Love is a Business...for a Green Card

di AirDust
(/viewuser.php?uid=804457)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Capitolo I
PREMESSA

Come al solito la premessa è doverosa, soprattutto in questi casi.
Per questa storia, mi sono volutamente ispirata al film Ricatto d'Amore (con Ryan Reynolds e Sandra Bullock. Favolosi!). La storia è la medesima ma i personaggi sono sempre i "miei" (che posso dire? Mi sono affezionata ç___ç. Li amo troppo!)
Ergo: Emilia Clarke nella parte di Selene Blain e Chris Evans nella parte di Colin Dane. Nella mia storia, però, i ruoli saranno invertiti quindi vedremo Colin nei panni dell'editore e Selene in quelli dell'assistente. Enjoy!


~Selene

«
Uhhhmmm...» mormorai in un mugugno rilassato, facendo schioccare un paio di volte la lingua sul palato mentre andavo ad aprire gli occhi. In realtà ne aprì uno solo, troppo presa da quello strano senso di rilassatamento, che mi pervadeva. Inspirai profondamente dalle narici, stiracchiandomi nel letto mentre spostai i capelli all'indietro con una mano. L'occhio mi cadde sul comodino
«..Perché la sveglia è ferma?
» me lo domandai da sola, ad alta voce, andando ad afferrare l'orologio, così da poter girare le lancette e controllare che il problema fosse dovuto alle pile scariche. Il telefono in quel momento vibrò.
Misi da parte la sveglia e tolsi il blocco tasti. Sbiancai e sgranai gli occhi: erano le 08.30 del mattino. Alle 9 dovevo essere in ufficio, che distava venti minuti di metro, senza contare che dovevo prendere il caffè per lui: Colin.
«CAZZO!» esclamai, fiondandomi di fretta e furia in bagno, giusto per lavarmi velocemente la faccia e i denti, raccattando qua e là alcuni vestiti. Il telefono vibrava ancora: 5 Messaggi.



Forse Ritardo.
Non ho mai letto parole così belle da un uomo, soprattutto da uno come Colin: tutti quanti lo reputavano un cinico bastardo, senza sentimenti, incapace di provare qualsiasi emozione diversa dall'assoluta convinzione che lui ha sempre..ragione.
Non mi persi in troppi fronzoli, comunque, e dopo aver recuperarato qualche vestito decente ed essermi data una veloce sistemata ai capelli, mi fiondai fuori di casa, infilando velocemente quel paio di ballerine mentre mettevo le decoltè in borsa. Di certo, non mi sarei messa a correre per lui con i tacchi in una città come New York. Dovevo essere comoda, infondo.
Corsi così verso la metro e dopo ben venti minuti di eterna agonia, in cui continuavo ad osservare l'orologio con una certa ansia, uscì fuori come un fulmine, risalendo a due a due i gradini, per fiondarmi dentro lo Starbucks più vicino, fortunatamente dal lato opposto della strada rispetto alla casa editrice. Aprì la porta e vidi..la CODA.
Sbiancai, non potevo permettermi di essere anche solamente un minuto in ritardo, visto che forse ero già stata graziata.

«Selene!
» mi sentì richiamare, verso il bancone e vidi la faccia sorridente di Andrew, un giovane ragazzo che lavorara lì da..sempre, oserei dire.
Mi fece cenno di avvicinarmi con una mano e tra sorrisi imbarazzati e di scuse verso quelli che, giustamente, erano in coda, mi avvicinai.
Tirai un profondo sospiro di sollievo mentre vidi Andrew passarmi i due caffelatte, che ordinavo ogni mattina.
«Grazie, Drew. Mi hai salvato la vita.» dissi allungando forse un po' troppi dollari, ma non mi importava. Dovevo andare a lavorare e sentivo il telefono vibrarmi nella tasca. Rivolsi un lieve sorriso al ragazzo ed afferrando in una mano entrambi i brick di caffè, uscì come un fulmine dal locale, feci lo slalom tra i taxy e le macchine poste sullo stradone e finalmente varcai la soglia della casa editrice.
«Lui c'è?» chiesi immediatamente all'addetto alla sicurezza mentre passavo a fatica il bedge. L'uomo ovviamente ridacchiò
«No ma..»
«Mi basta!» esclamai, fiondandomi di fretta e furia nell'ascensore, subito dopo aver timbrato il cartellino. Avevo il fiatone ed ero già stanca ma..sapere che Colin non era ancora arrivato, mi permise di entrare in ufficio con più calma.

Attraversai il corridoio, tenendo in entrambe le mani i due brick di caffè e la borsa appoggiata nell'incavo del gomito. Giunsi ben presto al bancone della reception, la postazione di Daisy.
«Ti è andata bene che è rimasto fregato. Alla 34esima stanno facendo dei lavori.» mi informò, portandomi a ridacchiare appena
«Lascia stare. Non sai che giornata che ho già pass...» BUM! Uno dei due brick di caffè mi si accartocciò addosso e proprio sulla camicia..bianca!
«..Scusami Sel!!!!
» disse Timmy, il ragazzo incaricato di consegnare le lettere in ufficio
Sollevai la mano con il brick accartocciato e da cui colava ancora il caffè «No.» sussurrai mentre un occhio si abbandonò ad un leggero tic nervoso. Ero sul punto di implodere lì, seduta stante, maledicendo Colin e il giorno in cui decisi di lavorare per lui.
«Devo andare ma..non è successo niente, dai!» disse Timmy, dileguandosi all'istante dalla mia vista. Lo avrei incenerito ma mi limitai semplicemente a stringere di più il bicchiere già deformato di suo dopo l'impatto, abbandonandomi ad un ringhio esasperato «Ci mancava solo questa!» esclamai, muovendomi come una furia verso la mia scrivania, gettando però il bicchiere ormai distrutto nel primo cestino a portata di mano.


~Colin
La giornata era iniziata bene, nonostante l'ingorgo sulla 34esima a causa di quei maledetti lavori in corso.
«Tom, ascoltami. Devi pubblicarlo, fidati di me..
» mentre entravo in ufficio, mi intrattenevo al cellulare, controllando di tanto in tanto lo schermo, per vedere se avevo ricevuto qualche risposta da Selene. Niente. Zero. In realtà lo facevo anche per evitare di assorbirmi tutte le esitazioni di Tom. Dio, quanto lo odiavo quando faceva così il prezioso.
«Tom. Tom, ti prego. Ragiona. Questa storia è fantastica! E' divertente, frizzante, coinvolgente ha anche quel tanto di dramma che basta, per farla diventare una storia di successo!» dissi nuovamente, alzando gli occhi al cielo, allo scoccare del tipico dling, che annunciava le aperture delle porte dell'ascensore.

Mi concessi un profondo respiro dalle narici, annuendo un paio di volte
«Va bene, pensaci. Ti richiamo, ora sono in ufficio.» conclusi, agganciando così il telefono mentre spingevo quella porta vetrata, che dava direttamente al bancone della reception
«Ci sono messaggi per me, Daisy?» dissi, senza guardarla in faccia, andando a controllare l'agenda sul mio smartphone «..No, non rispondere. Dov'è Selene?» solo adesso le degnai uno sguardo, giusto in tempo per vedere Daisy, posta dietro al bancone, allungare un indice in direzione del mio ufficio.
Le rivolsi un semplice cenno del capo in un gesto del tutto affermativo, ritirando il cellulare all'interno della tasca della giacca grigia che indossavo -un completo con tanto di pantaloni, camicia bianca, cravatta e scarpe eleganti- e varcai la porta del mio ufficio, trovando Selene, in piedi con in mano il mio caffè.

«
Buongiorno, Capo. Ha una conferenza tra mezz'ora» ecco perché l'ho assunta: non si perde mai in inutili chiacchere, fa il suo lavoro e..mi porta anche il caffè.
Annuì ripetutamente davanti a quel promemoria, afferrando così il brick di bevanda mentre andavo a raggirare la mia scrivania:

«Sì, lo so. Hai chiamato Scott?
» le dissi, concedendomi un sorso corposo di caffè, che deglutì poco dopo e lentamente «Uhm.» fu il mio unico commento positivo sulla bevanda, prima di mettermi seduto sulla mia bellissima e nuovissima poltrona di pelle.
«Sì, ha detto che la richiamerà per le 10:30» rispose Selene
«Ma alle 10:30 ho una riunione..»
«Non più, gliel'ho spostata a domani, visto che oggi è imbottigliato sulla 34esima a causa dei lavori in corso ed ha già altre riunioni più importanti, che richiedono maggiore attenzione..»
Ecco perché l'ho assunta.

Appoggiai comodamente la schiena contro lo schienale della poltrona, sollevando un sopracciglio verso l'alto e mostrandole un leggero sorriso piacevolmente colpito davanti alla sua professionalità.
«Ottimo. Oh, hai chiamato..come si chiama? Quella con i denti storti?» la incalzai, schioccando le dita di una mano a mezz'aria.
«..Kelly?» ipotizzò Selene, aggrottando la fronte in maniera perlessa
«Esatto! Lei!» confermai, appoggiando il caffè sul tavolo mentre saettavo lo sguardo su quella pratica che le avevo richiesto la mattina. Così la gente dovrebbe lavorare!
«Sì, l'ho chiamata e le ho detto che se non porta il manoscritto in tempo, non le darà una data di pubblicazione..» continuò Selene, ricevendo solamente qualche cenno affermativo del capo da parte mia
«Ah, Capo ha chiamato anche l'avvocato dell'immigrazione..»
Risposta sbagliata.

Sospirai: «
No, cambio di programma: chiama Scott e passamelo sulla linea 2. Annulla la mia presenza alla riunione: di pure che sono imbottigliato da qualche parte e..temporeggia con l'avvocato.» conclusi, sfogliando alcune pagine di quelle scartoffie, salvo poi fermarmi all'improvviso «Oh, sì chiama anche il comunicato stampa: Tom pubblicherà il suo manoscritto.»
«Davvero?!» chiese Selene con così tanto stupore, che si meritò un mio sguardo. In effetti le feci una panoramica dalla testa ai piedi, aggrottando però la fronte non appena i miei occhi si soffermarono sul suo busto
«E' nuova quella camicia?» le chiesi, mantenendo la fronte crucciata, prima di abbandonarmi ad un sospiro che sapeva tanto di non rispondere, non importa «..Comunque, no. Non ancora ma ci sto lavorando. Confido che Tom si deciderà presto, soprattutto quando ormai il comunicato stampa ne sarà praticamente a conoscenza» conclusi, ammiccandole con una certa intesa, prima di tornare alle mie scartoffie.
«Wow..Bel colpo.» concluse Selene, difficile capire se lo fece con sincerità o con sarcasmo.
Sospirai piuttosto pesantemente, afferrando il caffè mentre andai ad accendere il laptop:
«Quando vorrò i tuoi complimenti, te li chiederò» borbottai senza cattiveria ma con tono assolutamente esasperato per tutta la giornata che avrei dovuto passare. Non tanto per le conferenze, le riunioni o per Tom, quanto per quello stupido avvocato dell'ufficio immigrazione.

Mi portai il bicchiere vicino alle labbra, fermando il braccio pressoché a metà strada
«Aemh..» mormorai, spostando lo sguardo dal brick a Selene, che nel frattempo si stava muovendo verso l'uscita del mio ufficio «..Selene» la richiamai, mantenendo però lo sguardo sul mio bicchiere.
L'assistente si fermò improvvisamente, compiendo giusto un paio di passi indietro per tornare così a guardarmi
«..Chi è..» assottigliai lo sguardo, cercando di decifrare la scrittura «..Chi è Drew? E perché vuole che lo chiami?» non mi ricordava assolutamente nulla quel nome, in effetti, tant'è che feci ruotare il bicchiere verso di lei, mostrandole il nome, il numero e quel breve messaggio.
L'assistente non rispose subito ma mi bastò osservare il modo in cui arrossì all'improvviso, per poi sbiancare con la stessa velocità
«Beh, veramente quello era il mio caffè..
»
Sollevai un sopracciglio verso l'alto, non so dire se ero più colpito dal fatto che mi avesse detto la verità o che avesse osato darmi il suo caffè.
«E perché sto bevendo io il tuo caffè?» mi venne naturare chiederglielo.
«Perché il suo si è rovesciato.»
Sollevai entrambe le sopracciglia mentre contemporaneamente abbassai gli angoli della bocca verso il basso, mostrandomi visibilmente impressionato da tutta quell'onestà, che mi era stata mostrata. Mi concessi un altro sorso corposo ed attento di quel caffè, che trattenni per qualche istante in bocca, assaporandolo con attenzione, prima di deglutirlo.
«Quindi tu bevi caffelatte di soia amaro alla cannella..»
«Esatto..»
«Uhm..» mormorai, spostando ripetutamente lo sguardo da lei a quel caffè, poco convinto. Lo sa che non credo alle coincidenze.
«..Mi fa pensare al Natale ogni volta» aggiunse, forse per una semplice giustificazione o forse perché aveva intuito quel mio sguardo non proprio sicuro
«E' un caso che lo beva anch'io?» mi venne naturale farle questa domanda. Lo ammetto, un po' vederla entrare nel panico mi divertiva ma sapevo anche che era l'unica in tutti e 72 i piani dell'edificio, che avrebbe sopportato questo genere di pressioni da parte mia.
«E' incredibile ma lo è.» mi rispose concedendosi un profondo respiro dalle narici, prima di rivolgermi un largo sorriso. Il telefono iniziò a squillare, tant'è che la ragazza fu costretta ad indietreggiare nuovamente, continuando «Non berrei..Non berrei mai il suo caffè di proposito e solamente per paura cheilsuopossarovesciarsi....Pronto?! Ufficio del Signor Dane» rispose così al telefono, dandomi modo di apprezzare nuovamente quella "strana" situazione, che paradossalmente mi mise il buon umore. O forse era tutto merito del caffè.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Capitolo II
Capitolo II

~Selene
«..Non berrei mai il suo caffè di proposito e solamente per paura cheilsuopossarovesciarsi...Pronto?! Ufficio del Signor Dane»
Non ringraziai mai abbastanza Jack, l'uomo dall'altra parte del telefono, per avermi salvata da quel momento assurdo con il mio capo. Era già stato un miracolo l'aver convinto Dana a prestarmi la sua camicia..

«Dana! O la tua camicia o il licenziamento!» squittì nervosamente verso la mia collega, che era intenta a spulciare la rivista Man's Health
«Certa gente dovrebbero renderla illegale. Eccesso di manzaggine, guarda qui che muscoli..» mormorò, mostrandomi l'immagine dell'uomo "perfetto" scelto dalla rivista. Non avevo tempo, adesso, per pensare a tutti quegli addominali scolpiti e Dio solo sa a cos'altro.
«Danahhhh...» la supplicai, sventolando le mani a mezz'aria, guardandomi attorno nervosamente «Ti prego!»
Dana sospirò, chiudendo a malincuore la rivista e squadrandomi dalla testa ai piedi. Scosse appena il capo, facendo schioccare la lingua sul palato ripetutamente.
«Ti faccio l'abbonamento annuale alla rivista Man's Health. Hai cinque secondi per decidere: cinque, quattro, tre, due...»
«Andiamo in bagno!» fu la risposta affermativa della donna, che si mosse immediatamente verso la toilette «..Facciamo due anni?» fece una contro proposta all'ultimo, osservando la mia reazione con la coda dell'occhio.
Inspirai profondamente dalle narici e dopo una breve pausa, annuì:
«Se oggi non verrò licenziata, sì.» confermai, scambiando con la donna una stretta di mano decisa, atta a voler sugellare quel "patto", prima di entrare in bagno.

E così ci scambiammo la camicia, che mi permise di accogliere giusto in tempo Colin con il suo caffè, sopportando tutta quella serie di domande, fino a quella paradossale situazione, che fece scoprire ad entrambi la nostra "dipendenza" dal caffelatte di soia amaro alla cannella. Fortuna vuole, che Jack chiamò proprio in quell'istante.
«Oh, ciao Jack!» dissi, così da far capire a Colin chi è che lo stava chiamando, notando come il canadese, seduto sulla sua scrivania, mi fece un cenno negativo con le dita.
Aggrottai la fronte, non tanto per il fatto che Colin non avesse alcuna intenzione di parlare con Jack, lo sapevano tutti che tra loro non scorreva buon sangue, quanto per quello che mi disse:
«Va bene..Veniamo subito, allora.» conclusi, agganciando il telefono.
«Perché Jack vuole che andiamo nel suo ufficio?» chiesi al Dane, perché ero sicurissima che lui sapesse qualcosa. Di fatto mi rispose con un sorriso fintamente innocente e che sapeva tanto di non te lo dirò mai. Strinsi perciò le labbra, annuendo pacatamente con il capo, senza aggiungere altro, uscendo quindi dall'ufficio. Intercettai lo sguardo di Daisy, muovendo le dita della mano vicino alla gola, mimando quindi il classico gesto di "testa mozzata", per indicarle che Colin stava per uscire e che quindi sarebbe stato meglio per tutti se avessero fatto finta di lavorare.

Pochi istanti dopo apparve Colin, intento a riabbottonarsi la giacca mentre entrambi procedevamo verso lo studio di Jack.
«Allora...» esordì, cercando di rompere il ghiaccio «..Ha letto il manoscritto che le ho dato?» erano passate 3 settimane da quando gli avevo consegnato il mio manoscritto. Quello di scrivere un libro è sempre rimasto un sogno nel cassetto che finalmente dopo anni di studi -e soprattutto di lavoro per una casa editrice- poteva avverarsi..Se non avessi scelto proprio Colin come prima persona a cui far leggere il mio racconto.
L'uomo fece schioccare la lingua sul palato
«Giusto qualche pagina. Non mi ha entusiasmato molto.» disse sollevando appena una spalla con noncuranza
«Posso dire qualcosa?»
«No.»
«Dunque..» me ne fregai altamente dei suoi divieti. Sono una persona, una cittadina americana e come tale ho il diritto di parlare su qualcosa che riguarda me.
«..Cos'ha che non va? Ho letto centinaia di manoscritti e credo che dopo sette anni di lavoro qui e soprattutto con Lei...» sì, non gli risparmiai nemmeno quell'occhiata in tralice. Se dovevo essere licenziata, volevo farlo con un po' di stile.
«..So perfettamente come si scrive una storia. Di cos'ha bisogno affinché possa risultare appetibile ed...» mi accorsi che non mi stava ascoltando, perché la sua attenzione si focalizzò su Dana e sulla mia camicia macchiata di caffè che indossava al mio posto «..interessante per il pubblico.» mi sforzai comunque di terminare la frase, cercando di usare un tono più convincente possibile.
Colin sbuffò dalle labbra con sufficienza
«Pff, sbagliato..» disse, aggiungendo «..E comunque lo so che quella del caffè non è una coincidenza. Tu bevi il caffè che bevo io, per paura che possa rovesciarsi. Il che è piuttosto pietoso.»
«O stupefacente.» lo corressi, decisa a non dargliela vinta
«Sarebbe stato stupefacente se non l'avessi rovesciato, costringendo..» breve pausa «..Va beh, hai capito di chi sto parlando. La proprietaria della tua nuova camicia.» aggiunse simpaticamente, rallentando il passo davanti alla porta dell'ufficio di Jack «..Ora stai in silenzio. Qui ci penso io.»
«Seh.» risposi scocciata, varcando la soglia dell'ufficio di Jack a cui sorrisi per salutarlo, mettendomi infine zitta zitta in disparte così da lasciare entrare Colin

~Colin
«Ahhh..Il coraggioso Cavaliere con il suo paggio! Prego, entrate pure..»
Quanto odiavo Jack e il suo sarcasmo. Il finto uomo tutto sorrisi e carinerie, che non aspettava altro di fregarti alla prima occasione
«Jack.» risposi freddamente, non appena varcai la soglia del suo ufficio, che osservai con attenzione «Vedo che ti sei sistemato bene.» questo è sarcasmo, Jack. Prendi e porta a casa.
«Sì, molto bene» mi rispose compiaciuto e con un sorriso raggiante a trentadue denti.
Oh, Jack...
Strinsi le labbra tra loro, schiarendomi lentamente la voce, prima di aggiungere 
«Libera il tuo ufficio, Jack.»

Il gelo piombò improvvisamente in quella stanza. Con la coda dell'occhio vidi Selene ruotare il capo in mia direzione, sgranando gli occhi per la sorpresa. A Jack stava quasi per cadere una mascella. Io, invece, restavo del tutto impassibile.
«...Eh?!»  fu l'unico commento da parte di Jack, che mi portò a sospirare
«Ti ho chiesto mille volte di organizzare una conferenza stampa per Tom e non l'hai fatto» feci spallucce «Sei licenziato.» glielo dissi in un tono di voce più diretto. Forse così riusciva a capirlo.
Selene nel frattempo si mosse lentamente verso la porta, che andò a chiudere con calma così da rendere quel momento più.."privato", per poi tornare silenziosamente al suo posto. Perché non posso avere gente capace e competente come lei?!
Jack, nel frattempo, sbuffò appena dalle labbra, visibilmente confuso da quella situazione che non si aspettava di dover affrontare. Deglutì un paio di volte e sfarfallò le palpebre mentre cercava di trovare una scusa plausibile davanti alla mia decisione
«Ma te l'ho detto..Tom non era sicuro di voler pubblicare il manoscritto, figuriamoci fare una conferenza stampa!»
«Uhm.» fu la mia prima risposta, che mi portò ad umettare le labbra «E' strano perché gli ho appena parlato al telefono e mi ha detto di sì.» che poi non era del tutto vero, era un'altra storia ma sapevo perfettamente che quella della conferenza era la soluzione giusta per sbloccare un indeciso come Tom.
«..Cosa?!»
«Sapevo che avresti risposto così e questo mi fa pensare al fatto che tu non l'abbia mai chiamato..» sospirai sconsolato «..So che Tom non è un tipo facile, ma pensavo che lavorare per me ti avesse aiutato ad affrontare situazioni difficili.» mi concessi l'ennesimo respiro dalle narici, guardando per qualche breve istante Selene. A volte penso che lei sia l'unica persona in tutto lo stabilimento a meritare di essere qui. Dovrei darle un aumento.
Tornai con l'attenzione su Jack 
«Facciamo così: ti do due mesi di tempo per trovarti un altro lavoro e poi dirai che sei stato tu ad andartene, va bene?» domandai retorico, ruotando la testa verso Selene a cui rivolsi un sorriso che sapeva tanto di qui abbiamo finito, muovendomi infine verso la porta.

Uscii dal suo studio, seguito da Selene
«Cosa fa?» le domandai a denti stretti, in un tono di voce complice mentre continuavo a tirare dritto
«Fa avanti e indietro...Appoggia le mani sulla scrivania..Si afferra i capelli..» alzai gli occhi al cielo ed inspirai profondamente
«Dimmi che non sta uscendo..» mormorai verso di lei ma dentro di me, sapevo che l'uomo stava facendo esattamente quello
«TU!» esclamò Jack furioso, uscendo a sua volta dallo studio
«Eccolo..» borbottai, fermandomi definitivamente, chinando il capo per qualche secondo, prima di voltarmi lentamente «..Sì, Jack?»
«Sei solamente un cinico bastardo!» si sentì un ohhhhhhh! di stupore da parte dei presenti, che volente o nolente assistevano alla scena. Non dissi niente, optando per il silenzio così da lasciar sfogare del tutto il povero Jack
«Io lo so qual è il tuo gioco. Mi licenzi solamente per passarmi davanti, così da ottenere prima di me il posto all'interno del consiglio d'amministrazione!»
«Jack, ti prego..» mormorai, spostando lo sguardo verso tutti gli altri presenti che a turno abbassavano la testa, facendo finta di lavorare. Come se non lo sapessi che per loro, una scena simile, era quasi pari al ricevere un premio Pulitzer.

«Io lo so perché lo fai, perché tratti così le persone. Tu ti senti minacciato. Constantemente. Sei così insicuro di te stesso, che scarichi i tuoi problemi sugli altri, perché sei un fottuto bastardo, che non è in grado di farsi apprezzare da nessuno, perché tu Sei Mr. Nessuno! Nessuno che vuole esserti amico o che ti prenda in simpatia, o che ti reputi una bella persona! Sei triste e io provo pena per te.»
Serrai con decisione le mascelle, scaricando in quel gesto tutto il nervosismo che potevo mostrare, andando a prendere anche un profondo respiro dalle narici.
«Ascoltami bene, Jack...» esordì dopo qualche istante, concedendomi del tempo per non lanciarmi addosso a lui con il rischio di prenderlo a pugni «..Non ti ho licenziato perché voglio passarti davanti. Ti ho licenziato perché non svolgi il tuo lavoro come dovresti: sei inoperoso, incompetente, passi il tuo tempo su Youporn invece di lavorare ed inoltre non sai nemmeno chiamare Tom, per dirgli che vogliamo organizzargli una semplice conferenza stampa.»
«..» Jack schiuse le labbra, deciso a replicare ma lo fermai istantanteneamente
«E se dici un'altra parola, ti faccio sbattere fuori dagli agenti che Selene ha chiamato giusto in tempo..» e con un semplice cenno del mento, indicai i due uomini in divisa alle spalle dell'uomo, in attesa di un mio semplice gesto per poter agire.
«..Sei solamen..»
«Una sola parola, Jack. E io ti faccio sbattere fuori da una scorta armata. Selene e tutti gli altri ti riprenderanno con il cellulare, caricando infine il video su quel famoso sito internet..Qual era?» chiesi in un tono di voce fintamente vago, riferendomi però direttamente alla mia assistente.
«Youtube.» rispose Selene in un pigolio sommesso, ottenendo un sentito ringraziamento da parte mia con il capo
«Esatto. E' questo che vuoi?» domandai retoricamente, visto che sapevo che Jack non si sarebbe mai permesso di rispondere «Perfetto.» commentai infine, scuotendo leggermente la testa verso i due uomini in divisa, facendo bene intendere come non ci sarebbe stato bisogno del loro aiuto.
Mi concessi così un profondo respiro dalle narici e mi voltai semplicemente, dirigendomi nuovamente verso il mio ufficio. E anche questa era fatta.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo III
Capitolo III

~Selene
Non so dire come mi sentii mentre assistevo alla scena del licenziamento di Jack. Certo sapevo che l'uomo, nonostante tutti i buoni motivi che aveva per odiare Colin, aveva davvero esagerato nel parlargli in quel modo. Da un lato, tutto questo mi fece riflettere sul fatto che, effettivamente, oltre a lavorare cosa faceva Colin? Conosco la sua agenda a memoria, gli organizzo gli appuntamenti e rispondo alle sue telefonate e non c'è mai stata una volta che qualcuno chiedesse di lui, che volesse sapere come stava, che cosa faceva e dov'era. Qualcuno di importante, insomma.

«Fai in modo di liberare il suo ufficio come meglio credi. Prendi quella bellissima scatola di legno di sigari cubani, che tiene nella mensola; la voglio nel mio studio.» mi disse in un tono di voce tranquillo mentre entrambi ci dirigevamo nuovamente verso il suo ufficio
«Va bene» risposi in tono di voce sommesso, non osando aggiungere altro visto che la giornata stava assumendo una piega decisamente orribile
«Oh, e prendi anche tutti i suoi manoscritti. Li leggeremo questo week-end.»
Ma perché parlo sempre
?
«Questo week-end?» gli feci eco, anche se avevo capito benissimo, ero io quella che sperava tanto di essersi persa un pezzo. Colin rallentò il passo fino a fermarsi, aggrottando la fronte in maniera visibilmente confusa
«Sì, è un problema?» Sì, è un dannatissimo problema.
«No, è che è il compleanno di mia nonna, compie novant'anni e..» lo seguì con lo sguardo mentre riprese a muoversi, deciso a non voler ascoltare oltre le mie scuse
«..d'accordo non ci andrò!» mi corressi infine, restando ferma sul posto per qualche istante «Già..» mormorai nuovamente a me stessa e con il morale sotto ai piedi, tornai alla mia scrivania.

Mi sedetti sulla sedia, abbandonandomi ad un pesantissimo sbuffo. Passai entrambe le mani sul viso, facendole scivolare dagli occhi verso le labbra mentre lo sguardo si spostò immediatamente sul telefono. Come potevo dire ai miei, che non sarei potuta andare a trovarli dopo quanto? Tre mesi? Dio, era già passato così tanto tempo..
Alzai la cornetta e dopo essermi concessa un profondo respiro composi velocemente il numero. Squillava.

«Pronto?!»
«Ciao mamma...» fortunatamente trovai lei al telefono e non mio padre. Forse sarei riuscita a non rendere troppo tragica questa notizia
«Oh, oh. Che succede?» come non detto.
«Niente...»
«Selene.» mi si raggelò il sangue quando mia madre pronunciò il mio nome in quel tono di voce ben scandito. Deglutì lentamente quell'improvviso nodo che mi si era formato in gola, concedendomi un profondo respiro dalle narici, prima di riprendere a parlare
«Non posso venire nel week-end. Devo lavorare.» mormorai in un tono di voce basso, serrando con forza le labbra mentre chiusi gli occhi, pronta a ricevere una valanga di sensi di colpa addosso.
«Cosa?! No! E la nonna? Non hai pensato alla nonna?»
«Ma certo che ci ho pensato..»
«E' il suo compleanno!»
«Lo so e mi dispiace ma devo lavorare» e non c'era felicità nel mio tono di voce, che anzi si mostrava piuttosto dispiaciuto. Avevo bisogno di prendermi una pausa dal lavoro, non facevo altro da ormai tre lunghissimi mesi, quel week-end sarebbe stato il mio premio.
«E tuo padre? Si arrabbierà a morte!»
«Lo so.» Già.
Tra me e mio padre non correva buon sangue da quando decisi di trasferirmi qui, a New York. Anche davanti a quel ricordo, sembrava che fosse passata un'eternità.
«No, tu non lo sai! Tu non vuoi venire a causa di tuo padre, perché non vuoi vederlo e preferisci stargli lontano! Licenziati!» sospirai pesantemente scuotendo ripetutamente il capo
«No, no mamma. Ascoltami: devo lavorare ne ho bisogno..» le dissi, avvicinando maggiormente la cornetta vicino alle labbra, come a voler rendere ancora più privata quella conversazione, tant'è che mi ritrovai a sussurrare «...Devo farlo per la promozione. Ci sono quasi, manca poco..»

«Tuo padre è fuori di sè per il fatto che non chiami, come pensi che reagirà quando gli dirò che non vieni? Devi licenziarti!» lo ripetè nuovamente, in effetti l'idea del licenziamento era diventata una specie di mantra che mia madre non si risparmiava di certo dal ripetermi ogni due per tre. Sospirai e con la coda dell'occhio osservai lo schermo spento del computer, che rifletteva la figura di Colin in netto avvicinamento
«Lo so che papà è arrabbiato..» le concessi, serrando le labbra «..ma noi valutiamo ogni possibile risposta, perciò non si preoccupi: le faremo sapere.» conclusi in un tono di voce fintamente professionale, agganciando il telefono e voltandomi verso il mio capo, che nel frattempo si era fermato al mio fianco.
«Parlavi con la famiglia?» mi chiese, rivolgendomi un leggero sorriso accomodante. Credo di avergli fatto quasi pena.
«Sì.»
«Ti hanno detto di licenziarti?»
Sbuffai e sollevai gli occhi al cielo, annuendo ripetutamente
«Ogni singolo giorno.» risposi, venendo salvata nuovamente dal telefono che riprese a squillare. Non gli diedi nemmeno il tempo di replicare, visto che risposi immediatamente
«Ufficio del Signor Dane...Sì, va bene.» riagganciai il telefono, lievemente confusa, spostando l'attenzione su Colin «Jensen e Astrom vogliono vederla. Subito.»
Colin inspirò profondamente dalle narici, soffocando un mezzo ringhio sommesso e visibilmente poco entusiasta della cosa
«Uhmmm...Ok.» borbottò, aggiungendo «Vieni a chiamarmi tra dieci minuti.»
«Va bene.» gli risposi seriamente, perché sapevo davvero che non stava affatto scherzando. Lo seguì per un lungo momento con lo sguardo, prima di tornare a rispondere a quel maledettissimo telefono, che riprese nuovamente a squillare.

~Colin
Con veramente pochissima voglia di vivere, accolsi la notizia dell'incontro con Jensen e Astrom con un profondo sospiro. Non commentai nient'altro, allontanandomi semplicemente dalla scrivania di Selene, per dirigermi verso quel maledettissimo ufficio. Poteva andare peggio di così? Io speravo davvero di no.
«Buongiorno, signor Dane!» mi accolse Elisabeth, l'assistente personale
dei dirigenti dell'azienda, appostata nella sua scrivania proprio davanti all'ufficio. Non le risposi, tirando semplicemente dritto verso la porta, deciso a togliermi di dosso l'intera faccenda.
Aprii la porta, incrociando immediatamente i due che mi avevano fatto chiamare: «Frank, Ben.» li salutai con un lieve sorriso, richiudendomi così la porta alle alle spalle

«Buongiorno Colin» fu Ben a parlare, continuando
«Congratulazioni per Tom, è fantastico.»
Annuì ripetutamente
«Grazie, grazie, grazie..» forse il primo ringraziamento era sincero, gli altri erano delle semplici ripetizioni affinché mi permettessero di trovare le parole giuste per continuare «..Non vorrai darmi un altro aumento, mmh?» dissi ironicamente, abbandonandomi ad una lieve risatina nervosa.
Non mi piaceva quella finta atmosfera di calma e pace, sapevo che la bomba sarebbe stata sganciata di lì a breve. Di fatto Frank e Ben si scambiarono un'occhiata d'intesa dopo essersi lasciati andare a quell'inutile risatina, che venne interrotta nuovamente da Frank
«Colin, ti ricordi che avevamo deciso che non saresti andato al Congresso sulla Pubblicazione di un Manoscritto a Londra, perché non potevi lasciare il Paese dal momento in cui non avevi un visto?»
Porca puttana. Lo sapevo.
«Sì, certo.» mi limitai a rispondere, facendo spallucce con assoluta tranquillità
«E...sei andato lo stesso.» mi fece notare Frank, palesando piuttosto bene il fatto che non deve essere stata una delle mie idee più brillanti, ma tant'è
Annuì ripetutamente 
«Sì, ci sono andato. E questo mi ha permesso di conoscere Tom, come ben sapete.» puntualizzai, focalizzando l'attenzione su quella futura stella emergente, che io stesso avevo contribuito a far brillare ancora di più.
Frank inspirò profondamente, abbandonandosi infine ad un profondo sospiro sconsolato
:
«Al Governo degli Stati Uniti non interessa chi pubblicherà un uomo come Tom..» disse, concedendo un'occhiata d'intesa a Ben, che dopo un lungo momento di silenzio, continuò il discorso al suo posto
«Abbiamo parlato con l'avvocato dell'ufficio immigrazione..»
E che cazzo. Dalla padella alla brace.

«Bene! Allora siamo a buon punto è tutto sistemato!» dissi, facendo di nuovo spallucce come se la cosa effettivamente non mi interessasse ma nonostante stessi cercando di mantenermi tranquillo, dentro di me mi sentivo morire. Per una volta Colin Dane aveva paura.
«Colin..» riprese Frank, che nel frattempo stringeva tra le mani un foglio, su cui faceva saettare lo sguardo con una certa enfasi «..Il visto ti è stato negato.»
Il mondo mi crollò addosso di colpo. Sgranai gli occhi e schiusi le labbra con l'intenzione di replicare, ma tutto ciò che mi uscì in quel momento fu un misero
«..E q-questo c-che vuol..?» con tanto di balbettio sommesso ed incapacità di completare la frase
«Significa che verrai rimpatriato.» concluse, sollevando nuovamente lo sguardo dal foglio verso di me. Non potevo crederci: era solo un visto. Uno stupido pezzo di carta su cui c'era scritto: "Ehy! Puoi stare ancora qui!"
«Rimpatriato..?» non era una domanda vera e propria la mia, visto che avevo capito benissimo, è solo che speravo che si spiegassero meglio, di fatto alternai ripetutamente lo sguardo su entrambi.
«Esatto, perché temo che mancasse addirittura qualche documento, che non è mai stato consegnato per tempo.»  
Serrai con forza le labbra, abbandonandomi ad un lieve sbuffetto nervoso, che mi portò a sorridere onde evitare di scoppiare a piangere dalla disperazione
«Andiamo..!» dissi ricercando una sorta di complicità, passandomi  una mano sul viso, per poi andare ad accarezzarmi quello strato di barba spessa e curata, nella zona dei baffi e del mento «..Non vengo dalla Luna! Non ho due antenne da alieno al posto delle orecchie! Vengo dal Canada, Santo Cielo! Ci sarà pure qualcosa che possiamo fare...» dissi, nella speranza che almeno loro due avessero trovato una soluzione, perché per quello che mi riguardava, io non ne avevo.

«Possiamo ripresentare domanda..» disse Ben accomodante, aggiungendo
«..Ma per il momento dovrai lasciare il Paese almeno per un anno.»
Sollevai entrambe le sopracciglia e lo guardai con la classica espressione alla "mi prendi per il culo?!", sebbene quell'informazione mi arrivò addosso come un pesante pugno che mi colpì in pieno lo stomaco
«Ooook...» sussurrai in un primo momento, inspirando profondamente «Va bene, emh..Non..» deglutì, perché improvvisamente la mia gola diventò più arida del deserto «..Non sarà la scelta migliore ma con un po' di organizzazione, posso gestire tutto da Toronto.» conclusi, recuperando un po' di sana decisione e un minimo di buon senso. In effetti non sarebbe stata una passeggiata ma un anno passava in fretta. Frank e Ben fecero contemporaneamente un cenno negativo della testa e di nuovo fu Ben a continuare
«No, vedi Colin: se vieni espulso dal Paese e mandato a Toronto, non puoi lavorare per un'azienda Americana..»
«Troveremo un modo.» aggiunse infine Frank fiducioso, continuando «..Nel frattempo affiderò il lavoro a Jack Wright.»

Ok, questo non potevo accettarlo.
«Jack Wright? Il tizio..» mi veniva da ridere, anche se non c'era nulla da ridere, andando a indicare con un pollice la porta alle mie spalle «..Quello che ho licenziato stamattina?» Non poteva essere vero ma da come Frank risultò impassibile, capì che non stava minimamente scherzando
«Serve un Capo Redattore e lui è l'unico qui, a parte te, che abbia una certa esperienza» scossi il capo
«Non posso crederci..Ti prego, ti supplico..»
«Colin, noi vorremmo tanto che tu restassi. Se ci fosse un modo, un modo qualunque per sistemare questa faccenda, noi saremo felici di..»
E proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta. Era Selene, che timidamente sporse la testa all'interno dell'ufficio, prima di entrare completamente
«Buongiorno, emh..scusate l'interruzione..»
«Perfavore! Siamo in riunione!» sbottò Frank
«Che c'è? Che c'è?!» e io con lui. Era proprio un pessimo momento per venire a fare..il suo lavoro di assistente.

Per un attimo Selene si congelò sul posto ma riprese «Lo so, mi dispiace ma ha chiamato Sten, che ha chiamato a sua volta Desmond, che ora è al telefono..»
«Lo so, lo so..» aggiunsi, muovendo a mezz'aria una mano a cui feci compiere diversi giri, invitandola ad essere più veloce in quella sua esposizione. Non avevo tempo da perdere in ulteriori chiacchiere. Avevo problemi ben più grandi di cui occuparmi adesso, tant'è che spostai l'attenzione su di lei. La guardai attentamente e a lungo e fu lì, che realizzai che poteva essere davvero la mia unica speranza
«..E' in attesa. Gli ho detto che era già impegnato ma non mi ha voluto stare a sentire e perciò..» mi fece un cenno del capo, invitandomi così ad uscire.
In fondo il piano era questo: se entro dieci minuti non sarei tornato, lei sarebbe dovuta venire a salvarmi con una scusa.
«..Perciò..» mormorò di nuovo Selene, aggrottando la fronte, visibilmente confusa davanti a quel lungo sguardo, che continuavo a rivolgerle.
Sì, era decisamente un piano perfetto. Non che l'unico che avevo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo IV
Capitolo IV

~Selene
Ok, cos'è quello sguardo? Perché mi stava fissando in quel modo?
Non riuscivo a spiegarmelo ma sapevo, sentivo che c'era qualcosa di più. Mi bastava leggerlo in quegli occhi grigi come l'argento, per capire che Colin Dane stava architettando qualcosa. Qualcosa che, ovviamente, non mi sarebbe affatto piaciuto.
Deglutii lentamente, cercando di mandare giù quell'improvviso nodo che mi si era formato nella gola mentre osservavo Colin fare degli stranissimi cenni della testa
«Ergh..» mugugnò, concedendosi ancora qualche altro istante per osservare tutti i presenti ma riportò velocemente l'attenzione su di me 
«..hien, hui!» bisbigliò a bassissima voce, in un mormorio incomprensibile, che mi portò ad aggrottare la fronte e a scuotere appena il capo, dimostrandogli piuttosto platealmente come non avessi capito nulla.
Colin si concesse un profondo respiro dalle narici e muovendo solamente le labbra, a denti stretti aggiunse un imperativo "Vieni qui!". Annuii ancora confusa, decidendo infine di entrare nello studio, richiudendomi la porta alle spalle.

Il mio capo si concesse un altro profondo respiro dalle narici e dopo essersi umettato le labbra e sfregato con nervosismo le mani tra loro, riprese a parlare verso Frank e Ben «Emh..Signori, capisco che la situazione non è delle migliori e..» esordì, mentre tornò a voltarsi verso di me, guardandomi con ancora più nervosismo di prima, indietreggiando lentamente. Perché lo stava facendo?
«..E c'è una cosa..» si mise di fianco a me, rigido come un palo, sebbene cercasse in tutti i modi di risultare il più naturale possibile «..Di cui vorrei mettervi al corrente.»
Non mi piaceva. Non mi piaceva per niente tutto quel discorso che non aveva né capo, né coda. Non mi piacevano i suoi modi o il fatto che si fosse avvicinato così tanto a me. Troppo. Stava invadendo quello che era il mio "spazio vitale", tant'è che gli rivolsi un'occhiata interrogativa, chiedendogli proprio indirettamente che diavolo stesse facendo. Quando socchiuse gli occhi per tranquillizzarmi, capii che dovevo fuggire.
Colin si prese un altro profondo respiro, prima di riprendere
«Noi due..» esordì, indicandoci entrambi con un cenno vago della mano destra.
Che diavolo sta facendo con quella mano sinistra? Perché l'ha appoggiata sul mio fianco?
«..Stiamo per sposarci.»
Leva subito quella...COSA?!?!
Mi resi conto in ritardo di ciò che aveva appena detto, tant'è che sbiancai e schiusi la bocca, che non cadde solamente perché era attaccata alla mia testa.
«...»
Colin strinse la presa sul mio fianco, rivolgendomi un sorriso a trentadue denti, per poi rivolgermi un occhiolino d'intesa
«Già. Stiamo per sposarci!»
Mi sto sentendo male.
«..C-Chi s-sta p-per...?» anche dopo un lungo momento di silenzio, non riuscivo a parlare. Era impazzito. Del tutto. Ho lavorato per sette anni con un pazzo, che mi ha resa pazza a mia volta!
«Noi due!» rispose Colin, sempre con quel sorriso raggiante. Io morivo e lui rideva. Ecco come stavano andando le cose.

Spostai ripetutamente lo sguardo da Colin a Frank e Ben, che assistevano stupiti ed increduli tutta la messa in scena.
«Noi..» mormorai in un mormorio basso, senza forza. Mi mancava l'aria, sentivo le budella contercersi tra loro e avevo la nausea. Dovevo vomitare.
«Noi due.» confermò Colin al mio posto, sempre con quell'aria tranquilla, che mi avrebbe fatto salire su tutte le furie se non stessi cercando di trovare e mantenere la concentrazione necessaria, per non cadere a terra.
«Ci sposiamo....» sussurrai in preda al panico, deglutendo lentamente e a fatica
«Esatto!»
Perché continuava a confermarlo? Ditemi che è un sogno. Un incubo.

Frank e Ben si guardarono, visibilmente poco convinti della cosa
«Ma..non è la tua segretaria?» chiese Ben improvvisamente.
«Assistente.» lo corressi in un borbottio infastidito. Questo lo sentii e non potevo accettare di essere riconosciuta come una semplice segretaria. Non mi occupavo solo dell'agenda di Colin: facevo TUTTO, gli portavo addirittura il caffè!
«..Esecutiva.» precisò Colin, stringendomi maggiormente contro il suo fianco. Ancora lì stava quella mano?
Successivamente sbuffò appena
«Ma infondo che differenza fa? Segretaria, Assistente, Impiegata...Quello che conta è che ci siamo innamorati! Non sarebbe mica la prima volta che succede, no?!?» chiese conferma, ridacchiando nervosamente e cercando una conferma da parte di Frank e Ben, che erano ancora confusi.
Volevo morire e volevo che Colin stesse in silenzio. Non potevo sopportare oltre questa situazione in cui mi aveva cacciata ma conoscendolo, sapevo che non si sarebbe mai fermato e di fatto continuò
«Già. La verità è che io e Selene siamo due persone che lavorano insieme e che non avrebbero mai dovuto innamorarsi...Ma è successo!»
Scossi il capo
«No..» sussurrai
«Invece sì..» mi disse lui
mentre io continuavo a fare dei lievissimi cenni negativi con il capo «..Tutte le sere tardi in ufficio..I week-end alle fiere del libro..Capita.» concluse con noncuranza, facendo spallucce.
Ruotò la testa verso di me, mostrandomi un sorriso tirato mentre io gli avrei vomitato volentieri addosso. Non poteva essere vero. Non stava succedendo a me.

~Colin
Era GENIALE.
Credo di non aver mai avuto un'idea così brillante in tutta la mia vita! Non potevo farmi buttare fuori dal Paese, non così. Che avrei fatto per un anno interno? E soprattutto: Jack Wright Capo Redattore? Non scherziamo!
No, sposare Selene sarebbe stato il mio lascia passare. Lei mi avrebbe detto di sì, io avrei ottenuto la Green Card e tutti sarebbero stati felici! Lo ripeto: è geniale!
«Dunque: è tutto a posto quindi, vero?!» chiesi con un sorriso a trentadue denti
«Siete felici?» domandai, alternando lo sguardo da Frank a Ben, continuando «Perché noi lo siamo!» aggiunsi parlando anche a nome della mia assistente, che continuavo a sorreggere per evitare che cadesse a terra come un salame, di fatto la strinsi forte contro di me, chinando appena la testa sulla sua.
«Colin è...» Frank non riusciva a trovare le parole, occhieggiando nuovamente Ben «..Fantastico solo..legalizzato.» mi fece notare, sollevando la sua mano sinistra,così da mostrarmi la fede che indossava all'anulare. Mi sfuggii una risata divertita, che mi portò ad annuire davanti a quella precisazione altrui
«Giusto..Giusto..»
Cazzo.
«Beh, allora..» e tornai a guardare Selene, che nel frattempo aveva lo sguardo perso verso un punto non ben definito del pavimento, ancora incredula davanti a tutta quella situazione «..Direi che non ci resta nient'altro se non andare all'ufficio immigrazione a legalizzare tutto!» conclusi, scuotendo appena il fianco della ragazza, che lentamente trascinai con me verso la porta
«Grazie ancora Frank e Ben per il vostro tempo..» aprì la porta, spingendo delicatamente la mia assistente verso l'esterno, che sembrava priva di vita «..Sistemerò la faccenda al più presto!» conclusi, sorridendo ad entrambi prima di muovermi a mia volta verso l'esterno, richiudendo infine la porta.

Tirai dritto e con assoluta tranquillità verso il mio studio, passando attraverso il corridoio che costeggiava file e file di scrivanie e quindi di gente intenta a lavorare. Selene mi seguiva ed ovviamente non mi sfuggivano le occhiatacce incredule e scioccate che le rivolgevano, insieme anche a tutta una serie di sghignazzate sottobanco. A quanto pare, la notizia del nostro "finto" matrimonio, aveva raggiunto tutti quanti.
Entrai nel mio ufficio e Selene si occupò di richiudere la porta mentre io tornai seduto sulla mia comodissima poltrona di pelle, abbandonandomi ad un sonoro sospiro. Mi umettai le labbra ed aprii lo schermo del laptop, riprendendo tranquillamente a fare il mio lavoro...Se non fosse per il fatto che mi sentii, osservato.
Aggrottai la fronte e sollevando appena lo sguardo, incrociai quello di Selene, che era lì, davanti a me, immobile come una statua e visibilmente pallida in viso
«Che c'è?» le chiesi, tornando a lavorare. Uno dei due doveva pur farlo e solitamente l'avrei anche obbligata a levarsi dalla faccia quell'espressione confusa ma..capivo che era giusto darle del tempo per metabolizzare la cosa.
«Non capis...Che cos..?!»
«Respira. Conta fino a dieci e poi riprendi a parlare. Sai che non mi piace chi balbetta o chi è insicuro di sé.» commentai con quel tono di voce vago, mantenendo gli occhi puntati in direzione dello schermo del mio portatile.
Selene si passò entrambe le mani nei capelli e dopo essersi umettata le labbra, riprese
«Che è successo prima?!?»
«Rilassati, va anche a tuo vantaggio.» minimizzai, passando a controllare alcune scartoffie
«Come, prego???»
Sospirai
«Senti: volevano fare Jack Capo Redattore. Non potevo permetterlo.»
«Ma poteva permettere il fatto di doverci sposare?» mi chiese, scandendo perfettamente ogni singola parola, marcando soprattutto il tono alla voce "sposare". Fu in quel momento che mi fermai, alzando gli occhi così da incrociare i suoi
«Dov'è il problema? Aspettavi che lo facesse Drew su un bicchiere di carta?» feci schioccare la lingua sul palato e riportai l'attenzione sulle mie scartoffie. Lentamente Selene sembrava riacquistare un certo controllo su se stessa, che la portò ad impettirsi con un certo orgoglio.
«E anche se fosse? Sarebbe stato romantico.»
«Patetico.» la corressi
«Tu sei patetico.» sollevai di nuovo lo sguardo e riuscì a vedere il timore nei suoi occhi azzurri davanti a quell'affermazione forse un po' troppo ostentata. Davvero le facevo questo effetto? Paura?
«Visto? Litighiamo già come una coppia! Andrà bene!» la rassicurai rivolgendole anche un sorriso incoraggiante, appoggiando del tutto la schiena contro lo schienale
«E' illegale.» precisò nuovamente l'assistente, portandomi a ridacchiare in maniera divertita
«I terroristi sono illegali. Non i matrimoni e poi nessuno verr..»
«Colin.» mi richiamò per nome, fermando tutta quella serie di giustificazioni che avevo in serbo per lei «..Io non ti sposerò.»
Ah, qui ti volevo Sel.
«Invece lo farai.» precisai, appoggiando entrambi i gomiti sui braccioli della mia poltrona, così da intrecciare le mani sul grembo, godendomi letteralmente la scena con tanto di sorriso soddisfatto. Di rimando Selene incrociò le braccia sotto il petto, mostrandosi nuovamente orgogliosa.
«No, non lo farò.»
«Invece sì, altrimenti i tuoi sogni di ispirare milioni di persone con le tue storie, svaniranno.»
BOOM! Ti ho in pugno!
Ma non gongolai troppo, tant'è che dopo aver richiuso lo schermo del pc, mi lasciai andare ad un profondo sospiro, proseguendo:

«Ti dirò cosa succederà se io e te non ci sposeremo..» mi umettai le labbra, staccando la schiena dallo schienale della poltrona, per andare ad appoggiare i gomiti sulla scrivania, guardandola dritto dritto negli occhi «..Jack ti licenzierà non appena diventerà Capo Redattore. Garantito. Il che significa che sarai senza lavoro; ergo tutti quei caffè, gli appuntamenti cancellati, le trasferte all'estero, le notti insonni, le correzioni di migliaia di manoscritti saranno stati resi inutili e che il sogno di diventare a tua volta Capo Redattore è andato in frantumi...» sollevai entrambi gli angoli della bocca verso l'alto, rivolgendole nuovamente un sorriso da orecchio ad orecchio «..Tranquilla, passato il periodo necessario, divorzieremo ma fino ad allora, che ti piaccia oppure no, tu dipendi da me tanto quanto io dipenda da te.» conclusi, giusto in tempo per sentire il telefono squillare.
«Telefono.» glielo indicai, così da farle bene intendere che, per quello che mi riguardava, questa nostra conversazione era conclusa e che era giunto il momento di tornare a lavoro.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo V
Capitolo V

~Selene
Non posso crederci! Mi ha ricattata! Lo ha fatto davvero e per di più con un'ottima scusa!
Come? Com'è successo tutto questo? Che ho fatto di male? Ma soprattutto: ero davvero così manipolabile? Non avevo una risposta. Sapevo solamente che, in fondo, Colin aveva ragione. Non potevo gettare al vento quei sette lunghissimi anni di inferno, avevo un orgoglio da difendere, tant'è che andai insieme a lui all'Ufficio di Immigrazione.

C'era gente
«Uhm, credo che ci sia da prendere il numer..» mi voltai e vidi Colin partire spedito, in barba alla fila e alle persone che, prima di lui, stavano aspettando il loro turno. Sgranai gli occhi e subito lo seguì
«Colin!» lo richiamai, gridando a bassa voce mentre mi faceva cenno con la mano di sbrigarmi.
«C'è la fila.» gli feci notare piccata
«Seh, seh..» borbottò lui con tono di voce vago, passando davanti ad una signora a cui rivolse un semplice «Scusi, devo giusto chiedere un'informazione» seguito da un sorriso.
Si portò vicino al bancone, passando una cartelletta all'impiegato posto dall'altra parte
«Salve. Devo far convalidare le carte per un visto di fidanzamento.»
L'impiegato alzò un sopracciglio verso l'alto, in maniera visibilmente perplessa e nell'attimo in cui si mise a leggere quei fogli, il mio cuore smise di battere. Colin, invece, era tutto tranquillo e sorridente. Lo odiavo per questo.
«Signor...Dane?!» chiese conferma l'impiegato
«Esatto.» confermò Colin con l'ennesimo sorriso
«Mi segua, prego.» Aiuto.
Sgranai gli occhi e mi massaggiai lo stomaco, che riprese a contorcersi e a farmi provare quell'orribile sensazione di nausea. L'uomo ci condusse in una stanza, sembrava un ufficio, e ci disse di attendere. Chi o che cosa non ce lo disse.
Presi posto su una delle due poltroncine, poste davanti alla scrivania, anche Colin fece lo stesso ma..mentre io continuavo a guardare nervosamente l'orologio e a maledirmi per non essere stata più determinata nel mio "No, non ti sposo", lui estrasse il proprio smartphone, iniziando a giocare a chissà cosa.
«Devi proprio farlo adesso?!?» gli domandai esasperata. Ero tutta un fascio di nervi.
«..SEEEEEHHHHH!» esultò Colin, che probabilmente aveva appena vinto al suo stupido giochino, ignorando del tutto la mia domanda.
«COLIN!» sbottai mentre lui mi guardò stranito
«Cosa?!» mi chiese innocentemente. Lo avrei ucciso.
«E' da un'ora che aspettiamo»
«E quindi?»
No, davvero. Io lo ammazzo.
«E QUINDI?!?» gli feci eco inviperita, allungando le mani verso il suo smartphone, decisa a levarglielo dalle mani. Ovviamente lui fece resistenza.
«No! Il cellulare no!»
«Dammelo, Colin!» gli intimai mentre entrambi iniziammo a tirare verso di noi quel maledetto telefono. Sembravamo due rematori.
«No!!!» disse nuovamente, fino a quando qualcuno bussò alla porta, costringendomi a mollare la presa.
Rivolsi un'occhiata in tralice a Colin, che ebbe tuttavia il buonsenso di ritirare il telefono nella tasca della giacca mentre la porta si aprì: entrò un uomo all'incirca di quarant'anni, che ci occhieggiò ripetutamente e con davvero poca, pochissima convizione sul volto.
«Salve. Io sono il Signor Ledhan...» ed indicò con un cenno della mano la targhetta posta sopra la scrivania, che raggiunse poco dopo «Scusate l'attesa oggi è una giornata così piena..»
«Si figuri, anzi grazie per averci ricevuto comunque» disse Colin, continuando a mantenere quell'espressione assolutamente tranquilla sul viso. Possibile che la situazione non lo spaventava minimamente?
L'uomo si limitò a far schioccare la lingua sul palato, andando ad aprire un fascicoletto, che iniziò a leggere «Dunque, voi dovete essere Selene e Colin»
«Esatto.» confermò il mio capo con un sorriso raggiante, avendo anche il coraggio di rivolgermi un occhiolino d'incoraggiamento.
«Bene, avrei una domanda da farvi..» riprese Ledhan, umettandosi le labbra e incrociando a turno il nostro sguardo «..State commettendo una frode, per evitare che il signore venga espulso così da mantenere il posto di lavoro come Capo Redattore?»

Se non morii in quel momento, sapevo che non sarei morta mai più. Più o meno, ovviamente.
Guardai dritto negli occhi il Signor Ledhan, cercando di risultare assolutamente impassibile davanti a quella domanda e soprattutto a cercare di convincere me stessa a non spiattellare la verità. Lo sapevo, me lo sentivo che quell'ora di attesa non era una cosa buona.
Deglutii lentamente e a fatica mentre sollevai una spalla
«Ma no..è..ridicolo.» mormorai, schiarendomi appena la voce, pregando con tutta me stessa che Colin intervenisse in quel momento
«Pfff!» sbuffò il mio capo con sarcasmo, aggiungendo «Che stupidaggini! E questa dove l'ha sentita?»
Il signor Ledhan fece schioccare la lingua sul palato
«Beh, abbiamo ricevuto una soffiata telefonica di un..»
«Ahhh, è per caso Jack Wright?» lo interruppe Colin con una certa sicurezza nel tono di voce, che si mostrava anche un po' compatito
«Jack Wright.» confermò il Ledhan, portando Colin a guardami con un'espressione trionfante. Avevo paura quando faceva così. Non usciva mai nulla di buono da quello sguardo
«Vede..» riprese Colin, umettandosi le labbra e lisciandosi anche la barba all'altezza del mento, prima di continuare «..Mi dispiace così tanto ma Jack è solamente un ex impiegato davvero molto arrabbiato e che...è da sempre stato innamorato di Selene..»
COSA?!?
«..E sapere che lei non l'ha mai ricambiato e che adesso diventerà mia moglie..Insomma, non l'ha presa bene. Sono veramente dispiaciuto di questo.» richiusi le labbra, che probabilmente erano aperte da chissà quanto, riportando anche l'attenzione sul signor Ledhan, a cui rivolsi un timido sorriso e un cenno affermativo del capo, confermando di fatto l'assurda storia di Colin.
Ma il mio capo non si fermò qui, tant'è che preso dall'entusiasmo e da quella voglia di volersi sbrigare al più presto, aggiunse
«Perciò, ora che abbiamo chiarito e sapendo che lei ha sicuramente tante altre cose di cui occuparsi, le chiedo: cosa dobbiamo fare per rendere effettiva la cosa?»

Il signor Ledhan annuì, mostrandosi assolutamente d'accordo davanti a tale domanda. Per un istante, per un breve istante mi sentì meglio. Forse ce l'avremmo davvero fatta e saremmo riusciti
a lasciarci alle spalle tutta quest'assurda faccenda.
«Va bene. Mi permetta di spiegarle la procedura, allora..» si concesse qualche altro breve istante di pausa -giusto per farmi morire un po'- prima di riprendere
«..Per prima cosa: ci sarà un colloquio. Vi metterò in due stanze separate e vi farò delle domande su cose che si sanno dell'uno e dell'altra. In una coppia vera»
Perfetto. Questo potevo assolutamente farlo. Sapevo tutto di Colin, ogni minimo dettaglio e il resto che non sapevo, avrei potuto impararlo.

«Seconda cosa» riprese
in un tono di voce più secco, continuando ad attirare verso di sé il nostro sguardo e la nostra concentrazione. Dire che mi faceva paura, era dire poco. «Andrò più a fondo. Guarderò i tabulati telefonici, parlerò ai vicini e chiederò ai colleghi. Se anche solamente una risposta non combacerà, lei..» ed indicò Colin «verrà espulso dal Paese a tempo indeterminato. E lei..» ora puntò verso di me quell'orribile indice in un gesto del tutto minaccioso «..Bellissima signorina avrà commesso un reato punibile con una multa di duecentocinquanta mila dollari e una detenzione di cinque anni in una prigione federale.»

Ero fottuta e quell'uomo dietro la scrivania aveva capito tutto, perchè mi stava sorridendo
.
«Allora Miss Blain..» mi disse, rivolgendomi un leggero sorriso d'intesa «Vuole parlare un po' con me?!»
Ruotai lentamente il capo in direzione di Colin, che intercettò a sua volta il mio sguardo e..per un istante riuscì a cogliere in lui un'espressione di supplica. Ero davvero pronta a rischiare tanto per un uomo, che non ha fatto altro che rendermi la vita un'inferno in questi lunghissimi ed interminabili sette anni?
«Dunque?» chiese di nuovo Ledhan, in un tono scocciato. Serrai entrambe le labbra tra di loro, riportando così l'attenzione verso il federale
«Ergh..la verità..»
«..Sì??????» mi incoraggiò Ledhan
«La verità è che..» mi schiarì la voce «..che Colin e io siamo due persone che non avrebbero mai dovuto innamorarsi..» e riportai l'attenzione verso il mio capo, intercettando così il suo sguardo «..ma è successo.» e per un lungo momento continuai a guardarlo dritto negli occhi, fino a che non ripresi a parlare
«Ovviamente non potevamo dirlo a tutti, per via di una grossa promozione, che sto aspettando..» era un colpo basso e Colin se ne rese conto, visto il modo in cui le sue sopracciglia guizzarono improvvisamente verso l'alto ma..visto che lui aveva fatto le sue condizioni, era giusto che anche io facessi le mie.
«Una promozione?» chiese Ledhan, visibilmente incuriosito
«La tua?» fece eco Colin incuriosito, portandomi a ciondolare appena la testa
«Noi..» breve pausa «Noi..» mi corressi, marcando maggiormente il tono sul pronome personale, così da rendere piuttosto chiara l'idea che fosse stata una decisione presa da entrambi «..abbiamo pensato che sarebbe stato inopportuno, se fossi stata promossa Redattrice..» marcai nuovamente il tono, concedendo uno sguardo a Colin, che nel frattempo inspirò profondamente dalle narici
«Redattrice.» ripetè lui, portandomi ad annuire ripetutamente
«Esatto. Eravamo d'accordo entrambi su questo.» gli sorrisi, allungando così una mano che si appoggiò sulla sua, in un gesto fintamente amorevole e dolce. Sentì Colin stringere maggiormente la presa sulla mia mano, che mi scompose appena ma fortunatamente fu la voce del federale ad attirare nuovamente la nostra attenzione.
«E..le vostre famiglie sanno di questo amore segreto?»
«Oh beh, è impossibile. I miei sono morti.» disse Colin con una sincerità così disarmante da lasciarmi di stucco. «E non ho né fratelli, né sorelle.»
«Uhm. Anche i suoi sono morti?» chiese Ledhan verso di me, tant'è che schiusi le labbra, decisa a rispondergli ma Colin mi battè sul tempo
«Oh, no i suoi sono vivi e vegeti! Gli daremo la bella notizia questo week-end!» mi strinse nuovamente la mano «La nonna compie novant'anni, perciò..quale momento migliore per festeggiare, se non con tutta la famiglia riunita?»

Non aveva idea di quello che aveva appena detto.
«E..dove si svolgerà il tutto?»
«Ahm..Emh..A casa dei suoi genitori, vero?» mi chiese conferma, donando un'altra stretta alla mia mano
«E dove si trova?» il signor Ledhan divenne più insistente, tant'è che Colin iniziava ad innervorsi e lo capii dal modo in cui la sua mano iniziò a sudare e da come gli sfuggì una leggera risatina nervosa
«Oh! Ma perché parlo io? Avanti tesoro, dillo pure tu..» certo, perché lui non lo sapeva, ovviamente. Non sapeva proprio nulla di me.

Gli sorrisi, stringendo con forza la sua mano, tanto da far sbiancare le nocche
«Sitka.» risposi con un sorriso a trentadue denti
«Sitka!» rispose compiaciuto Colin e con un esagerato entusiasmo: si capiva che non aveva la più pallida idea di dove si trovasse..
«Alaska.»
«Alask....ahhh?!?!» eccolo qui. Non se l'aspettava.
«E andrete in Alaska questo week-end?» chiese il federale, portandomi a socchiudere gli occhi e ad annuire ripetutamente mentre la mano di Colin perse del tutto la presa sulla mia. Era fatta.   

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Capitolo VI
Capitolo VI

~Colin
Concludemmo quell'interminabile conversazione con il Signor Ledhan con la promessa che ci saremmo incontrati lunedì mattina alle 11 in punto, per intraprendere la prima parte del colloquio. Uscii sempre con la mia solita calma dallo stabilimento, risistemandomi la giacca, per poi decidere di riprendere parola
«Allora, il piano è questo: andremo in Alaska dalla tua famiglia e diremo a tutti che siamo fidanzati e che abbiamo intenzione di sposarci..» spiegai in un tono di voce assolutamente tranquillo a Selene, che come al solito mi seguiva in silenzio. E visto che non ne approfittò, continuai tranquillamente il mio discorso:
«..Prenota due biglietti con i miei punti Airlines, così almeno potrò far viaggiare anche te in prima classe. E ti prego: quando dico che voglio stare vicino al finestrino e lontano dalle ali, non dico di voler stare vicino al corridoio e sulle ali. L'ultimo viaggio a Francoforte è stato un disastro.» sbuffai appena risentito, andando ad estrarre il cellulale, che mi vibrò nella tasca. Lessi il messaggio, aggiungendo velocemente: «Oh! E se il volo è di notte, fa almeno che la colazione e la cena sia compre...perché non prendi appunti?» le chiesi infine, osservando il modo in cui Selene non mi stesse minimamente ascoltando, portandomi così ad interrompere il passo.
La donna aggrottò la fronte, serrando con forza le labbra tra loro:
«Dimmi una cosa: ma tu hai veramente capito quello che ha detto?»
«Cosa?» le domandai appena confuso ma dal modo in cui mi fulminò con i suoi occhi azzurri, capii che quella non era la risposta esatta «Ooooh!» esclamai poco dopo, annuendo ripetutamente «Ma certo! Certo! La storia della promozione? Ammetto che è stato geniale!»
«Dicevo sul serio. Rischio duecentocinquanta mila dollari di multa più cinque anni di galera. Questo cambia le cose.»
Astuta.
«Vuoi diventare redattrice?» le domandai ironico, sbuffando appena dalle labbra «No, non se ne parla.» ridacchiai divertito, tornando a messaggiare con il mio smartphone.
«Allora addio, tanti saluti.» mi disse con tranquillità ma sapevo che stava scherzando e nell'attimo in cui rialzai lo sguardo dal mio telefono vidi...la sua schiena.
«Uo, uo, uo, uo! Selene!» la richiamai, guardandomi attorno un po' confuso e terrorizzato. Non sapevo cosa fare: dovevo rincorrerla? Fermarla? Maledirla? Non lo sapevo ma più stavo lì a pensarci e più lei si allontanava da me.
«Arrivederci Colin. Buona rimpatriata è stato un piacere lavorare pe..»
«Va bene!» Cazzo.
Selene si fermò, ruotando lentamente il busto verso di me, in attesa che ripetessi. Mi conosceva troppo bene, sapeva benissimo che non sono un uomo che cede facilmente ai ricatti e soprattutto che ripete le cose. Ma questa volta era lei ad avere il coltello dalla parte del manico e io dovetti cedere per forza.
«Va bene..» mi sforzai di ripetere mentre cercavo il coraggio di andare avanti e di essere più specifico sul "cosa" ero disposto ad offrirle.
«..Redattrice. Va bene.» borbottai a denti stretti, sollevando però un indice «Se passeremo il week-end in Alaska e farai il colloquio con quelli dell'immigrazione, ti farò Redattrice.»
Selene restò in silenzio per un lungo momento, ascoltando con attenzione la mia risposta e la contro proposta, avvicinandosi di nuovo così da poter parlare faccia a faccia.
«E non fra due anni: subito.»
Odiavo quando faceva così. Ci sapeva fare.
«D'accordo.» le concessi ancora, perché l'unica cosa che volevo era terminare velocemente quella stupida conversazione.
«E pubblicherai il mio manoscritto.»
Porca puttana! Ma chi sei? Chi ho assunto? Eppure ha viso così..così...argh!!!!!!
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, che si allargarono visibilmente «Va bene, facciamo un diecimila copie e..» l'ultima parte la bisbigliai, quasi
«Ventimila copie. Prima edizione.» precisò Selene, sempre con quell'aria impassibile sul volto e quello sguardo che ricercava continuamente il mio. Mi sentivo con le spalle al muro e per un volta avevo paura di un'altra persona. «E diremo alla mia famiglia del fidanzamento quando voglio e come voglio. Ora chiedimi di sposarti.»

CHE COSA
?!?
Richiusi la bocca, accorgendomi forse un po' in ritardo del fatto che tutte quelle condizioni snocciolate con sicurezza dalla donna, mi avevano lasciato di stucco. Sfarfallai ripetutamente le palpebre e ridacchiai nervosamente
«Cos'è che devo chiederti?» l'avevo capito ma non ero disposto a cedere così
«Chiedimi con garbo di sposarti.» e non mi piacque il modo in cui mi rivolse quel sorriso da orecchio ad orecchio. Proprio no.
«Come sarebbe a dire?»
«In ginocchio..» e nel dirlo allungò verso di me la sua mano sinistra, che guardai per un lungo istante. Serrai con forza la mascella, scaricando un'evidente nervosismo, che mi portò a concedermi un profondo respiro dalle narici. Ritirai il cellulare nella tasca, abbandonandomi ad un ringhio sommesso mentre le afferrai la mano con una certa scocciatura
«Con G-A-R-B-O.» scandì la donna, portandomi a raccogliere tutto l'autocontrollo che avevo, per evitare di mandarla all'inferno. Ma io avevo dannatamente bisogno di lei e così, mandai giù quell'orribile rospo amaro e presa la sua mano, mi inginocchiai.
Che figura di merda. Come fanno le persone a farlo per davvero, Dio solo lo sa.
Racchiusi quella sua piccola mano fredda e pallida tra le mie, sollevando appena il mento così da incrociarne lo sguardo. Sospirai
«Vuoi sposarmi?» chiesi borbottando e senza trasporto mentre Selene tratteneva a sento una risata gongolante
«No.» sentenziò lei, aggiungendo «Dillo come se fosse vero.»
Io la odio.
Presi un altro profondo respiro, spostando lo sguardo attorno a noi dove già innumerevoli curiosoni assistevano alla scena e mi incoraggiavano con alcuni: "Avanti! Non vedi che sventola? Chiediglielo, forza!"
«Sentito, tesoro? Non vorrai farli attendere troppo, spero..»
«Zitta. Devo concentrami.» mormorai a denti stretti, trattenendo il respiro, che esalai con un pesante sbuffo dalle labbra e solo dopo aver intercettato il suo sguardo, ripresi:
«Selene..»
«Sì, Colin?»
Ti odio.
«Luce dei miei occhi. Amore della mia vita..Vuoi sposarmi?»
Pausa.
Dopo che mi ero inginocchiato e fatto filmare da dei perfetti sconosciuti, che senza dubbio metteranno il video su quel famoso sito internet -di cui non ricordo mai il nome-, aveva anche il coraggio di non rispondere.
Selene sospirò
lievemente sconsolata:
«Ok. Non ho apprezzato il sarcasmo ma va bene.» mi lasciò andare la mano
«Ci vediamo domani in aeroporto.» concluse, voltandosi e lasciandomi lì come un perfetto cretino. Schiusi anche le labbra con l'intenzione di replicare ma non feci nient'altro se non rialzarmi e ripulirmi la gamba del pantalone dal marciume del marciapiede.
Ricorda cosa c'è in gioco Colin. Solo questo.
Sì, doveva per forza valerne la pena.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Capitolo VII
Capitolo VII

~Selene
Strano ma vero quella mattina Colin non fu in ritardo come avevo immaginato, tant'è che dopo aver fatto i vari check-in e file varie, giungemmo su quell'aereo, che ci avrebbe condotto in Alaska. A casa.
Già..Inutile dire, che la notizia del fidanzamento non fu entusiasmante come mi aspettavo. Non che me l'aspettassi, in effetti.

«..E quindi mamma, dopo tutto questo tempo io e Colin ci siamo...avvicinati, già.»
«...»
«Sì..» deglutii, cercando di usare un tono di voce un po' più allegro ed adatto ad una futura sposa innamorata «Allora? Non...sei contenta, eh?» ma chi lo sarebbe? Stavo per sposare il mio capo, quello che ho maledetto per sette lunghissimi anni! E' uno shock anche per me, in fondo. Ma dall'altra parte del telefono non avvertii nient'altro che silenzio, che mi portò ad aggrottare la fronte
«Mamma ci s..?»
«COME SAREBBE A DIRE CHE TI SPOSI? E TRA L'ALTRO CON IL TUO CAPO??» ok, eccola qui la reazione che mi aspettavo e che mi fece allontanare il telefono dall'orecchio, per evitare di rimetterci un timpano, che era ormai seriamente danneggiato.
«Mamma non è così male, dai lui è..»
«..Uno stronzo?»
.
«No..»
«Allora un cinico?»
Beh, in effetti..
«No! Tu non...»
«"Io non" cosa, Selene? Oddio...»
«Cosa?!»
«Oh, no...»
«Mamma, parla! Che c'è?» dire che mi stava facendo salire l'ansia, era dire poco.
«Non sarai mica incinta, vero???!!!!??»
«...» a volte quella donna era scioccante! E di fatto impiegai qualche secondo di troppo a risponderle
«Oddio sei incinta!!!» esclamò in un tono di voce tragico, neanche le avessi ucciso il cane. Mi concessi un profondo respiro dalle narici e dopo aver sospirato pesantemente, recuperai le idee e le risposi
«No, mamma. Non sono incinta.»
Non ci ho nemmeno fatto sesso. E' solamente una finta per evitare che venga buttato fuori dal paese! Oh, giusto! E rischio anche duecentocinquanta mila dollari di multa e cinque anni di prigione.
Dall'altra parte sentii un sonoro sospiro di sollievo
«Meno male..
» disse mia madre in un tono di voce più che contento, aggiungendo poco dopo «Non che sarebbe stata una brutta notizia ma...»
«Lo so..» le dissi, annuendo ripetutamente anche se sapevo che non poteva vedermi
«E' solo che lui...»
«Sì, lo so.»
«Insomma con tutti quelli che ci sono, proprio con....Lui?!»
Eh. Proprio lui: Mr. Cinismo in persona.
Comunque dopo aver terminato la conversazione con mia madre, che ovviamente ha avvisato pure la nonna del mio fidanzamento con Colin, andai in aereoporto, dove appunto incontrai il mio capo ed insieme ci imbarcammo sul nostro volo.

Dopo che l'aereo fu decollato, estrassi dalla borsa -che tenevo sotto il sedile- il plico di domande che il Signor Ledhan ci aveva gentilmente "regalato" a fine incontro. Lo aprì e lo sfogliai un po' a caso.
«Ecco le domande, che ci faranno all'Ufficio Immigrazione alla fine di questo favoloso week-end..» dissi sarcasticamente, smettendo di sfogliare il documento, per concentrarmi nella lettura vera e propria di alcune domande, tant'è che continuai il mio discorso: «Ora, la bella è notizia è che io so tutto di te. La brutta è che tu hai quattro giorni per imparare tutto di me, quindi...» ma mi bloccai nell'esatto istante in cui mi vidi afferrare e togliere dalle mani quei fogli proprio da Colin, che mi rivolse la sua solita occhiata alla "mi pigli per il culo?"

Si concesse qualche secondo, per leggere a sua volta tutte quelle domande, andando infine ad alzare un sopracciglio verso l'alto, visibilmente perplesso
«E tu sei davvero in grado di rispondere a tutte queste domande?
» mi chiese scettico, portandomi a fare spallucce
«Inquietante, non è vero?» gli risposi con altro sarcasmo, guardando oltre la sua figura, per cercare di scorgere qualcosa dal finestrino ma dire che non vidi nulla era un eufemismo. Sospirai, decidendo così di focalizzare la mia attenzione verso il corridoio, lato in cui stavo, appoggiando il gomito sinistro sul bracciolo del sedile. Sentì Colin sghignazzare e dopo essersi schiarito la voce, tornò a guardare il documento
«Vediamo..» mormorò, facendo schioccare la lingua sul palato «Sì, dunque: a che cosa sono allergico?»
Sul serio voleva mettermi alla prova?
«Pinoli...» risposi con tranquillità, aggiungendo «..E all'intera gamma delle emozioni umane» sciorinai via, sventolando a mezz'aria la mancina con fare assolutamente vago, come se in fondo la sua apatia fosse qualcosa di scientificamente dimostrato e certo.
Colin si abbandonò ad una risata finta con tanto di «Ah-ah-ah sei davvero divertente.» andando a leggere nuovamente il documento
«Ahhh, eccone una bella: ho delle cicatrici, per caso?»
Sospirai appena
«Sono più che certa che hai un tatuaggio.»
«Oooh, ne sei più che certa..»
«Più che certa. Due anni fa chiamò il dermatologo per una seduta di Laser Q-Switch. Cercai "Laser Q-Switch" su Google e scoprì che..»
«..Rimuove i tatuaggi.» commentò lui, in uno strano tono di voce freddo, distaccato, concentrandosi fin troppo su quei fogli che teneva in mano
«Già, ma tu cancellasti l'appuntamento.» gli feci notare, riottenendo nuovamente il suo sguardo sul mio. Mi sfuggì un leggero ghigno divertito «..Allora com'è fatto?» gli chiesi curiosa, aggiungendo «E' una donnina succinta? Jessica Rabbit in una posa ammiccante? Un cuore circontato dal filo spinato?» non riuscì proprio a trattenermi dal punzecchiarlo in questo modo. Me lo meritavo, dopo sette anni potevo ottenere finalmente la mia rivincita.
Colin mi rivolse di nuovo un sorriso tirato, di quelli finti così come lo fu il suo tono
«E' entusiasmante per me vedere come sei davvero.»
«Grazie..Sarai costretto a dirmi a dove ce l'hai, lo sai?»
«No.»
«Lo sai che..»
«Ho detto no, basta con questa domanda..» mi disse mantenendo sempre un tono di voce basso e calmo, macchiato però della stessa freddezza mostrata sin dal momento in cui iniziammo a parlare di questo tatuaggio. «..passiamo ad un'altra. Oh, questa è carina: Dove abiteremo? Da te o da me? E' facile: da me.»
Aggrottai la fronte 
«Perché non possiamo stare da me?»
«Ma perché io vivo a Central Park West.» mi rispose, tornando a rivolgermi uno dei suoi sorrisi strafottenti, aggiungendo «E tu probabilmente vivi in qualche squallido bugigattolo con i bicchieri presi con i punti del supermercato»
Questa volta non risposi. Se prima mi mostrai spavalda e piena di sarcasmo, quelle sue parole mi fecero davvero male. Mi aveva appena insultata e lo aveva fatto senza rendersene conto o forse se ne rendeva conto ma non gli importava. Ciò che però mi fece salire ancora di più il nervoso, fu il fatto che mi dava fastidio che lui pensasse questo di me. Davvero mi importava così tanto la sua opinione?
«Signore e Signori, prego allacciatevi le cinture. Stiamo per iniziare la discesa su Juno.»

Colin aggrottò la fronte in maniera confusa mentre richiuse il documento e si allacciò la cintura
«Juno? Credevo andassimo a Sitka.»
«Infatti.» commentai secca, allacciando a mia volta la cintura
«E allora come ci arriviamo a Sitka?»

~Colin
Non. Ci. Posso. Credere. Mi ha spedito su un fottutissimo aeroplano da venti posti! Un catorcio di prima categoria, che forse non riuscirà nemmeno a portarci a Sitka!
Il viaggio peggiore della mia vita, pieno di turbolenze, che più volte mi portarono a prega...no, è vero: io non prego mai, quindi mi toccai semplicemente, cercando di non farmi notare troppo da Selene, che si godeva con assoluta tranquillità quel viaggio.
Inutile dire che nell'attimo in cui quel piccolo catorcio atterrò, tirai un profondo sospiro di sollievo. Selene scese per prima, visto che era più vicino al corridoio anche su quel piccolo ed inutile aereo ma questa volta -e solo questa- la seguii più che volentieri.
Tuttavia essendo la donna molto più minuta di me, sgusciò all'esterno dell'abitacolo molto più in fretta mentre io ebbi qualche problema con una donna anziana, intenta a scendere quei gradini metallici con una lentezza disumana...Sospirai e non appena ne ebbi l'occasione, la superai, muovendomi con passo tranquillo in direzione di Selene.
Mi aggiustai i capelli e sistemai il cappotto, lasciando modo alla donna di salutare la madre e la nonna
«Tesoro!!!
» esclamò infatti sua madre, stringendola con forza «..Che bello vederti qui!»
«Ciao mamma..»
«Così la soffochi, Elisabeth!» la voce della nonna, la signora Grace, si fece sentire, nonostante anche lei -come la nipote- fosse una persona minuta con capelli corti e bianchi, piuttosto voluminosi e un paio d'occhi azzurri, identici a quelli di Selene «..Vieni qui, nipotina mia!!»
«Ciao nonnina!» salutò anche lei, stringendola forte e per un istante restai...colpito. Tutti quei sorrisi, quegli sguardi contenti. Era da tempo, troppo a dire il vero, che non li vedevo.
«
..Papà non c'è?»
Davanti a quella domanda, nonna e madre si scambiarono un'occhiata d'intesa ma fu appunto Elisabeth a rispondere
«Argh, sai com'è tuo padre! Lavora sempre..»
«Suuu, non parliamo di lui!» intervenne Grace, aggiungendo «..Dov'è il tuo ragazzo?» chiese incuriosita, spiando con lo sguardo le varie persone che a mano a mano scendevano dall'aereo.
Selene si voltò, distendendo un braccio così da indicarmi mentre ormai rallentavo del tutto il passo
«Eccolo qui..» disse semplicemente, rivolgendomi un sorriso più che imbarazzato
«..Forse chiamarlo "ragazzo" non è del tutto appropriato» disse Grace, squadrandomi dalla testa ai piedi. Lasciai correre, cercando per una volta di sorridere nella maniera più gentile e naturale possibile
«Salve..»
«Ehy!!!!!» esclamò Elisabeth, distendendo entrambe le braccia, aspettandosi forse che l'abbracciassi ma..quello che feci fu semplicemente allungare la mano destra verso di lei, intenzionato a stringerle la mano. Solo quello.
«Lei è mia madre, Elisabeth.» disse Selene, facendo così le presentazioni
«Piacere.» replicai verso la donna, che nel frattempo aveva accettato la mia mano e che andai a stringere con sicurezza ma senza farle male, rivolgendole anche un lieve sorriso
«E lei invece è mia nonna, Grace.» e spostai lo sguardo sulla nonna, a cui andai nuovamente a porgere la mano
«Ciao, tesoro! Benvenuto..» percepivo esitazione nel tono di voce di questa donna "apparentemente" anziana «..Allora come preferisci essere chiamato? Colin o il Signore di Satana? Abbiamo sentito entrambe le versioni. Abbiamo sentito così tante versioni..»
«Sta scherzando!» intervenne Elisabeth, abbandonandosi ad una lieve risatina nervosa mentre io guardai Selene con uno sguardo strano. Ero davvero indeciso se incazzarmi oppure farmi una risata, il che è assurdo visto che, sostanzialmente, non mi interessa di ciò che pensa la gente di me. Ma allora perché la sua opinione mi importava?
Deglutii, sforzandomi di ridacchiare mentre raccoglievo le idee per dire qualcosa di sensato
«Ma certo emh..beh..grazie mille per avermi invitato questo week-end.»
«Oh, ma figurati! Sei sempre il benvenuto! Allora..direi che possiamo ritornare al forte!» esclamò Grace, rivolgendo così un'occhiata d'intesa a Selene, che insieme alla madre si mosse così da fare strada verso la macchina. Un viaggio interminabile e che io non vedevo l'ora di finire.

Dopo una
ventina di minuti di macchina, giungemmo nella cittadina di Sitka. Fortunatamente era una bella giornata e il clima non era poi così freddo come mi aspettavo, anche se comunque si faceva sentire.
Mi persi per qualche istante ad osservare la cittadina: le strade ben pulite, gente che entrava ed usciva dai negozi, che si intratteneva con le persone. E a proposito dei negozi, solo dopo qualche istante mi resi conto che tutti -e ripeto tutti- presentavano lo stesso identico nome: Alimentari da Blain. Supermercati da Blain. Fotografie da Blain...E guarda caso Blain era lo stesso nome trascritto sulla targhetta della borsa di Selene.
«
Selene..» bisbigliai alla donna, cercando di non farmi vedere né tanto meno sentire da Elisabeth e Grace, che stavano davanti. «..Selene!» provai di nuovo ma la ragazza era intenta ad osservare fuori dal finestrino con una certa concentrazione. Serrai con decisione le labbra e con un gesto deciso allungai la mano verso il ginocchio della donna, che strinsi con una certa determinazione. Selene sussultò ed immediatamente mi afferrò la mano, decisa a spostarla dalla sua gamba
«Ti prego, non riprovarci.» commentò, fulminandomi con lo sguardo e questo mi bastò per mollare la presa
«Non mi avevi detto degli affari di famiglia, tesoro...» le feci notare a denti stretti e con un certo sarcasmo.
«Probabilmente per modestia..» si intromise Grace, rivolgendomi uno sguardo dallo specchietto retrovisore con tanto di sorriso
«Ma davvero..?» commentai ironico, riportando l'attenzione su Selene, che nel frattempo mi rivolse un ghignetto furbo e soddisfatto
«E' che volevo essere certa che tu mi amassi anche se vivo in uno squallido bugigattolo con i bicchieri presi con i punti del supermercato, tesoro.»
Schiusi le labbra, deciso a ribattere, ma mi bloccai perché mi resi conto che non avevo nulla da dire. Mi aveva fregato! O meglio: ero stato fregato dalle mie stesse parole; inoltre proprio in quel momento la macchina si fermò nei pressi di un piccolo molo e tutta l'intenzione di replicare alla mia futura mogliettina, andò a farsi benedire non appena la vidi scendere dalla macchina. Sospirai, guardandomi attorno un po' confuso prima di scendere a mia volta:
«Ma..non dovevamo andare in albergo?» chiesi istintivamente e con lo sguardo rivolto verso Selene, che nel frattempo aprì il bagagliaio della macchina
«Oh, abbiamo cambiato programma!» esclamò Elisabeth, che era già scesa insieme a Grace «..La famiglia non sta in albergo ma a casa con noi.»
«..Fantasti...umph!» mi ritrovai bloccato dall'esprimere tutto il mio sarcasmo, nel momento in cui Selene mi gettò addosso il mio borsone di Prada con dentro parte dei miei vestiti, che abbracciai come se fosse un bambino. Mi ricomposi, guardando nuovamente Selene
«Che cosa?!? A casa TUA con la TUA FAMIGLIA le domandai retorico, in un tono di voce basso, ridotto ad un sussurro acuto come se stessi gridando a bassa voce. Selene fece spallucce, donandomi anche delle ripetute pacche sulla spalla sinistra mentre richiuse lo sportello della macchina
«Belli i tempi in cui erano solo i miei bicchieri presi con i punti del supermercato a farti accapponare la pelle, mmh?» sospirò «Andiamo.» concluse, muovendosi quindi verso la madre e la nonna, senza voltarsi indietro e costrigendomi così a seguirla.
Che cosa avevo fatto?!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Capitolo VIII
Capitolo VIII

~Selene
Ok, lo ammetto: evitai di dire a Colin che l'ultimo tratto di strada dovevamo percorrrerlo in barca, perché sapevo benissimo che non sapeva nuotare. Dopo che impiegò secoli per scendere quella semplice scala di legno del molo, gli gettai tra le braccia uno di quei giubbotti salvagente e salii sul motoscafo, posizionandomi davanti alla plancia di comando
«Tu sai guidare veramente quest'affare?
» mi domandò Colin piuttosto scettico, portandomi a sbuffare appena
«No, è la prima volta.» gli risposi sarcasticamente, rivolgendogli anche un sorriso da orecchio ad orecchio mentre girai la manopolina, che avviò il motore. Lo feci rombare per un paio di secondi, prima di indicare con un cenno del mento uno dei posti, su cui già mia madre e mia nonna si erano sedute.
«Pronti a partire!» esclamai, spingendo delicatamente e verso l'alto la leva del motore, che fece muovere in avanti il motoscafo. Decisi di fare un po' il giro largo così da mostrare un po' anche a Colin il posto..Ok, non è vero. In realtà lo feci solamente per attraversare delle piccole onde, che facero "saltare" il motoscafo, solo per godermi la faccia terrorizzata e bloccata del mio capo. Tuttavia, raggiungemmo ben presto un grosso scoglio, che si ergeva oltre la superficie dell'acqua e che nascondeva alla vista la nostra casa.
«Eccoci, qui. Siamo arrivati.» disse mia madre, indicando appunto la dimora a Colin, che prontamente osservò esterefatto. Era una grossa villa, divisa su diversi piani e da cui si poteva intravedere benissimo una veranda e un grosso porticato.
Colin sollevò entrambe le sopracciglia verso l'alto: 
«Quella laggiù è casa vostra?!» alzai gli occhi al cielo, abbandonandomi ad un profondo sospiro ma l'uomo non si interruppe «..Chi siete? Si può sapere?!» ma credo che si accorse della stupidaggine appena pronunciata nell'attimo in cui incrociò lo sguardo di mia nonna, che dal canto suo gli sorrise forzatamente, per poi andare ad incrociare il mio di sguardo e a mimare con le labbra la frase "Che il Cielo ci aiuti". Mi sfuggì una leggera risata, che lasciai scemare lentamente mentre iniziavo a far rallentare il motoscafo, avvicinandomi così alla passerella di legno di quel piccolo molo posta davanti a casa.

Scaricati tutti i bagagli, lasciai che mia madre e mia nonna si muovessero per prime lungo la passerella mentre io mi concessi qualche altro istante per armeggiare con il mio piccolo trolley. Sospirai appena, muovendomi a mia volta e lasciando che Colin si affiancasse a me
«Perché mi hai detto di essere povera?!» bisbigliò lui, occheggiando mia mamma e mia nonna, per evitare che sentissero
«Non ho mai detto di essere povera.» gli feci notare con un tono di voce vago e distaccato.
«Ma non hai neanche detto di essere ricca.
» puntualizzò lui, piccato.
Sospirai appena, alzando gli occhi al cielo 
«Io non sono ricca. I miei genitori lo sono.» ed in effetti era vero. Io non avevo nulla a che vedere con tutto..questo.
Colin ridacchiò con una palese ironia, scuotendo anche il capo «Ecco, questa è una cosa che dicono i ricchi. E..»
«CIAO SELENE!»
Fu la voce in coro di un gruppo di ragazze e ragazzi a farmi rallentare il passo e ad assottigliare lo sguardo, per cercare di scorgere qualche volto famigliare. Non mi ci volle molto, per capire che quelli erano i miei vecchi amici d'infanzia
.
«...Ehy...Ciao..» dissi timidamente sollevando appena una mano, prima di riportare l'attenzione su mia madre «Mamma..mi spieghi cosa significa?!?»
«Oh, ehm..» brutto segno. Brutto, bruttissimo segno. «..E' solamente una festa di benvenuto. Spero non ti dispiaccia..»
Sì, sì che mi dispiace. Avevo detto niente feste, niente incontri, niente di niente. Un week-end privato.
Schiusi le labbra decisa a replicare ma mia nonna si intromise
«Solo una cinquantina di amici e vicini!» che culo. «Sono tutti ansiosi di conoscerti! Andiamo!» questo lo disse a Colin, che di rimando sorrise forzatamente
«Che meraviglia..» commentò sarcasticamente, lasciando così allontanare mia madre e mia nonna, prima di tornare a guardarmi «..Un party?!»
«Perspicace. Beh, andiamo forza. Mia nonna è più veloce di te.» borbottai, tiando dritto lungo la passerella e lasciandomi così Colin alle spalle, senza nemmeno guardarmi indietro, certa ormai che fosse abituato a seguirmi dappertutto.

~Colin
Alla faccia del "qualche invitato", qui c'era una marea di persone oltre che di cibo. Fu in quel momento che mi resi conto che, peggio di così non poteva andare. Sia io che Selene lasciammo i cappotti e le valigie vicino all'ingresso, spinti dalla madre e dalla nonna a gettarci direttamente nella mischia. Fu tutto un "Piacere Colin", "Ciao, Colin", strette di mano e di presentazioni, che da lì al secondo successivo avrei dimenticato del tutto; più che altro perché non vedevo l'ora di fare quattro chiacchiere con Selene e non appena ne ebbi l'occasione, la trascinai delicatamente in disparte, fermandoci nei pressi di un piccolo tavolo su cui erano presenti bibite e qualche finger food, prevalentemente pesce.
«Senti un po', perché non mi avevi detto che eravate i Kennedy d'Alaska?!
» mormorai a denti stretti mentre continuavo a rivolgere sorrisi e cenni del capo verso emeriti sconosciuti e che speravo tanto rimanessero tali. Selene prese un piatto, iniziando a far sfarfallare le dita di una mano mentre si decideva a scegliere cosa mangiare
«E come potevo? Si è sempre parlato di te negli ultimi sette anni.» era troppo, davvero troppo, tant'è che le afferrai delicatamente un braccio, costringendola così da indirizzarla a guardarmi
«Senti time-out, ok? Basta con questa stupida Guerra Fredda. La gente deve pensare che ci amiamo e..» visto che avevo ottenuto il suo sguardo, decisi di mollare la presa sul braccio di Selene, per accarezzarlo con lentezza in un finto gesto amorevole. Più per scena, che per vera necessità.
Selene mi rivolse un lieve sorriso, macchiato ancora di un certo sarcasmo, mentre andò ad appoggiare il piattino sul tavolo
«Ma per me non c'è alcun problema, Colin. Posso fingere di essere innamorata di te..» e non mi piacque il tono di voce e lo sguardo che mi rivolse, tant'è che poco dopo percepì le sue mani sui miei fianchi, a cui si aggrappò delicatamente, alzando appena il mento verso l'alto così da poter continuare ad incrociare il mio sguardo. Mi irrigidì come un palo davanti a quel gesto, che non mi aspettavo e che mi portò a sudare freddo e a deglutire «..E' facile, no?!» aggiunse di nuovo, chinando appena la testa da un lato.
«S-Sì. Facile.» dissi poco convinto alzando le mani per adagiarle sulle sue spalle. Non era affatto facile. Mi sentivo schiacciare da un peso invisibile, un'orrbile sensazione di oppressione. Mi umettai le labbra e deglutì a vuoto, cercando di far fronte a quella sensazione di secchezza, che aveva pervaso la mia gola.
«Rilassati, Colin. Non ti mangio. Non sono come te.» mormorò la donna, avvicinando anche la testa vicino al mio petto, andando così ad appoggiarsi con una guancia, stringendosi appena. Il cuore stava letteralmente per uscirmi dal petto «Ma tu pensa!» esclamò Selene divertita, sollevando la testa «Ma allora ce l'hai un cuo..!»
«Selene!» si interruppe solamente nell'attimo in cui la voce di una donna, un'altra invitata, la richiamò. E io non la ringraziai mai abbastanza per questo. Non sono mai stato un uomo da abbracci e..ritrovarmi stretto tra le braccia di una donna è stata una sensazione che non provavo da un po' di tempo. Non che mi mancassero le donne, è la parte sentimentale quella che ho deciso di trascurare ed allontanare del tutto.
«Oh, signora Mcleod!» esclamò, staccandosi lentamente da me mentre io ne approfittai per afferrare un flute di champagne e scolarmelo tutto in un soffio.
«Signor Mcleod..» salutò anche il marito, distendendo appena una mano così da indicarmi «..Lui è Colin.»
«Piacere, molto lieto.» dissi ad entrambi, stringendo loro le mani e rivolgendo così un altro sorriso, sebbene ero ancora turbato dagli avvenimenti accaduti poco prima.
«Allora, cara mi sono sempre chiesta che cosa faccia un Redattore, sai?!»
«Già, me lo sono sempre chiesto anche io.» fu la voce di un altro uomo ad interrompere quel momento. Una voce grave e piuttosto severa. «Ce lo chiediamo tutti in realtà.»
Spostai l'attenzione su Selene e se prima vi era tranquillità e una sorta di strano divertimento nello sguardo -grazie a me- ora tutto ciò che riuscii a notare fu tensione. Anche il suo corpo si irrigidì e la sua espressione mutò rapidamente, diventando una perfetta maschera di cera.
«Ciao papà.»
«Selene.» le risposte, spostando immediatamente lo sguardo su di me. Non so perché ma il sorriso che mi rivolse quell'uomo non mi piaceva affatto «Lei deve essere Col.»
«Colin.» lo corressi immediatamente, in uno strano tono tranquillo, visto che riuscii a percepire una certa tensione nell'aria, andando anche ad allungare la mano verso di lui. L'uomo ricambiò la stretta, piuttosto forte a dire il vero ma non mi ci soffermai più di tanto
«Bob, piacere di conoscerti» si presentò
«Piacere mio» gli risposi con un altro lieve sorriso, andando a lasciargli anche la mano
«Allora, perché non ci racconti un po' cosa fa esattamente un Redattore, oltre che portare gli scrittori fuori a pranzo e ubriacarsi?»
Era una frecciatina?
Che diavolo voleva fare? Ferire me o Selene?
Fortuna vuole che fu la risatina dei Mcleod a spezzare quel momento e fu proprio la signora ad intervenire
«Mi sembra divertente! Non mi meraviglia che ti piaccia farlo, Selene.» cercò di convolgere nuovamente la donna, che era improvvisamente piombata in uno strano mutismo ma nemmeno questo riuscì a far schiodare Selene, che rispose alla Mcleod con un sorriso tirato
«Oh, no no no. Selene non è il Redattore..» intervenne nuovamente Bob «E' solo l'Assistente di un Redattore.» e il modo in cui marcò il tono sulla voce "assistente" non piacque nemmeno a me «Di Col, per l'esattezza. Lui è il Redattore.»
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e con un altro lieve sorriso aggiunsi un secco «Colin.» correggendo nuovamente quella finta svista del padre di Selene. Dire che ormai lo faceva apposta, era piuttosto evidente.
«Quindi..tu sei il capo di Selene.» dedusse il signor Mcleod. Tipo davvero sveglio, mmh?
Bob sorrise alquanto compiaciuto e sollevando appena il bicchiere verso l'alto aggiunse un semplice «Vado a rifare il pieno.» allontanandosi così da noi. Mi concessi un altro e profondo respiro dalle narici, spostando nuovamente l'attenzione su Selene
«Charmant..» le commentai in francese, certo che conoscesse il significato di tale parola ma la donna non rispose, limitandosi semplicemente ad annuire, prima di andarsene a propria volta seguendo così il proprio padre. Non la seguii, decidendo semplicemente di intrattenermi ancora per qualche istante con i Mcleod, così da lasciarle un po' di privacy, visto che era evidente che i due avessero un sacco di problemi da risolvere.  

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Capitolo IX
Capitolo IX

~Selene
Dopo quel bellissimo teatrino davanti ai signori Mcleod da parte di mio padre, decisi di seguirlo con passo deciso ed anche piuttosto inviperito.
«Grazie dell'accoglienza, papà.
» gli dissi sarcasticamente, fermandomi ed incrociando entrambe le braccia al petto, sicura del fatto che anche lui interrompesse quell'inutile sceneggiata. Di fatto si fermò, voltandosi lentamente verso di me
«Ma che ti aspettavi, Selene?» mi domandò in un tono che non ammetteva replica «Ti presenti qui dopo una vita con l'uomo che detestavi e che ora è il tuo ragazzo!»
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, che mi portò a sollevare gli occhi al cielo «Sono qui solo da un'ora. Possiamo aspettare un po' prima di tirarci i piatti addosso?» gli chiesi, visibilmente esasperata. Ero stanca. Tutto era successo troppo velocemente e sinceramente una discussione con mio padre era l'ultima cosa che avrei voluto affrontare.
«Non credevo che usassi la tua virtù, per una mediocre promozione..»
Ero scioccata. Davvero pensava questo di me?
Serrai con decisione le labbra con così tanta forza da farle sbiancare mentre scossi ripetutamente il capo. Incredula.
«Papà forse
non sai che quell'uomo lì..» e distesi appena un indice verso un punto indefinito della stanza, come a voler indicare Colin, anche se sapevo benissimo che non era presente, dando maggiore enfasi alle mie parole «..E' uno dei più rispettati Redattori della città.»
«Ti mantiene.» disse schifato mio padre, continuando «Tu l'hai portato a casa a conoscere tua madre.»
«Non è vero. Lui non mi mantiene affatto. Lui è il mio fidanzato.» gli risposi in uno strano tono di voce calmo e sicuro, come se credessi in prima persona a quelle parole. Ma la domanda è: ci credevo davvero?
Mio padre sollevò entrambe le sopracciglia per lo stupore, mostrandosi visibilmente incredulo «..Che hai detto?»
Già, faccio fatica a crederlo pure io ma ormai il danno è fatto.
«Hai sentito bene.
» gli dissi, sciogliendo le braccia dall'incrocio «Sto per sposarlo.» conclusi, rivolgendogli un ultimo sguardo prima di superarlo e lasciarlo così da solo davanti a quella confessione che gli avevo appena fatto. Ammetto che una parte di me lo aveva fatto per ripicca, per il semplice gusto di dimostrargli che ero esattamente come lui pensava che fossi: una pecora nera.

E così tornai nuovamente nel salone, piazzandomi al centro di esso con le mani unite mentre a turno guardai i vari presenti
«Signore e Signori ho un annuncio importante da fare!
» dissi in un tono di voce alto, così da poter richiamare a raccolta gli invitati affinché mi ascoltassero tutti quanti. «.Colin e io stiamo per sposarci!»
Beccati questa, papà.
Ovviamente dovetti fare i conti con diversi sguardi stupiti ed increduli. A mia nonna, ad esempio, stava per cadere la dentiera e sicuramente sarebbe anche svenuta se non fosse stata seduta sul divano. Spostai lo sguardo in giro ma non vidi traccia di Colin e così..
«Già! Ci sposiamo! Tesoro, dove sei?!» domandai in un tono di voce più alto, così da coinvolgere anche lui in quella scenetta, che non avevo intenzione di continuare da sola. Vidi sbucare Colin con la sua solita espressione da "che cazzo stai facendo?" a cui risposi con un semplice sorriso
«Oooh, eccolo qui..» avvisai il resto del "pubblico" e poi allungai una mano verso di lui, che sventolai in mia direzione, invitandolo così ad avvicinarsi «Coraggio, amore! Vieni, forza!» dire che Colin era confuso, era dire poco, anche se tuttavia si mosse lo stesso, portando i presenti ad applaudire. Io feci lo stesso
«Eccolo qui! Ma guardatelo! Non è bellissimo?!» chiesi retorica, spostando lo sguardo verso alcune amiche di mia nonna, che rivolgevano sguardi ammiccanti verso Colin. Ovviamente cercai di contenere una risata, serrando delicatamente le labbra.
Colin si avvicinò, mettendosi di fianco a me mentre ringraziava con cenni della testa e un sorriso tanto imbarazzato quanto tirato, i vari presenti che continuavano ad applaudire.
«Dobbiamo festeggiare!» gridò qualcuno, stappando una bottiglia di champagne ed iniziando così a riempire altri flute.
Ora era davvero fatta. Non si tornava più indietro.

~Colin
Rivolsi un lieve sorriso ad uno dei tanti invitati senza nome, che prontamente mi porse un bicchiere di champagne
«Grazie..» commentai semplicemente, attendendo così che l'uomo (o era una donna?) si allontanasse, prima di tornare a guardare Selene «..Quindi era questo il momento adatto per annuciare il fidanzamento?» le domandai in uno strano tono paradossalmente divertito. Quando la vidi annuire ripetutamente con una finta faccia angelica, mi sfuggì uno sbuffetto dalle labbra «Brava. Ottimo tempismo.» commentai sarcastico, concedendomi così un leggero sorso di champagne
«Selene...Ciao.» spostai l'attenzione verso un ragazzo. I capelli corti -di un colore biondo cenere- erano spettinati ed incorniciavano un viso dai lineamenti marcati e coperti da un leggero strato di barba, che gli sporcava il mento e parte delle guance e come ogni clichè che si rispetti, aveva anche gli occhi azzurri.
Selene voltò il capo, sollevando entrambe le sopracciglia per lo stupore 
«O mio Dio! Dreng?» domandò retorica, avvicinandosi prontamente per..abbracciarlo. Non so perché ma quel gesto mi fece stringere con un po' più di forza il flute di champagne che tenevo nella mano
«Che bello! Come stai?» gli chiese poco dopo, in un tono di voce sinceramente contento.«Non..non sapevo che ci fossi anche tu.» ammise lei, visibilmente imbarazzata
Il ragazzo fece spallucce «Argh! Forse tua madre voleva che fosse una sorpresa. Quindi..sorpresa!» ridacchiò appena, spostando lo sguardo verso di me «Comunque..dovresti presentarci, non trovi?»
No, non ho tutta questa gran voglia di fare la tua conoscenza, Mr Sorpresa!
Selene mi guardò a propria volta e visibilmente confusa
«Emh, certo lui è..»
«Dreng.» si presentò, allungando verso di me la mano destra, che andai ad incontrare e a stringere come avevo già fatto con altre persone
«Sì, ecco lui è il mio ex..» aggiunse ancora la donna, visibilmente a disagio
«Oh, beh. Piacere.» borbottai lasciandogli così la mano.
Anche Dreng risultò visibilmente impacciato davanti a questa situazione, che sicuramente non si aspettava
 «Beh, emh..Congratulazioni ragazzi.» mormorò sincero, prima di aggiungere «Allora, ditemi: mi sono già perso il racconto?»
«Quale...racconto?!» domandammo contemporaneamente sia io che Selene, visibilmente confusi davanti a quella domanda.
Dreng si lasciò sfuggire una leggera risata, guardandomi con aria complice 
«Ma come quale? Quella in cui ti sei dichiarato, no? Oppure lo ha fatto lei?»
Oh, cazzo. Ditemi che non l'ha detto davvero.
«Oh, il modo in cui uno lo chiede, la dice lunga sul suo carattere..» fu Grace ad intervenire, ancora seduta su quel divano poco distante da noi, rivolgendomi anche un occhiolino d'intesa.
«Sai, mi piacerebbe tanto sentirti raccontare come te l'ha chiesto, Selene. Ti va?» aggiunse Elisabeth, seduta al suo fianco.
Dì di no e scappa. E' una trappola!

Selene ridacchiò appena mentre io osservai i diversi cenni affermativi del capo di tutti gli altri presenti, che ovviamente non vedevano l'ora di ascoltare la storiella della buona notte. Se solo ci fosse stata.
«
Già..» disse Selene, che nel frattempo si concesse una pausa per raccogliere le idee mentre io..Io in realtà trattenevo a stento un ghigno piuttosto divertito. Ero davvero curioso di vedere che cosa si sarebbe inventata.
«..Sapete una cosa? In realtà è Colin che ama raccontare questa storia..» spiegò la donna mentre io smisi immediatamente di sorridere. Schiusi anche le labbra deciso a dire la mia, a fermarla in qualche modo ma Selene si allontanò lentamente «..Già, adora tantissimo raccontarla.»
E se prima ero io quello che rideva divertito davanti alla situazione imbarazzante in cui la ragazza si era cacciata, ora fu proprio Selene a ridersela sotto i baffi. Mi sfuggì una risatina nervosa mentre andai a sfregarmi le mani
«Ehehehe, bene..Ok, emh..Dunque..Da dove cominciare il racconto?»
Forza Colin, pensa! Sei un Redattore!
«Dunque emh...» cazzo, ero fottuto. E tutti quegli sguardi che avevo puntati addosso non mi aiutavano di certo e così decisi di concentrarmi unicamente su Selene «Sì, allora...Selene e io stavamo per..festeggiare il nostro primo anno di anniversario di fidanzamento..»
Ottimo Colin, vai di clichè! Guarda le vecchie come sorridono, sei sulla buona strada!

«
..Sapevo che Selene non vedeva l'ora che le chiedessi di sposarmi ma..la verità è che volevo tenerla un po' sulle spine. Capite?» domandai, cercando una sorta di conferma da parte dei presenti, soprattutto dagli uomini, che a turno annuirono ripeutamente e giuro che riuscii anche a sentire un "Astuto", cosa che mi incoraggiò a continuare:
«..Così le ho dato qualche imbeccata qua e là, perché non volevo che lo capisse subito. Volevo che restasse ancora un po' con il dubbio e così..»
«Ah, no. Non è esattamente così..» intervenì Selene «..Non è esattamente andata così.» lo ripetè, guardandomi negli occhi.
Serrai le labbra, mostrando la mia solita faccia fintamente angelica, prima di chiedere un semplice
«..No?» molto ironico.
«No. No..» rispose lei, guardando i presenti con un leggero sorriso sulle labbra «..Insomma delle sue imbeccate mi ero accorta, eccome. Colin è delicato come un elefante..» ridacchiò appena, coinvolgendo anche i presenti «Già. No, quello che mi preoccupava era che si fosse dimenticato di quella famosa scatolina..»
«Oooooh! La scatola che aveva decorato col decoupage..» beccati questa, Sel «..ritagliando tutte quelle tenerissime, piccole fotografie di se stessa. Sì..» e si percepì perfettamente un "Ooooooh!" intenerito dalla folla, mentre io tornai a guardare Selene, che nel frattempo si stava mordendo il labbro inferiore; indecisa se ridere o arrabiarsi dello smacco appena ricevuto e che mi spronò a continuare «..Tutte incollate sulla scatola. Che meraviglia.»

«
Sì..» rispose Selene, annuendo ripetutamente e continuando «..Ma la vera meraviglia è stata la sorpresa che conteva all'interno. Quando ho aperto quella scatolina un' esplosione di cuoricini rossi, tutti ritagliati con le forbicine dal mio tesoruccio..» e mi rivolse un finto sguardo interito, uno di quelli che si fa ad un cane, per intenderci «..si sparpagliarono tutti per terra, mostrandomi finalmente un grosso, enorme...»
«..Fico secco.» commentai, sospirando e annuendo più volte davanti allo stupore dei presenti «Niente anello.» commentai, facendo spallucce mentre a turno si sentivano dei "Cosa?" oppure dei "Come?", che mi portarono a scuotere lentamente il capo
«No..ma dentro quella scatola, sotto tutto quel ciarpame, c'era un bigliettino scritto a mano con l'indirizzo di un hotel con data e ora.» dissi, spostando lo sguardo su Grace «Un gesto da vero gentiluomo» e le ammiccai. Non so dire il perché, ma lo feci e da come l'anziana donna sospirò, capì di aver fatto centro e continuai «A quel punto, è ovvio che Selene pensò...»
«..Ho pensato che avesse un'amante.» completò lei, annuendo ripetutamente «Sì, è stato terribile per me, però...» e il modo in cui marcò il tono di voce su quel "però" non mi piacque affatto «..Sono andata lo stesso in hotel. Sono arrivata e ho bussato alla porta..» sospirò come se realmente stesse rivivendo quella scena «..ma era già aperta. E nel momento in cui l'ho spalancata, ho visto che era lì..»
«..In piedi.» precisai.
«..In ginocchio.» mi corresse Selene in un tono di voce pieno di trasporto e romantico
«..Da vero uomo.» commentai allora, in un leggero borbottio di sottofondo
«..In smoking su un letto di petali di rosa. Colin..» e mi guardò, allungando istintivamente una mano verso la mia, che afferrò con delicatezza «..Il mio dolce Colin, che ricacciava indietro quei teneri e piccoli singhiozzi. E finalmente, trattenendo le lacrime, ha ripreso fiato e mia detto: "Sel.."»
«Selenevuoisposarmi?Leihadetto:eccome!» conclusi di fretta e furia questo discorso, che si era prolungato per troppo tempo. Insomma addirittura che singhiozzavo? Ma per favore!

Per un lungo istante la stanza piombò in un improvviso silenzio, che venne interrotto -fortunatamente- poco dopo dalla stessa Grace:
«
Wow..questa sì che è una bella storia!» commentò, ricevendo anche l'approvazione di tutti gli altri invitati «..Ci vuole un bacio!» esclamò mentre qualcuno, a caso, iniziò a far tintinnare i bicchieri.
Sbiancai e Selene fece lo stesso, tant'è che ci guardammo per un lungo momento, fino a quando non spostammo l'attenzione sulle nostre mani, che erano ancora unite. Selene ridacchiò nervosamente
«No, dai...» borbottò imbarazzata, spostandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio
«Oooh! Andiamo!» gridò qualcun altro, continuando a far tintinnare i bicchieri e fu in quel momento che decisi di prendere in mano la situazione. Letteralmente.
«Va bene, va bene..Ecco qui!» esclamai, sollevando semplicemente la mano di Selene, che tenevo stretta nella mia e a cui donai un lungo bacio sul dorso.
«Ahhhhh! Ma cos'è quello schifo? Devi baciare mia nipote sulla bocca! Un bacio vero!»
Maledetta nonna. Non può accontentarsi di vedere Beautiful?
BA-CIO! BA-CIO! BA-CIO!
Partì pure il coro. Ottimo.
Selene sollevò entrambe le mani verso l'alto, lasciando così la presa sulla mia, in modo da mostrare i palmi ai curiosoni, in un gesto evidentemente arrendevole
«Ok! Ok!» disse, voltandosi così verso di me mentre io feci lo stesso «..Eccolo, eh. Pronti?» disse in generale, visibilmente impacciata tanto quanto lo ero io. Non avevo previsto una cosa simile, doveva solo essere una notizia di second'ordine non un affare di stato con tanto di conferenza internazionale.
In quel momento la mia gola era più arida del deserto, tant'è che mi costrinse a deglutire più volte. Perché ero nervoso? Non era la prima volta che baciavo una donna, infondo...Anche se quella donna era pur sempre Selene, la mia Assistente. E io non mischio mai lavoro e piacere insieme. E' una distrazione. E' sbagliato.
Nel mentre Selene si alzò appena sulle punte dei piedi mentre io abbassai il busto così da ridurre maggiormente le distanze ed agevolare la differenza di altezza che avevamo. Fu un bacio piuttosto rapido e rivolto più all'angolo della bocca che verso il centro. Una cosa spicciola e fuggitiva, della medesima durata di un battito di ciglia
«Ecco, ecco qui.» disse velocemente Selene, portando Grace a sospirare pesantemente
«Oooooh, Selene! E datevi un bacio vero!»
La ragazza arrossì visibilmente, umettandosi le labbra e tornando a guardarmi
«..Dai baciamoci, così la fanno finita.» mormorò verso di me e a denti stretti, in un sussurro basso che mi portò ad annuire.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e allungai entrambe le mani sui suoi fianchi, così da avvicinarla maggiormente verso di me. Di rimando, Selene appoggiò entrambe le mani suoi miei bicipiti, incrociando così il suo sguardo con il mio mentre, lentamente, abbassai il busto in sua direzione. Pochi istanti dopo e le nostre labbra si toccarono nuovamente, stavolta in un contatto più lungo, che mi portò a schiudere la bocca sulla sua e ad assaporarne il suo respiro. Non so perché ma aprì gli occhi, colto da una piacevolissima quanto strana sensazione, che in qualche modo mi impediva di staccarmi da lei.
Improvvisamente tutti i suoni nella sala svanirono: la gente, i loro sguardi, le loro richieste sparirono tutti e ci fummo solamente io e Selene. Non mi accorsi che quel bacio aveva preso una piega un po' troppo approfondita, che aveva coinvolto anche le punte delle nostre lingue, tant'è che mi staccai dalla donna, solamente quando mi sentì afferrare per una spalla
«Ehy! Vacci piano, amico! Così la consumi prima di sposarla!» era Dreng, che nel frattempo si abbandonò ad una sonora risata, che mi riportò letteralmente con i piedi per terra.
«Sì..» mormorai ancora confuso, guardando Selene, che d'altro canto era confusa tanto quanto me
«Però...» disse Grace compiaciuta, annuendo anche svariate volte «..Questo si, che si chiama bacio!» esclamò alzandosi in piedi dal divano per abbracciarci entrambi «Sono così felice per voi due!!!» squittì, stringendoci con forza mentre non potei fare a meno di chiedermi che diavolo era appena successo.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


Capitolo X
Capitolo X

~Selene
«Eccoci qui, questa è la camera.» annunciò mia madre, una volta aver aperto la porta della stanza, che varcai velocemente così da lasciare entrare anche mia nonna, seguita da Colin. La camera era posta al primo piano ed era decisamente spaziosa: la prima cosa che si notava, era l'immensa vetrata, che dava direttamente su un attico esterno con la vista direttamente sul mare. Sulla destra vi era una grossa mensola, con la relativa porta del bagno privato; sulla sinistra invece, oltre ad un piccolo divanetto posto di fronte ad un tavolino, era presente un letto matrimoniale alquanto spazioso.
«..Wow» fu il semplice commento di Colin, che si mosse proprio in direzione della parete-finestra «C'è una vista meravigliosa.»
«Qui c'è il letto!» esclamò Grace, indicando così il soggetto della propria frase, sebbene non ce ne fosse poi così bisogno. Decisi così di intervenire, visto che avevo già mille pensieri per la testa..In realtà ne avevo solamente uno: il bacio con Colin. Più non volevo pensarci e più mi ritrovavo a fare i conti con la sensazione piacevole della sua barba folta ma curata contro la mia pelle e sulle mie labbra.
«Allora, emh..dove dorme Colin?» chiesi immediatamente, serrando appena le labbra e spostando così l'attenzione da mia nonna a mia madre. Fu quest'ultima ad abbandonarsi ad una lieve risata
«Tesoro, non ci illudiamo mica che a casa non condividiate lo stesso letto..» ok, se prima il bacio con Colin è stato imbarazzante, sentire mia madre anche solamente alludere ad un contatto di tipo fisico tra me e il mio capo, mi fece accapponare la pelle. Non proprio in realtà, insomma nonostante tutto era anche un bell'uomo ma...perché ci stavo pensando proprio adesso? Scrollai appena il capo e mi abbandonai ad una lieve risatina nervosa:
«Ehh, già. In effetti dormiamo tutti..» intervenì Colin, sventolando a mezz'aria entrambe le mani ed in maniera confusa «..accuciolati.» borbottò un termine a caso, schiarendosi anche la voce, per poi aggrottare la fronte non appena si udì l'abbaiare di un cane. Era Kevin, il nuovo cucciolo di mia madre: un batuffolo bianco di taglia piccola e dolcissimo. Talmente dolce che scelse proprio la gamba di Colin come compagna per la vita «..Cos..?! Ehy, ehy, ehy! Questi pantaloni mi sono costati la bellezza di 300 dollari!» esclamò iniziando ad agitare la gamba e a guardarmi «Selene..!!!» mi chiese aiuto, in maniera piuttosto disperata e portandomi così a ridacchiare.
Fu mia madre ad avvicinarsi prontamente e ad afferrare quel batuffolo di cane:
«
Oh, Colin scusami! Scusami tanto! E' che l'abbiamo preso da poco dal canile e lo stiamo ancora addestrando.» spiegò la donna, ridacchiando mentre Colin sventolò una mano a mezz'aria
«Fa niente..» borbottò, risistemandosi così l'orlo dei pantaloni. Mia nonna Grace, alzò gli occhi al cielo, abbandonandosi ad un lieve sospiretto, prima di dire la propria: «Cercate solamente di fare in modo che non esca. Se no le aquile se lo portano via.»
«Il che non sarebb..uhmpf!» diedi prontamente una gomitata nel fianco di Colin, fermando così tutto quel suo borbottìo, che lo portò a tossire per finta, coprendosi anche la bocca con una mano chiusa a pugno.
Mostrai così un sorriso a trentadue denti, prima di tornare a guardare mia madre, che nel frattempo coccolava un po' il cagnolino
«Allora mamma..c'è tutto no?» chiesi retorica
«Oh, sì! Giusto, dunque se avete bisogno di asciugami o coperte in più, laggiù c'è tutto quello che vi occorre.» e con un semplice cenno del capo indicò un armadietto di legno scuro, in simil mogano, posto sulla parete opposta rispetto al letto. «Ora io e tua nonna ce ne andiamo a dormire. E' stata davvero una serata piacevole e molto lunga..» continuò in un tono accomodante verso Grace, che continuava a sorridermi e a mandarmi strane occhiatine d'intesa. Non starà mica pensando a...? Oh, Dio. Spero proprio di no.
«Buona notte, ragazzi!» dissero entrambe in coro, avviandosi così verso la porta
«Buona notte!» esclamammo anche io e Colin all'unisono, attendendo così di udire il suono della porta mentre si richiudeva, per organizzare il resto della serata.

~Colin
Per amor della "galanteria", decisi -e solo per quell'unica volta- di dormire per terra, lontano da Selene, sfruttando una delle diverse coperte presenti nell'armadio, così da creare una sorta di "materasso", sebbene restava decisamente scomodo. Nel frattempo Selene era in bagno, intenta a sistemarsi per la notte.
«Quindi...
» esordii, stendendomi a terra e mettendomi sotto una lunga coperta, intrecciando le mani sul petto e guardando prevalentemente il soffitto «...Era da un po' che non tornavi a casa, mmh?»
La voce della donna si fece sentire, nonostante fosse un po' distante, visto che si trovava ancora in bagno:
«Beh, sai com'è...Non ho avuto molte ferie negli ultimi sette anni...»
«Smettila di lamentarti...» borbottai, lasciando trapelare un leggero fastidio davanti a quella sua replica così sarcastica, che mi portò a sbuffare appena
«Emh...
» esordì Selene, aprendo appena la porta del bagno, così da controllare dove fossi e cosa stessi facendo «...Non guardare, ok?»
Che cos'avevo da guardare, poi? La conoscevo fisicamente, di che aveva paura?
«Ok...» risposi scocciato, osservando il soffitto
«H-Hai gli occhi chiusi?» mi chiese, aprendo un po' di più la porta, come se fosse pronta a scattare per i 100mt delle Olimpiadi
«Molto chiusi.» altro sarcasmo, ci mancava solamente che chiudessi gli occhi, insomma.
«S-Sei sicuro?»
«Sì. Molto sicuro.»
E dopo quel momento: nulla, silenzio; almeno fino a quando il leggero cigolio della porta del bagno non mi fece capire che finalmente Selene aveva deciso di uscire, muovendosi in punta di piedi, saltellando quasi, come se stesse camminando sui bracieri ardenti, per muoversi più in fretta verso il letto. E fu in quel momento che cedetti dalla curiosità e voltai il capo per guardarla con l'intenzione di seguirla fino a quando non avesse raggiunto il letto. E lì il ricordo del nostro bacio mi piombò addosso all'improvviso.
Restai a lungo a guardarla, letteralmente senza parole, mentre i miei occhi seguivano le curve del suo corpo, scivolando dai piedi, alle caviglie, a quelle lunghe gambe nude, coperte da un semplice paio di pantaloncini di seta e sopra un top dalle spalline fini, del medesimo materiale. Dio solo sa quali pensieri mi attraversarono il cervello, tant'è che la reazione del mio corpo fu abbastanza evidente, visto che mi portò a tirarmi su con il busto, per mettermi seduto ed evitare di mostrare quella...reazione.
Nel frattempo Selene sgusciò sotto il grosso piumino del letto, andandosi a coprire fino al collo
«Avevi detto che non guardavi...» borbottò contrariata, spostandosi all'indietro quella chioma di capelli castani, prima di aggrottare la fronte in mia direzione «...Ma hai intenzione di dormire così?!» mi chiese perplessa, puntualizzando con un indice il fatto che beh...ero a petto nudo.
«Mi piace essere comodo.» borbottai, facendo spallucce
«Siamo in Alaska, Colin...»
«Sì, beh sinceramente pensavo di dormire da solo in un albergo e non dividere una stanza con te...» sospirai piuttosto pesantemente, tirando quella coperta che andò a scoprirmi i piedi. Tanto per cambiare.
Selene serrò delicatamente le labbra tra loro
«Che ne dici di dormire, mmh?!»
«Grazie...» aggiunsi con un evidente sarcasmo, andando a stendermi e a rannicchiarmi per terra, tirandomi fin sulle spalle la coperta. Restai fermo per qualche secondo, poi cambiai posizione, sia perché ero scomodo sia perché c'erano quei fastidiosissimi raggi solari. Già, a quanto pare in quel periodo dell'anno in Alaska non c'è mai buio. Che bellezza. Continuai così ancora per un po' ma era troppo: non riuscivo a resistere
«Beh, credo che non riuscirò a prendere sonno con tutti questi raggi so-...» ma non feci nemmeno in tempo a finire la frase, che Selene -tramite il tasto di un piccolo telecomando- andò ad abbassare tutte le tende delle finestre e soprattutto di quell'enorme porta-finestra scorrevole.
Mi schiarì la voce, visibilmente imbarazzato, tornando ad adagiare la schiena a terra e ad intrecciare le mani sullo stomaco
«Grazie...»
Sarebbe stata la notte (o il giorno?) più lunga della mia vita e come se non bastasse, il pensiero delle labbra di Selene sulle mie, del suo respiro mescolato con il mio e il ricordo del suo gusto riaffiorarono nella mia mente. Tutti insieme.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


Capitolo XI
Capitolo XI

~Selene
Aggrottai la fronte, sinceramente infastidita, nel sentire lo squillo ripetuto del cellulare di Colin. Avevo passato una notte quasi insonne, il ricordo del bacio con il mio capo era riaffiorato nella mia testa in un pensiero alquanto insistente. Perché continuavo a pensarci? Era solamente un bacio. Era finto come tutta questa storia.
E se io mi girai comodamente dall'altra parte, affondando ulteriormente sotto il piumino, godendo anche di quella bellissima sensazione di calore, diversamente lo fece Colin, che si alzò di scatto, per mettersi seduto.
«Selene...!
» mi richiamò, in un sussurro basso ed acuto, come a non volermi farmi svegliare di soprassalto, sebbene ci avesse pensato lo squillo di quel telefono «Selene..!» riprovò una seconda volta, spostandosi quella coperta e tirandosi su, iniziando a girare per la stanza, cercando il proprio smartphone.
«Mmmmmmh...» mugugnai addormentata
«Il telefono! Dov'è?!» mi chiese sempre in quel sussurro acuto e strozzato
«Sedia. Tasca interna della giacca. Sulla destra...» mugugnai, rannicchiandomi ulteriormente sotto le coperte, disinteressandomi completamente di Colin, che sfortunatamente trovò quel maledettissimo telefono.
«Pronto?!? Pronto?!?» gridò a gran voce, passandosi una mano sul viso, prima di esclamare «Ooooh! Tom! Tom sei tu! Pronto?!?» si spostò nervosamente per la stanza mentre io affondai ulteriormente la testa nel cuscino. Possibile che doveva parlare proprio adesso?!?
«Merda, Tom! Qui prende malissimo! Dammi solo un minut-...»
«OH SANTA PACE, COLIN!» sbottai, afferrando uno dei mille cuscini presenti sul letto, che gli lanciai direttamente in faccia. E pensare che non presi nemmeno la mira: lo colpii in pieno, senza farlo apposta ma la cosa non mi dispiacque affatto.
Colin invece non fu dello stesso avviso, tant'è che dopo avermi incenerita con lo sguardo, si mosse a passi decisi verso il letto, salendoci sopra senza grazia alcuna e spostandomi tutte le coperte. In quel momento, a parte il freddo, ebbi davvero paura, oltre al fatto che ero ancora intontita dal sonno.
Mi distesi sulla schiena mentre gli occhi grigi di Colin si assottigliarono:
«Hai una vaga idea di quello che hai fatto?!?» schiusi le labbra decisa a replicare, spostandomi qualche ciocca di capelli ribelle dal viso ma l'uomo mi zittì subito
«Sai chi era? Lo sai? No, che non lo sai! Era Tom! Ma tu preferisci lanciarmi il cuscino e le tue stupide frecciatine sarcastiche! Io...» e si indicò il petto nudo con un pollice, per dare maggiore enfasi alle sue parole «...Dormo anche come mi pare, chiaro? Se voglio dormire in Alaska in mutande, lo faccio!»
Aggrottai la fronte, guardandolo in maniera perplessa visto che tutto quel suo discorso non aveva un minimo di senso ma decisi di non infastidirlo ulteriormente:
«Ok...» mi limitai a dire in un sussurro mentre Colin si umettò le labbra e sorrise in maniera nervosa
«Tutto qui? Ok?»
«Sì, è...ok. Nel senso: se vuoi dormire in mutande, io non ti dirò di non farlo, anche se siamo in Alaska...»
«Dannazione, Selene!» sbottò e in men che non si dica, mi ritrovai le sue labbra premute sulle mie. Di nuovo.
Sfarfallai gli occhi un paio di volte, aggrottai la fronte e dopo un lieve attimo di esitazione, ecco che nuovamente le nostre labbra si schiusero e le punte delle nostre lingue si toccarono in un bacio più approfondito. Il viso non fu l'unica parte di Colin che si avvicinò a me, seguì anche tutto il suo corpo, quel corpo scolpito ed allenato: dalle spalle larghe, che strinsi maggiormente così come strinsi le gambe attorno ai suoi fianchi.
Tutto ad un tratto il resto non importava più: il week-end, il fidanzamento, il finto matrimonio, il possibile fallimento di tutto questo piano assurdo; tutto passò in secondo piano, perché lì, tra le coperte di quel letto matrimoniale, c'eravamo solo noi. E basta.
Ben presto i nostri respiri si fecero più pesanti mentre lentamente una sua mano mi accarezzò la pelle di una coscia, risalendo ed infilandosi al di sotto di quel top di seta morbida che indossavo. Si fermò sul fianco, che strinse in un gesto di possessione, quasi; facendomi letteralmente trattenere il fiato, per soffocare un gemito di piacere.
Davvero provavo questo, adesso? Piacere? A quanto pare, per quanto il mio cervello continuasse a ripetermi che era il mio capo quello che stavo baciando e stringendo contro di me, il mio corpo sembrava avere un'idea un po' diversa.
Fu lui a staccarsi, dopo un po', mantendosi comunque vicino: occhi chiusi e fronte aggrottata «Aspetta, Selene. Aspetta...
» mormorò in un tono di voce carico di una certa frustrazione, che lo portò a stringere con forza gli incisivi lungo il labbro inferiore
«Dannazione...» mormorò di nuovo, riaprendo lentamente le palpebre per guardarmi, rivolgendomi un lieve sorriso intenerito, mentre lentamente una sua mano mi accarezzò una guancia, spostandomi anche delicatamente i capelli. Per una volta non riuscivo a capirlo.
«Colin ho...fatto qualcosa ch-..»
«Shhh...» sibilò dolcemente, chinandosi di nuovo per rubarmi un altro bacio. E poi un altro, e un altro ancora, e uno decisamente più passionale, che lo portò ad inspirare profondamente dalle narici e a donarsi uno slancio deciso con il busto, così da allontanarsi e successivamente scendere dal letto.
Io rimasi ferma ed immobile, seguendolo con lo sguardo mentre sicuramente restai a guardarlo con un'espressione decisamente confusa, visto il modo in cui mi guardò. Andò a picchiettare delicatamente lo smartphone su un palmo, visto che ancora lo stringeva, scuotendolo a mezz'aria per dare maggiore enfasi alle parole che andò a pronunciare.
«Io...» sbuffò e sorrise in maniera piuttosto imbarazzata, muovendosi verso un armadio così da recuperare una pesante vestaglia, che andò ad indossare «...Sarà meglio che vada a chiamare, Tom.» mi disse, aprendo la porta così da poter uscire, donandomi un ultimo sguardo prima di andare a richiuderla.
Solo allora, espirai pesantemente dalle labbra, come se per tutto il tempo avessi trattenuto il fiato. La mano destra si sollevò e lentamente si adagiò con tutto il palmo sulla mia fronte
«Oh, cazzo...» mormorai alla fine, rannicchiandomi nuovamente sotto le coperte. Che cosa mi stava succedendo?

~Colin
Non appena mi richiusi alle spalle la porta della camera, mi abbandonai ad un pesante sospiro. Non potevo crederci. Non potevo assolutamente credere che stavo per fare sesso con Selene. La mia Assistente...
Volevi dire la tua futura moglie...

Cazzo.
Beh, è normale. Sono un uomo. Ho dei bisogni fisici.
Peccato che per una volta non pensavi proprio a niente. Lo sappiamo entrambi che non sarebbe stato del semplice "sesso".
Di nuovo: Cazzo.
Quella fottuta voce nella mia testa aveva ragione...No, non poteva essere vero.
E così, in barba a qualsiasi voce fuoricampo, scossi il capo e mi diressi verso le scale. Mi sistemai la vestaglia, infilai le mie scarpe direttamente senza calze e dopo aver recuperato un grosso giaccone, che indossai sopra a tutto, decisi di uscire fuori e vedere se riuscivo a fare quella dannata telefonata.
Afferrai il mio Iphone, andai sulla rubrica, feci scorrere un paio di volte il pollice e dopo aver trovato il numero di Tom, feci partire la chiamata
«
Diamine siamo in Alaska, non in qualche angolo...sperduto...» ma più mi guardavo attorno e più mi accorgevo di essere in un angolo sperduto «..del mondo.» conclusi la frase in un sussurro, prima di essere distratto dalla voce di Tom
«Oh, Tom! Tom ci sei!» esclamai sollevato, scendendo le scale della veranda per muovermi verso quell'ampio giardino. Non riuscivo a stare fermo mentre ero al telefono «Senti mi dispiace per la storia del tuo libro e tutte le pressioni...» un modo come un altro per dire che accettare era la cosa giusta, insomma. «..Cosa? Ma..Ma certo che voglio che tu sia felice, Tom!» continuai la conversazione muovendomi avanti e indietro lungo quell'immenso giardino «Tom..Tom? Mi senti? Ah, ok! Dicevo: andrà tutto bene. Non devi preoccuparti. Parlerò con gli addetti stampa e...cosa? Ma sì, certo! Certo che ti sto...»
Bau! Bau!
Oh, no! Quello Stupido cane che si monta la mia gamba. Ci mancava solamente lui.
«..Ascoltando. Lo sai che tu vieni prima di tu-..» bau, bau! «SHHHHH!» cercai di zittirlo, insomma doveva smetterla «Eh? Come? No! No, non ce l'avevo con te, Tom! Comunque se posso dirti la mia modesta opinione io..»
Bau! Bau!
«Shhh! Zitto! Seduto!» questo cane cominciava a darmi sui nervi ma per lo meno, nell'istante in cui gli ordinai di starsene zitto e seduto, lui lo fece.

Tirai un sonoro sospiro, voltandomi così da lasciarmi quello stupido cane alle spalle.
«No, scusami Tom. C'è qui un cagnolino che mi sta facendo impazzire. Stavo dicendo: per me sbagli a mollare tutto. Questa è la tua occasione, quella conferenza stampa ti...
» aggrottai la fronte, perché in quell'istante fu il verso di un secondo animale ad attirare la mia attenzione. Mi guardai attorno, cercando di capire di che cosa si trattatava mentre Kevin, quella stupida palla di pelo bianca, saltellava ed abbaiava come un pazzo «...serve, per...» eccola lì: vidi un'aquila appollaiata sul ramo di un albero con lo sguardo puntato direttamente sul cane «...ottenere la fama che...ti serve...»
Non mi piaceva, non mi piaceva affatto la piega che stava prendendo la situazione, tant'è che il mio discorso presentava troppe pause esitanti, visto che la mia attenzione era rivolta tanto al cane, quanto all'aquila. Quest'ultima, di fatto, spiccò il volo, iniziando a girare in tondo tanto sulla mia testa, quanto su quella del piccolo cane Kevin.
«...A farti conoscere, perché le tue parole...mi hanno...» e in un attimo vidi l'aquila scendere in picchiata con le zampe ben dilatate, pronte ad acciuffare il piccolo Kevin. E lo fecero.
«..DAMMI QUEL CANE!!!!» gridai, mentre dall'altra parte Tom mi faceva miliardi di domande, ma non avevo tempo di rispondere «Tom! Tom devi darmi un po' di tempo!» no, ero io quello che stava chiedendo del tempo e che nel frattempo correva come un pazzo per inseguire quella dannatissima aquila, che stringeva il cane di Elizabeth, la mia futura suocera.
«DAMMI QUEL MALEDETTO CANE! IO, IO.....!!!!» e non so come o perché ma in un impeto di pura rabbia e frustrazione, gli lanciai contro il mio cellulare.
Non la presi in pieno, ma feci in modo che l'aquila perse la presa necessaria a portare via il cane, che di rimando volò giù da diversi metri di altezza. Fortuna vuole che lo raggiunsi con uno scatto, afferrandolo al volo e tenendolo in braccio con una mano.
Avevo il fiato corto. Non potevo sottopormi a situazioni simili di mattina, dopo un viaggio durato ore, una notte..o giorno in bianco e con la voglia di fare l'amore con Selene.
Finalmente lo hai ammesso...
Zitta tu! Dannata voce interiore! 

Sospirai, cercando di recuperare il fiato mentre riuscì a trovare anche il telefono. Fortunatamente non si fece nemmeno un graffio, il terriccio con l'erba un po' umida, aveva attutito il colpo.
«Oh, ehy! Scusami, Tom! Scusami mi era caduto il tele...fono.
» esitai nuovamente perché sentii ancora l'urlo di quella dannatissima aquila, che stava virando nel cielo, decisa a non lasciarsi sfuggire il cagnolino, che evidentemente aveva deciso che doveva essere la sua colazione.
Iniziai così a muovermi con passo spedito lungo l'immenso prato, accorgendomi fin troppo tardi di quanto mi fossi visibilmente allonato dalla casa: in un braccio sorreggevo il cane, nell'altra il telefono
«Comunque dicevo che...dovresti farla questa conferenza...per...» la sentivo, dannazione quell'uccello era troppo veloce e anche mettendomi a correre mi avrebbe ben presto raggiunto ma non potevo e non dovevo lasciargli il cane «...farti...conoscere e..e..» e in un gesto del tutto istintivo, andai a ripararmi la testa con un braccio, lo stesso la cui mano stringeva il telefono «NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!» esclamai, nell'estatto istante in cui mollai la presa dello smartphone, così che l'aquila potesse acciuffarlo con i suoi artigli e volare via.
E io rimanevo lì con quel cane in braccio, che guardai svariate volte e lo afferrai con entrambe le mani, sollevandolo esattamente come Rafiki sollevò Simba nel giorno in cui nacque
«No! No! Vieni qui! Prendi lui!!!» gridai all'aquila, iniziando ad inseguirla nella vana speranza che lasciasse il telefono, per prendere il cane.
Dannazione!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo Dodici ***


Capitolo XII
Capitolo XII

~Selene

Dopo quel...piacevole risveglio con Colin, decisi di restare ancora per qualche minuto sotto le coperte, a rimuginare su quanto successo. Non che ci fosse poi molto da dire, è stato un bacio, un bel bacio, che sicuramente sarebbe sfociato in qualcosa di più se lui non si fosse fermato.
Sospirai pesantemente, decidendo così di scendere per fare colazione e di schiarirmi le idee con l'aria fresca e mattutina dell'Alaska, ovviamente prima mi rivestii, optando per una semplice tuta un po' pesantina. Stavo giusto facendo scorrere la zip della felpa mentre scendevo gli ultimi gradini, prima di incrociare con lo sguardo le figure di mia nonna e mia madre, intente a guardare qualcosa fuori dalla porta-finestra della veranda, ridacchiando divertite.

«Ma guardalo...» bisbigliò mia madre, abbandonandosi ad una risata più forte e divertita
«E' carino, vero?» chiese di rimando mia nonna, seguendo la sua risata.
«Tanto...» confermò mia madre. Io invece aggrottai la fronte ed infilate le mani nelle tasche della felpa, mi avvicinai a loro:
«Buongiorno...» mormorai, guardandomi per un attimo attorno «..Avete vist-...?» ma nell'attimo in cui anche io osservai fuori dalla finestra, vidi Colin intento a correre come un pazzo nel giardino, tenendo sollevato il piccolo Kevin con entrambe le mani. «...Ahn.» questo fu il mio unico commento alla scena.
«Hai visto? Sta giocando con Kevin! Sembrava che non gli piacesse.»
Infatti dubito fortemente che gli piaccia, mamma. C'è qualcosa di strano sotto. Lo so.
«Andresti a chiamarlo, Sel?» mi chiese la nonna «Abbiamo un programmino per lui...Deve andare a prepararsi!» squittì in maniera alquanto eccitata
«Sì, digli che abbiamo una bella sorpresa per lui.»
Il che era tutto dire. Ovviamente le idee di mia madre e di mia nonna non erano mai un buon segno, ma non replicai e così decisi di uscire all'esterno e di incamminarmi con passo tranquillo verso Colin, che continuava a correre a destra e a manca con il cane in mano. Aveva anche il fiatone.

«Senti...Ridammi il telefono, dai!» lo sentii dire, ansimante e spossato «Forza! Forza! Forza! Vieni qui! Vieni qui! Vieni qui!»
Roteai gli occhi al cielo e scossi lentamente il capo mentre ormai gli ero praticamente vicina
«Che stai facendo?» borbottai in un tono di voce del tutto atono, portandolo fortunatamente ad interrompere quella patetica scenetta e a voltarsi verso di me
«Oh mio Dio!» esclamò quasi sollevato, deglutendo e riprendendo un po' di fiato «Tua nonna aveva ragione! E' arrivata l'aquila e ha afferrato il cane. Ma poi l'ho salvato.» puntualizzò, mostrandomi il piccolo Kevin, che tra le sue grosse mani, scodinzolava felice. Non so perché ma il pensiero delle sue mani avvinghiate attorno al mio corpo, tornò in un lampo improvviso e...piacevole. «E' tornata. Mi ha preso il telefono.»
«Hai bevuto?» gli domandai, portandomi così davanti a lui e guardandolo. Non sapevo se essere perplessa, confusa o impietosita.
«Che..? No!» esclamò quasi offeso «Sul serio! Ha preso il telefono mentre stavo parlando con Tom!»
«Calma. Rilassati. Ordineremo un altro telefono e una sim con lo stesso numero. Andiamo in città a breve, ok?» niente di più semplice, insomma.
Colin sospirò:
«Davvero..?»
«Sì.»
«Oh...Ok...» mormorò, rilassandosi visibilmente ed accorgendosi solamente adesso, quasi, di avere ancora in braccio Kevin. Aggrottò la fronte «E tu: vai dentro.» borbottò, adagiando con una strana delicatezza l'animale, che trotterellando e scodinzolando, raggiunse nuovamente la veranda di casa.
«Ti devi preparare.» gli dissi, lasciando scivolare una mano dalla tasca della felpa, così da sistemarmi i capelli un po' spettinati
«Perché...?» mi chiese in maniera piuttosto guardinga, assottigliando quel paio di occhi grigi sul mio viso, come a voler scorgere qualche informazione dalle mie possibili espressioni facciali
«Per uscire con la mamma e...gli altri.»
«Io non voglio uscire...»
«Shopping, tour della città e una sorpresa.» lo incalzai velocemente. Non avevo voglia di stare lì troppo a discutere sulla questione, anche perché sarebbe stato inevitabile.
«Io odio lo shopping.»
Cazzata
«Ti piacerà, vedrai. Ci vai.»
«No, non voglio andarci!» borbottò contrariato, iniziando ad agitarsi mentre io restai assolutamente tranquilla. Tant'è che iniziai a sorridergli anche dolcemente mentre lui mi rivolse una sguardo del tutto confuso
«Ci vai.»
«No.»
«Ci vai.»
«Non ci vado.»
«Abbracciami.» cambiai argomento, all'improvviso.
«Cosa...?» lo sapevo che non era tipo da abbracci e lo ammetto: un po' l'ho fatto apposta ma mia nonna e mia madre ci stavano guardando, tant'è che glielo feci notare con un cenno della testa. Qualcosa che Colin captò perfettamente, visto che poco dopo andò a guardarle, per poi tornare su di me
«Coraggio: abbracciami o penseranno che stiamo litigando. Avanti...»
«No, non voglio...» ma ormai era tardi, visto che avevo già sfilato le mie mani dalle tasche della felpa, allungandole verso le sue
«Coraggio...Abbracciami...» lo incoraggiai, in un tono di voce visibilmente ironico, sebbene percepivo della forte esitazione in lui, tramite una leggera resistenza e la volontà di allontanare il più possibile le mani dalle mie.
«No. No, Sel. HHHHHNGG-...» ma dopo un po', cedette e con un leggero strattone lo avvicinai a me, così da potergli stringere i fianchi
«Abbracciami...Abbracciami...Così...» continuai a prenderlo in giro mentre mi avvicinai di un ulteriore passo così da poter appoggiare la mia guancia contro il suo petto e stringerlo ancora di più. Dire che era rigido come un palo, era dire poco. A stento lo sentivo respirare ma poco dopo anche lui andò ad appoggiare le mani sui miei fianchi, senza smuoverle da lì. Era come se avesse paura, il che è strano, conoscendo il genere...O forse non lo conoscevo affatto. Forse conoscevo solo una parte di lui, quella che mostrava a tutti. Che quella sensazione, anche se un po' negativa, fosse il vero lui?
«Ecco, qui. Bravo. Che bello, mmh?» sì, la cosa mi divertiva parecchio e no: non mi sentivo minimamente in colpa.
Colin ovviamente non rispose, limitandosi semplicemente a restare fermo e rigido mentre io iniziai ad accarezzargli lentamente la schiena. Tuttavia la situazione cambiò, quando le sue mani si spostarono dai miei fianchi alle mie...natiche.
Sussultai appena mentre sentii quelle sue mani così grandi accarezzare e stringere con una leggera nota di possessione il mio sedere. Sollevai di scatto il capo dal suo busto, fulminandolo con lo sguardo
: «Che stai facendo?»
«Non si vede? Ti abbraccio...» no, non mi piaceva affatto quel mezzo ghignetto furbo che mi stava rivolgendo. Proprio no.
«Quello è il mio sedere.»
«Lo so.»
«Toglile.»
«Proprio adesso che mi stavo divertendo? Non se ne parla...» sbuffò un altro mezzo sorrisetto, prima di sollevare una delle due mani verso il mio viso, così da donarmi una carezza sulla guancia. Gesti calcolati e pensati per continuare quella sceneggiata davanti a mia nonna e a mia madre ma c'era qualcosa di strano nei suoi occhi, una luce che non gli avevo mai visto prima. «...Sarebbe troppo scontato se...ti baciassi?»
No, non sarebbe scontato. Assolutamente. Anzi: Fallo!

«Sì.» Stupida!
«Bugiarda.» sbuffò un altro sorriso mentre vidi la sua fronte aggrottarsi. Lo faceva sempre quando stava rimuginando troppo su qualcosa «Selene, riguardo a quello successo prima...»
«Tu prova a toccarmi di nuovo il sedere, Colin e ti strappo le palle durante la notte, chiaro?» ovviamente sapevo benissimo che non stava alludendo a quel preciso istante, ma non volevo in alcun modo riportare a galla il bacio e quella situazione un po'...calda che avevamo vissuto quella mattina. Non ci volevo pensare e non ne volevo affatto parlare.
Di fatto il mio capo strabuzzò gli occhi e mantenne la fronte aggrottata
«Ah. Ok...» commentò con pochissima convinzione nella voce mentre decisi a malincuore di staccarmi da lui; e stavolta fui io a donargli una leggera carezza sul viso.
«Bravo il mio fidanzatino...» gli diedi qualche pacchetta sulla guancia, anche se i miei occhi guardarono con una certa insistenza le sue labbra. Possibile che mi facesse provare davvero questo desiderio? Insomma ho lavorato insieme a lui per sette anni e adesso...
«Ora vai a vestirti, su.
»
«Sì...Ok...» e ancora con lo sguardo un po' confuso, si mosse verso casa; io al contrario decisi di concedermi ancora qualche minuto per passeggiare, dirigendomi verso il molo.

Fu lì che trovai mio padre intento a giocare a golf, lanciando direttamente le palline nel laghetto di fronte a casa nostra. E sapevo che non era lì "per caso".
«Volevi vedermi?» gli domandai in un tono di voce del tutto distaccato, riportando entrambe le mani all'interno delle tasche della felpa ed occhieggiando di tanto in tanto lui e le palline che colpiva.
«Tua madre ha scoperto queste...palline ecologiche. Si sciolgono nell'acqua» Sul serio? Voleva seriamente parlare di questo?
Annuii, finamente interessata, osservando il modo in cui si mise in posizione insieme al bastone da golf, per poi andare a colpire la pallina
«Mi domando dove trovi certa roba...» borbottò, concedendosi un profondo respiro, prima di andare a risistemare un'altra pallina -senza guardarmi- ed intavolare così quello che era il vero discorso.
«Ad ogni modo è...» esitò per un breve istante, fingendo che quella pausa fosse dovuta ad una sorta di concentrazione per colpire e mandare direttamente in buca la pallina su una piccola isoletta artificiale, posta a qualche metro di distanza da noi «...Un pochino arrabbiata. A quanto pare non sono stato molto accogliente ieri sera. E' stato un po' uno shock scoprire che stai per sposarti, specie perché non sapevamo che avessi un ragazzo...»
Non mi piaceva la piega di tutto quel discorso. Mio padre era sin troppo orgoglioso per cedere così, su semplice richiesta di mia madre. Sapevo bene di avergli lanciato un guanto di sfida non indifferente, iniziando già con la mia decisione di lasciare tutto e di trasferirmi a New York. Da sola. Per trovare la mia strada.
Mi limitai così ad ascoltarlo, senza interromperlo, annuendo di quando in quando, giusto per fargli capire che lo stavo ascoltando, a modo mio.
«Comunque sia...» riprese, deglutendo a vuoto ed allungando la mano destra in mia direzione. Un gesto che mi lasciò...di stucco. Si stava forse scusando?? «...Volevo farti le mie scuse.» si stava scusando, esatto. Non potevo crederci. Mio padre non si scusa MAI.
Aggrottai la fronte e guardai per qualche secondo in più quella mano, che rimase un po' a mezz'aria, prima di andare a stringergliela di rimando
«Accettate.» dissi semplicemente, non proprio convinta in realtà ma comunque lo lasciai andare, spostandomi verso il borsone che conteneva diversi bastoni da golf. Ne osservai qualcuno e ne presi uno a caso, giusto per non restare troppo "ferma"
«C'è un'altra cosa...» aggiunse mentre continuava a giocare «...Penso spesso al giorno in cui lascerò il lavoro. E mi preoccupa un po'.» a me preoccupava di più questo discorso, ma come al solito non lo interruppi, lasciandolo parlare «Ho fatto molte cose nella vita. Ho costruito un impero con tua madre dal niente, praticamente. Non ha nessun valore...»
«...Se non hai qualcuno a cui lasciarlo. Lo so. E' una vecchia storia.» conclusi io per lui e questo ovviamente lo fece inalberare e non poco
«Una vecchia storia di cui voglio riparlare. Tu hai delle responsabilità qui. Sono stato più che tollerante a lasciarti trastullare a New York ma adesso devi smetterla di perdere tempo e torna-... »
«Ci risiamo! Quand'è che prenderai il mio lavoro seriamente?!?» sbottai. Non riuscivo più a sopportare le sue lamentele e il suo rancore. Erano le mie scelte e nonostante mi fossi sempre lamentata di Colin e del suo carattere, lavorare per lui mi ha aperto gli occhi. E' stata una fonte di ispirazione, sia per le mie capacità come futura Redettrice che come donna paziente, perché ammettiamolo: Colin E' un tipo difficile e se gli vai a genio, potevi riuscire davvero a fare qualsiasi cosa. Qualsiasi.
E' stato difficile? Certamente. Ho dovuto lavorare duramente? E' ovvio. Ma da quello che so, niente è scontato nella vita. Se vuoi ottenere qualcosa, bisogna essere pronti a fare dei sacrifici; io ne avevo fatti e ne sto facendo parecchi, ma non avevo alcuna intenzione di mollare. Non adesso.
«Quando comincerai a comportarti seriamente.»
«Mi dispiace.» gli risposi in un tono di voce amareggiato, guardandolo negli occhi «Mi dispiace per te, papà. Vorrei che avessi una figlia diversa. Una che desiderasse stare qui, che rilevasse l'azienda di famiglia, che sposasse qualcuno che approvi. Ma quella non sono io.» scossi lentamente il capo «A te sembrerà strano: la mia vita a New York, seduta in un ufficio a leggere libri.» sì, in effetti descritto così il mio lavoro era un po'...triste e credo di essere stata la prima ad aggrottare la fronte in maniera confusa. Non mi scoraggiai, tuttavia, e proseguii «Io invece sono felice, capisci?»

Non ottenni risposta, non subito almeno; tant'è che mio padre si concesse un breve istante di pausa per metabolizzare quelle mie parole, quella mia presa di posizione.
«Se è veramente questa la tua felicità, io non ho nulla da dire.»
«Beh, è la prima volta.» commentai atona, buttando a terra il bastone da golf che avevo preso. Ero nauseata da tutto quanto e soprattutto dal finto vittimismo di mio padre. «Sai che c'è? Non accetto le tue scuse. Divertiti.» conclusi in un tono di voce alquanto secco, allontanandomi da lui con passo spedito, senza guardarmi più indietro.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo Tredici ***


Capitolo XIII
Capitolo XIII

~Colin

"Ti divertirai", dicevano.
"E' un bellissimo posto", dicevano.
Niente di più SBAGLIATO. Una bettola! Ecco il luogo in cui Grace ed Elisabeth mi hanno portato. Una squallida, puzzolente e piccola bettola, che loro osano definire il "miglior bar della città". Ma per favore!

«
Adora questo posto!» disse Elisabeth entusiasta nel tono di voce mentre io non potei fare a meno se non assorbirmi quella patetica conversazione, rivolgendo anche lievi sorrisetti tirati. Quel posto era talmente "In", che il cellulare non riusciva nemmeno a prendere. Una bellezza, insomma.
«Non si riesce a lasciarla a casa! Deve venire a tutti i costi, assolutamente!» continuò la mia futura suocera, parlando di...boh, qualcuno. Non mi interessai poi più di tanto, speravo almeno che Dreng, l'ex di Selene presente a sua volta al nostro stesso tavolo, riuscisse in qualche maniera a coinvolgermi, a trascinarmi fuori da quest'orribile situazione in cui io stesso mi ero cacciato; invece lui se la rideva tranquillamente e parlava del più e del meno con Elisabeth e Grace, lasciandomi da solo al mio triste destino. Eppure più lo guardavo e più mi domandavo perché girasse ancora intorno alla famiglia di Selene, nonostante la loro storia fosse finita.
Che c'è, Col? Stai forse diventando geloso?

Geloso? Io? Di quello? Per favore!
No, assolutamente. Non provavo nulla per quel tipo e fortunatamente furono le risate del tavolo a distogliermi da questi strani pensieri, insieme alla stessa Elisabeth, che voltò lo sguardo verso di me. Era una bella donna e in un certo senso riuscivo a capire da chi Selene avesse preso la sua bellezza.
«Io spero che tu sia pronto per la sopresa, Colin!» mi disse, ricercando anche lo sguardo dei presenti al nostro tavolo «Questo è uno dei tesori...più preziosi di Sitka.Vero?»
Non so perché ma l'esitazione nella voce della donna, mi fece rabbrividire lungo la schiena e qualcosa mi disse che dovevo aspettarmi esattamente il contrario di ciò che la mia futura suocera mi aveva appena raccontato. Anche perché non mi sfuggì affatto quel sorrisetto divertito di Dreng, che soffocò dietro ad un "casuale" sorso di birra...
«Te ne renderai conto subito!» esclamò la nonna, ammiccandomi in maniera complice; giusto un attimo prima che le luci del locale si affievolissero.
«Ci siamo! Sta per arrivare la grande sorpresa! Sei pronto?» no, per nulla.
«Aspetta di vedere e capirai!» squittì nuovamente la nonna, prima che un faretto illuminò un punto del palcoscenico in cui era presente una sedia. Fino a qui, nulla di strano ma era il silenzio di attesa tutto attorno a rendermi irrequieto. Non mi piaceva. Non mi piaceva per niente.
Dal silenzio iniziarono a partire dei fischi di incoraggiamento mentre le note di Relax dei Frankie Goes to Hollywood iniziavano a farsi strada nelle casse del locale.
«Vedrai Colin! Ti piacerà da impazzire!!!!» non capivo il perché ma la nonnina era completamente andata e ad una giusta occhiata mi accorsi che nel locale c'erano solamente...uomini.
Aggrottai visibilmente la fronte mentre percepii una mano sulla mia spalla e nel voltarmi vidi Elisabeth in piedi: 
«Accompagno Grace al bagno. Tu goditi lo spettacolo!» mi disse, allontanandosi poco dopo con Grace, lasciandomi praticamente da solo e in compagnia di Dreng. Che situazione imbarazzante.
Avevo bisogno di bere e fortunatamente la birra era proprio lì, davanti a me, anche se era ovvio che necessitavo di qualcosa di più forte ma...la vera batosta arrivò nell'esatto istante in cui, dal palco, sbucò fuori una...donna.
Ma sicuro che sia una donna?
No, non ero affatto sicuro
. Eppure non appena gli altri uomini la videro, un boato di ovazioni e fischi esplose attorno a me, come se davanti a loro fosse comparsa una bellissima modella famosa.
Era vestita con abiti succinti, troppo stretti per il suo corpo formoso. Troppo formoso. Anzi non aveva proprio una forma era un agglomerato di...di...carne flaccida. E a giudicare dal modo in cui Dreng avvicinò la sedia a me, capii che forse avevo esagerato ad esprimere il mio disgusto per la scena.
«Ramona è l'unica ballerina esotica dell'isola.»
Ci credo: si è mangiata tutte le altre...
«Ah, capisco...» soffocai il tutto dietro ad un lungo sorso di birra. No, non potevo resistere. Non riuscivo. Era troppo da sopportare e poi le mosse che faceva non si potevano nemmeno definire dei passi di una qualche danza, e ogni volta che si sedeva su quella sedia, temevo davvero che si frantumasse sotto il suo peso. Stavo male per una sedia. Ecco il livello che avevo raggiunto in quella giornata.
«Ehy, Ramona!» esclamò Dreng, estraendo così il portafoglio e sventolando qualche banconota «Ramona! Vieni qui!»
COSA?!?

Sgranai gli occhi mentre vidi quel donnone avvicinarsi, notando come davvero la gente infilasse dei soldi nell'orlo di quei pantaloni striminziti di pelle che indossava e che a stento la facevano camminare decentemente. Sembrava un salame appena insaccato. Un polpettone. Un grosso prosciutto da appendere.
Ma nonostante facesse davvero fatica a muoversi, riuscì a raggiungere Dreng e a farsi infilare quelle banconote tra l'orlo dei pantaloni e del suo...grasso, che vedevo ondeggiare ad ogni tentativo della donna di emulare delle pose sexy e ammiccanti. Credo che per ogni tentativo di Ramona di apparire sexy, una modella, nel mondo, moriva di atroci agonie.
E mentre il mio cervello elaborava tutte queste teorie, ecco che i miei occhi intercettarono i suoi...l'errore peggiore della mia vita. Mi schioccò un sorrisetto malizioso che non aveva nulla di rassicurante, affatto
«Vieni aquì mio principe sexy!»
Oh, no. Oh no, no, no, no....
Scossi il capo mentre iniziai a ridacchiare nervosamente e a cercare un aiuto da parte di Dreng che assisteva alla scena, ridendo.
Ammettilo fottuto bastardo, che la cosa ti piace. Intanto sono io quello che si sposerà Selene, non tu.
Ah, quindi sei gelo-...Zitta tu, voce interiore!
«No, no, no. Non è necessario. La ringrazio del bel gesto ma io preferisco...stare qui.»
«Su dai! Vieni a ballare!»
«Avanti, Col! Vai!» esclamò Dreng, dandomi anche una generosa pacca sulla spalla, che mi fece appena sbilanciare in avanti ed atterrare tra le curve esageratamente generose di Ramona. Di certo a lei non dispiaceva, io al contrario stavo per...come dire...soffocare.
Recuperai comunque tutto il mio autocontrollo e alla fine seguì Ramona, che ciondolante e barcollante mi condusse sul palcoscenico
«Sottoponiamoci a questa tortura...» brontolai, giusto qualche attimo prima che il donnone mi desse una bella pacca sulle chiappe, per poi farmi letteralmente sedere su quella sedia posta sul palco.
«BALLA PER LUI, RAMONA!»
«SI! FAGLI VEDERE COME SI FA!»

Ed ovviamente la donna non se lo fece ripetere due volte, tant'è che iniziò a sculettare davanti alla mia faccia e a strusciarsi mentre io rimasi pietrificato ed inorridito
«SCULACCIALA!
» gridò qualcuno
«...Che?»
«DALLE UNA SCULACCIATA! AVANTI!»
E nel vedere Ramona porgermi quel grandissimo, enorme posteriore che si ritrovava, insieme ad un sorriso che cercava di essere accattivante ma che al contrario faceva venire i brividi, deglutii e sorrisi in preda al panico
Sai anche tu che devi farlo.
Lo so.
Allora FALLO! Fallo e potrai uscire da qui.
«Se lo faccio mi lasci andare?» chiesi a Ramona, giusto per sicurezza, intercettando quel suo annuire e sculettare a tempo di musica. Mi concessi così un profondo respro dalle narici mentre alzai lentamente la mano destra a mezz'aria e dopo aver chiuso gli occhi, le diedi giusto un colpetto su quella sua natica grassoccia, che tremò visibilmente.
«Va bene. Ok. Grazie. Io esco.» e come un fulmine scesi dal palco e mi diressi alla velocità della luce verso l'uscita del locale.

Era bello, anzi dannatamente bello poter respirare quell'aria fredda e pungente dell'Alaska. Un vero tocca sana dopo tutto quello che era appena successo. Aggrottai la fronte ed osservai la mano con cui avevo appena dato quel leggero schiaffetto al fondoschiena di Ramona, sfregando le dita contro il palmo ed accorgendomi con qualche secondo di ritardo che era unta. Se di sudore o di qualche altra strana sostanza, non volevo di certo saperlo.
Lasciai correre, avvicinandomi così ad una balaustra di legno di quella veranda del locale, che dava direttamente sul lago. Poco dopo venni raggiunto anche da Dreng. Di nuovo.
«Ehy! Sei qui! Va tutto bene?»
Che faccia tosta.
«Oh, bene. Bene...» borbottai, tirando appena su con il naso ed osservando un po' lui e un po' il lago davanti a noi «Cerco di migliorare l'abbronzatura.» una battuta squallida, lo ammetto; ma è stata la prima cosa che mi passò per la testa.
L'uomo ridacchiò:
«Già...I Blane possono risultare ingombranti, a volte»
«Già...» confermai. Aveva ragione, insomma e stranamente la cosa mi fece ridacchiare.
«E' un po' diverso da New York, eh?»
«Sì, un po'. Un po'...» breve pausa «Ci sei mai stato?»
Davanti a quella domanda, Dreng sbuffò e si abbandonò ad una risatina ironica «Oh, no! No, era il sogno di Selene, non il mio.»
«Era una storia seria, eh?» non so che cosa mi spinse a porgergli quella domanda, ma non ci fu astio, collera o gelosia nel modo in cui glielo chiesi. Per una volta ero sinceramente interessato alla risposta. Per una volta ero interessato a conoscere meglio qualcuno, e quel qualcuno era Selene.
Dreng si concesse un profondo respiro dalle narici e dal modo in cui esitò inizialmente a rispondere, capii di aver azzeccato quella che era la risposta
«Ci siamo messi insieme al liceo ed è continuata al college ma...» fece spallucce «...eravamo ragazzi.» mi rivolse un lieve sorriso: un misto tra l'amarezza e la malinconia
«E...avete deciso di lasciarvi perché...?» va bene, lo ammetto: questa domanda me l'ero preparata, visto il brutto scherzo di prima con Ramona.
«Beh, ergh...» vidi un'evidente esitazione nella sua espressione, insieme ad una sorta di imbarazzo ma questo non lo fermò «...La sera prima che ci laureassimo lei...mi chiese di sposarla e mi disse che sarebbe voluta scappare a New York con me...»

Strabuzzai gli occhi e li sgranai davanti a quella confessione: Selene che, in barba ad ogni cliché che si rispetti, chiede la mano di un uomo e gli propone di scappare via con lei. E' qualcosa di così...inaspettato, ma al tempo stesso è decisamente un comportamento da Selene. Non è mai stata una donna ordinaria ed è stato anche per questo motivo che ho deciso di assumerla come mia assistente. Da quando continuò ad aspettarmi giorno e notte fuori dagli uffici della Casa Editrice, in attesa che non la scartassi come già avevo fatto: per due volte. Fu la sua tenacia e la sua testardaggine a colpirmi quel giorno...E anche i giorni successivi.
«Wow...»
«Già: "wow". Sapevo che Selene non era come le altre e...questo mi spaventava.» confessò nuovamente, portandomi ad aggrottare la fronte in maniera istintiva mentre andai ad appoggiare gli avambracci su quella spessa balaustra di legno, sporgendomi leggermente in avanti e ruotando il capo in sua direzione, così da poterlo ascoltare.
Sbuffai appena dalle labbra ed annuii, concordando in pieno con lui
«Sì, Selene è brava in questo: a far crollare le convinzioni delle persone, quelle sbagliate ovviamente.» come le mie. Come il fatto che continuavo a pensare a lei, nonostante non ce ne fosse motivo. O forse si era creato, proprio con tutta questa storia del matrimonio.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, che sbuffai lentamente dalle stesse, continuando:
«Quindi le hai detto di no.»
«E quindi le ho detto di no» confermò Dreng «Non sono mai andato da nessuna parte, questa è casa mia.» sospirò, concedendosi una breve pausa «Ma...comunque...Sei un uomo fortunato. Selene è una donna meravigliosa, cosa che già saprai»
Serrai delicatamente le labbra tra loro e in maniera del tutto istintiva mi ritrovai ad annuire. Ero davvero un uomo fortunato. Nessun'altra donna avrebbe osato così tanto. Nessun'altra avrebbe rischiato tutto per...una semplice promozione, più che meritata tra l'altro, anche se fino a quel momento non ho mai avuto il coraggio di dirlo.
«Sì, sì. E' meravigliosa davvero.»
«Beh, allora...Vi auguro il meglio insieme, ragazzi.»
«Grazie.» aggiunsi appena, rivolgendogli un lieve sorriso mentre sentii una specie di forte fitta alla stomaco. Non riuscivo a capire se era per un qualche senso di colpa, di rimorso, paura o un mix di tutte queste emozioni. L'unica cosa che sapevo era che tutte le mie convinzioni stavano vacillando. Ero davvero pronto? Non per me, ma per Selene. Ero davvero così menefreghista da disinteressarmi di ciò che sarebbe successo se ci avessero scoperto? Se avessero scoperto questa nostra...truffa? Infondo io sarei solamente stato cacciato dal Paese a vita ma lei...lei rischiava di più tra i due, potevo davvero permetterlo?

Dopo altri minuti interminabili, in cui mi costrinsero di nuovo ad osservare Ramona ballerina, finalmente fu il momento di tornare a casa. Stavo attraversando il molo con Elisabeth e Grace, che come al solito chiacchieravano e ridevano tra loro.
«Hai visto che numero?»
«Ohhh, è stato...»
«Spregiudicato! Insomma..» Elisabeth ridacchiò senza trovare inizialmente le parole «...E' stato divertente!» per loro due, sicuramente; per me decisamente meno.
«Oh no...» mormorò infine la mia futura suocera, non appena i suoi occhi intercettarono la figura di Selene, intenta a spaccare la legna con una certa forza. A lei si aggiunse anche Grace ed entrambe assunsero un'espressione preoccupata
«Selene!» la richiamò ad alta voce ma Selene non si voltò «Selene, tesoro! Va tutto bene?» ma la mia Assistente continuava imperterrita a prendere ciocchi di legna e a spaccarli con un'accetta su un grosso ceppo, impiegando anche una certa forza. Era chiaro che si stesse lettarlmente sfogando...
«Che...Che cosa sta facendo?» chiesi, aggrottando appena la fronte e riparandomi gli occhi con una mano, a causa di quel maledetto sole che in quel periodo dell'anno non tramontava mai
«Oh, eh...Sarà successo qualcosa...» mormorò Grace, cercando un mio braccio «E' meglio lasciarla da sola. Vieni, tesoro.» e con un leggero strattone, mi invitò a proseguire e a muovermi in direzione della casa, che raggiunsi sebbene continuai a guardare Selene fino a quando non svanì completamente dalla mia vista.
Una volta entrato in casa, la situazione non migliorò, visto che prontamente Elisabeth si mosse verso il salotto in cui era presente Bob, intento a guardare la televisione, comodamente seduto su un divano di pelle insieme a Kevin, il cagnolino. La donna afferrò il telecomando e dopo aver spento la tv si piazzò proprio davanti a lui
«Ehy, ehy, ehy! Che stai facendo?»
«Perché Selene è tutta impegnata là fuori a spaccare legna?»
«Forse vuole fare scorta per l'inverno...» ahia, non avevo molta simpatia per quell'uomo ma ammettiamolo: quella non era esattamente la risposta più corretta da dare. Tuttavia decisi che non era il caso di fare il terzo in comodo: «Emh..Io sono un po' stanco.Vado di sopra a fare una doccia per togliermi di dosso il grasso...dell'olio di Ramona.» salvato in corner, Colin.
«Certo.» mi disse Elisabeth, sforzandosi di sorridere, sebbene compresi che la situazione era alquanto tesa.
«E' stata una bella giornata, comunque. Grazie.» aggiunsi del tutto sincero, rivolgendo un sorriso morbido alla donna ed un cenno del capo in direzione di Bob, che nel frattempo fece scendere il cane dal divano. Io al contrario mi mossi in direzione delle scale ma con una certa lentezza, perché infondo ero incuriosito dai motivi di quella discussione
«Che cosa le hai fatto?» riprese Elisabeth, inviperita
«Non le ho fatto niente. Insomma...» Bob esitò «...Abbiamo solo parlato con franchezza dei suoi progetti futuri..»
«Tsk, come no! Ma che bella idea! Che bella idea, Bob!» riprese ironicamente e sarcasticamente la donna «Così non metterà più piede in questa casa! Selene è mia figlia. E io riesco a vederla soltanto una volta all'anno se va bene, e questo per colpa tua! Solo per colpa tua!»
Bau!
Sussultai per la sopresa non appena Kevin mi raggiunse al limitare delle scale, dove ancora potevo sentire i discorsi di Elisabeth e Bob. In un primo momento lo ignorai
«Mi sono stancata, Bob!»
Bau!Bau!Bau!
«Shhhhhh!» sibilai in un tono di voce basso, così da non farmi sentire dai due, continuando ad origliare
«...Quindi vedi appoggiare questo matrimonio con Colin»
Bau!Bau!Bau!
«Shhhhhh, zitto...!»
Bau! Bau!
«...E non discutiamone più.
»
E io decisi di non ascoltare più, visto che la piccola palla di pelo bianca aveva deciso di farmi da spia.
«Dovevo lasciarti in pasto all'aquila...» borbottai, salendo le scale a due a due così da poter raggiungere la camera e farmi filamente una bella doccia rilassante. Seguito da Kevin, purtroppo.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici ***


Capitolo XIV
Capitolo XIV

~Selene

Non potevo crederci. Di nuovo! Era sempre la solita storia con mio padre. Per un attimo ho creduto davvero di aver ricevuto le sue scuse. Per un attimo ho pensato che mi avesse accettato per com'ero davvero. Io non facevo parte di quella vita che lui voleva e speravo che dopo anni l'avesse capito. Mi sbagliavo.
Avevo bisogno di sfogarmi e dopo aver recuperato il mio I-pod da una delle tasche della felpa, iniziai a spaccare legna per...scaricare la tensione. Non so dire quanto tempo passai fuori a spaccare quei ciocchi ma a giudicare dal modo in cui mi ritrovai sudata dalla testa ai piedi, capii che non dovevo aver speso meno di due o tre ore, senza contare il fatto che i miei muscoli cominciavano a risentire parecchio di tutto quello sforzo.
Continuavo ad ascoltare la musica ad un livello abbastanza alto; non volevo che nessuno mi interrompesse o mi disturbasse. Volevo isolarmi completamente, almeno per un po'. E continuai a farlo anche quando decisi che forse era giunto il momento, per me, di andare a farmi una doccia, approfittando del fatto che Colin fosse ancora in giro con mia madre e mia nonna. O almeno così pensavo.

Raggiunsi così la camera che mia madre e mia nonna avevano preparato per noi ed una volta entrata recuperai subito un asciugamano dal mobile di legno scuro, per poi decidere di muovermi verso la terrazza.
Avevo bisogno di aria, anche se avevo passato tutto il pomeriggio fuori a spaccare legna. Avevo bisogno di aria, dei raggi di quel sole non molto caldo e prossimo a tramontare che mi accarezzavano il viso. Diedi anche uno sguardo veloce in giro, controllando che non ci fosse nessuno, prima di andare a spogliarmi, completamente. L'unica cosa che non andai a sfilare, furono le cuffie del mio Ipod, che ancora mandavano a tutto volume nelle orecchie la playlist che avevo scelto.
Stavo bene. In quell'attimo in cui mi ritrovavo nuda come un verme, stavo stramaledettamente bene. Non avevo pensieri, non avevo tensioni. Mi sentivo libera. Ero talmente libera, che arrivai addirittura a non pensare a ciò che era successo con mio padre.
E così, con lo sguardo rivolto verso quel bellissimo paesaggio che si mostrava davanti ai miei occhi e dalla veranda della camera da letto, mi concessi un profondo respiro dalle narici, godendomi quell'istante, quel momento in cui c'eravamo solamente io, completamente nuda, e la Natura. Sembrava quasi un ritorno alle origini: l'uomo e il Mondo.
Tuttavia, quando un leggero sbuffo di vento freddo mi fece accapponare la pelle sporca e sudata, decisi di rientare all'interno, tenendo lo sguardo puntato in direzione del mio I-pod. E fu lì che, per qualche triste scherzo della Natura che avevo contemplato fino a pochi attimi prima, incrociai Colin.

In realtà gli caddi letteralmente tra le braccia: lui bagnato dalla testa ai piedi e con un semplice asciugamano a coprirgli la vita, sembrava scappare da qualcosa. Io al contrario ero sporca, sudata e...completamente nuda. Non so dire come o perché, alla fine mi ritrovai distesa a terra, sopra di lui in una bruttissima posizione equivoca 
«..Cos?! M-Ma che..?!
» mugugnò lui, aggrottando la fronte in maniera confusa, tenendo le mani bene alzate; come a voler far intendere che lui non c'entrava niente.
«...» non dissi nulla per un lungo istante, limitandomi a guardarlo con aria anocra più confusa «...OMMIODDIO MA SEI TUTTO BAGNATO!» tra le mille cose che potevo dire, quella fu l'unica decente
«Perspicace, per una donna tutta nuda...» commentò con un certo sarcasmo
«...Cosa c'è qui? Ti sei portato il telefono in doccia?» chiesi, aggrottando la fronte infastidita
«...» per un lungo momento Colin rimase in silenzio, rivolgendomi uno sguardo piuttosto eloquente «...Direi proprio di no.»
«OMMIODDIO!!!» esclamai, alzandomi e coprendomi con un braccio e una mano il seno e con l'altra il mio "giardino" «NON GUARDARMI! NON GUARDARMI!»
Colin tuttavia continuava a guardarmi, confuso e dopo essersi risistemato meglio l'asciugamano sulla vita, si alzò «...Come faccio a non guardarti?!? Devo cavarmi gli occhi?»
«Potrebbe essere un'idea, sì!» confermai, restando in una posizione un po' piegata su me stessa, coprendo come potevo il mio corpo mentre iniziai a saltellare verso il letto
«Perché sei tutta nuda, me lo spieghi?
»
«SMETTILA DI GUARDARMI!» esclamai, recuperando velocemente il lenzuolo del letto, andando finalmente a coprirmi «..Tu, piuttosto: potresti darmi una spiegazione!»
«Darti una spiegazione?!?» mi fece eco Colin, visibilmente incredulo
«Sì, dammi una spiegazione!» dissi decisamente turbata per quell'istante «Perché diavolo mi sei saltato addosso?»
«Cosa?! Io non ti sono saltato addosso! Mi stavo facendo una doccia, prima che quel tuo stupido cane decidesse di seguirmi! Correvo e..mi sono scontrato con te!» mi rispose innervosito.
Aggrottai visibilmente la fronte, mostrandomi del tutto confusa
«..Ma che problemi hai con quel cane?» sospirai pesantemente mostrandogli il palmo di una mano, come a volerlo intimare di non rispondere mentre armata di lenzuolo, mi diressi verso la porta del bagno «Lascia stare. Vado a farmi una doccia.»
«Sì, ecco. Brava. Vai.» sbottò lui
«Bel tatuaggio, comunque.» commentai, andando ad aprire la porta del bagno da cui uscì fuori Kevin, abbaiando.
«Visto?! Visto?!? Eccolo là!» esclamò Colin, puntando un indice verso il cane, cosa che mi fece roteare gli occhi al cielo
«Ohhh...Beh, in effetti ho rischiato un'orrenda morte! Hai notato la zanna assassina della Bestia?» lo incalzai con evidente sarcasmo, mentre entrai in bagno
«Io non...» non gli feci finire di terminare la frase, che richiusi con un tonfo sonoro la porta del bagno, decisa a non continuare oltre questa stupida conversazione. Eppure una parte di me non poteva fare a meno di pensare a quel corpo nudo e tutto sommato bene allenato, che per un istante ebbi modo di toccare.

~Colin
Va bene forse, e ripeto FORSE, avevo un po' esagerato a reagire in maniera così esagerata con Kevin ma a tutto c'è una spiegazione.

Dopo aver appena aperto la porta della camera, mi diressi con tranquillità verso la doccia. Mi richiusi nel bagno, mi spogliai dei miei vestiti e finalmente mi gettai sotto quel getto d'acqua calda, che levò via quell'orribile sensazione di unto dato dall'olio di Ramona. Se ci ripenso, mi vengono ancora i brividi.
Tuttavia ero dannatamente sicuro di essere solo ma fu nell'istante in cui allungai il braccio fuori dalla doccia che mi accorsi di lui: quell'orribile palla di pelo bianca.
Bau!
Sussultai, colto visibilmente alla sprovvista «Argh! Ancora tu? Possibile che non puoi lasciarmi in pace?
» borbottai, del tutto ignaro dell'arrivo di Selene. Sospirai e feci per prendere l'asciugamano. che afferrò anche il cane, iniziando così a ringhiare.
«Brutto figlio di...Elisabeth!» mi auto-censurai mentre continuavo a fare quell'assurdo tira e molla con il cane. Era piccolo ma..«Ne hai parecchia di forza.» commentai, guardandomi in giro ed occhieggiando il phon appoggiato sul ripiano in marmo, vicino al lavandino. E mentre con una mano tenevo l'asciugamano, con l'altra acciuffai l'apparecchio, che accesi puntandolo così verso il cane «...Vediamo come te la cavi, adesso!» esclamai mentre il piccolo Kevin iniziò a mollare pian pianino la presa dall'asciugamano, per poi lasciarlo del tutto «Ecco, bravo cagnolino...» commentai, risistemandomi l'asciugamano attorno alla vita, prima di girare intorno all'animale così da raggiungere la porta.
A quel punto, visto e considerato che il cavo del phon non era chilometrico, dovetti effettuare una scelta: perciò spensi l'apparecchio, lo appoggiai sul cestino del panni sporchi e dileguandomi a tutta velocità, chiusi il cane nel bagno e poi...incrociai Selene.

Inutile dire che non aggiunsi più nient'altro dopo il breve momento in cui eravamo nudi uno sopra all'altra anche se non nel modo in cui speravo.
Quindi adesso speri anche che succeda qualcosa?
Non lo so. Per una volta in vita mia non ho idea di che cosa succederà. Anzi forse solo adesso mi rendo conto di quanto sia stato avventato a gettarmi in questa situazione e a gettarci dentro anche Selene. Pensavo di saper gestire tutto, infondo si trattava solamente di mettere una firma su un dannato pezzo di carta ma...questo week-end si sta rilevando più impegnativo e più inaspettato di quanto potessi immaginare.

Come al solito, dopo essermi occupato di riaccendere il camino, sistemai la coperta per terra e recuperai un cuscino, così da potermi concedere anche un po' di sonno. Selene aveva già raggiunto il letto e la sentivo muoversi sotto al piumino e una parte di me desiderava tremendamente essere lì accanto a lei, in questo istante.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e, sapendo che non dormiva, intavolai un discorso:
«...Eri tutta nuda.» lo so, è la cosa peggiore che potessi dire, per questo cercai di sfruttare un tono di voce ironico.
Selene si schiarì appena la voce «Potremmo evitare di parlarne, per favore?» mi domandò gentilmente, portandomi tuttavia a scrollare le spalle
«Però è vero...» borbottai, sbuffando un leggero sorriso divertito, prima di tornare serio:
«Qual è...» esordii, cercando le parole più adatte «...Il problema tra te e tuo pad-?»
«Questa domanda non c'è nel fascicolo, spiacente.» mi disse subito Selene, cercando di interrompere la mia curiosità ma non riuscivo: non potevo e non volevo. Non so dire il perché ma per una volta mi importava sapere qualcosa di qualcuno. Mi importava davvero.
«Maddai...Non eri tu ad aver detto che dovevamo sapere tutto l'uno dell'altra?»
«Tutto tranne questo.»
«Se il tizio ce lo chie-...»
«Tranne questo, Colin. Buonanotte.» alzò un po' di più la voce rispetto al solito e non so dire il perché ma la cosa mi fece star male. Non riuscivo a capire i motivi per cui si ostinasse a restare così chiusa nei miei confronti, dopo tutto quello che c'è stato. Dopo quei momenti che continuo a rivivere nella mente, come se fossero successi da poco.
Deglutii a vuoto e sospirai un profondo respiro dal naso, lentamente. Non so dire per quanto tempo rimasi lì ad osservare il soffitto, prima di riprendere a parlare:
«Mi piacciono i programmi sul paranormale.» dissi, decidendo quindi di interrompere quel lungo silenzio che si era appena creato.
«..Che cosa?
» mi chiese lei in un mormorio confuso, senza darle tuttavia il modo di continuare oltre. Volevo sfruttare quel momento in cui non potevo guardarla in viso, per dirle qualcosa in più di me.
«Non nel senso: "Ah-ha! Che divertente! Gli piace la tv spazzatura". Mi piacciono sul serio.» affermai sincero come mai lo ero stato prima. Mi morsi l'interno di una guancia con i denti, prima di sbuffare un sorriso divertito davanti ad un'altra cosa personale di me che potevo dirle «E...ho preso lezioni di disco-dance, quando ero alle medie. E il mio primo concerto è stato quello dei Rob Base, Dj EZ Rock...» ridacchiai appena «...Probabilmente neanche sai chi sono.» ma questo ovviamente non mi scoraggiò dal continuare a dirle qualcosa in più di me. Qualcosa che potesse essere utile a farmi conoscere meglio. Per la prima volta in vita mia volevo che qualcuno mi conoscesse. Volevo che Selene mi conoscesse.

Sbuffai un altro sorriso: «Trovo Marylin Monroe molto attraente. Chi non lo farebbe, in effetti?
» le domandai retorico, continuando «Non amo i fiori in casa, perché mi fanno pensare ai funerali.» mormorai in un moto di tristezza, ripensando ai miei genitori «Non amo i videogame e rileggo Cime Tempestose ogni Natale. E' il mio libro preferito.» il fatto che io continuassi a parlare e lei no, mi fece capire davvero quanto avessi bisogno di essere ascoltato. Non so dire se stesse zitta per assecondare quella mia pazzia o per sincero interesse; l'unica cosa di cui ero certo, era che non avrei voluto avere nessun'altra in quel momento ad ascoltarmi.
«Non vado a letto con una donna da oltre un anno e mezzo.» arrivai addirittura a dirle questo con una sincerità disarmante, soprattutto se detto da uno come me.
«Mi sono innervosito, quando ho conosciuto Dreng. E il tatuaggio con gli uccelli...» quello che ho sulla schiena, proprio in mezzo alle scapole «...Sono rondini. L'ho fatto a sedici anni, dopo la morte dei miei.» sbuffai un mezzo sorriso amareggiato e tirato, che mi portò a scuotere appena il capo, così da levarmi il pensiero «Una stupidaggine.» mi schiarii la voce «Di sicuro ci sono un sacco di altre cose ma...al momento è tutto quello che mi viene in mente.» le dissi alla fine, aggrottando visibilmente la fronte nell'esatto istante in cui calò il silenzio, di nuovo.
«Ci sei ancora?
» le domandai, temendo per un attimo che si fosse addormentata; il che sarebbe stato davvero imbarazzante.
«Sì, sono qui...» mormorò appena e come se non le fosse piaciuta quella risposta, aggiunse anche un «...Stavo pensando.» volto a dare una risposta un po' più completa e meno monosillabica. Peccato che fu la domanda successiva a non essere propriamente di mio gusto:
«Davvero non vai a letto con una donna da diciotto mesi?!?
» strabuzzai gli occhi, prima di rotearli al cielo
«Ommiodio, Selene. E' l'unica cosa che ti colpisce?»
«Certo. E' un sacco di tempo...»
«Sì, beh...Sono stato un po' impegnato.» era la verità infondo ed era anche prevedibile una risposta simile
«Già...» mi confermò lei in un lieve sussurro, aggiungendo «Chi sono: Rob Base, Dj...?» lo sapevo. Un classico.
«...EZ Rock?» conclusi io la domanda al posto suo, sbuffando un sorriso divertito, schiarendomi la voce, pronto a farla cantare. Letteralmente. «Cantavano: "It takes two to make a thing go riiiight! It takes to make outta siiight!" Du-Du-Dum!...Eh?» le domandai, aspettandomi che avesse riconosciuto quanto meno la mia performance su quell'acuto e quello stacco di base.
«Uhm..Uh-uh.»  arrivò un versetto negativo da parte di Selene, che mi portò a sospirare appena
«Erano bravi.» ammisi semplicemente, scrollando appena le spalle, nonostante sapevo che non potesse vedermi, visto che ero sdraiato per terra e di fronte al suo letto.

Calò un'altra lieve pausa, prima che le mie orecchie sentirono Selene abbandonarsi ad una lieve risata bassa, che mi portò a sorridere a mia volta
«Che c'è?
» le chiesi divertito
«Niente...» ma ovviamente sapevo che stava mentendo, lo percepivo dal modo in cui il suo respiro si faceva spezzettato, tipico di una persona che sta sghignazzando di gusto, come se le fosse venuta in mente chissà quale scena divertente. «...Lo so chi sono. Volevo solo sentirtela cantare.» ammise alla fine, portandomi a sorridere in maniera divertita. Mi sentivo leggero e per una volta nella vita, mi sentivo me stesso. Sospirai appena, decisamente sollevato mentre continuavo a guardare il soffitto in attesa che accadesse qualcosa o che più semplicemente il sonno prendesse possesso di me. Ciò che accadde, invece, fu inaspettato e mosso da Selene stessa.
«Colin...?»
«Sì...?»
«Non vorrei che tu fraintendessi...» mise nuovamente quella pausa alla fine della frase, che mi lasciò perplesso. Fraintendere cosa, poi? Che tutto quello che era successo non significava nulla? Forse era davvero così, anche se...
«...Va bene.» mi limitai a dire con lo stesso tono con cui mi rivolgo a qualsiasi altra persona che non sia Selene.
«...Ma tu sei un uomo...Sei un uomo molto bello.» quelle parole mi spiazzarono e al tempo stesso cancellarono dalla mia mente ogni dubbio o paura: esatto, per una volta ho avuto seriamente paura di perdere qualcun altro. Di nuovo. Allargai gli angoli della bocca verso l'alto, lentamentamente, e per fortuna Selene non ebbe in alcun modo di vedere le mie guance rrossire davanti a quel complimento. Il suo complimento.

«I wanna rock right now, I'm Rob Base and I came to get town...» riprese a canticchiare, portandomi a sorridere ancora di più, prima ovviamente di seguirla
«I'm not internationally known, but I know to rock the microphone...»
«It takes two to a make a thing go rIIIIIIIIght!» riprese Selene in un falsetto acuto, che mi portò ad abbandonarmi ad una leggera risata divertita
«Du-Du-Dum...» staccai con una breve base, lasciando quindi all'altra modo di riprendere fiato e continuare
«It takes two to make a thing go rIIIIIIght!...Uhm-uhm! IT TAKES TWO...! Ah, Dio! Non ci arrivo! E' altissima!» ammise alla fine,abbandonandosi ad una risata divertita, che via via si fece sempre più lunga, portandomi automaticamente a ridere a mia volta.
Era strano: era da tanto, davvero tantissimo tempo che non ridevo così, che non stavo così. Ed era bello. Per una volta mi sentii felice, per una volta mi addormentai con il sorriso sulle labbra.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3021204