We can fly to never neverland.

di JeiBieber_Smile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01.//brown eyes. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02.// home this christmas. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03. // You're my one and only christmas wish. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04. // what do you did to me? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05.//You should be here with me, safe and warm. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06// E se fosse già arrivata? ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07.// Sei mia, e la roba mia non si tocca. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08.//Perché sei sempre nei miei pensieri? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09.// Chiama lei 'principessa'. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. // One life. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. // Nobody loves me. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. // E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. // Non ti lascio. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. // Che il nostro primo appuntamento abbia inizio. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. // Papà? ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. // Everything's gonna be alright. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. // Noi siamo infinito. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18//. Be my date this Christmas Eve. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19.// Cosa sta succedendo? ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20.// Kiss me under the misteltoe ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01.//brown eyes. ***


01. 'Il vento freddo freddo picchiettava sul mio viso mentre tanti piccoli fiocchi di neve si adagiavano lenti su tutti i muretti che costeggiavano il viale di casa mia. Fissai il vuoto per minuti interminabili, mi piaceva osservare come quei piccoli fiocchi ghiacciati scendevano piano dal cielo e si poggiavano con eleganza su tutto ciò che incontravano lungo il loro tragitto. Mi sarebbe piaciuto essere un fiocco di neve, mi sarebbe piaciuto avere una forma diversa dagli altri miei coetanei, essere originale a modo mio, essere libera. Alzai il viso verso il cielo, chiusi gli occhi e mi beai di quella sensazione di freschezza che mi avvolse. Sorrisi tra me e me, mentre stringevo sempre di più le braccia sul mio ventre.

-Freedom, c'è papà a telefono!- urlò mia madre, sull'uscio della porta.
-Arrivo.- mi affrettai a dire, volgendo un ultima occhiata al cielo prima di rientrare in casa: faceva decisamente più caldo. Presi velocemente il cellulare dalle mani di mia madre. -Papà!-
-Ciao, pesciolino! Come stai?-
-Sarai a casa per Natale?- chiesi, senza rispondere alla sua domanda.
-Freedom, sai che non..-sospirai e, senza ascoltare altro, passai il cellulare a mamma, presi il cappotto e uscii fuori di casa.

I miei genitori erano divorziati e mio padre viveva in un'altra città, con un'altra donna e un altro figlio, che tra l'altro non era nemmeno suo. Da quando avevo due anni, lui e la mamma non stavano più insieme, e cosa sapeva mio padre di me? A malapena ricordava il giorno del mio compleanno, una volta mi fece gli auguri il l'otto luglio, mentre il mio compleanno sarebbe stato il sette agosto. Mi sembrava di essere sempre di troppo per lui. Eppure lo amavo, lo amavo così tanto... Quando lo incontravo, dopo mesi che non lo vedevo, era come se non fosse mai andato via. Fra le sue braccia mi sentivo completa, mi sentivo viva, mi sentivo felice. Poi però andava via e mi faceva promesse su promesse che non manteneva mai: come per esempio, la promessa che avrebbe passato il Natale con me. E che non ha mantenuto.
Sospirai e strinsi ancora di più il cappotto al mio corpo. Camminavo lenta fra le vie di Stratford, diretta a casa di due persone che io stimavo davvero tanto: Diane e Bruce. Erano una coppia davvero strana e divertente, amavo sentire i racconti di nonno Bruce risalenti alla sua adolescenza e mi piaceva cucinare con nonna Diane. Restavo spesso a cena da loro, sopratutto quand'ero giù di morale. Mamma, ovviamente, lo sapeva. Diane era come una seconda madre anche per lei. Dopo una decina di minuti, arrivai finalmente a destinazione. Bussai al campanello e aspettai sull'uscio l'aprirsi della porta.

-Freedom! Tesoro, che piacere vederti.- sorrisi, mentre Diane mi strinse in un caloroso abbraccio. -Che ci fai qui?-
-Sono venuta a trovarvi, è troppo tempo che non vi vedo.-
-Troppo tempo? Sei stata qua ieri mattina.- ridacchiai, mentre sul suo viso comparve un sorriso.
-Per me è troppo tempo, okay?- assottigliai gli occhi e le puntai il dito, in tutta risposta rise di gusto.
-Entra, piccola.-

Mi sorrise come solo una nonna sa fare e mi fece spazio sull'uscio della porta. Entrai in casa e subito un profumo di dolce penetrò le mie narici. Annusai l'aria e chiusi gli occhi, quello sì che era l'odore di casa, quello sì che era l'odore di famiglia. Mi avviai verso il salotto, dove trovai un Bruce intento a poggiare degli scatoloni sul pavimento. Affrettai il passo e lo aiutai, prima che tutto cadesse per terra.

-Ah, la mia povera schiena. Bocciolo, sei il mio angelo.- sorrisi ancora alle parole di Bruce, prima di battere più volte le palpebre guardando il soffitto sognante.
-Lo so.- unii le mani in segno di preghiera e ripetei il gesto di poco prima, provocando la risata dell'uomo di fronte a me, che dopo poco contagiò anche me. -Cosa devi fare con tutti questi scatoloni?-
-Tra poco meno di due settimane è Natale e sai cosa manca in questo salotto per rendere l'atmosfera ancora più festiva?-
-Un albero?- risposi senza pensarci due volte, guardandomi attorno.
-Esattamente, bocciolo.- sorrisi malinconicamente, non avevo mai addobbato un albero di Natale con la mamma, riteneva questi gesti solo perdite di tempo. -Ti piacerebbe aiutarmi con gli altri scatoloni?-

Annuii semplicemente, togliendo poi con una mossa veloce il giubbotto e scendendo in cantina. Portammo al piano superiore una decina di scatoloni in tutto, contenenti un mix di addobbi natalizi. Tutti quegli oggetti mi mettevano di buon umore. Disfai uno scatolone, dove all'interno di trovai una palla di vetro con la neve all'interno. Avete presente quelle palle di vetro dove all'interno c'è una piccola statuetta e che, se le agiti, la neve svolazza qua e la? Ecco, mi ero innamorata di quella piccola palla di vetro. Al suo interno, c'era una statuetta di due ragazzi che si baciavano sotto al vischio e solo Dio sa quanto desideravo baciare sotto al vischio il ragazzo dei miei sogni. La fissavo e la sfioravo con le dita, completamente incantata dalla neve e dalla bellezza di quell'oggetto. La poggiai poi sul davanzale del caminetto, proprio nell'esatto momento in cui bussarono alla porta di casa.

-È arrivato!- urlò contenta Diane. -Bruce, è arrivato!- continuò, uscendo dalla cucina e poggiando lo strofinaccio che aveva in mano sulla sua spalla.
-Arrivo, tesoro!- rispose Bruce, poggiando l'ultimo pacco sulla pila di scatole che si era formata e avanzando verso la porta.

Udii delle voci e, curiosa, mi avviai anch'io verso la porta di casa. Diane e Bruce non erano soli: Bruce abbracciava un ragazzo, ma dato che era girato di spalle non riuscii a delinearne i tratti, mentre Diane teneva stretta fra le sue braccia una donna, alta più o meno quanto lei, con dei lunghi capelli marroni e gli occhi azzurri, molto azzurri. Occhi che penetrarono nei miei, rimasi spiazzata dalla lucentezza che emanavano. Mi sentii subito a disagio, lo sguardo era fisso su di me, era evidentemente sorpresa di trovarmi lì, infondo non era casa mia ed ero una perfetta sconosciuta.

-Oh, che sbadata che sono! Vieni, vieni Freedom, voglio farti conoscere due persone.- si avvicinò con passo deciso, mi prese la mano e mi trascinò vicino alla donna dagli occhi azzurri. -Freedom, lei è mia figlia Pattie. Pattie, lei è Freedom, la ragazza di cui ti ho parlato. Non è bellissima?- arrossii immediatamente, mentre un sorriso imbarazzato comparve sul mio viso.
-È un piacere conoscerti, Freedom.-mi strinse piano la mano, sorridendo.-Hai davvero un nome insolito.- ridacchiai, stringendo la stretta.
-Pensi che il mio secondo nome è Aquamarine.- feci spallucce, mentre lei invece corrugò le sopracciglia e arricciò le labbra.
-Okay, non è poi tanto strano dopotutto.- sorrise.  
-Praticia, giù le mani dalla mia donzella.- intervenne Diane che, dopo aver picchiettato più volte la sua mano su quella di Pattie, mi tirò a sé e mi girò verso il ragazzo che poco fa era tra le braccia di Bruce. -Lui, invece, è Justin, il fioglio di Pattie.-

I miei occhi grigi si scontrarono con quelli nocciola del nipote di Diane, Justin. Rimasi completamente estasiata dalla bellezza di quel ragazzo. Le sue sopracciglia erano folte, il suo naso piccolo, la pelle chiara, le labbra carnose, i capelli corti rasati ai lati e col ciuffo..Le sue labbra erano semi aperte mentre i suoi occhi erano puntati nei miei. Affogai in quel color nocciola, così intenso che sembrava miele, o caramello. Era davvero bellissimo.

-Ciao.- sussurrai, arrossendo imbarazzata.
-Ciao.- ripeté, l'ombra di un sorriso sul suo viso. -Allora tu sei la famosa Freedom.- cominciò, avvicinandosi piano a me.
-Così sembra.- risposi, continuando a fissare i suoi occhi.
-Così sembra? Sei forse la sua sosia? oppure gli alieni ti hanno rapita e quindi sei un clone?- mi porse la mano, ridacchiai afferrandola.
-Sono io, in carne ed ossa.- sorrise e giurai di vedere un pizzico di malizia in quel sorriso.
-Justin, figliolo, non provarci con lei.- lo rimproverò Bruce.
-Hey, sono un maschio.- si giustificò Justin.
-E hai dodici anni in più a lei, quindi giù le mani.-

Spalancai la bocca, dodici anni in più a me? Facendo due calcoli, dato che io avevo solo quindici anni e lui ne aveva dodici in più a me, aveva ben ventisette anni. La sfiga è dalla mia parte pensai. Justin, invece, sbuffò sonoramente, roteò gli occhi al cielo e passò, con un gesto veloce e sexy, la lingua sulle sue labbra. Fissai attentamente tutti i suoi movimenti, così eleganti e decisi. Sembrava il solito tipo che sa cosa vuole e che, se ciò che desidera è impossibile, cambia le leggi per renderlo possibile, per poterlo ottenere.

-Fatte le presentazioni, che ne dite di portare velocemente queste valigie sopra e di scendere per la torta? Ho fatto anche i biscotti.- neanche il tempo che Diane finisse la frase, che Justin già era di sopra con le sue valigie. Ridacchiai osservando la scena, avvicinandomi poi a Pattie per aiutarla con le sue valigie.
-Dia una valigia a me, tre ne sono tante.- dissi sorridendo alla donna dagli occhi azzurri, prima di prendere una valigia dalla sue mani.
-Oh, dolcezza, dammi del tu e chiamami Pattie.-

Trascinai la valigia fino alle scale, poggiai il piede sul primo scalino e, proprio mentre stavo per alzare la valigia da terra, una mano si poggiò sulla mia e automaticamente alzai lo sguardo. Per la seconda volta, incontrai gli occhi color caramello di Justin. Prese delicatamente la valigia dalle mie mani senza mai staccare i miei occhi dai suoi.

-Lascia fare a me.- sussurrò, prima di prendere del tutto la valigia e di salire velocemente le scale.

Rimasi spiazzata dal suo gesto così gentile, con lo sguardo sognante e la bocca semi aperta. Chiusi gli occhi e scossi la testa più volte, il mio labbro inferiore incastrato tra i miei denti, intenta a reprimere un sorriso. Quando riaprii gli occhi, il biondo stava scendendo le scale col fiatone e, dopo avermi fatto un gesto col capo, si avviò velocemente in cucina. Lo seguii a ruota entrando in cucina, l'odore di dolce era più intenso. Tutti presero posto a tavola, ed io mi sentii tremendamente a disagio, infondo non facevo parte di quella famiglia, ero solo una persona di troppo..

-Bocciolo, siediti pure vicino a Justin.- mi sorrise Bruce, rassicurandomi.
-Ma no, non voglio rovinare questo ritrovo familiare. Caso mai torno dopo..- sorrisi anch'io, stringendo le braccia, ancora una volta, attorno al mio ventre.
-Non rovini affatto questo ritrovo familiare, piccola.- Justin schioccò la sua lingua al palato, quell'ultima parola l'aveva pronunciata con così tanta premura.. -Forza, siediti.-

Strusciò i piedi della sedia per terra provocando un rumore stridulo, batté poi più volte il palmo della sua mano sul cuscinetto decorato sulla sedia e mi sorrise. Aveva un sorriso così bello. Sorrisi anch'io di rimando e, velocemente, mi sedetti al suo fianco. Diane tagliò cinque fette di torta al cioccolato con un cuore di morbido cioccolato bianco e le poggiò in cinque piatti con decorazioni natalizie, accanto a tre biscotti ancora caldi e dall'aspetto squisiti. Amavo i dolci, sopratutto per il fatto che potevo mangiarne a palate senza mai ingrassare, avevo un metabolismo davvero molto alto grazie ai dodici anni di atletica e i sei anni di nuoto. Sport che odiavo tra l'altro, però a mia mamma piacevano ed io non volevo darle un dispiacere, stava spendendo un botto di soldi per me e non mi andava di deluderla.
Chiusi gli occhi e inspirai il profumo di cioccolato ancora caldo: adoravo il cioccolato bianco.

-Justin.- la voce di Pattie riuscì a distogliermi dai miei pensieri e immediatamente mi girai verso il suo viso: fissava suo figlio con la bocca aperta e gli occhi semi spalancati. -Ma tu non preferivi il salato al dolce?-
-Prima di tutto,- cominciò Justin con la bocca piena, ingoiò e si pulì il viso col fazzoletto. -ho fame, sono ore che non mangio. Secondo, preferisco il salato al dolce, ma per il semplice motivo che i tuoi dolci o sono bruciati o sanno di detersivo.- Pattie fulminò suo figlio con gli occhi. -Senza offesa, mamma.-
-Comunque, c'è una signorina a tavola, quindi cerca di essere più educato. Avrai pure ventisette anni, ma il tuo cervello è rimasto indietro, tesoro.-

Justin alzò gli occhi al cielo, sospirò e cercò di mangiare con più 'eleganza'. Sorrisi alla scena, afferrando poi un biscotto e portandolo alle mie labbra. Il biondo al mio fianco notò il mio sorriso e mi fece un occhiolino, subito avvampai.

-Allora, Freedom, parlaci un po' di te.- mi chiese Pattie.
-Cosa vorresti sapere?- le chiesi, mordendo ancora la mia fetta di torta. L'imbarazzo si faceva sentire.
-Che scuola frequenti, cosa vorresti fare da grande, i tuoi interessi..-  cominciò Pattie.
-Se sei fidanzata, il tuo numero di cellulare..- continuò Justin, arrossii ancora di più. Bruce diede uno scappellotto dietro la testa del nipote. -Ahia, che c'è?-
-Ci stai provando.-
-Hey, devo passare qui ben due settimane, tanto vale uscire con qualcuno. E sono sicuro che a Freedom piacerebbe stare in mia compagnia, vero, piccola?- Avvampai ancora.
-Be', se..se vuoi ehm, okay, tan..tanto io sono sempre qua.- mi maledissi mentalmente dopo quella frase pronunciata alla cazzo. Balbettare era il mio forte, sopratutto quando si trattava di situazioni simili.
-Visto?- chiese retoricamente Justin, mentre sul suo viso si espanse un sorriso. -Ha acconsentito, quindi dopo la torta mi darà il suo numero e ci vedremo anche fuori da questa casa.- fece spallucce e continuò a mangiare come stava facendo poco prima.

Okay, i ragazzi non erano mai stati il mio forte. Certo, a scuola non ero la più sfigata, ma nemmeno la più amata. Ero semplicemente una ragazza che preferiva starsene per i fatti suoi e che nessuno conosceva, non venivo né derisa dai più popolari né stimata dai più secchioni. Mi era capitato giusto qualche volta di essere presa in giro per il mio fisico, ero sempre stata tanto piccola e sottile e ai ragazzi piaceva la donna bella e formosa. Non avevo ancora dato il primo bacio, l'altro sesso era per me qualcosa di ancora misterioso e sconosciuto. Non sapevo com'era avere un migliore amico maschio oppure un fidanzato,  non sapevo com'era poggiare le mie labbra su quelle di un'altra persona, non sapevo cosa significava essere amata, cosa significava sentirsi amata e cosa significava amare un ragazzo. Certo, una piccola cotta anch'io l'ho avuta alle medie, ma non era niente di così eclatante..
Niente di eclatante e sopratutto niente di paragonabile alle farfalle che svolazzavano nel mio stomaco dopo aver sentito che Justin voleva il mio numero per uscire con me.

-Voi dov'è che abitate?- mi azzardai a chiedere.
-Cambridge, anche se non la sento casa mia come Stratford.- rispose Justin. -Lì è tutto troppo movimentato, c'è caos e le strade sono sempre occupate. Se non fosse stato per l'Università sarei rimasto qui.-
-Tu frequenti la Harvard University?!- chiesi, spalancando la bocca.
-Ho frequentato la Harvard e sono uscito col massimo dei voti.- sorrise soddisfatto, mentre i miei occhi si spalancavano ancora di più e il mio cuore accelerava. -E da quello che ho capito, sei rimasta abbastanza sorpresa.- ridacchiò.
-È una delle Università più importanti in America, devi essere un vero genio se sei uscito col massimo dei voti.- mi unii alla sua risata.
-E tu?- chiese dopo pochi secondi. -Vai alla Waterloo-Oxford?-
-Sì, è la più vicina e mi trovo bene.. Anche se i miei voti non sono proprio buoni, ecco.-
-Potresti farti aiutare da Justin.- suggerì Diane. -È un insegnante.-
-Cosa?-
-Non preoccuparti, piccola, ho fatto solo qualche supplenza.- ridacchiò ancora. -E poi, sarebbe un motivo in più per vederci, non trovi?-

Avvicinò il suo viso al mio, i suoi occhi completamente puntati nei miei. Mi persi nuovamente in quel color caramello e di conseguenza annuii senza pensarci due volte. Sorrise dolcemente e mi accarezzò il viso col dorso della sua mano, era così calda mentre la mia pelle era così fredda. Finimmo di mangiare poco dopo di mangiare la nostra fetta di torta, Pattie era davvero una donna tanto simpatica mentre Justin era..era Justin. Non riuscivo ancora a capire, a decifrare l'effetto che mi stava facendo. Dentro di me regnava il caos, nel mio stomaco si stava scatenando la terza guerra mondiale e no, non era stata la torta a provocarmi tutti quei crampi. Già ero dipendente dal suo sorriso, dal suo viso perfetto. Lo guardai, mentre si alzava dalla sedia e posava il suo piatto nella lavastoviglie e continuai a guardarlo, mentre si avvicinava a me e mi faceva segno di alzarmi. Seguii i suoi movimenti, poggiai il mio piatto nella lavastoviglie e andammo in salotto, dove Pattie e Bruce stavano già disfando gli scatoloni. Era così bello vederli mentre, in sintonia, toglievano tutti quegli oggetti natalizi e li poggiavano sul divano, o per terra, o sugli altri scatoloni. C'era un'aria così serena e festiva, ti contagiava. Il sorriso sul mio viso si espanse alla scena e i miei occhi cominciarono a brillare: come mi sarebbe piaciuto poter far tutto quello anche con mia mamma, magari anche con papà.
Purtroppo quello era solo un sogno. Un sogno destinato a rimanere tale, perché papà non voleva saperne di tornare ad essere presente nella mia vita.

-Hey, voglio aiutarvi anch'io ad addobbare la casa!- Justin si avvicinò agli altri, io rimasi sull'uscio del salotto a fissare la scena.
-Figliolo, perché non mi aiuti a montare l'albero? La mia schiena non è più quella di una volta.- ridacchiò Bruce.
-Pattie, ho trovato delle splendida ricette per la cena che ci sarà la sera della vigilia di Natale.- disse Diane a Pattie.
-Io ho portato la ricetta di alcuni dolci natalizi prettamente italiani, una mia amica è andata in vacanza a Napoli e ha provato alcune cose davvero deliziose.-
-Questa sera mi mostrerai tutto!-

E fu in quel momento, quando li vidi presi a parlare tra di loro mentre disfavano gli scatoloni, che mi sentii davvero, davvero di troppo. Mi pensava di invadere il loro spazio, mi sentivo solo un peso, qualcosa di troppo. Come quando hai mangiato primo, secondo e contorno e per esagerare aggiungi anche il dessert, oppure quando un disegno è già perfetto e per renderlo migliore aggiungi la sfumatura di un altro colore che rende il lavoro perfetto di prima completamente sbagliato. Ecco, io ero quel colore, quel colore così scuro e freddo in confronto a loro, che erano così brillanti e caldi. Il sorriso immediatamente abbandonò il mio viso, indietreggiai di qualche passo e abbassai il capo: non facevo parte di loro, perché continuare a invadere quello spazio così intimo? Sospirai rassegnata e mi girai le spalle, intenta ad andarmene, ma venni fermata da una voce.

-Dove vai?- mi chiese Justin.
-A casa mia,.- risposi girandomi, un sorriso sforzato fece la sua entrata in scena sul mio viso.
-Come mai vuoi andare via?- continuò Pattie.
-Non vi vedete da tanto e questo è un momento vostro, non voglio rovinare l'atmosfera.-
-Non rovini affatto l'atmosfera, bocciolo.- rassicurante, Bruce mi sorrise.
-Cosa fai adesso a casa da sola? Meglio stare qua, almeno ti fai quattro risate quando Bruce bacchetta Justin dopo che ci ha provato con te.- Diane fece spallucce, ridacchiai.

Justin, invece, abbandonò la sua postazione ai piedi del divano e si avvicinò lentamente a me, il suo sguardo era fisso sul mio corpo. Quando una persona fissava intensamente il mio corpo mi sentivo a disagio, eppure sentire lo sguardo fisso su di me da parte di Justin aveva l'effetto contrario: stavo bene. Arrivò a pochi passi da me, mi porse la mano e mi sorrise.

-Infondo, hai detto tu stessa che sei sempre in questa casa. Perché dovresti fare un'eccezione proprio adesso?-

Alternai lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi finché, titubante, non unii il mio palmo al suo. Il sorriso che si espanse sul suo viso era lungo da un orecchio all'altro. Staccò le nostre mani, ma con lo stesso braccio circondò le mie spalle e ci avvicinammo a passo svelto al centro del salotto.

-Solo io riesco a convincerla.- si vantò Justin con gli altri, mi baciò la guancia.
-Justin, non ci..-
-Non ci provare, okay, lo so. Lo so.-

E sorrisi, ancora.
Non mi capitava di sorridere così tanto da, quanto? Avevo perso il conto dei giorni ormai, eppure qualcosa mi diceva che avrei cominciato un'altra conta.
Gli occhi di Justin trovarono ancora una volta i miei.
E sentii che il vuoto presente nel mio corpo si stava colmando.


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Buonsalve.<3
Indovinate un po' chi c'è qua?
Ma sono io, la vostra Sharrrron!
Quando finì 'Do you believe in love?' promisi che mi sarei fatta sentire a settembre e mi dispiace di non  aver mantenuto la mia promessa.
Però, sapete, con l'inizio del nuovo liceo mi sono trovata un po' spaesata. Le materie sono abbastanza pesanti, ho interrogazioni e verifiche a go go e ho preferito concentrarmi sulla scuola mettendo da parte la tecnologia in generale. Pensate che ho riattivato la mia pagina Facebook
pochi giorni fa e ci sto comunque pochissimo, quindi perché riattivare questo profilo e farvi aspettare settimane per un capitolo? Amo scrivere, ma mi prende troppo tempo.. Per scrivere questo capitolo, per esempio, ci avrò messo si e no cinque ore, infatti l'ho scritto in due giorni.
E adesso, dato che l'ho menzionato, parliamo del capitolo!
Da quello che avete capito, ho cominciato una nuova storia. Premetto che domenica sera avevo un po' di ispirazione e ho cominciato a buttare giù qualcosa per una One Shot. Però, dato che ciò stavo scrivendo stava diventando troppo lungo, ho ben pensato di fare una piccola fan fiction, che durerà si e no dieci capitoli, o anche meno. Pubblicherò una volta alla settimana, due se riesco. I capitoli saranno sempre lunghi come questo e be', che altro dire?
Non mi dilungo ancora, già avete sprecato un bel po' di tempo.c:
Vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato, spero sia servito a qualcosa passare ore davanti al computer a scrivere tutto questo.<3

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Capitolo 2
*** Capitolo 02.// home this christmas. ***


02. -Freedom, mi passi la palla rossa con i brillantini che formano un albero di Natale?- mi chiese gentilmente Pattie per poi tendermi la mano.
-Questa?- le poggiai sulle mani ciò che mi aveva chiesto.
-Sì, grazie.-

Sorrisi, era davvero bello fare l'albero di Natale con i nonni, Pattie e Justin. Be', la cosa più divertente era di sicuro Diane che spostava tutto ciò che Justin poggiava sull'albero e Justin, puntualmente, sorrideva e annuiva, poi Diane si girava e lui o sbuffava o alzava gli occhi al cielo. Era davvero tanto buffo e non dimostrava l'età che aveva. Gli avrei dato al massimo un ventidue, ventitré anni.. mai ventisette. Però mi sembrava così simpatico, così divertente. Aveva un non so che di diverso dagli altri, adoravo il modo in cui sorrideva e amavo il modo in cui riusciva a far sorridere me. E, credetemi, riusciva a farmi sorridere davvero con poco.

-È perfetto.- sussurrai allontanandomi dall'albero, in modo tale da avere una visuale ancora più perfetta.

Avete presente quegli alberi di Natale che si vedono nei film, con tante palle rosse o dorate e tanti pendoli, con tante luci che donano un'atmosfera ancora più natalizia, più magica? Ecco, quello era uno di quegli alberi di Natale. Lo guardavo con gli occhi sognanti, ero rimasta colpita dalla bellezza che un semplice albero con qualche luce poteva emanare. Justin, seguito da Pattie e i nonni, si misero al mio fianco. Tutti intenti a contemplare ciò che avevamo creato.

-Ci mancano solo i regali per rendere l'opera davvero completa.- ridacchiò Bruce.
-Chissà perché, ma questa cosa mi piace particolarmente.- sorrise Justin, risi in risposta.
-Chissà perché, me lo aspettavo.- dissi.
-Ah sì? Sei una veggente per caso, o una cartomante? Sai, avrei bisogno di una predizione.-
-Dimmi, cosa vorresti sapere.- cercai di imitare un accento russo e no, non so il perché.
-Se questa cartomante è disposta ad accompagnarmi domani in centro, devo fare un paio di compere.- arrossii ancora e morsi il mio labbro inferiore, Bruce invece? Come al solito diede uno scappellotto dietro la testa a Justin, che immediatamente si abbassò schivando così lo schiaffo. -Ormai già so come va a finire.-

Risi di gusto, volgendo un altro sguardo all'albero di Natale che illuminava la stanza. Improvvisamente, sentii vibrarmi la tasca posteriore del jeans. Sfilai velocemente il cellulare dalla tasca e i miei occhi si scontrarono immediatamente con l'ora sullo sfondo, le sette e mezza del pomeriggio passate. Imprecai mentalmente e battei la mano destra sulla mia fronte, così forte che sicuramente sarebbe rimasto il segno. Sospirai rumorosamente e aprii il messaggio che, come avevo immaginato, mi aveva mandato la mamma.

Da: Mamma.
'Dove sei? Freedom la cena è quasi pronta, si sta facendo tardi e fuori è scuro. Torna a casa.'

-Che succede, bocciolo?- mi chiese Bruce.
-Non ho avvertito mamma, si starà preoccupando.- dissi velocemente, afferrando di fretta il cappotto per poi indossarlo. -Grazie per la splendida giornata, ma purtroppo devo andare.-
-Hey, hey aspetta!- Justin bloccò il mio braccio per impedirmi di uscire dal salotto. -Fuori è troppo buio e posso.. be', posso accompagnarti io, se vuoi.- mi sorrise, lo guardai ancora negli occhi.
-Lo faresti?-
-Certo. Prendo le chiavi e il cappotto e arrivo.-

Mi lasciò piano il braccio prima di indirizzarmi un altro sorriso sincero. Le mie gote si colorarono nuovamente di rosso e, imbarazzata, abbassai ancora lo sguardo verso il pavimento. Era strano ricevere tutto quelle attenzioni. Strano, ma allo stesso tempo tanto gratificante. Era come se finalmente qualcuno si fosse interessato realmente a me, come se finalmente qualcuno avesse acceso una luce in me, una speranza. Perché quando senti che a qualcuno interessi cominci ad amare sempre di più te stessa, è come se la tua autostima man mano si alzasse.
Justin tornò pochi secondi dopo col giubbotto indosso, stava facendo sventolare le chiavi della macchina davanti ai suoi occhi e aveva sempre quel sorriso così bello stampato in viso. Gli strappai il mazzo di chiavi dalle mani e gli feci una linguaccia, salutai poi i nonni e Pattie promettendo loro che mi sarei fatta sentire ed infine uscii di casa, seguita a ruota da Justin. L'aria fredda colpì immediatamente il mio viso. Istintivamente chiusi gli occhi e alzai il viso al cielo, era ormai diventata una mia abitudine fare questo gesto e mi piaceva. L'inverno era la stagione che più amavo: il bianco della neve, il Natale, le strade completamente bianche, l'atmosfera sempre così festiva, le coperte, i film natalizi, le cioccolate calde della mamma.. Sì, decisamente era la stagione che più amavo.
Qualche secondo dopo, riaprii gli occhi e trovai un Justin sorridente intento a guardarmi.

-Che c'è?- chiesi stupidamente, inclinando di lato la testa e accennando un piccolo sorriso.
-Niente.- rispose semplicemente, senza smettere di sorridere e di guardarmi. -Sei semplicemente tenera.- arrossii. -E adoro quando arrossisci se ti faccio un complimento.-
-Andiamo?- sviai il discorso, sapendo che sarei arrossita ancora di più da un momento all'altro.

Ridacchiò, prima di avvicinarsi a passo svelto e di prendere le chiavi che tenevo strette tra le mie dita sottili. Ci avviammo in macchina, aveva una splendida Range Rover nera che, guarda caso, era la mia auto preferita. Sinceramente, però, preferivo il modello in bianco, aveva un non so che di più bello, anche se nera non era male. Guardavo sognante l'interno della macchina e Justin dovette accorgersene, perché rise di gusto mentre si metteva la cintura e ogni tanto mi lanciava uno sguardo.

-Ti piace la mia piccola?-
-La tua piccola?- arricciai il naso.
-Già, lei è la mia bambina.- accarezzò il volante, io invece scossi la testa.
-Voi maschi siete completamente fissati con le auto.- risi. -Comunque sì, amo la tua 'piccola'.- mimai con le virgolette l'ultima parola, giusto per dare più enfasi .
-Adesso lei è solo la mia bambina, da oggi in poi tu sarai la mia piccola.- avvampai ancora e ridacchiai, giusto per alleggerire la cosa. O almeno, io volevo renderla più leggera.
-Mi sento così lusingata, mister..-
-Bieber, Justin Bieber.-
-Che strano cognome.- diedi voce ai miei pensieri e immediatamente coprii la mia bocca con le mani. -Uhm, cioè, non volevo dire questo, si, ecco..uhm.. Ah sì, adesso devi girare a destra, poi continua dritto, poi di nuovo a destra e prendi la prima a sinistra.-
-Ma sei un disco registrato? Fermati un minuto.-

La risata melodiosa di Justin eccheggiò ancora nella macchina. Okay, avevo appena fatto una figura di merda. Ero solo a quota uno, non male come inizio. Anche se l'entità della figura era abbastanza alta, come potevo dire ad una persona così perfetta che aveva un cognome strano? Poi parlavo io, che mi chiamavo Freedom Aquamarine. Mi mandai mentalmente a fanculo più volte, fin quando la mano calda di Justin picchiettò sulla mia coscia per poi chiedermi dove avrebbe dovuto girare.
Il successivi cinque minuti passarono velocemente, il tempo sembrò volare. Justin parcheggiò proprio sul vialetto fuori casa mia, scese dall'auto e venne ad aprirmi la portiera da perfetto gentiluomo. Gli lanciai un sorriso per poi afferrare la sua mano e scendere dall'auto.

-Grazie per il passaggio.- gli dissi sincera, mentre con una mano spostai i capelli dall'orecchio sinistro.
-Non potevo farti andare via a piedi, da sola.. che razza di uomo sarei stato?- rispose, togliendo poi i capelli da dietro l'orecchio e scendendo fino alle punte. -Mi piacciono i tuoi capelli, sono lunghissimi.-
-Da bambina li avevo ancora più lunghi.- 
-Più lunghi di cosi?- percorse con le dita la lunghezza di alcune ciocche dei miei capelli, avevo dei capelli talmente lunghi che quasi arrivavano al sedere.
-Sì, poi però ho dovuto tagliarli  che d'estate sono insopportabili i capelli lunghi.- ridacchiai. -Be', allora.. io vado.- a malincuore, pronunciai quelle parole.
-Se proprio devi.. ci vediamo domani.-

Annuii semplicemente e mi girai, pronta ad entrare in casa. Già riuscivo a sentire il vuoto farsi sempre più grande, era come se una parte di me fosse rimasta lì con lui, come se una parte di me non fosse mai uscita da quella macchina. Arrivai fino all'uscio della porta, bussai al campanello più volte e mi girai verso la macchina di Justin: era appena entrato e stava mettendo in moto la macchina, senza smettere di fissarmi. Gli indirizzai un sorriso seguito da un gesto della mano che lui prontamente ricambiò con un occhiolino, poi ricordai. Immediatamente cacciai il cellulare dalla tasca del mio jeans, presi una penna che -non so per quale ragione-  era nel mio vaso in ceramica vicino alla porta e, proprio quando quest'ultima s'aprì rivelando la figura di mia mamma, scattai verso Justin e gli presi la mano che penzolava dal finestrino.

-Cosa stai facendo?- chiese Justin, ridendo.
-Hai detto di volere il mio numero.- ridacchiai anch'io.
-Ti martellerò così tanto che dovrai bloccarmi.- guardò il numero, prima di ridere fragorosamente.
-Ciao, Justin.- agitai la mano mentre camminavo all'indietro.
-Ciao, piccola.- mi mandò un bacio prima di fare manovra e sfrecciar via.

Col sorriso sul volto e gli occhi ancora sognanti, mi girai verso la porta di casa, dove trovai mia madre appoggiata all'uscio con le braccia incrociate al petto e un sopracciglio alzato. Immediatamente la mia espressione cambiò, posai entrambe le mani in tasca e, fischiettando colpevole, entrai in cassa. Tolsi velocemente il giubbotto, entrai in cucina e mi avviai verso le pentole sui fornelli: si sentiva un odorino davvero squisito.

-Freedom..- la voce di mia madre mi fece sobbalzare.
-Che c'è? Dio, mà, m'hai fatto saltare!- sbottai col cuore a mille, poggiando una mano sull'organo interessato.
-Chi era quel ragazzo?- un pizzico di malizia s'impossessò della sua voce e una scintilla brillò nei suoi occhi.
-Ragazzo? Quale ragazzo? Io non conosco nessun ragazzo, non ricordo nessun ragazzo. Mmh, sai che ho proprio fame? Cos'hai cucinato? Non sono riuscita a vedere che mi hai fatto saltare, quindi adesso riprovo ma non chiamarmi, potrei gettare la cena a terra e io ho davvero tanta, tanta fame.-
-Free, ferma un secondo.- mamma scoppiò a ridere, io invece rimasi seria. -Riformulo la domanda: chi era quel ragazzo?-
-Quando prima sono uscita di casa,-cominciai il mio racconto. -sono andata a casa di Bruce e Diane. E fin qui ci siamo. Poi hanno bussato al campanello e, indovina? Ho conosciuto la figlia di Diane e il figlio della figlia di Diane.-
-Non facevi prima a dire il nipote di Diane?-
-Nah, è lo stesso.- ridacchiai. -Comunque, lui è il "nipote"- mimai con le virgolette l'ultima parola. -di Bruce e Diane. Si chiama Justin e, dato che era tardi e dovevo fare molta strada a piedi, ha pensato di accompagnarmi con la macchina. Mamma, è così bello!- sospirai e guardai il soffitto, il viso di Justin apparve come una visione e non potei fare a meno di sorridere.  
-La mia piccolina ha fatto conquiste, eh?-
-Caso mai è il biondo che ha fatto conquiste.-

Ridacchiai ancora mentre aiutavo mamma ad impiattare la cena, si sentiva un profumino davvero delizioso. La mamma era davvero un'ottima cuoca, adoravo tutto ciò che faceva. Dai piatti più semplici a quelli più complessi. Anche a me piaceva cucinare, ciò che facevo veniva pure abbastanza buono..però certo, non era ai livelli della cucina della mamma, gli anni passati a fare l'assistente di un cuoco in un ristorante erano serviti a qualcosa.
Una volta poggiati i piatti sul tavolo, presi posto a tavola, mamma si mise di fronte a me. Non smettevo di sorridere e di pensare a Justin. Sarà arrivato a casa? Avrò fatto bene a dargli il mio numero? E se non mi chiamasse? E se fossi sembrata una disperata? Numerose erano le domande che occupavano i miei pensieri. Non mi aveva ancora scritta, il cellulare non aveva vibrato. Ma la vera domanda era: mi avrebbe scritta?

-A cosa pensi, Free?- mamma schioccò le dita di fronte al mio viso, uscii dal mio stato di trance e la guardai.
-Cosa?- sbattei più volte le palpebre, lei accennò un sorriso e mi guardò.
-Hai appena messo il sale sulla pasta anziché il parmigiano.- guardai il mio piatto e, come aveva detto, avevo appena messo il sale sulla pasta. Sospirai, scossi la testa e tolsi la parte in bianco. -Hey.-
-Oggi abbiamo addobbato l'albero, da Diane e Bruce..- incrociai il suo sguardo. -era così bello, l'albero su un lato e la stanza illuminata solo dalla luce che emanava.. Era magico.-
-Freedom, sai cosa penso su certe cose. Sono solo una perdita di tempo.- m'interruppe mamma, seria.
-Lo so, ma..- scossi la testa più volte.-lascia stare.-

Lasciai cadere il discorso così, con un semplice 'lascia stare'. Cosa c'era di male nel fare un semplice albero di Natale? Okay, poteva pure essere una perdita di tempo come diceva lei, eppure io non lo vedevo in quel modo. Per me, addobbare l'albero di Natale era una modo per stare insieme, per collaborare, per divertirsi. Era un modo per rendere tutto più bello, perché sembrerà strano, ma uno stupidissimo albero con qualche luce e qualche pallina svolazzante riusciva sul serio a cambiare del tutto l'atmosfera di una casa, di una famiglia. Rendeva tutto più magico, più festivo, più caloroso, più sereno.. Non riuscivo davvero a capire perché non le piaceva una festa così bella come il Natale. A chi non piace il Natale? Come può non piacere il Natale? Un perché c'era sicuramente, solo che non voleva dirmelo.. Per lei era una semplice perdita di tempo. Stop.

Io, invece, quanto avrei desiderato baciare il mio principe azzurro sotto il vischio.

Dopo mangiato, salutai mia mamma con un dolce bacio sulla guancia, salii al piano di sopra ed entrai in camera mia. Il blu notte si intonava perfettamente al cielo stellato di quella sera, era dello stesso colore. Mi avvicinai alla finestra e rimasi a contemplare il cielo.. Che belle che erano le stelle, mi affascinavano. Quando ero piccola e papà mi portava con sé sulla neve ci capitava spesso di fare gli angeli sulla neve per poi rimanere a fissare il cielo. Giocavamo a chi riusciva a trovare più oggetti tra le stelle, io vincevo sempre. Avevo di gran lunga un'immaginazione più amplia della sua, le uniche cose che riusciva a distinguere in cielo erano auto e palle da calcio. Ed io mi chiedevo sempre come faceva a trovare palle da calcio in un cielo stellato, possibile che i maschi dovevano sempre e solo pensare allo sport? Le stelle formavano tutte quelle immagini così belle e astratte, le stelle da sé formavano un motivo stupendo. E mio padre tutto ciò che riusciva a vedere cos'era? O un pallone da calcio o un automobile.
Ridacchiai tra me e me al ricordo, allontanandomi poi dalla finestra. La temperatura si stava abbassando notevolmente ed io avevo davvero tanto, tanto freddo. Cacciai da sotto al cuscino il pigiama di pail rosso con Minnie, presi una coperta calda dall'armadio, accesi il computer e inserii il CD de 'Il Grinch', uno dei film natalizi che più mi piacevano. Andavo pazza sopratutto per il naso dei non so chi, era troppo carino. Non appena indossai il mio bel pigiama caldo, mi sedetti sul letto, poggiai il computer sulle gambe e spensi le luci, indossando subito dopo gli auricolari.

Toc. Toc. Toc.

-
Chi è?- chiesi scocciata, poggiando di lato il computer.
-Sono io, ho portato la cioccolata calda.- mamma entrò in camera, si sedette sul mio letto. -Due zollette di zucchero e tre mashmallows, proprio come piace a te.-
-A cosa devo questo premio?- ridacchiai, strappando letteralmente la cioccolata dalle mani di mamma.
-Volevo semplicemente bere una cioccolata calda con la mia bambina, è proibito per caso?-
-No, anzi.-

Sorseggiai lentamente la cioccolata calda e immediatamente le mie papille gustative andarono in estasi. Chiusi gli occhi annusai il vapore profumato che partiva dalla tazza e faceva piccole scie lunghe giusto qualche centimetro: era davvero bollente. Ammirai come i tre piccoli mashmallows galleggiavano sulla superficie di quella sostanza davvero, davvero deliziosa. Sembravano un paio di occhi e un naso. Sorrisi mentre ne presi uno con le dita per poi avvicinarlo alle labbra e ovviamente, sbadata com'ero, mi sporcai su tutto il viso. Con le mani sporche cercai di pulirmi, peggiorando la situazione.

-Lascia fare a me, Freedom.- mamma ridacchiò. -Possibile che tu lo faccia tutte le volte pur sapendo come va a finire?- continuò.
-Come posso non farlo? Ormai è diventata una tradizione.- feci spallucce, sorseggiando nuovamente la cioccolata.
-Prima ho parlato con tuo padre.- affermò, seria, mamma. Piantai il mio sguardo sui mashmallows: erano rimasti solo in due.
-Uhm?- mugugnai, non avevo voglia di aprire l'argomento.
-Ha detto che l'altro chef al ristorante ha subito un'operazione al ginocchio, per questo non verrà a prenderti quest'anno.-
-Come tutti gli anni, d'altronde.- borbottai, continuando a far fare a quei dolciumi gommosi tanti cerchi nel mare di cioccolata.
-Era davvero dispiaciuto, Freedom.- mi accarezzò il viso.

Non replicai nemmeno, a cosa serviva? Tanto non avrebbe cambiato la situazione. Ogni anno, nel periodo natalizio, qualcosa di brutto succedeva ed io non potevo mai stare con lui. Eppure lo sapeva che a me non piaceva stare con la mamma a Natale, sapeva l'importanza che aveva per me quella festa -anche se non per un motivo preciso- e l'importanza che invece aveva per mamma, che era pari a zero. I pochi Natali che avevo passato con lui erano stati i più belli, quelli più indimenticabili. Ed io non chiedevo tanto, volevo semplicemente passare un Natale con lui. Basta.

-Non importa.- accennai un sorriso. -Infondo sono solo sua figlia, no? Cosa importa se mi delude sempre?- mamma stette in silenzio, continuò semplicemente a guardarmi e ad accarezzarmi il  viso. -Mi ha delusa così tante volte, una volta in più non fa la differenza.- la mia voce si affievolì sempre di più, era quasi un sussurro, era come se stessi parlando più con me stessa che con qualcuno.
-Piccola, io..-
-Mamma, davvero. Non importa.- sforzai un sorriso.
-Quando lo sento gli spacco il culo.- disse a denti stretti prima di abbracciarmi, ridacchiai.
-Mi lasceresti un po' sola?-

Le chiesi flebilmente, ricevendo come risposta un'altra carezza e un bacio sulla fronte. Dopo avermi guardata intensamente negli occhi come per darmi supporto, andò via, lasciandomi finalmente sola. Riposai i miei occhi sulla cioccolata, piazzai dure dita all'interno e mangiai anche l'altro mashmallow, rimanendone così uno sulla superficie. Era così che mi sentivo, come un mashmallow solo in un mare di cioccolata. Sola.
Appoggiai la tazza ancora fumante sul comodino, mi risistemai sotto le coperte e ripresi il computer. Indossai velocemente le cuffie, presi dal comodino la cioccolata e mi preparai mentalmente a passare un paio di ore nel paese dei non so chi. Premetti play...e proprio in quel momento mi vibrò il culo: avevo il cellulare sotto il sedere. Sbuffai sonoramente.

-Chi cazzo mi cerca a quest'ora? Ma cazzo, manco un film in pace posso vedere che mi devono disturbare! Chiunque tu sia, hai un tempismo perfet..oh, sconosciuto.-

Da: Sconosciuto.
'Hey, piccola, non scherzavo quando dicevo di voler uscire con te, domattina.
Passo a prenderti alle nove, fatti trovare pronta che si va in centro babe.
Buonanotte principessa.
Justin.xx'

Oh.
Mio.
Dio.
Lessi e rilessi il messaggio più volte, mi aveva appena scritta. I miei occhi sembravano una macchina da scrivere, erano completamente sbarrati e sembrava volessero uscire dalle orbite. Il calore che s'impossessò delle mie gote mi fece capire che ero arrossita e no, la cioccolata non aveva contribuito. Bevvi tutto d'un sorso il resto della cioccolata calda -bollente a dire il vero- che mamma mi aveva portato e, indovinate? Mi scottai la lingua, la gola, la bocca in generale. Ma sinceramente? Poco mi importava. Sarei uscita con Justin l'indomani mattina, sarei uscita con JUSTIN! Ero davvero contenta, così contenta che nemmeno la notizia che non avrei passato il Natale con papà riusciva a farmi smettere di sorridere.
Avvicinai il cellulare al cuore, sorrisi e guardai il soffitto. I miei occhi ancora sognanti. Il mio cuore non smetteva di battere.

I'll be waiting under the mistletoe,
while you're travelling here through the winter snow.
Baby think of me if it helps to get you warm.
When the only gift that I really need,
is to have your arms right around me.
Baby think of me if it helps to get you home.
Home this christmas.


___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Buonsalve.<3
Sono in anticipo, amatemi. LOL.
AHAHAHAH, come state? Io bene, sono solo molto, molto, molto, molto staaanca! Sto studiando tantissimo in questo periodo, ho passato una settimana davvero infernale tra compiti e interrogazioni. Almeno ho visto i risultati positivi! Ho preso un bellissimo nove e mezzo in latino e un otto più all'orale di psicologia, mica male. E ho anche trovato il tempo di scrivere, mi sento troppo realizzata.
COMUNQUE, passiamo al capitolo. Allora, che ve ne pare? A me piace sinceramente, mi stanno frullando per le cerevelle un paio di idee e non credo di concludere la storia prima dei dieci capitoli. Di questo capitolo mi piace sopratutto la fine, in 'sti giorni sto ascoltando Under The Misteltoe a manetta e l'ispirazione sale sempre più AHAHAHA.
Be', che dire, non vi trattengo più di tanto e lascio a voi i commenti.

VOLEVO RINGRAZIARE TUTTE COLORE CHE HANNO RECENSITO LO SCORSO CAPITOLO E ANCHE SOLO CHI HA LETTO.
VI RINGRAZIO INFINITAMENTE.

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E se volete leggere la prima prima FF, ecco 'Do you believe in love?'


Bye ladies. 
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Capitolo 3
*** Capitolo 03. // You're my one and only christmas wish. ***


03.
Da: Justin.<3
'Non osare fare colazione, la facciamo insieme al bar. E no, non accetto un no come risposta.
Buongiorno, piccola.<3'

Esisteva un risveglio migliore? La risposta era semplicissima: no. Mi girai più volte tra le calde coperte del letto col cellulare stretto al petto, il battito del mio cuore andava così veloce che riuscivo a sentirlo perfettamente. Guardai nuovamente il messaggio e chiusi gli occhi, sorridendo contenta. La notte appena passata l'avevo trascorsa in completa tranquillità, avevo dormito davvero bene e mi sentivo pronta e carica per affrontare la mattinata. Mi sentivo pronta e carica per poter uscire con Justin.
Mi alzai col busto dal materasso e, immediatamente, l'aria fredda colpì la mia schiena scoperta. Rabbrividii. La maggior parte delle volte avrei mugugnato qualcosa di incomprensibile e mi sarei rituffata sotto le coperte, ma quella era una mattina diversa. Mi feci coraggio, cacciai anche le mie gambe da sotto le coperte e toccai con le dita dei piedi il pavimento freddo della mia camera. Feci subito una corsa in bagno, aprii la doccia e tornai in camera mia, prendendo dell'intimo pulito e un asciugamano dal cassetto. Sembravo Saetta McQueen, facevo le cose col turbo. Tolti i vestiti entrai in doccia, insaponai i miei capelli con lo shampoo alla vaniglia e il mio corpo col bagnoschiuma allo zucchero filato ed infine mi sciacquai. Avevo poco tempo e dovevo ancora scegliere cosa mettere. Diedi una passata veloce di phon ai miei capelli, non li asciugai del tutto: ci avrei pensato dopo aver scelto l'abbigliamento da indossare. Ed ecco che sorgeva il problema, cos'avrei dovuto indossare? Scavai tra i miei vestiti, non mi capitava spesso di farlo. Di solito prendevo ciò che mi capitava sotto mano e lo indossavo, ma quella, come ho già detto, era una mattinata diversa. Optai per un semplice paio di jeans attillati scuri, un paio di stivaletti neri e una felpa bordeaux col volto di un leone al centro. Semplice. Indossai i vestiti, rientrai in bagno e finii di asciugarmi i capelli, per poi truccarmi. Volevo sentirmi bella per una volta. E mi sentivo bella.
Soddisfatta del lavoro, tornai in camera trotterellando come una bambina che aveva preso il suo primo dieci a scuola. Diedi uno sguardo veloce al display del cellulare che segnava le nove meno dieci e immediatamente cacciai un sospiro di sollievo, almeno non ero in ritardo ma bensì in anticipo. Con tutta la calma che possedevo nelle mie viscere, presi tutto ciò che mi sarebbe potuto servire, cioè soldi e cellulare. Scesi al piano di sotto sorridente, entrando poi in cucina.

-Buongiorno, mamma. Non trovi che sia una splendida giornata?- chiesi, sprizzavo gioia da tutti i pori.
-Come mai sei così contenta? E sopratutto, perché sei già pronta?- rispose mamma, schioccandomi un bacio sulla guancia. -Shampoo alla vaniglia?-
-Stamattina esco.- feci spallucce senza smettere di sorridere, bevvi un sorso d'acqua. -Sì, è quello alla vaniglia. Ti piace?-
-Lo adoro.- sorrise. -Come esci?- chiese, prendendo due tazze dal mobile sopra al lavabo.
-Ti ricordi il ragazzo di ieri? Mi ha chiesto se potevo accompagnarlo in centro che deve fare un paio di regali di Natale, non me la sono sentita di dire no e quindi..be', usciamo insieme. E comunque io non faccio colazione a ca..-
-Come non fai colazione?- m'interruppe mamma. -Tu fai sempre colazione, tu mangi sempre! Cos'è questa storia che non fai colazione?!- okay, sembrava più allarmata per il fatto che non mangiavo a casa che per l'uscita con Justin.
-Mamma,- ridacchiai. -fammi finire. Faccio colazione con Justin al bar, io non riesco a non mangiare.- sospirò sollevata, posando poi la tazza dove l'aveva presa.
-A che ora esci?- in quel momento, mi arrivò un messaggio. Sorrisi.
-Adesso.-

Baciai entrambe le guance di mia mamma prima di dirigermi in salotto velocemente. Indossai il cappotto, presi il foulard color sabbia che si intonava col colore di alcuni tratti del leone raffigurato sulla mia felpa e,dopo aver saltato nuovamente mamma con un cenno della mano, uscii fuori casa. Rimasi sorpresa quando non vidi la sua Range Rover nera. Con un enorme punto interrogativo stampato in fronte, presi il cellulare e aprii la cartella dei messaggi. Proprio mentre stavo per leggere il contenuto delle righe che mi aveva scritto, un clacson mi fece sobbalzare. Era lui. Alzai lo sguardo dal cellulare, scontrandomi col sorriso perfetto di Justin. Il mio cuore prese a battere velocemente, il respiro mi si mozzò in gola e mi ci vollero un paio di secondi prima di prendere coraggio e di andare da lui. Quando finalmente ritornai cosciente e col completo controllo dei miei arti, feci una corsa verso l'auto nera parcheggiata fuori casa mia. Entrai dal lato del passeggero e subito un'inebriante profumo di buono s'impossessò delle mie narici. Annusai l'aria e chiusi gli occhi, senza smettere di sorridere.

-Dolce e Gabbana?- chiesi, gli occhi ancora chiusi.
-Ottimo fiuto.- ridacchiò, mi unii alla sua risata.
-Ciao.- sussurrai dopo aver smesso di ridere, a pochi centimetri dalla sua guancia.
-Ciao.- ripeté, girando il suo viso e incontrando i miei occhi.

Eravamo così vicini.
Abbassai lo sguardo e sorrisi imbarazzata, il mio cuore aveva preso ad accelerare sempre più. Era stranissimo l'effetto che riusciva a farmi, non riuscivo a comandare i miei movimenti, non riuscivo a capire cosa stava succedendo al di fuori dei pochi metri di spazio che racchiudevano me e lui, non riuscivo a prestare attenzione alla realtà. Mi isolavo, mi isolavo da tutto e tutti. Tranne lui. E lo conoscevo da pochissimo, cosa mi sarebbe successo col passar del tempo?

-Allora, principessa, dove la porto?- delicatamente, Justin mi accarezzò una guancia.
-Su una stella.- risposi inconsciamente, copiando una celebre frase. Arrossii pesantemente non appena realizzai ciò che avevo detto, il sorriso sul suo viso invece si accentuò. -Volevo dire, sì, cioè..su una stella è..è il nome di un bar, noi studenti lo abbiamo soprannominato così perché.. perché hanno un cocktail che si chiama in questo modo, è davvero buono e..e sì, così..uhm.. oh, fanculo.- borbottai ancora più imbarazzata, ero appena salita a quota due per le figure di merda. Portai entrambi le mani al viso e agitai il capo, Justin sembrò divertito dal mio comportamento e cominciò a ridere di gusto.
-E, dimmi, dove si trova questo bar?- ridacchiò, ancora.
-Vai lungo questa strada, poi giri a destra e prosegui dritto. Si trova vicino al parco.- mugugnai, completamente rossa in viso.
-Okay.- sorrisi -Ti ho già detto che sei carina quando arrossisci?-
-Fottiti.- gli diedi un pugno scherzoso sul braccio destro, ricevendo da parte sua solo una risata.

Scoppiai anch'io a ridere, la mia però era una risata imbarazzata a differenza della sua. Sentii sempre più caldo, una caldo davvero opprimente. Tolsi il foulard dal mio collo e lo attorcigliai attorno alle mie mani, mi sistemai meglio sul sedile e chiusi gli occhi. Era così rilassante. L'atmosfera non era pesante, o imbarazzante. Era semplicemente serena, tranquilla, rilassante. E il che era molto gratificante dato il fatto che ero in macchina con un uomo così bello come Justin. 
Arrivati al bar che gli avevo poco prima indicato, il biondo al mio fianco parcheggiò l'auto nel parcheggio affianco al parco, proprio a pochi passi dal centro. Scese dall'auto, aprì la mia portiera come aveva fatto anche la sera precedente e mi circondò le spalle col braccio sinistro. Uno strano calore irradiò il mio corpo. Appena entrammo nel bar, un profumo di buono pervase le mie narici. L'atmosfera era calma e tipicamente natalizia, le cameriere già si muovevano tra i tavoli con un cappellino sulla testa e portavano pattini a rotelle rossi. Una queste ci si avvicinò.

-Ciao e benvenuti al Jim's Coffee, come posso esservi utile?- ci chiese con una gentilezza troppo, troppo sforzata.
-Dove possiamo sederci?- Justin passò il braccio dalle mie spalle alla fine della mia schiena, mi avvicinò ancora di più a sé.
-Seguitemi.- la cameriera ci scortò ad un tavolino vicino alla vetrata. -Questo è ciò che prepariamo la mattina, appena siete pronti fatemi un cenno.- e andò via, mentre Justin prese il foglio che aveva lasciato sul tavolo.
-Cosa fanno?- mi sporsi leggermente per cercare di leggere, allontanò il foglietto.
-Eh no, principessa.- puntò i suoi occhi nei miei. -Ordinerò io per te.-

I suoi occhi mi perforarono l'anima. Erano così chiari, di un colore così acceso, così caldo. Annegai in quel mare di caramello fuso, o meglio, io stessa mi immersi e non ne volevo sapere di risalire. Mi fissava, mi fissava intensamente. Ed io lo fissavo, lo fissavo intensamente. Quegli occhi..così belli e penetranti. Su quel ragazzo.. così affascinante e premuroso. Era un gioco di sguardi il nostro, chi riusciva a sostenere di più lo sguardo dell'altro. Tutto intorno a me scomparve, mi isolai per un momento dalla realtà e mi concentrai esclusivamente sull'uomo che avevo davanti. Sembrava fatto di porcellana: era troppo bello per essere vero.

-Avete deciso?- la vocina stridula di quella cameriera, che tra l'altro già mi stava sulle ovaie, ruppe la sintonia che si era creata tra i nostri sguardi. Le mandai un'occhiataccia agghiacciante seguita da un sorriso infastidito, lei semplicemente spostò tutta l'attenzione su Justin: lo stava mangiando con gli occhi.
-Prendiamo due cappuccini, due muffins alla zucca e al formaggio e due cornetti al cioccolato. Desideri altro, principessa?-
-No, grazie.- sorrisi.
-State insieme?- chiese la cameriera, strabuzzando gli occhi. -Ma lei non è troppo giovane per un uomo come te?-
-E non sei qui per lavorare e non per provarci con i clienti?- mi alterai leggermente, sorridendo sfacciata.
-Che caratterino.- sbuffò la ragazza, per poi darci le spalle e camminare lungo il bancone.
-Puttana.- sussurrai a denti stretti, ricevendo un'occhiata divertita da Justin seguita da una di rimprovero. -Cosa c'è?- ridacchiai.
-Concordo con lei sul 'che caratterino'.- ridacchio. -E non dire parolacce.- mi puntò il dito contro assottigliando gli occhi.
-Zì, padlone.- portai due dita alla fronte per poi allontanarle, scoppiai di nuovo a ridere.

Nonostante l'entrata in scena della solita cameriera troia che vuole fotterti il fidanzato, come inizio stava andando davvero bene. Justin era un vero e proprio gentiluomo, il fatto che aveva ordinato lui per me già lo rendeva speciale. E aveva pure azzeccato i miei gusti! Io AMAVO il cornetto al cioccolato. Be', a dire il vero amavo il cioccolato in generale, era una delle cose senza il quale non avrei potuto vivere. Alcune persone non riuscivano a vivere senza il proprio hobby, altre senza il proprio cellulare o il computer, altre ancora senza la musica.. Io non sarei riuscita a vivere senza cioccolato. Mi differenziavo dagli altri, dalla massa, ed era una cosa che sempre avevo adorato fare. Non mi piaceva essere come gli altri, volevo essere originale a modo mio. Proprio come un fiocco di neve.

-Ecco a voi.- un'altra cameriera, questa più simpatica, poggiò sul nostro tavolo due tazze fumanti di latte e due piccoli piatti dov'erano posti i cornetti e i muffins, poi andò via.
-Finalmente, si mangia.- disse Justin, prendendo tra le mani la tazza di latte. -Hai mai assaggiato il muffin alla zucca e al formaggio?-
-Sinceramente? Mai.- sorseggiai anch'io un po' del mio latte, soffermando i miei occhi sulle dita lunghe di Justin che prendevano un muffin e lo avvicinavano al mio viso.
-Adesso mordi.- alzai un sopracciglio mentre l'altro lo tenni teso, prima di sorridere e mordere il muffin. -È un semplice muffin, fatto però con la zucca, dove all'interno c'è un morbido cuore di formaggio fuso.-
-Dio, è buonissimo.- chiusi gli occhi, masticai più lentamente per godermi di più il sapore. -Dov'è che l'hai mangiato la prima volta?- chiesi curiosa, dando un altro morso al muffin che ancora mi tendeva.
-Ad halloween l'anno scorso, fanno davvero tante cose con la zucca e sono anche buone.- mi sorrise. -Sappi però che dopo anche tu dovrai fare lo stesso.- disse, non appena diedi un altro morso.

Tra risate, battute e occhiate complici, finimmo la nostra colazione. Erano passati già venti minuti, il tempo con lui sembrava passare davvero velocemente. Dopo aver pagato, uscimmo dal bar e, a piedi, ci avviammo verso il centro di Stratford. In quei giorni c'era il mercatino di Natale. Si vendevano cose davvero belle,  dagli addobbi natalizi alle sciarpe di tutti i tipi, oppure ciondoli, collane, statuette, oggetti di vario tipo con molteplici funzioni. C'erano carretti che vendevano zucchero filato e caramelle, dolci natalizi, cioccolata calda.. In poche parole, quel posto era il paradiso.
Io e Justin scrutammo con attenzione ogni bancarella, sorprendendoci sempre di più quando vedevamo cose fatte a mano davvero particolari. Comprai a mia mamma un morbidissimo foulard rosso con i ricami dorati, i suoi colori preferiti. A Diane comprai una sottospecie di enciclopedia contenente le ricette di tutti i dolci natalizi dei vari Paesi di tutto il mondo, un regalo che sicuramente le sarebbe piaciuto data la sua passione per la cucina. Per il regalo di Bruce mi ci volle un po' prima di scegliere, alla fine decisi di comprargli semplicemente una scacchiera dato che la sua si era rotta. Mi mancavano giusto i regali di Pattie e di Justin.

-Cosa potrei comprare a tua mamma per Natale?- chiesi a Justin, stringendo sempre di più la presa sulle buste che portavo nella mano sinistra.
-Le piacciono tanto quelle statuette di fate e gnomi, hai presente quelle strane che dovrebbero portare fortuna?-
-Sì..-corrugai le sopracciglia, poi sorrisi. -Andiamo!- lo presi sotto braccio e lo trascinai con me ad una bancarella che vendeva statuette di vario genere. Mi soffermai con lo sguardo su una  statuetta che raffigurava un angelo natalizio in una campana di vetro, era davvero bello. -Potrebbe piacerle?- gli chiesi, indicando l'angelo.
-Secondo me è perfetto, mamma è molto legata a certe cose.- sorrisi.
-Mi scusi, può darmi quest'angelo?- sorridendo, mi rivolsi alla donna anziana dietro al bancone.
-Certo, tesoro.- prese una scatola decorata da sotto il bandone. -È stato interamente fatto a mano, anche le decorazioni.-
-È davvero bellissimo.- sorrisi. -Quanto le devo?-
-Sono dieci dollari.- le porsi i soldi. -Buon natale e buon proseguimento.-
-Grazie e arriveder..-

Mi bloccai, fissando un punto preciso sul bancone di quella signora. C'era una palla di vetro con la neve, simile a quella che avevo notato sul davanzale a casa di Diane. Era molto più grande di quella che aveva Diane e, al suo interno,  c'era una piccola casetta di legno con qualche albero alle spalle innevato. Semplice, ma di grande effetto. Forse era la grandezza, oppure quella neve finta che svolazzava all'interno della palla.. eppure mi aveva colpita. Immaginai me stessa, all'interno di quella casa sulla neve, nel bel mezzo del pranzo di Natale. Magari in famiglia, con Bruce che taglia il tacchino e mamma che porta insieme a Diane e Pattie i piatti a tavola mentre io e Justin sistemiamo i regali sotto l'albero.. sarebbe un sogno. Il mio sogno. Cos'avrei dato per passare un Natale perfetto, in casa con tutte le persone che amavo e con quel calore che senti dentro quando stai bene..

-Hey..- Justin mi sfiorò dolcemente il fianco, distogliendomi dalla mia fase di trance. -Tutto okay, principessa?-
-Sì..- sussurrai, senza smettere di fissare la piccola palla di vetro.
-Ti piace la palla con la neve?- mi cinse i fianchi, avvicinando la sua bocca al mio orecchio. Semplicemente annuii, paralizzata dal suo gesto e ancora affascinata da quell'oggetto.
-È bellissima.-sussurrai, sorrise sulla mia pelle prima di stamparmi un bacio dietro l'orecchio.
-Interessante.-sussurrò a sua volta.
-Andiamo?- chiesi, sentendo le mie mani tremare. Annuì. -Arrivederci.-
-Arrivederci, ragazzi.- ci salutò la signora anziana mentre ci guardava affettuosamente.

Col braccio libero, Justin mi circondò le spalle. Lanciò un ultimo sguardo alla bancarella che aveva appena lasciato per poi tornare con lo sguardo su di me, sorrise. Il resto della mattinata trascorse in fretta tra risate, foto e tanti oggetti natalizi. Avevamo un cinque o sei buste a testa,  avevo fatto regali a tutti tranne che a Justin e questo mi scoraggiava un po'. Nulla mi aveva particolarmente attirata, non conoscevo ancora bene i suoi gusti e non sapevo cosa avrei potuto regalargli. Non volevo fargli qualcosa da poco, come un bracciale o una collana maschile.. volevo che il mio regalo fosse qualcosa di speciale, volevo che il mio regalo gli rimanesse impresso nella mente. A costo di spremermi per millenni, sarei riuscita a trovare il regalo adatto.
Verso mezzogiorno, prima di andare a casa, io e Justin ci fermammo un po' al parco. Camminavamo vicini, tra il bianco della neve, mentre parlavamo di noi, della nostra vita. Avevamo idee e gusti così diversi, avevamo una percezione diversa della realtà, del senso della vita. Io vedevo tutto ancora come una bambina, lui invece pensavo come un uomo. Be', lui era un uomo, proprio come io ero una bambina. C'era davvero un abisso tra le nostre età, dodici anni di differenza non sono poi così pochi. Potevo essere sua figlia, o sua sorella minore. A differenza mia, che ero appena al secondo anno di liceo, lui già aveva finito la scuola ed era anche un insegnante. Ecco cos'altro potevo essere per lui: un'alunna, una semplice alunna. Per quanto mi stavo divertendo, quell'uscita mi sembrava così dannatamente sbagliata..

-Principessa, tutto bene?- mi chiese, notando che avevo arrestato i passi.
-Uhm?- scossi la testa, lo guardai.
-A cosa pensavi?- continuò, posando un braccio sulle mie spalle.
-Non ti sembra..sbagliato, questo?- mi spostai da sotto alla sua presa, piazzandomi di fronte a lui in modo tale da poter avere un completo contatto visivo.
-Credi che sia sbagliato?-
-Io.. be', non lo so..- mormorai per sospirare e abbassare lo sguardo ai miei piedi: la neve si stava sciogliendo sotto le mie scarpe, s'intravedeva il verde scuro dell'erba. 
-Il tuo cuore cosa dice?- rialzò il mio viso col suo indice, incrociai di nuovo i suoi occhi.
-È così contento di aver trovato una persona che apparentemente sembra volermi bene.- sussurrai sincera.
-E allora ricordati queste parole: adesso sei la mia piccola e ti cresco io. Fregatene di quello che gli altri potrebbero pensare, infondo non facciamo niente di male se usciamo insieme.- mi accarezzò il viso. -Fidati di me.- sussurrò.

Per lunghi istanti rimanemmo a guardarci negli occhi, senza dire o fare qualcosa. Semplicemente ci guardavamo negli occhi, ci scambiavamo promesse silenziose. Poi annuii. Annuii e sorrisi. Sorrise anche lui, prima di avvicinare le sue labbra alla mia fronte e stamparmi un dolce e caldo bacio. Chiusi gli occhi istintivamente e mi lasciai trasportare, infondo aveva ragione. Non erano gli altri a dover decidere per noi, dovevamo essere semplicemente noi a dover decidere sulle nostre scelte, sbagliate o meno. Il parere degli altri era solo un consiglio, la vera e propria scelta non spettava a loro. Sprofondai il viso nel petto di Justin, avvolsi le mie braccia intorno al suo busto e lo strinsi, lo strinsi forte. 'Adesso sei la mia piccola e ti cresco io', avrei voluto urlare mentre mi diceva quelle parole.

-Piccola, aspettami qua.-sussurrò allontanandosi.
-Dove vai?- gli chiesi.
-Ho dimenticato di comprare una cosa alla nonna che avevo visto prima, faccio una corsa.- sorrise, io annuii.
-Okay, lasciami le buste che ti aspetto sull'altalena.-

Sorridendo, presi le buste coi disegni natalizi che portava e mi avvicinai all'altalena mentre lui si allontanò sempre di più. Spazzolai con le mani la sella imbiancata dell'altalena per poi sedermi, era davvero freddissima. La temperatura era calata molto durante le poche ore che avevamo passato in giro, il cielo era di un grigio sempre più chiaro e la gente era come moltiplicata. C'erano davvero tante persone in giro ed era sopratutto per questo che amavo il periodo natalizio. Stratford era una cittadina piccola con poco più di trentatré mila abitanti, solo durante le feste le strade si animavano e incontravi davvero chiunque quando andavi a fare un giro. Era bello vedere gente diversa ogni giorno, mi piaceva incontrare persone che non incontravo da tempo e scambiare qualche chiacchiera con i signori White, i miei vecchi vicini, oppure con le mie vecchie maestre delle elementari. Erano tutti di buon umore, tutti col sorriso stampato sul volto. Mi mettevano allegria.
Poco dopo, Justin tornò con una busta dalle medie dimensioni. Corse verso di me.

-Sono tornato.- disse, prendendo tutte le buste che avevo tra le mani.
-Lo vedo.- ridacchiai, poggiò le borse a terra. -Cosa fai?- fece il giro, mettendosi dietro di me.
-Ti spingo, non vedi?- ridacchiò.

Poggiò le sue mani ai lati dell'altalena e, dopo avermi tirata indietro di qualche passo, mi spinse in avanti. Cacciai un urletto dalla sorpresa, cosa che lo fece ridere ancora di più. Continuò a spingermi, sempre più forte, sempre più in alto. Mi sembrava di poter toccare il cielo con un dito, ma letteralmente. Svuotai la mia testa e pensai solo a godermi il momento. Era come se stessi volando lontano, come se fossi libera. Non avevo catene, non c'erano confini. Ero semplicemente libera. Ridevo come una bambina, imploravo Justin di spingermi sempre più in su. -Sto volando!- urlavo con una felicità infantile, mentre Justin se la rideva. Chiusi gli occhi e ispirai l'aria fredda a pieni polmoni. Era strano, ma quel calore che sentivo dentro da quando avevo visto Justin quella mattina continuava a prevalere nonostante l'aria fredda dell'esterno. Ero talmente presa dai miei pensieri, che nemmeno mi accorsi di rallentare. Mi ritrovai poco dopo ferma, con un Justin sorridente a pochi passi da me.

-Prendi tu le borse.- disse, passandomi tutte le buste. -E adesso, sali.-
-Cosa?- si girò di spalle.
-Sali.- ordinò.
-Ma sono pesante!- protestai.
-Non dire cazzate.- ridacchiò, saltai sulle sue spalle.
-E non dire parolacce.- sussurrai al suo orecchio, ricevendo il cambio il suono melodioso di una sua risata.
-Tieniti forte.- disse ad alta voce, sul mio viso si dipinse un'espressione interrogativa.
-Cosa?-

La sua risposta non tardò ad arrivare: cominciò a correre veloce. Per la seconda volta, urlai per lo stupore. Strinsi forte le gambe al suo bacino e accentuai la presa anche al suo collo. Nascosi la mia testa tra l'incavo del suo collo, era così caldo. Ispirai il suo profumo, quel profumo che avevo sentito non appena entrai in macchina. Era davvero buono e addosso a lui stava perfettamente. Cominciò a girare su sé stesso, a correre all'indietro, a fare cavolate. La gente ci guardava con tenerezza e per una volta non mi vergognai di stare al centro dell'attenzione. Sempre con me sulle spalle, attraversò velocemente il parco e arrivò fino al parcheggio delle auto. Mi mise poi giù, si poggiò alla portiera dell'auto e prese il mio corpo tra le sue braccia, tenendomi per i fianchi. -Tu sei pazzo.- ridacchiai, picchiettando il mio dito sul suo petto. In cambio ricevetti un'altra risata e, credetemi, regalo più bello non c'era.

-Però ti sei divertita.- passò l'indice sul mio naso.
-Lo ammetto.- ridacchiai ancora. -Adesso cosa facciamo?- chiesi, proprio nel momento in cui mi squillò il cellulare. -Scusa..- risposi. -Pronto?-
-Freedom, dove sei?- chiese mamma.
-Siamo al parco, quello vicino al centro.-
-È l'una, che ne dici di tornare a casa a mangiare? Vi  vedete dopo.- sospirai.
-Va bene, mamma, stiamo tornando.-
-Ottimo, a dopo.- attaccò.
-Devi andare?- Justin si poggiò meglio alla macchina, prese una mia mano tra le sue e mi baciò le nocche.
-Purtroppo sì.-sospirai.
-Però oggi pomeriggio verrai dai nonni, promesso?- mi guardò con gli occhi da cucciolo, come potevo rifiutare?
-Promesso.- ripetei, sorridendo.

Mi scostò piano dal suo corpo, fece il giro dell'auto e aprì, come sempre, la portiera del passeggero, chiudendola non appena entrai. Lo ringraziai con lo sguardo, era un gesto che lo rendeva ancora più galante. Entrò anche lui in macchina, inserì le chiavi nel nottolino e partì, mantenendo una velocità inferiore al limite. Io chiusi gli occhi, appoggiai bene la testa al sediolino e ripensai alla mattinata appena trascorsa. Come descriverla con una parola? Perfetta, era stata una mattinata davvero perfetta. Sopratutto i minuti passati poco prima, quelli sull'altalena e quelli in cui Justin mi ha tenuta sulle spalle. Non mi divertivo così tanto da troppo tempo.
In meno di dieci minuti, Justin svoltò nel viale di casa e si fermò proprio davanti alla mia abitazione. Scendemmo contemporaneamente, lui prese le borse dai sedili posteriori e me le porse.

-Grazie.- sussurrai afferrando le mie buste. -Della bella mattinata, intendo.-
-Mi sono divertito tanto anch'io.- baciò la mia gota. -Davvero.- sussurrò, a pochi centimetri del mio orecchio. Arrossii. -Te l'ho già detto, vero, che adoro quando arrossisci?-
-Finiscila.- gli colpii il braccio, ancora più rossa.
-Che c'è? È vero, sei troppo tenera.- arrossii ancora, le mie gote diventarono infuocate. 
-Non ti parlo più.- mi girai e incrociai le braccia al petto, morsi il mio labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
-Oh, vieni qui.- poggiò le sue mani sui miei fianchi, un attimo dopo mi trovai spiaccicata contro il suo petto. Sorrisi. -Appena puoi vieni dai nonni, okay?- prese il mio viso tra le mani, annuii.
-Ci vediamo dopo.- sussurrai staccandomi, mi baciò una guancia.
-A dopo, principessa.-

Mi staccai controvoglia dal suo corpo, presi le buste che avevo rimasto a terra e mi avvicinai alla porta di casa, bussando poi al campanello. Justin controllò ogni mio movimento, si mise in macchina solo dopo aver visto le mie dita pigiare il pulsantino del campanello di casa. Non appena la porta si aprì, feci un ultimo saluto a Justin, gli sorrisi ed entrai in casa. Solo in quel momento accese il motore dell'auto e andò via, come se volesse accertarsi il mio rientro. Felice e col cuore a mille, poggiai tutte le buste a terra e appesi il cappotto. Non mi ero mai sentita così speciale per qualcuno più di quanto mi sentissi speciale in quel momento. E mi piaceva quella sensazione, anch'io avevo trovato una persona che mi apprezzava per quella che ero. Avevo trovato il mio salvagente, il mio angelo custode. E se fosse stato tutto un sogno? Be', in quel caso avrei desiderato di non svegliarmi mai. Buttai uno sguardo fuori dalla finestra, aveva cominciato a nevicare. Mi persi nel fissare quei fiocchi che scendevano spensierati da cielo e notai pure che la signora Duncan stava fissando sotto l'uscio di casa sua un rametto di vischio. Proprio in quel momento, mi tornarono in mente le parole che Justin mi aveva detto poco prima: 'Adesso sei la mia piccola e ti cresco io.'

You're the single light, I'm on my list.
You're my one and only christmas wish.
The mistletoe is where, I'll be waiting, kiss me there.
I'll be waiting, kiss me there..



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Buonsalve.<3
Ciao, bellissime.c:
Come state? Io abbastanza bene, ho avuto una settimana leggermeeeente complicata. L'altro ieri sono stata a Roma, mercoledì pomeriggio subito dopo scuola ho fatto circa sette ore di macchina, uno stress pazzesco! Poi, sempre l'altro ieri sera, sono tornata a casa.. Altre sette ore di macchina. Ieri sono stata tutto il giorno a letto che ero stanchissima, come se avessi portato anch'io la macchina LOL. Voi cos'avete fatto ad halloween? Approposito! Happy Willoween in ritardo AHAHAH.
Passando al capitolo, sinceramente anche questo mi piace.. Non so perché, forse sarà il tema natalizio, avevo un mente già dall'estate di fare qualcosa di questo genere. Sì, lo so, solo io sotto al sole cocente ascolto le canzoni natalizie e cerco di elaborare trame su questo tema. u.u Io ho detto la mia, adesso sta a voi dire la vostra. Vi piace questo capitolo? E la storia, secondo voi, sta procedendo abbastanza bene?
Fatemi sapere!

RINGRAZIO INFINITAMENTE CHI HA RECENSITO I CAPITOLI PRECEDENTI E CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
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Capitolo 4
*** Capitolo 04. // what do you did to me? ***


04. L'acqua calda bagnava le mie mani, si innalzavano scie di vapore non appena veniva a contatto con la mia pelle. Fare i piatti con mamma, dopo pranzo, era ormai diventata un'abitudine. Quand'era a casa o quando semplicemente andava a lavoro solo di pomeriggio, facevamo sempre insieme i piatti dopo mangiato. Era un modo per stare insieme, per parlare un po' di noi. Stranamente, non mi aveva ancora chiesto nulla sulla mia uscita con Justin, ma sapevo che a breve sarebbe partita come un razzo con le domande. Molto probabilmente stava elaborando qualcosa di diabolico e maligno, aveva tralasciato troppo l'argomento.

-Allora, Freefree..- mi sorrise, posando l'ultimo piatto nella credenza e guardandomi. -dato che non voglio lasciarti da sola e non vedo Diane e Bruce da un po', che ne dici se ti accompagno io da loro?- porca trota in calore.
-Cosa?- guardai mamma spaventata, sapendo già dove voleva andare a parare.
-Ti accompagno io con l'auto, così conosco anche la figlia di Diane e questo famoso Justin.- sorrise radiosa, posando lo strofinaccio sul lavello.
-Questo è peggio del diabolico e maligno che avevo pensato.- sussurrai tra me e me.
-Uhm?- mamma mi guardò.
-Nulla.- sorrisi. -Allora, quando si parte?- chiesi, un finto entusiasmo nella mia voce.
-Adesso!-

Chiuse l'acqua con un gesto secco, mi prese violentemente per un braccio e mi trascinò in salotto. Nemmeno il tempo di indossare il cappotto che già eravamo in macchina, mi sembrava posseduta quando aveva questi attacchi. Premette il piede sull'acceleratore, io nel frattempo misi la cintura e mi mantenni forte allo sportello. La velocità che aveva assunto l'auto sfiorava i 90 km/h, sarei arrivata viva? La gente per strada ci guardava male, avevano tutti facce spaventate, impaurite, stupefatte, sconcertate.. Be', almeno loro guardavano solo in terza persona, io che stavo vivendo quella folle corsa in auto ero davvero, davvero terrorizzata. In meno di cinque minuti, arrivammo a casa Dale. Mamma parcheggiò l'auto proprio affianco all'entrata alberata e completamente imbiancata, scese dall'auto e aspettò che scendessi anch'io, prima di avviarsi verso l'entrata di casa. Bussò al campanello più volte, sul suo viso compariva ancora quel sorriso, o meglio, quel ghigno che tanto mi spaventava.

-Jolanda! Oh, che piacere vederti.- Diane, non appena aprì la porta, si tuffò praticamente addosso a mia madre.
-Diane, sono contentissima anch'io di vederti.- sorrise sincera. -Ti trovo in splendida forma.- si allontanò, tenendo sempre le mani sulle spalle di Diane.
-Non c'è male, la salute va molto bene anche a quest'età.- Diane rise. -Oh, bocciolo, vieni qui.- sentendo il soprannome, staccai mamma da Diane e mi tuffai io tra le sue braccia. -Forza, entrate.-
-Giusto un salutino, tra poco inizia il mio turno a lavoro.-
-Tranquilla, cara.- Bruce spuntò da dietro l'albero di Natale, camminò da mia mamma. -Sei sempre più bella.- baciò la mano di mia mamma.
-E tu sei sempre troppo gentile.- ridacchiò.
-Freedom ti ha detto che ieri è arrivata mia figlia?-
-Sì, sono passata anche per conoscerla. Mi sembrava scortese non passare.- 'Tu sei venute per conoscere Justin, bastarda.' pensai, ma cercai con tutte le mie forze di non dare libero sfogo ai miei pensieri.

Mamma e Diane si avviarono in cucina parlando, come sempre, di cucina. Ma quelle donne solo al mangiare pensavano? Sì, okay, anch'io ero leggermente fissata, ma non ne parlavo sempre..più o meno. Entrate in cucina, sentii subito l'unirsi di tre voci, di tre risate: mamma aveva appena conosciuto Pattie. Io, invece, come se niente fosse andai da Bruce, lo abbracciai e mi lasciai stritolare dalle sue braccia. Era come un secondo nonno, anzi, era come un nonno vero e proprio dal momento in cui non avevo mai conosciuto i miei nonni, né da parte materna né da parte paterna. Quelli da parte paterna perché vivevano in un altro continente, poi papà non era mai con me. Quelli da parte materna perché vennero a mancare proprio l'anno in cui nacqui, mamma non mi parlava spesso di loro e non conoscevo nemmeno i loro nomi. Un po' era strano, sopratutto quando, alle elementari, nel mese di ottobre c'era la festa dei nonni e tutti i miei amichetti facevano dei laboratori per creare oggetti che avrebbero poi regalato ai loro nonni, mentre io invece me ne stavo da sola a fare i compiti con un'insegnante. Mi sentivo.. diversa. E questa sensazione non svanì mai col passar degli anni, anzi, si accentuò sempre di più. Mi sentivo diversa in tutto, dalla cosa più banale alla più complessa. Era bello da un lato, perché mi affascinava il fatto di essere semplicemente me stessa, che come me non c'era nessuno perché ero originale a modo mio. Però, dall'altro, un po' mi sentivo sola, perché gli altri preferivano stare con le persone di bella presenza, che erano sempre al centro dell'attenzione, che avevano ottimi voti a scuola e partecipavano ai progetti pomeridiani, che erano sempre lodati da tutti..Dei veri e propri modelli da seguire. Io restavo comunque sulla mia base: seguivo le mie idee ed elaboravo con la mia mente, non con quella degli altri. Ero io. Semplicemente io. E mi bastava, mi piaceva, nonostante tutti i contro.

-Bocciolo, sai stavo pensan..-
-È stato un vero piacere conoscerti, Pattie,- la voce di mia mamma interruppe ciò che stava per dirmi Bruce. - ma adesso devo proprio scappare.-
-Magari una sera possiamo cenare tutti qui, che ne dite?- c'interpellò Diane, Bruce schioccò le dita.
-Era ciò che stavo per dire anch'io.- alzò l'indice e sorrise, sorrisi anch'io dopo il suo gesto.
-Mi sembra un'ottima idea.- commentai.
-Si può fare, magari ci sentiamo telefonicamente in modo tale da metterci d'accordo. Posso lasciare Freedom qui, dato che tornerò tardi?- chiese gentilmente mamma.
-Certo, però sappi che stavamo per uscire anche noi due, Pattie ci accompagnerà.- rispose Diane.
-Oh, in questo cas..-
-Posso restare io, con lei.-

Una voce melodiosa si udì dalle scale e, non appena mi girai, i miei occhi incontrarono due calamite caramellate e gli angoli delle mie labbra si curvarono automaticamente verso l'alto. Justin scese lentamente le scale, la sua andatura più composta e meno alla pinguino del solito. Era bello. Eccome se era bello. Fissai ogni suo movimento, con la mente vagavo ancora tra i ricordi di poche ore prima e non potei fare a meno di sorridere. Il biondo si avvicinò a mia mamma.

-Lei dev'essere la madre di Freedom.- sorrise. -È davvero un piacere conoscerla.- le prese la mano per poi baciarle le nocche. -Adesso ho capito dov'è che Freedom ha preso tutta la sua bellezza.-
-Oh..- mamma batté più volte le palpebre, era rimasta incantata dalla bellezza di Justin molto probabilmente. -Tu devi essere Justin.-
-Esattamente.- le sorrise.
-Ci stai provando con mia madre?- chiesi con un tono tra il sorpreso e il divertito, tesi un sopracciglio mentre l'altro si curvò leggermente verso l'alto.
-Ho semplicemente detto che sei  bella come tua madre, ti ho fatto un complimento, principessa.- disse Justin, facendomi un occhiolino.
-Hai detto che mia madre è bella e le stai sorridendo.- incrociai le braccia al petto.
-Ma ho detto che anche tu sei bella.- ridacchiò.
-Appunto, anche. Quindi ci stai provando con mia madre.- Justin si avvicinò a me.
-Non ci sto provando con tua madre.-
-A me sembra il contrario dato che pensi che sia bella.- lo guardai negli occhi, cercando di nascondere un sorriso.

Il biondo, a pochi centimetri del mio viso, poggiò le mani sui miei fianchi e le labbra affianco al mio orecchio. In quel momento, nel mio stomaco si stava svolgendo in anticipo Capodanno. Il mio viso si colorò di rosso per la millesima volta  e il cuore cominciò a battermi irregolarmente. Riuscivo a sentire il suo fiato sul collo, le sue mani tenevano i miei fianchi con decisione anche se la stretta era lieve.. Mi sentivo in paradiso, sarei potuta morire in quel momento, tra le sue braccia, felice.

-Sei bellissima.- sussurrò.
-Ma ci stavi comunque provando con mia madre.- gli diedi due buffetti sul viso e, con tanta forza di volontà, mi allontanai e tornai ad abbracciare Bruce.
-Tu sei unica.- ridacchiò Justin, per poi avvicinarsi ancora e appoggiarsi allo schienale del divano.
-Se Justin rimane a casa può stare con Freedom, se a te non dispiace ovviamente.- disse Pattie riferendosi a mia madre.
-No, no, anzi.. mi fa piacere.- Sorrise. -Allora ci vediamo stasera.- salutò mamma, prima di uscire in seguito ai saluti.
-Allora,-  cominciò Diane.-che ne dite se andiamo anche noi? Prima facciamo, prima torniamo.-
-Ottima idea.- disse Bruce, prese il suo cappotto e si avviò alla porta. -Justin, possiamo fidarci, vero?-
-Ovvio, potete non fidarvi di me?- Justin puntò entrambi i pollici verso il suo petto e, mentre Pattie stava per dire qualcosa, la interruppe prima che potesse proferire parola. -Non commentare, già so cosa diresti.- ridacchiò.
-Ci vediamo dopo.- uscirono anche gli altri, Justin chiuse la porta e si girò verso di me.

I nostri occhi si incrociarono ancora e  solo in quel momento capii di essere realmente sola, con lui, in una casa deserta. Inizialmente la paura s'impossessò del mio corpo, insomma, si sentivano tanti casi di ragazze stuprate e poi uccise da ragazzi più grandi o da malati di mente. In quel momento anch'io ero in casa con uno sconosciuto, perché in fin dei conti conoscevo Justin solo dal giorno precedente, cosa sapevo di lui? Niente. Cosa avrebbe potuto farmi? Non lo sapevo ancora. La paura andò man mano ad aumentare non appena Justin si avvicinò lentamente a me, eppure scomparse del tutto quando la sua pelle calda sfiorò la mia pelle fredda. Chiusi gli occhi e lasciai che mi accarezzasse il viso, era così bello sentire le sue mani a contatto con la mia pelle..

-Cosa ti va di fare?- chiese dolcemente, senza mai smettere di accarezzarmi. Aprii gli occhi.
-Non lo so.- dissi sincera, morsi appena il mio labbro inferiore.
-Io avrei un'idea.-
-Sarebbe?- inclinai la testa di lato e sorrisi.
-Sesso sfrenato senza precauzioni.- disse velocemente, mentre i miei occhi e la mia bocca si spalancarono contemporaneamente.
-Co..co..cosa?- balbettai in un sussurro, mentre sbattevo più volte le palpebre. La sua risata riecheggiò nell'aria.
-Scherzavo, principessa.- mi baciò la fronte, io ero ancora sotto shock. -Però un'idea ce l'ho sul serio. Va a metterti sul divano e aspettami, faccio tutto io.-

Dopo un suo occhiolino, mi avviai verso il divano e aspettai dieci buoni minuti prima di rivedere la sua figura entrare nel salotto. Aveva in mano un vassoio con dei biscotti e del latte fumante, mentre su una spalla portava una coperta abbastanza grande per due persone. Poggiò il vassoio sulle mie gambe, prese lo scatolino che ci aveva poggiato sopra -che io non avevo visto- e si avviò verso il televisore. Sullo schermo apparve, qualche secondo dopo, la schermata iniziale di uno dei film di Natale più belli e famosi: Miracolo nella 34esima strada. Un film del 1994, visto e stravisto, che riesce ad emozionarti sempre, anche se lo stai guardando per la quinta volta consecutiva. Justin tornò poi da me, stese la coperta sulle mie spalle e, una volta seduto, la poggiò anche sulle sue. Lo guardai sorridendo, era riuscito a rendere speciale un momento che poteva essere davvero molto, ma molto imbarazzante, o almeno, che era imbarazzante per me.

-Hai mai visto questo film?- prese un biscotto dal vassoio.
-Sì.- ripetei il suo movimento. -E lo trovo stupendo.- sussurrai guardando i suoi occhi.
-Posso dire lo stesso.- sussurrò a sua volta, senza smettere di guardare i miei occhi.

Sorrisi appena e abbassai lo sguardo imbarazzata, mangiando poi il biscotto che poco fa avevo preso. Erano quelli che Diane aveva preparato il giorno precedente. Anche se fisicamente ero lì, con la mente ero altrove. I suoi occhi e il tocco di poco prima mi stavano mandando in tilt, era riuscito a mandarmi in estasi con un solo sguardo. Come ci riusciva ancora non riuscivo a saperlo, molto probabilmente era una dote naturale. Più gli stavo vicino più sentivo il mio cuore battere e, credetemi, il cuore mi batteva davvero, davvero molto forte in quel momento. Ero combattuta tra l'appoggiare oppure no la testa sulla sua spalla, non volevo sembrargli troppo appiccicosa o disperata. E se avrebbe capito che già cominciava a piacermi? Non potevo permetterlo, infondo lo conoscevo da pochissimo e, sicuramente, per i suoi occhi ero solo una bambina mentre lui era già un uomo e aveva vissuto molto tempo più di me.
I miei pensieri vennero però stoppati dal suo braccio, che quasi con esitazione si poggiò  sulle mie spalle. Alzai inizialmente lo sguardo, sorrisi anche se non guardava verso la mia direzione. La sua mascella era rilassata, la sua espressione era la tipica da persona interessata. Inconsciamente, poggiai l'indice sotto al suo collo e percorsi col polpastrello tutto il tratto che dalla trachea arriva allo stomaco e seguii con lo sguardo tutti i miei movimenti. Quando rialzai lo sguardo, trovai un Justin che sorrideva tra il divertito e il sorpreso. Sorrisi anch'io imbarazzata prima di sentire le sue labbra sulla mia fronte e la mia fronte a contatto col suo maglione di pail.
Sì, il film era proprio tutto ciò su cui la mia attenzione era focalizzata.

JUSTIN'S POV.
Le sue dita sfiorarono il mio collo fino a fermarsi sullo stomaco, la sua pelle era così fredda. Con la testa scattai verso il basso, era completamente presa dal suo gesto. Sorrisi divertito e, non appena sorrise anche lei mostrandomi tutto il suo imbarazzo, le baciai la fronte. Era davvero tenerissima, mi piaceva stare in sua compagnia. La vedevo così piccola e indifesa, era come se sentissi il dovere di proteggerla. Mentre io avevo già visto certi aspetti della vita, lei era nel pieno della sua adolescenza e ci sarebbe voluto ancora un po' di tempo prima che potesse scoprire certe cose. Nonostante i dodici anni di differenza, però, stare con lei mi piaceva, era divertente. Be', lei era divertente, e buffa, e tenera, e l'avrei strapazzata di coccole, riusciva a tirar fuori il mio lato dolce. Non che di ragazze non ne avessi a Cambridge, anzi. Semplicemente, lei era diversa dalle altre. In altre parole, non era il tipo di ragazza della serie 'una scopata e addio', bensì era quel tipo di ragazza che mi interessava e che volevo conoscere.
Il film in TV continuava ad andare avanti, eppure la mia attenzione non era del tutto focalizzata sulle varie scene. Sentivo il respiro di Freedom sempre più pesante, le sue spalle si alzavano e abbassavano ritmicamente e la sua mano teneva stretta in pugno un po' del mio maglione. Mi sporsi leggermente, giusto quel po' per capire che si era addormentata. Sorrisi ancora, era ancora più dolce mentre dormiva. Tornai a sedermi composto, poggiai meglio la coperta sulle sue spalle per poi appoggiarci anche il mio braccio, in modo tale da non farle sentire freddo. Restai a fissarla per minuti interi, ero così preso da quella ragazza dagli occhi grigi completamente dipendente dal cioccolato. Ormai conoscevo già i suoi gusti e, al suo compleanno, se avrei voluto ordinarle una torta avevo già una vaga idea del gusto che avrei potuto scegliere. Accarezzai il suo braccio destro arrivando alla mano, quella che teneva in pugno il mio maglione. Lentamente sciolsi la stretta e lasciai che, a posto del maglione, stringesse la mia mano. Sorrisi non appena lo fece.
Quella ragazza mi stava facendo diventare troppo sdolcinato.

-Siamo a casa!- urlò nonna, non appena aprì la porta di casa.
-Siamo in salotto.- sussurrai, accarezzando con la mano libera la testa di Freedom.
-Come mai è tutto buio qui? E perché stai sussurrando?- chiese mamma, entrando velocemente in salotto.
-Freedom si è addormentata mentre stavamo guardando un film.- ridacchiai, senza mai smettere di fissare la ragazza addormentata sul mio petto.
-Oh.- disse semplicemente mamma. -Cos'avete fatto oltre a guardare un film?-
-Io ho guardato solo il film, lei si è addormentata.- soffocai una risata. -Non è dolcissima?- sussurrai più a me stesso che a lei.
-Sì, lo è.- sorrise mamma. -Ed è anche molto piccola per te, Justin.-
-Ho solo detto che è dolcissima.- guardai mia madre, incrociando i suoi occhi.
-Si capisce che ti interessa, tesoro.- incrociò le braccia al petto. -Ma proprio perché è piccola non voglio che faccia la stessa fine di tutte le ragazze che hai avuto.-
-Chi te lo dice che ho intenzione di farle fare la stessa fine di tutte le ragazze che ho avuto?-
-Ti conosco.- sospirò.
-Evidentemente non mi conosci ancora abbastanza se pensi che possa far male ad una creatura così preziosa..- sussurrai, incrociando le dita della mia mano con quelle della sua.

Certo, le mie ultime storie erano state abbastanza veloci, ma di sicuro non avrei potuto spezzare il cuore ad una ragazza come lei, che da quello che avevo capito dai suoi gesti e i suoi movimenti era ancora inesperta nel settore 'ragazzi'. Stavo cominciando a volerle bene e non volevo già allontanarla con le mie cazzate, volevo solamente conoscerla e farle capire che io c'ero per lei.
Dopo qualche minuto di silenzio tra me e mamma, sentii che Freedom strinse sempre più la mia mano. Prese un respiro profondo, batté più volte le palpebre ed infine si alzò dal mio petto, guardandomi con un aria assonnata. I capelli le ricadevano disordinati sul viso, i suoi occhi erano lucidi e la sua espressione imbarazzata, anche se si capiva che era ancora stanca. Sorrisi e le accarezzai il viso, sotto al mio tocco chiuse gli occhi e inclinò la testa intrappolando la mia mano.

-Ciao, bell'addormentata.- ridacchiai.
-Quanto ho dormito?- chiese subito, prima di tuffarmi di nuovo sul mio petto stringendomi in un abbraccio.
-Un po', credo.- ridacchiai ancora, stringendola a me. Si staccò qualche secondo dopo.
-Ho perso tutto il film.- mise il broncio e mi guardò con i suoi occhioni grandi, che in quel momento sembravano più chiari, più caldi.
-Lo vedremo un'altra volta, tanto ho il DVD.- feci spallucce, mi sorrise. Mamma, che era stata a guardare la scena, tossì.
-Oh, ciao Pattie.-  Freedom arrossì di colpo, sorridendo.
-Ciao, piccola.- mamma rise, baciandole la fronte. -Com'è andata?-
-Bene, credo. Ho dormito tutto il tempo.- ridacchiò. -A voi?-
-Tutto bene, papà ha comprato una renna fatta con tante luci a led bianche, è davvero bellissima. Vi va di vederla?-
-Certo!- dissi in contemporanea con Free, per poi ridere e baciarle una guancia.

Scendemmo dal divano e, dopo aver indossato il cappotto, uscimmo in giardino, dove nonno aveva appena posizionato sulla neve due renne non molto grandi fatte completamente di luci. Gli occhi di Freedom cominciarono a brillare, come i miei d'altronde. Mi piaceva il Natale, sopratutto stare a casa dei nonni col resto della famiglia. Stavamo tutti insieme, nonna preparava le sue più deliziose specialità e ci scambiavamo i regali. L'atmosfera natalizia era in assoluto la più bella, tranquilla, serena e gioiosa dell'anno, ed era stupendo passare delle ore aspettando l'arrivo di Babbo Natale. Da piccolo andai sotto shock quando scoprii che Babbo Natale non esisteva, rimasi triste tutto il giorno della vigilia di Natale finché, la sera, nonna portò a tavola il tacchino in salsa e tutte le altre leccornie che aveva preparato. In quel momento focalizzai tutta la mia attenzione sul ben di Dio che c'era sul tavolo e lasciai che Babbo Natale rimanesse solo un bel ricordo. Un'altra cosa che adoravo del Natale era il vischio. Non avevo mai baciato una ragazza sotto il vischio, eppure la cosa mi sembrava tanto romantica. Be', ci sarebbe stata una prima volta, no? 'Chissà se Freedom vorrà passare la sera della vigilia di Natale con noi, quest'anno.'  pensai, osservando i suoi movimenti e sorridendo non appena incrociai i suoi occhi.
Quant'era bella..

FREEDOM'S POV.

-Sai cosa manca, nonno?- chiesi, voltandomi verso Bruce.
-Cosa, bocciolo?- chiese a sua volta, guardandomi interessato. Fissai la casa, poi le renne.
-Luci.- tornai con lo sguardo su Bruce. -Tante luci ad ornare la casa. Immagina che bella che sarebbe la casa, tutta luminosa..- Bruce si girò, fissando la casa.
-La tua idea è interessante.- portò una mano al mento, continuando a fissare la casa.
-Poi so che, chi del vicinato vuole, può partecipare ad una specie di concorso per chi ha la casa più luminosa. Immagina..-mi avvicinai al corpo di Bruce, passando la mano davanti i suoi occhi come per aprire un mondo parallelo. -..la tua casa è la più luminosa del vicinato, il giorno di Natale il Sindaco sceglierà il vincitore e tu, tu vincerai una bellissima coppa che potrai mettere nella tua vetrina di trofei.-
-Continua.- sussurrò, sembrava più nel mondo dei sogni che in quello reale.
-Basta.- feci spallucce. -Potresti partecipare al concorso ornando la casa con tante luci colorate.-
-La tua capacità di persuadere funziona fino a un certo punto, sai?- ridacchiò Justin.
-Intanto, è riuscita a convincermi, caro nipote. Ragazzi, domani vi voglio qui di mattina presto che abbiamo del lavoro da fare!-
-Sì, signore!- portai due dita alla fronte per poi allontanarle, un po' come un saluto militare.

Bruce rise, poggiò un braccio sulle mie spalle e insieme entrammo in casa. Prima però, feci la linguaccia a Justin, che poco prima aveva messo in dubbio le mie capacità persuasive. In tutta risposta, anche lui mi fece la linguaccia, ridendo subito dopo. Ridacchiai anch'io per poi sorridere non appena incrociai i suoi occhi, e il suo sorriso..
Come riusciva a riempirmi il cuore di gioia con un solo e semplicissimo sorriso?

Make your wish tonight,
when you open your eyes.
When the lights go bright girl,
I'll be right here.



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Buonsalve.<3
Salut mon amour, comment ça va? Visto che brava che sono in francese?! Uà, dovrebbero costruire in mio onore una statua in Francia e metterla affianco alla Tour Eifell di Parigi LOL. Va bene, va bene, CERCO DI FARE LA SERIA. Come state? Dio, ho avuto una settimana pienissima! Martedì ho cominciato nuoto, lunedì ho cominciato coro, il venerdì ho ancora nuoto e i compiti che ci assegnano occupano tutto il  mio tempo libero.. Pensa che, per scrivere il capitolo, ci ho messo si e no una settimana, avevo così tante cose in mente ma così poco tempo da passare al computer.. Fortunatamente per voi, mie belle lettrici, ho in mente un paio di cosette che spero vi piaceranno, MUAHAHAHAH. *ride diabolicamente*
Allora, cosa ve ne pare? A me piace sinceramente, sopratutto la parte finale, mentre la parte iniziale mi fa cagaaaaaaare. Ma be', è il vostro parere che importa, non il mio.
Quiiiiiindi, vi va di lasciarmi una recensioncina ina ina ina?

VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE HANNO MESSO LA MIA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
UN GRAZIE SPECIALE A CHI IMPIEGA IL PROPRIO TEMPO A RECENSIRE.
E UN GRAZIE ANCHE A VOI, LETTRICI SILENZIOSE. (so che ci siete ma che non recensite perché siete timide.c:)

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E se volete leggere la prima prima FF, ecco 'Do you believe in love?'


Bye ladies. 
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Capitolo 5
*** Capitolo 05.//You should be here with me, safe and warm. ***


05. La luce proveniente dalla finestra disturbò il mio sonno, costringendomi ad aprire gli occhi. Sbattei più volte le palpebre per abituarmi alla luce per poi stiracchiarmi e prendere il cellulare: erano le otto e dieci del mattino. Borbottando qualcosa di incomprensibile tra me e me, alzai la schiena dal letto e continuai a stiracchiarmi, ero ancora tutta indolenzita dopo la lunga, lunghissima dormita di ben undici ore.. più o meno. La sera precedente, Justin mi aveva accompagnata a casa dopo cena, erano le nove e mezza circa e mamma non era ancora tornata da lavoro. Certe volte, odiavo il suo lavoro. La teneva lontana da me per davvero tanto tempo. Spesso restavo a casa da sola, quando tornavo da scuola non c'era mai.. Certo, il mondo del lavoro non era uno scherzo, ma nemmeno i figli sono uno scherzo. Già non c'era papà con me, stare anche senza la mamma rendeva le mie giornate così lunghe, noiose, spente..
Dopo essermi stiracchiata, indossai le mie pantofole col peluche all'interno e mi affacciai al balcone: tutto era ancora completamente bianco. Sorrisi tra me e me e, con una velocità anormale, presi una maglia a mezze maniche verde con dei disegni natalizi, un leggins color sabbia, una giacca di lana lunga dello stesso colore e i miei Ugg sempre color sabbia. Corsi in bagno e mi lavai, mi vestii e mi truccai leggermente come ogni giorno. Be', come ogni giorno, stavo cominciando a truccarmi giusto da qualche giorno, cioè da quando avevo conosciuto Justin, ma questi sono solo dettagli.. o sbaglio? Dopo essermi preparata, presi il cellulare, indossai il cappotto e uscii direttamente di casa, tanto mamma era già andata via per il lavoro.

-I'll be waiting under the mistletoe, while you're travelling here trough the winter snow.- canticchiavo alternando i miei passi, muovevo la testa a tempo. -Baby think of me, if it helps to get you warm.- sussurrai, sentendo gli occhi dei passanti addosso. -When the only gift that I really need, is to have your arms right around me.- chiusi gli occhi, liberando per un attimo la mia mente e immaginando le braccia di Justin cingermi i fianchi. -Baby think of me, if it helps to get you home.- sorrisi..- Home this christmas.-

Sussurrai ancora riaprendo gli occhi, ero appena arrivata fuori casa Dale. Sentivo già il cuore battere forte, avevo una voglia pazzesca di vedere Justin e di sentire le sue braccia stringere il mio corpo. Amavo quella sensazione di protezione, era così bello sprofondare nel suo petto e sentirsi al caldo, al sicuro, a casa. Era strano il modo in cui mi sentivo quand'ero in sua compagnia, ma non uno strano in senso negativo, uno strano in senso positivo. Era un qualcosa che non riuscivo a spiegare, un po' come una magia. In un certo senso, era come se mi avesse stregata, con la sua bellezza e i suoi modi di fare e di comportarsi nei miei confronti.. poi adoravo quando mi chiamava 'principessa'. Nessuno lo aveva mai fatto, mi faceva sentire.. speciale.
Una volta saliti i primi due scalini, bussai al campanello e attesi sull'uscio fin quando la porta si aprì e rivelò una Pattie già perfettamente pronta.

-Buongiorno, Free.- sorrise. -Entra pure, papà è già in cantina per capire quali scatoloni dobbiamo salire, io e mamma invece stavamo preparando la colazione. Tu non hai mangiato, vero?- non mi diede nemmeno il tempo di risponderle che continuò. -Justin invece dorme ancora, dopo che ti ha accompagnata a casa è stato tutta la sera a suonare con la chitarra, fino all'una di notte passata!- strabuzzai gli occhi.
-Fino all'una? Wow, voleva riscrivere una melodia di Mozart.-  ridacchiai tra me e me, entrando in cucina. Pattie sorrise.
-Gli capita spesso di suonare la chitarra la sera, è un modo che usa per liberare la mente e certe volte scrive melodie davvero belle.-
-Come a Natale dell'anno scorso, ha suonato la versione acustica di un paio di  canzoni davvero belle.- continuò, subito dopo Pattie, Diane. L'abbracciai.
-Non sapevo gli piacesse suonare la chitarra.- dissi, dopo aver baciato la guancia di Diane.
-Gli è sempre piaciuto farlo, come gli piaceva suonare il pianoforte, la batteria e alle medie ha suonato anche la tromba.- aggiunse Pattie. -Perché non vai a svegliarlo mentre noi finiamo di preparare la colazione?-
-Io?- sussurrai, arrossii immediatamente. -Uhm, ma sta dormendo, ieri sera ha fatto tardi e..ehm..non vorrei che dopo.. sì, ecco.. che dopo si senta stanco, sì.- farfugliai, ricevendo un sorriso divertito da parte di Pattie.
-Va a svegliarlo, forza.-ordinò, puntandomi contro un'arma davvero pericolosa: la frusta completamente sporca di pasta per pancakes, ma non dei semplici pancakes. Dei pancakes al cioccolato.

Completamente in estasi dopo aver visto quel ben di Dio che tra poco avrebbe occupato il mio stomaco, annuii e corsi al piano di sopra. Problema, dove dormiva Justin? Grazie alla mia grandissima fortuna, la prima porta che aprii fu proprio quella della camera di Justin. Se prima i miei occhi si erano beati della bellezza della pastella dei pancakes, non appena il mio sguardo cadde sul corpo di Justin rimasi pietrificata, incapace di muovere gli arti o di articolare una frase. Il corpo di Justin era coperto fino al busto da un piumone bianco, il suo torso era nudo e riuscii a scorgere più tatuaggi sul suo petto. Non riuscivo a vedere tantissimo, ma quel poco mi era bastato per perdere completamente la lucidità. La sua testa era leggermente inclinata verso il lato esterno destro del letto, un braccio lo portava piegato sotto la testa mentre un altro braccio gli fuoriusciva dal letto.
Era bellissimo, maledettamente e dannatamente bellissimo.
Non so come e con quale forza riuscii a muovere i primi passi, ma lentamente arrivai al letto e contemplai ancora per qualche secondo il suo corpo prima di inginocchiarmi per trovarmi faccia a faccia col suo viso. Non sapevo cosa fare e, nell'indecisione, lasciai che le mie mani si muovessero da sole: gli accarezzai dolcemente il viso, partendo dalla tempia fino ad arrivare alla mascella.

-Hei, bell'addormentato.. svegliati.- sussurrai, per poi sorridere. -Dobbiamo addobbare la casa, ricordi?- gli accarezzai ancora il viso. -Quanta bellezza in una sola persona, sia interiore che esteriore..- mi lasciai sfuggire, prima di coprirmi la bocca con la mano libera non appena notai il sorrisetto che si era formato sul viso di Justin.
-Che bel risveglio.- sussurrò, con la bocca ancora impastata dal sonno, prima di chiudere e aprire le palpebre più volte.
-Io..io..- gemetti. -Ma tu non stavi dormendo?- misi il broncio, prima di udire il suono della sua ristata.

E credetemi, il suono melodico della sua risata di mattina era una delle cose più belle che potessi sentire per cominciare bene la giornata.

-Appunto, stavo.-  ridacchiò ancora. -Buongiorno, principessa.- sorrise, ricambiai il sorriso. -Allora mi trovi attraente.-
-Tecnicamente non ho detto questo.-
-Ma mi trovi bello, quindi anche attraente.-
-Io ho usato il termine bello, non il termine attraente. Quindi, non ti trovo attraente.-
-Adesso ho capito perché sei bassa.- ridacchiò, lo guardai storto.
-Perché?- ridacchiai anch'io, stranita.
-Perché le bugie hanno le gambe corte.- si tirò su, mostrando il suo fisico scolpito nei punti giusti e al punto giusto. -E ammettilo,- si avvicinò pericolosamente al mio viso. -in questo momento vorresti fare un giro sulla mia giostra, o sbaglio?- sogghignò, alzai un sopracciglio.
-Sbagli.- feci spallucce e mi alzai, arrossendo subito dopo. -Vestiti, su, che tua mamma e Diane stanno facendo i pancakes al cioccolato e io amo i pancakes al cioccolato.- dissi, nell'ultima frase la mia espressione assunse una serietà davvero impressionante, che ovviamente finì male perché risi come una deficiente seguita da Justin.
-Sto mettendo in serio dubbio la tua sanità mentale, principessa.- ridacchiò Justin, alzandosi dal letto. Era solo con il pantalone del pigiama.

'Oh, Justin, io divento scema sul serio se mi fa questo.'- gemetti interiormente, fissando lo spettacolo che avevo di fronte agli occhi. Justin si stiracchiò guardandomi e, senza mai staccare lo sguardo dai miei occhi, si avvicinò a me, posizionò le sue mani sul mio collo e mi baciò la punta del naso. Si staccò pochi secondi dopo, prese un maglione e un pantalone e si chiuse in bagno. Io, intanto, lo aspettai con gli occhi sognanti sull'uscio della porta, amavo quei suoi gesti improvvisi di dolcezza assoluta.
Pochi minuti dopo, uscì dal bagno bello come sempre. Si avvicinò a me, poggiò un braccio sulle mie spalle e insieme scendemmo al piano sottostante, entrando poi in cucina. Stanza dove, ci terrei a precisare, usciva un profumino davvero davvero delizioso.

-Buongiorno.- disse Justin, sorridendo a tutti. -Allora, cosa si mangia?- continuò strofinandosi le mani, prima di sedersi e trascinarmi al posto affianco al suo.
-Tutto quello che c'è a tavola.- Pattie fece spallucce, poggiando cinque piatti sul tavolo. -Immagino che Freedom vuole i pancakes al cioccolato.-
-Immagino che la tua ipotesi si verificherà esatta.- ridacchiai, scannerizzando con gli occhi tutto ciò che era sul tavolo. Più che altro, poggiai lo sguardo su tutto ciò che era fatto col cioccolato.
-Vorrei capire  dove metti tutto ciò che mangi.- disse Justin, prima di rubarsi un biscotto. -Sei magrissima.-
-Metabolismo veloce, suppongo.- ridacchiai, prima di guardarlo.-Anche se non è gratificante sentirsi dire che sei un'asse da stiro dai ragazzi.- continuai.
-Chiunque abbia detto una cosa simile primo, è uno stronzo e secondo, non ha capito quanto puoi essere sexy.-
-Justin!- lo rimproverò Pattie, incrociando le braccia al petto.
-Cosa c'è? È vero!- ribatté Justin. -Ma dov'è nonno che così cominciamo a mangiar..-
-Cercavate me?- Bruce spuntò dalla porta, tutti noi girammo contemporaneamente la testa verso la porta. -Ho sentito l'odore di cioccolata da giù, non potevo mancare.- disse subito dopo, provocando una risata generale.

Non appena fu al suo posto, Diane e Pattie poggiarono le ultime cose sul tavolo e si sedettero anche loro, riempiendo i loro piatti di ogni delizia. Era davvero bello fare colazione tutti insieme, come una vera famiglia. Certo, restava il fatto che io non ero della loro famiglia, eppure mi facevano sentire così bene, ero così spontanea.. Non mi capitava spesso, con gli altri, di essere così allegra, così contenta, così solare. Ero sempre stata una tipa piuttosto riservata, me ne stavo per le mie e lasciavo che il mondo continuasse la sua vita mentre io continuavo la mia in una bolla. Invece con loro, tutto era diverso. E mi piaceva. Già ero completamente dipendente da quella sensazione a me nuova, da quel sentirsi accettati da qualcuno.

-Principessa.- Justin poggiò una mano sulla mia coscia, svegliandomi dai miei pensieri.
-Si?- girai la testa di lato, prima di sorseggiare la mia cioccolata calda.
-Sei sporca qua.- disse, indicando un punto indefinito del mio viso.
-Dove?- chiesi, pulendo gli angoli delle mie labbra.
-No, non lì. Qui.- ripeté, indicando nuovamente un punto indefinito.
-Qui dove?-
-Lascia fare a me.- ridacchiò,prendendo un fazzoletto e avvicinandosi al mio viso.

Completamente rossa in viso, seguii -per quello che potevo- i suoi movimenti. Poggiò il fazzoletto poco sopra il mio labbro superiore e sorrise, non appena notò il mio rossore. Rossore che si accentuò, alzai lo sguardo. I suoi occhi si incrociarono con i miei e un intero stormo di farfalle cominciò a librarsi nel mio stomaco. Venni ipnotizzata da quel color caramello così brillante, era bello da mozzare il fiato. Sorrise poco prima di distogliere lo sguardo e di poggiarlo ancora una volta sulle mie labbra, poi poggiò il fazzoletto sul tavolo e ricollegò i suoi occhi ai miei.

-Fatto.- sorrise.
-Grazie.- sorrisi anch'io.
-Hei, piccioncini, finite la vostra colazione che abbiamo un bel po' di lavoro da fare.- disse Bruce, abbassai lo sguardo imbarazzata.
-Piccioncini?-  Justin alzò un sopracciglio. -Nonno, questo non è niente e già ci chiami 'piccioncini'. E se guardiamo un film sul divano avvolti in una coperta mentre ci abbracciamo cosa dici, che siamo prossimi al matrimonio?- ridacchiai, immergendo un biscotto, rigorosamente al cioccolato ripieno di crema alla nocciola, nella mia cioccolata bianca calda. Molto light, direi.
-Sei simpaticissimo come un dente cariato di notte, caro nipote.-
-Uh, Biebs, t'ha spento forte tuo nonno.- intervenne Pattie ridendo e contagiando tutti, tranne Justin.

Dopo aver incrociato il suo sguardo omicida smisi di ridere, o meglio, cercai di non ridere, e per riuscire nella mia impresa guardai colpevole il soffitto e avvicinai la tazza alle labbra ancora una volta. Justin sorrise e scosse la testa più volte, ripeté poi il mio gesto e finì anche lui la sua colazione. Non appena finimmo tutti, aiutai Pattie e Diane a riempire la lavastoviglie e a mettere a posto ciò che non avevamo toccato mentre Justin e Bruce andarono in cantina e portarono al piano di sopra alcuni scatoli. Mi unii anch'io a loro dato che le cose da portare era tante e solo in quel momento capii che Bruce ci teneva davvero, davvero tanto a vincere il primo premio in quella sottospecie di gara che si teneva nel vicinato su chi aveva la casa più luminosa. In salotto c'erano praticamente dodici scatoli solo di luci e cinque di soli addobbi. E sì, ce n'erano altri ma apparentemente non sarebbero serviti, o almeno così aveva detto Bruce.

-Siete pronti per una mattinata impegnativa?- ci chiese Bruce, aprendo la porta di casa.
-Vuoi che ti risponda con la verità o con una bugia?- chiese a sua volta Justin,  uscendo in giardino.
-Bugia.- ridacchiò Bruce.
-Non vedo l'ora di appendere luci a più di dieci metri di distanza dal suolo rischiando di cadere e di slogarmi una caviglia!- disse Justin, fingendosi entusiasta.
-Hei, io sono contenta di appendere luci a più di dieci metri di distanza dal suolo rischiando di cadere e di slogarmi una caviglia.- incrociai le braccia al petto e misi il broncio.
-Allora sullo scaletto ci salirai tu, io farò l'aiutante.- ridacchiai.
-Ci sto, Bieber.- sorrisi, prendendo le prime luci e cominciando a capire come avremmo potuto metterle.

Dopo vari tentativi e minuti passati a riflettere e a fare diverse prove, riuscimmo a capire come appendere quei tubicini luminosi con le varie luci. Io e Justin partimmo dall'esterno della casa mentre invece Bruce cominciò ad attaccare le luci sull'uscio della porta e sui vari davanzali. Eravamo solo noi tre, Pattie e Diane stavamo già preparando il pranzo e, credetemi, si sentiva un odore davvero invitante, anche da fuori. Avrei rischiato di prendere una decina di chili solo stando con loro durante i pasti, ci voleva un po' di ciccia in più sulle mie ossa. Durante la nostra sessione di 'attacchiamo le luci su cancello di casa', mi ritornò in mente il motivetto che avevo cantato la stessa mattina e anche qualche sera prima. Cominciai a canticchiare a bassa voce, entrando in un mondo tutto mio. Ogni tanto mi capitava di cantare e di isolarmi dal mondo, era una delle mie vie di fuga. Mamma diceva spesso che avevo una bella voce e che potevo diventare qualcuno, io ero del parere che la mia fosse una bella voce ma non era perfetta, non era 'da cantante' e preferivo vivere la mia vita così com'era, non volevo diventare famosa ed essere conosciuta dal mondo intero.

-Cosa canti?- mi chiese Justin, posizionando la fine del tubo trasparente con le luci ai lati del muretto.
-Sono parole buttate a caso, a dire il vero.- ridacchiai.
-Quindi ti piace cantare?-
-Abbastanza.- sorrisi. -E a te piace suonare.-
-Abbastanza.- mi fece l'occhiolino, sorrise.-Canta ancora, mi piaceva il ritmo.-
-Ma sono parole senza senso..-
-Se sono uscite spontaneamente dalle tue labbra, allora un senso ce l'hanno. Forse.. devi solo rendertene conto e scoprirlo.-

Sorrisi e capii che, evidentemente, aveva ragione. Quando cantavo quelle poche parole pensavo a Justin, ai suoi abbracci, alla voglia che avevo di passare ogni attimo con lui. Pensavo a come mi faceva sentire, pensavo al modo in cui era riuscito a catturare la mia attenzione, a catturare e imprigionare una parte del mio cuore.. Pensavo al suo viso perfetto, il suo sorriso bianchissimo e bello da mozzare il fiato, ai suoi occhi ipnotizzanti e penetranti. Pensavo semplicemente a lui. Era lui la mia ispirazione. Istintivamente chiusi gli occhi e lasciai che le mie labbra si muovessero da sole, lasciando spazio al mio cuore e non alla mia mente di cantare e di esprimere ciò che realmente sentivo.

-Looking out the window, waiting for your headlights. To pull up in the driveway, it's really coming down tonight. You're scared that I won't make it trought the storm.. You should be here with me, safe and warm.- sussurrai, prima di aprire gli occhi e trovarmi un Justin sorridente a pochi centimetri dal mio corpo.
-I'll be waiting under the mistletoe, while you're travelling here trough the winter snow.- posizionò le mani suoi miei fianchi. -Baby think of me, if it helps to get you warm.- continuò a cantare, ripetendo le mie stesse parole.
-When the only gift that I really need, is to have your arms right around me.- incrociò le sue braccia dietro la mia schiena, muovendosi lento.
-Baby think of me, if it helps to get you home.- cantò ancora, stringendo sempre più il mio corpo.
-Home this christmas.-sussurrammo all'unisono, i miei occhi persi nei suoi.

Fu solo in quel momento, che riuscii davvero a capire quanto quelle poche parole che avevamo cantato erano importanti. Il suoi sguardo era completamente fisso nel mio e riuscivo a notare l'infinito all'interno di quelle sue perle d'oro. Eravamo vicini, dannatamente vicini, e i nostri corpi erano immobili, come se entrambi avevamo paura di compiere un gesto e spezzare l'armonia che si era creata. Ecco di nuovo che quella sensazione di protezione si faceva sentire, perché mi sentivo così al sicuro quand'ero tra le sue braccia? Ma sopratutto, perché succedeva solo quand'ero tra le sue braccia?

-Anche tu sei molto bravo..- dissi, per rompere la tensione che si stava creando.
-Me la cavo.- sorrise, avvicinando il suo viso al mio. -Tu sei più brava.- sussurrò, sempre più vicino.
-Be', i..io non credo m..ma..-
-Hei,  scansafatiche! Invece di fare le pop star, che ne dite di rimboccarvi le maniche? C'è ancora un bel po' di lavoro da fare qua se non ve ne siete accorti.-urlò Bruce da sotto la porta, interrompendo quel momento davvero molto ma molto imbarazzante.
-Sì, nonno.- sbuffò Justin roteando gli occhi al cielo e sorridendo, non appena incrociò ancora i miei occhi.

Sorrisi anch'io, così rossa che  potevo sentire le mie gote andare a fuoco, sopratutto non appena le sue labbra toccarono la mia guancia sinistra. Subito dopo si staccò e, trascinandomi, mi portò da Bruce che era alle prese col districare alcuni fili. Lo aiutai, cercando di non pensare agli attimi appena passati. Insomma, cosa sarebbe successo se Bruce non ci avesse interrotto? Avrebbe continuato ad avvicinarsi? Mi avrebbe baciata? Quali erano le sue intenzioni? Dozzine di domande affollavano i miei pensieri e a nessuna riuscivo a dare una risposta. E se avrebbe continuato ad avvicinarsi e mi avrebbe baciata, cos'avrei dovuto fare? Non sapevo baciare, non sapevo come muovere le labbra. Avrei fatto la figura della deficiente e della sfigata. Insomma, chi a quindici anni non aveva ancora dato il primo bacio? Io. Io ero quella sfigata. Certo, da un lato non ero proprio sfigata perché a sedici anni c'erano già ragazze incinte, come per esempio in quel programma su MTV che si chiama proprio 'Sedici anni e incinta', e quindi mamma doveva ritenersi fortunata a non avere una figlia ribelle, però anche a me sarebbe piaciuto toccare le labbra di un ragazzo e sapere quali sensazioni si provavano.. Solo su questo, mi sarebbe piaciuto essere come le mie coetanee, quelle che avevano già avuto un fidanzato e aveva fatto certe 'esperienze'. Be', il tempo era l'unica cosa che non mi sarebbe mai mancata, e avrei cominciato dallo stesso pomeriggio a fare pratica su come baciare un ragazzo, magari baciando un cuscino. Hei, se si sarebbe ripetuto un momento simile dovevo essere pronta e baciare un cuscino era davvero molto efficace, o almeno così diceva la mia mente.

-Allora, adesso dobbiamo cominciare a mettere le luci sulla casa.- disse Bruce, poggiando uno scaletto sulla parete.
-Posso salire io sul tetto?- chiesi, battendo più volte le palpebre e incrociando le mani sotto al mento. -Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego.-
-Bocciolo, è pericoloso..- Bruce scosse la testa. -Non voglio che tu ti faccia male.-
-Non mi faccio male, sono abbastanza grande per attaccare delle luci. Dai.- supplicai ancora, prolungando la 'a' della  parola 'dai'.
-Principessa, nonno ha ragione.. Fa salire me.- Justin afferrò le luci dalle mani del nonno e si avvicinò alla scala.
-Allora entro dentro ad aiutare Diane e Pattie se voi due non mi volete qui.- incrociai le braccia al petto e misi il broncio, guardando nella posizione di Justin. -Justin, posso salire?- chiesi ancora, l'espressione più dolce si dipinse sul mio viso. Gemette.
-Dio, Freedom, così non vale!- disse, allontanandosi dalla scala e piazzando le luci tra le mie mani. -Però ti prego, sta attenta.-

Esultai e lo abbracciai, prima di dargli un bacio sulla guancia e cominciare a salire gli scalini velocemente. Una volta arrivata in cima, appoggiai entrambe le mani sul  tetto e mi tirai su. Ero in cima, e mi sentivo come se avessi appena scalato l'Everest. Alzai entrambe le braccia al cielo e urlai un -'sono in cima'- ,prima di prendere le luci e muovere il primo passo sulla tettoia. A mio sfavore, però, proprio sul punto in cui misi il piede c'era una piccola lastra di ghiaccio e rischiai di perdere l'equilibro. Justin urlò il mio nome strabuzzando gli occhi, io semplicemente mi ricomposi e gli sorrisi rassicurante. Mossi il secondo passo più lentamente e con più attenzione. Nulla. Poi il terzo, il quarto, il quinto e il sesto. O meglio, provai a muovere il sesto, ma camminare sul bordo del tetto non era una cosa molto conveniente, e infatti mi ritrovai non so come e non so perché per terra, sulla neve, ai piedi di Bruce e Justin.

-Cazzo, Freedom! Ti avevo detto di stare attenta!- sbottò Justin, inginocchiandosi affianco al mio corpo. -Come stai? Ti fa male qualcosa? Come sei caduta?-
-Dio, Justin, mi sembra di fare un interrogatorio.-ridacchiai.-Sto bene, tranquillo.-
-Tranquillo?! Free, sei caduta da un tetto, potevi anche cadere peggio, atterrare male e cavolo, non voglio nemmeno pensarci a cosa ti sarebbe potuto succedere!- Urlò Justin mentre mi aiutava a sedermi sulla neve, nel frattempo Pattie e Diane erano uscite fuori casa.
-Cos'è successo?- chiese Pattie, stordita.
-Sono caduta dal tetto.- dissi, poco prima di ritrovarmi col viso sul petto di Justin.
-M hai fatto prendere un colpo, piccola.-sussurrò Justin, accarezzandomi i capelli.
-Scusa..-sussurrai anch'io, strofinando il mio naso sul suo collo. -La prossima volta farò più attenzione.-
-La prossima volta salirò prima io, poi nel caso salirai anche tu.- accarezzò i miei capelli.
-Me lo merito.- ridacchiai, provai ad alzarmi ma un dolore allucinante alla caviglia mi impedì di tenermi in piedi. -Oh no..- sussurrai a denti stretti, poggiandomi sul corpo di Justin.
-Cosa ti fa male?- mi chiese Diane premurosamente, mettendosi alla mia sinistra.
-Mi fa malissimo la caviglia.- ansimai, provai a poggiare il piede a terra ma dovetti stringere i denti e chiudere gli occhi dal dolore.

Justin mi guardò con uno sguardo di fuoco ma allo stesso tempo preoccupato, mi prese a mo di sposa e mi aiutò ad entrare in casa. Mi sentivo terribilmente in colpa, non dovevo salire e fare la bambina, era pericoloso e ne stavo pagando le conseguenze. Quello che più mi preoccupava era la reazione di Justin, non volevo che non si fidasse più di me o che, da quel momento, potesse ritenermi come una bambina capricciosa. Mi mandai più volte a fanculo mentalmente mentre Justin mi stendeva sul divano e si sedeva al mio fianco, accarezzò il mio viso e mi baciò la punto del naso. Subito dopo, poggiò sotto il mio piede un cuscino mentre invece Pattie mi portò una sacca con del ghiaccio che accuratamente poggiò sulla mia caviglia. Sussultai e Justin mi si avvicinò, sedendosi al mio fianco e accarezzando il mio viso.

-Va tutto bene..- mi sorrise rassicurante.
-Scusa..- sussurrai ancora, poggiando la testa sulle sue gambe.
-Non importa, principessa. Vuoi che ti portiamo all'ospedale?- chiese, accarezzandomi il viso.
-Odio gli ospedali.- arricciai il naso.
-Una visita dovrai pur farla, il piede si sta gonfiando.- disse Pattie, sospirai.
-Andiamo dopo però, va bene?- chiesi, facendo cerchietti immaginari sul ginocchio di Justin.
-Va bene.- Justin continuò ad accarezzarmi mentre io cercavo di rilassarmi e di non pensare al dolore che dalla caviglia si irradiava lungo tutta la gamba.
-Sai qual'è la cosa più strana?- chiesi ad un tratto, voltandomi con la testa verso l'alto in modo tale da poter vedere il viso di Justin.
-Cosa?- chiese, col sorriso.
-Che scherzavo quando dicevo che mi sarebbe piaciuto appendere luci a più di dieci metri dal suolo rischiando di cadere e di slogarmi una caviglia.-

Justin inizialmente sembrò non capire, infatti mi guardò con un'espressione indecifrabile. Solo qualche minuto dopo ricordò della conversazione avvenuta prima di appendere le prime luci e cominciò a ridere a più non posso, prima di scuotere la testa e mormorare un 'non ci credo, non è possibile'. La sfiga mi perseguitava anche nelle frasi che dicevo, facevo così pena?
Be', almeno sapevo che se avessi detto 'un giorno Justin mi bacerà sotto il vischio', Justin un giorno mi avrebbe baciata sotto il vischio.
O almeno, lo speravo. 


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Buonsalve.<3
Ave popolo!  Come va la vita? Io sono troppo contenta, mia zia e mia cugina ci hanno fatto una sorpresa e sono venute qua a nostra insaputa, è stato bellissimo poterle riabbracciare! Era da più di un anno che non le vedevo e, anche se sono abituata ad avere parenti lontani, fa sempre male sapere che dopo qualche giorno dovranno andar via.. Infatti, domani alle tre e quarantacinque hanno un aereo ed io non le vedrò per non so quanto tempo.. COMUNQUE, non voglio deprimervi, quindi passiamo al capitolo.c:
Allora? Allora? Alloooora? Vi piace?! Io adoro la parte di Home this Christmas, sono troppo dolciosi! Già li shippo lol. Uà, magari ad avere un ragazzo come Justin, chissà com'è cantare una canzone così romantica col ragazzo che ti piace sjgkhsdkjghsak.*-*
Adesso scappo che vado da zia e Anto.<3

VORREI RINGRAZIARE TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.

Il primo capitolo ha già quasi quattrocento visualizzazioni.
GRAZIE.

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Bye ladies. 
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Capitolo 6
*** Capitolo 06// E se fosse già arrivata? ***


06. 'Non è niente di preoccupante. Il dolore scomparirà tra una decina di giorni, intanto dovrai camminare con delle stampelle e cercare di non sforzare troppo la caviglia.'  aveva detto il medico, quando Justin e Bruce mi avevano accompagnata al pronto soccorso. Dalle lastre non avevo nessun osso fuori posto, nulla di spezzato o cose del genere. Avevo semplicemente una distorsione della caviglia. Il problema non era il dolore che provavo, anzi, non m'interessava minimamente del dolore. Il problema vero e proprio era camminare con quegli aggeggi infernali più comunemente chiamati stampelle. Come diavolo si usavano?! Neanche Tom Cruise sarebbe riuscito a portare a termine una missione simile, avevo sempre odiato quelle..cose. Quando da bambina caddi dall'altalena e mi ruppi la gamba -lo so, ero sfigata.- il dottore mi aveva dato un paio di stampelle con cui camminare e, indovinate? Non appena le usai caddi, e mi slogai anche un polso. Non potete immaginare il dolore che provai quel giorno.

-Justin, ti prego, ti scongiuro, ti supplico..-gettai le stampelle per terra.-mi porti tu in cucina?- chiesi, il labbro inferiore rivolto verso il basso e gli occhi da cucciola.
-Hai già scoperto il mio punto debole.-gemette prima di ridacchiare e prendermi come una sposa.
-La cucina è di là.- indicai una porta sorridendo, poggiando la testa tra l'incavo del collo di Justin. Il suo profumo..
-Hai una bella casa.- disse, poggiandomi sul tavolo non appena entrò in cucina.
-Era di mia nonna, è l'unica cosa che mi è rimasta di lei.- risposi, sorridendo appena. -Oltre alla chitarra che mi ha lasciato nonno.-
-I tuoi nonni sono..- lasciò la frase in sospeso, annuii. -Oh,  mi dispiace..- mi accarezzò il viso.
-Non importa, avrei solo voluto conoscerli.-
-Non li hai mai conosciuti?- chiese, poggiando la testa sulla mia spalla e accarezzandomi il braccio.
-Mamma dice che sono morti poco prima della mia nascita.-sussurrai, sentendo le dita di Justin giocare con le punte dei miei capelli.

Rimanemmo per minuti interi così, più o meno abbracciati. Il suo respiro caldo picchiettava sul mio collo scoperto provocandomi brividi indescrivibili, le sue dita invece giocherellavano con le punte dei miei capelli. Insicura e con la mano tremante, arrivai al suo petto, toccai il suo maglione, mi fermai sul suo cuore. Lo sentivo battere, aveva un ritmo pacato e regolare. Arrivai poi poco più su, fino al suo collo, fino al suo viso. Chiusi gli occhi e accarezzai la sua pelle così tremendamente calda, liscia, morbida. Percorsi con i polpastrelli il tratto di viso che partiva dalla tempia e finiva sul mento, nel mentre le sue dita percorsero il mio collo e fermarono su di esso. Sentii il mio cuore accelerare sempre più, era come se volesse uscire dalla gabbia toracica. Non appena Justin si rese conto del battito accelerato del mio cuore, con l'intera mano scese più giù, toccò il mio seno e si fermò poco più sotto di quest'ultimo. Trattenni il respiro, o meglio, mi mancò proprio il respiro. Nel suo gesto non trovai malizia o perversione, era tutt'altro. Era un gesto fatto con amore, con la voglia di sapere ciò che dentro di me stava succedendo a causa sua. Non gli tolsi la mano, non mi opposi. Lo lascia fare, beandomi delle sensazioni che in quel momento stavo provando.
Dentro di me c'era il caos. Come riusciva a mandarmi in estasi con così poco? Come riusciva a mettere k.o. il mio povero cuore con così poco? Cosa mi stava facendo? Non riuscivo a dare una risposta a tutte le mie domande, eppure mi sentivo così bene con me stessa. Era una sensazione così bella, solo lui riusciva a farmi sentire in quel modo; un modo che, tra l'altro, neanche riuscivo a descrivere a parole. Avete presente quando siete con una certa persona e sentite uno strano calore dentro? Avete presente quando siete con una certa persona e il cuore comincia a battervi all'impazzata non appena la sua mano sfiora la vostra? Avete presente quando siete con una certa persona e non smettete di sorridere, perché questa persona riesce a farvi stare bene anche solo con la sua compagnia? Ecco, mi sentivo così, mi sentivo completa. Lui, mi faceva sentire completa.

-Cosa mi stai facendo?- sussurrai, chiudendo gli occhi.
-Dovrei chiederti la stessa cosa.- sussurrò, prendendo il palmo della mia mano e poggiandolo sul suo cuore.

Istintivamente alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi, anche il suo cuore, come il mio, batteva velocemente.Sorrisi appena, poi abbassai lo sguardo sentendo le mie gote andare a fuoco. Se è bello sentirsi speciale grazie a qualcuno, è ancora più bello sentirsi speciale per qualcuno.

-Che ne dici se adesso prendiamo ciò che serve a nonna per stasera e poi mi porti a vedere la chitarra che ti ha lasciato tuo nonno?- chiese Justin, poggiando una mano sul mio viso.
-Credo che sia un'ottima idea.- sorrisi, incrociando ancora i suoi occhi.
-Okay, allora.. cosa serviva? Ah sì, lo zucchero. Dove lo trovo?- mi chiese, allontanandosi verso i mobili della cucina.
-Il mobile al centro, quello col vetro opaco.- Annuì semplicemente, dirigendosi verso il mobile.
-Secondo me, la nonna dovrebbe comprare una fabbrica di zucchero.-
-Perché?- ridacchiai.
-Con tutti i dolci che fa spende molti soldi a comprare lo zucchero ogni giorno, quando invece potrebbe investire quei soldi, guadagnarci e avere tutto lo zucchero che desidera, quando lo desidera.- prese lo zucchero.- Dopo cosa dobbiamo prendere?-
-Il cioccolato, ma quello è per me e ce l'ho di sopra.-ridacchiai ancora, Justin alzò le sopracciglia.-Hey, ho una distorsione alla caviglia, devo pur consolarmi in qualche modo.-
-E perché ce l'hai proprio di sopra?-chiese, mostrando uno dei suoi sorrisi più belli.
-Perché mamma è del parere che, se continuo a mangiare cioccolata, un giorno peserò più di cento chili, avrò i denti marroni e un fegato marcio. Ma, dato che non ingrasso, continuo a mangiarne.- feci spallucce, mentre Justin cominciò a ridere come un deficiente. -Invece di ridere come un cretino, che ne dici di aiutarmi?- chiesi, battendo le palpebre.

Pochi secondi dopo cessò di ridere ed io mi ritrovai tra le sue braccia. Poggiai la testa sulla sua spalla mentre lui saliva le scale, lo indirizzai fino all'entrata della mia camera e, non appena entrammo nella mia stanza, mi poggiò sul letto e si guardò intorno con un sorriso dipinto sul viso. Fissarlo era ormai diventato il mio passatempo preferito, i miei i occhi si beavano di tutta quella bellezza racchiusa in una sola persona. Cautamente mi alzai dal letto, zoppicando arrivai all'armadio e aprii le due ante. Grazie a Dio mamma aveva messo a posto il giorno precedente, altrimenti Justin avrebbe assistito alla mia sepoltura a causa di tutti i vestiti che avevo fuori posto.

-Ehm.. piccolo problema.- dissi, guardando in basso.
-Cosa succede?- mi chiese Justin, cingendomi la schiena con un braccio per darmi sostegno.
-La cioccolata ce l'ho nella scatola infondo e non riesco ad abbassarmi.-
-E allora?- disse, abbassandosi e aprendo la scatola. -Ma che caz..quanti chili sono qua dentro?!- sbalordito, girò di poco la testa incrociando i miei occhi.
-Sono quattrocentosettanta grammi, cioè quarantasette tavolette da cento grammi.- feci spallucce.
-Okay, è confermato: sei ossessionata dal cioccolato.-
-Ma sul serio?- chiesi ironica, rise. -Prendi quella con scritto Swisse Dream, è buonissima.- continuai allontanandomi piano.

Arrivai fino al letto, dove mi sedetti e con cautela mi stesi, cercando di trovare una posizione abbastanza comoda per prendere uno scatolo da sotto al letto. Non appena riuscii nella mia impresa, tirai fuori lo scatolone contenente la vecchia chitarra che mi regalò nonno e, facendo un altro piccolo grande sforzo, riuscii a trascinarlo sul letto aprendolo subito dopo. Un brivido percorse la mia schiena non appena sfiorai con le dita le corde della chitarra. Non avevo mai provato a suonarla, quando la prendevo mi faceva sempre uno stranissimo effetto, sopratutto nel periodo natalizio. Mamma, quando mi diede la chitarra, disse che nonno aveva lui stesso creato quella chitarra per me, per la sua prima nipote. Cosa che riempiva il mio cuore di gioia, ma che allo stesso tempo mi faceva un gran male.. quanto avrei voluto conoscerlo.

-Hey.- mi chiamò Justin, posando tre barrette di cioccolata sul letto e sedendosi al mio fianco.-Tutto okay?- chiese, inginocchiandosi a terra per poi prendere il mio viso tra le mani.
-Ci tengo tantissimo a questa chitarra, mi fa uno stranissimo effetto toccarla..- sussurrai sorridendo appena, sfiorò l'angolo della mia bocca col pollice.
-Se vuoi, la mettiamo via.- mi baciò la fronte.
-No.- scossi la testa. -Suona per me.-
-Sei sicura?- chiese, sedendosi al mio fianco.
-Sì.- annuii, prendendo la chitarra e mettendogliela tra le braccia. -Toh, fammi sentire di cosa sei capace.-
-Potresti rimanere molto sorpresa.- disse, punzecchiando alcune corde.
-Illuminami.- ridacchiai.

E non appena le sue dita furono a pieno contatto con le corde producendo quella che ai miei timpani suonò come la più dolce e armoniosa melodia, chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da quel suono paradisiaco. Le sue dita si muovevano agili sulle corde della chitarra, suonava quello strumento come se fosse la cosa per cui era stato creato. Chiuse a sua volta gli occhi e si lasciò trasportare dalla sua stessa melodia, era così concentrato e allo stesso tempo rilassato. Dopo qualche accordo, alla sola melodia prodotta dallo strumento aggiunse anche la sua voce e, credetemi, sentii i brividi salirmi lungo la spina dorsale. Era un qualcosa di magico e speciale, la sua voce accompagnata dal suono della chitarra era davvero uno spettacolo. Spalancai gli occhi dalla sorpresa, avevo capito che aveva del talento ma non che fosse così bravo. Il talento gli scorreva nelle vene al posto del sangue. Sì, sembra una cosa che fa un po' schifo detta così e lo so, ma non riuscirei a trovare altre frasi per descrivere tutta la bravura che quel ragazzo possedeva. La cosa che più mi aveva sorpresa, era la passione che ci metteva: suonava e cantava col cuore in mano. Poco dopo, staccò le dita dalle corde improvvisamente, lo guardai imbronciata.

-Hey!- lo richiamai, incrociando le braccia al petto. -Perché ti sei fermato?-
-Hai già ottenuto l'esclusiva.- ridacchiò.
-E allora voglio il bis.- feci spallucce. -Mi piace come suoni, e la tua voce è..è..- mi bloccai, cercando un aggettivo appropriato. -è indescrivibilmente bella.- mi sorrise.
-Stavo pensando ad una cosa.- disse, regalandomi un altro sorriso.
-Cosa?- chiesi, chinando la testa di lato com'ero solita fare.
-Dimmi se ti piace questa melodia.- cominciò a strimpellare nuovamente le corde della chitarra, producendo un'altra melodia. -Ti piace?-
-È bellissima.- gli sorrisi sincera. -Hai mai pensato di scriverci una canzone sopra?-
-Ho provato a buttare giù qualcosa, ma nulla di quello che scrivo riesce a colpirmi..-
-Troverai il tema adatto.- gli picchiettai la spalla per poi ridacchiare. -Mi suoni qualcos'altro?-

In risposta alla mia richiesta, cominciò a suonare qualcos'altro, qualcosa di più inerente al Natale. Applaudii piano, mentre la sua voce cominciò a echeggiare nell'aria. Mi unii poi anch'io, ricevendo -secondo me- milioni di insulti in armanico dai vicini. Era bella la spontaneità che avevo quand'ero in sua compagnia, forse una delle cose più belle e più significative. Perché è difficile stare particolarmente bene con qualcuno, sentirsi sé stessi e fare tutto ciò che ti passa per la testa senza preoccuparti di ciò che potrebbe dire di te questa persona. Sentivo che Justin non mi avrebbe mai giudicata, io sentivo che lui era diverso dagli altri. E me lo stava dimostrando, con tutte le piccole cose che stava facendo per me.

-Ha un suono stupendo.- disse Justin, fermandosi e posando la chitarra sul letto.
-La costruì proprio nonno, sai?- sorrisi.
-Sul serio?-
-Sì, è un edizione limitatissima.- ridacchiai.
-È davvero stupenda..- ripeté, fissando lo strumento  che aveva poggiato sul letto con ammirazione.

Sorrisi tra me e me, poi mi venne un'idea.
Avevo appena scoperto il regalo che avrei fatto a Justin a Natale.

-Che ne dici se andiamo?- chiesi, sempre sorridendo. -Nonno ci starà dando per dispersi.- ridacchiai.
-Oppure starà pensando che ti sto stuprando.- si unì alla mia risata, io arrossii. -Cosa c'è? Guarda che potrebbe pensarlo, ed io potrei farlo.- mosse le sopracciglia su e giù più volte.
-Ma smettila, coglione.- gli diedi un pugno sul braccio mentre cercavo di alzarmi, invano.
-E tu non fare sforzi inutili.- scosse la testa, aiutandomi a stare in piedi.
-Ma non voglio che mi porti ovunque, poi ti stanchi..- dissi, prendendo le tavolette di cioccolata che Justin aveva poggiato sul letto. Non avrei mai potuto dimenticare i miei tesssssori.
-Principessa, per me è solo un piacere, mettitelo in testa.- rise.
-Potresti diventare il mio taxi personale, sai?-
-È il mestiere dei miei sogni.- disse ironico, prima di prendermi in braccio. -Sopratutto se devo portare una così dolce donzella ovunque ella voglia andare.-

Ridacchiai ancora prima di appendermi al suo collo e di baciargli dolcemente la guancia. Dopodiché, Justin uscì dalla mia stanza, scese al piano di sotto sempre con me in braccio e, dopo aver preso lo zucchero e le mie stampelle, abbandonò definitivamente casa mia. La mia vicina di casa alias Rebecca Black alias sonolaragazzapiùcarinadellascuola era sul vialetto di casa sua e, venendomi uscire in braccio ad un ragazzo, fece cadere la carota che aveva in mano (e che avrebbe dovuto mettere al pupazzo di neve che stava ultimando), e spalancò la bocca. 'Sorpresa, eh? Col cazzo, pure io c'ho i pretendenti.'  pensai, ma l'unica cosa che feci fu sorridere vittoriosa e fulminarla con lo sguardo. Odiavo Rebecca Black. Non mi aveva mai fatto nulla in particolare, però era sempre stata super antipatica e sopratutto sfruttatrice. Avete presente quelle persone che non ti cagano manco di striscio durante tutta la durata dell'anno scolastico ma, non appena gli viene assegnato un compito difficile in cui sanno di prendere meno di tre e in cui tu sei più brava, vengono da te e fanno finta di esserti amica allo scopo di ottenere informazioni per andare bene nel compito? Ecco, Rebecca era una tipa del genere. Durante tutto l'anno non mi calcolava, a scuola faceva finta di non vedermi e quando mi vedeva fuori casa manco mi salutava, mi stava alla larga. Poi, non appena le veniva assegnato un compito difficile di psicologia, cominciava a salutarmi, mi invitava a casa sua e mi diceva 'Come sta andando a scuola? Io devo fare una relazione di psicologia per sabato, che rottura di palle al quadrato!' , aggiungendo ovviamente tutte le frasi più subdole e meschine con lo scopo di farmi cedere e di aiutarla. Inoltre, a scuola giravano voci poco carine sul suo conto. Non che io ci credessi, ma vedere ogni sera un ragazzo diverso uscire da casa sua era una cosa un po' troppo legata alle voci che sentivo.

-Perché quella ragazza ti guardava in quel modo?- chiese Justin, mettendosi la cintura.
-Perché quella ragazza stava rosicando.- sorrisi malefica e strofinai le mie mani tra di loro. -E ricorda, non devi assolutamente avvicinarti o respirare la stessa aria di Rebecca Black, chiaro?-
-Allora è Rebecca Black che si chiama, carina.- mi stuzzicò, girando le chiavi nel nottolino.
-Carina? Carina?- alzai un sopracciglio. -Ma se usa tre chili di trucco anche per andare a fare la doccia!-
-Sei gelosa.-
-Io? Gelosa di lei?- Arricciai il naso.-Ma neanche morta.-
-Invece sei gelosa, principessa.- ripeté, incrociai le braccia al petto.
-Non sono gelosa, semplicemente non voglio rubi anche te, quella si è portata a letto tutti i ragazzi di Stratford!-
-Credi che vada a letto con una bambina?- ridacchiò. -Per quanto sia carina, non sono un pedofilo e inoltre, preferisco le ragazze più semplici e che cadono dai tetti invece di una ragazza tutta tette e senza cervello.-

Arrossii visibilmente dopo la sua dichiarazione. 'Preferisco le ragazze più semplici e che cadono dai tetti invece di una ragazza tutta tette e senza cervello.' ma Dio, sul serio era reale? Girai di scatto la testa e lo guardai con un espressione sorpresa e allo stesso tempo imbarazzata, mentre lui tranquillamente sorrideva e continuava a guidare. Certe volte mi  chiedevo se faceva sul serio o la sua dolcezza era solo finzione. Andiamo, ragazzi così si vedevano solo nei film o nelle storie d'amore, non esistevano nella realtà. Non volevo illudermi, non volevo cadere in quella trappola, non volevo ancora perdere la testa per un ragazzo che, molto probabilmente, non si sarebbe mai e poi mai interessato ad una ragazzina come me. Eppure il mio cuore comandava tutto, era in grado di farmi perdere la lucidità, di rendermi fragile davanti alla figura di Justin e a tutta la sua perfezione.
La mia mente urlava di non innamorarmi, il mio cuore agiva da sé ed era già sulla buona strada per farlo.

-Vuoi un pezzo?- gli chiesi, aprendo la cioccolata e spezzandone un po'.
-Com'è questa?- chiese a sua volta, prendendo il cioccolato che gli avevo passato.
-Cioccolato bianco e nocciole.- sorrisi. -Hey, ma come mai i nonni e tua mamma sono fuori?- aggrottai le sopracciglia sporgendomi per guardare meglio.
-Sinceramente non ne ho idea.- ridacchiò, prima di fermare la macchina fuori al vialetto. -Non osare aprire la portiera.- mi minacciò assottigliando gli occhi.
-No, signore.-alzai le mani in segno di resa mentre lui sorrise e scese velocemente dall'auto, prima di aprirmi la portiera. -Ciao, gente.- ridacchiai, poggiandomi a Justin. -Dove andate?-
-In farmacia, Bruce ha dimenticato di comprare le pillole per la pressione.- Diane scosse la testa. -Avete portato lo zucchero?- annuii. -Perfetto, allora ci vediamo dopo.-
-Justin mi..- cominciò Pattie, ma venne interrotta da Justin.
-Mi raccomando, possiamo fidarci di te e bla bla bla. Mamma, non ho tre anni, so perfettamente cosa devo fare.- ridacchiai. -Andate che la farmacia chiude.-
-A dopo.- salutai, prima di entrare in casa seguita da Justin. -Cosa si fa, adesso?- chiesi.
-Dato che è quasi ora di cena, che ne dici di cominciare a fare qualcosa?-
-Secondo te, tua mamma e tua nonna non hanno già cominciato a preparare per questa sera?- alzai un sopracciglio, guardandolo con un'espressione serissima.
-Mai dire mai.- fece spallucce. -Poi ho voglia di vederti ai fornelli.- ridacchiò.
-Oh, caro, so fare molte più cose di quanto pensi.- sussurrai accarezzandogli con fare seducente il viso.
-E questo è interessante.- sussurrò a sua volta, prendendomi per i fianchi e avvicinando il mio corpo al suo.
-Abbassa la pistola, cowboy.- lo allontanai leggermente. -Scommettiamo che riesco a cucinare dell'ottimo cibo italiano?-
-Cosa vuoi scommettere?-
-Poi decideremo.- gli feci l'occhiolino, girandomi e zoppicando fino alla cucina.

Justin schioccò la lingua al palato e mi superò, aprendomi la porta della cucina e facendo un inchino prima che io entrassi nella stanza. Ridacchiai alla sua finta galanteria mentre, continuando a zoppicare, mi avvicinai al frigo aprendolo subito dopo. Il mio sguardo si poso subito sul pesto alla genovese e dei fagiolini ancora nella rete, sorrisi vittoriosa. In TV, avevo visto come si cucinavano le bavette al pesto con patate e fagiolini, avevano un bell'aspetto ed era una ricetta facile e veloce. Per secondo, optai per un semplice filetto di maiale con vino e prezzemolo.

-Vuoi un aiuto?- mi chiese Justin, prendendo le patate prima di sciacquarle.
-Certo.- ridacchiai. -Sbuccia e taglia a dadini le patate, io nel frattempo pulisco i fagiolini.- sorrisi.
-Non sapevo fossi appassionata dalla cucina italiana.- disse, prendendo un tagliere.
-Ed io non sapevo ti piacesse cucinare.- ridacchiai.
-Sai com'è, con una mamma come la mia..-rise. -Anche a Lana piaceva cucinare.-
-Lana?- aggrottai le sopracciglia. -Chi è Lana?-
-La mia, come dire, ex moglie?- mi bloccai per un secondo, spalancando la bocca e guardando Justin con gli occhi fuori dalle orbite.
-La t..tua cosa?- balbettai, incredula.
-La mia ex moglie.- ridacchiò. -Ero innamoratissimo di lei..-cominciò, continuando a tagliare le patate. -Voleva a tutti i costi un bambino, ma io non mi sentivo pronto ad avere un figlio. Avevo solo ventun'anni, volevo vivere la mia vita al meglio e con un bambino non ci sarei riuscito. Allora sai cos'ha fatto?- scossi la testa, si bloccò per un attimo e mi guardò.-È uscita, una notte, e non è tornata più. Quando mi svegliai quella mattina lei non c'era, mi aveva lasciato solo un fottutissimo biglietto. E sai solo dove l'ho vista? In tribunale, per il divorzio.- sospirò. -L'ultima volta che l'ho vista è stato l'anno scorso, era con la sua nuova famiglia.- chiuse gli occhi, si girò verso di me. -Ma sai cosa c'è? Non m'interessa. Ormai è acqua passata, non mi fa più né caldo né freddo. Adesso sono più maturo, mi sono laureato, ho visto posti stupendi e la mia vita è perfetta così com'è. Mi manca l'amore, certo..- poggiò il suo sguardo sulle patate per un secondo, prima di collegarlo nuovamente al mio.-Ma sono sicuro che l'amore, quello vero, prima o poi arriverà. Insomma, non posso andare a puttane a vita.- rise, mi unii alla sua risata in un primo momento prima di tornare seria e guardarlo.
-Arriverà, quando meno te lo aspetti.- sussurrai, chiudendo gli occhi.

Restammo in silenzio per minuti interi, l'unico rumore udibile era solo il suono del coltello che toccava il tagliere in legno. Misi sul fuoco due pentole con dell'acqua, aspettai che l'acqua bollisse per poi calare i fagiolini e, contemporaneamente in un'altra pentola, calare le patate tagliate a dadini. Nel frattempo, lasciai che Justin tritasse il prezzemolo e tirai dal frigo il burro e il filetto di maiale, dopodiché calai anche le bavette nella stessa pentola delle patate e guardai l'ora sul display del mio cellulare per calcolare quanto tempo la pasta sarebbe dovuta cuocere. Giusto il tempo di mettere a cuocere anche la carne e di unire i fagiolini al pesto mentre Justin fece la tavola, che gli altri tornarono dalla farmacia e furono sorpresi nel vederci ai fornelli.

-Siete arrivati giusto in tempo.-ridacchiai, facendo i piatti.
-Dato che non avevate ancora preparato la cena, c'abbiamo pensato noi.-sorrise.
-Cos'avete preparato?- ci chiese Pattie, avvicinandosi.
-Bavette al pesto con patate e fagiolini e il filetto di maiale al vino e al prezzemolo, ricette tipiche italiane.- sorrisi. -Mi aiutate a portare i piatti a tavola?-
-Lascia fare a noi, bocciolo, tu e Justin avete già fatto abbastanza.- Bruce prese i piatti che avevo tra le mani, baciandomi la fronte.
-Justin, aiutala ad arrivare al tavolo.- disse Diane, avviandosi verso la sala da pranzo.
-Lo facevo anche se non le mo dicevi, eh.- urlò il biondo per farsi sentire da sua nonna.

Ridacchiai alla loro tenerezza, prima di perdermi a fissare il profilo perfetto di Justin. Non sembrava un uomo già sposato, la notizia mi aveva lasciata un po' scombussolata. Certo, aveva ventisette anni, ma mai avrei detto che fosse già stato sposato. Con quella dichiarazione aveva solamente accentuato le nostre diversità: io ero solo una bambina che non aveva ancora ricevuto il suo primo bacio e non sapeva nulla sulle relazioni, lui era già un uomo divorziato che aveva un'idea ben chiara della vita di coppia. Cosa abbastanza scoraggiante.
Poi, come se avessi appena spiccato il volo, i miei piedi si alzarono dal pavimento -o dovrei dire, il mio unico piede si alzò dal pavimento dato che l'altro lo avevo solo appoggiato.- e mi ritrovai a pochi centimetri di distanza dal viso angelico di Justin. I miei occhi si scontrarono con i suoi, scrutarono all'interno del mio sguardo e, come se avesse capito che ero rimasta ancora un po' scossa dal suo discorso, mi sorrise; un sorriso davvero rassicurante, confortante. Ricambiai anch'io il sorriso, appoggiai le braccia intorno al suo collo e lasciai che mi portasse fino in sala da pranzo, la mia testa ben piantata tra l'incavo del suo collo. Arrivati a destinazione mi mise giù ma, prima di lasciarmi definitivamente, imprigionò i miei fianchi e avvicinò le sue morbide labbra al mio orecchio.

-E se fosse già arrivata?- sussurrò, e lasciai che i brividi s'impossessassero della mia spina dorsale.

I'm overboard, and I need your love to pull me up.
I can't swim on my own, it's so much.
Feels like im drownin without your love.
So throw yourself out to me, my lifesaver.. 


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Buonsalve.<3
SONO IN RITARDO! Chiedo peldono, padlone. È stata una settimana davvero impegnativa, sono stata piena tra compiti a casa, compiti in classe e interrogazioni, ho studiato davvero un botto! Poi. sabato, sono rimasta a scuola, ho mangiato solo mezzo panino perché mio cugino con un morso se n'era fatto fuori metà e sono stata a stomaco vuoto fino alle cinque del pomeriggio dato che non tocco cibo fuori posto. A differenza della nostra Freedom, che se fa la panza piena de cioccolata AHAHAH. Come vorrei essere come la mia Free! Allorass, dato che siamo in tema, mi avete più volte chiesto una foto della protagonista. Be', a dire il vero non ho in mente un personaggio preciso, immaginatela come questa ragazza --> qui. c:
Passiamo al capitolo adesso. Premetto che per scriverlo non ho nemmeno studiato, quindi amatemi u.u Come vi pare? A me non convince particolarmente, forse solo l'ultima parte mi piace un po' in più. Eheh, ammettetelo, un Justin già sposato non ve lo sareste aspettato lol. Vi piace? Vi piace? Vi piace?
Amo le vostre recensioni! Grazie mille per le dieci recensioni che mi avete lasciato nel capitolo precedente, e grazie anche per le più di duecento visualizzazioni.

GRAZIE A CHI RECENSISCE, VI AMO.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
GRAZIE PER LE VISUALIZZAZIONI.
E GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.

Vi amo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07.// Sei mia, e la roba mia non si tocca. ***


07 -Bocciolo, tu sei divina.- disse Bruce, masticando con piacere un po' di carne.-Fai concorrenza a Diane e Pattie messe insieme.-
-Hey, vuoi per caso farmi morire in una pentola? Guarda che ci tengo alla mia vita.- ridacchiai, seguita da Pattie.
-Non faremo mai una cosa simile.- puntualizzò Pattie. -Caso mai, ti rapiamo a ti facciamo cucinare per forza con noi.-
-Ed io? Rimango da solo?- Justin mise un broncio adorabile, mi addolcii solo guardandolo.
-Tu starai con me, figliolo.- disse Bruce, prendendo un altro po' di pasta.
-Bruce!- lo richiamò Diane.
-Che c'è?-
-Basta mangiare, dopo ti sale in diabete.- disse Justin, imitando la voce di Diane.
-Come ha detto lui.- Diane indicò suo nipote, per poi prendere un po' di pasta.
-Hey nonna, basta mangiare, dopo ti sale il diabete.- ripeté Justin, Diane lo fulminò con lo sguardo. -Scherzavo.-

Ridacchiai ancora alla scena, erano così adorabili. Non avevo mai passato momenti in famiglia simili, era davvero un onore per me poter partecipare ad una cena con loro e, sopratutto, divertirmi così tanto con loro. Certe persone davano per scontati certi momenti, non li vivevano al massimo e non riuscivano a capire quanto importanti erano. I ragazzi della mia età, molte volte, credevano che passare una giornata in famiglia fosse solo una perdita di tempo, quando nel frattempo molte famiglie non potevano passare insieme una domenica o un Natale o un qualsiasi altro giorno per più motivi. Noi esseri umani tendiamo sempre a sottovalutare ciò che abbiamo, tendiamo sempre a volere di più e non apprezzare ciò che realmente deve interessarci. La famiglia rientra nell'insieme delle cose che più vanno apprezzate ma sopratutto amate, anche perché molte persone non ce l'hanno una famiglia ed è davvero orribile sapere che dei bambini non hanno un padre, o una madre, che vivono per strada da soli e al freddo o che sono rinchiusi in una casa con tanti sconosciuti.
Io, per esempio, avevo una famiglia un po', come dire, strana. Mio padre viveva in un altro stato, i miei nonni paterni vivevano lontani e gli altri nonni erano morti. La mia vera famiglia era la mia mamma, oltre ovviamente a Diane e Bruce, due persone che amavo davvero tanto. Ero fortunata, e se avevo loro equivaleva ad avere il mondo.

-Tu e tua mamma verreste a mangiare qua a Natale, Freedom?- mi chiese gentilmente Pattie.
-Io verrei con piacere, mamma non credo accetterebbe.- sospirai.
-Come mai?- s'intromise Justin, prendendo la mia mano tra le sue accarezzandole dolcemente il dorso.
-Odia il Natale e no, non so per quale assurdo motivo.-ridacchiai. -Cercherò di convincerla.-
-Magari posso parlarle io.-sorrise Justin.
-Hai intenzione di provarci con mia madre, ancora?- alzai un sopracciglio.
-Caso mai ho  intenzione di provarci con la figlia.- ammiccò, io arrossii per poi fulminarlo.
-Sì, certo, dopo ieri sera non ti cre..-mi bloccai, sentendo il mio cellulare vibrare. -Scusatemi un attimo.- guardai lo schermo, per poi bloccarmi.

Sullo schermo lampeggiava la foto di un uomo dai capelli marroni, grandi occhioni color ghiaccio e un sorriso che faceva indivia alle stelle, più comunemente conosciuto come mio padre. Era un bell'uomo, anzi, un bellissimo uomo. Quando le donne lo vedevano per strada cominciavano a fissarlo, rimanevano ammaliate dalla sua andatura così elegante e dai suoi occhi così penetranti. Una delle cose che avevo preso da lui, erano proprio gli occhi: entrambi color ghiaccio, con delle sfumature diverse a seconda della luce. La sua foto continuava a lampeggiare, il cuore mi batteva forte. Io ero come bloccata, incapace di reagire. Non potevo non rispondere, ma allo stesso tempo non volevo rispondere, non volevo sentirlo. Cos'avrei dovuto dirgli? Non avevo niente da dirgli, tutto ciò che volevo esprimere glielo stavo dicendo con i miei silenzi. Ero davvero delusa dai suoi comportamenti, ero stanca delle sue fottute scuse. Perché non capiva che avevo bisogno di lui? Perché non capiva che mi mancava? Perché non capiva che lui era mio padre e aveva il dovere di crescermi? Avevo quindici anni, stavo crescendo e lui si stava perdendo tutta la mia adolescenza. Cos'avrei potuto dirgli? 'Non verrai neanche questo mese? Ah, okay, va benissimo, non importa, sarà per la prossima volta. Tanto sono giovane, c'è tempo per vederci, no?'. Il tempo, l'unica cosa che avevo in abbondanza e che allo stesso tempo cominciava a scarseggiare. Perché sì, avevo solo quindici anni, ma non avrei avuto quindici anni per sempre. Sarei cresciuta e lui avrebbe perso tutti gli anni più belli della mia vita, avrebbe perso tutta la mia adolescenza. Voleva realmente questo? Be', io no, ma se era ciò che lui voleva io l'avrei accettato.

-Hey,- Justin mi accarezzò il viso.- che succede?- chiese dolcemente, sorridendo appena.
-Niente.- sussurrai, continuando a fissare la foto. -Niente.- ripetei, bloccando lo schermo e posando il cellulare il tasca.
-Sicura? Sei sbiancata improvvisamente.- prese a giocare con una ciocca dei miei capelli, gli sorrisi appena.
-Mi ha chiamata papà,- cominciai, attirando l'attenzione di Diane e Bruce. -ma non avevo voglia di rispondere.-
-Perché?- chiese ancora, aggrottando le sopracciglia.
-Quest'anno mi aveva promesso che sarebbe stato con me a Natale.- sospirai. -Ma, ovviamente, un lavoro è più importante di una figlia e anche questo mese non lo vedrò.- conclusi.

Justin non rispose, si limitò semplicemente a guardarmi negli occhi e ad accarezzarmi il viso. Il suo tocco era così rilassante. Sospirai cacciando via tutti i pensieri negativi che mi appesantivano e cercai di rilassarmi ancora, di scacciare la tensione che si era accumulata nel mio corpo. Purtroppo, però, il mio tentativo fallì miseramente perché il cellulare continuava a vibrare nella mia tasca e mi dava davvero un fastidio enorme. Le mani mi tremavano e non riuscivo a non respirare regolarmente, la rabbia mi aveva offuscato la vista. Inconsciamente, cacciai fuori dalla tasca il cellulare, attaccai la chiamata, lo spensi e lo lasciai sul tavolo sbuffando, mi era pure passata la fame.

-Che dici, andiamo a farci una passeggiata?- mi chiese Justin, stringendo la mia mano.
-Vorrei, ma non riesco a camminare.- alzai gli occhi al cielo e ridacchiai, sentendo le minacce di alcune lacrime che volevano uscire. Perché volevo piangere?
-Prendiamo la macchina. Dai, ti porto a fare un giro e poi ti accompagno a casa.- picchiettò una mano sulla mia gamba. -Su, andiamo.-
-Ma non importa, tanto è tardi e..- tossii, sentendo che la mia voce stava cambiando a causa del pianto in cui sarei scoppiata da un momento all'altro.
-Niente ma, principessa.- si alzò da tavola. -Vi dispiace se andiamo a fare un giro?-
-Niente affatto.- rispose Diane. -Andate pure, facciamo noi qui.- sorrisi appena, prima di alzarmi.
-Grazie, e scusate per..questo.- gesticolai, ridacchiando appena.
-Non preoccuparti, tesoro.- Pattie venne ad abbracciarmi, seguita da Diane e Bruce. -Ci vediamo domani.-
-Buonanotte.- salutai con la mano, zoppicando fino al salotto con Justin alle calcagne.

Una volta indossato il giubbotto e il cappello, Justin mi si azzeccò addosso come una zecca e mi aiutò ad uscire di casa e a raggiungere l'auto. Era strano zoppicare nella neve. Affondavo con un solo piede nel bianco, sembravo una specie di spaventapasseri. Entrati in macchina, nessuno dei due proferì parola. Eravamo avvolti dal silenzio, ma non quel silenzio pesante o imbarazzante. Il silenzio di due persone che si capiscono con i gesti, che certe volte valgono molto più di mille parole. Con un solo sguardo Justin era riuscito a capire che c'era qualcosa che non andava, era riuscito a capire che sarei scoppiata da un momento all'altro e aveva preferito portarmi via per farmi svagare un po' con la mente. Come riusciva a capirmi così bene?
Dopo un quarto d'ora di tragitto, Justin fermò la macchina poco distante dal centro di Stratford. Scese dalla sua Range Rover, aprì la mia portiera e mi aiutò a scendere. Ovviamente, le stampelle non potevano mancare. Anche se le odiavo, non potevo usufruire troppo di Justin e della sua disponibilità nel farmi da tassista, inoltre si sarebbe stancato ed eravamo in centro, non potevo mica farmi portare in braccio. La strada era completamente innevata, i negozi erano quasi tutti chiusi e la gente ne era davvero poca. Un grande mantello nero con tante piccole macchie lucenti era posto sopra le nostre teste, rendendo l'atmosfera ancora più bella. Amavo la mia Stratford, era una città bellissima. Amavo sopratutto sedermi sulle scale dell'Avon Theatre e guardare i passanti, ricevevo sempre occhiate mitiche alla 'che minchia guaddi?'. Davvero e.p.i.c.h.e.

-È una bella serata.- sussurrò Justin, come per rompere il ghiaccio.
-Già.- annuii. -È davvero bello stare qui a quest'ora.-
-Sai, mi era mancato tutto questo. La vita qui è più tranquilla, mentre dove vivo io adesso c'è solo caos. Tornerei a vivere qui anche subito.-
-E come mai non hai mai pensato di tornare?- chiesi, cercando di non scivolare nella neve.
-Perché a Cambridge c'è più lavoro, mentre qui in Canada comincia a scarseggiare.-
-Be', potresti aprirti una fabbrica di sciroppo d'acero oppure fare la guardia forestale..- ridacchiò.
-Oppure potrei fare l'insegnate.-
-No, ti prego, l'insegnate no.-lo fulminai, rise ancora.
-Alla fine non è tanto male come lavoro: sei sempre a contatto con ragazzi più giovani e le ragazze dell'ultimo anno sono davver..-lo fulminai ancora, si bloccò.
-Davvero? Sentiamo, mister Bieber, come sono le ragazze dell'ultimo anno?-
-Intelligenti, davvero intelligenti.- rise, acchiappandosi l'ennesima  fulminata.
-Ma smettila, insegnate da quattro soldi.- lo spinsi leggermente, prima di sentire un suo braccio cingermi la schiena e le sue labbra sulla mia guancia.
-Credimi, principessa, andrei anche adesso a portare il mio curriculum alla tua scuola solo per farti da supplente e stare con te anche per poche ore.- sussurrò al mio orecchio, prima di stamparmi un altro bacio sulla guancia.

Arrossii visibilmente, grazie al cielo che era scuro e non si vedeva un granché. Continuammo a camminare ancora per un po', fin quando arrivammo fuori alle scale dell'Avon Thatre. Il teatro era chiuso, la gente per strada era in pratica scomparsa e gli unici ad essere lì, a quell'ora, eravamo noi. Justin si sedette sui primi scalini dopo aver tolto un po' di neve, io provai a sedermi tra le sue gambe e mi lasciai abbracciare dalle sue braccia muscolose ma non troppo. Faceva abbastanza freddo, sopratutto per il mio culo che aveva fatto un viaggio di dodici mila anni tornando all'ultima glaciazione. Il respiro caldo di Justin picchiettò sul mio collo non appena me lo baciò più volte, i brividi presero il controllo del mio corpo e mi strinsi ancora di più al corpo di Justin. Mi sentivo al sicuro tra le sue braccia. Poggiò poi il mento sulla mia spalla, fece dei cerchietti immaginari con le dita sulle mie cosce ed infine parlò.

-Che ne dici di parlarmi un po' di tuo padre?- mi chiese e, inizialmente, mi irrigidii.
-Cosa vorresti sapere?- sussurrai.
-Tutto ciò che senti di dirmi.- mi baciò la guancia. -Io ti ascolto.-
-I miei hanno divorziato quando io ero piccola.- dissi, dopo qualche secondo di silenzio. Guardai il cielo, prima di continuare. -Da quello che ho letto su alcune carte, papà ha tradito la mamma con un'altra donna, cioè la sua compagna attuale. Questa signora, che tra l'altro non mi piace per niente, non solo è più grande di papà di sei anni, ma ha anche un figlio da un precedente matrimonio. Credimi se ti dico che non li sopporto.- sospirai ancora, la vista cominciava ad appannarsi. -Papà si è trasferito con Fathima e Joseph in un'altra città, cominciò a chiamarmi sempre meno, a considerarmi sempre meno.. Mi chiama solo una volta al giorno e durante il weekend non lo sento mai perché lavora. Non ricorda mai il mio compleanno, non lo vedo per mesi interi, non mantiene mai le promesse che mi fa.. È come se per lui non esistessi, è come se per lui non fossi sua figlia ma semplicemente una ragazzina a cui vuole bene. E sai la cosa che non riesco a capire qual'è?- sussurrai per poi girarmi, giusto quel po' per incrociare gli occhi di Justin.
-Quale?-mi chiese, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
-Il fatto che lo amo con tutta me stessa e che, quando sono con lui, tutta la delusione e la rabbia scompare..- alcune lacrime cominciarono a rigarmi il viso. -Mi fa sentire uno straccio, mi fa sentire una merda, mi fa sentire di troppo. E nonostante tutto, io continuo a volergli un bene dell'anima.-sussurrai. -Continuo a chiedergli di stare con me, di passare del tempo insieme. Continuo a credere alle sue promesse, continuo a credere alle sue scuse, continuo a credere alle sue parole anche se so che, alla fine, la maggior parte sono solo menzogne. E continua a mancarmi..- singhiozzai, Justin mi strinse forte -Quest'anno avrei dovuto passare con lui il Natale, mi stavo organizzando da mesi per passare il più bel Natale di sempre solo io e lui, sulle neve, insieme. E invece..- chiusi gli occhi e sospirai. -L'altro giorno mi ha detto che ha avuto un imprevisto e che quest'anno salta tutto. Com'è saltato tutto anche l'anno precedente e quello prima ancora. Lo odio, ma allo stesso tempo lo amo. Ho bisogno di lui, perché non lo capisce? Perché non capisce che ho solo quindici anni e che ha già perso una parte importante della mia vita? Perché non capisce che sto crescendo, che continuo a crescere e che continuerà a perdere altre cose di me e della mia vita, se non si decide ad essere più presente? Non sa il mio colore preferito, il mio piatto preferito, che taglia porto di scarpe.. Pensa che una volta mi ha fatto gli auguri il l'otto luglio, e il mio compleanno è il sette agosto.- tirai su col naso, poggiai la testa sul petto di Justin e chiusi gli occhi. -Perché non capisce che ho bisogno della sua presenza?- sussurrai infine, chiudendo gli occhi.

L'aria ghiacciata picchiettava sul mio viso umido. Avevo freddo, ma in quel momento era solo l'ultimo dei miei pensieri. Cominciai a tremare e Justin, non appena se ne rese conto, strinse ancora più forte la presa intorno al mio corpo e passò più volte le mani sulle mie braccia come per darmi calore. Dire tutte quelle cose era stata una vera e propria liberazione. Mi sentivo già più leggera, quelle parole erano un peso che mi portavo dietro da troppo tempo e parlarne con qualcuno era stato utile ed efficace. Durante tutta la durata del mio discorso, Justin era stato in silenzio e mi aveva ascoltata, senza interrompermi. L'unico segno che mi dava per farmi capire che era con me e che mi ascoltava era la sua stretta intorno al mio corpo che si accentuava sempre più. Non mi ero mai aperta così tanto con qualcuno, di Justin cominciavo a fidarmi sempre più e già la sua presenza riusciva a farmi sentire meglio. Il perché, mi era ancora sconosciuto.

-Sai, principessa, certe volte credi di non essere niente per gli altri, quando invece sei il loro mondo.-
-In che senso?- chiesi, tirando su col naso.
-Tu pensi di non essere nulla per tuo padre, eppure io sono sicuro al centouno percento che sei il suo mondo e che anche lui sta male per la vostra distanza.- mi abbracciò più forte.
-E allora perché non fa niente per farmelo capire?-
-Perché è difficile, perché fa tanto male.- mi accarezzò un braccio. -Anche i miei sono divorziati, sai?-
-Sul serio?- chiesi, incrociando ancora una volta quelle due perle caramellate.
-Sì.-annuì.-Avevo dieci mesi quando i miei si separarono. Non so con precisione quale fu il motivo della loro separazione, ma quel che so con certezza è che mia madre ha sofferto davvero le pene dell'inferno. Aveva solo diciotto anni, un bambino di appena dieci mesi da crescere, una casa da non perdere, due lavori da svolgere per andare avanti.. Ricordo che passavo spesso pomeriggi con i nonni perché mamma lavorava ed io non potevo restare a casa da solo, non avevamo soldi necessari per comprarci vestiti di marca o ciò che attirava la nostra attenzione. Anzi, non avevamo abbastanza soldi per comprarci da mangiare. Ricordo che, spesso, andavamo in chiesa per prendere alcune cose che ci servivano e che non potevamo permetterci. E mentre mamma si faceva in quattro, in otto e in sedici per andare avanti, mio padre se la spassava con un'altra donna. Non ci vedevamo spesso, alcune volte pensavo anch'io, come te, che per lui non ero niente e ci stavo male. Ci fu un periodo che non lo sentii per settimane perché si era trasferito in un'altra città con questa donna, ero così arrabbiato che non gli rispondevo a telefono e cancellavo tutti i messaggi che mi lasciava in segreteria senza nemmeno ascoltarli. Poi, un giorno, tornai da scuola e me lo trovai sul divano, con lei lacrime agli occhi e le mani tra i capelli. Fu quando mi strinse forte e mi sussurrò che gli mancavo, che capii quanto realmente ci teneva e ci tiene tutt'ora a me. So quanto fa male, l'ho vissuto anch'io. Ma credimi, sono sicuro che anche tuo padre ti ama molto più di quello che pensi e che anche lui sta male a causa della vostra lontananza.-

Lo guardai intensamente negli occhi, riusciva ad esprimermi tutto il dolore e la mancanza che provava per suo padre. Per una volta, mi sentivo realmente capita. Non avevo mai riflettuto sul fatto che anch'io mancavo a mio padre come lui mancava a me, avevo pensato sempre e solo a me e quello che provavo io, proprio da perfetta egoista. Avevo sempre calcolato il fatto che lui era andato via e che mi aveva abbandonato, non avevo mai pensato che, forse, anche lui stava male come stavo male io.. E mi sembrava così ingiusto. Solo che non riuscivo a capire, perché non mi dimostrava mai il bene che provava? Perché non mi chiamava più spesso, perché non veniva a trovarmi più spesso? Certo, era difficile sentirci per vari fattori, ma ero del parere che una figlia, se ti manca e se vuoi sentirla, la chiami ogni qual volta ne hai la possibilità, non una volta ogni morte di Papa.

-Hey.- mi accarezzò il viso.
-Hai ragione.- sussurrai, prima di sorridere. Poi lo abbracciai. -Grazie.-
-Non ho fatto niente, principessa.- sussurrò, stringendo il mio corpo tra le sue braccia. Annusai il suo profumo, era così buono.
-Invece sì, e non contraddirmi.- tirai su col naso, prima di staccarmi e asciugarmi le gote con la manica della felpa.
-Adesso, però, non piangere più.- spostò le mie mani. -Anche se, lo ammetto, sei ancora più tenera quando piangi.- sorrise, e un sorrisino scappò anche a me.

Era riuscito a farmi cambiare umore, ancora. Da sola e depressa, era riuscito a farmi sentire amata e apprezzata. Il perché? Mistero. Aveva delle doti magiche o dei super poteri, questo è poco ma sicuro. Non sarei mai riuscita a scoprire come riusciva a farmi sentire così bene, era un qualcosa che solo lui era in grado di fare. Guardai i suoi occhi, e subito dopo il mio sguardo cadde sulle sue labbra. Erano così belle, così carnose, e sembravano anche tanto, tanto morbide. Chissà come sarebbe stato baciarlo. Il mio sguardo tornò poi su, sui suoi occhi. Erano leggermente socchiusi, come se stesse guardando verso il basso. Pochi secondi dopo, alzò lo sguardo e mi sorprese a guardarlo. In un primo momento arrossii, ma l'imbarazzo scomparve quando, con un gesto, mise il suo braccio sotto le mie gambe e le spostò tutte e due da un solo lato, in modo tale da essere completamente sopra di lui. Sorpresa, mi aggrappai al suo collo e mi ritrovai a pochi centimetri di distanza dal suo viso. I suoi occhi brillavano sono la luce della luna. Era davvero troppo bello per essere vero. Accarezzai con le dita tremolanti il suo viso, sembrava fatto di porcellana e avevo quasi paura di spaccarlo. Si avvicinò ancora a me, eravamo così vicini che riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul mio piccolo naso. Il cuore prese a battermi forte, così forte che, molto probabilmente, anche lui riusciva a sentirlo. Stavo letteralmente andando in iperventilazione.

-
Sei così bella, Free.- sussurrò, prima di sfiorare la mi guancia col suo naso. -Così piccola,- mi accarezzò un fianco. -così innocente,- fermò il suo braccio dietro la mia schiena. -così adorabile.- poggiò le sue labbra sul mio collo, chiusi gli occhi e mi beai di quella sensazione. -Accontenterei ogni tuo capriccio, non riuscirei a resisterti.- ridacchiò.
-Vuoi viziarmi?- chiesi in un sussurrò, sorridendo ad occhi chiusi. Staccò le sue labbra dal mio collo e si avvicinò nuovamente a me, era ancora più vicino di qualche istante prima.
-Sì.- disse serio. -Voglio viziarti, mia piccola principessa.- accarezzò il mio fianco.

E si avvicinò ancora, e ancora, e ancora. Il suo naso toccava il mio naso, la sua fronte toccava la mia fronte e le nostre labbra..be', le nostre labbra erano divise da un foglio di carta immaginario. Tutto intorno a me scomparve. Non sapevo più dov'ero, chi c'era intorno a me, che ora era. In quel momento, nel mio piccolo mondo c'eravamo solo io e Justin, ed era tutto ciò che realmente mi interessava. Chiusi i miei occhi, abbandonandomi a ciò che aveva scelto per me il destino, e attesi. Non vedevo l'ora di sentire le sue labbra sulle mie, non vedevo l'ora di dare il mio primo bacio proprio a lui..
E proprio mentre anche lui chiusi gli occhi e stava per avvicinarsi ulteriormente per far combaciare le nostre labbra, un piccolo fiocco di neve cadde sulla punta dei nostri nasi, aprii subito gli occhi. Alzai lo sguardo verso il cielo, così come fece Justin, ed entrambi rimanemmo sorpresi quando notammo tanti piccoli fiocchi bianchi cadere dal cielo.
Aveva appena cominciato a nevicare.
Sussurrai un flebile 'wow', anche se avevo assistito spesso a certe occasioni vedere la neve cadere dal cielo era sempre un qualcosa si emozionante. Justin ridacchiò, e non appena sentii la sua risata ritornai con lo sguardo sul suo viso. Sorrise, sorrisi anch'io.

-Ti piace la neve?- chiese, annuii.
-Amo la neve.- risposi. -Certe volte mi piacerebbe vivere in Antartide, così starei sempre sulla neve.- ridacchiò.
-Ma qui c'è sempre neve.-
-Sì, però d'estate si soffoca.- sbuffai e alzai gli occhi al cielo, alimentando la sua risata. -Che c'è?- sorrisi anch'io.
-Ho dimenticato di dirti che sei buffa.- toccò il mio naso con l'indice, continuando a sghignazzare. -Ma è sopratutto per questo che mi sto affezionando così tanto a te.- arrossii.
-Che ne dici se andiamo?- dissi, giusto per cambiare discorso.
-Non imbarazzarti.- baciò la mia guancia. -Sei la mia piccola, o sbaglio?- mi prese come una principessa, si alzò dagli scalini dell'Avon e mi guardò negli occhi.
-Non sbagli.- sussurrai, prima di poggiare la testa sul suo petto.

Le sue labbra toccarono nuovamente la mia fronte, dopodiché mi poggiò a terra e mi aiutò ad arrivare alla macchina. Adoravo il suo carattere, era così premuroso e sopratutto così dolce. Il viaggio in macchina fu silenzioso, l'unico suono che si sentiva era la radio in sottofondo che trasmetteva una canzone natalizia. Alzai di poco la voce e cominciai a canticchiare con Micheal Bublé a ritmo di Jingle Bells, era riuscito a rendere sua quella canzone davvero molto bene. Poco dopo si unì anche Justin, le nostre voci rendevano la canzone ancora più bella. Sopratutto la voce di Justin, che era così bella e riusciva a trascinarti. Aveva un'estensione vocale davvero impressionante, si vedeva che ci metteva il cuore quando cantava e gli riusciva davvero bene.
Pochi minuti dopo, arrivammo fuori casa mia. Come sempre mi aiutò a scendere e mi accompagnò fino alla porta alla porta.

-Ci vediamo domani.- mi accarezzò i capelli.
-Certo.- sorrisi.
-La mia non era una domanda, principessa.- mi fece l'occhiolino ed io inizialmente ridacchiai, prima di abbracciarlo.
-Buonanotte, Justin.- sussurrai.
-Buonanotte, Freedom.- sussurrò a sua volta.

Controvoglia mi staccai, gli baciai la guancia e aprii la porta di casa, per poi salutarlo ancora una volta e sorridergli. Ricambiò il sorriso, prima di mettersi in macchina e partire per tornare a casa.
Già mi mancava.


Sunday night.
Freedom's home.
I giorni stavano passando davvero velocemente, ancora un po' e il Natale sarebbe arrivato. Tra me e Justin il rapporto si era intensificato ancora, passavo le mie giornate solo ed esclusivamente con lui dalla mattina alla sera, senza pensare al resto del mondo. Stava diventando sempre più importante, il mio cuore si stava rincretinendo sempre più.
Quella domenica eravamo entrambi sul letto di camera mia a buttare giù qualche parola sulla canzone che avevamo cominciato a scrivere, che avevamo intitolato 'Home this Christmas' , quando il mio cellulare -stranamente- squillò.

-Chi è?- chiese Justin, sporgendosi.
-Non lo so.- presi il cellulare, notando subito il viso di un compagno di classe lampeggiare sulla casella dei messaggi. -È Nicholas.-
-Chi è Nicholas?- chiese ancora Justin, strappandomi il cellulare dalle mani.
-Un mio compagno di classe.- ridacchiai, riprendendomi il cellulare.
-E cosa vuole questo Nicholas?- sputò il suo nome come se fosse veleno, ridacchiai.
-Vuole sapere se domani mattina deve passarmi a prendere per andare a scuola.-
-Cosa?- chiese, alzandosi leggermente dal letto e guardandomi, scoppiai a ridere.
-Hey, sarai forse geloso?- chiesi, tenendomi la pancia che cominciava a farmi male.
-Io? No, assolutamente no. Solo di a questo Nicholas, che domattina ti accompagno io a scuola, come ti accompagnerò tutte le mattine. Non deve nemmeno azzardarsi a respirare la tua stessa aria, chiaro?- disse, serio.
-Sì, sei geloso.- sorrisi soddisfatta e incrociai le braccia al petto, mi fulminò.
-Vuoi la verità? Sì, sono geloso.- si avvicinò al mio viso. -Perché sei mia, e la roba mia non si tocca.-

Primo metodo per andare in paradiso senza morire: sentirsi dire dal ragazzo che ti piace che sei sua e che la roba sua non si tocca.



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Buonsalve.<3
SONO IN UN RITARDO STRA MEGA GALATTICAMENTE ENORME, LO SO. Perdonatemi, popolo, perdonatemi! Ho avuto una settimana davvero impegnativa, finivo di studiare sempre alle nove e mezza di sera passate e non potevo fare altrimenti. Purtroppo la scuola che ho scelto è molto impegnativa e ce la sto mettendo davvero tutta per avere tutti bei voti, voglio dimostrare agli altri che anch'io valgo, che non sono diversa. E sopratutto, voglio rendere fiera di me mamma, dato che l'anno scorso l'ho delusa abbandonando la scuola.. Adesso, peeeerò, non voglio deprimervi con la mia storiella strappa lacrime e continuo a scusarmi con voi per l'enorme ritardo. Capitemi, pleeeease.
Allora, che ve ne pare questo capitoluzzo? L'ho scritto metà la settimana scorsa e metà oggi pomeriggio, ho dedicato questo pomeriggio solo al capitolo e spero vi piaccia come piace a me. La parte dedicata al padre la sento mia al cento per cento, è stata difficilissima da scrivere sopratutto perché io provo esattamente le stesse cose, i miei sono divorziati e ho preso spunto dai miei sentimenti.. Che altro dire? Be', lascio a voi la parola, la mia l'ho già detta lol. È un periodo un po' strano ed emotivamente sono un po' giù, quindi tutto ciò che dico sembra depresso e non voglio annoiarvi più di tanto. u.u

VORREI RINGRAZIARE TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE. 
GRAZIE A CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE SEGUITE/ PREFERITE/ RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.

Ci sentiamo presto, cercherò di essere puntuale xx. 



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Bye ladies. 
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Capitolo 8
*** Capitolo 08.//Perché sei sempre nei miei pensieri? ***


08. Mi guardai un'ultima volta allo specchio: le scarpe le avevo indossate, i capelli erano abbastanza in ordine, il mio viso più o meno truccato, i colori dei miei panni si intonavano. Okay, ero quasi del tutto pronta per ricominciare la cosiddetta 'società che uccide ogni libero alunno', più conosciuta come scuola aka carcere minorile. La nevicata del mese scorso aveva provocato qualche danno alla struttura, quindi noi ragazzi abbiamo passato più o meno due settimane a casa. Purtroppo, tutte le cose belle finiscono e avremo dovuto ricominciare la scuola quello stesso lunedì, cioè una settimana prima di Natale. Anche se non riuscivo a capire, non potevano semplicemente allungare le feste e tornare direttamente il sette gennaio? Tanto avevamo già tutti i voti necessari per stabilire i voti delle varie materie, andare a scuola era solo un modo per tenere impegnata la maggior parte del nostro tempo.

'What does the fox say? Ring-ding-ding-ding-dingeringeding!'

Sussultai, non appena il mio cellulare cominciò a suonare. Fottuta sveglia che non avevo spento. Lo presti velocemente tra le mani, spensi la sveglia e puntai il mio sguardo sull'ora: erano le sette e un cinque precise. Ero anche in anticipo, grande. Presi la mia borsa e controllai se avevo preso tutto ciò che mi sarebbe servito durante le quattro ore che avrei passato a scuola, stranamente avevo già tutto pronto. Cosa davvero anomala, dato che una volta andai a scuola dimenicando lo zaino (non scherzo, mi feci prestare tutto l'occorrente dal secchione della classe).

'Keep downing drinks like this, not tomorrow that just right, now now now.'

Sussultai e mandai a fanculo il mio cellulare per la seconda volta in dieci minuti, per poi ritirare tutto non appena il nome di Justin apparve sullo schermo. Il cuore cominciò a battermi forte, sentii gli angoli delle mie labbra curvarsi in un sorriso e aprii subito il messaggio, leggendo ciò che Justin mi aveva scritto. Era appena arrivato sotto casa mia e mi aveva detto di non fare colazione altrimenti me l'avrebbe fatta pagare cara, in poche parole, dovevo scendere e basta. La sera precedente c'eravamo accordati che alle sette e dieci sarebbe venuto a prendermi e avremmo fatto colazione al bar fuori scuola, anche se sinceramente l'idea di fare colazione al bar fuori scuola non era proprio allettante. Insomma, Justin era un uomo così bello e affascinante, tutte le ragazze lo avrebbero spogliato con gli occhi e, sinceramente, non avevo per niente voglia di staccare la testa a tutte coloro che ci provavano col mi.. con Justin.
Indossai il cappotto, presi la borsa e mi precipitai al piano di sotto, da dove proveniva un odore di caffé appena fatto. Entrain in cucina, salutai mia madre con un bacio, presi un pacco di cracker dalla dispensa e uscii di casa, cercando con lo sguardo la Range Rover nera di Justin. L'auto era parcheggiata sul vialetto di casa mia, Justin era appoggiato alla portiera. Il suo style era a dir poco perfetto: portava un paio di jeans scuri a vita bassa, una maglia nera e rossa a quadri, una giubbotto enorme sul marrone e un paio di Supra nere; come faceva ad essere così bello? Mi sorrise, un sorriso talmente lucente da fare invidia al sole. Mi avvicinai lentamente, e ad ogni passo che facevo sentivo il cuore battermi sempre più forte. Perché tutto d'un tratto mi sentivo estremamente felice?

-Ciao.- gli sorrisi.
-Ciao.- mi prese per i fianchi, poggiando la sua fronte alla mia. -Credevo di trovarti ancora mezza addormentata, sai?-
-Ah, ah, ah, quanto sei simpatico.- gli colpii il braccio, ridacchiò. -Andiamo?-
-Certo.- mi baciò una guancia, mi aprì la portiera. -Prego, signorina.-
-Oh, che gentiluomo.- salii in macchina.
-Sono doti naturali, piccola.-mi fece l'occhiolino, e uno stormo di farfalle prese il controllo del mio stomaco.
-Fa paco il deficiente.- risi.
-Hei, io non solo mi sono svegliato circa cinque ore prima del solito solo per accompagnarti a scuola, ma tu mi tratti pure in questo modo. Questa me la segno, piccola, me la segno.- risi ancora, prima di poggiare una mano sulla sua, girargli il viso per di me e stampargli un bacio sulla guancia. -Adesso va già meglio.-

Sorrisi, mentre le mie gote si dipingevano di un lieve rosso. Misi la cintura, poggiai la testa sul sediolino e chiusi gli occhi, preparandomi psicologicamente a quella che sarebbe stata la prima di una serie di sei, lunghe e noiose giornate scolastiche. Un po' ero contenta, almeno avrei rivisto alcune persone che mi erano simpatiche, ma allo stesso tempo ero scocciata, perché avrei rivisto persone che tenevo sullo stomaco. Una di queste, la mia amatissima vicina di casa Rebecca Black, che, puntualmente, ogni lunedì alla terza ora ci provava con Boyce Williams, un figo di origini spagnole che frequentata tutti i miei corsi. Mi piaceva il suo modo di essere, sapeva di essere figo ma non si vantava. Così come Logan e Nicholas, altri due ragazzi che frequentavano tutti i miei corsi e con cui stavo spesso. Nicholas era l'unico con cui mi trovavo maggiormente, infatti ogni mattina passava a prendermi per andare a scuola e sedevo sempre al banco con lui durante le varie lezioni.
Il cellulare vibrò, segno che mi era arrivato un messaggio. Fortuna che avevo messo la vibrazione, altrimenti avrei mandato a fanculo il cellulare una terza volta quella mattina.

'Da: Nicholasss.
Hei, dolcezza. Io, Boyce e Logan siamo già fuori scuola, Boyce aveva appuntamento con una fuori al bar. Ci vediamo appena arrivi, devi raccontarmi un po di cose x.'

Ridacchiai tra me e me, posando nuovamente il cellulare in tasca. Justin mi rivolse uno sguardo interrogativo.

-Chi era?- chiese, poggiando una mano sulla mia e intrecciando le nostre dita.
-Nicholas, quel mio compagno di classe.- sorrisi, stringendo la presa. -Mi ha detto che lui e altri due nostri amici sono già fuori scuola perché uno di questi ha un appuntamento con una ragazza.-
-Quindi uno è fuori dai piedi, perfetto. Devo trovare la ragazza anche a 'sto Nicholas e quest'altro tizio in modo tale da essere sicuro che non ti toccano.- lo guardai sbigottita, prima di scoppiare a ridere.
-Tu sei pazzo.- scossi la testa. -Dopo te li faccio conoscere.-
-Se ci tieni alla loro vita, allora ti conviene non farmeli conoscere.- disse, estremamente serio.
-Uuh mister Bieber, così mi fa paura, sa?-
-E tu sai che adoro quando mi chiami mister Bieber?- si morse il labbro e mi guardò con la coda dell'occhio, arrossii.
-Smettila.- incrociai le braccia al petto.
-Adoro anche quando arrossisci.- continuò a stuzzicarmi, sorridendo.
-Smettila.- ripetei fermamente, arrossendo ancora.
-E quando mi dici che devo smetterla.-
-Vuoi finirla oppure devo usare le maniere forti?-
-Sentiamo, quali sarebbero le maniere forti che useresti?-
-Non ti parlo più.- chiusi gli occhi e alzai le sopracciglia, dopodiché incrociai le braccia al petto e guardai la strada.
-Non ci riusciresti.- ridacchiò. -Tanto so che prima o poi parli.- svoltò a destra. -Tu parli sempre.- rise ancora, io continuai a stare zitta. -Principessa..- feci finta di non ascoltarlo. -E se ti dico che ieri sera ho incontrato Rebecca Black fuori casa tua e abbiamo avuto una nottata focosa?-
-Non ti credo.- sbottai, coprendomi immediatamente la bocca con le mani. -Fanculo.- mormorai, per poi sorridere non appena la mano di Justin s'incastrò perfettamente con la mia.

Fottuto cuore, il suo ritmo era troppo irregolare. Voleva farmi prendere un infarto? Be', ci stava riuscendo perfettamente. Sospirai, frustata da tutte quelle emozioni che riuscivo a provare stando in presenza di quell'uomo dagli occhi dello stesso colore dell'oro, del miele, dell'ocra e del caramello mischiati insieme. Il colore dei suoi occhi era un qualcosa di sensazionale e unico, non avevo mai visto un colore più caldo di quello. Riuscivo a perdermi all'interno ogni qual volta il mio sguardo incontrava il suo, era come stare in mare aperto e poter sfiorare con le dita tante piccole perle dorate. Quegli occhi erano perfetti, ma c'era d'aspettarselo: infondo, anche Justin era stramaledettamente perfetto.
Dopo un'altra decina di minuti di macchina, arrivammo fuori la Waterloo-Oxford. Justin parcheggiò la macchina poco distante dall'edicifio, mi aiutò a scendere -dato che avevo ancora il piede dolorante- e prese il mio zaino in spalla, per poi intrecciare le dita delle nostre mani. Mi sorrise dolcemente.

-Posso portarlo anch'io, tanto è leggero oggi.- dissi, camminando verso il bar.
-E dato che oggi ci sono io, lo zaino te lo porto io.- toccò con l'indice il mio naso. -Allora, dove sono questi tuoi amici?-
-Allora vuoi conoscerli.-ridacchiai. -Dovrebbero stare nei pressi del bar, credo.- scrutai la zona con lo sguardo, focalizzandomi su un gruppo di tre ragazzi di cui due ridevano a crepapelle e uno camminava con le mani in tasca e la testa abbassata, quasi sconfitto. -Bingo.- sussurrai. -Sono lì, andiamo!-
-Principessa, piano.- rise, mentre io continuavo a trascinarlo. -Okay, vuoi andare veloce? Ti accontento.- disse, prima di fermarsi improvvisamente.

Lo guardai interrogativa e arrestai i miei passi, prima di spalancare gli occhi e urlare come una deficiente non appena mi ritrovai su una sua spalla. Justin cominciò a correre verso i tre ragazzi facendo ogni tanto una giravolta su se stesso, io mi tenevo stretta al suo petto e urlavo, sia dalla paura che del divertimento. La gente ci guardava sbigottita: alcuni ridevano, altri ci guardavano divertiti, altri ancora ci scattavano addirittura foto. Tutti, e sottolineo, tutti avevano gli occhi puntati su di noi, anche Nicholas, Logan e Boyce, che ridevano ancora più di prima. Non appena fummo abbastanza vicini, Justin mi mise giù e mi guardò negli occhi con un sorriso beffardo sul viso. Gli diedi uno scappellotto dietro la nuca per poi abbracciarlo e stampargli un bacio sul collo, quasi dietro l'orecchio. Col passar dei giorni, avevo imparato i suoi punti deboli e il collo era uno di quelli. Dopodiché mi staccai e gli sorrisi, prima di girarmi e camminare verso i miei amici.

-Heilà, gente!- salutai, sventolando la mano.
-Hola chica.- Boyce mi fece l'occhiolino, Justin poggiò un braccio sulle mie spalle. -Hola anche a te, chico di cui non conosco il nome.-
-Ragazzi, lui è J..-
-Justin, piacere.- il biondo m'interruppe, mettendo una mano in tasca.
-Hai fatto colpo, eh Aqua?- Nicholas mi punzecchiò col gomito, arrossii.
-Ma sta zitto, deficiente.-ridacchiai.-Siamo amici. Conosci i signori Dale, no?- annuì. -Lui è il nipote di Bruce e Diane, vive a Cambridge.-
-Cambridge? Adoro Cambridge! Un giorno frequenterò la Harvard.- disse Logan, sorridendo apertamente.
-Prima devi cercare di non farti segare come gli ultimi due anni.- rise Boyce.
-Sta zitto.-lo ammonì Logan.-Justin, giusto? Bene, Justin, io sono Logan, questo con l'accento spagnolo è Boyce e quest'altro stronzo è Nicholas, poi ovviamente conosci già Free, e credo già molto in fondo.- tutti i ragazzi risero, io semplicemente finsi una risata e fulminai Logan con lo sguardo.
-Voi ragazzi avete uno spiccato senso dell'umorismo.- fulminai anche Justin, che subito si zittì.
-Amico, te l'ha già data? A scuola è considerata come una santarellina, una verginella, ma noi tre sappiamo che, sotto sotto, c'è la pantera Freedom!- sbottò Nicholas, provocando nuovamente la risata di tutti. Per la seconda volta, fulminai Justin lo sguardo che nuovamente si zittì all'istante.
-Io non l'ho data a nessuno! Ma è possibile che voi maschi fate sempre e solo pensieri a scopo sessuale? Se dovete parlare di questo, io me ne vado.-

E detto questo, girai i tacchi e cominciai a camminare spedita -per quello che potevo- verso il bar. Odiavo questo lato dei ragazzi, fino ad un certo punto stavo pure al gioco ma quand'era troppo, era troppo. Stavo per varcare la soglia dell'entrata del locale, quando due mani mi cinsero i fianchi e mi ritrovai a mezzo metro da terra. Inizialmente presi un colpo, infatti, istintivamente mi toccai il cuore e la mia mano fu subito raggiunta da quella che supponevo fosse di Justin. -Dove credi di andare?- sussurrò al mio orecchio, provocandomi tanti brividi lungo il corpo. La sua voce era così bassa, roca, oserei dire anche molto sexy. Un mix perfetto e letale.

-Alla larga da voi pervertiti.- dissi con un filo di voce, cercando di essere il più convincente possibile. -Se non ti dispiace, io en..-
-Sì, mi dispiace.- mi girò verso di sé. -Tu non vai da nessuna parte senza di me, mia principessa.- sfiorò il suo naso col mio, sorrisi appena.-Vieni,- mi prese la mano. -non faremo più commenti idioti.-
-Sarà meglio per voi, altrimenti vi castro. Partendo da te.- lo indicai, i miei occhi formarono due fessure.
-Così mi tenti, piccola.- ridacchiò, lo fissai con un sopracciglio alzato e l'altro teso. -Okay, la smetto.- sorrisi, gli altri ci raggiunsero.
-Vedo che il tuo bel principe riesce a farti sbollire la rabbia.- Nicholas mi fece l'occhiolino, incrociai le braccia al petto.
-Fate ancora commenti stupidi e ve la farò pagare, intesi?-
-Io mi preoccuperei.- Boyce diede una pacca sulla spalla a Nicholas, che annuì sospirando. Ridacchiai, ricordando quella volta in cui gli rovinai i compiti di chimica per pura vendetta.
-Justin, la tua ragazza è pericolosa.- cominciò Nicholas, mettendo un braccio sulle spalle di Justin e cominciando a camminare, nuovamente, verso l'entrata del bar.

Io semplicemente restai ferma su me stessa, incapace di reagire e di muovere gli arti. La sua ragazza. Suonava così bene. Sarebbe stato bello essere la sua ragazza, essere la ragazza che avrebbe avuto il privilegio di poterlo baciare, di poterlo amare. Mi sarebbe piaciuto avere la certezza di essere solo sua e lui solo mio. Chissà come sarebbe stato. Mi sarebbe sempre piaciuto avere una relazione come quella nei film, dove lui fa qualsiasi cosa per lei, dove l'amore prevale sopra ogni intralcio. Sarebbe stato bello avere un ragazzo che ti amava e te lo ricordava ogni qual volta trovava l'occasione per farlo, avere un ragazzo che ti mandava delle rose o i cioccolatini a San Valentino, che ti portava al cinema solo per poter fingere uno sbadiglio e baciarti, che accarezzava il tuo corpo e sussurrava un 'sei bellissima' mentre facevate l'amore. Ero una fanatica dei film romantici, mi piaceva tantissimo vedere quei film in cui l'amore vinceva sopra ogni cosa e sopratutto, amavo immaginare una mia futura relazione come quella dei film. E in quel momento, credetemi, la mia mente stava cominciando a immaginare tante piccole scene di come sarebbe stato stare con Justin. Immaginavo me e lui al luna park, al bowling, insieme a cena o al cinema; immaginavo me e lui al mare o mentre facevamo un pick nick al lago; immaginavo me e lui al ristorante, mentre ballavamo un lento e mi guardava negli occhi sussurrandomi un 'ti amo' quasi impercettibile.
Poi sorrisi, e scossi la testa. Tutti quei film mi incasinavano svoltando il cervello, infondo non stavo neanche con Justin e la realtà era ben diversa. Però, di una cosa ero sicura al cento per cento: se mai fossi stata la fidanzata di Justin, avrei preferito passare pomeriggi interi con lui sul letto anziché uscire. Tutto quello che mi sarebbe bastato, era stare con la sua presenza.  

-Aqua, ti muovi o no?- disse Nicholas, girandosi verso di me. Sbuffai e li raggiunsi, dandogli uno schiaffo dietro la nuca non appena gli fui vicina.
-Come mai la chiami Aqua?- chiese Justin, guardandomi.
-Perché mi piace molto di più Aquamarine di Freedom, mi ricorda le mie belle spiagge di Los Angeles.-
-Era da troppo tempo che non nominava la sua Los Angeles.- disse Boyce, ridacchiando.
-Ve l'ho mai detto perché mi chiamo proprio Aquamarine?- presi posto al primo tavolo da cinque libero che trovai.
-Sì.- rispose frettolosamente Logan.
-Ce l'hai già detto.- continuò Boyce.
-Ma Justin non lo sa, vero?- sorrisi vittoriosa, Justin ridacchiò.
-No, ma sono sicuro che mi toglierai questo dubbio esistenziale.-
-Fa poco lo spiritoso.- alzai un sopracciglio mentre l'altro rimase teso. -Comunque, mi chiamo Aquamarine per un motivo molto strano, oserei dire.- ridacchiai da sola, prendendo un menù. -Mio padre lavorava su una nave da crociera e mia mamma, dato che era estate, ne approfittò e andò a trovarlo. Era alla fine del suo nono mese di gravidanza, aveva già programmato che avrebbe partorito verso la metà di agosto, non appena sarebbe tornata dalla crociera. Non avrebbe mai pensato che si erano sbagliati a fare i calcoli e sarei nata da lì a poco, si sentiva in gran forma e non aveva tutti i sintomi di una donna che sta per partorire. Poi un giorno, mamma mi dice sempre che cominciò a sentirsi sempre più male ed io spingevo sempre più forte. Si fece visitare da un medico e scoprì che sarei nata entro pochi giorni, non si sapeva ancora perfettamente quando. Mamma passò un giorno infernale, così come quello dopo e quello dopo ancora. Solo la sera riuscii a darle un po' di calma, o almeno, riuscii temporaneamente a darle un po' di calma perché..-
-Freedom, taglia.- rise Boyce, roteai gli occhi.
-Ho quasi finito, tranquillo.- gli feci la linguaccia.-Comunque, stavo dicendo, la sera riuscii a darle un po' di calma e andò a farsi un bagno in piscina con papà. Fu proprio durante quel bagno in piscina che le si ruppero le acque e così nacqui in una piscina con l'aiuto di una persona dell'equipaggio che aveva seguito un corso. Papà, per ricordare il contesto in cui sono nata, decise di unire le parole 'Acqua' e 'Marina', da qui il nome Aquamarine.- sorrisi, guardando Boyce. -Ho finito.-
-Bene, perfetto, adesso basta con le domande che stamattina non la finisce più di parlare.- disse Logan, assumendo un espressione molto, troppo seria.
-È la scuola.- mi scusai. -Mi dà alla testa.- sussurrai, indicando la mia testa.
-Okay, ragazzi, facciamo una colletta e aiutiamola.- ridacchiò Nicholas, risi anch'io.

Ero più spontanea e partecipe nella conversazione, quella mattina mi sentivo più a mio agio con gli altri, scherzavo di più. Mi sentivo me stessa, semplicemente me stessa. Ed era stupendo.
Improvvisamente, sentii delle dita intrecciarsi alle mie e, immediatamente, puntai il mio sguardo verso il basso, poi verso Justin. Sorrisi, non appena incrociai il suo sguardo. Strinsi la presa sulla sua mano e continuai a fissare i suoi occhi, tramite un solo sguardo riusciva a farmi scaldare il cuore.  -All I want is you.- mimò con le labbra.
E il calore dentro il mio corpo si espanse, così come il sorriso sulle mie labbra.

JUSTIN'S POV.
Il suo sorriso riusciva a rendermi felice, era bello sapere di essere la causa per cui sorrideva. In quei pochi giorni, Free era riuscita a rapirmi. Mi stavo affezionando, e tanto anche. Mi sentivo di nuovo un adolescente alle prime cotte, stavo prendendo una bella sbandata per quella moretta dagli occhi azzurri che non riusciva a vivere senza il suo preziosissimo cioccolato. Be', anch'io stavo diventando goloso di cioccolata e lei era completamente fatta di cioccolata. Certe volte avevo voglia di prenderla, stringerla a me e non lasciarla più. Avevo voglia di trascinarla con me sotto al vischio, attaccare lo nostre labbra e non staccarle più. Avevo voglia di accarezzarla, contemplarla, renderla mia.
Sentivo come il dovere di proteggerla e di crescerla, sentivo il desiderio di osservarla crescere negli anni e di restarle accanto sempre. Volevo semplicemente stare con lei. E so che potrebbe sembrare stupido o inutile, sopratutto detto da un uomo già divorziato di ventisette anni, ma era quello che realmente pensavo. Freedom aveva svegliato il mio lato dolce, quel lato tenero e da ragazzino che ormai avevo accantonato per crescere. Ma sopratutto, aveva risvegliato il mio cuore, che aveva ricominciato a battere. Un battito in più ogni centimetro che mi avvicinavo al suo corpo. E credetemi, andavo in iperventilazione quando, a separarci, erano pochi centimetri. La mia unica paura era quella di non riuscire a controllarmi: bramavo troppo il suo corpo e morivo dalla voglia di farla mia, di renderla donna.
Posai lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra curvate in un sorriso, sorrisi anch'io.

-Piccioncini, finite i scoparvi dopo con lo sguardo.- disse Logan, risi guardandolo.
-Certo che hai tatto, Logan.- risi ancora.
-E questo non è niente,- disse Free, la guardai. -dice anche di peggio.- roteò gli occhi, le sorrisi. -Voi cosa prendete?-
-Il solito.- risposero in coro Nicholas e Logan, io diedi un'occhiata al menù.
-Io non ho tanta voglia..- sussurrò Free, poggiando la testa sulla mia spalla. -Prendo solo un po' di latte.-
-Piccola,-le presi il mento tra le mani.-tutti sappiamo che, se ti mettiamo davanti trenta cornetti al cioccolato, mangi tutti e trenta i cornetti senza esitare. E ne vorresti sicuramente ancora.- sbuffò, gli altri risero.
-Hei, sono cioccolato dipendente.- risi.
-Lo so, ed è per questo che ordino io per te.- le feci l'occhiolino, lei ridacchiò solamente.

Osservai mentre le sue piccole mani sfogliavano il menù, i suoi occhi si muovevano a seconda della linea che leggeva. Quel poco trucco che aveva la rendeva ancora più bella, il mascara applicato sulle sue ciglia e quella linea di eyeliner rendevano il suo sguardo più intenso e i suoi occhi più penetranti. Delineai il contorno delle suo naso, delle sue labbra, del suo collo. Poi scossi la testa, rischiavo di perdermi e di cominciare a guardarla per minuti interi, senza neanche rendermi conto del tempo che sarebbe passato. Poggiai anch'io lo sguardo sul menù, dopodiché una cameriera si avvicinò al nostro tavolo.

-Ciao ragazzi, desiderate il solito?- chiese, sorridendo ai tre ragazzi.
-Noi tre prendiamo il solito, Aqua vuole tenersi leggera stamattina.- disse Nicholas, ridacchiai.
-Non ascoltarlo, Karol.- sbuffò Free, risi ancora.
-Già, non ascoltarlo.- la cameriera, Karol, puntò lo sguardo su di me. -Avete anche la nutella? Perfetto, allora portaci anche un bicchiere di latte, due cornetti alla nutella e un caffé espresso, non molto corto.- sorrisi. -Grazie.-conclusi.
-Allora, ricapitolando, per voi tre il solito, un espresso, un bicchiere di latte e due cornetti alla nutella.-
-Esattamente.-risposi, passandole il menù.
-Vai a scuola con loro?- mi chiese, scossi la testa.
-Ho finito la scuola già da un pezzo.-ridacchiai.
-Sul serio?- chiesero Boyce e Logan all'unisono, annuii.
-E non immaginate neanche qual'è il mio lavoro.-
-Justin, che lavoro fai?- Nicholas sbarrò gli occhi. -Sei in qualche giro di droga o di prostituzione minorile? Oppure vendi animali illegalmente all'estero?- Freedom scoppiò a ridere, risi anch'io.
-Mi dispiace, ma no.- disse la mia principessa, scuotendo la testa. -Peggio.-  abbassò la voce. -È un insegnante.-
-Che cosa?- sbottò Boyce. -Quanti anni hai?-
-Più di quanti immagini.- risi, i ragazzi mi guardarono con un'espressione interrogativa in viso.-Ventisette.-
-Li porti bene, amico.- rispose Karol, che si allontanò sorridendo.
-È mia sorella, lasciala stare.- Logan roteò gli occhi al cielo. -Anche se ha pienamente ragione.- Boyce e Nicholas avevano gli occhi fuori dalle orbite e la bocca aperta.
-Con tutto il rispetto, ma chi te lo fa fare?- chiese Nicholas, scuotendo la testa.
-Ti ricordo che si tratta sempre di un liceo.- gli feci l'occhiolino.
-Tu sei un mostro.- mi batté il cinque, risi.
-Perché?- chiese ingenuamente Freedom.
-Una sola parola:- Boyce fece una pausa. -ragazze.-
-
Voi maschi siete sempre i soliti.- sbuffò, incrociando le braccia al petto.

Adoravo questo lato di lei, la sua gelosia la rendeva ancora più tenera e adorabile. Risi e poggiai la mia fronte sulla sua testa, baciandole  dolcemente una tempia. Alzò gli occhi al cielo e fece finta di fare la sostenuta, per poi cedere non appena accarezzai il dorso della sua mano, lo presi tra le mie dita e lo avvicinai alle mie labbra, stampandogli un tenero e dolce bacio. Girò di poco la testa e mi guardò negli occhi, riuscivo a percepire tutto il fastidio che provava nel momento in cui parlavo di altre ragazze. Sinceramente, un po' la cosa mi divertiva perché era divertente vederla incazzata, e allo stesso tempo mi rendeva contento perché ci teneva a me così come io ci tenevo a lei. Le accarezzai il viso, togliendole qualche ciocca di capelli che mi ostruiva quella visuale paradisiaca, e le accarezzai il collo, desiderando di più. Sospirai e mi limitai a stringerle la mano mentre aspettavamo le nostre ordinazioni, non avrei potuto fare di più ma mi accontentavo anche di quei piccoli gesti.
Qualche minuto dopo arrivò ciò che avevamo ordinato, facemmo in fretta colazione -Freedom mangiò tutto il suo cornetto- e ci avviamo fuori scuola. Non era passato tanto tempo da quando entrai in una scuola l'ultima volta, giusto un paio di settimane. Non ero un vero e proprio insegnate, ero solo un supplente che veniva chiamato dalle varie scuole ogni qual volta ce n'era la necessità. Mi piaceva il mio lavoro, stavo sempre a contatto con gente nuova e anch'io, oltre agli alunni, imparavo sempre qualcosa di diverso e di interessante. Perché non è detto che solo andando a scuola si impara, il mondo è pieno di cose nuove, diverse, strane e impensabili e ognuno di noi imparerà sempre qualcosa di nuovo anche a cent'anni.
Sentii tirarmi il braccio, mi girai e mi ritrovai a pochi centimetri di distanza dal viso di Freedom. Che spettacolo quel viso..

-Ciao.- ridacchiò, le sorrisi.
-Ciao.- ripetei, baciandole il naso.
-Ma adesso tu cosa fai?- mi chiese, poggiando la testa sul mio petto.
-Ti accompagno fino all'entrata e aspetto che esci.- le accarezzai la spina dorsale, stringendola a me.
-Puoi anche andare a casa.-mormorò contro il mio petto.
-Non me ne andrei mai senza te.- soffiai sui suoi capelli.

Il suo corpo stretto a me riusciva a mandarmi in estasi. La strinsi a me sempre di più e nascosi la testa tra i suoi capelli che odoravano di vaniglia, mi faceva star bene quella sensazione che mi portavo dietro, mi sentivo in qualche modo completo. Come se io fossi una sottospecie di puzzle e lei il tassello mancante. Continuai ad abbracciarla fin quando non dovette andare, l'accompagnai  dentro nell'atrio per poi lasciarla andar via. Prima, però, la strinsi ancora in un lungo abbraccio e le diedi un innocente bacio sulla guancia, anche se mi sarebbe piaciuto poter fare di più. Voltai le spalle e feci per tornare in macchina, quando una voce che chiamava il mio nome attirò la mia attenzione.

-Bieber?- mi girai di scatto, le mani in tasca e lo sguardo confuso. -Justin Bieber?- girai nuovamente la testa verso una porta alla mia sinistra, notando una figura femminile.
-Professoressa Courtney?- guardai stranito la mia vecchia professoressa dell'Università. -Cosa ci fa qui?- chiesi, sorridendo apertamente e avvicinandomi.
-Sono la dirigente di questo liceo, è già un anno ormai.- ci scambiammo due baci sulle gote. -Tu cosa ci fai qui? Ti trovo in forma.-
-Sono in vacanza dai miei nonni a Stratford, ricorda, anch'io sono canadese come lei.- ridacchiai.
-Come vanno le cose? Con gli studi? Eri uno dei miei più bravi alunni. Prego, accomodiamoci nel mio ufficio. Sei di fretta?-
-Oh no,anzi, la ringrazio.- Entrammo nel suo ufficio, ci sedemmo su due poltroncine.
-Allora, stai lavorando?-
-Spesso alcune scuole mi chiamano per fare supplenza. Certamente non è un lavoro che mi permette tanto, ma per iniziare va bene così.- sorrisi, le squillò il cellulare.
-Scusami un attimo.- rispose. -Pronto? Cos'è successo? Va bene, va bene. Non importa, porgile i miei saluti e dille di rimettersi. Arrivederci.- sospirò.
-Qualcosa non va?-
-Una professoressa ha avuto un incidente, stamattina.- si alzò dalla poltroncina, arrivando alla scrivania. -Adesso devo riuscire a trovare un professore che potrebbe farmi da sostitu.. -si bloccò, girandosi nuovamente verso di me. -Justin, hai da fare in questi giorni?-
-Cosa?- chiesi, alzandomi.
-Sei un mio vecchio alunno, conosco le tue capacità e sei la mia unica speranza. Si tratta solo di un paio di giorni.- mi guardò negli occhi.
-Oh, be'..okay.- annuii, e mentalmente feci i salti di gioia.  
-Se aspetti qua facciamo tutte le carte.- disse sorridendo la mia ex professoressa.
-Certo.- sorrisi, immaginando il volto di Freedom.

Avrei passato le mie prossime mattine nella stessa scuola della mia piccola principessa, avrei potuto controllarla, osservarla, ammirarla e, magari, avrei potuto passare del tempo con lei da una lezione all'altra.
Oh, piccola, perché sei sempre nei miei pensieri?


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Buonsalve.<3
Ciao bellee! Mi sento realizzata, finalmente sono puntuale con l'aggiornamento lol. Come state? Io una vera e propria merda, non immaginate nemmeno come sto male. Pensate che domenica scorsa sono stata in ospedale per atroci fitte allo stomaco, stavo per avere un collasso per due volte.. All'ospedale mi hanno fatto un'ecografia, mi hanno fatto le analisi e mi hanno fatto anche un lavaggio.. Tra l'altro, poi, io c'ho due vene ben visibili sul braccio sinistro, come wtf è possibile che quello m'ha messo l'ago dove non c'era la vera? O probabilmente mi sono mossa perché piangevo e mi agitavo come un pesce dato che stavo male, oppure è un mistero AHAHAHAH. Voi come state? Tra poco è Natale, avete capito che manca poco più di una settimana? Io non vedo l'ora, sinceramente. c:
Restando legate al Natale, passiamo al capitolo. Allora, vi piace? A me non tantissimo, questo è solo un capitolo di passaggio che mi serve per introdurre cosa succederà dopo. Ne succederanno delle belle, ho una mente abbastanza contorta MUAHAHAH.
Vi lascio le foto di Logan, Boyce e Nicholas. (cliccate sui nomi).

VOLEVO RINGRAZIARE TUTTI VOI, CHE MI SUPPORTATE SEMPRE.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE PREFERITE/ SEGUITE/ RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE SEMPRE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI.

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l'ultimo quasi ottocento.



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Capitolo 9
*** Capitolo 09.// Chiama lei 'principessa'. ***


09. FREEDOM'S POV.
Le ore passavano dannatamente lente. La professoressa di chimica spiegava, e spiegava, e spiegava, e spiegava. Non so manco quale argomento, so solo che spiegava qualcosa che aveva a che fare con i miscugli o qualcosa di simile. Parlava così lentamente che avevo i colpi di sonno, ogni tanto chiudevo gli occhi e appoggiavo la testa sulla mia mano volando in un mondo tutto mio. Un mondo dove c'era Justin ad aspettarmi sul divano, le sue braccia pronte ad ospitarmi, a coccolarmi. Poi, quel coglione di Nicholas -nonché mio compagno di banco- mi svegliava dai miei sogni impossibili, ricevendo le mie più fatali occhiatacce. Erano giusto tre ore che non vedevo Justin, ed erano state tre ore davvero, davvero infernali. Avevo voglia di mandargli un SMS, ma allo stesso tempo non volevo sembrare troppo appiccicosa. Cosa potevo farci se stavo letteralmente perdendo la testa? Ogni sera, immaginavo le sue braccia stringermi forte e il suo corpo incollato al mio. Ogni sera, immaginavo le sue labbra premere dolcemente e lentamente sulle mie, unendosi in un casto bacio. Lo desideravo, più di ogni altra cosa. Ma allo stesso tempo sapevo che era impossibile, perché una volta passato il Natale sarebbe tornato a Cambridge, si sarebbe dimenticato di me e avrebbe continuato la sua vita prima del nostro incontro. Bella merda la vita, sul serio.
Sospirai e poggiai la testa sul banco, frustrata sia dalla noiosissima lezione che dai sentimenti che provavo. In quel momento, un bigliettino si conficcò tra i miei capelli. Lo aprii e lo lessi, capendo subito dalla scrittura che si trattava di Boyce.

-Cos'hai?- lessi, poi sospirai. Presi una penna e, senza farmi vedere dalla prof, cominciai a scrivere la risposta.
-Spiegami a cosa diavolo ci serve sapere i metodi per separare le varie sostante. Di certo da grande non vado a comprarmi un distillatore o come diamine si chiama.- piegai il bigliettino, sbircia la prof per non essere colta in flagrante ed infine lo passai indietro. Pochi secondi dopo, me ne arrivò un altro.
-AHAH la pantera Free sta uscendo?-
-La belva Free, caso mai.- scrissi ancora, passai il biglietto.
-È per Justin che stai così?- i miei occhi rimasero fermi sul biglietto, poggiai nuovamente la penna sulla carta.
-Lui è perfetto. È solo il pensiero che tra qualche giorno tutto questo non ci sarà più che mi rattrista.-

Sospirai e passai nuovamente il biglietto, tornando a posare la testa sul banco. Mancava esattamente una settimana e un giorno alla vigilia di Natale, dopodiché avrebbe passato con noi il Capodanno e poi? Sarebbe andato via. Già non riuscivo a stare tre ore senza di lui dopo aver passato meno di una settimana insieme, come avrei fatto a non vederlo per mesi interi? Il solo pensiero mi stava distruggendo, ma letteralmente. Passai una mano sul viso, sbuffai e mi calai per prendere la bottiglia d'acqua, non riuscivo a stare ferma un secondo. Sopratutto quando ero nervosa, muovermi riusciva a farmi sbollire il nervosismo. Guardai l'orario sul cellulare ed esultai mentalmente quando vidi che la campanella sarebbe suonata da lì a poco.

Driiiiiin.

-Siano ringraziati tutti i santi.- pensai, tirando dalla tasca della mia borsa la mia tavoletta di cioccolata. Segnai i compiti che la prof aveva assegnano sul diario e cominciai a mangiare, sentendo già i muscoli rilassarsi. Posai nuovamente la barretta in cartella e mi girai verso Boyce e Logan, che erano posti proprio dietro di me. Nicholas, invece, era al mio fianco e stava finendo di scrivere gli appunti su quello che aveva spiegato la prof. Quel ragazzo sembrava tutto tranne che un secchione, quando in realtà era l'unico in classe ad avere il nove in chimica. E  diceva di non essere bravo, tzé.

-Ma alla fine com'è andato l'appuntamento con quella ragazza, grande B?- chiesi a Boyce, sorridendo appena.
-Oh, intendi con Alyssa?- fece una smorfia. -È una troia.- scosse la testa.
-Non è che se una non te la dà è una troia, sai?- ridacchiai, poggiando le spalle al muro.
-Al contrario, quella era fin troppo disposta a dargliela.- disse Logan, mi accigliai.
-Dovevi vederla, è arrivata con una camicia tutta scollata, una minigonna e le calze a rete.- Nicholas ridacchio, lo seguii a ruota.
-Certo, era attizzante vestita in quel modo, ma a me piacciono le ragazze difficili, non quelle facili. Che sfizio c'è?-
-Nessuno.- risi.
-È normale che tu sia d'accordo, Aqua.- Nicholas roteò gli occhi. -Sei tutta casa e chiesa.-
-Hei, ci tengo ai miei principi.- incrociai le braccia, misi la schiena eretta e assunsi un'aria di superiorità.
-Chissà quando sei con quel Justin cosa fai.- disse Boyce, lo fulminai.
-Niente di quello che pensate.- sbuffai. -Siamo solo amici.-
-Ma è evidente che ti piace.- mi stuzzicò Logan.
-Solo l'età mi preoccupa, poi sembra un tipo okay.- Boyce mi fece un occhiolino, sorrisi appena.
-Mi fa sentire come se fossi una principessa.- sussurrai, per poi abbassare lo sguardo e sospirare. -Peccato che questa storia è destinata a finire.-
-La storia non è mai destinata a finire.- disse una voce, una voce che io avrei riconosciuto tra mille.

Spalancai la bocca e sbarrai gli occhi, mentre col busto tornavo a girarmi verso la cattedra. E lui era lì. Il mi.. Justin, era lì. Lo guardai stupefatta, chiedendomi che diamine ci facesse lì. Portava una ventiquattrore nera, il suo cappotto sotto al braccio e un sorriso compiaciuto stampato sul viso. Era calato il silenzio in classe, tutti guardavano la figura di Justin che si poggiava con attenzione il giubbotto dietro la sedia e la valigetta sulla cattedra. Cosa ci faceva lì? Nicholas mi toccò la gamba, girai di scatto la testa verso di lui. Con uno sguardo, riuscì a farmi capire che mi stava chiedendo cosa Justin ci faceva lì ed io in tutta risposta scossi la testa. Il mio sguardo vagò poi sulle mie compagne di classe, tutte fissavano con gli occhi pieni di eccitazione il mi.. SÌ, IL MIO JUSTIN.

-Avete appena visto un fantasma?- chiese Justin, provocando una lieve risata da parte della classe. -La vostra professoressa di storia, sfortunatamente per lei ma fortunatamente per voi, stamattina ha avuto un incidente, - si appoggiò alla cattedra, incrociando le braccia al petto. -e la vostra preside mi ha chiesto di sostituirla.- 
-Come si chiama?- chiese Raven con voce seducente, la fulminai con lo sguardo.
-Sono Justin Bieber.- guardò ognuno di noi, posando il suo dolce sguardo su di me. -E voglio che voi mi chiamiate mister Bieber.- sorrisi appena.
-Mister Bieber, non ci farà lezione, vero?- Kyle chiese dal fondo dell'aula, tutti si girarono a guardarlo mentre io rimasi ferma con lo sguardo su Justin.
-Purtroppo, vi farò lezione.- rise. -Ho sentito la vostra prof e mi ha detto che ha intenzione di farvi una verifica a sorpresa quando tornerà sabato.- aprì la sua valigetta, tirando fuori il libro.
-Ma prof, non doveva farci una verifica a sorpresa?- chiese Nicholas, ridacchiai.
-Ops.- sorrise Justin. -Prima di cominciare, che ne dite di dirmi i vostri nomi?- si alzò dalla cattedra, avvicinandosi al mio banco. -Incominciamo da voi.- poggiò le sue braccia muscolose sul mio banco, lo guardai negli occhi.
-Freedom Russel.- sorrisi.
-Perché non dici mai che ti chiami anche Aquamarine?- disse Nicholas, Justin cercò di nascondere un sorriso.
-Perché il mio primo nome è Freedom, se ci aggiungo anche Aquarimne diventa una cosa lunghissima..ed è strano.-
-A me piace molto di più Aqua.- Nicholas fece spallucce.
-Ma smettila.-gli picchiettai la spalla. -Scusi, mister Bieber, il mio compagno di banco è leggermente ottuso.-
-Mai quanto la mia compagna, io sono Nicholas Fearless.-

Roteai gli occhi e ridacchiai, mentre Justin chiedeva il nome a tutte le persone della classe, annuiva e sorrideva. Non smettevo di fissare la sua figura, davvero mi avrebbe fatto da supplente fino a venerdì? Quello era il paradiso. ma allo stesso tempo l'inferno. Tutte le ragazze della mia classe fissavano Justin con gli occhi sognanti e la bocca semi aperta, erano letteralmente su un altro paese, un po' come me i primi giorni. O meglio, un po' come me ogni qual volta Justin si trovava nei paraggi. Ed io non volevo che le altre poggiassero lo sguardo su Justin, ma sopratutto non volevo che Justin poggiasse lo sguardo su qualcun'altra. La gelosia già stava cominciando a mangiarmi viva.

-Bene, dato che abbiamo finito il giro, prendete i libri e apriteli al capitolo cinque.- disse, prendendo un libro dalla ventiquattrore.
-Prof, abbiamo già fatto i Cretesi, dobbiamo fare i Micenei.- urlò Joyce dalla parte opposta dell'aula, la fulminai.
-Avete mai sentito parlare dei Micenei?- chiese Justin, poggiando entrambe le braccia sulla cattedra per poi sedersi, si alzò un coro di 'no'.-Prima di iniziare l'interessante racconto sui micenei, dobbiamo collocarli cronologicamente e in un territorio. Chi sa dirmi dove erano stanziati i micenei
?-
-In Grecia, nel II millennio..?- risposi, attirando l'attenzione di Justin. Mi sorrise.
-Esattamente. I micenei erano un popolo indoeuropeo stanziato in Grecia agli inizi del II millennio avanti Cristo e, tra il 1450 e il 1400 avanti Cristo..-

Justin cominciò a spiegare i Micenei, era così fluido nel parlare che ti veniva spontaneo ascoltare. Per la prima volta, riuscivo a vedere qualcosa di interessante nella storia, non avevo mai ascoltato una lezione con tanto interesse. Nemmeno la mia professoressa era così brava a spiegare, spesso si perdeva o faceva collegamenti con altri popoli che  non c'entravano un tubo, incasinandoci ancora di più le idee. Tutta la classe era partecipe: c'era chi faceva domande, chi rispondeva alle domande di Justin, chi ascoltava con interesse. E Justin non solo era bravo, ma sembrava anche contento di fare quello che stava facendo. Il sorriso sul suo viso faceva intendere molto.

-Mister Bieber, ma cosa sono i demi?- Paul interruppe Justin, non appena sentì la parola 'demi'.
-Avete mai visto o letto The Hunger Games?- chiese Justin, mentre Boyce, Logan e Nicholas si passarono una mano sulla fronte.
-Io sì! Ho letto i tre libri e ho visto i primi due film, tre volte! Loro tre ne sanno qualcosa.- ridacchiai, indicando i miei amici.
-Allora saprai bene che Panem è divisa in ben tredici distretti, di cui uno è stato distrutto.- annuii. -I demi sono questo, dei distretti territoriali, una parte di territorio.-
-È più facile ricordare cosa sono i demi facendo riferimento agli Hunger Games.- disse Paul, Justin sorrise. -E prof, posso farle un'altra domanda?-
-Certo.-
-Perché le prostitute vengono chiamate 'troie' come la città di Troia?- spalancai la bocca e mi girai incredula verso Paul, tutta la classe scoppiò a ridere, Justin compreso.
-Mi sono posto anch'io questa domanda e wikipedia mi è stato di grande aiuto.- rise. -La parola 'troia' è di origine contadina, propriamente: femmina di maiale destinata alla riproduzione, dalla nome della scrofa arrosto servita in piedi a tavola in memoria del Cavallo di Troia.-  
-Ma quindi, prof..-
-Paul, non un'altra domanda inappropriata, ci sono delle signorine in questa classe.. sii galante.- Justin mi guardò e si morse il labbro nascondendo un sorriso.
-Signorine? Prof, questa si che è bella.- rise Logan, lo fulminai.
-Logan, vuoi che ti spacchi il culo? No, perché se continui così ti prendo il collo e lo piego a metà.- sbottai scherzando, per poi alzare un sopracciglio.
-Ah giusto, al giorno d'oggi questa è considerata finezza.- rispose Logan.
-Scherzavo, idiota.- risi, tornando poi con lo sguardo su Justin.
-Vedi?-  mi stuzzicò ancora Logan, roteai gli occhi.
-Mister Bieber, ha aperto un capitolo che non finiremo più.-
-Lo finiamo, lo finiamo.- ridacchiò. -Ma devi ammettere che, anche voi ragazze, quando siete particolarmente nervose, cominciate a imprecare come scaricatrici di porto.-
-Forse.- roteai nuovamente gli occhi e sorrisi, sentendo la dolce risata di Justin.

Quella, era sicuramente stata l'ora di più bella della mattinata. Quando suonò la campanella ci rimasi malissimo, mi sarebbe piaciuto ascoltare ancora la voce di Justin che ci spiegava una civiltà così affascinante. Come compiti, ci aveva assegnato un tema da fare su tutto il capitolo dei Micenei e ovviamente dovevamo studiare. Non avevo smesso un secondo di guardarlo durante tutta quell'ora e sapete la cosa più bella qual'era? Sorprenderlo mentre girava il suo volto verso di me e mi sorrideva. Quel sorriso che faceva invidia al sole. Prima di andar via, mi lasciò un bigliettino con scritto che dovevo aspettarlo fuori all'entrata della scuola dato che avrebbe fatto un po' più tardi. Mi sentivo nuovamente vuota senza la sua presenza.
Anche l'ultima ora passò velocemente. Preparai con calma la mia borsa, aspettai che tutti uscissero dall'aula e, con i miei tre amici, mi incamminai verso l'uscita.

-Però è bravo Justin, vero?- disse Boyce, annuii.
-È bravissimo.-mi soffermai. -Ma avete visto come lo guardava Raven?!-
-Lo spogliava con gli occhi.- rispose Nicholas.
-Io le traforo gli occhi se osa avvicinarsi a Justin, già mi sta in culo.-
-Ed ecco che comincia a imprecare come una scaricatrice di porto.- Logan mi punzecchiò il braccio, lo spinsi.
-Cosa posso farci se sono così dannatamente e Fottutamente gelosa?-  sospirai.
-Sei innamorata.- Nicholas poggiò un braccio sulle mie spalle, mi morsi il labbro.
-Non sono innamorata.. sono solo attratta.-
-Certo, principessa.- ridacchiò Boyce, lo fulminai.
-Non chiamarmi principessa.-
-Ah, perché, questo privilegio è solo per Justin?-
-Sì.- annuii, per poi ridere.
-Tu hai perso la testa.-disse Nicholas.
-Già.- risposi, sorridendo appena.

Varcammo l'atrio ritrovandoci così nel vialetto, Boyce e Logan andarono via subito perché il loro pullman sarebbe partito dopo pochi minuti, io e Nicholas rimanemmo invece a scherzare. Nicholas aveva il motorino e i suoi erano sempre via per lavoro, quindi poteva tornare a casa in ogni momento della giornata. I primi giorni di scuola veniva spesso a mangiare a casa mia, sopratutto quando mia mamma non c'era. Cucinavamo insieme, facevamo i compiti e poi guardavamo un film. Purtroppo avevamo più o meno perso quest'abitudine da quando ho passato un mese grigio, se non nero, dove ho abbandonato gli amici e mi rifugiavo nel mio silenzio. Ottobre. Come dimenticarselo? Le cicatrici rimangono, e sono tanto visibili quanto nascoste.

-Cosa farai a Natale?- mi chiese improvvisamente Nicholas, sorridendo.
-Sono a casa Dale, la mamma e la nonna di Justin mi hanno invitato. Tu invece?-
-A Natale verranno i miei parenti da Los Angeles.- sorrise entusiasta.
-Sul serio?! E quando pensavi di dirmelo?- gli schiaffeggiai il braccio, rise.
-L'ho scoperto a ricreazione.-rise.
-E me lo dicevi a ricreazione.-incrociai le braccia al petto, mettendo il broncio.
-Come sei infantile.-roteò gli occhi scherzando, lo spinsi un po'. -Stavo pensando una cosa.-
-Cosa?-
-Che ne dici se, la vigilia, andiamo a fare colazione tutti insieme a London e poi andiamo al centro commerciale?-
-Tutti insieme intendi io, te, Logan, Boyce e Justin?- annuì. -Si può fare, dobbiamo dirlo agli altri.- sorrisi.
-Il tuo amico già sta arrivando.- Disse Nicholas girandomi e abbracciandomi da dietro, mentre i miei occhi si persero in quelli di Justin a pochi metri da noi, che salutava una ragazza.


JUSTIN'S POV.
Fare il supplente in classe di Freedom era stato troppo divertente. Un po' però mi dispiaceva che non potevo scherzare con lei o abbracciarla perché gli altri non potevano sapere che eravamo -purtroppo- solo amici, gli insegnati non possono avere certi tipi di rapporti con gli alunni. Inoltre, il nostro, era un legame più forte, un qualcosa di più profondo. Non c'era solo amicizia, e lo sapevo io nello stesso modo in cui lo sapeva anche lei. Non era ancora amore, ma non era neanche solo amicizia. Mi piaceva Freedom, eccome se mi piaceva. Amavo il modo in cui inclinava la testa quando mi chiedeva 'Cosa?', amavo il modo in cui arrossiva quando le dicevo qualcosa di dolce, amavo il modo in cui mi teneva stretto a sé. Ed io amavo abbracciarla, amavo coccolarla, amavo farla sentire speciale, farla sentire al sicuro. Perché infondo per me era speciale e il mio compito era quello di tenerla al sicuro. Sarei rimasto in eterno col suo piccolo corpo tra le braccia.
Una volta finita la giornata scolastica, preparai la ventiquattrore che la preside mi aveva prestato col suo materiale, uscii dalla scuola ormai deserta e mi scontrai con una ragazza, ma non una ragazza qualsiasi. Era Dafne, la figlia della preside.

-Dafne?-
-Justin? Justin Bieber? Cosa ci fai qua?- mi disse, sorridendo.
-Sono in vacanza dai nonni per Natale, ho accompagnato stamattina una mia amica a scuola la tua mamma mi ha chiesto se potevo fare da supplente perché una professoressa ha avuto un'incidente.- risi. -Come stai?-
-Bene.- sorrise. -Ti vedo in gran forma.-
-L'aria del Canada mi rende felice.- risi ancora. -Adesso devo andare, ci vediamo.-
-Va bene, ma ricordati che qualche volta dobbiamo uscire insieme.- ammiccò, sorrisi appena e annuii.
-Ciao Dafne.- la salutai con la mano, girandomi.

Il mio sguardo finì subito su due figure poco distanti da me, erano un ragazzo e una ragazza. Ma non una ragazza qualunque, era la mia Freedom. Nicholas la stava abbracciando da dietro e rideva, mentre lo sguardo della mia piccola era infuocato. Riuscivo a scorgere le fiamme nei suoi occhi. Le stesse fiamme che avevo anch'io, mentre soffermavo il mio sguardo sulle braccia di Nicholas attorno al corpo di Free. Accelerai il passo e li raggiunsi, Free era in silenzio e mi perforava col suo sguardo agghiacciante.

-Ciao, ragazzi.- sorrisi appena, fulminando Nicholas.
-Ciao, prof.- rise Nicholas, staccando -finalmente- le sue mani dal corpo della mia Free. -Io vi lascio soli, ci sentiamo oggi pomeriggio.- si allontanò.
-Ciao.- sussurrò Free, senza staccare lo sguardo dal mio. Nicholas andò via.
-Devi dirmi qualcosa?- chiesi, incrociando le braccia.
-Potrei chiederti la stessa cosa.- ripeté il mio gesto.
-Eri tu quella incollata ad un ragazzo, Freedom.- le presi il mento tra le mani, perdendomi nei suoi occhi.
-Sai che Nicholas non mi interessa affatto. Siamo amici e mi ha abbracciato nel momento in cui mi ha girato per farmi notare che stavi arrivando. Ed eri pure in dolce compagnia.-  
-Dafne è la figlia della preside, era in un corso con me all'Università. E poi non la stavo abbracciando.-
-Ah, certo, per adesso non la stavi abbracciando.- abbassò lo sguardo e girò il volto, sospirando.

Si alzò un leggero venticello fresco, i suoi capelli svolazzavano col vento. Io rimasi fermo, a poco meno di un metro del suo corpo, a fissare il profilo del suo viso. Così perfetto. Era così bella e dannata. La gelosia mi stava accecando, non riuscivo ad accettare il fatto che un ragazzo, diverso da me, l'avesse abbracciata. Non volevo che qualcuno la portasse via da me, nessun ragazzo doveva prendere il mio posto. La volevo per me, solo per me, tutta per me. Chiusi gli occhi e sospirai, lasciando che le mie mani si poggiassero sui fianchi della mia principessa e la portassero più vicina a me. Le baciai una spalla, poi il collo, poi la guancia.

-Principessa..-
-Chiama Dafne principessa, non me.- sussurrò, incrociando le braccia al petto.
-Sei gelosa?- le chiesi all'orecchio, senza nascondere un sorriso.
-No, per carità, non sono gelosa.- si girò, perforandomi con lo sguardo. -Voglio solo che quella Dafne non si avvicini a te, okay?! Non deve respirare la tua aria, non deve essere più vicina di un metro a te, non deve sfiorarti, non deve parlarti, non deve portarti via da me.- le sorrisi e accarezzai il suo viso, poggiai poi la fronte alla sua e chiusi gli occhi.
-Sei gelosa.- sussurrai. -Piccola, ricorda una cosa.-
-Cosa?- chiese, addolcendo il suo sguardo sempre più.
-You're the only thing I ever get for Christmas, then everything I wished for has come true. You're the single light, you're on my list, you're my one and only christmas wish.- cantai serio, perdendomi nei suoi occhi.

Ci furuono attimi di silenzio, riempiti solo dall'intensità del nostro sguardo. Poi avvolse le sue braccia attorno al mio petto, e mi strinse forte. Baciai più volte i suoi capelli e ricambiai l'abbraccio, stringendola a me sempre più. Il mio cuore cominciò a battere e il mio corpo a prendere sempre più calore, era così bello stringerla tra le mie braccia. Qualche secondo dopo si staccò e mi sorrise, un sorriso così vero e puro.

-You're the single light, you're on my list, you're my one and only christmas wish.- canticchiò, prendendo la mia mano e cominciando a camminare verso la mia auto.
-The mistletoe is where..- si fermò, girandosi verso di me. -I'll be waiting,- mi avvicinai. -kiss me there.- sussurrai, avvicinando il mio viso al suo. -I'll be waiting, kiss me there.- sussurrai ancora, chiudendo gli occhi.

Sfiorai il mio naso col suo, sfiorai le nostre labbra. Riuscivo a sentire il mio cuore battere sempre più forte, il desiderio di baciarla era forte. Avvicinai ancora il mio corpo al suo, le mie mani ben premute sui suoi fianchi. Era il momento perfetto, sentivo che sarei finalmente riuscito a far coincidere le nostre labbra, ad unirle per la prima volta. Attorno a noi, il più estremo silenzio. La scuola era praticamente deserta, nei dintorni non c'era nessuno. Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento magico. I nostri respiri si univano ed erano tutto ciò che si riusciva a udire nell'aria, oltre ai battiti accelerati dei nostri cuori.

-Sai da quanto aspetto questo momento?- chiesi, avvicinandomi ancora.
-Lo so.- sussurrò, sul mio viso apparve l'ombra di un sorriso.

Mi avvicinai ancora un po', ero pronto a toccare le sue labbra rosee quando.. squillò il mio cellulare.
Strinsi gli occhi alterato, possibile che dovevano sempre rovinare momenti simili?! Free chiuse gli occhi e si allontanò di una passo da me, tirai fuori il cellulare dalla tasca per poi vedere il mittente del messaggio. Un numero sconosciuto.

Da: Sconosciuto.
'Hey, Justin! Sono Dafne, ho chiesto il tuo numero a mamma. Ti va di incontrarci un pomeriggio di questi?
Magari prendiamo un caffé insieme e parliamo un po', alla memoria dei vecchi tempi.
Fammi sapere, ci sentiamo. xx
Dafne Haug.'
Freedom lesse il messaggio, gemette infastidita e si avviò in macchina.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima settimana.


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Buonsalve.<3
Perdonate il mio ritardo, sono stata troppo euforica per la fine della scuola e ho finito il capitolo solo ieri ahahah. Come state? Io sono troppo contenta, ritorneremo a scuola nel 2014.*-* Ci volevano proprio queste vacanze, la scuola mi stava uccidendo. Sopratutto negli ultimi giorni, ero strapiena di compiti in classe e interrogazioni. MA COSA IMPORTA ADESSO?! DOMANI È LA VIGILIA DI NATALE! Be my date this christmas eeeeve, be my holiday, my dreaaaaam, yeeah yeeah. Quanto amo questa canzone, la cantavo a squarcia gola anche in piena estate lol. Infatti, questa storia prende il nome proprio da una frase che canta Justin: 'When we use immagination, we can fly to never neverland.' Che dire, la amo.
Adesso, passiamo al capitoluzzo. Eheh, lascio a voi i commenti, anche se già so che mi manderete tutte a cagare data l'ultima parte MUAHAHA.
...e siamo solo all'inizio.

VORREI RINGRAZIARE TUTTE VOI, CHE MI SEGUITE SEMPRE. (siete l'amore.)
VORREI RINGRAZIAR CHI IMPIEGA IL PROPRIO TEMPO A LEGGERE E SOPRATUTTO A RECENSIRE. (quanto posso amarvi?)
VORREI RINGRAZIARE CHI HA MESSO LA MIA STORIA TRA LE PREFERITE/ SEGUITE/ RICORDATE. (vi adoro.)
ED INFINE, VORREI RINGRAZIARE TUTTI I LETTORI SILENZIOSI. (so che siete troppo timidi per recensire, tranquilli.c:)

Cercherò di aggiornare il prima possibile dato che ho più tempo, nel frattempo vi auguro un felice Natale. <3
Poi dovrete sapermi che regali avete ricevuto lol.   



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Capitolo 10
*** Capitolo 10. // One life. ***


10.
Freedom lesse il messaggio, gemette infastidita e si avviò in macchina.
Sarebbe stata una lunga, lunghissima settimana.
-Freedom, ehi! Aspetta!- urlai, correndo verso la macchina.

In quel momento, Freedom mi guardò con uno sguardo assassino e aprì la portiera della mia Range Rover, per poi entrare in macchina e successivamente sbattere la portiera. Povera la mia bambina, chissà che dolore che avrà sentito. Scossi leggermente la testa e sospirai cercando di mantenere la calma, infondo dovevo capirla: era gelosa, ma soprattutto, era in piena età adolescenziale. Erano atteggiamenti normali, e mi facevano impazzire. A passo svelto raggiunsi la mia auto, salii al posto del guidatore e, prima di mettere in moto, lanciai uno sguardo a Free. Aveva lo sguardo perso verso l'orizzonte, massacrava il suo labbro inferiore e teneva le braccia incrociate sulla pancia. Era così tenera.

-Piccola..- la chiamai, poggiando una mano sulle sue cosce. -Cosa c'è adesso?-
-E mi chiedi pure cosa c'è?- mi chiese in un sussurro, senza smettere di fissare fuori dal finestrino.
-Sì.- risposi subito. -Secondo te, tutto quello che ho detto prima non vale più dopo il messaggio?- non rispose. -Freedom, guardami.- lo girai leggermente il viso con una mano. -Non mi interessa Dafne, chiaro?-
-Ma ti ha chiaramente invitato ad uscire.- disse con una vocina stridula, poi morse il suo labbro e abbassò lo sguardo. Stava per piangere?
-Credi che ci uscirò?- le chiesi dolcemente, accarezzando il suo viso fino ad arrivare al mento, alzai di nuovo il suo sguardo. -Rispondimi.- ordinai, sempre con la stessa dolcezza.
-Non lo so.- sussurrò e una lacrima scappò dal suo occhio. Prontamente gliel'asciugai.
-No.- scossi la testa. -Non ci uscirò.- le sorrisi.
-Davvero?- mi chiese, tirando su col naso.
-Davvero.- annuii,  accarezzai ancora il suo viso.
-Me lo prometti?-
-Promesso.-

Improvvisamente, mi ritrovai stretto tra le sue piccole braccia. Avvolsi anch'io le mie braccia attorno al suo corpo e le baciai più volte la testa. Era così piccola e tenera, ed io ero completamente pazzo di lei. Non mi interessava di Dafne, eravamo stati amici ai tempo dell'Università ma non avrei mai perso Free per ritrovare una vecchia amicizia. Che finì pure male tra l'altro, quindi perché perdere tempo? Non appena Free si staccò dall'abbraccio, le baciai dolcemente la fronte, le sorrisi e le presi la mano, incrociando le nostre dita per farle capire che niente e nessuno ci avrebbe mai separati.

-Allora, principessa, dove la porto?- le chiesi, alludendo alla nostra prima uscita.
-Su una stella.- rispose ridacchiando. -Sai, questo mi ricorda qualcosa.-
-Il nostro primo appuntamento?- sorrisi, guardandola con la coda dell'occhio mentre svoltavo a destra.
-Quello era il nostro primo appuntamento?- arrossì, era ancora più bella con le guance completamente rosse.
-La definirei più un'uscita.- risposi lentamente. -Il nostro primo appuntamento sarà sabato sera alle otto, verrò a prenderti io.- mi guardò e si morse il labbro. Ma lo faceva a posta?! Mi mandava in tilt tutte le volte.
-Mi hai appena invitato a cena fuori?- chiese, mordendo ancora il suo labbro nel tentativo di nascondere un sorriso.
-No, principessa, non è un invito.- abbassò lo sguardo. -È un obbligo vero e proprio.-
-Stronzo.- ridacchiò e colpì il mio braccio con un pugno.

Sorrisi ancora, amavo il suo modo di fare e di comportarsi. Era così piccola e ingenua, ma allo stesso tempo tanto adulta e intelligente. Aveva il tipo aspetto di ragazzina insegua e lo era, ma allo stesso tempo la sua furbizia riusciva a toccare le stelle. Era tanto ingenua quanto furba, decisamente. Poggiai la mano sulla sua coscia e cominciai ad accarezzarla, su e giù, lentamente. Lei rimase immobile sul sediolino, quasi spaventata dal mio gesto improvviso. Per rassicurarla,  raggiunsi la sua mano e la strinsi, sorridendole. Mi sorrise di rimando, lasciando la mia mano e portandola nuovamente sulla sua coscia.

-Fai come prima, ti prego.- sussurrò, chiudendo gli occhi.

Ed io non ci misi molto ad accontentarla.
Pochi minuti dopo, parcheggiai nel vialetto di casa sua, poco distante dalla sua abitazione. Volevo stare un po' solo con lei, senza scocciature. Per carità, i miei nonni o mia mamma non erano delle scocciature, ma certe volte volevo anch'io avere un po' di privacy. Volevo poterla abbracciare senza sentirmi dire 'Justin, non ci provare, è piccola', volevo fare con lei battute squallide senza sentirmi dire 'Justin, non dire certe cose, è piccola'. Ancora non riuscivo a capire, perché per tutti conta l'età in una relazione? Se due persone si amano e si desiderano nonostante il fatto che abbiano età molto diverse, perché non possono stare insieme? Io desideravo Freedom in tutti i sensi e volevo che fosse solo ed esclusivamente mia, però mi sentivo così sotto pressione dagli altri. Tutti a dirmi che era troppo piccola per me, tutti a ripetermi sempre le stesse cose e a farmi le solite raccomandazioni. Perché non potevo semplicemente vivere la mia vita e fare le mie scelte? Perché non potevo semplicemente stare con Freedom senza che la gente commentasse? Tutti a dire che ero troppo grande per lei, tutti a dire che era troppo piccola per me. A nessuno però interessava ciò che realmente volevamo io e lei. Ed io sapevo di volere la stessa cosa che voleva anche lei.

-Cuciniamo insieme?- mi chiese la mia principessa, poggiando il cappotto sull'appendiabiti e la borsa ai suoi piedi.
-Certo, ma questa volta decido io il menù.- ridacchiai, appendendo anche il mio cappotto.
-Allora, chef, cosa le va di preparare?- mi prese il collo della maglia con fare sensuale e camminò all'indietro, ridacchiò.
-Se continui così va a finire che sul tavolo facciamo qualcos'altro.- alzai e abbassai le sopracciglia e sorrisi, lei ridacchiò e mi lasciò.
-Cretino.- urlò dalla cucina, per poi aprire il frigo. Risi ancora.
-Piccola, non dirmi che non ci hai mai pensato.- le presi i fianchi e la girai, incastrandola fra me e il bancone. -Mi vuoi almeno quanto ti voglio io.- sussurrai, guardando i suoi occhi.
-Tu mi vuoi?- chiese, quasi sorpresa. Avevi qualche dubbio, tesoro?
-Non immagini quanto, piccola mia.- le sussurrai, baciandole la punta del naso per poi allontanarmi. -Però, non sono un maniaco sessuale e non ti sbatterò sul bancone della cucina.- ridacchiai, arrossì. -Allora, cosa prepariamo?- le chiesi, cercando di sviare il discorso.

Ancora completamente rossa in viso si girò di spalle e si alzò sulle punte, cercando di prendere un pacco di pasta dalla dispensa. Sorrisi e feci aderire il mio corpo al suo, senza malizia, solo per aiutarla a prendere il pacco di pasta. Non appena lo presi, le baciai la guancia e mi allontanai immediatamente dal suo corpo. Non volevo che pensasse male. Dopodiché, presi una pentola e la riempii con dell'acqua mentre lei aprì il frigo e dal suo interno prese la panna e del prosciutto. Un primo piatto semplice e veloce.

-Tagli tu il prosciutto o faccio io?- mi chiese, prendendo una padella dal mobile.
-Faccio io.- risposi, prendendo un coltello.
-Mi piaceva tanto cucinare con papà.- disse, versando un filino d'olio nella padella. -Quand'ero sola con lui facevamo tante cose.-
-Cosa ti piaceva cucinare?- le chiesi dolcemente.
-Mi piaceva fare con lui il puré di patate oppure la mousse di fagiolini modificata.- ridacchiò.
-Perché modificata?- mi unii alla sua risata.
-Perché papà cuoceva i fagiolini mentre io tagliavo la buccia del limone a cubetti, poi mettevo in un contenitore cilindrico il limone, un filo d'olio, un po' di grana dall'Italia e i fagiolini e frullavo col frullatore a immersione.- rise ancora. -Sembra un miscuglio orribile, invece era davvero buono. Mi ricordo bene un giorno, papà mi venne a prendere a scuola e cucinammo insieme questa mousse, le patate al forno e facemmo anche il merluzzo.. Mi divertii così tanto.-

Sospirò e continuò a girare la panna che aveva versato da poco nella padella, sembrava così concentrata. Non parlai. Semplicemente mi avvicinai, le presi la chucchiarella da mano e la girai verso di me. Incrociai il suo sguardo e le sorrisi, riuscivo a vedere il dolore nei suoi occhi. Poi la abbracciai, forte. La strinsi a me, volevo farle capire che io c'ero e che ci sarei sempre stato, volevo farle capire che non l'avrei abbandonata. Era quello il mio obbiettivo: farle capire che non era più sola. Aveva bisogno d'amore ed io ero lì, pronto a dargliene.

-Justin..- sussurrò sul mio collo, rabbrividii.
-D..Dimmi.- balbettai, beandomi della splendida sensazione delle sue labbra sul mio collo.
-Davvero non uscirai con Dafne?- mi chiese, sorrisi.
-Sì, piccola.- ridacchiai. -Non ti lascerò mai sola.- mi strinse ancora, poi si staccò.
-La panna!!- urlò, voltandosi verso il fornello e riprendendo a girare. Risi.
-Principessa, ne ho in abbondanza se quella si brucia.- continuai a ridere, mentre lei mi fulminò.
-Fai schifo.- scosse la testa e risse. -Mi passi il prosciutto che hai tagliato?-
-Certo.- le passai al prosciutto, lo afferrò.
-Fa caldo qui dentro, vero?- chiese retoricamente, alzando la manica della sua maglia fino al gomito.

In quel momento, il mio sguardo cadde sul suo braccio sinistro. In un primo momento non riuscii a capire, poi guardai più a fondo. Erano segni quelli che vedevo? Posai tutto ciò che avevo in mano e mi avvicinai a lei, prendendo il suo braccio tra le mani, quasi con prepotenza. Spalancai gli occhi, non appena capii che si trattava realmente di cicatrici. Guardai Freedom negli occhi, il mio sguardo era preoccupato.

-Cosa sono questi?- chiesi, con un filo di voce.
-I resti di un periodo folle.- abbassò lo sguardo. -Ma è acqua passata, adesso.-
-Perché lo hai fatto?- le chiesi, ancora.
-Era l'unica cosa che riusciva a farmi stare bene quando tutto il resto andava male.- sussurrò, spegnendo sotto tutti i tegami. -Era il mio sfogo.-
-Non ti piace parlarne, vero?- chiesi, alludendo alle poche parole.
-Non è facile.- mi guardò negli occhi.-Poi te ne parlerò, solo..non adesso, non sotto Natale..- mi supplicò con lo sguardo, le accarezzai il viso.
-Va bene, piccola. Solo..- le baciai il braccio.- non farlo mai più.-
-Promesso.- sorrise. -Adesso, però, mangiamo che ho fame.-

Rise e risi anch'io.
Principessa, quanto puoi essere bella quando ridi?

FREEDOM'S POV.
Dopo mangiato, Justin mi aiutò a fare i piatti. Era bello pranzare con lui, tutto facevamo al di fuori di mangiare, pure la guerra col pane. Era bello stare in sua compagnia, il sorriso non si allontanava mai dalle mie labbra ed era bello sentire ogni tanto le sue braccia stringere il mio corpo. Mi stavo affezionando a lui sempre di più. Ogni secondo che passava, il mio cuore veniva risucchiato sempre più in uno scrigno di cui lui era il proprietario. Mi aveva stregata. Ero completamente presa da lui, ormai.

-I wanna dream what you dream, go where you going, I only have one life..- canticchiò, gli sorrisi. -And I only wanna live it with you.- mi girò verso di sé, incrociai i suoi occhi. -I wanna sleep where you sleep, connect with your soul.. The only thing I want in life. I only wanna live it with you. Oh, yeah..-

La sua voce mi provocò mille brividi lungo la spina dorsale, mi persi nei suoi occhi e assimilai ogni parola. Aveva una voce così bella che riusciva a entrarti dentro, toccava il tuo cuore, si insediava al suo interno e non ti lasciava più. Era semplicemente perfetta. Tanto bella, tanto pura, tanto vera.

-Tell me what you want, I can't believe it. I know that if we make it there's a reason. Sometimes the sun shines, baby. Sometimes it ain't breezy.- mi sorrise, poggiando la sua fronte alla mia e cominciando a danzare. -I hope that maybe this time it may be different, I told you I'mma make it happen.Yeah, you took your shot and didn't miss it, ain't nothing more attractive than a mission.-

Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare dai suoi passi e dalle sue parole, le sussurrava in un modo così dolce. Mi accarezzò il fianco e avvicinò il mio corpo al suo, a dividerci era solo un minimo spazio. Accarezzai il suo collo e mi abbandonai ai brividi e tutte le emozioni che provavo, solo ascoltando la sua voce a cappella.

-Hopefully you'll give me a chance, all I want is love and romance.- sussurrò al mio orecchio. -I wanna give it all, give it all to you.-
-Justin..- sussurrai anch'io, poggiando la testa nell'incavo del suo collo.
-Principessa..-ripeté, baciando la punta del mio naso.
-Sto così bene tra le tue braccia.- sussurrai, poggiando il viso tra l'incavo del suo collo.
-E a me piace tanto tenerti tra le mie braccia.- mi strinse forte, sorrisi.

Sarei potuta restare ore intere in quella posizione, stretta tra le sue braccia. Solo con lui riuscivo a sentirmi così bene,non provavo vergogna o imbarazzo. Ero semplicemente me stessa, e quella era di sicuro la cosa più bella. Non riuscivo più ad immaginare le mie giornate senza la sua presenza, riuscivo a sentirmi piena solo grazie a lui. Cos'avrei fatto quando se ne sarebbe andato? Cos'avrei fatto quando lui non ci sarebbe più stato? Sicuramente avrei passto le mie giornate sul letto come una sconsolata a mangiare cioccolata, oppure a deprimermi guardando film romantici che mi avrebbero ricordato Justin. Bella merda. Un cosa però era certa: una volta entrato, non avrei lasciato che Justin se ne andasse facilmente. In qualche modo avrei continuato a sentirlo, anche se viveva a Cambridge e i mezzi per sentirci erano pochi.

-Principessa, che ne dici se adesso ti lascio così fai i tuoi compiti e passo a prenderti tra qualche ora?- chiese Justin, accarezzandomi la schiena.
-Devo proprio?- grugnii.
-Devi proprio.-rise. -Sono il tuo supplente, ricordi?-
-In questo caso, puoi farmi tu il tema?- lo guardai negli occhi sbattendo le palpebre, mi sorrise e avvicinò il suo indice al mio naso.
-No.- ridacchiò, toccandomi la punta del naso.
-E a cosa mi servi allora?- ridacchiai.
-Ad altro, piccola.- mi fece l'occhiolino, poggiando le mani sui miei fianchi e avvicinando il mio corpo al suo.
-Va beeene.- dissi, prolungando la 'e'. -Ti chiamo appena finisco i compiti.- continuai, staccandomi.

Risi ancora seguita da Justin, mi avviai alla porta d'entrata e presi il cappotto del biondo al mio fianco, passandoglielo. Era così bello mentre metteva addosso quel cappotto marrone quasi più grande di lui, aveva quel non so che di così affascinante e allo stesso tempo tenero. Sorrisi guardandolo. Non appena fu pronto, aprii la porta e lo accompagnai fino alla sua Range Rover nera.

-Ci vediamo dopo, allora?- chiesi, anche  se sapevo già la risposta.
-Mi pare ovvio, principessa.- sorrise. -Fa tutti i compiti da brava studentessa.-
-Allora a dopo.- gli feci l'occhiolino, poi sorrisi.

Mi girai di spalle e feci per fare il primo passo, quando..

-Hei, principessa!- mi girai di scatto.
-Cosa c'è?- gli chiesi, sorridendo ancora. A un millimetro dal suo viso.
-Non hai dimenticato qualcosa?- sussurrò e toccò con l'indice la sua guancia.
-Io niente.- sorrisi malefica, girando il viso.
-Ah niente?- chiese ridacchiando.
-Nien..- dissi girandomi, prima di sentire qualcosa di morbido e caldo a contatto con le mie labbra.

Tra i nostri visi non c'era nessuna distanza. I nostri respiri si intersecavano, così come i nostri sguardi. Il mio, sorpreso e contento. Il suo, soddisfatto. I miei occhi erano completamente spalancati, era la prima volta per me e mi sentivo..realmente completa. Mi staccai lentamente da quel piccolo, morbido e innocente bacio a stampo, si sentì uno schiocco tra le nostre labbra non appena separai le mie labbra dalle sue. Il cuore mi batteva all'impazzata, il mio sguardo era sempre più sorpreso e incredulo. Le mie mani tremavano, le mie ginocchia sembravano gelatina e la mia testa.. la  mia testa era appena stata in paradiso senza mai smettere di lasciare il mondo terreno. Avevo appena dato il mio primo bacio a stampo. Avevo appena dato il mio primo bacio a stampo a Justin. Sorrisi imbarazzata e abbassai lo sguardo, trovando le mie scarpe interessanti tutto d'un tratto. Ancora non riuscivo a crederci, davvero avevo toccato quelle meravigliose labbra a forma di cuore che tanto desideravo? Sì, ed era stato spettacolare.

-Chiamami appena finisci.- sussurrò Justin al mio orecchio, alzandomi poi il viso con l'indice. -A dopo, mia principessa.- sussurrò ancora, baciando la mia guancia.

Incapace di parlare o di reagire, aspettai che si mettesse in macchina e che partisse prima di fare retro front e di entrare in casa. Non appena fui dentro casa chiusi la porta e mi ci appoggiai, scendendo sempre più giù. Il mio viso aveva un'espressione sognante ed ero al settimo cielo. Justin aveva rubato il mio primo bacio e anche il mio cuore, cos'altro avrebbe voluto prendersi? Be', qualunque cosa avrebbe voluto portare via con sé gliel'avrei data, perché lui era l'unico a farmi sentire dannatamente bene solo con uno sguardo ed ero sicura che avrebbe conservato con cura tutto ciò che gli avrei dato. 

I wanna dream what you dream, go where you’re going.
I only have one life, and I only wanna live it with you.
I wanna sleep where you sleep, connect with your soul.
The only thing I want in life, I only wanna live it with you.



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Hallo.c:
SONO IN RITARDO! Diciamo che ho cominciato benissimo il 2014, perrrrrdono. So, prima di tutto BUON ANNO A TUTTE!! Come avete passato il Capodanno? E il Natale? Avete avuto bei regali? Io ho ricevuto un paio di scarpe, un capello e i soldi, con i quali mi comprerò tanti vestiti visto che ci sono i saldi. Prima, però, devo dimagrire perché ho fatto letteralmente schifo in questi giorni, la nonna ha cucinato cose troppo buone ed io ne ho approfittato per mangiare di tutto..a mio rischio e pericolo. Be', non voglio deprimervi ancora, quindi passiamo al capitolo. :3
SI SONO BACIATI, LA LA LAAA. Vi ho fatto contente? Eeh? Eeh? Eeh?! Volevo pubblicare questo capitolo il trentuno sinceramente, però non ho avuto un briciolo di tempo per scrivere e l'ho potuto ultimare solo adesso.. Pensate che dovrei pure fare i compiti di storia, ma adesso non c'ho palle. u.u Allora, vi piace? Spero di sì, perché mi sono sforzata per rendere la parte del bacio almeno carina e penso di esserci riuscita.

RINGRAZIO TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO SEMPRE. Ogni qual volta che posto un nuovo capitolo perdete sempre tanto tempo a leggere, e vi ringrazio.
UN GRAZIE SPECIALE A CHI RECENSISCE. Dio, ragazze, sedici recensioni nell'ultimo capitolo! Ma stiamo scherzando?! Vi amo.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
E PER CONCLUDERE, GRAZIE ANCHE AI LETTORI SILENZIOSI. Vi ame così, vi ame così, e vi ame anche un po' così. c:

Un bacione a tutti, belli e brutti.
Spero che il 2014 sarà un anno  perfetto.
Vi amo.
Sharon.~

Ps: mi lasciate qualche recensioncina? *-*

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E se volete leggere la prima prima FF, ecco 'Do you believe in love?'


Bye ladies. 
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Capitolo 11
*** Capitolo 11. // Nobody loves me. ***


11. JUSTIN'S POV.
Col sorriso stampato in volto e il cuore a mille, svoltai a destra e abbandonai definitivamente casa di Free. Finalmente l'avevo baciata e, come avevo sospettato, le sue labbra erano dannatamente morbide. Ciò che rese quel nostro primo bacio ancora più bello, era che il fatto che quel bacio non fosse un bacio programmato. Non avrei mai pensato che avrebbe girato il viso proprio nel momento in cui stavo per baciarle una guancia e sono rimasto spiazzato. Be', molto meglio toccare le sue labbra che la sua guancia. Per quanto fosse morbida e liscia, preferivo di gran lunga le sue rosee labbra, altrettanto morbide. Ero ancora sognante e il mio cuore non smetteva di battere, cosa mi stava facendo quella ragazza di così tanto forte? Solo con Lana mi sentivo così felice, non sorridevo così tanto da mesi. Freedom mi aveva stregato, mi aveva fatto ricordare cosa significava amare qualcuno. Chi l'avrebbe mai detto che un uomo di ventisette anni che viveva a Cambridge, potesse innamorarsi di una ragazzina di quindici anni che aveva conosciuto a casa dei suoi nonni di Stratford? Io non l'avrei mai detto, eppure lo stavo provando sulla mia stessa pelle.
A distogliermi dai miei pensieri, fu il cellulare che cominciò a squillarmi. Senza neanche dare un'occhiata al display per vedere il nome della persona che mi stava chiamando, risposi.

-Principessa, hai già finito di studiare?- dissi, sorridendo e portando il cellulare tra l'orecchio e la spalla.
-Fare la segretaria di mamma è già abbastanza, devo studiare ancora?- rise Dafne, sospirai.
-Oh, sei tu, Dafne.- risi. -Credevo fosse Freedom.-
-Freedom?- chiese.
-Una mia amica.- risposi semplicemente, alzando gli occhi al cielo. -A cosa devo questa chiamata?-
-Dato che prima non hai risposto al mio messaggio e che mi trovo a Stratford, pensavo potessimo prendere qualcosa al bar insieme.-
-Dafne, non lo so..-
-Non ci vediamo da tanto, Justin.- mi interruppe.-In memoria dei  vecchi tempi, giusto un caffé per fare due chiacchiere.-
-Okay, va bene.- sospirai. -Ci incontriamo al bar fuori all'Avon tra cinque minuti, va bene per te?-
-Sono già lì.- ridacchiò, prima di attaccare.

Sospirai frustrato e mi passai una mano sul viso, prima di inserire la terza e sfrecciare verso il centro. Avevo promesso alla mia Free che non sarei uscito con Dafne, mi sentivo un coglione ad aver accettato l'invito. Ma infondo, che male c'era se prendevamo un caffé, facevamo due chiacchiere e poi ognuno per la propria strada? Mi tranquillizzai e sforzai un sorriso, prima di girare a sinistra e prendere la via per il centro. Per non finire nei casini con la mia principessa bastava solamente non lo venisse a sapere, ed io di certo non gliel'avrei detto. Non volevo di certo litigare con lei dopo il nostro bacio, il nostro primo e innocente bacio a stampo. Dio, perché non riuscivo a smettere di pensare alla sensazione che provavo quando le sue labbra erano a contatto con le mie?! Principessa, hai davvero dei super poteri se riesci a farmi questo.
Qualche minuto dopo, parcheggiai l'auto vicino al centro e mi avviai a piedi verso il bar. La chioma bionda di Dafne era ben distinguibile anche a chilometri di distanza. Mi avvicinai piano, le mani in tasca e un sorriso sforzato sul  viso. Al tempo dell'Università eravamo molto amici, fu grazie a lei che conobbi Lana. Uscivamo insieme tutti e tre, le chiedevo sempre consigli come fare colpo su Lana e mi aiutò molto. Poi, quando il mio matrimonio finì, Dafne mi voltò le spalle e andò via, mi ritrovai così solo.

-Hey.- la salutai, mi sorrise.
-Ciao, Justin.- mi baciò una guancia. -Entriamo? Fuori fa freddo.-
-Okay.- risposi semplicemente, aprendole la porta per farla entrare.
-Allora, cosa mi racconti?- mi chiese, non appena ci sedemmo.
-Solita routine.- feci spallucce. -Casa e lavoro. Cambridge è tanto grande e bella, ma preferisco i posti piccoli e accoglienti come Stratford. Da quando Lana mi ha lasciato non faccio un granché. Tu, invece?-
-Solita routine, casa e lavoro.- mi imitò, sorridendo. -Da quando Ylvis mi ha lasciato non faccio un granché.-
-Quando ti ha lasciato? Stavate insieme dall'inizio dei corsi all'università!- sbottai incredulo, poggiando i gomiti sul tavolino.
-L'ho trovato che si stava scopando mia sorella...- abbassò lo sguardo per poi rialzarlo. -il giorno del nostro matrimonio, il mese scorso.-
-Mi dispiace.- dissi sinceramente, sorridendo appena. -Guarda il lato positivo, puoi viaggiare e andare in Africa ad aiutare i bambini poveri come sognavi.-
-Infatti ho già fatto il biglietto, dopo le vacanze natalizie si parte, babe!-

Rise, ed io mi unii alla sua risata. Non era tanto male parlarle, infondo. Ordinammo un paio di caffé e continuammo a chiacchierare amichevolmente, anche se la mia testa era ancora concentrata sulla mia piccola Freedom. Lei stava studiando mentre io stavo con Dafne, inoltre le avevo pure promesso che non sarei uscito con Dafne. Mi facevo schifo da solo. Abbassai lo sguardo sul mio caffé espresso e sospirai, prendendone l'ultimo sorso.

-Qualcosa non va?- mi chiese Dafne, interrompendo il suo discorso.
-Insomma.- ridacchiai. -Non dovrei essere qui, sai?-
-Perché?- aggrottò le sopracciglia.
-Potrei rischiare di litigare con una ragazza..- abbassai lo sguardo.
-Freedom?- annuii.
-Già.- sorrisi, ricordando il bacio di prima.
-State insieme?- mi chiese, ancora.
-No.- arricciai il naso.

Non ancora. Volevo aggiungere, ma le parole mi si bloccarono alla gola. Il solo pensiero di stare con Free mi mandava su un altro pianeta, era la cosa che in quel momento più desideravo e non vedevo l'ora di rivederla e di riabbracciala. Di ribaciarla.

-È più piccola di me.- continuai, sospirando. -E di tanto, anche.-
-Quanto?-
-Dodici anni.-
-Pedofilia portami via.- Dafne rise, ridacchiai anch'io.-Ti piace?-
-Tanto.-mi soffermai.-Quando sono con lei, è come se ritornassi adolescente.-
-Tu le piaci?-
-Credo di sì.-
-Arrossisce quando le dici cose dolci?- annuii. -Sorride quando le prende la mano?- annuii ancora. -Secondo me, è pazza di te. Insomma, chi non cadrebbe ai piedi di un sex symbol come te?-
-Finiscila.- risi. -Dopo anni ancora la storia del sex symbol.-
-Ma lo sei.- fece spallucce. -Cosa aspetti a chiederle di essere la tua ragazza?-
-Non so se è il caso, siamo così diversi..-
-Justin, a te piace sì o no?-
-Sì.- sonno completamente pazzo di lei, volevo aggiungere ancora una volta.
-Allora fregatene del resto e pensa un po' a te. Segui il tuo cuore.- si ammutolì un secondo, sorrisi appena. -Inoltre, ho un piano.-

Sorrise malefica, lo stesso sorriso che aveva qualche anno fa quando la sua mente veniva invasa da pensieri folli e tecniche strane ma infallibili. Si avvicinò di più a me e cominciò a spiegarmi nei minimi particolari il suo piano, ancora non riuscivo a capire come riusciva a elaborare così tante cose con così tanti dettagli in così poco tempo. Io ascoltai attento ogni sua singola parola, infondo le sue idee e i suoi piani non avevano mai sbagliato e, magari, al termine del piano sarei stato felicemente fidanzato con la mia piccola principessa.

-Tutto chiaro?- mi chiese, non appena terminò di spiegarmi ciò che aveva in mente.
-Cristallino.-ridacchiai.
-Mi raccomando, fuori la bancarella dove si vendono vasi in vetro soffiato.- annuii.
-Dafne, lo so.- sbuffai, il cellulare vibrò. -Eccola.-
-Ci vediamo tra poco.- baciò la mia guancia. -E, Justin..?-
-Sì?-
-Mi ha fatto piacere rivederti.-
-Anche a me.-

Dissi sincero, lasciando abbastanza soldi sul tavolo per pagare sia la mia che la sua ordinazione. Guardai il messaggio che mi aveva mandato Freedom e sorrisi, solo lei poteva litigare con le penne e le matite nel suo porta pastelli. Mi misi in macchina e sfrecciai verso casa sua, non vedevo l'ora di poterla stringere nuovamente fra le mie braccia e, sopratutto,  non vedevo l'ora di cominciare il piano che Dafne aveva preparato per me.
Amore mio,  non sai cosa ti aspetta.

FREEDOM'S POV.
Indossai il cappotto e uscii velocemente di casa, chiudendo successivamente la porta alle mie spalle e posando le chiavi nella tasca interna del cappotto. Justin non era ancora arrivato, fortunatamente. Dovevo ancora prepararmi psicologicamente dopo quel bacio, mi aveva letteralmente messa K.O. e non sapevo che dire o che fare. E se sarebbe cambiato qualcosa dopo quel piccolo bacio? Io non volevo assolutamente che qualcosa tra di noi  potesse cambiare, il nostro rapporto era perfetto così com'era e non volevo che dopo quel bacio potesse esserci imbarazzo o vergogna. Pochi minuti dopo, la Range Rover di Justin si fermò a pochi metri da me e il sorriso che incorniciava il viso del mio principe riuscì a farmi sentire immediatamente meglio e la paura che qualcosa fosse cambiato subito ¨        scomparì. Sorrisi anch'io, correndo per arrivare il prima possibile da lui.

-Fatti i compiti?- Justin alzò e abbassò più volte le sopracciglia, sorridendo.
-Sì, mister Bieber.- sbuffai. -Faccio sempre il mio dovere, io.-
-Sai dicendo che io non faccio il mio dovere?- disse ridendo, sorrisi.
-Be', intanto non mi hai dato un bacio.- indicai la mia guancia, per poi sentire le sue labbra premerci sopra.
-Va meglio, mia principessa?- sussurrò, fissando i miei occhi.
-Perfettamente.- mi persi nel caramello dei suoi occhi, sorrisi.

Lentamente si avvicinò al mio viso, chiusi gli occhi pensando che volesse collegare nuovamente le nostre labbra quando invece.. mi baciò la punta del naso. Trattenni un sospiro e sorrisi appena, quasi delusa dal fatto che non mi avesse baciata. Ma cosa mi aspettavo? Infondo era stato solo un momento di distrazione da parte di entrambi, lui voleva darmi un bacio sulla guancia e si stava avvicinando ed io, nello stesso momento, mi stavo girando per poterlo guardare negli occhi. Le nostre labbra si sono incontrate per caso, solo per puro caso.

-Ti va di andare ai mercatini di Natale?- mi chiese, incrociando le dita delle nostre mani. -Vorrei regalare qualcosa a tua mamma, per Natale.-
-Ah, giusto,- ridacchiai. -quasi dimenticavo che ci provi con mia mamma.-
-Ancora con questa storia?- alzò gli occhi al cielo, scherzando. -Per quanto tua mamma è bella e sexy, preferisco le ragazze più giovani di me.- rise. -Tu sei un'ottima scelta.- mi fece l'occhiolino, arrossii.
-La smetti di farmi sempre arrossire?!- sbottai, dandogli un leggero schiaffetto dietro la nuca. -Sei impossibile.-
-Ah, io sarei impossibile?- rise.
-Sì, tu.- mise il broncio. -Mi vuoi vedere sempre sempre in imbarazzo.- dissi, con gli occhi da cucciola e una voce tremendamente tenera.
-Oh, così non vale però.- gemette, fermandosi al semaforo rosso e guardandomi. -Sai che adoro quella faccia.-
-È per questo che la faccio.- sbatté più volte le palpebre.
-Sei un angioletto malefico.- scossi la testa.
-Un angelo delle tenebre, babe.- gli feci l'occhiolino, prima di baciarlo su una guancia e sedermi per bene al mio posto.

Mi guardò sorridendo, prima di inserire la terza e partire velocemente. In poco tempo arrivammo ai mercatini di Natale, gli stessi in cui passammo la nostra prima uscita insieme. Era passata quasi una settimana e già mi sentivo così legata a lui, già avevo completamente la testa. Cosa può fare l'amore. Justin parcheggiò l'auto non molto lontano dalle prime bancarelle, venne ad aprirmi la portiera da bravo gentiluomo e mi porse la sua mano, intrecciando le nostre dita. Ed ecco che una nuova scarica di brividi si irradiò lungo il mio corpo.

-Cosa piacerebbe a tua mamma?- mi chiese Justin, osservando gli oggetti esposti.
-Non lo so.- risposi, facendo spallucce. -Non mi sono mai preoccupata di farle un regalo, ha sempre odiato il Natale.- scossi la testa. -È pazza.-
-Be', quest'anno cambierà idea.- sorrise. -Credo di aver visto il regalo perfetto.-
-Cioè?- chiesi, piegando la testa di lato.
-Seguimi.- mi trascinò con sé vicino ad una bancarella dove si vendevano oggetti in vetro soffiato decorati, erano stupendi. -Ho notato che a tua mamma piacciono molto i soprammobili in vetro, potrebbe piacerle qualcosa di simile?- mi chiese, indicando un vaso sottile e lungo, alla base era blu e il colore andavo sfumando con l'altezza.
-Credo che ne andrebbe pazza.- risi.-Potrebbe metterlo vicino alla sua collezione, ha già un vaso verde e uno arancione simile a questo.-
-Allora lo prendo, vaso sul sicuro.- rise.
-Vuole un pacco regalo?- ci chiese un uomo basso con la pancia, gli occhiali e la barba bianca, era tenero come Babbo Natale.
-Sì, grazie.- disse Justin, girando la testa verso destra. -Dafne?- sbottò, aggrottando le sopracciglia. Una ragazza bionda si girò.

Improvvisamente, mi bloccai. Sotto quella perfetta chioma bionda, c'era una bellissima ragazza col sorriso smagliante e gli occhi delle stesso colore del cielo, molto alta e snella. Era la perfezione in persona. Si attaccò al collo di Justin e gli baciò più volte le guance. E credetemi, in quel momento volevo legarla ad una sedia e farle la ceretta alla testa, oppure legarla sui binari del treno e aspettare che venisse schiacciata da tonnellate e tonnellate di acciaio. Dentro di me c'era una guerra, non sapevo se essere triste o arrabbiata, non sapevo se dovevo dire a Justin di andare o restare. Non volevo che quella Dafne potesse portarmelo via, eppure non facevo niente per evitarlo.

-Justin? Cosa ci fa qui?- chiese lei, sorridendo.
-Sono in giro con una mia amica.- rispose lui, e in quel momento il mondo mi cadde addosso. -Piuttosto, tu cosa ci fai qui?-
-Sto facendo compere. Tra poco è Natale e devo ancora fare gli ultimi regali.-rispose lei, sorridendo ancora.
-Vuoi unirti a noi?- chiese Justin, io ero ancora bloccata.
-Non vorrei disturbare..- ecco, brava, E.V.A.P.O.R.A., avrei voluto dirle, ma non trovai il coraggio.
-Non disturbi affatto, vero Free?- mi chiese Justin, sorridendo.

Mi girai verso il suo viso e incrociai i suoi occhi, scossi la testa e sorrisi appena, un sorriso del tutto falso. Dentro di me stavo dicendo i migliori insulti a quella bionda cotonata, la stavo pestando a sangue e la stavo mandando via a calci in culo. Ma nella realtà, invece, ero ferma, immobile. Stavo sopportando le sue mani sulle braccia di Justin, stavo sopportando che incollasse il suo corpo a Justin, stavo sopportando che parlasse a Justin. Più semplicemente, stavo sopportando la sua presenza, senza opporre nessuna resistenza. E a Justin sembrava piacere la sua compagnia, non si era ancora reso conto che, così facendo, mi stava distruggendo dentro. Stava distruggendo me, ma sopratutto, stava distruggendo tutte le speranze che si erano create di diventare sua, sua e basta.

-
Che ne dici, Justin, potrebbe piacere a mia madre?- chiese la bionda a Justin, alzando una sciarpa.
-Non credo, secondo me è meglio prenderle qualcosa di più adatto.. Il rosa shocking non è proprio adatto a lei.-
-Hai ragione.- rise Dafne. Come una papera, ci terrei a precisare.
-Prendile questa.- disse Justin, passandole un'altra sciarpa.
-Ehm, ragazzi?- li chiamai, ma nessuno di loro sembrò prestarmi attenzione. -Volevo solo avvertirti che io vado.-
-Come vai? Dove vai?- mi chiese Justin, girandosi di scatto. Oh, finalmente ti sei accorto della mia presenza, tesoro.
-A casa, i muri sono più amichevoli.- feci spallucce. -Ci vediamo..- li congedai così semplicemente, poi mi girai.
-Aspetta, Free!- Justin mi prese il braccio. -Resta con noi.-
-Preferisco andare a casa.- sussurrai, pregando le lacrime di non uscire. -Puoi lasciarmi, per favore?-
-Ma..- strattonai il mio braccio, mi lasciò. Lo guardai un'ultima volta, incrociando i suoi occhi.
-Ci vediamo a scuola.-

Sussurrai piano, scandendo bene ogni parola. Mi rigirai, e quella volta non mi trattenne. Cominciai a camminare piano, le mani nelle tasce del cappotto e il viso completamente coperto dalla sciarpa. Lacrime amare scendevano dai miei occhi e il vuoto che sentivo fino a qualche settimana fa era comparso, di nuovo. Per Justin ero solo un'amica, quel bacio che c'era stato poche ore prima non era significato nulla per lui. Ero solo un'amica, un'amica, un'amica. Solo un'amica, una stupidissima e insulta amica.
'Va a farti fottere, Free. Va a farti fottere come sono andate a farsi fottere tutte le speranze che avevi.'  
urlai dentro me, sentendomi ancora più male.
'Un'amica, sei solo sua amica. Cosa credevi, che un ragazzo bello come Justin potesse innamorarsi di una ragazzina come te?'
continuò ad urlare una voce dentro la mia testa. Apparve il viso di Justin.
'Sei solo un'illusa, mia principessa.'
ripeté la voce nella mia testa, assumendo una sfumatura sempre più simile alla voce di Justin. Poi apparve il viso di mio padre.
'Tutti ti abbandonano, ancora non hai capito che nessuno ti vuole realmente?' chiusi gli occhi, mi fermai in mezzo alla strada e lasciai che le lacrime scendessero lungo il mio viso, pallido. Apparve il viso di mia madre.
'Sei sempre sola a casa, secondo te per quale motivo, Freedom? Sei talmente noiosa che anch'io, che sono tua madre, odio la tua compagnia.' basta. Basta.
Portai le mani alla testa e serrai forte gli occhi, mi inginocchiai nel bel mezzo della strada e pregavo perché quelle voci smettessero di parlare e quei volti di girare e di apparirmi. E poi si aggiunsero anche il viso di Diane, quello di Bruce, Rebecca Black, Nicholas, Boyce e Logan.. Tutti erano contro di me, nella mia testa, nei miei pensieri. Tutti erano contro di me, nessuno mi voleva realmente. Anche Justin si era stancato di me, anche lui aveva deciso di abbandonarmi per una sua 'vecchia amica'.
Ero sola, come lo ero sempre stata.

-Hei, chiunque di sia, alzati! Che ci fai in mezzo alla strada?!-

Urlò una voce dall'altra parte della strada, ma non l'ascoltai. Era tanto simile a quelle voci che sentivo nella mia testa e, forse, l'avevo sentita proprio nella mia testa. Infondo, a chi sarebbe dispiaciuto se una macchina mi avrebbe presa sotto?

-Dico a te!- urlò ancora il ragazzo, correndo verso di me. Allora non era la mia immaginazione? -Cosa ci fai in mezzo alla strada? Una macchina potrebbe passare e..aspetta, Aqua?- alzai piano lo sguardo, incrociando gli occhi marroni di Nicholas. -Aqua, cos'è successo?- si inginocchiò, abbracciandomi. -Perché piangi?-
-No, lasciami.- mi divincolai dalla sua stretta, singhiozzando. -Lasciami, lasciami!! Nessuno mi vuole, nemmeno tu! Lasciami!- Urlai, piangendo ancora di più. Mi alzai.
-Hei, ehi!- mi strinse ancora. -Aspetta, cos'è questa storia che nessuno ti vuole?- si alzò con me, bloccandomi per le spalle.
-Nessuno mi vuole.- sussurrai, il mio labbro inferiore tremava.
-Chi lo dice?- chiese Nicholas, ancora più preoccupato.
-Le voci.- risposi, continuando a piangere e a guardare un punto indefinito del paesaggio.
-Quali voci?-
-Quelle nella mia testa.- risposi, guardandolo negli occhi. -Papà mi ha abbandonata, mamma non è mai a casa, Justin si è già stancato di me.. Ancora un po' e anche Bruce e Diane mi diranno 'Sei ancora qua? Perché non vai da qualche altra parte?' e tu e Boyce e Logan mi rimpiazzerete con una ragazza più bella e simpatica di me, magari bionda, con gli occhi azzurri e un fisico perfetto.- singhiozzai.
-Aqua, piccola, perché dici così?- mi asciugò le lacrime. -Non è vero che nessuno ti vuole, anzi. Tua mamma ti ama, così come tuoi padre e anche Justin prova  dei sentimenti per te, si vede lontano un miglio che è pazzo di te. E credimi, io, Boyce e Logan non potremmo trovare un'amica migliore di te.- lo guardai negli occhi.
-E perché sono sempre sola?-
-Perché non dai a nessuno la possibilità di entrare nella tua vita per la paura di rimanere sola.- mi accarezzò il viso. -Posso accompagnarti a casa?- mi chiese, accarezzando il mio viso.
-Solo se dopo rimarrai con me.- gli chiesi, mentre altre lacrime rigarono il mio viso.
-Rimarrò solo se la smetti di piangere.-

Annuii e lasciai che poggiasse un braccio sulle mie spalle, mentre insieme camminavamo verso casa mia. E infondo aveva ragione, non lasciavo entrare nessuno nella mia vita perché avevo paura che questo qualcuno potesse lasciarmi sola, potesse abbandonarmi, potesse farmi del male. Con Justin era stato diverso, lui era entrato dentro me così, improvvisamente. Non aveva la chiave del mio cuore, eppure si era insediato al suo interno, aveva costruito un castello ed era seduto al suo trono, senza avere la minima intenzione di lasciarlo. Mi aveva stregata e mi aveva distrutta in un secondo. Era riuscito a farmi innamorare, ed era riuscito a farmi crollare il mondo addosso. Così, solo per gioco. Molto probabilmente se la stava spassando con quella Dafne mentre io ero lì a piangermi addosso. Cosa può fare l'amore.

-Aqua, mi hai sentito?- sbattei più volte le palpebre e mi concentrai su Nicholas, scuotendo la testa.
-No..-sussurrai.
-Non importa.- mi accarezzò il viso. -Rimaniamo in giardino sulla neve?- mi chiese.
-Così potrai andar via quando vuoi..- sussurrai.
-Allora entriamo dentro e chiudiamo la porta d'entrata a chiave, poi entriamo in camera tua e sbarriamo la porta e le finestre, dopodiché entriamo nel tuo bagno e ripetiamo lo stesso procedimento ed infine entriamo nella doccia. Così sarà più difficile per me andarmene.- ridacchiò, sorrisi anch'io. -Hei, ti ho fatto scappare un sorriso, sono un mito.- si pavoneggiò, prendendo le chiavi di casa dal mio cappotto e aprendo il portone. -Prego, signorina Aquamarine.- fece un inchino, entrai sorridendo.
-Merci.- tirai su col naso, appoggiando il cappotto all'appendiabiti. -Vieni.- gli presi il braccio e lo trascinai sul divano, accendendo la tv. -Adesso non te ne andrai più.- sussurrai, appoggiando la testa sulle sue gambe.
-Non me ne andrò.- sorrise.
-Ti voglio bene, Nicholas..- sussurrai ancora, sbadigliando. -Sei un vero amico.-
-Ti voglio bene anch'io, Aqua.- sorrise. -Sei la mia migliore amica, per te questo ed altro.-

Sorrisi appena e cerca di svuotare la mente, concentrandomi solo ed esclusivamente sulle carezze di Nicholas sui miei capelli. La testa mi scoppiava, avevo sonno e mi sentivo tremendamente stanca. Lentamente chiusi gli occhi e immaginai me e Justin, abbracciati, le nostre labbra unite come i nostri corpi, i nostri cuori che battevano all'unisono. Un sogno. Quello poteva essere solo un sogno. Sospirai e serrai gli occhi, forte. Strinsi il pantalone di Nicholas tra le dita e cercai di restare calma e di non scoppiare a piangere di nuovo. Nicholas capì che qualcosa non andava e mi sussurrò di stare calma. Continuò ad accarezzarmi la testa e lentamente mi calmai.. Be', forse non era male come idea quella di essere fidanzata con Justin solo nei miei sogni. Avrebbe fatto male quando l'avrei visto, ma almeno sarei stata felice, nei miei sogni..
Poi il cellulare prese a squillarmi. Lo presi in mano sospirando, avevo quasi paura di leggere chi mi stava cercando.

Da: Justin.<3
'Hei, principessa.. Perché sei andata via? Credevo non ti dispiacesse che Dafne si fosse aggiunta a noi, ma ovviamente mi sbagliavo.
Posso passare da te? Mi manchi, e voglio restare con te tutto il resto del pomeriggio a coccolarti.
Rispondimi, per favore.
xx Justin.'

E come se fosse ferito da tante piccole lame, il mio povero cuore cominciò a sanguinare. Lanciai il mio cellulare sull'altro lato della stanza e, distrutta, mi gettai tra le braccia di Nicholas e cominciai a piangere a più non posso. Cos'avrei dovuto fare? Il mio cuore mi incitava a chiamarlo, la mia testa continuava a urlarmi che ero una stupida. Piansi, piansi e continuai a piangere, pure l'anima avevo cacciato fuori. Stanca e amareggiata, mi stesi nuovamente sul petto di Nicholas e chiusi gli occhi, cadendo in pochi minuti in un sonno profondo.
Magari, nei miei sogni, sarebbe successo qualcosa di bello e per un po' avrei lasciato stare tutta quella merda che mi circondava.
...sperando solo di non sognare Justin.


I’m running out of time,
where is my runaway love?
Searching low and high,
know that I’m not given up,
I’d give it all up for us.



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Hallo.c:
Ciao pupe. c: Sono in un anticipo stramega enorme, amatemi lol. Questi ultimi giorni sono i più liberi che c'ho, ho quasi finito i compiti delle vacanze e mi sento libera come una farfalla. Be', vorrei essere una farfalla.. vorrei poter volare dove voglio, poter svolazzare da fiore a fiore, poter vedere le cose più belle della natura. E poi morire, dopo un solo giorno. Be', sicuramente dopo questo capitolo volete tutte farmi fuori, quindi diventare una farfalla mi conviene lol.
Quindi, adesso non mi dilungo e passo direttamente al capitolo. AAAAAALLORA?! L'ho scritto tutto ieri in due parti, avevo l'ispirazione a mille e succedono, come vedete, tante cose. La nostra piccola Freedom si sente sola, il piano infallibile di Dafne sembra dare i suoi frutti.. ma in bene o in male? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Mi lasciate un po' di recensioni per questo capitolo? Ci tengo tantissimo, vorrei sapere i vostri pareri.<3

COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più.
Vi amo.
Sharon.~


ps: perdonate gli errori, non ho riletto.

Seguitemi su Twitter akjslsgds. 
(chiedetemi il follow back.) 
Per domande o curiosità, askatemi pure. 
E se volete leggere la prima prima FF, ecco 'Do you believe in love?'


Bye ladies. 
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Capitolo 12
*** Capitolo 12. // E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio. ***


12. JUSTIN'S POV.
Farmi aiutare da Dafne per conquistare Freedom era stata la cazzata più grande che avessi mai fatto. Avevo visto Free andare via, da sola..la mia Free. Aveva detto che ci saremmo visti a scuola il giorno dopo, ma io non volevo vederla solo a scuola, cavolo. Io volevo stare con lei ogni minuto, ogni secondo, ogni attimo. Volevo passare giorni interi con lei, serate sul divano a vedere la TV, notti svegli a parlare  abbracciati sul suo letto. Volevo viverla, volevo che lei fosse mia. Non volevo vederla direttamente il giorno dopo, cos'avrei fatto tutto il pomeriggio a casa da solo? Mi sarei girato i pollici?
Bella mossa, Bieber.- mi intimò la mia coscienza, ma in quel momento la mandai a farsi fottere, sapevo di essere stato un coglione.
Parcheggiai la macchina fuori al vialetto di casa della mia principessa -se potevo ancora definirla tale. Era passata poco più di mezz'ora da quando era andata via, avevo da poco lasciato Dafne alle sue compere perché doveva dirmi altri dettagli sul suo fottuto piano. In pratica, dovevamo fare ingelosire Freedom per capire se realmente mi desiderava come io desideravo lei per poi dirle che era tutto uno scherzo, chiederle di stare insieme e vivere per sempre felici e contenti. Mi sembrava un piano perfetto, ma forse era solo l'arte della retorica che possedeva Dafne a far sembrare tutto Fottutamente perfetto.
E invece, sembrava che proprio con quel piano avessi rovinato tutto.
Una volta sceso dalla macchina, mi avviai a passo svelto verso l'entrata di quella piccola casetta imbiancata. Poco prima avevo mandato un messaggio a  Free ma non avevo ricevuto risposta. Le avevo scritto che mi mancava e che volevo passare il pomeriggio a coccolarla, in quel momento mi trovavo fuori casa sua proprio per poter fare ciò che avevo detto nel mio messaggio. Volevo sedermi con lei in braccio sul divano, accarezzarle il corpo e farla rilassare sotto al mio tocco, volevo farle capire che lei era l'unica per me ed io volevo essere l'unico per lei. Dato che però non avevo ricevuto risposta, avevo abbastanza dubbi sul fatto che volesse ancora vedermi.

Toc. Toc. Toc.

Con le nocche, bussai alla sua porta. Mossa stupida, dato che aveva una porta in legno massiccio e non si sentiva nulla.

Driin, driiin.

Mi allontanai di qualche decina di metri sentendo i passi di qualcuno dietro la porta, quest'ultima si aprì, ma  stranamente non incontrai gli occhi azzurri di Free.

-Nicholas? Cosa ci fai qui?- chiesi, perplesso.
-Cosa ci fai tu qui.- mi disse, squadrandoti. -Non ti è bastato far piangere Free già una volta? Vuoi il bis?-
-Cosa?- chiesi -Dov'è Free?-
-Sta dormendo.- rispose scocciato. -Non sai cos'ha passato fino a poco fa.-
-Cos'è successo?-

Chiesi, ancora più preoccupato. Non volevo che fosse successo qualcosa a Free a causa mia, non mi sarei mai perdonato una cosa del genere. L'avevo fatta piangere? Quando Nicholas me lo disse mi cadde tutto il mondo addosso, il solo pensiero che la mia piccola avesse versato qualche lacrima a causa mia mi faceva salire la nausea, sopratutto dopo tutto ciò che le avevo detto. Non volevo che stesse male, io volevo la sua felicità, il suo sorriso. Ero stato solo un coglione ad accettare la proposta del piano.
Nicholas scosse la testa e aprì completamente la porta per farmi entrare, dopodiché entrammo in cucina, Nicholas chiuse la porta alla nostre spalle e ci sedemmo al tavolo. Sinceramente, mi dava fastidio la sua presenza a casa di Free.Non ero abituato a vederla con altri ragazzi, era sempre e solo stata con me in quei giorni e non volevo assolutamente che qualcun'altro potesse rubare ciò che apparteneva a me.

-Non so cosa sia successo.- cominciò Nicholas, interrompendo i miei pensieri. -So solo che ho trovato Aquamarine inginocchiata in mezzo alla strada, aveva la testa fra le mani e piangeva. Inizialmente non l'ho riconosciuta, poi ho capito che era lei quando ha alzato la testa. Mi ha detto che dovevo lasciarla perché tutti l'abbandonano e la lasciano sola, tutti si stancano di lei. Suo padre, sua madre..- sospirò.-..tu..- scosse ancora la testa, mentre mille lame mi trafiggevano il cuore. -Senti Justin, so che sei molto più grande di noi e puoi considerare Freedom ancora una bambina, solo..non illuderla. Ha pianto l'anima poco fa, è stata malissimo e non faceva altro che piangere e soffocare le urla sulla mia maglia. Io le voglio bene, è la mia migliore amica. Non voglio che accadano più cose simili.- chiusi gli occhi.
-Io non la considero una bambina.- riaprii lentamente gli occhi, piantandoli in quelli di Nicholas che silenziosamente mi intimavano di continuare. -A me Free piace davvero.-
-E allora perché ha detto che l'hai abbandonata e che ti sei stancato di lei anche tu?-
-Perché sono un fottuto idiota, ecco perché.- dissi semplicemente, fissando il soffitto.  
-Come, scusami?- chiese Nicholas, alzando un sopracciglio.
-È partito tutto da oggi pomeriggio..- cominciai a raccontare, partendo dal mio incontro con Dafne.

Gli raccontai di tutto: dei miei sentimenti, del piano, dell'uscita che dovevo rifiutare, dell'incontro ai mercatini di natale. Nicholas sembrava ascoltarmi interessato, stava in silenzio e aspettava che io finissi di parlare per dirmi di continuare, voleva sapere tutto nei minimi dettagli. Ed era anche comprensibile, ci teneva a Freedom e glielo dimostrava, a differenza mia che avevo dimostrato il contrario.

-Hai ragione.- disse Nicholas, non appena finii. -Sei un fottuto idiota.-
-Il fatto è che non volevo farle del male, non era la mia intenzione. Volevo semplicemente farla ingelosire.-
-Credimi, la gelosia l'avrà mangiata viva.- ridacchiò, sorrisi anch'io. -Dovresti dirle la verità.-
-Sono venuto qui a posta.-
-Oggi non ti conviene..- mi guardò negli occhi. -È stata davvero male e lo sarà ancora, non vorrei che si mettesse a piangere ancora o che ti cacciasse via a calci in culo. Lo farai domani, quando le acque si saranno calmate. Così puoi prepararti un discorso.-
-Hai ragione.- sorrisi. -Amico, non è che ti piace Free?- gli chiesi,  riducendo gli occhi a due fessure.
-Calma, cowboy.- rise. -È la mia migliore amica e da tale le voglio bene, stop.-
-Ottimo.- incrociai le braccia a petto. -Perché altrimenti avrei dovuto ucciderti e nascondere il cadavere.-
-Meno lavoro per te.- rise ancora, mi unii anch'io alla sua risata.
-Adesso credo che sia meglio che vada. Non vorrei che si svegliasse all'improvviso e che cominciasse a piangere a causa mia.-
-Credo sia meglio.- annuii, mi accompagnò alla porta. -Mi raccomando, Justin. Non deluderla.-
-Non lo farò, è la mia piccola.-

Dissi semplicemente, per poi girarmi e camminare verso la mia macchina.
Oh no, non l'avrei delusa.
Non avrei commesso un'altra volta lo stesso sbaglio, sopratutto con lei.
Che era la ragazza di cui ero innamorato.

FREEDOM'S POV.
Sospirai pesantemente prima di muovere il mio viso su una superficie ruvida e scomoda, brava quasi che ci fossero dei gancetti di ferro. Lentamente aprii gli occhi per poi richiuderli subito dopo,quello che riuscii a capire fu solo che ero in salotto e stavo dormendo sul divano. Grugnii e strinsi attorno al mio corpo il plaid di lana che era appoggiato sulla mia schiena, sapevo che avrei dovuto mettere qualcosa di più pensate addosso. Mossi ancora  il mio viso su quella strana superficie, non era la morbida stoffa del divano, sembrava quasi..un paio di jeans. Sospirai ancora, per poi mettermi a pancia in su in modo tale da avere un contatto visivo con la persona su cui mi ero addormentata, ossia Nicholas.

-Buonasera, bella addormentata.- sorrise, gli regalai un piccolo sorriso anch'io.
-Ciao.- sussurrai, chiudendo nuovamente gli occhi. -Che ore sono?-
-Le otto di sera, mamma mi ha già chiamato tre volte.- ridacchiai, sorrisi anch'io.
-Sei rimasto qui tutto questo tempo?-
-Io non ti lascio.- sussurrò, accarezzando il mio viso. -Sono o non sono un ottimo migliore amico?!- chiese, dandosi le arie. Ridacchiai appena.
-Lo sei, per questa volta te lo concedo.- scossi la testa, alzandomi. Subito lo abbracciai. -Grazie.- sussurrai al suo orecchio.
-Servono a quegli gli amici.-

Sussurrò a sua volta, e feci un sorriso vero. Chiusi gli occhi e mi abbandonai all'abbraccio, mentre le immagini del pomeriggio appena passato tornarono come flash a impadronirsi della mia mente. Prima Justin che mi baciava, poi il suo ritorno, l'incontro ai mercatini, il mio pianto in mezzo alla strada, le mie urla, il messaggio.. Non è vero che il buongiorno si vede dal mattino, perché infondo la mattinata era cominciata perfettamente, poi la mia giornata si era guastata  col tempo. Grazie al cielo c'erano gli amici, sempre pronti a starti  vicino e a sorreggerti. Come sarebbe stata una vita senza amici? Sicuramente come un cielo di notte senza luna o come una rosa senza spine. Che bellezza c'è? Infondo, sono proprio le spine che caratterizzano la rosa, e allo stesso tempo sono gli amici che rendono la tua vita migliore. Non ne avevo tanti, ma quei pochi erano i migliori e gli volevo davvero un bene dell'anima. Sopratutto a Nicholas, mi sentivo davvero bene quando stavo con lui e mi era sempre vicino. Anche perché vivevamo nello stesso quartiere, era più facile per noi vederci. Quanto desideravo che almeno lui, Boyce e Logan non mi abbandonassero..

-Adesso, però, devo andare.- mi disse staccandomi con gentilezza dal suo corpo, proprio nel momento in cui una lacrima solcò il mio viso. Annuii e l'asciugai velocemente. -Non piangere, okay?- annuii ancora. -Se hai bisogno di me mi chiami, e se mi vuoi sarò qui in un lampo.- sorrise, annuii ancora.
-Va bene.- sorrisi appena, la voce leggermente strana a causa del pianto. -Grazie Nicholas-
-Smettila di ringraziarmi.- ridacchiò, mi alzai dal divano e così fece anche lui.
-Ti chiamo dopo, posso?-
-Quando vuoi.- mi batté il pugno, poi mi accarezzò il viso.
-Mi accompagni tu a scuola, domani?- chiesi, ancora.
-Non lo vuoi proprio vedere, eh?- scossi la testa, sospirando. Sorrise e annuì. -Ti voglio bene.-
-Te ne voglio anch'io.-

E fu così, che Nicholas andò via e mi ritrovai nuovamente sola dentro casa.
Tutto era completamente buio tranne il salotto, la TV era l'unica cosa che trasmetteva un po' di luce. Quel posto così buio e vuoto mi metteva tristezza. Mancava poco a Natale, eppure non c'era un solo addobbo, una sola luce. Mi bastava sbirciare di fronte per vedere una splendida casa completamente bianca e illuminata, mentre la mia? Era buia, spenta, vuota. Già, vuota. Come mi sentivo io. Ero come una scatola, un contenitore: avevo una forma, ma all'interno c'era il nulla. Tutto era grigio, e non solo perché era quello il colore che predominava in quell'atmosfera tanto cupa. Sembrava quasi Halloween, non Natale.
Salii le scali e andai su, in bagno. Accesi la luce vicino allo specchio e mi spaventai alla visione del mio riflesso: viso pallido, occhi gonfi e lucidi,trucco sciolto, labbra screpolate, capelli che avevano deciso una acconciatura da soli. Ero letteralmente orribile. Come poteva Justin stare con me? Come potevo minimamente pensarlo? Presi una spazzola e cominciai a pettinarmi i capelli, dopodiché mi lavai il viso, tolsi il trucco e passai del burro cacao sulle mie labbra. Okay, ero poco meno terrificante. Non sapendo cosa fare, scesi in cucina con l'intento di preparare qualcosa a mia madre, non trovando un granché nel frigo, misi le scarpe, mi coprii per bene con una sciarpa, un cappello e il mio amatissimo giubbotto e uscii di casa. Sicuramente era meglio di stare in quella casa.
L'aria fredda picchiettava sul mio viso ancora umido, la voglia di piangere era tanta ma mi trattenni, non potevo piangere ancora in pubblico. Arrivai poco dopo al supermercato e cominciai a girovagare per le corsie, cos'avrei potuto prendere? Mentre camminavo, qualcosa attirò la mia attenzione. Era un piccolo pacchetto blu, confezione da cinque, dei ricambi. Ne avevo comprati così tanti.. Quasi come una ladra, guardai furtivamente a destra e a sinistra, presi il pacchetto, lo misi in tasca velocemente e mi allontanai dalla corsia, prendendo solo cose da mangiare.
E cosa fai quando ti senti male e vorresti sentirti meglio? Fai tutto ciò che serve a farti stare peggio.

ORE 10:00 p.m.

-
Tesoro, sei sicura di non volere niente da mangiare?- mi chiese mamma, posando i piatti. Scossi velocemente la testa.
-Ho mangiato prima.- sorrisi appena, passandole un altro piatto.
-Come va con Justin?-
-Bene.- mentii, sentendo le lacrime appannarmi la vista. -Mammina, vado a letto che sono stanca.-
-Va bene, piccola.- mi accarezzò il viso, chiusi gli occhi. -Ricordati che la mamma ti vuole bene.-
-E ricordati che tua figlia te ne vuole di più.- sorrisi appena, per poi girare le spalle e andare al piano di sopra.

Il vuoto dentro era ancora più forte, senza Justin mi sentivo spenta e di lui non avevo più notizie. Credevo che almeno un po' gli importasse di me, e invece? Mi ero solo illusa. E mi ero innamorata. Mi ero illusa e innamorata, un mix perfetto per stare bene insomma. Salii di sopra e mi chiusi la porta alle spalle, sospirai frustrata e la prima cosa che feci fu buttarmi sul letto a peso morto, come se veramente il mio corpo fosse davvero da buttare, fosse davvero una scatola vuota. Presi un cuscino, lo portai al viso e urlai, scacciai tutta la mia rabbia, la mia malinconia, la mia amarezza, la mia anima. Le lacrime si mischiarono alle mie urla, dopo aver finito non mi sentivo meglio ma peggio. Avevo voglia di rompere tutto, di rendere tutto come me. Perché ero spezzata, così come il mio cuore. Era come se il mio corpo avesse subito un incontro di box o fosse stato investito da un treno. Non avevo forza nelle mani, nelle braccia, nelle gambe. Tremavo, il mio corpo tremava e, per paura che mamma potesse vermi in quelle condizioni, mi avventai sulla porta e la  chiusi a chiave, per poi girarmi velocemente verso l'armadio e scavare all'interno delle mie scarpe, dove avevo nascosto quella scatoletta blu. Con gli occhi infuocati e voglia di vivere pari a zero, aprii il pacchetto e tirai fuori una di quelle cose, non avevo nemmeno il coraggio chiamarle per nome. Corsi in bagno, mi guardai ancora allo specchio e cominciai a piangere ancora, cadendo a terra sul pavimento.
Come può Justin volermi?
Perché mi ha riempito solo la testa di fandonie?
Perché non è con me?
Perché non mi ha più scritta?
Perché io sono qui a piangere mentre lui è con quella Dafne a fare chissà cosa?
Perché non posso essere anch'io felice col mio principe azzurro?
Perché?
E come se avessi appena fatto un salto nel passato, chiusi gli occhi, fermai le lacrime e riaprii gli occhi, fissando il mio braccio.
Sapevo già cosa fare.


GIORNO SEGUENTE,
FREEDOM'S POV.
La sveglia suonò e no, non saltai quella volta. Ero già sveglia da un pezzo, non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Pensavo e ripensavo a ciò che era successo il giorno prima, la sera prima. Cos'avevo fatto? La più grande cazzata della mia vita. Con la forza di un lemure, mi alzai dal letto e toccai il pavimento con i piedi, non sapevo dov'erano le pantofole e non avevo voglia di cercarle. Mi avvicinai all'armadio, presi un jeans stretto chiaro, una cannottiera rosa pallido e un maglione sul verde militare, dopodiché mi recai in bagno e, senza neanche prestare attenzione al mio riflesso, cominciai a lavarmi. Tanto già sapevo di essere orribile. Quando mi vestii, feci attenzione alla fasciatura che avevo sul braccio, mi tirava tanto il braccio e mi faceva male, la mano mi tremava e mi sentivo tanto debole. Ero andata più a fondo quella volta, ma non più a fondo delle lame che stavano incidendo il mio cuore ogni qual volta pensavo a Justin..

-Freedom, amore, svegliati.- mamma continuava a bussare alla porta, non sapendo che ero già sveglia. -Farai tardi a scuola.-
-Mi sto già preparando.- urlai dal bagno, con una voce spenta, atona.
-Oh, allora ti aspetto giù per la colazione.-
-Non ho fame.- urlai ancora. -Mangerò dopo qualcosa al bar.-
-Va bene, tesoro.- sentii mamma sospirare, dopodiché sentii i suoi passi che si allontanavano.

Mi dispiaceva deluderla in quel modo, ma avevo lo stomaco chiuso. Certo, mi sentivo vuota, ma di certo non era la mancanza di cibo a farmi quell'effetto. In poco meno di venti minuta fui pronta, truccai pesantemente i miei occhi e il mio visto cercando di non far notare gli altri i segni della mia notte passata in bianco, ma inutilmente: avevo gli occhi piccoli e lucidi, l'aria stanca e le borse sotto agli occhi. Inoltre ero tanto, troppo pallida. La testa mi girava e il braccio mi faceva male, ma il dolore non era paragonabile al male che sentivo dentro al mio cuore. Era una lotta quella, una lotta tra me e il lato negativo dell'amore. E purtroppo, stava vincendo. Era una guerra in cui non riuscivo a farmi valere, stavo per essere sconfitta.
Scesi velocemente le scale e andai in cucina da mia mamma.

-Buongiorno.- sorrisi, prendendo un sorso d'acqua.
-Buongiorno, sei molto carina oggi.- sorrisi appena.
-Grazie, mamma.- le baciai una guancia, per poi prendere un pacco di cracker dalla dispensa, giusto per far vedere a mamma che non era cambiato niente.
-Hai un appuntamento speciale?-
-No.- scossi la testa, prima di sentire il cellulare vibrare. -Devo andare, a questa sera.- le baciai un guancia.

Uscii poi di corsa, sia dalla cucina che dalla casa. Non volevo che mi chiedesse di salutarle Justin o qualcosa inerente a Justin, preferivo evitare certe domande o proposte. Una volta vista la macchina di Nicholas, saltai al suo interno e rimasi sorpresa quando vidi che non era il solo in quell'auto.

-Boyce? Logan? Cosa ci fate qui?- chiesi, sorridendo apertamente.
-Nicholas ci ha detto che sei stata male ieri, quindi abbiamo preso un pullman che ci ha portato qui solo per vederti.- spiegò Logan, gli sorrisi.
-Ci siamo svegliati alle cinque, mi chica, alle cinque!- ridacchiai e li abbracciai entrambi, dimenticandomi per un secondo tutto.. tranne il braccio. Infatti ansimai, quando mi strinsi troppo a Logan.
-Cosa c'è?- chiese Nicholas, girandosi verso di me.
-Nulla, perché dovrebbe esserci qualcosa?- tremai e mi paralizzai sul sediolino, ecco cosa succedeva quando andavo in panico.
-Freedom, ehi, tranquilla.- Logan poggiò un braccio sulle mie spalle e mi girò il viso verso il suo. -Tranquilla, non preoccuparti. Respira e sta tranquilla.- chiusi gli occhi e sospirai.
-C'è qualcosa che non va?- mi chiese Boyce, accarezzandomi una gamba. Scossi la testa.
-Quando vuoi, puoi parlarne con noi, okay?- annuii ancora.

Sospirai e chiusi ancora gli occhi, era bello avere degli amici come loro. Per tutto il viaggio restai in silenzio tenendomi il braccio allo stomaco e trascinando il dito su tutta la fasciatura, si riusciva a sentire da sotto la maglia. Ero stata così stupida. Mentre i miei amici continuavano a parlare, io chiusi gli occhi e mi rifugiai nel mio silenzio. Immaginai di vivere in un mondo solo mio, tutto mio. Un mondo dov'è Natale tutto l'anno, dove c'è sempre la neve e tutti sono sempre felici. La mia casa era grande, luminosa e illuminata da luci e addobbi natalizi, al suo interno c'erano tante stanze e anche una in cui avevo una fontana di cioccolata. Lì Justin mi aspettava con una cioccolata e un muffin alla zucca, come la nostra prima uscita.. Perché pensavo sempre a lui? Perché tutto mi ricordava lui?

-Aqua, ehi?- Boyce mi scosse, saltai e mi toccai il cuore.
-Cosa c'è?- dissi con gli occhi spalancati, respirando male.
-Avevi gli occhi aperti e fissavi il nulla, eri inquietante piccola.- Logan rise, sorrisi anch'io.-Be', inquietante era la tua impressione, oggi di trovo davvero bella.-
-Justin cadrà ai tuoi piedi.- disse Boyce, chiusi gli occhi e abbassai la testa mentre Nicholas e Logan gli diedero contemporaneamente uno schiaffo sulla nuca. -Free, scusa, io..-
-Non importa.- lo bloccai, sorridendo appena. -Che ne dite, andiamo?-
-Certo.- disse Boyce, sorridendo e baciandomi una guancia.
-Però non uscire ancora.-disse Nicholas. -Te lo porto io lo zaino, le tue braccia oggi sono particolarmente deboli. Vero, Aqua?- mi paralizzai e morsi il mio labbro inferiore, due secondi dopo si trovava al mio fianco. -Ma non preoccuparti, ci siamo noi a farti da braccio sinistro.- mi sorrise, così come Logan e Boyce che sembrarono afferrare al volo il concetto.

E sorrisi anch'io, abbracciandolo appena. Loro tre erano gli unici che sapevano del mio piccolo segreto e non mi avevano abbandonata, anzi. Mi erano stati vicino e mi avevano aiutato a superare quel periodo grigio della mia vita. Periodo, che stava ritornando. Scesi dalla macchina, mi avvicinai ai miei tre amici e insieme ci incamminammo verso il cortile della scuola. C'erano ancora poche persone, tra cui riuscii a riconoscere la chioma bionda di quella Dafne. Mi guardò e mi sorrise, dopodiché si girò e corse incontro a qualcuno. La seguii con lo sguardo, e nel momento in cui si gettò tra le braccia di Justin il mondo mi cadde addosso. Lui la fece girare, le baciò una guancia e la prese per mano. Quasi come se fossero..una coppia. Li guardai, poi guardai me, riguardai loro, poi i miei amici, poi la testa cominciò a girarmi.
Ricordo solo che chiusi gli occhi, e tutto ciò che vidi dopo fu solamente il buio.
Okay, avrei dovuto mangiare qualcosa in più. 


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Hallo.c:
Ciiiao bellissimeee! Come state?! Perdonatemi se pubblico solo adesso, è stata una settimana davvero..come dire..strana, per me. Ho fatto cose che non dovevo far, sono stata male, ho pianto e non trovavo la forza nelle braccia, proprio come la piccola Free. Non riuscivo a scrivere e non volevo fare cose depresse, ma purtroppo questo capitolo mi è venuto lo stesso depresso. Quindi non mi dilungo, ma vi prometto che il prossimo capitolo sarà più bello di questo. O almeno, lo spero lol.
Bene, bene, bene, a voi che ve ne pare? Lascio a voi i commenti, spero di sentire qualcosa di positivo lol.
Voi avete tumblr? Se sì, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se vi va, io sono -->
http://www.tumblr.com/blog/diiiistance 

COME SEMPRE, VORREI RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE LEGGONO LA MIA STORIA. 
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE. 
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più. 
Vi amo. 
Sharon.~

Ps: mi scuso per eventuali orrori (scritto a posta con la 'o' lol), non ho riletto!!

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Bye ladies. 
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Capitolo 13
*** Capitolo 13. // Non ti lascio. ***


13. Beep. Beep. Beep.

-
Si sta svegliando?- sentii una voce.
-Non lo so.- disse una voce diversa.
-Però si sta muovendo.- rispose, ancora un'altra voce.
-Andiamo, Aqua, svegliati..-

Beep. Beep. Beep.

-Ma non possiamo spegnere questo coso?-
-Idiota, questo coso ci dice se il suo cuore batte regolarmente oppure no.-
-Questi 'beep' mi stanno portando all'esaurimento!-
-I 'beep', ti stanno portando all'esaurimento, Logan?-
-Anche.- sospirò. -Perché non si sveglia?-

Beep. Beep. Beep.

-Ha urtato forte la testa col pavimento, ci vorrà ancora un po'..- sussurrò, la voce dall'accento spagnolo.
-Io spero che si svegli presto..-
-Lo farà, Aqua è forte.-

Beep. Beep. Beep.

Mossi piano la testa, delle fitte atroci partivano dalle tempie fino ad arrivare al cervello. Avevo un male atroce dappertutto, sopratutto nelle gambe e nelle braccia, quest'ultime quasi non le sentivo più. Sopratutto il braccio sinistro, era come se ci fosse qualcosa al suo interno. Provai a muovere le gambe, poi il bacino. Era come se il mio corpo fosse completamente addormentato, avevo fastidio non appena provavo a muovermi. Mugugnai qualcosa di incomprensibile e aprii gli occhi, prima di richiuderli velocemente  e strizzarli non appena una luce forte mi accecò. Cos'era successo? Dove mi trovavo?

Beep. Beep. Beep.

-Dove sono?- mugugnai ancora, sospirando.
-Free! Dio, ragazza, ci hai fatto prendere un colpo.- Logan si scaraventò su di me, gemetti dolorante. -Cazzo, scusa, scusa, scusa, piccola, scusa!-
-Tranquillo.- sussurrai, sorridendo appena. Cercai di aprire gli occhi.
-Ci hai fatto prendere un colpo, Aqua.- Nicholas mi strinse la mano, corrugai le sopracciglia.
-Cos'è successo?-
-Sei svenuta e hai sbattuto la cabeza.- disse Boyce, indicando la testa.
-Sono svenuta?- sussurrai, cercando di rimettere insieme tutti i pezzi.

Beep. Beep. Beep.

Non ricordavo un granché, era come se avessi rimosso tutto ciò che era successo. Ricordavo di non aver dormito, che Nicholas e i ragazzi erano venuti a prendermi, che eravamo arrivati a scuola, che Nicholas aveva capito che mi ero tagliata, che eravamo arrivati sotto l'atrio. E poi ricordavo di quella biondina cotonata di Dafne, e..del suo abbraccio con Justin. Chiusi gli occhi e strinsi i pugni per quello che potevo, un senso di rabbia e di delusione si impossessarono del mio corpo. La cosa che più mi rendeva triste, era che Justin non mi avesse minimamente calcolata. Ero praticamente caduta a terra priva di sensi davanti ai suoi occhi, possibile che non se ne fosse accorto? Non si era nemmeno degnato di lasciarmi un biglietto, o un messaggio.. e dire che avrei avuto storia alla quinta ora quel giorno, quindi l'avrei rivisto sicuramente. Ma a proposito, che ore erano? In quel momento, sperai con tutta me stessa che fosse già ora di andare a casa.

Beep. Beep. Beep.

-Sì, sei svenuta tra le mie braccia.- disse Logan, scuotendo la testa. -È stato terribile.-
-Sei stata qui tres horas.- Boyce mi accarezzò il viso. -Ahora c'è ricreazione.-
-Siete rimasti con me tutto questo tempo?- chiesi, osservando il mio braccio sinistro: avevo una flebo.
-E non immagini quanto abbiamo dovuto pregare la preside per restare qui, Aqua.- ridacchiò Nicholas, scappò un sorriso anche a me.
-Immagino.- ridacchiai ancora. -Siete stati qui solo..solo voi?-
-Se intendi quel pezzo di merda, sì, voleva entrare.- rispose Logan, freddo.
-E..?-
-E non lo abbiamo fatto entrare.- Boyce fece spallucce. -Chica, sotto questa fascia c'è chissà cosa e l'hai fatto per colpa sua. Col cazzo lo facevamo entrare.-
-Boyce, perché prima parli spagnolo e poi sei il più cafone dei cafoni?- ridacchiai, cercando di scacciare Justin dai miei pensieri.
-Devo hablar español?- mi disse, alzando un sopracciglio.
-Ti fa più sexy.- dissi semplicemente, provocando la risata dei miei amici. -Potete chiamare qualcuno? Non voglio restare stesa.-
-Per prima cosa, spegniamo la macchina che fa 'beep'. Infondo sei viva, no? Non serve più.-

Ridacchiai alla stupidità di Logan, ma allo stesso tempo era troppo tenero. Boyce andò a chiamare l'infermiera che, arrossendo, venne ad aiutarmi. Possibile che Boyce facesse colpo anche sulle donne più grandi di lui di vent'anni? Che potenza che possedeva, ragazzi. Dopo che mi staccarono tutti i fili che avevo attaccati al corpo, Prolet -l'infermiera- mi fece bere un bicchiere contente dell'acqua e dello zucchero per cercare di regolare ancora un po' gli zuccheri presenti nel mio sangue e mi aiutò ad alzarmi. Nicholas e Logan erano attaccati a me come cozze, Nicholas mi sosteneva dietro la schiena mentre Logan aveva un braccio poggiato sulle mie spalle. Boyce, invece, lasciava il suo numero all'infermiera.

-Credo di aver fatto colpo sull'infermiera.- esultò, non appena tornò da noi.
-Fai schifo.- arricciai il naso, rabbrividendo.
-Hei, è una stallona bulgara molto sexy, hai visto che fisico che c'ha?!-
-Sì, e ho visto anche la sua carta d'identità. È nata il primo giugno del 1889.- Boyce alzò gli occhi al cielo sorridendo, io ridacchiai.
-È nata nel 1989, infondo ha sì e no sette anni in più.-
-Contento tu.- ridacchiai.
-Vogliamo parlare dell'innominabile?- mi stuzzicò, sorrisi appena.
-Io a Justin non interesso.- risposi, senza emozioni. Nicholas accentuò la presa sul mio fianco, gli sorrisi. -Tranquillo Nicos, è okay. Me ne farò una ragione.-

Sospirai e chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi. Il solo pensiero di Justin mi devastava, chissà cosa voleva dirmi o cosa voleva fare. Almeno si era accorto di me e già era un buon segno, be', in un certo senso era un buon segno, perché non sapevo cosa aspettarmi durante l'ora in cui sarebbe stato in classe nostra. Sospirai ancora frustrata e continuai a camminare cercando di liberare la mente, non potevo continuare a pensare sempre e solo alle stesse cose, o meglio, non potevo continuare a pensare sempre  solo alla stessa persona.
In pochi minuti, arrivammo in classe. La professoressa di francese, non appena mi vide, subito si affrettò a mettermi un braccio dietro alla schiena e a portarmi a posto, chiedendomi come stavo. Le risposi con un semplice 'meglio', quando invece mi sentivo sempre più ansiosa. I minuti passavano velocemente, la professoressa Moreau a breve sarebbe uscita da quella porta in legno bianca per lasciar spazio alla lezione di storia, e al suo supplente. Non volevo che Justin entrasse in aula, non volevo sentire la sua voce. Quella voce, così bella, così penetrante.. ogni qual volta parlava, le sue parole colpivano dritte al mio cuore, quella era una voce che riusciva ad entrarti dentro senza troppe difficoltà.
'Adesso sei la mia piccola e ti cresco io.'
'
Baby think of me, if it helps to get you home.'
'E se fosse già arrivata?'
'Sei così bella, Free.'
'Voglio viziarti, mia piccola principessa.'
'Vuoi la verità? Sì, sono geloso. Perché sei mia, e la roba mia non si tocca.'
'Y
ou're my one and only christmas wish.'
'
E a me piace tanto tenerti tra le mie braccia.'
Dio, perché non smettevo di pensare a tutte le sue parole?

Driiiin.

Panico. Paura. Ansia. Panico. Paura. Ansia. Panico. Paura. Ansia.
Tutto un mix di emozioni spiacevoli presero il sopravvento del mio corpo. Sbiancai e cominciai a sudare freddo, chiusi gli occhi e appoggiai la testa al muro. Girava tutto. Sospirai ancora, mi feci coraggio e tirai dalla borsa il libro di storia col quaderno, dove avevo accuratamente deposto il tema che avevo fatto il giorno prima quando Justin era andato via in modo tale che potessi fare i compiti. Presi il tema tra le mani e cominciai a leggere le prime righe cercando di capire qualcosa, ma la mia mente mi impediva di concentrarmi. Leggevo e rileggendo, ma l'unica cosa che vagava per la mia mente era: 'Justin, perché non sei qui con me ad abbracciarmi?'

-Hei, ragazzi.- un biondo con la ventiquattrore e un sorriso stamapato sul volto entrò in classe, tutti si alzarono.

Tutti, tranne me.

-E ragazze.- aggiunse Justin, sorridendo ancora.
-Buongiorno, prof.- disse la classe, compresi i miei amici.

E io invece? Restai semplicemente seduta al mio posto.

-Freedom, ho visto che non sei stata bene stamattina.- disse Justin, avvicinandosi al mio banco e poggiandoci sopra le mani.
-Già.- sussurrai, fissando il banco. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
-Come stai, ora?- chiese, la voce dolce e piena di preoccupazioni.
-Come potrei stare?- gli chiesi, alzando un sopracciglio e guardandolo per la prima volta negli occhi.
-Ho solo chiesto, calma cowgirl.- mi sorrise, io rimasi seria. Abbassò lo sguardo e sospirò, togliendo le mani dal mio banco.

Sospirai anch'io, poggiai la testa sul muro e chiusi gli occhi, immaginando i suoi. Era da meno di ventiquattro ore che non li incontravo, eppure mi mancavano così tanto. Senza di lui mi sentivo vuota e persa, come avrei fatto a non averlo accanto? Era diventato parte di me ormai, come avrei fatto a dimenticarlo così, da un giorno all'altro? Mi ci sarebbe voluto tempo, tanto tempo. E sicuramente, averlo nella mia stessa classe come supplente non era il modo più adatto per farlo.
Ma il punto è che non voglio dimenticarlo.. - sussurravo a me stessa, mentre continuavo a sfogliare il libro di storia.

-Bene, avete fatto i vostri compiti?- mi svegliò la voce di Justin,  cercai in tutti i modi di non alzare lo sguardo per guardarlo.
-È la prima volta che faccio i miei compiti con tanta voglia.- rise Paul.
-Ne sono contento.- rise. -Adesso facciamo una cosa un po' strana.  Partendo dal banco di Freedom e Nicholas, ognuno di voi dovrà leggere una parte del tema che avete scritto e dire come mai avete deciso di commentare proprio quella parte. Freedom, comincia tu. Voi ascoltate.- Justin si avvicinò al mio banco, alzai lo sguardo.
-No.- dissi fermamente, tornando a fissare il libro.
-Come, scusa?- chiese, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi alla parete. Mi alzai.
-Ho detto no.- lo fissai con rabbia. -Non ci senti?!-
-Freedom, non hai il diritto di parlarmi così, sono il tuo insegnante e devi fare ciò che ti dico.-
-Devo fare ciò che mi dici? Oh no, ti sbagli, Justin! Io non faccio un bel niente. Vuoi smetterla di dirmi cosa devo fare e cosa non devo fare? Vuoi smetterla di parlarmi come se niente fosse? Sei entrato nella mia vita, hai rubato il mio cuore e alla fine l'hai spezzato, ti sembra niente questo?! Lasciami stare, esci dalla mia vita e non farmi più soffrire.-

Quasi urlai, le lacrime che rigavano il mio viso e la rabbia che usciva da ogni parte del mio corpo. La mia voce, durante l'ultima frase, si affievolì sempre più, quasi come se fosse diventata un sussurro. Justin rimase immobile, i suoi occhi sbarrati e le labbra semi aperte. Singhiozzai, presi la mia borsa e tutto ciò che avevo sul banco velocemente e uscii dalla classe, sotto lo sguardo allibito di tutti. Nessuno aveva proferito parola durante il mio sclero, tutti erano attenti a ciò che dicevo e la maggior parte rimasi quasi sbalordita dopo la mia 'dichiarazione'. Avevo praticamente ammesso che ero innamorata di Justin, che in quel momento era il mio insegnante, davanti a tutta la mia classe. Era stato sicuramente lo sbaglio più grande che potessi mai fare.
Singhiozzando, mi chiusi nel bagno delle donne e cercai in tutti i modi di fermare le mie lacrime, sembravo praticamente un panda. Mi sciacquai il viso con quell'acqua fredda, cercai di aggiustare il trucco nel migliore dei modi e poi uscii, diretta nell'atrio. Quelle parole, avevo fatto male a urlargliele contro? Io non volevo che mi lasciasse stare, non volevo che uscisse dalla mia vita. Lui era la luna che illuminava la notte, lui era quella luce che illuminava il nero della mia vita. Ed io lo volevo con me, da egoista. Lo volevo mio, solo mio. Volevo poterlo baciare e abbracciare ogni qual volta ne avevo voglia, volevo potergli prendere la mano e passeggiare romanticamente, volevo potergli sussurrare che era la mia vita senza vergogna. Non volevo che se ne andasse via, per sempre..
Dopo essere uscita dal bagno, mi ritrovai a girovagare tra i corridoi della scuola senza una meta ben precisa. Mi sentivo tanta stanca e debole, l'unica cosa che mi sembrava più giusta da fare era uscire da scuola e avvicinarmi alla macchina di Nicholas, e così feci. Uscii da scuola, mi appoggiai alla macchina di Nicholas e aspettai il suono dell'ultima campanella. 'Chissà cos'avrà fatto Justin..'- pensai, mentre la figura di Nicholas si fece spazio tra la folla.

-Aqua!- mi abbracciò. -Ti  ho chiamata, non hai sentito il cellulare?-
-No.- scossi la testa. -Scusa, scusa Nicholas..-
-Hai fatto bene, piccola.- mi accarezzò il viso. -Non devi scusarti.-
-E Justin cos'ha fatto?-
-È uscito a cercarti, sembrava sconvolto.- scosse la testa. -Dovete parlare e aggiustare le cose.-
-No, non voglio parlargli per adesso.- abbassai lo sguardo.
-Come vuoi tu.- sorrise. -Dai sali, ti porto a casa. A Boyce e Logan manderai un messaggio.-
-Okay.- sorrisi, entrando in macchina.

In poco tempo, arrivammo a Stratford. Il viaggio fu tranquillo e privo di ansie o pensieri, Nicholas era riuscito a distrarmi e a farmi ridere. Mi lasciò fuori casa, aspettò che arrivassi fuori all'uscio della porta per poi sfrecciare via. Appena mi girai verso casa, sospirai. Mamma era a lavoro e ciò significava che sarei rimasta sola. Aprii la porta di casa con le chiavi che portavo sempre con me, ma a posto del solito grigio mi accolse un invitante odore di carne in padella e voce di Craig David che cantava Seven Days. Corrugai le sopracciglia e mi avviai in cucina, dove mia mamma stava felicemente cuocendo due fette di carne e cantava a squarcia gola.

-Mamma?- ridacchiai, poggiando la borsa a terra. -Cosa ci fai qui?- sorrisi.
-Oggi facevo solo sei ore, piccola.- ridacchiò, mi baciò una guancia. -Com'è andata a scuola?-
-Bene.- mentii, sorridendo appena. -Cosa si mangia di buono?-
-Carne e insalata, qualcosa di leggero e veloce perché questa sera  si mangerà tanto.-
-Verrà qualcuno a cena?- chiesi, prendendo due piatti.
-No, andremo noi a casa di Bruce e Diane. Ha detto Justin che vuole farci conoscere una sua vecchia amica del college, non è stupendo?- mi paralizzai sul posto e fissai incredula mia madre.
-Cosa?- sussurrai, mentre i miei occhi si riempirono di lacrime.

ORE 19:20.
CORTILE DI CASA DALE.
Io e mamma eravamo appena arrivate fuori casa di Bruce e Diane, mentre mamma era tutta allegra e contenta io ero tipo un morto vivente, non so se mi spigo. A pranzo avevo mangiato solo un po' di insalata, non avevo voglia di mangiare e quel poco che avevo mangiato mi aveva pure fatto male, infatti vomitai nel pomeriggio. Sinceramente, la voglia di vedere Justin era pari a zero quella sera. Durante tutto il pomeriggio, non avevo ricevuto nemmeno un messaggio da parte sua e la cosa mi scoraggiava ancora di più. Rivederlo, dopo tutto ciò che gli avevo detto, con  Dafne poi.. sicuramente mi avrebbe uccisa. Infatti, dietro la cover dell'iPhone portavo con me una mia, come dire, amica..la mia migliore amica, nonché mia peggior nemica.

-Jolanda, Freedom, buonasera.- sorrise Pattie, sorrisi anch'io.
-Ciao, Pattie!- sorrise mia mamma. -Grazie per l'invito.-
-Grazie a voi per essere qui. Entrate pure.- sorrisi ancora, entrando in casa.
-Bocciolo, sei bellissima stasera.- disse Bruce, abbracciandomi.
-Grazie, nonno.-
-Bruce, non me la consumare!- Diane lo bacchettò, ridacchiai.
-Ciao, nonna.- abbracciai anche lei, mi strinse forte.
-Sbaglio o non ti senti tanto bene? Ti  vedo un po' pallida.-
-Sono stata male tutto il pomeriggio.- ridacchiai. -Però, per stare con voi verrei anche con la febbre a cinquantadue e tre braccia rotte.-
-Le braccia sono due, piccola.- ridacchiò mamma, sorrisi anch'io.
-Era per dire.- risi ancora, abbracciando ancora Bruce.
-È arrivata Free?- disse una voce, scendendo le scale.

Immediatamente, il mio sguardo incrociò quello di Justin. Il mio cuore prese a battere velocemente, la mia vista si appannò e la voglia di prenderlo a schiaffi e di baciarlo mi stava letteralmente mettendo a tappeto. Ma cos'è che feci? Semplicemente sorrisi, cercando di nascondere la rabbia, la delusione. Sorrisi, pregando le lacrime di non uscire. Sorrisi, respingendo la voglia di baciarlo o di prenderlo a pugni. Lui era lì, a pochi passi da me. Quasi paralizzato. Scese lentamente gli ultimi scalini, con una lentezza assurda si avvicinò a me e mi guardò negli occhi. Mi sembravano lucidi, proprio come i miei. Dopo aver sostenuto per un po' lo sguardo, abbassai il capo. Lui, invece, cinse il mio corpo con le sue braccia. Mi mancavano i suoi abbracci. Sospirai e, dopo qualche secondo, mi staccai, guardandolo un'ultima volta in viso prima di girarmi e entrare in salotto, davanti all'enorme albero di natale. Tutte quelle luci riuscivano a mettermi di buon umore.

-Free..- Justin mi chiamò, entrò in salotto e si chiuse la porta alle spalle.
-Cosa c'è?- chiesi, senza smettere di fissare l'albero.
-E lo chiedi a me cosa c'è?- sentii i suoi passi avvicinarsi, io rimasi immobile. -Vorrei capire cos'è successo tra ieri e oggi.-
-Nulla.- risposi atona. -Non è successo niente.-
-Ma questo non spiega il tuo comportamento così..-
-Infantile? Oh,be', ti ricordo che ho quindici anni.-
-Non volevo dire questo!- mi prese per le spalle e mi girò verso di sé. -Principessa, ti prego, dimmi cos'è successo.- bussarono al campanello, entrambi ci girammo verso la porta.
-Va ad aprire.- sussurrai. -Dafne ti aspetta.-

Mi guardò negli occhi ancora una volta e si avvicinò a me, ma fummo presto interrotti da una voce squillante che chiamava il nome di Justin. Sospirai e mi girai, camminando poi verso le scale. Salii velocemente al piano di sopra non appena Dafne entrò in salotto, non avevo glia di vederla. La testa mi girava e la voglia di piangere si faceva sentire, sempre di più. Entrai in bagno, mi chiusi la porta alle spalle e sospirai, serrando gli occhi. Non mi aspettavo che Justin insistesse così tanto, mi aveva lasciato un po' sorpresa. La voglia di stringerlo tra le mie braccia e baciarlo era forte, ma l'orgoglio mi teneva ferma, bloccava i miei passi. Non volevo cedere, volevo fargli capire che ci stavo male e che lo volevo solo per me, non volevo dividerlo con quella Dafne. Guardai il mio riflesso allo specchio, mi vedevo così pallida, i miei occhi erano così lucidi e le mie braccia e le mie gambe erano così deboli.. Abbassai lo sguardo, sospirai ancora e puntai il mio sguardo sul mio cellulare. Istintivamente lo presi tra le mani e gli levai la cover, prendendo tra le dita quella piccola lingua metallica tagliante. La portai più vicina ai miei occhi, la giravo tra le mie dita e mi alzai velocemente la manica della maglia, avvicinando così la lametta alla pelle. E mentre stavo per incidere, chiusi gli occhi e bloccai il mio respiro: non potevo farlo, non in quel momento. Avrei tanto voluto farmi male per pensare ad altro, ma non avevo con me disinfettante o ovatta, non potevo rischiar di macchiare la maglia a causa del sangue che sarebbe uscito. Posai nuovamente la lametta dietro la cover del cellulare, mi sciacquai il viso con le mani e uscii dal bagno. Ai piedi delle scale, Dafne e Justin ridevano e scherzavamo allegramente. Rimasi a fissarli per un po', loro sì che sarebbero stati una bella coppia. Dafne era una ragazza davvero bella, Justin meritava una persona come lei, non come me.. Sospirai ancora e continuai a scendere, ignorandoli completamente quando gli passai accanto. Justin mi guardò e il suo sguardo cambiò, da allegro e contento il suo sguardo divenne triste e spento. Abbassai il capo e camminai velocemente verso la cucina, non volevo avere niente a che fare con loro quella sera.

-Hai visto Justin e Dafne, tesoro?- mi chiese Pattie, prendendo un paio di piatti dalla dispensa.
-Li ho incrociati.- risposi, aiutandola.
-Oh, tranquilla piccola, faccio io. Va pure a divertirti con loro.-
-Voglio aiutarti.- sorrisi.
-Jolanda, hai una figlia stupenda, lo sai?-
-Lo so.- ridacchiò mamma, sorrisi anch'io, prendendo poi alcuni piatti. -Portiamo già tutto a tavola?-
-Sì!- Bruce entrò in cucina improvvisamente, spaventando noi quattro donne. -Ho fame.-
-Nonno.- scossi la testa, accennando una risata. -Sei sempre il solito.-
-Diane mi ha fatto restare digiuno per tutto il giorno, lo stomaco mi brontola da questa mattina.-
-Ah, non dire bugie, ti ho visto mentre mangiavi gli avanzi della cena di ieri!- Diane gli puntò il dito contro, io morsi il mio labbro per trattenere una risata.
-Ma non possiamo mica buttare il cibo! Justin ieri sera non ha mangiato, e ci ho pensato io oggi. Non ho fatto nulla di me.- rispose Bruce.
-Bruce!- lo richiamò ancora Diane, morsi ancora più forte il mio labbro inferiore.
-Ritiro tutto!- Bruce alzò le mani impaurito.
-Siete la coppia più bella e pazza che io conosca.- risi, avvicinandomi a Bruce e dandogli un mezzo abbraccio.

Non appena mi staccai, la mia attenzione si focalizzò su un altro abbraccio. Justin e Dafne erano seduti sul divano abbracciati, lei aveva la testa sulla spalla di lui e lui le cingeva le spalle col braccio. Il mio umore cambiò immediatamente, ero riuscita per pochi attimi a dimenticarmi di Justin e poi baam! Vidi una scena che era riuscita a farmi spezzare il cuore. Abbassai lo sguardo, sospirai e chiusi gli occhi.
Possibile che l'amore possa farti così male?


JUSTIN'S POV.
Possibile che l'amore possa farti così male?
Avere Freedom a così pochi centimetri di distanza e non poter far nulla mi stava distruggendo. Faceva finta di non vedermi, di non calcolarmi. Non esistevo per lei, anche se si leggeva nei suoi occhi che stava male vedendomi con Dafne. Avevo voglia di mettere un punto, una fine a tutto. Eppure non ci riuscivo, avevo promesso a Dafne che avrei portato il piano fino alla fine e non potevo rimangiarmi la promessa. La cosa che più mi faceva male, era che avevo promesso a Freedom di non lasciarla.. e le stavo dimostrando tutt'altro.
Dopo aver cenato, andammo in salotto per giocare a scacchi e fare quattro chiacchierare. Sul mio viso fingevo un sorriso, non volevo dimostrare agli altri come stavo realmente dentro. Il mio pensiero costante, era la ragazza seduta di fronte a me sulla poltrona e non faceva altro che giocare con la manica della sua camicia e sul suo viso aveva un'espressione stanca e spenta.. Come avrei voluto stringerla a me e dirle che andava tutto bene, che il mio cuore apparteneva a lei.

-Quindi, Dafne, cosa fai adesso?- chiese mia nonna, tirando con forza gli angoli delle labbra verso l'alto. Non le stava molto simpatica.
-Lavoro come segretaria di mia mamma, è la direttrice della..-
-Della scuola che frequenta Freedom.- finì mia mamma, sorridendo appena.
-Eh?- intervenne Free, facendo una faccia  completamente spaesata. Sorrisi appena, era così bella.
-Bocciolo, sei su un altro pianeta?- mio nonno ridacchiò, Free sorrise.
-Sono solo stanca.- abbassò nuovamente lo sguardo, lo abbassai anch'io.
-Justin..- mi richiamò Dafne, sussurrando. -È il momento.- sussurrò ancora. -Io e Justin vorremo dirvi una cosa.-
-Cosa?- chiesi, incuriosito. Dafne mi diede una gomitata.
-Non ricordi, tesoro?- disse tra i denti, Freedom alzò lo sguardo incuriosita verso di me.
-A dire il ve..- mi bloccai, non appena incrociò le nostre dita.
-Abbiamo deciso di tornare insieme.- disse Dafne, e immediatamente mi ricordai del piano.

Freedom mi guardò, gli occhi strabuzzati e lucidi e le mani chiuse a pugno sulle cosce. Ero bloccato, non credevo che Dafne mettesse in atto anche questa parte di piano. Nella stanza regnava il silenzio, mia mamma era completamente scioccata, così come i miei nonni e anche Jolanda. Mi girai verso Dafne, mentre lei sorrideva io avevo gli occhi che lanciavano saette alla Zeus. Nell'arco di pochi secondi, sciolse l'intreccio delle nostre mani, appoggiò una mano sulla mia guancia e avvicinò le sue labbra alle mie, dandomi un lento e lungo bacio. Strabuzzai gli occhi e mi girai pieno verso Freedom, trovando però la poltrona vuota. Il cuore cominciò a battermi forte. Se poco prima la stavo perdendo, dopo quel bacio l'avevo persa del tutto. Sentii il rumore di una porta che sbatteva, ma non una porta qualunque: la porta d'entrata. Mi alzai immediatamente, sotto lo sguardo ancora sorpreso di tutti. Corsi verso l'entrata, senza neanche mettere il giubbotto uscii fuori e comincia a cercare con lo sguardo la mia piccola principessa..

-Freedom!- urlai invano, cominciando a correre.

Non avevo una meta; volevo solo trovare la mia piccola, spiegarle che non era mia intenzione farle del male, stringerla forte a me e sussurrarle che nel mio cuore c'era solo lei. Il freddo invernale picchiava sul mio viso, il buio della notte non mi faceva vedere un granché ma non mi sarei arreso: dovevo trovare Freedom. Corsi, corsi fino a casa sua. La porta di casa era completamente spalancata, mi mancò l'aria quando pensai che le sarebbe potuto succedere di tutto se quella porta sarebbe rimasta aperta. Entrai velocemente in casa, mi chiusi la porta alle spalle e cominciai a salire le scale a due a due. La mia principessa stava piangendo, riuscivo a sentirla. Piangeva, a causa mia.
'Fai schifo, Justin.' urlò una vocina nella mia mente, che mandai direttamente a fanculo.

-Free?- entrai in camera sua, in camera di sua mamma, la cercai dappertutto, non riuscivo a trovarla. Ritornai in camera sua, sentendo un urlo provenire da quella stanza. -Piccola?- chiesi, trattenendo le lacrime. Bussai alla porta del bagno più volte, sentivo che il pianto proveniva da quella stanca ma non avevo il coraggio di aprire. -Freedom..- sussurrai ancora, poggiando la mano sulla maniglia. Era come se non mi sentisse, era come se stesse pensando ad altro. Sospirai, feci pressione sulla maniglia e aprii, rimanendo spiazzato da quello che si presentava davanti ai miei occhi. Free era a terra, le ginocchia al petto e il viso incastrato tra di esse. Le sue braccia strette alle ginocchia, i suoi jeans macchiati di rosso. Sentii le ginocchia cadermi, e subito mi precipitai su di lei.  -Freedom..- sussurrai ancora, sfiorando con le dita le sue braccia. -Freedom, cos'hai fatto?- lasciai che le lacrime solcassero il mio viso, inginocchiandomi e poggiando le mani sulle sue spalle, cercando di alzarla. -Cos'hai fatto, Free?- urlai nuovamente, così forte che alzò il viso e cominciò a tremare. Istintivamente, la tirai per le spalle e la feci cadere su di me, stringendola forte.

-Ti prego, non farlo mai più amore mio, non farlo mai più.- piansi, stringendola ancora di più.
-La..La..Lasciami.- balbettò singhiozzando, cercò poi si staccarsi. Le presi il viso tra le mani, la guardai negli occhi e avvicinai la mia fronte alla sua.
-Io non ti lascio.- sussurrai, guardandola negli occhi intensamente.-Non ti lascio,- poggiai il suo viso tra l'incavo del mio collo. -non ti lascio,- presi il suo corpo tra le braccia. -non ti lascio,- la strinsi forte a me. -non ti lascio,- le levai la lametta dalle mani. -non ti lascio.- presi il braccio dal quale usciva ancora del sangue, e lo poggiai sul mio petto.

Continuò a piangere, così come continuai a farlo io. I minuti passavano, i suoi singhiozzi diminuivano sempre più. Cessò, dopo tanto tempo, di piangere. In quella stanza, regnava il suono dei nostri respiri affannati e dei nostri cuori che battevano forte, tanto forte. Freedom alzò il viso e incrociò i miei occhi, l'azzurro dei suoi era ancora più brillante.

-Jus..Justin..- singhiozzò, lo accarezzai il viso.
-Ssh, piccola mia..- poggiai la mia fronte sulle sua, chiuse gli occhi.
-Non mi lasci?- sussurrò, stringendo la mia maglia tra i suoi pugni.
-Non lo farò.- sussurrai. -Infondo sei la mia piccola, no? Tu sei la mia piccola adesso, e ti cresco io.-

Singhiozzò ancora e morse il suo labbro trattenendo le lacrime, prima di stringermi forte a sé come se non mi abbracciasse da tanto, tanto tempo. Mi mancavano le sue braccia strette a me, i suoi abbracci mozzafiato, sentire il suo corpo a contatto col mio, tenerla così vicina. Mi mancava lei.

-Mi sei mancata.- sussurrai al suo orecchio, provocandole quello che riconobbi come uno dei più bei sorrisi che avessi mai visto.

And I don't care, if I don't get,
anything all I need is you here right now.
And i'm sorry if I hurt you,
but I know that all I want is you this christmas.



___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Hallo.c:
Ahloa! Come state, dolcezze?! Io, grazie a Dio, un po' meglio. Come già sapete, ho passato un periodo un po'..brutto. Sapete com'è, ci sono state le vacanze natalizie, ho mangiato da far schifo, mi sono ingrassata e ho cominciato a complessarmi ancora di più. Sono ricaduta in 'depressione', ho fatto anche alcune cazzate, ma adesso BASTA! Sono ripartita e questa volta ho fatto il pieno di benzina. Sono determinata a riuscire nel mio primissimo obbiettivo, e non mi darò pace fin quando non lo realizzerò! So, non mi dilungo per molto, devo andare a fare alcune cosucce e quindi faccio veloce. c:
Il capitolo è un po' più lunghetto del solito, spero non vi annoiate leggendo! La fine mi piace particolarmente, visto che Justin non è poi così stronzo? Nel prossimo capitolo ne succederanno altre, ma nulla che ha a che fare con la coppia Jeedom.. le loro pene sono finite ormai lol. Be', lascio a voi i commenti. c:

AH, UNA PICCOLA COSA!
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Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad aiutarvi.<3

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GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / PREFERITE / RICORDATE. 
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più. 
Vi amo. 
Sharon.~

Ps: Perdonate tutti gli orrori, ho riletto solo velocemente!


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Capitolo 14
*** Capitolo 14. // Che il nostro primo appuntamento abbia inizio. ***


14. MATTINO SEGUENTE.
FREEDOM'S POV.
La sveglia del mio cellulare cominciò a suonare fastidiosamente, dovevo assolutamente togliere quella canzone di Ylvis come sveglia, stavo cominciando a odiarla. Grugnii in disapprovazioni e allungai il braccio per spegnerla, ma prima che riuscissi a prendere il cellulare tra le mani qualcuno spense la sveglia al posto mio. Chi c'era? Aprii prima un occhio, poi aprii anche l'altro. Sopra di me, nessuno. Alla mia destra, nessuno. Alla mia sinistra, Justin. Dietro di m..fermi tutti. Justin?!  Strabuzzai gli occhi e mi focalizzai sulla sua figura, era steso su un lato a petto nudo e sorrideva, i suoi sorrisi erano così belli. Non parlò, continuò a sorridermi e basta. Si avvicinò a me, poggiò una mano sulla mia guancia e me l'accarezzò amorevolmente, in quella carezza si celava tutto l'amore del mondo. Chiusi gli occhi e sospirai, ricordando tutti gli avvenimenti della sera precedente. O meglio, ricordando alcuni avvenimenti della sera precedente, perché dopo l'abbraccio nel bagno non ricordavo più niente.

-Come stai, piccola mia?- mi chiese, avvicinandosi a me.
-Bene.- risposi, sorridendo appena. -E tu?-
-Adesso, bene.- Mi strinse tra le sue braccia. -Bene.- continuò, baciandomi una tempia. Ridacchiai.
-Che ore sono?- chiesi, stringendomi a lui.
-Le sei.- baciò la mia tempia. -È ora di alzarsi.- sussurrò.
-Voglio restare a letto con te.- mormorai, stringendo più forte le braccia di Justin attorno al mio corpo.
-Purtroppo dobbiamo alzarci.- sussurrò al mio orecchio. -Abbiamo tutto il tempo di stare insieme oggi pomeriggio.- sospirai, socchiudendo gli occhi. -Questa volta non vado via.-

Sorrisi impercettibilmente, sentendo nuovamente quel calore che tanto mi mancava. Era bello riprovare quella sensazione, mi era mancata così tanto.. Proprio come mi era mancato lui, la sua risata, i suoi abbracci. Quello precedente, era stato davvero il giorno più brutto di tutta la mia esistenza. Quando Dafne lo aveva baciato, proprio davanti a me, mi sono sentita solo presa in giro. Era come se l'avesse fatto a posta, era come se l'avesse baciato solo per farmi star male. Quella grandissima stronza. Quando ci vuole, ci vuole.

-È ora di alzarci.- disse Justin, alzandosi e trascinandomi con sé.
-Ahia.-ansimai, toccandomi il braccio sinistro. Justin mi lasciò subito, mettendomi seduta sul letto.
-Ti fa tanto male?- mi chiese, sedendosi al mio fianco e prendendo il mio braccio tra le sue mani.
-Sì.- sussurrai, sospirando.

Restammo in silenzio per pochi minuti, i suoi polpastrelli accarezzavano ogni tanto i tagli profondi sul mio polso. Non premeva, non mi faceva male. Li accarezzava solamente, con tanta delicatezza e tanto amore, facendomi dimenticare per un momento il dolore. Pochi secondi dopo, alzò il mio braccio, lo avvicinò alle sue labbra e stampò su ogni taglio un piccolo bacio. Le mie guance erano ormai rigate da lacrime, e non erano lacrime di dolore, non mi stava facendo male. Erano lacrime di riconoscimento, di gioia. Dopo aver dato un bacio ogni taglio, alzò lo sguardo incrociando il mio. Piangeva anche lui. Nell'arco di un secondo, mi ritrovai stretta tra le sue braccia, le mie lacrime a bagnare la sua maglia e le sue braccia a stringere forte il mio corpo.

-Non farlo mai più, capito? Mai più.- sussurrò.
-Non lo farò.- tirai su col naso.
-Me lo prometti?-
-Ci proverò..- mi prese le mani.
-Io voglio che tu me lo prometta.- ordinò, guardando i miei occhi. -Freedom..-
-Justin, non è facile smettere.- abbassai lo sguardo.
-Insieme possiamo farcela.- mi alzò il viso. -Non ti libererai facilmente di me.- ridacchiò, risi anch'io.
-Ti prometto che ci proverò.- lo guardai negli occhi, seria. -Però ho bisogno di te.-

In tutta risposta, avvicinò il suo viso al mio, sfiorò i nostri nasi e mi diede un piccolo e tenero bacio sulla guancia. Gli sorrisi dolcemente, prima di prendergli la mano per alzarlo. Dopo quella sessione di 'coccole' molto tenera e dolce, cominciammo a prepararci. La sera precedente, mentre io dormivo beatamente, Justin aveva chiamato a casa sua e aveva chiesto sia a sua mamma sia a -ovviamente- mia mamma se sarebbe potuto restare a dormire da me e con me. Date le circostanze, sia mia mamma che la sua avevano acconsentito e, quando mamma era tornata a casa, gli aveva portato dei vestiti puliti. Non avrei mai smesso di ringraziarla. Dopo esserci preparati, scendemmo in cucina, dove mia mamma era intenta a preparare i pancakes.

-Buongiorno.-sorrisi.
-Bonjour.- mamma sorrise, girandosi verso di noi. -Sedetevi pure, è questi pronto.-
-Cos'hai preparato?- chiesi a mia mamma, mentre Justin mi prese una mano dolcemente.
-I pancakes della nonna.- rispose dolcemente.
-La mamma di papà?-
-La mia mamma.- ridacchiò. -Li cucinava spesso quand'ero piccola.- passò un piatto a me e uno a Justin. -Anche quando ero incinta, ne andavo pazza.-
-Sono con le gocce di cioccolato?- chiese Justin, masticandoli lentamente.
-E il miele.-  aggiunse la mamma, sorridendo apertamente.

La vedevo più bella e più radiosa quella mattina, mentre parlava della nonna aveva un sorriso che partiva da un orecchio all'altro. Non parlava mai dei suoi genitori, erano un capitolo chiuso per lei. Non le piaceva ricordare, tutto quello che di loro sapevo era poco, quasi niente. Certo, mi sarebbe piaciuto sapere più cose sui miei nonni, ma non sforzavo mai mamma perché mi dicesse qualcosa che l'avrebbe solo fatta star male. Era già un passo avanti quello dei pancakes, ed ero davvero contenta.
Dopo aver fatto colazione, io e Justin salutammo mia mamma, entrammo in macchina e partimmo per la scuola. Improvvisamente mi sentii ansiosa, le mani cominciarono a tremarmi e il mio volto si rabbuiò. Avrei rivisto Dafne. Chiusi gli occhi e strinsi i pugni, non volevo assolutamente vederla dopo la serata precedente. Aveva baciato Justin, il mio Justin. Io l'avevo fatto mezza volta, e lei invece? Lei se l'era slinguazzato davanti a me, gli aveva praticamente ficcato la lingua alla gola... credo. Comunque sia l'aveva baciato, e quello già era abbastanza per farla fuori.

-Hey..-Justin toccò la mia mano, non appena fermò la macchina nel parcheggio della scuola. -Sei stata silenziosa per tutto il tempo.-
-Non voglio vedere Dafne.- ammisi, abbassando la testa. -Ti ha baciato.- sussurrai a denti stretti.
-Sei gelosa, piccola?- ridacchiò, lo fulminai. Alzò le mani in segno di resa. -Okay, scherzavo.- rise ancora. -Come devo farti capire che non mi interessa?-
-Credimi, negli ultimi giorni mi hai fatto capire il contrario.- abbassai la testa, incrociò le nostre dita.
-Ho fatto una cazzata, lo so.- alzai la testa. -Ma io voglio solo te..-
-Anche lunedì me l'hai detto, poi sappiamo entrambi cos'è successo.-
-Io e Dafne avevamo un piano.- aggrottai le sopracciglia e inclinai la testa.
-Cosa?-
-Lunedì pomeriggio Dafne mi ha chiamato, e abbiamo cominciato a parlare come facevamo qualche anno fa. All'improvviso, sei saltata fuori tu e Dafne ha creato questo piano per capire se eri gelosa o meno. So che è stupido per un uomo dalla mia età, ma quando sono con te mi sembra di tornare ragazzino..- mi accarezzò il viso. -Non volevo farti del male, volevo solamente vedere se eri gelosa o meno.-
-Il fatto che voglia uccidere chiunque ti stia attorno non è sufficiente  per capire se sono o non sono gelosa?- chiesi retorica, e Justin scosse la testa ridendo.
-In questo caso, sappi una cosa.- si avvicinò al mio viso, così velocemente che mi mancò il fiato. -Se tu sei gelosa, io sono centomila volte più geloso.- spostò le labbra affianco al mio orecchio. -Sopratutto di quei tuoi tre amici, stanno invadendo il mio territorio.-

I brividi salirono lungo la mia schiena, le mani cominciarono a tremarmi e il fiato continuavo a trattenerlo. Le sue labbra si poggiarono dolci dietro al mio orecchio, poi dietro sul collo. Mi dava tanti piccoli baci ravvicinati, capaci di farmi andare letteralmente in paradiso. Poco dopo si staccò, mi guardò negli occhi e mi baciò la punta nel naso, prima di poggiare una mano dietro al mio collo e attirarmi a sé. Allacciai le braccia al suo corpo, sembravo una sottospecie di polpo. Sentivo il suo cuore battere, era una melodia così armoniosa e rilassante. Non mi sentivo così viva da quando non ci parlavamo più, era una specie di medicina per me. Il giorno prima ero triste, mi sentivo sola, stanca, inutile, depressa.. Il giorno dopo ero felice, contenta, sorridente, piena di vitalità. Perché questo? Perché Justin era tornato a far parte di me. Non riuscivo ad immaginare cosa sarebbe successo se il nostro rapporto non si fosse aggiustato, sicuramente avrei fatto qualcosa di brutto, e stupido. Stava diventando sempre più essenziale per me, non sarei mai riuscita a fare a meno del potere che ha su di me.
Dopo l'abbraccio, scendemmo dalla macchina e ci avviammo affianco a un muretto dove Nicholas, Logan e Boyce erano comodamente seduti a parlare. Ci avvicinammo piano, nessuno dei tre ci aveva notati.

-Heilà, gente!- gracchiai, facendo saltare Boyce-
-Dio, chica, mi ha fatto prendere un colpo.- sorrisi malefica.
-L'ho notato.- cacciai la lingua. -Guardate chi vi ho portato!- presi la mano di Justin, avvicinandolo a me.
-Avete chiarito?- chiese Logan, sorridendo. Annuii.
-Sì, ieri sera.- abbassai lo sguardo al ricordo, poi lo rialzai. -Adesso è acqua passata.-
-Già.- Justin mi abbracciò da dietro. -Stavo perdendo una cosa troppo preziosa.- sorrisi.
-Basta che non la fai più soffrire.- sbottò Nicholas, freddo. -Altrimenti, siamo tre contro uno.-
-Concordo con Nicholas, chico.- Boyce incrociò le braccia al petto e assottigliò gli occhi.
-Come dicono loro.- Logan fece spallucce, ridacchiai.
-State tranquilli,- Justin poggiò un braccio sulle mie spalle. -sarò per lei come una zecca.-

Ridacchiai e lo abbracciai ancora, non smettevo di sorridere quel giorno. Passammo gli ultimi minuti prima del suono della campanella a parlare e a scherzare tra di noi, ci organizziamo anche per quella famosa uscita del ventiquattro mattina. Avevamo deciso di andare a London di mattina tutti insieme, solo noi cinque, per poi tornare a casa la sera e festeggiare la vigilia di Natale con le nostre famiglie. Quando suonò la campanella, un senso di angoscia pervase il mio corpo. Non volevo che Justin si allontanasse da me, non volevo stare lontana da lui. Volevo stare attaccata al suo corpo, magari seduta sul prato, mentre dicevamo cose stupide o facevamo ragionamenti strani e complessi, ma allo stesso tempo che avevano un senso. Volevo tenergli la mano, camminare al suo fianco, far capire agli altri che eravamo una cosa sola. Volevo stringerlo a me, sentire il suo cuore  battere, bearmi della sensazioni che le sue braccia attorno al mio corpo mi procuravano. Volevo semplicemente stargli accanto, sempre. Era diventato una parte di me, la parte migliore di me.

-Ci vediamo a ricreazione?- chiesi, non appena arrivò fuori la mia classe.
-Cercherò di entrare di soppiatto in classe tua per vederti.- mi baciò una guancia.
-Uh, che trasgressivo che sei.- ridacchiai. -A dopo, Justin.-
-A dopo, principessa.-

E l'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi, così caldi e profondi che riuscirono a darmi la carica per affrontare a meglio la giornata.
Oh, Justin..

LUNEDÌ, 23 DICEMBRE.
Ore 19:30.
L'aria era sempre più fredda, l'atmosfera sempre più allegra e la città sempre più viva. Mancava meno di un giorno alla vigilia di Natale, uno dei giorni più belli dell'anno. La mattina sarei stata in giro con i miei amici, mentre la sera sarei stata a casa di Diane e Bruce insieme alla mamma. Strano ma vero, io e Justin eravamo riusciti a convincere mamma a festeggiare con noi il natale. Quel ragazzo aveva dei poteri spettacolari. Tra di noi, le cose non si erano mosse di una virgola. Eravamo sempre tra le nuvole, sempre insieme. Io e lui, insieme..come amici. Anche se, entrambi, sapevamo che sotto provavamo e volevamo qualcosa in più di una semplice amicizia. Non avevo il coraggio di aprire l'argomento 'bacio', avevo paura di ciò che avrebbe potuto dire a riguardo. Per me, quel piccolo e misero bacio a stampo era stato tutto, ma per lui? Non sapevo cos'era stato per lui e non volevo essere trafitta da tanti pugnali se la sua risposta riguardo al nostro bacio fosse stata in qualche modo negativa. Ero completamente cotta,come se Justin fosse stato il mio sole ed io la ragazza stesa su una sdraio ad abbronzarsi fino a scottarsi. Era come se Justin fosse la mia luna, era sempre con me durante la notte e col suo sorriso riusciva a illuminare l'aria circostanze, anche se le luci erano spente e la finestra era chiusa. L'unica cosa che riusciva a illuminare la stanza era il suo sorriso, seguito subito dai suoi occhi. Ogni sera, prima di addormentarci, parlavamo e parlavamo, sembravamo due macchinette. Ci raccontavamo la nostra vita passata, i nostri obbiettivi futuri, i nostri sogni. Durante l'ultima settimana avevo scoperto che era fan di Micheal Jackson, che aveva due fratelli più piccoli, che il suo sogno era quello di fare musica, che amava le Supra e tante altre cose ancora. Era bello stare tra le sue braccia, la mia schiena completamente incollata al suo petto, mentre mi raccontava la sua vita, i momenti tristi che aveva vissuto come il divorzio da Lana, quelli belli come la nascita dei suoi fratelli. Era un segno di fiducia, si fidava di me. E questo mi rendeva felice. Sempre parlando di fiducia, anch'io raccontai a Justin tante cose durante l'ultima settimana, gli spiegai sopratutto il motivo per cui ero autolesionista fino a qualche mese prima. Lui sembrò ascoltarmi, sempre in silenzio, le sue braccia strette a me e le sue carezze sul mio corpo pronte a darmi calore e conforto. Non mi ero mai sentita così libera di essere me stessa, di poter dire ciò che volevo senza pentirmene o vergognarmene. La libertà, era tutto ciò che avevo sempre desiderato. E guardate un po'? Justin era l'unico con cui riuscivo a sentirmi libera, me stessa. Non indossavo maschere con lui, non sorridevo falsamente. Ero vera, ero io. E lui mi apprezzava per quello che ero, mi restava affianco nonostante il mio passato, i miei problemi, le mie paure. Continuava a esserci senza giudicarmi, volendo sempre più dal nostro rapporto così come volevo io. Questo mi portava solo ad amarlo sempre di più.
Quella sera, dato che il sabato precedente non eravamo potuti uscire a causa di un imprevisto dell'ultimo minuto, avevamo deciso di andare a mangiare fuori, solo io e lui. Indossavo un maglione blu con altre fantasie, un semplice jeans attillato e un paio di converse blu, semplice ma d'effetto. Mi truccai leggermente, lasciai i capelli un po' mossi e aspettai in salotto l'arrivo del mio principe.

-Allora, dove ti porta Justin?- chiese mamma, sedendosi al mio fianco sul divano.
-Non lo so, andiamo a mangiare fuori.- sorrisi.-Dovrebbe essere qui a momenti.-
-Tranquilla, piccola mia, arriverà presto.- mamma mi accarezzò i capelli. -Mi raccomando, però, fai attenzione. So che Justin è un bravo ragazzo, ma ha pur sempre ventisette anni.-
-Mamma, non credi che se voleva scoparmi poteva farlo ogni qual volta ha dormito qua, cioè tutta la settimana?- chiesi, roteando gli occhi.
-Signorinella, piano con le parole.- mi puntò il dito contro, sorrisi innocente. -E comunque, un conto è se sta in camera con te mentre ci sono anch'io in casa, un conto è se sta solo con te in un posto sperduto.- sospirai. -E non sospirare.-
-Mamma, non succederà niente.- il campanello suonò. -È lui!!- squittii, alzandomi e correndo verso la porta.

Il cuore cominciò a battermi forte non appena aprii la porta, un Justin perfettamente messo a tiro era davanti ai miei occhi e il mio cuore non avrebbe retto ancora per molto. Era perfetto, estremamente perfetto. Non appena mi vide, tolse gli occhiali da sole -e ci tengo a precisare che era completamente buio.- e mi fissò dalla testa ai piedi, erano ancora più chiari i suoi occhi sotto la luce fioca della luna. Gli sorrisi dolcemente,sentendomi avvampare. Lui fece lo stesso e, da dietro la sua schiena, cacciò un mazzo di rose blu, uno dei miei fiori preferiti.

-Le più belle rose, per la più bella ragazza.- disse, guardandomi intensamente negli occhi.
-Ma, Justin!- sbattei più volte le palpebre. -Dove le hai trovate le rose blu, a Stratford, d'inverno, il ventitré dicembre?!-
-Quando vuoi qualcosa, non ti fermi finché non l'hai ottenuta.- mi sorrise, prendendo una rosa dal mazzo e poggiandola tra i miei capelli. -E ho girato tutto l'Ontario stamattina.- ridacchiò, mentre io gli sorrisi apertamente.
-Sono bellissime! Vieni, il tempo di metterle in un vaso.- lo presi per mano e lo trascinai dentro casa.
-Ciao, Justin.- salutò mia mamma, sorridendo.
-Ciao, Jolanda. Questa sera ti rubo tua figlia.- Justin rise, baciandomi una guancia.
-Basta che tra qualche mese non me la ritrovo incinta.- mamma rise. -E non scherzo.- aggiunse seria.
-Mamma, ti fai troppi film.- dissi, porgendole i fiori. -Puoi, per favore, metterli in un vaso e poi portarli in camera mia? Così io e Justin andiamo.-
-Va bene.- sorrise. -Divertitevi, ma non troppo.-
-Ciao mamma.- scossi la testa ridendo.
-Torniamo per le undici al massimo.-continuò Justin, prima di chiudere definitivamente la porta.

E finalmente, eravamo soli.

-Pronta per il nostro primo, vero appuntamento?- mi chiese, mettendo in modo.
-Sì.- sussurrai, prendendogli la mano.
-Ottimo.- si girò per guardarmi. -Perché passerai il più bel primo appuntamento di sempre.-

Lo so.- continuava a ripetere la mia mente, mentre la strada davanti a noi sia apriva e le nostre mani continuavano ad essere intrecciate. Non avevo nessuna paura, nessun timore. Ero tranquilla, sapevo che Justin non mi avrebbe mai fatto niente. Non riuscivo a capire tutte le paranoie che mamma stava cominciando a farsi. Sì, okay, era la prima volta che uscivo di sera con un ragazzo molto più grande di me, ma infondo lo conosceva bene. Sapeva il bene ciò che io provavo per lui, sapeva il bene ciò che lui provava per me. Non mi aveva mai fatto male, oltre ovviamente a quell'episodio successo una settimana prima, ma quello era stato solo una sottospecie di malinteso. Lo avevo perdonato ed eravamo andati avanti, rafforzando sempre più il nostro rapporto. Ormai era parte di me e ogni secondo che passava ne ero sempre più certa.

-Dove stiamo andando?- chiesi, fissando l'autostrada.
-Ti fidi di me?- chiese a sua volta, guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore.
-Sì.- risposi, senza esitazione.
-Allora chiudi gli occhi, rilassati e aspetta.- ridacchiò, sorrisi anch'io.

Seguii il suo consiglio e chiusi gli occhi, in quel modo il viaggio in macchina sembrò durare pochissimo.  Improvvisamente, sentii che la macchina non era più sull'asfalto ma su un terreno diverso. Aprii gli occhi per guardare con i miei occhi, e tutto ciò che vidi fu solo alberi. Mi girai incuriosita verso Justin, ma sul suo viso si espandeva solo un enorme sorriso. Continuò a guidare ancora per un po' in quella stradina alberata, fin quando gli alberi cominciarono a diminuire sempre più fino a sparire. Girò a destra, poi a sinistra, guidò ancora un po' e giro nuovamente a sinistra, mostrando ai miei occhi non più gli alberi, ma un'enorme lago e delle cascate. La luna rifletteva sull'acqua, una grande sfera bianca lucente era ben visibile sulla grande distesa d'acqua scura. L'acqua delle cascate scendeva velocemente, il freddo dell'inverno non aveva ghiacciato nulla. C'era una strana atmosfera lì, uno strano calore. Scesi dalla macchina ancora stupefatta, quel posto sembrava immaginario, non avevo bisogno neanche del giubbotto perché non avevo freddo. Feci qualche passo avanti, osservai coi miei occhi la bellezza che era stata donata alla natura e mi meravigliai, come tutte le altre volte che mi capitava di osservare la natura in generale. Justin mi si avvicinò da dietro, circondò il mio corpo con le sue braccia e poggiò il mento sul mio orecchio, osservando con me tutto quello splendore.

-Che il nostro primo appuntamento abbia inizio.-

Could there be a possibility
I'm trying to see what’s up.
Cause i’m made for you, and you for me.
baby now is time for us
Tryna I keep it all together, but enough is enough.
They say we’re too young for love,
but i’m catching feelings.


___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Hallo.c:
Buonasera.<3 Come state, mie bellissime e dolcissime lettrici? Io bene, finalmente. Cioè, più o meno bene, sono stanchissima lol. Ho cominciato giovedì palestra, torno a casa sempre stanchissima e giusto in tempo per la cena! Avrei potuto aggiornare ieri perché avevo già il capitolo pronto, ma davvero non ce l'ho fatta col tempo. Be', quel che conta è che abbia aggiornato, o no?
Parlando del capitolo: che ve ne pare? È un po' più corto degli altri, ma mi serve per introdurre il prossimo in cui succederanno tante tante belle cosine. Quindi vi avverto, aspettatevi un po' di cose belle muahahaha. Mi lasciate una recensione? Siii? *-*

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. // Papà? ***


15.
-Che il nostro primo appuntamento abbia inizio.-

Il mio sguardo vagò sull'acqua limpida, le rocce della cascata, la stessa cascata e il verde circostante. Era un'atmosfera così magica, unica. Non avevo mai visto nulla di simile; mai nella mia vita i miei occhi si erano poggiati su qualcosa di più bello. O forse sì: il viso di Justin era in assoluto ciò che di più bello esisteva. Mi girai piano tra le sue braccia, guardando i suoi occhi dolcemente mentre le sue mani si poggiavano sui miei fianchi e mi attiravano a sé. Sorrise e mi guardò dall'alto, stampandomi poi un piccolo e tenero bacio sulla fronte. Amavo quando lo faceva.

-Che ne dici,- mi alzò il mento con un dito. -mangiamo?-
-Certo.- sorrisi, massaggiai il mio stomaco. -Ho tanta tanta fame.- aggiunsi, con una voce tenera.
-Quando mai tu non hai fame?- ridacchiò Justin, prendendomi la mano e portandomi vicino la macchina.
-Hei, cosa stai insinuando?- chiesi accigliata, rise ancora.
-Che mangi come un porco ma che sei magra come una stecca.- scosse la testa.
-Che bei complimenti che mi fai, sono davvero lusingata.- rotei gli occhi al cielo, sbuffando. Mi tirò a sé, facendomi scontrare col suo petto.
-Ma ciò non significa che io non sia dannatamente attratto da te.- sussurrò sulle mie labbra, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale.

Tremai, ma non per il freddo. Morsi il mio labbro inferiore e lo guardai negli occhi, sentendo un intero stormo di farfalle svolazzare nel mio stomaco. Riusciva a farmi sentire così bene, era stupendo il rapporto che avevamo creato. Amavo sentirmi dire certe cose, mi faceva capire che per lui contavo davvero qualcosa, proprio come lui contava per me. Sarei anche potuta morire tra le sue braccia, quella sarebbe stata la morte più bella e dolce di tutte, una morte felice. Quando, nelle sere precedenti, io e Justin avevamo dormito insieme, mi piaceva accoccolarmi tra le sue braccia, stringerle forte attorno al mio corpo e pensare al futuro, un futuro con lui. Già mi stavo facendo i film, sulla nostra vita tra dieci anni e ciò che potevamo fare assieme. Non riuscivo a immaginare un domani senza di lui, desideravo che fosse rimasto il mio presente, e che sarebbe stato il mio futuro. I miei neuroni e tutte le cellule del mio organismo impazzivano quando non ero con lui, mi sentivo così vuota e triste e sola.. Desideravo lui, solo lui, sempre lui. Lo desideravo più di quanto avrei desiderato il cioccolato, o  l'acqua in un deserto o l'ossigeno. Infondo, lui era la mia acqua, il mio ossigeno, il mio cioccolato. Era semplicemente il mio tutto, non so se mi spiego.

-Et voilà, mon amour.- esclamò Justin, prendendo un cestino dal bagagliaio dell'auto. -Ho cucinato tutto io, solo per noi.-
-Chissà con cosa mi nutrirò.- ridacchiai, aiutandolo a poggiare un telo su una roccia.
-Tranquilla, principessa, nulla di estremamente nocivo o altamente pericoloso.- scossi la testa ridendo, mentre tirava dal cesto un piatto grande di spaghetti, come quello in 'Lilli e il Vagabondo'. -Ops, credo di aver dimenticato i piatti.- sorrise furbamente, sedendosi su una roccia più piccola affianco alla roccia grande.
-Dimenticato aka lasciato a casa di proposito.- commentai, sedendomi al suo fianco.
-Se un agente segreto della Casa Bianca?- ridacchiò, passandomi una forchetta.
-Nu, sono Freedom.- feci spallucce, prendendo la forchetta.
-No.- mosse l'indice in segno di negazione. -Tu sei la mia Freedom.- continuò, baciandomi una guancia.

Arrossii e morsi il mio labbro inferiore, abbassai poi lo sguardo sul piatto di spaghetti e cominciai a mangiare, il mio viso era rosso come il sugo di pomodoro. Nel momento in cui anche Justin cominciò a mangiare, desiderai baciarlo proprio come Lilli e Biagio si baciano mentre mangiano gli spaghetti insieme. Le sue labbra erano così belle, carnose. Avevo voglia di toccarle ancora, di assaporarle. Il nostro primo bacio era stato un bacio veloce, piccolo, a stampo. Certo, era significato tantissimo per me, ma volevo dimostrargli il mio amore con un vero bacio, un bacio che lo avrebbe lasciato senza fiato, un bacio speciale. E mentre in quel momento fissavo le sue labbra, divenni gelosa e invidiosa della forchetta. Cosa molto stupida, lo so. Ma cosa potevo farci se le sue labbra toccavano perfettamente quella forchetta mentre io avrei dovuto aspettare e aspettare per chissà quanto tempo ancora?
Dopo aver mangiato il primo piatto, Justin attaccò la sua schiena alla roccia grande, mi prese tra le sue gambe e poggiò la testa sulla mia spalla mentre la mia schiena era sul suo petto. Mi accarezzava dolcemente il corpo, ad ogni sua carezza mi rilassavo sotto al su tocco. Stava diventando una droga, non riuscivo a farne a meno, e cominciavo ad impazzire se per periodi più o meno lunghi non sentivo le sue mani sul mio corpo.

-Principessa..- sussurrò tra i miei capelli.
-Cosa c'è?- chiesi dolcemente, stringendo sempre più le sue braccia attorno al mio corpo.
-Ti va di ballare?- mi chiese, girando il mio viso verso il suo.
-Certo.- sorrisi, alzandomi.-Ma ti avverto, non so ballare.-
-Ti insegnerò io.- prese la mia mano.-Ricordi quello che dissi? Sei la mia piccola e ti cresco io, quindi vuol dire che ti insegnerò anche tutto ciò che non sai.-

Sorrisi ancora, mentre strinsi sempre più forte la sua mano in segno di ringraziamento. Accese lo stereo nella macchina, alzò il volume e si riavvicinò a me, attirandomi a sé. Poggiò le mie mani dietro al suo collo mentre le sue le fece scendere sui miei fianchi, mi attirò a sé sempre più mentre una dolce melodia cominciava a sentirsi nell'area circostante. La voce di Celine Dion mi rilassò, mentre i nostri piedi si muovevano a ritmo con le soavi note di My Heart Will Go On. Amavo quella canzone, così come amavo il film. La più bella e tragica storia d'amore di tutti i tempi, in assoluto. Quale uomo sarebbe mai morto per salvare la propria fidanzata? Jake l'aveva fatto, e la cosa più sorprendente era che conoscesse Rose da soli pochi giorni. Il loro amore a prima vista aveva superato davvero ogni limite, raggiungendo però la morte. Ogni qual volta guardavo quel film, finivo in un oceano di lacrime di tristezza.

-Every night in my dreams, I see you.. I feel you.- sussurrò Justin, in contemporanea con la voce di Celine.

Quel mix mi fece salire i brividi lungo la spina dorsale, e tremai, stringendomi sempre più a Justin. Il suo respiro caldo sul mio viso, le sue labbra erano poco distanti dall'incavo tra i miei occhi. Riuscivo a sentire i nostri cuori battere, era una sensazione fantastica. Ci muovevamo piano, passi lenti ma coordinati, i nostri cuori che battevano all'unisono. Feci scivolare una mano lungo il suo petto, fino a fermarmi sul suo cuore: batteva forte, proprio come il mio. Sorrisi dolcemente, alzando poi di poco lo guardo fino ad incrociare il suo sguardo. Sembrava teso, serio. Aggrottai le sopracciglia e poggiai una mano sul suo viso, spingendo con l'indice un'estremità delle sue labbra verso l'alto. Sorrise dolcemente chiudendo gli occhi, baciando poi la mia mano.

-Sai, sembra che tu abbia già ballato un lento prima d'ora.- sussurrò.
-Questa è la prima volta.- sussurrai anch'io. -L'ennesima prima volta con te.- sussurrai sempre più, quasi come se stessi parlando più con me stessa che con lui.
-Devo dirti una cosa.- disse, fissando il suo guardo nel mio.
-Cosa?- chiesi sorridendo, inclinando la testa di lato.
-Freedom, tu.. io ti..-sospirò, poi alzò lo sguardo.-Sei speciale.- chiuse occhi, poggiando la sua fronte alla mia.-Sei speciale.- ripeté.
-Sei speciale anche tu.- sussurrai, poggiando la mia testa nell'incavo del suo collo.

Dentro di me, stavo praticamente facendo salti e capriole come gli acrobati circensi. Aveva detto che ero speciale, per lui ero speciale! Mi sentivo al settimo cielo, il sorriso sul mio volto era il segno della felicità che regnava dentro me e mi sentivo..bene. Sì, dannatamente bene. Realmente bene. Mi strinsi a lui sempre più, mentre la voce di Celine intonava anche le ultime parole della canzone. Be', una cosa era certa: il mio cuore non l'avrebbe mai lasciato andare, io l'avrei mai lasciato andare. Nonostante la distanza che ci avrebbe divisi entro pochi giorni, avrei fatto di tutto pur di continuare a viverlo, avrei fatto di tutto purché lui continuasse ad essere nella mia vita e a farmi sentire speciale. Infondo ne ero innamorata, come potevo lasciarlo andare così facilmente?

-Cause baby I know for sure, that I'll never let you go.-
sussurrammo contemporaneamente, sorprendendoci.


#Ore 11.21 p.m.

-Guarda quella nuvola! Sembra un aereo col pancione.- ridacchiai, poggiando una mano sullo stomaco.
-Un aereo col pancione? Piccola, tu sì che hai un'immaginazione che supera ogni  limite.- rise Justin, guardando il cielo. -Quella sembra un cuore.- indicò una nuvola, sorrisi.
-Quella invece sembra un muffin.- indicai un'altra nuvola, provocando ancora la risata di Justin.
-E tu, non penseresti sempre e solo al mangiare?-
-Ma taci.- ridacchiai, fissando ancora il cielo.

Io e Justin avevamo da poco finito di rincorrerci e, stanchi, ci eravamo accasciati al suolo, finendo così a cercare di capire che forma avevano le nuvole. Era così bello e rilassante guardare il cielo, le stelle, le nuvole. Mi dava un certo senso di immensità, di libertà, di infinito. E poi con Justin, cosa non era bello? Con lui, tutto assumeva un colore più caldo e vivace, tutto era più bello.Sopratutto la mia vita: da quando c'era lui vedevo tutto sotto un'altra prospettiva, e allo stesso tempo io mi sentivo meglio, mi sentivo  più donna, più spensierata, più libera.

-Credo che dobbiamo andare.- disse Justin, guardando l'ora. -Ho promesso a tua mamma che per le undici saresti stata a casa e già siamo in ritardo.- ridacchiò.
-Mi stavo divertendo così tanto.- sospirai, provando ad alzarmi.
-Ci saranno altre sere così.- mi tese la mano, l'afferrai e mi tirò a sé.
-Me lo prometti?- sussurrai, con gli occhi più dolci che sapessi fare.
-Te lo prometto.- sorrise, baciando la punta del mio naso.

Mi prese la mano e ci avviammo alla macchina, partendo subito. Già cominciava a mancarmi quel posto magico, avevo passato una serata davvero perfetta e mi sarebbe piaciuto continuarla all'infinito, io e lui. Solo noi. Il sentiero era scuro e inquietante, se non ci fossero stati i fari della macchina non saremo riusciti a vedere nulla. La mano di Justin cercò e trovò la mia, stringendola forte. Girò il viso verso di me, sorridendo dolcemente. Gli sorrisi anch'io, accarezzandogli il viso dolcemente. Tornai a guardare la strada, spalancando gli occhi.

-Justin, un cervo!- urlai, indicando il cervo con gli occhi spalancati a pochi metri dall'auto.

Justin girò immediatamente lo sterzo, scansando l'animale ma prendendo a pieno un sasso. Sentii uno scoppio e urlai, quando la macchina si ribaltò per poi sbattere contro un albero. Successe tutto in pochi attimi, neanche il tempo di realizzare cosa stava succedendo che sentii un dolore pazzesco sulla fronte. Istintivamente tocca la mia terra gemendo e mi spaventai quando sentii qualcosa di caldo e liquido. Chiusi gli occhi dolorante per poi riaprirli non appena staccai le mie dita dalla fronte, notando un colore rosso. Mi girai verso Justin, notando che anche lui aveva la faccia stordita ma abbastanza lucida. Si girò verso di me velocemente, spaventandosi non appena notò il rosso sulla mia fronte.

-Freedom! Dio mio, stai bene?!- chiese, catapultandosi su di me.
-Sì, credo.- risposi, stordita. -Cos'è successo?-
-Non lo so.- scosse la testa, accarezzandomi dolcemente il viso.
-La macchina? Siamo storti.- dissi, con un filo di voce e chiudendo gli occhi.
-Hey, hey, hey, apri gli occhi e guardami.- mi schiaffeggiò piano il viso, sbarrai gli occhi.
-Mi gira la tasta.- ammisi, lasciando che Justin mi accarezzasse.
-Proviamo ad uscire da qui.- disse, aprendo la portiera.
-Ehm, Justin..?- lo chiamai e gli indicai la portiera, attaccata al tronco dell'albero.
-Vieni da me.-

Con un po' di fatica, riuscimmo ad uscire dall'auto. Lo spettacolo davanti ai nostri occhi era agghiacciante: il vetro dietro completamente rotto, la ruota posteriore sinistra era rotta e la portiera destra attaccata al tronco dell'albero, in più, sulla carrozzeria nera erano presenti tanti, troppi graffi. Notai negli occhi di Justin un dolore enorme per la sua auto, ma nonostante le pessime condizioni del suo gioiellino aprì il bagagliaio con un po' di difficoltà e prese dell'acqua e un paio di tovaglioli. Mi fece sedere al lato del guidatore mentre piano tamponava la mia ferita con l'acqua, provavo un dolore davvero assurdo. Ancora non riuscivo a realizzare ciò che era successo, mi sembrava così fuori dalla norma. Certo, incidenti simili erano all'ordine del giorno, ma proprio a noi doveva succedere? E sopratutto, proprio a noi doveva succedere dopo una serata talmente perfetta?

-Freedom, apri gli occhi.- Justin alzò il mio mento con un dito.
-Ho sonno, Justin.- sussurrai, poggiandomi al suo corpo.
-Non addormentarti, ti prego.- mi accarezzò la spina dorsale. -Adesso chiamiamo qualcuno, va bene?-
-Sì.- sussurrai ancora, cercando di aprire gli occhi.
-Cazzo..- sussurrò, prendendo il suo cellulare. -Non c'è campo.-
-Prova col mio.- gli diedi il mio cellulare.
-Niente.- chiuse gli occhi e sospirò.
-Chiama la polizia.- mi staccai dal suo corpo. -Magari qualcuno viene a prenderci.-
-Sei sicura?-
-Sicura.- sorrisi appena.

Mi fece sedere sulle sue gambe e compose il numero della polizia, dando tutte le informazione su dove più o meno eravamo. Justin cercò di tenermi sveglia in più modo, ma il sonno si faceva sentire sempre più. Finché, non ebbe la brillante idea di gettarmi dell'acqua ghiacciata in faccia e, sì, era riuscito a svegliarmi. Anche se non mi sarebbe dispiaciuto morire lì, tra le sue braccia, accoccolata al suo petto. Sarebbe stata una morte dolce, avrei chiuso gli occhi per sempre ma col sorriso.

ANYONE'S POV.
Nel frattempo, a casa Russel, regnava il panico. Jolanda, non vedendo la propria figlia e il ragazzo con cui era uscita tornare a casa alle undici, aveva subito cominciato a preoccuparsi. Aveva chiamato sia la figlia che Justin, ma nessuno dei due rispondeva al telefono, c'era la segreteria. E allora aveva chiamato Pattie e le aveva chiesto se aveva notizie, ma nulla. Preoccupata, cominciò a girare per la città in cerca di Freedom, ma nulla, di lei non c'erano tracce. Lo stesso fecero Pattie, Diane a Bruce, fino ad arrivare alla conclusione di chiamare la polizia. Bruce sentiva che qualcosa non stava andando nel verso giusto, e fu proprio per questo che propose di chiamare la polizia. Jolanda e Pattie si tenevano le mani e pregavano affinché non fosse successo niente, ma quello strano ritardo di ben cinquatacinque minuti stava mandando tutti in agitazione. Jolanda era così agitata che, non sapendo cos'altro fare, pensò di chiamare il suo ex marito, chiedendo aiuto.

JUSTIN'S POV.
Freedom era ancora tra le mie braccia, gli occhi completamente aperti, mentre accarezzava il mio collo. Le sue dita si muovevano su e giù sulla mia trachea, poi si fermavano sul mio petto, e ricominciavano. Stavo praticamente lottando contro l'eccitazione, la mia piccola si sarebbe spaventata se Jerry si sarebbe svegliato. Ma peggiorò la situazione e la mia lotta si intensificò, sembrava farlo a posta. Oltre alle sue dita, aggiunse anche dei piccoli e umidi baci sotto la mascella,  istintivamente aumentai la presa sui suoi fianchi e la strinsi ancora di più a me. Il collo era il mio punto debole, decisamente.

-Principessa..-  ansimai, quando diede un piccolo morso al mio collo.
-Cosa c'è?- soffiò sul mio collo, baciandomi nuovamente sullo stesso punto in cui mi aveva morso.
-Non immagini neanche cosa ti farei adesso.- sussurrai, stringendola ancora di più a me. Sentii un brivido percorrerle il corpo, e sorrisi all'effetto che gli facevo. -Ma, dato che non è tanto romantico questo posto, mi trattengo. E non immagini quanto sia difficile..- sussurrai quest'ultima parte, girandola così da farla sedere a cavalcioni su di me. Arrossì, io sorrisi. -Non voglio farti nulla.- le accarezzai la schiena. -Solo guardarti, e amare ciò che la natura ti ha donato.- le accarezzai il viso e feci scendere la mia mano fino al suo collo. -Non ho mai visto un ragazza più bella di te.-
-Ci sono tante persone più belle di me.- sussurrò, guardandomi negli occhi.
-Tu sei la più bella, per me.- sussurrai ancora e, nei suoi occhi, notai un luccichio.

Istintivamente, strinsi ancora più forte le mie braccia attorno al suo corpo. La strinsi forte, tanto forte. Eravamo una cosa sola. Quanto avrei voluto baciarla e farle capire quanto realmente era bella per me, non avrei mai smesso di ripeterglielo. E in quel momento mi balzò per un secondo per la mente l'idea di stenderla sui sedili posteriori e renderla mia, ma subito scossi la testa: la sua prima volta doveva essere perfetta, e non sui sedili di un'auto dopo un incidente. Avevo costantemente la voglia di renderla mia, di unirla a me, di essere dentro di lei. Volevo lasciare il segno nella sua vita, volevo essere qualcuno di importante per lei, volevo renderla donna. Volevo stare con lei e crescerla, volevo viverla. E l'avrei fatto, perché me ne stavo innamorando. Oh sì gente, Justin Bieber si stava innamorando di una ragazza di dodici anni più piccola, chi l'avrebbe mai detto?

-Che ore sono?- chiese Free, staccandosi dall'abbraccio e guardandomi.
-Le due di notte.- dissi, guardando l'ora display della mia -e ormai distrutta- Range Rover.
-Ci stanno mettendo tantissimo.- sospirò.
-Arriveranno.- le sorrisi, per poi notare una luce in lontananza.

Sul mio viso apparve un sorriso e la speranza cominciava a farsi sentire. Feci sedere per bene Free tra le mie gambe e cominciai a bussare il clackson, finché un auto della polizia apparve davanti ai nostri occhi. Finalmente. Freedom sospirò più tranquilla, sorrise e mi abbracciò forte. La polizia ci domandò cosa ci facevamo lì a quell'ora, perché eravamo in quel posto e come la macchina si era ribaltata in quel modo. Poi ci portò a casa di Freedom, Free durante tutto il viaggio non faceva altro che parlare e parlare. Sorrisi contento, era bello vederla nuovamente piena di vita. Mi dava forza. Appena arrivati fuori casa, la polizia ci accompagnò fino alla porta, bussammo e subito Free si precipitò tra le braccia di sua madre.

-Freedom, Justin! Ci avete fatto preoccupare tantissimo.- disse la nonna, correndoci incontro.
-Cos'è successo?- chiese mamma, mentre l'abbracciavo.
-Hanno fatto un incidente.- intervenne Bob, un poliziotto. -Il nostro lavoro è finito. Mi raccomando, ragazzi, fate attenzione.- disse, per poi andar via.
-Certo che ha molto tatto.- ridacchiò Free, staccandosi da sua mamma.
-Ragazzi, non scherzate e raccontateci cos'è successo.- chiese Jolanda, meno preoccupata.
-Stavamo tornando a casa quando abbiamo visto un cervo a pochi metri dall'auto e, per scansarlo, ho sterzato, prendendo però un sasso e andando a finire su un albero.- sospirai, passandomi una mano tra i capelli.
-Però stiamo bene.- sorrise Free. -Abbiamo passato una serata bellissima!- abbracciò anche nonno.
-Una serata bellissima con tutto l'incidente?- ridacchiò nonno.
-Quello possiamo scartarlo.- Free scosse la testa. -Però ci siamo divertiti tanto.-
-Almeno non è successo niente.- mamma poggiò un braccio attorno alla vita di Jolanda.
-Ci siamo preoccupate tantissimo.- continuò la mamma di Free.
-Lo so, ma stiamo bene, vedi?- fece un giro su se stessa. -Certo, siamo un po' ammaccati, ma stiamo bene.-
-E in più abbiamo salvato la vita a un cervo.- ridacchiai, prendendo Free per i fianchi e attirandola a me.

Fu in quel momento, che la porta di casa di spalancò. Una figura alta e slanciata entrò in salotto, aveva i capelli marroni e dei grandi occhi color ghiaccio. Ci girammo tutti verso di lui velocemente, aveva l'affanno e i suoi occhi erano preoccupati. Istintivamente, misi Freedom al mio lato, stringendole forte la mano. I suoi occhi vagavano sulla figura di quell'uomo ed erano lucidi, sofferenti. Il suo viso sbiancò, era completamente pallida. Sembrava quasi che avesse visto un fantasma. Chi era quell'uomo?

-Ho fatto il prima possibile, ho preso il primo aereo per London e.. Freedom.- disse l'uomo, poggiando gli occhi sulla mia Free. La strinsi ancora di più.
-Papà..- sussurrò, e in quel momento capii il perché della sua precedente reazione.


I never thought that it be easy,
'cause we both so distant now.
And walls are closing in on us,
and we’re wondering how.


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Hallo.c:
Ciiiao dolcezze! Miracolosamente, sono qua. Pensate, che il capitolo l'ho scritto tutto solo ed esclusivamente oggi, ho avuto la settimana estremamente impegnata. Oggi, dato che non sono andata a scuola a causa di un abbonamento per il treno dimenticato e un bagno di pioggia, ne ho approfittato per fare i compiti scritti che avevo e per scrivere questo capitoluccio qua, dove succedono un paio di cosucce. Hey, per scrivere non ho manco studiato per martedì che ho una verifica, quindi amatemi. u.u
Adesso, passiamo al capitolo. Noto che ci sono sempre meno recensioni, come mai? :c Facciamo così: la prossima volta, a 15 recensioni, riuscite ad arrivarci? Se ci arrivate prima di sabato, io mi impegnerò a scrivere così da pubblicare prima. Affare fatto? *Tende le mani alle sue amate lettrici*.

Ma parlando di altre cose, voi avete visto il video di Confident?! È praticamente una droga per me, adoro la parte in cui ci prova con la ragazza e prende un due di picche lol. Be', meglio per noi Beliebers, no?! Certo che fa proprio schifo a rimorchiare, AHAHAH.
E parlando di altro ancora, voi cosa farete stasera? Io, nervosa come sto, mi metto stesa sul lettone di mamma e mi guardo Harry Potter, dato che non l'ho mai visto. Visto che brava?

E PARLIAMO DI UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877 
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad aiutarvi.<3 

Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se vi va, io sono --> 
http://www.tumblr.com/blog/diiiistance 

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO.
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI.

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più. 
Vi amo. 
Sharon.~

P.s: perdonate gli errori, non sono riuscita a rileggere!


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Capitolo 16
*** Capitolo 16. // Everything's gonna be alright. ***


16. FREEDOM'S POV.
Il corpo era completamente paralizzato, come poteva essere? Mio padre era lì, in piedi, davanti a me, con l'affanno. Era in casa mia, a pochi passi da me. Il suo sguardo era preoccupato ma allo stesso tempo confuso e infuriato, mentre il mio era semplicemente spento, troppe emozioni provavo dentro di me. Un mix di rabbia, angoscia, delusione. Perché era lì? Cosa ci faceva nel soggiorno di casa mia? Cosa lo aveva spinto a venire a casa, quel giorno? Mi aveva detto che non sarebbe venuto per Natale, ed io non volevo vederlo. In quel momento, combattevo contro la voglia di correre tra le sue braccia e abbracciarlo e la voglia di correre da lui e prenderlo a schiaffi. Era amore e odio. Come dice una poesia di Catullo: Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai. Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento. E sì, quei sentimenti così opposti mi tormentavano, non riuscivo a capire com'era possibile amare e odiare allo stesso tempo una persona così importante.
Lentamente, mio padre si avvicinò a me, strinsi sempre più la presa sul braccio di Justin. Mi accarezzò piano il viso, ma non reagii. Non riuscivo ancora a comprendere ciò che s stava succedendo. Solo quando mi ritrovai tra le sue braccia, stretta in u forte abbraccio, che cominciai a muovermi e ad agitarmi.

-Lasciami!- urlai, agitandomi.
-Freedom, ti prego, ascoltami.- mi chiese papà, aumentando la stretta.
-Non voglio ascoltarti, papà!- urlai ancora, staccandomi. -Avevi detto che non ci saresti stato per Natale, adesso perché sei venuto a rovinare tutto?!- urlai ancora.
-Freedom, ho lasciato il ristorante nel bel mezzo di un matrimonio per venire qui, potresti almeno ascoltarmi?!-
-Vedi? Per te è più importante il lavoro, per te è sempre più importante il lavoro!-
-Ma non è così, piccola.-
-Ah no? Se non fosse stato per la mamma che ti avrà chiamato preoccupata adesso saresti ancora a lavorare, come avresti fatto anche domani. Infondo sono solo tua figlia, no?!- urlai, scappando di sopra.

JUSTIN'S POV.
Guardai la mia piccola correre di sopra, suo padre la seguì. Corsi anch'io di sopra, preso dal momento. Odiavo sentire Free urlar,e odiavo vedere le lacrime rigarle le guance. Suo padre bussava violentemente alla porta, la incitava ad aprire. Così come sua madre, ma Free non voleva saperne. Si era chiusa dentro e avevo il terrore che avrebbe potuto fare qualcosa di cui si sarebbe pentita. Sembrava tanto forte, ma dentro era ancora molto debole. E una cosa come il ritorno improvviso del padre, l'aveva sicuramente sconvolta.

-Posso?- chiesi, avvicinandomi a Jolanda e il padre di Free, non conoscevo ancora il suo nome.
-Fai pure.- mi disse il padre, sorridendo infastidito. Sospirai e mi avvinai, bussando.
-Free, sono io..- chiusi gli occhi e appoggiai la testa alla porta, sentii che fermò i singhiozzi.-Principessa, mi apri? Entro solo io, solo io.-

Chiusi ancora gli occhi e mi concentrai su ciò che sentivo: la mia piccola si stava alzando. Poggiai la mano sulla maniglia della porta, sentii che bloccò la serratura prima di fare qualche passo indietro per lasciarmi spazio. Il padre di Free mi guardò stupito, gli lanciai un sorriso soddisfatto prima di girarmi verso Jolanda e annuire come per farle capire che c'avrei pensato io, poi entrai. Immediatamente, Free mi si gettò tra le braccia, e mi strinse forte. L'abbracciai forte anch'io, per farle capire che c'ero e che non l'avrei lasciata. La strinsi a me, poi presi le sue mani e le avvicinai alle mie labbra, baciandole dolcemente. Fissai i miei occhi nei suoi e le sorrisi, baciandole poi la punta del naso. Le scappò un sorriso, e il mio cuore si riempì di gioia.

-Non piangere.- le sussurrai, portandola con me sul letto. -Sai che mi fa male.-
-Lo so, ma..- singhiozzò, le baciai la mascella. -Ma a me ha fatto male questo..-
-Perché non provi ad ascoltare cos'ha da dirti?- le chiesi, accarezzandole dolcemente le braccia.
-Perché ha rovinato tutto.- rispose, in un sospiro.
-Cos'ha rovinato? Piccola, desideravi tanto stare con lui questo Natale.. Pensaci, magari rimarrà qua, con te, con noi. Verrà a mangiare da noi, così passerai il Natale perfetto. Con lui, con me..-
-Ho paura di quello che potrebbe dirmi.- mi abbracciò.
-Sono sicuro che aggiusterete le cose, ma solo se gli darai una possibilità.- la guardai negli occhi. -Provaci almeno, io sarò proprio dietro la porta. Se avrai bisogno di me, basta che mi fai un fischio.- sorrisi.
-Non te ne andrai?- chiese, con voce tenera. Scossi la testa.
-Non lo farò.- le sorrisi ancora. -Allora, lo faccio entrare?- annuì.

Le presi il viso tra le mani, le stampai un dolce e candido bacio sulla fronte -anche se mi sarebbe piaciuto baciarle qualcos'altro- e mi alzai, uscendo successivamente di camera.

-Può entrare.- dissi, rivolgendomi al papà di Free, che mi fulminò con lo sguardo prima di entrare in camera. -Ma cosa gli ho fatto?- alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
-È solo geloso perché la sua bambina preferisce stare con te anziché con lui.- ridacchiò Jolanda, poggiandomi una mano sulla spalla.
-Gli ho anche fatto un piacere.- dissi tra me e me, guardando Jolanda. -Spero solo che vada tutto bene.-
-Andrà bene,- Jolanda incontrò il mio sguardo. -Grazie per aver aiutato Jeffrey, Justin.-
-Lo sai, farei di tutto per Free.-

Risposi, mentre il sorriso della mia piccola era padrone dei miei pensieri.

FREEDOM'S POV.
Sospirai, non appena mio padre entrò in camera. Guardai la sua figura per soli pochi secondo, poi abbassai lo sguardo sulle mie mani. Papà mi avvicinò al mio letto, si sedette al mio fianco e mi accarezzò i capelli, dolcemente. Lo faceva sempre, gli erano sempre piaciuti i miei capelli lunghi. Quando a sette anni li tagliai a sua insaputa ci rimase malissimo, non poteva più giocarci. Da allora li tagliai solo due volte all'anno e cercai sempre di tenerli al meglio. Per qualche minuto, nessuno dei due parò. Lui mi accarezzava i capelli e la schiena, mentre io continuavo a fissare le mie mani e le mie gambe incrociate a mo' di indiano. Non sapevo cosa dirgli, da dove cominciare. Non era facile dopo tutto quello che era successo tra di noi.

-Vedo che ti fidi molto di questo ragazzo.- disse papà, improvvisamente.
-Sì.- risposi. -Mi fa sentire speciale.-
-Tu sei speciale.- girai il mio viso per il suo.
-Non per te.- sussurrai, guardandolo negli occhi.
-Tu sei la persona che più amo, Freedom.-
-E allora perché non me lo dimostri mai?- chiesi, sentendo una stretta alla gola.
-Perché sono un codardo.- rispose, e abbassò lo sguardo.

Lo guardai per minuti interminabili, sentendo che qualcosa presto sarebbe successo. Prese saldamente la mia mano e cominciò ad analizzarla, sorridendo. Toccava le mie dita, il mio palmo, il polso. Avvicinò le nocche della mia mano alle sue labbra, stampandoci un tenero e dolce bacio sopra. Un bacio umido, reso ancora più umido da una lacrima che scese dal suo occhio.

-Non immagini neanche quanto sia difficile stare senza te.- sussurrò, sulla mia mano. -Fino a qualche anno fa, la tua mano era così piccola che riuscivo a racchiuderla nella mia, e adesso? L'ultima volta che ti ho vista non eri nemmeno così sviluppata.- ridacchiai poco alla sua ultima frase, anche se una lancia aveva appena attraversato il mio cuore.
-E invece lo so, papà.- lo guardai negli occhi. -Secondo te perché sono arrabbiata, con te?- non rispose, si limitò a guardarmi negli occhi. -Sembra quasi che io sia per te un optional.-
-No! Questo mai, Freedom.- mi accarezzò il viso. -Lo sai che ti amo.-
-Ma non me lo dimostri.-
-Se lavoro lontano, lo faccio solo per te.-
-A me non interessano i soldi, papà. Io ti voglio qui, con me. Perché non riesci a capire che ho bisogno di te per essere davvero felice? Non mi manca niente adesso, ho bisogno solo di te.-

Lo guardai negli occhi, per fargli capire tutto il mio dolore. Chiuse gli occhi e passò una mano tra i suoi capelli, dopodiché mi guardò e prese il mio viso tra le mani. Accarezzò tutti i miei lineamenti, era così bello sentire le sue mani accarezzarmi il viso. Era da così tanto tempo che desideravo averlo vicino, di sentire il calore della sua pelle a contatto con la mia, di sentire la sua voce da vicino, senza apparecchi elettronici. Avevo bisogno di questo, avevo bisogno di lui. Avevo bisogno del suo amore, della forza che mi dava, avevo persino bisogno della sua gelosia. Perché non lo capiva? Perché non abbandonava tutto e veniva da me?

-Quanto sei bella, piccola mia.- si avvicinò a me. -Davvero non riesco a capire come sono riuscito a fare una figlia così bella.-
-Ma smettila.- alzai gli occhi al cielo e sbuffai, sorridendo appena.
-Quel ragazzo biondo sembra pensarla come me.- mi diede una gomitata e mi fece l'occhiolino, arrossii.
-Intendi Justin?- morsi il mio labbro e arrossii ancora.
-Allora è così che si chiama. Justin?- annuii. -Sembra molto grande.-
-In effetti..- ridacchiai.
-Siete fidanzati?-
-Cosa?- sbarrai gli occhi e arrossii ancora. -No! Non siamo fidanzati.- ammisi tristemente.
-Sai, bambina mia..- papà poggiò un braccio dietro la mia schiena. -Ho lasciato Fathima.-
-Come mai?- chiesi, sbarrando gli occhi.
-Voleva solamente i miei soldi.- fece spallucce. -E prima mi hanno licenziato a lavoro perché ho lasciato tutto venendo qui senza avvertire.-
-Oh..- abbassasi lo sguardo, sospirando.
-Chissà,- mi strinse a sé. -magari troverò un lavoro nei paraggi per stare con te.-

Sbarrai gli occhi e spalancai la bocca, guardandolo. La mia espressione doveva essere come quella di un pesce, perché papà scoppiò a ridere e mi abbracciò forte. Lo strinsi anch'io, così forte che probabilmente gli mancò l'aria. Finalmente. Una lacrima scese ancora lungo il mio viso, ma non una lacrima di dolore..una lacrima di gioia. Istintivamente, girai lo sguardo verso la finestra: aveva cominciato a nevicare. Guardai papà col sorriso, il suo viso era ancora rivolto verso la finestra e, come me, sorrideva.

-È proprio vero che Natale è un periodo magico.- ridacchiai, poggiando la testa sulla spalla di papà.
-È tutto a posto, adesso?- mi chiese, annuii e mi strinsi a lui. -Cercherò di essere più presente.-
-È una promessa?-
-È una promessa.- mi baciò una mano.
-Adesso, andiamo giù.- mi alzai e gli presi la mano, alzandolo con me.
-Ti manca quel Justin?- ridacchiò.
-Sì, problemi?- chiesi, incrociando le braccia al petto.
-Sì, perché sei la mia bambina.-

Toccò la punta del mio naso e sorrisi, prendendogli la mano e uscendo dalla mia camera col sorriso. Justin era insieme a mia mamma, proprio vicino la porta. Aveva mantenuto la promessa. Gli sorrisi e mi avvicinai a lui a passo svelto, sempre tenendo mio padre con l'altra mano. Justin lo guardava con occhi freddi, papà aveva lo stesso sguardo. Già la cosa non mi piaceva. Mi piazzai davanti al mio ragaz..ehm, davanti a Justin e guardai i suoi occhi, che si addolcirono all'istante. Gli sorrisi raggiante e mi spostai di lato, così che fosse faccia a faccia con mio papà.

-Dato che già avete avuto l'opportunità di vedervi ma non di  conoscervi, adesso ci penso io. Papà, lui è Justin..-
-Il tuo ragazzo.- continuò papà, a denti stretti. Arrossii.
-Non siamo fidanzati.- sospirai.
-Non ancora.- sussurrò Justin, ed io arrossii ancora di più.
-E..ehm..Justin, lui è mio padre, Jeffrey.-
-Molto piacere.- affermò papà, porgendo la mano a Justin.
-Il piacere è tutto mio.- Justin afferrò la mano di mio padre e lo guardò negli occhi. -Resterà fino a domani?-
-Fino a quando posso.- sorrise.
-Potrebbe venire a cenare a casa nostra, se le va. Free e Jolanda hanno già accettato, sono sicuro che i miei nonni saranno contenti.-
-Davvero?! Oh, sì!!-

Esultai come una bambina, ricevendo da mio padre e Justin occhiate divertite. Dopo quella breve presentazione -che era andata meglio del previsto- mio padre e Justin cominciarono a scendere le scale parlando di basket o di hockey, mentre io e la mamma li seguivamo sorridendo. Ero contenta, finalmente tutto stava andando come doveva andare. Già con Justin tutto andava alla grande, tra di noi le cose andavano sempre meglio ed io ero sempre più felice. Mi sembrava di essere come nella favola di Cenerentola, solo che la magia non finiva a mezzanotte. Poi, oltre al mio splendido rapporto con Justin, si aggiungeva anche il ritorno permanente di papà. Non sarebbe più andato via, da quello che avevo capito, e la cosa mi piaceva particolarmente. Finalmente potevo passare con lui interi pomeriggi a guardare film o a giocare con la play, oppure a mangiare cioccolata. Finalmente potevo passare con lui tutto il tempo che volevo, potevo vederlo quando volevo, potevo viverlo per quanto volevo. Finalmente, potevo passare con lui il Natale.. Sarebbe stato perfetto. Tra lui e Justin ero davvero tre metri sopra il cielo.

-Jeffrey, dolcezza, da quanto tempo.- disse Diane, avvicinandosi a mio padre e abbracciandolo.
-Saranno un po' di mesi.- rispose papà.
-Sette, per la precisione.- mi intromisi, avvicinandomi a Justin che poggiò un braccio sulle mie spalle.
-Sono molti, ma non sei cambiato di una virgola.- Bruce gli diede una pacca sulla spalla, papà sorrise.
-Mi vedrete spesso.- ridacchiò. -Lei invece è..?- chiese, riferendosi a Pattie.
-Mia madre.- disse serio, Justin. -Quindi, non osare provarci.-
-Potrei dirti la stessa cosa con mia figlia, ragazzo.-
-Figliolo, non ti conviene.- ridacchiò Bruce, seguito da tutti.

Mi strinsi ancora un po' a Justin, annusando il suo profumo. Era così dannatamente buono. Restammo ancora un po' a parlare in salotto, fin quando si fecero le tre e mezza e Bruce cominciò a sentire un po' di stanchezza. Bruce, Diane e Pattie salutarono e uscirono da casa mia prima di Justin, che rimase abbracciato con me sull'uscio della porta. Mamma e papà erano andati in cucina a parlare di non so cosa, mentre io e Justin ci abbracciavamo. Sicuramente, non sarei stata tutto quel tempo attaccata a Justin se sapevo che mio padre avrebbe potuto vederci, lo avrebbe fatto a tanti piccoli pezzi. Mi staccai dall'abbraccio e guardai Justin negli occhi, perdendomi in quel color caramello che brillava sotto la luce della luna. Dolcemente sorrise e delicatamente mi accarezzo il viso, chiusi gli occhi istintivamente. Era una così bella sensazione sentire le sue mani toccare qualunque parte del mio corpo.

-Posso fare una cosa?- sussurrò, avvicinandosi al mio viso.
-Cosa?- chiesi, sentendo il suo respiro caldo.
-Una cosa.- ripeté, avvicinandosi sempre più.

Aprii gli occhi per un secondo e lo chiusi nuovamente, non appena sentii le sue soffici labbra a contatto con la pelle del mio viso. Diede tanti piccoli e teneri baci sulla guancia, poi scese giù, sulla mascella, alzò il mio mento e continuò il suo percorso stampandomi tanti piccoli e umidi baci. Contornò le mie labbra con le sue, fino a soffiarci sopra. Era una così bella sensazione, mi stava mandando letteralmente in estasi. Avvicinai il mio corpo al suo fino a farli combaciare, aprii gli occhi e incrociai il suo sguardo, desiderosa di sentire quelle splendide labbra a contatto con le mie. Mi sorrise dolcemente e si chinò ancora, i  suoi occhi ben piantati nei miei, fino a quando non fui travolta da una splendida sensazione che mi spinse a chiudere gli occhi nuovamente. Quelle labbra, così perfette e da me tanto desiderate, erano finalmente sulle mie, si univano alle mie. In un lento, morbido e perfetto bacio a stampo. Istintivamente, gli accarezzai il collo con le dita, e nel bacio lo sentii sorridere. Pochi secondi dopo, si staccò, lentamente e delicatamente. Mi sorrise e attaccò la sua fronte alla mia, guardandomi ancora negli occhi.

-Mi piacciono le tue idee.- arrossii.
-Buono a sapersi.- si morse il labbro e baciò la punta del mio naso. -Ciò vuol dire che devo averne simili più spesso.-
-Ottima pensata.- ridacchiai. -Ci vediamo domani, allora?-
-Verrò a prenderti io domani mattina.-
-Va bene.- sorrisi. -Grazie per la splendida serata, Justin.-
-Non ringraziarmi, principessa.- Alzò il mio viso. -Se potessi, ti porterei anche sulla luna.- sorrisi.
-Non ho bisogno della luna, quel che conta è stare con te..- sussurrai, provocando un suo sorriso.
-Dove sei stata tutto questo tempo?- ridacchiò Justin, abbracciandomi. -Buona luna, piccola principessa.-
-Buonanotte, Justin..-

Sorrisi ancora, per poi staccarmi e guardarlo andar via. Il mio cuore batteva forte, sembrava quasi stesse per uscire dalla cassa toracica. Prima di andar via, mi mandò un bacio a distanza, un bacio semplice ma d'effetto e davvero tanto tanto speciale. Mi chiusi la porta alle spalle, sospirai e, con occhi sognanti, entrai in cucina da mamma e da papà, urtando papà con la porta e cominciò a imprecare in spagnolo. Lo guardai stranita, che diamine ci faceva dietro la porta? Incrociai le braccia al petto e cominciai a battere ritmicamente il piede a terra quando realizzai che molto probabilmente aveva origliato e visto tutto. Lo fulminai con lo sguardo e mi sorrise innocente, un sorriso che ricambiai ma, di certo, il mio non era innocente.

-Cosa ci facevi dietro la porta?- gli chiesi, con tono autoritario.
-Io? Nulla. Aiutavo tua mamma a fare i piatti.-
-Dietro la porta?-
-Giocavamo a frisbee.-
-Ottima scusa, papà.- ridacchiai, prendendo un bicchiere d'acqua.
-Mi piace quel Justin, anche se si fa mia figlia.- mi baciò una tempia, arrossii.
-Non si fa tua figlia!-arrossii ancora.
-Ho visto come ti slinguazzava.-
-Primo, hai appena ammesso che ci hai visti. Secondo, non mi ha slinguazzata!- arrossi ancora. -E terzo, io vado a letto. Buonanotte.-

Mi affrettai a dire, per poi salire di sopra. Mi chiusi la porta alle spalle e, contenta e spensierata, mi gettai a peso morto sul letto, sorridendo e guardando il soffitto. Le luci natalizie attorno al mio letto illuminavano la stanza, mancavano poche ore e saremo stati tutti a casa di Diane e Bruce a festeggiare la vigilia Natale. L'atmosfera si faceva sentire, in quel momento più che mai. Mi alzai dal letto e tirai da sotto al letto in regalo che avevo pensato di fare a Justin, dovevo solo incartarlo. Troppo euforica dopo il piccolo bacio che Justin mi aveva dato, cominciai ad incartare il regalo di Justin e i regali per mamma, Bruce, Diane e Pattie, tranne quello per il mio papà, che ancora non avevo. Non sapevo che sarebbe venuto improvvisamente, non gli avevo ancora regalato niente. -'Glielo comprerò domattina.'- pensai, preparando tutti i regali in una grande busta. Dopo aver incartato i regali, misi il pigiama, sciolsi i capelli e scesi di sotto per un bicchiere d'acqua, quella sera avevo davvero molta sete. Mentre salivo nuovamente  di sopra, mi soffermai a vedere mio padre e mia madre che, sul divano, ridevano e scherzavano, senza fare eccessivamente rumore. Mi poggiai allo stipite della porta e li guardai col sorriso, senza che si accorgessero di me.

-Era da tanto che non ridevo così.- disse la mamma, sorrisi.
-Sembrerà strano, ma lo stesso vale per me.- rispose papà, poggiando un braccio sulle spalle di mia madre.
-Freedom è stata così male quando ha saputo che non saresti stato qui a Natale, ci speravamo così tanto.-
-Speravamo?- chiese papà, nascondendo un sorriso.
-Be', sì. Sei sempre il padre di mia figlia, mi fa piacere vederti e...-
-E..?- sorrise papà, la mamma restò in silenzio. -Andiamo, Jojo, a me puoi dirlo.-

Sorrisi ancora al nomignolo con cui papà aveva chiamato la mamma, la chiamava in quel modo quando stavano ancora insieme. O almeno, così mamma mi aveva sempre raccontato. Decisi di lasciarli alla loro privacy, anche se avevo tutto il diritto di restare dopo che mio padre aveva guardato me e Justin salutarci, e me ne tornai di sopra, stendendomi a letto, sempre col sorriso. La stanchezza cominciava a farsi sentire, erano le quattro di notte passate e avevo passato davvero una serata..movimentata.
La cena in un posto magico.
L' incidente in un bosco.
Il ritornò di papà.
Il bacio di Justin.
La scena tra papà e mamma.
Sì, era stata abbastanza innovativa. Ma ne era valsa la pena, perché mi ero divertita tantissimo e avevo passato dei momenti davvero, davvero stupendi. Chiusi gli occhi e immaginai il bacio con Justin, era stato talmente bello toccare le sue labbra. Con quel bacio, mi aveva provato che per me provava un sentimento che andava oltre l'amicizia e ne ero contenta, perché lo stesso sentimento lo provavo anch'io. Sarei rimasta a baciarlo per ore e ore e ore e ore e ore. Gli avrei dato cento baci e poi altri mille, poi ancora cento e poi altri mille, e ancora cento e altri mille ancora e li avrei mischiati, così che nessuno avrebbe mai potuto sapere quanti ce n'eravamo dati, proprio come i baci che Catullo desiderava dare alla sua Lesbia. Nella mia piccola bolla non ero più sola, Justin era con me e mi faceva sentire bene, mi faceva sentire libera, mi faceva sentire amata. Non sarei mai riuscita a ringraziarlo abbastanza per tutto ciò che faceva per me.
Mentre stavo per addormentarmi, il mio cellulare squillò. Lo presi stanca e assonnata, ma quando lessi il nome sul display il mio cuore cominciò a battere più forte e il mio sorriso si faceva sempre più grande.

Da: Justin.<3
'Tipo che sono a letto e non riesco a dormire, non faccio altro che  pensarti.
Stai diventando un'ossessione, sei il mio pensiero fisso.
Non solo il tuo viso e i tuoi occhi, no. Adesso si sono aggiunte anche le tue labbra.
Resterei a baciarti per l'eternità, se solo potessi.
Non vedo l'ora di vederti.
Buonanotte, amore mio.
-Tuo, Justin.
' 


___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Hallo.c:
Ssalveee. Come state, mi bellissime lettrici? Io stanca, davvero stanchissima. Sono stata malata da domenica a martedì mattina, a causa di cosa? Dell'acqua che ho preso sabato mattina. .-. Tipo che non riuscivo ad alzarmi dal letto ahahah. Poi..ho avuto anche una ricaduta con quei dannati disturbi e per la mia mente sono frullate non sapete quante cose.. Comunque sia, adesso mi sono ripresa, e sono ripartita. Dio, ragazze, che giornata che ho avuto! Stamattina a scuola, sono tornata a casa all'una, alle due e mezza ero già in palestra, sono tornata alle quattro e mezza, ho fatto merenda, poi lo studio con una sorella Testimone di Geova, adesso sto postando il capitolo e tra poco devo studiare latino, ovviamente fino a quando inizia Harry Potter, poi sono tutta del maghetto. u.u
Aloras, non divago ancora lol. Come vi pare il capitolo? Secondo me, Free e il papà sono troppo teneri, è troppo innamorata per tenergli il muso, picciola. Come siamo simili, oh.. chissà perché ahahaha. Perdonatemi se non ho aggiornato ieri, ho scoperto solo stamattina con un messaggio su ask che ero arrivata -ieri- alle quindici recensioni e non ho potuto aggiornare, ero davvero stanchissima. Pensate che la settimana prossima ho quattro verifiche e due interrogazioni, mi sto dannando già da adesso!

Comunque, parlando di cose S.E.R.I.E. Voi avete visto Believe Movie?! Dio mio, quanto ho pianto quando parlava di Avalanna, o durante la parte in cui cantava Believe.. Piangevo a singhiozzi, vi giuro! Ho pure testimoni. u.u È stato sensazionale, guardare il suo film mi ha dato la forza di cui ho bisogno per non scoraggiarmi quando tutto va male. Lui è il mio modello da seguire, la mia icona, il mio idolo, il mio angelo.. Mi ha salvato la vita, ma letteralmente. Nessuno riesce a capire quanto sia importante per me, tutti mi prendono in giro solo perché 'sono fan di quel finocchio di Bieber, quel ragazzo che a diciannove anni ha già buttato la sua carriera nel cesso e che si fa solo canne. Ah, e inoltre è stato anche arrestato'. Ceh, ma si sentono? Li prenderei a frustate sul culo e prendere a calci nei coglioni i ragazzi. Spesso è anche inutile parlare con quei deficienti, ti fanno solo girare le ovaie. Okay, mi sa che è meglio smettere lol.
Perdonate lo sfogo ahahahah.

PARLIAMO DI UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877 
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad aiutarvi.<3 

Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance 

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO. 
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE. 
GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI. 

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più. 
Vi amo. 
Sharon.~

P.s: perdonate gli errori, non sono riuscita a rileggere!
P.s2: 
come la volta scorsa, se questo capitolo raggiunge le 15 recensioni prima di sabato allora aggiornerò non appena avrò verificato. c:
P.s3: SIETE UNICHE SE AVETE LETTO FINO A QUI.

Much love.


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Capitolo 17
*** Capitolo 17. // Noi siamo infinito. ***


17. Un'ultima passata di rossetto rosso fuoco, un ultimo sguardo allo specchio, un'ultima occhiata al cellulare e..pronta.
Scesi di sotto, più contenta che mai. Quella notte avevo fatto un sogno stupendo, un sogno in cui erano presenti tutti i miei desideri. Io e Justin stavamo insieme, mamma e papà invece erano tornati insieme e avevano avuto anche una seconda figlia: la piccola Destiny. La mia casa era su una montagna, circondata da alberi e tanta ma tanta neve. Era fatta di legno, il salotto era grande e spazioso e un grande camino predominava sulla parete di fronte alla porta. Nel sogno, Justin mi teneva stretta a sé mentre mangiavamo cioccolato e tutti gli altri erano in cucina. Mi accarezzava la pancia e mi sussurrava parole dolci, alternandole poi con dei piccoli e teneri baci dietro l'orecchio. Un sogno, letteralmente. Mi sarebbe tanto piaciuto avere una casa con Justin su una montagna, solo io, lui e la natura. Dove potevamo fare ciò che volevamo, scherzare in ogni occasione, scambiarci coccole senza sentirci dire 'no, è piccola'. Vivere con Justin.. un altro sogno, pure bello grande.
Dopo aver preso la borsa ed essermi messa le scarpe -che avevo dimenticato, ops.- scesi di sotto, trovando mio padre e mia madre ancora sul divano, addormentati. Mi avvicinai a loro e sorrisi: papà aveva un braccio sulle spalle di mamma e mamma dormiva beatamente sul suo petto. Erano solo le nove del mattino, chissà che ora avevano fatto la notte appena passata. Con un sorriso maligno, poggiai la borsa a terra, presi un respiro profondo e morsi il mio labbro inferiore, accendendo poi lo stereo posto vicino la televisione e alzando il volume al massimo. I miei genitori, che fino a poco fa dormivano, dopo quel mio piccolo intervento erano completamente lucidi. Doppio ops.

-Ops.- feci spallucce e morsi il mio labbro inferiore, poi però scoppiai a ridere quando papà mi guardò.
-Jolanda, tua figlia ha seri problemi.- disse papà ridacchiando, non appena mi accasciai a terra per le risate.
-Jeffrey, ti ricordo che è anche tua figlia.- rispose mamma, divertita dalla scena.
-Avreste dovuto vedere le vostre facce.- dissi alzandomi da terra, mi pulii il jeans e mi gettai a peso morto sulle gambe di papà. -Ciao, papi.- feci gli occhi dolci.
-Ciao anche a te, figlia.- mi sorrise, poggiò i suoi occhi sul mio rossetto. -Il rossetto rosso? Stai scherzando?-  
-No.- aggrottai le sopracciglia. -Non sta bene?-
-Eccome se sta bene, piccola.- sorrise. -Ma ti fa troppo sexy.-
-Dai, papà.- alzai gli occhi al cielo.
-Esci?- annuii. -Immagino col tuo ragazzo.- alzai gli occhi al cielo e arrossii.
-Papà!-
-Adesso sei dello stesso colore del rossetto.- papà rise, io arrossii ancora di più.

Almeno non era geloso, aveva capito che ci tenevo tanto a Justin e non aveva fatto storie sul nostro rapporto. Era per questo che lo amavo: accettava sempre le mie scelte e le appoggiava, giuste o sbagliate. Mi era vicino durante il cammino, mi dava consigli e mi incitava a credere sempre in ciò che io credevo fosse giusto secondo la mia logica. Stava facendo lo stesso con la mia quasirelazione con Justin, rendendomi così la persona più felice del mondo. 

-Tu e la mamma avete dormito qui?- chiesi, poggiando la testa sul suo petto e chiudendo gli occhi.
-Sì.- rispose mamma.
-Ci siamo addormentati stanotte mentre parlavamo.- ridacchiò papà.
-Starai qui in questi giorni?- chiesi, alludendo al fatto che sarebbe restato con me a lungo.
-Se la mamma è d'accordo, perché no?- sorrise, guardando infine mamma.
-Puoi stare quanto vuoi.- sorrise, mentre io esultai.
-Sono così contenta..- sussurrai, chiudendo gli occhi.

Poggiai la testa sul petto di mamma che mi abbracciò, mentre papà si avvicinò e abbracciò me e mamma contemporaneamente. Il mio cuore prese a battere velocemente, finalmente i miei genitori si stavano riavvicinando, sembravamo una famiglia felice in quel momento. Immaginai mamma e papà di nuovo insieme, che scherzavano e si tenevano per mano come quando stavano ancora insieme. Li immaginai stesi insieme a letto, mentre io mi intrufolavo tra di loro e venivo stretta dalle loro braccia. Immaginai la mattina, prima di andare a scuola, il mio papà in cucina a leggere il giornale mentre la mamma gli versava una tazza fumante di cioccolata e mangiava i famosi pancakes della nonna.. Chissà se quelle cose, si sarebbero avverate.
Il cellulare nella tasca dei miei jeans cominciò a vibrare, lo estrassi con le sopracciglia corrugate per poi sorridere non appena notai il nome di Justin lampeggiare sul display, segno che mi stava chiamando. Mentre però mi stavo alzando, papà mi precedette e si alzò prima di me. Corse alla porta, la spalancò e urlò il nome di Justin, invitandolo ad entrare in casa. Okay, prima grande figura di merda.

-Entra pure, Justin.- sorrise, dandogli la mano. -Avete fretta?-
-No, non preoccuparti.- ed ecco la bellissima, dolcissima, stupenda, magica, magnifica, stupefac..okay, la smetto. -Hai sentito dei Toronto Maple Leafs?-
-Cos'è successo?- chiese papà, i loro passi si avvicinavano sempre più.
-Randy Carlyle non potrà giocare per un po', ha preso una bella botta ieri sera.- rispose Justin, entrando in salotto.
-Justin!- urlai correndo, per poi saltargli tra le braccia. Letteralmente, avevo le gambe strette al suo bacino e lo abbracciavo forte.
-Hey.- ridacchiò, stringendomi dal bacino e alzandomi sempre più.

In quel momento, tutto sparì. Eravamo solo io e Justin, non mi interessava neanche di papà che probabilmente avrebbe voluto uccidermi dopo quell'abbraccio un po' fuori dal comune. Justin mi stringeva forte, riuscivo a sentire tutto il suo calore, era come se fosse una fiamma. Sì, era una fiamma, quella fiamma che senti quando sai di essere innamorato, e lui era l'amore dentro di me. Era a causa sua se sentivo le ginocchia flosce ogni qual volta si avvicinava al mio corpo, era a causa sua se il mio cuore batteva a mille quando mi diceva qualcosa di dolce, era a causa sua se diventavo completamente rossa quando mi faceva un complimento. Era colpa sua, solo colpa sua se dentro di me questo fuoco ardeva, bruciava, mi stava mangiando le budella. Eppure non era una sensazione brutta, anzi, era una sensazione stupenda. Perché quello che sentivo, non era un fuoco distruttivo come quello che riesce a radere al suolo intere foreste o palazzi. Il mio era un fuoco diverso, un fuoco che riusciva a farmi sentire bene, a farmi sentire appagata. Quand'ero con Justin -stranamente- non avevo mai freddo. Lui era il fuoco che riusciva a riscaldarmi. Non avevo bisogno di coperte o giubbotti caldi se ero con lui sulla neve, perché le sue braccia erano la miglior coperta.
Chiusi gli occhi e gli stampai un bacio sulla guancia, poggiando poi la testa sulla sua spalla.

-Jolanda?- chiamò papà.
-Sì, Jeffrey?-
-Li stacchi tu, oppure uso le maniere forti?- ridacchiai e scossi la testa, per poi scendere dalle braccia di Justin. -Adesso ragioniamo.-
-Papà, quanto sei geloso.- alzai gli occhi al cielo, stringendomi a Justin.
-Non sono geloso, sono solo tuo padre.- ridacchiò. -Justin, se non ti dispiace vorrei farti qualche domanda.-
-Oh no.- sussurrai.
-Oh sì.- ripeté papà, ci accomodammo in cucina. -Vuoi qualcosa, prima di tutto?-
-No, grazie.- sorrise, quel sorriso riusciva a sciogliere anche il ghiacciaio del Titanic.
-Okay, cominciamo con le domande base.- papà si sedette di fronte a Justin. -Fumi?-
-No.-
-Bevi?-
-Non esagero mai con l'alcol, giusto in occasioni particolari.-
-Ti droghi?-
-No.- Justin guardò male papà, che sorrise malignamente.
-Bene, fin qui mi sembra tutto nella norma. Passiamo alle cose serie: studi?-
-Ho già finito gli studi, mi sono laureato alla Harvard.- Justin sorrise fiero, per poi fare uno sguardo confuso non appena papà lo esaminò.
-Hai già finito gli studi? Quanti anni hai?- chiese ancora papà, e chiusi gli occhi sospirando.
-Ehm..ventisette.-

Mio padre spalancò la bocca e sbarrò gli occhi, completamente incredulo dopo quella piccola confessione. Ecco il punto dove non volevo andare a parare: l'età di Justin. Sicuramente avrebbe cominciato anche lui con le solite paranoie. 'Justin, sei troppo grande per lei.' 'Vi frequentate e avete dodici anni di differenza?' 'Sai che quando lui avrà sessantadue anni, tu ne avrai solo cinquanta?' 'La vostra età è troppo diversa'. Quanto odiavo tutto quello. Justin sospirò e mi strinse la mano mentre continuava a guardare mio padre negli occhi. Era impaurito dalla reazione che avrebbe potuto  avere papà, riuscivo a capirlo dalla sua stretta. Quanto a mio padre, invece, era completamente paralizzato. Sicuramente non si aspettava che Justin fosse così grande, era stato un vero e proprio shock. Dopo qualche minuto, data la risposta che non arrivava, decisi di fare qualcosa.

-Papà, senti, lo so che Justin è..-
-Troppo grande per una ragazzina di quindici anni? Oh, lo so anch'io.- rispose semplicemente, sospirando.
-Papà, aspetta, fammi parlar..-
-Freedom, ma ti rendi, anzi, vi rendete conto che avete dodici anni di differenza?- chiese ancora, alzandosi e girando per la cucina con le mani tra i capelli.
-Papà, lo so!- dissi decisa, alzandomi. Mi guardò, il suo sguardo era agghiacciante. -So che è molto più grande di me, so che ha già fatto esperienze che io non ho ancora provato, so che è una pazzia questa, ma so anche che Justin è buono..- guardai Justin. -o almeno, lo è con me. Mi vuole bene e mi tratta come una principessa, mi fa sentire una principessa. Abbiamo passato tanti giorni insieme, stiamo praticamente insieme sempre, ventiquattro ore su ventiquattro. Io non riesco a stare senza la sua presenza e, se non cerca scuse per andar via o per darmi buca, forse vuol dire che anche a lui piace stare con me. Devi fidarti di me, -mi girai nuovamente verso papà. -fidati solo di me. Hai sempre appoggiato le mie scelte, giuste o sbagliate che fossero state. E mi sono mia pentita di una mia scelta? No.- chiusi gli occhi, presi la mano di Justin e lo tirai su con me. -Lui è buono, è tanto buono.- sussurrai, per poi poggiare la testa sul suo petto e stringere la sua maglia tra le dita.

Mi dondolai sui talloni e affondai ancora di più la testa nel suo petto. Le sue mani strinsero i miei capelli, li accarezzavano dolcemente. Era così bella e rilassante la sensazione che provavo in quel momento. Capii, definitivamente, che lui non provavo solo ed esclusivamente amicizia, ma molto di più. Era diventato la sostanza dei miei giorni, e io avrei combattuto per restare al suo fianco. Anche solo come amica. Quel che realmente contava, era stare con lui..

-E va bene.- papà sospirò, aprii un occhi e girai di poco la testa. -Se ti fidi così tanto di lui, allora comincerò a fidarmi anch'io.- sorrisi e mi staccai, abbracciando poi papà.
-Grazie, papà.- sospirai. -Almeno tu.-
-Mi raccomando, però, Justin.- papà mi staccò e mi mise al fianco di Justin.
-Non preoccuparti, Jeffrey.- Justin poggiò un braccio sulle mie spalle -So già quello che vuoi dirmi e no, non la farò soffrire.-
-Ottimo.- sorrise, subito dopo bussarono alla porta. -Vado io.-

Papà uscì dalla cucina, mentre io e Justin continuammo a guardarci senza dire nulla. Ad un tratto, mi prese il mento tra le mani, lo alzò di poco e si avvicinò a me, continuando a guardarmi negli occhi. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra, era una sensazione davvero unica. Chiusi gli occhi, non appena sentii le sue morbide labbra a contatto con le mie. Giusto un secondo, giusto il tempo di scatenare in me la terza guerra mondiale tra farfalle, rinoceronti, leoni, gazzelle e tutti gli altri animali presenti sulla faccia della terra. So solo che dentro di me c'era un gran caos, in senso positivo ovviamente. Non appena si staccò, poggiò la sua fronte alla mia e aprì gli occhi, guardandomi dolcemente.

-There’s nothing like us, there’s nothing like you and me..Together through the storm.- sussurrò, stringendo il suo corpo al mio.
-There’s nothing like us, there’s nothing like you and me. Together.- continuai, poggiando l'orecchio sul suo petto, il suo cuore batteva forte.

Anche se non facevamo nulla di così speciale, per noi quello era uno dei momenti più belli e magici. Ero contenta, davvero contenta. Non solo perché papà aveva accettato Justin, ma anche perché tutto quello che stava succedendo tra di noi era un qualcosa di spettacolare e stupefacente e unico e..magico. Sì, magico. E poi, le sue parole.. Amavo quando mi sussurrava queste frasi dolci, erano così dolci che avrebbe potuto scriverci una canzone. Sarebbe stata sicuramente un successo, sarebbe stata una delle più belle canzoni. Be', lui aveva sempre idee fantastiche e spettacolari.

-Justin, Freedom, ci sono Nicholas, Boyce e Logan che vi aspettano.- mamma entrò in cucina, sorrise non appena notò la posizione in cui io e Justin eravamo.
-Sì, andiamo.- dissi, prendendo la mano di Justin e uscendo fuori. -Ecco i miei tre best.- ridacchiai, abbracciando tutti e tre. -Avete conosciuto mio padre?-
-Hanno avuto il piacere.- disse papà, incrociando le braccia al petto. -Allora, dove andare adesso?
-Andremo al centro commerciale e poi a fare un giro.- disse Logan. -Siamo già alla Vigilia di Natale e devo ancora comprare il regalo per mia sorella.-
-Lo troverai, amico.- Nicholas gli diede una pacca sulla spalla.
-È per questo che ci sono io, no?- dissi, sorridendo. -Dai, andiamo che è già tardi.-
-Va bene, arrivederci signora Russel, arrivederci signor Russel.- rispose Boyce, salutando mia madre e mio padre.
-A presto, ragazzi.- risposero mamma e papà, sorridendo.
-La riporterò a casa per massimo le quattro, questa volta sul serio.- Justin ridacchiò, sorrisi anch'io e cominciammo a camminare attraverso il vialetto.
-Mi fido.- rispose papà, prima di chiudere la porta alle nostre spalle.

Quelle parole, tanto semplici quanto importanti. Sorrisi ancora, sentendo che quel calore che avevo nel corpo stava cominciando a espandersi sempre più. Presi la mano di Justin che mi guardò sorridendo, prima di entrare in macchina e sedermi nei sedili posteriori al suo fianco. Nicholas si era offerto di guidare per farci stare vicini, ma quanto potevo adorare il mio migliore amico? Durante tutto il tragitto, io e Justin parlammo tranquillamente con gli altri tre deficienti in macchina. Solo una cosa rese -ancora una volta- magico quel momento: le nostre mani intrecciate. Dopo essere arrivati a London, ci fermiamo in un bar a fare colazione, e come sempre Justin ordinò al posto mio. Adoravo quando lo faceva, la trovavo una cosa tanto dolce, sopratutto perché sapeva i miei gusti e ordinava ciò che sapeva mi sarebbe piaciuto di più. Dopo la sosta al bar, cominciammo a girare il centro commerciale. Era davvero enorme.

-Cosa facciamo come prima cosa?- chiesi, guardandomi intorno.
-Io avrei un'idea.- rispose Justin, sorridendo.
-Quale?- Logan puntò lo sguardo su Justin.
-Voi entrate pure in quel negozio di abbigliamento e cominciate a dare un'occhiata, così tu, Logan, già puoi farti un'idea su cosa regalare a tua sorella. Io, portò Freedom da una parte.-
-Eh bravo Justin, già ci scarica.- ridacchiò Nicholas, dandogli un pungo sul braccio.
-Dopo vi raggiungeremo.- ridacchiò, prendendomi la mano.

Mi trascinò in mezzo alla folla, fino ad entrare in una gioielleria. Rimasi sbalordita dalla lucentezza di quel posto, era davvero enorme e ogni tipo di gioiello brilla sotto la luce dei fanaletti posti nelle vetrine. C'erano collane, bracciali, ciondoli, orecchioni, tutti di oro bianco, oppure oro normale, perle, brillanti, acciaio, diamanti.. Era tutto così bello, prezioso..e sopratutto costoso. Mi avvicinai a un paio di vetrine, notando un paio di ciondoli davvero belli e che avrei voluto almeno provare. Poi guardai il prezzo, e improvvisamente quei ciondoli non mi piacevano più. Girai ancora, per tutto il negozio. Justin, però, non c'era al mio fianco. Quando me ne accorsi, cominciai a guardarmi intorno allungando il collo, per poi fermarmi quando qualcosa di piccolo e freddo toccò la mia pelle. Mi bloccai, arrestai i miei movimenti. Delle mani, che riconobbi come quelle della persona che stavo cercando, mi spostarono tutti i capelli sulla spalla sinistra. Mi portò vicino allo specchio, e ciò che vidi mi fece restare a bocca aperta. Justin era dietro di me, che mi accarezzava le braccia con le sue mani calde. Le sue labbra erano affianco al mio orecchio e sorridevano, guardando la nostra figura riflessa nello specchio. Sul mio collo, era poggiato un piccolo ciondolo a forma di infinito completamente tempestato di tanti piccoli swarowsky luccicanti, era davvero stupendo. Lo sfiorai con le dita, sembrava così prezioso..

-Prendilo come una promessa.- sussurrò Justin, al mio orecchio.
-Noi siamo infinito.- continuò, provocando l'ennesimo sorriso sulle mie labbra.

There’s nothing like us, there’s nothing like you and me..
Together through the storm.
There’s nothing like us, there’s nothing like you and me..
Together.


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Hallo.c:
Heilà, dolcezze.c: Come statee? Io bene, davvero molto bene! Finalmente posso dirlo, cavolo. Certo, sono incasinatissima con la scuola e gli impegni pomeridiani, ma sapete..c'è un ragazzo, tanto dolce e carino, con cui ho passato tutta la giornata di domenica e che mi piace e..indovinate?! GLI PIACCIO! Me l'ha scritto, me l'ha scritto cavolo.*-* Tipo che sono rimasta tutta imbambolata, non vedo l'ora di rivederlo! Comunque sia, adesso basta parlare di me che vi scasso solo la minchia, ma parliamo di cose SERIE. Prima di tutto, dovete perdonarmi se non ho aggiornato non appena il capitolo è arrivato a quindici recensioni. Sapete, non è tanto facile come sembra scrivere tutto questo, sopratutto in questi giorni.. Sono occupatissima con la scuola, ho verifiche su verifiche e interrogazioni su interrogazioni. Pensate, che solo domani ho una verifica di matematica e un'interrogazione di latino, sto tipo morendo. Inoltre, tutti i giorni sono costretta ad andare in palestra, quindi un paio di ore se ne vanno per l'esercizio fisico e sono cose che devo fare per forza. Provate a capirmi, sono una liceale e ho dei doveri da eseguire e compiti da rispettare. Nonostante questo, però, cercherò sempre di scrivere e di aggiornare il prima possibile!
Passando al capitolo: so che non è venuto un granché. L'ho scritto tutto stasera velocemente, solo perché non volevo farvi aspettare altro tempo dato che le quindici recensioni le ho raggiunte. Mi sembrava ingiusto. Avevo in mente altri progetti, ma dovevo mettere in chiaro alcuni passaggi, altrimenti sembrava tutto troppo affrettato. Lascio a voi i commenti, che ve ne pare questo capitoluzzo? c:

HO UN ANNUNCIO DA FARVI.
La settimana prossima, mio padre scenderà dalla Svizzera e starà con me una settimana, quindi, molto probabilmente non aggiornerò per un'intera settimana.. Però, ho pensato che farvi stare da adesso fino a lunedì o martedì prossimo senza un capitolo è un po' esagerato, quindi lunedì aggiornerò e il capitolo sarà davvero bello e lungo, solo per voi babee.

PARLIAMO DI UN'ALTRA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questo è il mio numero --> 3398590877 
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi e ad aiutarvi.<3 

Chi di voi ha tumblr? Caso mai, datemi i vostri nomi nelle recensioni e seguitemi se vi va, io sono --> http://www.tumblr.com/blog/diiiistance 

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI SEGUONO. 
GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE / RICORDATE / PREFERITE. 
GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE AI LETTORI SILENZIOSI. 

È grazie al vostro supporto se la voglia di scrivere cresce sempre di più. 
Vi amo. 
Sharon.~

P.s: perdonate gli errori, non sono riuscita a rileggere!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18//. Be my date this Christmas Eve. ***


Capitolo 18. be my date this christmas eve Justin mi prese dolcemente per mano, per poi tornare di là dai ragazzi. Toccavo la collana che mi aveva appena messo al collo, il cuore mi batteva forte. Non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che proprio a me, una ragazzina di dodici anni più piccola, aveva regalato una collana con l'infinito. Proprio a me, stava mostrando amore e felicità e la cosa non mi dispiaceva affatto. Quando Logan ci vide, mano nella mano, ci sorrise e venne al nostro fianco.

-Free, abbiamo bisogno del tuo aiuto!- gracchiò, trascinandomi un sé in un negozio di vestiti.
-Ti sembra modo?- sbottai, alzando un sopracciglio e tenendo l'altro teso.
-Sì- fece spallucce, continuando a trascinarmi e fregandosene se mi stava o meno facendo male.
-Stasera niente regalo- lo minacciai, chiudendo gli occhi in due fessure.
-Oh, che paura-

Ridacchiai e alzai gli occhi al cielo, sentendo lo sguardo di Justin addosso. Era così bello, quella mattina. Più di tutto, amavo il sorriso, che non aveva abbandonato il suo viso. Quel sorriso, riusciva a trascinare anche me. Mai nessuno, in tutta la mia esistenza, era riuscito a farmi sorridere così tanto in così poco tempo. In poco più di due settimane era riuscito a trasportarmi in un'altra galassia, in un altro mondo completamente nostro. In poco tempo, era riuscivo a far valere la parte migliore di me, e non quella che stava predominando nell'ultimo periodo. Justin era la mia luce, la mia fortezza. Justin era la persona che più mi faceva sentire libera e viva, sopratutto, e non l'avrai lasciato scappare.
Justin era la persona di cui mi ero innamorata.
E si sa, che il primo e vero amore non si scorda mai.

-A cosa vi servo?- chiesi ai tre ragazzi di fronte a me, spostando il peso su una sola gamba.
-Maglione giallo o verde?- chiese Nicholas, mostrandomi i due maglioni. Arricciai il naso, un po' disgustata da quelli che erano 'i suoi gusti infallibili'.
-Nessuno dei due- rispose Justin al posto mio. Lo guardai alzando il pollice e fancedogli l'occhiolino.
-E allora scegli tu il magliore per mia sorella, mister Bieber- sbottò Logan, suscitando la risata generale.
-Scommettiamo che trovo qualcosa di più decente e femminile?- alzò entrambe le sopracciglia, mordicchiando il labbro.

Perché doveva sempre essere dannatamente sexy?
Cominciò a frugare tra i vari scaffali e i vestiti appesi alle gruccette. Si allontanò di qualche metro, provocando in me un vuoto incalcolabile. Così, feci proprio come lui e cominciai anch'io a frugare tra le mensole. Non avevo una passione sfrenata per lo shopping, preferivo più comprare i vestiti su internet. Dopo vari minuti passati a mettere sottosopra i vestiti -così almeno le commesse non sarebbero state a fissare Justin ma a fare qualcosa che riguardasse i compiti che non stavano svolgendo per fissare il mio quasi fidanzato- tornai dai ragazzi, trovando Justin mostrare a Logan varie maglie e vari vestiti. Una maglia in particolare mi colpì, una che assomigliava tanto a quella che aveva la nonna, la mamma di mamma, in una foto. Era un maglioncino rosso con tante piccole renne sulla parte superiore del busto e sui polsini, a collo alto. Instintivamente, mi sporsi per prenderla e mi avviai, sotto lo sguardo stranito di tutti, in camerino. Non ero più padrona delle mie azioni, volevo solo assomigliare alla nonna. Mi spogliai, indossai il maglioncino e mi guardai allo specchio. Ero proprio come lei. Anche se mamma non mi parlava mai dei suoi genitori, assomigliavo molto alla nonna. Mi avvicinai allo specchio, toccando con le dita il mio riflesso. Chiusi gli occhi e mi sentii trasportare in un altro mondo.

-Freedom- mi girai attorno, sentendomi chiamare. Non vedevo nessuno, solo un grande piazzale innevato. -Freedom!- urlò ancora la voce, più vicina questa volta. Spostai lo sguardo verso quella che doveva essere la direzione da cui proveniva la voce. E infatti fu così. Vidi una donna, dagli occhi azzurri e i capelli corti coperti da un cappello. Era ancora abbastanza giovane. Si avvicinò a me, a passo lento. Dietro di lei, un uomo, che avrà avuto più o meno la sua età. E dietro ancora, due persone, che riconobbi come i miei genitori, le cui dita delle mani erano intrecciate.
Mi avvicinai a loro, sentendo le lacrime salire. Erano loro, erano i miei nonni. Corsi verso di loro, aprendo le braccia per poterli abbracciare. Ma non appena feci per stringerli tra le mie braccia, i loro corpi svanirono. -Nonna, nonno!- urlai, girandomi attorno. -Dove siete? Dove siete? Tornate, vi prego, tornare da me'- urlai, per poi cadere sulle ginocchia. Poggiai le mani sulla neve fredda, facendola sciogliere a causa del calore delle mie lacrime.
-Non possiamo, tesoro mio. Non stasera, per lo meno.-
-Perché? Perché non stasera?- gridai, tornando in piedi.
-Perché un camion sta per portarci via.- sussurrò una voce, per poi scomparire nel nulla. E tutto ciò che vidi, fu solo del nero cupo.

Toccai la mia fronte, ormai sudata. Ero seduta a terra all'interno del camerino, ancora col maglione addosso e col fiatone.
Cos'era successo?

JUSTIN'S POV.
Freedom non era ancora tornata dal camerino, ed io stavo cominciando a preoccuparmi. Era più di un quarto d'ora che era dentro, la voglia di entrare a sbirciare era tanto ma una commessa non mi toglieva gli occhi di dosso e non potevo rendere palese il fatto che fossi eccitato come un coniglio. Cosa potevo farci se mi eccitava? Venivo eccitato da una ragazzina di dodici anni in meno di me, provavo così tanta attrazione verso di lei che quasi non riuscivo più a controllarmi. Il suo corpo, sviluppato ma non troppo, mi faceva andare in estasy. Mi capitava spesso di fare pensieri poco casti su di lei, e mi facevo quasi schifo perché cavolo, ero più grande di lei di dodici anni. E sicuramente, essendo così piccola, non mi desiderava così tanto quanto io desideravo sentirla sotto di me, non mi desiderava così tanto quanto io desideravo essere dentro di lei e sentirmi finalmente unito al suo corpo, rendendola mia e rendendola donna.

-Secondo voi sta bene?- chiesi, una volta aver pagato il maglioncino che il sottoscritto aveva scelto per la sorella di Logan.
-Aqua?- domandò Nicholas, annuii. -Be', cosa potrebbe fare in un camerino?-
-La chica è capace de todos- Boyce si avviò al camerino, bussando. -Free sei dentro?- ci avvicinammo.
-Aquamarine?- bussò Nicholas, dato che non aveva ricevuto risposta. Qualcosa non andava.
-Freedom?- si unì Logan, aggrottando le sopracciglia. Nessuna risposta.
-Principessa?- chiesi, poggiando l'orecchio alla porta del camerino. Perché non poteva essere una fottuta tenda come in tutti i normali negozi, ma una porta che si chiude dall'interno?
-Secondo me avrà una crisi d'identità..- ridacchiai alla battuta di Logan, per poi tornare serio.

Perché non apriva? Perché non rispondeva? Cos'era successo? Si era sentita male? Domande del genere non facevano altro che portarmi altra preoccupazione. Non volevo che le fosse successo qualcosa, non volevo perderla. Era ormai diventata essenziale, il solo pensiero che le fosse successo qualcosa mi faceva andare in panico. Continuai a bussare e a chiamarla, odiavo la sensazione che sentivo dentro, come qualcosa che non andava. Perché doveva succedere proprio in quel momento, proprio quel giorno, proprio quella mattina? Sospirai frustrato e portai una mano tra i capelli, tirando leggermente le punte. Dopodiché continuai a bussare, ancora più forte e attirando l'attenzione delle commesse. Una decina di minuti dopo, sentii la porta aprirsi. Sospirai, portandomi tra le braccia la mia bambina.

-Amore mio..- sussurrai tra i suoi capelli, stringendola sempre più. -Cos'è successo?-
-Non lo so- sussurrò, scuotendo la testa. Sospirò. Mi si strinse il cuore.

Era così piccola e indifesa, così amabile e delicata. Sentivo il dovere di stare con lei, il dovere di proteggerla, di farla star bene, di crescerla. Le presi il viso tra le mani e le spostai i capelli sudaticci dal viso, per poi stamparle un bacio sulla fronte e uno sul naso. La mia, piccola e dolce Freedom. Feci scontrare i miei occhi con i suoi, per poi perdermi in quel mare azzurro e perfetto. I suoi occhi, erano un qualcosa di stupefacente. Riuscivano a trasmettere ogni sua emozioni, riuscivano a far trasparire ogni suo stato d'animo. E in quel momento, lessi confusione. Perché? Perché confusione? Mi si stringeva il cuore a vederla in quel modo.

-Ora sto meglio, mi cambio e arrivo- disse, per poi chiudersi nel camerino.
-Non chiuderti a chiave- le suggerii, e sentendo un rumore secco capii che aveva accettato il mio suggerimento.
-Free vuoi che andiamo a casa?- chiese Boyce col suo accento spagnolo, che mi ricordava tanto Lana.
-No, è solo mezzogiorno!- urlò, per poi uscire dal camerino. Bella come poche. -Compro questa- sventolò in aria il maglioncino che poco prima avevo preso, con un sorriso a trentadue denti.
-Lascia a me- le feci l'occhiolino, tirandole il maglioncino da mano.
-No, Justin! Hai già fatto tanto, lascia che lo paghi io- incrociò le braccia al petto e mi fece il labbruccio. Eh no, piccola, questa volta non ci casco.
-Questa volta non ti guardo- sorrisi, posando venti dollari sul bancone assieme alla maglia.

Free sbuffò trattenendo un sorriso, per poi sorridere completamente non appena le posai la busta tra le mani. Perché, cavolo, dovevo sentirmi in quel modo, in sua compagnia? Non riuscivo a spiegarmi l'effetto che mi faceva quella ragazza, non mi ero mai sentito in quel modo, nemmeno con Lana. Be', con Lana era un amore diverso. Ero innamoratissimo del suo modo di fare così intrepido e sicuro di sé, della sua voglia di vivere e della sua forza. Free, invece, era il contrario. Free era sicura di sé solo quando voleva dismostrarlo agli altri, ma infondo si sapeva che dentro di sé provava tanta insicurezza e aveva bisogno di certezze. Ed io, ero pronto a darle tali certezze. Volevo farle capire che, ormai, mi ero legato fin troppo a lei, e che non l'avrei lasciata andare. Era la mia piccola principessa e l'avrei cresciuta io, no?
Dopo esser usciti dal negozio, entrammo nel supermercato a comprare delle 'insalata'. Free aveva insistito dicendo che la sera avremmo sicuramente mangiato tanto e che dovevamo rimanere leggeri. L'insalata in sé non mi dava problemi, più che altro rimasi sorpreso dal fatto che fosse stata Freedom, la mia Freedom amante del cioccolato, a preferire un'insalata a un bel piatto calorico. Quella ragazza era piena di soprese.

-Quindi stasera siete tutti a cena a casa Dale?- chiese Nicholas, bevendo un sorso dalla sua bottiglietta d'acqua. E sì, Freedom aveva obbligato tutti noi a prendere dell'acqua.
-Sì, ci sarà da divertirsi..- commentò Free, con gli occhi luccicanti.
-Perché?- chiesi, portandola più vicino al mio corpo. Altro che astinenza, ero completametne dipendende dal suo corpo.
-Perché a tua mamma e alla nonna piace cucinare, e papà è un cuoco e sicuramente vorrà cucinare- ridacchiò, attorcigliando una ciocca di capelli lungo il dito. -Penso che finirà come l'ultima volta, che le urla in cucina non mancheranno ma che alla fine sarà tutto buonissimo-
-E' tornato tuo padre?- chiese Logan, aggrottando le sopracciglia.
-Ieri sera, ci ha fatto una bella sorpresa..- commentai, stringendo la mano di Freedom.
-Ma io ancora vi devo raccontare cos'è successo? Che sbadata che sono! Io parlo sempre, e proprio ciò che è successo ieri non ve l'ho raccontato. Devo darmi una svegliata, non voglio perdere le mie buone abitudini di parlantina. Insomma, mi caratterizzano..-

Logan, Boyce e Nicholas spalancarono gli occhi, ascoltando Freedom aka Bolt parlare. Dal canto mio, risi. Risi, perché quella ragazza era stupenda. Risi, perché ero felice di averla trovata. Risi, perché cavolo, era riuscita a farmi innamorare dopo anni passati in solitudine a pensare a Lana.
Le baciai il dorso della mano, ascoltandola parlare. I suoi amici avevano un viso spaesato, io no. A me piaceva ascoltarla, aveva così tante cose da dire ed io avevo così tante cose da imparare. Anche se ero un professore, c'era sempre qualcosa da imparare. Da tutto e da tutti. E di lei, sapevo tutto quanto niente. Perché in primis cambiava idea troppo spesso, e inoltre c'erano aspetti della sua vita che ancora non conoscevo. Aveva avuto un passato così buio e travagliato che spesso, quando mi raccontava di sé, scoppiava in lacrime e mi faceva così tanta tenerezza. Amavo coccolarla e stringerla a me, amavo darle teneri baci tra i capelli e sussurrarle che io ero lì per lei.
Perché infondo, io ero lì solo per lei.
E sarei rimasto lì, per lei.

FREEDOM'S POV.
-Aspettatemi qui che vi do i regali!- urlai, entrando in casa.

Erano le tre del pomeriggio ed io ero stanchissima, non avendo dormito quasi tutta la notte. Volevo per lo meno fare un pisolino, perché sicuramente avremmo fatto tardi anche quella sera, dato che era la vigilia di Natale. Avevo in mento un paio di cosucce per Justin, speravo solo di non fare la figura della cretina e di non sembrare una stupida ragazzina sdolcinata. Be', sicuramente lo sarei sembrata una volta aver dato i regali che avevo scelto per i miei tre amici. Avevo fatto stampare quattro maglie con una foto che ritraeva tutti e quattro sorridenti, e inoltre avevo anche preso quattro bracciali d'accciaio e fatto incidere i nostri quattro nomi in ognuno dei quattro bracciali. Quanti quattro che volano in giro..
Presi i quattro pacchetti e scesi di nuovo di sotto, in salotto dove i ragazzi erano seduti i quattro ragazzi. Diedi ai miei amici il mio regalo, per poi sedermi sulle gambe di Justin, che mi sorrise dolcemente. Gli baciai la punta del naso come spesso faceva anche lui, per poi sentire le sue mani stringere sui miei fianchi. Oh, Justin..

-Cos'è?- chiese Nicholas, scartando il regalo.
-Lo stai scartando, non lo vedi con i tuoi occhi?- alzai un sorpacciglio, nascondendo un sorriso.
-Mi chica è bellissima!- esclamò Boyce, dandomi un bacio sulla guancia.
-E questo? Io adoro questi bracciali!- sbottò Logan, mettendo subito il bracciale.
-Grazie Aqua- Nicholas mi sorrise, guardandomi negli occhi. Lo abbracciai forte.
-Grazie a te- mi staccai,sentendo lo sguardo di Justin perforarmi. -Così, non vi libererete più di me.-

Sorissi  dolcemente ai miei amici, aprendo anche i loro regali. Boyce mi aveva regalato un pigiamone caldo in pile che avevo visto in un negozio e di cui mi ero subito innamorata, con calzini e coperta intonati. Sapeva bene i miei gusti, il ragazzo. Logan, invece, mi aveva regalato un set da venti tavolette di cioccolata, tutte completamente diverse: dal cioccolato bianco con le nocciole al cioccolato fondente al peperoncino. Mi brillarono gli occhi appena lo vidi, era pure della Swiss Dream, marca che io amavo. Lo abbracciai forte e sorrisi, pigiama caldo e cioccolato erano il mix perfetto per delle serate chiusa a casa a ingrassare.
Nicholas, invece, mi aveva regalato un bracciale sottile e con un ciondolo al centro, contenente due nostre foto. Una di quando eravamo piccoli, una di pochi mesi fa in uno dei periodi non proprio più belli della mia vita. Sul ciondolo, era inciso 'per sempre migliori amici'. Una scritta banale, ma intensa.

-Non lo leverò più- lo abbracciai forte, dandogli un bacio sulla guancia. Era il migliore amico migliore che ci sia. Mi era sempre stato vicino, era sempre pronto ad aiutarmi e a farmi felice. Gli volevo un bene dell'anima, ma davvero.
-Neanch'io- mi fece l'occhiolino, indicando il bracciale che aveva al polso e che gli avevo regalato. -Adesso dobbiamo andare, ci vediamo domani?- annuii.
-Caso mai il pomeriggio facciamo un giro insieme o venite voi qua-
-Perfetto- Logan si alzò dal divano, seguito da Boyce -Poi gi organizziamo-
-A domani ragazzi- li salutai dalla porta con la mano, sorridendo. -Buon Natale-

Sorrisi ancora, per poi chiudermi alle spalle la porta. Morsi il labbro, notando Justin sul divano. Era così bello, sembrava quasi un angelo. Mi avvicinai lentamente, per poi sedermi sulla poltroncina al suo fianco. Cominciai a ispezionare ogni suo centimetro, ogni suo lineamento. Le labbra erano semiaperte, le gote leggermente arrossate, i capelli arruffati, gli occhi incollati al televisore, gli zigomi ben pronunciati. Sembrava fatto di porcellana, quasi non mi sembrava vero. Eppure era lì, era reale. Ed era con me.
Mi fece segno, facendomi spazio,di andare al suo fianco. Mi alzai dalla poltrona e obbedii al suo comando, sedendomi al suo fianco. Un suo braccio si poggiò sulle mie spalle mentre le sue labbra si poggiarono sulla mia fronte. Chiusi gli occhi, sotto a quel tocco tanto casto e desiderato. Poggiai la testa sul suo petto e mi lasciai accarezzare i capelli da quelle mani calde e morbide, stranamente non aveva i cerotti anche se sicuramente aveva qualche taglietto sulle dita a causa dello sfregare troppo le corde della chitarra. Gli diedi un piccolo e tenero bacio sul petto,per poi salire sul collo, sul mento, sulla guancia. Lo sentii irrigidirsi, e mi bloccai anch'io. Mi ero spinta troppo oltre, forse, e lui certamente non voleva questo da me.

-Scusa- sussurrai, mettendomi composta e attirando le ginocchia al petto.
-No,- scosse la testa, prendendomi il viso tra le mani -continua, ti prego- sussurrò a sua volta, chiudendo gli occhi.

Ricominciai a dargli tanti, teneri baci sul collo, sul mento, sulla mascella, sulle gote, sul naso. Ovunque, tranne sulle labbra. Sentii il suo respiro appesantirsi e le sue  mani prendermi violentemente i fianchi. Facendo una paio di mosse alla Jackie Chan, Justin mi portò sulle sue gambe a cavalcioni. Il cuore cominciò a battermi tanto, tanto forte. Prima di dargli un altro bacio sul collo, mi fermai a guardargli gli occhi. Erano luccicanti, riuscivano a brillare nel buio della notte. Poggiai le mie mani tra i suoi capelli, accarezzandoli leggermente. Lui fece lo stesso, accarezzandomi dolcemente il viso e sorridendomi. Chiusi gli occhi, sotto al suo tocco così leggero e delicato. Partì dalla tempia, sfiorò la guancia, le labbra, il collo, il seno.. Una scarica di adrenalina attraversò la mia spina dorsale, facendomi tramare.

-Vuoi un appuntamento al buio?- chiesi ironica, riaprendo gli occhi.
-Sii il mio appuntamento, questa vigilia di Natale- sussurrò, prima di poggiare le sue labbra sulle mie.
 
Be my date this Christmas eve!
Be my holiday, my dream.
Lay your head on me, I got you baby.
Kissing underneath the tree,
I don't need no presents girl, you're everything I need.
Let me give you all of me, here.

Together on this Christmas eve.
Be my Christmas Eve.

__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
 Maccccccciao!
*chiudegliocchiesinasconde*.
Dopo due anni, sono di nuovo qui. La cosa strana, è che sono passati davvero due anni ahahahah. E quante cose, sono successe in questi due anni.
Prima di raccontarvele, vorrei scusarmi con voi, lettrici che risalgono 'ai tempi di due anni fa'. Sono stata una stupida a non avvertirvi e a farvi promesse che non ho mantenuto. Ma ehi, sono di nuovo qua! E ci terrei a precisare che non vi ho abbandonate per motivi futili.  Praticamente, vi ricordate che nell'ultimo capitolo vi scrissi che avevo comincaito a frequentare un ragazzo? Be', il 22 marzo con quel ragazzo farò due anni. Ho deciso di mettere la mia relazione al primo posto, infatti ho lasciato anche un po' Justin ma adesso sto tornando alle mie vecchie pratiche, piano piano. E non so se sarà un bene, o sarà peggio. Perché le mie 'vecchie pratiche' non sono proprio salutari e la nostra Free ne sa qualcosa.

COMUNQUE!
Sono qui, solo perché una cara ragazza ha risvegliato in me qualcosa. Ho capito che dovevo continuare questa storia e non potevo lasciarvi sulle spine. Ringraziate lei, vecchie lettrici. GRAZIE TESORO!!!
E inoltre, sappiate che d'ora in poi aggiornerò, spero, regolarmente. Vi spiego, non ho ancora internet a casa dato che devo trasferirmi e quindi penso di andare dal mio ragazzo che ha il wiifii, farò quindi del mio meglio.

Nel frattempo, volevo ringraziarti. Sì, proprio a te che adesso stai leggendo. Voglio ringraziarti, sia che tu sia nuova sia che tu sia una vecchia lettrice. Vorrei ringraziarti, perché è anche grazie alla tua visualizzazione che ho la forza di andare avanti e di continuare.

Vi avverto, che già sto scrivendo una nuova storia. E' diversa dalle altre e sono già al capitolo quindi, devo solo rileggerla e rivedere alcune cose!
Dopodiché, appena avrò internet, la pubblicherò con calma.

PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi.

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E CHE HANNO CONTINUATO A FARLO.
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché sì, lo so che ci siete.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19.// Cosa sta succedendo? ***


19. Capitolo
-Vuoi un appuntamento al buio?- chiesi ironica, riaprendo gli occhi.
-Sii il mio appuntamento, questa vigilia di Natale- sussurrò, prima di poggiare le sue labbra sulle mie.

Mi paralizzai, sentendo quelle labbra morbidere premere dolcemente sulle mie unendosi in un casto bacio a stampo. Niente di più, niente di meno. Un semplice e dolce bacio, tanto puro e desiderato, altroché se era desiderato. Non appena mi staccai, fissai i suoi occhi, pieni di lussuria. Mi strinsi al suo corpo in un abraccio, che probabilmente non si aspettava perché si irrigidì di colpo. Era la prima volta che mi trovavo in una posizione simile, la prima volta che eravamo così tanto intimi. Certo, avevamo anche dormito insieme, ma in quel momento ero a cavalcioni sulle sue gambe e il mio obiettivo era quello di farlo impazzire per vedere la sua reazione. Ero curiosa, di capire e di scoprire dove saremo andati a finire. Ricominciai, quindi, a dargli tanti baci sul collo. Non sapevo cosa mi stava succedendo, desideravo tantissimo portare le mie labbra su quel collo dannatamente eccitante.

-Piccola..- sussurrò Justin, portando la testa all'indietro. -Principessa..- ripeté, prendendomi la testa tra le mani. Prontamente mi scossi, continuando a baciarlo e stringendomi sempre più a lui. Sentivo uno strano calore al basso ventre, una sensazione che mai avevo provato con un ragazzo. Era la prima volta che mi sentivo così strana. Be', con lui erano tutte prime volte. -Freedom, fermati- sbottò, con voce tremula. Mi prese il viso tra le mani, guardandomi.
-Cosa c'è?- gli chiesi, delusa. Sì, delusa, perché stavo così bene..
-Potrei fare cose di cui potrei pentirmi- abbassò lo sguardo, esaminando il mio corpo. -Non fraintendere, è solo che..-
-Che sono troppo piccola per una ragazzo come te, lo so- alzai gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto. Poggiò le mani sui miei fianchi.
-Non è questo- ridacchiò, squotendo la testa -Semplicemente non è il momento adatto- mi baciò la punta del naso, stringendomi in un abbraccio.
-Non ci sono i miei, siamo da soli e sono pure in vena. Quando sarebbe il momento adatto se non questo?- chiesi, sospirando.
-Ti ricordo che stai parlando con Justin Bieber, piccola.-
-E cosa c'erantra questo?- chiesi ancora, guardandolo con la testa inclinata verso destra e con un sorriso stamapto in viso.
-Lo scoprirai presto- sussurrò sulle mie labbra, provocando un milioni di scariche lungo tutta la mia spina dorsale.

Avrebbero subito qualcosa le mie povere vertebre, a causa di tutte quelle scariche che provavo ogni secondo che stavo con lui. Si sarebbero consumati i dischi di cartillagine, sicuramente.
Aveva appena detto che voleva fare qualcosa -e sapete bene cosa- con me. E da quello che mi stava facendo capire, voleva che fosse qualcosa di speciale. Forse perché sapeva che era la mia prima volta, in tutto. La prima volta a dovermi rapportare con un ragazzo, i primi baci, le prime emozioni, la cosidetta prima volta d'amore. Anche se ancora non eravamo finiti sotto le coperte, la prima volta d'amore l'avevamo già avuta. O almeno, io l'avevo avuta quel giorno, dopo aver 'parlato' con papà a telefono. Andai a rifugiarmi a casa Dale, per poter staccare l'aria. Ed era arrivato lui, da Cambridge, un ragazzo di ventisette anni già divorziato ma con uno splendido sorriso ancora in volto. Aveva rubato il mio cuore la prima volta che ci eravamo visti, aveva rubato i miei sguardi e le mie attenzioni. Era un ladro,era entrato dentro di me rubando il mio cuore. Però era uno splendido ladro, che ruba, certo, ma ti dà in cambio qualcosa. E lui, mi aveva donato finalmente serenità. Serenità e pace interiore, che non avevo da tempo.

Due anni. Avevo solo due anni quando papà era andato via di casa, lasciando me e mia madre da sole. Era andato in un altro Stato, poi in un altro e in un altro ancora. Perché voleva lavori sempre più soddisfacenti, lavori che gli avrebbero permesso di 'mantenermi'. Ero una semplice bambina di due anni con gli occhioni azzurri che cercavano amore, poco mi importava del denaro. Ma questo, a mio padre, non era mai interessato. A lui interessava lavorare, solo lavorare. Gli interessava il denaro, per potersi permettere più svizi e vivere nel benessere. Eppure, tutto ciò, a causa dei vizi e di una seconda moglie esigente, mio padre non l'aveva mai ottenuto. Quando al primo posto si mettono le cose materiali e non l'amore per la propria famiglia, si precipità nell'oblio. E sia io, che lui, eravamo precipitati. Lui, che aveva cominciato a fumare e a giocare, per poi perdere entrambi i vizi dopo poco. Ed io, che dagli undici ai quattordici anni quasi non mangiavo nulla oltre al cioccolato una volta al giorno, e facevo sport fino allo sfinimento. Obbligata a dover lasciare entrambi gli sport, cominciai a sfogarmi su me stessa, sulla mia pelle. I ricordi, il passato e anche il presente facevano male. Mi focalizzavo sempre su ciò che non avevo, su ciò che avrei voluto ma che non sarei mai riuscita a raggiungere. Il sorriso, quello finto, non aveva mai abbandonato il mio viso. Solo tre persone riuscivano a capire bene ogni mio stato d'animo, nemmeno mia madre riusciva a capirmi. Tutto ciò che sapevo fare era piangermi addosso e farmi del male. Di serenità, proprio non ne avevo..

..fino alla venuta di Justin.
Justin, quel ragazzo che era riuscito a stravolgermi, in bene. Era riuscito a farmi abbandonare i modi di pensare errati, era riuscito a farmi capire che tutto è raggiungibile, se ci metti la buona volontà. Era riuscito a farmi capire che il passato è importante, ma vale fino ad un certo punto. Ciò che realmente conta è il presente e i progetti futuri e impegnarsi affinché questi possano realizzarsi. Era riuscito a colmare il vuoto che avevo dentro e che non riusiciva ad andar via ed era riuscito a farmi sentire migliore. Sopratutto, era riuscito a farmi sentire più donna.

-Grazie- sussurrai sul suo petto,poggiando la testa tra l'incavo del suo collo.
-Di cosa?- chiese, accarezzandomi i capelli lunghi.
-Di essere qui- continuai, sentendola la presa sul mio corpo aumentare. All'improvviso, però, la serratura della portà emise un rumore sordo. -Penso che mamma e papà però non sarebbero felici di vederci così- sussurrai ancora, scendendo immediatametne dalle sue gambe.
-Dammi un cuscino!- disse a dentri stretti, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Aggrottai le sopracciglia.
-Perché?- mi girai e presi il cuscino, tenendolo tra le dita.
-Fallo e basta- sbottò, prima di allungarsi e strapparmi il cuscino tra le mani.

Sorrisi vittoriosa, non appena notai il posto in cui aveva messo il cuscino. Mi lanciò un'occhiata fulminea, prima di sorridere in modo innocente a mia madre che era appena entrata in salotto con delle buste tra le mani. Un cappotto verde scuro, abbastanza lungo, le stava davvero a pennello. Quel cappotto non lo metteva da anni, anzi, a dire il vero non l'avevo mai visto. Forse, solo in una foto.. quando c'era ancora papà ed io ero piccolina. Anche se dopo quindi anni era invecchiata, era rimasta bellissima. Gli occhi verdi con qualche sfumatura castana erano in perfetto contrasto con i suoi capelli castani, tanto chiari, quasi biondi, e la sua pelle chiara. Anche se non faceva sport, aveva un corpo abbastanza asciutto che ancora riusciva a incantare gli uomini. Lei, però, dopo papà non aveva avuto nessun altro. Aveva giurato amore eterno a papà e aveva deciso di non rompere quel giuramento, come aveva fatto papà. Dal luccichio che in quel momento era presente nei suoi occhi non appena papà entrò in salotto e si mise al suo fianco, capii che non aveva ancora rotto quel giuramento.

-Siete tornati prima?- chiese papà, prendendo dalle mani della mamma le buste.
-Sì, la piccola era stanca- feci la linguaccia a Justin, sentendolo ridere.
-Sì, sono stanca. Non ho chiuso occhio stanotte, ho diritto di riposare. Quindi, dopo la bella mattinata in compagnia di Boyce, Logan e Nicholas e, sfortunatamente, anche di questo biondino qui, io vado di sopra a riposare. Chiudo un po' gli occhi e penso di svegliarmi direttamente per cena. Okay? Bene, grazie. Biondino, se vuoi seguimi- dissi alzandomi e tutto d'un fiato, per poi levarmi i capelli dalle spalle con fare altezzoso.
-Biondino?- mamma ridacchiò al nomignolo, osservandoci salire.
-E' biondo, a meno che non abbia fatto il colore come le ragazze. Al che, dovrei cambiare soprannome..- morsi il labbro vittoriosa, per poi correre di sopra seguita da Justin.

Ridacchiai, non appena mi prese per i fianchi e mi diede un bacio dietro all'orecchio. 'Sono molto più uomo di quanto credi' aveva sossurrato, prima di sorpassarmi e di entrare in camera mia. Mi bloccai per un secondo, sentendomi avvampare. Altro che dischi di cartillagine consumati, avrei dovuto rifare tutti i miei arti dato che mi aveva praticamente fatto sciogliere.Mi diedi un paio di schiaffetti sulle gote e chiusi gli occhi, prima di entrare in camera. Justin era comodamente steso sul letto. Il maglione attillato gli metteva i mostra gli addomali. Oh, fottuti ormoni e fottuta adolescenza.
Restai ferma a contemplare il suo corpo per svariati secondi. Finché non lo sentii ridere e mi svegliai dal mio stato di trans.
Dove siamo?
In che epoca siamo?
Chi sono?
Oh. Fottuti ormoni e fottuta adolescenza alla seconda.

-Vieni?- mi chiese, aprendo le braccia. Colsi l'attimo, e mi gettai tra di esse.
-Dormi con me?- gli chiesi, sbadigliando. Annuì, baciandomi poi la fronte. -Svegliami alle sei-
-Come vuoi, tesoro mio..- sussurrò, accarezzandomi la schiena.

E così, cullata dalle sue carezze e dalle sue attenzioni, chiusi gli occhi e in poco tempo mi addormentai, entrando nel mondo dei sogni.
Dove Justin era il re ed io la sua regina.

-

What does the fox sa-
FOTTUTISSIMA SVEGLIA.
Mi svegliai di scatto, saltando giù dal letto. Mi ritrovai con la faccia sul pavimento e il naso dolorante, perché diavolo avevo ancora quella sveglia? Imprecando in russo, mi girai e mi stesi sul pavimento caldo ma ugualmente freddo. Avere i termosifoni sotto al pavimento non era poi così utile dopotutto. Presi quell'oggetto mostruoso più comunemente conosciuto come cellulare tra le mani e notai di non aver ancora spento la sveglia. Che non si chiamava 'rompi coglioni' come tutte le mattine, ma 'apri le note'. Incuriosita, aprii le note, trovandone una che non avevo scritto io.

'Principessa, se stai leggendo questo messaggio e non sono al tuo fianco, vuol dire che sono andato via.' ma va? Pensavo ti fossi dissolto.. 'E non alzare gli occhi al cielo piccola, dovevo fare la mia solita entrata in scena. Comunque sia, ho importato la sveglia alle sei meno dieci, così che per le sei avrai già finito di leggere questo messaggio e potrai andare a farti bella per stasera. Non che tu non sia bella, tu sei sempre fottutamente bella. Bene, adesso alzatali dal letto -o da terra- e va a prepararti.
A dopo, meraviglia.
Tuo, Justin.

Ps: apri la galleria.'

Sorrisi, leggendo quel breve messaggio. Possibile che mi conoscesse così bene? Alzai gli occhi sull'orario, notando che fossero già le sei meno cinque. Mi alzai da terra, smanettando il cellulare con una mano e aprendo la galleria. Aveva scattato due foto. La prima era un nostro selfie, anche se stavo dormendo. Avevo la testa sula suo petto e riposavo beata. Della foto, si vedeva benissimo il suo splendido sorriso. Cavolo, era così bello che illuminava tantissimo lo schermo anche se avevo la luminosità al minimo. Nella seconda foto, invece, mi baciava la fronte. Quanto era bello.
Sospirai e guardai nuovamente l'orario, lei sei in punto.
Hai fatto centro, Bieber.
Aprii velocemente l'armadio, cercando qualcosa da mettere. Volevo indossare qualcosa di diverso, non i soliti jeans e il solito maglione. Volevo sembrare più femminile, più donna. Non un maschiaccio. Trovai, per culo ovviamente, un vestito che sembrava un maglioncino un po' più lungo. Lo esaminai per bene, poteva essere indossato come vestito. Non ero tanto alta, mi sarebbe arivato poco più sopra del ginocchio e mi piaceva la fantasia: era beige, era bucherellato e i buchetti formavano righe e rombi. Decisi così di indossarlo, non prima di aver però fatto una doccia. L'acqua calda riusciva a farmi dimenticare di tutto e tutti, solo Justin non riusciva a farmi dimenticare. Insaponai i miei capelli col solito shampoo alla vaniglia e usai la stessa fragranza anche per il corpo. Dopodiché mi risciacquali, mi asciugai e tornai in camera. Ancora in intimo, truccai leggermente il mio viso e passai la piastra, in modo tale da avere i capelli lisci. Justin diceva che gli piaceva la morbidezza dei miei capelli, e in effetti piaceva anche a me.
Presi il vestito e feci per indossarlo, quando lo sguardo cadde sul mio corpo. Ero una bambina, certo. Ma mi sentivo la donna più felice del mondo, avendo Justin al mio fianco. Sorrisi, socchiudendo gli occhi. Quanto mi mancava, cavolo. Velocemente, indossai un paio di calze color carne che sulla parte esterna della gamba portavano tanti piccoli brillantini. Odiavo portare le calze, ma sicuramente non volevo morire congelata. Una volta infilate le calze, infilai anche il vestito. Come avevo predetto, mi arrivava poco sopra il ginocchio. Si posava perfettametne sui fianchi ed era abbastanza accollato, inoltre aveva dei bei polsini che stringevano appunto sul polso così che nessuno avrebbe visto i segni delle mie follie. Soddisfatta del risultato, cercai nell'armadio un paio di stivaletti che mi aveva regalato papà ma che non avevo mai messo dato che erano col tacco. Non era un tacco alto, ma non avevo mai avuto la necessità di doverli indossare. Quella sera, però, volevo sentirmi diversa. Una volta trovati, constatai che erano dello stesso colore del vestito. Avevano tanti brillantini sul tacco doppio e anche sul plateau, che richiamavano il motivo delle calze. Mi guardai infine allo specchio, sorridendo.
Mi sentivo finalmente una donna.

JUSTIN'S POV.
Erano le sette e mezza, e di Jolanda e Free nemmeno l'ombra.

-Jeffrey, quando arrivano Jolanda e Free?- chiesi a suo papà, entrando in cucina.
-Dovevano star qui mezz'ora fa- ridacchiò tra sé e sé, mettendo il pollo al forno. -Penso arrivino a momenti.-

Annuii semplicemente, per poi uscire.
La mia Free ancora non mi aveva mandato nessun messaggio, non si era ancora fatta sentire. Mi mancava parlare con lei, sentivo il bisogno di averla con me. Guardai ancora l'orologio che portavo al polso, mi pizzicava cavolo. Non solo Free non era ancora venuta, l'orologio si divertiva pure a tirarmi i peli del polso e farmi sentire un dolore lancinante. Provai a sistemarlo invano, perché nel momento esatto in cui lo mossi mi tirò altri peli. Non lo mandai a fanculo solo perché ero in salotto e mio nonno mi avrebbe tirato uno scappellotto dietro la schiena se solo avessi proferito una parolaccia. Per cui lo levai e lo gettai sul divano, incrociando le braccia al petto e portando indietro la testa. Finii per pensare al pomeriggio, a quando Free era a cavalcioni su di me. Non sapevo con che forze e con che coraggio fossi riuscito a fermarmi, avevamo casa vuota e sia io che lei eravamo disposti a proseguire. Eppure sentivo che dovevo fermarmi e fare le cose con calma. L'avrei aspettata, non volevo che credesse che stessi con lei solo per il suo corpo. Per quanto fosse perfetta, la cosa che più amavo di lei era il suo carattere e il suo modo di fare, amavo quando mi guardava negli occhi, quando non smetteva di parlare, quando era sé stessa. Ero innamorato. Di lei.

-Figliolo, smettila di torturarti le mani. Arriverà tra poco- nonno spuntò da dietro l'albero, facendomi sorridere.
-Chi intendi? Io sono calmissimo- sorrisi, mentendo.
-Si vede lontano un miglio che sei agitato,- si sedette al mio fianco, portando entrambe le mani sulle ginocchia. -Ti piace, eh?-
-Troppo- confessai, portando entrambe le mani sul viso.
-Non è mai troppo l'amore che si può mostrare verso una donna- commentò, facendomi girare. -L'unico problema, è che tra due giorni parti. Tu tornerai alla tua vita lì a Cambridge, e lei continuerà la sua qui a Stratford. Siete sicuri di fare la cosa giusta?-
-Chi lo dice che tornerò a Cambridge?- rivolsi lo sguardo verso l'albero, osservando la mamma che posizionava gli ultimi regali sotto di esso.
-Vuoi restare qui?-
-Cos'ho a Cambridge? Prima avrei potuto dire l'Università, dopo ancora Lana.. adesso non ho niente lì. Qui ho voi e ho lei, posso trovare lavoro qui in Canada. Andiamo, mi sono laureato alla Harvard, servirà pur a qualcosa- ridacchiai, poggiandogli un braccio attorno alle spalle.
-Ne sei proprio pazzo- ridacchiò nonno, alzandosi e aiutando mamma a posizionare un regalo piuttosto grande sotto l'albero.

L'aria natalizia si stava facendo sempre più intensa, mancava solo la mia dolce bambina.
Non appena sentii il campanello emettere un rumore abbastanza fastidioso, mi alzai di corsa e, a passo svelto, mi avviai alla porta. Ad ogni passo che facevo, sentivo il cuore battermi forte. E immaginate non appena aprii la porta, quanto il mio cuore cominciò a battere. Il sorriso di Freedom contagiò anche il mio. Le baciai dolcemente la mano, notando le sue gambe scoperte. Justin, calma. Aspettate un attimo, gambe scopete? Quando mai aveva messo un vestito? Morsi il labbro, al solo pensiero del suo corpo stretto in un vestito.

-Ciao Justin!- salutò Jolanda, sorridendomi.
-Ciao Jolanda!- ricambiai il saluto. -Prego, entrate- dissi, portando una mano dietro alla schiena della mia piccola Free.

L'aiutai a levare il cappotto, rimanendo così sopreso dalla sua bellezza, quella sera. Il suo corpo,a dir poco stupendo, era perfettamente fasciato da un vestito a maglioncino beige. Gli stivali col tacco, inoltre, la slanciavano particolarmente ed era ancora più bella. La guardai con occhi carichi di passione. Quanto desideravo prenderla e baciarla lì, davanti a tutti. Volevo far capire al mondo interno che ormai apparteneva a me, e che niente e nessuno me l'avrebbe portata via, nemmeno la lontananza.

-Sei bellissima- le sussurrai all'orecchio, facendola arrossire.
-Tu lo sei sempre..-ammise, abbassando lo sguardo. Le presi il mento tra le dita, facendo combaciare i nostri occhi.
-Anche tu, ma questa sera.. wow- confessai, facendole fare un giro su sé stessa.
-Piccioncini, se non vi dispiace vorremo mangiare- sbottò Jeffrey, dividendoci.
-Papà, rovini sempre i momenti migliori.. Come mai non lo so! Va un po' dalla mamma che è triste- sbottò Free, stringendosi a suo papà a e prendendopoi  la mia mano. -Non è vero, è per farlo andar via- sussurrò, ridacchiando.

Io, però, notai nello sguardo di Jeffrey vera preoccupazione. In poco meno di un secondo, si avvicinò alla sua ex moglie e le accarezzò il viso, chiedendole qualcosa. Jolanda annuì, con lo sguardo perso nel vuoto.
Cosa nascondevano?

Baby I hear melodies when your heart beats.
Baby it sings to me like 88
fa la la, fa la la.
Baby I hear melodies when your heart beats.
Baby it sings to me
know that it's Christmas time.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Sono di nuovo qua :3
Visto che ho mantenuto la mia promessa?! Sono di nuovo qui, con questo nuovo e penultimo capitolo. Mi sento sempre più in colpa, perché non solo vi ho fatto aspettare due anni letterali per tre stupidi capitoli -dato che il prossimo sarà l'ultimo- ma ho anche perso un sacco di recensori appunto per questo assurdo ritardo. Spero che nel prossimo, dato che sarà l'ultimo, ognuno di voi esprimerà la propria opinione perché mi farebbe davvero piacere.
Comunque ragazze, non sapete quanto io sia stanca. Sono in stage, ovvero a lavoro, ed è stressantissimo! Sopratutto quando devi prendere pullman e treno per poter tornare a casa, sopratutto quando hai un sacco di impegni e torni a casa alle sei. Tremendo, dannatamente tremendo. Menomale che esistono le fanfiction! Ho passato intere giornate lavorative a pensare al modo in cui continuare la storia, sapevo già cosa scrivere -da due anni ormai- ma a grandi linee e di conseguenza mi servivano i dettagli. Spero di non avervi deluso, tesori belli miei!

Il prossimo capitolo già l'ho scritto. Sarà l'ultimo, come ben sapete. Dopo questa storia, ho già scritto 15 capitoli di una nuova storia, è abbastanza diversa dalle altre e mi piace come sta venendo. Per cui, non vedo l'ora di pubblicarla!
Per quanto riguarda questo capitolo, è solo per così dire di passaggio ma ci sono ugalmente concetti chiave che serviranno per capire il prossimo capitolo.

Fatemi sapere cosa ne pensate, ssssu. *fagliocchionidolcidacerbiatta*

PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE COSA. 
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad ascoltarvi. 

VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E CHE HANNO CONTINUATO A FARLO. 
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché sì, lo so che ci siete. 

Much love. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20.// Kiss me under the misteltoe ***


20 Capitolo FREEDOM'S POV.
Mamma, per tutta la durata del primo, era stata col viso sommesso e gli occhi persi nel vuoto. Papà ogni tanto cercava di intavolare una conversazione, che però sviava. Cosa strana, perché io ero proprio come lei e a me piaceva parlare, mi piaceva parlare tanto, forse troppo. Odiavo vederla in quel modo, mi sentivo impotente e sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ne ebbi la certezza, quando all'improvviso si scusò con tutti e uscì fuori casa, senza nemmeno indossare il giubbotto. Senza pensarci due volte, cercai lo sguardo di Justin che annuì, così mi alzai e andai anch'io fuori, indossando prima però il mio giubbotto e prendendo il suo. L'aria fredda mi pizzicò subito il viso, era una sensazione molto piacevole. Non nevicava ancora, ma il meteo aveva portato neve verso mezzanotte. Approfittandone del vialetto, arrivai fino al muretto su cui mia madre era seduta. Mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco, poggiangole il cappotto sulle spalle.

-Grazie, piccola- sussurrò, sorridendomi appena.
-Prego, ma mi spieghi cosa succede?- le chiesi con calma, girandole il viso verso il mio.
-Diciamo che il Natale mi ricorda brutte cose, amore mio..- commentò, tornando a guardare il vuoto.
-Ti ascolto- le presi la mano, stringendola.

La sentii sospirare e irrigidirsi, come se quella situazione fosse un peso. E in effetti, per come si stava comportando, sembrava davvero un peso. E mi dispiaceva, perché era una serata stupenda. Papà era con noi, Pattie si era dimostrata una splendida amica, Bruce e Diane la trattavano come una figlia e le dimostravano sempre il suo amore. Mi dispiaceva che non si sentisse a proprio agio, volevo farla star meglio ma proprio non mi veniva in mente nulla da fare. L'unica cosa, era starle vicino e dimostrarle che non l'avrei abbandonata nonostante tutto. Infondo, lei era proprio come me, e anch'io stavo male quando nessuno mi stava vicino.

-Era la vigilia di Natale del 1998, avevo appena scoperto di essere incinta e.. i nonni erano andati a Toronto per comprare alcune cose.- deglutii, sentendo che i nonni c'entravano in quella faccenda. -Dovevano venire a cenare a casa nostra, la nonna doveva aiutarci a preparare tutto perché avremmo avuto più ospiti ed io mi sentivo malissimo per poter fare tutto. Avevo spesso giramenti di testa e spossatezza, quante me ne facesti passare all'inizio della gravidanza, tesoro mio- ridacchiò, le sorrisi e alzai le sopracciglia. Rompevo le palle già dalla pancia di mamma, penso che sia un record. -Comunque, quella sera, sentii a telefono i nonni non appena si erano messi in viaggio. Dopodiché, ricevetti solo una chiamata dalla polizia..- trattenni il respiro a quelle parole, cominciando anch'io a fissare il vuoto. -Un camion, avevano preso un camion. Nevicava tanto e il camion era andato fuori corsia, così che li aveva presi in pieno. Ho quasi rischiato di perdere anche te, dal dispiacere- mi strinse la mano, forte. -Per me questo è un giorno morto, non festeggio da quindici anni a causa di questo. Mi dispiace, se in tutti questi anni non ti ho mai detto la verità. Il punto è, piccola mia, che fa male riaprire questa ferita, In un solo giorno, ho perso due delle persone più importanti della mia vita e stavo per perdere anche te. Dopo due anni, sempre il ventiquattro dicembre, tuo papà mi lasciò e.. questo giorno mi causa solo dolore- sussurrò, scoppiando a piangere.

Non volevo che mi vedesse debole, non volevo piangere davanti a lei. Dovevo infonderle sicurezza, così l'abbracciai. Non pensavo che questo giorno per me gioioso, per lei potesse essere causa di dolore e malessere. Non mi aveva mai detto nulla, non ero a conoscenza di tutto ciò. Mi maledissi mentalmente più e più volte, a causa dei litigi e dei pregiudizi che avevo nei suoi confronti. Ero la prima a dire agli altri di non giudicarci a vicenda, eppure io stessa lo facevo con mia madre. Che stupida. Stupida e ottusa. Mi farei un applauso da sola.
Sospirai e le presi il viso tra le mani, scontrando i nostri occhi. Erano velati da un sottile strato di lacrime, proprio come i miei. Resisti Free, resisti ancora un po'.

-Mamma..mi dispiace che sia successo tutto questo..- cominciai, sospirando. -Mi dispiace per tutte le volte che non ti ho capita, che litigavamo o che ero imbronciata. Non sapevo niente di tutto ciò e ti chiedo scusa, davvero- annuì leggermente, accennando un sorriso. -E comunque, voglio che tu sappia questo: anche se i nonni sono venuti a mancare tanti anni fa, rimarranno sempre i tuoi genitori e i miei nonni. Loro sono sempre affianco a te, nel tuo cuore. Ti tutelano, ti amano. Vogliono la tua felicità tutt'ora, e penso che la felicità tu la possa trovare guardandoti un po' intorno. Non esiste solo il lavoro, ma anche la famiglia e gli amici. E qui, a casa Dale, questo non manca. Bruce e Diane sono stupendi, ti amano come una figlia, e Pattie è un'amica stupenda. Quante volte siete uscite insieme da quando sono qui lei e Justin? Una decina? Ti vuole bene e lo dimostra. Non pensi che i nonni sarebbero più felici, vedendo te felice? Io penso di sì. Con le lacrime non possiamo portarli indietro. Io non ho potuto conoscerli, ma sono sicura che erano persone stupende e che ti amavano tanto. Sia a te che a papà. E per quanto riguarda papà, anche se tredici anni fa ti ha lasciata, adesso non penso che questo valga ancora. Insomma, hai visto come ti guarda? E' premuroso e dolce, che non sia un ritorno di fiamma? Quando guarda te, ha il mio stesso sguardo quando guardo Justin..- le accarezzai il viso dolcemente. -Solo, divertiti stasera, e non pensare a nulla. Li farai più felici, e sarai più serena tu-

Conclusi il mio discorso, con un caloroso sorriso. In quel preciso istante, qualcosa di freddo si sciolse sulla mia testa. Alzai gli occhi al cielo in contemporanea con mamma, sentendo tanti piccoli fiocchi di neve bagnare il mio viso. Aveva cominciato a nevicare. Sorrisi, per poi guardare mamma. Mi strinse in un forte abbraccio e mi sussurrò un 'ti voglio bene, figlia mia', prima di prendermi per mano e portarmi all'interno della casa. Il sorriso che aveva non era più finto, ma un sorriso vero. Tornammo a sederci a tavola, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.

-Cosa facciamo adesso?- chiesi per rompere il ghiaccio, sorridendo apertamente quando papà diede una bacio sulla guancia a mamma. Quanto belli erano?
-Mangiamo- disse papà, alzandosi. -Donne, in cucina!- ordinò, avviandosi.
-Io avevo un'altra idea- sussurrò, invece, Justin al mio orecchio. Avvampai.
-Io un'altra ancora, figlioli. Molto più sana- s'intromise Bruce, alzandosi da tavola e avviandosi vicino al camino. Diedi uno schiaffetto a Justin sul braccio, cosa che lo fece ridere. Che minchia c'hai da ridere, idiota?
-Io seguo te, nonno!- gracchiai, alzandomi e seguendo Bruce. Justin fece lo stesso, poggiandomi una mano sul fianco.
-Vi vanno un po' di canzoni di Natale in sottofondo?-
-Sì! Voglia o Michael Blublé, vogliamo Michael Bublé!- Justin fece un verso di disappunto.
-Ma quello lo vorrai solo tu caso mai. Piuttosto, mettiamo questo che sono più cantanti messi insieme.- misi il labbruccio e feci gli occhi dolci, battendo più volte le palpebre.
-Ti prego!- sbbattei ancora le palpebre, per essere il più dolce possibile. Justin poggiò una mano sul cuore e chiuse gli occhi.
-Hai vinto- mormorò infine, prendendo il CD di Michael e inserendolo nello stereo.

La vittoria aveva un buonissimo sapore. Trotterellando, tornai al posto sotto le note di Santa Claus Is Coming to Town. Michael era un cantante bravissimo e anche davvero molto, molto affasciante. Muovevo la testa a ritmo sorridendo, il solito sorrisetto di vittoria che sfoggi ogni qual volta vuoi far rodere il culo a qualcuno, insomma. E in quel momento, era quella la mia intenzione. Justin, infatti, alzò gli occhi al cielo. Si poggiò con la pancia allo schienale della mia sedia, prendendomi le mani e baciandomi poi la fronte. Cantava anche lui, con quella sua voce stupenda. Ancora non riuscivo a capire perché non era ancora diventato qualcuno, nel mondo della musica. Sapeva suonare la tromba, la batteria, la chitarra e il piano, in più aveva una voce sensazionale e scriveva canzoni stupende. Era praticamente un perfetto cantautore. Ed era anche davvero sprecato per quel mondo. Meritava di più, molto di più di ciò che aveva. Ma be', aveva scelto di vivere una vita semplice, dove la qualità predominante era l'amore, e secondo me aveva fatto la scelta giusta.

-Si mangia!- urlò papà, poggiando sul tavolo degli involtini di pollo.
-Oh, Jeffrey, chi la sentirà Diane stasera..- disse nonno, quando Pattie gli passò il piatto con due involtini e dei peperoni imbottiti.
-Infatti domani mangiamo tortellini in brodo- Diane fece spallucce, facendo ridacchiare Justin. -E tu non ridere, che ce ne sono anche per te- Jusnti alzò le mani in segno di resa, sorridendo.
-Non ho fatto niente- commentò, trattenendo un sorriso.
-Certo che sei proprio un lecchino, eh?- sbottò papà, ridendo.
-Con me lo è di più, sopratutto quando esce la sera e torna tardi a casa- Pattie alzò gli occhi al cielo, sedendosi.
-Ma tanto non lo farò più- Justin fece spallucce.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio- commentò mamma, facendogli l'occhiolino.
-Non quando il lupo ha trovato la sua lupa- sorrise a mia madre, mettendomi poi un braccio sulle spalle.

Voleva per caso dire che prima andava a cagne e non a lupe? Mi accigliai e corrugai le sopracciglia, che voleva dire sua mamma con quella frase? Che a Cambridge usciva di notte per farsi le ragazze? O che aveva una vita notturna? O che forse.. FERMI TUTTI.
JUSTIN AVEVA APPENA DETTO DI AVER TROVATO LA SUA LUPA.
Ed io, ero la sua lupa. Vero? Vero? Vero?
Imbarazzata ma allo stesso tempo felice, abbassai lo sguardo e sorrisi, sentendo le gote bollire. L'effetto che aveva su di me, davvero non riuscivo a capirlo. Era unico e inspiegabile e solo con lui riuscivo a sentirmi..così. Così bene, così vera,a così viva, così donna.
Dopo aver finito di mangiare anche il secondo, restammo a tavola a parlare e a mangiare frutta a guscio per il resto della serata, parlando del più e del meno come accadeva sempre a Natale tutti gli anni. Solo verso le undici, mi alzai dal divano e presi Justin per un braccio, avvicinandomi all'albero di Natale e alzando la voce dello stereo. All I Want For Christmas Is You di Celine Dion eccheggiò nella stanza.

-Venite a ballare?- chiesi, alzando le braccia e sorridendo.

Nell'arco di pochi minuti, cominciammo a ballare tutti insieme. E credetemi se vi dico che in quel momento sembravamo tutto fuorché una famiglia normale. Bruce faceva fare una giravolta a mia mamma e Pattie assieme, papà invece ballava il twist con Diane sulle note di una canzone natalizia. Io e Justin, invece, saltavamo soltanto. O merglio, io provavo a saltare, con i tacchi non mi alzavo di nemmeno dieci centimetri. Ridevamo entrambi, come due bambini. Io lo ero, certo, ma lui no. Vederlo muoversi e sfrenarsi in quel modo mi aveva fatta capire che l'età è davvero solo un numero. Ognuno di noi decideva che indirizzo dare alla propria vita, se essere maturo o rimanere bambino per sempre. Come lui in quel momento stava diventando un po' più simile a me, io sapevo in che modo rendermi più simile a lui e quindi essere più matura. L'età era solo un numero, un 15 o un 27 non fa la differenza quando ad unirli c'è l'amore, che è un perfetto vincolo di unione.

-Hei, piccola!- mi poggiò una mano sul fianco e mi tirò a sé, poggiando la sua fronte sulla mia.
-Hei, piccolo!- ripetei, strizzando tra l'indice e il pollice la sua gota morbida.
-Tu sei piccola- mosse la testa afficnhé gli lasciassi la gota, dopodiché si avvicinò al mio orecchio. -Allora dovrei dire, ehi angelo nella neve. Lo sai che siamo sotto al vischio?- alzai gli occhi al cielo, avvampando di colpo. Gli diedi uno schiaffetto, quando notai che non eravamo davvero sotto il vischio.
-Sei uno stupido- incrociai le braccia al petto, smettendo di ballare.
-Perché?- ridacchiò, baciandomi leggermente la tempia.
-Perché sì- mi allontanai con fare altezzoso, sotto la sua risata divertita.

Bravo, bravo, ridi. Intanto io ci sono rimasta male. 
Il bacio sotto il vischio era sempre stato un sogno, per me. Mentre tutte le bambine, da piccole, desideravano diventare delle principesse, sposare il loro principe azzurro e vivere in un castello, io desideravo baciare sotto il vischio l'uomo della mia vita e stare con lui per sempre. Ho sempre attribuito al bacio sotto al visto un segno del vero amore. Il fato aveva voluto che due persone s'incontrasserò proprio sotto il vischio per scambiarsi un bacio, prova più schiacciante non c'era del fatto che fossero destinate a stare insieme. Doveva essere stupendo baciare sotto al vischio colei che sarebbe diventata una delle persone più importanti della mia vita, e Justin.. be', desideravo davvero baciarlo sotto al vischio. Cosa stupida e insensata, certo, ma per gli altri. Per me valeva molto.
Sapere che mi aveva presa in giro, mi aveva provocato uno strano dolore al petto, che non sapevo classificare. Delusione, forse. Sì, delusione. Perché pensavo, che lui fosse quello giusto..

-Mancano due minuti alla mezzanotte!- gracchiò papà, poggiandomi un braccio sulle spalle. Mi illuminai.
-Spegniamo le luci!- corsi verso l'interruttore che spensi poco dopo, accendendo di conseguenza le luci dell'albero di Natale.
-Così va meglio- sussurrò Justin, abbracciandomi da dietro. Arrossii, al contatto del suo corpo con il mio.
-Sono contenta di essere qui, con voi- il sorriso di mia madre illuminò ultreriormente la stanza.
-Siamo contenti anche noi di averti, anzi, di avervi qui- continuò Bruce, accarezzandomi la gota.
-Io sono contenta del cibo..- commentai, ricevendo occhiatacce miste a risate.
-Sei sempre la solita, bambina mia- papà sorrise, andandosi poi a sedere affianco all'albero di Natale. -E' ora di aprire i regali- continuò.

L'ora di aprire i regali penso che sia stata la più attesa e desiderata di tutta la serata. Mi piaceva tantissimo quella parte della serata, perché cercavo sempre di indovinare cosa mi avevano regalato. Avevo indovinato sì e no due o tre volte, ma era divertente farlo. Contenta, battei più volte le mani e mi sedetti sulle gambe di Justin, dandogli un candido bacio sul naso. Mi sorrise, incollando i miei occhi ai suoi. E di nuovo, quel gioco di sguardi, così atteso. Amavo il modo in cui i nostri occhi si cercavano e si desideravano, amavo il modo in cui affogavo in quel mare di caramello per poi riemergere e bearmi del sole emanato dal suo sorriso perfetto. Be', Justin era di sé perfetto.

-Prima io!- urlai poi, prendendo vari pacchetti tra le mani. -Questo a Pattie, questo a Diane, questo a Bruce.. questo a mamma e questo a papà- sorrisi. -Forza, scartate!- incitai con le mani, tornando a sedermi con Justin sul divano. Aspettai con ansia un cenno da tutti, che arrivò poco dopo. Tutti quanti si alzarono a darmi un bacio e a ringraziarmi, tranne Justin che ovviamente non poteva farlo, dato che non aveva ancora avuto il suo regalo.. Logico, ovviamente. -Adesso il tuo..- mi girai verso Justin, che sorrise dolcemente. -Ci tengo molto ma è una cosa che io non uso mai, e so che tra le tue mani starà sicuramente meglio..- commentai, abbassandomi per prendere il grosso pacco con gli alberelli natalizi stampati sulla carta da regalo. -Spero che ti piaccia- dissi a fatica, posandogli il pacco sulle gambe.

Confuso e con gli occhi straniti, tastò la carta da regalo cercando di capire di cosa si trattasse invano, gli avevo teso un 'trabocchetto'. Se così si poteva chiamare. Lentamente, le sue dita lunghe scartarono il regalo, trovando così una scatola larga e rossa. Prima di aprirla mi lanciò un'occhiata confusa, che venne rimpiazzata da un espressione stupita. Prese tra le mani la chitarra, che nonno aveva fatto per me e che io avevo deciso di regalare a lui. Era importantissima per me, era l'unica cosa che mi legava a mio nonno ormai morto. Mamma aveva un espressione indecifrabile, ancora non riuscivo a capire se era fiera o stupita o delusa. Forse, stava provando tutte e tre le emozioni in quel momento. Riposai il mio sguardo su Justin, che aveva posato a terra la scatola e teneva tra la mani quella splendida chitarra 'artigianale'. Volevo dimostrargli tutto il mio amore regalandogli qualcosa a cui tenevo tantissimo, speravo di esserci riuscita. Con tutta me stessa.

-Freedom, sei sicura?- chiese, toccando con i polpastrelli le varie corde.
-Mai stata più sicura- serrai le labbra in una linea, sperando in un suo ulteriore commento.
-Io..non so cosa dirti, piccola- sorrise, posando la chitarra sul divano una volta alzatosi. Mi strise forte in un abbraccio, così forte che quasi rimasi sorpresa. Mi abbandonai alle sue braccia, strinsi tra le mani il suo maglione e poggiai la testa nell'incavo del suo collo. -Grazie- sussurrò al mio orecchio, facendomi sorridere. -A questo punto, posso darti il mio regalo-

Sorridendo, si staccò da me. Perché sentivo un vuoto, dentro? Prese da sotto all'albero un pacchetto colorato di forma quadrata. Non riuscivo a sentire nessun rumore, avevo quasi paura di muoverlo. Senza perdere ulteriore tempo, scartai il regalo. C'era ancora una scatola rossa. La aprii piano e con le dita tremanti, corrugando le sopracciglia non appena vidi dei fogli di carta velina rossi. Guardai Justin con uno sguardo interrogativo, con un gesto del capo mi incitò a continuare. Così, tolsi un pezzo di carta, poi un altro e un altro ancora. Finché i miei occhi, non videro un qualcosa che non si sarebbero mai aspettati. Presi tra le mani l'oggetto, esaminandolo. Era una palla di vetro con la neve, ma non una semplice palla di neve. Era quella che vidi al nostro quasi primo appuntamento. La mossi piano, guardando la neve scendere e posarsi sugli alberelli e la piccola casetta in legno. Mi sarebbe tanto piaciuto vivere in un posto simile con Justin, magari su una montagna lontana da tutto e tutti. E quando dico con Justin, intendo solo con Justin. E nessun'altro.

-Avevi dimenticato il regalo per la nonna, eh?- ridacchiai, con gli occhi colmi di lacrime. Lo so, è un atteggiamento da bmbina, ma cosa potevo farci? Mi aveva commossa, con quel ragazzo. Sin dal primo giorno era riuscito a capire i miei gusti, i miei pensieri, le mie necessità e i miei bisogni. Sin dal primo giorno, era riuscito a trascinarmi e a trasportarmi con sé, in un mondo fantastico. Anche se da poco, era il regalo più bello che potesse farmi.
Non feci nemmeno in tempo ad analizzare per bene le minature che c'erano all'interno della palla -e ci tengo a precisare che c'era anche una renna ed io adoro le renne- che la melodia di una chitarra mi fece alzare lo sguardo. Era Justin, che aveva cominciato a suonare con la sua nuova chitarra. Con un gesto della testa, mi fece segno di alzarmi e mi alzai, arrossendo. Fece un paio di passi indietro, cominciando a camminare per il salone e a cantare. Guardandomi.

-Baby I will not pow, baby I will not cry. Cause I got your love this Christmas time. When the snow's on the ground, and it's freezing outside, I got your love this Christmas. On every list I've ever sent, you're the gift I'd love the best. So deck the halls and all the rest. Warm me up, with your Christmas love- si bloccò un attimo, bagnandosi le labbra per poi continuare. -Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe- alzò gli occhi in alto sorridendo, seguii il suo gesto arrossendo. Eravamo davvero sotto il vischio. -You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year, my present is still right here. Thank God above, for my very own Christmas love, yeah.- arrossii, sentendomi le gote andare a fuoco. -Like a beautiful tree, you can light up the room, your kinda star can't be removed. - mi fece l'occhiolino, che fece accentuare il mio rossore. Fottuto bastardo. -Like a beautiful carol, I get lost in your sogn. And I will forever sing along. On every list I've ever sent, you're the gift I'd love the best. So deck the halls and all the rest. Warm me up, it's your Christmas love- la sua voce, quasi mi faceva morire. Era così intonata, così carica di emozione e di armonia. Sembrava lui l'angelo nella neve, e non io. -Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe. You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year, my present is still right here. Thank God above, for my very own Christmas love- chiuse gli occhi, mettendoci tutto sé sento in quel pezzo di canzone. -All the love that's around the world, I can sing you merry merry Christmas, merry merry Christmas. Every boy and every girl, stay close to the ones you love and thank God above, that you got someone this year that can feel your heart with cheer- riaprì gli occhi, puntandoli di nuovo nei miei. -Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe. You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year, my present is still right here. Thank God above, for my very own Christmas love. Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe. You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year, my present is still right here. Thank God above, for my very own Christmas love. For my very own Christmas love, for my very own Christmas love. Give me a kiss a baby, give me a kiss baby.- finì di suonare, sotto lo sguardo stranito di tutti. Be', d tutti tranne che il mio.

Il mio era confuso, ma allo stesso tempo riconoscente e carico d'amore. Poggiò la chitarra a terra, senza mai smettere di guardare i miei occhi. Mi accarezzò leggermente il viso, mandandomi in estary. Chiusi gli occhi sotto al suo tocco metabolizzando tutto ciò che era successo in poco tempo. Il suo arrivo, l'uscita al mercato, le notti passate a palare a telefono o sul mio letto, i nostri sguardi divertiti, le risate, la mia caduta dal tetto, le sue supplenze in storia, la litigata con lui a causa di Dafne, il loro bacio, la mia crisi nervosa, il suo pronto intervento, le sue promesse, la nostra uscita, l'incidente, il bacio, il ciondolo, il nonsocomechiarmarlo avuto a causa dei nonni nel camerino, un altro nostro bacio e, per finire in bellezza, quella serenata. Sentivo le emozioni impossessarsi del mio corpo e del mio cuore, sopratutto. In pochissimo tempo, era riuscito a stravolgermi e a farmi diventare migliore, diversa. Ero sempre stata una ragazza impaurita del futuro, anzi, io quasi non lo vedevo un mio futuro. Con lui, invece, avevo imparato ad andare avanti a testa alta. E sapere che per me provava sicuramente qualcosa, che chissà cos'era, mi faceva battere forte il cuore e sentirel e gambe molle e tremolanti.

-Hei angelo sotto la neve, io sono davvero sotto al vischio. Allora che fai, me lo dai un bacio?- sorrise, alzando di poco lo sguardo. Seguii i suoi movimenti, ma non feci in tempo a riabbassare completamente lo sguardo che due mani grandi presero il mio viso e mi attirarono a sé. In un nano secondo, le labbra di Justin furono sulle mie, unendosi in un bacio che tanto desideravamo entrambi. Non un bacio come quelli che c'erano stati durante il corso della giornata, un bacio più vivo. Sentivo il calore di quelle labbra, di quella bocca così morbida. Aveva un buon sapore, ma infondo lui era Justin. Lentamente, portai le mie mani dietro al suo collo e incollai i nostri corpi, così che fu costretto a poggiarmi le mani sui fianchi. Le nostre labbra, erano ancora unite e non volevano assolutamente staccarsi. Adrenalina. Sicurezza. Amore. Lasciai scorrere la mia lingua sul suo labbro inferiore, ricevendo l'accesso per quella bocca paradisiaca. Non mi importava dei nostri genitori, del nonno che probabilmente ci avrebbe fatto una ramanzina, di papà che si stava sicuramente ingelosendo, di Pattie che aveva paura che il figlio potesse farmi del male. Non aveva ancora capito che era il contrario, era quando io e Justin non stavamo insieme che mi sentivo persa, vuota e sola. Justin mi completava. Justin era la mia metà perfetta. Lasciai che le mie dita accarezzassero i suoi capelli ramati, spostai la mano destra sulla sua gota e lo accarezzai, senza mai staccare le nostre labbra. Sentii gli angoli della sua bocca curvarsi in un sorriso, cosa che fece sorridere anche me. E fu così, che fummo costretti a staccarci. Costretti per modo di dire, dato che era stato un sorriso a farci allontanare. Sentivo la testa pulsare e quasi non ragionavo più.
Finalmente.
Avevo finalmente avuto il mio bacio sotto il vischio. Con lui.

-Capisci adesso quanto importante sei?- chiese, poggiando la sua fronte sulla mia. Aveva il fiatone, proprio come me. Impercettibilmente annuii, provocando il suo sorriso.
-Anche tu lo sei, Justin- confessai, sospirando -Tu sei l'unica cosa che ho sempre desiderato, sei l'unica luce, sei sulla mia lista, voglio che tu sia il mio unico e solo regalo di Natale-
-Il vischio è qui, sto aspetttando. Mi baci qui?- continuò, provocando il mio sorriso. Lentamente si avvicinò, facendo di nuovo scontrare le nostre labbra in un casto bacio.
-Sai che, se usiamo l'immaginazione, possiamo andare nell'isola che non c'è?- chiesi, chiudendo gli occhi.
-Anche polo nord, però è così freddo. Se vuoi, ti ci porto-

I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, era quasi impossibile stare calmi in certi momenti. Sentii il cuore martellarmi nel petto e la sua mano stringere la mia mano. Deglutii e incrciai il suo sguardo, toccata da tutto ciò che stava accadendo.

-Ti va?- chiese, incrociando le nostre dita.
-Cosa?- chiesi a mia volta, inclinando di lato la testa.
-Di venire con me. Al polo nord, sull'isola che non c'è, in Perù, in Giappone. Ovunque tu voglia, con me- chiusi gli occhi e poggiai una mano sul cuore, in preda ad un attacco di tachicaria. Sospirai, cercando di calmarmi. Dopodiché, annuii.
-Non mi importa viaggiare, a me basta stare con te-
-Sei la mia piccola adesso e ti cresco io, ricordi?- annuii, al ricordo di quella giornata al parco. Era la seconda volta che lo vedevo. -D'ora in poi, lo sarai ufficialmente-

Sussurrò infine, facendo ricombaciare perfettamente le nostre labbra un'ennesima volta.
Anche se in sottofondo sentivamo urla e finti applausi da parte dei nostri genitori, non mi interessava.
Eravamo solo io e lui.
Freedom e Justin.
Justin e Freedom.
Finalmente insieme.
Finalmente uniti.
Fanculo l'età, fanculo i pregiudizi, fanculo tutto.
Non eravamo solo due semplice esseri umani che dovevano lottare, eravamo due esseri umani legati dall'amore. E l'amore, distrugge tutto ciò che ci circondava era cattivo o dannoso. L'amore, il nostro amore, era forte e niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fermarlo. Neanche la morte. Perché ero sicura che lo avrei amato, anche da sotto terra in una bara.
Era la mia ancora. Il mio scudo. La mia fortezza.
Era ormai diventato ossigendo e acqua, e senza di lui non sarei riuscita a vivere.

-Ti amo- sussurrai, impercettibilmente.
-Ti amo anch'io, piccola mia- ripeté più forte, facendo comprire sul viso dei nostri genitori un sorriso fiero. -E sappi, che non ti lascerò mai andare-

Sussurrò ancora, intrecciando le nostre dita e i nostri sguardi.
Lo so, Justin. E sappi che non lo farò mai neanch'io.'


JUSTIN'S POV.
-Papà, ma quindi tu e la mamma vi siete messi insieme quella stessa sera?-
-Sì, piccola mia. Quella stessa sera. Dovevi vedere com'era bella-
-Ma è vero che ogni sera le cantavi una canzone diversa?-
-Le cantavo sempre una canzone diversa, proprio come faccio con te, bambina mia.-
-Mi manca tanto, sai?- sussurra Cassidy, poggiandosi sul mio petto.
-Manca anche a me- ripeto, dandole un bacio sulla fronte.
-Un giorno la rivederemo?-
-Non solo la rivederemo, ma vivremo di nuovo con lei. Ora dormi, piccola mia, che si è fatto tardi- le accarezzai il viso, rimboccandole ancora le coperte.
-Volevo sapere la storia tua e della mamma, non me l'hai mai raccontata!-
-E adesso che la sai, dormi- sorrido, accarezzandole il viso, che tanto assomigliava a quello di Free. -Ti amo, bambina mia-
-Ti amo anch'io papà- ripete, sbadigliando. Mi avvicino alla porta della sua cameretta e feccio per uscire, quando mi richiama. -Papà?-
-Dimmi- mi giro, prima di chiudere la porta e di uscire dalla stanza-
-Grazie- mi sorride, ricambio il suo sorriso sentendo di dover uscire da quella stanza.

Le lacrime ormai minacciano di uscire, e non posso piangere davanti alla mia bambina. Cos'avrebbe pensato? Che aveva un padre codardo? Purtroppo no, non sono né codardo né stupido.
Sento solo la sua mancanza, la mancanza della mia ragione di vita. E' andata via già da un po', ormai. Ma il mio amore per lei, è più forte che mai.

-Amo anche te, tesoro mio- socchiudo gli occhi e mi stendo a letto, prendendo tra le braccia quello che era il suo cuscino. Lo annuso, sa ancora di lei.
-Mi manchi tanto- ripeto al vuoto, baciando la sua fede che avevo messo assieme alla mia sull'anulare sinistro. -Finché morte non ci separi..- sussurro infine, cadendo in un sogno profondo.

E speravo di sprofondare, in quelle braccia che per anni mi avevano cullato e che da anni non sentivo più al mio fianco, ma che sempre mie rimanevano.


Hey angel in the snow,
I'm under the misteltoe.
You are the one,
you're my very own Christmas love.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonasera.<3
Quest'avventura, ebbene mie care.. è finita. Quando ho scritto questo capitolo avevo le lacrime agli occhi, cavolucci. Avevo in mente questo finale da anni, letteralmente dolcezze. Spero che abbiate capito che l'intera storia si tratta di un racconto da parte di Justin a sua figlia, ormai già grande, che voleva saperne di più riguardo a come i suoi genitori si erano conosciuti. Io li ho trovati troppo dolci e puffosi questi due, mi è sempre piaciuta come coppia.
Sto scrivendo un'altra storia e a breve la pubblicherò, è diversa dalle altre anche se all'inizio può sembrare 'monotona'.
Be', sarà tutt'altro che monotona, credetemi.
Spero davvero che vi piaccia, ragazze mie.


PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE COSA. 
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VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E CHE HANNO CONTINUATO A FARLO. 
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GRAZIE A CHI RECENSISCE. 
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché sì, lo so che ci siete. 

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E se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'


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