Lynda L'assassino

di Xebfwalrk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Monarca ***
Capitolo 2: *** Refurtiva Ambita ***
Capitolo 3: *** Marem Altezza di Qualico ***
Capitolo 4: *** Quattro per due ***
Capitolo 5: *** Tracce e Spionaggio ***
Capitolo 6: *** Jinna ***
Capitolo 7: *** Deve Morire! ***
Capitolo 8: *** Braccia e Gambe ***



Capitolo 1
*** La Monarca ***



 
La Vita porta con sé opportunità,
Sta a te coglierle con rapidità.
Si tratta pur sempre di frutti indifesi,
pronti per esser presi.
Con mani agili e sapienti,
Togliendole ai meno abbienti.

 
Dal diario dello stregone
 
 
Quel sorriso affascinante e ammaliante, così sexy da portare via il fiato. Nessuno poteva resistergli, i suoi denti illuminavano qualsiasi stanza in cui entrasse, un suo sguardo dorato risvegliava l'anima di chi incrociasse. Fu così che la conquistò, Argema si chiamava, era la ballerina più bella di tutte, le sue movenze sensuali catturavano l'attenzione di tutti i presenti, lui compreso.
Era distesa sul letto, il vestito che le copriva le spalle larghe e il mantello trasparente attaccato alle braccia lisce e sottili. La schiena leggermente inarcata a invitarlo a concludere la sua opera. Si guardò allo specchio: i capelli lunghi d’oro cadevano appassiti sul volto per la passione, l'addome tonico, le gambe sode e muscolose. Indossava solo un boxer erotico a rete fine che poco lasciava all'immaginazione, il membro barzotto pronto ad entrare in azione con la sua ultima conquista. Lo specchio gli restituì lo sguardo da furbetto. Seguì con l'indice la linea del suo petto perfettamente rasato fin giù al suo addome piatto e sensuale. In quella posizione i suoi fianchi sembravano chiamarlo. Le rimosse quel perizoma striminzito che lasciava in bella mostra quel sedere che era riuscito a farlo impazzire. La mise a nudo e le saltò sopra sentendola ridacchiare. I loro corpi duri si scontrarono contro la morbidezza del letto. Le prese i capelli mori e fluenti tra le mani, li tirò lievemente facendole sollevare il mento, il trucco giallo e ocra le era colato di poco per il sudore e le sue carezze passionali. La baciò con foga sul collo fino a raggiungere le sue labbra.
«Preparati alla tua unica serata di vera passione alla Monarca[1].» le sussurrò, con quella sua voce calda e sensuale, all'orecchio. Quelle parole la eccitarono a tal punto da non accorgersene quando la voltò di spalle e la penetrò da dietro facendole urlare il suo nome. Non soddisfatto le guardò viso, passionalmente arrossato e perso per il momento, la baciò lentamente sul ventre fino a salire al petto magro, leccò il capezzolo mentre si faceva largo tra le sue gambe. La prese ancora, baciandola e leccandola per tutta la notte.
Una nebbiolina sottile aveva appannato le finestre, erano distesi sul letto, nudi. Lui si alzò: sapeva che quell'avventura con la star della Monarca gli avrebbe sicuramente fatto saltare la copertura. Osservò ancora una volta il suo corpo efebico, le gambe lunghe e magre, le cosce toniche e allenate, il petto piatto glabro, si eccitò ancora a vederla nuda su quelle coperte bagnate del loro sudore e dei loro umori. Resisté alla tentazione a stento.
Quando si voltò, probabilmente svegliata dal rumore della zip dei suoi jeans, mostrò il suo sedere, quel sedere che faceva venir voglia di morderlo, di baciarlo, di portarlo via co sé. Cedette. Sbottonò ancora i pantaloni e si mise al suo fianco.
Sfiorò la linea del suo fianco sentendola ridere sommessamente, senza smettere di accarezzarla le baciò la natia sinistra, poi salì sul bacino, sul fianco fino al collo, lasciando una scia di baci bollenti. Quando arrivò alla guancia reclamò la sua bocca, lei si voltò: il trucco della sera prima era sparito perso sulle coperte, le sue vere sopracciglia castane fecero capolino più basse di mezzo centimetro, il naso sembrò più tozzo e il volto meno affilato. Tutte quelle piccole imperfezioni che aveva nascosto con il trucco comparvero. La fece voltare tra le sue braccia, i loro corpi aderivano alla perfezione lasciano a malapena lo spazio per la loro eccitazione. Le sfiorò una guancia, un accenno di barba cominciava a farsi largo sul suo volto. «Buongiorno» le disse.
«Buongiorno.»
Si muoveva lentamente, sensuale, come se fosse sempre sotto i riflettori del palcoscenico. Il movimento cominciò a farsi sempre meno fluido, impercettibilmente. Allora capì.
«Cosa stai cercando?» le domandò sfiorandole le labbra con un bacio sfuggente; le mise le mano sulla spalla, e scese lungo il braccio fino a raggiungere la mano. Stringeva qualcosa d’inaspettato. Si guardarono negli occhi.
«Cazzo, sei della DPI[2]!» le disse, con tono rassegnato, in faccia.
«Scopi bene tesoro» gli disse sfiorandolo con un bacio a sua volta «ma devo terminare la mia missione.» Si schiarì la voce «Gord Dampkins, sei in arresto per furto aggravato, latitanza e aggressioni a civili.» una forza inaspettata animò il corpo di quella ballerina da nightclub. Tentò di ammanettarlo.
Gord fu più rapido e sgusciò veloce dal letto, afferrò jeans e maglietta e scappò verso la porta, notò come l’intarsio a forma di farfalla sembrava sconsigliarli quella via di fuga. Stava per aprire, quanto sentì del trambusto. Non pensò, prese una sedia e la piantò sotto la maniglia in modo che non si aprisse.
«Fermo!» il poliziotto, nudo, gli puntava una pistola contro.
Non gli rimaneva che saltare.
Fece una finta a sinistra e si buttò a destra, sul letto, afferrò le manette e saltò come una rana sul poliziotto che non era più una ballerina. Quello cadde sotto il suo peso. Alla porta tonfi pesanti si fecero largo come rintocchi di una campana a morto.
«Lo so che scopo bene! La prossima volta ti farò il bis, amore mio.» Lo guardò negli occhi un momento «Il tuo culetto mi fa impazzire» lo schiaffeggiò volgarmente. «Alla prossima baby!» la baciò sulle labbra un'ultima volta mentre la ammanettava alla gamba del letto.
La porta stava cedendo, mise i pantaloni e le scarpe, avvoltolò attorno al pugno le vesti di scena della ballerina e spaccò il vetro della finestra, prese la maglia e saltò.
 
Le aveva dato appuntamento là, appena fuori da Ankioha. Erano le 22:47, come al solito era in ritardo, nonostante avesse deciso lui l'orario. Guardò il display dello smartphone 22:56. Fu tentata di chiamarlo. Si mise a cercare il contatto quando sentì un rumore.
«Alia…» ripeté un sussurro.
«Ibraheem, sei tu?»
«Vieni svelta!»
Lo raggiunse, si stavano inoltrando in un campo dove l'erba era ancora più alta.
«Rahim, dove mi stasi portando? Non si vede nulla!»
«Fa piano!»
Alia accese la torcia dello smartphone.
«Spegnila subito! Sennò rovinerai la sorpresa» la rimproverò con un sorriso.
«Devo ricordarti che io non brillo di luce propria?»
«Come sei noiosa!» Ibraheem prese la mano della sorella, da quel contatto scaturì una luce bianca brillante come di milioni si stelle.
«Grazie.» Prese il telefono e si specchiò, vizio dell’epoca moderna che aveva assimilato suo malgrado. I suoi occhi brillavano come la luce che l'aveva toccata.
Arrivarono in uno spiazzo aperto, una tovaglia era stesa a terra, cibo umano restituiva loro sguardi invitanti.
«Buon compleanno!» le gridò, illuminando la zona a giorno.
«Scemo!» lo guardò, erano almeno cinquant'anni che non si vedevano, ma non era cambiato di una virgola, vestiva sempre in giacca e camicia, i suoi capelli lunghi neri come la notte erano lisci e fluenti. I suoi occhi, bellissimi: blu cerchiati di stelle.
«Quanti quest'anno?»
«Non si chiedono gli anni a una signora!»
«Vuole dite che sono tanti!» Rise e urlò, solare come sempre.
Mentre festeggiavano, si accorsero di una presenza anomala. Come l'energia di un altro Jinn ma sbagliata, priva di quella forza della natura che li pervade, di quel sentimento privo di umanità, superiore.
«Hai sentito Rahim?»
«Sì, sembrerebbe come… come di un Ghul. Ma è strano…» non finì la frase. Un sibilo fulmineo li raggiunse, tardi. Qualcosa lo colpì alla schiena, trapassandolo da parte a parte. «Fa male…» rantolò tastando il corpo estraneo che gli usciva dal petto.
Alia fu svelta ed estrasse il pezzo di metallo dal corpo del fratello.
Messi in allerta dall'assalto fecero Tahul, tramutarono nella loro forma di Jinn.
Alia fu investita da una luce azzurra come il mare più cristallino, la sua pelle si fece pallida e i capelli divennero azzurri. Ibraheem esplose in un accecante marasma di stelle, la sua pelle bianca fu cosparsa di punti brillanti.
Quella figura si fece avanti. Era tetra e odorava di morte.
«Alia, ricorda un Jinn Ghul.»
«Non è un Jinn Ghul!»
Lo attaccarono. Ibraheem lo colpì con la sua luce, così abbagliante e dirompente, molto efficace contro un Ghul. L’uomo distese il braccio destro e fendette il flusso di luce trasformandolo polvere scura.
Alia si fece avanti, usò l'acqua che li circondava per congelarlo, questo sortì qualche effetto, ma con un tocco del suo braccio destro distrusse l'incanto facendo piovere neve scura.
«Come può farlo? Non è un Jinn!» Gridò la donna.
Fu rapido, Alia se lo vide davanti, gli occhi castani illuminati da una luce scura e tetra, allungò il suo braccio morto verso lei. Ibraheem lo colpì alla schiena, quel tanto da distrarlo. Lei vide che usava una magia diversa non l’energia Jinn, assorbiva la luce del fratello. Nessun Jinni piò assorbire il potere di un altro Jinn.
«Rahim, non colpirlo!»
All'udire le sue parole, il fratello cessò l'assalto, la creatura, né umana né Jinn, mormorò delle parole e toccò con il braccio sinistro la sua spalla. Alia cadde in ginocchio, il suo corpo era paralizzato.
Ibraheem le corse incontro. L'uomo gli fu davanti e lo colpì al petto. Lo prese per i capelli tirando con violenza, Ibraheem alzò il collo, l’altro glielo afferrò stringendo. Il ragazzo aprì la bocca in un urlo silenzioso. Una boccetta apparve nella mano morta dell'aggressore, ne versò il contenuto in gola allo sventurato e lo buttò a terra.
I poteri di Jinna di Ibraheem ebbero come un'accelerata, si contorceva da dolori inauditi, i suoi occhi erano più brillanti che mai; poi si fermò, a pochi centimetri da terra. Esalò il suo Respiro Jinna[3].
Alia voleva urlare, correre in soccorso del fratello, piangere, impedire che quel mostro dannato uccidesse la sua famiglia.
Quello osservò la luce bianca brillare a pochi centimetri dalle labbra di Ibraheem, come il mostro vorace che era, si cibò dell'essenza di Jinn Silat. Quando ebbe finito il corpo di Ibraheem esplose in polvere luccicante per il suo ultimo viaggio.
 
 
[1] Monarca: locale e bed and breakfast gay nella regione di Arancionia.
[2] DPI: Dipartimento protezione interna.
[3] Respiro Jinna: Anima di un Jinn, racchiude la sua essenza.
 
Questo racconto ha partecipato ai contest:
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Pagina giudice Grazianaarena
L'inizio e la fine di ogni cosa [Original Fantasy & Fantasy!AU Contest]
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Pagina autore ManuFury
Pagina giudice ManuFury

 
Questa è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Qualunque somiglianza con luoghi, fatti o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.
 

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Capitolo 2
*** Refurtiva Ambita ***




Sei sicura di voler rapinare proprio questo banco di pegni?»
«Tesoro» la donna dalla pelle marmorea baciò la guancia ispida dell'uomo al suo fianco «dai retta a me.»
Stavano pedinando il proprietario del banco di pegni "Gatta da Pelare" da almeno tre giorni. Kalid non amava fare quelle rapine, ma per due come loro era difficile trovare lavoro: un soldato della Guerra delle Maki[1] e una Troll dai capelli verdi e gli occhi viola.
«Pronto? Tra cinque minuti chiude.» Unni schiaffeggiò amabilmente la coscia del compagno.
Quei due sarebbero apparsi paradossali in quella macchinina, lei alta due metri e lui grosso come un elefante. Pochi avrebbero creduto alla velocità che erano in grado di raggiungere con quella fiammeggiante Alkojs[2] modificata.
Unni scese dalla vettura e indossò il coprispalle di pelliccia. L’abito rosso la fasciava come una seconda pelle, scoprendole le gambe protette da una calza a rete. Tacchi a spillo, da far girare la testa, completavano l’abbigliamento. Entrò poco prima che il proprietario chiudesse, lui non poté cacciarla, vedendo quei seni prorompenti e quelle gambe lunghe e lisce.
Kalid osservò la scena dalla vettura, strinse con forza il volante pronto a sfrecciare appena Unni fosse tornata con il bottino ma geloso della propria donna. Attese. La vide corre verso di lui; le spalancò lo sportello e mise in moto, lei saltò nella vettura, rincorsa dai proiettili del proprietario infuriato. Uno la raggiunse al braccio. Scaraventò il sacco con il bottino nello spazio dietro i sedili e si controllò.
«Ti ha colpita?» le domandò con una nota di preoccupazione.
«Si» gemette «Aveva un fucile a pallettoni» gemette ancora «Mi verrà un bel livido» baciò l'autista con passione mentre correvano come pazzi sbandando.
«Sembra leggero» commentò, osservando l’involto scaraventato in malo modo.
«Ho preso tante banconote e qualche gioiello. Guarda» disse mentre afferrava il sacco e prendeva qualcosa «Mi sono innamorata di questo» gli pose sotto il naso un bracciale d'argento a forma di farfalla dalle punte posteriori talmente lunghe da fare il giro del polso.
«È stupendo, degno di una principessa, come te!» cercò le labbra della compagna mentre guardava la strada. Non le trovò. «Cos'hai?»
«Dovremmo venderlo al mercato nero, ci frutterebbe un sacco di Pruois[3]
Kalid non rispose, prese il braccio della sua donna e, reggendo il volante con le ginocchia, le mise il bracciale «Sei magnifica» le disse guardandola.
«Prossima destinazione Regno di Alabastro!» gridò Unni sfoggiando il suo nuovo bracciale.
Mentre sfrecciavano come matti sulla strada, davanti a loro trovarono un posto di blocco.
«Merda!» Unni si agitò sul posto «Quanto manca all'alba?»
 
[1] Guerra delle Maki: Guerra del passato che ha segnato la civiltà odierna.
[2] Alkojis: Macchina da corsa a due posti, stretta, corta e bassa.
[3] Pruois: Moneta dello stato di Pratis.
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Capitolo 3
*** Marem Altezza di Qualico ***




Ondimena lè era considerata la città più in voga di tutto il Qualico, forse anche perché era l'unica città per leghe. Ma cosa potevano dire dello stile di vita di un Ondino emancipato nel Marem quei respira aria?
Esatto, un Ondino adulto, con bei capelli castani in piega grazie al Mheel[1], ma quello che più si notava di lui e che attirava gli sguardi di tutti, era il suo tatuaggio: partiva dalla spalla sinistra e scendeva con linee fini e raffinate fin sotto il fianco, proseguendo sotto la sua coda azzurra.
Basma era sempre stato sommerso di domande ad Ondimena lé per quella barbarica forma d'arte dei respira aria, quindi aveva raccontato che era stato in superficie e si era fatto tatuare dalla spalla sinistra fino alla caviglia destra per zittire tutti e farsi una bella reputazione da duro e ribelle. Soltanto che lui non era mai uscito dai confini della città. In realtà ignorava la natura di quel marchio che aveva sul corpo, non sapeva dove finisse sotto le squame della sua coda muscolosa, non si vedeva nulla. D'altronde non aveva genitori a cui chiedere.
                                                      
«No! No! No!» Il direttore stava urlando come una balena in agonia.
«Cosa ho sbagliato Arhimatis?»
«Basma, attore da quattro soldi! Devi entrare in scena dopo che quel delfino menomato ha detto “se ci fosse qualcuno di così importante”.»
«Mi prendo una pausa gente. State consumando tutto l’ossigeno disciolto nell’acqua!» Basma uscì di scena scodando dalla porta di servizio. Lo studio cinematografico Ontadia era come una prigione per Ondini, sempre con quell’attore fallito di Arhimatis che cercava di sfondare con un nuovo film spazzatura da dare in diretta su OndaTV in terza serata.
La città a quell’ora era deserta. Nonostante fossero nella metropoli vera e propria, era come stare in un paesino di provincia. Basma stava nuotando lentamente, senza meta, seguendo le strade sul fondale marino. Osserva la notte assoluta che lo circondava, praticamente, sempre. L’unica cosa che gli permetteva di capire se fosse notte o giorno era quel flebile riflesso in alto nel cielo. Vide il signor Howard che portava a spasso il suo pesce gatto.
«Sempre in piedi?» Gli domandò.
«Basma, questo maledetto ha sempre bisogno di andare a fare i suoi bisogni, mi sveglia ogni tre ore!»
«Caspita! E Derek? Come sta Derek, è una vita che non lo vedo.»
«Si è chiuso in camera dopo la vostra sfuriata, non parla nemmeno con noi» il signor Howard abbassò gli occhi, triste, la sua coda verde sbiadito era coperta da una sottile giacca di lana di Nokka[2]. «Penso che gli manchi.» Disse dopo qualche attimo.
«Non l’ho lasciato io, ancora non capisco perché mi abbia fatto questo.» Basma si strinse le braccia nude, una corrente fredda gli fece drizzare i pochi peli che aveva sulle braccia.
«Anche noi non sappiamo cosa gli sia preso, sembra andasse tutto così bene, tu saresti stato anche il compagno ideale, il cognato perfetto, ti piace tutto quello che piace a noi.» Il signor Howard stava divagando. «Forse…»
«Signor Howard, ci vediamo, è ora che rientri a casa, ci sono correnti gelide questa notte. Si copra!» Basma spinnò[3] via prima che il vecchio Ondino terminasse la frase.
Mentre nuotava deciso verso la sua dimora, in cima alla via principale, vide una luce scappare rapida sopra la sua testa. Colpito da un moto di avventura accelerò la sua corsa, e cominciò a nuotare verso l’alto. Era inusuale per un Ondino nuotare verso la superfice. Un forte pensiero determinato invase la sua mente «Voglio vedere la costa.» Disse, giustificando la sua pazzia al nero del mare.
Contro ogni logica continuò a salire, sentì la pressione farsi sempre più lieve. Man mano che saliva il suo corpo si abituava al cambiamento di pressione e temperatura, sentiva mille sensazioni strane. Poi la vide meglio, mise a fuoco quella luce tremolante. Era una banalissima luce di una barca. Sopra di sé continuava a vedere scuro, ma non il solito scuro. Si rese conto di essere molto vicino alla superficie. Ammaliato dalla vicinanza con il proibito proseguì. A pochi millimetri dal muro d’aria che lo sovrastava si spaventò, ebbe mille ripensamenti. Poi si fece coraggio: con cautela mise un dito fuori dall’acqua, una sensazione stranissima di freddo e spostamento strano; non percepiva l’acqua, non sentiva opposizioni e difficoltà di movimento. Nulla. Prese una boccata d’aria marina e tirò fuori la testa con un tuffo al suo cuore da Ondino Ribelle.
La prima cosa che provò fu il vento sulla nuca bagnata, gli occhi gli bruciavano e si seccavano velocemente per la mancanza della famigliare acqua. Tratteneva il fiato. Nessuno gli aveva mai detto se gli Ondini, potessero respirare l’aria. Sentiva di stare per soffocare. Si immerse nuovamente sotto la superfice.
Le immagini che aveva visto gli brillavano ancora negli occhi: una città, simile ad Ondimena lé, piena di luci con il mare che si infrangeva sulla costa.
Nuotò a pelo d’aria per avvicinarsi a quel frutto proibito.

 
 
[1] Mheel: gel ricavato dalla secrezione dei Pesci Pappagallo.
[2] Nokka: Pesce del fondale che produce secrezioni simili a seta che gli Ondini sono in grado di tessere e usare, è uno dei principali tessuti usati, leggero e caldo e semitrasparente.
[3] Spinnare: nuotare via veloce.

 
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Capitolo 4
*** Quattro per due ***



 
Questo è un posto sicuro, conosco il proprietario da anni» Kalid sistemò l’amata su un letto cigolante.
«Kal, cosa faremo adesso? Dobbiamo vendere la refurtiva» Unni mise una mano sul bracciale a forma di farfalla «Prendi anche questo.»
«No!» Le sorrise «Questo teniamolo» le accarezzò la fronte spostandole i capelli verdi dietro l’orecchio.
«Abbracciami.»
Si sdraiò di fianco a lei: la prese tra le braccia, nonostante la sua altezza da troll Kalid le poggiò la testa sopra la sua nel cuscino, la teneva stretta a sé, un braccio le cingeva la vita appena sotto i seni, l’altro le teneva la pancia con affetto; le gambe a cucchiaio con i piedi incrociati.
Spostò il braccio in avanti per vedere meglio quel bracciale a forma di farfalla, quattro loci vuoti le rendevano lo sguardo. «Cosa pensi che ci fosse in questi alloggiamenti?»
«Dici che ci fossero degli altri elementi, tipo pietre preziose?» Kalid sollevò la testa quel tanto per osservare meglio. «Non ti piace? Possiamo sempre rimediare qualche bella pietra.»
«Non stavo dicendo questo.» si sciolse dall’abbraccio per voltarsi.
 
Prese ancora un respiro ed emerse: era vicinissimo alla costa e distingueva gli edifici, non troppo dissimili da quelli di Ondimena lé; illuminati da luci diverse, certo, più asciutte. Un altro elemento catturò il suo sguardo. Una luce forte dietro la città, qualcosa di terribile a giudicare. Era forse il finimondo? Avendo infranto le leggi adesso il destino voleva farlo fuori? Basma rimase ad osservare l’avanzamento di quella luce mortale, nessun allarme, nessuno in quella città addormentata parve accorgersi dell’imminente arrivo di quel bagliore mortale. Il fiato cominciava a mancargli sempre di più, doveva scendere, fuggire.
«Ehi! Un po’ presto per una nuotata, non trovi?»
Basma esalò l’aria che aveva nei polmoni emettendo un gridolino spaventato, inconsciamente inspirò quell’aria strana, per la prima volta sentì degli odori «Per la Matriarca! Mi hai spaventato!»
«Oh, scusa.»
Basma si rese subito conto di alcune cose: stava respirando l’aria, quella roba fuori dall’acqua. Stava parlando con qualcuno fuori dall’acqua, un respira aria; e che respira aria! Un ragazzo dall’aspetto bellissimo, capelli lunghi fino alle spalle color oro come i suoi occhi, denti bianchissimi in un sorriso avvenente, il torso nudo che metteva in mostra un corpo definito e muscoloso.
«Tutto a posto? Non ho visto da dove ti sei tuffato.» Quello spettacolo di respira aria gli stava ancora parlando.
«Tuffato?» Riuscì a dire, poi si ricordò della luce dell’apocalisse «Ma…» non finì la frase, preso dallo sconforto per la morte imminente. Per lo meno con un bel ragazzo a fianco.
«Cosa?» Quello si voltò «Sta sorgendo il Sole, bella l’alba, anche a me piace.»
«Non stiamo per morire?» Vuotò il sacco, preso da un moto di terrore.
Rise sommessamente, una risata cristallina «No, ma cosa dici?» Poi sembrò notare la sua coda «Non sei di queste parti vero?»
 
Kalid le lisciava i capelli facendole il solletico con le sue dita tozze, i suoi occhi viola bordati di scuro parvero illuminarsi. Lui si compiacque della sua reazione e le sfiorò le labbra con un bacio casto.
«Tutto qui?» Lo guardò con aria critica «Abbiamo una stanza tranquilla dopo mesi e non pensi che a darmi un bacetto?»
Per tutta risposta le diede uno strattone avvicinandola al suo corpo solido. I suoi seni si schiacciarono contro il suo petto duro, un sospiro di eccitazione le usci dalle labbra. Con movimenti lenti cominciò a corteggiarla, a stuzzicarla. Seguiva la linea dei suoi fianchi, le strusciava delicatamente le dita sulle braccia facendole venire i brividi. Le sussurrava parole dolci e provocanti allo stesso tempo.
Ormai al limite Unni fermò il suo braccio del piacere e gli montò sopra, con gesti decisi gli bloccò le braccia sopra la testa e lo baciò passionale. Gli fece l’occhiolino e si tolse la maglia attillata mostrando la lingerie di pizzo nero, i seni a stento trattenuti dal tessuto. Fecero l’amore su un letto vero dopo un sacco di tempo di baci clandestini.
 
«Quindi da dove vieni straniero?» Il ragazzo distese le gambe nude.
Basma si eccitò nel vedere il suo corpo da respira aria: senza coda.
«Mi chiamo Basma»
«Gord» rispose «da dove vieni Basma?» Insisté sorridendo.
Basma stava per rispondere quando la linea dell’alba li raggiunse, li investì e superò. In quei pochi battiti di cuore il tatuaggio di Basma brillò più del sole, stordendolo.
Gord fu rapido: si tuffò in acqua e sostenne il ragazzo.
«Sto bene…» rispose frastornato.
Gord vide chiaramente la sua coda squamosa azzurra «Non c’è il rischio che affoghi, quindi» ammiccò.
«Non credo» Basma rispose al sorriso del ragazzo e arrossì, sentì le sue braccia forti e dure sostenerlo.
L’altro parve accorgersene e lo lasciò libero. Fece qualche bracciata e s’issò sullo scoglio, tutti i suoi muscoli andarono in tensione mostrando un corpo scultoreo.
«Vieni» Gord gli tese le mani.
Basma non se lo fece ripetere, pur di toccare ancora quel corpo caldo e duro, era disposto a uscire dal suo elemento. Si diede una spinta di coda e gli saltò addosso. L’altro lo prese e lo sostenne senza sforzo. Con cautela lo dispose sulla roccia.
«Bello questo tatuaggio.» Gord passò l’indice lungo le linee azzurre.
«Eh, si. Me lo dicono in molti. Da dove vengo io non usano molto. Io vengo da Ondimena Lé. Si trova in quella direzione» rispose indicando davanti a sé.
Gord si distese all’indietro reggendosi alle braccia, mise in mostra tutto il suo corpo.
Passarono i minuti e la temperatura già calda si fece ardente, Basma notò come la sua pelle si facesse sempre più secca e coriacea, ma non gli importava più di tanto, voleva stare con quel respira aria sentire le sue storie.
«La tua coda ha qualcosa che non va» gli fece notare.
Basma si guardò, la sua coda stava diventando rosea, si tracciavano muscoli e ossa che prima non c’erano, le squame stavano scomparendo lasciando il posto a pelle liscia. Dopo pochi minuti al posto della sua coda si erano formate due gambe lisce e toniche; per la prima volta vide il proseguirsi del suo tatuaggio: arrivava fino alla caviglia destra, non si era sbagliato. Poi si accorse che niente copriva il suo sesso e Gord gli prestò i suoi primi boxer. Lo guardò ancora in faccia «Potrà sembrare strano, ma hai i capelli rosa.»
 
 
 

 
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Capitolo 5
*** Tracce e Spionaggio ***





 
Aveva seguito l’odore mefitico e le tracce di polvere di stelle lasciate dall’incessante fuga di quel mostro. Era riuscita a intercettarlo due volte da quando avevano lasciato la sicurezza di Ankioha, ma durante gli scontri era riuscito a illudere i suoi poteri da Jinn Marid. Davanti a lei il confine del Regno d Alabastro. Erano almeno sei secoli che non arrivava così vicina al Marem. Sospirò. Prese il suo smartphone, le 12:25. Spense il display e si osservò nel riflesso: la sua maglia era sporca e il reggiseno spuntava, blu cobalto, da più strappi. I jeans non erano messi meglio, infangati fin alle ginocchia. Le sue Oterha[1] firmate erano diventate stracci.
«Non sono mai stata ridotta così male...» commentò al suo misero riflesso.
Proseguì nella foresta finché il suo smartphone non diede segni di vita, finalmente aveva linea. Aprì YottaMap[2] e attivò il GPS. Attese che caricasse la posizione. Era praticamente lontana chilometri da qualunque cosa. Vide una locanda lungo una strada a pochi chilometri, aprì il Link a Detner[3]. Lesse le recensioni:
-due stelle, da evitare, locali sudici;
-una stella poco accogliente;
-una stella cibo nauseante.
«Che bello, sto per andare in un porcile.»
Si diresse alla locanda, doveva cambiarsi e trovare un passaggio alla svelta.
Quando arrivò vide subito che le recensioni erano veritiere, il locale era squallido, orrenda carta da parati screpolata osservava i tre clienti abituali, ubriachi, con occhi marcescenti.
«Il bagno?»
«Da quella parte» il cameriere la guardò con occhi sgranati; forse, perché l’acne che gli tempestava il volto gli impediva una normale vita sociale o, forse per il reggiseno in piena vista. Andò in bagno, si rese conto di doversi cambiare sicuramente. Quando uscì dal bagno indossava una camicia di flanella a quadri marrone e verde scuro, dei pantaloni con la fantasia militare del Regno di Alabastro, marroni con spirali verdi di diverse sfumature e scarponi da boscaiolo. Si legò i capelli fluenti e pagò il conto con la sua carta di credito. Vide uno di quegli ubriaconi, sul tavolo aveva le chiavi di una macchina «Ti dispiace se le prendo?»
«Si, sono le mie chiavi!» biascicò.
Alia prese le chiavi e uscì seguita dalle grida dell’uomo ubriaco. Una volta nel cortile premé il pulsante di apertura, le luci di una Kovarak[4] lampeggiarono. Con sgomento montò su quel catorcio e partì alla ricerca di quel maledetto mostro.
 
«Buongiorno.»
«Già mattina? Non riesco ad abituarmi ancora a questi orari strani. L’aria è sempre pesante, il corpo è pesante…»
«Quante parole!» Gord si alzò dal suo letto e aprì la tenda «A giudicare dalla luce è giorno già da un po’» guardò ancora quel ragazzo particolare, i capelli rosa appiattiti dalla parte dove aveva dormito e la barba che gli cresceva da due giorni era ancora più shocking.
«Dalle mie parti la luce non è così forte, è accecante!» Basma si coprì gli occhi castani.
«Oggi ho in mente qualcosa di divertente» annunciò mentre si metteva i pantaloni.
Basma, da dietro la mano, non si perse un movimento: Gord era in piedi, in slip attillati, davanti alla finestra, la luce illuminava quel corpo sexy mettendo in evidenza ogni singolo pelo. Osservò come alzava una gamba per mettere il piede nel pantalone, poi l’altra. Infine come aderivano perfettamente alle sue cosce, come strusciasse sulla curva del sedere andando a fasciarlo perfettamente. Poi il bottone che evidenziava la sua vita. Infine la cerniera tirata su con maliziosa calma, andando a evidenziare il rigonfiamento dei suoi genitali.
«Non ti vesti tu?»
Basma arrossì violentemente. «Arrivo subito, scendo tra un attimo.»
Lentamente si alzò anche lui, non si era abituato ad avere le gambe, ad essere un maschio come quei respira aria, c’erano cose diverse. Una tra tante i genitali, non più coperti, ma perennemente esposti. Prese quegli abiti che Gord gli aveva insegnato ad usare e scese.
«Bene!» lo accolse «Oggi farai il palo! Dovrai avvertirmi se arriva qualcuno mentre prendo una cosa da un posto.»
«Vuoi rubare?» Basma lo guardò stranito «Pensi che siccome vengo dal mare non so cosa voglia dire “Fare il palo”? Vengo da Ondimena Lé non dalle montagne!»
«Cos’hai contro le montagne?»
Basma non lo guardò, arrossì e si sedette su uno sgabello.
«Guardami» gli prese il mento con due dita e lo costrinse a guardarlo negli occhi. Ogni volta che lo toccava sentiva come un fuoco, non poteva resistere e andava a finire che faceva qualsiasi cosa gli chiedesse. «Sono a corto di grana, quindi devo prelevare qualche Pruois, giusto per andare avanti qualche mese.»
Gli mise l’altra mano sulla spalla. Basma sentì ancora quella sensazione al basso ventre, la sentiva ogni volta che Gord gli stava troppo vicino.
 
La Kovarak stava facendo un suono strano ormai da trenta chilometri. Il cofano aveva iniziato a fumare, Alia rimediava al surriscaldamento di quella scatoletta con il suo ghiaccio ma quel palliativo sembrava non funzionare più. Guardò la mappa sullo smartphone: mancavano pochi chilometri alla città portuale di Bandara. Decise che sarebbe andata là, sentiva che da quelle parti avrebbe trovato degli indizi utili, o per lo meno una macchina decente. Dopo tre chilometri la Kovarak tirò le cuoia. La donna, a piedi, inveì contro il destino lungo la strada asfaltata. Armata di pazienza e di un look da cacciatrice di fiere si diresse verso la città, osservando di tanto in tanto la mappa. Appena mise piede a Bandara capì di essere arrivata al nel posto giusto. Nascosta nel fango c’era della polvere di luce, un’orma quasi sbiadita del mostro che aveva ucciso suo fratello. Rinvigorita dal prossimo incontro con quella bestia si fece largo nella città. Seguiva le tracce di energia Jinna che quel maledetto si lasciava dietro. Ad un certo punto arrivò al molo, davanti a lei il Marem. Era davvero tanto tempo che non lo vedeva. Si voltò e vide qualcosa che mai si sarebbe aspettata: un Ondino, fuori dall’acqua, impalato all’angolo di una banca. Si avvicinò.
«Tu cosa ci fai qui?» Gli domandò.
«Cosa?» Fu preso dal panico «Cosa vuole? Se ne vada per la sua strada!» Quasi gridava.
«Come ti permetti? Il tuo posto è il mare! Ho vietato tanto tempo fa a voi Ondini di uscire dalle città.»
«Chi sei tu?» Un morso alla bocca dello stomaco lo fece gridare «Gord sacappa!»
Gli occhi di Alia si illuminarono di azzurro, Basma gridò ancora. Un secondo ragazzo si fece avanti. Era alto quanto lei, avvenente e prestante, ma pur sempre umano.
«Vuoi difendere questa creatura del mare?»
«Lascaci in pace!»
Alia stava per zittire il nuovo venuto quando sentì quell’odore putrido nell’aria.
 
[1] Othera: Scarpe di tela molto basse, con la suola piatta.
[2] YottaMap: Programma per smartphon contenente la mappa di Etrurion.
[3] Detner: Programma pubblicitario per aziende.
[4] Kovarak: Macchina economica di 20 anni prima della vicenda.
 
 
 

 
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Capitolo 6
*** Jinna ***




 
Aveva fatto pianissimo ma era impossibile non sentirla. Kalid si voltò su un fianco per osservarla: indossava solo le mutandine di pizzo nero, era seduta su uno sgabello che si metteva le calse, con gesti sapienti le distese sul piede e le tirò fino a metà coscia, passò all’altra gamba. Alzò lo sguardo e notò che la fissava. Gli sorrise ammiccante e si mise il reggiseno. Kalid le fece una faccia triste colpendo il letto con la mano chiedendole di tornare da lui.
«Sono passati due giorni, inizia ad essere tardi per vendere la roba. Lo sai anche te.»
Kalid rimase imbronciato, ma convenne con lei che era ora di abbandonare la cantina del “Lupo di Mare” e procedere fino al molo per vendere al mercato nero le cose rubate.
Unni proseguì: indossò la sua maglia scollata che lasciava intravedere un po’ di pizzo del reggiseno, a piedi nudi arrivò al letto, scostò le coperte con forza scoprendo il corpo nudo dell’altro. Lui la guardò perplesso.
«Mi hai guardata mentre mi vestivo, adesso è il mio turno» gli sorrise con malizia, pizzicandogli l’avambraccio.
Kalid si mise a sedere, mostrando la forza dei suoi muscoli, la baciò intensamente, ma lei non cedette, continuando a guardarlo.
Indossò ogni indumento, dallo slip di cotone alla felpa con cappuccio con estrema lentezza e sensualità.
Già protetta dalla luce del sole Unni salì le scale della cantina.
«Salve oste!» salutò l’amico.
«Kalid, pensavo vi foste trasformati in prosciutti a star la sotto.»
«Ivaan, non essere ridicolo» gli sorrise bonario.
Mentre parlavano entrarono due persone dentro la locanda. Kalid si voltò subito di scatto, i muscoli irrigiditi allo spasmo. I due si bloccarono sulla porta, le risate morte sul loro volto.
Il ragazzo, alto, bello, dalla carnagione chiara e i capelli dorati, la ragazza mora dalla pelle pallida e le guance rosee, entrambi vestiti come cittadini del Regno di Alabastro.
«Kal, tutto a posto?»
«Jinna» sussurrò, osservando i due che erano entrati che con indifferenza si sederono ad un tavolo, lontani dal bancone e da Kalid. Non ridevano più, parlottavano sommessamente.
I due si congedarono e uscirono. Kalid prese il suo telefono antiquato per chiamare il contatto del mercato nero.
«Aspettate» dalla locanda erano usciti i due Jinna.
Kalid si mise davanti ad Unni con fare protettivo.
«Non temere Jinn Dao, non siamo ostili» intervenne la donna «Mi chiamo Feji, sono una Amir, lui è…» cominciò i convenevoli ma l’altro la interruppe.
«Io sono Ikrimah» nella sua mano destra spuntarono artigli neri «la tua donna ha un bracciale interessante» una fiamma si accese breve nell’aria per poi estinguersi, con essa anche le unghie tornarono normali.
«Salve!» Unni sgusciò dalla presa di Kalid «Mi chiamo Unni» diede la mano alla donna «Vi interessa il mio bracciale?»
«A parte il fatto che lo avete rubato tre giorni fa in quella città nuova ad Arancionia?» Ikrimah fu tagliente «Nulla di che, volevo avvertirvi che quel coso attira Jinna come una calamita» e indicò loro due come ad avvalorare la sua tesi.
Unni perse il sorriso un attimo «Grazie per l’informazione, fate un buon proseguo della giornata.»
«Non è sicuro per voi vendere le cose rubate qui a Bandara» intervenne Feji.
«Come sarebbe?» Unni parve sorpresa.
«Avete sentito dell’assassino di Jinna?» Domandò Ikrimah rivolto a Kalid.
«Si ho sentito che sono stati uccisi un Ghul e un Silat.»
«Non mi avevi detto nulla!» Protestò Unni.
«Guardati le spalle Dao, non sia mai che tu sia il prossimo.» Ikrimah sorrise malizioso.
I due andarono per la loro strada.
«Maledetti Ifrit, non mi sono mai piaciuti» commentò Kalid appena furono abbastanza lontani.
 
Mentre abbandonavano il molo per la città, un’ombra seduta su una sedia davanti alla spiaggia li attendeva. Ikrimah lo percepì subito.
«Coraggioso da parte tua presentarti qui, adesso» disse.
«Caro vecchio amico, quanto tempo è passato dall’ultima volta che abbiamo parlato, un secolo? Ho trovato un nuovo diletto. Adesso non colleziono più oggetti rubati, quella è storia vecchia. Adesso colleziono il potere.»
«Cosa vuoi da noi, aberrazione?» Ikrimah si stava scaldando.
«Voglio lei» l’uomo incappucciato alzò la testa, mostrò i suoi occhi, un tempo marroni ora rossi, corrotti dal potere Jinni di cui si era appropriato.
«Passerai sul mio cadavere. Bastardo, mi devi ancora una vita.» Ikrimah era furioso. Fece un passo e si trasformò nella sua forma di Jinna. Fini orecchie a punta si allungarono sulla sua testa, capelli neri come l’ebano gli arrivarono al fondoschiena, occhi da felino si impadronirono del suo volto, la sua pelle divenne rossa come il magma incandescente, neri artigli affilati si aprirono la strada nelle sue mani e nei suoi piedi.
«Finalmente è giunta la resa dei conti!» Gli gridò con la sua voce da Ifrit.
Attratti dal trambusto, apparvero anche Kalid e Unni.
«Cosa sta succedendo?» Kalid si fece avanti.
«Non ti riguarda Dao, vattene, è uno scontro tra quest’abominio e me.»
«Dao, questo è l’assassino di cui ti parlavamo, è qui per ucciderci tutti, se ci uniremo forse riusciremo a sconfiggerlo.» Feji parlò con tono fermo.
Inaspettatamente la donna mora dalla pelle candida fece un passo avanti, una luce rosa pallido le illuminò gli occhi, fece Tahul, la sua pelle divenne nera e lucida, i capelli banchi e gli occhi di morganite divennero rossi come la pelle dell’Ifrit.
«Unni mettiti a riparo, devo aiutarli» Kalid baciò la sua donna i suoi occhi brillarono, la sua pelle si trasformò in roccia e cominciò a brillare di una luce opaca dello stesso colore bruno. Tutti i Jinna brillavano debolmente accerchiando l’assassino.
«Morirai!» Gridò Ikrimah che lanciò una fiammata all’uomo.
Quello non si mosse di un millimetro lasciandosi investire dal fuoco. Ikrimah smise quasi subito risentendo di danni da ustione su tutto il corpo.
Feji gli fu di fianco. «Abbandonalo.» Gli sussurrò all’orecchio, la voce ancora più delicata e gentile.
«Mai!» Ringhiò rigenerandosi.
Lo scontro ebbe inizio, i tre Jinna lo attaccavano e il loro assalitore si limitava a scansarsi. Poi fece la sua contromossa, brillò forte come una supernova accecando i Jinna. Con uno scatto fu dietro a Feji. L’afferrò per il collo e scomparve.
«Feji!» L’urlo di Ikrimah fu terribile, quanto la fiammata che quasi polverizzò il palazzo vicino.
«Dao! Ti prego, aiutami a trovarla!»
Kalid sbuffò e guardò Unni, quella fece un cenno di consenso «Va bene» rispose con la sua voce rude. Si concentrò ed espresse il suo desiderio giornaliero. Sapeva dove fosse la donna.
Si misero a correre a rotta di collo, seguivano il Dao come se fosse un miracolo. Attraversarono vie strette e parchi, illuminando ogni cosa della loro luce sovrannaturale, fino ad arrivare ad un anfiteatro dalla parte opposta della città.
Entrarono, gli mancava il fiato.
«Feji!» Urlò ancora.
Era là, ferma. L’uomo le stava dietro, il braccio destro stretto attorno alla sua gola. Ikrimah si gettò come un razzo dalla sua donna ma si scontrò contro un muro invisibile.
«Maledetto stregone! Lasciala stare! Non anche lei!»
Il volto marcio dell’uomo ebbe come un sorriso, non si mosse attese. Un secondo lampo illuminò la strada dietro di loro. L’assassino era dietro a Kalid. «Prima di ogni cosa un corpo forte» commentò.  Ikrimah ignorò il Dao e si precipitò dalla donna. Unni estrasse la sua arma e sparò in pieno petto a quell’uomo. Ikrimah cadde, mancando la presa della donna che rovinò al suolo.


 
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Capitolo 7
*** Deve Morire! ***




 
Alia stava cercando di sventare i piani di dell’Ondino e del suo compare quando sentì quell’odore di putrido e morte. Percepì anche una forza dirompente, un’energia notevole persino per un Jinn di altro rango. Mollò di punto in bianco quei due e si diresse rapida come un fulmine laddove sapeva di trovare quel maledetto assassino. Giunse in un anfiteatro, la scena che le si parò davanti le fece ribollire il sangue. Quel maledetto assassino aveva messo alle corde ben tre Jinn in un colpo solo.
Unni continuava a sparare allo stregone con la sua Magma 35[1] e la Dubott[2].
Con Alia vennero anche Basma, richiamato dal potere dalla Marid, e Gord, dietro al suo amico. I due rimasero nascosti.
«Bene, bene, bene!» La sua voce, resa viscida dalla corruzione del suo corpo, arrivava da ogni dove «Sono contento dell’accoglienza che mi state dedicando» l’assassino apparve nuovamente a venti metri sopra l’anfiteatro. Rimaneva in aria grazie alla potenza degli spiriti Jinna che aveva assorbito. Lentamente atterrò; si era appena fatto circondare dalle uniche persone nel regno che potevano ucciderlo «sono vivamente soddisfatto, adesso potrò concludere la mia opera» disse mostrando il suo corpo.
Sollevò la manica destra, l’odore di morte e corruzione dilagò nell’aria, il suo braccio era nero ed emanava un tetro bagliore di luce scura, più scura della notte. Lo spirito del Jinn più incompreso un Ghul. Con un movimento rapido recise la gamba dei jeans all’altezza del ginocchio. Brillava della luce più pura del mondo ottenuta dal fratello di Alia; la donna ebbe un fremito d’ira e il suo potere si fece più intenso «come potete vedere non mi mancano molti elementi per poter diventare il signore supremo di questo mondo. Il potere di voi spiriti demoniaci.» Fece una pausa osservando tutti i Jinna «Le leggende narrano di creature scaltre e vendicative, ma erano sbagliate, siete solo dei bambini vecchi con istinti omicidi. Adesso che ho scoperto come impadronirvi dei vostri spiriti puri e di usarli a mio piacimento potrò finalmente rivendicare il mio dominio su Pratis!» L’uomo lanciava occhiate ai quattro Jinna, li guardava come se fossero dolci ambiti «Vi svelerò un segreto, non resisto!» Era tutto emozionato, quasi saltellava dalla gioia di raccontare «Dao, sai cosa andrà a costituire il tuo spirito in me?» Lo guardò aspettandosi una risposta. La donna alle sue spalle gli posò una mano in maniera protettiva «Beh, il tuo spirito rinforzerà il mio di corpo, il mio tronco per la precisione!» Si voltò verso la donna «Marid, conosco il vostro scarso senso dell’umorismo, tu andrai a potenziare la mia mente, renderai anche me freddo e calcolatore come te!» Rideva con gusto, poi voltandosi verso la seconda donna priva di sensi «Amir, cara e dolce Amir, tu farai compagnia a Ghul, nel mio braccio sinistro!» le disse nonostante quella non fosse cosciente, poi rivolto all’ultimo Jinn «Caro Ikrimah, secondo i calcoli che ho fatto e gli studi che ho condotto il tuo caro fuoco andrà nella mia gamba destra. Spero tu ne sia contento!» Fece una pausa per riflettere «Tranquillo vecchio mio, prima di te ci sono altri due giovani sovrani che perderanno il loro trono. Tu sarai l’ultimo!» Concluse guardandolo fisso.
«Sta zitto, è ora che tu paghi per il male che hai fatto!» Alia urlò con ardore e si gettò con tutti i suoi poteri contro l’assassino. Quello deviò i suoi attacchi con il braccio di Ghul, facendo piovere acqua putrida e verdastra.
Si prepararono alla battaglia.
«Deve morire!» Alia urlò quelle parole come grido di battaglia.
Lo scontro ebbe inizio, Alia attaccava incessantemente l’assassino di suo fratello, lo voleva morto. Kalid osservava come l’uomo ondeggiasse a pochi centimetri da terra e come respingesse con i suoi arti gli attacchi della donna, con la destra una poltiglia mefitica e scura mentre con la gamba polvere luminosa e acquosa. Ikrimah si unì alla donna, attaccava, lo colpiva e poi si accasciava. Alia era troppo presa dal combattimento per rendersene conto ma Kalid, osservatore e calcolatore anche lui, se ne accorse e capì, capì dalle parole dell’uomo, dalla fatica dell’Ifrit. I due erano legati, qualcosa li univa tanto da trasmettere i danni dall’uomo al demone e la rigenerazione dal Jinn al’assassino.
Kalid apparve di fianco ad Alia «fermati, osserva» le sussurrò all’orecchio.
Alia interruppe i getti d’acqua e si mise a guardare come il fuoco colpisse l’uomo senza che lui nemmeno ci provasse a difendersi. Ad ogni fiammata andata a segno Ikrimah si piegava su un ginocchio ustionato.
«Cos’hai Marid? Silat è stato vendicato per te?» le domandò l’assassino.
«Bastardo!» Ringhiò.
Alia usò Basma controllando il suo corpo. Gli fece prendere l’arma che teneva nella fondina sulla schiena, un Jelovra[3].
Contro la sua natura pacifica l’Ondino puntò l’arma contro l’uomo.
«Basma? Cosa fai?» Gord gli fu di fianco, cercando di spingere la pistola verso il basso.
«Gord…» Basma non riusciva neppure a parlare tanto che era forte il controllo della donna sul suo corpo «aiutami.»
«Smettila!» Gord colpì la donna con un pungo sul volto, quella non si mosse di un millimetro, sentì la sua mano gelare. Alia si voltò a guardare l’umano. Con un gesto della mano un’ondata di nebbia gelida lo scaraventò verso Jinn Dao.
Lacrime calde corsero sul volto di Basma. Sparò una raffica di colpi contro l’uomo.
Quelli andarono a segno e trapassarono il suo corpo da parte a parte, non una goccia di sangue scaturì dalle ferite. Il corpo di Ikrimah sanguinò brevemente prima di rigenerarsi.
Ikrimah gridò e continuò a bruciare il suo nemico. «Edimathis!» Lo chiamò «Combatti contro di me!» Ikrimah gli saltò contro; nel frattempo Alia approfittò della distrazione del nemico per attaccarlo con un getto di acqua gelida ma, con una mossa rapida, si spostò e l’Ifrit finì nel torrente di acqua e ghiaccio della donna.
«Bene, bene.» Edimathis si strusciò le mani con fare mercanteggiante «Dao, tu sei il mio primo obbiettivo!»
«Lurido, non lo toccherai!» Unni si fece davanti a lui e sparò, urlando.
Edimathis rideva della foga della donna, schioccò le dita e la Troll finì contro la parete della casa più vicina grondante di sangue.
Altri proiettili gli arrivarono da sinistra, Edimathis si voltò a guardare quello stupido Ondino sotto il controllo della sua regina stava ancora sparando. Finì il caricatore. Riservò a lui lo stesso schiocco di dita.
«No!» Si udì il grido di Gord sopra il caos dalla battaglia.
Edimathis notò quell’umano in mezzo allo scontro, correva dal pesce fuor d’acqua, e capì che poteva essere un problema. Cominciò una lenta discesa verso quella vittima innocente.
 
«Unni?» Kalid teneva tra le braccia la sua donna. Non rispondeva, priva di coscienza. Un antico furore si fece largo nella sua mente. Depose la donna e cominciò ad attaccare Edimathis con le pietre che li circondavano. Il colpo andò a segno. Edimathis cadde sotto il peso del macigno.
 
Ikrimah cadde nuovamente, la sua gamba destra era spezzata di netto. Urlò per il dolore e la posizionò in maniera che potesse rigenerarsi.
 
Alia si avvicinò pronta a uccidere quello che rimaneva dell’assassino di suo fratello.
Edimahtis fece esplodere la pietra e uscì volando a dieci metri da terra, guardò tutti in faccia.
«Mi state facendo arrabbiare!» Gridò rabbioso.
Passò il suo sguardo a Ikrimah ancora a terra per la gamba che tardava a rigenerare, osservò la sua, un pezzo di pietra lungo e affilato era rimasto inserito e separava le ossa. Con un gesto delle mani lo fece uscire e lo spedì contro la donna.
Alia lo afferrò al volo e con una mossa rapida lo gettò contro Ikrimah, andando a perforargli il petto.
«Non funziona così» Edimathis rise di gusto, Ikrimah si contorceva dal dolore.
L’Ifrit afferrò la mano della Marid e la bruciò con tutta l’ira che aveva in corpo. Alia non urlò, non sentiva dolore, la sua pelle di ghiaccio era immune alle fiamme degli Ifrit, osservò la disperazione negli occhi di Ikrimah. Con una mossa inaspettata gli prese la testa e la colpì con il suo ghiaccio. Ikrimah cadde a terra, la sua pelle tornò rosa i suoi capelli divennero d’oro. Perse i sensi.
«Adesso come puoi rigenerarti se la tua batteria è a terra?»
Kalid non attese oltre e attaccò ancora Edimathis. Si difendeva con i poteri dei Jinni che aveva catturato e assorbito.
 
Ikrimah si teneva la testa. Osservava le sue mani, rosa da umano. Non riusciva a stare in piedi. Sentiva la sua testa pesante e dolorante, un dolore ignoto, fisico e persistente. Tirò pugni forti contro la pavimentazione della piazza. Urlò di dolore. Alzò la testa vide lo stregone, l’assassino, quell’abominio. Cercò di tornare nella sua forma di Ifrit. Non ci riuscì, qualcosa gli impediva di tornare nel suo aspetto normale.
Un rumore alla sua sinistra, lontano dalla battaglia. Un ragazzo di spalle teneva la testa di un altro, i capelli del corpo esanime erano rosa, quelli del ragazzo di spalle oro, lunghi e sporchi. I due si guardavano e parlavano sommessamente.
 
«Gord…»
«Starai bene Basma, non preoccuparti» lo teneva in braccio, sostentava la sua testa e osservava i tagli profondi che aveva sul volto.
Si osservavano trepidanti, doloranti. Lo scontro alle loro spalle imperversava senza sosta, sentivano boati e vedevano flash.
«Gord…» ripeté ancora Basma sfinito.
Strinse a sé il corpo dell’Ondino, l’altro rispose facendogli sentire che era ancora in forze e che si stava riprendendo, seppur lentamente.
Si baciarono passionalmente.
Basma aprì gli occhi «Attento… alle tue spalle» avvertì sotto shock.
Gord si voltò.
Lo vide negli occhi.
 
Ikrimah rimase impietrito.
Occhi d’oro si rifletterono in uno specchio inesistente. I loro corpi simili: alti uguali, muscolosi tonici e affascinanti, nonostante fossero ricoperti di graffi ed escoriazioni. L’unica differenza erano i loro capelli: Ikrimah li portava corti e Gord lunghi fin alle spalle. Tutti i suoni parvero abbandonare il mondo, esistevano soltanto loro due, l’uno l’ombra dell’altro, gemelli separati da anni di differenza. Impietriti, immobili, incapaci di pensare ed agire.
 
Edimathis sentì l’aria farsi più carica, cercò Ikrimah, la sua fonte di salvezza. Lo vide: a quattro zampe, nella sua forma umana a fissare l’altro umano. Immobili. Alzò lo sguardo al cielo: nubi scure si stavano addensando. Elettricità statica aumentava, doveva agire in fretta o avrebbe potuto perdere l’Ifrit per sempre. Chiuse gli occhi, si spostò con la potenza del Silat verso Alia, le diede un calcio con la potenza di suo fratello facendole perdere l’equilibrio. Jinn Dao, troppo lento per seguire i movimenti di Edimathis arrivò tardi. Edimahtis fu di fianco a Gord, allungò il suo braccio destro.
 
Gord ed Ikrimah si erano alzati, avevano appena osservato il cielo. Una connessione onirica con il mondo si fece largo nelle loro menti e seppero cosa stava per accadere, seppero perché stava accadendo a loro, seppero finalmente, chi fossero. Gemelli del tempo, fratelli di vita e sofferenze, separati da una barriera quale l’immortalità, uniti dal fato. Uniti dalla morte di uno di loro.
 
Edimathis toccò la testa di Gord e usò il potere di Jinn Ghul per portarlo nel labirinto della morte.
 
 
[1] Magma 35: semiautomatica.
[2] Dubott: semiautomatica a Canna lunga.
[3] Jelovra: Fucile automatico a canne rigate.

 
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Capitolo 8
*** Braccia e Gambe ***


 


 
Gord cadde a terra battendo prima sulle ginocchia, poi stramazzando al suolo. Basma gli fu di fianco. Urlava e piangeva, i suoi capelli rosa erano scompigliati e impastati di sangue e sudore per lo scontro mostruoso. Edimathis si portò nuovamente fuori portata di attacchi e si mise ad osservare la scena sornione, gratificandosi che il suo Ifrit fosse sempre in ottimo stato di salute. Ancora non era rigenerato dal colpo della donna ma presto sarebbe tornato al massimo della sua forza.
 
Alia si spostò a scudo di Basma e del cadavere del suo amante, obbligata dalla forza del dovere verso le creature del mare. Osservò Edimathis: stava calcolando qualcosa nella sua mente malata.
 
Ikrimah, immobile a fissare il corpo privo di vita di quel ragazzo identico a lui, il suo gemello disperso nel tempo. Dall’esperienza dell’incontro con l’intimo passato del mondo una parola gli venne in mente, seppe finalmente cosa era quella creatura umana che era l’immagine del sé umano.
«Doppleganger» sussurrò «Gemello del tempo». Non muoveva alcun muscolo, non respirava non batteva le palpebre. Era perso. Passato, presente e futuro si univano in una sola immagine: gli occhi senza vita del ragazzo che ancora lo fissavano, spenti della loro luce vitale.
 
«Bene, una minaccia è stata risolta» Edimathis parlò soavemente, sorridendo ad ogni parola, compiaciuto del suo escamotage per impedire al fato di uccidere la sua garanzia di vita.
Basma guardò con odio sincero l’uomo, Edimathis gli rispose con un sorriso, facendogli l’occhiolino, come se non fosse successo nulla di grave «Adesso, se permettete, devo andare a recuperare la mia garanzia per un corpo forte e indistruttibile. Jinn Dao è prima di te, Marid. Non potrei mai uccidere a sangue freddo un altro Jinn con la consapevolezza di non seguire il rituale» Eidmathis rise voltandosi verso Kalid.
«Bastardo! Lurido abominio» gli urlò contro la donna.
Si voltò verso Basma, stava piangendo come una fontana, il suo corpo stava perdendo le fattezze umane, cedendo alla sua natura da creatura del mare, stava tornando un Ondino, la sua pelle si stava facendo sempre più morbida e vellutata, i capelli stavano prendendo una nota di marrone. Era inutilizzabile in quel momento. Alia lasciò la creatura del mare a piangere disperatamente il suo amore di una notte.
Con pochi passi fu davanti a Ikrimah, non la vide: era in ginocchio, la schiena dritta, lo sguardo fisso negli occhi del morto. Lo scosse per le spalle. «Ifrit, ho bisogno di un aiuto, non posso sconfiggerlo da sola!»
Non ebbe risposta, era perso, i suoi occhi cercavano una fuga da un labirinto ignoto, privo di entrate. Privo di uscite. Schiaffeggiò l’uomo, l’urto non lo svegliò.
Sbuffò «farò da sola.»
Si voltò e vide come Edimathis attaccava con poteri da Stregone il Dao mettendolo in difficoltà. Il suo obbiettivo non era salvare il Dao, era distruggere quell’assassino, vendicare suo fratello. Non voleva altro, quella era la sua missione. Quello doveva portare a termine. Quello era il suo scopo di vita.
«Dao!» Edimathis si fermò dal suo assalto insistente «Mi sono sempre domandato come uno dei primi Jinni facesse a sopportare il cambiamento in questo piccolo mondo.»
«Cosa le hai fatto!»
«Trauma cranico? Lesioni interne gravi? Cedimento degli organi principali? Emorragie interne?» Edimathis incrociò le gambe mettendo a nudo la luce di Jinn Silat. «Difficile capirlo, l’incantesimo che ho usato uccide nove volte su dieci. L’Ondino non è morto. Rincuorati, non dovrà vederti morire.» Sorrise a trentadue denti.
Kalid fu preso dalla disperazione «Se io morirò oggi, tu morirai con me!» Kalid si fermò, rigido, divenne di pietra. Era pronto per esprimere il suo desiderio di morte.
 
Un getto d’acqua colpì l’assassino facendolo volare contro la parete di un edificio, spostando lo scontro fuori dall’anfiteatro. «Voglio vederti morto!» congelò il suo corpo e gli spaccò un braccio.
Edimathis rise «Ancora non hai capito? Per essere una Marid sei al quanto stupida. La nota arguzia della tua specie si è conclusa con la tua nascita? Quasi mi vergogno di cedere la mia mente a te per essere il signore supremo di voi creature. Siete schiavi!» Edimathis si liberò del ghiaccio facendolo colare sotto forma di acqua putrida «Lo siete stati e lo sarete per sempre. Chi vi ha evocati non è stato abbastanza forte da darvi un giogo, e quindi ci penserò io a darvi uno scopo!» Rideva sguaiato.
Alia guardava il Dao immobile, sapeva cosa voleva fare, sperava solo che stesse esprimendo il desiderio giusto.
Lentamene Unni si alzò a sedere, afferrò la sua Magma 35 e sparò tre volte. La sua mira impeccabile centrò la testa di Edimathis facendovi tre fori. Cadde a terra, morto.
Kalid si riprese dal torpore «Unni!» Urlò e le fu di fianco.
«Sto bene, resistenza dei Troll alla magia non è delle migliori, ma un incantesimo da quattro soldi non potrebbe mai uccidermi» si baciarono passionalmente.
Alia si avvicinò al corpo del mago morto. Allungò una mano alla sua gamba lucente di Jinn Silat. Prima che potesse toccarlo quello svanì nel nulla.
Edimathis apparve alle spalle di Unni. «Puttana, sai quanto fa male alla testa?» Le ringhiò avvicinandosi con il suo braccio nero di morte.
Kalid veloce come mai in vita sua si frappose tra la sentenza dell’assassino e la donna amata. Divenne Tahul e, lottando contro il braccio della morte, strappò di netto l’articolazione del mago.
Edimathis urlò per il dolore, fece qualche passo indietro e scomparve, usò gli antichi poteri della sua stirpe per fuggire.
Gli occhi dell’uomo divennero velati di bianco, perso nel labirinto del Ghul.
 
Il dolore fu tale che si riprese dalla visione onirica del mondo.
Ikrimah vide il suo braccio destro inerte, incapace di muoversi, di rigenerarsi. Non sentiva più nemmeno dolore. Guardò ancora quel cadavere, sopra di lui un mezzo umano mezzo Ondino piangeva disperato, i suoi capelli rosa e marroni in una tonalità caotica.
Andò da quel disperato, senza peso se lo buttò sulla spalla slogata, ignorò le proteste confuse e prive di senso. Evocò un fuoco puro, bianco, così caldo che vaporizzò il corpo di Gord istantaneamente. Si diresse laddove credeva di trovare un rifugio con l’Ondino in spalla. Le sue gambe erano sparite, i suoi jeans strappati per far posto ad una coda azzurra. Amir, anche lei priva di sensi, lo aspettava a pochi passi. La raccolse da terra e la mise sull’altra spalla.
 
Unni urlava disperata, scuoteva il corpo privo di volontà di Kalid. Lo chiamava, piangeva.
«Non disperarti, è sempre vivo.» Alia mise una mano sulla spalla della donna. Fece qualche passo e recuperò il braccio intriso del potere di morte del Ghul.
«A breva sarà l’alba» riferì guardando il suo smartphone, lo schermo infranto al centro, si vedeva a malapena l’ora digitale. Mossa dal dispiacere per quell’amore interrotto bruscamente afferrò il Jinn Dao per un braccio e lo issò. Nonostante fosse un Jinn il peso dell’alto era tale da farla faticare.
 
Mentre stavano per rifugiarsi da qualche parte apparve Ikrimah con l’Ondino sulla spalla destra e Feji sull’altra. Si unirono i due gruppi.
«Maledetto Dao» la voce di Edimathis tornò a riempire l’aria come un eco lontano «sai quanto è doloroso perdere un braccio?» Parlava al corpo inerte.
Alia lo mise a terra, pronta a combattere.
«Questa è la fine per te!» Gli gridò Alia, Unni dietro di lei che già puntava la sua arma.
«Non sparagli, è inutile.» Disse Ikrimah, lasciando cadere l’Ondino di fianco a Kalid. Quello non mugugnò neppure, preso dalla disperazione. Con delicatezza appoggiò la donna di fianco al Dao.
Edimathis guardò a terra, a pochi metri da loro c’era il braccio destro, riluceva ancora della luce del Jinn Ghul di cui si era impadronito. Tutti guardarono il braccio e capirono le intensioni del nemico. Fun una corsa persa in partenza, Edimathis poteva muoversi più velocemente di loro, e così fu, prese quel braccio morto e lo ricongiunse al suo corpo.
«Adesso ragioniamo!» Rise.
Ikrimah sentì l’articolazione rigenerarsi, si concentrò e si trasformò nuovamente nell’ifrit che era.
Alia attaccò lo stregone con un getto di ghiaccio, Ikrimah la seguì con una fiammata.
Edimathis rispose con il braccio di morte deviando il flusso di energia Jinni ai lati facendo piovere dietro di sé acqua putrida e cenere marcia.
Edimathis rideva. In un flash di luce scomparve. Riapparve come un prestigiatore alle loro spalle, i due Jinn si scansarono, Unni fu svelta e sparò alla spalla destra dell’assassino, il colpo si ripercosse su Ikrimah che si tenne il braccio, quello si voltò toccò il Dao prima che Unni potesse ricaricare la sua semiautomatica e scomparve a diversi metri da loro.
Edimathis risvegliò il Dao dal labirinto della morte. Usò i suoi poteri di stregone per impedire ai Jinna di raggiungerlo. Con una mossa rapida fece bere al Dao la pozione.
Kalid si alzò in piedi, pieno di energie ignote per poi brillare un’ultima volta prima di espirare il suo Respiro Jinna.
Edimathis se ne nutrì gioendo delle urla di Unni.
Mentre era impegnato ad assorbire l’energia del Jinn Alia obbligò l’Ondino a sopportare il flusso della sua energia catalizzandola in un attacco fortissimo, il suo tatuaggio brillò come l’energia che la Marid gli stava infondendo, infranse la barriera indebolita dal cambiamento dello stregone e congelò quel corpo corrotto.
Ikrimah seppe cosa doveva fare, si tolse il suo medaglione, con una mossa rapida diede fuoco all’assassino congelato polverizzandolo.
Mentre Edimathis carbonizzava Ikrimah guardò il ricordo del suo unico amico. Il medaglione si mise a roteare a terra fino a alzarsi su un lato. In pochi secondi divenne polvere. Il cuore di Ikrimah si spezzò per la seconda volta, la perdita definitiva del suo primo vero amico, unico amico. Colui che aveva deciso di capire il suo spirito che lo aveva  accettato.
 
Alia guardò le ceneri dello stregone la luce oscura del Jinn Ghul brillò per un’ultima volta assieme a quella di suo fratello Ibraheem e del Dao, immagini offuscate e fumose si alzarono dalla cenere. Alia vide suo fratello abbracciarla per l’ultima volta prima di ascendere. Era salito nel loro paradiso, lontane da lei. Lacrime di ghiaccio colarono sul suo volto. Con un gesto della mano raccolse le ceneri dello stregone e le mise in un’ampolla, le agitò e quelle brillarono della luce di suo fratello.
Con la morte nel cuore le strinse al suo petto.
 
La luce buia del Ghul si fece incontro al corpo privo di coscienza di Feji, con un lampo più scuro della notte quella si riebbe. La donna tornò nella sua forma umana, sfinita dalla maledizione del labirinto della morte.
Unni era disperata. Il suo amore era svanito nel nulla, nessun corpo da piangere, nessun ricordo da toccare. Si guardò il braccio, il bracciale a farfalla adesso aveva un incavo pieno, una pietra rotonda marrone le illuminava lo sguardo. Unni strinse il bracciale al petto e pianse.
 
Erano passate due settimane dalla battaglia nell’anfiteatro. Irkimah continuava a cercare il peso del medaglione sul suo petto. Era appoggiato con i gomiti ad una ringhiera di marmo, davanti a lui le distese infinite che si concludevano al mare. Il suo sguardo perso in ricordi smarriti.
Una mano gli toccò la spalla. Si mise al suo fianco. I suoi occhi morganite si inchiodarono nei suoi d’oro. Gli sorrise con amore andando a mettergli una mano tiepida sul suo cuore da Ifrit spezzato.
Le mani dell’Ifrit salirono alle spalle della donna, lentamente le fece scivolare le spalline del vestito rosso facendolo cadere lungo il corpo. Lei sorrise e lo portò dentro la stanza.
 
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Fantasy creatures - Non siamo solo mostri.
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Pagina autore Grazianaarena
Pagina giudice Grazianaarena
L'inizio e la fine di ogni cosa [Original Fantasy & Fantasy!AU Contest]
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Pagina autore ManuFury
Pagina giudice ManuFury

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