Noi non siamo tristi

di Amorcaecus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Noi non siamo tristi

"Noi siamo convinti che il mondo,
anche questo terribile e intricato mondo di oggi,
può essere conosciuto, interpretato, trasformato,
e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità.
La lotta per questo obiettivo è una prova
che può riempire degnamente una vita."

La porta di casa Vizzani oggi, presenta un'insolito addobbo. Un fiocco, rosa, vistoso, su cui sounta ricamato il nome "Livia". Difatti, ai due coniugi Vizzani era appena nata la prima fortunata femminuccia della casa. Dopo tre figli maschi, una vera benedizione. Tutta la casa è in festa, sono stati invitati parenti e anche personalità di Bologna. I Vizzani sono difatti una famiglia ricca e rispettata, grazie alle numerose fabbriche possedute e i vari appezzamenti.
La madre Elvira porta la piccola da tutti gli ospiti. "Assomiglia tantissimo alla nonna!" esclama qualcuno. "E' adorabile!" dice qualcun altro. "Gaetano, ci sono i tuoi amici..." sussurra Elvira al marito, cullando la figlioletta. "Ti cercano." lui annuisce e si dirige vero il gruppetto di uomini che sta beatamente fumando in giardino. "Vizzani, eccoti!" dice uno. "Ciao Bernardo. Mi cercavate?" l'uomo spegne il sigaro nel portacenere. "Sai chi sta facendo in questo preciso momento un corteo, non poco lontano da qui?"
"Un corteo? Chi? Per caso è quel sardo.." Bernardo annuisce serio. Gaetano sbatte un pugno sul tavolino, rosso in viso. "Proprio oggi! Quella sporca zecca, un corteo, vicino a me?! Io lo denuncio!"
"Per quanto lo vorremmo tutti, Vizzani," dice un altro. "E' nei suoi pieni diritti oggi sfilare a Bologna."
"Bologna è rossa? Non sia mai!" ride Bernardo. Gaetano si guarda intorno, spaesato. "Spero non si avvicini a casa mia, quell'idiota patentato. Lo fucilo, lo fucilo! Con le sue stupide idee sulla condivisione e la libertà...oggi che è nata mia figlia!"
"Una vergogna. E' il 1955, ancora non si rassegnano che la Democrazia Cristiana sta prendendo il sopravvento? Che il loro insulso movimento rivoltoso durerà poco? E non sarà questo nuovo "leader" che si sono trovati a fermarla. Da quando c'è Longo poi..."
"Longo? Ah, ma io mi ricordo quando c'era Togliatti, almeno ci provavano! Invece c'è questa nuova zecca sarda che ci darà noie...!" Gaetano si accende un sigaro, osservano la strada. "Starà tenendo un discorso sull'uguaglianza e altre scemate per abbindolare la gente. Non si campa di pane e libertà purtroppo. Si preoccupasse di trovare lavoro alla povera gente!"
"Tesoro, ti cercano ancora!" Elvira fa capolino dalla porta, rivolgendosi al marito.
"Arrivo cara, un attimo." risponde lui.
"Signori, io vi lascio. Aggiornatemi riguardo tutto come sempre, ci rivediamo alla riunione del partito domani. Buongiorno."
"A domani, Vizzani. E attenzione!" Bernardo scoppia a ridere. "Dovrò davvero starmi attento. Ora che c'è anche Livia.."
Con mille pensieri in testa, il giovane padre ritorna dalla moglie.


Nel frattempo, dall'altra parte di Bologna...


"Devo muovermi, altrimenti perderò papà!" un bambino di sei anni si sta facendo velocemente strada tra le tante persone riunite oggi in Piazza Maggiore. "Ei piccolo, dove vai?" gli chiede un vecchio, anch'egli tra i presenti. "Cercavo mio padre, scusate..." Il vecchio lo guarda attentamente. "Ma tu sei il figlio di Fabbri, ecco! Tuo padre è là davanti, in prima fila."
"Grazie mille!" esclama il piccolo. Il padre del bambino è effettivamente in prima fila, e come tutti aspetta trepidante il discorso di Longo. "Papà! Papà!" l'uomo si gira, non appena sente chiamarsi. "Alberto, che ci fai qui? Ti ho detto che dovevi restare a casa!" Prende il braccio il figlio. "Mi annoiavo, voglio fare anche io quello che fai tu!" Non riuscendo ad arrabiarsi con lui, annuisce. "Eh va bene, a papà. Prima o poi dovevi sapere queste cose." Accolti da un uno scrosco di applausi fanno la loro entrata degli uomini benvestiti, che il piccolo Alberto riconosce. Suo padre ha delle loro foto in casa. Uno di loro inizia a parlare. Fa dei riferimenti alla politica, di cui il bambino non capisce niente. Ma parla con una tale dolcezza, con una tale semplicità, che ne è rapito, e non può fare altro che ascoltarlo con interesse e con sospresa. Suo padre è quasi commosso, e Alberto lo guarda. Non dorme da giorni, ha le mani torturate dalle piaghe per il lavoro in miniera, le braccia stanche, eppure sorride. Altri uomini parlano, dicono più o meno le stesse cose, ma Alberto continua a pensare al primo di loro, che l'aveva così catturato.
"Allora, Alberto. Che ti è sembrato?" chiede il padre, alla fine, chiedendosi cosa può aver mai capito un bambino di sei anni.
"Mi è piaciuto il primo che ha parlato." dice solo. "Capisco. Ora che andiamo a casa ti spiegherò un paio di cose. Va bene?"
"Va bene." Mano nella mano, i due ritornano a casa.



 
Angolo autrice
Allora gente, salve a tutti :3 Rigrazio innanzitutto chi ha avuto la forza di leggere tutto il primo capitolo. Davvero se sei arrivato fin qui, complimenti. Modestia apparte, ci tenevo a scrivere questa specie di romanzo o boh, che avevo nel cassetto da taaaantissimo tempo! Insomma, questo è solo l'inizio eheheh, poi si farà più interessante. E niente, se vi è parso non proprio orrendo, lasciate una recensione di qualcunque genere, non può farmi che piacere! Ciriciao gente, buona vita!
§ Amorcaecus

 

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


[Bologna, 13 novembre 1971] "Bene bene, Vizzani, un altro ritardo!" sbraita la professoressa, notando che ancora una volta sono le 8:15 e sono in tremendo ritardo. "Mi scusi, non accadrà più!" rispondo, a testa bassa. Se penso a quello che potrebbe farmi mio padre se scoprisse l'ennesima ramazina... Mi siedo silenziosamente al mio posto, tra le occhiate e i sussurri generali. La mia compagna di banco come al solito non mi degna di uno sguardo. Sarà perché lei è tra quelli calcolati come "poveri" e io tra quelli considerati "ricchi.", e dunque mi odia. "Buongiorno Betta..." provo a salutarla, ma lei si limita ad un "Giorno". Ormai sono abituata a non avere amici o ad essere ignorata. Mo padre dice che devo ignorarli, merito molto di meglio e loro non sono niente in confronto a me. Sarà, ma loro sembrano così felici nella loro povertà, come la chiama mia mamma. "Scusa Bett-" "Non chiamarmi Betta, Livia. Così mi ci chiamano solo le mie amiche." risponde ferma, senza neanche guardarmi. "Elisabetta." "Dimmi." "Prestami il vocabolario per favore." me lo passa, continuando a ignorarmi. "Vizzani e Fabbri, in presidenza! Ora basta, non tollero mi si disturbi durante la mia lezione." "Ma professoressa...!" prova a dissentire Elisabetta, probabilmente annoiata dal fatto di trovarsi sola con me. "Subito!" con un tono che non ammette repliche, siamo costrette ad uscire. Durante il tragitto, ho la testa bassa, un po' per la rabbia e un po' per l'umiliazione. Vorrei rivolgere la parola a Elisabetta, ma so già che non mi risponderebbe. "So cosa stai pensando." dice ad un tratto. "Io?" "Non fare la finta tonta, Livia. Ti stai chiedendo perchè ti odiano tutti, perchè ti ignoriamo eccetera eccetera. " D'un tratto si volta, e mi guarda dritta in faccia, con un espressione seria. "Sai come faccio di cognome, Livia? Fabbri. Sono Elisabetta Fabbri, e mio padre lavorava in una di quelle tue stramaledettissime miniere, quelle di tuo padre. Tuo padre Gaetano Vizzani. E sa cos'è accaduto, per colpa di tuo padre? Pochi controlli, sicurezza scarsa, un incidente. Un banale, assurdo, stupido incidente che è costato la vita al mio, di padre. E a quello di tanta altra gente. Capisci, Livia? Capisci perchè non riesco a guardarti o a parlarti? Io in te vedo solo l'assassino di mio padre." La voce le si spezza in gola, le lacrime iniziano a rigarle il viso. Sento una morsa nello stomaco. Ignoravo tutto questo. "Ora lo sai." conclude, asciugandosi le lacrime. "Ora andiamo dal preside, o saranno guai." Appena torno a casa, non sento neanche i rimproveri dei miei. Ho in testa l'immagine del padre di Elisabetta che muore, schiacciato dai sassi e dalla miniera. Ho in testa la faccia dei figli appena scoperta la notizia. Ho in testa cose che non sapevo, che mi hanno tenuto nascoste. "Livia, tesoro mio..." mia madre mi guarda, con i suoi occhi dolci da mamma, preoccupati e straniti. "Mamma, credo di non sentirmi bene." dico. "Cosa è successo? O Dio mio..." I miei fratelli maggiori fanno irruzione nella stanza, guardandoci. "Madre, esci un attimo." lei è costretta, ma non prima di lanciarmi delle occhiate preoccupate. "Hai discusso con Elisabetta Fabbri oggi?" mi chiede Maurizio, serio. "S-sì." sono tentata di piangere ma non davanti ai miei fratelli, non davanti a loro. "Qualsiasi cosa ti abbia detto, ignorala. E' una poveraccia che aizza gente." Guido prende la parola. "Sai cosa vota quella? PCI, come quel brigante di suo padre." "Padre morto in miniera però. La nostr-" Attilio mi tira uno schiaffo, inaspettatamente. Inizio a piangere, massaggiandomi la guancia. Non l'aveva mai fatto prima. "Cosa cazzo fai, idiota? Ora la meni anche!? Sai tuo padre cosa ti fa?" Attilio mi fissa, dritto e impassibile. "Non voglio più sentir parlare di comunisti, comunismo e stronzate varie in questa casa. MI SONO SPIEGATO, LIVIA?" "Non ho detto niente." rispondo. "Meglio. Domani non vai a scuola. Starai con tua madre a cucire, lavare e stirare. Questo è il tuo posto." Sono le ultime parole di Attilio, che lascia la stanza. Maurizio e Guido si guardano e annuiscono, poi se ne vanno anche loro. Una parte di me dice che hanno ragione. Sono stata stupida. Qual è il mio posto? Devo ignorare Elisabetta? Le sue parole mi rimbombano in testa per tutto il pomeriggio. Mi stendo sul letto, con la testa tra le mani a pensare e ripensare. E' la prima volta che mi succede, che mi sta accadendo? Perchè sembra tutto sbagliato, sembra che io non abbia mai capito niente? Di chi devo fidarmi? Mi hanno mentito fin'ora? Non capisco più. Mi affaccio alla finestra, guardo dei ragazzi che corrono per la strada urlando un nome, con gioia. "E' QUI, E' QUI! CORRETE VELOCI!" Cosa hanno da urlare tutti? Mi chiedo, curiosa. E questa curiosità è troppo forte. Mi appoggio alla finestra, sapendo che sono al primo piano, mi butto di sotto. "So che mi ammazzeranno, ma devo vedere." detto questo, scappo in direzione di quei ragazzi. Angolo autrice Ehhh ed ecco il secondo capitolo! Non so quanto può esservi chiaro, ma almeno spero di aver incuriosito. :) Come sempre, se volete recensire, ne sarò felice! § Amorcaecus

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