We can fly to never neverland. di JeiBieber_Smile (/viewuser.php?uid=372600)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01.//brown eyes. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02.// home this christmas. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03. // You're my one and only christmas wish. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04. // what do you did to me? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05.//You should be here with me, safe and warm. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06// E se fosse già arrivata? ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07.// Sei mia, e la roba mia non si tocca. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08.//Perché sei sempre nei miei pensieri? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09.// Chiama lei 'principessa'. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. // One life. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. // Nobody loves me. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. // E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. // Non ti lascio. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. // Che il nostro primo appuntamento abbia inizio. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. // Papà? ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. // Everything's gonna be alright. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. // Noi siamo infinito. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18//. Be my date this Christmas Eve. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19.// Cosa sta succedendo? ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20.// Kiss me under the misteltoe ***
Capitolo 1 *** Capitolo 01.//brown eyes. ***
01.
'Il vento freddo freddo picchiettava sul mio viso mentre tanti piccoli
fiocchi di neve si adagiavano lenti su tutti i muretti che
costeggiavano il viale di casa mia. Fissai il vuoto per minuti
interminabili, mi piaceva osservare come quei piccoli fiocchi
ghiacciati scendevano piano dal cielo e si poggiavano con eleganza su
tutto ciò che incontravano lungo il loro tragitto. Mi
sarebbe
piaciuto essere un fiocco di neve, mi sarebbe piaciuto avere una forma
diversa dagli altri miei coetanei, essere originale a modo mio, essere
libera. Alzai il viso verso il cielo, chiusi gli occhi e mi beai di
quella sensazione di freschezza che mi avvolse. Sorrisi tra me e me,
mentre stringevo sempre di più le braccia sul mio ventre.
-Freedom, c'è papà a telefono!- urlò
mia madre, sull'uscio della porta.
-Arrivo.- mi affrettai a dire, volgendo un ultima occhiata al cielo
prima di rientrare in casa: faceva decisamente più caldo.
Presi
velocemente il cellulare dalle mani di mia madre. -Papà!-
-Ciao, pesciolino! Come stai?-
-Sarai a casa per Natale?- chiesi, senza rispondere alla sua domanda.
-Freedom, sai che non..-sospirai e, senza ascoltare altro, passai il
cellulare a mamma, presi il cappotto e uscii fuori di casa.
I miei genitori erano divorziati e mio padre viveva in un'altra
città, con un'altra donna e un altro figlio, che tra l'altro
non
era nemmeno suo. Da quando avevo due anni, lui e la mamma non stavano
più insieme, e cosa sapeva mio padre di me? A malapena
ricordava
il giorno del mio compleanno, una volta mi fece gli auguri il l'otto
luglio, mentre il mio compleanno sarebbe stato il sette agosto. Mi
sembrava di essere sempre di troppo per lui. Eppure lo amavo, lo amavo
così tanto... Quando lo incontravo, dopo mesi che non lo
vedevo,
era come se non fosse mai andato via. Fra le sue braccia mi sentivo
completa, mi sentivo viva, mi sentivo felice. Poi però
andava
via e mi faceva promesse su promesse che non manteneva mai: come per
esempio, la promessa che avrebbe passato il Natale con me. E che non ha
mantenuto.
Sospirai e strinsi ancora di più il cappotto al mio corpo.
Camminavo lenta fra le vie di Stratford, diretta a casa di due persone
che io stimavo davvero tanto: Diane e Bruce. Erano una coppia davvero
strana e divertente, amavo sentire i racconti di nonno Bruce risalenti
alla sua adolescenza e mi piaceva cucinare con nonna Diane. Restavo
spesso a cena da loro, sopratutto quand'ero giù di morale.
Mamma, ovviamente, lo sapeva. Diane era come una seconda madre anche
per lei. Dopo una decina di minuti, arrivai finalmente a destinazione.
Bussai al campanello e aspettai sull'uscio l'aprirsi della porta.
-Freedom! Tesoro, che piacere vederti.- sorrisi, mentre Diane mi
strinse in un caloroso abbraccio. -Che ci fai qui?-
-Sono venuta a trovarvi, è troppo tempo che non vi vedo.-
-Troppo tempo? Sei stata qua ieri mattina.- ridacchiai, mentre sul suo
viso comparve un sorriso.
-Per me è troppo tempo, okay?- assottigliai gli occhi e le
puntai il dito, in tutta risposta rise di gusto.
-Entra, piccola.-
Mi sorrise come solo una nonna sa fare e mi fece spazio sull'uscio
della porta. Entrai in casa e subito un profumo di dolce
penetrò
le mie narici. Annusai l'aria e chiusi gli occhi, quello sì
che
era l'odore di casa, quello sì che era l'odore di famiglia.
Mi
avviai verso il salotto, dove trovai un Bruce intento a poggiare degli
scatoloni sul pavimento. Affrettai il passo e lo aiutai, prima che
tutto cadesse per terra.
-Ah, la mia povera schiena. Bocciolo, sei il mio angelo.- sorrisi
ancora alle parole di Bruce, prima di battere più volte le
palpebre guardando il soffitto sognante.
-Lo so.- unii le mani in segno di preghiera e ripetei il gesto di poco
prima, provocando la risata dell'uomo di fronte a me, che dopo poco
contagiò anche me. -Cosa devi fare con tutti questi
scatoloni?-
-Tra poco meno di due settimane è Natale e sai cosa manca in
questo salotto per rendere l'atmosfera ancora più festiva?-
-Un albero?- risposi senza pensarci due volte, guardandomi attorno.
-Esattamente, bocciolo.- sorrisi malinconicamente, non avevo mai
addobbato un albero di Natale con la mamma, riteneva questi gesti solo
perdite di tempo. -Ti piacerebbe aiutarmi con gli altri scatoloni?-
Annuii semplicemente, togliendo poi con una mossa veloce il giubbotto e
scendendo in cantina. Portammo al piano superiore una decina di
scatoloni in tutto, contenenti un mix di addobbi natalizi. Tutti quegli
oggetti mi mettevano di buon umore. Disfai uno scatolone, dove
all'interno di trovai una palla di vetro con la neve all'interno. Avete
presente quelle palle di vetro dove all'interno c'è una
piccola
statuetta e che, se le agiti, la neve svolazza qua e la? Ecco, mi ero
innamorata di quella piccola palla di vetro. Al suo interno, c'era una
statuetta di due ragazzi che si baciavano sotto al vischio e solo Dio
sa quanto desideravo baciare sotto al vischio il ragazzo dei miei
sogni. La fissavo e la sfioravo con le dita, completamente incantata
dalla neve e dalla bellezza di quell'oggetto. La poggiai poi sul
davanzale del caminetto, proprio nell'esatto momento in cui bussarono
alla porta di casa.
-È arrivato!- urlò contenta Diane. -Bruce,
è
arrivato!- continuò, uscendo dalla cucina e poggiando lo
strofinaccio che aveva in mano sulla sua spalla.
-Arrivo, tesoro!- rispose Bruce, poggiando l'ultimo pacco sulla pila di
scatole che si era formata e avanzando verso la porta.
Udii delle voci e, curiosa, mi avviai anch'io verso la porta di casa.
Diane e Bruce non erano soli: Bruce abbracciava un ragazzo, ma dato che
era girato di spalle non riuscii a delinearne i tratti,
mentre Diane teneva stretta fra le sue braccia una donna, alta
più o meno
quanto lei, con dei lunghi capelli marroni e gli occhi azzurri, molto
azzurri. Occhi che penetrarono nei miei, rimasi spiazzata dalla
lucentezza che emanavano. Mi sentii subito a disagio, lo sguardo era
fisso su di me, era evidentemente sorpresa di trovarmi lì,
infondo non era casa mia ed ero una perfetta sconosciuta.
-Oh, che sbadata che sono! Vieni, vieni Freedom, voglio farti conoscere
due persone.- si avvicinò con passo deciso, mi prese la mano
e
mi trascinò vicino alla donna dagli occhi azzurri. -Freedom,
lei
è mia figlia Pattie. Pattie, lei è Freedom, la
ragazza di
cui ti ho parlato. Non è bellissima?- arrossii
immediatamente,
mentre un sorriso imbarazzato comparve sul mio viso.
-È un piacere conoscerti, Freedom.-mi strinse piano la mano,
sorridendo.-Hai davvero un nome insolito.- ridacchiai, stringendo la
stretta.
-Pensi che il mio secondo nome è Aquamarine.- feci
spallucce,
mentre lei invece corrugò le sopracciglia
e arricciò
le labbra.
-Okay, non è poi tanto strano dopotutto.- sorrise.
-Praticia, giù le mani dalla mia donzella.- intervenne Diane
che, dopo aver picchiettato più volte la sua mano su quella
di
Pattie, mi tirò a sé e mi girò verso
il ragazzo
che poco fa era tra le braccia di Bruce. -Lui, invece, è
Justin,
il fioglio di Pattie.-
I miei occhi grigi si scontrarono con quelli nocciola del nipote di
Diane, Justin. Rimasi completamente estasiata dalla bellezza di quel
ragazzo. Le sue sopracciglia erano folte, il suo naso piccolo, la pelle
chiara, le labbra carnose, i capelli corti rasati ai lati e col
ciuffo..Le sue labbra erano semi aperte mentre i suoi occhi erano
puntati nei miei. Affogai in quel color nocciola, così
intenso
che sembrava miele, o caramello. Era davvero bellissimo.
-Ciao.- sussurrai, arrossendo imbarazzata.
-Ciao.- ripeté, l'ombra di un sorriso sul suo viso. -Allora
tu
sei la famosa Freedom.- cominciò, avvicinandosi piano a me.
-Così sembra.- risposi, continuando a fissare i suoi occhi.
-Così sembra? Sei forse la sua sosia? oppure gli alieni ti
hanno
rapita e quindi sei un clone?- mi porse la mano, ridacchiai
afferrandola.
-Sono io, in carne ed ossa.- sorrise e giurai di vedere un pizzico di
malizia in quel sorriso.
-Justin, figliolo, non provarci con lei.- lo rimproverò
Bruce.
-Hey, sono un maschio.- si giustificò Justin.
-E hai dodici anni in più a lei, quindi giù le
mani.-
Spalancai la bocca, dodici anni in più a me? Facendo due
calcoli, dato che io avevo solo quindici anni e lui ne aveva dodici in
più a me, aveva ben ventisette anni. La sfiga è dalla mia
parte pensai.
Justin, invece, sbuffò sonoramente, roteò gli
occhi al
cielo e passò, con un gesto veloce e sexy, la lingua sulle
sue
labbra. Fissai attentamente tutti i suoi movimenti, così
eleganti e decisi. Sembrava il solito tipo che sa cosa vuole e che, se
ciò che desidera è impossibile, cambia le leggi
per
renderlo possibile, per poterlo ottenere.
-Fatte le presentazioni, che ne dite di portare velocemente queste
valigie sopra e di scendere per la torta? Ho fatto anche i biscotti.-
neanche il tempo che Diane finisse la frase, che Justin già
era
di sopra con le sue valigie. Ridacchiai osservando la scena,
avvicinandomi poi a Pattie per aiutarla con le sue valigie.
-Dia una valigia a me, tre ne sono tante.- dissi sorridendo alla donna
dagli occhi azzurri, prima di prendere una valigia dalla sue mani.
-Oh, dolcezza, dammi del tu e chiamami Pattie.-
Trascinai la valigia fino alle scale, poggiai il piede sul primo
scalino e, proprio mentre stavo per alzare la valigia da terra, una
mano si poggiò sulla mia e automaticamente alzai lo sguardo.
Per
la seconda volta, incontrai gli occhi color caramello di Justin. Prese
delicatamente la valigia dalle mie mani senza mai staccare i miei occhi
dai suoi.
-Lascia fare a me.- sussurrò, prima di prendere del tutto la
valigia e di salire velocemente le scale.
Rimasi spiazzata dal suo gesto così gentile, con lo sguardo
sognante e la bocca semi aperta. Chiusi gli occhi e scossi la testa
più volte, il mio labbro inferiore incastrato tra i miei
denti,
intenta a reprimere un sorriso. Quando riaprii gli occhi, il biondo
stava scendendo le scale col fiatone e, dopo avermi fatto un gesto col
capo, si avviò velocemente in cucina. Lo seguii a ruota
entrando
in cucina, l'odore di dolce era più intenso. Tutti presero
posto
a tavola, ed io mi sentii tremendamente a disagio, infondo non
facevo parte di quella famiglia, ero solo una persona di troppo..
-Bocciolo, siediti pure vicino a Justin.- mi sorrise Bruce,
rassicurandomi.
-Ma no, non voglio rovinare questo ritrovo familiare. Caso mai torno
dopo..- sorrisi anch'io, stringendo le braccia, ancora una volta,
attorno al mio ventre.
-Non rovini affatto questo ritrovo familiare, piccola.- Justin
schioccò la sua lingua al palato, quell'ultima parola
l'aveva
pronunciata con così tanta premura.. -Forza, siediti.-
Strusciò i piedi della sedia per terra provocando un rumore
stridulo, batté poi più volte il palmo della sua
mano sul
cuscinetto decorato sulla sedia e mi sorrise. Aveva un sorriso
così bello. Sorrisi anch'io di rimando e, velocemente, mi
sedetti al suo fianco. Diane tagliò cinque fette di torta al
cioccolato con un cuore di morbido cioccolato bianco e le
poggiò
in cinque piatti con decorazioni natalizie, accanto a tre biscotti
ancora caldi e dall'aspetto squisiti. Amavo i dolci, sopratutto per il
fatto che potevo mangiarne a palate senza mai ingrassare, avevo un
metabolismo davvero molto alto grazie ai dodici anni di atletica e i
sei anni di nuoto. Sport che odiavo tra l'altro, però a mia
mamma piacevano ed io non volevo darle un dispiacere, stava spendendo
un botto di soldi per me e non mi andava di deluderla.
Chiusi gli occhi e inspirai il profumo di cioccolato ancora caldo:
adoravo il cioccolato bianco.
-Justin.- la voce di Pattie riuscì a distogliermi dai miei
pensieri e immediatamente mi girai verso il suo viso: fissava suo
figlio con la bocca aperta e gli occhi semi spalancati. -Ma tu non
preferivi il salato al dolce?-
-Prima di tutto,- cominciò Justin con la bocca piena,
ingoiò e si pulì il viso col fazzoletto. -ho
fame, sono
ore che non mangio. Secondo, preferisco il salato al dolce, ma per il
semplice motivo che i tuoi dolci o sono bruciati o sanno di detersivo.-
Pattie fulminò suo figlio con gli occhi. -Senza offesa,
mamma.-
-Comunque, c'è una signorina a tavola, quindi cerca di
essere
più educato. Avrai pure ventisette anni, ma il tuo cervello
è rimasto indietro, tesoro.-
Justin alzò gli occhi al cielo, sospirò e
cercò di
mangiare con più 'eleganza'. Sorrisi alla scena, afferrando
poi
un biscotto e portandolo alle mie labbra. Il biondo al mio fianco
notò il mio sorriso e mi fece un occhiolino, subito avvampai.
-Allora, Freedom, parlaci un po' di te.- mi chiese Pattie.
-Cosa vorresti sapere?- le chiesi, mordendo ancora la mia fetta di
torta. L'imbarazzo si faceva sentire.
-Che scuola frequenti, cosa vorresti fare da grande, i tuoi
interessi..- cominciò Pattie.
-Se sei fidanzata, il tuo numero di cellulare..- continuò
Justin, arrossii ancora di più. Bruce diede uno scappellotto
dietro la testa del nipote. -Ahia, che c'è?-
-Ci stai provando.-
-Hey, devo passare qui ben due settimane, tanto vale uscire
con
qualcuno. E sono sicuro che a Freedom piacerebbe stare in mia
compagnia, vero, piccola?- Avvampai ancora.
-Be', se..se vuoi ehm, okay, tan..tanto io sono sempre qua.- mi
maledissi mentalmente dopo quella frase pronunciata alla cazzo.
Balbettare era il mio forte, sopratutto quando si trattava di
situazioni simili.
-Visto?- chiese retoricamente Justin, mentre sul suo viso si espanse un
sorriso. -Ha acconsentito, quindi dopo la torta mi darà il
suo
numero e ci vedremo anche fuori da questa casa.- fece spallucce e
continuò a mangiare come stava facendo poco prima.
Okay, i ragazzi non erano mai stati il mio forte. Certo, a scuola non
ero la più sfigata, ma nemmeno la più amata. Ero
semplicemente una ragazza che preferiva starsene per i fatti suoi e che
nessuno conosceva, non venivo né derisa dai più
popolari
né stimata dai più secchioni. Mi era capitato
giusto
qualche volta di essere presa in giro per il mio fisico, ero sempre
stata tanto piccola e sottile e ai ragazzi piaceva la donna bella e
formosa. Non avevo ancora dato il primo bacio, l'altro sesso era per me
qualcosa di ancora misterioso e sconosciuto. Non sapevo com'era avere
un migliore amico maschio oppure un fidanzato, non sapevo
com'era
poggiare le mie labbra su quelle di un'altra persona, non sapevo cosa
significava essere amata, cosa significava sentirsi amata e cosa
significava amare un ragazzo. Certo, una piccola cotta anch'io l'ho
avuta alle medie, ma non era niente di così eclatante..
Niente di eclatante e sopratutto niente di paragonabile alle farfalle
che svolazzavano nel mio stomaco dopo aver sentito che Justin voleva il
mio numero per uscire con me.
-Voi dov'è che abitate?- mi azzardai a chiedere.
-Cambridge, anche se non la sento casa mia come Stratford.- rispose
Justin. -Lì è tutto troppo movimentato,
c'è caos e
le strade sono sempre occupate. Se non fosse stato per
l'Università sarei rimasto qui.-
-Tu frequenti la Harvard University?!- chiesi, spalancando la bocca.
-Ho frequentato la Harvard e sono uscito col massimo dei voti.- sorrise
soddisfatto, mentre i miei occhi si spalancavano ancora di
più e
il mio cuore accelerava. -E da quello che ho capito, sei rimasta
abbastanza sorpresa.- ridacchiò.
-È una delle Università più importanti
in America,
devi essere un vero genio se sei uscito col massimo dei voti.- mi unii
alla sua risata.
-E tu?- chiese dopo pochi secondi. -Vai alla Waterloo-Oxford?-
-Sì, è la più vicina e mi trovo bene..
Anche se i miei voti non sono proprio buoni, ecco.-
-Potresti farti aiutare da Justin.- suggerì Diane.
-È un insegnante.-
-Cosa?-
-Non preoccuparti, piccola, ho fatto solo qualche supplenza.-
ridacchiò ancora. -E poi, sarebbe un motivo in
più per
vederci, non trovi?-
Avvicinò il suo viso al mio, i suoi occhi completamente
puntati
nei miei. Mi persi nuovamente in quel color caramello e di conseguenza
annuii senza pensarci due volte. Sorrise dolcemente e mi
accarezzò il viso col dorso della sua mano, era
così
calda mentre la mia pelle era così fredda. Finimmo di
mangiare
poco dopo di mangiare la nostra fetta di torta, Pattie era
davvero
una donna tanto simpatica mentre Justin era..era Justin. Non riuscivo
ancora a capire, a decifrare l'effetto che mi stava facendo. Dentro di
me regnava il caos, nel mio stomaco si stava scatenando la terza guerra
mondiale e no, non era stata la torta a provocarmi tutti quei crampi.
Già ero dipendente dal suo sorriso, dal suo viso perfetto.
Lo
guardai, mentre si alzava dalla sedia e posava il suo piatto nella
lavastoviglie e continuai a guardarlo, mentre si avvicinava a me e mi
faceva segno di alzarmi. Seguii i suoi movimenti, poggiai il mio piatto
nella lavastoviglie e andammo in salotto, dove Pattie e Bruce stavano
già disfando gli scatoloni. Era così bello
vederli
mentre, in sintonia, toglievano tutti quegli oggetti natalizi e li
poggiavano sul divano, o per terra, o sugli altri scatoloni. C'era
un'aria così serena e festiva, ti contagiava. Il sorriso sul
mio
viso si espanse alla scena e i miei occhi cominciarono a brillare: come
mi sarebbe piaciuto poter far tutto quello anche con mia mamma, magari
anche con papà.
Purtroppo quello era solo un sogno. Un sogno destinato a rimanere tale,
perché papà non voleva saperne di tornare ad
essere
presente nella mia vita.
-Hey, voglio aiutarvi anch'io ad addobbare la casa!- Justin si
avvicinò agli altri, io rimasi sull'uscio del salotto a
fissare
la scena.
-Figliolo, perché non mi aiuti a montare l'albero? La mia
schiena non è più quella di una volta.-
ridacchiò
Bruce.
-Pattie, ho trovato delle splendida ricette per la cena che ci
sarà la sera della vigilia di Natale.- disse Diane a Pattie.
-Io ho portato la ricetta di alcuni dolci natalizi prettamente
italiani, una mia amica è andata in vacanza a Napoli e ha
provato alcune cose davvero deliziose.-
-Questa sera mi mostrerai tutto!-
E fu in quel momento, quando li vidi presi a parlare tra di loro mentre
disfavano gli scatoloni, che mi sentii davvero, davvero di troppo. Mi
pensava di invadere il loro spazio, mi sentivo solo un peso, qualcosa
di troppo. Come quando hai mangiato primo, secondo e contorno e per
esagerare aggiungi anche il dessert, oppure quando un disegno
è
già perfetto e per renderlo migliore aggiungi la sfumatura
di un
altro colore che rende il lavoro perfetto di prima completamente
sbagliato. Ecco, io ero quel colore, quel colore così scuro
e
freddo in confronto a loro, che erano così brillanti e
caldi. Il
sorriso immediatamente abbandonò il mio viso, indietreggiai
di
qualche passo e abbassai il capo: non facevo parte di loro,
perché continuare a invadere quello spazio così
intimo?
Sospirai rassegnata e mi girai le spalle, intenta ad andarmene, ma
venni fermata da una voce.
-Dove vai?- mi chiese Justin.
-A casa mia,.- risposi girandomi, un sorriso sforzato fece la sua
entrata in scena sul mio viso.
-Come mai vuoi andare via?- continuò Pattie.
-Non vi vedete da tanto e questo è un momento vostro, non
voglio rovinare l'atmosfera.-
-Non rovini affatto l'atmosfera, bocciolo.- rassicurante, Bruce mi
sorrise.
-Cosa fai adesso a casa da sola? Meglio stare qua, almeno ti fai
quattro risate quando Bruce bacchetta Justin dopo che ci ha provato con
te.- Diane fece spallucce, ridacchiai.
Justin, invece, abbandonò la sua postazione ai piedi del
divano
e si avvicinò lentamente a me, il suo sguardo era fisso sul
mio
corpo. Quando una persona fissava intensamente il mio corpo mi sentivo
a disagio, eppure sentire lo sguardo fisso su di me da parte di Justin
aveva l'effetto contrario: stavo bene. Arrivò a pochi passi
da
me, mi porse la mano e mi sorrise.
-Infondo, hai detto tu stessa che sei sempre in questa casa.
Perché dovresti fare un'eccezione proprio adesso?-
Alternai lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi finché,
titubante, non unii il mio palmo al suo. Il sorriso che si espanse sul
suo viso era lungo da un orecchio all'altro. Staccò le
nostre
mani, ma con lo stesso braccio circondò le mie spalle e ci
avvicinammo a passo svelto al centro del salotto.
-Solo io riesco a convincerla.- si vantò Justin con gli
altri, mi baciò la guancia.
-Justin, non ci..-
-Non ci provare, okay, lo so. Lo so.-
E sorrisi, ancora.
Non mi capitava di sorridere così tanto da, quanto? Avevo
perso
il conto dei giorni ormai, eppure qualcosa mi diceva che avrei
cominciato un'altra conta.
Gli occhi di Justin trovarono ancora una volta i miei.
E sentii che il vuoto presente nel mio corpo si stava colmando.
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Buonsalve.<3
Indovinate un po' chi c'è qua?
Ma sono io, la vostra Sharrrron!
Quando finì 'Do you believe in love?' promisi che mi sarei
fatta
sentire a settembre e mi dispiace di non aver mantenuto la
mia
promessa.
Però, sapete, con l'inizio del nuovo liceo mi sono trovata
un
po' spaesata. Le materie sono abbastanza pesanti, ho interrogazioni e
verifiche a go go e ho preferito concentrarmi sulla scuola mettendo da
parte la tecnologia in generale. Pensate che ho riattivato la mia
pagina
Facebook pochi giorni fa e
ci sto comunque pochissimo,
quindi perché riattivare questo profilo e farvi aspettare
settimane per un capitolo? Amo scrivere, ma mi prende troppo tempo..
Per scrivere questo capitolo, per esempio, ci avrò messo si
e no
cinque ore, infatti l'ho scritto in due giorni.
E adesso, dato che l'ho menzionato, parliamo del capitolo!
Da quello che avete capito, ho cominciato una nuova storia. Premetto
che domenica sera avevo un po' di ispirazione e ho cominciato a buttare
giù qualcosa per una One Shot. Però, dato che
ciò
stavo scrivendo stava diventando troppo lungo, ho ben pensato di fare
una piccola fan fiction, che durerà si e no dieci capitoli,
o
anche meno. Pubblicherò una volta alla settimana, due se
riesco.
I capitoli saranno sempre lunghi come questo e be', che altro dire?
Non mi dilungo ancora, già avete sprecato un bel po' di
tempo.c:
Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato, spero sia servito a
qualcosa passare ore davanti al computer a scrivere tutto
questo.<3
Seguitemi su Twitter
akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi
pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 02.// home this christmas. ***
02.
-Freedom, mi passi la palla rossa con i brillantini che formano un
albero di Natale?- mi chiese gentilmente Pattie per poi tendermi la
mano.
-Questa?- le poggiai sulle mani ciò che mi aveva chiesto.
-Sì, grazie.-
Sorrisi, era davvero bello fare l'albero di Natale con i nonni, Pattie
e Justin. Be', la cosa più divertente era di sicuro Diane
che
spostava tutto ciò che Justin poggiava sull'albero e Justin,
puntualmente, sorrideva e annuiva, poi Diane si girava e lui o sbuffava
o alzava gli occhi al cielo. Era davvero tanto buffo e non dimostrava
l'età che aveva. Gli avrei dato al massimo un ventidue,
ventitré anni.. mai ventisette. Però mi sembrava
così simpatico, così divertente. Aveva un non so
che di
diverso dagli altri, adoravo il modo in cui sorrideva e amavo il modo
in cui riusciva a far sorridere me. E, credetemi, riusciva a farmi
sorridere davvero con poco.
-È perfetto.- sussurrai allontanandomi dall'albero, in modo
tale da avere una visuale ancora più perfetta.
Avete presente quegli alberi di Natale che si vedono nei film, con
tante palle rosse o dorate e tanti pendoli, con tante luci che donano
un'atmosfera ancora più natalizia, più magica?
Ecco,
quello era uno di quegli alberi di Natale. Lo guardavo con gli occhi
sognanti, ero rimasta colpita dalla bellezza che un semplice albero con
qualche luce poteva emanare. Justin, seguito da Pattie e i nonni, si
misero al mio fianco. Tutti intenti a contemplare ciò che
avevamo creato.
-Ci mancano solo i regali per rendere l'opera davvero completa.-
ridacchiò Bruce.
-Chissà perché, ma questa cosa mi piace
particolarmente.- sorrise Justin, risi in risposta.
-Chissà perché, me lo aspettavo.- dissi.
-Ah sì? Sei una veggente per caso, o una cartomante? Sai,
avrei bisogno di una predizione.-
-Dimmi, cosa vorresti sapere.- cercai di imitare un accento russo e no,
non so il perché.
-Se questa cartomante è disposta ad accompagnarmi domani in
centro, devo fare un paio di compere.- arrossii ancora e morsi il mio
labbro inferiore, Bruce invece? Come al solito diede uno scappellotto
dietro la testa a Justin, che immediatamente si abbassò
schivando così lo schiaffo. -Ormai già so come va
a
finire.-
Risi di gusto, volgendo un altro sguardo all'albero di Natale che
illuminava la stanza. Improvvisamente, sentii vibrarmi la tasca
posteriore del jeans. Sfilai velocemente il cellulare dalla tasca e i
miei occhi si scontrarono immediatamente con l'ora sullo sfondo, le
sette e mezza del pomeriggio passate. Imprecai mentalmente e battei la
mano destra sulla mia fronte, così forte che sicuramente
sarebbe
rimasto il segno. Sospirai rumorosamente e aprii il messaggio che, come
avevo immaginato, mi aveva mandato la mamma.
Da: Mamma.
'Dove sei? Freedom la
cena è quasi pronta, si sta facendo tardi e fuori
è scuro. Torna a casa.'
-Che succede, bocciolo?- mi chiese Bruce.
-Non ho avvertito mamma, si starà preoccupando.- dissi
velocemente, afferrando di fretta il cappotto per poi indossarlo.
-Grazie per la splendida giornata, ma purtroppo devo andare.-
-Hey, hey aspetta!- Justin bloccò il mio braccio per
impedirmi
di uscire dal salotto. -Fuori è troppo buio e posso.. be',
posso
accompagnarti io, se vuoi.- mi sorrise, lo guardai ancora negli occhi.
-Lo faresti?-
-Certo. Prendo le chiavi e il cappotto e arrivo.-
Mi lasciò piano il braccio prima di indirizzarmi un altro
sorriso sincero. Le mie gote si colorarono nuovamente di rosso e,
imbarazzata, abbassai ancora lo sguardo verso il pavimento. Era strano
ricevere tutto quelle attenzioni. Strano, ma allo stesso tempo tanto
gratificante. Era come se finalmente qualcuno si fosse interessato
realmente a me, come se finalmente qualcuno avesse acceso una luce in
me, una speranza. Perché quando senti che a qualcuno
interessi
cominci ad amare sempre di più te stessa, è come
se la
tua autostima man mano si alzasse.
Justin tornò pochi secondi dopo col giubbotto indosso, stava
facendo sventolare le chiavi della macchina davanti ai suoi occhi e
aveva sempre quel sorriso così bello stampato in viso. Gli
strappai il mazzo di chiavi dalle mani e gli feci una linguaccia,
salutai poi i nonni e Pattie promettendo loro che mi sarei fatta
sentire ed infine uscii di casa, seguita a ruota da Justin. L'aria
fredda colpì immediatamente il mio viso. Istintivamente
chiusi
gli occhi e alzai il viso al cielo, era ormai diventata una mia
abitudine fare questo gesto e mi piaceva. L'inverno era la stagione che
più amavo: il bianco della neve, il Natale, le strade
completamente
bianche, l'atmosfera sempre così festiva, le coperte, i film
natalizi, le cioccolate calde della mamma.. Sì, decisamente
era
la stagione che più amavo.
Qualche secondo dopo, riaprii gli occhi e trovai un Justin sorridente
intento a guardarmi.
-Che c'è?- chiesi stupidamente, inclinando di lato la testa
e accennando un piccolo sorriso.
-Niente.- rispose semplicemente, senza smettere di sorridere e di
guardarmi. -Sei semplicemente tenera.- arrossii. -E adoro quando
arrossisci se ti faccio un complimento.-
-Andiamo?- sviai il discorso, sapendo che sarei arrossita ancora di
più da un momento all'altro.
Ridacchiò, prima di avvicinarsi a passo svelto e di prendere
le
chiavi che tenevo strette tra le mie dita sottili. Ci avviammo in
macchina, aveva una splendida Range Rover nera che, guarda caso, era la
mia auto preferita. Sinceramente, però, preferivo il modello
in
bianco, aveva un non so che di più bello, anche se nera non
era
male. Guardavo sognante l'interno della macchina e Justin dovette
accorgersene, perché rise di gusto mentre si metteva la
cintura
e ogni tanto mi lanciava uno sguardo.
-Ti piace la mia piccola?-
-La tua piccola?- arricciai il naso.
-Già, lei è la mia bambina.- accarezzò
il volante, io invece scossi la testa.
-Voi maschi siete completamente fissati con le auto.- risi. -Comunque
sì, amo la tua 'piccola'.- mimai con le virgolette l'ultima
parola, giusto per dare più enfasi .
-Adesso lei è solo la mia bambina, da oggi in poi tu sarai
la
mia piccola.- avvampai ancora e ridacchiai, giusto per alleggerire la
cosa. O almeno, io volevo renderla più leggera.
-Mi sento così lusingata, mister..-
-Bieber, Justin Bieber.-
-Che strano cognome.- diedi voce ai miei pensieri e immediatamente
coprii la mia bocca con le mani. -Uhm, cioè, non volevo dire
questo, si, ecco..uhm.. Ah sì, adesso devi girare a destra,
poi
continua dritto, poi di nuovo a destra e prendi la prima a sinistra.-
-Ma sei un disco registrato? Fermati un minuto.-
La risata melodiosa di Justin eccheggiò ancora nella
macchina.
Okay, avevo appena fatto una figura di merda. Ero solo a quota uno, non
male come inizio. Anche se l'entità della figura era
abbastanza
alta, come potevo dire ad una persona così perfetta che
aveva un
cognome strano? Poi parlavo io, che mi chiamavo Freedom Aquamarine. Mi
mandai mentalmente a fanculo più volte, fin quando la mano
calda
di Justin picchiettò sulla mia coscia per poi chiedermi dove
avrebbe dovuto girare.
Il successivi cinque minuti passarono velocemente, il tempo
sembrò volare. Justin parcheggiò proprio sul
vialetto
fuori casa mia, scese dall'auto e venne ad aprirmi la portiera da
perfetto gentiluomo. Gli lanciai un sorriso per poi afferrare la sua
mano e scendere dall'auto.
-Grazie per il passaggio.- gli dissi sincera, mentre con una
mano spostai i capelli dall'orecchio sinistro.
-Non potevo farti andare via a piedi, da sola.. che razza di uomo sarei
stato?- rispose, togliendo poi i capelli da dietro l'orecchio e
scendendo fino alle punte. -Mi piacciono i tuoi capelli, sono
lunghissimi.-
-Da bambina li avevo ancora più lunghi.-
-Più lunghi di cosi?- percorse con le dita la lunghezza di
alcune ciocche dei miei capelli, avevo dei capelli talmente
lunghi
che quasi arrivavano al sedere.
-Sì, poi però ho dovuto tagliarli che
d'estate sono
insopportabili i capelli lunghi.- ridacchiai. -Be', allora.. io vado.-
a malincuore, pronunciai quelle parole.
-Se proprio devi.. ci vediamo domani.-
Annuii semplicemente e mi girai, pronta ad entrare in casa.
Già
riuscivo a sentire il vuoto farsi sempre più grande, era
come se
una parte di me fosse rimasta lì con lui, come se una parte
di
me non fosse mai uscita da quella macchina. Arrivai fino all'uscio
della porta, bussai al campanello più volte e mi girai verso
la
macchina di Justin: era appena entrato e stava mettendo in moto la
macchina, senza smettere di fissarmi. Gli indirizzai un sorriso seguito
da un gesto della mano che lui prontamente ricambiò con un
occhiolino, poi ricordai. Immediatamente cacciai il cellulare dalla
tasca del mio jeans, presi una penna che -non so per quale ragione- era
nel
mio vaso in ceramica vicino alla porta e, proprio quando quest'ultima
s'aprì rivelando la figura di mia mamma, scattai verso
Justin e
gli presi la mano che penzolava dal finestrino.
-Cosa stai facendo?- chiese Justin, ridendo.
-Hai detto di volere il mio numero.- ridacchiai anch'io.
-Ti martellerò così tanto che dovrai bloccarmi.-
guardò il numero, prima di ridere fragorosamente.
-Ciao, Justin.- agitai la mano mentre camminavo all'indietro.
-Ciao, piccola.- mi mandò un bacio prima di fare manovra e
sfrecciar via.
Col sorriso sul volto e gli occhi ancora sognanti, mi girai verso la
porta di casa, dove trovai mia madre appoggiata all'uscio con le
braccia incrociate al petto e un sopracciglio alzato. Immediatamente la
mia espressione cambiò, posai entrambe le mani in tasca e,
fischiettando colpevole, entrai in cassa. Tolsi velocemente il
giubbotto, entrai in cucina e mi avviai verso le pentole sui fornelli:
si sentiva un odorino davvero squisito.
-Freedom..- la voce di mia madre mi fece sobbalzare.
-Che c'è? Dio, mà, m'hai fatto saltare!- sbottai
col cuore a mille, poggiando una mano sull'organo interessato.
-Chi era quel ragazzo?- un pizzico di malizia s'impossessò
della sua voce e una scintilla brillò nei suoi occhi.
-Ragazzo? Quale ragazzo? Io non conosco nessun ragazzo, non ricordo
nessun ragazzo. Mmh, sai che ho proprio fame? Cos'hai cucinato? Non
sono riuscita a vedere che mi hai fatto saltare, quindi adesso riprovo
ma non chiamarmi, potrei gettare la cena a terra e io ho davvero tanta,
tanta fame.-
-Free, ferma un secondo.- mamma scoppiò a ridere, io invece
rimasi seria. -Riformulo la domanda: chi era quel ragazzo?-
-Quando prima sono uscita di casa,-cominciai il mio racconto. -sono
andata a casa di Bruce e Diane. E fin qui ci siamo. Poi hanno bussato
al campanello e, indovina? Ho conosciuto la figlia di Diane e il figlio
della figlia di Diane.-
-Non facevi prima a dire il nipote di Diane?-
-Nah, è lo stesso.- ridacchiai. -Comunque, lui è
il
"nipote"- mimai con le virgolette l'ultima parola. -di Bruce e Diane.
Si chiama Justin e, dato che era tardi e dovevo fare molta strada a
piedi, ha pensato di accompagnarmi con la macchina. Mamma, è
così bello!- sospirai e guardai il soffitto, il viso di
Justin
apparve come una visione e non potei fare a meno di sorridere.
-La mia piccolina ha fatto conquiste, eh?-
-Caso mai è il biondo che ha fatto conquiste.-
Ridacchiai ancora mentre aiutavo mamma ad impiattare la cena,
si
sentiva un profumino davvero delizioso. La mamma era davvero un'ottima
cuoca, adoravo tutto ciò che faceva. Dai piatti
più
semplici a quelli più complessi. Anche a me piaceva
cucinare,
ciò che facevo veniva pure abbastanza buono..però
certo,
non era ai livelli della cucina della mamma, gli anni passati a fare
l'assistente di un cuoco in un ristorante erano serviti a qualcosa.
Una volta poggiati i piatti sul tavolo, presi posto a tavola, mamma si
mise di fronte a me. Non smettevo di sorridere e di pensare a Justin. Sarà
arrivato a casa? Avrò fatto bene a dargli il mio numero? E
se
non mi chiamasse? E se fossi sembrata una disperata? Numerose
erano le domande che occupavano i miei pensieri. Non mi aveva ancora
scritta, il cellulare non aveva vibrato. Ma la vera domanda
era:
mi avrebbe scritta?
-A cosa pensi, Free?- mamma schioccò le dita di fronte al
mio viso, uscii dal mio stato di trance e la guardai.
-Cosa?- sbattei più volte le palpebre, lei
accennò un sorriso e mi guardò.
-Hai appena messo il sale sulla pasta anziché il
parmigiano.-
guardai il mio piatto e, come aveva detto, avevo appena messo il sale
sulla pasta. Sospirai, scossi la testa e tolsi la parte in bianco.
-Hey.-
-Oggi abbiamo addobbato l'albero, da Diane e Bruce..- incrociai il suo
sguardo. -era così bello, l'albero su un lato e la stanza
illuminata solo dalla luce che emanava.. Era magico.-
-Freedom, sai cosa penso su certe cose. Sono solo una perdita di
tempo.- m'interruppe mamma, seria.
-Lo so, ma..- scossi la testa più volte.-lascia stare.-
Lasciai cadere il discorso così, con un semplice 'lascia
stare'.
Cosa c'era di male nel fare un semplice albero di Natale? Okay, poteva
pure essere una perdita di tempo come diceva lei, eppure io non lo
vedevo in quel modo. Per me, addobbare l'albero di Natale era una modo
per stare insieme, per collaborare, per divertirsi. Era un modo per
rendere tutto più bello, perché
sembrerà strano,
ma uno stupidissimo albero con qualche luce e qualche pallina
svolazzante riusciva sul serio a cambiare del tutto l'atmosfera di una
casa, di una famiglia. Rendeva tutto più magico,
più
festivo, più caloroso, più sereno.. Non riuscivo
davvero
a capire perché non le piaceva una festa così
bella come
il Natale. A chi non piace il Natale? Come può non piacere
il
Natale? Un perché c'era sicuramente, solo che non voleva
dirmelo.. Per lei era una semplice perdita di tempo. Stop.
Io, invece, quanto avrei
desiderato baciare il mio principe azzurro sotto il vischio.
Dopo mangiato, salutai mia mamma con un dolce bacio sulla
guancia, salii al piano di sopra ed entrai in camera mia. Il blu notte
si intonava perfettamente al cielo stellato di quella sera, era dello
stesso colore. Mi avvicinai alla finestra e rimasi a contemplare il
cielo.. Che belle che erano le stelle, mi affascinavano. Quando ero
piccola e papà mi portava con sé sulla neve ci
capitava
spesso di fare gli angeli sulla neve per poi rimanere a
fissare il cielo. Giocavamo a chi riusciva a trovare più
oggetti
tra le stelle, io vincevo sempre. Avevo di gran lunga un'immaginazione
più amplia della sua, le uniche cose che riusciva a
distinguere
in cielo erano auto e palle da calcio. Ed io mi chiedevo sempre come
faceva a trovare palle da calcio in un cielo stellato, possibile che i
maschi dovevano sempre e solo pensare allo sport? Le stelle formavano
tutte quelle immagini così belle e astratte, le stelle da
sé formavano un motivo stupendo. E mio padre tutto
ciò
che riusciva a vedere cos'era? O un pallone da calcio o un automobile.
Ridacchiai tra me e me al ricordo, allontanandomi poi dalla finestra.
La temperatura si stava abbassando notevolmente ed io avevo davvero
tanto, tanto freddo. Cacciai da sotto al cuscino il pigiama di pail
rosso con Minnie, presi una coperta calda dall'armadio, accesi il
computer e inserii il CD de 'Il Grinch', uno dei film natalizi che
più mi piacevano. Andavo pazza sopratutto per il naso dei
non so
chi, era troppo carino. Non appena indossai il mio bel pigiama caldo,
mi sedetti sul letto, poggiai il computer sulle gambe e spensi le luci,
indossando subito dopo gli auricolari.
Toc. Toc. Toc.
-Chi è?- chiesi scocciata, poggiando di lato il
computer.
-Sono io, ho portato la cioccolata calda.- mamma entrò in
camera, si sedette sul mio letto. -Due zollette di zucchero e tre
mashmallows, proprio come piace a te.-
-A cosa devo questo premio?- ridacchiai, strappando letteralmente la
cioccolata dalle mani di mamma.
-Volevo semplicemente bere una cioccolata calda con la mia bambina,
è proibito per caso?-
-No, anzi.-
Sorseggiai lentamente la cioccolata calda e immediatamente le mie
papille gustative andarono in estasi. Chiusi gli occhi annusai il
vapore profumato che partiva dalla tazza e faceva piccole scie lunghe
giusto qualche centimetro: era davvero bollente. Ammirai come i tre
piccoli mashmallows galleggiavano sulla superficie di quella sostanza
davvero, davvero deliziosa. Sembravano un paio di occhi e un naso.
Sorrisi mentre ne presi uno con le dita per poi avvicinarlo alle labbra
e ovviamente, sbadata com'ero, mi sporcai su tutto il viso. Con le mani
sporche cercai di pulirmi, peggiorando la situazione.
-Lascia fare a me, Freedom.- mamma ridacchiò. -Possibile che
tu
lo faccia tutte le volte pur sapendo come va a finire?-
continuò.
-Come posso non farlo? Ormai è diventata una tradizione.-
feci spallucce, sorseggiando nuovamente la cioccolata.
-Prima ho parlato con tuo padre.- affermò, seria, mamma.
Piantai
il mio sguardo sui mashmallows: erano rimasti solo in due.
-Uhm?- mugugnai, non avevo voglia di aprire l'argomento.
-Ha detto che l'altro chef al ristorante ha subito un'operazione al
ginocchio, per questo non verrà a prenderti quest'anno.-
-Come tutti gli anni, d'altronde.- borbottai, continuando a far fare a
quei dolciumi gommosi tanti cerchi nel mare di cioccolata.
-Era davvero dispiaciuto, Freedom.- mi accarezzò il viso.
Non replicai nemmeno, a cosa serviva? Tanto non avrebbe cambiato la
situazione. Ogni anno, nel periodo natalizio, qualcosa di brutto
succedeva ed io non potevo mai stare con lui. Eppure lo sapeva che a me
non piaceva stare con la mamma a Natale, sapeva l'importanza che aveva
per me quella festa -anche
se non per un motivo preciso- e l'importanza
che invece aveva per mamma, che era pari a zero. I pochi Natali che
avevo passato con lui erano stati i più belli, quelli
più
indimenticabili. Ed io non chiedevo tanto, volevo semplicemente passare
un Natale con lui. Basta.
-Non importa.- accennai un sorriso. -Infondo sono solo sua figlia, no?
Cosa importa se mi delude sempre?- mamma stette in silenzio,
continuò semplicemente a guardarmi e ad accarezzarmi il
viso. -Mi ha delusa così tante volte, una volta in
più non fa la differenza.- la mia voce si
affievolì
sempre di più, era quasi un sussurro, era come se stessi
parlando più con me stessa che con qualcuno.
-Piccola, io..-
-Mamma, davvero. Non importa.- sforzai un sorriso.
-Quando lo sento gli spacco il culo.- disse a denti stretti prima di
abbracciarmi, ridacchiai.
-Mi lasceresti un po' sola?-
Le chiesi flebilmente, ricevendo come risposta un'altra carezza e un
bacio sulla fronte. Dopo avermi guardata intensamente negli occhi come
per darmi supporto, andò via, lasciandomi finalmente sola.
Riposai i miei occhi sulla cioccolata, piazzai dure dita all'interno e
mangiai anche l'altro mashmallow, rimanendone così uno sulla
superficie. Era così che mi sentivo, come un mashmallow solo
in
un mare di cioccolata. Sola.
Appoggiai la tazza ancora fumante sul comodino, mi risistemai sotto le
coperte e ripresi il computer. Indossai velocemente le cuffie, presi
dal comodino la cioccolata e mi preparai mentalmente a passare un paio
di ore nel paese dei non so chi. Premetti play...e proprio in quel
momento mi vibrò il culo: avevo il cellulare sotto il
sedere.
Sbuffai sonoramente.
-Chi cazzo mi cerca a quest'ora? Ma cazzo, manco un film in pace posso
vedere che mi devono disturbare! Chiunque tu sia, hai un tempismo
perfet..oh, sconosciuto.-
Da: Sconosciuto.
'Hey, piccola, non scherzavo quando dicevo di voler uscire con te,
domattina.
Passo a prenderti alle nove, fatti trovare pronta che si va in centro
babe.
Buonanotte principessa.
Justin.xx'
Oh.
Mio.
Dio.
Lessi e rilessi il messaggio più volte, mi aveva appena
scritta.
I miei occhi sembravano una macchina da scrivere, erano completamente
sbarrati e sembrava volessero uscire dalle orbite. Il calore che
s'impossessò delle mie gote mi fece capire che ero arrossita
e
no, la cioccolata non aveva contribuito. Bevvi tutto d'un sorso il
resto della cioccolata calda -bollente a dire il vero- che mamma mi
aveva portato e, indovinate? Mi scottai la lingua, la gola, la bocca in
generale. Ma sinceramente? Poco mi importava. Sarei uscita con Justin
l'indomani mattina, sarei uscita con JUSTIN! Ero davvero contenta,
così contenta che nemmeno la notizia che non avrei passato
il
Natale con papà riusciva a farmi smettere di sorridere.
Avvicinai il cellulare al cuore, sorrisi e guardai il soffitto. I miei
occhi ancora sognanti. Il mio cuore non smetteva di battere.
I'll be waiting under
the mistletoe,
while you're travelling
here through the winter snow.
Baby think of me if it
helps to get you warm.
When the only gift that
I really need,
is to have your arms
right around me.
Baby think of me if it
helps to get you home.
Home this christmas.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Sono in anticipo,
amatemi. LOL.
AHAHAHAH, come state? Io bene, sono solo molto, molto, molto, molto
staaanca! Sto studiando tantissimo in questo periodo, ho passato una
settimana davvero infernale tra compiti e interrogazioni. Almeno ho
visto i risultati positivi! Ho preso un bellissimo nove e mezzo in
latino e un otto più all'orale di psicologia, mica male. E
ho anche trovato il tempo di scrivere, mi sento troppo realizzata.
COMUNQUE, passiamo al capitolo. Allora, che ve ne pare? A me piace
sinceramente, mi stanno frullando per le cerevelle un paio di idee e
non credo di concludere la storia prima dei dieci capitoli. Di questo
capitolo mi piace sopratutto la fine, in 'sti giorni sto ascoltando
Under The Misteltoe a manetta e l'ispirazione sale sempre
più AHAHAHA.
Be', che dire, non vi trattengo più di tanto e lascio a voi
i commenti.
VOLEVO RINGRAZIARE TUTTE COLORE CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO
E ANCHE SOLO CHI HA LETTO.
VI RINGRAZIO INFINITAMENTE.
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
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Capitolo 3 *** Capitolo 03. // You're my one and only christmas wish. ***
03.
Da: Justin.<3
'Non osare fare colazione, la facciamo insieme al bar. E no, non
accetto un no come risposta.
Buongiorno, piccola.<3'
Esisteva un risveglio
migliore? La
risposta era semplicissima: no. Mi girai più volte tra le
calde
coperte del letto col cellulare stretto al petto, il battito del mio
cuore andava così veloce che riuscivo a sentirlo
perfettamente.
Guardai nuovamente il messaggio e chiusi gli occhi, sorridendo
contenta. La notte appena passata l'avevo trascorsa in completa
tranquillità, avevo dormito davvero bene e mi sentivo pronta
e
carica per affrontare la mattinata. Mi sentivo pronta e carica per
poter uscire con Justin.
Mi alzai col busto dal materasso e, immediatamente, l'aria fredda
colpì la mia schiena scoperta. Rabbrividii. La maggior parte
delle volte avrei mugugnato qualcosa di incomprensibile e mi sarei
rituffata sotto le coperte, ma quella era una mattina diversa. Mi feci
coraggio, cacciai anche le mie gambe da sotto le coperte e toccai con
le dita dei piedi il pavimento freddo della mia camera. Feci subito una
corsa in bagno, aprii la doccia e tornai in camera mia, prendendo
dell'intimo pulito e un asciugamano dal cassetto. Sembravo Saetta
McQueen, facevo le cose col turbo. Tolti i vestiti entrai in doccia,
insaponai i miei capelli con lo shampoo alla vaniglia e il mio corpo
col bagnoschiuma allo zucchero filato ed infine mi sciacquai. Avevo
poco tempo e dovevo ancora scegliere cosa mettere. Diedi una passata
veloce di phon ai miei capelli, non li asciugai del tutto: ci avrei
pensato dopo aver scelto l'abbigliamento da indossare. Ed ecco che
sorgeva il problema, cos'avrei dovuto indossare? Scavai tra i miei
vestiti, non mi capitava spesso di farlo. Di solito prendevo
ciò
che mi capitava sotto mano e lo indossavo, ma quella, come ho
già detto, era una mattinata diversa. Optai per un semplice
paio
di jeans attillati scuri, un paio di stivaletti neri e una felpa
bordeaux col volto di un leone al centro. Semplice. Indossai i vestiti,
rientrai in bagno e finii di asciugarmi i capelli, per poi truccarmi.
Volevo sentirmi bella per una volta. E mi sentivo bella.
Soddisfatta del lavoro, tornai in camera trotterellando come una
bambina che aveva preso il suo primo dieci a scuola. Diedi uno sguardo
veloce al display del cellulare che segnava le nove meno dieci e
immediatamente cacciai un sospiro di sollievo, almeno non ero in
ritardo ma bensì in anticipo. Con tutta la calma che
possedevo
nelle mie viscere, presi tutto ciò che mi sarebbe potuto
servire, cioè soldi e cellulare. Scesi al piano di sotto
sorridente, entrando poi in cucina.
-Buongiorno, mamma. Non trovi che sia una splendida giornata?- chiesi,
sprizzavo gioia da tutti i pori.
-Come mai sei così contenta? E sopratutto, perché
sei
già pronta?- rispose mamma, schioccandomi un bacio sulla
guancia. -Shampoo alla vaniglia?-
-Stamattina esco.- feci spallucce senza smettere di sorridere, bevvi un
sorso d'acqua. -Sì, è quello alla vaniglia. Ti
piace?-
-Lo adoro.- sorrise. -Come esci?- chiese, prendendo due tazze dal
mobile sopra al lavabo.
-Ti ricordi il ragazzo di ieri? Mi ha chiesto se potevo accompagnarlo
in centro che deve fare un paio di regali di Natale, non me la sono
sentita di dire no e quindi..be', usciamo insieme. E comunque io non
faccio colazione a ca..-
-Come non fai colazione?- m'interruppe mamma. -Tu fai sempre colazione,
tu mangi sempre! Cos'è questa storia che non fai
colazione?!-
okay, sembrava più allarmata per il fatto che non mangiavo a
casa che per l'uscita con Justin.
-Mamma,- ridacchiai. -fammi finire. Faccio colazione con Justin al bar,
io non riesco a non mangiare.- sospirò sollevata, posando
poi la
tazza dove l'aveva presa.
-A che ora esci?- in quel momento, mi arrivò un messaggio.
Sorrisi.
-Adesso.-
Baciai entrambe le guance di mia mamma prima di dirigermi in salotto
velocemente. Indossai il cappotto, presi il foulard color sabbia che si
intonava col colore di alcuni tratti del leone raffigurato sulla mia
felpa e,dopo aver saltato nuovamente mamma con un cenno della mano,
uscii fuori casa. Rimasi sorpresa quando non vidi la sua Range Rover
nera. Con un enorme punto interrogativo stampato in fronte, presi il
cellulare e aprii la cartella dei messaggi. Proprio mentre stavo per
leggere il contenuto delle righe che mi aveva scritto, un clacson mi
fece sobbalzare. Era lui. Alzai lo sguardo dal cellulare, scontrandomi
col sorriso perfetto di Justin. Il mio cuore prese a battere
velocemente, il respiro mi si mozzò in gola e mi ci vollero
un
paio di secondi prima di prendere coraggio e di andare da lui. Quando
finalmente ritornai cosciente e col completo controllo dei miei arti,
feci una corsa verso l'auto nera parcheggiata fuori casa mia. Entrai
dal lato del passeggero e subito un'inebriante profumo di buono
s'impossessò delle mie narici. Annusai l'aria e chiusi gli
occhi, senza smettere di sorridere.
-Dolce e Gabbana?- chiesi, gli occhi ancora chiusi.
-Ottimo fiuto.- ridacchiò, mi unii alla sua risata.
-Ciao.- sussurrai dopo aver smesso di ridere, a pochi centimetri dalla
sua guancia.
-Ciao.- ripeté, girando il suo viso e incontrando i miei
occhi.
Eravamo così vicini.
Abbassai lo sguardo e sorrisi imbarazzata, il mio cuore aveva preso ad
accelerare sempre più. Era stranissimo l'effetto che
riusciva a
farmi, non riuscivo a comandare i miei movimenti, non riuscivo a capire
cosa stava succedendo al di fuori dei pochi metri di spazio che
racchiudevano me e lui, non riuscivo a prestare attenzione alla
realtà. Mi isolavo, mi isolavo da tutto e tutti. Tranne lui.
E
lo conoscevo da pochissimo, cosa mi sarebbe successo col passar del
tempo?
-Allora, principessa, dove la porto?- delicatamente, Justin mi
accarezzò una guancia.
-Su una stella.- risposi inconsciamente, copiando una celebre frase.
Arrossii pesantemente non appena realizzai ciò che avevo
detto,
il sorriso sul suo viso invece si accentuò. -Volevo dire,
sì, cioè..su una stella
è..è il nome di un
bar, noi studenti lo abbiamo soprannominato così
perché..
perché hanno un cocktail che si chiama in questo modo,
è
davvero buono e..e sì, così..uhm.. oh, fanculo.-
borbottai ancora più imbarazzata, ero appena salita a quota
due
per le figure di merda. Portai entrambi le mani al viso e agitai il
capo, Justin sembrò divertito dal mio comportamento e
cominciò a ridere di gusto.
-E, dimmi, dove si trova questo bar?- ridacchiò, ancora.
-Vai lungo questa strada, poi giri a destra e prosegui dritto. Si trova
vicino al parco.- mugugnai, completamente rossa in viso.
-Okay.- sorrisi -Ti ho già detto che sei carina quando
arrossisci?-
-Fottiti.- gli diedi un pugno scherzoso sul braccio destro, ricevendo
da parte sua solo una risata.
Scoppiai anch'io a ridere, la mia però era una risata
imbarazzata a differenza della sua. Sentii sempre più caldo,
una
caldo davvero opprimente. Tolsi il foulard dal mio collo e lo
attorcigliai attorno alle mie mani, mi sistemai meglio sul sedile e
chiusi gli occhi. Era così rilassante. L'atmosfera non era
pesante, o imbarazzante. Era semplicemente serena, tranquilla,
rilassante. E il che era molto gratificante dato il fatto che ero in
macchina con un uomo così bello come Justin.
Arrivati al bar che gli avevo poco prima indicato, il biondo al mio
fianco parcheggiò l'auto nel parcheggio affianco al parco,
proprio a pochi passi dal centro. Scese dall'auto,
aprì la
mia portiera come aveva fatto anche la sera precedente e
mi circondò le spalle col braccio sinistro. Uno
strano
calore irradiò il mio corpo. Appena entrammo nel bar, un
profumo
di buono pervase le mie narici. L'atmosfera era calma e tipicamente
natalizia, le cameriere già si muovevano tra i tavoli con un
cappellino sulla testa e portavano pattini a rotelle rossi. Una queste
ci si avvicinò.
-Ciao e benvenuti al Jim's Coffee, come posso esservi utile?- ci chiese
con una gentilezza troppo, troppo sforzata.
-Dove possiamo sederci?- Justin passò il braccio dalle mie
spalle alla fine della mia schiena, mi avvicinò ancora di
più a sé.
-Seguitemi.- la cameriera ci scortò ad un tavolino vicino
alla
vetrata. -Questo è ciò che prepariamo la mattina,
appena
siete pronti fatemi un cenno.- e andò via, mentre Justin
prese
il foglio che aveva lasciato sul tavolo.
-Cosa fanno?- mi sporsi leggermente per cercare di leggere,
allontanò il foglietto.
-Eh no, principessa.- puntò i suoi occhi nei miei.
-Ordinerò io per te.-
I suoi occhi mi perforarono l'anima. Erano così chiari, di
un
colore così acceso, così caldo. Annegai in quel
mare di
caramello fuso, o meglio, io stessa mi immersi e non ne volevo sapere
di risalire. Mi fissava, mi fissava intensamente. Ed io lo fissavo, lo
fissavo intensamente. Quegli occhi..così belli e penetranti.
Su
quel ragazzo.. così affascinante e premuroso. Era un gioco
di
sguardi il nostro, chi riusciva a sostenere di più lo
sguardo
dell'altro. Tutto intorno a me scomparve, mi isolai per un momento
dalla realtà e mi concentrai esclusivamente sull'uomo che
avevo
davanti. Sembrava fatto di porcellana: era troppo bello per essere
vero.
-Avete deciso?- la vocina stridula di quella cameriera, che tra l'altro
già mi stava sulle ovaie, ruppe la sintonia che si era
creata
tra i nostri sguardi. Le mandai un'occhiataccia agghiacciante seguita
da un sorriso infastidito, lei semplicemente spostò tutta
l'attenzione su Justin: lo stava mangiando con gli occhi.
-Prendiamo due cappuccini, due muffins alla zucca e al formaggio e due
cornetti al cioccolato. Desideri altro, principessa?-
-No, grazie.- sorrisi.
-State insieme?- chiese la cameriera, strabuzzando gli occhi. -Ma lei
non è troppo giovane per un uomo come te?-
-E non sei qui per lavorare e non per provarci con i clienti?- mi
alterai leggermente, sorridendo sfacciata.
-Che caratterino.- sbuffò la ragazza, per poi darci le
spalle e camminare lungo il bancone.
-Puttana.- sussurrai a denti stretti, ricevendo un'occhiata divertita
da Justin seguita da una di rimprovero. -Cosa c'è?-
ridacchiai.
-Concordo con lei sul 'che caratterino'.- ridacchio. -E non dire
parolacce.- mi puntò il dito contro assottigliando gli
occhi.
-Zì, padlone.- portai due dita alla fronte per poi
allontanarle, scoppiai di nuovo a ridere.
Nonostante l'entrata in scena della solita cameriera troia che vuole
fotterti il fidanzato, come inizio stava andando davvero bene. Justin
era un vero e proprio gentiluomo, il fatto che aveva ordinato lui per
me già lo rendeva speciale. E aveva pure azzeccato i miei
gusti!
Io AMAVO il cornetto al cioccolato. Be', a dire il vero amavo il
cioccolato in generale, era una delle cose senza il quale non avrei
potuto vivere. Alcune persone non riuscivano a vivere senza il proprio
hobby, altre senza il proprio cellulare o il computer, altre ancora
senza la musica.. Io non sarei riuscita a vivere senza cioccolato. Mi
differenziavo dagli altri, dalla massa, ed era una cosa che sempre
avevo adorato fare. Non mi piaceva essere come gli altri, volevo essere
originale a modo mio. Proprio come un fiocco di neve.
-Ecco a voi.- un'altra cameriera, questa più simpatica,
poggiò sul nostro tavolo due tazze fumanti di latte e due
piccoli piatti dov'erano posti i cornetti e i muffins, poi
andò
via.
-Finalmente, si mangia.- disse Justin, prendendo tra le mani la tazza
di latte. -Hai mai assaggiato il muffin alla zucca e al formaggio?-
-Sinceramente? Mai.- sorseggiai anch'io un po' del mio latte,
soffermando i miei occhi sulle dita lunghe di Justin che prendevano un
muffin e lo avvicinavano al mio viso.
-Adesso mordi.- alzai un sopracciglio mentre l'altro lo tenni teso,
prima di sorridere e mordere il muffin. -È un semplice
muffin,
fatto però con la zucca, dove all'interno c'è un
morbido
cuore di formaggio fuso.-
-Dio, è buonissimo.- chiusi gli occhi, masticai
più
lentamente per godermi di più il sapore. -Dov'è
che l'hai
mangiato la prima volta?- chiesi curiosa, dando un altro morso al
muffin che ancora mi tendeva.
-Ad halloween l'anno scorso, fanno davvero tante cose con la zucca e
sono anche buone.- mi sorrise. -Sappi però che dopo anche tu
dovrai fare lo stesso.- disse, non appena diedi un altro morso.
Tra risate, battute e occhiate complici, finimmo la nostra colazione.
Erano passati già venti minuti, il tempo con lui sembrava
passare davvero velocemente. Dopo aver pagato, uscimmo dal bar e, a
piedi, ci avviammo verso il centro di Stratford. In quei giorni c'era
il mercatino di Natale. Si vendevano cose davvero belle,
dagli
addobbi natalizi alle sciarpe di tutti i tipi, oppure ciondoli,
collane, statuette, oggetti di vario tipo con molteplici funzioni.
C'erano carretti che vendevano zucchero filato e caramelle, dolci
natalizi, cioccolata calda.. In poche parole, quel posto era il
paradiso.
Io e Justin scrutammo con attenzione ogni bancarella, sorprendendoci
sempre di più quando vedevamo cose fatte a mano davvero
particolari. Comprai a mia mamma un morbidissimo foulard rosso con i
ricami dorati, i suoi colori preferiti. A Diane comprai una sottospecie
di enciclopedia contenente le ricette di tutti i dolci natalizi dei
vari Paesi di tutto il mondo, un regalo che sicuramente le sarebbe
piaciuto data la sua passione per la cucina. Per il regalo di Bruce mi
ci volle un po' prima di scegliere, alla fine decisi di comprargli
semplicemente una scacchiera dato che la sua si era rotta. Mi mancavano
giusto i regali di Pattie e di Justin.
-Cosa potrei comprare a tua mamma per Natale?- chiesi a Justin,
stringendo sempre di più la presa sulle buste che portavo
nella
mano sinistra.
-Le piacciono tanto quelle statuette di fate e gnomi, hai presente
quelle strane che dovrebbero portare fortuna?-
-Sì..-corrugai le sopracciglia, poi sorrisi. -Andiamo!- lo
presi
sotto braccio e lo trascinai con me ad una bancarella che vendeva
statuette di vario genere. Mi soffermai con lo sguardo su una
statuetta che raffigurava un angelo natalizio in una campana
di
vetro, era davvero bello. -Potrebbe piacerle?- gli chiesi, indicando
l'angelo.
-Secondo me è perfetto, mamma è molto legata a
certe cose.- sorrisi.
-Mi scusi, può darmi quest'angelo?- sorridendo, mi rivolsi
alla donna anziana dietro al bancone.
-Certo, tesoro.- prese una scatola decorata da sotto il bandone.
-È stato interamente fatto a mano, anche le decorazioni.-
-È davvero bellissimo.- sorrisi. -Quanto le devo?-
-Sono dieci dollari.- le porsi i soldi. -Buon natale e buon
proseguimento.-
-Grazie e arriveder..-
Mi bloccai, fissando un punto preciso sul bancone di quella signora.
C'era una palla di vetro con la neve, simile a quella che avevo notato
sul davanzale a casa di Diane. Era molto più grande di
quella
che aveva Diane e, al suo interno, c'era una piccola casetta
di
legno con qualche albero alle spalle innevato. Semplice, ma di grande
effetto. Forse era la grandezza, oppure quella neve finta che
svolazzava all'interno della palla.. eppure mi aveva colpita. Immaginai
me stessa, all'interno di quella casa sulla neve, nel bel mezzo del
pranzo di Natale. Magari in famiglia, con Bruce che taglia il tacchino
e mamma che porta insieme a Diane e Pattie i piatti a tavola mentre io
e Justin sistemiamo i regali sotto l'albero.. sarebbe un sogno. Il mio
sogno. Cos'avrei dato per passare un Natale perfetto, in casa con tutte
le persone che amavo e con quel calore che senti dentro quando stai
bene..
-Hey..- Justin mi sfiorò dolcemente il fianco,
distogliendomi dalla mia fase di trance. -Tutto okay, principessa?-
-Sì..- sussurrai, senza smettere di fissare la piccola palla
di vetro.
-Ti piace la palla con la neve?- mi cinse i fianchi, avvicinando la sua
bocca al mio orecchio. Semplicemente annuii, paralizzata dal suo gesto
e ancora affascinata da quell'oggetto.
-È bellissima.-sussurrai, sorrise sulla mia pelle prima di
stamparmi un bacio dietro l'orecchio.
-Interessante.-sussurrò a sua volta.
-Andiamo?- chiesi, sentendo le mie mani tremare. Annuì.
-Arrivederci.-
-Arrivederci, ragazzi.- ci salutò la signora anziana mentre
ci guardava affettuosamente.
Col braccio libero, Justin mi circondò le spalle.
Lanciò
un ultimo sguardo alla bancarella che aveva appena lasciato per poi
tornare con lo sguardo su di me, sorrise. Il resto della mattinata
trascorse in fretta tra risate, foto e tanti oggetti natalizi. Avevamo
un cinque o sei buste a testa, avevo fatto regali a tutti
tranne
che a Justin e questo mi scoraggiava un po'. Nulla mi aveva
particolarmente attirata, non conoscevo ancora bene i suoi gusti e non
sapevo cosa avrei potuto regalargli. Non volevo fargli qualcosa da
poco, come un bracciale o una collana maschile.. volevo che il mio
regalo fosse qualcosa di speciale, volevo che il mio regalo gli
rimanesse impresso nella mente. A costo di spremermi per millenni,
sarei riuscita a trovare il regalo adatto.
Verso mezzogiorno, prima di andare a casa, io e Justin ci fermammo un
po' al parco. Camminavamo vicini, tra il bianco della neve, mentre
parlavamo di noi, della nostra vita. Avevamo idee e gusti
così diversi, avevamo una percezione diversa della
realtà, del senso della vita. Io vedevo tutto ancora come
una
bambina, lui invece pensavo come un uomo. Be', lui era un uomo, proprio
come io ero una bambina. C'era davvero un abisso tra le nostre
età, dodici anni di differenza non sono poi così
pochi.
Potevo essere sua figlia, o sua sorella minore. A differenza mia, che
ero appena al secondo anno di liceo, lui già aveva finito la
scuola ed era anche un insegnante. Ecco cos'altro potevo essere per
lui: un'alunna, una semplice alunna. Per quanto mi stavo divertendo,
quell'uscita mi sembrava così dannatamente sbagliata..
-Principessa, tutto bene?- mi chiese, notando che avevo arrestato i
passi.
-Uhm?- scossi la testa, lo guardai.
-A cosa pensavi?- continuò, posando un braccio sulle mie
spalle.
-Non ti sembra..sbagliato, questo?- mi spostai da sotto alla sua presa,
piazzandomi di fronte a lui in modo tale da poter avere un completo
contatto visivo.
-Credi che sia sbagliato?-
-Io.. be', non lo so..- mormorai per sospirare e abbassare lo sguardo
ai miei piedi: la neve si stava sciogliendo sotto le mie scarpe,
s'intravedeva il verde scuro dell'erba.
-Il tuo cuore cosa dice?- rialzò il mio viso col suo indice,
incrociai di nuovo i suoi occhi.
-È così contento di aver trovato una persona che
apparentemente sembra volermi bene.- sussurrai sincera.
-E allora ricordati queste parole: adesso sei la mia piccola e ti
cresco io. Fregatene di quello che gli altri potrebbero pensare,
infondo non facciamo niente di male se usciamo insieme.- mi
accarezzò il viso. -Fidati di me.- sussurrò.
Per lunghi istanti rimanemmo a guardarci negli occhi, senza dire o fare
qualcosa. Semplicemente ci guardavamo negli occhi, ci scambiavamo
promesse silenziose. Poi annuii. Annuii e sorrisi. Sorrise anche lui,
prima di avvicinare le sue labbra alla mia fronte e stamparmi un dolce
e caldo bacio. Chiusi gli occhi istintivamente e mi lasciai
trasportare, infondo aveva ragione. Non erano gli altri a dover
decidere per noi, dovevamo essere semplicemente noi a dover decidere
sulle nostre scelte, sbagliate o meno. Il parere degli altri era solo
un consiglio, la vera e propria scelta non spettava a loro. Sprofondai
il viso nel petto di Justin, avvolsi le mie braccia intorno al suo
busto e lo strinsi, lo strinsi forte. ' Adesso sei la mia piccola e ti
cresco io', avrei voluto urlare mentre mi diceva quelle
parole.
-Piccola, aspettami qua.-sussurrò allontanandosi.
-Dove vai?- gli chiesi.
-Ho dimenticato di comprare una cosa alla nonna che avevo visto prima,
faccio una corsa.- sorrise, io annuii.
-Okay, lasciami le buste che ti aspetto sull'altalena.-
Sorridendo, presi le buste coi disegni natalizi che portava e mi
avvicinai all'altalena mentre lui si allontanò sempre di
più. Spazzolai con le mani la sella imbiancata dell'altalena
per
poi sedermi, era davvero freddissima. La temperatura era calata molto
durante le poche ore che avevamo passato in giro, il cielo era di un
grigio sempre più chiaro e la gente era come moltiplicata.
C'erano davvero tante persone in giro ed era sopratutto per questo che
amavo il periodo natalizio. Stratford era una cittadina piccola con
poco più di trentatré mila abitanti, solo durante
le
feste le strade si animavano e incontravi davvero chiunque quando
andavi a fare un giro. Era bello vedere gente diversa ogni giorno, mi
piaceva incontrare persone che non incontravo da tempo e scambiare
qualche chiacchiera con i signori White, i miei vecchi vicini, oppure
con le mie vecchie maestre delle elementari. Erano tutti di buon umore,
tutti col sorriso stampato sul volto. Mi mettevano allegria.
Poco dopo, Justin tornò con una busta dalle medie
dimensioni. Corse verso di me.
-Sono tornato.- disse, prendendo tutte le buste che avevo tra le mani.
-Lo vedo.- ridacchiai, poggiò le borse a terra. -Cosa fai?-
fece il giro, mettendosi dietro di me.
-Ti spingo, non vedi?- ridacchiò.
Poggiò le sue mani ai lati dell'altalena e, dopo avermi
tirata
indietro di qualche passo, mi spinse in avanti. Cacciai un urletto
dalla sorpresa, cosa che lo fece ridere ancora di più.
Continuò a spingermi, sempre più forte, sempre
più
in alto. Mi sembrava di poter toccare il cielo con un dito, ma
letteralmente. Svuotai la mia testa e pensai solo a godermi il momento.
Era come se stessi volando lontano, come se fossi libera. Non avevo
catene, non c'erano confini. Ero semplicemente libera. Ridevo come una
bambina, imploravo Justin di spingermi sempre più in su. - Sto volando!-
urlavo con una felicità infantile, mentre Justin se la
rideva.
Chiusi gli occhi e ispirai l'aria fredda a pieni polmoni. Era strano,
ma quel calore che sentivo dentro da quando avevo visto Justin
quella mattina continuava a prevalere nonostante l'aria fredda
dell'esterno. Ero talmente presa dai miei pensieri, che nemmeno mi
accorsi di rallentare. Mi ritrovai poco dopo ferma, con un Justin
sorridente a pochi passi da me.
-Prendi tu le borse.- disse, passandomi tutte le buste. -E adesso,
sali.-
-Cosa?- si girò di spalle.
-Sali.- ordinò.
-Ma sono pesante!- protestai.
-Non dire cazzate.- ridacchiò, saltai sulle sue spalle.
-E non dire parolacce.- sussurrai al suo orecchio, ricevendo
il cambio il suono melodioso di una sua risata.
-Tieniti forte.- disse ad alta voce, sul mio viso si dipinse
un'espressione interrogativa.
-Cosa?-
La sua risposta non tardò ad arrivare: cominciò a
correre
veloce. Per la seconda volta, urlai per lo stupore. Strinsi forte le
gambe al suo bacino e accentuai la presa anche al suo collo. Nascosi la
mia testa tra l'incavo del suo collo, era così caldo.
Ispirai il
suo profumo, quel profumo che avevo sentito non appena entrai in
macchina. Era davvero buono e addosso a lui stava perfettamente.
Cominciò a girare su sé stesso, a correre
all'indietro, a
fare cavolate. La gente ci guardava con tenerezza e per una volta non
mi vergognai di stare al centro dell'attenzione. Sempre con me sulle
spalle, attraversò velocemente il parco e arrivò
fino al
parcheggio delle auto. Mi mise poi giù, si poggiò
alla
portiera dell'auto e prese il mio corpo tra le sue braccia, tenendomi
per i fianchi. -Tu sei
pazzo.- ridacchiai,
picchiettando il mio dito sul suo petto. In cambio ricevetti un'altra
risata e, credetemi, regalo più bello non c'era.
-Però ti sei divertita.- passò l'indice sul mio
naso.
-Lo ammetto.- ridacchiai ancora. -Adesso cosa facciamo?- chiesi,
proprio nel momento in cui mi squillò il cellulare.
-Scusa..-
risposi. -Pronto?-
-Freedom, dove sei?- chiese mamma.
-Siamo al parco, quello vicino al centro.-
-È l'una, che ne dici di tornare a casa a mangiare? Vi
vedete dopo.- sospirai.
-Va bene, mamma, stiamo tornando.-
-Ottimo, a dopo.- attaccò.
-Devi andare?- Justin si poggiò meglio alla macchina, prese
una mia mano tra le sue e mi baciò le nocche.
-Purtroppo sì.-sospirai.
-Però oggi pomeriggio verrai dai nonni, promesso?- mi
guardò con gli occhi da cucciolo, come potevo rifiutare?
-Promesso.- ripetei, sorridendo.
Mi scostò piano dal suo corpo, fece il giro dell'auto e
aprì, come sempre, la portiera del passeggero, chiudendola
non
appena entrai. Lo ringraziai con lo sguardo, era un gesto che lo
rendeva ancora più galante. Entrò anche lui in
macchina,
inserì le chiavi nel nottolino e partì,
mantenendo una
velocità inferiore al limite. Io chiusi gli occhi, appoggiai
bene la testa al sediolino e ripensai alla mattinata appena trascorsa.
Come descriverla con una parola? Perfetta, era stata una mattinata
davvero perfetta. Sopratutto i minuti passati poco prima, quelli
sull'altalena e quelli in cui Justin mi ha tenuta sulle spalle. Non mi
divertivo così tanto da troppo tempo.
In meno di dieci minuti, Justin svoltò nel viale di casa e
si
fermò proprio davanti alla mia abitazione. Scendemmo
contemporaneamente, lui prese le borse dai sedili posteriori e me le
porse.
-Grazie.- sussurrai afferrando le mie buste. -Della bella mattinata,
intendo.-
-Mi sono divertito tanto anch'io.- baciò la mia gota.
-Davvero.-
sussurrò, a pochi centimetri del mio orecchio. Arrossii. -Te
l'ho già detto, vero, che adoro quando arrossisci?-
-Finiscila.- gli colpii il braccio, ancora più rossa.
-Che c'è? È vero, sei troppo tenera.- arrossii
ancora, le mie gote diventarono infuocate.
-Non ti parlo più.- mi girai e incrociai le braccia al
petto, morsi il mio labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
-Oh, vieni qui.- poggiò le sue mani sui miei fianchi, un
attimo
dopo mi trovai spiaccicata contro il suo petto. Sorrisi. -Appena puoi
vieni dai nonni, okay?- prese il mio viso tra le mani, annuii.
-Ci vediamo dopo.- sussurrai staccandomi, mi baciò una
guancia.
-A dopo, principessa.-
Mi staccai controvoglia dal suo corpo, presi le buste che avevo rimasto
a terra e mi avvicinai alla porta di casa, bussando poi al campanello.
Justin controllò ogni mio movimento, si mise in macchina
solo
dopo aver visto le mie dita pigiare il pulsantino del campanello di
casa. Non appena la porta si aprì, feci un ultimo saluto a
Justin, gli sorrisi ed entrai in casa. Solo in quel momento accese il
motore dell'auto e andò via, come se volesse accertarsi il
mio
rientro. Felice e col cuore a mille, poggiai tutte le buste a terra e
appesi il cappotto. Non mi ero mai sentita così speciale per
qualcuno più di quanto mi
sentissi speciale in quel momento. E mi piaceva quella
sensazione,
anch'io avevo trovato una persona che mi apprezzava per quella
che
ero. Avevo trovato il mio salvagente, il mio angelo custode. E se fosse
stato tutto un sogno? Be', in quel caso avrei desiderato di non
svegliarmi mai. Buttai uno sguardo fuori dalla finestra, aveva
cominciato a nevicare. Mi persi nel fissare quei fiocchi che scendevano
spensierati da cielo e notai pure che la signora Duncan stava fissando
sotto l'uscio di casa sua un rametto di vischio. Proprio in quel
momento, mi tornarono in mente le parole che Justin mi aveva detto poco
prima: 'Adesso sei la
mia piccola e ti cresco io.'
You're the single light, I'm on my list.
You're my one and only christmas wish.
The mistletoe is where, I'll be waiting, kiss me there.
I'll be waiting, kiss me there..
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Ciao,
bellissime.c:
Come state? Io abbastanza bene, ho avuto una settimana leggermeeeente
complicata. L'altro ieri sono stata a Roma, mercoledì
pomeriggio subito dopo scuola ho fatto circa sette ore di macchina, uno
stress pazzesco! Poi, sempre l'altro ieri sera, sono tornata a casa..
Altre sette ore di macchina. Ieri sono stata tutto il giorno a letto
che ero stanchissima, come se avessi portato anch'io la macchina LOL.
Voi cos'avete fatto ad halloween? Approposito! Happy Willoween in
ritardo AHAHAH.
Passando al capitolo, sinceramente anche questo mi piace.. Non so
perché, forse sarà il tema natalizio, avevo un
mente già dall'estate di fare qualcosa di questo genere.
Sì, lo so, solo io sotto al sole cocente ascolto le
canzoni natalizie e cerco di elaborare trame su questo tema. u.u Io ho
detto la mia, adesso sta a voi dire la vostra. Vi piace questo
capitolo? E la storia, secondo voi, sta procedendo abbastanza bene?
Fatemi sapere!
RINGRAZIO INFINITAMENTE CHI HA RECENSITO I CAPITOLI PRECEDENTI E CHI HA
MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
SIETE AGAKJGAJDKAHAJ.
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 04. // what do you did to me? ***
04.
L'acqua calda bagnava le mie mani, si innalzavano scie di vapore non
appena veniva a contatto con la mia pelle. Fare i piatti con mamma,
dopo pranzo, era ormai diventata un'abitudine. Quand'era a casa o
quando semplicemente andava a lavoro solo di pomeriggio, facevamo
sempre insieme i piatti dopo mangiato. Era un modo per stare insieme,
per parlare un po' di noi. Stranamente, non mi aveva ancora chiesto
nulla sulla mia uscita con Justin, ma sapevo che a breve sarebbe
partita come un razzo con le domande. Molto probabilmente stava
elaborando qualcosa di diabolico e maligno, aveva tralasciato troppo
l'argomento.
-Allora, Freefree..- mi sorrise, posando l'ultimo piatto nella credenza
e guardandomi. -dato che non voglio lasciarti da sola e non vedo Diane
e Bruce da un po', che ne dici se ti accompagno io da loro?- porca
trota in calore.
-Cosa?- guardai mamma spaventata, sapendo già dove voleva
andare a parare.
-Ti accompagno io con l'auto, così conosco anche la figlia
di
Diane e questo famoso Justin.- sorrise radiosa, posando lo strofinaccio
sul lavello.
-Questo è peggio del diabolico e maligno che avevo pensato.-
sussurrai tra me e me.
-Uhm?- mamma mi guardò.
-Nulla.- sorrisi. -Allora, quando si parte?- chiesi, un finto
entusiasmo nella mia voce.
-Adesso!-
Chiuse l'acqua con un gesto secco, mi prese violentemente per un
braccio e mi trascinò in salotto. Nemmeno il tempo di
indossare
il cappotto che già eravamo in macchina, mi sembrava
posseduta
quando aveva questi attacchi. Premette il piede sull'acceleratore, io
nel frattempo misi la cintura e mi mantenni forte allo sportello. La
velocità che aveva assunto l'auto sfiorava i 90 km/h, sarei
arrivata viva? La gente per strada ci guardava male, avevano tutti
facce spaventate, impaurite, stupefatte, sconcertate.. Be', almeno loro
guardavano solo in terza persona, io che stavo vivendo quella folle
corsa in auto ero davvero, davvero terrorizzata. In meno di cinque
minuti, arrivammo a casa Dale. Mamma parcheggiò l'auto
proprio
affianco all'entrata alberata e completamente imbiancata, scese
dall'auto e aspettò che scendessi anch'io, prima di avviarsi
verso l'entrata di casa. Bussò al campanello più
volte,
sul suo viso compariva ancora quel sorriso, o meglio, quel ghigno che
tanto mi spaventava.
-Jolanda! Oh, che piacere vederti.- Diane, non appena aprì
la porta, si tuffò praticamente addosso a mia madre.
-Diane, sono contentissima anch'io di vederti.- sorrise sincera. -Ti
trovo in splendida forma.- si allontanò, tenendo sempre le
mani
sulle spalle di Diane.
-Non c'è male, la salute va molto bene anche a
quest'età.- Diane rise. -Oh, bocciolo, vieni qui.- sentendo
il
soprannome, staccai mamma da Diane e mi tuffai io tra le sue braccia.
-Forza, entrate.-
-Giusto un salutino, tra poco inizia il mio turno a lavoro.-
-Tranquilla, cara.- Bruce spuntò da dietro l'albero di
Natale,
camminò da mia mamma. -Sei sempre più bella.-
baciò la mano di mia mamma.
-E tu sei sempre troppo gentile.- ridacchiò.
-Freedom ti ha detto che ieri è arrivata mia figlia?-
-Sì, sono passata anche per conoscerla. Mi sembrava scortese
non passare.- 'Tu sei
venute per conoscere Justin, bastarda.' pensai, ma cercai
con tutte le mie forze di non dare libero sfogo ai miei pensieri.
Mamma e Diane si avviarono in cucina parlando, come sempre, di cucina.
Ma quelle donne solo al mangiare pensavano? Sì, okay,
anch'io
ero leggermente fissata, ma non ne parlavo sempre..più o
meno.
Entrate in cucina, sentii subito l'unirsi di tre voci, di tre risate:
mamma aveva appena conosciuto Pattie. Io, invece, come se niente fosse
andai da Bruce, lo abbracciai e mi lasciai stritolare dalle sue
braccia. Era come un secondo nonno, anzi, era come un nonno vero e
proprio dal momento in cui non avevo mai conosciuto i miei nonni,
né da parte materna né da parte paterna. Quelli
da parte
paterna perché vivevano in un altro continente, poi
papà
non era mai con me. Quelli da parte materna perché vennero a
mancare proprio l'anno in cui nacqui, mamma non mi parlava spesso di
loro e non conoscevo nemmeno i loro nomi. Un po' era strano, sopratutto
quando, alle elementari, nel mese di ottobre c'era la festa dei nonni e
tutti i miei amichetti facevano dei laboratori per creare oggetti che
avrebbero poi regalato ai loro nonni, mentre io invece me ne stavo da
sola a fare i compiti con un'insegnante. Mi sentivo.. diversa. E questa
sensazione non svanì mai col passar degli anni, anzi, si
accentuò sempre di più. Mi sentivo diversa in
tutto,
dalla cosa più banale alla più complessa. Era
bello da un
lato, perché mi affascinava il fatto di essere semplicemente
me
stessa, che come me non c'era nessuno perché ero originale a
modo mio. Però, dall'altro, un po' mi sentivo sola,
perché gli altri preferivano stare con le persone di bella
presenza, che erano sempre al centro dell'attenzione, che avevano
ottimi voti a scuola e partecipavano ai progetti pomeridiani, che erano
sempre lodati da tutti..Dei veri e propri modelli da seguire. Io
restavo comunque sulla mia base: seguivo le mie idee ed elaboravo con
la mia mente, non con quella degli altri. Ero io. Semplicemente io. E
mi bastava, mi piaceva, nonostante tutti i contro.
-Bocciolo, sai stavo pensan..-
-È stato un vero piacere conoscerti, Pattie,- la voce di mia
mamma interruppe ciò che stava per dirmi Bruce. - ma adesso
devo
proprio scappare.-
-Magari una sera possiamo cenare tutti qui, che ne dite?-
c'interpellò Diane, Bruce schioccò le dita.
-Era ciò che stavo per dire anch'io.- alzò
l'indice e sorrise, sorrisi anch'io dopo il suo gesto.
-Mi sembra un'ottima idea.- commentai.
-Si può fare, magari ci sentiamo telefonicamente in modo
tale da
metterci d'accordo. Posso lasciare Freedom qui, dato che
tornerò
tardi?- chiese gentilmente mamma.
-Certo, però sappi che stavamo per uscire anche noi due,
Pattie ci accompagnerà.- rispose Diane.
-Oh, in questo cas..-
-Posso restare io, con lei.-
Una voce melodiosa si udì dalle scale e, non appena mi
girai, i
miei occhi incontrarono due calamite caramellate e gli angoli delle mie
labbra si curvarono automaticamente verso l'alto. Justin scese
lentamente le scale, la sua andatura più composta e meno
alla
pinguino del solito. Era bello. Eccome se era bello. Fissai ogni suo
movimento, con la mente vagavo ancora tra i ricordi di poche ore prima
e non potei fare a meno di sorridere. Il biondo si avvicinò
a
mia mamma.
-Lei dev'essere la madre di Freedom.- sorrise. -È davvero un
piacere conoscerla.- le prese la mano per poi baciarle le nocche.
-Adesso ho capito dov'è che Freedom ha preso tutta la sua
bellezza.-
-Oh..- mamma batté più volte le palpebre, era
rimasta
incantata dalla bellezza di Justin molto probabilmente. -Tu devi essere
Justin.-
-Esattamente.- le sorrise.
-Ci stai provando con mia madre?- chiesi con un tono tra il sorpreso e
il divertito, tesi un sopracciglio mentre l'altro si curvò
leggermente verso l'alto.
-Ho semplicemente detto che sei bella come tua madre, ti ho
fatto
un complimento, principessa.- disse Justin, facendomi un occhiolino.
-Hai detto che mia madre è bella e le stai sorridendo.-
incrociai le braccia al petto.
-Ma ho detto che anche tu sei bella.- ridacchiò.
-Appunto, anche. Quindi ci stai provando con mia madre.- Justin si
avvicinò a me.
-Non ci sto provando con tua madre.-
-A me sembra il contrario dato che pensi che sia bella.- lo guardai
negli occhi, cercando di nascondere un sorriso.
Il biondo, a pochi centimetri del mio viso, poggiò le mani
sui
miei fianchi e le labbra affianco al mio orecchio. In quel momento, nel
mio stomaco si stava svolgendo in anticipo Capodanno. Il mio viso si
colorò di rosso per la millesima volta e il cuore
cominciò a battermi irregolarmente. Riuscivo a sentire il
suo
fiato sul collo, le sue mani tenevano i miei fianchi con decisione
anche se la stretta era lieve.. Mi sentivo in paradiso, sarei potuta
morire in quel momento, tra le sue braccia, felice.
-Sei bellissima.- sussurrò.
-Ma ci stavi comunque provando con mia madre.- gli diedi due buffetti
sul viso e, con tanta forza di volontà, mi allontanai e
tornai
ad abbracciare Bruce.
-Tu sei unica.- ridacchiò Justin, per poi avvicinarsi ancora
e appoggiarsi allo schienale del divano.
-Se Justin rimane a casa può stare con Freedom, se a te non
dispiace ovviamente.- disse Pattie riferendosi a mia madre.
-No, no, anzi.. mi fa piacere.- Sorrise. -Allora ci vediamo stasera.-
salutò mamma, prima di uscire in seguito ai saluti.
-Allora,- cominciò Diane.-che ne dite se andiamo
anche noi? Prima facciamo, prima torniamo.-
-Ottima idea.- disse Bruce, prese il suo cappotto e si avviò
alla porta. -Justin, possiamo fidarci, vero?-
-Ovvio, potete non fidarvi di me?- Justin puntò entrambi i
pollici verso il suo petto e, mentre Pattie stava per dire qualcosa, la
interruppe prima che potesse proferire parola. -Non commentare,
già so cosa diresti.- ridacchiò.
-Ci vediamo dopo.- uscirono anche gli altri, Justin chiuse la porta e
si girò verso di me.
I nostri occhi si incrociarono ancora e solo in quel momento
capii di essere realmente sola, con lui, in una casa deserta.
Inizialmente la paura s'impossessò del mio corpo, insomma,
si
sentivano tanti casi di ragazze stuprate e poi uccise da ragazzi
più grandi o da malati di mente. In quel momento anch'io ero
in
casa con uno sconosciuto, perché in fin dei conti conoscevo
Justin solo dal giorno precedente, cosa sapevo di lui? Niente. Cosa
avrebbe potuto farmi? Non lo sapevo ancora. La paura andò
man
mano ad aumentare non appena Justin si avvicinò lentamente a
me,
eppure scomparse del tutto quando la sua pelle calda sfiorò
la
mia pelle fredda. Chiusi gli occhi e lasciai che mi accarezzasse il
viso, era così bello sentire le sue mani a contatto con la
mia
pelle..
-Cosa ti va di fare?- chiese dolcemente, senza mai smettere di
accarezzarmi. Aprii gli occhi.
-Non lo so.- dissi sincera, morsi appena il mio labbro inferiore.
-Io avrei un'idea.-
-Sarebbe?- inclinai la testa di lato e sorrisi.
-Sesso sfrenato senza precauzioni.- disse velocemente, mentre i miei
occhi e la mia bocca si spalancarono contemporaneamente.
-Co..co..cosa?- balbettai in un sussurro, mentre sbattevo
più
volte le palpebre. La sua risata riecheggiò nell'aria.
-Scherzavo, principessa.- mi baciò la fronte, io ero ancora
sotto shock. -Però un'idea ce l'ho sul serio. Va a metterti
sul
divano e aspettami, faccio tutto io.-
Dopo un suo occhiolino, mi avviai verso il divano e aspettai dieci
buoni minuti prima di rivedere la sua figura entrare nel salotto. Aveva
in mano un vassoio con dei biscotti e del latte fumante, mentre su una
spalla portava una coperta abbastanza grande per due persone.
Poggiò il vassoio sulle mie gambe, prese lo scatolino che ci
aveva poggiato sopra -che
io non avevo visto-
e si avviò verso il televisore. Sullo schermo apparve,
qualche
secondo dopo, la schermata iniziale di uno dei film di Natale
più belli e famosi: Miracolo nella 34esima strada. Un film
del
1994, visto e stravisto, che riesce ad emozionarti sempre, anche se lo
stai guardando per la quinta volta consecutiva. Justin tornò
poi
da me, stese la coperta sulle mie spalle e, una volta seduto, la
poggiò anche sulle sue. Lo guardai sorridendo, era riuscito
a
rendere speciale un momento che poteva essere davvero molto, ma molto
imbarazzante, o almeno, che era imbarazzante per me.
-Hai mai visto questo film?- prese un biscotto dal vassoio.
-Sì.- ripetei il suo movimento. -E lo trovo stupendo.-
sussurrai guardando i suoi occhi.
-Posso dire lo stesso.- sussurrò a sua volta, senza smettere
di guardare i miei occhi.
Sorrisi appena e abbassai lo sguardo imbarazzata, mangiando poi il
biscotto che poco fa avevo preso. Erano quelli che Diane aveva
preparato il giorno precedente. Anche se fisicamente ero lì,
con
la mente ero altrove. I suoi occhi e il tocco di poco prima mi stavano
mandando in tilt, era riuscito a mandarmi in estasi con un solo
sguardo. Come ci riusciva ancora non riuscivo a saperlo, molto
probabilmente era una dote naturale. Più gli stavo vicino
più sentivo il mio cuore battere e, credetemi, il cuore mi
batteva davvero, davvero molto forte in quel momento. Ero combattuta
tra l'appoggiare oppure no la testa sulla sua spalla, non volevo
sembrargli troppo appiccicosa o disperata. E se avrebbe capito che
già cominciava a piacermi? Non potevo permetterlo, infondo
lo
conoscevo da pochissimo e, sicuramente, per i suoi occhi ero solo una
bambina mentre lui era già un uomo e aveva vissuto molto
tempo
più di me.
I miei pensieri vennero però stoppati dal suo braccio, che
quasi
con esitazione si poggiò sulle mie spalle. Alzai
inizialmente lo sguardo, sorrisi anche se non guardava verso la mia
direzione. La sua mascella era rilassata, la sua espressione era la
tipica da persona interessata. Inconsciamente, poggiai l'indice sotto
al suo collo e percorsi col polpastrello tutto il tratto che dalla
trachea arriva allo stomaco e seguii con lo sguardo tutti i miei
movimenti. Quando rialzai lo sguardo, trovai un Justin che sorrideva
tra il divertito e il sorpreso. Sorrisi anch'io imbarazzata prima di
sentire le sue labbra sulla mia fronte e la mia fronte a contatto col
suo maglione di pail.
Sì, il film era proprio tutto ciò su cui la mia
attenzione era focalizzata.
JUSTIN'S POV.
Le sue dita sfiorarono il mio collo fino a
fermarsi sullo
stomaco, la sua pelle era così fredda. Con la testa scattai
verso il basso, era completamente presa dal suo gesto. Sorrisi
divertito e, non appena sorrise anche lei mostrandomi tutto il suo
imbarazzo, le baciai la fronte. Era davvero tenerissima, mi piaceva
stare in sua compagnia. La vedevo così piccola e indifesa,
era
come se sentissi il dovere di proteggerla. Mentre io avevo
già
visto certi aspetti della vita, lei era nel pieno della sua adolescenza
e ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo prima che potesse scoprire
certe cose. Nonostante i dodici anni di differenza, però,
stare
con lei mi piaceva, era divertente. Be', lei era divertente, e buffa, e
tenera, e l'avrei strapazzata di coccole, riusciva a tirar fuori il mio
lato dolce. Non che di ragazze non ne avessi a Cambridge, anzi.
Semplicemente, lei era diversa dalle altre. In altre parole, non era il
tipo di ragazza della serie 'una scopata e addio', bensì era
quel tipo di ragazza che mi interessava e che volevo conoscere.
Il film in TV continuava ad andare avanti, eppure la mia attenzione non
era del tutto focalizzata sulle varie scene. Sentivo il respiro di
Freedom sempre più pesante, le sue spalle si alzavano e
abbassavano ritmicamente e la sua mano teneva stretta in pugno un po'
del mio maglione. Mi sporsi leggermente, giusto quel po' per capire che
si era addormentata. Sorrisi ancora, era ancora più dolce
mentre
dormiva. Tornai a sedermi composto, poggiai meglio la coperta sulle sue
spalle per poi appoggiarci anche il mio braccio, in modo tale da non
farle sentire freddo. Restai a fissarla per minuti interi, ero
così preso da quella ragazza dagli occhi grigi completamente
dipendente dal cioccolato. Ormai conoscevo già i suoi gusti
e, al
suo compleanno, se avrei voluto ordinarle una torta avevo
già
una vaga idea del gusto che avrei potuto scegliere. Accarezzai il suo
braccio destro arrivando alla mano, quella che teneva in pugno il mio
maglione. Lentamente sciolsi la stretta e lasciai che, a posto del
maglione, stringesse la mia mano. Sorrisi non appena lo fece.
Quella ragazza mi stava facendo diventare troppo sdolcinato.
-Siamo a casa!- urlò nonna, non appena aprì la
porta di casa.
-Siamo in salotto.- sussurrai, accarezzando con la mano libera la testa
di Freedom.
-Come mai è tutto buio qui? E perché stai
sussurrando?- chiese mamma, entrando velocemente in salotto.
-Freedom si è addormentata mentre stavamo guardando un
film.-
ridacchiai, senza mai smettere di fissare la ragazza addormentata sul
mio petto.
-Oh.- disse semplicemente mamma. -Cos'avete fatto oltre a guardare un
film?-
-Io ho guardato solo il film, lei si è addormentata.-
soffocai
una risata. -Non è dolcissima?- sussurrai più a
me stesso
che a lei.
-Sì, lo è.- sorrise mamma. -Ed è anche
molto piccola per te, Justin.-
-Ho solo detto che è dolcissima.- guardai mia madre,
incrociando i suoi occhi.
-Si capisce che ti interessa, tesoro.- incrociò le braccia
al
petto. -Ma proprio perché è piccola non voglio
che faccia
la stessa fine di tutte le ragazze che hai avuto.-
-Chi te lo dice che ho intenzione di farle fare la stessa fine di tutte
le ragazze che ho avuto?-
-Ti conosco.- sospirò.
-Evidentemente non mi conosci ancora abbastanza se pensi che possa far
male ad una creatura così preziosa..- sussurrai, incrociando
le
dita della mia mano con quelle della sua.
Certo, le mie ultime storie erano state abbastanza veloci, ma di sicuro
non avrei potuto spezzare il cuore ad una ragazza come lei, che da
quello che avevo capito dai suoi gesti e i suoi movimenti era ancora
inesperta nel settore 'ragazzi'. Stavo cominciando a volerle bene e non
volevo già allontanarla con le mie cazzate, volevo solamente
conoscerla e farle capire che io c'ero per lei.
Dopo qualche minuto di silenzio tra me e mamma, sentii che Freedom
strinse sempre più la mia mano. Prese un respiro profondo,
batté più volte le palpebre ed infine si
alzò dal
mio petto, guardandomi con un aria assonnata. I capelli le ricadevano
disordinati sul viso, i suoi occhi erano lucidi e la sua espressione
imbarazzata, anche se si capiva che era ancora stanca. Sorrisi e le
accarezzai il viso, sotto al mio tocco chiuse gli occhi e
inclinò la testa intrappolando la mia mano.
-Ciao, bell'addormentata.- ridacchiai.
-Quanto ho dormito?- chiese subito, prima di tuffarmi di nuovo sul mio
petto stringendomi in un abbraccio.
-Un po', credo.- ridacchiai ancora, stringendola a me. Si
staccò qualche secondo dopo.
-Ho perso tutto il film.- mise il broncio e mi guardò con i
suoi
occhioni grandi, che in quel momento sembravano più chiari,
più caldi.
-Lo vedremo un'altra volta, tanto ho il DVD.- feci spallucce,
mi
sorrise. Mamma, che era stata a guardare la scena, tossì.
-Oh, ciao Pattie.- Freedom arrossì di colpo,
sorridendo.
-Ciao, piccola.- mamma rise, baciandole la fronte. -Com'è
andata?-
-Bene, credo. Ho dormito tutto il tempo.- ridacchiò. -A
voi?-
-Tutto bene, papà ha comprato una renna fatta con tante luci
a
led bianche, è davvero bellissima. Vi va di vederla?-
-Certo!- dissi in contemporanea con Free, per poi ridere e baciarle una
guancia.
Scendemmo dal divano e, dopo aver indossato il cappotto, uscimmo in
giardino, dove nonno aveva appena posizionato sulla neve due renne non
molto grandi fatte completamente di luci. Gli occhi di Freedom
cominciarono a brillare, come i miei d'altronde. Mi piaceva il Natale,
sopratutto stare a casa dei nonni col resto della famiglia. Stavamo
tutti insieme, nonna preparava le sue più deliziose
specialità e ci scambiavamo i regali. L'atmosfera natalizia
era
in assoluto la più bella, tranquilla, serena e gioiosa
dell'anno, ed era stupendo passare delle ore aspettando l'arrivo di
Babbo Natale. Da piccolo andai sotto shock quando scoprii che Babbo
Natale non esisteva, rimasi triste tutto il giorno della vigilia di
Natale finché, la sera, nonna portò a tavola il
tacchino
in salsa e tutte le altre leccornie che aveva preparato. In quel
momento focalizzai tutta la mia attenzione sul ben di Dio che c'era sul
tavolo e lasciai che Babbo Natale rimanesse solo un bel ricordo.
Un'altra cosa che adoravo del Natale era il vischio. Non avevo mai
baciato una ragazza sotto il vischio, eppure la cosa mi sembrava tanto
romantica. Be', ci sarebbe stata una prima volta, no? 'Chissà se Freedom
vorrà passare la sera della vigilia di Natale con noi,
quest'anno.' pensai, osservando i suoi
movimenti e sorridendo non appena incrociai i suoi occhi.
Quant'era bella..
FREEDOM'S POV.
-Sai cosa manca, nonno?- chiesi, voltandomi verso Bruce.
-Cosa, bocciolo?- chiese a sua volta, guardandomi interessato. Fissai
la casa, poi le renne.
-Luci.- tornai con lo sguardo su Bruce. -Tante luci ad ornare la casa.
Immagina che bella che sarebbe la casa, tutta luminosa..- Bruce si
girò, fissando la casa.
-La tua idea è interessante.- portò una mano al
mento, continuando a fissare la casa.
-Poi so che, chi del vicinato vuole, può partecipare ad una
specie di concorso per chi ha la casa più luminosa.
Immagina..-mi avvicinai al corpo di Bruce, passando la mano davanti i
suoi occhi come per aprire un mondo parallelo. -..la tua casa
è
la più luminosa del vicinato, il giorno di Natale il Sindaco
sceglierà il vincitore e tu, tu vincerai una bellissima
coppa
che potrai mettere nella tua vetrina di trofei.-
-Continua.- sussurrò, sembrava più nel mondo dei
sogni che in quello reale.
-Basta.- feci spallucce. -Potresti partecipare al concorso ornando la
casa con tante luci colorate.-
-La tua capacità di persuadere funziona fino a un certo
punto, sai?- ridacchiò Justin.
-Intanto, è riuscita a convincermi, caro nipote. Ragazzi,
domani
vi voglio qui di mattina presto che abbiamo del lavoro da fare!-
-Sì, signore!- portai due dita alla fronte per poi
allontanarle, un po' come un saluto militare.
Bruce rise, poggiò un braccio sulle mie spalle e insieme
entrammo in casa. Prima però, feci la linguaccia a Justin,
che
poco prima aveva messo in dubbio le mie capacità persuasive.
In
tutta risposta, anche lui mi fece la linguaccia, ridendo subito dopo.
Ridacchiai anch'io per poi sorridere non appena incrociai i suoi occhi,
e il suo sorriso..
Come riusciva a
riempirmi il cuore di gioia con un solo e semplicissimo sorriso?
Make your wish tonight,
when you open your eyes.
When the lights go bright girl,
I'll be right here.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Salut mon amour,
comment ça va? Visto che brava che sono in francese?!
Uà, dovrebbero costruire in mio onore una statua in Francia
e metterla affianco alla Tour Eifell di Parigi LOL. Va bene, va bene,
CERCO DI FARE LA SERIA. Come state? Dio, ho avuto una settimana
pienissima! Martedì ho cominciato nuoto, lunedì
ho cominciato coro, il venerdì ho ancora nuoto e i compiti
che ci assegnano occupano tutto il mio tempo libero.. Pensa
che, per scrivere il capitolo, ci ho messo si e no una settimana, avevo
così tante cose in mente ma così poco tempo da
passare al computer.. Fortunatamente per voi, mie belle lettrici, ho in
mente un paio di cosette che spero vi piaceranno, MUAHAHAHAH. *ride
diabolicamente*
Allora, cosa ve ne pare? A me piace sinceramente, sopratutto la parte
finale, mentre la parte iniziale mi fa cagaaaaaaare. Ma be',
è il vostro parere che importa, non il mio.
Quiiiiiindi, vi va di lasciarmi una recensioncina ina ina ina?
VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE HANNO MESSO LA MIA STORIA TRA LE
SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
UN GRAZIE SPECIALE A CHI IMPIEGA IL PROPRIO TEMPO A RECENSIRE.
E UN GRAZIE ANCHE A VOI, LETTRICI SILENZIOSE. (so che ci siete ma che
non recensite perché siete timide.c:)
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
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Capitolo 5 *** Capitolo 05.//You should be here with me, safe and warm. ***
05.
La luce proveniente dalla finestra disturbò il mio sonno,
costringendomi ad aprire gli occhi. Sbattei più volte le
palpebre per abituarmi alla luce per poi stiracchiarmi e prendere il
cellulare: erano le otto e dieci del mattino. Borbottando qualcosa di
incomprensibile tra me e me, alzai la schiena dal letto e continuai a
stiracchiarmi, ero ancora tutta indolenzita dopo la lunga, lunghissima
dormita di ben undici ore.. più o meno. La sera precedente,
Justin mi aveva accompagnata a casa dopo cena, erano le nove e mezza
circa e mamma non era ancora tornata da lavoro. Certe volte, odiavo il
suo lavoro. La teneva lontana da me per davvero tanto tempo. Spesso
restavo a casa da sola, quando tornavo da scuola non c'era mai.. Certo,
il mondo del lavoro non era uno scherzo, ma nemmeno i figli sono uno
scherzo. Già non c'era papà con me, stare anche
senza la
mamma rendeva le mie giornate così lunghe, noiose, spente..
Dopo essermi stiracchiata, indossai le mie pantofole col peluche
all'interno e mi affacciai al balcone: tutto era ancora completamente
bianco. Sorrisi tra me e me e, con una velocità anormale,
presi
una maglia a mezze maniche verde con dei disegni natalizi, un leggins
color sabbia, una giacca di lana lunga dello stesso colore e i miei Ugg
sempre color sabbia. Corsi in bagno e mi lavai, mi vestii e mi truccai
leggermente come ogni giorno. Be', come ogni giorno, stavo cominciando
a truccarmi giusto da qualche giorno, cioè da quando avevo
conosciuto Justin, ma questi sono solo dettagli.. o sbaglio? Dopo
essermi preparata, presi il cellulare, indossai il cappotto e uscii
direttamente di casa, tanto mamma era già andata via per il
lavoro.
-I'll be waiting under the mistletoe, while you're travelling here
trough the winter snow.- canticchiavo alternando i miei passi, muovevo
la testa a tempo. -Baby think of me, if it helps to get you warm.-
sussurrai, sentendo gli occhi dei passanti addosso. -When the only gift
that I really need, is to have your arms right around me.-
chiusi
gli occhi, liberando per un attimo la mia mente e immaginando le
braccia di Justin cingermi i fianchi. -Baby think of me, if it helps to
get you home.- sorrisi..- Home this christmas.-
Sussurrai ancora riaprendo gli occhi, ero appena arrivata fuori casa
Dale. Sentivo già il cuore battere forte, avevo una voglia
pazzesca di vedere Justin e di sentire le sue braccia stringere il mio
corpo. Amavo quella sensazione di protezione, era così bello
sprofondare nel suo petto e sentirsi al caldo, al sicuro, a casa. Era
strano il modo in cui mi sentivo quand'ero in sua compagnia, ma non uno
strano in senso negativo, uno strano in senso positivo. Era un qualcosa
che non riuscivo a spiegare, un po' come una magia. In un certo senso,
era come se mi avesse stregata, con la sua bellezza e i suoi modi di
fare e di comportarsi nei miei confronti.. poi adoravo quando mi
chiamava 'principessa'. Nessuno lo aveva mai fatto, mi faceva sentire..
speciale.
Una volta saliti i primi due scalini, bussai al campanello e attesi
sull'uscio fin quando la porta si aprì e rivelò
una
Pattie già perfettamente pronta.
-Buongiorno, Free.- sorrise. -Entra pure, papà è
già in cantina per capire quali scatoloni dobbiamo salire,
io e
mamma invece stavamo preparando la colazione. Tu non hai mangiato,
vero?- non mi diede nemmeno il tempo di risponderle che
continuò. -Justin invece dorme ancora, dopo che ti ha
accompagnata a casa è stato tutta la sera a suonare con la
chitarra, fino all'una di notte passata!- strabuzzai gli occhi.
-Fino all'una? Wow, voleva riscrivere una melodia di Mozart.-
ridacchiai tra me e me, entrando in cucina. Pattie sorrise.
-Gli capita spesso di suonare la chitarra la sera, è un modo
che
usa per liberare la mente e certe volte scrive melodie davvero belle.-
-Come a Natale dell'anno scorso, ha suonato la versione acustica di un
paio di canzoni davvero belle.- continuò, subito
dopo
Pattie, Diane. L'abbracciai.
-Non sapevo gli piacesse suonare la chitarra.- dissi, dopo aver baciato
la guancia di Diane.
-Gli è sempre piaciuto farlo, come gli piaceva suonare il
pianoforte, la batteria e alle medie ha suonato anche la tromba.-
aggiunse Pattie. -Perché non vai a svegliarlo mentre noi
finiamo
di preparare la colazione?-
-Io?- sussurrai, arrossii immediatamente. -Uhm, ma sta dormendo, ieri
sera ha fatto tardi e..ehm..non vorrei che dopo.. sì, ecco..
che
dopo si senta stanco, sì.- farfugliai, ricevendo un sorriso
divertito da parte di Pattie.
-Va a svegliarlo, forza.-ordinò, puntandomi contro un'arma
davvero pericolosa: la frusta completamente sporca di pasta per
pancakes, ma non dei semplici pancakes. Dei pancakes al cioccolato.
Completamente in estasi dopo aver visto quel ben di Dio che tra poco
avrebbe occupato il mio stomaco, annuii e corsi al piano di sopra.
Problema, dove dormiva Justin? Grazie alla mia grandissima fortuna, la
prima porta che aprii fu proprio quella della camera di Justin. Se
prima i miei occhi si erano beati della bellezza della pastella dei
pancakes, non appena il mio sguardo cadde sul corpo di Justin rimasi
pietrificata, incapace di muovere gli arti o di articolare una frase.
Il corpo di Justin era coperto fino al busto da un piumone bianco, il
suo torso era nudo e riuscii a scorgere più tatuaggi sul suo
petto. Non riuscivo a vedere tantissimo, ma quel poco mi era bastato
per perdere completamente la lucidità. La sua testa era
leggermente inclinata verso il lato esterno destro del letto, un
braccio lo portava piegato sotto la testa mentre un altro braccio gli
fuoriusciva dal letto.
Era bellissimo,
maledettamente e dannatamente bellissimo.
Non so come e con quale forza riuscii a muovere i primi
passi,
ma lentamente arrivai al letto e contemplai ancora per qualche secondo
il suo corpo prima di inginocchiarmi per trovarmi faccia a faccia col
suo viso. Non sapevo cosa fare e, nell'indecisione, lasciai che le mie
mani si muovessero da sole: gli accarezzai dolcemente il viso, partendo
dalla tempia fino ad arrivare alla mascella.
-Hei, bell'addormentato.. svegliati.- sussurrai, per poi sorridere.
-Dobbiamo addobbare la casa, ricordi?- gli accarezzai ancora il viso.
-Quanta bellezza in una sola persona, sia interiore che esteriore..- mi
lasciai sfuggire, prima di coprirmi la bocca con la mano libera non
appena notai il sorrisetto che si era formato sul viso di Justin.
-Che bel risveglio.- sussurrò, con la bocca ancora impastata
dal
sonno, prima di chiudere e aprire le palpebre più volte.
-Io..io..- gemetti. -Ma tu non stavi dormendo?- misi il broncio, prima
di udire il suono della sua ristata.
E credetemi, il suono
melodico della
sua risata di mattina era una delle cose più belle che
potessi
sentire per cominciare bene la giornata.
-Appunto, stavo.- ridacchiò ancora.
-Buongiorno,
principessa.- sorrise, ricambiai il sorriso. -Allora mi trovi
attraente.-
-Tecnicamente non ho detto questo.-
-Ma mi trovi bello, quindi anche attraente.-
-Io ho usato il termine bello, non il termine attraente. Quindi, non ti
trovo attraente.-
-Adesso ho capito perché sei bassa.- ridacchiò,
lo guardai storto.
-Perché?- ridacchiai anch'io, stranita.
-Perché le bugie hanno le gambe corte.- si tirò
su,
mostrando il suo fisico scolpito nei punti giusti e al punto giusto. -E
ammettilo,- si avvicinò pericolosamente al mio viso. -in
questo
momento vorresti fare un giro sulla mia giostra, o sbaglio?-
sogghignò, alzai un sopracciglio.
-Sbagli.- feci spallucce e mi alzai, arrossendo subito dopo. -Vestiti,
su, che tua mamma e Diane stanno facendo i pancakes al cioccolato e io amo
i pancakes al cioccolato.- dissi, nell'ultima frase la mia espressione
assunse una serietà davvero impressionante, che ovviamente
finì male perché risi come una deficiente seguita
da
Justin.
-Sto mettendo in serio dubbio la tua sanità mentale,
principessa.- ridacchiò Justin, alzandosi dal letto. Era
solo
con il pantalone del pigiama.
'Oh, Justin, io divento
scema sul serio se mi fa questo.'-
gemetti interiormente, fissando lo spettacolo che avevo di fronte agli
occhi. Justin si stiracchiò guardandomi e, senza mai
staccare lo
sguardo dai miei occhi, si avvicinò a me,
posizionò le
sue mani sul mio collo e mi baciò la punta del naso. Si
staccò pochi secondi dopo, prese un maglione e un pantalone
e si
chiuse in bagno. Io, intanto, lo aspettai con gli occhi sognanti
sull'uscio della porta, amavo quei suoi gesti improvvisi di
dolcezza assoluta.
Pochi minuti dopo, uscì dal bagno bello come sempre. Si
avvicinò a me, poggiò un braccio sulle mie spalle
e
insieme scendemmo al piano sottostante, entrando poi in cucina. Stanza
dove, ci terrei a precisare, usciva un profumino davvero davvero
delizioso.
-Buongiorno.- disse Justin, sorridendo a tutti. -Allora, cosa si
mangia?- continuò strofinandosi le mani, prima di sedersi e
trascinarmi al posto affianco al suo.
-Tutto quello che c'è a tavola.- Pattie fece spallucce,
poggiando cinque piatti sul tavolo. -Immagino che Freedom vuole i
pancakes al cioccolato.-
-Immagino che la tua ipotesi si verificherà esatta.-
ridacchiai,
scannerizzando con gli occhi tutto ciò che era sul tavolo.
Più che altro, poggiai lo sguardo su tutto ciò
che era
fatto col cioccolato.
-Vorrei capire dove metti tutto ciò che mangi.-
disse Justin, prima di rubarsi un biscotto. -Sei magrissima.-
-Metabolismo veloce, suppongo.- ridacchiai, prima di guardarlo.-Anche
se non è gratificante sentirsi dire che sei un'asse da stiro
dai
ragazzi.- continuai.
-Chiunque abbia detto una cosa simile primo, è uno stronzo e
secondo, non ha capito quanto puoi essere sexy.-
-Justin!- lo rimproverò Pattie, incrociando le braccia al
petto.
-Cosa c'è? È vero!- ribatté Justin.
-Ma dov'è nonno che così cominciamo a mangiar..-
-Cercavate me?- Bruce spuntò dalla porta, tutti noi girammo
contemporaneamente la testa verso la porta. -Ho sentito l'odore di
cioccolata da giù, non potevo mancare.- disse subito dopo,
provocando una risata generale.
Non appena fu al suo posto, Diane e Pattie poggiarono le ultime cose
sul tavolo e si sedettero anche loro, riempiendo i loro piatti di ogni
delizia. Era davvero bello fare colazione tutti insieme, come una vera
famiglia. Certo, restava il fatto che io non ero della loro famiglia,
eppure mi facevano sentire così bene, ero così
spontanea.. Non mi capitava spesso, con gli altri, di essere
così allegra, così contenta, così
solare. Ero
sempre stata una tipa piuttosto riservata, me ne stavo per le mie e
lasciavo che il mondo continuasse la sua vita mentre io continuavo la
mia in una bolla. Invece con loro, tutto era diverso. E mi piaceva.
Già ero completamente dipendente da quella sensazione a me
nuova, da quel sentirsi accettati da qualcuno.
-Principessa.- Justin poggiò una mano sulla mia coscia,
svegliandomi dai miei pensieri.
-Si?- girai la testa di lato, prima di sorseggiare la mia cioccolata
calda.
-Sei sporca qua.- disse, indicando un punto indefinito del mio viso.
-Dove?- chiesi, pulendo gli angoli delle mie labbra.
-No, non lì. Qui.- ripeté, indicando nuovamente
un punto indefinito.
-Qui dove?-
-Lascia fare a me.- ridacchiò,prendendo un fazzoletto e
avvicinandosi al mio viso.
Completamente rossa in viso, seguii -per quello che potevo-
i suoi movimenti. Poggiò il fazzoletto poco sopra il mio
labbro
superiore e sorrise, non appena notò il mio rossore. Rossore
che
si accentuò, alzai lo sguardo. I suoi occhi si incrociarono
con
i miei e un intero stormo di farfalle cominciò a librarsi
nel
mio stomaco. Venni ipnotizzata da quel color caramello così
brillante, era bello da mozzare il fiato. Sorrise poco prima di
distogliere lo sguardo e di poggiarlo ancora una volta sulle mie
labbra, poi poggiò il fazzoletto sul tavolo e
ricollegò i
suoi occhi ai miei.
-Fatto.- sorrise.
-Grazie.- sorrisi anch'io.
-Hei, piccioncini, finite la vostra colazione che abbiamo un bel po' di
lavoro da fare.- disse Bruce, abbassai lo sguardo imbarazzata.
-Piccioncini?- Justin alzò un sopracciglio.
-Nonno, questo
non è niente e già ci chiami 'piccioncini'. E se
guardiamo un film sul divano avvolti in una coperta mentre ci
abbracciamo cosa dici, che siamo prossimi al matrimonio?- ridacchiai,
immergendo un biscotto, rigorosamente al cioccolato ripieno di crema
alla nocciola, nella mia cioccolata bianca calda. Molto light, direi.
-Sei simpaticissimo come un dente cariato di notte, caro nipote.-
-Uh, Biebs, t'ha spento forte tuo nonno.- intervenne Pattie ridendo e
contagiando tutti, tranne Justin.
Dopo aver incrociato il suo sguardo omicida smisi di ridere, o meglio,
cercai di non ridere, e per riuscire nella mia impresa guardai
colpevole il soffitto e avvicinai la tazza alle labbra ancora una
volta. Justin sorrise e scosse la testa più volte,
ripeté
poi il mio gesto e finì anche lui la sua colazione. Non
appena
finimmo tutti, aiutai Pattie e Diane a riempire la lavastoviglie e a
mettere a posto ciò che non avevamo toccato mentre Justin e
Bruce andarono in cantina e portarono al piano di sopra alcuni scatoli.
Mi unii anch'io a loro dato che le cose da portare era tante e solo in
quel momento capii che Bruce ci teneva davvero, davvero tanto a vincere
il primo premio in quella sottospecie di gara che si teneva nel
vicinato su chi aveva la casa più luminosa. In salotto
c'erano
praticamente dodici scatoli solo di luci e cinque di soli addobbi. E
sì, ce n'erano altri ma apparentemente
non sarebbero serviti, o almeno così aveva
detto Bruce.
-Siete pronti per una mattinata impegnativa?- ci chiese Bruce, aprendo
la porta di casa.
-Vuoi che ti risponda con la verità o con una bugia?- chiese
a sua volta Justin, uscendo in giardino.
-Bugia.- ridacchiò Bruce.
-Non vedo l'ora di appendere luci a più di dieci metri di
distanza dal suolo rischiando di cadere e di slogarmi una caviglia!-
disse Justin, fingendosi entusiasta.
-Hei, io sono contenta di appendere luci a più di dieci
metri di
distanza dal suolo rischiando di cadere e di slogarmi una caviglia.-
incrociai le braccia al petto e misi il broncio.
-Allora sullo scaletto ci salirai tu, io farò l'aiutante.-
ridacchiai.
-Ci sto, Bieber.- sorrisi, prendendo le prime luci e cominciando a
capire come avremmo potuto metterle.
Dopo vari tentativi e minuti passati a riflettere e a fare diverse
prove, riuscimmo a capire come appendere quei tubicini luminosi con le
varie luci. Io e Justin partimmo dall'esterno della casa mentre invece
Bruce cominciò ad attaccare le luci sull'uscio della porta e
sui
vari davanzali. Eravamo solo noi tre, Pattie e Diane stavamo
già
preparando il pranzo e, credetemi, si sentiva un odore davvero
invitante, anche da fuori. Avrei rischiato di prendere una decina di
chili solo stando con loro durante i pasti, ci voleva un po'
di
ciccia in più sulle mie ossa. Durante la nostra sessione di
'attacchiamo le luci su cancello di casa', mi ritornò in
mente
il motivetto che avevo cantato la stessa mattina e anche qualche sera
prima. Cominciai a canticchiare a bassa voce, entrando in un mondo
tutto mio. Ogni tanto mi capitava di cantare e di isolarmi dal mondo,
era una delle mie vie di fuga. Mamma diceva spesso che avevo una bella
voce e che potevo diventare qualcuno, io ero del parere che la mia
fosse una bella voce ma non era perfetta, non era 'da cantante' e
preferivo vivere la mia vita così com'era, non volevo
diventare
famosa ed essere conosciuta dal mondo intero.
-Cosa canti?- mi chiese Justin, posizionando la fine del tubo
trasparente con le luci ai lati del muretto.
-Sono parole buttate a caso, a dire il vero.- ridacchiai.
-Quindi ti piace cantare?-
-Abbastanza.- sorrisi. -E a te piace suonare.-
-Abbastanza.- mi fece l'occhiolino, sorrise.-Canta ancora, mi piaceva
il ritmo.-
-Ma sono parole senza senso..-
-Se sono uscite spontaneamente dalle tue labbra, allora un
senso
ce l'hanno. Forse.. devi solo rendertene conto e scoprirlo.-
Sorrisi e capii che, evidentemente, aveva ragione. Quando cantavo
quelle poche parole pensavo a Justin, ai suoi abbracci, alla voglia che
avevo di passare ogni attimo con lui. Pensavo a come mi faceva sentire,
pensavo al modo in cui era riuscito a catturare la mia attenzione, a
catturare e imprigionare una parte del mio cuore.. Pensavo al suo viso
perfetto, il suo sorriso bianchissimo e bello da mozzare il fiato, ai
suoi occhi ipnotizzanti e penetranti. Pensavo semplicemente a lui. Era
lui la mia ispirazione. Istintivamente chiusi gli occhi e lasciai che
le mie labbra si muovessero da sole, lasciando spazio al mio cuore e
non alla mia mente di cantare e di esprimere ciò che
realmente
sentivo.
-Looking out the window, waiting for your headlights. To pull up in the
driveway, it's really coming down tonight. You're scared that I won't
make it trought the storm.. You should be here with me, safe and warm.-
sussurrai, prima di aprire gli occhi e trovarmi un Justin sorridente a
pochi centimetri dal mio corpo.
-I'll be waiting under the mistletoe, while you're travelling here
trough the winter snow.- posizionò le mani suoi miei
fianchi.
-Baby think of me, if it helps to get you warm.- continuò a
cantare, ripetendo le mie stesse parole.
-When the only gift that I really need, is to have your arms
right
around me.- incrociò le sue braccia dietro la mia schiena,
muovendosi lento.
-Baby think of me, if it helps to get you home.- cantò
ancora, stringendo sempre più il mio corpo.
-Home this christmas.-sussurrammo all'unisono, i miei occhi persi nei
suoi.
Fu solo in quel momento, che riuscii davvero a capire quanto quelle
poche parole che avevamo cantato erano importanti. Il suoi sguardo era
completamente fisso nel mio e riuscivo a notare l'infinito all'interno
di quelle sue perle d'oro. Eravamo vicini, dannatamente vicini, e i
nostri corpi erano immobili, come se entrambi avevamo paura di compiere
un gesto e spezzare l'armonia che si era creata. Ecco di nuovo che
quella sensazione di protezione si faceva sentire, perché mi
sentivo così al sicuro quand'ero tra le sue braccia? Ma
sopratutto, perché succedeva solo quand'ero tra le sue braccia?
-Anche tu sei molto bravo..- dissi, per rompere la tensione che si
stava creando.
-Me la cavo.- sorrise, avvicinando il suo viso al mio. -Tu sei
più brava.- sussurrò, sempre più
vicino.
-Be', i..io non credo m..ma..-
-Hei, scansafatiche! Invece di fare le pop star, che ne dite
di
rimboccarvi le maniche? C'è ancora un bel po' di lavoro da
fare
qua se non ve ne siete accorti.-urlò Bruce da sotto la
porta,
interrompendo quel momento davvero molto ma molto imbarazzante.
-Sì, nonno.- sbuffò Justin roteando gli occhi al
cielo e
sorridendo, non appena incrociò ancora i miei occhi.
Sorrisi anch'io, così rossa che potevo sentire le
mie gote
andare a fuoco, sopratutto non appena le sue labbra toccarono la mia
guancia sinistra. Subito dopo si staccò e,
trascinandomi,
mi portò da Bruce che era alle prese col districare alcuni
fili.
Lo aiutai, cercando di non pensare agli attimi appena passati. Insomma,
cosa sarebbe successo se Bruce non ci avesse interrotto? Avrebbe
continuato ad avvicinarsi? Mi avrebbe baciata? Quali erano le sue
intenzioni? Dozzine di domande affollavano i miei pensieri e a nessuna
riuscivo a dare una risposta. E se avrebbe continuato ad avvicinarsi e
mi avrebbe baciata, cos'avrei dovuto fare? Non sapevo baciare, non
sapevo come muovere le labbra. Avrei fatto la figura della deficiente e
della sfigata. Insomma, chi a quindici anni non aveva ancora dato il
primo bacio? Io. Io ero quella sfigata. Certo, da un lato non ero
proprio sfigata perché a sedici anni c'erano già
ragazze
incinte, come per esempio in quel programma su MTV che si chiama
proprio 'Sedici anni e incinta', e quindi mamma doveva ritenersi
fortunata a non avere una figlia ribelle, però anche a me
sarebbe piaciuto toccare le labbra di un ragazzo e sapere quali
sensazioni si provavano.. Solo su questo, mi sarebbe piaciuto essere
come le mie coetanee, quelle che avevano già avuto un
fidanzato
e aveva fatto certe 'esperienze'. Be', il tempo era l'unica cosa che
non mi sarebbe mai mancata, e avrei cominciato dallo stesso pomeriggio
a fare pratica su come baciare un ragazzo, magari baciando un cuscino.
Hei, se si sarebbe ripetuto un momento simile dovevo essere pronta e
baciare un cuscino era davvero molto efficace, o almeno così
diceva la mia mente.
-Allora, adesso dobbiamo cominciare a mettere le luci sulla casa.-
disse Bruce, poggiando uno scaletto sulla parete.
-Posso salire io sul tetto?- chiesi, battendo più volte le
palpebre e incrociando le mani sotto al mento. -Ti prego, ti prego, ti
prego, ti prego.-
-Bocciolo, è pericoloso..- Bruce scosse la
testa. -Non voglio che tu ti faccia male.-
-Non mi faccio male, sono abbastanza grande per attaccare delle luci.
Dai.- supplicai ancora, prolungando la 'a' della
parola
'dai'.
-Principessa, nonno ha ragione.. Fa salire me.- Justin
afferrò
le luci dalle mani del nonno e si avvicinò alla scala.
-Allora entro dentro ad aiutare Diane e Pattie se voi due non mi volete
qui.- incrociai le braccia al petto e misi il broncio, guardando nella
posizione di Justin. -Justin, posso salire?- chiesi ancora,
l'espressione più dolce si dipinse sul mio viso. Gemette.
-Dio, Freedom, così non vale!- disse, allontanandosi dalla
scala
e piazzando le luci tra le mie mani. -Però ti prego, sta
attenta.-
Esultai e lo abbracciai, prima di dargli un bacio sulla guancia e
cominciare a salire gli scalini velocemente. Una volta arrivata in
cima, appoggiai entrambe le mani sul tetto e mi tirai su. Ero
in
cima, e mi sentivo come se avessi appena scalato l'Everest. Alzai
entrambe le braccia al cielo e urlai un -'sono in cima'- ,prima
di prendere le luci e muovere il primo passo sulla tettoia. A mio
sfavore, però, proprio sul punto in cui misi il piede c'era
una
piccola lastra di ghiaccio e rischiai di perdere l'equilibro. Justin
urlò il mio nome strabuzzando gli occhi, io semplicemente mi
ricomposi e gli sorrisi rassicurante. Mossi il secondo passo
più
lentamente e con più attenzione. Nulla. Poi il terzo, il
quarto,
il quinto e il sesto. O meglio, provai a muovere il sesto, ma camminare
sul bordo del tetto non era una cosa molto conveniente, e infatti mi
ritrovai non so come e non so perché per terra, sulla neve,
ai
piedi di Bruce e Justin.
-Cazzo, Freedom! Ti avevo detto di stare attenta!- sbottò
Justin, inginocchiandosi affianco al mio corpo. -Come stai? Ti fa male
qualcosa? Come sei caduta?-
-Dio, Justin, mi sembra di fare un interrogatorio.-ridacchiai.-Sto
bene, tranquillo.-
-Tranquillo?! Free, sei caduta da un tetto, potevi anche cadere peggio,
atterrare male e cavolo, non voglio nemmeno pensarci a cosa ti sarebbe
potuto succedere!- Urlò Justin mentre mi aiutava a sedermi
sulla
neve, nel frattempo Pattie e Diane erano uscite fuori casa.
-Cos'è successo?- chiese Pattie, stordita.
-Sono caduta dal tetto.- dissi, poco prima di ritrovarmi col viso sul
petto di Justin.
-M hai fatto prendere un colpo, piccola.-sussurrò Justin,
accarezzandomi i capelli.
-Scusa..-sussurrai anch'io, strofinando il mio naso sul suo collo. -La
prossima volta farò più attenzione.-
-La prossima volta salirò prima io, poi nel caso salirai
anche tu.- accarezzò i miei capelli.
-Me lo merito.- ridacchiai, provai ad alzarmi ma un dolore allucinante
alla caviglia mi impedì di tenermi in piedi. -Oh no..-
sussurrai
a denti stretti, poggiandomi sul corpo di Justin.
-Cosa ti fa male?- mi chiese Diane premurosamente, mettendosi alla mia
sinistra.
-Mi fa malissimo la caviglia.- ansimai, provai a poggiare il piede a
terra ma dovetti stringere i denti e chiudere gli occhi dal dolore.
Justin mi guardò con uno sguardo di fuoco ma allo stesso
tempo
preoccupato, mi prese a mo di sposa e mi aiutò ad entrare in
casa. Mi sentivo terribilmente in colpa, non dovevo salire e fare la
bambina, era pericoloso e ne stavo pagando le conseguenze. Quello che
più mi preoccupava era la reazione di Justin, non volevo che
non
si fidasse più di me o che, da quel momento, potesse
ritenermi
come una bambina capricciosa. Mi mandai più volte a fanculo
mentalmente mentre Justin mi stendeva sul divano e si sedeva al mio
fianco, accarezzò il mio viso e mi baciò la punto
del
naso. Subito dopo, poggiò sotto il mio piede un cuscino
mentre
invece Pattie mi portò una sacca con del ghiaccio che
accuratamente poggiò sulla mia caviglia. Sussultai e Justin
mi
si avvicinò, sedendosi al mio fianco e accarezzando il mio
viso.
-Va tutto bene..- mi sorrise rassicurante.
-Scusa..- sussurrai ancora, poggiando la testa sulle sue gambe.
-Non importa, principessa. Vuoi che ti portiamo all'ospedale?- chiese,
accarezzandomi il viso.
-Odio gli ospedali.- arricciai il naso.
-Una visita dovrai pur farla, il piede si sta gonfiando.- disse Pattie,
sospirai.
-Andiamo dopo però, va bene?- chiesi, facendo cerchietti
immaginari sul ginocchio di Justin.
-Va bene.- Justin continuò ad accarezzarmi mentre io cercavo
di
rilassarmi e di non pensare al dolore che dalla caviglia si irradiava
lungo tutta la gamba.
-Sai qual'è la cosa più strana?- chiesi ad un
tratto,
voltandomi con la testa verso l'alto in modo tale da poter vedere il
viso di Justin.
-Cosa?- chiese, col sorriso.
-Che scherzavo quando dicevo che mi sarebbe piaciuto appendere luci a
più di dieci metri dal suolo rischiando di cadere e di
slogarmi
una caviglia.-
Justin inizialmente sembrò non capire, infatti mi
guardò
con un'espressione indecifrabile. Solo qualche minuto dopo
ricordò della conversazione avvenuta prima di appendere le
prime
luci e cominciò a ridere a più non posso, prima
di
scuotere la testa e mormorare un 'non ci credo, non è
possibile'. La sfiga mi perseguitava anche nelle frasi che dicevo,
facevo così pena?
Be', almeno sapevo che se avessi detto 'un giorno Justin mi
bacerà sotto il vischio', Justin un giorno mi avrebbe
baciata
sotto il vischio.
O almeno, lo speravo.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Ave popolo! Come va la vita? Io sono troppo
contenta, mia zia e mia cugina ci hanno fatto una sorpresa e sono
venute qua a nostra insaputa, è stato bellissimo poterle
riabbracciare! Era da più di un anno che non le vedevo e,
anche se sono abituata ad avere parenti lontani, fa sempre male sapere
che dopo qualche giorno dovranno andar via.. Infatti, domani alle tre e
quarantacinque hanno un aereo ed io non le vedrò per non so
quanto tempo.. COMUNQUE, non voglio deprimervi, quindi passiamo al
capitolo.c:
Allora? Allora? Alloooora? Vi piace?! Io adoro la parte di Home this
Christmas, sono troppo dolciosi! Già li shippo lol.
Uà, magari ad avere un ragazzo come Justin,
chissà com'è cantare una canzone così
romantica col ragazzo che ti piace sjgkhsdkjghsak.*-*
Adesso scappo che vado da zia e Anto.<3
VORREI RINGRAZIARE TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/
RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.
Il primo capitolo ha già quasi quattrocento visualizzazioni.
GRAZIE.
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curiosità, askatemi pure.
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E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
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Capitolo 6 *** Capitolo 06// E se fosse già arrivata? ***
06.
'Non è niente
di preoccupante.
Il dolore scomparirà tra una decina di giorni, intanto
dovrai
camminare con delle stampelle e cercare di non sforzare troppo la
caviglia.' aveva detto il medico, quando Justin
e Bruce mi
avevano accompagnata al pronto soccorso. Dalle lastre non avevo nessun
osso fuori posto, nulla di spezzato o cose del genere. Avevo
semplicemente una distorsione della caviglia. Il problema non era il
dolore che provavo, anzi, non m'interessava minimamente del dolore. Il
problema vero e proprio era camminare con quegli aggeggi infernali
più comunemente chiamati stampelle. Come diavolo si
usavano?!
Neanche Tom Cruise sarebbe riuscito a portare a termine una missione
simile, avevo sempre odiato quelle..cose.
Quando da bambina caddi dall'altalena e mi ruppi la gamba -lo so, ero sfigata.- il
dottore mi aveva dato un paio di stampelle con cui camminare e,
indovinate? Non appena le usai caddi, e mi slogai anche un polso. Non
potete immaginare il dolore che provai quel giorno.
-Justin, ti prego, ti scongiuro, ti supplico..-gettai le stampelle per
terra.-mi porti tu in cucina?- chiesi, il labbro inferiore rivolto
verso il basso e gli occhi da cucciola.
-Hai già scoperto il mio punto debole.-gemette prima di
ridacchiare e prendermi come una sposa.
-La cucina è di là.- indicai una porta
sorridendo, poggiando la testa tra l'incavo del collo di Justin. Il suo profumo..
-Hai una bella casa.- disse, poggiandomi sul tavolo non
appena entrò in cucina.
-Era di mia nonna, è l'unica cosa che mi è
rimasta di
lei.- risposi, sorridendo appena. -Oltre alla chitarra che mi ha
lasciato nonno.-
-I tuoi nonni sono..- lasciò la frase in sospeso, annuii.
-Oh, mi dispiace..- mi accarezzò il viso.
-Non importa, avrei solo voluto conoscerli.-
-Non li hai mai conosciuti?- chiese, poggiando la testa sulla mia
spalla e accarezzandomi il braccio.
-Mamma dice che sono morti poco prima della mia nascita.-sussurrai,
sentendo le dita di Justin giocare con le punte dei miei capelli.
Rimanemmo per minuti interi così, più o meno
abbracciati.
Il suo respiro caldo picchiettava sul mio collo scoperto provocandomi
brividi indescrivibili, le sue dita invece giocherellavano con le punte
dei miei capelli. Insicura e con la mano tremante, arrivai al suo
petto, toccai il suo maglione, mi fermai sul suo cuore. Lo sentivo
battere, aveva un ritmo pacato e regolare. Arrivai poi poco
più
su, fino al suo collo, fino al suo viso. Chiusi gli occhi e accarezzai
la sua pelle così tremendamente calda, liscia, morbida.
Percorsi
con i polpastrelli il tratto di viso che partiva dalla tempia e finiva
sul mento, nel mentre le sue dita percorsero il mio collo e fermarono
su di esso. Sentii il mio cuore accelerare sempre più, era
come
se volesse uscire dalla gabbia toracica. Non appena Justin si rese
conto del battito accelerato del mio cuore, con l'intera mano scese
più giù, toccò il mio seno e si
fermò poco
più sotto di quest'ultimo. Trattenni il respiro, o meglio,
mi
mancò proprio il respiro. Nel suo gesto non trovai malizia o
perversione, era tutt'altro. Era un gesto fatto con amore, con la
voglia di sapere ciò che dentro di me stava succedendo a
causa
sua. Non gli tolsi la mano, non mi opposi. Lo lascia fare, beandomi
delle sensazioni che in quel momento stavo provando.
Dentro di me c'era il caos. Come riusciva a mandarmi in estasi con
così poco? Come riusciva a mettere k.o. il mio povero cuore
con
così poco? Cosa mi stava facendo? Non riuscivo a dare una
risposta a tutte le mie domande, eppure mi sentivo così bene
con
me stessa. Era una sensazione così bella, solo lui riusciva
a
farmi sentire in quel modo; un modo che, tra l'altro, neanche riuscivo
a descrivere a parole. Avete presente quando siete con una certa
persona e sentite uno strano calore dentro? Avete presente quando siete
con una certa persona e il cuore comincia a battervi all'impazzata non
appena la sua mano sfiora la vostra? Avete presente quando siete con
una certa persona e non smettete di sorridere, perché questa
persona riesce a farvi stare bene anche solo con la sua compagnia?
Ecco, mi sentivo così, mi sentivo completa. Lui, mi faceva
sentire completa.
-Cosa mi stai facendo?- sussurrai, chiudendo gli occhi.
-Dovrei chiederti la stessa cosa.- sussurrò, prendendo il
palmo della mia mano e poggiandolo sul suo cuore.
Istintivamente alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi, anche il suo
cuore, come il mio, batteva velocemente.Sorrisi appena, poi abbassai lo
sguardo sentendo le mie gote andare a fuoco. Se è bello
sentirsi
speciale grazie a qualcuno, è ancora più bello
sentirsi
speciale per
qualcuno.
-Che ne dici se adesso prendiamo ciò che serve a nonna per
stasera e poi mi porti a vedere la chitarra che ti ha lasciato tuo
nonno?- chiese Justin, poggiando una mano sul mio viso.
-Credo che sia un'ottima idea.- sorrisi, incrociando ancora i suoi
occhi.
-Okay, allora.. cosa serviva? Ah sì, lo zucchero. Dove lo
trovo?- mi chiese, allontanandosi verso i mobili della cucina.
-Il mobile al centro, quello col vetro opaco.- Annuì
semplicemente, dirigendosi verso il mobile.
-Secondo me, la nonna dovrebbe comprare una fabbrica di zucchero.-
-Perché?- ridacchiai.
-Con tutti i dolci che fa spende molti soldi a comprare lo zucchero
ogni giorno, quando invece potrebbe investire quei soldi, guadagnarci e
avere tutto lo zucchero che desidera, quando lo desidera.- prese lo
zucchero.- Dopo cosa dobbiamo prendere?-
-Il cioccolato, ma quello è per me e ce l'ho di
sopra.-ridacchiai ancora, Justin alzò le sopracciglia.-Hey,
ho
una distorsione alla caviglia, devo pur consolarmi in qualche modo.-
-E perché ce l'hai proprio di sopra?-chiese, mostrando uno
dei suoi sorrisi più belli.
-Perché mamma è del parere che, se continuo a
mangiare
cioccolata, un giorno peserò più di cento chili,
avrò i denti marroni e un fegato marcio. Ma, dato che non
ingrasso, continuo a mangiarne.- feci spallucce, mentre Justin
cominciò a ridere come un deficiente. -Invece di ridere come
un
cretino, che ne dici di aiutarmi?- chiesi, battendo le palpebre.
Pochi secondi dopo cessò di ridere ed io mi ritrovai tra le
sue
braccia. Poggiai la testa sulla sua spalla mentre lui saliva le scale,
lo indirizzai fino all'entrata della mia camera e, non appena entrammo
nella mia stanza, mi poggiò sul letto e si guardò
intorno
con un sorriso dipinto sul viso. Fissarlo era ormai diventato il mio
passatempo preferito, i miei i occhi si beavano di tutta
quella
bellezza racchiusa in una sola persona. Cautamente mi alzai dal letto,
zoppicando arrivai all'armadio e aprii le due ante. Grazie a Dio mamma
aveva messo a posto il giorno precedente, altrimenti Justin avrebbe
assistito alla mia sepoltura a causa di tutti i vestiti che avevo fuori
posto.
-Ehm.. piccolo problema.- dissi, guardando in basso.
-Cosa succede?- mi chiese Justin, cingendomi la schiena con un braccio
per darmi sostegno.
-La cioccolata ce l'ho nella scatola infondo e non riesco ad
abbassarmi.-
-E allora?- disse, abbassandosi e aprendo la scatola. -Ma che
caz..quanti chili sono qua dentro?!- sbalordito, girò di
poco la
testa incrociando i miei occhi.
-Sono quattrocentosettanta grammi, cioè quarantasette
tavolette da cento grammi.- feci spallucce.
-Okay, è confermato: sei ossessionata dal cioccolato.-
-Ma sul serio?- chiesi ironica, rise. -Prendi quella con scritto Swisse
Dream, è buonissima.- continuai allontanandomi piano.
Arrivai fino al letto, dove mi sedetti e con cautela mi stesi, cercando
di trovare una posizione abbastanza comoda per prendere uno scatolo da
sotto al letto. Non appena riuscii nella mia impresa, tirai fuori lo
scatolone contenente la vecchia chitarra che mi regalò nonno
e,
facendo un altro piccolo grande sforzo, riuscii a trascinarlo sul letto
aprendolo subito dopo. Un brivido percorse la mia schiena non appena
sfiorai con le dita le corde della chitarra. Non avevo mai provato a
suonarla, quando la prendevo mi faceva sempre uno stranissimo effetto, sopratutto nel periodo
natalizio. Mamma,
quando mi diede la chitarra, disse che nonno aveva lui stesso creato
quella chitarra per me, per la sua prima nipote. Cosa che riempiva il
mio cuore di gioia, ma che allo stesso tempo mi faceva un gran male..
quanto avrei voluto conoscerlo.
-Hey.- mi chiamò Justin, posando tre barrette di cioccolata
sul
letto e sedendosi al mio fianco.-Tutto okay?- chiese, inginocchiandosi
a terra per poi prendere il mio viso tra le mani.
-Ci tengo tantissimo a questa chitarra, mi fa uno stranissimo effetto
toccarla..- sussurrai sorridendo appena, sfiorò l'angolo
della
mia bocca col pollice.
-Se vuoi, la mettiamo via.- mi baciò la fronte.
-No.- scossi la testa. -Suona per me.-
-Sei sicura?- chiese, sedendosi al mio fianco.
-Sì.- annuii, prendendo la chitarra e mettendogliela tra le
braccia. -Toh, fammi sentire di cosa sei capace.-
-Potresti rimanere molto sorpresa.- disse, punzecchiando alcune corde.
-Illuminami.- ridacchiai.
E non appena le sue dita furono a pieno contatto con le corde
producendo quella che ai miei timpani suonò come la
più
dolce e armoniosa melodia, chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da
quel suono paradisiaco. Le sue dita si muovevano agili sulle corde
della chitarra, suonava quello strumento come se fosse la cosa per cui
era stato creato. Chiuse a sua volta gli occhi e si lasciò
trasportare dalla sua stessa melodia, era così concentrato e
allo stesso tempo rilassato. Dopo qualche accordo, alla sola melodia
prodotta dallo strumento aggiunse anche la sua voce e, credetemi,
sentii i brividi salirmi lungo la spina dorsale. Era un qualcosa di
magico e speciale, la sua voce accompagnata dal suono della chitarra
era davvero uno spettacolo. Spalancai gli occhi dalla sorpresa, avevo
capito che aveva del talento ma non che fosse così bravo. Il
talento gli scorreva nelle vene al posto del sangue. Sì,
sembra
una cosa che fa un po' schifo detta così e lo so, ma non
riuscirei a trovare altre frasi per descrivere tutta la bravura che
quel ragazzo possedeva. La cosa che più mi aveva sorpresa,
era
la passione che ci metteva: suonava e cantava col cuore in mano. Poco
dopo, staccò le dita dalle corde improvvisamente, lo guardai
imbronciata.
-Hey!- lo richiamai, incrociando le braccia al petto.
-Perché ti sei fermato?-
-Hai già ottenuto l'esclusiva.- ridacchiò.
-E allora voglio il bis.- feci spallucce. -Mi piace come suoni, e la
tua voce è..è..- mi bloccai, cercando un
aggettivo
appropriato. -è indescrivibilmente bella.- mi sorrise.
-Stavo pensando ad una cosa.- disse, regalandomi un altro sorriso.
-Cosa?- chiesi, chinando la testa di lato com'ero solita fare.
-Dimmi se ti piace questa melodia.- cominciò a strimpellare
nuovamente le corde della chitarra, producendo un'altra melodia. -Ti
piace?-
-È bellissima.- gli sorrisi sincera. -Hai mai pensato di
scriverci una canzone sopra?-
-Ho provato a buttare giù qualcosa, ma nulla di quello che
scrivo riesce a colpirmi..-
-Troverai il tema adatto.- gli picchiettai la spalla per poi
ridacchiare. -Mi suoni qualcos'altro?-
In risposta alla mia richiesta, cominciò a suonare
qualcos'altro, qualcosa di più inerente al Natale. Applaudii
piano, mentre la sua voce cominciò a echeggiare nell'aria.
Mi
unii poi anch'io, ricevendo -secondo
me-
milioni di insulti in armanico dai vicini. Era bella la
spontaneità che avevo quand'ero in sua compagnia, forse una
delle cose più belle e più significative.
Perché
è difficile stare particolarmente bene con qualcuno,
sentirsi
sé stessi e fare tutto ciò che ti passa per la
testa
senza preoccuparti di ciò che potrebbe dire di te questa
persona. Sentivo
che Justin non mi avrebbe mai giudicata, io sentivo che lui era
diverso dagli altri. E me lo stava dimostrando, con tutte le piccole
cose che stava facendo per me.
-Ha un suono stupendo.- disse Justin, fermandosi e posando la chitarra
sul letto.
-La costruì proprio nonno, sai?- sorrisi.
-Sul serio?-
-Sì, è un edizione limitatissima.- ridacchiai.
-È davvero stupenda..- ripeté, fissando lo
strumento che aveva poggiato sul letto con ammirazione.
Sorrisi tra me e me, poi mi venne un'idea.
Avevo appena scoperto il
regalo che avrei fatto a Justin a Natale.
-Che ne dici se andiamo?- chiesi, sempre sorridendo.
-Nonno ci starà dando per dispersi.- ridacchiai.
-Oppure starà pensando che ti sto stuprando.- si
unì alla
mia risata, io arrossii. -Cosa c'è? Guarda che potrebbe
pensarlo, ed io potrei farlo.- mosse le sopracciglia su e
giù
più volte.
-Ma smettila, coglione.- gli diedi un pugno sul braccio mentre cercavo
di alzarmi, invano.
-E tu non fare sforzi inutili.- scosse la testa, aiutandomi a stare in
piedi.
-Ma non voglio che mi porti ovunque, poi ti stanchi..- dissi, prendendo
le tavolette di cioccolata che Justin aveva poggiato sul letto. Non avrei mai potuto dimenticare
i miei tesssssori.
-Principessa, per me è solo un piacere,
mettitelo in testa.- rise.
-Potresti diventare il mio taxi personale, sai?-
-È il mestiere dei miei sogni.- disse ironico, prima di
prendermi in braccio. -Sopratutto se devo portare una così
dolce
donzella ovunque ella voglia andare.-
Ridacchiai ancora prima di appendermi al suo collo e di baciargli
dolcemente la guancia. Dopodiché, Justin uscì
dalla mia
stanza, scese al piano di sotto sempre con me in braccio e, dopo aver
preso lo zucchero e le mie stampelle, abbandonò
definitivamente
casa mia. La mia vicina di casa alias Rebecca Black alias sonolaragazzapiùcarinadellascuola
era sul vialetto di casa sua e, venendomi uscire in braccio ad un
ragazzo, fece cadere la carota che aveva in mano (e che avrebbe dovuto
mettere al pupazzo di neve che stava ultimando), e spalancò
la
bocca. 'Sorpresa, eh?
Col cazzo, pure io c'ho i pretendenti.' pensai,
ma l'unica cosa che feci fu sorridere vittoriosa e fulminarla con lo
sguardo. Odiavo Rebecca Black. Non mi aveva mai fatto nulla in
particolare, però era sempre stata super antipatica e
sopratutto
sfruttatrice. Avete presente quelle persone che non ti cagano manco di
striscio durante tutta la durata dell'anno scolastico ma, non appena
gli viene assegnato un compito difficile in cui sanno di prendere meno
di tre e in cui tu sei più brava, vengono da te e fanno
finta di
esserti amica allo scopo di ottenere informazioni per andare bene nel
compito? Ecco, Rebecca era una tipa del genere. Durante tutto l'anno
non mi calcolava, a scuola faceva finta di non vedermi e quando mi
vedeva fuori casa manco mi salutava, mi stava alla larga. Poi, non
appena le veniva assegnato un compito difficile di psicologia,
cominciava a salutarmi, mi invitava a casa sua e mi diceva 'Come sta andando a scuola? Io
devo fare una relazione di psicologia per sabato, che rottura di palle
al quadrato!' ,
aggiungendo ovviamente tutte le frasi più subdole e meschine
con
lo scopo di farmi cedere e di aiutarla. Inoltre, a scuola giravano voci
poco carine sul suo conto. Non che io ci credessi, ma vedere ogni sera
un ragazzo diverso uscire da casa sua era una cosa un po' troppo legata
alle voci che sentivo.
-Perché quella ragazza ti guardava in quel modo?- chiese
Justin, mettendosi la cintura.
-Perché quella ragazza stava rosicando.- sorrisi malefica e
strofinai le mie mani tra di loro. -E ricorda, non devi assolutamente
avvicinarti o respirare la stessa aria di Rebecca Black, chiaro?-
-Allora è Rebecca Black che si chiama, carina.- mi
stuzzicò, girando le chiavi nel nottolino.
-Carina? Carina?- alzai un sopracciglio. -Ma se usa tre chili di trucco
anche per andare a fare la doccia!-
-Sei gelosa.-
-Io? Gelosa di lei?- Arricciai il naso.-Ma neanche morta.-
-Invece sei gelosa, principessa.- ripeté, incrociai le
braccia al petto.
-Non sono gelosa, semplicemente non voglio rubi anche te, quella si
è portata a letto tutti i ragazzi di Stratford!-
-Credi che vada a letto con una bambina?- ridacchiò. -Per
quanto
sia carina, non sono un pedofilo e inoltre, preferisco le ragazze
più semplici e che cadono dai tetti invece di una ragazza
tutta
tette e senza cervello.-
Arrossii visibilmente dopo la sua dichiarazione. 'Preferisco le ragazze
più semplici e che cadono dai tetti invece di una ragazza
tutta tette e senza cervello.' ma
Dio, sul serio era reale? Girai di scatto la testa e lo guardai con un
espressione sorpresa e allo stesso tempo imbarazzata, mentre lui
tranquillamente sorrideva e continuava a guidare. Certe volte mi
chiedevo se faceva sul serio o la sua dolcezza era solo
finzione.
Andiamo, ragazzi così si vedevano solo nei film o nelle
storie
d'amore, non esistevano nella realtà. Non volevo illudermi,
non
volevo cadere in quella trappola, non volevo ancora perdere la testa
per un ragazzo che, molto probabilmente, non si sarebbe mai e poi mai
interessato ad una ragazzina come me. Eppure il mio cuore comandava
tutto, era in grado di farmi perdere la lucidità, di
rendermi
fragile davanti alla figura di Justin e a tutta la sua perfezione.
La mia mente urlava di non innamorarmi, il mio cuore agiva da
sé ed era già sulla buona strada per farlo.
-Vuoi un pezzo?- gli chiesi, aprendo la cioccolata e spezzandone un
po'.
-Com'è questa?- chiese a sua volta, prendendo il cioccolato
che gli avevo passato.
-Cioccolato bianco e nocciole.- sorrisi. -Hey, ma come mai i nonni e
tua mamma sono fuori?- aggrottai le sopracciglia sporgendomi per
guardare meglio.
-Sinceramente non ne ho idea.- ridacchiò, prima di fermare
la
macchina fuori al vialetto. -Non osare aprire la portiera.- mi
minacciò assottigliando gli occhi.
-No, signore.-alzai le mani in segno di resa mentre lui sorrise e scese
velocemente dall'auto, prima di aprirmi la portiera. -Ciao, gente.-
ridacchiai, poggiandomi a Justin. -Dove andate?-
-In farmacia, Bruce ha dimenticato di comprare le pillole per la
pressione.- Diane scosse la testa. -Avete portato lo zucchero?- annuii.
-Perfetto, allora ci vediamo dopo.-
-Justin mi..- cominciò Pattie, ma venne interrotta da
Justin.
-Mi raccomando, possiamo fidarci di te e bla bla bla. Mamma, non ho tre
anni, so perfettamente cosa devo fare.- ridacchiai. -Andate che la
farmacia chiude.-
-A dopo.- salutai, prima di entrare in casa seguita da Justin. -Cosa si
fa, adesso?- chiesi.
-Dato che è quasi ora di cena, che ne dici di cominciare a
fare qualcosa?-
-Secondo te, tua mamma e tua nonna non hanno già cominciato
a
preparare per questa sera?- alzai un sopracciglio, guardandolo con
un'espressione serissima.
-Mai dire mai.- fece spallucce. -Poi ho voglia di vederti ai fornelli.-
ridacchiò.
-Oh, caro, so fare molte più cose di quanto pensi.-
sussurrai accarezzandogli con fare seducente il viso.
-E questo è interessante.- sussurrò a sua volta,
prendendomi per i fianchi e avvicinando il mio corpo al suo.
-Abbassa la pistola, cowboy.- lo allontanai leggermente. -Scommettiamo
che riesco a cucinare dell'ottimo cibo italiano?-
-Cosa vuoi scommettere?-
-Poi decideremo.- gli feci l'occhiolino, girandomi e zoppicando fino
alla cucina.
Justin schioccò la lingua al palato e mi superò,
aprendomi la porta della cucina e facendo un inchino prima che io
entrassi nella stanza. Ridacchiai alla sua finta galanteria mentre,
continuando a zoppicare, mi avvicinai al frigo aprendolo subito dopo.
Il mio sguardo si poso subito sul pesto alla genovese e dei fagiolini
ancora nella rete, sorrisi vittoriosa. In TV, avevo visto come si
cucinavano le bavette al pesto con patate e fagiolini, avevano un
bell'aspetto ed era una ricetta facile e veloce. Per secondo, optai per
un semplice filetto di maiale con vino e prezzemolo.
-Vuoi un aiuto?- mi chiese Justin, prendendo le patate prima di
sciacquarle.
-Certo.- ridacchiai. -Sbuccia e taglia a dadini le patate, io nel
frattempo pulisco i fagiolini.- sorrisi.
-Non sapevo fossi appassionata dalla cucina italiana.- disse, prendendo
un tagliere.
-Ed io non sapevo ti piacesse cucinare.- ridacchiai.
-Sai com'è, con una mamma come la mia..-rise. -Anche a Lana
piaceva cucinare.-
-Lana?- aggrottai le sopracciglia. -Chi è Lana?-
-La mia, come dire, ex moglie?- mi bloccai per un secondo, spalancando
la bocca e guardando Justin con gli occhi fuori dalle orbite.
-La t..tua cosa?- balbettai, incredula.
-La mia ex moglie.- ridacchiò. -Ero innamoratissimo di
lei..-cominciò, continuando a tagliare le patate. -Voleva a
tutti i costi un bambino, ma io non mi sentivo pronto ad avere un
figlio. Avevo solo ventun'anni, volevo vivere la mia vita al meglio e
con un bambino non ci sarei riuscito. Allora sai cos'ha fatto?- scossi
la testa, si bloccò per un attimo e mi
guardò.-È
uscita, una notte, e non è tornata più. Quando mi
svegliai quella mattina lei non c'era, mi aveva lasciato solo un
fottutissimo biglietto. E sai solo dove l'ho vista? In tribunale, per
il divorzio.- sospirò. -L'ultima volta che l'ho vista
è
stato l'anno scorso, era con la sua nuova famiglia.- chiuse gli occhi,
si girò verso di me. -Ma sai cosa c'è? Non
m'interessa.
Ormai è acqua passata, non mi fa più
né caldo
né freddo. Adesso sono più maturo, mi sono
laureato, ho
visto posti stupendi e la mia vita è perfetta
così
com'è. Mi manca l'amore, certo..- poggiò il suo
sguardo
sulle patate per un secondo, prima di collegarlo nuovamente al
mio.-Ma sono sicuro che l'amore, quello vero, prima o poi
arriverà. Insomma, non posso andare a puttane a vita.-
rise, mi unii alla sua risata in un primo momento prima di
tornare
seria e guardarlo.
-Arriverà, quando meno te lo aspetti.- sussurrai, chiudendo
gli occhi.
Restammo in silenzio per minuti interi, l'unico rumore udibile era solo
il suono del coltello che toccava il tagliere in legno. Misi sul fuoco
due pentole con dell'acqua, aspettai che l'acqua bollisse per poi
calare i fagiolini e, contemporaneamente in un'altra pentola, calare le
patate tagliate a dadini. Nel frattempo, lasciai che Justin tritasse il
prezzemolo e tirai dal frigo il burro e il filetto di maiale,
dopodiché calai anche le bavette nella stessa pentola delle
patate e guardai l'ora sul display del mio cellulare per calcolare
quanto tempo la pasta sarebbe dovuta cuocere. Giusto il tempo di
mettere a cuocere anche la carne e di unire i fagiolini al pesto mentre
Justin fece la tavola, che gli altri tornarono dalla farmacia e furono
sorpresi nel vederci ai fornelli.
-Siete arrivati giusto in tempo.-ridacchiai, facendo i piatti.
-Dato che non avevate ancora preparato la cena, c'abbiamo pensato
noi.-sorrise.
-Cos'avete preparato?- ci chiese Pattie, avvicinandosi.
-Bavette al pesto con patate e fagiolini e il filetto di maiale al vino
e al prezzemolo, ricette tipiche italiane.- sorrisi. -Mi aiutate a
portare i piatti a tavola?-
-Lascia fare a noi, bocciolo, tu e Justin avete già fatto
abbastanza.- Bruce prese i piatti che avevo tra le mani, baciandomi la
fronte.
-Justin, aiutala ad arrivare al tavolo.- disse Diane, avviandosi verso
la sala da pranzo.
-Lo facevo anche se non le mo dicevi, eh.- urlò il biondo
per farsi sentire da sua nonna.
Ridacchiai alla loro tenerezza, prima di perdermi a fissare il profilo
perfetto di Justin. Non sembrava un uomo già sposato, la
notizia
mi aveva lasciata un po' scombussolata. Certo, aveva ventisette anni,
ma mai avrei detto che fosse già stato sposato. Con quella
dichiarazione aveva solamente accentuato le nostre
diversità: io
ero solo una bambina che non aveva ancora ricevuto il suo primo bacio e
non sapeva nulla sulle relazioni, lui era già un uomo
divorziato
che aveva un'idea ben chiara della vita di coppia. Cosa abbastanza
scoraggiante.
Poi, come se avessi appena spiccato il volo, i miei piedi si alzarono
dal pavimento -o dovrei
dire, il mio unico piede si alzò dal pavimento dato che
l'altro lo avevo solo appoggiato.- e
mi ritrovai a pochi centimetri di distanza dal viso angelico
di
Justin. I miei occhi si scontrarono con i suoi, scrutarono all'interno
del mio sguardo e, come se avesse capito che ero rimasta ancora un po'
scossa dal suo discorso, mi sorrise; un sorriso davvero rassicurante,
confortante. Ricambiai anch'io il sorriso, appoggiai le braccia intorno
al suo collo e lasciai che mi portasse fino in sala da pranzo, la mia
testa ben piantata tra l'incavo del suo collo. Arrivati a destinazione
mi mise giù ma, prima di lasciarmi definitivamente,
imprigionò i miei fianchi e avvicinò le sue
morbide
labbra al mio orecchio.
-E se fosse già arrivata?- sussurrò, e lasciai
che i brividi s'impossessassero della mia spina dorsale.
I'm overboard, and I
need your love to pull me up.
I can't swim on my own,
it's so much.
Feels like im drownin
without your love.
So throw yourself out to
me, my lifesaver..
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
SONO
IN RITARDO! Chiedo peldono, padlone. È stata una settimana
davvero impegnativa, sono stata piena tra compiti a casa, compiti in
classe e interrogazioni, ho studiato davvero un botto! Poi. sabato,
sono rimasta a scuola, ho mangiato solo mezzo panino perché
mio
cugino con un morso se n'era fatto fuori metà e sono stata a
stomaco vuoto fino alle cinque del pomeriggio dato che non tocco cibo
fuori posto. A differenza della nostra Freedom, che se fa la panza
piena de cioccolata AHAHAH. Come vorrei essere come la mia Free!
Allorass, dato che siamo in tema, mi avete più volte chiesto
una
foto della protagonista. Be', a dire il vero non ho in mente un
personaggio preciso, immaginatela come questa ragazza --> qui. c:
Passiamo al capitolo adesso. Premetto che per scriverlo non ho
nemmeno studiato, quindi amatemi u.u Come vi pare? A me non convince
particolarmente, forse solo l'ultima parte mi piace un po' in
più. Eheh, ammettetelo, un Justin già sposato non
ve lo
sareste aspettato lol. Vi piace? Vi piace? Vi piace?
Amo le vostre recensioni! Grazie mille per le dieci recensioni che mi
avete lasciato nel capitolo precedente, e grazie anche per le
più di duecento visualizzazioni.
GRAZIE A CHI RECENSISCE, VI AMO.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
GRAZIE PER LE VISUALIZZAZIONI.
E GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.
Vi amo.
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
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Capitolo 7 *** Capitolo 07.// Sei mia, e la roba mia non si tocca. ***
07
-Bocciolo, tu sei divina.- disse Bruce, masticando con piacere un po'
di carne.-Fai concorrenza a Diane e Pattie messe insieme.-
-Hey, vuoi per caso farmi morire in una pentola? Guarda che ci tengo
alla mia vita.- ridacchiai, seguita da Pattie.
-Non faremo mai una cosa simile.- puntualizzò Pattie. -Caso
mai, ti rapiamo a ti facciamo cucinare per forza con noi.-
-Ed io? Rimango da solo?- Justin mise un broncio adorabile, mi addolcii
solo guardandolo.
-Tu starai con me, figliolo.- disse Bruce, prendendo un altro po' di
pasta.
-Bruce!- lo richiamò Diane.
-Che c'è?-
-Basta mangiare, dopo ti sale in diabete.- disse Justin, imitando la
voce di Diane.
-Come ha detto lui.- Diane indicò suo nipote, per poi
prendere un po' di pasta.
-Hey nonna, basta mangiare, dopo ti sale il diabete.- ripeté
Justin, Diane lo fulminò con lo sguardo. -Scherzavo.-
Ridacchiai ancora alla scena, erano così adorabili. Non
avevo mai passato momenti in famiglia simili, era davvero un onore per
me poter partecipare ad una cena con loro e, sopratutto, divertirmi
così tanto con loro. Certe persone davano per scontati certi
momenti, non li vivevano al massimo e non riuscivano a capire quanto
importanti erano. I ragazzi della mia età, molte volte,
credevano che passare una giornata in famiglia fosse solo una perdita
di tempo, quando nel frattempo molte famiglie non potevano passare
insieme una domenica o un Natale o un qualsiasi altro giorno per
più motivi. Noi esseri umani tendiamo sempre a sottovalutare
ciò che abbiamo, tendiamo sempre a volere di più
e non apprezzare ciò che realmente deve interessarci. La
famiglia rientra nell'insieme delle cose che più vanno
apprezzate ma sopratutto amate, anche perché molte persone
non ce l'hanno una famiglia ed è davvero orribile sapere che
dei bambini non hanno un padre, o una madre, che vivono per strada da
soli e al freddo o che sono rinchiusi in una casa con tanti
sconosciuti.
Io, per esempio, avevo una famiglia un po', come dire, strana. Mio
padre viveva in un altro stato, i miei nonni paterni vivevano lontani e
gli altri nonni erano morti. La mia vera famiglia era la mia mamma,
oltre ovviamente a Diane e Bruce, due persone che amavo davvero tanto.
Ero fortunata, e se avevo loro equivaleva ad avere il mondo.
-Tu e tua mamma verreste a mangiare qua a Natale, Freedom?- mi chiese
gentilmente Pattie.
-Io verrei con piacere, mamma non credo accetterebbe.- sospirai.
-Come mai?- s'intromise Justin, prendendo la mia mano tra le sue
accarezzandole dolcemente il dorso.
-Odia il Natale e no, non so per quale assurdo motivo.-ridacchiai.
-Cercherò di convincerla.-
-Magari posso parlarle io.-sorrise Justin.
-Hai intenzione di provarci con mia madre, ancora?- alzai un
sopracciglio.
-Caso mai ho intenzione di provarci con la figlia.-
ammiccò, io arrossii per poi fulminarlo.
-Sì, certo, dopo ieri sera non ti cre..-mi bloccai, sentendo
il mio cellulare vibrare. -Scusatemi un attimo.- guardai lo schermo,
per poi bloccarmi.
Sullo schermo lampeggiava la foto di un uomo dai capelli marroni,
grandi occhioni color ghiaccio e un sorriso che faceva indivia alle
stelle, più comunemente conosciuto come mio padre. Era un
bell'uomo, anzi, un bellissimo uomo. Quando le donne lo vedevano per
strada cominciavano a fissarlo, rimanevano ammaliate dalla sua andatura
così elegante e dai suoi occhi così penetranti.
Una delle cose che avevo preso da lui, erano proprio gli occhi:
entrambi color ghiaccio, con delle sfumature diverse a seconda della
luce. La sua foto continuava a lampeggiare, il cuore mi batteva forte.
Io ero come bloccata, incapace di reagire. Non potevo non rispondere,
ma allo stesso tempo non volevo rispondere, non volevo sentirlo.
Cos'avrei dovuto dirgli? Non avevo niente da dirgli, tutto
ciò che volevo esprimere glielo stavo dicendo con i miei
silenzi. Ero davvero delusa dai suoi comportamenti, ero stanca delle
sue fottute scuse. Perché non capiva che avevo bisogno di
lui? Perché non capiva che mi mancava? Perché non
capiva che lui era mio padre e aveva il dovere di crescermi? Avevo
quindici anni, stavo crescendo e lui si stava perdendo tutta la mia
adolescenza. Cos'avrei potuto dirgli? 'Non verrai neanche questo mese?
Ah, okay, va benissimo, non importa, sarà per la prossima
volta. Tanto sono giovane, c'è tempo per vederci, no?'. Il
tempo, l'unica cosa che avevo in abbondanza e che allo stesso tempo
cominciava a scarseggiare. Perché sì, avevo solo
quindici anni, ma non avrei avuto quindici anni per sempre. Sarei
cresciuta e lui avrebbe perso tutti gli anni più belli della
mia vita, avrebbe perso tutta la mia adolescenza. Voleva realmente
questo? Be', io no, ma se era ciò che lui voleva io l'avrei
accettato.
-Hey,- Justin mi accarezzò il viso.- che succede?- chiese
dolcemente, sorridendo appena.
-Niente.- sussurrai, continuando a fissare la foto. -Niente.- ripetei,
bloccando lo schermo e posando il cellulare il tasca.
-Sicura? Sei sbiancata improvvisamente.- prese a giocare con una ciocca
dei miei capelli, gli sorrisi appena.
-Mi ha chiamata papà,- cominciai, attirando l'attenzione di
Diane e Bruce. -ma non avevo voglia di rispondere.-
-Perché?- chiese ancora, aggrottando le sopracciglia.
-Quest'anno mi aveva promesso che sarebbe stato con me a Natale.-
sospirai. -Ma, ovviamente, un lavoro è più
importante di una figlia e anche questo mese non lo vedrò.-
conclusi.
Justin non rispose, si limitò semplicemente a guardarmi
negli occhi e ad accarezzarmi il viso. Il suo tocco era così
rilassante. Sospirai cacciando via tutti i pensieri negativi che mi
appesantivano e cercai di rilassarmi ancora, di scacciare la tensione
che si era accumulata nel mio corpo. Purtroppo, però, il mio
tentativo fallì miseramente perché il cellulare
continuava a vibrare nella mia tasca e mi dava davvero un fastidio
enorme. Le mani mi tremavano e non riuscivo a non respirare
regolarmente, la rabbia mi aveva offuscato la vista. Inconsciamente,
cacciai fuori dalla tasca il cellulare, attaccai la chiamata, lo spensi
e lo lasciai sul tavolo sbuffando, mi era pure passata la fame.
-Che dici, andiamo a farci una passeggiata?- mi chiese Justin,
stringendo la mia mano.
-Vorrei, ma non riesco a camminare.- alzai gli occhi al cielo e
ridacchiai, sentendo le minacce di alcune lacrime che volevano uscire. Perché volevo
piangere?
-Prendiamo la macchina. Dai, ti porto a fare un giro e poi ti
accompagno a casa.- picchiettò una mano sulla mia gamba.
-Su, andiamo.-
-Ma non importa, tanto è tardi e..- tossii, sentendo che la
mia voce stava cambiando a causa del pianto in cui sarei scoppiata da
un momento all'altro.
-Niente ma, principessa.- si alzò da tavola. -Vi dispiace se
andiamo a fare un giro?-
-Niente affatto.- rispose Diane. -Andate pure, facciamo noi qui.-
sorrisi appena, prima di alzarmi.
-Grazie, e scusate per..questo.- gesticolai, ridacchiando appena.
-Non preoccuparti, tesoro.- Pattie venne ad abbracciarmi, seguita da
Diane e Bruce. -Ci vediamo domani.-
-Buonanotte.- salutai con la mano, zoppicando fino al salotto con
Justin alle calcagne.
Una volta indossato il giubbotto e il cappello, Justin mi si
azzeccò addosso come una zecca e mi aiutò ad
uscire di casa e a raggiungere l'auto. Era strano zoppicare nella neve.
Affondavo con un solo piede nel bianco, sembravo una specie di
spaventapasseri. Entrati in macchina, nessuno dei due
proferì parola. Eravamo avvolti dal silenzio, ma non quel
silenzio pesante o imbarazzante. Il silenzio di due persone che si
capiscono con i gesti, che certe volte valgono molto più di
mille parole. Con un solo sguardo Justin era riuscito a capire che
c'era qualcosa che non andava, era riuscito a capire che sarei
scoppiata da un momento all'altro e aveva preferito portarmi via per
farmi svagare un po' con la mente. Come riusciva a capirmi
così bene?
Dopo un quarto d'ora di tragitto, Justin fermò la macchina
poco distante dal centro di Stratford. Scese dalla sua Range Rover,
aprì la mia portiera e mi aiutò a scendere.
Ovviamente, le stampelle non potevano mancare. Anche se le odiavo, non
potevo usufruire troppo di Justin e della sua disponibilità
nel farmi da tassista, inoltre si sarebbe stancato ed eravamo in
centro, non potevo mica farmi portare in braccio. La strada era
completamente innevata, i negozi erano quasi tutti chiusi e la gente ne
era davvero poca. Un grande mantello nero con tante piccole macchie
lucenti era posto sopra le nostre teste, rendendo l'atmosfera ancora
più bella. Amavo la mia Stratford, era una città
bellissima. Amavo sopratutto sedermi sulle scale dell'Avon Theatre e
guardare i passanti, ricevevo sempre occhiate mitiche alla 'che minchia guaddi?'. Davvero
e.p.i.c.h.e.
-È una bella serata.- sussurrò Justin, come per
rompere il ghiaccio.
-Già.- annuii. -È davvero bello stare qui a
quest'ora.-
-Sai, mi era mancato tutto questo. La vita qui è
più tranquilla, mentre dove vivo io adesso c'è
solo caos. Tornerei a vivere qui anche subito.-
-E come mai non hai mai pensato di tornare?- chiesi, cercando di non
scivolare nella neve.
-Perché a Cambridge c'è più lavoro,
mentre qui in Canada comincia a scarseggiare.-
-Be', potresti aprirti una fabbrica di sciroppo d'acero oppure fare la
guardia forestale..- ridacchiò.
-Oppure potrei fare l'insegnate.-
-No, ti prego, l'insegnate no.-lo fulminai, rise ancora.
-Alla fine non è tanto male come lavoro: sei sempre a
contatto con ragazzi più giovani e le ragazze dell'ultimo
anno sono davver..-lo fulminai ancora, si bloccò.
-Davvero? Sentiamo, mister Bieber, come sono le ragazze dell'ultimo
anno?-
-Intelligenti, davvero intelligenti.- rise, acchiappandosi l'ennesima
fulminata.
-Ma smettila, insegnate da quattro soldi.- lo spinsi leggermente, prima
di sentire un suo braccio cingermi la schiena e le sue labbra sulla mia
guancia.
-Credimi, principessa, andrei anche adesso a portare il mio curriculum
alla tua scuola solo per farti da supplente e stare con te anche per
poche ore.- sussurrò al mio orecchio, prima di stamparmi un
altro bacio sulla guancia.
Arrossii visibilmente, grazie al cielo che era scuro e non si vedeva un
granché. Continuammo a camminare ancora per un po', fin
quando arrivammo fuori alle scale dell'Avon Thatre. Il teatro era
chiuso, la gente per strada era in pratica scomparsa e gli unici ad
essere lì, a quell'ora, eravamo noi. Justin si sedette sui
primi scalini dopo aver tolto un po' di neve, io provai a sedermi tra
le sue gambe e mi lasciai abbracciare dalle sue braccia muscolose ma
non troppo. Faceva abbastanza freddo, sopratutto per il mio culo che
aveva fatto un viaggio di dodici mila anni tornando all'ultima
glaciazione. Il respiro caldo di Justin picchiettò sul mio
collo non appena me lo baciò più volte, i brividi
presero il controllo del mio corpo e mi strinsi ancora di
più al corpo di Justin. Mi sentivo al sicuro tra le sue
braccia. Poggiò poi il mento sulla mia spalla, fece dei
cerchietti immaginari con le dita sulle mie cosce ed infine
parlò.
-Che ne dici di parlarmi un po' di tuo padre?- mi chiese e,
inizialmente, mi irrigidii.
-Cosa vorresti sapere?- sussurrai.
-Tutto ciò che senti di dirmi.- mi baciò la
guancia. -Io ti ascolto.-
-I miei hanno divorziato quando io ero piccola.- dissi, dopo qualche
secondo di silenzio. Guardai il cielo, prima di continuare.
-Da quello che ho letto su alcune carte, papà ha tradito la
mamma con un'altra donna, cioè la sua compagna attuale.
Questa signora, che tra l'altro non mi piace per niente, non solo
è più grande di papà di sei anni, ma
ha anche un figlio da un precedente matrimonio. Credimi se ti dico che
non li sopporto.- sospirai ancora, la vista cominciava ad appannarsi.
-Papà si è trasferito con Fathima e Joseph in
un'altra città, cominciò a chiamarmi sempre meno,
a considerarmi sempre meno.. Mi chiama solo una volta al giorno e
durante il weekend non lo sento mai perché lavora. Non
ricorda mai il mio compleanno, non lo vedo per mesi interi, non
mantiene mai le promesse che mi fa.. È come se per lui non
esistessi, è come se per lui non fossi sua figlia ma
semplicemente una ragazzina a cui vuole bene. E sai la cosa che non
riesco a capire qual'è?- sussurrai per poi girarmi, giusto
quel po' per incrociare gli occhi di Justin.
-Quale?-mi chiese, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
-Il fatto che lo amo con tutta me stessa e che, quando sono con lui,
tutta la delusione e la rabbia scompare..- alcune lacrime cominciarono
a rigarmi il viso. -Mi fa sentire uno straccio, mi fa sentire una
merda, mi fa sentire di troppo. E nonostante tutto, io continuo a
volergli un bene dell'anima.-sussurrai. -Continuo a chiedergli di stare
con me, di passare del tempo insieme. Continuo a credere alle sue
promesse, continuo a credere alle sue scuse, continuo a credere alle
sue parole anche se so che, alla fine, la maggior parte sono solo
menzogne. E continua a mancarmi..- singhiozzai, Justin mi strinse forte
-Quest'anno avrei dovuto passare con lui il Natale, mi stavo
organizzando da mesi per passare il più bel Natale di sempre
solo io e lui, sulle neve, insieme. E invece..- chiusi gli occhi e
sospirai. -L'altro giorno mi ha detto che ha avuto un imprevisto e che
quest'anno salta tutto. Com'è saltato tutto anche l'anno
precedente e quello prima ancora. Lo odio, ma allo stesso tempo lo amo.
Ho bisogno di lui, perché non lo capisce? Perché
non capisce che ho solo quindici anni e che ha già perso una
parte importante della mia vita? Perché non capisce che sto
crescendo, che continuo a crescere e che continuerà a
perdere altre cose di me e della mia vita, se non si decide ad essere
più presente? Non sa il mio colore preferito, il mio piatto
preferito, che taglia porto di scarpe.. Pensa che una volta mi ha fatto
gli auguri il l'otto luglio, e il mio compleanno è il sette
agosto.- tirai su col naso, poggiai la testa sul petto di Justin e
chiusi gli occhi. -Perché non capisce che ho bisogno della
sua presenza?- sussurrai infine, chiudendo gli occhi.
L'aria ghiacciata picchiettava sul mio viso umido. Avevo freddo, ma in
quel momento era solo l'ultimo dei miei pensieri. Cominciai a tremare e
Justin, non appena se ne rese conto, strinse ancora più
forte la presa intorno al mio corpo e passò più
volte le mani sulle mie braccia come per darmi calore. Dire tutte
quelle cose era stata una vera e propria liberazione. Mi sentivo
già più leggera, quelle parole erano un peso che
mi portavo dietro da troppo tempo e parlarne con qualcuno era stato
utile ed efficace. Durante tutta la durata del mio discorso, Justin era
stato in silenzio e mi aveva ascoltata, senza interrompermi. L'unico
segno che mi dava per farmi capire che era con me e che mi ascoltava
era la sua stretta intorno al mio corpo che si accentuava sempre
più. Non mi ero mai aperta così tanto
con qualcuno, di Justin cominciavo a fidarmi sempre più e
già la sua presenza riusciva a farmi sentire meglio. Il
perché, mi era ancora sconosciuto.
-Sai, principessa, certe volte credi di non essere niente per gli
altri, quando invece sei il loro mondo.-
-In che senso?- chiesi, tirando su col naso.
-Tu pensi di non essere nulla per tuo padre, eppure io sono sicuro al
centouno percento che sei il suo mondo e che anche lui sta male per la
vostra distanza.- mi abbracciò più forte.
-E allora perché non fa niente per farmelo capire?-
-Perché è difficile, perché fa tanto
male.- mi accarezzò un braccio. -Anche i miei sono
divorziati, sai?-
-Sul serio?- chiesi, incrociando ancora una volta quelle due perle
caramellate.
-Sì.-annuì.-Avevo dieci mesi quando i miei si
separarono. Non so con precisione quale fu il motivo della loro
separazione, ma quel che so con certezza è che mia madre ha
sofferto davvero le pene dell'inferno. Aveva solo diciotto anni, un
bambino di appena dieci mesi da crescere, una casa da non perdere, due
lavori da svolgere per andare avanti.. Ricordo che passavo spesso
pomeriggi con i nonni perché mamma lavorava ed io non potevo
restare a casa da solo, non avevamo soldi necessari per
comprarci vestiti di marca o ciò che attirava la
nostra attenzione. Anzi, non avevamo abbastanza soldi per comprarci da
mangiare. Ricordo che, spesso, andavamo in chiesa per prendere alcune
cose che ci servivano e che non potevamo permetterci. E mentre mamma si
faceva in quattro, in otto e in sedici per andare avanti, mio padre se
la spassava con un'altra donna. Non ci vedevamo spesso, alcune volte
pensavo anch'io, come te, che per lui non ero niente e ci stavo male.
Ci fu un periodo che non lo sentii per settimane perché si
era trasferito in un'altra città con questa donna, ero
così arrabbiato che non gli rispondevo a telefono e
cancellavo tutti i messaggi che mi lasciava in segreteria senza nemmeno
ascoltarli. Poi, un giorno, tornai da scuola e me lo trovai sul divano,
con lei lacrime agli occhi e le mani tra i capelli. Fu quando mi
strinse forte e mi sussurrò che gli mancavo, che capii
quanto realmente ci teneva e ci tiene tutt'ora a me. So quanto fa male,
l'ho vissuto anch'io. Ma credimi, sono sicuro che anche tuo padre ti
ama molto più di quello che pensi e che anche lui sta male a
causa della vostra lontananza.-
Lo guardai intensamente negli occhi, riusciva ad esprimermi tutto il
dolore e la mancanza che provava per suo padre. Per una volta, mi
sentivo realmente capita. Non avevo mai riflettuto sul fatto che
anch'io mancavo a mio padre come lui mancava a me, avevo pensato sempre
e solo a me e quello che provavo io, proprio da perfetta egoista. Avevo
sempre calcolato il fatto che lui era andato via e che mi aveva
abbandonato, non avevo mai pensato che, forse, anche lui stava male
come stavo male io.. E mi sembrava così ingiusto. Solo che
non riuscivo a capire, perché non mi dimostrava mai il bene
che provava? Perché non mi chiamava più spesso,
perché non veniva a trovarmi più spesso? Certo,
era difficile sentirci per vari fattori, ma ero del parere che una
figlia, se ti manca e se vuoi sentirla, la chiami ogni qual volta ne
hai la possibilità, non una volta ogni morte di Papa.
-Hey.- mi accarezzò il viso.
-Hai ragione.- sussurrai, prima di sorridere. Poi lo abbracciai.
-Grazie.-
-Non ho fatto niente, principessa.- sussurrò, stringendo il
mio corpo tra le sue braccia. Annusai il suo profumo, era
così buono.
-Invece sì, e non contraddirmi.- tirai su col naso, prima di
staccarmi e asciugarmi le gote con la manica della felpa.
-Adesso, però, non piangere più.-
spostò le mie mani. -Anche se, lo ammetto, sei ancora
più tenera quando piangi.- sorrise, e un sorrisino
scappò anche a me.
Era riuscito a farmi cambiare umore, ancora. Da sola e depressa, era
riuscito a farmi sentire amata e apprezzata. Il perché?
Mistero. Aveva delle doti magiche o dei super poteri, questo
è poco ma sicuro. Non sarei mai riuscita a scoprire come
riusciva a farmi sentire così bene, era un qualcosa che solo
lui era in grado di fare. Guardai i suoi occhi, e subito dopo il mio
sguardo cadde sulle sue labbra. Erano così belle,
così carnose, e sembravano anche tanto, tanto morbide.
Chissà come sarebbe stato baciarlo. Il mio sguardo
tornò poi su, sui suoi occhi. Erano leggermente socchiusi,
come se stesse guardando
verso il basso. Pochi secondi dopo, alzò lo
sguardo e mi sorprese a guardarlo. In un primo momento arrossii, ma
l'imbarazzo scomparve quando, con un gesto, mise il suo braccio sotto
le mie gambe e le spostò tutte e due da un solo lato, in
modo tale da essere completamente sopra di lui. Sorpresa, mi aggrappai
al suo collo e mi ritrovai a pochi centimetri di distanza dal suo viso.
I suoi occhi brillavano sono la luce della luna. Era davvero troppo
bello per essere vero. Accarezzai con le dita tremolanti il suo viso,
sembrava fatto di porcellana e avevo quasi paura di spaccarlo. Si
avvicinò ancora a me, eravamo così vicini che
riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul mio piccolo naso. Il cuore
prese a battermi forte, così forte che, molto
probabilmente, anche lui riusciva a sentirlo. Stavo letteralmente
andando in iperventilazione.
-Sei così bella, Free.- sussurrò,
prima di sfiorare la mi guancia col suo naso. -Così
piccola,- mi accarezzò un fianco. -così
innocente,- fermò il suo braccio dietro la mia schiena.
-così adorabile.- poggiò le sue labbra sul mio
collo, chiusi gli occhi e mi beai di quella sensazione. -Accontenterei
ogni tuo capriccio, non riuscirei a resisterti.- ridacchiò.
-Vuoi viziarmi?- chiesi in un sussurrò, sorridendo ad occhi
chiusi. Staccò le sue labbra dal mio collo e si
avvicinò nuovamente a me, era ancora più vicino
di qualche istante prima.
-Sì.- disse serio. -Voglio viziarti, mia piccola
principessa.- accarezzò il mio fianco.
E si avvicinò ancora, e ancora, e ancora. Il suo naso
toccava il mio naso, la sua fronte toccava la mia fronte e le nostre
labbra..be', le nostre labbra erano divise da un foglio di carta
immaginario. Tutto intorno a me scomparve. Non sapevo più
dov'ero, chi c'era intorno a me, che ora era. In quel momento, nel mio
piccolo mondo c'eravamo solo io e Justin, ed era tutto ciò
che realmente mi interessava. Chiusi i miei occhi, abbandonandomi a
ciò che aveva scelto per me il destino, e attesi. Non vedevo
l'ora di sentire le sue labbra sulle mie, non vedevo l'ora di dare il
mio primo bacio proprio a lui..
E proprio mentre anche lui chiusi gli occhi e stava per avvicinarsi
ulteriormente per far combaciare le nostre labbra, un piccolo fiocco di
neve cadde sulla punta dei nostri nasi, aprii subito gli occhi. Alzai
lo sguardo verso il cielo, così come fece Justin, ed
entrambi rimanemmo sorpresi quando notammo tanti piccoli fiocchi
bianchi cadere dal cielo.
Aveva appena cominciato a nevicare.
Sussurrai un flebile 'wow',
anche se avevo assistito spesso a certe occasioni
vedere la neve cadere dal cielo era sempre un qualcosa si
emozionante. Justin ridacchiò, e non appena sentii la sua
risata ritornai con lo sguardo sul suo viso. Sorrise, sorrisi anch'io.
-Ti piace la neve?- chiese, annuii.
-Amo la neve.- risposi. -Certe volte mi piacerebbe vivere in Antartide,
così starei sempre sulla neve.- ridacchiò.
-Ma qui c'è sempre neve.-
-Sì, però d'estate si soffoca.- sbuffai e alzai
gli occhi al cielo, alimentando la sua risata. -Che c'è?-
sorrisi anch'io.
-Ho dimenticato di dirti che sei buffa.- toccò il mio naso
con l'indice, continuando a sghignazzare. -Ma è sopratutto
per questo che mi sto affezionando così tanto a te.-
arrossii.
-Che ne dici se andiamo?- dissi, giusto per cambiare discorso.
-Non imbarazzarti.- baciò la mia guancia. -Sei la mia
piccola, o sbaglio?- mi prese come una principessa, si alzò
dagli scalini dell'Avon e mi guardò negli occhi.
-Non sbagli.- sussurrai, prima di poggiare la testa sul suo petto.
Le sue labbra toccarono nuovamente la mia fronte, dopodiché
mi poggiò a terra e mi aiutò ad arrivare alla
macchina. Adoravo il suo carattere, era così premuroso e
sopratutto così dolce. Il viaggio in macchina fu silenzioso,
l'unico suono che si sentiva era la radio in sottofondo che trasmetteva
una canzone natalizia. Alzai di poco la voce e cominciai a canticchiare
con Micheal Bublé a ritmo di Jingle Bells, era riuscito a
rendere sua quella canzone davvero molto bene. Poco dopo si
unì anche Justin, le nostre voci rendevano la canzone ancora
più bella. Sopratutto la voce di Justin, che era
così bella e riusciva a trascinarti. Aveva un'estensione
vocale davvero impressionante, si vedeva che ci metteva il cuore quando
cantava e gli riusciva davvero bene.
Pochi minuti dopo, arrivammo fuori casa mia. Come sempre mi
aiutò a scendere e mi accompagnò fino alla porta
alla porta.
-Ci vediamo domani.- mi accarezzò i capelli.
-Certo.- sorrisi.
-La mia non era una domanda, principessa.- mi fece l'occhiolino ed io
inizialmente ridacchiai, prima di abbracciarlo.
-Buonanotte, Justin.- sussurrai.
-Buonanotte, Freedom.- sussurrò a sua volta.
Controvoglia mi staccai, gli baciai la guancia e aprii la porta di
casa, per poi salutarlo ancora una volta e sorridergli.
Ricambiò il sorriso, prima di mettersi in macchina e partire
per tornare a casa.
Già mi mancava.
Sunday night.
Freedom's home.
I giorni
stavano passando davvero velocemente, ancora un po' e il Natale sarebbe
arrivato. Tra me e Justin il rapporto si era intensificato ancora,
passavo le mie giornate solo ed esclusivamente con lui dalla mattina
alla sera, senza pensare al resto del mondo. Stava diventando sempre
più importante, il mio cuore si stava rincretinendo sempre
più.
Quella domenica eravamo entrambi sul letto di camera mia a buttare
giù qualche parola sulla canzone che avevamo cominciato a
scrivere, che avevamo intitolato 'Home
this Christmas' , quando il mio cellulare -stranamente-
squillò.
-Chi è?- chiese Justin, sporgendosi.
-Non lo so.- presi il cellulare, notando subito il viso di un compagno
di classe lampeggiare sulla casella dei messaggi. -È
Nicholas.-
-Chi è Nicholas?- chiese ancora Justin, strappandomi il
cellulare dalle mani.
-Un mio compagno di classe.- ridacchiai, riprendendomi il cellulare.
-E cosa vuole questo Nicholas?-
sputò il suo nome come se fosse veleno, ridacchiai.
-Vuole sapere se domani mattina deve passarmi a prendere per andare a
scuola.-
-Cosa?- chiese, alzandosi leggermente dal letto e guardandomi, scoppiai
a ridere.
-Hey, sarai forse geloso?- chiesi, tenendomi la pancia che cominciava a
farmi male.
-Io? No, assolutamente no. Solo di a questo Nicholas, che domattina ti
accompagno io a scuola, come ti accompagnerò tutte le
mattine. Non deve nemmeno azzardarsi a respirare la tua stessa aria,
chiaro?- disse, serio.
-Sì, sei geloso.- sorrisi soddisfatta e incrociai le braccia
al petto, mi fulminò.
-Vuoi la verità? Sì, sono geloso.- si
avvicinò al mio viso. -Perché sei mia, e la roba
mia non si tocca.-
Primo metodo per andare
in paradiso senza morire: sentirsi dire dal ragazzo che ti piace che
sei sua e che la roba sua non si tocca.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
SONO IN UN RITARDO STRA MEGA GALATTICAMENTE ENORME, LO SO.
Perdonatemi, popolo, perdonatemi! Ho avuto una settimana davvero
impegnativa, finivo di studiare sempre alle nove e mezza di sera
passate e non potevo fare altrimenti. Purtroppo la scuola che ho scelto
è molto impegnativa e ce la sto mettendo davvero tutta per
avere tutti bei voti, voglio dimostrare agli altri che anch'io valgo,
che non sono diversa. E sopratutto, voglio rendere fiera di me mamma,
dato che l'anno scorso l'ho delusa abbandonando la scuola.. Adesso,
peeeerò, non voglio deprimervi con la mia storiella strappa
lacrime e continuo a scusarmi con voi per l'enorme ritardo. Capitemi,
pleeeease.
Allora, che ve ne pare questo capitoluzzo? L'ho scritto metà
la settimana scorsa e metà oggi pomeriggio, ho dedicato
questo pomeriggio solo al capitolo e spero vi piaccia come piace a me.
La parte dedicata al padre la sento mia al cento per cento,
è stata difficilissima da scrivere sopratutto
perché io provo esattamente le stesse cose, i miei sono
divorziati e ho preso spunto dai miei sentimenti.. Che altro dire? Be',
lascio a voi la parola, la mia l'ho già detta lol.
È un periodo un po' strano ed emotivamente sono un po'
giù, quindi tutto ciò che dico sembra depresso e
non voglio annoiarvi più di tanto. u.u
VORREI RINGRAZIARE
TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/
RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.
Ci sentiamo presto, cercherò di essere puntuale xx.
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
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Capitolo 8 *** Capitolo 08.//Perché sei sempre nei miei pensieri? ***
08.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio: le scarpe le avevo indossate,
i capelli erano abbastanza in ordine, il mio viso più o meno
truccato, i colori dei miei panni si intonavano. Okay, ero quasi del
tutto pronta per ricominciare la cosiddetta 'società che
uccide
ogni libero alunno', più conosciuta come scuola aka carcere
minorile. La nevicata del mese scorso aveva provocato qualche danno
alla struttura, quindi noi ragazzi abbiamo passato più o
meno
due settimane a casa. Purtroppo, tutte le cose belle finiscono e avremo
dovuto ricominciare la scuola quello stesso lunedì,
cioè
una settimana prima di Natale. Anche se non riuscivo a capire, non
potevano semplicemente allungare le feste e tornare direttamente il
sette gennaio? Tanto avevamo già tutti i voti necessari per
stabilire i voti delle varie materie, andare a scuola era solo un modo
per tenere impegnata la maggior parte del nostro tempo.
'What does the fox say?
Ring-ding-ding-ding-dingeringeding!'
Sussultai, non appena il mio cellulare cominciò
a suonare. Fottuta
sveglia che non avevo spento. Lo
presti velocemente tra le mani, spensi la sveglia e puntai il mio
sguardo sull'ora: erano le sette e un cinque precise. Ero anche in
anticipo, grande. Presi la mia borsa e controllai se avevo preso tutto
ciò che mi sarebbe servito durante le quattro ore che avrei
passato a scuola, stranamente avevo già tutto pronto. Cosa
davvero anomala, dato che una volta andai a scuola dimenicando lo zaino
(non scherzo, mi feci prestare tutto l'occorrente dal secchione della
classe).
'Keep downing drinks like this, not tomorrow that just right, now now
now.'
Sussultai e mandai a fanculo il mio cellulare per la
seconda
volta in dieci minuti, per poi ritirare tutto non appena il nome di
Justin apparve sullo schermo. Il cuore cominciò a battermi
forte, sentii gli angoli delle mie labbra curvarsi in un sorriso e
aprii subito il messaggio, leggendo ciò che Justin mi aveva
scritto. Era appena arrivato sotto casa mia e mi aveva detto di non
fare colazione altrimenti me l'avrebbe fatta pagare cara, in poche
parole, dovevo scendere e basta. La sera precedente c'eravamo accordati
che alle sette e dieci sarebbe venuto a prendermi e avremmo fatto
colazione al bar fuori scuola, anche se sinceramente l'idea di fare
colazione al bar fuori
scuola non
era proprio allettante. Insomma, Justin era un uomo così
bello e
affascinante, tutte le ragazze lo avrebbero spogliato con gli occhi e,
sinceramente, non avevo per niente voglia di staccare la testa a tutte
coloro che ci provavano col
mi.. con Justin.
Indossai il cappotto, presi la borsa e mi precipitai al piano di sotto,
da dove proveniva un odore di caffé appena fatto. Entrain in
cucina, salutai mia madre con un bacio, presi un pacco di cracker dalla
dispensa e uscii di casa, cercando con lo sguardo la Range Rover nera
di Justin. L'auto era parcheggiata sul vialetto di casa mia, Justin era
appoggiato alla portiera. Il suo style era a dir poco perfetto: portava
un paio di jeans scuri a vita bassa, una maglia nera e rossa a quadri,
una giubbotto enorme sul marrone e un paio di Supra nere; come faceva
ad
essere così bello? Mi sorrise, un sorriso talmente lucente
da
fare invidia al sole. Mi avvicinai lentamente, e ad ogni passo che
facevo sentivo il cuore battermi sempre più forte. Perché tutto d'un
tratto mi sentivo estremamente felice?
-Ciao.- gli sorrisi.
-Ciao.- mi prese per i fianchi, poggiando la sua fronte alla mia.
-Credevo di trovarti ancora mezza addormentata, sai?-
-Ah, ah, ah, quanto sei simpatico.- gli colpii il braccio,
ridacchiò. -Andiamo?-
-Certo.- mi baciò una guancia, mi aprì la
portiera. -Prego, signorina.-
-Oh, che gentiluomo.- salii in macchina.
-Sono doti naturali, piccola.-mi fece l'occhiolino, e uno stormo di
farfalle prese il controllo del mio stomaco.
-Fa paco il deficiente.- risi.
-Hei, io non solo mi sono svegliato circa cinque ore prima del solito
solo per accompagnarti a scuola, ma tu mi tratti pure in questo modo.
Questa me la segno, piccola, me la segno.- risi ancora, prima di
poggiare una mano sulla sua, girargli il viso per di me e stampargli un
bacio sulla guancia. -Adesso va già meglio.-
Sorrisi, mentre le mie gote si dipingevano di un lieve rosso. Misi la
cintura, poggiai la testa sul sediolino e chiusi gli occhi,
preparandomi psicologicamente a quella che sarebbe stata la prima di
una serie di sei, lunghe e noiose giornate scolastiche. Un po' ero
contenta, almeno avrei rivisto alcune persone che mi erano simpatiche,
ma allo stesso tempo ero scocciata, perché avrei rivisto
persone
che tenevo sullo stomaco. Una di queste, la mia amatissima vicina di
casa Rebecca Black, che, puntualmente, ogni lunedì alla
terza
ora ci provava con Boyce Williams, un figo di origini spagnole che
frequentata tutti i miei corsi. Mi piaceva il suo modo di essere,
sapeva di essere figo ma non si vantava. Così come Logan e
Nicholas, altri due ragazzi che frequentavano tutti i miei corsi e con
cui stavo spesso. Nicholas era l'unico con cui mi trovavo maggiormente,
infatti ogni mattina passava a prendermi per andare a scuola e sedevo
sempre al banco con lui durante le varie lezioni.
Il cellulare vibrò, segno che mi era arrivato un messaggio.
Fortuna che avevo messo la vibrazione, altrimenti avrei mandato a
fanculo il cellulare una terza volta quella mattina.
'Da: Nicholasss.
Hei, dolcezza. Io, Boyce e Logan siamo già fuori scuola,
Boyce
aveva appuntamento con una fuori al bar. Ci vediamo appena arrivi, devi
raccontarmi un po di cose x.'
Ridacchiai tra me e me,
posando nuovamente il cellulare in tasca. Justin mi rivolse uno sguardo
interrogativo.
-Chi era?- chiese, poggiando una mano sulla mia e intrecciando le
nostre dita.
-Nicholas, quel mio compagno di classe.- sorrisi, stringendo la presa.
-Mi ha detto che lui e altri due nostri amici sono già fuori
scuola perché uno di questi ha un appuntamento con una
ragazza.-
-Quindi uno è fuori dai piedi, perfetto. Devo trovare la
ragazza
anche a 'sto Nicholas e quest'altro tizio in modo tale da essere sicuro
che non ti toccano.- lo guardai sbigottita, prima di scoppiare a
ridere.
-Tu sei pazzo.- scossi la testa. -Dopo te li faccio conoscere.-
-Se ci tieni alla loro vita, allora ti conviene non farmeli conoscere.-
disse, estremamente serio.
-Uuh mister Bieber, così mi fa paura, sa?-
-E tu sai che adoro quando mi chiami mister Bieber?- si morse il labbro
e mi guardò con la coda dell'occhio, arrossii.
-Smettila.- incrociai le braccia al petto.
-Adoro anche quando arrossisci.- continuò a stuzzicarmi,
sorridendo.
-Smettila.- ripetei fermamente, arrossendo ancora.
-E quando mi dici che devo smetterla.-
-Vuoi finirla oppure devo usare le maniere forti?-
-Sentiamo, quali sarebbero le maniere forti che useresti?-
-Non ti parlo più.- chiusi gli occhi e alzai le
sopracciglia,
dopodiché incrociai le braccia al petto e guardai la strada.
-Non ci riusciresti.- ridacchiò. -Tanto so che prima o poi
parli.- svoltò a destra. -Tu parli sempre.- rise ancora, io
continuai a stare zitta. -Principessa..- feci finta di non ascoltarlo.
-E se ti dico che ieri sera ho incontrato Rebecca Black fuori casa tua
e abbiamo avuto una nottata focosa?-
-Non ti credo.- sbottai, coprendomi immediatamente la bocca con le
mani. -Fanculo.- mormorai, per poi sorridere non appena la mano di
Justin s'incastrò perfettamente con la mia.
Fottuto cuore, il suo ritmo era troppo irregolare. Voleva farmi
prendere un infarto? Be', ci stava riuscendo perfettamente. Sospirai,
frustata da tutte quelle emozioni che riuscivo a provare stando in
presenza di quell'uomo dagli occhi dello stesso colore dell'oro, del
miele, dell'ocra e del caramello mischiati insieme. Il colore dei suoi
occhi era un qualcosa di sensazionale e unico, non avevo mai visto un
colore più caldo di quello. Riuscivo a perdermi all'interno
ogni
qual volta il mio sguardo incontrava il suo, era come stare in mare
aperto e poter sfiorare con le dita tante piccole perle dorate. Quegli
occhi erano perfetti, ma c'era d'aspettarselo: infondo, anche Justin
era stramaledettamente perfetto.
Dopo un'altra decina di minuti di macchina, arrivammo fuori la
Waterloo-Oxford. Justin parcheggiò la macchina poco distante
dall'edicifio, mi aiutò a scendere - dato che avevo ancora il piede
dolorante- e prese il mio zaino in spalla, per poi
intrecciare le dita delle nostre mani. Mi sorrise dolcemente.
-Posso portarlo anch'io, tanto è leggero oggi.- dissi,
camminando verso il bar.
-E dato che oggi ci sono io, lo zaino te lo porto io.- toccò
con
l'indice il mio naso. -Allora, dove sono questi tuoi amici?-
-Allora vuoi conoscerli.-ridacchiai. -Dovrebbero stare nei pressi del
bar, credo.- scrutai la zona con lo sguardo, focalizzandomi su un
gruppo di tre ragazzi di cui due ridevano a crepapelle e uno camminava
con le mani in tasca e la testa abbassata, quasi sconfitto. -Bingo.-
sussurrai. -Sono lì, andiamo!-
-Principessa, piano.- rise, mentre io continuavo a trascinarlo. -Okay,
vuoi andare veloce? Ti accontento.- disse, prima di fermarsi
improvvisamente.
Lo guardai interrogativa e arrestai i miei passi, prima di spalancare
gli occhi e urlare come una deficiente non appena mi ritrovai su una
sua spalla. Justin cominciò a correre verso i tre ragazzi
facendo ogni tanto una giravolta su se stesso, io mi tenevo stretta al
suo petto e urlavo, sia dalla paura che del divertimento. La gente ci
guardava sbigottita: alcuni ridevano, altri ci guardavano divertiti,
altri ancora ci scattavano addirittura foto. Tutti, e sottolineo, tutti avevano
gli occhi puntati su di noi, anche Nicholas, Logan e Boyce, che
ridevano ancora più di prima. Non appena fummo abbastanza
vicini, Justin mi mise giù e mi guardò negli
occhi con un
sorriso beffardo sul viso. Gli diedi uno scappellotto dietro la nuca
per poi abbracciarlo e stampargli un bacio sul collo, quasi dietro
l'orecchio. Col passar dei giorni, avevo imparato i suoi punti deboli e
il collo era uno di quelli. Dopodiché mi staccai e gli
sorrisi,
prima di girarmi e camminare verso i miei amici.
-Heilà, gente!- salutai, sventolando la mano.
-Hola chica.- Boyce mi fece l'occhiolino, Justin poggiò un
braccio sulle mie spalle. -Hola anche a te, chico di cui non conosco il
nome.-
-Ragazzi, lui è J..-
-Justin, piacere.- il biondo m'interruppe, mettendo una mano in tasca.
-Hai fatto colpo, eh Aqua?- Nicholas mi punzecchiò col
gomito, arrossii.
-Ma sta zitto, deficiente.-ridacchiai.-Siamo amici. Conosci i signori
Dale, no?- annuì. -Lui è il nipote di Bruce e
Diane,
vive a Cambridge.-
-Cambridge? Adoro Cambridge! Un giorno frequenterò la
Harvard.- disse Logan, sorridendo apertamente.
-Prima devi cercare di non farti segare come gli ultimi due anni.- rise
Boyce.
-Sta zitto.-lo ammonì Logan.-Justin, giusto? Bene, Justin,
io
sono Logan, questo con l'accento spagnolo è Boyce e
quest'altro
stronzo è Nicholas, poi ovviamente conosci già
Free, e
credo già molto in fondo.- tutti i ragazzi risero, io
semplicemente finsi una risata e fulminai Logan con lo sguardo.
-Voi ragazzi avete uno spiccato senso dell'umorismo.- fulminai anche
Justin, che subito si zittì.
-Amico, te l'ha già data? A scuola è considerata
come una
santarellina, una verginella, ma noi tre sappiamo che, sotto sotto,
c'è la pantera Freedom!- sbottò Nicholas,
provocando
nuovamente la risata di tutti. Per la seconda volta, fulminai Justin lo
sguardo che nuovamente si zittì all'istante.
-Io non l'ho data a nessuno! Ma è possibile che voi maschi
fate
sempre e solo pensieri a scopo sessuale? Se dovete parlare di questo,
io me ne vado.-
E detto questo, girai i tacchi e cominciai a camminare spedita - per quello che potevo- verso
il bar. Odiavo questo lato dei ragazzi, fino ad un certo punto stavo
pure al gioco ma quand'era troppo, era troppo. Stavo per varcare la
soglia dell'entrata del locale, quando due mani mi cinsero i fianchi e
mi ritrovai a mezzo metro da terra. Inizialmente presi un colpo,
infatti, istintivamente mi toccai il cuore e la mia mano fu subito
raggiunta da quella che supponevo fosse di Justin. - Dove credi di andare?-
sussurrò al mio orecchio, provocandomi tanti brividi lungo
il
corpo. La sua voce era così bassa, roca, oserei dire anche
molto
sexy. Un mix perfetto e letale.
-Alla larga da voi pervertiti.- dissi con un filo di voce, cercando di
essere il più convincente possibile. -Se non ti dispiace, io
en..-
-Sì, mi dispiace.- mi girò verso di
sé. -Tu non vai
da nessuna parte senza di me, mia principessa.- sfiorò il
suo
naso col mio, sorrisi appena.-Vieni,- mi prese la mano. -non faremo
più commenti idioti.-
-Sarà meglio per voi, altrimenti vi castro. Partendo da te.-
lo indicai, i miei occhi formarono due fessure.
-Così mi tenti, piccola.- ridacchiò, lo fissai
con un
sopracciglio alzato e l'altro teso. -Okay, la smetto.- sorrisi, gli
altri ci raggiunsero.
-Vedo che il tuo bel principe riesce a farti sbollire la rabbia.-
Nicholas mi fece l'occhiolino, incrociai le braccia al petto.
-Fate ancora commenti stupidi e ve la farò pagare, intesi?-
-Io mi preoccuperei.- Boyce diede una pacca sulla spalla a Nicholas,
che annuì sospirando. Ridacchiai, ricordando quella volta in
cui
gli rovinai i compiti di chimica per pura vendetta.
-Justin, la tua ragazza è pericolosa.- cominciò
Nicholas,
mettendo un braccio sulle spalle di Justin e cominciando a camminare,
nuovamente, verso l'entrata del bar.
Io semplicemente restai ferma su me stessa, incapace di reagire e di
muovere gli arti. La sua
ragazza . Suonava
così bene. Sarebbe stato bello essere la sua ragazza, essere
la
ragazza che avrebbe avuto il privilegio di poterlo baciare, di poterlo
amare. Mi sarebbe piaciuto avere la certezza di essere solo sua e lui
solo mio. Chissà come sarebbe stato. Mi sarebbe sempre
piaciuto
avere una relazione come quella nei film, dove lui fa qualsiasi cosa
per lei, dove l'amore prevale sopra ogni intralcio. Sarebbe stato bello
avere un ragazzo che ti amava e te lo ricordava ogni qual volta trovava
l'occasione per farlo, avere un ragazzo che ti mandava delle rose o i
cioccolatini a San Valentino, che ti portava al cinema solo per poter
fingere uno sbadiglio e baciarti, che accarezzava il tuo corpo e
sussurrava un 'sei bellissima' mentre facevate l'amore. Ero una
fanatica dei film romantici, mi piaceva tantissimo vedere quei film in
cui l'amore vinceva sopra ogni cosa e sopratutto, amavo immaginare una
mia futura relazione come quella dei film. E in quel momento,
credetemi, la mia mente stava cominciando a immaginare tante piccole
scene di come sarebbe stato stare con Justin. Immaginavo me e lui al
luna park, al bowling, insieme a cena o al cinema; immaginavo me e lui
al mare o mentre facevamo un pick nick al lago; immaginavo me e lui al
ristorante, mentre ballavamo un lento e mi guardava negli occhi
sussurrandomi un 'ti amo' quasi impercettibile.
Poi sorrisi, e scossi la testa. Tutti quei film mi incasinavano
svoltando il cervello, infondo non stavo neanche con Justin e la
realtà era ben diversa. Però, di una cosa ero
sicura al
cento per cento: se mai fossi stata la fidanzata di Justin, avrei
preferito passare pomeriggi interi con lui sul letto anziché
uscire. Tutto quello che mi sarebbe bastato, era stare con la sua
presenza.
-Aqua, ti muovi o no?- disse Nicholas, girandosi verso di me. Sbuffai e
li raggiunsi, dandogli uno schiaffo dietro la nuca non appena gli fui
vicina.
-Come mai la chiami Aqua?- chiese Justin, guardandomi.
-Perché mi piace molto di più Aquamarine di
Freedom, mi ricorda le mie belle spiagge di Los Angeles.-
-Era da troppo tempo che non nominava la sua Los Angeles.- disse Boyce,
ridacchiando.
-Ve l'ho mai detto perché mi chiamo proprio Aquamarine?-
presi posto al primo tavolo da cinque libero che trovai.
-Sì.- rispose frettolosamente Logan.
-Ce l'hai già detto.- continuò Boyce.
-Ma Justin non lo sa, vero?- sorrisi vittoriosa, Justin
ridacchiò.
-No, ma sono sicuro che mi toglierai questo dubbio esistenziale.-
-Fa poco lo spiritoso.- alzai un sopracciglio mentre l'altro rimase
teso. -Comunque, mi chiamo Aquamarine per un motivo molto strano,
oserei dire.- ridacchiai da sola, prendendo un menù. -Mio
padre
lavorava su una nave da crociera e mia mamma, dato che era estate, ne
approfittò e andò a trovarlo. Era alla fine del
suo nono
mese di gravidanza, aveva già programmato che avrebbe
partorito
verso la metà di agosto, non appena sarebbe tornata dalla
crociera. Non avrebbe mai pensato che si erano sbagliati a fare i
calcoli e sarei nata da lì a poco, si sentiva in gran forma
e
non aveva tutti i sintomi di una donna che sta per partorire. Poi un
giorno, mamma mi dice sempre che cominciò a sentirsi sempre
più male ed io spingevo sempre più forte. Si fece
visitare da un medico e scoprì che sarei nata entro pochi
giorni, non si sapeva ancora perfettamente quando. Mamma
passò
un giorno infernale, così come quello dopo e quello dopo
ancora.
Solo la sera riuscii a darle un po' di calma, o almeno, riuscii
temporaneamente a darle un po' di calma perché..-
-Freedom, taglia.- rise Boyce, roteai gli occhi.
-Ho quasi finito, tranquillo.- gli feci la linguaccia.-Comunque, stavo
dicendo, la sera riuscii a darle un po' di calma e andò a
farsi
un bagno in piscina con papà. Fu proprio durante quel bagno
in
piscina che le si ruppero le acque e così nacqui in una
piscina
con l'aiuto di una persona dell'equipaggio che aveva seguito un corso.
Papà, per ricordare il contesto in cui sono nata, decise di
unire le parole 'Acqua' e 'Marina', da qui il nome Aquamarine.-
sorrisi, guardando Boyce. -Ho finito.-
-Bene, perfetto, adesso basta con le domande che stamattina non la
finisce più di parlare.- disse Logan, assumendo un
espressione
molto, troppo seria.
-È la scuola.- mi scusai. -Mi dà alla testa.-
sussurrai, indicando la mia testa.
-Okay, ragazzi, facciamo una colletta e aiutiamola.-
ridacchiò Nicholas, risi anch'io.
Ero più spontanea e partecipe nella conversazione, quella
mattina mi sentivo più a mio agio con gli altri, scherzavo
di più. Mi sentivo me stessa, semplicemente me stessa. Ed
era stupendo.
Improvvisamente, sentii delle dita intrecciarsi alle mie e,
immediatamente, puntai il mio sguardo verso il basso, poi verso Justin.
Sorrisi, non appena incrociai il suo sguardo. Strinsi la presa sulla
sua mano e continuai a fissare i suoi occhi, tramite un solo sguardo
riusciva a farmi scaldare il cuore. - All I want is you.-
mimò con le labbra.
E il calore dentro il mio corpo si espanse, così come il
sorriso sulle mie labbra.
JUSTIN'S POV.
Il suo sorriso riusciva a rendermi felice, era bello sapere di essere
la causa per cui sorrideva. In quei pochi giorni, Free era riuscita a
rapirmi. Mi stavo affezionando, e tanto anche. Mi sentivo di nuovo un
adolescente alle prime cotte, stavo prendendo una bella sbandata per
quella moretta dagli occhi azzurri che non riusciva a vivere senza il
suo preziosissimo cioccolato. Be', anch'io stavo diventando goloso di
cioccolata e lei era completamente fatta di cioccolata. Certe volte
avevo voglia di prenderla, stringerla a me e non lasciarla
più. Avevo voglia di trascinarla con me sotto al vischio,
attaccare lo nostre labbra e non staccarle più. Avevo voglia
di accarezzarla, contemplarla, renderla mia. Sentivo
come il dovere di proteggerla e di crescerla, sentivo il desiderio di
osservarla crescere negli anni e di restarle accanto sempre. Volevo
semplicemente stare con lei. E
so che potrebbe sembrare stupido o inutile, sopratutto detto da un uomo
già divorziato di ventisette anni, ma era quello che
realmente pensavo. Freedom aveva svegliato il mio lato dolce, quel lato
tenero e da ragazzino che ormai avevo accantonato per crescere. Ma
sopratutto, aveva risvegliato il mio cuore, che aveva ricominciato a
battere. Un battito in più ogni centimetro che mi avvicinavo
al suo corpo. E credetemi, andavo in iperventilazione quando, a
separarci, erano pochi centimetri. La mia unica paura era quella di non
riuscire a controllarmi: bramavo troppo il suo corpo e morivo dalla
voglia di farla mia, di renderla donna.
Posai lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra curvate in un sorriso,
sorrisi anch'io.
-Piccioncini, finite i scoparvi dopo con lo sguardo.- disse Logan, risi
guardandolo.
-Certo che hai tatto, Logan.- risi ancora.
-E questo non è niente,- disse Free, la guardai. -dice anche
di peggio.- roteò gli occhi, le sorrisi. -Voi cosa
prendete?-
-Il solito.- risposero in coro Nicholas e Logan, io diedi un'occhiata
al menù.
-Io non ho tanta voglia..- sussurrò Free, poggiando la testa
sulla mia spalla. -Prendo solo un po' di latte.-
-Piccola,-le presi il mento tra le mani.-tutti sappiamo che, se ti
mettiamo davanti trenta cornetti al cioccolato, mangi tutti e trenta i
cornetti senza esitare. E ne vorresti sicuramente ancora.-
sbuffò, gli altri risero.
-Hei, sono cioccolato dipendente.- risi.
-Lo so, ed è per questo che ordino io per te.- le feci
l'occhiolino, lei ridacchiò solamente.
Osservai mentre le sue piccole mani sfogliavano il menù, i
suoi occhi si muovevano a seconda della linea che leggeva. Quel poco
trucco che aveva la rendeva ancora più bella, il mascara
applicato sulle sue ciglia e quella linea di eyeliner rendevano il suo
sguardo più intenso e i suoi occhi più
penetranti. Delineai il contorno delle suo naso, delle sue labbra, del
suo collo. Poi scossi la testa, rischiavo di perdermi e di cominciare a
guardarla per minuti interi, senza neanche rendermi conto del tempo che
sarebbe passato. Poggiai anch'io lo sguardo sul menù,
dopodiché una cameriera si avvicinò al nostro
tavolo.
-Ciao ragazzi, desiderate il solito?- chiese, sorridendo ai tre
ragazzi.
-Noi tre prendiamo il solito, Aqua vuole tenersi leggera stamattina.-
disse Nicholas, ridacchiai.
-Non ascoltarlo, Karol.- sbuffò Free, risi ancora.
-Già, non ascoltarlo.- la cameriera, Karol, puntò
lo sguardo su di me. -Avete anche la nutella? Perfetto, allora portaci
anche un bicchiere di latte, due cornetti alla nutella e un
caffé espresso, non molto corto.- sorrisi.
-Grazie.-conclusi.
-Allora, ricapitolando, per voi tre il solito, un espresso, un
bicchiere di latte e due cornetti alla nutella.-
-Esattamente.-risposi, passandole il menù.
-Vai a scuola con loro?- mi chiese, scossi la testa.
-Ho finito la scuola già da un pezzo.-ridacchiai.
-Sul serio?- chiesero Boyce e Logan all'unisono, annuii.
-E non immaginate neanche qual'è il mio lavoro.-
-Justin, che lavoro fai?- Nicholas sbarrò gli occhi. -Sei in
qualche giro di droga o di prostituzione minorile? Oppure vendi animali
illegalmente all'estero?- Freedom scoppiò a ridere, risi
anch'io.
-Mi dispiace, ma no.- disse la mia
principessa, scuotendo la testa. -Peggio.- abbassò
la voce. -È un insegnante.-
-Che cosa?- sbottò Boyce. -Quanti anni hai?-
-Più di quanti immagini.- risi, i ragazzi mi guardarono con
un'espressione interrogativa in viso.-Ventisette.-
-Li porti bene, amico.- rispose Karol, che si allontanò
sorridendo.
-È mia sorella, lasciala stare.- Logan roteò gli
occhi al cielo. -Anche se ha pienamente ragione.- Boyce e Nicholas
avevano gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta.
-Con tutto il rispetto, ma chi te lo fa fare?- chiese Nicholas,
scuotendo la testa.
-Ti ricordo che si tratta sempre di un liceo.- gli feci l'occhiolino.
-Tu sei un mostro.- mi batté il cinque, risi.
-Perché?- chiese ingenuamente Freedom.
-Una sola parola:- Boyce fece una pausa. -ragazze.-
-Voi maschi siete sempre i soliti.- sbuffò,
incrociando le braccia al petto.
Adoravo questo lato di lei, la sua gelosia la rendeva ancora
più tenera e adorabile. Risi e poggiai la mia fronte sulla
sua testa, baciandole dolcemente una tempia. Alzò
gli occhi al cielo e fece finta di fare la sostenuta, per poi cedere
non appena accarezzai il dorso della sua mano, lo presi tra le mie dita
e lo avvicinai alle mie labbra, stampandogli un tenero e dolce bacio.
Girò di poco la testa e mi guardò negli occhi,
riuscivo a percepire tutto il fastidio che provava nel momento in cui
parlavo di altre ragazze. Sinceramente, un po' la cosa mi divertiva
perché era divertente vederla incazzata, e allo stesso tempo
mi rendeva contento perché ci teneva a me così
come io ci tenevo a lei. Le accarezzai il viso, togliendole qualche
ciocca di capelli che mi ostruiva quella visuale paradisiaca, e le
accarezzai il collo, desiderando di più. Sospirai e mi
limitai a stringerle la mano mentre aspettavamo le nostre ordinazioni,
non avrei potuto fare di più ma mi accontentavo anche di
quei piccoli gesti.
Qualche minuto dopo arrivò ciò che avevamo
ordinato, facemmo in fretta colazione - Freedom mangiò tutto
il suo cornetto- e ci avviamo fuori scuola. Non era
passato tanto tempo da quando entrai in una scuola l'ultima volta,
giusto un paio di settimane. Non ero un vero e proprio insegnate, ero
solo un supplente che veniva chiamato dalle varie scuole ogni qual
volta ce n'era la necessità. Mi piaceva il mio lavoro, stavo
sempre a contatto con gente nuova e anch'io, oltre agli alunni,
imparavo sempre qualcosa di diverso e di interessante.
Perché non è detto che solo andando a scuola si
impara, il mondo è pieno di cose nuove, diverse, strane e
impensabili e ognuno di noi imparerà sempre qualcosa di
nuovo anche a cent'anni.
Sentii tirarmi il braccio, mi girai e mi ritrovai a pochi centimetri di
distanza dal viso di Freedom. Che
spettacolo quel viso..
-Ciao.- ridacchiò, le sorrisi.
-Ciao.- ripetei, baciandole il naso.
-Ma adesso tu cosa fai?- mi chiese, poggiando la testa sul mio petto.
-Ti accompagno fino all'entrata e aspetto che esci.- le accarezzai la
spina dorsale, stringendola a me.
-Puoi anche andare a casa.-mormorò contro il mio petto.
-Non me ne andrei mai senza te.- soffiai sui suoi capelli.
Il suo corpo stretto a me riusciva a mandarmi in estasi. La strinsi a
me sempre di più e nascosi la testa tra i suoi
capelli che odoravano di vaniglia, mi faceva star bene quella
sensazione che mi portavo dietro, mi sentivo in qualche modo completo.
Come se io fossi una sottospecie di puzzle e lei il tassello mancante.
Continuai ad abbracciarla fin quando non dovette andare, l'accompagnai
dentro nell'atrio per poi lasciarla andar via. Prima,
però, la strinsi ancora in un lungo abbraccio e le diedi un
innocente bacio sulla guancia, anche se mi sarebbe piaciuto poter fare
di più. Voltai le spalle e feci per tornare in macchina,
quando una voce che chiamava il mio nome attirò la mia
attenzione.
-Bieber?- mi girai di scatto, le mani in tasca e lo sguardo confuso.
-Justin Bieber?- girai nuovamente la testa verso una porta alla mia
sinistra, notando una figura femminile.
-Professoressa Courtney?- guardai stranito la mia vecchia professoressa
dell'Università. -Cosa ci fa qui?- chiesi, sorridendo
apertamente e avvicinandomi.
-Sono la dirigente di questo liceo, è già un anno
ormai.- ci scambiammo due baci sulle gote. -Tu cosa ci fai qui? Ti
trovo in forma.-
-Sono in vacanza dai miei nonni a Stratford, ricorda, anch'io sono
canadese come lei.- ridacchiai.
-Come vanno le cose? Con gli studi? Eri uno dei miei più
bravi alunni. Prego, accomodiamoci nel mio ufficio. Sei di fretta?-
-Oh no,anzi, la ringrazio.- Entrammo nel suo ufficio, ci sedemmo su due
poltroncine.
-Allora, stai lavorando?-
-Spesso alcune scuole mi chiamano per fare supplenza. Certamente non
è un lavoro che mi permette tanto, ma per iniziare va bene
così.- sorrisi, le squillò il cellulare.
-Scusami un attimo.- rispose. -Pronto? Cos'è successo? Va
bene, va bene. Non importa, porgile i miei saluti e dille di
rimettersi. Arrivederci.- sospirò.
-Qualcosa non va?-
-Una professoressa ha avuto un incidente, stamattina.- si
alzò dalla poltroncina, arrivando alla scrivania. -Adesso
devo riuscire a trovare un professore che potrebbe farmi da sostitu..
-si bloccò, girandosi nuovamente verso di me. -Justin, hai
da fare in questi giorni?-
-Cosa?- chiesi, alzandomi.
-Sei un mio vecchio alunno, conosco le tue capacità e sei la
mia unica speranza. Si tratta solo di un paio di giorni.- mi
guardò negli occhi.
-Oh, be'..okay.- annuii, e mentalmente feci i salti di gioia.
-Se aspetti qua facciamo tutte le carte.- disse sorridendo la mia ex
professoressa.
-Certo.- sorrisi, immaginando il volto di Freedom.
Avrei passato le mie prossime mattine nella stessa scuola della mia
piccola principessa, avrei potuto controllarla, osservarla, ammirarla
e, magari, avrei potuto passare del tempo con lei da una lezione
all'altra.
Oh, piccola,
perché sei sempre nei miei pensieri?
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Ciao bellee! Mi sento realizzata, finalmente sono puntuale con
l'aggiornamento lol. Come state? Io una vera e propria merda, non
immaginate nemmeno come sto male. Pensate che domenica scorsa sono
stata in ospedale per atroci fitte allo stomaco, stavo per avere un
collasso per due volte.. All'ospedale mi hanno fatto un'ecografia, mi
hanno fatto le analisi e mi hanno fatto anche un lavaggio.. Tra
l'altro, poi, io c'ho due vene ben visibili sul braccio sinistro, come
wtf è possibile che quello m'ha messo l'ago dove non c'era
la vera? O probabilmente mi sono mossa perché piangevo e mi
agitavo come un pesce dato che stavo male, oppure è un
mistero AHAHAHAH. Voi come state? Tra poco è Natale, avete
capito che manca poco più di una settimana? Io non vedo
l'ora, sinceramente. c:
Restando legate al Natale, passiamo al capitolo. Allora, vi piace? A me
non tantissimo, questo è solo un capitolo di passaggio che
mi serve per introdurre cosa succederà dopo. Ne succederanno
delle belle, ho una mente abbastanza contorta MUAHAHAH.
Vi lascio le foto di Logan,
Boyce
e Nicholas.
(cliccate sui nomi).
VOLEVO RINGRAZIARE TUTTI VOI, CHE MI SUPPORTATE SEMPRE.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE PREFERITE/ SEGUITE/ RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE SEMPRE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.
il primo capitolo ha raggiunto più di mille visualizzazioni.
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believe in love?'
Bye
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Capitolo 9 *** Capitolo 09.// Chiama lei 'principessa'. ***
09.
FREEDOM'S
POV.
Le
ore passavano dannatamente lente. La professoressa di chimica spiegava,
e spiegava, e spiegava, e spiegava. Non so manco quale argomento, so
solo che spiegava qualcosa che aveva a che fare con i miscugli o
qualcosa di simile. Parlava così lentamente che avevo i
colpi di sonno, ogni tanto chiudevo gli occhi e appoggiavo la testa
sulla mia mano volando in un mondo tutto mio. Un mondo dove c'era
Justin ad aspettarmi sul divano, le sue braccia pronte ad ospitarmi, a
coccolarmi. Poi, quel coglione di Nicholas -nonché mio compagno
di banco- mi svegliava dai miei sogni impossibili,
ricevendo le mie più fatali occhiatacce. Erano giusto tre
ore che non vedevo Justin, ed erano state tre ore davvero,
davvero infernali. Avevo voglia di mandargli un SMS, ma allo stesso
tempo non volevo sembrare troppo appiccicosa. Cosa potevo farci se
stavo letteralmente perdendo la testa? Ogni sera, immaginavo le sue
braccia stringermi forte e il suo corpo incollato al mio. Ogni sera,
immaginavo le sue labbra premere dolcemente e lentamente sulle mie,
unendosi in un casto bacio. Lo desideravo, più di ogni altra
cosa. Ma allo stesso tempo sapevo che era impossibile,
perché una volta passato il Natale sarebbe tornato
a Cambridge, si sarebbe dimenticato di me e avrebbe continuato la sua
vita prima del nostro incontro. Bella merda la vita, sul serio.
Sospirai e poggiai la testa sul banco, frustrata sia dalla noiosissima
lezione che dai sentimenti che provavo. In quel momento, un bigliettino
si conficcò tra i miei capelli. Lo aprii e lo lessi, capendo
subito dalla scrittura che si trattava di Boyce.
-Cos'hai?- lessi, poi sospirai. Presi una penna e, senza farmi vedere
dalla prof, cominciai a scrivere la risposta.
-Spiegami a cosa diavolo ci serve sapere i metodi per separare le varie
sostante. Di certo da grande non vado a comprarmi un distillatore o
come diamine si chiama.- piegai il bigliettino, sbircia la prof per non
essere colta in flagrante ed infine lo passai indietro. Pochi secondi
dopo, me ne arrivò un altro.
-AHAH la pantera Free sta uscendo?-
-La belva Free, caso mai.- scrissi ancora, passai il biglietto.
-È per Justin che stai così?- i miei occhi
rimasero fermi sul biglietto, poggiai nuovamente la penna sulla carta.
-Lui è perfetto. È solo il pensiero che tra
qualche giorno tutto questo non ci sarà più che
mi rattrista.-
Sospirai e passai nuovamente il biglietto, tornando a posare la testa
sul banco. Mancava esattamente una settimana e un giorno alla vigilia
di Natale, dopodiché avrebbe passato con noi il Capodanno e
poi? Sarebbe andato via. Già non riuscivo a stare tre ore
senza di lui dopo aver passato meno di una settimana insieme, come
avrei fatto a non vederlo per mesi interi? Il solo pensiero mi stava
distruggendo, ma letteralmente. Passai una mano sul viso, sbuffai e mi
calai per prendere la bottiglia d'acqua, non riuscivo a stare ferma un
secondo. Sopratutto quando ero nervosa, muovermi riusciva a farmi
sbollire il nervosismo. Guardai l'orario sul cellulare ed esultai
mentalmente quando vidi che la campanella sarebbe suonata da
lì a poco.
Driiiiiin.
-Siano
ringraziati tutti i santi.- pensai, tirando dalla tasca
della mia borsa la mia tavoletta di cioccolata. Segnai i compiti che la
prof aveva assegnano sul diario e cominciai a mangiare, sentendo
già i muscoli rilassarsi. Posai nuovamente la barretta in
cartella e mi girai verso Boyce e Logan, che erano posti proprio dietro
di me. Nicholas, invece, era al mio fianco e stava finendo di scrivere
gli appunti su quello che aveva spiegato la prof. Quel ragazzo sembrava
tutto tranne che un secchione, quando in realtà era l'unico
in classe ad avere il nove in chimica. E diceva di non essere
bravo, tzé.
-Ma alla fine com'è andato l'appuntamento con quella
ragazza, grande B?- chiesi a Boyce, sorridendo appena.
-Oh, intendi con Alyssa?- fece una smorfia. -È una troia.-
scosse la testa.
-Non è che se una non te la dà è una
troia, sai?- ridacchiai, poggiando le spalle al muro.
-Al contrario, quella era fin troppo disposta a dargliela.-
disse Logan, mi accigliai.
-Dovevi vederla, è arrivata con una camicia tutta scollata,
una minigonna e le calze a rete.- Nicholas ridacchio, lo seguii a
ruota.
-Certo, era attizzante vestita in quel modo, ma a me piacciono le
ragazze difficili, non quelle facili. Che sfizio c'è?-
-Nessuno.- risi.
-È normale che tu sia d'accordo, Aqua.- Nicholas
roteò gli occhi. -Sei tutta casa e chiesa.-
-Hei, ci tengo ai miei principi.- incrociai le braccia, misi la schiena
eretta e assunsi un'aria di superiorità.
-Chissà quando sei con quel Justin cosa fai.- disse Boyce,
lo fulminai.
-Niente di quello che pensate.- sbuffai. -Siamo solo amici.-
-Ma è evidente che ti piace.- mi stuzzicò Logan.
-Solo l'età mi preoccupa, poi sembra un tipo okay.- Boyce mi
fece un occhiolino, sorrisi appena.
-Mi fa sentire come se fossi una principessa.- sussurrai, per poi
abbassare lo sguardo e sospirare. -Peccato che questa storia
è destinata a finire.-
-La storia non è mai destinata a finire.- disse una voce,
una voce che io avrei riconosciuto tra mille.
Spalancai la bocca e sbarrai gli occhi, mentre col busto tornavo a
girarmi verso la cattedra. E lui era lì. Il mi.. Justin, era
lì. Lo guardai stupefatta, chiedendomi che diamine ci
facesse lì. Portava una ventiquattrore nera, il suo cappotto
sotto al braccio e un sorriso compiaciuto stampato sul viso. Era calato
il silenzio in classe, tutti guardavano la figura di Justin che si
poggiava con attenzione il giubbotto dietro la sedia e la valigetta
sulla cattedra. Cosa ci faceva lì? Nicholas mi
toccò la gamba, girai di scatto la testa verso di lui. Con
uno sguardo, riuscì a farmi capire che mi stava chiedendo
cosa Justin ci faceva lì ed io in tutta risposta scossi la
testa. Il mio sguardo vagò poi sulle mie compagne di classe,
tutte fissavano con gli occhi pieni di eccitazione il mi..
SÌ, IL MIO
JUSTIN.
-Avete appena visto un fantasma?- chiese Justin, provocando una lieve
risata da parte della classe. -La vostra professoressa di storia,
sfortunatamente per lei ma fortunatamente per voi, stamattina ha avuto
un incidente, - si appoggiò alla cattedra, incrociando le
braccia al petto. -e la vostra preside mi ha chiesto di
sostituirla.-
-Come si chiama?- chiese Raven con voce seducente, la fulminai con lo
sguardo.
-Sono Justin Bieber.- guardò ognuno di noi, posando il suo
dolce sguardo su di me. -E voglio che voi mi chiamiate mister Bieber.-
sorrisi appena.
-Mister Bieber, non ci farà lezione, vero?- Kyle chiese dal
fondo dell'aula, tutti si girarono a guardarlo mentre io rimasi ferma
con lo sguardo su Justin.
-Purtroppo, vi farò lezione.- rise. -Ho sentito la vostra
prof e mi ha detto che ha intenzione di farvi una verifica a sorpresa
quando tornerà sabato.- aprì la sua valigetta,
tirando fuori il libro.
-Ma prof, non doveva farci una verifica a sorpresa?- chiese Nicholas,
ridacchiai.
-Ops.- sorrise Justin. -Prima di cominciare, che ne dite di dirmi i
vostri nomi?- si alzò dalla cattedra, avvicinandosi al mio
banco. -Incominciamo da voi.- poggiò le sue braccia
muscolose sul mio banco, lo guardai negli occhi.
-Freedom Russel.- sorrisi.
-Perché non dici mai che ti chiami anche Aquamarine?- disse
Nicholas, Justin cercò di nascondere un sorriso.
-Perché il mio primo nome è Freedom, se ci
aggiungo anche Aquarimne diventa una cosa lunghissima..ed è
strano.-
-A me piace molto di più Aqua.- Nicholas fece spallucce.
-Ma smettila.-gli picchiettai la spalla. -Scusi, mister Bieber, il
mio compagno di banco è leggermente ottuso.-
-Mai quanto la mia compagna, io sono Nicholas Fearless.-
Roteai gli occhi e ridacchiai, mentre Justin chiedeva il nome a tutte
le persone della classe, annuiva e sorrideva. Non smettevo di fissare
la sua figura, davvero mi avrebbe fatto da supplente fino a
venerdì? Quello era il paradiso. ma allo stesso tempo
l'inferno. Tutte le ragazze della mia classe fissavano Justin con gli
occhi sognanti e la bocca semi aperta, erano letteralmente su un altro
paese, un po' come me i primi giorni. O meglio, un po' come me ogni
qual volta Justin si trovava nei paraggi. Ed io non volevo che le altre
poggiassero lo sguardo su Justin, ma sopratutto non volevo che Justin
poggiasse lo sguardo su qualcun'altra. La gelosia già stava
cominciando a mangiarmi viva.
-Bene, dato che abbiamo finito il giro, prendete i libri e apriteli al
capitolo cinque.- disse, prendendo un libro dalla ventiquattrore.
-Prof, abbiamo già fatto i Cretesi, dobbiamo fare i
Micenei.- urlò Joyce dalla parte opposta dell'aula, la
fulminai.
-Avete mai sentito parlare dei Micenei?- chiese Justin, poggiando
entrambe le braccia sulla cattedra per poi sedersi, si alzò
un coro di 'no'.-Prima di iniziare l'interessante racconto sui micenei,
dobbiamo collocarli cronologicamente e in un territorio. Chi sa dirmi
dove erano stanziati i micenei?-
-In Grecia, nel II millennio..?- risposi, attirando l'attenzione di
Justin. Mi sorrise.
-Esattamente. I micenei erano un popolo indoeuropeo stanziato in Grecia
agli inizi del II millennio avanti Cristo e, tra il 1450 e il 1400
avanti Cristo..-
Justin cominciò a spiegare i Micenei, era così
fluido nel parlare che ti veniva spontaneo ascoltare. Per la prima
volta, riuscivo a vedere qualcosa di interessante nella storia, non
avevo mai ascoltato una lezione con tanto interesse. Nemmeno la mia
professoressa era così brava a spiegare, spesso si perdeva o
faceva collegamenti con altri popoli che non c'entravano un
tubo, incasinandoci ancora di più le idee. Tutta la classe
era partecipe: c'era chi faceva domande, chi rispondeva alle domande di
Justin, chi ascoltava con interesse. E Justin non solo era bravo,
ma sembrava anche contento di fare quello che stava facendo.
Il sorriso sul suo viso faceva intendere molto.
-Mister Bieber, ma cosa sono i demi?- Paul interruppe Justin, non
appena sentì la parola 'demi'.
-Avete mai visto o letto The Hunger Games?- chiese Justin, mentre
Boyce, Logan e Nicholas si passarono una mano sulla fronte.
-Io sì! Ho letto i tre libri e ho visto i primi due film,
tre volte! Loro tre ne sanno qualcosa.- ridacchiai, indicando i miei
amici.
-Allora saprai bene che Panem è divisa in ben tredici
distretti, di cui uno è stato distrutto.- annuii. -I demi
sono questo, dei distretti territoriali, una parte di territorio.-
-È più facile ricordare cosa sono i demi facendo
riferimento agli Hunger Games.- disse Paul, Justin sorrise. -E prof,
posso farle un'altra domanda?-
-Certo.-
-Perché le prostitute vengono chiamate 'troie' come la
città di Troia?- spalancai la bocca e mi girai incredula
verso Paul, tutta la classe scoppiò a ridere, Justin
compreso.
-Mi sono posto anch'io questa domanda e wikipedia mi è stato
di grande aiuto.- rise. -La parola 'troia' è di origine
contadina, propriamente: femmina di maiale destinata alla riproduzione,
dalla nome della scrofa arrosto servita in piedi a tavola in memoria
del Cavallo di Troia.-
-Ma quindi, prof..-
-Paul, non un'altra domanda inappropriata, ci sono delle signorine in
questa classe.. sii galante.- Justin mi guardò e si morse il
labbro nascondendo un sorriso.
-Signorine? Prof, questa si che è bella.- rise Logan, lo
fulminai.
-Logan, vuoi che ti spacchi il culo? No, perché se continui
così ti prendo il collo e lo piego a metà.-
sbottai scherzando, per poi alzare un sopracciglio.
-Ah giusto, al giorno d'oggi questa è considerata finezza.-
rispose Logan.
-Scherzavo, idiota.- risi, tornando poi con lo sguardo su Justin.
-Vedi?- mi stuzzicò ancora Logan, roteai gli
occhi.
-Mister Bieber, ha aperto un capitolo che non finiremo più.-
-Lo finiamo, lo finiamo.- ridacchiò. -Ma devi ammettere che,
anche voi ragazze, quando siete particolarmente nervose, cominciate a
imprecare come scaricatrici di porto.-
-Forse.- roteai nuovamente gli occhi e sorrisi, sentendo la dolce
risata di Justin.
Quella, era sicuramente stata l'ora di più bella della
mattinata. Quando suonò la campanella ci rimasi malissimo,
mi sarebbe piaciuto ascoltare ancora la voce di Justin che ci spiegava
una civiltà così affascinante. Come compiti, ci
aveva assegnato un tema da fare su tutto il capitolo dei Micenei e
ovviamente dovevamo studiare. Non avevo smesso un secondo di guardarlo
durante tutta quell'ora e sapete la cosa più bella
qual'era? Sorprenderlo mentre girava il suo volto verso di me e mi
sorrideva. Quel sorriso che faceva invidia al sole. Prima di andar via,
mi lasciò un bigliettino con scritto che dovevo aspettarlo
fuori all'entrata della scuola dato che avrebbe fatto un po'
più tardi. Mi sentivo nuovamente vuota senza la sua
presenza.
Anche l'ultima ora passò velocemente. Preparai con calma la
mia borsa, aspettai che tutti uscissero dall'aula e, con i miei tre
amici, mi incamminai verso l'uscita.
-Però è bravo Justin, vero?- disse Boyce, annuii.
-È bravissimo.-mi soffermai. -Ma avete visto come lo
guardava Raven?!-
-Lo spogliava con gli occhi.- rispose Nicholas.
-Io le traforo gli occhi se osa avvicinarsi a Justin, già mi
sta in culo.-
-Ed ecco che comincia a imprecare come una scaricatrice di porto.-
Logan mi punzecchiò il braccio, lo spinsi.
-Cosa posso farci se sono così dannatamente e Fottutamente
gelosa?- sospirai.
-Sei innamorata.- Nicholas poggiò un braccio sulle mie
spalle, mi morsi il labbro.
-Non sono innamorata.. sono solo attratta.-
-Certo, principessa.- ridacchiò Boyce, lo fulminai.
-Non chiamarmi principessa.-
-Ah, perché, questo privilegio è solo per
Justin?-
-Sì.- annuii, per poi ridere.
-Tu hai perso la testa.-disse Nicholas.
-Già.- risposi, sorridendo appena.
Varcammo l'atrio ritrovandoci così nel vialetto, Boyce e
Logan andarono via subito perché il loro pullman sarebbe
partito dopo pochi minuti, io e Nicholas rimanemmo invece a scherzare.
Nicholas aveva il motorino e i suoi erano sempre via per lavoro, quindi
poteva tornare a casa in ogni momento della giornata. I primi giorni di
scuola veniva spesso a mangiare a casa mia, sopratutto quando mia mamma
non c'era. Cucinavamo insieme, facevamo i compiti e poi guardavamo un
film. Purtroppo avevamo più o meno perso quest'abitudine da
quando ho passato un mese grigio, se non nero, dove ho abbandonato gli
amici e mi rifugiavo nel mio silenzio. Ottobre. Come dimenticarselo? Le
cicatrici
rimangono, e sono tanto visibili quanto nascoste.
-Cosa farai a Natale?- mi chiese improvvisamente Nicholas, sorridendo.
-Sono a casa Dale, la mamma e la nonna di Justin mi hanno invitato. Tu
invece?-
-A Natale verranno i miei parenti da Los Angeles.- sorrise entusiasta.
-Sul serio?! E quando pensavi di dirmelo?- gli schiaffeggiai il
braccio, rise.
-L'ho scoperto a ricreazione.-rise.
-E me lo dicevi a ricreazione.-incrociai le braccia al petto, mettendo
il broncio.
-Come sei infantile.-roteò gli occhi scherzando, lo spinsi
un po'. -Stavo pensando una cosa.-
-Cosa?-
-Che ne dici se, la vigilia, andiamo a fare colazione tutti insieme a
London e poi andiamo al centro commerciale?-
-Tutti insieme intendi io, te, Logan, Boyce e Justin?-
annuì. -Si può fare, dobbiamo dirlo agli altri.-
sorrisi.
-Il tuo amico già sta arrivando.- Disse Nicholas girandomi e
abbracciandomi da dietro, mentre i miei occhi si persero in quelli di
Justin a pochi metri da noi, che salutava una ragazza.
JUSTIN'S POV.
Fare il supplente in classe di Freedom era
stato troppo divertente. Un po' però mi dispiaceva che non
potevo scherzare con lei o abbracciarla perché gli altri non
potevano sapere che eravamo -purtroppo-
solo amici, gli insegnati non possono avere certi tipi di
rapporti con gli alunni. Inoltre, il nostro, era un legame
più forte, un qualcosa di più profondo. Non c'era
solo amicizia, e lo sapevo io nello stesso modo in cui lo sapeva anche
lei. Non era ancora amore, ma non era neanche solo amicizia. Mi piaceva
Freedom, eccome se mi piaceva. Amavo il modo in cui inclinava la testa
quando mi chiedeva 'Cosa?', amavo il modo in cui arrossiva quando le
dicevo qualcosa di dolce, amavo il modo in cui mi teneva stretto a
sé. Ed io amavo abbracciarla, amavo coccolarla, amavo farla
sentire speciale, farla sentire al sicuro. Perché infondo
per me era speciale e il mio compito era quello di tenerla al sicuro.
Sarei rimasto in eterno col suo piccolo corpo tra le braccia.
Una volta finita la giornata scolastica, preparai la ventiquattrore che
la preside mi aveva prestato col suo materiale, uscii dalla scuola
ormai deserta e mi scontrai con una ragazza, ma non una ragazza
qualsiasi. Era Dafne, la figlia della preside.
-Dafne?-
-Justin? Justin Bieber? Cosa ci fai qua?- mi disse, sorridendo.
-Sono in vacanza dai nonni per Natale, ho accompagnato stamattina una
mia amica a scuola la tua mamma mi ha chiesto se potevo fare da
supplente perché una professoressa ha avuto un'incidente.-
risi. -Come stai?-
-Bene.- sorrise. -Ti vedo in gran forma.-
-L'aria del Canada mi rende felice.- risi ancora. -Adesso devo andare,
ci vediamo.-
-Va bene, ma ricordati che qualche volta dobbiamo uscire insieme.-
ammiccò, sorrisi appena e annuii.
-Ciao Dafne.- la salutai con la mano, girandomi.
Il mio sguardo finì subito su due figure poco distanti da
me, erano un ragazzo e una ragazza. Ma non una ragazza qualunque, era
la mia Freedom.
Nicholas la stava abbracciando da dietro e rideva, mentre lo sguardo
della mia piccola era infuocato. Riuscivo a scorgere le fiamme nei suoi
occhi. Le stesse fiamme che avevo anch'io, mentre soffermavo il mio
sguardo sulle braccia di Nicholas attorno al corpo di Free. Accelerai
il passo e li raggiunsi, Free era in silenzio e mi perforava col suo
sguardo agghiacciante.
-Ciao, ragazzi.- sorrisi appena, fulminando Nicholas.
-Ciao, prof.- rise Nicholas, staccando -finalmente- le sue
mani dal corpo della mia
Free. -Io vi lascio soli, ci sentiamo oggi pomeriggio.- si
allontanò.
-Ciao.- sussurrò Free, senza staccare lo sguardo dal mio.
Nicholas andò via.
-Devi dirmi qualcosa?- chiesi, incrociando le braccia.
-Potrei chiederti la stessa cosa.- ripeté il mio gesto.
-Eri tu quella incollata ad un ragazzo, Freedom.- le presi il mento tra
le mani, perdendomi nei suoi occhi.
-Sai che Nicholas non mi interessa affatto. Siamo amici e mi ha
abbracciato nel momento in cui mi ha girato per farmi notare che stavi
arrivando. Ed eri pure in dolce compagnia.-
-Dafne è la figlia della preside, era in un corso con me
all'Università. E poi non la stavo abbracciando.-
-Ah, certo, per adesso
non la stavi abbracciando.- abbassò lo sguardo e
girò il volto, sospirando.
Si alzò un leggero venticello fresco, i suoi capelli
svolazzavano col vento. Io rimasi fermo, a poco meno di un metro del
suo corpo, a fissare il profilo del suo viso. Così perfetto.
Era così bella e dannata. La gelosia mi stava accecando, non
riuscivo ad accettare il fatto che un ragazzo, diverso da me, l'avesse
abbracciata. Non volevo che qualcuno la portasse via da me, nessun
ragazzo doveva prendere il mio posto. La volevo per me, solo per me,
tutta per me. Chiusi gli occhi e sospirai, lasciando che le mie mani si
poggiassero sui fianchi della mia principessa e la portassero
più vicina a me. Le baciai una spalla, poi il collo, poi la
guancia.
-Principessa..-
-Chiama Dafne principessa, non me.- sussurrò, incrociando le
braccia al petto.
-Sei gelosa?- le chiesi all'orecchio, senza nascondere un sorriso.
-No, per carità, non sono gelosa.- si girò,
perforandomi con lo sguardo. -Voglio solo che quella Dafne non si
avvicini a te, okay?! Non deve respirare la tua aria, non deve essere
più vicina di un metro a te, non deve sfiorarti, non deve
parlarti, non deve portarti via da me.- le sorrisi e accarezzai il suo
viso, poggiai poi la fronte alla sua e chiusi gli occhi.
-Sei gelosa.- sussurrai. -Piccola, ricorda una cosa.-
-Cosa?- chiese, addolcendo il suo sguardo sempre più.
-You're the only thing I ever get for Christmas, then everything I
wished for has come true. You're the single light, you're on my list,
you're my one and only christmas wish.- cantai serio, perdendomi nei
suoi occhi.
Ci furuono attimi di silenzio, riempiti solo dall'intensità
del nostro sguardo. Poi avvolse le sue braccia attorno al mio petto, e
mi strinse forte. Baciai più volte i suoi capelli e
ricambiai l'abbraccio, stringendola a me sempre più. Il mio
cuore cominciò a battere e il mio corpo a prendere sempre
più calore, era così bello stringerla tra le mie
braccia. Qualche secondo dopo si staccò e mi sorrise, un
sorriso così vero e puro.
-You're the single light, you're on my list, you're my one and only
christmas wish.- canticchiò, prendendo la mia mano e
cominciando a camminare verso la mia auto.
-The mistletoe is where..- si fermò,
girandosi verso di me. -I'll be waiting,- mi avvicinai. -kiss
me there.- sussurrai, avvicinando il mio viso al suo. -I'll be waiting,
kiss me there.- sussurrai ancora, chiudendo gli occhi.
Sfiorai il mio naso col suo, sfiorai le nostre labbra. Riuscivo a
sentire il mio cuore battere sempre più forte, il desiderio
di baciarla era forte. Avvicinai ancora il mio corpo al suo, le mie
mani ben premute sui suoi fianchi. Era il momento perfetto, sentivo che
sarei finalmente riuscito a far coincidere le nostre labbra, ad unirle
per la prima volta. Attorno a noi, il più estremo silenzio.
La scuola era praticamente deserta, nei dintorni non c'era nessuno.
Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento magico. I nostri
respiri si univano ed erano tutto ciò che si riusciva a
udire nell'aria, oltre ai battiti accelerati dei nostri cuori.
-Sai da quanto aspetto questo momento?- chiesi, avvicinandomi ancora.
-Lo so.- sussurrò, sul mio viso apparve l'ombra di un
sorriso.
Mi avvicinai ancora un po', ero pronto a toccare le sue labbra rosee
quando.. squillò il mio cellulare.
Strinsi gli occhi alterato, possibile che dovevano sempre rovinare
momenti simili?! Free chiuse gli occhi e si allontanò di una
passo da me, tirai fuori il cellulare dalla tasca per poi vedere il
mittente del messaggio. Un numero sconosciuto.
Da: Sconosciuto.
'Hey, Justin! Sono Dafne, ho chiesto il tuo numero a mamma. Ti va di
incontrarci un pomeriggio di questi?
Magari prendiamo un caffé insieme e parliamo un po', alla
memoria dei vecchi tempi.
Fammi sapere, ci sentiamo. xx
Dafne Haug.'
Freedom lesse il messaggio,
gemette infastidita e si avviò in macchina.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima settimana.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve.<3
Perdonate il mio ritardo, sono stata troppo euforica per la fine della
scuola e ho finito il capitolo solo ieri ahahah. Come state? Io sono
troppo contenta, ritorneremo a scuola nel 2014.*-* Ci volevano proprio
queste vacanze, la scuola mi stava uccidendo. Sopratutto negli ultimi
giorni, ero strapiena di compiti in classe e interrogazioni. MA COSA
IMPORTA ADESSO?! DOMANI È LA VIGILIA DI NATALE! Be my date
this christmas eeeeve, be my holiday, my dreaaaaam, yeeah yeeah. Quanto
amo questa canzone, la cantavo a squarcia gola anche in piena estate
lol. Infatti, questa storia prende il nome proprio da una frase che
canta Justin: 'When we use immagination, we can fly to never
neverland.' Che dire, la amo.
Adesso, passiamo al capitoluzzo. Eheh, lascio a voi i commenti, anche
se già so che mi manderete tutte a cagare data l'ultima
parte MUAHAHA.
...e siamo solo all'inizio.
VORREI RINGRAZIARE TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE. (siete l'amore.)
VORREI RINGRAZIAR CHI IMPIEGA IL PROPRIO TEMPO A LEGGERE E SOPRATUTTO A
RECENSIRE. (quanto posso amarvi?)
VORREI RINGRAZIARE CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE PREFERITE/
SEGUITE/ RICORDATE. (vi adoro.)
ED INFINE, VORREI RINGRAZIARE TUTTI I LETTORI SILENZIOSI. (so che siete
troppo timidi per recensire, tranquilli.c:)
Cercherò di aggiornare il prima possibile dato che ho
più tempo, nel frattempo vi auguro un felice Natale.
<3
Poi dovrete sapermi che regali avete ricevuto lol.
Seguitemi su Twitter akjslsgds.
(chiedetemi il
follow back.)
Per domande o
curiosità, askatemi pure.
Se semplicemente
volete aggiungermi su Facebook,
questa sono io. c:
E se volete
leggere la prima prima FF, ecco 'Do you
believe in love?'
Bye
ladies.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10. // One life. ***
10.
Freedom
lesse il messaggio, gemette infastidita e si avviò in
macchina.
Sarebbe stata una lunga,
lunghissima settimana.
-Freedom, ehi! Aspetta!-
urlai, correndo verso la macchina.
In quel momento, Freedom mi guardò con uno sguardo assassino
e aprì la portiera della mia Range Rover, per poi entrare in
macchina e successivamente sbattere la portiera. Povera la mia bambina,
chissà che dolore che avrà sentito. Scossi
leggermente la testa e sospirai cercando di mantenere la calma, infondo
dovevo capirla: era gelosa, ma soprattutto, era in piena età
adolescenziale. Erano atteggiamenti normali, e mi facevano impazzire. A
passo svelto raggiunsi la mia auto, salii al posto del guidatore e,
prima di mettere in moto, lanciai uno sguardo a Free. Aveva lo sguardo
perso verso l'orizzonte, massacrava il suo labbro inferiore e teneva le
braccia incrociate sulla pancia. Era così tenera.
-Piccola..- la chiamai, poggiando una mano sulle sue cosce. -Cosa
c'è adesso?-
-E mi chiedi pure cosa c'è?- mi chiese in un sussurro, senza
smettere di fissare fuori dal finestrino.
-Sì.- risposi subito. -Secondo te, tutto quello che ho detto
prima non vale più dopo il messaggio?- non rispose.
-Freedom, guardami.- lo girai leggermente il viso con una mano. -Non mi
interessa Dafne, chiaro?-
-Ma ti ha chiaramente invitato ad uscire.- disse con una vocina
stridula, poi morse il suo labbro e abbassò lo sguardo. Stava per piangere?
-Credi che ci uscirò?- le chiesi dolcemente, accarezzando il
suo viso fino ad arrivare al mento, alzai di nuovo il suo sguardo.
-Rispondimi.- ordinai, sempre con la stessa dolcezza.
-Non lo so.- sussurrò e una lacrima scappò dal
suo occhio. Prontamente gliel'asciugai.
-No.- scossi la testa. -Non ci uscirò.- le sorrisi.
-Davvero?- mi chiese, tirando su col naso.
-Davvero.- annuii, accarezzai ancora il suo viso.
-Me lo prometti?-
-Promesso.-
Improvvisamente, mi ritrovai stretto tra le sue piccole braccia.
Avvolsi anch'io le mie braccia attorno al suo corpo e le baciai
più volte la testa. Era così piccola e tenera, ed
io ero completamente pazzo di lei. Non mi interessava di Dafne, eravamo
stati amici ai tempo dell'Università ma non avrei mai perso
Free per ritrovare una vecchia amicizia. Che finì pure male
tra l'altro, quindi perché perdere tempo? Non appena Free si
staccò dall'abbraccio, le baciai dolcemente la fronte, le
sorrisi e le presi la mano, incrociando le nostre dita per farle capire
che niente e nessuno ci avrebbe mai separati.
-Allora, principessa, dove la porto?- le chiesi, alludendo alla nostra
prima uscita.
-Su una stella.- rispose ridacchiando. -Sai, questo mi ricorda
qualcosa.-
-Il nostro primo appuntamento?- sorrisi, guardandola con la coda
dell'occhio mentre svoltavo a destra.
-Quello era il nostro primo appuntamento?- arrossì, era
ancora più bella con le guance completamente rosse.
-La definirei più un'uscita.- risposi lentamente. -Il nostro
primo appuntamento sarà sabato sera alle otto,
verrò a prenderti io.- mi guardò e si morse il
labbro. Ma lo faceva a
posta?! Mi mandava in tilt tutte le volte.
-Mi hai appena invitato a cena fuori?- chiese, mordendo
ancora il suo labbro nel tentativo di nascondere un sorriso.
-No, principessa, non è un invito.- abbassò lo
sguardo. -È un obbligo vero e proprio.-
-Stronzo.- ridacchiò e colpì il mio braccio con
un pugno.
Sorrisi ancora, amavo il suo modo di fare e di comportarsi. Era
così piccola e ingenua, ma allo stesso tempo tanto adulta e
intelligente. Aveva il tipo aspetto di ragazzina insegua e lo era, ma
allo stesso tempo la sua furbizia riusciva a toccare le stelle. Era
tanto ingenua quanto furba, decisamente. Poggiai la mano sulla sua
coscia e cominciai ad accarezzarla, su e giù, lentamente.
Lei rimase immobile sul sediolino, quasi spaventata dal mio gesto
improvviso. Per rassicurarla, raggiunsi la sua mano e la
strinsi, sorridendole. Mi sorrise di rimando, lasciando la mia mano e
portandola nuovamente sulla sua coscia.
-Fai come prima, ti prego.- sussurrò, chiudendo gli occhi.
Ed io non ci misi molto ad accontentarla.
Pochi minuti dopo, parcheggiai nel vialetto di casa sua, poco distante
dalla sua abitazione. Volevo stare un po' solo con lei, senza
scocciature. Per carità, i miei nonni o mia mamma non erano
delle scocciature, ma certe volte volevo anch'io avere un po' di
privacy. Volevo poterla abbracciare senza sentirmi dire 'Justin, non ci
provare, è piccola', volevo fare con lei battute squallide
senza sentirmi dire 'Justin, non dire certe cose, è
piccola'. Ancora non riuscivo a capire, perché per tutti
conta l'età in una relazione? Se due persone si amano e si desiderano nonostante
il fatto che abbiano età molto diverse, perché
non possono stare insieme? Io desideravo
Freedom in tutti i sensi e volevo che fosse solo ed esclusivamente mia,
però mi sentivo così sotto pressione dagli altri.
Tutti a dirmi che era troppo piccola per me, tutti a ripetermi sempre
le stesse cose e a farmi le solite raccomandazioni. Perché
non potevo semplicemente vivere la mia vita e fare le mie scelte?
Perché non potevo semplicemente stare con Freedom senza che
la gente commentasse? Tutti a dire che ero troppo grande per lei, tutti
a dire che era troppo piccola per me. A nessuno però
interessava ciò che realmente volevamo io e lei. Ed io
sapevo di volere la stessa cosa che voleva anche lei.
-Cuciniamo insieme?- mi chiese la mia principessa, poggiando il
cappotto sull'appendiabiti e la borsa ai suoi piedi.
-Certo, ma questa volta decido io il menù.- ridacchiai,
appendendo anche il mio cappotto.
-Allora, chef, cosa le va di preparare?- mi prese il collo della maglia
con fare sensuale e camminò all'indietro,
ridacchiò.
-Se continui così va a finire che sul tavolo facciamo
qualcos'altro.- alzai e abbassai le sopracciglia e sorrisi, lei
ridacchiò e mi lasciò.
-Cretino.- urlò dalla cucina, per poi aprire il frigo. Risi
ancora.
-Piccola, non dirmi che non ci hai mai pensato.- le presi i fianchi e
la girai, incastrandola fra me e il bancone. -Mi vuoi almeno quanto ti
voglio io.- sussurrai, guardando i suoi occhi.
-Tu mi vuoi?- chiese, quasi sorpresa. Avevi qualche dubbio, tesoro?
-Non immagini quanto, piccola mia.- le sussurrai, baciandole la punta
del naso per poi allontanarmi. -Però, non sono un maniaco
sessuale e non ti sbatterò sul bancone della cucina.-
ridacchiai, arrossì. -Allora, cosa prepariamo?- le chiesi,
cercando di sviare il discorso.
Ancora completamente rossa in viso si girò di spalle e si
alzò sulle punte, cercando di prendere un pacco di pasta
dalla dispensa. Sorrisi e feci aderire il mio corpo al suo, senza
malizia, solo per aiutarla a prendere il pacco di pasta. Non appena lo
presi, le baciai la guancia e mi allontanai immediatamente dal suo
corpo. Non volevo che pensasse male. Dopodiché, presi una
pentola e la riempii con dell'acqua mentre lei aprì il frigo
e dal suo interno prese la panna e del prosciutto. Un primo piatto
semplice e veloce.
-Tagli tu il prosciutto o faccio io?- mi chiese, prendendo una padella
dal mobile.
-Faccio io.- risposi, prendendo un coltello.
-Mi piaceva tanto cucinare con papà.- disse, versando un
filino d'olio nella padella. -Quand'ero sola con lui facevamo tante
cose.-
-Cosa ti piaceva cucinare?- le chiesi dolcemente.
-Mi piaceva fare con lui il puré di patate oppure la mousse
di fagiolini modificata.- ridacchiò.
-Perché modificata?- mi unii alla sua risata.
-Perché papà cuoceva i fagiolini mentre io
tagliavo la buccia del limone a cubetti, poi mettevo in un contenitore
cilindrico il limone, un filo d'olio, un po' di grana dall'Italia e i
fagiolini e frullavo col frullatore a immersione.- rise ancora. -Sembra
un miscuglio orribile, invece era davvero buono. Mi ricordo bene un
giorno, papà mi venne a prendere a scuola e cucinammo
insieme questa mousse, le patate al forno e facemmo anche il merluzzo..
Mi divertii così tanto.-
Sospirò e continuò a girare la panna che aveva
versato da poco nella padella, sembrava così concentrata.
Non parlai. Semplicemente mi avvicinai, le presi la chucchiarella da
mano e la girai verso di me. Incrociai il suo sguardo e le sorrisi,
riuscivo a vedere il dolore nei suoi occhi. Poi la abbracciai, forte.
La strinsi a me, volevo farle capire che io c'ero e che ci sarei sempre
stato, volevo farle capire che non l'avrei abbandonata. Era quello il
mio obbiettivo: farle capire che non era più sola. Aveva
bisogno d'amore ed io ero lì, pronto a dargliene.
-Justin..- sussurrò sul mio collo, rabbrividii.
-D..Dimmi.- balbettai, beandomi della splendida sensazione delle sue
labbra sul mio collo.
-Davvero non uscirai con Dafne?- mi chiese, sorrisi.
-Sì, piccola.- ridacchiai. -Non ti lascerò mai
sola.- mi strinse ancora, poi si staccò.
-La panna!!- urlò, voltandosi verso il fornello e
riprendendo a girare. Risi.
-Principessa, ne ho in abbondanza se quella si brucia.- continuai a
ridere, mentre lei mi fulminò.
-Fai schifo.- scosse la testa e risse. -Mi passi il prosciutto che hai
tagliato?-
-Certo.- le passai al prosciutto, lo afferrò.
-Fa caldo qui dentro, vero?- chiese retoricamente, alzando la manica
della sua maglia fino al gomito.
In quel momento, il mio sguardo cadde sul suo braccio sinistro. In un
primo momento non riuscii a capire, poi guardai più a fondo.
Erano segni quelli che vedevo? Posai tutto ciò che avevo in
mano e mi avvicinai a lei, prendendo il suo braccio tra le mani, quasi
con prepotenza. Spalancai gli occhi, non appena capii che si trattava
realmente di cicatrici. Guardai Freedom negli occhi, il mio sguardo era
preoccupato.
-Cosa sono questi?- chiesi, con un filo di voce.
-I resti di un periodo folle.- abbassò lo sguardo. -Ma
è acqua passata, adesso.-
-Perché lo hai fatto?- le chiesi, ancora.
-Era l'unica cosa che riusciva a farmi stare bene quando tutto il resto
andava male.- sussurrò, spegnendo sotto tutti i tegami. -Era
il mio sfogo.-
-Non ti piace parlarne, vero?- chiesi, alludendo alle poche parole.
-Non è facile.- mi guardò negli occhi.-Poi te ne
parlerò, solo..non adesso, non sotto Natale..- mi
supplicò con lo sguardo, le accarezzai il viso.
-Va bene, piccola. Solo..- le baciai il braccio.- non farlo mai
più.-
-Promesso.- sorrise. -Adesso, però, mangiamo che ho fame.-
Rise e risi anch'io.
Principessa, quanto puoi
essere bella quando ridi?
FREEDOM'S POV.
Dopo mangiato, Justin mi aiutò a
fare i piatti. Era bello pranzare con lui, tutto facevamo al di fuori
di mangiare, pure la guerra col pane. Era bello stare in sua compagnia,
il sorriso non si allontanava mai dalle mie labbra ed era bello sentire
ogni tanto le sue braccia stringere il mio corpo. Mi stavo affezionando
a lui sempre di più. Ogni secondo che passava, il mio cuore
veniva risucchiato sempre più in uno scrigno di cui lui era
il proprietario. Mi aveva stregata. Ero completamente presa da lui,
ormai.
-I wanna dream what you dream, go where you going, I only have one
life..- canticchiò, gli sorrisi. -And I only wanna live it
with you.- mi girò verso di sé, incrociai i suoi
occhi. -I wanna sleep where you sleep, connect with your soul.. The
only thing I want in life. I only wanna live it with you. Oh, yeah..-
La sua voce mi provocò mille brividi lungo la spina dorsale,
mi persi nei suoi occhi e assimilai ogni parola. Aveva una voce
così bella che riusciva a entrarti dentro, toccava il tuo
cuore, si insediava al suo interno e non ti lasciava più.
Era semplicemente perfetta. Tanto bella, tanto pura, tanto vera.
-Tell me what you want, I can't believe it. I know that if we make it
there's a reason. Sometimes the sun shines, baby. Sometimes it ain't
breezy.- mi sorrise, poggiando la sua fronte alla mia e cominciando a
danzare. -I hope that maybe this time it may be different, I told you
I'mma make it happen.Yeah, you took your shot and didn't miss it, ain't
nothing more attractive than a mission.-
Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare dai suoi passi e dalle sue
parole, le sussurrava in un modo così dolce. Mi
accarezzò il fianco e avvicinò il mio corpo al
suo, a dividerci era solo un minimo spazio. Accarezzai il suo collo e
mi abbandonai ai brividi e tutte le emozioni che provavo, solo
ascoltando la sua voce a cappella.
-Hopefully you'll give me a chance, all I want is love and romance.-
sussurrò al mio orecchio. -I wanna give it all, give it all
to you.-
-Justin..- sussurrai anch'io, poggiando la testa nell'incavo del suo
collo.
-Principessa..-ripeté, baciando la punta del mio naso.
-Sto così bene tra le tue braccia.- sussurrai, poggiando il
viso tra l'incavo del suo collo.
-E a me piace tanto tenerti tra le mie braccia.- mi strinse forte,
sorrisi.
Sarei potuta restare ore intere in quella posizione, stretta tra le sue
braccia. Solo con lui riuscivo a sentirmi così bene,non
provavo vergogna o imbarazzo. Ero semplicemente me stessa, e quella era
di sicuro la cosa più bella. Non riuscivo più ad
immaginare le mie giornate senza la sua presenza, riuscivo a sentirmi
piena solo grazie a lui. Cos'avrei fatto quando se ne sarebbe andato?
Cos'avrei fatto quando lui non ci sarebbe più stato?
Sicuramente avrei passto le mie giornate sul letto come una sconsolata
a mangiare cioccolata, oppure a deprimermi guardando film romantici che
mi avrebbero ricordato Justin. Bella merda. Un cosa però era
certa: una volta entrato, non avrei lasciato che Justin se ne andasse
facilmente. In qualche modo avrei continuato a sentirlo, anche se
viveva a Cambridge e i mezzi per sentirci erano pochi.
-Principessa, che ne dici se adesso ti lascio così fai i
tuoi compiti e passo a prenderti tra qualche ora?- chiese Justin,
accarezzandomi la schiena.
-Devo proprio?- grugnii.
-Devi proprio.-rise. -Sono il tuo supplente, ricordi?-
-In questo caso, puoi farmi tu il tema?- lo guardai negli occhi
sbattendo le palpebre, mi sorrise e avvicinò il suo indice
al mio naso.
-No.- ridacchiò, toccandomi la punta del naso.
-E a cosa mi servi allora?- ridacchiai.
-Ad altro, piccola.- mi fece l'occhiolino, poggiando le mani sui miei
fianchi e avvicinando il mio corpo al suo.
-Va beeene.- dissi, prolungando la 'e'. -Ti chiamo appena finisco i
compiti.- continuai, staccandomi.
Risi ancora seguita da Justin, mi avviai alla porta d'entrata e presi
il cappotto del biondo al mio fianco, passandoglielo. Era
così bello mentre metteva addosso quel cappotto marrone
quasi più grande di lui, aveva quel non so che di
così affascinante e allo stesso tempo tenero. Sorrisi
guardandolo. Non appena fu pronto, aprii la porta e lo accompagnai fino
alla sua Range Rover nera.
-Ci vediamo dopo, allora?- chiesi, anche se sapevo
già la risposta.
-Mi pare ovvio, principessa.- sorrise. -Fa tutti i compiti da brava
studentessa.-
-Allora a dopo.- gli feci l'occhiolino, poi sorrisi.
Mi girai di spalle e feci per fare il primo passo, quando..
-Hei, principessa!- mi girai di scatto.
-Cosa c'è?- gli chiesi, sorridendo ancora. A un millimetro
dal suo viso.
-Non hai dimenticato qualcosa?- sussurrò e toccò
con l'indice la sua guancia.
-Io niente.- sorrisi malefica, girando il viso.
-Ah niente?- chiese ridacchiando.
-Nien..- dissi girandomi, prima di sentire qualcosa di morbido e caldo
a contatto con le mie labbra.
Tra i nostri visi non c'era nessuna distanza. I nostri respiri si
intersecavano, così come i nostri sguardi. Il mio, sorpreso
e contento. Il suo, soddisfatto. I miei occhi erano completamente
spalancati, era la prima volta per me e mi sentivo..realmente completa.
Mi staccai lentamente da quel piccolo, morbido e innocente bacio a
stampo, si sentì uno schiocco tra le nostre labbra non
appena separai le mie labbra dalle sue. Il cuore mi batteva
all'impazzata, il mio sguardo era sempre più sorpreso e
incredulo. Le mie mani tremavano, le mie ginocchia sembravano gelatina
e la mia testa.. la mia testa era appena stata in paradiso
senza mai smettere di lasciare il mondo terreno. Avevo appena dato il
mio primo bacio a stampo. Avevo appena dato il mio primo bacio a stampo
a Justin. Sorrisi imbarazzata e abbassai lo sguardo, trovando le mie
scarpe interessanti tutto d'un tratto. Ancora non riuscivo a crederci,
davvero avevo toccato quelle meravigliose labbra a forma di cuore che
tanto desideravo? Sì, ed era stato spettacolare.
-Chiamami appena finisci.- sussurrò Justin al mio orecchio,
alzandomi poi il viso con l'indice. -A dopo, mia principessa.-
sussurrò ancora, baciando la mia guancia.
Incapace di parlare o di reagire, aspettai che si mettesse in macchina
e che partisse prima di fare retro front e di entrare in casa. Non
appena fui dentro casa chiusi la porta e mi ci appoggiai, scendendo
sempre più giù. Il mio viso aveva un'espressione
sognante ed ero al settimo cielo. Justin aveva rubato il mio primo
bacio e anche il mio cuore, cos'altro avrebbe voluto prendersi? Be',
qualunque cosa avrebbe voluto portare via con sé gliel'avrei
data, perché lui era l'unico a farmi sentire dannatamente
bene solo con uno sguardo ed ero sicura che avrebbe conservato con cura
tutto ciò che gli avrei dato.
I wanna dream what you
dream, go where you’re going.
I only have one life, and I only wanna live it with you.
I wanna sleep where you sleep, connect with your soul.
The only thing I want in life, I only wanna live it with you.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
SONO IN RITARDO!
Diciamo che ho cominciato benissimo il 2014, perrrrrdono. So, prima di
tutto BUON ANNO A TUTTE!! Come avete passato il Capodanno? E il Natale?
Avete avuto bei regali? Io ho ricevuto un paio di scarpe, un capello e
i soldi, con i quali mi comprerò tanti vestiti visto che ci
sono i saldi. Prima, però, devo dimagrire perché
ho fatto letteralmente schifo in questi giorni, la nonna ha cucinato
cose troppo buone ed io ne ho approfittato per mangiare di tutto..a mio
rischio e pericolo. Be', non voglio deprimervi ancora, quindi passiamo
al capitolo. :3
SI SONO BACIATI, LA LA LAAA. Vi ho fatto contente? Eeh? Eeh? Eeh?!
Volevo pubblicare questo capitolo il trentuno sinceramente,
però non ho avuto un briciolo di tempo per scrivere e l'ho
potuto ultimare solo adesso.. Pensate che dovrei pure fare i compiti di
storia, ma adesso non c'ho palle. u.u Allora, vi piace? Spero di
sì, perché mi sono sforzata per rendere la parte
del bacio almeno carina e penso di esserci riuscita.
RINGRAZIO TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO SEMPRE. Ogni qual volta che posto
un nuovo capitolo perdete sempre tanto tempo a leggere, e vi ringrazio.
UN GRAZIE SPECIALE A CHI RECENSISCE. Dio, ragazze, sedici recensioni
nell'ultimo capitolo! Ma stiamo scherzando?! Vi amo.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
E PER CONCLUDERE, GRAZIE ANCHE AI LETTORI SILENZIOSI. Vi ame
così, vi ame così, e vi ame anche un po'
così. c:
Un bacione a tutti, belli e brutti.
Spero che il 2014 sarà un anno perfetto.
Vi amo.
Sharon.~
Ps: mi lasciate qualche recensioncina? *-*
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Capitolo 11 *** Capitolo 11. // Nobody loves me. ***
11.
JUSTIN'S POV.
Col sorriso stampato in volto e il cuore a
mille, svoltai a destra e abbandonai definitivamente casa di Free.
Finalmente l'avevo baciata e, come avevo sospettato, le sue labbra
erano dannatamente morbide. Ciò che rese quel nostro primo
bacio ancora più bello, era che il fatto che quel bacio non
fosse un bacio programmato. Non avrei mai pensato che avrebbe girato il
viso proprio nel momento in cui stavo per baciarle una guancia e sono
rimasto spiazzato. Be', molto meglio toccare le sue labbra che la sua
guancia. Per quanto fosse morbida e liscia, preferivo di gran lunga le
sue rosee labbra, altrettanto morbide. Ero ancora sognante e il mio
cuore non smetteva di battere, cosa mi stava facendo quella ragazza di
così tanto forte? Solo con Lana mi sentivo così
felice, non sorridevo così tanto da mesi. Freedom mi aveva
stregato, mi aveva fatto ricordare cosa significava amare qualcuno. Chi
l'avrebbe mai detto che un uomo di ventisette anni che viveva
a Cambridge, potesse innamorarsi di una ragazzina di quindici anni che
aveva conosciuto a casa dei suoi nonni di Stratford? Io non l'avrei mai
detto, eppure lo stavo provando sulla mia stessa pelle.
A distogliermi dai miei pensieri, fu il cellulare che
cominciò a squillarmi. Senza neanche dare un'occhiata al
display per vedere il nome della persona che mi stava chiamando,
risposi.
-Principessa, hai già finito di studiare?- dissi, sorridendo
e portando il cellulare tra l'orecchio e la spalla.
-Fare la segretaria di mamma è già abbastanza,
devo studiare ancora?- rise Dafne, sospirai.
-Oh, sei tu, Dafne.- risi. -Credevo fosse Freedom.-
-Freedom?- chiese.
-Una mia amica.- risposi semplicemente, alzando gli occhi al cielo. -A
cosa devo questa chiamata?-
-Dato che prima non hai risposto al mio messaggio e che mi trovo a
Stratford, pensavo potessimo prendere qualcosa al bar insieme.-
-Dafne, non lo so..-
-Non ci vediamo da tanto, Justin.- mi interruppe.-In memoria dei
vecchi tempi, giusto un caffé per fare due
chiacchiere.-
-Okay, va bene.- sospirai. -Ci incontriamo al bar fuori all'Avon tra
cinque minuti, va bene per te?-
-Sono già lì.- ridacchiò, prima di
attaccare.
Sospirai frustrato e mi passai una mano sul viso, prima di inserire la
terza e sfrecciare verso il centro. Avevo promesso alla mia Free che
non sarei uscito con Dafne, mi sentivo un coglione ad aver accettato
l'invito. Ma infondo, che male c'era se prendevamo un caffé,
facevamo due chiacchiere e poi ognuno per la propria strada? Mi
tranquillizzai e sforzai un sorriso, prima di girare a sinistra e
prendere la via per il centro. Per non finire nei casini con la mia
principessa bastava solamente non lo venisse a sapere, ed io di certo
non gliel'avrei detto. Non volevo di certo litigare con lei dopo il
nostro bacio, il nostro primo e innocente bacio a stampo. Dio,
perché non riuscivo a smettere di pensare alla sensazione
che provavo quando le sue labbra erano a contatto con le mie?! Principessa, hai davvero dei
super poteri se riesci a farmi questo.
Qualche minuto dopo, parcheggiai l'auto vicino al centro e
mi avviai a piedi verso il bar. La chioma bionda di Dafne era ben
distinguibile anche a chilometri di distanza. Mi avvicinai piano, le
mani in tasca e un sorriso sforzato sul viso. Al tempo
dell'Università eravamo molto amici, fu grazie a lei che
conobbi Lana. Uscivamo insieme tutti e tre, le chiedevo sempre consigli
come fare colpo su Lana e mi aiutò molto. Poi, quando il mio
matrimonio finì, Dafne mi voltò le spalle e
andò via, mi ritrovai così solo.
-Hey.- la salutai, mi sorrise.
-Ciao, Justin.- mi baciò una guancia. -Entriamo? Fuori fa
freddo.-
-Okay.- risposi semplicemente, aprendole la porta per farla entrare.
-Allora, cosa mi racconti?- mi chiese, non appena ci sedemmo.
-Solita routine.- feci spallucce. -Casa e lavoro. Cambridge
è tanto grande e bella, ma preferisco i posti piccoli e
accoglienti come Stratford. Da quando Lana mi ha lasciato non faccio un
granché. Tu, invece?-
-Solita routine, casa e lavoro.- mi imitò, sorridendo. -Da
quando Ylvis mi ha lasciato non faccio un granché.-
-Quando ti ha lasciato? Stavate insieme dall'inizio dei corsi
all'università!- sbottai incredulo, poggiando i gomiti sul
tavolino.
-L'ho trovato che si stava scopando mia sorella...- abbassò
lo sguardo per poi rialzarlo. -il giorno del nostro matrimonio, il mese
scorso.-
-Mi dispiace.- dissi sinceramente, sorridendo appena. -Guarda il lato
positivo, puoi viaggiare e andare in Africa ad aiutare i bambini poveri
come sognavi.-
-Infatti ho già fatto il biglietto, dopo le vacanze
natalizie si parte, babe!-
Rise, ed io mi unii alla sua risata. Non era tanto male parlarle,
infondo. Ordinammo un paio di caffé e continuammo a
chiacchierare amichevolmente, anche se la mia testa era ancora
concentrata sulla mia piccola Freedom. Lei stava studiando mentre io
stavo con Dafne, inoltre le avevo pure promesso che non sarei uscito
con Dafne. Mi facevo schifo da solo. Abbassai lo sguardo sul mio
caffé espresso e sospirai, prendendone l'ultimo sorso.
-Qualcosa non va?- mi chiese Dafne, interrompendo il suo discorso.
-Insomma.- ridacchiai. -Non dovrei essere qui, sai?-
-Perché?- aggrottò le sopracciglia.
-Potrei rischiare di litigare con una ragazza..- abbassai lo sguardo.
-Freedom?- annuii.
-Già.- sorrisi, ricordando il bacio di prima.
-State insieme?- mi chiese, ancora.
-No.- arricciai il naso.
Non ancora. Volevo
aggiungere, ma le parole mi si bloccarono alla gola. Il solo pensiero
di stare con Free mi mandava su un altro pianeta, era la cosa che in
quel momento più desideravo e non vedevo l'ora di rivederla
e di riabbracciala. Di ribaciarla.
-È più piccola di me.- continuai, sospirando. -E
di tanto, anche.-
-Quanto?-
-Dodici anni.-
-Pedofilia portami via.- Dafne rise, ridacchiai anch'io.-Ti piace?-
-Tanto.-mi soffermai.-Quando sono con lei, è come se
ritornassi adolescente.-
-Tu le piaci?-
-Credo di sì.-
-Arrossisce quando le dici cose dolci?- annuii. -Sorride quando le
prende la mano?- annuii ancora. -Secondo me, è pazza di te.
Insomma, chi non cadrebbe ai piedi di un sex symbol come te?-
-Finiscila.- risi. -Dopo anni ancora la storia del sex symbol.-
-Ma lo sei.- fece spallucce. -Cosa aspetti a chiederle di essere la tua
ragazza?-
-Non so se è il caso, siamo così diversi..-
-Justin, a te piace sì o no?-
-Sì.- sonno
completamente pazzo di lei, volevo aggiungere ancora una
volta.
-Allora fregatene del resto e pensa un po' a te. Segui il tuo cuore.-
si ammutolì un secondo, sorrisi appena. -Inoltre, ho un
piano.-
Sorrise malefica, lo stesso sorriso che aveva qualche anno fa quando la
sua mente veniva invasa da pensieri folli e tecniche strane ma
infallibili. Si avvicinò di più a me e
cominciò a spiegarmi nei minimi particolari il suo piano,
ancora non riuscivo a capire come riusciva a elaborare così
tante cose con così tanti dettagli in così poco
tempo. Io ascoltai attento ogni sua singola parola, infondo le sue idee
e i suoi piani non avevano mai sbagliato e, magari, al termine
del piano sarei stato felicemente fidanzato con la mia piccola
principessa.
-Tutto chiaro?- mi chiese, non appena terminò di spiegarmi
ciò che aveva in mente.
-Cristallino.-ridacchiai.
-Mi raccomando, fuori la bancarella dove si vendono vasi in vetro
soffiato.- annuii.
-Dafne, lo so.- sbuffai, il cellulare vibrò. -Eccola.-
-Ci vediamo tra poco.- baciò la mia guancia. -E, Justin..?-
-Sì?-
-Mi ha fatto piacere rivederti.-
-Anche a me.-
Dissi sincero, lasciando abbastanza soldi sul tavolo per pagare sia la
mia che la sua ordinazione. Guardai il messaggio che mi aveva mandato
Freedom e sorrisi, solo lei poteva litigare con le penne e le matite
nel suo porta pastelli. Mi misi in macchina e sfrecciai verso casa sua,
non vedevo l'ora di poterla stringere nuovamente fra le mie braccia e,
sopratutto, non vedevo l'ora di cominciare il piano che Dafne
aveva preparato per me.
Amore mio, non sai cosa ti aspetta.
FREEDOM'S POV.
Indossai il cappotto e uscii velocemente di
casa, chiudendo successivamente la porta alle mie spalle e
posando le chiavi nella tasca interna del cappotto. Justin non era
ancora arrivato, fortunatamente. Dovevo ancora prepararmi
psicologicamente dopo quel bacio, mi aveva letteralmente messa K.O. e
non sapevo che dire o che fare. E se sarebbe cambiato qualcosa dopo
quel piccolo bacio? Io non volevo assolutamente che qualcosa tra di noi
potesse cambiare, il nostro rapporto era perfetto
così com'era e non volevo che dopo quel bacio potesse
esserci imbarazzo o vergogna. Pochi minuti dopo, la Range Rover di
Justin si fermò a pochi metri da me e il sorriso che
incorniciava il viso del mio principe riuscì a farmi sentire
immediatamente meglio e la paura che qualcosa fosse cambiato subito
¨
scomparì. Sorrisi anch'io, correndo per arrivare il prima
possibile da lui.
-Fatti i compiti?- Justin alzò e abbassò
più volte le sopracciglia, sorridendo.
-Sì, mister Bieber.- sbuffai. -Faccio sempre il mio dovere,
io.-
-Sai dicendo che io non faccio il mio dovere?- disse ridendo, sorrisi.
-Be', intanto non mi hai dato un bacio.- indicai la mia guancia, per
poi sentire le sue labbra premerci sopra.
-Va meglio, mia principessa?- sussurrò, fissando i miei
occhi.
-Perfettamente.- mi persi nel caramello dei suoi occhi, sorrisi.
Lentamente si avvicinò al mio viso, chiusi gli occhi
pensando che volesse collegare nuovamente le nostre labbra quando
invece.. mi baciò la punta del naso. Trattenni un sospiro e
sorrisi appena, quasi delusa dal fatto che non mi avesse baciata. Ma
cosa mi aspettavo? Infondo era stato solo un momento di distrazione da
parte di entrambi, lui voleva darmi un bacio sulla guancia e si stava
avvicinando ed io, nello stesso momento, mi stavo girando per poterlo
guardare negli occhi. Le nostre labbra si sono incontrate per caso,
solo per puro caso.
-Ti va di andare ai mercatini di Natale?- mi chiese, incrociando le
dita delle nostre mani. -Vorrei regalare qualcosa a tua mamma, per
Natale.-
-Ah, giusto,- ridacchiai. -quasi dimenticavo che ci provi con
mia mamma.-
-Ancora con questa storia?- alzò gli occhi al cielo,
scherzando. -Per quanto tua mamma è bella e sexy,
preferisco le ragazze più giovani di me.- rise. -Tu sei
un'ottima scelta.- mi fece l'occhiolino, arrossii.
-La smetti di farmi sempre arrossire?!- sbottai, dandogli un leggero
schiaffetto dietro la nuca. -Sei impossibile.-
-Ah, io sarei impossibile?- rise.
-Sì, tu.- mise il broncio. -Mi vuoi vedere sempre sempre in
imbarazzo.- dissi, con gli occhi da cucciola e una voce tremendamente
tenera.
-Oh, così non vale però.- gemette, fermandosi al
semaforo rosso e guardandomi. -Sai che adoro quella faccia.-
-È per questo che la faccio.- sbatté
più volte le palpebre.
-Sei un angioletto malefico.- scossi la testa.
-Un angelo delle tenebre, babe.- gli feci l'occhiolino, prima di
baciarlo su una guancia e sedermi per bene al mio posto.
Mi guardò sorridendo, prima di inserire la terza e partire
velocemente. In poco tempo arrivammo ai mercatini di Natale, gli stessi
in cui passammo la nostra prima uscita insieme. Era passata quasi una
settimana e già mi sentivo così legata a lui,
già avevo completamente la testa. Cosa può fare
l'amore. Justin parcheggiò l'auto non molto
lontano dalle prime bancarelle, venne ad aprirmi la portiera da bravo
gentiluomo e mi porse la sua mano, intrecciando le nostre dita. Ed ecco
che una nuova scarica di brividi si irradiò lungo il mio
corpo.
-Cosa piacerebbe a tua mamma?- mi chiese Justin, osservando gli oggetti
esposti.
-Non lo so.- risposi, facendo spallucce. -Non mi sono mai preoccupata
di farle un regalo, ha sempre odiato il Natale.- scossi la testa.
-È pazza.-
-Be', quest'anno cambierà idea.- sorrise. -Credo di aver
visto il regalo perfetto.-
-Cioè?- chiesi, piegando la testa di lato.
-Seguimi.- mi trascinò con sé vicino ad una
bancarella dove si vendevano oggetti in vetro soffiato decorati, erano
stupendi. -Ho notato che a tua mamma piacciono molto i soprammobili in
vetro, potrebbe piacerle qualcosa di simile?- mi chiese, indicando un
vaso sottile e lungo, alla base era blu e il colore andavo sfumando con
l'altezza.
-Credo che ne andrebbe pazza.- risi.-Potrebbe metterlo vicino alla sua
collezione, ha già un vaso verde e uno arancione simile a
questo.-
-Allora lo prendo, vaso sul sicuro.- rise.
-Vuole un pacco regalo?- ci chiese un uomo basso con la
pancia, gli occhiali e la barba bianca, era tenero come Babbo Natale.
-Sì, grazie.- disse Justin, girando la testa verso destra.
-Dafne?- sbottò, aggrottando le sopracciglia. Una ragazza
bionda si girò.
Improvvisamente, mi bloccai. Sotto quella perfetta chioma bionda, c'era
una bellissima ragazza col sorriso smagliante e gli occhi delle stesso
colore del cielo, molto alta e snella. Era la perfezione in persona. Si
attaccò al collo di Justin e gli baciò
più volte le guance. E credetemi, in quel momento volevo
legarla ad una sedia e farle la ceretta alla testa, oppure legarla sui
binari del treno e aspettare che venisse schiacciata da tonnellate e
tonnellate di acciaio. Dentro di me c'era una guerra, non sapevo se
essere triste o arrabbiata, non sapevo se dovevo dire a Justin di
andare o restare. Non volevo che quella Dafne potesse portarmelo via,
eppure non facevo niente per evitarlo.
-Justin? Cosa ci fa qui?- chiese lei, sorridendo.
-Sono in giro con una mia amica.- rispose lui, e in quel momento il
mondo mi cadde addosso. -Piuttosto, tu cosa ci fai qui?-
-Sto facendo compere. Tra poco è Natale e devo ancora fare
gli ultimi regali.-rispose lei, sorridendo ancora.
-Vuoi unirti a noi?- chiese Justin, io ero ancora bloccata.
-Non vorrei disturbare..- ecco,
brava, E.V.A.P.O.R.A., avrei voluto dirle, ma non trovai
il coraggio.
-Non disturbi affatto, vero Free?- mi chiese Justin, sorridendo.
Mi girai verso il suo viso e incrociai i suoi occhi, scossi la testa e
sorrisi appena, un sorriso del tutto falso. Dentro di me stavo dicendo
i migliori insulti a quella bionda cotonata, la stavo pestando a sangue
e la stavo mandando via a calci in culo. Ma nella realtà,
invece, ero ferma, immobile. Stavo sopportando le sue mani sulle
braccia di Justin, stavo sopportando che incollasse il suo corpo a
Justin, stavo sopportando che parlasse a Justin. Più
semplicemente, stavo sopportando la sua presenza, senza opporre nessuna
resistenza. E a Justin sembrava piacere la sua compagnia, non si era
ancora reso conto che, così facendo, mi stava distruggendo
dentro. Stava distruggendo me, ma sopratutto, stava distruggendo tutte
le speranze che si erano create di diventare sua, sua e basta.
-Che ne dici, Justin, potrebbe piacere a mia madre?-
chiese la bionda a Justin, alzando una sciarpa.
-Non credo, secondo me è meglio prenderle qualcosa di
più adatto.. Il rosa shocking non è proprio
adatto a lei.-
-Hai ragione.- rise Dafne. Come una papera, ci terrei a precisare.
-Prendile questa.- disse Justin, passandole un'altra sciarpa.
-Ehm, ragazzi?- li chiamai, ma nessuno di loro sembrò
prestarmi attenzione. -Volevo solo avvertirti che io vado.-
-Come vai?
Dove vai?- mi chiese Justin, girandosi di scatto. Oh, finalmente ti sei accorto
della mia presenza, tesoro.
-A casa, i muri sono più amichevoli.- feci
spallucce. -Ci vediamo..- li congedai così semplicemente,
poi mi girai.
-Aspetta, Free!- Justin mi prese il braccio. -Resta con noi.-
-Preferisco andare a casa.- sussurrai, pregando le lacrime di non
uscire. -Puoi lasciarmi, per favore?-
-Ma..- strattonai il mio braccio, mi lasciò. Lo guardai
un'ultima volta, incrociando i suoi occhi.
-Ci vediamo a scuola.-
Sussurrai piano, scandendo bene ogni parola. Mi rigirai, e quella volta
non mi trattenne. Cominciai a camminare piano, le mani nelle tasce del
cappotto e il viso completamente coperto dalla sciarpa. Lacrime amare
scendevano dai miei occhi e il vuoto che sentivo fino a qualche
settimana fa era comparso, di nuovo. Per Justin ero solo un'amica, quel
bacio che c'era stato poche ore prima non era significato nulla per
lui. Ero solo un'amica, un'amica, un'amica. Solo un'amica, una
stupidissima e insulta amica.
'Va a farti fottere, Free. Va a farti fottere come sono andate a farsi
fottere tutte le speranze che avevi.' urlai
dentro me, sentendomi ancora più male.
'Un'amica, sei solo sua amica. Cosa credevi, che un ragazzo bello come
Justin potesse innamorarsi di una ragazzina come te?' continuò
ad urlare una voce dentro la mia testa. Apparve il viso di Justin.
'Sei solo un'illusa, mia principessa.' ripeté
la voce nella mia testa, assumendo una sfumatura sempre più
simile alla voce di Justin. Poi apparve il viso di mio padre.
'Tutti ti abbandonano,
ancora non hai capito che nessuno ti vuole realmente?' chiusi
gli occhi, mi fermai in mezzo alla strada e lasciai che le lacrime
scendessero lungo il mio viso, pallido. Apparve il viso di mia madre.
'Sei sempre sola a casa,
secondo te per quale motivo, Freedom? Sei talmente noiosa che anch'io,
che sono tua madre, odio la tua compagnia.' basta. Basta.
Portai le mani alla testa e serrai forte gli occhi, mi inginocchiai nel
bel mezzo della strada e pregavo perché quelle voci
smettessero di parlare e quei volti di girare e di apparirmi.
E poi si aggiunsero anche il viso di Diane, quello di Bruce, Rebecca
Black, Nicholas, Boyce e Logan.. Tutti erano contro di me, nella mia
testa, nei miei pensieri. Tutti erano contro di me, nessuno mi voleva
realmente. Anche Justin si era stancato di me, anche lui aveva deciso
di abbandonarmi per una sua 'vecchia
amica'.
Ero sola, come lo ero sempre stata.
-Hei, chiunque di sia, alzati! Che ci fai in mezzo alla strada?!-
Urlò una voce dall'altra parte della strada, ma non
l'ascoltai. Era tanto simile a quelle voci che sentivo nella mia testa
e, forse, l'avevo sentita proprio nella mia testa. Infondo, a chi
sarebbe dispiaciuto se una macchina mi avrebbe presa sotto?
-Dico a te!- urlò ancora il ragazzo, correndo verso di me. Allora non era la mia
immaginazione? -Cosa ci fai in mezzo alla strada? Una
macchina potrebbe passare e..aspetta, Aqua?- alzai piano lo sguardo,
incrociando gli occhi marroni di Nicholas. -Aqua, cos'è
successo?- si inginocchiò, abbracciandomi.
-Perché piangi?-
-No, lasciami.- mi divincolai dalla sua stretta, singhiozzando.
-Lasciami, lasciami!! Nessuno mi vuole, nemmeno tu! Lasciami!- Urlai,
piangendo ancora di più. Mi alzai.
-Hei, ehi!- mi strinse ancora. -Aspetta, cos'è questa storia
che nessuno ti vuole?- si alzò con me, bloccandomi per le
spalle.
-Nessuno mi vuole.- sussurrai, il mio labbro inferiore tremava.
-Chi lo dice?- chiese Nicholas, ancora più preoccupato.
-Le voci.- risposi, continuando a piangere e a guardare un punto
indefinito del paesaggio.
-Quali voci?-
-Quelle nella mia testa.- risposi, guardandolo negli occhi.
-Papà mi ha abbandonata, mamma non è mai a casa,
Justin si è già stancato di me.. Ancora un po' e
anche Bruce e Diane mi diranno 'Sei
ancora qua? Perché non vai da qualche altra parte?'
e tu e Boyce e Logan mi rimpiazzerete con una ragazza più
bella e simpatica di me, magari bionda, con gli occhi azzurri e un
fisico perfetto.- singhiozzai.
-Aqua, piccola, perché dici così?- mi
asciugò le lacrime. -Non è vero che nessuno ti
vuole, anzi. Tua mamma ti ama, così come tuoi padre e anche
Justin prova dei sentimenti per te, si vede lontano un miglio
che è pazzo di te. E credimi, io, Boyce e Logan non potremmo
trovare un'amica migliore di te.- lo guardai negli occhi.
-E perché sono sempre sola?-
-Perché non dai a nessuno la possibilità di
entrare nella tua vita per la paura di rimanere sola.- mi
accarezzò il viso. -Posso accompagnarti a casa?- mi chiese,
accarezzando il mio viso.
-Solo se dopo rimarrai con me.- gli chiesi, mentre altre lacrime
rigarono il mio viso.
-Rimarrò solo se la smetti di piangere.-
Annuii e lasciai che poggiasse un braccio sulle mie spalle, mentre
insieme camminavamo verso casa mia. E infondo aveva ragione, non
lasciavo entrare nessuno nella mia vita perché avevo paura
che questo qualcuno potesse lasciarmi sola, potesse abbandonarmi,
potesse farmi del male. Con Justin era stato diverso, lui era entrato
dentro me così, improvvisamente. Non aveva la chiave del mio
cuore, eppure si era insediato al suo interno, aveva costruito un
castello ed era seduto al suo trono, senza avere la minima intenzione
di lasciarlo. Mi aveva stregata e mi aveva distrutta in un secondo. Era
riuscito a farmi innamorare, ed era riuscito a farmi crollare il mondo
addosso. Così, solo per gioco. Molto probabilmente se la
stava spassando con quella Dafne mentre io ero lì a
piangermi addosso. Cosa
può fare l'amore.
-Aqua, mi hai sentito?- sbattei più volte le
palpebre e mi concentrai su Nicholas, scuotendo la testa.
-No..-sussurrai.
-Non importa.- mi accarezzò il viso. -Rimaniamo in giardino
sulla neve?- mi chiese.
-Così potrai andar via quando vuoi..- sussurrai.
-Allora entriamo dentro e chiudiamo la porta d'entrata a chiave, poi
entriamo in camera tua e sbarriamo la porta e le finestre,
dopodiché entriamo nel tuo bagno e ripetiamo lo stesso
procedimento ed infine entriamo nella doccia. Così
sarà più difficile per me andarmene.-
ridacchiò, sorrisi anch'io. -Hei, ti ho fatto scappare un
sorriso, sono un mito.- si pavoneggiò, prendendo le chiavi
di casa dal mio cappotto e aprendo il portone. -Prego, signorina
Aquamarine.- fece un inchino, entrai sorridendo.
-Merci.- tirai su col naso, appoggiando il cappotto all'appendiabiti.
-Vieni.- gli presi il braccio e lo trascinai sul divano, accendendo la
tv. -Adesso non te ne andrai più.- sussurrai, appoggiando la
testa sulle sue gambe.
-Non me ne andrò.- sorrise.
-Ti voglio bene, Nicholas..- sussurrai ancora, sbadigliando. -Sei un
vero amico.-
-Ti voglio bene anch'io, Aqua.- sorrise. -Sei la mia migliore amica,
per te questo ed altro.-
Sorrisi appena e cerca di svuotare la mente, concentrandomi solo ed
esclusivamente sulle carezze di Nicholas sui miei capelli. La testa mi
scoppiava, avevo sonno e mi sentivo tremendamente stanca. Lentamente
chiusi gli occhi e immaginai me e Justin, abbracciati, le nostre labbra
unite come i nostri corpi, i nostri cuori che battevano all'unisono. Un
sogno. Quello poteva essere solo un sogno. Sospirai e serrai gli occhi,
forte. Strinsi il pantalone di Nicholas tra le dita e cercai di restare
calma e di non scoppiare a piangere di nuovo. Nicholas capì
che qualcosa non andava e mi sussurrò di stare calma.
Continuò ad accarezzarmi la testa e lentamente mi calmai..
Be', forse non era male come idea quella di essere fidanzata con Justin
solo nei miei sogni. Avrebbe fatto male quando l'avrei visto, ma almeno
sarei stata felice, nei miei sogni..
Poi il cellulare prese a squillarmi. Lo presi in mano sospirando, avevo
quasi paura di leggere chi mi stava cercando.
Da:
Justin.<3
'Hei,
principessa.. Perché sei andata via? Credevo non ti
dispiacesse che Dafne si fosse aggiunta a noi, ma ovviamente mi
sbagliavo.
Posso passare da te? Mi manchi, e voglio restare con te tutto il resto
del pomeriggio a coccolarti.
Rispondimi, per favore.
xx Justin.'
E
come se fosse ferito da tante piccole lame, il mio povero cuore
cominciò a sanguinare. Lanciai il mio cellulare sull'altro
lato della stanza e, distrutta, mi gettai tra le braccia di Nicholas e
cominciai a piangere a più non posso. Cos'avrei dovuto fare?
Il mio cuore mi incitava a chiamarlo, la mia testa continuava a urlarmi
che ero una stupida. Piansi, piansi e continuai a piangere, pure
l'anima avevo cacciato fuori. Stanca e amareggiata, mi stesi nuovamente
sul petto di Nicholas e chiusi gli occhi, cadendo in pochi minuti in un
sonno profondo.
Magari, nei miei sogni, sarebbe successo qualcosa di bello e per un po'
avrei lasciato stare tutta quella merda che mi circondava.
...sperando solo di non
sognare Justin.
I’m running
out of time,
where is my runaway love?
Searching low and high,
know that I’m
not given up,
I’d give it
all up for us.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Ciao pupe. c:
Sono in un anticipo stramega enorme, amatemi lol. Questi ultimi giorni
sono i più liberi che c'ho, ho quasi finito i compiti delle
vacanze e mi sento libera come una farfalla. Be', vorrei essere una
farfalla.. vorrei poter volare dove voglio, poter svolazzare da fiore a
fiore, poter vedere le cose più belle della natura. E poi
morire, dopo un solo giorno. Be', sicuramente dopo questo capitolo
volete tutte farmi fuori, quindi diventare una farfalla mi conviene
lol.
Quindi, adesso non mi dilungo e passo direttamente al capitolo.
AAAAAALLORA?! L'ho scritto tutto ieri in due parti, avevo l'ispirazione
a mille e succedono, come vedete, tante cose. La nostra piccola Freedom
si sente sola, il piano infallibile di Dafne sembra dare i suoi
frutti.. ma in bene o in male? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Mi lasciate un po' di recensioni per questo capitolo? Ci tengo
tantissimo, vorrei sapere i vostri pareri.<3
COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.
È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce
sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~
ps: perdonate gli errori, non ho riletto.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12. // E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio. ***
12.
JUSTIN'S POV.
Farmi aiutare da Dafne per conquistare
Freedom era stata
la cazzata più grande che avessi mai fatto. Avevo visto Free
andare via, da sola..la mia Free. Aveva detto che ci saremmo visti a
scuola il giorno dopo, ma io non volevo vederla solo a
scuola, cavolo. Io volevo stare con lei ogni minuto, ogni secondo, ogni
attimo. Volevo passare giorni interi con lei, serate sul divano a
vedere la TV, notti svegli a parlare abbracciati sul suo
letto.
Volevo viverla, volevo che lei fosse mia. Non volevo vederla
direttamente il giorno dopo, cos'avrei fatto tutto il pomeriggio a casa
da solo? Mi sarei girato i pollici?
Bella mossa, Bieber.- mi
intimò la mia coscienza, ma in quel momento la mandai a
farsi fottere, sapevo di essere stato un coglione.
Parcheggiai la macchina fuori al vialetto di casa della mia principessa
-se potevo ancora
definirla tale. Era
passata poco più di mezz'ora da quando era andata via, avevo
da
poco lasciato Dafne alle sue compere perché doveva dirmi
altri
dettagli sul suo fottuto piano. In pratica, dovevamo fare ingelosire
Freedom per capire se realmente mi desiderava come io desideravo lei
per poi dirle che era tutto uno scherzo, chiederle di stare insieme e
vivere per sempre felici e contenti. Mi sembrava un piano perfetto, ma
forse era solo l'arte della retorica che possedeva Dafne a far sembrare
tutto Fottutamente perfetto.
E invece, sembrava che proprio con quel piano avessi rovinato tutto.
Una volta sceso dalla macchina, mi avviai a passo svelto verso
l'entrata di quella piccola casetta imbiancata. Poco prima avevo
mandato un messaggio a Free ma non avevo ricevuto risposta.
Le
avevo scritto che mi mancava e che volevo passare il pomeriggio a
coccolarla, in quel momento mi trovavo fuori casa sua proprio
per
poter fare ciò che avevo detto nel mio messaggio. Volevo
sedermi
con lei in braccio sul divano, accarezzarle il corpo e farla rilassare
sotto al mio tocco, volevo farle capire che lei era l'unica per me ed
io volevo essere l'unico per lei. Dato che però non avevo
ricevuto risposta, avevo abbastanza dubbi sul fatto che volesse ancora
vedermi.
Toc. Toc. Toc.
Con le nocche, bussai alla sua porta. Mossa stupida, dato
che aveva una porta in legno massiccio e non si sentiva nulla.
Driin, driiin.
Mi allontanai di qualche decina di metri sentendo i passi
di
qualcuno dietro la porta, quest'ultima si aprì, ma
stranamente non incontrai gli occhi azzurri di Free.
-Nicholas? Cosa ci fai qui?- chiesi, perplesso.
-Cosa ci fai tu qui.- mi disse, squadrandoti. -Non ti è
bastato far piangere Free già una volta? Vuoi il bis?-
-Cosa?- chiesi -Dov'è Free?-
-Sta dormendo.- rispose scocciato. -Non sai cos'ha passato fino a poco
fa.-
-Cos'è successo?-
Chiesi, ancora più preoccupato. Non volevo che fosse
successo
qualcosa a Free a causa mia, non mi sarei mai perdonato una cosa del
genere. L'avevo fatta piangere? Quando Nicholas me lo disse mi cadde
tutto il mondo addosso, il solo pensiero che la mia piccola avesse
versato qualche lacrima a causa mia mi faceva salire la nausea,
sopratutto dopo tutto ciò che le avevo detto. Non volevo che
stesse male, io volevo la sua felicità, il suo sorriso. Ero
stato solo un coglione ad accettare la proposta del piano.
Nicholas scosse la testa e aprì completamente la porta per
farmi
entrare, dopodiché entrammo in cucina, Nicholas chiuse la
porta
alla nostre spalle e ci sedemmo al tavolo. Sinceramente, mi dava
fastidio la sua presenza a casa di Free.Non ero abituato a vederla con
altri ragazzi, era sempre e solo stata con me in quei giorni e non
volevo assolutamente che qualcun'altro potesse rubare ciò
che
apparteneva a me.
-Non so cosa sia successo.- cominciò Nicholas, interrompendo
i
miei pensieri. -So solo che ho trovato Aquamarine inginocchiata in
mezzo alla strada, aveva la testa fra le mani e piangeva. Inizialmente
non l'ho riconosciuta, poi ho capito che era lei quando ha alzato la
testa. Mi ha detto che dovevo lasciarla perché tutti
l'abbandonano e la lasciano sola, tutti si stancano di lei. Suo padre,
sua madre..- sospirò.-..tu..- scosse ancora la testa, mentre
mille lame mi trafiggevano il cuore. -Senti Justin, so che sei molto
più grande di noi e puoi considerare Freedom ancora una
bambina,
solo..non illuderla. Ha pianto l'anima poco fa, è stata
malissimo e non faceva altro che piangere e soffocare le urla sulla mia
maglia. Io le voglio bene, è la mia migliore amica. Non
voglio
che accadano più cose simili.- chiusi gli occhi.
-Io non la considero una bambina.- riaprii lentamente gli
occhi,
piantandoli in quelli di Nicholas che silenziosamente mi intimavano di
continuare. -A me Free piace davvero.-
-E allora perché ha detto che l'hai abbandonata e che ti sei
stancato di lei anche tu?-
-Perché sono un fottuto idiota, ecco perché.-
dissi semplicemente, fissando il soffitto.
-Come, scusami?- chiese Nicholas, alzando un sopracciglio.
-È partito tutto da oggi pomeriggio..- cominciai a
raccontare, partendo dal mio incontro con Dafne.
Gli raccontai di tutto: dei miei sentimenti, del piano, dell'uscita che
dovevo rifiutare, dell'incontro ai mercatini di natale. Nicholas
sembrava ascoltarmi interessato, stava in silenzio e aspettava che io
finissi di parlare per dirmi di continuare, voleva sapere tutto nei
minimi dettagli. Ed era anche comprensibile, ci teneva a Freedom e
glielo dimostrava, a differenza mia che avevo dimostrato il contrario.
-Hai ragione.- disse Nicholas, non appena finii. -Sei un fottuto
idiota.-
-Il fatto è che non volevo farle del male, non era la mia
intenzione. Volevo semplicemente farla ingelosire.-
-Credimi, la gelosia l'avrà mangiata viva.-
ridacchiò, sorrisi anch'io. -Dovresti dirle la
verità.-
-Sono venuto qui a posta.-
-Oggi non ti conviene..- mi guardò negli occhi.
-È stata
davvero male e lo sarà ancora, non vorrei che si mettesse a
piangere ancora o che ti cacciasse via a calci in culo. Lo farai
domani, quando le acque si saranno calmate. Così puoi
prepararti
un discorso.-
-Hai ragione.- sorrisi. -Amico, non è che ti piace Free?-
gli chiesi, riducendo gli occhi a due fessure.
-Calma, cowboy.- rise. -È la mia migliore amica e da tale le
voglio bene, stop.-
-Ottimo.- incrociai le braccia a petto. -Perché altrimenti
avrei dovuto ucciderti e nascondere il cadavere.-
-Meno lavoro per te.- rise ancora, mi unii anch'io alla sua risata.
-Adesso credo che sia meglio che vada. Non vorrei che si svegliasse
all'improvviso e che cominciasse a piangere a causa mia.-
-Credo sia meglio.- annuii, mi accompagnò alla porta. -Mi
raccomando, Justin. Non deluderla.-
-Non lo farò, è la mia piccola.-
Dissi semplicemente, per poi girarmi e camminare verso la mia macchina.
Oh no, non l'avrei delusa.
Non avrei commesso un'altra volta lo stesso sbaglio, sopratutto con
lei.
Che era la ragazza di cui ero innamorato.
FREEDOM'S POV.
Sospirai pesantemente prima di muovere il mio
viso su una
superficie ruvida e scomoda, brava quasi che ci fossero dei gancetti di
ferro. Lentamente aprii gli occhi per poi richiuderli subito
dopo,quello che riuscii a capire fu solo che ero in salotto e stavo
dormendo sul divano. Grugnii e strinsi attorno al mio corpo il plaid di
lana che era appoggiato sulla mia schiena, sapevo che avrei dovuto
mettere qualcosa di più pensate addosso. Mossi ancora
il
mio viso su quella strana superficie, non era la morbida stoffa del
divano, sembrava quasi..un paio di jeans. Sospirai ancora, per poi
mettermi a pancia in su in modo tale da avere un contatto visivo con la
persona su cui mi ero addormentata, ossia Nicholas.
-Buonasera, bella addormentata.- sorrise, gli regalai un piccolo
sorriso anch'io.
-Ciao.- sussurrai, chiudendo nuovamente gli occhi. -Che ore sono?-
-Le otto di sera, mamma mi ha già chiamato tre volte.-
ridacchiai, sorrisi anch'io.
-Sei rimasto qui tutto questo tempo?-
-Io non ti lascio.- sussurrò, accarezzando il mio viso.
-Sono o
non sono un ottimo migliore amico?!- chiese, dandosi le arie.
Ridacchiai appena.
-Lo sei, per questa volta te lo concedo.- scossi la testa, alzandomi.
Subito lo abbracciai. -Grazie.- sussurrai al suo orecchio.
-Servono a quegli gli amici.-
Sussurrò a sua volta, e feci un sorriso vero. Chiusi gli
occhi e
mi abbandonai all'abbraccio, mentre le immagini del pomeriggio appena
passato tornarono come flash a impadronirsi della mia mente. Prima
Justin che mi baciava, poi il suo ritorno, l'incontro ai mercatini, il
mio pianto in mezzo alla strada, le mie urla, il messaggio.. Non
è vero che il buongiorno si vede dal mattino,
perché
infondo la mattinata era cominciata perfettamente, poi la mia giornata
si era guastata col tempo. Grazie al cielo c'erano gli amici,
sempre pronti a starti vicino e a sorreggerti. Come sarebbe
stata
una vita senza amici? Sicuramente come un cielo di notte senza luna o
come una rosa senza spine. Che bellezza c'è? Infondo, sono
proprio le spine che caratterizzano la rosa, e allo stesso tempo sono
gli amici che rendono la tua vita migliore. Non ne avevo tanti, ma quei
pochi erano i migliori e gli volevo davvero un bene dell'anima.
Sopratutto a Nicholas, mi sentivo davvero bene quando stavo con lui e
mi era sempre vicino. Anche perché vivevamo nello stesso
quartiere, era più facile per noi vederci. Quanto desideravo
che
almeno lui, Boyce e Logan non mi abbandonassero..
-Adesso, però, devo andare.- mi disse staccandomi con
gentilezza
dal suo corpo, proprio nel momento in cui una lacrima solcò
il
mio viso. Annuii e l'asciugai velocemente. -Non piangere, okay?- annuii
ancora. -Se hai bisogno di me mi chiami, e se mi vuoi sarò
qui
in un lampo.- sorrise, annuii ancora.
-Va bene.- sorrisi appena, la voce leggermente strana a causa del
pianto. -Grazie Nicholas-
-Smettila di ringraziarmi.- ridacchiò, mi alzai dal divano e
così fece anche lui.
-Ti chiamo dopo, posso?-
-Quando vuoi.- mi batté il pugno, poi mi
accarezzò il viso.
-Mi accompagni tu a scuola, domani?- chiesi, ancora.
-Non lo vuoi proprio vedere, eh?- scossi la testa, sospirando. Sorrise
e annuì. -Ti voglio bene.-
-Te ne voglio anch'io.-
E fu così, che Nicholas andò via e mi ritrovai
nuovamente sola dentro casa.
Tutto era completamente buio tranne il salotto, la TV era l'unica cosa
che trasmetteva un po' di luce. Quel posto così buio e vuoto
mi
metteva tristezza. Mancava poco a Natale, eppure non c'era un solo
addobbo, una sola luce. Mi bastava sbirciare di fronte per vedere una
splendida casa completamente bianca e illuminata, mentre la mia? Era
buia, spenta, vuota. Già, vuota. Come mi sentivo io. Ero
come
una scatola, un contenitore: avevo una forma, ma all'interno c'era il
nulla. Tutto era grigio, e non solo perché era quello il
colore
che predominava in quell'atmosfera tanto cupa. Sembrava quasi
Halloween, non Natale.
Salii le scali e andai su, in bagno. Accesi la luce vicino allo
specchio e mi spaventai alla visione del mio riflesso: viso pallido,
occhi gonfi e lucidi,trucco sciolto, labbra screpolate, capelli che
avevano deciso una acconciatura da soli. Ero letteralmente orribile.
Come poteva Justin stare con me? Come potevo minimamente pensarlo?
Presi una spazzola e cominciai a pettinarmi i capelli,
dopodiché
mi lavai il viso, tolsi il trucco e passai del burro cacao sulle mie
labbra. Okay, ero poco meno terrificante. Non sapendo cosa fare, scesi
in cucina con l'intento di preparare qualcosa a mia madre, non trovando
un granché nel frigo, misi le scarpe, mi coprii per bene con
una
sciarpa, un cappello e il mio amatissimo giubbotto e uscii di casa.
Sicuramente era meglio di stare in quella casa.
L'aria fredda picchiettava sul mio viso ancora umido, la voglia di
piangere era tanta ma mi trattenni, non potevo piangere ancora in
pubblico. Arrivai poco dopo al supermercato e cominciai a girovagare
per le corsie, cos'avrei potuto prendere? Mentre camminavo, qualcosa
attirò la mia attenzione. Era un piccolo pacchetto blu,
confezione da cinque, dei ricambi. Ne avevo comprati così tanti..
Quasi come una ladra, guardai furtivamente a destra e a sinistra, presi
il pacchetto, lo misi in tasca velocemente e mi allontanai dalla
corsia, prendendo solo cose da mangiare.
E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto
ciò che serve a farti stare peggio.
ORE 10:00 p.m.
-Tesoro, sei sicura di non volere niente da mangiare?- mi
chiese mamma, posando i piatti. Scossi velocemente la testa.
-Ho mangiato prima.- sorrisi appena, passandole un altro piatto.
-Come va con Justin?-
-Bene.- mentii, sentendo le lacrime appannarmi la vista. -Mammina, vado
a letto che sono stanca.-
-Va bene, piccola.- mi accarezzò il viso, chiusi gli occhi.
-Ricordati che la mamma ti vuole bene.-
-E ricordati che tua figlia te ne vuole di più.- sorrisi
appena, per poi girare le spalle e andare al piano di sopra.
Il vuoto dentro era ancora più forte, senza Justin mi
sentivo
spenta e di lui non avevo più notizie. Credevo che almeno un
po'
gli importasse di me, e invece? Mi ero solo illusa. E mi ero
innamorata. Mi ero illusa e innamorata, un mix perfetto per stare bene
insomma. Salii di sopra e mi chiusi la porta alle spalle, sospirai
frustrata e la prima cosa che feci fu buttarmi sul letto a peso morto,
come se veramente il mio corpo fosse davvero da buttare, fosse davvero
una scatola vuota. Presi un cuscino, lo portai al viso e urlai,
scacciai tutta la mia rabbia, la mia malinconia, la mia amarezza, la
mia anima. Le lacrime si mischiarono alle mie urla, dopo aver finito
non mi sentivo meglio ma peggio. Avevo voglia di rompere tutto, di
rendere tutto come me. Perché
ero spezzata, così come il mio cuore. Era come se il mio
corpo
avesse subito un incontro di box o fosse stato investito da un treno.
Non avevo forza nelle mani, nelle braccia, nelle gambe. Tremavo, il mio
corpo tremava e, per paura che mamma potesse vermi in quelle
condizioni, mi avventai sulla porta e la chiusi a chiave, per
poi
girarmi velocemente verso l'armadio e scavare all'interno delle mie
scarpe, dove avevo nascosto quella
scatoletta blu. Con gli occhi infuocati e voglia di vivere pari a zero,
aprii il pacchetto e tirai fuori una di quelle cose, non avevo
nemmeno il coraggio chiamarle
per nome. Corsi in bagno, mi guardai ancora allo specchio e cominciai a
piangere ancora, cadendo a terra sul pavimento.
Come può
Justin volermi?
Perché mi ha
riempito solo la testa di fandonie?
Perché non
è con me?
Perché non mi
ha più scritta?
Perché io
sono qui a piangere mentre lui è con quella Dafne a fare
chissà cosa?
Perché non
posso essere anch'io felice col mio principe azzurro?
Perché?
E come se avessi appena fatto un salto nel passato, chiusi
gli
occhi, fermai le lacrime e riaprii gli occhi, fissando il mio braccio.
Sapevo già cosa fare.
GIORNO SEGUENTE,
FREEDOM'S POV.
La sveglia suonò e no, non saltai
quella volta.
Ero già sveglia da un pezzo, non avevo chiuso occhio per
tutta
la notte. Pensavo e ripensavo a ciò che era successo il
giorno
prima, la sera prima.
Cos'avevo fatto? La più grande cazzata della mia vita. Con
la
forza di un lemure, mi alzai dal letto e toccai il pavimento con i
piedi, non sapevo dov'erano le pantofole e non avevo voglia di
cercarle. Mi avvicinai all'armadio, presi un jeans stretto chiaro, una
cannottiera rosa pallido e un maglione sul verde militare,
dopodiché mi recai in bagno e, senza neanche prestare
attenzione
al mio riflesso, cominciai a lavarmi. Tanto già sapevo di
essere
orribile. Quando mi vestii, feci attenzione alla fasciatura che avevo
sul braccio, mi tirava tanto il braccio e mi faceva male, la mano mi
tremava e mi sentivo tanto debole. Ero andata più a fondo
quella
volta, ma non più a fondo delle lame che stavano incidendo
il
mio cuore ogni qual volta pensavo a Justin..
-Freedom, amore, svegliati.- mamma continuava a bussare alla porta, non
sapendo che ero già sveglia. -Farai tardi a scuola.-
-Mi sto già preparando.- urlai dal bagno, con una voce
spenta, atona.
-Oh, allora ti aspetto giù per la colazione.-
-Non ho fame.- urlai ancora. -Mangerò dopo qualcosa al bar.-
-Va bene, tesoro.- sentii mamma sospirare, dopodiché sentii
i suoi passi che si allontanavano.
Mi dispiaceva deluderla in quel modo, ma avevo lo stomaco chiuso.
Certo, mi sentivo vuota, ma di certo non era la mancanza di cibo a
farmi quell'effetto. In poco meno di venti minuta fui pronta, truccai
pesantemente i miei occhi e il mio visto cercando di non far notare gli
altri i segni della mia notte passata in bianco, ma inutilmente: avevo
gli occhi piccoli e lucidi, l'aria stanca e le borse sotto agli occhi.
Inoltre ero tanto, troppo pallida. La testa mi girava e il braccio mi
faceva male, ma il dolore non era paragonabile al male che sentivo
dentro al mio cuore. Era una lotta quella, una lotta tra me e il lato
negativo dell'amore. E purtroppo, stava vincendo. Era una guerra in cui
non riuscivo a farmi valere, stavo per essere sconfitta.
Scesi velocemente le scale e andai in cucina da mia mamma.
-Buongiorno.- sorrisi, prendendo un sorso d'acqua.
-Buongiorno, sei molto carina oggi.- sorrisi appena.
-Grazie, mamma.- le baciai una guancia, per poi prendere un pacco di
cracker dalla dispensa, giusto per far vedere a mamma che non era
cambiato niente.
-Hai un appuntamento speciale?-
-No.- scossi la testa, prima di sentire il cellulare vibrare. -Devo
andare, a questa sera.- le baciai un guancia.
Uscii poi di corsa, sia dalla cucina che dalla casa. Non volevo che mi
chiedesse di salutarle Justin o qualcosa inerente a Justin, preferivo
evitare certe domande o proposte. Una volta vista la macchina di
Nicholas, saltai al suo interno e rimasi sorpresa quando vidi che non
era il solo in quell'auto.
-Boyce? Logan? Cosa ci fate qui?- chiesi, sorridendo apertamente.
-Nicholas ci ha detto che sei stata male ieri, quindi abbiamo preso un
pullman che ci ha portato qui solo per vederti.- spiegò
Logan,
gli sorrisi.
-Ci siamo svegliati alle cinque, mi chica, alle cinque!- ridacchiai e
li abbracciai entrambi, dimenticandomi per un secondo tutto.. tranne il
braccio. Infatti ansimai, quando mi strinsi troppo a Logan.
-Cosa c'è?- chiese Nicholas, girandosi verso di me.
-Nulla, perché dovrebbe esserci qualcosa?- tremai e mi
paralizzai sul sediolino, ecco cosa succedeva quando andavo in panico.
-Freedom, ehi, tranquilla.- Logan poggiò un braccio sulle
mie
spalle e mi girò il viso verso il suo. -Tranquilla, non
preoccuparti. Respira e sta tranquilla.- chiusi gli occhi e sospirai.
-C'è qualcosa che non va?- mi chiese Boyce, accarezzandomi
una gamba. Scossi la testa.
-Quando vuoi, puoi parlarne con noi, okay?- annuii ancora.
Sospirai e chiusi ancora gli occhi, era bello avere degli amici come
loro. Per tutto il viaggio restai in silenzio tenendomi il braccio allo
stomaco e trascinando il dito su tutta la fasciatura, si riusciva a
sentire da sotto la maglia. Ero stata così stupida. Mentre i
miei amici continuavano a parlare, io chiusi gli occhi e mi rifugiai
nel mio silenzio. Immaginai di vivere in un mondo solo mio, tutto mio.
Un mondo dov'è Natale tutto l'anno, dove c'è
sempre la
neve e tutti sono sempre felici. La mia casa era grande, luminosa e
illuminata da luci e addobbi natalizi, al suo interno c'erano tante
stanze e anche una in cui avevo una fontana di cioccolata.
Lì
Justin mi aspettava con una cioccolata e un muffin alla zucca, come la
nostra prima uscita.. Perché pensavo sempre a lui?
Perché tutto mi ricordava lui?
-Aqua, ehi?- Boyce mi scosse, saltai e mi toccai il cuore.
-Cosa c'è?- dissi con gli occhi spalancati, respirando male.
-Avevi gli occhi aperti e fissavi il nulla, eri inquietante piccola.-
Logan rise, sorrisi anch'io.-Be', inquietante era la tua impressione,
oggi di trovo davvero bella.-
-Justin cadrà ai tuoi piedi.- disse Boyce, chiusi gli occhi
e
abbassai la testa mentre Nicholas e Logan gli diedero
contemporaneamente uno schiaffo sulla nuca. -Free, scusa, io..-
-Non importa.- lo bloccai, sorridendo appena. -Che ne dite, andiamo?-
-Certo.- disse Boyce, sorridendo e baciandomi una guancia.
-Però non uscire ancora.-disse Nicholas. -Te lo porto io lo
zaino, le tue braccia oggi sono particolarmente deboli. Vero, Aqua?- mi
paralizzai e morsi il mio labbro inferiore, due secondi dopo si trovava
al mio fianco. -Ma non preoccuparti, ci siamo noi a farti da braccio
sinistro.- mi sorrise, così come Logan e Boyce che
sembrarono
afferrare al volo il concetto.
E sorrisi anch'io, abbracciandolo appena. Loro tre erano gli unici che
sapevano del mio piccolo segreto e non mi avevano abbandonata, anzi. Mi
erano stati vicino e mi avevano aiutato a superare quel periodo grigio
della mia vita. Periodo, che stava ritornando. Scesi dalla macchina, mi
avvicinai ai miei tre amici e insieme ci incamminammo verso il cortile
della scuola. C'erano ancora poche persone, tra cui riuscii a
riconoscere la chioma bionda di quella Dafne. Mi guardò e mi
sorrise, dopodiché si girò e corse incontro a
qualcuno.
La seguii con lo sguardo, e nel momento in cui si gettò tra
le
braccia di Justin il mondo mi cadde addosso. Lui la fece girare, le
baciò una guancia e la prese per mano. Quasi come se
fossero..una coppia.
Li guardai, poi guardai me, riguardai loro, poi i miei amici, poi la
testa cominciò a girarmi.
Ricordo solo che chiusi gli occhi, e tutto ciò che vidi dopo
fu solamente il buio.
Okay, avrei dovuto mangiare qualcosa in più.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Ciiiao
bellissimeee! Come state?! Perdonatemi se pubblico solo adesso,
è stata una settimana davvero..come dire..strana, per me. Ho
fatto cose che non dovevo far, sono stata male, ho pianto e non trovavo
la forza nelle braccia, proprio come la piccola Free. Non riuscivo a
scrivere e non volevo fare cose depresse, ma purtroppo questo capitolo
mi è venuto lo stesso depresso. Quindi non mi dilungo, ma vi
prometto che il prossimo capitolo sarà più bello
di
questo. O almeno, lo spero lol.
Bene, bene, bene, a voi che ve ne pare? Lascio a voi i commenti, spero
di sentire qualcosa di positivo lol.
Voi avete tumblr? Se sì, datemi i vostri nomi nelle
recensioni e seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.
È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce
sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~
Ps: mi scuso per
eventuali orrori (scritto a posta con la 'o' lol), non ho riletto!!
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Capitolo 13 *** Capitolo 13. // Non ti lascio. ***
13.
Beep. Beep. Beep.
-Si sta svegliando?- sentii una voce.
-Non lo so.- disse una voce diversa.
-Però si sta muovendo.- rispose, ancora un'altra voce.
-Andiamo, Aqua, svegliati..-
Beep. Beep. Beep.
-Ma non possiamo spegnere questo coso?-
-Idiota, questo coso ci dice se il suo cuore batte regolarmente oppure
no.-
-Questi 'beep' mi
stanno portando all'esaurimento!-
-I 'beep',
ti stanno portando all'esaurimento, Logan?-
-Anche.- sospirò. -Perché non si sveglia?-
Beep. Beep. Beep.
-Ha urtato forte la testa col pavimento, ci
vorrà ancora un po'..- sussurrò, la voce
dall'accento spagnolo.
-Io spero che si svegli presto..-
-Lo farà, Aqua è forte.-
Beep. Beep. Beep.
Mossi piano la testa, delle fitte atroci partivano dalle tempie fino ad
arrivare al cervello. Avevo un male atroce dappertutto, sopratutto
nelle gambe e nelle braccia, quest'ultime quasi non le sentivo
più. Sopratutto il braccio sinistro, era come se ci fosse
qualcosa al suo interno. Provai a muovere le gambe, poi il bacino. Era
come se il mio corpo fosse completamente addormentato, avevo fastidio
non appena provavo a muovermi. Mugugnai qualcosa di incomprensibile e
aprii gli occhi, prima di richiuderli velocemente e
strizzarli
non appena una luce forte mi accecò. Cos'era successo? Dove
mi
trovavo?
Beep. Beep. Beep.
-Dove sono?- mugugnai ancora, sospirando.
-Free! Dio, ragazza, ci hai fatto prendere un colpo.- Logan si
scaraventò su di me, gemetti dolorante. -Cazzo, scusa,
scusa,
scusa, piccola, scusa!-
-Tranquillo.- sussurrai, sorridendo appena. Cercai di aprire gli occhi.
-Ci hai fatto prendere un colpo, Aqua.- Nicholas mi strinse la mano,
corrugai le sopracciglia.
-Cos'è successo?-
-Sei svenuta e hai sbattuto la cabeza.- disse Boyce, indicando la
testa.
-Sono svenuta?- sussurrai, cercando di rimettere insieme tutti i pezzi.
Beep. Beep. Beep.
Non ricordavo un granché, era come se avessi rimosso tutto
ciò che era successo. Ricordavo di non aver dormito, che
Nicholas e i ragazzi erano venuti a prendermi, che eravamo arrivati a
scuola, che Nicholas aveva capito che mi ero tagliata, che eravamo
arrivati sotto l'atrio. E poi ricordavo di quella biondina cotonata di
Dafne, e..del suo abbraccio con Justin. Chiusi gli occhi e strinsi i
pugni per quello che potevo, un senso di rabbia e di delusione si
impossessarono del mio corpo. La cosa che più mi rendeva
triste,
era che Justin non mi avesse minimamente calcolata. Ero
praticamente caduta a terra priva di sensi davanti ai suoi
occhi,
possibile che non se ne fosse accorto? Non si era nemmeno degnato di
lasciarmi un biglietto, o un messaggio.. e dire che avrei avuto storia
alla quinta ora quel giorno, quindi l'avrei rivisto sicuramente. Ma a
proposito, che ore erano? In quel momento, sperai con tutta me stessa
che fosse già ora di andare a casa.
Beep. Beep. Beep.
-Sì, sei svenuta tra le mie braccia.- disse Logan, scuotendo
la testa. -È stato terribile.-
-Sei stata qui tres horas.- Boyce mi accarezzò il viso.
-Ahora c'è ricreazione.-
-Siete rimasti con me tutto questo tempo?- chiesi, osservando il mio
braccio sinistro: avevo una flebo.
-E non immagini quanto abbiamo dovuto pregare la preside per
restare qui, Aqua.- ridacchiò Nicholas, scappò un
sorriso
anche a me.
-Immagino.- ridacchiai ancora. -Siete stati qui solo..solo voi?-
-Se intendi quel pezzo di merda, sì, voleva entrare.-
rispose Logan, freddo.
-E..?-
-E non lo abbiamo fatto entrare.- Boyce fece spallucce. -Chica, sotto
questa fascia c'è chissà cosa e l'hai fatto per
colpa
sua. Col cazzo lo facevamo entrare.-
-Boyce, perché prima parli spagnolo e poi sei il
più
cafone dei cafoni?- ridacchiai, cercando di scacciare Justin dai miei
pensieri.
-Devo hablar español?- mi disse, alzando un sopracciglio.
-Ti fa più sexy.- dissi semplicemente, provocando la risata
dei
miei amici. -Potete chiamare qualcuno? Non voglio restare stesa.-
-Per prima cosa, spegniamo la macchina che fa 'beep'. Infondo sei
viva, no? Non serve più.-
Ridacchiai alla stupidità di Logan, ma allo stesso tempo era
troppo tenero. Boyce andò a chiamare l'infermiera che,
arrossendo, venne ad aiutarmi. Possibile che Boyce facesse colpo anche
sulle donne più grandi di lui di vent'anni? Che potenza che
possedeva, ragazzi. Dopo che mi staccarono tutti i fili che avevo
attaccati al corpo, Prolet -l'infermiera-
mi
fece bere un bicchiere contente dell'acqua e dello zucchero per cercare
di regolare ancora un po' gli zuccheri presenti nel mio sangue e mi
aiutò ad alzarmi. Nicholas e Logan erano attaccati a me come
cozze, Nicholas mi sosteneva dietro la schiena mentre Logan aveva un
braccio poggiato sulle mie spalle. Boyce, invece, lasciava il suo
numero all'infermiera.
-Credo di aver fatto colpo sull'infermiera.- esultò, non
appena tornò da noi.
-Fai schifo.- arricciai il naso, rabbrividendo.
-Hei, è una stallona bulgara molto sexy, hai visto che
fisico che c'ha?!-
-Sì, e ho visto anche la sua carta d'identità.
È
nata il primo giugno del 1889.- Boyce alzò gli occhi al
cielo
sorridendo, io ridacchiai.
-È nata nel 1989, infondo ha sì e no sette anni
in più.-
-Contento tu.- ridacchiai.
-Vogliamo parlare dell'innominabile?- mi stuzzicò, sorrisi
appena.
-Io a Justin non interesso.- risposi, senza emozioni. Nicholas
accentuò la presa sul mio fianco, gli sorrisi. -Tranquillo
Nicos, è okay. Me ne farò una ragione.-
Sospirai e chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi. Il solo pensiero
di Justin mi devastava, chissà cosa voleva dirmi o cosa
voleva
fare. Almeno si era accorto di me e già era un buon segno,
be',
in un certo senso era un buon segno, perché non sapevo cosa
aspettarmi durante l'ora in cui sarebbe stato in classe nostra.
Sospirai ancora frustrata e continuai a camminare cercando di liberare
la mente, non potevo continuare a pensare sempre e solo alle
stesse cose, o meglio, non potevo continuare a pensare sempre
solo alla stessa persona.
In pochi minuti, arrivammo in classe. La professoressa di francese, non
appena mi vide, subito si affrettò a mettermi un braccio
dietro
alla schiena e a portarmi a posto, chiedendomi come stavo. Le risposi
con un semplice 'meglio', quando invece mi sentivo sempre
più
ansiosa. I minuti passavano velocemente, la professoressa Moreau a
breve sarebbe uscita da quella porta in legno bianca per lasciar spazio
alla lezione di storia, e al suo supplente. Non volevo che Justin
entrasse in aula, non volevo sentire la sua voce. Quella voce,
così bella, così penetrante.. ogni qual volta
parlava, le
sue parole colpivano dritte al mio cuore, quella era una voce che
riusciva ad entrarti dentro senza troppe difficoltà.
'Adesso
sei la mia piccola e ti cresco io.'
'Baby
think of me, if it helps to get you home.'
'E se fosse già arrivata?'
'Sei così bella, Free.'
'Voglio viziarti, mia piccola principessa.'
'Vuoi
la verità? Sì, sono geloso. Perché sei
mia, e la roba mia non si tocca.'
'You're
my one and only christmas wish.'
'E
a me piace tanto tenerti tra le mie braccia.'
Dio,
perché non smettevo di pensare a tutte le sue parole?
Driiiin.
Panico. Paura. Ansia. Panico. Paura. Ansia. Panico. Paura.
Ansia.
Tutto un mix di emozioni spiacevoli presero il sopravvento del mio
corpo. Sbiancai e cominciai a sudare freddo, chiusi gli occhi e
appoggiai la testa al muro. Girava tutto. Sospirai ancora, mi feci
coraggio e tirai dalla borsa il libro di storia col quaderno, dove
avevo accuratamente deposto il tema che avevo fatto il giorno prima
quando Justin era andato via in modo tale che potessi fare i compiti.
Presi il tema tra le mani e cominciai a leggere le prime righe cercando
di capire qualcosa, ma la mia mente mi impediva di concentrarmi.
Leggevo e rileggendo, ma l'unica cosa che vagava per la mia mente era: 'Justin, perché non
sei qui con me ad abbracciarmi?'
-Hei, ragazzi.- un biondo con la ventiquattrore e un
sorriso stamapato sul volto entrò in classe, tutti si
alzarono.
Tutti, tranne me.
-E ragazze.- aggiunse Justin, sorridendo ancora.
-Buongiorno, prof.- disse la classe, compresi i miei amici.
E io invece? Restai semplicemente seduta al mio posto.
-Freedom, ho visto che non sei stata bene stamattina.- disse Justin,
avvicinandosi al mio banco e poggiandoci sopra le mani.
-Già.- sussurrai, fissando il banco. Non avevo il coraggio
di guardarlo negli occhi.
-Come stai, ora?- chiese, la voce dolce e piena di preoccupazioni.
-Come potrei stare?- gli chiesi, alzando un sopracciglio e guardandolo
per la prima volta negli occhi.
-Ho solo chiesto, calma cowgirl.- mi sorrise, io rimasi seria.
Abbassò lo sguardo e sospirò, togliendo le mani
dal mio
banco.
Sospirai anch'io, poggiai la testa sul muro e chiusi gli occhi,
immaginando i suoi. Era da meno di ventiquattro ore che non li
incontravo, eppure mi mancavano così tanto. Senza di lui mi
sentivo vuota e persa, come avrei fatto a non averlo accanto? Era
diventato parte di me ormai, come avrei fatto a dimenticarlo
così, da un giorno all'altro? Mi ci sarebbe voluto tempo,
tanto
tempo. E sicuramente, averlo nella mia stessa classe come supplente non
era il modo più adatto per farlo.
Ma il punto è
che non voglio dimenticarlo.. - sussurravo a me stessa,
mentre continuavo a sfogliare il libro di storia.
-Bene, avete fatto i vostri compiti?- mi svegliò la voce di
Justin, cercai in tutti i modi di non alzare lo sguardo per
guardarlo.
-È la prima volta che faccio i miei compiti con tanta
voglia.- rise Paul.
-Ne sono contento.- rise. -Adesso facciamo una cosa un po' strana.
Partendo dal banco di Freedom e Nicholas, ognuno di voi
dovrà leggere una parte del tema che avete scritto e dire
come
mai avete deciso di commentare proprio quella parte. Freedom, comincia
tu. Voi ascoltate.- Justin si avvicinò al mio banco, alzai
lo
sguardo.
-No.- dissi fermamente, tornando a fissare il libro.
-Come, scusa?- chiese, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi
alla parete. Mi alzai.
-Ho detto no.- lo fissai con rabbia. -Non ci senti?!-
-Freedom, non hai il diritto di parlarmi così, sono il tuo
insegnante e devi fare ciò che ti dico.-
-Devo fare ciò che mi dici? Oh no, ti sbagli, Justin! Io non
faccio un bel niente. Vuoi smetterla di dirmi cosa devo fare e cosa non
devo fare? Vuoi smetterla di parlarmi come se niente fosse? Sei entrato
nella mia vita, hai rubato il mio cuore e alla fine l'hai spezzato, ti
sembra niente questo?! Lasciami stare, esci dalla mia vita e non farmi
più soffrire.-
Quasi urlai, le lacrime che rigavano il mio viso e la rabbia che usciva
da ogni parte del mio corpo. La mia voce, durante l'ultima frase, si
affievolì sempre più, quasi come se fosse
diventata un
sussurro. Justin rimase immobile, i suoi occhi sbarrati e le labbra
semi aperte. Singhiozzai, presi la mia borsa e tutto ciò che
avevo sul banco velocemente e uscii dalla classe, sotto lo sguardo
allibito di tutti. Nessuno aveva proferito parola durante il mio
sclero, tutti erano attenti a ciò che dicevo e la maggior
parte
rimasi quasi sbalordita dopo la mia 'dichiarazione'. Avevo praticamente
ammesso che ero innamorata di Justin, che in quel momento era il mio
insegnante, davanti a tutta la mia classe. Era stato sicuramente lo
sbaglio più grande che potessi mai fare.
Singhiozzando, mi chiusi nel bagno delle donne e cercai in tutti i modi
di fermare le mie lacrime, sembravo praticamente un panda. Mi sciacquai
il viso con quell'acqua fredda, cercai di aggiustare il trucco nel
migliore dei modi e poi uscii, diretta nell'atrio. Quelle parole, avevo
fatto male a urlargliele contro? Io non volevo che mi lasciasse stare,
non volevo che uscisse dalla mia vita. Lui era la luna che illuminava
la notte, lui era quella luce che illuminava il nero della mia vita. Ed
io lo volevo con me, da egoista. Lo volevo mio, solo mio. Volevo
poterlo baciare e abbracciare ogni qual volta ne avevo voglia, volevo
potergli prendere la mano e passeggiare romanticamente, volevo potergli
sussurrare che era la mia vita senza vergogna. Non volevo che se ne
andasse via, per sempre..
Dopo essere uscita dal bagno, mi ritrovai a girovagare tra i corridoi
della scuola senza una meta ben precisa. Mi sentivo tanta stanca e
debole, l'unica cosa che mi sembrava più giusta da fare era
uscire da scuola e avvicinarmi alla macchina di Nicholas, e
così
feci. Uscii da scuola, mi appoggiai alla macchina di Nicholas e
aspettai il suono dell'ultima campanella. 'Chissà
cos'avrà fatto Justin..'- pensai, mentre la
figura di Nicholas si fece spazio tra la folla.
-Aqua!- mi abbracciò. -Ti ho chiamata, non hai
sentito il cellulare?-
-No.- scossi la testa. -Scusa, scusa Nicholas..-
-Hai fatto bene, piccola.- mi accarezzò il viso. -Non devi
scusarti.-
-E Justin cos'ha fatto?-
-È uscito a cercarti, sembrava sconvolto.- scosse la testa.
-Dovete parlare e aggiustare le cose.-
-No, non voglio parlargli per adesso.- abbassai lo sguardo.
-Come vuoi tu.- sorrise. -Dai sali, ti porto a casa. A Boyce e Logan
manderai un messaggio.-
-Okay.- sorrisi, entrando in macchina.
In poco tempo, arrivammo a Stratford. Il viaggio fu tranquillo e privo
di ansie o pensieri, Nicholas era riuscito a distrarmi e a farmi
ridere. Mi lasciò fuori casa, aspettò che
arrivassi fuori
all'uscio della porta per poi sfrecciare via. Appena mi girai verso
casa, sospirai. Mamma era a lavoro e ciò significava che
sarei
rimasta sola. Aprii la porta di casa con le chiavi che portavo sempre
con me, ma a posto del solito grigio mi accolse un invitante odore di
carne in padella e voce di Craig David che cantava Seven Days. Corrugai
le sopracciglia e mi avviai in cucina, dove mia mamma stava felicemente
cuocendo due fette di carne e cantava a squarcia gola.
-Mamma?- ridacchiai, poggiando la borsa a terra. -Cosa ci fai qui?-
sorrisi.
-Oggi facevo solo sei ore, piccola.- ridacchiò, mi
baciò una guancia. -Com'è andata a scuola?-
-Bene.- mentii, sorridendo appena. -Cosa si mangia di buono?-
-Carne e insalata, qualcosa di leggero e veloce perché
questa sera si mangerà tanto.-
-Verrà qualcuno a cena?- chiesi, prendendo due piatti.
-No, andremo noi a casa di Bruce e Diane. Ha detto Justin che vuole
farci conoscere una sua vecchia amica del college, non è
stupendo?- mi paralizzai sul posto e fissai incredula mia madre.
-Cosa?- sussurrai, mentre i miei occhi si riempirono di lacrime.
ORE 19:20.
CORTILE DI CASA DALE.
Io e mamma eravamo appena arrivate fuori casa di Bruce e
Diane,
mentre mamma era tutta allegra e contenta io ero tipo un morto vivente,
non so se mi spigo. A pranzo avevo mangiato solo un po' di insalata,
non avevo voglia di mangiare e quel poco che avevo mangiato mi aveva
pure fatto male, infatti vomitai nel pomeriggio. Sinceramente, la
voglia di vedere Justin era pari a zero quella sera. Durante tutto il
pomeriggio, non avevo ricevuto nemmeno un messaggio da parte sua e la
cosa mi scoraggiava ancora di più. Rivederlo, dopo tutto
ciò che gli avevo detto, con Dafne poi..
sicuramente mi
avrebbe uccisa. Infatti, dietro la cover dell'iPhone portavo con me una
mia, come dire, amica..la
mia migliore amica, nonché mia peggior nemica.
-Jolanda, Freedom, buonasera.- sorrise Pattie, sorrisi anch'io.
-Ciao, Pattie!- sorrise mia mamma. -Grazie per l'invito.-
-Grazie a voi per essere qui. Entrate pure.- sorrisi ancora, entrando
in casa.
-Bocciolo, sei bellissima stasera.- disse Bruce, abbracciandomi.
-Grazie, nonno.-
-Bruce, non me la consumare!- Diane lo bacchettò,
ridacchiai.
-Ciao, nonna.- abbracciai anche lei, mi strinse forte.
-Sbaglio o non ti senti tanto bene? Ti vedo un po' pallida.-
-Sono stata male tutto il pomeriggio.- ridacchiai. -Però,
per
stare con voi verrei anche con la febbre a cinquantadue e tre braccia
rotte.-
-Le braccia sono due, piccola.- ridacchiò mamma, sorrisi
anch'io.
-Era per dire.- risi ancora, abbracciando ancora Bruce.
-È arrivata Free?- disse una voce, scendendo le scale.
Immediatamente, il mio sguardo incrociò quello di Justin. Il
mio
cuore prese a battere velocemente, la mia vista si appannò e
la
voglia di prenderlo a schiaffi e di baciarlo mi stava letteralmente
mettendo a tappeto. Ma cos'è che feci? Semplicemente
sorrisi,
cercando di nascondere la rabbia, la delusione. Sorrisi, pregando le
lacrime di non uscire. Sorrisi, respingendo la voglia di baciarlo o di
prenderlo a pugni. Lui era lì, a pochi passi da me. Quasi
paralizzato. Scese lentamente gli ultimi scalini, con una lentezza
assurda si avvicinò a me e mi guardò negli occhi.
Mi
sembravano lucidi, proprio come i miei. Dopo aver sostenuto per un po'
lo sguardo, abbassai il capo. Lui, invece, cinse il mio corpo con le
sue braccia. Mi mancavano i suoi abbracci. Sospirai e, dopo qualche
secondo, mi staccai, guardandolo un'ultima volta in viso prima di
girarmi e entrare in salotto, davanti all'enorme albero di natale.
Tutte quelle luci riuscivano a mettermi di buon umore.
-Free..- Justin mi chiamò, entrò in salotto e si
chiuse la porta alle spalle.
-Cosa c'è?- chiesi, senza smettere di fissare l'albero.
-E lo chiedi a me cosa c'è?- sentii i suoi passi
avvicinarsi, io
rimasi immobile. -Vorrei capire cos'è successo tra ieri e
oggi.-
-Nulla.- risposi atona. -Non è successo niente.-
-Ma questo non spiega il tuo comportamento così..-
-Infantile? Oh,be', ti ricordo che ho quindici anni.-
-Non volevo dire questo!- mi prese per le spalle e mi girò
verso
di sé. -Principessa, ti prego, dimmi cos'è
successo.-
bussarono al campanello, entrambi ci girammo verso la porta.
-Va ad aprire.- sussurrai. -Dafne ti aspetta.-
Mi guardò negli occhi ancora una volta e si
avvicinò a
me, ma fummo presto interrotti da una voce squillante che chiamava il
nome di Justin. Sospirai e mi girai, camminando poi verso le scale.
Salii velocemente al piano di sopra non appena Dafne entrò
in
salotto, non avevo glia di vederla. La testa mi girava e la voglia di
piangere si faceva sentire, sempre di più. Entrai in bagno,
mi
chiusi la porta alle spalle e sospirai, serrando gli occhi. Non mi
aspettavo che Justin insistesse così tanto, mi aveva
lasciato un
po' sorpresa. La voglia di stringerlo tra le mie braccia e baciarlo era
forte, ma l'orgoglio mi teneva ferma, bloccava i miei passi. Non volevo
cedere, volevo fargli capire che ci stavo male e che lo volevo solo per
me, non volevo dividerlo con quella Dafne.
Guardai il mio riflesso allo specchio, mi vedevo così
pallida, i
miei occhi erano così lucidi e le mie braccia e le mie gambe
erano così deboli.. Abbassai lo sguardo, sospirai ancora e
puntai il mio sguardo sul mio cellulare. Istintivamente lo presi tra le
mani e gli levai la cover, prendendo tra le dita quella piccola lingua
metallica tagliante. La portai più vicina ai miei occhi, la
giravo tra le mie dita e mi alzai velocemente la manica della maglia,
avvicinando così la lametta alla pelle. E mentre stavo per
incidere, chiusi gli occhi e bloccai il mio respiro: non potevo farlo,
non in quel momento. Avrei tanto voluto farmi male per pensare ad
altro, ma non avevo con me disinfettante o ovatta, non potevo rischiar
di macchiare la maglia a causa del sangue che sarebbe uscito. Posai
nuovamente la lametta dietro la cover del cellulare, mi sciacquai il
viso con le mani e uscii dal bagno. Ai piedi delle scale, Dafne e
Justin ridevano e scherzavamo allegramente. Rimasi a fissarli per un
po', loro sì che sarebbero stati una bella coppia. Dafne era
una
ragazza davvero bella, Justin meritava una persona come lei, non come
me.. Sospirai ancora e continuai a scendere, ignorandoli completamente
quando gli passai accanto. Justin mi guardò e il suo
sguardo cambiò, da allegro e contento il suo sguardo
divenne triste e spento. Abbassai il capo e camminai velocemente verso
la cucina, non volevo avere niente a che fare con loro quella
sera.
-Hai visto Justin e Dafne, tesoro?- mi chiese Pattie, prendendo un paio
di piatti dalla dispensa.
-Li ho incrociati.- risposi, aiutandola.
-Oh, tranquilla piccola, faccio io. Va pure a divertirti con loro.-
-Voglio aiutarti.- sorrisi.
-Jolanda, hai una figlia stupenda, lo sai?-
-Lo so.- ridacchiò mamma, sorrisi anch'io, prendendo poi
alcuni piatti. -Portiamo già tutto a tavola?-
-Sì!- Bruce entrò in cucina improvvisamente,
spaventando noi quattro donne. -Ho fame.-
-Nonno.- scossi la testa, accennando una risata. -Sei sempre il
solito.-
-Diane mi ha fatto restare digiuno per tutto il giorno, lo stomaco mi
brontola da questa mattina.-
-Ah, non dire bugie, ti ho visto mentre mangiavi gli avanzi della cena
di ieri!- Diane gli puntò il dito contro, io morsi il mio
labbro
per trattenere una risata.
-Ma non possiamo mica buttare il cibo! Justin ieri sera non ha
mangiato, e ci ho pensato io oggi. Non ho fatto nulla di me.- rispose
Bruce.
-Bruce!- lo richiamò ancora Diane, morsi ancora
più forte il mio labbro inferiore.
-Ritiro tutto!- Bruce alzò le mani impaurito.
-Siete la coppia più bella e pazza che io conosca.- risi,
avvicinandomi a Bruce e dandogli un mezzo abbraccio.
Non appena mi staccai, la mia attenzione si focalizzò su un
altro abbraccio. Justin e Dafne erano seduti sul divano abbracciati,
lei aveva la testa sulla spalla di lui e lui le cingeva le spalle col
braccio. Il mio umore cambiò immediatamente, ero riuscita
per
pochi attimi a dimenticarmi di Justin e poi baam! Vidi una scena che
era riuscita a farmi spezzare il cuore. Abbassai lo sguardo, sospirai e
chiusi gli occhi.
Possibile che l'amore
possa farti così male?
JUSTIN'S POV.
Possibile che l'amore possa
farti così male?
Avere Freedom a così pochi centimetri di
distanza e non
poter far nulla mi stava distruggendo. Faceva finta di non vedermi, di
non calcolarmi. Non esistevo per lei, anche se si leggeva nei suoi
occhi che stava male vedendomi con Dafne. Avevo voglia di mettere un
punto, una fine a tutto. Eppure non ci riuscivo, avevo promesso a Dafne
che avrei portato il piano fino alla fine e non potevo rimangiarmi la
promessa. La cosa che più mi faceva male, era che avevo
promesso
a Freedom di non lasciarla.. e le stavo dimostrando tutt'altro.
Dopo aver cenato, andammo in salotto per giocare a scacchi e fare
quattro chiacchierare. Sul mio viso fingevo un sorriso, non volevo
dimostrare agli altri come stavo realmente dentro. Il mio pensiero
costante, era la ragazza seduta di fronte a me sulla poltrona e non
faceva altro che giocare con la manica della sua camicia e sul suo viso
aveva un'espressione stanca e spenta.. Come avrei voluto stringerla a
me e dirle che andava tutto bene, che il mio cuore apparteneva a lei.
-Quindi, Dafne, cosa fai adesso?- chiese mia nonna, tirando con forza
gli angoli delle labbra verso l'alto. Non le stava molto simpatica.
-Lavoro come segretaria di mia mamma, è la direttrice
della..-
-Della scuola che frequenta Freedom.- finì mia mamma,
sorridendo appena.
-Eh?- intervenne Free, facendo una faccia completamente
spaesata. Sorrisi appena, era così bella.
-Bocciolo, sei su un altro pianeta?- mio nonno ridacchiò,
Free sorrise.
-Sono solo stanca.- abbassò nuovamente lo sguardo, lo
abbassai anch'io.
-Justin..- mi richiamò Dafne, sussurrando. -È il
momento.- sussurrò ancora. -Io e Justin vorremo dirvi una
cosa.-
-Cosa?- chiesi, incuriosito. Dafne mi diede una gomitata.
-Non ricordi, tesoro?- disse tra i denti, Freedom alzò lo
sguardo incuriosita verso di me.
-A dire il ve..- mi bloccai, non appena incrociò le nostre
dita.
-Abbiamo deciso di tornare insieme.- disse Dafne, e immediatamente mi
ricordai del piano.
Freedom mi guardò, gli occhi strabuzzati e lucidi e le mani
chiuse a pugno sulle cosce. Ero bloccato, non credevo che Dafne
mettesse in atto anche questa
parte
di piano. Nella stanza regnava il silenzio, mia mamma era completamente
scioccata, così come i miei nonni e anche Jolanda. Mi girai
verso Dafne, mentre lei sorrideva io avevo gli occhi che lanciavano
saette alla Zeus. Nell'arco di pochi secondi, sciolse l'intreccio delle
nostre mani, appoggiò una mano sulla mia guancia e
avvicinò le sue labbra alle mie, dandomi un lento e lungo
bacio.
Strabuzzai gli occhi e mi girai pieno verso Freedom, trovando
però la poltrona vuota. Il cuore cominciò a
battermi
forte. Se poco prima la stavo perdendo, dopo quel bacio l'avevo persa
del tutto. Sentii il rumore di una porta che sbatteva, ma non una porta
qualunque: la porta d'entrata. Mi alzai immediatamente, sotto lo
sguardo ancora sorpreso di tutti. Corsi verso l'entrata, senza neanche
mettere il giubbotto uscii fuori e comincia a cercare con lo sguardo la
mia piccola principessa..
-Freedom!- urlai invano, cominciando a correre.
Non avevo una meta; volevo solo trovare la mia piccola, spiegarle che
non era mia intenzione farle del male, stringerla forte a me e
sussurrarle che nel mio cuore c'era solo lei. Il freddo invernale
picchiava sul mio viso, il buio della notte non mi faceva vedere un
granché ma non mi sarei arreso: dovevo trovare Freedom.
Corsi,
corsi fino a casa sua. La porta di casa era completamente spalancata,
mi mancò l'aria quando pensai che le sarebbe potuto
succedere di
tutto se quella porta sarebbe rimasta aperta. Entrai velocemente in
casa, mi chiusi la porta alle spalle e cominciai a salire le scale a
due a due. La mia principessa stava piangendo, riuscivo a sentirla.
Piangeva, a causa mia.
'Fai schifo,
Justin.' urlò una vocina nella mia
mente, che mandai direttamente a fanculo.
-Free?- entrai in camera sua, in camera di sua mamma, la cercai
dappertutto, non riuscivo a trovarla. Ritornai in camera sua, sentendo
un urlo provenire da quella stanza. -Piccola?- chiesi, trattenendo le
lacrime. Bussai alla porta del bagno più volte, sentivo che
il
pianto proveniva da quella stanca ma non avevo il coraggio di aprire.
-Freedom..- sussurrai ancora, poggiando la mano sulla maniglia. Era
come se non mi sentisse, era come se stesse pensando ad altro.
Sospirai, feci pressione sulla maniglia e aprii, rimanendo spiazzato da
quello che si presentava davanti ai miei occhi. Free era a terra, le
ginocchia al petto e il viso incastrato tra di esse. Le sue braccia
strette alle ginocchia, i suoi jeans macchiati di rosso. Sentii le
ginocchia cadermi, e subito mi precipitai su di lei.
-Freedom..-
sussurrai ancora, sfiorando con le dita le sue braccia. -Freedom,
cos'hai fatto?- lasciai che le lacrime solcassero il mio viso,
inginocchiandomi e poggiando le mani sulle sue spalle, cercando di
alzarla. -Cos'hai fatto, Free?- urlai nuovamente, così forte
che
alzò il viso e cominciò a tremare.
Istintivamente, la
tirai per le spalle e la feci cadere su di me, stringendola forte.
-Ti prego, non farlo mai più amore mio, non farlo mai
più.- piansi, stringendola ancora di più.
-La..La..Lasciami.- balbettò singhiozzando, cercò
poi si
staccarsi. Le presi il viso tra le mani, la guardai negli occhi e
avvicinai la mia fronte alla sua.
-Io non ti lascio.- sussurrai, guardandola negli occhi
intensamente.-Non ti lascio,- poggiai il suo viso tra l'incavo del mio
collo. -non ti lascio,- presi il suo corpo tra le braccia. -non ti
lascio,- la strinsi forte a me. -non ti lascio,- le levai la lametta
dalle mani. -non ti lascio.- presi il braccio dal quale usciva ancora
del sangue, e lo poggiai sul mio petto.
Continuò a piangere, così come continuai a farlo
io. I
minuti passavano, i suoi singhiozzi diminuivano sempre più.
Cessò, dopo tanto tempo, di piangere. In quella stanza,
regnava
il suono dei nostri respiri affannati e dei nostri cuori che battevano
forte, tanto forte. Freedom alzò il viso e
incrociò i
miei occhi, l'azzurro dei suoi era ancora più brillante.
-Jus..Justin..- singhiozzò, lo accarezzai il viso.
-Ssh, piccola mia..- poggiai la mia fronte sulle sua, chiuse gli occhi.
-Non mi lasci?- sussurrò, stringendo la mia maglia tra i
suoi pugni.
-Non lo farò.- sussurrai. -Infondo sei la mia piccola, no?
Tu sei la mia piccola adesso, e ti cresco io.-
Singhiozzò ancora e morse il suo labbro trattenendo le
lacrime,
prima di stringermi forte a sé come se non mi abbracciasse
da
tanto, tanto tempo. Mi mancavano le sue braccia strette a me, i suoi
abbracci mozzafiato, sentire il suo corpo a contatto col mio, tenerla
così vicina. Mi mancava lei.
-Mi sei mancata.- sussurrai al suo orecchio, provocandole quello che
riconobbi come uno dei più bei sorrisi che avessi mai visto.
And I don't care, if I
don't get,
anything all I need is
you here right now.
And i'm sorry if I hurt
you,
but I know that all I
want is you this
christmas.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Ahloa!
Come state, dolcezze?! Io, grazie a Dio, un po' meglio. Come
già sapete, ho passato un periodo un po'..brutto. Sapete
com'è, ci sono state le vacanze natalizie, ho mangiato da
far
schifo, mi sono ingrassata e ho cominciato a complessarmi ancora di
più. Sono ricaduta in 'depressione', ho fatto anche alcune
cazzate, ma adesso BASTA! Sono ripartita e questa volta ho fatto il
pieno di benzina. Sono determinata a riuscire nel mio primissimo
obbiettivo, e non mi darò pace fin quando non lo
realizzerò! So, non mi dilungo per molto, devo andare a fare
alcune cosucce e quindi faccio veloce. c:
Il capitolo è un po' più lunghetto del solito,
spero non
vi annoiate leggendo! La fine mi piace particolarmente, visto che
Justin non è poi così stronzo? Nel prossimo
capitolo ne
succederanno altre, ma nulla che ha a che fare con la coppia Jeedom..
le loro pene sono finite ormai lol. Be', lascio a voi i commenti. c:
AH, UNA PICCOLA COSA!
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi e ad aiutarvi.<3
Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e
seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.
È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce
sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~
Ps: Perdonate tutti gli orrori, ho riletto solo velocemente!
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14. // Che il nostro primo appuntamento abbia inizio. ***
14.
MATTINO SEGUENTE.
FREEDOM'S POV.
La sveglia del mio cellulare
cominciò a suonare
fastidiosamente, dovevo assolutamente togliere quella canzone di Ylvis
come
sveglia, stavo cominciando a odiarla. Grugnii in disapprovazioni e
allungai il braccio per spegnerla, ma prima che riuscissi a prendere il
cellulare tra le mani qualcuno spense la sveglia al posto mio. Chi
c'era? Aprii prima un occhio, poi aprii anche l'altro. Sopra di me,
nessuno. Alla mia destra, nessuno. Alla mia sinistra, Justin. Dietro di
m..fermi tutti. Justin?!
Strabuzzai
gli occhi e mi focalizzai sulla sua figura, era steso su un lato a
petto nudo e sorrideva, i suoi sorrisi erano così belli. Non
parlò, continuò a sorridermi e basta. Si
avvicinò
a me, poggiò una mano sulla mia guancia e me
l'accarezzò
amorevolmente, in quella carezza si celava tutto l'amore del mondo.
Chiusi gli occhi e sospirai, ricordando tutti gli avvenimenti della
sera precedente. O meglio, ricordando alcuni avvenimenti della sera
precedente, perché dopo l'abbraccio nel bagno non ricordavo
più niente.
-Come stai, piccola mia?- mi chiese, avvicinandosi a me.
-Bene.- risposi, sorridendo appena. -E tu?-
-Adesso, bene.- Mi strinse tra le sue braccia. -Bene.-
continuò, baciandomi una tempia. Ridacchiai.
-Che ore sono?- chiesi, stringendomi a lui.
-Le sei.- baciò la mia tempia. -È ora di
alzarsi.- sussurrò.
-Voglio restare a letto con te.- mormorai, stringendo più
forte le braccia di Justin attorno al mio corpo.
-Purtroppo dobbiamo alzarci.- sussurrò al mio orecchio.
-Abbiamo
tutto il tempo di stare insieme oggi pomeriggio.- sospirai,
socchiudendo gli occhi. -Questa volta non vado via.-
Sorrisi impercettibilmente, sentendo nuovamente quel calore che tanto
mi mancava. Era bello riprovare quella sensazione, mi era mancata
così tanto.. Proprio come mi era mancato lui, la sua risata,
i
suoi abbracci. Quello precedente, era stato davvero il giorno
più brutto di tutta la mia esistenza. Quando Dafne lo aveva
baciato, proprio davanti a me, mi sono sentita solo presa in giro. Era
come se l'avesse fatto a posta, era come se l'avesse baciato solo per
farmi star male. Quella grandissima stronza. Quando ci vuole, ci vuole.
-È ora di alzarci.- disse Justin, alzandosi e
trascinandomi con sé.
-Ahia.-ansimai, toccandomi il braccio sinistro. Justin mi
lasciò subito, mettendomi seduta sul letto.
-Ti fa tanto male?- mi chiese, sedendosi al mio fianco e prendendo il
mio braccio tra le sue mani.
-Sì.- sussurrai, sospirando.
Restammo in silenzio per pochi minuti, i suoi polpastrelli
accarezzavano ogni tanto i tagli profondi sul mio polso. Non premeva,
non mi faceva male. Li accarezzava solamente, con tanta delicatezza e
tanto amore, facendomi dimenticare per un momento il dolore. Pochi
secondi dopo, alzò il mio braccio, lo avvicinò
alle sue
labbra e stampò su ogni taglio un piccolo bacio. Le mie
guance
erano ormai rigate da lacrime, e non erano lacrime di dolore, non mi
stava facendo male. Erano lacrime di riconoscimento, di gioia. Dopo
aver dato un bacio ogni taglio, alzò lo sguardo incrociando
il
mio. Piangeva anche lui. Nell'arco di un secondo, mi ritrovai stretta
tra le sue braccia, le mie lacrime a bagnare la sua maglia e le sue
braccia a stringere forte il mio corpo.
-Non farlo mai più, capito? Mai più.-
sussurrò.
-Non lo farò.- tirai su col naso.
-Me lo prometti?-
-Ci proverò..- mi prese le mani.
-Io voglio che tu me lo prometta.- ordinò, guardando i miei
occhi. -Freedom..-
-Justin, non è facile smettere.- abbassai lo sguardo.
-Insieme possiamo farcela.- mi alzò il viso. -Non ti
libererai facilmente di me.- ridacchiò, risi anch'io.
-Ti prometto che ci proverò.- lo guardai negli occhi, seria.
-Però ho bisogno di te.-
In tutta risposta, avvicinò il suo viso al mio,
sfiorò i
nostri nasi e mi diede un piccolo e tenero bacio sulla guancia. Gli
sorrisi dolcemente, prima di prendergli la mano per alzarlo. Dopo
quella sessione di 'coccole' molto tenera e dolce, cominciammo a
prepararci. La sera precedente, mentre io dormivo beatamente, Justin
aveva chiamato a casa sua e aveva chiesto sia a sua mamma sia a
-ovviamente- mia mamma se sarebbe potuto restare a dormire da me e con
me. Date le circostanze, sia mia mamma che la sua avevano acconsentito
e, quando mamma era tornata a casa, gli aveva portato dei vestiti
puliti. Non avrei mai smesso di ringraziarla. Dopo esserci preparati,
scendemmo in cucina, dove mia mamma era intenta a preparare i pancakes.
-Buongiorno.-sorrisi.
-Bonjour.- mamma sorrise, girandosi verso di noi. -Sedetevi pure,
è questi pronto.-
-Cos'hai preparato?- chiesi a mia mamma, mentre Justin mi prese una
mano dolcemente.
-I pancakes della nonna.- rispose dolcemente.
-La mamma di papà?-
-La mia mamma.- ridacchiò. -Li cucinava spesso quand'ero
piccola.- passò un piatto a me e uno a Justin. -Anche quando
ero
incinta, ne andavo pazza.-
-Sono con le gocce di cioccolato?- chiese Justin, masticandoli
lentamente.
-E il miele.- aggiunse la mamma, sorridendo apertamente.
La vedevo più bella e più radiosa quella mattina,
mentre
parlava della nonna aveva un sorriso che partiva da un orecchio
all'altro. Non parlava mai dei suoi genitori, erano un capitolo chiuso
per lei. Non le piaceva ricordare, tutto quello che di loro sapevo era
poco, quasi niente. Certo, mi sarebbe piaciuto sapere più
cose
sui miei nonni, ma non sforzavo mai mamma perché mi dicesse
qualcosa che l'avrebbe solo fatta star male. Era già un
passo
avanti quello dei pancakes, ed ero davvero contenta.
Dopo aver fatto colazione, io e Justin salutammo mia mamma, entrammo in
macchina e partimmo per la scuola. Improvvisamente mi sentii ansiosa,
le mani cominciarono a tremarmi e il mio volto si rabbuiò.
Avrei
rivisto Dafne. Chiusi gli occhi e strinsi i pugni, non volevo
assolutamente vederla dopo la serata precedente. Aveva baciato Justin,
il mio Justin.
Io l'avevo
fatto mezza volta, e lei invece? Lei se l'era slinguazzato davanti a
me, gli aveva praticamente ficcato la lingua alla gola... credo.
Comunque sia l'aveva baciato, e quello già era abbastanza
per
farla fuori.
-Hey..-Justin toccò la mia mano, non appena fermò
la
macchina nel parcheggio della scuola. -Sei stata silenziosa per tutto
il tempo.-
-Non voglio vedere Dafne.- ammisi, abbassando la testa. -Ti ha
baciato.- sussurrai a denti stretti.
-Sei gelosa, piccola?- ridacchiò, lo fulminai.
Alzò le
mani in segno di resa. -Okay, scherzavo.- rise ancora. -Come devo farti
capire che non mi interessa?-
-Credimi, negli ultimi giorni mi hai fatto capire il contrario.-
abbassai la testa, incrociò le nostre dita.
-Ho fatto una cazzata, lo so.- alzai la testa. -Ma io voglio solo te..-
-Anche lunedì me l'hai detto, poi sappiamo entrambi
cos'è successo.-
-Io e Dafne avevamo un piano.- aggrottai le sopracciglia e inclinai la
testa.
-Cosa?-
-Lunedì pomeriggio Dafne mi ha chiamato, e abbiamo
cominciato a
parlare come facevamo qualche anno fa. All'improvviso, sei saltata
fuori tu e Dafne ha creato questo piano per capire se eri gelosa o
meno. So che è stupido per un uomo dalla mia età,
ma
quando sono con te mi sembra di tornare ragazzino..- mi
accarezzò il viso. -Non volevo farti del male, volevo
solamente
vedere se eri gelosa o meno.-
-Il fatto che voglia uccidere chiunque ti stia attorno non è
sufficiente per capire se sono o non sono gelosa?- chiesi
retorica, e Justin scosse la testa ridendo.
-In questo caso, sappi una cosa.- si avvicinò al mio viso,
così velocemente che mi mancò il fiato. -Se tu
sei
gelosa, io sono centomila volte più geloso.-
spostò le
labbra affianco al mio orecchio. -Sopratutto di quei tuoi tre
amici, stanno invadendo il mio territorio.-
I brividi salirono lungo la mia schiena, le mani cominciarono a
tremarmi e il fiato continuavo a trattenerlo. Le sue labbra si
poggiarono dolci dietro al mio orecchio, poi dietro sul collo. Mi dava
tanti piccoli baci ravvicinati, capaci di farmi andare letteralmente in
paradiso. Poco dopo si staccò, mi guardò negli
occhi e mi
baciò la punta nel naso, prima di poggiare una mano dietro
al
mio collo e attirarmi a sé. Allacciai le braccia al suo
corpo,
sembravo una sottospecie di polpo. Sentivo il suo cuore battere, era
una melodia così armoniosa e rilassante. Non mi sentivo
così viva da quando non ci parlavamo più, era una
specie
di medicina per me. Il giorno prima ero triste, mi sentivo sola,
stanca, inutile, depressa.. Il giorno dopo ero felice, contenta,
sorridente, piena di vitalità. Perché questo?
Perché Justin era tornato a far parte di me. Non riuscivo ad
immaginare cosa sarebbe successo se il nostro rapporto non si fosse
aggiustato, sicuramente avrei fatto qualcosa di brutto,
e stupido.
Stava diventando sempre più essenziale per me, non sarei mai
riuscita a fare a meno del potere che ha su di me.
Dopo l'abbraccio, scendemmo dalla macchina e ci avviammo affianco a un
muretto dove Nicholas, Logan e Boyce erano comodamente seduti a
parlare. Ci avvicinammo piano, nessuno dei tre ci aveva notati.
-Heilà, gente!- gracchiai, facendo saltare Boyce-
-Dio, chica, mi ha fatto prendere un colpo.- sorrisi malefica.
-L'ho notato.- cacciai la lingua. -Guardate chi vi ho portato!- presi
la mano di Justin, avvicinandolo a me.
-Avete chiarito?- chiese Logan, sorridendo. Annuii.
-Sì, ieri sera.- abbassai lo sguardo al ricordo, poi lo
rialzai. -Adesso è acqua passata.-
-Già.- Justin mi abbracciò da dietro. -Stavo
perdendo una cosa troppo preziosa.- sorrisi.
-Basta che non la fai più soffrire.- sbottò
Nicholas, freddo. -Altrimenti, siamo tre contro uno.-
-Concordo con Nicholas, chico.- Boyce incrociò le braccia al
petto e assottigliò gli occhi.
-Come dicono loro.- Logan fece spallucce, ridacchiai.
-State tranquilli,- Justin poggiò un braccio sulle mie
spalle. -sarò per lei come una zecca.-
Ridacchiai e lo abbracciai ancora, non smettevo di sorridere quel
giorno. Passammo gli ultimi minuti prima del suono della campanella a
parlare e a scherzare tra di noi, ci organizziamo anche per quella
famosa uscita del ventiquattro mattina. Avevamo deciso di andare a
London di mattina tutti insieme, solo noi cinque, per poi tornare a
casa la sera e festeggiare la vigilia di Natale con le nostre famiglie.
Quando suonò la campanella, un senso di angoscia pervase il
mio
corpo. Non volevo che Justin si allontanasse da me, non volevo stare
lontana da lui. Volevo stare attaccata al suo corpo, magari seduta sul
prato, mentre dicevamo cose stupide o facevamo ragionamenti strani e
complessi, ma allo stesso tempo che avevano un senso. Volevo tenergli
la mano, camminare al suo fianco, far capire agli altri che eravamo una
cosa sola. Volevo stringerlo a me, sentire il suo cuore
battere,
bearmi della sensazioni che le sue braccia attorno al mio corpo mi
procuravano. Volevo semplicemente stargli accanto, sempre. Era
diventato una parte di me, la parte migliore di me.
-Ci vediamo a ricreazione?- chiesi, non appena arrivò fuori
la mia classe.
-Cercherò di entrare di soppiatto in classe tua per
vederti.- mi baciò una guancia.
-Uh, che trasgressivo che sei.- ridacchiai. -A dopo, Justin.-
-A dopo, principessa.-
E l'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi, così caldi e
profondi che riuscirono a darmi la carica per affrontare a meglio la
giornata.
Oh, Justin..
LUNEDÌ, 23
DICEMBRE.
Ore 19:30.
L'aria era sempre più fredda,
l'atmosfera sempre
più allegra e la città sempre più
viva. Mancava
meno di un giorno alla vigilia di Natale, uno dei giorni più
belli dell'anno. La mattina sarei stata in giro con i miei amici,
mentre la sera sarei stata a casa di Diane e Bruce insieme alla mamma.
Strano ma vero, io e Justin eravamo riusciti a convincere mamma a
festeggiare con noi il natale. Quel ragazzo aveva dei poteri
spettacolari. Tra di noi, le cose non si erano mosse di una virgola.
Eravamo sempre tra le nuvole, sempre insieme. Io e lui, insieme..come
amici. Anche se, entrambi, sapevamo che sotto provavamo e volevamo
qualcosa in più di una semplice amicizia. Non avevo il
coraggio
di aprire l'argomento 'bacio', avevo paura di ciò che
avrebbe
potuto dire a riguardo. Per me, quel piccolo e misero bacio a stampo
era stato tutto, ma per lui? Non sapevo cos'era stato per lui e non
volevo essere trafitta da tanti pugnali se la sua risposta riguardo al
nostro bacio fosse stata in qualche modo negativa. Ero completamente
cotta,come se Justin fosse stato il mio sole ed io la ragazza stesa su
una sdraio ad abbronzarsi fino a scottarsi. Era come se Justin fosse la
mia luna, era sempre con me durante la notte e col suo sorriso riusciva
a illuminare l'aria circostanze, anche se le luci erano spente e la
finestra era chiusa. L'unica cosa che riusciva a illuminare la stanza
era il suo sorriso, seguito subito dai suoi occhi. Ogni sera, prima di
addormentarci, parlavamo e parlavamo, sembravamo due macchinette. Ci
raccontavamo la nostra vita passata, i nostri obbiettivi futuri, i
nostri sogni. Durante l'ultima settimana avevo scoperto che era fan di
Micheal Jackson, che aveva due fratelli più piccoli, che il
suo
sogno era quello di fare musica, che amava le Supra e tante altre cose
ancora. Era bello stare tra le sue braccia, la mia schiena
completamente incollata al suo petto, mentre mi raccontava la sua vita,
i momenti tristi che aveva vissuto come il divorzio da Lana, quelli
belli come la nascita dei suoi fratelli. Era un segno di fiducia, si
fidava di me. E questo mi rendeva felice. Sempre parlando di fiducia,
anch'io raccontai a Justin tante cose durante l'ultima settimana, gli
spiegai sopratutto il motivo per cui ero autolesionista fino a qualche
mese prima. Lui sembrò ascoltarmi, sempre in silenzio, le
sue
braccia strette a me e le sue carezze sul mio corpo pronte a darmi
calore e conforto. Non mi ero mai sentita così libera di
essere
me stessa, di poter dire ciò che volevo senza pentirmene o
vergognarmene. La libertà, era tutto ciò che
avevo sempre
desiderato. E guardate un po'? Justin era l'unico con cui riuscivo a
sentirmi libera, me stessa. Non indossavo maschere con lui, non
sorridevo falsamente. Ero vera, ero io. E
lui mi apprezzava per quello che ero, mi restava affianco nonostante il
mio passato, i miei problemi, le mie paure. Continuava a esserci senza
giudicarmi, volendo sempre più dal nostro rapporto
così
come volevo io. Questo
mi portava solo ad amarlo sempre di più.
Quella sera, dato che il sabato precedente non eravamo
potuti
uscire a causa di un imprevisto dell'ultimo minuto, avevamo deciso di
andare a mangiare fuori, solo io e lui. Indossavo un maglione blu con
altre fantasie, un semplice jeans attillato e un paio di converse blu,
semplice ma d'effetto. Mi truccai leggermente, lasciai i
capelli
un po' mossi e aspettai in salotto l'arrivo del mio principe.
-Allora, dove ti porta Justin?- chiese mamma, sedendosi al mio fianco
sul divano.
-Non lo so, andiamo a mangiare fuori.- sorrisi.-Dovrebbe essere qui a
momenti.-
-Tranquilla, piccola mia, arriverà presto.- mamma mi
accarezzò i capelli. -Mi raccomando, però, fai
attenzione. So che Justin è un bravo ragazzo, ma ha pur
sempre
ventisette anni.-
-Mamma, non credi che se voleva scoparmi poteva farlo ogni qual volta
ha dormito qua, cioè tutta la settimana?- chiesi, roteando
gli
occhi.
-Signorinella, piano con le parole.- mi puntò il dito
contro,
sorrisi innocente. -E comunque, un conto è se sta in camera
con
te mentre ci sono anch'io in casa, un conto è se sta solo
con te
in un posto sperduto.- sospirai. -E non sospirare.-
-Mamma, non succederà niente.- il campanello
suonò.
-È lui!!- squittii, alzandomi e correndo verso la porta.
Il cuore cominciò a battermi forte non appena aprii la
porta, un
Justin perfettamente messo a tiro era davanti ai miei occhi e il mio
cuore non avrebbe retto ancora per molto. Era perfetto, estremamente
perfetto. Non appena mi vide, tolse gli occhiali da sole -e ci tengo a precisare che era
completamente buio.- e
mi fissò dalla testa ai piedi, erano ancora più
chiari i
suoi occhi sotto la luce fioca della luna. Gli sorrisi
dolcemente,sentendomi avvampare. Lui fece lo stesso e, da dietro la sua
schiena, cacciò un mazzo di rose blu, uno dei miei fiori
preferiti.
-Le più belle rose, per la più bella ragazza.-
disse, guardandomi intensamente negli occhi.
-Ma, Justin!- sbattei più volte le palpebre. -Dove le hai
trovate le rose blu, a Stratford, d'inverno, il ventitré
dicembre?!-
-Quando vuoi qualcosa, non ti fermi finché non l'hai
ottenuta.-
mi sorrise, prendendo una rosa dal mazzo e poggiandola tra i miei
capelli. -E ho girato tutto l'Ontario stamattina.-
ridacchiò,
mentre io gli sorrisi apertamente.
-Sono bellissime! Vieni, il tempo di metterle in un vaso.- lo presi per
mano e lo trascinai dentro casa.
-Ciao, Justin.- salutò mia mamma, sorridendo.
-Ciao, Jolanda. Questa sera ti rubo tua figlia.- Justin rise,
baciandomi una guancia.
-Basta che tra qualche mese non me la ritrovo incinta.- mamma rise. -E
non scherzo.- aggiunse seria.
-Mamma, ti fai troppi film.- dissi, porgendole i fiori. -Puoi, per
favore, metterli in un vaso e poi portarli in camera mia?
Così io e
Justin andiamo.-
-Va bene.- sorrise. -Divertitevi, ma non troppo.-
-Ciao mamma.- scossi la testa ridendo.
-Torniamo per le undici al massimo.-continuò Justin, prima
di chiudere definitivamente la porta.
E finalmente, eravamo soli.
-Pronta per il nostro primo, vero appuntamento?- mi
chiese, mettendo in modo.
-Sì.- sussurrai, prendendogli la mano.
-Ottimo.- si girò per guardarmi. -Perché passerai
il più bel primo appuntamento di sempre.-
Lo so.- continuava
a ripetere
la mia mente, mentre la strada davanti a noi sia apriva e le nostre
mani continuavano ad essere intrecciate. Non avevo nessuna paura,
nessun timore. Ero tranquilla, sapevo che Justin non mi avrebbe mai
fatto niente. Non riuscivo a capire tutte le paranoie che mamma stava
cominciando a farsi. Sì, okay, era la prima volta che uscivo
di
sera con un ragazzo molto più grande di me, ma infondo lo
conosceva bene. Sapeva il bene ciò che io provavo per lui,
sapeva il bene
ciò che lui provava per me. Non mi aveva mai fatto male,
oltre ovviamente a
quell'episodio successo una settimana prima, ma quello era stato solo
una sottospecie di malinteso. Lo avevo perdonato ed eravamo andati
avanti, rafforzando sempre più il nostro rapporto. Ormai era
parte di me e ogni secondo che passava ne ero sempre più
certa.
-Dove stiamo andando?- chiesi, fissando l'autostrada.
-Ti fidi di me?- chiese a sua volta, guardandomi attraverso lo
specchietto retrovisore.
-Sì.- risposi, senza esitazione.
-Allora chiudi gli occhi, rilassati e aspetta.- ridacchiò,
sorrisi anch'io.
Seguii il suo consiglio e chiusi gli occhi, in quel modo il viaggio in
macchina sembrò durare pochissimo.
Improvvisamente, sentii
che la macchina non era più sull'asfalto ma su un terreno
diverso. Aprii gli occhi per guardare con i miei occhi, e tutto
ciò che vidi fu solo alberi. Mi girai incuriosita verso
Justin,
ma sul suo viso si espandeva solo un enorme sorriso.
Continuò a
guidare ancora per un po' in quella stradina alberata, fin quando gli
alberi cominciarono a diminuire sempre più fino a sparire.
Girò a destra, poi a sinistra, guidò ancora un
po' e giro
nuovamente a sinistra, mostrando ai miei occhi non più gli
alberi, ma un'enorme lago e delle cascate. La luna rifletteva
sull'acqua, una grande sfera bianca lucente era ben visibile sulla
grande distesa d'acqua scura. L'acqua delle cascate scendeva
velocemente, il freddo dell'inverno non aveva ghiacciato nulla. C'era
una strana atmosfera lì, uno strano calore. Scesi dalla
macchina
ancora stupefatta, quel posto sembrava immaginario, non avevo bisogno
neanche del giubbotto perché non avevo freddo. Feci qualche
passo avanti, osservai coi miei occhi la bellezza che era stata donata
alla natura e mi meravigliai, come tutte le altre volte che mi capitava
di osservare la natura in generale. Justin mi si avvicinò da
dietro, circondò il mio corpo con le sue braccia e
poggiò
il mento sul mio orecchio, osservando con me tutto quello splendore.
-Che il nostro primo appuntamento abbia inizio.-
Could there be a possibility
I'm trying to see what’s up.
Cause i’m made for you, and you for me.
baby now is time for us
Tryna I keep it all together, but enough is enough.
They say we’re too young for love,
but i’m catching
feelings.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Buonasera.<3
Come state, mie bellissime e dolcissime lettrici? Io bene, finalmente.
Cioè, più o meno bene, sono stanchissima lol. Ho
cominciato giovedì palestra, torno a casa sempre
stanchissima e giusto in tempo per la cena! Avrei potuto aggiornare
ieri perché avevo già il capitolo pronto, ma
davvero non ce l'ho fatta col tempo. Be', quel che conta è
che abbia aggiornato, o no?
Parlando del capitolo: che ve ne pare? È un po'
più corto degli altri, ma mi serve per introdurre il
prossimo in cui succederanno tante tante belle cosine. Quindi vi
avverto, aspettatevi un po' di cose belle muahahaha. Mi
lasciate una recensione? Siii? *-*
AH, UNA PICCOLA COSA!
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi e ad aiutarvi.<3
Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e
seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.
È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce
sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~
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Capitolo 15 *** Capitolo 15. // Papà? ***
15.
-Che il nostro primo
appuntamento abbia inizio.-
Il mio sguardo vagò sull'acqua limpida, le
rocce della
cascata, la stessa cascata e il verde circostante. Era un'atmosfera
così magica, unica. Non avevo mai visto nulla di simile; mai
nella mia vita i miei occhi si erano poggiati su qualcosa di
più
bello. O forse sì: il viso di Justin era in assoluto
ciò
che di più bello esisteva. Mi girai piano tra le sue
braccia,
guardando i suoi occhi dolcemente mentre le sue mani si poggiavano sui
miei fianchi e mi attiravano a sé. Sorrise e mi
guardò
dall'alto, stampandomi poi un piccolo e tenero bacio sulla fronte.
Amavo quando lo faceva.
-Che ne dici,- mi alzò il mento con un dito. -mangiamo?-
-Certo.- sorrisi, massaggiai il mio stomaco. -Ho tanta tanta fame.-
aggiunsi, con una voce tenera.
-Quando mai tu non hai fame?- ridacchiò Justin, prendendomi
la mano e portandomi vicino la macchina.
-Hei, cosa stai insinuando?- chiesi accigliata, rise ancora.
-Che mangi come un porco ma che sei magra come una stecca.- scosse la
testa.
-Che bei complimenti che mi fai, sono davvero lusingata.- rotei gli
occhi al cielo, sbuffando. Mi tirò a sé,
facendomi
scontrare col suo petto.
-Ma ciò non significa che io non sia dannatamente attratto
da
te.- sussurrò sulle mie labbra, provocandomi un brivido
lungo
tutta la spina dorsale.
Tremai, ma non per il freddo. Morsi il mio labbro inferiore e lo
guardai negli occhi, sentendo un intero stormo di farfalle svolazzare
nel mio stomaco. Riusciva a farmi sentire così bene, era
stupendo il rapporto che avevamo creato. Amavo sentirmi dire certe
cose, mi faceva capire che per lui contavo davvero qualcosa,
proprio come lui contava per me. Sarei anche potuta morire tra le sue
braccia, quella sarebbe stata la morte più bella e dolce di
tutte, una morte felice. Quando, nelle sere precedenti, io e Justin
avevamo dormito insieme, mi piaceva accoccolarmi tra le sue braccia,
stringerle forte attorno al mio corpo e pensare al futuro, un futuro
con lui. Già mi stavo facendo i film, sulla nostra vita tra
dieci anni e ciò che potevamo fare assieme. Non riuscivo a
immaginare un domani senza di lui, desideravo che fosse rimasto il mio
presente, e che sarebbe stato il mio futuro. I miei neuroni e tutte le
cellule del mio organismo impazzivano quando non ero con lui, mi
sentivo così vuota e triste e sola.. Desideravo lui, solo
lui,
sempre lui. Lo desideravo più di quanto avrei desiderato il
cioccolato, o l'acqua in un deserto o l'ossigeno. Infondo,
lui
era la mia acqua, il mio ossigeno, il mio cioccolato. Era semplicemente
il mio tutto, non so se mi spiego.
-Et voilà, mon amour.- esclamò Justin, prendendo
un
cestino dal bagagliaio dell'auto. -Ho cucinato tutto io, solo per noi.-
-Chissà con cosa mi nutrirò.- ridacchiai,
aiutandolo a poggiare un telo su una roccia.
-Tranquilla, principessa, nulla di estremamente nocivo o altamente
pericoloso.- scossi la testa ridendo, mentre tirava dal cesto un piatto
grande di spaghetti, come quello in 'Lilli e il Vagabondo'. -Ops,
credo di aver dimenticato i piatti.- sorrise furbamente, sedendosi su
una roccia più piccola affianco alla roccia grande.
-Dimenticato aka lasciato a casa di proposito.- commentai, sedendomi al
suo fianco.
-Se un agente segreto della Casa Bianca?- ridacchiò,
passandomi una forchetta.
-Nu, sono Freedom.- feci spallucce, prendendo la forchetta.
-No.- mosse l'indice in segno di negazione. -Tu sei la mia Freedom.-
continuò, baciandomi una guancia.
Arrossii e morsi il mio labbro inferiore, abbassai poi lo
sguardo sul piatto di spaghetti e cominciai a mangiare, il mio viso era
rosso come il sugo di pomodoro. Nel momento in cui anche Justin
cominciò a mangiare, desiderai baciarlo proprio come Lilli e
Biagio si baciano mentre mangiano gli spaghetti insieme. Le sue labbra
erano così belle, carnose. Avevo voglia di toccarle ancora,
di
assaporarle. Il nostro primo bacio era stato un bacio veloce, piccolo,
a stampo. Certo, era significato tantissimo per me, ma volevo
dimostrargli il mio amore con un vero bacio, un bacio che lo avrebbe
lasciato senza fiato, un bacio speciale. E mentre in quel momento
fissavo le sue labbra, divenni gelosa e invidiosa della forchetta. Cosa
molto stupida, lo so. Ma cosa potevo farci se le sue labbra toccavano
perfettamente quella forchetta mentre io avrei dovuto aspettare e
aspettare per chissà quanto tempo ancora?
Dopo aver mangiato il primo piatto, Justin attaccò la sua
schiena alla roccia grande, mi prese tra le sue gambe e
poggiò
la testa sulla mia spalla mentre la mia schiena era sul suo petto. Mi
accarezzava dolcemente il corpo, ad ogni sua carezza mi rilassavo sotto
al su tocco. Stava diventando una droga, non riuscivo a farne a meno, e
cominciavo ad impazzire se per periodi più o meno lunghi non
sentivo le sue mani sul mio corpo.
-Principessa..- sussurrò tra i miei capelli.
-Cosa c'è?- chiesi dolcemente, stringendo sempre
più le sue braccia attorno al mio corpo.
-Ti va di ballare?- mi chiese, girando il mio viso verso il suo.
-Certo.- sorrisi, alzandomi.-Ma ti avverto, non so ballare.-
-Ti insegnerò io.- prese la mia mano.-Ricordi quello che
dissi?
Sei la mia piccola e ti cresco io, quindi vuol dire che ti
insegnerò anche tutto ciò che non sai.-
Sorrisi ancora, mentre strinsi sempre più forte la sua mano
in
segno di ringraziamento. Accese lo stereo nella macchina,
alzò
il volume e si riavvicinò a me, attirandomi a sé.
Poggiò le mie mani dietro al suo collo mentre le sue le fece
scendere sui miei fianchi, mi attirò a sé sempre
più mentre una dolce melodia cominciava a sentirsi nell'area
circostante. La voce di Celine Dion mi rilassò, mentre i
nostri
piedi si muovevano a ritmo con le soavi note di My Heart Will Go On.
Amavo quella canzone, così come amavo il film. La
più
bella e tragica storia d'amore di tutti i tempi, in assoluto. Quale
uomo sarebbe mai morto per salvare la propria fidanzata? Jake l'aveva
fatto, e la cosa più sorprendente era che conoscesse Rose da
soli pochi giorni. Il loro amore a prima vista aveva superato davvero
ogni limite, raggiungendo però la morte. Ogni qual volta
guardavo quel film, finivo in un oceano di lacrime di tristezza.
-Every night in my dreams, I see you.. I feel you.- sussurrò
Justin, in contemporanea con la voce di Celine.
Quel mix mi fece salire i brividi lungo la spina dorsale, e tremai,
stringendomi sempre più a Justin. Il suo respiro caldo sul
mio
viso, le sue labbra erano poco distanti dall'incavo tra i miei occhi.
Riuscivo a sentire i nostri cuori battere, era una sensazione
fantastica. Ci muovevamo piano, passi lenti ma coordinati, i nostri
cuori che battevano all'unisono. Feci scivolare una mano lungo il suo
petto, fino a fermarmi sul suo cuore: batteva forte, proprio come il
mio. Sorrisi dolcemente, alzando poi di poco lo guardo fino ad
incrociare il suo sguardo. Sembrava teso, serio. Aggrottai le
sopracciglia e poggiai una mano sul suo viso, spingendo con l'indice
un'estremità delle sue labbra verso l'alto. Sorrise
dolcemente
chiudendo gli occhi, baciando poi la mia mano.
-Sai, sembra che tu abbia già ballato un lento prima d'ora.-
sussurrò.
-Questa è la prima volta.- sussurrai anch'io. -L'ennesima
prima
volta con te.- sussurrai sempre più, quasi come se stessi
parlando più con me stessa che con lui.
-Devo dirti una cosa.- disse, fissando il suo guardo nel mio.
-Cosa?- chiesi sorridendo, inclinando la testa di lato.
-Freedom, tu.. io ti..-sospirò, poi alzò lo
sguardo.-Sei
speciale.- chiuse occhi, poggiando la sua fronte alla mia.-Sei
speciale.- ripeté.
-Sei speciale anche tu.- sussurrai, poggiando la mia testa nell'incavo
del suo collo.
Dentro di me, stavo praticamente facendo salti e capriole come gli
acrobati circensi. Aveva detto che ero speciale, per lui ero speciale!
Mi sentivo al settimo cielo, il sorriso sul mio volto era il segno
della felicità
che
regnava dentro me e mi sentivo..bene. Sì, dannatamente bene.
Realmente bene. Mi strinsi a lui sempre più, mentre la voce
di
Celine intonava anche le ultime parole della canzone. Be', una cosa era
certa: il mio cuore non l'avrebbe mai lasciato andare, io l'avrei mai
lasciato andare. Nonostante la distanza che ci avrebbe divisi entro
pochi giorni, avrei fatto di tutto pur di continuare a viverlo, avrei
fatto di tutto purché lui continuasse ad essere nella mia
vita e
a farmi sentire speciale. Infondo ne ero innamorata, come potevo
lasciarlo andare così facilmente?
-Cause baby I know for sure, that I'll never let you go.- sussurrammo
contemporaneamente, sorprendendoci.
#Ore 11.21 p.m.
-Guarda quella nuvola! Sembra un aereo col pancione.-
ridacchiai, poggiando una mano sullo stomaco.
-Un aereo col pancione? Piccola, tu sì che hai
un'immaginazione
che supera ogni limite.- rise Justin, guardando il cielo.
-Quella
sembra un cuore.- indicò una nuvola, sorrisi.
-Quella invece sembra un muffin.- indicai un'altra nuvola, provocando
ancora la risata di Justin.
-E tu, non penseresti sempre e solo al mangiare?-
-Ma taci.- ridacchiai, fissando ancora il cielo.
Io e Justin avevamo da poco finito di rincorrerci e, stanchi, ci
eravamo accasciati al suolo, finendo così a cercare di
capire
che forma avevano le nuvole. Era così bello e rilassante
guardare il cielo, le stelle, le nuvole. Mi dava un certo senso di
immensità, di libertà, di infinito. E poi con
Justin,
cosa non era bello? Con lui, tutto assumeva un colore più
caldo
e vivace, tutto era più bello.Sopratutto la mia vita: da
quando
c'era lui vedevo tutto sotto un'altra prospettiva, e allo stesso tempo
io mi sentivo meglio, mi sentivo più donna,
più
spensierata, più libera.
-Credo che dobbiamo andare.- disse Justin, guardando l'ora. -Ho
promesso a tua mamma che per le undici saresti stata a casa e
già siamo in ritardo.- ridacchiò.
-Mi stavo divertendo così tanto.- sospirai, provando ad
alzarmi.
-Ci saranno altre sere così.- mi tese la mano, l'afferrai e
mi tirò a sé.
-Me lo prometti?- sussurrai, con gli occhi più dolci che
sapessi fare.
-Te lo prometto.- sorrise, baciando la punta del mio naso.
Mi prese la mano e ci avviammo alla macchina, partendo subito.
Già cominciava a mancarmi quel posto magico, avevo passato
una
serata davvero perfetta e mi sarebbe piaciuto continuarla all'infinito,
io e lui. Solo noi. Il
sentiero era scuro e inquietante, se non ci fossero stati i fari della
macchina non saremo riusciti a vedere nulla. La mano di Justin
cercò e trovò la mia, stringendola forte.
Girò il
viso verso di me, sorridendo dolcemente. Gli sorrisi anch'io,
accarezzandogli il viso dolcemente. Tornai a guardare la strada,
spalancando gli occhi.
-Justin, un cervo!- urlai, indicando il cervo con gli occhi spalancati
a pochi metri dall'auto.
Justin girò immediatamente lo sterzo, scansando l'animale ma
prendendo a pieno un sasso. Sentii uno scoppio e urlai, quando la
macchina si ribaltò per poi sbattere contro un albero.
Successe
tutto in pochi attimi, neanche il tempo di realizzare cosa stava
succedendo che sentii un dolore pazzesco sulla fronte. Istintivamente
tocca la mia terra gemendo e mi spaventai quando sentii qualcosa di
caldo e liquido. Chiusi gli occhi dolorante per poi riaprirli non
appena staccai le mie dita dalla fronte, notando un colore rosso. Mi
girai verso Justin, notando che anche lui aveva la faccia stordita ma
abbastanza lucida. Si girò verso di me velocemente,
spaventandosi non appena notò il rosso sulla mia fronte.
-Freedom! Dio mio, stai bene?!- chiese, catapultandosi su di me.
-Sì, credo.- risposi, stordita. -Cos'è successo?-
-Non lo so.- scosse la testa, accarezzandomi dolcemente il viso.
-La macchina? Siamo storti.- dissi, con un filo di voce e chiudendo gli
occhi.
-Hey, hey, hey, apri gli occhi e guardami.- mi schiaffeggiò
piano il viso, sbarrai gli occhi.
-Mi gira la tasta.- ammisi, lasciando che Justin mi accarezzasse.
-Proviamo ad uscire da qui.- disse, aprendo la portiera.
-Ehm, Justin..?- lo chiamai e gli indicai la portiera, attaccata al
tronco dell'albero.
-Vieni da me.-
Con un po' di fatica, riuscimmo ad uscire dall'auto. Lo spettacolo
davanti ai nostri occhi era agghiacciante: il vetro dietro
completamente rotto, la ruota posteriore sinistra era rotta e la
portiera destra attaccata al tronco dell'albero, in più,
sulla
carrozzeria nera erano presenti tanti, troppi graffi. Notai negli occhi
di Justin un dolore enorme per la sua auto, ma nonostante le pessime
condizioni del suo gioiellino aprì il bagagliaio con un po'
di
difficoltà e prese dell'acqua e un paio di tovaglioli. Mi
fece
sedere al lato del guidatore mentre piano tamponava la mia ferita con
l'acqua, provavo un dolore davvero assurdo. Ancora non riuscivo a
realizzare ciò che era successo, mi sembrava così
fuori
dalla norma. Certo, incidenti simili erano all'ordine del giorno, ma
proprio a noi doveva succedere? E sopratutto, proprio a noi doveva
succedere dopo una serata talmente perfetta?
-Freedom, apri gli occhi.- Justin alzò il mio mento con un
dito.
-Ho sonno, Justin.- sussurrai, poggiandomi al suo corpo.
-Non addormentarti, ti prego.- mi accarezzò la spina
dorsale. -Adesso chiamiamo qualcuno, va bene?-
-Sì.- sussurrai ancora, cercando di aprire gli occhi.
-Cazzo..- sussurrò, prendendo il suo cellulare. -Non
c'è campo.-
-Prova col mio.- gli diedi il mio cellulare.
-Niente.- chiuse gli occhi e sospirò.
-Chiama la polizia.- mi staccai dal suo corpo. -Magari qualcuno viene a
prenderci.-
-Sei sicura?-
-Sicura.- sorrisi appena.
Mi fece sedere sulle sue gambe e compose il numero della polizia, dando
tutte le informazione su dove più o meno eravamo. Justin
cercò di tenermi sveglia in più modo, ma il sonno
si
faceva sentire sempre più. Finché, non ebbe la
brillante
idea di gettarmi dell'acqua ghiacciata in faccia e, sì, era
riuscito a svegliarmi. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto morire
lì, tra le sue braccia, accoccolata al suo petto. Sarebbe
stata
una morte dolce, avrei chiuso gli occhi per sempre ma col sorriso.
ANYONE'S POV.
Nel frattempo, a casa Russel, regnava il
panico. Jolanda,
non vedendo la propria figlia e il ragazzo con cui era uscita tornare a
casa alle undici, aveva subito cominciato a preoccuparsi. Aveva
chiamato sia la figlia che Justin, ma nessuno dei due rispondeva al
telefono, c'era la segreteria. E allora aveva chiamato Pattie e le
aveva chiesto se aveva notizie, ma nulla. Preoccupata,
cominciò
a girare per la città in cerca di Freedom, ma nulla, di lei
non
c'erano tracce. Lo stesso fecero Pattie, Diane a Bruce, fino ad
arrivare alla conclusione di chiamare la polizia. Bruce sentiva che
qualcosa non stava andando nel verso giusto, e fu proprio per questo
che propose di chiamare la polizia. Jolanda e Pattie si tenevano le
mani e pregavano affinché non fosse successo niente, ma
quello
strano ritardo di ben cinquatacinque minuti stava mandando tutti in
agitazione. Jolanda era così agitata che, non sapendo
cos'altro
fare, pensò di chiamare il suo ex marito, chiedendo aiuto.
JUSTIN'S POV.
Freedom era ancora tra le mie braccia, gli
occhi
completamente aperti, mentre accarezzava il mio collo. Le sue dita si
muovevano su e giù sulla mia trachea, poi si fermavano sul
mio
petto, e ricominciavano. Stavo praticamente lottando contro
l'eccitazione, la mia piccola si sarebbe spaventata se Jerry si sarebbe
svegliato. Ma peggiorò la situazione e la mia lotta si
intensificò, sembrava farlo a posta. Oltre alle sue dita,
aggiunse anche dei piccoli e umidi baci sotto la mascella,
istintivamente aumentai la presa sui suoi fianchi e la strinsi ancora
di più a me. Il collo era il mio punto debole, decisamente.
-Principessa..- ansimai, quando diede un piccolo morso al mio
collo.
-Cosa c'è?- soffiò sul mio collo, baciandomi
nuovamente sullo stesso punto in cui mi aveva morso.
-Non immagini neanche cosa ti farei adesso.- sussurrai, stringendola
ancora di più a me. Sentii un brivido percorrerle il corpo,
e
sorrisi all'effetto che gli facevo. -Ma, dato che non è
tanto
romantico questo posto, mi trattengo. E non immagini quanto sia
difficile..- sussurrai quest'ultima parte, girandola così da
farla sedere a cavalcioni su di me. Arrossì, io
sorrisi.
-Non voglio farti nulla.- le accarezzai la schiena. -Solo guardarti, e
amare ciò che la natura ti ha donato.- le accarezzai il viso
e
feci scendere la mia mano fino al suo collo. -Non ho mai visto un
ragazza più bella di te.-
-Ci sono tante persone più belle di me.-
sussurrò, guardandomi negli occhi.
-Tu sei la più bella, per me.- sussurrai ancora e, nei suoi
occhi, notai un luccichio.
Istintivamente, strinsi ancora più forte le mie braccia
attorno
al suo corpo. La strinsi forte, tanto forte. Eravamo una cosa sola.
Quanto avrei voluto baciarla e farle capire quanto realmente era bella
per me, non avrei mai smesso di ripeterglielo. E in quel momento mi
balzò per un secondo per la mente l'idea di stenderla sui
sedili
posteriori e renderla mia, ma subito scossi la testa: la sua prima
volta doveva essere perfetta, e non sui sedili di un'auto dopo un
incidente. Avevo costantemente la voglia di renderla mia, di unirla a
me, di essere dentro di lei. Volevo lasciare il segno nella sua vita,
volevo essere qualcuno di importante
per lei, volevo renderla donna. Volevo stare con lei e
crescerla, volevo viverla.
E
l'avrei fatto, perché me ne stavo innamorando. Oh
sì
gente, Justin Bieber si stava innamorando di una ragazza di dodici anni
più piccola, chi l'avrebbe mai detto?
-Che ore sono?- chiese Free, staccandosi dall'abbraccio e guardandomi.
-Le due di notte.- dissi, guardando l'ora display della mia -e ormai distrutta- Range
Rover.
-Ci stanno mettendo tantissimo.- sospirò.
-Arriveranno.- le sorrisi, per poi notare una luce in lontananza.
Sul mio viso apparve un sorriso e la speranza cominciava a farsi
sentire. Feci sedere per bene Free tra le mie gambe e cominciai a
bussare il clackson, finché un auto della polizia apparve
davanti ai nostri occhi. Finalmente. Freedom sospirò
più
tranquilla, sorrise e mi abbracciò forte. La polizia ci
domandò cosa ci facevamo lì a quell'ora,
perché
eravamo in quel posto e come la macchina si era ribaltata in quel modo.
Poi ci portò a casa di Freedom, Free durante tutto il
viaggio
non faceva altro che parlare e parlare. Sorrisi contento, era bello
vederla nuovamente piena di vita. Mi dava forza. Appena arrivati fuori
casa, la polizia ci accompagnò fino alla porta, bussammo e
subito Free si precipitò tra le braccia di sua madre.
-Freedom, Justin! Ci avete fatto preoccupare tantissimo.- disse la
nonna, correndoci incontro.
-Cos'è successo?- chiese mamma, mentre l'abbracciavo.
-Hanno fatto un incidente.- intervenne Bob, un poliziotto. -Il nostro
lavoro è finito. Mi raccomando, ragazzi, fate attenzione.-
disse, per poi andar via.
-Certo che ha molto tatto.- ridacchiò Free, staccandosi da
sua mamma.
-Ragazzi, non scherzate e raccontateci cos'è successo.-
chiese Jolanda, meno preoccupata.
-Stavamo tornando a casa quando abbiamo visto un cervo a pochi metri
dall'auto e, per scansarlo, ho sterzato, prendendo però un
sasso
e andando a finire su un albero.- sospirai, passandomi una mano tra i
capelli.
-Però stiamo bene.- sorrise Free. -Abbiamo passato una
serata bellissima!- abbracciò anche nonno.
-Una serata bellissima con tutto l'incidente?- ridacchiò
nonno.
-Quello possiamo scartarlo.- Free scosse la testa. -Però ci
siamo divertiti tanto.-
-Almeno non è successo niente.- mamma poggiò un
braccio attorno alla vita di Jolanda.
-Ci siamo preoccupate tantissimo.- continuò la mamma di Free.
-Lo so, ma stiamo bene, vedi?- fece un giro su se stessa. -Certo, siamo
un po' ammaccati, ma stiamo bene.-
-E in più abbiamo salvato la vita a un cervo.- ridacchiai,
prendendo Free per i fianchi e attirandola a me.
Fu in quel momento, che la porta di casa di spalancò. Una
figura
alta e slanciata entrò in salotto, aveva i capelli marroni e
dei
grandi occhi color ghiaccio. Ci girammo tutti verso di lui velocemente,
aveva l'affanno e i suoi occhi erano preoccupati. Istintivamente, misi
Freedom al mio lato, stringendole forte la mano. I suoi occhi vagavano
sulla figura di quell'uomo ed erano lucidi, sofferenti. Il suo viso
sbiancò, era completamente pallida. Sembrava quasi che
avesse
visto un fantasma. Chi
era quell'uomo?
-Ho fatto il prima possibile, ho preso il primo aereo per London e..
Freedom.- disse l'uomo, poggiando gli occhi sulla mia Free. La
strinsi ancora di più.
-Papà..- sussurrò, e in quel momento capii il
perché della sua precedente reazione.
I never thought that it
be easy,
'cause we both so
distant now.
And walls are closing in
on us,
and we’re
wondering how.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Ciiiao
dolcezze! Miracolosamente, sono qua. Pensate, che il capitolo l'ho
scritto tutto solo ed esclusivamente oggi, ho avuto la settimana
estremamente impegnata. Oggi, dato che non sono andata a scuola a causa
di un abbonamento per il treno dimenticato e un bagno di pioggia, ne ho
approfittato per fare i compiti scritti che avevo e per scrivere questo
capitoluccio qua, dove succedono un paio di cosucce. Hey, per scrivere
non ho manco studiato per martedì che ho una verifica,
quindi
amatemi. u.u
Adesso, passiamo al capitolo. Noto che ci sono sempre meno recensioni,
come mai? :c Facciamo così: la prossima volta, a
15 recensioni, riuscite
ad arrivarci? Se ci arrivate prima di sabato, io mi
impegnerò a
scrivere così da pubblicare prima. Affare fatto? *Tende le
mani
alle sue amate lettrici*.
Ma parlando di altre cose, voi avete visto il video di Confident?!
È praticamente una droga per me, adoro la parte in cui ci
prova
con la ragazza e prende un due di picche lol. Be', meglio per noi
Beliebers, no?! Certo che fa proprio schifo a rimorchiare, AHAHAH.
E parlando di altro ancora, voi cosa farete stasera? Io, nervosa come
sto, mi metto stesa sul lettone di mamma e mi guardo Harry Potter, dato
che non l'ho mai visto. Visto che brava?
E PARLIAMO DI UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi e ad aiutarvi.<3
Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e
seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.
È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce
sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~
P.s: perdonate gli errori,
non sono riuscita a rileggere!
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 16. // Everything's gonna be alright. ***
16.
FREEDOM'S POV.
Il corpo era completamente paralizzato, come
poteva
essere? Mio padre era lì, in piedi, davanti a me, con
l'affanno.
Era in casa mia, a pochi passi da me. Il suo sguardo era preoccupato ma
allo stesso tempo confuso e infuriato, mentre il mio era semplicemente
spento, troppe emozioni provavo dentro di me. Un mix di rabbia,
angoscia, delusione. Perché era lì? Cosa ci
faceva nel
soggiorno di casa mia? Cosa lo aveva spinto a venire a casa, quel
giorno? Mi aveva detto che non sarebbe venuto per Natale, ed io non
volevo vederlo. In quel momento, combattevo contro la voglia di correre
tra le sue braccia e abbracciarlo e la voglia di correre da lui e
prenderlo a schiaffi. Era amore e odio. Come dice una poesia di
Catullo: Odio e amo.
Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai. Non lo so, ma sento
che accade, e mi tormento. E
sì, quei sentimenti così opposti mi tormentavano,
non
riuscivo a capire com'era possibile amare e odiare allo stesso tempo
una persona così importante.
Lentamente, mio padre si avvicinò a me, strinsi sempre
più la presa sul braccio di Justin. Mi accarezzò
piano il
viso, ma non reagii. Non riuscivo ancora a comprendere ciò
che s
stava succedendo. Solo quando mi ritrovai tra le sue braccia, stretta
in
u forte abbraccio, che cominciai a muovermi e ad agitarmi.
-Lasciami!- urlai, agitandomi.
-Freedom, ti prego, ascoltami.- mi chiese papà, aumentando
la stretta.
-Non voglio ascoltarti, papà!- urlai ancora, staccandomi.
-Avevi
detto che non ci saresti stato per Natale, adesso perché sei
venuto a rovinare tutto?!- urlai ancora.
-Freedom, ho lasciato il ristorante nel bel mezzo di un matrimonio per
venire qui, potresti almeno ascoltarmi?!-
-Vedi? Per te è più importante il lavoro, per te
è sempre più importante il lavoro!-
-Ma non è così, piccola.-
-Ah no? Se non fosse stato per la mamma che ti avrà chiamato
preoccupata adesso saresti ancora a lavorare, come avresti fatto anche
domani. Infondo sono solo tua figlia, no?!- urlai, scappando di sopra.
JUSTIN'S POV.
Guardai la mia piccola correre di sopra, suo
padre la
seguì. Corsi anch'io di sopra, preso dal momento. Odiavo
sentire
Free urlar,e odiavo vedere le lacrime rigarle le guance. Suo padre
bussava violentemente alla porta, la incitava ad aprire.
Così
come sua madre, ma Free non voleva saperne. Si era chiusa dentro e
avevo il terrore che avrebbe potuto fare qualcosa di cui si sarebbe
pentita. Sembrava tanto forte, ma dentro era ancora molto debole. E una
cosa come il ritorno improvviso del padre, l'aveva sicuramente
sconvolta.
-Posso?- chiesi, avvicinandomi a Jolanda e il padre di Free, non
conoscevo ancora il suo nome.
-Fai pure.- mi disse il padre, sorridendo infastidito. Sospirai e mi
avvinai, bussando.
-Free, sono io..- chiusi gli occhi e appoggiai la testa alla porta,
sentii che fermò i singhiozzi.-Principessa, mi apri? Entro
solo
io, solo io.-
Chiusi ancora gli occhi e mi concentrai su ciò che sentivo:
la
mia piccola si stava alzando. Poggiai la mano sulla maniglia della
porta, sentii che bloccò la serratura prima di fare qualche
passo indietro per lasciarmi spazio. Il padre di Free mi
guardò
stupito, gli lanciai un sorriso soddisfatto prima di girarmi verso
Jolanda e annuire come per farle capire che c'avrei pensato io, poi
entrai. Immediatamente, Free mi si gettò tra le braccia, e
mi
strinse forte. L'abbracciai forte anch'io, per farle capire che c'ero e
che non l'avrei lasciata. La strinsi a me, poi presi le sue mani e le
avvicinai alle mie labbra, baciandole dolcemente. Fissai i miei occhi
nei suoi e le sorrisi, baciandole poi la punta del naso. Le
scappò un sorriso, e il mio cuore si riempì di
gioia.
-Non piangere.- le sussurrai, portandola con me sul letto. -Sai che mi
fa male.-
-Lo so, ma..- singhiozzò, le baciai la mascella. -Ma a me ha
fatto male questo..-
-Perché non provi ad ascoltare cos'ha da dirti?- le chiesi,
accarezzandole dolcemente le braccia.
-Perché ha rovinato tutto.- rispose, in un sospiro.
-Cos'ha rovinato? Piccola, desideravi tanto stare con lui questo
Natale.. Pensaci, magari rimarrà qua, con te, con noi.
Verrà a mangiare da noi, così passerai il Natale
perfetto. Con lui, con me..-
-Ho paura di quello che potrebbe dirmi.- mi abbracciò.
-Sono sicuro che aggiusterete le cose, ma solo se gli darai una
possibilità.- la guardai negli occhi. -Provaci almeno, io
sarò proprio dietro la porta. Se avrai bisogno di me, basta
che
mi fai un fischio.- sorrisi.
-Non te ne andrai?- chiese, con voce tenera. Scossi la testa.
-Non lo farò.- le sorrisi ancora. -Allora, lo faccio
entrare?- annuì.
Le presi il viso tra le mani, le stampai un dolce e candido bacio sulla
fronte -anche se mi
sarebbe piaciuto baciarle qualcos'altro- e mi alzai,
uscendo successivamente di camera.
-Può entrare.- dissi, rivolgendomi al papà di
Free, che
mi fulminò con lo sguardo prima di entrare in camera. -Ma
cosa
gli ho fatto?- alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
-È solo geloso perché la sua bambina preferisce
stare con
te anziché con lui.- ridacchiò Jolanda,
poggiandomi una
mano sulla spalla.
-Gli ho anche fatto un piacere.- dissi tra me e me, guardando Jolanda.
-Spero solo che vada tutto bene.-
-Andrà bene,- Jolanda incontrò il mio sguardo.
-Grazie per aver aiutato Jeffrey, Justin.-
-Lo sai, farei di tutto per Free.-
Risposi, mentre il sorriso della mia piccola era padrone dei miei
pensieri.
FREEDOM'S POV.
Sospirai, non appena mio padre
entrò in camera.
Guardai la sua figura per soli pochi secondo, poi abbassai lo sguardo
sulle mie mani. Papà mi avvicinò al mio letto, si
sedette
al mio fianco e mi accarezzò i capelli, dolcemente. Lo
faceva
sempre, gli erano sempre piaciuti i miei capelli lunghi. Quando a sette
anni li tagliai a sua insaputa ci rimase malissimo, non poteva
più giocarci. Da allora li tagliai solo due volte all'anno e
cercai sempre di tenerli al meglio. Per qualche minuto, nessuno dei due
parò. Lui mi accarezzava i capelli e la schiena, mentre io
continuavo a fissare le mie mani e le mie gambe incrociate a mo' di
indiano. Non sapevo cosa dirgli, da dove cominciare. Non era facile
dopo tutto quello che era successo tra di noi.
-Vedo che ti fidi molto di questo ragazzo.- disse papà,
improvvisamente.
-Sì.- risposi. -Mi fa sentire speciale.-
-Tu sei speciale.- girai il mio viso per il suo.
-Non per te.- sussurrai, guardandolo negli occhi.
-Tu sei la persona che più amo, Freedom.-
-E allora perché non me lo dimostri mai?- chiesi, sentendo
una stretta alla gola.
-Perché sono un codardo.- rispose, e abbassò lo
sguardo.
Lo guardai per minuti interminabili, sentendo che qualcosa presto
sarebbe successo. Prese saldamente la mia mano e cominciò ad
analizzarla, sorridendo. Toccava le mie dita, il mio palmo, il polso.
Avvicinò le nocche della mia mano alle sue labbra,
stampandoci
un tenero e dolce bacio sopra. Un bacio umido, reso ancora
più
umido da una lacrima che scese dal suo occhio.
-Non immagini neanche quanto sia difficile stare senza te.-
sussurrò, sulla mia mano. -Fino a qualche anno fa, la tua
mano
era così piccola che riuscivo a racchiuderla nella mia, e
adesso? L'ultima volta che ti ho vista non eri nemmeno così
sviluppata.- ridacchiai poco alla sua ultima frase, anche se una lancia
aveva appena attraversato il mio cuore.
-E invece lo so, papà.- lo guardai negli occhi. -Secondo te
perché sono arrabbiata, con te?- non rispose, si
limitò a
guardarmi negli occhi. -Sembra quasi che io sia per te un optional.-
-No! Questo mai, Freedom.- mi accarezzò il viso. -Lo sai che
ti amo.-
-Ma non me lo dimostri.-
-Se lavoro lontano, lo faccio solo per te.-
-A me non interessano i soldi, papà. Io ti voglio qui, con
me.
Perché non riesci a capire che ho bisogno di te per essere
davvero felice? Non mi manca niente adesso, ho bisogno solo di te.-
Lo guardai negli occhi, per fargli capire tutto il mio dolore. Chiuse
gli occhi e passò una mano tra i suoi capelli,
dopodiché
mi guardò e prese il mio viso tra le mani.
Accarezzò tutti
i miei lineamenti, era così bello sentire le sue mani
accarezzarmi il viso. Era da così tanto tempo che desideravo
averlo vicino, di sentire il calore della sua pelle a contatto con la
mia, di sentire la sua voce da vicino, senza apparecchi elettronici.
Avevo bisogno di questo, avevo bisogno di lui. Avevo bisogno del suo
amore, della forza che mi dava, avevo persino bisogno della sua
gelosia. Perché non lo capiva? Perché non
abbandonava
tutto e veniva da me?
-Quanto sei bella, piccola mia.- si avvicinò a me. -Davvero
non
riesco a capire come sono riuscito a fare una figlia così
bella.-
-Ma smettila.- alzai gli occhi al cielo e sbuffai, sorridendo appena.
-Quel ragazzo biondo sembra pensarla come me.- mi diede una gomitata e
mi fece l'occhiolino, arrossii.
-Intendi Justin?- morsi il mio labbro e arrossii ancora.
-Allora è così che si chiama. Justin?- annuii.
-Sembra molto grande.-
-In effetti..- ridacchiai.
-Siete fidanzati?-
-Cosa?- sbarrai gli occhi e arrossii ancora. -No! Non siamo fidanzati.-
ammisi tristemente.
-Sai, bambina mia..- papà poggiò un braccio
dietro la mia schiena. -Ho lasciato Fathima.-
-Come mai?- chiesi, sbarrando gli occhi.
-Voleva solamente i miei soldi.- fece spallucce. -E prima mi hanno
licenziato a lavoro perché ho lasciato tutto venendo qui
senza
avvertire.-
-Oh..- abbassasi lo sguardo, sospirando.
-Chissà,- mi strinse a sé. -magari
troverò un lavoro nei paraggi per stare con te.-
Sbarrai gli occhi e spalancai la bocca, guardandolo. La mia espressione
doveva essere come quella di un pesce, perché
papà
scoppiò a ridere e mi abbracciò forte. Lo strinsi
anch'io, così forte che probabilmente gli mancò
l'aria.
Finalmente. Una lacrima scese ancora lungo il mio viso, ma non una
lacrima di dolore..una lacrima di gioia. Istintivamente, girai lo
sguardo verso la finestra: aveva cominciato a nevicare. Guardai
papà col sorriso, il suo viso era ancora rivolto verso la
finestra e, come me, sorrideva.
-È proprio vero che Natale è un periodo magico.-
ridacchiai, poggiando la testa sulla spalla di papà.
-È tutto a posto, adesso?- mi chiese, annuii e mi strinsi a
lui. -Cercherò di essere più presente.-
-È una promessa?-
-È una promessa.- mi baciò una mano.
-Adesso, andiamo giù.- mi alzai e gli presi la mano,
alzandolo con me.
-Ti manca quel Justin?- ridacchiò.
-Sì, problemi?- chiesi, incrociando le braccia al petto.
-Sì, perché sei la mia bambina.-
Toccò la punta del mio naso e sorrisi, prendendogli la mano
e
uscendo dalla mia camera col sorriso. Justin era insieme a mia mamma,
proprio vicino la porta. Aveva mantenuto la promessa. Gli sorrisi e mi
avvicinai a lui a passo svelto, sempre tenendo mio padre con l'altra
mano. Justin lo guardava con occhi freddi, papà aveva lo
stesso
sguardo. Già la cosa non mi piaceva. Mi piazzai davanti al
mio
ragaz..ehm, davanti a Justin e guardai i suoi occhi, che si addolcirono
all'istante. Gli sorrisi raggiante e mi spostai di lato,
così
che fosse faccia a faccia con mio papà.
-Dato che già avete avuto l'opportunità di
vedervi ma non
di conoscervi, adesso ci penso io. Papà, lui
è
Justin..-
-Il tuo ragazzo.- continuò papà, a denti stretti.
Arrossii.
-Non siamo fidanzati.- sospirai.
-Non ancora.- sussurrò Justin, ed io arrossii ancora di
più.
-E..ehm..Justin, lui è mio padre, Jeffrey.-
-Molto piacere.- affermò papà, porgendo la mano a
Justin.
-Il piacere è tutto mio.- Justin afferrò la mano
di mio
padre e lo guardò negli occhi. -Resterà fino a
domani?-
-Fino a quando posso.- sorrise.
-Potrebbe venire a cenare a casa nostra, se le va. Free e Jolanda hanno
già accettato, sono sicuro che i miei nonni saranno
contenti.-
-Davvero?! Oh, sì!!-
Esultai come una bambina, ricevendo da mio padre e Justin occhiate
divertite. Dopo quella breve presentazione -che era andata meglio del
previsto- mio padre e Justin cominciarono a scendere le scale parlando
di basket o di hockey, mentre io e la mamma li seguivamo sorridendo.
Ero contenta, finalmente tutto stava andando come doveva andare.
Già con Justin tutto andava alla grande, tra di noi le cose
andavano sempre meglio ed io ero sempre più felice. Mi
sembrava
di essere come nella favola di Cenerentola, solo che la magia non
finiva a mezzanotte. Poi, oltre al mio splendido rapporto con Justin,
si aggiungeva anche il ritorno permanente di papà. Non
sarebbe
più andato via, da quello che avevo capito, e la cosa mi
piaceva
particolarmente. Finalmente potevo passare con lui interi pomeriggi a
guardare film o a giocare con la play, oppure a mangiare cioccolata.
Finalmente potevo passare con lui tutto il tempo che volevo, potevo
vederlo quando volevo, potevo viverlo per quanto volevo. Finalmente,
potevo passare con lui il Natale.. Sarebbe stato perfetto. Tra lui e
Justin ero davvero tre metri sopra il cielo.
-Jeffrey, dolcezza, da quanto tempo.- disse Diane, avvicinandosi a mio
padre e abbracciandolo.
-Saranno un po' di mesi.- rispose papà.
-Sette, per la precisione.- mi intromisi, avvicinandomi a Justin che
poggiò un braccio sulle mie spalle.
-Sono molti, ma non sei cambiato di una virgola.- Bruce gli diede una
pacca sulla spalla, papà sorrise.
-Mi vedrete spesso.- ridacchiò. -Lei invece è..?-
chiese, riferendosi a Pattie.
-Mia madre.- disse serio, Justin. -Quindi, non osare provarci.-
-Potrei dirti la stessa cosa con mia figlia, ragazzo.-
-Figliolo, non ti conviene.- ridacchiò Bruce, seguito da
tutti.
Mi strinsi ancora un po' a Justin, annusando il suo profumo. Era
così dannatamente buono. Restammo ancora un po' a parlare in
salotto, fin quando si fecero le tre e mezza e Bruce
cominciò a
sentire un po' di stanchezza. Bruce, Diane e Pattie salutarono e
uscirono da casa mia prima di Justin, che rimase abbracciato con me
sull'uscio della porta. Mamma e papà erano andati in cucina
a
parlare di non so cosa, mentre io e Justin ci abbracciavamo.
Sicuramente, non sarei stata tutto quel tempo attaccata a Justin se
sapevo che mio padre avrebbe potuto vederci, lo avrebbe fatto a tanti
piccoli pezzi. Mi staccai dall'abbraccio e guardai Justin negli occhi,
perdendomi in quel color caramello che brillava sotto la luce della
luna. Dolcemente sorrise e delicatamente mi accarezzo il viso, chiusi
gli occhi istintivamente. Era una così bella sensazione
sentire
le sue mani toccare qualunque parte del mio corpo.
-Posso fare una cosa?- sussurrò, avvicinandosi al mio viso.
-Cosa?- chiesi, sentendo il suo respiro caldo.
-Una cosa.- ripeté, avvicinandosi sempre più.
Aprii gli occhi per un secondo e lo chiusi nuovamente, non appena
sentii le sue soffici labbra a contatto con la pelle del mio viso.
Diede tanti piccoli e teneri baci sulla guancia, poi scese
giù,
sulla mascella, alzò il mio mento e continuò il
suo
percorso stampandomi tanti piccoli e umidi baci. Contornò le
mie
labbra con le sue, fino a soffiarci sopra. Era una così
bella
sensazione, mi stava mandando letteralmente in estasi. Avvicinai il mio
corpo al suo fino a farli combaciare, aprii gli occhi e incrociai il
suo sguardo, desiderosa di sentire quelle splendide labbra a contatto
con le mie. Mi sorrise dolcemente e si chinò ancora, i
suoi occhi ben piantati nei miei, fino a quando non fui
travolta
da una splendida sensazione che mi spinse a chiudere gli occhi
nuovamente. Quelle labbra, così perfette e da me tanto
desiderate, erano finalmente sulle mie, si univano alle mie. In un
lento, morbido e perfetto bacio a stampo. Istintivamente, gli
accarezzai il collo con le dita, e nel bacio lo sentii sorridere. Pochi
secondi dopo, si staccò, lentamente e delicatamente. Mi
sorrise
e attaccò la sua fronte alla mia, guardandomi ancora negli
occhi.
-Mi piacciono le tue idee.- arrossii.
-Buono a sapersi.- si morse il labbro e baciò la punta del
mio
naso. -Ciò vuol dire che devo averne simili più
spesso.-
-Ottima pensata.- ridacchiai. -Ci vediamo domani, allora?-
-Verrò a prenderti io domani mattina.-
-Va bene.- sorrisi. -Grazie per la splendida serata, Justin.-
-Non ringraziarmi, principessa.- Alzò il mio viso. -Se
potessi, ti porterei anche sulla luna.- sorrisi.
-Non ho bisogno della luna, quel che conta è stare con te..-
sussurrai, provocando un suo sorriso.
-Dove sei stata tutto questo tempo?- ridacchiò Justin,
abbracciandomi. -Buona luna, piccola principessa.-
-Buonanotte, Justin..-
Sorrisi ancora, per poi staccarmi e guardarlo andar via. Il mio cuore
batteva forte, sembrava quasi stesse per uscire dalla cassa toracica.
Prima di andar via, mi mandò un bacio a distanza, un bacio
semplice ma d'effetto e davvero tanto tanto speciale. Mi chiusi la
porta alle spalle, sospirai e, con occhi sognanti, entrai in cucina da
mamma e da papà, urtando papà con la porta e
cominciò a imprecare in spagnolo. Lo guardai stranita, che
diamine ci faceva dietro la porta? Incrociai le braccia al petto e
cominciai a battere ritmicamente il piede a terra quando realizzai che
molto probabilmente aveva origliato e visto tutto. Lo fulminai con lo
sguardo e mi sorrise innocente, un sorriso che ricambiai ma, di certo,
il mio non era innocente.
-Cosa ci facevi dietro la porta?- gli chiesi, con tono autoritario.
-Io? Nulla. Aiutavo tua mamma a fare i piatti.-
-Dietro la porta?-
-Giocavamo a frisbee.-
-Ottima scusa, papà.- ridacchiai, prendendo un bicchiere
d'acqua.
-Mi piace quel Justin, anche se si fa mia figlia.- mi baciò
una tempia, arrossii.
-Non si fa tua figlia!-arrossii ancora.
-Ho visto come ti slinguazzava.-
-Primo, hai appena ammesso che ci hai visti. Secondo, non mi ha
slinguazzata!- arrossi ancora. -E terzo, io vado a letto. Buonanotte.-
Mi affrettai a dire, per poi salire di sopra. Mi chiusi la porta alle
spalle e, contenta e spensierata, mi gettai a peso morto sul letto,
sorridendo e guardando il soffitto. Le luci natalizie attorno
al mio letto illuminavano la stanza, mancavano poche ore e
saremo
stati tutti a casa di Diane e Bruce a festeggiare la vigilia Natale.
L'atmosfera si faceva sentire, in quel momento più che mai.
Mi
alzai dal letto e tirai da sotto al letto in regalo che avevo pensato
di fare a Justin, dovevo solo incartarlo. Troppo euforica dopo il
piccolo bacio che Justin mi aveva dato, cominciai ad incartare il
regalo di Justin e i regali per mamma, Bruce, Diane e Pattie, tranne
quello per il mio papà, che ancora non avevo. Non sapevo che
sarebbe venuto improvvisamente, non gli avevo ancora regalato niente. -'Glielo comprerò
domattina.'- pensai,
preparando tutti i regali in una grande busta. Dopo aver incartato i
regali, misi il pigiama, sciolsi i capelli e scesi di sotto per un
bicchiere d'acqua, quella sera avevo davvero molta sete. Mentre salivo
nuovamente di sopra, mi soffermai a vedere mio padre e mia
madre
che, sul divano, ridevano e scherzavano, senza fare eccessivamente
rumore. Mi poggiai allo stipite della porta e li guardai col sorriso,
senza che si accorgessero di me.
-Era da tanto che non ridevo così.- disse la mamma, sorrisi.
-Sembrerà strano, ma lo stesso vale per me.- rispose
papà, poggiando un braccio sulle spalle di mia madre.
-Freedom è stata così male quando ha saputo che
non saresti stato qui a Natale, ci speravamo così tanto.-
-Speravamo?- chiese papà, nascondendo un sorriso.
-Be', sì. Sei sempre il padre di mia figlia, mi fa piacere
vederti e...-
-E..?- sorrise papà, la mamma restò in silenzio.
-Andiamo, Jojo, a me puoi dirlo.-
Sorrisi ancora al nomignolo con cui papà aveva chiamato la
mamma, la chiamava in quel modo quando stavano ancora insieme. O
almeno, così mamma mi aveva sempre raccontato. Decisi di
lasciarli alla loro privacy, anche se avevo tutto il diritto di restare
dopo che mio padre aveva guardato me e Justin salutarci, e me ne tornai
di sopra, stendendomi a letto, sempre col sorriso. La stanchezza
cominciava a farsi sentire, erano le quattro di notte passate e avevo
passato davvero una serata..movimentata.
La cena in un posto magico.
L' incidente in un bosco.
Il ritornò di papà.
Il bacio di Justin.
La scena tra papà e mamma.
Sì, era stata abbastanza innovativa. Ma ne era valsa la
pena,
perché mi ero divertita tantissimo e avevo passato dei
momenti
davvero, davvero stupendi. Chiusi gli occhi e immaginai il bacio con
Justin, era stato talmente bello toccare le sue labbra. Con quel bacio,
mi aveva provato che per me provava un sentimento che andava oltre
l'amicizia e ne ero contenta, perché lo stesso sentimento lo
provavo anch'io. Sarei rimasta a baciarlo per ore e ore e ore e ore e
ore. Gli avrei dato cento baci e poi altri mille, poi ancora cento e
poi altri mille, e ancora cento e altri mille ancora e li avrei
mischiati, così che nessuno avrebbe mai potuto sapere quanti
ce
n'eravamo dati, proprio come i baci che Catullo desiderava dare alla
sua Lesbia. Nella mia piccola bolla non ero più sola, Justin
era
con me e mi faceva sentire bene, mi faceva sentire libera, mi faceva
sentire amata. Non sarei mai riuscita a ringraziarlo abbastanza per
tutto ciò che faceva per me.
Mentre stavo per addormentarmi, il mio cellulare squillò. Lo
presi stanca e assonnata, ma quando lessi il nome sul display il mio
cuore cominciò a battere più forte e il mio
sorriso si
faceva sempre più grande.
Da:
Justin.<3
'Tipo
che sono a letto e non riesco a dormire, non faccio altro che
pensarti.
Stai diventando un'ossessione, sei il mio pensiero fisso.
Non solo il tuo viso e i tuoi occhi, no. Adesso si sono aggiunte anche
le tue labbra.
Resterei a baciarti per l'eternità, se solo potessi.
Non vedo l'ora di vederti.
Buonanotte, amore mio.
-Tuo, Justin.'
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Ssalveee.
Come state, mi bellissime lettrici? Io stanca, davvero stanchissima.
Sono stata malata da domenica a martedì mattina, a causa di
cosa? Dell'acqua che ho preso sabato mattina. .-. Tipo che non riuscivo
ad alzarmi dal letto ahahah. Poi..ho avuto anche una ricaduta con quei
dannati disturbi e per la mia mente sono frullate non sapete quante
cose.. Comunque sia, adesso mi sono ripresa, e sono ripartita. Dio,
ragazze, che giornata che ho avuto! Stamattina a scuola, sono tornata a
casa all'una, alle due e mezza ero già in palestra, sono
tornata
alle quattro e mezza, ho fatto merenda, poi lo studio con una sorella
Testimone di Geova, adesso sto postando il capitolo e tra poco devo
studiare latino, ovviamente fino a quando inizia Harry Potter, poi sono
tutta del maghetto. u.u
Aloras, non divago ancora lol. Come vi pare il capitolo? Secondo me,
Free e il papà sono troppo teneri, è troppo
innamorata
per tenergli il muso, picciola. Come siamo simili, oh..
chissà
perché ahahaha. Perdonatemi se non ho aggiornato ieri, ho
scoperto solo stamattina con un messaggio su ask che ero arrivata
-ieri- alle quindici recensioni e non ho potuto aggiornare, ero davvero
stanchissima. Pensate che la settimana prossima ho quattro verifiche e
due interrogazioni, mi sto dannando già da adesso!
Comunque,
parlando di cose S.E.R.I.E. Voi avete visto Believe Movie?! Dio mio,
quanto ho pianto quando parlava di Avalanna, o durante la parte in cui
cantava Believe.. Piangevo a singhiozzi, vi giuro! Ho pure
testimoni. u.u È stato sensazionale, guardare il
suo film
mi ha dato la forza di cui ho bisogno per non scoraggiarmi quando tutto
va male. Lui è il mio modello da seguire, la mia icona, il
mio
idolo, il mio angelo.. Mi ha salvato la vita, ma letteralmente. Nessuno
riesce a capire quanto sia importante per me, tutti mi prendono in giro
solo perché 'sono fan di quel finocchio di Bieber, quel
ragazzo
che a diciannove anni ha già buttato la sua carriera nel
cesso e
che si fa solo canne. Ah, e inoltre è stato anche
arrestato'.
Ceh, ma si sentono? Li prenderei a frustate sul culo e prendere a calci
nei coglioni i ragazzi. Spesso è anche inutile parlare con
quei
deficienti, ti fanno solo girare le ovaie. Okay, mi sa che è
meglio smettere lol.
Perdonate lo sfogo ahahahah.
PARLIAMO DI
UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o
pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questo
è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando
volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad
aiutarvi.<3
Chi di voi ha
tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se
vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
VORREI, COME
SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO.
GRAZIE A CHI HA
MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE.
GRAZIE A CHI
RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI
SILENZIOSI.
È grazie
al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di
più.
Vi amo.
Sharon.~
P.s: perdonate gli errori,
non sono riuscita a rileggere!
P.s2: come
la volta scorsa, se questo capitolo raggiunge le 15 recensioni prima di
sabato allora aggiornerò non appena avrò
verificato. c:
P.s3: SIETE UNICHE SE AVETE
LETTO FINO A QUI.
Much
love.
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 17. // Noi siamo infinito. ***
17.
Un'ultima passata di rossetto rosso fuoco, un ultimo sguardo allo
specchio, un'ultima occhiata al cellulare e..pronta.
Scesi di sotto, più contenta che mai. Quella notte avevo
fatto un sogno stupendo, un sogno in cui erano presenti tutti i miei
desideri. Io e Justin stavamo insieme, mamma e papà invece
erano tornati insieme e avevano avuto anche una seconda figlia: la
piccola Destiny. La mia casa era su una montagna, circondata da alberi
e tanta ma tanta neve. Era fatta di legno, il salotto era grande e
spazioso e un grande camino predominava sulla parete di fronte alla
porta. Nel sogno, Justin mi teneva stretta a sé mentre
mangiavamo cioccolato e tutti gli altri erano in cucina. Mi accarezzava
la pancia e mi sussurrava parole dolci, alternandole poi con dei
piccoli e teneri baci dietro l'orecchio. Un sogno, letteralmente. Mi
sarebbe tanto piaciuto avere una casa con Justin su una montagna, solo
io, lui e la natura. Dove potevamo fare ciò che volevamo,
scherzare in ogni occasione, scambiarci coccole senza sentirci dire
'no, è piccola'. Vivere con Justin.. un altro sogno, pure
bello grande.
Dopo aver preso la borsa ed essermi messa le scarpe -che avevo dimenticato, ops.- scesi
di sotto, trovando mio padre e mia madre ancora sul divano,
addormentati. Mi avvicinai a loro e sorrisi: papà aveva un
braccio sulle spalle di mamma e mamma dormiva beatamente sul suo petto.
Erano solo le nove del mattino, chissà che ora
avevano fatto la notte appena passata. Con un sorriso maligno, poggiai
la borsa a terra, presi un respiro profondo e morsi il mio labbro
inferiore, accendendo poi lo stereo posto vicino la televisione e
alzando il volume al massimo. I miei genitori, che fino a poco fa
dormivano, dopo quel mio piccolo intervento erano completamente lucidi.
Doppio ops.
-Ops.- feci spallucce e morsi il mio labbro inferiore, poi
però scoppiai a ridere quando papà mi
guardò.
-Jolanda, tua figlia ha seri problemi.- disse papà
ridacchiando, non appena mi accasciai a terra per le risate.
-Jeffrey, ti ricordo che è anche tua figlia.- rispose mamma,
divertita dalla scena.
-Avreste dovuto vedere le vostre facce.- dissi alzandomi da terra, mi
pulii il jeans e mi gettai a peso morto sulle gambe di papà.
-Ciao, papi.- feci gli occhi dolci.
-Ciao anche a te, figlia.- mi sorrise, poggiò i suoi occhi
sul mio rossetto. -Il rossetto rosso? Stai scherzando?-
-No.- aggrottai le sopracciglia. -Non sta bene?-
-Eccome se sta bene, piccola.- sorrise. -Ma ti fa troppo sexy.-
-Dai, papà.- alzai gli occhi al cielo.
-Esci?- annuii. -Immagino col tuo ragazzo.- alzai gli occhi al cielo e
arrossii.
-Papà!-
-Adesso sei dello stesso colore del rossetto.- papà rise, io
arrossii ancora di più.
Almeno non era geloso, aveva capito che ci tenevo tanto a Justin e non
aveva fatto storie sul nostro rapporto. Era per questo che lo
amavo: accettava sempre le mie scelte e le appoggiava, giuste
o sbagliate. Mi era vicino durante il cammino, mi dava consigli e mi
incitava a credere sempre in ciò che io credevo fosse giusto
secondo la mia logica. Stava facendo lo stesso con la mia quasirelazione con
Justin, rendendomi così la persona più felice del
mondo.
-Tu e la mamma avete dormito qui?- chiesi, poggiando la testa sul suo
petto e chiudendo gli occhi.
-Sì.- rispose mamma.
-Ci siamo addormentati stanotte mentre parlavamo.- ridacchiò
papà.
-Starai qui in questi giorni?- chiesi, alludendo al fatto che sarebbe
restato con me a lungo.
-Se la mamma è d'accordo, perché no?- sorrise,
guardando infine mamma.
-Puoi stare quanto vuoi.- sorrise, mentre io esultai.
-Sono così contenta..- sussurrai, chiudendo gli occhi.
Poggiai la testa sul petto di mamma che mi abbracciò, mentre
papà si avvicinò e abbracciò me e
mamma contemporaneamente. Il mio cuore prese a battere velocemente,
finalmente i miei genitori si stavano riavvicinando, sembravamo una
famiglia felice in quel momento. Immaginai mamma e papà di
nuovo insieme, che scherzavano e si tenevano per mano come quando
stavano ancora insieme. Li immaginai stesi insieme a letto, mentre io
mi intrufolavo tra di loro e venivo stretta dalle loro braccia.
Immaginai la mattina, prima di andare a scuola, il mio papà
in cucina a leggere il giornale mentre la mamma gli versava una tazza
fumante di cioccolata e mangiava i famosi pancakes della nonna..
Chissà se quelle cose, si sarebbero avverate.
Il cellulare nella tasca dei miei jeans
cominciò a vibrare, lo estrassi con le sopracciglia
corrugate per poi sorridere non appena notai il nome di Justin
lampeggiare sul display, segno che mi stava chiamando. Mentre
però mi stavo alzando, papà mi precedette e si
alzò prima di me. Corse alla porta, la spalancò e
urlò il nome di Justin, invitandolo ad entrare in casa. Okay, prima grande figura di
merda.
-Entra pure, Justin.- sorrise, dandogli la mano. -Avete fretta?-
-No, non preoccuparti.- ed ecco la bellissima,
dolcissima, stupenda, magica, magnifica, stupefac..okay, la smetto.
-Hai sentito dei Toronto Maple Leafs?-
-Cos'è successo?- chiese papà, i loro passi si
avvicinavano sempre più.
-Randy Carlyle non potrà giocare per un po', ha preso una
bella botta ieri sera.- rispose Justin, entrando in salotto.
-Justin!- urlai correndo, per poi saltargli tra le braccia.
Letteralmente, avevo le gambe strette al suo bacino e lo abbracciavo
forte.
-Hey.- ridacchiò, stringendomi dal bacino e alzandomi sempre
più.
In quel momento, tutto sparì. Eravamo solo io e Justin, non
mi interessava neanche di papà che probabilmente avrebbe
voluto uccidermi dopo quell'abbraccio un po' fuori dal comune. Justin
mi stringeva forte, riuscivo a sentire tutto il suo calore, era come se
fosse una fiamma. Sì, era una fiamma, quella fiamma che
senti quando sai di essere innamorato, e lui era l'amore dentro di me.
Era a causa sua se sentivo le ginocchia flosce ogni qual volta si
avvicinava al mio corpo, era a causa sua se il mio cuore batteva a
mille quando mi diceva qualcosa di dolce, era a causa sua se
diventavo completamente rossa quando mi faceva un complimento.
Era colpa sua, solo colpa sua se dentro di me questo fuoco ardeva,
bruciava, mi stava mangiando le budella. Eppure non era una sensazione
brutta, anzi, era una sensazione stupenda. Perché quello che
sentivo, non era un fuoco distruttivo come quello che riesce a radere
al suolo intere foreste o palazzi. Il mio era un fuoco diverso, un
fuoco che riusciva a farmi sentire bene, a farmi sentire appagata.
Quand'ero con Justin -stranamente-
non avevo mai freddo. Lui era il fuoco che riusciva a
riscaldarmi. Non avevo bisogno di coperte o giubbotti caldi se ero con
lui sulla neve, perché le sue braccia erano la miglior
coperta.
Chiusi gli occhi e gli stampai un bacio sulla guancia, poggiando poi la
testa sulla sua spalla.
-Jolanda?- chiamò papà.
-Sì, Jeffrey?-
-Li stacchi tu, oppure uso le maniere forti?- ridacchiai e scossi la
testa, per poi scendere dalle braccia di Justin. -Adesso ragioniamo.-
-Papà, quanto sei geloso.- alzai gli occhi al cielo,
stringendomi a Justin.
-Non sono geloso, sono solo tuo padre.- ridacchiò. -Justin,
se non ti dispiace vorrei farti qualche domanda.-
-Oh no.- sussurrai.
-Oh sì.- ripeté papà, ci accomodammo
in cucina. -Vuoi qualcosa, prima di tutto?-
-No, grazie.- sorrise, quel sorriso riusciva a sciogliere anche il
ghiacciaio del Titanic.
-Okay, cominciamo con le domande base.- papà si sedette di
fronte a Justin. -Fumi?-
-No.-
-Bevi?-
-Non esagero mai con l'alcol, giusto in occasioni particolari.-
-Ti droghi?-
-No.- Justin guardò male papà, che sorrise
malignamente.
-Bene, fin qui mi sembra tutto nella norma. Passiamo alle cose serie:
studi?-
-Ho già finito gli studi, mi sono laureato alla Harvard.-
Justin sorrise fiero, per poi fare uno sguardo confuso non appena
papà lo esaminò.
-Hai già finito gli studi? Quanti anni hai?- chiese ancora
papà, e chiusi gli occhi sospirando.
-Ehm..ventisette.-
Mio padre spalancò la bocca e sbarrò gli occhi,
completamente incredulo dopo quella piccola confessione. Ecco il punto
dove non volevo andare a parare: l'età di Justin.
Sicuramente avrebbe cominciato anche lui con le solite paranoie. 'Justin, sei troppo grande per
lei.' 'Vi frequentate e avete dodici anni di differenza?' 'Sai che
quando lui avrà sessantadue anni, tu ne avrai solo
cinquanta?' 'La vostra età è troppo diversa'. Quanto
odiavo tutto quello. Justin sospirò e mi strinse la mano
mentre continuava a guardare mio padre negli occhi. Era impaurito dalla
reazione che avrebbe potuto avere papà, riuscivo a
capirlo dalla sua stretta. Quanto a mio padre, invece, era
completamente paralizzato. Sicuramente non si aspettava che Justin
fosse così grande, era stato un vero e proprio shock. Dopo
qualche minuto, data la risposta che non arrivava, decisi di fare
qualcosa.
-Papà, senti, lo so che Justin è..-
-Troppo grande per una ragazzina di quindici anni? Oh, lo so anch'io.-
rispose semplicemente, sospirando.
-Papà, aspetta, fammi parlar..-
-Freedom, ma ti rendi, anzi, vi rendete conto che avete dodici anni di
differenza?- chiese ancora, alzandosi e girando per la cucina con le
mani tra i capelli.
-Papà, lo so!- dissi decisa, alzandomi. Mi
guardò, il suo sguardo era agghiacciante. -So che
è molto più grande di me, so che ha
già fatto esperienze che io non ho ancora provato, so che
è una pazzia questa, ma so anche che Justin è
buono..- guardai Justin. -o almeno, lo è con me. Mi vuole
bene e mi tratta come una principessa, mi fa sentire una principessa.
Abbiamo passato tanti giorni insieme, stiamo praticamente insieme
sempre, ventiquattro ore su ventiquattro. Io non riesco a stare senza
la sua presenza e, se non cerca scuse per andar via o per darmi buca,
forse vuol dire che anche a lui piace stare con me. Devi fidarti di me,
-mi girai nuovamente verso papà. -fidati solo di me. Hai
sempre appoggiato le mie scelte, giuste o sbagliate che fossero state.
E mi sono mia pentita di una mia scelta? No.- chiusi gli occhi, presi
la mano di Justin e lo tirai su con me. -Lui è buono,
è tanto buono.- sussurrai, per poi poggiare la testa sul suo
petto e stringere la sua maglia tra le dita.
Mi dondolai sui talloni e affondai ancora di più la testa
nel suo petto. Le sue mani strinsero i miei capelli, li accarezzavano
dolcemente. Era così bella e rilassante la sensazione che
provavo in quel momento. Capii, definitivamente, che lui non provavo
solo ed esclusivamente amicizia, ma molto di più. Era
diventato la sostanza dei miei giorni, e io avrei combattuto per
restare al suo fianco. Anche solo come amica. Quel che realmente
contava, era stare con lui..
-E va bene.- papà sospirò, aprii un occhi
e girai di poco la testa. -Se ti fidi così tanto di
lui, allora comincerò a fidarmi anch'io.- sorrisi e mi
staccai, abbracciando poi papà.
-Grazie, papà.- sospirai. -Almeno tu.-
-Mi raccomando, però, Justin.- papà mi
staccò e mi mise al fianco di Justin.
-Non preoccuparti, Jeffrey.- Justin poggiò un braccio sulle
mie spalle -So già quello che vuoi dirmi e no, non la
farò soffrire.-
-Ottimo.- sorrise, subito dopo bussarono alla porta. -Vado io.-
Papà uscì dalla cucina, mentre io e Justin
continuammo a guardarci senza dire nulla. Ad un tratto, mi prese il
mento tra le mani, lo alzò di poco e si avvicinò
a me, continuando a guardarmi negli occhi. Riuscivo a sentire il suo
respiro caldo sulle mie labbra, era una sensazione davvero unica.
Chiusi gli occhi, non appena sentii le sue morbide labbra a contatto
con le mie. Giusto un secondo, giusto il tempo di scatenare in me la
terza guerra mondiale tra farfalle, rinoceronti, leoni, gazzelle e
tutti gli altri animali presenti sulla faccia della terra. So solo che
dentro di me c'era un gran caos, in senso positivo ovviamente. Non
appena si staccò, poggiò la sua fronte alla mia e
aprì gli occhi, guardandomi dolcemente.
-There’s nothing like us, there’s nothing like you
and me..Together through the storm.- sussurrò, stringendo il
suo corpo al mio.
-There’s nothing like us, there’s nothing like you
and me. Together.- continuai, poggiando l'orecchio sul suo petto, il
suo cuore batteva forte.
Anche se non facevamo nulla di così speciale, per noi quello
era uno dei momenti più belli e magici. Ero contenta,
davvero contenta. Non solo perché papà aveva
accettato Justin, ma anche perché tutto quello che stava
succedendo tra di noi era un qualcosa di spettacolare e stupefacente e
unico e..magico. Sì, magico. E poi, le sue parole.. Amavo
quando mi sussurrava queste frasi dolci, erano così dolci
che avrebbe potuto scriverci una canzone. Sarebbe stata sicuramente un
successo, sarebbe stata una delle più belle canzoni. Be',
lui aveva sempre idee fantastiche e spettacolari.
-Justin, Freedom, ci sono Nicholas, Boyce e Logan che vi aspettano.-
mamma entrò in cucina, sorrise non appena notò la
posizione in cui io e Justin eravamo.
-Sì, andiamo.- dissi, prendendo la mano di Justin e uscendo
fuori. -Ecco i miei tre best.- ridacchiai, abbracciando tutti e tre.
-Avete conosciuto mio padre?-
-Hanno avuto il piacere.- disse papà, incrociando le braccia
al petto. -Allora, dove andare adesso?
-Andremo al centro commerciale e poi a fare un giro.- disse Logan.
-Siamo già alla Vigilia di Natale e devo ancora comprare il
regalo per mia sorella.-
-Lo troverai, amico.- Nicholas gli diede una pacca sulla spalla.
-È per questo che ci sono io, no?- dissi, sorridendo. -Dai,
andiamo che è già tardi.-
-Va bene, arrivederci signora Russel, arrivederci signor Russel.-
rispose Boyce, salutando mia madre e mio padre.
-A presto, ragazzi.- risposero mamma e papà, sorridendo.
-La riporterò a casa per massimo le quattro, questa volta
sul serio.- Justin ridacchiò, sorrisi anch'io e cominciammo
a camminare attraverso il vialetto.
-Mi fido.- rispose papà, prima di chiudere la porta alle
nostre spalle.
Quelle parole, tanto semplici quanto importanti. Sorrisi ancora,
sentendo che quel calore che avevo nel corpo stava cominciando a
espandersi sempre più. Presi la mano di Justin che mi
guardò sorridendo, prima di entrare in macchina e sedermi
nei sedili posteriori al suo fianco. Nicholas si era offerto di guidare
per farci stare vicini, ma quanto potevo adorare il mio migliore amico?
Durante tutto il tragitto, io e Justin parlammo tranquillamente con gli
altri tre deficienti in macchina. Solo una cosa rese -ancora una volta- magico
quel momento: le nostre mani intrecciate. Dopo essere arrivati a
London, ci fermiamo in un bar a fare colazione, e come sempre Justin
ordinò al posto mio. Adoravo quando lo faceva, la trovavo
una cosa tanto dolce, sopratutto perché sapeva i miei gusti
e ordinava ciò che sapeva mi sarebbe piaciuto di
più. Dopo la sosta al bar, cominciammo a girare il centro
commerciale. Era davvero enorme.
-Cosa facciamo come prima cosa?- chiesi, guardandomi intorno.
-Io avrei un'idea.- rispose Justin, sorridendo.
-Quale?- Logan puntò lo sguardo su Justin.
-Voi entrate pure in quel negozio di abbigliamento e cominciate a dare
un'occhiata, così tu, Logan, già puoi farti
un'idea su cosa regalare a tua sorella. Io, portò Freedom da
una parte.-
-Eh bravo Justin, già ci scarica.- ridacchiò
Nicholas, dandogli un pungo sul braccio.
-Dopo vi raggiungeremo.- ridacchiò, prendendomi la mano.
Mi trascinò in mezzo alla folla, fino ad entrare in una
gioielleria. Rimasi sbalordita dalla lucentezza di quel posto, era
davvero enorme e ogni tipo di gioiello brilla sotto la luce dei
fanaletti posti nelle vetrine. C'erano collane, bracciali, ciondoli,
orecchioni, tutti di oro bianco, oppure oro normale, perle, brillanti,
acciaio, diamanti.. Era tutto così bello, prezioso..e
sopratutto costoso. Mi avvicinai a un paio di vetrine, notando un paio
di ciondoli davvero belli e che avrei voluto almeno provare. Poi
guardai il prezzo, e improvvisamente quei ciondoli non mi piacevano
più. Girai ancora, per tutto il negozio. Justin,
però, non c'era al mio fianco. Quando me ne accorsi,
cominciai a guardarmi intorno allungando il collo, per poi fermarmi
quando qualcosa di piccolo e freddo toccò la mia pelle. Mi
bloccai, arrestai i miei movimenti. Delle mani, che riconobbi come
quelle della persona che stavo cercando, mi spostarono tutti i capelli
sulla spalla sinistra. Mi portò vicino allo specchio, e
ciò che vidi mi fece restare a bocca aperta. Justin era
dietro di me, che mi accarezzava le braccia con le sue mani calde. Le
sue labbra erano affianco al mio orecchio e sorridevano, guardando la
nostra figura riflessa nello specchio. Sul mio collo, era poggiato un
piccolo ciondolo a forma di infinito completamente tempestato di tanti
piccoli swarowsky luccicanti, era davvero stupendo. Lo sfiorai con le
dita, sembrava così prezioso..
-Prendilo come una promessa.- sussurrò Justin, al mio
orecchio.
-Noi siamo infinito.- continuò, provocando l'ennesimo
sorriso sulle mie labbra.
There’s
nothing like us, there’s nothing like you and me..
Together through the
storm.
There’s
nothing like us, there’s nothing like you and me..
Together.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Hallo.c:
Heilà,
dolcezze.c: Come statee? Io bene, davvero molto bene!
Finalmente posso dirlo, cavolo. Certo, sono incasinatissima con la
scuola e gli impegni pomeridiani, ma sapete..c'è un ragazzo,
tanto dolce e carino, con cui ho passato tutta la giornata di domenica
e che mi piace e..indovinate?! GLI PIACCIO! Me l'ha scritto, me l'ha
scritto cavolo.*-* Tipo che sono rimasta tutta imbambolata, non vedo
l'ora di rivederlo! Comunque sia, adesso basta parlare di me che vi
scasso solo la minchia, ma parliamo di cose SERIE. Prima di tutto,
dovete perdonarmi se non ho aggiornato non appena il capitolo
è arrivato a quindici recensioni. Sapete, non è
tanto facile come sembra scrivere tutto questo, sopratutto in questi
giorni.. Sono occupatissima con la scuola, ho verifiche su verifiche e
interrogazioni su interrogazioni. Pensate, che solo domani ho una
verifica di matematica e un'interrogazione di latino, sto tipo morendo.
Inoltre, tutti i giorni sono costretta ad andare in palestra, quindi un
paio di ore se ne vanno per l'esercizio fisico e sono cose che devo
fare per forza. Provate a capirmi, sono una liceale e ho dei doveri da
eseguire e compiti da rispettare. Nonostante questo, però,
cercherò sempre di scrivere e di aggiornare il prima
possibile!
Passando al capitolo: so che non è venuto un
granché. L'ho scritto tutto stasera velocemente, solo
perché non volevo farvi aspettare altro tempo dato che le
quindici recensioni le ho raggiunte. Mi sembrava ingiusto. Avevo in
mente altri progetti, ma dovevo mettere in chiaro alcuni passaggi,
altrimenti sembrava tutto troppo affrettato. Lascio a voi i commenti,
che ve ne pare questo capitoluzzo? c:
HO UN ANNUNCIO DA
FARVI.
La settimana prossima, mio padre scenderà dalla Svizzera e
starà con me una settimana, quindi, molto probabilmente non
aggiornerò per un'intera settimana.. Però, ho
pensato che farvi stare da adesso fino a lunedì o
martedì prossimo senza un capitolo è un po'
esagerato, quindi lunedì aggiornerò e il capitolo
sarà davvero bello e lungo, solo per voi babee.
PARLIAMO DI
UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o
pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questo
è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando
volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad
aiutarvi.<3
Chi di voi ha
tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se
vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance
VORREI, COME
SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO.
GRAZIE A CHI HA
MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE.
GRAZIE A CHI
RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI
SILENZIOSI.
È grazie
al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di
più.
Vi amo.
Sharon.~
P.s: perdonate gli errori,
non sono riuscita a rileggere!
Much
love.
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 18//. Be my date this Christmas Eve. ***
Capitolo 18. be my date this christmas eve
Justin mi prese
dolcemente per mano, per poi tornare di là dai
ragazzi. Toccavo la collana che mi aveva appena messo al collo, il
cuore mi batteva forte. Non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che
proprio a me, una ragazzina di dodici anni più piccola,
aveva
regalato una collana con l'infinito. Proprio a me, stava mostrando
amore e felicità e la cosa non mi dispiaceva affatto. Quando
Logan ci vide, mano nella mano, ci sorrise e venne al nostro fianco.
-Free, abbiamo bisogno
del tuo aiuto!- gracchiò, trascinandomi un sé in
un negozio di vestiti.
-Ti sembra modo?-
sbottai, alzando un sopracciglio e tenendo l'altro teso.
-Sì- fece
spallucce, continuando a trascinarmi e fregandosene se mi stava o meno
facendo male.
-Stasera niente
regalo- lo minacciai, chiudendo gli occhi in due fessure.
-Oh, che paura-
Ridacchiai e alzai gli
occhi al cielo, sentendo lo sguardo di Justin
addosso. Era così bello, quella mattina. Più di
tutto,
amavo il sorriso, che non aveva abbandonato il suo viso. Quel sorriso,
riusciva a trascinare anche me. Mai nessuno, in tutta la mia esistenza,
era riuscito a farmi sorridere così tanto in così
poco
tempo. In poco più di due settimane era riuscito a
trasportarmi
in un'altra galassia, in un altro mondo completamente nostro. In poco
tempo, era riuscivo a far valere la parte migliore di me, e non quella
che stava predominando nell'ultimo periodo. Justin era la mia luce, la
mia fortezza. Justin era la persona che più mi faceva
sentire libera e viva, sopratutto, e non l'avrai
lasciato scappare.
Justin era la persona
di cui mi ero innamorata.
E si sa, che il primo
e vero amore non si scorda mai.
-A cosa vi servo?-
chiesi ai tre ragazzi di fronte a me, spostando il peso su una sola
gamba.
-Maglione giallo o
verde?- chiese Nicholas, mostrandomi i due maglioni.
Arricciai il naso, un po' disgustata da quelli che erano 'i suoi gusti
infallibili'.
-Nessuno dei due-
rispose Justin al posto mio. Lo guardai alzando il pollice e fancedogli
l'occhiolino.
-E allora scegli tu il
magliore per mia sorella, mister Bieber- sbottò Logan,
suscitando la risata generale.
-Scommettiamo che
trovo qualcosa di più decente e femminile?-
alzò entrambe le sopracciglia, mordicchiando il labbro.
Perché
doveva sempre essere dannatamente sexy?
Cominciò a
frugare tra i vari scaffali e i vestiti appesi alle
gruccette. Si allontanò di qualche metro, provocando in me
un
vuoto incalcolabile. Così, feci proprio come lui e cominciai
anch'io a frugare tra le mensole. Non avevo una passione sfrenata per
lo shopping, preferivo più comprare i vestiti su internet.
Dopo
vari minuti passati a mettere sottosopra i vestiti -così
almeno
le commesse non sarebbero state a fissare Justin ma a fare qualcosa che
riguardasse i compiti che non stavano svolgendo per fissare il mio quasi
fidanzato- tornai dai ragazzi, trovando Justin mostrare a Logan varie
maglie e vari vestiti. Una maglia in particolare mi colpì,
una
che assomigliava tanto a quella che aveva la nonna, la mamma di mamma,
in una foto. Era un maglioncino rosso con tante piccole renne sulla
parte superiore del busto e sui polsini, a collo alto. Instintivamente,
mi sporsi per prenderla e mi avviai, sotto lo sguardo stranito di
tutti, in camerino. Non ero più padrona delle mie azioni,
volevo
solo assomigliare alla nonna. Mi spogliai, indossai il maglioncino e mi
guardai allo specchio. Ero proprio come lei. Anche se mamma non mi
parlava mai dei suoi genitori, assomigliavo molto alla nonna. Mi
avvicinai allo specchio, toccando con le dita il mio riflesso. Chiusi
gli occhi e mi sentii trasportare in un altro mondo.
-Freedom-
mi girai attorno, sentendomi chiamare. Non vedevo nessuno, solo un
grande piazzale innevato. -Freedom!- urlò ancora la voce,
più vicina questa volta. Spostai lo sguardo verso quella che
doveva essere la direzione da cui proveniva la voce. E infatti fu
così. Vidi una donna, dagli occhi azzurri e i capelli corti
coperti da un cappello. Era ancora abbastanza giovane. Si
avvicinò a me, a passo lento. Dietro di lei, un uomo, che
avrà avuto più o meno la sua età. E
dietro ancora,
due persone, che riconobbi come i miei genitori, le cui dita delle mani
erano intrecciate.
Mi avvicinai a loro, sentendo le lacrime salire. Erano loro, erano i
miei nonni. Corsi verso di loro, aprendo le braccia per poterli
abbracciare. Ma non appena feci per stringerli tra le mie braccia, i
loro corpi svanirono. -Nonna, nonno!- urlai, girandomi attorno. -Dove
siete? Dove siete? Tornate, vi prego, tornare da me'- urlai, per poi
cadere sulle ginocchia. Poggiai le mani sulla neve fredda, facendola
sciogliere a causa del calore delle mie lacrime.
-Non possiamo, tesoro mio. Non stasera, per lo meno.-
-Perché? Perché non stasera?- gridai, tornando in
piedi.
-Perché un camion sta per portarci via.- sussurrò
una
voce, per poi scomparire nel nulla. E tutto ciò che vidi, fu
solo del nero cupo.
Toccai la mia fronte,
ormai sudata. Ero seduta a terra all'interno del camerino, ancora col
maglione addosso e col fiatone.
Cos'era successo?
JUSTIN'S
POV.
Freedom
non era ancora tornata dal camerino, ed io stavo
cominciando a preoccuparmi. Era più di un quarto d'ora che
era
dentro, la voglia di entrare a sbirciare era tanto ma una commessa non
mi toglieva gli occhi di dosso e non potevo rendere palese il fatto che
fossi eccitato come un coniglio. Cosa potevo farci se mi eccitava?
Venivo eccitato da una ragazzina di dodici anni in meno di me, provavo
così tanta attrazione verso di lei che quasi non riuscivo
più a controllarmi. Il suo corpo, sviluppato ma non troppo,
mi
faceva andare in estasy. Mi capitava spesso di fare pensieri poco casti
su di lei, e mi facevo quasi schifo perché cavolo, ero
più grande di lei di dodici anni. E sicuramente, essendo
così piccola, non mi desiderava così tanto quanto
io
desideravo sentirla sotto di me, non mi desiderava così
tanto
quanto io desideravo essere dentro di lei e sentirmi finalmente unito
al suo corpo, rendendola mia e rendendola donna.
-Secondo voi sta
bene?- chiesi, una volta aver pagato il maglioncino che il
sottoscritto aveva
scelto per la sorella di Logan.
-Aqua?-
domandò Nicholas, annuii. -Be', cosa potrebbe fare in un
camerino?-
-La chica è
capace de todos- Boyce si avviò al camerino, bussando. -Free
sei dentro?- ci avvicinammo.
-Aquamarine?-
bussò Nicholas, dato che non aveva ricevuto risposta.
Qualcosa non andava.
-Freedom?- si
unì Logan, aggrottando le sopracciglia. Nessuna risposta.
-Principessa?- chiesi,
poggiando l'orecchio alla porta del camerino.
Perché non poteva essere una fottuta tenda come in tutti i
normali negozi, ma una porta che si chiude dall'interno?
-Secondo me
avrà una crisi d'identità..- ridacchiai alla
battuta di Logan, per poi tornare serio.
Perché non
apriva? Perché non rispondeva? Cos'era
successo? Si era sentita male? Domande del genere non facevano altro
che portarmi altra preoccupazione. Non volevo che le fosse successo
qualcosa, non volevo perderla. Era ormai diventata essenziale,
il
solo pensiero che le fosse successo qualcosa mi faceva andare in
panico. Continuai a bussare e a chiamarla, odiavo la sensazione che
sentivo dentro, come qualcosa che non andava. Perché doveva
succedere proprio in quel momento, proprio quel giorno, proprio quella
mattina? Sospirai frustrato e portai una mano tra i capelli, tirando
leggermente le punte. Dopodiché continuai a bussare, ancora
più forte e attirando l'attenzione delle commesse. Una
decina di
minuti dopo, sentii la porta aprirsi. Sospirai, portandomi tra le
braccia la mia bambina.
-Amore mio..- sussurrai tra i suoi
capelli, stringendola sempre più. -Cos'è
successo?-
-Non lo so-
sussurrò, scuotendo la testa. Sospirò. Mi si
strinse il cuore.
Era così
piccola e indifesa, così amabile e delicata.
Sentivo il dovere di stare con lei, il dovere di proteggerla, di farla
star bene, di crescerla. Le presi il viso tra le mani e le spostai i
capelli sudaticci dal viso, per poi stamparle un bacio sulla fronte e
uno sul naso. La mia, piccola e dolce Freedom. Feci scontrare i miei
occhi con i suoi, per poi perdermi in quel mare azzurro e perfetto. I
suoi occhi, erano un qualcosa di stupefacente. Riuscivano a trasmettere
ogni sua emozioni, riuscivano a far trasparire ogni suo stato d'animo.
E in quel momento, lessi confusione. Perché?
Perché
confusione? Mi si stringeva il cuore a vederla in quel modo.
-Ora sto meglio, mi
cambio e arrivo- disse, per poi chiudersi nel camerino.
-Non chiuderti a
chiave- le suggerii, e sentendo un rumore secco capii che aveva
accettato il mio suggerimento.
-Free vuoi che andiamo
a casa?- chiese Boyce col suo accento spagnolo, che mi ricordava tanto
Lana.
-No, è solo
mezzogiorno!- urlò, per poi uscire dal
camerino. Bella come poche. -Compro questa- sventolò in aria
il
maglioncino che poco prima avevo preso, con un sorriso a trentadue
denti.
-Lascia a me- le feci
l'occhiolino, tirandole il maglioncino da mano.
-No, Justin! Hai
già fatto tanto, lascia che lo paghi io-
incrociò le braccia al petto e mi fece il labbruccio. Eh no,
piccola, questa volta non ci casco.
-Questa volta non ti
guardo- sorrisi, posando venti dollari sul bancone assieme alla maglia.
Free sbuffò
trattenendo un sorriso, per poi sorridere
completamente non appena le posai la busta tra le mani.
Perché,
cavolo, dovevo sentirmi in quel modo, in sua compagnia? Non riuscivo a
spiegarmi l'effetto che mi faceva quella ragazza, non mi ero mai
sentito in quel modo, nemmeno con Lana. Be', con Lana era un amore
diverso. Ero innamoratissimo del suo modo di fare così
intrepido
e sicuro di sé, della sua voglia di vivere e della sua
forza.
Free, invece, era il contrario. Free era sicura di sé solo
quando voleva dismostrarlo agli altri, ma infondo si sapeva che dentro
di sé provava tanta insicurezza e aveva bisogno di certezze.
Ed
io, ero pronto a darle tali certezze. Volevo farle capire che, ormai,
mi ero legato fin troppo a lei, e che non l'avrei lasciata andare. Era
la mia piccola principessa e l'avrei cresciuta io, no?
Dopo esser usciti dal
negozio, entrammo nel supermercato a comprare
delle 'insalata'. Free aveva insistito dicendo che la sera avremmo
sicuramente mangiato tanto e che dovevamo rimanere leggeri. L'insalata
in sé non mi dava problemi, più che altro rimasi
sorpreso
dal fatto che fosse stata Freedom, la mia Freedom amante del
cioccolato, a preferire un'insalata a un bel piatto calorico. Quella
ragazza era piena di soprese.
-Quindi stasera siete
tutti a cena a casa Dale?- chiese Nicholas,
bevendo un sorso dalla sua bottiglietta d'acqua. E sì,
Freedom
aveva obbligato tutti noi a prendere dell'acqua.
-Sì, ci
sarà da divertirsi..- commentò Free, con gli
occhi luccicanti.
-Perché?-
chiesi, portandola più vicino al mio corpo.
Altro che astinenza, ero completametne dipendende dal suo corpo.
-Perché a
tua mamma e alla nonna piace cucinare, e papà
è un cuoco e sicuramente vorrà cucinare-
ridacchiò, attorcigliando una ciocca di capelli lungo il
dito.
-Penso che finirà come l'ultima volta, che le urla in cucina
non
mancheranno ma che alla fine sarà tutto buonissimo-
-E' tornato tuo
padre?- chiese Logan, aggrottando le sopracciglia.
-Ieri sera, ci ha
fatto una bella sorpresa..- commentai, stringendo la mano di Freedom.
-Ma io ancora vi devo
raccontare cos'è successo? Che sbadata che
sono! Io parlo sempre, e proprio ciò che è
successo ieri
non ve l'ho raccontato. Devo darmi una svegliata, non voglio perdere le
mie buone abitudini di parlantina. Insomma, mi caratterizzano..-
Logan, Boyce e
Nicholas spalancarono gli occhi, ascoltando Freedom aka
Bolt parlare. Dal canto mio, risi. Risi, perché quella
ragazza
era stupenda. Risi, perché ero felice di averla trovata.
Risi,
perché cavolo, era riuscita a farmi innamorare dopo anni
passati
in solitudine a pensare a Lana.
Le baciai il dorso
della mano, ascoltandola parlare. I suoi amici
avevano un viso spaesato, io no. A me piaceva ascoltarla, aveva
così tante cose da dire ed io avevo così tante
cose da
imparare. Anche se ero un professore, c'era sempre qualcosa da
imparare. Da tutto e da tutti. E di lei, sapevo tutto quanto niente.
Perché in primis cambiava idea troppo spesso, e inoltre
c'erano
aspetti della sua vita che ancora non conoscevo. Aveva avuto un passato
così buio e travagliato che spesso, quando mi raccontava di
sé, scoppiava in lacrime e mi faceva così tanta
tenerezza. Amavo coccolarla e stringerla a me, amavo darle teneri baci
tra i capelli e sussurrarle che io ero lì per lei.
Perché
infondo, io ero lì solo per lei.
E
sarei rimasto lì, per lei.
FREEDOM'S POV.
-Aspettatemi
qui che vi do i regali!- urlai, entrando in casa.
Erano le tre del
pomeriggio ed io ero stanchissima, non avendo dormito
quasi tutta la notte. Volevo per lo meno fare un pisolino,
perché sicuramente avremmo fatto tardi anche quella sera,
dato
che era la vigilia di Natale. Avevo in mento un paio
di cosucce
per Justin, speravo solo di non fare la figura della cretina e di non
sembrare una stupida ragazzina sdolcinata. Be', sicuramente lo sarei
sembrata una volta aver dato i regali che avevo scelto per i miei tre
amici. Avevo fatto stampare quattro maglie con una foto che ritraeva
tutti e quattro sorridenti, e inoltre avevo anche preso quattro
bracciali d'accciaio e fatto incidere i nostri quattro nomi in ognuno
dei quattro bracciali. Quanti
quattro che volano in giro..
Presi i quattro pacchetti e scesi di nuovo di
sotto, in salotto dove i ragazzi erano seduti i quattro ragazzi.
Diedi ai miei amici il mio regalo, per poi sedermi sulle gambe di
Justin, che mi sorrise dolcemente. Gli baciai la punta del naso come
spesso faceva anche lui, per poi sentire le sue mani stringere sui miei
fianchi. Oh,
Justin..
-Cos'è?-
chiese Nicholas, scartando il regalo.
-Lo stai scartando,
non lo vedi con i tuoi occhi?- alzai un sorpacciglio, nascondendo un
sorriso.
-Mi chica è
bellissima!- esclamò Boyce, dandomi un bacio sulla guancia.
-E questo? Io adoro
questi bracciali!- sbottò Logan, mettendo subito il
bracciale.
-Grazie Aqua- Nicholas
mi sorrise, guardandomi negli occhi. Lo abbracciai forte.
-Grazie a te- mi
staccai,sentendo lo sguardo di Justin perforarmi. -Così, non
vi libererete più di me.-
Sorissi
dolcemente ai miei amici, aprendo anche i loro regali.
Boyce mi aveva regalato un pigiamone caldo in pile che avevo visto in
un negozio e di cui mi ero subito innamorata, con calzini e coperta
intonati. Sapeva bene i miei gusti, il ragazzo. Logan, invece, mi aveva
regalato un set da venti tavolette di cioccolata, tutte completamente
diverse: dal cioccolato bianco con le nocciole al cioccolato fondente
al peperoncino. Mi brillarono gli occhi appena lo vidi, era pure della
Swiss Dream, marca che io amavo. Lo abbracciai forte e sorrisi, pigiama
caldo e cioccolato erano il mix perfetto per delle serate chiusa a casa
a ingrassare.
Nicholas, invece, mi
aveva regalato un bracciale sottile e con un
ciondolo al centro, contenente due nostre foto. Una di quando eravamo
piccoli, una di pochi mesi fa in uno dei periodi non proprio
più
belli della mia vita. Sul ciondolo, era inciso 'per sempre migliori
amici'. Una scritta banale, ma intensa.
-Non lo
leverò più- lo abbracciai forte, dandogli un
bacio sulla guancia. Era il migliore amico migliore che ci sia. Mi era
sempre stato vicino, era sempre pronto ad aiutarmi e a farmi felice.
Gli volevo un bene dell'anima, ma davvero.
-Neanch'io- mi fece
l'occhiolino, indicando il bracciale che aveva al
polso e che gli avevo regalato. -Adesso dobbiamo andare, ci vediamo
domani?- annuii.
-Caso mai il
pomeriggio facciamo un giro insieme o venite voi qua-
-Perfetto- Logan si
alzò dal divano, seguito da Boyce -Poi gi organizziamo-
-A domani ragazzi- li
salutai dalla porta con la mano, sorridendo. -Buon Natale-
Sorrisi ancora, per
poi chiudermi alle spalle la porta. Morsi il
labbro, notando Justin sul divano. Era così bello, sembrava
quasi un angelo. Mi avvicinai lentamente, per poi sedermi sulla
poltroncina al suo fianco. Cominciai a ispezionare ogni suo centimetro,
ogni suo lineamento. Le labbra erano semiaperte, le gote leggermente
arrossate, i capelli arruffati, gli occhi incollati al televisore, gli
zigomi ben pronunciati. Sembrava fatto di porcellana, quasi non mi
sembrava vero. Eppure era lì, era reale. Ed era con me.
Mi fece segno,
facendomi spazio,di andare al suo fianco. Mi alzai dalla
poltrona e obbedii al suo comando, sedendomi al suo fianco. Un suo
braccio si poggiò sulle mie spalle mentre le sue labbra si
poggiarono sulla mia fronte. Chiusi gli occhi, sotto a quel tocco tanto
casto e desiderato. Poggiai la testa sul suo petto e mi lasciai
accarezzare i capelli da quelle mani calde e morbide, stranamente non
aveva i cerotti anche se sicuramente aveva qualche taglietto sulle dita
a causa dello sfregare troppo le corde della chitarra. Gli diedi un
piccolo e tenero bacio sul petto,per poi salire sul collo, sul mento,
sulla guancia. Lo sentii irrigidirsi, e mi bloccai anch'io. Mi ero
spinta troppo oltre, forse, e lui certamente non voleva questo da me.
-Scusa- sussurrai,
mettendomi composta e attirando le ginocchia al petto.
-No,- scosse la testa,
prendendomi il viso tra le mani -continua, ti prego-
sussurrò a sua volta, chiudendo gli occhi.
Ricominciai a dargli
tanti, teneri baci sul collo, sul mento, sulla
mascella, sulle gote, sul naso. Ovunque, tranne sulle labbra. Sentii il
suo respiro appesantirsi e le sue mani prendermi
violentemente i
fianchi. Facendo una paio di mosse alla Jackie Chan, Justin mi
portò sulle sue gambe a cavalcioni. Il cuore
cominciò a
battermi tanto, tanto forte. Prima di dargli un altro bacio sul collo,
mi fermai a guardargli gli occhi. Erano luccicanti, riuscivano a
brillare nel buio della notte. Poggiai le mie mani tra i suoi capelli,
accarezzandoli leggermente. Lui fece lo stesso, accarezzandomi
dolcemente il viso e sorridendomi. Chiusi gli occhi, sotto al suo tocco
così leggero e delicato. Partì dalla tempia,
sfiorò la guancia, le labbra, il collo, il seno.. Una
scarica di
adrenalina attraversò la mia spina dorsale, facendomi
tramare.
-Vuoi un appuntamento
al buio?- chiesi ironica, riaprendo gli occhi.
-Sii il mio
appuntamento, questa vigilia di Natale- sussurrò, prima di
poggiare le sue labbra sulle mie.
Be
my date this Christmas eve!
Be my holiday, my dream.
Lay your head on me, I got you baby.
Kissing underneath the tree,
I don't need no presents girl, you're everything I need.
Let me give you all of me, here.
Together on this Christmas eve.
Be my Christmas Eve.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Maccccccciao!
*chiudegliocchiesinasconde*.
Dopo due anni, sono di nuovo qui. La cosa strana, è che sono
passati davvero due anni ahahahah. E quante cose, sono successe in
questi due anni.
Prima di raccontarvele, vorrei scusarmi con voi, lettrici che risalgono
'ai tempi di due anni fa'. Sono stata una stupida a non avvertirvi e a
farvi promesse che non ho mantenuto. Ma ehi, sono di nuovo qua! E ci
terrei a precisare che non vi ho abbandonate per motivi futili.
Praticamente, vi ricordate che nell'ultimo capitolo vi
scrissi
che avevo comincaito a frequentare un ragazzo? Be', il 22 marzo con
quel ragazzo farò due anni. Ho deciso di mettere la mia
relazione al primo posto, infatti ho lasciato anche un po' Justin ma
adesso sto tornando alle mie vecchie pratiche, piano piano. E non so se
sarà un bene, o sarà peggio. Perché le
mie
'vecchie pratiche' non sono proprio salutari e la nostra Free ne sa
qualcosa.
COMUNQUE!
Sono qui, solo perché una cara ragazza ha risvegliato in me
qualcosa. Ho capito che dovevo continuare questa storia e non potevo
lasciarvi sulle spine. Ringraziate lei, vecchie lettrici. GRAZIE
TESORO!!!
E inoltre, sappiate che d'ora in poi aggiornerò, spero,
regolarmente. Vi spiego, non ho ancora internet a casa dato che devo
trasferirmi e quindi penso di andare dal mio ragazzo che ha il wiifii,
farò quindi del mio meglio.
Nel frattempo, volevo ringraziarti. Sì, proprio a te che
adesso
stai leggendo. Voglio ringraziarti, sia che tu sia nuova sia che tu sia
una vecchia lettrice. Vorrei ringraziarti, perché
è anche
grazie alla tua visualizzazione che ho la forza di andare avanti e di
continuare.
Vi avverto, che già sto scrivendo una nuova storia. E'
diversa
dalle altre e sono già al capitolo quindi, devo solo
rileggerla
e rivedere alcune cose!
Dopodiché, appena avrò internet, la
pubblicherò con calma.
PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi.
VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E
CHE HANNO CONTINUATO A FARLO.
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché
sì, lo so che ci siete.
Much
love.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19.// Cosa sta succedendo? ***
19. Capitolo
-Vuoi un appuntamento al buio?-
chiesi ironica, riaprendo gli occhi.
-Sii il mio
appuntamento, questa vigilia di Natale- sussurrò, prima di
poggiare le sue labbra sulle mie.
Mi paralizzai, sentendo quelle labbra morbidere premere dolcemente
sulle mie unendosi in un casto bacio a stampo. Niente di
più,
niente di meno. Un semplice e dolce bacio, tanto puro e desiderato,
altroché se era desiderato. Non appena mi staccai, fissai i
suoi
occhi, pieni di lussuria. Mi strinsi al suo corpo in un abraccio, che
probabilmente non si aspettava perché si irrigidì
di
colpo. Era la prima volta che mi trovavo in una posizione simile, la
prima volta che eravamo così tanto intimi. Certo, avevamo
anche
dormito insieme, ma in quel momento ero a cavalcioni sulle sue gambe e
il mio obiettivo era quello di farlo impazzire per vedere la sua
reazione. Ero curiosa, di capire e di scoprire dove saremo andati a
finire. Ricominciai, quindi, a dargli tanti baci sul collo. Non sapevo
cosa mi stava succedendo, desideravo tantissimo portare le mie labbra
su quel collo dannatamente eccitante.
-Piccola..- sussurrò Justin, portando la testa all'indietro.
-Principessa..- ripeté, prendendomi la testa tra le mani.
Prontamente mi scossi, continuando a baciarlo e stringendomi sempre
più a lui. Sentivo uno strano calore al basso ventre, una
sensazione che mai avevo provato con un ragazzo. Era la prima volta che mi
sentivo così strana. Be',
con lui erano tutte prime volte. -Freedom, fermati- sbottò,
con
voce tremula. Mi prese il viso tra le mani, guardandomi.
-Cosa c'è?- gli chiesi, delusa. Sì, delusa,
perché stavo così bene..
-Potrei fare cose di cui potrei pentirmi- abbassò lo
sguardo,
esaminando il mio corpo. -Non fraintendere, è solo che..-
-Che sono troppo piccola per una ragazzo come te, lo so- alzai gli
occhi al cielo, incrociando le braccia al petto. Poggiò le
mani
sui miei fianchi.
-Non è questo- ridacchiò, squotendo la testa
-Semplicemente non è il momento adatto- mi baciò
la punta
del naso, stringendomi in un abbraccio.
-Non ci sono i miei, siamo da soli e sono pure in vena. Quando sarebbe
il momento adatto se non questo?- chiesi, sospirando.
-Ti ricordo che stai parlando con Justin Bieber, piccola.-
-E cosa c'erantra questo?- chiesi ancora, guardandolo con la testa
inclinata verso destra e con un sorriso stamapto in viso.
-Lo scoprirai presto- sussurrò sulle mie labbra, provocando
un milioni di scariche lungo tutta la mia spina dorsale.
Avrebbero subito qualcosa le mie povere vertebre, a causa di tutte
quelle scariche che provavo ogni secondo che stavo con lui. Si
sarebbero consumati i dischi di cartillagine, sicuramente.
Aveva appena detto che voleva fare qualcosa
-e sapete bene cosa- con
me.
E da quello che mi stava facendo capire, voleva che fosse qualcosa di
speciale. Forse perché sapeva che era la mia prima volta, in
tutto. La prima volta a dovermi rapportare con un ragazzo, i primi
baci, le prime emozioni, la cosidetta prima volta d'amore. Anche se
ancora non eravamo finiti sotto le coperte, la prima volta d'amore
l'avevamo già avuta. O almeno, io l'avevo avuta quel giorno,
dopo aver 'parlato' con papà a telefono. Andai a rifugiarmi
a
casa Dale, per poter staccare l'aria. Ed era arrivato lui, da
Cambridge, un ragazzo di ventisette anni già divorziato ma
con
uno splendido sorriso ancora in volto. Aveva rubato il mio cuore la
prima volta che ci
eravamo visti, aveva rubato i miei sguardi e le mie attenzioni. Era un
ladro,era entrato dentro di me rubando il mio cuore. Però
era uno
splendido ladro, che ruba, certo, ma ti dà in cambio
qualcosa. E
lui, mi aveva donato finalmente serenità.
Serenità e pace
interiore, che non avevo da tempo.
Due anni. Avevo solo due
anni quando
papà era andato via di casa, lasciando me e mia madre da
sole.
Era andato in un altro Stato, poi in un altro e in un altro ancora.
Perché voleva lavori sempre più soddisfacenti,
lavori che
gli avrebbero permesso di 'mantenermi'. Ero una semplice bambina di due
anni con gli occhioni azzurri che cercavano amore, poco mi importava
del denaro. Ma questo, a mio padre, non era mai interessato. A lui
interessava lavorare, solo lavorare. Gli interessava il denaro, per
potersi permettere più svizi e vivere nel benessere. Eppure,
tutto ciò, a causa dei vizi e di una seconda moglie
esigente,
mio padre non l'aveva mai ottenuto. Quando al primo posto si mettono le
cose
materiali e non l'amore per la propria famiglia, si
precipità
nell'oblio. E sia io, che lui, eravamo precipitati. Lui, che aveva
cominciato a fumare e a giocare, per poi perdere entrambi i vizi dopo
poco. Ed io, che dagli undici ai quattordici anni quasi non mangiavo
nulla oltre al cioccolato una volta al giorno, e facevo sport fino allo
sfinimento. Obbligata a dover lasciare entrambi gli sport, cominciai a
sfogarmi su me stessa, sulla mia pelle. I ricordi, il passato e anche
il presente facevano male. Mi focalizzavo sempre su ciò che
non
avevo, su ciò che avrei voluto ma che non sarei mai riuscita
a
raggiungere. Il sorriso, quello finto, non aveva mai abbandonato il mio
viso. Solo tre persone riuscivano a capire bene ogni mio stato d'animo,
nemmeno mia madre riusciva a capirmi. Tutto ciò che sapevo
fare
era piangermi addosso e farmi del male. Di serenità, proprio
non
ne avevo..
..fino alla venuta di Justin.
Justin, quel ragazzo che era riuscito a stravolgermi, in bene. Era
riuscito a farmi abbandonare i modi di pensare errati, era riuscito a
farmi capire che tutto è raggiungibile, se ci metti la buona
volontà. Era riuscito a farmi capire che il passato
è
importante, ma vale fino ad un certo punto. Ciò che
realmente
conta è il presente e i progetti futuri e impegnarsi
affinché questi possano realizzarsi. Era riuscito a colmare
il
vuoto che avevo dentro e che non riusiciva ad andar via ed era riuscito
a farmi sentire migliore. Sopratutto, era riuscito a farmi sentire
più donna.
-Grazie- sussurrai sul suo petto,poggiando la testa tra l'incavo del
suo collo.
-Di cosa?- chiese, accarezzandomi i capelli lunghi.
-Di essere qui- continuai, sentendola la presa sul mio corpo aumentare.
All'improvviso, però, la serratura della portà
emise un
rumore sordo. -Penso che mamma e papà però non
sarebbero felici di vederci così- sussurrai ancora,
scendendo
immediatametne dalle sue gambe.
-Dammi un cuscino!- disse a dentri stretti, poggiando i gomiti sulle
ginocchia. Aggrottai le sopracciglia.
-Perché?- mi girai e presi il cuscino, tenendolo tra le
dita.
-Fallo e basta- sbottò, prima di allungarsi e strapparmi il
cuscino tra le mani.
Sorrisi vittoriosa, non appena notai il posto in
cui aveva messo il cuscino. Mi lanciò un'occhiata fulminea,
prima di sorridere in modo innocente a mia madre che era appena entrata
in salotto con delle buste tra le mani. Un cappotto verde scuro,
abbastanza lungo, le stava davvero a pennello. Quel cappotto non lo
metteva da anni, anzi, a dire il vero non l'avevo mai visto. Forse,
solo in una foto.. quando c'era ancora papà ed io ero
piccolina.
Anche se dopo quindi anni era invecchiata, era rimasta bellissima. Gli
occhi verdi con qualche sfumatura castana erano in perfetto contrasto
con i suoi capelli castani, tanto chiari, quasi biondi, e la sua pelle
chiara. Anche se non faceva sport, aveva un corpo abbastanza asciutto
che ancora riusciva a incantare gli uomini. Lei, però, dopo
papà non aveva avuto nessun altro. Aveva giurato amore
eterno a
papà e aveva deciso di non rompere quel giuramento, come
aveva
fatto papà. Dal luccichio che in quel momento era
presente nei suoi occhi non appena
papà entrò in salotto e si mise al suo fianco,
capii che
non aveva ancora rotto quel giuramento.
-Siete tornati prima?- chiese papà, prendendo dalle mani
della mamma le buste.
-Sì, la piccola era stanca- feci la linguaccia a Justin,
sentendolo ridere.
-Sì, sono stanca. Non ho chiuso occhio stanotte, ho diritto
di
riposare. Quindi, dopo la bella mattinata in compagnia di Boyce, Logan
e Nicholas e, sfortunatamente, anche di questo biondino qui, io vado di
sopra a riposare. Chiudo un po' gli occhi e penso di svegliarmi
direttamente per cena. Okay? Bene, grazie. Biondino, se vuoi seguimi-
dissi alzandomi e tutto d'un fiato, per poi levarmi i capelli dalle
spalle con fare altezzoso.
-Biondino?- mamma ridacchiò al nomignolo, osservandoci
salire.
-E' biondo, a meno che non abbia fatto il colore come le ragazze. Al
che, dovrei cambiare soprannome..- morsi il labbro vittoriosa, per poi
correre di sopra seguita da Justin.
Ridacchiai, non appena mi prese per i fianchi e mi diede un bacio
dietro all'orecchio. 'Sono
molto più uomo di quanto credi' aveva
sossurrato, prima di sorpassarmi e di entrare in camera mia. Mi bloccai
per un secondo, sentendomi avvampare. Altro che dischi di cartillagine
consumati, avrei dovuto rifare tutti i miei arti dato che mi aveva
praticamente fatto sciogliere.Mi diedi un paio di schiaffetti sulle
gote e chiusi gli occhi, prima di entrare in camera. Justin era
comodamente steso sul letto. Il maglione attillato gli metteva i mostra
gli addomali. Oh, fottuti ormoni e fottuta adolescenza.
Restai ferma a contemplare il suo corpo per svariati secondi.
Finché non lo sentii ridere e mi svegliai dal mio stato di
trans.
Dove siamo?
In che epoca siamo?
Chi sono?
Oh. Fottuti ormoni e fottuta adolescenza alla seconda.
-Vieni?- mi chiese, aprendo le braccia. Colsi l'attimo, e mi gettai tra
di esse.
-Dormi con me?- gli chiesi, sbadigliando. Annuì, baciandomi
poi la fronte. -Svegliami alle sei-
-Come vuoi, tesoro mio..- sussurrò, accarezzandomi la
schiena.
E così, cullata dalle sue carezze e dalle sue attenzioni,
chiusi
gli occhi e in poco tempo mi addormentai, entrando nel mondo dei sogni.
Dove Justin era il re ed io la sua regina.
-
What does the fox sa-
FOTTUTISSIMA SVEGLIA.
Mi svegliai di scatto, saltando giù dal letto. Mi ritrovai
con
la faccia sul pavimento e il naso dolorante, perché diavolo
avevo ancora quella sveglia? Imprecando in russo, mi girai e mi stesi
sul pavimento caldo ma ugualmente freddo. Avere i termosifoni sotto al
pavimento non era poi così utile dopotutto. Presi
quell'oggetto
mostruoso più comunemente conosciuto come cellulare tra le
mani
e notai di non aver ancora spento la sveglia. Che non si chiamava
'rompi coglioni' come tutte le mattine, ma 'apri le note'. Incuriosita,
aprii le note, trovandone una che non avevo scritto io.
'Principessa, se stai leggendo
questo messaggio e non sono al tuo fianco, vuol dire che sono andato
via.' ma va? Pensavo ti fossi dissolto.. 'E
non alzare gli occhi al cielo piccola, dovevo fare la mia solita
entrata in scena. Comunque sia, ho importato la sveglia alle sei meno
dieci, così che per le sei avrai già finito di
leggere
questo messaggio e potrai andare a farti bella per stasera. Non che tu
non sia bella, tu
sei sempre fottutamente bella. Bene, adesso
alzatali dal letto -o da terra- e va a prepararti.
A dopo, meraviglia.
Tuo, Justin.
Ps: apri la galleria.'
Sorrisi,
leggendo quel breve messaggio. Possibile che mi conoscesse
così
bene? Alzai gli occhi sull'orario, notando che fossero già
le
sei meno cinque. Mi alzai da terra, smanettando il cellulare con una
mano e aprendo la galleria. Aveva scattato due foto. La prima era un
nostro selfie, anche se stavo dormendo. Avevo la testa sula suo petto e
riposavo beata. Della foto, si vedeva benissimo il suo splendido
sorriso. Cavolo, era così bello che illuminava tantissimo lo
schermo anche se avevo la luminosità al minimo. Nella
seconda
foto, invece, mi baciava la fronte. Quanto era bello.
Sospirai e guardai nuovamente l'orario, lei sei in punto.
Hai fatto centro, Bieber.
Aprii velocemente l'armadio, cercando qualcosa da mettere. Volevo
indossare qualcosa di diverso, non i soliti jeans e il solito maglione.
Volevo sembrare più femminile, più donna. Non un
maschiaccio. Trovai, per culo ovviamente, un vestito che sembrava un
maglioncino un po' più lungo. Lo esaminai per bene, poteva
essere indossato come vestito. Non ero tanto alta, mi sarebbe arivato
poco più sopra del ginocchio e mi piaceva la fantasia: era
beige, era bucherellato e i buchetti formavano righe e rombi. Decisi
così di indossarlo, non prima di aver però fatto
una
doccia. L'acqua calda riusciva a farmi dimenticare di tutto e tutti,
solo Justin non riusciva a farmi dimenticare. Insaponai i miei capelli
col solito shampoo alla vaniglia e usai la stessa fragranza anche per
il corpo. Dopodiché mi risciacquali, mi asciugai e tornai in
camera. Ancora in intimo, truccai leggermente il mio viso e passai la
piastra, in modo tale da avere i capelli lisci. Justin diceva che gli
piaceva la morbidezza dei miei capelli, e in effetti piaceva anche a
me.
Presi il vestito e feci per indossarlo, quando lo sguardo cadde sul mio
corpo. Ero una bambina, certo. Ma mi sentivo la donna più
felice
del mondo, avendo Justin al mio fianco. Sorrisi, socchiudendo gli
occhi. Quanto mi mancava, cavolo. Velocemente, indossai un paio di
calze color carne che sulla parte esterna della gamba portavano tanti
piccoli brillantini. Odiavo portare le calze, ma sicuramente non volevo
morire congelata. Una volta infilate le calze, infilai anche il
vestito. Come avevo predetto, mi arrivava poco sopra il ginocchio. Si
posava perfettametne sui fianchi ed era abbastanza accollato, inoltre
aveva dei bei polsini che stringevano appunto sul polso così
che
nessuno avrebbe visto i segni delle mie follie. Soddisfatta del
risultato, cercai nell'armadio un paio di stivaletti che mi aveva
regalato papà ma che non avevo mai messo dato che erano col
tacco. Non era un tacco alto, ma non avevo mai avuto la
necessità di doverli indossare. Quella sera,
però, volevo
sentirmi diversa. Una volta trovati, constatai che erano dello stesso
colore del vestito. Avevano tanti brillantini sul tacco doppio e anche
sul plateau, che richiamavano il motivo delle calze. Mi guardai infine
allo specchio, sorridendo.
Mi sentivo finalmente una donna.
JUSTIN'S POV.
Erano le sette e mezza, e di Jolanda e Free
nemmeno l'ombra.
-Jeffrey, quando arrivano Jolanda e Free?- chiesi a suo
papà, entrando in cucina.
-Dovevano star qui mezz'ora fa- ridacchiò tra sé
e
sé, mettendo il pollo al forno. -Penso arrivino a momenti.-
Annuii semplicemente, per poi uscire.
La mia Free ancora non mi aveva mandato nessun messaggio, non si era
ancora fatta sentire. Mi mancava parlare con lei, sentivo il bisogno di
averla con me. Guardai ancora l'orologio che portavo al polso, mi
pizzicava cavolo. Non solo Free non era ancora venuta, l'orologio si
divertiva pure a tirarmi i peli del polso e farmi sentire un dolore
lancinante. Provai a sistemarlo invano, perché nel momento
esatto in cui lo mossi mi tirò altri peli. Non lo mandai a
fanculo solo perché ero in salotto e mio nonno mi avrebbe
tirato
uno scappellotto dietro la schiena se solo avessi proferito una
parolaccia. Per cui lo levai e lo gettai sul divano, incrociando le
braccia al petto e portando indietro la testa. Finii per pensare al
pomeriggio, a quando Free era a cavalcioni su di me. Non sapevo con che
forze e con che coraggio fossi riuscito a fermarmi, avevamo casa vuota
e sia io che lei eravamo disposti a proseguire. Eppure sentivo che
dovevo fermarmi e fare le cose con calma. L'avrei aspettata, non volevo
che credesse che stessi con lei solo per il suo corpo. Per quanto fosse
perfetta, la cosa che più amavo di lei era il suo carattere
e il
suo modo di fare, amavo quando mi guardava negli occhi, quando non
smetteva di parlare, quando era sé stessa. Ero innamorato. Di lei.
-Figliolo, smettila di torturarti le mani. Arriverà tra
poco-
nonno spuntò da dietro l'albero, facendomi sorridere.
-Chi intendi? Io sono calmissimo- sorrisi, mentendo.
-Si vede lontano un miglio che sei agitato,- si sedette al mio fianco,
portando entrambe le mani sulle ginocchia. -Ti piace, eh?-
-Troppo- confessai, portando entrambe le mani sul viso.
-Non è mai troppo l'amore che si può mostrare
verso una
donna- commentò, facendomi girare. -L'unico problema,
è
che tra due giorni parti. Tu tornerai alla tua vita lì a
Cambridge, e lei continuerà la sua qui a Stratford. Siete
sicuri
di fare la cosa giusta?-
-Chi lo dice che tornerò a Cambridge?- rivolsi lo sguardo
verso
l'albero, osservando la mamma che posizionava gli ultimi regali sotto
di esso.
-Vuoi restare qui?-
-Cos'ho a Cambridge? Prima avrei potuto dire l'Università,
dopo
ancora Lana.. adesso non ho niente lì. Qui ho voi e
ho lei,
posso trovare lavoro qui in Canada. Andiamo, mi sono laureato alla
Harvard, servirà pur a qualcosa- ridacchiai, poggiandogli un
braccio attorno alle spalle.
-Ne sei proprio pazzo- ridacchiò nonno, alzandosi e aiutando
mamma a posizionare un regalo piuttosto grande sotto l'albero.
L'aria natalizia si stava facendo sempre più intensa,
mancava solo la mia dolce bambina.
Non appena sentii il campanello emettere un rumore abbastanza
fastidioso, mi alzai di corsa e, a passo svelto, mi avviai alla porta.
Ad ogni passo che facevo, sentivo il cuore battermi forte. E immaginate
non appena aprii la porta, quanto il mio cuore cominciò a
battere. Il sorriso di Freedom contagiò anche il mio. Le
baciai
dolcemente la mano, notando le sue gambe scoperte. Justin, calma. Aspettate
un attimo, gambe scopete? Quando mai aveva messo un vestito? Morsi il
labbro, al solo pensiero del suo corpo stretto in un vestito.
-Ciao Justin!- salutò Jolanda, sorridendomi.
-Ciao Jolanda!- ricambiai il saluto. -Prego, entrate- dissi, portando
una mano dietro alla schiena della mia piccola Free.
L'aiutai a levare il cappotto, rimanendo così sopreso dalla
sua
bellezza, quella sera. Il suo corpo,a dir poco stupendo, era
perfettamente fasciato
da un vestito a maglioncino beige. Gli stivali col tacco, inoltre, la
slanciavano particolarmente ed era ancora più bella. La
guardai
con occhi carichi di passione. Quanto desideravo prenderla e baciarla
lì, davanti a tutti. Volevo far capire al mondo interno che
ormai apparteneva a me, e che niente e nessuno me l'avrebbe portata
via, nemmeno la lontananza.
-Sei bellissima- le sussurrai all'orecchio, facendola arrossire.
-Tu lo sei sempre..-ammise, abbassando lo sguardo. Le presi il mento
tra le dita, facendo combaciare i nostri occhi.
-Anche tu, ma questa sera.. wow- confessai, facendole fare un giro su
sé stessa.
-Piccioncini, se non vi dispiace vorremo mangiare- sbottò
Jeffrey, dividendoci.
-Papà, rovini sempre i momenti migliori.. Come mai non lo
so! Va
un po' dalla mamma che è triste- sbottò Free,
stringendosi a suo papà a e prendendopoi la mia
mano. -Non è
vero, è per farlo andar via- sussurrò,
ridacchiando.
Io, però, notai nello sguardo di Jeffrey vera
preoccupazione. In
poco meno di un secondo, si avvicinò alla sua ex moglie e le
accarezzò il viso, chiedendole qualcosa. Jolanda
annuì,
con lo sguardo perso nel vuoto.
Cosa nascondevano?
Baby I hear melodies
when your heart beats.
Baby it sings to me like 88
fa la la, fa la la.
Baby I hear melodies when your
heart beats.
Baby it sings to me
know that it's Christmas time.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Sono di nuovo qua :3
Visto
che ho mantenuto
la mia promessa?! Sono di nuovo qui, con questo nuovo e penultimo
capitolo. Mi sento sempre più in colpa, perché
non solo
vi ho fatto aspettare due anni letterali per tre stupidi capitoli -dato
che il prossimo sarà l'ultimo- ma ho anche perso un sacco di
recensori appunto per questo assurdo ritardo. Spero che nel prossimo,
dato che sarà l'ultimo, ognuno di voi esprimerà
la
propria opinione perché mi farebbe davvero piacere.
Comunque ragazze, non sapete quanto io sia stanca. Sono in stage,
ovvero a lavoro, ed è stressantissimo! Sopratutto quando
devi
prendere pullman e treno per poter tornare a casa, sopratutto quando
hai un sacco di impegni e torni a casa alle sei. Tremendo, dannatamente
tremendo. Menomale che esistono le fanfiction! Ho passato intere
giornate lavorative a pensare al modo in cui continuare la storia,
sapevo già cosa scrivere -da due anni ormai- ma a grandi
linee e
di conseguenza mi servivano i dettagli. Spero di non avervi deluso,
tesori belli miei!
Il prossimo capitolo già l'ho scritto. Sarà
l'ultimo,
come ben sapete. Dopo questa storia, ho già scritto 15
capitoli
di una nuova storia, è abbastanza diversa dalle altre e mi
piace
come sta venendo. Per cui, non vedo l'ora di pubblicarla!
Per quanto riguarda questo capitolo, è solo per
così dire
di passaggio ma ci sono ugalmente concetti chiave che serviranno per
capire il prossimo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ssssu. *fagliocchionidolcidacerbiatta*
PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE
COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi.
VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E
CHE HANNO CONTINUATO A FARLO.
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché
sì, lo so che ci siete.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20.// Kiss me under the misteltoe ***
20 Capitolo
FREEDOM'S POV.
Mamma, per tutta la durata del primo, era
stata col viso
sommesso e gli occhi persi nel vuoto. Papà ogni tanto
cercava di
intavolare una conversazione, che però sviava. Cosa strana,
perché io ero proprio come lei e a me piaceva parlare, mi
piaceva parlare tanto, forse troppo. Odiavo vederla in quel modo, mi
sentivo
impotente e sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ne ebbi la
certezza, quando all'improvviso si scusò con tutti e
uscì
fuori casa, senza nemmeno indossare il giubbotto. Senza pensarci due
volte, cercai lo sguardo di Justin che annuì,
così mi
alzai e andai anch'io fuori, indossando prima però il mio
giubbotto e prendendo il suo. L'aria fredda mi pizzicò
subito il
viso, era una sensazione molto piacevole. Non nevicava ancora, ma il
meteo aveva portato neve verso mezzanotte. Approfittandone del
vialetto, arrivai fino al muretto su cui mia madre era seduta. Mi
avvicinai e mi sedetti al suo fianco, poggiangole il cappotto sulle
spalle.
-Grazie, piccola- sussurrò, sorridendomi appena.
-Prego, ma mi spieghi cosa succede?- le chiesi con calma, girandole il
viso verso il mio.
-Diciamo che il Natale mi ricorda brutte cose, amore mio..-
commentò, tornando a guardare il vuoto.
-Ti ascolto- le presi la mano, stringendola.
La sentii sospirare e irrigidirsi, come se quella situazione fosse un
peso. E in effetti, per come si stava comportando, sembrava davvero un
peso. E mi dispiaceva, perché era una serata stupenda.
Papà era con noi, Pattie si era dimostrata una splendida
amica,
Bruce e Diane la trattavano come una figlia e le dimostravano sempre il
suo amore. Mi dispiaceva che non si sentisse a proprio agio, volevo
farla star meglio ma proprio non mi veniva in mente nulla da fare.
L'unica cosa, era starle vicino e dimostrarle che non l'avrei
abbandonata nonostante tutto. Infondo, lei era proprio come me, e
anch'io stavo male quando nessuno mi stava vicino.
-Era la vigilia di Natale del 1998, avevo appena scoperto di essere
incinta e.. i nonni erano andati a Toronto per comprare alcune cose.-
deglutii, sentendo che i nonni c'entravano in quella faccenda.
-Dovevano venire a cenare a casa nostra, la nonna doveva aiutarci a
preparare tutto perché avremmo avuto più ospiti
ed io mi
sentivo malissimo per poter fare tutto. Avevo spesso giramenti di testa
e spossatezza, quante me ne facesti passare all'inizio della
gravidanza, tesoro mio- ridacchiò, le sorrisi e alzai le
sopracciglia. Rompevo le palle già dalla pancia di mamma,
penso
che sia un record. -Comunque, quella sera, sentii a telefono i nonni
non appena si erano messi in viaggio. Dopodiché, ricevetti
solo
una chiamata dalla polizia..- trattenni il respiro a quelle parole,
cominciando anch'io a fissare il vuoto. -Un camion, avevano preso un
camion. Nevicava tanto e il camion era andato fuori corsia,
così
che li aveva presi in pieno. Ho quasi rischiato di perdere anche te,
dal dispiacere- mi strinse la mano, forte. -Per me questo è
un
giorno morto, non festeggio da quindici anni a causa di questo. Mi
dispiace, se in tutti questi anni non ti ho mai detto la
verità.
Il punto è, piccola mia, che fa male riaprire questa ferita,
In
un solo giorno, ho perso due delle persone più importanti
della
mia vita e stavo per perdere anche te. Dopo due anni, sempre il
ventiquattro dicembre, tuo papà mi lasciò e..
questo
giorno mi causa solo dolore- sussurrò, scoppiando a
piangere.
Non volevo che mi vedesse debole, non volevo piangere davanti a lei.
Dovevo infonderle sicurezza, così l'abbracciai. Non pensavo
che
questo giorno per me gioioso, per lei potesse essere causa di dolore e
malessere. Non mi aveva mai detto nulla, non ero a conoscenza di tutto
ciò. Mi maledissi mentalmente più e
più volte, a
causa dei litigi e dei pregiudizi che avevo nei suoi confronti. Ero la
prima a dire agli altri di non giudicarci a vicenda, eppure io stessa
lo facevo con mia madre. Che stupida. Stupida e ottusa. Mi farei un
applauso da sola.
Sospirai e le presi il viso tra le mani, scontrando i nostri occhi.
Erano velati da un sottile strato di lacrime, proprio come i miei.
Resisti Free, resisti ancora un po'.
-Mamma..mi dispiace che sia successo tutto questo..- cominciai,
sospirando. -Mi dispiace per tutte le volte che non ti ho capita, che
litigavamo o che ero imbronciata. Non sapevo niente di tutto
ciò
e ti chiedo scusa, davvero- annuì leggermente, accennando un
sorriso. -E comunque, voglio che tu sappia questo: anche se i nonni
sono venuti a mancare tanti anni fa, rimarranno sempre i tuoi genitori
e i miei nonni. Loro sono sempre affianco a te, nel tuo cuore. Ti
tutelano, ti amano. Vogliono la tua felicità tutt'ora, e
penso
che la felicità tu la possa trovare guardandoti un po'
intorno.
Non esiste solo il lavoro, ma anche la famiglia e gli amici. E qui, a
casa Dale, questo non manca. Bruce e Diane sono stupendi, ti amano come
una figlia, e Pattie è un'amica stupenda. Quante volte siete
uscite insieme da quando sono qui lei e Justin? Una decina? Ti vuole
bene e lo dimostra. Non pensi che i nonni sarebbero più
felici,
vedendo te felice? Io penso di sì. Con le lacrime non
possiamo
portarli indietro. Io non ho potuto conoscerli, ma sono sicura che
erano persone stupende e che ti amavano tanto. Sia a te che a
papà. E per quanto riguarda papà, anche se
tredici anni
fa ti ha lasciata, adesso non penso che questo valga ancora. Insomma,
hai visto come ti guarda? E' premuroso e dolce, che non sia un ritorno
di fiamma? Quando guarda te, ha il mio stesso sguardo quando guardo
Justin..- le accarezzai il viso dolcemente. -Solo, divertiti stasera, e
non pensare a nulla. Li farai più felici, e sarai
più
serena tu-
Conclusi il mio discorso, con un caloroso sorriso. In quel preciso
istante, qualcosa di freddo si sciolse sulla mia testa. Alzai gli occhi
al cielo in contemporanea con mamma, sentendo tanti piccoli fiocchi di
neve bagnare il mio viso. Aveva cominciato a nevicare. Sorrisi, per poi
guardare mamma. Mi strinse in un forte abbraccio e mi
sussurrò
un 'ti voglio bene, figlia mia', prima di prendermi per mano e portarmi
all'interno della casa. Il sorriso che aveva non era più
finto,
ma un sorriso vero. Tornammo a sederci a tavola, sotto lo sguardo
sorpreso di tutti.
-Cosa facciamo adesso?- chiesi per rompere il ghiaccio, sorridendo
apertamente quando papà diede una bacio sulla guancia a
mamma. Quanto belli
erano?
-Mangiamo- disse papà, alzandosi. -Donne, in
cucina!- ordinò, avviandosi.
-Io avevo un'altra idea- sussurrò, invece, Justin al mio
orecchio. Avvampai.
-Io un'altra ancora, figlioli. Molto più sana- s'intromise
Bruce, alzandosi da tavola e avviandosi vicino al camino. Diedi uno
schiaffetto a Justin sul braccio, cosa che lo fece ridere. Che minchia c'hai da ridere,
idiota?
-Io seguo te, nonno!- gracchiai, alzandomi e seguendo
Bruce. Justin fece lo stesso, poggiandomi una mano sul fianco.
-Vi vanno un po' di canzoni di Natale in sottofondo?-
-Sì! Voglia o Michael Blublé, vogliamo Michael
Bublé!- Justin fece un verso di disappunto.
-Ma quello lo vorrai solo tu caso mai. Piuttosto, mettiamo questo che
sono più cantanti messi
insieme.- misi il labbruccio e feci gli occhi dolci, battendo
più volte le palpebre.
-Ti prego!- sbbattei ancora le palpebre, per essere il più
dolce
possibile. Justin poggiò una mano sul cuore e chiuse gli
occhi.
-Hai vinto- mormorò infine, prendendo il CD di Michael e
inserendolo nello stereo.
La vittoria aveva un buonissimo sapore. Trotterellando, tornai al posto
sotto le note di Santa Claus Is Coming to Town. Michael era un cantante
bravissimo e anche davvero molto, molto affasciante. Muovevo la testa a
ritmo sorridendo, il solito sorrisetto di vittoria che sfoggi ogni qual
volta vuoi far rodere il culo a qualcuno, insomma. E in quel momento,
era quella la mia intenzione. Justin, infatti, alzò gli
occhi al
cielo. Si poggiò con la pancia allo schienale della mia
sedia,
prendendomi le mani e baciandomi poi la fronte. Cantava anche lui, con
quella sua voce stupenda. Ancora non riuscivo a capire
perché
non era ancora diventato qualcuno, nel mondo della musica. Sapeva
suonare la tromba, la batteria, la chitarra e il piano, in
più
aveva una voce sensazionale e scriveva canzoni stupende. Era
praticamente un perfetto cantautore. Ed era anche davvero sprecato per
quel mondo. Meritava di più, molto di più di
ciò
che aveva. Ma be', aveva scelto di vivere una vita semplice, dove la
qualità predominante era l'amore, e secondo me aveva fatto
la
scelta giusta.
-Si mangia!- urlò papà, poggiando sul tavolo
degli involtini di pollo.
-Oh, Jeffrey, chi la sentirà Diane stasera..- disse nonno,
quando Pattie gli passò il piatto con due involtini e dei
peperoni imbottiti.
-Infatti domani mangiamo tortellini in brodo- Diane fece spallucce,
facendo ridacchiare Justin. -E tu non ridere, che ce ne sono anche per
te- Jusnti alzò le mani in segno di resa, sorridendo.
-Non ho fatto niente- commentò, trattenendo un sorriso.
-Certo che sei proprio un lecchino, eh?- sbottò
papà, ridendo.
-Con me lo è di più, sopratutto quando esce la
sera e
torna tardi a casa- Pattie alzò gli occhi al cielo,
sedendosi.
-Ma tanto non lo farò più- Justin fece spallucce.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio- commentò mamma,
facendogli l'occhiolino.
-Non quando il lupo ha trovato la sua lupa- sorrise a mia madre,
mettendomi poi un braccio sulle spalle.
Voleva per caso dire che prima andava a cagne e non a lupe? Mi
accigliai e corrugai le sopracciglia, che voleva dire sua mamma con
quella frase? Che a Cambridge usciva di notte per farsi le ragazze? O
che aveva una vita notturna? O che forse.. FERMI TUTTI.
JUSTIN AVEVA APPENA DETTO DI AVER TROVATO LA SUA LUPA.
Ed io, ero la sua lupa. Vero? Vero? Vero?
Imbarazzata ma allo stesso tempo felice, abbassai lo sguardo e sorrisi,
sentendo le gote bollire. L'effetto che aveva su di me, davvero non
riuscivo a capirlo. Era unico e inspiegabile e solo con lui riuscivo a
sentirmi..così. Così bene, così vera,a
così
viva, così donna.
Dopo aver finito di mangiare anche il secondo, restammo a tavola a
parlare e a mangiare frutta a guscio per il resto della serata,
parlando del più e del meno come accadeva sempre a Natale
tutti
gli anni. Solo verso le undici, mi alzai dal divano e presi Justin per
un braccio, avvicinandomi all'albero di Natale e alzando la voce dello
stereo. All I Want For Christmas Is You di Celine Dion
eccheggiò
nella stanza.
-Venite a ballare?- chiesi, alzando le braccia e sorridendo.
Nell'arco di pochi minuti, cominciammo a ballare tutti insieme. E
credetemi se vi dico che in quel momento sembravamo tutto
fuorché una
famiglia normale. Bruce faceva fare una giravolta a mia mamma e Pattie
assieme, papà invece ballava il twist con Diane sulle note
di
una canzone natalizia. Io e Justin, invece, saltavamo soltanto. O
merglio, io provavo a saltare, con i tacchi non mi alzavo di nemmeno
dieci centimetri. Ridevamo entrambi, come due bambini. Io lo ero,
certo, ma lui no. Vederlo muoversi e sfrenarsi in quel modo mi aveva
fatta capire che l'età è davvero solo un numero.
Ognuno
di noi decideva che indirizzo dare alla propria vita, se essere maturo
o rimanere bambino per sempre. Come lui in quel momento stava
diventando un po' più simile a me, io sapevo in che modo
rendermi più simile a lui e quindi essere più
matura.
L'età era solo un numero, un 15 o un 27 non fa la differenza
quando ad unirli c'è l'amore, che è un perfetto
vincolo
di unione.
-Hei, piccola!- mi poggiò una mano sul fianco e mi
tirò a sé, poggiando la sua fronte sulla mia.
-Hei, piccolo!- ripetei, strizzando tra l'indice e il pollice la sua
gota morbida.
-Tu sei piccola- mosse la testa afficnhé gli lasciassi la
gota,
dopodiché si avvicinò al mio orecchio. -Allora
dovrei
dire, ehi angelo nella neve. Lo sai che siamo sotto al vischio?- alzai
gli occhi al cielo, avvampando di colpo. Gli diedi uno schiaffetto,
quando notai che non eravamo davvero sotto il vischio.
-Sei uno stupido- incrociai le braccia al petto, smettendo di ballare.
-Perché?- ridacchiò, baciandomi leggermente la
tempia.
-Perché sì- mi allontanai con fare altezzoso,
sotto la sua risata divertita.
Bravo, bravo, ridi.
Intanto io ci sono rimasta male.
Il bacio sotto il vischio era sempre stato un sogno, per me. Mentre
tutte le bambine, da piccole, desideravano diventare delle principesse,
sposare il loro principe azzurro e vivere in un castello, io desideravo
baciare sotto il vischio l'uomo della mia vita e stare con lui per
sempre. Ho sempre attribuito al bacio sotto al visto un segno del vero
amore. Il fato aveva voluto che due persone s'incontrasserò
proprio sotto il vischio per scambiarsi un bacio, prova più
schiacciante non c'era del fatto che fossero destinate a stare insieme.
Doveva essere stupendo baciare sotto al vischio colei che sarebbe
diventata una delle persone più importanti della mia vita, e
Justin.. be', desideravo davvero baciarlo sotto al vischio. Cosa
stupida e insensata, certo, ma per gli altri. Per me valeva molto.
Sapere che mi aveva presa in giro, mi aveva provocato uno strano dolore
al petto, che non sapevo classificare. Delusione, forse. Sì,
delusione. Perché pensavo, che lui fosse quello giusto..
-Mancano due minuti alla mezzanotte!- gracchiò
papà, poggiandomi un braccio sulle spalle. Mi illuminai.
-Spegniamo le luci!- corsi verso l'interruttore che spensi poco dopo,
accendendo di conseguenza le luci dell'albero di Natale.
-Così va meglio- sussurrò Justin, abbracciandomi
da dietro. Arrossii, al contatto del suo corpo con il mio.
-Sono contenta di essere qui, con voi- il sorriso di mia madre
illuminò ultreriormente la stanza.
-Siamo contenti anche noi di averti, anzi, di avervi qui-
continuò Bruce, accarezzandomi la gota.
-Io sono contenta del cibo..- commentai, ricevendo occhiatacce miste a
risate.
-Sei sempre la solita, bambina mia- papà sorrise, andandosi
poi
a sedere affianco all'albero di Natale. -E' ora di aprire i regali-
continuò.
L'ora di aprire i regali penso che sia stata la
più attesa e desiderata di tutta la serata. Mi piaceva
tantissimo quella
parte della serata, perché cercavo sempre di indovinare cosa
mi
avevano regalato. Avevo indovinato sì e no due o tre volte,
ma
era divertente farlo. Contenta, battei più volte le mani e
mi
sedetti sulle gambe di Justin, dandogli un candido bacio sul naso. Mi
sorrise, incollando i miei occhi ai suoi. E di nuovo, quel gioco di
sguardi, così atteso. Amavo il modo in cui i nostri occhi si
cercavano e si desideravano, amavo il modo in cui affogavo in quel mare
di caramello per poi riemergere e bearmi del sole emanato dal suo
sorriso perfetto. Be', Justin era di sé perfetto.
-Prima io!- urlai poi, prendendo vari pacchetti tra le mani. -Questo a
Pattie, questo a Diane, questo a Bruce.. questo a mamma e questo a
papà- sorrisi. -Forza, scartate!- incitai con le mani,
tornando
a sedermi con Justin sul divano. Aspettai con ansia un cenno da tutti,
che
arrivò poco dopo. Tutti quanti si alzarono a darmi un bacio
e a
ringraziarmi, tranne Justin che ovviamente non poteva farlo, dato che
non aveva ancora avuto il suo regalo.. Logico, ovviamente. -Adesso
il tuo..- mi girai verso Justin, che sorrise dolcemente. -Ci tengo
molto ma è una cosa che io non uso mai, e so che tra le tue
mani
starà sicuramente meglio..- commentai, abbassandomi per
prendere
il grosso pacco con gli alberelli natalizi stampati sulla carta da
regalo. -Spero che ti piaccia- dissi a fatica, posandogli il pacco
sulle gambe.
Confuso e con gli occhi straniti, tastò la carta da regalo
cercando di capire di cosa si trattasse invano, gli avevo teso un
'trabocchetto'. Se così si poteva chiamare. Lentamente, le
sue
dita lunghe scartarono il regalo, trovando così una scatola
larga e rossa. Prima di aprirla mi lanciò un'occhiata
confusa,
che venne rimpiazzata da un espressione stupita. Prese tra le mani la
chitarra, che nonno aveva fatto per me e che io avevo deciso di
regalare a lui. Era importantissima per me, era l'unica cosa che mi
legava a mio nonno ormai morto. Mamma aveva un espressione
indecifrabile, ancora non riuscivo a capire se era fiera o stupita o
delusa. Forse, stava provando tutte e tre le emozioni in quel momento.
Riposai il mio sguardo su Justin, che aveva posato a terra la scatola e
teneva tra la mani quella splendida chitarra 'artigianale'. Volevo
dimostrargli tutto il mio amore
regalandogli qualcosa a cui tenevo tantissimo, speravo di
esserci riuscita. Con tutta me stessa.
-Freedom, sei sicura?- chiese, toccando con i polpastrelli le varie
corde.
-Mai stata più sicura- serrai le labbra in una linea,
sperando in un suo ulteriore commento.
-Io..non so cosa dirti, piccola- sorrise, posando la chitarra sul
divano una volta alzatosi. Mi strise forte in un abbraccio,
così
forte che quasi rimasi sorpresa. Mi abbandonai alle sue braccia,
strinsi tra le mani il suo maglione e poggiai la testa nell'incavo del
suo collo. -Grazie- sussurrò al mio orecchio, facendomi
sorridere. -A questo punto, posso darti il mio regalo-
Sorridendo, si staccò da me. Perché sentivo un
vuoto, dentro? Prese
da sotto all'albero un pacchetto colorato di forma quadrata. Non
riuscivo a sentire nessun rumore, avevo quasi paura di muoverlo. Senza
perdere ulteriore tempo, scartai il regalo. C'era ancora una scatola
rossa. La aprii piano e con le dita tremanti, corrugando le
sopracciglia non appena vidi dei fogli di carta velina rossi. Guardai
Justin
con uno sguardo interrogativo, con un gesto del capo mi
incitò a
continuare. Così, tolsi un pezzo di carta, poi un altro e un
altro ancora. Finché i miei occhi, non videro un qualcosa
che
non si sarebbero mai aspettati. Presi tra le mani l'oggetto,
esaminandolo. Era una palla di vetro con la neve, ma non una semplice
palla di neve. Era quella che vidi al nostro quasi primo appuntamento. La
mossi piano, guardando la neve scendere e posarsi sugli alberelli e la
piccola casetta in legno. Mi sarebbe tanto piaciuto vivere in un posto
simile con Justin, magari su una montagna lontana da tutto e tutti. E
quando dico con Justin, intendo solo con Justin. E nessun'altro.
-Avevi dimenticato il regalo per la nonna, eh?- ridacchiai, con gli
occhi colmi di lacrime. Lo so, è un atteggiamento da bmbina,
ma
cosa potevo farci? Mi aveva commossa, con quel ragazzo. Sin dal primo
giorno era riuscito a capire i miei gusti, i miei pensieri, le mie
necessità e i miei bisogni. Sin dal primo giorno, era
riuscito a
trascinarmi e a trasportarmi con sé, in un mondo fantastico.
Anche se da poco, era il regalo più bello che potesse farmi.
Non feci nemmeno in tempo ad analizzare per bene le minature che
c'erano all'interno della palla -e ci tengo a precisare che c'era anche
una renna ed io adoro le renne- che la melodia di una chitarra mi fece
alzare lo sguardo. Era Justin, che aveva cominciato a suonare con la
sua nuova chitarra. Con un gesto della testa, mi fece segno di alzarmi
e mi alzai, arrossendo. Fece un paio di passi indietro, cominciando a
camminare per il salone e a cantare. Guardandomi.
-Baby I will not pow, baby I will not cry. Cause I got your love this
Christmas time. When the snow's on the ground, and it's freezing
outside, I got your love this Christmas. On every list I've ever
sent, you're the gift I'd love the best. So deck the halls and all the
rest. Warm me up, with your Christmas love- si bloccò un
attimo,
bagnandosi le labbra per poi continuare. -Hey angel in the snow, I'm
under the misteltoe- alzò gli occhi in alto sorridendo,
seguii
il suo gesto arrossendo. Eravamo davvero sotto il vischio. -You are the
one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year,
my present is still right here. Thank God above, for my very own
Christmas love, yeah.- arrossii, sentendomi le gote andare a fuoco.
-Like a beautiful tree, you can light up the room, your kinda star
can't be removed. - mi fece l'occhiolino, che fece accentuare il mio
rossore. Fottuto
bastardo. -Like
a beautiful carol, I get lost in your sogn. And I will forever sing
along. On every list I've ever sent, you're the gift I'd love the best.
So
deck the halls and all the rest. Warm me up, it's your Christmas love-
la sua voce, quasi mi faceva morire. Era così intonata,
così carica di emozione e di armonia. Sembrava lui l'angelo
nella neve, e non io. -Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe.
You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love- chiuse gli occhi, mettendoci tutto sé
sento
in quel pezzo di canzone. -All the love that's around the world, I can
sing you merry merry Christmas, merry merry Christmas. Every boy and
every girl, stay close to the ones you love and thank God above, that
you got someone this year that can feel your heart with cheer-
riaprì gli occhi, puntandoli di nuovo nei miei. -Hey angel
in
the snow, I'm under the misteltoe. You are the one, you're my very own
Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love. Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe. You
are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love. For my very own Christmas love, for my very own
Christmas love. Give me a kiss a baby, give me a kiss baby.-
finì
di suonare, sotto lo sguardo stranito di tutti. Be', d tutti tranne che
il mio.
Il mio era confuso, ma allo stesso tempo riconoscente e carico d'amore.
Poggiò la chitarra a terra, senza mai smettere di guardare i
miei occhi. Mi accarezzò leggermente il viso, mandandomi in
estary. Chiusi gli occhi sotto al suo tocco metabolizzando tutto
ciò che era successo in poco tempo. Il suo arrivo, l'uscita
al
mercato, le notti passate a palare a telefono o sul mio letto, i nostri
sguardi divertiti, le risate, la mia caduta dal tetto, le sue supplenze
in storia, la litigata con lui a causa di Dafne, il loro bacio, la mia
crisi nervosa, il suo pronto intervento, le sue promesse, la nostra
uscita, l'incidente, il bacio, il ciondolo, il nonsocomechiarmarlo avuto
a causa dei nonni nel camerino, un altro nostro bacio e, per finire in
bellezza,
quella serenata. Sentivo le emozioni impossessarsi del mio corpo e del
mio cuore, sopratutto. In pochissimo tempo, era riuscito a stravolgermi
e a farmi diventare migliore, diversa. Ero sempre stata una ragazza
impaurita del futuro, anzi, io quasi non lo vedevo un mio futuro. Con
lui,
invece, avevo imparato ad andare avanti a testa alta. E sapere che per
me provava sicuramente qualcosa,
che chissà cos'era, mi faceva battere forte il
cuore e sentirel e gambe molle e tremolanti.
-Hei angelo sotto la neve, io sono davvero sotto al vischio. Allora che
fai, me lo dai un bacio?- sorrise, alzando di poco lo sguardo. Seguii i
suoi movimenti, ma non feci in tempo a riabbassare completamente lo
sguardo che due mani grandi presero il mio viso e mi attirarono a
sé. In un nano secondo, le labbra di Justin furono sulle
mie,
unendosi in un bacio che tanto desideravamo entrambi. Non un bacio come
quelli che c'erano stati durante il corso della giornata, un bacio
più vivo. Sentivo il calore di quelle labbra, di quella
bocca
così morbida. Aveva un buon sapore, ma infondo lui era
Justin.
Lentamente, portai le mie mani dietro al suo collo e incollai i nostri
corpi, così che fu costretto a poggiarmi le mani sui
fianchi. Le
nostre labbra, erano ancora unite e non volevano assolutamente
staccarsi. Adrenalina. Sicurezza. Amore. Lasciai scorrere la mia lingua
sul suo labbro inferiore, ricevendo l'accesso per quella bocca
paradisiaca. Non mi importava dei nostri genitori, del nonno che
probabilmente ci avrebbe fatto una ramanzina, di papà che si
stava sicuramente ingelosendo, di Pattie che aveva paura che il figlio
potesse farmi del male. Non aveva ancora capito che era il contrario,
era quando io e Justin non stavamo insieme che mi sentivo persa, vuota
e sola. Justin mi completava. Justin era la mia metà
perfetta.
Lasciai che le mie dita accarezzassero i suoi capelli ramati, spostai
la mano destra sulla sua gota e lo accarezzai, senza mai staccare le
nostre labbra. Sentii gli angoli della sua bocca curvarsi in un
sorriso, cosa che fece sorridere anche me. E fu così, che
fummo
costretti a staccarci. Costretti per modo di dire, dato che era stato
un sorriso a farci allontanare. Sentivo la testa pulsare e quasi non
ragionavo più.
Finalmente.
Avevo finalmente avuto
il mio bacio sotto il vischio. Con lui.
-Capisci adesso quanto importante sei?- chiese, poggiando
la sua
fronte sulla mia. Aveva il fiatone, proprio come me. Impercettibilmente
annuii, provocando il suo sorriso.
-Anche tu lo sei, Justin- confessai, sospirando -Tu sei l'unica cosa
che ho sempre desiderato, sei l'unica luce, sei sulla mia lista, voglio
che tu sia il mio unico e solo regalo di Natale-
-Il vischio è qui, sto aspetttando. Mi baci qui?-
continuò, provocando il mio sorriso. Lentamente si
avvicinò, facendo di nuovo scontrare le nostre labbra in un
casto bacio.
-Sai che, se usiamo
l'immaginazione, possiamo andare nell'isola che non c'è?-
chiesi, chiudendo gli occhi.
-Anche polo nord, però è così freddo.
Se vuoi, ti ci porto-
I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, era quasi
impossibile stare calmi in certi momenti. Sentii il cuore martellarmi
nel petto e la sua mano stringere la mia mano. Deglutii e incrciai il
suo sguardo, toccata da tutto ciò che stava accadendo.
-Ti va?- chiese, incrociando le nostre dita.
-Cosa?- chiesi a mia volta, inclinando di lato la testa.
-Di venire con me. Al polo nord, sull'isola che non c'è, in
Perù, in Giappone. Ovunque tu voglia, con me- chiusi gli
occhi e
poggiai una mano sul cuore, in preda ad un attacco di tachicaria.
Sospirai, cercando di calmarmi. Dopodiché, annuii.
-Non mi importa viaggiare, a me basta stare con te-
-Sei la mia piccola adesso e ti cresco io, ricordi?- annuii, al ricordo
di quella giornata al parco. Era la seconda volta che lo vedevo. -D'ora
in poi, lo sarai ufficialmente-
Sussurrò infine, facendo ricombaciare perfettamente le
nostre labbra un'ennesima volta.
Anche se in sottofondo sentivamo urla e finti applausi da parte dei
nostri genitori, non mi interessava.
Eravamo solo io e lui.
Freedom e Justin.
Justin e Freedom.
Finalmente insieme.
Finalmente uniti.
Fanculo l'età, fanculo i pregiudizi, fanculo tutto.
Non eravamo solo due semplice esseri umani che dovevano lottare,
eravamo due esseri umani legati dall'amore. E l'amore, distrugge tutto
ciò che ci circondava era cattivo o dannoso. L'amore, il
nostro
amore, era forte e niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fermarlo.
Neanche la morte.
Perché ero sicura che lo avrei amato, anche da
sotto terra in una bara.
Era la mia ancora. Il mio scudo. La mia fortezza.
Era ormai diventato ossigendo e acqua, e senza di lui non sarei
riuscita a vivere.
-Ti amo- sussurrai, impercettibilmente.
-Ti amo anch'io, piccola mia- ripeté più forte,
facendo
comprire sul viso dei nostri genitori un sorriso fiero. -E sappi, che
non ti lascerò mai andare-
Sussurrò ancora, intrecciando le nostre dita e i nostri
sguardi.
Lo so, Justin. E sappi
che non lo farò mai neanch'io.'
JUSTIN'S POV.
-Papà, ma quindi tu e
la mamma vi siete messi insieme quella stessa sera?-
-Sì, piccola mia. Quella stessa sera. Dovevi vedere com'era
bella-
-Ma è vero che ogni sera le cantavi una canzone diversa?-
-Le cantavo sempre una canzone diversa, proprio come faccio con te,
bambina mia.-
-Mi manca tanto, sai?- sussurra Cassidy, poggiandosi sul mio petto.
-Manca anche a me- ripeto, dandole un bacio sulla fronte.
-Un giorno la rivederemo?-
-Non solo la rivederemo, ma vivremo di nuovo con lei. Ora dormi,
piccola mia, che si è fatto tardi- le accarezzai il viso,
rimboccandole ancora le coperte.
-Volevo sapere la storia tua e della mamma, non me l'hai mai
raccontata!-
-E adesso che la sai, dormi- sorrido, accarezzandole il viso, che tanto
assomigliava a quello di Free. -Ti amo, bambina mia-
-Ti amo anch'io papà- ripete, sbadigliando. Mi avvicino
alla porta della sua cameretta e feccio per uscire, quando mi
richiama. -Papà?-
-Dimmi- mi giro, prima di chiudere la porta e di uscire dalla stanza-
-Grazie- mi sorride, ricambio il suo sorriso sentendo di dover uscire
da quella stanza.
Le lacrime ormai minacciano di uscire, e non posso piangere davanti
alla mia bambina. Cos'avrebbe pensato? Che aveva un padre codardo?
Purtroppo no, non sono né codardo né stupido.
Sento solo la sua mancanza, la mancanza della mia ragione di
vita. E' andata via già da un po', ormai. Ma il mio amore
per
lei, è più forte che mai.
-Amo anche te, tesoro mio- socchiudo gli occhi e mi stendo a letto,
prendendo tra le braccia quello che era il suo cuscino. Lo annuso,
sa ancora di lei.
-Mi manchi tanto- ripeto al vuoto, baciando la sua fede che avevo
messo assieme alla mia sull'anulare sinistro. -Finché morte
non
ci separi..- sussurro infine, cadendo in un sogno profondo.
E speravo di sprofondare, in quelle braccia che per anni mi avevano
cullato e che da anni non sentivo più al mio fianco, ma che
sempre mie rimanevano.
Hey angel in the snow,
I'm under the misteltoe.
You are the one,
you're my very own Christmas
love.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonasera.<3
Quest'avventura,
ebbene mie care.. è finita. Quando ho scritto questo
capitolo avevo le lacrime agli occhi, cavolucci. Avevo in mente questo
finale da anni, letteralmente dolcezze. Spero che abbiate capito che
l'intera storia si tratta di un racconto da parte di Justin a sua
figlia, ormai già grande, che voleva saperne di
più riguardo a come i suoi genitori si erano conosciuti. Io
li ho trovati troppo dolci e puffosi questi due, mi è sempre
piaciuta come coppia.
Sto scrivendo un'altra storia e a breve la pubblicherò,
è diversa dalle altre anche se all'inizio può
sembrare 'monotona'.
Be', sarà tutt'altro che monotona, credetemi.
Spero davvero che vi piaccia, ragazze mie.
PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE
COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi.
VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E
CHE HANNO CONTINUATO A FARLO.
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché
sì, lo so che ci siete.
Much
love.
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