Mai con una sconosciuta di berlinene (/viewuser.php?uid=50434)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Lo scontro ***
Capitolo 1 *** L'incontro ***
Appena
scese dall’aereo, un bel sorriso gli si dipinse sul volto. Home sweet home:
non c’era niente da fare, per quanto ormai da anni vivesse in
Germania, tornare in Giappone era sempre tornare a casa.
Sbrigò rapidamente le questioni burocratiche,
recuperò il bagaglio e, di buon passo, si avviò
verso l’uscita.
Capire d’improvviso e senza sforzo tutto quello che le
persone intorno dicevano gli dette un attimo di capogiro, come se non
riuscisse a schermarsi da tutti i discorsi pronunciati intorno a lui.
Ma era un piacere sentire di nuovo la propria lingua. Tanto che si
trovò a formulare ad alta voce i suoi programmi:
“Adesso vado alla stazione e prendo un treno per Nankatsu.
È ora di togliere un po’ di polvere da Villa
Wakabayashi e salutare….” Il soliloquio fu
interrotto da un rumore inquietante, una specie di ruggito: ma non
c’erano animali feroci al Narita, era solo il suo stomaco che
gli ricordava di avere al proprio attivo solo il misero pasto
plastificato servito sull’aereo. Deciso a dare la precedenza
ai suoi istinti, Genzo si avviò verso un ristorantino
delizioso, già pregustando una pantagruelica ingozzata di
onigiri. Veri Onigiri Giapponesi. Gli venne l’acquolina in
bocca e il suo stomaco ruggì di nuovo come un grizzly.
Non sapeva che, dentro quel ristorante, avrebbe sì sedato un
istinto ma che ben altri si sarebbero risvegliati.
Si sedette e attirò l’attenzione della
cameriera. Anche se sarebbe meglio dire che la cameriera
attirò la sua attenzione.
Quando la chiamò, la ragazza si voltò in un
turbine di capelli lunghissimi, neri e lisci come seta, tanto lucidi da
splendere di riflessi bluastri. Nessuno ha capelli così in
Germania. Veri Capelli Giapponesi. Della serie mogli e buoi…
La chioma corvina si aprì come un sipario a svelare un bel
visetto fatto a cuore, occhi a mandorla neri come polle di buio, pelle
diafana - a Genzo parve di sentirla sotto le dita serica, morbida come
un’albicocca matura – e labbra sottili, di un rosa
tenue, da cui sbocciò un sorriso gentile quando, con un
leggero inchino, gli chiese cosa volesse.
Nonostante la visione lo avesse turbato come non mai, Genzo non perse
il suo aplomb
e disse: “Tripla porzione di onigiri e del buon tè
verde”.
La ragazza ridacchiò, schermandosi le labbra con le dita.
“Però, affamato…”.
Riflettendoci su assai meno di quanto facesse di solito, Genzo
afferrò l’occasione al volo: inarcò un
sopracciglio e mantenendosi serio disse: “Non credo che fare
commenti sulle ordinazioni rientri nelle sue mansioni, signorina
Na… - cercò di leggere la targhetta appuntata sul
petto ma i cappelli coprivano il resto del nome.
“Nanà” disse lei, arrossendo
violentemente poi proseguì: “Le chiedo
scusa… non volevo… non dica niente al titolare,
la prego…”. E così dicendo fece un
profondo inchino, non prima di avergli puntato addosso due occhi tristi
e acquosi che gli fecero rimescolare tutto dentro. Si sentì
uno stronzo per averla fatta star male ma, in realtà, il suo
piano stava procedendo alla perfezione.
“Su, su” disse sollevandole il viso con una mano e
guardandola negli occhi. “Stavo scherzando. Hai ragione tu,
ho una fame da lupi. Questi onigiri servono giusto per fermarmi lo
stomaco ma fra un po’, temo, avrò di nuovo
fame…”
Nanà lo guardò, cominciando ad intuire dove
quello volesse andare a parare. Non che ci volesse tanta fantasia: non
era di certo il primo a notarla e a provarci. Ma stavolta
c’era qualcosa di diverso. Anche lei era rimasta colpita:
quel ragazzo non era soltanto bellissimo e affascinante, sembrava anche
molto arguto, educato e in certo qual modo gli ispirava estrema
fiducia, come se lo conoscesse già da tempo. Insomma, lei
non era tipo da farsi rimorchiare in cinque minuti. Beh, non da tutti,
ecco.
“Fra quanto?” chiese allora lei, continuando a
guardarlo fisso.
“Dipende… tu quando stacchi?”
“Alle sei”.
“Sì, credo che per le sei avrò di nuovo
fame. Tu hai fame quando stacchi?”
Nanà aveva mangiato la foglia e ora stava apertamente
flirtando. Il sorriso sghembo® che il ragazzo gli stava
riservando in quel momento l’aveva definitivamente vinta e
convinta:
“Dipende…” cinguettò.
“Da cosa?”
“Da qual è il menù”.
Genzo sentì risvegliarsi i suoi istinti più bassi
ma, seppur con notevole sforzo stavolta, mantenne la sua espressione
impassibile e il suo sorriso sicuro.
“Del tipo?” chiese con nonchalance.
“Sai, portare piatti giapponesi in giro per tutto il giorno
te li fa uscire dagli occhi… però, vicino a casa
mia c’è un bel ristorante
italiano…”
A Genzo venne da vomitare al pensiero di mangiare cibo occidentale nel
suo Paese ma per quella bambolina questo e altro… e poi quel
“vicino a casa mia” prometteva un dessert anche
meglio del tiramisù.
Quando uscì dal ristorante col numero di Nanà
scritto sullo scontrino e un sorriso da conquistadores
stampato sul volto, si rese conto che avrebbe dovuto aspettarla per tre
ore. Rifletté che a quel punto non sarebbe partito per
Nankatsu prima del mattino seguente ma era anche sicuro di aver trovato
alloggio per la notte, quindi niente albergo. Una macchina
e un bagno caldo, però, gli ci volevano proprio.
Onde evitare l’effetto “The Terminal”(1)
decise che avrebbe fatto un giro in città. Così
prese un auto a noleggio e andò a cercarsi dei bagni
pubblici.
Quando alle sei si ripresentò davanti al ristorante era
pulito, massaggiato, sbarbato, pettinato e cosparso di costosissimo
dopobarba. Un gran figo – pensò davanti a una
vetrina aggiustandosi il pantalone kaki di taglio classico
affinché piombasse alla perfezione sulla scarpa di Gucci e
il colletto della camicia nera che metteva in risalto il colore della
sua pelle.
“Wow” disse Nanà uscendo dal ristorante.
“Ho fatto quel che potevo per essere all’altezza di
una super girl(2)” disse Genzo porgendole il
braccio e scortandola verso la spider che aveva noleggiato in mancanza
della sua cara Volkswagen Eos(3): quando si trattava di far colpo su
una pollastrella i soldi facevano decisamente la felicità.
“Senti dovrei darmi una sistemata, ti dispiace se salgo un
attimo in casa mentre tu ti avvii al ristorante? Ci metto
pochissimo…”
Mentre pensava che il “pochissimo” sarebbe stato
un’eternità, Genzo rispose che non c’era
alcun problema… a proposito, dove doveva andare?”
“Sai dov’è l’istituto
Toho?”
Genzo trasalì. Ci mancava solo d’incontrare
qualche faccia di cazzo del Toho: decisamente non erano loro i primi
volti familiari che avrebbe voluto vedere in Giappone. Ma rispose solo:
“Certo”.
Per quella bambolina questo e altro.
(1)The
Terminal è un film del 2004 diretto da Steven
Spielberg ed interpretato da Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones e Stanley
Tucci.
(2)Cavolata, non so neanche se in giapponese è
così… comunque mi riferisco, o meglio, Genzo si
riferisce ovviamente all’anime Nanà
Supergirl.
(3) Beh… un nome un destino *blink*… giudicate
voi stessi QUI
se non è la macchina di
Genzo...
Avete capito chi è lei? Mmm forse vi ho
già
dato troppi indizi... Ma non vi preoccupate... il secondo capitolo vi
divertirà comunque (almeno spero@_@)...
Ah! Quasi dimenticavo! I personaggi sono TUTTI di
Yoichi Takahashi mentre il titolo vuole rimandare a Mai
con uno sconosciuto (Never talk to strangers).
Questa
storia insieme ogni gesto, sorriso sghembo, capo di vestiario e frase
ammiccante di Genzo è dedicata a Eos e Kara, le mie
GoalKepeerLovers-Genziane preferite... e a tutte quelle come loro!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Lo scontro ***
Pochissimo
fu davvero pochissimo, Genzo non aveva ancora mangiato
l’oliva nel suo Martini, quando Nanà lo raggiunse.
Indossava un semplice abitino blu e delle ballerine, sul volto non
c’era un velo di trucco e le guance erano arrossate solo per
la corsa. Ma era uno splendore.
“Bella, spiritosa e puntuale” le disse Genzo
accogliendola. “Gradisci un aperitivo?”
“Meglio di no, sono minorenne”
“Non l’avrei detto”
“Ho quindici anni, beh, quasi”.
Oddio. Questo Genzo non l’aveva calcolato. Ma era carina e
presto sarebbe stata consenziente, molto consenziente. Ma prima doveva
fugare un paio di dubbi.
“Così giovane e già lavori?”
“Solo per pagarmi gli studi, sai la retta del Toho
è altina…”
“Quindi vivi nel campus?”
“Sì”.
“Da sola?”
“In realtà con mio fratello e alcuni suoi
amici”.
La serata fu piacevole, quella ragazza era davvero interessante, oltre
che carina. Genzo le disse un po’ di cose di sé,
ma cercò di non andare troppo nello specifico. Non aveva
voglia di sapere se l’aveva capito o no di aver davanti Genzo
Wakabayashi, il famoso SGGK: preferiva essere semplicemente Genzo e
godersi una serata senza farsi tanti problemi. D’altronde
anche lei non fece alcun accenno troppo personale, probabilmente
Nanà non era neanche il suo nome ma pazienza. Ormai quella
partita se l’era giocata così, con un modus operandi che
non era il suo abituale. Insomma, con le ragazze non aveva mai avuto
grossi problemi, ma di solito non rimorchiava le cameriere quindicenni
dei ristoranti per portarsele a letto nel giro di qualche ora. Questa
l’aveva proprio colpito. Ed evidentemente era stato
così anche per lei.
Le ore volarono e, alle dieci, lei strabuzzò gli occhi
guardando l’orologio.
“Oh mio Dio! È tardissimo! Mio fratello mi
ucciderà”.
“Se vuoi vengo a parlarci io”.
“Ti garantisco che è meglio di no”.
“Comunque ti accompagno”.
“Figurati, son due passi”.
“Non accetto repliche. Quando riaccompagno una ragazza mi
assicuro sempre che arrivi a casa sana e salva”.
Mentre di buon passo, per tenere dietro a Nanà che
praticamente correva, attraversava il campus del Toho,
desiderò ardentemente avere il suo fido cappellino per
celare la sua identità a eventuali sgraditi conoscenti.
Finalmente Nanà si fermò davanti a una porta.
“Beh, eccoci qua” disse trafficando nervosamente
con la borsetta, probabilmente alla ricerca delle chiavi.
“Puoi andare… vedi? Sono a casa e sana e
salva”. C’era una certa urgenza nella sua voce. Le
chiavi le caddero di mano.
Con uno scatto Genzo le raccolse e gliele porse. Poi ergendosi in tutta
la sua altezza, appoggiandosi con la spalla alla porta, la
fissò. Ormai non li dividevano che pochi centimetri.
“Grazie” mormorò Nanà.
“Tutto qua?” disse Genzo con dolcezza.
In quel momento la porta si aprì verso l’interno,
Genzo perse l’equilibrio e rovinò addosso al
ragazzo che aveva aperto.
“Attenzione!” gridò quello,
sorreggendolo.
Genzo si rialzò fulmineo con un colpo di reni e sistemandosi
gli abiti cominciò a dire “Scusa non-”.
Ma le parole gli morirono in bocca.
Anche la mascella dell’altro cadde balbettando:
“Wa… Wa… Wakabayashi?!?!?”
Le sinapsi di Genzo si attivarono in un nanosecondo: se di fronte a lui
stava Wakashimazu, il quale non ha sorelle, Nanà era la
sorella di… porca puttana! Nanà certo! Naoko
Hyuga!
Ken, che in un primo momento era sbiancato, adesso sembrava essersi
ripreso. Lo afferrò per le spalle e guardandolo negli occhi
gli disse a bassa voce: “Io non so cosa cazzo ci fai qui e
con Naoko, anche se credo di potermelo immaginare. Quello che so per
certo, è che se non scompari entro pochi secondi, la maglia
di titolare sarà sicuramente mia…per
sempre”
“Ma che cazzo dici?”
“Sparisci Genzo, se ti becca con sua sorella Kojiro ti
uccide!”sibilò Ken.
In quel preciso istante da dentro Hyuga urlò:
“Allora Ken? Chi è? È Naoko?”
“Sì” rispose Ken.
“E allora che cavolo ci fate sulla porta
andiamo…”
La figura di Kojiro si materializzò alle spalle di Ken. Sul
volto del Karate Keeper si disegnò un’espressione
che diceva a chiare lettere: “Eccoci, è la
fine”.
Ma Naoko, che aveva avuto alcuni momenti per ricollegare impressioni di
familiarità, foto di squadra e nomi, non si fece cogliere
impreparata: “Visto che bella sorpresa, eh?”
Nessuna risposta dai giocatori del Toho.
“Ero al ristorante con
le mie amiche, come vi ho detto, e lui era lì
tutto solo, l’ho
riconosciuto subito e sono andata a salutarlo e parlando
mi ha detto che non è riuscito a trovare una stanza per
stanotte qui a Tokio e allora ho pensato che, visto che Takeshi
è dai suoi, poteva usare la sua camera. Lui non voleva ma io
gli ho detto che sareste stati estasiati
di rivederlo dopo tanto tempo, che così fate una bella
rimpatriati fra compagni di squadra”. Si bloccò,
evidentemente a corto di fiato per la tirata.
Anche gli altri trattenevano il respiro, scambiandosi sguardi
indecifrabili.
Infine Kojiro parlò: “Beh, certo perché
no”.
Ken lo guardò come se gli fossero spuntate le antenne.
Genzo rimase, al solito, impassibile: “Beh, allora se siamo
tutti d’accordo, vado a prendere la valigia”.
Mentre si avviava verso la macchina, non potè fare a meno di
sorridere. Bella,
spiritosa, puntuale e.. pronta di riflessi… si
trovò a pensare. Peccato
solo che sia troppo brava a mentire. E peccato per il
fratello…
Mentre si spogliava, sulla soglia ricomparve Wakashimazu.
“Altro che portiere paratutto, portiere paraculo ti
dovrebbero chiamare” sentenziò incrociando le
braccia, appoggiato al vano della porta.
Genzo sorrise. “Credo di doverti ringraziare. In fondo sei tu
che hai cercato per primo di pararmi il culo”.
“Già, ma come sempre, c’è
qualcuno che para meglio di me” fece alzando gli occhi al
cielo con aria melodrammatica, poi sorrise.
“Già, gran brava ragazza”
commentò Genzo.
“Fa’ il bravo tu, con lei”.
“Figurati! Non l’avevo mica riconosciuta, era solo
un divertimento per stasera. Ma è davvero in gamba, si
merita di più”.
“Già…”
“Magari… si merita… te?”
“Ma che vai a pensare?” rispose Ken arrossendo.
“Guarda che Kojiro non bada a dettagli del tipo
‘è il mio migliore amico’, chi tocca sua
sorella, muore. Punto”.
“Ah ah ah. Ma tu sei un tipo che non molla, ti
conosco”.
“Chissà. Ti saluto bello, vado a letto. Buonanotte
e… bentornato in Giappone” aggiunse facendo un
cerimonioso inchino.
Ma sì, pensò Genzo rigirandosi nel letto, forse
non era proprio estasiato,
ma in fondo li aveva rivisti volentieri.
*******************************************+
Lo so è
minorenne, ma ha quindici anni mentre Genzo, nella mia mente ne
ha 4-5 di più...(non so quanto sia canon ma a occhio mi
sembra che
torni) e soprattutto non fanno NIENTE DI NIENTE.
"Portiere paraculo" non
è proprio-proprio farina del mio sacco... sono sicura
d'averlo letto da qualche parte ma l'arteriosclerosi galoppante mi
impedisce di ricordare dove, si prenda questo discorso a bischero come
un credit...
Ma soprattutto... chi
aveva capito?!?!?!?!
Ma ancora più
soprattutto, grazie a chi ha letto e recensito, spero di avervi
strappato almeno un sorriso, per quanto sghembo^^^
Infine... vi pareva
strano che ancora non fossero spuntati gli altri membri del Trio
dell'Eterno Riposo Ken-Gen-Koji? (dovevo trovare un nome al mio Trio di
tesorini prima che finissero le preghiere, visto il rischio bellico
sempre sospeso fra questi tre, mi pare la più adatta^^)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=336194
|