The family man

di piumetta8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***



Capitolo 1
*** I ***


Ciabattando in cucina, quella mattina, Ephram aveva il dente avvelenato di una mantide religiosa. Non riusciva proprio a capire perché non lo lasciassero tornare a New York, a stare con i suoi nonni.

Da quando si erano trasferiti ad Everwood si sentiva un pesce fuor d'acqua, la piccola cittadina montanara gli stava stretta e non capiva proprio l'entusiasmo che avevano per quella distesa di ghiacci perenni suo fratello maggiore e la sua sorellina.

Certo convincere Delia a trasferirsi in Colorado era stato semplice e il tutto era avvenuto in maniera decisamente subdola e antidemocratica: suo padre aveva promesso alla piccola un pony tutto per sé.

Già suo padre! Per lui si sarebbero anche potuti trasferire sui Carpazi o sulle rovine di Machu Picchu perché, in sostanza, nulla sarebbe cambiato per il grande dottor Brown sempre in giro per l'America: oggi a Denver, domani a Boston, tra un mese a New York...Da un ospedale ad un altro, da una conferenza ad uno studio all'avanguardia.

Gli bastò guardare sua madre, intenta a versare il succo di frutta nei bicchieri e indaffarata ad ultimare la colazione per tutti, perché il malumore di Ephram svanisse. Julia era questa donna eccezionale, con un giro di perle attorno al collo e sempre impeccabile, ma sempre pronta a farsi in quattro per tenere unita la sua famiglia.

"Buon giorno tesoro. Dormito bene?"

Julia gli si avvicinò, stampandogli due baci sulle guance e lasciandogli due vistosi segni del suo rossetto. Tracce che fecero ridere Delia.

""Ehi Lang Lang hai sentito di quel ragazzo cinese che suona il pianoforte con i piedi?"

Alla domanda di Colin, Ephram alzò gli occhi al cielo. Certo voleva bene a suo fratello ma il primogenito del Dottor Brown sembrava avere la sensibilità di un elefante quando c'era la musica di mezzo.

Non c'era quindi da stupirsi se facesse sempre comunella e fosse il miglior amico di quel troglodita di Bright Abbott!

"Io non ho iniziato a suonare il piano dopo aver guardato una puntata di Tom e Jerry!"

"Beh io invece ho iniziato a giocare a basket dopo aver letto Slam Dunk. Uno dei pochi manga decenti che ho trovato nella tua collezione."

"Oh i Miners sarebbero spacciati senza un campione come te in squadra!"

"Ragazzi non litigate e sbrigatevi se non volete arrivare tardi a scuola!"

Si intromise Julia prima che le battute tra i figli degenerassero in una vera litigata.

"Io da grande non farò né la pianista, né la cestista. Farò la ballerina di tiptap!"

Asserì Delia, con le labbra sporche del suo latte e cacao.

"Avremmo tre figli famosi, eh Julia?"

A quella voce, Ephram si sentì a disagio. Andy Brown, impeccabile nel suo cappotto di panno nero, nel suo viso profumato di dopobarba e con la valigia in una mano, fece il suo ingresso sorridente.

"Siamo dei genitori fortunati, che ne dici Andy?"

Rispose Julia, salutando il marito con un bacio a fior di labbra.

"Come mai da queste parti? Non hai nessuna stella dello showbiz o nessun caso disperato a cui lavorare oggi?"

Lo punzecchiò Ephram che, tra i suoi figli, era quello che soffriva maggiormente la lontananza dal padre.

"Ephram!"

Lo richiamò Julia.

"Senti Ephram lo so che ce l'hai ancora con me perché non ti permetto di tornartene a New York e di crescere assieme ai tuoi nonni. Hai quindici anni e non sei abbastanza maturo per andartene di casa e giocare a fare l'uomo vissuto. E poi siamo una famiglia e le famiglie restano sempre unite."

"Non sono io quello che ha dimenticato il concetto di famiglia!"

Rispose a tono il ragazzo, districandosi del tovagliolo e alzandosi da tavola.

"Potremmo andare a trovare i nonni quest'estate e magari porteremo a Delia un cappello degli Knicks!"

Fece Colin per alleggerire la tensione. Delia lo guardò sorniona.

"Certo ti ci vedo proprio a stare lontano da Amy per un'estate intera!"

Suo malgrado anche Ephram si mise a ridere alla battuta della sorellina perché era un evento più unico che raro vedere in imbarazzo suo fratello.

"Andiamo Boogie, ti do un passaggio fino a scuola!"

Colin fece cenno a Delia e l'aiutò ad infilarsi la cartella. Quindi salutò i genitori e si avviò fuori.

"Ehi Mozart se vuoi venire con noi..."

"Vengo in bici. La giornata è bella e salto volentieri la fase di sbaciucchiamenti tra te e la tua fidanzata!"

Colin scosse la testa e si avviò insieme a Delia.

"Che significa Boogie?"

Chiese un frastornato Andy Brown a sua moglie quando restarono da soli.

"Sai tuo figlio e le sue fisse per il basket. Ho paura che inizi a contagiare anche Delia con questa passione sportiva. Piuttosto vedi di non farti trattenere al Denver Hospital più del previsto: il recital pianistico di Ephram è domani sera alle otto in punto. Non deludermi Andy. E non deludere tuo figlio!"

Andy finse di spulciare la sua agenda alla ricerca di uno spazio vuoto, poi rispose allo sguardo serio di Julia.

"Te lo prometto. Dirò alla mia infermiera di ricordarmelo ogni ora e alle sette e trenta sarò seduto in prima fila accanto a te, a Colin e a Delia. Ci spelleremo tutti le mani innanzi al talento del nostro piccolo pianista."

Julia si lasciò baciare e aspettò che anche Andy andasse incontro alla sua giornata.

"Se n'è andato?"

Chiese Ephram tornando dal bagno.

"Non hai proprio un bel rapporto con tuo padre, vero? D'altronde a quest'età e un classico essere in contrasto con i genitori."

Ephram si lasciò cadere sul divano in pelle del soggiorno.

"Noi non abbiamo proprio un rapporto mamma. Si è perso quindici anni della mia vita, sedici di quella di Colin e sta facendo gli stessi errori con Delia. Delia è troppo piccola per capire e Colin, beh sai lui è questo spirito indipendente a cui non dispiace cavarsela da solo. Ma io, per quanto detesti ammetterlo, avrei bisogno anche di un padre. Per quanto tu sia una mamma fantastica, intendiamoci..."

Julia gli fece una carezza sulla gota.

"Hai lezioni importanti oggi a scuola?"

"No."

"Compiti in classe?"

"Assolutamente no!"

"Allora che dici di fare una giornata di assenza. Potremmo andarcene a Denver io e te a fare shopping: voglio comprarti un vestito adatto per il recital di domani. Allora?"

Ephram le si buttò al collo, facendola cadere sul divano accanto a lui e facendola ridere di cuore.

"Ti voglio bene, mamma!"

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Capitolo 2
*** II ***


Le Montagne Rocciose che facevano da corollario alla città di Denver non smettevano mai di affascinare Ephram.

Dovette ammettere a sé stesso che aveva passato proprio una bella mattinata assieme a sua madre e anche le frustrazioni degli ultimi tempi erano sbollite facendolo risentire sereno e pronto per il suo imminente recital.

D'altronde Julia aveva sempre questo potere particolare di indovinare cosa fosse giusto per i figli, quali corde toccare per farli sentire meglio, per aiutarli ad alleggerire lo stress o a regalare loro quei momenti ritempranti.

Doti di cui, purtroppo, il dottor Brown sembrava sprovvisto.

"Va bene indosserò questo frac da concertista solo perché tu, vedendo che la commessa mi faceva gli occhi dolci, mi hai convinto che mi stava super bene. Anche se so che Colin e Delia mi prenderanno in giro per il resto dei miei giorni."

Asserì Ephram facendo ridere di cuore sua madre. Si erano fermati a mangiare patatine e hamburger da McDonald e il vestito per la grande serata era stato riposto su una sedia accanto a loro, ben impacchettato nel cellofan.

"Piuttosto siamo venuti qui per un motivo preciso."

Divagò Julia, addentando il suo panino per poi indicare la giovane cameriera dietro il bancone. Ephram si sentì sprofondare.

"Oh no, non ci penso proprio a rovinarmi la mia già scarsa autostima andando ad invitare al mio recital la sosia di Gwen Stefani. Mi darà sicuramente un due di picche!"

"E tu che ne sai?"

Insistette Julia, facendo ondeggiare i suoi capelli rossi.

"Tu dici che devo...Dovrei andare a parlare con lei?"


Dieci minuti dopo mentre raggiungevano l'auto della madre, Ephram quasi saltellava dalla felicità.

"Mi ha detto che verrà. Accidenti mamma sei proprio super. Sai sempre quello che voglio e come spronarmi per ottenerlo!"

Julia rise di nuovo, sistemando la borsa sul sedile posteriore.

"Sono tua madre!"

Di slancio Ephram l'abbracciò.

"Sei la mamma migliore del mondo!"


La sera del recital Ephram aveva le mani sudate e aveva paura di far fiasco, di mancare qualche nota sebbene avesse lo spartito davanti. Diede un'occhiata alla folla che iniziava ad occupare i posti in platea e si innervosì ancora di più. Che suo padre non sarebbe venuto non era poi una novità.

Ormai c'era abituato alle sue assenze, ai suoi cambi di programmi improvvisi.

Ma dov'erano la mamma e i suoi fratelli? Si tranquillizzò un poco quando in una delle prime file vide Delia.

La bambina, con il permesso della mamma, si era avviata assieme a Nina, la loro vicina di casa, e al suo figlioletto Sam, amico di giochi della piccola Brown.

"Fai presto mamma. Non suono senza di te!"

Esortò mentalmente Ephram.


A una cinquantina di chilometri di distanza, Julia Brown lasciò cadere pesantemente il cellulare contro il cruscotto. Aveva provato, per l'ennesima volta, a contattare il marito ma non vi era campo.

"Vuoi che guidi io?"

Azzardò Colin che le sedeva accanto, sul sedile passeggeri.

"No tesoro. Con questa pioggia e con la strada sdrucciolevole preferisco guidare io. E poi dobbiamo arrivare in tempo per sostenere tuo fratello."

Colin si rannicchiò sul sedile.

"Papà l'ha fatta proprio grossa questa volta, vero?"

"Oh non più di altre volte!"

Replicò Julia senza preoccuparsi di nascondere quella punta di rabbia che, sicuramente, tornata a casa avrebbe scatenato una litigata con Andy.

"Spero che io ed Amy non diventeremo mai come te e papà."

"L'importante è che tu non diventi come tuo padre, Colin!"

"Sai questa storia con Amy sta diventando così importante che a volte ne ho quasi paura. Ci sono volte in cui sarei tentato di scappare, di lasciarla..."

"Se la ami tutti i dubbi si dissiperanno in maniera naturale."

"Si io credo..."

Un anabbagliante accecante, una sterzata brusca, lo stridere delle ruote sull'asfalto...

"Mamma stai attenta!"

Urlò Colin prima che l'auto si capottasse su sé stessa.

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Capitolo 3
*** III ***


Quando aveva visto due poliziotti in divisa nell'atrio dell'ospedale, il dottor Brown non aveva minimamente sospettato che fossero lì per lui.

Aveva eseguito una complicata operazione quel giorno e, come sempre quando era in sala-operatoria, aveva perso la cognizione del tempo con il risultato che vi era entrato quella mattina e ne era uscito che si era fatto ormai buio.

I due uomini andarono verso la sua direzione ma il dottore non riuscì ad indovinare cosa volesse dire la loro espressione grave.

"Il dottor Brown?"

Chiese uno dei poliziotti. Andy annuì automaticamente.

"Ci dispiace ma..."

Quando qualcuno inizia una frase con mi dispiace non è mai un buon inizio e nessuno lo sa meglio di un medico avvezzo a dare cattive notizie.

"C'è stato un terribile incidente che ha coinvolto sua moglie e suo figlio."

Il dottor Brown lasciò cadere pesantemente la borsa a terra. Sapeva, lo sentiva, che da quel momento la sua vita sarebbe cambiata per sempre.


Ephram se ne stava seduto fuori dalle sale-operatorie dove sua madre e suo fratello erano stati ricoverati d'urgenza con la testa incapace di elaborare qualsiasi pensiero. Sedeva irrigidito su una poltroncina e aveva paura addirittura di muovere le dita, per l'infondato e superstizioso timore, che anche quel piccolo gesto avrebbe potuto sconvolgere le cose.

Amy e Bright, accompagnati dal dottor Abbott, gli corsero incontro. La ragazza aveva gli occhi pieni di lacrime mentre il casinista Bright aveva l'aria sconvolta.

"Hai saputo qualcosa Ephram?"

Chiese Harold, liberandosi del soprabito e sedendoglisi accanto. Il ragazzo fece un cenno negativo.

"La mamma e Colin sono lì dentro. Non li ho nemmeno visti: quando mi hanno avvisato della disgrazia l'ambulanza li aveva già portati via!"

Inaspettatamente Amy, la ragazza di suo fratello, gli prese la mano tra le sue sforzandosi di sorridere per incoraggiarlo.

"Tuo padre?"

Chiese ancora Harold e sul viso del ragazzino passò un'ombra rabbiosa.

"Quando arriverà sarà sempre troppo tardi!"

"Ephram, Ephram..."

Correndo come un pazzo per il corridoio, finalmente, il dottor Brown li raggiunse.

"Stai bene?"

Chiese il padre, tastandolo per sincerarsi che fosse tutto intero.

"Sì, sto bene per quanto si possa star bene in questa circostanza. Non ero io in auto con la mamma al momento dell'incidente..."

Notando la presenza degli Abbott, Andy capì.

"Devo parlare con i medici. Vado a cercare qualcuno che ci dia notizie..."

Proprio in quel momento, quasi provvidenziale, un dottore in camice verde raggiunse lo sparuto gruppo.

"Come sta mia moglie?"

Si affrettò a chiedere il dottor Brown, senza esitare oltre.

Dall'espressione del collega capì che non c'era più niente da fare e non bastava nemmeno quel abbiamo fatto il possibile per consolarlo.

I singhiozzi di Ephram erano un duro colpo ma Andy doveva mantenere la lucidità necessaria a porre la successiva domanda.

"Mio figlio?"

"Suo figlio è in coma!"

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Capitolo 4
*** IV ***


In quegli ultimi quattro mesi ad Andy, Ephram e Delia era sembrato di vivere in una sorta di pozzo nero senza fondo.

Julia, il collante della famiglia, colei che teneva uniti i pezzi era morta.

Colin era in coma. Non c'erano miglioramenti e ogni giorno che passava, senza nessuna novità, affievoliva la speranza dei Brown, diminuiva le possibilità di risveglio per il ragazzo.

Ciascuno di loro aveva reagito al dolore, che offuscava le loro giornate di una patina di grigiore e incredulità, in modi diversi.

Delia, troppo piccola per portare sulle sue spalle di bambina un carico così grande, aveva trovato una via di sfogo nella scuola e nelle amichette. Certo il difficile veniva dopo, quando tornava a casa, quando non riusciva ad infrangere il muro che suo padre e suo fratello avevano eretto tra loro e il mondo.

Ephram, infatti, dal giorno del funerale della mamma si era chiuso in sé stesso. Trascurava lo studio, trascurava il pianoforte, trascurava Delia.

Per giorni interi se ne era rimasto chiuso in camera sua a fissare il soffitto. Poi aveva riversato tutta la sua rabbia, il livore, il senso di colpa su suo padre e, sovente, i suoi sfoghi culminavano in violente litigate con il dottor Brown.

Non avesse avuto Amy e Bright a condividere le sue stesse paure, le sue stesse speranze per la sorte di Colin, probabilmente sarebbe impazzito.

Andy, dal canto suo, dopo l'immane tragedia che lo aveva colpito si era trasformato in una sorta di derelitto. Si era fatto crescere la barba ed era diventato un'altra persona: non era voluto più tornare al Denver Hospital se non come genitore disperato in attesa di un miracolo per suo figlio. Non aveva più voluto operare da quel giorno di quattro mesi prima.

Aveva aperto uno studio medico ad Everwood, e tra gli scalpori e i mormorii della gente, aveva offerto visite gratuite ai suoi pazienti.


Quella sera gli Abbott avevano insistito perché tutti e tre andassero a cena da loro. Andy non ne aveva molta voglia ma, dopo un consulto con Nina la sua saggia vicina di casa, aveva capito che una serata in un luogo neutro, lontano dalle foto di Julia, non avrebbe potuto che fargli bene.

Al momento di accomodarsi a tavola, Ephram evitò appositamente di scegliere il posto accanto al padre, rattristandolo inevitabilmente.

"Stasera ho preparato i maccheroni e formaggio, un pollo alla diavola e torta alle noci pecan per dessert!"

Elencò il menù Rose, un po' nervosa, strofinandosi le mani contro il grembiule che ancora teneva annodato in vita.

"Sono certo che è tutto squisito, Rose!"

Rispose cortese il dottor Brown, con un sorriso gentile che però non raggiunse i suoi occhi.

"Non ci possono essere dubbi con una cuoca eccezionale come la mia Rose!"

Harold prese tra le sue una mano della moglie, facendola arrossire. E provocando un senso di invidia e di rimpianto in Andy.

Amy sembrava piuttosto nervosa e agitata e, durante la cena mangiò poco e niente.

Finalmente, con un gesto deciso, allontanò le posate da lei e guardò dritto verso l'ospite.

"Dottor Brown posso farle una domanda?"

"Certo Amy!"

"Perché non opera Colin? Perché non fa l'impossibile per salvarlo?"

Nella sala scese un silenzio imbarazzante e carico di tensione. Sul viso di Andy si impresse un'espressione di terrore e di impotenza.

"Amy!"

Fu Bright a rivolgere quel velato rimprovero alla sorella. Benché il suo migliore amico gli mancasse dannatamente non voleva nemmeno prendere in considerazione che le cose sarebbero potute peggiorare, che quell'intervento auspicato da Amy sarebbe potuto fallire in maniera netta e definitiva.

"Amy tesoro sappiamo tutti che Colin è in buone mani, che stanno facendo tutto il possibile per lui!"

Harold cercò di rabbonire la figlia ma la ragazza gettò, stizzita il tovagliolo.

"Balle! Lei è il più grande neurochirurgo d'America, ha salvato centinaia di vite e non vuole nemmeno tentare di dare un'opportunità a suo figlio? Che razza di padre è?"

Amy aveva parlato spinta dalla disperazione, senza preoccuparsi di frenare le lacrime, senza pentirsi per l'espressione ferita di Andy, ignara al richiamo della madre.

"Amy so quanto ti manca Colin, manca tantissimo anche a me..."

Esordì Andy.

"Ha ragione!"

Fu Ephram questa volta ad interromperlo. La prima volta, dopo tempo immemorabile, che parlavano senza grida e rinfacci pensò Delia.

Ephram si alzò e si avvicinò al padre fronteggiandolo.

"Non hai potuto salvare la mamma. Abbi almeno il coraggio di tentare di salvare Colin!"

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Capitolo 5
*** V ***


Il sole caduco che filtrava dalle veneziane semiabbassate sembrava riflettere un colorito di vita su quell'involucro spento che ormai era Colin.

Ogni volta che Andy metteva piede in quella stanza d'ospedale si sentiva bloccato nel tempo, immobile come lo era suo figlio in quel letto.

Un tubo in bocca, un respiratore automatico che lo aiutava dall'esterno, un monitor vicino al letto, una flebo infilata nel braccio...Ogni volta che il dottor Brown si affacciava a questa visione straziante gli sembrava di guardarsi dal di fuori, di essere uno spettatore esterno.

Non era più un medico, era solo un padre.

Dimenticava i termini tecnici, diventava un novellino in quel campo medico di cui era stato un luminare, era consumato da dilemmi devastanti che non ne volevano sapere di dissiparsi.

Dopo così tanto tempo senza nessun miglioramento, senza nessuno cenno di ripresa, le speranze che Colin progredisse spontaneamente erano pressoché nulle...Un neurochirurgo come lui non poteva illudersi.

Quel pomeriggio di metà novembre Andy era rimasto seduto a lungo affianco a suo figlio, lo aveva guardato attentamente nella vana attesa di cogliere un segno miracoloso, magari un respiro autonomo, gli aveva tenuto tra le sue una mano inerme e aveva pianto silenziosamente.

Dopo ore, passate con la testa tra le mani, aveva fatto una carezza alla guancia esangue di Colin, poi aveva sussurrato:

"Cosa devo fare bambino mio? Come posso tirarti fuori da questo sonno incantato?"


Non era tornato subito ad Everwood. Si era trattenuto al Denver Hospital fino a tardi: si era fatto consegnare le cartelle, gli esami di suo figlio e li aveva studiati a lungo e dettagliatamente. Mantenersi distaccato era stato difficilissimo ma, alla fine, la sua tempra di medico era venuta fuori e aveva aiutato Andy a vincere la paura e ad esaminare il caso in maniera neutrale.

Era rientrato in casa che era quasi mezzanotte. Era distrutto dalla stanchezza ma fortemente determinato.

Ephram era ancora sveglio mentre Delia si era addormentata sul divano, con il televisore ancora acceso. In cucina c'erano ancora i cartoni della loro cena d'asporto.

"C'è rimasto qualche pezzo di pizza se hai fame. A quest'ora si sarà freddata!"

Ephram lo aveva accolto così: con quel tono d'indifferenza volto a ferirlo e a fargli pesare la sua prolungata assenza.

Questa volta, però, il dottor Brown aveva ignorato quel gelo e aveva bloccato suo figlio pronto a defilarsi, pronto a sparire al piano di sopra.

"Aspetta Ephram...Devo spiegarti perché ho fatto tardi!"

Il ragazzo non sembrava interessato all'ennesima giustificazione, perciò scosse le spalle con noncuranza.

"Avrai avuto il solito caso eccezionale o un paziente dell'ultima ora!"

Aveva delucidato tagliente, senza nessuna particolare emozione.

"Sì è così: ho lavorato ad un caso molto importante, a Denver!"

Ephram aveva vacillato e, dopo mesi, aveva sentito di nuovo il suo cuore battere normalmente.

"Si tratta di Colin. Ho deciso: lo opererò!"


Andy Brown non vedeva un'espressione così felice ed ottimista ad illuminare i visini dei suoi piccoli da così tanto da non ricordarsene più.

Delia, più pimpante che mai, udita la notizia era saltata al collo del padre.

"Colin tornerà a casa, papà?"

Aveva chiesto ingenuamente e scalpitante per una risposta positiva.

Andy aveva incrociato il sorriso appena accennato ma commosso di Ephram, poi aveva abbracciato stretta sua figlia.

"Si tesoro, lo riporteremo a casa!"

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Capitolo 6
*** VI ***


Era troppa la posta in gioco ed il burbanzoso Andy Brown aveva fatto un bagno di umiltà ben consapevole che non sarebbe riuscito a gestire tutto lo stress dell'indomani da solo, collaborando con un equipe certo eccezionale ma quasi sconosciuta.

Aveva bisogno di un volto amico per mantenere i nervi saldi e non farsi prevaricare dai sentimenti quando avrebbe giocato con la vita di suo figlio. La telefonata a New York era partita ancor prima che il medico potesse farsi venire dei ripensamenti.

Brian, amico e mano destra del dottor Brown nella Grande Mela, aveva fatto le valigie senza esitazioni e si era messo in viaggio verso Everwood.


Era stato bello avere quel diversivo, quell'ospite a distrarre l'intera famiglia da quello che sarebbe successo il giorno dopo. La più euforica era stata, sicuramente, Delia che, troppo piccola per farsi soggiogare dalla tensione estrema, si era crogiolata nei racconti avventurosi e con i regali che le aveva portato lo zio Brian apprezzando, particolarmente, il cappello dei New York Knicks.

"Da quando siamo in Colorado, ormai, tifo per i Nuggets come Colin ma gli Knicks sono la squadra di casa mia. Quando Colin guarirà andremo a vedere insieme una partita, magari uno scontro tra Denver e New York!"

Aveva progettato, galvanizzata, la bambina aggiustandosi la visiera. Poi aveva assunto un'espressione corrucciata.

"Zio Brian, tu e papà farete risvegliare mio fratello, è vero?"

L'uomo l'aveva abbracciata.

"Sicuro. Tireremo Colin fuori da questo pasticcio!"


L'aria, in veranda, era gelida ed Ephram era stato costretto ad avvolgersi in un caldo plaid ma non voleva rientrare. Era rimasto sul dondolo mentre i pensieri gli si affastellavano in testa.

"Questa notte potrebbe nevicare!"

Aveva osservato suo padre raggiungendolo con una tazza di cioccolato fumante. Ephram aveva stretto i lembi della coperta fino a farsi sbiancare le nocche, poi si era rivolto al genitore con tono tagliente.

"Colin potrebbe morire!"

Per Andy era stato come ricevere una coltellata a tradimento ma non aveva vacillato. Si era seduto accanto all'altro suo figlio e aveva preso a carezzargli i capelli corvini finché non aveva sentito le paure di Ephram sciogliersi in pianto.

"Abbiamo già perso la mamma. Non possiamo perdere anche lui. Sarebbe insopportabile."

"Non accadrà. Farò in modo che non accada!"

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Capitolo 7
*** VII ***


Gli era suonato strano quella mattina compiere quel gesto ma ad Ephram era venuto naturale ficcare nello zaino un paio di giochi da tavolo.

Certamente mettersi a giocare in quelle ore di pura angoscia sarebbe stato quasi un paradosso eppure gli era sembrata una valida alternativa avere a portata di mano qualcosa con cui potersi distrarre.

Il dottor Brown lo aveva lasciato con una stretta poderosa e con una promessa altrettanto forte:

"Ce la faremo. Te lo prometto!"

Poi era sparito oltre la porta d'accesso al blocco operatorio ingoiando tutte le paure e le responsabilità che gravavano sulle sue spalle di medico e di genitore.


Ad Ephram non era rimasto altro da fare se non aspettare e l'arrivo di Amy e Bright gli aveva reso più sopportabile quel limbo.

"Colin è già dentro?"

Aveva chiesto la ragazza in un misto di ansia e di delusione: avrebbe voluto salutarlo, sussurrargli che lei lo avrebbe aspettato ma, a causa di un tamponamento sull'autostrada, lei e Bright erano rimasti intrappolati nel traffico per oltre mezz'ora.

"Lo saluteremo quando si risveglierà, sorellina!"

Bright l'aveva avvolta in un abbraccio robusto e i muscoli contratti di Amy si erano rilassati un po'.

"I nostri genitori non hanno potuto accompagnarci: mamma aveva degli impegni in municipio e papà si è fatto carico dei pazienti del dottor Brown!"

"Lo so!"

"Delia?"

"Con Nina!"


Dopo quello scambio di battute telegrafiche era sceso un silenzio carico accompagnato da occhiate infinite oltre quello spazio precluso. Poi Ephram aveva tirato fuori il tabellone dello Scrabble.

"Una partita?"

L'accoglienza strabuzzata e perplessa dei fratelli Abbott era stata presto vinta. Concentrarsi su qualcosa che non fosse Colin, anche semplicemente su una parola da trovare, aveva un terapeutico potere di distrazione che riusciva ad accelerare il tempo.

"Cosa dirai a Colin quando si risveglierà?"

La domanda improvvisa di Amy aveva spento l'accenno di sorriso sul viso di Ephram e lui si era fatto serio. Non si era posto la domanda in quei quattro mesi eterni, focalizzandosi solo su suo fratello che riapriva gli occhi, perciò ci aveva pensato qualche secondo.

"Gli dirò che è una guida per me, che gli voglio bene e che lo ammiro anche se abbiamo le nostre incomprensioni. Gli dirò che è un gran rompiballe ma è il fratello maggiore migliore che si possa desiderare!"

Gli era venuto il magone e aveva colto Amy di sorpresa quando aveva chiesto di rimando:

"E tu cosa gli dirai?"

"Gli dirò che lo amo!"


Era stato uno scambio di battute intimo ed intenso ed era stato difficile riprendere il ritmo del gioco. Una parvenza di spensieratezza era tornata nel trio grazie alle battute di spirito di Bright.

"Non vale. Hai imbrogliato!"

La protesta del giovane Abbott era stata soffocata dalla comparsa di Andy. Il dottore aveva l'aria stanca, il viso teso e l'espressione di chi è lì li per crollare.

Ephram aveva avuto un brivido e quando aveva visto suo padre scoppiare in lacrime come un bambino aveva temuto il peggio.

"No. Dimmi che non è vero!"

Aveva supplicato a mezza voce mentre Bright ed Amy, con il fiato sospeso, gli si stringevano intorno.

"L'intervento è riuscito. Forse siamo riusciti a dare a Colin una seconda possibilità!"

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Capitolo 8
*** VIII ***


Delia stringeva al petto il cappellino azzurro, giallo e bianco dei Nuggets mentre il padre dava a lei e ad Ephram le ultime raccomandazioni prima di accompagnarli nella stanza di Colin.

Dovevano essere pazienti e non offendersi se il loro fratellone non fosse stato il solito, esuberante Golden boy , non dovevano spaventarsi se lo avrebbero trovato profondamente cambiato nell'aspetto e nel carattere e dovevano stare attenti a non stancarlo.

Troppe condizioni perché i giovani Brown non si sentissero spaesati e destabilizzati al punto che Ephram aveva poggiato una mano sulla spalla tesa di Delia e le aveva regalato un sorriso rassicurante prima di seguire il dottor Brown.


Nella stanza c'era un'infermiera che stava regolando la flebo del giovane paziente: aveva svolto la sua mansione e poi si era allontanata discretamente. Andy si era avvicinato a sfiorare con una carezza la guancia color avorio del suo primogenito mentre i figli minori restavano, titubanti, sulla porta.

"Coraggio venite avanti. Colin può sentirvi anche se non può rispondervi!"

Delia era stata la prima a farsi spavalda e ad allungare il cappellino sulla testa fasciata dal mitra di Ippocrate ma era rimasta delusa quando il suo fratellone, il suo supereroe, l'aveva fissata quasi con paura.

Il busto di Colin era rialzato su una mezza dozzina di cuscini, i suoi occhi erano spenti e aveva un'espressione imbambolata che avevano fatto spuntare due lacrime sugli occhi speranzosi della bambina.

"Va tutto bene tesoro!"

Andy aveva pronunciato quell'incoraggiamento non sapendo bene a quale dei suoi figli destinarlo. Era stato il turno di Ephram di farsi avanti e di mostrare al fratello la copia di Slam Dunk

"Ti regalo il mio spokon manga così la prossima volta che vorrai giocare ad essere Sakuragi non dovrai venire a frugare nella mia collezione di fumetti!"

Un po' per l'emozione, un po' per l'imbarazzo e per il desiderio di essere quello di sempre, Ephram aveva parlato troppo velocemente. Quando Colin aveva chiuso gli occhi e piegato la testa di lato aveva temuto di essere stato troppo irruento.

E una punta di delusione aveva scalfito anche il suo cuore.

Colin li stava respingendo, non li voleva lì con lui.


Era stato come un lungo sogno. La strada bagnata dalla pioggia, la telefonata furente e la chiacchierata sull'amore. L'auto della mamma che si impenna, sbatte contro la barriera jersey, prende velocità prima di schiantarsi contro quell'albero, un urlo e il veicolo ridotto a lamiere contorte. Completamente distrutto.

Paura. Riusciva a distinguere nitidamente quest'unica emozione prima di perdere i sensi.

Colin aveva spalancato gli occhi come se, finalmente, quei quattro mesi di silenzio e di calvario potessero avere un perché.

Aveva voltato la testa verso il padre che lo guardava commosso e, con fatica ercolina, aveva pronunciato le sue prime parole intellegibili:

"Dov'è la mamma?"

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Capitolo 9
*** IX ***


Nonno Jacob e nonna Ruth avevano fatto le valigie senza esitazioni ed erano partiti per Everwood, con i loro cuori ancora convalescenti, ma con la consapevolezza di dover essere, ora più che mai, due pilastri fermi per quella famiglia in ricostruzione.

Ephram aveva accolto con gioia l'arrivo dei nonni materni mentre il dottor Brown aveva accettato con un po' di riluttanza quell'aiuto indispensabile. Sapeva che, con il ritorno a casa di Colin, non ce l'avrebbe fatta a gestire da solo tre figli, una clinica e la riabilitazione del suo primogenito e, nonostante tra lui e Jacob corressero atavici rancori, aveva accettato quella mano tesa in suo soccorso.


Colin era tornato a casa pochi giorni prima di Natale e aveva trovato ad accoglierlo la sua famiglia e gli Abbott. Amy aveva proposto di festeggiarlo con un grandioso party di bentornato ma era stata dissuasa da Andy, Ephram ed Harold: Colin aveva bisogno di tranquillità ed essere travolto da una fiumana di adolescenti chiassosi ed esuberanti era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento. Dimostrando una straordinaria maturità, la figlia del dottor Abbott non aveva insistito e aveva proposto un'accoglienza più soft per quel ritorno a casa atteso da mesi.


Nonna Ruth aveva arieggiato e pulito la villetta di Snowprie Line da cima a fondo, Delia aveva srotolato il cartellone di pronta guarigione che aveva colorato assieme a Nina il giorno in cui papà aveva operato Colin, Ephram, Bright ed Amy avevano gonfiato i palloncini e Rose aveva preparato la red velvet, la torta preferita del giovane Brown.

Il dottor Brown ed Ephram erano andati fino a Denver pieni di attese, entusiasmo e paure e avevano atteso che Colin terminasse l'ultima seduta di fisioterapia prima di riportarlo, finalmente, a casa.

Era stato un viaggio lungo e nonostante Ephram cercasse di interagire con il fratello raccontandogli le ultime novità di scuola, le assurde trovate del dottor Abbott, le divertenti marachelle di Delia, il ragazzo sembrava lontano anni luce.

"Visto papà che barba da hipster si è fatto crescere?"

A quell'osservazione, finalmente Colin si era voltato verso l'uomo alla guida. Il dottor Brown teneva la mano sulla leva del cambio ma, all'improvviso, l'aveva spostata sulla gamba del figlio per palesargli la sua vicinanza.

"Ti sta bene!"

Era il primo contatto concreto, netto, che Colin aveva davvero con la sua famiglia da quando si era risvegliato dal coma e il genitore e il fratello non avevano potuto fare a meno di esultarne.


L'arrivo dei maschi Brown era stato accolto in maniera trionfale e calorosa e presto Colin era stato avvolto dall'affetto sincero di tutti quelli che gli volevano bene.

Andy aveva trattenuto il fiato quando il suo primogenito aveva preso tra le mani una cornice con una foto di Julia e ne aveva ricalcato i lineamenti con il dito. Nessuno sapeva cosa dire anche perché Colin non aveva ancora manifestato nessuna emozione per la morte della mamma.

Era stata Delia ad avvicinarsi al fratellone per porgergli il suo cartellone colorato.

"Per te!"

Colin l'aveva preso e aveva sistemato la visiera dell'inseparabile cappellino alla sorellina. Era il berretto degli Knicks.

"Lo zio Brian me lo ha portato quando è venuto ad aiutare papà ad operarti. Ne prenderemo uno anche per te quando andremo con i nonni..."

Soltanto Ephram aveva notato l'occhiata in tralice che si erano scambiati Jacob ed Andy.

"Grazie Boogie!"

Delia era entusiasta nel sentire quel nomignolo mentre Colin non sapeva perché avesse chiamato così Delia e non aveva potuto contenere l'inarrestabile euforia della piccola che gli era saltata addosso, facendogli storcere le labbra in una smorfia di dolore mal camuffata.

Il suo corpo ammaccato risentiva ancora dell'inerzia del lungo periodo trascorso allettato e i postumi del complicato intervento chirurgico non avevano fatto altro che peggiorare la sua tenuta fisica.

"Piano. Piano tesoro!"

L'aveva ripresa dolcemente Bright Abbott facendo arrossire Delia che per lui aveva una sorta di venerazione.


Quella notte Ephram era stato svegliato da un rumore improvviso: qualcuno che si muoveva nella loro cucina, alla ricerca di qualcosa.

Forse era nonna Ruth che soffriva di insonnia o nonno Jacob che cercava qualcosa da bere. Non riuscendo a riaddormentarsi, decise di scendere a controllare.

La scena che lo attendeva era del tutto imprevista: Colin vagava da un angolo all'altro, smarrito, smanioso, disorientato.

Accortosi del fratello aveva interrotto la sua disordinata ricerca con un filo di imbarazzo.

"Posso aiutarti?"

Colin si vergognava un po' ma, alla fine, aveva ceduto.

"Sto cercando lo scivolo per i rifiuti. Non riesco a ricordare se è reale o se me lo sono soltanto immaginato!"

Il dottor Brown lo aveva spiegato al suo secondogenito: Colin avrebbe potuto soffrire di una parziale perdita di memoria.

Si erano seduti sul pianerottolo, insieme, come non facevano più da quando erano bambini.

"Ne avevamo uno nella casa di New York. Litigavamo sempre per chi di noi due avesse dovuto portare fuori la spazzatura così la mamma mise fine alla contesa stabilendo dei turni alterni!"

Ephram aveva udito, limpido, un singhiozzo e poi un altro ancora finché il dolore represso di Colin si era sciolto in un pianto disperato.

"Non c'è più Ephram. La nostra mamma non c'è più!"

Ephram gli aveva massaggiato le spalle sconquassate dai singhiozzi dapprima goffamente, poi con decisione.

Era lui, quella sera, il fratello maggiore.

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Capitolo 10
*** X ***


Delia aveva insistito per rispettare quella tradizione, un modo viscerale, per sentire la mamma ancora con loro anche durante le feste ma era toccato a Colin convincere il padre ed il resto della famiglia.

Era stato un anno davvero difficile per tutti loro e celebrare le loro origini, per metà ebree, era sembrato un modo dignitoso per accontentare la sua sorellina.

Nonna Ruth aveva cucinato le sufganiot, nonno Jacob aveva regalato a Delia un sevivon raccontandole come quella specie di trottola veniva usata dai bambini ebrei per fingere di giocare per non essere catturati dai Ghiur, i soldati ellenici che avevano proibito di studiare la Bibbia ebraica.

In quella prima sera di Chanukkah, la festività che sarebbe durata otto giorni, a casa Brown erano stati invitati anche Nina e gli Abbott.


Era stata una serata piacevole, nonostante Ruth avesse criticato le malsane abitudini della nipotina che non portava più i collant e aveva dimenticato tutto il galateo di una signorina per bene e nonostante tra la signora di New York e la marziale Edna erano saettati sguardi di fuoco.

La situazione era degenerata all'improvviso nel bel mezzo di un discorso banale quando Jacob, con disinvoltura e con un presuntuoso ghigno aveva deciso.

"Ephram torna a New York con noi, allora, Andy! Se Delia vuole può venire anche ad abitare con noi...E puoi mandarci anche Colin quando si sarà ristabilito!"

Benché quello fosse stato il desiderio più manifesto di Ephram prima dell'incidente, la spiazzante uscita del nonno lo aveva infastidito e aveva cercato lo sguardo indignato di suo padre.

"Non decidi tu per i miei figli, Jacob!"

Aveva ribattuto con tono mordace il Dottor Brown venendo sbeffeggiato da una risata ironica del suocero.

"Come se tu fossi capace di fare il padre per questi ragazzi! Ti avevo affidato mia figlia e guarda il risultato!"


Quella disputa tesa era stata parteggiata da sguardi chini e mezzi sorrisi imbarazzati da parte dei commensali. Genero e suocero avevano iniziato a rinfacciarsi i loro atavici rancori finché la stilettata finale di Jacob aveva annientato Andy.

"Per colpa tua la mia Julia non c'è più!"

"Non è vero! È colpa mia se la mamma è morta, è colpa mia!"

Colin si era alzato e attirandosi addosso le occhiate atterrite di tutti aveva lasciato la sala fuggendo al piano di sopra.

Suo padre lo aveva trovato a singhiozzare sul letto e gli aveva massaggiato a lungo la schiena prima che lui trovasse il coraggio di voltarsi ed affrontarlo.

"Pioveva tanto quella sera. La mamma era arrabbiata con te perché non rispondevi al telefono. Era agitata e ho proposto di guidare io...Lei non ha voluto. Se solo avessi insistito..."

Il dottor Brown aveva sollevato suo figlio su per le spalle e lo aveva cullato nel suo abbraccio saldo.

"Lo so che fa male, che abbiamo tutti bisogno di cercare un colpevole. Anche Ephram si è ritenuto responsabile dell'incidente per mesi perché tu e la mamma eravate diretti al suo recital...Ma la verità, tesoro, è che non è colpa di nessuno! Le cose succedono ed addossare la colpa a qualcuno non lenisce il dolore. Dobbiamo restare uniti adesso: è l'unico antidoto contro questo vuoto, l'unica medicina che ci permetterà di cicatrizzare l'assenza della mamma nelle nostre vite!"

Colin si era acquietato piano, piano e quando avevano bussato alla porta le sue gote erano quasi asciutte.

Era Amy con un'espressione preoccupata, terrorizzata, imbarazzata dipinta sul volto.

"Dottor Brown abbiamo bisogno di lei: Bright si sente poco bene!"

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Capitolo 11
*** XI ***


La prima neve, caduta nel pomeriggio in avanscoperta, si era trasformata in una vera tormenta con l'avanzare della sera ed il calo delle temperature.

Una metamorfosi silenziosa che non coglieva quasi mai Everwood impreparata eppure l'eccezionalità di quella bufera turbinosa aveva bloccato le strade e costretto gli invitati ad accamparsi a casa Brown per la notte.

Una poesia pura e sdrucciolevole che non avrebbe creato disagi a nessuno non fosse stato per l'appendice infiammata di Bright che, peggiorando, gli aveva provocato un febbrone. Era impossibile guidare fino all'ospedale di Denver ed Harold, Andy e Jacob avevano trasportato il giovane paziente nello studio medico del Dottor Brown sperando di riuscire a dargli le prime cure.


Amy era rimasta turbata dalla scena impressionante ed inusuale di vedere il suo sempre allegro fratello contorcersi dal dolore e non erano bastate né le parole rassicuranti di sua madre, né la proposta di Nina che l'aveva portata a casa sua per far scorta di coperte e distrarla a sopire un'agitazione atavica.

Quando il viavai si era attenuato, la ragazza si era accovacciata su uno dei gradini della scala a sbalzo finché non era stata avvolta da un abbraccio agognato e confortante.

Colin si era seduto di fianco a lei ed era riuscito a rassicurarla come un tempo.

"Non accadrà niente di brutto a Bright! Ha un' équipe eccezionale a prendersi cura di lui: i nostri nonni e i nostri padri!"

Nonostante la tensione e l'incertezza Amy aveva abbozzato un sorriso.

"Dovevo saperlo quando mi sono messa con te che si sarebbero potuti creare conflitti di interessi tra le nostre famiglie!"


Ephram aveva osservato, con un certo sollievo, quell'abbraccio intimo tra suo fratello ed Amy poi aveva reputato giusto lasciarli a godersi quel momento privato e se n'era andato in veranda sedendo sul dondolo.

"Wilson Bentley amava fotografare i fiocchi di neve e li chiamava miracoli di piccola bellezza."

Nonna Ruth, avvolta in uno scialle asimmetrico di lana, aveva avvicinato il nipote con discrezione puntellando i suoi discorsi con quegli incipit curiosi e poetici, proprio com'era solita fare Julia.

"La neve di Everwood è diversa da quella di New York: più compatta, meno frivola. Stende un velo di bellezza su tutto!"

La sofisticata donna si era seduta, mantenendo la posa elegante ma esibendo un sorriso malinconico.

"Lo so. L'ho scoperto tantissimi anni fa: quando tua madre era appena una bambina. Decidemmo di fare un viaggio per mezz'America in treno e, arrivati a Denver, iniziò a nevicare. Proseguimmo, forse da incoscienti, fino a restare bloccati in questa cittadina d'alta montagna per un giorno e mezzo. Julia fu colpita dal silenzio e dalla tranquillità quasi assonnata che caratterizzava il paesello e che cozzava, evidentemente, con la caotica New York. Mi confidò che se un giorno si fosse sentita smarrita o avesse perso le sue certezze sarebbe venuta a cercarle qui!"

Ephram era rimasto sbalordito dal racconto e dalla determinazione che sua madre dimostrava già ad otto anni.

Si erano trasferiti ad Everwood perché il matrimonio dei suoi era in crisi ma non aveva sospettato che Julia avesse preso quella decisione ancor prima di costruirsi una famiglia.

"Tua madre era un tipo previdente!"

Nonna Ruth parve leggere nei suoi pensieri, quindi decise di essere schietta fino in fondo.

"E so che adesso biasimerebbe me e tuo nonno se ti sradicassimo da questo che, ormai, è il tuo mondo. Se ti allontanassimo da tuo padre, da tua sorella e da tuo fratello in maniera tanto meschina!"

Con una sicurezza ed una consapevolezza nuova fu la risposta di Ephram, stavolta, a stupire e inorgoglire sua nonna.

"Sono io che ho bisogno di loro. Mi dispiace nonna ma non posso tornare a New York!"

Lei se l'era attirato in un abbraccio.

"Magari potremmo convincere quell'ottuso di tuo padre a mandare te e Colin per un mese in estate!"


Jacob era stato costretto a rivelare a suo genero di essere affetto dal morbo di Parkinson quando un fastidiosissimo tremore delle mani, che ormai lo limitava nei movimenti, gli aveva impedito di tenere fermo il bisturi.

Era stato Andy ad operare Bright, sotto le direttive esaurienti di Jacob, e quella collaborazione improvvisa ed improvvisata aveva permesso ai due di attutire gli antichi attriti e di venirsi, in qualche modo, incontro.

"Io e Ruth ripartiremo domani. Senza i ragazzi!"

Il padre di Julia lo aveva comunicato alla sua solita maniera spiccia mentre lui ed Andy rincasavano sotto la neve.

"Un paio di raccomandazioni, però, te le voglio lasciare benché mi hai dimostrato di saper essere un padre a tutti gli effetti. Fa in modo che siano i migliori sulla piazza a seguire Colin durante la riabilitazione, non permettere ad Ephram di abbandonare il pianoforte e sii per Delia un faro!"

Gli aveva battuto una pacca sulla spalla imbottita dal giaccone ed il Dottor Brown aveva promesso di impegnarsi a fare del suo meglio.


Quando i due uomini erano rientrati, a notte fonda, gli invitati se n'erano andati e gli Abbott si erano messi in viaggio verso Denver, dove Bright era stato trasportato con mezzi di fortuna per affrontare la fase post-operatoria.

Avevano trovato i tre ragazzi stretti e mezzi addormentati sul divano e il cuore di Andy si era stretto in una dolcezza e in una gratitudine incommensurabile nel vedere così, insieme ed uniti, i suoi figli.

"Papà domani posso andare insieme ad Edna a trovare Bright?"

Delia era stata la prima a ciondolare fin dove si era fermato il genitore, lasciandosi prendere in braccio da lui tra uno sbadiglio e l'altro.

"Certo tesoro."

Anche i due ragazzi si erano messi in piedi e avevano cercato protezione e rassicurazioni stringendosi al padre in un abbraccio da famiglia ritrovata mentre i nonni facevano un passo indietro a contemplare la scena.

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Capitolo 12
*** XII ***


Delia era scesa in cucina, con una scarpa slacciata e una bretella dello zaino a penzoloni, avvertendo la normalità di una quotidianità che le era mancata a lungo.

I tre uomini della sua vita stavano già consumando la colazione intorno al piano cottura e la bambina non aveva potuto fare a meno di sorridere per quella stabilità precaria ma, alla sua età, appagabile.

"Allaccia la scarpa tesoro. E non sovraccaricarti con quel zaino!"

Anche i rimproveri paterni del Dottor Brown le erano suonati premurosi e aveva obbedito prima di scoccare un bacio ciascuno ai suoi fratelli.

"Ephram non fare tardi dopo scuola. Un insegnante di pianoforte viene stasera, alle cinque, per darti la prima lezione!"

Il secondogenito di Andy si era accigliato e aveva cercato di opporsi a quella decisione che reputava troppo prematura. Non aveva più schiacciato sui tasti di un pianoforte da quella maledetta sera del recital. Aveva guardato il grande strumento a muro addossato ad una parete del soggiorno ma il tono di suo padre era di quelli che non consentono obiezioni.

"Presto ci farai risentire una delle tue sonate, eh Mozart?"

Ephram non aveva risposto nemmeno all'ironia timida di suo fratello, rallegrandosi di rivederlo, finalmente, coinvolto nella vita della loro famiglia e sorridendo dello sghignazzare di Delia.


"Colin sei pronto?"

La domanda del Dottor Brown sottendeva una buona dose d'ansia mentre il ragazzo annuiva e indossava la giacca con i colori sociali della squadra di basket del liceo.

"Torni a scuola? Allora significa che, stamattina, andiamo con la tua auto?"

Delia non stava più nella pelle e, con la faciloneria dei bambini, era convinta che le difficoltà per tutti loro fossero ormai alle spalle. Colin aveva cercato suo padre.

"No tesoro, stamattina vi accompagno io. Ci vuole ancora un pochino di tempo perché Colin possa guidare di nuovo!"

La prima sosta alla scuola elementare era stata breve e abitudinaria, più difficile era stato per il Dottor Brown allontanarsi dall'high school nonostante le rassicurazioni di Ephram: Mi prenderò io cura del nostro giovanotto!

Non era certo che Colin fosse realmente pronto per tornare a scuola ma suo figlio aveva insistito così tanto per riappropriarsi della sua vita che gli era sembrano ingiusto scoraggiarlo in partenza.


Concentrarsi sui pazienti della mattina lo aveva distratto dai problemi e dai limiti dei suoi figli e, arrivata la pausa-pranzo, si era addirittura concesso di non tornare a casa approfittando di una sosta al Mama's Joy.

Harold Abbott era entrato pochi minuti dopo e, come antica consuetudine, aveva occupato lo sgabello vicino a quello del collega dirimpettaio.

"Bella giornata, non crede Dottor Brown?"

Andy aveva sorriso spontaneamente, come non gli succedeva da tantissimo.

"Non ne vedevo di così tranquille da tanto tempo da essermene dimenticato!"

Aveva ammesso onestamente. Harold gli aveva lanciato un'occhiata indagatoria invitandolo, implicitamente, a confidarsi.

"Mia figlia mi fa ammattire perché non vuole mettere la stessa maglietta per due giorni di seguito, Ephram trova sempre un motivo valido per avercela con me e la signora Brenda ha già fatto sosta tre volte in una settimana, nel mio studio, per un'unghia incarnita!"

Il Dottor Abbott non se l'era bevuta: sapeva che quello era soltanto l'ultimo strato di pensieri a coprire paure più profonde e radicate.

"Andiamo Dottor Brown, sono mesi che gestisci la vulnerabilità di Delia, i rancori di Ephram, l'invadenza della signora Brenda e anche l'irriverenza di mia madre e te la cavi egregiamente."

Andy era stato costretto a scoprirsi, come qualsiasi genitore apprensivo.

"Ho una paura matta, forse irrazionale, di quello che potrebbe succedere ai miei figli, a Colin in particolare. L'ho rimandato a scuola quando credo che studiare, in questo momento, sia troppo per lui. Cerco di trattarlo come sempre ma percepisco il suo smarrimento, il suo essere disorientato e non posso promettergli che, adesso, è al sicuro. Ho paura di sbagliare...Con tutti e tre!"

Harold aveva assentito, sollevato. Quindi aveva riempito il bicchiere dell'amico.

"Benvenuto nel mondo dei genitori, caro collega!"

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Capitolo 13
*** XIII ***


C'era grande fermento ad Everwood per il tradizionale Homecoming che cadeva a metà inverno, quando la squadra di basket si ritrovava a giocare il girone di ritorno.

I Miners avrebbero giocato in casa contando sui palleggi del ristabilito Bright, la banda della scuola si sarebbe esibita e le cheerleader, tra cui Amy, avrebbero manifestato il loro supporto incondizionato con coreografie scenografiche. Inoltre sarebbero state organizzate attività per studenti ed ex-studenti, tra cui spiccava Carl Feney il marito girovago di Nina.

E sarebbero stati incoronati un Re ed una Reginetta.


Il Dottor Brown aveva, strategicamente, nascosto il numero di telefono di un nuovo insegnante di pianoforte (dacché Ephram continuava a trovare difetti in tutti) in un manga del ragazzo e si era accomodato sul divano, fingendo di guardare la TV, quando i suoi figli erano rientrati da scuola parlottando.

"Da quand'è che ti interessano i programmi di cucina?"

La domanda sorpresa di Colin aveva fatto accorgere troppo tardi il padre della gaffe. In quello zapping improvvisato, infatti, aveva finito per sintonizzare l'apparecchio sul primo canale a caso.

"Da quando ha trovato il ricettario della mamma. Io e Delia pensavamo, addirittura, che ci avesse cucinato quello la prima volta che si è messo ai fornelli. Sarai anche tu succube dei suoi esperimenti culinari, caro fratello!"

Ephram l'aveva buttata sull'ironico ma l'accenno a Julia aveva intristito, in maniera evidente, Colin. Era toccato ad Andy spostare l'attenzione su altro.

"Allora com'è andata a scuola?"

Ephram si era schiarito la voce e impettito come un ciambellano di corte aveva annunciato:

"Signor Brown abbiamo un Sire tra noi! Colin è stato eletto, all'unanimità, Re Homecoming. Amy, ovviamente, è la sua regina!"

Il Dottor Brown si era congratulato prontamente, nascondendo bene tutta la preoccupazione per un evento così risonante che avrebbe potuto destabilizzare i progressi fin li compiuti da suo figlio.


La sera del match tra i Miners ed una squadra arrivata dalle pianure di Boulder, tutta la palestra era un insieme di rosso armonico. Andy, Delia ed Ephram si erano seduti nella fila centrale, ai posti che il Dottor Abbott- in veste di accanito tifoso- aveva tenuto per loro.

Colin era rimasto defilato. Avrebbe dovuto partecipare alla cerimonia d'incoronazione che si sarebbe tenuta nell'intervallo e aveva deciso di spendere la prima frazione di gioco a ripassare il cerimoniale memorizzato su post-it.

Andy aveva acconsentito e, per un po', lo aveva tenuto d'occhio. Era stato distratto dalle chiacchiere entusiaste di Harold, dall'appassionato tifo di Delia e dalle azioni salienti della partita.

Allo scadere del secondo periodo Bright aveva fatto cenno ad Ephram di avvicinarsi al parquet.

"Dov'è tuo fratello? Tra poco è il suo momento di entrare in scena..."

Si era reso conto allora che Colin aveva lasciato la palestra chissà da quanto tempo e, cercando di non destare sospetti in suo padre e in Delia, Ephram aveva guadagnato l'uscita.


Il Suv del Dottor Brown era posteggiato nei parcheggi e questo aveva dato un grande sollievo ad Ephram. Era rabbrividito nella notte gelata e aveva aperto lo sportello dal lato passeggero salendovi su. Suo fratello, seduto al posto di guida, aveva prontamente spento la luce cortesia.

"Ehi non sei ancora re e hai già abdicato?"

In penombra era riuscito a scorgere un mezzo sorriso sul viso alterato di Colin.

"Capisco che tu voglia darti alla fuga..Bright in canottiera e pantaloncini è uno spettacolo indecente ma papà dice che devi aspettare ancora un po' per riprendere a guidare. E poi come puoi abbandonare una donna regale come Amy?"

Solo l'anno prima quelle frecciatine si sarebbero trasformate in uno scambio di punzecchiature reciproche tra i due fratelli. Adesso, invece, Colin aveva stancamente poggiato il capo sul poggiatesta del sedile allarmando Ephram.

"Non voglio tornare lì dentro. Ho ricordato l'ultima volta che ero in campo io con la mamma e Delia a saltellare sugli spalti agitando le loro sciarpe e scandendo il mio nome. Ho fissato a lungo il punto preciso dov'era solita sedere dicendo che, da lì, godeva di ottima visuale...Mi ha fatto tanto male vedere degli sconosciuti al posto suo. E poi non ricordo che braccio devo porgere ad Amy, da quale lato devo stare...Ho perso i post-it con gli appunti. Credevo di averli lasciati in auto e sono venuto a cercarli..."

Sperando di rendersi utile, Ephram aveva riacceso la luce nell'abitacolo con un precipitoso:

"Li cerchiamo insieme..."

Che si era interrotto a metà e gli aveva fatto assumere un'espressione allibita quando aveva scorto la mano di suo fratello ferita ed insanguinata. Alcuni pezzi del finestrino laterale, completamente in frantumi, erano conficcati nel taglio.

"Cos'è successo?"

"Non avevo le chiavi e non sapevo come entrare!"

Ephram aveva ingoiato tutta la paura che lo bloccava e, dopo aver gettato un'altra occhiata al taglio profondo, aveva capito di aver bisogno d'aiuto.

"Vado a chiamare papà!"

Colin l'aveva trattenuto e lo aveva implorato:

"Non raccontargli come mi sono fatto male!"


Il Dottor Brown era stato costretto a suturare la mano di Colin nell'infermeria della scuola e, nonostante i suoi figli avessero finto disinvoltura, non si era bevuto la loro giustificazione.

Non era credibile, infatti, che il finestrino della sua auto si fosse frantumato al minimo contatto a causa della brina ghiacciata. Non aveva indagato a fondo e aveva lasciato che Colin tornasse da Amy (che ormai era stata incoronata con Bright costretto a fare le veci del suo miglior amico) e da Delia che era voluta restare fino al termine della vittoriosa partita.


Quando erano tornati a casa, la bambina continuava a fare domande su quella mano fasciata e a chiedere come fosse avvenuto l'incidente. Era stato Andy a dire, dolcemente, a Delia di non importunare Colin e l'aveva mandata a mettere il pigiama promettendole che sarebbe salito presto a leggerle la favola della buona notte.

"Vado a dormire anche io!"

Colin aveva cercato di svicolare, di sottrarsi alle domande che, sicuramente, suo padre non gli avrebbe lesinato. Il medico non si era opposto.

"Chiamami se i punti tirano o se hai dolore!"

Il ragazzo aveva sorriso stancamente.

"Beh è un po' meno complicato dell'ultima volta che mi hai ricucito, papà!"

Andy aveva sorriso di rimando e lo aveva lasciato andare. Non era stato altrettanto clemente con Ephram.


"Matt Boomer! Non era un attore? Adesso insegna anche a suonare il piano..."

Il ragazzo aveva scantonato dal terzo grado che il padre si apprestava a fargli, trovando il bigliettino frammezzato tra le pagine del suo manga.

"Vuoi dirmi cos'è successo stasera, Ephram? Lo so che è stato Colin a distruggermi l'auto...Dimmi solo :di che umore era quando lo hai trovato? Era sconvolto? Confuso? Arrabbiato..."

Ephram aveva intuito che quelli del padre non erano scrupoli eccessivi quanto, piuttosto, preoccupazioni fondate.

"Stava ripensando a quando la mamma veniva a vederlo giocare. È frustrato: credo sia normale dopo tutto quello che ha passato."

Il Dottor Brown si era portato una mano sulla barba ispida e si era voltato, quasi che stesse meditando.

"Non è normale, papà?"

Era seguito un silenzio lunghissimo prima che Andy si decidesse ad essere sincero e a palesare i suoi timori, di medico e di padre, al suo secondogenito.

"Non lo so tesoro. Probabilmente hai ragione tu, non è niente di cui preoccuparsi!"

Il minimizzare ed il sorriso che non era arrivato agli occhi di Andy, però, avevano agitato Ephram.

"Cosa potrebbe esserci di sbagliato, ancora?"

Il Dottor Brown aveva sospirato piano.

"I comportamenti anomali di Colin potrebbero essere dei sintomi. Potrebbero significare che l'operazione non ha funzionato...Forse dovremmo mandarlo per un po' lontano da casa: in un centro specializzato dove possano monitorarlo ventiquattro ore su ventiquattro!"

A quell'ultima ipotesi avevano distinto, netto, un singhiozzo e si erano voltati verso le scale dove Colin, che aveva udito tutto, si era accasciato su un gradino aggrappandosi, disperatamente, alla ringhiera.

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Capitolo 14
*** XIV ***


Era penoso per tutti e tre vedere quel borsone aperto e fare, di nuovo, le prove di famiglia dimezzata.

Colin sembrava aver accettato la soluzione del padre come l'unica possibile, un po' per non turbare i suoi fratelli e un po' perché sperava che tutte quelle preoccupazioni ingigantite per la sua salute si risolvessero in una bolla di sapone.

Ephram, un po' infantilmente e con roseo ottimismo, credeva che suo padre stesse scegliendo la via più facile per trarsi d'impiccio da una situazione che gli stava sfuggendo di mano. Era arrabbiato, frustrato per dover separarsi dal fratello, ed era tornato ad essere il ragazzino impertinente delle settimane successive alla morte di Julia.

Delia, dal canto suo, ferita e tradita emulava i comportamenti del fratello maggiore.

Il Dottor Brown non poteva tralasciare nulla né come medico, né come padre. Nella notte aveva sentito suo figlio rimettere la cena e, benché Colin avesse cercato di insabbiare quel nuovo sintomo, il cuore di Andy si era stretto in una morsa terrorizzata.

Doveva agire. Quella mattina aveva inoltrato una lunga chiamata interurbana verso New York: per due lunghe ore era stato al telefono con il Dottor Donald Douglas, suo mentore e supervisore ai tempi dell'internato.


Si sentiva più leggero dopo quello scambio di battute con un altro luminare ed era addirittura riuscito ad accogliere Ephram con un sorriso quando era rientrato con un manga nuovo sottobraccio.

"Beck Mongolian Chop Squad. Scommetto che è un manga sulla musica!"

Aveva azzardato Andy leggendo il titolo sulla copertina. Ephram aveva pensato al ragazzino protagonista, quattordicenne stanco della sua vita, ed aveva rivolto al padre un'occhiata caustica.

"Risparmiati il tuo finto buonismo. Non ti azzardare a fare il simpatico con me: non è così che ti comprerai la mia approvazione per quello che stai facendo. Per quello che ci stai facendo. "

Nel pomeriggio, con ancora tutte quelle incomprensioni a gravare sulle sue spalle di padre, il Dottor Brown aveva preso con sé Colin guidando fino a Denver.


Il ragazzo era rimasto taciturno per quasi tutte le due ore e mezzo di viaggio salvo quando la nausea si era fatta insopportabile e aveva chiesto al padre di accostare affinché potesse prendere una boccata d'aria.

Andy lo aveva visto sostenersi, tremante, sulla portiera nero opaco della sua auto e poi gli aveva strofinato una salvietta rinfrescante sulla fronte madida.

Uno specchio d'acqua, il lago di Sloan con uno stormo di oche del Canada sulla superficie ghiacciata, si affacciava davanti a loro. Le Montagne Rocciose in background.

"Quando eri molto piccolo e la mamma era incinta di Ephram, ti portavamo al porto di New York, tutti i fine settimana. Ti raccontavo dei primi colonizzatori che scivolarono lungo il fiume Hudson in canoa, della Statua della Libertà, di come fossi fortunato ad essere lì con te e la mamma. Non capivi quasi nulla di quel fiume di parole eppure sorridevi. Eri un bambino che rideva sempre."

I ricordi del Dottor Brown venivano da lontano, da una dimensione malinconica, di rimpianti e prospettive strazianti.

Colin si strinse nel suo giaccone e continuò a scrutare la distesa grigio-azzurra mentre suo padre trovava, finalmente, la spinta necessaria ad indagare.

"Quante volte hai già vomitato?"

Lo sguardo che ricevette per risposta era disorientato e discordante, come di un colpevole che è stato appena incriminato. Sapeva di non poter mentire.

"Un paio di volte. Cosa mi sta succedendo, papà?"

Andy distese il braccio fino ad avvolgere il suo cucciolo disorientato in un abbraccio rassicurante.

"Faremo al più presto una TAC. Può darsi che ti sei preso soltanto una brutta influenza..."

Quel minimizzare, però, non rassicurava affatto Colin. Una specie di sesto senso gli faceva sospettare che il peggio non era affatto alle spalle.

"E se è qualcosa di più serio? Potrei avere altri sintomi?"

La gradazione dello sguardo del Dottor Brown, adesso, era cupa.

"Sì. Potresti soffrire di convulsioni."

Colin si arpionò con tutte le sue forze al petto largo di suo padre che cercava la cosa giusta da dire per ricompattare quel baratro profondo.

"Anche se la peggiore delle mie supposizioni si avverasse, potresti guarire tesoro!"

"Come?"

Chiese Colin, con le lacrime che gli ballavano negli occhi.

"Sarebbe necessario un nuovo intervento chirurgico!"

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Capitolo 15
*** XV ***


Era stata una settimana estenuante, contrassegnata da spole giornaliere e sfiancanti tra Everwood e l'ospedale di Denver.

Andy non si era fidato di quella prima risonanza pulita e aveva insistito, cercato, sottoposto suo figlio ad ogni minuzioso esame diagnostico possibile per non lasciare nulla d'intentato.


Quel sabato mattina, logorato dall'attesa per i risultati della PET che avrebbero avuto soltanto ad inizio settimana, aveva capito di non riuscire più a stare in casa.

Aveva vagato per un po' senza meta ma poi la canonica dove il reverendo Keys, suo grande amico, stava riorganizzando gli appunti del sermone appena decantato durante la Messa; gli era sembrata un porto sicuro.

Andy Brown non si era mai professato un gran credente ma, mai come in quel momento, aveva bisogno di un appiglio, di un conforto solido.

I parrocchiani erano già andati via e sedersi in una delle panche vuote vicino all'altare gli aveva fatto bene. Paradossalmente, tra quelle icone cristiane, gli era stato più facile rivolgersi alla moglie morta.

"Non può finire così. Lo sai che ce la sto mettendo tutta per essere un bravo padre per i ragazzi."

La voce gli si era incrinata mentre era scivolato sull'inginocchiatoio a mani congiunte.

"Abbiamo già perso te, il nostro passato. Proteggi il nostro futuro, ti prego Julia...Veglia sul nostro coraggioso e disperato bambino. Lascia che ti dimostri che saprò avere cura di lui, di loro, di noi. Non portarmi via anche Colin..."

Era stata la mano amica del reverendo Keys a posarsi sulla spalla scossa dell'uomo e ad interrompere quella supplica accorata.


Il lungo sfogo che il prete aveva accolto, incoraggiato e cercato di mitigare aveva alleggerito il cuore di Andy e, quando era tornato a casa, era l'uomo controllato di sempre.

Era riuscito a gestire, con apparente disinvoltura, la visita pomeridiana degli Abbott e aveva persino riso, scacciando i demoni, del buffo siparietto che aveva interessato Bright e Delia. Anche Ephram sembrava più sereno forte di quella rete di persone che gli si erano strette intorno e confortato da una lunga chiacchierata che aveva avuto con Nina.

Era Colin ad impensierirlo in ogni suo aspetto. In quella paura irrazionale che il peggio sarebbe arrivato da un momento all'altro, nella sua prudenza esagerata, nel suo stare sempre all'erta come un coniglietto spaventato da ogni minimo rumore.


Quella sera, ormai quasi notte, Andy aveva passato in rassegna le stanze dei suoi figli ormai addormentati: aveva lasciato un bacio sulla guancia rosea di Delia e le aveva sistemato l'orsacchiotto con cui dormiva, aveva sfilato le cuffie con cui Ephram si era addormentato e gli aveva scostato una ciocca di capelli osservando la sua espressione corrucciata, aveva accarezzato la gota pallida e allo stesso tempo scottante di Colin rimboccandogli le coperte e controllandone il sonno agitato.

Quando, finalmente, il respiro del suo primogenito si era fatto più tranquillo il Dottor Brown era sceso di sotto. Sapeva che non sarebbe riuscito a dormire quella notte perciò si era seduto sul divano in ecopelle nero ed aveva acceso la tv.

Le immagini che gli erano scorse, impreviste, davanti agli occhi erano state un'autentica pugnalata al cuore.

Julia mentre metteva il rossetto assieme ad una vanitosa e pasticciona Delia che si divertiva a rovistare nel portagioie della mamma e a giocare con le sue perle.

Julia seduta ed assorta su quello stesso divano mentre Ephram, composto sullo sgabello, suonava il pianoforte a coda bianco in un'atmosfera surreale e fatata.

Julia, nel vialetto davanti casa, con Colin che le palleggiava intorno improvvisando l'appassionata cronaca di una partita immaginata e che si concludeva con lui che scompigliava, giocosamente, la sempre ordinata messa in piega della mamma.

Il cuore del Dottor Brown si era stretto in una morsa impotente, di rimorso, dinnanzi a quegli spaccati di vita, vita sua, che si era perso.

"Papà?"


Si era voltato nascondendo il rimpianto e aveva trovato suo figlio dritto sull'ultimo gradino. La preoccupazione aveva avuto il sopravvento su tutto.

"Colin cosa ci fai in piedi? Ti senti bene?"

Il ragazzo aveva sorriso con una tranquillità che non gli apparteneva più da tempo.

"Sì, volevo solo bere. Cosa stai facendo?"

La sua attenzione era stata catturata dalla risata magnetica della mamma e si era seduto vicino ad Andy.

"Stavo guardando questo vecchio video. Ephram deve averlo scordato inserito nel videoregistratore."

Per un bel pezzo la loro attenzione era stata catalizzata da quelle gocce di memoria somministrate come una medicina dolce e palliativa.

"Che succede se le mie analisi non sono buone? Se dovrò fare l'operazione?"

Le domande consequenziali di suo figlio erano state una doccia fredda per il dottor Brown. Si era voltato appena e la determinazione sul viso giovane e segnato di Colin lo avevano costretto ad essere onesto.

"Sarà pericoloso."

"Quanto?"

Era seguito un intervallo penoso e denso di silenzio allora era toccato, di nuovo, a Colin chiedere, spronare suo padre. Il suo medico.

"Mi prometti che non resterò in coma, attaccato alle macchine, che non perderò la memoria o che non avrò deficit gravi e permanenti?"

In quel momento, in quel confronto così duro e adulto, Andy avrebbe semplicemente voluto attirarselo al petto e garantirgli che niente di tutto questo si sarebbe avverato.

"No. Non posso prometterti niente."

Colin aveva stretto le mani attorno al bracciolo consunto tanto che le nocche erano sbiancate e anche lui era diventato cereo. Era stato il braccio, provvidenziale, di suo padre che lo aveva attirato in un abbraccio saldo ad impedire al suo busto di ondeggiare.

Le paure e i fantasmi di quell'uomo solo e di quel ragazzo disorientato si erano fusi in una gigantesca ed unica soluzione.

Andy cercava le parole giuste per sviare quell'ipotesi, per rassicurare Colin che non avrebbe dovuto subire nulla di tutto questo.

Ancora una volta, però, era stato anticipato dalla prontezza di suo figlio.

"Se dovrò fare un nuovo intervento voglio che sia tu ad operarmi. E, se dovessi accorgerti che non potrei più fare una vita normale, non farmi risvegliare. Non condannarmi, papà!"

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Capitolo 16
*** XVI ***


Delia aveva lasciato venir fuori il suo vezzo bambino mentre preparava lo zaino zeppo di peluche, palline da baseball e due bambole che avevano fatto strabuzzare gli occhi al padre per la sorpresa.

"Non ci ritrasferiamo mica dall'altra parte d'America!"

Ephram aveva sottolineato gli eccessi della sorellina con quel suo tono a metà tra l'ironico e il tenero che aveva fatto arrossire Delia e l'aveva convinta ad alleggerire la sua borsa da viaggio.

"Dov'è tuo fratello?"

Il ragazzo aveva finito di riporre in auto due manga e si era stretto nelle spalle mentre il Dottor Brown controllava, impaziente, l'orologio.

"Starà salutando Amy e Bright!"

Colin era arrivato in quel momento, dal lato opposto della strada, prima che gli sbuffi insofferenti di suo padre degenerassero.

"Allora si parte? Boogie toglilo quel cappellino altrimenti ti darà fastidio durante il viaggio. Ephram non hai niente in contrario se mi siedo io davanti, vero?"

Il piccolo pianista ed Andy si erano scambiati uno sguardo significativo, grato e commosso, poi erano scoppiati a ridere.


Colin stava bene. I sintomi ambigui, le decisioni delicate, gli orrendi pericoli che non si erano concretizzati apparivano ora lontanissimi, un puntino di dolore ormai invisibile.

Quel viaggio a New York era un modo per chiudere, definitivamente, con quell'odissea e al contempo un viatico per il futuro. Andy Brown sarebbe rientrato in sala-operatoria per eseguire un delicato intervento neuro-chirurgico e cercava l'approvazione del dottor Douglas.

"Credi che lo zio Donald sarà felice di rivederti?"

La voce di Ephram era risuonata nella notte buia e poco trafficata sull'highway e aveva ridestato Andy dai suoi pensieri.

"Perché mi fai questa domanda?"

"Perché, quando hai gettato alle ortiche la tua carriera, hai rinunciato al tuo tesoro più grande."

Il dottor Brown aveva gettato uno sguardo a Colin che dormiva sul sedile reclinato affianco a lui e, dallo specchietto retrovisore, a Delia appisolata sulle gambe del suo secondogenito.

"Siete voi il mio tesoro più grande, Ephram. Anzi i miei tre tesori!"


Ephram non aveva avuto tutti i torti. Quando Andy Brown era piombato nel mezzo di una sua lezione, con prole al seguito, Donald Douglas non gli aveva lesinato occhiate in tralice e battute gratuite. Il vecchio medico, però, si era ammorbidito quando aveva riconosciuto, netta, la mano di quel luminare della neurochirurgia sui sorrisi distesi stampati sui volti dei suoi figli.

Aveva accettato un consulto e, mentre i due uomini si impegnavano in una discussione prettamente medica, i ragazzi erano stati lasciati liberi di esplorare gli spazi esterni del campus universitario.

"Ad otto anni ho deciso che sarei andato alla Notre Dame, nell'Indiana, per giocare nella loro squadra di basket."

Colin si era seduto sul marciapiede, le ginocchia tirate al petto e un sorriso sottomesso.

"Lo ricordo. Da quando sei diventato amico di Bright, poi, è sempre stato il vostro unico obiettivo!"

"Ho passato troppo tempo ad aver paura per poter pensare lucidamente al futuro, Ephram. Adesso devo ricostruirmi, pezzetto dopo pezzetto."

Suo fratello gli aveva messo una mano sulle spalle in una sorta di abbraccio protettivo.

"Ne usciremo insieme. La Notre Dame, la Juilliard sono sempre i nostri sogni...Forse un po' più difficoltosi da raggiungere!"


Andy era arrivato, ottimista e rincuorato dopo la lunga chiacchierata con il suo mentore, ed aveva affiancato Delia godendo, in disparte, di quel momento intimo tra i suoi due figli.

"Credo che non sentiremmo più urla in casa. Sarà successo un miracolo ma Colin ed Ephram adesso sembrano andare d'amore e d'accordo!"

Aveva commentato Delia, le mani sui fianchi e un occhiolino allegro e complice scambiato con il padre.

"Sapete che in questo spiazzale ho avuto le mie prime lezioni di guida? Una schietta ed esuberante ragazza dai capelli rossi mi sfidò. Disse che era imbarazzante per un giovane chirurgo avere un auto con il cambio automatico. E mi diede lezioni sulla sua Volvo!"

Andy aveva condiviso quell'aneddoto con i figli mentre gli occhi di Delia brillavano.

"La mamma aveva una Volvo!"

Il Dottor Brown aveva annuito e poi aveva tirato dalla tasca le chiavi del suo Suv.

"Allora chi vuole avere l'onore di avermi come suo istruttore di guida oggi?"

I primi tentativi di Ephram erano stati un disastro e Colin e Delia, rimasti a terra, gli avevano suggerito le manovre da fare, divertiti. Poi, finalmente, aveva ingranato e la sua guida si era fatta più sciolta.

"L'anno prossimo avrò l'imbarazzo della scelta su chi tra i mie fratelloni mi accompagnerà a scuola!"

La bambina si era gettata tra le braccia di Colin lasciandosi tenere stretta a lungo, come a voler colmare i lunghi mesi in cui aveva dovuto rinunciare a lui.

"Saremo i tuoi cavalieri, Boogie!"


In quel momento Ephram era sceso dal Suv e aveva esortato suo fratello ad avvicinarsi al lato guidatore.

"Adesso è il tuo turno di vincere le paure!"

Era seguito un lungo momento in sospeso, Andy aveva seguito la scena con il fiato sospeso, finché Colin si era rimesso al volante.

"Andiamo a fare un saluto ai nonni?"

Erano ripartiti. Più forti, più concreti, meno soli.

Più uniti. Da vera famiglia.

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