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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Problema ***
Capitolo 2: *** Routine ***
Capitolo 3: *** Caffè ***
Capitolo 4: *** Flashback ***
Capitolo 5: *** Promozione ***
Capitolo 6: *** Missione ***
Capitolo 7: *** Routine 2.0 ***



Capitolo 1
*** Problema ***






 
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Trafalgar Law aveva un problema.
Un piccolo, compatto e decisamente incontenibile problema che non sapeva mai come gestire, il che era al di fuori della sua comprensione perché Trafalgar Law sapeva sempre qual era la cosa giusta da fare e come comportarsi, in ogni situazione.
Il suo problema stava aprendo la porta della loro casa e si rifiutava di parlargli da quando erano usciti da quel blitz, miracolosamente indenni.
Sapeva che sarebbe stata una missione difficile, che avrebbero rischiato e per questo aveva infranto una delle regole più importanti e aveva mentito alla sua partner ma solo per tenerla al sicuro.
Peccato che la sua partner, che era anche il suo problema, fosse molto affezionata a lui e odiasse la sua indole protettiva. In fondo, come gli ricordava ogni volta che era necessario, se faceva parte dei servizi segreti di Raftel era perché qualcuno l'aveva ritenuta idonea. Ma Trafalgar Law non era proprio riuscito a restare freddo e professionale, non quella volta, e le aveva mentito e aveva messo a repentaglio la propria vita, riuscendo comunque a salvarsi e tenendo la sua partner al sicuro.
La osservò girare la chiave nella toppa, spalancare l'uscio ed entrare a passo di carica, ignorandolo.
Law sospirò, sapendo che la sua coinquilina, che era anche la sua partner e il suo problema, gli avrebbe tenuto il broncio per un tempo indefinito, per fargliela pagare.
Non avrebbe mai ammesso che si era spaventata a morte, avrebbe continuato a rimproverarlo per averla sottovalutata, e non perché la sua coinquilina fosse particolarmente orgogliosa ma al solo scopo di non dargli la benché minima soddisfazione.
Passandosi stancamente una mano sul volto, entrò in casa e la sentì trafficare in cucina.
Sapeva che, per quanto arrabbiata, non lo avrebbe lasciato a digiuno e una certa voglia di stringerla e sentire il suo calore lo pervase mentre richiudeva l'uscio.
Avanzò cauto nel corridoio fermandosi poco prima della porta.
-Cosa prepari?- domandò, alzando appena la voce.
Un intervallo troppo lungo di silenzio seguì la sua richiesta e lo fece rabbrividire.
-Panini-
Law chiuse gli occhi.
Riusciva a essere perfida quando voleva.
Trafalgar Law aveva un problema, un problema che rispondeva al nome di Koala Surebo.
E sapeva Law che la soluzione migliore sarebbe stato quanto meno non vivere con la propria partner e non accrescere quel legame che già li univa, rendendo pericoloso lavorare insieme.
Ma Trafalgar Law aveva un altro problema, più grande di Koala Surebo. Ed era che Trafalgar Law non l'avrebbe cambiata per niente al mondo.
 




Angolo di Piper: 
Saaaalve a tutti!!! 
Mi ritaglio questo piccolo spazio perchè ci tengo a ringraziare di cuore tutte le persone che hanno reso possibile questo evento, tutti coloro che vi hanno partecipato e coloro che hanno letto! 
Un grazie enorme a Vivian, Mary, Luna, GiosiEllen e Jo e al pazzo staff del forum FairyPiece! Lavorare con voi è sempre un piacere! 
Un abbraccio! 
Piper. 

 

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Capitolo 2
*** Routine ***






 
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Trafalgar Law era un soggetto altamente adattabile. Se non si trovava bene con qualcuno semplicemente lo ignorava, se qualche imprevisto gli impediva di tenere fede alle proprie abitudini seguiva il flusso per tornare alla sua solita routine appena ne aveva l'occasione.
A Koala la routine non piaceva. Koala amava gli imprevisti, i cambi di programma improvvisi, le decisioni dell'ultimo minuto. Affrontava tutto come una sfida, entusiasta, ed era davvero difficile annientare o anche solo svilire il suo ottimismo.
Ben lungi dal non amare le sfide o dall'essere abitudinario, Law doveva però ammettere di essere geloso della sua routine mattutina. Routine mattutina che, gioco forza, comprendeva anche Koala.
La sveglia suonava, lui la spegneva, si alzava e controllava con discrezione che anche quella di Koala facesse il proprio lavoro. Poi andava in cucina, metteva su il caffè e preparava l'occorrente per la colazione in attesa che passassero i dieci minuti canonici di cui la sua coinquilina, partner, collega, amica e problema aveva bisogno per svegliarsi abbastanza e ritrovare un comportamento sufficientemente civile da poter interagire con altri esseri umani. E quando avevano finito colazione, Koala si occupava di sistemare mentre lui andava a farsi una doccia veloce a cui non sapeva rinunciare.
Non parlavano, durante la colazione. Koala non era in grado di comunicare se non a grugniti e strani suoni gutturali finché gli zuccheri non entravano in circolo. Era sempre e rigorosamente dopo la colazione che diventava un concentrato di entusiasmo ed energia. Ma anche così, anche se la compagnia che si facevano durante i primi minuti della giornata era solo fisica, Law ci teneva a quella routine. Ci teneva a preparare i cereali anche per Koala mentre lei gli zuccherava il caffè, ci teneva ad aprirle il vasetto della marmellata mentre lei richiudeva la bottiglia del succo di frutta che puntualmente lui dimenticava aperta.
Ma quella mattina la sveglia era suonata, Law l'aveva spenta e poi era rimasto a letto. Perché quella mattina non doveva controllare che anche la sveglia di Koala suonasse e non doveva aspettarla per cominciare a fare colazione. Perché Koala aveva accettato di andare a fare colazione con Marco, uno dei colleghi della divisione narcotici, ed essendo quella proposta un fuori programma aveva accettato con tanto entusiasmo. Troppo per i gusti di Law, ma alla fine non erano poi affari suoi. Se non che quell'imprevista serie di eventi lo stava privando della sua preziosa routine mattutina, certo.
Lanciò un'occhiata all'orologio e constatò che era rimasto a letto dopo il suono della sveglia per un quarto d'ora. Se voleva bere almeno il caffè prima della doccia era ora di alzarsi. Con la sua solita flemma, si liberò delle lenzuola in cui era avviluppato e si diresse a passi lenti nel corridoio, sciabattando poi verso la cucina. Ma si bloccò subito fuori dalla stanza quando uno sfrigolare di padelle sul fuoco e un cozzare di stoviglie lo raggiunsero. Aggrottò le sopracciglia perplesso mentre varcava la soglia e, ancora più perplesso, studiò Koala ai fornelli intenta a versare della pastella nella padella antiaderente, una spatola in mano, il grembiule sopra il pigiama e una sbaffo di farina sullo zigomo.
Cosa stava...
-Ehi buongiorno. Fatto fatica a svegliarti?- lo salutò, stranamente carica per non aver ancora fatto colazione. -Appena in tempo per i pancake!- Law sbatté le palpebre, ancora fermo sulla soglia.
Pancake?!
-Koala non dovevi vederti con Marco?- chiese, asciutto e impassibile come sempre. Era come se improvvisamente lo stomaco gli si fosse aperto, anche se nemmeno si era accorto di averlo avuto chiuso fino a quel momento.
-Mh?- mugugnò girandosi verso di lui. -Oh quello? Alla fine ho scritto a Marco che non ce la facevo.- minimizzò sventolando la spatola in aria. -Volevo provare a fare i pancake!- aggiunse con gli occhi che brillavano.
Law ghignò, divertito dal suo entusiasmo ma anche stranamente sollevato. Le mani in tasca, raggiunse con calma la propria sedia e si accomodò, continuando a osservare Koala che cucinava canticchiando a labbra strette.
Quando gli posò un piatto di pancake sotto il naso, indicandogli lo sciroppo d'acero, prima di prendere posto accanto a lui, Law non poté fare a meno di notare che comunque la loro routine non era stata rispettata. Non c'erano stati cerali né caffè né marmellata. C'erano il succo di frutta, i pancake, lui e Koala.
E Law si lasciò sfuggire il pensiero che forse non era poi della routine mattutina che era così geloso.

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Capitolo 3
*** Caffè ***






 
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Koala era una persona positiva. Era ottimismo, energia, voglia di fare, spirito di iniziativa ed entusiasmo tutto compresso e concentrato in un metro e sessanta.
Andava particolarmente orgogliosa di fare parte dei Servizi Segreti di Raftel e non mancava mai di mostrarlo con un solare e soddisfatto sorriso, ogni mattina, quando varcava la soglia della Brand New World. Aveva lavorato sodo per arrivare fin lì e, non potendolo sbandierare ai quattro venti al di fuori dell’ambiente di lavoro, era più che logico che lo mostrasse con fierezza almeno ai propri colleghi, aiutando anche la motivazione di alcuni di loro.
Ma, qualche mattina, ogni tanto, solo ogni tanto, capitava che Koala non fosse quel concentrato di energia e ottimismo che tutti erano abituati a vedere entrare quasi rimbalzando attraverso le porte scorrevoli automatiche. Qualche mattina, Koala arrivava rabbuiata, stanca e tesa, il più delle volte a causa di un caso spinoso che non riusciva a levarsi dalla mente e non le permetteva di riposare in modo adeguato, con poca voglia di parlare e un bisogno incoercibile di caffè.
Quelle erano le mattine in cui Koala, la cara, minuta, sorridente, disponibile Koala, poteva incenerirti con uno sguardo. Erano le mattine dove era meglio lasciarla stare, dove era bene seguire poche semplici ma vitali regole di sopravvivenza. Non guardarla, se possibile non respirare nella sua direzione e, soprattutto, non parlarle.
-Eccolo qui il nostro piccolo raggio di sole! Yyyy-haaaaa!!!-
Chiaramente, Emporio Ivankov non temeva la morte e questa, comunque, non era una novità. Tutti sapevano che era un uom… una don… un soggetto incurante del pericolo. Perché, d’altra parte, quale altro agente segreto sarebbe andato in giro con una torreggiante permanente viola glicine, urlando grida di battaglia western?
Tolta dalle missioni sotto copertura, Iva riusciva in qualche modo, a tutti incomprensibile e sconosciuto, a essere una delle agenti più fidate e capaci della BNW, il braccio sinistro di Dragon addirittura – per il destro erano ancora aperte le candidature – e tutti, nessuno escluso, la ammiravano per questo.
Anche Koala.
Solo che, per quanto la ammirasse e rispettasse le sue incredibili capacità, Koala avrebbe tanto voluto che Iva perdesse almeno quella di scegliere sempre le mattine più nere per attaccarle bottone su argomenti che, già lo sapeva, con il lavoro non c’entravano niente o c’entravano solo in modo collaterale. Il tutto prima che avesse avuto tempo di bere il caffè.
-Va tutto bene?- domandò a sopracciglia aggrottate.
-Non ho dormito.- si strinse nelle spalle Koala. -Come stai?- aggiunse con un ritorno di educazione.
-Oh bene, bene, benone! Alla grande, mia dolce pralina al cocco! Ma tu piuttosto?! Non hai un bell’aspetto!-
Koala sgranò gli occhi, continuando a guardare davanti a sé, domandandosi se quello di Iva fosse solo poca concentrazione o un vero e proprio caso di ADHD. -Non ho dormito.-  ripeté, guardandosi bene dal sottolineare che glielo aveva appena detto. Prima finiva con lei, prima avrebbe avuto il caffè.
Priorità, era questione di priorità.
-Oh mia cara ma questo non va affatto bene! Comunque davvero Koala, non voglio insistere ma sappi che se qualcosa ti turba puoi sempre parlarne con la zia Iva. Te lo dico perché hai davvero un brutto aspetto oggi.- si offrì con un sorrisone e chinando il busto per creare una situazione di maggiore confidenza che comunque le impedì di notare il diametro raggiunto dagli occhi di Koala a quel punto della conversazione.
ADHD. Doveva essere ADHD. Per forza.
-Iva avevi bisogno di qualcosa?- decise di tagliare la testa al toro Koala.
-Oh sì, in effetti sì! Ti ricordi quella missione del mese scorso, quando ti sei dovuta infiltrare a quella serata della Baroque Works, con quel gran pezzo di manzo di Cro…?-
-Me lo ricordo!- la interruppe, alzando la voce per essere sicura di sovrastarla, onestamente stupita del fatto che, una volta tanto, Iva dovesse davvero parlarle di lavoro.
-Ecco perfetto, un uccellino mi ha detto che a fine serata tutti i partecipanti hanno ricevuto una courtesy bag piena di ogni ben di dio di tutti i prodotti di tendenza usciti nell’ultimo periodo!- disse, osservandola con aspettativa e, anche un pelo famelica a dirla tutta, in attesa di una conferma.
Koala sbatté le palpebre un paio di volte interdetta. Aveva tirato le conclusioni troppo presto, lo sapeva. Senza contare che aveva capito solo vagamente di cosa Iva stesse parlando ma fece comunque uno sforzo per ricordare qualcosa che le tornasse utile per poterle rispondere. Forse era quel sacchetto di seta bordeaux con il simbolo dell’azienda di moda che un okama con uno strano cerchietto a forma di cigno le aveva piazzato in mano all’uscita. Sì, doveva essere quello ma non era un grande aiuto.
Si ricordava meglio l’okama del sacchetto e sapeva di averne apprezzato la fattura ma era anche altrettanto certa di non averlo mai nemmeno aperto e averlo lanciato in qualche polveroso recesso del proprio armadio. Chissà dov’era. -Sì, però non so dov’è e…- cominciò, guardando Iva con sospetto.
-Oh ma non c’è fretta mia cara! Non. C’è. Fretta! La bellezza richiede tempo e pazienza, yyyy-hhhhaaaa! Mi basta che quando lo trovi mi controlli se ci sono rossetti e smalti di queste sfumature!- la interruppe, tendendole una lista su cui erano segnate parole per lei incomprensibili come “eliotropo”, “rosa Mountbatten” e “violetto manganese”. -… non li usi gli smalti e i rossetti giusto? Il che è un vero peccato, perché hai delle labbra davvero molto belle e dovresti valorizzarle perché non distoglierebbero assolutamente l’attenzione dai tuoi occhi, grandi come sono…-
Koala si prese il ponte del naso tra le dita e trattenne un gemito, desiderando con tutta se stessa che il pavimento si aprisse e la inghiottisse, che un fulmine la incenerisse o di morire. Qualsiasi di queste tre opzioni sarebbe andata bene anche se nessuna era appetibile come, per esempio… per esempio…
-Koala.-
Per esempio Law che la chiamava, con la faccia più scura che gli avesse mai visto, ma pur sempre di Law si trattava. Il suo partner, il suo coinquilino, il suo migliore amico. La sua ancora di salvezza. Non era mai stata così felice di vederlo ma sorridere e saltargli al collo in un moto di ringraziamento non sembrava la più indicata delle reazioni vista l’espressione di Law in quel momento.
-Tutto a posto?- domandò, preoccupata.
Il cuore le sprofondò nello stomaco quando Law negò seccamente con il capo. C’era stato un altro omicidio se lo sentiva.
-Dobbiamo andare. Subito.- aggiunse Law, tanto per essere chiaro.
-Oh ma che peccato.- commentò Iva, un po’ meno drammatica del solito vista l’evidente gravità della situazione. -Vorrà dire che parleremo delle sfumature più adatte al tuo incarnato in un’altra occasione, d’accordo mia cara?-
-Sì, certo. Buona giornata.- rispose Koala assente, avviandosi lungo il corridoio come guidata da una forza superiore. Dovevano darsi una mossa a chiudere quel caso.
-Scusa Iva.- mormorò Law da sopra la propria spalla prima di seguirla.
-Tranquillo. Bel tenebroso.- ribatté per poi azzannare l’aria nella sua direzione con la stessa espressione che assumeva Bonney quando arrivava la pizza. Law si girò appena in tempo per nasconderle la sua espressione scioccata e si concesse di sgranare gli occhi giusto per lo stesso lasso di tempo che servì al brivido di ribrezzo di percorrergli la schiena, prima di svoltare e raggiungere il cubicolo che condivideva con Koala.
Come se non condividessero già abbastanza cose.
Come si era immaginato, Koala stava già tirando fuori tutti i fogli del caso e sfogliando il suo blocco tascabile, l’espressione concentrata. -Allora chi è la vittima stavolta?- chiese senza nemmeno voltarsi verso di lui.
-Secondo i miei pronostici la tua sanità mentale in altri trenta secondi e Iva in altri due minuti. Ma per fortuna sono intervenuto in tempo.-
Koala si immobilizzò con la mano a mezz’aria e si girò lentamente verso di lui. Sopracciglio alzato, ghigno storto, posa comoda con la spalla contro lo stipite della porta, espressione incoraggiante in attesa.
-Era una scusa. Non è morto nessuno.- mormorò Koala, realizzando cos’era appena successo e provando un infinito sollievo all’idea che il killer a cui stavano dando la caccia non avesse per il momento mietuto altre vittime. -Non era una vera emergenza.- ripeté, aprendosi in un vero sorriso.
-Beh quella tecnicamente c’è.- la stroncò Law di nuovo serio. -Il tuo caffè si raffredda.- spiegò indicando la scrivania di Koala con un cenno del mento e solo allora la ragazza si accorse del bicchiere di carta con il tappo in plastica forato, che attendeva pazientemente di fianco al monitor del computer ed emanava il profumo più buono del mondo.  Le venne quasi voglia di piangere quando Law aggiunse: -Ginseng, macchiato, con il cioccolato.- mentre si dirigeva alla propria sedia e si accomodava girato verso Koala, afferrando a sua volta il proprio bicchiere di caffè.
Nero, senza zucchero, con giusto una spruzzata di caramello. Koala ne era sicura ma in quel momento era troppo impegnata a godersi il sapore dolciastro e pieno della propria bevanda. Era perfetto. Assolutamente perfetto.
Law era stato assolutamente perfetto, ad accorrere in suo aiuto, salvarla da Iva e farle persino trovare il suo caffè preferito. Sospirò gli occhi ancora chiusi dopo la prima sorsata. -Credo di amarti.- mormorò e poi sgranò gli occhi.
Cos’aveva detto?! O meglio, come lo aveva detto!
Il suono che ne seguì, quando Law si strozzò con il sorso di caffè e contemporaneamente si ustionò la gola, non fu per niente bello a sentirsi. Koala lo guardò sputacchiare in girò un po’ di caffè, sconvolta anche più di lui dalle sue stesse parole e rossa dalla fronte al collo.
-Il… il caffè! Parlavo con il caffè!- esclamò agitata, indicando convulsamente il bicchiere di carta.
Poteva venirle in mente una scusa peggiore? No, non poteva.
Law tossì ancora qualche istante, mentre si ripuliva la bocca con la mano. -No, no lo so… cioè lo… lo avevo capito.- annuì energicamente, le lacrime agli occhi per il momentaneo soffocamento. 
-Bene, okay, fantastico.- ribatté in fretta Koala, posando il bicchiere e scartabellando con i fogli. -Insomma meglio essere chiari, non vorrei mai che tu male interpretassi e pensassi che io…- rise nervosa. -Che io… perché non è assolutamente così! Assolutamente!- affermò azzardandosi a guardarlo.
Law la fissò serissimo qualche istante, così serio che Koala si sentì trapassare da parte a parte, e poi piegò le labbra in uno dei suoi ghigni storti. -Tranquilla, ho capito.- la rassicurò di nuovo.
Koala annuì decisa prima di voltargli le spalle e tuffarsi nelle carte del caso, sbollendo lentamente. Non si accorse che Law era rimasto a fissarla ancora un po’. E, soprattutto, non vide il suo solito ghigno storto trasformarsi in un vero sorriso, di quelli felici, prima che le voltasse le spalle per mettersi a sua volta al lavoro. 







Angolo dell'autrice in perenne ritardo
Ero bloccata. 
Poi ho visto Zootropolis e il mondo improvvisamente era più bello e io, miracolosamente, non più bloccata se non da internet. *cori angelici dal cielo*
Non ne vogliate a Koala, poverina. So che caffè al ginseng, macchiato e con cioccolato può suonare una schifezza ma non è colpa sua se era il mio preferito alla macchinetta dell'università. E Law... non so se è IC? 
Lo è? A me sembra OOC ma a me sembrano sempre tutti OOC. 
Cooooomunque io mi sono divertita un cifro a scrivere questo capitolo e voglio ringraziare tutti quelli che sono arrivat fin qui.
Alla prossima! *lancia coriandoli e cuoricini di zucchero* 
Page. 

 

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Capitolo 4
*** Flashback ***


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Trafalgar Law non amava particolarmente i luoghi caotici.
Se avesse cercato un posto dove passare una serata piacevole, quello non sarebbe stato di certo il suo genere di locale. Musica a palla, luci soffuse, gente ubriaca.
Ma Trafalgar Law aveva solo voglia di un drink prima di andare a riposare e gli serviva un posto dove chi lo conosceva fosse dalla sua parte e chi non lo conosceva gli prestasse poca attenzione. Ragion per cui, quello era decisamente il locale giusto.
Una settimana prima lo avevano quasi beccato ma, dal momento che stava concludendo un grosso lavoro, per un grosso acquirente, per un mucchio di soldi, non poteva semplicemente fare i bagagli e andarsene per un po’ dalla città, strategia vincente di quando le cose prendevano una brutta piega e lui si ritrovava con le spalle un po’ troppo vicine al muro.
Mantenere un basso profilo era sicuramente l’opzione migliore. Da sette sere non tornava a casa sua ma dormiva in giro per Raftel, cambiando sempre hotel e portando con sé solo la sua inseparabile valigetta con dentro il materiale di base per poter lavorare. I vestiti li comprava nuovi giorno per giorno. Non poteva rischiare di farsi prendere per recuperare qualche maglietta e dei pantaloni.
Quella sera non aveva ancora scelto l’hotel e proprio su quell’annosa questione stava riflettendo quando, nel fare una panoramica del locale, i suoi occhi si posarono su una scena interessante.
Trafalgar Law era una persona curiosa per natura. Credeva nel vivi e lascia vivere, non si immischiava negli affari altrui ma come spettatore non poteva negare di trovare molto interessante lo studio delle persone. Era un’attività in cui era sempre stato abile e che gli aveva permesso di diventare un così bravo falsario e truffatore. Leggere la vittima, capire cosa voleva e adattarsi per infine ottenere ciò che, di fatto, voleva lui.
Uno strumento di sopravvivenza la maggior parte del tempo ma anche un piacevole passatempo in qualche occasione. In quella occasione, per esempio. Si mise comodo sullo sgabello, i gomiti appoggiati al bancone, sorseggiando il proprio cocktail. 
La ragazza stava sbagliando tutto. Anche se, doveva spezzare una lancia in suo favore, si era amalgamata benissimo, sembrava davvero una cameriera del locale. Solo un occhio allenato come il suo, solo una persona abituata a vivere costantemente sotto falsa identità come lui avrebbe potuto notare che era una poliziotta sotto copertura. Si guardava intorno in modo troppo analitico, zero preoccupazione per le mance e non l’aveva ancora vista bere nemmeno uno shot.
Senza contare i suoi evidenti tentativi di attirare l’attenzione e le voglie di Jack The Drought. Era precisamente in questo che stava sbagliando tutto. Per fortuna Jack e i suoi erano troppo rincitrulliti per rendersi conto che nessuna ragazza sana di mente avrebbe spontaneamente cercato di infilarsi tra le lenzuola di uno di loro, rozzi e puzzolenti com’erano. A meno che suddetta ragazza non avesse un secondo fine, certo.
L’avevano scelta bene, questo doveva concederlo a chiunque le avesse assegnato quella missione. Piccola ma formosa, spigliata ma sensuale. Proprio come piacevano a Jack. E questo Law lo sapeva perché faceva parte del suo lavoro saperlo.
Il problema? Jack era troppo abituato a ottenere tutto ciò che voleva con uno schiocco di dita. Quando si trattava di conquistare una donna, gli piacevano le sfide e la ragazza era fin troppo palese e amichevole nello sventolargli davanti il sedere, coperto solo da un paio di striminziti calzoncini verde lime. Avesse ancheggiato a quel modo mentre serviva il tavolo di fronte alle poltroncine che sempre venivano tenute riservate per Jack, sicuro che lo spacciatore non avrebbe avuto occhi che per lei.
Cosa poi la ragazza sperasse di ottenere una volta sedotto Jack, Law non riusciva a immaginarlo. Jack non l’avrebbe mai portata nel suo covo e più la guardava più Law non aveva dubbi che si trattasse di un’agente alle prime armi, probabilmente alla prima missione importante. Con un disperato desiderio di portarla a termine con successo e dimostrare il proprio valore.
Cosa di cui Law sinceramente dubitava parecchio. Era una pivella, non avrebbe mai ottenuto ciò che sperava e gli faceva anche un po’ pena a dirla tutta. E, visto che non ero nemmeno certo che sarebbe arrivata all’alba e che indubbiamente non era lì per lui, che anzi probabilmente se anche si fosse presentato lei non avrebbe comunque capito con chi stava parlando, non si preoccupò di mantenere un così basso profilo quando lei si avvicinò al bancone con un’espressione delusa sul volto.
«Tre vodka lisce e scotch con ghiaccio.» ordinò la finta cameriera, sbattendo il vassoio sul bancone proprio accanto al gomito di Law e sbuffando.
Law sorseggiò ancora qualche attimo il proprio Moscow Mule, prima di piegare il capo verso di lei. «Sei troppo espansiva.» le disse, lapidario.
La giovane, lunghi capelli castani e grandi occhi indaco, si girò sorpresa verso di lui.
«Prego?» chiese, fingendo di non capire.
«Se vuoi sedurlo devi fare la difficile, fargli credere che sia stato lui a scegliere te, dargli l’impressione di averti conquistata nonostante il tuo disinteresse. Caccia senza essere cacciatrice.»
La giovane lo squadrò simulando indignazione, per prendere tempo, e Law non poté negare che in fondo se la cavava bene. Sarebbe potuta essere un ottimo agente. Peccato le avessero affidato una missione così pericolosa dalla quale probabilmente non avrebbe fatto ritorno.
«Io non so di cosa tu…» cominciò la ragazza.
«Sai benissimo di cosa sto parlando.» la interruppe deciso, guardando direttamente dentro i suoi grandi occhi blu-viola, truccati a regola d’arte e in tinta con i fosforescenti calzoncini.
La ragazza stette a fissarlo perplessa ancora un paio di secondi prima di lasciar cadere la maschera e sollevare un sopracciglio, scettica. «Solo perché a te piace cacciare non significa che tutti gli uomini la pensino come te.»
Anche Law sollevò un sopracciglio, riflettendo la sua espressione. «Hai ragione. Infatti la tua tattica sta funzionando benissimo.» ribatté atono e la finta cameriera sgranò gli occhi, stavolta indignata per davvero. Law ebbe l’impressione, per un brevissimo attimo, che stesse per gonfiare le guance come una mocciosa imbronciata e piegò un angolo della bocca verso l’alto, prima di indicare verso Jack con un cenno del capo. «Guarda.» la invitò, accostando di più il capo a quello di lei per farsi sentire nonostante la musica e nonostante fossero entrambi voltati verso Jack.
L’omone stava praticamente spogliando con gli occhi un’avventrice del locale che, oltre a essere impegnata a flirtare con un tizio, sembrava anche infastidita dalle attenzioni dello spacciatore, almeno a giudicare dallo sguardo di fuoco che gli lanciò a un certo punto, stufa delle sue insistenti occhiate.
«E quella non è neppure il suo tipo. Troppo alta e secca. Tu sei tutto un altro livello, ti manca solo il giusto approccio. Fa come lei e lo avrai in pugno.»
La ragazza osservò la scena con attenzione e poi si sollevò pronta a ributtarsi nella mischia, lasciando perdere la vodka e lo scotch che intanto il barman aveva preparato su sua richiesta.
«Okay, ho capito!» affermò mentre si allontanava. «Grazie Law!»
«Prego.» rispose lui, osservandola dirigersi decisa verso Jack, con un ghigno saputo che si trasformò in una smorfia interdetta quando finì di metabolizzare le parole della finta cameriera.
Lo aveva chiamato per nome. Ma lui non si era presentato.
Lei conosceva il suo nome. Conosceva il suo nome perché sapeva chi era. E sapeva anche che faccia avesse.
Merda!
Questo non era assolutamente previsto!
Okay non era lì per lui, okay era troppo concentrata sul proprio obbiettivo per preoccuparsi di qualunque altro criminale presente nel locale ma non andava affatto bene.
Alla faccia del basso profilo!
Inutile stare a maledirsi per l’errore commesso, comunque, sarebbe stata solo una perdita di tempo.  Ora doveva preoccuparsi di levare le tende il più in fretta possibile. Prese un ultimo sorso di Moscow Mule, piazzò una banconota da 5 berry di fianco al boccale ancora pieno per un quarto e si diresse deciso all’uscita.
Ficcò le mani nelle tasche della giaccia di pelle e a malapena controllò che arrivassero macchine prima di attraversare, diretto verso la macchina dell’Oro Jackson Car, il servizio di autonoleggio comunale di Raftel. L’aveva tenuta prenotata per pigrizia, lui che pigro non lo era per niente, e non avrebbe potuto esserne più felice di così.
Si accostò alla piccola vettura, inserì veloce il codice che il database dell’O.J.C. gli aveva inviato via SMS, salì in macchina e si prese un attimo per tirare un profondo sospiro di sollievo, occhi chiusi e nuca posata al poggiatesta.
«Dunque, dunque… Trafalgar Law.»
Law sobbalzò e si girò di scatto, spalmandosi contro finestrino e portiera. A occhi sgranati la osservò finire di infilarsi la giaccia di pelle sopra lo striminzito top nero che, con i pantaloncini verde lime, completava la divisa da cameriera.
Il fiato corto per lo spavento e la sorpresa, Law la squadrò da capo a piedi un paio di volte.
«Come hai…»
«Sì Usopp, è salito, puoi cambiare il codice della macchina e bloccarci dentro?» proseguì lei mentre toglieva le extension, rivelando un auricolare nell’orecchio sinistro e un caschetto spettinato e sbarazzino.
La serratura della macchina scattò, come se la minivettura avesse vita propria, e lo schiocco riportò Law alla realtà. Il moro afferrò la maniglia e provò a tirare, la parte più razionale del proprio cervello che gli faceva notare che ormai era tardi. Provò anche con il finestrino ma, naturalmente, il vetro non si mosse di un millimetro.
Tra il panico e la furia, si rigirò verso di lei che aveva raccolto il proprio zainetto di ecopelle nera e vi stava riponendo le ciocche di finti capelli, con nonchalance, come se non ci fosse niente di strano in quella situazione. Come se lei fosse esattamente dove doveva essere.
E in effetti era proprio così che stavano le cose e Law aveva fatto esattamente il suo gioco. Si capiva che era salita in macchina pochi attimi prima di lui ma non c’era traccia di sollievo o affanno sul suo volto. Aveva calcolato tutto alla perfezione.
Altro che pivella.
«Devo ammettere che pedinarti non è stato facile. Fortunatamente non c’è database al mondo che possa resistere al fascino di Usopp…» s’interruppe un momento prima di riprendere la parola, rivolgendosi chiaramente a chiunque fosse in comunicazione con lei dall’altra parte «Ma è la verità! Nessun complimento gratuito, davvero!» esclamò mentre estraeva dallo zainetto un sacchetto di carta bianca. «Comunque devo ringraziarti per aver confermato la tua identità con questa fuga, per niente sospetta aggiungerei, non sai quanto mi hai semplificato il lavoro. Soprattutto facendoti chiudere qui dentro. Mandorla caramellata?» offrì, inclinando appena il sacchetto verso di lui. Law rispose con un’occhiata omicida. «No? Okay!» si strinse nelle spalle la ragazza, recuperando un paio di appiccicosi frutti per sgranocchiarli di gusto. «Oh e sei stato davvero molto dolce a volermi aiutare pensando che fossi una pivella alle prime armi. Mi hai anche fatto vincere cento bigliettoni, Izo e Ace erano convinti che fosse una pessima strategia ma io non sono male a leggere i profili, Dragon dice che sono una delle più brave alla BNW. Non so se sia vero ma con te ci ho di sicuro azzeccato.» si fermò un istante per bere un sorso d’acqua da una borraccia, ignorando, o forse proprio ignara, l’espressione scioccata del moro. «Ora, veniamo agli affari.» riprese, come se niente fosse, mettendo in bocca altre quattro mandorle. «Noi abbiamo bisogno di informazioni e tu hai bisogno di non finire in galera. Sappiamo che stai lavorando per Doflamingo e c’è una squadra di agenti speciali al Quartier Generale che, ah te lo giuro guarda, non sta più nella pelle all’idea di mettergli le mani addosso! Scalda il cuore vedere quanto la sola idea li rende felici, credimi! Quindi, ecco la proposta. Tu ci aiuti a incastrare il biondo criminale dal dubbio orientamento sessuale e con la malsana ossessione per i boa rosa e noi faremo finta, per questa volta, che i tuoi reati di falsificazione, associazione a delinquere, truffa, frode ed evasione fiscale siano soltanto un gigantesco disguido. Che ne dici?» domandò con un sorriso, porgendogli la mano.
Sconvolto e arrabbiato, Law spostò gli occhi dalla mano di quella che, ora lo sapeva, era un agente speciale dei servizi segreti di Raftel al suo viso, di nuovo alla sua mano, ancora la suo viso.
«Se stai pensando di scappare mi sembra giusto informarti che ci sono cinque volanti della polizia a mia completa disposizione posizionate nei punti nevralgici del quartiere, pronte a partire a una mia parola. Cinque, come i giorni trascorsi prima che subentrassi io, ognuno finito con un tentativo fallito di catturarti, il capo della polizia non ha osato controbattere.» ci tenne a spiegare, facendo il gesto del numero anche con la mano. «Ovviamente prima dovresti trovare il modo di uscire dalla macchina ma poi a piedi non avresti molte chance. E scappare con la macchina e prendermi come ostaggio… mmmmnon te lo consiglio tanto.» mosse il capo da un lato all’altro. «Usopp ti ha sotto controllo e può tracciarti ovunque. Ma sappi che nel caso non mi opporrò.» incrociò le braccia sotto il seno e si appoggiò al sedile con la schiena, sospirando trasognata. «Ho sempre voluto sapere cosa si prova ad avere la Sindrome di Stoccolma.»
Il silenzio calò denso nella piccola vettura. Law era oltre lo shock, definirlo basito sarebbe stato un eufemismo, non riusciva nemmeno a muoversi mentre metabolizzava le ultime fulminee informazioni con cui la ragazza lo aveva tempestato, consapevole che l’ultima frase voleva essere una minaccia. E doveva ammettere che funzionava alla perfezione.
L’aveva appena conosciuta e già era terrorizzato all’idea di doverci trascorrere del tempo insieme, figuriamoci scappare per un numero indefinito di giorni portandosela dietro.
L’aveva fregato.
Lui, il grande truffatore e falsario, si era appena fatto fregare da una ragazzina, tutt’altro che alle prime armi, era vero, ma pur sempre una ragazzina. Che, a quanto pareva, lo aveva rintracciato, catturato e incastrato in meno di quarantott’ore.
La stava ancora fissando basito quando la giovane agente gli tese di nuovo la mano. «Allora? Affare fatto o no?»
Con un ultimo moto di ribellione, Law lanciò un’occhiata fuori dal finestrino. Non aveva scampo, lo sapeva. O sceglieva lei o sceglieva la galera. Solo che in quel momento non era poi così sicuro di quale fosse il male minore.
Riluttante, avvolse la sua piccola mano pallida con la sua più grande e bronzea.
«Affare fatto. Ma sia chiaro, vi aiuto con Dofla e poi me ne torno alla mia vita di sempre. Niente future collaborazioni né strane proposte.»
Non era nemmeno detto che avrebbe dovuto lavorare proprio con lei. Forse, con un pizzico di quella fortuna che sembrava averlo momentaneamente abbandonato…
«Andata! Io comunque sono Koala! Meglio che tu lo tenga a mente visto che dovrai fare coppia con me fino alla fine del caso, partner!» 







Angolo dell'autrice:
E, alla fine della tirata, Koala nella sua testa ha pensato "Boom!".

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Capitolo 5
*** Promozione ***


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«Terra chiama Law!»
Il moro sbatté le palpebre, sorpreso di essersi incantato. Non fece in tempo a sollevare lo sguardo che un boccale di birra venne posato sotto il suo naso.
Un altro boccale toccò il tavolo, la sedia accanto alla sua fu tirata indietro e lui afferrò il manico di vetro, sollevando la birra a mezz'aria in attesa che Koala si sedesse e picchiasse il proprio boccale contro il suo.
Trafalgar Law credeva fermamente nel "chi fa da sé fa per tre" ma se era Koala ad andare a ordinare la sua birra, non aveva problemi a fidarsi. Koala conosceva bene i suoi gusti, così come tutta una serie di altri dettagli che certi giorni Law si chiedeva se non avesse usato qualcuna delle sue tecniche da detective per arrivare a comprenderlo tanto bene. Perché lui proprio non sapeva e tantomeno ricordava quando, come e perché avesse cominciato a fidarsi di lei al punto da mettere nelle sue mani ben più che un'ordinazione al bar.
Il loro bar, per la precisione. Il loro locale preferito dove andavano sempre quando volevano un drink dopo una dura giornata di lavoro, per parlare di qualcosa che li preoccupava, per due chiacchiere o per comunicazioni importanti.
«Cin cin!» esclamò Koala. «A cosa stavi pensando?» chiese, prendendo un sorso di birra, imitata da Law.
Il moro riappoggiò il boccale sul tavolo e vi posò anche gli avambracci. «Al nostro primo incontro.» rispose con semplicità.
Koala sgranò appena gli occhi mentre scostava il boccale dalle labbra e deglutiva in fretta. «Uuuuuh! Aspetta, aspetta! Com'è che era?» rifletté senza preoccuparsi di pulire i baffi di schiuma. «"Vi aiuto con Dofla e poi me ne torno alla mia vita di sempre. Niente future collaborazioni né strane proposte."» citò a memoria, imitando la voce profonda e un po' strascicata di Law.
Law roteò gli occhi, fingendo esasperazione per nascondere il divertimento. Per una qualche incomprensibile ragione, gli faceva sempre piacere quando Koala dimostrava di ricordare il loro primo incontro bene tanto quanto lui.
«Molto coerente, partner.» aggiunse la ragazza, sollevando il boccale verso di lui prima di prendere un altro sorso.
Law spalancò gli occhi, incredulo. «Come se fossi io quello ha usato la tecnica di presa per sfinimento.»
«Io non ho preso per sfinimento proprio nessuno!» protestò Koala.
«Come lo chiami venire in ospedale tutti i santi giorni durante la mia convalescenza?»
«Non è colpa mia se tu hai avuto la brillante idea di metterti in mezzo e prenderti tre proiettili in pieno petto!»
«Tu non accennavi a spostarti.»
«Avevo il giubbotto antiproiettile!»
«Resta il fatto che non hai rispettato gli accordi.» cambiò argomento Law, tono piatto ed espressione impassibile. Non aveva mai ammesso e mai avrebbe corso anche solo il rischio di ammettere che si era sentito morire molto di più quando Dofla aveva puntato la pistola contro Koala che nemmeno quando le tre pallottole lo avevano colpito.
Koala, nuovi baffi di schiuma ad adornarle il labbro superiore, piegò appena le labbra in un sorriso tra il divertito e il felice. «Tu hai detto sì. Nessuno ti ha costretto.»
Law sollevò un sopracciglio. «Avrei potuto dirti di no? Me lo hai chiesto in lacrime, a mala pena si capiva cosa dicevi da tanto singhiozzavi forte e francamente ho anche avuto paura che saresti morta per asfissia.» ribatté, prima di buttare giù un altro po' di birra.
«Ero sollevata.» rispose Koala con semplicità, stringendosi nelle spalle, per poi farsi più seria. «C'è stato un momento in cui ho seriamente creduto che non ti saresti svegliato.» ammise senza vergogna né paura di far trasparire le sensazioni che il solo pensiero di quella possibilità le provocava.
Law trattenne il boccale vicino alle labbra per prendere tempo, chiedendosi perché mai la sua partner, migliore amica, coinquilina e problema dovesse essere sempre così espansiva e aperta riguardo i propri sentimenti e le proprie emozioni. Era una cosa che lo destabilizzava, soprattutto quando era coinvolto in prima persona.
«Quindi io sono diventato un detective per un tuo momento di mancata lucidità?»
«Ovviamente! Pensi che qualcuno in possesso delle proprie facoltà mentali potrebbe mai chiederti di diventare ufficialmente il suo partner fisso?»
Law non riuscì più a trattenere un ghigno. «Il che significa che è legittimo avere dei dubbi sulla tua sanità mentale.»
«Non ho mai nascosto di essere poco normale.» ribatté con insopprimibile entusiasmo Koala. «Il che potrebbe giustificare la proposta di Dragon.» rifletté, rompendo finalmente il ghiaccio sul reale motivo per cui aveva proposto a Law di rimanere fuori per un drink. Preferiva parlargliene in territorio neutro.
Law si irrigidì, la birra a metà strada tra il tavolo e la bocca. «Proposta?» chiese conferma, attento a non far trasparire nulla dalla voce. «Credevo ti avesse chiamato solo per una mancata firma sull'ultimo verbale che abbiamo consegnato.»
«Ahhhh sssí. Quella era la scusa ufficiale.» si giustificò Koala con un sorrisone di scuse. «In teoria dovrebbe rimanere riservato fino ad avvenuta nomina ma ho chiesto e Dragon mi ha dato il permesso di fare un'eccezione con te. Solo perché sei tu.» continuò a indorare la pillola la ragazza. Law strinse le labbra sottili e ignorò per direttissima lo sguardo luccicante che Koala gli stava rivolgendo. "Avvenuta nomina" era un concetto che portava con sé implicazioni che non gli piacevano neanche un po'. Non era che... «Mi ha offerto un posto nella R.A.D.»
Law riuscì a evitare per un soffio di chiudere gli occhi con rassegnazione. Lo sapeva, sapeva che era quello.
Koala era entrata alla B.N.W. con il sogno e l'obbiettivo di diventare un giorno membro della divisione speciale dell'agenzia. Gli aveva raccontato di aver fatto ufficialmente domanda un paio di settimane prima dell'inizio della loro collaborazione, come se a lui all'epoca potesse minimamente interessare quel genere di informazione su di lei. Come se avesse potuto importargli.
Ma ora gli importava, gli importava eccome.
Nessuno glielo aveva mai detto esplicitamente ma Law era intelligente e intuitivo abbastanza da sapere che, dopo la chiusura del caso Donquijote, Koala si era già guadagnata un biglietto di sola andata per la R.A.D.. Se ciò non era avvenuto era stato solo per la sua decisione di entrare a sua volta a far parte dei servizi segreti di Raftel. Koala gli era rimasta accanto per formarlo e insegnargli tutto ciò che, al di là delle due doti innate e delle abilità acquisite come falsario e criminale, gli sarebbe servito per diventare un vero detective. Difficile dire se fosse stato Dragon a chiederle di affiancarlo o se fosse stata lei a pregare il capo di affidarle la sua formazione.
Law credeva nella prima ma sperava segretamente nella seconda.
Adesso, a due anni di distanza e un discretamente alto numero di casi risolti alle spalle, Dragon aveva potuto offrire finalmente a Koala il posto che tanto agognava perché Law era ormai un detective rodato e indipendente.
Era proprio questo il nocciolo della questione. Indipendente.
Se Koala avesse accettato... No. Quando Koala avrebbe accettato il posto nella R.A.D. le avrebbero assegnato un nuovo partner. Era una regola basilare della divisione, nessun agente della R.A.D. poteva lavorare in solitaria. Law, invece, non facendo parte di nessuna divisione speciale, poteva e avrebbe lavorato da solo.
«Congratulazioni.» brindò alla sua il moro, regalandole un meritato sorriso sghembo, mai troppo espansivo nelle esternazioni.
Ora, il punto non era lavorare da solo. Law era abituato a lavorare da solo, lo aveva fatto per moltissimo tempo. Anzi si sarebbe potuto affermare che a Law piaceva molto lavorare da solo. Amava la propria indipendenza e potersi gestire tempi e spazi come meglio credeva.
«Cominci presto?»
Il punto era non lavorare con Koala. Non dover più ascoltare le sue valanghe di parole, sparate a mitraglia e senza coerenza, quando avanzava ipotesi su un caso. Non potersi godere più l'espressione assolutamente basita dei sospettati quando era lei a interrogarli. Non venire più svegliato nel cuore della notte per venire informato, con un entusiasmo che lui nemmeno dopo otto caffè avrebbe mai potuto avere alle tre del mattino, dell'illuminazione che l'aveva improvvisamente colta.
«Massimo due settimane se si risolvono un paio di questioni per tempo.»
Law annuì mentre deglutiva il sorso di birra, che gli bruciò le papille con il suo gusto, così amaro da fargli contrarre il viso in una smorfia. Il che era strano perché a Law i sapori amari piacevano. Almeno quanto la propria indipendenza, il lavoro in solitaria, l'autonoma gestione di spazi e tempi. «E con chi ti mettono in coppia?»
Il punto era Koala che lavorava, si confrontava, discuteva, scherzava, rideva con qualcuno che non fosse lui. Koala che arrivava ad avere una routine, fiducia incondizionata, meccanici gesti con qualcuno che non fosse lui.
«L'intenzione era Sabo.»
La presa di Law sul manico di vetro si fece così salda da rischiare di creparlo. Inspirò profondamente, imponendosi di restare calmo e razionale. Non doveva ingigantire la questione. Era solo lavoro. Sarebbe stato nient'altro che un innocuo, professionale, distaccato rapporto di lavoro e a fine giornata Koala avrebbe continuato a tornare a casa da lui. Sì, lui avrebbe avuto ancora la loro routine mattutina, le serata fast-food-fai-da-te ogni venerdì, le domeniche di pioggia davanti a un bel film e una tazza di the caldo e tutta una serie di altri abitudini fisse e non, che caratterizzavano il loro rapporto, rendendolo speciale al di là della collaborazione sul lavoro.
Poteva accettarlo. Poteva accettare di non essere più il partner di Koala, anche se non gli piaceva.
«I nostri profili si incastrano bene.»
Ma non era così sicuro di riuscire ad accettare che Koala fosse partner di qualcun altro, soprattutto se la ragazza sceglieva così infelicemente le parole.
«Anche se non sarebbero esattamente complementari.»
Giust'appunto.
«Comunque il fatto è che Sabo è ad Alubarna e non si sa per quanto potrebbe restare ancora ad Alabasta per la missione. Quindi se nessun altro fa richiesta di accesso alla R.A.D. e Sabo non torna in tempo, rischio di slittare.»
Law sbatté le palpebre un paio di volte, assorbendo a fondo quelle ultime informazioni. «Ah.» commentò neutro. Non voleva dare l'impressione che fosse soddisfatto per il ritardo della nomina della sua migliore amica. Senza contare che conosceva troppo bene Koala e la sua indole caparbia. Quando voleva qualcosa faceva di tutto per ottenerlo. «Pensi di chiedere a qualcuno?» chiese, conoscendo già la risposta, che arrivò celere in forma di un cenno affermativo del capo da parte della ragazza. «Già individuato la vittima?» indagò, celando le sue vere intenzioni, la tensione e gli istinti omicidi dietro un ghigno di scherno.
Koala lo guardò di sottecchi mentre beveva un sorso di birra. Riappoggiò con calma il boccale, distolse lo sguardo, si ripulí solo parzialmente i baffi di schiuma con il dito. «Beh ho controllato il tuo fascicolo oggi.» ammise per poi sollevare gli occhi sul suo viso. «Sei idoneo.» precisò con un'alzata di spalle.
Law sbatté le palpebre un paio di volte, di nuovo, stavolta interdetto, la sua versione del boccheggio da pesce lesso in cui chiunque altro si sarebbe esibito trovandosi nella sua attuale situazione. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Koala adorava passare il tempo a punzecchiarlo, prendendolo in giro per quanto si era ammorbidito da quando si conoscevano. Ma non aveva dubbi, bastava guardarla negli occhi, a lui, per vedere se era seria o meno. E Koala era seria in quel momento, molto seria. E impaziente. E tesa. E stava trattenendo il fiato.
E Law, bastardo fino al midollo ma anche perché troppo euforico per potersi fidare subito della propria voce, finse di trovare molto interessante la schiuma sulla propria birra per cinque, interminabili secondi. «Mi stai chiedendo di diventare il tuo partner? Di nuovo?» domandò, azzardando un'occhiata verso di lei che sgranò gli occhi speranzosa. Law si schiarí la gola per coprire il profondo sospiro di sollievo che i suoi polmoni ribelli liberarono senza permesso. «Essendo evidente che non puoi fare a meno di me, temo proprio che dovrò accettare. Di nuovo» rispose, appoggiandosi comodamente allo schienale della sedia.
Portò rapido il boccale alle labbra per nascondere il sorriso storto, che rifletteva quello pieno e carnoso e felice di Koala, e prese una lunga sorsata.
Stranamente, la birra non era più così amara.

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Capitolo 6
*** Missione ***






 
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Si potevano dire tante cose di Trafalgar Law ma non di certo che avesse la mente chiusa.
Era sempre ben disposto a imparare cose nuove, sapeva riconoscere i propri limiti e se si accorgeva di essere in errore non faticava a cambiare opinione o strategia,sebbene non sentisse il bisogno di ammetterlo ad alta voce.
Sabo si era dimostrato proprio una di quelle cose su cui si era visto costretto a cambiare opinione. Per quanto poco lo conoscesse aveva avuto modo di farsi una precisa idea del soggetto, attraverso quel paio di incontri casuali in corridoio o nella palestra della BNW e tramite i racconti di Koala, risalenti all'epoca della scuola di addestramento. Ma, dopo averci lavorato insieme sul campo, Law doveva ammettere che professionalmente parlando Sabo sapeva davvero il fatto suo e non si stupiva che l'iniziale idea di Dragon fosse fargli fare coppia con Koala. La missione era andata liscia come l'olio, lavoro pulito e niente vittime. Un successo come pochi, soprattutto considerato che era la loro prima missione come agenti della RAD.
Il problema non era quello, proprio no.
Il problema era che, una volta a casa, Law si era dovuto ricredere su un altro aspetto di Sabo e cioè sul fatto che non fosse poi così incapace quando si parlava di psicologia femminile. Era stato durante i festeggiamenti al bar, quando si erano incrociati a qualche passo dal tavolo gremito di colleghi, uno di ritorno dal bancone e l'altro dal bagno. Sabo aveva indicato con il mento Koala, impegnata in una fitta conversazione con Izo e Robin, e poi gli aveva dato una goliardica pacca sulla spalla nel mormorargli: «Dovrai inventarti qualcosa, amico. Non vorrei essere al tuo posto.»
Law non aveva capito, non subito almeno. Ma di certo senza le sibilline parole di Sabo non avrebbe mai notato che, in effetti, Koala si comportava diversamente con lui quella sera, dove "diversamente" stava a significare il fermo e palese intento della ragazza di considerarlo poco più che una macchia sul muro. Era convinto fosse solo presa dai festeggiamenti. Aveva inevitabilmente concluso che Sabo di donne non ci capiva niente. Poi erano arrivati a casa e Law aveva dovuto accettare la realtà dei fatti.
Sabo ne capiva eccome e Koala ce l'aveva a morte con lui. Il perché era un mistero. Pensò e ripensò alla missione, senza trovare un solo valido motivo. Fino a quella mattina era tutto a posto perciò era stato qualcosa nel mezzo ma Law non riusciva a capire.
Non l'aveva presa in giro per la statura, non si era impuntato quando non si erano trovati d'accordo su una questione non poi così fondamentale, non le aveva mentito per tenerla al sicuro né si era lanciato sulla linea nemica per difenderla.
«Bella missione.» commentò dall'ingresso, mentre sfilava la giacca di pelle e l'appendeva accanto alla porta. Piuttosto che farle capire che voleva disperatamente fare conversazione con lei avrebbe dato un rene ma era fiducioso che mettendola sul lavorativo Koala avrebbe dimenticato la sua colpa, quale che fosse, e si sarebbe lanciata in un'entusiasta analisi punto per punto del lavoro appena concluso.
Tutto ciò che ottenne, invece, fu il tonfo del bicchiere che veniva posato con molta più forza del necessario sul tavolo.
Di bene in meglio.
«Koala che...»
«Tu di sicuro ti sei divertito.» fu l'asciutta e astiosa risposta di Koala che freddò Law a pochi passi dalla porta della cucina. Un paio di secondi e Koala era in piedi in mezzo al corridoio, di fronte a lui, le braccia conserte e uno sguardo accusatorio negli occhi.
«Non so di cosa tu stia parlando.» affermò Law, ostentando una calma e una freddezza che non provava.
Koala serrò le labbra, in un vano tentativo di trattenersi, prima di esplodere. «Ma per favore! Come se ti fosse dispiaciuto fare tutte quelle moine a quella gatta morta inguainata! Era una missione sotto copertura non un appuntamento al buio! Potevi metterci tutti a rischio!»
«Che cosa...» Law tartagliò a occhi sgranati per l'incredulità e l'indignazione di quell'ingiusta accusa. «Io non ho fatto le moine a nessuno!»
«Certo come no!»
«Koala era il nostro aggancio!» cominciò ad alterarsi il moro. «Ho fatto quello che la missione richiedeva e nient'altro. Se hai avuto l'impressione che io stessi flirtando è perché sono bravo a recitare evidentemente!»
«Oppure perché stavi flirtando davvero!» ribadì Koala prima di voltargli le spalle e dirigersi a passo di carica in camera sua.
Senza parole, Law la osservò allontanarsi qualche istante prima di andarle dietro deciso ed entrare senza chiedere il permesso né troppi complimenti in camera della sua partner. «Lo pensi sul serio.»
Non era una domanda.
«Io so solo che l'unica volta che io ho dovuto flirtare sotto copertura tu mi hai scoperto subito anche se sono bravissima a recitare!»
«Koala l'unica volta che hai dovuto flirtare sotto copertura farti scoprire da me era il tuo preciso obbiettivo!»
«Non cambiare argomento ora!» s'infuriò ancora di più la castana, puntando un dito accusatorio verso il collega e amico. «Io so come ti comporti con le ragazze di solito, ti ho visto flirtare per finta e stasera è stato diverso! Buon per te se ti è piaciuto ma non negare che provassi dell'attrazione per lei!»
Law aprì la bocca per ribattere. La richiuse. La aprì di nuovo. Poi la richiuse e si afferrò il ponte del naso con le dita, sospirando.
«La trovavo bella, sì.» ammise, sollevando di nuovo lo sguardo grigio e serio su di lei. Desiderò di non averlo fatto quando vide la delusione nei suoi occhi e capì che non c’erano più scappatoie. Anche se non era così che si era aspettato di rivelarlo. «E sì, è vero, mi sono comportato diversamente da come faccio di solito. Ma non è nemmeno come mi comporto quando una ragazza mi attrae e provo qualcosa per lei.» 
«Law lascia st…»
«Quando una ragazza mi piace davvero io non mi comporto affatto come faccio di solito. Anche se non lo do a vedere. Quando una ragazza mi piace divento un idiota con problemi di gelosia e possessività, accetto i suoi sbalzi d’umore immotivati, accetto che mi obblighi a mangiare dei panini per aver cercato di salvarle la vita, le porto il suo caffè preferito e per poterlo fare memorizzo il suo caffè preferito anche se ha dentro così tante cose diverse che non mi stupirei se ci fosse anche del prezzemolo! Mangio i suoi pancake anche se sono pessimi! Accetto…» non riusciva a credere a ciò che stava dicendo e liberò una risata leggermente isterica. «… Accetto di collaborare con lei non in una ma in continue missioni suicide e le racconto tutto di me e io… io…»
Un solo pensiero attraversò la mente di Law quando il cervello smise di collaborare nella produzione di frasi di senso compiuto e le sue mani salirono a circondare il viso di una scioccata e immobile Koala.
Fanculo.
E all’improvviso le sue labbra erano premute su quelle di Koala, le sue dita tra i capelli di Koala, la sua maglietta stretta tra le mani di Koala che, contro ogni sua più rosea aspettativa, non gli aveva affatto tirato un calcio nelle palle presa alla sprovvista ma stava rispondendo, piuttosto affamata, condendo il tutto con dei mugugni che gli resero parecchio difficile ritrovare abbastanza lucidità da staccarsi da lei di fronte all’inevitabile necessità di riprendere aria.
Con il fiato grosso la osservò riaprire gli occhi solo per metà e fissarlo trasognata prima di aggiungere, senza nessun ghigno e nessuna ironia. «Ecco come mi comporto quando provo qualcosa per una donna.»
Rischiò di rovinare a terra quando Koala gli saltò in braccio, circondandogli il bacino con le gambe e riavventandosi sulla sua bocca, sempre più famelica. La afferrò saldamente per i fianchi e fece due passi indietro per ritrovare l’equilibrio, solo per schiantarsi con un tonfo contro l’armadio.
Ci si appoggiò per caricarsela meglio in braccio mentre lei stava già armeggiando con i bottoni della sua camicia, le dita impazienti e tremanti e vogliose di strappare tutto e al diavolo il resto.
«Non parlavo del caffè l’altro giorno.» sussurrò ansante Koala, quando si separarono pochi millesimi di secondo per invertire la posizione dei loro visi.
«Lo so.» annuì Law prima di posare una mano sulla sua nuca e attirarla di nuovo a sé.
«E i miei pancake non sono pessimi.»
«Sì, invece.»
I boxer e i pantaloni tiravano sempre più insistenti e Law sentì distintamente che stava per raggiungere il punto di non ritorno, la piccola stanza già bollente nonostante non avessero ancora iniziato.
E non sapeva nemmeno se avrebbero iniziato, in realtà. Lui la voleva da morire, da settimane ormai. Era stato uno shock rendersene conto ma lo aveva gestito come sapeva gestire tutto nella propria vita. Tutto tranne lei.
Ma il fatto di volerla così tanto non significava che le avrebbe forzato la mano, non l’avrebbe fatta sentire in obbligo, non avrebbe…
«Law?»
Sollevò prontamente il capo dal suo collo liscio e profumato, cercando i suoi occhi con i propri, già pronto a dirle che capiva, che avrebbero aspettato quanto voleva lei, che non c’era nessun problema.
«Sbrigati se non vuoi che ti strappi la camicia, per l’amor del cielo.» ordinò in un misto di impazienza e desiderio che lo lasciarono interdetto per un attimo.
Poi Law si staccò dall’armadio per raggiungere il letto e adagiarci Koala, prima di finire di togliersi la camicia con lentezza esasperante, lasciandosi mangiare con gli occhi e provando a passare velocemente in rassegna tutto quello che aveva intenzione di farle, attività difficile in realtà se Koala si ostinava a guardarlo a quel modo.
E Koala si ostinava a guardarlo a quel modo e lui non riusciva a pensare a nient’altro, ragion per cui fu solo più tardi, parecchio più tardi, che con uno dei suoi ghigni storti, Law si ricordò delle parole di Sabo.
“Non vorrei essere al tuo posto.”
Girò il capo per osservarla. Osservò la sua coinquilina, partner, collega, amica, problema e donna, soprattutto donna, dormire serena sul suo petto e si sporse per darle un bacio tra i capelli.
Sì, era d’accordo. Se qualcun altro fosse stato al suo posto, non sarebbe andato a genio neanche a lui.  

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Capitolo 7
*** Routine 2.0 ***






 
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Trafalgar Law era un soggetto altamente adattabile.
Ben lungi dal non amare le sfide o dall'essere abitudinario, Law doveva però ammettere di essere geloso della sua routine mattutina. Routine mattutina che, da qualche tempo ormai, aveva subito qualche piccola ma fondamentale variazione.
Adesso, quando la sveglia suonava, dopo averla spenta, non doveva più alzarsi per controllare che Koala non facesse tardi perché ora gli bastava girarsi verso l’altro lato del letto per controllare che Koala non stesse continuando a dormire a imperterrita. E quando accadeva ci pensava lui a svegliarla.
Aveva imparato a rinunciare alla sua doccia mattutina, perché crogiolarsi tra le lenzuola con il suo corpo bollente schiacciato addosso era mille volte meglio per iniziare la giornata. E non importava se dovevano aspettare di essere alla B.N.W. per bere il caffè perché sebbene Koala continuasse a essere muta e omicida al mattino a Law ora bastava incrociare i suoi occhi per strapparle un lieve sorriso, mentre sbocconcellavano al volo i biscotti prima di uscire.
Certo concentrarsi sul lavoro, quando capitavano quelle giornate che più che da compilare scartoffie non c’era, risultava improvvisamente difficile perché Koala era una particella in moto perpetuo, incapace di stare ferma e, ogni volta che si muoveva, una zaffata del suo profumo lo raggiungeva e la cosa era alquanto distraente, persino per un tipo come lui che era abituato a stare concentrato anche nelle situazioni più impensabili.
Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere quando sarebbe arrivato il prossimo appostamento notturno, loro due soli. Ma se doveva essere sincero, non era come se la cosa lo turbasse o gli dispiacesse.
Trafalgar Law, a volte, non si riconosceva neanche più. Trafalgar Law era cambiato. Era diverso dal suo solito sé solo ed esclusivamente con lei ma ciò non toglieva che fosse un cambiamento e un cambiamento in meglio che gli piaceva.    
Era come se per la prima volta in tanti anni non si sentisse più obbligato a fingere e la cosa lo destabilizzava, perché spacciare per vero qualcosa che non lo era, era stato il suo lavoro per molto tempo. Ma Koala sapeva sempre come fargli ritrovare l’equilibrio, che fosse con una frase rassicurante, una battuta per farlo sorridere – ridere non era un’attività contemplata – o semplicemente uno sguardo.
Koala era il suo baricentro.  
Lo era anche in quel momento, mentre ruotava tra le lenzuola per voltarsi verso di lei e chiamarla piano, dopo aver spento la sveglia. Ma rimase con le labbra appena schiuse e non emise alcun suono quando si accorse, nel dormiveglia in cui ancora versava, che l’altra metà del letto era vuota.
Ora, a Koala la routine non piaceva e questo non era un segreto. Amava gli imprevisti, i cambi di programma improvvisi, le decisioni dell'ultimo minuto.
Ma che Koala fosse fuori dal letto prima del suo quarto d’ora canonico di risveglio, questo era un fuori programma alquanto strano, spiegabile solo con un imprevisto, come per esempio essersi svegliata alle cinque non poterne più di restare a letto ad aspettare l’alba, o con una decisione dell’ultimo minuto.
Law seppe di quale categoria si trattava e di che decisione dell’ultimo minuto si stava precisamente parlando quando sentì il chiasso che riecheggiava in tutta la casa dalla cucina.
Riappoggiò la testa al cuscino e inspirò profondamente per svegliarsi bene.
Era già la terza volta quel mese e si maledisse per essersi lasciato sfuggire una frase tanto infelice. Si rendeva conto che il momento non aveva contribuito ma se avesse immaginato di dare il via a quella mezza ossessione si sarebbe guardato bene dal parlare senza pensare persino in una situazione come quella.
Certo, avrebbe potuto approfittarne per fare la doccia ma si sentiva in parte responsabile e, anche se forse  suonava patetico, odiava svegliarsi senza di lei. Non gli piaceva l’idea di dover aspettare sera per un po’ di intimità, che fosse anche solo stare abbracciati dieci minuti tra le lenzuola.
Doveva porre rimedio a quella situazione, doveva trovare un modo per distrarla.
Riaprì gli occhi quando un’illuminazione lo colpì e ghignò storto, chiedendosi come avesse fatto a non pensarci prima. Anche perché per una volta che si alzava prima anche lei, sarebbe stato folle non approfittarne.
Scalciò via le lenzuola e si diresse scalzo in cucina, vestito solo di boxer e maglietta aderente. Non si soffermò nemmeno sulla soglia a verificare che Koala fosse effettivamente impegnata nell’attività che pensava lui, sapeva con matematica certezza cosa stesse facendo. Entrò e continuò a camminare a passo sicuro verso i fornelli, davanti ai quali Koala stava armeggiando con spatola e guanto, avvolta in una polvere di farina vanigliata.
Rapido e delicato, Law le sfilò la spatola e contemporaneamente spense il fornello sotto la padella, per poi avvolgerle il braccio intorno alla vita e sottrarla al piano cottura, sordo alle sue proteste.
«Law, no! Devo finire di cucin…»
«Koala non sei capace di fare i pancake.» le mormorò all’orecchio e la sentì fremere, nonostante il broncio che mise su all’istante.
«Se continuo a provare prima o poi ci riuscirò no?»
«Non è detto. È arrivato il momento di farsene una ragione.»
«Okay senti.» Koala si sfilò il guantone e si girò a fronteggiarlo. «Non sei costretto a mangiarli, non mi offendo ma fammi provare! Che ti costa?»
Law la fissò intensamente qualche secondo prima di chinare il busto e baciarla a labbra piene sul collo. Koala chiuse gli occhi e trattenne il fiato suo malgrado, aggrappandosi d’istinto alla maglietta di Law, altezza pettorali.
«Mi costa una doccia con te.» le rispose, sempre bisbigliando al suo orecchio.
Koala deglutì a vuoto, i pancake improvvisamente l’ultimo dei suoi pensieri. Lo fissò un paio di secondi interdetta e poi, tornata in sé lo stretto necessario a riprendere possesso delle facoltà motorie, girò intorno a Law e aprì lo sportello della colazione per estrarne un pacchetto di biscotti allo zenzero.
Prese due biscotti e ne ficcò uno in bocca a Law mentre lei sbocconcellava il proprio. Perché potevano anche essere giovani, belli e innamorati ma era pur sempre prima mattina.
Masticando a manetta, Koala lo prese per mano e partì decisa in direzione bagno, lasciandolo andare a pochi passi dalla soglia solo per portarsi avanti e cominciare già a sfilarsi la canotta di cotone che usava per dormire. Law la imitò, marcandola stretta, con un sorriso soddisfatto e malizioso sulle labbra.
Sì, Trafalgar Law non era affatto un tipo abitudinario, mai stato.
Da quando viveva con la sua partner, collega, amica, problema e donna era dovuto diventare ancora più bravo a far fronte agli imprevisti e a cambiare spesso la propria routine.
Ma mentre si esponeva al getto caldo e rigenerante della doccia con Koala tra le braccia, Law si sentì piuttosto certo che quell’abitudine avrebbe fatto l’impossibile per non abbandonarla mai.         











Angolo dell'autrice: 
Capitolo di una non-lunghezza spaventosa e siamo giunti alla fine anche di questa raccolta che ci ho messo un millenio a finire.
Una storia su cui sono stata indecisa per tantissimo tempo, anche mentre la pubblicavo ma che non ho mai perso la voglia e il divertimento di scrivere anche grazie a voi che l'avete seguita e soprattutto grazie all'appoggio di Luna, Anna, Daimler, Jules e Momo.  
Grazie di cuore a voi tutti e un saluto. Ci vediamo alla prossima! 
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