dell’azione.
Si portarono le mani al volto contemporaneamente, lasciando cadere a propria volta le loro bacchette.
Narcissa si tuffò agilmente e le raccolse riuscendo a recuperare facilmente anche la propria, che giaceva li accanto.
Si rialzò al volo, trovandosi così alle spalle delle tre e scoppiò a ridere, entusiasta di se stessa e della propria abilità.
- Bene, bene!- disse con voce trionfante, mentre le altre tre si voltavano di scatto, ancora doloranti e stordite – Grandi e grosse e vi siete fatte giocare così! Anzi, forse è proprio perché siete così grandi e grosse…e stupide!-
Susele, che ancora si reggeva la mano colpita, la fissava con gli occhi sbarrati.
- Allora – disse Narcissa, arretrando e mettendosi a distanza di sicurezza – Lo vuoi sapere chi è che Lucius Malfoy ama alla follia? Vuoi sapere chi è che Lucius Malfoy desidera sposare?- prese un attimo di respiro – Sono io! Proprio io, Susele! Si da il caso che io sia la fidanzata di Lucius Malfoy e che lui, anche se ho solo dodici anni, mi adori e mi veneri!Quindi ti conviene starmi alla larga o gli chiederò di fartela pagare e lui, te lo posso assicurare, fa ogni cosa pur di rendermi felice!-
Le tre ragazze rimasero una volta di più senza parole, riuscendo solo a fissare la piccola ragazzina bionda che le aveva giocate con tanta facilità.
- Davvero belle queste bacchette, nuove vero?- chiese allora Narcissa con malizia e il suo sorriso si fece più ampio, vedendo l’espressione delle altre tre.
Ricominciò ad arretrare lentamente, prendendo una alla volta le bacchette delle sue rivali e spezzandole con grande soddisfazione.
Ad ogni schiocco Susele e le sue amiche sussultavano.
- La vendetta va gustata fredda?- la sbeffeggiò Cissy – Mai sentita sciocchezza più grande! La mia è calda eppure ti assicuro che me la sto gustando lo stesso!-
Susele tremava di rabbia adesso.
- Manca ancora una cosa…- aggiunse poi Narcissa, senza più sorridere – Volevi tagliuzzare i miei abiti, vero?-
Puntò la propria bacchetta contro le altre tre e, con un abile incantesimo tagliuzzante, sfrangiò le loro nere e immacolate divise.
- Ecco fatto! Questa è la fine che fanno gli stupidi…- mormorò rinfoderando la bacchetta, mentre osservava le altre tre guardare inorridite le proprie divise e poi scappare verso il Castello.
‘Accipicchia, sono in ritardassimo…’ pensò poi, senza scomporsi più di tanto.
Raccolse di nuovo i libri con calma e si voltò per avviarsi verso le Serre, prima che la mandassero a cercare.
Ma si bloccò quando vide Lucius a pochi passi da lei.
Non sorrideva e i suoi occhi non erano beffardi o ironici, come lo erano di solito, ma erano carichi di furore.
- Si può sapere cos’è questa storia?- le chiese, con voce dura.
Lei sentì il proprio cuore galopparle in petto. Lucius era chiaramente inferocito.
- Come ti permetti di dire in giro certe cose?- le disse con la voce piena di freddo furore, scrutandola con gli occhi gelidi – Adesso tutta la Scuola ne verrà a conoscenza nel giro di due minuti! Si può sapere cosa ti da il diritto di rendermi ridicolo? Lucius Malfoy innamorato di una dodicenne, al punto da perderci la testa? Al punto di diventare una specie di allocco infatuato?-
- Allora di alla tua amichetta che la smetta di importunarmi!- gli disse Narcissa, cercando di controllare il tremito della voce.
Non si era aspettata di vederselo di fronte e non si era aspettata una reazione simile.
Scattò in direzione delle Serre cercando di fare un’uscita drammatica ma Lucius, con un balzo, le fu accanto e le afferrò il braccio.
- Dove ti credi di andare?- le disse, più calmo ora.
Lei sollevò gli occhi, che incontrarono quelli di lui: seri ma non più furiosi.
Il ragazzo osservò il volto arrossato di lei che cercava di nascondere i propri sentimenti, ma i cui occhi brillavano incessantemente.
- Non li hai ancora compiuti i dodici anni...- le disse più piano, continuando a guardarla – Ma, visto che io sono così innamorato di te, posso pretendere un bacio?-
Gli occhi della ragazza si spalancarono.
Lucius rimase impassibile mentre Narcissa si era aspettata che scoppiasse a ridere, come sempre.
‘Un bacio…?...il primo bacio, con lui?’ l’idea era ammaliante.
Qualche istante dopo i suoi occhi si chiusero e lei rimase ferma in attesa, le labbra rilassate, né protese né sigillate.
Lui continuò a fissarla, con gli occhi socchiusi.
Poi avvicinò il proprio volto al suo, i suoi lunghi capelli le sfiorarono il viso e le labbra le si avvicinarono lentamente.
- Credi davvero che mi interessi baciare una bambina..?- le sussurrò, cogliendola di sorpresa, poi le diede un morsetto punitivo al lobo dell’orecchio.
Lei sussultò e arretrò di un passo, coprendosi l’orecchio con la mano e fissandolo scandalizzata e offesa.
Questa volta Lucius scoppiò a ridere di cuore.
- Questo è il massimo che avrai!Spiacente!-
- Sei solo uno sciocco! – gli disse, controllando a fatica il tono di voce – E sei degno solo di pulirmi le scarpe!Susele Andrews è proprio la compagna ideale per te!-
Lui la prese per le spalle e la scosse, facendole cadere nuovamente i libri dalle braccia e perdendo la calma che di solito sembrava accompagnarlo.
Era un altro Lucius e pareva davvero pericoloso adesso.
- Ti do un consiglio mocciosa, non provocarmi e smettila di atteggiarti a fidanzatina, perché potrei davvero stancarmi!-
Poi si bloccò, vedendo la sua espressione sofferente.
Sospirò piano, senza lasciarla andare.
- Dammi le bacchette di quelle tre…- le disse con la voce più bassa – Non penserai di portartele dietro o di abbandonarle qui, vero? Risalirebbero subito a te! Meno male che ero da queste parti…sei fortunata che al sesto anno abbiamo tanto tempo libero!-
Lei prese dalla tasca  quello che restava delle bacchette delle tre e gliele porse, troppo afflitta per discutere ancora o per parlare.
Il giovane la fissò ancora un momento.
Le lunghe ciglia scure che le ombreggiavano gli occhi chiari e le labbra socchiuse.
Le lasciò andare di colpo le spalle e le mani le circondarono il viso, costringendola a sollevarlo, poi si abbassò e la baciò sulle labbra.
Un bacio duro e rapido, senza pathos.
E tuttavia, per qualche istante, le loro labbra si sfiorarono e rimasero a contatto.
Quelle di lui fredde e dure, quelle di lei morbide e calde.
Poi la lasciò andare e si allontanò, senza aggiungere una parola, sventolando la mano in segno di saluto.
Come in trance, Narcissa si chinò per raccogliere, per l’ennesima volta, i suoi libri di testo e poi si voltò e si diresse verso le Serre.
- Black!- l’accolse la Professoressa Sprite – Ti davamo per dispersa!Stavo per mandare qualcuno a cercarti! Tutto bene? - si preoccupò poi la donna - Sembri sconvolta, hai la febbre?-
- No, no! mi scusi per il ritardo…- mormorò Narcissa.
- Va bene, per stavolta non ti toglierò punti, ma che non si ripeta più.- disse la donna, studiandola ancora qualche istante.
Narcissa si accorse a malapena di quello che le accadeva intorno.
Il suo primo bacio!Con Lucius!
Quindi, dopotutto, lui provava qualcosa per lei!Sorrise tra sé durante tutta la lezione, serbando nella sua mente quei momenti come un ricordo prezioso; dimentica di quegli altri istanti in cui aveva intravisto un altro Lucius, duro e freddo, celarsi dietro la maschera impassibile e beffarda che indossava sempre.

FINE QUINDICESIMO CAPITOLO.

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Capitolo 16
*** Inconsapevole salvezza ***


Come disse una che ne capiva: "certo che Narcissa è determinante in questo capitolo! "eh, in effetti...Cissy fa ben poco ma, del resto, serve spazio per tutti. Buona Lettura!

UN GELIDO DESTINO

 

Sedicesimo Capitolo

 

(Inconsapevole salvezza)

 

Le sorprese, per Narcissa, non erano ancora finite quel giorno.
La sera le carrozze portarono gli studenti di Hogwarts al treno e quindi il rosso e lucente Espresso, che da tempo era al servizio della Scuola e che ora era il mezzo di trasporto obbligatorio anche per le famiglie purosangue, li condusse fino al binario nove e trequarti, dove la famiglie li attendevano ansiosi.
Per Bellatrix e Narcissa c’era Dorothy, come di consueto, che le aspettava con un’espressione sorridente che nascondeva una notevole agitazione.
- Eccovi qui!- esclamò la donna, sorridendo con particolare calore alla sua bionda protetta – Fuori c’è la carrozza di famiglia, come sempre. Anche se la strada non è poi molta…-
- Cosa cambia?- chiese Bella, infastidita – Tanto lo sai che in pochi minuti ritorniamo in Scozia: che giro assurdo!-
- Ehm, no.- sussurrò la domestica, con aria contrita – Non andiamo in Scozia, da qualche giorno ci siamo trasferiti nella casa di Londra. Weirwater è stata chiusa…- concluse, scoccando un’occhiata oltre le teste delle due ragazze, con aria sfuggente.
- Chiusa?- esclamarono entrambe le sorelle, al colmo dello stupore.
- Si, Vostro padre ha deciso di trasferirsi definitivamente qui a Londra, fino a data da destinarsi…- Dorothy proprio non riusciva a guardare in volto le due giovani Black – Bene, sarà meglio muoversi! Vostro padre ha chiesto espressamente di non perdere tempo e non fare deviazioni, credo sia molto ansioso di rivedervi-
Bella era oltremodo seccata dal tono misterioso della governante, mentre la mente di Cissy lavorava frenetica alla ricerca di una spiegazione plausibile.
Il brevissimo viaggio si svolse in silenzio e, dopo pochi istanti, le tre si trovarono in una strada isolata a pochi passi da un quartiere babbano e non lontano da Grimmauld Place, dove risiedevano la zia Walburga, Sirius e Regulus.
Dorothy estrasse la bacchetta, se la portò accanto alle labbra e mormorò ‘Black…Aparecium…’
In un istante la strada parve dilatarsi e poi restringersi nuovamente.
Tutto sembrava normale solo che, al posto di un vecchio magazzino stretto tra due palazzine, vi era un casa di tre piani, con un’imponente porticato e una piccola scalinata di marmo nero, così come nere erano le due colonne che la sormontavano.
Narcissa non entrava in quella casa da almeno otto anni e quindi ne conservava davvero un vago ricordo.
Subito l’aria di un ambiente chiuso e abbandonato le accolse, facendole fermare poco dopo la soglia per riprendersi un attimo da quella zaffata, che sapeva di umido e stantìo.
L’ingresso era fiocamente illuminato da poche candele e una tappezzeria scura e pesante rendeva il tutto estremamente poco accogliente.
Cissy rimpianse all’istante le stanze grandi e luminose di Weirwater.
Anche Bella sembrava alquanto contrariata da quel cambiamento.
Nessuna delle due, tuttavia, fece commenti, serbando dentro di sé le proprie impressioni negative.
- Eccovi.- mormorò una voce poco lontano, facendole sussultare – Vi do il tempo di cambiarvi, dopodiché vi aspetto a cena-
Cygnus le osservava con un’espressione indefinibile sul volto.
- Buonasera…- mormorò Narcissa, colpita dall’aria grave e particolarmente severa del padre - Andromeda è già qui?-
- Vostra sorella sta poco bene- disse lui, duro – Vi voglio a tavola tra mezz’ora, non un minuto più tardi!- si voltò e si allontanò,
senza aggiungere nulla.

Narcissa scambiò un’occhiata con Dorothy, che non proferì parola ma si limitò ad incamminarsi lungo la scalinata che portava al piano superiore.
Bella continuò ad osservare il punto in cui era sparito suo padre, con gli occhi socchiusi e un’espressione avida sul volto.

 

Andromeda stava distesa sul proprio letto, sentendosi debole e senza forze.
Le orecchie le ronzavano e lo stomaco brontolava incessantemente.
Sentì battere l’una dal grande pendolo dell’ingresso ma non si mosse, troppo stanca e troppo disperata.
Aveva perso il conto di quanti giorni era prigioniera del suo stesso padre. Quindici, venti?
Non lo sapeva più.
Sapeva solo che, qualche giorno prima, suo padre aveva fatto sgomberare Weirwater e aveva fatto traslocare tutti a Londra.
Andromeda era pallida e smunta, consumata dalla preoccupazione per quello che Cygnus le aveva detto nel pomeriggio.
Cercò di non pensare per la millesima volta a Ted, perché ogni volta le stesse orribili immagini di morte e sofferenza la investivano, facendola sprofondare nella disperazione più nera.
Si rigirò sul fianco, emettendo un sospiro tremulo.
Odiava quella sensazione di impotenza.
Non poteva fare nulla, prigioniera in quella stanza.
Chiuse gli occhi e si appisolò
Passarono solo pochi istanti, o così le parve, e riaprì gli occhi svegliata dal rumore di qualcuno che trafficava dietro la sua porta.
Si mise a sedere con il cuore in gola.
Poi la porta si aprì lentamente e qualcuno scivolò dentro, silenzioso.
- Ssh…- sussurrò piano la furtiva figura - …Non dire una parola, muoviti svelta!-
Andromeda soffocò un gridolino di sorpresa e di gioia; scese svelta dal letto, ignorando la testa che girava vorticosamente, indossò le sue scarpe che giacevano la da giorni e seguì la nera figura fuori dalla propria prigione.

 

Pochi istanti dopo si ritrovò nelle cucine della grande casa dove, a quell’ora, non vi era più nemmeno un elfo domestico.
- La porta è già aperta.- le sussurrò la sua salvatrice – Esci tranquilla, poi ci penso io…-
Andromeda osservò per qualche istante il vicolo sul quale la porta si apriva, poi si voltò e gettò le braccia al collo della persona che le stava regalando la libertà.
- Grazie…- sussurrò commossa – Non so come tu abbia fatto, ma grazie! Non finirai nei guai, vero?-
- Lascia perdere, non c’è tempo.- sussurrò in risposta l’altra persona – Qui ci sono il tuo cappotto e la bacchetta, vai ora!-
Andromeda annuì, con le lacrime agli occhi, poi lanciò un lieve bacio sulla punta delle dita a colei che l’aveva resa di nuovo libera e scivolò nell’oscurità.
La figura scivolò fuori dalla porta osservando Andromeda allontanarsi velocemente e poi, dopo un attimo, smaterializzarsi.
-Vai, povera stupida! - sussurrò Bellatrix, con un ghigno soddisfatto, poi rientrò nuovamente dentro casa.
-Spostati, devo sigillarla nuovamente.- le sussurrò un’altra figura che le era apparsa dietro, quasi dal nulla.
Bellatrix si fece di lato e l’altra estrasse la propria bacchetta sigillando la porta con un potente incantesimo.
Le due donne di scambiarono uno sguardo soddisfatto.
- Andiamo a letto.- mormorò Druella, rivolta alla sua secondogenita – Quell’essere indegno che puzza di babbano, che si è fatta toccare da uno di loro, non è più un nostro problema!-
Entrambe si voltarono e tornarono a dormire.

 

Hellen si svegliò presto come di consueto quella mattina, troppo avvilita per gioire delle imminente feste pasquali.
Come gioire del resto?
Whitechurch era stata colpita duramente e nessuno aveva voglia di pensare alle feste, quando tanti di loro non avevano neppure più un tetto dove festeggiarle.
Si sollevò su un gomito e per poco non lanciò un grido di terrore.
Seduta sulla sedia della sua scrivania, con gli occhi spalancati che la fissavano vitrei, c’era Andromeda.

 

- Andromeda!- esclamò la ragazza, indecisa se gioire alla vista della sua amica o inorridire per le pessime condizioni in cui versava.
Andromeda si alzò di scatto e pose una mano sulla bocca della sua amica, continuando a fissarla.
- Stavo per svegliarti io, sono ore che attendo l’alba!- mormorò, chiaramente esausta – Hellen, perdonami! Ho visto il quartiere, quante case distrutte!- gli occhi le si riempirono di lacrime - E Ted…e Michael?- chiese poi, in un sussurro spaventato, terrorizzata dalla possibile risposta.
- Stanno bene, non si è fatto male nessuno.- sussurrò Hellen contro le dita gelide della ragazza - Ma mi devi spiegare! Quel giorno...non sai quanto ti abbiamo cercata!-
Andromeda tolse la mano dal volto della sua amica e se la passò tra i capelli, che avevano decisamente bisogno di uno shampoo.
- Raccontami, ti prego, dimmi tutto. Poi ti dirò io…- mormorò, fissando il vuoto.
Hellen osservò il volto pallido ed emaciato della sua amica e prese a parlare.
- Ti cercammo per ore, Ted era fuori di sé! Io non sapevo che fare, ero quasi certa che qualcuno della tua famiglia fosse venuto a riprenderti ma non potevo dirlo ai ragazzi, avrebbero mobilitato Scotland Yard, la polizia insomma…- spiegò la ragazza – La sera ho convinto Ted ad andare a casa sua, per aspettarti lì ma, poco dopo la mezzanotte…- Hellen deglutì, chiudendo gli occhi un istante – Prima si è fatto tutto buio, poi è scoppiato il finimondo! Ted e Michael sono corsi fuori ma io ho sentito nel trambusto qualcuno declamare degli incantesimi e così sono corsa sul retro.- Hellen sembrava sopraffatta e riprese fiato un istante - Andromeda! C’era almeno una dozzina di uomini incappucciati!!Avevano tutti una bacchetta in pugno e hanno cominciato a lanciare incantesimi a destra e manca!Le case prendevano fuoco e un vento innaturale alimentava le fiamme!!- gli occhi erano sbarrati mentre riviveva quei terribili istanti – La gente urlava e usciva dalle case e quelli dopo un po’ si sono smaterializzati, lasciando tutti nel caos. Allora, ho estratto la mia bacchetta e ho cercato di spegnere le fiamme almeno a casa di Ted, ma dopo un secondo mi sono trovata circondata da non so più quanti maghi del Ministero e da Auror!-
- Auror?!- esclamò Andormeda, con l’orrore negli occhi.
- Si!Mi hanno disarmata e hanno cominciato a bombardarmi di domande!Poi hanno spento qualche incendio, ma nel mentre erano giunti i pompieri e loro sono spariti. Il giorno dopo ho ricevuto un richiamo dal Ministero per aver usato la magia davanti a babbani e ho dovuto presenziare ad una Udienza…- rabbrividì nel suo pigiama felpato.
- Davanti a babbani…?- le chiese Andromeda, temendo la risposta della sua amica.
- Si! Ted e Michael, quando è scoppiato l’incendio, si sono precipitati in casa per salvarmi e, non trovandomi, sono usciti sul retro e lì…stavo spegnendo le fiamme…non ti dico le loro facce! Poi, quei cretini del Ministero si sono materializzati proprio li! ho creduto che Michael sarebbe svenuto... così Andromeda – sussurrò con urgenza Hellen – Adesso sanno tutto! Anche Ted!-
Andromeda si alzò di scatto, inorridita.
- No!- esclamò – No! Non così! Non volevo!- le lacrime presero a scorrere copiose.
- Ascolta!- cercò di tranquillizzarla Hellen – Lui ti ama! E’ andato a cercarti, è andato in Scozia! Ma era fuori di sé e io non ho più sue notizie, Michael lo ha seguito…mi ascolti??-
Ma Andromeda era troppo sconvolta e non udì una sola parola, piena di orrore si smaterializzò, lasciando Hellen a fissare la propria stanza vuota.

 

Andromeda si materializzò nel mezzo di Londra ma per sua fortuna a quell’ora non vi era quasi nessuno, solo qualche babbano che andava di fretta e qualche spazzino, che non si accorse di nulla.
‘E’ finita…’ si disse disperata ‘Non ho più nulla, lui non potrà mai perdonarmi…è così onesto…Ted…’
Poi svenne su quell’umido marciapiedi e, finalmente, quei babbani frettolosi si accorsero di lei e circondarono con aria curiosa e solerte il corpo esanime di quella ragazza.

 

L’urlo di furore di Cygnus svegliò tutta la casa.
Andromeda era fuggita sotto il suo naso.
Estratta la bacchetta l’uomo distrusse ogni oggetto, ogni cosa che apparteneva alla sua primogenita, un tempo così amata.
- Chi…chi l’ha aiutata?!- urlò al colmo della rabbia – Chi ha osato!!!-
Druella, Bellatrix e una sconvolta Narcissa assistevano alla terribile sfuriata di Cygnus, nel corridoio davanti alla stanza di Andromeda.
- Voglio il colpevole!- ringhiò, rivolto alla sua famiglia e a tutti i domestici, che lo fissavano impauriti - Non poteva scappare da sola!Non poteva!-
I suoi occhi si puntarono su Bella, che rimase impassibile, e poi su Narcissa la cui espressione attonita era già una risposta.
- Solo un mago maggiorenne poteva…- e fece scivolare lo sguardo su sua moglie, che rimase anch’essa muta e impassibile - O una creatura magica…- concluse lentamente, spostando lo sguardo su di un Elfo domestico che si era fatto timidamente avanti.
- Padrone, la signorina piangeva e supplicava….- disse l’esserino, con lo sguardo fisso ed una voce innaturalmente priva di espressione – E Anlachi ha eseguito gli ordini della signorina…-
Gli altri elfi domestici si strinsero l’uno all’altro, guardando con disapprovazione, mista a orrore, il loro sventato compagno.
- Disobbedendo ai miei…- disse Cygnus, che puntò la bacchetta contro l’elfo – Avada Kedavra…- Una luce verde fuoriuscì dalla bacchetta e si rifletté nei tondi e grandi occhi di Anlachi, che un secondo dopo era a terra, immobile.
Morto.
Un attimo di silenzio scese nel corridoio.
Narcissa non poté staccare gli occhi dal corpo rigido ed esanime del piccolo Elfo domestico per diversi secondi.
Non aveva mai visto morire nessuno prima.
- Portate via questa cosa….- disse Cygnus, che si scostò di qualche passo, non dopo aver lanciato uno sguardo penetrante a Druella – E da oggi in poi, che nessuno osi nominare il nome di Andromeda in questa casa o in mia presenza, da oggi io ho solo due figlie.- e si allontanò, altero e rigido.
- Andromeda Black è morta! Non è più una Black, non esiste più…- sussurrò più piano, ignorando il dolore che lo attanagliava e ignorando che con le sue parole aveva salvato sua figlia da un destino triste e oscuro.
L’aveva salvata da una maledizione.

 

Piano piano Andromeda riprese conoscenza, mettendo a fuoco l’ambiente attorno a sé.
Muri bianchi. Suoni acuti a intervalli regolari. Vociare sommesso. Un penetrante odore di alcool…o disinfettante.
- Era ora…- esclamò una gioviale voce di donna, da qualche parte accanto a lei – Ecco che la bella sconosciuta riprende conoscenza!-
In un secondo gli eventi delle ultime settimane ripiombarono su Andromeda, che si alzò di scatto. Fu una mossa sbagliata.
Il movimento repentino le causò un giramento di testa e una forte nausea. La donna fu pronta, infilando un catino sotto il naso di Andromeda, che ci vomitò dentro il poco che aveva mangiato in quei giorni.
Subito dopo la sconosciuta l’aiutò a riadagiarsi nel letto.
- Bene, tutto normale direi!- le sorrise, cordiale – Tra poco il medico sarà qui, tranquilla cara.-
- Medico…?- chiese debolmente Andromeda.
- Naturalmente cara! Dopo che ti hanno raccolto ti hanno portato qui. Sei in un ospedale.-
- Sono al San Mungo?- si stupì la ragazza.
- San Mungo..?No cara, sei al San Paul, non ricordi nulla? Oh, ecco il Dott. Jones!-
Andromeda sollevò leggermente il volto, intuendo pian piano di trovarsi in un Ospedale babbano ma troppo debole per preoccuparsi.
Andromeda fu docile e si fece visitare senza dire una parola, chiedendosi confusamente cosa avrebbe mai potuto fare dopo.
Era sola ed era così debole.
Il Dott. Jones, che aveva una cinquantina di anni, le sorrise amichevolmente alla fine della visita.
- Bene, ehm, Andromeda…nome molto originale direi!- le sorrise di nuovo, incoraggiante -Non c’è nulla di grave o niente di strano, una gravidanza normalissima di sette, otto settimane direi, mia cara…Lei sapeva, si…ehm…no?- si interruppe in imbarazzo, vedendo l’espressione folgorata della sua giovane paziente.
-Gravidanza…?- sussurrò la ragazza, incredula.
-Eh…si…- le confermò lui – Lei è incinta mia cara, un paio di mesi: giorno più, giorno meno…-
- Devo andare- mormorò Andromeda, sotto shock.
- Oh…no mia cara, no no, Lei può restare qui, con calma….magari può…no, aspetti Lei non sta bene!-
Ma Andromeda, con un guizzo inatteso, si alzò di scatto e si infilò dietro un paravento.
Quando il Dott. Jones spalancò quello stesso paravento, un secondo dopo, la bella sconosciuta era scomparsa.

 

Andromeda si rese conto di non avere nemmeno il suo cappotto, ma solo i suoi indumenti e la bacchetta infilata nei pantaloni.
Incinta.
Aspettava un bambino.
La verità cominciava a filtrare nei meandri della sua mente intorpidita.
Come avrebbe potuto fare? Ted l’avrebbe mai perdonata?
La paura l’assalì. Un figlio.
Che vita avrebbe potuto dargli o darle?
Si fermò di botto, in mezzo alla strada.
Le strade erano affollate di gente che tornava a casa per cena.
A casa.
Andromeda si infilò in un vicolo e, per l’ennesima volta nelle ultime ventiquattro ore, si smaterializzò.

 

Quando giunse nella strada deserta, dove sapeva celarsi la propria casa, Adromeda estrasse la bacchetta e se la portò alle labbra sussurrando – Black…Aparecium…-
Non accadde nulla.
Riprovò e riprovò.
Nulla.
Lacrime presero a rigarle il volto. Sapeva cosa significava tutto ciò.
Era stata bandita, ripudiata dal suo stesso sangue.
Non era più una Black.
Singhiozzò amaramente sulla propria bacchetta, con il volto chino e le spalle scosse dai singhiozzi.
-Povera, povera, Andromeda…- sussurrò una voce nella notte, accanto a lei.
Andromeda sollevò di scatto il volto e fissò lo sguardo, annebbiato dalle lacrime, sul viso di sua sorella Bellatrix.
-B-Bella…- singhiozzò, travolta da un’ondata di sollievo genuino.
- Ti aspettavo, sai? Sapevo che saresti tornata…- Bella la fissò per un attimo -…Non ci si può fidare di loro….-
- B-Bella ascolta- la interruppe Andromeda, con urgenza -Credo che papà mi abbia ripudiata! S-sai che così non posso entrare in casa, ti prego, ho bisogno…io devo parlare con lui!- esclamò Andromeda, attaccandosi alla veste scura della sorella.
Bella guardò disgustata le mani di sua sorella e, con uno strappo secco, gliele staccò dai suoi abiti.
- Non osare toccarmi con quelle mani sudice!- mormorò fredda, con una smorfia.
-S-scusa…- singhiozzò Andromeda – E' un po’ che non faccio un bagno! Bella, ti prego, tu puoi aiutarmi! Ti prego, dì a papà che sono qui!-
Bellatrix scoppiò a ridere, gettando indietro la testa.
- La mia forte e coraggiosa sorella, la ribelle!…l’amata primogenita…- la risata si spense -Sei finita Andromeda, tu non esisti più! Sei lercia, ti sei mischiata con quei dannati sangue sporco…puzzi…- sospirò di piacere mentre inveiva contro la sorella che un tempo era stata la sua guida, il suo esempio - Non farti vedere mai più qui, nessuno vuole vederti di nuovo! Traditrice del tuo sangue!- e, ignorando lo sguardo colmo di dolore di Andromeda, si voltò e sparì, inghiottita nella notte.
- Bella!- urlò Andromeda, disperata – Bella, ti prego!Bella…- la voce le si spezzò e lei si accasciò al suolo, singhiozzando disperatamente.
I capelli ramati che si mescolavano alla fanghiglia dell’asfalto umido.
-…Bella…- ripeté all’infinito -.. ti prego…-
La strada buia non sentiva altro che i sospiri spezzati di Andromeda e il suo richiamo disperato.

FINE SEDICESIMO CAPITOLO

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Capitolo 17
*** Qualcosa di caldo ***


Con questo capitolo, le vicende di Andromeda, si possono dire concluse. Lei non apparirà quasi più, e sottolineo quasi... il suo destino è ben avviato e sappiamo tutti com'è andata! Buona lettura!
 

UN GELIDO DESTINO

 

Diciassettesimo capitolo

 

(Qualcosa di caldo)

 

In quei giorni di aprile l’aria della primavera era ancora ben lontana da Londra e la nebbia la faceva da padrona.
La gente camminava in fretta, presa dai propri impegni e gettava a mala pena uno sguardo intorno a sé e men che meno ai volantini fatti artigianalmente che, ogni tanto, facevano la loro comparsa sui muri delle strade principali ed anche dei vicoli.
‘Scomparsa’ si leggeva a caratteri in stampatello e, sotto, l’immagine di un volto di ragazza abbozzato con la matita.
Un volto ovale dai grandi occhi scuri, il naso diritto e una bella bocca carnosa.
L’espressione sul viso estremamente seria e sofferente.
Sotto l’immagine si leggevano dei dati:

Età: 18/21; Altezza: 1.70 circa; occhi: neri; capelli: castano ramato; segni particolari : nessuno visibile.
Abiti indossati al momento della scomparsa: pantaloni blu, maglione rosa, camicetta bianca.
In caso di avvistamenti telefonare allo (0)20 9575 9712 e chiedere del Dott. A.P.B. Jones.
Nessuno vi badava molto, perché annunci di quel tipo facevano la loro comparsa praticamente ogni giorno.
Giovani sbandati che scappavano di casa.
La nebbia rendeva Londra spettrale anche di giorno e da quei volantini gli occhi scuri della ragazza sembravano frugarla, alla ricerca di qualcosa…o di qualcuno.

 

Andromeda stava rannicchiata in terra, abbracciandosi le gambe e fissando il muro davanti a sé.
Poteva sentire ancora sulla proprie dita la sensazione della stoffa dell’abito di Bellatrix. Poteva udire ancora la sua voce, le sue parole.
Piano piano stava rendendosi conto della realtà.
Non avrebbe mai più rivisto la propria famiglia, né la propria casa.
Amava suo padre, ma l’amore che gli portava non l’aveva mai resa cieca dinnanzi alla realtà.
Sapeva che per Cygnus la purezza di sangue e la nobiltà della loro origini erano le cose più importanti, da difendere ad ogni costo.
Sua madre non le aveva mai prestato attenzione e, con un minimo di chiarezza che andava facendosi strada nella sua mente intorpidita, si rese conto che solo Druella avrebbe potuto annullare gli incantesimi protettivi che suo padre aveva usato per renderla prigioniera.
Bellatrix...la sorella che amava tanto, della cui bellezza e del cui carattere fiero era stata così orgogliosa.
Narcissa.
Andromeda chiuse gli occhi un istante mentre una nuova sofferenza l’attanagliava.
La sua sorellina adorata.
Non l’aveva rivista neanche per un attimo, non aveva potuto nemmeno dirle addio.
Non l’avrebbe mai vista crescere, non avrebbe mai potuto spiegarle cosa era accaduto.
Ripensò alle centinaia di volte in cui le aveva spazzolato i capelli, ammirandone i biondi riflessi.
Quanto cose avrebbe voluto dirle.
Avrebbe voluto dirle di vivere secondo il suo cuore, di non lasciarsi intrappolare dal giogo della famiglia, dei doveri, del presunto onore.
Avrebbe voluto dirle di essere felice. Ma non l’avrebbe rivista mai più.
Nessuno di loro avrebbe visto mai più.
Sirius e Regulus, nemmeno loro.
Rimase ancora per un tempo infinito la, in quel vicolo, a fissare il muro sporco, inebetita.
Poi la mano sinistra risalì fino al ventre e vi lasciò una lieve carezza.
All’improvviso Andromeda si alzò in piedi e, ignorando la testa che girava vorticosamente, si avviò lentamente verso l’unico luogo di Londra che sapeva sicuro.
Il Paiolo Magico.

 

Man mano che avanzava lungo le strade di Londra, Andromeda si rese conto di essere osservata e capì che la propria mise, così sudicia e inadatta ad una giornata piovigginosa come quella, non poteva non attirare l’attenzione.
Si strofinò le braccia, per cercare di scaldarsi, e si chiese se poteva rifugiarsi da qualche parte e usare la sua bacchetta senza che il Ministero, estremamente severo in quegli ultimi tempi, vista la situazione generale e gli eventi tragici e oscuri che si ripetevano con frequenza sempre maggiore, le creasse dei grossi problemi.
Decise di camminare a testa bassa e di allungare il passo.

 

Il Paiolo Magico era una delle tappe obbligate per i maghi e le streghe che si recavano a Londra e lo era  anche per coloro i quali nella grande capitale vi vivevano, magari mescolandosi ai babbani.
Solo ad occhi magici esso appariva per quello che era, un vecchio e fumoso pub.
Agli occhi normali non era altro che un vecchio locale in disuso.
Andromeda vi entrò, quel pomeriggio, intirizzita dal freddo e con i capelli appiccicati alla testa.
Gettò uno sguardo intorno a sé e poi si sedette al bancone, con il cuore che batteva forte. Non aveva nemmeno uno zellino e se n’era resa conto solo in quel momento.
‘Forse a Diagon Alley potrei trovare un lavoro….’ si disse, disperata ‘…anche se a Notturn Alley avrei più speranze, basterebbe presentarmi come Black…’
- Cosa posso servirti?- le chiese Tom, il vecchio barista che pareva muffito e polveroso quanto il suo locale.
Lei alzò gli occhi e Tom rimase fulminato, con lo straccio gettato su una spalla.
-…Mentre ci pensi….ho da fare un attimo… torno subito…- le disse, con una gran fretta nella voce e si dileguò.
‘Devo avere davvero un aspetto miserabile’ pensò Andromeda, poggiando il mento sulla mano e chiudendo gli occhi, sentendo la stanchezza crollarle addosso.
- Per Merlino!- esclamò improvvisamente una voce d’uomo alle sue spalle -Meno male, eccola!-
Andromeda si svegliò di soprassalto. Erano passati pochi istanti, ma erano bastati a farle perdere il contatto con la realtà. Quella voce concitata la strappò bruscamente allo stato di incoscienza in cui era caduta.
Istintivamente scattò in piedi, pronta a fuggire, ma una mano la bloccò, impedendole di dileguarsi.
- Ti ho ritrovata!Che sollievo!-
La ragazza credette di riconoscere qualcosa di familiare in quella voce e si voltò, incuriosita.
- Dott. Jones!-


Davanti ad una corroborante tisana calda, Andromeda scoprì che la vita poteva essere davvero sorprendente delle volte e che il destino sapeva raccogliere le fila di molte vite, per poi intrecciarle.
- Parenti!- mormorò ancora incredula, osservando il volto bonario del Dott. Jones, o, come aveva da poco scoperto del Dott. Phineas Burke Jones.
Lui le sorrise dall’altra parte del tavolo.
- Quando mi hai detto il tuo nome ho pensato ad una qualche coincidenza, ma Andromeda non è molto diffuso, specie tra i babbani che prediligono nomi molto più semplici, bontà loro!- lui sospirò e le sorrise di nuovo – Come ti ho spiegato io sono un Magonò, ma il sangue dei Black scorre nelle mie vene. Mia nonna, Belvina Black, era la sorella del tuo bisnonno, Cygnus. Ha sposato un purosangue, Herbert Burke ed è nata mia madre, che ha sposato un comune babbano, Adrian Jones…- sorrise davanti l’espressione colpita di Andromeda -..E sono nato io, che non ho mai saputo far levitare nemmeno un granello di polvere. Tuttavia, mia madre mi ha sempre raccontato tutto, sia della famiglia che del resto e, in fondo, era naturale visto che io non so fare magie ma so assistervi, a differenza di un comune babbano. E poi c'è il Ministero, che ci registra e cataloga.- l’espressione sul suo volto era amareggiata.
Andromeda continuò a bere la propria tisana, in silenzio.
- Ad ogni modo- proseguì l’uomo - Io ho sempre vissuto come un babbano, rifiutando la ‘semi-vita’ che mi offriva il mondo magico.- di nuovo fece una smorfia amara – Beh, con qualche piccola eccezione – ed indicò con un lieve gesto della mano il pub - E così sono diventato medico – le sorrise – Ora sono certo che ogni cosa mi ha portato, anzi, ti ha portata da me!- gli occhi gli scintillarono – Quando ti ho vista sparire sotto i miei occhi, ho capito!E così ho deciso di cercarti, perché mi sembravi proprio nei guai!-
- E lo sono- ammise Andromeda – Come Le ho detto e come Lei sa…- arrossì leggermente.
- Il punto è che i miei volantini, che ho distribuito anche a Diagon Alley, sono serviti molto più di quello che tu possa immaginare…- sul volto di lui il sorriso si fece più ampio, fissando un punto oltre la spalla della ragazza.
Andromeda si voltò, con la fronte aggrottata e ciò che vide la fece scattare in piedi.
- Ted!- urlò con gli occhi sbarrati, fissando il ragazzo che amava avanzare a passi veloci verso di lei, seguito a ruota da Michael ed Hellen.
Un secondo dopo si ritrovò stretta nell’abbraccio convulso di Ted, che mormorava parole sconnesse.
- Calma figliolo!- gli disse il Dott. Jones – Così la soffochi!-
- Ted…- mormorò di nuovo Andromeda, questa volta contro il suo collo -…Ho sonno…-
- Cosa?- chiese il ragazzo, scostandosi lievemente per osservarla in viso, ma Andromeda aveva chiuso gli occhi e respirava regolarmente con un’espressione finalmente serena dipinta sul volto provato.


Quando Andromeda riaprì gli occhi faticò a ricordare dove fosse e cosa fosse accaduto, poi gli ultimi avvenimenti le piombarono addosso e si rialzò di scatto.
Subito si rese conto di essere in una stanza del Paiolo Magico e, gettando uno sguardo ai piedi del letto, vide Ted, seduto su una seggiola e con la testa posata sulle braccia piegate, che dormiva profondamente.
Andromeda sgusciò lentamente fuori dal letto, appurando di sentirsi ancora debole ma  riposata e appurando di indossare una camicia da notte.
Si sedette sul bordo del letto accanto a Ted e dopo averlo contemplato per qualche istante, come si fa con uno splendido e prezioso tesoro, allungò la mano per carezzarli i capelli.
Studiò il volto tanto amato, cogliendo in esso l’ansia e la preoccupazione delle settimane appena trascorse.
Aveva le guance scavate e ricoperte da una corta e ispida barba, che lo invecchiava un po’.
Dopo qualche minuto distolse lo sguardo e lo fissò fuori dalla finestra, continuando ad accarezzare dolcemente i capelli di Ted, perdendosi nei propri pensieri e chiedendosi quale futuro l’attendesse.
Ad un certo punto si voltò nuovamente verso il ragazze e scoprì che lui aveva aperto gli occhi e la fissava intensamente, rapito.
-….Ferma così…- mormorò, con la voce ancora impastata dal sonno -…Se sei un sogno non scomparire….-
-Non sono un sogno, sono io, sono qui!- gli rispose lei, aprendosi in un sorriso.
Ted si rialzò lentamente, catturò la mano di lei e se la portò alle labbra, posandovi un bacio colmo di amore e passione e intriso di sofferenza.
-Ho creduto di impazzire, davvero- le disse, con le labbra che non si staccavano dalla pelle di lei – Ero fuori di me e poi, quando ho scoperto…- chiuse gli occhi per un istante – Ma non importa-
- Scusami, avrei dovuto parlarti fin dall’inizio…di tutto- mormorò lei, afflitta -Ma avevo paura e non sapevo cosa fare!-
Ted si alzò si scatto, facendola sussultare e si mise a misurare la stanza a lunghi passi.
- So che la tua famiglia non mi accetterà facilmente ma credimi, quando tuo padre si renderà conto che ci amiamo...ho già progettato tutto!- si voltò verso di lei e poi si bloccò, cogliendone l’espressione sul volto - Ma tutto ciò non servirà perché mi pare evidente che la tua famiglia non mi accetterà mai…-
Le si avvicinò e l’abbracciò, tempestandole il volto, rigato di lacrime, di baci.
- Vedrai, farò di tutto per farti felice- le sussurrò dolcemente.
- L-lo so…è solo che pensavo che non ti avrei rivisto mai più, che non avrei mai più sentito la tua voce- singhiozzò lei.
Rimasero così per un tempo indefinito, senza parlare, ma solo cullandosi ognuno nella presenza dell’altro, crogiolandosi nel calore di quell’abbraccio.
Improvvisamente la porta si spalancò ed Hellen irruppe nella stanza, seguita da Michael.
- Te l’ho detto che sono svegli!- esclamò con voce trillante e, un secondo dopo, scoppiò in lacrime.
Michael sollevò gli occhi al cielo, cingendola con un braccio.
- Scusatela! non sono riuscito a trattenerla- spiegò, imbarazzato.
Andromeda e Ted si voltarono sorridenti verso i due ragazzi.
- Mangiamo?- chiese allegramente lei, beccandosi l’occhiata semi scandalizzata degli altri tre - Lo so, ma ho fame!-


Il resto della giornata trascorse discorrendo di come si erano svolti gli ultimi angosciosi giorni, confrontando le reciproche storie.
Ted narrò di come fosse andato in Scozia, cercandola disperatamente ma inutilmente perché per lui la dimora dei Black era introvabile.
Di come Michael l’avesse trovato e convinto a tornare a Londra, di come Hellen li avesse avvisati del ritorno di Andromeda e della sua nuova scomparsa.
Infine, di come avessero trovato, quasi contemporaneamente, i volantini del Dott. Jones sia per le strade babbane di Londra che a Diagon Alley e di come, infine, Hellen avesse contattato il buon medico e ne fosse stata contattata a propria volta il pomeriggio del giorno prima, ponendo fine a quell’incubo.
Andromeda trovava strano e, allo stesso tempo, naturale vedere mischiati quello che era sempre stato il suo mondo e Ted.
Rise di cuore ai racconti indignati di Hellen, che le narrava di come Michael la tormentasse per farle fare le magie più assurde.
- Ti rendi conto!- le stava raccontando l’amica – Questo scemo mi fa ‘Eddai eddai!Fai cantare a Fuffy ‘Ticket to ride’ dei Beatles! Ci facciamo i soldi a palate!’-
- Mica mi interessano i soldi!- si difese il ragazzo, gettandole un’occhiata furba -Ma lei è così sexy quando fa la strega! per non parlare di quando mi chiama 'banano'!- disse malizioso, ammiccando verso la sua ragazza.
- Babbano, non banano, Michael!- si indignò Hellen arrossendo furiosamente.
Andromeda rise fino alle lacrime davanti all’espressione della sua amica.
La sera lei e Ted rimasero nuovamente soli e parlarono a lungo del loro futuro e di ciò che li aspettava.
- Mi sembra ovvio che non possiamo vivere in mezzo ai babbani- le disse lui, ancora impacciato ad usare certi termini - Perché tu non risulti registrata da nessuna parte, inoltre io ho rinunciato al progetto di Oslo…no, non voglio sentire ragioni, ho già parlato con il mio tutor e mi troverà un altro incarico.- sorrise dinnanzi l’espressione dispiaciuta di lei – L’assicurazione risarcirà i danni dell’incendio e così potremo vendere la casa e comprarne un’altra in un insediamento di maghi, poco lontano anche da Londra. Il Dott. Jones ci aiuterà in questo, ha detto che conosce un certo Signor Weasley, che ha un figlio che sta per sposarsi-
- Lo conosco!Di vista, ma lo conosco.- Andromeda cominciava a prendere coscienza di quella che sarebbe stata la sua nuova vita e anche che c’era una cosa che non aveva ancora detto al ragazzo – Ted, io devo dirti...-
- No!- la interruppe lui, determinato - Non voglio sentire storie è già tutto deciso: solo tu conti per me, nient’altro e nessun altro ha importanza per me, solo tu! Sei la cosa più preziosa che ho, l’unica…-L’abbracciò con trasporto, immergendo il viso nei capelli ramati di lei -…Nessuno è più importante di te, solo tu...-
-…Fossi in te, aspetterei a dirlo…- mormorò lei, sorridendo lievemente e avvicinando le labbra all’orecchio di lui.
Dalla finestra giungevano i rumori della Londra babbana che, mescolandosi a quelli altrettanto frenetici di Diagon Alley, creavano un’unica sinfonia di suoni vivaci, colmi di calore.

FINE DICIASSETTESIMO CAPITOLO

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Capitolo 18
*** Ritorsione (prima parte) ***


Ringrazio, come sempre, Ecatecallisto per aver recensito e tutte le persone che leggono questa mia ff. 
Questo capitolo è uno di quelli che ho scritto con grande facilità e resta, anche a distanza di tanto tempo, uno dei miei preferiti e spero possa piacere anche a chi lo leggerà, trasmettendogli qualcosa. Buona lettura!


UN GELIDO DESTINO

 

Diciottesimo Capitolo

 

(Ritorsione – prima parte)


L’ultimo giorno di scuola fu caldo e pieno di sole, una dolce premessa per gli studenti che, superato l’ostacolo degli esami, si apprestavano finalmente a godersi un po' di meritato riposo.
Narcissa lasciò Hogwarts con uno stato d’animo che contrastava fortemente con il cielo luminoso e l’aria profumata di giugno.
Gli ultimi tre mesi erano stati privi di qualsiasi gioia, qualsiasi emozione positiva.
L’anno scolastico si era concluso brillantemente per quello che riguardava gli esami e lei era risultata la prima del suo anno, senza alcuna fatica.
Avrebbe dovuto esultare di ciò e invece aveva accettato quei risultati, fino a poche settimane prima attesi con ansia ed emozione, con indifferenza.
Lasciare Hogwarts significava per lei andare a rinchiudersi nella casa di Londra, visto che suo padre aveva detto chiaramente che Weirwater sarebbe rimasta chiusa e sigillata.
Per sempre.
Tutta l’estate in quella casa insieme a suo padre, che ormai passava il suo tempo rinchiuso nel suo studio senza parlare
praticamente con nessuno e sua madre, che era indifferente a tutto e a tutti. Per non parlare di Bella.

Narcissa aveva sempre creduto che, nonostante i profondi mutamenti avvenuti negli ultimi anni in sua sorella, Bellatrix conservasse ancora dentro di sé le tracce di quella che era stata, della bambina testarda e volitiva, ma comunque piena di passione.
Si sbagliava.
L’indifferenza con cui aveva accolto la notizia della fuga di Andromeda e il lampo soddisfatto che aveva colto in lei quando Cygnus aveva ordinato di non nominare per nessuna ragione al mondo quella figlia, avevano aperto finalmente gli occhi a Narcissa e qualcosa si era rotto in lei, per sempre.
Andromeda.
C’erano delle volte in cui il nome della sua perduta sorella le echeggiava nella mente insistentemente, quasi urlando.
Aveva paura che suo padre potesse udire quel grido, un grido colmo non solo di rimpianto ma anche di rimprovero.
Un babbano…come aveva potuto sua sorella cadere così in basso?!
Come se non bastasse, nelle ultime settimane, Lucius l’aveva ignorata spudoratamente.
Se si era illusa che lui provasse qualcosa per lei, che il breve bacio che si erano scambiati avesse apportato qualche mutamento nel loro strano rapporto e che lui si fosse addolcito, l’atteggiamento del ragazzo aveva bandito ogni speranza.
Lucius sembrava preso da tutt’altro in quel periodo.
Narcissa aveva ingoiato quella delusione, mista ad una forte sensazione di umiliazione, e aveva mostrato lei stessa un volto indifferente e noncurante, nascondendo con parsimonia, anche a se stessa, tutti quegli strani sentimenti che le si agitavano dentro e che emergevano durante il sonno.
Infine, in quella piovosa primavera Narcissa, che aveva avvertito il peso della solitudine come mai prima, aveva perduto anche l’unica amica, l’unica compagnia, l’unica persona che le stesse accanto senza una motivazione a lei oscura.
Rubinia non aveva fatto ritorno ad Hogwarts e Cissy non aveva più avuto sue notizie.
Alla fine, ignorando il proprio orgoglio, che le suggeriva di non farlo, aveva deciso di chiedere informazioni a qualcuno.
Avrebbe potuto rivolgersi al CapoCasa dei Serpeverde, il Professor Slughorn ma, nonostante le pesasse l’idea di rivolgersi al CapoCasa dei tanto disprezzati Grifondoro, aveva optato per la Professoressa Mc Granitt che era molto più autorevole e affidabile e che godeva comunque della stima della ragazzina.
La donna l’aveva osservata per qualche istante, seduta alla scrivania dell’aula di Trasfigurazione,con aria pensierosa e Narcissa aveva cercato di non cedere alla vergogna della propria debolezza e di non arrossire.
- Rubinia, da quello che posso sapere – le aveva detto i la Professoressa dopo un po' – Non ritornerà più ad Hogwarts, perché sua madre preferisce farla studiare a casa con un insegnante privato, mi dispiace…- le ultime parole erano colme di autentica compassione e Narcissa si era sentita rimescolare dentro quando aveva compreso che buona parte di quel, seppur gentile, sentimento di pietà era riservato a lei.
‘Come si permette di provare pena per me?’ si era chiesta sconvolta, tornando nella propria sala comune.
Così Cissy si apprestava a vivere quell’estate con un grande peso che le comprimeva l’anima.
Esisteva da qualche parte, in un qualche luogo, una persona che potesse colmare il vuoto che sentiva dentro di sé, allentando la presa che sentiva sul cuore e che le toglieva il respiro?
Quella domanda la faceva sentire sciocca e le faceva provare rabbia verso se stessa e tuttavia emergeva pigramente dal suo subconscio, quando meno se lo aspettava, tormentandola.
C’era qualcuno che la amasse?
Quello fu il periodo in cui Narcissa iniziò a fare degli incubi ricorrenti.




 

La stanza di Rubinia era sempre stata una stanza ordinata e pulita, priva di qualsiasi personalità e colma di libri pesanti e preziosi che giacevano inutilizzati.
Rubinia non aveva mai amato leggere e, in effetti, non aveva mai amato fare nulla in particolare. Aveva sempre passato il proprio tempo libero fantasticando in un mondo tutto suo, dove nessun altro che lei avrebbe potuto trovare qualcosa di interessante o affascinante.
Non aveva mai amato nulla in particolare Ruby, finché non aveva conosciuto Narcissa Black.
Una bambina come lei, eppure tanto superiore a lei per bellezza, intelligenza, spirito e carattere. Aveva amato tutto di lei.
I suoi bei capelli biondi, il viso così bello che faceva parere il suo così scialbo, la sua fierezza che aumentava la sua sensazione di inadeguatezza a dismisura.
Poi tutto era cambiato.
Quella sera sua madre aveva fatto qualcosa e Cissy, ai suoi occhi, non era più stata la stessa.
Era divenuta spaventosa e terrorizzante, con la pelle che pareva contaminata da quegli orribili serpenti neri che sembravano strisciare senza posa sulla sua pelle diafana, avvolgendola e rendendola prigioniera con le loro spire oscene.
Da quel giorno stare accanto alla sua amica era stato un tormento.
Aveva avuto paura anche solo di sfiorarla con lo sguardo perché in ogni momento, in ogni istante, essi erano la: orribili e spaventosi.
Quando sua madre l’aveva portata via aveva provato un misto di sollievo e tristezza e poi, quando si era ritrovata sola nella propria camera, la seconda aveva prevalso e Rubinia aveva preso a passare tutte le sue giornate inginocchiata in terra, fissando le tende della sua camera.
Indifferente a tutto e perduta nei propri sogni.
Una sera di aprile, tuttavia, qualcosa era accaduto andando ad infrangere quella calma apparente.
La Signora Alderman era nel sotterraneo della propria casa e, circondata da strane sostanze e fitti vapori, distillava le sue pozioni con grande perizia.
Da quando aveva appreso che sua figlia era un Testimone e che aveva sigillato la Maledizione che, con grande potenza e godimento, aveva scagliato sulle ragazze Black, non faceva altro.
Era fredda e spietata Aloise ma, nonostante tutto, amava sua figlia e l’idea di averla condannata ad un destino così crudele la sgomentava.
Non era giusto che fosse Rubinia a pagare il prezzo di colpe altrui.
Le colpe di suo padre, di quella Bellatrix Black e, quanto le costava ammetterlo, le sue.
Doveva esserci un modo per liberare sua figlia dal terribile prezzo che la maledizione pretendeva. Se Rubinia non fosse stata presente la Maledizione si sarebbe ritorta contro di lei e Aloise avrebbe potuto convivere con quella specie di sanguisuga malefica che le avrebbe succhiato via la vita, poco alla volta.
Lei avrebbe potuto contrastarla a lungo, Rubinia non poteva e così sarebbe morta dopo una lunga agonia e atroci sofferenze.
La Signora Alderman strinse la boccetta che teneva in mano con uno spasmo tormentato, concentrandosi al massimo in quello che stava facendo.
Un secondo dopo la boccetta si infranse al suolo rompendosi in mille pezzi.
Un urlo straziato e quasi disumano era giunto dai piani superiori e, nonostante fosse quasi irriconoscibile, quella voce apparteneva a Rubinia.

 

La Signora Alderman si smaterializzò in un istante e riapparve nella stanza di sua figlia, con il cuore in gola.
Rubinia era seduta in terra, come sempre ormai, le gambe ripiegate sotto di sé con la schiena diritta e il volto contorto in un’espressione di puro terrore, mentre contemplava il braccio destro che teneva fermo e diritto con la mano sinistra.
- …Noooooo…- ripeteva all’infinito, gli occhi sbarrati e la bocca aperta e immobile, mentre quel grido sembrava provenire da un punto imprecisato all’interno del suo corpo, come se qualcun altro gridasse dentro di lei, per lei.
- Rubinia!- esclamò la donna, gettandosi ai piedi di sua figlia, cercando di scuoterla e di farla rinvenire dallo stato di incoscienza terrorizzata nella quale era precipitata – Svegliati, sono io, sono la mamma!-
Ma la ragazzina aveva gli occhi incollati al proprio braccio, ammaliati e orripilanti insieme da quello che vedevano.
La Signora Alderman sentì la disperazione e la paura attanagliarla come non mai.
- Sono io!Sono la mamma….la mamma!-
Finalmente le sue parole parvero far breccia nel muro di orrore che sembrava imprigionare sua figlia e Rubinia sbatté le palpebre.
- Mamma!- chiamò disperata, come se potesse udire la voce di sua madre ma non potesse vedere la donna né capire dove fosse – Mamma….è su di me!Mamma, fallo andare via…..mamma!!!- urlò sempre più forte, precipitando nuovamente nello stato di incoscienza nel quale era caduta.
Qualunque cosa vi vedesse, l’origine di quella paura e di quel terrore era in quel braccio.
La Signora Alderman aprì con enorme fatica le dita della mano sinistra di Ruby, che artigliavano con una forza inaudita il braccio destro e, dopo aver trattenuto il fiato un secondo, torse il magro braccino con tutte le proprie forze.
Si udì uno schiocco secco e Rubinia urlò, questa volta di dolore, e poi svenne tra le braccia di sua madre,che scoppiò in singhiozzi disperati, baciando con foga il braccio spezzato di sua figlia.


In quello stesso istante, a poche miglia di distanza, Bellatrix voltava le spalle ad Andromeda lasciandola in terra piangente.


Il braccio di Rubinia fu risanato in un istante da Aloise. Bastò un colpo di bacchetta.
Diverso fu per la rottura che sembrava essersi creata nella bambina, che rimase a letto consumandosi lentamente e non disse più una parola per settimane, fino ad una calda mattina di luglio.
Quel giorno, il Signor Alderman piombò nel sotterraneo della moglie, con il volto pallido deformato dalla disperazione e dalla paura.
-…Rovinati…- mormorò tremulo, incapace di posare lo sguardo su Aloise e incapace di stare fermo in un posto - …Io…noi, rovinati!- ripeté nuovamente - L’affare nel quale mi ero impegnato…con Abraxas Malfoy…-
La Signora Alderman lo fissò senza capire per qualche istante.
-Cosa dici?- gli chiese lentamente, distogliendo l’attenzione dall’ennesima pozione che stava preparando nella speranza di, se non guarire, almeno rallentare il deperimento di Rubinia, la quale andava spegnendosi ogni giorno di più.
Ma ormai l’unica vera soluzione era ben chiara nella sua mente, doveva solo decidersi a metterla in pratica.
-Tutti i nostri averi…- sussurrò l’uomo, con le lacrime che ora facevano tremare la sua voce -Abraxas Malfoy mi aveva detto che era qualcosa di sicuro e, invece, sono in debito con la Gringott e con lui stesso: non abbiamo più nulla di nostro!- terminò, reprimendo un singulto di disperazione e prendendosi la testa tra le mani.
La Signora Alderman fissò l’uomo che una volta aveva creduto di poter amare, quell’uomo vile e debole, e scoppiò a ridere.
- Stolto!- la parola uscì dalla sua bocca, bruciante come lava incandescente –Ti sei messo in affari con un Malfoy!- l’ilarità era spezzata dall’incredulità -Proprio con Abraxas Malfoy? Che diverrà presto parente dei Black?-
La verità parve farsi strada nella mente sconvolta del Signor Alderman, che si lasciò cadere in terra affranto.
- Capisci ora…?- gli sussurrò sua moglie, senza più traccia di divertimento nella voce - Scommetto che questo grande affare ti è stato proposto dopo Natale, vero?- il tono era sferzante ora – Che uomo patetico che sei! E la cosa triste è che proprio in queste mani io devo lasciare…- non finì la frase, lo fissò ancora qualche istante – Per una volta sii uomo, rialzati e trova la forza di andare avanti, fallo per nostra figlia. Per una volta non pensare solo a te stesso. Io vado da Rubinia adesso – mormorò, più piano – Tu rialzati, paga i tuoi debiti e pensa a lei-
Aloise superò suo marito e non lo degnò più di uno sguardo, risalendo lentamente le scale che portavano alla stanza di sua figlia.
Come sempre Rubinia era distesa a letto, gli occhi socchiusi che sembravano fissare un punto imprecisato e lontanissimo da lei.
Aloise le accarezzò con delicatezza il viso scarno, simile ad un piccolo teschio coperto di una pelle fragile e trasparente.
- Ebbene, amor mio, se è il sangue che la Maledizione esige, che sangue sia…- sussurrò la donna con voce serena – Sappi che ti ho amata tanto, carne della mia carne, sangue del mio sangue…tanto come non credevo possibile amare un altro essere vivente.- posò un lieve bacio sulla fronte di Rubinia e si allontanò dal letto -Non odiarmi per ciò che sto per fare ma amami sempre e vivi. L’odio serbalo per qualcun altro, porta a compimento il mio desiderio di vendetta, figlia mia, e ripaga il sangue di tua madre con altro sangue.- un fremito scosse le ciglia di Rubinia a quelle parole, la ragazzina parve riprendere lentamente coscienza e sbatté le palpebre, stordita.
-M-mamma..?- chiese incerta, la voce arrochita dal lungo silenzio.
Aloise sorrise lievemente.
-Bentornata…- sussurrò la donna, poi il volto si fece duro – Guarda tua madre e conserva dentro di te questo momento: cullalo, nutrilo e poi colpisci coloro che hanno colpito noi, colpisci i Black Rubinia! – la voce divenne dura e spietata – Colpiscili!- la voce si alzò di tono e Rubinia sussultò, scuotendosi definitivamente dal proprio torpore.
Aloise levò la propria bacchetta e la puntò contro se stessa, all’altezza dello sterno.
- Addio Rubinia…- le sorrise con infinito amore, ed il suo volto parve quasi bello in quell’ istante.
Una luce verde e accecante uscì dalla punta della bacchetta e il corpo della Signora Alderman cadde in terra, privo di vita.
La bacchetta volò lontano, dall’altra parte della stanza.
- Mammaa!!- urlò Rubinia, ormai pienamente cosciente, e scese dal letto gettandosi sul corpo di sua madre – Mamma, mamma, mamma!- ripeté tra i singhiozzi, mentre il nero serpente che avvolgeva il suo corpo e sembrava strisciare sotto la sua pelle, svolgeva le spire e scivolava lentamente via, abbandonando Rubinia e avvolgendo il corpo della Signora Alderman, per poi sparire per sempre.
Il tributo era stato pagato.

FINE DICIOTTESIMO CAPITOLO


ps: come ho già avuto modo di dire, io amo molto il personaggio di Aloise...grazie ancora ^_^

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Capitolo 19
*** Ritorsione (ultima parte) ***


Come sempre grazie a chi legge la mia fan fiction.
Con questo capitolo si conclude la prima parte della storia, alcuni personaggi hanno fatto le loro scelte, di vita o di morte. Per gli altri, la base del loro destino sta per essere posata con maggiore decisione. Buona lettura!


 

UN GELIDO DESTINO

 

Diciannovesimo capitolo

 

(Ritorsione – ultima parte)

 

I Lestrange erano una famiglia di purosangue, nobile e antica, non così antica, tuttavia, da essere considerati dei purosangue di categoria superiore come i Black o i Malfoy.
Rodolphus Lestrange Senior aveva perseguito tutta la vita l’obbiettivo di innalzare definitivamente di livello la propria famiglia ed il proprio nome per poter, finalmente, guardare negli occhi persone come Cygnus Black o Abraxas Malfoy come un loro pari, nel modo in cui né suo padre né suo nonno avevano potuto fare.
Quando era nato il suo primogenito, nonché unigenito, Rodolphus, il Signor Lestrange aveva da subito puntato su di lui, nella speranza che quel figlio tanto atteso e desiderato portasse lustro alla propria famiglia.
Ma fin dalla prima infanzia, passando poi per l’adolescenza fino ad arrivare alla maggiore età, suo figlio aveva deluso ogni sua aspettativa, dimostrandosi un debole ed un inetto che non riusciva bene in alcunché.
Amareggiato da quel figlio così incapace e consapevole che da lui, mai e poi mai, sarebbe giunto quel prestigio a cui tanto anelava, Rodolphus Lestrange Senior aveva puntato sull’unica prospettiva possibile: un matrimonio importante.
Heinrich Alderman era stato un suo amico di infanzia.
Quando Heinrich aveva avuto una figlia, i due avevano deciso di sigillare quell’amicizia con una promessa di matrimonio pur avendo Rodolphus ben undici anni in più della piccola Rubinia.
I due uomini erano stati felici alla prospettiva di quella unione e, per anni, tutto era andato bene.
I Lestrange aveva cercato di nascondere accuratamente certi piccoli difetti del loro figliolo ed avevano guardato con fiducia a quel fidanzamento, in quanto gli Alderman erano una famiglia di origine impeccabile.
Tuttavia, il Signor Lestrange, in cuor suo, non aveva mai rinunciato al sogno di essere trattato come un eguale da Cygnus e da Abraxas, i due capostipiti delle famiglie più in vista e rispettate dell’ambiente dei maghi.
Essi possedevano ciò che nessuna somma di denaro al mondo poteva comperare: un sangue purissimo e incontaminato, una dinastia potente, il rispetto dovuto solo ai loro nomi.
Così quando, solo poche settimane addietro, si era presentata un’occasione più unica che rara, Rodolphus Senior non aveva potuto che coglierla, spazzando via in un attimo ogni incertezza derivante da sentimenti quali l’amicizia e l’onore della parola data.
Aveva rotto senza indugi il fidanzamento tra Rodolphus e Rubinia.
 

La vita di Heinrich Alderman si era capovolta e trasformata nel giro di pochi giorni, anzi di poche ore.
Perso nel dolore della perdita dell’amore, che in realtà mai aveva posseduto, di Bellatrix Black e ignaro di tutto ciò che stava accadendo a sua figlia e dei tormenti di sua moglie, aveva cercato sollievo nella prospettiva di divenire ancora più ricco e potente, nella folle speranza che, così facendo, Bellatrix sarebbe tornata da lui.
Il prezzo da pagare era stato altissimo.
Aveva perduto tutto.
Ora, miserabile e annientato nell’anima, sedeva nello studio del suo amico Lestrange, cercando di darsi un contegno e di non apparire per quello che era: un uomo distrutto.
- Io non capisco…- stava dicendo, controllando a stento il tremito nella sua voce -…Come puoi rompere il fidanzamento ora? Sai quello che sto passando, quello che ti chiedo è solo un po’ di tempo e ospitalità per mia figlia…- la voce si incrinò leggermente.
A dispetto dei suoi buoni proponimenti stava pregando ed implorando, senza un briciolo di dignità.
L’amico di un tempo lo fissò per qualche istante, a disagio.
- Mi spiace…ma tu capirai, la tua condizione è disperata!- gli disse, brusco – Non è una di quelle situazioni dalle quali si esce in pochi mesi. Sai meglio di me che dovrai vendere tutto e che non ti resterà nulla. – il tono era più duro di quello che avrebbe voluto, ma doveva essere fermo e Rodolphus lo sapeva bene – Io non posso permettere alla mia famiglia di legarsi ad un nome infangato e caduto in disgrazia, mi spiace. Tu faresti lo stesso.-
I due si fissarono per qualche istante. Anni di amicizia bruciati in un istante.
Heinrich si alzò lentamente e uscì senza dire una parola.
Rodolphus si passò una mano sul viso ma non si pentì di nulla: la gloria era finalmente alla sua portata, l’infelicità altrui non era un suo problema.
Si appoggiò allo schienale della sua seggiola e chiuse gli occhi, sospirando lentamente.


L’estate era stata un alternarsi di grigiore e caldo torrido, specialmente a Londra.
Come Narcissa aveva immaginato, la permanenza nella casa di città si era rivelata una sofferenza.
Come rimpiangeva Weirwater e l’aria fresca della Scozia!
L’aria in casa Black era lugubre e satura di nervosismo. Cygnus era freddo e distaccato e Druella non concedeva la propria compagnia nemmeno a Bellatrix.
Gli unici sprazzi di serenità erano dati dalle visite a Grimmauld Place, nella casa di Regulus e Sirius.
Per quanto quella casa fosse persino più tetra della propria, Cissy vi trovava conforto nella compagnia del suo cuginetto del cuore, dal quale traeva beneficio e al quale portava a propria volta il conforto di una compagnia dolce e solerte alla quale il piccolo Regulus non era abituato.
Dopo quasi un anno di distacco i due cugini amavano trascorrere quelle ore insieme, possibilmente senza la presenza molesta di Bellatrix che ,generalmente, cercava di rendere ogni cosa sgradevole e di Sirius, che era meno fastidioso del solito ma nel quale la prospettiva di Hogwarts sembrava aver sortito l’effetto di un virus.
Il ragazzo, in quei giorni, era a dir poco febbrile.
Hogwarts per lui significava libertà. Libertà dalla propria famiglia e dalle sue regole assurde, dai quei precetti per lui così intollerabili.
Non c’era nulla, nulla per il moro ragazzino ribelle che contasse di più.
La libertà.
E non c’era nulla, nulla al mondo, che contasse di più della sua bionda e amata cugina per Regulus.
Solo Narcissa.

 

Una mattina di fine agosto, Bellatrix venne convocata dal padre.
La ragazza credeva di conoscere il motivo di quella convocazione: i G.U.F.O.
I risultati erano giunti il giorno prima e si erano rivelati a dir poco disastrosi.
Solo in Incantesimi , Pozioni e Aritmanzia aveva ottenuto dei risultati accettabili. Il resto era stato un fallimento totale.
Giunta davanti alla porta dello studio di suo padre, bussò piano e poi entrò, non appena ebbe ricevuto il permesso.
Cygnus era invecchiato di colpo in quegli ultimi mesi.
Il volto era tirato, i capelli ancora più grigi, gli occhi duri e infossati, la bocca ormai perennemente stretta in una linea sottile.
Andandosene, Andromeda sembrava essersi portata via ogni briciola di luce e sentimento presente in suo padre; Cygnus aveva perduto ogni interesse verso le altre due figlie, almeno da un certo punto di vista prettamente affettivo.
Ai suoi occhi esse ormai non erano altro che degli investimenti, non vi vedeva null’altro.
- Siediti. – ordinò freddamente alla sua secondogenita – E' giunto il momento di parlare del tuo futuro.
Bellatrix ostentò indifferenza, nascondendo le sensazione di disagio che solo suo padre sapeva trasmetterle.
- Mi sembra evidente che Hogwarts non significa nulla per te, visti gli scarsissimi risultati che hai sempre ottenuto. – le disse, diretto e impassibile, Cygnus – Tuttavia finirai la tua misera carriera scolastica, dal momento che nessun Black ha mai interrotto gli studi e lo farai – specificò – Cercando di ottenere qualche risultato accettabile almeno ai tuoi M.A.G.O. Ciò servirà solo a non gettare ulteriore fango sulla nostra famiglia – Cygnus era brutale, senza alcuna inflessione nella voce e senza pietà nello sguardo che scrutava indifferente il bel volto di Bella – In quanto donna, il tuo destino è quello di fare un matrimonio prestigioso, che ti porterà a conservare puro il nostro sangue e a trasmettere questa purezza ai miei futuri nipoti, i quali, se maschi, erediteranno un giorno i nostri beni, non avendo io stesso figli maschi. -
- E se avessi delle femmine?- chiese Bella, nascondendo ancora il proprio turbamento dietro ad un tono sfacciato ed impudente.
- C’è sempre Narcissa e, nel caso in cui nemmeno lei metta al mondo un maschio, Weirwater e tutto ciò che non è per le vostre doti passerà a Sirius –
Bellatrix faticò a mantenere la calma.
- Ad ogni modo spero che questo non sia necessario. – proseguì Cygnus – Ti ho chiamata qui perché voglio che tu sappia che ho appena stipulato un contratto di fidanzamento con Rodolphus Lestrange Senior- un sorriso sinistro si accese sul volto dell'uomo - Un fidanzamento tra te e suo figlio, Rodolphus Junior-
E questa volta per la ragazza fu impossibile nascondere la tempesta emotiva che si scatenò dentro di lei.
Si alzò di scatto con gli occhi lampeggianti e il volto contratto dall’ira.
- Padre!- esclamò, stringendo convulsamente i pugni – Con quell’essere disgustoso?Io?!- il tono era sinceramente incredulo – Inoltre egli è già fidanzato!-
-Non più – sussurrò Cygnus, con un lampo di soddisfazione negli occhi metallici – Gli Alderman non hanno più nulla, né denaro, né onore, né prestigio, nulla! Il suicidio di Aloise Alderman ha gettato un’ombra ancora maggiore su quella famiglia. Rubinia non troverà mai un mago come si deve disposto a sposarla.-
Bellatrix, per una volta, era senza parole. Suo padre parlava seriamente.
Lei e Rodolphus Lestrange!
Ricordò il giovane ubriaco e viscido che l’aveva importunata la sera della Vigilia di Natale e non poté reprimere un brivido di disgusto.
- Non posso, non potete….- mormorò, annichilita.
- Ho un accordo con Rodolphus fin da febbraio…- disse Cygnus, con la mascella contratta – Eravamo d’accordo su un fidanzamento tra suo figlio, non appena quello con Rubinia fosse stato ufficialmente sciolto, e la mia primogenita…e tu sei la mia primogenita. – sembrava che ogni parola gli costasse fatica, adesso.
- E- era destinato ad Andromeda…?- sussurrò Bellatrix, svuotata da ogni energia – Il fidanzamento, era per lei…?-
- Non nominare quel nome in mia presenza!- ora Cygnus faceva paura, con gli occhi socchiusi e la fronte aggrottata - Ella è morta, morta!- e quella parola era intrisa di autentico dolore - Non è mai esistita. Tu sei la mia primogenita e, come tale, sposerai Rodolphus Lestrange o – fissò gli occhi duri e spietati in quelli, neri come la brace, di Bellatrix – Oppure puoi uscire da quella porta e non tornare mai più. Non avrai nulla da me, né ora né mai! Se vuoi vivere la tua vita in modo diverso, vai. E non tornare mai più!- si alzò anch’esso in piedi e puntò il dito contro la porta, per dare maggiore forza alle proprie parole.
Bellatrix ora era smarrita.
Andarsene? E dove? Dove avrebbe mai potuto vivere, se non in mezzo ai suoi simili? Rinunciare a tutto quello che le spettava? Un sentimento inatteso si fece strada in lei.
La paura.
Paura dell’ignoto, della povertà, della vera solitudine.
Quella paura la vinse.
Chinò il capo in segno di resa e Cygnus si ritenne soddisfatto e tornò a sedersi, considerando chiusa la conversazione.
Bellatrix esitò qualche istante e poi uscì mestamente dalla stanza.

 

Il vento era freddo e le sferzava il viso, colpendola dolorosamente con le gocce gelide di pioggia.
Cissy poteva sentire i propri capelli pesarle sulla nuca, le ciocche incollate al collo e sul volto.
Doveva fare qualcosa ma non sapeva cosa, poi la scena divenne più chiara.
La Luna era coperta dalle nubi, che correvano veloci nel cielo scuro.
Qualcuno stava di fronte a lei e le parlava, le parlava incessantemente.
Se solo avesse potuto vedere il suo volto o comprendere ciò che le diceva!Ma no, non riusciva a cogliere quelle parole che venivano ingoiate dall’ululato del vento.
Chiunque fosse quella persona, pareva disperata e sembrava chiederle aiuto.
Improvvisamente un lampo squarciò il cielo e per un attimo poté vedere quel volto.
Era un volto maschile pallido e sofferente, con i bruni capelli appiccicati alla fronte e sulle guance, che parevano alghe marcescenti.
Gli occhi non c’erano più. Le orbite erano vuote e versavano lacrime di sangue.

L’uomo sollevò il braccio sinistro e le mostrò qualcosa inciso su di esso, continuando a parlarle senza posa.
Poi, all'improvviso, il giovane bruno conficcò le unghie nella propria carne e strappò letteralmente la pelle del proprio braccio, togliendo quel lembo marchiato a fuoco.
Un urlò spezzò il sogno e Narcissa si svegliò di soprassalto, madida di sudore, con le guance davvero bagnate. Ma di lacrime.
Singhiozzò silenziosamente, mordendosi la mano per non farsi sentire.
Tanto non c’era nessuno che potesse consolarla.

 

Quegli incubi ricorrenti la tormentavano da settimane ormai e il volto di Narcissa portava le tracce della mancanza di sonno e del tormento interiore che le provocavano quei sogni angosciosi.
Chi era quel giovane? Cosa voleva da lei?
L’ultimo giorno di agosto, Cissy ottenne il permesso di andare a Diagon Alley, per poter acquistare tutto ciò di qui aveva bisogno per il suo secondo anno ad Hogwarts.
Con sua somma gioia Bellatrix, che era divenuta cupa ed inquietante come non mai, decise di non venire mentre Cygnus le dette il permesso di recarsi a fare acquisti con i suoi cugini.
Sirius doveva comperare la sua nuova divisa e la bacchetta e Regulus li avrebbe accompagnati.
Narcissa era pallida e con delle ombre scure sotto gli occhi che esaltavano la sua aria delicata, piuttosto che svilirne la bellezza.
Sirius era, come sempre, iperattivo e fece diventare matto Kreacher l’Elfo domestico che, come di consueto, aveva il compito di seguire i suoi padroncini come un’ombra.
Narcissa lo ignorò, così come ignorò ogni provocazione, specie riguardo Lucius, che il cugino maggiore le indirizzava.
Si concentrò su Regulus che, come sempre, riusciva a tirare fuori da lei tutta la dolcezza e la tenerezza che di solito serbava gelosamente dentro di sé.
Se lo tenne accanto, tenendolo per mano costantemente, traendo conforto da quel contatto e ascoltando con piacere le sue domande e i suoi commenti.
In mezzo alla confusione di Diagon Alley, in compagnia del suo amato cugino, Cissy si dimenticò per qualche istante degli incubi che tormentavano le sue notti, degli eventi sconvolgenti degli ultimi mesi, e si godette la giornata.


- Rubinia..?Che stai guardando? -
Heinrich Alderman si voltò, fermandosi per aspettare sua figlia, che pareva ipnotizzata da qualcosa poco distante.
- Ruby!- la chiamò nuovamente suo padre – Dobbiamo andare! Sai che il Signor Sinister ci aspetta!-
- Arrivo papà…- mormorò Rubinia, che in poche settimane aveva ripreso l’aspetto di un tempo.
O quasi.
Gli occhi erano diversi.
Non più sognanti e sfuggenti, ma freddi e fermi. Quegli occhi pallidi ora fissavano affascinati qualcosa, o meglio, qualcuno.
Poco distante una ragazzina bionda, che camminava leggiadra come una ballerina, stringeva con tenerezza una piccola mano paffuta nella propria.
La ragazzina si fermò un istante e mostrò qualcosa al bambino moro che le passeggiava accanto. Il bambino disse qualcosa e la ragazzina scoppiò a ridere e accarezzò con dolcezza i bei capelli scuri del bambino, scompigliandoglieli.
Gli occhi chiari di lui, identici a quelli di lei, la fissarono colmi di un amore sconfinato.
- Rubinia!Ho detto andiamo!-
La voce di suo padre la richiamò alla realtà.
- Si può sapere cosa stavi fissando?- le domandò, quando sua figlia lo ebbe raggiunto prendendolo per mano.
-…Qualcosa di interessante…- rispose lei, sibillina.
Si allontanarono sparendo verso Notturn Alley, e Rubinia rivisse dentro di sé la scena a cui aveva appena assistito.
La rivisse centinaia di volte, fino a marchiarla a fuoco nella sua mente.
Non si voltò più a guardare Narcissa Black. Non ne aveva bisogno.Tanto sapeva che, prima o poi, l’avrebbe rivista.
Si, l’avrebbe incontrata di nuovo.
Prima o poi.

 

Il giorno seguente, Narcissa chiuse il proprio baule con un sonoro schiocco.
Ecco, un nuovo anno ad Hogwarts.
Rammentò l’eccitazione con cui aveva vissuto quello stesso giorno, un anno prima. Ora molte cose erano cambiate. Intorno a lei, dentro di lei.
Salutò mentalmente quella che era stata la sua stanza in quei due mesi e poi la lasciò, senza alcun rimpianto.
Salutò i suoi genitori, che parevano più distanti che mai, seguì Dorothy, sospirò e prese posto nella carrozza di famiglia che l’avrebbe condotta insieme a Bellatrix a King’s Cross.
Poi sarebbero andate al binario nove e trequarti e da li, ancora, all’Espresso di Hogwarts.
Un altro anno.


FINE DICIANNOVESIMO CAPITOLO.

FINE PRIMA PARTE de “UN GELIDO DESTINO”

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Capitolo 20
*** Incontri ***


Grazie ad EcateC per le sue recensioni e grazie a chi perde il suo tempo a leggere ciò che scrivo, fa sempre piacere ^_^

Che dire? Questo capitolo per me è gioia e gaudio perché, finalmente, arriva colui che io amo appassionatamente da circa vent'anni ( più della durata media di molti matrimoni :D ), colui per il quale ho iniziato a scrivere ff, colui che ho sempre sostenuto come una cheerleader anche quando, per tanti, era solo il brutto e cattivo Professore di Pozioni di Harry Potter. Ho sbagliato solo su una cosa...su chi amava...sigh...vabbé, questa mia ff è pre-settimo libro e quindi la posto così com'era e la sto proseguendo così come è sempre stata nella mia testa. Appariranno anche altri personaggi noti ma, lo dico senza problemi, io detesto i Malandrini, fatta eccezione per Remus Lupin, ovviamente. Sono solo camei, comunque, perché altrimenti il titolo corretto di questa storia sarebbe "Un lunghissimo, ammorbante, particolareggiatissimo, pesantissimo, infinito, gelido destino" per gli amici: LAPPIGE. (ma dopotutto lo è già ... ) Come vedete solo l'ombra della presenza di Severus mi rende particolarmente loquace. Buona Lettura!

 

‘UN GELIDO DESTINO’- SECONDA PARTE

 

Ventesimo capitolo

 

(Incontri)

 

Il binario nove e trequarti pullulava, come ogni primo settembre, di giovani maghi e streghe che attendevano di ritornare, o di mettervi piede per la prima volta, ad Hogwarts.
Studenti veterani, che indossavano già le loro divise e chiacchieravano allegri, e studenti novizi, dai volti pallidi e ansiosi ma anche eccitati, si mescolavano in un allegro caos.
Narcissa e Bellatrix fecero la loro comparsa senza degnare nessuno di uno sguardo e separandosi quasi immediatamente.
Dorothy, che le accompagnava come di consueto, le osservò ansiosamente ma, davanti all’irremovibile autorità della sua giovane e bionda protetta, che l’invitava ad andarsene, si allontanò senza protestare ben prima che l’Espresso si mettesse in marcia.
Cissy si avviò lentamente lungo il binario, dirigendosi verso le vetture di coda che, generalmente, erano le meno popolate.
Rubinia non c’era, non sarebbe più tornata, e lei non conosceva nessuno. O meglio, qualcuno conosceva, ma in quel momento i suoi sentimenti verso quella particolare persona non erano dei migliori.
Lucius l’aveva spudoratamente ignorata per tutta l’estate e lei, che si era aspettata almeno un invito a Malfoy Manor, era rimasta a bocca asciutta.
Così, la sola idea di rivederlo dopo quelle lunghe settimane non le dava né ansia né gioia, ma solo irritazione.
In quel momento qualcuno la urtò con una certa malagrazia.
- Stai più attenta!- esclamò Narcissa, con un tono di voce gelido reso aspro dai cupi pensieri che le attraversavano la mente, rivolta alla ragazzina, evidentemente babbana, che l’aveva urtata.
- Oh!Scusami!- esclamò l’altra, con una smorfietta birichina che fece brillare i suoi straordinari occhi verdi, e si allontanò lanciandole un sorrisetto di scusa.
Il sole di settembre incendiò per un attimo i capelli della sconosciuta, traendovi degli infuocati riflessi ramati.
Narcissa l’osservò per qualche istante mentre si allontanava, invidiandole l’evidente spensieratezza.
- Cugina, ti sei incantata?-
Una voce impertinente e conosciuta la riportò alla realtà e Narcissa si voltò ad osservare il volto ironico di Sirius.
Aveva dimenticato che per lui era il primo anno ad Hogwarts.
Il ragazzino era accompagnato da un Kreacher dall’aria furiosa, che si era legato il suo misero gonnellino con una lunga corda stretta da un curioso lucchetto dall’aria molto pesante.
- Stavo quasi per togliergli il gonnellino questa volta! – spiegò Sirius, in risposta allo sguardo interrogativo della cugina – E, Merlino mi è testimone, la prima cosa che farò ad Hogwarts sarà imparare come farlo senza che io possa fallire!- sorrise e gettò uno sguardo disgustato al suo servitore, che gli restituì uno sguardo colmo di risentimento.
- Complimenti. – esclamò Narcissa freddamente – Vedo che hai davvero degli ottimi proponimenti!- poi lanciò uno sguardo speranzoso alle spalle di Sirius.
- Se cerchi il piccolo Reggie – la anticipò nuovamente il ragazzino – Non gli ho permesso di venire. Avrebbe finito con il piangere come una fontana e mi avrebbe fatto vergognare! Meglio non iniziare la mia carriera scolastica con la fama di avere un fratello piagnone!- il viso di Sirius si storse in una smorfia infastidita.
Narcissa strinse gli occhi e lo fissò qualche istante, poi gli voltò le spalle.
- Bene, allora è meglio che mi allontani da te, nemmeno io voglio rovinare la mia fama a Scuola. Non vorrei che pensassero che siamo in confidenza!- e si allontanò, decisa.
Sirius si strinse nelle spalle e, dopo aver rifilato una pacca sulla nuca di Kreacher, si voltò a rimirare il rosso e scintillante Treno di Hogwarts.
Il suo mezzo per raggiungere la salvezza.
Gli occhi gli brillarono di eccitazione repressa. Mesi lontano da casa! Lontano dalla sua famiglia! Poteva sentire il proprio cuore battere velocemente e il sangue scorrergli come una cascata impetuosa nelle vene.
Libertà!
Un attimo dopo, un tonfo poco lontano da lui lo riportò alla realtà.
Un ragazzino magro e piuttosto bassino cercava di caricare il suo baule sul treno, ma senza grandi risultati.
Sirius l’osservò per qualche istante.
Sembrava suo coetaneo, indossava abiti da mago ed aveva una zazzera di capelli neri e arruffati. Dopo aver combattuto qualche istante contro la voglia di lasciare che il piccoletto si arrangiasse, Sirius si avvicinò con le mani in tasca e l’aria indifferente.
- Direi che hai bisogno di una mano…- gli disse, senza riuscire a mettere un minimo di cordialità nelle sue parole.
Si maledisse mentalmente per la propria goffaggine, rendendosi conto che non era proprio abituato a parlare con gli estranei. Le sue uniche compagnie erano sempre stati Regulus e Kreacher….e lei, naturalmente.
Il cuore gli si strinse dolorosamente. Meglio non pensare a lei, adesso.
Il ragazzino moro si voltò a guardarlo, studiandolo con i suoi occhi nocciola attraverso le lenti di un paio di occhiali dalla curiosa montatura rotonda.
- Bene stangone, non ti si può nascondere nulla a quanto pare! – gli rispose poi, con un tono ironico – Vediamo se la tua altezza è direttamente proporzionale alla tua forza!- e si fece di lato, lasciando il baule davanti alle scalette.
Sirius osservò il baule con aria critica e poi fece un cenno alle proprie spalle.
Un recalcitrante Kreacher si fece avanti con aria imbronciata e, con uno schiocco delle dita, fece levitare il pesante bagaglio depositandolo poi all’interno del treno.
Il ragazzo occhialuto fischiò.
- Come vedi, non mi serve la forza! – disse Sirius, accarezzandosi una barba immaginaria – Basta la mia autorità!-
L’altro ragazzo scoppiò a ridere di cuore.
- Decisamente acuto!- ghignò compiaciuto, tendendogli la mano – Mi chiamo James Potter, piacere!-
Aveva un sorriso aperto e un’aria estremamente sveglia e, per dirla tutta, a Sirius piacque immediatamente.
- Sirius Black!-
Strinse la mano che gli veniva offerta cercando di nascondere la gioia che provava: aveva trovato un amico.
I due ragazzini continuarono a chiacchierare amichevolmente mentre salivano sul treno, senza più degnare l’elfo domestico di uno sguardo, mentre il cielo azzurro di settembre si rifletteva nei grandi e malevoli occhi a palla di Kreacher.


Narcissa aveva già rinunciato all’idea di trovare uno scompartimento vuoto quando, per un attimo, cantò vittoria aprendo la porta dell’ultimo situato nell’ultima carrozza.
Ma la soddisfazione durò un solo attimo. Lo scompartimento non era vuoto.
In uno dei sedili accanto al finestrino era seduto un ragazzino.
Narcissa ormai aveva messo un piede dentro e fare dietro front l’avrebbe fatta sembrare sgarbata. In realtà, non le importava molto di sembrare sgarbata ma, dopo uno sguardo all’altro passeggero, capì che la sua sarebbe parsa una vera e propria fuga.
Il ragazzino era, impossibile definirlo diversamente, inquietante.
E brutto.
Aveva un viso magro e affilato, dominato da un naso arcuato che sovrastava una bocca sottile. Quei lineamenti così marcati e sgraziati rendevano difficile dargli un’età ma, visto che era certa di non averlo mai veduto prima (impossibile non notarlo), Narcissa immaginò che fosse un nuovo studente e quindi poté indovinare un’età approssimativa di undici/dodici anni.
- Permesso…- mormorò, impacciata suo malgrado, e richiuse la porta dietro di sé, rimpiangendo di non aver avuto la prontezza di voltarsi e allontanarsi.
Si sedette nel primo posto accanto alla porta un po’ rigidamente ma, dopo qualche minuto, si rilassò.
Lo sconosciuto non l’aveva degnata nemmeno di uno sguardo, visto che era sprofondato nella lettura di un libro dall’aria estremamente pesante.
Dopo qualche minuto di silenzio, rotto solo dai frequenti fruscii delle pagine che venivano sfogliate, Narcissa cominciò a lanciare occhiate di sottecchi al ragazzino, osservandolo con crescente interesse.
Non aveva mai visto una persona così. Era abituata ad essere circondata da persone belle.
Inoltre, oltre ad essere difficile dargli un’età, era difficile da collocare anche come appartenenza.
Mago? Babbano?
Sentì di poter escludere l’ultima ipotesi. I babbani non aveva quell’aria misteriosa, di solito erano goffi e spaesati al loro primo viaggio sull’Espresso. Si riconoscevano lontani un miglio.
Mago allora.
Eppure qualcosa le diceva che, nonostante indossasse una veste da mago nera e logora, non era particolarmente abituato a trovarsi nel mondo magico.
Glielo suggeriva la posa fintamente rilassata in cui stava seduto.
‘Dopotutto è un tipo nervoso’ pensò, soddisfatta di avergli trovato una debolezza ‘anzi no’ si corresse corrucciata, ‘è un tipo guardingo..’
Osservare ogni piccolo particolare del suo compagno di scompartimento divenne il divertimento di Narcissa nella prima parte del viaggio e, a dirla tutta, erano settimane che non sentiva così tanto interesse per qualcosa.
Studiò la magrezza del suo corpo, le gambe e le braccia sgraziate. Si sorprese delle belle mani che aveva, che sembravano avulse da tutto il resto del corpo. Mani sottili e nervose che davano l’idea di essere agili e abili.
I capelli erano nerissimi, persino più neri di quelli di Sirius e Regulus, e scendevano in lunghe ciocche, come i rami di un salice piangente, a coprire quasi con pudore il profilo sgraziato ma interessante del ragazzo.
Dopo un po’ di tempo, tuttavia, Narcissa cominciò ad annoiarsi e si chiese se poteva sgattaiolare via senza essere notata.
Lui sembrava proprio non farle caso e la cosa la irritava profondamente. Non era abituata ad essere ignorata.
Anche Lucius spesso si comportava con aria di sufficienza nei suoi confronti, ma quel ragazzo sembrava non accorgersi nemmeno della sua presenza.
Si morse le labbra per frenare le parole che lottavano per uscire, ma troppo tardi.
- E’ interessante quel libro?- udì chiedere la propria voce.
Arrossì leggermente, vergognandosi della propria debolezza e dalla banalità della propria domanda.
Lui alzò lo sguardo e Narcissa si trovò a fissare due occhi come non ne aveva mai visti.
Bellatrix e Andromeda avevano gli occhi neri ma, ognuna a proprio modo, li aveva vitali e brillanti di luce.
Gli occhi neri di quello sconosciuto erano neri, si, ma privi di qualsiasi luce e calore. Parevano due pozzi bui che si affacciavano su un abisso oscuro e freddo.
Immergere il proprio sguardo in quello corvino del ragazzo diede a Narcissa la stessa sensazione che può dare sfiorare con la punta del piede la superficie di un lago ghiacciato.
Un brivido infinito le percorse tutto il corpo.
Il contatto visivo durò qualche secondo.
-…Si, lo è…- le rispose lui, con voce chiara e fredda, parlando lentamente.
Se lo sguardo l’aveva gelata, la voce le fece l’effetto di calore liquido.
Narcissa faticò a nascondere la propria sorpresa.
Si era aspettata una voce quasi gracchiante, sgradevole, in tono con l’aspetto del suo proprietario e, invece, il ragazzino aveva una bella voce di bambino, com’era giusto che fosse.
Una voce che avrebbe potuto essere dolce e avrebbe potuto benissimo appartenere ad un bimbo bello come Regulus.
Prima che Cissy, incoraggiata da quella risposta, potesse continuare quella strana interazione la porta scorrevole dello scompartimento si spalancò.
Si affacciò sulla soglia della porta una ragazza che Narcissa conosceva di vista, visto che frequentava il terzo anno ed era tra i Serpeverde.
Era una bella ragazza alta e dalla pelle color caffellatte, con dei lunghissimi capelli scuri e crespi e due occhi neri ed obliqui, ombreggiati da folte e corte ciglia diritte. Le sopracciglia erano sottilissime, quasi invisibili e ai lobi delle orecchie portava due grossi cerchi d’oro e turchesi. Le braccia erano coperte da bracciali dorati, tempestati da pietre colorate.
L’intero aspetto era regale ed esotico.
- Black…- sussurrò la ragazza, con una curiosa voce roca, inusuale per una tredicenne – Sono Bebhinn Naghib…- fece una pausa, per accertarsi che Narcissa conoscesse il suo nome ed, evidentemente, non si aspettava nulla di diverso - Ti ho cercata a lungo. Ho visto che tra i tuoi compagni del secondo anno non c’eri, gradiresti unirti a noi del terzo anno?- lo sguardo scivolò verso lo strano compagno di viaggio di Cissy, che era di nuovo immerso nella lettura.
Narcissa esitò un solo secondo e poi, per quanto sorpresa da quell’invito, si alzò, gettando indietro i lunghi capelli biondi.
- Perché no? Grazie!- e si allontanò con la ragazza senza salutare il suo compagno di viaggio, con un pizzico di sollievo ma rimpiangendo, stranamente, la perduta conversazione con il misterioso sconosciuto.
Il ragazzino, attraverso la cortina di lunghi capelli scuri, gettò uno sguardo a Narcissa mentre si richiudeva la porta alle spalle.
La luce che le illuminava i capelli chiari era qualcosa di straordinariamente bello e contrastava con il buio che sembrava circondare lui.
Chiuse il pesante libro con un tonfo e si appoggiò leggermente allo schienale del sedile, rilassando finalmente i muscoli e distendendo leggermente le gambe.
Mancava poco, ancora qualche ora e sarebbero arrivati ad Hogwarts.

FINE VENTESIMO CAPITOLO

(A presto con il prossimo capitolo di LAPPIGE ^_^)

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Capitolo 21
*** Future consuetudini (prima parte) ***


Eccomi qui, con il nuovo capitolo! Grazie a EcateC per la sua recensione :) sono felice che il mio Severus ti sia piaciuto! Grazie anche a chi legge questa storia. Buona lettura! ps: _Beb futura madre di... :)
 

UN GELIDO DESTINO

 

Ventunesimo capitolo

 

(Future consuetudini – Prima parte)

 

La cerimonia dello Smistamento ad Hogwarts era da sempre un momento di grande emozione ed interesse.
Emozione per chi doveva essere smistato dal Cappello Parlante e interesse per gli studenti che già appartenevano ad una della quattro Case della scuola e seguivano, con partecipazione, il destino dei loro futuri compagni.
Narcissa si sedette in un angolo remoto del tavolo dei Serpeverde, decisa a stare lontana da Bellatrix che, come sempre, attirava gli sguardi maschili della Sala e ignara degli sguardi che attirava a propria volta.
Sospirò piano, sistemandosi con cura le pieghe della propria divisa e, mentre si chiedeva quando la cerimonia sarebbe cominciata, qualcuno passò e le diede una tiratina ai capelli.
Cissy si voltò indignata ma vide, con stupore ed emozione, che si trattava di Lucius.
Lui proseguì senza voltarsi e prese posto tra i propri compagni del settimo e ultimo anno. Lei, invece, non riuscì a staccargli gli occhi di dosso per diversi secondi.
Nei mesi estivi, durante i quali non si erano visti, lui era cresciuto ed era divenuto più alto e prestante, l’andatura era sempre sicura e il piglio arrogante, l’espressione ironica e indecifrabile. Sembrava che non avesse un solo problema al mondo e molte ragazze, anche dai tavoli delle altre Case, lo osservavano con espressione rapita.
Come dar loro torto? Era bello, ricco e sicuro di sé, il prototipo perfetto di eroe maschile e Narcissa lo sapeva bene. La percezione che aveva di lui era cambiata incredibilmente in quell’anno appena trascorso, Cissy aveva scordato lo sguardo impietoso con cui l’aveva osservato all’inizio della loro conoscenza.
Non era gelosa di quelle ragazze che osservavano sognanti il giovane Malfoy perché, nel proprio cuore, albergava la consapevolezza e la sicurezza che lei e solo lei aveva capito Lucius fino in fondo. Lei e nessun’ altra.
E c’era anche la consapevolezza che, nonostante i sentimenti contrastanti che provava per lui, Lucius dominava il suo cuore come e più di prima.
Ecco, quello era il ragazzo che amava e che, un giorno, sarebbe divenuto il suo sposo.
Era emozionante anche solo pensarlo.
Lucius si voltò un attimo e le fece una piccola smorfia. Era solo una smorfietta, ma i suoi occhi non avevano cercato nessun altro e Narcissa capì che anche lui, in qualche modo, la metteva al di sopra degli altri presenti in quella Sala.
Non poté impedire alle proprie labbra di arricciarsi leggermente e Lucius rispose a quel sorriso segreto con un’altra smorfia che, questa volta, somigliava ad un sorriso.
Narcissa distolse gli occhi da quelli chiari di lui e si ritrovò a fissare quelli scuri di Bebhinn Naghib.
Aveva quasi scordato la sua compagna di viaggio e non si era nemmeno accorta, a dire il vero, che la ragazza si era seduta di fronte a lei.
- Sei in confidenza con Malfoy?- le chiese Beb, fissandola tranquilla.
Narcissa si era anche dimenticata che quella ragazza aveva la tendenza a fare domande, molte domande, spesso molto personali, per di più.
E lo faceva con l’aria più tranquilla e innocente del mondo, senza lasciar trasparire né curiosità né interesse particolari. Così, evitare di risponderle diventava davvero difficile.
- Non particolarmente. – mentì Narcissa, altrettanto tranquillamente – Ma le nostre famiglie si frequentano, come tutti noi purosangue, ovvio. –
Beb la fissò qualche istante, pensierosa.
- Io ho già scelto mio marito. – disse, di punto in bianco – Si chiama Babukar Zabinì – sorrise a Narcissa – L’ho scelto bene! E’ un Principe Somalo e ha la pelle scurissima, molto più della mia, il collo lungo ed elegante e i suoi occhi sono ardenti come la brace….si, ho fatto un’ottima scelta!- si compiacque.
- In che senso l’hai scelto tu?- chiese Narcissa, proprio malgrado, non riuscendo a nascondere lo stupore.
- Certo! – annuì Bebhinn, segretamente soddisfatta di avere di nuovo l’attenzione di Cissy tutta per sé –La mia tribù è di tipo Matriarcale e sono le donne a scegliere il loro primo marito. –
- Primo marito?- ripeté Narcissa, leggermente scandalizzata all’idea della poligamia.
- Sai, delle volte i mariti muoiono…- le rispose l’altra, sibillina, stringendo gli occhi come un felino che fissa la propria preda.
Narcissa aggrottò le bionde sopracciglia, infastidita dal tono misterioso della ragazza.
- Volendo potrei scegliermi una moglie.- aggiunse poi Beb, fissando Narcissa con un volto molto serio.
Stavolta l’espressione di Cissy non rimase così impassibile e la ragazza dalla pelle scura scoppiò a ridere di gusto.
Una risata scrosciante che fece voltare molte teste.
- Finalmente un’espressione scandalizzata, Black!Sei sempre così impassibile, è difficile leggerti dentro!- le disse Beb, quando ebbe ripreso fiato - Scherzavo…- aggiunse poi, allungando un braccio per sfiorare quello di Cissy, con gli occhi neri che scintillavano come due ossidiane.
Narcissa si pentì, per l’ennesima volta in quelle ultime ore, di aver accettato l’invito di quella strana ragazza. Sarebbe stato molto meglio proseguire il suo viaggio con il misterioso e silenzioso ragazzino dai capelli scuri.
Improvvisamente si ricordò di lui e, proprio in quel momento, la porta della Sala Grande si spalancò e la Professoressa Mc Granitt entrò con passo spedito, seguita da decine di scalpiccianti ragazzini che indossavano la nera divisa di Hogwarts.
Gli occhi di Narcissa saettarono tra di loro per vedere se egli c’era davvero. Vide Sirius, tra i primi ad avanzare, con aria spavalda e l’espressione sul viso di trionfo represso, accanto a lui camminava, altrettanto spavaldo, un ragazzino minuto dai capelli scuri.
Scorse una testa di capelli rossi tra tutte le altre: la ragazzina del binario nove e trequarti.
E infine lo vide, finalmente.
Spiccava come una macchia d’inchiostro nero sulla pagina di un libro.
Scuro in mezzo a tutti gli altri altrettanto scuri, eppure, invece di confondersi, esulava da tutti, come se persino il nero della sua divisa fosse di un nero diverso da ogni altro.
Narcissa non lo perse di vista, osservandolo con interesse.
In quale Casa sarebbe stato smistato? Con un certo stupore si rese conto che non sembrava appartenere ad alcuna delle quattro casate.
Impossibile che fosse un Grifondoro, era certa che non potesse esserlo. Nemmeno un Tassorosso pareva, forse un Corvonero? No, non aveva un’aria così sofisticata.
Eppure sembrava improbabile che fosse un Serpeverde.
Era mai accaduto che uno smistamento fallisse?
Narcissa si accorse di essere tesa, mentre aspettava il verdetto.
Dovette aspettare parecchio, perché lui fu smistato tra gli ultimi.
Sirius invece fu uno dei primi e, dopo qualche secondo, venne smistato tra i Grifondoro. Come avrebbe reagito Walburga? Era un’onta incredibile per un Black e Narcissa provò un certo piacere all’idea della furia di sua zia, specie ricordando quanto fosse stata sprezzante con Andromeda, quando era finita tra i Corvonero.
Lo smistamento più veloce fu quello della ragazzina dai capelli rossi.
Non appena il Cappello ebbe sfiorato la sua testa, strillò forte e molto deciso ‘Grifondoro!’, come se sfidasse chiunque a contraddirlo.
Uno ad uno tutti vennero smistati, finché non rimase che una mezza dozzina di ragazzi.
- Snape, Severus!- lesse la Professoressa Mac Granitt, con voce chiara, e lui si fece avanti.
Narcissa si tese, concentrandosi.
Non capiva perché, ma poteva avvertire la tensione del suo magro protetto arrivare fino a lei.
Il Cappello Parlane ci mise molto a decidersi e lei ebbe paura che, in effetti, lui non sarebbe stato smistato da nessuna parte.
Alla fine il Cappello si decise: ‘Serpeverde!’ declamò e il ragazzino si tolse con calma e apparente indifferenza il Cappello, porgendolo alla Professoressa, e si diresse verso il tavolo dei Serpeverde, seguito dagli sguardi sprezzanti e derisori di molti studenti.
Oggetto designato degli scherzi altrui. Sembrava che il suo destino fosse chiaro ed ineluttabile.
Una vittima.
Eppure poteva definirsi debole quello sguardo nero e insondabile? Poteva essere fragile quel corpo magro e nervoso? Appartenevano a una persona inerme quelle labbra sottili e decise?
L’istinto di Narcissa le sussurrava 'no', nella sua mente.
Anche molti Serpeverde non sembravano entusiasti di averlo nelle loro fila, ma lui avanzò calmo, con un’andatura guardinga e cauta che lo faceva sembrare un ragno che si muove sui sottili filamenti della sua tela.
Perché il destino di quello sconosciuto le stava così a cuore? Lei, che non si interessava mai granché del suo prossimo e che riservava solo a pochi eletti le proprie attenzioni ed il proprio affetto?
Narcissa non seppe darsi una spiegazione, lì per lì, ma, quando vide lo sguardo di Severus strisciare lentamente tra le panche dei Serpeverde, alla ricerca di un angolino dove infilarsi, il suo corpo di mosse da solo.
Si scostò e creò una nicchia per lui.
Fu come se un meccanismo andasse finalmente al proprio posto e lei poté quasi udire il ‘clic’ di un ingranaggio che ruotava nella giusta direzione.
Severus colse il movimento, ebbe un breve lampo di riconoscimento e comprensione, e si sedette di fianco a lei.


Le prime due settimane volarono via veloci, e presto i ritmi di Hogwarts presero il sopravvento sugli studenti.
Narcissa non ebbe tempo di vedere né Lucius né Severus.
Il primo, nonostante avesse molto tempo libero grazie agli orari dell’ultimo anno, sembrava sparire letteralmente dalla Scuola.
Il secondo era impegnato a sopravvivere.
Come era stato chiaro fin dall’inizio, Severus era diventato presto l’oggetto delle prepotenze dei compagni di Scuola. Ma era accaduto anche qualcosa che era stato molto meno chiaro, per tutti tranne che per Narcissa, la quale l’aveva istintivamente afferrato da subito.
Era venuto fuori, infatti, che Severus non era né debole né inerme e che, chiunque avesse cercato di prendere il sopravvento su di lui, l’aveva pagata cara.
Eppure non vi erano mai testimoni di ciò che accadeva in quei momenti e il giovane Snape non aveva mai fatto una sola ora di punizione.
Sembrava nato per farla franca.
Dopo soli quindici giorni era sulla bocca di tutti, perché non c’era materia nella quale non eccellesse e sembrava che le sue conoscenze, anche in incantesimi poco consoni alla sua età, fossero inesauribili.
Nonostante non avesse legato con nessuno, era molto più benvoluto tra i Serpeverde ora, in quanto faceva guadagnare punti su punti alla propria Casa.
Alla fine della terza settimana, Severus ebbe il primo scontro con Sirius.
Erano a lezione di Pozioni e, alla domanda del Professor Slughorn su dove fosse consuetudine trovare l’Olio d’Issopo, il cugino di Cissy aveva ghignato ‘Sulla testa di Snape, Professore?’ provocando le convulsioni dal gran ridere al suo amico James e ad un altro ragazzino, grasso e nervoso, dei Grifondoro.
Quel ragazzino era finito in infermeria meno di un’ora dopo e si narrava che lo scontro che ne era seguito, tra Sirius, James e Severus fosse stato epico.
Quest’ultimo aveva avuto la peggio, ovviamente, e aveva evitato di finire ancora peggio solo grazie all’intervento di un altro studente del primo anno dei Grifondoro.
Per quella volta avevano scampato tutti la punizione. Quello fu solo il primo degli infiniti scontri futuri e questo si che fu subito chiaro a tutti, specie ai tre protagonisti.

 

Narcissa non ebbe molto tempo per sé in quei giorni, in quanto Bebhinn la tallonava ogni volta che poteva. Non le dispiaceva la compagnia di quella ragazza, ma Cissy avrebbe voluto un’opportunità per trovarsi sola con Lucius, prima o poi.
Ma lui, anche le poche volte che si incrociavano, sembrava notarla a malapena e lei doveva reprimere a stento l’istinto di chiamarlo, anche con una futile scusa, per potergli parlare.
Il tutto avveniva sotto gli occhi scuri e acuti di Bebhinn, che non si perdeva una mossa della sua bionda amica.
Infine, un sabato mattina, Narcissa si trovò sola soletta fuori in giardino, con il primo vento freddo di ottobre che le pungeva il bel volto pallido.
Beb non amava il freddo e Cissy ne aveva approfittato per sgattaiolare fuori, in cerca di un poco di solitudine.
Si sedette in un angolino nascosto e lasciò vagare i propri pensieri.
Improvvisamente una mano le nascose la visuale, posandosi leggermente sui suoi occhi.
- Beb…- sospirò Narcissa, rassegnata e infastidita insieme.
- Se non sapessi che Beb è il nome di quella tizia che ti sta sempre appiccicata, potrei anche farti una scenata di gelosia…- le disse una voce fredda che le fece balzare il cuore in gola.
Cissy si liberò il viso dalla mano e si alzò, voltandosi, troppo emozionata per preoccuparsi di sembrare indifferente.
- Lucius!- esclamò, con il volto arrossato e l’emozione che le faceva brillare gli occhi.
Lui strinse la labbra, osservando il giovane viso di lei che lasciava trasparire, per la prima volta, tutti i sentimenti che si celavano nel suo cuore.
Una miriade di pensieri attraversarono la mente calcolatrice di Lucius, alla velocità della luce.
Eccola là.

Era piccola, ancora troppo piccola. Ma era bella ed era sua.
Non era ancora il momento, però. C’erano cose ben più urgenti e più importanti prima ma, lui lo sapeva, lei lo avrebbe aspettato. Sempre.
Non aveva alcun dubbio in proposito Lucius Malfoy. Così come non aveva mai dubbi su nulla.
Si era scordato di lei, in quella lunga estate in cui aveva intrapreso la strada della gloria alla quale anelava e, quando l’aveva rivista, aveva capito che, a dispetto della differenza di età, non c’era nessun’altra che lo interessasse allo stesso modo.
Narcissa lo interessava ma, ora ne aveva la conferma, era già sua e quindi poteva anche permettersi di aspettare e lasciarla crescere.
Aveva altro di cui occuparsi.
- Bene, bene! – esclamò, ironico – A quanto pare, durante l’estate, ti sei addomesticata e sei divenuta docile come un cucciolo di Unicorno!-
La gioia sul volto della ragazza evaporò in un istante e Lucius provò qualcosa di simile al rimorso.
- Scusa se non mi fermo.- le disse, ancora più freddo di quello che avrebbe voluto – Ma ho cose più importanti da fare!- e, dopo aver allungato la mano, le catturò una ciocca dei suoi capelli biondi mossi dal vento.
Gli piacevano quei capelli. Gli piaceva sentirli tra le sue dita.
Li trattenne un istante e poi glieli tirò, non giocosamente, come aveva fatto il primo giorno di scuola, ma quasi con rabbia.
Lei lanciò un piccolo urlo indignato e lui le voltò le spalle e se ne andò.
Si allontanò, per l’ennesima volta. Così come avrebbe fatto ancora tante e tante volte, lasciandola dietro di sé, ad aspettare, sola.

FINE VENTUNESIMO CAPITOLO

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Capitolo 22
*** Future consuetudini (seconda parte) ***


Aloise, Rubinia, Bebhinn...sono personaggi che ho inventato io, sarà per questo che sono particolarmente affezionata a loro tre? Mi piace scrivere dei personaggi della Rowling, lei ha saputo creare un Mondo sul quale è bello sognare, un contesto che sa ispirare e ha dato vita a dei personaggi indimentiabili, questa è genialità. Tuttavia è altrettanto bello, poter essere libera di muovere dei personaggi ideati e caratterizzati del tutto da me. Buona lettura!

UN GELIDO DESTINO

 

Ventiduesimo Capitolo

 

(Future consuetudini – seconda parte)

 

Mentre si allontanava da Narcissa, Lucius sentiva dentro di sé un’insolita inquietudine e l’espressione sul suo volto era cupa e distante.
- Fossi in te starei attento!- gli disse una voce, scuotendolo dai propri pensieri.
Il ragazzo strinse gli occhi, fissando il volto di Bebhinn che stava appoggiata ad una colonna con aria disinvolta.
- Scansati Naghib, non ho tempo da perdere!- le intimò, con aria pigra e indolente, senza mostrare il fastidio che provava.
Non sopportava ammonimenti da nessuno.
- Si, lo so…- disse lei, stringendo gli occhi scuri – …So bene che hai cose molto importanti da sbrigare ma, fossi in te, non trascurerei troppo la piccola Narcissa. Sai, un giovane cuore innamorato va coltivato altrimenti avvizzisce, o cerca calore altrove!- concluse, scoprendo i suoi denti bianchissimi.
- Giovane cuore innamorato..?- la derise Lucius – Non ti facevo così romantica!-
- Oh, si, proprio!- sospirò lei, sollevando gli occhi al cielo con aria di giocosa esasperazione - Sai, Black crede davvero di essere innamorata di te, Malfoy…- rispose lei, con un piccolo sospiro spazientito di chi, con tutta la più buona volontà, proprio non capisce qualcosa.
-Crede…?- mormorò lui, stringendo a propria volta gli occhi e lasciando trapelare la propria irritazione.
- Certo! – esclamò Beb, con un tono improvvisamente allegro – Ma, per fortuna, è quel tipo d’amore che appassisce facilmente!Lei vale troppo per un tipo come te!- gli sorrise serena come se, invece di insultarlo, gli stesse parlando del tempo.
Lucius fece per andarsene ma lei gli si parò davanti, questa volta molto seria in volto.
- Mi piace Narcissa, sai? Amo le cose belle…- il suo sguardo si fece per attimo velato e distante - A quanto pare è una delle cose che io e te abbiamo in comune perché, per quanto tu cerchi di nasconderlo, mi pare ovvio che lei ti è entrata nel sangue! Persino nel sangue gelido di un tipo come te.- i suoi occhi scuri brillarono, carichi di sfida.
- Se credi di sapere ciò. – le disse, sembrando per la prima volta pericoloso – Faresti bene a seguire il mio consiglio e starle lontana, te l’ho già detto diverse volte, non mi va che le ronzi attorno, Naghib!-
- Tu dammi ciò che voglio e io vedrò di lasciarla stare, anche se a malincuore…- sussurrò lei, inchiodando gli occhi in quelli chiari del giovane.
- La mia risposta è sempre quella, non cambia, anche se ricorri a certi ricatti.- le sibilò, freddamente - I bambini non sono ammessi, mi spiace.- concluse, per nulla dispiaciuto.
-Ah, si?- disse lei, perdendo il sorriso e mostrando per la prima volta il vero volto che si celava dietro la sua maschera di sorniona ironia – E come mai, allora, ti ho visto più di una volta intrattenerti con quel bambinetto brutto e cupo? Come mai gli hai messo alle calcagna due guardie del corpo? Quei cosi, grossi e stolti, di Tiger e Goyle? Perché quel bambino si, e io no?- gli chiese con la sua voce roca, graffiante come le unghie di una gatta.
- Non so di che parli.- le rispose Lucius, annoiato – Io non mi intrattengo con nessuno e ora scusami ma ho ben altro da fare! -
La superò con un inchino beffardo e fece per allontanarsi, ma lei lo bloccò nuovamente, con le proprie parole.
-Si, certo! Devi andare ad Hogsmeade, vero? Paesino interessante ultimamente, mi pare di capire.- esclamò, con un tono fintamente innocente - E, dimmi, ci vai ancora con la Black sbagliata? Quella volgare e sgraziata?- sibilò, fissando la schiena di Lucius, che si era irrigidito – Non credo che la piccola e dolce Cissy la prenderebbe molto bene se sapesse che te ne vai a spasso con sua sorella!-
- Te l’ho già detto, lascia Narcissa fuori da tutto questo.- mormorò lui, gettando uno sguardo a Beb da sopra la propria spalla – Altrimenti potrei anche decidere che sei di troppo…- la sua voce non aveva nulla di mellifluo o sarcastico.
- E’ una minaccia?- chiese Beb, sorridendo – L’unica persona dal quale devi guadarti è te stesso, Malfoy! – gli spiegò, con aria paziente – Non c’è persona peggiore di quella che non sa come prendersi ciò che desidera veramente: Rischia di soffrire, di far soffrire e di morire contorcendosi tra i rimpianti!-
Lucius si allontanò senza aggiungere nulla e Beb continuò a fissare il punto in cui era sparito, pensierosa.

 

Narcissa, dopo che Lucius se n’era andato in quel modo così brusco, si era seduta ed era rimasta a fissare il vuoto, lasciando vagare lo sguardo sui Giardini di Hogwarts che andavano animandosi pian piano.
- Davvero una bella giornata!L’ultima, prima che arrivi l’inverno, vero?- le disse una voce briosa.
- Ciao Beb.- salutò Cissy, con un piccolo sorriso – Ti sei avventurata fuori, nonostante quest’aria frizzante?-
- Oggi avrò la fortuna di visitare Hogsmeade, non me lo perderei mai, per nulla al mondo!- le rispose l’altra ragazza, mettendo in mostra i suoi denti perfetti.
-Ah, è vero! – rammentò Narcissa – Tu frequenti il terzo anno e puoi visitare il villaggio, non ti facevo il tipo che si entusiasma per così poco.- si stupì la ragazza, osservando il look esotico e assolutamente fuori luogo di Beb.
- Da quello che ho capito è un luogo interessante assai! – le disse l’altra, con aria allegra – Dove è possibile incontrare gente variopinta; devo dire che mi entusiasma eccome l’idea!-
Narcissa sorrise apertamente, davanti all’espressione eccitata della sua amica.
Bebhinn indossava abiti coloratissimi e ampi, portava ai lobi delle orecchie dei grandi cerchi dorati, al collo una collana con un’enorme farfalla e, alle braccia, decine di tintinnanti bracciali.
Osservando la collana di Beb, Cissy rabbrividì leggermente. Le ricordava un’altra farfalla, piccola e colorata.
Quella della collana di Ruby.
- Beb, perché hai lasciato la Namibia e sei venuta fin qui?- le chiese all’improvviso, scrutando il bel volto color cioccolata della ragazza.

- Oh,     Furaha yangu!* - sussurrò Beb, estasiata, chinandosi davanti a Narcissa – Non sai quanto mi renda felice che tu ti interessi a me!-
Narcissa si pentì all’istante di essersi spinta in un’area, evidentemente, ritenuta di grande confidenza da Beb ma ormai era troppo tardi.
- Lasciare il mio villaggio, la mia gente…non è stato facile, sai?- le disse Beb – Ma io ho sangue in parte scozzese, nordico! Il mio nome, Bebhinn, è celtico, lo sapevi questo?- Narcissa scosse leggermente la testa, facendo oscillare i suoi capelli chiari - E' proprio così! Mio nonno lo era…sai che mia nonna è venuta qui in Scozia per trovarsi un marito del nord? Per rinforzare il nostro sangue e creare  un miscuglio magico potente?- all’improvviso scoppiò a ridere di gusto, una risata contagiosa che a Narcissa piaceva molto – Lei voleva sposare Albus Silente, ci credi?!- questa volta fu l’espressione di Cissy che fece scoppiare a ridere di nuovo Beb – Si! Il mago più potente che avesse mai conosciuto ma lui si oppose, con molta ferma gentilezza, mi raccontò lei. Tuttavia è un’onta essere rifiutate per noi e così mia nonna gli fece il malocchio…- sorrise con aria furba – Una vera maledizione…, è la nostra specialità! Ma, a quanto pare, lui è davvero un mago potente perché l'anatema non ha fatto effetto!- la ragazza fece spallucce - Credo che mia nonna lo abbia maledetto affinché Silente non possa concretizzare alcuna forma d’amore senza che le conseguenze siano devastanti per lui e per chi ama! E’ come se lo avesse condannato ad una vita di solitudine, insomma…- la ragazza si bloccò di colpo -Oh, Cissy, sei impallidita! Ti impressiona questa cosa? L’idea di una maledizione ti preoccupa?- Beb le si avvicinò, piantando i propri occhi scuri in quelli chiari, come laghi ghiacciati, di Narcissa – Puoi stare tranquilla, tesoro, noi malediciamo solo gli uomini!- tentò di rassicurarla - Anche se, una donna respinta, è davvero pericolosa, sempre…-
Narcissa si alzò di scatto, ponendo una certa distanza tra lei e quella ambigua ragazza.
- Naghib, credo che per te sia arrivata l’ora di avviarti ad Hogsmeade!- le disse, con voce ferma – Quanto a me, credo che i compiti di Trasfigurazione mi terranno impegnata per un bel po'!-
Beb finse di non notare l’irrigidimento di Narcissa, si rialzò sorridente e scrutò, con immutato calore, il bel volto della sua prediletta.
- D’accordo! In effetti ci sono parecchie cose che desidero vedere giù al Villaggio, davvero tante…- alzò lo sguardo osservando l’imponente Castello di Hogwarts – Certe volte ho come l’impressione che questo edificio si sorregga grazie alla forza della personalità di Albus Silente e che, nel momento in cui egli verrà a mancare, di esso non rimarranno che macerie. Chissà se esiste qualcuno più potente di lui…?- sussurrò più a se stessa che a Narcissa.
- Allora a dopo Beb!- le disse Cissy, salutandola con decisione e avviandosi senza aspettare una risposta.
La ragazza dalla pelle scura la osservò allontanarsi con un’espressione strana sul volto.
- Davvero una cosa bella…- sussurrò rapita, studiando i riflessi dorati dei capelli della ragazza – Davvero così sfortunata! In bilico su un abisso di disperazione…povera, povera mia farfalla di ghiaccio-

 

Narcissa si sentiva spossata e non era ancora metà mattina.
Gli incontri con Lucius e con Bebhinn erano stati, ognuno a proprio modo, estenuanti.
La giornata trascorse velocemente perché, in effetti, il carico di lavoro era notevole e lei ci teneva a mantenere alta la propria media nei voti, che era altrettanto notevole.
La sera si diresse verso la Sala Grande per la cena, curiosa di ascoltare il resoconto di Beb sulla visita al Villaggio che, ne era certa, sarebbe stato pittoresco e divertente.
Camminava con la testa tra le nuvole ma l’espressione del volto era un capolavoro di dissimulazione, come sempre.
All’improvviso urtò qualcuno e dovette aggrapparsi al mantello dello sconosciuto per non cadere.
- Mi scusi...- mormorò, seccata per la brutta figura e seccata con lo sconosciuto che se ne stava in mezzo al corridoio a rimirare chissà che.
- Di nulla….- le rispose una voce come non ne aveva mai udite prima.
Una voce che pareva gelo fattosi suono.
Alzò lo sguardo e incrociò un paio di occhi incredibili. Erano chiari, come potevano esserlo quelli di Lucius, ma sembravano emettere dei bagliori rossi alla luce oscillante delle torce.
Narcissa rimase senza fiato e indietreggiò di un passo, staccando la mano dal mantello dell’uomo.
Era un uomo attraente, di età indefinibile, il cui volto pallido era contornato da capelli scuri, tagliati in modo impeccabile.
Quel volto aveva lineamenti perfetti e, tuttavia, Cissy si accorse di non riuscire a coglierne realmente i contorni. Era come offuscato.
Dovette resistere alla tentazione di stropicciarsi gli occhi per togliere quella che pareva un’illusione ottica.
- Tom!- chiamò una voce imperiosa alle spalle dello sconosciuto, che sorrise leggermente prima di voltarsi.
-…Minerva…- sussurrò piano l’uomo, sorridendo e mostrando dei denti perfetti.
- Cosa ci fai qui? Sai bene che l’ufficio del Preside è altrove!- la Professoressa Mc Granitt sembrava indefinibilmente agitata e Narcissa non l’aveva mai veduta così, prima - Black! Cosa ci fai ancora qui? Vai a cena con i tuoi compagni…forza!- scattò, rivolgendosi alla ragazza.
Narcissa mormorò delle scuse e si allontanò, non senza gettare uno sguardo curioso a quell’uomo così strano.
Sussultò leggermente quando si rese conto che lui ricambiava il suo sguardo, fissandola con aria interessata.
Mentre accelerava il passo udì una parte del dialogo tra i due.
-…Solerte come sempre, Minerva. Sempre affaccendata per... soddisfare... il nostro Preside..?-
- Sfacciato come sempre, Tom! Sempre impegnato in oscuri propositi?- ribatté la Mc Granitt, dura -E’ comodo il tuo alloggio ad Hogsmeade? Andiamo, il Preside ti attende…-
Narcissa si meravigliò molto del tono usato dalla Professoressa Mc Granitt, perché era un tono vibrante, molto diverso da quello controllato di sempre.
La forte impressione suscitata in lei dallo sconosciuto l’accompagnò per tutta la serata, facendo da sfondo anche a tutti i discorsi di Beb.

 

…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai.’ La voce sepolcrale della Signora Alderman strisciava fino a lei, che stava inerme ad attenderne l’impatto ‘prigioniera in una cella di ghiaccio …né calore, né gioia, né amore…un uomo bruno che ti ama perderai, un uomo bruno che amerai condannerai…sola e desolata…incatenata dal senso di colpa, incapace di salvare chi ami e te stessa…la tua prigione farà solo filtrare la luce ma non ti consentirà di avvertirne il calore, autrice della tua stessa sconfitta…
Aloise Alderman declamava la sua maledizione proprio come quella notte di un anno prima, solo che ora il suo volto era un lattescente teschio dalle orbite vuote, contornato da lunghi, stopposi, capelli morti.
Narcissa si sentiva inchiodata al pavimento, mentre ascoltava impotente.
Poi, all’improvviso, la scena cambiò.
‘No…’ sussurrò a se stessa, nel sogno, sapendo ciò che l’attendeva.
Eccolo la, l’uomo bruno che le parlava incessantemente, con gli occhi che grondavano sangue, senza che lei potesse cogliere nemmeno una delle sue parole.
E poi, la parte più spaventosa.
Lui le mostrava il braccio sinistro, marchiato a fuoco in un disegno che lei non sapeva distinguere e, infine, egli si conficcava le unghie nella carne e tirava.
La ragazza si coprì le orecchie con le mani, per non udire il suono della carne che si lacerava.

 

Narcissa si svegliò di soprassalto, con il respiro affannoso e l’ansia che le dilaniava il petto. Si mise a sedere, scivolando lentamente fuori dalle coperte, il volto madido di sudore.
Odiava quel sogno ed esso la perseguitava.
Come aveva bisogno di qualcuno che la rincuorasse! Odiava ammetterlo, ma si sentiva sola.
Gettò uno sguardo al letto che avrebbe dovuto essere di Rubinia e che era vuoto ed intatto.
Che ne era stato di lei? Narcissa se lo chiese per l’ennesima volta.
Chiuse gli occhi un istante, ascoltando il respiro profondo e regolare delle altre compagne del secondo anno e cercando di scacciare la sensazione spaventosa che il sogno le aveva lasciato dentro.
Andromeda.
L’immagine di sua sorella emerse dolcemente dagli abissi della sua mente.
Come sentiva il bisogno di parlare con lei, di sentire la sua voce, il suo calore.
Ma contattarla era impossibile, nessun gufo di casa Black si sarebbe mai avvicinato ad un membro reietto della famiglia.
Quanto ad usare un gufo della Scuola…Cissy aveva seri motivi di pensare che suo padre avesse fatto in modo di controllare la sua posta.
Inoltre, Narcissa provava anche una sorta di rabbia nei confronti della sorella che li aveva abbandonati, senza alcun rimpianto, per un babbano. Odiava i babbani.
Sospirò e si alzò lentamente, rivestendosi. Tornare a dormire era impensabile.
Uscì silenziosamente dalla stanza, facendosi luce con la bacchetta e si diresse verso la Sala Comune, sperando vagamente di trovarvi Lucius.
E, in effetti, qualcuno c’era, davanti al grande caminetto ancora acceso.

FINE VENTIDUESIMO CAPITOLO


(* "mia gioia, mia felicità" in Swahili)

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Capitolo 23
*** Future consuetudini (ultima parte) ***


Ringrazio EcateC e Occhioni_Azzurri per aver commentato i capitoli precedenti, grazie ragazze! Grazie anche a tutte le persone che leggono questa storia.

Faccio una piccola rettifica circa i personaggi che ho creato io, Aloise e Ruby lo sono al cento per cento, Beb no. Nella mia idea è la futura madre di un Serpeverde che la Rowling ha descritto nei suoi libri e, la madre di questo personaggio, viene definita come una strega che si è sposata diverse volte e i cui mariti sono deceduti in circostanze misteriose. Partendo da ciò ho creato Bebhinn, tutta la sua storia e le sue origini, facendola agire nella storia secondo la mie idee, per questo la sento mia al 99%. Buona lettura!  


UN GELIDO DESTINO

 

Ventitreesimo capitolo

 

(Future consuetudini – ultima parte)

 

Severus si muoveva per il Castello di Hogwarts con un’aria sempre  guardinga e cauta, camminando lentamente e rasentando quasi i muri, magari con il naso ficcato in un libro.
Dall’esterno, tutto ciò dava l’impressione di un atteggiamento di voluto isolamento e suscitava spesso e volentieri commenti malevoli, che Severus ignorava completamente o metteva a tacere con un veloce ed elegante movimento del polso.
Poter usare la bacchetta in libertà, o quasi, era un sogno che si realizzava e confrontarsi con altri della sua specie, prevalendo su di essi, gli dava un senso di euforia.
Lo squallore di Spinner’s end era una cosa lontanissima per lui.
L’unica vera nota stonata erano quel paio di studenti di Grifondoro, Potter e Black, che non lo lasciavano in pace. Gli altri due che sempre li accompagnavano, Minus e Lupin,nemmeno li considerava.
Uno era troppo inetto, codardo e l’aveva sistemato più e più volte. L’altro era troppo per bene e retto e quindi possedeva, per quel che lo riguardava, un difetto quasi al pari della vigliaccheria di Minus.
Ultimamente, poi, Lucius Malfoy gli si era avvicinato e gli aveva mostrato una certa simpatia e considerazione.
Per Severus la vita era cambiata di colpo nella Sala comune dei Serpeverde. Non che avesse sviluppato nuove amicizie, ma tutti gli portavano più rispetto.
Anche al di fuori dei Serpeverde qualcosa era cambiato.
Era bastato farsi vedere un paio di volte in compagnia del biondo Caposcuola e molte grane si erano dissolte, come per magia.
La vera nota stonata era che Lucius gli aveva messo alle calcagna quei due troll senza cervello di Tiger e Goyle, che gli erano più di impaccio che altro, ma che lui tollerava solo per compiacere il suo protettore.
Severus aveva studiato attentamente Malfoy e aveva concluso che, dietro la molta apparenza, non c’era nulla di così straordinario e, inoltre, sapeva bene che Lucius lo considerava una specie di investimento.
Lo capiva dallo sguardo calcolatore con cui lo osservava molto spesso.
In un certo senso, quindi, la vita ad Hogwarts non era poi da buttare.
Tuttavia, Severus non si rilassava mai.
L’unico momento di reale tranquillità era quando la Sala comune si vuotava, di solito verso la mezzanotte, e lui rimaneva da solo, sprofondato nella vecchia poltrona dinnanzi al grande camino in pietra e poteva rileggere, per l’ennesima volta, i libri che erano appartenuti a sua madre.
Dormire poco non gli pesava, a Spinner’s end, nella sua casa paterna, aveva vissuto veramente solo di notte, al buio, quando suo padre usciva per andare a bere o dormiva profondamente, ubriaco fradicio.
Quella notte particolare, Severus stava rileggendo con interesse gli appunti che aveva preso alla lezione di Pozioni.
Improvvisamente avvertì un lieve fruscìo e si voltò, chiedendosi se per caso Lucius e quella donna insopportabile fossero già rientrati dalla loro misteriosa sortita notturna.
Ma il lieve rumore non proveniva dall’ingresso, che era leggermente defilato, bensì dall’arazzo che celava l’ingresso del dormitorio femminile.

 

Narcissa avanzò lentamente nella Sala comune e si bloccò, quando scorse la figura di Severus sprofondato nella poltrona.
-Oh…- si lasciò sfuggire, vagamente delusa.
Severus le fece un piccolo cenno col capo e si immerse nuovamente nella lettura, come se fosse normalissimo che una studentessa arrivasse nella Sala comune alle due di notte, vestita di tutto punto.
Narcissa rimase ferma qualche istante, indecisa sul da farsi.
Si sentiva sempre molto inadeguata di fronte a quel ragazzino.
Una specie di rabbia le salì dallo stomaco.
Inadeguata? Lei? Di fronte a quel bambinetto brutto (un’incompresibile senso di colpa la colse, quando formulò questo pensiero) ed, evidentemente, povero?
Si fece avanti e occupò la poltrona accanto a quella di lui.

 

Ecco, ora si era seduta li vicino.
Perché? Aveva sperato che la sua indifferenza la spingesse ad allontanarsi.
Non sapeva mai come atteggiarsi con quella Black.
Di un Black era acerrimo nemico.
L’altra Black provava per Severus una specie di disgusto che ben si sposava alla poca considerazione che lui aveva di lei.
Questa Black, però, era diversa.
Per prima cosa nell’aspetto ma anche nel modo di fare.
Altera, come lui non credeva fosse possibile esserlo a dodici anni,  piuttosto fredda ma elegante e leggiadra e, cosa non trascurabile, non andava in giro ad insultare nessuno.
L’ammirava, ecco.
Era purosangue non solo di fatto, ma anche nei modi.
Comunque finse di non badarle e continuò a leggere.

 

Inizialmente Narcissa si pentì del suo colpo di testa e rimpianse di non aver fatto dietro front ma, dopo un po’, iniziò a lanciare occhiate di sottecchi e a studiare Severus, un po’ come aveva fatto nel viaggio sull’Espresso di Hogwarts.
Represse un sorriso notando che gli occhi di lui erano quasi immobili, segno che, evidentemente, lui non stava leggendo affatto.
‘Bene!’ pensò con soddisfazione, ma anche con uno slancio di simpatia ‘ forse sono io che lo turbo o forse no ma, di certo, non è così indifferente come appare!’
- E’ interessante quel libro?- gli chiese, ripetendo di proposito la domanda, rimasta senza risposta, che gli aveva rivolto sul treno.
Lui sollevò la testa, sorpreso, e qualcosa gli passò nello sguardo. Sembrava avesse voglia di ridere o, almeno, di sorridere.
Anche lei, soddisfatta della reazione, avvertì una gran voglia di ridere e così una corrente di complicità passò tra di loro.
Cissy ora era concentrata sul suo compagno e, come solo i bambini e i ragazzini sanno fare, si era dimenticata del tutto del brutto sogno, accantonato ora in un angolino perduto del suo subconscio, che l’aveva buttata giù dal letto.
Lui chiuse delicatamente il libro e lo voltò verso di lei, mostrandole la copertina.
- Oh!- si stupì Narcissa – Non è una lettura un po’ troppo avanzata per te?-
Il ragazzino si strinse nelle spalle.
- Lo uso più che altro per prendere appunti- disse piano, senza specificare che, francamente, era lui ad essere troppo avanzato per quel libro.
Narcissa, ancora una volta, si stupì della voce bella e delicata, seppure fredda e controllata, che aveva.
‘Chiudendo gli occhi potrei fingere che sia bello, magari come Lucius. Un Lucius piccolo’ sorrise lievemente tra sé.
Poi lo osservò bene e valutò che, in fondo, era molto più interessante così.
Il naso era arcuato ma, secondo lei, aveva una bella linea e gli occhi erano affascinanti, così neri e scuri.
Bisognava guardare molto in profondità per percepire una qualche luce.
‘E’ un po’ come guadare un fiume di notte…chissà cosa c’è al di la della sponda?’ pensò la ragazza, realmente affascinata da quel quesito.
- Come mai sei qui a quest’ora?-
Narcissa si riscosse, rendendosi conto che lui le aveva rivolto una domanda.
- Non avevo più sonno. – mentì disinvolta – Tu, piuttosto, cosa ci fai qui?-
- Non avevo ancora sonno – le rispose, arricciando le labbra sottili in un piccolo sorriso.
Di nuovo si scambiarono uno sguardo complice e poi rimasero in silenzio per un po’, come avrebbero fatto ancora tante e tante volte: vicini, in silenzio, pieni di quella tranquillità che deriva dalla presenza di una persona con la quale ci si comprende reciprocamente, senza bisogno di tante parole.
La cui sola vicinanza dona sicurezza.
Lei avrebbe desiderato mettersi in una posa più rilassata ma sua madre le aveva insegnato che doveva rimanere sempre composta e così evitò di sollevare le gambe sulla poltrona, come avrebbe voluto.
Lui la fissò ancora per un istante, chiedendosi se le voci che dicevano che era fidanzata, anche se non ancora ufficialmente, con Lucius Malfoy  fossero vere.
La cosa gli dava da pensare.
Improvvisamente, Severus avvertì un movimento proprio accanto all’entrata della Sala.
Nel giro di un attimo colse la situazione.
- Black…- sussurrò – Credo che il Professor Slughorn sia appena entrato nella Sala comune - Cissy si voltò a guardarlo, sorpresa e preoccupata.
- Sei sicuro?- gli sussurrò, appiattendosi contro la poltrona.
- Si, alzati e scivola verso il tuo dormitorio – le mormorò, con tono imperativo – Io mi ritirerò nel mio, sono certo che si sia fermato dietro il muro…vai!-
Narcissa, per una volta indifferente al tono di comando che le veniva rivolto, scivolò giù dalla poltrona e riuscì a sgattaiolare dietro l’Arazzo.
Severus si rilassò e si alzò in piedi, rendendosi ben visibile.
Due figure emersero allora dalla rientranza che celava l’ingresso della Sala comune.
- Ah, sei tu!- gli disse Lucius, in tono amichevole ma sempre molto superiore – Bene, c’era anche qualcun altro…chi era?-
- Una del primo anno, incubi suppongo. – rispose Severus, noncurante – L’ho allontanata con una scusa…-
- Oppure, non appena ti ha visto, si è allontanata di sua spontanea volontà!- esclamò Bella, emergendo dalle spalle di Lucius e scoppiando in una piccola risata maligna.
Lucius la guardò infastidito.
Bella scosse i suoi capelli e andò nel proprio dormitorio, senza degnare né Lucius, né Severus di uno sguardo o di un saluto.
- E’ insopportabile…- mormorò Lucius con una smorfia – Ma utile!-
‘Come me’ pensò Severus, realisticamente.
- Vado a dormire.- disse il ragazzo più grande e gli dette una pacchetta sul braccio – Grazie della copertura allora! - e si allontanò spavaldo.
‘Tsk! Non hai nemmeno idea di quanto mi devi ringraziare!’ pensò Severus, ironico.
Lucius camminava sicuro, beato nella propria ignoranza. Severus lo fissava nell’ombra, acuto ma immobile.
Così come sarebbero sempre stati, anche nel futuro.
Uno del tutto ignaro di molte cose intorno a sé, l’altro fin troppo consapevole.
Severus sospirò lievemente.
A dire il vero non sapeva nemmeno lui perché si era preoccupato di allontanare la Black, onestamente. Che cosa gli importava se lei scopriva che il suo 'forse-fidanzato' se ne andava a spasso con la sua ' certamente-odiosa' sorella?
‘L’ho fatto per compiacere Lucius…’ si rispose ma, se avesse voluto compiacerlo veramente, avrebbe potuto rivelargli che la ragazza in questione era Narcissa.
Improvvisamente un suono secco lo colse di sorpresa.
Un lento e, inequivocabilmente ironico, applauso.
Si voltò stupito, e vide Bebhinn appollaiata su di una sedia, molto defilata e lontana rispetto alla luce del caminetto.
- Bravo, davvero!- gli sussurrò Beb, continuando ad applaudirlo per un po’.
Lui strinse gli occhi, mostrando un volto indifferente.
- Hai salvato i due promessi, i due teneri innamorati, da una situazione davvero imbarazzante! - lei si alzò con movenze feline, svolgendo le lunghissime gambe e si avvicinò a Severus, scrutandolo con i suoi scintillanti occhi scuri – Però hai tolto a me tutto il divertimento…- sussurrò, fermandosi a pochi passi da lui.
Lei era più alta e indossava una leggera camicia da notte, che lasciava intuire il suo fisico atletico.
- Credo di essermi sbagliata. E' strano, io di solito non sbaglio mai!- affermò convinta, sorpresa da questo ipotetico errore.
- Scusa ma è ora che io vada a dormire…- le rispose Severus, facendo intendere dal tono della voce che non gli interessava minimamente approfondire lo sbaglio di lei.
In realtà aveva già intuito dove la bella ed esotica ragazza voleva andare a parare.
- Su di te, ovvio! – continuò Beb, sorridendogli e schiudendo le sue sensuali labbra carnose – Pensavo fossi insignificante, invece sei un tipo piuttosto interessante, per essere un bimbetto piccolo e dall’aria malaticcia…-
Severus si limitò a sollevare un sopracciglio, senza scomporsi più di tanto.
Quello che lei gli stava dicendo, alla fine, era quello che la maggior parte della gente pensava di lui.
‘La... “Black fine” no, però!’ non sapeva cosa gli desse quella certezza, ma lui era sicuro di ciò.
- Bene, allora il bimbetto insignificante va a dormire, essendo malaticcio ne ha davvero bisogno!- le disse lui, con la sua voce calma.
Lei emise un risolino.
- Stasera sei stato fortunato, Cissy, evidentemente, aveva bisogno di compagnia e ha scelto te. Io non ho potuto far nulla.- gli disse, più seria – Ma non sarà sempre così. Nel momento in cui lei avrà realmente bisogno di aiuto, ci sarò io, pronta. Nessun altro -
Lui inarcò nuovamente un sopracciglio.
- Per quanto mi riguarda sei liberissima di aiutare chi vuoi, io non cerco persone da salvare. Non è nelle miei intenzioni, buona notte!-
Si allontanò deciso, in modo che non potesse fermarlo.
Un vaga irritazione lo pervadeva e non capiva nemmeno lui perché.
Era un po’ come l’irritazione che lo pervadeva ad ogni lezione di Pozioni, quando si trovava a competere con quella ragazzina fastidiosa, quella Evans.
Era simile e, al tempo stesso, questa sensazione di fastidio era diversa.
Mise da parte l’irritazione, così come tutti i sentimenti superflui che sentiva di avere dentro.
Come sempre.
Ignorò il suo cuore, proteso com’era verso il futuro, verso il riscatto.
Si sarebbe reso conto troppo tardi di certi sentimenti, di certe priorità, di certi valori. Di tutto.
Beb rimase in piedi ancora per un po’, osservando la schiena di Severus che spariva e continuando a guardare in quella direzione.
- Io non capisco…- mormorò folgorata, fissando il punto in cui era sparito – Proprio non capisco…cosa c’entra lui…perché anche lui?!-
Le fiamme del camino piano piano si spensero, gettando la Sala comune nel buio dell’oscurità.

FINE VENTITREESIMO CAPITOLO

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Capitolo 24
*** Essere parte di un dramma (prima parte) ***


Grazie a LostHope92, EcateC e Occhioni_Azzurri per le recensioni, impressioni, consigli, insomma per aver apprezzato e "vissuto" i capitoli fin qui postati. Grazie anche a chi legge questa mia storia!

Primo salto temporale, sono passati tre anni e Narcissa è cresciuta. Buona Lettura!


Un gelido destino 

 

Ventiquattresimo capitolo 

 

Essere parte di un dramma (prima parte) - tre anni dopo

 

La casa londinese dei Black di Weirwater, come venivano chiamati per essere  distinti dai Black di Grimmauld Place, non era molto cambiata nel corso degli anni pur essendo, ormai,  costantemente abitata.
Narcissa si era in qualche modo abituata a quell’ambiente confortata ,forse, dal fatto che vi passava solo un paio di mesi l’anno. Conservava gelosamente il ricordo di Weirwater, della bellezza di quei luoghi, della luce di quella casa e anche dei momenti felici che vi aveva trascorso.
Narcissa si stava preparando per andare a dormire spazzolandosi, come era solita fare, i lunghi capelli biondi.
Era un rituale per lei perché era un momento solo suo, in cui poteva lasciar vagare i propri pensieri liberamente, senza preoccuparsi di celare le proprie emozioni.
Fissava lo specchio, senza vedersi veramente, e pensava.
Negli ultimi tre anni non erano successe molte cose: Lucius aveva terminato gli studi e aveva iniziato a svolgere diverse attività correlate al Ministero, mettendosi in luce e dando nuovo lustro al nome dei Malfoy.
Il fatto che fosse giovane e attraente, oltre che brillante, gli valeva sia l’ammirazione degli maghi che delle streghe.
Spesso sulla Gazzetta del Profeta venivano riportate fotografie che lo ritraevano in compagnia di questa o quella, presunta, nuova fiamma e le scommesse, su quale di esse si sarebbe accaparrata questo rampollo così promettente e dal patrimonio così cospicuo, fervevano.
Cissy si era rassegnata a tutto ciò, visto che sia Cygnus che Abraxas non intendevano ufficializzare il fidanzamento fino alla sua maggiore età, pensando così di tutelarla.
Lei aveva cominciato a chiedersi, tuttavia, se questo fidanzamento non fosse stato che una mera illusione e solo l’orgoglio le impediva di chiedere chiarimenti a suo padre.
Il punto era che, una volta che Lucius aveva lasciato Hogwarts, incontrarlo era divenuto sempre più difficile e raro e, di solito, questi incontri avvenivano solo in occasioni ufficiali.
Narcissa posò la spazzola e sospirò profondamente.
Aprì un cassetto nascosto del suo secretaire e cominciò a studiarne il contenuto.
Li dentro conservava gelosamente tutti i doni che Lucius le aveva fatto nel corso degli anni, tutti i suoi oggetti più cari.
Il suo preferito era senza dubbio il carillon, il primo regalo ricevuto.
Ad ogni Natale e ad ogni compleanno ne erano seguiti altri, ma lei li sentiva meno cari, meno personali.
Allungò una mano e cercò in fondo al cassetto qualcosa e poi, quando l’ebbe trovato, lo estrasse e lo rimirò alla luce delle candele.
Era uno scialle di seta azzurra, finemente ricamato a mano.
Un dono anche questo, ma non di Lucius.
Sorrise tenendolo aperto dinnanzi a sé, mentre osservava le minuscole roselline e i delicati gelsomini che si intrecciavano sulla stoffa leggera.
Ricordava ancora la mattina di marzo, pochi mesi prima, in cui se l’era trovato drappeggiato addosso a mo di coperta.
Sul momento non aveva capito bene cosa fosse accaduto, poi, se pur piuttosto sorpresa, aveva intuito.
La sera prima aveva udito che la madre di Severus era morta.
Colpita e addolorata, Narcissa aveva atteso a lungo che il ragazzo rientrasse nella Sala Comune, ma lui non si era presentato. Evidentemente il Professor Slughorn si era trattenuto parecchio con lui, o almeno così aveva creduto la ragazza.
Era andata a dormire con addosso una grande agitazione.
Lei e Severus avevano coltivato, nel corso di quei due anni, la loro singolare amicizia fatta per lo più di silenzi ma anche di lunghe ore passate a studiare o a leggere libri.
Contrariamente a Beb, che la divertiva ma anche agitava parecchio, lui aveva il potere di rilassarla come nessuno al mondo.
Non aveva bisogno di essere sempre e costantemente la fredda e perfetta Narcissa Black.
Le occasioni di stare insieme a lui erano rare, in quanto si defilava sempre più spesso e saltava anche i pasti, forse per evitare il più possibile Sirius e quel Potter, con i quali gli scontri si erano fatti sempre più aspri.
Narcissa, pur rientrando nel proprio dormitorio,  non si era messa a dormire; aveva finto e poi, udito il respiro regolare delle sue compagne, era scesa dal letto ed era tornata in Sala.
Come aveva presupposto Severus si trovava la, ora che essa era del tutto deserta.
Stava sulla sua poltrona preferita, davanti al camino, con una pergamena aperta sulla ginocchia.
Avvicinandosi, Cissy aveva potuto leggerne l’intestazione: che era dell’ospedale San Mungo.
Lui aveva sollevato lo sguardo e i loro occhi si erano incrociati. In quelli di lui era stato impossibile leggere, ovviamente, e, altrettanto ovviamente, non c’era traccia di lacrime.
Gli aveva fatto un piccolo cenno, si era seduta sulla poltrona accanto a quella del ragazzo e lì era rimasta tutta la notte, in silenzio.
Non sapeva bene nemmeno lei perché ma vegliare per quella donna sconosciuta, per la madre di lui, le era sembrato essenziale.
In fondo al cuore aveva provato una forte commozione, e persino devozione, per la donna che era stata la madre di Severus.
Avevano vegliato, silenziosamente, per ore.
Chi dei due si fosse addormentato per primo era impossibile dirlo ma, di certo, lei si era svegliata dopo di lui e si era trovata addosso quello scialle così bello e delicato.
Ricordava di aver cercato Severus nei giorni successivi senza riuscire mai a trovarlo. Infine, lo aveva finalmente incontrato in un corridoio, dove lui stava tentando un qualche incantesimo particolare.
- Severus – lo aveva chiamato e il giovane aveva abbassato istantaneamente la bacchetta, voltandosi guardingo.
- Narcissa! – aveva mormorato piano, con sua voce fredda e, nonostante tutto, gentile.
Ormai non si chiamavano per cognome già da un po’, ma a lei piaceva udire il suono del proprio nome pronunciato dalla sua bella voce .
Si compiaceva, in realtà, che suonasse così bene e anche di essere l’unica persona che lui chiamasse per nome e non per cognome.
- Credo di doverti restituire questo…- gli aveva detto porgendogli, con un pizzico di rimpianto, la bella stoffa azzurra.
Severus aveva inarcato un sopracciglio, in quel suo modo tipico che Cissy conosceva così bene.
- Dubito che la mia vita a Scuola migliorerebbe se prendessi ad andarmene in giro bardato con uno scialle ricamato…- le aveva risposto ironicamente, con un piccolo sorriso.
Narcissa aveva sorriso a propria volta, immaginando la scena.
- Puoi tenerlo, naturalmente, donerà a te molto più che a me e io, onestamente, non so che farmene! – aveva concluso lui.
Narcissa, che aveva intuito che quello scialle doveva essere appartenuto a sua madre, avrebbe voluto dirgli di conservarlo per una futura fidanzata.
Qualcosa, però, l’aveva bloccata.
Una sorta di fastidio che quell’idea le generava o il fatto che, di certo, le avrebbe risposto con molta ironia, facendola sentire sciocca.
Non aveva replicato e, dopo averlo ringraziato, si era allontanata stringendo la stoffa azzurra con delicatezza.
Narcissa si riscosse dai propri pensieri e ripose lo scialle.
Poi si alzò e scosse i lunghi capelli, cercando di scuotere anche i propri pensieri.
Stava per infilarsi a letto quando un leggero fruscìo la immobilizzò.
Spense tutte le candele tranne una e, dopo averla presa, si affacciò lentamente dalla porta.
Guardò prima a destra e poi a sinistra e notò che una piccola luce tremolante stava sparendo in direzione delle scale.
Chi poteva essere? Dorothy? Un elfo domestico? Sua madre a quell’ora dormiva e suo padre si era assentato per affari.
Narcissa richiuse piano la porta della propria camera e seguì l’altra luce, badando a non fare rumore.
Giunta in salotto accelerò, perché vide che la misteriosa figura si era infilata nelle cucine. La seguì e poté vedere la persona, chiunque fosse, aprire la porta che dava sul vicolo laterale alla casa e defilarsi.
Narcissa spiccò una piccola corsa e riuscì ad afferrare la porta prima che si richiudesse, uscendo a propria volta.
- Fermo!- esclamò, facendo bloccare la furtiva figura –Bella!- esclamò un secondo dopo, riconoscendo sua sorella, che si era voltata automaticamente verso di lei.


- Bella!- ripeté Narcissa, incredula – Cosa fai a quest’ora di notte? Dove stai andando? Papà ci ha ordinato di non uscire!-
Bellatrix le si avvicinò a passo di carica, con gli occhi scintillati di malevolenza.
- Si può sapere come ti permetti di seguirmi?!- le sibilò, evidentemente furibonda – Sono maggiorenne io, sto per sposarmi! Faccio quello che diamine mi pare, non ficcare il naso nella mia vita!-
- Credevo fosse qualche male intenzionato! Ti muovi per casa tua come se fossi una ladra!- le rispose Narcissa, per nulla intimorita dalla sorella.
A quindici anni Cissy era divenuta alta quasi come Bellatrix, anche se ancora non la eguagliava, e il suo corpo era fiorito donandole delle curve dolci e femminili, ma non volgari.
Bellatrix era sempre splendida ed appariscente ma ora si truccava piuttosto pesantemente; gli occhi sembravano quasi chiudersi e cedere sotto il peso di quel trucco così eccessivo.
Tutto ciò offuscava la sua bellezza bruna.
Le due sorelle si sfidarono con gli sguardi. Due ragazze molto diverse, ma caparbie nello stesso e identico modo.
- Torna a dormire Cissy…- le disse Bella, con un sorrisetto maligno – Va nel tuo letto virginale, dormi sul tuo cuscino di rose!E vedi di starmi alla larga!-
- No!- le rispose Cissy, decisa – Qualunque cosa tu stia macchinando è qualcosa di negativo, ne sono certa. Ho sopportato anche troppo la tua sventatezza, non intendo stare a guardare mentre tu ordisci qualcosa di poco chiaro e dannoso! –
- Ah si?- la sbeffeggiò la sorella, indietreggiando di un passo – E cosa credi di fare? Come credi di fermarmi? Sei minorenne e, quindi, con le mani legate!- ghignò ancora un attimo fissando il bel volto di sua sorella minore – Ciao sorellina, visto che la porta si è richiusa temo che dovrai aspettare un bel po'!- e si smaterializzò.
Tuttavia i riflessi di Narcissa erano notevoli e, istintivamente, allungò un braccio per fermare Bellatrix.
Accadde in un attimo. La sua mano sembrò calamitarsi al braccio della sorella e Cissy si smaterializzò insieme a lei.

 

Atterrarono rovinosamente su un terreno duro ma ricoperto d’erba.
Narcissa fu la più svelta a tirarsi su e si portò a distanza di sicurezza da Bella, gettandosi, contemporaneamente, uno sguardo intorno.
Ovunque fossero doveva essere piuttosto a nord in quanto, pur essendo luglio, la notte era decisamente fredda e il cielo tempestato di stelle, come solo lontano dalle città poteva essere.
Bellatrix si alzò un attimo dopo, con il volto contratto dal furore.
- Maledetta!Cosa hai fatto?!- la aggredì, con gli occhi spalancati e la voce isterica – Come hai osato!-
Ma Narcissa non le dette retta perché, dopo un attimo di incredulo smarrimento, riconobbe il luogo dove si trovavano.
- Weirwater…- sussurrò.
Approfittando di quella distrazione, in un attimo, Bella le fu addosso tirandole con forza i capelli e portando il proprio volto a pochi millimetri da quello di Cissy.
- Idiota! La devi smettere di ficcare il naso nei miei affari!- le sibilò, con uno sguardo completamente folle – Hai sempre avuto il vizio di farlo e ogni volta non è successo nulla di buono!-
- Sei tu che non dovresti avere nulla in cui ficcare il naso, allora!- le rispose Cissy, con tono accusatorio, ignorando il dolore al cuoio capelluto – Tutto ciò che dici, tutto ciò che fai è solo una dannazione per tutti noi che abbiamo la sventura di starti attorno!-
Narcissa sentiva improvvisamente il rancore incendiarle le vene, memore di lontani accadimenti che avevano avvelenato la sua vita.
Bella fece per replicare qualcosa ma Narcissa non si preoccupò di ascoltarla. Con grande destrezza sfilò la bacchetta della sorella, che sbucava dalla tasca del nero mantello, e pungolò con essa la pancia della ragazza che, colta di sorpresa, si allontanò di colpo portandosi le mani al ventre dolorante.
Narcissa si allontanò ulteriormente, puntando la bacchetta contro la sua stessa sorella.
- Dimmi perché siamo qui!- le urlò, perdendo il controllo – Dimmelo!Cosa ci facciamo a Weirwater?!-
Per la prima volta Bellatrix sembrava veramente in difficoltà.
- I-io...- balbettò, prendendo tempo – Non è come credi...e poi tu sei minorenne, se usi la bacchetta…-
Narcissa stava per replicare, sprezzante, quando una forza eccezionale le strappò letteralmente di mano la bacchetta e due braccia d’acciaio la strinsero da dietro, immobilizzandola.
- Cosa vedo…- sussurrò una voce gelida, proveniente da sopra la testa di Cissy – La cara, fiera, orgogliosa Bella messa alle strette! -
‘Ho già sentito questa voce…’ pensò Narcissa, pietrificata più dalla sorpresa che dalla paura e il suo stupore fu ancora maggiore quando Bellatrix si prostrò a terra in un profondo inchino.
- Mio Signore…- sussurrò, con tono devoto e quasi estasiato.
- Benvenute. - sussurrò l’uomo che imprigionava Narcissa, in risposta.
Il cuore della ragazza batteva rapidissimo adesso, mentre un improvviso fruscìo le annunciava l’arrivo di altre persone.

FINE VENTIQUATTRESIMO CAPITOLO

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Capitolo 25
*** Essere parte di un dramma (seconda parte) ***


Grazie come sempre a chi segue questa storia, a chi commenta, a chi legge, a tutte quante insomma. In questi giorni la mia pupetta si è presa l'influenza, quindi sono giorni alienanti per noi XD inoltre ci stiamo perdendo tutto ma proprio tutto il Carnevale, sigh...( a me non è mai piaciuta questa festa ma a lei, ovviamente si, e voleva vestirsi da Elsa :) mannaggia!) Spero che a voi vada meglio e che possiate divertirvi! Buon Carnevale e Buona lettura!

‘Un gelido destino’

 

Venticinquesimo capitolo

 

(Essere parte di un dramma – seconda parte)

 

Il cielo di luglio era tempestato di stelle, che rilucevano in maniera straordinaria. Una brezza notturna faceva ondeggiare dolcemente le chiome degli alberi e regalava un brivido al manto erboso.
Narcissa tremò leggermente, coperta solamente dalla leggerissima stoffa della sua camicia da notte.
I piedi nudi erano accarezzati dai fili d’erba umidi, che parevano dita sottili di creature sovrannaturali.
Le braccia d’acciaio che la immobilizzavano non le donavano calore, parevano sottrarglielo piuttosto.
Pian piano, la radura nella quale si trovavano Cissy, il misterioso uomo che la tratteneva saldamente e Bella, che era ancora profondamente inchinata, andò riempiendosi di decine e decine di figure coperte da lunghi mantelli neri.
Solo l’incredibile autocontrollo della quale era dotata impedì a Narcissa di urlare di terrore.
Le nere figure avanzavano lentamente, in silenzio, rivolgendo verso di lei le braccia sinistre sulle quali, alla luce della Luna, spiccavano degli orridi tatuaggi neri. Dei marchi.
Sembrava la materializzazione del suo incubo perché, realizzò un secondo dopo, era quello il marchio che lei non riusciva mai a distinguere chiaramente nei suoi sogni.
Un teschio che mostrava oscenamente una lingua serpentina.
La ragazza chiuse un attimo gli occhi, sperando di svegliarsi, ma sapeva che quella era la realtà e non una qualche dimensione onirica generata dalla sua mente.
- Ed eccovi qui…miei fedeli, miei cari compagni…- sussurrò nuovamente la voce di ghiaccio alle spalle di Narcissa.
Un mormorio cominciò piano piano ad estendersi tra le figure incappucciate, i cui volti erano in parte celati da maschere d’argento a forma di teschio.
Cissy poteva sentire su di sé lo sguardo di decine di occhi.
Istintivamente cercò Bellatrix ma sua sorella era sparita, inghiottita da quella folla inquietante. O mescolata ad essa, come intuì la bionda fanciulla.
Finalmente le mani che la trattenevano allentarono la presa e Narcissa si ritrovò in mezzo alla radura, nel semicerchio creato da quegli uomini e quelle donne vestite di nero.
- Come potete vedere. – disse l’uomo, che ora l’aveva liberata, superandola e portandosi a braccia aperte in mezzo ai suoi compagni – Questa sera abbiamo una graziosa ospite, vi chiedo gentilmente di trattarla con il dovuto rispetto e onore…- il riso albergava in quella voce fredda e Narcissa si chiese cosa mai potesse intendere quell’uomo per rispetto ed onore.
Lo sconosciuto si voltò e lei poté vederlo finalmente in viso.
‘E’ lui….’ pensò la ragazza, rammentando l’uomo che aveva incontrato tanto tempo fa nei corridoi di Hogwarts e che tanto l’aveva colpita ‘è senza alcun dubbio lui…gli occhi…eppure sembra in qualche modo diverso…Tom…’ pronunciò mentalmente quel nome con paura, come se potesse leggerle nel pensiero.
- Ella è la sorella di una di noi ed è una mia personalissima ospite, quindi proseguiremo il nostro incontro esattamente come doveva essere. – osservò Narcissa con uno sguardo quasi gentile, poi si voltò nuovamente verso la cerchia di quelli che, ovviamente, erano i suoi sottoposti.
‘ A cosa sto mai assistendo?’ si chiese stranita Cissy, che aveva udito certe voci e certi nomi nei discorsi sempre sussurrati di Cygnus e i suoi ospiti, ogni qual volta essi si riunivano ‘ E cosa mai c’entra Bella in tutto ciò?’
Narcissa stava immobile, tremante per il freddo, ma decisa a rimanere ferma e a non andarsene senza sua sorella.
- Vieni avanti Bella…- disse piano l’uomo dai neri capelli, allungando un braccio in attesa.
Una figura incappucciata si staccò dalle altre ed avanzò. Sotto la maschera Cissy riconobbe sua sorella.
- Questa sera hai voluto farci una sorpresa e un dono, Bella…- disse l’uomo, sorridendole, mentre la bruna ragazza chinava la testa, in attesa.
Temendo che volesse punirla, Narcissa si lanciò avanti ed afferrò il braccio di quello che, ora ne era certa, doveva essere il famoso e grandemente ammirato, anche da Cygnus, Lord Voldemort.
- Mio Signore!- sussurrò, inchinandosi ai suoi piedi – Mia sorella non ha colpa. Io l’ho seguita di nascosto, ella non sapeva…-
Un mormorio sempre più forte si levò dalla folla. Un mormorio indignato. Come osava quella mocciosa mettere le mani addosso al Signore Oscuro?
Allora, una seconda figura lasciò il gruppo e si diresse a passo spedito verso il terzetto al centro della scena.
- Mio Sig…- cominciò a dire, ma un’altra voce sovrastò quella dello sconosciuto.
- Sfacciata e temeraria come te, Bella!- disse un uomo, poco lontano da Bellatrix .- E altrettanto affascinante, oserei dire!- il tono era insolente e volgare e gli occhi, sotto la maschera, vagavano sulla figura di Cissy coperta solo dall’impalpabile camicia da notte.
- Evan..!- l’uomo che per primo si era staccato del resto del gruppo e che ora era in prossimità di Lord Voldemort e delle due ragazze, interruppe seccamente e con ira le parole dell’altro, che ghignò soddisfatto.
Narcissa sgranò gli occhi udendo quel suono ma rimase chinata nella propria posizione, con la mano che sfiorava la tunica nera dell’Oscuro Signore.
Aveva riconosciuto anche quella voce.
- Oh…mio caro amico…- sussurrò Lord Voldemort, rivolto all’uomo che ora, dopo averli raggiunti, si era inchinato al suo cospetto – Alzati, questa sera sembra davvero una riunione speciale, non trovi?-
Narcissa sentiva il proprio cuore battere veloce ma non osava alzare la testa.
Possibile che quell’uomo fosse chi pensava lei? Possibile che la voce che aveva appena udito appartenesse proprio a chi credeva appartenesse? Non poteva essersi sbagliata?
- Si, mio Signore. Ogni incontro, ogni riunione al Vostro cospetto è degna di essere chiamata speciale…-
Voldemort gettò indietro la testa e scoppiò a ridere di cuore. Una risata che ricordava lo scroscio gelido di una cascata.
- Astuto come sempre, mio caro…che prontezza, che intuito…mi compiaccio davvero! – la risata si spense lentamente e lui prese delicatamente la mano di Cissy con la propria e la invitò ad alzarsi, accompagnandola poi al fianco di Bella.
Narcissa scoccò un’occhiata alla sorella, che era pallida sotto la maschera ma che non le rivolse nemmeno uno sguardo; allora rivolse il proprio sguardo all’uomo che si era staccato dal gruppo e che continuava a stare chino dinnanzi a loro.
Figura snella ed elegante, una ciocca di lunghi capelli biondi che sfuggiva al cappuccio, la bocca sottile e il mento aguzzo…Lucius, senza alcun dubbio. Ma le era bastata già la voce per riconoscerlo, non aveva avuto bisogno d’altro Narcissa.
- Lucius…- chiamò infatti l’Oscuro Signore – Alzati, qui siamo tra amici, questo è un momento di gioia. Alzati e vai accanto a quelle due belle fanciulle, vicino alla nostra ospite.-
Lucius si alzò lentamente e poi, mantenendo sempre il capo chino, avanzò e si portò al fianco di Narcissa.
Lei poteva intuirne il profilo. Sembrava furioso e, allo stesso tempo, sollevato. Ma non la degnò di uno sguardo nemmeno lui.
Da dietro giunse un sussurro. Era l’altro uomo, quello sfacciato.
- Ma che bel bocconcino…non mi dirai, Lucius, che è proprio lei la ragazzina di cui ho tanto sentito parlare? Non mi sembra così bambina, dopotutto…-
Lucius rimase impassibile, ma Cissy notò la sua mascella contrarsi.
- Che c’è, non posso congratularmi? Non posso dire la mia?- continuò l’altro, che evidentemente si divertiva a provocare e godeva alla vista della rabbia che cresceva dentro Lucius – Non capisco perché prima te la sei presa, ho solo detto che somiglia a sua sorella e spero proprio che le somigli da ogni punto di vista…almeno lo spero per me…- concluse, ridacchiando.
Bellatrix impallidì ulteriormente sotto la maschera e Narcissa comprese ciò che l’uomo intendeva dire.
Si voltò di scatto e lo fulminò con lo sguardo, al punto che avrebbe quasi potuto strappargli la maschera.
- Come osi!- gli sibilò, cercando di non alzare la voce - Parli come un lurido babbano, non azzardarti nemmeno a sfiorarci, non rivolgerci la parola, noi siamo dei veri purosangue! Razza di sanguesporco da quattro soldi!-
L’uomo non sembrò prendersela ed emise un piccolo fischio di ammirazione.
- …Bella e orgogliosa…- le disse, mimando il gesto di lanciarle un bacio.
- Rosier!-
Di colpo l’uomo impallidì e, dopo un attimo in cui cercò di ricomporsi, si fece avanti.
- Si, mio Signore…- mormorò, con un tono di voce deferente.
- Non starai infastidendo la mia ospite, vero?- gli chiese calmo Lord Voldemort.
- No, mio Signore…non oserei…- gli rispose l’altro, scornato.
Cissy ridacchiò dentro di sé. Quel Evan Rosier aveva perduto completamente il suo tono da sbruffone.
Lord Voldemort, l’Oscuro Signore, era davvero come aveva sentito dire.
Era potente e incuteva timore e rispetto, proprio come doveva essere il più grande mago vivente, come egli veniva definito.
Cygnus e tutti i suoi amici, persino il pacato Abraxas, ne parlavano come di un eroe, un essere venuto al mondo per ridare l’orgoglio e tutti i diritti ai maghi. Ai purosangue.
- Bene, allora va e taci, comportati come si conviene ad un mago dal sangue puro. Il tuo Signore deve parlare, e non tollera essere interrotto…-
Rosier mormorò qualcosa e si ritirò, ponendosi a fianco di Lucius. Sembrava sollevato, conscio di aver scampato una spiacevole punizione.
- Ebbene!- proclamò con voce chiara l’Oscuro Signore – Eccovi qui, tutti…vi ho chiamato e voi siete venuti,  come sempre! Il Vostro Signore vorrebbe compiacersi, vorrebbe gioire e parlare con voi del nostro futuro, della gloria che ci attende. – la voce suonava chiara e giungeva ben distinta in tutta la radura, senza bisogno che Voldemort alzasse la voce – Eppure questa sera non può essere così…-
Le ultime parole gelarono la piccola folla radunata intorno al Signore Oscuro, le figure incappucciate sembrarono stringersi le une alle altre e cercare  quasi di nascondersi.
Narcissa avvertì il cambiamento di atmosfera e scoccò uno sguardo a Lucius.
Era rigido e la mascella restava contratta. Persino Evan Rosier sembrava terribilmente teso.
Scoccò allora uno sguardo a Bellatrix e ciò che vide la lasciò di stucco.
Sua sorella osserva Lord Voldemort, che si muoveva come un primo attore sotto il riflettore della Luna, con sguardo rapito e sognante. Gli occhi scuri non lo abbandonavano e, in essi, Cissy vi lesse qualcosa che la sconvolse.
- E’ così!-la voce dura di Voldemort riscosse Narcissa, che riportò l’attenzione su di lui -…La colpa aleggia tra di voi, miei diletti! Sento il suo olezzo, sento il suo fetido odore giungere fino a me…la vergogna, l’inganno, sento che un cuore ora sta battendo più veloce degli altri, posso vedere il sudore scendere lungo il collo del traditore. Posso specchiarmi nelle pupille dilatate di chi sa di avere violato il sacro giuramento, di avere sporcato il marchio che dovrebbe portare con orgoglio!-
Improvvisamente Lord Voldemort allungò un braccio e, senza che apparentemente avesse fatto nulla, un vento impetuoso scosse la nera folla e, come incatenato da fili invisibili, uno degli uomini incappucciati venne catturato e trascinato al centro della radura, davanti all’Oscuro Signore.
-…Nooooooo…- urlava l’uomo, dibattendosi e perdendo così la maschera che indossava - …Noooo…non ho fatto nulla, lo giuro!!!-
Narcissa era a pochi passi dal punto in cui l’uomo si agitava in terra e poteva vederne bene il volto. Aveva una quarantina d’anni e il suo viso era madido di sudore. Sembrava folle di terrore.
-…Kenneth…- mormorò Voldemort, fissando il volto dell’uomo, che continuava a scalciare cercando di rimettersi in piedi - …Non giurare, non mentire davanti al tuo Signore, io so quello che hai fatto…- poi si rivolse nuovamente alla folla – Incontri segreti, miei compagni…tresche, ordite contro di me! Contro di voi! Chiacchierate amichevoli con…Albus Silente!- quest’ultimo nome venne quasi sputato, come se fosse veleno, e da tutti i presenti si sollevarono grida di condanna, insulti o anche semplicemente versi animaleschi di furore.
Narcissa comprese, con un brivido, di stare assistendo ad un vero e proprio processo collettivo. Un processo sommario.
-…Noooo!...- continuava ad urlare Kenneth, che sembrava incapace di dire qualcos’altro.
Lord Voldemort lo sovrastava e l’uomo tentava disperatamente di rimettersi in piedi, ma vanamente. L’incantesimo del quale era vittima lo teneva relegato nella stessa posizione di una tartaruga costretta a stare sul guscio: una tartaruga condannata a morire.
- La mia clemenza, la mia generosità!- arringava intanto l’Oscuro Signore, come il più abile degli avvocati – La vostra amicizia, la nostra lotta!Tutto ciò che noi sogniamo, tutto ciò a cui ambiamo, tutto è stato ripudiato per sentimenti quali paura, vigliaccheria, ingordigia…il vil denaro ha mosso quest’uomo!Le promesse comode del Ministero! Il nostro grande disegno preso e gettato come se fosse letame!-
Nonostante la tensione, Cissy non poteva fare a meno di essere ammaliata da quell’uomo. Il suo modo di parlare, di muovere le mani, il suo sguardo.
Sbirciò nuovamente Bellatrix che sembrava totalmente soggiogata e non staccava gli occhi un solo istante dalla figura snella, vestita di nero, che si muoveva elegantemente al centro di quel palcoscenico naturale offerto dagli alberi secolari.
Alla fine Voldemort tacque, e passò qualche istante di reale e immobile silenzio.
Poi, egli si volse verso il gruppetto composto da Evan Rosier, Lucius, Narcissa e Bellatrix.
I suoi occhi indugiarono un istante di più sul volto pallido della bionda ragazza, strettasi inconsapevolmente al mantello del giovane Malfoy.
-…Lucius…-
Mormorò solo quella parola il Signore Oscuro e poi allungò lievemente il braccio, invitando il ragazzo a raggiungerlo.
Narcissa sollevò il volto di scatto, a guardare il bel profilo del suo promesso appena celato dalla leggera maschera, e vide una goccia di sudore scendere lentamente dalla tempia di lui, fino all’incavo del collo.
Il respiro di Lucius si era fatto più corto e le labbra erano pallide.
Rosier gli lanciò uno sguardo di pura e autentica compassione.
-…Va..sai che non puoi sottrarti…- gli sussurrò, in maniera quasi impercettibile.
Lo sguardo di Lucius saettò un attimo sul viso di Cissy, che lo fissava con gli occhi sgranati.
Lord Voldemort attendeva e Kenneth sembrava aver perduto ogni energia e si dibatteva sempre meno.
A Narcissa ricordava un pesce preso nella rete, che perde la propria forza vitale istante dopo istante.
Lucius sembrava indeciso e i secondi passavano, allora l’Oscuro Signore si avvicinò lentamente e sorrise amabilmente.
- Fai attendere il tuo Signore?- sussurrò, posando una mano sulla spalla di Narcissa e attirandola a sé gradualmente, fino ad avvolgerla sotto il proprio mantello.
Gli occhi del giovane ebbero un guizzo, mentre osservava il pallido volto della ragazza emergere dalle pieghe del mantello, che pareva un nero sudario.
Narcissa non capì mai bene come, ma intuì che Lord Voldemort voleva che Lucius facesse qualcosa. Qualcosa di terribile e che, se il giovane si fosse rifiutato, ne sarebbe andata di mezzo lei, la sua stessa vita.
Così raddrizzò la testa e si mostrò tranquilla, celando l’espressione spaventata che sapeva bene di avere sul volto.
I due ragazzi si fissarono per qualche istante, poi Lucius sfoderò la bacchetta e si diresse a passo deciso verso il centro della radura. Verso Kenneth.
Quando arrivò in prossimità dall’uomo disteso in terra, divaricò leggermente le gambe e puntò la sua arma.
-…No…ti prego…- lo pregò l’altro.
Accadde in un attimo.
Lord Voldemort girò il volto di Narcissa verso di sé, in modo che non potesse vedere la scena, e incatenò gli occhi grigi della ragazza ai propri.
Cissy non seppe mai perché l’avesse fatto. Per risparmiarle quella vista? Impossibile. Molto più probabilmente per poter studiare l’orrore sul volto di lei.
- Avada Kedavra!- declamò in tono chiaro Lucius.
Cissy sentì dietro di sé una forza mostruosa che sembrò piombare dal cielo e, con gli occhi sgranati, osservò la potente luce verde riflettersi negli occhi del Signore Oscuro.
Un istante dopo era tutto finito.
Lord Voldemort le sorrise e la lasciò andare; lei rimase dov’era, senza avere il coraggio di voltarsi.
Sentì un mantello scivolarle sulle spalle e si rese conto di stare tremando.
- Su, era un traditore…non c’era altra via…- le sussurrò Evan Rosier con tono impacciato, studiando il volto pallido e sconvolto della ragazza.
Poi sopraggiunse Lucius che, con un solo sguardo, allontanò l’altro ragazzo.
- E’ ora di andare a casa. Non dovresti essere qui.- le disse, asciutto.
C’era qualcosa in quella voce….rimprovero? Rabbia? Cosa? Narcissa non riusciva a capirlo.
E lei cosa provava? Lucius aveva appena ucciso un uomo.

‘Non aveva altra scelta…’ si disse, sapendo che era la verità ‘ Se tu non fossi stata qui, forse…’
Si voltò verso il giovane, voleva scusarsi, voleva dirgli che non avrebbe mai più interferito, che capiva.
Ma non disse mai nulla.
Voltandosi, lo sguardo venne irresistibilmente attratto dal corpo senza vita di Kenneth e, con orrore, vide che la manica sinistra gli era stata sollevata: un mago incappucciato si era chinato sul povero corpo ed ora, con la punta della bacchetta, stava letteralmente bruciando la pelle dove era inciso il Marchio Nero.
Fu troppo.
Senza dire una parola, Narcissa scivolò lentamente verso Lucius e perse i sensi. Il buio calò su di lei e non seppe più nulla.


Poco lontano, nascosta dagli alberi più fitti, una figura coperta completamente da un lungo mantello bianco osservava la scena.
Improvvisamente si inchinò e rimase in attesa.
- Mi compiaccio…- sussurrò Lord Voldemort, che era giunto dinnanzi all’esile figura - La tua vista è lunga, sapevo che potevo fidarmi…-
- E’ un privilegio per me…- rispose la figura incappucciata, con un strana voce arrochita – I traditori debbono essere puniti…il sangue va lavato via con altro sangue…esisto per servirti, mio Signore…-
- E così deve essere!- approvò l’Oscuro Signore – Ora puoi ritirarti.-
-Si, mio Signore…- sussurrò con devozione la bianca figura, rialzandosi lentamente, ma Lord Voldemort era già scomparso e lei si trovava nuovamente sola.
Mosse un passo e osservò la radura poco lontana, che pian piano andava svuotandosi.
Gli occhi si soffermarono sul terzetto composto da Lucius, che teneva in braccio Narcissa priva di sensi, e da Bellatrix.
I tre si smaterializzarono e scomparvero.
La misteriosa figura si morse le labbra e poi sollevò entrambe le braccia al cielo, come se stesse comunicando con la volta celeste. Nel compiere quel gesto, le esili braccia si scoprirono e misero in mostra il Marchio Nero. Ma non solo, tutta la pelle era coperta da fitti tatuaggi, che sembravano avvolgere le braccia come un unico, lungo, serpente nero.
Dopo qualche istante, passato in quella silenziosa ma intensa conversazione svolta con chissà chi, la figura svanì e sulla radura ormai vuota si spensero i riflettori e calò il sipario.
Lo spettacolo era terminato.


FINE VENTICINQUESIMO CAPITOLO

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Capitolo 26
*** Essere parte di un dramma (ultima parte) ***


Grazie a LostHope92 per aver recensito e a tutte le persone che  leggono per essere sempre presenti!

Ci avviciniamo inesorabilmente alla fine della seconda parte di questa storia e, con essa, alla fine dei capitoli vecchi, quelli scritti dalla Manu del passato :) i nuovi capitoli sono in lavorazione ma, ovviamente, non posterò ogni giorno...e dopo sarò disoccupata ^_^ Buona lettura!



‘Un gelido destino’

 

Ventiseiesimo capitolo

 

(Essere parte di un dramma – ultima parte)


Un solo, lieve, fruscìo annunciò la comparsa di Lucius e Bellatrix nel vicolo dal quale, solamente un paio d’ore prima, si erano smaterializzate le due sorelle Black.
Narcissa giaceva inerte tra le braccia del ragazzo, avvolta dal lungo mantello nero, il capo posato sul petto di lui, l’espressione leggermente sofferente di chi non sta riposando tranquillamente.
-Fammi entrare!- ordinò Lucius a Bella, quando quest’ultima ebbe aperto la porta, sigillata da un incantesimo protettivo.
- Non puoi!- si indignò lei – Mio padre probabilmente non è ancora rientrato e se dovesse arrivare all’improvviso…-
Lucius la ignorò, spalancò la porta con un piede ed entrò in cucina, sussurrò Lumus e la punta della sua bacchetta, che reggeva in mano, si illuminò.
Bellatrix lo seguì, stranamente pacata, senza protestare ulteriormente.
Una volta certi che non ci fosse nessuno in giro, si infilarono in un salottino poco distante e chiusero la porta.
Lucius posò delicatamente Narcissa, stendendola su un sofà, e Bellatrix si sedette poco lontano, sul bordo di una poltrona, cincischiando distrattamente l’orlo del suo mantello.
Lucius mormorò qualcosa e apparve un elegante catino, colmo di un liquido ambrato, nel quale era tuffata una morbida spugna.
Con insospettabile delicatezza prese a inumidire il volto, il collo e le braccia di Narcissa.
- Per Morgana!- esclamò allora Bellatrix, scattando in piedi come una molla – Perché non le fai un Innerva e non la svegli?!Non è morta e non è nemmeno una bambina! Io, alla sua età, facevo già parte del gruppo e lo sai!-
-Non penserai di paragonarti a lei…? - disse lui, calmo ma freddo, senza distogliere lo sguardo dal bel volto d’alabastro di Cissy e continuando a massaggiare le braccia esili e bianche della ragazza, lentamente, fino alla punta delle dita. Sembrava volesse prolungare il più possibile il contatto con la ragazza.
Bellatrix si risedette lentamente, ipnotizzata dal movimento lento delle mani di Lucius e, apparentemente, incantata dalla spugna umida.
C’era qualcosa in fondo ai suoi occhi scuri.
Curiosità? Invidia?...dolore?
Nessuno aveva mai guardato lei così. Nessuno l’aveva mai trattata così.
C’era qualcosa, in sua sorella, che induceva gli altri a portarle un naturale rispetto e a trattarla con una sorta di delicatezza. Con devozione.
Persino in Lucius avvertiva questo. Anche in quell’inquietante, oscuro e insignificante ragazzino ad Hogwarts.
Persino Sirius, per quanto non amasse Narcissa più di quanto lei non amasse lui, aveva per la bionda cugina una sorta di riserbo particolare, insolito per lui.
Regulus era un caso a parte. Lui sembrava letteralmente vivere per Narcissa.
E poi…persino lui era sembrato in qualche modo ammirato da sua sorella.
Le viscere si contorsero, sotto l’onda di emozioni potenti che minacciarono di travolgere Bellatrix.
Il movimento di Lucius che si rialzava destò la ragazza dalle sue considerazioni.
- Vado – le disse asciutto – A te il compito di svegliarla, adesso-
I due si guardarono per qualche istante mentre le ciglia di Narcissa vibravano leggermente, primo sintomo dell’imminente risveglio.
- Ci vediamo al tuo matrimonio, allora…- ghignò il ragazzo, ritornando l’arrogante di sempre.
- Se sarai ancora tra gli invitati. Sai, dopo stanotte, Cissy potrebbe anche rompere la promessa di fidanzamento…- rispose maligna Bella.
Lui sorrise beffardo e uscì dalla stanza senza voltarsi.
Dopo qualche istante, Bellatrix incrociò gli occhi grigi di sua sorella, ormai completamente desta.

 

Dal momento in cui era svenuta, Narcissa aveva fatto dei sogni confusi, frutto delle emozioni che aveva appena vissuto.
Aveva rifatto anche il solito sogno, ma stavolta il volto dell’uomo che le parlava era ben distinguibile. Era il volto di Kenneth. Anche lui le mostrava il braccio sinistro, la cui carne bruciata celava il Marchio Nero.
La fissava con un volto molle ed inespressivo e, senza quasi aprire la bocca, mormorava ‘Nooooooooo…..’ ,un no infinito, senza che il tono della voce cambiasse.
Narcissa avrebbe voluto che smettesse e, allo stesso tempo, temeva che al suo posto comparisse il misterioso uomo dai capelli scuri che tormentava le sue notti da tanto tempo ormai.
Poi la scena cambiava e lei si trovava proprio vicino alla rapida di Weirwater.
Sentiva lo sciabordio lieve dell’acqua che sfiorava la sponda e desiderava immergervisi.
L’acqua era gelida, ma che importava?
‘Tanto Lucius è qui, mi salverà lui’ pensava, sfiorando con la punta del piede la superficie dell’acqua scura.
‘No’ le sussurrava una voce all’orecchio ‘Lucius non può…non è capace…sarà lui che ti aiuterà, perché lui è forte, ha tanta forza anche per te…lui non permetterà che ti accada nulla…’
‘Allora non c’è nulla da fare…’ sospirò Narcissa, immergendosi totalmente nel fiume ‘Lui non può venire ad aiutarmi ed io non posso chiamarlo…’
Nel momento in cui il gelo sembrava attanagliarle la gola, lei si svegliò e capì di essere a casa.

 

- Ti sei svegliata…-
La voce di Bellatrix ruppe definitivamente la cortina creata dal sonno e Narcissa si alzò di scatto, mettendosi a sedere sul sofà.
- Siamo a casa…- mormorò, guardando sua sorella e sentendosi molto debole.
- Si- rispose asciutta Bella – E ci converrà andare nelle nostre stanze, prima che papà si accorga di qualcosa –
- Lucius era qui?- chiese Cissy, certa della risposta.
- Si, ma è andato via subito, non era prudente che si fermasse a lungo. – Bellatrix parve riflettere per un istante ma non aggiunse nulla.
Tese la mano alla sorella per aiutarla ad alzarsi e, dopo un attimo di esitazione, Cissy accettò l’aiuto e si alzò in piedi.
- Perché Weirwater…?- le chiese, contemporaneamente, ponendo la domanda che le stava tanto a cuore.
Bellatrix si strinse nelle spalle.
- E’ abbandonata. E’ comoda. Diverrà la dimora di colui che dominerà su tutti, riportando l’ordine e l’orgoglio tra di noi…altrimenti sarebbe abbandonata e cadrebbe in disgrazia. Così sarà permeata di gloria eterna -
Le due sorelle si guardarono per qualche istante.
-Non puoi amarlo, Bella…- sussurrò Narcissa, sentendo all’improvviso una gran voglia di piangere.
Bellatrix mollò la sua mano come se si fosse scottata.
- Non so di che parli, andiamo a dormire…- disse, dirigendosi verso la porta.
- Lo sai!- le disse Narcissa, accoratamente – Quello non è un uomo fatto per essere amato! E’ forte e potente, ma non sarà mai il compagno di qualcuna! Io so chi è lui, so cosa fa! E’ un grande mago, ma non potrà mai farti felice!-
Bellatrix si voltò verso di lei, con gli occhi fiammeggianti.
- Cosa ne sai tu?- il tono di voce era duro e cattivo – Cosa credi di sapere dell’amore? Come osi farmi la predica? Tu!Che langui d’amore per un uomo come Lucius!- scoppiò in una risatina sarcastica – Lucius! Pensi che lui ti farà felice? Cosa credi esattamente?-
- Lascia Lucius fuori da questa faccenda!- le rispose Cissy, sentendo la rabbia prendere il posto della tristezza – Io e Lucius ci sposeremo e di certo saremo molto più felici di quanto tu possa immaginare!-
L’affermazione suonò infantile alle sue stesse orecchie.
Bellatrix scosse la testa, con un sorriso mezzo di derisione, mezzo di compassione.
- Povera sciocca! Ricordati che lui amerà sempre prima se stesso e tu, per quanto egli possa provare qualcosa per te, sarai sempre l’ultima della lista! Verrai sempre dopo la gloria, il denaro, il nome, il potere….dopo di tutto! E sai qual è la cosa divertente? Che tutto ciò Lucius lo potrà ottenere solo stando al fianco dell’uomo che, secondo te, io amo…- emise un sospiro tremulo prima di finire, dicendo ciò che anelava dire - L’uomo che io amo allontanerà da te, sempre e comunque, l’uomo che tu ami…prevalendo su di lui, dominando su di lui! Se fosse una gara saresti l’eterna seconda, mia cara!-
Narcissa impallidì.
- Ebbene, se è questo che pensi, allora meriti tutta la sofferenza che ti pioverà addosso, sorella. Non ho altro da dire. – mormorò Cissy, mantenendo la calma – Sposa chi gli altri hanno scelto per te e ama chi il tuo cuore ha scelto per sé…e sii infelice -
Qualcosa nelle sue stesse parole le sembrò profetico e Narcissa sentì un tuffo al cuore.
Le due ragazze si fissarono per qualche istante, pallide e provate, ma incapaci di recarsi conforto l’una con l’altra.
Bellatrix lasciò la stanza per prima e Narcissa, dopo qualche istante di amara riflessione, la seguì andando a rinchiudersi nella propria camera.

 

Narcissa si rese conto di avere la camicia da notte ridotta in stati pietosi, così si cambiò e si avvolse anche in una sontuosa vestaglia, cercando di scaldarsi.
Si sentiva stordita eppure temeva l’idea di addormentarsi, perché aveva paura di fare altri sogni paurosi.
Un’irrequietezza la tormentava, si sentiva agitata.
‘Avrei bisogno di qualcuno che mi faccia compagnia…’ pensò, vergognandosi di quella debolezza.
Dorothy sarebbe stata più che felice di aiutarla, ma non era la persona adatta.
Lucius avrebbe anche potuto aspettare che si svegliasse. Dopo tutto quello che era accaduto nella radura, avrebbe anche potuto darle delle spiegazioni, confortarla.
Ripensò alla voce che aveva udito nel sogno.
‘No’ le aveva detto ‘Lucius non può…non è capace…sarà lui che ti aiuterà…perché lui è forte, ha tanta forza anche per te…lui non permetterà che ti accada nulla…’
‘Lucius potrebbe invece!’ esclamò dentro di sé, indignata, rispondendo a quella voce.
E poi, come il desiderio latente di un bambino che è incapace di focalizzarlo, un nome emerse lentamente dal petto di Narcissa, per poi risalire lentamente fino alle sue labbra.
- Severus…- mormorò.
Cos’era quella sensazione di calore?
- Severus... – mormorò di nuovo sentendo, inspiegabilmente, il viso arrossarsi.
Si alzò e prese dal cassetto lo scialle di seta azzurra, dono del ragazzo.
Se lo avvolse attorno alle spalle e poi si rannicchiò sulla poltrona.
‘Si, lui mi capirebbe! Starebbe qui senza parlare, ma io so che mi capirebbe…lui non avrebbe permesso che nulla di ciò che è accaduto stanotte accadesse…perché lui non è debole, non è come…’
Ma qui si bloccò, colma di vergogna e di senso di colpa.
Si costrinse a ripensare agli occhi di Lucius e ricordò come lui non avesse mostrato segni di cedimento, di debolezza.
‘Ecco così…’ approvò a se stessa e sentì orgoglio per come si era comportato il suo fidanzato.
Calò quindi una barriera e non permise ai propri pensieri di inoltrarsi più in la.
Cercò di sviare la mente.
Per un po’ rimase seduta sulla poltrona e poi, i suoi pensieri presero a vagare e un sorriso le spuntò sulle labbra.
- Le due elfe pazzerelle…- sussurrò e prese a ridacchiare.
Si, ecco come dovevano essere sembrate quella sera lei e Bellatrix.
Come le due elfe pazzerelle, frutto della inesauribile fantasia di Andromeda.
La loro sorella maggiore le aveva deliziate molte volte con le avventure delle due Elfe pazzerelle che girellavano per il bosco, scordandosi di partecipare alla festa organizzata dal loro severo padre.
Il centauro messaggero le inseguiva, ombroso e brontolone, per ricordare loro la festa che, senza la presenza delle figlie del Re Elfo, non poteva cominciare; ma le due elfe chiedevano ancora un minuto, un minuto solo per poter esplorare ancora un pezzetto di bosco e non tornavano mai sui loro passi, vivendo mille avventure.
-Aspetta…com’era…?- si disse a mezza voce - 'Le due Elfe pazzerelle sono proprio due sorelle, con gli stessi passatempi e i piedini mai lenti!'...- sussurrò cercando di ricordare qualche strofa della filastrocca -..'Lor combinan tanti guai e alla festa non van mai!' Mh…non era così…I'l centauro brontolone, controvoglia e assai musone, vuol recar loro un messaggio ma guai chiedergli un passaggio!Elfa Primula e Elfa Mora di esplorar non vedon l’ora e il centauro sfortunato, per tener il loro passo, un bel pò ha trotterellato.Forza Elfe smemorate, principesse assai sventate! Dai, la Festa deve iniziare!Gli invitati son già la, non facciamoli aspettare'…-
‘Si, la Festa’ pensò Cissy, bloccandosi ‘Una bella festa per Kenneth…’
La scappò un risolino isterico che, dopo un attimo, di trasformò in un pianto amaro e infinito, colmo di dolore.
Si strinse ancora di più nello scialle, cercando conforto, e finalmente all’alba si addormentò, li sulla poltrona.
I brutti sogni, per una volta, ebbero pietà di lei e non la tormentarono, donandole qualche ora di serenità.
Al risveglio tutto sarebbe ricominciato.


FINE VENTISEIESIMO CAPITOLO
 

PS: Come avevo già detto a suo tempo Weirwater non è un nome di mia invenzione, ho voluto omaggiare un romanzo che lessi da piccola e che ruotava attorno ad una dimora irlandese denominata, appunto, Weirwater. E' solo un piccolo tributo ad una storia che mi piacque molto e che lessi e rilessi tante volte. Alla prossima.

 

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Capitolo 27
*** Finché morte non li separi (prima parte) ***


Come sempre ringrazio EcateC per aver recensito e ringrazio tutte le persone che leggono questa storia...scusate l'esordio sempre uguale ma mi sembra dovuto!

Personalmente ho un debole per Evan Rosier ^_^ i ragazzacci fanno sempre presa, fisicamente me lo vedo bene come un giovane Harrison Ford, magari con dei lineamenti più delicati, un Ian Solo leggermente più drammatico...vabbé, straparlo, sarà l'ora! Buona lettura!



 

‘Un gelido destino’

 

Ventisettesimo capitolo

 

(Finché morte non li separi – prima parte)

 

La stanza di Druella era immersa nella penombra, come sempre, nonostante fosse un pomeriggio di Luglio.
Ella stava distesa su un fianco con una mano sugli occhi e l’aria sofferente. I capelli biondi, raccolti in un morbido chignon che voleva dare l’impressione di essere negligentemente elegante ma che in realtà era studiato in ogni ciocca, cominciavano ad essere striati di bianco.
Druella viveva per il proprio aspetto.
Tuttavia, in quel momento, non poteva pensare alla propria bellezza perché suo marito, cosa quanto mai rara, si trovava nella sua stanza ed era furioso.
Una furia gelida che intimoriva persino lei.
- E’ inutile. – le stava dicendo, fissandola con occhi freddi e indifferenti: da anni, ormai, la bellezza di sua moglie non lo interessava più – Non rimanderò di nuovo le nozze a causa dei tuoi malesseri immaginari…inutile che cerchi di difenderti, lo sappiamo entrambi che i tuoi malori sono frutto solo della tua mente malata e sappi, – aggiunse con forza – che, se domani tu non ci sarai, il matrimonio di Bellatrix e Rodolphus verrà celebrato ugualmente. La tua presenza, alla fine, non è affatto necessaria!- concluse duramente.
Druella si sentiva oltraggiata ma, odiava ammetterlo, quando Cygnus era di quell’umore lo temeva moltissimo.
Lui la fissò ancora per un istante, come invitandola a contraddirlo, poi si voltò e lasciò la stanza.
Druella strinse il proprio braccio destro con forza, conficcandovi le lunghe unghie laccate.
Odiava quell’uomo. Odiava quella vita. Odiava chiunque la facesse sentire insultata, umiliata, sminuita.
Nessuno poteva osare tanto.
Aloise Alderman aveva imparato a proprie spese che non si poteva offendere impunemente Druella Black.
E giustappunto un ‘offesa era per lei quel matrimonio.
I Lestrange non erano all’altezza, erano dei purosangue si, ma arricchiti, non nobili. Erano imbarazzanti.
Cygnus l’aveva fatto di proposito a combinare questo matrimonio proprio per Bellatrix, l’unica figlia che avesse un qualche spazio nel suo cuore, sapeva che ciò l’avrebbe indisposta.
Bellatrix avrebbe dovuto sposare Lucius Malfoy ed essere lei a riunire quelle due famiglie; invece, Abraxas aveva scelto quella fredda e sbiadita bambina.
Non le importava che tutti affermassero che le somigliasse come una goccia d’acqua, per lei Narcissa non era nulla. Non lo era mai stata, così come non lo era stata quell’altra sgualdrina che lei era riuscita ad allontanare.
Poco importava che fossero frutto del suo grembo.
E ora anche Bellatrix veniva sporcata e sminuita e, ai suoi occhi, ciò le faceva perdere ogni valore.
Non le importava nulla della sorte di quelle estranee, era lei sola che contava.
La rabbia la faceva fremere, avrebbe voluto squartare con le proprie mani il petto di Cygnus: lo odiava.
Druella amava solo se stessa e con se stessa rimase, immersa nei cupi pensieri che le facevano battere il cuore e pulsare le vene.
Pulsare d’odio.
 

 

La luce delle candele illuminava fiocamente la stanza.
Bellatrix stava seduta sul letto con il solo lenzuolo a coprirla, la testa posata sulle ginocchia, raccolte al petto.
I lunghi capelli neri le accarezzavano le spalle e la schiena, risaltando sulla pelle ambrata, e gli occhi scuri brillavano al buio, riflettendo la luce calda della stanza.
Il suo sguardo era fisso sulla schiena dell’uomo che stava in piedi, voltandole le spalle, immerso nella contemplazione della vista notturna offerta dalla finestra.
Egli indossava una sontuosa veste da camera e i capelli neri sembravano quasi avere dei riflessi bluastri.
Bellatrix lo contemplava come si può contemplare un tesoro, un oggetto di inestimabile valore.
La persona amata.
- Mio Signore…- sussurrò, facendosi forza, mentre il cuore quasi le si fermava in petto per l’ansia che le creava ciò che stava per dire.
Temeva l’idea di pronunciare quelle parole e, allo stesso tempo, sapeva che doveva tentare.
Lord Voldemort, come era conosciuto ormai ovunque, volse la testa e fissò Bellatrix senza mostrare alcuna emozione alla vista di lei, che pareva un dipinto tra le lenzuola drappeggiate intorno al suo corpo, come le onde di un mare di seta.
Bellissima e desiderabile. Perfetta.
Ma gli occhi chiari di quell'uomo esprimevano solo una leggera irritazione, per essere stato strappato ai propri intimi pensieri.
Il volto pallido e il petto dalla pelle bianchissima, lasciato nudo dalla veste aperta, rilucevano nella notte, rendendolo simile ad una statua di cera.
Bellatrix per un attimo temette che lui volesse punirla, ma egli si mostrò stranamente quieto e il suo silenzio la invitò a proseguire.
- Tra poche ore mi sposerò…- sussurrò allora lei, cercando di dare alla propria voce un tono indifferente – Mi chiedevo, mio Signore, se queste nozze non possano essere un ostacolo…io desidero servirVi, combattere con Voi e per Voi, ma credo che il mio futuro marito non possa che essere d’intralcio; così penso sarebbe meglio se io…-
Lui inarcò un sopracciglio, con un’aria talmente distaccata che ogni ulteriore parola morì sulle labbra di Bella.
- I Lestrange sono maghi purosangue con ottimi contatti sia al Ministero, che al Wizengamot, che alla Gringott. Questa unione porterà solo dei vantaggi e sposandoti non potrai che servirmi al meglio, Bella. Abbiamo bisogno di giovani purosangue per portare a termine ciò che ci prefiggiamo. Questo matrimonio è un ottimo affare.- la voce era fredda e sbrigativa – Ora lasciami e va a casa, domani dovrai essere in perfetta forma e io desidero riposare.-
Era chiaramente un congedo e la ragazza, celando la ferita profonda che sentiva nel proprio animo, si alzò lasciando scoperto del tutto il suo bel corpo che Voldemort trapassò con lo sguardo, indifferente.
Una volta rivestitasi, fece un piccolo inchino e lasciò la stanza, ma lui si era nuovamente voltato, dandole le spalle, e non le rivolse nemmeno un’ultima occhiata.


Una volta giunta nel grande atrio deserto di Weirwater, Bellatrix si fermò, incerta.
L’animo le bruciava di un profondo senso di ribellione.
Perché doveva sposare qualcuno che non solo non amava, ma che disgustava con tutta se stessa? Perché?
‘Ecco, ora me ne vado per sempre da qui e da qualunque altro posto. Sparire. Si, andarmene e non vedere più nessuno’
Ma nel momento stesso in cui lo pensò il suo cuore ebbe un balzo.
Non le importava nulla di suo padre, di Narcissa e nemmeno di sua madre. Le labbra si strinsero al pensiero di Druella.
Ma lui.
Lui solo aveva il potere di farla sentire viva. Lui solo.
Lo venerava e lo adorava. Lo amava.
Si, Narcissa aveva detto bene, lei amava Lord Voldemort come non aveva creduto possibile amare qualcuno.
Era un sentimento violento e oscuro, impossibile da controllare, che le faceva ardere il fuoco nelle vene.
Lui desiderava che si sposasse e lei doveva sposarsi altrimenti, lo sapeva bene, non avrebbe mai più potuto presentarsi al suo cospetto.
L’avrebbe ripudiata, punita oppure uccisa, sapeva anche questo.
Le tornarono alla mente le parole che sua sorella le aveva detto solo poche sere prima ‘Sposa chi gli altri hanno scelto per te e ama chi il tuo cuore ha scelto per sé…e sii infelice’.
Si morse le labbra carnose.
‘Non posso esistere senza vederlo e non posso vederlo senza essere viva. Rifuggirò la morte allora, lotterò per vivere, anche se sarà una mezza vita! Basta poter solo respirare la sua stessa aria e poterlo vedere, toccare…’ si disse con forza, stringendo i pugni.
Presa quella decisione fece per smaterializzarsi quando un rumore, un lieve fruscìo, la bloccò.
- Chi è la..?- chiese, con voce dura e decisa, sfoderando la bacchetta.
- Troppo tardi Bella…- le sussurrò una voce alle spalle, mentre la punta di una bacchetta le sfiorava il collo - Perdersi nei propri pensieri non è auspicabile al giorno d’oggi, con tutti quegli Auror in giro…-
- Evan..!- esclamò lei, sollevata e furiosa allo stesso tempo.
- Per serviti dolcezza mia…- sussurrò nuovamente lui, abbassando la bacchetta e posandole un lieve bacio sul collo.
Lei si scostò, voltandosi di scatto, come se si fosse scottata.
- Come osi!- esclamò, fissandolo con gli occhi che mandavano lampi.
Il giovane sorrise beffardo.
- Andiamo, fossi in te eviterei quell’aria da donzella oltraggiata che non ti si addice per nulla…lo sappiamo entrambi e molto bene anche…-
- Cosa ci fai in giro a quest’ora? L’Oscuro Signore non desidera essere disturbato e tu sai bene che questa dimora è assolutamente sicura…non c’è bisogno che ti aggiri come un qualunque ladro!-
Lui fece una smorfia, rinfoderando la bacchetta.
Era un bel ragazzo Evan Rosier: aveva ventitré anni, era alto e slanciato, con dei capelli castani lunghi e spettinati che gli davano un’aria da eterno monello.
Gli occhi erano scuri, lucenti e furbi.
- L’Oscuro Signore non desidera essere disturbato, ora. Ma quando lo desidera sa bene come scegliersi le compagnie!-
- Bada a come parli…- sibilò Bella, stringendo gli occhi.
Si fissarono ancora per qualche istante, poi la ragazza si strinse leggermente nelle spalle. Non aveva tempo da perdere.
- Ti saluto, io vado a casa, ti consiglio di non comportarti in modo troppo furtivo, potresti essere scambiato davvero per qualche Auror indesiderato!- gli disse e si gettò il mantello sulle spalle, voltandosi pronta a smaterializzarsi.
- Aspetta…- la bloccò lui, allungando un braccio e afferrandola per il polso.
- Cosa vuoi?- gli chiese con un mezzo sorriso, voltandosi a guardarlo.
Ora erano molto vicini e lui era serio in volto.
- Non penserai veramente di sposare quel buono a nulla di Rodolphus, vero?- le chiese, fissandola intensamente – Nessuno ti obbliga, lo sai, vero? Sei maggiorenne, non è da te piegarti al volere di tuo padre e nessuno può costringerti a fare qualcosa se non vuoi, io lo so bene…-
Ora nella sua voce c’erano calore e ammirazione.
- Credi di conoscermi veramente…?- gli rispose – Mi dici di non sposare Lestrange e, secondo te, cosa dovrei fare io, una volta ripudiata dalla mia famiglia?-
- Potresti accettare l’ospitalità di un amico…- le sussurrò Evan, con voce suadente – Sai che farei qualsiasi cosa per te!-
Lei si lasciò abbracciare senza opporre resistenza e il ragazzo tuffò il viso nei suoi capelli, tenendola stretta a sé.
-Mi dispiace…- gli sussurrò all'orecchio, restando passiva tra le sue braccia -…Ma, sinceramente, preferisco essere la moglie di Rodolphus Lestrange che l’amante di Evan Rosier! Sono ben altre le braccia che io desidero…- e si smaterializzò.
Evan si ritrovò solo, nell’atrio, a stringere l’aria fredda di una casa abbandonata. Lasciò ricadere le braccia e rimase li per parecchi minuti, con nelle narici il profumo intenso della giovane donna.

 

Bellatrix si materializzò a Londra e rientrò in casa senza che nessuno si accorgesse di nulla, come era accaduto innumerevoli volte.
Giunta nell’ingresso si fermò, osservando quella casa che per lei non aveva alcun valore e che avrebbe lasciato tra poche ore.
Poi si diresse verso le scale, pronta a rientrare in camera.
Tuttavia, qualcosa la bloccò.
Nel corridoio semibuio della casa sentì dentro di sé la voce di Aloise Alderman che declamava la maledizione diretta a lei.
Per te, donna bruna dalla pelle dorata…per te: né amore, né lode, né frutto nel tuo grembo, arida come il ramo secco di una pianta morta…nulla di ciò che desideri otterrai e tutto ti verrà tolto. Colui che avrai la sventura di amare, la tua mente, la tua libertà…. tutto perderai….incarcerata e senza speranza…
Cambiò direzione ai propri passi e si avviò verso la porta della camera di sua madre.
Sospirò piano e, dopo un attimo di incertezza, bussò.

FINE VENTISETTESIMO CAPITOLO

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Capitolo 28
*** Finché morte non li separi (seconda parte) ***


Esordisco in modo originale ringraziando EcateC per aver recensito e tutte le persone che leggono questa storia :D, grazie! Buona lettura!

ps: molto spesso l'anteprima mi da un effetto e il capitolo pubblicato un altro...così si vanno a perdere le parti scritte in corsivo o risultano poco visibili...chiedo scusa e spero che sia ugualmente comprensibile.

 

 

‘Un gelido destino’

 

Ventottesimo capitolo

 

(Finché morte non li separi – seconda parte)


Bellatrix era in piedi davanti al sofà dove Druella stava, come di consueto, semisdraiata con aria languida e sofferente.
Tuttavia vi era nello sguardo della signora Black un che di vigile, un sottofondo di fastidio che la faceva parere molto meno molle del solito.
Chiaramente la visita di sua figlia non le procurava alcun piacere.
- Domani mattina dovremo alzarci presto, per cortesia Bella, vorrei riposare almeno qualche ora, sai che la mancanza di sonno mi snerva…-
- Lo capisco, io per prima sento il bisogno di dormire- mormorò Bella che usava un tono così pacato solo ed esclusivamente con Druella – E, tuttavia, c’è una cosa che da molto tempo desidero chiederVi, madre –
Druella si agitò sul sofà ma, per una volta, parve non trovare la forza di opporsi all’imposizione posta da qualcuno.
Agitò una mano con un gesto vago che poteva significare ‘vai avanti’ e Bellatrix lo interpretò esattamente così.
- Voi e la zia Walburga mi avete detto, all’epoca, che Aloise Alderman era una fattucchiera, discendente da una dinastia di fattucchiere potenti. Molto potenti.- Bella sospirò piano, cercando di non farsi prendere dalla foga – Eppure, quando Vi parlai del modo in cui io avrei avuto la Vostra vendetta su di lei, Voi mi esortaste a non preoccuparmi e mi impediste di indossare l’amuleto che mi ero procurata a Notturn Alley proprio per evitare eventuali ritorsioni da parte sua…mi diceste che non avrebbe mai osato fare nulla di pericoloso in una casa come Malfoy Manor. Che non avrebbe mai e poi mai scagliato una maledizione in quanto, quel tipo di magia, usata da sempre dalle donne della sua famiglia, chiedeva un pesante tributo di sangue ed ella avrebbe preferito subire l’umiliazione che rischiare la vita.- man mano che procedeva nel discorso, la ragazza sentiva la rabbia crescere dentro di sé, le vene pulsavano sotto l’impeto del sangue pompato quasi con furore al suo cuore – Voi mi assicuraste che non avrei corso un reale pericolo…-
Druella ora pareva furiosa.
- Mi stai accusando di qualcosa?- sibilò, con una voce carica di veleno – Mi stai forse dicendo che ti ho esposto al pericolo?Tu ti sei offerta! Tu hai voluto vendicarti!- negli occhi della donna non c’era spazio per la tenerezza né per la gratitudine – Stupida! Ogni azione causa una reazione, ogni gesto porta ad una conseguenza! Certo che ti ho impedito di indossare un amuleto, idiota! Una fattucchiera di quella portata avrebbe avvertito subito la presenza di un oggetto simile, cosa credi? Forse ti avrebbe schermata, ma avrebbe rovinato tutto! Aloise avrebbe intuito qualcosa, avrebbe capito e si sarebbe preparata!-
Druella ora si era alzata in piedi e puntava un dito tremante contro il petto di sua figlia, con gli occhi sbarrati e dementi colmi di odio.
- Vattene! Non so che farmene di te! Aloise non è stata comunque punita: è morta, ma ha deciso lei come e quando. Non si è umiliata né prostrata! Non mi sei servita a niente, Bellatrix! Ora vattene! Via!-
Bellatrix non replicò una sola parola, travolta da quel rifiuto così crudele.
Il secondo di quella notte maledetta.
L’uomo che amava e sua madre l’avevano respinta, l’uno con gelido distacco l’altra con una furia rovente.
La ragazza girò sui tacchi e uscì senza aggiungere una parola.
Druella si risedette sul suo sofà, colma di odio e rabbia come un ragno lo è di veleno.
Non si accorse che la porta della sua stanza, che comunicava con il salotto privato, era socchiusa.

 

Mentre si dirigeva nella propria camera, Bellatrix si fermò fuori dalla stanza di Narcissa, colta dall’improvviso impulso di entrare e cercare conforto in sua sorella che restava, non poteva non ammetterlo, la persona più vicina che avesse al mondo.
Colei con la quale aveva condiviso molte cose.
Colei con la quale era stata maledetta.
Fece una smorfia per quella sua debolezza e passò oltre, entrando nella sua camera e chiudendo la porta.


Il pomeriggio seguente c’era molta agitazione in casa. Gli Elfi domestici avevano lavorato sin dal mattino presto, fino allo sfinimento, per far si che ogni cosa fosse splendente ed in ordine.
Il grande salone delle feste era stato riaperto dopo molto tempo e fervevano gli ultimi preparativi.
Le nozze Lestrange/Black erano l’evento mondano dell’anno e al ricevimento avrebbero partecipato persino due anziani membri del Wizengamot e un ministro.
Nella sua camera Bellatrix subiva, con insospettabile calma, le attenzioni di Dorothy che le acconciava i capelli e le sistemava il vestito.
Alla fine nella stanza rimasero solo Narcissa e Bella, a fissarsi attraverso lo specchio con sul volto un’espressione uguale che le faceva parere incredibilmente simili.
Bellatrix era splendida nel vestito color avorio che le lasciava nude le spalle e ne esaltava la carnagione dorata, gli occhi scuri e i lucidi capelli neri.
Cissy pareva una delicata bambola di porcellana nel vestito color lavanda dalle spalline sottili, che metteva in risalto il bel collo e i biondi capelli, donando ai suoi occhi grigi riflessi violetti.
Due sorelle così belle. Due sorelle così tristi.
- Ebbene- disse Bella, nel suo solito tono indisponente – E' ora che mi muova, non si può cominciare senza la protagonista! -
Narcissa avrebbe voluto dire qualcosa ma nessun suono uscì dalla sua bocca.
Bellatrix si alzò e fece per superarla ma un tremito improvviso e convulso la colse, facendola vacillare.
- Bella!- esclamò Cissy e afferrò la sorella la quale nascose il volto, madido di sudore, nella piega del suo collo .
Narcissa sentì che tremava contro di lei e avvertì l’urgente desiderio di piangere.
- Fuggi!- si sentì esclamare – Scappa! Vattene da qui! Nessuno può obbligarti a farlo!-
Narcissa sentiva il cuore galopparle in petto e, per un glorioso attimo, credette che sua sorella l’avrebbe ascoltata ma Bella si staccò dal suo abbraccio convulso e le lanciò un sorriso.
Un sorriso che la fece sembrare di nuovo la bambina che era stata e che Cissy aveva tanto amato.
Fu solo un istante.
Un attimo dopo la ragazza si trovò sola nella stanza, con nelle orecchie il suono dello strascico di Bellatrix che si allontanava nel corridoio.

 

Quando le bacchette dei due sposi e del Ministro di cerimonia si incrociarono per la terza volta, una lingua di fuoco azzurrino di levò e avvolse le mani di Bellatrix e Rodolphus, per poi sparire e lasciare all’anulare destro dei due ragazzi un sottile cerchio d’oro rosso, simbolo del matrimonio e dell’unione delle due casate.
Nel momento in cui gli anelli fecero la loro comparsa gli occhi di Narcissa e Lucius si cercarono e si trovarono attraverso la stanza, restando incatenati per diversi secondi.
Lui distolse lo sguardo per primo e Cissy si lasciò sfuggire un sospiro.

 

Il contrasto tra i novelli marito e moglie era stridente.
Bellatrix era magnifica e pareva un fiore di magnolia, fiera e superba.
Rodolphus la fissava con gli occhi fuori dalle orbite, come se non potesse convincersi che tanta meraviglia fosse diventata sua e, non appena poté, l’afferrò per le spalle nude e la baciò goffamente.
Narcissa distolse lo sguardo, incapace di sopportare la vista di quelle mani tozze sulla pelle perfetta di sua sorella.
Il suo pensiero non poté non rivolgersi a Rubinia, che avrebbe dovuto essere la, al posto di Bella.
Cygnus rimase impassibile, mentre i Signori Lestrange aveva più o meno la stessa espressione del loro figliolo: increduli davanti a tanta fortuna.
Druella nascondeva il volto sotto una fitta veletta.
Poco più in la, Walburga Black osservava la scena altera e severa, era una donna imponente che destava molta soggezione.
Non era capace di slanci affettuosi Walburga, era dura e inflessibile, ma Bellatrix riscuoteva le sue simpatie ed era di certo la sua nipote preferita, quindi la donna osservava con sufficiente compiacimento la scena.
Vi erano moltissime famiglie di purosangue, ma anche moltissimi assenti eccellenti.
Come i Crouch, ad esempio.
Alla fine il ricevimento di nozze ebbe inizio.


- Buonasera!-
La voce calda e gentile di Abraxas colse di sorpresa Narcissa, che si voltò con un sorriso spontaneo sulle labbra.
Gli piaceva quell’uomo, del quale ricordava così vividamente il primo incontro.
- Buonasera – gli disse, con le guance accese e l’espressione timida.
- Ogni volta che ti vedo sei sempre più bella e sempre più simile a tua madre!- le disse lui, facendole un lieve baciamano molto galante.
Parlarono per un po’ e poi lui si allontanò unendosi a Cygnus e agli altri uomini, che in un angolo parevano immersi in una fitta conversazione. Lucius era in mezzo a loro.
Narcissa osservò gli altri invitati, rimpiangendo l’assenza di Regulus e stupendosi di quella di Sirius.
Bellatrix era circondata da molte delle signore invitate e Walburga le stava al fianco come se fosse la madre della sposa.
Rodolphus era poco distante e accettava sgraziatamente i complimenti degli ospiti.
Druella era sparita.
- Ma che bel fiore che abbiamo qui…-
Sussurrò una voce vicina a Cissy, la quale si ritrovò in mano un bicchiere colmo di un liquido rosa.
Le dita si contrassero sul delicato cristallo del calice.
Conosceva quella voce, visto che l’aveva udita solo poche sere fa, nel parco di Weirwater.
Narcissa si voltò lentamente e fissò lo sguardo sul giovane alto, dai capelli castani, che le sorrideva canzonatorio.
- Devo dire che, vista alla luce del giorno…o del pomeriggio, che dir si voglia, sei ancora più bella mia bionda streghetta…- le disse Evan Rosier - Anche se io ti preferivo in camicia da notte!- le fece l’occhietto, buttando giù un sorso della propria bevanda.
- Non bevi?- le chiese poi, notando che lei era rimasta immobile – Non è veleno! Al massimo potrebbe essere una pozione d’amore. Suvvia, non mi guardare con quegli occhioni severi, preferirei vederti sfoderare le unghie come sai fare così bene!- le si avvicinò sfrontatamente al viso – Mia gattina dagli occhi di ghiaccio!-
Non poté terminare la frase che una mano gli piombò sulla spalla, per poi tirarlo indietro bruscamente.
- Evan…- mormorò la voce annoiata e strascicata di Lucius – Possibile che tu debba essere sempre così detestabilmente volgare e inopportuno?-
Evan alzò gli occhi al cielo con un’espressione esasperata molto comica, prima di voltarsi verso il biondo Malfoy.
- Possibile che tu debba essere sempre così sofisticato, elegante, altero e dannatamente inopportuno?- gli rispose, finendo in un unico sorso il proprio liquore.
- Sei ubriaco…- gli disse Lucius, sorridendogli.
- Sei un rompiscatole…- gli rispose Evan, altrettanto sorridente.
Lucius spostò allora lo sguardo su Narcissa, lasciandolo scivolare lentamente dai capelli raccolti, al bel collo bianco, fino a sondarla in profondità.
- Vattene, io e Evan dobbiamo parlare.- le disse poi, risalendo fino al viso di lei.
- Fino a prova contraria sono a casa mia, nel mio salone dei ricevimenti, e non in una radura! – sibilò la ragazza, con il volto acceso a causa dell’esame a cui lui l’aveva sottoposta, sentendosi furiosa – E questo è il matrimonio di mia sorella, non una specie di party di bifolchi incappucciati, quindi non me ne vado da nessuna parte, mio caro! – non sapeva nemmeno lei perché si sentiva così arrabbiata ma, sotto gli occhi increduli di Lucius e quelli deliziati di Evan, buttò giù tutto d’un fiato il contenuto del suo bicchiere.
Si pentì subito di quello che aveva fatto perché, non l’avrebbe mai pensato, Evan le aveva offerto una bevanda alcolica.
Tossì e sbuffò per un attimo, sentendo il liquido incendiarle la gola e gli occhi riempirsi di lacrime.
Il bicchiere le scivolò di mano, andando ad infrangersi al suolo, nonostante il tappeto che ne attutì il colpo.
- Tutto bene?- le disse Evan, ridacchiando di gusto – Mi sa che non sei abituata…e mi sa anche che rischi di vomitare su questo bel tappeto!- sembrava decisamente divertito.
Il sorriso gli si spense però, quando vide l’espressione furente di Lucius.
- Suvvia Lu-Lu – gli disse, dandogli una pacchetta sulla spalla – Lascia che sia io svezzarla almeno in questo!-
Narcissa non si sentiva più la lingua e avrebbe voluto poter mettere il volto in un catino di acqua fredda, ma si sentiva così male che riusciva solo a star la con la mano sulla bocca e gli occhi colmi di lacrime.
Lo stomaco faceva le capriole, con tutto il suo contenuto che minacciava davvero di ricomparire poco elegantemente.
Lucius imprecò tra i denti e l’afferrò per un braccio, trascinandola via.
Evan smise di sorridere e prese un altro bicchiere, bevendone il contenuto tutto d’un fiato.
I suoi occhi si soffermarono su Bellatrix e Rodolphus, circondati da un gruppetto di invitati.
- Che spreco…- mormorò con una smorfia, lo sguardo fisso sulla bella sposa, poi i suoi occhi seguirono Lucius e Narcissa che si allontanavano – Altro spreco…- mormorò con un sospiro, mentre i due ragazzi sparivano dietro una porta laterale.

FINE VENTOTTESIMO CAPITOLO

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Capitolo 29
*** Finché morte non li separi (ultima parte) ***


Buona lettura! ^_^

 

‘Un gelido destino’

 

Ventinovesimo capitolo

 

(Finché morte non li separi – ultima parte)

 

Narcissa si sentiva davvero male e si chiedeva come mai, ogni volta che tentava di fare un gesto ribelle o clamoroso, la situazione le sfuggiva di mano e le si ritorceva, immancabilmente, contro.
Il suo orgoglio gridava vendetta per la magra figura che stava facendo davanti a Lucius, ma il suo cuore invece godeva della situazione perché, finalmente, si trovava da sola con lui, come anelava da molto tempo, e quindi sperava di fare chiarezza nei propri, confusi, sentimenti.
- Coraggio siediti!- le ordinò, seccato.
Cissy finse di non udire il tono imperativo usato dal ragazzo e, in preda alla fortissima nausea, fu ben lieta di ubbidire senza protestare, togliendosi i lunghi guanti di raso con mani tremanti.
- Ecco – borbottò lui, un pochino più gentile – Se tu fossi sempre così docile non ti cacceresti nei guai e non ci cacceresti me, soprattutto…- concluse, rabbuiandosi di nuovo.
Gettando alle ortiche tutti i buoni propositi, Nacissa scattò nuovamente in piedi, pronta a replicare duramente ma, ancora una volta, il destino le si ritorse contro e , per il suo stomaco già sottosopra, quel movimento brusco fu troppo.
Dopo un paio di secondi la ragazza si ritrovò a fissare, colma di orrore, la chiazza maleodorante che ora sfigurava il bel tappeto orientale a cui sua madre teneva molto.
Lacrime di vergogna le luccicavano negli occhi ma, invece di piangere, Cissy diede sfogo a tutta la rabbia, la tensione, la paura accumulata negli ultimi giorni, dopo la terribile esperienza vissuta nella radura di Weirwater.
Il suo cuore era già dimenticato.
- E’ tutta colpa tua!- esclamò, riuscendo a non gridare, ma con un tono di voce che rasentava l’isteria – Solo tua! Tu mi porti sempre a fare delle cose estreme, tu e solo tu! Da quando sei entrato nella mia vita è un guaio dietro l’altro! – un profondo senso di ingiustizia la dominava in quel momento – Non è andato più nulla come doveva andare! Tu rimproveri a me di cacciarmi nei guai? Tu, che sei giunto ad uccidere un uomo solo per compiacerne un altro!- ecco: lo aveva detto. Aveva giurato di non menzionare più quel terribile evento, ma l’aveva fatto e ora si sentiva svuotata.
E in colpa.
Lucius aveva il volto di granito e solo allora, osservandolo da vicino, si accorse di quanto il giovane fosse mutato; di quanto il suo volto, sempre altero e sprezzante, si fosse indurito.
La rabbia si placò, così come si era destata: in un istante.
I due ragazzi si fissarono a lungo guardandosi veramente, per la prima volta, come non avevano mai fatto prima.
Cissy sentiva il proprio cuore martellare in profondità.
‘Ora mi dirà che vuole rompere il fidanzamento…’ sussurrò a se stessa e una moltitudine di sentimenti le si agitarono dentro.
Paura, dolore, sgomento…sollievo.
Quell’ultimo sentimento così timido e ,allo stesso tempo, così vivido le tolse il fiato.
Lei amava Lucius, non voleva perderlo! Non era forse così?
- Mio padre – esordì il ragazzo, con voce calma e composta, strappandola bruscamente ai suoi pensieri – Mi ha detto di chiederti se desideri passare le tue ultime settimane di vacanza a Malfoy Manor. -
Narcissa non se lo aspettava e sbatté le palpebre, confusa.
Lucius inarcò un sopracciglio.
- Pensaci- continuò poi - Basta che ci mandi un gufo, Malfoy Manor ha stanze per ogni notte dell’anno, sarai la benvenuta…Evanesco!- l’ultima parola, detta quasi con rabbia, fece sobbalzare Cissy e si rese conto che lui aveva pulito il tappeto solo quando sentì il rumore della porta che si richiudeva dolcemente.
Lucius era uscito, lasciandola sola.

 

Il ricevimento stava avviandosi alla sua naturale conclusione e tutti aspettavano di poter salutare gli sposi e poter ammirare da vicino la bellezza di Bellatrix, che era stata incredibilmente composta e formale per tutta la sera.
Rodolphus si era astenuto dal bere, almeno per quella volta, forse troppo abbagliato dalla sua bella moglie che ogni tanto occhieggiava con sguardo vorace e impaurito allo stesso tempo.
Evan stava sorseggiando l’ennesimo drink, immerso nei suoi cupi pensieri e incapace di staccare gli occhi dalla sposa, fonte di indescrivibile tormento e desiderio per lui.
Ad un certo punto della serata aveva visto Lucius uscire, da solo, dal salotto nel quale si era infilato con l’altra sorella Black e, dopo un po’, ne era uscita anche lei alquanto sconvolta.
Evan non aveva resistito, si era recato da Lucius per complimentarsi di aver trovato un così piacevole modo di farle passare la sbornia, ma lo sguardo gelido del suo amico l’aveva convinto a battere in ritirata.
Era stato tentato di andare a tormentare un pochino Narcissa, che aveva tutta la sua incondizionata ammirazione tra l’altro, ma si era sentito poco in vena e così aveva continuato a bere.
Ora, vedendo che Bella si trovava insperatamente da sola non resistette e si portò, un pochino traballante, vicino a lei.
- Posso baciare questa splendida sposa?- chiese, parandolesi di fronte e tagliandole ogni via di fuga.
- Lasciami passare…- sibilò la ragazza, tra i denti – Io e mio marito dobbiamo fare gli ultimi convenevoli e poi dobbiamo andare a casa…-
Evan fece una smorfia.
- Non mi dirai che ti sei già calata nei panni di Mrs. Lestrange, vero?- la derise.
Lei gli scoccò un’occhiata furiosa, ma il giovane ora non sorrideva più.
- Sei incredibilmente bella. Un sogno.- le mormorò Evan, con voce improvvisamente carezzevole – Qualcosa di troppo bello per essere parte di questo lurido, schifoso, mondo-
Bellatrix rimase spiazzata e non seppe cosa rispondere. I suoi occhi scuri espressero qualcosa, per un secondo, ma poi tornarono quelli di sempre.
Quelle parole lei anelava sentirle dire da qualcun altro, inutile ingannare se stessa o chiunque altro.
- Credo che anche mio marito sia della tua stessa opinione…- gli rispose con cattiveria intenzionale, cancellando ogni intimità, ogni dolcezza di quel momento – Ora tocca a lui assaporare la gioia di amarmi, tu hai già dato Evan, mi spiace.-
L’espressione seria e dolce del ragazzo si trasformò in una smorfia.
- Come non detto dolcezza!- disse, ostentando la solita aria da sbruffone – Ma non credo che il buon, vecchio Roddy saprà soddisfarti!Nel caso sai dove abito. – le fece l’occhiolino e si allontanò.
Bellatrix lo seguì con lo sguardo, poi si avvicinò a Rodolphus.
- Andiamo – gli sussurrò, con tono di comando - Voglio andare a casa! -
Lui balbettò qualcosa ma lei non stette ad ascoltarlo, lo precedette e andò a salutare gli ultimi ospiti rimasti.

 

Narcissa sperava vivamente di avere un’aria presentabile quando si avvicinò ad Abraxas per salutarlo.
Lui l’accolse con il consueto calore, evidentemente pieno di ammirazione.
Cissy si rasserenò e gli sorrise.
- La ringrazio per il Suo invito a passare le vacanze a Malfoy Manor – gli disse, prima che lui si congedasse – Ne parlerò con mio padre, ma spero di essere vostra ospite. – in realtà, non sapeva nemmeno lei se ciò che aveva appena detto corrispondeva al vero oppure no.
Non era certa di voler passare tanti giorni accanto a Lucius.
Abraxas parve sinceramente sorpreso e un tantino spiazzato.
- Oh..- sussurrò, non trovando le parole .- C-certo il mio invito…Naturalmente, mi auguro che Malfoy Manor possa accogliere un’ospite così graziosa. Aspetterò tue notizie allora!-
Ripresosi le sorrise per poi allontanarsi.
Una volta ricongiuntosi con suo figlio, Abraxas gli lanciò un’occhiata penetrante, ma non disse nulla.
Ben presto la casa dei Black fu completamente vuota, tranne che per gli Elfi domestici, Dorothy, Druella, Cygnus e Narcissa.

 

Era già passata la mezzanotte, quando Narcissa rammentò di aver dimenticato i suoi guanti nel salotto.
Si era appena ritirata in camera sua e fu tentata di chiamare Dorothy ma poi scosse la testa, agitando i lunghi capelli che ora portava sciolti e, con un sospiro, scese al piano di sotto e si infilò nella piccola stanza adiacente al grande salone.
Individuò i guanti e li raccolse, posando la candela che le faceva luce, poi si voltò e dovette trattenere un grido.
Druella era a pochi centimetri da lei, in piedi, che la fissava con i suoi occhi scuri resi ancora più inquietanti dalla luce fioca della stanza.
- Mamma!- esclamò, portandosi una mano sul cuore.
Druella non le rispose e si limitò a fissarla.
Dopo qualche istante di quell’esame così attento, Cissy iniziò a sentirsi a disagio.
- Allora buonan..- cominciò a dire ma Druella la interruppe.
- Ho visto che hai confidenza con Lucius Malfoy – le disse in tono serio e prese a girarle attorno, scrutandola – Molta confidenza. Mi pare che lui sia piuttosto incline nei tuoi confronti. Ha molte attenzioni per te.- e fece un gesto vago verso il tappeto.
Le dita di Narcissa si contrassero sul raso dei guanti.
Sua madre aveva assistito a tutta la scena svoltasi, tra lei e Lucius, quella sera e l’istinto le sussurrava che qualcosa, in ciò che aveva visto, non le garbava molto.
- Lui mi pare davvero molto sollecito – proseguì Druella – Ricevere un invito a Malfoy Manor non è cosa di tutti i giorni. – finalmente si fermò, dando fine a quell’inquietante girotondo attorno alla figuretta di sua figlia, che tanto ricordava la macabra danza di uno squalo intorno alla sua preda.
Narcissa desiderò non essere mai uscita dalla propria stanza.
Non aveva praticamente alcun tipo di legame con sua madre e la soggezione che di solito le incuteva, in quel momento, rasentava il terrore.
Druella era spaventosa.
Solo l’incredibile autocontrollo della ragazza le impedì di muovere un muscolo o di precipitarsi fuori da quel salotto.
Come se avesse intuito i pensieri di Narcissa, la donna le artigliò il braccio, con la sua mano dalle dita nervose.
- Naturalmente tu accetterai. – le disse poi, come se la questione fosse già chiusa – Non voglio vederti mai più esitare a quel modo né comportarti con il giovane Malfoy come ti ho vista fare oggi, in maniera così sconveniente e così controproducente -
- Ma, io..- tentò di replicare la ragazza, ma l’ultima parola si spense in un gemito perché le unghie affilate di sua madre le si erano conficcate nella carne.
- Niente ma – sibilò Druella – Avrebbe dovuto esserci Bellatrix al tuo posto, ma poco importa! Perché mai credi che Abraxas Malfoy ti abbia preferito a tua sorella?- le disse poi, incendiandosi di un’euforia perversa – Per i tuoi modi? Per la tua dolcezza? Perché sei fine e intelligente? No, bambina, no! Per il tuo aspetto! Per la tua bellezza, solo per quello!- ora gli occhi di Druella erano sgranati e colmi di trionfo – Perché sei uguale a me! Proprio così, Abraxas Malfoy mi ha sempre amata! Avrebbe voluto sposarmi ma Cygnus lo precedette nella sua proposta e mio padre accettò!Io avrei dovuto essere Mrs. Malfoy, la padrona di Malfoy Manor!Ma, per colpa di tuo padre, mi ritrovai rinchiusa a Weirwater con un uomo freddo come il ghiaccio e incapace di darmi un figlio maschio!-
Ogni parola che usciva da quella bocca colpiva Narcissa come se fosse una pietra aguzza.
Cominciò a divincolarsi ma Druella le bloccò anche l’altro braccio, con la forza dei nervi che solo i folli possiedono.
- Ma non è ancora tutto perduto! Abraxas vede in te la ragazza che sono stata! Ho visto come ti culla con gli occhi!Diventa la moglie di Lucius e poi Abraxas sarà in tuo potere Narcissa! Così regalerai a tua madre ciò che le spetta!-
Narcissa non poteva credere a ciò che le sue orecchie stavano udendo.
Lacrime di rabbia e disgusto solcarono il suo viso.
Quella era sua madre? Quel mostro indemoniato?
Ma in fondo l’aveva sempre saputo.
Ripensò al volto sorridente di Andromeda e poi a quello sofferente di Bellatrix.
Poteva quasi sentire il corpo tremante e sudato di sua sorella contro il suo, poteva ancora vedere l’ultimo sorriso della fanciullezza che le aveva regalato.
Morse con tutta la forza che aveva la mano di Druella, la quale si spostò urlando di dolore e rabbia.
- Non credere di fare con me come hai fatto con Bella!- le disse poi, scansandosi e allontanandosi – Io non mi abbasserò mai ad un simile livello per soddisfare le tue smanie!-
Druella si massaggiò la mano e fissò sua figlia.
- Narcissa! – mormorò in tono lamentoso, cambiando strategia – Tua madre vuole solo il tuo bene, il massimo per te! Ho visto l’incertezza nei tuoi occhi e ho sentito l’indecisione nelle tue parole! Tu devi sposare Lucius, non infangare il buon nome dei Black! Non getterai la vergogna sulla nostra famiglia, vero?  Non farai disperare tua madre, dimmi di no!-
Il volto di Cissy si storse in un sorriso colmo di disprezzo.
- Ora mi parli di amore materno, di doveri, di diritti!- le disse con voce calma, avendo la netta sensazione di fare le veci di Bellatrix – Ora parli di onore e rispetto!Dopo l’indifferenza che mi hai dimostrato, dopo il gelo di cui ci hai fatto dono, dopo l’aridità con cui hai evitato di crescerci; lasciando che una buona e povera strega, dal cuore grande ma dallo scarso intelletto, ricoprisse il tuo ruolo e ci desse l’unico sentore di un qualche amore materno!-
Druella non disse una parola, l’espressione implorante e sofferente di già ingoiata da un freddo distacco.
- Mi parli di famiglia? Del buon nome dei Black?- proseguì Narcissa, che sentiva ardere dentro di sé una furia che non aveva mai provato contro nessuno.
Al confronto ogni scaramuccia con Bella, con Lucius o con chiunque altro era ben poca cosa.
Quelli, dunque, erano l’odio e il ribrezzo?
– Risparmiami certi falsi discorsi!- proseguì, con voce ferma e decisa - Tu che hai gettato tua figlia, la sola che avesse avuto la sfortuna di amarti, tra le braccia di un uomo solamente per il tuo desiderio di vendetta; tu che ora hai il coraggio di implorarmi di sedurre il padre di Lucius tradendo, non solo il mio fidanzato ma il mio stesso padre e, soprattutto, tradendo il rispetto che ho di me stessa.-
Riprese fiato, respirando a fondo.
- Mi fai schifo. Tu non sei mia madre, non lo sei mai stata né mai lo sarai, né tanto meno lo sei mai stata per le mie sorelle! Per quel che mi riguarda non sei nulla.Ora io vado a dormire e tu mi farai la cortesia di non rivolgermi più la parola, perché non abbiamo più nulla da dirci-
Narcissa si voltò, pronta a lasciare la stanza.
- Che tu sia maledetta…- sibilò Druella.

Cissy si voltò, con un sorriso amaro sulle labbra, osservando il volto contorto dalla rabbia di sua madre.
- …Lo sono già…- mormorò, con una voce colma di mestizia, e lasciò la stanza.
Druella emise un singulto di rabbia e frustrazione.
Quella piccola sgualdrina di certo sarebbe andata a parlare con Cygnus e lui le avrebbe creduto! Druella sapeva bene quanto poco suo marito la stimasse e quanto invece desse credito a quella ragazzina.
Cominciò a passeggiare in cerchio per la stanza, frugando nella sua mente alla ricerca di una strategia.
- Così dunque hai sempre fatto…- mormorò una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare.
Fu il turno di Druella a spaventarsi.
Si voltò e vide Cygnus poco distante, che la guardava con una curiosa espressione sul suo volto austero.
Sembrava sereno.
- Cosa hai detto?- gli chiese lei, sulla difensiva.
- Ho detto che dobbiamo proprio brindare alle nozze di nostra figlia, no? Come va fatto!- lui agitò una bacchetta e comparvero una bottiglia e due bicchieri.
Versò il contenuto in entrambi e ne porse uno a sua moglie.
- Al futuro radioso dei Black!- disse lui e bevve un sorso.
Druella lo imitò, distratta da altri pensieri.
Lui la osservò ingerire due lunghi sorsi.
- Dunque, stavo dicendo – disse poi, avvicinandosi a lei – Mi pare di capire che è così che hai sempre fatto. -
- Cosa?- gli chiese Druella continuando a sorseggiare la sua bevanda.
- Parlo di ciò che ho appena udito – le spiegò lui con un tono amabile – Di ciò che hai detto a Narcissa…-
Druella si bloccò inorridita e fece cadere il bicchiere ormai vuoto.
- Non è come pensi…- cercò di spiegare, mentre la sua mente lavorava frenetica alla ricerca di una via di uscita.
- Oh, si che lo è- le disse lui – Lo è sempre stato. Credi che io non sappia cosa sei?- le disse poi e il suo tono mutò repentinamente – Credi che non sappia che sei una pazza, una lurida vipera, una poco di buono? Che sputi odio addosso al tuo stesso sangue, che trami, che ordisci contro la tua famiglia?-
Ora il disprezzo era palese nella voce e sul viso dell’uomo.
- Credi che io non abbia scoperto ciò che hai fatto fare a Bellatrix, con quel buono a nulla di Alderman? Credi che non sappia che l’hai sporcata senza alcun rimpianto? E poi…- e qui, il volto di Cygnus divenne spaventoso.
Druella non si sentiva più le gambe dal tanto terrore che provava, avvertiva uno strano formicolio alle braccia e la lingua era secca.
- Andromeda…- disse Cygnus, con l’odio mescolato alla disperazione più profonda – Credi che non sappia che l’hai fatta fuggire? Pensi che io abbia, per un solo istante, creduto che sia stato quell’elfo domestico ? Per chi mi hai preso?- si avvicinò ancora a sua moglie – Mi hai tolto l’unica cosa bella che mi avevi dato! L’unica, la sola gioia della mia vita! La mia Andromeda! – ora la voce di lui era piena di pianto e di dolore – E ora avresti voluto che anche Cissy si sporcasse, diventasse come te! Ma lei no! – Cygnus vibrava di orgoglio adesso – Lei è una vera Black, forte, decisa! Non è come te, né lo sarà mai, ma tu non potrai accertartene di persona, mi dispiace. Non posso permettere che tu semini ancora il tuo seme della follia.-
- Cosa significa..?- sussurrò Druella, ma non poté proseguire perché, improvvisamente, la vista le si offuscò e le gambe si irrigidirono, riuscì a malapena a raggiungere il sofà, prima di crollarvi sopra a peso morto.
- Che succede?!- urlò spaventata, mentre il cuore le impazziva in petto.
Cygnus si avvicinò a lei e la sovrastò, fissandola senza pietà.
- Faccio come te, Druella – le disse gelido – Penso all’onore dei Black ed elimino la feccia. Dovresti prestare più attenzione a quello che bevi…-
-..Veleno…?- sussurrò lei, guardandolo con orripilata sorpresa.
- Il bello è che non lascerà traccia nel tuo corpo e tutti penseranno solo che la povera, malata, fragile Druella Black è morta, forse travolta dall’emozione del matrimonio di sua figlia. – sorrise beffardo – Ora ti lascio sola, moglie mia. Sola con l’unica persona che hai amato in vita tua: te stessa. Se Aloise Alderman ha potuto scegliere come e quando morire… oh si, ho sentito ogni singola parola della tua conversazione con Bella…tu non avrai questo privilegio, mia cara. Come tu stessa hai detto, ogni azione porta ad una reazione, no? Morirai come una comune delinquente, com’è giusto che sia. Ringrazia che ti lascio almeno il cordoglio e il rimpianto del resto del mondo, anche se dubito che qualcuno potrà davvero mai rimpiangerti. La vendetta è qualcosa di dolce davvero, moglie mia. Tu mi hai tolto la cosa che amavo di più e ora io tolgo a te ciò che ami di più: la tua vita. Addio! –
Si voltò e lasciò la stanza, senza più degnarla di uno sguardo.
Druella avrebbe voluto replicare, ma la mente stava scivolando inesorabilmente verso l’oblio.
Improvvisamente, nel suo ultimo barlume di coscienza, provò l’impulso di gridare, gridare dall’orrore perché, tra i tendaggi della stanza, alla luce tremolante dell’ultima candela che stava spegnendosi, fu certa di scorgere la figura di Aloise Alderman che la guardava e sorrideva beffarda.
Il terrore fu tale che il suo cuore si fermò, prima ancora che il veleno facesse del tutto il suo corso.
 

FINE VENTINOVESIMO CAPITOLO

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Capitolo 30
*** Malfoy Manor (prima parte) ***


Grazie come sempre a EcateC per le sue recensioni (grazie davvero!) e a chi legge questa fan fiction ^_^

Dopo diversi capitoli piuttosto densi mi vien da dire...beccatevi questo :D un capitolo transitorio e infarcito di inutili creature che, all'epoca, inserii per una sorta di scommessa, perdonatemi ^_^ Buona lettura e al prossimo capitolo!



‘Un gelido destino’

 

Trentesimo capitolo


(Malfoy Manor- prima parte)


Narcissa aprì gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte, prima di riprendere del tutto il contatto con la realtà.
Rimase immobile, mettendoci qualche secondo per realizzare che la stanza dove si trovava non era la sua e rammentare che, da un paio di giorni, era ospite di Lucius a Malfoy Manor.
Si stiracchiò un po' ma non accennò ad alzarsi, assaporando la luce del mattino che filtrava dalle tende tirate e tornando con la mente a ciò che era accaduto dopo il matrimonio di Bellatrix.

 

Sembrava impossibile, ma sua madre era morta.
Druella era stata seppellita una decina di giorni prima, un giorno dopo che la tragica scoperta del suo corpo senza vita fosse spettata a Dorothy.
Cissy era stata buttata giù dal letto dalle urla e dallo scalpiccìo di decine di piedi che correvano su e giù per la casa.
Aveva faticato non poco a svegliarsi, in quanto la notte appena trascorsa era stata agitata e quasi del tutto priva di sonno.

Il tormento per la scena che si era svolta con sua madre, i sentimenti più che confusi per Lucius, il ricordo del supplizio di Bella, tutto aveva contribuito a tenerla sveglia fino alle prime luci dell’alba.
Sentendo simili urla e tale confusione, aveva gettato via le coperte e si era precipitata di sotto, senza curarsi del decoro.
Giunta all’ingresso si era diretta verso il salotto dove Dorothy singhiozzava disperatamente ma, prima che potesse entrare,  con il cuore in gola e un macabro senso di anticipazione, si era sentita afferrare dalle salde braccia di suo padre.
Narcissa aveva rivolto il pallido viso verso Cygnus e lui aveva scosso leggermente la testa, stringendole con dolcezza le spalle.
Non c’era stato bisogno d’altro: Cissy aveva compreso.
Cosa aveva provato? Dolore? Sofferenza?No.
Solo un lieve senso di stupore, la sensazione di irrealtà che accompagna sempre gli eventi ineluttabili eppure ritenuti molto lontani.
Il resto del giorno era passato in una sorta di veglia, con l’andirivieni dei parenti.
Walburga era corsa a consolare il suo amato fratello ma Cygnus era rimasto composto, anche se molto serio e cupo.
Bellatrix non si era fatta vedere, aveva mandato a dire che si sarebbe presentata direttamente al funerale, il giorno dopo.
Quando, a fine giornata, sulla casa era scesa la cappa scura e dolente del lutto, Cissy era sgattaiolata in camera di sua madre, cosa che aveva evitato, per tutto il giorno, di fare.
Druella era stata composta sul suo letto a baldacchino, avvolta nel suo abito più bello, i capelli biondi acconciati amorevolmente dalle mani affettuose di Dorothy.
La domestica era parsa l’unica realmente affranta da quella perdita.
Aveva prestato servizio dai Rosier, famiglia di provenienza di Druella, da sempre.
Quando la sua padrona era nata, Dorothy aveva dodici anni e si era occupata di quella bimba così bella con gioia e con eguale gioia l’aveva seguita a casa Black.
Per lei, la signora Druella era rimasta la bimba bella, delicata, fragile ma affascinante di sempre e mai aveva compreso appieno la natura distorta della sua diletta padrona.
Narcissa non poteva dire altrettanto.
Aveva osservato il volto di sua madre bello ma contaminato dalla morte e, molto probabilmente, alterato dall’animo cupo che una volta aveva albergato in quel corpo graziato da così tanta avvenenza.
La ragazza non era riuscita a trovare amore, dolore, rimpianto o qualche dolce e tormentoso ricordo dentro di sé.
Tutto quello che aveva trovavo nel suo cuore, nello scomparto dedicato a sua madre, era il nulla.
Simile al cassetto vuoto di un armadio, dove non c’era che polvere e dove l’unico odore era quello dell’abbandono.
Tutto quello che ricordava di sua madre erano le parole, le espressioni, i sentimenti che le aveva espresso la sera precedente.
Solo quello.
- Addio, mamma. – aveva sussurrato – Avevo giurato che mai più ti avrei rivolto la parola e così è, alla fine. Ovunque tu sia, spero che il male che hai fatto e che ti ha divorata si sia finalmente staccato da te. Riposa in pace, se puoi. Per quel che mi riguarda hai il mio perdono, non posso però perdonarti il male che hai fatto ad altri; mi auguro che il tormento che provi sia inferiore a quello che hai procurato alle tue vittime.- sospirò, quel dialogo unilaterale non le dava sollievo o soddisfazione, ma non riusciva a placare quei sentimenti che sentiva dentro di sé dalla sera prima – Io ora mi volterò e lascerò questa stanza e, lo prometto su quello che ho di più caro, dimenticherò ciò che mi hai tolto e rammenterò solo ciò che non mi hai mai dato e farò in modo di non diventare come te. Io amerò, molto e, se avrò dei figli, farò tutto ciò che sarà in mio potere per farli sentire amati, desiderati e protetti. Sacrificherò qualsiasi cosa, qualsiasi persona, qualsiasi affetto e principìo ma i miei figli avranno la mia vita e quella di qualsiasi altro che possa servire a preservare la loro.-
Finalmente aveva taciuto, stringendo i pugni per dare più forza a quello che aveva detto e aveva lasciato la stanza.
Nonostante tutto non era riuscita a perdonare.
Il giorno seguente, dietro una corta veletta nera che le aveva nascosto il volto, aveva osservato ogni persona presente al funerale per studiare i loro sentimenti.
Cygnus era rimasto impassibile, Bellatrix si era presentata con un abito nero attillato e volgare e, un attimo prima che la tomba fosse richiusa, aveva gettato qualcosa in terra accompagnando il gesto, Cissy ne era quasi sicura, con uno sputo di disprezzo e un sorriso di trionfo.
L’oggetto le era parso essere un piccolo amuleto.
Oltre a Dorothy, la persona più sofferente presente alla cerimonia era stato Abraxas Malfoy, il cui viso aveva espresso molto rammarico.
Narcissa si era chiesta per l’ennesima volta se ciò che le aveva rivelato sua madre, a proposito del padre di Lucius, fosse vera.
Dopo una settimana, tempo ritenuto sufficientemente conveniente, Cygnus le aveva detto che Abraxas aveva rinnovato l’invito a Malfoy Manor e che quindi sarebbe stata ospite di quella casa per le tre settimane di vacanza restanti.

 

Il rumore secco di una porta che si apriva fece si che Narcissa riemergesse dai ricordi e si alzasse dal letto con uno scatto.
- Kraffy non voleva svegliare la Signorina!- cinguettò una vocetta acuta e penetrante – Kraffy voleva solo portare colazione! Signorino Lucius ha ordinato a Kraffy di portare molto cibo alla Signorina!-
Narcissa sospirò.
Kraffy era l’elfa domestica principale di casa Malfoy, quella che comandava a bacchetta tutti gli altri servitori.
Una Dorothy elfica, insomma.
Cissy sorrise sotto i baffi a quel paragone, immaginando quale reazione la sua cara governante avrebbe potuto avere nel sentirsi accostare a un elfo domestico, razza che non riscuoteva le sue simpatie.
Narcissa non si era mai curata di quegli esseri ma Malfoy Manor era letteralmente infestata da loro: un esercito operoso e silenzioso che curava l’enorme magione.
Kraffy non era molto silenziosa, però, e girava per la casa a qualsiasi ora, squittendo con la sua vocetta acuta dallo strano accento scozzese, molto ben tollerata da Abraxas e tollerata persino dallo schizzinoso Lucius.
L’elfa era piuttosto pacioccotta, indossava abiti tutti trine e merletti dai colori vivaci, aveva un grande naso a patata e gli occhi marroni e lucenti.
Ciò che più aveva colpito Narcissa, però, oltre alla grande e insospettabile pazienza che il suo fidanzato mostrava verso quella querula creatura, era stato scoprire che Kraffy aveva un marito, Kebby, un elfo dal naso a matita allegro e dall’aria piuttosto ribelle e che i due avevano un figlio: Dobby.
Narcissa non si era mai posta la questione legami familiari in merito agli elfi domestici, così l’idea di matrimoni e figli non le era passata nemmeno per l’anticamera del cervello.
Dopo un paio di giorni si era rassegnata ad avere Kraffy sempre alle calcagna, probabilmente dietro ordine di Lucius, come l’elfa chiacchierona e curiosa non riusciva a nascondere visto che diceva sempre ‘Il Signorino Lucius ha detto’ ‘Il Signorino Lucius ha raccomandato’ e via discorrendo.
- Troppo magra questa signorina!- ululò Kraffy, facendo sobbalzare la ragazza e dandole contemporaneamente uno schiaffetto sui fianchi, molto vicino ai glutei a dire il vero.
Narcissa non sapeva se ridere o offendersi, essere trattata così da un comunissimo elfo!
Sbuffando, spinse la creatura fuori dalla sua camera e si chiuse dentro, onde evitare che il marito e il figlio di Kraffy facessero irruzione nella stanza, come era già accaduto.
Cissy mangiò in fretta, si vestì e uscì guardandosi furtivamente attorno per accertarsi che l’elfa non fosse nei dintorni.
Il corridoio sembrava deserto e, con un sorriso soddisfatto, si diresse verso  piano inferiore ma inciampò in qualcosa e rischiò di finire lungo distesa. Per fortuna però, Lucius era appena spuntato dalle scale e si era diretto verso di lei, così fu pronto e l’afferrò saldamente lanciando uno sguardo furioso alla cosa che aveva rischiato di far cadere la ragazza.
Pur nell’imbarazzo di trovarsi tra le braccia del ragazzo che, nonostante tutto, aveva il potere di emozionarla, Cissy trovò il tempo di stupirsi che la cosa non fosse affatto una cosa, bensì un elfo domestico raggomitolato su se stesso.
- Dobby!- esclamò furioso Lucius, apparendo molto temibile – Si può sapere cosa combini?! Razza di inutile creatura! Sparisci subito!- e fece per allungare un calcio al giovane elfo, tuttavia venne preceduto perché, come una saetta, Kraffy rispuntò da chissà dove e si avventò sul figlio, riempiendolo di scappellotti.
Narcissa e Lucius rimasero interdetti, l’una tra le braccia dell’altro.
- Dobby, stupido, stupido figlio!- ruggì Kraffy con una voce non più acuta ma che sarebbe andata benissimo su una Manticora – Buono a nulla, incapace!-
- Kebby si scusa…- disse un terzo, sorridente, elfo domestico apparso anch’esso da chissà dove – Troppa confusione, ora io va e porta loro nelle cucine…- concluse, con il tono di voce serafico e un’espressione tranquilla.
Era un elfo magro e pacifico, quasi ascetico, in contrasto con l’iperattiva Kraffy.
Quest’ultima, udite la parole del marito, si voltò verso Lucius.
- Padroncino scusare stupido Dobby!Pensare che Dobby essere nato lo stesso giorno del padroncino, Kraffy così felice di ciò!- il petto di Kraffy si gonfiò d’orgoglio e Narcissa si voltò di scatto verso Lucius, perché non voleva perdersi la reazione del suo superbo fidanzato.
Non venne delusa e dovette trattenere a forza una risata.
Lucius era inequivocabilmente arrossito.
I tre elfi si allontanarono, Kebby consolava Kraffy, che mormorava ‘Ah, mia povera padrona!’, mentre Dobby li seguiva mesto.
Il silenzio scese nel corridoio e Cissy prese sempre più coscienza di trovarsi ancora accanto a Lucius.
Lui abbassò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono.
- Dopotutto Dobby non è così inutile…- disse Lucius con un sorrisetto e strinse Narcissa di più a sé, ma in quel momento Abraxas fece la sua comparsa e il ragazzo la lasciò andare con noncuranza.
Lei non poté non chiedersi cosa sarebbe accaduto se il padre di Lucius non fosse arrivato ad interromperli.
Lui l’avrebbe baciata?
Delusione e sollievo si mescolavano in lei.
Non capiva più se stessa e Lucius non l’aiutava di certo mostrandosi a volte indifferente, a volte interessato.
- Eccovi!- esclamò l’uomo con un tono di voce pieno di calore, Cissy non poté non sorridergli di rimando.
Niente da dire, Abraxas le piaceva proprio.
- Bene, io devo assentarmi – disse Lucius, cogliendola di sorpresa – Certi affari non possono attendere. – padre e figlio si scambiarono uno sguardo pieno di significato – Narcissa, mio padre sarà felice di farti da guida alla scoperta di Malfoy Manor. A stasera!-
E si smaterializzò.
Narcissa nascose a stento la delusione che provava.
Desiderava che fosse Lucius a farle da guida perché così forse, passando del tempo insieme, lei avrebbe imparato a conoscerlo meglio.
Abraxas le rivolse uno sguardo pieno di comprensione e fu il turno della ragazza di arrossire.
L’uomo aveva capito perfettamente i suoi sentimenti.
- I grandi uomini devono lavorare affinché il futuro delle persone, che sono loro care, sia degno di essere vissuto.- le disse, con un tono di voce paziente ma inesorabile.
Narcissa capì che Lucius aveva il sostegno di suo padre, in tutto.
Rabbrividì al ricordo della notte nella radura, al ricordo di due braccia gelide che l’avevano avvinta in una stretta d’acciaio, contro il corpo di un uomo che aveva lasciato che lei assistesse all’orrore direttamente dai suoi occhi chiari, come se avesse voluto amplificare o filtrare per lei, chissà, ciò che stava avvenendo.
Senza rispondere, Narcissa seguì Abraxas lungo gli infiniti corridoi di quella immensa casa.
Scoprì così che, per arrivare ai piani alti, vi erano delle scorciatoie ingegnose; che vi erano quadri nei quali si poteva entrare per passare da una stanza all’altra, che le tre torri quadrate che dominavano la struttura dall’esterno non erano apparentemente raggiungibili dalla casa e rappresentavano una specie di rifugio in caso di emergenza e che, pur essendo distanti l’una dall’altra, esse comunicavano tra di loro, in qualche strano modo.
Narcissa non aveva mai visto tanta magia oscura e occulta in vita sua e, essendo lei una Black, era tutto dire.
Alla fine lei e Abraxas giunsero in un lungo corridoio alle pareti del quale erano appese decine e decine di quadri.
- I Malfoy al completo- le spiegò lui, sorridendole.
E si avviarono lungo la navata.


 

FINE TRENTESIMO CAPITOLO

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Capitolo 31
*** Malfoy Manor (seconda parte- Draco) ***


Se non ho ottenuto commenti con Kraffy e Kebby allora non ho speranza! XD Buona lettura ^_^


‘Un gelido destino’

 

Trentunesimo capitolo

 

(Malfoy Manor – seconda parte – Draco)

 

Narcissa e Abraxas camminavano fianco a fianco, mentre una serie interminabile di enormi quadri li osservava con una certa, superba, curiosità.
Avrebbe dovuto essere il contrario rifletté, con un piccolo sorriso, Narcissa.
Il corridoio di Malfoy Manor, dedicato agli appartenenti di quella dinastia di maghi e streghe potenti, era infinito; costellato da cornici dorate che contenevano i ritratti a grandezza naturale di centinaia di lontani avi di Abraxas e Lucius.
In ognuno di essi Narcissa, che rispondeva con educazione agli inchini, ai saluti o ai semplici gesti che i ritratti le indirizzavano, poteva ritrovare uno o più tratti dei due uomini.
Ogni tanto Abraxas si fermava, spiegandole nel dettaglio la storia di quel o questo Malfoy, spesso corretto o supportato dal diretto interessato.
Cissy notò che erano tutti molto alteri e che suscitavano una certa soggezione.
- Questo è mio padre. – le disse Abraxas ad un certo punto – Lucius Saverius Malfoy -
Narcissa gli fece un inchino e lui la graziò di un saluto, poi si rivolse al figlio, borbottando qualcosa del tipo ‘Non darla vinta a Silente’.
Subito dopo c'era il quadro di una donna.
Abraxas vi si fermò davanti, con un’espressione particolarissima sul volto.
- Questa, Narcissa, è mia moglie. – le spiegò, tenendo lo sguardo fisso sul ritratto, che lo ricambiava con uguale intensità – Gwenhwyfar Bryn Arundel in Malfoy, la madre di Lucius.-
Cissy studiò attentamente la donna del quadro e non poté che trovarla bellissima, anche se completamente avulsa dai Malfoy e dal suo stesso figlio.
Indossava un abito dalla foggia molto originale, color rosso sangue, e aveva una carnagione bianchissima che contrastava con i lunghissimi capelli corvini.
Gli occhi erano di un verde straordinario e la bocca carnosa, le cui labbra erano dipinte di un colore molto scuro.
Era davvero splendida e i suoi occhi brillavano d’intelligenza; quell’intelligenza che non ha bisogno di essere espressa a parole, quella che filtra già dallo sguardo.
La donna ricambiò Narcissa con lo stesso interesse e le indirizzò un impercettibile sorriso, a cui la ragazza non poté non rispondere.
Poi il ritratto si rivolse nuovamente ad Abraxas e Cissy comprese che tra i due passava un dialogo silenzioso, la muta comunicazione di due persone che si amano moltissimo. O meglio, che si erano amate.
Narcissa sentì il sollievo pervaderla.
Sua madre aveva mentito, ovviamente.
Abraxas Malfoy aveva amato sua moglie, non vi erano dubbi su questo, e lei era felice di scoprirlo.
- Gwen era originaria della Cornovaglia, terra di immensa cultura magica. – riprese Abraxas, schiarendosi la voce – Era una strega straordinaria….-
- Non ne dubito! – gli disse Cissy, con molto calore.
Lui le sorrise e poi proseguì, diretto verso l’ultimo ritratto del corridoio, che occupava un posto speciale, in una nicchia protetta da due tende nere, molto pesanti.
- E ora – le disse il signor Malfoy - Voglio presentarti l’ospite più distinto di questa casa mia cara, dopo di te, naturalmente…-
I due si fermarono dinnanzi alla pesante cornice, che si differenziava da tutte le altre, essendo molto austera e di colore nero.
- Draco Sioltach Arundel. – annunciò, molto solennemente, Abraxas– Mago di enorme potere, progenitore di mia moglie, straordinario cacciatore di Draghi e amico fraterno del grande Salazar Serpeverde. -
Narcissa sollevò lo sguardo sul quadro e i suoi occhi rimasero incatenati a quelli dell’uomo che vi era dipinto.
Egli indossava degli abiti neri coperti, in parte, da una sottile armatura d’argento; dietro di lui vi era il corpo senza vita di un immenso drago rosso e gli indumenti e le mani di quel mago dall’aura potente grondavano sangue, il sangue verde della bestia che Draco doveva aver appena ucciso.
Il volto dell'uomo era affilato, dalla carnagione olivastra, e dominato da un naso grifagno; i neri capelli, che gli sfioravano le spalle, scendevano in lunghe ciocche ad esaltarne il volto duro. Una corta frangia, infine, sembrava opprimere gli occhi di un nero assoluto, bui e insondabili.
L’uomo del ritratto la fissò e le rivolse un sorrisetto storto che ricordava in qualche modo quello di Lucius e lei, senza sapere bene perché, arrossì violentemente, senza riuscire a rispondere a quel sorriso.
- Dimenticavo di dirti che Draco era famoso anche per il successo che riscuoteva con il gentil sesso…- le disse Abraxas, con il sorriso nella voce, studiando il volto imbarazzato della fanciulla – Da quel che ne so, il drago alle sue spalle ebbe un ultimo guizzo di vita e, con un’abile mossa dei suoi portentosi artigli, portò con sé il mago guerriero nell’Ade riservata agli esseri di nobile rango. Credo che quella fu una fine molto auspicabile per Draco, che era un grande amante di tutto ciò che comportava lotta e sfida all’ultimo sangue -
Draco sembrò approvare quelle parole, e rivolse uno sguardo quasi affettuoso all’enorme bestia morente alle sue spalle.
La ragazza non ebbe il coraggio di rialzare lo sguardo sul dipinto.
Ci si poteva infatuare di un ritratto? Ovviamente no.
Eppure, nei giorni seguenti, Narcissa, complici le lunghe ore di solitudine che passava tra un pasto e l’altro, si ritrovò a gironzolare molto spesso nel corridoio occupato dagli antenati dei Malfoy e, non senza un pizzico di vergogna, cominciò a fermarsi sempre più a lungo davanti al ritratto di Draco; senza dimenticare mai di salutare la madre di Lucius, che la fissava con un discreto interesse.
Il punto era che quel Draco l’aveva colpita nel profondo, arrivando a occupare i suoi sogni; riuscendo persino a scalzare gli incubi che l’assillavano di solito anche se, con una certa agitazione, lei aveva notato una grande somiglianza tra lui e l’uomo dai capelli corvini che la tormentava da così tanto tempo.
Dalla sua nicchia privilegiata lui continuava a sorriderle con ironico fascino e lei, ogni tanto, gli rivolgeva la parola, sentendosi una perfetta idiota e sperando vivamente che nessuno assistesse a quella scena patetica.
- Dopotutto potrei anche avere un figlio dai capelli scuri…- sussurrò a se stessa con un sorrisetto, un pomeriggio in cui si era soffermata più a lungo del solito davanti al ritratto del suo beniamino.
Ancora due giorni e la sua permanenza a Malfoy Manor sarebbe terminata.
Sospirò piano.
Non aveva ricavato granché da quella visita, in fondo.
Non aveva passato molto tempo con Lucius, né lo aveva conosciuto meglio, ma almeno si era allontanata dall’atmosfera opprimente della sua casa.
All’improvviso venne distolta dai propri pensieri dallo scalpiccio di due piedini molto svelti.
Senza sapere bene nemmeno lei il perché, decise di nascondersi tra i tendaggi del ritratto di Draco, forse vergognandosi all’idea che qualcuno la trovasse in adorazione davanti all’immagine del bel mago tenebroso.
Con una certa sorpresa, vide Kebby avvicinarsi rapidamente e superarla senza dare segno di averla vista e poi, dopo essersi fermato con aria circospetta, introdursi in una porta poco distante, che Cissy non aveva mai notato.
Vi rimase per una mezz’ora circa e poi uscì nuovamente, lasciando la porta incautamente socchiusa.
Narcissa fece per allontanarsi, sollevata di non essere stata vista, quando il demone della curiosità ebbe il sopravvento.
L’atteggiamento di Kebby era stato quanto mai sospetto e il fatto che lui non avesse Kraffy alle calcagna, come di consueto, le rendevano la situazione ancora più inspiegabile.
Mordendosi le labbra si avvicinò alla porta e, con una piccola spinta la aprì del tutto, infilandosi dentro la stanza e richiudendo la porta dietro di sé.
Se Kebby fosse tornato avrebbe avuto il tempo di nascondersi dietro qualche mobile.
Ma, non appena i suoi occhi si furono abituati alla semioscurità, Narcissa si dimenticò del tutto dell’elfo domestico o della paura di essere scoperta, perché quello che vide le tolse il fiato e le fece precipitare il cuore in fondo alle scarpe, riempiendola di doloroso sgomento.

 

Lucius era appena rientrato e stava togliendosi i guanti neri, quando Kebby entrò discretamente nella sua stanza.
- Eccoti. – gli disse il ragazzo, senza guardarlo – Hai fatto come ti ho detto?-
- Si. – rispose, quieto, l’elfo – Ma Voi sapete che se vostro padre…-
- Ti ho già detto che lui non saprà mai nulla, non sarà di ritorno fino a domattina. – disse Lucius, leggermente seccato – Né tanto meno lo verrà a sapere Kraffy, tanto lo so che sei molto più preoccupato della sua reazione che di quella del tuo padrone…- questa volta il suo tono era divertito.
Kebby si inchinò ed uscì senza aggiungere altro e Lucius, dopo essersi tolto anche il panciotto, uscì dalla stanza e si avviò verso la galleria dei Malfoy.

 

Narcissa non poteva distogliere gli occhi dal grande quadro che dominava la stanza.
Il soggetto principale era una fanciulla bellissima dai biondi capelli lasciati liberi sulle spalle, le labbra dolci, il naso diritto, la fronte alta.
Indossava uno splendido e sfarzoso abito bianco e argento e non poteva avere più di diciassette anni.
La ragazza del dipinto era la copia esatta di Narcissa, tranne che per gli occhi, che erano scuri e vellutati.
-…Mamma…- sussurrò Cissy, con gli occhi colmi di lacrime.
‘Perché sei uguale a me!’
La parole che Druella le aveva sputato addosso, la sera stessa in cui era morta, rimbombarono nella testa della ragazza ‘Proprio così! Abraxas Malfoy mi ha sempre amata! Avrebbe voluto sposarmi!’
E, in effetti, la somiglianza tra la ragazza che era stata Druella e sua figlia era impressionante e quella stanza, constatò Narcissa con grande sofferenza, sembrava il mausoleo che un innamorato dedica al suo perduto amore.
Le pareti erano spoglie e non vi era mobilio, tranne che per una sedia piazzata proprio dinnanzi al ritratto, in modo da consentirne una perfetta visuale.
Un ricordo emerse nella mente di Cissy.
La prima volta che aveva visto Abraxas lui le dava le spalle, contemplando il ritratto di Druella il giorno delle nozze e mai, realizzò all’improvviso la ragazza, mai lui le aveva rivolto un complimento senza notare quanto lei somigliasse a sua madre.
Druella, per una volta, non aveva mentito.
Narcissa avrebbe voluto abbandonare quella stanza di corsa, nauseata da quella scoperta, ma non riusciva a staccare gli occhi dal ritratto di sua madre e, un secondo più tardi, realizzò una cosa straordinaria.
-…Non può essere…- sussurrò, folgorata.
- E invece può…- le rispose una voce proveniente dalla porta alle sue spalle.
Sorpresa e impaurita la ragazza si voltò, trovandosi di fronte Lucius.
- E’ incredibile quanto vi assomigliate... – mormorò lui - Non avresti mai dovuto trovare questa stanza, Kebby è stato imprudente. – le disse il ragazzo, mettendosi al suo fianco.
- Non è colpa sua…- mormorò Cissy, sentendosi in dovere di difenderlo, anche se non capiva perché.
Per lei gli elfi erano solo delle creature poco più che superflue.
- Hai ragione – la sorprese Lucius – La colpa è di mio padre, che non ha mai potuto abbandonare una simile debolezza, nonostante l’amore che ha provato per mia madre -
- Ma questo ritratto…- mormorò Narcissa, indicandolo con un debole gesto della mano.
- E’ un ritratto babbano…- sibilò tra i denti il ragazzo, osservando la figura immobile nella cornice – Altra imperdonabile debolezza di mio padre. Voleva un ritratto di lei a tutti i costi, ma sapeva che, se l’avesse fatto fare da un ritrattista mago, la voce si sarebbe sparsa in tutto il nostro ambiente e così, assoldò un artista babbano e fece realizzare quest’opera indegna…non per il soggetto, ovviamente – ebbe il buon senso di specificare lui.
- Ma lui…tuo padre…amava tua madre, io…- sussurrò disperata Cissy.
- Si – le rispose il ragazzo, volgendo il proprio sguardo su Narcissa e fissandola diritto negli occhi, come faceva solo di rado – E così: si amavano. E tuttavia lui era come ottenebrato da lei, da tua madre, o per lo meno dal suo ricordo. Io scoprii questa stanza per caso, dopo la morte di mia madre. Avevo dieci anni e decisi di non tradire Kebby a patto che lui mi lasciasse entrare all’insaputa di mio padre, quando lo desideravo.-
- Mi dispiace…- sussurrò Narcissa, sentendosi piena di vergogna .
- Non è colpa tua. – le disse, indifferente – Ma sua…di lui e, a dire il vero, non posso nemmeno fargliene una colpa. Basta guardarla per capire come mai avesse perso la testa per lei. Persino io ne rimasi abbagliato…così bella, così desiderabile, così nobile…bellissima... –
Qualcosa, nel tono del ragazzo, spinse Cissy a sollevare lo sguardo e vide che ora fissava lei e non il ritratto.
Con un tuffo al cuore si rese conto che Lucius le aveva appena rivolto un complimento.
-…Io…- ecco, finalmente si trovava al dunque, perché esitare? Non era questo che voleva?
Le si avvicinò e la prese tra le braccia senza aggiungere altro, poi la baciò.
Era un bacio molto diverso da quello che le aveva dato una volta, molto tempo prima, perché non era né freddo, né distaccato.
Era pieno di passione, come Narcissa non avrebbe mai creduto che lui potesse averne.
Improvvisamente si ritrovò a rispondere al bacio con foga e, senza remora né vergogna, si strinse a lui, tuffando poi le mani nei lunghi capelli del ragazzo.
Una miriade di sensazioni e di immagini le attraversavano la mente ma non si soffermò su nemmeno una di esse e si concentrò sui propri sensi.
Dopo qualche lunghissimo minuto fu il giovane a staccarsi da lei, ansimando leggermente.
- Ehi, ehi, calmati!- esclamò piano, con la voce arrochita dalla passione e permeata di sorpresa – Calmati piccola! -
Narcissa riemerse lentamente dallo stato di esaltazione in cui era caduta e si portò una mano al volto, confusa e vergognosa.
- Quanta intensità, che trasporto…- sussurrò lui, con un sorrisetto – Mi compiaccio molto, mia piccola ninfa dagli occhi di ghiaccio!-
- …Parli come Evan…- gli sussurrò, ancora stordita da ciò che era appena accaduto.
- Evan!- esclamò Lucius, stringendo le labbra e trascinandola fuori dalla stanza – Dimenticavo!Finiremo un'altra volta il nostro interessante discorso, mia passionaria bambina, abbiamo un ospite a cena!-
- Ma non sigilli la stanza?- gli chiese, mentre lui continuava a tirarla lungo il corridoio.
- Solo Kebby e mio padre possono farlo!- le spiegò, continuando a camminare velocemente – E bada che Kraffy non sa nulla di tutto ciò! Venerava mia madre e sarebbe capace di dare fuoco a quella stanza, con noi dentro!-
- L’aiuterei io…- sibilò la ragazza, pensando al ritratto di sua madre e scacciando dalla propria mente l’immagine di Abraxas in adorazione dinnanzi ad esso.
Lui non rispose e, alla fine, si trovarono davanti alla stanza di Narcissa.
- Cambiati e fatti bella, o meglio esalta più che puoi la tua bellezza! – si corresse Lucius, sorridendo beffardo, con gli occhi colmi di malizia – Ti aiuterei volentieri io, ma sono già in ritardo. A dopo! -
La ragazza si richiuse la porta alle spalle, sentendosi esausta e deprecando la cattiva influenza che quel Rosier aveva sul Lucius.


- Sono venuto solo perché c’è Narcissa! – chiarì Evan, dopo aver trangugiato l’ennesimo drink – Sia ben chiaro, di certo non sono venuto per la tua bella faccia da schiaffi, Lu – Lu!-
Lucius non si scompose e si limitò a bere un sorso del suo primo bicchiere di whisky incendiario.
- Come sei sobrio!- esclamò con una smorfia il suo amico, riempiendosi ancora il bicchiere.
- Non ti sembra di esagerare?- disse il giovane Malfoy, osservando il bel volto del suo amico alterato dall’alcool – Non hai ancora mangiato nulla.-
- Il cibo fa da barriera e io voglio ubriacarmi prima che posso, e smettila di farmi da balia!-
- Non mi pare proprio che ne valga la pena…- sussurrò Lucius, socchiudendo gli occhi.
- Ecco, allora lasciami in pace!- sbottò Evan, con un tono imbronciato.
-…Ridursi così per una come lei…- terminò Lucius, tranquillamente.
Evan si bloccò con il bicchiere a mezz’aria e rimase immobile per qualche secondo, poi lo posò lentamente, con il volto pieno di sofferenza.
- E tu che ne sai?- chiese, con un tono improvvisamente sobrio – Che ne sai dell’amore che ti brucia dentro e ti consuma, del desiderio che ti infiamma senza poter essere soddisfatto? Cosa Diavolo ne sai, tu? Mio freddo, calcolatore, amico dal cuore di ghiaccio?-
Lucius non si scompose e si limitò a fissarlo.
- E’ solo una sgualdrina, non vale più di una donna di strada qualunque è solo più bella, ma sfiorirà presto, non ti illudere!- disse poi, con voce indifferente.
Evan ruggì e afferrò il bavero della camicia bianca del suo amico, ansimando per la rabbia.
-…Come ti permetti?!-
- Sei patetico, morire d’amore per una donna che usa te, ama un altro uomo e ne ha sposato un terzo! Svegliati Evan! Così farai una brutta fine!-
- Ti auguro vivamente di non provare mai il tormento di amare qualcuno che non contraccambia, Lucius!- disse Evan con forza – Ma tu sei nato con la camicia e non avrai questa sfortuna!La tua amata Narcissa probabilmente non avrà mai occhi che per te, amico mio!Languirà per te, così come tu langui per lei!-
- Da quel che ho potuto capire i suoi occhi sono stati tutti per il ritratto di un mio avo, ultimamente…- gli rispose Lucius, staccandogli con decisione la mano dalla propria immacolata camicia.
- …Non hai negato…- sussurrò Evan, allontanandosi di un passo.
- Che intendi dire?- obiettò Lucius, sinceramente sorpreso.
- Non hai negato di amarla…- Evan sorrise -Forse, dopotutto, sai cosa si prova a bruciare d’amore e non poter soddisfare il proprio desiderio; sai anche tu cosa significhi guardare una donna e volerla come non hai mai voluto nient’altro...- il ragazzo emise un sospiro tremulo - … E come non comprenderti…- aggiunse, fissando qualcosa alle spalle dell’altro ragazzo.
Narcissa aveva appena fatto il suo ingresso, splendida in un delicato abito color panna.
Evan spinse da parte Lucius e si fiondò ad accoglierla, mangiandosela con gli occhi.

 

La serata trascorse piacevolmente e Narcissa considerò che, sfacciataggine a parte, Evan non era poi così male.
Chiacchierava molto, bevendo anche di più e mangiucchiando appena qualcosa; farcendo i discorsi con allusive occhiate alla ragazza e complimenti più o meno smaccati.
Lucius non diede particolari segni di impazienza quella sera e Cissy capì che i due, nonostante tutto, erano molto legati.
Lo si intuiva dai continui cenni ai loro comuni trascorsi da ragazzi.
- Ah!- disse ad un certo punto Evan, scoppiando a ridere di gusto – Oggi mi ha teso una specie di agguato il vecchio Moody!Lo fa una settimana si e una no!Credo mi abbia in simpatia, perché cerca di estorcermi informazioni e di redimermi allo stesso tempo! Credo mi tenga d’occhio…- disse le ultime parole lanciando uno sguardo significativo a Lucius, il quale non disse nulla, ma Narcissa poté avvertire la tensione crescere di colpo.
Improvvisamente le mancò l’appetito.
Alastor Moody era un Auror potente, molto vicino a Silente.
- Scusatemi, vado a prendere un po’ d’aria. – mormorò e uscì in giardino, oppressa da mille angosce.
Si sedette in un gazebo poco distante e rimase lì qualche minuto.
Ogni volta che si rendeva conto di quello che Lucius faceva, nelle lunghe ore di assenza, si sentiva cogliere dal turbamento.
Sapeva che le sue motivazioni erano più che fondate, eppure il breve contatto che aveva avuto con quella realtà l’aveva sconvolta, non poteva negarlo.
Ora più che mai.
Quello che era successo nel pomeriggio, il bacio che si erano scambiati, forse era servito a sgomberare definitivamente il campo tra di loro.
Le pareva che il ragazzo ora le fosse più vicino e che i dubbi che la assillavano fossero più blandi.
‘E’ così, non sbagliavo, io lo amo. Niente e nessuno può cambiare questa realtà! Cosa mai potrebbe farmi vacillare, ormai?’
Improvvisamente si rese conto che Lucius era vicino a lei.
- Evan se n’è andato – le disse, tranquillo – Domani mattina ho un impegno, che ne dici di accompagnarmi?-
Narcissa lo fissò, stupita.
- Dove andiamo?-
- A trovare un amico…- le rispose, enigmatico.

FINE TRENTUNESIMO CAPITOLO

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Capitolo 32
*** La sottile differenza tra una luce fredda e un'ombra fresca ***


Buona lettura a tutte ^_^ finalmente ci avviciniamo alla fine di questa maratona,...a presto!

 

‘Un gelido destino’

 

Trentaduesimo capitolo

 

(Malfoy Manor – terza parte – La sottile differenza tra una luce fredda e un’ombra fresca)

 

Non appena Narcissa riaprì gli occhi, dopo aver superato il trauma della materializzazione, sentì un’aria calda e umida piombarle addosso togliendole il fiato.
Dopo un attimo di smarrimento, riuscì a mettere a fuoco il luogo in cui lei e Lucius avevano appena fatto la loro comparsa.
Si staccò dal braccio del ragazzo e fece un passo in avanti, scrutando la strada sterrata e il fiumiciattolo che la costeggiava, con i cespugli di ribes e alti ciuffi d’erba.
Dava l’idea di una zona abbandonata o, quantomeno, trascurata.
Cissy sospirò di sollievo.
Aveva temuto di ritrovarsi a Weirwater, invece quel luogo somigliava ad una qualsiasi periferia babbana anglosassone.
- Vieni, dobbiamo proseguire per di la. – le disse Lucius, affiancandola e poi superandola.
- Sei certo che non avrai problemi con il Ministero?- gli chiese lei, che non si sentiva tranquilla da quando Lucius le aveva annunciato che si sarebbero smaterializzati.
Lui sbuffò piano, leggermente esasperato.
- Te l’ho detto almeno una decina di volte!- borbottò, gettandole un’occhiata in tralice – Nessuno oserebbe piantar grane ad un Malfoy e, in ogni caso, la legge sulla smaterializzazione dei minorenni offre ancora qualche piccola via di uscita. Almeno finché Silente non avrà fatto passare la sua proposta di legge, per una regolamentazione più severa!-
Il tono con cui Lucius parlava di Albus Silente era identico a quello che usava il ritratto di suo nonno, che ne era parso persino ossessionato.
Narcissa sorrise e lo seguì più serena.
L’invito che Lucius le aveva rivolto la sera precedente l’aveva colta di sorpresa, procurandole un certo piacere all’idea che lui cercasse la sua compagnia ma donandole, contemporaneamente, anche una forte apprensione all’idea che l’amico in questione fosse Lord Voldemort.
Qualcosa, tuttavia, le aveva suggerito che nemmeno Lucius aveva fretta che lei e l’Oscuro Signore si rincontrassero.
Quindi le era rimasta la curiosità di capire a chi mai Lucius potesse recar visita la mattina così presto.
Il ragazzo camminava a passo spedito e lei doveva quasi correre per stargli dietro.
Nonostante non fossero ancora le nove, l’aria era irrespirabile e l’umidità di quel luogo era impressionante, tanto che nugoli di zanzare e insetti di ogni tipo ronzavano incessantemente.
- Ahi!- esclamò la ragazza, dopo l’ennesima puntura.
Il leggero abitino di seta azzurra le si era praticamente incollato addosso e lei sentiva un rivoletto di sudore scendere fastidiosamente lungo la schiena, fortunatamente aveva pensato bene di raccogliere i capelli, così almeno il collo era scoperto.
- Per Morgana!- sbottò ad un certo punto, fermandosi di colpo in mezzo ad una strada costeggiata da due fila di case – Chi mai potrebbe vivere in questo posto infernale?!-
Lucius le gettò uno sguardo e inarcò un sopracciglio, ma non si fermò.
Innervosita, lo seguì e poi lo sguardo le cadde su un vecchio cartello che portava il nome di quella via: Spinner’s end.
" E che luogo sarebbe mai? " si chiese Cissy, pur rendendosi conto che si trovavano proprio in una località babbana.
Lo squallore e l’abbandono regnavano ovunque: chiaramente la zona era disabitata.
Ad un certo punto, Lucius si fermò dinnanzi a una casetta che era identica in tutto e per tutto alle altre, solo che sembrava in qualche modo più curata, meno trasandata.
Pareva abitata.
Il giovane estrasse la propria bacchetta e sembrò sfiorare qualcosa di invisibile, quindi fece un passo avanti.
Narcissa sbattè le palpebre, perplessa.
Non aveva capito ciò che il ragazzo aveva fatto.
Poi accadde tutto in un istante.
Lucius si avvicinò all’uscio e bussò.
La porta della casa si aprì e il suo unico abitante ne uscì.
- Buongiorno. – mormorò una voce conosciuta eppure diversa da come lei la ricordava – Ti stavo aspettando…Narcissa, tu qui?!-
Narcissa sgranò gli occhi, colmi di sorpresa, e sentì una sottile ma prepotente gioia invaderla.
- Severus!- esclamò, con un tono di voce vibrante di emozione.
Fece un passo in avanti, con slancio, pronta a stringere la mano al suo amico, quando una violentissima scossa la colpì e lei sentì solo l’urlo lanciato contemporaneamente dai due ragazzi, prima di perdere i sensi.
Delle braccia le impedirono di cadere rovinosamente a terra e lei fu certa che non si trattasse di quelle del suo fidanzato.


- Vado a preparare una tisana Innervante, visto che l’incantesimo da solo non basta….- mormorò la voce sbrigativa, e leggermente seccata, di Lucius.
- Gli ingredienti sono già pronti, basta fare un infuso…- gli rispose la voce bassa e controllata di Severus.
Narcissa stava rinvenendo lentamente, prendendo coscienza di dove si trovava e di ciò che era accaduto, tuttavia gli occhi faticavano ad aprirsi.
Sentì il rumore soffocato di passi che si allontanavano e poco dopo qualcosa di fresco bagnarle la fronte.
‘Ecco, ora dovrei decisamente palesare che ho ripreso i sensi’ si disse, ma la sensazione della spugna bagnata che le inumidiva il volto era troppo piacevole per essere interrotta e Cissy, vergognandosi un po’, decise di fare la parte della fanciulla svenuta ancora per qualche istante.
Le mani pazienti di Severus non sembravano stancarsi di bagnarle il volto e lei non capiva perché l’idea di interrompere quella specie di piccolo rito le dispiacesse tanto, tuttavia, dopo un po’ si rassegnò e, il desiderio di capire cose le era accaduto e di scambiare qualche parola con il ragazzo, la convinsero a porre fine a quella finzione.
Aprì lentamente gli occhi e voltò il viso verso Severus.
- Bentornata tra di noi. – le disse, calmo, posando la spugna nel catino d’acqua accanto a sé e rivolgendole un piccolo sorriso.
- Ti sembra questo il modo di accogliere una Serpeverde?- mormorò Cissy, senza capire perché stesse nascendo dentro di lei la stessa emozione che l’aveva colta sulla soglia di casa, ma assaporandola intimamente.
Lui si alzò e lasciò che si mettesse a sedere, poi andò a mettersi in piedi accanto al camino, appoggiandosi al marmo grigio della mensola.
Sembrava indefinibilmente a disagio.
- In effetti non ho ancora imparato il modo per far capire alla barriera che può respingere solo Corvi, Grifoni e Tassi, mentre le Serpi sono assai ben tollerate qui a Spinner’s end. – accompagnò la frase con il sorrisetto storto che lei ben conosceva.
- Una barriera!- esclamò Narcissa, capendo finalmente che cosa l’avesse stordita – La casa ne è permeata!Ma com’è possibile che l’abbia creata tu?-
- Io l’ho solo ideata. – mormorò il ragazzo, incrociando le braccia – Lucius l’ha realizzata, come minorenne non posso fare magie al di fuori di Hogwarts – fece una smorfia infastidita.
Narcissa osservò che non era cambiato molto in quei due mesi in cui non si erano visti, ma la sua voce si, era cambiata.
Aveva sempre avuto una bella voce, solo che ora non era più una voce da bambino ma si era trasformata in quella di un ragazzo. Di un adulto.
- Quindi solo determinate persone possono varcare quella barriera?- gli chiese, aggrottando le sopracciglia.
- Esatto. – approvò Severus – Diciamo che l’ho istruita a dovere. –
Lei gli sorrise apertamente colpita, come di consueto, dalla sua abilità di mago, così fuori dal comune.
- Come stai?- gli chiese, sentendo il cuore mancarle un battito per il tono intimo che quella domanda implicava.
Lui non si scompose, ma i suoi occhi così neri e bui ebbero un guizzo.
- Sto bene, grazie. – le rispose, mantenendo un certo distacco.
Narcissa non se ne ebbe a male, conosceva troppo bene il ragazzo per non aspettarsi nulla di diverso.
- Ho saputo di tua madre. – proseguì lui, tranquillo ma molto serio in volto – Le mie condoglianze. -
- Oh…- Narcissa non seppe che dire sul momento.
Come spiegargli che, probabilmente, la sua sofferenza per la perdita di Druella non sfiorava nemmeno quella che lui doveva aver provato per sua madre?
- Sei molto gentile. – sussurrò alla fine – Non è stato piacevole, in effetti. -
Il ragazzo finse di non accorgersi della sua freddezza e prese a picchiettare il ripiano in marmo del camino con le dita.
Lei osservò quelle dita sottili e nervose per qualche istante, poi risalì lungo il profilo del ragazzo, osservando il naso aquilino, le sopracciglia scure e diritte che incombevano sui suoi occhi così scuri e singolari.
Decisamente non era bello, eppure il buio così particolare che sembrava avvolgerlo non poteva non attirare l’attenzione.
Severus le rammentava qualcuno, ma chi?
- Hai una casa accogliente. – disse tanto per dire qualcosa – Non immaginavo che tu vivessi in un…che tu vivessi qui…- si corresse.
- Sono un mezzosangue – mormorò, voltandosi di nuovo a guardarla – Di solito noi viviamo in luoghi simili. Spinner’s end ha il solo pregio di essere disabitata e isolata. – il suo tono non era infastidito, ma molto tranquillo.
In effetti non lo aveva mai udito usare dei toni sgarbati nei suoi riguardi e questo le dava un immenso piacere.
- Vedo che ami davvero molto la lettura! – esclamò, indicando con un gesto la stanza, ricoperta da scaffali colmi di decine e decine di volumi - Ciò giustifica il perché tu sia uno dei migliori studenti di Hogwarts.-
- Ma non il migliore. – disse lui, un pochino meno tranquillo.
- Il migliore Pozionista. – lo corresse lei, con malcelato orgoglio.
Lui si lasciò scappare un sorriso e fece per replicare, ma in quel mentre riapparve Lucius, sorreggendo un vassoio con una teiera che sbuffava allegramente dei vapori arancioni.
- Ah, ti sei ripresa!- disse Lucius, rivolgendosi alla ragazza e posando il vassoio – La prossima volta impara a pensare prima di agire! –
Narcissa aggrottò le sopracciglia, rabbuiandosi: non le garbava affatto il tono di Lucius, specie se usato davanti ad altre persone.
- Vado a prendere le mie cose. – intervenne Severus – Torno subito, così andiamo – e si allontanò discretamente .
- Se tu mi avessi avvertita per tempo!- Cissy si inalberò rivolgendosi a Lucius e alzandosi in piedi.
- Se tu non ti fossi lanciata in avanti come una molla!- replicò lui, sempre più infastidito.
I due si fronteggiarono per qualche istante, poi la ragazza decise di mantenere la calma, non voleva dare spettacolo davanti a Severus.
- Si può sapere come mai siamo qui e dove dovremmo andare?- gli chiese, non riuscendo del tutto a controllare il fastidio nella voce.
- Sono il tutore di Severus e, come tale, devo provvedere ai suoi bisogni. – le disse con noncuranza, lasciandola di stucco.

- Il suo tutore?!- esclamò, incredula.
Non riusciva a capacitarsi che qualcuno ritenesse Severus incapace di badare a se stesso.
- Esatto! – le rispose il giovane, osservando le sue reazioni con attenzione – Ti ricordo, se mai ce ne fosse bisogno, che Severus è orfano e, come tale, egli viene considerato dal Ministero un minorenne da tutelare.- Lucius fece un sorrisetto ironico, come se l’idea lo divertisse parecchio– Ad ogni modo, di solito è la Scuola stessa che viene designata come tutore legale degli studenti privi di famiglia finché non diventano maggiorenni, a meno che non ci sia qualcuno disposto a provvedere a certi bisogni, usufruendo anche dei fondi che Hogwarts mette a disposizione. – lui si fermò per accertarsi che Narcissa lo avesse seguito nel discorso – Queste persone vengono nominate Tutori e si sostituiscono alla Scuola per i periodi in cui il ragazzo in questione è al di fuori delle sue mura. In pratica sono il sostituto di Silente…- concluse, con un tono assai acido.
- Ma ti sei offerto tu?- gli chiese, ancora incredula.
- Ovvio! – le rispose Lucius, stringendosi leggermente nelle spalle - Non farlo avrebbe voluto dire avere Silente, o meglio la Mc Granitt, che poi è la stessa cosa, perennemente alla soglia di casa e io non posso permettere che Severus venga tenuto costantemente d’occhio. –
Narcissa cominciò a tormentarsi inconsciamente l’orlo del vestito.
- Che significa? Perché mai?- gli chiese, temendo la risposta.
- Significa che ho dei progetti su di lui e non solo io, Narcissa. – il tono impaziente le fece capire che non desiderava approfondire l’argomento,
- Se permetti vorrei esserne messa a parte. – gli rispose decisa, stringendo i pugni.
- Se permetti non vedo perché mai, non sono affari che ti riguardano!- la stroncò, decisamente seccato adesso.
Narcissa fece per replicare ma Severus riapparve in salotto, fingendo di non notare la tensione che aleggiava tra gli altri due.
- Ottimo! – approvò Lucius - Possiamo andare, tra poco la carrozza arriverà e ci trasporterà a Londra, credo che entrambi dobbiate fare degli acquisti a Diagon Alley, non è così? -
- Ah, la scuola!- si sorprese Cissy, che aveva del tutto dimenticato che tra qualche giorno avrebbero ripreso le lezioni ad Hogwarts.
- Esatto, quindi è meglio che ci muoviamo, anche perché io ho degli affari urgenti da sbrigare. – Lucius non la guardò nemmeno e si avviò verso l’uscita, seguito dai due ragazzi.
Una volta fuori, ebbe cura di togliere la protezione per permettere a Narcissa di passare senza ulteriori incidenti.
Lei superò la barriera e si voltò, trovandosi così a fissare i due ragazzi, uno accanto all’altro.
Lucius: alto, con i lunghi capelli biondi raccolti, come di consueto, in una coda; i vestiti eleganti e raffinati, la fronte alta, gli occhi chiarissimi che brillavano sul volto pallido e fine, la bocca sottile dal labbro inferiore più pronunciato che gli conferiva un’aria perennemente insolente e volubile.
Severus: vestito con i suoi semplici abiti neri, ordinari ma puliti, i capelli neri che scendevano in lunghe ciocche disordinate attorno al volto magro, dai lineamenti così duri che sembravano scolpiti nel granito e dal naso pronunciato che lo dominava;  la bocca sottile dalla piega ironica, gli occhi come due buie grotte che sembravano invitare chiunque le fissasse a non inoltrarsi troppo in profondità.
Qualcosa nell’immagine dei due ragazzi, così diversi e così vicini, a pochi passi da lei, le tolse il fiato, procurandole una fitta allo stomaco e il desiderio di mettersi a correre e andare il più lontano possibile da tutti e due.
E forse sarebbe scappata davvero se, alle sue spalle, non fosse comparsa la grande, nera e regale carrozza dei Malfoy.
Lucius e Severus superarono Narcissa e raggiunsero il cocchio, fermandosi poi ad aspettarla per permetterle di salire per prima.
Lucius le teneva aperto lo sportello.
Severus stava immobile, pronto ad aiutarla.
Con la sensazione di entrare in una prigione, Cissy si issò da sola sulla vettura, badando a non sfiorare nessuno dei due e, una volta seduta, appoggiò il capo sull’imbottitura color argento, chiudendo gli occhi e cercando di scacciare quel senso di pesante oppressione e la strisciante inquietudine che si erano impossessate di lei.

FINE TRENTADUESIMO CAPITOLO


ps: Io sono di parte, Severus è Severus  e non ci piove ma, diciamolo, quant'è carino Lu-Lu che fa da balia a due minorenni e li porta a comperare il materiale per la scuola? Quant'è caruccia l'immagine di lui con in mano una teiera che emette vapori arancioni...magari con un guantone da cucina :D ...

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Capitolo 33
*** Un barlume di comprensione (prima parte) ***


‘Un gelido destino’

 

Trentatreesimo capitolo

 

(Malfoy Manor – Un barlume di comprensione – prima parte)

 

La carrozza dei Malfoy procedeva alla velocità della luce, lasciandosi alle spalle Spinner’s end e tutta la zona paludosa che la circondava.
Narcissa stava immobile nella penombra del comodo abitacolo, persistendo nel suo proponimento di non posare il proprio sguardo su nessuno dei due ragazzi.
La sensazione di inquietudine, quasi di terrore, che aveva provato vedendoli l’uno accanto all’altro, l’aveva scossa profondamente.
Lucius sembrava non essersi accorto del turbamento della ragazza e stava seduto in una posa comoda, giocherellando con la fibbia dei suoi stivali; Severus sedeva in un angolo, una posa composta ma lievemente rigida, controllata come sempre.
Dopo alcuni istanti la carrozza si fermò bruscamente e Lucius si alzò, invitando gli altri due a seguirlo.
Si trovavano quasi all’imbocco di Diagon Alley, nella zona di ingresso ad uso e consumo dei maghi che non amavano accedervi dal Paiolo magico, diaframma tra il mondo babbano e quello magico.
I tre ragazzi si inoltrarono nella via affollatissima, cercando di non essere urtati dalla folla vociante.
L’inizio dell’anno scolastico era alle porte e quindi mezza Inghilterra magica si era riversata a Diagon Alley per gli acquisti.
Narcissa non prestò molta attenzione a chi incrociava e si limitò a rispondere a qualche saluto con un’aria distratta che, vista dall’esterno, le conferiva un atteggiamento alquanto snob e annoiato.
Si chiese se avrebbe incontrato anche Beb, ma sapeva che la sua amica si trovava in Namibia e avrebbe raggiunto l’Inghilterra solo il primo di settembre.
- Bene!-
La voce di Lucius la riscosse dai propri pensieri, si voltò a fissare il suo fidanzato che si era fermato a pochi passi da loro.
Severus era accanto a lei e si era voltato ad osservarlo con il sopracciglio alzato, in una sua espressione tipica.
- Miei cari ragazzi.- proseguì Lucius, osservandoli con attenzione – Come ho già detto, ho degli affari urgenti da sbrigare, quindi il vostro tutore vi lascia con la raccomandazione di ritrovarci qui tra un paio d’ore!-
- Ma come, te ne vai?- si accigliò Cissy, frenando a stento l’impulso di aggredirlo a male parole.
- Si! – le rispose tranquillo e, senza aggiungere altro, si voltò e si inoltrò verso quella che Narcissa riconobbe essere Notturn Alley.
Lievemente rossa in volto, la ragazza si voltò verso Severus, il quale conservava un’aria imperscrutabile.
- Bene... – mormorò lei, schiarendosi la voce – ...io dovrei fare un salto al Ghirigoro…-
- Per me è indifferente. – le rispose il ragazzo, con la sua voce calma – Devo solo procurarmi un paio di ingredienti per pozioni.–
Si incamminarono lungo la via, mantenendosi ad una certa distanza l’uno dall’altra, entrambi piuttosto rigidi.
Non si erano mai trovati, insieme, al di fuori delle mura di Hogwarts.
Un conto era frequentarsi nei corridoi della scuola o nella Sala comune, tutt’altra cosa era camminare fianco a fianco nel mondo esterno.
Narcissa avvertiva prepotentemente quella differenza.
‘Se qualcuno ci vede assieme?’ si chiese, imbarazzata.
Gli gettò un’occhiata di sfuggita.
Lui era ancora leggermente più basso di lei, estremamente magro come sempre; i vestiti neri, che scendevano attorno alla sua figura ossuta, evidenziavano quella magrezza e il colorito poco sano, tipico di una persona poco abituata a stare all’aria aperta; i lunghi capelli neri che, più che incorniciarlo, celavano il viso, sottolineando maggiormente il naso arcuato.
- Ebbene?- le chiese ad un certo punto, pacato eppure anche lievemente irritato.
- Come?- gli rispose lei, sbattendo le palpebre e rendendosi conto solo in quel momento di averlo sottoposto ad un esame approfondito.
- Pensavo volessi darmi un voto! – le spiegò il ragazzo, con un tono ironico .- Ma ti ricordo che io non sono mai sceso sotto una O* –
- No, non è…- interloquì Cissy piuttosto confusa – Ppensavo solo…- non riuscì a terminare la frase.
Di solito c’era solo un’altra persona al mondo che riuscisse a mandarla così in confusione: Lucius.
Poi comprese qualcosa, una cosa che, inspiegabilmente, la riempì di un senso di euforia.
Lui ci teneva, teneva al suo giudizio!Era riuscita a turbarlo!
Ciò le causò una marea di sensazioni, di sentimenti confusi ma potenti.
Gioia, trionfo e una vaga percezione di conquista.
Tutte le volte in cui era riuscita a scalfire la corazza di Severus aveva provato una sorta di appagamento, un compiacimento del proprio ego.
Ma questa volta andava al di là: lei non lo turbava come persona, bensì come ragazza.
Si morse le labbra per impedire ad un sorriso di esultanza di fare la sua comparsa.
Improvvisamente il ragazzo si fermò, stringendo i pugni con aria infastidita.
- Che succede Severus? – gli chiese guardandosi attorno, in allerta.
- Evans…- mormorò lui tra i denti, tenendo lo sguardo fisso su un punto poco distante.
-…Cosa?- si stupì Narcissa, senza comprendere.
Poi seguì il suo sguardo e vide che esso era puntato su una ragazza, che stava ammirando qualcosa in una vetrina.
Una ragazza dai capelli rossi che si infiammavano ad ogni raggio di sole.
- Lily Evans?- domandò Narcissa, non riuscendo a comprendere la reazione del suo amico.
- …Si…ed è proprio davanti all’erboristeria…- le rispose, senza staccare gli occhi dall’altra ragazza, con un’espressione turbata e furiosa insieme.
Se la consapevolezza di riuscire a scalfire Severus l’aveva esaltata, scoprire che esisteva al mondo qualcuno capace di disintegrare la maschera del ragazzo con la sua sola presenza procurò a Narcissa un vero terremoto interiore.
Cosa significava quella mocciosa?!Sapeva che i due ragazzi erano in forte competizione per la palma di miglior pozionista della scuola, ma non vi era altro, no?
- Cissy!-
Un gioioso richiamo riscosse entrambi i ragazzi, che si voltarono nella direzione da dove proveniva quella voce.
Un ragazzino stava fendendo la folla, con un’espressione felice sul volto e lo sguardo puntato su Narcissa.
- Reg!- chiamò lei, dimenticando per un istante i sentimenti confusi che la tormentavano e colmandosi di pura felicità.
La ragazza avanzò di qualche passo e si trovò stritolata in un abbraccio mozzafiato.
- Cissy!- esclamò di nuovo il ragazzino, lasciandola poi andare e indietreggiando di un passo per osservare la cugina.
- Anche tu qui?!Fai compere per il tuo ingresso ad Hogwarts, vero?- gli chiese, con entusiasmo.
- Si!- le confermò suo cugino, con orgoglio.
Regulus aveva quasi dodici anni ed era già alto quanto Narcissa, lasciando intendere che sarebbe divenuto alto quando suo fratello Sirius.
Come suo fratello, inoltre, e come tutti i Black, il ragazzo possedeva un’avvenenza notevole, con i capelli scuri che esaltavano gli occhi grigi e luminosi, il naso diritto e il volto dai bei lineamenti, più dolci rispetto a quelli di Sirius.
Era cambiato Regulus, ma lo sguardo che riservava alla sua bionda cugina era rimasto lo stesso di sempre.
Colmo di un amore incondizionato.
Ad un certo punto quello sguardo si posò su Severus.
I due si osservarono qualche istante.
- E lui chi sarebbe?- sbottò il giovane Black, stringendo gli occhi – Aspetta, non dirmelo…- un sorrisetto di scherno gli si aprì sul volto – Io so bene chi sei…Mocciosus…-
Severus si incupì, apparendo all’improvviso molto pericoloso.
- Regulus!- Narcissa sgranò gli occhi, fissandolo scandalizzata – Non darai mica retta a quel buono a nulla di tuo fratello?-
- Avrebbe solo che da guadagnarci!- esclamò la voce di Sirius alle loro spalle.
Narcissa e Severus si voltarono nuovamente, trovandosi tra i due fratelli Black.
La ragazza era furiosa, il ragazzo guardingo.
- Bene, bene…- mormorò Sirius, quasi annusando l’aria – Ma che bel terzetto! Il mio fratellino marmocchio, la mia cugina di ghiaccio e, dulcis in fundo, Mocciosus…pronto per tornare ad Hogwarts, Sevvy?Paura di essere tutto solo?-
Sirius era alto almeno una testa più di Severus e si avvicinò di un passo per incombere su di lui, con la mani in tasca e l’aria ironica.
Era estremamente attraente e, nei pochi istanti in cui si era fermato, nella via erano andati formandosi dei gruppetti di ragazze ridacchianti dagli sguardi adoranti.
Ma lui non sembrava nemmeno rendersene conto e tutta la sua attenzione era concentrata su Severus, il suo nemico.
- Narcissa io vado, ci vediamo come d’accordo…- mormorò con la voce gelida Severus, senza però staccare gli occhi da quelli di Sirius – quanto a te, Black, io non ho problemi a ritornare a scuola, anche da solo…non ho certo bisogno di qualcuno che mi guardi le spalle; puoi dire lo stesso tu, che non muovi un passo senza Potter e quegli altri due?-
Sirius si irrigidì, stringendo gli occhi.
- Stai insinuando che io ho paura di te, Mocciosus?-
Severus fece un sorrisetto storto.
- No, io non insinuo Black, io lo dico chiaro e tondo!-
I due continuarono a fissarsi, mentre Severus si allontanava lentamente verso il centro della via.
- Ecco, bravo, vattene Mocciosus, ma tanto ti ritrovo, dove scappi, ti lasci la scia dietro…- lo schernì Sirius.
- Ottimo Black, è appunto nella mia scia che devi stare: un passo dietro!- controbatté Severus, con grande disprezzo.
Sirius sembrò quasi emettere un ringhio e fece per avventarsi contro il suo rivale, quando una mano lo trattenne.
- Non fare sciocchezze, sai bene che non è il luogo giusto…-
Sirius si voltò, trovandosi così a fissare due occhi ambrati e profondi, in un volto pallido e smunto ma interessante.
- Remus!- esclamarono all’unisono Sirius e Regulus, il primo con aria seccata, il secondo con entusiasmo.
- Ciao Regulus, non ci vediamo da un anno! – salutò il ragazzo, con un sorriso – Ciao Black, buongiorno.- si rivolse a Narcissa con un tono molto educato e un cenno del capo, a cui lei rispose con altrettanta educazione.
Del piccolo clan di amici di suo cugino, Remus Lupin era l’unico che non irritasse o disgustasse Cissy.
Era un ragazzo tranquillo e per bene e la sua pacata gentilezza non riuscivano ad indisporre mai la ragazza, nonostante fosse un Grifondoro e, cosa ben più grave, nonostante fosse un amico intimo del suo ben poco amato cugino maggiore.
- Rem sei un vero rompiscatole, se continui così ti faranno Prefetto…brr…- esclamò Sirius seccato, liberandosi dalla stretta gentile del suo amico.
- E tu sei una testa calda. – gli rispose l’altro, con un sorriso rassegnato – Se continui così non diverrai mai Prefetto, ahimè!-
Durante quel breve scambio di battute, Narcissa seguì con lo sguardo Severus e lo vide fendere rapidamente la folla e dileguarsi, badando di passare lontano da Lily Evans che stava subendo, con aria assai scontenta, le attenzioni di James Potter.
Lei sospirò impercettibilmente: la stizziva l’idea di aver perso l’occasione di passeggiare e chiacchierare tranquillamente con il suo amico.
Ed era tutta colpa di Sirius, ovviamente.
- Ma ne vado…- mormorò freddamente – Ho delle compere da fare e poco tempo da perdere -
- Che fai corri dietro a Mocciosus?- la motteggiò Sirius – Hai un debole per i casi irrecuperabili? Malfoy, Snape…mah!-
- Cissy non ha certo un debole per quel tizio!- sbottò Regulus, inorridito alla sola idea – E’ brutto e non è alla sua altezza!-
- Ah, si?- gli rispose il fratello chinandosi verso di lui, con aria arrogante e facendolo indietreggiare impercettibilmente – E chi è che sarebbe all’altezza della nostra biondina, tu forse?-
- Smettila Sirius!- lo zittì Narcissa con voce gelida – Sei sempre il solito borioso!Tutti hanno le loro debolezze, no? Non è forse così, cerbiattino?-
La reazione di Sirius fu immediata e sorprendente. Divenne paonazzo.
Remus e Regulus rimasero di stucco e Narcissa ghignò soddisfatta.
- Bene, io me ne vado sul serio adesso, Reg – il tono le si addolcì – Ci vediamo sull’Espresso per Hogwarts. Lupin, cugino…-
Salutò i ragazzi con aria regale e si allontanò, intimamente soddisfatta di aver avuto l’ultima parola contro il suo cugino ribelle e ignara, così come lo era lui, degli sguardi ammirati che attirava su di sé al proprio passaggio.
- Che significa “cerbiattino”, cerbiattino?- chiese ad un certo punto Remus, rivolto a Sirius e ridendo sotto i baffi.
- Cosa c’entrano i cervi?- esclamò un’altra voce e James Potter si unì ai tre ragazzi, sotto lo sguardo scrutatore di Regulus e quello amichevole degli altri due.


Mancava ancora mezz’ora all’appuntamento con Lucius e Narcissa, dopo aver fatto i suoi acquisti, girellava senza meta, nella speranza di incontrare nuovamente Severus.
Il ragazzo, però, sembrava scomparso nel nulla.
‘Accidenti a Sirius!’ pensò per la centesima volta.
Ad un certo punto, sempre più furiosa, decise di inoltrasi a Notturn Alley, per andare in cerca di almeno uno dei suoi accompagnatori.
Non  era mai stata molto a lungo in quei luoghi, rammentava i brevi minuti in cui aveva avuto conferma della tresca di Bella con il Signor Alderman e poche altre occasioni in cui aveva seguito suo padre o, ancora più raramente, sua madre.
Ripensò a Druella e si bloccò di colpo in mezzo alla via.
Aveva perduto Andromeda per prima, eppure di lei conservava ancora dei ricordi indissolubili e persino dolci, struggenti. Non poteva fare a meno di rimpiangerla.
Aveva perduto Bellatrix, in un modo più sottile e inesorabile forse, ma su di lei nutriva ancora la speranza di poter, in qualche modo, ricostruire un rapporto e delle volte, in certi momenti, sentiva che la sorella nutriva ancora dei sentimenti di affetto per lei.
Ma Druella?
Sua madre era morta da meno di un mese e già il suo ricordo era sbiadito, labile come un pugno di sabbia che scivola tra le dita e viene disperso dal vento.
‘Questo perché non mi hai mai amata, mamma, né mi hai mai dato modo di amarti’ pensò con amarezza la ragazza, travolta all’improvviso da quei sentimenti e pensieri.
- Tristi, certi pensieri che riescono a incupire persino un volto di tale bellezza e ad oscurare occhi così limpidi…-
Narcissa sussultò e si rese conti di essersi fermata nel mezzo di una stradina deserta, cupa e stretta.
Poco lontano da lei sedeva, su dei gradini di pietra, una figura avvolta in un mantello di un colore scuro, che ricordava tanto quello del sangue rappreso.
- Quale groviglio di oscure riflessioni…quanto impervio il sentiero per quel cuore…-
Narcissa decise di non dare bada a quella che, probabilmente, era una fattucchiera della peggiore risma e fece per allontanarsi.
- …Perché poi, covare rancori, cullare rimpianti, respirare odio? Una madre è pur sempre il ramo che ci ha generati…-
-...Cosa?...- Narcissa, proprio malgrado, si bloccò sui suoi passi e si voltò lentamente verso la misteriosa figura, studiandola meglio.
Il mantello, con il cappuccio tirato su, le nascondeva il volto, che era comunque celato da un velo nero.
Le mani erano coperte da lunghi guanti neri, non un solo tratto, un solo centimetro di pelle restava scoperto.
Si poteva intuire solo la magrezza di quel corpo, in quanto persino la voce era difficilmente definibile.
- Chi sei?- chiese Narcissa, tornando indietro e piazzandosi davanti alla sconosciuta.
- Che importa?- rispose la misteriosa figura, con voce ilare -Sei certa di voler sapere chi sono io? Non desideri, piuttosto, sapere chi sei tu?-
- Non ho certo bisogno che sia tu a dirmelo!- esclamò Cissy, altezzosa.
Una risata senza gioia sbuffò fuori dal fitto velo nero.
- Allunga la mano, ragazza impudente, in cambio ti chiedo solo uno zellino, io non uso la mia arte per arricchirmi…-
Narcissa gettò uno sguardo intorno.
Non c’era praticamente nessuno e anche i pochi negozi, dalle vetrine oscurate, sembravano deserti.
Allungò la mano e lasciò che la sconosciuta la prendesse con la sua, ricoperta dal morbido guanto nero.
Passarono alcuni istanti, in cui la strega si limitò a scrutare la pelle della ragazza e ad accarezzarle il polso.
Narcissa stava già per stufarsi e andarsene quando quella parlò.
- Che groviglio! Sento sotto le mie dita i nodi….mh….- la voce roca sospirò, un sospiro tremulo di soddisfazione – Guarda le vene che portano il tuo sangue, donando la vita al tuo corpo...avrai un figlio!-
La dichiarazione, così improvvisa, fece sussultare Narcissa.
- Un figlio…?-

- Si, non ora, ovvio…sei ancora pura…- la voce assunse un tono strano a quella dichiarazione e Narcissa cominciò a pentirsi di essersi lasciata tentare – Un maschio, una ragione di vita….-
- S-sarò una buona madre?- la ragazza di morse le labbra nel porre quella domanda, con il volto inconsciamente contratto in un’espressione angosciata.
Un sospirò fuoriuscì dalla fitta rete che celava il volto dell’altra donna e il cuore di Narcissa precipitò in fondo alle scarpe.
- Si.- fu l’asciutta risposta – Perché il desiderio diventa forma e la forma genera energia. Hai una volontà di ferro. Sappi che poco importa se sarai una buona madre o meno, l’importante è che tu ci sia…che tu sia presente...- la voce della donna si affievolì e passo qualche istante di silenzio.
- Non hai altro da dirmi?- chiese allora Narcissa.
- Guardati da un uomo bruno…esso interferirà con la tua serenità, potrebbe toglierti tuo figlio…- il pensiero di Narcissa volò a Lord Voldemort, ma la donna finì la frase – Un pensiero che diventa ogni giorno più forte, quest’uomo potrebbe anche impedire che il figlio che ti è stato designato venga alla luce ma, ricorda, la tua via è quella che tu ben sai…-
- Impedire che venga alla luce?- chiese la ragazza, rabbrividendo.
- I destini sono molteplici, se vuoi un figlio, quel figlio, sappi che la strada da seguire sarà una e solo una, altrimenti cambierai inesorabilmente la tua vita. Vedo un’ombra su di te…-
- Un’ombra?- Cissy deglutì – Un pericolo?-
- No. Qualcosa che ti segue strisciando…-
Il cuore di Narcissa mancò un battito.
- …Qualcosa come una maledizione?-
Ancora un lungo silenzio.
-  Guardati da un uomo bruno, solo questo posso dirti, esso interferisce con la tua tranquillità…-
- Interferisce? Quindi lo conosco già? Egli già esiste nella mia vita?-
- Puoi capirlo da sola, io mi limito a leggere i segni…ombre che strisciano intorno a te, solo tu, con le tue decisioni puoi scacciarle!-
- Parlami ancora di quello che incombe su di me!- esclamò allora Narcissa, afferrando il velo che copriva il volto della fattucchiera con la mano libera, in un gesto che voleva essere quasi di supplica.
La donna emise una specie di ringhio e torse la mano della ragazza, che ancora tratteneva tra le sue, e scattò in piedi, portandosi alle sue spalle.
Narcissa si trovò così contro il corpo ossuto della misteriosa sconosciuta, con il braccio dietro la schiena, stretto in una presa d’acciaio.
Con l’altro braccio la donna le afferrò i capelli e glieli tirò, facendole reclinare il volto all’indietro.
Le loro figure così avvinte, vennero riflesse da il vecchio specchio, opaco e rovinato, di una vetrina.
- Vuoi vedere? Vuoi vederti?!- esclamò la veggente con una voce folle – Guardati allora!-
Lo specchio restituì un’immagine che fece urlare Narcissa di terrore.
Il suo volto e il suo corpo erano coperti da nere spirali striscianti che l’avvolgevano in una presa oscena e, al posto della fattucchiera, vi era uno scheletro dal ghigno malefico.
- Eccoti! Immonda creatura! Che ti nutri del sangue di colei che è morta! Sappi che ogni cosa che toccherai marcirà!-
Narcissa si divincolò, riuscì a catturare la propria bacchetta, nascosta nella tasca del proprio abito e si voltò, pronta a colpire.
- Expelliarmus!-
Una voce maschile tuonò nel vicolo e la bacchetta di Cissy volò in aria, compiendo un arco e andando a depositarsi in terra, poco più in la.
Massaggiandosi la mano colpita, la ragazza si voltò subito verso l’oscura veggente, ma la donna era scomparsa nel nulla.
- Ho dovuto farlo, splendore! Sei minorenne, ti saresti cacciata nei guai…-
Dolorante e ansimante, per l’adrenalina che ancora le scorreva nelle vene, Narcissa si voltò verso il suo soccorritore.

 

FINE TRENTATREESIMO CAPITOLO


* Oltre ogni previsione, n.d.t

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Capitolo 34
*** Un barlume di comprensione (ultima parte) ***


Con questo capitolo si conclude la seconda parte di questa fan fiction, nonché tutti i capitoli già scritti anni fa. Tra qualche giorno posterò il primo capitolo, inedito, della terza ed ultima parte, quella che vedrà i destini compiersi. I nuovi capitoli sono già in lavoro e seguiranno la storia così come l'avevo pensata dieci anni fa, compresi i salti temporali e senza tenere conto di ciò che è accaduto nel settimo libro. Grazie a chi ha letto quello che ho scritto fino ad ora, questa volta porterò a conclusione "Un gelido destino". A presto.


 

‘Un gelido destino’

 

Trentaquattresimo capitolo

 

(Malfoy Manor – ultima parte – Un barlume di comprensione – ultima parte)

 

- Allora, proprio non ci vuoi illuminare su questa storia…cerbiattino?-
Sirius lanciò un’occhiataccia a James e continuò a camminare, con le mani in tasca e l’aria imbronciata.
Il suo amico cercò di insistere ma Remus gli fece un breve cenno con il capo, invitandolo a desistere.
- Mh…certo che tua cugina è uno schianto, peccato che sia così spocchiosa! Classica Serpeverde! Poi le bionde non mi entusiasmano…- cambiò argomento il giovane Potter.
- Eh, certo!- esclamò allora Sirius, rianimandosi di colpo – A te piacciono le rosse, no?-
Stavolta fu il turno dell’altro ragazzo di rabbuiarsi.
- Non è vero…le rosse hanno un caratteraccio!Meglio le brune!-
- Nah!- Sirius schioccò la lingua con aria disgustata – Si vede che non conosci mia cugina Bellatrix, allora!-
- Insomma – mormorò Remus, nel suo tono pacato, con un sorrisetto divertito – Niente bionde, né rosse, né brune…che tipo di ragazza si salva, allora? Una con i capelli rosa?-
I tre ragazzi proseguirono lungo la via chiacchierando allegramente e considerando il fatto che difficilmente avrebbero mai incontrato una ragazza con i capelli di un colore così assurdo.

 

- Allora, potrai mai perdonarmi di aver aperto una piccola ferita su quella tua candida manina?-
Narcissa non rispose e si limitò a raccogliere la propria bacchetta da terra, poi riprese a camminare, decisa a trovarsi nel luogo dell’appuntamento con Lucius e Severus in orario.
- Andiamo, mi tieni il broncio?- Evan Rosier si affiancò alla ragazza e, vedendo che lei lo ignorava, la afferrò per il braccio costringendola a fermarsi.
- Nessuno ti ha autorizzato a toccarmi…- sibilò Cissy, stringendo gli occhi – Si da il caso che io sia in ritardo e quindi non ho tempo da perdere! –
- Almeno un grazie , da quella boccuccia di rose, potrebbe anche fare lo sforzo di uscire!- esclamò lui, vagamente deluso.
- Grazie ma, credimi, il tuo intervento non era affatto necessario!-
Il ragazzo osservò il volto pallido della giovane e aggrottò le sopracciglia.
- Si può sapere cosa ti ha detto quella tizia? Sembri sconvolta!-
- Non ha importanza…- Cissy sospirò piano, cercando di scacciare la forte impressione che la veggente le aveva lasciato – Piuttosto, cosa ci fai da queste parti?-
- Uh!Passeggio. – si strinse nelle spalle - Sai, mi annoio parecchio quando Lucius è in giro per curare gli affari che lo faranno diventare ancora più ricco e potente! Meno male che ho incontrato te, mia dolcezza! Mi sei mancata, sai?-
Lei gli lanciò un’occhiata in tralice, trattenendo a stento un sorriso.
- Ci siamo visti ieri sera…- gli ricordò, leggermente esasperata.
Il ragazzo si aprì in un sorrisetto furbo, compiaciuto di vedere che lei si era sciolta un pochetto.
- Ogni ora lontano da te mi sembra eterna, mia elfa dei ghiacci!- declamò, portandosi una mano sul cuore e chiudendo gli occhi.
-…Quanto sei esagerato, o elfo dagli occhi di..mh..quercia…- mormorò lei, scuotendo la testa.
Evan scoppiò a ridere di gusto.
- Non sei capace!Dico sul serio!Quercia?!Che brutto paragone, ti ho trovato un difetto: non sai fare i complimenti!-
Narcissa finse di essere offesa ma non riuscì a trattenere una risatina: il suo tentativo, in effetti, era stato parecchio goffo.
Osservò il volto ridente del giovane e constatò, una volta di più, che era proprio un bel ragazzo, dal viso aperto, ma dagli occhi profondi.
Gli occhi scuri e vellutati tipici dei Rosier.
- Dovrò esercitarmi, allora, io amo eccellere in qualsiasi cosa…- sussurrò poi, molto seria.
Lui le sorrise e ripresero a passeggiare.
Camminarono per un po’ in tranquillità, finché la ragazza non vide il volto di Evan farsi man mano più serio e diventare, infine, estremamente cupo.
- Bene, bene!Una strana coppia davvero!Cosa mai potrebbe pensare il mio futuro cognatino se vi vedesse?-
- Niente di quello che potrebbe pensare la tua bella testa maligna, cara Signora Lestrange!- rispose Evan, osservando il bel volto pesantemente truccato di Bellatrix, apparsa davanti a loro nel vicolo.
A Narcissa non sfuggì affatto l’irrigidirsi del ragazzo, il contrarsi della sua mascella e l’aria falsamente innocente di sua sorella e, improvvisamente, capì.
- Ti preoccupi che possa compromettere il mio fidanzamento, sorella?- chiese allora sentendo, chissà perché, una specie di istinto protettivo nei confronti del giovane che aveva accanto.
- E tu non te ne preoccupi affatto, a quanto pare, sorella!- rimbeccò Bella, spostando lo sguardo su Narcissa.
Non si vedevano dal giorno del funerale di Druella e, pur irritata com’era nei suoi riguardi, Cissy non poté non notare quanto Bellatrix fosse dimagrita in quelle poche settimane.
Il nero e aderente vestito, che si apriva sotto le ginocchia lasciando intravedere del tulle verde scuro, metteva in evidenza le costole, le scapole, e i fianchi ossuti della ragazza, che aveva sempre avuto una bellezza giunonica e prosperosa.
Sembrava molto più vecchia dei suoi vent’anni.
Per contrasto, Narcissa pareva ancora più fresca e la sua bellezza più fine e delicata.
Bellatrix avanzò verso di loro muovendosi sinuosamente, nonostante tutto conservava un fascino particolare, scuro e sensuale.
Si fermò dinnanzi al ragazzo e allungò una mano per togliergli di dosso un invisibile granello di polvere.
-…Allora…non mi dirai che hai aspettato per quasi tre ore che io arrivassi?- mormorò, fingendo di parlare solo a lui ma ben consapevole che sua sorella non poteva che udire ogni parola – Non ti è arrivato il mio gufo? Quello con cui ti avvisavo che non sarei arrivata in tempo?-
- No…- sussurrò lui con la voce arrochita, sembrava furioso e, allo stesso tempo, del tutto incapace di reagire.
- Non sarai mica arrabbiato con me, vero? Sai che sono molto impegnata…potremo sempre recuperare…-
-…Non credo di volerlo…- sussurrò, cercando disperatamente di rimanere fermo e deciso.
Lei gettò indietro la testa e scoppiò a ridere.
- Fai il prezioso?Tu?!- gli chiese incredula, quando l’ondata di ilarità si fu placata – D’accordo, allora non importa...nel caso sai dove trovarmi ma, tra mio marito e l’Oscuro Signore, io non credo di avere molto tempo per un ragazzino imbronciato!Addio!- gli dette uno schiaffetto sulla guancia, come se fosse effettivamente un ragazzino, e si voltò per andarsene.
- Ah!Dimenticavo! Lucius tarderà un po’, mi ha detto di avvisarti se ti avessi incontrata, sorellina mia!Credo sia colpa mia, l’ho trattenuto un po’ e così ha perso tempo!- sorrise maligna e si allontanò, lasciando un pesante silenzio tra i due ragazzi.
Narcissa la seguì con lo sguardo, immersa nei propri pensieri.
- Non badarle…- le disse piano Evan, con la voce addolcita e l’espressione sofferente ancora sul volto – Se può, sputa tutto il veleno che ha dentro…-
Cissy si voltò verso di lui, osservandolo molto seria in volto.
- Davvero non preoccuparti! – insistette il ragazzo, estraendo una bottiglietta dalla sua veste e bevendo un lungo sorso di qualcosa – Lu- Lu mi ammazzerebbe se mi sentisse dirtelo ma, credimi, non c’è alcuna donna che possa competere con te ai suoi occhi…-
- Infatti non sono preoccupata né per me né per lui.- sussurrò lei – Per quello che mi riguarda non è mia sorella il problema. Sono preoccupata per te.-
Lui sgranò gli occhi, esterrefatto.
- E perché mai, mio fresco fiocco di neve perso in questo arido deserto?-
La ragazza sospirò, leggermente esasperata dalla sua prosa esagerata.
- Perché il veleno di mia sorella è letale, Evan! Mi dispiace per te, ma forse sei ancora in tempo-
- La mia dolce bambina, qui, è preoccupata per me?- la motteggiò lui con garbo -Per il mio cuore o per la mia anima?-
- Per entrambi…- mormorò lei, riprendendo a camminare, senza fretta adesso.
- Narcissa!-
La ragazza si fermò e si voltò verso Evan, che pareva improvvisamente assai serio e grave.
- Darei qualsiasi cosa per amare te, anche la mia amicizia con Lucius, credimi. Grazie…-
- Grazie a te!- gli disse, mostrandogli la mano ferita, e poi lo salutò sorridendo.
Il ragazzo rimase fermo per un po’ nel vicolo, poi si allontanò nella direzione opposta, con le spalle curve, come se portasse il peso del mondo su di sé.
Improvvisamente, però, estrasse la bacchetta e si voltò puntandola al petto dello sconosciuto che, imprudentemente, lo aveva sorpreso alle spalle.
-Ah!Male Rosier!Se sei così lento e così distratto un giorno o l’altro troveranno solo qualche tuo pezzo, qua e la!-
Evan abbassò lentamente la bacchetta.
- Si, ma ricordati che non sarai tu a farmi a brandelli, caro Al!Perché prima sarò io a portarti via un pezzetto alla volta!A cominciare da quel tuo bel nasino che stona troppo sul tuo brutto muso!-
Nonostante tutto i toni erano quasi amichevoli e Alastor Moody, famoso Auror in servizio al Ministero, sorrideva.
Era più un ghigno, in realtà.
I due uomini si guardarono per un po’.
- Allora, ragazzo, hai pensato si o no a quello che ti ho detto?-
- Per Merlino, Al! Sei più insistente di un amante respinto!- lo prese in giro Evan, ridendo di gusto – Non so cosa Diavolo ti sei messo in quella testaccia dura, ma io sono solo un povero, ricco squattrinato che si diverte in giro! Non mi importa un fico secco di Signori Oscuri, sparizioni, Ministeri etc!-
- Non sono tempi per divertirsi, questi.- gli rispose Moody, più serio adesso – E lo sai bene…ieri è stata uccisa una famiglia, un bambino di sette anni, che mi dici?-
- Che mi dispiace, ma non posso piangere per ogni disgrazia che c’è al mondo.- replicò asciutto Evan -Cosa ci fai tu a Notturn Alley, piuttosto?-
- Vigilo…- gli rispose l’altro – Io qualcosa, invece, la posso e la voglio fare. Se cambi idea sai dove trovarmi, ragazzo!-
- Si!- gli rispose Evan, sorridendogli con calore – Attaccato alla mia spina dorsale!-
Moody scoppiò in una roca e breve risata.
- Pensaci ragazzo e ricordati, le donne portano solo disgrazie agli uomini che si perdono per loro, specie quelle che hanno l’anima più nera degli abiti che indossano…-
Evan impallidì e Moody si smaterializzò, sparendo dalla sua vista e lasciandolo di nuovo solo con se stesso.


- Mh…-
- Allora?- chiese Severus cercando di non spazientirsi – Può durare ancora qualche anno, no?-
Il Signor Ollivander sollevò lo sguardo dagli impressionanti occhi pallidi, e lo posò sul volto pallido e magro del ragazzo.
- Ovvio…è una mia creazione, solo cause esterne possono impedirle di fare il suo dovere!- esclamò, gonfiando il petto con aria quasi oltraggiata – Davvero una bella bacchetta!Sua madre aveva ben ragione di andarne fiera!Solo che deve essere trattata un pochetto meglio…-
Severus rimase impassibile.
- L’importante è che funzioni io, il grasso di Drago per lucidarla, non ce l’ho, quindi uso un panno morbido-
- Non è sufficiente! E si ricordi- aggiunse l’uomo, scrutando attentamente il ragazzo – Che questa bacchetta nasce per lavori di fino, incantesimi d’intelletto, di perizia, non di forza!-
Severus non si scompose e, dopo aver recuperato l’oggetto, salutò l’uomo e si avviò all’uscita.
Il grasso di Drago costava un’enormità e lui non poteva permetterselo.
Mentre riponeva con delicatezza l’oggetto nella sua custodia ripensò alle parole di sua madre, una delle rare volte in cui lei aveva preso e usato la bacchetta davanti a lui.
'So che ti piace la mia bacchetta, Sev, e anch’io ne sono molto orgogliosa, sai!Il Signor Ollivander, che me l’ha venduta, disse che era una delle più belle che avesse mai fabbricato!*
Strinse le labbra.
Sua madre non aveva quasi mai usato quella bacchetta, né per incantesimi di fino né per quelli di forza.
Nemmeno quando la forza sarebbe servita a preservare lui, Severus.
Strinse i pugni, furioso all’idea che certi pensieri avessero ancora il potere di turbarlo tanto.
Non era stata una buona madre alla fine, Eileen.
Debole e spaventata, troppo spaventata, al punto da non riuscire nemmeno a fare il bene del proprio figlio e al punto di farsi annientare.
Ricordò la reazione gelida che Narcissa aveva avuto quella mattina quando lui le aveva fatto le condoglianze.

Chiaramente nemmeno lei aveva avuto una buona madre.
‘Chissà se questo farà di lei una madre migliore o peggiore’ si chiese ‘ probabilmente, conoscendola, saprà essere forte e decisa come sempre’
E con in più quel pizzico di grande dolcezza, quella capacità di amare, quell’ardore che lei chiaramente possedeva, gli suggerì una voce nella sua testa.
Ancora più irritato, con gli occhi neri che mandavano lampi, si decise ad aprire la porta del negozio per uscire.
Fu così che quasi si scontrò con Regulus, che invece stava entrando.
Severus lo ignorò, Regulus invece, che lontano da suo fratello assumeva una personalità ben diversa, lo bloccò per un braccio.
Nonostante vi fossero tre anni di differenza, il giovane Black era già più alto e molto più robusto.
Severus non si scompose minimamente e si limitò a puntare i propri occhi bui in quelli chiari, così uguali a quelli di Narcissa e di Sirius, dell’altro ragazzo.
Regulus gli lasciò andare il braccio e si mise le mani in tasca, fissandolo con le sopracciglia aggrottate.
- Mi importa poco del fatto che, probabilmente, saremo nella stessa Casa.- esordì, con un tono assai diverso da quello che usava davanti alla sua amata cugina – Tu non mi piaci. Narcissa è troppo buona e, probabilmente, ha pietà di te, ma io non permetterò che tu le ronzi attorno! Vedi di restare al tuo posto, Mezzosangue.-
Severus fece una smorfia che si storse quasi in un sorriso.
- Lo trovi divertente?- si accigliò l’altro.
- Non c’è nulla che mi diverta meno del vedere una persona debole fingere di essere quello che non è e dibattersi per emergere, cercando di diventare la pallida imitazione di qualcun altro.-
- Come ti permetti!- sbottò Regulus che non si era aspettato una simile, flemmatica, reazione dal ragazzo tanto denigrato da suo fratello.
- Non credevo che qualcuno mi avrebbe mai fatto rimpiangere tuo fratello, ma tu sei talmente tanto patetico, come avversario, che nemmeno posso considerarti!- buttò là Severus, con una voce quasi carezzevole.
- Vogliamo vedere chi è più forte?- urlò Regulus, perdendo la calma.
- E come?- lo schernì Severus, che non sapeva se si sentiva più irritato, disgustato o divertito – Non possiedi nemmeno una bacchetta, sei entrato qui per acquistarne una, immagino! –
Regulus arrossì.
- E se anche fosse, io non intendo perdere il mio tempo con un ragazzino che non sa nemmeno far levitare un granello di polvere!Facciamo così, prima vedi di prendere un paio di lezioni ad Hogwarts e poi ne riparliamo, purosangue! -
Regulus fece per avventarglisi contro, ma il mutare dell’espressione di Severus lo bloccò, gelandolo.
L’espressione ironica era scomparsa e il volto era una maschera dura, con gli occhi che invece di brillare d’ira erano, se possibile, ancora più bui.
- Non te lo consiglio.- gli sussurrò con la voce divenuta improvvisamente metallica – Se avessi voluto a quest’ora saresti già al San Mungo…-
Lo sguardo del ragazzino cadde sulla mano di Severus che, da sotto la veste, inequivocabilmente, stringeva la bacchetta e la puntava contro di lui.
Quando fosse riuscito ad estrarla e puntarla, senza che lui se ne accorgesse, non gli era dato capire.
-…E io, purtroppo, sarei, se non ad Azkaban, poco lontano…- concluse Severus.
Detto così si voltò e se ne andò, lasciando Regulus sull’uscio del negozio pieno di un senso di sconfitta e di inferiorità che gli bruciava dentro.
Per l’ennesima volta.

 

- Bene Signor Malfoy…quindi possiamo considerare chiuso l’affare?-
Lucius si rimise i guanti e nascose il profondo disgusto che, come sempre, il Signor Sinister gli provocava.
Era davvero ripugnante quel vecchio mago untuoso, ma era anche estremamente utile.
- Si, possiamo rivederci la prossima settimana.- gli rispose, con la sua voce strascicata e la sua consueta aria superba.
-Ottimo!- esclamò ossequioso Sinister, sfregandosi le mani.
Quell’uomo dall’aspetto viscido e dai modi cerimoniosi era il proprietario di uno dei negozi più conosciuti, ma anche dalla reputazione peggiore, di tutta Notturn Alley.
Lucius si voltò pronto ad uscire e, con una sorpresa che faticò a nascondere, si trovò di fronte una persona che, evidentemente, stava alle sue spalle da almeno qualche secondo.
-..Permesso…- mormorò a denti stretti e girò intorno alla figura che indossava un mantello pesante, rosso scuro.
- Ma guarda, sempre di corsa, o Egregio Signor Malfoy!-
Lucius si bloccò, sentendo quelle parole e quella voce.
- Mi chiedo, quale umile serva di Colui che conosce ogni cosa e al quale guardiamo con fiducia e devozione.- proseguì la voce, mentre Lucius si voltava lentamente - Se tale impegno è per curare i tuoi personalissimi affari o per adempiere ai tuoi doveri più alti…-
- Quello che mi chiedo io…- sussurrò Lucius, con gli occhi stretti a due fessure – E' quando ti deciderai ad andare in giro a volto scoperto, senza celarti dietro simili travestimenti, Brigid…-
- Quando il mio Signore mi ordinerà di farlo, solo in quel momento!- rispose sicura la donna, il volto della quale non era effettivamente visibile – Vai, giovane Malfoy!Non hai da qualche parte qualcuno che ti sta aspettando?-
- Non spetta a te dirmi quello che devo fare. – si risentì il ragazzo – Vado perché devo andare, non certo perché sei tu che mi inviti a farlo!-
Lei ridacchiò, poi si voltò verso Sinister e non lo degnò più di uno sguardo.
Lui si rimangiò le parole che aveva sulla punta delle labbra e lasciò il negozio, furioso.
- Mh...- mormorò Sinister – Quale godimento vedere quel pallone gonfiato perdere tutte le sue arie…-
-Mah!Lascialo perdere! Dammi il Breo- saighead, ho fretta!- gli ordinò e poi, notando la riluttanza del vecchio, la ragazza allungò un braccio e afferrò il polso del vecchio.- Credi di potermi negare qualcosa?!Sai bene da chi prendo gli ordini, io!-
Lui, come se lei gli avesse fatto ingoiare una manciata di Vermicoli, si avviò nel retrobottega e ritornò con un sacco di velluto, che avrebbe potuto contenere un oggetto della grandezza di un portagioie o di un libro.
La ragazza lo prese e poi si avviò verso delle scale che portavano nei vani sopra il negozio.
Una volta giunta davanti alla porta più nascosta, levò la bacchetta e tolse un invisibile sigillo che ne precludeva l’accesso a visitatori non desiderati.
Appena entrata nella stanza, al sicuro da sguardi indiscreti, si tolse il pesante mantello rosso e sospirò di sollievo. Aveva patito davvero il caldo con quel coso addosso.
Sotto portava una leggera veste bianca legata in vita da una sottile catena nella quale erano incastonati, qua e là, dei diamanti e dei rubini.
Allora si pose davanti un piccolo specchio per sistemarsi un poco i corti capelli biondo scuro, leggermente crespi.
Il volto era pallido e magro dai lineamenti abbastanza regolari ma, nel complesso, insignificanti. Anche il corpo era magro e ossuto.
Nel suo insieme la figuretta trasmetteva un senso di fragilità.
Quando alzò le braccia, per sistemarsi velocemente i capelli, le maniche della tunica scivolarono e lasciarono scoperta la pelle bianca che, oltre al marchio nero, era ricoperta da strani ed inquietanti tatuaggi che rammentavano tanto le spire di un enorme serpente.
Finita quella breve toeletta la ragazza prese con sé un mantello leggero e uscì di nuovo.


Evan stava combattendo contro il suo peggiore istinto che gli suggeriva di correre ed andare a cercare Bellatrix, dirle che l’avrebbe aspettata anche una vita, prenderla tra le braccia e poter finalmente saziare quella fame e quella sete che gli toglievano il senno.
Si aggrappò all’immagine di Narcissa che gli sorrideva, mostrandogli la mano che lui stesso le aveva ferito, per trarre un po’ di conforto.
Gli piaceva Cissy.
Era come guardare qualcosa di bello da dietro una teca di vetro, qualcosa che ammiri ma non hai il coraggio di lordare.
Almeno non lui.
‘Meglio qualcosa di torbido per il sottoscritto…’ si disse, con amarezza.
Improvvisamente due braccia lo cinsero da dietro.
- Allora…- gli sussurrò una voce che aveva sempre il potere di avvincerlo, come una pesante catena – La smetti di fare l’eroe buono davanti a mia sorella o vuoi davvero che io me ne vada? Devo ritornare subito da Rodolphus..?-
-…No...- rispose il giovane, odiandosi.
Poi si voltò e rispose all’abbraccio di Bellatrix, tuffò il viso nell’incavo del suo collo ed aspirò il profumo dei suoi capelli lasciandosi travolgere, come sempre, dai sentimenti brucianti e sconvolgenti che ormai gli avvelenavano l’anima, il cuore e la vita.

 

Regulus uscì dalla bottega di Ollivander con il cuore rasserenato dall’acquisto che aveva fatto. La sua prima bacchetta, non vedeva l’ora di usarla!E di mostrarla a Narcissa.
‘Gliela farò vedere io a quel mostriciattolo e a tutti gli altri’ pensò con rabbia ‘e anche a Sirius!Vedremo se quel Potter sarà ancora il migliore mago del mondo ai suoi occhi!’
- Che sguardo arrabbiato!-
Una voce lo riscosse dai suoi pensieri.
- Cosa?-
Regulus si guardò attorno e vide, poco distante da lui, una ragazza seduta per terra che faceva fluttuare tra i palmi delle mani uno strano oggetto di cristallo di forma piramidale.
Incuriosito si avvicinò.
- Che cos’è?- chiese, osservando affascinato l’oggetto che galleggiava pigramente in aria.
- L’oggetto attraverso il quale io posso dirti chi sei stato, cosa sei ora e chi potresti essere…magari svelandoti anche un buon modo per diventarlo…- gli rispose la sconosciuta, con aria affabile e gentile.
- Davvero?!- Regulus staccò gli occhi dalla piramide e li puntò sul viso della ragazza, che pareva appena poco più grande di lui – Come puoi sapere tante cose? Ci scommetto che non hai ancora tredici anni!-
Lei scoppiò a ridere.
- Ti sbagli! Sono molto ma molto più vecchia! E, se non credi nella mia arte, mettimi alla prova!- lo sfidò allegramente – Se non indovinerò nulla, ti regalerò il mio Breo- saighead- gli disse, indicando con un cenno del capo la piccola piramide che fluttuava nell’aria dinnanzi a lei - se invece saprò indovinare mi donerai uno zellino, e tanto basta!-
Regulus osservò il volto pallido della ragazza, gli occhi di un colore chiaro ma indefinibile e i corti capelli biondo scuro.
- Ci sto!- esclamò e si sedette di fianco a lei.
- Bene…osserva i quattro lati del Breo, vedi? Questo lato, che è grigio, rappresenta il passato, dove si affollano ricordi nebulosi e lontani!Il lato dove sembra che il cielo, con le sue nuvole bianche, vi si rifletta, è il presente. Qui le cose sono in continuo mutamento…infine il lato bianco, rappresenta il futuro che ancora deve essere scritto…-
- E quel lato nero e oscuro?- chiese Regulus, osservando affascinato la nebbia nera che sembrava incastonata nel cristallo.
- Quello è il destino…- gli rispose la ragazza, con un sussurro più misterioso – Esso è oscuro perché non è chiaro e non è del tutto leggibile…il Breo non è una palla di cristallo!Diffida da coloro che affermano di poterti dire con esattezza ciò che sarai e quello che farai!Essi mentono!Ogni scelta che facciamo fa si che il nostro destino e il nostro futuro automaticamente cambino!-
- Davvero?- si stupì il ragazzo – Io credevo che ogni gesto ci portasse al destino che è stato scritto per noi…-
- Guarda…- gli disse la ragazza, indicandogli il lato del futuro – Esso è bianco perché non può essere scritto in maniera indelebile…si può intervenire e mutarlo fino alla fine, credimi!-
- E’ interessante!- si entusiasmò Regulus – Quindi non esistono reali certezze!Bene!-
Gli occhi della ragazza brillarono un attimo, ma non disse nulla.
- Allora!Io posso dirti, intanto, che la tua vita è dominata da tre grandi affetti: una persona da compiacere, una da eguagliare e una da conquistare…- lo osservò, mentre il ragazzo sembrava riflettere su quello che lei gli aveva appena detto – Ti dice qualcosa questo?-
- Continua…- mormorò Reg.
- Il primo affetto lo compiaci di già e, continuando così, continuerai a farlo, questa persona è chiaramente un genitore…tua madre, vero? – proseguì allora lei – Il secondo affetto… tu desideri che questa persona ti consideri almeno un suo pari, credo di poter dire che si tratta di un amico o, molto più probabilmente, di un fratello. Difficilmente potrai eguagliarlo, però, perché siete profondamente diversi, ma potresti riuscire a superarlo…-
- Davvero..?- uno struggente desiderio emerse dal profondo dell’animo di Regulus e si rifletté sul suo bel viso.
- Mh, il terzo affetto…- la ragazza si fermò, come incantata – Che potenza, che fulgore, esso ti domina del tutto! La tua mente, il tuo cuore, i tuoi sensi…ne sei del tutto soggiogato. Un affetto che ha le fattezze di un angelo, ma che provoca in te sentimenti da Demone!- concluse, osservando il ragazzo.
Regulus impallidì ma non disse nulla.
- La tua vita, la tua felicità è basata sulla possibilità o meno di realizzare questo tuo desiderio…- riprese a parlare la giovane sconosciuta -Quindi, mio caro amico, se vuoi vivere, se vuoi essere felice, devi fare tua questa persona ad ogni costo!-
- Cosa? Fare mia?- questa volta Regulus aveva l’espressione di qualcuno a cui è stato donato qualcosa di troppo prezioso per essere anche solo contemplato.
La ragazza riuscì a stento a reprimere un sorriso.
- Si. Vedo che la paura di perdere questa persona ti condiziona, hai il forte bisogno di crescere in fretta e temi di non riuscire a farlo in tempo. Sei vittima della tua passione e della paura che questa passione ti scatena. Stai tranquillo, se tu lotterai e perseguirai la via della grandezza quella persona sarà tua, inequivocabilmente-
- Cosa devo fare?- chiese allora Regulus, con una punta di disperazione – Lei è già promessa ad un uomo!Adulto, ricco e potente!Non posso evitare di perderla!-
- Adulto lo diverrai anche tu, la ricchezza non ti manca…diventa potente!- gli sussurrò lei, avvicinando il viso al suo.
-...potente..?-
- Si!Desidera il potere, fatti amici i nemici, sfrutta coloro che rappresentano un ostacolo alla tua propria felicità, imponiti di essere forte…se seguirai questa strada, allora si che nel tuo futuro intravedo te stesso al fianco di quella persona. Ma non esistono altre vie, ricordalo. Cambia le tue scelte, dimentica il tuo obiettivo e il tuo futuro muterà inesorabilmente…-
- Potente, forte…- sussurrò Regulus – Ma quali sono i nemici con i quali mi devo alleare?-
- Sono due…- gli disse lei, scrutando nuovamente la piramide – Uno ha i capelli chiari e ti aprirà la porta del potere donandoti, a sua insaputa, l’eterno affetto di colei che amate entrambi, l’altro ha i capelli scuri…esso è più pericoloso, perché non è facilmente manovrabile ma, stai attento, possiede un’influenza maggiore…di più non posso dirti!Perché tutto è ancora troppo nebuloso e incerto!-
- Come farò a sapere se sono sulla strada giusta allora!- le chiese Regulus, disperato.
Lei fece sparire il Breo in un sacchetto di velluto nero.
- Tranquillo.- gli disse, alzandosi da terra – Io non sparirò, se vorrai potrai trovarmi. Basterà che tu venga a Diagon Alley durante le vacanze e mi troverai qui, in questo luogo…allora controlleremo insieme il procedere del tuo destino, che ne dici?-
Regulus si rialzò a propria volta.
- Va bene...ma posso sapere il tuo nome?-
- Puoi chiamarmi Brigid!E puoi stare tranquillo, io saprò sempre come trovarti!- gli sorrise e fece per andarsene.
- Aspetta!Devo darti uno zellino!- le disse il ragazzo.
- Oh no!Il modo migliore che hai per ripagarmi è realizzare il tuo destino, credimi!Io non uso la mia arte per arricchirmi!-
Le porse la mano e lei la strinse con calore.
- Io mi chiamo Regulus, comunque!-
-…Lo so…- sussurrò la fanciulla e, dopo avergli sorriso ancora una volta, sparì.
Rimasto solo, Regulus ripensò alle parole della giovane veggente.
- Diventare potente…- mormorò, mordendosi il labbro inferiore e, con una nuova luce nello sguardo, si allontanò per andare in cerca di Sirius.

 

Narcissa sbuffò piano, cercando di dominare il nervosismo che minacciava di farle perdere del tutto la pazienza.
Sia Lucius che Severus erano in ritardo e lei stava là, come un’allocca, ad aspettarli.
Ad un certo punto, esasperata dal fatto che nessuno dei due si curava di lasciarla sola, si avviò lunga la strada pronta a ritornare a casa da sola.
Anche se, in realtà, non sapeva bene come avrebbe potuto fare…
Aveva mosso appena qualche passo, quando una mano le si posò sul braccio e le impedì di continuare.
- Era ora!- sbottò, voltandosi, certa di trovarsi di fronte Lucius. Invece era Severus.
-Oh…- mormorò, arrossendo per essere stata così poco signorile e anche per la consapevolezza delle dita di lui sulla sua pelle nuda.
- Scusami, ma non mi sembrava il caso di urlare il tuo nome per fermarti, ti ho chiamato un paio di volte ma non mi hai sentito…-
Severus le lasciò il braccio e lei lottò contro il dispiacere che le dava quel contatto interrotto.
‘Perché? Perchè?! Non dovrei nemmeno pensarle queste cose…’ si disse, rendendosi conto tutto d’un tratto di quanto spesso lui comparisse nei suoi pensieri e del modo prepotente in cui poi vi rimaneva, a lungo.
Di quanto la sua compagnia le procurasse piacere, di come la sua voce le provocasse dei piccoli brividi lungo la schiena e di quanto la sua intelligenza, la sua abilità e la sua determinazione le suscitassero ammirazione e un senso di orgoglio. Come se lui appartenesse a lei.
- Stai bene?Sei pallida..- le chiese, aggrottando le sopracciglia.
‘Guardati da un uomo bruno, esso interferirà con la tua serenità…potrebbe toglierti tuo figlio…un pensiero che diventa ogni giorno più forte, potrebbe anche impedire che il figlio che ti è stato designato venga alla luce…la tua via è quella che tu ben sai…’
Le parole della veggente le tornarono alla mente e Narcissa sentì dentro di sé un grande, enorme rimpianto.
I sentimenti che provava, certi latenti pensieri…
E lui ne era del tutto inconsapevole.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi.
‘Devo davvero smetterla di vivere nell’incoscienza e cominciare a guardare in faccia la realtà…’
- Sto bene, è solo il caldo. – mormorò, rispondendo alla domanda di Severus – Vorrei solo che Lucius arrivasse, così potremmo ritornare a casa…-
- Sono qui. – disse una terza voce, e Lucius comparve al fianco di Severus – Se avete terminato possiamo andare.-
Lei li osservò, l’uno al fianco dell’altro, e rammentò il prepotente desiderio di fuga che aveva avvertito poche ore prima, quando li aveva veduti così.
Ora sapeva il perché.
- Andiamo… – disse Cissy, voltando le spalle ad entrambi.
Lucius inarcò un sopracciglio, sorpreso dalla freddezza di lei e Severus la osservò, senza dire nulla.
I tre si avviarono insieme lungo Diagon Alley.

 

- Bene, Lucius ci vediamo presto. Narcissa, ci ritroveremo sull’Espresso di Hogwarts-
Severus era sulla soglia della sua casa a Spinner’s end e, prima di entrare, si voltò a salutare i due ragazzi.
Lo sguardo si fermo un secondo in più su Narcissa e lei sostenne quello sguardo, imponendosi di mantenere la calma.
Se Severus era rimasto sorpreso o spiazzato dal cambiamento che era avvenuto nel suo atteggiamento, rispetto a poche ore prima, non lo diede a vedere.
Poi si voltò e sparì in casa, mentre Lucius la invitò a seguirlo sulla carrozza dei Malfoy.
Mentre si avviavano verso il cocchio, la ragazza gettò uno sguardo al suo fidanzato e poi, continuando a tenere gli occhi fissi davanti a sé, disse:
- Sappi che non sono d’accordo riguardo i progetti nei confronti di Severus dei quali mi hai accennato-
- Sappi che non c’è nulla che ti riguardi meno di quei progetti.- la rimbeccò, lanciandole un’occhiata penetrante.
- Sapevo che mi avresti dato una risposta simile…- disse Narcissa con un sorriso amaro – Ma io ci tengo a ribadirti che non hanno la mia approvazione. Severus non ha niente a che fare con quel mondo.-
Lui scoppiò a ridere.
- Quanto sei ingenua!Severus è nato per quel mondo e desidera fortemente accedervi, tanto che tu lo sappia…non capisco perché ti affliggi tanto!-
- Non mi affliggo, puoi stare tranquillo, ho solo voluto esprimerti la mia opinione, se mi dici che non mi riguarda allora l’argomento è chiuso-
- Bene, da una moglie mi aspetto esattamente questo atteggiamento: ubbidienza e sensatezza.- la dileggiò, lanciandole uno sguardo e pronto alla sua reazione.
Ma la reazione non venne.
Lei si fermò, aspettando che le aprisse la porta della carrozza e poi lo guardò.
Una lieve brezza si era finalmente levata a squarciare il peso dell’aria umida, che aveva gravato su di loro per tutto il giorno.
- Se mi guardi così potrei anche decidere di baciarti…- le mormorò Lucius.
- Se ti guardo così, forse, è perché ne avrei bisogno…- gli rispose.
Lucius non seppe che dire e lei, dopo essersi stretta nelle spalle, salì in carrozza.
Prima che la vettura partisse, Narcissa gettò un ultimo sguardo a quel gruppo di case abbandonate, a quel luogo derelitto chiamato Spinner’s end, convinta che non vi avrebbe messo piede mai più.
Invece vi sarebbe ritornata, un’unica volta, molti anni più tardi.

 

FINE TRENTAQUATTRESIMO CAPITOLO

(* Ovviamente accade nella mia fiction "Una lunga risalita" dedicata a Severus.)
 

FINE SECONDA PARTE DE  "UN GELIDO DESTINO"

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Capitolo 35
*** Cuori senza voce (prima parte) ***


Ed eccoci qui, primo capitolo nuovo di zecca ^_^ A tratti riepilogativo, più che altro per me...Grazie a EcateC e a Miss Gold_394 per le loro, graditissime, recensioni. Buona lettura!

 

‘Un gelido destino’  (parte terza - I destini si compiono)

 

Trentacinquesimo capitolo

 

(Cuori senza voce - prima parte)

 

Agosto non si era ancora concluso che Narcissa fece ritorno alla residenza dei Black a Londra, lasciandosi alle spalle Malfoy Manor, Lucius e tutto ciò che quelle settimane le avevano impresso nel cuore. Appena ebbe varcato la soglia di casa si fermò e sospirò lentamente, lasciando che gli occhi si abituassero alla penombra e che la frescura dell’ingresso desse sollievo alla pelle accaldata.
Dorothy le venne incontro, adoperandosi affinché i bagagli della sua amata padroncina venissero portati nella sua stanza e chiacchierando senza posa, cercando di capire come fosse andata la permanenza a casa Malfoy e cosa Narcissa desiderasse mangiare per pranzo. La ragazza dovette raccogliere tutta la propria pazienza e appellarsi a tutto l’affetto che provava per la fedele governante per non risponderle male; capiva che l’anziana donna aveva passato le ultime settimane da sola, in quella casa, con la sola compagnia degli elfi domestici e del grande rimpianto per la sua amata padrona: Druella, la madre di Narcissa scomparsa prematuramente subito dopo il matrimonio di Bellatrix, ma le tempie le pulsavano dolorosamente e la ragazza desiderava solo stendersi e ritrovarsi sola con i propri pensieri.
Emise un lieve sospiro, mormorando di non avere fame e la brava donna si mise subito in allarme - Ma certo! Povera cara, io Vi tengo qui in piedi e Voi siete così pallida e stanca!- il tono della governante era costernato adesso, non più affaccendato - Le faccio preparare subito un bagno e mi occuperò personalmente del Vostro pranzo, un tè leggero e un panino imburrato con un po' di miele…- Narcissa si portò la mano destra alla tempia e mormorò un: - Grazie, salgo in camera mia, il bagno lo farò molto volentieri- e poi si avviò al piano di sopra, in cerca di solitudine e silenzio.

 

Appena giunta sul pianerottolo del piano superiore, sentì una forte oppressione calare su di lei. Ricordava di essere stata in quel punto esatto, quando? Due, tre, quattro anni prima? Secoli forse. Da quell’angolo aveva visto suo padre, Cygnus, uccidere senza pietà un elfo domestico colpevole di aver fatto scappare Andromeda, la maggiore delle sorelle Black, contravvenendo agli ordini del suo padrone.
Gettò uno sguardo alle porte delle camere che si affacciavano su quell'angolo di corridoio, tutte rimaste orfane delle loro proprietarie: la camera di Druella, dove sua madre aveva passato notti solitarie preda di chissà quali demoni e sentimenti morbosi di vendette e cospirazioni.  La camera di Bellatrix dove sua sorella, probabilmente, si era rinchiusa struggendosi per un uomo talmente potente e irraggiungibile da divenire un’ossessione, una droga, un male per la sua anima. La camera di Andromeda, la sua dolce, ribelle, amata sorella, che era sparita nel nulla e li aveva abbandonati per chissà quale destino, per i babbani, secondo Bellatrix.
La sua camera… 'Ed io?' pensò ' in quali pensieri mi perdo nella mia virginale cameretta, io?' sorrise amaramente, si era espressa come avrebbe fatto Evan...o Lucius.
Lucius. I begli occhi grigi di Narcissa si rabbuiarono, come un cielo in tempesta, al pensiero di lui.
Il suo fidanzato non le aveva nemmeno usato la cortesia di andarla a salutare, quella mattina.
Abraxas, il padre di Lucius, le aveva porto delle scuse adducendo ad un impegno improvviso del figlio, ma era sembrato molto seccato per quella scortesia imperdonabile nei confronti della ragazza. Lei aveva sorriso, rassicurandolo sul fatto che il suo fidanzato l’aveva salutata la sera prima e si era già scusato, cosa vera solo in parte ma, del resto, quella mezza verità aveva rasserenato Abraxas e tanto bastava.
In realtà, dopo la visita che avevano fatto a Severus a Spinner’s end e la conseguente gita a Diagon Alley, i rapporti tra Narcissa e Lucius si erano raffreddati di colpo. Nei giorni seguenti lui si era tenuto alla larga e i due ragazzi si erano visti solo a cena, senza per altro rimanere mai da soli.
Ad un certo punto, Narcissa si era chiesta quale significato avesse avuto quella permanenza a Malfoy Manor, quale utilità avesse tratto da quella visita oltre a tenersi lontana dalla sua austera casa londinese dove sua madre era morta.
Le era servita a scoprire che quella stessa madre godeva di una stanza mausoleo dove, il padre di Lucius, si rinchiudeva in adorazione di lei davanti ad un suo ritratto, opera di un artista babbano, da almeno venticinque anni. A tutto questo le era servito vivere a casa dei Malfoy,  oltre a prendersi una cotta per un lontano, fascinoso,  progenitore di Lucius che di nome faceva Draco. Era toccato a lei, questa volta, perdersi in adorazione davanti ad un quadro.
'Suvvia' si rimproverò ironicamente ' Ti è servito anche a capire che, forse, il tuo fidanzamento non è poi così solido come pensavi che, dopotutto, ti tiene più in considerazione Abraxas che Lucius e che, in fondo, sei talmente confusa che non sai più nemmeno tu cosa vuoi' Narcissa era sicura che Lucius avesse percepito quella confusione, e la sua crescente esitazione nei suoi confronti, e una barriera, sottile ma invalicabile, si era eretta tra di loro. 'Eppure eravamo così vicini…'  Narcissa entrò nella sua stanza con in mente il bacio appassionato che si erano scambiati lei e il ragazzo, quando aveva scoperto il quadro di sua madre. Ricordò la sensazione della pelle calda di lui, che aveva avvertito attraverso la camicia; il suo profumo che l’aveva inebriata, i suoi capelli tra le dita, le labbra esigenti e appassionate, le  mani forti, ma insospettabilmente gentili, che l’avevano stretta a sé. Richiuse la porta alle sue spalle sentendo le guance infiammarsi e i sensi risvegliarsi: il ricordo era così vivo e, al tempo stesso, sembrava che quel bacio fosse accaduto in un lontano passato o solo nella sua fantasia. 'Semplicemente' pensò scoraggiata 'é successo prima...prima che andassimo da Severus…' e di nuovo Narcissa sentì il volto infiammarsi, mentre lo stomaco si contraeva dolorosamente. Con uno sforzo enorme ricacciò indietro tutte quelle sensazioni e rammentò le parole che la strana ed inquietante veggente le aveva rivolto a Notturn Alley:  Guardati da un uomo bruno, esso interferirà con la tua serenità, potrebbe toglierti tuo figlio. Un pensiero che diventa ogni giorno più forte, potrebbe anche impedire che il figlio che ti è stato designato venga alla luce…la tua via è quella che tu ben sai…’ Narcissa  si sedette sul bordo del suo letto a baldacchino 'La mia vita è quella che io ben so? Davvero? Io non so più nulla temo. So solo che ho amato Lucius per così tanto tempo che non ricordo nemmeno come è nato questo amore'  la ragazza si abbracciò le braccia nude, rabbrividendo nonostante il caldo ' Lo amo…? Si, certo, lo amo! E’ bello, ricco, purosangue! E’ tutto quello che desidero avere e io lo voglio.  Desidero essere sua e voglio che lui mi ami, così come io amo lui! E’ solo che vorrei mi facesse sentire più importante, che mi desse sicurezza, che mi facesse sentire a casa…' e di nuovo una sensazione di vuoto le si agitò dentro ed un volto emerse dal suo subconscio.
Un volto affilato dominato da un naso aquilino.
Un volto non bello, che scrutava il Mondo da due occhi scuri e bui, due caverne profonde la cui luce fredda contrastava con il nero delle iridi.
Un volto asciutto dall’espressione intelligente, che si apriva in un sorriso sarcastico sulla bocca sottile come la ferita inferta da un affilato pugnale. Un volto amato.
Narcissa si prese la testa tra le mani, angosciata.
Un colpetto battuto sulla porta la riportò al presente e un’elfa domestica le disse, con la sua vocetta stridula, che il bagno caldo era pronto. Narcissa si alzò di scatto, ringraziò e andò ad immergersi nell’ampia vasca, piena di acqua calda e profumata, sperando di ritrovare un poco di lucidità.


Il Ministero della Magia pullulava di maghi e streghe alle prese con dispacci urgenti, riunioni importanti e problemi pressanti. Negli ultimi mesi il lavoro era quintuplicato, creando un grave problema organizzativo e molti dipendenti appartenenti a vari distretti, anche esterni a Londra, erano stati richiamati nella capitale e convogliati temporaneamente negli uffici centrali più oberati di lavoro: “L’Ufficio per la ricerca dei maghi e delle streghe scomparsi” , “L’ufficio per l’uso improprio della magia davanti ai babbani” , “L’ufficio per l’uso improprio dei manufatti babbani” , “L’ufficio per la cooperazione con le forze di giustizia babbana” e il ricostituito solo recentemente, dopo essere stato chiuso per almeno trent’anni, “Ufficio contro i maltrattamenti e la vessazione dei babbani”.
Da qualche mese, infatti, erano stati aperti almeno duemila fascicoli nuovi di zecca in seguito ad un crescendo di segnalazioni su fatti oscuri e sconcertanti. Molti maghi e streghe avevano subìto fermi, interrogatori e persino qualche viaggetto intimidatorio ad Azkaban, ma le informazioni in possesso del Ministero erano ancora vaghe e frammentarie.
Lucius Malfoy aveva stretto contatti con molti personaggi influenti in quel luogo e quindi vederlo aggirarsi nei vari livelli del Ministero non era affatto strano; molti maghi si fermavano a chiacchierare con lui, gli sottoponevano problemi di affari, si sfogavano contro la politica pro-babbana del Ministero, insultavano Albus Silente o gli chiedevano favori. Lui li ascoltava con aria altera, spesso annoiata, alcune volte conciliante o persino complice ma quel giorno se ne stava in un angolo nascosto, in uno dei livelli più bassi, e osservava tutto quell'andirivieni con aria assente, del tutto disinteressato a ciò che gli accadeva intorno.
Aveva concluso un paio di commissioni ma, a dirla tutta, nulla che non avrebbe potuto rimandare ad un altro giorno.  Era uscito al mattino presto da Malfoy Manor, in modo da non incontrare nessuno, e adesso se ne stava là, senza nulla di particolare da fare, se non aspettare una persona per andare a pranzo da qualche parte.
Se ne stava là, per inciso, pensando costantemente ad un’unica cosa, un’unica persona a dire il vero. Pensava ad una ragazza dai capelli biondi e gli occhi color del ghiaccio, una ragazza dal viso squisitamente cesellato e dal corpo giovane e sensuale, la pelle bianca e perfetta...stava pensando a Narcissa e, il suo volto si incupì, ci stava pensando un po' troppo intensamente nelle ultime settimane.

Non faceva che ripensare al suo soggiorno a Malfoy Manor, a cosa avesse significato vederla quasi ogni giorno; osservarla mentre si aggirava per i corridoi della sua casa, sentirla chiacchierare con suo padre rivelando la sua intelligenza ed esibire con naturalezza tutta la sua eleganza e classe innate. Ma, soprattutto, non riusciva a dimenticare la sensazione che aveva provato tenendola tra le braccia e sentendo divampare la passione tra di loro, quella passione che aveva iniziato a bruciargli dentro e che adesso non lo abbandonava più. Fermarsi e allontanarla in quel momento gli aveva richiesto un sacrificio ed uno sforzo immensi, così come gli era costato, nei giorni successivi, non prenderla di nuovo tra le braccia e baciarla ancora e ancora…
- Non vorrei essere quel foglietto di carta per nulla al Mondo!- esclamò una voce alle sue spalle - Spero che tu non lo stia riducendo a brandelli solo perché sono in ritardo: mi conosci da troppo tempo per pensare che io possa arrivare puntuale!-
Lucius si riscosse dai propri pensieri e si voltò, con aria accigliata, a guardare il volto del suo interlocutore - Evan.- mormorò e nella sua voce c’erano irritazione, rassegnazione e preoccupazione - Sei ubriaco fradicio ancora prima di pranzo…-
Il suo amico ridacchiò e gli fece l’occhiolino - Suvvia Lu-Lu, non essere pedante! Esiste un orario adatto per essere ubriachi? - il ragazzo vacillò leggermente e si appoggiò goffamente al braccio di Lucius - Anche tu non sembri tanto sobrio! Hai le occhiaie e il viso più appuntito e antipatico che mai, stavi pensando a qualcosa di sgradevole, ne sono sicuro…- nonostante lo sforzo le parole suonarono più come un “sgraeolenescionoscicuro” e terminarono con un singhiozzo.
- Per Merlino! Sei talmente fuori di te che non ti reggi nemmeno in piedi!- gli sibilò Lucius, furioso - Appoggiati a me e cerchiamo di andarcene senza farci notare troppo, chissà cosa diamine saresti in grado di dire o fare in queste condizioni!-
Evan lo fissò con aria stolida e si limitò ad annuire ma all’improvviso, quando furono nell’atrio principale del Ministero, sembrò rianimarsi e si raddrizzò in tutta la sua altezza cominciando a sventolare la mano energicamente per richiamare l’attenzione di qualcuno. Lucius seguì il suo sguardo e, con orrore, capì che Evan stava salutando allegramente l’Auror Alastor Moody che stava, a sua volta, chiacchierando fittamente con Albus Silente.
Lucius gli abbassò il braccio e lo trascinò letteralmente via, non prima di aver avuto la netta sensazione di avere su di sé lo sguardo penetrante del Preside di Hogwarts.
 

Una volta che furono fuori, i due ragazzi proseguirono a passo spedito lungo i vicoli; Lucius estrasse la bacchetta e creò un incantesimo che li rese invisibili sia ai babbani che alla maggior parte dei maghi e continuò a marciare rapidamente, ignorando le affannose proteste del suo compagno. Dopo dieci minuti si trovarono dinnanzi ad una porta di legno scuro, incastonata in un vecchio magazzino vicino al mercato ittico; una volta lì davanti, il giovane Malfoy mormorò un incantesimo e l’aspetto trasandato del fabbricato si dissolse, facendo comparire un edificio squadrato ed anonimo ma del tutto ordinato e in perfette condizioni.
La porta si aprì con un cigolio sommesso non appena Lucius l’ebbe sfiorata con la bacchetta; il ragazzo lanciò letteralmente dentro Evan e, una volta entrato anche lui, si richiuse la porta alle spalle.

 

-Si può sapere cosa cavolo fai?!- sbottò Rosier, lanciando uno sguardo furibondo al suo amico - Sono praticamente appena uscito di casa, cosa accidenti mi ci riporti a fare?!- ma Lucius ignorò ancora le sue proteste, lo afferrò di nuovo per il braccio e lo trascinò al piano di sopra.
Nonostante fosse più alto e prestante, Evan non riuscì a staccarsi dalla presa d’acciaio di Lucius e non poté evitare che quest’ultimo lo conducesse nella stanza da bagno, lo sbattesse brutalmente nella doccia e aprisse l’acqua fredda, che lo colpì come una pioggia di aghi affilatissimi.
Evan lanciò un urlo e cercò disperatamente di rialzarsi ma continuò a scivolare goffamente e, dopo qualche minuto, si rassegnò e, tra mille imprecazioni, lasciò che l’acqua gelida gli scorresse lungo il corpo inzuppandogli gli abiti e facendogli passare la sbornia.

 

Mezz’ora più tardi Evan, che si era cambiato e aveva indossato qualcosa di asciutto, si presentò in salotto con un asciugamani in testa mentre si strofinava i folti capelli castani, borbottando tra sé e sé.
Lucius gli porse una tazza di tè caldo senza dire una parola e andò a sedersi in una delle poltrone accanto al caminetto, Evan sorseggiò la bevanda e mormorò un ‘ Grazie tesoro mio!’ occhieggiando l’amico da sotto il telo di spugna, con un’aria da monello.
Lucius rimase impassibile e si limitò a lanciare uno sguardo lungo la stanza notando, come sempre, quanto si presentasse spoglia e fredda. Il caminetto in pietra era l’unica nota caratteristica ma era quasi sempre spento, anche in pieno inverno, e le due poltrone consunte, un pendolo che non suonava le ore da tempo immemore ed un tappeto vecchio e smangiato costituivano l’unico arredo. Tuttavia la stanza era molto pulita, in modo quasi maniacale.
Poi posò nuovamente lo sguardo sul suo amico, che aveva drappeggiato negligentemente l’asciugamano su una spalla e stava finendo di sorseggiare il suo tè; il ragazzo finse di non accorgersi del suo sguardo e prese tempo.
- Siamo ridotti a questo?- la voce di Lucius era metallica e strascicata, come sempre - A scappare dal Ministero perché tu non possa combinarne una delle tue e metterci tutti nei guai? Vuoi farti nuovamente punire dal Signore Oscuro?-
Evan gli scoccò uno sguardo e Lucius scorse un brivido di paura negli occhi del ragazzo, ciò fece evaporare la rabbia che provava ma mantenne comunque un atteggiamento freddo e distaccato.
- Se ti ficchi nuovamente nei guai non credo che potrò aiutarti, questa volta! -  lo ammonì, come un padre avrebbe potuto fare con il suo figliolo più discolo.
- E me lo chiami aiuto quello?!- si stupì Evan, con una smorfia di disappunto sul bel volto pallido - Non oso pensare a cosa faresti se volessi mettermi nei guai!- i due ragazzi si guardarono negli occhi e, dopo un attimo, si sorrisero, ma erano due sorrisi tirati e stanchi.
Evan si sedette nella poltrona di fronte al suo amico, passandosi una mano tra i capelli.
- Cercherò di ubriacarmi solo di notte…- mormorò con aria mite - ...e tu mi farai il favore di far tua la piccola Black quanto prima perché stai diventando pesante, nervoso e acido peggio di un Licantropo prima della Luna piena.- il volto di Lucius si incupì subitaneamente e gli occhi chiarissimi mandarono lampi, fece per parlare ma Evan lo prevenne - Non cercare di replicare, mi fai sempre la predica ed è ora che la faccia io a te! Non ridere Lucius, so essere molto assennato anch’io e sono anche il maggiore tra i due, quindi ascoltami!- sollevò la mano per bloccare ogni parola di protesta o derisione di Lucius - Ascoltami amico mio, io non ho speranza, sono un fallito e non riesco a togliermi da questo pantano ma tu, tu dannato biondo schifosamente ricco, hai a portata di mano tutto ciò che vuoi. Soprattutto, sentimi bene, hai la fortuna di essere promesso alla più deliziosa delle fanciulle, un bocconcino prelibato se mi permetti...no, non mi permetti, ok, allora solo una deliziosa fanciulla che, sfortuna sua, sembra amarti e desidera sposarti...- fece una pausa, emettendo un lungo sospiro e chiudendo per un attimo gli occhi - Allora sposala e sii felice, maledetto bastardo, e lasciami crepare come voglio!- le ultime parole esplosero dalla sua bocca come proiettili e, con velocità inaspettata, scattò in piedi e fece comparire dal nulla una bottiglietta che si portò alle labbra e prese a trangugiare avidamente.
Lucius scattò in piedi a propria volta e si lanciò sul suo amico strappandogli la bottiglia dalle mani, con la paura dipinta sul volto.
Un attimo dopo la paura cedette alla rabbia: la bottiglia emanava un forte odore di succo di pomodoro che, unito a timo, miele e peperoncino, rappresentava un potente, ma del tutto  innocuo, anti-sbornia. Lucius, furioso per esserci cascato, sferrò un pugno sul volto del suo amico facendolo volare a terra, dove Evan planò con un tonfo sordo ma senza un lamento.
Vi fu qualche secondo di silenzio, mentre il ragazzo si massaggiava il viso, tenendo lo sguardo fisso su Lucius che cercava di recuperare un contegno senza riuscire, però, a nascondere la sua agitazione.
Passò ancora qualche istante e infine il ragazzo  si decise a porgere la mano al suo amico per aiutarlo a rialzarsi.
Evan vi si aggrappò e si rimise in piedi.
- Tè…- mormorò ridacchiando - Mi offri una tazza di tè? Non sai nulla di sbornie tu, razza di disgraziato! Hai rovinato il mio bel visino…- Lucius aveva il volto tirato e lo guardava senza sorridere - Ti sembra il caso di usare un modo così volgare, così babbano, per colpire qualcuno? Proprio tu, che hai il sangue puro quanto Salazar Serpeverde? Credevo prediligessi la Maledizione Cruciatus, stai perdendo colpi, mi sa! Comunque ti perdono!- ridacchiò ancora Evan, con aria magnanima - Perché so che tutto questo: la doccia gelata, la predica, il pugno...tutto il resto... sono dovuti al grande affetto che hai per me! -

Lucius continuò a tacere e Evan perse la voglia di scherzare.
- Spero che tu sappia dimostrare altrimenti i tuoi sentimenti a Narcissa, amico mio, lo spero con tutto il cuore per te e anche per lei.- parlò con un tono sinceramente addolorato - Credevi davvero che mi sarei tolto la vita qui, davanti a te, con qualche orribile veleno? Hai avuto paura di non riuscire a salvarmi?...Hai avuto tanta paura vero, Lucius?- aggiunse poi, con un tono greve e lanciandogli uno sguardo dolente, chiamandolo per nome come faceva solo di rado - E fai bene ad avere paura amico mio. Se io schiatto tu resti davvero molto solo, lo sai si? - raccolse l’asciugamano che era caduto per terra - La strada la conosci, ci vediamo venerdì- lo congedò così, senza più voltarsi, salendo al piano superiore.
Lucius rimase in piedi, in mezzo alla stanza, ancora per qualche secondo , con la mano che pulsava dolorosamente, e poi lasciò la casa del suo amico.

 

Quando il giovane Malfoy fu uscito, un’ombra scivolò fuori da una stradina laterale e sciolse l’incantesimo di dissimulazione che avvolgeva la casa, per poi entrare a propria volta all’interno.
La figura, alta e snella, era bardata in un pesante mantello nero, decisamente fuori luogo in un’afosa giornata di fine agosto; una volta dentro la casa, la visitatrice sigillò nuovamente l’ingresso e abbassò il cappuccio che le nascondeva il volto.
Un ricciolo di capelli scuri le scivolò sul viso scarno, sfiorando le labbra carnose e rosse ed oscurando, per un attimo, gli occhi neri truccati pesantemente. Bellatrix Lestrange gettò un’occhiata lungo la stanza quadrata, che conosceva bene, e poi salì silenziosamente le scale.

 

FINE TRENTACINQUESIMO CAPITOLO


A presto! ^_^
 

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Capitolo 36
*** Cuori senza voce (seconda parte) ***


Grazie, come sempre, a chi legge questa fan fiction e, in particolare, a Miss Gold_394 per la sua recensione. Buona lettura!


‘Un gelido destino’

 

Trentaseiesimo capitolo

 

(Cuori senza voce - seconda parte)


Nella casa di Evan Rosier regnava sempre un silenzio irreale, i rumori della Londra Babbana non giungevano all’interno perché l’edificio era protetto da numerosi incantesimi.
Un paio di volte il ragazzo si era dimenticato di attivarli, quando era rientrato ubriaco fradicio a notte fonda, e questo aveva portato diversi problemi.
Una notte in particolare era accaduto che un agente delle forze di sicurezza babbana, quello che veniva chiamato “poliziotto”,  incredulo nel trovarsi davanti un edificio che non aveva mai notato prima nelle sue ronde notturne, era entrato di soppiatto.
Le conseguenze erano state terribili perché, in quel momento, la fresca sposa Bellatrix Black in Lestrange, convolata a giuste nozze solo poche ore prima, non si trovava nella sua nuova casa in compagnia del suo novello sposo, Rodolphus, ma si trovava tra le braccia del suo storico amante, Evan.
Senza pensarci un attimo e con profondo godimento, la giovane donna aveva scagliato un Avada Kedavra verso il malcapitato babbano, non appena le si era parato davanti, e ciò aveva richiamato in massa un numero spropositato di Auror del Ministero in quanto, su questa maledizione, vigeva uno strettissimo controllo.

La casa era stata nuovamente sigillata, giusto in tempo, e nessun mago né alcun rappresentante delle autorità babbane aveva rilevato nulla di strano.
Il povero corpo del poliziotto era stato trasfigurato da Bellatrix in un masso e gettato senza pietà lungo le rive del Tamigi.
I veri problemi erano giunti la mattina seguente, nello stesso giorno in cui Druella era stata rinvenuta senza vita.
 

Lord Voldemort aveva radunato i Mangiamorte, i suoi più fedeli seguaci che portavano il Marchio Nero sul braccio, a Londra nella vecchia casa in disuso di una strega deceduta da tempo: Hepzibah Smith.
Avevano lasciato Weirwater subito dopo il raduno a cui aveva assistito anche Narcissa in quanto, la dimora scozzese dei Black, era divenuta troppo esposta ed era tenuta d’occhio costantemente da Alastor Moody, l’Auror più potente in servizio al Ministero.

Con lui nessun incantesimo di difesa, nessun Homenum Revelio*, nessun Salvio Hexia*, niente di niente dava la certezza assoluta di essere al sicuro; perché il buon vecchio Al, come amava chiamarlo Evan, ne sapeva davvero una più del Demonio e, cosa ancora più grave, aveva alle spalle il suo amico fraterno Albus Silente.
-Presto- aveva esordito l’Oscuro Signore, una volta che li aveva avuti tutti davanti a sé -La nostra attesa avrà termine.- come sempre accadeva la sua voce giungeva chiara, senza bisogno che lui alzasse la voce.
Si trovavano in un’ampia sala al secondo piano di casa Smith, la stanza era vuota ad eccezione di una poltrona in velluto blu posta tra le due finestre a golfo che dominavano la camera e che, nonostante fosse giorno, erano serrate e non lasciavano passare che qualche lama di luce.
Lord Voldemort stava in piedi ed i suoi adepti erano disposti a semicerchio, davanti a lui. Non erano numerosi come la notte di Luglio in cui il povero Kenneth era stato processato ed ucciso, erano meno di una dozzina di persone.
Lucius, Evan e Bellatrix erano tra queste.
- Ormai, miei cari amici, è giunta l’ora di portare a compimento il nostro disegno, il nostro nobile proponimento! E’ giunto il momento di creare il Mondo Puro che noi desideriamo.-
La voce dell’Oscuro Signore era ammaliante e sembrava strisciare elegantemente lungo la stanza per raggiungere ognuno dei presenti, dando l’impressione di un intimo dialogo sussurrato direttamente all’orecchio.
-Ogni gesto che abbiamo compiuto fino ad ora ha contribuito a portarci fin qui…- li aveva scrutati uno per uno  - Il ventisei di agosto**, tutto avrà inizio. E’ l’ora di palesarci, è l’ora di far intendere ai babbani, ai sanguesporco, all’intero Mondo Magico, ad Albus Silente…- la sua voce si era fatta gelo pronunciando quel nome, le sue parole li aveva raggiunti come scaglie ghiacciate portate dal vento del nord  - ...Che una nuova Era ha inizio e che il tempo della tolleranza e del sangue lordato è arrivato alla sua conclusione.-
E poi aveva taciuto.
Nessuno aveva osato rompere quel silenzio, lui aveva mosso qualche passo verso le figure incappucciate che l’avevano ascoltato a capo chino, rispettosi, ammaliati, devoti.
Con un solo movimento del braccio aveva richiamato a sé uno di loro.
-Bartemius…- aveva mormorato, mentre l’uomo che si celava dietro la leggera maschera argentata si era inchinato ai suoi piedi, baciando la tunica nera del suo Signore.
-Come sempre, mio fedele amico, posso fidarmi e contare su di te...la tua discrezione, la tua fedeltà, la tua astuzia sono preziose…-
Evan aveva scoccato un’occhiata di sottecchi a Bella e aveva visto le sue labbra stringersi e farsi esangui.
Bellatrix soffriva ed era gelosa, in quel momento stava letteralmente languendo per il desiderio di essere lei lì, accanto al Signore Oscuro.
Il ragazzo aveva distolto lo sguardo: non sopportava di vederla struggersi per un altro uomo.
-Purtroppo non posso dire le stesse cose di qualcun altro…-  gli occhi di Lord Voldemort avevano mandato lampi rossi e i suoi Mangiamorte sapevano che ciò era un cattivo presagio.
Colto da un presentimento, seppur ancora stordito dall’alcool trangugiato la notte prima, Evan aveva lanciato uno sguardo a Lucius e l’aveva visto pallido sotto la maschera; era certo che il suo amico avesse avvertito su di sé il suo sguardo ma non aveva voluto ricambiarlo.
‘Sono nei guai…’ aveva pensato confusamente.
-Evan!- l’Oscuro Signore non aveva tardato, infatti - Avanza e portati davanti al tuo Signore. Bartemius, alzati e resta qui al mio fianco.-
Lucius e Bellatrix, per una volta, avevano provato esattamente gli stessi sentimenti nello stesso istante.
Paura e, subito dopo, invidia e rabbia.
Evan aveva mosso qualche passo, le gambe che sembravano di legno.
Una volta davanti al Signore Oscuro si era inchinato profondamente, con la mente improvvisamente lucida che lavorava a velocità folle.
-Sono molto insoddisfatto…-  la voce di Lord Voldemort si era mantenuta bassa ma era sembrata rimbombare nella stanza.
Quelle semplici parole avevano trafitto il petto del ragazzo.
‘Sono un uomo morto!’ aveva pensato, con un senso di profonda incredulità.
- Hai rischiato di compromettere i nostri piani, hai compiuto un atto incauto che ha messo in pericolo i tuoi compagni. Mi hai tenuto all’oscuro e solo grazie a Bartemius sono venuto a conoscenza di ciò che è accaduto questa notte. Hai deluso il tuo Signore…-
‘Maledetto bamboccio!’ aveva pensato Evan, rivolgendo il suo astio verso Barty Crouch Jr. che, avendo suo padre al Ministero, sapeva sempre tutto, troppo.
- Mio Signore…- aveva mormorato Evan, cercando di prendere tempo - Avrei provveduto personalmente a raccontarvi l’accaduto, purtroppo sono stato costretto a prendere provvedimenti contro un babbano che si era intrufolato a casa mia…-
- Com’è possibile che un comune babbano sappia sciogliere incantesimi protettivi avanzati? Forse intendevi dire un sanguesporco?- gli aveva chiesto Lord Voldemort in tono discorsivo e quasi curioso.
Evan aveva rabbrividito, l’Oscuro Signore stava giocando con lui come il gatto con il topo.
- Un mio malessere mi ha impedito di sigillare la casa come dovuto...- aveva iniziato a dire ma, all’improvviso, il Signore Oscuro aveva fatto un gesto con il braccio, come se scacciasse una mosca invisibile, ed Evan aveva sentito la mano bruciare ed un profondo taglio squarciargli la carne, facendo fuoriuscire un fiotto di sangue.
Barty Crouch aveva ghignato.
- Un malessere? Oh, è terribile, povero amico mio. Malato e solo, perché immagino che tu fossi solo, non è così?- gli aveva chiesto tranquillo Lord Voldemort, proseguendo il discorso come se nulla fosse.
Il ragazzo aveva esitato un attimo, aveva sentito la tensione di Lucius arrivare fino a lui e la paura di Bellatrix crescere a dismisura.
- Io...si…- aveva sussurrato Evan, cercando di ignorare il dolore bruciante e il sangue che gocciolava copioso.
Il Signore Oscuro aveva mosso un solo dito, come per accarezzare l’aria, e il braccio sinistro di Evan si era torto con violenza inaudita strappandogli un grido che era risuonato nella stanza.
Il ragazzo era caduto per terra e aveva visto, con la coda dell’occhio, un movimento, una specie di scatto nervoso, provenire da Lucius.
‘No, idiota!’ aveva pensato.
- Lucius!- aveva chiamato il loro Signore, invitando l’altro ragazzo ad avvicinarsi.
Il giovane Malfoy si era fatto avanti e si era inginocchiato dinnanzi a Lord Voldemort.
- Mio fedele amico…- gli aveva sorriso quasi con calore - ...I tuoi affetti più cari sono per te fonte di grandi preoccupazioni, immagino il tuo dolore! - un sadico piacere era emerso sul volto dell’uomo che li teneva, senza sforzo alcuno, sotto il suo giogo.
- Il mio grande  e solo rammarico è che essi indispongano Voi, mio Signore. - aveva detto Lucius, con la sua voce fredda che si era mantenuta salda; il volto, celato in parte dalla maschera, non aveva mostrato emozione.
‘Tsk, maledetto uomo di ghiaccio! Non eri così sereno quando c’era quella bella bambolina bionda in camicia da notte, sotto i riflettori!’ aveva pensato Evan, non senza un certo umorismo.
- Bartemius è utile e fedele ma nessuno sa compiacermi come fai tu, Lucius…- aveva detto il Signore Oscuro, deformando per un attimo il suo volto dai lineamenti perfetti.
Barty Crouch aveva smesso di sorridere, imbronciato.
- Alzati Lucius e, dimmi, come possiamo istruire il nostro caro Evan?- aveva chiesto il Signore Oscuro, come se stesse chiedendo a Lucius cosa volesse per pranzo.
- Il dolore è la migliore delle lezioni, mio Signore! - aveva prontamente risposto il ragazzo - Una Maledizione Cruciatus è ciò che ci vuole per imprimere la disciplina in un mago sbadato!- aveva terminato, gelido.
‘Bastardo! Sei proprio un fottuto bastardo Lu-Lu!’ aveva pensato Evan, rimanendo disteso ai piedi dei tre uomini.
- Ottimo! - aveva approvato Lord Voldemort, con un sorriso privo di allegria e si era avvicinato a Lucius, gli aveva circondato le spalle con un braccio stringendolo a sé e portando il volto all’altezza di quello del ragazzo.
- Lucius, dimostrami tutta la tua perizia! Per un Crucio come si deve ci vuole un mago potente e motivato, soddisfami…- l’ultima parola l’aveva sussurrata direttamente al suo orecchio, suadente.
I suoi capelli neri si erano mescolati a quelli biondi di Lucius, la pelle fredda del Signore Oscuro aveva sfiorato il volto del giovane Malfoy.
Evan aveva cercato disperatamente di evitare gli occhi del suo amico e aveva resistito alla tentazione di cercare Bella con lo sguardo.
Lucius aveva sfoderato la sua bacchetta e, senza alcun preavviso e senza nessuna pietà, aveva scagliato la maledizione contro l’altro ragazzo.
Se Evan si era aspettato un trattamento di riguardo dal suo compagno di giochi dell’infanzia, si era sbagliato di grosso.
La potenza con cui il dolore lancinante gli era piombato addosso, facendogli scricchiolare le ossa, urlare i muscoli e infiammare i nervi, gli aveva quasi fermato il cuore.
Aveva potuto sentire la sua stessa voce che urlava provenire da lontano e riecheggiare nella stanza.
Aveva sperato di perdere i sensi, persino di morire, per  smettere di soffrire ma, nel barlume di coscienza che gli era rimasto, aveva avvertito qualcos’altro piombare su di sé.
‘No!’ aveva pensato terrorizzato e, raccogliendo le facoltà che un tempo avevano fatto di lui un mago superbo e un Occlumante notevole, aveva sigillato nella sua mente tutto ciò che riguardava Bellatrix e i suoi sentimenti per lei in un angolo inaccessibile, proprio un attimo prima che l’Oscuro Signore invadesse con violenza inaudita la sua mente già fiaccata dal dolore.
Come dita invisibili che sembravano spostare gli strati più remoti del suo cervello, aveva sentito Lord Voldemort frugare a fondo nei suoi ricordi, nei suoi pensieri più profondi.
Per un attimo, Evan aveva quasi fatto scivolare allo scoperto ciò che stava proteggendo disperatamente ma il Signore Oscuro aveva trovato il ricordo della notte precedente: aveva visto Evan da solo mentre scagliava la Maledizione della morte sul babbano, aveva visto il ragazzo trasfigurarne il corpo e gettarlo nel fiume londinese e, soddisfatto,  era scivolato via ponendo fine anche alla punizione corporale.
Evan era rimasto a terra in uno stato di semi-incoscienza, il corpo che urlava di dolore, la mente ridotta quasi in poltiglia.
Aveva sentito il fruscìo dei suoi compagni che lasciavano la stanza e l’Oscuro Signore sussurragli - Non deludermi mai più…- e poi rivolgersi a Lucius - Raccatta il nostro caro amico e portalo via…-
Si era sentito sollevare di peso, aveva intravisto il profilo perfetto di Lucius, sentito il suo odore raffinato, avvertito la carezza della sua costosa camicia di seta ed era svenuto.


Evan riemerse da quel ricordo: erano passate settimane ma, ogni volta che ci ripensava il corpo ritornava a dolergli.
Adesso giaceva sul letto con un braccio sul volto a coprirgli gli occhi, voleva ignorare il dolore pulsante allo zigomo, conseguenza del pugno ricevuto pochi minuti prima. 
Non voleva più pensare a Lucius e alle sue punizioni,  voleva solo riposare e nient’altro, ma avvertì una presenza sostare sulla soglia, indecisa.

- Vieni avanti, mio dolce tesoro.- la invitò, con il suo solito tono canzonatorio.
- Sei fiducioso!- lo rimbeccò Bellatrix, piccata - Avrei potuto essere un Auror o qualcuno dei tuoi creditori…-
Lui scostò il braccio e la occhieggiò con i suoi occhi nocciola - Solo tu e Lu-Lu potete superare la barriera, se essa è attiva naturalmente, nessun altro. I babbani non vedono la casa, sempre se è sigillata, ovvio, e i maghi vengono respinti se non hanno il permesso di avvicinarsi. Un incantesimo molto ingegnoso del moccioso protetto di Lucius, a quanto pare!-
Bella fece una smorfia disgustata sentendo nominare Severus Snape.
- Quel piccolo, orrido, mezzosangue…- sibilò velenosa.
- Già, orrido davvero.- ammise Evan - Mica come il tuo bel maritino! - lei strinse gli occhi - Peccato che Rodolphus con la bacchetta sappia solo ripulircisi il naso, mentre quell’untuoso bambino ha un talento nelle arti oscure a dir poco inquietante! Ma - aggiunse, vedendo lo sguardo di lei mandare lampi - Non penso tu sia qui per parlare di Roddy o di Sevvy.- le sorrise malizioso, sollevandosi sul gomito e battendo un colpetto sul materasso con aria birichina, incoraggiandola a raggiungerlo - Non ti aspettavo, dolcezza... - le disse, con voce roca.
Lei rimase ancora un attimo sulla porta, osservando i bei capelli castani del giovane, lunghi e incolti, gli occhi caldi che la guardavano con desiderio e amore, il bel viso che ostentava un livido bluastro sullo zigomo.
- Devo dedurre che tu e il mio caro, futuro, cognato abbiate discusso animatamente.- lo schernì ma, mentre lo canzonava, Bellatrix avanzò nella stanza, odiandosi.
Non amava Evan e nemmeno gli importava di lui ma la casa dei Lestrange era una prigione invivibile, suo marito poco più di un Troll disgustoso e il Signore Oscuro non la cercava quasi più, ignorandola del tutto se non per motivi che riguardassero i loro piani.
Le rare volte che la chiamava lei accorreva e si inebriava di lui, del suo profumo, traeva calore dalla sua pelle fredda, cercava amore nei suoi occhi gelidi che mandavano lampi rossastri. Anelava a soddisfare quel desiderio con ogni parte del suo corpo ma tutte le volte, quando la invitava a lasciare il suo letto e a tornare da suo marito, il sogno si infrangeva.
Il Signore Oscuro non cercava una compagna ma solo l’appagamento di un bisogno fisico, il contatto con una donna bella e purosangue, la soddisfazione di dominare lei e dileggiare il suo stolto marito.
Un balocco da prendere al bisogno ma che non suscitava in lui particolare attaccamento.
Bella lo sapeva ma non riusciva a rinunciare a quegli sporadici incontri, senza contare che dire di no a Lord Voldemort era impossibile, pena orribili ritorsioni.
Quindi la relazione con Evan era per lei il modo di sentirsi amata e desiderata e di giacere tra le braccia di un uomo bello e attraente, che mitigasse il disgusto che provava per Rodolphus e il vuoto che aveva dentro di sé.
Sapeva che il giovane la amava appassionatamente da anni ormai, lei lo aveva sempre apprezzato come amante, era anche stato una compagnia divertente ma, ultimamente, era troppo cupo e tedioso per i suoi gusti. ‘Patetico…’ valutò freddamente Bella ‘come me…’ aggiunse amaramente.
Scacciando quei pensieri poco piacevoli, scivolò elegantemente fuori dai propri vestiti e si infilò dentro il letto di lui che l’accolse con la consueta, famelica passione.

 

Una volta rientrato a Malfoy Manor, Lucius si recò nella sua stanza cercando di allontanare dalla propria mente tutto quello che era accaduto a casa di Evan, ma senza successo.
Le parole e i gesti del suo amico lo tormentavano.
Non era abituato a sentirsi così afflitto per qualcuno ma, negli ultimi tempi, sembrava che tutti facessero di tutto per togliergli la serenità.
Tutti...Evan. E Narcissa.
Lucius si strappò la camicia di dosso, pieno di rabbia repressa, colmo di frustrazione, lanciò l’indumento per terra e si passò una mano tra i capelli.
Nulla era più importante del marchio che portava sul braccio sinistro, nulla contava di più del compiacere il Signore Oscuro, non c’era niente che gli premesse di più che concretizzare tutto ciò per cui aveva lavorato negli ultimi anni.
Tutti i rischi corsi, tutti i piani concepiti.
Il venerdì successivo un primo passo sarebbe stato compiuto, un passo fondamentale eppure, quando chiudeva gli occhi, non vedeva altri che lei.
I suoi capelli, i suoi occhi, le sue labbra.
La vedeva avvolta nel mantello dell’Oscuro Signore, il volto pallido ma lo sguardo fermo. La vedeva priva di sensi, la testa appoggiata sul suo petto, il viso sofferente. La vedeva al matrimonio di Bellatrix, bella come una Dea e combattiva come un’Amazzone.
La vedeva mentre rispondeva con ardore ai suoi baci.
La vedeva illuminarsi di gioia alla vista del suo amico mezzosangue…
Lucius afferrò una brocca di cristallo colma di una bevanda fresca, che Kraffy aveva sempre cura di lasciargli accanto al letto, e la lanciò, con tutto il suo contenuto, contro il muro.
La brocca si infranse in mille pezzi e il liquido verde schizzò ovunque, macchiando tappezzeria, tende, lenzuola.
Passò qualche minuto in cui il ragazzo cercò dominare quel furore, si infilò una tunica di cotone nera, afferrò un piccolo campanello d’argento e lo agitò un’unica volta con un gesto secco del polso.
Non ne fuoriuscì alcun suono ma, dopo pochi istanti, Kebby si materializzò nella camera di Lucius con uno schiocco sonoro.
- Padrone…- disse l’elfo, inchinandosi profondamente.
- Dì a Kraffy che mi prepari dei vestiti puliti...ma prima, sai cosa devi fare!-
- Ma il Padrone Abraxas è in casa!- si stupì l’elfo domestico.
- Il mio è un ordine!- il tono di Lucius non ammetteva repliche e Kebby si inchinò nuovamente e scomparve.
Con un colpo di bacchetta il ragazzo pulì il disastro che aveva causato e ricompose perfettamente la caraffa, che ritornò ad essere trasparente e senza imperfezioni ma completamente vuota.


FINE TRENTASEIESIMO CAPITOLO

* sono incantesimi presenti nel settimo libro, lo so...
** non è una data casuale.

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Capitolo 37
*** Cuori senza voce (ultima parte) ***


Grazie a chi legge questa ff e grazie a LostHope92 e miss Gold_394 per aver lasciato una recensione! Buona lettura ^_^



‘Un gelido destino’

 

Trentasettesimo capitolo

 

(Cuori senza voce - ultima parte)


Immersa nella vasca piena di acqua calda e aromatizzata alla rosa, Narcissa si stava lentamente rilassando. La giornata era calda e afosa ma la casa dei Black a Londra era fresca e quindi un bagno caldo era piacevole anche in agosto.
I vapori le avevano aperto i pori della pelle e avevano appannato tutti gli specchi della stanza, i lunghi capelli penzolavano fuori dalla vasca gocciolando per terra, con gli occhi chiusi e la bocca leggermene socchiusa, Cissy si sentiva finalmente libera di lasciarsi andare e godersi un po' di solitudine.
Rimase ammollo per molto tempo, tanto che l’acqua divenne fredda; con un sospiro si alzò in piedi mentre l’acqua le scivolava lungo il corpo, stava per afferrare il telo di morbida spugna per asciugarsi e mancò poco che lanciasse un grido.
Sua sorella Bellatrix era lì, nella stanza, e la osservava con uno sguardo cupo e indagatore.
- Bella!- esclamò Narcissa - Da quanto sei li?- le due ragazze non si vedevano da quel giorno a Notturn Alley, quando la maggiore delle due aveva palesato senza problemi la sua relazione con il giovane Rosier. Bellatrix teneva in mano il telo di spugna e lo accarezzava lentamente, come avrebbe potuto fare con un gatto, lasciò scivolare lo sguardo scuro sul corpo di sua sorella, con un disprezzo intenzionalmente  offensivo.
- Bene!- esclamò infine, incontrando lo sguardo di Narcissa - Lucius dopotutto non avrà di che lamentarsi, ha sempre avuto un debole per le bambine...non sei cambiata molto da quando avevi undici anni!- Narcissa non si lasciò ingannare, sapeva che il suo corpo non era più quello di una bambina e che Bella voleva ferirla e basta.
Tuttavia era passato il tempo in cui le parole di sua sorella avevano il potere di colpirla impunemente, sapeva che Bellatrix era infelice e che voleva sfogare su di lei la sua rabbia e la sua frustrazione, decise di non raccogliere la provocazione e uscì dalla vasca con leggiadria.
Il fastidio passò sul volto dell’altra ragazza che si limitò a porgerle il telo e lasciare che Narcissa si coprisse.
- Cosa vuoi Bella? Dubito che tu sia passata solo per aiutarmi ad uscire dalla vasca da bagno- Bellatrix spostò il peso da un piede all’altr,o socchiudendo gli occhi malevoli; il suo sguardo indugiò sulle braccia bianche di sua sorella, lisce e senza traccia di oscuri tatuaggi.
- Non posso passare a salutare la mia sorellina che finalmente è ritornata a casa?- le chiese, caustica.
Narcissa sollevò un sopracciglio con aria ironica e Bella fece spallucce.
- Sono qui perché mi ha convocato papà- ammise, infine.
Narcissa non nascose la sua sorpresa, questa volta - Papà è rientrato?-
L’altra la guardò con sarcasmo - Come? Non l’hai ancora visto? Non ti ha accolta come si confà ad un’eroina? - Cissy la guardò senza capire e Bella proseguì -Tutti parlano della tua permanenza a Malfoy Manor e del fatto che sei stata vista in compagnia del giovane e affascinante Lucius Malfoy a Diagon Alley! La Gazzetta del Profeta ha scritto un lungo articolo su di te, chiedendosi se la giovane, bella e promettente figlia dei Black farà si che le due casate più in vista del Mondo magico si uniscano in un matrimonio da sogno!- la voce della ragazza era beffarda e pungente.

Narcissa trasecolò: non sapeva nulla di tutto ciò. La sua espressione era facilmente interpretabile e Bellatrix fece una smorfia di derisione.
- Hanno tolto spazio persino alle “preoccupanti” notizie che arrivano da tutta l’Inghilterra...Sei proprio la reginetta del Regno, Cissy!- la prese in giro - Peccato che la strada per arrivare in cima passi per quel buono a nulla di Lucius Malfoy!-
Narcissa si accigliò, cominciava a sentire freddo così bagnata ma non aveva intenzione di lasciare a sua sorella l’ultima parola.
- Vorrei davvero capire perché ce l’hai così tanto con Lucius, Bella! Dopotutto avete molte cose in comune...- le disse con calma, notando un guizzo nella sguardo della sorella.
- Si, in fondo hai ragione- ammise Bellatrix, dopo un attimo, conciliante - Ora che ci penso è molto affascinante: alto, biondo, nobile! Un perfetto principe purosangue- fece una pausa e poi riprese a parlare, con un’espressione davvero cattiva in volto - Ci sono dei momenti in cui lo guardo e mi scopro a desiderarlo…quei momenti in cui tortura le persone o quando le uccide senza pietà! In quei frangenti è davvero virile, forte, potente e vorrei che mi facesse sua, sento il mio corpo infiammarsi per lui, non posso negarlo…- la ragazza osservò il volto di sua sorella con gli occhi malevoli - Potrei anche offrirmi di colmare il vuoto del suo letto negli anni che vi separano dalle nozze: un uomo come lui non può certo votarsi alla castità!-
Narcissa seppe celare perfettamente lo sgomento che quelle parole le suscitarono.
-  E’ sufficientemente forte per essere casto e anche per sopportare le tue avance! - le rispose poi, sfoderando le unghie e nascondendo la paura.
Bella le si avvicinò - Ma si, goditi il tuo bel sogno, il tuo posto al sole! Forse ti aiuterà a scioglierti un po’, gelida bambolina che non sei altro! Ma ricordati che sarai solo l’ennesima tacca sulla sua cintura!- concluse, ridendo senza gioia.
Narcissa ignorò il vuoto che le si era creato nello stomaco, decisa a non essere il punching ball emotivo di sua sorella.
- Davvero, non dovresti disprezzarlo né tanto meno disprezzarci come coppia, soprattutto visto e considerato chi hai sposato! La tua strada passa per Rodolphus Lestrange e non arriva nemmeno in cima, non trovi che la tua situazione sia più triste della mia?- fu come se le avesse gettato addosso un incantesimo raggelante.
Bellatrix impallidì ma rimase muta e sconfitta.
Le due si fronteggiarono per qualche istante ancora, poi la bruna ragazza si voltò e uscì, senza aggiungere una parola.
Narcissa sospirò piano, stremata da quel duello verbale, e si chiese se lei e sua sorella sarebbero mai state in grado di avere di nuovo un rapporto normale, “probabilmente no” ammise.
Ogni giorno che passava la distanza che le separava aumentava a dismisura.
“Prima o poi ci perderemo…”pensò, cercando di controllare l’impressione che le parole di sua sorella le avevano lasciato dentro.
Lucius era sempre stato un donnaiolo, le ragazze gli cadevano ai piedi o gli si buttavano tra le braccia, non serviva nemmeno che facesse qualcosa di particolare per attrarle.
Ricordò i tempi della scuola, quando l’aveva visto baciare Susele Andrews.  Ora che anche lei aveva baciato Lucius, sapeva perfettamente cosa aveva provato l’altra ragazza e non solo, anche tutte le varie Susele che l’avevano preceduta e poi tutte le Susele che si erano accompagnate a lui negli anni successivi.
Da quando Lucius aveva lasciato Hogwarts gli erano stati attribuiti molti flirt ma, ingenuamente, lei non aveva mai considerato il lato fisico della questione.
Non poteva capacitarsi di non aver mai pensato cosa comportassero per Lucius quelle relazioni, semplicemente non vi si era mai soffermata perché, se ne rese conto all’improvviso, fino al bacio scambiato con lui, quel bacio vero e passionale, non se ne era mai preoccupata.
Troppo presa dall’eccellere a scuola, dai problemi della famiglia, dai complotti, dalle maledizioni, dai raduni di maghi oscuri, dagli incubi.
Rammentò che sua sorella, alla sua età, aveva intrattenuto una relazione con un uomo che aveva più del doppio dei suoi anni.
Lucius con il suo bacio e Bella con le sue parole l’avevano svegliata da una specie di letargo, era giunta anche lei al punto in cui tutte le sue coetanee erano già arrivate da tempo.
Chissà cosa pensava di lei, Lucius! Chissà quante risate si era fatto dentro di sé quando l’aveva conosciuta.
Si sentì arrossire per la vergogna e per l’umiliazione: dopotutto Bellatrix era riuscita a ferirla ancora.
Sua sorella sapeva, sapeva che il fidanzamento tra lei e Lucius era qualcosa di astratto, sapeva che la differenza d’età era un ostacolo, sapeva che lei era troppo ingenua e lui troppo esperto e, probabilmente, sapeva cose su di lui che lei non poteva nemmeno immaginare.
Sentiva che Bellatrix non era una minaccia, una rivale in senso sentimentale, ma era consapevole che sua sorella avrebbe potuto cercare di sedurre Lucius solo per il gusto di farle un dispetto e dimostrare di esserle superiore.
“Ma a lui lei non piace!” pensò con forza, ricordando l’espressione carica di disprezzo che Lucius assumeva ogni volta che incontrava Bellatrix.
Poi ricordò il bel volto sofferente di Evan, rammentò lo sguardo del tutto soggiogato del Signor Alderman, l’espressione con cui Rodolphus Lestrange aveva guardato la sua sposa per tutta la durata della cerimonia nuziale, le occhiate che tutti gli uomini avevano sempre lanciato a sua sorella e il cuore le si strinse.
Se avesse voluto, probabilmente, Bellatrix avrebbe potuto ammaliare anche  Lucius.
La verità era, si rese conto all’improvviso, che non si fidava di lui.
Sospirò, il beneficio datole dal bagno caldo era sparito, finì di asciugarsi e si vestì, indossando un leggero abito verde menta che regalava ai suoi occhi chiari riflessi di giada, raccolse i biondi capelli in un semplice chignon e rientrò nella propria camera.

 

Quando sua madre era morta, Lucius aveva da poco compiuto dieci anni.
Gwenhwyfar Bryn Arundel in Malfoy era stata una strega eccezionale, una moglie devota e una madre straordinaria.
Lucius l’aveva amata molto, aveva amato ascoltare i suoi racconti sulla Cornovaglia, la sua terra di origine, le leggende affascinanti sul Morgawr o sui Muryans, le fiabe piene di magia che lei sapeva narrare così bene. Aveva amato la sua forza e la sua dolcezza, la perizia con cui eseguiva le magie più strabilianti, il  modo in cui aveva accolto in casa per lunghi periodi Evan, un bambino poco più grande di lui di nobili origini ma dalla famiglia disastrata, amandolo come un figlio.
Non aveva sofferto di gelosia, lui e Evan avevano legato quasi subito e lei li aveva tenuti uniti, raccomandando loro di volersi bene come fratelli.
E poi, quando erano soli, sua madre era tutta per lui, gli accarezzava i capelli biondi, lo teneva tra le braccia facendolo sentire a casa e al sicuro, lo consolava se era triste e, cosa più importante, riusciva a creare una bella atmosfera anche con Abraxas, quel padre serio e distante a cui Lucius guardava con un certo timore.
Poi lei si era ammalata.
Lucius non aveva pensato nemmeno per un attimo che potesse morire, era la strega migliore del mondo, sarebbe di certo guarita.
E invece se n’era andata una fredda notte di gennaio, lasciandolo solo.
Abraxas si era rinchiuso nel suo dolore, passando molto tempo fuori da casa.
Evan era già ad Hogwarts.
A Lucius non era rimasto altro che perdersi nei ricordi, struggersi per la sua mancanza e girovagare senza meta per la casa, cercando di evitare Kraffy, che si era assemblata una specie di abito da lutto con delle tende di velluto nero e che lo seguiva per accertarsi che il Signorino mangiasse e dormisse, salvo poi scoppiare a  piangere ogni minuto tanto che Kebby era costretto a trascinarla via.
Il bambino aveva preso a girare per la casa in lungo e in largo, imparando tutte le scorciatoie che lui e Evan non avevano ancora scoperto o soffermandosi davanti al ritratto a grandezza naturale che era stato fatto a sua madre.
Lei stava nella cornice dorata, con gli occhi chiusi, e sembrava riposare, non era ancora desta come lo erano i vecchi antenati degli altri quadri.
Poi, un giorno, mentre se ne stava nascosto dietro una grande statua ,eretta in omaggio di Salazar Serpeverde, che chiudeva la galleria degli antenati dei Malfoy, aveva visto arrivare Kebby di gran carriera e, con un certo stupore, l’aveva visto aprire l’unica porta presente nel lunghissimo corridoio.
Lucius era rimasto davvero sorpreso perché lui e Evan avevano tentato di aprire quella porta infinite volte, senza riuscirci mai.
Vinto dalla curiosità e irritato che ci fosse qualcosa che a Kebby fosse consentito e a lui no, era uscito allo scoperto. Si era infilato nella cintura lo stiletto d’argento che era stato di Gwen, sul  cui manico era inciso lo stemma della famiglia di origine di  sua madre e che lui aveva sgraffignato dalla stanza di lei, usandolo per incidere il proprio nome nei pannelli in legno che ricoprivano le pareti delle stanze più remote della casa.
Si era avvicinato alla porta e l’aveva lentamente socchiusa.
Una volta che gli occhi si erano abituati alla penombra, aveva scorto Kebby intento a spolverare minuziosamente la cornice di un grande quadro appoggiato per terra: evidentemente l’elfo l’aveva staccato dal muro per pulirlo più agevolmente .
Lucius era avanzato nella stanza con gli occhi fissi sulla ragazza che ne era il soggetto principale.
Il volto era bellissimo, una bellezza diversa da quella di sua madre, i capelli biondi sembravano una cascata d’oro, gli occhi scuri erano dolci e le labbra socchiuse sembrava stessero per sussurrare qualche tenera parola d’amore.
“E’ una Ninfa!” aveva pensato, ammaliato, sentendo lo stomaco stringersi e i sensi destarsi come non gli era mai successo.
All’improvviso il ragazzino aveva notato che la fanciulla del quadro era statica, inerte, non si muoveva come i quadri dei suoi antenati, né sembrava riposare come il ritratto di sua madre.
La bellissima e giovane donna era perfettamente immobile, con gli occhi bene aperti ma privi di vita.
Ad un certo punto aveva udito un singulto orripilato.
Kebby si era accorto di lui e si era precipitato verso il suo padroncino, con un’espressione di orrore e paura sul volto schiacciato.
- Padroncino, non sta qui!- aveva esclamato, gli occhi a palla ancora più spalancati del solito.
Lucius si era stupito di quella reazione perché l’elfo, di solito, era molto pacifico e serafico, non si agitava mai.
Si era anche indispettito per il tono di comando di Kebby e perché, ne era certo, quel quadro rappresentava un segreto di cui nemmeno sua madre era stata a conoscenza.
- Il padroncino sta dove gli pare!- aveva replicato, furioso - Adesso voglio che tu mi dica chi è la ragazza del quadro!-
Kebby aveva scosso la testa terrorizzato e muto.
- Se non me lo dici andrò a chiamare mio padre….- aveva detto il bambino, stringendo gli occhi - ...e Kraffy!-
A quelle parole l’elfo era apparso completamente annichilito ma aveva continuato a tacere.
- Bene!- aveva esclamato Lucius, furioso, voltandosi pronto a lasciare la stanza.
- Se io parla, Padrone Abraxas scaglia su me e mia famiglia maledizione verde…- aveva sussurrato allora l’elfo, con una vocina carica di paura.
A dispetto della rabbia che provava, Lucius aveva avuto pena per lui, Gwen li aveva sempre trattati bene e con molto rispetto.
- Tu dimmi chi è la ragazza del quadro e perché è immobile e io non ti tradirò!- gli aveva detto, allora.
Kebby aveva esitato ancora e poi, sotto lo sguardo fermo del ragazzino e incapace di sottrarsi alla legge che gli  imponeva ubbidienza verso la famiglia Malfoy, aveva parlato.
Lucius aveva ascoltato, esterrefatto.
Si era fatto ripetere la storia due volte, assimilando pian piano che suo padre, non solo aveva amato qualcun’altra prima di sua madre ma che le aveva anche fatto fare un ritratto da uno di quei sanguesporco, quei babbani che sembrava disprezzare tanto e che, anche adesso che sua moglie era morta, continuava a venerare quest’altra donna.
Una donna che, a differenza di Gwen, era ancora viva e respirava e si occupava dei suoi figli.
- Padrone Abraxas non più entra qui da quando Padrona Gwenhwifar arriva in questa casa…- aveva cercato di rassicurarlo Kebby, come leggendogli nel pensiero.
Lucius era rimasto immobile, non sapendo cosa fare, ancora incredulo.
Non aveva mai avuto un rapporto particolarmente affettuoso con suo padre ma Gwen era stata il loro legame, il ponte che li aveva uniti e tenuti vicino.
Così era come perdere anche quel poco che aveva da condividere con Abraxas.
Poi un pensiero lo aveva colpito come uno schiaffo in pieno volto.
- Non è più entrato...ma adesso entrerà di nuovo, vero?!- aveva chiesto all’elfo, con la voce che tremava di rabbia e disgusto.
L’espressione di Kebby gli aveva detto tutto e Lucius aveva avvertito tutto il furore che sentiva dentro, dal giorno in cui sua madre di era ammalata, sommergerlo e togliergli il respiro.
La sua mano era scattata a prendere il pugnale che aveva infilato nella cintura e poi si era avventato contro il quadro.
Sotto lo sguardo terrorizzato del povero elfo domestico aveva preso a infierire contro il ritratto della bella usurpatrice, colpendolo con la lama d’argento.
Aveva straziato la tela con furia, tagliandola ancora e ancora, con i pezzetti di tempera che volavano ovunque spargendosi tutto attorno e deturpando il bellissimo volto, il vestito sfarzoso e le braccia bianche della fanciulla.
Alla fine Lucius era caduto in ginocchio, esausto e provato , ansimando, con i capelli biondi incollati al volto e al collo dal sudore.
Poi si era steso per terra, il viso rivolto verso il pavimento e rigato da lacrime mute colme di dolore e rabbia. Era rimasto così per un tempo indefinito e poi aveva alzato il volto e aveva visto Kebby inginocchiato accanto a lui, immobile e in silenzio.
Si era odiato per aver perso il controllo davanti ad un elfo domestico, poi aveva guardato il quadro ridotto a brandelli e aveva avuto paura.
Suo padre avrebbe visto quello scempio, come avrebbe reagito? Lucius non temeva la sua ira, quello che gli causava fitte dolorose allo stomaco era l’idea di vederlo con il viso pieno di vergogna e contratto dai sensi di colpa.
L’idea di vedere Abraxas trasformasi in un uomo debole sotto i suoi occhi lo atterriva: aveva già perso sua madre, detestava l’idea di perdere anche suo padre.
Lucius si era alzato lentamente, asciugandosi le lacrime.
- Come facciamo?- aveva chiesto, indicando il ritratto con un gesto della mano, detestandosi per essersi ridotto a chiedere aiuto ad un servo.
- Se il Padroncino Lucius permette, Kebby sa…- gli aveva risposto l’elfo, sollevato.
Il ragazzino si era spostato e il domestico, concentrandosi un attimo, aveva fatto si che ogni singola briciola di colore, ogni scheggia di legno, ogni lembo di tela andasse al suo posto.
Suo malgrado Lucius ne era rimasto impressionato e ammirato, nel giro di un minuto il quadro era ritornato perfetto come prima, lui aveva sempre creduto che gli elfi domestici sapessero solo cucinare e spolverare.
- Bene- aveva detto alla fine, ritornando il giovane aristocratico e arrogante di sempre - Io non dirò nulla di tutto questo al tuo Padrone, ma tu, ogni volta che lo vorrò, dovrai farmi entrare!-
Il povero Kebby aveva cercato di protestare ma Lucius lo aveva fermato con un gesto della mano.

- E’ un ordine! - gli aveva detto e l’elfo aveva dovuto inchinarsi e cedere.
E così il loro segreto aveva preso vita.
Lucius aveva visitato spesso quella stanza, a volte addolorato, a volte furioso, a volte affascinato.
La bella sconosciuta, la magnifica fanciulla del ritratto, lo attraeva contro ogni suo volere, la trovava bellissima e desiderabile.
Aveva imparato a memoria i suoi lineamenti, ogni particolare di lei, ma non aveva mai saputo il suo nome, nemmeno Kebby ne era a conoscenza.
Nei lunghi mesi che aveva trascorso lontano da casa, quando aveva iniziato a frequentare Hogwarts, ogni tanto le aveva rivolto il suo pensiero.
Non aveva mai confidato nemmeno ad Evan il segreto che aveva svelato, sia perché si vergognava per suo padre sia perché si era scoperto geloso e possessivo verso quella fantasia così intima.
Evan avrebbe di certo fatto qualche battuta volgare e lui non voleva che il suo amico riducesse il tutto ad una cosa sconcia e immonda.
Poi, nel corso degli anni, l’aveva visitata sempre meno; aveva conosciuto ragazze vere che lo avevano attratto e aveva scoperto di avere sul sesso femminile un grande ascendente.
Ad un certo punto non ci aveva pensato più.
Fino a quel primo settembre di quattro anni prima, quando aveva sentito pronunciare il nome di Narcissa Black nel corso della cerimonia di smistamento ad Hogwarts.
Aveva sollevato lo sguardo con interesse, perché suo padre gli aveva praticamente imposto di fidanzarsi con quella bambina, lei si era girata verso le quattro tavolate, con i capelli biondi che avevano danzato sulle sue spalle.
Lucius aveva riconosciuto vagamente una delle marmocchie che aveva preso in giro sull’Espresso di Hogwarts, poche ore prima e poi, come un fulmine accecante che illumina la notte, l’aveva vista per davvero ed era rimasto letteralmente folgorato.
Quella ragazzina dal volto fiero era la copia identica della “sua” fanciulla misteriosa.
Tranne che per gli occhi che, invece di essere scuri e vellutati, erano di un grigio intenso e luminoso.
Aveva cercato di riprendersi ma non aveva resistito all’idea di darle un’occhiata più da vicino, ancora incredulo.
Così aveva convinto quell’ochetta di Susele a fargli superare l’arazzo dietro cui si celava il dormitorio delle ragazze, spiegandole che voleva solo divertirsi alle spalle delle nuove studentesse. Era stato facile farla cedere, erano bastati un lungo bacio e qualche carezza.
Quando finalmente Narcissa era arrivata, e lui aveva potuto guardarla bene in volto, aveva avvertito un misto di rabbia e di giubilo.
Era davvero identica a quella ragazza, solo con un viso più infantile, naturalmente.
Aveva fatto in modo di poterle toccare i capelli, così come non aveva mai potuto fare con quel ritratto inanimato, e di sentire il respiro caldo di lei; l’aveva osservata per dei lunghi istanti, estasiato di avere tra le mani la versione vivente della sua ossessione.
Poi era rinsavito e, annichilito dalla morbosità di quei sentimenti che l’avevano fatto sentire uguale a suo padre, l’aveva lasciata andare.
In seguito aveva fatto di tutto per ignorarla ma lei era sembrata fortemente interessata a lui e, ad un certo punto, non aveva più potuto negare che l’idea di sposarsi con la copia della ragazza del quadro suscitava in lui una forte attrattiva.
La sera della Vigilia di Natale, alla festa in maschera organizzata da suo padre a Malfoy Manor, Narcissa gli era sembrata terribilmente piccola ,agghindata come una fatina, ma il calcolatore che era in lui aveva compreso che sarebbe divenuta una splendida donna e quindi aveva deciso di aspettare che ciò avvenisse.
Dopo quella notte, aveva provato sentimenti ambivalenti verso Cissy: alcune volte non si era nemmeno ricordato che esistesse, troppo preso dalle sue ambizioni e dalle donne che lo attraevano e che poteva avere in quel momento. Altre volte si era trovato a cercarla con lo sguardo, a tenerla d’occhio, a chiedersi cosa stesse facendo e cosa passasse per la sua bella testolina.
Gli anni erano passati e, pian piano, senza che Lucius se ne rendesse conto subito, Narcissa aveva scalzato la sua gemella dipinta, che nel frattempo lui aveva scoperto essere Druella Rosier, dai suoi pensieri. Allora, visitare la stanza del quadro aveva assunto un altro significato.
Il carattere, la forza, l’intelligenza di Narcissa, gli sprazzi di dolcezza, la sua elegante femminilità, che era sbocciata quando la ragazza era cresciuta, gli avevano fatto perdere la testa. Lei era costantemente nei suoi pensieri e si era insediata nel suo cuore in modo inscindibile.
Poteva negarlo con chiunque, anche contro ogni evidenza, ma non a se stesso e, a quanto pareva, nemmeno ad Evan che, conoscendolo bene, sapeva che nessun’altra ragazza lo aveva mai interessato tanto, per nessuna aveva mai provato dei sentimenti profondi.
Persino l’Oscuro Signore sembrava aver compreso perfettamente la sua propensione per Narcissa, Lucius era quasi certo che glielo avesse letto direttamente nei suoi pensieri, e aveva sfruttato quei sentimenti a proprio favore, per il suo divertimento.
E Bellatrix, anche lei.
Essendo molto più simili di quello che entrambi credevano, il ragazzo aveva capito subito che la maggiore delle sorelle Black aveva compreso perfettamente il suo amore per Narcissa e che la cosa la indisponeva.
Lei glielo aveva confermato, a modo suo, un paio di settimane dopo il suo matrimonio con Rodolphus Lestrange e la terribile punizione subita da Evan.
Quindici giorni dopo il funerale di Druella.
Si erano ritrovati soli nella casa di Hepzibah Smith, dopo essere stati dal Signore Oscuro, pronti a smaterializzarsi per ritornare nelle rispettive case.
Lucius era impaziente perché Narcissa era ospite a Malfoy Manor da pochi giorni e non voleva mancare, per l’ennesima volta, alla cena.
All’improvviso Bellatrix  era diventata molto suadente e gli si era avvicinata, guardandolo diritto negli occhi e posandogli una mano sul petto, si era alzata sulle punte dei piedi e gli aveva sussurrato all’orecchio di avere del tempo libero prima di rientrare.
Il suo profumo femminile lo aveva avvolto e Lucius si era chiesto, per un attimo, come sarebbe stato.
Lei non lo aveva mai attratto particolarmente ma era, innegabilmente, una delle donne più belle e affascinanti con cui avesse avuto a che fare.
L’aveva osservata, gli occhi scuri di Bella erano accesi di bramosia, il corpo era proteso verso di lui.
E Lucius non aveva provato nulla, non aveva sentito desiderio, non aveva provato attrazione ma solo disgusto.
Quella era la donna che tormentava Evan, che aveva lasciato che il suo amante si addossasse interamente la colpa di ciò che era successo con l’agente babbano, guardandolo, senza battere ciglio, mentre subiva la terribile punizione che sarebbe spettata anche a lei.
Era la donna che cercava di sminuire continuamente Narcissa, ai suoi occhi, a quelli di Evan e di chiunque la stesse ad ascoltare e che, adesso, voleva solo togliersi lo sfizio di usarlo per ferire sua sorella.
Ma Lucius non amava essere usato e amava Narcissa, molto.
Cedere ad una semplice curiosità fisica avrebbe significato perdere le uniche due persone al mondo di cui gli importasse davvero qualcosa.
- Sei molto gentile a offrirmi la tua compagnia - le aveva detto, fissandola bene in volto - Ma io non uso le cose di seconda mano e, in ogni caso, non ho spiccioli con me!- aveva concluso, storcendo la bocca con crudele sarcasmo.
Bella aveva sollevato la mano per schiaffeggiarlo ma lui si era smaterializzato, ridendo di gusto, e lei aveva colpito l’aria.
In tutto ciò, solo Narcissa era sembrata non rendersi conto di quello che il giovanei provava per lei e Lucius aveva fatto di tutto affinché non ne prendesse completamente coscienza.
Non sapeva perché, ma ricordava fin troppo bene le parole che Bebhinn Naghib gli aveva rivolto, quando ancora non era consapevole di quanto Narcissa contasse per lui: ‘non c’è persona peggiore di quella che non sa come prendersi ciò che desidera davvero! Rischia di soffrire, di far soffrire e di morire contorcendosi tra i rimpianti!’
Poi quei sentimenti, quell’amore, quel desiderio erano traboccati rompendo gli argini con violenza e lui l’aveva stretta tra le braccia per baciarla e placare, finalmente, il bisogno di lei che lo dominava.
Nonostante questo, nonostante la sua pronta e appassionata risposta, Lucius aveva compreso perfettamente che Narcissa era confusa, insicura  e che, forse, le aveva nascosto fin troppo bene l’amore che sentiva per lei.
E adesso non aveva tempo per farglielo capire.



 

Rientrata nella sua camera, Narcissa si sedette davanti allo specchio prolungando la sua toeletta nella vaga speranza che sua sorella se ne andasse prima che lei scendesse al piano di sotto, visto che l’ora di pranzo era passata da un pezzo, ma probabilmente era una vana illusione.
Bellatrix non aveva fretta di ritornare a casa da suo marito.
Poi lo sguardo le cadde sul baule per Hogwarts che era quasi pronto per la partenza, la settimana seguente.
Ricordò quanto fosse stata emozionata alla vigilia del suo primo viaggio, le aspettative e la curiosità, e adesso stava per iniziare il suo quinto anno.
Le lunghe settimane appena trascorse le avevano lasciato dentro la sensazione che il suo destino fosse proprio come il cielo di un’estate bizzarra e capricciosa: in continuo mutamento.
Scrosci di pioggia passeggera, nuvole bianche e veloci, raggi di sole caldo e dorato e tempeste notturne che squarciavano l’aria, si alternavano senza posa.
“Ad Hogwarts mi aspetta l’autunno...e poi l’inverno, passerà la primavera e sarà di nuovo estate…” si sentì più calma e tranquilla, lisciò con cura la gonna leggera e scese al piano di sotto.

Fine trentasettesimo capitolo

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Capitolo 38
*** Doveri Imprescindibili (prima parte) ***


Eccomi qui...non è una minaccia :) grazie come sempre a chi ha la pazienza di seguire la mia storia, un sentito ringraziamento va, in particolare, a miss Gold_394, LostHope92 e a EcateC per le loro recensioni, sempre interessanti e gradite.
Buona lettura e a presto!



‘Un gelido destino’  

 

Trentottesimo capitolo

 

(Doveri imprescindibili- parte prima)

 

In piedi in mezzo allo studio di Cygnus, proprio davanti alla scrivania di suo padre, Bellatrix si sentiva nervosa e intimorita proprio come lo era stata da bambina ogni volta che lui la convocava per rimproverarla, per invitarla a tenere un comportamento più confacente ad una purosangue o anche solo per chiederle come andava e come stesse impiegando il suo tempo.
Il volto magro e affilato di Bellatrix non lasciava trapelare nessuna emozione ma lei sentiva le sue mani sudare e il cuore martellarle in petto. L’ultima volta che lei e suo padre si erano trovati in quello studio, faccia a faccia, da soli, era stato quando lui le aveva imposto il matrimonio con Rodolphus.
“Cosa mai potrà volere da me, adesso?” si chiese con rabbia repressa “ ho sposato chi voleva, non vivo più qui da quasi due mesi, la mamma è morta e non potrà dar fastidio mai più...cosa può ancora volere da me questo vecchio?” l’ultima parola le esplose nella testa con furore, spazzando via, almeno in parte, la paura che le attanagliava le viscere.
Era vero. Cygnus era diventato vecchio. Era accaduto tutto molto rapidamente: i capelli erano più radi,  rughe profonde gli segnavano il volto, gli occhi erano più pallidi e meno brillanti e le chiazze scure sulle sue mani spiccavano nitide sulla pelle sottile e fragile che lasciava intravedere le vene spesse e tortuose.
“Troppi colpi tutti insieme” valutò freddamente Bella.
Non provava pena per lui, aveva avuto la sua vita e si era sempre disinteressato di tutte loro, gli importava solo del suo cognome e giusto per l’onore della famiglia si era ricordato ogni tanto di avere tre figlie.
- Non mi aspettavo che tu rispondessi con tanta rapidità al mio invito- le disse improvvisamente Cygnus, strappandola dalle sue elucubrazioni - una giovane sposa come te, fresca di matrimonio, di solito è troppo presa da suo marito e dalla sua nuova casa per prestare troppa attenzione ad un anziano genitore -
Qualcosa nel tono con cui lui disse quelle cose le accese un campanello d’allarme nella testa.
Lo guardò negli occhi ma lui sostenne il suo sguardo indagatore con aria serena ed innocente.
- Voglio sperare che questa sia sempre la mia casa- ribatté lei, rigida - e non siete affatto vecchio, padre- aggiunse con fredda cortesia.
- Sei molto cara, Bella- le sorrise lui di rimando, un sorriso che non arrivava agli occhi - Accomodati, non startene li in piedi. Siedi qui davanti a me-
Il cuore di Bellatrix mancò un battito, evidentemente lui non aveva intenzione di chiudere il discorso, qualunque esso fosse, troppo presto.
Dopo un attimo di esitazione la ragazza avanzò di qualche passo e si sedette sulla sedia davanti alla scrivania.
- Dimmi, Bella- cominciò Cygnus - come ti trovi a casa Lestrange?-
Bellatrix, che non si era aspettata nulla del genere, lo fissò, cauta.
- Bene, grazie- gli rispose, schiarendosi la voce - è una dimora molto bella…-
- Ottimo- approvò lui - immagino che anche tuo marito si comporti in modo impeccabile con te…- il tono di Cygnus era ancora discorsivo.
Bellatrix esitò un attimo con la sensazione che una trappola le si stesse chiudendo attorno, si inumidì le labbra cercando di dosare le parole ma suo padre la prevenne - ...da quello che so è molto rispettoso dei tuoi spazi e i suoi genitori mi hanno assicurato che non esiste motivo al Mondo per cui tu debba comportarti come ti stai comportando da quando sei entrata a far parte della loro famiglia…- ora il tono di Cygnus era duro e metallico e Bellatrix sentì l’angoscia assalirla.
Suo padre e i Lestrange si erano incontrati a sua insaputa.
- Mi si sta accusando di qualcosa, padre?- chiese lentamente, socchiudendo gli occhi e tamburellando con le dita sul bracciolo della sedia - I miei suoceri hanno trovato di che lamentarsi per la mia condotta?- ora la voce di Bella era poco più che un sibilo.
- Diciamo, mia cara figlia- le rispose Cygnus, sporgendosi leggermente in avanti per osservarla meglio in viso - che, a distanza di quasi due mesi dal vostro matrimonio, Rodolphus lamenta che il vostro letto coniugale è ancora intonso-
Per Bellatrix fu come se l’avessero schiaffeggiata in pieno volto.
Cygnus la osservava senza mostrare emozioni, in attesa.
Bellatrix avrebbe voluto rispondere in modo sarcastico, duro,  urlare qualcosa di orribile, qualche insulto e sputargli tutto il suo odio ma la voce si era persa da qualche parte...non poteva pensare di parlare di un simile argomento con suo padre.
- Visto che non hai nulla da dire- proseguì allora Cygnus - parlerò io...- e quelle parole suonarono come una minaccia.
- Se pensi di ottenere un annullamento, ti sbagli- ora suo padre aveva assunto un tono quasi sereno - io ed i Lestrange abbiamo firmato un contratto prematrimoniale- questa volta Bellatrix scattò in piedi come una molla, con gli occhi che mandavano lampi - del resto- proseguì calmo Cygnus - tu non hai ancora ventun anni e, per quanto riguarda certe questioni legate ai beni di famiglia e all’eredità, non hai voce in capitolo-
- Mi state dicendo che ci sono dei vincoli sul mio matrimonio di cui non so nulla?- esclamò la ragazza, con una voce acuta.
- Diciamo che sia io che i Lestrange abbiamo deciso di tutelarci- le spiegò Cygnus - il contratto è vantaggioso per entrambi e tende a tutelare anche i due sposi, naturalmente-
- Perché pensate che io voglia annullare il mio matrimonio, padre?- gli chiese allora Bellatrix.
- Quindi- proseguì ancora suo padre, come se non l’avesse sentita- per farla breve, perché non voglio di certo annoiarti...- le sorrise.
Un sorriso vuoto.
- ...Se il matrimonio verrà annullato per una nostra istanza, noi perderemo Weirwater, questa casa, le nostre azioni alla Gringott e tutto quello che possediamo nella nostra camera blindata, il mio posto al seggio del Consiglio Magico e la mia posizione in seno al Ministero, come membro anziano con diritto di voto. Tutti i nostri beni personali, intesi come denaro, gioielli, ogni cosa che abbia valore per noi.Tutto in favore dei Lestrange, naturalmente-
Bellatrix era senza parole.
- Il matrimonio, d’altro canto, non può essere annullato su richiesta dei Lestrange- Cygnus la guardò sollevando un sopracciglio, accertandosi che lei avesse capito ogni parola - Quando avrete un figlio, il primo maschio prenderà il tuo cognome preservando così la dinastia dei Black. I Lestrange rinunciano, in assenza di un secondo figlio maschio, alla propria discendenza in nostro favore e tutti i nostri beni saranno tuoi, di tuo figlio e di tuo marito.  Io non ho figli maschi, Narcissa porterà avanti il nome dei Malfoy e tua zia Walburga ha escluso dal proprio testamento Sirius, almeno finché non dimostrerà di aver messo la testa a posto, quindi la sua parte di discendenza sarà affidata a Regulus. Ovviamente, se non avrai figli maschi, tutti i beni dei Black, alla mia morte, andranno al primo figlio maschio di Narcissa o, se anche lei non avrà un erede, al vostro cugino più giovane-
Bellatrix avrebbe voluto sputare per terra per dimostrare tutto il suo disprezzo ma riuscì a controllarsi, si morse il labbro carnoso e sorrise. Un sorriso senza gioia.
- Mi sembra ci sia qualche buco in questo piano perfetto- lo provocò - cosa impedisce ai Lestrange di lasciarmi fare, di spingermi a chiedere l’annullamento e prendersi tutti i nostri beni e i nostri privilegi?-
Bellatrix si sentì meglio dopo aver scoccato quel che le parve un colpo vincente.
Ma la sua sicurezza vacillò quando vide il volto di Cygnus deformarsi orribilmente in una smorfia piena di sadico trionfo.
- I Lestrange sono dei purosangue ma non sono all’altezza dei Black o dei Malfoy- le spiegò lui con la voce vibrante di soddisfazione - e ne sono perfettamente consapevoli. Non hanno interesse a rovinarci, hanno beni a sufficienza, quello che cercano non è il denaro- si fermò un attimo studiando bene il volto cereo della figlia - non sono nemmeno così stupidi da pensare di poterci sostituire in seno al consiglio o al Ministero. I Malfoy non li lascerebbero in pace nemmeno un’ora, sanno che verrebbero brutalmente estromessi da ogni cosa e che pagherebbero con ogni zellino a disposizione un simile affronto. Quello che i Lestrange vogliono - la voce di Cygnus era fredda come il vento che soffia sulle scogliere scozzesi in inverno - è unirsi ai Black e ai Malfoy, portarsi al nostro livello e inebriarsi della vista che si gode sulla cima più alta del Mondo magico. Hanno firmato l’accordo consapevoli che, da parte loro, l’impegno avrebbe dovuto essere assoluto per far funzionare questa unione. Sanno che questo matrimonio è l’unico varco aperto alla nobiltà-
- Bene…- sussurrò lei - tuttavia questo contratto è in essere solo finché sarete vivi Voi e i Lestrange, che l’avete firmato...è un contratto vincolato dal vostro sangue, so come funziona…-
Cygnus strinse gli occhi.
- Pensi di eliminare il problema alla fonte?- le chiese, gelido.
- Ci penserà la vita, padre, non ho bisogno di sporcarmi le mani. Come avete detto Voi stesso, siete vecchio- buttò la, rimangiandosi il suo precedente tentativo di cortesia, con un tono molto velenoso.
- Hai perfettamente ragione- assentì lui -  I Lestrange sono un pò più giovani ma non poi tanto...peccato che la firma di sangue non sia né mia né dei Lestrange. Nemmeno il sigillo che chiude la pergamena è nostro- Cygnus riuscì a sorridere senza nemmeno distendere le labbra, una cosa che inquietò Bellatrix oltre ogni dire - Il contratto è stato validato da un Malfoy- gli occhi scuri della ragazza si spalancarono per la sorpresa - da Lucius Malfoy, per l’esattezza-
Se le avesse mandato una Maledizione Cruciatus le avrebbe fatto meno male.
Lucius Malfoy aveva in mano la sua vita.
Poté solo immaginare con quanta soddisfazione avesse sigillato quel contratto così umiliante, quante risate si fosse fatto alle sue spalle.
“Gli strapperò il cuore dal petto!” giurò, ricordando il modo sprezzante con cui l’aveva respinta e sentendo un vortice di odio turbinarle dentro.
- Avete detto che avevate tutelato anche noi sposi…- riprese lei a fatica, dopo una pausa - ma non vedo nessun vantaggio per me...Vi siete dimenticato di Vostra figlia, padre!- gli lanciò uno sguardo amaro.
Lui non sembrò turbato, la fissò per qualche secondo senza proferire parola.
- Naturalmente ho posto delle condizioni che non potranno che farti piacere- questa volta, Cygnus,  sembrava davvero divertito- Rodolphus partirà tra una settimana- lei non riuscì a nascondere la sua sorpresa - si sottoporrà ad una dura terapia per disintossicarsi dall’alcool. Sarà tutt’altro che una passeggiata, si tratta di una cura molto invasiva che durerà almeno sei settimane-
- Quell’inutile vermicolo farà questo?-ribatté lei, scettica.
- Naturalmente, la paura delle volte fa miracoli- le spiegò lui - una volta rientrato a casa, una volta degno di essere tuo marito a tutti gli effetti, Rodolphus sarà vincolato a te, dovrà essere sempre al tuo fianco e condividere il tuo destino. Un utilissimo cavalier servente, insomma, oltre che un marito sobrio -
- Paura?- la curiosità di Bellatrix era genuina.
Non che suo marito fosse un uomo coraggioso ma non immaginava cosa mai potesse spingerlo a rinunciare all’alcool.
Cygnus cominciò a tamburellare le dita sulla scrivania, questa volta sembrò prendere tempo.
- Sono stato spesso in Scozia, negli ultimi mesi - Bellatrix ebbe esattamente la reazione che lui si era aspettato da lei, rimase pietrificata in piedi, davanti alla scrivania - proprio così. Sono il capo di una famiglia di maghi purosangue, credevi davvero che io fossi all’oscuro di certe cose o non desiderassi inchinarmi a colui che lotta per i nostri diritti? Per far tramontare la stella di Albus Silente e per schiacciare i babbani ed i sanguesporco che li difendono?-
- Voi- Bellatrix si inumidì le labbra - Voi avete incontrato l’Oscuro Signore?-
Lui fece un piccolissimo cenno con il capo.
- Voi...Voi avete…-
Per tutta risposta, Cygnus sollevò le maniche del suo vestito scoprendo entrambe le braccia.
- Non c’è…- mormorò lei - le Vostre braccia sono pulite…-
Cygnus abbassò le maniche.
- Nella sua grande saggezza, l’Oscuro Signore sa che io sono costantemente a contatto con Auror e maghi del Ministero, soprattutto sa che io sono un membro del Consiglio di Hogwarts...non sarebbe prudente che fossi marchiato. Inoltre, come abbiamo già constatato, sono troppo vecchio per fare l’uomo d’azione- convenne lui - son ben altre le cose che posso fare per aiutarlo nella nostra guerra contro i nemici del sangue puro e, inoltre, gli ho fornito una prova inconfutabile della mia più assoluta fedeltà...- e il viso si illuminò di un’insana euforia.
Bellatrix rabbrividì, provando un profondo senso di irrealtà.
Suo padre aveva la piena fiducia del Signore Oscuro, lo conosceva e lottava per la causa. Si risedette lentamente sulla sedia, si sentiva come se la schiena non riuscisse più a stare diritta, come se un enorme peso la schiacciasse.
- Il Signore Oscuro approva pienamente il tuo matrimonio, unire le famiglie dei purosangue e assicurarne la discendenza è un dovere. E’ stato egli stesso ad ordinare a Lucius di sigillare la tua unione con Rodolphus. A quanto pare Lord Voldemort ti ritiene una sua importante collaboratrice, desidera che tu contribuisca alla nostra causa così come farà anche Narcissa sposando un Malfoy. Tutti noi gli dobbiamo obbedienza e gratitudine, grazie a lui il Mondo che sogniamo, libero da contaminazioni, diverrà realtà-
L’Oscuro Signore la voleva al fianco di Rodolphus Lestrange. Voleva che lei avesse un figlio.
- E quindi- disse piano, sporgendosi in avanti sulla sedia -Dopo tutto questo, perché pensate che io voglia annullare il mio matrimonio, padre?- gli chiese di nuovo Bella, con una voce che non sembrava più nemmeno la sua.
- Perché, mia cara- le disse lui - sei una sgualdrina, come tua madre- lanciò quell’insulto come se stesse spiegando qualcosa di ovvio ad un bambino -Non mi fido di te, non ho aspettative su di te. Non hai onore, senso della famiglia né tanto meno rispetto per nessuno, a cominciare da te stessa- il tono di voce di Cygnus era laconico, l’aria nella stanza umida e pesante - So che vai regolarmente a far visita a quel buono a nulla di Evan Rosier, un fallito pieno di debiti e senza fissa dimora, un invertebrato che ha dilapidato il suo patrimonio personale. Tutto questo deve finire - concluse, perentorio.
- Vi siete permesso di farmi pedinare?- gli chiese ancora Bella - mi avete vista con Rosier e pensate di sapere tutto?-
- No, ti ho vista con Alderman e quindi so davvero tutto- ribatté Cygnus.
Lei sussultò suo malgrado e questa volta non riuscì a nascondere quanto fosse sconvolta.
Cygnus si alzò in piedi, aggirò la scrivania, superò sua figlia e si mise a fianco della porta, pronto ad aprirla.
- Tu consumerai il tuo matrimonio con Rodolphus Lestrange- le ordinò - e resterai incinta di lui-
- E se lui non fosse in grado?- lo sfidò lei, alzandosi di nuovo in piedi - se noi non fossimo in grado di concepire?-
- Da quello che so, lui può- Cygnus sembrava pronto a ribattere ogni colpo - se tu non sei in grado resterai in ogni caso sposata con lui ma i Lestrange avranno diritto di chiedere che metà dei nostri averi passino istantaneamente in mano loro- la cosa non sembrava turbarlo più di tanto.
- Ti avviso- proseguì, prima che lei potesse protestare - non accetterò eredi bastardi, se il figlio non sarà suo lo saprò, perché nell’accordo prematrimoniale è stato specificato che verrà effettuato un test di paternità. Se dovesse mai emergere che hai tradito tuo marito, i Lestrange avranno il diritto di far valere il contratto come se noi avessimo chiesto l’annullamento e, al tempo stesso, di pretendere che la tua bacchetta venga spezzata e tu esiliata a Inis Ceithleann…-
Bellatrix impallidì, avvertendo una forte nausea.
- L’Oscuro Signore non lo permetterà- disse, ma dentro di sé non era convinta nemmeno lei di questo - avete detto Voi stesso che egli mi ritiene importante per la causa!-
- Lord Voldemort vuole obbedienza, rigore e che si mantengano i principi che contraddistinguono i purosangue, comprese le punizioni…- non c’era altro da aggiungere e Bellatrix conosceva troppo bene il Signore Oscuro per non sapere che nessuno era intoccabile davanti alla sua ira.
- Silente- e pronunciando quel nome il volto di Cygnus si contorse orribilmente - non è ancora riuscito a cambiare tutto, certi privilegi e certe antiche tradizioni sono ancora prerogative delle famiglie purosangue- la sua soddisfazione era evidente - i tempi stanno cambiando, un vento nuovo sta soffiando tra i maghi e presto avere un sangue puro avrà nuovamente un peso, come era una volta e come è giusto che sia-
Cygnus spalancò la porta per congedarla e lei avanzò lentamente verso di lui, superandolo e fermandosi poco oltre la soglia per guardarlo negli occhi.
- Ti sei dato molto da fare per trasformare la mia vita in un Inferno...- gli sibilò con gli occhi freddi e le labbra esangui, passando a dargli del tu - ...farò il mio dovere, puoi starne certo, papà! -
I due si congedarono così, lei scivolò via e lasciò la casa e lui rientrò nel suo studio, chiudendosi la porta alle spalle.
 

 

Kebby aveva fatto il suo dovere e, nonostante Abraxas fosse in casa, aveva ubbidito agli ordini di Lucius e aveva aperto la stanza misteriosa  per fare in modo che il padrone giovane potesse accedervi.
Lucius osservò il ritratto di Druella Rosier, così  come aveva fatto centinaia di volte in quegli ultimi dieci anni.
All’inizio, per lui, quella fanciulla era stata una misteriosa sconosciuta che gli causava profondi turbamenti, poi l’immagine di Narcissa si era sovrapposta a quella di Druella e lui aveva colmato i suoi occhi con l’immagine di lei, sentendosi libero di osservarla e  imprimendosi ogni particolare nella mente.
Adesso, dopo il suo soggiorno a Malfoy Manor, Narcissa gli appariva completamente diversa da sua madre.
Lucius poteva notare tutti i minimi dettagli che le differenziavano: gli occhi della figlia avevano una forma più allungata e intrigante, le sopracciglia avevano un arco più delicato, il naso era più piccolo e perfetto, le labbra più sottili ma dalla piega meno capricciosa.
Il ritratto non lo turbava più.
Sfoderò la bacchetta e, con un movimento del polso, inflisse un taglio sulla tela, sfregiando il bel volto immobile.
Ripensò a Weirwater, alla paura che aveva avuto vedendo Narcissa tra le braccia del Signore Oscuro, al profondo disagio di dover eseguire degli ordini davanti a lei.
Un altro squarcio si aprì sulla tela.
Rammentò a sé stesso quanto si sentisse debole e in balia degli eventi da quando aveva preso pienamente coscienza dell’amore che provava per la sua promessa sposa.
Ricordò quanto la sua lucidità fosse venuta meno, quanto i suoi pensieri si fossero persi, nei momenti meno opportuni, scivolando inesorabilmente verso di lei.
Ripensò con quanta rabbia e frustrazione avesse gettato la maledizione Cruciatus su Evan, usandolo come sfogo, furioso non solo verso il suo amico ma anche e soprattutto verso Narcissa, verso di lei che lo teneva, inconsapevolmente, in suo potere.
Rammentò, infine, l’insana gelosia che lo aveva colto quanto aveva visto lei illuminarsi e gioire alla vista di Severus, una gelosia assurda verso un ragazzino povero e mezzosangue .
Narcissa gli stava condizionando la vita e lui, questo, non poteva permetterlo.
Il quadro si lacerò del tutto.
Lucius emise un sospiro.
Non era più un bambino, non aveva bisogno che un elfo domestico ponesse riparo ai suoi danni.
Con un lieve movimento della bacchetta sigillò nuovamente la tela e ricompose il quadro, senza che alcun segno restasse visibile.
Sapeva quello che doveva fare, non poteva più rimandare.

 

Fine trentottesimo capitolo

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Capitolo 39
*** Doveri Imprescindibili (seconda parte) ***


Come sempre grazie infinite a chi legge questa storia e, in particolare, a LostHope92 che ha recensito e che mi incoraggia sempre. Faccio del mio meglio ma il poco tempo a disposizione non mi consente di essere impeccabile come vorrei. A presto!
 

 

‘Un gelido destino’  

 

Trentanovesimo capitolo

 

(Doveri imprescindibili- parte seconda)


Quando Narcissa scese al piano inferiore non trovò nessuno, Bellatrix era già andata via e Cygnus era chiuso nel suo studio e le aveva lasciato detto che l’avrebbe vista a cena.
Con un sospiro la ragazza si chiese come avrebbe occupato il proprio tempo fino a sera e si rese conto, una volta di più, di essere sola.
“Non pensavo di essere così debole da soffrire tanto di solitudine…” si disse “del resto avevo una sola amica, Rubinia, ed è sparita nel nulla anni fa. Il mio fidanzato mi evita, mia sorella mi odia e mio padre non trova nemmeno il tempo per venire a salutarmi” sorrise amaramente tra sé e sé “poi mi lamentavo di Malfoy  Manor...ora pagherei per essere ancora la!” decisa a non cadere nell’autocommiserazione la ragazza andò nel salotto azzurro dove, un tempo, lei e le sue sorelle avevano giocato, riso e scherzato o accolto i loro ospiti, e si impegnò nella lettura di un libro.
Passarono le ore e il caldo, la stanchezza e la noia fecero il loro corso e Narcissa si appisolò sulla comoda poltrona accanto al camino spento.
Poteva sentire i rumori della casa eppure stava dormendo, all’improvviso sentì il vento e la pioggia sferzarle il volto “Oh, no!” pensò, angosciata. Sapeva quello che stava per accadere.
Di nuovo quel sogno, quel terribile incubo.
Lei stava in piedi, in mezzo al nulla, il buio la circondava e la pioggia gelida la colpiva con forza, inzuppandole gli abiti, i capelli, il viso.
All’improvviso un uomo le compariva davanti, i capelli bruni incollati al volto scarno. L’uomo sollevava la manica, che gli copriva il braccio sinistro, mostrando il tatuaggio nero di un teschio con una lingua a forma di serpente  e iniziava a parlarle incessantemente, solo che la furia della tempesta le impediva di comprendere ciò che le stava dicendo. Non tutto almeno perché, questa volta, alcune parole volarono fino a lei e Narcissa riuscì ad afferrarle.
“Condanna” “pagare” e poi “ catene, posso liberarmi” ed ecco che si conficcava le unghie nella carne del braccio e si strappava via la pelle, estirpando il Marchio Nero dal suo corpo...Narcissa urlò e il libro che teneva in grembo cadde a terra con un tonfo sordo.
Lei si svegliò di colpo e affondò il volto tra le mani, tremando.
Poi sussultò.
Una mano le si era posata sulla nuca, accarezzandole i capelli.
-Regulus!- esclamò alzandosi in piedi, quando ebbe riconosciuto suo cugino.
- Cissy- le rispose lui, guardandola con occhi preoccupati - quando sono entrato ti ho chiamata ma non mi hai risposto, stavi dormendo ma eri agitata, riposavi male, hai avuto un incubo?-
Lei si sforzò di sorridergli e gli prese una mano tra le proprie.
- Si, ho fatto uno stupido sogno su un Troll- lo disse in tono leggero e divertito - mi sono appisolata leggendo un libro di storie popolari e questo è il risultato! Mi dispiace che ti sia preoccupato, Reg -
Lui non sembrò convinto ma strinse a propria volta le mani di lei e la guardò intensamente negli occhi.
Aveva quattro anni meno di sua cugina, Regulus, ma era più alto di lei e, come tutti i Black, possedeva un’avvenenza straordinaria.
Aveva un bel viso dai lineamenti regolari, molto simile a quello di suo fratello Sirius ma dai tratti più dolci, i folti capelli scuri contrastavano con l’incarnato chiaro ed esaltavano gli occhi grigi e brillanti.
Quegli occhi si riflettevano ora in quelli identici di sua cugina e la cullavano con affetto.
Regulus amava Narcissa.
La amava di un amore tenero e appassionato praticamente da sempre, non ricordava quando questo sentimento fosse nato in lui ma, da quando ne aveva memoria, era stato sempre presente nella sua vita.
Per lui Cissy era la creatura più bella e dolce della Terra, non sognava altro che di starle sempre accanto, non come un cugino o come un amico ma come un compagno. Come suo sposo.
Sapeva che erano parenti e che lei era più grande di qualche anno ma sapeva anche che i purosangue non si erano mai formalizzati sulle parentele pur di combinare matrimoni che preservassero il sangue puro delle famiglie di alto rango. Sapeva anche che lei era promessa a Lucius Malfoy ma anche quello era un ostacolo che poteva essere rimosso.
Il carattere passivo di Regulus si era pian piano trasformato negli ultimi tempi, aveva deciso di non vivere aspettando che accadesse qualcosa, aveva deciso di prendere in mano il suo destino così come gli era stato suggerito da una veggente, una maga che aveva incontrato recentemente a Diagon Alley.
Brigid, si chiamava.
Era giovane e dall’aria fragile ma aveva doti divinatorie che lui aveva ritenuto straordinarie e, servendosi di un oggetto molto particolare, il Breo- saighead, gli aveva indicato la strada giusta per poter realizzare il suo più grande e struggente desiderio: far sua Narcissa.
La sola idea lo inebriava e gli faceva stringere la bocca dello stomaco, lo colmava di ansia e di impazienza.
Voleva crescere, in fretta.
Sei vittima della tua passione e della paura che questa passione ti scatena. Stai tranquillo, se tu lotterai e perseguirai la via della grandezza quella persona sarà tua, inequivocabilmente
Queste erano state le parole di Brigid.
Aveva saputo leggergli dentro, gli aveva narrato di un destino che ancora doveva essere deciso, un futuro simile ad una pagina bianca che lui e solo lui poteva scrivere. Gli aveva spiegato che non esiste un fato preordinato ma solo il risultato della strada scelta, del percorso fatto.
Un’idea che Regulus aveva trovato piena di fascino e seduzione perché, se non poteva cambiare di essere tanto più giovane di Narcissa, di esserle cugino, se non poteva modificare il fidanzamento di lei con un altro, poteva intervenire sul futuro, poteva deviare la sorte.
Adulto lo diverrai anche tu, la ricchezza non ti manca, diventa potente! Desidera il potere, fatti amici i nemici, sfrutta coloro che rappresentano un ostacolo alla tua propria felicità, imponiti di essere forte…se seguirai questa strada, allora si che nel tuo futuro intravedo te stesso al fianco di quella persona. Ma non esistono altre vie, ricordalo! Cambia le tue scelte, dimentica il tuo obiettivo e il tuo futuro muterà inesorabilmente…
Potente...Regulus non desiderava altro, da quando aveva parlato con la giovane veggente non aveva pensato ad altro. Si era imposto di non lasciarsi prendere dalla fretta e dallo sconforto, doveva fare un passo alla volta.
Per lui il primo passo era andare a Hogwarts ed essere smistato tra i Serpeverde.
Il fatto che suo fratello, il suo amato fratello maggiore che lui ammirava tanto, fosse finito tra i Grifondoro lo aveva spaventato molto. La loro madre aveva subito un colpo tremendo ed ora aspettava con ansia che Regulus riscattasse la delusione datale da Sirius.
Ecco, primo obiettivo andare nella Casa dei maghi purosangue, secondo obiettivo ottenere volti altissimi in ogni materia, distinguersi e primeggiare, terzo obiettivo passare quanto più tempo possibile con Narcissa rinsaldando ancora di più il loro rapporto e, infine, capire chi e cosa poteva sfruttare per raggiungere una posizione rilevante.
uno ha i capelli chiari e ti aprirà la porta del potere, donandoti, a sua insaputa, l’eterno affetto di colei che amate entrambi, l’altro ha i capelli scuri…esso è più pericoloso, perché non è facilmente manovrabile ma, stai attento, possiede un’influenza maggiore…
Brigid gli aveva indicato così le persone che avrebbero potuto aiutarlo, più o meno consapevolmente, a raggiungere il suo obiettivo.
Era determinato Regulus, a dispetto dei suoi undici anni e del suo carattere mite. Il suo cuore era tenero ma la sua volontà era quella dei Black e lui non intendeva arrendersi.
- Va tutto bene, Regulus?-
La voce di Narcissa lo riscosse e lui si rese conto di avere ancora la sua mano tra quelle della cugina e di essere in piedi davanti a lei senza proferire parola da diversi istanti.
- Scusami, stavo solo pensando che la prossima settimana partirò finalmente per Hogwarts…- mentì lui con naturalezza.
Lei gli sorrise con dolcezza.
- Sono certa che ti troverai benissimo e che ti farai onore-
- Lo spero proprio, se avrò bisogno di qualche consiglio saprò a chi chiedere- le disse con dolcezza afferrando con più decisione la mano sinistra della ragazza e portandosela alle labbra.
Era un gesto tenero e spontaneo ma inusuale per Regulus, Narcissa stava per dileggiarlo affettuosamente per quella galanteria da adulto quando una voce gelida sulla soglia la prevenne, facendole mancare un battito del cuore.
- Bene, bene…stavo quasi per sfoderare la bacchetta e sfidare a singolar tenzone lo sciagurato che si permette simili smancerie con la mia fidanzata…- Lucius era comparso sulla porta, appoggiato negligentemente allo stipite, con l’aria di uno appena uscito da una doccia rinfrescante piuttosto che essere appena arrivato dal caldo afoso che soffocava Londra, nei vicoli al di fuori della casa dei Black.
Era estremamente affascinante, con una camicia di seta nera e dei pantaloni chiari che fasciavano le gambe lunghe ed atletiche. I capelli biondi, di un biondo pallido e quasi argenteo, erano sciolti sulle spalle e mettevano in risalto la fronte alta. Il viso spigoloso e nobile aveva la solita espressione sarcastica, mitigata da un sorriso che, lei notò, non raggiunse gli occhi chiari, che rimasero gelidi.
Nonostante tutti i suoi dubbi, nonostante la rabbia ed il rancore che provava, nonostante tutto, Narcissa non poté evitare che il suo cuore facesse una capriola alla vista di lui e che un soffuso rossore ravvivasse le sue guance pallide. Si odiò per questo ma non poteva cambiare il fatto che Lucius avesse uno charme, un’elegante mascolinità che sapeva affascinarla, da sempre.
“Qualsiasi cosa sia questo sentimento che mi lega a lui è qualcosa che non riesco a controllare, mi assale all’improvviso fin da quando ci siamo conosciuti” pensò la ragazza, senza riuscire a staccare gli occhi da lui.
- Per fortuna- la voce di Lucius la riscosse - che mi sono reso conto per tempo che si trattava solo del tuo piccolo cuginetto, Narcissa!- il tono sembrava del tutto innocente ma Regulus strinse gli occhi e, invece di lasciare andare la mano della ragazza, se la porto al petto e cinse Narcissa a sé con l’altro braccio.
- Non tanto piccolo, Malfoy- replicò Regulus - in ogni caso non pensavo che fossi un tipo da duello, la trovo una cosa abbastanza sorpassata...una cosa da vecchi!-
I due si fissarono, Regulus aveva un’aria insolitamente spavalda, Lucius lo studiava  con un’espressione sprezzante in volto.
A Narcissa quell’atmosfera non piacque per niente e si sentì molto simile ad un trofeo, una specie di bambola da vincere al gioco, la cosa la infastidì molto e, ovviamente, il suo biasimo era rivolto al suo fidanzato più che a suo cugino.
Lucius avanzò nella stanza con un’aria rilassata che non ingannò né il ragazzo né la ragazza, che sorrise a Regulus e si staccò gentilmente da lui.
- Non aspettavo una tua visita- la voce di Narcissa era fredda - quando ci siamo salutati ieri sera non mi sembrava che ci saremmo rivisti così presto. Se sei venuto per parlare con mio padre lo trovi nel suo studio- il suo era un congedo perché, man mano che passavano i secondi, il risentimento verso di lui stava montando dentro di lei in modo incontrollabile.
- In effetti devo parlare con tuo padre- ammise Lucius notando, con una certa soddisfazione, un lampo di delusione attraversare lo sguardo della ragazza.
Regulus li osservò, con il cuore stretto e la mente in subbuglio.
“Nonostante tutto sento che tra loro c’è qualcosa, Cissy è agitata…” rendersi conto di questo gli causò una sorta di panico, se Narcissa amava Lucius e quel fidanzamento non era solo una questione di interesse allora la sua impresa, il suo desiderio, diventava quasi irrealizzabile.
uno ha i capelli chiari e ti aprirà la porta del potere, donandoti, a sua insaputa, l’eterno affetto di colei che amate entrambi’
All’improvviso una luce si accese nella mente del ragazzino.
“Ma certo! Lucius Malfoy!” esultò tra sé e sé “ capelli chiari, certo! Tutti sanno che è potente, si dice che sia profondamente legato al Signore Oscuro, tutti hanno paura dei Malfoy!E lui…” realizzò all’improvviso “lui ama Narcissa, certo che la ama!”
Si voltò verso la cugina, la ragazza era tesa e aveva innalzato una barriera tra sé e il suo promesso sposo.
Regulus aveva un vantaggio, conosceva Narcissa da sempre e lei gli aveva sempre aperto il suo cuore e quindi gli fu facile capire che Cissy non era consapevole dell’amore che Lucius provava per lei, così come non aveva mai compreso appieno i sentimenti che lui provava per lei. Narcissa era sulla difensiva ed era insicura in quel momento, non si fidava del suo fidanzato e non sembrava credere davvero in quell’unione.
Regulus sentì la speranza crescere in lui, Brigid gli aveva detto la verità, non tutto era perduto.
C’era una spaccatura profonda tra Narcissa e Lucius e lui si sarebbe insinuato in quella frattura e l’avrebbe resa definitiva.
“Devo diventare potente!” questo pensiero lo ossessionava costantemente.
-Regulus- la voce di Narcissa lo riscosse - visto che Lucius sta andandosene- Malfoy ebbe un moto di fastidio per essere stato congedato così freddamente - che ne dici di prendere un té freddo con me?-
Il ragazzo la guardò sentendo lo struggente desiderio di accontentarla ma doveva perseguire la sua strada e la sua strada passava per Lucius Malfoy.
- A dire il vero- si sforzò di dire con un tono sereno - sono qui anch’io per parlare con tuo padre e sono già in ritardo-  avrebbe preferito morire piuttosto che dare quel dispiacere a Narcissa.
Lei ci rimase male ma si sforzò di nasconderlo.
- Naturalmente, non farlo aspettare ulteriormente - gli sorrise la cugina - ci vediamo tra qualche giorno al binario nove e tre quarti?-
- Certo!- lui le sorrise e si allontanò da lei a fatica - vi lascio soli- aggiunse, deciso.
Superò Lucius guardandolo dritto negli occhi “mi devi un favore, Malfoy”.
Lucius rispose a quello sguardo con una curiosa espressione calcolatrice, il volto colmo di diffidenza.
Regulus lasciò la stanza con il cuore stretto ma con la consapevolezza di aver scritto qualcosa di più nel suo futuro.
Brigid avrebbe approvato, stava seguendo la sua strada, stava decidendo il suo destino.

 

 

Una volta da soli, Narcissa e Lucius rimasero in silenzio per qualche secondo.
Un silenzio pesante e assai poco confortevole.
“Perché non se ne va e mi lascia sola” pensò la ragazza, stancamente.
Lui la osservò ancora per qualche istante: i capelli biondi raccolti sulla nuca, con qualche ciocca ribelle che le incorniciava il volto. Il bel volto d’alabastro di lei.
Il vestito verde esaltava la sua figuretta elegante e il colore le accendeva gli occhi chiari di riflessi smeraldo.
Averla così vicina gli ottenebrava la mente e accendeva i sensi, impedendogli di ragionare.
Quella passione che sentiva bruciare in profondità gli scioglieva le viscere come cera incandescente liquefatta dal fuoco.
Fare ciò che doveva gli si presentava molto più difficile di quello che avrebbe creduto e, a dispetto della sua determinazione, dei suoi propositi, delle sue ragioni, i sentimenti che provava per lei stavano spingendo prepotentemente per uscire.
- Bene- mormorò la ragazza - sono certa che mio padre ti riceverà quanto prima, a presto-
Lucius strinse le labbra.
- Mi stai invitando gentilmente ad andarmene?- le chiese, con la voce fredda che vibrava di rabbia.
- No- gli rispose lei, inarcando un sopracciglio - me ne vado io! - e mosse qualche passo per superarlo.
Ma non riuscì a passare perché lui le sbarrò la strada.
- Si può sapere cosa diamine hai?- questa volta la voce sprizzò scintille ad ogni parola, Lucius gettò al vento ogni proposito di restare calmo e controllato - da quando siamo ritornati da Diagon Alley sei diventata più fredda di un inverno scozzese! -
Anche Narcissa sentì divampare la collera dentro di sé e cercò di superarlo senza rispondergli ma lui non era disposto a lasciarla andare.
Tutta la frustrazione di quelle ultime settimane alimentò il furore dei due ragazzi che si fronteggiarono fissandosi e stringendo i pugni.
- Lasciami passare!- gli sibilò lei, furiosa.
- Prima mi farai la cortesia di rispondere! - si inalberò lui.
- Lasciami andare, ti ho detto! Razza di maledetto egoista!- Narcissa si bloccò, incredula di avergli detto una cosa del genere.
Lucius sembrava davvero adirato.
-Lasciami passare, per favore- ripeté lei, cercando di riprendersi - nessuno mi obbliga a farti compagnia -
- Nessuno, tranne i tuoi doveri di ospite- la riprese lui, cercando vanamente di recuperare la calma.
- Credevo ti saresti appellato ai miei doveri di fidanzata!- lo provocò lei, con un sorrisetto di trionfo, cedendo al demone che la incitava a spingere la rabbia di  lui oltre il limite massimo.
- Hai ragione, dannata ragazzina!- esplose Lucius, perdendo il controllo del tutto per la prima volta da quando si conoscevano.
La afferrò per un braccio, la attirò a sé e la baciò con violenza.
Narcissa cercò di opporsi ma la stretta di lui era davvero d’acciaio, e le labbra dure ed esigenti. La ragazza non riusciva a respirare.
Nulla l’aveva preparata ad una simile esplosione di passione, nemmeno il bacio che si erano scambiati pochi giorni prima a Malfoy Manor, nulla.
Non c’era gelo, non c’era sarcasmo, non c’era superbia.
C’era solo un incendio che divampava da lui e bruciava, c’era solo desiderio e lui glielo comunicava con ogni centimetro del suo corpo.
All’improvviso la presa di lui si fece meno violenta, ma non la lasciò comunque andare e seguitò a stringerla come se volesse inglobarla dentro di sé.
Il bacio divenne più dolce e una mano risalì ad accarezzarle la schiena, la nuca e, infine, le sciolse i capelli.
Lucius si aggrappò a quei capelli, attorcigliandoli alla sua mano e tirandoli, costringendola a reclinare la testa per baciarla ancora più in profondità, famelico.
Suo malgrado, Narcissa rispose a quel bacio con altrettanta passione, gettando via ogni riserbo, ogni timidezza, ogni insicurezza.
Si mise in punta dei piedi per aderire meglio al corpo del ragazzo e gli cinse il collo con le braccia, godendo della sensazione dei suoi capelli tra le dita, scavando tra di essi alla ricerca della pelle calda di lui, infilando la mano nel colletto della camicia.
I due ragazzi non riuscivano a staccarsi, lui le accarezzò le braccia nude e le spalle, infine le incorniciò il volto e, con enorme fatica, smise di baciarla e allontanò il viso da quello di lei.
Entrambi ansimavano e continuarono a fissarsi negli occhi ancora per qualche secondo.
- Se non ci fermiamo, sarò costretto a sposarti questa sera stessa…- le disse il ragazzo con la voce arrochita dalla passione, cercando inutilmente di recuperare la lucidità.
Lei lo guardò stordita, con le labbra socchiuse e gli occhi annebbiati.
Lucius imprecò sottovoce, si lasciò cadere sulla poltrona più vicina e la trascinò con sé, mettendosela in grembo e cingendola con le braccia.
Poi riprese a baciarla con ardore.
Narcissa non si oppose, chiuse gli occhi e rispose al bacio con tutta sé stessa, cercò di imprimersi nella mente tutte le sensazioni che provava.
Il profumo di lui, che sapeva di lavanda, di ambra, di muschio...lo respirò come se non dovesse sentirlo mai più, memorizzò le percezioni che venivano da lui, dal suo respiro caldo, dalla pelle liscia, dalle sue mani esperte e decise che l’accarezzavano ovunque.
Ad un certo punto lui prese a baciarle il collo, la gola, la spalla e poi si fermò...Narcissa poté sentire il respiro di lui farsi più regolare.
Le mani smisero di accarezzarla.
- Ti rendi conto…- mormorò Lucius, con le labbra appoggiate sulla sua pelle, il volto sprofondato nell’incavo del collo - che potremo sposarci solo tra tre anni? Ti rendi conto di quello che mi fai? Ti rendi conto quanto mi costi fermarmi?-
Non sembrava aspettarsi davvero una risposta e quindi Narcissa tacque, godendo intimamente del fatto che, per una volta, fosse lui ad essere in balia degli eventi.
“Mica deve toccare sempre a me!” pensò con una punta di umorismo e la testa leggera, ancora inebriata da quei baci.
Lucius sospirò e si appoggiò allo schienale della poltrona, tenendo gli occhi chiusi, un braccio che ancora cingeva la vita sottile di lei e l’altro abbandonato lungo il fianco.
Narcissa non osava muoversi, non capiva se lui si fosse addormentato di colpo o no ma una cosa era certa, Lucius sembrava sfinito.
Lei si prese la libertà di osservarlo da vicino, con calma e senza pudori.
Non lo aveva mai guardato così attentamente perché i loro incontri erano stati sempre burrascosi, frettolosi o distratti da troppe interferenze esterne.
Il volto di lui aveva dei bei lineamenti, poteva scorgervi qualcosa del padre, Abraxas, ma anche i tratti della madre, una splendida strega originaria della Cornovaglia. Narcissa ne ricordava bene le fattezze perchè aveva passato giornate intere passeggiando tra i quadri degli avi dei Malfoy.
La pelle era pallida e priva di imperfezioni, era sbarbato di fresco e il viso era perfettamente liscio.
Tuttavia lei notò delle ombre scure sotto gli occhi e le labbra erano tirate.
“E’ stanco” pensò la ragazza “ e preoccupato…”  realizzò poco dopo.
Lucius aveva sempre di più la responsabilità del nome dei Malfoy e, lei lo sapeva bene, era anche impegnato a lottare al fianco del Signore Oscuro, il potente mago che reclamava i diritti dei purosangue e che esigeva un Mondo in cui i maghi dal sangue puro avessero un ruolo predominante.
Onore, gloria e potere, certo, ma tutto ciò aveva un prezzo.
Lei ricordò la notte d’estate in cui aveva visto Lucius uccidere un uomo a sangue freddo, erano passate poche settimane eppure le sembrava qualcosa accaduto in un tempo remoto.
Improvvisamente, Narcissa, si rese conto che Lucius non aveva ancora compiuto ventun anni, era un uomo adulto ma, in realtà, era poco più di un ragazzo e, dopo questa considerazione, lo vide molto più giovane di come non lo avesse mai visto.
Lo aveva sempre considerato un uomo irraggiungibile ma, realizzò, alla fine lui aveva solo cinque anni più di lei ed era più giovane di Evan Rosier.
Questo pensiero le diede un pò di sollievo, mitigando l’impressione che le parole di sua sorella le avevano scavato dentro.
Gli occhi di Narcissa si soffermarono sul collo, un bel collo virile, e poi risalirono, incontrando quelli di lui.
Non poté non arrossire, Lucius era sveglio, non stava affatto dormendo e contraccambiava lo sguardo, sorridendo.
- Ebbene- le chiese - ora che mi hai guardato così bene ti ritieni soddisfatta, sono degno di diventare tuo marito?-
Il suo tono non era eccessivamente sarcastico e lei non si irritò come avrebbe fatto di solito.
- Mi piace il tuo collo- buttò la, senza pensarci, e poi desiderò sprofondare per quello che aveva detto.
Lui non si era aspettato nulla di tutto ciò e gli occhi non riuscirono a nascondere la sorpresa e l’incredulità.
- Il collo?- le chiese, troppo stupito per prenderla in giro.
- Io...si...hai una bella gola- Narcissa si sentì davvero stupida.
Lui gettò indietro la testa e cominciò a ridere di gusto, rideva senza ritegno, una risata che sembrava liberatoria.
Lei si indignò ma non riuscì ad arrabbiarsi veramente, attese composta che la sua ilarità si placasse. Le piaceva sentirlo ridere.
Ci volle qualche secondo, poi la risata si esaurì e lui sospiro compiaciuto.
- Allora- le sorrise, malizioso - ti ho messo a disposizione tutto me stesso e tu ti accontenti del mio collo?-
Narcissa si rese conto di quanto fosse assurda quella situazione, lei che stava ancora in braccio a lui, Lucius che giocava a fare il fidanzato, fingendo che le settimane appena trascorse non fossero mai esistite.
Era solo un’illusione ma era un’illusione troppo bella per farla svanire subito.
- Non mi hai detto cosa preferisci di me- lo provocò allora lei - io sono stata completamente sincera con te! -
Gli occhi di lui si fecero seri e ciò che lei vide in quello sguardo la fece tremare e arrossire violentemente.
- Non posso dirti quello che preferisco di te, mia dolcezza- le sussurrò lui, con voce suadente, accarezzandole il fianco con la mano che ancora la teneva stretta - sei ancora minorenne!- e, dopo averle schioccato un bacio sulle labbra si alzò di colpo, rischiando di farla cadere rovinosamente a terra.
Lui la mise in piedi senza incidenti.
Si ritrovarono, nuovamente, uno di fronte all’altra, in mezzo alla stanza.
Lui non sorrideva più e ogni scintilla di allegria era scomparsa dal suo viso.
Lei sentì di nuovo quel gelo, quella distanza, porsi tra di loro.
- Immagino che tuo padre sia libero, adesso - le disse, assumendo il consueto tono annoiato e spocchioso - grazie della compagnia, ti auguro una buona permanenza ad Hogwarts -
-...grazie a te...- mormorò lei, senza riuscire a nascondere la tristezza per quel repentino cambiamento.
Lucius sembrò esitare, i suoi occhi lasciarono trasparire la lotta che infuriava dentro di lui, poi rammentò a sé stesso quali fossero le sue priorità e ricordò i suoi proponimenti fatti davanti al quadro sfigurato di Druella. Perdere la ragione era stato un errore madornale, forse si era giocato davvero tutto.
Girò sui tacchi e lasciò la stanza.

Narcissa provò una gran voglia di piangere, tutto il suo corpo urlava insoddisfatto, incatenato dalla frustrazione per quell’incendio che lui aveva acceso e che ora lei non sapeva come spegnere.
La sua mente non riusciva a recuperare la lucidità e il suo cuore si sentiva ingannato una volta di più: aveva creduto di sentire qualcosa di diverso in lui, tra di loro e, invece, era stata l’ennesima illusione durata pochi istanti.
Non riusciva a capire gli uomini e, forse, era proprio questo il problema.
Represse le lacrime e raddrizzò la schiena.

Chiamò a raccolta il proprio orgoglio e decise di non pensare più a Lucius Malfoy, alle sue mani diaboliche, alle sue labbra rapaci e al suo collo virile almeno per le prossime ore.


Fine trentanovesimo capitolo

Angolino simpatico (ossia note dell'autrice): Visto? Solo trentanove capitoli per avere una scena d'amore come si deve, almeno spero! ^_^ adesso ne farò passare altrettanti XD Tra l'altro proverò a cambiare font perché quello usato fino ad ora non mi soddisfa...dopo soli trentanove capitoli, appunto! Grazie ancora e a presto.

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Capitolo 40
*** Doveri imprescindibili (ultima parte) ***


Grazie, come sempre, a chi legge questa storie e, in particolar modo a: LostHope 92 e Occhioni_Azzurri per aver recensito ^_^ (grazie ragazze!) I prossimi capitoli potrebbero subire dei ritardi perché l'influenza incombe sulla mia famiglia (me compresa)...nel caso chiedo scusa! A presto (spero...)!

Un gelido destino

 

Quarantesimo capitolo

 

(Doveri imprescindibili- ultima parte)

 

 

Regulus non si era mai sentito a proprio agio con suo zio e, del resto, Cygnus aveva sempre dimostrato di preferirgli suo fratello maggiore, Sirius. C’era stato un tempo in cui i continui rimbrotti del fratello di sua madre avevano ferito il ragazzo, ma ora non era più così.
Molte cose erano cambiate in quegli ultimi anni, per prima cosa, Andromeda, la cugina maggiore di Regulus, se n’era andata e aveva sposato un babbano. Quell’avvenimento aveva provocato un terremoto in seno alla famiglia Black, da quel momento Cygnus aveva imposto che il nome di sua figlia non fosse mai più pronunciato, specie in sua presenza. Le occasioni per riunire la famiglia erano divenute sempre più rare e i bei tempi dei giochi e della spensieratezza erano svaniti per sempre.
Regulus aveva compreso che il gesto di sua cugina aveva procurato molto dolore a suo zio e anche a Narcissa, si era reso conto che, andandosene, Andromeda aveva portato via con sé tutto il calore e la serenità della sua famiglia.
La seconda cosa che era accaduta riguardava Sirius, il quale aveva cominciato con il ribellarsi sempre più apertamente alla famiglia. Il suo ingresso ad Hogwarts e il conseguente smistamento nella casa di Godric Grifondoro invece che in quella di Salazar Serpeverde, il suo stringere amicizie con maghi notoriamente traditori del sangue puro, con mezzosangue o persino con sanguesporco avevano causato a Walburga un enorme dolore e a Cygnus la perdita dell’unico erede che ritenesse degno del cognome Black.
Da quel momento, Regulus era divenuto quello su cui puntare, il probabile erede, colui che avrebbe portato avanti il cognome dei Black onorandone le origini nobili e il sangue incontaminato di mago.
Il ragazzo, che adesso aveva undici anni e stava per fare il suo ingresso ad Hogwarts, non si faceva illusioni sul repentino cambiamento di suo zio nei suoi confronti, non che Cygnus lo trattasse con particolare affetto ma, almeno, aveva smesso di maltrattarlo e gli si rivolgeva con fredda cortesia. Un bel progresso agli occhi di Regulus.
Per quanto lo riguardava quell’uomo contava per un solo motivo: era il padre di Narcissa.
Adesso zio e nipote si trovavano nello studio di Cygnus, seduti l’uno di fronte all’altro, in un atmosfera tranquilla ma priva di qual si voglia slancio affettuoso.
- Tua madre mi ha chiesto di farti le raccomandazioni di rito prima della tua partenza- gli disse Cygnus, che sembrava poco interessato alla cosa ma che era sufficientemente legato a sua sorella per esaudire questo suo desiderio.
- Ti ringrazio zio- disse Regulus, compìto - sarò lieto di ricevere ogni tipo di consiglio, tuttavia voglio tranquillizzare te così come ho fatto con mia madre- aggiunse in tono deciso - Io sarò smistato a Serpeverde, su questo non c’è alcun dubbio, perché l’onore della mia famiglia e l’orgoglio di essere un purosangue sono le cose che più contano per me- concluse, garbato e ossequioso, ma determinato.
Cygnus inarcò un sopracciglio.
La sua giornata avrebbe dovuto svolgersi diversamente, dopo aver rimesso al proprio posto Bellatrix avrebbe dovuto sbrigare degli affari importanti al Ministero e a Notturn Alley. Invece, sua sorella gli aveva spedito una lettera via Gufo in cui gli chiedeva di ricevere il suo figlio minore e indottrinarlo circa i suoi doveri e le sue responsabilità una volta giunto ad Hogwarts.
Gli era sembrato un compito piuttosto ingrato, Regulus non suscitava in lui un particolare attaccamento ma, sapendo quanto sua sorella fosse provata dal comportamento di Sirius, aveva accettato.
Anche perché, la parte finale della lettera lo aveva spiazzato e lo aveva spinto ad accollarsi quell’impegno.
- Mi fa piacere che tu abbia chiari i tuoi obiettivi- approvò senza alcun calore - sono certo che la famiglia Black potrà contare anche sul tuo apporto per  mantenere vivo il nostro orgoglio e il buon nome della casata-
Regulus si accorse di provare una certa stizza nei confronti di suo zio che, evidentemente, non lo prendeva sufficientemente sul serio.
- In realtà- proseguì il ragazzino - sono qui anche per un altro motivo-
Cygnus si irrigidì leggermente, sapeva dove Regulus volesse andare a parare ma non gradiva affatto la cosa.
- Ti ascolto- gli disse, comunque.
- So che la mamma te ne ha già parlato - proseguì Regulus -ma voglio essere io a dirtelo. Tutto ciò di cui abbiamo appena parlato: l’orgoglio della famiglia, il rispetto del sangue puro e tutto quello che riguarda la nobiltà del blasone della famiglia Black, intendo non solo mantenerlo ma lottare per essi. Desidero poter dimostrare la mia lealtà all’Oscuro Signore e dedicarmi alla sua giusta lotta-
Cygnus lo fissò, torvo.
- Sei poco più di un bambino - gli disse freddamente - non hai ancora iniziato la tua istruzione magica, non puoi fare magie al di fuori della Scuola di Hogwarts...come pensi che io possa introdurti al Signore Oscuro?- adesso la voce aveva un tono sarcastico ed incredulo insieme.
Regulus si sforzò di non arrossire e di non lasciarsi schiacciare così facilmente.
- Infatti non pretendo che accada adesso- disse lentamente, come parlando ad una persona dura d’orecchi e di comprendonio.
Cygnus si accigliò e un lampo di antipatia attraversò il suo sguardo.
- Io andrò ad Hogwarts, diverrò un Serpeverde, otterrò voti perfetti e affinerò ogni singola arte magica e solo allora, non appena mi sentirò pronto, ti chiederò di aiutarmi a tenere alto il nome dei Black!- concluse il ragazzo cercando di apparire fermo e deciso.
- Se sei convinto che questa sia la tua strada - gli disse Cygnus con un tono duro e definitivo - allora non hai bisogno di me, troverai il tempo e il modo più consoni per  raggiungere il tuo obiettivo. Buona fortuna!-
Il suo era un congedo e non ammetteva repliche.
Regulus ingoiò la delusione e la frustrazione.
Stava facendo di tutto per trovare dentro di sé la forza, il coraggio e la determinazione ma tutti continuavano a trattarlo come un bambino, persino Cissy.
“Devo crescere!” si disse, colmo di rabbia “devo diventare potente!Devo!”
- Bene zio, non mi aspettavo nulla di diverso da te, lo avevo detto alla mamma che era inutile ma lei ha voluto lo stesso provare- disse amaramente, alzandosi - saprò farti ricredere, riuscirò a fare qualcosa che nessun altro ha fatto, otterrò quello che voglio e me la caverò da solo.Ti stupirò, così come ti ha stupito Sirius - il volto di Cygnus si fece di pietra - ma, a differenza sua, io non ti deluderò e, a quel punto, ti chiederò l’unica cosa che mi interessa ricevere da te…-
Chinò il capo in segno di saluto e uscì dalla stanza.

 

Una volta fuori respirò a fondo, combattendo contro il tremito interiore e il desiderio di correre da Narcissa e trarre da lei il calore e l’affetto di cui sentiva profondamente il bisogno.
“Non posso” si rammaricò “non è così che si comporta un uomo adulto e forte…”
Fece un passo e quasi si scontrò con Lucius, che stava arrivando.
- Oh…- mormorò Regulus e sollevò lo sguardo sul suo rivale, colui che minacciava di togliergli la cosa più importante che avesse al mondo.
L’altro lo fissò gelido, con i suoi occhi chiarissimi che non mostravano emozione.
“Cosa mai avrà in comune quest’uomo freddo e odioso con la creatura più dolce della Terra?” si chiese Regulus, infastidito.
Sfoderò un bel sorriso che sembrò spiazzare Malfoy.
- Spero che tu e Narcissa abbiate chiarito!- gli disse, gentilmente - ci vediamo!- e fece per superarlo.
- Siete cugini di primo grado…- gli disse Lucius, con la sua voce insopportabilmente snob e strascicata, mettendo le mani in tasca e arricciando le labbra.
Regulus sussultò leggermente ma si voltò con l’espressione stupita più innocente del mondo.
- Certo! Suo padre e mia madre sono fratello e sorella!-
La bocca dell’altro ragazzo si storse in un sorriso sarcastico.
- Sangue puro, non sangue incestuoso…- lo redarguì Lucius, quasi cordialmente - ad Hogwarts troverai decine di bambine purosangue con cui giocare!- e gli sbatté la porta in faccia, lasciando Regulus pieno di rabbia e frustrazione.


- Oggi mi sento come un impiegato della Gringott- il sorriso di Cygnus era finalmente disteso e l’espressione degli occhi cordiale, senza finzione alcuna.
Era amico di Abraxas Malfoy dai tempi di Hogwarts, avevano condiviso molte cose e molte idee.
Gli aveva invidiato il suo matrimonio felice con una donna non solo bella ma forte e retta come una spada e, sopra ogni cosa, gli aveva invidiato la nascita di un figlio maschio, specie dopo che a lui erano nate solo figlie femmine.
Lucius aveva tutta la sua incondizionata stima e assoluta  ammirazione, era un giovane uomo dal grande talento per gli affari, era determinato e, nonostante la giovane età, era il braccio destro dell’Oscuro Signore.
In cuor suo, Cygnus sperava ardentemente che lui e Narcissa si sposassero e avessero un figlio maschio perché, ne era certo, da quell’unione avrebbe potuto nascere l’unico erede degno dei Black.
- Mi ha sorpreso molto la tua richiesta di incontrarci, so che sei molto impegnato…- tra i due uomini passò una corrente di complicità.
Lucius prese tempo, osservando il volto di Cygnus.
- Ciò che devo dirti non ti piacerà- gli disse poi, parlando con voce chiara.
Cygnus chiuse un attimo gli occhi, con un sorriso rassegnato sul volto.
- Non ricordo più da quanto tempo non ricevo una buona notizia…-
Lucius sorrise a propria volta, sospirando lievemente. Poté sentire nelle narici il profumo delicato che Narcissa gli aveva lasciato addosso.
- Voglio rompere il fidanzamento- disse lentamente, osservando il volto di Cygnus che non mostrò alcuna sorpresa o emozione.
- Posso chiederti perché? - gli chiese l’uomo - Narcissa ha fatto qualcosa che non doveva?- il tono diceva chiaramente che una simile ipotesi era quanto meno incredibile.
- Assolutamente no - lo rassicurò Lucius - lei è...perfetta. Sono io che, in questo momento, ho bisogno di avere la mente libera-
Di nuovo tra i due uomini ci fu un lampo di profonda comprensione.
- Cosa ha detto l’Oscuro Signore?- gli chiese allora Cygnus.
- Non lo sa - Lucius fece un sorrisetto strano, quasi a scusarsi - metto la mia vita nelle tue mani perché, se e quando glielo dirò, non gli dirò certo che ho bisogno di restare lucido...sarebbe come invitarlo a non fidarsi di me e, tu lo sai, ciò non sarebbe una mossa saggia-
Cygnus convenne con un semplice movimento della testa.
- La tua vita è solo nelle tue mani figliolo, per quanto mi riguarda mi atterrò a qualsiasi motivazione vorrai addurre e, del resto, tu hai nelle tue mani la vita delle mie figlie...tutte loro…- aggiunse, fissando Lucius negli occhi.
- Certo, non lo dimentico…- il ragazzo non sorrideva più, fece per alzarsi ma Cygnus lo bloccò con un gesto.
- Narcissa cosa ha detto?-
Questa volta Lucius sorrise apertamente, un sorriso amaro - Non lo sa ancora e, del resto, questo fidanzamento non è stato mai ufficializzato...di nuovo mi metto nelle tue mani!-
Cygnus scosse la testa, leggermente esasperato.
- In realtà La Gazzetta del Profeta ha parlato molto di voi due, per lei potrebbe essere un duro colpo…-
- Molto presto i giornali avranno ben altri argomenti di cui trattare!- disse Lucius, con voce dura e metallica.
Cygnus assentì con un leggero movimento della testa -Mi lasci una brutta incombenza, davvero ingrata! E cosa credi che farà?-
Lucius alzò un sopracciglio.
- Narcissa? Aspetterà!-
I due uomini si congedarono senza aggiungere altro.

 

La casa dei Lestrange si trovava a metà strada tra Londra e Brighton, ben occultata ai babbani ma sufficientemente avulsa anche dai vari siti magici inglesi.
Bellatrix osservò la casa, una volta sciolti gli incantesimi che la tenevano al riparo da sguardi indiscreti, e provò il consueto brivido di repulsione.
“Si possono detestare un mucchio di mattoni? Odiarli al punto da sentire le viscere contorcersi e gli occhi sanguinare al solo guardarli?” si chiese la giovane donna, stringendo i pugni in modo spasmodico.
“ Si, si può...eppure mai odiare quanto odio coloro che vi dimorano!” si rispose sapendo che, una volta varcata quella soglia, si sarebbe ritrovata davanti le persone che avevano giocato pesantemente con il suo futuro.
Quello che suo padre le aveva rivelato solo poche ore prima le agitava dentro una furia incontrollabile.
Si avvicinò lentamente alla porta e l’aprì, ritrovandosi nel vestibolo fiocamente illuminato.
Si tolse il mantello e l’appese, nessuno le venne incontro ma vide un filo di luce filtrare al di sotto delle doppia porta che si trovava alla sua sinistra, vicino alla grande scalinata che dominava l’ingresso e conduceva al primo piano della casa.
“Bene, la mia famiglia dev’essere riunita in salotto!” pensò, dilatando le narici per la rabbia ed il disgusto.
Raddrizzò le spalle e, una volta giunta davanti alla porta, la spinse con forza, senza bussare  e senza delicatezza alcuna.
Il rumore della porta che si spalancava fece sussultare le quattro persone che si trovavano all’interno: il Signor e la Signora Lestrange, Rodolphus e una pallida cameriera dai capelli color stoppa e lo sguardo vacuo.
I Lestrange non volevano elfi domestici al loro servizio e preferivano del personale umano, generalmente selezionato da famiglie purosangue minori e cadute in disgrazia, possibilmente straniere e con difficoltà nell’esprimersi e nel comprendere la lingua inglese, tranne che per gli ordini di natura pratica che necessitavano per svolgere il loro lavoro.
Al momento il personale di servizio era composto da tre persone che erano anche un nucleo familiare: Klemen, il padre, che svolgeva mansione di maggiordomo e uomo tutto fare, Cilka, la madre, che cucinava e fungeva da cameriera personale della Signora Lestrange e Zvonimira, la figlia, che il Signor Lestrange aveva ribattezzato “Mira”, stressatissimo da quei nomi stranieri così difficili, e che svolgeva mille piccole mansioni e, all’occorrenza e piuttosto terrorizzata, faceva da cameriera personale a Bella.
Il suo ingresso non parve rendere nessuno particolarmente felice: Ysaline Lestrange strinse le labbra con disappunto, Rodolphus Senior si sistemò gli occhiali sul naso con aria fintamente rilassata, Mira impallidì ancora di più e si mise in un angolo, come se si aspettasse una punizione, e Rodolphus si accartocciò letteralmente sotto lo sguardo fulminante di sua moglie.
“Che gruppo di inutili lombrichi!” pensò Bella, sentendo la nausea travolgerla.
- Sei rientrata, mia cara…- le si rivolse freddamente, con il suo caldo accento francese, Ysaline che, tra tutti, era quella con il carattere più forte e determinato.
- Mira, lasciaci…- ordinò seccamente Bellatrix - vai a prepararmi un bagno caldo e molto profumato, ho bisogno di togliermi di dosso l’olezzo che sento...anche se, forse, non sono io ad emanarlo…-
Mira scappò dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Il silenzio cadde sulla stanza e la prima a romperlo fu nuovamente Ysaline.
- Mi sembri turbata, c’è qualcosa che non va?-
Bellatrix strinse gli occhi e si avvicinò a suo marito.
- Tesoro, non mi accogli come si deve?- gli chiese, artigliandogli una spalla - non ti alzi nemmeno per salutare la tua mogliettina?-
Rodolphus prese a sudare e la guardò con profonda inquietudine.
Bellatrix scoppiò a ridere, gettando indietro la testa.
- Che bel campione! Come sono fortunata!- lasciò la spalla di suo marito come se si fosse scottata - trovo sconfortante che il mio destino sia legato indissolubilmente a tutti voi...mio padre mi ha svelato il bel segreto celato nella nostra unione, possiamo fare a meno di fingere, ormai!-
Rodolphus borbottò qualcosa che poteva suonare come ‘smettila tu…’, Il Signor Lestrange si schiarì la voce, osservando sua nuora con una sorta di cautela -  Il contratto serve a tutelare tutti noi, te compresa- le disse, cercando di apparire conciliante.
- Non vedo alcun profitto per me, se non quello di guadagnarmi uno schiavo sobrio, da quello che ho capito, quindi evitiamo inutili ipocrisie!- Bella fissò il suo sguardo in quello freddo di Ysaline - L’unico che trae dei reali benefici è Rodolphus che, disintossicandosi, dirà addio alla prospettiva di una morte orribile, evitando di farsi esplodere il fegato e, cosa principale, potrà finalmente giacere con me, dopo averci provato per settimane con un’insospettabile energia!-
Il Signor Lestrange parve enormemente imbarazzato e la Signora Lestrange serrò le labbra con forza, ricambiando lo sguardo di Bellatrix con enorme disprezzo.
Ysaline era una delle poche streghe straniere mai ammesse al ‘United Kingdom Council of Pureblood Witches’, lei e Solange  Araujo, strega portoghese che Bella aveva avuto modo di conoscere la notte in cui Aloise aveva maledetto lei e Cissy, erano al momento le uniche non britanniche presenti.
Avevano avuto l’accesso per le loro nobili origini, il sangue puro e il matrimonio con un mago purosangue inglese ma, sopra ogni cosa, avevano potuto accedervi grazie alla profonda amicizia con Aloise Alderman.
Ysaline non aveva potuto presenziare alla festa in maschera tenutasi cinque anni prima, il giorno della Vigilia di Natale, a Malfoy Manor ma Solange le aveva riferito tutto quanto era accaduto tra Bella ed Aloise. Le aveva raccontato tutto dell’imbarazzante episodio dove la protagonista assoluta era stata la preziosa ed antica collana appartenuta alla Signora Alderman, che la ragazza Black aveva sfoggiato senza ritegno dopo averla ricevuta in dono da Heinrich Alderman.
L’ultima volta che Ysaline aveva veduto Aloise, la sua amica alla quale era legata più che ad una sorella, la donna le aveva raccomandato di proteggere Rubinia.
Due giorni dopo la donna si era tolta la vita e il Signor Alderman aveva rifiutato qualsiasi aiuto, aveva venduto quel poco che gli era rimasto ed era sparito con la figlia.
Ysaline si era infuriata con suo marito, quando aveva capito che aveva rotto il fidanzamento tra Rodolphus e Ruby, ma era rimasta assolutamente sgomenta quando aveva saputo che il posto della figlia degli Alderman sarebbe stato preso proprio da Bellatrix Black, per la quale provava il più grande risentimento possibile.
- Non credere che a noi faccia più piacere di quanto non faccia a te, mia cara! - disse la Signora Lestrange, con la voce permeata di odio e disgusto - sapermi imparentata con una nota sgualdrina non mi rende felice! Vedere mio figlio sposato con una donnaccia non mi da alcuna gioia ma, nuora mia, così è…- Bellatrix la guardava con il volto privo di espressione e gli occhi scuri brillanti e incandescenti- a quanto pare noi donne dobbiamo cedere ai voleri degli uomini, vale per me e vale per te...se vuoi evitare di finire a Inis Ceithleann*, ti converrà accogliere tra le tue braccia mio figlio e farlo con la dolcezza e l’ardore che si addicono ad una giovane sposa innamorata! -
Bella continuò a fissare l’altra donna con un interesse misto ad ammirazione.
- Tranquilla Maman- la derise la ragazza, arricciando le labbra rosse e sensuali - tra due mesi, quando il mio adorato consorte rientrerà sobrio dal suo “viaggio”, potrà godere dei miei favori e porsi totalmente al mio servizio, mettendomi al primo posto tra i suoi affetti e facendomi sentire amata e venerata, come si addice ad uno sposo ebbro della passione per la sua sposa- Bellatrix lanciò uno sguardo ammiccante a Rodolphus, che ricambiò con aria molto confusa - Sono certa che mio marito non permetterà che io finisca ad Inileann!-
Inis Ceithleann era una sorta di Azkaban al femminile, un carcere di massima sicurezza che veniva spacciato per un riformatorio dove le streghe purosangue ed oscure, le incantatrici, le fattucchiere e le negromanti di ogni livello,  che si macchiavano di reati considerati minori ma che avevano leso la moralità, macchiato il buon nome, disonorato la pubblica immagine di qualche Mago o Strega purosangue, venivano spedite a scontare una pena che poteva essere di mesi così come di anni.
La bacchetta veniva spezzata  e qualsiasi altro manufatto utilizzato per diffondere la propria magia veniva distrutto e la strega, anche una volta scontata la propria pena, non poteva sostituirli.
Non ci si poteva liberare di Inis Ceithleann, perché le streghe detenute venivano marchiate a fuoco sul volto, sulla guancia destra, e quel marchio era indelebile.
Non servivano Dissennatori ad Inileann, come veniva comunemente chiamata la prigione, perché le carceriere erano le stesse streghe che una volta vi avevano dimorato come detenute, non c’era futuro al di fuori di quelle mura per loro e, una volta esaurita la condanna, quello restava l’unico posto dove fosse consentito loro di riunire le due estremità delle proprie bacchette, sulle quali veniva posto un sigillo bianco.
Solo ad Inis Ceithleann potevano usare ancora, nei limiti, una certa magia oscura per tenere a bada le altre prigioniere.
Le mura stesse di Inileann, erette usando la roccia bianca di un terreno sconsacrato, erano pregne di magia e controllavano, quasi dotate di vita propria, gli incantesimi ed ogni stregoneria che avvenivano all’interno del perimetro magico della prigione.
Entrare a Inis Ceithleann significava non uscirvi mai più.
Essendo vincolata da un contratto magico, Bellatrix rischiava di finire in quell’ incubo maledetto al primo passo falso, senza bisogno di ulteriori prove e di alcun processo.
Ysaline non sembrò convinta dalla presunta resa di Bellatrix ma ritenne che la minaccia di un viaggio senza ritorno per la Bianca Dimora avesse sortito un certo effetto.
- Bene- intervenne il Signor Lestrange - adesso che ci siamo tutti, credo che possiamo accomodarci in sala per la cena-  disse, cercando di assumere un tono fermo ma gentile e porse il braccio a sua moglie.
Rodolphus si alzò goffamente e, incoraggiato dallo sguardo del padre, porse il proprio braccio a sua moglie.
Bella nascose un moto di disgusto e accettò di aggrapparsi al sostegno offertole da suo marito, subito dopo i suoi occhi scuri incontrarono quelli chiari di sua suocera la quale represse, a stento, un lampo di soddisfazione.
“Mi sei simpatica, Ysaline” valutò Bellatrix dentro di sé “Ed è per questo che ti ammazzerò per ultima! L’onore di essere il primo spetta a qualcun altro, spetta a lui!”
E tutti e quattro si avviarono verso la sala da pranzo, come una famiglia unita e in perfetta armonia.


Narcissa, dopo che Lucius l’aveva lasciata da sola, aveva cominciato a girare inquieta per il salotto, non riuscendo a stare ferma.
“Meno male che non dovevo pensare a lui!” si rimproverò, sforzandosi di dimenticare gli attimi di passione vissuti con il ragazzo, i baci e le carezze, la sua risata, il suo profumo.
“Così impazzisco!” pensò Cissy e decise di risalire nella sua stanza, attraversò l’atrio e iniziò a salire le scale, cercando di fare in fretta per la paura di incontrare qualcuno…Lucius.
Giunta a metà scala sentì la porta dello studio di suo padre aprirsi e, presa dal panico, si acquattò cercando di rendersi il meno visibile possibile.
Sarebbe bastato che uno dei due uomini sollevasse lo sguardo per vederla.
“Potrei morire per la vergogna!” pensò lei, soffocando l’imbarazzo e anche un risolino nervoso.
- Allora ci vediamo presto- disse Cygnus, stringendo calorosamente la mano di Lucius.
- Certo, prima di quanto pensiamo, ne sono certo…- rispose il ragazzo e, con sua somma stizza, Narcissa non poté impedire alle sue viscere di contorcersi e al suo corpo di reagire al suono della voce di lui.
“Non sono diversa da Bella!” pensò, sconcertata da quanto la sola presenza di Lucius suscitasse in lei una reazione così sensuale.
- Venerdì sarà solo l’inizio…- Cygnus aveva un tono vibrante e Lucius si limitò ad annuire, poi si voltò e se ne andò.
“L’inizio di cosa?” si interrogò Cissy, dimentica per un attimo dei suoi turbamenti e sinceramente incuriosita, poi rammentò di trovarsi semidistesa lungo le scale e si rialzò fluidamente per correre al piano di sopra e rifugiarsi in camera sua.
La sera si ritrovò a cena con suo padre, ognuno all’estremità opposta del lungo tavolo apparecchiato elegantemente.
Cygnus ci teneva alle formalità, quando, poco prima, si erano incontrati dopo più di tre settimane di separazione l’aveva salutata con un laconico “Bentornata mia cara” senza particolari inflessioni.
Narcissa era abituata a questa fredda cortesia, le rare volte che suo padre le si era rivolto in modo più spontaneo poteva contarle sulle dita di una mano.
Tutto il calore dei suoi primi anni di vita glielo aveva sempre elargito Dorothy e, sentì la nostalgia quasi sfondarle il petto, Andromeda.
Il carattere di Narcissa non era incline al vittimismo, quando qualcosa la turbava tendeva ad accantonare il tutto in un angolo nascosto e cercava di non pensarci investendo le sue energie in cose costruttive  ma, con un certo sgomento, si rendeva sempre più conto di essere molto sola e di sentire la mancanza di una presenza stabile nella sua vita che le donasse amore e sicurezza.
“Qualcuno che sia solo mio…” pensò, abbattuta.
- Ho ricevuto un gufo da Hogwarts- la voce di suo padre la riscosse dalle sue elucubrazioni.
- Oh…-riuscì a dire lei, cercando di deglutire un boccone di pasticcio di pesce “non è esattamente il mio attimo di fulgore, questo!” pensò, indispettita dalla sua goffaggine, mentre cercava di non strozzarsi “Speriamo che al compimento dei sedici anni le cose migliorino!” e l’immagine di sé stessa davanti ad un’enorme torta con tante candeline ed un’improbabile folla esultante che la festeggiava fece capolino nella sua testa. Narcissa la trovò così spassosa che sbuffò, reprimendo una risata, e per poco non sputò sulla candida tovaglia il suo stopposo pasticcio “non so cosa mi prenda! Forse quello che mi ha baciato oggi non era Lucius ma un Dissennatore!”
Cygnus sembrò perplesso ma interpretò a modo suo quella reazione.
- Non hai ragione di preoccuparti- le disse, sorridendole attraverso il tavolo - trattandosi di te non potevano che essere buone notizie!- e fece un gesto in direzione di un elfo domestico che corse, servilmente, verso Narcissa porgendole un piccolo vassoio d’argento su cui giacevano una pergamena con il sigillo di Hogwarts, chiaramente già aperto, e una piccola spilla argentata con incisi una P e lo stemma della casa di Serpeverde.
La comprensione si fece strada nella mente di Narcissa.
- Mi hanno fatto Prefetto…- mormorò, osservando la spilla e cercando di apparire felice.
“Che ti prende Narcissa? Non riesci a gioire nemmeno per questo? Non volevi rendere tuo padre fiero di te?” si chiese, stupefatta lei per prima dal disinteresse che le arrecava quella notizia “Forse Bella ha ragione, sei un bambola di ghiaccio e nulla più…”
- Ebbene?- la voce di Cygnus la riscosse dai suoi pensieri - sei così sorpresa? Vista la tua condotta e la tua media scolastica, visto anche la tua nobile provenienza non c’è da stupirsi che tu abbia ottenuto questo riconoscimento!-
Sembrava davvero confuso dalla sua blanda reazione.
- A dire il vero me n’ero completamente dimenticata! - gli disse lei, sfoderando il più bello dei suoi sorrisi - ci speravo molto, in effetti! Il Professor Slughorn non si era sbilanciato molto, nella Casa di Serpeverde ci sono sempre studenti brillanti e purosangue…ma certo, ovvio, sono davvero felice!- il sorriso si fece più aperto, riuscendo a non sembrare falso.
Suo padre, in ogni caso, ne fu soddisfatto.
Consumarono il loro pasto in silenzio e poi, quando ebbero terminato, Cygnus ordinò agli elfi domestici di lasciarli da soli e di finire di pulire dopo.
Narcissa rimase stupita e capì che suo padre aveva qualcosa da dirle, come sempre il suo volto rimase impassibile mentre la sua mente lavorava frenetica.
“Forse ha a che fare con Bella!” si disse, poco convinta.
Ripensò al pomeriggio appena passato, agli incontri sostenuti da suo padre “ O con Regulus…” rifletté, sempre meno convinta e poi il cuore le mancò un battito.
“Vuole parlarmi di Lucius…”
Strinse i pugni, indossò la sua corazza invisibile, alzò la barriera che usava per respingere gli urti e si preparò ad ascoltare.
Cygnus si era appoggiato allo schienale della sua sedia e si tormentava il mento con la mano sinistra, mentre con la destra tamburellava sul tavolo, come faceva sempre quando doveva decidere qualcosa o dare brutte notizie.
- Come naturalmente sai - iniziò lui con un tono di voce cauto - quattro anni fa, Abraxas Malfoy mi chiese di unire le nostre due famiglie. Nonostante la differenza di età e la prematurità della cosa, la scelta cadde su di te invece che su tua sorella Bellatrix - lui si fermò un attimo, raddrizzò la schiena e appoggiò i gomiti al tavolo, intrecciando le mani.
I suoi occhi chiari, gli occhi grigi dei Black, si fissarono in quelli identici che sua figlia aveva ereditato da lui.
- Temo che quella decisione sia stata troppo precoce, in questi anni Lucius ha ereditato i doveri e gli oneri di un vero capofamiglia, sollevando Abraxas da molte incombenze e trovandosi impegnato su più fronti per garantire la continuità della dinastia dei Malfoy, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista del prestigio- nella sala da pranzo c’era un silenzio assoluto, la voce fredda e pacata di Cygnus giungeva a Narcissa volando attraverso il tavolo - Tu devi terminare i tuoi studi, ti aspettano ancora tre anni ad Hogwarts e io ritengo, giunti a questo punto, che sia assurdo ipotecare il vostro futuro ma, sopra ogni cosa, esporvi all’interesse dell’opinione pubblica con un così esagerato anticipo- Narcissa sopportò con stoico coraggio tutti quei giri di parole e non cambiò di una virgola la propria espressione.
- In sostanza, non potendo ufficializzare al momento questo legame, non sapendo quale futuro e quali impegni vi aspettino per i prossimi tre anni, non essendoci i presupposti per rinnovare ed approfondire il vostro rapporto, così come auspicato dopo la tua permanenza a Malfoy Manor, ti invito a ritenerti libera da qualsiasi impegno con Lucius -
Cadde il silenzio.
Narcissa sentì il suo cuore rallentare il battito e la sua mente, crudelmente, le fece risuonare nelle orecchie la bella risata spontanea e liberatoria di Lucius.
Le labbra le scottarono, rammentando i baci di lui, e lei poté sentire ogni centimetro di pelle che lui aveva baciato e accarezzato, bruciare.
- Non hai nulla da dire?- la interrogò Cygnus, molto serio in volto - eri solo una bambina quando annunciai questo fidanzamento e riuscisti a mantenere un contegno encomiabile. Ora sei una ragazza, una giovane donna, e ancora riesci a stupirmi con la tua reazione pacata e distinta…- non sembrava molto soddisfatto, invero.
Narcissa si sforzò di ritrovare la voce.
- Sono stupita- concesse, lieta di riuscire a mantenere un tono calmo e la voce salda- non me lo aspettavo, lo ammetto. Credevo fosse qualcosa da palesare più avanti, una specie di segreto familiare che sarebbe stato svelato una volta che io avessi raggiunto la maggiore età. Ma, a quanto pare, voi e i Malfoy avete deciso diversamente - sorrise, fredda - sembrerebbe che io sia libera!-
- Ciò non toglie che dovrai mantenere un contegno degno di una Black - l’ammonì Cygnus, senza negare che la decisione fosse stata presa comune da lui e dai Malfoy - mi aspetto da te un comportamento adeguato alla tua età e alla tua posizione sociale, come sempre del resto. Quando avrai terminato gli studi, non ci saranno più ostacoli di sorta e potremo riprendere questo discorso-
Narcissa sentì montare la rabbia dentro di sé.
Lucius l’aveva messa in attesa perché, non aveva alcun dubbio, era stato lui e solo lui a mettere fine al loro fidanzamento.
Come uno strofinaccio da riporre e poi riprendere all’occorrenza, l’aveva accantonata con l’idea di riafferrarla in un secondo momento.
“Dopo aver fatto i suoi porci comodi” pensò risentita, rammentando le parole di Bellatrix e ricordando fin troppo bene la frustrazione che lui le aveva espresso solo un paio di ore prima, quando ancora la teneva tra le braccia.
Quelle braccia forti che l’avevano fatta sentire protetta e desiderata.
Narcissa si alzò dalla sedia, sorridendo pacata, prendendo la pergamena e la spilla di Hogwarts.
- Mi dedicherò ai miei studi, ai miei G.U.F.O e ai miei compiti da Prefetto, sarà un anno impegnativo! - esclamò con voce lieve, appuntandosi la spilla al vestito - se permettete, padre, mi ritirerei nella mia stanza, non vedo l’ora di scrivere alle mie amiche questa bella novità!- concluse, sventolando la pergamena.
Cygnus sembrò spiazzato ma anche confortato dalla reazione così tranquilla di sua figlia e le concesse il suo permesso con molto sollievo.
Per una volta il suo compito era stato semplice.
Narcissa si voltò e lasciò la stanza, chiudendo la porta con garbo.
Appena fuori dalla sala da pranzo scattò e salì di corsa le scale, si precipitò in camera sua e, non appena fu sola, si strappò la spilla di dosso e la gettò con rabbia contro lo specchio del suo secretaire.

- Che tu sia maledetto, Lucius Malfoy!- urlò, riducendo in brandelli la pergamena di Hogwarts -  così come lo sono io! Ti odio! Arriverà il momento in cui soffrirai anche tu, razza di essere dal cuore di ghiaccio! Arriverà il momento in cui sarai tu a struggerti per qualcuno, a soffrire per qualcosa e allora io sarò la, aspetterò quel momento e infierirò su di te! E sappi - gridò a quel Lucius invisibile - che, anche se non lo sai, mi hai fatto un favore! Hai capito? Mi hai fatto solo un favore! Vigliacco!- e scoppiò a piangere disperatamente.
Passata quella tempesta emotiva Narcissa rimase a lungo per terra, abbracciandosi le gambe, il volto appoggiato alle ginocchia.
Gridare le aveva fatto bene, il petto si era come svuotato e si sentiva più leggera.
Sorrise lievemente, se avesse avuto davanti a sé Lucius, probabilmente, lui non le avrebbe nemmeno fatto finire la frase e l’avrebbe messa a tacere con un bacio.
E i suoi baci erano inebrianti, ammise a malincuore.
Rabbrividì leggermente, sapere di non essere più legata a lui nemmeno da quel sottile filo trasparente le dava una sensazione di vulnerabilità, come se qualcuno le avesse strappato la coperta di dosso lasciandola esposta alle intemperie.
Si sentiva scoperta ed inerme.
Con un sospiro si alzò in piedi, andò a sedersi davanti al suo scrittoio prese una pergamena ed una penna, esitò qualche minuto, lottando contro il desiderio di scrivere a Lucius una sfilza di insulti.
Represse un sorriso, immaginando la reazione di lui nel vedersi recapitare un Gufo di quel tenore.
“Potrei mandargli una strillettera!” ridacchiò più forte e poi sospirò.
Uno strano senso di libertà le nacque dentro, sollevando la sua testa insolente e accostandosi al dolore e all’incredulità.
“Non so quello che voglio!” rifletté, rassegnata.
Iniziò a vergare rapidamente delle parole, con la sua bella calligrafia sinuosa ed elegante: ‘Cara Beb, come stai? Indovina chi è diventata Prefetto?’ proseguì in tono leggero e per poco non aggiunse ‘e indovina chi è stata appena scaricata?’ sorrise tra sé e sé, accese una candela per concludere la lettera e poi legò la pergamena alla zampa di Galatea, la sua civetta dall’insolito piumaggio nero, che mandò alla ricerca di Bebhinn.
“Vola lontano, tu che puoi!” pensò, respirò l’aria della notte e richiuse la finestra, sperando di chiudere fuori anche i pensieri negativi.

Fine quarantesimo capitolo


*Ovviamente Inis Cheitleann me la sono inventata io di sana pianta...tranne il nome, che è un sito dell'Irlanda del Nord dove ho immaginato sorgesse la prigione/riformatorio che, nella mia testa malata, immagino come uno di quei collegi/riformatori cattolici di inizio novecento...alla prossima!!

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Capitolo 41
*** Vecchie conoscenze ***


Grazie mille a chi legge questa ff e grazie, in particolare, a tre ragazze: miss Gold_394, LostHope92 ed EcateC per le loro recensioni, sempre gradite! Buona lettura!



“Un gelido destino”

 

Quarantunesimo capitolo

 

(Vecchie conoscenze)


Hogsmeade era un viavai di streghe e maghi di ogni sorta, essendo uno dei pochi siti completamente magici e trovandosi a ridosso di Hogwarts, le sue viuzze ripide erano sempre animate, i suoi pub affollati e i suoi negozi molto frequentati.
Quando la scuola era aperta il villaggio era particolarmente vivace e ,nei sabati in cui decine di studenti si riversavano per le sue stradine vociando allegramente, i negozi e i locali erano pieni di vita.
Mancava una settimana all’inizio delle lezioni e quel giovedì Hogsmeade era piuttosto tranquillo, il tempo umido e piovoso non invogliava nessuno ad uscire per le strade. Il pub “I Tre Manici di Scopa” aveva qualche avventore, mentre la vecchia locanda  “La Testa di Porco” era vuota e il suo proprietario, un uomo dall’età indefinita e dall’aria burbera, occupava il suo tempo tagliando la legna.
Ad un certo punto lanciò uno sguardo in tralice all’unico visitatore che risaliva la strada nonostante la pioggia battente.
Lo sconosciuto, che indossava un elegante mantello nero rifinito da costosi alamari d’argento, aveva il volto coperto dal cappuccio e, superato il pub fatiscente, continuò lungo la stradina sterrata verso i margini del villaggio.
Il vecchio Aberfoth sospirò di sollievo, non aveva voglia di avere clienti, e continuò di buona lena a spaccare la legna brontolando con la sua capra su quanto la gente fosse strana ad andarsene in giro con quel tempaccio.
L’uomo che indossava il mantello nero dalla squisita fattura, camminò con passo ben disteso, incurante del fango che lordava i suoi stivali di costosissima pelle nera e si fermò solo una volta raggiunta la casupola più isolata di Hogsmeade, sita proprio ai margini di una fitta boscaglia.
La piccola costruzione era alquanto bizzarra: il tetto era ottagonale e di un bel colore viola, le mura esterne erano in calce bianca e l’ingresso era celato da una pesante tenda nera decorata da minuscoli frammenti di vetro che un semplice incantesimo faceva lampeggiare allegramente.
Il misterioso visitatore fece una smorfia divertita, osservando quell’insieme chiassoso e stravagante; allungò la mano per scostare la tenda ma venne preceduto e il pesante tessuto si aprì da solo, invitandolo ad entrare.
L’interno del piccolo cottage era completamente diverso dall’esterno, era cupo e serio, illuminato solo da luci verdastre provenienti da candele sparse qua e la.
Al centro della sala ottagonale vi era un grande focolare spento, sulle pareti troneggiavano delle imponenti corna, al cui centro era posta una grande candela di un verde intenso, spenta anch’essa, e ogni angolo libero dei muri era ricoperto da corna più piccole, ossa e persino teschi di animali.
Dalle travi del soffitto pendevano collane di ogni sorta, ciotole di pietra e rame, decine di ramoscelli di rovo.
Al muro erano poggiati tre forconi ognuno di grandezza diversa e decorati con pietre, ossa o cristalli.
Sulla destra c’era un piccolo tavolo rotondo ricoperto da un drappo viola, dietro ad esso stava una poltrona simile ad un piccolo trono e davanti vi erano due sedie in legno duro dall’aria scomoda.
L’uomo si avvicinò al tavolino e lo osservò attentamente.
Al centro stava un’ampia ciotola, ricavata da un blocco unico di azzurrite, piena d’acqua che emanava vapori color porpora, tra i quali galleggiava pigramente un oggetto dalla forma piramidale sulla cui sommità appuntita stava, in delicato equilibrio, una palla di cristallo nero.
- Bene, bene…- mormorò una musicale voce di donna alle spalle dello straniero - Guarda chi si è ricordato di venirmi a trovare! Non mi dirai che hai problemi di cuore? Non posso credere che proprio tu abbia bisogno di una pozione d’amore...Lucius…-
Lui si voltò, abbassando il cappuccio che gli copriva il capo, sul volto aveva un sorriso aperto e sincero.
- Ti piacciono sempre le entrate spettacolari, Kerenza! -
Lei gli sorrise di rimando.
- E a te piacciono quelle furtive e misteriose, caro nipote!-
Lucius sbuffò, senza perdere il suo sorriso - Siamo cugini non zia e nipote, smettila di cercare di invecchiarti!-
- O di ringiovanire te, piccolo mio…- gli disse la donna avanzando verso di lui e abbracciandolo con affetto, accarezzandogli una guancia con le belle mani dalle dita lunghe e le unghie laccate di nero.
Lui ricambiò la stretta senza problemi e, prima di staccarsi da lei, le posò un lieve bacio sulla guancia.
Kerenza era una giovane donna vicina alla trentina, alta e slanciata; aveva un volto ovale e molto bello, dominato da due grandi occhi castani ombreggiati da lunghissime ciglia scure, e incorniciato da lunghi capelli neri e da una corta frangetta diritta che attenuava la fronte alta e intelligente. La carnagione diafana esaltava le labbra carnose, dipinte di un insolito colore viola, e il neo che spiccava sensuale appena sopra il labbro superiore.
La donna indossava un bell’abito di velluto nero dalle lunghe maniche e dalla foggia inusuale, stretto in vita da una cintura di corda che alternava pietre e cristalli, intervallati da perlacei gusci di lumache.
L’insieme era mistico e affascinante.
- Allora, cosa spinge il mio caro e impegnatissimo Lucius fin qui, nella piovosa Scozia? Dopo sette anni ad Hogwarts mi era sembrato di capire che ne avessi fin sopra i capelli di Hogsmeade e dintorni!- gli disse lei, guardandolo bene in viso senza più sorridere.
- Pratica e diretta come sempre, eh?- Lucius non sembrò offeso per quel repentino cambio di tono - Trovi così impossibile che io sia passato per il solo piacere di vedere come stai? Pensi che non possa semplicemente aver voglia di fare quattro chiacchiere con la cugina di mia madre? -
Kerenza strinse gli occhi e spinse in fuori il labbro inferiore, assumendo un’espressione molto simile a quella di suo cugino.
- Un Malfoy? Fare qualcosa di disinteressato per il solo piacere di farlo?-
Per tutta risposta Lucius si tolse il pesante mantello e lo gettò negligentemente su una delle sedie in legno accanto a lui.
- Dimentichi che sono per metà Arundel!- le ricordò, molto meno sorridente di prima.
- Troppo poco, se permetti! C’è una ridondanza di Malfoy nel tuo sangue e nelle tue fattezze, per non parlare delle tue intenzioni e delle tue azioni!-
Questa volta Lucius non nascose il suo disappunto.
- Non ci vediamo da quasi un anno e questa è la tua accoglienza?- le disse, incrociando le braccia con fare stizzoso - Dovresti cogliere l’attimo e mostrarti più affettuosa, perché non si sa quando e se ci rivedremo di nuovo! -
Questa volta un lampo di preoccupazione attraversò lo sguardo della donna, che sospirò e prese tempo, superando Lucius e andando a sedersi sulla poltrona dietro al tavolino rotondo.
Il ragazzo si sedette nella sedia libera e appoggiò un gomito sul tavolo, posando il mento sulla mano e prendendo a giocherellare, con l'altra mano, con la sfera di cristallo nera che volteggiava leggiadra sulla punta della piramide galleggiante.
- Così la farai cadere!- lo rimproverò lei, ma la voce era meno aspra di prima - I disastri che non combini con quelle mani!- brontolò poi.
Lui le sorrise attraverso il tavolo, con aria furba.
- Nessuna donna si è mai lamentata di quello che faccio con le mie mani! - le disse, malizioso -  E poi te la prendi come se questo pezzo di vetro servisse davvero a qualcosa!- proseguì, continuando a tormentare la sfera.
Kerenza strinse le labbra e gli lanciò un’occhiataccia.
- Si da il caso, caro il mio 'grande amatore',  che, grazie a quel “pezzo di vetro”, io sappia vedere nel destino delle persone e si da il caso che, grazie a queste mie doti, io ci mangi!-
Lucius ridacchiò.
- E me le chiami doti?! Racconti frottole a quelle stupide credulone di studentesse che vengono qui a confidarti le loro pene d’amore!-
- Sei il solito miscredente! Non c’è nulla che valga, per te, oltre ai soldi e al potere o alle amicizie sbagliate!- lo rimproverò.
- Occhio, mia dolce cugina, che le mie amicizie sbagliate potrebbero far saltare in aria questa casa e tutto ciò che ci sta dentro con un solo movimento della mano!-
Lucius dette un colpetto più deciso alla sfera che perse l’equilibrio e rotolò lungo il cristallo a forma di piramide, finendo tra i vapori della ciotola di pietra con un ‘pluf’.
- Sei venuto fin qui per fare della propaganda?- gli chiese lei, osservandolo attentamente.
Lucius sollevò lo sguardo su Kerenza incontrando gli occhi nocciola della donna.
- No.- le disse, senza abbassare lo sguardo e sostenendo il suo esame - Sono qui per chiederti di usare il rospo.-
Questa volta lei si agitò davvero.
- Mi stai chiedendo di usare le magie da Toad*? E su chi, di grazia?-
L’uomo non fece una piega.
- Su di me-
Kerenza sbarrò gli occhi, senza più curarsi di celare la sua sorpresa.
- Dovrei usare il Cronnekduh* su di te?!- esclamò, incredula.
- Non amo ripetermi, ma si, è così.- le rispose lui con aria annoiata - E piuttosto in fretta, perché non ho molto tempo a disposizione-
- Ma si può sapere cosa ti passa per quella testa?- questa volta la donna alzò la voce - Ti presenti qui dopo mesi e mi avanzi una simile richiesta??-
Lucius inclinò leggermente la testa e la fissò con i suoi freddi occhi chiari.
- Lo farai si o no? Devo andare a Notturn Alley per trovare qualcuno che ne sia in grado?-
- Ah! Come se in quel postaccio lurido ci fossero delle streghe che sanno fare qualcosa!- Kerenza sospirò - cosa ti serve?-
Lucius prese tempo, osservando affascinato i vapori che si spandevano dalla ciotola al centro del tavolo.
- Come sai non sono mai stato un Occlumante eccezionale.- parlò lentamente, scegliendo accuratamente le parole - Non ne ho mai avuto particolarmente bisogno perché, non serve che te lo dica,  possiedo doti persuasive tali da non rendere necessaria alcuna indagine per provare la veridicità di ciò che affermo o la sostanza di quello che faccio. Le parole compensano  questa mia carenza nel bloccare la Legilimanzia...l’esatto contrario di Evan, insomma…-
La donna si irrigidì leggermente ,quando Lucius pronunciò il nome del suo amico, ma rimase in silenzio.
Il ragazzo proseguì il suo discorso come se non si fosse reso conto di nulla - Tuttavia mi trovo in una situazione tale, in questo momento, che non mi consente di lasciare nulla al caso. Ho a che fare con persone che padroneggiano la Legilimanzia, persino meglio di quanto io sia in grado di perpetrare le mie doti oratorie, e che non si fanno scrupoli ad usare quest’arte magica. In sostanza, c’è tutta una parte della mia mente, alcune zone se vogliamo, che devo schermare e difendere senza che ciò sia palese al più esperto dei maghi.- si bloccò un attimo, espirando piano - Diciamo che ho bisogno che un velo le ricopra in modo che siano facilmente occultabili o reinterpretabili all’occorrenza... -
Lucius tacque e sostenne lo sguardo di sua cugina, con un’aria determinata.
- Riassumendo.- disse la donna con fare fintamente innocente - Mi stai dicendo che, le tue amicizie sbagliate, non si fanno scrupoli a vagare per la tua mente senza consenso e che hai bisogno di me per nascondere alcuni tuoi “segretucci” perché, correggimi se sbaglio, tu non sei capace di farlo da solo?-
Kerenza aspettò la risposta con un bel sorriso, mentre lui si fece scuro in volto.
- Diciamo che è un’analisi piuttosto veritiera.- ammise il ragazzo - Allora, puoi farlo?-
La donna smise di sorridere.
- Posso ma - alzò una mano, per fermare le parole di suo cugino - Ho bisogno di sapere nel dettaglio cosa e, possibilmente, il perché e ho il dovere di ricordarti che esiste un metodo babbano molto efficace…-
Non finì la frase perché lui la fermò stringendo gli occhi.
- Non lo trovo divertente…- le disse, gelido.
- Quando dico che sei Malfoy e non Arundel lo dico con cognizione; Gwen non disprezzava i babbani, anzi!-
Lui scattò in piedi afferrando il suo costoso mantello, pronto ad andarsene.
Kerenza allungò un braccio e gli afferrò la mano, invitandolo a risedersi.
- Non dirò più nulla, non ti parlerò di ipnosi e di babbani, dimmi solo su cosa devo intervenire…- lo sguardo era supplichevole e Lucius, dopo un attimo di indecisione, si rimise a sedere sulla scomoda sedia di legno.
- Devi “oscurare” tutto quello che riguarda una ragazza…- disse infine, le iridi sembravano  due lastre di ghiaccio.
La donna non mostrò alcuna emozione ma, vedendo che Lucius non parlava più, cercò di proseguire il discorso seguitando a stringergli la mano.
- Mh...se lo desideri posso cancellare direttamente i tuoi ricordi di questa donna e posso bloccare…- non terminò la frase perché il volto del ragazzo si era fatto di marmo e, questa volta, Kerenza non riuscì a reprimere un sorriso - ...No, certo che non vuoi cancellarla…-
Lucius continuò a tacere.
- E così, alla fine, qualcuno è riuscito a fare breccia in quella barriera che hai eretto attorno al tuo cuore.- gli disse, con dolcezza.
- E’ necessario parlarne? Non puoi agire e basta?- la voce del ragazzo era piatta - Tanto troverai solo lei e nessun’altra, non ho bisogno di dirti nulla di più-
- Delle volte fa bene parlarne…- gli disse lei, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice.
- Davvero? Ne sei certa? Parlare di chi si ama è così terapeutico?- la sfidò lui, con un sorriso storto.
Kerenza impallidì lievemente.
- Non si può scegliere chi amare, Lucius. Vale per tutti: per me, per te...e per Evan…-
- Tu vali mille volte più di lei! - le disse lui, addolcito, ricambiando la stretta con la sua mano.
- Forse - ammise la donna - Ma in amore non esiste giusto o sbagliato, esiste solo la persona amata e nient’altro. E ora occupiamoci di te! - sorrise, scacciando l’espressione sofferente dal suo bel volto - A dire il vero sarei davvero curiosa di sapere quale straordinaria creatura ha saputo far perdere la ragione a Lucius Malfoy e suscitare in lui un tale senso di protezione!-
Lui le gettò un’occhiata storta, ma il viso rimase disteso.
- La protezione la voglio anche per me, non attribuirmi sentimenti più nobili di quello che non siano! In questo frangente, dalla mia lucidità, ne andrà soprattutto la mia vita...In ogni caso hai detto bene: è straordinaria. Solo il meglio per i Malfoy! -
I due si sorrisero attraverso il tavolo.
- Allora sarà meglio cominciare, più importanti sono i ricordi e profondi sono i sentimenti, più c’è da lavorare!-
Lei si alzò a cominciò a preparare quello che le serviva per il rito e lui si appoggiò allo schienale della sedia, all’improvviso un gatto nero gli saltò in grembo, facendo le fusa con energia.
- Ma è ancora viva questa bestiaccia?!- esclamò incredulo, cominciando ad accarezzarlo tra le orecchie con una mano, l’animale gradì e premette il muso contro di lui.
Lucius brontolò, l’altra mano salì ad accarezzarsi fuggevolmente il collo e un piccolo sorriso si fece strada sul suo viso.

 

Quando Narcissa si sedeva davanti ad uno specchio, non era per bearsi della propria avvenenza o per impegnarsi in chissà quale rituale di bellezza.
Spazzolarsi a lungo i capelli era per lei un’abitudine, lo faceva fin da bambina, era un momento tutto suo in cui poteva lasciar vagare i propri pensieri, mentre eseguiva quei gesti ipnotici e ripetitivi.

Lei, così come Andromeda, non era del tutto consapevole della propria bellezza; era un fatto scontato che faceva parte del suo essere, del resto era cresciuta circondata da persone di bell’aspetto: sua madre, le sue sorelle, i suoi cugini. Non vi si era mai soffermata e non le importava particolarmente.
Quella mattina, tuttavia, Cissy si guardò allo specchio con aria abbattuta.
Gli eventi del giorno prima, e la conseguente notte insonne, avevano lasciato il segno e lei si ritrovò ad osservare la propria immagine riflessa con un certo disappunto.
“Accipicchia, sembra che l’intero Espresso di Hogwarts mi sia passato sopra!”
Con un sospiro valutò che solo un incantesimo di Illusione avrebbe potuto regalarle un volto disteso e riposato e, quindi, se ne fece una ragione; si applicò una crema che sua madre le aveva regalato per un passato compleanno, indossò il primo abito pulito che trovò e scese al piano di sotto, chiedendosi come avrebbe impiegato il proprio tempo, visto che aveva già letto tutti i libri di casa almeno due volte.
Evitò accuratamente il salotto azzurro, luogo dove Lucius l’aveva tirata in un vortice di passione che, anche a distanza di quasi ventiquattr’ore, le faceva ardere il volto e provare sensazioni che era meglio accantonare.
“La tua prima giornata da single e non sai cosa fare!” si rimproverò, stringendo le labbra, infilandosi in un altro salotto più piccolo e cercando di ignorare la morsa alla bocca dello stomaco.
Galatea non era ancora rientrata e, quindi, lei supponeva che non avesse trovato Beb o che la civetta fosse ancora in viaggio per rientrare.
Cygnus era uscito per poter finalmente svolgere tutte le mansioni che non era riuscito ad espletare il giorno prima e Narcissa non aveva voglia di vederlo, perché avrebbe significato mostrarsi distesa e tranquilla e lei non era né l’una né l’altra cosa.
Si era girata e rigirata nel letto per ore, tormentata da mille pensieri e da immagini che scorrevano veloci nella sua mente.
Con enorme sgomento aveva realizzato quanto della sua vita si appoggiasse, in un modo o nell’altro, a Lucius.
A lui era legato il suo passato e a lui si affidava il suo futuro; tutto ciò che stava nel mezzo, ossia il suo presente, esisteva in funzione di questi due lassi temporali.
A Lucius era legata anche la sua crescita in quanto donna perché, non poteva negare a sé stessa, che il suo corpo lo desiderava, così come non desiderava nessun altro.
Non poteva non ammettere di essere legata a lui anche sentimentalmente perché, quando lo vedeva, scattavano in allerta non solo i suoi sensi ma anche i suoi nervi e il suo cervello.
Non esisteva al mondo una persona che la facesse sentire debole quanto la facesse sentire lui e che la soggiogasse in modo così ampio, che le generasse una così profonda confusione.
Oltre a lui esisteva solo un’altra persona che riusciva a condizionare il suo umore, i suoi pensieri e i suoi sentimenti così profondamente ma che, a differenza di Lucius, le donava una sicurezza ed una tranquillità che non trovava da nessun’altra parte; che le suscitava una naturale fiducia e un senso di appartenenza che non avvertiva con nessun altro, che le comunicava forza senza muovere un muscolo.
Questa persona era Severus.
Narcissa si bloccò in mezzo alla stanza, consapevole di aver passeggiato su e giù senza posa, in preda a tutti quei pensieri.
“Tra pochi giorni lo rivedrò…” pensò, sentendo stringersi la bocca dello stomaco, provando una sorta di aspettativa e non potendo, di conseguenza, che sentirsi in colpa.
Ma in colpa verso di chi?
All’improvviso bussarono alla porta e Dorothy entrò, porgendole una piccola pergamena arrotolata.
- Galatea è rientrata, le ho dato da bere e ora riposa - le disse la domestica - Aveva questa pergamena legata addosso e sembrava agitata!- le disse la donna, aspettando che Narcissa leggesse il biglietto per accertarsi che non avesse bisogno di lei.
La ragazza rilesse due volte e sbatté le palpebre, perplessa.
- Dorothy, sembra che avremo ospiti tra circa due minuti…- mormorò, sollevando lo sguardo sulla domestica - Solo che, ovviamente, dobbiamo sciogliere gli incantesimi protettivi…-
La governante si agitò non poco: solo Cygnus poteva stabilire se e quando sciogliere quegli incantesimi.
- Me ne assumo io la responsabilità.- tagliò corto Cissy, stroncando qualsiasi protesta sul nascere - E' un ordine!-
Si avviarono verso l’ingresso della casa e Dorothy sfoderò la sua bacchetta e mormorò il contro incantesimo per sciogliere le protezioni alla casa e, battendo tre colpi sulla maniglia declamando contemporaneamente una formula, fece in modo di togliere la sicura al portone principale.
Tempo dieci secondi e, improvvisamente, si sentì un fragore fuori dalla porta e il campanello suonò, producendo il suo suono melodioso.
Narcissa fece un semplice gesto con il braccio e invitò la donna ad aprire; non appena Dorothy ebbe socchiuso la porta, questa si spalancò e la povera domestica venne catapultata all’indietro riuscendo a mantenersi in piedi per miracolo.
- Santo cielo! Il clima inglese mi causa sempre un profondo disappunto!- esclamò una voce calda e potente.
- Benvenuta! - sul volto di Narcissa si aprì un sorriso spontaneo e la ragazza andò incontro all’ospite inatteso.
-  Furaha yangu!* Quanto tempo che non vedo il tuo bel viso di fata!-  esclamò Beb, entrando come un turbine di seta arancione e andando ad abbracciare con calore l’altra ragazza.
Dorothy osservò l’ospite con la bocca spalancata perché, non si poteva definirla altrimenti, Bebhinn era spettacolare.
Alta quasi un metro e ottanta, il fisico statuario e la pelle d’ebano erano esaltati da un sontuoso caftano arancione decorato con un tema geometrico color bronzo.
La veste aveva una profonda scollatura a punta sul davanti che lasciava intravedere il seno generoso e invidiabilmente sodo e, contemporaneamente, lasciava scoperta buona parte della schiena muscolosa, dei profondi spacchi laterali facevano intravedere le lunghissime gambe affusolate.
I capelli neri e lucidi erano acconciati sulla nuca e stretti da numerosi anelli di legno dipinto di rosso e le braccia erano ricoperte da decine di braccialetti d’oro.
La casa dei Black non aveva mai avuto un’ospite così variopinta ed eccentrica, Beb contrastava incredibilmente con quell’ambiente austero.
- Oh!- esclamò la ragazza, notando Dorothy che se ne stava in disparte come se l’avesse colpita un fulmine - Ma che adorabile domestica inglese! Con la cuffietta in testa e il colletto inamidato! Da mangiare di baci!- e si precipitò ad abbracciare la donna, dandole un buffetto con le lunga dita ricoperte di anelli.
La governante divenne paonazza e per poco non svenne, Narcissa represse a stento una fragorosa risata.
- Dorothy, sigilla nuovamente la casa e portaci qualcosa da bere nel salottino verde!- ordinò e si allontanò con la sua amica.
Non appena furono sole, Beb allungò un braccio e afferrò Narcissa per la spalla, costringendola a sollevare il volto per guardarla negli occhi.
- Hai un aspetto terribile…- mormorò la ragazza, stringendo gli occhi scuri come ossidiane - Ho fatto bene a venire qui subito!-
Narcissa non poté che stupirsi - Ma come…?!- Beb non la lasciò finire e scosse la testa.
- Mio tesoro! - le disse, lasciandole la spalla e poggiandole la mano sul viso, il contrasto tra la sua pelle scura e il volto pallido di Cissy era netto - Non è da te mandarmi un gufo, specialmente per comunicarmi una notizia inutile ed ovvia come la tua nomina a Prefetto!- le spiegò - Per poco non mi hai comunicato nemmeno la morte di tua madre…-
Narcissa riuscì a dire solo - Oh…- poi si scostò dalla sua amica.
- Ho compreso subito che c’era qualcosa che non andava.- sussurrò Beb con la sua voce calda e roca.
Prima che Cissy potesse proferire parola la porta si spalancò e Dorothy entrò portando un vassoio su cui stavano una caraffa piena di una bevanda fredda, due bicchieri e un piatto colmo di biscotti.
La donna fece in modo di girare al largo da Bebhinn e di non incontrarne lo sguardo, ma la ragazza fu svelta e le sfilò il vassoio di mano con sollecitudine, posandolo poi su un tavolino, quindi rivolse un sorriso ammaliante alla governante, sfoderando i suoi denti bianchissimi e piazzando il suo seno generoso a pochi centimetri dal naso di Dorothy.

- Grazie, utamu *- disse suadente, rivolta alla povera donna che non sapeva dove guardare - Sei proprio un’adorabile creatura! Una donna delle tue fattezze, in Namibia, sarebbe venerata come una Dea da tutti i wanaume*!- e ammiccò in direzione di Dorothy, che balbettò qualcosa e scappò a gambe levate.
Narcissa questa volta non poté trattenere una risata, lei conosceva Beb da anni ormai e sapeva quanto la ragazza sapesse essere travolgente e, spesso, inopportuna.
- Ottimo, ti ho fatto ridere!- le disse l’altra ragazza, quando la sua ilarità si fu spenta - Ridere fa bene, distende i muscoli dell’addome e lascia scappare via tutti i cattivi sentimenti-
- Dici?- le rispose Cissy, poco convinta ma continuando a sorridere.
- Anche piangere ha la stessa identica funzione…- le disse Beb, continuando a fissarla con il suo sguardo penetrante.
Narcissa prese tempo e iniziò a versare la bevanda fredda nei bicchieri, la sollecitudine della sua amica era confortante ma lei non voleva parlare di quello che la tormentava.
- Allora, com’è andata la tua estate? Non pensavo fossi già rientrata a Londra!- disse, porgendo il bicchiere a Beb.
- Si, è andata bene...interessante e impegnativa...ma mai come la tua! Non mi hai scritto nulla del tuo soggiorno a casa Malfoy, ma - e bevve un lungo sorso dal suo bicchiere - da quello che vedo, dalle tue labbra piene e rosse, dai tuoi occhi languidi e da ciò che rispecchiano deve essere stata stimolante e istruttiva!- le scoccò uno sguardo da sopra l’orlo del bicchiere - Non mi dirai che quel freddo uomo è riuscito a scaldarti il sangue nelle vene? Malfoy ha preso possesso dei suoi beni?-
- Beb!- Narcissa si accigliò veramente - Per chi mi hai preso?-
Bebhinn sollevò una mano in segno di scusa e le sorrise.
- Hai ragione, ti chiedo perdono!- non sembrava sentirsi molto in colpa - Ma il dubbio è legittimo: hai passato tre settimane sotto il suo tetto e non posso credere che lui non si sia lasciato traviare dalla tua bellezza!- le sorrise con calore e Narcissa non poté non arrossire.
- Ah! Allora non ho sbagliato di tanto!- si complimentò Beb - Suvvia, racconta, voglio ogni più sordido dettaglio! Fammi cambiare idea su Malfoy!-
- Non voglio parlarne e non è divertente, se sei venuta fin qui in cerca di qualche pettegolezzo piccante hai perso il tuo tempo! Lucius si è comportato come il signore che è!- sbottò Cissy “perché lo difendo tanto, poi!” e la sua mente ricordò con nitidezza le mani di lui che la accarezzavano ovunque e le sue labbra bollenti sulla sua pelle.
Si impose di non diventare paonazza e mantenne lo sguardo fermo sulla sua amica.
- D’accordo, non vuoi parlarne! Del resto il tuo cuore è un luogo quasi inaccessibile per chi non ne possiede la chiave.- si rammaricò Beb - I tuoi occhi sono la bella barriera che difende la tua mente e nasconde i tuoi pensieri, amica mia...è facile amarti ma è davvero difficile sentirsi amati da te…- tutta quell’amarezza non era in linea con la ragazza che conosceva da tanto tempo e colpì Narcissa nel profondo.
- Perdonami…- mormorò, avvicinandosi alla sua amica e prendendole la mano - Non volevo essere dura! Hai ragione, probabilmente sono io a non saper gestire certe cose ma è solo…- e la voce si incrinò leggermente, mentre quello che la tormentava da tanto tempo riusciva finalmente a farsi strada dentro di lei e uscire allo scoperto -...è solo che mi sento completamente divisa a metà!- si portò la mano alla bocca, quasi a voler ricacciare indietro quello che aveva detto ma, allo stesso tempo, sentì un tale sollievo per aver esternato quell’enorme peso, che le vennero le lacrime agli occhi.
Lucius e Severus, in piedi uno accanto all’altro a Spinner’s end, così come li aveva visti pochi giorni prima, le si stagliarono netti davanti agli occhi, quell’immagine e ciò che aveva provato le si erano incise dentro, marchiando la sua anima.
- Sono io che ti chiedo scusa, mio tesoro. - le disse Beb, con lo sguardo pieno di un sincero rammarico - Non ho diritto di pretendere da te certe confidenze…- poi i suoi occhi si rianimarono - Ti senti divisa a metà? Significa che dalla testa all’ombelico vuoi una cosa e dall’ombelico in giù ne vuoi un’altra?!-
- Beb!!- Narcissa diventò incandescente e poi, vedendo l’espressione furba della sua amica, scoppiò a ridere di gusto.
Risero insieme, riempiendo l’aria della loro allegria così come non si sentiva da tempo immemore a casa Black.
Quando alla fine si calmarono, Narcissa mantenne il proprio sorriso e scosse i capelli, quasi a scacciarne i pensieri.
Poi la ragazza dalla pelle d’ebano si avvicinò alla sua amica.
- Se davvero sei divisa così - e Beb posò un dito sul fianco destro di Cissy e poi lo fece scivolare in orizzontale, lungo la vita, fino al fianco sinistro - Buon per te, perché se invece sei divisa così - e posò il dito sulla fronte della ragazza lasciandolo scivolare lungo il profilo e tracciando una linea invisibile che scendeva in verticale, passando tra i seni, lungo il torace e arrivava fin quasi al pube, tagliandola a metà - allora sei nei guai, amica mia!-
Narcissa rimase senza fiato e senza parole.
- In ogni caso - mormorò Cissy, quando riprese fiato - Adesso non ha senso pensarci!- e così dichiarò chiuso il discorso, accantonandolo.
Bebhinn si sedette su un sofà e invitò Narcissa a sedersi accanto a lei - Bene, ora lascia che ti parli di ciò che ho fatto in Namibia, la mia carrozza aspetta qui fuori e non ho più molto tempo e poi,- aggiunse con aria maliziosa - prima di andarmene voglio salutare la tua domestica!-
Le due ragazze si sorrisero e poi chiacchierarono a lungo, i racconti di Beb erano affascinanti e Cissy l’ascoltò con profondo interesse, trovando la sua amica una narratrice intelligente e divertente.
Alla fine si salutarono e si dettero appuntamento al binario nove e trequarti per il ritorno ad Hogwarts.


Una volta risalita in carrozza, ogni traccia di allegria era scomparsa dal volto e dall’anima di Beb; si sedette e tacque, ignorando lo sguardo penetrante dell’altra persona presente sulla vettura.
- Ebbene, mi hai fatto aspettare un’eternità!- la rimproverò una voce femminile gutturale e dallo stranissimo accento tedesco - Era così importante visitare questa kigeni*?-
Bebhinn prese tempo, mordendosi le labbra.
- Questa donna inglese ha catturato il tuo cuore?- le chiese la donna, sporgendosi in avanti e mostrando un volto grinzoso che poteva avere cento anni, per quanto il tempo l’aveva segnato e scavato: il naso era schiacciato e i lobi delle orecchie deformati sotto il peso di enormi cerchi d’oro, ma gli occhi erano giovani e brillanti, pieni di vita e acuti come quelli di un’aquila - Hai deciso di rinunciare a Babukar?-
- Non dire sciocchezze, Bibi Oma* - le rispose Beb, sorridendole nella semi-oscurità - Le voglio bene ed è una persona bella e forte ma non rinuncerei mai al mio destino per lei, anche perché il suo cuore, per quanto grande, è già fin troppo affollato!-
- Ora sei tu che dici sciocchezze, Beb! - la rimproverò la nonna, grattandosi l’enorme turbante che le stava in bilico sulla testa - Non esiste alcun destino! Esistono solo dei segni, poi sta a noi interpretarli e viverli come meglio crediamo!Gli sciamani non ti hanno insegnato nulla?? Ti sei rammollita stando a contatto con queste fredde genti del nord?!-
- Se non sbaglio c’è anche sangue nordico nelle mie vene e sei tu quella che venne tra queste “genti del nord” per cercare un marito, no?- la punzecchiò la ragazza, con il riso nella voce - Il rifiuto di Silente ti brucia ancora?-
-Ah!- l’anziana donna schioccò la lingua, indispettita - Quell’assurda ed eccentrica giraffa variopinta! Buon per me che non abbia funzionato e, in ogni caso, saremmo stati ridicoli l’uno accanto all’altra! Ero alta un metro e quarantasette, io!-
Beb rise di cuore, immaginando il Preside di Hogwarts a passeggio, sotto braccio, con la sua irosa e minuscola moglie.
- Sarebbe stato il mio terzo marito, comunque, e poi non ha gusto in fatto di donne, lo sanno tutti che fa coppia con quell’insegnante scozzese rigida e bacchettona!**- concluse la donna - In ogni caso, non cercare di distrarmi! Io ho rinunciato, ma tu? Non avevi i tuoi obiettivi?-
Beb si stuzzicò il labbro inferiore con aria meditabonda.
- Sono ambiziosa, Bibi, ma non sono sciocca e so riconoscere un fallimento quando ne vedo uno...ho atteso tanto, ho cercato di capire, ho visto e ho deciso che voglio rinnovare il nostro sangue ma desidero un figlio forte e potente, non un figlio malvagio! E, cosa non trascurabile, ho deciso che non voglio morire per ottenerlo! - Beb sorrise, lieve - Purtroppo, come dici tu, Silente è già impegnato…-
- Quindi hai rinunciato!- l’apostrofò la vecchia Oma - Non è da te!-
- Non ho rinunciato, ma so pazientare e fare un passo alla volta. Non ho fretta e Babukar mi aspetta, non voglio certo perdere un marito così bello!-
- Quindi hai messo gli occhi su qualcuno…- Bibi Oma si appoggiò allo schienale della carrozza - Non per nulla sei mia nipote! E dimmi, l’hai detto alla tua Furaha yangu quando avverrà il tuo Ndoa*?-
Ci fu un silenzio pesante.
- No.- mormorò Bebhinn, secca.
L’anziana donna sorrise nell’oscurità - Sei mia nipote anche per questo...sai amare e tanto…- batté un colpo secco sul fianco della vettura e la carrozza emise uno schiocco e sparì nel nulla.


Regulus si aggirava già da un pò fuori dalla bottega di Ollivander, con aria sempre più afflitta.
Era venuto fino a Diagon Alley con l’assurda speranza di ritrovare, quasi per caso, Brigid e avere da lei quelle rassicurazioni di cui aveva bisogno, specialmente da quando gli occhi freddi Lucius Malfoy gli si erano conficcati dentro come delle lame.
Dopo mezz’ora che girava senza posa decise di tentare a Notturn Alley, animato da una sorta di febbre interiore.
Ad un certo punto, quando le strade animate di Diagon Alley si trasformarono nei vicoli maleodoranti e cupi della sua oscura gemella, il ragazzo rallentò il passo, inquieto.
Non era la prima volta che vedeva quei luoghi ma era la prima volta che ci veniva da solo, si maledisse per aver costretto Kreacher ad attenderlo vicino alla carrozza dei Black.
Cercò di farsi coraggio, rammentando a se stesso la voce beffarda del suo rivale ma, in quel momento, nulla riusciva a fargli fare un ulteriore passo avanti verso, si rese conto, una meta che non conosceva; alla ricerca di una ragazza di cui ignorava tutto, a parte il nome e l’abilità di veggente.
Con un sospiro, e accantonando in un angolo il suo senso di fallimento, si voltò per ritornare sui suoi passi ma, con sua somma sorpresa, si ritrovò faccia a faccia proprio con Brigid.
La ragazza era come la ricordava, vestita esattamente uguale a quando si erano conosciuti e gli sorrideva, lievemente sorpresa.
- Perché non mi hai atteso? Ti ho detto che avrei sempre saputo quando avresti avuto bisogno di me e che ci saremmo ritrovati dove ci siamo incontrati la prima volta!-
Il sollievo quasi sciolse il ragazzino che le sorrise raggiante.
- Hai ragione, che sciocco! Perdonami! E’ solo…-
- Che hai bisogno di un piccolo incoraggiamento!- terminò lei gentilmente, rispondendo al suo sorriso.
Regulus annuì, lei aveva dei pallidi occhi chiari e un volto comune incorniciato da corti capelli crespi, ma lui non la vedeva brutta: era gentile, sembrava capirlo e tanto gli bastava.
- Oggi non ho con me il Breo!- si scusò la ragazza - Ma non ho nulla di diverso da dirti, credimi! So che ti stai muovendo nella direzione giusta, so che hai fatto dei passi importanti e superato certe tue paure nei confronti di chi ti ostacola e non ti prende sul serio; credimi che ciò che stai seminando lo raccoglierai...ma ci vorrà tempo! Devi procedere senza paura!-
-E’ incredibile! E’ proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire! Grazie Brigid...vorrei poterti ricompensare!- le disse Regulus, quasi euforico.
Lei gli fece un sorriso più ampio.
- Ora devo andare. - si rammaricò la ragazza - Ma ricordati che io ti sono amica e alleata, la strada è lunga ma, continuando così, realizzerai ciò che desideri! La persona che ami ti innalzerà sopra le altre e ti porrà in un posto speciale nel suo cuore!-
Lui annuì,  prendendo le mani della ragazza tra le sue per un secondo - Allora ti lascio! Grazie! Spero di rivederti a Natale!- e poi si allontanò con sollievo da Notturn Alley.
Brigid sventolò il braccio per salutarlo finché lui non scomparve.
Non appena Regulus voltò l’angolo lasciò ricadere la mano e se la strofinò con energia sulla veste.
- Uff...che seccatura! - brontolò spingendo in fuori il labbro inferiore, imbronciata - Che compito ingrato e quanta fatica per un poco di soddisfazione!-
Si voltò, e fece per tirare su il cappuccio del suo leggero mantello, quando una voce maschile la bloccò sul posto.
- Rubinia?! Rubinia Alderman?- il tono era sorpreso ma amichevole.
Lei girò appena il viso e finì di tirarsi su il cappuccio.
- Vi sbagliate…- mormorò, gelida - Non sono la persona che credete!- e fece per andarsene ma l’uomo, che aveva una cinquantina d’anni, la bloccò in modo fermo ma gentile.
- Andiamo! Certo che sei tu! Ho fatto affari con Heinrich per anni! Venivo sempre a casa tua, dai, sono Ernest Andrews, il papà di Susele! Frequentavate Hogwarts insieme!-
Lei si irrigidì ancora di più.
- Non ho mai frequentato Hogwarts, mi rincresce! Vi prego di lasciarmi andare!-
Ma l’uomo non sembrava intenzionato a mollare la presa e fece per aggiungere qualcosa, quando una luce verde lo colpì alle spalle e lui cadde a terra senza vita.
Brigid sospirò e si voltò con il viso leggermente agitato.
- Zia Solange! Giusto in tempo!-
Una donna corpulenta ed austera si avvicinò alla ragazza e al corpo di Ernest Andrews e, con un colpo di bacchetta, trasformò l’uomo in un comune gatto di strada.
- Andiamo!- ordinò secca, mettendo una mano sulla spalla della ragazza - ho dovuto usare quello squallido anatema perché ero troppo lontana ma tra poco qui sarà pieno di Auror…-
Brigid annuì e si allontanarono insieme, inghiottite dai vicoli di Notturn Alley.


Quando Lucius e Kerenza si salutarono lo fecero con il consueto affetto, ma gli occhi della donna erano pieni di preoccupazione.
- Mi raccomando - gli disse, poggiando una mano sul suo braccio - Sii prudente...nulla vale la tua vita, specialmente per me! - chiuse un attimo gli occhi - E rammenta cosa avrebbe potuto dire tua madre di tutto ciò...-
- Gwen è morta.- la voce del ragazzo era priva di espressione - Da molto tempo. Non sapremo mai cosa avrebbe detto o fatto…-  le sorrise e poi si voltò, riprendendo la strada da cui era venuto, mentre la pioggia incessante andava trasformandosi in un temporale di fine estate.
- Lucius!- lo richiamò la donna, sollevando la lunga gonna e correndo da lui sotto la pioggia, incurante del fango viscido.
- E’ meraviglioso…- ansimò leggermente, quando lo raggiunse, aggrappandosi al suo mantello - Quello che provi, i tuoi sentimenti per quella ragazza...sono meravigliosi…- gli occhi di lui riflettevano i lampi intensi che si facevano più vicini ad ogni istante - E valgono più di qualsiasi gloria o di qualsiasi Oscuro Signore...abbine cura e abbi cura di te!-
- Naturalmente. - la rassicurò lui ma il suo tono era freddo e inesorabile - E grazie per questi!- fece dondolare delle semplici e sottili collane fatte di cuoio, da cui pendevano delle belle e lisce pietre d’ambra e, dopo un ultimo saluto, si allontanò fino a sparire.
Kerenza rientrò con la morsa dell’angoscia che le stringeva il petto.
Si avvicinò alle grandi corna che dominavano la stanza dal muro e incise delle rune sulla candela verde al centro, poi l’accese e chiuse gli occhi.
- Potente Bucca Duh***, cavalca la tempesta e scendi tra noi con la tua forza, sfodera la tua spada e, ti prego, proteggilo! Proteggi Lucius dai suoi nemici…e da se stesso...-

 

FINE QUARANTUNESIMO CAPITOLO

 

*

  • Toad= rospo

  • Cronnekduh=  “rospo nero” usato per riti magici particolari dalle streghe della Cornovaglia, dette streghe Toad. Grazie ai loro riti e poteri possono influenzare le menti degli esseri umani e non solo.

  • furaha yangu = mia felicità

  • utamu= dolcezza

  • wanaume= uomini

  • kigeni= straniera

  • Bibi Oma = Bibi è “nonna” in Swahili e Oma è “nonnina” in tedesco, quindi Bibi Oma è come dire “nonna, nonnina” :)

** Ovviamente parlano della Mc Granitt. Lo so...Silente ha un passato diverso da quello che io ho immaginato ma questa ff è pre - settimo libro e quindi io resto della mia idea… :) (per la serie: non voglio sentire ragioni XD )

 

*** Dio invocato dalle streghe Corniche. Bucca Duh, in realtà è solo una delle parti di questo Dio ambivalente, quella più potente e oscura.

 

Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): grazie per la pazienza, se siete arrivate alla fine di questo capitolo avete superato una prova difficile :D in realtà è un capitolo estremamente importante per la mia storia! Comunque, detto ciò, sono incredibilmente affascinata dall’Africa e amo in particolare la Nigeria, ma è un Mondo straordinariamente complesso, anche dal punto di vista linguistico, e potrei aver scritto delle cose non esatte, usato delle parole non corrette perché mi sono avvalsa, ovviamente, di un semplice traduttore...quindi, se qualcuno conosce lo Swahili o l’Afrikaans (o anche il tedesco che mi è sempre stato indigesto…)mi sgridi pure e mi corregga!Ai fini della storia volevo dare più forza ai discorsi di Beb e distinguerla dagli altri.

Idem per la magia Cornica. Grazie e a presto!

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Capitolo 42
*** Regalo di compleanno (prima parte) ***


Come sempre grazie a chi legge questa fan fiction e, in particolare, a chi ha recensito: LostHope 92 ed EcateC! Vista l'ora potrei aver revisionato male questo capitolo...non mi stupirei, già sono distratta di mio figuriamoci a notte fonda (notte fonda per me che la movida non so nemmeno più cosa sia...), nel caso provvederò a sistemare nei prossimi giorni e nel caso perdonatemi! Buona lettura!


 

“Un gelido destino”

 

Quarantaduesimo capitolo

 

Regalo di compleanno (prima parte)


Ottery St. Catchpole era un ridente villaggio situato nel sud ovest dell’Inghilterra, nella contea del Devon, e si sviluppava in tre fasce distinte ma continuative: una parte magica, una parte babbana e, nel mezzo, un parte dove vivevano coloro che avevano legami con entrambi quei mondi.
La zona esclusivamente magica era situata a ridosso di un’area collinare, più lontana dal bosco e più defilata rispetto alle altre, era anche la parte a minor densità di popolazione e contava, infatti, poche abitazioni situate piuttosto distanti le une dalle altre.
La zona diaframma, quella dove vi risiedevano sia maghi che non maghi, stava in una leggera conca circondata da zone boschive, era attraversata da una lunga strada sulla quale si affacciavano molte case dall’aspetto abbastanza comune amalgamate ad altre dalle fattezze più bizzarre.
L’insieme di quella mescolanza regalava a quella parte del paese un colpo d’occhio assai pittoresco ed accogliente.
La sera del venticinque agosto millenovecentosettanta*, quando il cambio data era ormai prossimo, la maggior parte delle abitazioni avevano ancora le luci accese e le finestre erano aperte cercando di lasciar filtrare un pò d’aria fresca, le strade erano deserte ma la vita e la presenza umana erano palpabili ovunque.
Vista dai margini del bosco, nel punto esatto dove il terreno si incurvava dolcemente risalendo verso l’infittirsi della selva o si srotolava verso il villaggio senza mai tramutarsi in più che un dolce declivio, quella conca illuminata pareva quasi un piccolo pezzo di cielo stellato poggiato in terra.
“Molto poetico” pensò tra sé e sé, con una smorfia di disprezzo, Lucius Malfoy.
L’uomo se ne stava addossato ad un albero, le braccia conserte, le gambe incrociate in una posa rilassata, indossava un lungo mantello nero dotato di un cappuccio, il volto era coperto in parte da un’inquietante maschera d’argento che ne celava le fattezze, rendendolo irriconoscibile ai più.
- Stanno diventando nervosi e impazienti qui dietro- gli disse una voce maschile scuotendolo dalla sua osservazione.
- Per quanto mi riguarda, se non sanno come occupare il loro tempo, possono anche massacrarsi a vicenda. Ci muoveremo allo scattare della mezzanotte e non un minuto prima, non per ordine mio ma per ordine dell’Oscuro Signore - Lucius si voltò per guardare negli occhi Evan Rosier - ciò non toglie che se qualcuno osa muoversi anche un secondo prima se la vedrà con me -
- Andiamo Lu-Lu - gli disse l’altro ragazzo, che aveva il viso scoperto e madido di sudore - qui si crepa di caldo, c’è una dannatissima umidità, le zanzare ci stanno succhiando anche l’anima, peggio dei Dissennatori...come diamine riesci a restare impassibile e composto, razza di uomo-ghiaccio!-
- Riesco perché voglio, molto semplice Evan! - Lucius studiò con attenzione il viso del suo amico - per quanto faccia caldo mi sembri comunque troppo sudato, sei certo di star bene?...sei bianco come un cencio, sicuro che sia tutto a posto?-
Evan si asciugò la fronte con la manica della sua camicia nera, il suo mantello era posato per terra poco distante insieme ai guanti, altrettanto neri, e alla maschera argentata.
Gli occhi scuri avevano uno scintillio febbrile e i capelli gli si erano incollati al collo a causa dell’eccessiva sudorazione.
- M-ma si, certo!- rispose, cercando di parlare lentamente e non incespicare nelle parole- è solo che la presenza di quell’essere sta davvero creando una certa agitazione in tutto il gruppo…- e gettò uno sguardo alle proprie spalle dove altre persone, una ventina in tutto, stavano in attesa, tutte indossando un lungo mantello nero con il cappuccio alzato e una maschera d’argento a celarne il più possibile le fattezze senza intralciarli troppo in eventuali azioni movimentate.
Solo una figura non indossava la maschera ma solo il mantello, tra l’altro nemmeno integro ma stracciato in più punti.
L’essere non sembrava umano, ma una sorta di creatura antropomorfa generata da qualche incubo: il volto aveva tratti animaleschi ed era segnato da numerose cicatrici che potevano sembrare graffi di una qualche bestia selvaggia, il naso schiacciato gli conferiva un aspetto violento e la bocca era larga e lasciava intravedere dei denti orribilmente appuntiti e frastagliati, la folta peluria che gli copriva la mascella forte e squadrata si univa alla specie di criniera che aveva al posto dei capelli in modo continuativo.
La corporatura era massiccia, il torace era ampio e muscoloso in modo innaturale, le spalle e le braccia erano possenti, le mani tozze e pelose avevano , al posto delle unghie, dei corti e spessi artigli.
L’essere stava osservando con cupidigia l’unica donna presente nel gruppo, emettendo dei versi sinistri.
Lucius strinse gli occhi, disgustato.
- Capisco perfettamente - disse, rivolto ad Evan - Fenrir Greyback non piace nemmeno a me ma l’Oscuro Signore lo vuole con noi, ci tiene che questa notte sia davvero indimenticabile. Quindi dì agli altri di sopportare e di guardarsi le spalle…-
Evan fece un gesto rassegnato e si voltò per andarsene ma Lucius lo fermò, trattenendolo per un braccio.
- Sei certo che vada tutto bene e di essere in grado di fare il tuo dovere? Hai bevuto? -
- Oh, il mio dolce Lu-Lu è in pena per me?- gli rispose l’altro ragazzo, sorridendo - o, forse, il grande Signor Malfoy ha paura che questo fallito possa rovinargli l’esordio, la sera della prima?- il sorriso si tramutò in una smorfia sarcastica.
Lucius strinse gli occhi e le labbra e combatté con la voglia di sbattere la testa del suo amico contro un albero e tramortirlo.
Dopo qualche secondo di lotta interiore, fece scivolare la mano in tasca e ne estrasse due collane fatte con dei lacci di cuoio a cui erano appese delle pietre ambrate.
- Questa - disse porgendogliene una - farà si che Greyback non si avvicini più di tanto, la pietra è un amuleto che funge da repellente. Ovviamente, se fossimo in una notte di Luna Piena, non servirebbero a un bel niente! Fenrir ce le strapperebbe di dosso, ci farebbe a pezzi e poi ce le ficcherebbe dove sai...ma visto che la Luna piena non c’è…-
Evan fissò la collana e poi lanciò uno sguardo torvo al suo amico.
- Sei stato da Kerry?- gli chiese, con voce fredda e indifferente.
- Si- ammise Lucius, tranquillo - ti crea qualche problema?-
Evan si strinse nelle spalle e prese la collana, mettendosela al collo ,mentre Lucius faceva altrettanto, poi porse la mano verso l’altro ragazzo in attesa.
- Cosa vuoi?- gli chiese il giovane Malfoy,
- Dammi quella per Bella - gli disse, la voce era atona.
- Ne ho solo due, mi dispiace. Ho pensato solo a chi mi interessa - disse Lucius con una smorfia - e lei non mi interessa, quindi…-
Il volto di Evan si fece cupo e pericoloso.
- Stai attento Lu-Lu, perché cominci a seccarmi- gli disse con la voce vibrante di rabbia - potrei anche decidere che non ho più voglia di sentirmi fare le paternali da un moccioso più giovane di me e potrei anche valutare di farti fuori, strappare la collana dal tuo bel collo aristocratico e darla alla mia donna -
Si fissarono per qualche istante, Lucius non fece una piega ma infilò la mano in tasca ed estrasse una terza collana, facendola dondolare sotto il naso del suo amico.
- Cosa non si fa per un paio di begli occhi e per due gambe accoglienti, non è vero Evan?- gli chiese, sarcastico.
Il ragazzo prese la collana e si allontanò senza aggiungere null’altro.
Lucius fece uno smorfia “cosa diamine ci sarà di tanto bello nel mio collo, poi…” infilò nuovamente la mano in tasca, estrasse una piccola e particolare clessidra che aveva tre coni che confluivano in uno più grande, e vide che mancava un minuto alla mezzanotte.
Si avvicinò al gruppo, tutti si voltarono verso di lui, in attesa.
- Il momento è giunto!- disse Lucius, con la sua voce chiara e fredda - da questa notte ci paleseremo, porteremo il messaggio del nostro Signore in modo che nessuno possa più ignorarlo.- fece una pausa e i suoi occhi si posarono sul volto violento del Lupo Mannaro - Fenrir, strazia e uccidi…- l’essere cominciò a sbavare - ma se ti vedo alzare un artiglio su uno dei tuoi compagni ti garantisco che farò in modo che tu possa mangiare solo dei tiepidi brodini da qui all’eternità e senza avvalerti delle mani, che non avrai più...sono stato sufficientemente chiaro?-
Greyback gli lanciò uno sguardo carico d’odio - Malfoy…- ringhiò tra le zanne putride, sfoderando una voce bassa e terrificante - arriverà il giorno in cui aprirò quella tua testa aristocratica come se fosse un uovo di quaglia e ci sputerò dentro, dopo averti mangiato quegli occhi e quella lingua…ma stasera io avrò il mio banchetto e di voi non so che farmene!-
Lucius fece una smorfia disgustata e poi si rivolse nuovamente a tutto il gruppo.
- Indossate le maschere, alzate i cappucci e sfoderate le bacchette, perché la devastazione ha inizio...ora!- e, puntata la bacchetta verso il villaggio, causò un’esplosione proprio al centro della via principale con un rumore assordante.
I Mangiamorte si smaterializzarono per poi materializzarsi in mezzo alle case degli ignari abitanti del paese, alcuni dei quali si erano affacciati alle finestre o erano scesi in strada per capire cosa fosse accaduto e avesse causato quel fragore.
Un secondo dopo le esplosioni si susseguirono con una rapidità spaventosa e la confusione si fece indescrivibile, decine di persone si riversarono in mezzo alle strade, finendo dritte tra le braccia dei Mangiamorte o tra le fauci di Fenrir Greyback.
Incendi spiccarono un pò ovunque, specialmente nelle case più a ridosso della strada centrale ma il fragore delle esplosioni andava spostandosi anche verso le zone più decentrate, con un effetto domino di urla, fiamme, vetri infranti.
- Colpite rapidi!- urlò Lucius ai Mangiamorte più vicini - tutto deve finire nei tempi stabiliti! Avanti!-
Mezz’ora, al massimo quaranta minuti, quello era il tempo calcolato contando l’effetto sorpresa, il riorganizzarsi della gente del villaggio, i tempi di comunicazione con le zone magiche isolate del paese e, soprattutto, l’arrivo degli Auror e dei rinforzi.
In giro per le strade del paese si sentivano urla e richiami, persone cercavano i loro cari e correvano, spesso incontro alla morte.
Dolohov e Mc Nair, due dei seguaci del Signore Oscuro che lo accompagnavano da più tempo, agivano senza esitazione alcuna e, muovendosi in sincrono ai lati della stessa strada, colpivano chiunque si parasse loro davanti e, contemporaneamente, incendiavano qualunque cosa vedessero, come una perfetta mitragliatrice della morte, mietendo vittime.
Ad un certo punto la gente del villaggio sembrò capire e, mentre i non maghi cercavano riparo o tentavano di prestare i primi soccorsi ai feriti, coloro che possedevano una bacchetta l’impugnarono e si mossero per rispondere a quell’attacco devastante.
Bellatrix si sentiva viva.
Le urla, il terrore, le lingue di fuoco sempre più alte, tutto ciò le causava brividi di piacere lungo la schiena, sentiva il cuore pulsare veloce e violento nel suo petto e ondate di calore sommergerla facendola ardere e bramare che non finisse mai.
Finalmente poteva sfogare tutto ciò che aveva dentro, poteva servire il suo Signore, compiacerlo davvero e fino in fondo, essergli vicina come lui desiderava e lei solo quello voleva: essere sua in tutto e per tutto.
Aveva schiantato almeno cinque persone, aveva distrutto qualsiasi cosa le fosse capitata sotto tiro, aveva scagliato la maledizione Cruciatus su un uomo che le aveva chiesto pietà per sé e per suo figlio, troppo tardi,  il ragazzo era finito nelle grinfie di Fenrir e per lui c’era stato poco da fare.
Quando l’essere aveva finito con la sua vittima si era voltato verso di lei e l’aveva annusata a distanza ma si era limitato ad emettere una sorta di basso ringhio ed era sparito in cerca di altre prede.
“Dopotutto questo coso funziona!” aveva pensato Bella, sfiorando la collana che Evan le aveva dato, e poi si era spostata verso le case più defilate del paese, non c’era più molto tempo per divertirsi e lei sentiva che le mancava ancora la cosa più piacevole da fare: togliere la vita a qualcuno in nome della grandezza dell’Oscuro Signore.
Euforica puntò la bacchetta verso la porta di una casa leggermente decentrata, facendola letteralmente saltar via dai cardini e poi entrò, avanzando rapidamente alla ricerca di qualcuno su cui infierire.
Anelava terrore, desiderava poter riversare tutto l’odio che sentiva pulsare nelle sue vene, tutto ciò che sentiva di aver subìto negli ultimi anni e tutto quello che l’aspettava per gli anni avvenire, su un essere vivo ed inerme. Voleva qualcuno alla propria mercé e il cui destino fosse nelle sue mani, la cui sorte fosse decisa dal suo umore.
La casa sembrava disabitata.
La donna si fece più guardinga e rallentò il passo, muovendosi silenziosa come un gatto, ad un certo punto si affacciò su quella che doveva essere la cucina e vide che l’acqua del lavello era aperta e scorreva, il pavimento era bagnato e un piatto giaceva infranto ai piedi del tavolo, una sedia era rovesciata, come se qualcuno si fosse alzato di scatto, e la finestra era aperta.
“Che squallida e lurida casa babbana!” pensò disgustata, osservando però, con profondo interesse, ogni particolare di quella stanza.
Gli occhi le caddero sul frigorifero dove erano attaccati dei disegni  chiaramente tratteggiati da una mano infantile.
In un angolo della stanza c’erano dei giocattoli posati per terra: una carrozzina in miniatura, delle costruzioni di legno, fogli e matite.
Ad un certo punto sentì uno scricchiolio poco lontano e Bella strinse gli occhi e, impugnando meglio la bacchetta, si mosse fuori dalla stanza e lungo il corridoio.
Con un movimento fluido si smaterializzò e poi si materializzò nella stanza più lontana, il lieve ‘crack!’ della sua comparsa fece sussultare la persona che vi si trovava dentro.
Bellatrix rimase un attimo spiazzata vedendo che si trattava di una bambina di circa quattro anni che la guardava con gli occhi chiari spalancati e pieni di terrore.
La bimba indossava una camicina da notte rosa con le maniche a sbuffo e tanti fiocchetti applicati qua e la senza una logica precisa ma che davano un’aria allegra all’indumento, i capelli erano stretti in due corti codini boccolosi.
Sembrava uscita da una di quelle favole che piacevano tanto a Narcissa quando era bambina e che lei aveva dovuto leggerle e rileggerle infinite volte.
- Sei tutta sola, tesoro?- le chiese la donna, avvicinandosi lentamente a lei, che andò a rintanarsi in un angolo più lontano.
Le codine della bimba sembravano aver cambiato colore, non erano più castane ma parevano quasi azzurre con la luce della Luna che filtrava dalla finestra, la donna si chiese se fosse solo un’illusione - Lo sai che è buona educazione rispondere quando qualcuno ti fa una domanda?- le sibilò Bella, lisciando la sua bacchetta.
All’improvviso qualcosa la colpì alle spalle, facendola vacillare in avanti e perdere l’equilibrio, costringendola a chinarsi e posare la mano che impugnava la bacchetta per terra.
- E a te non hanno insegnato che non si entra nelle case altrui senza permesso?- le disse una voce maschile, e l’uomo si allungò per cercare di strapparle la bacchetta e, contemporaneamente, urlò alla bambina - Scappa, scappa dove sai! Ti raggiungo, scappa ho detto!-
La bimba ebbe un singulto disperato e poi si precipitò fuori dalla stanza, sparendo dalla loro vista e scontrandosi con qualcuno che stava arrivando in quel momento, ma riuscendo comunque a scappare.
-Ehi!- esclamò il nuovo arrivato, facendo un movimento poco convinto per cercare di fermare la bambina e facendo voltare di scatto l’uomo che aveva colpito Bellatrix e ingaggiato una lotta con lei, distraendolo.
Evan dalla soglia realizzò ciò che stava accadendo e, con un unico movimento della bacchetta, fece volare l’uomo che aveva aggredito Bella contro il muro, stordendolo per il gran colpo.
Poi si avvicinò alla donna e l’aiutò a rialzarsi.
- Tutto ok?- le chiese con sollecitudine.
- S-si...grazie…- sibilò lei, furiosa di essersi fatta giocare da un babbano.
Evan allora rivolse di nuovo la sua attenzione all’uomo, che in realtà non era molto più vecchio di lui e non poteva avere ancora trent’anni, che giaceva a terra incapace di rialzarsi dopo la gran botta subita.
- Bene - gli disse, la voce solitamente ridente era gelida, gli occhi nocciola non avevano alcuna traccia di calore, la bocca era storta in una smorfia crudele - direi che tu debba chiedere scusa alla signora qui presente…- e, così dicendo, fece un fluido movimento con il polso, muovendo la bacchetta, e inchiodò al muro l’altro uomo, sollevandolo da terra come se delle mani invisibili gli stessero stringendo il collo.
L’uomo scalciò, spalancando gli occhi chiari e cercando di liberarsi da quella presa d’acciaio - N-non vedo n-nessuna s-signora…- ebbe il fiato di dire, prima di emettere dei rantoli disperati per risucchiare un pò dell’aria che cominciava a mancargli.
Evan non mollò, anzi sorrise con una sorta di sadico piacere - Ma guarda, un giovanotto coraggioso e audace! Vediamo quanto riesco a divertirmi con te!-  la sua bocca sorrideva ma la sua voce era fredda e crudele, poi si rivolse a Bella - Tu va, cerca la mocciosa...io ti raggiungo, abbiamo ancora poco tempo…-
La donna annuì e, dopo aver sputato in faccia all’uomo che, sentendo quelle parole, aveva preso ad agitarsi maggiormente, lasciò la stanza.
- Allora, come preferisci crepare?- gli chiese Evan - soffocare è brutto ma forse non è brutto abbastanza…- e mosse lievemente la bacchetta così che il babbano fu catapultato contro l’altro muro con una forza inaudita. Evan mosse ancora la mano e la sua vittima fu sbalzata un’altra volta contro la parete davanti a lui che ruotò la bacchetta e lo fece mettere a testa in giù continuando, contemporaneamente, a stringergli la gola.
L’uomo divenne paonazzo e gli occhi chiari sembrarono schizzargli fuori dalle orbite.
- Potrei lasciarti a testa in giù e osservarti mentre tutto il sangue di defluisce nel cervello…- considerò Evan con aria interessata ma poi ruotò nuovamente la mano e rimise il babbano a testa in su, seguitando a manovrarlo come se fosse una grande marionetta.
- Buon per te che ho poco tempo, quindi non posso giocare quanto vorrei...non soffrirai quanto meriteresti…- nonostante il tono fosse freddo e controllato, il volto di Evan diventò improvvisamente madido di sudore.
“Maledizione, maledizione!” pensò, con la mente che andava annebbiandosi gradatamente, così come una palude all’insorgere del crepuscolo.
Non c’era modo di fermare quella cosa e lui lo sapeva...la presa sulla bacchetta andava affievolendosi mentre, con suo sommo sgomento, capiva che le sue mani stavano tremando sempre di più.
Il sudore scendeva copioso tra le scapole e lungo tutto il corpo e sentiva un ronzio alle orecchie, le gambe avevano degli spasmi incontrollati.
“Oh, no!” pensò  Evan, pieno di una rabbia quasi folle, sentendo che la bacchetta minacciava di cadergli.
Di contro, l’altro uomo sentì di poter respirare di nuovo e che la presa invisibile sul suo collo si stava allentando, facendolo scivolare giù verso il pavimento, cercò allora di posare i piedi per terra e di scuotersi da quella morsa.
- Non ci pensare!- sibilò Evan, con una voce rabbiosa e irriconoscibile e una profonda ferita si aprì sul torace del babbano, strappandogli un lungo gemito di dolore.
-Aahhhh!- l’urlo del Mangiamorte risuonò nella stanza, mentre si prendeva la testa tra le mani in  preda a chissà quali tormenti, iniziò ad agitare la bacchetta con rabbia e una ferita poco profonda si aprì sulla fronte e poi sulla guancia del malcapitato che cercava di schivare quei tagli non sapendo nemmeno lui come.
Un ultimo colpo gli stacco di netto una ciocca di capelli castani e un pezzo d’orecchio e, subito dopo, l’uomo  atterrò sul pavimento senza forze, risucchiando aria a pieni polmoni, anche se sentiva un dolore lancinante alla gola ad ogni respiro. Il sangue che gli colava dalla fronte lo rendeva quasi cieco, bruciandogli gli occhi e scorrendo a terra, la ferita sul petto sembrava in fiamme.
Evan, intanto, non si rendeva quasi più conto di dove fosse, il volto era madido di sudore e la maschera rischiava di cadergli mentre lui cercava di combattere contro il desiderio di strapparsela di dosso. I tremori alla mano erano ormai fuori controllo, le gambe minacciavano di non reggerlo e i capelli e gli abiti erano fradici.
Come una bestia impazzita rinchiusa in una gabbia, prese  a muoversi senza controllo, girando intorno e cercando l’uscita, verso la quale si precipitò anelando di essere all’aria aperta.
L’altro uomo tossì violentemente, incredulo di essere ancora vivo, con un’urgenza terribile di alzarsi e correre in cerca di sua figlia, la sua bambina, e l’impossibilità di farlo perché le gambe non rispondevano e quasi non riusciva a tenere gli occhi aperti per il dolore e il sangue che si stava rapprendendo sul volto.
All’improvviso si sentì cingere da due braccia amorevoli e venne sollevato con sollecitudine, una voce femminile lo stava chiamando con urgenza.
- V-va…- riuscì a gracchiare con una voce che non era la sua - l-la seguono...è scappata dove sa…- tossì gemendo.
La donna emise un singulto di terrore ma non se lo fece ripetere due volte e scappò di corsa, lasciando l’uomo senza voltarsi, così come avevano concordato infinite volte se mai ce ne fosse stato bisogno: prima veniva la loro bambina.

 

Lucius si muoveva rapido tra le fila di case, il mantello che sventolava sulle sue spalle, al suo passaggio le finestre esplodevano e le porte saltavano in aria, molti cespugli prendevano fuoco e le aiuole ben curate venivano ingoiate dalle fiamme.
Evidentemente quella zona si era già svuotata, stavano facendo un buon lavoro e sentiva urla, pianti, declamare incantesimi e schiocchi di smaterializzazioni.
Sentiva anche i versi di Fenrir Greyback ma preferiva non pensarci, camminando svelto con la collana d’ambra che ciondolava sul suo petto ad ogni passo.
Le indicazioni che aveva ricevuto erano chiare e sapeva dove andare, doveva essere svelto e agire rapido, perché non voleva perdere tempo e il segnale per la fine di tutto doveva partire da lui, inoltre, presto sarebbero arrivati i soccorsi per il villaggio e gli Auror e, quindi, sarebbe scattato il gran finale. Il finale di quella prima battaglia.
All’improvviso la vide, la casa che cercava, più defilata rispetto alle altre e ormai, probabilmente, vuota ma doveva tentare: una promessa era una promessa.
Inoltre, ammise a sé stesso, lo faceva anche per un suo ritorno personale.
Stava avvicinandosi quando vide qualcosa che lo bloccò sul posto, vide Evan uscire come una furia proprio da quella casa, e scappare verso il centro del paese e, in un attimo, capì che il suo amico stava male e non sembrava in grado di badare a sé stesso.
“Maledetto idiota! Lo sapevo!” inveì dentro di sé, perché sapeva anche che, se non ci avessero pensato gli Auror o magari Fenrir, sarebbe stato lo stesso Signore Oscuro a porre fine alla vita di Evan se si fosse comportato come uno sconsiderato e avesse compromesso anche un solo particolare di quella notte.
Lucius si mosse dietro al suo amico per inseguirlo e raggiungerlo, imprecando senza fine, ma poi udì la voce di Bellatrix, provenire dal vicolo sul retro della casa, e ciò che la sentì dire lo immobilizzò facendolo imprecare in modo ancora  più sentito e volgare e montare una rabbia incandescente in corpo.
Lasciò perdere Evan e, furioso, si mosse nella direzione opposta maledicendo una volta di più il momento in cui aveva fatto quella dannata promessa.


Bellatrix aveva seguito le tracce della mocciosa fin troppo facilmente e ora cercava semplicemente di stanarla, mancava poco al rendez-vous ma lei voleva togliersi la soddisfazione di restare per sempre l’incubo peggiore di quella marmocchia, di stampare a fuoco la sua faccia nella mente di quella bimba innocente.
- Su- esclamò, con voce sollecita e resa più acuta dall’eccitazione per quel gioco perverso - vieni fuori, tesoro! Non voglio farti del male...voglio solo portarti in un luogo sicuro. Coraggio bambina - proseguì, seguitando a cercarla con lo sguardo - non penserai che io voglia farti del male? E’ questa maschera che ti fa tanta paura?- chiese alla bimba che di certo era nascosta li vicino, tra quei mucchi di bidoni dietro la sua casa, e l’ascoltava - ecco, me la tolgo! Vedi? Mi sono tolta questa brutta maschera e ora puoi vedere che sono solo una donna che vuole aiutarti…e riportarti dal tuo papà!-
Improvvisamente si sentì un fruscìo e Bella fu certa della vittoria ma, invece di veder comparire al suo cospetto una bambina impaurita, sentì la lieve pressione di una bacchetta puntata contro il suo collo.
- Non uscirà mai, mia figlia non è una stupida! Adesso voltati e fa vedere a me la tua faccia, se ne hai il coraggio…-
Quella voce fece sussultare Bellatrix e provare un senso di irrealtà misto ad un caleidoscopio di emozioni senza nome, come se qualcuno le avesse dato una spinta e l’avesse fatta precipitare nell’abisso di un lontano passato.
Un nome emerse lieve come un palloncino e poi esplose nella sua testa: “Andromeda!”


Il cielo sopra Ottery St. Catchpole aveva ormai toni arancioni e le stelle erano coperte dal fumo, i numerosi incendi stavano lambendo i margini del bosco e presto un turbine di fiamme si sarebbe letteralmente mangiato gli alberi.
Brigid stava ad osservare, giocherellando con un cristallo dal colore verde e stringendo gli occhi per osservare ciò che accadeva giù al villaggio.
Ad un certo punto si sentì il rumore di un motore e una macchina fuoristrada la sorpassò a velocità sostenuta, con i lampeggianti accesi.
Brigid estrasse rapida la propria bacchetta e la rigirò tra le dita come una majorette per poi puntarla contro la vettura che, colpita, si rovesciò sul fianco, continuando a mandare lampi ma senza più ferire l’aria con il suono della sua sirena.
La ragazza si avvicinò rapida, la sua veste bianca brillava nell’oscurità, un uomo cercava di uscire dal finestrino della vettura e, quando la vide, le chiese aiuto con voce strozzata.
Lei arrivò a pochi passi da lui e poi, estratto qualcosa da un sacchetto, glielo mise di malagrazia nella bocca.
Il poveretto rimase stupito e fece per dire qualcosa ma, dalle sue narici prese ad uscire un fiotto di sangue e, nel giro di pochi istanti, l’uomo perse i sensi e inondò l’abitacolo della macchina con il suo sangue denso, morendo dissanguato.
- Scusa!- gli disse la ragazza - eri nel posto sbagliato al momento sbagliato, capita a tutti!- e fece una smorfia per poi voltarsi e sparire nuovamente nella radura.
Una volta lontana alla strada principale gettò uno sguardo al cielo e poi si inchinò profondamente.
- Sei stata svelta…- le mormorò la voce di Lord Voldemort, apparso improvvisamente accanto a lei - sei una continua sorpresa per me, Brigid! Ora va, tieniti nascosta, le tue arti e i tuoi cristalli potrebbero servirci tra poco...ormai siamo alla fine-
- Mio Signore, Voi ordinate e io eseguo, come sempre!- mormorò lei e si ritrasse.
L’Oscuro Signore sorrise e poi lanciò uno sguardo freddo verso il paese ormai nel pieno della guerriglia.
“Tutta questa fatica solo per te, la faccio esclusivamente per te...un dono degno del più fervente degli innamorati! Un regalo meritevole del più devoto degli ammiratori! Lo apprezzerai, mio caro amico?…” sorrise gelido ed estrasse lentamente la sua bacchetta, la puntò contro un elicottero, che stava provando ad avvicinasi al paese e cercava di volare tra la cortina di fumo che ormai oscurava il cielo, e l’elica smise di girare facendo si che precipitasse verso il basso ma, prima di toccare terra, il velivolo esplose, disintegrandosi appena sopra le punte degli alberi e sparando i suoi resti, come proiettili, a centinaia di metri di distanza.
Nel bosco il silenzio era irreale e ogni forma di vita sembrava scomparsa o, semplicemente, se ne stava nascosta, in attesa che quella tragedia avesse fine.

 

Fine quarantaduesimo capitolo


* che io ricordi la prima guerra magica inizia, in verità, nel 1971.

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Capitolo 43
*** Regalo di compleanno (ultima parte) ***


Grazie a tutte le persone che leggono questa storia e grazie, come sempre, a miss Gold_394 e LostHope 92 per aver recensito <3 Questo capitolo è lunghissimo...ma mi sono rifiutata di dividerlo ulteriormente, spero sia sufficientemente scorrevole. Vi auguro buona lettura e buonissima Pasqua! A presto!


“Un gelido destino”


Quarantatreesimo capitolo

 

(Regalo di compleanno - ultima parte)




 

Aveva fatto quello che le aveva detto il suo papà: era scappata.
Ma, una volta uscita dalla casa, non era riuscita ad andare oltre e si era nascosta tra i bidoni sul retro, troppo impaurita per muoversi ancora e troppo stanca per correre, essendo stata strappata bruscamente al sonno.
Le gambe non la reggevano e aveva solo voglia di piangere.
Da settimane veniva istruita su dove andare in caso di bisogno e necessità, avevano fatto prove su prove, come se fosse un gioco. I suoi genitori le avevano detto che sarebbero stati sempre con lei e di non temere ma, se proprio non avessero potuto aiutarla, doveva correre e arrivare alla rimessa ai margini del bosco.
Non era lontana, non era nemmeno una vera rimessa a dire il vero, era piccola, quasi uno sgabuzzino in miniatura e solo un bambino vi si poteva infilare del tutto.
Lo zio Al aveva fatto un incantesimo protettivo speciale in quella sorta di ripostiglio esterno: se qualcuno ci fosse entrato sarebbe scattato un allarme nel suo ufficio, o dovunque egli si trovasse, e lui sarebbe potuto intervenire per aiutarli.
Era Magia Bianca di alto livello, chiamata Bad Tarrthàla*, una magia così particolare e variegata che non poteva essere contenuta in un ambiente troppo grande ma solo in un luogo piccolo ed isolato, perché quel tipo di stregoneria cozzava con tutti gli altri incantesimi di difesa. Il Ministero della Magia non amava che venisse usata perché poteva creare una gran confusione, era davvero sensibile e rischiava di mandare in tilt gli uffici degli Auror o qualsiasi altro luogo a cui era connessa.
Il potente Alastor Moody, ridendo fragorosamente, aveva ammesso che quella Magia Bianca assomigliava di più ad una magia grigia e per questo molti la vedevano come il fumo negli occhi. Lui se n’era infischiato, come aveva puntualizzato continuando a ridere di gusto, e aveva fatto in modo che lei, solo lei, potesse chiamarlo in soccorso e, al tempo stesso, salvarsi ed essere al sicuro dai pericoli, lei, la sua “zucchetta rosa”, come amava chiamarla.
Era piccola ma coraggiosa come un Ippogrifo, lo zio Al glielo ripeteva sempre, e si fidava ciecamente di lei.
La Bad Tarrthàla di Ottery St. Catchpole era stata scelta perché era facilmente raggiungibile da casa Tonks ma sufficientemente defilata affinché l’allarme non scattasse per caso.
Una volta dentro non c’era magia nera che potesse colpire chi vi si trovava all’interno, una volta la dentro sarebbe stata al sicuro.
Ma lei era rimasta li, nascosta dietro casa e piena di paura, perdendo minuti preziosi perché, senza la mamma e il papà, non aveva il coraggio di muoversi.
All’improvviso, però, l’aveva sentita: quella donna spaventosa la stava cercando, la chiamava.
Aveva gli occhi scuri e cattivi, sembrava proprio una strega delle favole babbane, quelle storie affascinanti e spaventose che lo zio Michael le raccontava sempre facendo infuriare la zia Hellen**, quelle streghe che offrivano mele avvelenate alla principesse.
Lei sapeva che non doveva fidarsi, sapeva che le streghe cattive fanno sempre del male alle principesse, e così aveva preso coraggio e non aveva aspettato che la strega le facesse un incantesimo. Era sgattaiolata via, senza essere vista, le sue gambe sapevano dove portarla e lei aveva corso, corso a perdifiato.
Perché quella donna cattiva le aveva fatto molta più paura che correre lontano da casa.
Sapeva che la sua mamma l’avrebbe protetta, anche il suo papà ma, sopra ogni cosa, sapeva che lo zio Al era il mago più forte del Mondo e lei voleva che arrivasse e spazzasse via quei maghi cattivi e spaventosi.
E quindi era corsa verso la rimessa incantata senza più voltarsi indietro.



 

Bellatrix non riusciva a decidere se voltarsi oppure no.
Una parte di lei voleva schiantare sua sorella e andarsene, l’altra voleva guardarla negli occhi, godersi la sua espressione e farle comprendere  chi conduceva il gioco.
- Se stai macchinando un piano sappi che è fatica sprecata, so essere svelta anch’io!- le disse Andromeda, punzecchiandole ancora il collo con la punta della bacchetta - e non vedo l’ora di consegnarti agli Auror…-
Bella sentiva dei sentimenti strani agitarsi dentro di sé: ricordava l’ultimo incontro che aveva avuto con Andromeda, quando l’aveva lasciata a terra nel vicolo, insultandola e scacciandola per sempre dalla loro casa.
Ricordava anche un tempo lontanissimo in cui le braccia di sua sorella erano state l’unico conforto ai suoi dispiaceri di bambina.
La sua dolce voce le aveva cantato canzoni per farla calmare o addormentare, per consolarla.
Quelle stesse braccia avevano stretto a sé un lurido babbano e la stessa voce gli aveva sussurrato parole d’amore, quelle braccia ora cullavano una figlia mezzosangue e quella voce le cantava delle canzoni per accompagnarla nel sonno.
Fece una smorfia di disprezzo e, alla fine, decise di godersi lo spettacolo in prima fila e lentamente, ma inesorabilmente, si voltò, finché i suoi occhi scuri non si ritrovarono a fissare quelli altrettanto scuri di Andromeda.
I boati che scoppiavano senza posa rendevano l’atmosfera irreale e il riverbero delle fiamme, che si innalzavano da più punti del paese, faceva splendere le due sorelle di una luce cangiante rossa, arancione e, a tratti, gialla.
Andromeda era senza parole e fissava esterrefatta il volto di Bellatrix, scuotendo leggermente la testa man mano che prendeva coscienza di quello che le si presentava davanti.
- Bella...tu…- sussurrò incredula, incapace di aggiungere altro - fino a questo punto!- riuscì a dirle poi, troppo sconvolta per mantenere la freddezza come avrebbe voluto.
- Questo dovrei dirtelo io…- le rispose Bella, sarcastica - sei impazzita fino al punto da vivere in uno squallido paese, in una orribile casupola con un uomo debole e quella insulsa bambina…-
L’accenno a sua figlia riscosse Andromeda, che si allontanò di un passo tenendo sotto tiro sua sorella, con gli occhi pieni di doloroso sgomento.
- Quella bambina è tua nipote…- le disse, carica di sofferenza - e io non ho tempo da perdere con te ma, puoi starne certa, non ho intenzione di lasciarti andare!-
- Come sei debole!- la schernì Bella - se tu avessi fatto al mio uomo quello che ha subìto tuo marito, se quella bambina fosse figlia mia, tu saresti già morta! Ti avrei colpito alle spalle senza pensarci un attimo! Ma, invece, tu sei fragile quanto questi luridi esseri con cui ti sei accoppiata!-
Andromeda mosse la bacchetta e Bella si ritrovò imprigionata con l’Incantesimo delle Pastoie, rischiando di rovinare a terra.
- E’ vero, sono debole!- ammise Andromeda, con la bocca contratta dalla sofferenza e gli occhi pieni di lacrime - riesco ad odiarti in questo momento, ma non riesco ad ucciderti...tuttavia, credimi, ti aspetta una sorte infinitamente peggiore della morte ad Azkaban!-
- Non lo farai, non mi consegnerai nella mani dei Dissennatori!- la derise l’altra.
- Forse non mi conosci abbastanza…- le disse Andromeda - ho perso anche troppo tempo con te, adesso basta!- e fece per afferrare Bellatrix ma non ci riuscì perché, all’improvviso, i suoi occhi si girarono e lei svenne, evitando di rovinare a terra solo perché due braccia la sostennero da dietro.
Bellatrix si ritrovò improvvisamente libera e riuscì a rimettersi diritta.
- Voi sorelle Black siete una reale scocciatura…mi date un sacco da fare- mormorò Lucius, sollevando Andromeda tra le braccia e osservando l’altra donna con sguardo freddo.
- Nessuno ti ha chiesto nulla e tu non dovresti metterti sempre in mezzo, Malfoy!- gli ringhiò contro Bella.
- Lo prenderò come un grazie - le disse l’uomo, sorridendo caustico- non siete brave nemmeno a ringraziare, è assodato!-
- Cosa pensi di fare con lei?- gli chiese la donna, stringendo gli occhi.
- Ti preoccupi?- le domandò, per tutta risposta, Lucius - o vuoi essere tu a darle il colpo di grazia?-
Un lampo passò negli occhi della donna che sollevò il mento con aria combattiva.
- Prima o poi, a ficcare il naso negli affari che non ti riguardano, ci lascerai la pelle…- gli sibilò lei, storcendo la bocca con odio.
Sapere che la firma sul contratto prematrimoniale che la legava ai Lestrange era sua la rendeva folle di rabbia, avrebbe voluto affondare le unghie nel suo petto e ridurre in poltiglia il suo cuore.
Lo aveva sempre detestato e disprezzato: troppo damerino, troppo biondo, troppo profumato e bardato in sete e tessuti preziosi e tuttavia, negli ultimi tempi, si era scoperta a desiderarlo. Lo aveva paragonato a Evan e l’aveva trovato più virile, più maschio nella sua padronanza di sé e, persino, nei suoi sentimenti verso Narcissa: così caldi eppure così controllati.
Aveva invidiato sua sorella e aveva desiderato possedere quell’uomo ma lui l’aveva respinta con disprezzo e quindi il suo odio si era moltiplicato, per poi esplodere del tutto quando era venuta a conoscenza della suo sigillo applicato sul quel maledetto accordo che la legava a Rodolphus o la condannava alla prigionia.
- Prima o poi la pelle ce la lasceremo tutti, tanto vale divertirsi nel frattempo…- le rispose lui, scuotendola dalle sue elucubrazioni, con il suo tono più strafottente - ora va!- la liquidò con alterigia - ho visto Evan in preda a qualche malessere, non ho idea di dove si sia ficcato e tra poco scatterà il rendez- vous-
- Non pensare di darmi degli ordini!- si inalberò lei - e di Rosier me ne frego!-
Gli occhi di Lucius si fecero pericolosi e la fissò con enorme disprezzo, soffermandosi sulla collana che lei portava al collo.
- Certo, te ne freghi finché non hai i tuoi bollenti spiriti da raffreddare...l’ho visto andare a sud, verso la strada principale, va e compiaci il nostro Signore evitando che Evan rovini tutto! Fidati che te ne sarà maggiormente grato di quando gli offri il tuo corpo e, magari, ti ricompenserà!-
Lei si morse le labbra, trattenendo qualche insulto ed esitò ancora un attimo, occhieggiando sua sorella tra le braccia di quell’uomo odioso.
- Vuoi darle un bacio prima di andartene?- la schernì Lucius e lei si ritrasse, guardandolo con un risentimento tale che avrebbe potuto ustionargli la pelle.
- Arriverà il giorno in cui ballerò sul tuo cadavere, giuro che mi prenderò la tua vita o tutto quello che la rende degna di essere vissuta…- gli sputò le parole velenosamente e poi si voltò, sparendo velocemente tra i vicoli del paese.
Lucius fece una smorfia, quella donna era talmente contorta che non se ne distingueva il principio dalla fine, era un tale groviglio che non si stupiva che Evan, contorto anche lui come un ramo d’ulivo, ne fosse così attirato.
Sospirò, lui invece voleva una ragazza chiara e cristallina, la desiderava disperatamente perché era così pura che aveva la sensazione di rendere la propria anima meno nera ogni volta che la sfiorava e, al tempo stesso, la respingeva con vigore per paura di contaminarla e rovinarla.
Osservò il volto di Andromeda posato sul suo petto, gli occhi chiusi e i capelli ramati spettinati e sparpagliati sul viso, le spalle e sulle sue braccia.
Sembrava incredibilmente simile a Narcissa, la notte di Weirwater, quando aveva perduto i sensi tra le sue braccia.
“Non è il caso, piantala!” si rimproverò l’uomo e ,all’improvviso, si ricordò quello che doveva fare e sentì l’urgenza nascere in lui.
Mancava solo un quarto d’ora, doveva muoversi.
Si smaterializzò e poi si materializzò nella casa della donna, seguitando a tenerla tra le sue braccia, spalancò una porta con un calcio e trovò una camera da letto, adagiò Andromeda sul materasso con delicatezza e poi estrasse dalla tasca l’ultima collana d’ambra che possedeva e la posò sul suo petto.
Un secondo dopo si voltò e, come se avesse avuto gli occhi dietro la testa, bloccò la mano dell’uomo che gli si era avvicinato di soppiatto e stava per colpirlo con un candelabro.
- Cosa le hai fatto?!- urlò l’altro, con una voce stranamente sforzata e gracchiante.
Lucius lo osservò e lo trovò ridotto davvero male: il volto era una maschera di sangue, al posto di metà orecchio c’era un grumo rappreso, il collo aveva degli orribili segni violacei, la maglietta era stracciata di netto e intrisa di sangue che colava da una ferita profonda sul petto.
Il Mangiamorte lo sopraffece facilmente, perché il babbano era senza forze e quindi la lotta fu impari, e lo sbatté senza sforzo sul letto, accanto ad Andromeda.
- Non le ho fatto nulla ma, fossi in te, mi preoccuperei di più per te stesso- gli disse, freddo.
L’altro uomo lo guardò determinato con i suoi occhi chiari ,nonostante fosse stravolto.
“Coraggioso il bastardo!” pensò Lucius e la tentazione di infierire fu grande ma Evan, come aveva buona ragione di presumere, aveva già fatto un ottimo lavoro e non c’era tempo.
- Si riprenderà…- gli disse con la sua voce strascicata e piena di disprezzo- adesso vi conviene star qui buoni buoni, perché se uscite potrebbe essere l’ultima cosa che fate!-
L’altro uomo sembrò spiazzato da quell’avvertimento ma si riprese in fretta - Allora la lascerò qui ma io non posso…- e fece per alzarsi ma Lucius, sbuffando, gli puntò la bacchetta alla gola e gli fece perdere i sensi.
- Che assurda perdita di tempo!- sbottò e uscì dalla stanza, non prima di aver preso qualcosa da un comò ed esserselo messo in tasca.
“Ora pensiamo alla marmocchia!” e si maledisse per l’ennesima volta per essersi fatto strappare quella dannata promessa e per la scelta di quel maledetto paese come obiettivo da colpire, sembrava che l’intera famiglia Black si fosse messa d’accordo per rendergli la vita impossibile.


Evan era totalmente in preda al panico, non capiva più nulla, non sentiva più nulla.
Andava avanti alla cieca e, nel profondo della sua anima, capiva di essere finito.
Non si sentiva più neppure umano, era già accaduto una volta ma non in modo così violento, aveva proprio sbagliato tutto, aveva creduto di poterlo controllare e non si era reso conto di essere andato avanti, troppo avanti.
Aveva perduto la misura e il controllo.
Il controllo del suo corpo, del suo cuore, della sua anima.
Inferocito e sofferente sfondò letteralmente la prima porta che trovò, non riuscendo quasi a distinguere nulla, la sua visuale era ridotta e, per cercare di capire cosa lo circondasse, muoveva la testa a scatti.
All’improvviso capì di non essere solo, un uomo stava immobile in un angolo della stanza e lo osservava con gli occhi sbarrati.
- Cosa...cosa…- Evan non riusciva a parlare, la lingua era pesante e asciutta - cosa...GUARDI!- urlò alla fine, facendo sobbalzare l’uomo, che fece cadere tutto ciò che teneva tra le braccia.
Il Mangiamorte cadde per terra, incapace di reggersi in piedi, e si strappò la maschera dal volto.
L’altro uomo si riscosse e si gettò per terra accanto a lui, controllandogli le pupille e tastandogli il polso per sentire le pulsazioni.
Evan rantolava incapace di dire null’altro, gli occhi si muovevano vorticosamente nelle orbite e il ronzio costante nelle orecchie gli impediva di sentire.
L’altro uomo imprecò sottovoce - Ragazzo! Ragazzo mi senti??!- cercò di riscuoterlo ma inutilmente.
Allora si alzò e corse a frugare in uno dei suoi numerosi cassetti, estrasse diverse fiale e riempì delle siringhe poi si precipitò di nuovo accanto ad Evan che tremava in modo convulso.
Un attimo prima che potesse fare la prima iniezione una donna entrò nella stanza, puntandogli addosso una bacchetta.

- Cosa credi di fare!- urlò e le siringhe volarono via dalle mani dell’uomo che gridò per il disappunto.
- Cosa credi di fare tu, donna!- la riprese lui cercando di raccattare le siringhe - quest’uomo è in pieno delirium tremens!**-
- Delirium tremens?!- ripeté stolidamente Bellatrix, che non aveva idea di cosa parlasse quel babbano.
- Rischia danni cerebrali irreversibili!- le gridò, inferocito e concitato - Dovrei idratarlo ma di certo devo fargli subito delle iniezioni di vitamina B1 e benzodiazepine!- proseguì poi, mormorando a sé stesso.
Bella lo guardò come se le avesse parlato in serpentese.
- Dannazione, molla quella bacchetta e vieni qui a tenerlo se vuoi che il tuo amico si salvi, perché siete compari, no?!- la riprese lui e lei represse l’istinto che aveva di tappargli la bocca per sempre e lanciò un’occhiata ad Evan, rimanendo intimamente sconvolta da quello che vide.
Contro ogni volontà si chinò su di lui e bloccò la testa e il torace del ragazzo, abbracciandolo e  tenendolo fermo, mentre l’altro uomo, che aveva una cinquantina d’anni e un viso dai tratti comuni, si preparava a fare le iniezioni.
- Se gli fai qualcosa di sbagliato sei praticamente già morto....- gli sibilò lei, un attimo prima che l’ago si infilasse nella carne di Evan.
- Sono un medico, io!- ringhiò l’uomo, furioso - sono un dottore, ho fatto un giuramento! Ho il dovere morale, etico e professionale di fare ogni cosa in mio potere per salvargli la vita!- la guardò con gli occhi infuocati.
Passarono dei secondi che parvero secoli e il tremito di Evan si placò e il viso del ragazzo si rilassò, gli occhi parvero riprendere vita.
Il Dottore sospirò di sollievo e si tolse gli occhiali, asciugandosi il sudore dalla fronte.
Bella si alzò e cercò di trascinare con sé Evan, ma il ragazzo non era ancora in possesso delle sue facoltà e non si aiutò in alcun modo, così gli sforzi della donna furono vani.
- Non è così semplice!- sbottò il dottore, gettandole un’occhiata rabbiosa - questa persona ha subìto uno shock prolungato, ha bisogno di essere reidratato a lungo e di continuare con una terapia adeguata!-
- Questa persona ha solo bisogno di venire via con me e tu farai bene ad aiutarmi, dottore!- la voce di Bellatrix era velenosa ma anche spaventata: mancavano si e no cinque minuti al rendez- vous e di questo passo avrebbe dovuto abbandonare l’altro Mangiamorte al suo destino ma, prima, avrebbe dovuto ucciderlo e bruciare il marchio nero sul suo braccio.
- Se non viene curato adeguatamente rischia un’encefalopatia grave...dei danni permanenti al cervello!- si infuriò il medico - sto perdendo tempo con voi quando dovrei essere li fuori a soccorrere le vostre vittime innocenti!- sembrava davvero fuori di sé, si precipitò alla sua scrivania, scribacchiò qualcosa su un blocchetto e poi porse un foglio a Bella.
- Ecco, preparagli questa pozione e somministragliela ogni due ore per almeno dieci giorni...e parla con chi di dovere al San Mungo, per Merlino!-
La donna lo guardò, per una volta, senza parole.
- Ma tu…- iniziò a dire ma lui non l’ascoltò, sollevò il ragazzo con fatica e lo gettò tra le sue braccia, poi si chinò e raccolse le bende e le pomate che gli erano cadute in terra all’arrivo di Evan, prese la sua valigetta e si avviò alla porta.
- Allora io vado!- le disse, gettandole mezza occhiata - non ho più tempo da perdere, ho ben altre persone da salvare! Fa come ti ho detto o per lui ci sarà poco da fare, il suo cervello si spappolerà!- e, così dicendo, uscì sparendo nella notte e infilandosi nella guerriglia.
Bellatrix cercò di non cadere sotto il peso di Evan che sembrava ritornare alla realtà poco alla volta.
- B-Bella…- mormorò debolmente - s-sto male…-
Lei si morse le labbra, tentata di lasciarlo la e andarsene, sarebbe stato semplice, la questione di un attimo.
Lo fissò per un momento: il viso giovane e bello stravolto dalla sofferenza, gli occhi nocciola quasi privi di lucentezza.
- Lo so…- gli rispose, cercando di controllare il fastidio che provava - cerca di reggerti, manca poco, tra poco  il marchio brucerà e tutto sarà finito!-
Si mossero lentamente verso l’uscita, Evan era quasi a peso morto e lei stava facendo una fatica immane per restare diritta e trascinarlo, alla fine si ritrovarono all’aperto e lui sembrò trarre giovamento dall’aria fresca, si resse meglio sulle gambe e insieme avanzarono verso la strada principale del paese.
Bella lanciò un’occhiata al biglietto che reggeva in mano, era una carta intestata e lei vi scorse un nome: Dott. A.P.B. Jones **.






 

Fenrir Greyback era guidato solo da un istinto animalesco, solo dal desiderio di colpire, ferire e uccidere. Come una bestia malata che, alla fine della sua vita, diventa feroce e pericolosa così era lui, ma lo era sempre e costantemente. Quella era la sua malattia, che diventava la condanna di chiunque lo incontrasse.
Non aveva pietà perché non aveva coscienza, non aveva rimorso perché non provava sentimenti ma solo istinti.
Quella notte per lui era semplicemente lo sfogo senza limiti dei suoi bisogno più bestiali, spalleggiato e scelto dal Signore Oscuro che gli aveva promesso tante e tante di quelle notti e lui, maledizione, le voleva. Voleva quelle emozioni, voleva sentire il bisogno della caccia esplodere in lui, voleva azzannare e porre fine al tremito dei suoi denti e al prurito delle sue mani.
All’improvviso la sentì, annusò l’aria in estasi, si, era li vicino, la più inebriante delle prede...e così seguì quel profumo celestiale.
Si immise nella sua scìa e sentì il cuore pompare sangue più velocemente, camminò percorrendo la stessa strada di quei piccoli passi che correvano svelti, poteva sentire il fiato accelerato della sua vittima designata.
Ed ecco, la poteva vedere, poteva vedere il piccolo corpicino coperto dalla camicia da notte, le codina muoversi nell’impeto della corsa. Correva senza voltarsi, andando decisa verso una meta conosciuta.
Il Lupo Mannaro non vedeva l’ora di prenderla tra le proprie grinfie ma, si rese conto, non era il solo.
Da un’altra stradina sbucò uno dei Mangiamorte, sul momento non lo riconobbe ma poi capì che era quel bamboccio di Barty Crouch.
I due si ritrovarono faccia a faccia sulla stessa strada, Greyback ringhiò violentemente - Lei è mia!-
Bartemius lo fissò da dietro la maschera, con una smorfia sadica sulla bocca - Se ci arrivi prima di me!- gli disse, sfoderando la bacchetta.
La bimba, che si era voltata e aveva visto i due, si portò le manine alla bocca, incredula nel vedere un essere mostruoso come quel Lupo Mannaro.
Terrorizzata dimenticò la sua destinazione e si infilò in un vicolo, incapace di muovere ancora un passo.
-M-mamma…- mormorò, cercando di piangere piano ma troppo spaventata per riuscire a controllare i singhiozzi, che si persero comunque nel frastuono della battaglia- voglio papà...voglio la mia mamma!-
L’ultima parola le morì in gola perché sentì il ringhio feroce della bestia che aveva appena visto.
Voleva essere coraggiosa ma aveva solo tanta paura, era così vicina eppure sapeva che adesso non avrebbe mai più avuto il coraggio di uscire, quel Licantropo era spaventoso, più della strega e più del fuoco.
Voleva tanto vedere lo zio Al, sapeva che lui era forte e avrebbe sconfitto chiunque, ma aveva paura che non sarebbe mai arrivata alla piccola rimessa incantata.

 

Fenrir Greyback non aveva intenzione di lasciare la sua preda a nessuno ma Barty Crouch, quel moccioso slavato che sapeva essere tanto utile al Signore Oscuro, era altrettanto determinato.
Una bimba così piccola e così tenera, voleva essere lui ad occuparsene per primo, non intendeva lasciarla nelle zanne di quella disgustosa creatura che l’avrebbe fatta a pezzi in meno di un secondo.
Lui non intendeva piegarsi, nemmeno a quell’essere mostruoso e letale, voleva la sua parte di gloria, voleva divertirsi, voleva godere alla faccia di quell’insulso bacchettone di suo padre.
L’uomo che lo disprezzava perché lo credeva debole e fiacco ma, allo stesso tempo, decantava a tutti le sue doti scolastiche. Troppo comodo, incensarlo in pubblico e denigrarlo in privato!
- Pensi di aggredirmi?- provocò l’orrida bestia, con un sorriso pieno di sadica gioia- ricordati cosa ha detto Malfoy e ricordati anche da chi prende gli ordini lui! Se mi sfiori sarà lo stesso Oscuro Signore a ridurti in poltiglia!-
Fenrir era furioso, sentiva che la bambina era li vicino ma in ciò che gli stava dicendo quel moccioso folle e arrogante c’era del vero e persino lui, il forte e potente Greyback, temeva il Signore Oscuro.
- Facciamo che chi la trova per primo se la tiene!- ringhiò, trovando quello che gli sembrava un buon accordo, anche se l’idea di scendere a compromessi con quel bamboccio gracilino gli causava una sorte di furia senza fine.
L’altro rinfoderò la bacchetta.
- Ci sto!- e rise di gusto - cervello contro muscoli, umano contro animale...vediamo chi prevale!- esultò euforico, come se stesse già vincendo.
E così si separarono, il Lupo Mannaro era quasi certo di farcela perché lui possedeva l’istinto e il fiuto.
Si, l’avrebbe trovata annusando l’aria e fiutandola, nonostante la polvere e l’odore acre del fumo, e l’avrebbe sentita, nonostante il fragore della lotta.


Aveva freddo e gli occhi le si stavano chiudendo, voleva dormire e la mente iniziò a vagare, pensieri senza una logica precisa ma che la cullavano.
All’improvvisò sentì un rumore, spalancò gli occhi e, girando la testa, lo vide: un uomo mascherato, la stessa maschera d’argento che portava anche la strega cattiva.
Non era molto distante e, se solo avesse voltato la testa, l’avrebbe vista.
Tremò sentendo le lacrime fare nuovamente la loro comparsa e scendere copiose sul visetto impolverato.
Un secondo dopo, infatti, lui la scorse e la bocca gli si contorse in un ghigno malvagio mentre estraeva la bacchetta. Lei sapeva che le avrebbe fatto del male, si coprì il piccolo viso con le mani.
E poi accadde qualcosa.
L’uomo fu colpito da una potente luce rossa e stramazzò al suolo, privo di sensi.
Subito dopo, arrivò un altro uomo vestito nello stesso identico modo, una maschera argentata che copriva anche il suo volto. Passò accanto a quello svenuto in terra, lo colpì con un violento calcio nelle costole e gli sputò addosso, la bimba lo sentì dire  -Questo è da parte di Evan, schifoso bamboccio!***- e poi venne da lei.
Ormai non aveva scampo e lo guardò con gli occhi sbarrati.
Lui si chinò accanto a lei e le disse - Vieni con me, ti porto al sicuro!- e, prima di prenderla in braccio, si tolse la bella collana che indossava e gliela infilò attorno al collo.
- Sei un principe?- gli chiese, dimenticando di colpo la paura, quando lui l’ebbe sollevata e lei poté scorgere i suoi occhi azzurri - oppure sei uno Huldrekarl?***- lo osservò con interesse, notando una lunga ciocca di capelli biondi uscire dal suo cappuccio.
L’uomo sembrò divertito e sorrise, aveva dei denti bellissimi, non belli come quelli del suo papà ma molto belli.
- Conosci molte cose per essere così piccola!- le disse, parlando in fretta e muovendosi rapido, continuando a stringerla tra le braccia.
- Il mio papà sa tutto della Norvegia!- si entusiasmò lei ma lui le mise un dito sulle labbra per zittirla.
- Adesso ti riporto a casa…- le sussurrò, muovendosi più guardingo e nascondendola sotto il suo mantello.
- No!- sbottò lei facendolo fermare, stupito - mamma e papà mi hanno detto di andare in un altro posto, l’hanno fatto per me! E’ più sicuro…è vicino vicino…-
Lui allora si fece mostrare il posto, era a cinquanta metri dal corpo esanime di Barty Crouch.
- Li dentro?- le chiese poco convinto, notando quella specie di piccolo ripostiglio chiuso da una porticina.
Lei annuì, sentendosi improvvisamente felice.
Lui l’accontentò, sembrava avere molta fretta e, dopo essersi guardato attorno, aprì la piccola porta e la spinse dentro.
- Non uscire ancora per un pò! - le raccomandò - e non toglierti la collana!-
- Sei buono ma ti vesti da cattivo così li imbrogli, vero?- gli chiese la bimba - io mi chiamo N...Dora...e tu?-
- Chiamami Principe...Karl! - le sorrise un ultima volta e richiuse la rimessa, lasciandola li.
Ninfadora esultò dentro di sé, i suoi capelli divennero di un bel colore rosa e lei batté le manine: ce l’aveva fatta! Era salva e presto lo zio Al sarebbe arrivato a difenderli!


Lucius sentiva di avere il Diavolo in corpo, il tempo era quasi scaduto e aveva perso un sacco di tempo.
Si avvicinò a Barty Crouch, puntò la bacchetta e mormorò un Innerva a denti stretti.
Il ragazzo riprese i sensi, ancora fortemente stordito.
- C-cosa…?- riuscì a dire mentre Lucius lo sollevava di peso, rimettendolo in piedi.
- Qualcuno ti ha schiantato - gli spiegò - adesso andiamo,ormai è ora di chiudere!-
Si voltarono e si trovarono davanti Fenrir Greyback, Lucius non lo lasciò nemmeno aprire bocca e gli disse - Andiamo! E non voglio sentire storie!-
Il Lupo Mannaro digrignò i denti ma cedette, si era divertito a sufficienza ormai e non sentiva più traccia della bambina, non riusciva a distinguerne l’odore e non voleva rischiare di scontentare il Signore Oscuro.
E così si diressero svelti verso la strada principale.
- Adesso procediamo rapidi! Ma non esponetevi fino all’ultimo secondo!- ordinò Lucius e, contemporaneamente, si sfiorò con la punta della bacchetta il marchio nero inciso sull’avambraccio sinistro.
Simultaneamente si sentirono diversi crack e i Mangiamorte cominciarono ad apparire, uno dopo l’altro.
Bellatrix ed Evan apparvero per ultimi, arrivando a piedi da una strada laterale, lui sembrava in enorme difficoltà ed era privo della maschera.
All’improvviso si udirono altre materializzazioni e, leggermente prima del previsto, apparvero alcuni Auror del Ministero, guidati da Alastor Moody che, ringhiando degli ordini, li incitò all’attacco.
Decine di incantesimi si incrociarono nell’aria, la notte fu sferzata da tutta quella potenza magica concentrata in un perimetro così ridotto, i Mangiamorte erano superiori per numero ma la grinta di Alastor guidava gli Auror e permetteva loro di non soccombere e, anzi, di far stringere gli avversari in una specie di abbraccio protettivo che ne limitava l’azione.
Bella, avvantaggiata dall’essere più defilata, fece adagiare Evan per terra ed estrasse la sua bacchetta per colpire un Auror che le dava le spalle ma, all’improvviso, ci fu un’esplosione, un rumore che si distinse da qualsiasi incantesimo e non apparteneva al mondo magico, e una pallottola si conficcò  con precisione millimetrica nel braccio della donna che lanciò un urlo di dolore e lasciò cadere la bacchetta finendo tra le braccia di Evan.
- Nooooo!- urlò l’uomo, disperato, incapace di fare altro che stringere a sé la donna mentre il sangue di lei usciva a fiotti.
Lucius arrivò proprio in quel momento, la bacchetta già sfoderata, il mantello che svolazzava nell’aria alle sue spalle e, abbracciato con lo sguardo l’intera scena, mosse appena il braccio con un movimento quasi casuale e, senza nemmeno rivolgergli un’occhiata, lanciò l’Anatema che uccide sul babbano che aveva sparato a Bellatrix.
L’uomo cadde a terra folgorato, sotto gli occhi impotenti di Alastor Moody, che ruggì di rabbia e scagliò uno Schiantesimo così potente che sollevò da terra Fenrir Greyback e, pur senza fargli perdere i sensi, lo fece volare addosso a Barty Crouch.
Lucius non perse altro tempo, si sfiorò nuovamente il marchio nero con la bacchetta e allora, tempo un secondo, accadde qualcosa.
Come uno Tsunami che sposta l’aria e strappa di dosso le vesti e la pelle, una potenza assurda si abbatté su Ottery St. Catchpole, scoperchiando i tetti e mandando in frantumi i vetri, travolgendo gli Auror che finirono spazzati via, sbattuti contro i muri delle case, sollevati come foglie dal vento.
I Mangiamorte vennero avvolti e protetti da quel turbine nero e poi, nel mezzo della scena, apparve Lord Voldemort, davanti gli occhi ammirati e vittoriosi dei suoi seguaci e quelli stravolti e increduli dei suoi antagonisti.
Egli mosse qualche passo al centro della strada e, ogni qual volta l’Oscuro Signore avanzava, la terra sembrava tremare sotto la sua potenza. Un turbine di vetri, calcinacci e mattoni si abbatté sugli Auror, ferendoli e straziandone le carni, rendendoli del tutto inermi e togliendo loro il respiro.
Poi, quando egli si fermò e con lui si placò anche quella furia, estrasse la sua bacchetta e lanciò un incantesimo in aria dove, turpe e terrificante , apparve un gigantesco Marchio Nero che riverberò nel cielo, sovrastando il villaggio devastato e in fiamme.
Un secondo dopo Lord Voldemort e tutti i suoi seguaci si erano smaterializzati, come la lama di una spada che affonda nella carne e poi ne viene estratta, lasciarono il paese ferito mortalmente, lacerato e sanguinante.
Quella fu la notte in cui il Marchio Nero apparve per la prima volta sotto gli occhi di tutti, la notte in cui per la prima volta la sua comparsa nel cielo significò morte e distruzione, la notte in cui l’orrido Teschio dalla lingua serpentina annunciò, in tutta la sua violenta oscenità, che la guerra era cominciata.


Hogwarts si stagliava netta nella notte scura, dopo le piogge dei giorni precedenti il cielo si era finalmente aperto e le stelle brillavano in cielo, l’aria era ormai fresca e annunciava la fine dell’estate.
La Scuola era semi deserta ma pronta ad accogliere gli studenti che sarebbero arrivati da li a pochi giorni.
Erano quasi le due di notte del ventisei agosto e nella Sala Grande un gruppetto di persone stava chiacchierando allegramente, davanti ad una tavola imbandita.
Al centro troneggiava una splendida torta ricoperta di panna e ribes, con golosi strati di crema al limone.
- Beh, Albus!- biascicò il Professor Slughorn, sollevando per l’ennesima volta il suo bicchiere colmo di succo di zucca corretto con Whisky Incendiario - permettimi di fare di nuovo un brindisi al più potente dei magli...hic...ehm...si...maghi, nonché mio carissimo amico, che si sia mai veduto su questa Terra!- e trangugiò il contenuto del suo calice senza aspettare che gli altri riempissero i propri.
Hagrid applaudì con energia, decisamente alticcio anche lui, e batté un pugno sul tavolo, rischiando di sfondarlo e di disintegrare la torta con lo spostamento d’aria, per sottolineare quanto avesse gradito quel discorso.
Madama Chips e Miss Sprite si coprirono la bocca e ridacchiarono, in preda ad un’allegria molto sospetta.
Seduto al centro della tavolata Albus Silente sorrideva, con gli azzurri occhi che brillavano dietro gli occhiali a mezzaluna.
Ad un certo punto incontrò lo sguardo di Minerva Mc Granitt, che stava seduta composta e osservava leggermente esasperata il mancato contegno dei suoi colleghi, e i loro occhi si incatenarono per qualche secondo.
Un muto dialogo passò tra loro, la consueta comprensione che li accompagnava da molti anni e il pensiero che li accomunava in quel momento fu formulato da lei ad alta voce - Alastor è in ritardo…- un lampo attraversò lo sguardo chiaro del Preside e, come chiamato dalle parole di Minerva, Moody spalancò le porte della Sala ed entrò.
Silente si alzò in piedi, svettando in tutta la sua altezza, e quando gli altri presenti videro l’Auror si ammutolirono perdendo ogni traccia di ilarità.
L’uomo avanzava claudicante lungo la navata centrale, appoggiandosi ad un bastone nodoso, i suoi abiti e i suoi capelli  erano ricoperti di polvere bianca, mezzo volto era fasciato in modo approssimativo, il soprabito era stracciato e macchiato di quello che sembrava sangue rappreso.
- Scusate il ritardo...- Moody si fermò davanti alla tavolata - auguri Albus…- l’uomo fissò Albus Silente con il suo sguardo mutilato e rovente.
Il Professor Slughorn era sbiancato e si era ammutolito, Hagrid aveva gli occhi sbarrati, Madama Chips e Miss Sprite erano impallidite.
Minerva si avvicinò all’Auror con sollecitudine invitandolo a sedersi ma l’uomo rimase in piedi, senza abbandonare Silente con lo sguardo.
- Non ho mai avvertito una tale potenza, mai…-gli occhi del Preside brillarono con maggiore intensità a quelle parole - con la sua sola presenza ha scoperchiato case e creato un cratere nel mezzo della strada...ci ha spazzati via come si fa con le briciole da un tavolo, ci ha resi inermi come dei neonati - disse con la sua voce dura- ci hanno giocato, una soffiata ci ha mandato qui in Scozia, nulla ci ha fatto pensare che il vero obiettivo fosse giù a sud, qualcuno ha lavorato molto bene per farci credere che ci sarebbe stato un attacco al nord! - Alastor aveva una voce bassa e profonda e parlava lentamente, nella Sala il silenzio era irreale.
- Quante vittime?- chiese il Preside con la sua voce chiara, il volto era di granito e la mascella serrata.
- Ventotto...- l’unico occhio libero di Alastor brillò febbrile, un singulto d’orrore uscì dalla bocca della professoressa Sprite - diciotto feriti gravi e venti feriti meno gravi, quattro dispersi... -
Minerva si portò la mano alla bocca, sconvolta.
Madama Chips scoppiò a piangere.
- Benji** ha un polmone collassato per lo spostamento d’aria. Il nostro contatto tra le Forze di Difesa babbane…- e qui la voce gli mancò per un attimo - ...Michael Tonks...ucciso sotto i miei occhi e sotto gli occhi della nostra Auror, Hellen Mitchell, la sua fidanzata...Albus!- il tono divenne urgente - il Ministero sta cercando di insabbiare il tutto in accordo con il Ministro Babbano...ma non possono smentire questo!- e lanciò attraverso il tavolo una fotografia del Marchio Nero che si stagliava netto e spaventoso nel cielo.
- Albus non possiamo più aspettare, dobbiamo agire! Questa volta devi darmi retta, solo tu puoi…- Alastor mostrò per la prima volta la fatica e la sofferenza e Minerva fu lesta a prenderlo sottobraccio per sostenerlo.
Albus Silente fissò lo sguardo in quello della donna e lei fece un breve cenno col capo, aveva capito.
Tutti puntarono gli occhi sul Preside di Hogwarts: Hagrid sembrava spaesato, il Professor Slughorn terrorizzato.
- Alastor, raduniamo tutti…- e l’Auror sembrò finalmente soddisfatto e si sedette di schianto, passandosi una mano sul volto bendato e stravolto mentre Madama Chips si affaccendava attorno a lui con sollecitudine per prestargli soccorso.

 

Molto più tardi, nel suo Ufficio, Albus Silente fissava il cielo stellato con aria grave, gli occhi brillavano incessanti alimentati da infiniti pensieri.
Ad un certo punto una mano prese la sua e lui si voltò per fissare il viso di Minerva, turbato ma sorridente.
- Tom ha voluto farti capire - mormorò lei con voce sofferente - che non avrà pace finché non ti raggiungerà…-
Lui ricambiò la stretta e si portò la mano di Minerva alle labbra.
- Temo che mi abbia già superato e temo di non essere io la persona che lo fermerà…-
- Se non puoi tu, non può nessuno!- affermò lei con forza.
Lui sorrise con aria maliziosa - Dopo tutti questi anni hai ancora fiducia in questo povero vecchio!-
Minerva sbuffò e strinse le labbra.
- Se Tom vuole la guerra, guerra sarà e tu lo sai! E poi non sei vecchio, solo incredibilmente testardo!- gli stampò un bacio sul naso e poi se ne andò invitandolo a riposarsi almeno un paio d’ore.
Silente fissò nuovamente lo sguardo fuori dalla finestra.
“Hai voluto farmi un regalo di compleanno in grande stile, Tom…”
Il cielo andava schiarendosi e l’alba lo dipingeva nei toni dell’oro pallido: un nuovo giorno era iniziato.


Fine quarantatreesimo capitolo

 

*soccorso

 

** qualcuno se li ricorda? :D sono Michael, cugino di Ted, ed Hellen, figlia di babbani e amica di Andromeda ad Hogwarts e grazie alla quale Andromeda e Ted si sono conosciuti (nei primissimi capitoli di questa storia…).

** il Delirium tremens è uno stato patologico che insorge in soggetti che hanno una dipendenza dall’alcool e se ne privano improvvisamente. Si rischiano, tra le altre cose, gravi danni cerebrali.

** Le prime cure per il Delirium tremens comprendono idratazione via endovenosa, somministrazione di ansiolitici e vitamina B1.

** il Dottore che soccorse Andromeda rivelandole di essere incinta. E’ un Magonò, lontanamente imparentato con i Black.

** Benjamin Fenwick membro dell’Ordine della Fenice nella prima guerra magica, raccolse la profezia udita da Silente su Harry e Voldemort e, per questo, fu fatto successivamente a pezzi da Fenrir Greyback nel tentativo di estorcergli informazioni.

 

*** nei capitoli precedenti, grazie alla soffiata di Barty, L’Oscuro Signore ha saputo che nella casa di Evan era stato usato un Avada Kedavra contro un poliziotto babbano, allertando gli Auror, e Rosier è stato, di conseguenza, punito.

 

***HurdleKarl = creatura fantastica della mitologia Norvegese (e nordica in generale) di bellissimo aspetto.


Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): grazie della pazienza, questo capitolo è stato infinito e davvero faticoso da scrivere ma io adoro intrecciare le storie dei personaggi e quindi ci tenevo in modo quasi maniacale...spero sia stata una buona lettura e che il tutto non sia risultato troppo lungo e tedioso. 

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Capitolo 44
*** L'assenza di quiete dopo la tempesta (prima parte) ***


Mi ripeto e ringrazio di cuore chi legge questa storia e, in particolare, le due ragazze che hanno commentato: LostHope 92 e miss Gold_392!

Ehm, avevo detto che con questo capitolo si sarebbe ritornati ad Hogwarts...ho mentito involontariamente, ho dovuto dividerlo a metà...grazie e a presto!



“Un gelido destino”


Quarantaquattresimo capitolo

 

(L’assenza di quiete dopo la tempesta- prima parte)


Erano anni che Narcissa non riposava bene la notte, il suo sonno era sempre costellato da incubi o da sensazioni angosciose che ne vanificavano il riposo.
Dalla notte in cui Aloise Alderman aveva declamato la sua maledizione andare a letto significava affrontare tutti i demoni e l’oscurità che Cissy sentiva di avere addosso.
Era come se la madre di Rubinia le avesse aperto uno squarcio nella fronte e un altro, altrettanto profondo, in mezzo al costato e lei aveva l’impressione che le orribili premonizioni che albergavano nella sua testa e i pensieri più che confusi che si agitavano tra le pieghe della sua mente filtrassero in basso, come una specie di fiume sotterraneo e, una volta raggiunto il cuore, lo soffocassero come lava che fuoriesce da un vulcano e brucia ogni cosa sul suo cammino.
Si era chiesta spesso se anche Bella provasse le sue stesse sensazioni e se anche i suoi sogni fossero più simili ad incubi. La profonda conoscenza che aveva di sua sorella, tuttavia, le suggeriva che i demoni di Bellatrix erano diurni e non notturni e che la giovane donna vi convivesse con un consapevole e sadico giubilo, senza rifuggirli come cercava di fare lei.
Vi era una sorta di follia incosciente e coraggiosa nel modo di vivere di sua sorella.
Narcissa si sentiva una vigliacca, viveva in una specie di limbo distratto e delle volte aveva la sensazione che qualcun altro respirasse per lei, come se non riuscisse a cogliere qualcosa, un particolare di vitale importanza. Le parole di Aloise era incise nella sua memoria eppure erano coperte da un velo oscuro e fuorviante: sentiva che setacciare quel fiume di parole avrebbe portato a galla solo fango.
Quella notte non era diversa da tante altre, non riusciva a riposare serenamente e la schiacciavano una miriade di immagini diverse.
Aveva imparato che, almeno nel sonno, cercare di bloccare quelle visioni non portava a nulla di buono e quindi si lasciò andare: sentiva l’erba bagnata sotto i piedi nudi, correva e avvertiva solo il suono del proprio respiro, l’aria era densa, fredda e umida e la leggera camicia da notte le si appiccicava addosso come un impalpabile velo di ghiaccio.
Sentiva i brividi di freddo sulla pelle nuda, i capelli erano umidi e le si incollavano al viso e al collo come i fili di una ragnatela. La Luna si stagliava netta nel cielo, coperta a tratti da nuvole scure, lei aveva paura di scivolare ma non riusciva a smettere di correre.
E poi la vide, finalmente. Rallentò e non l’abbandonò più con lo sguardo, la seguì senza perderla di vista: una piccola e  bellissima farfalla colorata.
Volava leggiadra e sembrava quasi rallentare per attenderla, all’improvviso si ritrovarono in una radura e, quando la Luna poté rischiarare con tutta l’intensità della sua luce quella notte piovigginosa, Narcissa scorse le rovine di una casa che, evidentemente, era stata divorata dalle fiamme.
Sembrava un disegno fatto al carboncino, poteva distinguerne i contorni ma non a comprendere se fosse una dimora a lei conosciuta.
Poi capì di non essere più sola e si voltò lentamente, la gola stretta da un cattivo presagio: un’esile figura vestita di bianco la fissava da poco lontano, il volto era coperto da una maschera argentata ma lei poté distinguere degli occhi chiari, pallidi e dai riflessi argentei, che non l’abbandonavano nemmeno per un istante.
La piccola farfalla colorata danzò intorno alla misteriosa figura e poi si posò sulla leggera veste bianca, spiccando netta nella luce lunare, mentre un vento lieve si innalzò a spazzare via le ultime nubi presenti nel cielo e a rendere l’aria frizzante e leggera.
All’improvviso la bianca figura sollevò un braccio e le mostrò la testa mozzata che teneva stretta per i capelli, il volto era perfettamente distinguibile e il sangue scendeva copioso.
I capelli erano sporchi e privi di lucentezza ma erano chiaramente dei lunghi capelli biondi, talmente chiari da sembrare quasi bianchi, e gli occhi erano così azzurri che riuscivano a riflettere perfettamente la luce della Luna anche se erano privi di vita.
Narcissa si svegliò sentendo il proprio grido impressionante echeggiare nella solitudine della sua stanza.
-Luciuuuss!-
Non aveva mai potuto distinguere il volto dell’uomo bruno che da anni cercava di dirle qualcosa nel suo incubo ricorrente ma, questa volta, non poteva avere dubbi su chi fosse l’uomo del sogno. La vittima di quell’incubo.
Un piccolo colpo bussato alla porta della sua stanza la costrinse a riscuotersi dal tremito convulso che la attraversava e cercare di dominare la nausea potentissima che le agitava le viscere.
Galatea, la civetta nera di Narcissa, agitava le ali dal suo trespolo.
- S-si…- riuscì a mormorare, cercando di ricomporsi.
Dorothy si affacciò nella stanza, con gli occhi sbarrati e il volto pallido, la cuffia da notte spostata malamente di lato.
- Signorina Narcissa…- sussurrò incerta - t-tutto bene…?-
La donna era chiaramente spaventata, il suo urlo probabilmente era stato udito fino a Grimmauld Place, pensò la ragazza mordendosi le labbra.
- Certo- trovò la forza di sorridere - ho fatto uno stupidissimo incubo, ti chiedo scusa Dorothy...ritorna a dormire!- si alzò dal letto per dare più forza alle proprie parole ma la governante esitò sulla soglia.
- M-ma signorina...sembrava che vi avessero strappato il cuore dal petto!-  la donna era sinceramente sconvolta.
- Ma come vedi io sono tutta intera - sorrise nella semi oscurità della sua stanza - va e dormi, non ha senso agitarsi per un incubo infantile…-
La donna si convinse e lasciò la camera senza più protestare.
Narcissa sospirò e guardò l’ora, erano le quattro e mezza del mattino del ventisei agosto.
“Non riuscirò più a dormire” considerò, afflitta.
Avrebbe voluto potersi togliere dalla mente l’immagine della testa di Lucius, penzolante, sanguinante e con la bocca socchiusa ma, per farlo, avrebbe dovuto cavarsi gli occhi e portare la mente alla follia, non aveva alcun dubbio.
All’improvviso una specie di ticchettio sul vetro della sua finestra la fece sobbalzare, guardò fuori e vide un gufo comune che becchettava chiedendo di entrare.
Lei si avvicinò e notò che, legato alla zampa del volatile, c’era un pacco.
Incuriosita decise di aprire e il gufo entrò e attese, con aria compita e professionale, che lei slegasse il pacchetto e poi, dopo aver emesso un breve verso soddisfatto, volò via dalla stanza sotto gli occhi colmi di disprezzo di Galatea.
La ragazza richiuse la finestra e tirò le tende, studiò il piccolo pacco con aria assorta, c’era il suo nome vergato da una sottile e ordinata calligrafia che lei associò ad una mano femminile.
Alla fine si decise ad aprire l’involucro con mani tremanti e rimase sorpresa nel trovarvi la copia di un giornale fresco di stampa.
Non era “La Gazzetta del Profeta” ma bensì “Il Cavillo” un settimanale che veniva prodotto solo da un paio d’anni e che nessuno prendeva sul serio. Il giovane mago che lo dirigeva aveva la passione per le notizie più stravaganti e inutili che si potessero trovare o inventare, come credevano in molti, e quindi la fama di quel giornale era pessima.
Narcissa aprì il settimanale e, con un brivido di orrore, vide che tutta la prima pagina era occupata da una fotografia del Marchio Nero che si stagliava netto nel cielo.
Il titolo che sovrastava l’immagine recitava così: “Dichiarazione di guerra!” e sotto continuava in caratteri più piccoli “Il Ministero parla di  allucinazione collettiva creata dal fumo di un incendio doloso! Ma i numeri parlano anche per il Ministero: trenta morti e cinquanta feriti, vittime di un attacco di massa da parte di maghi oscuri!”
Narcissa non riusciva a staccare gli occhi dalla fotografia: la lingua serpentina saettava nitida dal teschio mostruoso.
Il giornale insinuava che il Ministero della Magia volesse insabbiare tutto o sminuirlo notevolmente ma che fonti autorevoli avevano fornito le stime reali e parlato di attacco organizzato e guidato da un potente Mago Oscuro.
Narcissa sapeva che tutto ciò era vero, aveva visto e sentito troppe cose per non crederci, ma non riusciva a collegare tutto ciò alla realtà, la sua realtà quotidiana.
Fece per girare pagina quando notò che, all’interno della scatola, vi erano altri due oggetti.
Uno era un foglio strappato da quello che poteva essere un registro dell’anagrafe, riportava nomi, date e indirizzi.
Lesse qualche nome e poi si bloccò, folgorata.
‘Andromeda Black in Tonks, nata il giorno nove del mese di Luglio dell’anno millenovecentoquarantasette, residente ad Ottery St. Catchpole, Devonshire, dal giorno dieci del mese di gennaio dell’anno millenovecentosessantotto, al numero civico...e seguiva l’indirizzo completo.
Ottery St. Catchpole era il villaggio scelto, secondo il giornale che aveva appena letto, per quel presunto attacco.
Narcissa sentì il freddo assalirla mentre sollevava il secondo oggetto e lo esaminava nella luce dell’alba che ormai filtrava dalle tende pesanti della sua camera.
Era un pezzo di stoffa, chiaramente un lembo della manica di una camicia perché vi era la parte con il polsino: una camicia di raffinata seta nera e un polsino riccamente rifinito con del prezioso filo d’argento.
Narcissa seppe immediatamente a chi apparteneva quella camicia e non faticò a comprendere che era intrisa di sangue.


La casa di Epzibah Smith, vista dall’esterno, sembrava disabitata e in rovina, nessuno avrebbe detto che vi fosse vita tra quelle mura ,ricoperte di muschio e usurate dal tempo e dalle intemperie, e dietro quelle finestre sbarrate con vecchie assi di legno.
Tuttavia, all’interno, vi si trovava una mezza dozzina di persone riunita nel salotto del piano inferiore.
La maggior parte dei Mangiamorte, una volta terminato il loro compito, si erano recati nelle loro dimore badando di procurarsi degli alibi inattaccabili.
Barty Crouch Jr., avendo un padre importante al Ministero ed essendo ancora uno studente, rischiava molto e quindi era stato esentato dal ritrovo a casa Smith.
Fenrir Greyback, non essendo marchiato, non aveva il diritto di sapere dove dimorasse l’Oscuro Signore e veniva contattato quando ce n’era bisogno tramite degli emissari.
Quella sera, nel vecchio salotto polveroso, erano presenti Lucius (nessuno si sarebbe mai sognato di fare una sortita a casa Malfoy senza un mandato e nessuno, allo stato attuale, avrebbe concesso quel mandato), Evan (che era senza fissa dimora), Dolohov (entrato illegalmente in Inghilterra e ufficialmente residente in Ucraina), Mc Nair (la cui ultima residenza risultava essere l’isola disabitata di Inchcolm, in Scozia) e Bellatrix (che era spalleggiata e, all’occorrenza, coperta dalla sua nuova famiglia: i Lestrange).
La donna era adagiata su un sofà, il volto pallido e sofferente, il braccio destro scendeva inerte lungo il corpo, perdendo sangue in modo copioso.
L’Oscuro Signore si avvicinò a Bella e lei tentò di rialzarsi e inchinarsi ma lui le posò una pallida mano sulla fronte e la costrinse a riadagiarsi sui cuscini.
- Mi hai servito bene- le disse con la sua voce fredda - ora ci prenderemo cura di te -
Lei lo guardò con gli occhi ardenti e il volto trasfigurato, dimentica della sofferenza che le dava la ferita.
Evan distolse lo sguardo, troppo debole anche per il tormento della gelosia.
- Mio Signore…- sussurrò la donna, cercando di rendere le sue parole udibili solo a lui - vivo per servirti…-
L’Oscuro Signore fece quello che poteva sembrare un sorriso e si chinò su di lei e, fissandola negli occhi, allungò una mano e strappò la stoffa della manica del vestito di lei.
Il suono fu secco e il movimento rapido e brusco, lei sussultò e sbiancò per il dolore che avvertì.
Poi il Signore Oscuro circondò la ferita, ormai perfettamente visibile, con la mano e la strinse brutalmente facendone fuoriuscire un fiotto di sangue scuro.
Bellatrix gemette a lungo, combattuta tra la sofferenza lancinante che sentiva e il piacere che quel contatto le dava.
Lord Voldemort si rialzò, gli occhi freddi non mostravano emozione, il volto pallido riluceva perlaceo e le labbra esangui erano arricciate in un impercettibile smorfia soddisfatta.
- Lucius!- chiamò secco, facendo sussultare la donna e risvegliandola da quella specie di estasi dolorosa in cui era caduta.
L’uomo si fece avanti con il volto leggermente reclinato in segno di rispetto.
- Portala di sopra, nella mia stanza- gli disse e si voltò, lasciando il salotto.
Lucius gettò un’occhiata veloce ad Evan, era ridotto in condizioni pietose e sembrava percepire a malapena ciò che gli accadeva attorno.
L’Oscuro Signore aveva accettato senza battere ciglio la spiegazione che il giovane fosse stato schiantato da un Auror, tutto era andato per il meglio e quindi non c’era nulla da recriminare. Per una volta Lord Voldemort era sembrato persino clemente.
Lucius si chinò su Bella e la prese tra le braccia, la sollevò senza sforzo alcuno e si avviò di sopra, ringraziando mentalmente il fatto che le sorelle Black fossero solo tre, visto e considerato che lo tenevano impegnato peggio di un esercito di centauri.
- Posso camminare…- gli sibilò lei, furiosa - lasciami!-
- Fosse per me- le disse, senza guardarla in volto- ti lascerei volentieri e ti aiuterei a ruzzolare di sotto ma visto che non dipende da me…- questa volta le scoccò uno sguardo beffardo - pensavo che la ferita e la prospettiva di un tete-à-tete con l’Oscuro Signore ti rendessero più docile e ti addomesticassero come una cavalla in amore! Invece scalpiti come una giumenta selvatica! Spero che il nostro Signore sia consapevole che, a cercare di accoppiarsi con te, rischia di beccarsi uno zoccolo in fronte!-
Lei si agitò, furiosa, e lui rise di gusto.
- Ti detesto!- ringhiò Bella, fuori di sé e incapace di controllare il piacere che stare tra le braccia di lui le procurava.
Rammentava tutte le sensazioni che aveva provato dopo il raduno di Weirwater, osservando Malfoy stringere tra le braccia Narcissa e cullarla come se fosse un prezioso cristallo.
Si odiò per quel desiderio che sentiva ma, il breve contatto con l’Oscuro Signore le aveva acceso i sensi, in barba a qualsiasi ferita e a qualsiasi dolore, e ora la vicinanza di Lucius le rammentava gli strani pensieri che aveva fatto su di lui nelle ultime settimane.
Riusciva ad essere profumato nonostante la battaglia, il sangue, la polvere.
- Si, si...lo so! Ballerai sul mio cadavere, mi strapperai gli occhi etc- lui ostentò uno sbadiglio - nemmeno io ti sono particolarmente affezionato ma mi tocca sopportarti, fai lo stesso e tiriamo avanti!-
Arrivarono in cima alle scale e lui entrò nella stanza personale di Lord Voldemort, Bellatrix si agitò leggermente tra le braccia di Lucius e lui la posò, con un pò di impazienza, sulla sponda del letto.
Non amava perdere tempo con quella donna, voleva solo ritornare da Evan e cercare di capire cosa gli fosse accaduto e come aiutarlo.
Dell’Oscuro Signore non c’era traccia ma un’esile figura vestita di bianco si stagliò alla luce dell’unico candelabro acceso nella stanza.
- Brigid…- mormorò a denti stretti Lucius.
- Malfoy- lo salutò lei, secca - non pensare di scappare, vieni qui e tienimi ferma questa donna!-
- Da quando mi dai degli ordini?- chiese lui, che era già sulla soglia della camera, studiando il volto della giovane donna coperto da un velo che ne rendeva i lineamenti difficili da interpretare.
- Da quando gli ordini me li impartisce direttamente il Signore Oscuro…- sussurrò lei e si avvicinò a Bella.
- E questa chi è?- mormorò la donna, stringendo gli occhi scuri con malevolenza.
- “Questa”- le rispose la ragazza, con un tono di voce duro - è quella che ti guarirà quel braccio…- e si chinò su di lei - Malfoy!- chiamò poi - vieni qui e non farmi perdere tempo!-
Lui imprecò a voce alta, senza curarsi di essere in presenza di due donne.
- Cosa devo fare?- le chiese, gelido.
Per tutta risposta Brigid allungò il braccio, gli afferrò la manica della camicia di seta nera e tirò con forza, lacerandogliela dal gomito in giù.
Questa volta l’uomo esclamò una parolaccia vera e propria ed insultò Brigid senza riserve.
- Si può sapere cosa diamine fai?- le chiese poi, furioso.
- Stringile con forza il braccio subito sopra la ferita- gli disse lei per tutta risposta - ho bisogno che l’emorragia si fermi e che la ferita sanguini meno-
Lui si chinò su Bella e le strinse, con un movimento rapido, quella che era stata la manica della sua costosa camicia come se fosse un laccio emostatico.
La donna sbiancò per il dolore ma non fece un fiato.
Da sotto il leggero velo, Brigid lanciò un’occhiata penetrante alla collana con la pietra d’ambra che l’altra donna portava al collo, ma non disse nulla.
Da un sacchetto di velluto attaccato alla sua cintura, invece, estrasse una cristallo scuro, piatto e liscio, Bellatrix sembrò attratta dalla cinta della ragazza e allungò la mano sinistra per prenderla tra le dita, osservando pensierosa i diamanti e i rubini che si alternavano per tutta la sua lunghezza*.
Brigid si irrigidì - Non toccare - le disse con voce glaciale - mi distrai e non ti conviene, fidati!-
Poi , partendo dal laccio emostatico improvvisato, sfregò la pietra nera sulla pelle di Bella e scese verso il basso premendo forte e passando lentamente sulla brutta ferita slabbrata, rossa e gonfia che deturpava l’arto.
Bellatrix gemette e impallidì, rischiando di perdere i sensi per l’acuto dolore che si irradiò lungo tutti i nervi del corpo.
Lucius teneva fermo e disteso il braccio della donna e osservava con curiosità ciò che faceva la giovane e misteriosa ragazza velata.
Ad un certo punto la carne sembrò gonfiarsi e, dal foro circolare nel mezzo della ferita, fuoriuscì la pallottola che aveva causato quei danni, cadde a terra sul parquet e rotolò poco distante.
Brigid continuò a passare il cristallo su e giù, provocando a Bellatrix la sensazione di avere il braccio in fiamme ma, quando l’altra ebbe finito, la pelle era perfettamente liscia e rimarginata ed il braccio di nuovo sano.
- Notevole…- sussurrò Lucius, ma la ragazza lo ignorò, tolse il lembo di camicia di lui dal braccio della donna, se lo mise in tasca e si rialzò.
- Bene, ora puoi ritornare a casa - disse, rivolta alla Mangiamorte - l’Oscuro Signore desidera riappropriarsi della sua camera per poter riposare. -
Bellatrix si sentì come l’avessero schiaffeggiata e fissò con odio la misteriosa figura vestita di bianco, chiedendosi quale legame avesse con Lord Voldemort.
Lucius si alzò e osservò Brigid con rinnovato interesse ma la ragazza trafficò un attimo con la sua cintura e uscì, senza più rivolgere loro nemmeno una parola e lasciandoli da soli.
L’uomo osservò la propria camicia mutilata e fece una smorfia di disappunto, poi si concentrò su Bella, il cui volto aveva un’espressione frustrata e scontenta, e mormorò un - Oh, oh...mi sa che ti è andata buca…- rischiando che il braccio risanato della donna lo colpisse in pieno volto.
- Prima le signore…- le disse allora lui, invitandola ad uscire - fossi in te mi rassegnerei, stanotte dovrai accontentarti di tuo marito!- la provocò, vedendo che lei esitava a lasciare la stanza.
Bella scattò in piedi e lo superò, uscendo, raccattando il suo mantello e smaterializzandosi non appena mise piede fuori dalla porta principale della casa.
Lucius entrò nel salotto e vide che Evan era rimasto da solo, si avvicinò al suo amico con i sentimenti meno amichevoli del mondo ma vedere il suo volto trasfigurato dal misterioso malessere che l’aveva colpito, lo convinse a rimandare qualsiasi diatriba.
- Come posso aiutarti?- gli chiese, parlando lentamente e cercando di catturare lo sguardo fuggevole del ragazzo.
Evan ci mise qualche istante a raccogliere le idee e poi, con un lieve cenno degli occhi, indicò la collana d’ambra che portava ancora al collo.
Lucius non ebbe bisogno d’altro, capì.


Il villaggio di Ottery St. Catchpole era attonito e osservava stordito i danni riportati in seguito a quella battaglia, improvvisa e inaspettata.
Case distrutte, persone ferite, vittime innocenti.
A poco più di due ore dall’inizio dell’attacco le autorità del Mondo Magico e quelle babbane stavano prestando soccorsi e cercando di ricostruire quanto avvenuto in quei maledetti e infernali quarantacinque minuti.
Andromeda era accanto a Ted, disteso su una barella, attaccato ad una flebo e sofferente, con il busto fasciato, il volto tumefatto e stravolto dalla numerose ferite.
Su di lui c’era stato un accanimento quasi animalesco.
Gli occhi della donna cercarono la loro bambina: era avvolta in una coperta e dormiva tra le braccia del Dott. Jones, l’unico nonno che lei conoscesse da quando era nata.
Era stata ritrovata nella piccola rimessa incantata da Moody, l’uomo era corso da lei non appena era riuscito a rialzarsi dopo che la potenza oscura si era abbattuta su di lui e i suoi Auror.
Alastor non si era curato di avere metà viso devastato, la gamba squarciata e il petto infranto dallo spostamento d’aria, si era smaterializzato correndo un gravissimo rischio per lo sforzo sostenuto ed era corso dalla sua “zucchetta rosa”, trovandola appisolata ma sana e salva.
L’aveva estratta dal piccolo ripostiglio, lei aveva aperto un attimo gli occhi e gli aveva sorriso nel sonno “Lo sapevo…” gli aveva detto “li hai scacciati...ma ti hanno fatto tanto male…” e gli aveva accarezzato la guancia insanguinata, lui aveva scosso la testa e l’aveva stretta forte sentendosi piombare addosso il dolore e la paura che aveva provato quando aveva pensato che per lui e tutti gli altri fosse giunta la fine.
E poi gli occhi di Andromeda saettarono verso qualcosa che lei non riusciva ad accettare e realizzare.
Coperto da un pietoso telo bianco c’era Michael.
Quello che restava di lui...un corpo e nient’altro.
Il bravo, forte, generoso ragazzo che lei aveva conosciuto quando aveva incontrato Ted, il ragazzo che doveva sposare Hellen, lo zio del cuore di Ninfadora, quello che aveva sempre una storia divertente da raccontare o un gioco scatenato da fare.
Il coraggioso, giovane uomo che aveva deciso di diventare poliziotto e aveva creato un legame tra la polizia babbana e gli Auror del Ministero, di cui Hellen era entrata a far parte lasciando perdere l’Università.
Una coppia di combattenti, una coppia che si amava.
Andromeda chiuse gli occhi per il troppo dolore che sentiva dentro di sé, la sua amica stava seduta accanto a quel corpo, devastata nel fisico e nell’anima: aveva perduto la persona che amava e riportato gravi ferite, il tutto nel giro di pochi secondi.
Il volto di Bellatrix emerse davanti i suoi occhi, così come l’aveva vista nei minuti in cui si erano ritrovate faccia a faccia.
Sua sorella le aveva sorriso beffarda, incurante della sofferenza e della violenza che divampavano intorno a loro ma, anzi, esaltata da esse.
Andromeda riaprì gli occhi, lasciò la mano di Ted e si avvicinò ad un uomo alto e dai capelli rossi che, con volto grave, stavo facendo dei rilevamenti.
- Arthur…- lo chiamò e lui si voltò, cercando di trovare un sorriso da rivolgerle - Moody è andato via...devo parlare con qualcuno di cui mi fidi...devo parlare con te…-
- Certo- le rispose gentilmente - come posso aiutarti?-
- Io…- esalò un respiro carico di sofferenza - io ho visto in volto uno degli assalitori, è una donna a dire il vero, l’ho vista senza maschera. So chi è…-
Arthur annuì e prese appunti.



 

Narcissa, contro ogni aspettativa, si riaddormentò ai piedi del letto e riuscì a riposare un’ora, prima di risvegliarsi di colpo e guardare l’orologio.
Erano quasi le otto del mattino, si alzò di scatto e corse a farsi una doccia veloce, poi si legò i capelli ancora umidi in una crocchia strettissima e indossò un abito blu scuro dalle maniche lunghe e dalla foggia molto particolare, che le dava un’aria più matura del solito.
Il tutto in quindici minuti.
Poi corse al piano di sotto, decisa a convincere suo padre a portarla con sé al Ministero con qualche scusa.
Dopo aver ricevuto quel pacco da un qualche misterioso “amico” o “amica” , sulla cui identità non aveva nemmeno un blando indizio, era rimasta ore a tormentarsi.
Se, e non aveva dubbi, quello che riportava il giornale era vero allora Lucius, Evan e, il cuore le si era stretto, Bella avevano preso parte a quella battaglia.
Il lembo di camicia che lei sapeva appartenere al suo ex fidanzato era pregno di sangue e Narcissa continuava a chiedersi di chi fosse. Non poteva ignorare che il luogo scelto per quell’attacco fosse il paese dove risiedeva Andromeda...e se il sangue fosse stato quello di sua sorella maggiore?
Più probabilmente la persona ferita era il proprietario della camicia e l’idea di sapere il ragazzo ferito gravemente, o peggio, le dava un senso di nausea. Con profondo sgomento aveva realizzato che, non essendo più legata a lui da alcuna promessa di fidanzamento, non sapeva come arrivare a Lucius per accertarsi del suo stato di salute. Semplicemente non ne aveva il diritto.
Non poteva scrivergli, non poteva presentarsi a casa sua, non poteva chiedere ad Abraxas, non senza disintegrare il proprio orgoglio e rischiare di sembrare alla ricerca di una scusa per riallacciare i rapporti che lui aveva troncato così bruscamente.
Non senza il rischio di apparire come una donna rifiutata e disperata.
Nemmeno l’angoscia che la schiacciava in quel momento riusciva a prevalere sul suo amor proprio, non del tutto almeno.
Aveva scritto qualche riga di saluto a Bellatrix, chiedendole di incontrarsi prima della sua partenza per Hogwarts per congedarsi in modo tranquillo e sereno. Aveva inviato Galatea a recapitarglielo, dopo aver raccomandato alla civetta di consegnare il messaggio solo ad un’ora decente e non sospetta.
Con questo gesto, dopo che durante il loro ultimo incontro sua sorella l’aveva provocata con cattiveria paventando la possibilità di sedurre Lucius solo per farle un dispetto, Narcissa sentiva di aver calpestato sé stessa abbondantemente ma, del resto, sperava di accertarsi di persona sullo stato di salute di Bellatrix che restava pur sempre sangue del suo sangue.
Con Lucius la faccenda era più complicata ma le era nata un’idea e, se fosse riuscita a metterla in pratica, avrebbe potuto appurare che lui stava bene senza perdere la faccia.
Quando arrivò al piano di sotto, tuttavia, Dorothy le annunciò che suo padre era già uscito da almeno mezz’ora.
- Dannazione!- sbottò Narcissa, sotto gli occhi meravigliati della domestica. Di solito lei non perdeva mai la calma così facilmente e non imprecava a voce alta.
La ragazza si morse le labbra e poi decise che non avrebbe cambiato i suoi piani per così poco.
- Dorothy, fammi preparare la carrozza!- ordinò e, senza badare alle proteste della donna, corse di sopra e terminò la sua toeletta.
“Disperata si, ma con classe!” si disse a denti stretti nascondendo le tracce della notte insonne, ravvivando le labbra con un lucida labbra e profumandosi a dovere.
Sapeva che a mezzogiorno ci sarebbe stata una riunione del Consiglio al Ministero a cui Cygnus avrebbe preso parte e sapeva anche, avendo passato settimane a Malfoy Manor, che Lucius al Ministero della Magia praticamente ci viveva.
Vi si recava ogni giorno e faceva le funzioni di Abraxas in tutto e per tutto.
Se Lucius stava bene, se era vivo, sarebbe stato presente alla riunione e, recandosi li, lei avrebbe potuto sincerarsi sulla sua salute in modo indiretto.
Incurante delle proteste della governante, Narcissa le ordinò di tacere e salì nella carrozza dei Black con il cuore in gola e la determinazione alle stelle, animata da un unico obiettivo: accertarsi che Lucius fosse vivo.
Quando giunse al Ministero le si presentò un primo problema: lei era minorenne e, in quanto tale, non poteva accedervi senza un accompagnatore adulto.
Purosangue o no, la regola valeva per tutti.
All’ingresso pubblico per i maghi c’erano vari uscieri che controllavano i permessi di accesso e autorizzavano le persone ad entrare.
Cissy esitò, studiandoli uno ad uno, erano tutti molto giovani e lei li sondò cercandone uno dall’aria più malleabile poi, nella sua mente ,si accese una luce: uno di quei ragazzi era un suo ex compagno di scuola.
Un Grifondoro, ricordò con una smorfia, ma pur sempre uno studente di Hogwarts, era certa che si trattasse di un Caposcuola, doveva solo ricordarsi il suo nome.
- Rufus?- esclamò, avvicinandosi al giovane che aveva una criniera di capelli rossi - Rufus Scrimgeour?- gli lanciò il più bello dei suoi sorrisi e lui sembrò folgorato e arrossì vistosamente.
- Black…- la voce era leggermente roca e lui se la schiarì rumorosamente, imbarazzato - come mai qui?-
“Che stupido!”, si rimproverò il ragazzo, Cygnus Black era un pezzo grosso, niente di strano che sua figlia passasse al Ministero.
La verità era che quella ragazza l’aveva sempre mandato in confusione, era la classica bellezza bionda e algida che aveva il potere di farlo inciampare nei suoi piedoni numero quarantaquattro e farlo sentire un idiota totale.
Ad Hogwarts si erano a mala pena rivolti la parola, del resto stavano in Case diverse, e lui non poteva credere che lei conoscesse il suo nome.
Vista così da vicino era ancora più bella di quello che ricordasse e aveva un sorriso tutto per lui, cercò di ricomporsi e non pensare a quanto dovesse sembrare sgraziato con i capelli spettinati e il fisico massiccio coperto dalla brutta tunica color vinaccia che il Ministero forniva agli uscieri.
Lei sventolò un plico di fogli con aria leggermente esasperata.
- Mio padre ha dimenticato questi! Gli servono tra poco - fece un sorriso brillante.
- Se vuoi posso chiamare qualcuno che glieli consegni- le disse Rufus, cercando di essere gentile.
- So che preferisce riceverli dalle mie mani - Narcissa fece un movimento con le spalle a mò di scusa e il sorriso rimase intatto, ma gli occhi splendettero di una luce decisa.
Sperò che lui non notasse la stranezza della situazione e l’assenza di un pass che suo padre avrebbe potuto procurarle in un attimo. Lei sapeva che se voleva la verità, o una parte di essa, l’effetto sorpresa era determinante, suo padre e i Malfoy non erano uomini che condividessero volentieri con le donne le loro macchinazioni e i loro affari.
Il viso della ragazza, dai lineamenti perfetti e dalla pelle diafana, era saldo e, visto così da vicino, bello in modo irreale.
Il ragazzo arrossì e, maledicendosi per la propria debolezza, acconsentì a lasciarla passare.
Cissy esultò dentro di sé ma fuori mantenne il suo solito e impeccabile contegno, lo ringraziò con calore posandogli delicatamente una mano sul petto e lui si sentì appagato.
Ora la ragazza sapeva dove andare, suo padre l’aveva portata con sé qualche volta, quando era bambina, e lei ricordava quella specie di salotto privato dedicato alle famiglie di purosangue che avevano un posto riservato di diritto al Ministero, generazione dopo generazione, secolo dopo secolo.
Malfoy, ovviamente, Black e Crouch, erano le tre più importanti e antiche famiglie.
Giunta davanti all’ingresso dell’area riservata a quei pezzi grossi**, però, si trovò davanti un altro ostacolo.
Una specie di guardiano, un uomo dall’aria impettita e dalla divisa inamidata, che si rifiutò di farla passare senza prima aver visto un permesso.
Narcissa non si fece intimorire, era arrivata fin li e non intendeva ritornare indietro senza aver avuto la sua risposta e così, con un gesto poco signorile, gettò addosso all’uomo i fogli che ancora teneva in mano.
- Guardi cosa ha fatto!- esclamò, gelida - ora li raccolga se non vuole che Cygnus Black in persona provveda a farLa licenziare!-
L’uomo si chinò a raccogliere i fogli con aria frenetica e lei lo scavalcò agilmente e, superata l’anticamera, aprì la porta del lussuoso salotto privato senza nemmeno bussare e se la richiuse alle spalle.
I tre uomini presenti all’interno si voltarono sorpresi verso di lei, interrompendo i loro discorsi.
Cygnus era seduto dietro l’unica scrivania della stanza, Abraxas era sprofondato nella poltrona posta dinnanzi ad essa e Lucius stava in piedi, appoggiato al grande camino in pietra con il fuoco acceso, tenendo in mano un bicchiere di brandy.
Era tutto intero: la testa era attaccata al collo, le braccia c’erano tutte e due, le lunghe gambe erano incrociate in una posa rilassata e lui era vestito in modo curato e sfarzoso, come sempre.
O almeno così le parve perché, non appena entrata, Narcissa aveva intravisto la sua chioma biondissima e sfiorato i suoi occhi azzurri e quindi aveva distolto immediatamente lo sguardo per fissarlo su suo padre.
- Buongiorno!- salutò, sentendosi una perfetta idiota.
Nell’atmosfera ovattata e raffinata di quel salotto tutte le angosce e le paure notturne sembravano lontanissime, come gli incubi dei bambini che spariscono alla prima luce del sole.
“O potente Morgana, voglio morire qui e subito!” pensò, combattendo contro la voglia di chiudere gli occhi e darsela a gambe.
- Mia cara!- Abraxas fu il primo a riaversi dalla sorpresa, si alzò e le venne incontro, prendendole la mano - va tutto bene?- le chiese con la consueta gentilezza.
- Narcissa!- suo padre si alzò a propria volta e la guardò, leggermente irritato per quell’improvvisata - non ti aspettavo!-
Lucius si limitò a fissare il suo bicchiere di cristallo e nessuno sembrò notare la mancanza di cortesia che ebbe nei riguardi della ragazza, evitando di rivolgerle la parola o di avvicinarsi per salutarla.
- Io- cominciò lei, ignorando il dolore acuto che avvertì dentro di sé davanti all’indifferenza che il ragazzo le dimostrò - sono qui per una ricerca…- buttò la, senza pensare.
I due anziani uomini la fissarono come se un ventriloquo fosse uscito da sotto il suo bel vestito blu e avesse parlato per lei.
L’idea era così buffa che la ragazza fece una specie di risolino nervoso, trattenendosi per un pelo dallo scoppiare  a ridere in faccia a suo padre e al suo mancato suocero.
Lucius aggrottò leggermente le sopracciglia ma continuò a sorseggiare il suo brandy.
“Sei una dannata, dannata deficiente!” si insultò con grande vigore.
- Ricerca?- le chiese suo padre, troppo stupito per invitarla ad accomodarsi.
- Oh, Black! Ti ho trovata!- la porta si spalancò e Barty Crouch Jr. entrò, con un gran sorriso stampato in volto - chiedo scusa, buongiorno a tutti!- salutò con aria cortese e umile.
Narcissa lo fissò stupita ma il suo volto, allenato alla dissimulazione, espresse a mala pena l’enorme sorpresa che provò.
Conosceva Bartemius, ovviamente, perché frequentava il sesto anno ad Hogwarts ed era un Serpeverde.
Il ragazzo aveva già diciassette anni ma era entrato a scuola un anno dopo per motivi di salute, o così si diceva in giro.
Era un ragazzo molto riservato e per bene, con un volto pallido ricoperto da lentiggini e i capelli biondi che sembravano paglia, lei lo aveva sempre trovato piacevole ma non si erano mai scambiati più di dieci parole in tutti quegli anni.
- Crouch…- riuscì a mormorare, mentre lui le sorrideva incoraggiante, comunicandole qualcosa con gli occhi.
- Scusami Black- proseguì Barty - ti ho dato appuntamento nel luogo sbagliato! Essendo divenuta Prefetto - spiegò poi, rivolto agli altri uomini presenti - deve presentare una ricerca scolastica su come migliorare la comunicazione tra studenti, prendendo come esempio il Ministero. E’ una ricerca che dobbiamo fare assieme,a dire il vero, essendo Prefetto anch’io!- concluse con un gran sorriso a cui i due uomini non poterono non rispondere.
Narcissa provò per lui una grandissima ammirazione e una profonda riconoscenza, pur non comprendendo perché si stesse dando tanto da fare per toglierla d’impaccio.
- Che bravi ragazzi- la gelida voce di Lucius era così strascicata che le urtò ogni singolo nervo - lo studio è una cosa importante, siete proprio degli scolari meritevoli …- il tono era paternalistico e l’espressione sulla sua faccia leggermente tediata.
- Ottimo!- anche Cygnus approvò la cosa e sembrò sollevato da quella spiegazione così logica - allora buon lavoro !- e rivolse un ultimo sorriso a sua figlia, congedandola.
Barty offrì il braccio alla ragazza e lei, resistendo stoicamente alla tentazione di rivolgere un ultimo sguardo a Lucius, salutò genericamente i presenti e accettò, infilando il suo braccio sotto quello del ragazzo.
Lucius non rispose e continuò a fissare il liquido ambrato, facendolo roteare nel suo calice con aria distratta e vagamente annoiata.
Il giovane Crouch gli lanciò un’occhiata di sottecchi e sorrise sotto i baffi, conducendo Narcissa fuori dalla stanza.

 

Fine quarantaquattresimo capitolo


* ovviamente sono i diamanti e i rubini che facevano parte della favolosa collana appartenuta ad Aloise Alderman.

** quando ho immaginato il salotto privato con Abraxas e Cygnus me li sono figurata come i due vecchietti dei Muppets...o come i fratelli Duke&Duke de "Una poltrona per due", lo ammetto...scegliete l'immagine che più vi piace :D

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Capitolo 45
*** L'assenza di quiete dopo la tempesta (ultima parte) ***


Grazie, come sempre, a chi legge questa storia e in particolare ad EcateC, Occhioni_Azzurri e miss Gold_394 per aver recensito ^_^ A presto!


“Un gelido destino”

 

Quarantacinquesimo capitolo

 

(L’assenza di quiete dopo la tempesta - ultima parte)



 

Quando Narcissa e Barty lasciarono il salotto riservato alle famiglie purosangue, Abraxas e Cygnus ripresero i loro discorsi come se nulla fosse, discutendo con calma dell’ordine del giorno per la riunione che si sarebbe tenuta da li a un’ora.
Malfoy Senior non vi avrebbe preso parte, ormai si occupava di tutto Lucius e lui era ben lieto di non avere più quelle incombenze. Non era mai stato un grande amante delle diatribe, delle strategie e della politica in generale.
Suo padre, dal quale Lucius aveva preso il nome, ci aveva sguazzato fino alla fine ma lui era un uomo pacato e mite, attaccato ai suoi princìpi e del tutto integerrimo per quanto riguardava i suoi doveri di purosangue ma che non amava gli scontri verbali e le riunioni . Gli incontri d’affari erano sempre stati una sorta di cappio al collo per lui.
Il periodo più felice della sua vita era stato, senza alcun dubbio, quello trascorso in Cornovaglia, quando aveva conosciuto Gwen, lontano da tutto e da tutti.
Cygnus aveva la scorza molto più dura e un cervello più allenato ed acuto, non avendo eredi maschi a cui passare il testimone continuava a mantenere il controllo su tutto ciò che riguardava la propria famiglia.
Lucius, dal canto suo, aveva ereditato da suo nonno, oltre che il nome, lo spirito calcolatore ma sanguigno riuscendo a mantenersi molto più freddo e controllato però, sentendosi a proprio agio in tutto ciò che era dietrologia, tattica, cospirazione ed intrighi.
Tesseva decine di fila e le intrecciava senza sforzo alcuno, conservando chiarezza nei suoi obiettivi e fermezza nel raggiungerli.
Ma non quella mattina. La testa gli ronzava e sentiva una pesantezza in tutti gli arti.
Non dormiva da quasi trenta ore.
La nottata era stata lunga e burrascosa e lui aveva avuto a mala pena il tempo di andare a casa, lavarsi e arrivare al Ministero.
Quando l’Oscuro Signore l’aveva congedato erano le quattro del mattino. Pur sentendosi un idiota a girare con una camicia senza una manica*, Lucius aveva dato la precedenza ad Evan e l’aveva trascinato via da casa Smith prima che il loro Signore cominciasse a chiedersi se la storia dello Schiantesimo fosse effettivamente vera.*
Lucius aveva temuto che egli usasse la Legilimanzia per carpire delle verità sugli eventi della nottata appena trascorsa e lui sapeva che non sarebbe stato sufficientemente abile da bloccarlo con l’Occlumanzia. Non era proprio il suo campo.
Ed Evan, il diretto interessato, era messo così male che Lucius aveva temuto che i danni fossero irreparabili, oltre ad essere assolutamente certo che il suo amico non sarebbe riuscito a sfoderare le sue innate abilità di occlumante nemmeno con l’aiuto dello spirito di Salazar Serpeverde e, quasi sicuramente, nemmeno con la promessa di una notte d’amore da trascorrere con Bella.
Lucius non aveva rischiato di far smaterializzare il ragazzo e aveva chiamato la carrozza dei Malfoy, vi aveva caricato Evan e l’aveva condotto in Scozia, ad Hogsmeade.
Poi era rientrato a casa, si era dato una rinfrescata, aveva gettato via la sua camicia mutilata e si era vestito in modo impeccabile, come sempre.
Ora era appoggiato al camino della sala privata al Ministero e di impeccabile sentiva di avere giusto gli abiti. E i capelli, naturalmente.
Dopo l’uscita di Narcissa, a braccetto con quel viscido pupattolo biondo di Barty Crouch jr., aveva terminato di bere il suo brandy in un unico sorso, lui che non finiva mai il proprio bicchiere ma, per una volta, aveva compreso come mai Evan si rifugiasse così assiduamente nell’alcool.
Quando, pochi minuti prima, la porta si era spalancata e lui aveva sollevato lo sguardo, troppo sfinito anche solo per reagire a quella brusca interruzione, l’ingresso di Narcissa gli aveva fatto dimenticare di colpo la stanchezza.
Per un attimo aveva pensato che lei fosse l’incarnazione di un suo desiderio inconscio, del suo bisogno di vederla dopo la fatica della notte appena trascorsa.
Lei, così avulsa da tutto.
Pensava che non l’avrebbe rivista per molto tempo e, invece, eccola apparire all’improvviso a distanza di soli tre giorni dal loro ultimo incontro a casa Black.
A distanza di tre giorni da quando aveva fatto l’enorme sforzo di non prenderla la, nel salotto di casa sua, senza ritegno.
A distanza di settantadue, schifosissime, ore da quando aveva rotto il fidanzamento che lo legava a lei, lasciandola, di fatto, libera in giro per il mondo.
Narcissa, che indossava un serioso e maledettamente sensuale abito blu, che la rendeva più donna di come lui la ricordasse. Lei, che portava i biondi capelli legati stretti nel tentativo di sembrare più matura, lo aveva sfiorato con i suoi occhi grigi e poi non l’aveva più degnato di uno sguardo.
Non che ne fosse stupito: baciarla e accarezzarla come se non ci fosse la certezza di un domani e poi rompere la promessa di fidanzamento che li legava, senza avere nemmeno la cortesia di comunicarglielo di persona, non doveva aver serbato in lei un buon ricordo di lui.
Per quanto lo riguardava nulla era cambiato, la sua determinazione a tenerla lontana era rimasta immutata, l’assenza di distrazioni era vitale in quel momento.
Kerenza lo aveva aiutato per il passato, cercando di schermare certi ricordi e sentimenti dalle intrusioni esterne ma ciò non aveva certo cancellato ciò che provava per la ragazza. Ogni minuto e ogni giorno dopo l’intervento della strega Toad era come una nuova pagina nella sua mente, doveva evitare che Narcissa continuasse a stagliarsi come sfondo di ogni suo pensiero e desiderio.
Anche la notte scorsa i suoi pensieri erano scivolati verso la ragazza , proprio nel mezzo dell’azione, e ciò non andava bene.
Quindi, se doveva allontanarla, allontanarla davvero, tanto valeva cominciare subito.
E così l’aveva trattata come si fa con un’estranea, una persona di poco conto: non l’aveva nemmeno salutata e, del resto, lei era una persona qualunque a partire da quel momento e fino a che lui non avesse deciso diversamente.
Non sapeva perché Narcissa si fosse presentata all’improvviso al Ministero ma la cosa non lo interessava e non lo sfiorava...finché lei non buttava la scuse assurde e, come un cavaliere dalla lucente armatura, giungeva Barty Crouch Jr. a tenderle una mano e a toglierla d’impaccio.
Barty Crouch, quel piccolo verme sbiadito che strisciava costantemente ai piedi del Signore Oscuro, rendendosi molto utile e gradito grazie alle informazioni che carpiva da suo padre. Rendendosi molto indigesto ai suoi compagni anche, perché amava mettere in difficoltà gli altri Mangiamorte: ambiva ad arrivare in cima e non guardava in faccia a nessuno.
Ed eccola la, quella piccola sanguisuga albina e viscida attaccata al braccio di Narcissa, sfiorarla con perfetta cortesia mentre di nascosto l’arpionava con la sua bocca da vampiro.
Lucius si era maledetto mentalmente per non essere riuscito a tacere: aveva fatto il gioco di Barty rivolgendo loro la parola.
Il controllo, il controllo era tutto. Lo era sempre stato e, adesso, gli sfuggiva di mano con inaudita facilità. Motivo in più per allontanare quella ragazzina.
Se voleva andarsene in giro aggrappata al braccio di un pallido ragazzo psicopatico non era affar suo, la cosa non riguardava.
Lucius riempì di nuovo il bicchiere con del brandy e lo mandò giù come acqua fresca, sotto gli occhi stupiti di Abraxas e Cygnus.
- Bene…- suo padre sembrava un pò preoccupato - io me ne vado, vi lascio ai vostri affari. Figliolo, ci vediamo a casa- lo guardò, titubante.
Lucius annuì con lo sguardo cupo.
Una volta che lui e Cygnus rimasero soli il ragazzo cercò di ritrovare la lucidità.
Il padre di Narcissa si mise a riordinare tutti i documenti che gli sarebbero serviti durante la riunione, scoccò uno sguardo a Lucius che si era accomodato in una poltrona e rigirava il calice vuoto tra le mani.
- Se Narcissa decidesse di fidanzarsi con qualcun altro, ad esempio con un purosangue ineccepibile come Bartemius Crouch Jr., sarei costretto, a malincuore, a darle il mio consenso- disse Cygnus, terminando di impilare i fogli sulla scrivania.
Lucius rimase in silenzio ma smise di giocherellare con il bicchiere.
- Il mio più grande desiderio- proseguì Cygnus, con voce quieta - è avere un Malfoy per nipote. Per il legame che ho con tuo padre, per la grande ammirazione che nutrivo per tua madre ma, sopra ogni cosa, per il grande affetto che porto a te, Lucius. Sei il figlio che avrei voluto avere e che mi è stato negato. Per quanto mi riguarda, sei un grande uomo-
Cygnus sospirò e sorrise.
- Sono solo un povero vecchio, ormai- espirò profondamente - la mia più grande consolazione è sapere che ci sarai tu a portare avanti gli affari e gli interessi dei Black e a vegliare su mia figlia...sulle mie figlie…-
- Narcissa non sposerebbe mai uno come Barty Jr. - disse Lucius lentamente - ma non è nemmeno detto che sia disposta a sposare me, Cygnus - e, con un gesto fluido, lanciò il calice nel camino, mandandolo ad infrangersi contro la pietra scura.
- Non ti facevo così insicuro…- Cygnus gli sorrise con calore.
- Ti sbagli - Lucius represse uno sbadiglio, la stanchezza gli stava calando addosso con tutta la sua potenza - ma ho stima di lei e non sottovaluto affatto il fattore orgoglio: Narcissa è una Black!-
-Narcissa- disse Cygnus, fissando Lucius in modo intenso -è la figlia che conosco e capisco meno. Quella che non mi ha mai dato pensieri, dritta come una spada, integerrima, fredda e tranquilla -
Il ragazzo si accigliò, fissando un punto imprecisato della stanza senza in realtà vederlo. Quella descrizione di Narcissa gli parve assolutamente ingrata e superficiale.
- Non mostra mai emozioni, ha un controllo e una padronanza di sé che, lo ammetto, delle volte riesce ad indispormi- la voce di Cygnus era monocorde - Con Bella è tutto molto più semplice, visti la sua indole e il suo carattere, so che devo tenere tirate le briglie fino allo sfinimento per assicurarmi che non sfugga al mio controllo e non cada vittima delle sue stesse, pericolose, inclinazioni-
- Non credo che le tue figlie siano paragonabili...-  si lasciò sfuggire Lucius e si alzò in piedi prendendo a trafficare con l’attizzatoio, cercando di ravvivare il fuoco che andava spegnendosi, sotto lo sguardo sorridente e soddisfatto dell’altro uomo.
- Narcissa è una ragazza che sa accettare le realtà scomode- proseguì poi il giovane - riesce a conviverci ma non le comprende del tutto perché lei non è…- non seppe trovare la parola giusta.
-...sporca?- finì per lui Cygnus - ritieni che quello che facciamo e vogliamo sia sporco?-
- No, naturalmente! Sarebbe assurdo da parte mia. Trovo che quello a cui aneliamo sia assolutamente giusto - Lucius continuò a trafficare con il fuoco del camino anche se esso si era ravvivato e scoppiettava allegro - non c’è alcun dubbio sulla superiorità di un sangue puro rispetto ad un sangue babbano o ad un sanguesporco. La notte appena trascorsa ne abbiamo avuto la riprova, se mai ce ne fosse bisogno. Li abbiamo distrutti come si fa con un castello di carte, spazzati via senza sforzo alcuno…-
Si voltò e incontrò lo sguardo del padre di Narcissa, il volto dell’uomo era cereo.
-...a lei ci ho pensato io…- lo rassicurò Lucius - ti ho fatto una promessa e l’ho mantenuta. Non le è stato torto un capello e, per quel che ne so, nemmeno a sua figlia…-
Cygnus si accasciò sulla sedia come se il peso del mondo intero gli fosse caduto addosso.
Lucius lo fissò per un momento: l’uomo che lui stimava e sentiva più vicino di quanto non avesse mai sentito il suo stesso padre.
Poi si infilò la mano in tasca ed estrasse una foto, la foto che aveva sottratto a casa di Andromeda, e la porse a Cygnus.
Lui la prese con mano tremante e la fissò qualche momento.
Sua figlia sorrideva all’obiettivo e accennava ad un saluto, aveva i capelli mossi dal vento ed era bellissima, gli occhi grandi e dolci brillavano d’amore e poi volgeva lo sguardo alla bimba che teneva tra le braccia, invitandola a salutare la persona che le stava fotografando.
La bimba, in quella foto, aveva poco più di un anno e agitava la manina grassoccia con energia e mandava bacini sorridendo gioiosa.
L’uomo si passò una mano sul volto, nascondendo gli occhi, le spalle scosse da silenziosi singhiozzi.
Lucius si voltò nuovamente verso il camino, le mani in tasca, lasciando a Cygnus il tempo di dominare la propria commozione.
Passò qualche minuto in cui si sentirono solo dei suoni soffocati e poi l’uomo emise un lungo sospiro e si alzò in piedi.
- Grazie - la sua voce era roca e ancora incrinata dal pianto - quando dico che sei un grande uomo non esagero...ho fornito all’Oscuro Signore il nome del villaggio dove sapevo perfettamente che viveva la mia figlia maggiore, per convincerlo della mia più assoluta fedeltà a lui ed alla causa. So che l’Oscuro Signore ha apprezzato grandemente questo mio gesto...ma poi, la mia deprecabile debolezza mi ha spinto a strapparti quella promessa. Grazie di aver esaudito un mio desiderio così egoista e controproducente in un momento così delicato…-
- Non serve che mi ringrazi - si schermì Lucius - la loro morte sarebbe stata inutile - e, pensò il ragazzo, avrebbe causato una frattura insanabile tra lui e Narcissa.
Lei non gli avrebbe mai perdonato la morte di sua sorella, non aveva alcun dubbio su questo, così come, probabilmente, lo avrebbe sempre incolpato di qualsiasi cosa, qualsiasi morte, qualsiasi sofferenza.
Narcissa, nonostante la situazione chiaramente sfavorevole, non gli aveva mai realmente perdonato di aver ucciso un uomo a sangue freddo durante il raduno di Weirwater*.
Rammentava fin troppo bene la condanna che le aveva letto nello sguardo a Spinner’s end, quando gli aveva espresso la sua contrarietà ad un coinvolgimento di Severus nella cerchia dell’Oscuro Signore.
Alla luce di tutto questo diventava fondamentale tenerla lontana perché non poteva e non voleva farsi condizionare così da una donna. La desiderava fuori dalla sua vita, in questo momento più che mai, perché lui voleva la gloria, voleva vincere, voleva fare qualcosa di grandioso e percorreva quella strada da troppo tempo per poter ritornare indietro.
E lei, oltre tutto, era un bersaglio perfetto, una vittima designata da colpire con facilità inaudita per arrivare a lui.
Aveva fatto una scelta precisa lasciandola libera e sciogliendola dalla loro promessa di fidanzamento ma, si rese conto, stava tenendo aperti troppi varchi, non riusciva a chiudere del tutto quella porta.
- Non desidero altro che vederti sposato con l’unica figlia della quale sono realmente orgoglioso- la voce di Cygnus lo riscosse - L’unica nella quale riconosco il mio sangue, Lucius. Prima di morire desidero poter brindare alla vostra unione e poterti chiamare figlio...-
-Questa è una promessa che non posso farti, non in questo momento…- strinse le labbra e sigillò ogni parola che avrebbe voluto dire.
I due uomini si guardarono per un lungo momento e poi Cygnus si avvicinò al camino e vi gettò la foto di sua figlia Andromeda e di sua nipote.
Insieme la guardarono bruciare e Lucius prese finalmente una decisione: la guerra era cominciata e non c’era più tempo per esitare.


Quando si ritrovarono fuori dalla zona privata del Ministero, dopo aver superato il guardiano troppo zelante, che lanciò un’occhiataccia a Narcissa, la ragazza si volse verso Barty Crouch jr. e gli rivolse un sorriso interrogativo.
Subito lui si staccò da lei, con un’impeccabile aria imbarazzata e leggermente confusa dipinta sul giovane viso.
- Perdonami Black…- mormorò, grattandosi la testa con aria contrita - quando ti ho visto scavalcare quel guardiano con tanta determinazione ed entrare nel privée così decisa, mi sono permesso di seguirti e cercare di capire cosa ti fosse accaduto...scusami per aver origliato ma mi sei sembrata davvero in difficoltà!-
Le gettò un’occhiata supplichevole ma lei gli stava sorridendo apertamente.
- Ti ringrazio, in realtà mi hai tolto da una situazione davvero poco piacevole!- lui sembrò sollevato ma lei proseguì - quello che vorrei capire è il perché tu ti sia preso tanto disturbo per me, visto che ci conosciamo appena e le nostre famiglie non si frequentano!-
Lui arrossì ma le lanciò uno sguardo ammirato.
- Sei davvero una persona diretta, Black! - le sorrise con calore, il volto ricoperto di lentiggini aveva un’espressione piena di simpatia - ammetto di aver agito istintivamente perché, da molto tempo, desideravo conoscerti ma non sapevo come fare…-
Lei inarcò le sopracciglia: lui le era simpatico ma essere tenuta d’occhio senza che se ne accorgesse non la faceva molto piacere.
- Non pensare male!- si affrettò a dirle, seguendola, visto che lei si era incamminata lungo il corridoio - quello che desidero è solo la tua amicizia ma, lo ammetto, sono troppo timido. Inoltre la tua amica Naghib è molto protettiva nei tuoi confronti, mi ha sempre intimato di starti alla larga!-
Narcissa si fermò di botto e si voltò, lanciandogli un’occhiata gelida.
- Pensi di ottenere la mia simpatia parlando male dei miei amici?- la voce era fredda e infastidita - se Beb ha ritenuto che non fosse il caso di farci approfondire i rapporti avrà avuto le sue ottime ragioni!-
Un lampo passò negli occhi di lui e ne alterò per un attimo i lineamenti ma subito sfoderò un’aria costernata molto convincente.
- Ti prego ancora di perdonarmi, non intendevo offendere te o Naghib! Credimi, ho sempre rispettato la sua opinione e infatti non mi sono mai permesso di avvicinarmi- il tono era costernato - altrimenti mi sarei fatto avanti comunque, ignorandola…-
Il viso giovane e aperto di lui sembrava davvero disperato.
Narcissa decise di accantonare i suoi dubbi fino a che non ne avesse parlato con Beb, voleva vederci chiaro ma, per il momento, era grata al ragazzo per averla aiutata.
Scappare da Lucius senza perdere la faccia non aveva prezzo, rifletté.
- D’accordo, voglio crederti - gli disse - ma preferisco che tu non parli delle persone a me care senza motivo -
Lui sembrò sollevato e le sorrise.
- Comunque mi devi spiegare come fai a sapere che sono stata nominata Prefetto…- buttò la e, per un attimo, le parve di scorgere una luce guardinga nello sguardo di lui.
- A dire il vero…- mormorò dispiaciuto, dopo qualche momento di esitazione - me l’ha rivelato il Professor Slughorn la settimana scorsa. Era...ehm...un poco alticcio a quel party che ha organizzato per festeggiare la fine dell’estate e l’inizio di un nuovo anno scolastico. Me l’ha detto pregandomi di aiutarti perché ci sono degli studenti molto arroganti, specie tra i Grifondoro. Credo che lui ti veda come una fanciulla delicata e fragile…- il tono era del tutto innocente, come quello di una persona ingenua che rivela qualcosa che non dovrebbe senza esserne consapevole.
Un profondo fastidio si insediò in Narcissa.
- E, di grazia, cosa pensa che dovresti fare tu? Proteggermi dagli alunni delle altre Case? Perché mi avrebbe nominato Prefetto se ritiene che io non sia in grado di cavarmela da sola?-
Lui divenne paonazzo e le lanciò un’occhiata mortificata.
- Se davvero sei mio amico, come dici di essere, rispondi alla mia domanda!- si inalberò la ragazza, che era stufa marcia di essere trattata con supponenza.
Lui respirò a fondo, come per dominare il proprio imbarazzo, e la guardò con aria infelice.
- Da molto tempo, da anni, gira voce che tu sia fidanzata a Lucius Malfoy...e, recentemente, “ La Gazzetta del Profeta” vi ha dedicato un lungo articolo…-
Fu come se l’avesse schiaffeggiata in pieno volto.
Narcissa impallidì e le sue labbra divennero esangui.
- Solo per questo?- il tono era metallico e gli occhi si incupirono a tal punto da sembrare blu come un mare in tempesta.
Lui sembrò annichilito da quella furia.
- B-beh...e poi...g-guardati…- fece un debole gesto con la mano, indicandola.
Narcissa chiuse gli occhi per un momento, troppo arrabbiata per proferir parola.
Era stata nominata Prefetto solo perché era bella e fidanzata con un uomo facoltoso, ricco e potente?
- Scusami Black, volevo esserti amico e ti ho solo fatta arrabbiare- la voce di Barty era carica di rammarico - non intendevo offenderti ma, te ne prego, valuta da chi arrivano certe considerazioni. Credi che io sia divenuto Prefetto per i miei bei voti? Lo sanno tutti quali sono i parametri usati dal Professor Slughorn…mio padre è un bel biglietto da visita...- la voce era colma di amarezza.
Lei riaprì gli occhi e lo osservò in volto, cercando di dominarsi.
Il ragazzo sembrava devastato dal senso di colpa e si tormentava le labbra, senza avere il coraggio di ricambiare il suo sguardo.
- Non - sussurrò lei, cercando le parole - non tutto quello che viene riportato sui giornali corrisponde alla verità -
Lui la fissò, stupito.
- Nessuno meglio di me sa cosa significhi convivere con le calunnie- le disse, con aria mesta - tutti hanno parlato per anni del mio ingresso ritardato ad Hogwarts, muovendo illazioni sulla mia salute o sul fatto che non avessi voglia di far nulla. Asserendo che mio padre avesse fatto pressioni perché mi favorissero in quanto, secondo le voci, sarei stato afflitto da una grave forma di epilessia o peggio, e invece - fece una breve pausa, fissandola diritto negli occhi - è mia madre ad essere malata, molto malata. Sono entrato un anno dopo ad Hogwarts perché, quell’estate, sembrava che lei stesse per morire…ora tu sai la verità, Black. Tu e nessun altro.-
Narcissa espirò lentamente, suo malgrado colpita dalla storia del ragazzo e dalla sofferenza che leggeva nei suoi occhi, e quindi decise che una seconda opportunità non si negava a nessuno.
- D’accordo - gli disse - dimenticherò ciò che mi hai detto sulla mia nomina e custodirò gelosamente ciò che mi hai rivelato su di te. E vediamo cosa ci porterà questa conoscenza da adesso in avanti!-
Lui si aprì in un sorriso commosso e le prese la mano con le proprie, stringendogliela con grande calore e trattenendola tra le sue.
- Grazie Black- le sussurrò emozionato - saprò farti ricredere e, fidati, non ti deluderò…-
Lei annuì, troppo abbattuta per chiedersi se davvero le interessasse cambiare opinione su di lui.
- Allora ci vediamo sull’Espresso di Hogwarts, nello scompartimento dei Prefetti!- lui gettò un’occhiata sopra la testa di lei e si affrettò ad allontanarsi.
Lei si chiese vagamente cosa gli avesse messo quel fuoco addosso e si voltò, sbattendo contro il petto di Lucius.
Ci mise un attimo a capire che fosse lui, riconobbe prima il suo profumo che la sua immacolata camicia di seta.
Rimase paralizzata in piedi davanti al ragazzo e fissò ostinatamente lo sguardo sul suo mento, rifiutandosi di alzarlo sul volto.
Si concentrò su quella zona franca tra il collo e le labbra, perché averlo così vicino la emozionava, anche se lui si comportava come un perfido bastardo.
- Oh, eccoti Lucius, scusa se ti ho fatto aspettare! Andiamo? La riunione sta per cominciare!-
Una voce di donna si intromise e un’aggraziata figura femminile si insediò nel campo visivo della ragazza.
Narcissa osò rivolgerle una fuggevole occhiata e vide che era giovane, bella e adulta e che la stava osservando con malcelata curiosità.
- Sta attenta - disse Lucius, rivolgendosi a Narcissa con una voce così gelida e distaccata che lei stentò a riconoscerla. Poi lui la prese per le spalle e la spostò di peso, togliendosela letteralmente dai piedi e proseguì per la sua strada, seguito dall’altra donna che si voltò per un attimo a lanciare un ultimo sguardo curioso alla ragazza e poi si affrettò a raggiungere l’uomo, chiacchierando amabilmente.
Narcissa rimase immobile per qualche secondo chiedendosi perché riuscisse a sbagliare sempre tutto e per quale motivo si fosse spinta fino a la quella mattina.
Osservò la schiena diritta di Lucius sparire tra i corridoi del Ministero  e pensò vagamente che forse l’avrebbe incontrato a qualche evento mondano, magari a Malfoy Manor o, forse, lui sarebbe passato a salutare Cygnus, prima o poi...Si avviò come una sonnambula verso l’uscita, non potendo immaginare che non l’avrebbe rivisto per più di due anni.


- Pensavo che tu e la figlia di Cygnus Black vi conosceste bene- Emmeline Vance osservò Lucius con attenzione.
Lui si voltò verso di lei  con aria lievemente sorpresa e assai poco interessata.
- I nostri padri sono amici da sempre e abbiamo frequentato Hogwarts nella stessa Casa per un paio d’anni, niente di che. E’ poco più di una bambina. Sei gelosa?- le sorrise con malizia.
Lei arrossì con grazia: era una bella ragazza di ventitré anni, coetanea di Evan e Andromeda, e aveva frequentato Hogwarts nella stessa casa della figlia maggiore dei Black: quella di Priscilla Corvonero.
Emmeline si passò una ciocca dei suoi folti capelli castani dietro un orecchio e lo guardò con i suoi occhi chiari.
- Sei tremendo!- gli sussurrò sorridendogli di sotto in sù - è solo che ho letto certe cose…-
- Voi donne prestate troppa importanza ai pettegolezzi!- le disse con aria annoiata - piuttosto rammentami a che ora abbiamo appuntamento domani sera!-
La donna sorrise più ampiamente: aspettava quell’appuntamento da molto tempo. Lucius era sempre stato molto gentile e amichevole, persino galante, ma lei aveva smesso di sperare che lui si facesse avanti e le dimostrasse un interesse più profondo.
Stava per rispondergli quando una voce l’interruppe.
- Malfoy, pensavo curassi meglio i tuoi affari…-
Si voltarono e videro Barty Crouch appoggiato al muro, che li guardava con un sorriso amichevole.
- Buongiorno Emmeline! Come stai? Avrei bisogno di rubarti Lucius per qualche istante!- il ragazzo le si rivolse con la sua innata, impeccabile, gentilezza.
Lei rispose al saluto, rammentò a Lucius che la riunione stava per iniziare e si allontanò.
- Devo dire - esclamò Barty, appoggiando la testa al muro con aria negligente - che è davvero splendida…-
Lucius inarcò un sopracciglio e osservò la figura snella di Emmeline che si allontanava.
- No, non lei - Barty sollevò gli occhi al cielo, come se dovesse raccogliere tutta la propria pazienza - lei è bella ma troppo banale. Parlavo di Narcissa Black, ovviamente! Vista da vicino è a dir poco spettacolare!-
- Mi hai fermato per questo?- gli chiese Lucius, accigliandosi - ho una riunione importante e sai che tuo padre non gradisce i ritardatari!-
L’accenno a suo padre fece rabbuiare il volto lentigginoso di Barty, che si staccò dal muro mettendosi le mani in tasca.
- Inoltre- proseguì Lucius - non è il caso che ci facciamo vedere troppo in confidenza, lo sanno tutti che i Crouch e i Malfoy non si amano molto -
- Le nuove generazioni possono cambiare le cose - il ragazzo gli sorrise, un sorriso obliquo, e si accarezzò il braccio sinistro - noi due abbiamo molte cose in comune, molti interessi. E abbiamo gli stessi gusti in fatto di donne...Black mi ha rassicurato sul fatto che tra voi due non c’è nulla, nessun legame ufficiale e nemmeno ufficioso. I miei ultimi due anni ad Hogwarts si prospettano assai interessanti!-
Lucius rimase impassibile e poi sorrise a Barty.
- Buon per te - gli disse con la sua voce snob e raffinata - almeno ti terrai impegnato! Una volta ad Hogwarts non avrai molte occasioni di renderti utile…- gli dette uno schiaffetto sulla guancia e si allontanò lasciandosi dietro una scìa profumata.
Il volto di Barty perse ogni traccia di allegria e gli occhi mandarono lampi  osservando la testa bionda di Lucius scomparire tra la folla.
- Vedremo Malfoy, vedremo...intanto sentiamo che rumore fa un pallone gonfiato quando cade dal suo bel piedistallo!-


Narcissa non seppe mai come arrivò alla mattina del primo settembre, dopo giorni infiniti e notti tormentate.
Alla fine, con la sensazione che tutto fosse cambiato, si ritrovò sul binario nove e tre quarti.
“E’ la prima volta che vado ad Hogwarts senza essere fidanzata con Lucius” pensò, sorridendo lievemente.
Il bel volto era stanco e provato e lei era quasi certa di avere la febbre, aveva congedato Dorothy anzitempo perché la brava donna l’aveva assillata con la sua preoccupazione.
Si guardò intorno alla ricerca di facce note, cercò con lo sguardo una persona in particolare.
Una persona che sembrava avvolta dal buio ma che le dava la stessa sensazione che dona la penombra agli occhi accecati dalla troppa luce: sollievo e conforto.
Ma non lo vide, Severus non sembrava essere ancora arrivato.
“Beb è sempre in ritardo, forse riesco a trovare Regulus per un saluto…” sentiva la tempie pulsare e la pelle scottare, la spilla da Prefetto brillava sulla sua divisa impeccabile.
All’improvviso una mano le si posò sulla spalla e lei si voltò, sperando vagamente di veder realizzato il proprio desiderio.
Invece si trovò faccia a faccia con Bellatrix.
- Bella!- la sua sorpresa fu grande ma anche il sollievo fu notevole. Aveva aspettato per giorni una risposta da sua sorella ma non era mai arrivata, ed ora poteva finalmente appurare che la ragazza era ancora viva e integra.
Bellatrix studiò il viso di sua sorella e le posò un bacio sulla fronte.
- Hai la febbre!- constatò, con voce preoccupata - devi aver cura di te, sorella mia…- e poi avvicinò le labbra all’orecchio di Narcissa -...così come Lucius ha avuto cura di me quando ne ho avuto bisogno, come si fa tra bravi compagni!- sorrise con malizia, poi il suo sguardo si fece gelido - e, se ti azzardi ancora a mandarmi messaggi non richiesti a casa Lestrange, verrò personalmente ad Hogwarts e te la farò pagare! Stai fuori dalla mia vita, non te lo ripeto più…-
Narcissa non trovò nulla da ribattere, troppo debole per pensare a qualcosa di pungente da dire e osservò sua sorella allontanarsi tra la folla.
Era stanca di lottare contro l’indifferenza delle persone che amava.
E poi sentì un balsamo sciogliersi dentro di sé, qualcosa che le diede calore e gioia, persino sollievo alla febbre.
Vide Bellatrix urtare malamente qualcuno, voltandosi con il viso deformato dal disprezzo, e poi impallidire quando l’altra persona, un ragazzo più basso di lei e dai lunghi capelli neri che incorniciavano un volto scarno dominato da un naso prominente,  le disse qualcosa.
La donna se ne andò e Severus le lanciò un’ultima occhiata sarcastica mentre si allontanava.
Poi notò Narcissa poco distante e le rivolse uno dei suoi sorrisetti storti, avvicinandosi.
Lei si dimenticò di Regulus, di Beb e dello scompartimento dei Prefetti. Si dimenticò di tutti e di tutto.
- Andiamo a cercare un posto?- gli disse, sorridendogli con calore, senza nemmeno salutarlo, come riprendendo un discorso mai interrotto.
Lui la osservò leggermente stupito, lo sguardo gli cadde sulla spilla appuntata alla sua divisa ma non fece alcun commento.
- Pensavo di andare in fondo - le rispose con la sua voce calma e controllata.
- Mi sembra perfetto! - disse lei con entusiasmo e lui inarcò un sopracciglio.
Camminarono lungo il binario, nel mezzo della confusione e dell’allegria degli altri studenti, Cissy si sentì un pò sciocca a seguirlo a ruota ma, tutto sommato, decise che non le importava nulla di nulla.
Alla fine trovarono uno scompartimento vuoto e vi si infilarono, lui si sedette accanto al finestrino e, con sua enorme sorpresa, Narcissa si sedette vicino a lui e non di fronte.
Severus si irrigidì leggermente quando le loro divise si sfiorarono ma cercò di darsi un contegno frugando nella propria borsa, chiedendosi cosa mai fosse accaduto alla ragazza controllata che conosceva.
Infine il treno partì, lasciandosi il binario nove e tre quarti e Londra dietro di sé.
Narcissa si sentì serena per la prima volta da quando quella maledetta, lunghissima estate era iniziata e, finalmente, un sonno senza sogni calò su di lei insieme ad un senso di grande tranquillità.
La sua testa si reclinò e si appoggiò alla spalla di Severus che rimase rigido e immobile, troppo stupito per muovere un muscolo.
Le loro spalle erano vicine, le loro braccia si toccavano e le loro mani si sfioravano. I capelli biondi di Narcissa spiccavano sulla divisa nera, il suo dolce profumo gli solleticava le narici e lei respirava dolcemente e profondamente.
Lui aggrottò le sopracciglia, avvertendo il calore che lei emanava, mosse leggermente la mano per non svegliarla e le toccò il polso, sentendo il battito accelerato del suo cuore.
“Ha la febbre!” si stupì e allora decise di lasciarla riposare, anche se l’idea che qualcuno potesse entrare e sorprenderli così gli procurava fitte allo stomaco, pensò che nemmeno lei ne sarebbe stata particolarmente felice.
Immaginò se ad entrare fossero stati Potter e la sua squadra di inutili lombrichi.
A quell’idea i suoi occhi si fecero ancora più bui, estrasse con cautela la bacchetta pronto a sigillare la porta dello scompartimento, quando questa fu aperta con vigore e Bebhinn entrò.
Lui imprecò sottovoce e lei abbracciò la scena con i suoi occhi scuri e scintillanti.
- Ma che fortunello! Sapevo che dovevo incontrarla io per prima!- esclamò e si richiuse la porta alle spalle, sigillandola prima che potesse farlo lui e tirando le tende in modo che nessuno potesse guardarvi dentro.
Poi si sedette davanti ai due ragazzi, mentre il treno si lanciava veloce lungo la campagna inglese.
Narcissa non si accorse di nulla e continuò a riposare serena.

 

Fine quarantacinquesimo capitolo

 

*la camicia gli è stata strappata da Brigid per curare Bella.

*in realtà Evan è stato vittima del Delirium Tremens per aver smesso di colpo di assumere alcool prima dell’attacco ad Ottery St, Catchpole.

*il raduno a cui ha assistito Cissy e dove Voldemort ha imposto a Lucius di uccidere un Mangiamorte accusato di tradimento, usando Narcissa per impedirgli di opporsi a quell’ordine.

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Capitolo 46
*** Riprendere a respirare ***


Come sempre grazie a chi legge e grazie a miss Gold_394 per aver lasciato un commento. Ho sempre immaginato i Mangiamorte come un gruppo di persone unite sotto la personalità di Voldemort, tenute insieme dalla sua potenza e anche dalla paura ma del tutto incapaci di solidarietà o reale cameratismo. Li ho sempre figurati come persone individualiste e tese a voler primeggiare, vittime di invidie e diffidenti gli uni con gli altri. Infatti, con la scomparsa di Voldie, si sono dispersi e non hanno continuato a combattere per i loro "ideali" (tranne due che penso siano i più fanatici e devoti: Bella e Crouch). Buona lettura e a presto!


“Un gelido destino”

 

(Riprendere a respirare)

 

Quarantaseiesimo capitolo

 

Mentre il treno per Hogwarts sbuffava nuvole di fumo bianco e attraversava rapidamente l’Inghilterra alla volta della Scozia, Narcissa si godeva un sonno profondo e privo di orribili incubi, ignara della grande agitazione che stava gettando su Severus.
Lui evitava anche di respirare, combattuto tra il desiderio di non svegliarla e la necessità di allontanarla quanto prima.
Non era assolutamente abituato e simili contatti, specie con gli estranei e, a maggior ragione, con le ragazze.
In generale le persone gli davano fastidio: detestava gli imbecilli, non sopportava gli ignoranti e disprezzava le persone deboli. In sostanza poteva affermare che Narcissa gli piaceva: era intelligente, aveva una profonda cultura magica e non solo, era chiaramente una ragazza dal carattere forte. Lo si intuiva dal semplice fatto che non metteva facilmente in mostra le proprie emozioni e, soprattutto, non si faceva sopraffare da esse.
L’aveva sempre apprezzata e tra di loro si era instaurata una sincera amicizia fatta, per lo più, di silenzi e taciti accordi.
Studiavano insieme quando i loro impegni coincidevano, lui era un asso in pozioni e quindi lei, seppur dotata anche in quella materia, lo cercava spesso per un aiuto. Un piccola parte di lui gli sussurrava che lei lo faceva per trascorrere del tempo insieme e questo gli agitava dentro molte domande a cui preferiva non rispondere.
In ogni caso lui era troppo razionale per perdersi in certi arcani misteri e, negli ultimi tempi, si erano frequentati sempre meno perché lui non mangiava mai con gli altri studenti e si isolava regolarmente per evitare accuratamente Potter, Black e gli altri.
Le volte in cui lui la cercava, rispondendo ad un istinto che faceva capolino dentro di sé periodicamente, era con l’idea di studiare assieme Antiche Rune, materia nella quale lei eccelleva.
Dopo la morte di sua madre, Eileen, lui le aveva donato lo scialle azzurro che le era appartenuto e, ripensandoci adesso, con lei che gli dormiva praticamente addosso, era un gesto che denotava una certa confidenza ma che era stato del tutto spontaneo.
Quando se l’era trovata sulla porta di casa*, nel mezzo dello squallore afoso di Spinner’s end, era rimasto assolutamente sconcertato e due cose gli erano balzate subitaneamente agli occhi: il fatto che lei fosse in compagnia di Lucius, cosa che rendeva realistica la possibilità che i due fossero fidanzati, e il fatto che lei fosse del tutto avulsa a quel luogo e, non poteva negarlo, a lui.
Narcissa lo aveva chiamato, il volto trasfigurato dalla gioia, e si era gettata verso di lui per salutarlo infrangendosi contro la barriera che aleggiava attorno alla casa perché, né lui né Lucius, erano stati sufficientemente pronti per impedirglielo.
Ricordava fin troppo bene di essere scattato senza riserve e di averla sostenuta un momento prima che toccasse terra, un attimo prima che le braccia di Lucius la raggiungessero.
Questo perché lui aveva colto con un secondo di anticipo quello che stava per accadere.
L’altro ragazzo non aveva fatto una piega e aveva lasciato che fosse Severus a portare Narcissa dentro casa ma lui, nonostante la giovane età, era uno straordinario Legilimens, oltre che un Occlumante superbo, e aveva colto involontariamente negli occhi di Malfoy qualcosa...come una barriera che si abbassava e lasciava intravedere cosa c’era al di là di essa.
Aveva visto il lampo della rabbia e della gelosia, più tutta una gamma di sentimenti che Severus non riteneva possibile che Lucius possedesse.
Non aveva dubbi su quello che aveva visto in quegli occhi chiari e freddi, solo che non se ne capacitava.
Aveva compreso due cose quel giorno: la prima era che Narcissa aveva in suo potere Lucius Malfoy e buona parte della sua sfera emotiva, la seconda era che lei non ne era assolutamente consapevole.
Le scoccò un’occhiata furtiva e vide il suo bel profilo, i capelli biondi che catturavano anche la luce grigia che il cielo plumbeo di quella mattina elargiva.
Per lui Narcissa era una ragazza assolutamente interessante e non poteva negare che fosse la persona più bella che avesse mai visto da vicino.
In un certo senso capiva Malfoy ma, allo stesso tempo, lo compativa. Ai suoi occhi che, se solo lui lo voleva, sapevano cogliere ogni singola sfumatura di chicchessia (tranne che con Albus Silente: aveva provato ad allenarsi con lui ogni qual volta il Preside aveva incrociato il suo cammino ma senza successo), la mente, i pensieri di Lucius, le immagini che contenevano era apparsi letteralmente schiacciati dalla presenza di Narcissa.
Stare fermo immobile cominciava a pesargli ma l’idea di muoversi e svegliarla gli arrecava un profondo disturbo.
Sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi scuri e luminosi di Bebhinn Naghib.
Si era dimenticato di lei per qualche istante.
Dopo un inizio poco promettente, il loro rapporto era diventato piuttosto sereno.
Non erano amici e l’unico legame che avessero, a parte studiare ad Hogwarts ed essere nella Casa di Serpeverde, era proprio Narcissa.
La namibiana era costantemente al fianco della bionda ragazza, la cullava con gli occhi e, con la sua personalità ridondante e debordante, teneva lontani tutti gli altri.
Tranne lui. In qualche modo Severus e Narcissa trovavano sempre la maniera di ritagliarsi piccoli spazi tutti per loro, specie di notte nella Sala comune deserta, dove lui amava starsene in pace fino all’alba.
- Non ti facevo un tipo così delicato- gli disse Beb, con un sorriso amichevole.
- Non avrebbe senso svegliarla ora - le disse lui, con la sua bella voce chiara e controllata - non sta bene, credo abbia la febbre -
Gli occhi di Beb si incupirono, preoccupati.
- Non ha cura di sé…- mormorò, osservando la sua amica.
- Non ti facevo così materna…- le disse lui, con un sorrisetto ironico.
Lei lo fissò un attimo, meditabonda.
- Nemmeno io, a dire il vero, ma Black, inutile negarlo, suscita nelle persone due desideri: il primo è essere amati da lei, il secondo è quello di proteggerla-
Lui inarcò un sopracciglio, suo malgrado interessato alla conversazione.
-  Credi che valga proprio per tutti? Per quanto abbia molte qualità non credo che riesca a suscitare tali benevoli...aspirazioni…in ogni singola persona che incontra- fece una piccola pausa - sua sorella, pur essendo sangue del suo sangue, non ha alcuna propensione per lei-
Beb guardò fuori dal finestrino per qualche istante.
- Eppure io so che quella donna volgare, nonostante tutto, ama sua sorella. Solo che il peso del loro affetto lo porta tutto Narcissa, perché il suo cuore è grande-
Severus non si permise di sondare Naghib e non ne ebbe bisogno per capire che Beb amava Narcissa in un modo molto particolare e profondo.
Eppure non era schiava di quel sentimento e lui la stimava per questo.
- Sei molto malinconica oggi, oppure sei solo diventata più matura?- la prese in giro per alleggerire quella conversazione.
Lei fece un bel sorriso che la illuminò.
- Ti interessi a me? Credevo ti interessassero solo Narcissa e scrollarti di dosso il fango del tuo passato per camminare lindo e pulito verso un futuro radioso!-
Gli occhi di lui furono attraversati da un lampo pericoloso.
- Non mi interesso a te e, di certo, tu non devi interessarti a me!- le disse, la voce gelida come l’alito di un vento siberiano.
Beb lo osservò, dai capelli neri al volto dai lineamenti quasi selvaggi, al corpo magro ma che denotava energia sommersa.
Si soffermò sulle belle e abili mani di lui e poi incontrò il suo sguardo buio e privo di luminosità.
- Non posso che interessarmi a te, Nguvu…*-
Lui stava per risponderle quando Narcissa si mosse e aprì lentamente gli occhi.
Si fissarono su Beb e la ragazza le sorrise con calore.
- Ben svegliata, Furaha Yangu…- le sussurrò dolcemente.
Cissy rispose al sorriso e poi si voltò e incontrò gli occhi neri di Severus, ricordandosi all’improvviso dove si trovasse e perché.
- Perdonami....- mormorò al ragazzo, rendendosi conto della follia che l’aveva presa facendole dimenticare ogni cosa e spingendola a trovare conforto nel contatto con lui.
“Con quale diritto poi?” si chiese vagamente, sentendo il malessere dovuto alla febbre piombarle di nuovo addosso.
Lui osservò il volto arrossato di Narcissa, gli occhi resi più brillanti dalla febbre, e i capelli leggermene spettinati e sentì qualcosa agitarsi dentro.
Le sorrise tranquillo, senza cambiare espressione di una virgola, e poi estrasse la bacchetta e la agitò con grazia, dalla sua borsa uscì una boccetta di vetro che volò con leggerezza fino alle mani di Narcissa.
- Prendine otto gocce adesso e altre otto questa sera, prima di dormire, vedrai che fa miracoli. E’ un estratto concentrato di Alchemilla, Genziana e Centaurea Minore, più efficace di un decotto e più pratico da trasportare - le sorrise incoraggiante - credimi, è un portento contro per la febbre -
- Coraggio Narcissa - la spronò Beb - sai che questo giovane pipistrello sa il fatto suo!-
Severus le lanciò un’occhiata di traverso.
Cissy rigirò la boccetta tra le dita, era piccola e sull’etichetta erano scritti gli ingredienti, con la calligrafia sottile e ordinata del ragazzo.
Alla fine fece un piccolo gesto, come se brindasse ai suoi compagni di viaggio, ed estrasse il contagocce, assumendo la medicina.
Un secondo dopo tossì, il volto contratto per la nausea.
- Ho dimenticato di dirti che il sapore lo devo ancora migliorare…- Severus le sorrise, sornione.
Lei sentì le gocce scendere nella gola e poi una sensazione di calore immediato salire dal petto, infiammarle il volto e bruciare le orecchie. Si sentì subito meglio.
- Incredibile!- esclamò, entusiasta, e lanciò al ragazzo uno sguardo ammirato - l’hai ideato tu?-
Lui fece un piccolo cenno con il capo - Ho osato combinare tre potenti antipiretici e antinffiamatori naturali ed estrarne il concentrato, così l’effetto è subitaneo- osservò il volto di Cissy che ora aveva un bel colore rosato e sorrise leggermente - non so tu, ma io detesto essere malato e Madama Chips è molto brava ma troppo tradizionale nel suo approccio…-
Lei ricambiò il sorriso con calore, sotto gli occhi attenti di Beb che osservava i due ragazzi senza intervenire.
- Accipicchia!- esclamò improvvisamente Narcissa - in realtà avrei dovuto essere nello scompartimento dei Prefetti! Siamo già a metà viaggio, mi sa che non inizio con il piede giusto!- ricordò quello che le aveva detto Barty sulla sua nomina e il suo sguardo si incupì.
Non presentarsi puntuale al suo primo ritrovo tra Prefetti poteva solo alimentare certe voci, non voleva passare per quella che aveva ottenuto la nomina perché era bella e aveva un fidanzato importante.
Si alzò di scatto.
- Perdonatemi, devo proprio andare! Ci vediamo tra un po'!-
Severus non disse nulla e Beb le sorrise mentre lei si lisciava i capelli e la divisa e lasciava di fretta lo scompartimento.
- In realtà lei deve ancora crescere…- sussurrò la ragazza, lanciò uno sguardo al ragazzo che si era immerso nella lettura di un libro piuttosto impegnativo e poi fissò lo sguardo fuori - divisa in due...tagliata a metà…-
“Ognuno ha il suo percorso da fare ed il proprio destino da costruire, vorrei poter assistere ma adesso devo pensare al mio…” la mente era lucida e determinata ma Beb sentì un grande peso posarsi sul cuore.



 

Narcissa prese a percorrere il treno in senso contrario, diretta verso i vagoni centrali dove c’era lo scompartimento riservato ai Prefetti.
C’era molta animazione sull’espresso, lei rispose a qualche saluto ma non si fermò con nessuno, proseguì svelta senza notare gli sguardi che la seguivano e le chiacchiere che suscitava. Ad un certo punto, tra lo snodo  di due vagoni, incappò in una coppia stretta in un abbraccio che si stava baciando e scambiando effusioni.
Fece per chiedere spazio per passare quando il ragazzo sollevò lo sguardo e lei vide che si trattava di Sirius.
La ragazza che stava avvinta a lui si voltò e lei riconobbe vagamente una studentessa del quinto anno della Casa di Corvonero, era carina e piuttosto popolare a Scuola perché era molto vivace e, pensò Narcissa, abbastanza sfacciata.
La ragazza represse un risolino e, dopo aver lanciato uno sguardo languido al ragazzo, si allontanò in fretta.
- Sei proprio una guastafeste…- Sirius guardò sua cugina con una smorfia infastidita sul volto.
- E tu hai dei gusti discutibili!- disse lei, cercando di passare.
Lui gettò indietro la testa e rise, era alto almeno venti centimetri più di Narcissa ed aveva un’aria sicura di sé e fintamente rilassata, in realtà lei sapeva perfettamente che Sirius era sempre febbrile ed iperattivo.
- Parli a me di cattivo gusto?! Sei finita sui giornali in compagnia di Malfoy! E tutti ti hanno visto seguire Snape, come un devoto anatroccolo  segue mamma papera, lungo il binario nove e tre quarti!- la sua risata ricordò il latrato di un cane.
- Puoi dire quello che ti pare ma quell’oca giuliva, a cui ti strofinavi poco fa, a Scuola è nota solo per le sue storielle d’amore, non certo per il suo cervello o per la sua classe...non è che sia una gran conquista!-
Sirius la studiò per un attimo e poi le si avvicinò, piegandosi e osservandola da vicino.
- E dimmi, Mocciosus è una tua conquista? O è lui ad aver conquistato te? Che pena! Solo l’idea di Mocciosus che bacia una ragazza mi da il voltastomaco!- fece una smorfia disgustata.
- Davvero? Ti da la nausea più di un ragazzino arrogante che passa di ragazza in ragazza mentre pensa solo al suo perduto amore, Cerbiattino?- gli rispose con aria fintamente innocente.
Lui strinse gli occhi, apparendo davvero furioso.
- Sei brava a cogliere i sentimenti che non ti riguardano, cugina! Ma dimmi, a proposito di ragazzini innamorati, hai visto Regulus o eri così presa a seguire la scìa unta del caro Sev, da dimenticare il tuo amato e devoto cuginetto al suo esordio ad Hogwarts?-
Narcissa represse il senso di colpa e rimase impassibile, i due ragazzi si fronteggiarono fissandosi negli occhi identici, ugualmente caparbi.
- Sei proprio una bambolina fredda - il ragazzo fece l'ennesima smorfia di disprezzo, allontanandosi da lei - sei popolare solo perché sei bella ma a questo mondo non contano solo l’aspetto o le origini, cara cugina! -
- Potrei dirti la stessa cosa - gli disse, cercando nuovamente di passare e andarsene - sei popolare solo perché sei bello, ma sei talmente arrogante e superficiale che solo una persona generosa come Andromeda poteva volerti bene e vedere qualcosa di buono in te, Cerbiattino!-
Lui l’afferrò per il braccio, stringendolo fino a farle male.
- Sempre meglio che Malfoy!- lei strinse gli occhi, cercando di ignorare il dolore che lui le procurava - gira voce che si sia dato da fare la settimana scorsa, quel bastardo dal sangue puro! Ovviamente i soldi fanno miracoli e nessuno si azzarda a fare nulla contro di lui ma, con un po’ di fortuna, creperà presto o lo ammazzeranno entro breve!- Sirius era davvero fuori di sé dalla rabbia: odiava la sua famiglia, odiava i loro ideali distorti, odiava tutto ciò che rappresentavano. Aveva passato buona parte dell’estate a casa di James, con qualche tappa da suo zio Alphard, facendo infuriare sua madre e suo zio Cygnus e indisponendo anche Regulus. Ma non gliene importava nulla di nessuno, sentiva che la sua sopportazione stava arrivando al limite massimo e, dopo aver letto le notizie terribili sull’attacco a quel villaggio, sapeva che non avrebbe resistito a lungo in quel mondo.
Narcissa rappresentava tutto quello che lui odiava in quel momento e sembrava non capire o non interessarsi.
- Fingi di non vedere quello che accade? Eri così presa da Snape da non accorgerti che il binario nove e tre quarti era sorvegliato da Auror del Ministero? - era furioso e nauseato -Il mio più grande desiderio è che tu resti vedova prima ancora di sposarti, cugina! Ma tanto ci sarà quel viscido vermicolo di Mocciosus a consolarti, no?- e così dicendo la spinse via, con più forza di quello che avrebbe voluto, e Narcissa urtò malamente la porta.
- Ah!- urlò di dolore la ragazza, portandosi una mano alla spalla.
Sirius si morse le labbra, non era sua abitudine malmenare le ragazze, fece per scusarsi quando l’altra porta si aprì e Barty Crouch si affacciò sullo snodo e li guardò con i suoi occhi indagatori.
- Black!- esclamò, si voltarono entrambi con la stessa espressione sul viso, cosa che li fece sembrare identici.
Barty si concentrò su Sirius.
- Cosa fai? Aggredisci un Prefetto? Parlerò con il Prefetto dei Grifondoro e farò togliere Due punti alla tua Casa e, se non sparisci subito, diventeranno venti!-
Il ragazzo fece una smorfia, gettò un’ultima occhiata a sua cugina e se ne andò.
Narcissa si morse le labbra, più che la spalla le doleva l’orgoglio, detestava essersi fatta beccare in quella situazione proprio da Crouch.
Non aveva dimenticato la loro conversazione al Ministero, quando lui le aveva rivelato che il Professor Slughorn lo aveva pregato di aiutarla a difendersi dagli studenti troppo vivaci.
- Come stai?- lui le si avvicinò preoccupato e, senza pensare, le scostò leggermente la divisa per controllare la spalla.
La ragazza si irrigidì per quel gesto così intimo e fece per allontanarsi quando, uno scossone del treno, la spinse verso Barty che la sostenne con gentilezza, stringendola a sé.
“Sembra quasi fatto apposta!” si arrabbiò lei, incapace di trovare conforto nei gesti del  ragazzo, pur così delicati e solleciti.
Alzò gli occhi su di lui e vide che sembrava turbato e che il suo volto era arrossato.
- I-io…- balbettò Crouch, guardandola con intensità, ma fu interrotto da un  nuovo arrivo.
- Uh-Oh!- un’esclamazione colma di giubilo, accompagnata dallo scribacchiare di una penna, li colse di sorpresa - cosa vedo! Due Prefetti, due Serpeverde, due purosangue in atteggiamenti così teneri! Sono estasiata!-
Narcissa si scansò da Barty e, più che mai, maledisse la sfortuna che sembrava perseguitarla.
Rita Skeeter, una ragazza del sesto anno di Serpeverde, era comparsa davanti a loro.
Era massiccia e aveva un viso squadrato e duro, circondato da un lungo caschetto bruno dalle linee nette, quando sorrideva metteva in mostra dei grandi denti che la facevano assomigliare ad un mulo.
Solo che Rita non ragliava, scriveva.
Era fissata con i pettegolezzi e aveva inaugurato una specie di giornalino scolastico che, da un paio d’anni, ero lo spauracchio di tutti gli studenti.
Il Professor Slughorn glielo aveva concesso perché, Narcissa lo sapeva, lui stesso era un pettegolo amante degli scoop. Rita era riuscita anche ad ottenere la nomina a Prefetto insieme a Barty, l’anno prima, e Cissy aveva spesso avuto la sensazione che usasse la sua carica per ottenere informazioni utili e notizie piccanti in cambio di favori o di indulgenza, probabilmente usando dei ricatti.
Adesso era li davanti a loro ed osservava con occhi avidi la divisa della ragazza che lasciava scoperta la spalla e il viso arrossato e confuso di Barty.
“Eh no, razza di vipera dalla lingua biforcuta, non sarò anche un tuo bersaglio!” si inalberò Narcissa.
- Skeeter, non ci pensare nemmeno!- la voce di Cissy si srotolò come una frusta e colpì l’aria - metti via quella penna! Bada che se oserai scrivere menzogne su di me non la passerai liscia!- l’altra ragazza strinse gli occhi e bloccò la sua penna incantata che stava scrivendo con foga.
- Non mi faccio scrupoli a toglierti punti, non mi interessa se siamo nella stessa Casa e siamo entrambe Prefetti! Non mi importa nemmeno di diventare impopolare, se non vedo sparire quella pergamena, e per sparire intendo bruciare, ti faccio togliere cinquanta punti dal Professor Slughorn!- prevenne le proteste dell’altra ragazza - Se glielo chiedo lo farà, credimi. So come convincerlo e di quello che pensano gli altri studenti io me ne frego altamente! Puoi dire lo stesso, tu? Vuoi rischiare che ti incolpino di aver sottratto punti alla tua Casa, il primo giorno di Scuola e nonostante tu sia un Prefetto?-
- Non intendevo mica scrivere bugie…- sibilò Rita, facendo sparire tutto, visibilmente scornata - comunque sarei lieta di poterti intervistare per il primo numero del “RITAgli quotidiani”, il giornale della Scuola!-
- Grazie, non concedo interviste!- Narcissa fece una smorfia - ero venuta a cercare i miei colleghi Prefetti e scusarmi per il ritardo, ho avuto una leggera indisposizione. Penso che possiate comunicarlo voi anche agli altri e riportare le mie scuse ai Caposcuola- così dicendo fece dietro front e si allontanò in fretta da quei due, lasciandoli di stucco.
- I Black sono tutti così insopportabilmente interessanti!- sbottò Rita, mordendosi le labbra con i suoi dentoni prominenti.
Narcissa Black era particolarmente stimolante ai suoi occhi, il suo rapporto con Lucius Malfoy era qualcosa di succulento, ne parlavano tutti ma nessuno sapeva davvero cosa ci fosse dietro. Lei sembrava indossare una maschera di freddezza inscalfibile, era fatalmente snob ma si accompagnava sempre a due degli studenti più controversi e misteriosi della Scuola: Snape e Naghib.
Aveva pessimi rapporti con il suo amatissimo e popolare cugino, Sirius Black, e ora sembrava aver attirato l’interesse di un rampollo di ottima famiglia come Crouch. Tutto ciò era davvero appassionante per una ragazza come Rita.
Scoccò uno sguardo a Barty che ancora fissava rapito il punto in cui era sparita la ragazza.
- E se l’intervista me la rilasciassi tu?- gli chiese, sfoderando di nuovo la penna che vibrava dalla voglia di scrivere.
- No, non adesso, grazie!- lui le sorrise cortesemente e se ne andò.
“Inizia la caccia!” pensò il ragazzo, seguendo la scìa di Narcissa e sentendo l’eccitazione travolgerlo.
Raggiungere lei significava affondare Malfoy, dargli una spinta e farlo cadere in un baratro e Barty godeva dell’esaltazione che gli stava pervadendo le viscere alla sola idea di vedere il prediletto dell’Oscuro Signore perdere le sue prerogative.
Quel posto, quel ruolo privilegiato, lo voleva lui. Lui e solo lui, l’unico che comprendesse davvero l’animo del loro Signore e che vivesse solo ed esclusivamente per servirlo e soddisfarlo.
Non desiderava altro e il primo ostacolo da rimuovere era Lucius Malfoy.

 

Narcissa si infilò nel primo scompartimento che trovò e sbirciò fuori, vide che Barty passava senza accorgersi di lei e tirò un sospiro di sollievo.
Lui era gentile ma la sua vicinanza le dava una sensazione di soffocamento “Devo parlarne con Beb!” pensò.
Si voltò e vide che si era infilata in uno scompartimento pieno di ragazzini del primo anno, nessuno di loro indossava la divisa e la guardavano con gli occhi sgranati.
- Siete pronti per lo Smistamento?- chiese loro, con voce severa.
Annuirono tutti senza parlare.
-Ottimo, allora indossate le vostre divise e state in silenzio fino all’arrivo ad Hogwarts meditando su quale Casa sia la più adatta a voi!-
Scattarono tutti in piedi e presero a frugare nelle loro borse, Narcissa represse una risata e uscì andando alla ricerca di Regulus.

 

Girò il treno a lungo e si era quasi arresa quando finalmente trovò suo cugino in fondo all’ultimo vagone.
Era circondato da un gruppo di ragazze più grandi, di tutte e quattro le Case, e sembrava impossibilitato a muoversi.
Le studentesse gli stavano rivolgendo un sacco di domande e ridacchiavano, gli toccavano le braccia e vociavano tutte insieme.
- Ma davvero non hai ancora compiuto dodici anni?? Sei così alto!-
- Lo sai che sei identico a tuo fratello? Senti ma Sirius ha una ragazza in questo momento?-
- Ma tu frequenti anche Potter? Lo conosci bene?-
Regulus sembrava leggermente in difficoltà e Narcissa si avvicinò con passo deciso.
- Si può sapere cosa succede qui?- esclamò, dura.
Tutte le ragazze si voltarono, lei conosceva vagamente un paio di loro ma la maggior parte erano del terzo e quarto anno.
- E’ proibito sostare a lungo nei corridoi del treno! Ritornate nei vostri scompartimenti e preparatevi che ormai manca poco all’arrivo-
Quasi tutte si allontanarono brontolando e lanciando occhiate furtive alla spilla di Narcissa.
Un paio esitarono e la guardarono in cagnesco, erano Grifondoro e non avevano l’aria di voler cedere di un passo.
- Da quando non si può stare nei corridoi?- le disse una delle due, particolarmente combattiva.
- Da quando esiste il treno per Hogwarts e da quando te lo dico io!- replicò Narcissa con decisione - se non vi allontanate subito parlerò con il vostro Prefetto di riferimento e vi terrò d’occhio per tutto l’anno, credetemi!-
Il mento di Narcissa era sollevato e lo sguardo deciso, le altre due sbuffarono e si allontanarono, quella che aveva parlato sussurrò una parolaccia volgare ed udibile e sparì con l’altra ragazza verso la testa del treno.
Narcissa si voltò verso Regulus che teneva le mani in tasca, in una posa incredibilmente simile a quella di suo fratello, e la guardava sorridendo.
Lei rispose al sorriso e lui  le si avvicinò.
- Avevo giusto bisogno di vederti…- mormorò il ragazzo e le posò un leggero bacio sulla guancia, trattenendosi a forza dal non darglielo sulle labbra e stringerla a sè.
Si stava avvicinando lo Smistamento, per lui quel momento era cruciale e la paura lo stava assalendo in modo incontrollabile.
Aveva visto Sirius all’inizio del viaggio e lui lo aveva tormentato a dovere, dicendogli che lo aspettava tra i Grifondoro, anche se era assai più probabile che finisse tra i Tassorosso.
- Chissà cosa dirà la tua bella Cissy quando ti vedrà al tavolo dei Tassi! Penso che non ti rivolgerà più la parola, fratellino!- Sirius aveva ghignato soddisfatto nello scorgere il suo tormento - del resto è così presa da Mocciosus che non si accorge di null’altro attorno a lei, magari non si renderà nemmeno conto in che Casa finirai!-
Potter aveva riso di gusto - Oh, Cielo! Non si accorgerà di nulla no, perché lui l’avrà unta a dovere! Non riuscirà nemmeno a scollarsi dalla sedia con tutto quel moccio che Snape le avrà lasciato addosso!-
Sirius aveva ululato dal gran ridere e Minus si era unito a lui, tenendosi la pancia prominente scossa dalle convulsioni.
L’unico che non aveva riso era stato Remus.
- Ogni Casa di Hogwarts ha i suoi pregi- aveva detto quietamente.
James aveva alzato gli occhi al cielo sbuffando mentre Sirius aveva smesso di ridere di colpo, mettendo il broncio e guardando il suo amico in cagnesco.
- Come no! I Serpeverde sono davvero pregevoli! Ottimi per farci delle borsette con la loro pellaccia squamosa!- aveva ribattuto.
James aveva ghignato e Minus aveva osservato preoccupato i due amici fronteggiarsi.
Remus con gli occhi ambrati e sereni, Sirius con gli occhi grigi che mandavano lampi.
Lupin si era girato verso Regulus e gli aveva sorriso - Stai tranquillo, che io sappia, lo Smistamento non ha mai scontentato nessuno!-
Regulus aveva ricambiato il sorriso con affetto e gratitudine ma il tarlo del dubbio gli si era insinuato dentro, alimentando le sue paure.
Adesso che aveva vicino Narcissa si sentiva meglio ma il timore di finire nella Casa sbagliata aumentava man mano che si avvicinavano ad Hogwarts.
- Reg vuoi venire con me nel mio scompartimento o preferisci unirti ai tuoi compagni del primo anno?-
Avrebbe voluto mostrasi indipendente ma la voglia di stare con lei e il bisogno del suo conforto prevalse e lui accettò di seguirla.
Quando entrarono nello scompartimento Beb stava leggendo una rivista e Severus era immerso nella lettura di un libro.
Il ragazzo sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Regulus, tra i due si accese un lampo di antipatia.
Il viso di Regulus si incupì e l’altro ragazzo sorrise leggermente con derisione.
- Rieccomi!- esclamò Cissy - Severus tu conosci già mio cugino*, Beb ti presento mio cugino minore: Regulus Black! Reg, lei è la mia amica, Bebhinn Naghib!-
La namibiana si alzò e sorrise al ragazzo che arrossì leggermente, tendendole la mano. Non aveva mia veduto una ragazza così appariscente ed esotica prima, lei era alta, aveva un fisico statuario e un volto sensuale.
- Ma che splendido ragazzino!- esclamò rapita, ricambiando la stretta - è un vero bambolotto, la versione tenera di suo fratello!-
Regulus arrossì in modo più vistoso, lanciando uno sguardo di sottecchi a Severus che aveva ripreso a leggere con un ghigno stampato sul volto.
Il giovane Black sentì montare la rabbia: quel brutto mezzosangue gli dava sui nervi.
- Le tue gocce sono miracolose!- esclamò Cissy, sedendosi accanto a Severus - mi sento rinata!-
Lui le sorrise - Non dimenticare di riprenderle questa sera e, se serve, anche domani prima delle lezioni-
Lei ricambiò il sorriso apertamente - Allora, visto che ormai sei il mio guaritore di fiducia, non è che hai una pomata per le contusioni?-
Lui inarcò un sopracciglio e lei si massaggiò la spalla dolorante - Il treno ha sbandato e io ho sbattuto - gli spiegò  con una smorfia.
Lui le diede una vasetto - Ecco: Arnica. Applicala sul livido finché non si riassorbe. Tienila pure, io ne ho una scorta, visto che mi faccio male spesso e volentieri…- e lanciò uno sguardo a Regulus con una smorfia ironica carica di disprezzo.
Il cugino di Cissy si incupì ma non sostenne lo sguardo: era perfettamente a conoscenza che Sirius e i suoi si erano coalizzati in più occasioni contro quello Snape così molesto.
Narcissa perse il sorriso, rigirandosi il vasetto tra le mani. Sapeva che la vita ad Hogwarts era tutt’altro che semplice per il suo amico.
Regulus osservò sua cugina accanto all’altro ragazzo, nonostante il contrasto che offrivano lei sembrava perfettamente a proprio agio con lui, era rilassata e il volto era disteso.
Nulla a che vedere con la tensione che aveva avvertito tra lei e Malfoy.
Il ragazzo sospirò profondamente, sentiva dentro di sé una grande agitazione e la sensazione che la sua meta e il suo desiderio fossero lontani e irrealizzabili, Brigid non era li accanto a lui a rassicurarlo e quindi tutto gli sembrava irraggiungibile.
Beb lo osservò con interesse e vide lo sguardo di Regulus posato su Narcissa che chiacchierava serena con Severus, notò quanto il ragazzino fosse infelice in quel momento e scosse la testa con aria divertita.
L’amore era un eterno gioco a rimpiattino, rifletté e sprofondò di nuovo nella lettura della sua rivista.
Narcissa seguitò a parlare ora con l’uno ora con l’altro, per la prima volta da settimane si sentiva libera e finalmente riusciva a respirare senza avvertire quella sensazione di soffocamento che l'aveva perseguitata a Londra.
Fuori dal finestrino il cielo si stava scurendo, Hogwarts era vicina.

 

Fine Quarantaseiesimo capitolo

 

* è successo diversi capitoli fa, Lucius ha portato Narcissa a visitare Severus.

*Nguvu= forza, potere.

*Si sono incontrati a Diagon Alley.


Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): sembra incredibile ma sono già a dodici capitoli della terza parte di questa storia. Più o meno ho già il numero di capitoli definitivo e, di sicuro, ho già i titoli certi degli ultimi cinque...sto cercando di essere regolare e seguire una tabella di marcia precisa, non per tediarvi o per sommergervi di capitoli ma per la paura di avere degli impedimenti che, di certo, avrò. Non intendo lasciare incompiuta questa storia ma con l’arrivo della bella stagione e avendo una bimba piccola che finirà l’asilo a inizio estate, potrei avere dei rallentamenti. A presto!

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Capitolo 47
*** Vulpes Ferrilata ***


Come sempre grazie a tutti coloro che leggono questa storia, in particolare a miss Gold_394 e kay 33 per aver recensito ^_^  Buona lettura!


“Un gelido destino”


(Vulpes ferrilata)

 

Quarantasettesimo capitolo



 

Le prime settimane ad Hogwarts volarono. Narcissa fu trascinata nel turbine delle lezioni e dei suoi impegni come Prefetto, non aveva tempo di pensare e di crogiolarsi in incubi, ricordi e paure.
Non aveva tempo per nessuno.
Beb frequentava il sesto anno e seguiva poche lezioni, inoltre era piuttosto elusiva.
Severus frequentava il quarto anno e si defilava sovente per sfuggire a Sirius e alla sua brigata ma, nonostante questo, arrivati ad ottobre, c’erano già stati almeno due scontri epici tra lui e gli altri ragazzi.
Regulus, come tutti i ragazzi del primo anno, era impegnato a prendere il ritmo in quel mondo nuovo e variegato.
La sera del loro arrivo, durante la cerimonia dello smistamento, Narcissa aveva sofferto per lui. Ricordava con nitidezza i sentimenti che aveva provato quando si era seduta su quello sgabello, piena di incertezza e paura, con in mente sua sorella che era stata smistata a Corvonero, e quindi aveva compreso perfettamente i pensieri di suo cugino.
Il Cappello aveva sfiorato la testa del ragazzo e, dopo pochi secondi, aveva strillato: “Serpeverde!” e Regulus era volato al tavolo della sua nobile Casa ignorando lo sguardo di derisione di suo fratello Sirius.
Narcissa gli aveva sorriso, Severus aveva fatto una leggera smorfia e Beb gli aveva strizzato l’occhio.
Poi ognuno di loro era stato assorbito dai propri pensieri e dai propri obiettivi.
Cissy studiava fino allo sfinimento perché ciò le annebbiava la mente e le consentiva di tenere lontani tutti i tormenti.
Il ruolo di Prefetto le calzava a pennello e lei lo svolgeva con naturalezza, Barty era gentile ma si manteneva alla giusta distanza. Appena aveva potuto Narcissa aveva parlato di lui con Beb, la ragazza le aveva detto che sul ragazzo aveva più che altro una sensazione di ambiguità e per questo gli aveva intimato di tenersi alla larga.
- Non penso che tu abbia bisogno di altre persone che ti ronzano attorno e ti soffocano senza un motivo valido!- aveva concluso Beb con tono pratico e lei non aveva potuto far altro che darle ragione.
Ogni settimana attendeva con ansia la sua copia de “Il Cavillo” al quale si era abbonata, ma ogni settimana veniva delusa o si sentiva sollevata, a seconda dei punti di vista, per l’assenza di notizie.
Non aveva altro modo di tenersi informata e ciò le creava un senso di vuoto incontrollabile.
Si era abbonata anche a “La Gazzetta del Profeta” ma questo le procurava più sofferenza che altro, in ogni numero c’era qualche cenno a Lucius, sulla sua continua ascesa al Ministero, negli affari o sulla sua presenza ad eventi mondani.
Un sabato mattina era seduta sul suo letto a baldacchino, nella stanza delle ragazze del quinto anno, con il giornale aperto davanti a sé e lo sguardo perso nel nulla.
Metà pagina era occupata dalla foto di Lucius che partecipava , sorridente ed elegante, ad una serata molto importante presso una delle famiglie più in vista: i Vance.
Il ragazzo aveva la solita espressione ironica che lei conosceva così bene, le labbra distese in un sorriso e al suo braccio era appesa Emmeline Vance, la donna che lei aveva visto con lui al Ministero e che gli lanciava occhiate seducenti.
Lucius sembrava l’uomo più sereno e tranquillo del mondo, i lunghi capelli legati, il mento sollevato e l’aria snob di sempre. Era chiaramente a proprio agio con tutta quell’attenzione addosso e soddisfatto della sua compagna che era, inutile negarlo, molto bella e raffinata.
Il titolo recitava: “Voci vicine alla coppia dicono che la proposta è già stata fatta: Malfoy Manor avrà una nuova Lady?”
Cissy immaginò Emmeline aggirarsi per i corridoi che lei aveva imparato a conoscere così bene, se la figurò mentre percorreva la lunga galleria degli antenati sotto gli occhi benevoli degli avi dei Malfoy, sotto gli occhi di Gwen e Draco, vide la donna e Lucius avvinti in un abbraccio mentre si scambiavano effusioni...e rimase senza fiato per l’incendio che le divampò nel petto.
Era gelosa, non poteva negarlo.
Accartocciò il giornale con rabbia, memore di come lui avesse rotto il fidanzamento e di come poi l’avesse ignorata brutalmente al Ministero e una vocina dentro di lei, maligna e insistente, le suggerì che lui la ritenesse troppo bambina per supportarlo nei suoi impegni, nella sua vita di tutti i giorni, nei suoi oscuri progetti che lei aveva solo intravisto.
Se ciò che aveva letto su “Il Cavillo” era vero, se il violento attacco ad Ottery St. Catchpole era realmente accaduto, lui era di certo impegnato a vivere la sua doppia vita, era impegnato in prima persona a fianco di Lord Voldemort.
Non aveva più fatto il sogno inquietante in cui una misteriosa figura vestita di bianco le mostrava la testa mozzata di Lucius e lei iniziò a pensare di essere troppo suggestionabile.
Un discreto colpo battuto alla porta la riscosse dai suoi pensieri e Beb si affacciò.
- Ciao! Vieni ad Hogsmeade?- le chiese e lanciò un’occhiata al giornale appallottolato che giaceva a terra.
- Non credo!- esclamò Cissy di cattivo umore.
- Eddai! Non ci vieni quasi mai, non essere asociale!- entrò nella stanza e si sedette sulla sponda del letto, di fronte alla sua amica - persino Snape è andato al villaggio oggi! Vieni con me, per favore….- le sorrise supplichevole.
Narcissa esitò, se Severus non era rimasto ad Hogwarts il sabato si prospettava davvero tedioso, rimanere al Castello circondata da primini non l’attirava molto.
“Potresti sempre cercare Regulus…” si disse, ma l’idea non le sorrideva e riteneva che lasciare in pace suo cugino mentre si ambientava tra i propri coetanei fosse la cosa giusta da fare.
- Vorrei farti conoscere una persona…- le disse Beb.
- D’accordo - cedette alla fine -dammi solo il tempo di prepararmi!-
Si cambiò in fretta, infilandosi un abito di lana azzurro con gesti nervosi e impazienti, si legò i capelli con un fermaglio antico che era un regalo di Lucius, uno di quelli che lui le  aveva fatto recapitare nel corso degli anni per il suo compleanno, perché fuori tirava un venticello autunnale molto frizzante e, infine, si coprì con un mantello blu.
Gli occhi mandavano lampi, sentiva dentro qualcosa che le attorcigliava le viscere.
Una rabbia ed una frustrazione incontenibili.
Raggiunse Beb e si avviarono verso l’uscita, la sua amica le lanciò un’occhiata e osservò il volto di Cissy, imbronciato e dall’aria insolitamente capricciosa, ma non disse nulla.
Percorsero la strada che conduceva al villaggio nel silenzio più assoluto, la namibiana indossava un pesante cappotto color arancio, che era decisamente il suo preferito, sopra ad un esotico vestito rosso ed oro, i lunghi capelli erano trattenuti da un semplice cerchietto d’oro e si snodavano lungo le spalle come boccoli corvini.
Quando arrivarono a ridosso del villaggio Narcissa sentì che l’aria fresca le aveva purificato la mente e gettò uno sguardo a Beb, che era stata stranamente taciturna e pensierosa lungo tutto il percorso.
- C’è qualcosa che devi dirmi?- le chiese, colta da un’intuizione.
L’altra ragazza si voltò sorpresa e poi le rivolse un piccolo sorriso, gli occhi rimasero seri e Narcissa iniziò a sentire l’inquietudine farsi strada dentro di lei.
Era stata così presa dai propri tormenti che non si era soffermata sul comportamento insolito della sua amica.
- La mia Furaha Yangu, qui, si preoccupa per me?- le chiese, ma il tono non era vivace come al solito.
- La tua amica si chiede come abbia fatto a non accorgersi che le nascondi qualcosa, che c’è qualcosa che devi dirle e non ti ha mai dato modo di farlo…- mormorò Narcissa, rendendosi conto di quanto Beb si preoccupasse sempre per lei e le fosse costantemente accanto, anche solo con il pensiero.
- Sei sempre in tensione, dovresti rilassarti!- le rispose l’altra ragazza - ecco siamo arrivate!- aggiunse poi, cogliendo Narcissa di sorpresa.
Si accorse che avevano deviato il loro percorso: non avevano seguitato a camminare lungo la strada che portava ad Hogsmeade ma aveva costeggiato il bosco giungendo dinnanzi la casa più defilata del villaggio.
Cissy si irrigidì, sapeva chi viveva in quella specie di capanna dal tetto viola e dalle mura bianche con, al posto della porta, una pesante tenda nera che un incantesimo faceva luccicare allegramente.
Tutte le ragazze, o quasi, di Hogwarts erano passate di la per un consulto.
- E’ uno scherzo?- chiese rivolta a Beb, con un tono duro e arrabbiato - pensi che io abbia voglia di perdere il mio tempo con una specie di veggente da quattro soldi?-
L’altra ragazza fece per rispondere ma fu preceduta.
- La veggente da quattro soldi pensa che potrebbe esserti utile, ragazza dall’umore molto variabile e dalle idee confuse!- esclamò una voce di donna molto musicale.
Narcissa si voltò con gli occhi socchiusi, provando un profondo fastidio e si trovò faccia a faccia con una donna molto bella.
Entrambe si fissarono stupite.
Narcissa notò quanto la donna ricordasse la madre di Lucius, sia nell’abbigliamento che nelle fattezze.
I suoi occhi erano nocciola e non verdi ma i capelli erano neri e fluenti, le labbra dipinte di un color prugna molto intenso e le unghie laccate di nero.
L’abito aveva un foggia davvero inusuale e lei lo associò a quello indossato da Gwen nel quadro di Malfoy Manor.
L’altra donna rimase qualche istante senza parole, studiando il volto di Narcissa che, pur non avendola mai incontrata prima di persona, conosceva così bene*. Nascose in fretta il proprio stupore, cercando di riprendersi.
- Non mi offendo facilmente, non tutti credono nell’arte della Divinazione....- si schiarì la voce, ancora turbata - io mi chiamo Kerenza, piacere!- sorrise cordiale e tese la mano alla ragazza.
Il volto di Narcissa rimase impassibile ma ricambiò la stretta in modo frettoloso mormorando il proprio nome a denti stretti.
- Bene, avete fatto tutto da sole!- Beb sorrise e le fissò deliziata - siete come un quadro l’una accanto all’altra! Starei ad osservarvi tutto il giorno ma fa terribilmente freddo per me, qui! Entriamo?-
Kerenza le sorrise con calore, Narcissa si incupì.
- Non ho molta voglia di entrare dentro ad una capanna, se volevo rinchiudermi da qualche parte restavo al Castello!- esclamò sgarbata, sotto lo sguardo stupito della sua amica e quello interessato di Kerenza.
- E’ stato un piacere…- buttò la Cissy, rivolta alla giovane donna, con aria tutt’altro che cordiale - Beb, se vuoi ci vediamo tra un’ora ai “Tre manici di scopa”, altrimenti sappi che mi ritroverai direttamente ad Hogwarts!- e si allontanò senza più guardarle.
- Ti chiedo scusa…- mormorò la ragazza dalla pelle scura, rivolta a Kerenza - non è da lei essere così di cattivo umore e così scortese…ma credo abbia una vera avversione per le fattucchiere e le chiromanti!-
La veggente le sorrise e scosse la testa con noncuranza.
- Non mi aspettavo nulla di diverso da lei…- chiuse gli occhi un attimo e il sorriso si fece più tirato - ora entriamo, comincio ad avere freddo anch’io! Non so dove se ne voglia andare con questo vento…- mormorò, studiando la schiena di Narcissa che scompariva verso la boscaglia.
Beb e Kerenza si rifugiarono all’interno, dove il focolare al centro della stanza era acceso e rendeva l’ambiente confortevole e caldo.
- Faccio bollire l’acqua per un tè!- disse allegramente la donna e si mise a trafficare con la teiera.
Beb si accomodò su una sedia e osservò la stanza , che aveva veduto tante volte negli ultimi tre anni, con molto affetto.
- Allora - le disse la donna, girandosi a fissarla - c’è qualcosa che devi dirmi?- chiese, replicando la domanda posta da Narcissa.
La ragazza le sorrise e poi fissò lo sguardo sulla ciotola in pietra al centro del tavolino rotondo che si trovava accanto a lei.
- Sei una veggente, dovresti saperlo!- l’altra ricambiò il sorriso e si sedette sulla poltrona di fronte alla sua amica.
- Vediamo cosa mi dice la mia sfera…- sussurrò con aria molto mistica.
Beb alzò gli occhi al cielo - I nostri sciamani userebbero la tua sfera con una fionda per abbattere qualche volatile e leggere i segni nelle sue viscere!-
Kerenza rise e guardò la ragazza con affetto.
- E’ per questo che so che mi mancherai…- mormorò e si guardarono senza più sorridere.
- Anche tu mi mancherai - le disse Beb - e ora lascia perdere quella stupida sfera e usa la piramide o usa le foglie del tè o quello che vuoi ma, te ne prego, dimmi che sarò molto felice! Io lo so, so che è la cosa giusta da fare ma, in questo momento, ho un ultimo barlume di pentimento!-
- E questo barlume ha a che vedere con la tua gelida amica dai modi supponenti e dall’umore tempestoso?-
- Non proprio - Beb sorrise tristemente - ha a che vedere con me! Vorrei avere più tempo...ma non è da me piangere su me stessa o rimpiangere le mie scelte! -
- Lo so, per questo ti stimo moltissimo! Siamo diverse noi due e io vorrei essere come te, con la tua forza e la tua determinazione!- Kerenza perse il sorriso per un secondo.
- Ma tu lo sei!- esclamò Bebhinn con calore -Solo che, alcune volte, ci sono persone che tengono un cuore che non appartiene loro tra le mani e, invece di proteggerlo, stringono forte credendo di averle vuote…-
Si guardarono accennando ad un piccolo sorriso.
- Allora beviamoci un buon tè e vediamo cosa dicono le foglie- Kerenza guardò una piccola clessidra a tre punte che teneva appoggiata al tavolino - e facciamo in fretta che la tua amica non aspetterà oltre il tempo pattuito!- sorrise tra sé e sé e poi versò l’acqua bollente in due tazze.


Narcissa non aveva voglia di inoltrarsi verso il centro di Hogsmeade e si limitò a camminare lungo i margini del bosco, cercando di dominare il cattivo umore che le solleticava i nervi e le rendeva gli occhi scuri e brillanti.
All’improvviso vide una pianta di cardo in piena fioritura e si fermò: non era ancora inverno ma la pianta era già pronta per essere raccolta. Estrasse un coltello a serramanico, che teneva nella tasca del mantello e che usava spesso per erbologia, e si impegnò a tranciare il gambo della pianta.
Severus la usava per una pozione molto particolare che stava sperimentando e Madama Chips, con la quale Cissy aveva instaurato un singolare rapporto fin da quando la sua amica Ruby era rimasta in infermeria per giorni, prima di essere ritirata da scuola da sua madre**,   aspettava con ansia che fiorisse perché la usava per un decotto utile al Professor Slughorn.
La ragazza vide che in una piccola radura più defilata i cardi erano cresciuti abbondantemente e vi si inoltrò per raccoglierne altri.
Nonostante l’aria fresca decise di togliersi il mantello e lo adagiò per terra per posarvi le piante spinose, poi proseguì a tagliarle con cura e attenzione, cercando di non ferirsi le mani.
- Così farai felice due persone, mio caro Guardian Thistle***- mormorò e si perse qualche minuto in quel lavoro certosino senza accorgersi del tempo che passava.
All’improvviso un lieve fruscìo la riportò alla realtà e lei si voltò, percependo una presenza alle sue spalle.
Ciò che vide le procurò un brivido gelido lungo la schiena.
Una volpe stava a pochi passi da lei e la fissava con i suoi occhi allungati e ambrati, muovendo lentamente la coda.
Lei poté solo immaginare che fosse una volpe, in realtà, perché la bestia era grande almeno il triplo di un esemplare della sua specie ed era molto diversa dalla comune volpe rossa che, di solito, si aggirava per i boschi della Gran Bretagna.
Aveva un manto chiaro, giallo e grigio, un muso rotondo molto meno affilato delle sue cugine fulve che, in quel momento, era distorto in un ringhio minaccioso.
Narcissa era certa di aver visto questa specie in qualcuno dei libri che aveva letto a casa sua ma quello che la colpì furono lo sguardo fisso su di lei ,molto attento e consapevole, e l’aria aggressiva.
“Sarà malata? Forse ha la rabbia...” si chiese, in ogni caso si rese conto che la sua bacchetta era infilata sul retro della cintura, mentre il coltello era appoggiato per terra a pochi centimetri dalla sua mano.
La volpe era a pochi passi e ogni movimento avrebbe potuto scatenare una reazione da parte dell’animale.
“Dovevo restarmene al Castello!” si disse, mordendosi le labbra.
La volpe non l’abbandonava con lo sguardo e si sporse verso di lei, annusando l’aria.
“Non ha paura, mi aggredirà!” realizzò Cissy e si chiese quale movimento fosse più rapido: allungarsi per raccogliere il coltello o sfilare la bacchetta da dietro.
Decise per la bacchetta, valeva la pena tentare perché le dava più potere e perché colpire un essere vivente con un’arma non era una cosa semplice e naturale, non per lei.
Espirò lentamente e, come se qualcuno avesse dato un segnale, lei e l’animale si mossero contemporaneamente, la ragazza capì in quella frazione di secondo che non ce l’avrebbe mai fatta e che la bestia mirava direttamente alla testa, si voltò per proteggersi il viso e si lanciò di fianco, sperando di evitare almeno il primo attacco.
La bestia girò il muso all’ultimo secondo e le azzannò lo chignon con i suoi denti innaturalmente affilati, addentando anche il prezioso fermaglio d’argento. Gli spilloni appuntiti ferirono la volpe graffiandole la bocca e l’animale tirò forte per liberarsi, tranciandole la coda di capelli di netto come una cesoia che taglia il ramo di cespuglio, accecato dalla sofferenza.
Narcissa urlò e, con le lacrime agli occhi per il dolore, riuscì ad estrarre la bacchetta ma la volpe, nonostante la ferita, le si avventò nuovamente contro con una rapidità sorprendente e le azzannò il braccio scuotendo la testa e riducendole in brandelli la manica dell’abito.
Cissy sentì i denti infilarsi nella sua carne, un lampo le attraversò gli occhi per il male che provò e la bacchetta le sfuggì dalla mano, con la mano libera afferrò i cardi li vicino e, ignorando le punture sulle dita, li strofinò sul muso della volpe che mollò nuovamente la presa e scartò di lato rigirandosi e sbavando, pronta a colpire ancora.
Narcissa raccolse la bacchetta e alla cieca la puntò sulla bestia cercando di schiantarla ma la colpì solo di striscio, facendola arretrare di qualche metro senza riuscire a farle perdere i sensi.
Quando vide l’animale ritornare alla carica riuscì solo a pensare confusamente che era la fine, poi qualcuno la colpì con forza togliendola dalla traiettoria della volpe e lei vide solo un mantello nero sventolare e la bestia volare lontano.
“Severus!” ma il ringhio che udì lacerare l’aria la spinse a rimettersi in piedi e recuperare, questa volta, il coltello.
- Stai indietro!- le intimò il ragazzo senza nemmeno alzare la voce e lei vide che stava fissando un punto preciso nella boscaglia davanti a loro - non so cosa sia questo essere ma non è normale…- aggiunse poi, con voce più bassa.
Lei stava per rispondere quando, con orrore, vide sopraggiungere Beb, che portava tra le braccia il suo cappotto arancione e un cesto ed era del tutto ignara di ciò che stava accadendo, un rumore improvviso e lo schianto di rami spezzati con violenza avvertì i due ragazzi che la bestia si era lanciata verso l’altra ragazza.
- Beb, attenta!- - Naghib!- Narcissa e Severus urlarono contemporaneamente e lui agitò la bacchetta con un fendente deciso che tagliò l’aria ma mancò di un soffio la volpe che, un secondo dopo, era già addosso a Bebhinn e l’azzannò alla spalla graffiandole brutalmente anche la schiena.
La ragazza urlò e cadde a terra, Severus rigirò al volo la bacchetta e la impugnò come se fosse un punteruolo da ghiaccio e fendette l’aria con un gesto rapido e violento e, questa volta, non mancò il bersaglio e la volpe venne sbalzata lontano dalla namibiana che rimase a terra esanime.
Cissy e Severus scattarono verso di lei raggiungendola e chinandosi per controllare  come stava.
Lui imprecò a voce bassa e strappò l’abito di Beb per scoprire la ferita: i graffi sulla schiena era profondi ed estesi e il morso sulla spalla le aveva reso la pelle livida.
Narcissa emise un singulto d’orrore.
Severus posizionò la sua bacchetta a pochi centimetri dalla pelle della ragazza, tenendola con entrambe le mani alle due estremità, prese a muoverla lentamente risalendo lungo la schiena di Beb ed iniziò a sussurrare un incantesimo che assomigliava ad una canzone ed era ipnotica.
Lui era concentratissimo, il volto contatto per lo sforzo e la ferita iniziò lentamente a guarire e smettere di sanguinare, la pelle si fece meno livida anche sul morso che le deturpava la spalla.
Narcissa non osava respirare, dimentica del dolore al braccio destro e dei graffi che pungevano e bruciavano la mano sinistra che ancora impugnava il coltello di erbologia.
Si allontanò di un passo per permettere a Severus di agire con più libertà e poi la sentì, era di nuovo la volpe.
“Non è possibile!” pensò incredula e si voltò, dando le spalle agli altri due ragazzi,  cercando di individuare nei bassi cespugli dove si trovasse l’animale.
Impugnò meglio il coltello sperando che la mano avesse sufficientemente forza e all’improvviso la bestia spuntò, spiccando un balzo verso di lei ma Narcissa fu pronta: difendendosi il viso con la mano armata di pugnale lasciò che l’animale ci si trafiggesse da solo, poté sentire la lama affondare nella pelliccia, nella carne, lacerare la vena principale e la trachea, strato dopo strato.
Istintivamente Cissy chiuse gli occhi e la bocca, sentì l’alito della volpe colpirle le narici e un fiotto di sangue caldo le inondò la mano, il volto e i capelli, poi la bestia stramazzò al suolo senza vita.
Con mano tremante lasciò cadere il coltello e si chinò sull’animale per accertarsi che fosse davvero morto, poi si rialzò e si voltò verso Severus e Beb.
Il ragazzo aveva finito, era in ginocchio con la bacchetta in grembo, il volto esausto e la guardava con occhi insolitamente accesi ed animati, la ragazza era ancora per terra, distesa sulla pancia con la schiena denudata e del tutto priva di ferite.
Aveva gli occhi aperti e annebbiati ma sembrava star bene.
- Non...non è la stessa volpe di prima...non è quella che mi ha aggredito…- Narcissa indicò con un gesto la bestia morta accanto ai suoi piedi: era una comune volpe rossa.
Severus assentì con la testa e poi si rivolse a Beb - Come ti senti? Riesci ad alzarti?- le chiese con un tono piatto ma gentile.
- Se volevi vedermi nuda non avevi che da chiedere…- mormorò la ragazza, senza avere la forza di sollevare la testa - non serviva tutta questa messa in scena…-
Lui fece una smorfia ma il viso dalla pelle olivastra si soffuse di rossore, Cissy cercò di ridere ma l’odore ferroso del sangue che aveva addosso le provocò un conato di vomito e dovette allontanarsi di qualche passo per liberarsi lo stomaco.


Quando Kerenza se li ritrovò sulla porta di casa represse un grido e li fece entrare adoperandosi per aiutarli.
Severus era sfinito ma sano, osservava con profondo interesse ogni singolo angolo della stanza e ogni oggetto che faceva mostra di sé sul muro.  Beb indossava il cappotto per coprire l’abito lacerato e, a parte il volto più tirato, non aveva ferite visibili.
Kerenza le porse un bicchiere fumante di decotto all’ortica per aiutarla a riprendersi dopo la copiosa emorragia che aveva subìto.
Poi tutti e tre si voltarono verso Narcissa.
- Sei impagabile!- esclamò Beb, non riuscendo più a trattenersi e scoppiò a ridere di gusto.
Severus arricciò le labbra in un sorrisetto e Kerenza sorrise discretamente sotto i baffi.
La ragazza accolse con rassegnazione quell’ilarità generale perché poteva immaginare il suo stato e quindi non si risentì più di tanto, anche se il suo amor proprio urlava vendetta.
I lunghi capelli stretti in uno chignon le erano stati tagliati come un rasoio dalle fauci della prima volpe che l’aveva aggredita e ora scendevano liberi senza arrivare alle spalle, in un caschetto disordinato con qualche ciocca più lunga sul davanti. Non erano più biondi ma aveva un colore rosato a causa del sangue rappreso.
L’abito di lana azzurro, ormai ricoperto di sangue e terra, era semi distrutto, mancava del tutto la manica destra e le lasciava scoperta la pelle fino alla spalla e anche a ridosso del seno.
Il braccio era tutto graffiato e aveva anche i segni dei denti, la mano sinistra era gonfia e rossa a causa dei cardi.
- Te l’avevo detto che preferivo restare ad Hogwarts…- sussurrò Narcissa, con gli occhi socchiusi e la bocca stretta.
Kerenza le si avvicinò e la invitò a sedersi mentre armeggiava con delle pietre e dei cristalli, ne scelse uno scuro e prese a strofinarlo lungo il braccio della ragazza con gesti lenti e controllati.
- E’ Tormalina nera - le spiegò la donna mentre compiva quei movimenti - è una pietra che ti si addice in tutto e per tutto…- sussurrò la veggente.
Cissy sentì ogni singola ferita bruciare in modo intollerabile e si lasciò scappare un gemito soffocato ma si morse le labbra per non lamentarsi.
“Tormalina nera, eh? Farò una ricerca…” pensò mentre sentiva il braccio in fiamme.
Kerenza la fissò intensamente per un momento e poi seguitò a curarla, il braccio non era rotto e la pelle si era risanata quindi si concentrò sulla mano, la prese con delicatezza e le mise sul palmo una specie di fango nero che diede subito sollievo al bruciore dei graffi e al prurito.
- Sei stata fortunata, sembra quasi che la volpe si sia trattenuta - le disse mentre studiava anche i graffi sul cuoio capelluto - dal segno dei denti che ho visto, se avesse voluto, avrebbe potuto tranciarti di netto il braccio e anche la testa, altro che i capelli!-
- Erano due - intervenne Severus con voce calma - la prima che ho scacciato era grande quanto un lupo e aveva un manto particolare. La seconda, che ha aggredito Naghib e che Narcissa ha ucciso, era una comune volpe fulva, solo che sembrava indemoniata-
- Vulpes ferrilata…- la voce di Narcissa fece voltare gli altri tre - la prima, quella grande, era una Vulpes ferrilata -
- E tu come lo sai?!- le chiese Beb, parlando per tutti.
Cissy fece un piccolo sorriso - Tanto tempo da occupare, tanti libri da leggere- evitò di dire “tanta solitudine da colmare” - Ho sempre avuto una passione per gli animali selvatici...è una volpe che vive in Asia, sono inconfondibili e di solito sono molto piccole...- lei e Severus si fissarono per qualche istante.
- Era manovrata: non si muoveva come un animale selvatico, le volpi sono timide non aggressive, se sono malate agiscono senza lucidità e per ingrandirla basta un Engorgio- il ragionamento calzava - oppure  era un Animagus - aggiunse lui e sembrava avere già la sua risposta.
- In teoria dovrei denunciare il fatto al Capocasa, in fondo siamo stati aggrediti e Beb si è salvata solo perché c’era Severus - Narcissa non amava l’idea di mettere in mezzo i professori, per quanto il suo senso del dovere fosse alto le sembrava che ogni singolo evento negativo fosse collegato a qualcosa di troppo grande, così come ogni incubo, ogni sventura e ogni dolore. Capì che nemmeno gli altri due ragazzi volevano coinvolgere gli insegnati.
- Sarebbe da capire perché un Animagus vi abbia aggredito in quel modo…- disse Kerenza e poi lanciò una lunga occhiata a Narcissa - non puoi ritornare a Scuola conciata così- gli occhi le si posarono sulla tenda che separava la stanza principale da quella che doveva essere la camera da letto ed esitò un po’.
- Voi due uscite - disse poi rivolta a Severus e Beb - così potrà cambiarsi -
I due ragazzi non ebbero nulla da dire e uscirono all’aperto, mentre Kerenza sparì dietro la tenda e ritornò con uno dei suoi abiti- è un po’ vecchio ma dovrebbe andar bene. Puoi ripararti qui dietro - e aprì un paravento.
- Grazie - le disse Narcissa ingoiando il proprio orgoglio- per tutto. Non capisco come mai ti prendi tanto disturbo per me, specie dopo la scortesia che ti ho usato appena conosciute. In ogni caso, grazie -
- Delle volte è inutile farsi tante domande - Kerenza la bloccò con un gesto della mano - anche se io potrei essere la persona più adatta a darti delle risposte! - le sorrise e la spinse gentilmente dietro il paravento - Dopo ti sistemerò i capelli -
Quando Narcissa uscì indossando quell’abito scuro così particolare la donna le rivolse un altro sorriso.
- Ora siediti su quello sgabello, mettiti a testa in giù e lascia fare a me - le disse  e Cissy non obiettò.
Kerenza le sciacquò abbondantemente i capelli con acqua tiepida, lavanda, aceto e semi di lino e poi glieli frizionò con un telo pulito.
I capelli ritornarono biondi e puliti.
- E per il taglio?- chiese Narcissa prendendo coscienza che i suoi lunghi capelli non c’erano più.
- Vedo quello che posso fare, intanto faccio rientrare i ragazzi prima che prendano freddo - le disse la donna con gentilezza.
Quando Narcissa lasciò la casa di Kerenza, insieme a Beb e Severus, lo fece con una nuova acconciatura e un abito che, lei lo sapeva bene, era tipico della Cornovaglia.
I capelli erano più lunghi davanti e le incorniciavano il volto, mentre dietro erano più corti e scalati.
Si sentiva più vulnerabile e meno femminile ma anche più leggera e, come sempre, accantonò in un angolo i sentimenti negativi “Detterò una nuova moda!” pensò con una smorfietta “ e ricresceranno…” si consolò, trovando il lato positivo nel fatto che né Lucius né Bella l’avrebbero vista con i capelli corti.
- Adesso me lo dici cosa sono quell’incantesimo che hai sfoderato contro la volpe e quel contro- incantesimo con cui hai curato Beb?- esclamò rivolta a Severus.
- Diciamo che è una cosetta...preventiva…- le disse lui sorridendo e studiando per un attimo il nuovo taglio di Narcissa - devo ancora perfezionarlo, ci vuole molta potenza ma, se usato a dovere, spazza via i nemici…poi però si deve anche rimediare!-
- Significa che presto avrò un cugino in meno e la Scuola perderà un giocatore di Quidditch?- gli chiese con malizia provando, come sempre, un impeto di ammirazione per la sua abilità.
- L’intento sarebbe quello…- le rispose lui sornione, guardando diritto davanti a sé.
Beb continuò a camminare al loro fianco in silenzio.
Kerenza osservò i ragazzi allontanarsi, il viso di Narcissa era rivolto verso Severus con un caldo sorriso sulle labbra e gli occhi grigi della ragazza scintillavano.
“Ti sei scelto una strada davvero difficile, Lucius…” pensò la donna, con un’espressione molto seria sul viso.
- Allora, i giovani virgulti se ne sono finalmente andati?-
Una voce alle sue spalle le fece voltare e lei cercò di rientrare nella capanna, provando a spingervi anche l’uomo che era sbucato dalla tenda nera che fungeva da ingresso.
- Vuoi mettermi nei guai?! Rientra subito, lo sai che non è il caso che qualcuno ti veda!- lo rimproverò, accigliandosi.
Il giovane uomo alzò le mani e poi scosse la testa dai lunghi e incolti capelli castani, il suo bel volto era sorridente e gli occhi nocciola brillavano e gli davano un’aria da monello.
- Lu-Lu è troppo ansioso…- disse l’ospite, poi gettò un’ultima occhiata a Narcissa che si allontanava con i corti capelli mossi dal vento -...o forse no…- e quindi rientrò in casa con Kerenza.

 

Fine quarantesettesimo capitolo

 

* Ovviamente Kerenza conosce Narcissa grazie a ciò che ha visto nella mente di Lucius.

**Nei primi capitoli della storia: Ruby aveva continui malesseri peggiorati dopo aver assistito alla maledizione gettata da sua madre sui Black.

***E’ il nome dato al cardo in Scozia, della quale è un simbolo. Secondo la leggenda gli invasori Vichinghi furono sconfitti grazie a questa pianta che punse il piede di uno di loro mentre cercava di aggredire nel sonno i guerrieri scozzesi, facendolo urlare di dolore e, quindi, allertandoli e permettendo loro di scacciare il nemico.

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Capitolo 48
*** Kwaheri rafiki ***


Grazie a tutte le persone che leggono questa ff e, come sempre, grazie a miss Gold_394 per aver commentato! A presto ^_^


“Un gelido destino”


(Kwaheri rafiki)*

 

Quarantottesimo capitolo


Dell’attacco al villaggio di Ottery St. Catchpole, Evan non ricordava molto. Conservava immagini piuttosto confuse e poco nitide, sequenze disordinate di sensazioni, voci, odori e tanto, tanto dolore.
A casa Smith si era ripreso quel che bastava per capire dove fosse e per tenere sotto controllo l’Oscuro Signore nella speranza che non cercasse di sondargli la mente: non sarebbe riuscito a bloccarlo nemmeno morendo nello sforzo.
Ricordava lo sguardo di Bella fisso su Lord Voldemort, uno sguardo sognante e fervido, colmo di amore e devozione. Uno sguardo che a lui non aveva mai rivolto.
Era consapevole di cosa tenesse in piedi il rapporto che aveva con Bellatrix ma vederla in adorazione per un altro uomo non gli aveva fatto bene, anche se quell’uomo era il più potente mago del Mondo.
Lucius era venuto in suo soccorso e lo aveva portato da Kerenza, l’unica persona vivente che sapesse prendersi cura di lui, l’unica donna che gli portasse un affetto sincero e disinteressato.
La riabilitazione era stata lunga e la sua amica aveva impiegato tempo ed energie per rimetterlo in piedi, tutto era stato reso più difficile dal fatto che il Marchio Nero aveva bruciato quasi ogni giorno e lui aveva dovuto presentarsi al cospetto del Signore Oscuro insieme agli altri, senza mostrare segni di sofferenza e cercando di nascondere il fatto che la mano destra non gli funzionava più a dovere e le gambe lo reggevano per miracolo.
Smaterializzarsi continuamente aveva solo peggiorato le cose, Kerenza si era infuriata ogni volta e si era arrabbiata con lui costantemente ma Evan sapeva che non presentarsi quando Lord Voldemort chiamava significava staccare un biglietto di sola andata per l’Inferno.
Lucius gli aveva fatto visita ogni volta che aveva potuto e aveva sempre cercato di coprirlo aiutandolo a mascherare il suo stato precario. Bellatrix l’aveva ignorato, non l’aveva cercato, non aveva chiesto di lui.
Non aveva bisogno di altre conferme ma nulla di ciò che quella donna faceva o diceva riusciva a spegnere il fuoco che sentiva bruciargli dentro ogni qual volta pensava a lei: l’amava e la desiderava e questa era l’unica cosa che lui sapeva con certezza.
Dopo quasi nove settimane era ancora a casa di Kerenza, il sabato sapeva di doversi nascondere nella stanza da letto di lei e rimanervi rinchiuso perché, quasi sempre, vi era un via vai di studentesse di Hogwarts. Quel sabato in particolare la donna gli aveva chiesto di rimanere assolutamente nascosto in quanto avrebbe avuto un’unica visita: una sua cara amica.
Grande era stata la sorpresa di Evan quando, ad un certo punto della giornata, aveva visto arrivare Narcissa, ridotta in stati pietosi, insieme a una ragazza e insieme a Severus Snape.
Aveva incontrato quell’inquietante ragazzo solo un paio di volte e, suo malgrado, ne era rimasto impressionato.
Lui si era sempre considerato un Occlumante eccezionale ma quel Snape sapeva sigillare la propria mente talmente bene che i suoi occhi scuri risultavano privi di luce, come ad indicare la chiusura totale, ed erano due barriere invalicabili.
A Evan non importava nulla di quel ragazzino ossuto ma Bella lo odiava e lo aveva tediato con questo risentimento ogni volta che aveva potuto, specie dopo che avevano avuto la certezza che Severus, prima o poi, sarebbe stato marchiato e quindi condotto davanti al Signore Oscuro.
Sbirciando dalla tenda aveva colto qualcosa e aveva visto che Narcissa era molto in confidenza con quel ragazzino, le sue difese si abbassavano davanti a lui e il viso si distendeva.
Non ricordava di averla mai vista così, prima.
Ogni qual volta l’aveva veduta in compagnia di Lucius lei era sulla difensiva, si rinchiudeva in una specie di cilindro protettivo che le oscurava occhi, orecchie e tutto il resto.
“Perché sei un idiota, Lu-Lu!” aveva pensato Evan, osservando di nascosto Narcissa che lasciava gli altri prenderla bonariamente in giro per i capelli tagliati e l’abito distrutto.
Dopo che la ragazza e i suoi amici se ne andarono lui rientrò in casa con Kerenza, fonti certe gli avevano detto che lui e Bellatrix erano stati riconosciuti durante l’attacco del ventisei agosto e Evan doveva evitare di farsi vedere in giro.
La donna era stata aiutata a crearsi un alibi dai Lestrange, che l’avevano sostenuta in tutto e per tutto, ma lui non aveva nessuno su cui contare.
Non voleva coinvolgere Kerenza ed era impensabile che Lucius si esponesse in prima persona.
- Ecco, mi farai la cortesia di non uscire mai più in pieno giorno!- Kerry lo fissò con i suoi begli occhi castani combattivi e lucenti.
Era molto bella e lui l’adorava perché aveva cuore, era intelligente ed era incredibilmente simile a Gwen, la madre di Lucius.
Non poteva negare di trovarla desiderabile ed attraente e quando la guardava rammentava fin troppo bene i momenti di passione che avevano vissuto qualche anno prima.
Ma rammentava anche cosa li avesse spinti l’uno nelle braccia dell’altra, così come sapeva cosa li aveva allontanati.
- Domani me andrò - le disse, con gli occhi decisi ma l’espressione serena.
Kerenza lo fissò stupita, subito preoccupata e in ansia.
- Ma dove pensi di andare? E’ troppo pericoloso e tu sei ancora convalescente!-
Lui le sorrise con calore, era da lei volersi prendere cura di tutti, l’idea di lasciare il conforto della sua presenza e il calore del cottage di Kerenza non gli sorrideva affatto. In effetti Evan non si sentiva ancora bene, appena in quegli ultimi giorni stava finalmente recuperando un po’ di peso ed energie ma sapeva che doveva andarsene.
- Tranquilla, troverò un posto e non posso continuare a metterti in pericolo. Questa calma non durerà per sempre…-
Si guardarono negli occhi e Kerenza andò a sistemare le pietre che aveva preso per curare Narcissa.
- Stai tranquilla - le disse lui con voce calda e gentile - Lucius ha nove vite come i gatti, è un grandissimo bastardo furbo e scaltro, riesce sempre a venirne fuori pulito e profumato come se avesse appena fatto un bagno caldo-
Le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle.
- Nonostante questo Lu-Lu è proprio tonto…- le sussurrò all’orecchio - si atteggia a grande amatore ma non capisce nulla delle donne…-
Kerenza si voltò con gli occhi fiammeggianti.
- E tu credi di capire davvero qualcosa? Credi di aver compreso l’animo della tua donna?! Senza pensare che non è nemmeno tua!-
Evan mantenne il sorriso - Bella non ha segreti per me, la vedo esattamente per quella che è. Semplicemente la amo nonostante tutto…- il sorriso si spense - e questo vale per tutti: si ama senza un vero perché, si continua ad amare contro ogni evidenza. Vale per me, vale per Lucius e vale soprattutto per te, Kerry!-
Lei si allontanò da lui tormentandosi la cintura del vestito con una mano.
- Non ho ancora compreso perché tu non abbia mai detto a Lucius quanto lo ami…- le disse il ragazzo allungando una mano e accarezzandole i capelli.
- A che servirebbe?- Kerenza non si voltò - io e lui siamo parenti…-
Evan rise di cuore - Andiamo! Tu e Gwen eravate figlie di due cugine di secondo grado, il vostro sangue è persino più annacquato di quello che lega me a Druella Rosier! Sei tu che ti sei sempre atteggiata alla “zia matura” per mascherare i tuoi sentimenti per lui, hai fatto di tutto perché lui ti vedesse come la vecchia che non sei!-
- Ho ventisei anni, sono vecchia!- si inalberò lei voltandosi e guardandolo negli occhi - Lui deve ancora compierne ventuno, ci siamo conosciuti che era poco più di un bambino...sarebbe immorale! Lui conta su di me, dicendogli egoisticamente quello che provo lo metterei nella condizione di non poter più chiedere il mio aiuto!- la voce di Kerenza era piena di angoscia - E poi  sarebbe un gesto del tutto inutile,  lui non mi ama, non come un uomo ama una donna e su questo non vi sono dubbi…-
Evan sospirò, facendo una smorfia.
- Ho solo due anni più di lui, come me non era immorale?- il tono era fintamente scandalizzato - lo sai perché non lo era? Perché io ti sono praticamente saltato addosso, ne avevo bisogno e ne avevi bisogno anche tu!-
Kerenza arrossì -Infatti non sarebbe dovuto accadere!-
- E invece si! E’ questo il punto, si vive una sola volta: vuoi qualcosa? prenditela!- Evan aveva un tono appassionato - Se Lucius ti prendesse tra le braccia e cominciasse a baciarti come un disperato pensi che riusciresti a respingerlo? Credi che lo troveresti immorale? No!- strinse i pugni nella foga.
La donna sembrò per un attimo avere un cedimento, solo l’idea di Lucius che la trattava come una donna e che la desiderava riusciva ad aprire nella sua mente una breccia su un desiderio fulgido e seducente.
- Smettila...non accadrà mai!- mormorò debolmente.
- La prossima volta che viene a trovarti - le disse Evan, avvicinandosi e portando il volto all’altezza di quello di lei - fatti trovare nuda…-
Lei si allontanò di nuovo come se lui l’avesse punta - Evan!- gli disse, indignata.
Lui le sorrise - Ti assicuro che sarebbe un modo veloce per fargli comprendere che sei una donna, che lo desideri e per spingerlo a correre da te ogni qual volta ne abbia...bisogno!- le strizzò l’occhio e lei arrossì più intensamente.
- Smettila! Lui non è come te!- Kerenza lo sfidò con lo sguardo.
- Oh, lo è eccome! E’ un uomo, siamo tutti uguali - Evan la guardò  accarezzandola con gli occhi - sei bellissima, gli faresti perdere la testa…-
- Con te non ha funzionato!- gli disse lei, sospirando - e poi io so, so che non mi ama né mi amerà mai, perché io ho visto! Ho visto il suo cuore e la sua mente-
- Non ha funzionato e tu non avresti voluto che funzionasse - Evan era molto serio - ci siamo consolati a vicenda, io e te. E’ stato un momento in cui abbiamo messo da parte noi stessi o, forse, è stato l’unico momento in cui ci siamo presi quello che volevamo. Entrambi sappiamo cosa voglia dire amare senza essere ricambiati e poi- lui le sorrise seducente - il tuo corpo è la medicina migliore che io abbia mai avuto la fortuna di prendere…- lei distolse lo sguardo e lui le sorrise con più decisione - ...e adoro il fatto che, nonostante io sappia quanto tu possa essere sensuale ed appassionata, tu sia così pudica e timida -
Kerenza rispose al suo sorriso - Quello che è accaduto tra di noi è stato giusto in quel momento, ed è stato bello anche per me. Ma io non dirò mai nulla dei miei sentimenti a Lucius, non serve, lui è convinto che io ami te e va bene così...e, in un certo senso, ha ragione - si guardarono con affetto - Sei sicuro di voler andare via domani?-
- Si - Evan sospirò - non posso nascondermi qui in eterno e non me lo perdonerei mai se venissi coinvolta. Dico sul serio, inoltre potrei avere ancora bisogno di te in futuro-
- Devi smetterla di avvelenare il tuo corpo con l’alcool!- lo rimproverò lei - potresti, per una volta in vita tua, lasciare che io guardi la tua strada, il tuo percorso...magari potrei consigliarti!-
- Non ho bisogno della tua palla di cristallo per sapere che morirò giovane di una morte orribile…- Evan fece spallucce - Dammi retta, io so cosa consigliarti e senza essere un veggente: la prossima volta fatti trovare seduta su quella poltrona ma senza vestiti addosso! Posso predirti con sicurezza che Lucius apprezzerà, si strapperà di dosso i suoi costosi vestiti di seta, ti si avventerà addosso e poi...!- si interruppe e scoppiò a ridere di gusto vedendo l’espressione sconvolta e turbata di lei.
- Non conta solo quello…- Kerenza si rabbuiò.
- Forse! Magari conta anche altro ma quello, ti supplico di credermi, conta moltissimo! - lui sembrò improvvisamente stanco - perdonami, andrò a riposare. Non so cosa tu abbia visto nel cuore di Lucius e non so quanto questo possa consolarti ma fidati: Narcissa è un tesoro di ragazza…-
- Non mi consola - la donna fece una smorfietta - ho ancora delle riserve, vedremo!-
Evan andò a sdraiarsi, chiedendosi dove diamine avrebbe potuto rifugiarsi l’indomani.
“Non ho un posto dove andare e, per quanto io sia adulto, tutta questa incertezza mi spaventa, così come mi spaventava da bambino...solo che non c’è più Gwen Arundel a rassicurarmi…” chiuse gli occhi e si addormentò, ancora esausto nel corpo e nella mente.
Kerenza prese ad aggirarsi per la stanza, inquieta.
“Perchè due degli uomini più importanti della mia vita devono essere così assurdamente desiderosi di farsi del male?!”, accese una candela e iniziò a pregare.


Narcissa, Beb e Severus si stavano avvicinando al Castello, il sole stava tramontando e loro accelerarono il passo, quando si trovarono a ridosso della Scuola il ragazzo si voltò verso le due ragazze.
- Io vi lascio qui, non è proprio il caso che rientriamo insieme!-
Lo fissarono stupite.
- Non credo che il fatto che Narcissa rientri da Hogsmeade con un nuovo taglio di capelli e con un vestito così suggestivo e diverso da quello che indossava all’andata passerà inosservato - mormorò lui con voce tranquilla - e dubito che il varcare la soglia insieme a me possa giovarle…-
- Credi che mi importi delle chiacchiere di quattro scemi sanguesporco o babbanofili dei miei stivali?- si inalberò Narcissa, sinceramente stupita.
Lui le rivolse un sorriso - No, sono certo che non ti importi...ma non sono solo quattro, sono molti di più e, spesso, le chiacchiere sono come le valanghe in montagna: si ingigantiscono passo dopo passo e diventano incontrollabili, finché non travolgono tutto e tutti -
- Non ha tutti i torti- Beb parlò per la prima volta da diversi minuti - quella Skeeter ti ronza attorno e cerca di parlare con chiunque ti conosca anche solo di vista, non è una che molla…-
- Non ha senso offrire delle armi a chi non aspetta altro che colpirti, credimi - Severus non abbandonava il volto di Cissy con lo sguardo, era un ragazzo sfuggente ed enigmatico ma non rifuggeva mai il contatto visivo - delle volte essere scaltri ha più peso che essere inflessibili! -
Narcissa lo fissò per qualche istante, si sentiva molto frustrata perché l’idea che anche i compagni di scuola potessero influenzare la sua vita le provocava l’insano istinto di impugnare la bacchetta e andare a scagliare qualche schiantesimo in giro per Hogwarts.
“Quando sarò padrona della mia vita?” si chiese cupamente.
- Certo, naturalmente hai ragione tu! - gli sorrise con uno sforzo, nemmeno per lui sarebbe stata una buona pubblicità rientrare insieme a due ragazze che, Narcissa lo sapeva senza inutili vanterie e falsa modestia, erano tra le più popolari della Scuola.
Lui annuì, fece un semplice cenno di saluto e proseguì da solo con il nero mantello, consumato in più punti e dall’aspetto liso e dimesso, agitato dal vento autunnale.
Narcissa lo guardò sparire senza fiato per la frustrazione che provava.
“In certi momenti ho paura di scoppiare, non so come fare per alleggerire la mia mente e questo peso che mi opprime!”.
- E’ proprio una persona forte e saggia - disse Bebhinn, studiando il viso della sua amica - e, onestamente, se n’è andato proprio al momento giusto…-
Cissy si voltò verso di lei, in allerta.
- Ha a che vedere con la domanda che ti ho rivolto mentre andavamo ad Hogsmeade?-
Beb era seria e non rispose per qualche istante.
- Tra pochi giorni lascerò questa Scuola - disse con voce incolore - per sempre…-
Narcissa si era aspettata molte cose, ma non questa e rimase davvero senza parole.
La sua amica sorrise lievemente nel vedere l’espressione del suo viso.
- Tra poche settimane compirò diciassette anni e questo significa che entrerò, a tutti gli effetti, tra gli adulti della mia tribù di origine. Sono la persona che mia nonna ha designato come sua erede e quindi ho il dovere e l’onore di potermi sposare con un Principe da me scelto, come già ebbi modo di dirti anni fa…*-
- Non puoi almeno finire l’anno?- le chiese Narcissa, senza sapere cosa altro dire e conoscendo già la risposta.
- No, è un grande privilegio quello che mi attende ed è una grande nota di merito sposarsi non appena compiuti i diciassette anni...inoltre - e sorrise dolcemente - ci sono le mie cugine e ben due mie sorelle maggiori che aspettano che io mi sposi per poter fare altrettanto. Ho un ruolo e un dovere da rispettare e quindi partirò entro breve -
Le due ragazze si guardarono per qualche istante, ognuna addolorata per l’imminente separazione.
- Tua nonna non poteva scegliere una delle tue vecchie cugine o una delle tue sorelle invidiose per questo ruolo così importante?- Narcissa fece una smorfia di disappunto.
Beb rise - Sei un’adorabile ragazza viziata ed egoista!- continuò a ridere per un po’ - ma mi fa piacere sapere che ti mancherò e, credimi, anche tu mi mancherai molto! Non sarà semplice lasciarti, Furaha Yangu…-
- Si, mi mancherai- ammise Narcissa - sei un’amica preziosa e una persona interessante, mi sentirò molto sola quando te ne andrai ma, se tu sei felice, lo sono anch’io!-
- Sei meno sola di quello che credi, mia stella - la ragazza le sorrise con calore.
- Ho davvero voglia di ubriacarmi!- sbottò Cissy con aria imbronciata.
- Pagherei per vederti senza freni inibitori!- esclamò Bebhinn - e lasciati dire che con i capelli corti sei molto seducente, si vede bene il tuo collo lungo e la bella testolina dritta e altezzosa!-
- Dovrebbe essere un complimento? Sarei una specie di airone snob? Andiamo, con un po’ di fortuna nessuno lo noterà…-
E si avviarono lentamente verso Hogwarts, perdendo l’allegria passo dopo passo.

 

Severus rientrò ad Hogwarts pensieroso come sempre ma insolitamente distratto, era stata una giornata interessante sotto molti punti di vista e aver potuto sperimentare il suo nuovo incantesimo, nonché relativo contro- incantesimo, era stato davvero molto istruttivo.
“Devo intervenire sull’impugnatura della bacchetta…” valutò e infilò la mano in tasca per estrarla ma, un millesimo di secondo dopo, si trovò per terra bloccato, con il peso del corpo sulla mano ancora infilata nel mantello e l’impossibilità di sfoderare la bacchetta.
- Bene, bene...guarda Peter! Un grosso e viscido lumacone che cerca di intrufolarsi a Scuola!-
Quella voce gelò Severus che cercò di sollevare il viso per guardare in faccia il suo assalitore.
Cercò di rialzarsi ma un piede calò sulla sua mano liberà e lo tenne ancora più avvinto al terreno.
- Io lo schiaccerei…- disse la voce ansiosa ma trionfante di Peter Minus e il corpulento ragazzo fece più pressione sulla mano di Severus.
- Minus - lo apostrofò il ragazzo - non avresti nemmeno il coraggio di comparirmi davanti se non ci fosse Black a guardarti le spalle!-
Sirius lo fissò gelido, con il volto disgustato.
- Inutile che fai il gradasso, Mocciosus-  la voce era piena di disprezzo - e se ti becco di nuovo a provare strani incantesimi su James giuro che quella bacchetta tutta consumata e unta te la ficco su per quel nasone e te la faccio sputare...e non dalla bocca, credimi!-
- Perché non mi sfidi a un duello corretto uno contro uno?- lo provocò Severus, cercando di ignorare il male che il peso notevole di Minus gli procurava alla mano sinistra e il dolore che il suo stesso peso gli dava premendo sull’altra mano che gli conficcava, involontariamente, la bacchetta nell’addome.
- Credi che abbia paura?- gli occhi di Sirius si strinsero a fessura - non sarebbe mai uno scontro leale e tu lo sai, sei infido, come tutti i Serpeverde…-
- Anche quel bambolotto di tuo fratello, Black?- la voce di Severus era strozzata dal dolore.
- Tutti...dal primo all’ultimo…- sibilò Sirius ed estrasse la bacchetta - e adesso vediamo se riesco a farti diventare ancora più brutto di quello che sei…-


Madama Chips guardò Narcissa con decisione.
- La mia risposta è sempre la stessa, mia cara!- il tono era pratico e sbrigativo - non puoi visitare il paziente. Appena adesso sta migliorando e finalmente oggi pomeriggio giungerà a maturazione il mio unguento di Pulsatilla e Noce Vomica e quindi potrò guarire definitivamente il ragazzo…-
- Ma è passata una settimana!- protestò la ragazza - volevo solo fargli un saluto…-
Madama Chips strinse le labbra ed esitò un momento, poi fissò Narcissa negli occhi - Cerca di capire e ragiona...quanto pensi possa far piacere ad un ragazzo mostrarsi con il volto in quelle condizioni davanti ad una compagna? Un’amica...una ragazza?-
Narcissa incassò il colpo, mormorò un grazie e se ne andò.
Severus era in infermeria da una settimana esatta, era stato aggredito subito dopo aver lasciato lei e Beb ma non aveva voluto rivelare da chi.
Tutti avevano dei sospetti ma, senza un nome, il colpevole non poteva essere punito.
Narcissa poteva immaginare chi fosse l’aggressore, aveva solo il dubbio se fossero stati tutti e quattro insieme oppure se uno di loro avesse agito singolarmente.
“Dubito che in uno scontro uno a uno l’avrebbero ridotto così male…”
La ragazza si era tormentata per avere quel nome ma nessuno aveva voluto collaborare con i Prefetti, Regulus si era innervosito davanti all’interessamento di sua cugina per quel ragazzo ed era sbottato con un “non capisco perché te la prendi tanto per quel pezzente mezzosangue brutto ed inquietante!”
Per la prima volta i due cugini avevano discusso animatamente sotto gli occhi scrutatori di Beb.
“Voglio quel dannato nome!” pensò con rabbia mentre si avviava verso la Sala comune dei Serpeverde.
Beb era sparita chissà dove, non le aveva ancora detto quando sarebbe partita esattamente e Cissy aveva il sospetto che non intendesse dirglielo, l’idea di passare tutto il sabato dentro la Scuola la turbava, esitò indecisa e poi un’idea le balenò in testa.
Entrò e andò nella sua stanza a prendere un pacco e poi uscì di nuovo, scontrandosi con Rita Skeeter.
- Ohhh Black!- la ragazza le rivolse un sorriso fulgido - cercavo giusto te!-
Narcissa non riuscì a nascondere il proprio fastidio e l’altra strinse un attimo gli occhi con antipatia ma non perse il sorriso.
- Scusa Skeeter, avrei fretta…-
- Suvvia! Come sei schiva - la ragazza la fissò con attenzione - sai, tutti muoiono dalla voglia di sapere come mai hai cambiato look in modo così repentino!-
- Sai, non me ne importa nulla di quello per cui muoiono gli altri…- le rispose Cissy e cercò di passare ma l’altra ragazza era corpulenta e il corridoio stretto e quindi non riuscì a superarla.
- Oh, immagino sia proprio così, credimi, non ho dubbi che degli altri non ti importi niente!- il tono di Rita era leggermente più acido ora - ma di Snape si però, di lui ti preoccupi…-
Narcissa la fissò diritto negli occhi - Ok, sputa il rospo! Tu non mi piaci Skeeter ed io non piaccio a te, non farmi perdere tempo e dimmi quello che muori dalla voglia di dirmi-
Rita gettò la maschera e il volto divenne duro e senza l’ombra di un sorriso - Bene, vedo che sotto quell’apparenza da bambolina di cristallo c’è un carattere di ferro, sei piuttosto tagliente. Io ho i nomi, so chi ha  aggredito il nostro compagno Serpeverde-
- E cosa vuoi per dirmi quei nomi?- andò dritta al punto Narcissa.
- Un’intervista esclusiva con te!- le rispose pronta l’altra ragazza.
- Ti concedo tre domande e nulla che riguardi la sfera sentimentale!- fu altrettanto pronta Cissy.
Rita si morse le labbra con profondo fastidio - D’accordo! Però dovrai rispondere a qualsiasi altra domanda che ti farò!-
- Ok, ora dimmi i nomi - Narcissa non aspettava altro.
- Dopo l’intervista! - ribatté Rita.
- Neanche per idea, io mantengo la mia parola ma voglio quei nomi!-
- Allora facciamo così: ti do i nomi ma mi rilasci l’intervista immediatamente! E voglio una foto da inserirci!-
Narcissa strinse il pacco che aveva in mano con impazienza - Ok, affare fatto!-


Mezz’ora dopo Narcissa stava camminando lungo la strada per Hogsmeade e, dopo un po’, giunse davanti al Cottage di Kerenza, aveva appena incrociato un gruppetto di ragazze ridacchianti che provenivano da li, incrociandola le avevano lanciato qualche sguardo curioso e poi avevano ripreso a chiacchierare allegramente.
Cissy esitò un attimo davanti alla pesante tenda nera che fungeva da ingresso ma questa si aprì da sola e allora lei decise di entrare.
Kerenza stava ravvivando il fuoco nel grande braciere che dominava la stanza e si voltò verso di lei con un piccolo sorriso.
- Ciao! Dovrei dirti che mi aspettavo una tua visita ma invece ammetto che mi hai colto di sorpresa!-
- Ti ho riportato il vestito... - le disse Narcissa, asciutta -...grazie -
Era giunta fin li con tutte le migliori intenzioni, con il desiderio di ricominciare da capo il rapporto con quella donna dopo essere stata imperdonabilmente scortese con lei la settimana prima ma, giunta al dunque, si sentiva bloccata.
Kerenza le sorrise incoraggiante.
- Sei molto gentile ma potevi tenerlo, per me è troppo piccolo ormai! Posso offrirti un té?-
Narcissa annuì e si concentrò sulla stanza, osservando con interesse le grandi corna appese al muro, i monili e le pietre.
Kerry le lanciò un’occhiata di sottecchi ma continuò a trafficare con le foglie del té.
- Allora - disse con tono discorsivo - come ti trovi con i capelli corti? Secondo me ti stanno davvero bene! A Scuola hanno fatto molte chiacchiere?- la invitò a sedersi e poi si sedette di fronte a lei.
- Abbastanza - mormorò Cissy, sorseggiando la sua bevanda e incapace di intavolare un discorso.
Kerenza seguitò ad osservarla con profondo interesse, tutto sommato non riusciva a far combaciare quella ragazza bella ma fredda con l’immagine calda e vivida che aveva visto nella mente di Lucius e, doveva ammetterlo, nemmeno con la persona in grado di coinvolgere in modo così profondo Beb.
“Sei solo una vecchia gelosa, Kerenza!” si rimproverò.
- Sai, visto che ti sei spinta fin qui potrei leggerti le foglie del tè o usare la palla di cristallo...gratis, ovviamente!-
Narcissa si irrigidì e si alzò - Ti ringrazio ma non credo molto nella divinazione. Penso sia ora di andare!-
“Uh, proprio gelida la ragazza!” pensò Kerenza ma dopo un attimo capì che c’era altro.
- Ti chiedo scusa, Beb mi ha detto che non ami molto le veggenti e sento che c’è qualcosa che ti turba molto. Vorrei esserti d’aiuto, davvero! -
Narcissa si voltò verso di lei e la studiò per un secondo.
- Che legame hai con Gwenhwyfar Arundel?- le chiese con un tono più duro di quello che avrebbe voluto.
- Devo dire che sei una persona molto diretta, sei uno strano mix di forza e fragilità…- Kerenza non sorrideva più - io e Gwen eravamo cugine o, meglio, lo erano le nostre madri. C’è altro che vuoi chiedermi? Su qualcun altro?- questa volta un sorriso le piegò gli angoli della bocca.
Narcissa distolse gli occhi, si alzò e si mise a guardare una grande candela verde posta tra le due grandi corna appese al muro, era mezza consumata e portava tracce di antiche rune incise nella cera.
Prima di voltarsi di nuovo voleva che il rossore abbandonasse il suo volto e che il cuore la smettesse di battere veloce in profondità.
Si concentrò sulle rune ma in realtà non vedeva nulla.
Quella donna era una parente di Lucius, solo a quello riusciva a pensare.
Dopo qualche istante andò a sedersi di nuovo davanti alla donna - Vediamo cosa mi sai dire con la tua palla di cristallo!-
Kerenza represse un sorriso più ampio, cominciando finalmente a capirci qualcosa.
- Bene, appoggia la mani ai lati di questa ciotola di pietra e fissa la palla -
Narcissa si concentrò sulla sfera nera che girava incessantemente, volteggiando sulla punta di una piramide di cristallo che galleggiava pigramente nella coppa di azzurrite.
- Dunque, sei una persona molto selettiva nei tuoi affetti - iniziò la veggente - non hai molto interesse per quello che ti accade intorno ma fai tue le sofferenze, le paure e i sentimenti di coloro che ami. Hai un forte istinto materno, è insolito in una ragazza così giovane -
Narcissa l’ascoltava con un’espressione indecifrabile sul volto e Kerenza continuò.
- Vedo molti abbandoni nella tua vita, hai subìto molte perdite - la voce era piatta e priva di espressione - alcune ti hanno segnato profondamente e non sempre hanno implicato la morte della persona cara che hai perduto -
“Andromeda…” pensò Narcissa.
- Vedo un genitore, tua madre immagino, vedo il vuoto emotivo che tuo padre non riesce a riempire…- Kerenza sollevò lo sguardo sulla ragazza con aria lievemente preoccupata - se vuoi mi fermo…-
Cissy studiò il volto della chiromante e vi scorse dei sentimenti autentici e buoni “ O forse, sapendo a chi è legata, vuoi vederci del buono a tutti i costi…” si ammonì.
Fece un piccolo cenno per invitarla a proseguire e la donna si schiarì la voce.
- Vedo che hai un legame troncato con un’altra persona, qualcosa di irrisolto con una figura che potrebbe sembrare un’amica...qualcuno che sembra giovane ma, onestamente, mi confonde perché la sua energia si sovrappone a quella di una persona adulta…-
Narcissa aggrottò le sopracciglia, perplessa.
Kerenza tacque qualche minuto e allora la ragazza si rese conto di una cosa.
- Non guardi nella sfera...tu guardi quella specie di piramide di cristallo!-
La chiromante la fissò stupita e poi sorrise - Ma bene, solo un’altra studentessa aveva notato questa cosa…-
Narcissa capì che parlava di Bebhinn e sorrise sinceramente per la prima volta da quando conosceva la donna.
- La piramide è un Breo- Saighead- le spiegò Kerenza - appartiene alla mia famiglia da secoli, così come il suo gemello, e ne esistono solo questi due esemplari al mondo. Uno dei due è stato rubato molti anni fa…- sospirò piano - in ogni caso è un incredibile strumento di divinazione, ha la peculiarità di possedere quattro facce distinte, ognuna delle quali ha una funzione specifica: una indica il passato, una il presente, una il futuro e una il destino.-
- Ed è più efficace di una palla di cristallo?-  le chiese la ragazza.
- Diciamo che io lo padroneggio meglio ma la palla fa più presa sulle ragazze e sul credo popolare in generale - Kerenza la fece rotolare giù dalla piramide e poi fece volteggiare il Breo sull’acqua, mostrando alla ragazza le quattro facce di cui le aveva parlato - ma ricordati sempre una cosa Narcissa, il destino non si schiarirà mai veramente, resterà nebuloso fino all’ultimo respiro che esaleremo poiché anche un battito di ciglia può vanificare anni di proponimenti o può esaudire una speranza covata  e mai realizzata fin dalla nascita. Anche il futuro resterà bianco finché non diverrà presente e,subito dopo, passato. Diffida da coloro che ti dicono di poterti descrivere esattamente la strada che percorrerai e le scelte che farai, essi mentono!-
Narcissa la fissò stranita per un momento, leggermente confusa.
- Ho incontrato una specie di veggente a Notturn Alley - iniziò a parlare lentamente - e mi ha detto più o meno le stesse cose, parlando di una strada e solo una da seguire per ottenere ciò che desidero e ciò che mi spetta, mi ha ammonito dal lasciarmi fuorviare perché qualsiasi altra scelta mi avrebbe tolto...il mio futuro…- evitò di dire che la misteriosa donna le aveva parlato di un figlio.
- Mh...e come ti ha predetto queste cose?- le chiese Kerenza, molto interessata.
- Toccandomi il polso…- mormorò Narcissa, ripensando alla vivida impressione che le aveva lasciato quella specie di fattucchiera dal volto velato.
La donna ebbe un subitaneo cambiamento di espressione che mascherò velocemente e tossì leggermente per coprire la propria sorpresa.
- Ti dispiace se faccio ciò che ha fatto lei? - le chiese con un piccolo e pallido sorriso - vorrei capire esattamente come ha agito…-
La ragazza era molto restia ma si lasciò convincere e le porse il braccio.
Kerenza glielo prese con delicatezza e prese a tastarle con le dita il polso dalla pelle bianca che lasciava intravedere le vene azzurrine. Passarono dei lunghi istanti in cui la donna non disse nulla e poi iniziò a parlare - Sento dei nodi qui sotto, un vero groviglio...riesco a sentire il flusso del tuo sangue che scorre nelle tue vene e arriva al cuore…- Narcissa si irrigidì impallidendo - avrai un figlio, un maschio, ma bada che se non seguirai la strada che è stata preparata per te lo perderai, perderai quel figlio…-
Narcissa si staccò dalla donna e si alzò, sconvolta.
- Chiunque sia la persona che ti ha detto queste cose, le ha incise a fondo nella tua carne- le disse Kerenza - possiede di certo doti divinatorie notevoli ma, sento di poterti dire, che ti ha studiata molto bene prima di prendere contatto con te -
- Studiata? -
- Si, e molto bene anche! Ti ha osservata e ha compreso quali sono i tuoi desideri e i tuoi tormenti…-
- Tu non hai visto nulla che mi seguisse strisciando?*- le chiese Narcissa con profonda apprensione.
- Qualcosa che ti segue strisciando? - Kerenza le sembrò colpita - no, assolutamente, ho visto solo ciò che questa persona ha impresso sulla tua pelle con il contatto che avete avuto. C’è qualcos’altro? Hai bisogno di parlarne?-
Narcissa si sentiva senza forze e si sedette nuovamente davanti alla chiromante.
- Lascia perdere, quella persona mi ha detto una sacco di cose ed è davvero tardi per me, devo rientrare ad Hogwarts - il suo giovane volto era davvero angosciato e la donna le prese nuovamente la mano ma, questa volta, lo fece per consolarla.
- Lascia che io osservi ancora un momento il Breo per te, non ti ruberò molto tempo - le disse cercando di incoraggiarla.
Seguitò a tenerle la mano e scrutò ancora la piramide, soffermandosi ancora sul passato ma, soprattutto, sul presente.
- Nonostante i numerosi strappi che hai subìto, nonostante un certo “egoismo” che ti spinge a non considerare il mondo nella sua globalità, il tuo cuore possiede un’enorme capacità d’amare. Veramente notevole Narcissa, davvero- la donna le rivolse un sorriso - in questo momento ci sono persone che ami ma che orbitano attorno al tuo cuore, non si allontanano mai ma non si posano su di esso. La persona che ti crea maggiore ansia è una sorella, la ami molto, nonostante la distanza alla quale ti tiene. Ella è una persona oscura e molto negativa - “Bellatrix ovviamente” sospirò Cissy dentro di sé - sappi che questa persona ti ama molto, condividete tanto voi due, ma è prigioniera della sua anima nera...mi dispiace…- sussurrò Kerenza, come rivolta a qualcun altro - e poi gli affetti che ti lacerano in cuore…- e qui la donna si bloccò perdendo il sorriso, sbatté le palpebre e strinse leggermente le labbra - ...sono accecanti, così intensi che fatico a leggere il Breo. Se non ti dispiace io mi fermerei qui per oggi, credo di averti riempito anche troppo le orecchie e la testa con la mia voce-
Narcissa la fissò un momento, spiazzata da quel finale repentino, ma poi le sorrise, alzandosi.
- Non preoccuparti, devo andarmene assolutamente anch’io!- uscì accompagnata dalla donna, l’aria fresca le riportò alla realtà.
- Sarei davvero felice se tu ritornassi a trovarmi, Narcissa - le disse Kerenza con un’espressione molto sincera - credo che ci sentiremo molto sole senza Beb e, te lo prometto, non ti obbligherò a farti predire nulla!-
La ragazza annuì e poi, con la coda dell’occhio, vide passare poco lontano Peter Minus che sembrava estasiato mentre stringeva a sé un grosso sacchetto pieno di delizie di Mielandia.
- Devo proprio andare!- esclamò Cissy, salutando la donna, lasciandola di stucco e correndo via “Ho un conto da saldare!” si disse, estraendo la propria bacchetta.
- I giovani!- esclamò Kerenza incredula e incrociando le braccia.
“Devo capire cos’è quell’ombra che nasce nel suo passato, sfregia il presente e riesce persino a toccare il suo futuro!” pensò, osservando Narcissa sparire dalla sua vista.


L’infermeria era avvolta dal buio, c’era solo una lampada accesa nello studio di Madama Chips e la luce della Luna che filtrava dalla finestra.
Severus era adagiato sul cuscino, i capelli neri che spiccavano sul bianco della federa, gli occhi bene aperti mentre fissava lo spicchio di cielo stellato che riusciva a vedere dalla sua posizione.
Era vestito di tutto punto perché, finalmente, al sorgere del sole avrebbe potuto ritornare alla vita normale. Il volto era ancora tumefatto ma Madama Chips gli aveva garantito che l’unguento avrebbe fatto effetto di colpo, a dieci ore esatte dal momento in cui era stato spalmato sulle ecchimosi ed i gonfiori.
L’incantesimo che gli aveva lanciato quel maledetto Black era indolore ma gli aveva gonfiato la testa e, soprattutto, il naso come un pallone. Sirius e Peter Minus avevano riso fino a restare senza fiato e poi gli avevano tagliuzzato il suo mantello, già ridotto male, sfrangiandolo e rendendolo inutilizzabile.
Al solo ricordo Severus sentiva una rabbia e una frustrazione incontenibili bruciargli dentro: odiava essere debole, odiava essere, inerme e odiava perdere.
“Arriverà il giorno in cui vi spazzerò via tutti!” giurò stringendo i pugni.
- Hai la forza di avere cattivi pensieri? Bene! Significa che stai guarendo!-
Una voce femminile lo riscosse e lui si voltò, sorpreso.
Beb era in piedi accanto al letto, vestita di tutto punto, indossando il suo cappotto arancione e un foulard variopinto a coprirle i capelli corvini.
- Naghib!- Severus si sollevò a sedere e la fissò stupito - sono quasi le tre di notte, come mai sei in giro?-
- Sto partendo - gli disse lei, sorridendo e mettendo in mostra i suoi splendidi denti bianchi.
Si guardarono un attimo negli occhi: entrambi avevano gli occhi neri ma quelli di lei erano brillanti e caldi.
- Hai salutato Narcissa?- le chiese.
Beb sorrise - No, sono molto più vigliacca di quello che pensavo...le manderò una lettera -
Ad un certo punto un sonoro russare provenne da un paravento poco lontano.
- Minus- spiegò Severus con un ghigno - questo pomeriggio l’hanno portato qui con il volto gonfio e lucido, i capelli gli erano stati rasati del tutto ed indossava solo le mutande e il mantello…-
A dire il vero il volto gli era stato gonfiato in modo che sembrasse un enorme sedere posto sul collo, l’effetto era così comico che persino l’Infermiera della scuola aveva dovuto trattenersi dal ridere.
Bebhinn sorrise e tutti e due pensarono alla persona che, senza alcun dubbio, aveva giocato quel brutto scherzo al Grifondoro.
- Ti ho portato un regalo- gli disse lei - è il mio mantello nero della divisa, è uguale per maschi e femmine, a me non serve più mentre penso che a te serva eccome…-
Lui rimase senza parole per quel gesto così gentile e spontaneo.
La ragazza osservò Severus in volto e lui si sentì a disagio, non amava l’idea di essere visto così, con il viso ancora tumefatto.
- Dimmi, Nguvu*- gli disse Beb - hai mai baciato una ragazza?-
Il ragazzo, per una volta, non riuscì a nascondere la sorpresa e l’imbarazzo, lei sorrise.
- No, ovviamente no…- si rispose da sola -e dimmi, come pensi di sapere cosa vuoi nella vita se prima non provi tutto? Così sei svantaggiato…- gli mise la mano sul petto e lo fece riadagiare sul cuscino, poi si chinò e posò le labbra sulle sue.
Il silenzio nella stanza era assoluto, le labbra di Beb erano morbide e profumate, il seno di lei gli sfiorava il torace e un ricciolo dei suoi capelli gli accarezzava il viso.
“Un attimo prima di morire” pensò Severus, tenendo gli occhi bene aperti e osservando la trama del foulard di Beb “ quando chiuderò gli occhi per l’ultima volta, rivedrò questi colori e sentirò questo profumo”.
Lei si rialzò e gli sorrise - Arrivederci Nguvu, non dimenticare che si può sempre salire, non si deve per forza scendere nel buio…-
Se ne andò e lo lasciò senza che lui potesse dirle nulla.


Quando Bebhinn uscì dall’infermeria si trovò davanti Narcissa, che l’aspettava sorridente.
- Pensavi di sgattaiolare via, vero? Sapevo che saresti stata particolare anche nei saluti!-
- Mi hai beccata!- le due ragazze si sorrisero.
- Come sta Severus?- le chiese Cissy diventando più seria.
- Meglio di Minus, questo è certo!- entrambe ridacchiarono nella semi oscurità del corridoio.
- Devo proprio andare Furaha Yangu, è ora che io lasci questa Scuola e te, ma prima...- Beb si avvicinò a Narcissa e le posò un lieve bacio sulle labbra - questo non è da parte mia - le disse fissandola negli occhi, poi posò di nuovo le labbra sulle sue per qualche secondo - ma questo si!- si sollevò e si allontanò da lei.
Narcissa la fissò, commossa - Grazie...avevo proprio bisogno di essere baciata!-
- Sei nata per essere baciata, mia stella. Sei come il deserto del Namib dopo la pioggia: azzurro e splendido, una visione di rara bellezza. Abbi cura di te.-
- Kwaheri Rafiki…- le sussurrò Cissy.
- Ci rivedremo di sicuro, noi ci incontreremo di nuovo!- e se ne andò, sparendo dalla vista di Narcissa.


A molti chilometri di distanza, a casa Lestrange, Bellatrix osservò suo marito Rodolphus, appena rientrato a casa dopo settimane di assenza e di terapia riabilitativa*, gli girò attorno come un predatore fa con la sua preda e lo studiò in ogni particolare.
L’uomo strinse la mascella e subì quell’esame senza battere ciglio.
- Ma bene, sei persino carino senza tutto quell’alcool in corpo!- esclamò la donna sorridendo ma priva di allegria.
Rodolphus aveva perso molto peso, aveva l’aria esausta di chi è dimagrito molto in poco tempo ma il viso, senza essere più gonfio, evidenziava finalmente i lineamenti gradevoli e gli occhi verdi non erano più acquosi: diffidenti e sfuggenti ma non vacui.
- Almeno averti intorno non sarà più così orribile, mio caro marito...non avevo mai notato il colore dei tuoi occhi. Buon per me!-
- Dovrei essere lusingato? Sono schiavo quanto te…- le disse lui, la voce era ancora troppo lamentosa e le labbra troppo carnose e femminee.
Bellatrix dilatò le narici infastidita ma fece mente locale, ricordò il contratto pre matrimoniale e le ultime difficili settimane appena trascorse: avere un marito passabile che le facesse da cavalier servente era ciò di cui aveva bisogno.
- Bene, siamo due schiavi, non trovi che sia molto eccitante?- si guardarono per un attimo e poi Bella fece una smorfia - tranquillo, ti darò il tempo di abituarti a me, non attenterò alla tua virtù per stanotte!- e se ne andò, lasciandolo solo nella stanza.



 

Le vie di Londra erano animate nonostante fosse notte inoltrata, ma nella stanza non giungeva alcun suono.
L’uomo stava seduto in una comoda poltrona, rigirando tra le mani gli oggetti che gli erano stati recapitati poco prima da un Gufo: erano la copia di un giornalino scolastico, una lunga coda di capelli biondi e un fermaglio per capelli sporco di sangue.
Osservò la foto che occupava quasi tutta la prima pagina dello scarno giornale: il volto di una ragazza seria e piuttosto seccata occhieggiava il lettore, quasi sfidandolo a distogliere lo sguardo.
I capelli corti rendevano gli occhi luminosi della studentessa ancora più grandi.
“Che taglio assurdo!” pensò l’uomo, stringendo con rabbia le lunghe ciocche bionde che teneva in mano.
Ma non riusciva a non fissare il volto della ragazza.
Il titolo recitava: “Tre domande alla neo eletta Prefetto dei Serpeverde: Narcissa Black!”
E subito sotto c’era lo scarno elenco dei quesiti con le rispettive risposte:
1) Domanda: La tua nomina non ha sorpreso nessuno, sei molto popolare a Scuola e, tuttavia, sei davvero misteriosa! Hai poche amicizie intime, ammetto che tutti noi ci chiediamo che fine abbia fatto Rubinia Alderman alla quale eri molto legata. L’hai mai più vista dopo che si è ritirata da Scuola? Risposta: No. (sembra molto sofferente e i suoi occhi lasciano trasparire la tristezza...Nda)
2) D: Il tuo nuovo look ha spiazzato un po’ tutti, invece! Alcuni dicono che sei stata costretta a tagliarti i capelli perché sei stata aggredita da un Ippogrifo inferocito vicino ad Hogsmeade, è vero? R: Ovviamente no. (vedo un guizzo di paura nel suo sguardo! Nda)
3) D: Gira voce che ci sia stata una specie di rissa in un villaggio semi babbano tra maghi e non maghi, se fosse una partita di Quidditch, per quale delle due squadre tiferesti? R:...Non amo il Quidditch. (mi strizza l’occhio con aria complice, lei è una Serpeverde e i Black hanno sangue purissimo del resto! Nda)
La bocca dell’uomo si storse in un sorriso.
- Lucius?- una voce assonnata lo chiamò e lui si voltò verso la donna che dormiva nel grande letto a baldacchino.
- Dormi Emmeline, è ancora notte-* le disse con voce sbrigativa, lei sorrise e richiuse gli occhi.
Lui staccò la pagina con la foto di Narcissa dal resto del giornale e la piegò, infilandola nella tasca del suo mantello, gli altri fogli li gettò nel camino.
“Non ama il Quidditch, eh?” si infilò le mani in tasca e rimase in piedi a fissare fuori dalla finestra, lo sguardo perso nel buio.

 

Fine quarantottesimo capitolo.

 

*Kwaheri Rafiki (addio/arrivederci amica)

*”Qualcosa che ti segue strisciando” lo disse Brigid/Rubinia a Narcissa riferendosi alla Maledizione di Aloise.

*Beb raccontò a Narcissa di aver scelto il suo sposo (Babukar Zabinì) quando parlarono per la prima volta.

*Nguvu (forza/potere)

*Rod si è assentato per diverse settimane sottoponendosi ad una dura terapia per disintossicarsi dall’alcool.

*Ricordo che Lucius è virtualmente libero al momento :) e ho immaginato che abbia trovato un trucchetto per mascherare il marchio nero.

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Capitolo 49
*** Strategie ***


Come sempre grazie a tutte le persone che leggono e seguono questa storia. Buona lettura!


“Un gelido destino”


(Strategie)

 

Quarantanovesimo capitolo


DUE ANNI DOPO


La vecchia casa di Epzibah Smith era appena sfiorata dal pallido e timido sole di dicembre, le serrande chiuse non permettevano alla luce di entrare e sembravano invitare chiunque le passasse davanti a proseguire e tirare diritto.
Lord Voldemort stava al centro dell’ampia stanza al secondo piano, perfettamente immobile, ed osservava con il suo sguardo freddo la figuretta esile di una ragazza che stava in piedi davanti a lui.
- Brigid…- sussurrò con la sua voce gelida - Dilettami con i tuoi racconti: parlami ancora del Breo-Saighead -
- Mio Signore - lei chinò il capo in segno di rispetto - la piramide di cristallo, colma di magia e di mistero, appartiene alla mia famiglia da secoli...ne esistono solo due al mondo. Purtroppo, nonostante le mie ricerche, non ho ancora avuto modo di sapere dove si trovi il gemello di quello in mio possesso... in Vostro possesso. La leggenda narra che, posti l’uno davanti all’altro, essi riflettano con chiarezza il destino della persona che li sorregge. Le nubi vengono finalmente spazzate via e la luce inonda i Breo rendendoli una cosa sola, unendoli per l’eternità e trasformandoli in uno specchio che è come una finestra sull’anima e sulla sorte di chi li possiede -
- Uno strumento potente e affascinante - mormorò l’Oscuro Signore, seguitando ad osservarla- E tu mi hai fatto dono di quello che apparteneva a tua madre, Brigid. Mi hai donato la vita di tuo padre, mi mostri obbedienza e mi porti l’alleanza del Concilio*...sei di certo una servitrice devota e utile, eppure non mi chiedi nulla in cambio: non vuoi gloria, non desideri il potere, non chiedi vendetta per te e tua madre…- il tono di Lord Voldemort era sereno e discorsivo, ma c’era  una punta di gelido scetticismo nelle sue parole.
- Mio Signore- rispose lentamente la ragazza, controllando il respiro e la mente - Non desidero altro che la Vostra gloria, la realizzazione del Vostro nobile progetto perché, in ciò che Voi costruirete, io troverò il mio sollievo, la mia pace e una vita degna di essere vissuta. Voi siete la mia guida e rappresentate tutto quello in cui io credo-
Lui andò a sedersi e la fissò per degli interminabili istanti ma Brigid rimase impassibile.
- Rubinia…- mormorò l’uomo, e lei ancora non mostrò emozioni - E' davvero morta o dentro di te ella vive ed è solo sopita?-
- Rubinia Alderman è morta il giorno in cui sua madre si è uccisa - mormorò, con voce piatta - Quel giorno sono nata io, mio Signore, e ora so il perché: per servirVi, per riunire i due Breo e porli tra le Vostre mani-
- Quando ci si lascia alle spalle il nome che ci è stato imposto e si sceglie un nuovo nome, un nome con un significato e che ci rappresenta davvero, allora e solo allora noi nasciamo...tutto quello che c’è stato prima è realmente morto, è polvere o non è mai esistito veramente. - lui non l’abbandonava con lo sguardo - Perché, anche una semplice parola, può avere un peso enorme e possedere un potere infinito.-
Vi fu un lungo attimo di silenzio.
- Questa guerra non sta andando come dovrebbe - le disse, seguitando ad osservarla - Gli Auror sembrano gestire la situazione al meglio, nonostante l’inettitudine del Ministero. Sono guidati da Moody ma, lo sappiamo tutti, sono spalleggiati da Albus Silente…in che modo esattamente dobbiamo ancora comprenderlo, c’è qualcosa che ci sfugge...- la voce era un alito glaciale.
- Se permetteTe, mio Signore - mormorò, mantenendo la sua voce chiara ma umile - Sento che Siete scontento dei Vostri servitori. Le cose non si prospettano brevi e rapide come avrebbero dovuto essere e io credo, sono certa, che abbiate l’impellente bisogno di nuovi seguaci, sangue nuovo, intelletto superiore, animi affini al Vostro…-
- Come sempre hai compreso ciò di cui necessito, sai interpretare i miei desideri.  - le disse con un sorriso - Dimmi, come procedono le cose nel Concilio?-
- Il Concilio è al Vostro completo servizio, naturalmente. Da quando Walburga Black ne è a capo, però, si sono formate due fazioni distinte, del resto la sua famiglia è indelebilmente macchiata: Andromeda Black ha sposato un babbano e Sirius Black è notoriamente un babbanofilo che frequenta anche sanguesporco, mio Signore. Tuttavia, Cygnus Black resta un uomo integerrimo dal grande potere e  il figlio minore della donna, Regulus è un promettente ragazzo molto abile e assolutamente devoto alla famiglia e alle ragioni del sangue puro. Nonostante questo, dopo la morte di Aloise Alderman - la voce della ragazza rimase del tutto priva di emozioni - Le altre due figlie di Druella Rosier non sono state ammesse, anche se Walburga ha spinto più e più volte per rifare le votazioni.-
L’Oscuro Signore socchiuse gli occhi e un lampo rossastro attraversò le iridi chiare e cristalline.
- Bellatrix Black è al mio servizio e nessuna votazione può cambiare l’assoluta necessità che ella rimanga per prima cosa una Mangiamorte; la fedeltà è una merce rara e io non intendo privarmene. Lei e suo marito sono e devono rimanere a mia disposizione, finché non li congederò o finché non moriranno. - tacque e Brigid non disse nulla, rimanendo in attesa - Narcissa Black è destinata a supportare il mio uomo di massima fiducia, è figlia di un mio validissimo collaboratore e nulla vieta che venga ammessa. Potrebbe essere utile e rafforzare la posizione della sua famiglia. Il Concilio non è ben visto dal Ministero, ma è un’istituzione millenaria che nessuno oserebbe sradicare mai e che ha contatti con tutto il resto del mondo, più alleati abbiamo al suo interno più semplice sarà il nostro cammino-
Il suo era un preciso ordine e il tono era definitivo.
La ragazza non cambiò la propria espressione di una virgola.
- Il Ministero ha creato Inis Ceithleann* per contrastare il Concilio...è un modo subdolo di porre dei limiti e di spaventare le Streghe Purosangue: nessuna vuole il sigillo bianco e nessuna vuole essere marchiata.- disse Brigid con un tono di voce molto cauto - Ciò che crea abbastanza diffidenza, in molte delle streghe che fanno parte del Concilio, è il timore che ci sia poca obiettività nelle decisioni prese, che si creino situazioni delicate che vadano fuori controllo; i contrasti interni possono portare a scontri pericolosi. Sia da una parte che dall’altra la paura è che venga a mancare l’elemento fondamentale del gruppo: l’assoluta salvaguardia delle tradizioni, dell’onore e del sangue puro.- fece una piccola pausa e poi proseguì -Druella Rosier fu estromessa perché ritenuta nociva, egocentrica e fuorviante: dannosa per tutte. Molte streghe premono perché venga eletta una nuova Guida e che Walburga ceda il passo a qualcun’altra, si desidera qualcuno che sia in grado di affrontare anche la questione delle Streghe Toad e delle Pellar*...le streghe corniche ribelli. Sono certa, tuttavia, che si raggiungerà un compromesso senza alcun problema e che si appianerà ogni contrasto nel Vostro Nome, mio Signore,  dopotutto il fine che ci muove è comune a tutte le Streghe Purosangue. -
- Bene, molto presto avremo bisogno di tutti, continua a cementare la nostra unione con il Concilio - disse lui, sbrigativo - Ora va e mandami Lucius…-
Lei si inchinò e uscì lasciandolo solo.


Una volta in corridoio la ragazza sospirò e si coprì nuovamente il volto con un leggero velo di seta che ne confondeva i lineamenti.
- Io sono convinto che quel velo non sia affatto necessario...nessuno si ricorda di Rubinia Alderman, nessuno tranne me, ovviamente!-
Lei si voltò con un gesto rapido e infastidito.
- Crouch, sei seccante ed inopportuno...Brigid è il nome che l’Oscuro Signore usa per chiamarmi, Brigid è il nome che tutti coloro che lo servono devono a loro volta adoperare per rivolgersi a me! - lo ammonì e lo fissò attraverso la sottile barriera, osservando il volto pallido e lentigginoso di Barty Crouch Jr.
- Naturalmente, non potrei mai venire meno ai voleri del nostro Signore e tu lo sai! - le disse il ragazzo, con aria devota- Proprio per questo dovresti stare tranquilla, non tradirei mai nemmeno il tuo segreto-
- Ti ho già detto che non mi interessa nulla di quello che fai o non fai, io agisco da sola e, a parte l’Oscuro Signore, non ho nulla a che spartire con te, nessun interesse comune…- disse la ragazza, allontanandosi.
- Nulla, tranne Narcissa Black e Lucius Malfoy…-la sua voce aveva un tono innocente.
Brigid si bloccò e si voltò lentamente verso il giovane.
- Hai avuto la tua occasione...due anni buttati via. Ora lei frequenta il suo ultimo anno e tu non sei più uno studente di Hogwarts, non mi pare che il tuo interesse sia andato a buon fine…- lo schernì.
- Ti sbagli! Toltasi di mezzo la Naghib, che mi ha tenuto lontano mettendoci un grande impegno, e considerato che Snape è stato troppo preso da altro per coltivare il loro rapporto, lei si è sciolta molto nei miei confronti. Conto di rivederla molto presto.-
- Narcissa Black è molto selettiva ed esigente, non credere che riuscirai ad avvicinarla come speri, sei ossessionato da lei ma dubito che possa interessarsi a un tipo come te...- fece spallucce, come per consigliargli di accettare un dato di fatto.
- Selettiva?!- la voce del ragazzo era incredula - Devo ricordarti chi era la sua amica del cuore prima che arrivasse la statuaria Bebhinn Naghib? Una ragazza scialba ed insignificante che veniva completamente eclissata da lei, se non erro...una bimbetta slavata e timida. E’ per questo che la odii? L’hai sempre invidiata?- la provocò.
- Hai fatto la tua esatta descrizione al confronto con Lucius Malfoy…- gli sussurrò per tutta risposta, con voce ilare.
Lui impallidì per la rabbia ma non si lasciò smontare.
- Vorrei sapere cosa ti ha cambiata fino a questo punto! Ricordo quando tuo padre veniva a chiedere favori al mio e si portava dietro te: la bambina più noiosa e brutta che io abbia mai visto.- la sua voce era carica di disprezzo - E ora sei una delle favorite del Signore Oscuro…-
- Ah, ecco quindi il punto dolente!- lo dileggiò con una risata priva di gioia - Sei tu ad essere invidioso! Ma non sono io a procurarti tanto risentimento, ammettilo, tu vuoi tutto ciò che appartiene a Lucius Malfoy! Un uomo che persino tuo padre apprezza perché ne riconosce la forza e l’abilità!- la ragazza si avvicinò a Barty, inclinando la testa -Lucius il nobile, Lucius il bello, Lucius il potente...Lucius il preferito…- la voce era un sussurro appena udibile e cantilenante.
Il volto del ragazzo era completamente stravolto dalla rabbia e appariva  irriconoscibile.
- Dovresti essere dalla mia parte.- le disse con voce piena di gelido furore - Dopotutto abbiamo molte cose in comune: siamo molto più di quello che appariamo, nessuno di noi due ama e stima il proprio padre e entrambi abbiamo una madre che ci ama e morirebbe, o è morta, per noi…-
Brigid si irrigidì.
- Fossi in te, non perderei tempo a cercare di distruggere una persona che non è annientabile, non da te almeno!- gli disse la ragazza con un tono assai duro - Molto presto qualcuno siederà al fianco del Signore Oscuro, vicino così come nessun altro lo è stato mai; innalzato, per volontà dell’Oscuro Signore stesso, al di sopra di tutti gli altri, riconosciuto come un suo eguale. Molto presto qualcuno scaccerà gli Dei dall’Olimpo...anche il Dio Marte Malfoy…- Brigid sospirò con profondo piacere - E questo qualcuno non sei tu!-
Si allontanò e sparì, lasciando Bartemius Crouch Jr. solo con i suoi dubbi e con la sua rabbia.

 

Bellatrix aspettava con impazienza che l’Oscuro Signore li riunisse al suo cospetto, viveva per quei momenti e per le rare occasioni in cui la cercava e lei poteva stare finalmente da sola con lui, amarlo liberamente e dimostrargli tutta la sua devozione.
Negli ultimi due anni lei e Rodolphus erano divenuti moglie e marito a tutti gli effetti, non lo aveva più respinto ma, anzi, aveva contribuito a rendere quell’unione legale agli occhi di tutti.
Lui non aveva più bevuto e si era mantenuto sobrio; non si amavano e non si cercavano, se era non strettamente necessario, l’uomo aveva accettato con rassegnazione mista a paura il marchio nero sulla sua pelle.
Alla fine tra di loro si era creato un curioso rapporto di dipendenza.
Bellatrix non aveva dimenticato il contratto pre-matrimoniale e quindi faceva in modo di avere suo marito sempre al proprio fianco, di sfruttarlo a dovere ma senza squarciare il velo che celava i suoi incontri con il Signore Oscuro o con Evan.
Evan...
Il giovane Rosier, dopo quel famoso primo attacco, era sparito per settimane, pur presentandosi regolarmente agli incontri con Lord Voldemort.
Lei non lo aveva cercato apertamente, non gli aveva rivolto la parola, aveva finto che lui fosse poco più di un estraneo.
Non poteva dimenticare che la fragilità del ragazzo li aveva fatti riconoscere; aveva messo lei nella situazione di dover accettare l’aiuto di un medico babbano, l’aveva costretta a prendersi cura di lui che, nel momento topico, era crollato miseramente ed era diventato un peso.
Nel corso dei mesi successivi, pur con il ritorno di Rodolphus o forse proprio per questo, lei aveva sentito la necessità di riprendere i suoi incontri con Evan perché, non poteva negarlo, lui la faceva sentire desiderata e amata.
Odiava quella debolezza, odiava dover mendicare dei sentimenti simili da una persona che non riscuoteva nemmeno la sua stima, ma era così.
Il loro rapporto era sempre stato qualcosa di squilibrato e profondamente deviato, qualcosa che non riempiva la sua fame d’amore e il suo bisogno spasmodico nei confronti del Signore Oscuro, qualcosa che non era nemmeno la pallida imitazione di quei sentimenti, ma era pur sempre la cosa che ci andava più vicino.
Aveva il vago sentore che nemmeno lui traesse una piena soddisfazione dai loro incontri, era come se lui non potesse fare a meno di amarla ma, al tempo stesso, la paragonasse a qualcun altro, a qualche altra donna.
A due anni dall’inizio della guerra il loro rapporto era punto e a capo. Evan aveva tentato di tenerla lontana, aveva cercato di rifuggirla e respingerla ma, alla fine, senza nemmeno dover faticare troppo, lui l’aveva di nuovo attirata nel suo letto e tutto era ricominciato.
La vita raminga del ragazzo, in un certo senso, li aiutava nella loro clandestinità e ora lui viveva in una zona piuttosto impervia e malsana, poco lontano da Londra, nell’Essex.
Praticamente si trattava di tratti paludosi infestati da fattucchiere della peggiore risma, tutte rifugiate li per sfuggire al Ministero, al Concilio, ad Inileann* e anche a Lord Voldemort.
Bellatrix non si formalizzava, non le importava nulla di nulla: non c’era cosa al mondo che la distogliesse dai suoi doveri verso l’Oscuro Signore e non c’era persona al mondo che dovesse frapporsi tra lei e la lotta contro i babbani e i sanguesporco, nessuno mai doveva metterle i bastoni tra le ruote e meno che mai un figlio.
Quindi, le fattucchiere delle paludi di Rainham Marshes erano davvero molto utili in questo, specialmente la più anziana tra di loro che, pur essendo decrepita, aveva un attaccamento alla vita e un’esperienza nella stregoneria più becera davvero notevoli.
La vecchia, si faceva chiamare zia Lolly e, probabilmente, non ricordava più nemmeno lei il suo vero nome, era rinsecchita alla stregua di una mummia e assolutamente terrorizzata da Bella. Le forniva un particolare decotto da assumere ad ogni cambio di Luna, piagnucolando e coprendosi il volto con un braccio, come se si aspettasse di essere colpita dalla donna.
La Mangiamorte la trovava ripugnante e provava una forte repulsione per la fattucchiera ma, quell’intruglio disgustoso aveva tenuto lontano gravidanze indesiderate e aveva bloccato persino qualsiasi sintomo di fertilità, quindi lei era serena e viveva la sua vita dividendosi tra suo marito, l’uomo che amava e il suo amante.
Alla faccia del contratto pre-matrimoniale, in barba a suo padre e ai suoi suoceri.
Davanti a tutto ciò, pervasa dall’euforia che avere il pieno controllo della propria vita le dava, colma della gioia della lotta e inebriata da quel senso di potere, caldo e quasi aromatico, Bellatrix si sentiva invincibile.
- Mi fai passare o ritieni che possa volteggiare sopra di te? Dovrei tramutarmi in un fantasma e filtrare attraverso il tuo corpo?- una voce sarcastica e dai toni tremendamente snob, la riscosse dalle sue gloriose elucubrazioni - Stai qui, nel mezzo del corridoio, aspettando un fischio del tuo padrone per potere accorrere e scodinzolare a dovere?-
Nel suo senso di invincibilità c’era un unico neo, solo uno, valutò Bella dentro di sé, scostandosi per fare spazio al suo interlocutore.
Un ostacolo alto e biondo agghindato con abiti di seta confezionati su misura, talmente profumato da lasciare una scìa dietro di sé, al proprio passaggio; talmente sicuro di sé da non mostrare alcuna esitazione nel suo incedere arrogante. Nessun timore trapelava dal rumore deciso dei suoi stivali pregiati e tirati a lucido.
C’era quel piccolo ed insignificante impedimento, rammentò a sé stessa la donna, stringendo gli occhi e fissando la schiena dell’uomo sparire dalla sua vista, i biondi capelli che ondeggiavano sulle larghe spalle coperte dal nero e sfarzoso mantello: un lieve intralcio chiamato Lucius Malfoy.


Le vacanze di Natale erano iniziate da poco e Regulus avrebbe voluto rimanere ad Hogwarts, così come aveva deciso Narcissa, ma sua madre aveva richiesto la sua presenza con molto fervore, visto e considerato che anche Sirius aveva scelto di passare i suoi giorni di vacanza altrove: a Godric Hollow.
Walburga si era infuriata e aveva rotto definitivamente i rapporti con suo fratello Alphard, reo di aver sostenuto il nipote nella sua ribellione e di averlo sostentato economicamente.
Presto Sirius sarebbe divenuto maggiorenne e allora nulla lo avrebbe più trattenuto dal rompere definitivamente con la famiglia.
La vita ad Hogwarts non era stata semplice per Regulus ma si era impegnato fino allo spasimo e i suoi risultati a scuola erano stati eccellenti. Era anche divenuto uno dei preferiti del Professor Slughorn, aveva potuto passare molto tempo con Cissy con la scusa dello studio, anche se lei era stata impegnata con i suoi G.U.F.O, poi era stata molto più libera a partire dal sesto anno e ora, con l’inizio del suo ultimo anno, era impegnatissima a preparare i suoi M.A.G.O.
Lui aveva atteso con apprensione gli sviluppi del rapporto di sua cugina con Lucius Malfoy, ma nulla aveva lasciato intendere che il loro fidanzamento fosse ancora in atto. L’uomo aveva frequentato altre donne e lei era rimasta apparentemente impassibile, davanti a quella sfilata di compagne tanto pubblicizzata dai giornali, così Regulus aveva sentito nascere in lui una sottile ma decisa speranza.
Presto avrebbe compiuto quattordici anni e la distanza da Narcissa si accorciava, poteva sperare di far breccia nel cuore di suo cugina. Sentiva la fretta divorarlo ma aveva imparato ad attendere, anche e soprattutto grazie al sostegno che Brigid gli aveva dato ogni qual volta si erano incontrati.
Lei non mancava mai di incoraggiarlo, di spronarlo a non perdere di vista il proprio obiettivo e a non scoraggiarsi davanti a nulla perché, solo così, avrebbe scritto il futuro che desiderava e compiuto il destino che lo avrebbe reso felice.
Tutto sarebbe stato perfetto se non fosse stato per quello Snape.
Sua cugina aveva una propensione davvero notevole per quel ragazzo brutto ed inquietante, passava più tempo che poteva con lui e Regulus aveva dovuto ingoiare il proprio orgoglio e cercare di appianare i rapporti con quel mezzosangue, che tutti sembravano temere e rispettare.
Tutti tranne Sirius.
In quei due anni appena trascorsi Regulus aveva sentito scivolare via il suo rapporto con suo fratello, il suo primo e unico compagno di giochi, l’esempio da seguire, il ragazzo da raggiungere e superare. Si vedevano solo a Scuola e anche allora erano molto distanti.
Gli screzi tra le due Case, alle quali appartenevano, erano degenerate costantemente e Sirius aveva preso ad ignorarlo anche nei corridoi, accompagnandosi sempre a quel Potter, al quale guardava con grande ammirazione ed affetto, e agli altri due compagni Grifondoro.
Se voleva evitare di perdere la propria strada sapeva che doveva smetterla di sperare in una riconciliazione con Sirius, sapeva che ormai le loro vite erano divise per sempre.
- E’ molto che aspetti?- una gentile voce di ragazza lo riscosse dalle proprie amare elucubrazioni e Regulus si voltò, con il più ampio dei suoi sorrisi sul volto giovane e bello.
- No, puoi stare tranquilla!- la voce del ragazzo era piena di sollecitudine e simpatia - Anzi, grazie di farti trovare sempre...vorrei davvero che tu mi dicessi come posso ricompensarti, Brigid!-
La giovane si schermì, come sempre.
- Ormai dovresti aver capito che da te voglio una sola cosa: che realizzi il tuo destino e che possa finalmente possedere la parte più calda e profonda del cuore di tua cugina…- gli sorrise fissandolo diritto negli occhi.
- Fa parte del tuo potere, vero? Fare da guida agli altri e aiutarli a realizzare ciò che osservi e intuisci nel tuo Breo - Regulus la prese sotto braccio, dopo averle chiesto il permesso, e la condusse lentamente verso Notturn Alley, luogo che lei prediligeva rispetto alla più animata Diagon Alley.
In realtà c’era ben poca animazione in quel periodo, nonostante le festività.
Molti maghi e streghe avevano chiuso i loro negozi e il Ministero aveva annunciato l’entrata in vigore di un coprifuoco: la situazione attuale nel mondo magico non era più sottovalutabile.
Regulus non era impressionato e nemmeno preoccupato, lui anelava a stare dalla parte vincente, voleva essere al fianco dei trionfatori e non gli importava nulla della paura degli altri.
Brigid gli lanciò un’occhiata di sottecchi e seguitò a camminare, lasciando che il ragazzo la tenesse stretta a sé.
“E’ plasmabile come creta...non dovrebbero lasciarlo in giro per il mondo da solo…” valutò con una smorfia e non poté non paragonarlo alle sue cugine: la ribelle, l’indomita e l’inflessibile.
Nulla a che vedere nemmeno con sua madre Walburga: austera e potente.
Lontanissimo anche da Cygnus: severo e implacabile.
Diverso anche da suo fratello maggiore: intrepido e sventato ma coraggioso.
“Avulso da ognuno, dipendente da tutti: il debole e fallito!” considerò crudelmente la ragazza, ascoltando distrattamente le sue chiacchiere e fingendo di interessarsi.
“Come Rubinia…” le sussurrò una vocina emersa da chissà dove, forse da un rigurgito della sua coscienza sbiadita.
Brigid si fermò di botto, facendo incespicare Regulus che si fermò, sorpreso.
- Tutto bene?- le chiese, vedendola immobile e con lo sguardo perso nel nulla.
- Certo, scusami, sono solo inciampata…- buttò la, e gli sorrise con calore mentre gli occhi rimasero freddi e distanti.
“ Rubinia era debole, una crisalide vizzita mai evolutasi, una farfalla mancata…” si ammonì e capì che l’Oscuro Signore le aveva fatto qualcosa durante il loro ultimo incontro.
“Mi sta mettendo alla prova! Ha usato le parole per aprire uno squarcio e poter leggere nella mia mente in totale libertà!” si rese conto, con un certo sgomento “delle volte dimentico con chi ho a che fare...mi vuole forte e, al tempo stesso, mi vuole debole ed inerme!”
Naturalmente il Signore Oscuro sapeva come usare le antiche magie e nulla gli sfuggiva, era sempre in allerta e lei aveva abbassato la guardia.
“Mi punisce perché so troppe cose, mi controlla perché mi spingo troppo in là e oso troppo...devo essere prudente! Non sono io la persona che conquisterà la sua fiducia e che saprà ricoprirsi della sua benevolenza…”
- Sei molto silenziosa oggi, sei certa che non ci sia nulla che ti turba?- la voce di Regulus era gentile ma anche permeata di una certa delusione.
“Tsk, bamboccio viziato!” Brigid provò un profondo risentimento “facile preda di sentimenti impuri e malati…”
- Certo, perdonami! Abbiamo così poco tempo e io lo spreco con i miei silenzi!- si fermò ed estrasse il Breo dal suo sacchetto di velluto nero e lo fece volteggiare con abilità tra le sue mani - Ecco, il nostro comune amico!-
Regulus nascose a malapena l’esaltazione che provò alla vista della piramide di cristallo.
- Ecco qui...il bianco futuro che attimo dopo attimo diventa il tuo presente...ed eccolo qui il tuo destino fulgido e splendido…- lei si concentrò a lungo sulla faccia della piramide che sembrava attraversata da una fitta nebbia - Riesco a vedere te stesso mentre ti distingui da ogni altro, riesci a compiere un gesto che nessun altro ha il coraggio di osare. Vedo un giovane uomo che sa combattere e che non si arrende, davanti a nulla...vedo che tuo fratello è una chiave che ti aprirà la porta della gloria e, di conseguenza, della felicità…-
Regulus si irrigidì, molto colpito e confuso.
- E’ la prima volta che vedi con chiarezza una persona nel mio destino...a parte Narcissa, ovvio. Le altre volte erano più che altro delle indicazioni-
La ragazza gli sorrise rassicurante.
- Questo perché ad ogni passo che compi il tuo futuro avanza più rapidamente e la meta si avvicina, ciò riflette con più chiarezza alcuni aspetti del tuo destino. Alcune volte io vedo delle ombre o provo delle sensazioni, altre volte le ombre diventano nitide perché anche l’altra persona che influirà sul tuo percorso, che ti sarà utile o anche d’ostacolo, sta decidendo la sua strada che si interseca o si divide dalla tua.- lo fissò, per accertarsi che lui avesse capito - In questo caso tu e tuo fratello avanzate su due strade contrapposte ma non parallele, io lo vedo e posso dirti che si incontreranno in un punto preciso; e tu coglierai da lui la chiave che ti aprirà la prima porta per il raggiungimento del tuo fine ultimo.-
Regulus sembrò profondamente turbato da ciò.
- Non perderlo e non lasciarlo andare del tutto...credi in me e credi nel Breo…- insisté allora la ragazza e lui annuì, ma sembrava davvero scontento.
“Narcissa, Narcissa, Narcissa! Vorrebbe sentir parlare solo di lei, sapere di lei, ottenere solo lei…” sbuffò dentro di sé Brigid, spazientita.
Gli prese la mano e gli sorrise dolcemente - Ti ho mai deluso? Non ti ho forse sempre detto il vero e guidato nella giusta direzione?-
Lui si sforzò di ricambiare il sorriso e ricambiò la stretta.
- No...è solo che vorrei essere già sulla cima, capisci? Ottenere quel posto speciale nel cuore della ragazza che io amo così tanto! - c’era autentica sofferenza sul suo giovane volto.
- E ci arriverai, fidati di me. Quel luogo è già tuo, c’è il tuo nome scritto e non vi sarà luce più fulgida della tua e amore più grande, e sentimento più profondo e bisogno più impellente...Il calore di lei ti scalderà e la sua voce chiamerà il tuo nome mille e mille volte, senza stancarsi mai, e tu sarai sempre e per sempre il più bello e il più caro degli affetti…-la voce di Brigid era ipnotica e lei stessa sembrava persa nell’estasi che quella visione le procurava.
Regulus sembrava sopraffatto e, in un impeto di commozione, abbracciò con slancio la ragazza, che rimase del tutto spiazzata da quel gesto così spontaneo.
Senza pensare lo scacciò in malo modo e lui la guardò, leggermente confuso.
- Scusa! Davvero, non volevo, era solo gratitudine…- lui la fissò con aria colpevole e dispiaciuta.
- C-certo, lo so…- mormorò lei, cercando di nascondere la sua rabbia e il suo disgusto - Solo che noi praticanti Pellar non dobbiamo superare certi limiti fisici, cerca di capire...noi siamo devote al Dio Bucca…-
- Si, me lo avevi detto, ti chiedo ancora scusa e perdonami se puoi! - sembrava davvero mortificato e lei sfoderò un sorriso rassicurante, poi mise via il Breo.
- Ricorda ciò che ti ho detto e sappi che ogni tua intuizione è corretta, serba i nemici come se fossero i più cari degli amici e troverai le tue risposte...devo proprio andare, a presto!-
Lui la salutò e lei si allontanò mantenendo il sorriso e poi, appena svoltò l’angolo, sputò per terra e cercò di recuperare la calma.
- Non è da te essere così in difficoltà…-
Brigid si voltò e osservò il volto di Solange Araujo* con occhi leggermente colpevoli.
- Hai ragione zia, ma credo che l’Oscuro Signore abbia aperto uno squarcio usando una parola chiave…-
Le due donne si fissarono per qualche istante.
- Devi stare attenta, ricordati che questa guerra non ci appartiene- le disse Solange, con aria molto severa - A noi appartiene la vendetta, a noi appartiene il ricordo di colei che non c’è più e noi apparteniamo al Dio Bucca Duh, rammentalo sempre!-
- Non lo dimentico!- gli occhi di Brigid brillarono con fermezza.
- Bene, allora andiamo e cerchiamo di pregare intensamente affinché egli sia benevolo e ci guidi, andiamo a ricacciare Rubinia nel profondo, dove non potrà mai più risalire. -
Brigid annuì e si allontanò con Solange.


L’Oscuro Signore voltava le spalle alla porta e all’uomo che stava chino, devoto e in attesa, la lunga coda di capelli biondi brillava quasi nel buio della stanza e il silenzio era assoluto.
Lord Voldemort si volse verso di lui e lo osservò per dei lunghissimi istanti, sondò nel profondo colui che, da quasi sette anni, era al suo servizio: il suo preferito, l’uomo migliore che avesse al suo fianco.
- Portami il ragazzo…- sussurrò, in modo che la voce volasse lentamente fino al suo devoto servitore.
Il volto dell’uomo non mutò e un semplice cenno del capo confermò al Signore Oscuro che aveva capito.
Si rialzò e, per un attimo, i loro occhi si incrociarono; Lucius lasciò la stanza e si avviò lungo il corridoio, giunto all’imbocco della scalinata che portava al piano terra, rimase immobile per qualche istante e poi sferrò un pugno pieno di rabbia al muro, ricoperto dalla vecchia e malconcia carta da parati.
Rimase ancora qualche istante fermo nella semioscurità, con il braccio che tremava e il capo chino, cercando di dominarsi. 
Poi alzò la testa, scese le scale e si smaterializzò.

 

Fine quarantanovesimo capitolo

 

*Il Concilio che riunisce le Streghe Purosangue Britanniche.

* Inis Ceithleann riformatorio per streghe, una vera e propria prigione dove si finisce per reati minori o per aver causato vergogna o danni a famiglie purosangue.

* Streghe Toad e Pellar sono streghe tipiche della Cornovaglia, seguaci del Dio Bucca, il Dio ambivalente.

* Inileann è l’abbreviativo di Inis Ceithleann.

* Solange Araujo è la strega di origine portoghese grande amica di Aloise Alderman e Ysaline Lestrange, era presente la notte della maledizione.

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Capitolo 50
*** Un segno sulla pelle, uno sul cuore ***


Come sempre grazie a chi segue questa storia e in particolare a miss Gold_394 e a EcateC per aver recensito con la solita sollecitudine <3 a presto!


 



“Devo prendermi un istante,

Un istante per pensare ad alcune cose,

Leggere meglio fra le righe,   

Nel caso ne abbia bisogno quando sarò vecchio

Adesso la montagna che devo scalare,

Sembra come il mondo

Sulle mie spalle,

Attraverso le nuvole vedo l'amore risplendere,

Mi scalda quando la vita si raffredda.

Nella mia vita ci sono stati dispiaceri e sofferenze,

Non so se riuscirei ad affrontarli ancora.

Non mi posso fermare adesso, ho viaggiato così lontano,

Per cambiare questa vita solitaria

Voglio sapere cosa sia l'amore,

Voglio che sia tu a mostrarmelo.

Voglio provare cosa sia l'amore,

So che tu puoi mostrarmelo.

Mi prenderò un istante,     

Un istante per guardarmi intorno

Non ho più un posto dove nascondermi,

Sembra che l'amore

Mi abbia finalmente trovato.

Voglio sapere cosa sia l'amore,

Voglio che sia tu a mostrarmelo

E voglio provare, voglio provare cosa sia l'amore

E lo so so, che tu puoi mostrarmelo.

Parliamo d'amore     

Voglio sapere cosa sia l'amore

L'amore che tu senti dentro  

Voglio che tu me lo mostri

E provo così tanto amore    

Voglio provare cosa sia l'amore, no

No, non puoi nasconderlo

So che tu puoi mostrarmelo  

Voglio sapere cosa sia l'amore, parliamo d'amore

Voglio che me lo mostri, voglio provarlo anche io

Voglio provare cosa sia l'amore, voglio provarlo anche io

E so e so, so che tu puoi mostrarmelo        

Mostrami che l'amore è vero

Voglio sapere cosa sia l'amore”

(I want to known what love is - Foreigner)








 

“Un gelido destino”

 

(Un segno sulla pelle, uno sul cuore)

 

Cinquantesimo capitolo

 

(Dicembre)

 

La Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts era semideserta.
Le vacanze natalizie aveva svuotato la scuola della maggior parte dei suoi studenti, solo una ventina di loro aveva deciso di rimanere e di non ritornare a casa: Narcissa era tra loro.
Frequentava il settimo anno e doveva prepararsi per i suoi M.A.G.O e, inoltre, non aveva voglia di ritornare nella buia e triste casa di Londra, sapeva cosa l’attendeva nel caso in cui avesse deciso di rientrare: solitudine, noia e l’obbligo di non muoversi da casa perché era entrato in vigore il coprifuoco.
In quei ultimi due anni aveva cercato di tenersi informata costantemente leggendo “Il Cavillo” o “La Gazzetta del Profeta” e così era riuscita a cogliere qualche informazione e notizia.
In realtà non si sapeva poi molto di ciò che accadeva e a che punto fosse la diatriba tra i seguaci di Lord Voldemort e il Ministero ma, una cosa era certa, la scelta di imporre un coprifuoco denotava un livello di gravità maggiore di quello che traspariva dai mezzi di comunicazione.
Narcissa aveva cercato disperatamente notizie di Lucius, che non fossero storielle d’amore o eventi mondani, ma senza successo. L’unica nota positiva era che le sue continue apparizioni in pubblico la rassicuravano sul suo stato di salute.
Su Bella aveva perso le speranze, nel senso che i giornali non parlavano di lei e sua sorella non considerava nemmeno i suoi sporadici messaggi di auguri o le laconiche comunicazioni di servizio: semplicemente Bellatrix viveva la sua vita ignorandola.
Ogni tanto riceveva notizie da Beb, che la aggiornava sulla sua vita e le passava le poche notizie in più che erano in suo possesso.
La cosa straordinaria era che la sua amica, oltre ad essersi sposata, era diventata subito mamma di una bambina: Nilaja.
A Narcissa faceva uno strano effetto immaginare Bebhinn nel ruolo di mamma, non che la sua amica non fosse protettiva, dolce e piena di calore ma una guerriera come lei, una donna così forte e indipendente, in fondo, aveva seguito un destino preordinato e preparato da altri senza alcuna esitazione.
Il fatto di aver avuto una figlia femmina era un grande onore perché la tribù di appartenenza di Beb era di tipo matriarcale e quindi la discendenza era assicurata.
Come aveva predetto Kerenza, senza bisogno di consultare la sua palla di cristallo o la sua piramide, lei e Cissy aveva avvertito davvero molto la mancanza della namibiana e ciò aveva finito per farle avvicinare ed instaurare un rapporto di amicizia.
Narcissa sospettava che Beb le avesse fatte conoscere proprio nella speranza che le due donne legassero e si supportassero a vicenda.
Anche Kerenza era una donna solitaria e non sembrava avere legami con nessuno, era imparentata con Lucius ma Narcissa non lo aveva mai visto passare a trovare la donna, come aveva vagamente sperato, e la veggente non aveva mai nominato nessuno in particolare.
Ogni tanto lei si assentava per delle settimane e il suo cottage dal tetto viola restava disabitato, la pesante tenda nera veniva ritirata e la porta di legno scuro che chiudeva la casa restava serrata.
Narcissa era troppo discreta per chiederle dove andasse e ogni volta che, passando di la per andare ad Hogsmeade, rivedeva il fumo uscire dal camino e la tenda nera di nuovo al suo posto sentiva una sensazione di benessere e andava a trovare Kerenza per fare quattro chiacchiere.
Parlavano sempre di cose generiche, non toccavano mai argomenti quali la divinazione e, sopra ogni cosa, evitavano di nominare Lucius.
Narcissa si mordeva la lingua ogni volta, perché avrebbe voluto sapere. Sapere qualcosa di lui da bambino, sapere qualcosa di Gwen e, sopra ogni cosa, sapere se Kerenza sapeva. Se era a conoscenza della doppia vita dell’uomo e se aveva notizie su come stava, cosa stesse facendo.
Il ricordo di Lucius era cristallizzato proprio al centro dell’addome di Narcissa, immobile e muto.
Non ne parlavano ma la sua presenza era tra di loro, lei lo sentiva e Kerenza ne aveva la certezza.
Studiava Narcissa di nascosto e, in quei due anni, aveva finalmente capito: la simpatia di Evan per lei, la propensione di Beb per lei, l’amore appassionato e travolgente che Lucius provava per lei e che celava nel profondo del suo cuore.
Aveva capito anche i sentimenti di Narcissa.
La donna soffriva in silenzio per questo, perché amava Lucius da molto tempo e non come un parente, ma aveva imparato a voler bene anche a Narcissa e sentiva che quella ragazza era sola e abbandonata da tutti, Lucius in primis, davanti a degli eventi e a dei fardelli troppo pesanti da portare da sola.
Kerenza voleva aiutarla e proteggerla con tutta sé stessa e, per il momento, si accontentava di esserle amica ma anche lei aveva delle priorità che svettavano su tutto.  Le notizie preoccupanti che arrivavano da tutta l’Inghilterra la spingevano costantemente a ritornare in Cornovaglia per vigilare sulla cosa più importante e preziosa che possedesse al mondo.

 

Per Narcissa l’idea di trascorrere dei giorni con la Sala Comune, praticamente deserta, era assai allettante perché avrebbe avuto  l’occasione di poter passare più tempo con Severus.
Lui usufruiva della stanza e del camino anche di giorno e, in quei momenti, era visibilmente più rilassato e sereno.
Niente compagni che lo studiavano e bisbigliavano alle sue spalle, nessun obbligo di frequentare le lezioni con tutto ciò che questo comportava. Al sesto anno aveva abbastanza tempo libero, anche se lui seguiva quasi tutti i corsi, ma troppo spesso le classi erano formate da Serpeverde e Grifondoro e ciò portava solo guai.
Purtroppo anche Sirius e il suo compare James Potter avevano deciso all’ultimo minuto di passare le vacanze ad Hogwarts e, un paio di volte, Severus si era ritrovato in serissima difficoltà mentre si recava nella Sala Grande per la cena e, a dirla tutta, spesso era andato a cercarsele.
Era più forte di lui, un demone lo spingeva a osare e sfidare.
Quel venerdì sera il ragazzo aveva deciso di saltare la cena e quindi rimase nella tana dei Serpeverde, seduto a gambe incrociate di fronte al camino, con davanti a sé degli alambicchi dai quali fuoriuscivano vapori dalle tinte verdi, viola ed amaranto.
Era concentratissimo e distillava la sua misteriosa pozione con perizia e precisione.
Era talmente impegnato in quel delicato lavoro che il suo sesto senso sempre all’erta non lo avvertì che qualcuno era li, a pochi passi da lui, e lo osservava.
Narcissa era rientrata a cercarlo per portargli un pezzo di pane alla zucca e una fettina di torta di melassa: Severus era talmente magro e pallido che sembrava sempre reduce da qualche malanno.
Non aveva alcuna cura di sé e del proprio aspetto, non aveva a cuore la propria salute, non gli importava nulla che non riguardasse l’accrescere la propria sapienza e la propria conoscenza, che già sembravano sconfinate.
Lui non aveva altri obiettivi: diventare forte, diventare potente, prevalere su chiunque e schiacciare Potter e Black.
Pretendeva di avere la sua rivalsa su tutto e tutti in quello sporco e maledetto mondo.
Narcissa, che gli era accanto sovente e che negli ultimi due anni si era concessa la sua compagnia ogni volta che aveva potuto, l’aveva visto indurirsi progressivamente, diventare sempre più imperscrutabile e più distaccato.
Adesso la ragazza era in piedi poco distante e lo osservava liberamente senza che Severus se ne rendesse minimamente conto.
Per una volta lui aveva tirato indietro i capelli neri, in modo che non gli coprissero la visuale, e così mostrava senza pudori, credendo di non essere visto, il suo viso.
Cissy si concesse di studiare e di catturare ogni più piccolo particolare che poteva: le sopracciglia scure e diritte, che sovrastavano gli occhi, erano perfettamente delineate. I suoi occhi straordinariamente unici, bui e profondi: sapevano sondare chiunque ma non consentivano a nessuno di essere oltrepassati, erano una barriera invalicabile. Il naso, dalla linea importante e prominente: per molti era oggetto di scherno, per lei era semplicemente il tratto che più lo definiva e lo contraddistingueva dalla massa di visi tutti uguali che le scorrevano davanti ogni giorno. La bocca sottile e dalla piega ironica o sarcastica, a seconda del momento e da chi aveva davanti, lei sapeva che quelle labbra dure riuscivano ad aprirsi in un piccolo sorriso prezioso e raro. Il collo lungo che mostrava il pomo d’Adamo in maniera evidente accentuandone l’energia.
Lo sguardo di Narcissa indugiò poi sulle sue mani: avevano dita lunghe e nervose, abili e dalla forza nascosta, mani bellissime.
Mancava solo un cosa da catturare e tenere stretta, da coltivare nel suo cuore o nella sua mente: la sua voce.
Una voce che non aveva eguali, modulata perfettamente e che inglobava nei suoi toni l’inverno o la primavera. Una voce avulsa a tutto ciò che lui era e appariva, come se Madre Natura avesse voluto celarla in quel corpo sottile e scuro per tenerla lontana dal mondo intero.
Severus era l’involucro di quella melodia meravigliosa.
L’immagine di lui, seduto mentre distillava abilmente la sua misteriosa creatura, avvolto da quei vapori colorati e caldi, lei la rinchiuse dentro di sé, in quell’angolo nascosto situato tra il cuore che batteva e i polmoni che le portavano l’aria.
“Vorrei poter vivere molteplici vite…” pensò Narcissa, e quello struggimento si materializzò in lacrime che le riempirono gli occhi e restarono impigliate tra le sue ciglia, minacciando di rotolare giù e palesarsi.
All’improvviso Severus si accorse di lei e si voltò, sorpreso e in allerta.
Allora Narcissa poté vedere anche il lato destro del suo viso e dovette reprimere un grido, lasciò cadere il cibo che gli aveva portato e si inginocchiò accanto a lui.
Tutto lo zigomo era ricoperto di un esteso livido bluastro.
- Severus!- esclamò la ragazza con la voce piena di angoscia - Cos’è successo?- allungò la mano per sfiorargli il brutto ematoma ma lui scostò il viso e una ciocca di capelli gli ricadde sul volto.
- Non è nulla...- si schermì, guardandola sorpreso per quella reazione così veemente e insolita per lei.
Narcissa aveva gli occhi lucidi come se avesse appena pianto e il volto era preoccupato.
Le dita della ragazza gli avevano sfiorato il livido come una carezza e ora lei era di fronte a lui, una mano appoggiata a terra per sostenersi e l’altra posata con sollecitudine sulla sua spalla, più vicina al collo a dire il vero.
I vapori colorati andavano spegnendosi e pian piano rimase solo la luce tenue del camino e, all’improvviso, Severus si rese conto di quanto il corpo di Narcissa fosse vicino al suo.
La mano che la sosteneva era posata accanto alla sua gamba, lei era reclinata verso di lui che invece era indietreggiato leggermente. Il seno della ragazza gli sfiorava il torace.
Riusciva a sentire il calore della mano appoggiata sulla sua spalla attraverso la divisa; poteva vedere il suo viso, così fine e orgoglioso, a pochi centimetri dal suo. La pelle di Narcissa era perfetta e quasi non si distinguevano i pori.
Per la prima volta la vide davvero, per quello che era e solo per quello: una ragazza bellissima e femminile.
La vide come un uomo vede una donna.
E Severus provò qualcosa che non aveva mai provato prima: sentì la bocca dello stomaco chiudersi dolorosamente, il cuore perdere un battito e un calore spandersi in ogni nervo e ogni organo del suo corpo.
Per la prima volta Severus provò desiderio.
Desiderio di accarezzare ed essere accarezzato, di abbracciare e toccare e sentire un corpo, il corpo di lei, stretto al proprio.
Quell’esplosione di sentimenti così violenti ed appassionati gli tolse il fiato e lui si ritrasse ancora, per nascondere ciò che provava e che sentiva, ciò che il suo corpo dimostrava e reclamava.
“ Dimmi, Nguvu” gli aveva detto Naghib tanto tempo prima  “hai mai baciato una ragazza? E dimmi, come pensi di sapere cosa vuoi nella vita se prima non provi tutto?” le parole della ragazza riemersero dai suoi ricordi e gli rammentarono cosa significassero la dolcezza di un bacio e il contatto leggero con la pelle di un’altra persona.
Cosa avrebbe significato sentire le labbra di Narcissa sulle sue, sentire le punte dei loro nasi sfiorarsi, le loro mani intrecciarsi? Cosa mai avrebbe potuto provare sentendo i loro corpi incollarsi mentre la stringeva a sé?
- Come fai a dire che non è nulla?!- la voce della ragazza lo riscosse - Chi ti ha fatto questo?-
Non trovò la capacità di rispondere, la vide alzarsi di scatto, senza aspettare la sua risposta, con gli occhi fiammeggianti e il viso pieno di furore, e correre via.
Severus rimase per una volta tanto inerme, travolto da ciò che aveva appena capito: aveva compreso dove si trovava il suo cuore.

 

Sirius e James avevano mangiato a sazietà e si apprestavano a rientrare nella Sala Comune, chiacchierando del più e del meno.
Black si prendeva gioco di Potter, dileggiandolo per i suoi continui insuccessi nel tentativo di conquista di una certa rossa.
James accettava abbastanza cordialmente quelle prese in giro, Sirius era l’unico che osasse farlo e che avesse il nulla osta per affrontare quell’argomento così delicato.
All’improvviso, la mano di James scattò verso la bacchetta e, un secondo dopo, un leggero sibilo anticipò una sferzata d’aria che andò a colpire Sirius e gli tranciò di netto una ciocca dei suoi amatissimi e lunghi capelli corvini, ferendogli anche il suo viso perfetto.
- Cosa fai, sei impazzita?- Potter si ritrovò a puntare la bacchetta a un millimetro dal naso di Narcissa, che lo ignorò e seguitò a puntare la sua contro suo cugino.
- Dannato bastardo, traditore del tuo stesso sangue, quando la smetterai di metterti quattro contro uno e di colpire alle spalle le persone?!-
Sirius la fissò con gli occhi spalancati dalla sorpresa, la mano posata sul viso graffiato e dolorante.
- Si può sapere cosa maledizione fai, razza di inutile donna??- il ragazzo era fuori di sé e, se sua cugina non fosse stata una ragazza, le avrebbe già devastato il viso a suon pugni.
- Sai di cosa parlo, lascia in pace Severus una volta per tutte! Ti ho già avvisato! Ho già parlato con Lupin che è un Prefetto: se non la pianti di esseri così vigliacco giuro che ti faccio cacciare da Hogwarts!-
- Andiamo, calmati!- James era esterrefatto - Credi che il tuo amico non abbia colpe? Non fa che spiarci e brontolare strani incantesimi verso di noi, ti togli quella benda che porti sugli occhi e la smetti di fare l’isterica?!-
Narcissa si girò finalmente verso di lui, come se si accorgesse solo in quel momento che era li, accanto a lei.
- Nessuno ha chiesto la tua opinione e a nessuno interessa, tra l’altro - la voce e gli occhi erano gelidi: per lei quel ragazzo occhialuto non era altro che un estraneo inutile e vanaglorioso.
James fischiò piano e alzò le mani in segno di resa.
- Francamente nemmeno mi interessa- disse Potter, con una smorfia - Quello che riguarda te o Mocciosus nemmeno mi sfiora ma, se ci tieni alla sua salute, dì al tuo ragazzo di smetterla di essere così fastidioso e insulso! Sir, con questa esaltata te la vedi da solo, io vado a dormire! Comunque credo che il problema sia la Fattura Atramento*...- e ghignò verso il suo amico, poi si voltò senza più rivolgere uno sguardo a nessuno dei due.
Sirius ci mise un attimo a capire e poi scoppiò a ridere di gusto, rise per qualche istante e poi sospirò.
Lei lo fissò senza scomporsi, continuando a tenerlo sotto tiro, e i due cugini si studiarono per qualche secondo.
- Mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensa Malfoy del fatto che vai in escandescenze per quel disgustoso e viscido bamboccio rachitico!- le ringhiò Sirius, fissandola con malevolenza - Dura, per un signorotto così spocchioso, dover gareggiare con uno sgorbio di quella portata!-
- Sei davvero patetico...sai solo insultare e picchiare la gente, mi fai vomitare!-
Sirius scoppiò a ridere di gusto.
- Sei meravigliosa quando diventi volgare! Ma sai, hai osato tagliare i miei bei capelli, ciò non va affatto bene! - con una rapidità sconcertante estrasse la sua bacchetta e disarmò Narcissa - Di solito non me la prendo con le ragazze ma, visto che tu sei solo una cugina e nemmeno questo granché come parente...i capelli sono di nuovo belli lunghi, vero?- le sussurrò con cattiveria, studiando la chioma bionda di Narcissa che in quei due anni era ricresciuta a dovere, e mosse il polso ma, un attimo dopo, fu lui quello ad essere disarmato.
- Black...sei davvero ridotto a prendertela con una donna?- la voce di Severus li colse entrambi di sorpresa.
Ma Sirius fu più svelto a riprendersi - Accio!- e la bacchetta volò di nuovo nella sua mano.
I due ragazzi si fronteggiarono, fissandosi con rabbia e odio.
Narcissa non esisteva più, c’erano solo loro due: i due rivali.
Erano entrambi abili e determinati e l’esito non era affatto scontato.
La ragazza li osservò incredula, non potevano affrontarsi in un autentico duello proprio nelle vicinanze della Sala Grande!
Severus sentì di essere svantaggiato, poteva cogliere perfettamente i pensieri del suo rivale, perché Black non aveva filtri, era sanguigno e senza alcuna difesa, si offriva in tutto e per tutto.
“Tsk, schifoso e idiota bastardo! Creatura fatua e fallibile!” valutò dentro di sé.
Tuttavia sapeva di essere lui quello più vulnerabile, i sentimenti che aveva appena capito di provare, i desideri che si era scoperto dentro e la vicinanza di Narcissa gli remavano contro.
Poi, quando sembrava che lo scontro fosse sul punto di esplodere, la Professoressa McGranitt comparve da dietro l’angolo, osservò il terzetto e le bacchette sfoderate, avvertì l’aria tesa.
- Cosa succede qui?- chiese severamente, avanzando decisa - Devo togliere punti alle Case anche durante le vacanze?- batté le mani con un suono secco, come per dichiarare chiuso uno spettacolo - Vi voglio nelle vostre Sale Comuni entro due minuti esatti...e non scherzo, se ritenete di metterci di più vi consiglio di correre!- il tono non ammetteva repliche e scornò i due duellanti, che si lanciarono un ultimo sguardo pieno d’odio e poi rinfoderarono le bacchette lentamente.
- Sono già passati venti secondi, avanti marsch!- li ammonì la Professoressa e ognuno si allontanò nella direzione della proprio sala comune.

 

Mentre percorrevano il buio corridoio che li conduceva alla Tana dei Serpeverde, Narcissa faticava a star dietro a Severus che andava a passo di carica e sembrava non avere intenzione di rivolgerle la parola o anche uno sguardo.
Alla fine, quando giunsero in prossimità della sala comune, lei sbottò - Vuoi aspettarmi si o no!-
Lui si fermò di botto e lei quasi gli rovinò addosso.
Severus rimase li fermo con la schiena dritta per qualche secondo e poi si voltò verso di lei.
Era poco più alto di Narcissa e quindi lei poteva fissarlo negli occhi senza dover sollevare la testa di molto.
- Chi ti da il diritto di ficcare il naso nei miei affari?- la sua voce era talmente bassa e fredda che Narcissa credette di aver capito male.
- C-cosa?- il cuore le diede un balzo perché capì che Severus era furioso, era adirato con lei.
Non era mai successo prima.
- Ti ho chiesto chi ti ha dato il diritto di farti gli affari miei - le ripeté, non aveva alcun bisogno di alzare la voce per incutere timore - Black, Potter e chiunque altro io ritenga sia un problema, sono solo ed esclusivamente un mio problema. Quello che riguarda me e queste persone, ha a che vedere con me, con loro e con nessun altro - il tono era minaccioso e gelido - non riguarda il Preside, non riguarda la Mc Granitt, non riguarda i Serpeverde o i Grifondoro e, di certo, non riguarda te!-
Fu come se l’avesse schiaffeggiata in pieno volto e invece lui non aveva alzato la voce nemmeno di un tono, non aveva gridato, non si era scomposto, non l’aveva insultata: le aveva detto, semplicemente, le cose come stavano.
Lui non era affar suo.
Sentirlo direttamente dalla sua voce la ferì come non credeva possibile.
Lo vide sotto una luce completamente diversa, riuscì a cogliere quel lato buio e oscuro che non le aveva mai rivelato prima, come la Luna che rivela la sua parte coperta e in ombra.
Il ragazzo abile e sardonico che conosceva si era come spogliato dalle sue vesti e aveva gettato la maschera e questo nuovo Severus che lei non aveva mai conosciuto faceva paura.
- Hai capito?- le chiese, senza mostrare alcun pentimento per essere stato così duro.
- Certo - lei non mostrò il suo dolore.
- Ottimo, perché io non amo ripetermi!- e chiuse così quella conversazione.
Una volta davanti all’entrata della sala si scostò e la fece passare per prima, con la consueta cortesia e rimanendo impassibile, come se nulla di quello che era appena successo fosse accaduto.
Per Narcissa fu molto più difficile dissimulare, gli rivolse un piccolo cenno di saluto sfiorandolo appena con lo sguardo e poi sparì dietro l’arazzo che celava il dormitorio femminile.
Una volta da solo, Severus prese a raccogliere i suoi alambicchi e un improvviso tremito delle mani lo colse, un furore ed un rabbia ciechi, una sofferenza immani. Scagliò quei soavi recipienti di sottile vetro soffiato nel caminetto, devastando tutto il delicato lavoro che aveva fatto fino a quel momento.

 

Il giorno dopo era sabato e Narcissa decise di sfruttare le poche ore concesse dalla Scuola prima del coprifuoco per andare ad Hogsmeade e, con sua somma gioia, vide che dal camino del cottage di Kerenza usciva del fumo.
La tenda nera era al suo posto e lei entrò a salutare la donna.
- C-ciao! - la veggente le sorrise ma Narcissa avrebbe giurato che ci fosse qualcuno con lei fino a qualche istante prima.
- Ti disturbo? - le chiese già pronta ad andarsene.
- Niente affatto!- Kerenza si riprese subito - anzi, non sai che piacere mi faccia vederti, sono mancata un po’ di più questa volta!-
La ragazza si chiese se non si fosse immaginata tutto e se non fosse diventata paranoica, ma la sensazione che il suo arrivo avesse disturbato qualcosa permaneva.
La giovane donna invece sembrò quella di sempre e chiacchierò con lei per un’oretta nel suo solito modo amabile.
Alla fine si salutarono come sempre e Narcissa riprese la strada per Hogwarts ma, improvvisamente, decise di deviare e percorse il sentiero che portava verso il bosco.
Individuò più o meno il punto in cui era stata aggredita dalla Vulpes Ferrilata, poco più di due anni prima.
Si fermò li ad osservare: ora una leggera coltre di neve copriva il prato e la piccola radura dove lei si era impegnata a raccogliere i cardi.
Poteva sentire gli echi di quel lontano giorno: il ringhio e l’odore fetido della bestia, il grido di Beb, la concentrazione e l’abilità di Severus. Sembrava tutto lontanissimo ed irreale, quel giorno l’aria era frizzante e preannunciava l’inverno, adesso l’aria era gelida e nuvolette di alito caldo fuoriuscivano dalla bocca di Narcissa.
Nulla a che vedere con il freddo che la ragazza sentiva di avere dentro.
Rimase li a lungo, con la mente persa nel nulla e le braccia abbandonate lungo i fianchi, le mani coperte dai guanti ricadevano inerti.
Al posto del petto lei sentiva di avere un gelido blocco di ghiaccio: Lucius campeggiava proprio al centro, fermo ed immobile, bello ed elegante così come lei lo ricordava anche se, a distanza di più di due anni dal loro ultimo incontro, cominciava a dubitare di rammentarselo perfettamente.
Severus era incastrato subito dietro, in un angolo più nascosto ed intimo e sembrava comprimere i polmoni.
Pensare a lui la impediva di respirare liberamente.
“Presto terminerò gli studi…” rifletté, persa in quella specie di trance.”non ho idea di cosa fare della mia vita…” la professoressa di Antiche Rune l’aveva implorata di non abbandonare lo studio di quella materia, perché aveva un talento naturale e doveva farlo fruttare in qualche modo.
Soffiò fuori altra aria che si condensò davanti al suo viso.

 

Severus non aveva chiuso occhio fino all’alba e poi era caduto in un sonno agitato e pieno di sogni confusi. Era abituato a dormire poco ma non a crogiolarsi in certi pensieri: aveva rivissuto ogni singola parte di quella serata fino allo sfinimento, ogni parte, ogni parola.
Quando Narcissa era andata a dormire aveva trovato per terra il pezzo di pane e la fetta di torta che lei, evidentemente, gli aveva portato con sollecitudine non vedendolo a cena.
Il senso di colpa lo aveva tormentato, lei era corsa a cercare Sirius solo per vendicare lui, in un impeto di generosità e, non poteva negarlo, in uno slancio di affetto.
Era quello il problema, lei era sempre così...dolce. Narcissa elargiva poco calore e pochissimo di sé agli altri ma a chi teneva davvero, a chi amava...gli mancava il fiato solo a pensarci.
Scoprire di essere stato così cieco, sordo e folle da non cogliere i propri sentimenti per lei, nascosti da ammirazione e cameratismo, lo lasciava basito.
E lei, cosa provava? Di certo molto affetto.
Ma lui aveva scoperto in un unico istante non solo di amarla da impazzire ma anche di desiderarla immensamente.
Il suo corpo si era risvegliato insieme al suo cuore e adesso, solo l’idea di averla vicina, lo turbava come non mai.
Nei suoi sogni confusi si erano insinuati anche pensieri che non aveva mai avuto prima: l’aveva rivista chinata su di lui, preoccupata per la sua ferita, e questa volta lui non aveva esitato, aveva osato e l’aveva baciata.
Si era svegliato completamente travolto da quella sensazione realistica delle sue labbra sulle proprie, del suo corpo stretto al suo e aveva capito che, da adesso in poi, stare accanto a lei sarebbe stata una tortura.
Aveva fatto in modo di andare ad Hogsmeade prima di incontrarla, perché aveva un impegno che, alla luce dei fatti, avrebbe preferito evitare.
Aveva atteso per un po’ dalle parti del pub fatiscente “La testa di Porco” e infine Lucius Malfoy era giunto.
- Scusa il ritardo - gli aveva detto, asciutto - comunque ti prenderò poco tempo - Severus aveva avvertito chiaramente che l’altro uomo era turbato da qualcosa, era meno amichevole e spaccone del solito - a gennaio compirai diciassette anni, ciò significa che non avrai più bisogno di avermi come tutore al di fuori delle mura di Hogwarts - sembrava che l’idea gli desse un certo sollievo - e poi...ciò significa che è giunta l’ora...-
Il corpo di Severus si era teso in uno spasmo di anticipazione: il momento tanto atteso era infine arrivato.
Lucius lo aveva studiato un attimo senza mostrare alcuna emozione, anche se era stato lui il principale fautore dell’incontro che presto sarebbe avvenuto.
“Se volessi potrei penetrare la sua mente come una lama incandescente con un panetto di burro…” aveva valutato Severus, sapendo che Lucius era un maestro nella dissimulazione ma un pessimo Occlumante.
Era come Sirius, ma in modo diverso: mentre Black era troppo irruento e impulsivo per sapersi controllare, Lucius era eccessivamente calcolatore e trattenuto.
“Deboli…” li aveva classificati Severus cinicamente. E poi si era chiesto se, dopotutto, non fosse la gelosia a fargli giudicare l’altro uomo in modo così poco generoso, dopotutto Lucius era una persona molto vicina a Narcissa e forse era promesso a lei in qualche modo.
“Anche tu sei debole, Severus. Ma non durerà a lungo, tu saprai contenerti, saprai essere padrone di te stesso, non sarai come tuo padre…” si era detto con forza, stringendo i pugni.
Si erano lasciati con la consueta stretta di mano e con la promessa di combinare quell’importante evento per febbraio al più tardi.
Poi Lucius si era smaterializzato e Severus aveva ripreso la via del Castello.
Ora stava camminando a passo spedito solo che, giunto ad un certo punto, decise di andare a controllare la sua riserva naturale di Elleboro, che si trovava in una rientranza nascosta poco lontano da dove la volpe Animagus aveva aggredito Narcissa e Beb.
Prese il sentiero per il bosco e proseguì alla svelta e, ad un certo punto, si piantò nel terreno, paralizzato.
Narcissa era a pochi metri da lui e fissava il nulla o guardava qualcosa ma senza in realtà vederlo.
Severus fu tentato di fare dietro front ma sapeva che così non avrebbe risolto nulla e che essere così vulnerabile non era di buon auspicio per ciò a cui lui anelava sopra ogni cosa: conoscere e servire Lord Voldemort.
Inspirò ed espirò lentamente e si concesse di osservare la ragazza ancora qualche istante prima di rivelarle la sua presenza. Cullò con gli occhi quel profilo che conosceva così bene ma che ora gli era particolarmente caro, ammirò i riflessi chiari dei suoi capelli, registrò dentro di sé la postura elegante e misurata di lei anche nell’inerzia e il suo bel corpo appena celato dal mantello ma non per questo mortificato.
Di nuovo quelle sensazioni palpitanti presero vita dentro di lui e dovette passarsi una mano sul volto per cercare di dominarle e riprendere la padronanza di sé.
Quando la mano scese dal suo volto vide che Narcissa si era voltata verso di lui e lo stava fissando, si guardarono per qualche istante e poi lei gli rivolse un piccolo sorriso incerto e carico di sofferenza.
Severus avrebbe voluto correre dalla ragazza, prenderla tra le braccia e baciarla fino a coprire quel sorriso triste, avrebbe voluto stringerla e dirle che non la odiava ma, anzi, la amava talmente tanto che aveva paura di annegare in quel mare di sentimenti così potenti.
Invece rispose con il suo sorrisetto storto e le disse - Vieni, ti faccio vedere un  mio piccolo segreto…- e la raggiunse, superandola e invitandola a seguirlo.
Una volta che il sentiero prese a scendere raggiunsero una zona piana ma circondata da avvallamenti ricoperti di edera, Severus puntò verso un gruppo di rocce e sollevò con la mano la fitta cortina di rampicanti e rivelò una specie di piccola grotta.
Narcissa vi entrò e vide che era interamente coperta di piantine di elleboro, salvia, malva, gelsomini gialli e persino calendula, in una sinfonia di delicati colori.
- La mia serra personale…- le disse lui, fissandola intensamente mentre lei contemplava quello spettacolo inusuale nel mezzo di un inverno scozzese.
- E’ meravigliosa Severus…- sussurrò lei, rapita e ammirata.
- Si, meravigliosa…- ripeté lui continuando a guardarla.
- Grazie di avermi portato qui…- gli disse Narcissa, voltandosi verso il ragazzo.
- Grazie a te... - le rispose lui quietamente e lei intuì che si riferiva alla sera prima.
Si sorrisero ma entrambi erano consapevoli che qualcosa era inesorabilmente mutato nel loro rapporto.

 

(Febbraio)

 

La stanza era semibuia, come sempre.
Le tre figure erano immobili: Lord Voldemort stava in piedi e fissava con profondo interesse il suo ospite.
Lucius sentiva la tensione addosso: il Signore Oscuro era concentrato su Severus ma sentiva che stava valutando attentamente anche lui, teneva d’occhio il suo stato d’animo cogliendone ogni sfumatura.
L’uomo cercò disperatamente di controllarsi ma capiva che i suoi pensieri erano un’emorragia e inondavano la stanza.
Fece un piccolo inchino per congedasi ma Voldemort lo bloccò - Desidero che tu assista, Lucius - la sua voce gelida era permeata di un piacere sadico.
Lui rimase dov’era: ogni desiderio dell’Oscuro Signore era un ordine.
- Mi sono state dette cose strabilianti su di te - la voce fredda del Signore Oscuro volò attraverso il pavimento e raggiunse Severus, che era inginocchiato davanti a lui - sento che sarai davvero fondamentale per la nostra causa e che mi servirai bene…- e l’onda arrivò ma il ragazzo era prontissimo e, come un abile illusionista, camuffò ogni sentimento personale, ogni desiderio, ogni struggimento in un angolo dove nemmeno Lord Voldemort poteva arrivare.
Celò Narcissa nel profondo.
Per il resto si offrì senza riserve e senza menzogne: la sua vita, la sua infanzia, i suoi sentimenti di rabbia, la sua esigenza di rivalsa e la sua smania di vendetta.
Suo padre, sua madre, i maltrattamenti, la scuola, i nemici...si offrì con tutto sé stesso e avvertì che l’Oscuro Signore fece suoi tutti questi ricordi e questa volontà.
Quando si ritirò Lord Voldemort sorrideva - Mi compiaccio immensamente...- si avvicinò al ragazzo - porgimi il braccio sinistro, Severus Snape: il Mezzosangue…- e, sotto gli occhi azzurri e intensi di Lucius, il Signore Oscuro appose il suo marchio indelebile sulla pelle del ragazzo e sulla sua intera vita.

 

Fine cinquantesimo capitolo

 

*atramento= inchiostro


Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice) : si capisce che amo Severus di un amore malsano? :D chissà...siccome sono vecchia (*ride scioccamente) amo la musica datata, è inevitabile...quindi quando penso a Severus e anche a Severus e Narcissa ho sempre e solo in mente una canzone vecchissima ma stupenda e, non so se si può dire, “sbragamutande” come quella della quale ho citato il testo (ovviamente tradotto) a inizio capitolo. Se la conoscete (ma sono certa l’abbiate sentita almeno una volta) bene, se non la conoscete correte su you tube perché è bellissima ^_^ se avete canzoni romantiche più attuali sono tutta orecchie! Buonanotte e a presto ^_^

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Capitolo 51
*** La Giostra ***


 

Come sempre grazie a chi legge, segue e a chi ha recensito: miss Gold_394 e Gialy66! Grazie mille! Come volevasi dimostrare sto rallentando il ritmo :D ma sono costante, come volevasi dimostrare, inoltre, ho scelto una canzone vecchia ed obsoleta per aprire questo capitolo! Perdonatemi ^_^ a presto!






Voltati,

Tutte le volte

Divento un po' più sola

E tu non vieni mai

Voltati,

Tutte le volte

Divento un po' più stanca

Di ascoltare il suono delle mie lacrime.

Tutte le volte

Divento un po' più nervosa

Del fatto che i migliori anni sono passati

Tutte le volte

Divento un po' più impaurita

E poi vedo il tuo sguardo

Voltati, occhi luminosi

Tutte le volte

Cado a pezzi

Tutte le volte

Divento un po' più irrequieta

E sogno qualcosa di selvaggio

Tutte le volte

Divento un po' più indifesa

E sono distesa tra le tue braccia come una bambina

Voltati

Tutte le volte

Divento un po' più arrabbiata

E so che devo uscire e piangere

Tutte le volte

Divento un po' più impaurita

E poi vedo il tuo sguardo

Voltati, occhi luminosi

Tutte le volte

Cado a pezzi

E ho bisogno di te stanotte

E ho bisogno di te più che mai

E se solo mi terrai stretta

Noi ce la faremo

E andrà bene

Perché non saremo mai sbagliati insieme

Possiamo portarlo alla fine della strada

Il tuo amore é come un ombra su di me tutto il tempo

Non so cosa fare, e sono sempre al buio

Viviamo in una polveriera e facciamo scintille

Ho davvero bisogno di te stanotte

Per sempre partirà da stanotte

Una volta, mi stavo innamorando

Ma adesso sto' solo cadendo a pezzi

Non c'è niente che possa fare

Un eclisse totale del cuore

Una volta, c'era una luce nella mia vita

Ma ora c'è solo amore nel buio

Non c'è niente che possa dire

Un eclisse totale del cuore

Voltati, occhi luminosi,

Tutte le volte

So che non sarai mai

Il ragazzo che sei sempre voluto essere

Voltati,

Ma tutte le volte

So che sarai sempre

l'unico ragazzo che mi vuole per come sono

Voltati,

Tutte le volte

So che non c'è nessuno nell'universo

Magico e meraviglioso come te

Tutte le volte

So che non c'è niente di meglio

Non c'è niente che non farei

Voltati, occhi luminosi

Tutte le volte

Cado a pezzi

E ho bisogno di te stanotte

E ho bisogno di te più che mai

E se solo mi terrai stretta

Noi ce la faremo

E andrà bene

...

Un eclisse totale del cuore

Una volta, c'era una luce nella mia vita

Ma ora c'è solo amore nel buio

Non c'è niente che possa dire

Un eclisse totale del cuore

 

(Total Eclipse of the heart - Bonnie Tyler)








 

“Un gelido destino”


(La giostra)


Capitolo cinquantunesimo


(Luglio)


Narcissa rigirò tra le mani l’elegante cartoncino color avorio, gli occhi esprimevano tutta la perplessità che provava.
Aveva conseguito i suoi M.A.G.O e, da poco più di una settimana,  aveva lasciato definitivamente Hogwarts.
Nel corso degli ultimi mesi aveva sentito il suo rapporto con Severus sgretolarsi pian piano, come l’intonaco da un muro ormai logorato dalle intemperie, e ciò le aveva causato un senso di angoscia indicibile.
Si erano salutati con la consueta cortesia ma lui le era apparso ermetico e del tutto desideroso di lasciarsi la loro amicizia alle spalle.
Lei ricordava ancora la sensazione di ineluttabilità che aveva avvertito quando il ragazzo le aveva fatto vedere la sua serra personale: un ultimo atto di quel cameratismo che da sempre li aveva uniti.
Non capiva del tutto cosa avesse portato ad un simile distacco ma sapeva che l’idea di non vederlo più le causava una sofferenza acuta, l’idea di saperlo solo ad Hogwarts la inquietava, pur sapendo perfettamente quanto lui sapesse cavarsela egregiamente in ogni situazione.
Rientrare a casa le aveva dato la misura della vita che l’aspettava da quel momento in avanti: noia e prigionia.
La guerra in atto aveva reso ogni attività e ogni spostamento difficoltoso, il coprifuoco del Ministero era chiaro e anche l’invito a non aggregarsi in gruppi troppo numerosi in luoghi esposti e vulnerabili.
Ed ora ecco quell’invito.
Sfidando le indicazioni del governo, un nutrito gruppo di maghi purosangue aveva deciso di partecipare ad un evento mondano, come a dimostrare che i pericoli che si insediavano nella società magica non li riguardava.
- Dovreste chiedere a Vostro padre il permesso, signorina - la incoraggiò Dorothy, che aveva seguito ben poco ciò che accadeva al di fuori delle mura di casa Black - la famiglia Hinchinhooke è una delle più importanti e in vista del mondo Magico.-
- Davvero? Non l’ho mai sentita nominare- mormorò la ragazza facendo mente locale - e poi l’invito non viene direttamente da loro, viene da Barty Crouch…- arricciò le labbra con aria poco convinta.
Avevano mantenuto i contatti in quegli anni, perché lui si era dimostrato molto rispettoso e gentile e lei non aveva trovato una scusa valida per non consentirgli di scriverle o di spingersi fino ad Hogsmeade per incontrarla un paio di volte.
Ora la invitava ad essere la sua dama a questa festa lussuosa dove si sarebbe tenuta persino una sfida a sciarada figurata*, gioco che lei aveva praticato, con le sue sorelle e i suoi cugini, da bambina.
La tentazione di accettare e partecipare era tanta, perché l’unica festa alla quale aveva preso parte era stata quella a Malfoy Manor sette anni prima: ricordava ancora l’eccitazione, l’emozione...la maledizione di Aloise Alderman che, vista da così lontano, le sembrava davvero irreale. Ricordava Lucius nello splendore dei suoi sedici anni, così come le era apparso ai suoi occhi di bambina undicenne.
Il cartoncino le sfuggì di mano.
- Signorina, c’è qualcosa che non va? Siete preoccupata per il vestito?- la voce di Dorothy la riscosse e lei valutò che, in effetti, quello dell’abbigliamento era un problema non da poco.
A Diagon Alley non esisteva più nessuno che confezionasse abiti di una certa qualità e Madama Mc Clan riceveva solo su appuntamento e solo per confezionare le divise di Hogwarts, dietro espressa richiesta di Silente.
La paura era tanta e tutti cercavano di rendersi quasi invisibili.
“ Certo, i sanguesporco, i babbani e i loro simpatizzanti hanno tutto da temere, noi purosangue viviamo in un altro mondo…” pensò senza provare alcuna particolare empatia.
- Papà non sarà mai di ritorno entro domani, vero? Potrei spedirgli un gufo…-
- Vostro padre dovrebbe essere a Weirwater ormai- le rispose Dorothy - a quanto pare ha l’intenzione di riaprire la casa, Londra non è più un luogo sicuro per la brava gente!- lo disse con un tono leggermente indignato.
Cissy si guardò bene dal dirle che la definizione di “brava gente” era piuttosto opinabile, non ci avrebbe messo in mezzo i sanguesporco ma nemmeno certe persone incappucciate.
L’idea di ritornare a Weiwater non le sorrideva poi tanto, aveva anelato di poter rivedere la sua cara dimora scozzese per anni ma vicino al suo adorato castagno, giusto un filare di alberi più in la, aveva assistito ad un omicidio a sangue freddo da parte di Lucius.
Nelle ultime settimane, senza capire bene come, gli incubi che l’avevano tormentata per anni si erano diradati e affievoliti e lei sperava che una vita tranquilla le consentisse di chiudere definitivamente con quelle visioni inquietanti.
Lanciò un’occhiata all’invito e si morse le labbra.
Era così tentata di partecipare a quell’evento che non sapeva decidersi, Barty era stato talmente bene educato e discreto in quegli anni che non le dispiaceva affatto l’idea di uscire e fare qualcosa di completamente nuovo.
- Potremmo guardare tra i vestiti di Vostra madre!- propose Dorothy - alla Vostra età partecipava ad un ballo almeno due volte a settimana! Era sempre la più bella e la più elegante!- la domestica aveva un’aria sognante - ricordo ancora quando compì i diciassette anni e io potei accompagnarla al suo ballo di ingresso in società! La corteggiarono tutti disperatamente e Vostro padre fu il primo ad avere l’onore di danzare con lei! Tre mesi dopo erano fidanzati…- gli occhi della donna erano velati di nostalgia.
Narcissa evitò di chiedersi di quanti millesimi di secondo Cygnus avesse vinto la corsa contro Abraxas e scattò in piedi piena di entusiasmo.
- Ottimo! Bella idea, tanto a lei non serviranno più!- la brutalità di quell’affermazione colpì dolorosamente la governante, che sbarrò gli occhi ma non ebbe il coraggio di dire nulla e si limitò a sistemarsi la cuffietta con aria sofferente.
- Perdonami…- le sussurrò Narcissa, accarezzandole un braccio - sono stata orribilmente indelicata. Ti prego, aiutami a cercare qualcosa di adatto in modo che io possa accettare questo invito.-
La donna si riprese e condusse la ragazza nella stanza guardaroba che era stata di Druella e che era rimasta inalterata da quel giorno di tre anni prima, quando la padrona di casa era stata rinvenuta priva di vita.
La quantità di abiti era impressionante ma quello che fece lanciare a Narcissa un’esclamazione  di entusiasmo, fu una parte dell’armadio dedicato esclusivamente agli abiti giovanili di sua madre.
Le due ore successive furono estremamente divertenti, tralasciando i momenti di commozione della domestica che si soffiò il naso più e più volte, e Cissy scrutò con profonda ammirazione ogni singolo vestito.
Riconobbe, con un colpo al cuore, lo splendido abito che Druella indossava nel ritratto babbano di Malfoy Manor e che Dorothy le rivelò essere quello del debutto di sua madre.
Chiaramente per Abraxas era stato un colpo di fulmine e l’immagine di lei era rimasta inalterata per sempre, incisa nella sua mente in modo indelebile.
Narcissa lo scartò con decisione, anche perché non sapeva se l’uomo sarebbe stato presente o meno.
Evitò di pensare a Lucius ma immaginò che non avrebbe partecipato perché le cronache non trattavano di lui da diverse settimane: il giovane sembrava sparito nel nulla.
Alla fine optò per un vestito color argento dal corpetto stretto come un bustino, con le stecche di balena, i lacci che lo chiudevano sul davanti e le spalline sottili, ma decise di aggiungere alla gonna di chiffon un ulteriore strato di velo color malva, per staccare un po’ senza appesantire l’effetto così elegante e sobrio.
- Come sempre avete buon gusto!- si congratulò Dorothy e disse a Narcissa di non preoccuparsi e che avrebbe preparato lei l’abito, in tempo per l'indomani.
Cissy gettò al vento qualsiasi riserva e mandò Galatea a recapitare la risposta affermativa a Crouch.

 

La sera successiva la ragazza si preparò con cura, raccolse i capelli sulla nuca e li chiuse con un fermaglio tempestato di zaffiri rosa e si allacciò attorno al collo un semplice nastro di raso color argento, che sottolineava discretamente il suo bel collo diafano.
Essendo il corpetto del vestito piuttosto audace, Dorothy aveva avuto la buona pensata di confezionare uno scialle di velo dello stesso color malva della gonna.
Narcissa si sentiva felice in quel momento e sentiva il cuore battere in profondità, facendole provare la gioia di essere viva e giovane come non si sentiva da tempo.
Indossò dei lunghi guanti bianchi e scese al piano di sotto, dopo aver promesso alla governante di raccontarle tutto al suo ritorno.
Quando Barty la vide rimase senza parole e non trovò di meglio che farle un lieve baciamano.

- Sei splendida, davvero - le sorrise con calore - sarà l’uomo più invidiato della festa!-

Lei gli sorrise e si complimentò per la sua eleganza ineccepibile.

Infine si avviarono al ballo nella carrozza dei Crouch, conversando amabilmente.


La casa londinese della famiglia Hinchinhooke era leggermente defilata rispetto la centro ed era molto bella ed elegante.
L’aspetto era forse un po’ troppo cupo all’interno ma l’illuminazione sfarzosa, creata in occasione della festa, alleggeriva l’aria opprimente data dalla pesante tappezzeria e dai pavimenti scuri. Un incantesimo aveva allargato a dismisura il salone principale, in modo da consentire agli invitati di muoversi comodamente, di accedere al buffet e di avere una visuale ottimale del palco eretto appositamente per l’orchestra e per i giochi previsti.
Narcissa ammirò tutto in modo tiepido: nulla era paragonabile a ciò che avevano fatto i Malfoy per la festa della Vigilia di tanti anni prima, tuttavia era stato profuso molto impegno.
L’inizio della festa fu dedicato ai saluti e alle presentazioni: Bartemius conosceva tutti, lei nessuno.
Fu ammirata dagli uomini e invidiata dalle donne ma lei, come sempre, volò con la mente lontano e perse il contatto con la realtà, osservando ogni singolo dettaglio dell’allestimento e prestando poca attenzione alle persone.
Ad un certo punto vide una coppia che sorseggiava le loro coppe di champagne e osservava attentamente la folla scambiandosi qualche parola.
Narcissa rimase a bocca aperta e si avvicinò ai due, tallonata da un improvvisamente guardingo Crouch.
- Bella…- sussurrò Cissy, rivolta a sua sorella.
La donna si voltò e le sorrise beffarda, studiandola in ogni dettaglio.
Il fascino di Bellatrix era esaltato da un abito splendido e aderente color amaranto, che le lasciava le spalle e le schiena del tutto nude, sottolineava il suo seno perfetto e femminile e copriva le braccia sottili grazie a delle maniche lunghe ed aderenti.
Chiaramente la donna non voleva passare inosservata.
- To’, guarda chi c’è...la mia dolce sorellina!- e poi lo sguardo scivolò su Barty e la bocca si strinse in una smorfia divertita - e c’è anche Bartemius “fil di paglia” Crouch...voi conoscete già mio marito, no?- gli occhi le brillarono ilari.
Solo l’esemplare educazione di Narcissa le impedì di sussultare e sgranare gli occhi.
Non vedeva Rodolphus da anni e il cambiamento fatto dall’uomo era a dir poco sconvolgente.
Era elegante in un completo scuro e il viso mostrava dei bei lineamenti, piacevoli e regolari, gli occhi chiari non erano più acquosi e dementi e i capelli erano perfettamente pettinati sulla testa.
Ed era sobrio.
Lui sorrise brevemente a Cissy e rivolse un cenno colmo di disagio a Barty, poi si rivolse alla moglie, invitandola a ballare.
Lei lo prese sottobraccio, sotto gli occhi increduli di sua sorella, e si fece condurre al centro della pista dove presero a seguire il ritmo della musica in modo ineccepibile.
- Che ne dici, ci buttiamo anche noi?- Crouch sorrise a Narcissa e lei si avviò sulla pista, piena di stupore.
Barty era un ottimo ballerino e un piacevole conversatore, educato e interessante e, poco alla volta, lei si sciolse e iniziò a godersi la serata.
- Non sai quanto mi hai reso felice accettando il mio invito…- le mormorò lui ad un certo punto, stringendola a sé in modo un po’ più intimo - ...in tutti questi anni ho cercato di restare al mio posto e di mostrarti tutto il rispetto che meriti, Black...ma permettimi di dirti quanto io ti ammiri e quanto io pensi a te, sempre - la voce di Barty, sussurrata all’orecchio, era gentile ed educata e le diede dei piccoli brividi sul collo.
Il suo abbraccio era confortevole e lei si rese conto di quanto soffrisse di solitudine: avere qualcuno che pensava a lei e che la faceva sentire importante e desiderabile era piacevole.
Capì quanto le mancasse un punto di riferimento, una compagnia della sua età, un compagno che la facesse sentire amata.
Di quanto le mancasse qualcuno da desiderare, sognare, amare.
Di quanto le mancasse…
Si scostò leggermente e guardò il ragazzo negli occhi - Mi dispiace…- gli sussurrò, leggermente contrita.
Lui le sorrise senza perdere la sua cortesia - Lo so, ma lasciami sperare - le disse serenamente - io so attendere -
Narcissa si morse le labbra ma non aggiunse altro e, per fortuna, quel ballo finì in fretta.
Ad un certo punto lui le offrì calice di un vino bianco leggero ed aromatico e lei bevve senza pensarci troppo, osservando Bella camminare disinvolta per la sala al braccio del suo irriconoscibile marito e chiedendosi perché si fosse lasciata intrigare da quell’invito.
Al secondo bicchiere sentì la testa leggera e il desiderio di imprecare decisamente contro sé stessa.
Al terzo bicchiere sentì caldo e la voglia di uscire da quella sala stracolma di maghi e streghe decrepiti o almeno di togliersi le scarpe e poggiare i piedi nudi sul pavimento fresco.
- Sei ubriaca?- la voce di Bellatrix la riscosse e lei si rese conto di essere sola, senza il suo cavaliere.
- Cosa? - la voce voleva essere indignata ma ne uscì un “cosgia?” poco convincente.
Sua sorella la prese per un braccio e la trascinò in un luogo più appartato.
- Si può sapere cosa ci fai tu, qui?- le sibilò, sventolandole il viso con la mano per aiutarla a riprendersi - ti rendi conto di chi sia la padrona di casa? Sai chi ha organizzato questa festa almeno??!- gli occhi di Bella erano quelli di una folle e Cissy la fissò sbattendo i suoi in modo abbastanza stolido.
- Aspetta...lo so…- si concentrò, socchiudendo gli occhi e vacillando leggermente - sono gli antichissimi Signori...Chinchinuuse!- e le sfuggì un piccolo singhiozzo.
- Hinchinhooke…- ringhiò Bella a denti stretti - si può sapere perché bevi se poi non reggi l’alcool?- le disse, afferrandola per le spalle e scuotendola leggermente.
- Perché, mia cara e adorata sorellina, sono infelice...ecco perché!- le sussurrò Narcissa con aria complice, sottolineando ogni parola con dei piccoli colpetti del dito indice sullo sterno di sua sorella, strizzandole l’occhio.
Bellatrix rimase senza parole e la fissò per qualche istante, studiò il volto bello e leggermente stravolto dell’altra ragazza, gli occhi velati e indifesi e imprecò in modo poco signorile.
- Ancora non sai cosa sia l’infelicità, fidati!- le disse, lasciandola andare.
- Certo, scusa, hai ragione!- Cissy alzò le mani in segno di resa - tu sola sei la padrona della disperazione, della solitudine e del vuoto che ti corrode dentro! Dimenticavo che la tragicità è tutta solo ed esclusivamente tua!- le due giovani donne si fissarono e, all’improvviso, si accorsero di non essere più sole.
Un giovane che indossava la livrea della servitù si era avvicinato a loro e le osservava in silenzio, aspettando di essere notato.
- Che vuoi?- esclamò Bella, voltandosi con furore verso l’intruso.
Il giovane la fissò con interesse ma mascherò il tutto dietro un’espressione professionale e molto dimessa.
- Le Signore anziane della festa chiedono che, per questa seconda parte della sciarada, la più giovane delle donne sposate presenti in sala si presti a comparire al centro della scena.-
Le due sorelle Black lo guardarono come se lui avesse avanzato loro quella proposta improvvisando un balletto.
- Seconda...cosa?- chiesero insieme.
Il domestico sorrise lievemente.
- E’ stata allestita la seconda parte della sciarada, Madame e Mademoiselle. - spiegò lui, gentilmente - La prima scena è stata risolta con successo e ora manca la seconda parte per completare il quesito...come potete notare, gli ospiti si sono divisi in due squadre e aspettano di proseguire con il gioco…- e fece un cenno con la mano per indicare due folti gruppi ben separati che chiacchieravano allegramente.
Le due ragazze non si erano accorte di nulla.
- E perché chiedono di me? - domandò Bella, socchiudendo gli occhi bruni con diffidenza.
- Perché le Signore sposate avrebbero piacere di essere rappresentate dalla più giovane di loro - spiegò pazientemente il ragazzo - Visto che si tratta di uno scenario particolare e che, contemporaneamente, verrà indetta un’asta per raccogliere i fondi da donare all’ospedale San Mungo- il giovane sorrise più apertamente - La presenza di una bella e giovane Signora permetterà di raggiungere la cifra necessaria in minor tempo.- chinò il capo in attesa di una risposta.
Bellatrix tacque qualche istante.

- Cosa ci si aspetta che io faccia? Che salga su quel palco?- chiese sprezzante.
Gli occhi del domestico ebbero un guizzo ma non mostrò nessuna emozione.
- Esattamente, Madame Lestrange. - assentì, senza alterare il proprio tono di voce - La scena prevede la presenza de “La Giostra” ma, niente paura, il meccanismo originale non funziona, Madame. Il bracciale scatterà allo scioglimento della sciarada o al raggiungimento della cifra di diecimila galeoni d’oro.- le spiegò.
Bellatrix strinse gli occhi a una sottile fessura - Un’asta? E dovrei mettere in palio che cosa?- chiese velenosamente.
- Un ballo Madame, solo un ballo - le spiegò ancora il ragazzo - Se mi permette, credo che l’idea di chiedere a Voi di partecipare sia per consentire il raggiungimento della cifra in modo più repentino…- era chiaramente un complimento ma la donna non sembrò lusingata.
- Dovrei essere attaccata alla Giostra?- chiese e si portò la mano destra automaticamente a coprire il braccio sinistro.
Pur nella sua profonda ubriachezza, il cervello di Cissy prese a funzionare: sapeva cos’era questa famosa “Giostra” , chiamata anche “La Ruota” o  “Il Sole che purifica” e, onestamente, non capiva perché mai si fossero sognati di usarla per una serata del genere.
Si trattava di uno, sfortunatamente, famoso mezzo di tortura che era divenuto molto popolare durante i grandi processi e la caccia alle streghe.
La poveretta di turno veniva legata mani e piedi e poi le due ruote, dotate di raggi a cui erano fissati i ganci, venivano fatte girare, una in un senso e una nell’altro, portando di fatto la malcapitata a venire lacerata in due tra atroci sofferenze.
Un cosa del genere era stata usata anche dagli antichi Governi dei maghi contro le Streghe della Cornovaglia, accusate di essere delle ribelli.
In quel caso, lo strumento era stato permeato di magia: gli anelli si stringevano da soli, ad ogni rifiuto della strega di confessare la sua appartenenza alle seguaci del Dio Bucca Duh, e finivano con il tranciare di netto mani e piedi della povera vittima, che moriva tra atroci dolori per dissanguamento.
- E’ inaudito ed umiliante!- si indignò Narcissa, recuperando un minimo della padronanza di sé.
Il giovane la guardò con intensità e sorrise: un sorriso che non raggiunse gli occhi.
- E’ solo un gioco Mademoiselle, le altre dame si sono già prestate nella prima scena allestita e i cavalieri hanno provveduto a sciogliere l’enigma e a raggiungere una cifra importante per la donazione all’Ospedale -poi si rivolse a Bellatrix - Devo dire che non intendete prestarVi, Madame?- chiese in tono innocente ma l’opinione che traspariva da quelle parole era chiara.
La serata era allegra e aveva uno scopo nobile, nessuno si era tirato indietro.
Narcissa osservò che sua sorella seguitava a stringere in modo protettivo il braccio sinistro e, finalmente, capì.
Per funzionare il meccanismo doveva stare a contatto con la pelle nuda e per Bellatrix mostrare il proprio braccio, marchiato dall’Oscuro Signore, era impossibile.
- Lo farò io!- esclamò, prima di ragionarci troppo su.
Gli altri due si voltarono a guardarla: lei molto sorpresa, lui no.
Il domestico sorrise lievemente.
- Mademoiselle, onde evitare imbarazzi si preferiva che fosse una donna sposata a partecipare…- le disse, con aria costernata.
“Non mi piace questa persona…” valutò Cissy, cercando di ricordare se l’aveva già visto da qualche parte.
- Immagino che potrò restare vestita e dovrò togliermi solo i guanti, no? Quindi non vedo il problema, a meno che non voglia insinuare che l’asta per strapparmi un ballo sarà un fallimento!- il tono era abbastanza arrogante da far desistere il ragazzo da ogni tipo di protesta.
Bellatrix fece per dire qualcosa ma Narcissa la bloccò e invitò il giovane a condurla sul palco dove, nel frattempo, era stata tirata una tenda per allestire la prossima scena.
- Bene, dove sarebbe questo aggeggio?- chiese con aria pratica togliendosi i guanti e, quando venne condotta davanti al grande marchingegno, un po’ dell’audacia di Narcissa si spense.
A quella grande ruota dorata, simile a quella di un enorme carro, che si teneva in equilibrio grazie alla magia ,erano appese due catene che scendevano e terminavano in due grossi bracciali, che ricordavano molto quelli indossati dai carcerati.
Quelle per i piedi erano state tolte e quindi lei sarebbe stata agganciata solo per le braccia.
Man mano che si avvicinava a quella specie di rappresentazione stilizzata di un sole punitore e crudele, Cissy sentiva che maledirsi da li all’eternità non sarebbe bastato a dare la misura di quanto si sentisse stupida e avventata.
Il ragazzo la studiò di sottecchi, ridendo sotto i baffi.
- Bene Mademoiselle, se Volete essere così cortese da fermarVi di fronte a “La Giostra”, dandole le spalle, potrò metterVi i bracciali.-
Lei fece come le era stato detto e lui chiuse sui suoi polsi le due grosse fasce dorate. Il metallo freddo e pesante le diede una sensazione orribile e un piccolo rivolo di sudore le scese lungo la schiena, sollevò la testa cercando di nascondere il profondo disagio.
- Grazie Mademoiselle, adesso tireremo la tenda e i partecipanti all’asta potranno cercare di indovinare la parola chiave puntando del denaro. Quando la parola sarà stata indovinata o la cifra che Vi ho detto raggiunta o superata, i bracciali scatteranno da soli e Voi sarete libera.- le sorrise inchinando le testa in modo rispettoso.
- Ci siamo già incontrati?- non poté resistere dal chiedere Narcissa, mentre quello si allontanava.
Lui si fermò un attimo e la guardò diritto negli occhi.
- Non credo, Mademoiselle…- sussurrò e seguitò ad allontanarsi.
- Grazie, allora…- gli disse Cissy, avvertendo ancora una profonda inquietudine e sentendo che la sbornia era passata di colpo.
- Non c’é di che, dovere mio Madamoiselle. Grazie a Voi...- e sparì, lasciandola sola su quel palco.
Le Sciarade figurate erano un gioco del tutto innocente e popolare, allora perché sentiva che era tutto profondamente sbagliato?
Le tende presero ad aprirsi e lei cercò di controllare l’espressione del volto e di non lasciare trasparire il disagio che le faceva cedere le gambe: Bellatrix sarebbe stata molto più a proprio agio con i riflettori puntati e, probabilmente, sarebbe rimasta dritta come una spada e con l’aria di sfida ben piantata sul volto arrogante.
Ed ecco che decine di occhi si concentrarono su di lei e il silenzio fu irreale per qualche secondo.
Tutti gli uomini presenti in sala la soppesarono per diversi istanti molto lunghi, osservarono il suo corpo, passandolo al microscopio e lei maledisse anche la scelta di un abito con un corpino così rivelatore.
Non ne aveva azzeccata una.
Poi il brusio ruppe quell’agghiacciante mutismo e le due squadre iniziarono a parlottare e cercare di sciogliere l’enigma.
Sembravano sinceramente presi dal gioco e lei si rilassò un po’ e lasciò scorrere lo sguardo lungo i presenti.
Individuò Barty in una delle due squadre, la guardava lievemente perplesso e preoccupato ma sembrava anche molto preso dal gioco.
Lei gli sorrise e poi cercò Bellatrix: sua sorella la stava guardando ridendo apertamente e scuotendo la testa, poi sollevò il braccio sinistro, aprì i bottoncini del polsino e arrotolò la manica, mostrando a sua sorella un braccio perfetto e senza alcun marchio nero.
Ovviamente esisteva un modo per occultarlo quando serviva.
Narcissa la guardò e non trovò nulla di abbastanza offensivo da pensare: Bella si era presa gioco di lei, di nuovo.
“Ma perché sono così idiota?” si disse, sconcertata dalla sua tendenza a ripetere gli stessi errori costantemente.
Le squadre iniziarono a puntare denaro e a tentare di indovinare la parola chiave, non era molto semplice e entrambe le fazioni sbagliarono tre tentativi a testa.
La cifra aveva raggiunto i tremila galeoni d’oro.
Narcissa si dispiacque di non aver seguito la prima parte della sciarada perché avrebbe potuto divertirsi anche lei ad indovinare la parola giusta, invece doveva starsene la con l’unica consolazione che nessuno le badava particolarmente.
Cercò di nuovo Bella con lo sguardo e non la trovò da nessuna parte, sembrava sparita e con lei anche suo marito.
Clang.
All’improvviso le catene fecero un rumore sinistro.
Clang.
Narcissa aggrottò le sopracciglia e osservò le catene che la tenevano legata.
Clang.
Si mossero di nuovo e, con sgomento, lei comprese che si stavano ritirando e riavvolgendo, quindi la stavano costringendo a sollevare leggermente le braccia.
I bracciali presero a stringere sempre di più e lei dovette reprimere un gemito.
Clang.
Con gli occhi sbarrati capì che le catene avevano preso vita e non si sarebbero fermate.
Barty Crouch offrì mille galeoni e disse la sua parola che risultò errata.
Cissy cercò di non agitarsi ma la morsa dei bracciali diveniva sempre più insostenibile, lei cercò di allertare qualcuno ma non c’era nessuno vicino a cui dare l’allarme.
Clang.
La ragazza non voleva urlare ma le braccia erano ormai quasi completamente sollevate e nessuno sembrava aver colto che tutto ciò non faceva parte della sciarada.
All’improvviso qualcosa di piccolo e colorato svolazzò davanti ai suoi occhi e, dopo un attimo di perplessità e con un singulto di orrore, Narcissa riconobbe la farfalla variopinta che ogni tanto compariva nei suoi sogni.
La creatura volò leggiadra intorno a lei e poi si posò delicatamente sul suo braccio, srotolò la sua lunga lingua sottile e arpionò la pelle diafana di Cissy, succhiandole il sangue come un minuscolo vampiro assetato.
Ormai in preda al terrore lei agitò il braccio per scacciarla e il bracciale si strinse ancora di più strappandole un piccolo grido.
Qualcuno delle persone giù dal palco sembrò capire che qualcosa non andava e un lieve brusio si spanse per la sala.
Bartemius la fissò con le sopracciglia corrugate e prese ad avvicinarsi, mentre nell’altra squadra un omone grande e grosso, che non si era reso conto di nulla, offrì cinquecento galeoni e propose la sua soluzione.
Narcissa non sapeva più come trattenere le urla di dolore per la forza bestiale con cui i bracciali le stavano quasi stritolando i polsi ormai.
All’improvviso una voce risuonò chiara dal fondo della sala e dei passi decisi si fecero strada, fendendo la folla che iniziava ad agitarsi.
- Diecimila galeoni d’oro!- Lucius avanzò con falcate lunghe e distese, con gli occhi azzurri fiammeggianti di una gelida rabbia e, toltosi il pesante mantello invernale che indossava, lo gettò tra le braccia di Barty, superandolo e issandosi agilmente sul palco.
- Ray!*- esclamò, si udì un ‘click’ ma né il superamento della cifra pattuita né la soluzione della sciarada servirono a fermare le catene e i bracciali.
Narcissa gemette più forte.
- Guarda me!- le ordinò Lucius con la sua voce fredda piena d’urgenza.
La ragazza lo fissò con gli occhi grigi sgranati e lui puntò la bacchetta facendo saltare le catene e accogliendola tra le braccia mentre le gambe le cedevano.
I bracciali si aprirono di colpo e caddero ai loro piedi con un clangore che risuonò nella sala ridotta al silenzio.
Subito alcune persone salirono di corsa per sincerarsi dello stato di salute di Narcissa ma Lucius li gelò con un unico sguardo, sollevò la ragazza e scese agilmente dal palco, recuperando il suo sfarzoso mantello fuori stagione dalle braccia di Crouch, che lo fissava con odio mal celato, poi si allontanò dalla sala insieme a Cissy esclamando con voce chiara e udibile in ogni angolo - Vogliate scusarmi ma, per diecimila galeoni, penso di avere diritto ad un ballo privato al chiar di Luna! - aprì la porta con un calcio poderoso e carico di rabbia e lasciò tutti i presenti attoniti e sgomenti.


Lucius era la.
Lucius, che la teneva tra le braccia.
Lucius, che profumava come lei ricordava, i suoi capelli erano biondi come sempre e gli incorniciavano il volto più maturo e affilato di come ricordasse.
Lucius, dagli occhi azzurri e gelidi.
Lucius, che non vedeva da quasi tre anni. Sarebbero stati tre anni il ventisei di agosto. Aveva contato ogni singolo giorno e superato quelle ore infinite cristallizzando la sua vita e trattenendo il proprio respiro.
Lucius, Lucius, Lucius.
Narcissa sentiva il respiro caldo di lui sul suo viso.
Trovò il coraggio di sollevare gli occhi e lo guardò in volto, lui spalancò un’altra porta con un altro calcio e le fece posare i piedi per terra, poi si richiuse la porta alle spalle.
Cadde il silenzio mentre si guardavano negli occhi per qualche istante.
- Si può sapere cosa diamine combini?! Possibile che tu sia così stupida?! Ti sei esposta su quel palco coperta a malapena da questo vestito da sgualdrina!-
Lucius che la insultava con la sua voce fredda e snob.
L’enorme emozione di Narcissa si assopì e la rabbia si destò, con la potenza di una tormenta di neve.
- Come ti permetti?! Sei sparito per tre anni e mi offendi in questo modo?! Sei il solito bastardo egoista!-
- Se non fosse per questo bastardo egoista a quest’ora al posto delle mani avresti due moncherini! Ti rendi conto che quell’aggeggio era pieno di magia oscura? Riesci a capire qualcosa o sei e rimarrai sempre così dannatamente ingenua e immatura?!-
L’orgoglio di Cissy sanguinava ma non intendeva cedere di un passo: la paura l’aveva atterrita e lei sapeva quanto in realtà dovesse a Lucius, ma sentiva la furia agitarle le ali in petto, come un uccello preso in trappola.
- Scusa!- esclamò con le guance in fiamme - Scusa se io non mi rendo conto che tutto il tuo dannatissimo mondo é solo un inganno, una macchina della morte, dell’orrore e del terrore! Tu, tu che sei un vigliacco assassino, tu che hai l’anima nera e marcia puoi capirlo, non io!- stava gridando a pieni polmoni.
- Ma certo! Io sono la causa di tutto, vero? Io sono il lurido bastardo che è l’unica causa di tutti i tuoi problemi, non è così? Sono un dannatissimo, egoista, vigliacco assassino, me l’hai appena detto! Adesso ti faccio vedere come si comporta un lurido e dannato bastardo!- e, così dicendo, le afferrò entrambi i polsi martoriati con una sola mano e le sollevò le braccia, ignorando il suo grido di dolore.
-No!- urlò lei.
- Eccome, invece!- le rispose lui con voce piena di furore.
La fece arretrare fino al muro e ve la schiacciò con il suo corpo, sollevandola leggermente per portare il volto della ragazza all’altezza del suo, e poi la baciò con foga.
Narcissa si ritrovò con le braccia doloranti libere e restituì l’abbraccio con altrettanta foga, ricambiandolo con tutta la passione che aveva in corpo.
Lui interruppe quel bacio e mormorò qualcosa di intellegibile, strofinando la sua guancia sul volto di lei e poi si dedicò a sciogliere i nastri del suo corpetto.
Cissy gli passò le dita tra quei capelli così biondi che amava tanto, e non cercò di fermarlo in alcun modo, anzi lo aiutò nella sua opera certosina e lasciò che lui infilasse le dita nella scollatura, afferrasse le estremità rigide del corpetto, adesso libero da vincoli, e strattonasse con forza, liberando il seno da quella prigione e scoprendolo quasi del tutto.
Non le importava di nulla: era bello ed era giusto.
Era Lucius.
Lui fissò la sua pelle bianca con gli occhi che ardevano e quasi la scottavano solo con lo sguardo, poi le circondò il volto con le mani e la baciò di nuovo, questa volta in modo più gentile e sensuale.
Lei gemette piano e non protestò quando le mani del ragazzo scesero lungo il mento, poi volarono sulle spalle bianche e arrivarono ad accarezzarle delicatamente il decolleté, fino ad insinuarsi di nuovo sotto la stoffa in cerca della pelle più sensibile ancora coperta.
Anche lei si dedicò alla camicia di lui e la sbottonò, poi iniziò a baciarlo sul collo come un’assetata che assaggia l’acqua dopo tempo immemore.
Questa volta toccò a lui gemere piano, le fece capire quanto gradisse il tutto spingendo i fianchi contro quelli della ragazza e sorrise sollevando il mento - Il collo, eh?*- le sussurrò ilare e poi la sollevò di nuovo e la depositò su un divano poco distante.
Narcissa era distesa, Lucius si sedette accanto a lei e riprese a baciarla con passione, infilando le mani sotto il vestito.
- Ho fatto bene ad aspettare…- le sussurrò all’orecchio e per Narcissa fu come una doccia fredda.
Le immagini di quegli ultimi tre anni le sfilarono davanti agli occhi: la sua freddezza al Ministero, le sue donne, la sua assenza, i suoi insulti.
Prese a scalciare  e voltò il viso in modo che non potesse più baciarla, si agitò sotto di lui.
- No, non voglio!- urlò, improvvisamente consapevole del suo seno quasi del tutto esposto e delle mani di lui sotto la gonna, che le accarezzavano le gambe e i fianchi.
- Davvero? Non vuoi?- la voce di Lucius era gelida e il volto duro - secondo me invece vuoi!- e si chinò a baciarla di nuovo, con le labbra fredde e violente che la trascinarono di nuovo sull’orlo di un abisso di passione.
- No!- sussurrò debolmente mentre lui le dava dei piccoli baci umidi sui seni.
All’improvviso lui smise e la costrinse a fissarlo negli occhi.
- Lo vedi quello che fanno i bastardi, Narcissa?- la sua voce era metallica - i bastardi vanno avanti e si prendono quello che vogliono, se ne fregano dei no…-
Le lacrime presero a scendere sul viso stravolto di Cissy e le labbra le tremarono.
- Io volevo solo...passare una bella serata…- sussurrò con voce rotta.
Deglutì e distolse lo sguardo dal bel volto di lui, rifuggì le sue iridi azzurre e algide.
- Ti odio…- gli disse a bassa voce - odio te, odio quello che fai, odio tutto...e odio lui…- chiuse un attimo gli occhi - e spero che…-
- Non dirlo!- la voce di Lucius fu come una frustata.- se lo dici allora non ha senso che tu mi compaia ancora davanti agli occhi!-
Si alzò e strinse i pugni con rabbia.
Raccolse il suo mantello pesante e glielo gettò addosso.
- Cerca di stare attenta a quello che fai e anche a quello che dici, da adesso in avanti - la ammonì, voltandole le spalle -e scegliti amicizie migliori. Se odii me e quello che faccio, Barty Crouch non è la compagnia più adatta a te. E nemmeno Severus. - aggiunse con maggiore durezza e con un moto di rabbia -Ho fatto chiamare la carrozza dei Black prima di entrare in questa casa, ricomponiti che ti accompagno fuori.-
Lei si alzò e cercò di richiudere il corpetto con mani tremanti, lui le gettò uno sguardo.
I lividi sui polsi spiccavano in modo impressionante, le labbra erano tumefatte e gli occhi erano lucidi e arrossati, l’acconciatura era disfatta, la gonna dell’abito stracciata in più punti.
Si avvicinò e lei arretrò di un passo, Lucius le afferrò il nastro del corpino e lo tirò, lo strinse fino a ricomporlo e a chiudere la scollatura, poi le sistemò meglio il mantello addosso.
Si guardarono ancora per un attimo ma il muro tra di loro era avanzato ancora, più alto e massiccio che mai.


L’effetto della pozione polisucco stava svanendo.
Il giovane cameriere in livrea stava perdendo le sue sembianze mascoline, i capelli scuri divennero di un biondo spento.
Gli occhi assunsero una tonalità pallida e il volto divenne comune e poco attraente.
- Adesso hai capito, Brigid?- le chiese Solange Araujo in Hinchinhooke, osservando la sua nipote adottiva.
- Certo, lo so che è così...è lui che io devo usare per far cadere ogni singolo Black e, soprattutto, Narcissa Black. Lui è il pezzo determinante di quel domino. - la ragazza era fredda e risoluta.
- Le fondamenta del loro rapporto devono crollare…ricordati che ci vuole un lavoro costante di erosione perché ciò che noi vogliamo si compia- le disse Solange, vagando con lo sguardo sulla sala della festa ormai deserta da ore.
- Le fondamenta del loro legame sono formate da un sottile e fragile strato di ghiaccio. Ed è già spezzato in più punti...la spaccatura si allarga e l’acqua si insinua - la ragazza sospirò compiaciuta - e, in ogni caso, io staccherò la testa di Lucius Malfoy da quel suo collo insolente, fosse l’ultima cosa che faccio…e lo farò davanti agli occhi di Narcissa Black in Malfoy-

 

Fine cinquantunesimo capitolo

 

*Sciarada figurata=in questo caso si tratta di due allestimenti scenici dai quali estrapolare due parole chiave, l’unione delle due, se corrette, darà una terza parola nonché la soluzione.

* ray= raggio, inteso come il raggio de "Il Sole purificatore"

*Cissy espresse a Lucius quanto gli piacesse il suo collo quando lui la baciò a casa Black, prima di rompere il fidanzamento.

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Capitolo 52
*** La caduta degli Dei (prima parte) ***


Come sempre grazie a tutte le persone che leggono e a miss Gold_394 e Morgana89Black per aver recensinto ^_^


“Un gelido destino”


(La caduta degli Dei - prima parte)


Capitolo cinquantaduesimo



 

(Luglio)


Cygnus aveva acceso il camino perché le serate estive in Scozia erano fresche e ventilate, niente a che vedere con l’afa di Londra.
Sistemò con cura i suoi documenti: era un uomo meticoloso ed ordinato e quindi ogni cosa andava messa al proprio posto.
Seguitò a riporre le sue cose, ignorando il grande ritratto di sua moglie che sbatteva gli occhi e si faceva aria con il ventaglio.
Avrebbe voluto rimuoverlo già da tempo o, quanto meno, farlo portare in una stanza al piano di sopra, ma non viveva in quella casa da anni e ora, rifletté, era giunto il tempo di spostare Druella in un posto più consono: lontano dai suoi occhi.
D’un tratto la fiamma nel camino oscillò e vibrò, come se uno spostamento d’aria l’avesse agitata.
L’uomo aggrottò le sopracciglia folte e striate di grigio e si voltò, pensando ad uno spiffero: quella casa aveva bisogno di qualche piccolo lavoro di manutenzione.
All’improvviso Cygnus fu strattonato da mani invisibili e gettato malamente per terra, l’urto fu violentissimo e le sue vecchie ossa scricchiolarono in modo sonoro, il femore sinistro si spezzò di netto causandogli un dolore acuto e intollerabile.
Urlò.
Cercò di sollevare almeno il busto e lo sforzo fu tale e la stilettata della gamba così forte che si ritrovò il viso madido di sudore e la camicia, dalla foggia antiquata ma pregiata, completamente fradicia di un sudore freddo che gli si ghiacciò addosso in maniera istantanea.
Rabbrividì convulsamente perché la fiamma del camino si era estinta del tutto.
Sentì un sinistro fruscìo accanto a sé e nella penombra non riuscì a distinguere se ci fossero una o più persone nella stanza, in piedi a sovrastarlo.
- Chi siete? Cosa volete da me?- la voce era imperiosa come sempre e l’orgoglio lo sosteneva pur nel dolore e nella paura.
Non vi fu risposta e, per un attimo, credette di essere di nuovo solo.
Ma ecco che poté sentire un lieve sospiro, come una bassa risata trattenuta.
- Sempre così arrogante...anche nella sconfitta…- la voce volò fino a lui nel buio e Cygnus sgranò gli occhi, identificandola immediatamente.
- Bella?- chiamò, pur conoscendo già la risposta.
- Papà, hai subito capito che si trattava della tua figlia prediletta? Sono commossa…- la voce della donna serbava una leggera nota ilare.
- Cosa pensi di fare? - le chiese suo padre, con tono severo, cercando di ignorare la gamba che sembrava andargli a fuoco - credi che facendomi del male cambi qualcosa?-
Cercò nella tasca della suoi pantaloni la propria bacchetta e mormorò ‘Lumus’ facendo si che la stanza venisse illuminata e i suoi interlocutori, che scoprì essere due, svelati.
Erano incappucciati e indossavano delle maschere argentate molto inquietanti.
- Sei qui per conto del Signore Oscuro?- chiese Cygnus sapendo che, in quel caso, non avrebbe avuto scampo.
Bellatrix sghignazzò, mentre il suo compagno si limitò a scrollare nervosamente le spalle.
- Credi che l’Oscuro Signore potrebbe mai scomodarsi, o far scomodare qualcuno, per un vecchio inutile come te?- gli sibilò poi la donna, mettendoci un tale disprezzo che persino un uomo tutto d’un pezzo come lui rabbrividì - sono qui solo ed esclusivamente da parte mia, dolce papà mio. - si chinò su di lui, permettendogli di vedere i suoi occhi scuri dietro la maschera.
- Cosa pensi di ottenere agendo in questo modo? - Cygnus mantenne la voce salda anche se aveva letto nello sguardo di sua figlia che la propria fine era imminente - non puoi certo sperare che la mia morte passi inosservata o che al Ministero nessuno decida di indagare! Credi che ci metteranno molto a capire chi è stato?-
Bella sorrise quasi con tenerezza.
- Cosa penso di ottenere? Nulla, solo il piacere di vederti lasciare questo Mondo quando io l’avrò deciso...così come tu hai deciso tutto quello che mi riguardava.- gli disse con la voce più fredda e rancorosa che possedeva - in fondo ti sono grata, sai! Sei stato saggio, avere un marito sempre al mio fianco è un’ottima cosa…- e lanciò uno sguardo al suo compagno mascherato, confermando l’ipotesi di Cygnus che si trattasse di Rodolphus - pensi che al Ministero gliene importerà qualcosa a qualcuno? Sei un vecchio. Sai quanti vecchi ci sono la dentro? Tanti...tutti uguali, tutti come te: pomposi, noiosi...inutili…- la voce divenne un sussurro mentre lei assaporava la gioia di offenderlo - se ti preoccupi che io passi dei guai, sei davvero gentile mio caro papà! Ma vedi, in questo momento la maggior parte dei maghi purosangue è riunita in una sala e sta partecipando ad un avvenimento mondano molto divertente. A dire il vero penso stiano tutti osservando tua figlia Narcissa, con molto e sudicio interesse...sai, quei vecchi schifosi come te. - sospirò piano - ho fatto in modo che tutti mi notassero e mi vedessero partecipare a quella festa. Chi credi che mi accuserebbe di aver ucciso il mio amato padre, l’onorato capofamiglia dei Black?-
Cygnus la fissò senza parole e poi strinse le labbra, i suoi occhi grigi, così simili a quelli di Narcissa e di Sirius, brillarono decisi e fermi.
- Allora cosa aspetti? Fa in fretta…- le disse, iniziando a tremare per il dolore che il femore fratturato e la postura scomoda gli davano.
Bellatrix si rialzò sinuosamente, incombendo su di lui.
- Non tanto in fretta, papà.- fece un cenno a suo marito che estrasse la bacchetta - come vedi non dovrò nemmeno sporcarmi le mani: il cavalier servente che mi hai procurato, combinando le mie nozze, sarà lieto di rendersi utile!- e fece un gesto teatrale con la mano.
Rodolphus agitò la bacchetta come una frusta e Cygnus fu colpito con forza da un fendente invisibile, il corpo non portò segni all’esterno ma dentro la milza si ruppe.
Un’altra frustata e il fegato si lacerò.
Ancora una e il polmone destro collassò.
Lui gridò e poi rimase senza fiato, accasciandosi all’indietro con gli occhi vitrei, il cuore che stava per terminare la sua corsa mentre annegava nell’emorragia interna che allagava rapidamente il torace.
“Lucius...confido in te…” pensò, vedendo davanti ai suoi occhi il volto di sua figlia Narcissa.
Il sangue prese a fuoriuscire dalla bocca e dal naso.
- Ottimo colpo, amor mio!- esultò Bella, rivolgendosi a suo marito - niente male l’idea di Antonin*, no?- poi si rivolse a suo padre che stava lentamente morendo - avanti, dillo! Dì che sei orgoglioso di me! Dì che sono la tua figlia preferita!-
Lui le rivolse uno sguardo carico di pietà e poi, con la voce orribilmente deformata dal sangue, emettendo un gorgoglio inquietante, sussurrò - Morirò...chiamando...la mia...unica...gioia…- ingoiò il suo stesso sangue - Andromeda...Andromeda...Andromeda...A…- e la sua vita finì.



 

Debole.
Non sapeva trovare altro che quella parola nella sua mente.
Debole.
Aveva gettato al vento ogni precauzione, ogni prudenza.
Debole.
Quando aveva ricevuto l’invito per quella festa, così assurda e fuori luogo, aveva rifiutato in modo cortese ma netto. Non gli interessava, non conosceva quella gente e, sopra ogni cosa, era in partenza.
L’Oscuro Signore gli aveva assegnato un compito preciso, era una missione importante che, al tempo stesso, era una punizione e lui ne era perfettamente consapevole.
La guerra si stava dilungando, mancava qualche tassello per completare un quadro poco chiaro, le loro previsioni si erano rivelate errate.
E lui era quello a cui tutti guardavano: nella vittoria ma, lo sapeva bene, soprattutto nel fallimento.
Debole.
L’Oscuro Signore aveva un nuovo giocattolo, un prediletto, un cavallo vincente su cui puntare. Qualcuno che Lord Voldemort riteneva superiore a tutti gli altri, qualcuno che aveva contribuito ad assestare a lui, Lucius, una spinta decisiva verso la decadenza.
Debole.
Allora a cosa erano serviti tutti quegli anni? Tutti quei sacrifici? A cosa era servito respingere e allontanare lei?
Si era sforzato, si era impegnato con tutto sé stesso per dimenticarla e accantonarla, conservando la vaga speranza che il filo sottile che li univa non si sfaldasse del tutto.
Tante missioni, gloria, sconfitte e tante donne diverse, per seppellire il ricordo di lei sotto un mare di informazioni e di sentimenti che ne occultassero la presenza nella sua testa, nel suo petto e anche nei suoi lombi.
Che la occultassero a lui.
Debole.
Non aveva resistito alla tentazione di toccarla un’ultima volta al Ministero, quando lei si era presentata all’improvviso e lui aveva capito quanto gli fosse difficile affrontare la sua presenza.
Lei era in piedi davanti a lui, i suoi limpidi occhi grigi che gli fissavano il mento con cocciutaggine, aveva capito che era turbata e ferita e che non voleva guardarlo in volto.
Sarebbe bastato scansarla e proseguire ma, anche quella volta, una parte di sé era franata miseramente e le sue mani l’avevano afferrata per le spalle, aveva indugiato solo un istante su quel contatto e poi l’aveva spostata e se n’era andato.*
E quanto avrebbe voluto stringerla a sé.
Debole.
Aveva indossato il suo mantello pesante pronto per la partenza, secondo i voleri del suo Signore.
Non importava se era una punizione, lui doveva obbedienza e quindi doveva considerare anche una ritorsione nei suoi confronti un grande onore.
Era rimasto in piedi davanti al ritratto di sua madre, sostandovi ancora un attimo prima di smaterializzarsi. Gwen gli aveva sorriso dolcemente e lui si era chiesto se lei davvero riconoscesse in quell’uomo ventitreenne il bambino di dieci anni che aveva abbandonato in questo mondo, portandosi via una fetta così importante della sua emotività.
Si era sentito tirare per il mantello e aveva visto Kraffy vicino a lui.
Lo guardava con gli occhi sbarrati tendendogli un cartoncino colorato.
Lui l’aveva afferrato, spazientito.
E aveva visto che non era affatto un cartoncino colorato, era l’invito alla festa degli Hinchinhooke sporco di sangue, una piccola farfalla era stata crudelmente spillata all’estremità del foglio e sul retro lui aveva letto: “Si conferma gentilmente la presenza di Bartemius Crouch Jr. accompagnato da Miss Narcissa Black”.
Il nome della ragazza era stato depennato con forza e sotto era stata vergata, da una mano diversa, una sciarada:

“Coloro che tacciono

non possono esprimer il loro tormento.”
Era rimasto basito.
Coloro che tacciono...muti.
Esprimer il loro tormento? pianto? grida? urla?...lamento...mutilamento.
Il sangue gli si era ghiacciato nelle vene.
Aveva gettato in terra il cartoncino insanguinato e aveva ordinato a Kraffy di mandare un gufo ai Black chiedendo con urgenza di far mandare la loro carrozza a casa di questi dannatissimi Hinchinhooke, formulando la richiesta da parte di Lucius Malfoy.
Poi si era smaterializzato.
Quando era arrivato a quella fottutissima festa aveva visto lei. Narcissa era su quel maledetto palco, legata come una schiava o come una dannata vittima sacrificale, coperta solo da un abito a dir poco indecente, che sottolineava il suo seno giovane e invitante e lo offriva in pasto a tutti.
Si era sentito rimescolare dentro una furia incontenibile: verso di lei, verso il destino che sembrava sempre tendergli degli agguati e portarlo lontano dalla strada che si era scelto e verso coloro che quegli agguati glieli preparavano.
Aveva bloccato uno degli ospiti e in due parole si era fatto spiegare la dinamica del gioco.
E poi era andato a riprendersela, prima che la mutilassero davvero.
Debole.
Non la toccava da tre anni, da quel giorno al Ministero.
Ormai era una giovane donna, era bella da mozzare il fiato. E lo odiava.
Era arrabbiata con lui, lo insultava e lo offendeva con tutta la forza della disperazione che aveva in corpo e Lucius aveva capito che le aveva inferto troppe ferite.
Il dolore di lei era un’emorragia che forse non sarebbe mai più riuscito ad arginare.
E poi c’era  stata solo passione. Dio e tutti i maledetti Dei dell’intero Universo, quanto la voleva. Lei e solo lei, sempre.
Dio, quanto l’amava.
Adorava la sua pelle bianca, i suoi capelli luminosi, la sua bocca dolce e vellutata, le sue mani appassionate.
Per un attimo aveva dimenticato tutto e per poco non avevano fatto l’amore in quella casa sconosciuta.
Debole.
Si era fermato spezzando il suo desiderio e dominando la propria volontà e tutto si era concluso come sempre: lei distrutta e lui infangato, decaduto ai suoi occhi come un Dio cacciato dal Paradiso.
Debole.
Ora era qui, in piedi, davanti a colui che poteva disporre del suo destino con un solo movimento delle dita.
- Sono profondamente deluso, Lucius - la voce gelida del Signore Oscuro gli arrivò addosso come un alito di vento.
“Forse oggi morirò, dopotutto” pensò, restando impassibile.
Un terzo uomo si palesò e fece un piccolo inchino, muovendosi per abbandonare la stanza.
- No, Severus...rimani - Lord Voldemort fece un cenno e invitò il ragazzo dai capelli scuri a mettersi al suo fianco - sei da poco al mio servizio, voglio che tu comprenda -
Severus rimase al fianco del loro Signore e fissò Malfoy con sguardo insondabile.
Lucius sapeva che l’altro ragazzo non gioiva delle sue difficoltà, non provava esaltazione o divertimento nel sapere quello che stava per accadere: semplicemente ubbidiva agli ordini e nessuno poteva capirlo meglio di lui.
- Tutti guardano a te come l’esempio da seguire, Lucius - il Signore Oscuro aveva un tono piatto e tranquillo, ma gli occhi mandavano degli inquietanti bagliori rossastri - tu sei quello che ordina, quello che organizza, quello che dirige. Tu sei quello da eguagliare e superare: sei l’uomo da battere.- cadde il silenzio - ...io li sento, i pensieri dei tuoi compagni arrivano fino a me senza vergogna e senza pudore...ti amano, ti ammirano, ti desiderano, ti invidiano...ti odiano…- lo teneva incatenato con gli occhi - sanno quanto io ti prediliga rispetto a tutti loro. Lo sai anche tu e, quindi, questo mio...sentimento...come lo ripaghi?- l’atmosfera cambiò così repentinamente che Lucius comprese davvero e fino in fondo quanto il Signore Oscuro fosse adirato.
Il sudore prese a scorrergli lungo la schiena: pensare di poter morire era una cosa, avere la certezza che stava per accadere un’altra.
E, anche in quel momento, vide lei.
- Perché non sei partito come ti avevo ordinato?- la domanda era molto semplice e diretta.
Una domanda semplice e diretta a cui non poteva rispondere.
“Ti odio” la voce rotta dai singhiozzi di Narcissa gli scorreva direttamente nelle orecchie, impressa nei suoi timpani.
Debole.
- Mi dispiace mio Signore, ho avuto un problema che era necessario risolvere prima di partire…-
Silenzio.
- Partecipare ad una festa? Era questo il tuo problema? -
Barty Crouch Jr., ovviamente.
- Diciamo che, più o meno, il problema stava in quella festa inopportuna - non tentò nemmeno di arginare i suoi pensieri o i suoi sentimenti, cercò solo di minimizzarli dentro di sé: non era mai  stato un bravo occlumante.
Debole.
- Devo iniziare a considerare Narcissa Black un problema, Lucius?- la voce del Signore Oscuro era talmente affilata che lui poté sentire quasi la sua pelle tagliarsi e prendere a sanguinare.
Poté anche sentire, più che vederlo, un lievissimo movimento provenire da Severus.
- No, mio Signore - la sua voce era miracolosamente salda e senza inflessioni - è la figlia di un uomo importante e devoto come Cygnus Black e quindi va semplicemente tutelata da persone che vogliono colpire i purosangue vicini alla nostra causa -
Lord Voldemort rise lievemente.
- Sei davvero straordinario, Lucius - quel complimento non suonava come tale - sei un uomo così...affascinante e interessante...molti pensano a te come se tu fossi una specie di Dio Guerriero, bello e invincibile, lo sai?-
Molti ma non lui, evidentemente.
- L’unico Dio che io riconosca siete Voi, mio Signore. La Vostra legge è la mia legge.-
Di nuovo silenzio.
- Allora sai che infrangere la mia legge, Lucius, comporta anche il subire una punizione, non è vero?-
- Sono pronto…- non disse altro.
- No, non lo sei…- gli assicurò il suo Dio.
E il dolore arrivò.


“Le rocce a picco sul mare sono come le nostre vite, Lucius” la mano di Gwen gli accarezzava i capelli biondi e poi gli sfiorava le lacrime che solcavano il suo volto “ se siamo in bilico sull’oceano possiamo scegliere di spiccare il volo e fare nostro il cielo o di scendere in picchiata e perderci tra i flutti del mare…” la sua bella voce era stanca ma serena “ma ricordati, figlio mio, anche quando le onde ci avvolgono e i mulinelli ci risucchiano, possiamo sbattere le ali e lottare. Possiamo trarre il meglio da ogni situazione...ricordati amore mio: il cielo serve per volare, lontani e liberi, e il mare serve per nutrirci e fortificarci. Sia volare che nuotare ci mantiene vivi…”
No, non poteva esserci vita.
Non dopo quel dolore che gli spaccava la testa, gli faceva scoppiare il cuore, gli lacerava i nervi e i muscoli.
Voleva solo morire.
Era sua quella voce? Era lui che urlava?
Chissà, forse era già morto e non lo sapeva.
Meno male che stava gridando, meno male che la sua voce non riusciva a formulare alcun nome.
Meno male che presto tutto sarebbe finito.
Poteva vedere il volto pallido di sua madre, sprofondato tra i cuscini.
Poteva vedere il volto rigato dalle lacrime di Narcissa.
“Ti odio…”
E poi rimase solo lo sfinimento: i muscoli tremavano e la testa sembrava un ceppo di legno con l’accetta conficcata del mezzo.
- Quando sarai in grado di sollevarti, vattene da questa casa e aspetta che io ti dia degli ordini…- la voce sussurrata all’orecchio gli dette i brividi.
Era rimasto solo? Probabilmente si.
Passò del tempo, impossibile dire quanto.
Sentì qualcosa posarsi sul suo volto, sembrava un insetto ma lui non ebbe la forza si scacciarlo.
- Sii felice di riuscire a sentire questo patimento perché, finché soffri, sai di essere vivo, Malfoy…- conosceva quella voce - ...sai che la tua testa è ancora attaccata al tuo corpo e il tuo cervello può comunicargli il dolore...-
L’insetto volò via e lui perse i sensi.


- Allora...che odore ha il pavimento?- un fruscìo di una veste vicino al suo orecchio - la polvere ti aggrada?-
Continuò a mantenere gli occhi chiusi, pur riemergendo dall’oblio.
- Oggi è il giorno più bello della mia vita…- proseguì la voce di donna - lo è senza dubbio. Sai cosa si dice degli Dei che precipitano e vengono scacciati dal cielo? Si dice che, quando toccano terra, fanno un botto enorme e si spezzano a metà. Si dice che soffrano molto di più dei comuni mortali…-
La voce tacque ma la presenza permase.
Lucius aprì gli occhi lentamente, chiedendosi se fosse ancora in grado di vedere.
Le sue iridi azzurre si posarono su Bellatrix.
- Sai cosa si dice delle donne brune?- incredibile, riusciva ancora a parlare - che siano inopportune e volgari…-
Lei sorrise e si chinò su di lui.
- Sai cosa mi piace di te? - gli sussurrò suadente, sfiorandogli una coscia.
Lui fece una smorfia divertita, osservando il soffitto dagli stucchi pregiati.
- Lasciami indovinare…- gli occhi brillarono colmi di sarcasmo.
- Che, in realtà, non ti spezzi- la donna sembrava sinceramente ammirata - e sai cosa distingue le donne brune dalle donne bionde? - seguitò ad accarezzargli la gamba - che se vogliono qualcosa, se desiderano qualcuno, se lo prendono…- e posò le labbra sulle sue, baciandolo avidamente per qualche istante - o si prendono la sua vita…- e si alzò, avviandosi alla porta - pensaci!-
Lui udì il click della porta e capì di essere di nuovo solo.
Considerò l’idea di alzarsi ma rifletté che forse sarebbe morto nello sforzo.
Non poteva restare la per sempre, non sapeva neppure quanto tempo fosse passato da quando era svenuto.
- Pensavo di essere io quello sfigato, Lu-Lu…- la voce ironica di Evan lo distolse dalle sue considerazioni e lui capì di aver di nuovo perduto il contatto con la realtà. Incontrò gli occhi nocciola del suo amico - vieni, ti riporto a casa…- e così dicendo lo afferrò per un braccio e lo tirò su.
Lucius per poco non cacciò un grido di dolore: la gamba destra gli doleva in modo intollerabile e anche il resto del corpo non scherzava.
I due giovani si fissarono per un po’.
- A questo punto non ci resta che scommettere chi di noi due morirà per primo…- gli disse, sorridendo.
- Non dire sciocchezze - Evan si chinò e gli fece passare il braccio intorno alle sue spalle, sollevandolo e sostenendolo - lo sappiamo tutti e due che sarò io a schiattare per primo.- e pian piano lo trascinò verso l’uscita.
- Non conta quando ma come…- Lucius  poté quasi sentire lo sciabordio dell’acqua che si infrangeva contro le bianche scogliere della Cornovaglia.


Fine cinquantaduesimo capitolo

 

*Dolohov: la sua maledizione fa si che la bacchetta sia come una frusta e procuri lesioni interne ma senza segni esterni.

*Quando Cissy corse al Ministero dopo aver fatto un incubo in cui vedeva la morte di Lucius, la mattina dopo il primo attacco dei Mangiamorte.

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Capitolo 53
*** La caduta degli Dei (seconda parte) ***


Grazie a chi legge questa storia, a presto! ^_^


“Un gelido destino”

 

(La caduta degli Dei- seconda parte)

 

Cinquantatreesimo capitolo

 

(Luglio)

 

Il calore delle mani di suo padre, che filtrava sulle sue spalle dalla stoffa leggera della camicia da notte, la mattina in cui sua madre era stata rinvenuta morta.
Quella era l’unica cosa che Narcissa rammentava in quel momento.
Poteva quasi avvertire il tocco lieve, gentile ma deciso, di Cygnus che la bloccava prima che lei potesse entrare nel salotto e vedere il cadavere di Druella.
Ora non c’era nessun calore, nessuna protezione estrema a porsi tra lei e la morte con il suo orrore e il suo scempio.
Bellatrix si era data malata, negando decisamente la propria partecipazione al funerale di suo padre, i Lestrange non erano in Inghilterra e quindi, la penosa incombenza del riconoscimento del corpo di Cygnus, era tutta sulle spalle di Cissy.
Dorothy, seppur provata, le aveva detto di essere disposta ad eseguire quel compito ingrato al suo posto ma Narcissa aveva rifiutato con decisione: ormai aveva diciotto anni, era adulta e quello era suo padre, spettava a lei.
La zia Walburga era troppo prostrata: lei e suo fratello erano sempre stati molto uniti e quel colpo, insieme alle preoccupazioni che le dava Sirius, era stato davvero troppo.
Regulus era al suo capezzale e non poteva muoversi.
Tra pochi minuti ci sarebbe stata la cerimonia funebre, era tutto pronto, ma prima bisognava adempiere a quel triste rituale burocratico: un familiare doveva confermare che quello fosse proprio Cygnus Black.
Narcissa ricordava bene ciò che aveva provato davanti al cadavere di sua madre, quando era scivolata di nascosto nella camera dove era stato composto per la veglia.
Ma l’affetto pari allo zero che aveva sentito per Druella non era paragonabile al sentimento affettuoso, seppur formale, che aveva provato per suo padre.
Lui l’aveva educata, aveva condiviso con lei i suoi libri e le sue conoscenze, le aveva elargito affetto nell’unico modo che gli fosse possibile: dimostrandole ammirazione e dandole il suo consenso quando le sue azioni e i suoi comportamenti lo avevano soddisfatto. Le aveva inculcato i suoi principi, i suoi moniti avevano scandito la sua infanzia.
E ora era morto.
Essere una Black senza di lui era come sostare in un tempio mentre le imponenti colonne di roccia crollavano una ad una: prima o poi il soffitto le sarebbe franato addosso.
Così come un’ala di Weirwater era crollata addosso a Cygnus, o almeno così le avevano detto.
Lui era rimasto sepolto sotto le macerie, il suo corpo ne era stato straziato e devastato. Nessuno sapeva spiegare come un’intera ala di quell’antica dimora così solida avesse potuto implodere a quel modo, ma niente faceva pensare che ci fosse il dolo in quello sfortunato evento.
Narcissa non riusciva a decidersi.
Stava immobile davanti alla porta ricoperta di velluto blu scuro, i funzionari addetti al funerale si erano allontanati discretamente dopo un attimo di esitazione. Quella ragazza così giovane e bella li aveva dapprima inteneriti poi il suo sguardo, freddo e distante, li aveva convinti a lasciarla da sola.
Doveva farlo. Doveva scacciare quel nodo angoscioso e dare a suo padre l’ultimo saluto e il conforto della presenza di qualcuno che l’aveva amato, non meritava di non avere nessuno accanto a sé in quel momento.
Chiuse un attimo gli occhi, cercando dentro se stessa la forza di muovere quel passo che le avrebbe fatto varcare la soglia e posare lo sguardo su, lo sapeva, qualcosa di irreale e fasullo, qualcosa di orribile e grottesco al quale mai e poi mai lei avrebbe potuto associare suo padre.
Udì un lieve fruscìo e una mano grande che, con decisa gentilezza, le si posò sulla spalla destra.
Per un attimo credette che lo spirito di suo padre si fosse palesato, richiamato dalla sua angoscia, ma poi lo sentì: il suo profumo inconfondibile e la leggera stretta alla bocca dello stomaco in risposta ad esso, inconfondibile anche quella.
Aprì gli occhi lentamente e si voltò, incrociando degli straordinari occhi azzurri, così chiari da essere trasparenti.
Avrebbe voluto posare la guancia su quella mano e chiedergli, per favore, di portarla via da quell’ennesimo orrore ma sapeva che lui era la per accompagnarla e spingerla a superare quella soglia.
Avrebbe voluto strofinare il volto su quella mano e lasciare che le lacrime scorressero tra le sue dita, certamente lui l’avrebbe obbligata a sollevare il viso e compiere il suo dovere, a non ritrarsi davanti a quella prova.
E invece no.
- Vai, ci penso io- la voce di Lucius era fredda e atona, come spesso accadeva.
“Guarda me!” le aveva ordinato quando la Giostra stava per stritolarle le braccia, e l’aveva salvata togliendola da quel palco e da quella tortura.
I lividi bluastri erano ancora pienamente visibili.
- Non dovresti essere qui - riuscì a dire Narcissa, maledicendosi.
“Ti odio, odio quello che fai” gli aveva detto “ e spero che…” ... siate sconfitti e che lui cessi di esistere.
Le labbra di lui si stesero in un sorriso senza gioia - E’ quello che mi hanno detto i funzionari del cimitero, ho detto che potevano provare a fermarmi se ne avevano voglia -
Chi poteva fermare Lucius Malfoy?
La pressione della sua mano sulla spalla aumentò lievemente.
- Va, mio padre ti aspetta qui fuori. Poi verrà a salutarlo anche lui- il viso di Lucius era teso e sembrava scolpito in un blocco di ghiaccio.
- No, spetta a me - Narcissa lo guardò negli occhi e i loro sguardi si incatenarono come poche volte era accaduto in tutti quegli anni.
- Vengo con te - e la mano ricadde, scivolando sulla schiena e spingendola a muovere un passo.
Nonostante la situazione, nonostante il luogo in cui si trovavano, nonostante tutto lei sentì la prepotente emozione che il contatto e la vicinanza di lui riuscivano sempre a darle.
“spero che…” lui cessi di esistere, così tu sarai libero e io...
Superarono la porta blu insieme e si trovarono in un ambiente fiocamente illuminato dove l’atmosfera opprimente quasi le tolse il fiato.
Eppure un’altra cosa la colpì maggiormente, più ancora del profilo affilato di Cygnus e dei suoi tratti che una mano clemente ed esperta aveva cercato di ricomporre, rendendo meno violenta l’ombra livida della morte.
Lucius zoppicava.
Lei gli gettò uno sguardo di sottecchi e vide che la gamba destra era rigida e lui si appoggiava ad un lungo bastone nero, la cui impugnatura era scolpita a forma di testa di serpente.
Lui ignorò il suo sguardo ed entrambi si concentrarono su Cygnus.
Doveva aver sofferto molto e nulla poteva mitigare quella verità.

" Il mio più grande desiderio è avere un Malfoy per nipote. Per il legame che ho con tuo padre, per la grande ammirazione che nutrivo per tua madre ma, sopra ogni cosa, per il grande affetto che porto a te, Lucius. Sei il figlio che avrei voluto avere e che mi è stato negato. Per quanto mi riguarda, sei un grande uomo"

Lucius strinse le labbra.

" Non desidero altro che vederti sposato con l’unica figlia della quale sono realmente orgoglioso. L’unica nella quale riconosco il mio sangue, Lucius. Prima di morire desidero poter brindare alla vostra unione e poterti chiamare figlio..."

Nei lineamenti disfatti di quel corpo senza vita faceva fatica e riconoscere i tratti di colui che aveva ammirato e compreso più del suo stesso padre.
Gettò un’occhiata a Narcissa: la sua espressione era insondabile ma lui vide brillare una lacrima all’angolo dell’occhio e le labbra erano leggermente socchiuse come se fosse caduta in una sorta di incredulo torpore.
L’afferrò per il braccio, riscuotendola da quella specie di trance, e la trascinò fuori, dove li aspettava un profondamente provato Abraxas.
- Abbi cura di lei- Lucius la spinse verso suo padre e l’uomo l’accolse in un abbraccio paterno che rischiò di fare crollare la maschera che Narcissa stava faticosamente sostenendo.
Ma non era quello l’abbraccio che lei anelava e di cui sentiva il bisogno.
Lucius zoppicò altero e rigido verso i funzionari del cimitero e svolse le formalità al posto di Cissy, poi non le si avvicinò più.
Un via vai di volti e di condoglianze sussurrate in modo rigido e formale.
Narcissa non vacillò un istante ma Abraxas le rimase accanto per sostenerla in caso di bisogno.
Ad un certo punto la ragazza sollevò il viso, provando la sensazione di essere osservata, ma non vide nessuno. Lasciò scorrere gli occhi lungo le colline circostanti, che proteggevano il vecchio cimitero nobile dove l’enorme tomba della famiglia Black sorgeva.
Non riuscì a distinguere nulla e quindi si concentrò sulla funzione funebre, resistendo alla tentazione di chiedere ad Abraxas cosa avesse fatto Lucius alla gamba destra.
“Anche in questi momenti, nonostante tutto…” era lei la prima a stupirsi: se ne preoccupava ma lo rifuggiva, lo voleva accanto a sé ma lo respingeva, lo desiderava ma lo odiava.
No, non lo odiava.
Strinse le labbra combattendo contro l’impulso di correre da lui e chiedergli cosa mai gli fosse accaduto in quelle quarantotto ore da quando si erano lasciati davanti alla casa degli Hinchinhooke.
Dopo che lui l’aveva trascinata verso la carrozza dei Black, strizzandola senza troppi complimenti nel suo mantello di lana pregiata con il collo in pelliccia di volpe argentata, un indumento assurdo per quella stagione, per poi depositarla nella vettura e chiudere la porta con violenza, senza più rivolgerle una parola o uno sguardo.
Combatté contro la voglia di sventolare la mano, salutare tutti e lasciare quella cerimonia così tediosa e opprimente: tanto suo padre non si trovava lì, le sue spoglie martoriate si ma non il suo spirito che, non aveva dubbi, vagava ancora integro e integerrimo come sempre, probabilmente tra le rovine dell’amata Weirwater.
Si tirò la veletta nera sul volto e si sentì libera di lasciar scorrere lo sguardo sui presenti, cercando di resistere alla tentazione di cercare lui e solo lui.
Niente da fare: i suoi occhi scrutarono, schivarono, saettarono e scivolarono finché non lo trovarono.
Si era messo da parte, defilato rispetto alla piccola folla presente.
Era più alto della maggior parte degli uomini, indossava con eleganza un sontuoso abito nero il cui colletto dalla foggia orientale sottolineava il collo e il volto appuntito dalla pelle particolarmente pallida, i capelli biondi scendevano liberi sulle spalle.
Gli stivali arrivavano al ginocchio e lei notò che la gamba destra indossava una specie di tutore che la sosteneva fino a metà coscia, sbucava dallo stivale di pelle e si palesava solo ad uno sguardo attento.
Le mani erano coperte da guanti neri e quella destra poggiava su quel bastone eccentrico e finemente intarsiato.
Ad un certo punto quella mano fece compiere un giro su se stesso al bastone, una sorta di piccola piroetta, lasciandolo piantato nel terreno.
Stupita, Narcissa alzò lo sguardo sul suo viso e vide che Lucius lo ricambiava, avendo percepito perfettamente l’esame attento a cui l’aveva sottoposto da sotto la veletta nera.
Lei arrossì e lui arricciò le labbra in un piccolo sorriso insolente, come se potesse vederla perfettamente in volto e coglierne il rossore.
Cissy riprese a seguire la funzione che stava giungendo al termine e di nuovo lanciò uno sguardo verso le colline circostanti, sentendo una presenza celata da qualche parte.
Probabilmente era la sua immaginazione, l’atmosfera di quel luogo la suggestionava, si impose di non pensare più a nulla che non fosse suo padre e dopo mezz’ora tutto ebbe finalmente termine.


Severus stava a braccia conserte protetto dalle fronde spioventi di un salice piangente, che ne occultava la presenza senza impedirgli di osservare la scena sottostante.
I suoi occhi scuri indugiarono su Narcissa che stava immobile e diritta in mezzo a quella scena rigida e ingrata, come l’attrice principale di un dramma teatrale.
Ed ecco l’attore principale che zoppicava ma non crollava.
Severus lo scrutò con occhi impietosi e si chiese quanto dolore provasse in quel momento Lucius, visto che la potenza che l’Oscuro Signore gli aveva scagliato addosso era riuscita a far arretrare di un passo anche lui, che si trovava alle sue spalle e fuori dal raggio di azione della Maledizione Cruciatus.
Le urla di Malfoy erano state davvero impressionanti, erano risuonate nella stanza come se fosse una grotta, ed erano echeggiate a lungo perché Lord Voldemort non si era fermato per diversi secondi che si erano tramutati in minuti.
Ad un certo punto Severus si era chiesto se Lucius sarebbe morto per il dolore e la fatica sostenuta dal suo organismo e dal suo cuore, seppure giovane e forte.
Quelle urla le avevano udite solo loro: prima di convocare Lucius, Lord Voldemort gli aveva ordinato di rendere la stanza insonorizzata.
E Severus aveva capito.
Aveva compreso che per Malfoy non sarebbe stata una passeggiata e che l’ira del loro Signore era tale da non poter essere contenuta, alimentata dai sentimenti più che contrastanti che Lord Voldemort provava per Lucius: il suo favorito e la sua maggiore delusione.
Severus aveva visto e sentito, perché la sua innata dote di Legilimens gli permetteva di captare i pensieri altrui senza molta fatica come un abile rabdomante captava i ruscelli sotterranei e, in quel caso, il Signore Oscuro non era riuscito a trattenere il suo furore. Quando Lucius era entrato nella stanza, una sorta di energia crudele e vendicativa era scaturita dal corpo e dalla mente di Lord Voldemort.
Quando la punizione era terminata il corpo di Lucius aveva continuato a tremare convulsamente e Severus aveva dovuto scavalcarlo per poter abbandonare la stanza, lasciandolo a terra sul filo di una possibile e letale agonia.
Ed ora eccolo la, altero e superbo, senza vacillare nemmeno un attimo durante tutta la lunga funzione.
Severus lo ammirò proprio malgrado, pur conoscendo le sue lacune e la sua debolezza che risiedevano proprio in quell’arroganza e in quella supponenza e che non erano supportate da altre doti altrettanto fulgide, considerò cinicamente.
Allora che cosa lo sosteneva in quel momento? Cosa gli impediva di crollare e cedere sotto i colpi dei suoi muscoli e dei suoi nervi compromessi?
Lei, ovviamente.
Così come Severus aveva sentito l’ira di Voldemort era anche riuscito a sentire i sentimenti di Malfoy esplodere e incastonarsi nella stanza come dei fuochi d’artificio.
Narcissa che piangeva e soffriva, il volto morente di una donna dagli occhi verdi e i capelli scuri, una scogliera a picco sul mare: tutto il cuore di Lucius.
Severus osservò di nuovo la figuretta snella ed elegante di Narcissa.
L’unica della quale non potesse o volesse cogliere i sentimenti e i pensieri. L’aveva lasciata andare pian piano, ponendo tra loro un gelo ed una distanza inesorabili. La sofferenza di lei, quella si, l’aveva sentita. Aveva capito che la ragazza soffriva per il loro distacco ma lui non aveva voluto scoprire il perché, non aveva voluto assolutamente aprire quel vaso di Pandora, non ora che la gloria, la vendetta, il potere  erano li a portata.
Non ora che si era messo al servizio e, al tempo stesso, si stava servendo del più grande mago che mai fosse esistito.
Lui non si sarebbe lasciato traviare, lui non avrebbe subìto alcuna punizione, non avrebbe compiuto passi falsi, lui non era debole: lui non era Lucius Malfoy.
La cerimonia finì e il cimitero prese a svuotarsi, Narcissa rimaneva immobile e composta al centro della scena.
Severus aveva vegliato con lei così come lei aveva vegliato insieme a lui per Eileen, o almeno così gli piaceva pensare.
Averla così vicina eppure così lontana, vederla a distanza di pochi passi, diede uno strappo al suo cuore: desiderava abbracciarla e confortarla, voleva esserci lui al suo fianco a raccogliere il suo dolore.
“Non devierò la mia strada…” del resto Narcissa non glielo aveva mai chiesto.
Severus si infuriò con sé stesso “Io non sono debole!” e si smaterializzò senza più guardarla.


- Mia cara, lascia che ti accompagni a casa- la voce gentile di Abraxas era un balsamo - sarà lieto di darti un passaggio e di occuparmi di qualsiasi incombenza tu non possa o voglia svolgere -
Lei gli sorrise con gratitudine.
- Grazie, ma vorrei fermarmi ancora un po’ e dare un ultimo saluto a mio padre - gli posò una mano sul braccio e lui la prese con delicatezza e le posò un piccolo bacio sulla punta delle dita.
Lo sguardo le scivolò oltre le spalle dell’uomo e vide Lucius poco lontano, circondato da un gruppo di uomini che gli parlavano fittamente, fu quasi certa di vederlo ondeggiare per un istante: quella gamba doveva fargli davvero male.
Abraxas non insisté e si riunì a suo figlio, poco dopo era da sola davanti a quella specie di mausoleo in pietra grigia.
Vi sostò osservando la roccia scolpita:Frangar, non flectar’* citava sulla soglia della dimora eterna dei Black: spezzati ma mai piegati, era perfetta per Cygnus.
- Cissy…- una voce lieve, incrinata dal pianto, la chiamò.
Narcissa si irrigidì leggermente e impiegò qualche secondo prima di voltarsi.
Andromeda era a pochi passi da lei, vestita di scuro e con il volto rigato dalle lacrime.
I capelli castani dai riflessi ramati erano raccolti e il suo volto era bello e dolce come sempre.
- S-sei una donna…- sussurrò con la voce rotta, guardando Narcissa con profondo affetto nei suoi occhi grandi e scuri: gli occhi dei Rosier - s-sei bellissima…- e si avvicinò a sua sorella per abbracciarla.
Narcissa si irrigidì e Andromeda si bloccò, colma di dolore.
Del resto non si vedevano da sette anni e non avevano mai avuto modo di spiegarsi o dirsi addio.
Se non avesse già avuto il cuore infranto e l’animo tormentato, Cissy si sarebbe piegata sotto l’enorme massa di sentimenti che le piombarono addosso alla vista della sua adorata sorella maggiore, forse si sarebbe spezzata davvero.
Quanto aveva desiderato rivederla, risentire la sua voce, avvertire il suo calore e il suo conforto.
Quanto ne avrebbe avuto bisogno in tutti quegli anni, ogni volta che la vita le aveva sferzato addosso i suoi colpi taglienti, ogni volta che si era sentita sola...oddio, quanto si era sentita sola. Ogni volta che Bella le aveva rovesciato addosso il suo rancore e la sua rabbia, Lucius la sua fredda indifferenza o la sua rabbia incandescente, Severus il suo distacco impersonale.
Quanto avrebbe avuto bisogno di una parola di conforto da quella bocca così amata, uno sguardo pieno di affetto da quegli occhi dolci, una carezza da quelle mani vivaci. Quanto avrebbe voluto avere accanto a sé Andromeda, la sua adorata sorella dal cuore generoso.
E invece c’era stata Bellatrix con lei, quando erano state maledette e quando la cruda realtà della guerra le era stata palesata. C’era stato Lucius quando lei aveva scoperto con orrore cosa significasse lottare per quei principi che Andromeda aveva rinnegato con forza, c’era stato ancora Lucius quando lei aveva avuto il bisogno di una casa per scappare dalla morte di Druella, c’era stato sempre Lucius anche quando aveva dovuto guardare il corpo devastato di Cygnus. C’era stato Severus quando aveva avuto bisogno di un’oasi di tranquillità che le desse forza e pace per scappare da tutto questo, per fuggire da tutti loro.
- E’ troppo tardi- la voce di Narcissa era gelida e dura, come la roccia della tomba dei Black.
Si voltò e lasciò Andromeda al suo dolore.


Quando rientrò a casa fu accolta da Dorothy che sembrava estremamente agitata e sull’orlo delle lacrime.
- Miss…- non riusciva a controllare la voce - miss...Narcissa...Vostra sorella Vi attende nello studio di Vostro padre…-
Narcissa aggrottò le sopracciglia, togliendosi i guanti e il leggero soprabito e passandoli a Dorothy, con un piccolo cenno che la invitava a smettere di agitarsi.
Trovò Bellatrix accomodata nella poltrona che era stata di Cygnus, mentre giocherellava distrattamente con una pergamena.
- Credevo fossi malata - le disse senza preamboli, osservandola e vedendo che sembrava godere di ottima salute.
Bellatrix era raggiante.
Sua sorella la fissò con gli occhi scuri e pesanti, soppesandola e studiandola attentamente.
- Mi sento meglio - le risposte con noncuranza, distendendo le bella labbra carnose in un sorriso - talmente meglio che ho deciso di traslocare subito, senza ulteriori indugi -
Narcissa ricambiò lo sguardo con i suoi occhi chiari e insondabili, in attesa.
Bella si infastidì leggermente per quella mancanza di reazione ma non perse il suo, evidente, buonumore.
- Ovviamente puoi trovarti un’altra sistemazione - proseguì sorridendo in modo più ampio - non è il caso che una coppia di giovani sposi divida la casa con una sorella nubile, Dorothy ti ha già preparato un piccolo bagaglio, quello che ti basta per i primi giorni. Poi mi comunicherai il tuo nuovo indirizzo e avrò cura di spedire la tutto il resto dei tuoi averi-
- Il testamento di papà non è stato ancora reso noto - le disse Cissy semplicemente.
- Ti sbagli, mia dolce sorellina- Bella inclinò la testa e fissò lo sguardo sul camino spento - tra le macerie di Weirwater è stato ritrovato l’ultimo testamento da lui redatto e contenente le sue volontà- attese qualche secondo - Sono la sua erede legittima, in tutto e per tutto, in qualità di figlia maggiore. A te spetta del denaro, ma potrai entrarne in possesso solo quando compirai ventun anni, e Weirwater, che al momento risulta inagibile.-
- Dove immagini che io possa andare?- le chiese Narcissa con un tono di voce sereno e leggermente curioso.
- Onestamente, la cosa non mi riguarda - Bella fece spallucce - Barty Crouch sarebbe felice di ospitarti, suppongo- le sorrise dolcemente - so che la zia Walburga non riesce più ad alzarsi dal letto, immagino che avere accanto un’infermiera devota e di famiglia le farebbe piacere!- e non poté trattenere una piccola risata colma di soddisfazione.
Un leggero colpo di tosse proveniente dalla porta le distolse dalla loro sterile conversazione, Dorothy stava sulla soglia con una piccola borsa tra le mani tremanti.
- La borsa per Miss Narcissa…- sussurrò, evitando lo sguardo di entrambe.
- Fa venire Dorothy con me - Cissy conosceva già la risposta, la governante per un attimo si illuminò.
- Niente affatto - il tono era perentorio e Bella non esitò un secondo perché, chiaramente, se l’era aspettato - finalmente potrò avere un personale di servizio decente e non intendo rinunciarvi. Rodolphus arriverà qui tra poco, voglio poter sistemare la nostra stanza e istruire tutti sulle nostre abitudini. Abbi la cortesia di lasciare questa casa immediatamente- non c’era altro da aggiungere.
Dorothy fece per protestare ma Narcissa fu svelta, le posò una mano sulla guancia paffuta, le strappò di mano la borsa e uscì dalla casa londinese dei Black.
L’edificio scomparve sotto i suoi occhi e lei comprese che era stato posto un veto per lei: non avrebbe potuto rientrare in quella dimora se la padrona di casa non avesse tolto i sigilli.


Una volta in strada l’aria umida e densa l’avvolse, indossava ancora il leggero abito nero del funerale e ignorava cosa la sua cara Dorothy le avesse messo nella borsa ma, sopra ogni cosa, ignorava dove mai sarebbe potuto andare.
Lucius fu il primo volto che le apparve davanti agli occhi: sapeva che le porte di Malfoy Manor le sarebbero state aperte senza alcuna riserva, se non altro per l’intercessione di Abraxas.
Spinner’s end? Sorrise, immaginando il volto impenetrabile e leggermente stupito di Severus, le sopracciglia alzate in un moto di lieve sorpresa presto occultato, le spalle leggermente contratte. Non le avrebbe negato asilo ma non sarebbe mai rimasto sotto lo stesso tetto con lei, da soli.
Grimmauld Place? Non poteva immaginare di vivere in quella dimora oscura e cupa insieme a sua zia Walburga, che non l’aveva mai particolarmente considerata e le aveva sempre preferito Bella.
Weirwater era semidistrutta e pericolante.
Kerenza? La donna l’avrebbe quasi certamente ospitata ma non aveva risposto alla lettera che le aveva mandato per informarla della morte di Cygnus. Galatea era rientrata con la piccola pergamena ancora legata alla zampa, indignata per non aver potuto portare a termine la sua consegna, quindi lei era quasi certa che la strega cornica non si trovasse nel suo cottage scozzese in quel momento.
Narcissa sorrise e scosse la testa.
Non aveva alcun posto dove andare, nessuna persona che potesse aiutarla.
“Perché devi imparare a non contare sugli altri. Ti sono state tese molte mani, in realtà, ora devi imparare a cavartela da sola.”
Iniziò a camminare lungo la strada mentre cercava di focalizzare un luogo in cui smaterializzarsi, pratica che non amava molto ma per la quale aveva superato brillantemente gli esami.
La borsa era leggera e il funerale di Cygnus sembrava essere avvenuto mesi prima, non pareva fossero trascorse solo poche ore.
La sera stava scendendo lentamente accodandosi al lungo tramonto estivo, Narcissa valutò che per la notte l’unica possibilità era Diagon Alley, se si fosse sbrigata forse avrebbe trovato una stanza in una locanda.
“Più probabilmente a Notturn Alley!” si disse, sorridendo.
All’improvviso uno schiocco rumoroso la fece sobbalzare e lei si trovò la strada sbarrata da un’enorme carrozza scura decorata con assurdi pennacchi colorati che lei riconobbe come piume di struzzo.
La grande porta si spalancò e una voce gutturale, con un singolare accento tedesco, ne fuoriuscì - Dove credi di andare Kigeni?* Se ti succede qualcosa mi ammazza...salta su, con quelle tue lunghe gambe da gazzella, e fammi chiudere la porta che questa umidità mi uccide!-
Narcissa sbatté gli occhi, indecisa.
- Sali, si o no, Furaha Yangu?!-
La ragazza rimase a bocca aperta: c’era una sola persona al mondo che la chiamasse così e non aveva quella voce gracchiante e nasale. Vinta dalla curiosità salì sull’enorme e pesante carrozza che, con altro uno schiocco assordante, sparì dalla via e si lasciò dietro un paio di svolazzanti piume colorate.

 

Fine cinquantatreesimo capitolo

 

*frangar, non flectar = Mi spezzerò ma non mi piegherò (L.A.Seneca)

*kigeni= straniera in swahili

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Capitolo 54
*** La caduta degli Dei (ultima parte) ***


Grazie come sempre (evviva l'originalità) a chi segue e legge questa storia, in modo particolare a miss Gold_394 per aver recensito il capitolo scorso...mamma quant'è lungo stò capitolo, se notate errori o cose strane vi prego di avvisarmi, ho gli occhi che si incrociano e ho revisionato per modo di dire, nel caso lo farò domani...'notte e/o buon risveglio a tutte!

 

“Un gelido destino”

 

(La caduta degli Dei - ultima parte)

 

Cinquantaquattresimo capitolo



 

- Come credi che dovrei reagire, Bellatrix?- la voce del Signore Oscuro l’aveva raggiunta come trasportata da un alito di vento.
Era l’alba e lei era accorsa quando il Marchio Nero aveva bruciato la sua pelle, lasciandole capire che Lord Voldemort esigeva la loro presenza.
Tuttavia Rodolphus l’aveva guardata corrucciato, facendole presente che il suo Marchio non stava bruciando affatto.
Bella aveva sentito il cuore mancarle un battito: il Signore Oscuro voleva solo lei.
Non succedeva da molto tempo e accadeva adesso, quando lei aveva ancora le mani sporche del sangue di Cygnus.
Qualcosa nel suo intimo le aveva suggerito che si trattasse proprio di quello: suo padre.
Una parte di lei aveva macchinato, organizzato e realizzato freddamente quell’omicidio da almeno tre anni, dall’esatto momento in cui aveva lasciato lo studio di Cygnus dopo che le aveva rivelato l’esistenza del contratto prematrimoniale.
Una parte di lei, molto piccola  e nascosta, cercava di dimenticare i rantoli dell’agonia di suo padre, l’odore insopportabile del suo sangue nobile sparso un po’ ovunque, gli occhi vitrei privi di luce.
La morte non la impressionava e non la impauriva: il cadavere di suo padre si.
“Maledetto, mi tormenterai fino alla fine, vero?” aveva pensato, frustrata.
Casa Smith era praticamente deserta a quell’ora, arrivando aveva incrociato un’unica persona: Severus Snape.
Il ragazzo le aveva rivolto il solito sorrisetto storto e lei lo aveva ignorato, suscitando in lui una divertita reazione, molto composta invero.
Lo odiava.
Lo aveva sempre detestato, fin dal primo momento in cui l’aveva visto.
Non sapeva bene nemmeno lei perché ma, almeno in questo preciso momento, aveva una ragione validissima per odiarlo: il Signore Oscuro ne era letteralmente infatuato. Ne era affascinato, lo convocava continuamente, spesso lo teneva accanto a sé notti intere.
Evan l’aveva fatta infuriare insinuando che Lord Voldemort avesse variato i suoi gusti in fatto di compagnia carnale: dalle belle brune ai brutti mori.
Solo l’idea la disgustava e la mandava fuori di testa, lei anelava ad uno sguardo, un abbraccio, un contatto.
Desiderava l’Oscuro Signore con ogni sua fibra e impazziva all’idea che qualcuno si trovasse più vicino di lei all’uomo che venerava come si può adorare un Dio fatto di carne, ossa e sangue, di membra perfette e bianche, di potenza superiore e fulgida.
Evan era il suo amante da anni, Rodolphus era legato a lei da un contratto ma, inaspettatamente, erano riusciti a trovarsi in quel limbo che erano le loro esistenze.
Ma lui...oh lui, era la sua stessa fibra vitale.
Non aveva davvero capito cosa significasse sentirsi parte di qualcosa, avere uno scopo nella vita, finché non aveva posato lo sguardo su di lui.
Lui era la sua follia, la sua agonia. Lui era tutto e solo l’idea di perderlo l’annientava.
Non voleva nemmeno dividerlo con qualcun altro.
Aveva già dovuto sopportare la presenza di Lucius, sempre un passo innanzi a lei, sempre il primo ad essere chiamato, sempre il primo sul quale corpo lo sguardo di lui si posava.
E ora, sembrava impossibile, ma Snape aveva scalzato persino Malfoy. Era stato duro essere la seconda, figuriamoci la terza.
- Mio Signore, qualsiasi reazione abbiate io l’accoglierò con gioia…- aveva sussurrato, sfoderando la docilità che le era propria quando si trovava al cospetto del Signore Oscuro, ma la sua testa era solo leggermente chinata e il suo corpo era rilassato, se pur orientato verso di lui con deferenza.
Lei davvero non lo temeva, davvero non rifuggiva la sua ira.
- Bella…- la voce di Lord Voldemort si era fatta persino carezzevole - la fanciulla dall’animo così tormentato e oscuro racchiuso in splendide fattezze, cesellate nell’ambra in modo perfetto…- aveva sospirato e dilatato le narici - tuo padre si era offerto a me e io l’avevo accolto con la consapevolezza che la sua utilità sarebbe stata davvero importante.Ora tu me l’hai strappato dalle mani senza nemmeno usarmi la cortesia di chiedere il permesso…- e la sua voce non era stata più così carezzevole.
Bella sapeva che era furioso: non perché Cygnus contasse davvero qualcosa per lui, ma perché lei aveva agito senza prima cercare il suo consenso.
- Non era altri che un vecchio…- aveva detto, azzardandosi a sollevare lo sguardo scuro su di lui, il suo volto era avvolto dalla penombra - di vecchi è pieno il mondo, ma osava trattenere la mia vita tra le sue mani e io voglio essere stretta solo da due mani, mio Signore: le Vostre…-
Lui aveva mosso un passo verso di lei, fissandola con gli occhi socchiusi.
- Potrei stringere quelle mani e stritolarti, invece che trattenerti e basta- aveva mosso un altro passo verso di lei - osi sfidarmi, sminuendo una persona che io aveva scelto personalmente, dopo che l’hai trucidata senza il mio consenso?-
Bella aveva sentito le fiamme divamparle in petto: lei non aveva paura.
Si era gettata in ginocchio, baciandogli la veste.
- Mio Signore!- aveva esclamato accoratamente, mentre i lunghi capelli bruni si posavano sul pavimento, sparpagliandosi ai piedi di Lord Voldemort - uccidetemi, se è questo che Volete! Se è per mano Vostra posso sopportare e affrontare qualsiasi cosa, meglio la morte che la Vostra indifferenza!- l’aveva detto e non si pentiva.
Era ancora piena di quel sentimento astruso, quell’ineluttabilità che le donava l’aver ucciso il suo stesso padre, guardandolo mentre la vita abbandonava il suo corpo.
- Moriresti per me, Bella?- la voce di lui le era giunta da vicino.
- Si...per mano Vostra, per Voi…con Voi...- lei aveva baciato la sua veste: per lui non esitava a prostrarsi e umiliarsi, per lui e solo per lui, sempre e per sempre.- Se Volete uccidermi fate pure, sono qui e non ho paura. Se Volete torturarmi non esitate, soffrirò con piacere. Ma non ignoratemi, non lasciatemi in un angolo ad attendere un cenno, io sono la persona più fedele e devota che troverete mai in questo mondo…- la voce si era spenta in un sussurro angosciato ma fiero “sono la persona che più Vi ama!” avrebbe voluto urlargli “la sola che Vi ami davvero!”.
- Dovrei punirti per quello che hai fatto…- lui l’aveva afferrata per un braccio e costretta a sollevarsi - ma oggi non sarai tu ad essere punita…- aveva avvicinato il volto diafano al suo, con gli occhi lampeggiati della luce rossa che sembrava sorgere dal suo stesso corpo - ...ma se agirai ancora di testa tua, senza che io, il tuo Padrone e Signore, ti dia il permesso, sarò lieto di accontentarti e farti morire per mano mia. Non dubitarne mai, Bellatrix-
Lei aveva dovuto lottare contro l’istinto di sporgere il viso verso quello di lui, mendicando un bacio.
Ma il Signore Oscuro sentiva tutto e sapeva tutto. Sapeva che lei moriva di desiderio, che lo voleva con tutta sé stessa.
E così aveva sollevato la manica sinistra del suo abito dove il Marchio Nero, che lei aveva nascosto per poi dileggiare Narcissa ancorata a quell’orrida Giostra, era di nuovo perfettamente visibile e aveva accostato quella pelle marchiata al suo volto, leccando  lentamente i contorni di quel nero teschio dalla lingua serpentina.
E Bella aveva capito: dopo mesi di esilio era di nuovo accolta nel suo letto e lei non aveva esitato, raggiungendo un’estasi mentale prima ancora di quella fisica.
Quando lui le aveva ordinato di lasciarlo, lei era scivolata fuori dalle lenzuola con grazia a aveva compreso che, da quel momento, ci sarebbero state tante altre volte. Aveva ucciso suo padre e lui aveva apprezzato il gesto, era così.
Bella si era sentita assolutamente invincibile il quel momento: il Mondo era suo, non c’era nulla che le mancasse e che potesse turbare quel sentimento di vittoria e di gloria.
Lei era in quello che poteva assomigliare ad un Paradiso e, la cosa migliore, era che suo padre era all’Inferno e Lucius Malfoy nella polvere.
Vederlo a terra, poco tempo dopo aver goduto dei favori del Signore Oscuro, era stato per lei il coronamento di un giorno perfetto.
Voleva quell’uomo e l’avrebbe avuto, altrimenti sarebbe morto e lei sarebbe stata libera da quell’assurdo contratto prematrimoniale.
Oppure l’avrebbe avuto e poi ucciso, non c’era fretta, sapeva attendere.
Al momento lei era inattaccabile, era forte come non mai, era una Dea e la ciliegina sulla torta era stato sbattere Narcissa fuori di casa.

- V-vuole qualcosa Mrs. Lestrange?- la voce tremula e incrinata dal pianto la riscosse dalle sue gloriose rimembranze.
- Dorothy, non voglio lagne attorno a me! Voglio che i miei abiti siano lavati e stirati di nuovo e voglio che la camera di mia sorella venga sgomberata dalle sue cose- sfidò la domestica a contraddirla ma la brava donna non ne era in grado - e pretendo una servitù allegra e lieta di servirmi, com’è giusto che sia…-
La governante lasciò la stanza senza dire nulla e Bella si appoggiò al comodo schienale della sedia che un tempo era stata di Cygnus.
“Perché sono infelice, ecco perché!” le aveva detto Narcissa, offuscata dall’alcool a cui non era abituata, la sera della festa.
Si era immolata per lei, senza che glielo avesse chiesto, e lei l’aveva abbandonata su quel palco, disinteressandosi della sua sorte, per andare a uccidere Cygnus.
Bella agitò la bacchetta, facendo divampare le fiamme nel camino spento dello studio, poi rimase lì, fissando il fuoco, quel sentimento di gloriosa vittoria che andava morendo pian piano dentro di lei.
“Vuoi soffrire? Ecco, soffri sorella mia.” pensò e agitò di nuovo con rabbia la bacchetta e le fiamme quasi esplosero, rischiando di incendiare ogni cosa accanto al camino.
Bellatrix rimase in quello studio per un tempo indefinito, con lo sguardo perso nel vuoto.

 

La carrozza avanzava rapida, dondolando in un modo leggermente nauseante che ricordava il movimento delle piccole imbarcazioni scosse dalla tempesta.
Narcissa si chiese quando la sua, poteva chiamarla salvatrice?, la sua strana benefattrice avrebbe detto una parola.
Ma la donna stava la, in silenzio, e la osservava con i suoi occhi lucenti.
Narcissa non cedette e rimase seduta composta, muta.
- Bene Kigeni sei cocciuta come un cammello - la voce della donna era gracchiante e denotava una grande vivacità, in una donna così anziana - posso sapere dove intendessi andare?-
- Ovunque potessi permettermi di andare...Bibi Oma - le rispose con un piccolo sorriso avendo, ovviamente, riconosciuto la nonna di Beb dalle sue innumerevoli e spassose imitazioni e descrizioni.
- Non credo che tu sappia che c’è una guerra, una guerra vera, in corso- le disse l’anziana donna, senza scomporsi più di tanto - cosa ne sai tu delle guerre? Ciò che hai letto sui tuoi libri di scuola.- strinse gli occhi a due fessure -Sai qual’è la peggiore delle guerre? Quella che voi chiamate “guerra civile” e sai perché?-
- Perché avviene in un contesto che coinvolge gli inermi cittadini, senza distinzione? Perché i contendenti appartengono alla stessa nazione, parlano la stessa lingua e, spesso, vivono fianco a fianco? Perché i componenti di una stessa famiglia possono ritrovarsi su fronti opposti?- le rispose Narcissa molto seria in volto “perché le persone che ami possono fare cose che non approvi per una causa che ritieni giusta ma che ti toglie tutto quello che conta per te?”.
- E tu credi che una ragazza bionda e bianca, come uno di quei fiori che spuntano anche nella neve, possa andarsene in giro per questo mondo capovolto senza rischiare nulla?- il tono era didattico e scettico.
- Se la ragazza bionda e bianca non ha altra scelta, può- Narcissa le sorrise - e comunque grazie del passaggio…-
- Macché passaggio, Kigeni! Ah, sei irritante almeno quanto Bebhinn!- la donna batté con stizza una mano sulla morbida imbottitura della carrozza - solo che mia nipote è più lungimirante! Meno male che ha irretito la tua governante chiedendole di essere contattata nel caso in cui tu ne avessi avuto bisogno, altrimenti non avremmo saputo nulla!-
Questa volta Narcissa non nascose la sua sorpresa: Dorothy aveva avvisato Beb che lei stava per essere cacciata di casa? Ecco perché non aveva trovato Galatea al momento di lasciare casa Black.
Cissy preferì non chiedersi cosa intendesse Bibi Oma per “irretire” ma, evidentemente quando, tre anni prima, Beb era venuta a farle visita a casa, per “prima di andarmene voglio salutare la tua domestica”* aveva inteso molto di più di quello che lei aveva creduto.
Sentì un impeto di affetto scaldarle il cuore per quelle due donne così diverse che si preoccupavano per lei nello stesso, identico, modo.
- Quindi se non è un passaggio, cos’è? E perché Beb non è qui?- Narcissa desiderava ardentemente rivedere la sua amica.
- Beb non può muoversi al momento, presto nascerà sua figlia- l’anziana donna le lanciò uno sguardo acuto quando vide l’espressione sorpresa di Cissy - vedo che mia nipote non ti ha aggiornata sulle ultime novità.-
- Ma Beb ha già una figlia…- mormorò la ragazza - è nata due anni fa…-
-Certo! Ma i figli van fatti finché il grembo della madre è giovane e vigoroso!- picchiettò la pancia di Narcissa con la punta del suo bastone nodoso - qui dentro dovresti già avere un bambino, stai diventando vecchia e sei ancora illibata...molto male!-
Narcissa avvampò mentre il viso di Lucius le compariva lentamente davanti agli occhi insieme a delle immagini e a delle sensazioni che dovette ricacciare a forza da dove erano venute.
La vecchia scoppiò a ridere e le diede un altro colpetto deciso con il bastone sui fianchi.
- Però vedo che sei pronta a vivere la tua notte di nozze! Allora dimmi, chi sarà il fortunato? L’uomo freddo e biondo o l’uomo freddo e scuro? Se vuoi ti presento un paio di ragazzi namib, non avresti più alcun dubbio!-
- Non sono affatto freddi!- esclamò Narcissa e poi si bloccò - e Beb non dovrebbe chiacchierare così tanto…-
- Meglio amare tanto che niente, lo sapevi Kigeni?- Bibi Oma la studiò attentamente - hai bisogno di un marito che ti rimetta a posto la testa, il cuore e anche tutto il tuo corpo, ragazza.-
- Parlami di Beb- l’angoscia la stava travolgendo e preferì cambiare argomento - come fai a sapere che sarà nuovamente una femmina? E come sta lei?-
Questa volta la donna rimase in silenzio per diversi secondi e Narcissa sentì il sangue rallentare nelle vene.
- Lei sta bene…- sussurrò la vecchia - ma ha dovuto lasciare la tribù, si trova in Germania adesso -
- P-perchè?- l’idea che Beb stesse male la turbava profondamente.
- Perché gli sciamani hanno predetto che la sua bambina sarà una “bahati mbaya”...una portatrice di sventura- fece un’altra pausa -e, se lei la facesse nascere in Namibia, la bambina le verrebbe strappata dalle braccia e abbandonata nel deserto.-
Narcissa si lasciò sfuggire un singulto d’orrore - Tutto ciò è terribile! E’ da selvaggi!-
Gli occhi della donna lampeggiarono e il volto si indurì.
- Più selvaggio del marchiarsi la carne con simboli osceni e andare in giro incappucciati ad annientare inermi persone solo perché hanno un sangue dal colore diverso? Più terribile dell’uccidersi tra parenti, rinnegarsi tra sorelle, pretendere di schiacciare altre persone nel nome di una presunta superiorità?-
Il tono era così duro che Cissy non trovò nulla da ribattere.
Passò qualche istante di silenzio pesante.
- Le chiedo scusa - disse infine, se non altro per il rispetto che doveva ad una persona tanto più anziana di lei - posso sapere che cosa farà Beb da adesso in avanti?-
La donna la fissò un attimo e poi il suo viso si rilassò.
- Ha lasciato la guida della tribù a sua sorella, ma solo momentaneamente: l’unica vera erede designata a succederle, sia dagli Dei che dagli sciamani, è Nilaja, la sua prima figlia. Beb l’ha lasciata in Namibia sotto la protezione delle sue sorelle e cugine e si è trasferita definitivamente in Europa con Babukar, suo marito.-
Narcissa cercò di controllare il tono della voce - Ha lasciato sua figlia ed è partita?- conoscendo il cuore immenso di Beb, la sua indole protettiva e fiera,  non poteva nemmeno immaginare quanto dolorosa fosse stata quella scelta.
- Ha lasciato che la sua prima figlia, quella forte, cercasse di compiere il suo possibile destino, come indicato dai segni degli sciamani: un fato importante e pieno di grandezza per preservare la nostra tribù e il nostro sangue- sospirò piano - Ha deciso di salvare e prendersi cura di quella più debole, quella che sarebbe andata sicuramente incontro alla morte se lei non le avesse dedicato ogni energia sacrificando qualcun altro, un altro affetto…- la guardò in modo penetrante.
Le due donne si fissarono per qualche istante.
- Bene Kigeni, mia nipote, pur trovandosi in una situazione così complicata, ha pensato a te in modo intenso e mi ha letteralmente sbattuta in questa terra ingrata per accorrere in tuo soccorso...dimostrami che ne vale la pena: mi annoio, fammi compagnia per i prossimi tre mesi.-
Cissy sgranò gli occhi con enorme stupore - E dove dovrei tenerLe compagnia?-
- Nella mia casa irlandese, ovvio! Credi che mi fermerei in questo posto malsano? Se proprio devo, voglio stare in luogo pulito e pieno d’aria respirabile!-
La donna non aspettò la sua risposta, batté con il bastone sulla portiera della carrozza e questa emise uno schioccò e sparì da Londra, portandole al di là del mare.

 

-Lucius, calmati!- Kerenza sospirò e cercò di far mettere seduto l’uomo, che zoppicava vistosamente - se ti agiti così quella gamba non guarirà mai!-
- Me la taglio questa gamba!- era furioso e aveva il volto madido di sudore per lo sforzo di reggersi in piedi, bastò una lieve spintarella di Kerenza per farlo crollare su una sedia.
- Adesso mi farai il favore di tranquillizzarti!- gli occhi della donna mandavano lampi - altrimenti il lavoro che abbiamo fatto due settimane fa sarà del tutto inutile! Ti ho detto e ripetuto che devi riposare e tenere quel dannato bastone sempre accanto a te, a contatto con te!- lui la fissò imbronciato e lei lottò contro l’istinto di dargli uno schiaffo o di sederglisi in braccio a baciarlo...si morse le labbra, frustrata.
Due settimane prima, nel tardo pomeriggio, si era ritrovata davanti Evan e Lucius.
Era la scena inversa che aveva vissuto tre anni prima: quella volta era stato Lucius a sostenere Evan.
Vedere il ragazzo biondo ridotto in quello stato le aveva strappato il cuore dal petto, aveva rischiato di svenire alla vista di lui che non si reggeva in piedi, i lunghi capelli biondi incollati al volto dal sudore freddo che gli dava il dolore.
Le sue lunghe gambe vigorose che non rispondevano ai comandi e tremavano convulsamente.
Kerenza aveva lanciato un piccolo grido orripilato e poi era corsa a togliere la tenda nera dall’ingresso, chiudendo a chiave la porta.
Evan aveva fatto distendere sul letto il suo amico e lei gli aveva ordinato di spogliarlo.
Il ragazzo aveva ubbidito, lanciandole un’occhiata maliziosa e facendola arrossire; in quel momento era stata grata del fatto che suo cugino non potesse captare il suo profondo imbarazzo.
Aveva accantonato quei pensieri e quei sentimenti e si era dedicata ad aiutare Lucius, cercando di porre rimedio a qualcosa che sembrava irrimediabile.
Aveva preso le sue pietre e le aveva posizionate sull’addome e sulle cosce del ragazzo, dimenticandosi dei suoi turbamenti e concentrandosi su quel lavoro lungo e faticoso.
Chiunque avesse torturato Lucius, e lei temeva di sapere chi fosse stato, ci aveva messo un impegno notevole.
Molti nervi erano infiammati in modo grave, alcuni muscoli erano strappati, persino il cuore forte e vigoroso sembrava aver subìto dei danni: poteva sentire le scariche irregolari provenire dal muscolo cardiaco affaticato e compromesso.
Kerenza si era morsa le labbra per trattenere le lacrime e aveva evitato lo sguardo penetrante di Evan.
Ci erano volute sei ore e, finalmente, Lucius aveva ripreso a respirare regolarmente e il suo cuore era rientrato nei ranghi.
La donna era riuscita a sfiammare il nervo trigemino, permettendo al ragazzo di distendere i muscoli contratti del volto ed era riuscita a rimediare alla maggior parte dei danni.
Tranne che per la gamba destra, che aveva seguitato a vibrare e dolere a causa del nervo sciatico, talmente infiammato che lei nulla aveva potuto fare per alleviare la sofferenza di Lucius.
- Brava…- le aveva sussurrato Evan prima di andarsene, sfiorandole l’orecchio con le labbra - ora spogliati e mettiti nel letto a fianco a lui, così potrai verificare che tutti, ma proprio tutti, i suoi muscoli funzionino ancora!-
Lei era diventata paonazza e aveva spinto il suo amico sfacciato fuori dalla porta, mentre lui se la rideva di gusto.
Lucius aveva dormito per diciotto ore e, quando si era risvegliato, le aveva sorriso - Ops, mi sa che ho combinato un guaio!- la voce era arrochita dalla debolezza.
Lei gli aveva sorriso e dopo era scoppiata a piangere disperatamente, lasciandolo di stucco.
- Sei proprio un idiota!- gli aveva urlato, fissando il suo braccio sinistro marchiato orribilmente.
- La smettete di insultarmi tutte quante?- aveva detto lui con una smorfia ironica.
In quel momento era rientrato Evan, con il volto contratto e gli occhi stranamente seri.
Lucius si era subito allarmato, mettendosi a sedere, incurante della sua nudità.
- Che succede?- aveva fissato negli occhi Evan e l’altro ragazzo si era portato al fianco di Kerenza, cingendole le spalle con un braccio e dandole un lieve bacio di saluto, aiutandola a mascherare il suo imbarazzo.
Rosier ci aveva pensato un attimo prima di rispondere ma lo sguardo azzurro del suo amico era insistente e penetrante.
- Cygnus Black è morto, è successo l’altro ieri notte - aveva detto semplicemente, continuando ad abbracciare la veggente.
Lucius era scattato in piedi, trattenendo un gemito di dolore, e aveva preso a vestirsi con movimenti rapidi e decisi, seppur resi difficili dal dolore che ancora provava.
- Cosa fai?!- gli aveva chiesto Kerenza - stai male, non puoi andartene!-
-Lucius, calmati! - Evan era stato perentorio e aveva approfittato della sua superiorità fisica per bloccare le braccia del suo amico e spingerlo nuovamente sul letto, tenendolo fermo con il suo ginocchio che gli schiacciava crudelmente la gamba destra, vicino all’inguine.
Lucius aveva urlato di dolore e aveva smesso di lottare, lanciando uno sguardo infuocato al suo amico.
- Non essere stupido, hai rischiato seriamente di morire - gli aveva detto Evan con voce fredda e dura - il funerale si terrà domani, per oggi non puoi fare niente…-
Kerenza aveva abbassato le mani che erano salite a coprire la bocca quando Lucius aveva urlato.
- T-ti prego, cerca di avere cura di te una volta tanto!- gli aveva detto con le lacrime agli occhi - non essere impulsivo…- sapeva che le sue erano preghiere vuote: lui non avrebbe mai e poi mai lasciato Narcissa sola in quel momento.
- Narcissa se la caverà, ci siamo passati tutti…- Evan aveva espresso il pensiero di Kerenza con una voce gelida e gli occhi di granito - se muori adesso non potrai aiutarla mai più. Vuoi lasciarla sola in questo schifoso mondo pieno di luridi bastardi?-
Lucius aveva ansimato senza trovare la forza di rispondere.
- Per domani ti preparerò qualcosa che ti aiuti e ti sostenga nel dolore…- Kerry si era rassegnata da tempo a quel sentimento così fulgido che il suo amato cugino provava per Cissy.
Così, la mattina seguente, lui era andato al funerale appoggiandosi a quel bastone che possedeva un’anima di ambra, atta a rendere più sopportabile il dolore.
E poi non era più ritornato in Scozia, fino a quella mattina.
Kerenza lo fissò sbuffando, mentre lui si passava una mano tra i lunghi capelli biondi.
- E’ sparita da due settimane e nessuno sa nulla, ti sembra possibile?- la voce di Lucius era piena di, incredula e impotente, rabbia.
Lei sospirò piano: Narcissa, Narcissa, Narcissa...per lui non esisteva nient’altro: voleva a tutti i costi respingerla e dimenticarla, per poi inseguirla e andare a riprendersela, incapace di troncare quel rapporto tormentato con se stesso e con lei.
Cercò di raccogliere tutta la sua buona volontà prima di rispondergli.
- Lo so...del resto io mi sono assentata molto ultimamente e non ho idea se lei abbia cercato di contattarmi-
Lui la fissò torvo.
- Già, dove diamine sparisci poi!-
- Grazie mille dell’interessamento- gli rispose acidamente, cominciando ad arrabbiarsi seriamente - anch’io ho una mia vita da vivere! Non sono una specie di medicina umana che serve solo a guarire te e quel cretino del tuo amico Rosier! Non sono nata solo per togliervi d’impaccio quando il vostro grande condottiere decide che dovete soffrire e magari morire!- la voce si alzò di un tono.
- Scusa…- lui si sollevò dalla sedia e le si avvicinò, posandole un lieve bacio sulla guancia.
Lei chiuse gli occhi, cercando di reprimere i sentimenti per lui che, invece di affievolirsi negli anni, andavano a diventare sempre più intensi.
“Perché tutto deve fare il suo corso…” pensò, sospirando e lottando contro la voglia di volgere il viso e catturare le sue labbra.
- Quella sgualdrina di sua sorella l’ha sbattuta in mezzo alla strada e nessuno sa dirmi qualcosa…- per Lucius quelle due settimane erano state un Inferno. Da quando Abraxas gli aveva detto di essere andato in visita da Narcissa, per proporle di passare un po’ di tempo a Malfoy Manor, e la domestica che gli aveva aperto la porta gli aveva spiegato, in tono monocorde, che “Miss Narcissa non risiedeva più lì”. La donna aveva sussurrato ad Abraxas che” Miss Narcissa non avrebbe mai più fatto ritorno in quella casa” e che “se n’era andata tutta sola senza nient’altro che pochi averi personali, che nemmeno loro sapevano dove fosse finita e aspettavano di conoscere la nuova dimora di Miss Narcissa per inviarle il resto dei suoi beni.”
Il Signor Malfoy era rimasto perplesso dalla loquacità della donna, che lo aveva fissato con gli occhi sgranati chiedendogli di “avvisare il signorino Lucius che Miss Narcissa era stata gentilmente invitata ad andarsene dalla sua stessa sorella, erede universale del Signor Cygnus”. In quel momento Bellatrix era apparsa e la domestica era impallidita, annunciandolo con aria deferente a Madame Lestrange e scappando letteralmente via.
- Gliela farò pagare a quella donnaccia…- gli occhi di Lucius erano pericolosi.
- Non hai idea di dove possa essere andata Narcissa?- Kerenza se l’era chiesto più volte, aveva cercato di interrogare il suo Breo ma, senza la vicinanza della persona interessata, era quasi impossibile.
Lucius evitò di rispondere, aveva cercato di ottenere informazioni ma la ragazza sembrava letteralmente sparita nel nulla e lui, per prima cosa, aveva indagato in modo da escludere che si trovasse a Spinner’s end. Si era odiato per quel sentimento di gelosia che lo aveva travolto al solo pensiero che lei si fosse rivolta a Severus piuttosto che a lui e, quando aveva scoperto che non era accaduto nulla di tutto ciò, era stato combattuto tra la soddisfazione e il rinnovo dell’ansia per la sua sorte.
Per puro scrupolo aveva controllato che non si trovasse da sua sorella Andromeda ma, ovviamente, gli era stato riferito che non era così.
- Comunque ho un’altra cosa da chiederti…- e Lucius si tolse dalla tasca il bigliettino insanguinato che gli era stato recapitato la sera della festa degli Hinchinhooke e lo porse a sua cugina.
Kerenza lo prese, leggermente disgustata, e poi lesse con attenzione, aggrottando le sopracciglia.
Quando lo sguardo le cadde sulla farfalla ormai vizza, che vi era stata appuntata crudelmente, sentì un brivido gelido scorrere lungo la sua schiena.
-...hai idea di chi sia stato?- gli chiese lentamente, alzando lo sguardo su di lui.
Lucius si limitò a scuotere la testa - So solo che, chiunque sia stato, la voleva morta o voleva farmi credere di essere disposto ad ucciderla. In ogni caso ho fatto in modo che, chi ha organizzato questo bel divertimento, abbia quello che si merita: mettersi contro un Malfoy impunemente non è pensabile- le narici si dilatarono per la rabbia - Mentre sono certo che, chi mi ha mandato questo, chiunque sia, è ancora la fuori e...anche lei è la fuori…-
Si guardarono a lungo.
- Questa…- mormorò Kerenza ma si bloccò, lei sapeva e sapeva anche come funzionavano certe cose.
Finalmente comprese cos’era l’ombra che minacciava di influenzare tutta la vita di Narcissa e che lei aveva visto fendere il suo passato, attraversare il presente e oscurare, a tratti, anche il futuro: era l’ombra di una farfalla.
Finalmente capì e tacque, non poteva fare altrimenti.

 

Quando gli addetti del Ministero giunsero a casa di Solange Araujo in Hinchinhooke, lei era pronta. Non fu sorpresa.
Usare La Giostra durante una festa dov’erano presenti così tanti maghi purosangue era stato un azzardo, usarla coinvolgendo Narcissa Black e Lucius Malfoy lo era stato doppiamente ma la necessità lo aveva imposto.
- Mrs. Hinchinhooke - le disse il mago barbuto e robusto, piuttosto imbarazzato: lui aveva partecipato sia alla festa che al gioco - ci è giunta una denuncia molto seria nei suoi riguardi da parte di Lucius Malfoy. Come ben saprà l’artefatto che lei ha usato, durante l’evento svoltosi in casa sua, è un marchingegno fuorilegge: "secondo l’articolo 104 della legge 626 per l’abolizione di ogni mezzo di tortura o vessazione nei confronti dei maghi o delle streghe purosangue, mezzosangue o nati babbani" -
- Lo so e lo sapeva anche Lei - la donna corpulenta strinse gli occhi e lui arrossì, a disagio - in ogni caso non intendo sottrarmi alle mie responsabilità. Cosa ci si aspetta che io faccia?-
Cadde il silenzio nella stanza e i tre uomini del Ministero la fissarono profondamente a disagio.
- Per questo tipo di crimine…- l’uomo di fece coraggio - per questo tipo di mancanza, c’è una sola strada...e porta ad Inis Ceithleann, almeno fino a che non si svolgerà il processo con il Wizengamot -
Solange impallidì lievemente: questo non se l’era aspettato.
Inileann significava umiliazione, significava perdere i propri diritti, significava essere marchiata a vita.
- Credevo che l’esilio o la confisca dei beni fosse sufficiente, del resto si è trattato di un semplice malinteso, perpetrato alla luce del sole.- la voce si mantenne salda ma poteva sentire le viscere contorcersi dalla paura.
- Solange…- l’uomo grande e grosso la fissò diritto negli occhi - Lucius Malfoy ha chiesto una riunione straordinaria del Consiglio, ha arringato in maniera del tutto convincente attenendosi, del resto, ai fatti nudi e crudi: Narcissa Black stava per essere mutilata da quella macchina infernale. E’  riuscito a convincere persino Barty Crouch Senior ,che ha portato anche la testimonianza di suo figlio...sono riuscito ad ottenere che tu non venga marchiata fino all’esito del processo, ma nulla di più-
Il tono era sinceramente costernato e entrambi sapevano che il Wizengamot, di questi tempi, non ci sarebbe andato affatto leggero. La morte di Cygnus Black, avvenuta presumibilmente nell’arco delle stesse ore della festa, non deponevano a suo favore.
La magia Oscura, in quel momento, era vista in modo men che tollerante e Crouch era uno dei più accaniti persecutori nei confronti di chi la usava.
- Ebbene, devo seguirvi subito?- la donna mantenne la sua dignità e, ad un cenno affermativo dei tre uomini, strinse le labbra - allora concedetemi di conferire con mio marito e con mia nipote…-
- D’accordo ma temo che uno di noi dovrà accompagnarti per essere certi che tu non scappi e, se permetti…- e, senza alcun preavviso, estrasse la bacchetta e le impose l’incantesimo che impediva la smaterializzazione nell’arco di un miglio dalla persona che l’aveva scagliata.
- Non era affatto necessario- la donna strinse gli occhi con malevolenza, apparendo davvero temibile.
- Lo so, ma io non ho voglia di rispondere di qualche mancanza a Crouch - l’uomo si asciugò il sudore con un grosso fazzoletto.
Solange serrò le labbra e uscì maestosamente dalla stanza, seguita proprio dall’omone grande e grosso.
Il Signor Grady Hinchinhooke era un uomo assai più anziano della moglie e sfiorava l’ottantina d’anni, era mingherlino e dallo sguardo gentile ma perso, a causa di una sorta di demenza senile.
Solange si era sposata con lui a soli vent’anni, quando lui ne aveva trenta di più, e l’aveva amato molto.
Lo amava anche adesso che lui aveva perso se stesso da qualche parte: lo baciò lievemente sulla guancia e gli mormorò che sarebbe ritornata presto. Lui le sorrise, ignaro di tutto quello che lo circondava.
Poi andò da Brigid.
- Per cortesia, mia nipote è molto timida e ciò che le dirò le causerà di certo molto dolore, lasciami sola con lei…- l’uomo del Ministero non volle negarle quella cortesia e rimase in attesa fuori dalla porta.
Brigid era in piedi, indossando la consueta veste bianca e virginale, e aveva il volto teso.
- Vedo che sai già tutto…- Solange le parò rapidamente e con un tono molto basso - qualunque sia l’esito, qualunque sia la mia sorte, io sarò viva: imprigionata ma viva - la donna afferrò la ragazza per le magre braccia ricoperte di tatuaggi neri - non dimenticare che devi continuare a lavorare perché ciò che vogliamo si realizzi, i tempi sono quasi maturi e pian piano il cerchio si stringe...ricordati i tuoi obiettivi e ricordati di Aloise…-
Brigid strinse le labbra con forza, rendendole livide.
- Cosa ti accadrà se verrai mandata in quel luogo...non eri tu a doverci andare…- la voce era strozzata e colma di dolore.
- Brigid!- la voce di Solange era piena di urgenza - sapevamo i rischi e va bene così, credimi! Devo tutto a tua madre e ti amo come se fossi figlia mia, ciò che ha fatto Aloise richiede un immenso sacrificio anche per chi resta, anche per chi l’ha amata!- fuori dalla porta ci fu un colpetto di tosse e la donna abbracciò con forza la ragazza - ricordati sempre il tuo scopo, tu sai cosa fare! E, se le cose si mettono male, va da Ysaline, chiaro? Nonostante tutto non ti negherà mai un aiuto, lei odia quella maledetta donna, hai capito?-
Si guardarono negli occhi e lei posò un bacio sulla fronte pallida di Brigid.
- Adesso vado, abbi cura di Grady…- e qui la voce si incrinò, ma la donna si raddrizzò in tutta la sua altezza e uscì dalla stanza senza voltarsi.
Brigid ansimò, piena di rabbia, e si conficcò le unghie nella morbida pelle del volto: la sua vendetta sarebbe arrivata presto.

 

(Ottobre)

 

L’aria di Hogsmeade era frizzante e piacevole, Kerenza era uscita a fare una passeggiata: un altro anno scolastico era iniziato e lei sentiva che il suo tempo, lì in Scozia, non era lontano dal terminare.
La guerra era esplosa e degenerata, non poteva permettersi di rimanere in terra straniera a lungo.
All’improvviso una civetta planò vicino a lei e fece una specie di inchino, porgendole la zampa.
La donna sfilò la pergamena e l’animale volò via soddisfatto.
Kerenza lesse con una certa apprensione: Lucius avrebbe dovuto farle visita proprio quel giorno e forse voleva disdire, ma la missiva non era sua.

 

“Mia cara Hekima*, come stai? Sei bella come ricordo? Immagino di si, te lo chiedo ogni volta perché, dopo tre anni,  ho paura di non ricordare bene il tuo volto. In realtà ciò non è possibile e tu lo sai. Volevo solo dirti che, come mi avevi giustamente detto, a metà del decimo mese, è nata Shoorai. Lei sta bene, io abbastanza ma, ciò che più conta, è che sia io che Babukar siamo consapevoli di aver fatto bene a lasciare la Namibia e permettere alla nostra creatura di nascere altrove. Prima o poi potrò guardati negli occhi e narrarti ogni cosa, mia cara amica. Abbi cura di te e sappi che la mia Furaha Yangu si trova in Irlanda con mia nonna...te lo dico così, nel caso tu voglia far buon uso di questa informazione. Ti abbraccio, B.”

 

Kerenza lanciò un’esclamazione di sorpresa e corse al suo cottage.
Quando entrò vide che Lucius era già arrivato e indossava un pesante mantello da viaggio, esagerato persino per l’autunno scozzese.
Lui si voltò e le dedicò il suo sorrisetto ironico, seppur pieno di affetto.
Kerenza arrotolò la pergamena e se la mise in tasca.
- Ti preparo un tè? - gli disse, con il volto arrossato - sei in partenza?-
-E’ così, sono venuto a salutarti. Era un viaggio già programmato e che è stato solo rinviato- lui si sedette e si sfilò i guanti.
La gamba era migliorata molto ma lui usava ancora in bastone, perché senza avvertiva molto più dolore.
- Quanto credi di assentarti?- le mani le tremavano leggermente.
- Vedremo…- lui giocherellò con il suo fidato bastone - abbi cura di te, mi raccomando, e…-
Lei si voltò con le labbra strette - Si, se scopro qualcosa sarai il primo a sapere…-
Lui le sorrise e lei ricambiò il sorriso.

 

Narcissa non metteva piede ad Hogsmeade da giugno, ossia da quando aveva terminato i suoi studi.
In fondo le era mancato quel posto. Gettò da lontano uno sguardo al cottage di Kerenza e sorrise, aveva voglia di rivedere la sua amica e fare quattro chiacchiere.
Non che le fossero mancate le chiacchiere con Bibi Oma, in quei tre mesi appena trascorsi, ma l’idea di rivedere la sua amica veggente le sorrideva molto.
La nonna di Beb le aveva annunciato la nascita della secondogenita di sua nipote e Cissy aveva tirato un sospiro di sollievo capendo che la ragazza stava bene e la bambina anche.
Ma ciò significava che il soggiorno irlandese stava per terminare e quindi Narcissa aveva compreso che l’unica sistemazione possibile per lei era Weirwater.
Un’ala era inagibile ma una parte della casa era ancora integra e lei si sarebbe accontentata.
La Professoressa di antiche Rune le aveva proposto di tradurre alcune antiche pergamene e lei aveva accettato, lieta di avere un’occupazione che l’appassionasse.
Respirò a fondo e pensò che, forse, la sua vita sarebbe ritornata a posto un poco alla volta.
- Narcissa?- una voce la richiamò con un tono stupito e lei si irrigidì impercettibilmente.
- ...Barty…- il tono era gelido ma il ragazzo finse di non accorgersene.
Le sorrise con cordialità e le si avvicinò di un passo, infilando le mani in tasca.
- Mi dispiace che tu sia sparita dopo quella sera e mi dispiace di non aver potuto partecipare al funerale di tuo padre - il tono era sinceramente dispiaciuto.

“Se odii me e quello che faccio, Barty Crouch non è la compagnia più adatta a te.”

- Mostrami il tuo braccio sinistro - la voce di Narcissa era tagliente come un rasoio affilato.
Lui perse un po’ della sua baldanza ma poi sorrise con ironia.
Sollevò la manica e mise in mostra il Marchio Nero.
- L’ho sempre detto che Lucius Malfoy è un dannato rompiscatole!- ricoprì la pelle e lei lo fissò nauseata.
- Non comparirmi mai più davanti - fece per andarsene ma lui la bloccò, afferrandola per un braccio.
- Dopo tutta la pena che mi sono dato, senza avere nulla in cambio, come minimo mi merito un bacio!- e l’attirò a sé con una forza insospettabile, avvicinando il viso lentigginoso al suo e poi, all’improvviso, si bloccò.
Lasciò andare lentamente la ragazza e si voltò con un’aria assai scontenta, gli occhi fissi sulla bacchetta che lo teneva sotto tiro.
- Ed ecco un rompiscatole ancora peggiore…- sussurrò, scostandosi e rivelando la presenza di Severus dietro di lui.
Narcissa sentì il cuore perdere un battito.
- Crouch, i tuoi bei modi, così cortesi e per bene, dove sono finiti?- la voce del ragazzo bruno era gelida ma quasi cordiale: un curioso contrasto.
Barty alzò le braccia per dirsi sconfitto ma, all’improvviso, con velocità animalesca, afferrò Narcissa e la baciò brutalmente sulla bocca, poi si smaterializzò in un battito di ciglia.
Narcissa si pulì con rabbia le labbra, strofinandole sulla manica del suo abito, e poi cercò di riaversi e trovare il coraggio di guardare Severus in volto.
Prima che alzasse lo sguardo lui parlò.
- Volevo farti le condoglianze, con imperdonabile ritardo - il tono era contrito - e suggerirti di ponderare più attentamente le tue amicizie…-
Cissy sollevò il volto di scatto, con gli occhi lampeggianti, memore degli avvertimenti che anche Lucius le aveva dato.
Severus stava sorridendo.
Studiò il volto arrossato di lei e gli occhi grigi e brillanti, l’espressione indignata.
Sentì che l’emozione lo stava cogliendo, come sempre quando posava gli occhi su lei e riusciva a meravigliarsi di quanto fosse bella.
Quei sentimenti poteva solo reprimerli, non poteva fare altro.
Narcissa cercò qualcosa da dire ma la voce non voleva saperne di uscire: da quanto tempo non lo vedeva.
Lui era sempre uguale e, in qualche modo, diverso.

“E nemmeno Severus”

La voce di Lucius le rimbombava nella testa: se avesse chiesto a Severus di sollevarsi la manica, cosa avrebbe visto? Non aveva alcun dubbio a riguardo.
- Ti trovo bene…- non seppe dirgli altro, chiuse un attimo gli occhi e poté sentire la forza di lui giungere fino a lei. Sentì la debolezza alle gambe e la sensazione di appartenenza che avvertiva ogni volta stando accanto a Severus “ma lui non mi appartiene, non mi è mai appartenuto né mi apparterrà mai” - perdonami, ma ora devo andare via, è stato bello rivederti…- ogni parola che pronunciava le causava dolore perché era consapevole che quello era un addio.
In quei pochi mesi le loro vite erano cambiate in maniera troppo profonda.
Lui strinse con forza il pugno sinistro - E’ stato bello anche per me - la voce era inespressiva.
Si guardarono negli occhi e, impulsivamente, lei allungò una mano e la posò sul suo braccio, dove sapeva celarsi il Marchio Nero.
Lui si irrigidì impercettibilmente.
Narcissa avrebbe voluto strappargli il tessuto della manica e graffiare via quel simbolo che sapeva avrebbe messo in pericolo la sua vita, rischiando di cancellarne per sempre l’esistenza.
Invece la mano scese ad afferrare quella di lui, ancora contratta, e poi Narcissa si avvicinò posandogli un bacio sulla guancia scarna e fredda, molto vicino alle labbra sottili.
Il suo corpo sfiorò quello di lui, le sue labbra si avvicinarono al suo orecchio - Buona fortuna Severus…- l’alito caldo che fuoriuscì dalla sua bocca infiammò le viscere del ragazzo. Un attimo dopo si era smaterializzata.

 

Weirwater, vista dalla collina che ospitava il grande castagno, era come il corpo ferito di un animale.
L’ala che era franata su Cygnus era ancora ridotta in macerie, ovviamente nessuno si era interessato per farla sistemare.
Narcissa si era smaterializzata da Hogsmeade e, istintivamente, si era materializzata lì; e ora fissava la vecchia dimora come si può osservare un lontano parente che non si vede da tempo immemore e risulta familiare eppure estraneo.
Era appoggiata al tronco del suo adorato albero, intorno al quale suo padre aveva fatto mettere una panchina in pietra, appositamente per lei.
Lei chiuse gli occhi, cercando dentro di sé le sensazioni della sua infanzia e i ricordi lieti che quella casa conservava.
Posò la testa al tronco, accarezzando la corteccia con una mano.
-Innanzitutto, permettimi di scusarmi…- la voce la riscosse da quel momento di riflessione, il cuore accelerò e lei si voltò lentamente - ...per come mi sono comportato quella sera a casa degli Hinchinhooke. Non ho giustificazioni…-
Lucius aveva il volto tirato e pallido, i capelli biondi era sparsi sul prezioso collo di pelliccia del suo mantello, così simile a quello che le aveva drappeggiato addosso quella notte di Luglio.
Narcissa notò che si appoggiava ancora a quell’assurdo bastone con la testa di serpente.
Si guardarono negli occhi per un lungo momento, ricordando gli attimi di passione che avevano vissuto: il volto di lei si fece più rosato e lui sorrise impercettibilmente.
- Questi tre mesi- si bloccò - questi tre mesi ci hai fatto stare molto in pena, mio padre era fuori di sé. Potevi mandarci un gufo…- la voce non conteneva alcun rimprovero.
- Mi dispiace - le nuvole andavano addensandosi e lei rabbrividì leggermente.
Lui si avvicinò lentamente e lei combatté l’impulso di allontanarsi.
- Ti chiedo con tutto me stesso, ti imploro con tutto il cuore, di accettare ospitalità a Malfoy Manor - era serio e pacato come non lo era mai stato - fallo per mio padre, fallo per te stessa. Non sono tempi in cui si possa andare in giro da soli - strinse un attimo le labbra - permettimi di adempiere ad una promessa che ho fatto a tuo padre, consentimi di aver cura di te, almeno fino a che le cose non si saranno messe al meglio…-
Narcissa non riusciva a dire nulla: se lui si fosse mostrato arrogante o indisponente gli avrebbe reso pan per focaccia ma, davanti a quel Lucius così umile e dimesso, non sapeva come reagire.
- Ti prometto con tutto il mio onore che non ti sfiorerò nemmeno con un dito...se non sarai tu a volerlo…- sorrise, apparendo di nuovo l’uomo sfrontato di sempre - inoltre sto per partire, mi assenterò per almeno un anno, quindi non hai nulla da temere. Mio padre risiederà a Londra e la casa sarà tutta per te. Ti chiedo solo di non lasciare Malfoy Manor per nulla al mondo finché non sarò ritornato...ti prego…- non doveva essere facile per lui, eppure era sceso per un attimo dal suo piedistallo.
- Perché…?- sussurrò Narcissa, sentendo un grande dolore dentro di sé.
- Perché non sono tempi facili e non è il caso che una ragazza sola…- lei scosse la testa, interrompendolo.
- No, perché parti? Il tuo posto non è forse qui?-
Si guardarono e non ci fu bisogno d’altro, il perché era ovvio: perché  lui  aveva deciso che doveva essere così.

“L’uomo che io amo allontanerà da te, sempre e comunque, l’uomo che tu ami…prevalendo su di lui, dominando su di lui!”

Rammentò ciò che le aveva detto Bella una sera di tre anni prima.
Un anno, un altro anno di separazione. Capì che lui voleva partire tranquillo e con l’animo in pace.
- D’accordo, ti ringrazio...accetto volentieri -
Lucius rimase stupito e poi le sorrise in modo sincero, mostrando tutto il suo sollievo.
Quel sorriso le tolse il fiato.
Si fissarono ancora un istante.
- Però...se mi guardi così…- mormorò - in fondo non sei ancora mia ospite…- e si avvicinò, fino a spingerla dolcemente contro il tronco del castagno, poi l’avvolse con il suo mantello, stringendola a sé e lasciando che il calore dei loro corpi si fondesse.
Le loro bocche si incontrarono e Narcissa chiuse gli occhi, socchiudendo dolcemente le labbra.
Lucius lasciò cadere il bastone e la circondò con entrambe le braccia, lasciandosi andare al desiderio. La ragazza non fu da meno e rispose al bacio con tutta l’anima, accarezzandolo con ardore, sentendosi al riparo sotto il mantello.
Lui la strinse con più forza ansimando leggermente.
- Avevi detto che non mi avresti sfiorata nemmeno con un dito...hai infranto la tua promessa…- gli sussurrò, permettendogli di accarezzarle il seno.
- Ho detto anche che non l’avrei fatto a meno che tu non lo volessi…- mormorò con la voce rotta dalla passione.
- Sei un uomo molto furbo…- e gli sfilò la camicia dai pantaloni per poter infilare le mani sotto la stoffa e accarezzargli la schiena.
- Lo so - Lucius gemette piano e le infilò la mano sotto la gonna - ma sono anche terribilmente sfortunato…- e si staccò da lei dopo averle fugacemente accarezzato le gambe lisce e invitanti -...purtroppo questa volta non posso permettermi di rimandare. Devo partire adesso.-
Narcissa appoggiò la nuca all’albero, ansimando e cercando di riprendersi, sentendosi molto frustrata.
Lui la baciò lievemente sulle labbra.
- Dove vai?- gli chiese, fissandolo con gli occhi ancora velati dalla passione.
- In Bulgaria - le disse baciandola ancora - ho delle vecchie conoscenze la...devo partire adesso, non un minuto più tardi.- e seguitò a posarle dei piccoli baci su tutto il viso. Lei li accolse tutti e gli accarezzò i capelli, i suoi adorati capelli, catturandone la sensazione che le lasciavano sotto le dita.
Alla fine lui si staccò del tutto, infilandosi di nuovo la camicia nei pantaloni con un’aria sorniona sul viso.
- La mia carrozza è già qui, ti condurrà dove vuoi e dopo ti porterà a Malfoy Manor -
- Eri certo della mia risposta?- Narcissa mise il broncio.
- Diciamo che ci speravo…- le sorrise malizioso e poi si fece più serio - ora devo andare - raccolse il suo bastone, l’accompagnò alla carrozza e l’aiutò a salire, soffermandosi ancora un istante sul volto di lei.
- Al mio ritorno…- ma non finì la frase, si voltò e si allontanò, smaterializzandosi sotto i suoi occhi.

“spero che…” lui cessi di esistere, così tu sarai libero e io potrò finalmente amarti.

La carrozza partì velocemente, lasciandosi le rovine di Weirwater alle spalle.

Fine cinquantaquattresimo capitolo


* Hekima = saggezza

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Capitolo 55
*** Un terreno arido ***


Come sempre grazie a chi legge questa ff e a Morgana89 Black per aver recensito. Buona lettura! 


“Un gelido destino”

 

 

(Un terreno arido) - sedici mesi dopo

 

Cinquantacinquesimo capitolo



 

(Febbraio)

 

Nelle paludi dell’Essex si poteva davvero trovare di tutto, streghe e fattucchiere di ogni risma, esseri reietti, persino freaks ma nessuna di queste creature era grottesca quanto zia Lolly: la vecchia strega ultracentenaria che non ricordava nemmeno il suo vero nome e il motivo per il quale si era nascosta in quelle terre ingrate. Una cosa, tuttavia, la rammentava bene: come distillare l’elisir che impediva ai bambini di aggrapparsi ad un ventre materno e nascere.
Era la più abile nel fare ciò e le sue mani, simili a quelle di un Dissennatore pallido, erano svelte e volavano sopra il suo vecchio calderone mezzo fuso.
Era tempo di Luna nuova e quella donna spaventosa, che portava sulle sue spalle una maledizione così potente che sembrava incombere anche su di lei ogni volta che la sfiorava, sarebbe passata a reclamare quel liquido che la preservava da gravidanze indesiderate.
Era quasi pronto, aggiunse l’artiglio del diavolo, la frangula e l’uncaria e il liquido bollì all’istante, emettendo un vapore giallastro.
Lolly tirò un sospiro di sollievo: era perfetto.
- Ottimo, sei davvero una strega di prim’ordine!- la voce le giunse da così vicino che la vecchia emise un grido con la sua voce gracchiante e si rattrappì contro un cespuglio, colma di terrore.
- Fai bene a spaventarti - le sibilò quella voce - perché si da il caso che la tua ora sia giunta…- e un lieve bagliore colpì la fattucchiera, che stramazzò al suolo in agonia.
La bianca figura incappucciata si chinò su di lei e sollevò un piccolo pugnale, tranciando di netto i radi capelli alla donna morente, poi gettò quei pochi filamenti grigi e luridi in una boccetta che conteneva un liquido denso: subito un vapore di colore grigio fuoriuscì dalla bottiglietta.
- Che cosa disgustosa - mormorò la figura incappucciata e bevve quel liquido così poco invitante. Le sue sembianze mutarono e una nuova Lolly comparve.
Con un colpo di bacchetta, l’impostora fece levitare il corpo della vecchia e lo lasciò muovere lentamente verso un tratto dove la palude era formata da numerose pozzanghere acquitrinose.
Il corpo senza vita della strega decrepita si adagiò in uno di quei laghi di melma e affondò lentamente, scivolando nella sua eterna tomba di fango  tra il ‘plop’ di poche bollicine.

 

Poche ore dopo una nuova figura comparve e si fermò al cospetto di colei che appariva come Lolly e che stava rimestando il liquido dentro il calderone.
- Sei più audace del solito, vecchia? Oggi non gracchi e non implori pietà?- la voce di donna schernì la fattucchiera e poi lanciò ai suoi piedi un sacco che conteneva cibo, delle calze di lana e una bottiglia di whisky raffinato.
Con mani tremanti Lolly travasò la sua oscura mistura dal calderone ad una bottiglia; la donna dai capelli scuri e dagli occhi neri e lucenti sorrise soddisfatta e se ne andò - Ci vediamo alla prossima Luna! - salutò beffarda, prima di smaterializzarsi.
- Non credo proprio…- sussurrò in risposta l’altra donna e pian piano le mani vizze e ricoperte di macchie si trasformarono in mani bianche e lisce. - Che la catena di sciagura abbia inizio...vediamo a quanto dolore può dare vita un terreno arido e bruciato…- e anche la bianca figura sparì.

 

Evan non si faceva tanti problemi a dormire in quella specie di stamberga fredda e priva di ogni comfort; si trattava di una stanza di dodici metri quadrati che conteneva un unico letto, dal materasso a molle quasi distrutto, e una coperta di lana.
L’unico pregio di quel tugurio era che lui ne preservava la pulizia in modo maniacale.
Non c’era elettricità, non c’era toilette: usava la bacchetta per farsi luce la notte e usciva all’aperto per svolgere le sue funzioni corporali, c’era un pozzo poco distante che gli forniva l’acqua gelida per le abluzioni. A lui non importava, non gliene fregava assolutamente nulla.
Non beveva più ma, essendo il suo animo come una sorta di caleidoscopio che rifletteva ombre, aveva bisogno di qualcosa che lasciasse passare luce o colori in quella specie di buio ripostiglio che era il suo torace: la cassaforte della sua anima tormentata.
E l’oppio era ciò di cui necessitava e che faceva al caso suo. Non aveva denaro per procurarselo ma aveva il suo angelo custode che provvedeva a lui.
Era disteso sul suo letto disfatto in preda ad un certo tremore e finalmente lei arrivò, spalancò la porta e si tolse subito il mantello, fradicio d’umidità.
- Che luogo infernale! - esclamò Bellatrix e, prima che lui potesse dire qualcosa, gli lanciò la droga che gli aveva recuperato.
Lui l’afferrò al volo e, cercando di dominare la frenesia, aprì un piccolo sacchetto e rovesciò la polvere sul dorso della mano, inalandola in modo rapido, poi chiuse gli occhi e si abbandonò sul cuscino.
- L’ho trovato così, non avevano altro*- gli disse lei e si sedette sul bordo del letto, osservando il viso del giovane rilassarsi
Nonostante ne disprezzasse la debolezza e l’inclinazione ad un drammatico sentimentalismo, Bellatrix era attratta da lui perché Evan possedeva una bellezza quasi perfetta: un viso dai lineamenti assolutamente simmetrici e armoniosi; bellissimi e soffici capelli castani e un corpo simile a quella di una statua greca. Ne aveva conservato inalterati i tratti nonostante gli eccessi a cui si dava da anni.
Inoltre era un mago talmente abile che era stato uno dei primi a servire il Signore Oscuro, ad essere cercato da lui per unirsi alla sua cerchia.
E per Bella quell’abilità quasi sovrannaturale era un vero e proprio afrodisiaco.
Gli accarezzò il braccio con fare suadente e Evan aprì i suoi occhi scuri e profondi e li fissò su di lei.
- Il mio demone dalle sembianze di un angelo…- sussurrò il giovane e l’afferrò per la mano, attirandola a sé e costringendola a stendersi al suo fianco.
Lei non oppose alcuna resistenza e iniziò a baciarlo con trasporto, lui la strinse in un abbraccio e i due si amarono senza riserve, come accadeva ormai da quasi otto anni.

 

Un paio d’ore dopo l’uomo riposava, tranquillo ed appagato, e Bellatrix si stava rivestendo. Con sua somma emozione, sentì il Marchio Nero bruciare, lanciò uno sguardo a Evan e notò che il suo marchio era pallido e lui non reagiva ma seguitava a dormire.
Il Signore Oscuro desiderava lei e lei sola.
Gettò indietro i lunghi capelli e, con le labbra distese in un sorriso soddisfatto, si smaterializzò.

 

(Aprile)

 

Barty Crouch Jr. se ne stava disteso negligentemente sul sofà, nel salotto principale di casa Smith. Non gli era consentito salire ai piani superiori, a meno che il Signore Oscuro lo desiderasse o li riunisse al proprio cospetto.
Se ne stava la, con una gamba che toccava terra e l’altra posata sul bracciolo, mentre con la mano si accarezzava il Marchio Nero, passando le dita sui contorni del teschio dalla lingua serpentina così come avrebbe potuto passarle sul corpo di una bella donna.
Finalmente la persona che stava attendendo scese le scale: indossava una leggero mantello bianco e aveva un’aria fragile e ultraterrena.
Lui si alzò di scatto dal divano, facendola sussultare lievemente.
- Rubinia, aspettavo te!- le disse con un piccolo sorriso.
Lei posò gli occhi pallidi su di lui con profonda antipatia e fece per andarsene, senza degnarlo di una risposta, ma lui fu svelto e l’afferrò per il braccio esile, attirandola verso di sé.
- Cosa vuoi Crouch? Finché non mi chiamerai con il mio nome non avremo nulla da dirci.- la voce era gelida e la ragazza non tentò nemmeno di liberarsi: sarebbe stato inutile, perché lui aveva dita nervose e incredibilmente forti.
- Ho saputo che tuo zio è morto e che tua zia è stata condannata a tre anni di Inis Ceithleann- le sorrise con aria mortificata - non sai quanto mi dispiaccia...mio padre non usa andarci leggero con la magia oscura…-
Lei non cambiò espressione di una virgola e rimase in silenzio.
Barty fece una smorfia e l’attirò a sé maggiormente - Secondo me devi sentirti molto sola, io ritengo che avere un buon amico potrebbe alleviare la tua tristezza.-
- L’unico amico di cui abbia bisogno è l’Oscuro Signore- gli rispose soave e questa volta cercò di allontanarsi, ma lui rafforzò la presa e l’afferrò saldamente per la vita sottile.
- Certo e so che lo servi bene - le disse, avvicinando il volto al suo - so che la tua idea di mandare Lucius Malfoy a Durmstrang è stata una mossa vincente, in molti sensi. Però ad oggi non hai modo di sapere dove si trovi Narcissa Black, vero? - lei socchiuse gli occhi - Purtroppo nessuno lo sa, anche se possiamo immaginarlo. Sembra svanita letteralmente nel nulla...sai, che tu ci creda o meno, mi interessi molto, Brigid-
- Ti ho già spiegato che il Signore Oscuro non si lascia influenzare, solo consigliare, e decide lui la validità di quei consigli che possono essergli elargiti solo se richiesti. Non posso e non voglio irritarlo cercando di far affidare determinati compiti ad una persona in particolare, non ho questo potere. - il tono era definitivo.
Lui sospirò e sollevò gli occhi al cielo.
- Hai quasi vent’anni e ancora non capisci quando un uomo ti sta corteggiando?- le sorrise divertito.
Questa volta Brigid rimase spiazzata e cercò di allontanarsi con più energia, ma lui era forte in modo insospettabile e la ragazza non riuscì a muovere il braccio di un millimetro.
- Lo so che le Pellar* sono pure e devono rimanere tali - buttò la e la ragazza sgranò gli occhi pallidi - mi sono documentato a fondo, so che il Dio Bucca Duh esige vergini per donare la propria benevolenza…-
- Cosa vuoi allora? Se sai tutto sulle streghe della Cornovaglia allora questo discorso non ha motivo di continuare!-
- In realtà sono molto poche le streghe che rispettano questo patto - continuò lui, come se non l’avesse udita - così come poche sono ormai le streghe della vostra casta. Lascia che ti racconti di una strega devota a Bucca Duh ma troppo presa dalla vita quotidiana e dalla sua carnalità - lei sbuffò piano, con aria tediata - questa donna bellissima usa la sua arte per vivere serena e tranquilla, lontana da qualsiasi diatriba. E usa il suo corpo per accogliere degli uomini, almeno due direi, da quello che ho potuto appurare: uno biondo e superbo e uno castano e molto irritante…- la ragazza aggrottò le sopracciglia e Barty sorrise - Questa strega, abile ed erudita nell’arte della guarigione, possiede uno strumento davvero particolare per facilitare la propria opera di veggente: una mistica piramide di cristallo…vedo che sono riuscito ad ottenere la tua attenzione...- la voce divenne un sussurro e lui approfittò del momento per baciarla.

 

(Maggio)

 

- Ti ho detto che devi trovarmi quella maledetta fattucchiera!- Bellatrix era fuori di sé e scuoteva con forza la minuta strega terrorizzata che cercava di resistere a quella furia - voglio quella bastarda qui, davanti a me! Subito!-
Gli occhi scuri di Bella erano sgranati e pieni di odio e qualcosa di molto simile alla paura.
- N-non so dove sia! Me l’hai già chiesto non so più quante volte in questi due mesi! E’ sparita!- la fattucchiera dai capelli grigi cercava di non tremare convulsamente - Non so come aiutarti! Lolly è sparita nel nulla!-
Bellatrix mollò la presa e si passò una mano tra i lunghi capelli bruni, cercando di respirare a fondo.
- Se non vuoi che ti cavi gli occhi e tagli la lingua, hai un unico modo per aiutarmi - le sibilò, inumidendosi le labbra - preparami qualcosa per eliminare il mio problema!-
La strega stracciona la fissò con gli occhi colmi di terrore, scuotendo la testa.
- No!- esclamò appiattendosi al terreno - no! Io non posso e non voglio averci nulla a che fare! Quello che hai dentro di te è figlio del male! Non voglio!-
Bellatrix sgranò gli occhi restando per un attimo senza parole.
- C-cosa vuoi dire?- sentiva il cuore battere in profondità e il sangue scorrere furiosamente nelle sue vene, mentre un dubbio terribile le si parava davanti - in che senso è “figlio del male”? - estrasse la bacchetta e lanciò la maledizione Cruciatus sulla donna con una forza inaudita.
La fattucchiera si contorse e gridò in modo impressionante, mentre nella palude l’aria sembrava immobile e tesa, in ascolto.
Quando la maledizione cessò l’anziana donna rimase per terra scossa da tremiti convulsi.
- Rispondimi o ti posso assicurare che questo sarà solo un assaggio!- Bellatrix aveva un fondo di isteria nella voce.
- L-lo s-sai…- ansimò l’altra, senza guardarla in viso - quel frutto che hai nella tua pancia viene dall’unione del tuo sangue con il suo sangue...c’è il male li dentro! C’è il terrore che viene perpetuato!- e si coprì la testa con le braccia, pronta a subire la ritorsione per ciò che aveva appena detto.
La bacchetta di Bella si abbassò lentamente, mentre la donna faceva sua quella realtà sconvolgente: un figlio suo e dell’Oscuro Signore.
Per un inebriante attimo immaginò quella creatura bella e perfetta, di certo un maschio.
Un essere superiore.
E poi distrusse quel sogno prendendo coscienza che mai un essere del genere sarebbe stato tollerato: il suo stesso padre l’avrebbe eliminato prima che potesse crescere. Bellatrix sapeva e conosceva troppo bene l’uomo potente che lei amava con tutta se stessa.
- Preparami qualcosa che mi tolga questo problema dal corpo…- sussurrò con voce atona -...o giuro su tutti i demoni maledetti che ti strappo gli occhi dalle orbite e poi te li faccio ingoiare…-
La strega singhiozzò e con mani tremanti prese a miscelare alcuni ingredienti che aveva nelle tasche del suo lurido mantello.
Dopo quasi un’ora la pozione era pronta e Bella la prese con mani salde, accostando la bottiglia alle labbra.
Per un attimo esitò. Stava per uccidere suo figlio, quella vita palpitante che aveva scoperto di avere dentro di sé da poche settimane, quell’incrocio che legava strettamente lei e il Signore Oscuro.
Chiuse gli occhi e mandò giù tutto d’un fiato la disgustosa mistura.
Passò qualche istante senza che accadesse nulla ma, ad un certo punto, il ventre iniziò a scottare e bruciare come se avesse ingerito fuoco liquido. Bellatrix si contrasse su se stessa e urlò con quanto fiato aveva in corpo, mentre un dolore lancinante le pugnalava le viscere impedendole di stare diritta.
- Maledetta!! Cosa mi hai fatto?!- la voce di Bella era deformata dalla sofferenza.
Il dolore era insopportabile e lei sentì qualcosa di caldo colare lungo le gambe; si sollevò la veste e vide del sangue scuro scendere lentamente.
- Ahhhhhhhhh- non poté non contenere un altro urlo di dolore e di paura che fuoriuscì dalla sua bocca - cosa succede?!-
- T-te l’avevo d-detto…- la fattucchiera era annichilita dal terrore - sta lottando per sopravvivere! Ti aveva detto che non dovevi toccarlo!- e singhiozzò piena di paura - s-se lui lo scopre ci ucciderà tutti! Ci ucciderà tutti! Ci ammazzerà!- non smetteva di urlare e Bellatrix, con un colpo tremante della sua bacchetta, la mise a tacere per sempre.
Poi si accasciò a terra mentre l’oscurità sembrava inghiottirle la mente e il suo corpo sembrava spezzarsi.

 

(Maggio- Ottery St. Catchpole)

 

Il Dott. Jones* si stava preparando il solito pasto frugale della sera: un uovo sodo e pane nero.
Non vedeva l’ora di mettersi sulla sua poltrona e finire di leggere quel romanzo poliziesco che lo appassionava da giorni: la letteratura babbana era decisamente meglio di quella magica.
Il villaggio si era svuotato, dopo l’assalto dei Mangiamorte di quasi cinque anni prima, ma lui non aveva voluto abbandonare la sua casa ed era rimasto testardamente al suo posto.
Ad un certo punto sentì uno scricchiolio e, con un certo timore, si affacciò all’uscio di casa, per altro perfettamente chiuso, e gettò un’occhiata alla strada: non c’era anima viva.
Con un’alzata di spalle richiuse la porta a chiave e poi chiuse le finestre, tirando le tende.
Improvvisamente si ritrovò paralizzato, il corpo come congelato e la mente vigile.
“Un Incantesimo Congelante!” riconobbe, sentendo il cuore accelerare i battiti.
Udì dei passi e, davanti alla visuale ridotta che aveva in quel momento, comparve una donna.
Era vestita di scuro e aveva i capelli bruni che le stavano incollati alla fronte e al collo perché era madida di sudore.
Il viso aveva un colorito cereo e lei ansimava, in preda a quello che sembrava un fortissimo dolore.
- B-bene...Dottore…- sussurrò lei, con una voce spezzata ed incerta - c-chi non muore si rivede...Si d-da il caso che io sia venuta qui a rammentarti il tuo giuramento* - ansimò in modo sibilante, emettendo infine un rantolo gutturale - q-quindi sappi che ti libererò ma t-tu dovrai curarmi...fuori ci sono i miei amici: se tu fai il furbo, loro ammazzano tutti…-
Lui sgranò gli occhi e cerco di farle capire che avrebbe collaborato, in realtà il suo essere Dottore aveva già prevalso sulla paura: quella donna stava malissimo ed era in pericolo di vita.
Con un movimento tremante della bacchetta lo liberò e lui respirò a fondo - Cosa ti è successo?!- esclamò subito e fece per avvicinarsi, ma lei indietreggiò - voglio aiutarti, davvero! Ma devi dirmi cos’hai!- il tono era urgente e la donna lo guardò qualche istante, poi, molto lentamente, sollevò la gonna e gli mostrò le gambe completamente ricoperte di sangue, grumi e quant’altro.
Lui represse un singulto e chiuse un attimo gli occhi - Oh, Gesù Santo…- mormorò, si passò una mano sul viso - dobbiamo andare subito in un ospedale, subito!-
- Non hai capito…- mormorò lei, con uno sforzo immane - devi farlo tu, qui e subito! Altrimenti giuro che do il segnale e succederà qualcosa che nessuno può immaginare…-
- M-ma io non sono un chirurgo! E non sono nemmeno un ginecologo, sono solo un medico generico, lavoro al pronto soccorso!- era sinceramente costernato. - Se vuoi ti porto al San Mungo!-
Lei emise una risata fioca e senza alcuna allegria.
- Fallo ora e subito. Usa quello che hai…- alzò la bacchetta e poi gli mostrò il Marchio Nero sul braccio - fallo o vi faccio sterminare tutti!-
Il brav’uomo sentì il sudore zampillare da tutto il proprio corpo, emise un respiro tremulo e cercò di non farsi vincere dal terrore.
- Se non lo fai morirò - gli ricordò lei, cambiando strategia - e tu non avrai adempiuto al tuo dovere di medico.-
Lui capitolò, anche perché capì che alla donna non restava molto tempo.
La condusse nella saletta dove, tanti anni prima, aveva prestato soccorso ad Evan e la fece stendere su un lettino.
- Devo visitarti…- mormorò e le sollevò gentilmente la gonna, infilandosi un paio di guanti. Strinse le labbra con gli occhi colmi di lacrime - m-ma cosa hai fatto, ragazza?- sussurrò e poi la visitò con la massima delicatezza possibile, mentre lei dovette stringere i pugni per non urlare di dolore.
- Il bambino non c’è più…- lui aveva il viso contratto - ma tutto...tutto quello che c’è…- sospirò piano - ...tutto: utero, ovaie...tutto...è andato. Bisogna togliere tutto…-
Lei lo fissò con gli occhi scuri che faticavano a restare aperti, immobile  e muta per diversi secondi.
- Allora togli tutto!- la voce era quasi irriconoscibile ma ferma.
Lui sgranò gli occhi e si tolse i guanti insanguinati.
- Ma non posso! Devi essere operata in una sala sterile, ci vuole un chirurgo, l’anestesista! Ci vuole un decorso post operatorio, i drenaggi, le cure antibiotiche! Rischi una setticemia!- urlava, fuori di sé.
- Ci vuole un Dottore - tagliò corto lei - non ho fretta, prepara quello che devi e fai quello che puoi. Da qui non me ne vado, te l’ho detto, se non fai nulla io morirò qui e per colpa tua.- lo fissò tremando leggermente - ti conviene muoverti e organizzarti. Ah, non pensare di anestetizzarmi...ho con me dell’oppio, userò quello…- e la frase finì in un gemito lunghissimo.
Ogni istante era prezioso, il Dottor Jones la guardò e vide che il colore spariva pian piano dal suo volto e, per contrasto, gli occhi scuri parevano enormi, simili a due macchie d’inchiostro.
Assomigliava così tanto ad Andromeda…
Si mosse in fretta e preparò al meglio la piccola sala, tirò fuori i suoi pochi strumenti, con il sudore che gli colava direttamente negli occhi. Poi, con un pizzico di speranza e sollievo, trovò degli infusi e delle pozioni che aveva distillato con immensa fatica e degli impacchi che al San Mungo avevano preparato per lui, in caso ne avesse avuto bisogno.
Stese un telo sul lettino e si disinfettò le mani più volte, indossò un camice e una mascherina e lei si servì dell’oppio che aveva preso per Evan.
- Coraggio - le disse il medico, incitando anche se stesso, poi prese a pulire con cura le gambe e la parte interessata.

Lei chiuse gli occhi, represse un grido e svenne.

 

Quando riprese i sensi erano trascorse dodici ore.
Si voltò e vide che il Dottor Jones riposava su una poltrona accanto al lettino dov’era distesa.
Provò a sollevarsi e vide che il dolore c’era ancora ma era sopportabile, la testa era ovattata e le membra molli ma non soffriva più in quel modo atroce.
- Tutto bene?- il Dottore aprì immediatamente gli occhi: anni di pronto soccorso aveva reso il suo sonno leggerissimo.
Lei aveva la gola riarsa ma parlò ugualmente - Non mi hai operata!- lo accusò con occhi vitrei.
- No - si sporse verso di lei - sarebbe stato un macello e io sono un medico, non un macellaio! Ho usato tutto ciò che era in mio potere per bloccare l’infezione e darti un po’ di tempo. Devi farti operare in un ospedale, quanto prima - la guardò con gli occhi fermi e il volto deciso - ma, devo dirtelo, sappi che non potrai...mai più...non potrai mai più avere figli.- concluse, senza abbandonarla con lo sguardo.
Le porse un bicchiere d’acqua e la fece sdraiare di nuovo.
- Fammi controllare - la visitò delicatamente - se non altro l’infezione non si è estesa: è quasi regredita, ma non hai molto tempo, devi fare in modo di essere operata.- si tolse i guanti sospirando.
- Quanto tempo ho? Prima che i danni aumentino e io rischi la vita?- gli chiese Bella, con voce piatta.
- Meglio sarebbe poche ore - le disse, lieto di vederla così ragionevole e arrendevole - al massimo due settimane.- le sorrise incoraggiante.
- Bene, è più di quanto mi serva…- sussurrò la donna e si mise seduta, valutando la propria forza e stabilità.
Il Dottore si voltò e trafficò con i suoi medicinali - Ecco, prendi questa polvere tre volte al giorno, basta un cucchiaino. Almeno non sentirai un dolore troppo intenso-  si voltò per porgerle il contenitore di vetro e un leggero sibilo lo colse di sorpresa.
Ci impiegò un attimo a capire cosa fosse accaduto esattamente, si portò le mani alla gola lasciando cadere la bottiglietta che, prima di infrangersi al suolo si fermò e prese a levitare davanti ai suoi occhi sgranati, mentre il sangue zampillava copioso tra le sue dita dalla giugulare squarciata.
- Grazie Dottore...ma capirai anche tu che non posso avere testimoni…- Bella afferrò la medicina, raccolse tutte le proprie forze e, con uno sforzo immane e pericoloso, si smaterializzò lasciando il brav’uomo riverso a terra in un lago di sangue.

 

(Due giorni dopo)

 

- Mi hai fatto stare in pena da morire!- Evan era fuori di sé e si teneva la testa tra le mani - si può sapere dove Diavolo te ne sei sparita?!- era davvero furioso ed agitato.
Bellatrix era molto composta e mite e accettava quella sfuriata senza battere ciglio.
- Ti chiedo scusa…- mormorò e lui si bloccò di colpo, guardingo.
- Scusa?! Tu?! Oh, Dei del cielo, cosa hai combinato?- gli occhi erano sgranati e preoccupati.
Allora Bellatrix fece quello che lui non avrebbe mai ritenuto possibile: scoppiò a piangere, coprendosi il volto con le mani.
- Bella!- Evan la prese per le braccia - guardami! Cosa succede?!-
Lei gli afferrò la mano destra e se la posò sul ventre.
- Abbiamo combinato, Evan! Abbiamo!- gli disse accoratamente - è qualcosa che abbiamo fatto insieme!- e seguitò a piangere.
Lui la fissò inebetito, continuando a posare la mano sul suo ventre piatto.
- V-vuoi dire…- era incredulo e, allo stesso tempo, una luce di gioia gli nacque in fondo agli occhi - noi due? Sei sicura?- la voce era piena di speranza e aspettativa.
Lei si limitò ad assentire, fissandolo con attenzione.

- Ti preoccupi per Rodolphus? Non devi, lo puoi lasciare quando vuoi, no? Nessuno ti obbliga, ora più che mai, a starci assieme!- la strinse a sé e le baciò i capelli.
Ma lei scoppiò di nuovo a piangere.
- N-non è così…- cercò di dire tra i singhiozzi disperati -c’è una cosa che tu non sai!- sollevò la testa per guardarlo - sono vincolata da un contratto pre-matrimoniale! Lo stipulò mio padre con i Lestrange!- Evan trasecolò e la guardò ammutolito - E’ così! Qualsiasi cosa io faccia: tradire Rodolphus, cercare di annullare le nozze o anche dargli un figlio bastardo, mi spedirà diritta a Inileann!- e riprese a piangere più forte.
Evan sembrava stordito.
- Tuo padre è morto, quindi il contratto non è più in essere…- le disse speranzoso.
Lei scosse il bel viso rigato dalle lacrime - Non è così! Esiste qualcuno che ha sigillato questo contratto! Non era mio padre e non sono i Lestrange...e solo loro due, Rodolphus Senior e Ysaline, sanno di chi si tratti! - fissò Evan con gli occhi innocenti e le labbra socchiuse e tremanti - solo loro sanno chi sia questa persona e solo con la morte di questa persona io sarò libera. Se scopriranno la mia gravidanza io morirò, o meglio, verrò marchiata a vita e costretta a passare il resto dei miei giorni a Inileann…- e si accasciò senza forze tra le braccia di Evan.
Lui rimase in silenzio a lungo, accarezzandole i capelli.
- Mi stai dicendo che i Lestrange ti tengono vincolata in un modo così vigliacco? E che solo loro conoscono il nome della persona che può liberarti da queste catene indegne?- la voce era gelida, colma di un furore devastante.
Bellatrix sorrise.

 

(Vidin - Bulgaria) - tre giorni dopo

 

- Lucius non credo che ci siano più dubbi! Gli ultimi mesi hanno segnato una svolta positiva, la tua ambasciata sta dando i suoi frutti: una vivida alleanza si prospetta!- Igor Karkaroff pareva davvero soddisfatto e sorseggiava il suo rakija, il liquore che accompagnava gli antipasti, con aria beata.
Era un uomo alto e sottile, con lunghi capelli neri e un pizzetto che lo invecchiava parecchio; vestita in modo sontuoso e aveva uno sguardo nervoso e guardingo.
- Concordo: del resto l’Europa dell’est e balcanica non ha mai amato particolarmente Silente, i nostri viaggi sono stati proficui - Lucius sembrava perfettamente a proprio agio, se i vestiti di Igor erano sontuosi i suoi erano di un’eleganza raffinata; i due uomini trasmettevano un’idea di benessere e nobiltà.
Cenarono con gusto continuando a chiacchierare e poi, a fine serata, si salutarono cordialmente.
Lucius decise di passeggiare un po’ tra i giardini della Villa nobiliare che lo ospitava da un anno e mezzo. Le trattative fervevano e il Signore Oscuro non gli aveva ancora comunicato una data di rientro.
Si sentiva impaziente: voleva ritornare in Inghilterra, a Malfoy Manor. Voleva rivedere lei.
Si fermò in mezzo agli alberi da frutta in piena fioritura e, all’improvviso, estrasse la bacchetta con un movimento rapidissimo ma, altrettanto rapidissimamente, qualcosa gli colpì la mano, ferendola.
La bacchetta gli cadde per terra, sugli stivali di pelle, e lui sentì una lieve pressione sulla nuca che gli fece rinunciare all’idea di raccoglierla.
- Sei sempre stato troppo distratto e troppo lento...Lu-Lu…- gli sibilò una voce fredda e dura, proprio accanto all’orecchio.
Lucius respirò a fondo il profumo dei susini e dei meli e, senza proferir parola, attese.

 

Fine cinquantacinquesimo capitolo

 

 

*l’oppio esiste anche da sniffare.

*Pellar= streghe corniche devote al Dio Bucca Duh.

*Dott. Jones= un Magonò, aiutò Andromeda quando fu cacciata di casa e salvò la vita a Evan quando era in preda al delirium tremens.

* Giuramento di Ippocrate, è il giuramento che viene prestato da ogni medico/chirurgo e che ne determina i doveri verso i pazienti.

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Capitolo 56
*** Lunga notte ***


Grazie come sempre a tutte le persone che leggono ciò che scrivo e, in particolare, a Miss Gold_394 (grazie per avermi fatto presente degli errori nel penultimo capitolo) e Occhioni Azzurri (sempre gentile!) per aver recensito ed essere sempre così presenti. A presto!



“Un gelido destino”

 

(Lunga notte)

 

Cinquantaseiesimo capitolo


(Malfoy Manor) - quindici anni prima

 

- Perché ti sei ammalata, Gwen?- aveva guardato la donna distesa sul sofà con gli occhi increduli e pieni di dolore - Una strega potente come te può guarire da tutto, vero?-
Gwenhwyfar Bryn Arundel in Malfoy gli aveva restituito uno sguardo pieno di affetto ma velato dalla sofferenza.
- Nessuno è immune alle malattie, al dolore e alla morte.- aveva accennato ad un sorriso - Ne sei consapevole, vero Evan?-
- Certo, non sono un bambino! Non sono come Lucius!- aveva messo il broncio e il sorriso sul volto di lei era divenuto più ampio.
- Parli proprio come un fratello maggiore. - gli aveva teso la mano e il ragazzo le si era avvicinato, afferrandola saldamente con la sua - Ed é proprio così che vi voglio: due bravi fratelli che si amano e si aiutano.-
Le si era inginocchiato accanto e aveva posato la testa sul suo grembo, sperando che gli accarezzasse i capelli come faceva sempre con quelli biondi di suo figlio, e aspirato il profumo floreale che lei usava sempre ma che ora era leggermente inquinato dall’odore delle medicine.
- Abraxas è vecchio, doveva ammalarsi lui.- aveva deciso di punto in bianco - Ho sempre pensato che, quando lui sarebbe morto, avrei potuto sposarti...ti amo Gwen…- le aveva sussurrato, chiudendo gli occhi e lasciando che le sue dita passassero delicatamente tra i suoi capelli castani.
- Abraxas è l’uomo che mi sono scelta, Evan.- lo aveva ammonito con un pizzico di severità - Ed è il padre di Lucius; cerca di comportarti bene perché sarà lui a farti da tutore finché non compirai diciassette anni.-
- No, sarai tu ad occuparti di me, come sempre…- ed era rimasto la, accanto a lei, per molto tempo.
Il giorno dopo era partito per frequentare il suo secondo anno ad Hogwarts e non l’aveva rivista mai più.


(Vidin - Bulgaria) -presente


L’aria della sera era fresca e profumata, Lucius si chiese se quello sarebbe stato l’ultimo odore che avrebbe aspirato nella sua vita.
Conosceva Evan da quanto? Almeno diciotto anni.
Lo conosceva al punto da capire che la sua vita era appesa ad un filo.
- Ebbene, vuoi uccidermi di spalle?- gli chiese, senza muovere un muscolo.
- Dovrei farlo...dovrei ammazzarti come il cane che sei, Lucius.- la voce dell’altro uomo sembrava creata dall’esecuzione di uno spartito di ghiaccio: una melodia di note di gelide.
- Non credevo che quella donna ci avrebbe messo tanto a dirtelo…- sorrise nella penombra - Credevo che la mia vita sarebbe terminata molto prima, in effetti.-
- Non è stata lei a dirmi di te, lei non sapeva che fossi tu- ci fu un attimo di pausa - Me l’ha detto Ysaline Lestrange, un attimo prima di esalare il suo ultimo respiro, dopo che ha visto morire suo marito.-
Lucius strinse i pugni: Evan aveva commesso un duplice omicidio e, se lo conosceva come credeva, dei Lestrange doveva essere rimasto ben poco.
- Ma lei, la tua donna, ti ha detto del contratto prematrimoniale…- mormorò, cercando di non permeare la voce del disgusto che provava.
- Si, me l’ha detto.- Evan sospirò appena - E ha fatto bene, così ora so chi sei veramente.-
- Già...adesso si che ci vedi chiaro, eh?-
- Non fare il sarcastico con me…- ancora una pausa - Voltati lentamente -
Lucius obbedì e si voltò, fino a trovarsi faccia a faccia con il suo amico d’infanzia.
Evan era più alto quindi dovette alzare lievemente lo sguardo per fissarlo negli occhi.
I due giovani si osservarono per diversi secondi, senza dire nulla.
- Lo sapevo che questo momento sarebbe giunto, prima o poi…- sussurrò Rosier - ...ho sempre pensato che avrei voluto misurarmi con te. Tu che, in fondo, hai sempre goduto nel farmi l’elemosina e hai sempre tentato di soggiogarmi con quel fascino che elargisci a tutti come se fosse un dono prezioso- Evan respirò a fondo con la bocca socchiusa e gli occhi sgranati: aveva le pupille ridotte a due capocchie di spillo - Mi dispiace solo per Kerenza...e per Narcissa…- mormorò dopo un po’ - Non voglio farla soffrire ma, del resto, non è colpa di nessuno se si è innamorata della persona sbagliata, no?-
- No, non c’è nulla di male ad amare qualcuno che non fa per noi- convenne Malfoy.
- Ti ho già detto di non usare quel tono condiscendente con me…- sibilò Evan, che non era del tutto in sé ma era sufficientemente lucido da essere pericoloso e letale.
L’accenno a Narcissa aveva risvegliato in Lucius la voglia di sopravvivere a quello scontro: non poteva morire così, tanto distante da casa, senza aver rivisto lei ancora una volta.
- Almeno ti ha detto, la tua amata compagna, perché è stato siglato questo accordo e perché il sigillo è stato posto da me?-
L’ombra del dubbio attraversò lo sguardo alienato di Evan e Lucius sentì aprirsi una crepa nel muro di freddezza del suo amico.
- Non lo so e poco mi importa- si riprese in fretta l’altro uomo- Quello che so è che hai tenuto legata Bella a quel verme di Rodolphus per anni, l’hai trattenuta in bilico sulla minaccia di Inileann...tu lo sapevi e non mi hai detto nulla!- era quello il vero punto dolente - Tu, proprio tu, che sai quanto io ami quella donna!-
Lucius storse la bocca in un sorriso amaro e sarcastico.
- Lo chiami amore, quello?- scosse leggermente la testa davanti a quell’assurdità - Ti sei fermato al tuo primo amore, alla prima donna per la quale hai provato qualcosa e non ti sei più mosso da la e potrei anche capirlo, se ne valesse la pena. Hai mai pensato che, forse, c’è qualcosa di meglio di quella sgualdrina?- concluse con biasimo.
Evan scattò come rettile e calò la bacchetta alla base collo del suo amico, nella carne morbida tra la clavicola e la spalla, impugnandola come uno stiletto.
-Aahh!- Lucius non poté impedirsi di gridare, il dolore fu immediato e gli regalò una scarica che percorse tutto il braccio destro, lasciandolo inerte lungo il corpo.
- Adesso raccogli la bacchetta - gli intimò Evan, crudelmente, sapendo che l’altro ragazzo non era in grado di farlo.
Lucius lo fissò con gli occhi azzurri pieni di disprezzo, massaggiandosi il braccio e cercando di rianimarlo, aprendo e chiudendo la mano.
- Non hai bisogno di ricorrere a certi trucchetti…- gli sibilò, seguitando a fissarlo.
- Hai ragione, lo so io e lo sai tu: sono sempre stato più forte di te.- Evan era serio e non si compiaceva di quella superiorità: era un dato di fatto - Adesso raccogli la bacchetta, se solo vuoi avere una possibilità di sopravvivere!-
Lucius non si mosse per qualche istante poi allungò la mano sinistra e sibilò - Accio…- la bacchetta volò verso di lui ma Evan fu rapidissimo e, con un calcio poderoso, la fece volare lontano, interrompendone la corsa.
Sorrise.
- Raccoglila ti ho detto…- e pungolò il petto di Lucius con la punta della bacchetta, lo fece in modo rapido e violento, sapendo perfettamente quanto fosse doloroso.
Lucius espirò piano, dilatando le narici, e mantenne la calma; con un piccolo sorriso si passò la mano sinistra tra i lunghi capelli biondi e si  voltò per avvicinarsi alla sua arma.
Fece per chinarsi ma Evan l’afferrò per quei capelli fluenti e tirò forte, facendolo raddrizzare nuovamente con uno scatto doloroso dei reni.
- Più lentamente…- gli intimò nell’orecchio e si contraddisse volontariamente, spingendolo rabbiosamente in avanti.
Lucius strinse le labbra e si abbassò nuovamente, allungando la mano sana verso la bacchetta: il piede di Evan calò sulle dita, un attimo prima che si chiudessero sul legno scuro, e Lucius represse un altro grido.
- Se v-vuoi un’esecuzione sommaria perché non la smetti e mi dai il colpo di grazia?- chiese, parlando a fatica per il dolore che gli dava il tacco dello stivale premuto con insistenza sulla mano.- Ti diverti a giocare come il gatto col topo?-
- Fare in fretta? E togliermi tutto il godimento?- Evan non aveva un tono ilare - Mi hai guardato per anni mentre toccavo il fondo, studiandomi con la tua aria di superiorità: ora tocca a me…- e fece scattare il ginocchio, liberando la mano del suo amico ma colpendolo violentemente sotto il mento, facendolo volare all’indietro.
Lucius finì disteso con la schiena rivolta al terreno.
Ansimò senza gridare, nonostante sentisse il contraccolpo fargli vibrare i denti, la mascella e la testa.
All’improvviso vide Evan torreggiare su di lui e poté solo rannicchiarsi per evitare che il calcio gli arrivasse in pieno petto, mentre finì per colpirgli il braccio destro ancora inerte.
- Alzati e raccogli la bacchetta!- di nuovo un ordine con quella voce fredda.
Lucius si rialzò con enorme fatica, non potendo contare sul braccio destro e avendo la mano sinistra probabilmente fratturata.
Si ritrovarono nuovamente l’uno dinnanzi all’altro a fissarsi negli occhi.
- Abbiamo due modi per terminare questa cosa- Evan parlò senza perdere un tono di quella durezza piena di rancore che lo animava - Ci sfidiamo ad un regolare duello...oppure mi dici dove tieni nascosta Narcissa...o meglio, mi riveli come arrivare a lei, perché tutti immaginano dove si trovi ma nessuno può raggiungerla.- Lucius strinse gli occhi a due fessure, dimenticando il dolore che sentiva ovunque.
- Cosa vuoi da lei?- sibilò, sentendo montare la furia.
- Nulla di personale- Evan sorrise per la prima volta - Ma sua sorella la vuole trovare e io voglio che sua sorella abbia tutto ciò che desidera.-
- Fin dove sei disposto ad arrivare per quella donna?- il tono era incredulo.
- Fin dove lei vorrà e anche oltre…- sussurrò Evan e di nuovo calò la bacchetta, come un pugnale, sul petto di Lucius ma, questa volta, mormorò - Crucio…- e il dolore si spanse in ogni nervo di Lucius. - Dimmi dov’è Narcissa…-


Hogsmeade - diciotto mesi prima

 

Aveva appena lasciato Kerenza, era passato a salutarla prima della partenza per la Bulgaria perché non aveva idea di quando l’avrebbe rivista e sapeva che sua cugina si preoccupava sempre per lui.
Si era infilato i guanti e si era diretto verso il centro del paese e poi si era bloccato di colpo, incredulo.
A poche decine di metri da lui c’era Narcissa.
Dopo tre mesi d’Inferno, autentico e bruciante, senza sapere nulla di lei, senza riuscire a trovarla, eccola la.
Avrebbe voluto scattare e raggiungerla, prima che sparisse di nuovo, ma quella stupida gamba gli dava ancora un sacco di problemi.
Ad un certo punto aveva visto Barty Crouch Jr. accanto a lei e, dopo pochi secondi, era apparso anche Severus.
Il tutto si era svolto rapidamente, quel verme di Crouch aveva baciato Narcissa con insolenza e si era smaterializzato e gli altri due erano rimasti da soli, l’uno di fronte all’altra.
L’istinto di Lucius gli aveva impedito di palesarsi ed era rimasto a guardarli:Narcissa e Severus.
E, anche da quella distanza, aveva avvertito qualcosa.
Aveva stretto il bastone con rabbia vedendo il profilo della ragazza carico di sofferenza e pieno di una passione repressa per l’altro ragazzo: una sorta di struggimento.
All’improvviso lei si era sporta verso Severus, aveva toccato con dolcezza il braccio del giovane e poi gli aveva posato un leggero bacio sulla guancia.
Qualcosa era esploso nel petto di Lucius, si era sentito travolgere da quel sentimento di gelosia, un incendio che era divampato come una scintilla che infiamma della legna in un braciere.
Lei non aveva mai avuto un simile impulso spontaneo nei suoi confronti.
Poi era sparita di colpo e lui si era maledetto per aver esitato.
Aveva osservato Severus, per la prima volta con il volto libero da maschere, e aveva capito che anche lui…
Lucius si era smaterializzato, sperando in un miracolo, e il miracolo era avvenuto.
Aveva indovinato la destinazione di Narcissa e l’aveva ritrovata a Weirwater: il sollievo gli aveva tolto il fiato e fatto accantonare la gelosia.
Lei era la, gli dava le spalle e stava appoggiata al tronco di un albero, fissando la casa dove suo padre era morto.
Lucius aveva osservato per qualche istante i capelli biondi accarezzati dal sole di ottobre.
Poi aveva sfiorato il suo anello con la bacchetta, richiamando in modo rapido la propria carrozza e decidendo all’istante che doveva metterla al sicuro e, sopra ogni cosa, doveva sapere dove ritrovarla, in qualsiasi momento.
L’aveva convinta ad andare a Malfoy Manor. Narcissa era stata stranamente arrendevole e poi...l’aveva guardato con i suoi occhi grigi così pieni di aspettativa, di inconsapevole dolcezza...così colmi di quell’amore che lui sentiva di non meritare e che sembrava sempre pronta a donargli, fin da bambina.
Naturalmente aveva risposto a quel richiamo e lei lo aveva accolto come sempre: dimenticando qualsiasi dolore e qualsiasi offesa.
Mentre la stringeva a sé aveva preso una decisione e si era fatto una promessa: al suo ritorno non l’avrebbe più lasciata andare via.


(Vidin-Bulgaria) -presente


Lucius piegò le ginocchia ma non cadde, riuscì a mantenersi in equilibrio e strinse le labbra per impedirsi di urlare: non era nulla in confronto al dolore che gli aveva impartito l’Oscuro Signore un anno e mezzo prima ma sentì la gamba destra incendiarsi di nuovo, del resto non era mai guarita del tutto.
Evan ritirò la bacchetta con un movimento fluido del polso e lo osservò per qualche secondo.
- Da quando sai schermarti la mente?- sibilò, osservando il volto sofferente di Lucius - Posso vedere tutto ma riesci a non farmi comprendere come arrivare a lei...questa è magia di alto livello…- l’uomo sembrava davvero seccato.
- Perché Bellatrix vuole sua sorella?- fu la sua risposta, mentre controllava il respiro ansimante.
Evan lo studiò con freddezza e non rispose per diversi secondi.
- Poteva servire per convincerti a più miti consigli, ma ormai non servirà più, ci siamo…- Lucius sussultò leggermente perché la voce del suo amico d’infanzia era tetra e quasi sepolcrale - Accio.- la bacchetta che giaceva ancora a terra volò dolcemente in mano a Rosier che poi la porse a Lucius.
- Si comincia- gli sorrise, mentre Lucius l’afferrava con la mano sinistra tremante e fratturata - Affidati al tuo Dio, a degli Dei pagani o al Diavolo, perché questa sera uno di noi due morirà Lu-Lu e, che sia dannato per l’eternità, non sarò io.-
- Hai ragione, quasi sicuramente sarò io - Lucius rispose al sorriso - Sei sempre stato più abile e mi hai conciato a dovere. Stasera mi ucciderai e tutto per quella donna: il tuo primo amore e il tuo ultimo tormento…-
Evan sorrise in modo più ampio ed inquietante: era un sorriso privo di qualsiasi allegria.
- Il mio primo amore è stato tua madre, Lucius. Ho amato per prima Gwen, sopra ogni altra e per sempre.-
Gli occhi azzurri di Lucius mandarono lampi mentre il sorriso gli moriva sulle labbra.
- Attento Evan - ora la voce era gelida almeno quanto quella del suo amico - Non pensare di sporcare tutto quello che tocchi...lascia mia madre fuori da questa melma…-
- Sporcare?- gli occhi castani di Rosier ebbero un guizzo - Credi che amare equivalga a sporcare?!- proruppe in una risata scrosciante - Sei rimasto un bambino di dieci anni! Il piccolo Lu-Lu!- seguitò a ridere -Per questo non hai ancora avuto il coraggio di prenderti quello che vuoi?!- lo fissò con aria derisoria e incredula, diventando di nuovo serio - Per questo non hai ancora ceduto all’impulso di prendere Narcissa e fare l’amore con lei come desideri da anni?! Perché credi che la sporcheresti?!- era un’esultanza senza gioia.
- Lascia fuori anche lei! - Lucius strinse la sua bacchetta - Non nominarla nemmeno, con quella bocca lurida, e finiamo questa cosa!-
Evan sospirò, gettando indietro la testa per qualche istante, fissando il cielo bulgaro trapuntato da una distesa di stelle quasi abbaglianti, aspirando il profumo dolce di quella sera primaverile, e poi posò di nuovo il suo sguardo sul volto di Lucius.

 

“ Ed é proprio così che vi voglio: due bravi fratelli che si amano e si aiutano”

 

- Gwen…- mormorò, come trasognato - Perdonami…- sospirò e poi sorrise in modo pericolosamente indolente - Alzati Lucius…- era quasi commosso - Ti do pochi istanti per portarti ad una distanza decente, approfitta della mia generosità!-
Gli occhi dei due uomini non si staccarono un istante mentre Lucius si alzava di nuuvo sulle gambe malferme e si raddrizzava, cercando di non barcollare.
Poi mosse qualche passo incerto e si allontanò, portandosi ad una distanza di qualche metro da Evan.
“Quante volte ho creduto di morire e non è accaduto?” pensò “Madre, ti rivedrò? Mi accoglierai tra le tue braccia?” uno struggimento lo colse, la pericolosa voglia di lasciare che la morte lo afferrasse e lo portasse finalmente su lidi tranquilli e pieni pace: niente più guerra, solo tranquillità.
“Non so se potrò lottare contro questi flutti e se riuscirò a non annegare…Ma almeno so che Narcissa è al sicuro”


Hogsmeade - diciotto mesi prima

 

- Severus!- lo aveva chiamato, lieto di essere riuscito ad intercettarlo prima che rientrasse a Hogwarts.
Il ragazzo si era voltato con un’espressione leggermente stupita.
- Lucius!-la voce si era mantenuta moderatamente sorpresa - Credevo fossi già partito.-
Già, lui sapeva sempre tutto ormai.
- E così sarà tra poco più di due minuti- aveva detto, dominando il fastidio - Ma prima ho un favore da chiederti…- gli era costato ogni goccia di sangue che gli scorreva nelle vene dirlo.
Il sopracciglio leggermente inarcato era stato l’unico segnale dell’immensa sorpresa che Severus aveva provato questa volta.
Era sempre perfettamente controllato, quel bastardello mezzosangue.
- Non ho molto tempo quindi sarò molto diretto - la sua voce era uscita più dura e seccata di quello che avrebbe voluto - Ho appena lasciato Narcissa - non un guizzo sul viso dell’altro ragazzo - E so per certo che non è al sicuro, in questo momento. Ha accettato ospitalità a casa mia ma ho bisogno che tu le faccia da Custode Segreto.-
Questa volta il contegno di Severus era stato messo a dura prova e, francamente, Lucius aveva esultato dentro di sé.
- Perché io?- una semplice domanda.
Già, perché?
- Lo sai... - l’aveva detto così, quasi casualmente, eppure aveva visto qualcosa in quegli inquietanti occhi bui. Ma non c’era tempo per giocare. - Perché sei un Occlumante portentoso e perché il Signore Oscuro si fida di te -
- Appunto - Severus era rimasto insondabile - Vuoi mettermi nella scomoda condizione di non potergli rivelare dove si trovi Narcissa nel caso, seppur remoto, in cui me lo chiedesse?-
Un attimo di silenzio.
- Voglio solo che lei sia al sicuro. Tu no?-
Si erano guardati negli occhi per diversi secondi.
- Quella del Custode Segreto è una magia obsoleta e assai fallibile, non mi trova assolutamente d’accordo - mormorò Severus alla fine - Posso fare di meglio. -
Lucius aveva sentito il sollievo pervaderlo ma era rimasto in silenzio.
- Lei dovrà ovviamente rimanere chiusa a...Malfoy Manor immagino. Io costruirò una barriera viva intorno alla casa: riconoscerà chi noi vogliamo riconosca e terrà fuori, anche solo con il pensiero, chi noi vogliamo resti fuori.-il giovane Snape aveva accennato ad un sorriso - Nella nostra mente si vedrà solo uno specchio che rifletterà la casa ma non sarà possibile infrangere: manterrà il suo segreto inaccessibile anche al più potente dei Legilimens. Così sarai certo anche tu di non tradirla...Converrai con me che l’Occlumanzia non è un’arte che ti appartiene - aveva aggiunto, arricciando le labbra.
“Tsk, moccioso insolente!” l’aveva pensato molto forte.
Severus aveva sorriso e lui gli aveva sorriso in risposta.
- Ero certo che mi avresti aiutato…- aveva mormorato Lucius senza più sorridere.
- La politica resta di certo il tuo vero talento…- anche Severus era ritornato serio. - Ora dimmi chi la barriera potrà riconoscere, puoi anche escludermi, non è affatto necessario che chi la crea sia coinvolto.-
- Mi assenterò per almeno un anno, potrebbe essercene bisogno - era stata la semplice risposta di Lucius - E poi, naturalmente, io e una donna chiamata Kerenza. Inoltre ho bisogno che almeno due elfi possano uscire e entrare a piacimento.-
Severus aveva assentito, avevano definito i dettagli e poi si erano salutati.


(Vidin- Bulgaria) - presente


Gli occhi chiari di Lucius e quelli scuri di Evan non si staccavano.
Poi un muto segnale e il giovane dai capelli castani si mosse con una rapidità inaudita e scartò di lato, quindi calò la propria bacchetta con un fendente secco e violento.
L’onda d’urto arrivò potente e Lucius si limitò a portare la bacchetta, orizzontalmente, davanti agli occhi e parò il colpo stringendo i denti e aspettando che la furia passasse.
Arrivò un secondo colpo che riuscì a deviare solo parzialmente e che gli ferì il volto, poco sotto gli occhi.
Evan si avvicinava: ogni passo un fendente sempre più potente.
Lucius non poteva muoversi, anche solo lo spostamento d’aria lo feriva e, in ogni caso, il suo corpo non rispondeva.
- Giochi in difesa, Lucius?!- Evan era pericolosamente vicino, lanciò in aria la bacchetta e l’impugnò come una frusta.
Lucius capì e sapeva anche che quello che stava per arrivare era fatto per uccidere.
Evan fece schioccare quello scudiscio invisibile e un primo colpo giunse al braccio destro già inerte.
Il dolore fu lancinante.
Un altro schiocco, altro dolore. Cercò di parare quanti più colpi possibile ma stava soccombendo e lo sapeva.
Alla fine Evan svettò su di lui, pronto a finirlo.
- Il tuo ultimo desiderio, Lucius?-

 

La politica resta di certo il tuo vero talento”*

 

“Sei un uomo molto furbo…”

 

“Le rocce a picco sul mare sono come le nostre vite, Lucius, se siamo in bilico sull’oceano possiamo scegliere di spiccare il volo e fare nostro il cielo o di scendere in picchiata e perderci tra i flutti del mare…”


- Seppelliscimi accanto a mia madre…- sussurrò, fissandolo negli occhi.
Evan urlò di rabbia e l’ultimo fendente arrivò, portando tutto il suo dolore.

 

Hogsmeade - tre ore dopo.


Kerenza si svegliò di soprassalto, portandosi una mano sul cuore per contenere i battiti accelerati.
Scese giù dal letto e afferrò uno stiletto d’argento, poi si affacciò nella stanza del focolare con la gola secca dalla paura.
- Chi è la?!- intimò con voce ferma.
Vide un’ombra emergere e si sentì afferrare da due mani forti che l’attirarono verso un corpo virile.
- Dimenticati di Lucius…- mormorò una voce fin troppo nota - Ti aiuterò io…-
- Evan!- esclamò la donna, riconoscendolo e sentendo il sollievo pervaderla.
- Sei così bella…- l’uomo le accarezzò i capelli neri con passione e le mani scattarono ad aprirle la vestaglia - Lucius non capisce nulla, lascia che ti aiuti a dimenticarlo…è meglio per tutti, credimi! Soffrirai meno.-
E le impedì di protestare baciandola con trasporto.
Lei cercò di ribellarsi ma, alla fine, cedette sotto le sue carezze; si lasciò andare contro di lui e Evan la sollevò tra le braccia, portandola in camera da letto e amandola con una passione bruciante, come se fosse l’ultima volta.

 

Fine cinquantaseiesimo capitolo


* Gliel'hanno detto rispettivamente: Severus, Narcissa e Gwen


Angolino simpatico (ossia le note dell'autrice): Ok, potrei dire che i segnali c'erano tutti: Evan non è certo un santarellino e si chiama Rosier, quindi pazzo pazzo in modo assurdo :) Ama Bella in modo davvero malato, quindi nulla di ciò che fa può stupire.
Nonostante ciò lo adoro, fisicamente parlando è il mio ideale: alto, folti capelli castani, occhi scuri e profondi. Un pò matto ma passionale, ironico, bastardo dentro ma tormentato: insomma, il top. :D Potrei dire che sto vedendo la luce in fondo al tunnel con questa fan fiction, in realtà, numericamente parlando, non posso dire di essere vicinissima alla fine ma, globalmente, sono davvero a buon punto. A presto con il prossimo capitolo che, con i due precedenti, fa parte di un'unica linea narrativa. Tra l'altro non faccio che litigare con l'editor di Efp...io visualizzo una cosa e poi, quando posto, mi mostra tutt'altro: corsivo ovunque, caratteri strani...davvero frustrante...

 

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Capitolo 57
*** Evan ***


Come sempre ringrazio chi legge e segue questa storia, in particolare miss Gold_394 e Morgana 89 Black (ma ragazze, nomi più semplici no?? Tipo Pina o Lina XD) per aver recensito! Vi annuncio che "Un gelido destino" si ferma fino a settembre: non è umanamente possibile che io continui così ora che mia figlia sarà a casa dall'asilo e, si spera, potremo andare al mare. Siccome voglio continuare a scrivere con lo stesso impegno che ho profuso fino ad ora, ho deciso di prendermi una pausa, visto che non avrò materialmente tempo e non voglio buttare su capitoli a caso. A settembre riprenderò la regolare pubblicazione dei nuovi capitoli e vi assicuro che porterò a termine questa storia. Grazie e spero di ritrovarvi qui, buona lettura!

 

Dante’s Prayer

 

Quando la selva oscura calò dinnanzi a me

E tutti i sentieri coperti

Quando i preti dell’orgoglio dicono che non c’è altra maniera

Ho arato la sofferenza di pietra

Non ho creduto perché non ho potuto vedere

Eppure sei venuta da me nella notte

Quando l’alba sembrava persa per sempre

Mi hai mostrato il tuo amore nella luce delle stelle

Posa i tuoi occhi sull’oceano

Naufraga la tua anima nel mare

Quando la notte oscura sembra senza fine

Ti prego ricordati di me

Poi la montagna fiorì dinnanzi a me

Dal profondo pozzo di desiderio

Dalla fontana del perdono

Sotto il ghiaccio ed il fuoco

Eppure noi condividiamo questo umile sentiero, da soli

Come è fragile il cuore

Oh, dona a questi piedi d’argilla ali per volare

Per toccare il volto delle stelle

Respira vita in questo debole cuore

Solleva questo mortale velo di paura

Prendi queste speranze sgretolate, impresse con le lacrime

Ci solleveremo sopra queste terrene preoccupazioni

Ti prego ricordati di me…

 

(by Loreena Mc Kennitt)



 

“Un gelido destino”

 

(Evan)

 

Cinquantasettesimo capitolo

 

L’alba era vicina, ad est il sole stava iniziando a tingere d’oro pallido il cielo della Scozia. C’erano già delle nubi ad increspare quella distesa blu, gialla e verde; c’erano anche le stelle che ancora sostavano ma andavano spegnendosi.
Evan rimase qualche istante fermo a fissare tutto ciò; dal cottage di Kerenza la vista di spandeva a perdita d’occhio lungo la valle: a est le colline, a nord il Castello di Hogwarts, che dominava tutto sotto di sé, a sud Hogsmeade e ad ovest il bosco, fitto e scuro.
Il giovane osservò tutto e non vide nulla, gli occhi nocciola riflettevano la luce mattutina che si faceva strada in modo prepotente.
Il suo corpo era rilassato e sazio, grazie all’amore che Kerenza gli aveva donato quella notte, la sua mente era piena degli eventi accaduti in Bulgaria, durante il suo scontro con Lucius.
Il suo cuore, semplicemente, non batteva più.
In realtà lo aveva perso tanti anni prima quando, tramite una breve lettera, gli era stato annunciato che l’amata Gwenhwyfar non esisteva più in questo mondo; che le sue spoglie mortali riposavano e il suo spirito volava libero, probabilmente lungo le bianche scogliere della Cornovaglia.
Il moncherino duro e spoglio che aveva collocato al posto di quel cuore svanito nel nulla era stato preso, irretito e squartato da un’altra donna.
Lui si era spogliato di ogni insegnamento e di ogni dignità e aveva lasciato che Bellatrix arasse la sua anima e vi piantasse i suoi semi di odio, follia e cattiveria.
Ma non era così stupido da non sapere di essere stato un terreno fin troppo fertile dove tutte quelle cose orribili erano cresciute con forza, mentre era marcito tutto quello che sarebbe valso la pena salvare.
Sorrise amaro.
Respirò a fondo l’aria pura di quel giorno luminoso e chiuse gli occhi.

 

(Vent’anni prima)

 

- Devi comportarti bene, Evan!- la donna lo aveva fissato severa, con le mani sui fianchi prominenti e il viso dozzinale pieno di biasimo - Ricordati che sei solo un ospite in questa casa! Non puoi continuare a fare danni, rispondere male e andare in giro conciato come un selvaggio!-
Lui aveva restituito lo sguardo con aria ribelle, i capelli scompigliati e i vestiti trasandati.
La donna aveva sospirato profondamente e poi aveva ripreso la sua predica - Questa sera ci sono ospiti importanti! Nessuno vuole essere disturbato da un ragazzino di otto anni maleducato e disubbidiente! Bada Evan, se combinerai ancora dei guai lo dirò a tuo zio e verrai cacciato anche da questa casa!-
Lui aveva socchiuso gli occhi e si era voltato, scappando via e andando a nascondersi in una delle stanze vuote al pian terreno.
Odiava quella casa e odiava i suoi parenti ipocriti.
Si curavano di lui solo per dovere e perché, ai suoi tutori, era stato concesso un bel po’ di denaro per vestirlo, istruirlo e crescerlo fino al compimento della maggiore età.
Ad un certo punto aveva sentito le voci degli invitati alla festa scemare pian piano e un’arpa aveva preso a suonare dolcemente.
Il suono più bello e soave che avesse mai udito e, subito dopo, un suono ancora più splendido e irreale: una voce di donna quasi ultraterrena.
Pian piano si era affacciato e aveva fatto capolino nella stanza: tutti erano seduti in un semicerchio e tacevano, ascoltando assorti.
Un uomo alto e dai capelli di un biondo chiarissimo era appoggiato al muro, molto vicino a lui, e fissava la donna che suonava l’arpa, al centro della sala, con uno sguardo come Evan non ne aveva mai visti.
Gli occhi chiari di quell’uomo erano pieni di una luce calda e avvolgente.
Il bambino aveva osservato la donna e aveva capito perché tutti ne fossero così rapiti: non solo la sua voce era celestiale ma anche il suo aspetto era splendido. Sembrava una regina delle fate, così come ne aveva viste sui libri che ogni tanto rubava dalla biblioteca di sua zia.
E cantava una canzone dolce e struggente che, se n’era vergognato profondamente, gli aveva fatto venire voglia di piangere:

 

Amore, guarda dentro il tuo cuore, *

l’albero santo è lì che sta fiorendo;

dalla gioia i santi rami si partono,

e tutti i frementi fiori che essi sostengono.

I color cangianti dei suoi frutti

hanno adornato le stelle con luce serena;

la saldezza delle sue radici profonde

ha radicato la quiete nella notte;

il cullare della sua chioma frondosa

ha donato alle onde la loro melodia,

e le mie labbra ne sposarono l’armonia

nel mormorare per te un magico canto.

Là vanno gli amori danzando,

nel giro fiammante dei nostri giorni,

vorticando, turbinando qui e là

nei vasti incoscienti viali coperti di foglie;

rammentando quella gran chioma agitata dal vento

e come sfrecciano i sandali alati

i tuoi occhi si colmano di tenerezza:

guarda, guarda dentro il tuo cuore, amore mio.

...

Non guardare più nello specchio amaro

che i demoni, con la loro sottile scaltrezza

ci pongono di fronte, passando,

o almeno lanciaci appena uno sguardo;

poiché vi si forma un’immagine fatale

che raccoglie la notte di tempesta,

radici seminascoste nella neve,

rami spezzati, foglie annerite.

Poiché ogni cosa sterile diviene

in quello specchio opaco che i demoni reggono,

specchio dell’espressa stanchezza,

creato mentre Dio riposava nel suo tempo senile.

Là, tra i rami spezzati, passano i corvi

del pensiero senza requie;

volando, gridando, qui e là,

con i loro artigli crudeli e la gola vorace,

oppure rimangono immobili a fiutare il vento,

e scuotono le loro ali cenciose, ahimè!

I tuoi teneri occhi perdono la loro dolcezza:

no, non guardare più in quello specchio amaro.

...

Amore, guarda dentro il tuo cuore,

l’albero santo è lì che sta fiorendo;

dalla gioia i santi rami si partono,

e tutti i frementi fiori che essi sostengono,

rammentando quella gran chioma agitata dal vento

e come sfrecciano i sandali alati

i tuoi occhi si colmano di tenerezza:

guarda, guarda dentro il tuo cuore, amore mio. “

 

La canzone si era conclusa e, per qualche istante, nessuno aveva avuto il coraggio di rompere quel silenzio.
L’uomo biondo aveva seguitato a fissare la donna con intensità e lei, una volta finito di cantare e suonare l’arpa, aveva sollevato lo sguardo, cercando quello di lui.
I loro occhi si erano incatenati e Evan aveva potuto avvertire qualcosa di potente passare tra di loro.
Un profondo senso di solitudine lo aveva pervaso e si era allontanato senza essere visto, andando in giardino e cercando di reprimere le lacrime.
- Dimmi, ti è piaciuta la canzone?- una voce dolce e femminile lo aveva riscosso e si era girato con il cuore in gola.
La regina della fate si era seduta accanto a lui, sui gradini della scalinata esterna, e gli aveva sorriso.
Lui non aveva mai visto nulla del genere: occhi così intensi, pelle così perfetta, capelli così lucenti.
Non aveva potuto far altro che annuire.
Lei gli aveva sorriso più ampiamente, inclinando la testa.
- Hai più o meno l’età di mio figlio, ma lui non ha degli occhi così tristi né un cuore così solo...posso sapere come ti chiami, mio bimbo disperato?-
Il groppo in gola gli aveva impedito di parlare.
- Hai compreso cosa dice la canzone che ho cantato?-
Aveva scosso la testa.
- Parla di due alberi molto diversi l’uno dall’altro: uno rappresenta la vita e uno rappresenta la morte. Uno è la luce e uno è l’ombra. Uno è l’amore e l’altro il peccato.- gli aveva sorriso ancora - Parla anche di come gli uomini possano scegliere la strada buona o lasciarsi condurre nei tormenti e nella disperazione...e parla anche d’amore. L’amore vero, quello dove un uomo e una donna si guardano e i loro cuori si congiungono; oppure l’amore non corrisposto che dona solo tormento…-
L’aveva fissata a bocca aperta, troppo soggiogato da lei per comprendere davvero fino in fondo ciò che gli aveva detto.
Lei aveva riso gentilmente e gli aveva accarezzato i capelli castani.
- Non piangere cuore innocente, arriveranno giorni migliori…- e poi si era alzata ed era rientrata lasciandolo solo.
Una settimana dopo suo zio gli aveva detto, a denti stretti, che Abraxas Malfoy, un uomo molto potente, aveva chiesto di poterlo ospitare a casa propria per un periodo indefinito, perché cercava compagnia per suo figlio che aveva sei anni.
Evan si era chiesto chi fosse quest’uomo e perché mai avesse chiesto di lui senza conoscerlo.
Era arrivato a Malfoy Manor, l’enorme casa di questo sconosciuto, e, quando era entrato, aveva compreso: sulla soglia, ad attenderlo con un sorriso, c’era la regina della fate, la donna più bella e dolce della terra, la strega più abile del mondo.
Il suo più grande amore: Gwen.

 

(Presente)

 

Evan riaprì gli occhi e un profondo senso di vuoto lo colse: era sempre così quando pensava a lei.
Lei che non c’era più da tanto, troppo tempo.
Gettò un ultimo sguardo all’abitazione di Kerenza, un’altra donna splendida che lui, in un certo modo, aveva amato e che era l’incarnazione quasi perfetta di Gwen.
Pensò a Bellatrix, che gli si era avvicinata in un momento di grande confusione ed esaltazione.
Bella che si era offerta a lui, chiedendogli di fare di lei una donna, facendogli credere di volere lui per primo perché era bello e potente.
Solo dopo aveva capito il perché della sua fretta di crescere ed essere donna.
Lo aveva usato anche quella volta, come sempre e per sempre.
Si, l’avrebbe irretito per sempre se lui non avesse fatto qualcosa per spezzare quello specchio demoniaco e quel tormento.
La voce di lei, carica di odio, gli rimbombava nella mente, le sue parole, dure come pietre, erano ancora conficcare nel suo petto.

 

(Poche ore prima)

 

“Non l’hai ucciso?!” lo aveva guardato con gli occhi sgranati.
“Non proprio...l’ho ferito a sufficienza per dargli una morte lenta e dolorosa a meno che non decida di salvarsi, ovvio. Gli ho lasciato una scelta, glielo dovevo…” le si era avvicinato: era andato a cercarla appena rientrato dalla Bulgaria, dopo lo scontro con Lucius.
“Che ti importa? Ha capito la lezione, non è uno stupido...non farà mai nulla contro di te, credimi. Lascia Rodolphus e andiamocene: io, te e nostro figlio…” le aveva sorriso, posandole una mano sul grembo “Nessuno oserà farci del mare e, se mai tentassero, che il Diavolo li protegga perché li ucciderò uno alla volta!”
Lei lo aveva guardato con gli occhi scuri accesi di odio.
“Idiota! Dovevi ucciderlo adesso! Non domani, tra un mese o tra un anno ma adesso! Stanotte!” era fuori di sé.
“Calmati Bella, non ti fa bene agitarti così...Lucius non è un problema, credimi...i Lestrange non sono più un problema, nessuno potrà mai esserlo per noi.”
“Non c’è nessun noi, Evan! Non c’è mai stato né mai ci sarà!” gli aveva urlato con quanto fiato aveva in gola “E non c’è nessun bambino! C’era e non c’è più e, credimi, non era tuo!”
L’aveva fissata incredulo, troppo ferito per afferrare davvero quello che gli aveva detto.
“Ma tu…” aveva scosso la testa, osservando il volto di lei deformato dall’ira e dalla rabbia.
“Sei un povero idiota! Una sola cosa avresti potuto fare per me e non l’hai fatta! Adesso cosa credi che dovrei fare, io? Scappare da mio marito, dal Signore Oscuro, dalla mia vita...per te?” aveva sospirato reprimendo una risata incredula e poi aveva ripreso a parlare con una voce più bassa e calma “Ho il ventre del tutto bruciato, un maledetto veleno avanza dentro di me! Ho solo pochi giorni per poter intervenire ed evitare di morire per un’infezione del sangue!” ad un certo punto aveva chiuso gli occhi scuri “ Sparisci Evan, vattene dalla mia vista! Non siamo altro che due strade che mai si incontreranno in questa vita maledetta, vattene via: sparisci, scappa, muori...fa ciò che ritieni meglio ma non comparirmi mai più davanti!”
L’aveva fissata per dei lunghi istanti nello stesso modo in cui si può fissare qualcosa di abominevole che, fino a quel momento, era rimasto celato agli occhi.
Avrebbe voluto afferrare il suo lungo collo da cigno e stringere, stringere fino a togliere qualsiasi alito di vita in quel corpo che tanto aveva amato.
Invece non aveva potuto far altro che sentire la voce di Gwen, l’unico suono amorevole che avesse mai udito nella sua vita:

 

“...Non guardare più nello specchio amaro

che i demoni, con la loro sottile scaltrezza

ci pongono di fronte, passando,

o almeno lanciaci appena uno sguardo;

poiché vi si forma un’immagine fatale

che raccoglie la notte di tempesta,

radici seminascoste nella neve,

rami spezzati, foglie annerite.

Poiché ogni cosa sterile diviene

in quello specchio opaco che i demoni reggono…”

 

“Addio Bella, prima o poi ci rivedremo all’Inferno. Almeno di questo ne sono sicuro…” si era smaterializzato, andando da Kerenza, in cerca di quella contrapposizione al dolore che solo lei avrebbe potuto regalargli.

 

(Presente)

  Evan sorrise, ormai il sole stava facendo la sua comparsa: un nuovo giorno da vivere, un altro giorno da affrontare, ancora un giorno per lottare.

Rigirò la bacchetta tra le mani e si smaterializzò.

 

(Malfoy Manor)

  Da quando era giunta a Malfoy Manor, nell’ottobre di un anno e mezzo prima, Narcissa non aveva più lasciato quella casa.
All’inizio aveva dovuto abituarsi soprattutto alla presenza costante di Kraffy, l’elfa domestica che comandava la servitù e che un tempo aveva servito la madre di Lucius.
Quella querula creatura non la lasciava mai da sola e aveva preso a dormire su di un tappetino davanti alla porta della sua camera.
Dopo aver finalmente preso confidenza con questo particolare “problema” se ne erano presentati diversi altri e, con un certo stupore, si era resa conto che l’organizzazione di quella grande magione lasciava abbastanza a desiderare: Abraxas e Lucius, evidentemente, non erano molto attenti e avevano anche poco tempo per dare un certo criterio al lavoro degli elfi.
Dopo un primo momento in cui si era sentita un’ospite, e quindi non aveva avuto il coraggio di prendere in mano la situazione, aveva finito con il riorganizzare del tutto il lavoro della servitù, guadagnandosi la devozione di Kraffy.
- Signorina come Signora Gwen!- aveva strillato estasiata - Signorino Lucius sceglie bene come suo padre!-
Cissy aveva ignorato l’elfa e fatto finta di non udire.
Un giorno si era fermata, come aveva fatto decine di volte, davanti al salottino in cui Aloise Alderman aveva scagliato la sua maledizione nove anni prima.
Si era morsa le labbra, indecisa se entrarvi o meno, così come era stata indecisa un sacco di volte anche durante la sua prima visita a Malfoy Manor.
Alla fine aveva detto a Kraffy, che poteva uscire a piacimento dalla casa e fare tutte le commissioni che desiderava, che voleva cambiare tutto quello che si trovava in quel salotto: tappezzerie, divani, moquette e persino le pietre del camino.
L’elfa l’aveva guardata con occhi sognanti, aveva raccolto la lista dei desideri di Narcissa e poi aveva fatto in modo di accontentarla in tutto e per tutto, facendo le compere necessarie:  “Signorino Lucius dice che denaro è tutto suo se signorina vuole! Di comprare tanti vestiti e tutto quello che piace e tante, tantissime camicie da notte!”.
La ragazza l’aveva guardata al colmo dell’imbarazzo - Ti ha detto così?!-
Kraffy aveva annuito con innocenza e lei aveva preferito non approfondire.
Una volta che quel salotto era stato completamente rivoluzionato dagli elfi operosi lei vi aveva preso possesso, senza nemmeno capire perché volesse considerare suo quel luogo, che aveva assistito a eventi così tragici e pesanti.
Incapace di stare con le mani in mano aveva preso ad apportare piccoli cambiamenti qua e la: “Tanto, se non gli andrà bene, potranno rimettere tutto come prima ma è assai più probabile che non se ne accorgano nemmeno!”.
Ormai la casa marciava a dovere, i cambiamenti più importanti erano stati effettuati e lei iniziava ad andare in sofferenza: desiderava uscire da li e capire cosa fare della propria vita.
Aveva accettato l’ospitalità in quella casa per far partire Lucius più tranquillo e sereno ma, non avere mai sue notizie dirette, la sconfortava in modo profondo.
Quando era arrivata a Malfoy Manor aveva trovato una pergamena, scritta rapidamente dal giovane, in cui le chiedeva di sentirsi a casa propria, di usufruire di tutto quello che le serviva, di non uscire per alcuna ragione al mondo e di avere fiducia aspettando che si facesse vivo lui.
E così aveva fatto ma, dopo tanto tempo, iniziava ad essere profondamente inquieta e a chiedersi quando lo avrebbe rivisto.
Vergognandosi profondamente, una sera in cui era riuscita a sgattaiolare fuori dalla propria stanza senza svegliare Kraffy , si era intrufolata nella stanza di Lucius.
Si era chiusa la porta alle spalle e aveva osservato la grande camera quadrata, studiando il tutto con profondo interesse: il letto era grande e a baldacchino, in legno scuro; c’erano un tappeto e un grande comò antico, una sedia e un tavolino rotondo. E basta.
Nel complesso sembrava la stanza di una persona che la usa esclusivamente per dormire e, quasi sicuramente, era proprio così.
Poi aveva notato una porta di mogano e l’aveva aperta: era la cabina armadio di Lucius.
Aveva represso un grido di sorpresa, vedendo la quantità di indumenti vi si trovavano: abiti e, soprattutto, camicie di ogni tipo e colore, principalmente di seta bianca o nera, decine di pantaloni, stivali in pelle di ogni genere, mantelli finemente decorati con alamari d’argento e lo stemma della casata, guanti di tutti i tipi, cinture e nastri per legare i suoi lunghi capelli biondi.
“E’ proprio un vanesio!” aveva esclamato e, reprimendo un sorriso, si era avvicinata alla fila ordinata di camicie e ne aveva presa una nera con i ricami in filo d’argento, come gliene aveva viste addosso decine di volte.
Poi, arrossendo per la vergogna, non aveva resistito all’impulso di annusarla per sentire se fosse impregnata del suo odore e, infine, se l’era drappeggiata addosso.
Era rimasta la, come una scema, per un tempo indefinito, beandosi della carezza della seta e del profumo di lui sulla pelle.
Aveva lasciato la stanza a malincuore, sentendosi una stupida e avvertendo la mancanza di Lucius in modo insostenibile.
Una delle cose che faceva abitualmente era quella di passeggiare per la galleria dei ritratti degli antenati dei Malfoy, passava sempre a salutare Gwen e non mancava mai di andare da Draco.
Ne studiava il volto e cercava di trovarvi delle somiglianze con Lucius, con Gwen o anche con Kerenza.
Ricordava la cotta che aveva per lui cinque anni prima e, in effetti, non era del tutto passata visto che, ogni volta che lui le rivolgeva un’occhiata, lei arrossiva e sorrideva in modo abbastanza sciocco.
Quella notte particolare si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva forte e un senso di agitazione profondo che la turbava, si alzò dal letto e, incapace di calmarsi o riprendere sonno, si infilò la vestaglia e uscì dalla propria stanza, scavalcando agilmente Kraffy che russava sommessamente sul suo tappeto.
Si diresse in modo quasi automatico verso la galleria dei quadri, illuminata dalla luce della Luna che ancora si stagliava in cielo, nonostante l’alba non fosse così lontana. Per prima cosa cercò conforto nello sguardo intelligente di Gwen - Proteggi tuo figlio…- le sussurrò e la donna la guardò sorridendo, poi passò a Draco e rimase li diversi istanti studiandone il volto, l’armatura elegante, il Drago morente alle sue spalle e ogni altro dettaglio che, ormai, conosceva a memoria.
- Uno di questi giorni, quel quadro lo staccherò da la e lo metterò in soffitta…- Narcissa si voltò con il cuore in gola e un guizzo di grande gioia e di puro sollievo - Con buona pace di Draco e tua!-
Lucius avanzò versò di lei rapidamente, con le sue ampie falcate.
- Lucius!- Narcissa non poteva credere ai propri occhi: lui era reale e veniva verso di lei con il suo mantello nero ondeggiante sulle spalle. - Ma quando sei rientrato?! Sei arrivato adesso? Non parti più?- lo sommerse di domande ma lui gettò per terra il suo bastone scuro e non rispose nemmeno ad una.
- Dopo…- mormorò e la prese tra le braccia, baciandola avidamente.
Le braccia la stringevano e le mani le accarezzavano la schiena, lei ricambiò i baci ma si trovò in affanno perché non le dava respiro.
- A-aspetta…- ansimò Cissy, cercando di riprendere fiato - C-così mi soffochi!- ma lui le chiuse nuovamente la bocca con un bacio, alzandola da terra nell’impeto della passione.
Lei si aggrappò alle sue spalle per non cadere e Lucius prese a baciarle il decolleté con foga, continuando a tenerla sollevata.
- Si può sapere…- Narcissa cercò di parlare ma stava perdendo la propria lotta e iniziava a soccombere al desiderio che aveva di lui - H-hai promesso...sul tuo onore…- gli ricordò, poco convinta e tanto per dire qualcosa.
- Santo cielo, donna!- la rimproverò, continuando a tenerla saldamente tra le braccia e baciandola senza posa - Dovresti saperlo che sono un uomo senza onore!-
Narcissa avrebbe tanto voluto ribattere ma non ne ebbe la forza, si aggrappò a lui per paura di cadere e lasciò che la baciasse, chiedendosi confusamente come mai fosse così appassionato.
“Perché, in fondo, lui è così…” fu un pensiero coerente che riuscì a formulare, ricordando le volte in cui l’aveva baciata o si era infuriato.
Poco alla volta, il fatto che Lucius fosse la e non si trattasse di un sogno, che fosse accanto a lei, anche se avrebbe potuto tranquillamente dire che era su di lei, visto il modo in cui le era incollato addosso, si concretizzò nella sua mente e la mancanza di lui, che aveva avvertito in quell’anno e mezzo, esplose insieme a tutta l’ansia e alla paura che aveva accumulato dentro di sé, sapendolo disperso in qualche missione potenzialmente pericolosa.
Così gli afferrò i capelli con forza, quasi con rabbia, allontanandolo e iniziando a baciarlo su tutto il viso, sulle labbra, sul collo. Lui ebbe un moto di sorpresa e la lasciò scivolare lungo il suo corpo, facendole posare i piedi a terra e si chinò su di lei per poterla dominare in altezza, sovrastandola e impedendole di proseguire in quella tempesta di baci.
- Mio dolce tesoro, se fai così rendi nulli tutti questi anni di attesa…- ansimò piano e poi lasciò scorrere lentamente lo sguardo su di lei, che indossava ancora la vestaglia sopra la camicia da notte.- Ogni volta che ti rivedo sei sempre più bella e più...calda…- le sorrise nel suo solito modo sfrontato - La lontananza ti rende più tenera!- rise piano vedendo l’espressione imbronciata e leggermente offesa di Narcissa.
Accarezzò dolcemente la seta azzurra della vestaglia e sorrise soddisfatto - Vedo che hai speso bene i miei soldi, mi compiaccio!-
- In effetti spendere i tuoi soldi mi ha dato non poca soddisfazione! Mi ha fatto sentire una sorta di mantenuta, proprio una cosa gratificante!- gli disse, ancora offesa, si mise le mani sui fianchi e poi lanciò un piccolo grido.
La vestaglia era sporca di sangue che, di certo, non era suo.
- Lucius!- si dimenticò all’istante il broncio e si aggrappò alle sue braccia - Che hai fatto?! Da dove viene questo sangue?- lo toccò sul torace e, poco sopra il fianco sinistro, sentì le dita sfiorare la seta strappata e toccò una ferita slabbrata e sanguinante.
Impallidì e lo guardò con gli occhi grigi sgranati.
- E’ una ferita profonda! Perché non me l’hai detto subito?- lo studiò in volto e notò il pallore e le labbra esangui - Che stupida, come ho fatto a non accorgermene!- si passò una mano sul viso.
- Eri troppo presa dal baciarmi, cosa che ho apprezzato profondamente, credimi!- le sorrise stancamente e Narcissa lo afferrò per il braccio, trascinandolo lontano dalla galleria.
- Dove mi porti?- le chiese, insolitamente mansueto, lasciandosi condurre dalla ragazza, che non rispose alla domanda ma continuò a marciare a passo di carica - Uff...ti preferisco come baciatrice che come infermiera…- brontolò Lucius.
Lei lo ignorò di nuovo e lo condusse nel “salotto della collana” , come lo chiamava ora che lo considerava suo.
Entrarono e lei chiuse la porta, poi lo fissò con determinazione
- Spogliati, per favore!-  gli disse e, notando l’espressione di lui, arrossì e andò ad accendere una sola candela, in modo da non avere una luce troppo forte nella stanza.
Lucius represse un sorrisetto sornione e prese a sbottonarsi la camicia con studiata lentezza, senza abbandonarla con i suoi occhi azzurri.
Narcissa divenne paonazza - Non così! Dannato uomo impossibile!-
Lui scoppiò a ridere di gusto e poi la sua risata si trasformò in un lamento di dolore.
- Lo vedi?!- gli si avvicinò e lo aiutò a togliersi l’indumento con delicatezza e, quando vide la ferita, chiuse gli occhi per un attimo - Ma c-cosa...c-chi…- prese fiato - Perché non me l’hai detto subito? Sei un incosciente!-
Lui si sedette privo di forze e lei notò che anche i pantaloni erano zuppi di sangue.
- Ma quanto sangue hai perso?!- la disperazione cominciò a impadronirsi della ragazza, che cercò di fare mente locale. - Dovremmo chiamare un medico…-
Lui la guardò con gli occhi velati - Mi dispiace farti preoccupare, credimi.- le sussurrò - Ma non posso allertare nessuno perché nessuno deve sapere che mi trovo in Inghilterra…sto rischiando molto...- si fissarono e lei capì che una sola persona non doveva sapere del suo ritorno: una sola maledetta persona.
Represse la rabbia che sentì montare dentro di sé e cercò di non far trapelare l’odio misto a rancore che provava per il mago che teneva tutte le loro vite in scacco.
Glielo aveva già detto una volta e sapeva che avrebbe rischiato di perdere definitivamente Lucius manifestando quei sentimenti e, solo l’idea di perderlo…
- Bene - cercò di non rendere la propria voce troppo fredda - C’è una cosa che posso tentare per fermare l’emorragia e ridurre la ferita, ma è una cosa complessa e l’ho vista fare solo una volta...anche se poi me la sono fatta spiegare...- gli scoccò uno sguardo di sfuggita - Vado a prendere la mia bacchetta, arrivo subito - si alzò e lui la trattenne, afferrandole la mano.
Narcissa cercò di non guardare il marchio nero, che spiccava sulla pelle bianca di Lucius, e lo fissò nei suoi occhi chiari e sofferenti.
- Ritorno tra un attimo…- gli sussurrò, addolcita, e si chinò a baciarlo leggermente sulle labbra.
Lui fece per dire qualcosa ma Cissy era già uscita, lasciandolo solo.

 

(Vent’anni prima)

 

Malfoy Manor aveva lasciato Evan a bocca aperta quasi quanto la sua padrona, era un casa talmente grande e lussuosa che lui si era sentito davvero piccolo, con il suo misero bagaglio al seguito.
Abraxas l’aveva accolto freddamente e il bambino aveva compreso di trovarsi lì, solo ed esclusivamente, grazie a Gwen.
Lei gli aveva mandato incontro suo figlio: un bimbetto esile vestito in modo assurdamente ricco, con un volto talmente fine e delicato, incorniciato da un caschetto di capelli chiarissimi, da sembrare una bambina.
- Mi avevi detto che era un maschio!- era sbottato, rivolgendosi alla sua benefattrice senza alcuna cortesia - Non voglio far compagnia ad una femmina!-
Lucius aveva socchiuso gli occhi e non aveva detto nulla, mentre Gwen chiariva l’equivoco.
Poi, una volta che Abraxas si era assentato dalla stanza, il bambino che pareva una femmina gli si era avventato contro e gli aveva inferto un rapidissimo calcio all’altezza del ginocchio, sul retro per essere esatti, facendolo cadere rovinosamente.
- Sono un maschio, io!- aveva detto, stringendo i suoi piccoli pugni - E tu sei mio ospite, ti facciamo la carità!-
- Lucius!- Gwen l’aveva rimproverato duramente e si era precipitata a soccorre Evan ma lui si era alzato di corsa, avventandosi su quel moccioso effeminato.
Se l’erano date di santa ragione finché Gwen non aveva rovesciato sulle loro teste calde un catino di acqua gelida, fatto comparire dal nulla.
Non era stata né la prima né l’ultima volta che si erano azzuffati ma, da quel momento in avanti, si erano ben guardati dal farlo davanti a lei.
E poi, pian piano, erano diventati davvero come due fratelli e i momenti in cui erano stati costretti a separarsi, visto che Abraxas mal lo tollerava sotto il suo tetto, erano diventati dolorosi mentre i momenti in cui si erano potuti ritrovare erano stati di grande gioia, mal celata dietro ad una cortina di orgoglio da ambo le parti.
Poi lei era morta e loro erano cresciuti, ognuno nel proprio modo distorto.

 

(Presente)

 

Evan stava in piedi davanti alla capanna di legno che gli aveva fatto da casa in quegli ultimi mesi.
Una bella differenza da Malfoy Manor ma, del resto, lui non aveva mai avuto una vera casa e quello era il massimo che aveva potuto concedersi contando sulle proprie forze.
Sorrise e poi, con un delicato movimento del polso, agitò la bacchetta e dette fuoco a quella capanna da pezzente.
- Ragazzo, vuoi dare fuoco a tutte le paludi o volevi solo farti trovare più facilmente?-
Il sorriso di Evan si fece più ampio.
Si voltò leggermente e fissò con affetto l’uomo che lo teneva sotto tiro con la sua bacchetta.
- Al, vecchio mio!- la voce era carica di simpatia - Se io non avessi voluto farmi trovare voi non mi avreste mai stanato lo sai, si? Sono anni che mi cerchi, te l’ho già detto che sei peggio di una donna innamorata: non mi dai respiro e mi tieni sempre gli occhi addosso! Ma, e ti ho già detto anche questo, non sei il mio tipo!-
Alastor Moody sorrise divertito.
- La tua latitanza è finita, ragazzo. Arrenditi senza crearci problemi e nessuno si farà male...Coraggio, lascia la bacchetta, sei sotto tiro.-
Il sorriso di Evan si fece ancora più ampio mentre il riverbero delle fiamme, che stavano divorando al capanna, lo illuminavano in modo sfavillante.
- Al, sei sempre così...retto, onesto....così corretto! Riesci sempre a commuovermi.- sospirò e volse lo sguardo poco oltre le spalle dell’Auror - C’è un’altra cosa che ti ho sempre detto, Al...- il sorriso si spense pian piano e Moody impugnò più saldamente la bacchetta, colto da un presentimento.
Il movimento di Evan fu talmente fulmineo che Moody reagì con un secondo di ritardo e, all’improvviso, il dolore gli esplose in faccia facendolo gridare contro la propria volontà.
Quasi contemporaneamente uno schiantesimo sfiorò Evan e lo fece indietreggiare con un salto.
- Ti avevo detto che ti avrei strappato quel tuo assurdo bel nasino da quella brutta faccia, Al!- urlò Evan ridendo forte e si nascose, con un altro salto, dietro ad un grande masso, evitando per un pelo un altro schiantesimo potentissimo.
Moody si era accasciato con il volto in frantumi, in naso tranciato e il sangue che gli bruciava negli occhi e ora era la, incapace di rialzarsi, nonostante la sua tempra notevole.
Riuscì solo ad emettere dei lamenti, cercando di riprendersi da quel dolore che lo accecava e gli impediva di ragionare.
Improvvisamente la collega che lo accompagnava fu al suo fianco, facendogli da scudo con il suo corpo e tenendo la roccia sotto tiro.
- Rosier! Esci e non essere vigliacco! Abbiamo gettato un incantesimo anti-smaterializzazione nel raggio di quaranta metri! Consegnati a noi e avrai salva la vita!- la ragazza aveva una voce determinata e non perdeva d’occhio il rifugio del Mangiamorte - Moody, cerca di andare a ripararti, ci penso io!- gli sussurrò.
- Do! Dod eddere ttupida!- l’uomo non riusciva a parlare e respirare contemporaneamente e continuava a perdere sangue copiosamente dal moncherino del naso.
Lei gli dette una spinta e si mise in piedi, con gli occhi accesi di una luce piena d’odio.
- Do!- Al cercò di rialzarsi ma lei lo spinse di nuovo e lo fece cadere malamente.
- Rosier! Esci o faccio esplodere quel sasso! Arrenditi!- la ragazza stringeva la bacchetta spasmodicamente.
Un secondo dopo una luce verde attraversò letteralmente la roccia con una potenza inaudita e la sfiorò appena, lasciandola esterrefatta e consapevole di aver rischiato la morte in un secondo.
- Reducto!!- urlò con quanto fiato aveva in gola e la pietra, dietro la quale stava Evan, si frantumò, esplodendo in mille pezzi.
Il giovane si gettò di lato e rotolò rimettendosi in piedi, sorridendo e brandendo la sua bacchetta.

 

“Seppelliscimi accanto a mia madre…”

 

“No, Lucius! Sei un maledetto e furbo bastardo, ma sarò io ad incontrare per primo Gwen, almeno questa volta starò accanto a lei prima di tutti voi!” pensò il giovane e roteò il polso ma, prima ancora che potesse fare qualsiasi altra cosa, la luce verde lo colpì in pieno petto e lui l’accolse a braccia aperte, stramazzando al suolo.
Il sorriso continuò ad aleggiare sul suo bel viso anche mentre la vita abbandonava i suoi occhi scuri.

 

Là, tra i rami spezzati, passano i corvi

del pensiero senza requie;

volando, gridando, qui e là,

con i loro artigli crudeli e la gola vorace,

oppure rimangono immobili a fiutare il vento,

e scuotono le loro ali cenciose, ahimè!

I tuoi teneri occhi perdono la loro dolcezza:

no, non guardare più in quello specchio amaro.”

 

La giovane Auror respirò a fondo e rinfoderò la bacchetta, poi corse dal suo compagno per accertarsi del suo stato di salute.
Lui alzò una mano e la bloccò, quindi si rialzò tamponandosi il volto con un fazzoletto, nel tentativo di bloccare l’emorragia.
- Don dovevi…- sussurrò con la voce colma di dolore, osservando il volto giovane e ancora pieno di rabbia della sua collega - Pedché Hellen?-
Lei contrasse il volto in un moto di autentica sofferenza.
- C’era anche lui quella notte e, forse, è stato proprio Rosier ad uccidere Michael...forse ha ucciso anche il Dott. Jones, non è una gran perdita e, se non l’avessi ucciso io, ci avrebbe uccisi lui.- la riposta non ammetteva repliche e la donna si voltò, allontanandosi per chiamare soccorsi e spegnere l’incendio della capanna.
Moody si avvicinò al corpo esanime di Evan e lo osservò per qualche istante, dimenticando il dolore al volto.
“Ragazzo...perché hai gettato via la tua vita?” pensò, osservando il viso quasi felice del giovane e la mano che ancora stringeva un semplice ed innocuo legnetto.
Si tolse il suo pesante cappotto di pelle e lo drappeggiò pietosamente sul corpo di Evan coprendo anche il suo bel volto, sul quale aleggiava un lieve sorriso.



(Malfoy Manor)
 

Lucius si svegliò di soprassalto, quando sentì la porta aprirsi delicatamente, e capì di essersi addormentato.
Narcissa gli rivolse un piccolo sorriso e poi si inginocchiò accanto a lui, quindi posizionò la propria bacchetta a pochi millimetri dalla ferita, reggendola con entrambe la mani alle due estremità.
- Sei certa di quello che fai?- le chiese, con la voce arrochita dalla debolezza e anche lievemente preoccupata.
- Niente affatto - disse la ragazza a denti stretti - Ma non mi sembra che abbiamo tanta scelta.-
La luce nella stanza era soffusa e lei iniziò a muovere lentamente la bacchetta seguendo la linea della ferita e, contemporaneamente, iniziò a decantare una sorta di cantilena, mordendosi le labbra nel tentativo di rammentare le esatte parole che, ogni tre strofe, si ripetevano ipnoticamente.
Lucius riconobbe l’incantesimo all’istante e le gettò uno sguardo sorpreso; Narcissa avvertì il moto di stupore del ragazzo e il suo irrigidirsi e, maledicendo se stessa e benedicendo la semi oscurità, si sentì arrossire pericolosamente.
Cercò di concentrarsi, era faticoso ma, con sua somma gioia, il tutto sembrava funzionare a dovere e la ferita iniziò a ridursi e a smettere di sanguinare; pian piano la pelle prese a guarire e, dopo quasi venti minuti, si chiuse del tutto, lasciando solo un segno rosato sulla pelle diafana.
Narcissa sospirò, sentendosi stanca come se avesse corso dieci miglia.
Cadde il silenzio e lei non osò sollevare lo sguardo: in uno di quei rari momenti in cui sembrava carpirne perfettamente i sentimenti e i pensieri, comprese che lui era infastidito.
Si morse di nuovo le labbra e, tanto per fare qualcosa, passò delicatamente e lentamente le dita lungo il graffio ancora visibile, come per accertarsi che fosse effettivamente chiuso.
Le fece scivolare in su e in giù, sfiorando appena la pelle calda di Lucius, poco sopra il fianco.
Lui sussultò lievemente, gemendo piano, e Cissy sollevò lo sguardo preoccupata - Scusami, ti ho fatto male?-
Il giovane strinse le labbra reprimendo un sorrisetto e la fissò negli occhi - N-non esattamente…- aveva una gran voglia di ridere e, questa volta, il viso della ragazza avvampò in modo inequivocabile.

 

Amore, guarda dentro il tuo cuore,

l’albero santo è lì che sta fiorendo;

dalla gioia i santi rami si partono,

e tutti i frementi fiori che essi sostengono,

rammentando quella gran chioma agitata dal vento

e come sfrecciano i sandali alati

i tuoi occhi si colmano di tenerezza:

guarda, guarda dentro il tuo cuore, amore mio. “

 

Si fissarono negli occhi qualche istante e poi lei si sollevò leggermente sulle ginocchia e posò le sue labbra su quelle di lui, che la strinse a sé baciandola con dolcezza.
Pian piano il bacio divenne più profondo e sensuale, durando diversi minuti.
Si staccarono di pochi millimetri, la ragazza poteva sentire il proprio corpo ardere e il cuore battere forte in profondità.
- Sposami…- le sussurrò Lucius, accarezzandole dolcemente il viso.
- ...si…- mormorò Narcissa e posò la mano sulla sua, bloccandola contro la propria guancia.
La fiamma della candela si spense del tutto, mentre il chiarore dell’alba inondava la stanza con la sua luce vivida e pura.

 

Fine cinquantasettesimo capitolo.

 

* Si tratta della poesia “The Two Trees” scritta nel 1892 dal poeta irlandese William Butler Yeats, che la dedicò a Maud Gonne, una bella attrice, femminista e rivoluzionaria, che aveva donato il suo cuore all’Irlanda. La donna non volle mai ricambiare questi sentimenti ma lui l’amò per tutta la vita.
Questa poesia è stata messa in musica dalla splendida Loreena McKennitt, grande arpista ed interprete di musica celtica, che personalmente adoro.
I
l significato della poesia è spiegato più o meno dalle parole che Gwen rivolge a Evan: i due alberi contrapposti sono simbolo di dualità dell’animo umano.
Lo specchio di cui si parla è quello che venne forgiato da Satana mentre Dio riposava e rappresenta l’albero della conoscenza, una volta creato l’uomo perse la propria innocenza e ne trasse il libero arbitrio, ossia: il peccato.

 

Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): E’ stata dura dire addio ad Evan ma il suo destino si è compiuto o, se vogliamo dire, lui ha scelto il modo in cui farlo compiere...il libero arbitrio...meditate gente, meditate...a presto!! Buona vacanze, ferie, mare, sole o quel che sia. Divertitevi che settembre giunge in fretta!

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Capitolo 58
*** Agapanthus ***


Arieccola...vi sono mancata?
Questi tre mesi son volati, vorrei dirvi che ho mucchi di capitoli pronti per essere postati ma non è così...non ho avuto un attimo di tempo, comunque conto di postare con una certa regolarità.
​Ora consentitemi di ringraziare le persone che hanno lasciato una recensione al capitolo scorso “Evan” :Morgana89Black e miss Gold_394, presenti come sempre; Phebe Junivers e The Lady of flitwick, che mi hanno lasciato due recensioni splendide! E LtMcGivers, che fa parte di quelle lettrici di un tempo alle quali speravo tanto di arrivare per dare un finale a questa storia. Grazie a tutte, ragazze, il vostro sostegno è sempre importate e, sapere che Evan ha lasciato un segno in questa storia, non può che farmi piacere! Bene, ora vi lascio a un piccolo riassunto e al nuovo capitolo!

 

DOVE ERAVAMO RIMASTI:

 

Sono passati nove anni dell’inizio della storia, Cissy ha vent’anni e si trova a Malfoy Manor, sotto la protezione di Lucius e, senza saperlo, di Severus.
Una sera il giovane Malfoy ritorna, di nascosto, dal suo viaggio in Bulgaria; é gravemente ferito e, finalmente, chiede alla ragazza di sposarlo, Narcissa accetta e i sentimenti dei due sembrano molto più chiari.
Nel frattempo, Evan, dopo il duello con Lucius, ritorna in Inghilterra e, dopo una notte d’amore con Kerenza, si lascia uccidere dagli Auror Moody e Hellen. Il giovane ha perso del tutto la voglia di vivere dopo aver compreso fino in fondo la natura distorta di Bella e aver posto fine, proprio a causa della donna, alla sua amicizia con Lucius.
Barty Crouch dichiara i suoi sentimenti a Brigid e, per dimostrarle il suo amore, le confida di aver scoperto dove si trova il secondo Breo Saighead, a lungo cercato dalla ragazza, apparentemente per donarlo a Lord Voldemort, in realtà per usarlo al fine di compiere la propria vendetta contro i Black.




 

 

Non ci sono asfodeli, né viole, né giacinti:

come parlare ai morti?

I morti non sanno il linguaggio dei fiori:

per questo tacciono,

viaggiano e tacciono, patiscono

e tacciono

nel paese dei sogni, nel paese dei sogni.

 

Se mi metto a cantare, grido,

se grido

gli agapanti m'impongono silenzio

levando una manina di azzurro bambino d'Arabia

o le palme di un'oca nell'aria.

 

È gravoso, difficile. Non mi bastano i vivi,

primo, perché non parlano,

poi perché debbo interrogare i morti

se voglio andare avanti.

Altro modo non c'è.

...

 

La prima cosa che Dio fece è l'amore

poi viene il sangue

e la sete del sangue

che il seme del corpo come un sale

pungola.

La prima cosa che Dio fece è un lungo viaggio:

...

Ma bisogna che i morti mi insegnino il cammino.

Sono questi agapanti che li tengono muti

come il fondo del mare o l'acqua nel bicchiere.

 

(Agapanti - Ghiorghios Seferis)*












 

“Un gelido destino”

 

(Agapanthus)

 

Cinquantottesimo capitolo



 

Il lungo corridoio, nel sotterraneo dell’Ospedale San Mungo, amplificava il rumore secco dei tacchi degli stivali di costosa pelle nera.
I passi dell’uomo erano rapidi, eppure non tradivano fretta ma denotavano solo una decisa sicurezza.
L’illuminazione era discreta e l’aria era umida e pesante; il forte odore di disinfettante donava a quell’ambiente lugubre un sinistro sentore di malattia o, peggio, di morte.
Lucius avanzava con ampie falcate delle sue lunghe gambe, non usava il suo inseparabile bastone dalla testa di serpente, e la gamba destra, se pur dolorante, non poggiava a nessun supporto.
I lunghi capelli chiari del giovane uomo non erano legati e si agitavano sulle sue spalle ad ogni passo, il suo volto fine e pallido era duro e impenetrabile.
Gli occhi chiarissimi ebbero un rapido guizzo quando intravidero le due figure che sostavano alla fine del corridoio, proprio davanti alla stanza che era la sua meta.
Rallentò l’andatura e rilassò le spalle, le labbra si storsero in un sorriso ironico e l’aria spavalda si incollò al suo viso aguzzo.
- Albus, Alastor…- sussurrò, con la sua voce fredda, indirizzando un lieve cenno del capo ai due uomini, che si voltarono simultaneamente verso di lui.
Silente era il mago di sempre, energico e insondabile, bardato in un abito assurdamente lussuoso color blu notte.
Moody, il potente Auror, era un uomo devastato.
Il volto era fasciato e solo un occhio e la bocca erano visibili.
- Lucius- mormorò quieto il Preside di Hogwarts, chinando lievemente il capo, gli occhi azzurri che brillavano dietro gli occhiali a mezzaluna.
- Cos’è? Sei venuto ad ammirare il risultato del vostro bel lavoro di gruppo?! Sei qui a vedere quale futuro ti aspetta, a prendere esempio dal tuo amico?!- ringhiò Moody, la cui voce possente usciva a stento dalle labbra intorpidite dal dolore.
Con il naso letteralmente esploso sul suo viso, o respirava o parlava usando la bocca.
- Sei qui per confessare le tue colpe? I tuoi delitti? La morte di quello che chiamavi ‘amico’ ti ha smosso quella cosa nera che chiami coscienza?? - la furia gli faceva tremare il corpo possente, mentre sputava il suo disprezzo su un Lucius del tutto impassibile.
- Alastor!- lo ammonì Silente, posandogli una mano sulla spalla.
- Tranquillo, Albus- mormorò Lucius, con aria imperturbabile e quasi annoiata - Conosco bene l’indole sanguigna di Moody, non sono qui per nessuna assurda confessione! - l’idea parve divertirlo un mondo e il sorriso sul suo viso si allargò - Sono qui per reclamare il diritto di ritirare il corpo del giovane Rosier; egli ha un posto riservato nella cripta dei Malfoy, non possedendo alcuna tomba di famiglia, questo privilegio gli è stato concesso molti anni fa da mia madre: Gwenhwifer Arundel in Malfoy, con l’approvazione di mio padre.-
Era stata più che altro una promessa strappata sul letto di morte, a cui suo padre non era stato in grado di opporsi, a dire il vero.
Cadde un silenzio pesante.
- Certo, non appena saranno state sbrigate le formalità e il Ministero darà il suo assenso, nessuno di noi impedirà questa sepoltura. Il Signor Rosier, altrimenti, sarebbe stato destinato ad una tomba comune, senza nome.-
Silente lo disse in tono neutro ma qualcosa suggerì a Lucius che il Preside avrebbe ritenuta più consona quella sistemazione.
- Tsé!- sbottò Moody, svicolando dalla stretta del suo amico - Lo seppellisci nella tomba di famiglia? Perché non vai e firmi una confessione, una dichiarazione di colpevolezza? Il marchio sul suo braccio sinistro parla per lui e per tutti voi! Credi che qualcuno pensi davvero che tu sia lindo e pinto, senza macchia?! - l’Auror era pieno di disprezzo - Dai, Malfoy! Solleva la manica di quella camicia di seta, se ne hai il coraggio!-
Lucius inarcò un sopracciglio, conservando la sua aria distaccata.
- Albus, dovrebbe davvero suggerire al Suo amico di mantenere la padronanza di sé. Niente di cui stupirsi se poi, con questa mancanza di autocontrollo, si fa ridurre a brandelli!- scosse la spalle, facendo ondeggiare il suo lungo mantello.
Silente scoccò una lunga occhiata penetrante all’uomo biondo e strafottente che gli stava dinnanzi, posando al contempo una mano decisa sul braccio di Moody, costringendolo a indietreggiare.
- Non capisco cosa sia più deplorevole, Lucius - la sua voce era serena e priva di inflessioni, come se parlasse del tempo - Se la perdita del controllo o la totale assenza di emozione, davanti alla tragedia di un giovane di ventisette anni che si fa uccidere nel nome di qualcuno che sparge odio e violenza.-
Lucius sostenne lo sguardo azzurro del Preside, con il mento sollevato e altero e un’aria di insofferente sopportazione.
- Aspetterò il nulla osta del Ministero- tagliò corto - Ora, se permettete…- e, così dicendo, Lucius li superò con il suo incedere regale e si infilò nella stanza mortuaria.

 

Gelosia.
Quello era il sentimento che aveva provato quando sua madre aveva deciso di ospitare, sotto il loro tetto, un altro bambino; uno  sconosciuto incontrato ad una festa dove lui, Lucius, non aveva ottenuto il permesso di partecipare.
Quando Evan aveva messo piede a Malfoy Manor, il bambino aveva notato che era più grande di lui, anche molto più alto a dire il vero, e aveva i capelli e gli occhi scuri, come si conveniva ad un uomo.
Non biondi come lui, che li aveva chiari in modo imbarazzante.
Lucius aveva solo sei anni all’epoca ma era abbastanza sveglio da capire quanto Evan fosse bello e quanto fosse innamorato di Gwen.
Lo capiva dal modo in cui la guardava e ascoltava, lo capiva dall’antipatia che il ragazzino aveva per Abraxas.
Poi quella gelosia era scemata, quando Lucius aveva compreso che l’affetto per Evan non toglieva nulla a ciò che sua madre provava per lui.
E aveva scoperto che, avere un fratello, era divertente.
Evan era coraggioso, spiritoso, selvaggio e spericolato, in un modo che a lui non era mai stato consentito essere.
Così la sua vera natura era riuscita ad emergere e Lucius aveva provato un gran divertimento nell’infrangere le regole, nell’ideare piani e metterli in atto sotto il naso di suo padre.
Specie dopo che Gwen era morta.
Ad un certo punto, però, Abraxas aveva compreso che l’influenza del giovane Rosier non era ciò che auspicava per suo figlio e così aveva mandato Lucius a Durmstrang, per frequentare un anno di scuola lontano da Hogwarts e da Evan, e, nel frattempo, aveva sistemato quest’ultimo in una specie di collegio, garantendogli vitto e alloggio fino ai diciassette anni.
Poi se ne era lavato le mani.
Quella separazione forzata, i ricordi dell’infanzia, l’amore per Gwen e il legame che si era poi instaurato con Kerenza, non aveva fatto altro che unire maggiormente i due giovani.
Una volta che si erano ritrovati, i ragazzi avevano superato tutte le tappe della crescita insieme.
Insieme eppure divisi, simili ma diversi, uniti ma conflittuali.
E ora, separati per sempre.
Evan aveva deciso così.

 

“Credevi davvero che mi sarei tolto la vita qui, davanti a te, con qualche orribile veleno? Hai avuto paura di non riuscire a salvarmi?...Hai avuto tanta paura vero, Lucius? E fai bene ad avere paura amico mio. Se io schiatto tu resti davvero molto solo, lo sai si?”

 

La bocca di Lucius si strinse in un’unica linea sottile e livida.
Su quella specie di barella, giaceva il corpo di una delle poche persone che aveva importanza nella sua vita.
Niente più parole e battute, niente più scherzi, niente risate. Ma quelle, comunque, erano cose di un tempo lontano e passato.
Niente più preoccupazioni, turbamenti, ansie.
Ecco, queste si che erano cose recenti, tutte le emozioni che Evan gli aveva regalato in quegli ultimi anni.
Fissò il volto cereo e rigido del suo amico d’infanzia, sui cui tratti modificati dalla morte aleggiava ancora un sorriso.
Quel viso non era nemmeno familiare, senza il luccichìo di quegli occhi scuri, furbi e sfrontati.
I bei capelli castani erano opachi.
Morti, come lo era Evan. Morto. Spento. Finito.
La mano di Lucius tremò.
Il volto era inciso in ogni singolo tratto; sentiva un peso enorme sullo sterno, la sensazione di deja-vù che gli ricordava un’altra veglia: quella per sua madre.
Quel dolore gli esplodeva nel petto, come una deflagrazione che doveva contenere e arginare.
- Così…- la sua voce cadde nel silenzio di quella stanza scura - Alla fine, sei andato da lei. Hai scelto la via più facile, hai scelto la pace. Mi hai lasciato qui, da solo…Mi hai lasciato indietro, con i lividi e i segni sulla pelle, la tua potenza a devastarmi i muscoli...la tua abilità ad umiliarmi per l’ennesima volta...-

 

“Seppelliscimi accanto a mia madre…”
L’urlo di Evan aveva squarciato la notte bulgara, la sua bacchetta calata con forza e frustrazione su di lui, il colpo inferto con rabbia ma trattenuto all’ultimo secondo. La volontà di fargli male, di ferirlo e danneggiarlo ma l’incapacità di ucciderlo.
“Sei sempre il solito bastardo molto furbo...Lu-Lu...ti sei evitato una morte rapida. Adesso, se hai voglia di vivere, va e cerca di curarti, ti ho risparmiato l’emorragia che ti soffoca e ti inonda da dentro...il tuo sangue fuoriesce da te; ti do la possibilità di salvarti, nel nome del nostro comune passato: nel nome di Gwen. Ti do una chance e lo faccio per Narcissa. Ma, se minaccerai o ti avvicinerai ancora a Bella, ti ammazzerò come un cane e sai che lo farò. ”
Lo aveva fissato con gli occhi scintillanti e Lucius aveva appena potuto ricambiare quello sguardo, piegato su se stesso per il dolore.
I loro occhi si erano incatenati per qualche lungo istante, l’aria fresca e profumata della sera li aveva accarezzati.
“Addio Lucius…”
“Arrivederci…” gli aveva sussurrato, con la voce soffocata dalla sofferenza che il suo corpo martoriato gli portava.
Ma Evan era già sparito e lui era rimasto lì per qualche secondo, cercando di capire cosa fare di se stesso.
Alla fine si era aggrappato ad un’unica visione, un solo pensiero.
Si era rialzato, era rientrato alla villa, aveva fatto del suo meglio per guarire le ferite meno gravi, si era cambiato e poi, con immane fatica, era andato dalla sua unica ragione di vita.

 

Lucius chiuse gli occhi, cercando di fuggire da quel volto inerme e gelido.
- Avrei preferito saperti vivo ed essere consapevole di dover guardarmi le spalle da te, piuttosto che lasciarci in questo modo. Ma forse, per te, è meglio così- mormorò.
Meglio per Evan, con il suo animo lacerato e tormentato...e per lui?
Cercò dentro di sé qualcosa di caldo, di bello e luminoso che potesse contrastare quel freddo che sentiva addosso.

 

Il tocco lieve delle sue mani sulla pelle; la sua voce dolce e imbarazzata che declamava quel particolare incantesimo curativo, le sue labbra calde che lo sfioravano.
La sua voce, tanto amata, che diceva un semplice ‘si’.
Qualcuno che lo aspettava e si prendeva cura di lui: Narcissa.

 

Riemerse da quello stato di acuta sofferenza e provò un caldo sollievo.
- Addio fratello mio, presto riposerai accanto a colei che abbiamo amato entrambi…-
La voce si spezzò per un attimo, si chinò a posare un bacio sulla fronte bianca e gelida di quel corpo che ormai non conteneva più nulla; posò una delicata carezza su quegli occhi che non si sarebbero aperti mai più.
Poi si voltò e se ne andò, chiudendo la porta silenziosamente.

 

Il giorno del funerale, il cielo era plumbeo e un vento scuro spazzava l’aria.
Il feretro fu accompagnato solo da Lucius e Narcissa, una breve sosta davanti alla cripta diede loro il modo di porgere omaggio anche al luogo dove riposavano le spoglie di Gwen.
Se la tomba dei Black era maestosa, quella dei Malfoy era un vero e proprio inno alla famiglia purosangue.
Narcissa osservò con dolore la bara procedere lentamente e poi venire adagiata nel luogo dell’eterno riposo.
Si strinse a Lucius, nonostante la stagione calda fosse alle porte, la temperatura era autunnale e lei rabbrividì.
Rievocò dentro di sé il volto bello e sorridente di Evan, i suoi occhi colmi di sofferenza quando Bella lo tormentava, la sua risata contagiosa.

 

“La mia bambina, qui, si preoccupa per me? La mia dolce Ninfa dei ghiacci!”

 

Scoccò un’occhiata a Lucius, ma il profilo del suo fidanzato era del tutto impassibile, gli occhi freddi come sempre, le labbra tirate.
Quando tutto ebbe fine, si allontanarono lentamente, passeggiando in silenzio.
- Se per te va bene, avrei pensato a settembre come mese adatto al matrimonio.-
La voce del giovane la colse di sorpresa.
- Mh, si certo, va bene-  gli disse - Hai pensato a che tipo di cerimonia vuoi?-
Lucius le rivolse un piccolo sorriso.
- Desideri un matrimonio in grande, come quello che ebbero Bellatrix e Rodolphus?- si fermò e la strinse lievemente a sé - Del resto, il nostro sarà il matrimonio del secolo, quello che unirà le due casate purosangue più potenti in assoluto, le più prestigiose.-
Cissy sbuffò piano e lui rise.
- No, tutt’altro, davvero- gli tolse un granello di polvere inesistente dalla manica - Della mia famiglia non ho quasi nessuno: non so se Bella vorrà presenziare; la zia Walburga sta molto male, Regulus potrebbe essere l’unico interessato.- sospirò.
Lucius l’attirò sotto il suo mantello con fare protettivo.
- Ti dispiace l’idea di una cerimonia intima?- le sussurrò.
- No, sono consapevole che la maggior parte delle famiglie importanti hanno lasciato Londra e dubito che ci tornerebbero per un matrimonio anche se “del secolo”!- fece una smorfietta e Lucius ghignò, divertito - Mi piacerebbe chiamare Beb ma dubito che possa muoversi, resta solo Kerenza ma è talmente schiva che non voglio turbarla. Tutto sommato mi basta che ci siamo noi due e tuo padre…- esitò, rimpiangendo Dorothy - Voglio avere un bel vestito, questo si, desidero essere ritratta in modo impeccabile. Sarà sciocco ma ci tengo.-
Lucius si chinò a posarle un lieve bacio sulla fronte.
- Ma certo, la tua bellezza dev’essere immortalata, non ci sono dubbi.- i suoi occhi azzurri ammirarono il bel volto di lei e si incupirono, pieni di desiderio - Se solo potessi ti sposerei oggi stesso, comincio ad essere davvero impaziente...voglio che tu sia mia moglie…-
Lo disse in un modo così caldo che Narcissa si sentì sciogliere e gli restituì uno sguardo altrettanto ardente: era stufa di aspettare.
Eppure c’era sempre qualcosa che faceva slittare tutto.
Se solo avesse potuto...
Ma non poteva, la ragazza sapeva che qualcuno controllava in modo continuo i movimenti del giovane. Dopo che lo aveva curato, la notte in cui lui era comparso all’improvviso, ferito in modo grave, si era trattenuto appena il tempo di riprendersi e poi era ritornato in Bulgaria.
Il Signore Oscuro, ignaro che il suo seguace aveva fatto quella sortita notturna in Inghilterra, gli aveva concesso di rientrare ventiquattro ore dopo, quando la notizia della morte di Evan era trapelata.
- Tranquillo, davvero- gli sussurrò, stringendosi a lui e aspirando il suo profumo - A questo punto, attendere ancora un po’ cambierà ben poco.-
- Si vede che non ragioni come un uomo…- la rimproverò, con un sospiro impaziente.
Lei si morse la lingua, per evitare di rimarcare di chi fosse la colpa per il ritardo del loro futuro insieme.
Lucius riprese a camminare e si guardò attorno, cercò qualche indizio della presenza di Kerenza ma, se anche lei aveva ricevuto il suo messaggio e si era presentata al funerale, era rimasta ben nascosta.
Alla fine, i due giovani rientrarono a Malfoy Manor in silenzio.

 

Nel piccolo cottage situato ai margini del bosco, poco lontano da Hogsmeade, nulla lasciava intendere che ci fosse qualcuno al suo interno.
Il camino non emetteva il solito fumo nero, la porta di legno era chiusa con il chiavistello e la pesante tenda nera era stata ritirata, non era all’esterno, segno che la padrona di casa non era a casa.
Anche le finestre erano sprangate.
Le studentesse del sesto anno di Tassorosso guardarono la piccola casa con profonda delusione: si erano spinte fino a la per nulla.
Si allontanarono confabulando tra di loro, chiedendosi quando l’affascinante veggente avrebbe fatto ritorno al villaggio, visto che era già il secondo sabato che non si faceva trovare in casa.
All’interno, la stanza principale era illuminata appena da qualche candela e nemmeno uno spiraglio, del luminoso sole di fine maggio, riusciva a penetrare all’interno.
Il grande focolare era spento e il silenzio assoluto.
Kerenza stava sprofondata nella sua vecchia e comoda poltrona, le gambe sollevate, portate al petto, e i piedi nudi posati sul bracciolo.
Il volto era reclinato in avanti, la fronte posata sulle ginocchia.
Ad un occhio esterno avrebbe potuto sembrare che riposasse, ma lei era ben sveglia e gli occhi fissavano la stoffa del suo abito, senza vederla.
Non aveva la forza di muovere nemmeno un muscolo, non riusciva quasi a respirare, la mente era annebbiata e incapace di formulare alcun pensiero che non fosse legato ad Evan.
Non faceva che pensare a lui, non riusciva a vedere e sentire altri che lui.

 

Rammentava il loro primo incontro, avvenuto proprio in quel cottage, quando Lucius l’aveva condotto da lei per farglielo conoscere.
Ovviamente ne aveva sentito parlare, sapeva molte cose di quel Rosier grazie a Gwen e grazie ai racconti che Lucius stesso le aveva fatto, ma non si erano mai incontrati prima di allora.
Lucius frequentava il quarto anno ad Hogwarts, era appena rientrato dalla sua esperienza a Durmstrang; lei aveva appena deciso di intraprendere la sua attività di veggente ad Hogsmeade, di lasciare la Cornovaglia per stare accanto al figlio di sua cugina, cercando di non pensare al perché fosse così importante essergli vicina.
Lucius aveva quattordici anni, Evan sedici e lei diciannove.
Quando il giovane Rosier era entrato nella stanza aveva l’aria palesemente annoiata: le mani ficcate in tasca, i capelli lunghi e incolti ancora umidi per la doccia mattutina.
- Andiamo Lu - Lu! Mi fai perdere la prima giornata dell’anno a Hogsmeade per andare a trovare una tua vecchia zia?! - aveva sbuffato in modo sonoro - Dimmi solo che non ha i capelli biondi come quelli di Abraxas e i classici occhi pallidi dei Malfoy…una tua versione incartapecorita, insomma! Come uomo non sei male ma come donna...sai che preferisco le brune! -
- Ti sbagli e sei poco attento, come sempre- aveva riso Lucius - E’ una cugina, non zia, ed è mia parente da parte Arundel…-
Evan l’aveva scorta e si era bloccato sulla soglia, con gli occhi sgranati e il volto esangue.
Poi lei si era ritrovata stritolata nell’abbraccio del giovane, che l’aveva stretta e, infine, baciata appassionatamente sulle labbra.
Il tutto era avvenuto con tanta rapidità che Kerenza era rimasta per diversi minuti tra le sue braccia, incapace di reagire, mentre Evan si insinuava nella sua bocca.
Gli aveva tirato un calcio poderoso, costringendolo a lasciarla.
- Sei impazzito! Come ti permetti! Lucius, sono questi gli amici che frequenti?!- si era pulita la bocca con un fazzoletto, indignata.
Il volto era paonazzo e la rabbia era cresciuta a dismisura, vedendo suo cugino che rideva di gusto, molto soddisfatto.
Evan si era massaggiato il ginocchio, continuando a fissarla e, con la voce carica di sgomento, aveva mormorato: - Tu non sei Gwen!-
Lucius aveva sorriso amaramente, come se avesse ordito quell’incontro per avere una qualche conferma.
- Certo che no!- aveva esclamato Kerenza, cominciando a intuire qualcosa - Visto che mia cugina è morta da quattro anni!-
Il viso del giovane si era come gelato e poi un lampo di furbizia gli aveva attraversato lo sguardo.
- E così mi sono guadagnato un bel bacio del tutto gratis...valeva la pena lussarsi il ginocchio...così,  tu saresti la zietta di Lucius?-
Si era sollevato in tutta la sua altezza, avvicinandosi con aria spavalda.
- Credo che, da oggi in poi, frequentare Hogsmeade sarà assai più interessante!-

 

Dopo quel giorno Evan si era presentato spesso al cottage, in compagnia di Lucius o anche da solo.
Pian piano, Kerenza si era sciolta nei suoi confronti, imparando a cogliere il suo lato in ombra, più profondo di quello che mostrava al mondo.
Lui la ricopriva di complimenti smaccati e un pochino sfacciati, ammiccava, ma si teneva a debita distanza.
Anche dopo aver lasciato Hogwarts si era presentato spesso da lei, il più delle volte in preda al delirio dovuto all’alcool, in cerca di conforto e di cure.
Il loro era divenuto un legame profondo, di comprensione reciproca e di sostegno assoluto e, per molto tempo, non era sfociato in null’altro che questo.
Una sera però, il giorno del suo ventiquattresimo compleanno, Kerenza aveva ricevuto la visita, del tutto inaspettata, di Evan.
- Buon compleanno!- le aveva sorriso con calore: era incredibilmente sobrio e tranquillo.
Le aveva porto un mazzo di splendidi e piccoli fiori dalla delicata tonalità di azzurro.
- Agapanthus!- aveva esclamato lei, stringendo a sé quei fiori meravigliosi e profumatissimi - Te ne sei ricordato, incredibile!-
- Mi sono mai scordato del tuo compleanno?- aveva sbuffato il giovane, roteando gli occhi castani - Non potrei mai scordarmi di te e di tutto ciò che ti riguarda, tesoro mio dolce…- le aveva sorriso con una passione tale che il suo cuore aveva perso un battito.
- Sono talmente belli che non posso sopportare che appassiscano!- aveva esclamato la ragazza, affondando il volto arrossato in quella delicata composizione - Proverò a piantarne un po’ qui, anche se dubito che il clima scozzese sia adatto…-
- Andiamo, puoi piantarli in Cornovaglia, no? E’ questione di un attimo…-
- Mh, cercherò di farli fiorire anche qui, del resto anche la Scozia è casa mia, ormai.-
- Pff...per favore! Non fosse stato per quel blocco di ghiaccio umano chiamato Lucius, non ti saresti mai spinta così a nord! A ridosso della culla magica che ha contribuito all’estinzione della tua razza!-
Evan si era avvicinato di un passo, con l’espressione furba che gli era così tipica.
- La smetti? Vuoi farmi innervosire anche il giorno del mio compleanno?- lo aveva rimproverato, un pochino scossa.
Era rientrata al cottage con fare combattivo, dandogli le spalle mentre sistemava gli Agapanthus in un vaso.
- Sono così belli!- si era voltata verso di lui, con gli occhi sfavillanti che brillavano sul bel volto.
- Per questo sono perfetti per te…- le aveva fatto un piccolo inchino - Però sono anche complessi e hanno molteplici significati, no?-
- Per questo sono perfetti se vengono donati da te…- si era inchinata in risposta.
Si erano guardati per qualche istante, in silenzio.
- Gwen mi parlava sempre di questa poesia babbana...lei li trovava così affascinanti ed eclettici, i sanguesporco…- il leggero disprezzo di Evan aveva ferito Kerenza, ricordandole che tipo di strada si erano scelti lui e Lucius.
- Mi declamava questa poesia dove gli Agapanti venivano visti solo come il simbolo dell’esilio e della costrizione. Mi raccontava ciò per ammonirmi del fatto che, anche una cosa così bella, può essere vista in una luce d’odio e insofferenza; io l’ascoltavo e annuivo, ma pensavo solo al momento in cui, finalmente, avrei potuto osare zittirla con un bacio…-
Aveva riso piano davanti alla faccia scandalizzata di Kerenza.
- Faceva benissimo a metterti in guardia! Per la nostra famiglia, gli Agapnthus sono il simbolo dell’impossibile che diventa possibile: hanno il colore dei fiori che amano l’ombra ma vivono nutrendosi di luce e sole; crescono e svettano anche sui terreni brulli e sopportano il freddo e l’assenza d’acqua, si nascondono al gelo e, ai primi tepori primaverili, riemergono più forti che mai!-
Aveva sollevato il mento con orgoglio e Evan l’aveva guardata, serio in volto.
- E’ il simbolo delle donne straordinarie…- aveva sussurrato il giovane, con una voce bassa e vibrante - Sono poche ma portano in loro le luci e le ombre dell’amore, della forza e della vita stessa…-
- Non paragonare questi fiori stupendi alla tua donna!- era sbottata, con rabbia.
Evan si era avvicinato di un passo, sfiorando il corpo di Kerenza con il suo.
- Non parlavo di Bella, infatti.- la sua voce era ipnotica.
- B-bene…- non era riuscita a staccare gli occhi dal bel viso di lui.
- L’Agapanthus è considerato anche il fiore dell’amore, eppure è una pianta schiva, che mal sopporta i cambiamenti…- l’aveva afferrata dolcemente per un braccio, attirandola a sé fino a che i loro corpi avevano aderito delicatamente - Smettila di aspettare colui che non arriverà mai: il suo cuore non sarà mai libero, lo sai.-
- N-non...io n-non…- per una volta non aveva trovato di che controbattere.
- Lascia che ti insegni io cosa significa l’amore e che ti faccia capire per quale motivo sei nata: sei così bella, sei così...donna…-
L’aveva baciata con una passione tale che si era sentita sciogliere, non aveva nemmeno opposto resistenza ma, anzi, aveva allacciato le braccia al suo collo e si era lasciata sollevare e condurre in camera da letto.
Evan era stato il suo primo uomo e, da quel momento in poi, anche l’unico con il quale avesse condiviso una tale intimità.
Si era fermato al cottage per una settimana: una delle più felici della propria vita, aveva pensato lei.
Poi lui era ritornato alla sua vita, alla donna che amava, alla distruzione.
Si erano amati ancora tante volte: Evan arrivava e lei l’accoglieva.
E, pur amando persone diverse, le loro menti e i loro cuori, non solo i loro corpi, si toccavano in quei momenti di abbandono.
In quegli istanti si amavano con tutta l’anima.
Durante una di quelle notti d’amore, mentre il gelido vento scozzese ululava tutto intorno al cottage e spazzava il terreno indurito dal ghiaccio, Evan le aveva lasciato un dono.
Un dono minuscolo e palpitante del quale non avrebbe mai saputo l’esistenza.



 

Kerenza represse un singhiozzo, respirò a bocca aperta per frenare il dolore e impedirgli di emergere.
Rammentava la loro ultima volta insieme, avvenuta una settimana prima. Lui si era presentato, senza preavviso, in piena notte; l’aveva stretta a sé e poi si erano amati con passione, come sempre.
Pur vedendo quanto fosse sconvolto, quanto fosse fragile, non era riuscita ad aprirsi con lui nemmeno quella volta, non era riuscita a dirgli quella cosa così importante.
Evan le aveva donato, senza rendersene conto, la cosa più preziosa che lei possedesse al mondo.
E non l’avrebbe mai saputo.
Il senso di colpa le contorse le viscere e l’incredulo stupore in cui era caduta si infranse per l’ennesima volta.
Mai, mai, mai più avrebbe potuto dirglielo, mai avrebbe saputo, visto, conosciuto.
Forse quel dettaglio, quel segreto così importante, gli avrebbe salvato la vita; forse avrebbe trovato la forza di non costruirsi un destino così oscuro e lasciarsi morire.
Aveva sempre rimandato quella confessione e ora era troppo tardi.
Si dondolò su se stessa, troppo affranta per smettere di piangere.
Rimase così a lungo, prostrata come lo era da giorni.
Finché non calò la notte.
Ad un certo punto, la donna fu svegliata da un rumore, come due schiocchi secchi, poco lontano, fuori dalla sua porta.
Se pur intorpidita dal sonno, Kerenza si mise subito in allerta: qualcuno si era materializzato lì vicino.
I suoi sensi si attivarono e la mano scattò a prendere la sua bacchetta, si alzò con un gesto rapido, ma le sue gambe erano indolenzite dalla posizione scomoda.
Con una certa fatica afferrò una lunga collana e se la mise al collo, poi si mosse per andare alla porta: la tenda nera era ancora appesa all’interno ma lei sapeva che, per mettersi al sicuro, doveva staccarla del tutto.
Non ebbe mosso nemmeno due passi che la porta d’ingresso del cottage si spalancò con furore, facendo sventolare il pesante tendaggio e due figure si introdussero nella stanza esagonale.
Con sgomento scorse una figura nera e incappucciata, il cui volto era coperto da un’orribile maschera.
Kerenza sentì le sue gambe farsi molli per il terrore, ma cercò di non lasciarsi sopraffare dalla paura.
- Chi sei? Come osi entrare in casa mia!- esclamò, per prendere tempo.
Subito dopo notò l’altra figura che avanzava nella stanza: indossava un lungo mantello bianco e un velo nero le nascondeva il volto.
Una lunga cintura, tempestata di rubini e diamanti, le cingeva la vita sottile.
- Oso in nome di colui che regnerà sul mondo magico e non solo…- sussurrò una voce di donna, volando attraversò la cortina di velo nero.- Dammi il Breo Saighead e non ti faremo alcun male…-
Kerenza deglutì, percorsa da lunghi brividi.
“Forse rivedrò Evan prima del previsto...avrei dovuto parlare con Narcissa, in qualche modo…” pensò angosciata, poi si rammentò il motivo per il quale non poteva permettersi di morire.
Doveva essere prudente e furba. Doveva sopravvivere.
- E’ lì, sul mio tavolo…- mormorò: non poteva permettere che qualcuno prendesse il Breo, furba o no, non poteva proprio, non senza lottare. - Prendilo, se è ciò che vuoi...Rubinia…-
La figura ammantata di nero ebbe un piccolo scatto e cadde il silenzio.
- Quello che si trova la è un falso - mormorò la ragazza vestita di bianco - Ma sento che è qui vicino: dammelo e vivrai.-
- Aloise ti ha insegnato bene - proseguì Kerenza - Del resto tua madre era una strega Toad di prim’ordine.-
- Sta zitta e fai come ti ha detto.- le intimò l’uomo mascherato.
La giovane dal mantello bianco sollevò una mano per metterlo a tacere, poi si tolse il velo scuro e mostrò il suo volto all’altra donna.
- Naturalmente sai chi sono e sai chi era mia madre, non serve che menta o mi nasconda ma, se sai chi sono, sai anche per conto di chi agisco e, se rammenti mia madre, sai che lei rinnegò le Toad e il Dio Bucca, sia quello bianco che quello nero, e scelse il Concilio. - le sorrise, inclinando la testa - Se credi di intenerirmi perché possediamo lo stesso sangue e le nostre madri erano cugine, ti sbagli. Rubinia Alderman non esiste più da anni, non posseggo nostalgie nelle quali crogiolarmi.-
Fece un lieve cenno verso il suo compagno e lui agitò la bacchetta, lo fece con un leggero movimento del polso, come se disegnasse qualcosa nell’aria.
La Maledizione Cruciatus volò da Kerenza con la forza di una tempesta.
Non aveva mai provato un simile dolore, durò un’eternità e lei si contorse per terra, senza nemmeno rendersi conto di essere caduta sul pavimento di pietra.
Alla fine l’uomo diede uno strappo con la bacchetta e il dolore cessò.
Quando Kerenza riuscì a connettere di nuovo con la realtà, vide la veste bianca ondeggiare davanti ai suoi occhi.
- Voglio il Breo.- la voce era fredda e spietata.
- T-tua madre rubò un Breo e se ne andò, lasciando e rinnegando la famiglia...ora tu li vuoi unire- sussurrò la veggente - T-tanto morirò comunque, quindi non vedo perché debba assecondarti...Farfalla di Tintagel…-
- Ancora insisti con queste cose…- Brigid sospirò e fece un cenno a Barty Crouch, che non si fece pregare.
Altro dolore piombò su Kerenza e solo la protezione della sua collana, fatta con le vertebre di serpente, le impedì di impazzire o morire.
Quando si riprese era distesa sulla schiena e i due svettavano su di lei.
- Finché sarà nel suo ambiente, con le protezioni e l’indulgenza del Dio Bucca Gwydder, il bianco e benevolo, non avremo vittoria facile…- sussurrò Brigid - Per quanto rischioso, dobbiamo trascinarla fuori di qui…-
Barty si avvicinò e puntò la propria bacchetta su Kerenza, facendola levitare leggermente nell’aria, poi la sospinse verso l’uscita. La donna comprese che, una volta all’aperto, non avrebbe avuto scampo; la sua mente lavorò alla velocità della luce.
Sospirò piano, inerme, mentre il suo corpo veniva pilotato verso la pesante tenda nera.
“Come pensavo: la mia permanenza in Scozia è giunta alla sua naturale conclusione…”
- A-aspetta…- sussurrò, rivolta a Brigid - Non sono sciocca, nel mio ambiente sono protetta, fuori non ho speranza e io non voglio di certo morire…-
Ad un cenno dell’altra ragazza, l’uomo fermò il volo leggiadro di Kerenza.
- Allora parla, se collaborerai avrai salva la vita.- la Pellar fissò con i suoi occhi pallidi il bel viso sofferente della veggente.
- Nella ciotola di azzurrite c’è il falso, quello che espongo quando non lavoro. Il vero Breo, il gemello del tuo, lo troverai nel focolare...sotto la cenere- la voce della donna era tranquilla.
Mentire sarebbe stato inutile: lei doveva vivere, aveva un’ottima ragione per farlo.
Brigid si avvicinò al focolare e, con un gesto delle mani, scavò nel piccolo cumulo di fuliggine, estraendo una piramide identica a quella che lei possedeva.
Sorrise, facendola ondeggiare davanti ai suoi occhi chiari; fece un cenno al suo compagno, che permise a Kerenza di posare nuovamente i piedi per terra.
Brigid rigirò tra le mani il Breo, cullandolo con lo sguardo.
- Sei una donna saggia...ma lo sono anch’io - sussurrò, storcendo la bocca - So quale legame ti unisce al figlio di Gwen; so che lo ami, lo vedo riflesso nei tuoi occhi. Capirai che non posso permetterti di vincere certi vincoli e, magari, rivelare troppe cose a quell’uomo. Tu sai che io non posso permettertelo.-
Kerenza non si era aspettata nulla di diverso e, prima che Barty potesse cogliere l’invito di Rubinia, si gettò ai piedi della ragazza, singhiozzando.
- Ti prego! Non uccidermi! Te ne prego, sparirò, me ne andrò ma risparmiami!- le baciò la veste bianca, si aggrappò alle sue braccia.
Brigid fece un passo indietro, infastidita, ma, prima che potesse staccarsi del tutto, l’altra donna estrasse dalla propria tasca una piccola e appuntita scheggia di Tormalina nera e graffiò la superficie del Breo.
Un segno leggerissimo.
La piramide cristallina si incrinò, crepandosi in ogni sua faccia, sfigurando la superficie liscia e perfetta.
- Nooo!- l’urlo pieno di rabbia della ragazza lacerò l’aria.
Kerenza fu svelta e si lanciò verso l’uscita, superando la tenda nera; Barty e Brigid si smaterializzarono fuori dal cottage, parandosi dinnanzi alla donna, proprio davanti alla porta di ingresso.
- Maledetta! Hai rovinato in modo irrimediabile il Breo!- la ragazza vestita di bianco era fuori di sé.
Barty puntò la bacchetta contro l’altra donna e la investì in pieno con il suo Crucio, potente e preciso.
Kerenza fu sbalzata all’indietro e urlò in preda al dolore ma, nell’ultimo barlume di coscienza che le rimaneva, si aggrappò alla pesante tenda nera, nascondendosi tra le sue pieghe, poi tirò con forza e la strappò via.
E allora Rubinia comprese e gridò con quanto fiato aveva nei polmoni, colma di rabbia.
Barty interruppe il flusso della sua maledizione e fissò incredulo l’ingresso del cottage, il cui aspetto era del tutto mutato: le pietre erano erose dal tempo e ricoperte di muschio, la pesante porta in legno era marcescente e i perni arrugginiti.
L’intero cottage era ridotto solo ad una vecchia struttura centenaria con il tetto quasi inesistente e le finestre prive di vetri.
Niente tetto viola, niente muri in calce bianca.
Solo un vecchio edificio pericolante e decadente.
- Cosa?! - Crouch si tolse la maschera, esterrefatto - Era una Passaporta?-
- No…- la voce di Brigid era sepolcrale e il volto rigido e duro - Solo voi parlate di Passaporte...questa è magia avanzata e antica, non ciarpame incantato! Non so come abbia fatto a non rendermene conto…- sospirò contrita, stringendo a sé la piramide rovinata - La tenda nera era il veicolo d’accesso a un luogo lontano...il cottage non è mai stato qui, era solo un’illusione. Entrando al suo interno, di fatto, si arrivava in un luogo diverso e distante dalla Scozia…la Cornovaglia, immagino.-
- E’ incredibile quello che sapete fare.- Barty era ammirato e si avvicinò a Rubinia, accarezzandole la guancia. Lei si irrigidì e lui sorrise.
- Andiamo, ancora mi respingi? Sai che farei qualsiasi cosa per te e per convincerti che puoi fidarti. Non te l’ho forse dimostrato venendo qui a insaputa del nostro Signore?-
La ragazza evitò di guardarlo in viso e il sorriso del giovane si fece più ampio, tuttavia non insistette.
- Già, è un bene che lui non sappia che eri con me. - gli occhi chiari della ragazza erano torvi - Ora dovrò andare da lui e dirgli che non potrò unire i due Breo o che, anche provandoci, probabilmente non vedremo e capiremo nulla.-
Barty si accigliò.
- Non voglio che ti punisca, l’ira del Signore Oscuro non è mai auspicabile.-
Questa volta le circondò le spalle e lei non si oppose, si concentrò sulla piramide che stringeva al petto e sospirò.
Avrebbe dovuto usare ogni singola goccia di abilità per sopravvivere, adesso più che mai.
Ignorò la sensazione di benevole calore che la mano del giovane le trasmetteva, attraverso il leggero tessuto della tunica, e mormorò un semplice ‘Andiamo’, gettando un ultimo sguardo al vecchio cottage in rovina.
Questa volta era stata lei a venire ingannata ed essere manovrata.

 

 

La stanza del Signore Oscuro era nella penombra, come sempre.
Brigid era chinata dinnanzi a lui, i due Breo posti l’uno accanto all’altro, ai piedi di Voldemort.
- Capisco…- la voce di lui era fredda ma quieta - Mi hai sempre servito bene, non mi arride l’idea di non poter verificare di persona la potenza di questi due manufatti magici...Ma riconosco anche che l’abilità di voi streghe corniche, e la capacità di eseguire antiche magie, sia del tutto al di fuori dell’ordinario. E’ normale che in uno scontro alla pari l’esito sia incerto.-
- Non esiste parola al mondo che possa esprimere  la mia costernazione...se Vorrete punirmi lo capirò, sono pronta.- la figuretta esile e bianca della ragazza spiccava in quell’assenza di luce. - Tuttavia, vorrei almeno tentare di unire le due piramidi, vorrei capire fino a che punto sono state danneggiate e, se permettete, vorrei farlo dinnanzi a Voi, mio Signore.-
- Procedi.- una sola parola.
Lei si alzò e raccolse i due oggetti: il suo, ancora integro, e quello che era appartenuto a Kerenza, danneggiato.
Brigid era del tutto schiacciata dall’aura potente che l’uomo davanti a lei emanava; il suo corpo, sotto la leggera tunica bianca, era fradicio di sudore.
Ma il suo volto non lasciava trapelare nulla e la sua mente era ben chiusa.
Con molta delicatezza fece combaciare i due lati dedicati al destino e le due piramidi si illuminarono di una luce azzurrina.
Il Breo rovinato si illuminò a intermittenza, la sua luce era tremolante, ma i due oggetti riuscirono a  fondersi per qualche istante, rilucendo argentei nella stanza.
Lord Voldemort si alzò si avvicinò, osservando rapito un fenomeno che un solo, antico, testo di magia descriveva.
- Affascinante…- sussurrò, stringendo gli occhi - Riesci a vedere qualcosa?-
Ciò che la ragazza vide, quando il Signore Oscuro si riflesse nella superficie liscia del prezioso manufatto magico, fu qualcosa di indescrivibile.
Un abisso di orrore, un nero gorgo di terrore, un oscuro vento di violenza.
Ma ciò che le fermò quasi il cuore fu la visione, netta e chiara, di un animo lacerato e spezzato, strappato in più punti in modo irreparabile.
In quello stesso istante, il Breo unificato prese a scottarle nelle mani e lei dovette lasciarlo cadere, mentre si divideva nuovamente in due.
La metà rotta si sgretolò del tutto e si annerì, l’altra metà ritornò ad essere uguale a prima.
Brigid sentì su di sé lo sguardo di Lord Voldemort e comprese che lui attendeva ancora la sua risposta.
Solo la sua cintura, tempestata dalle pietre che una volta avevano ornato la collana di Aloise Alderman, riuscì a darle la forza e la protezione per celare ciò che la sua mente aveva colto in quella breve visione.
Sollevò gli occhi sull’Oscuro Signore, con molta calma.
- Ciò che sono riuscita a cogliere è che ad Hogwarts e ad Hogsmeade, in questi due luoghi, avverrà qualcosa di determinante per Voi, per il Vostro futuro, per la Vostra esistenza, mio Signore- sussurrò la giovane, regolando il battito del suo cuore - In quei luoghi dovrete inviare il Vostro uomo più fidato, senza indugi, e lì lui dovrà rimanere finché un segno potente arriverà e determinerà le sorti di questa guerra.-
Voldemort la fissò a lungo e lei sostenne l’esame.
- Ha a che vedere con Albus Silente?- la voce era liscia, fredda e affilata come una stalattite.
- Si…- sussurrò la ragazza - E, molto presto, un nuovo adepto vi porterà un aiuto insperato per smuovere le acque immobili di questo conflitto...i prossimi mesi saranno del tutto fondamentali…-
Lui annuì e poi si allontanò, volgendole le spalle.
- Sei davvero preziosa, Brigid. Puoi andare.-
La giovane raccolse il proprio Breo e, dopo un breve inchino, uscì dalla stanza.
Si allontanò lentamente e poi, sempre più velocemente.
Finché non giunse nella stanza che aveva il permesso di occupare in casa Smith.
Ad attenderla c’era Barty, che le andò incontro, preoccupato.
Lei osservò il volto lentigginoso e anonimo del ragazzo e, senza opporre resistenza, si lasciò abbracciare delicatamente.
Ciò che aveva visto l’aveva sconvolta ma, allo stesso tempo, le aveva aperto un enorme spiraglio: grazie a ciò che aveva veduto molti destini sarebbero cambiati e sarebbero stati decisi.
Sorrise, facendosi cullare dal giovane Crouch, ma serbando solo per sé ciò che il Breo le aveva mostrato.

 

Lucius risalì il breve viale che conduceva alla tomba di famiglia dei Malfoy.
La fronte era corrugata per la preoccupazione: da due settimane non aveva notizie di Kerenza.
Non solo, il suo cottage aveva ripreso le sue originali sembianze, ciò lasciava intendere che la donna non fosse intenzionata a fare ritorno.
- Malfoy!- una voce lo chiamò, cogliendolo di sorpresa.
La mano era già scattata e aveva estratto la bacchetta.
Ma uno sbuffo spazientito gli uscì dalle labbra sottili, quando vide chi era la persona che lo stava chiamando.
- Non sei troppo giovane per girovagare per un cimitero? Non hai paura dei fuochi fatui?- i suoi occhi azzurri scrutarono il bel volto di Regulus.
Il ragazzo finse di non sentirlo e raccolse quella sfida di sguardi con insolita spavalderia.
- Risparmiati i soliti convenevoli, Malfoy - gli rispose, scostandosi una ciocca dei neri capelli dalla fronte.
Lucius strinse le labbra: quel moccioso insolente somigliava davvero molto a sua cugina, per sua fortuna.
- Sono qui per stringere un patto con te…-
Questo non se l’era aspettato; Lucius alzò un sopracciglio.
- Ci sono cose che io so, cose delle quali sono venuto a conoscenza, che cambieranno in meglio la vita di entrambi…- respirò lentamente - Cosa credi, so che l’avvento di Snape nella vostra schiera ti ha danneggiato- sorrise, in risposta all’espressione gelida che si dipinse sul volto del suo rivale - Hai puntato sul cavallo sbagliato...lascia che te lo dimostri...aiutami e io aiuterò te a riprenderti il posto che ti spetta.-
“E tu aiuterai me a prendermi l’amore della mia vita...!” pensò Regulus, sentendo quella meta vicina come non mai.
- Ma che bel discorsetto preparato a puntino...Bene, sono curioso di vedere quanto del mio tempo riuscirò a sprecare…- sibilò Lucius, svettando sul ragazzo - E dì al tuo elfo disgustoso di tenersi a debita distanza…- concluse, lanciando uno sguardo a Kreacher.
- Lui sta vicino a me, serve i Black, di sfiorarti il mantello non sa che farsene…- lo rimbeccò Regulus e il vecchio elfo domestico lo fissò adorante, con i suoi occhi a palla.
Lucius agglomerò quel poco di pazienza che possedeva e, per amore di Narcissa, si apprestò ad ascoltare i deliri del giovane Regulus.

 

Mezz’ora dopo, Lucius arrivò alla cripta di famiglia e si fece strada in quel triste mausoleo; lasciò un mazzo di rose bianche sulla tomba di sua madre e poi si voltò verso quella di Evan.
Un mazzo di azzurri Agapanthus, ancora bagnati di rugiada, era appoggiato alla lapide di marmo.
Il giovane chiuse gli occhi e sospirò di sollievo: sua cugina aveva trovato il modo di portare lì quei fiori, in qualche modo era riuscita a introdursi la dentro e lasciare quell’omaggio per Evan.
Non sapeva come avesse fatto ma, una cosa era certa, quei fiori significavano una cosa sola: Kerenza era viva.



 

*La poesia di apertura è quella a cui poi si riferisce Evan quando parla con Kerenza.E’ dello scrittore greco, premio Nobel per la letteratura, Ghiorghios Seferis ed è stata scritta in un periodo di esilio dalla terra natia: gli Agapanti, in questo caso, essendo fiori tipici di quei luoghi d’esilio forzato, vengono visti da lui come il simbolo della sofferenza sua e del suo popolo, costretto a subire l’imposizione della guerra e del dolore.

 

(L’Agapanthus (agàpe (amore) e ànthos (fiore) ) è una pianta erbacea originaria dell’Africa, nata per i climi caldi eppure incredibilmente tenace e bella, nonché profumata. Come spiega Kerenza, sopravvive alle gelate, rifiorisce e svetta su tutti gli altri, mentre, come dice Evan, pur essendo considerato il fiore dell’amore, è una pianta che non sopporta facilmente di essere interrato altrove, i cambiamenti ed è schiva.)



Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): Bene, vi ho tediato abbastanza? Capitolo lunghissimo che, spero, possa farsi perdonare per l’assenza prolungata e che porta in sé la presenza di Evan, così difficile da lasciar andare del tutto...ma ditemi, avete capito cos’è il dono che Evan ha lasciato a Kerenza in modo inconsapevole? Capirai che mistero...io spero di non tardare troppo con il prossimo capitolo, ma sarà lungo, denso e pieno di eventi….quindi potrei metterci un pochino. Abbiate fede, sono tornata… (*ride diabolicamente*) A presto!

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Capitolo 59
*** I miei occhi su di te, sempre (prima parte) ***


 

Rieccomi qui, come sempre non posso che ringraziare chi legge questa storia e, in particolare, miss Gold_394 e Morgana89Black per aver lasciato le loro graditissime recensioni (ragazze, il monumento per voi è in lavoro… :) ). Questo nuovo capitolo si divide in due parti, è molto importante per gli eventi futuri e ho amato molto scriverlo, spero vi piaccia e, in particolare, lo dedico (in entrambe le sue parti) proprio a miss Gold_394, lei capirà il perché, spero… :)

Buona lettura!



 

“Un gelido destino”


 

Cinquantanovesimo capitolo


(I miei occhi su di te, sempre - prima parte)



 

Quel giorno prometteva tempesta, il cielo di Londra era plumbeo e denso di umidità ed elettricità.
Brigid sentì il volto madido di sudore, era dura non potersi mai togliere quel velo dal volto, anche se la veste bianca era leggera e non la soffocava.
C’era molta gente a casa Smith, il Signore Oscuro aveva convocato tutti i suoi Mangiamorte, senza anticipare niente ma lasciando intendere che aveva un annuncio importante da fare.
Nemmeno a lei aveva anticipato nulla, ma Brigid non aveva bisogno che qualcuno le narrasse gli eventi futuri e, a dire il vero, non aveva bisogno che nessuno facesse nulla per lei.
In quel caso preciso la sua conoscenza dei fatti veniva direttamente da uno dei diretti interessati, che aveva incontrato una settimana prima.


Diagon Alley non era certo la strada affollata di sempre in quel mese di agosto, nonostante il nuovo anno scolastico fosse alle porte, gli studenti erano pochi e tutti si muovevano in fretta per le strade, entrando nei negozi con rapidità e una certa aria guardinga: sembravano tutti colpevoli di qualcosa.
Quel giorno, Brigid era giunta lì perché aveva ricevuto un messaggio da Regulus; vista l’importanza degli eventi che sarebbero scaturiti, gli aveva dato il permesso di mandarle un gufo secondo la necessità, anzi, ella stessa gli aveva fatto dono di un piccolo allocco che sapeva dove trovarla senza dover specificare l’indirizzo.
La missiva del giovane era concisa e la pregava solamente di potersi incontrare a mezzogiorno davanti a Ollivander, il negozio di fronte al quale si erano conosciuti cinque anni prima.
Al rintocco esatto della campana della Gringott, il ragazzo si era presentato davanti a lei con un sorriso raggiante e gli occhi colmi di una luce vittoriosa.
- Come sempre - aveva esordito Regulus - Le tue indicazioni sono state preziose! -
Lei aveva capito che il giovane avrebbe voluto abbracciarla ma si era trattenuto, memore degli obblighi che la giovane veggente aveva, in quanto novizia al servizio del Dio Bucca.
Brigid gli aveva sorriso, incoraggiante, e lui le aveva raccontato ciò che era avvenuto nelle ultime settimane.
- Ho scoperto una cosa, qualcosa di davvero fondamentale, che mi permetterà di arrivare dove desideravo, sono già d’accordo con Malfoy...pensa a ciò che mi hai detto tanto tempo fa, ricordi? : “Alleati con i nemici!” Ed è lui è il mio nemico, lui è la persona che mi ostacola!-
Aveva parlato tutto d’un fiato con il volto soffuso da un vivido risentimento colmo di determinazione.
- Certo, Lucius Malfoy allontana da te la persona che ami...secondo quanto mi hai detto, l’ha nascosta al mondo per tenerla lontana dalla sua famiglia! - gli occhi pallidi della ragazza erano seri e concentrati - La manipola e la tiene sotto il suo giogo, ma sarai tu ad aprirle gli occhi!-
Gli occhi grigi del ragazzo avevano brillato come stelle: finalmente gli anni erano passati, lui ne aveva sedici ma presto sarebbe diventato maggiorenne, sarebbe diventato un uomo agli occhi del mondo e avrebbe potuto far capire a Narcissa quanto l’amava.
- Tra un settimana sarò davanti al Signore Oscuro…- le aveva sussurrato, avvicinandosi di un passo - Malfoy mi introdurrà e garantirà per me...perché gli ho detto di avere una cosa di vitale importanza da riferire all’Oscuro Signore. Prima non voleva ma gli ho detto che si trattava di una notizia che riguardava il Ministero e Albus Silente e ha ceduto, credo voglia rischiare il tutto per tutto per rientrare nelle grazie del suo Signore, credo sia disperato!-
La situazione scomoda di Lucius era parsa causargli una gioia reale: sminuire Malfoy agli occhi di sua cugina era qualcosa che gli faceva battere il cuore e gli apriva uno scorcio di speranza su un futuro lieto.
- Sono certa che ti farai onore, sembra che la gloria sia a portata di mano…- aveva sorriso, osservando il suo volto pieno di anticipazione - Mi raccomando, mantieniti saldo nei tuoi propositi e non fare nulla che possa compromettere questo momento cruciale...la coscienza lasciala ad altri: tu stai percorrendo la tua strada, non solo la tua ma anche  la felicità della persona che ami dipende da te!-
Regulus aveva vacillato per un millesimo di secondo perché Brigid aveva centrato in pieno il punto dolente di tutta quella situazione: la gloria era a spese di altre persone, specialmente di una in particolare che egli amava con tutto se stesso.
Poi si erano salutati e lei aveva osservato la schiena del giovane, leggermente curva, allontanarsi lungo la strada.
“Speriamo non sia debole come credo...ho bisogno che si regga in piedi ancora per un po’...”
Aveva atteso anni, lavorando su quel momento, prodigandosi per portare  a termine quel passo che avrebbe inferto un duro colpo ai suoi nemici.
Il momento in cui avrebbe procurato dolore a Narcissa e a tutta la famiglia Black.


La ragazza si riscosse dai suoi pensieri, con in mente il volto provato di Regulus che la inquietava parecchio; il giorno in cui il giovane sarebbe comparso davanti al Signore Oscuro era giunto e tutto doveva andare per il verso giusto.
Brigid sapeva che doveva essere prudente, non farsi riconoscere dal ragazzo, anche se sarebbe stata presente  per l’apposizione del Marchio Nero.
Giunta nella sua stanza si tolse il velo e poi si rinfrescò il volto con l’acqua, che fece comparire in un catino.
Quindi si pose davanti al grande specchio che si trovava nella camera: lei non si guardava mai per il mero piacere di specchiarsi, non era mai stata bella e lo sapeva.
Né le era mai importato esserlo, a dire il vero.
La bellezza l’aveva sempre lasciata agli altri, alle altre, alle ragazze come Narcissa Black.
Aloise le aveva sempre detto che un giorno in suo potere si sarebbe manifestato, in modo diverso, più forte e profondo di quello che avveniva nei maghi selvaggi che rinnegavano il Dio Bucca e la sua dualità.
Quel potere non si era mai davvero palesato finché sua madre non si era suicidata, prima di quel giorno era stato debole e quasi sempre sopito.
Quando Aloise si era spenta, era stato come nascere davvero, come aprire gli occhi e svegliarsi da un letargo durato dodici anni.
La voce di sua madre le aveva fatto da sprone, le sue parole l’avevano fatta giungere al compimento del suo percorso e quel potere era come esploso in lei, dandole consapevolezza e conoscenza.
Eppure, ultimamente, era accaduto qualcosa: si era distratta, aveva fatto un errore imperdonabile ma soprattutto, per la prima volta in vent’anni, aveva desiderato essere bella.
Si sollevò le maniche della leggera tunica bianca, scoprendo il Marchio Nero e il tatuaggio del serpente che le avvolgeva le braccia con le sue spire spaventose.
Rimase qualche minuto in contemplazione, ripensando al suo scontro con Kerenza.
Si era fatta giocare come una sciocca ma, la cosa che più l’aveva colpita, in un momento così delicato e con il fallimento da esporre al Signore Oscuro, era stata la bellezza di quella donna.
Tutte le donne della famiglia Arundel erano famose per la loro avvenenza, per i loro tratti squisiti e diafani, per la generosità di cui le aveva investite Madre Natura.
Tutte tranne la madre di Aloise, Brit Angarrack, Aloise stessa e, di conseguenza, Rubinia.
Da bambina aveva incontrato Narcissa Black e l’aveva trovata bellissima, gentile e determinata, in un modo che a lei non era mai stato possibile essere.
Cissy l’aveva sempre trattata bene, non con alterigia; non l’aveva mai sgridata per la sua lentezza né aveva mai perso la pazienza per la sua aria svagata.
Allora Ruby non desiderava essere bella, a quei tempi voleva solo sostare nella luce di Narcissa, godere della sua compagnia senza bisogno di sforzarsi per trarre qualcosa per se stessa o sembrare migliore.
Ora era diverso, qualcosa era cambiato in lei, detestava anche solo pensarlo ma non poteva che rammaricarsi di non essere splendida come le altre donne Arundel.
Rimase ferma davanti allo specchio per qualche minuto e poi si slacciò la lunga cintura composta dai rubini e dai diamanti della collana di sua madre; quindi armeggiò con i lacci del corpetto leggero, stava quasi per scioglierli e togliersi la veste, quando un breve colpo di tosse la fece trasalire e le sue dita si immobilizzarono.
- Scusa, ti stavo aspettando, non volevo disturbarti ma, giunti a questo punto, ho ritenuto opportuno palesare la mia presenza…-
Brigid si voltò di scattò con gli occhi colmi di sdegno.
- Mi stavi spiando?!-
Barty si alzò dalla poltrona nella quale era sprofondato e le si avvicinò con un piccolo sorriso di scusa sulle labbra.
Negli occhi, però, c’era qualcos’altro.
- Non mi permetterei mai, non ho intenzione di perdere la tua fiducia, visto quanto ci ho messo a guadagnarla!- 
Giunse davanti a lei: sebbene non fosse un uomo particolarmente alto la sovrastava, perché lei era piccola e minuta, quasi quanto lo era stata a undici anni.
- Volevo solo vederti prima della riunione di questa sera - le disse, il suo volto era nella penombra ma lei capì che era serio e preoccupato - Non si sa mai quali ordini giungeranno dal Signore Oscuro e io volevo essere certo di poter stare qualche minuto con te, nell’eventualità di una separazione…-
Brigid non seppe cosa rispondere: da quando le aveva palesato i suoi sentimenti, o presunti tali, Barty era divenuto estremamente protettivo e attento nei suoi riguardi; sempre presente e accomodante.
Odiava ammetterlo ma era una bella sensazione averlo vicino, lasciarsi abbracciare, sentire che lui provava per lei un interesse così caldo.
Eppure faticava a fidarsi, non poteva credere che un giovane purosangue, con un futuro radioso davanti e un padre potente alle spalle, potesse perdere tempo con lei, che era, sì, una delle predilette dell’Oscuro Signore ma non aveva un passato da esibire e, se solo Lord Voldemort avesse deciso che non gli era più utile o che era troppo informata, non avrebbe avuto nemmeno un futuro.
- Posso chiederti cosa stavi pensando mentre ti guardavi allo specchio?- era visibilmente curioso e la studiava in volto con profondo interesse.
- Nulla, in realtà mi guardavo senza vedermi...pensavo anch’io alla riunione di questa sera…- mentì con disinvoltura, perché non avrebbe potuto rivelargli i propri pensieri senza mettersi del tutto nelle sue mani.
E lei non voleva dipendere da nessuno.
- Allora non ti dispiace se ti dico quello che ho pensato io, guardandoti?-
Brigid sbatté gli occhi, combattuta tra la paura di valicare un confine così sottile e il desiderio di conoscere quei pensieri.
Anche Barty era una persona difficile da interpretare, dopotutto.
Il giovane le si avvicinò ancora di un passo, con le mani in tasca e l’aria disinvolta sul viso lentigginoso.
- Ho pensato a una bambina minuta e silenziosa che ho incontrato un lontano giorno di primavera…- la voce era piatta e poco più di un sussurro - Il suo  papà era venuto a casa mia per parlare con mio padre, portando con sé questa bambina stranamente quieta e timida. Non era vivace e sembrava persa in un suo mondo: al momento pensai che fosse davvero noiosa...e per nulla carina…-
Brigid aggrottò le sopracciglia ma rimase in silenzio.
- Si era seduta nel mezzo del corridoio, al piano superiore, e passava il suo tempo delineando i disegni del grande tappeto con la punta delle dita - le sorrise, come se quel ricordo gli fosse particolarmente caro - Ad un certo punto, io mi sono messo ad osservare lei con la stessa intensità con cui lei osservava quella trama, incuriosito da quella creaturina così strana e particolare.-
Qualcosa, nel tono caldo con cui disse queste ultime parole, mise alla ragazza la voglia di voltarsi e andarsene, allontanandosi da lui.
Invece rimase ferma e immobile, davanti a Barty.
- Allora ho notato cose che prima non avevo visto: un profilo delicato, una pelle diafana, i polsi sottili, le dita lunghe...le ciglia quasi trasparenti ma curvate in modo perfetto. Non era bella, no, eppure non ho mai desiderato tanto conoscere i pensieri e l’animo di qualcuno…- le si avvicinò ancora, sfiorandola con il proprio corpo - Ho capito che eravamo uguali: anonimi nell’aspetto esteriore ma pieni di curve, sfaccettature, angoli e luoghi nascosti dentro di noi, sotto la pelle…-
Allungò la mano e le delineò i contorni del viso con la punta delle dita.
Brigid sentiva il cuore battere sordo nella profondità del suo petto, dovette combattere la voglia di chiudere gli occhi e godere di quel contatto così dolce.
Carezze solo per lei.
- Quando ti ho rivista, a distanza di tanti anni, ti ho riconosciuta subito, non c’è stato bisogno di vederti in volto, mi è bastato guardare i tuoi polsi delicati e la tua pelle bianca - una mano scese a posarsi sulla sua schiena, per poi stringerla a sé con delicatezza - Mi sono detto che non voglio perderti di nuovo, che ora che posso starti accanto non posso permettermi di sbagliare…-
La ragazza osò guardarlo in volto, temendo di vedere l’inganno nei suoi tratti e la menzogna nei suoi occhi.
Invece vide calore reale, sentimenti vividi: le si offriva senza riserve, consapevole che lei poteva frugare in lui.
- Poco fa, lo ammetto, avrei voluto lasciare che ti spogliassi - la sentì irrigidirsi ma le sorrise con dolcezza - Poi ho pensato che questo avrebbe compromesso ogni cosa e io non voglio che questo accada…-
- Perché mi stai dicendo queste cose?-
La sua era una richiesta precisa, quasi una supplica, non voleva fargli intendere il bisogno che aveva di averlo vicino ma non poteva resistere alla voglia di sentire quello che aveva da dirle.
- Perché sento che sei tormentata, perché so che sei sola e che ancora non ti fidi di me. Io voglio che tu comprenda davvero quello che provo per te. -
La fece voltare verso lo specchio, restando alle sue spalle.
La luce tremula delle candele rimandava loro l’immagine di due giovani dalle fattezze comuni ma che, l’uno accanto all’altra, assumevano una bellezza particolare.
- Mentre ti guardavo, poco fa, ho pensato a te da bambina ma, soprattutto, ho pensato a te ora, in questo momento: io ti trovo bellissima e desiderabile. Trovo che tu sia una specie di mio prolungamento, ho questa sensazione particolare quando siamo vicini...il bisogno di proteggerti e l’ammirazione per la tua abilità e il tuo coraggio.-
La voce calda di Barty sembrava scavare dentro di lei, strinse le labbra per impedirsi di aprirle e dire ciò che anelava dire.
Non voleva che lui smettesse di parlare, sperava che continuasse.
- Ti ho osservata tanto tempo fa e non posso smettere di fissarti anche adesso, non voglio più starti lontano e non voglio mai posare i miei occhi su nessun’ altra donna, non mi interessano le altre…-
- Menti - finalmente Brigid trovò la forza di dire qualcosa - Narcissa Black ti aveva stregato, ammettilo…-
- No! - il diniego fu deciso e senza esitazione alcuna - Lei è una donna bellissima ma non è la donna del mio cuore, volevo arrivare a lei solo per colpire Lucius Malfoy, esattamente come mi hai detto tu…-
Con un respiro spezzato chinò la testa e affondò il volto nell’incavo del collo della ragazza.
- Non credere che io non abbia combattuto contro quello che provo per te - le sussurrò, sfiorandole la pelle con le labbra - Ma io so, lo sento, che noi ci apparteniamo! Non respingermi, io non ti chiederò mai nulla e lascerò che tu conduca la tua vita come desideri ma io non posso staccare i miei occhi da te…-
Lei voltò appena il viso, in modo che le loro labbra si incontrassero, sentendo il corpo andare a fuoco, la gola ardere per quell’emozione sconosciuta.
Il bacio fu lungo e intenso, la mano del giovane le accarezzò i capelli corti.
- Lascia che ti faccia capire quanto ti voglio, lascia che ti mostri quello che vedo io, quando ti guardo…-
Le sussurrò, staccandosi da lei.
Continuò a cingerla da dietro, armeggiando con i lacci della veste leggera e, con un piccolo sospiro, le fece scivolare quell’indumento bianco e virginale lungo il corpo.
Rubinia era ipnotizzata dalla visione del suo corpo nudo esposto allo sguardo di Barty, che la teneva stretta a sé.
I loro sguardi si incrociarono nello specchio.
- Guardati, Rubinia…- le sussurrò, posandole le labbra sulla tempia, vicino a una vena che pulsava - Queste spalle esili che sanno portare un peso così pesante, le tue braccia sottili che sfoggiano con fierezza questi marchi oscuri, il seno piccolo ma perfetto, i fianchi così magri ma invitanti, le tue gambe delicate che incedono sicure...questi occhi trasparenti che sanno osservare il mondo intero...per me sei bellissima...-
Si strinse e lui, posando la nuca sul suo petto e chiuse gli occhi, arrendendosi a quella voce, a quelle parole, a quel calore.
- Sei mia e io sono tuo, noi due ci apparteniamo…- la voce del ragazzo era vibrante di emozione, la fece voltare e sparire sotto il suo mantello, avvolgendola come in un bozzolo rassicurante, nascondendola allo sguardo cieco di quella stanza.
La baciò ancora e l’accarezzò, finché lei allacciò le braccia al suo collo sollevandosi in punta dei piedi per aderire meglio a lui e poter dimenticare ogni cosa che non fossero loro due.
Allora Barty la prese tra le braccia e la trasportò sul letto, stendendosi accanto a lei, senza schiacciarla e senza forzarla, ma lasciandosi accogliere da Rubinia con dolcezza, ritagliandole un posto in quell’Universo sconosciuto che erano la femminilità e la gioia di essere donna.
Alla fine rimasero abbracciati stretti, stringendo sotto le lenzuola i loro corpi imperfetti che si completavano.


A mezzanotte erano tutti riuniti al cospetto di Lord Voldemort.
Accanto a lui, defilato alle sue spalle, c’era Severus, davanti, inchinato ai suoi piedi, stava Regulus Black.
Lucius era confuso nella piccola folla presente nella stanza e la mancanza di Evan Rosier spiccava nettamente, come l’assenza di un mattone in un muro compatto.
Tra i volti mascherati, Rubinia poté notare Bellatrix e suo marito Rodolphus, Dolohov, McNair e, ovviamente, Barty Crouch.
La ragazza stava in fondo alla stanza, seminascosta accanto alla finestra, avvolta in un pesante mantello rosso sangue e con il volto celato dal solito velo nero.
Fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti, lasciando vagare la mente e assorbendo l’energia che ognuno di essi emanava.
Si soffermò su Bellatrix Lestrange: intorno a lei coglieva il buio, spezzato da una luce quasi verdastra, come un fuoco malato e incapace di donare calore.
Osservò Rodolphus, colui che un tempo, nelle intenzioni di suo padre e di Aloise, era stato il suo promesso e che oggi avrebbe dovuto essere suo marito: la sua energia era debole e intermittente, i suoi pensieri fiacchi e opachi.
Il suo cuore ebbe un balzo nel sfiorare la figura di Bartemius: erano passate solo poche ore da quando si erano amati e da quando lei aveva spezzato la linea perfetta che l’aveva unita al Dio Bucca. Quelle emozioni erano ancora in lei, vivide e potenti, ma non poteva permettersi altre distrazioni. In quel momento lo vedeva avvolto da una luce dorata senza oscurità, ai suoi occhi, l’energia del giovane Crouch, era del tutto liscia e perfetta.
Cercò Lucius Malfoy, che spiccava in altezza e i cui capelli biondi non erano facili da mimetizzare in tutto quel nero: la sua era l’energia più particolare, un’aura scura lo avvolgeva all’esterno ma, al centro del suo petto, si trovava una luce talmente vivida da essere quasi insopportabile da guardare. Quella luce lampeggiava a tratti più debole a tratti più energica, come la fiamma di una candela soggetta alle correnti d’aria, instabile eppure accecante, mobile e in continuo mutamento.
Rubinia si concentrò, poi, su Regulus Black, al centro della scena: la sua era una luce bluastra, come quella del crepuscolo estivo, non ancora buia e non più luminosa. Un’indecisione che lo accompagnava, una discesa verso il tramonto, lenta ma inesorabile, proprio come accadeva nelle lunghe giornate di Luglio.
Non si azzardò a sfiorare nemmeno con il pensiero la figura del Signore Oscuro e scivolò con gli occhi sulla schiena di Severus Snape.
Era consapevole di doversi guardare da lui, lo evitava e teneva ben salda la propria mente ogni volta che lo incontrava, esattamente come faceva con Lord Voldemort.
Quel giovane era avvolto da un buio assoluto, niente sfumature, niente luci, nessuna penombra. Il nero di una notte senza stelle e privata della Luna. Un’eclissi totale sulle sue emozioni.
- Miei fedeli amici - esordì il Signore Oscuro - Accogliere un nuovo compagno è sempre una grande gioia, naturalmente…-
Brigid poté sentire lo scetticismo di Bella, la sottile derisione di Severus, la diffidenza di Barty e, tra tutti, poté sentire i sentimenti inquieti di Lucius.
Il trionfo di Regulus era danneggiato dalla paura che lei sentiva irradiare da Malfoy, una paura colma di un senso di colpa che, lei lo sapeva bene, avrebbe finito con annientarlo.
- Il giovane Regulus è maturo abbastanza da unirsi a noi, il suo sangue è puro, le sue intenzioni meritevoli ma…- e qui la voce dell’Oscuro Signore vibrò di una trionfo represso - ...sopra ogni cosa, egli ci porta la chiave della vittoria.-
Di nuovo quell’esplosione di sentimenti negativi in tutta la stanza, Brigid li percepì uno ad uno: invidia, rabbia, diffidenza, derisione, colpa.
- Finalmente il tassello mancante, finalmente la chiarezza nell’incertezza dei fallimenti e la visione che ci mancava in questa lotta contra i traditori del sangue puro e i sostenitori dei babbani…- Voldemort si alzò in piedi, facendo ondeggiare la lunga veste nera - Finalmente possiamo palesare il nostro nemico, combatterlo ad armi pari. Non dobbiamo guardare al Ministero, amici miei...c’è qualcosa di più subdolo e più nascosto che ci sfida e ci deride: l’Ordine della Fenice. - un leggero mormorio si levò dalle scarne fila dei fedelissimi del Signore Oscuro - Si, miei compagni devoti, un gruppo di odiosi ribelli riuniti attorno alla sottana di Albus Silente! Mescolati tra  mille volti, incuneati negli strati della vita comune, sguinzagliati tra i corridoi del Ministero ma tutti, tutti loro, con il viso rivolto ad un unico capo: Albus Silente! Ed lì che noi dobbiamo cercare e colpire, per vincere questa guerra!-
Il volto pallido di Regulus osò sollevarsi verso Voldemort.
- Ottimo lavoro! - lo lodò il potente mago e poi proseguì, allungando una mano verso Lucius - Lo hai guidato bene, amico mio...e ora vediamo di distruggere la Fenice e di impedirle di risorgere...spegniamo il fuoco che cerca di sconfiggerci!-
Li sentiva tutti, i loro sentimenti: la colpa di Regulus mitigata dalla sottile esultanza, la soddisfazione di Lucius sporcata dal dubbio, la rabbia di Bellatrix, la frustrazione di Barty, il sarcastico disprezzo di Snape.
Alla fine il marchio fu apposto e Regulus divenne un Mangiamorte, gli era bastato poco per arrivare a quell’obiettivo: gli era bastato vendere suo fratello.





 

- Si può sapere dove stiamo andando?-
Narcissa sbirciò fuori dalla carrozza dei Malfoy ma Lucius richiuse la tendina, impedendole di guardare il panorama.
- Tutto a tempo debito. -
Sembrava molto soddisfatto e assolutamente deciso a non rivelarle nulla.
A colazione le aveva annunciato che avrebbero fatto un breve viaggio, senza smaterializzarsi ma con la carrozza, in modo da essere più rilassati.
- Sei davvero misterioso…- gli lanciò un’occhiata, lievemente allibita dall’espressione trepidante di lui, non lo aveva mai visto così intimamente elettrizzato e, da quando era morto Evan, nemmeno così sorridente.
- Si può sapere di cosa ti preoccupi?- Lucius le sorrise e, all’improvviso, scivolò dal suo lato della carrozza, sedendosi accanto a lei.
Lo stomaco di Cissy si contrasse leggermente: averlo così vicino la turbava sempre.
- N-nulla, non c’è nulla che mi preoccupi, davvero, solo che a quest’ora avremmo potuto fare il giro del mondo due volte, con questa velocità!- cercò di non scivolargli lontano per andare a rintanarsi in un angolo.
- L’attesa rende tutto più interessante, lo sapevi? Specie se poi questa attesa è ricompensata…- improvvisamente allungò una mano e le accarezzò il viso con dolcezza. - Io ne so qualcosa di attese...sono almeno dieci anni che aspetto che tu cresca….-
Le accarezzò le labbra con il pollice, stuzzicando quello inferiore.
- Che poi non mi si dica che non sono un uomo paziente…- le sussurrò, catturandole il mento tra le dita per impedirle di voltarsi.
Il cuore di Narcissa era impazzito, dopotutto non erano state molte le occasioni che avevano avuto per essere così vicini, in uno spazio tanto angusto e intimo.
- Ci hai messo del tuo, se ci pensi bene…- lo rimproverò, per cercare di allentare la tensione.
- E chi ha mai detto il contrario? - sembrava divertito e imperturbabile - Avrei dovuto rimpicciolirti e metterti in un taschino, fin da quella volta che ti ho incontrata sull’Espresso di Hogwarts!-
Si chinò su di lei, baciandola sulle labbra con passione.
Narcissa si arrese all’effetto che le faceva sempre, come a Malfoy Manor, come alla festa degli Hinchinooke: bastava che la sfiorasse e tutte le sue ragioni naufragavano insieme ai dubbi e alla diffidenza.
E, dopotutto, ora erano fidanzati.
Cissy pensava che lui si sarebbe accontentato di un semplice bacio ma Lucius si soffermò sulle sue labbra a lungo, poi prese a darle tanti piccoli baci sul volto, sul collo e, dopo averle abbassato la spallina dell’abito, le baciò quel tenero lembo di pelle sopra la clavicola.
Naturalmente la ragazza non voleva cedergli dentro una carrozza, mentre erano diretti verso una meta misteriosa.
Eppure le sue braccia erano già  aggrappate alla sua schiena, mentre lui le sfiorava le spalle con le labbra e le accarezzava delicatamente i fianchi, attraverso il leggero tessuto dell’abito estivo che lei indossava.
Narcissa, dal canto suo, gli baciava le tempie, i capelli, l’orecchio e la zona sensibile a ridosso del collo.
Il suo profumo era inebriante, la avvolgeva e la rendeva inerme tra le sue braccia.
Questa volta Lucius sembrava non avere fretta, animato da una passione e da un desiderio che esigevano soddisfazione.
Non le si avventò contro, non l’aggredì, non la costrinse a sciogliersi con la forza, semplicemente seguitò a baciarla, lasciandole addosso piccole tracce umide, scivolando con le labbra sulla pella morbida e sensibile all’interno delle braccia vicino al gomito.
C’erano quiete e silenzio e, in quel piccolo mondo ovattato, sembrava di essere su un altro pianeta, erano da soli mentre la carrozza procedeva a velocità moderata, senza fretta alcuna di giungere a destinazione.
Evidentemente Lucius aveva dato precise istruzioni e aveva fatto in modo di ritagliarsi quei momenti con lei.
Narcissa si lasciò sfuggire un piccolo gemito quando lui le sfiorò il seno con il volto, scostando con il naso l’arricciatura del vestito per trovare la pelle coperta.
- Per Salazar...sei talmente bella che non sembri vera…- le sussurrò, con la voce talmente arrochita che sembrava non appartenergli più - Se penso che devo fermarmi e che non posso andare oltre…- sospirò sul suo seno, ancora parzialmente coperto, appoggiando il viso su quelle curve dolci e invitanti e cercando di placare quell’ardore.
La ragazza ansimava lievemente, il volto rovesciato all’indietro, mentre guardava il soffitto arabescato della lussuosa vettura; le sue dita scivolavano tra i lunghi capelli setosi di Lucius, la gonna sollevata rivelava le gambe leggermente divaricate ad accoglierlo il più vicino possibile.
- Chi dice che devi fermarti..? - sussurrò, arrossendo leggermente, ma resa audace da tutte le sensazioni che lui le aveva trasmesso e inebriata da quella vicinanza.
- Il mio buon senso…- mormorò Lucius, senza staccarsi dal suo seno ma anzi, mordendo delicatamente la stoffa che fungeva ancora da barriera tra lui e quel luogo così anelato.
Le accarezzò le gambe con delicatezza e poi, con immensa fatica, si sollevò, poggiando sui gomiti e sovrastandola.
I loro visi erano a pochi centimetri, i capelli biondi di Lucius spiovevano su di lei, sfiorandole il volto ancora soffuso di passione.
- Non dovresti provocarmi, rischi che ti prenda sul serio e che la smetta di mettermi tante remore…- sorrideva ma i suoi occhi erano più bui e seri - Per quanto io mi sforzi, la tua vicinanza mi da alla testa ma, seppur crudelmente ingiusto, non posso negarti una prima notte di nozze come si deve…sei la mia futura moglie, non una donna di passaggio...te la meriti.-
Lei divenne paonazza, perché quel momento fatidico si avvicinava e l’attesa non faceva che caricarlo di aspettative, aveva quasi sperato che lui infrangesse quella barriera e, onestamente, non gliene sarebbe importato nulla di fare l’amore con lui in una carrozza.
Ebbe la netta impressione che Lucius temesse quel momento almeno quanto lei, anche se la consapevolezza di tutta l’esperienza che il giovane aveva in campo amoroso le dava un pizzico di risentimento.
Improvvisamente la carrozza si fermò dolcemente.
Lucius sospirò e si alzò, trascinandola a sedere con sé e sistemandole la gonna e la scollatura con un sorrisetto pieno di malizia.
- Non so se dirtelo adesso sia un bene, onestamente - era il solito Lucius, leggermente arrogante e distaccato - Ma non c’è un modo diverso per fartelo sapere, quindi, tanto vale esprimermi…-
Narcissa aggrottò le sopracciglia e unì strettamente le gambe, posando le mani contratte sulle ginocchia, come per prepararsi all’urto: nessuno aveva il potere di ferirla come Lucius e l’ennesima doccia fredda sembrava approssimarsi.
Non aveva sbagliato e, quando lui parlò, chiuse gli occhi per un attimo, raccogliendo tutto il suo autocontrollo per non insultarlo e graffiarlo con rabbia.
- Dobbiamo rimandare le nozze.-
La voce era fredda e talmente impersonale da riportarla indietro negli anni, al Lucius distante e altero che aveva conosciuto da bambina.
- Posso sapere il perché?-
Ecco ancora quella barriera che svettava tra di loro, che si innalzava come un enorme muro di gelido ghiaccio.
- No.-
La risposta secca non la sorprese né la indispose più di quello che non fosse già.
- Posso almeno sapere quando pensavi di concedermi l’onore di diventare tua moglie?-
La voce di Cissy era perfettamente calma.
- Non mi è dato sapere nemmeno questo.-
Lucius spalancò la porta della carrozza con un movimento secco e poi scese, tendendole la mano.
Prima che lei potesse muovere un passo sulla scaletta, le bloccò la visuale con il proprio corpo, trattenendole la mano e fissandola negli occhi, come faceva solo di rado.
- So che vorresti solo insultarmi...ma - bloccò sul nascere la risposta dura che le stava sfociando dalle labbra - ...Ma, quando vuoi cedere a questo istinto, ricordati della mia bocca e delle mie mani, di quanto so usarle bene e di quanto io muoia dalla voglia di usarle su di te…- sembrò sul punto di ridere davanti alla faccia indignata di Narcissa - E, soprattutto, ricordati questo…-
La prese per la vita, facendola scendere dalla carrozza con un movimento fluido.
Cissy lottò contro la voglia che aveva di abbracciarlo, stringersi a lui, combatté contro il piacere che, come sempre, il contatto con lui le dava e una volta toccata a terra, lanciò uno sguardo oltre la spalla di Lucius.
Un’esclamazione sorpresa le sfuggì dalle labbra e lui parve soddisfatto.
Si trovavano nel grande spiazzo davanti a Weirwater, la splendida dimora era stata perfettamente ristrutturata e riportata all’antico splendore, ma le facciate erano leggermente mutate, decorate in modo diverso, come a ridare nuova vita a quel luogo teatro di tanta sciagura.
Ma, soprattutto, davanti alla porta d’ingresso, pronta ad accoglierla con un gruppetto di domestici e una manciata di Elfi domestici, c’era Dorothy.
La brava donna si asciugò gli occhi con il suo grembiule immacolato e Narcissa la fissò qualche istante, con la mano posata sulle labbra per ricacciare indietro un grido di sorpresa.
- Consideralo un anticipo del mio regalo di nozze - le sussurrò Lucius - So che la vita a Malfoy Manor era ormai asfissiante, quindi ho spostato qui la protezione...non potrai andare in giro ma, almeno, sarà un panorama diverso…-
Lei fissò i suoi occhi grigi su di lui e gli sussurrò un “grazie” soffocato, la sua dolcezza e la sua riconoscenza trafissero Lucius come una stilettata: in tutto quel bel quadretto aveva evitato di dirle qualcosa di fondamentale, la sua codardia glielo impediva e lui non poteva che prendere atto di questa sua mancanza di coraggio.
In tutto ciò non le disse che il motivo, per il quale le nozze venivano rimandate, era  perché doveva istruire e seguire il suo dolce cuginetto Regulus, marchiato di fresco, nella guerra contro Silente e l’Ordine della Fenice.


Il vento gelido di gennaio tagliava letteralmente la faccia, come mille aghi che si piantavano nella carne.
Severus si strinse nel suo mantello leggero: era liso e consumato, come tutti i suoi abiti. I guanti tagliati alle dita non lo riparavano granché ma gli garantivano una rapidità di esecuzione maggiore con la bacchetta. Gli stivali di pelle, rovinati sulla punta, erano ormai stanchi di essere usati.
Essere al servizio del Signore Oscuro non garantiva uno stipendio, lui non aveva la possibilità di trovarsi nemmeno un lavoro di facciata, perché l’Oscuro Signore lo voleva sempre al suo fianco, impegnato in missioni varie ma sempre  a disposizione.
Ora il suo compito più importante comportava lo stabilirsi a Hogsmeade, tenere d’occhio Silente, cercare di approcciarlo per ottenere un incarico a Hogwarts e, soprattutto, per tenere d’occhio il via vai delle persone che cercavano contatti con il Preside della Scuola.
Pian piano, il mistero che avvolgeva l’Ordine della Fenice si stava dissolvendo, una prima lista era stata stilata da Regulus Black, altri nomi erano emersi per una sorta di ineluttabilità (Malocchio Moody non poteva non farne parte, ad esempio) e altri nomi ancora li stava snocciolando Lucius in quegli ultimi mesi, da quando pattugliare il Ministero aveva assunto tutto un altro significato: quando si sapeva dove guardare e cosa cercare i risultati arrivavano.
E così avevano messo a segno un paio di colpi importanti, riuscendo ad ottenere delle vittorie che avevano riportato la serenità nella casa di Hepzibah Smith.
Ma non era ancora abbastanza.
Lord Voldemort aveva dato a Severus un bel po’ di galeoni d’oro, ma servivano per il sostentamento e per pagare le informazioni, i vestiti caldi dovevano aspettare, in fondo, avere un aspetto miserabile, non poteva che perorare la sua causa agli occhi di Silente: povero e bisognoso, così doveva apparire per avere la speranza di essere assunto ad Hogwarts.
Severus sfoderò la bacchetta ed emise un lieve vento caldo che contrastava le folate gelide che lo sferzavano e, al tempo stesso, gli restituì la sensibilità alle dita.
Arrancò lungo la strada principale del paese e poi si diresse verso quello che era stato il cottage di Kerenza.
La veggente non viveva più lì e la struttura, privata del suo incantesimo, aveva ripreso il suo aspetto decadente.
Severus lo aveva ristrutturato internamente, permeandolo di incantesimi protettivi, ma all’esterno aveva lasciato l’illusione che fosse disabitato.
Una volta giuntovi davanti, sciolse gli incantesimi e si soffermò un attimo sulla porta, scrollandosi di dosso il ghiaccio ancorato ai capelli corvini e agli abiti neri.
Quindi, ripristinate le barriere, entrò e provvide ad accendere il fuoco nel grande camino, decorato dalle rocce annerite dalla fuliggine e dal tempo.
Beandosi di quel calore, si tolse il mantello leggero e sufficientemente inutile, lo piegò con cura e lo ripose sull’unica poltrona presente nella stanza.
Si passò una mano sul viso, cedendo per un attimo alla stanchezza e chiedendosi quanto a lungo sarebbe durata la sua permanenza in quei luoghi dal clima infelice.
- Sei così stanco perché il tuo Signore non ti lascia riposare? O è solo il freddo a ridurti così? In effetti non ricordavo quanto facesse freddo, in Scozia…-
Severus estrasse la bacchetta con una rapidità sorprendente ma si bloccò prima di incenerire la persona che, in qualche modo, si era introdotta nel cottage e che ora lo guardava sorridendo.
- Naghib!- esclamò, incredulo.
- E’ tanto che non ci si vede, Nguvu*…Buon compleanno!-
Le belle labbra di Bebhinn si stesero in un sorriso pieno di calore.

 

Fine cinquantanovesimo capitolo


*Nguvu (forza, potere)



 

Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): contente del ritorno di Beb? Io si! Non sapete quanto...che mi dite della coppia Barty/Ruby? Come ha fatto Lucius a “liberare” Dorothy dalle grinfie di Bella? Cosa succederà ora? Quando la smetterò di importunarvi con futili domande? Spero di postare presto la seconda parte di questo capitolo, perché ci tengo davvero tanto! E, intanto, mi sono rassegnata al fatto di essere più brava a trattare di morte che d’amore, ahimé!A presto.

 

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Capitolo 60
*** I miei occhi su di te, sempre (seconda parte) ***


E come sempre grazie a tutte: a chi segue, preferisce o ricorda la mia storia ma, in particolare, a chi commenta facendomi capire cosa ne pensa: miss Gold_394, Morgana89Black e Occhioni Azzurri, adorabili creature dai nick impossibili :D Buona lettura!



 

“Un gelido destino”


Sessantesimo capitolo


(I miei occhi su di te, sempre - seconda parte)



 

(Gennaio)

 

Il bollitore fischiava, emettendo il suo suono acuto che spezzava il quieto silenzio del piccolo cottage, mentre un abbondante vapore addensava l’aria.
Con un colpo di bacchetta, Severus lo fece smettere e poi versò il liquido caldo in due tazze dall’aspetto datato.
- Per la Santa Madre Atai…- sospirò Bebhinn, soffiando sulla sua tazza - Non ho mai sopportato il vostro tè annacquato…-
Severus arricciò un angolo della sua bocca sottile ma non disse nulla.
Nulla, mai, dal clima all’ambiente, fino alla cultura, si era accostato meno a quella ragazza così calda, dall’animo e dall’aspetto variopinti, come la Gran Bretagna.
- Ci sono un paio di cose che mi interesserebbe capire - le disse, con la sua voce bassa e ferma - La prima è come mai ti sei spinta fino in Scozia, la seconda è come hai fatto ad entrare in questo cottage...la terza è come fai a conoscere la data del mio compleanno…-
Gli occhi scuri e vellutati di Beb lo occhieggiarono da sopra l’orlo della sua tazza.
- Allora sono tre, le cose che vuoi sapere…- gli sorrise e lui le sorrise di rimando - D’accordo Nguvu, pensavo tu fossi un Legilimens molto abile, quindi, tutte queste risposte, potresti trovarle da te!-
Severus fece volare la sua tazza fino al lavello e poi posò le sue mani eleganti sui braccioli della poltrona sul quale era seduto, picchiettando leggermente con l’indice sulla pelle consunta.
Come sempre, la sua posa rilassata nascondeva la stessa tensione di un elastico pronto a scattare.
- Non sono solito violare la mente dei miei amici…- il suo sorrisetto storto si aprì leggermente - Inoltre, le pietre che indossi, mi impediscono di spingermi in profondità senza risultare...come dire...invadente…-
Beb inclinò la testa e rise di gusto.
- Non so come interpretare questa cosa...hai detto che non violi gli amici ma hai tentato di entrare nella mia mente...quindi: o hai mentito o non mi reputi un’amica!-
Severus si portò una mano sul viso, con aria meditabonda.
- E’ difficile considerarti una nemica, anche se un bel sorriso confonde e cela più di un mantello dell’invisibilità. Tuttavia, mi riesce difficile pensare a noi due come a degli amici -
- Bene, perché non è l’amicizia che cerco da te…- gli sorrise ancora, in risposta al suo sopracciglio alzato con aria interrogativa - La mia Furaha Yangu, Narcissa…- un solo guizzo in fondo agli occhi bui di Severus - ...mi ha fatto sapere che presto si sposerà con il suo promesso, quell’uomo fastidioso e gelido...la data non è ancora decisa.-
Cadde un silenzio rotto dal crepitio delle fiamme e dal vento freddo che sferzava la notte scozzese.
- Lo so -
Gli occhi di ossidiana di Beb si fissarono in quelli del giovane, si alzò e si tolse la lunga collana che celava sotto il suo mantello pesante, facendola scivolare a terra.
- Ora guarda dentro di me e dimmi cosa vedi…- gli sussurrò.
Severus, pur restìo a prendere degli ordini, si lasciò attirare da quell’invito, anche perché capì che lei desiderava vedesse ciò che celava.
Fissò i suoi occhi in quelli della namibiana e si immerse in lei.
Vide immagini veloci che si susseguivano: il volto bello e virile di un uomo dalla pelle scurissima, una neonata tra le braccia di Beb, il volto preoccupato di una donna talmente vecchia da sembrare mummificata, il cielo africano solcato da stormi di uccelli, una fuga notturna...un’altra neonata...il viso di Narcissa, commosso e pieno di dolcezza, in un corridoio di Hogwarts, una notte di cinque anni prima. Quel volto, nella mente di Beb, risplendeva in modo accecante, irradiando amore e tenerezza, bellezza e desiderio...si bloccò, uscendo dalla sua mente in modo repentino.
- Cosa hai visto?- gli chiese la giovane donna, con il volto sofferente.
- Ho visto che devo cambiare il tipo di incantesimi che ho messo su questo cottage: la precedente proprietaria aveva posto dei limiti esterni di cui non avevo avvertito la presenza, - trafficò con l’attizzatoio. - Per questo sei potuta entrare: avevi un permesso rilasciato da lei. Inoltre, le vostre magie, quella Efik e quella cornica, sono avulse alla nostra. Direi che è interessante…-
Si voltò e trovò Beb in piedi, accanto a lui.
Era alta, lo superava di qualche centimetro e il viso era insolitamente serio e grave.
- Non è ancora sposata, - gli sussurrò lei, - nulla è perduto…-
Severus non disse niente e poi si aprì in un sorriso sarcastico.
- A me sembra che sia deciso proprio tutto, invece. Mi dispiace per te, Naghib, forse avresti fatto meglio a restare in Inghilterra e lottare per la tua Yangu.-
Fece per superarla ma lei glielo impedì con un solo, piccolo, gesto della mano posata con delicatezza sulla sua spalla.
- Siete talmente uguali, voi due, che sembrate due frutti nati sullo stesso ramo, - lo guardava con sincero affetto. - Io non credo davvero al destino ma credo che ci siano passi obbligatori da percorrere nella propria vita, per impedire che essi si ripropongano ai nostri figli, al sangue del nostro sangue, generazione dopo generazione...più passi muoviamo, più ostacoli superiamo, più dritta sarà la strada di chi camminerà dopo di noi-
Severus non disse nulla.
- La tua strada è così piena di curve, così occlusa da massi e impedimenti che, per andare avanti, devi muovere decine di passi, laddove un Lucius Malfoy ne muove un paio appena...nulla ti è stato risparmiato e niente vuoi risparmiarti, perché sai vivere solo così…-
Gli si avvicinò ancora di un passo e la mano dalla pelle scura risalì fino al volto dai tratti duri e scolpiti, scostando una ciocca dei lunghi capelli incolti, neri come la notte.
Nonostante tutto, era soggiogato dalla presenza di lei, dalla sua voce calda, dalla sue parole.
- Voglio darti il mio regalo di compleanno, Nguvu,- gli sussurrò e lui ebbe il netto ricordo di quella notte lontana in cui lei lo aveva baciato con dolcezza.
Beb sciolse il suo mantello e si liberò del suo pesante vestito bordato di pelliccia, restando nuda davanti a lui.
- Ma voglio qualcosa da te, in cambio, - ora i suoi occhi neri erano più saldi e fermi.
- Non mi dirai che sei arrivata fin qui per tradire tuo marito?- il tono era scettico e sarcastico, ma gli occhi bui di Severus si mantennero decisi sul viso determinato della ragazza.
- Sono qui per proporti un patto, se vogliamo chiamarlo così, - sembrava del tutto a proprio agio con la sua nudità. - Ogni generazione della mia tribù deve rinnovare il proprio sangue, c’è bisogno di sangue diverso, c’è bisogno di abilità avulse alle nostre…di magia potente.-
Questa volta il sorriso di Severus era sinceramente incredulo e ironico :- Mi stai proponendo di darti un figlio?!-
Beb gli sorrise con calore, per nulla smontata dall’atteggiamento del giovane.
- Quando sono giunta qui, nel vostro Paese, il mio scopo era quello di incontrare colui che veniva definito come il più grande mago vivente. La sua fama era giunta fino a noi e mia nonna desiderava che il mio erede maschio avesse quel sangue nelle sue vene…-
Severus rimase del tutto immobile, scrutando il viso affascinante della ragazza.
- Eri venuta qui per avere un figlio dal Signore Oscuro?- la voce era mortalmente calma.
- Si, - gli rispose con semplicità. - Ero venuta qui per proporgli un’alleanza, il nostro sostegno e per ottenere il suo seme. Ma, dopo aver tentato a lungo e averlo solo sfiorato nel suo cammino, ho capito che quella potenza, quella forza, erano alimentate solo dalla malvagità.-
Il silenzio era irreale, così come irreale era tutta quella storia, narrata la notte di un gelido inverno scozzese, da una splendida donna svestita.
Severus aveva sempre pensato che, le cose in grado di sorprenderlo, si fossero esaurite da tempo.
- E, quindi, devo dedurre che tu abbia desistito, - le disse con voce piana.
- Si, quell’essere di cui indossi il Marchio con tanto orgoglio avrebbe estirpato qualsiasi vita da me, piuttosto che donarmela, questo l’ho capito con assoluta certezza- lui tacque ma, dopotutto, non poteva che trovare calzante quell’idea. - Poi ho posato i miei occhi su di te…-
Lo scetticismo di Severus si innalzò dentro di lui.
- Quindi hai rinunciato al Signore Oscuro e hai pensato che fare un figlio con un dodicenne mezzosangue fosse una scelta migliore?- questa volta il sarcasmo era bruciante, come ghiaccio sulla pelle.
Beb ne sembrò del tutto immune, continuava a guardarlo in quel modo che aveva il potere di agitarlo.
- Si, è così...ricordo quella notte, eravamo nella Sala Comune e sfiorai la tua schiena con lo sguardo, fino a quel momento non ti avevo guardato davvero. E ti ho visto nel mio futuro, nel nostro futuro. Ti ho visto come una presenza predominante sia per me che per Cissy; da quel momento ti ho osservato con attenzione e non ho potuto che prendere atto della tua forza, del grande potere che hai in te...ma anche della tua capacità di amare. Non ho potuto che prendere atto di questa cosa e mi sono imposta di aspettare -
Gli afferrò una mano e se la posò tra i seni.
Nonostante tutto c’era fascino in quelle parole, calore in quei ricordi, ardore in quella prospettiva.
Severus fece scivolare gli occhi neri sulla propria mano, bianca e sottile, che contrastava sulla pelle scura e perfetta di Beb.
Il suo seno era femminilità pura, sensualità fatta carne.
- C’è una guerra in atto, - le disse con una voce calma ma che, in fondo, non capiva da dove gli arrivasse.
Sentiva il cuore di Beb battere in profondità, vibrare direttamente sotto le sue dita.
- C’è una guerra, - convenne lei, - c’è la morte dietro ogni angolo...oggi sei vivo, domani chissà...non vuoi lasciare un segno del tuo passaggio, qualcosa di tuo, su questa terra?-
L’idea era affascinante.
Severus non aveva mai nemmeno immaginato di diventare genitore, non dopo il disastro a cui aveva assistito da parte di suo padre e di sua madre.
Non immaginava se stesso alle prese con vita domestica, con bambini, con il calore di un focolare.
- Un figlio non è l’unico modo di lasciare qualcosa di noi stessi, un segno del nostro passaggio, - le disse, continuando a ignorare la sensazione tattile di lei sotto i polpastrelli, - mi sembra egoistico fare un figlio per vanagloria, per paura dell’oblio...specie con un conflitto in atto -
Beb mosse un passo, premendo con il corpo contro la mano di Severus, che restava là, calamitata dal dolce avvallamento tra i seni, vicino al diaframma, sopra al cuore.
- Di cosa hai paura? Dell’atto in sé?- inclinò la testa, senza perdere il suo sorriso. - Posso già dirti che sarà un maschio: bello come me, potente e forte come te. Arguto e intelligente come entrambi i suoi genitori e, sopra ogni cosa, posso assicurarti che crescerà lontano da Lord Voldemort, allevato con amore da un uomo buono e generoso che lo amerà come se fosse suo, - ormai i loro corpi erano vicinissimi. - Non soffrirà, non pagherà alcuna pena, sarà felice: sarà te e me, abile e sicuro, che passeggia per il mondo a testa alta. Sarai tu che vivrai in eterno -
Severus fece un sorrisetto storto.
- Sei brava, ma, tutto sommato, nessuno saprà che è mio, quindi quale gloria dovrei ricavarne?- il tono era fortemente ironico.
- Non sai che fartene della gloria, non sai che fartene della luce - gli spiegò, come se lui non capisse se stesso. - Però hai paura di morire senza aver lasciato anche solo un graffio di te, in questo meraviglioso e spaventoso mondo. Io voglio per me un figlio potente ma che non abbia l’anima decomposta, e lo voglio da te. Non voglio nessun altro, ti desidero Nguvu, perché io ti vedo per quello che sei, da sempre.-
C’era il fuoco nel camino, che donava calore.
C’era il freddo fuori, che invitava a restare al riparo e creava quel confortevole contrasto.
La mano di Severus scivolò lentamente lungo l’addome perfettamente piatto della giovane donna che aveva davanti, seguita dal suo sguardo scuro.
Le dita le accarezzarono una spessa cicatrice bianca, poco sopra il pube.
- La mia seconda figlia non voleva nascere…- gli raccontò Beb, avanzando ancora quel poco che le permise di sfiorare con il suo corpo quello di Severus.
La voce era un sussurro dolce e sensuale.
- L’hanno estirpata da me…- si chinò su di lui, sfiorandogli le labbra con le sue - E’ albina, in Africa il suo destino sarebbe stato segnato...quindi l’ho portata via con me, lontana da un mondo che l’avrebbe torturata e uccisa per delle colpe che non ha, - si fissarono negli occhi per un lungo momento. - Io so difendere i miei figli...e so amare. Se vuoi, puoi pensare a qualcun altro, ad un’altra donna…-
Fuori il vento era ormai una tormenta di neve.
- Penserò a te…- le sussurrò Severus, baciandola sulle labbra morbide.
Lentamente il fuoco nel camino si spense, mentre tra loro divampava quella passione covata sotto la cenere da tanto tempo, generando calore, non solo nei corpi ma anche nella mente, nel cuore e nell’anima.
Generando una vita.


(Febbraio)

 

 

Weirwater era ritornata agli antichi splendori e, seppur costretta in una sorta di ovattata prigionia, Narcissa si sentiva a casa propria.
Dopo tanto tempo, anche Malfoy Manor era diventata casa sua, non poteva che riconoscerlo, ma l’antica dimora dei Black, conservava in sé alcuni dei ricordi più dolci che la ragazza avesse nel cuore.
Li teneva fermi e accantonati, ma li sentiva emanare calore da qualche parte, dentro di lei.
Quel giorno se ne stava in piedi, davanti alla finestra, osservando il panorama così familiare e trattenendo tra le mani la pergamena che una candida civetta delle nevi le aveva recapitato un paio d’ore prima.
Galatea, la civetta nera di Cissy, ormai avanti con l’età, l’aveva guardata con spocchia e poi aveva nascosto il muso sotto l’ala, riprendendo a dormire.
La missiva era di Lucius, poche righe soltanto:

 

“Luce dei miei occhi” e Narcissa non aveva potuto fare a meno di visualizzare il volto sornione del suo fidanzato, mentre esordiva in quel modo “Credi che il primo giorno di primavera sia sufficientemente adeguato, romantico e speciale per legare a me, finalmente, la donna più bella e paziente di tutta l’Inghilterra?”

 

Cissy aveva sbuffato a metà tra il divertito e il rassegnato.
C’era uomo più esasperante sulla faccia della Terra? La risposta era, ovviamente, no.
Aveva preso penna e pergamena e aveva vergato solo poche parole di risposta:

 

“Il mio abito è adatto alla mezza stagione, mancato l’autunno, la primavera mi sembra la soluzione più idonea. Sempre che tu non intenda aspettare di nuovo settembre...Pazientemente tua.”

 

Narcissa si stiracchiò e poi andò a sedersi accanto al camino, sfogliando distrattamente un libro.
Un mese.
Soltanto un mese e lei e Lucius sarebbero diventati marito e moglie.
Appoggiò la testa allo schienale della poltrona e chiuse gli occhi.
Conosceva Lucius da quasi dieci anni, ormai. Ricordava ancora il disastroso pranzo di famiglia nel corso del quale Cygnus aveva annunciato il fidanzamento, poteva ancora sentire la voce di suo padre, l’indignazione di Andromeda, la rabbia di Bella, la disapprovazione di sua madre.
Ricordava ancora il senso di irrealtà con cui aveva accolto quella notizia, trovando conforto nella compagnia di Regulus.
Sorrise, ricordando il primo incontro avvenuto sull’Espresso di Hogwarts.
Lucius era un sedicenne talmente arrogante...Il loro rapporto era cresciuto poco alla volta, troncato troppe volte e per troppo tempo, ma sempre risorto dalle proprie ceneri, come una Fenice.
Senza rendersene conto, Narcissa scivolò nel sonno.
Il vento la disturbava, ma quel suono era solo nel suo sogno...e, con sgomento, per la prima volta da tanto tempo, il suo incubo ricorrente riemerse dal profondo della sua coscienza.
Un uomo dal volto scarno, con gli occhi che grondavano sangue, le stava davanti, quel vento furioso, così simile a una tempesta, agitava i suoi capelli scuri e si portava via le sue parole.
L’uomo parlava ma lei non riusciva a cogliere ciò che le stava dicendo.
E poi accadde: si sollevò la manica e le mostrò il Marchio Nero, quindi affondò le unghie nella pelle e tirò forte.
Narcissa urlò, ma non si svegliò, improvvisamente, la pioggia e la tempesta non c’erano più e lei stava correndo, cercando di inseguire una bella farfalla, mentre l’aria umida le incollava la leggera veste addosso.
Giunta su una collina, la Luna si palesò e rivelò una bianca figura che l’attendeva in silenzio, farfalla si era posata sulla stoffa candida.
Il volto di quella persona non era distinguibile, ma la diafana creatura sollevò il braccio e le mostrò ciò che reggeva: la testa mozzata di Lucius.
Questa volta il suo stesso urlo la svegliò e Narcissa si ritrovò in piedi, ansante, in mezzo alla stanza.
Si passò una mano tremante sul volto, coprendosi la bocca per non gemere.
Era da moltissimo tempo che non faceva più quegli incubi e mai, mai prima di allora, li aveva fatti nello stesso frangente.
Dorothy entrò reggendo un vassoio, aveva l’aria indaffarata e serena e, quando vide la sua adorata padroncina, le sorrise con calore.
Cissy cercò di ricambiare e accettò la tazza di tè con piacere, sorseggiandola per nascondere il pallore e per non essere costretta a parlare.
- Non ricordavo facesse così freddo, qui in Scozia! - la governante era allegra - Mi mancherà questa casa, ma dicono che Malfoy Manor sia una magione meravigliosa!-
- Ed è così, infatti…- per fortuna, la ragazza constatò di riuscire a parlare normalmente.
Stava quasi per aggiungere qualcosa, quando il campanello principale suonò.
Le due donne si fissarono stupite: quasi nessuno poteva superare le protezioni imposte da Lucius e mai nessuno arrivava senza avvisare.
- Vado io…- disse la brava donna.
- Aspetta, prendi la bacchetta e vengo anch’io - Narcissa fu decisa, estraendo a propria volta la sua bacchetta.
Un elfo era già all’ingresso in attesa di ordini.
Narcissa tolse l’ultima protezione e fece un cenno al domestico, che si avvicinò al pesante portone.
- Chi è? Non aspettiamo visite. - Cissy parlò sulla punta della bacchetta e la voce venne amplificata anche all’esterno.
- Cissy...sono io…-
Al suono di quella voce, la ragazza esclamò di sorpresa e si avvicinò alla porta, scansando l’elfo, poi aprì e si gettò tra le braccia del misterioso visitatore :- Regulus!-
Due braccia affettuose la strinsero con forza, trattenendola per pochi secondi, poi i due cugini si staccarono, sorridendosi.
Il volto del giovane, però, era molto pallido e tirato.
- Ho bisogno di parlarti -
Il tono era febbrile e c’era urgenza nelle sue parole.
Narcissa si inquietò e ordinò a Dorothy di ripristinare le protezioni e di ritirarsi tranquillamente, visto che ora era in buona compagnia.
Poi afferrò la mano di suo cugino e lo trascinò nel salotto, chiuse la porta e si voltò verso di lui, con il volto trasfigurato dalla gioia di rivederlo.
Regulus aveva quasi diciassette anni ormai, era alto e slanciato, il viso bello come tutti i Black, gli occhi grandi e luminosi.
In quel momento, con il volto smagrito e i capelli lunghi assomigliava in modo incredibile a suo fratello Sirius.
- Come hai fatto a sapere dove mi trovo? - gli si avvicinò con il volto commosso, scrutandolo attentamente - Sei diventato un uomo…-
Lui sembrava incapace di dire qualcosa, la guardava come si contempla un tesoro.
- Sei bellissima…- la voce era roca e incrinata dall’emozione.
Le afferrò una mano e se la portò alle labbra, chiudendo gli occhi e trattenendola a sé.
Narcissa sentì tutta l’inquietudine di lui raggiungerla e avvolgerla: c’era qualcosa di strano e diverso in suo cugino.
- C’è qualcosa che non va? La zia sta male? - gli accarezzò il volto con la mano libera - E’ stato Lucius a dirti come trovarmi?-
Lui aprì gli occhi, nel sentire nominare il suo rivale.
- Ti ho trovata io, Cissy...non c’è posto al mondo dove non saprei ritrovarti...anche se non ti vedo, anche se sei lontana, è come se i miei occhi fossero su di te, sempre...costantemente…- inspirò lentamente e le lasciò la mano, scostandosi di un passo.
- Così mi fai preoccupare…- gli sussurrò, colpita dall’intensità delle sue parole.
Regulus le voltò le spalle, appoggiando le mani contratte sul sedile di una vecchia poltrona.
- Perché, quando Bellatrix ti ha cacciata di casa, non sei venuta a cercare il mio aiuto? -
Il tono era così amaro che Narcissa avvertì un colpo al cuore.
- E come avresti potuto aiutarmi, tesoro? - cercò di restare calma, ma sentiva che l’atmosfera era strana e c’era qualcosa che non andava.
Regulus chinò leggermente la testa, stringendo la pelle consunta sotto le sue dita fino allo spasimo.
- Perché sei andata da lui..?-
La ragazza lo afferrò per il braccio, costringendolo a voltarsi, in modo che i loro occhi identici si incontrassero.
- Non l’ho cercato…- sussurrò con voce tranquilla - E’ lui che ha trovato me…-
Regulus scoppiò in una breve risata piena di amarezza e poi sospirò lentamente.
- Dopo tutti questi anni, ancora non capisci lui...e non capisci nemmeno me…- l’afferrò per le spalle, attirandola a sé - Cissy, sei la persona più cara e più importante che ho al mondo, la creatura più bella e dolce della Terra...dimmi che non è vero...dimmi che non stai per sposarti con Lucius Malfoy!-
Narcissa lo fissò, incredula.
- Questa cosa la sappiamo solo io e lui, come fai ad esserne a conoscenza?!-
- Allora è vero! - il ragazzo sembrò disperato e la scosse piano, come per ridestarla - Cissy! Come puoi sposare un uomo del genere! Come puoi non capire…- gli mancarono le parole, troppo affranto.
- Sono fidanzata con lui da anni, Reg! Eri presente quando papà lo annunciò, tu c’eri! Cos’è che ti stupisce tanto?!-
Cominciava a perdere la pazienza e sentiva quella tensione e quell’agitazione crescere in modo esponenziale, angosciandola profondamente.
Regulus chiuse un attimo gli occhi e poi l’attirò a sé, stringendola in modo spasmodico.
- Mi stupisce che tu non abbia ancora capito quanto ti amo, Cissy! Io ti amo, da sempre e per sempre, ancora fingi di non aver compreso i miei sentimenti?! Ormai sono un uomo, ti ho quasi raggiunta, non sposare Malfoy! Lascia che ti dimostri che non gli sono inferiore, che posso farti felice! -
Si chinò e la baciò con furore, con la forza della disperazione.
Narcissa rimase immobile tra le sue braccia, con gli occhi sgranati dalla sorpresa, mentre lui l’accarezzava e la baciava in modo sempre più profondo, con una passione che pareva ardergli dentro.
La ragazza non ebbe la forza di opporsi, travolta dall’irrealtà della situazione, dalla foga del giovane, che non sembrava mai sazio di baciarla e accarezzarla.
Regulus la costrinse a indietreggiare, schiacciandola contro il muro, senza darle la possibilità di replicare.
Le tempestò il volto di baci, affondò le mani nei capelli biondi di sua cugina, l’accarezzò sul seno, sui fianchi e poi la mano scese fino a insinuarsi sotto la gonna.
- No!-
Narcissa lo respinse con violenza e lo schiaffeggiò con forza, il suono risuonò secco nella stanza e Regulus, finalmente, parve ritornare in sé.
- Scusa…- la sua voce era ansante e il viso era arrossato dove lei l’aveva colpito.
La ragazza cercò di riprendere il controllo di sé, di placare la rabbia e la paura per quello che era appena successo, per quel confine valicato in modo irreparabile.
- Ora - mormorò, evitando di guardarlo - Tu mi farai la cortesia di lasciare questa casa. Faremo passare un lasso di tempo adeguato e poi fingeremo che nulla di ciò che hai detto o fatto sia mai accaduto.-
Regulus scosse la testa con un piccolo sorriso.
- No, basta fingere.- il tono era leggermente incredulo - Non ritiro nulla e non mi pento: io ti amo, da sempre. Così come un uomo ama una donna che vorrebbe al proprio fianco per tutta la vita, come marito e moglie. Io so che Malfoy non è la persona giusta per te, non ti merita -
Narcissa lo guardò con il volto pallido e addolorato.
- Io ho aspettato per anni - proseguì lui - Ti ho aspettata, per anni. Aspetterò ancora, finché non capirai che solo io ti amo e ti comprendo del tutto, che solo io posso farti felice, Cissy -
- Ormai è tutto deciso…- gli disse, troppo sconvolta per replicare in modo adeguato.
- Nulla è deciso, io sto lavorando per questo. Sono un uomo e sto agendo come tale, in questa guerra anch’io gioco un mio ruolo, ho fatto una scelta, mi sono schierato e la gloria arriverà...allora, e solo allora, io vorrò da te una risposta...sposati se devi, ma ciò non mi impedirà di percorrere la mia strada e prendermi l’unica cosa che io desideri davvero: tu, Cissy.-
Sua cugina gli si avvicinò di un passo, con la fronte corrugata in un’espressione interrogativa.
- Cosa intendi per…- deglutì e respirò a fondo - Cosa vuol dire che ti sei schierato?-
- Sono il responsabile dei Black di Grimmauld Place, se tu non avrai figli maschi, così come Bella, erediterò tutti i beni della famiglia Black e dovrò portarne avanti il cognome...tuo padre voleva così - le sorrise con sicurezza - E quindi ho agito come il capostipite di una famiglia purosangue!-
Sollevò il mento con aria orgogliosa.
Narcissa si mosse rapida verso suo cugino e, con le mani tremanti, gli sollevò la manica sinistra della camicia.
La testa le girò e sembrò risucchiata in una specie di vortice di dolore.
- No...Reg...che hai fatto? - gli lasciò il braccio come se il Marchio Nero inciso in esso l’avesse ustionata - Perché, perché?!-
Lui ricoprì quel lembo di pelle inciso col fuoco e poi si avviò alla porta.
- Ti dimostrerò che sono degno di te, ti farò capire che siamo fatti per stare insieme...sposa Malfoy, non è detto che lui sopravviva a questa guerra e, se anche ci riuscirà, sarà il vostro rapporto a non sopravvivere. Sposalo, se ti fa sentire meglio, ma so che aprirai gli occhi e allora ti aspetterò a braccia aperte. Aspetterò, come sempre - lo sguardo era pieno di passione - Scusami per prima…-
Le voltò le spalle e uscì.


Al Ministero la vita era frenetica, come sempre.
I controlli erano aumentati a dismisura, ormai la guerra era palese e gli scontri giornalieri.
I salotti dedicati ai rappresentanti delle famiglie purosangue più in vista, però, erano semideserti, visto che Londra si era svuotata e la maggior parte delle persone che potevano permetterselo era andate via, portandosi a distanza dalla capitale.
Lucius aveva appena terminato di spedire un messaggio all’Ufficio Misteri, era sempre solo in quella stanza, Cygnus era morto e Abraxas si era ritirato da tempo dagli affari del Ministero.
All’improvviso la porta del salotto si spalancò con forza e Narcissa entrò, con gli occhi fiammeggianti e il volto arrossato.
- Tu lo sapevi?!- la domanda le esplose dalla bocca.
Lui inarcò un sopracciglio e poi si alzò, andandole incontro e chiudendo la porta dietro di lei.
- Si può sapere cosa ci fai qui?! Chi ti ha dato il permesso di uscire da Weirwater?-
Lei si voltò e gli diede una leggera spinta, cogliendolo di sorpresa e facendolo vacillare.
- Permesso? Non ho bisogno di permessi, io! Sono adulta e quella è casa mia!-
Lucius dovette appoggiarsi alla scrivania, perché la gamba, quella mattina, gli doleva in modo insopportabile.
- Muffliato!- sussurrò con voce dura, estraendo la sua bacchetta - Qui hanno orecchie muri e anche pavimenti…-
La ragazza sembrava incapace di tranquillizzarsi.
- Posso sapere di cosa mi si accusa, oggi? - Lucius era sarcastico ma la voce aveva un sottofondo freddo e duro.
Lo sguardo pieno di risentimento di Narcissa gli giunse attraverso la stanza, perforandolo.
- Regulus…- gli sibilò, avvicinandosi di un passo.
Un guizzo, un attimo, qualcosa sul viso di Lucius.
- E quindi? - le chiese lentamente, preparandosi alla tempesta.
- Se tu vuoi morire per...se tu ami mettere la tua vita in gioco, disporla nelle mani di un’altra persona, sei libero di farlo - non c’era nient’altro che biasimo in quel momento, in lei - Ma mio cugino doveva restarne fuori! Non è che un ragazzo! Tu lo sapevi vero? Da quanto tempo, dimmelo?! Da quanto ne eri a conoscenza e non mi hai detto nulla di nulla!-
Lo sguardo chiaro del giovane era cupo e presagiva tempesta.
- Severus era troppo giovane, Regulus è troppo giovane...cosa ti spinge a fare da madre chioccia a persone che non ne hanno bisogno? - si raddrizzò e mosse un paio di passi verso di lei, erano vicinissimi adesso - Ero più giovane di loro quando ci siamo conosciuti e avevo già deciso la mia strada, cosa pensi di ottenere accusandomi di tutti i mali del mondo?-
Narcissa rimase interdetta, indecisa e confusa.
- Ti fa così piacere incolparmi di tutto quello che non va? Credi che io sia un vigliacco, vero? Ti piace ritenermi una persona inaffidabile e subdola, no? - l’afferrò per un polso e l’attirò a sé, portando i loro visi vicinissimi - Rispondi!-
Narcissa sentiva quel risentimento pulsare dentro di lei, ogni sentimento positivo spazzato via dalla rabbia, dalla delusione, dalla sfiducia che lui le suscitava.
- Non mi fido di te…- le parole uscirono prima che potesse trattenerle e se ne pentì all’istante.
Lui la mollò, come se si fosse scottato.
- Ti ho osservata in tutti questi anni, ti ho guardata mentre elargivi sorrisi, amore, benevolenza e comprensione a tutti. Ti preoccupavi per la sorte di Severus - sembrava furioso, le fiamme della rabbia divampavano in lui, in fondo ai suoi occhi - Perdonavi tua sorella, accettavi ogni cosa venisse da tuo padre e biasimavi sempre e solo il sottoscritto! Ora vuoi rovesciare su di me le scelte di tuo cugino…-
Narcissa non aveva mai avuto realmente paura di lui, lo aveva temuto da bambina, in quel modo infantile dettato dalla soggezione, lo aveva aspettato con ansia, da ragazza, senza mai perdere del tutto la speranza di ritrovarsi.
Lo aveva desiderato e amato.
Ma ora lo temeva davvero, in quel momento lo odiava e lo temeva, perché lui era inganno, era sotterfugio, era interesse personale.
Lucius cercava gloria e non si preoccupava di calpestare gli altri né se ne era mai davvero preoccupato.
In quel momento, in lei, ogni sentimento d’amore nei suoi confronti, era sommerso da una marea di risentimento.
- Vediamo di essere chiari una volta per tutte - proseguì Lucius - Vuoi sposarmi, sì o no?!-
La voce si alzò di un tono.
Narcissa lo fissò con gli occhi sgranati, spiazzata.
Non aveva nemmeno considerato di rinunciare alle nozze.
- E’ ora che tu decida! Niente più accuse e niente più nascondersi dietro a delle scuse...se non vuoi più sposarmi sei liberissima di non farlo, ti lascio andare!-
La ragazza sentì le orecchie ronzare, incredula che fossero giunti a questo bivio così doloroso.
- Ma...se decidi di andare avanti...se mi sposi…- Lucius perse del tutto la calma e batté un pugno poderoso contro il muro ricoperto dalla carta da parati elegante, facendo sussultare Cissy, il braccio gli tremava - Se diventerai mia moglie, lo sarai a tutti gli effetti, chiaro?! Starai al mio fianco, condividerai le mie scelte, porterai il mio cognome e dividerai il mio letto! Farai l’amore con me, mi darai dei figli, hai capito?!-
Si guardarono a lungo negli occhi: li separavano solo pochi centimetri ma c’era un abisso tra di loro.
- Se non sei disposta a questo, allora non abbiamo altro da dirci! Il ventuno di marzo io sarò a Malfoy Manor, come concordato e, a mezzogiorno, mi troverò nel salone delle feste, vestito e pronto per diventare tuo marito...sei libera di non presentarti ma, se lo farai, se verrai e diverremo una famiglia, sarà per sempre e alle condizioni che ti ho detto -
Cadde il silenzio, lui studiò ancora per un attimo il volto mortalmente pallido della ragazza e poi la superò e lasciò la stanza, senza più rivolgerle la parola.
Narcissa fu scossa da brividi di freddo, rimase a lungo in quel luogo e poi fece ritorno a casa, camminò e parlò, si comportò come sempre ma avrebbe voluto solamente lasciarsi scivolare da qualche parte e non pensare più a nulla.


(Marzo)

 

Il sole pallido di Marzo illuminava la stanza, Narcissa si specchiava mentre Kraffy le acconciava con perizia i capelli, interrompendo ogni tanto il lavoro per soffiarsi il naso rumorosamente, sotto lo sguardo scettico di Dorothy.
Era giunta a Malfoy Manor la mattina presto, accolta con calore e commozione da Abraxas.
La stanza che aveva occupato nelle sue visite in quella casa era stata allestita per permetterle di prepararsi, il vestito era già stato consegnato, quando lei era giunta.
Era una splendida nuvola azzurro pallido, un abito sfarzoso ma elegante, fine come lo era la giovane donna che lo indossava.
Quando fu pronta si specchiò e stentò a riconoscersi, i suoi pensieri andarono a suo padre, Cygnus, che aveva auspicato quell’unione, a sua madre, che avrebbe voluto che fosse Bellatrix a sposasse l’erede dei Malfoy, ad Andromeda che le aveva chiesto di non lasciarsi guidare solo dai doveri e dall’orgoglio.
- E’ ora…- le sussurrò Dorothy, asciugandosi le lacrime.
Cissy annuì poi, guidata da un impulso, afferrò nella sua borsa un delicato scialle azzurro, leggermente sbiadito dal tempo, e finemente ricamato con piccole rose e gelsomini, e se lo legò in vita, armonizzandolo con il resto dell’abito.
Poi scese al piano di sotto, dove, nel grande salone, si trovavano solo Abraxas, Lucius, l’officiante e un fotografo della Gazzetta del Profeta.
Narcissa avanzò a testa alta, altera e orgogliosa, splendida come lo era il più vivido dei cieli di primavera.
Mille sentimenti si palesarono negli occhi di Lucius, che l’attendeva immobile, elegantissimo con un giacca nera dal colletto orientale, ricamata nei toni del verde, i pantaloni scuri, gli stivali al ginocchio, il suo portamento regale.
I capelli chiarissimi risplendevano nella luce delicata che filtrava dalle grandi finestre.
Era serio e non un sorriso vibrò su quelle labbra sottili, niente gioia repressa, niente emozione o calore.
Era teso e rigido.
Narcissa capì che lui aveva creduto, fino all’ultimo secondo, che lei non si sarebbe mai presentata.
Nonostante questo lui era lì ad aspettarla, rischiando l’umiliazione.
E, nonostante la rabbia, nonostante tutto quello che era stato detto o fatto in quei lunghi dieci anni, lei sentì il prepotente desiderio di correre da lui, abbracciarlo, lasciarsi avvolgere dal suo profumo.
Invece l’orgoglio le impedì anche solo di rivolgergli un sorriso.
Quando gli giunse davanti, infine, si guardarono negli occhi per un lungo momento, così come avevano fatto tanti anni prima alle nozze di Bellatrix e Rodolphus.
Quel primo giorno di primavera, Lucius e Narcissa divennero marito e moglie e, qualcosa, nella ruota del destino, prese a girare.

 

Fine sessantesimo capitolo.



 

Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): Eh..già! Solo sessanta capitoli e si sono sposati...i miei ragazzi sono cresciuti! Per quanto mi riguarda sono passati dieci anni per davvero, per voi solo qualche mese d’attesa, dai...Ma qualcuna di voi si ricordava com’era iniziata questa storia?! Se no, siete perdonate...comunque, si sono sposati, yuppie! Il Signor e la Signora Malfoy! Reg ha fatto la sua proposta, per la serie: ‘speriamo che Lucius schiatti e sappi che, nel felice caso, io sono qui bello caldo…’ e poi vogliamo parlare del mio azzardo più grande?? Beb, oh Beb...mica scema la ragazza, si, lo so, ho esagerato, ma ho sempre avuto quest’idea fin dal principio (lei ha sempre detto che voleva un padre forte per suo figlio, e ha sempre chiamato Severus: Nguvu (forza, potere), gli ha sempre detto che non poteva fare a meno di interessarsi a lui e aveva detto a sua nonna che aveva già scelto l’uomo con cui generare un figlio maschio, ma stava solo aspettando che il suo prescelto crescesse...ricordate?) e sapete perchè ho fatto questa cosa? Non ho mai avuto dubbi che Severus, alla fine della saga, sarebbe morto...e ho sempre pensato che fosse uno spreco immane di DNA, voglio dire, lui muore e con lui muoiono la sua voce vellutata, il suo sarcasmo, la sua intelligenza, le sue mani bellissime e abili...ma scherziamo? Bene, nella mia saga ho voluto regalargli una sorta di immortalità, una gioia, una consapevolezza...Brava Beb, mi sei piaciuta. E, ditemi, riuscite a indovinare chi sarà il frutto nato da questi due? L’idea mi nacque proprio dopo aver letto i primi capitoli del Principe Mezzosangue. Bene, due capitoli importanti, no? “I miei occhi su di te, sempre” : quelli di Barty su Ruby, quelli di Regulus su Cissy, quelli di Beb su Sev, quelli di Lucius su Cissy...e di lei su di lui...ora chiudo con questo delirio e scusate i ritmi blandi di pubblicazione, ma è un periodo davvero impegnato.

 

Vi copio qui il momento in cui Beb, nel capitolo 23 “Future consuetudini” incolla i suoi occhi su Severus ;) :

 

Improvvisamente un suono secco lo colse di sorpresa.

Un lento e, inequivocabilmente ironico, applauso.

Si voltò stupito, e vide Bebhinn appollaiata su di una sedia, molto defilata e lontana rispetto alla luce del caminetto.

- Bravo, davvero!- gli sussurrò Beb, continuando ad applaudirlo per un po’.

Lui strinse gli occhi, mostrando un volto indifferente.

- Hai salvato i due promessi, i due teneri innamorati, da una situazione davvero imbarazzante! - lei si alzò con movenze feline, svolgendo le lunghissime gambe e si avvicinò a Severus, scrutandolo con i suoi scintillanti occhi scuri – Però hai tolto a me tutto il divertimento…- sussurrò, fermandosi a pochi passi da lui.

Lei era più alta e indossava una leggera camicia da notte, che lasciava intuire il suo fisico atletico.

- Credo di essermi sbagliata. E' strano, io di solito non sbaglio mai!- affermò convinta, sorpresa da questo ipotetico errore.

- Scusa ma è ora che io vada a dormire…- le rispose Severus, facendo intendere dal tono della voce che non gli interessava minimamente approfondire lo sbaglio di lei.

In realtà aveva già intuito dove la bella ed esotica ragazza voleva andare a parare.

- Su di te, ovvio! – continuò Beb, sorridendogli e schiudendo le sue sensuali labbra carnose – Pensavo fossi insignificante, invece sei un tipo piuttosto interessante, per essere un bimbetto piccolo e dall’aria malaticcia…-

Severus si limitò a sollevare un sopracciglio, senza scomporsi più di tanto.

...

Beb rimase in piedi ancora per un po’, osservando la schiena di Severus che spariva e continuando a guardare in quella direzione.

- Io non capisco…- mormorò folgorata, fissando il punto in cui era sparito – Proprio non capisco…cosa c’entra lui…perché anche lui?!-”



Non ditemi che non vi avevo avvisate XD...grazie a tutte e a presto!

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Capitolo 61
*** Presa di coscienza (prima parte) ***


Non sono morta. Esordisco così per scusarmi di questa assenza ma, davvero, questo periodo si è rivelato infernale e ho fatto una fatica incredibile a ritagliarmi tempo per scrivere...spero di non metterci più così tanto ma, in ogni caso, sappiate che la storia arriverà alla sua conclusione.
Detto ciò, ringrazio, come sempre, chi ha recensito: Morgana89Black e Occhioni Azzurri, grazie ragazze!
Vi lascio al capitolo, a presto!



 

“Un gelido destino”

 

 

Sessantunesimo capitolo

 

 

(Presa di coscienza - prima parte)

 
 

Narcissa si torceva le mani mentre si guardava nello specchio del suo coiffeuse, sentiva il proprio cuore battere in profondità a ritmo accelerato.

Subito dopo la breve cerimonia, lei, Lucius e Abraxas avevano brindato a quell’unione, avevano chiacchierato ma, in realtà, erano stati i due uomini a parlare, lei era caduta in un pallido mutismo.
Il vino frizzante e fresco e la consapevolezza di aver, finalmente, mosso quel passo che l’aveva fatta diventare la Signora Malfoy, Lady di Malfoy Manor, le avevano offuscato ogni capacità di parola e qualsiasi lucidità di pensiero.
- Credo che mi ritirerò…- aveva sussurrato e suo suocero l’aveva abbracciata, rinnovandole la sua ammirazione e la sua gioia per quel matrimonio.
Lucius aveva schioccato le dita richiamando Kraffy, che si era precipitata con occhi sognanti verso la sua nuova padrona e l’aveva condotta alla nuova camera padronale.
Cissy aveva sentito gli occhi di suo marito seguirla, mentre abbandonava la stanza, ma non aveva osato restituirgli lo sguardo, avvertendo quella morsa che le attanagliava le viscere senza posa.
Il giorno dopo, la foto delle loro nozze avrebbe occupato tutta la cronaca mondana sulla Gazzetta del Profeta e su ogni altro quotidiano o settimanale dell’Inghilterra magica.
Il loro legame sarebbe diventato ufficiale, due casate così importanti unite finalmente sotto lo stesso stemma.
Una volta giunta nella suite, che era un piccolo appartamento sito secondo piano di Malfoy Manor e del tutto isolato dal resto della casa, la ragazza aveva chiuso la porta chiedendo a Kraffy di lasciarla da sola e ordinandole di raggiungere le cucine.
Finalmente Cissy era riuscita a respirare in modo profondo e, con un pizzico di curiosità, si era guardata attorno con attenzione.
Chiunque avesse arredato quel piccolo appartamento ne aveva curato ogni dettaglio e aveva fatto di tutto per venire incontro ai gusti della nuova Lady di Malfoy Manor: la tappezzeria era tutta sui toni dell’azzurro e dell’avorio, due tinte delicate e raffinate che alleggerivano l’ambiente, già luminoso grazie all’esposizione a sud.
Il salottino comprendeva una piccola libreria molto fornita, due poltrone accanto al caminetto e un sofà dall’aspetto comodo.
La camera da letto era dominata da un enorme letto in raffinato legno sbiancato, la cui testiera di seta cruda riprendeva i toni chiari e rilassanti dell’azzurro ma abbinato alla finezza del color tortora.
C’era opulenza, ovvio, ma anche una ricercatezza e una luminosità tale, nella scelta di ogni singolo particolare, che Narcissa era rimasta senza fiato.
Aveva l’impressione che ogni sforzo fosse stato fatto per compiacerla e per adeguare la suite alla giovane età della sua proprietaria, pur senza sminuirne il valore e la nobiltà.
Ogni cosa era stata approntata per quel giorno, eppure Cissy sapeva che Lucius non aveva avuto l’assoluta certezza che quelle nozze si sarebbero effettivamente celebrate.
Con un groppo in gola, e un sentimento più caldo nei confronti del suo neo marito, la giovane sposa  aveva aperto la porta che conduceva al suo guardaroba e poi, con mani leggermente tremanti, aveva scelto una splendida camicia da notte bianca, arricchita di pregiatissimo pizzo Chantilly.
Una volta indossato quell’indumento leggero, si era riflessa nel grande specchio stringendo le labbra e l’immagine che aveva visto riflessa era quella di una splendida e giovane donna, le cui forme venivano appena rivelate dal tessuto impalpabile: una visione di virginale bellezza.
Con il fiato mozzo, cercando di controllare i battiti del suo cuore, era rientrata nella camera da letto e si era seduta davanti alla specchiera, agguantando la spazzola e iniziando a pettinarsi i lunghi capelli, ripetendo quel gesto che, fin da bambina, aveva il potere di calmarla.

Ora i capelli erano perfettamente spazzolati, non riuscì a capire per quanto fosse andata avanti ma, ad un certo punto, posò la spazzola che stringeva convulsamente tra le mani e chiuse un attimo gli occhi, sospirando lievemente.
Quando li riaprì vide nello specchio il riflesso di Lucius, appoggiato allo stipite della porta che la osservava con gli occhi brillanti di ironia e qualcos’altro che lei non seppe cogliere.
- Cominciavo a chiedermi se non ti fossi già addormentata…- le disse, con un’espressione sardonica e la sua solita voce snob, appena velata di emozione - Non abbiamo ancora brindato alla nostra unione, io e te da soli…-
Narcissa arrossì e si sentì una sciocca, come sempre le accadeva quando si trattava di lui.
Si era già agghindata per la prima notte eppure la sera si stava appena approssimando, si era disposta ad aspettare come un agnello avrebbe potuto fare con il lupo affamato.
“Cos’è in me che non va?! Perché Lucius riesce sempre a confondermi e farmi sentire inadeguata?”
Lei, che del proprio sangue freddo aveva sempre fatto un vanto.
Suo marito pareva così tranquillo, indossava la sua camicia appena sbottonata sul petto e con le maniche arrotolate in modo negligente, i capelli erano sciolti sulle spalle e la sua posa era rilassata.
“Bene, stupida che non sei altro, ora devi alzarti da qui e andare a brindare con addosso solo questo straccio che ti copre appena…”
Non credeva di potercela fare, sarebbe morta per l’imbarazzo e avrebbe finito con il rovinare ogni cosa.
Non si decideva ad alzarsi, sentendo il volto in fiamme.
Osò scoccargli di nuovo un’occhiata attraverso lo specchio e vide che lui si stava trattenendo bellamente dal non riderle in faccia.
“Per Morgana, hai ventun anni! Non più undici…lui è tuo marito non un fidanzato sconosciuto!”
Sentendo il proprio orgoglio riemergere sotto strati di ansia e imbarazzo, Narcissa si alzò a testa alta e si voltò verso suo marito, avanzando verso di lui e superandolo per andare in salotto.
Ma Lucius non le fece varcare la soglia, la trattenne per un braccio e l’attirò a sé, le dita calde che stringevano il polso sottile di sua moglie, una mano che scivolò sul suo fianco per impedirle di scostarsi.
- Grazie per questa sfilata…- le sussurrò all’orecchio, la voce incrinata dall’ilarità repressa - Non so spiegarti quanto la tua ingenuità sia seducente ai miei occhi...amor mio…-
Il cuore di Narcissa martellava nel petto e le impediva di respirare ad un ritmo normale, sollevò gli occhi grigi su di lui e ciò che vide nello sguardo azzurro di suo marito le fece piegare le ginocchia.
-...Ma mai seducente quanto il tuo corpo stupendo, Narcissa…- proseguì Lucius con una voce calda e arrochita dal desiderio, senza più conservare traccia di derisione - Io volevo davvero brindare, ma tu ti offri così…-
- Non...certo...tu...sei…- la ragazza chiuse gli occhi, setacciando ciò che restava della propria mente liquefatta per trovare le parole.
Lucius la strinse maggiormente a sé, lasciandole il polso e posandole delicatamente la mano sulla nuca, persa tra i suoi capelli, per poi farla scivolare delicatamente lungo la spina dorsale, fino a giungere alla base della schiena, in una lenta carezza che sembrò incendiarle l’anima.
Improvvisamente la paura venne risucchiata da quella passione bruciante.
Narcissa si strinse a Lucius e sollevò la mano per delineare i lineamenti del suo volto, seguì con la punta delle dita la curva delle sue labbra e poi fece scivolare la mano lungo la mascella, accarezzandogli il collo e tuffandola tra i capelli biondi di lui.
In quel momento ogni remora, ogni recriminazione era del tutto scomparsa, esistevano solo loro due e quella barriera finalmente infranta.
Le mani di Lucius risalirono lungo la schiena, accarezzandole la pelle attraverso il leggero tessuto della camicia da notte e poi le circondarono il volto con dolcezza; le stuzzicò il labbro inferiore con i pollici, invitandola ad aprire la bocca e quindi si chinò su di lei per baciarla.
Fu un bacio diverso da ogni altro che si erano scambiati: non c’era fretta, non c’era violenza o rabbia, ma solo una calda sensualità.
La voglia di prolungare quel contatto all’infinito, di esplorarsi in profondità e, ormai, Narcissa era del tutto soggiogata da quelle sensazioni e inebriata da quell’intimità.
Era esattamente là che voleva stare: tra le braccia di Lucius.
Si sollevò sulle punte dei piedi per aumentare quel contatto, gli circondò le spalle con le braccia, mordendogli con insolenza quella bocca sfacciata, mentre lui le afferrava i capelli in un impeto di passione, costringendola a reclinare la testa per affondare ancora di più dentro di lei.
Erano ancora in piedi nello specchio della porta che divideva la camera e il salotto, Lucius si staccò per riprendere fiato, ansante e con gli occhi lucidi di desiderio.
- Finalmente sei solo mia...tutta per me...solo per  me…-
Era il solito Lucius arrogante ma Narcissa non voleva che fosse diverso, in quel momento.
La sua mano sinistra era ancora posata sul suo volto in un tocco caldo e tenero che smentiva la rudezza di quelle parole, ed era proprio questo che la faceva impazzire di lui: questa sua apparenza dura che copriva un animo più amorevole.
Narcissa gli impedì di ritrarsi e voltò appena il viso per potergli baciare il polso, dove la pelle diafana lasciava intravedere una vena che pulsava rapidissima.
Posò le labbra su quel piccolo lembo palpitante, tracciandone la linea con le labbra umide e poi con la punta della lingua, guidata solo da quel desiderio che ormai capiva di dover assecondare.
Lucius emise un sospiro spezzato, godendo di quel contatto e lasciò scivolare l’altra mano alla ricerca del seno, stuzzicando con insistenza il pizzo che rivelava senza mostrare del tutto.
Cissy si morse le labbra per non gemere e interruppe l’esplorazione della pelle di Lucius per qualche secondo, catturando di nuovo le sue labbra per poter sentire il suo gusto ancora e ancora.
Lucius gemette con più urgenza e la strinse a sé con forza, facendo aderire i loro corpi per qualche istante, in modo che Narcissa potesse capire quanto la desiderava.
Era tutto così bello e caldo che Cissy si chiese vagamente perché mai avesse avuto così tanta paura: ogni gesto era naturale e lei non vedeva l’ora di appartenere totalmente a suo marito.
Si staccarono ancora per poter respirare e Narcissa gli baciò il collo con voluttà, ormai priva di qualsiasi freno inibitore, le sue labbra scesero verso lo scollo della camicia.
All’improvviso sentì Lucius irrigidirsi e bloccare la mano che le aveva già fatto scivolare la spallina della camicia da notte, mettendole quasi a nudo il seno.
Leggermente stupita Narcissa sollevò il volto su di lui, e vide suo marito con gli occhi del tutto vigili e la mascella contratta, un’espressione fredda e dura che lei non seppe spiegare.
Finché i suoi occhi non caddero sul braccio che gli aveva baciato poco prima: era quello sinistro.
Il Marchio Nero spiccava nitidissimo sulla pelle bianca di Lucius, là dove, fino a pochi secondi prima, era poco più che un disegno sbiadito.
Narcissa si scostò da quel braccio come se potesse sentire quel simbolo osceno bruciare anche la propria pelle e si allontanò di un passo da suo marito.
Lui non fece nulla per trattenerla.
Ogni passione, desiderio e sensualità di quegli istanti era evaporata in un attimo.
Narcissa e Lucius si fissarono negli occhi solo per pochi secondi, e lei fu consapevole che il proprio viso lasciò trapelare ogni singola emozione: odio, rabbia, delusione e recriminazione su tutti.
Il volto di Lucius, se possibile, si indurì ancora di più, divenendo freddo come una superficie di granito. Lui srotolò nuovamente le maniche della sua camicia, richiuse il colletto e recuperò la sua elegante giacca da cerimonia, quindi, senza dire una parola, uscì dalla stanza chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
L’Oscuro Signore reclamava la sua presenza e lui non poteva farlo aspettare.
Narcissa rimase a lungo nel punto esatto dove Lucius l’aveva lasciata, rabbrividì nell’aria fresca della sera e, come un automa, recuperò una vestaglia di pesante broccato, accese il camino con un colpo di bacchetta, e si sedette accanto al fuoco.
Fissò le fiamme senza vederle e rimase là, immobile, aspettando il ritorno di suo marito.

 
 

Una pungente aria di derisione.
Ecco quello che si respirava a casa Smith, quella sera.
Lucius appariva calmo e rilassato agli occhi di tutti, anzi, conservava la sua aria altera e snob, stagliandosi in mezzo ai suoi compagni di lotta con la schiena dritta e l’aria soddisfatta e appagata di un neo sposo che ha appena vissuto attimi d’amore intensi.
Ben presto, il suo incedere sicuro e la sua espressione trionfante, cancellarono il riso sui volti degli altri Mangiamorte.
Se Lord Malfoy era così quieto e sereno, significava che nulla era stato interrotto e che il matrimonio era stato consumato.
Nessuno poteva scalfire l’erede di Malfoy Manor, evidentemente, e ben presto la voglia di fare battute o di lanciare occhiate di scherno evaporarono in McNair, Rookwood, Crouch e persino in Tiger e Goyle.
In realtà, dentro di sé, Lucius bruciava per quel desiderio stroncato: sentiva sotto le dita il pizzo e la pelle calda di Narcissa.
Il tocco delle sue labbra, il suo profumo, quel bisogno del tutto insoddisfatto.
Sentiva la voglia di lei pulsare in profondità, nei suoi lombi.
Aveva davanti agli occhi lo sguardo che lei gli aveva lanciato: ora erano marito e moglie ma, in fondo, nulla era cambiato.
E poi era consapevole che, per quanto potesse ingannare i suoi compagni, c’erano almeno due persone che erano pienamente consapevoli di ciò che era stato interrotto e ne traevano un gran divertimento: il Signore Oscuro e Brigid.
La più grande consolazione di Lucius era che Severus non  fosse presente quella sera, il giovane era ancora disperso a Hogsmeade.
- Mio caro amico - gli si rivolse Lord Voldemort con un sorriso - Grazie di essere qui a brindare con noi alle tue nozze! Spero che la tua splendida sposa ci perdonerà per averti strappato a lei, ma l’unione di due grandi casate, rappresentanti autorevoli del sangue puro, è una gioia per tutti noi!-
Si alzarono i calici e tutti mormorarono un augurio.
- Mio Signore, mia moglie condivide e sostiene la nostra causa, ammira Voi ed è fiera di essere al mio fianco in questo momento così importante. Non c’è nulla da perdonare, ma solo gioia da condividere.-
Si levò un mormorio di approvazione, la situazione si era ribaltata, ora era lui a dominare gli altri Mangiamorte e a deriderli intimamente.
Una disfatta che era divenuta un trionfo assoluto.
Lo champagne raffinato aveva un gusto amaro come il fiele, per Lucius, ma lui lo bevve con un sorriso compiacente e umile stampato sul bel volto nobile.
Fu quasi certo di notare un lampo di ammirazione negli occhi dell’Oscuro Signore: apprezzava il suo saper fingere e la sua flemma.
Lord Voldemort godeva nell’aver disintegrato la sua prima notte di nozze e, forse, il suo intero matrimonio.
Lucius elargì sorrisi inscalfibili e sostenne con naturalezza la conversazione con tutti e, a notte inoltrata, quando la riunione si sciolse, ognuno era convinto che Lord Malfoy fosse un uomo del tutto soddisfatto, che aveva vissuto intense ore d’amore con una delle donne più belle e nobili di tutto il Regno Unito.
Brigid lo osservò per tutta la sera, con gli occhi scintillanti e la consapevolezza che quell’uomo, per poter raggiungere i propri scopi, doveva essere distrutto.

 

“Le fondamenta del loro rapporto devono crollare…ricordati che ci vuole un lavoro costante di erosione perché ciò che noi vogliamo si compia”

 

Rammentò ciò che sua zia Solange le aveva detto anni prima, dopo la festa con la sciarada figurata.
Quell’uomo era debole, non era potente come l’Oscuro Signore, non era forte e impenetrabile come quello Snape, non era abile come lo era stato Rosier.
Eppure sembrava animato da qualcosa che gli permetteva di schivare i pericoli, di sopravvivere laddove altri soccombevano.
Lucius Malfoy aveva qualcuno da desiderare, da raggiungere, da proteggere, da amare: sua moglie Narcissa.

 
 
Con un impercettibile sospiro, Lucius recuperò il suo costoso soprabito e si rivestì mantenendo la propria postura elegante: la tortura era finita, ora ne iniziava un’altra.
Doveva rientrare a casa e fronteggiare Narcissa e, si chiese, quale donna avrebbe perdonato il proprio uomo per l’ennesima doccia fredda, l’ennesima umiliazione subita?
- Ma guarda, il matrimonio non ti dona affatto, sai? Non mi sembri molto felice di rientrare a casa, Narcissa è così fredda a letto da farti preferire il gelido ingresso di questa casa al tepore del tuo talamo nuziale?-
Lucius arricciò le labbra in una piega di sarcastico disprezzo.
Si voltò, incontrando gli occhi scuri e lucenti di sua cognata Bellatrix.
La donna era sempre uguale a se stessa, solo più magra, più affilata e più oscura che mai.
I lunghi capelli scendevano in onde scure e ribelli a sfiorarle la vita, era truccata pesantemente per mascherare un colorito malsano e per cercare di riempire in qualche modo le guance scavate.
In quel volto scarno gli occhi e la bocca apparivano spropositati e quasi sgraziati.
Quella era la donna per la quale Evan si era rovinato del tutto.
Non poté non paragonarla alla visione di soave delicatezza che Narcissa gli aveva offerto poche ore prima.
- Invece ti sbagli, mia cara cognata, è proprio l’impazienza di giacere di nuovo tra le braccia della mia giovane e splendida moglie che mi anima e mi turba...temo che la troverò assopita, del resto l’ho lasciata in preda ad un piacevole stanchezza…-
Bella strinse gli occhi con malevolenza e lui sembrò riderle in faccia, un attimo prima di smaterializzarsi lasciandola sola e del tutto insoddisfatta.
Per quanto facesse e si sforzasse non riusciva a restare indifferente a quell’uomo.
La stizziva, la irritava eppure non c’era nessuno, al di fuori del Signore Oscure, che lei desiderasse così tanto e, la cosa davvero incredibile, era che non capiva il perché.
Sognava di possederlo e anelava di distruggerlo.
Alla fine sembrava che fosse sempre Lucius a vincere; rammentò, con un moto di rabbia, il loro ultimo incontro avvenuto al San Mungo, subito dopo la morte di Evan.
 
 

Dopo che si era congedata dal giovane Rosier in quel modo brusco, la notte stessa in cui lui era morto, Bella si era trascinata a casa, da Rodolphus.
Suo marito viveva nella costante paura e non aveva neppure osato esternare il proprio sconforto, se non dolore, per la morte dei propri genitori.
Bellatrix si era rivolta a lui bruscamente, odiando il dover dipendere da quell’uomo debole, eppure intimamente sollevata di avere qualcuno al quale appoggiarsi.
- Portami in ospedale…- gli aveva detto, sentendo la febbre divorarla di nuovo e rammentando le parole del Dottor Jones - Credo di aver avuto un aborto spontaneo...devo farmi medicare…-
Rodolphus aveva agito con insospettabile solerzia e sollecitudine e, oltre ad averla accompagnata, le era stato accanto per tutte le ventiquattro ore del ricovero successivo.
Aveva accolto con un pallido e immoto silenzio la notizia che sua moglie non avrebbe mai potuto donargli un erede e poi l’aveva aiutata a prepararsi per lasciare l’ospedale.
Entrambi sapevano che difficilmente la notizia di quella sterilità sarebbe rimasta tra le mura di quell’edificio e entrambi temevano il momento in cui l’Oscuro Signore avrebbe appreso il loro fallimento nel riprodursi e generare, quindi, un erede purosangue.
“Qualsiasi reazione possa avere non sarebbe comunque paragonabile a quella che scatenerebbe sapere che quel figlio era suo e che io l’ho ucciso…”
Lei non era un’occlumante esperta e, di fatto , non aveva mai avuto bisogno di nascondere qualcosa al Signore Oscuro, tranne certo aspetti sentimentali che lui di fatto non sembrava trovare importanti.
Ma, durante tutte quelle ore di ricovero, aveva sperimentato una tecnica che proprio il suo ex amante Evan le aveva insegnato: respiri lenti e profondi, occhi chiusi e labbra rilassate, ascoltare solo il suono del proprio cuore e del flusso sanguigno.
Sgomberare la mente e ripetere dentro di sé una sola e singola frase e, ad ogni parola, era come se un muro di mattoni si innalzasse attorno alla sua mente.
E così lei aveva fatto, per delle lunghe ore, in una sorta di trance non aveva fatto altro che ripetersi: “Il figlio di Rodolphus è morto, il figlio di Rodolphus è morto, il figlio di Rodolphus è morto…”.
Alla fine aveva avvertito davvero quella specie di protezione magica a sigillo dei propri pensieri, nulla che un esperto e determinato Legilimens non potesse sfondare ma sufficientemente resistente da resistere ad un’occhiata veloce.
Lei e Rodolphus avevano percorso in silenzio quei corridoi asettici, lui la sosteneva con delicatezza e Bella non aveva potuto fare a meno di chiedersi se la trappola del loro matrimonio gli fosse meno grama, ora che non aveva più una famiglia di origine nella quale rifugiarsi.
Ad un certo punto, quando ormai erano arrivati all’uscita, un forte strappo le aveva fatto lanciare un piccolo grido di sorpresa, si era ritrovata stretta contro la parete bianca di un corridoio, lontano da occhi indiscreti.
- Rod credimi, ti conviene lasciarci soli per un minuto, ti restituirò tua moglie in pochi istanti!-
Quella voce dura e gelida, priva del soluto accento lezioso, l’aveva fatta sobbalzare.
Era Lucius che la teneva premuta senza riguardo contro il marmo gelido, stringendola con una forza nervosa che rasentava la violenza.
- Muffliato!- aveva sussurrato lui con disprezzo e alterigia, rendendo il loro dialogo muto ad orecchie indiscrete.
- Attento Malfoy, questa potrebbe essere l’ultima cosa che fai!- gli aveva sibilato e poi aveva incontrato i suoi occhi azzurri ed era rimasta senza parole: non lo aveva mai visto così.
- Sempre le tue minacce, eh? Non è così, sgualdrina che non sei altro?- le aveva sibilato con odio - Cosa ci fai qui? Sei venuta a fingere di piangere sul suo corpo o volevi solo rimirare il frutto del tuo lavoro? Immagino tu sia soddisfatta, finalmente! Ce l’hai fatta a distruggerlo!-
Bellatrix l’aveva guardato con gli occhi spalancati, senza riuscire a nascondere il proprio sconcerto.
E allora, Lucius sembrava aver compreso che lo stupore della donna era genuino e aveva allentato la presa d’acciaio sulle sue braccia.
- Non lo sai...nessuno te l’ha detto?-
- Non so di cosa tu stia parlando…- gli aveva sibilato, riprendendosi un po’.
L’uomo aveva stretto gli occhi, studiando il suo viso pallido e provato e poi si era staccato del tutto da lei, come se toccarla fosse veicolo di una qualche forma di infezione.
- Evan è morto.-
Glielo aveva detto con un tono asciutto e impersonale, recuperando la sua proverbiale e gelida calma.
Bellatrix aveva avvertito un senso di incredulità profondo farsi largo nel proprio petto e nel proprio cervello: in fondo, non aveva mai creduto davvero che quel legame si sarebbe spezzato e, invece, Evan aveva deciso di reciderlo nel modo più definitivo possibile.
- Come?- gli aveva chiesto, senza mostrare emozione.
- In uno scontro con gli Auror, ora hanno la certezza della sua appartenenza ai mangiamorte, hanno visto il marchio. Tutti noi siamo più esposti…-
- Quel buono a nulla..- aveva sussurrato lei guadagnandosi uno sguardo così carico di disprezzo da sentirsi quasi colpita da uno schiaffo.
- Sei riuscita a farlo morire, in uno modo o nell’altro…- le aveva detto allora Lucius, fissandola negli occhi - Non riuscirai a fare lo stesso con tua sorella.-
Bella aveva sussultato leggermente.
- Questo pomeriggio, all’ora del tè, io manderò la carrozza dei Malfoy davanti alla tua casa londinese, insieme a del personale proveniente dalla mia casa, e tu, senza farli attendere, farai avere loro ogni bene personale di Narcissa e lascerai libera la sua domestica personale, la governante.-
Aveva cercato di protestare ma lui le era sembrato pericoloso e la debolezza la rendeva inerme davanti a quella furia.
- Ti consiglio vivamente di non fare brutti scherzi e di farti trovare a casa o, credimi, tu e tuo marito vi ritroverete sul lastrico in meno di ventiquattro ore, chiaro? -
Bellatrix aveva rinnovato dentro di sé l’odio per quell’uomo ma, di fatto, alle cinque del pomeriggio tutti beni appartenuti a Narcissa, e ancora ostaggio della residenza di città dei Black, e Dorothy erano stati portati via dagli elfi dei Malfoy e lei non aveva dovuto constatare, una volta di più, che sua sorella sembrava suscitare nelle persone un rispetto e un’ammirazione tali da renderla quasi inattaccabile.
Quando la porta si era richiusa alle spalle di Dorothy, che aveva cercato vanamente di contenere la propria gioia, lei non aveva potuto far altro che scagliare il proprio bicchiere di sherry contro il pesante pannello in mogano e cercare di ingoiare il proprio amaro risentimento.

 
 
 

- Devi restare piantata qui in mezzo?-
La voce di Brigid la riscosse dai propri pensieri e Bella si voltò infastidita e si ritrovò a fissare il velo nero che copriva i lineamenti della giovane donna.
- Sto dove mi pare e per quanto mi pare...tu, piuttosto, devi sempre strisciare ai piedi del Signore Oscuro? Non hai nulla di meglio da fare?-
Poté sentire una lieve risata di scherno attraversare quel velo e giungere a lei.
- Io non striscio, mi rendo utile e tu? Cosa fai per la nostra causa?-
- Sta attenta, prima o poi ti strapperò quel velo dal volto e potremo continuare questa conversazione fissandoci negli occhi…-
Bella si smaterializzò rapidamente, lasciando l’altra donna nel vestibolo.
“Tsk, lei vuole strappare, ferire, colpire, estirpare...solo violenza scorre in quelle vene, solo sangue nero…”
Brigid sospirò, brandire la bacchetta come un comune e volgare scissionista sarebbe stato semplice per raggiungere il proprio scopo, per finire quella donna volgare e ogni singolo Black, ma lei non poteva.
Gettò un’occhiata alle scale, sapendo che Barty sperava di incontrarla prima di andare via ma lei non aveva tempo nemmeno per lui, in quel momento.
Anche se anelava di vederlo e di farsi abbracciare, di provare di nuovo la sensazione di avere un posto nel mondo.
Ma non era con lui che poteva e doveva condividere ciò che aveva scoperto sull’Oscuro Signore, perché le loro strade e la loro meta erano inesorabilmente diverse.
Esitò ancora un attimo e poi, mordicchiandosi le labbra sottili, si smaterializzò anche lei, ignorando la fitta al petto che la incitava a correre da Barty e prendersi quella parte d’amore riservata a se stessa.
Perché lei non viveva e non agiva per se stessa e, se avesse dimenticato il proprio obiettivo, non avrebbe avuto nemmeno una vita da vivere.

 
 

Narcissa era rimasta rannicchiata sulla poltrona per delle ore, era quasi l’alba, eppure non avvertiva la stanchezza e non sentiva il bisogno di dormire.
Le fiamme si stavano estinguendo nel camino e le prime luci si insinuavano tra i pesanti tendaggi, Cissy sentiva le tempie pulsare e si chiese se Lucius non fosse già rientrato e la stesse evitando.
Si passò una mano sul volto stanco e poi sollevò lo sguardo, incontrando quello azzurro e trasparente di suo marito.
I due giovani si guardarono per un lungo istante, separati da pochi passi eppure distanti come non mai.
Narcissa avrebbe voluto chiedergli se stava bene, se era stanco, eppure non riusciva a parlare, come se la sua voce fosse stata congelata nel suo orgoglio.
- Così non va…-
La voce di Lucius era amara e soffusa di stanchezza.
Il cuore della ragazza rallentò i suoi battiti.
Lui mosse un passo verso il centro della stanza, il volto era tirato e ancora più pallido del solito, gli occhi spiccavano come due pozze d’acqua cristallina ma gelida.
- Non funziona, non va…- mormorò ancora, senza smettere di fissare sua moglie che gli restituiva uno sguardo immobile - Ti avevo avvisata, sapevi cosa ti aspettava. Questa è la vita che faccio, queste sono le mie priorità: prendere o lasciare.-
Narcissa si alzò lentamente dalla poltrona, i lunghi capelli biondi incorniciavano il viso che nascondeva in sé mille emozioni, le mani erano fredde e senza vita, impossibile dire se ci fosse ancora una stilla di sangue in lei.
- Forse hai ragione tu: così non va…-
Anche la sua voce era poco più di un roco sussurro.
- Almeno su questo siamo d’accordo - ironizzò Lucius, sfilandosi la giacca ormai sgualcita - Sei mia moglie e questa è la nostra suite, tuttavia io dormirò nell’altra stanza da letto di cui dispone questo appartamento e che avrebbe dovuto  diventare la nursery...Nessuno lo troverà strano, sapendo gli orari che faccio penseranno che non voglio disturbarti, l’apparenza sarà salva. Ora va a riposare…-
Narcissa avrebbe voluto trovare qualcosa da ribattere, eppure il modo in cui lui rinunciava e poneva, di fatto, fine al loro matrimonio prima ancora che iniziasse davvero, la stordiva e le causava una sofferenza così acuta da impedirle di ragionare.
Gli fece un cenno col capo e poi andò in quella che avrebbe dovuto essere la loro camera da letto.
Chiudendo la porta gli lanciò un ultimo sguardo e vide che Lucius le dava le spalle e si stava versando un bicchiere di whisky: lui, che beveva così di rado.
Cissy si appoggiò alla porta e, improvvisamente, fu scossa da singhiozzi silenziosi che le scuotevano persino l’anima, dovette premersi le mani sulla bocca con forza per impedire ai singulti di rompere il silenzio assoluto che la circondava.
Cadde in ginocchio, cercando di scacciare dalla mente i momenti di passione vissuti con Lucius e interrotti troppo presto e, dopo una lotta interiore contro se stessa, per impedirsi di correre da lui e supplicarlo di amarla e non lasciarla sola, si trascinò fino al letto, dove crollò esausta e si addormentò di schianto.
Così si concludeva la loro prima notte di nozze e iniziava la loro vita insieme.

 

Fine sessantunesimo capitolo

 

Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice): si lo so...sono tanto ma tanto cattiva. Comunque, parliamo di Lucius: ma quant’è bello lui, eh? Nel corso degli anni (aiutatemi a dire quanti), ho sempre pensato che lui fosse poco adatto al ruolo di Mangiamorte cattivo, nel senso che Lucius vorrebbe esserlo, brama di esserlo, ma non fa per lui.
Lui è un politico, un affarista, un capofamiglia, non un bifolco mascherato. Per questo mi sono concentrata tanto sulla psicologia di questo personaggio, chiedendomi cosa l’abbia spinto a seguire questa strada e cosa potesse celarsi nel suo animo. Tutta questa analisi e la creazione della sua storia me lo ha fatto amare molto, anche se, alla fine, non è altro che un viaggio che mi sono fatta io…(dicesi trip).
Però c’è da dire che sono partita da quello che la Row ha scritto e messo sotto gli occhi di tutti: lui ama sua moglie e suo figlio e su questo non ci piove. Per quanto riguarda Cissy, io, fossi stata lei, avrei gettato il mio orgoglio nella spazzatura e mi sarei catapultata su quel gran pezzo di mio marito...ma vabbé, queste nobili sono così complicate!
 A presto con la seconda parte, farò il prima possibile, promesso!
ps: continuo a litigare con sto maledetto editor di html...fa tutto come vuole lui...quindi mi arrendo...spero che sia tutto ben leggibile.

 

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Capitolo 62
*** Presa di coscienza (ultima parte) ***


Come sempre grazie a chi segue e legge questa storia, in particolare a miss Gold394 per avermi lasciato un commento nel capitolo scorso. Buona lettura!




“Un gelido destino”


Sessantaduesimo capitolo

 

(Presa di coscienza - ultima parte)
 
 
 

(Aprile)

 
 
 

La pioggia la faceva da padrona in quell’inizio primavera, Londra era sferzata da un vento denso d’acqua, le strade erano costantemente bagnate, costellate di pozzanghere di tutte le dimensioni, e l’aria era umida e fredda.
Brigid indossava un inusuale mantello nero quel giorno, un semplice incantesimo impediva alla pioggia di inzuppare la lana leggera e il vento non penetrava tra le pieghe della veste bianca che faceva capolino sotto la stoffa scura.
La figuretta fragile della ragazza si confondeva tra i vicoli scuri di Notturn Alley, se ne stava immobile, incurante del freddo che riusciva a sfiorarle il volto pallido.
Un rumore di passi umidi la mise in allerta e, con uno leggero senso di aspettativa, strinse gli occhi per distinguere la persona che si stava dirigendo verso di lei.
- Eccomi...sono corso prima che ho potuto...meno male che ci sono le vacanze di Pasqua, altrimenti non avrei saputo come raggiungerti così velocemente…-
I capelli neri di Regulus erano incollati al suo bel volto pallido e nobile, gli occhi grigi avevano una luce febbrile e preoccupata.
- Scusami...i toni del mio messaggio erano troppo concitati, forse…-
Mormorò la ragazza, con una vocina sottile piena di dubbio.
Il giovane le si avvicinò, come a ripararla dal vento che si incuneava con violenza nel vicolo.
- Così mi fai davvero preoccupare…- la fissò in volto con attenzione - Non è da te mandarmi a chiamare e non è da te essere così sconvolta…-
Le labbra sottili di Brigid tremarono appena.
- Lo so...non vorrei mai e poi mai causarti altra sofferenza, non dopo il duro colpo del matrimonio di colei che ami…-
Regulus chiuse un attimo gli occhi, pieno di dolore, e gli occhi della giovane veggente ebbero un guizzo.
- Narcissa si è sposata, è vero, ma, come mi hai detto tu, nulla è perduto...io sono certo che, una volta compreso a fondo l’animo di suo marito, il loro legame finirà con lo spezzarsi…-
Brigid annuì e gli posò una mano sul braccio, un gesto raro da parte sua.
- Ed è per questo che io sono qui, oggi.-
Gli occhi del ragazzo si accesero di aspettativa.
- Come ti ho sempre detto il Breo mostra uno scenario in continuo mutamento e, come ben sai, il destino varia in base alla strada che noi decidiamo di percorrere,- Regulus annuì, molto concentrato - ciò che tu hai fatto fino ad oggi, con enorme dedizione e coraggio, non ha fatto altro che prepararti a quello che, in una rara luce sul lato del destino, io ho potuto vedere pochi giorni fa…-
- Sei riuscita a vedere un evento futuro con chiarezza?-
Regulus era sorpreso e anche eccitato.
- E’ così…-  la voce della ragazza si permeò di ansia e preoccupazione - Ho visto l’uomo potente che tu servi, Regulus, e ho visto anche te…-
Il ragazzo rimase in silenzio: gli ultimi mesi erano stati pesanti e, per certi versi, terrorizzanti. Aveva dovuto collaborare con Lucius, una persona che detestava nel profondo, e il suo legame con Sirius si era disintegrato del tutto.
Incubi orribili lo assalivano di notte e, sebbene non fosse ammesso sempre al cospetto dell’Oscuro Signore, ogni volta che il marchio bruciava sentiva le viscere contorcersi per l’ansia e il senso di panico.
Dubbi e incertezze lo schiacciavano facendolo vivere in una sorta di sofferenza costante.
- Essere potente, diventare un uomo forte è una delle tue priorità - la ragazza gli si avvicinò di un passo - E lo stai diventando, giorno dopo giorno, eppure ho avvertito una specie di esitazione in te...così ho consultato il Breo costantemente, solo per te, Regulus…-
Lui cercò di sorriderle e posò la propria mano su quella della ragazza, grato di tutte quelle attenzioni.
- Ho voluto forzare il lato del destino per capire come aiutarti, e per comprendere fino in fondo ciò che ho visto in questi anni, e ho avuto una risposta.-
- Significa che hai potuto davvero guardare nel mio futuro?-
Lei gli sorrise con calore.
- Diciamo che ho potuto interpretare meglio il passato, Regulus e, sulla base di questo, ho avuto l’illuminazione che attendevo su ciò che ti porterà a  realizzare il tuo desiderio più grande.-
Sospirò lievemente, il volto serio e concentrato fisso in quello di lui.
- Comincio a preoccuparmi…- il ragazzo impallidì ancora di più, sentendo il cuore fare una capriola.
- Ne hai tutti i motivi - la mano di Brigid tremò sotto la sua - Perché la tua esitazione, il tuo istinto, tutto ciò che provi davanti all’uomo che hai scelto di servire ti dice bene: l’Oscuro Signore è il male assoluto, Regulus!-
Lui rimase senza fiato, gettando un’occhiata attorno nel terrore che qualcuno avesse udito questa esternazione.
- Cosa dici..egli è potente e persegue una causa del tutto giusta!-
- Non è per la causa, Regulus...è per se stesso...ciò a cui egli ambisce è la propria immortalità, preservare la sua vita e, per fare ciò, è disposto a tutto, ogni cosa...la cosa più malvagia e oscura…-
Una lacrima scese dagli occhi pallidi di Brigid.
- Ma, ponendomi al suo servizio, io ero certo di raggiungere la vetta! Molti uomini potenti lo seguono, le sue idee sono giuste e sacrosante! Persino Lucius Malfoy si fa muovere dal Signore Oscuro come se fosse un burattino!-
La voce era angosciata e concitata.
- E questo dovrebbe farti comprendere fino in fondo che i tuoi dubbi sono leciti!-
Lo scosse leggermente.
- Io lo so, lo vedo che il tuo cuore è agitato ed è per questo che ho forzato la mia arte per avere delle risposte...sto osando e rischiando, spingendoti a fare una scelta che ti porterà sulla vetta, sì! Ma distruggendo il Signore Oscuro, non servendolo!-
Regulus sgranò gli occhi e le posò una mano sulle labbra, vacillando leggermente al peso di quelle parole.
- Cosa dici Brigid! Cosa dici! - aveva gli occhi grigi pieni di terrorizzato stupore - Solo restando al suo fianco diverrò potente!-
Lei scosse la testa, e gli abbassò delicatamente la mano.
- La tua scelta di diventare potente, ti ha portato da lui...ma la tua coscienza pulita ti impedisce di accettare del tutto questa realtà! Se non avessi mosso questi passi non avresti colto quanto di sbagliato c’è in quel mago oscuro e, se io non avessi avvertito questo tuo dubbio, non avrei forzato la mia arte, disobbedendo al mio credo, scoprendo ciò che ho scoperto, Regulus…-
Nonostante tutto, a dispetto della paura, il giovane era soggiogato da quelle parole.
- C-cosa hai visto, Brigid?-
Poté vedere il turbamento in lei.
- La più nera delle anime...macchiata dalla magia più oscura e proibita - i suoi occhi erano insolitamente vividi, mentre catturava lo sguardo del ragazzo - Il Signore Oscuro ha spezzato la propria anima, l’ha lacerata in più parti e poi ha disperso questi frammenti nel mondo, contaminandolo. Finché questi pezzi di lui vivranno, lui non potrà morire...e tutta la lotta che lui sostiene di combattere per salvaguardare la magia e la purezza, non è altro che una copertura per salvare se stesso dalla morte. Per creare un mondo oscuro dove ogni cosa gli sarà lecita e dove ogni sua azione non sarà perseguibile...-
- Anima lacerata?...- Regulus cercò di comprendere quel concetto - C-come ha fatto a spezzare la propria anima? Come si può fare una cosa del genere?!-
- Uccidendo egli stesso delle persone: togliendo loro la vita, strappa la propria anima, quel velo luminoso che dovrebbe mantenere l’essenza di ogni essere umano e, complice un antico rito oscuro, ne conserva i frammenti in alcuni oggetti...dove potrà preservarli e usarli per scampare alla morte...nessuno potrà ucciderlo mai, finché quei pezzi di lui saranno salvi…-
- Immortale? E’ questo che mi stai dicendo?-
Il ragazzo non riusciva a capacitarsi.
-Immortale, invincibile...impunibile. Tutto deperirà ma lui resterà sano e conservato per l’eternità…-
Era una visione spaventosa.
- Ti rendi conto che non potrò mai distruggerlo? Non ci riesce Albus Silente, come potrei io?-
Brigid scosse la testa con forza.
- Albus Silente non sa quello che sappiamo noi...tu puoi agire dall’interno, nessuno crederà mai che stai tradendo il tuo Signore e poi hai un’arma in più: me. Insieme alla benevolenza del Dio Bucca.-
- Se lo scopre, se scopre anche solo che ho sfiorato quest’idea sono morto, lo sai, si, Brigid? Te ne rendi conto?-
Lei gli si avvicinò di un passo, la veste nera che ondeggiava a causa del vento.
- Se scopre che nel tuo cuore covi dubbi e paure, che ti sei reso conto che la sua causa non ti appartiene e che ogni singola ora di ogni singolo giorno sogni di cancellare quel marchio che porti sul braccio e di scappare...allora si che sei un uomo morto…- Brigid sospirò e si levò la collana dalla pietra nera che portava al collo, posandola nel palmo della mano di Regulus - Indossala e i tuoi pensieri saranno velati e protetti, almeno nei limiti...dimmi, ti fidi di me?-
Lui annuì con il volto disperato, gli occhi fissi sulla pietra liscia e scura che spiccava sulla sua pelle chiarissima.
- Allora continua a fidarti, io voglio solo il tuo bene, voglio che realizzi i tuoi desideri - lo costrinse ad incontrare il proprio sguardo deciso - La persona che ami detesta questo Marchio, ha imparato ad odiarlo in questi anni, ho visto le vostre strade incrociarsi mentre rifuggono quella dell’Oscuro Signore...la persona che ami odia suo marito, lo respinge, lo disprezza...ora che ha capito e sa. Nulla è perduto.-
Il giovane strinse nel palmo la pietra, traendo conforto dal contatto con quella superficie liscia e fredda.
- Cosa devo fare?-
Brigid sorrise e annuì, stringendosi nel proprio mantello scuro.
- Per ora attendi e trattieni la tua ansia, seguita a fidarti di me e aspetta mie notizie. Molto presto scoprirò dove sono nascosti quei frammenti e, insieme, io e te, distruggeremo quell’essere oscuro: tu otterrai la libertà, la gloria e l’amore, mentre io compiacerò il mio Dio...ora và!-
Lo sospinse lontano con delicatezza.
Regulus la fissò mordendosi le labbra, gli occhi mobili e impauriti.
- Mi fido, Brigid...abbi cura di te…-
Lei annuì e scomparve sotto i suoi occhi, lui dovette trovare tutta la forza che possedeva per muovere ogni singolo passo sulla strada del ritorno.

 
 

- Ma Signora, siete sicura che Vostro marito non si infurierà? Uscire con questo tempo…-
Narcissa si voltò con impazienza verso Dorothy.
- Non devo chiedere a mio marito il permesso per recarmi a Diagon Alley, ne per fare alcunché, chiaro?-
Non voleva essere dura con la governante, ma era seccante vedere quanto la donna avesse sviluppato un attaccamento nei confronti di Lucius.
Lo venerava e lo adorava, da quando lui l’aveva strappata dalle grinfie di Bella era il suo eroe.
Quel sentimento di ammirazione era così puro e visibile da essere paragonabile a quello che Kraffy provava per Narcissa.
- C-certo…- Dorothy era mortificata e anche parecchio infreddolita.
Cissy sentì muoversi la propria coscienza sotto strati di fastidio e risentimento, tutti quei sentimenti che si inalberavano ogni qual volta pensava a suo marito.
- So che c’è un tempaccio, ma porta pazienza, mi serve quel testo per completare la mia traduzione, dubito che a Lord Malfoy importi se ci muoviamo da casa per pochi minuti…-
Si incamminarono per Diagon Alley, cercando di ignorare le raffiche di vento gelato.
“Se questa è una primavera, io sono una sanguesporco!” sbuffò Cissy, cercando di sistemarsi il foulard blu e argento che le copriva i capelli biondi.
Nonostante il vento contro, riusciva a camminare a passo spedito, la bacchetta infilata in tasca per ogni evenienza, la schiena dritta e lo sguardo vigile.
In realtà non amava affatto muoversi in quel periodo, la tensione era palpabile ovunque e c’era il concreto pericolo di fare brutti incontri.
Dorothy faceva molta più fatica a camminare e sospirava ad ogni sferzata del vento, protetta comunque dall’incantesimo della sua padrona.
Ad un certo punto uno strattone più violento dell’aria stappò il foulard dalla testa di Narcissa che, senza capire bene perché e sentendosi una bambina, prese a rincorrerlo verso un vicolo secondario :- Resta dove sei, al riparo! Ritorno subito!- urlò a Dorothy, le cui grida vennero portate via dal vento.
Resistendo alla tentazione di ridere come una bimba felice, Cissy seguitò a rincorrere la stoffa dispettosa che andava svolazzando, posandosi a tratti e poi riprendendo la sua corsa.
- Accio!- provò la ragazza, ma il leggero foulard era troppo svelto e non riusciva a centrarlo.
Ad un certo punto sembrò concludere la sua corsa e lei riuscì a scattare verso il bel tessuto blu ma, prima che potesse sfiorarlo, una mano lo afferrò, sollevandolo da terra.
In allerta, Narcissa sollevò lo sguardo e, subito dopo, sentì un misto di gioia e preoccupazione nascere in lei.
- Regulus!-
Suo cugino la fissava con il suo bel viso stravolto, i capelli scuri incollati al volto dalla pioggia che non si era curato di evitare, gli occhi grigi febbrili e lucenti come non mai.
- Cissy…-
La sua voce aveva un tono infantile, incrinato dall’emozione e da qualcosa che assomigliava al pianto.
Il cuore di Narcissa perse un battito.
- Reg...stai bene?-
Si avvicinò di un passo e lui rimase immobile, guardandola come avrebbe potuto contemplare una visione celestiale ma del tutto irreale.
Sembrava così affranto che lei dimenticò il loro ultimo incontro e spiccò una piccola corsa per avvicinarglisi, temendo che lui potesse andarsene.
Gli afferrò la mano che ancora stringeva il foulard e l’altra la posò sul suo volto pallido e gelido, cercando di ridestarlo da quella specie di trance nella quale era caduto.
- Cissy…- ripeté lui, posando lo sguardo sulla ragazza.
Narcissa sentì le viscere contorcersi.
- S-sono qui...cosa succede? Ti hanno fatto del male? Lui ti ha fatto qualcosa??-
Regulus, sentendo quella frase, quel tono pieno di disprezzo e di rabbia, sembrò riprendersi.
Fissò con attenzione il viso della ragazza che amava disperatamente da tutta la vita: sua cugina, il suo affetto più caro.
Si chinò su di lei e la baciò con dolcezza sulla bocca, catturandole le labbra come un uomo disperso nel deserto avrebbe potuto posarle su una fonte di acqua fresca a limpida.
L’aria attorno a loro, in quel vicolo scuro e umido, ululava.
Narcissa non riuscì a respingerlo, trattenuta dalla disperazione che lui emanava, dalla consapevolezza che scacciarlo avrebbe voluto dire perderlo per sempre.
Non rispose al bacio, mentre lui le sfiorava le labbra senza violenza, assaporandola con una passione e una tenerezza che le fecero venire le lacrime agli occhi.
Vacillarono e lei si appoggiò al muro ruvido di un edificio, mentre il corpo di Regulus la stringeva delicatamente , lei intrecciò le dita a quelle del ragazzo, senza muoversi, seguitando a non rispondere a quell’assalto tenero e, al tempo stesso, sensuale.
Lui sembrava non stancarsi di quel contatto, di accarezzarle i capelli, di lasciare i loro corpi  incollati.
Il suo Reg, il suo compagno di giochi.
Ad un certo punto il giovane posò la fronte su quella di Narcissa, staccando leggermente le labbra dalle sue.
Un singhiozzo gli sfuggì, un lamento di disperazione pura.
Lei sentì il sapore delle lacrime amare e salate del ragazzo incunearsi tra le proprie labbra.
- Reg...cosa succede?! Come posso aiutarti?!-
Sentiva quel tormento invaderla, lui le si strinse convulsamente, poi le tempestò il volto di baci, scendendo a baciarle il seno, la vita, crollando in ginocchio davanti a lei e nascondendo il viso nelle pieghe del mantello di sua cugina.
- C-Cissy...ho paura Cissy…-
Singhiozzava con tutta l’anima, le spalle scosse da quei tremiti convulsi.
- Chi vuole farti del male? Ti posso aiutare, Reg, non disperarti! Sono certa di poterti aiutare!-
Cercò di muoversi ma la stretta di lui era troppo forte, affondò la mano tra i capelli folti del giovane, sperando di fargli alzare la testa.
- ...ho paura di perderti...non voglio andare in un posto dove non potrò più guardarti, toccarti...potrei tollerare la morte...ma è il separarmi da te che mi distrugge...la morte vuol dire questo, Cissy! Separazione...è di questo che ho paura, di finire in un luogo oscuro dove la mia luce non esisterà più…- i singhiozzi divennero una tempesta - Eppure non posso fare altrimenti! Non posso lasciar correre...Non posso sopportare che quell’essere cammini sulla stessa terra che calpesti tu!-
Si alzò in modo così repentino che Narcissa non riuscì a trattenerlo.
Lui si portò a distanza di qualche passo, mentre il vento bagnato di pioggia continuava a colpirlo, mentre quell’ululato diventava tormenta.
E allora il cuore di Narcissa rallentò il suo corso, osservando la figura scura di suo cugino, il volto bianco con i capelli neri incollati ad esso.
“Nooo!” urlò dentro di sé, mentre la pioggia gelida le sferzava il viso.
Regulus la fissò con gli occhi privi di luce ma colmi di lacrime.
- E’ la mia condanna...e la devo pagare, devo scontare questa pena…- lui chiuse un attimo gli occhi e poi le mostrò il Marchio Nero inciso sul suo braccio sinistro - Ecco qui le mie catene! Non so se posso liberarmi, Cissy! Ma devo tentare...ti amo Cissy...da sempre, per sempre…-
- Reg, nooo…!-
Narcissa scivolò sul selciato umido e infangato, rovinando a terra mentre lui scompariva sotto i suoi occhi.
- Noooo! Nooo! - continuò a urlare, stringendosi l’addome con le braccia, i capelli biondi che sfioravano quel terreno sporco.
Pianse convulsamente per lunghissimi minuti, mentre l’agghiacciante scoperta le penetrava nelle mente: era Regulus l’uomo che tormentava i suoi sogni da dieci anni, era lui che le parlava nei suoi incubi, cercando di comunicarle qualcosa, di strapparsi il Marchio Nero dal braccio.
Provò a rialzarsi, troppo sconvolta anche solo per reggersi in piedi.
Doveva trovarlo, doveva trovare suo cugino, forse poteva salvarlo.

 
 

- Come sarebbe a dire che non lo sai?!-
Lucius era fuori di sé e gli occhi chiari lampeggiavano pericolosamente.
Kebby e Dobby si appiattirono contro la parete ma Kraffy non sembrò spaventata.
- Padrona non dice a Kraffy dove va!- scosse la testa facendo sbatacchiare le orecchie - Lei va e basta! Con quella elfa umana che la segue!-
Lucius stava per replicare duramente quando la porta del suo studio si spalancò e Narcissa si precipitò verso di lui, ignorando tutti e anche la buona educazione, e si aggrappò alle sue braccia, senza curarsi di bagnare tutto e dell’aspetto che aveva.
- Devi aiutarmi!-
Suo marito la guardò con gli occhi sbarrati, gettando uno sguardo anche a Dorothy, ferma sulla soglia stravolta e del tutto esausta.
- Lasciateci! Tutti! - ordinò allora e i tre elfi e la donna mormorano qualcosa e poi uscirono.
Lucius fissò il volto sconvolto di sua moglie, i capelli bagnati e sporchi, gli abiti inzuppati.
- Per Salazar...andiamo nella nostra suite, ti prenderai un accidenti…-
Lei lo scosse con forza :- Chissene importa! Devi aiutarmi, tu devi, solo tu puoi…-
Lui strinse gli occhi e poi le afferrò le braccia con le mani, per impedirle di continuare.
- Prima ti metterai qualcosa di asciutto addosso, poi parleremo...andiamo nei nostri appartamenti…-
Tutto sommato gli fu grata per quella calma e quella risolutezza e si lasciò condurre senza più protestare.
Una volta giunti alla suite, Lucius la guardò un attimo e poi le disse :- Vado a chiamarti Dorothy…-
- No! - lo bloccò subito, temendo che lui sparisse - Aiutami tu…-
Lucius la fissò perplesso e poi si lasciò andare a un sorrisetto ironico.
- Vuoi che ti aiuti a spogliarti?-
La gratitudine si dissolse in un istante.
- No…- sibilò, guardandolo male - Voglio che tu resti qui mentre mi cambio e mi asciugo…-
- Peccato! - Lucius si strinse nelle spalle e si accomodò sul sofà, mentre lei scompariva in quella che avrebbe dovuto essere la loro camera da letto ma dove, di fatto, lei dormiva da sola da quasi un mese.

 

Quando Narcissa riapparve aveva indossato un caldo vestito di lana e aveva ripulito i capelli, senza asciugarli.
Lucius la guardò senza dire nulla, in attesa.
Era difficile iniziare, ora che il vicolo di Diagon Alley sembrava solo una visione, una specie di sogno ad occhi aperti.
Eppure la disperazione di Regulus era reale, così come i suoi baci, la sua voce.
- Innanzitutto ti chiedo scusa per poco fa - fu difficile ma dovette farlo, perdere il controllo la metteva a disagio.
Lucius inarcò un biondo sopracciglio ma non disse nulla.
- Si tratta...si tratta di un favore - deglutì, odiandosi per la propria incapacità comunicativa - Ho bisogno che tu controlli Regulus, mi serve sapere se sta bene, se è tutto a posto.-
L’espressione di suo marito era un mix micidiale: sarcasmo, derisione, fastidio...delusione.
“Forse io e lui non saremo mai una vera coppia…” si disse Narcissa, sentendo montare in lei la disperazione.
Lucius si alzò e la guardò negli occhi, come faceva di rado.
- Ti serve altro?-
Cissy avrebbe voluto schiaffeggiarlo, graffiargli quel volto impertinente.
- No.-
- Ottimo, tuttavia io sono un uomo d’affari, più che favori eseguo scambi, commerci, concludo contratti...stipulo accordi. -
Narcissa sbatté gli occhi, leggermente spiazzata.
- Cosa ci guadagno, io?- le spiegò con un tono paziente ed esasperato insieme.
“Disgraziato!”
- La mia riconoscenza?- tentò, sapendo di fallire.
Lucius rise di cuore.
- Per fortuna sei bellissima, perché come donna d’affari saresti un disastro…-
L’afferrò per il braccio e la baciò con forza, le mordicchiò le labbra, la stuzzicò con la punta della lingua.
Narcissa fu sconvolta dall’immediata reazione del proprio corpo, dal sospiro che non seppe trattenere.
Lui la lasciò andare di colpo, così come l’aveva afferrata.
- Per ora può andare, diciamo che è un anticipo! - la schernì con arroganza, dirigendosi verso l’uscita - Ma dovresti capire da sola che tu, da me, puoi avere tutto quello che vuoi…- le fece l’occhiolino - Basta pagare!-
Se ne andò chiudendo con grazia la porta, lasciandole il suo sapore sulle labbra e la sensazione che fosse sempre lui, alla fine, a condurre il gioco.
 

(Settembre)

 
Erano passati quasi cinque mesi da quando aveva visto Regulus a Diagon Alley, sei da quando era sposata con Lucius.
Narcissa sospirò: i sei mesi cadevano quel giorno, per esattezza.
Sei mesi in cui nulla, in fondo, era cambiato tra di loro, la sua permanenza a Malfoy Manor non aveva niente di diverso da quelle avute precedentemente.
Lei e Lucius sembravano due bravi compagni di scuola che condividevano un dormitorio.
Con l’andare delle settimane si era resa conto di quanto fosse difficile averlo così vicino e non poterlo baciare, abbracciare e vivere con lui come una moglie.
L’orgoglio era una barriera enorme, per tutti e due.
Lucius aveva mantenuto la promessa, dormendo vicino ma senza tentare mai di entrare nella sua camera da letto.
Le aveva anche dato notizie di Regulus, senza approfondire su cosa avesse spinto sua moglie a preoccuparsi a quel modo, le aveva riferito più volte di aver visto suo cugino, di averlo trovato in perfetta salute e di non aver notato nulla di strano, anzi.
Le aveva fatto velatamente capire che Regulus stava svolgendo un buon lavoro e quindi che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Narcissa aveva cercato di dominare quell’inquietudine, di rintracciare suo cugino, era anche andata a trovare la zia Walburga ma nulla le aveva dato segno che ci fosse qualcosa di strano nell’aria.
Con un sospiro si alzò dalla poltrona del suo “salotto della collana” e guardò fuori dalla porta finestra, dove gli alberi di castagno stavano tingendosi di giallo e di rosso.
- Hai voglia di fare una passeggiata?-
Narcissa si voltò e vide Lucius sulla soglia, vestito in modo insolitamente informale, i capelli biondi sciolti.
Lui sembrava di buon umore e Cissy ce la mise tutta per non rovinare quel momento di tranquillità.
- Certo volentieri…- trovò persino un sorriso da indirizzargli.
Lui si scostò per lasciarle libero lo specchio della porta :- Vieni, la passeggiata non sarà nei giardini di Malfoy Manor.-
Stupita e incuriosita, lo seguì fuori dalla stanza e poi lungo le scale e i corridoi.
Con un pizzico di delusione, si ritrovò nella galleria che ospitava i ritratti degli avi di Lucius.
Lui le lanciò uno sguardo di sottecchi e sorrise nel cogliere la sua espressione delusa.
- E’ un po’ che non vieni a trovare Draco, vero?-
Gli scoccò un’occhiata, chiedendosi a che gioco stesse giocando.
- In effetti non sono venuta qui ultimamente.- gli concesse, fermandosi davanti al quadro del fascinoso mago ammazza draghi.
Lo fissarono in silenzio per pochi istanti e lui fece loro un cenno con la testa.
Ad un certo punto, Lucius, cogliendola del tutto di sorpresa, l’afferrò per la vita e la pose a fianco del quadro, nella nicchia coperta dai pesanti tendaggi neri che circondavano la cornice del ritratto.
- Cosa fai?!- gli chiese, stupita.
Per tutta risposta Lucius si issò anche lui nella nicchia, stringendosi a Cissy e sorridendole.
- Comodo no?-
Narcissa cercò di calmarsi, ma lui era così vicino che non poteva non emozionarsi.
- Abbastanza, è qui che mi sono nascosta quando ho sorpreso Kebby andare...lo sai...in quella stanza…-
Non aveva voglia di nominare Druella.
- No, io parlavo della funzione di questa nicchia e di queste tende...sono incredibilmente ingegnose, lo sai? Ci vediamo di là!-
Lucius si strinse ancora di più a Narcissa e, prevenendo le sue proteste, la spinse di lato facendola scivolare letteralmente dietro il quadro.
- Ah! -
Cissy esclamò per la sorpresa e si sentì perdere l’equilibrio, cadendo all’indietro.
Solo che, invece di trovare un muro, scivolò tra altre tende nere e si ritrovò a terra in una stanza semibuia e polverosa, piena di ciarpame.
Un attimo dopo anche Lucius apparve nella stanza, atterrando con eleganza e agilità.
L’aiutò ad alzarsi, sorridendo della sua espressione sconcertata.
- Ma che posto è mai questo? Una specie di stanza segreta? - gli chiese, guardandosi attorno e togliendosi la polvere dal vestito.
Il sorriso di suo marito si fece più ampio.
- Non proprio…- allargò le braccia - Benvenuta nella soffitta della residenza della famiglia Arundel...Benvenuta in Cornovaglia!-
 
 
Fine sessantaduesimo capitolo

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Capitolo 63
*** Land's End (prima parte) ***


Scusate per la lunga assenza ma non riesco davvero ad accelerare i tempi...ringrazio, come sempre, tutte le persone che seguono questa storia e chi ha recensito il capitolo scorso: miss Gold_394, Morgana89Black e Occhioni Azzurri. Vi lascio un riassunto delle puntate precedenti, buona lettura!


Dove eravamo rimasti:

Brigid rivela a Regulus che potrà raggiungere la grandezza alla quale aspira solo ostacolando l'Oscuro Signore; il ragazzo, sconvolto, rivela a Cissy la sua paura di perderla e di morire e, in quello stesso momento, la ragazza capisce che l'uomo dei suoi incubi è proprio Regulus. 
Dopo aver chiesto a Lucius di darle notizie del cugino, Cissy attende mesi covando una grande ansia, ma tutto sembra scorrere in modo normale e le notizie su Regulus sono rassicuranti.
Giunto l'autunno, Lucius rivela a sua moglie uno dei segreti di Malfoy Manor: dietro il quadro di Draco l'Ammazzadraghi si cela una porta segreta che conduce in Cornovaglia, nel cottage appartenuto a Gwen, la madre di Lucius.







 


(Land's End - dipinta per questa storia da miss Gold_394)


 

 

Oh notte tu eri la mia guida
Oh notte più amata del sole che sorge
Oh notte che unì l'amante 
all'amato
Trasformando ognuno di loro nell'altro.

(The dark night of the soul - Loreena McKennit)




“Un gelido destino”

 

Sessantatreesimo capitolo

 

(Land’s End - prima parte)

 

Se avesse potuto dipingere un quadro intitolato ‘Felicità’, Narcissa vi avrebbe impresso ogni dettaglio di Land’s End, il frammento di Cornovaglia dove Lucius l’aveva condotta.
Superato lo stupore iniziale, la ragazza aveva riempito suo marito di domande, cercando di capire quale tipo di magia avesse creato la connessione tra Malfoy Manor e il cottage degli Arundel.
Lui aveva sorriso, scosso la testa e preso tempo, afferrandole la mano e conducendola al piano di sotto, per farle visitare quell’edificio così pittoresco e insolito.
La polverosa soffitta, nella quale Narcissa era letteralmente precipitata, occupava il piano superiore e, una volta scesa un’ampia scalinata di pietra, erano giunti in una grande cucina dall’aspetto rustico ma ordinato.
Al pian terreno si trovavano anche un accogliente salotto, un bagno con una vasca di ferro smaltato e due camere da letto: quella padronale, pronta ad accogliere degli ospiti, e una più piccola i cui mobili erano coperti da ampi teli.
Tutto l’aspetto del cottage dal tetto di paglia era caldo e intimo, non c’erano grossi ornamenti o oggetti raffinati, ma solo vecchie poltrone, quadri a olio che raffiguravano i paesaggi del luogo, e tante pietre e oggetti simili a quelli che avevano adornato il cottage scozzese di Kerenza.
L’insieme era davvero particolare e non aveva nulla a che vedere con la magione della famiglia Malfoy.
Con suo enorme stupore, Cissy aveva visto Lucius muoversi in quell’ambiente con grande familiarità e perfettamente a suo agio, anzi, il suo incedere era divenuto meno controllato e misurato, mentre il suo volto aguzzo era soffuso di una luce calda e soddisfatta.
Sembrava che avesse una particolare empatia con quel luogo e, dopo qualche ora, anche Narcissa si era rilassata e aveva cominciato a godersi la giornata.
Il caminetto acceso e un grande cestino da pic nic le aveva fatto comprendere che qualcuno, sospettava si trattasse di Kraffy, aveva preparato tutto per il loro arrivo.
- Vieni, è quasi ora di pranzo, c’è un posto che vorrei farti vedere.-
La voce di Lucius la riscosse dai suoi pensieri e, con un certo batticuore, Narcissa accettò il braccio che lui le offriva.
Si incamminarono così, lungo un sentiero di terra battuta, avanzando con calma l’una a fianco dell’altro, come una coppia di comunissimi sposi mentre il cestino in vimini li seguiva galleggiando pigramente accanto a loro.
L’aria era fresca e portava con sé l’odore della salsedine, il cielo era appena screziato da qualche nube bianca e il cuore di Narcissa era in bilico sul ciglio di un precipizio.
L’emozione le mozzava il fiato perché sentiva in Lucius qualcosa di diverso, come se lui avesse lasciato a Malfoy Manor la maschera che di solito portava, sia quella metaforica che quella reale da Mangiamorte.
La ragazza non capiva come mai suo marito avesse trovato il tempo e la voglia di condurla lontano da casa, lontano dai doveri e forse dalla realtà ma, il suo intuito glielo suggeriva, da quella gita dipendeva molto: l’intero loro futuro.
- Tutto questo terreno è della famiglia di mia madre,- le stava raccontando Lucius, - fino a quel bosco laggiù che, per le streghe corniche, è oggetto di culto secondo solo a Tintagel, la città sacra.-
La brezza gli scompigliava i capelli biondi, per una volta liberi da impedimenti, e il sole autunnale esaltava i riflessi cobalto dei suoi occhi azzurri.
Cissy faceva fatica a seguire ciò che le stava dicendo perché era consapevole della sua vicinanza con tutto il proprio corpo, sentiva un calore intenso nel basso ventre e quell’emozione assoluta che solo Lucius sapeva crearle quando le barriere si assottigliavano e le distanze si riducevano.
- E’ la prima volta che mi parli apertamente della tua famiglia da parte Arundel.-
Cercò di riprendersi e di partecipare alla conversazione, in effetti Lucius non aveva mai approfondito ciò che riguardava Gwen, le poche informazioni che aveva ottenuto gliele avevano fornite Abraxas, oppure una lacrimosa Kraffy.
- Non c’è molto da dire, o meglio, ci sarebbero infinite cose da dire sia su questa terra che sulla stirpe che l’ha calpestata per secoli ma, mi duole dirlo, sono tutte molto in conflitto con il mondo in cui noi viviamo, Narcissa.-
Non aveva usato un tono duro ma aveva sollevato il mento con aria altera, come per sfidarla a contraddirlo.
Avrebbe voluto rammentargli che la magia cornica era nata prima di quella considerata “tradizionale”, che la potenza delle streghe di quelle terre era leggendaria, che quello stesso sangue così straordinario scorreva nelle sue vene ma, per qualche motivo, Lucius sembrava voler reclamare con forza la sua appartenenza alla dinastia Malfoy.
Narcissa non voleva discutere con lui né voleva rovinare quei momenti, così tacque e si limitò ad annuire, onde evitare che lui alzasse nuovamente un muro tra di loro.
Il dolce pendio del sentiero divenne man mano più erto e, dopo aver camminato ancora per qualche minuto, ammirando il panorama che diveniva sempre più intenso e affascinante, Cissy e Lucius giunsero sulla cima di una scogliera a picco sul mare.
Non era nuda roccia ma un fazzoletto di terra ricoperta di piante di erica in piena fioritura bianca, spighe di amaranto e di cespugli di Agapanto dal loro inconfondibile fiore campanulato pennellato di azzurro.
In quel tripudio di intense tinte naturali, spiccava il bianco candido di una panchina scolpita direttamente in una grande roccia e posta all’ombra di un salice piangente.
Quell’angolo di mondo era di una bellezza assoluta e commovente e Narcissa rimase senza parole per dei lunghissimi istanti, sotto lo sguardo attento di suo marito.
- Questo era il rifugio preferito di mia madre,- le disse, sorridendo lievemente, - ma io non ho mai avuto la fortuna di vederla seduta qui, in pace e armonia con la sua terra, mentre si godeva questo panorama e aspirava il profumo del mare.-
- Mi dispiace…-
Lucius sollevò una mano per bloccare le parole di sua moglie e, con un gesto della bacchetta, dispose in un attimo l’elegante tovaglia da pic-nic e il contenuto del cestino.
- Kraffy non fa che ripetermi che sei troppo magra...credo abbia un tantino esagerato…-
La quantità di cibo, contenuta magicamente in un cestino di medie dimensioni, sarebbe bastata a sfamare un esercito di Troll e strappò una risata a Narcissa che, invitata da Lucius, si accomodò sulla tovaglia di lino grezzo.
Mangiarono qualche sandwich in silenzio e poi lei decise di riprendere il discorso dov’era stato interrotto.
- Kraffy era molto devota a tua madre.-
Lucius sorrise, sorseggiando un bicchiere di vino, ma non disse nulla.
- Credo le sia mancata molto una figura di riferimento femminile! Tu e tuo padre, lasciatelo dire, non siete molto attenti alla conduzione della casa…- aggiunse con tono di scuse.
Lui sorrise lievemente, giocherellando con il calice di cristallo.
- Infatti ho dovuto faticare non poco per impedire a quell’elfa appiccicosa di dormire fuori dalla nostra suite, su un tappeto posato per terra…Ho dovuto rammentarle che non sarebbe stato delicato, visto la nostra fresca condizione di giovani sposi.-
L’occhiata che lui le lanciò la fece arrossire: il riferimento al loro appartamento nel quale, di fatto, vivevano come separati in casa se non estranei, le causò un piccolo malessere fisico.
Decisa a non farsi scoraggiare, Narcissa bevve una lunga sorsata di quel vino frizzante e sospirò a fondo, addentando un altro sandwich.
- Ci andrei piano con il vino se fossi in te: ricordo un paio di volte in cui l’alcool è stato un pessimo consigliere.-
Gli lanciò un’occhiataccia, sentendo il proprio orgoglio lacerarsi nel rammentare il matrimonio di Bellatrix e la festa della sciarada figurata, due occasioni nelle quali non aveva brillato affatto; ma Lucius se la rideva sotto i baffi e, quando i loro occhi si incontrarono, Cissy sentì di aver perso di colpo l’appetito.
Alla festa degli Hinchinhooke, Lucius l’aveva salvata da un orribile sorte dopo una lunga separazione e, subito dopo, l’aveva trascinata in un turbine di passione che le aveva fatto dimenticare tutto: il buon senso, il decoro e anche il rancore che aveva provato per lui.
Ogni volta che si erano lasciati andare e avevano rotto le barriere che li tenevano lontani, tra di loro era scoppiato un vero incendio: dal loro primo vero bacio a Malfoy Manor fino alla sfortunata prima notte di nozze.
“Ma è fin dal nostro primo incontro che lui mi turba e spezza la mia serenità; anzi, da prima ancora che lo conoscessi, fin da quando fu annunciata l’intenzione di legarci con un fidanzamento: Lucius ha condizionato la mia vita da sempre, dal momento stesso in cui le nostre strade si sono incrociate.”
E adesso erano sposati.
- Kraffy è una strana elfa, in effetti: è piuttosto autoritaria, invadente e se ne va in giro bardata con vestiti lussuosi...non l’ho mai vista con addosso i classici strofinacci da domestico.-
- Né mai la vedrai: Kraffy è un’elfa libera.-
Ci volle qualche secondo perché l’informazione penetrasse nella mente di Naricissa ma, una volta realizzato quel fatto, si rese conto che i segnali c’erano tutti.
- L’ha liberata tua madre?-
La risposta era ovvia, naturalmente.
- Si, mia madre la trovò ridotta in fin di vita, picchiata a sangue dal suo precedente padrone...gliela strappò letteralmente di mano, la curò e la liberò. Quando l’elfa capì di essere stata liberata cercò di punirsi, ma mia madre la convinse che solo come creatura libera le avrebbe consentito di restarle accanto. Insomma: o la serviva da libera o non avrebbe mai più potuto comparire davanti agli occhi della sua salvatrice.- Lucius sparecchiò con un colpo di bacchetta. - Ovviamente Kraffy scelse la libertà, era troppo devota a mia madre anche se mentalmente è rimasta una schiava. Del resto fa parte della loro natura essere servili, è sempre stato così e sempre lo sarà.-
- Avrei voluto conoscere tua madre…- sussurrò Narcissa, colpita.
Per lei gli elfi erano sempre stati creature trascurabili, sentì una sorta di inferiorità per una donna che aveva saputo vivere secondo le proprie regole nel pieno rispetto dei propri sentimenti.
- Credo che vi sareste comprese reciprocamente, - Lucius le sorrise sornione, - ma lei era meno composta di te e, al tempo stesso, era molto più flessibile con suo marito...o fingeva meglio…-
Prima che Cissy potesse protestare, Lucius si alzò in piedi e le porse la mano.
- Credo sia il caso di passeggiare ancora un po’, per smaltire questo pranzo pantagruelico...non capisco come tu possa contenere così tanto cibo!-
- E’ l’aria di mare che mi mette appetito!- si difese Narcissa, sentendosi effettivamente piena da scoppiare.
Il resto del pomeriggio passò serenamente, passeggiarono e chiacchierarono di cose meno personali e, con un guizzo di gioia purissima, Cissy si rese conto di essere a proprio agio in compagnia di suo marito. Le stava mostrando un lato nascosto e più sereno, cosa che le instillò un senso di speranza: forse era proprio per questo che Lucius l’aveva condotta là, per porgerle un ramoscello d’ulivo e tentare di cambiare direzione al loro matrimonio.
Quando fu l’ora di rientrare era ormai il crepuscolo e il senso di desolazione che provò all’idea di ritrovarsi a Malfoy Manor le tolse il fiato.
- Bene, ti concedo l’uso del bagno per prima, - le mormorò Lucius, quando si ritrovarono nel salotto del cottage, - ma ti chiedo la cortesia di non metterci una vita: sai benissimo che amo prendermela con calma.-
Narcissa sbatté gli occhi e, con un’ondata di comprensione, si accorse che il caminetto era acceso e che dalla cucina proveniva un profumo invitante.
- Restiamo qui?-
Lucius rimase impassibile :- Si, ho un paio di giorni privi di impegni importanti. Credo che un cambio d’aria possa giovare a tutti e due.-
La sua voce era priva di espressione ma la ragazza dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non gettargli le braccia al collo.
- Occuperai la stanza padronale, ci sono già i tuoi bagagli. Ora va e non metterci troppo, vorrei cenare a un’ora decente.-
Dopo essersi alternati nel piccolo bagno pittoresco, consumarono una cena leggera e quindi trascorsero un paio d’ore nel salotto intimo e confortevole; Narcissa recuperò un libro dalla piccola biblioteca e tentò il difficile compito di tradurre quelle rune singolari e particolarmente antiche ed esotiche; Lucius si immerse nella lettura di alcune pergamene che portavano il timbro del Ministero della Magia.
- Credo che andrò a dormire…- sussurrò lei ad un certo punto, soffocando uno sbadiglio e lanciandogli un’occhiata interrogativa, cercando di non apparire troppo ansiosa.
- Ottimo, - Lucius le sorrise, sollevando appena lo sguardo, - io ne ho ancora per un po’. Dormirò qui in salotto, non ha senso preparare la camera piccola per un paio di notti. Dormi bene!-
La congedò così, senza più alzare gli occhi e Narcissa non capì se fosse maggiore la delusione o il sollievo.
Il giorno seguente, il momento più difficile fu il risveglio, almeno per lei. Si rese conto di non aver mai condiviso quel particolare rituale giornaliero con suo marito e, in generale, con molte persone nell’arco della propria vita.
Quando si presentò in salotto, Lucius era sveglio e attivo da almeno un’ora e le rivolse un’occhiata frettolosa e un sorriso blando.
- Stavo per venire a svegliarti, - le disse porgendole una tazza di caffè alla cannella. - Il tempo si sta guastando e vorrei portarti a vedere l’entroterra; quindi muoviti, gli acquazzoni autunnali non sono il massimo per godersi una passeggiata.-
- Da quando sei un appassionato di escursioni? Credevo che amassi muoverti solo per i lunghi corridoi del Ministero…- lo punzecchiò, ingnorando il suo tono di comando e sorseggiando quella bevanda aromatica e piacevole.
- Ci sono un sacco di cose che non conosci di me!-
Qualcosa nel suo tono aumentò di colpo la tensione nella stanza e Narcissa fu grata di potersi aggrappare alla tazza calda e di non essere costretta a rispondere.
A dispetto di quell’inizio un pochino incerto, la giornata si svolse in maniera perfetta: Lucius sembrava determinato a creare una bella atmosfera tra di loro e lasciare fuori tutto ciò che poteva inquinare la sensazione di serenità che si respirava.
Cissy fu ben felice di assecondarlo e si sorprese a raccontargli aneddoti della propria infanzia, specie i giochi che faceva con le sue sorelle nei boschi di Weirwater.
- La stessa Bellatrix che conosco io? - si stupì Lucius, dopo che sua moglie gli ebbe raccontato di una spedizione, organizzata da Bella, per portare alle fate delle noci caramellate per le quali andavano ghiotte, e che le avrebbe aiutate a superare il rigido inverno scozzese.
- Forse non avrei dovuto distruggerti l’immagine di donna crudele…- sussurrò Cissy, sorridendo appena, immersa in quei ricordi lontanti.
- Non c’è racconto tenero e appassionato che possa mutare la mia opinione su di lei.-
Il sottofondo duro della sua voce riportò alla mente di Narcissa quel lato di Lucius che sembrava occultato dall’atmosfera incantata della Cornovaglia.
Proseguirono in silenzio per un po’, Narcissa decise di fare uno sforzo e parlò del più e del meno, cercando disperatamente qualche argomento che non fosse troppo spinoso.
“Di chi parlo? Di Andromeda, che ha sposato un babbano e viveva nel Villaggio distrutto dai Mangiamorte all’inizio della guerra? Di mia madre che ha una stanza tutta per sé nella casa che era di Gwen? Del Signore Oscuro, che non ci ha concesso nemmeno la prima notte di nozze? Dei miei cugini: uno traditore del suo sangue e uno che ha già causato aspre discussioni tra di noi?”
Ci mancò poco che scoppiasse a ridere nervosamente, rendendosi conto che ogni singolo lato del loro rapporto presentava delle asperità; ogni attimo del loro passato rischiava di inasprire il loro futuro.
- Le escursioni più avventurose le ho compiute a Malfoy Manor.-
La voce di Lucius la strappò dalle sue considerazioni e, continuando a passeggiare, lo lasciò parlare senza interromperlo.
- Evan era una specie di turbine perennemente in movimento: non aveva mai pace.-
Lucius parlava in tono piatto, quel tono che Narcissa stava imparando a riconoscere: era quello che usava quando non voleva rivelare le proprie emozioni più profonde.
- Con lui ho scoperto tutti i più reconditi misteri della mia casa, beh, quasi tutti…- sorrise e, senza preavviso, afferrò la mano di sua moglie intrecciando le dita alle sue, - ...il mistero del quadro di Draco l’ho scoperto da solo,  quando Evan era già rientrato a Hogwarts e mia madre era a letto malata.-
- Dev’essere stato un periodo difficile…- gli sussurrò, godendo del contatto delle loro mani, sperando che non interrompesse il suo racconto.
Stava apprendendo di più su di lui in quelle poche ore che in dieci anni.
- Si, diciamo che mi annoiavo a morte, - si strinse nelle spalle. - La galleria dei quadri era un’attrazione per me, ancora non sapevo di...beh, lo sai...comunque, un giorno mi infilai tra quelle tende nere per gioco e, potrai immaginare con quale sconcerto, mi ritrovai nella soffitta di quel cottage.-
- Ti sarai preso un bello spavento!-
Improvvisamente Lucius scoppiò a ridere di cuore, cogliendola di sorpresa.
- Si! Ma mai quanto lo spavento che si prese Kerenza quando mi vide piombare in salotto!-
- Kerenza?!-
Lui si ricompose e si voltò verso sua moglie con gli occhi brillanti e pieni di ilarità :- La casa era di mia madre, ma Kerry vi andava spesso e, come scoprii in seguito, mia madre aveva creato quella connessione soprattutto per poter stare con sua cugina. - Lucius sospirò e proseguì con una voce più amara, - mio padre non l’ha mai saputo, lui aveva preteso che sua moglie tagliasse i ponti con tutto ciò che riguardava le sue origini e i suoi affetti...Lei lo ha accontentato ma, in realtà, ha fatto di testa propria e sotto il suo naso, aggiungerei.-
Narcissa era senza parole: Gwen che accettava simili compromessi e, al tempo stesso, che usava la propria magia per riuscire a conciliare tutto.
- Doveva amare molto tuo padre…-
Lucius si bloccò e si voltò verso sua moglie con un’espressione tale che lei si sentì piegare le ginocchia.
- Si, lo amava...nonostante tutto e contro tutto. Lo ha accettato così com’era e ha tratto tutto il bene che ha potuto dalla loro unione.-
Non c’era recriminazione in quelle parole, ma Cissy sentì un profondo senso di inadeguatezza ferirla e toglierle ogni gioia.
- Comunque quello fu il mio primo incontro con Kerenza, - concluse Lucius come se nulla fosse. - In seguito andai a trovarla spesso, nonostante fosse molto diffidente. Bene, ora credo sia meglio rientrare, non tarderà a piovere.-
Lui sembrava tranquillo ma Narcissa aveva quell’inquietudine che le scavava dentro, mentre una decisione maturava lentamente dentro di lei.
La serata si svolse come la precedente: chiacchierarono amabilmente consumando una cena squisita, e poi si godettero serenamente la reciproca compagnia.
Una volta che gli ebbe augurato la buonanotte Narcissa si ritirò in camera ma, per almeno un’ora, camminò su e giù per la stanza mordicchiandosi le labbra senza decidersi a coricarsi.
Lucius era a soli pochi passi da lei, appena un muro li divideva.
Ben più profonde erano i fossati che li tenevano separati, almeno nella loro vita di tutti i giorni. Ma, in quel mondo incantato, in quella specie di sogno ad occhi aperti che era la Cornovaglia e la dimensione dove stavano vivendo in quelle ore, ogni barriera era caduta come se si fossero tolti le armature e avessero stabilito una tregua.
In quella pace dello spirito, certi sentimenti sembravano ridestarsi e i sensi infiammarsi.

 

Lucius aveva appena spento il camino, quando un lieve fruscìo catturò la sua attenzione e, voltandosi verso la porta del salotto, credette di essere in preda a una visione.
Narcissa era sulla soglia, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, lasciate nude da una delicata e impalpabile camicia da notte.
La ragazza aveva il volto rosato e gli occhi accesi, sembrò cercare delle parole ma, alla fine, avanzò in silenzio verso di lui, gli afferrò la mano con delicatezza e se la portò al volto posando un lievissimo bacio sul polso di suo marito, dove una vena pulsava sempre più rapida.
Fu solo lo sfiorarsi di quelle labbra su quel piccolo lembo di pelle, eppure come la scintilla che incontra la legna, bastò a scatenare un incendio.
Lo sentirono divampare tra di loro, nel calore che i loro corpi emanavano senza nemmeno sfiorarsi.
Narcissa non disse nulla, lo attirò verso di sé e poi lo condusse nella camera padronale, invitandolo a seguirla.
Lucius sembrava ipnotizzato dalla sua schiena nuda e, quando giunsero davanti al grande letto matrimoniale, la ragazza si voltò con un piccolo sorriso e poi lo sospinse dolcemente per farlo sedere sul bordo.
- Non sei obbligata…- mormorò lui, incerto.
Narcissa sorrise ancora :- Non è da te essere così insicuro e conciliante…- si chinò su di lui e lo baciò sulle labbra.
Lucius sospirò e, dopo un attimo di indecisione, le catturò le labbra con passione, allungando una mano per posarla sul suo volto mentre con l’altra percorreva dolcemente la linea della sua schiena.
Le sue dita scivolarono leggere lungo la linea della spina dorsale, sfiorandole la pelle con maestria, tanto da strapparle un piccolo gemito.
- Sei davvero un uomo molto furbo…- gli sussurrò, staccandosi appena dalle sue labbra, - ...hai creato tutto questo per irretirmi…-
Lucius le mordicchiò il labbro inferiore, sorridendo soddisfatto :- Diciamo che volevo quantomeno…ammorbidirti...-
Cissy lasciò che le sue labbra le solleticassero il mento e poi aderissero al collo; lo strinse a sé affondando le mani tra i suoi capelli chiari, fendendoli con le dita, sollevandoli in modo che risplendessero nella tenue luce della Luna che si palesava a tratti.
Lucius non aveva fretta e assaporava la sua pelle con assoluta lentezza, umettandola, disegnando su di essa piccoli vortici deliziosamente umidi.
Narcissa si scostò appena e gli circondò il viso con le mani, delineando il contorno di quegli amati occhi azzurri con i pollici, seguendo il profilo di quel naso nobile e di quegli zigomi pronunciati; poi gli sorrise e, muovendo un piccolo passo indietro, fece scivolare le spalline della camicia da notte lungo le braccia.
Rimase così, nuda in piedi davanti a lui, senza vergogna ma in preda a una trepidante emozione, all’euforia di essere solo una donna che si lasciava ammirare dal proprio uomo.
Per una volta soli, senza finzioni, senza impedimenti.
Gli occhi di Lucius scivolarono lungo il corpo di sua moglie, la sua amante, bevendo ogni tratto aggraziato e sensuale, soffermandosi sui seni con tale ardore che le sembrò di esserne toccata.
- Dire che ho aspettato questo momento per anni...non è un eufemismo…- le sussurrò con una voce così arrochita dal desiderio e dalla passione da essere quasi irriconoscibile. - Sei meravigliosa…non sembri nemmeno reale, non posso credere che tu sia vera...-
Lucius allungò un braccio, quello marchiato, e percorse il contorno di quelle curve con la punta delle dita, senza tralasciare nulla ma soffermandosi con perizia e dedizione sull’areola delicata che spiccava nitida sulla pelle diafana.
Narcissa gettò indietro la testa emettendo un sospiro spezzato, gustando quelle carezze che le irretivano i sensi e oscuravano la mente, escludendo qualsiasi pensiero coerente.
Ad un certo punto, Lucius l’attirò a sé e affondò il viso tra i seni lasciando perdere qualsiasi gentilezza ma abbandonandosi a quel desiderio folle che aveva represso per troppo tempo.
Nemmeno la sensazione dei denti che le affondavano piano nella carne spaventò Narcissa: era eccitante, era deliziosamente erotico e lei non voleva rinunciare a nulla di ciò che lui aveva da offrirle.
Lucius scivolò all’indietro sul materasso e trascinò Cissy su di sé, completamente in balia della voglia che aveva di lei e libero dall’attesa frustrante di quegli anni in cui, per  troppe volte, aveva dovuto lasciarla andare.
La ragazza si sollevò appena sul gomito :- Non è giusto, sei ancora del tutto vestito…- gli sorrise nella semioscurità e le sue dita agili corsero a sbottonargli la camicia.
Lucius non sorrideva, non giocava, i suoi occhi erano bui di passione e, per la prima volta, Narcissa capì di avere del potere su di lui.
In quel momento confuso e offuscato da sensazioni troppo potenti, si rese conto che quella corrente emotiva era reciproca. Lo era da sempre.
Gli scostò i lembi di seta candida dal petto e ammirò la perfezione di suo marito: un torace ampio ma dalla mascolinità elegante, glabro ma che si lasciava attraversare da una sottile linea di peluria bionda che nasceva appena poco sopra la cinta, per tuffarsi nei pantaloni come a indicare la strada per la virilità.
Le dita di Narcissa sfiorarono quel sentiero villoso e poi armeggiarono con la cintura; Lucius non staccava gli occhi dal viso ardente e determinato della sua amante e, quando sentì le sue mani slacciargli i pantaloni, accompagnò il gesto sollevando i fianchi, per liberarsi dell’ultimo ostacolo e rimanere a propria volta nudo.
- Sei bellissimo…- gli sussurrò ammirandolo, sincera e indifesa davanti ai sentimenti che provava.
Lucius mormorò qualcosa di intellegibile chiudendo per un attimo gli occhi, come se la dolcezza di sua moglie gli causasse dolore, e poi, con un gesto repentino, l’attirò a sé lasciando che i loro corpi aderissero e la pelle si fondesse.
La baciò sulle labbra con foga, invadendole la bocca, soffocando dei gemiti mentre le mani non si stancavano di accarezzarla in modo sempre più intimo e audace.
Dopo un tempo infinito, Lucius rotolò sul fianco incastrandola sotto di sé e insinuandosi con un ginocchio tra le sue gambe, ma lei non ebbe bisogno d’altro e si aprì a lui, inarcandosi  per sentirlo ancora più vicino.
- Non posso più aspettare…- le sussurrò Lucius, completamente fuori di sé.
- Hai aspettato anche troppo...amore…- Narcissa gli mordicchiò la spalla e si inarcò ancora, per invitarlo a non esitare.
Non aveva paura del dolore, non lo temeva, voleva solo porre fino a quella distanza ed essere in tutto e per tutto la moglie e la compagna di quell’uomo che, in un modo o nell’altro, dominava la sua vita.
Lucius si puntellò sulle braccia e affondò inesorabilmente in lei, senza nascondere la propria urgenza e, per una volta, privo di controllo.
Narcissa strinse le lenzuola soffocando un lamento ma si contrasse solo per un attimo, poi si rilassò, indifferente alla sofferenza e catturata da ogni singola sensazione di quel rituale.
Lucius aveva gli occhi chiusi, assaporava quel momento in modo completo; lei lo seguiva nei movimenti con gli occhi aperti, rapita dall’espressione di lui, da quel volto così familiare che pareva del tutto diverso.
Era stupita dall’intensità che lui emanava: il collo tirato, le labbra socchiuse, i capelli che spiovevano su di lei.
Narcissa sapeva che mai avrebbe dimenticato quel profumo, la pelle sudata del suo amante, il viso del suo uomo. Ogni singolo particolare sarebbe rimasto per sempre inciso nella sua mente: nel momento del massimo piacere, quel volto giovane e virile che gravava su di lei, si contrasse e Cissy chiuse gli occhi catturandone l’espressione per sempre.
Accolse Lucius in un abbraccio quando lui, finalmente pago, si abbandonò al sonno con il volto posato sul suo seno, la mano intrecciata alla sua.
Narcissa rimase sveglia a lungo, ascoltandolo respirare profondamente; avvertendo quel pulsare sordo nella propria intimità che le regalava autentica felicità.

 

Quando si svegliò, il mattino seguente, la ragazza si stiracchiò reprimendo una smorfietta: si sentiva tutta indolenzita.
Il sole le solleticava le ciglia e lei si passò una mano sul volto per difendersi, incurante di essere nuda tra le lenzuola.
- Davvero deliziosa, anche nel risveglio…-
Cissy si mise a sedere di scatto e vide che Lucius era steso accanto a lei, con il volto posato sulla mano e la sua espressione di derisione più tipica.
- Lucius!-
- A meno che tu non mirassi a sedurre qualcun altro, sono proprio io in carne e ossa...beh, quello che ne rimane dopo che mi hai letteralmente spolpato questa notte…-
L’espressione indignata di sua moglie lo divertì molto e solo una cuscinata in faccia riuscì a frenare la risata che lo scosse.
Narcissa si vergognava, ma solo un po’ e, con aria fintamente innocente assunse una posa languida, sollevandosi sui gomiti e scuotendo la testa di capelli biondi.
- Beh, non ti sei opposto, mi pare! Farti cedere è stato incredibilmente semplice…caro il mio Lord Malfoy!- lo prese in giro lanciandogli uno sguardo allusivo.
Lucius non rispose ma si limitò a scivolare verso di lei e agguantarla prima che, con un gridolino sciocco, tentasse di sfuggirgli.
- Milady, ho dovuto cedere...non potevo offenderVi, Vi siete impegnata così tanto! Credo di aver compiuto un atto di bontà!-
Narcissa cercò di stizzirsi ma scoppiò a ridere di gusto :- Direi il contrario, piuttosto! Eravate così grato, alla fine, da elencare tutte le Divinità conosciute e non!-
- Già! - Lucius la baciò soffocando la sua ilarità. - E questo mi ricorda che ho lasciato incompiuta la mia opera...è ora che anche Voi chiamiate qualche divinità o chi per essa!-
Le proteste di Cissy morirono sul nascere, mentre suo marito reclamava nuovamente i suoi diritti e, al contempo, istruiva la propria moglie sul proprio credo.

 

Per le quarantotto ore successive, i due sposi non lasciarono mai il cottage e Narcissa fece tesoro di quella felicità, ne fece letteralmente una scorpacciata, sentendo di doverla conservare per i tempi bui che, presumeva, sarebbero prima o poi arrivati.
Essere l’amante di Lucius era meglio che esserne la moglie, considerò con una punta di umorismo: niente obblighi, niente ansia, solo tanto piacere, sia fisico che mentale.
Dopo la terza notte d’amore, o il terzo giorno, non avrebbe saputo dirlo, Narcissa pose la fatidica domanda a suo marito :- Quando dovremmo rientrare?-
La sola idea la sgomentava: al diavolo Malfoy Manor, avrebbe voluto rimanere in quel cottage per sempre.
Un’ombra oscurò appena lo sguardo di Lucius e poi si dissolse, ma fu quasi certa che una parte della loro serenità fosse evaporata istantaneamente.
- Dopodomani.-
Il cuore di Narcissa perse un battito: ancora due giorni e due notti.
Suo marito le porse la mano per aiutarla a lasciare il letto :- Forse dovremmo sgranchirci un pochino le gambe, tesoro! Non ho molta voglia di rimettermi in posizione verticale, ma rischiamo la paralisi…-
Sorrideva, eppure qualcosa era già cambiato.
Fecero colazione e poi decisero di fare una passeggiata, recuperando un poco di tranquillità e respingendo i loro turbamenti.
- Credi che potremo ritornare qui, magari ogni tanto? Dopotutto c’è solo una tenda nera a separarci da questo luogo!-
Lucius le sorrise vago e la prese per mano, raccontandole qualche aneddoto su quei luoghi e glissando la domanda.
Giunti in una piccola radura, la prese tra le braccia e la baciò sulle labbra, come due semplici innamorati che non possono stare separati troppo a lungo.
Era bello e stranamente naturale comportarsi così: scambiarsi effusioni, parlare e fare l’amore.
- Mi piace stare da soli…- sussurrò Cissy, appoggiando la testa sul suo petto e cingendolo con le braccia.
- Mica tanto soli…-
Lei aggrottò le sopracciglia e sollevò lo sguardo su Lucius, che pareva improvvisamente guardingo.
Con un movimento repentino della mano estrasse la propria bacchetta e, subito dopo, uno schiocco e un grido giunsero da un cespuglio poco lontano.
Narcissa represse un singulto, quando vide una figura che veniva trascinata allo scoperto come se delle funi invisibili la stessero pilotando verso di loro; Lucius spinse sua moglie da parte, facendole scudo con il proprio corpo e poi si avvicinò all’estraneo sorpreso a spiare.
- Si può sapere chi sei e cosa fai nelle mie terre?- chiese duramente, per poi accorgersi che l’intruso non poteva avere più di otto anni.
Lucius rinfoderò la bacchetta e liberò il bambino dalle funi che lo bloccavano a terra :- Ti sei perso? -
Nessuna risposta.
- Hai perso solo la lingua? Avanti ragazzino, alzati e girati verso di me, non è buona educazione ignorare le domande di un adulto…-
Il bambino si sollevò sulle ginocchia e poi si alzò in piedi, le caviglie erano ancora legate saldamente e quindi non poteva scappare. Con un guizzo di pura ribellione , si voltò verso Lucius tenendo il mento sollevato con arroganza :- Io ci vivo qui! Siete voi che avete sconfinato!- sbottò, pieno di antipatia.
Lucius però non lo sentì, impietrito e incredulo mentre fissava quel volto infantile contornato da una massa di capelli castani, e gli occhi scuri e lucenti di furbizia.
- Evan…- sussurrò l’uomo, folgorato e senza fiato.
Narcissa si sporse da dietro le spalle di suo marito e, dopo un secondo, capì il suo turbamento ed emise un piccolo verso strozzato.
Il ragazzino aggrottò le sopracciglia e osservò Lucius con cautela :- Io mi chiamo Conry*, - borbottò poi, infastidito. - Evan era il nome di mio padre... -

 

Fine sessantatreesimo capitolo



* Conry = Re dei Lupi (in lingua celtica)



Angolino simpatico (ossia le note dell’autrice):  E giustifichiamolo sto’ rating arancione, no?? Ta Dannnn! Eh, allora, contente? Gongolanti?...deluse? Io sono per la finezza e non amo molto la volgarità, quindi spero di essere riuscita a rendere bene la passione tra i due sposi ma senza esagerare o, peggio, risultare fredda e banale. Se ci sono riuscita, lasciatemi dire che sarò pur vecchia per qualcosa! Mi auguro di non metterci una vita ad aggiornare o mi troveranno mummificata sulla tastiera! A presto...spero!

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