Love is a Business...for a Green Card di AirDust (/viewuser.php?uid=804457)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 1 *** Capitolo Uno ***
Capitolo I
PREMESSA
Come al solito la premessa è doverosa,
soprattutto in questi casi.
Per
questa storia, mi sono volutamente ispirata al film Ricatto d'Amore
(con Ryan Reynolds e Sandra Bullock. Favolosi!). La storia è
la
medesima ma i personaggi sono sempre i "miei" (che posso dire? Mi sono
affezionata ç___ç. Li amo troppo!)
Ergo:
Emilia Clarke
nella parte di Selene
Blain e Chris
Evans nella parte di Colin
Dane.
Nella mia storia, però, i ruoli saranno invertiti quindi
vedremo
Colin nei panni dell'editore e Selene in quelli dell'assistente. Enjoy!
~Selene
«Uhhhmmm...»
mormorai in un mugugno rilassato, facendo schioccare un paio di volte
la lingua sul palato mentre andavo ad aprire gli occhi. In
realtà ne aprì uno solo, troppo presa da quello
strano
senso di rilassatamento, che mi pervadeva. Inspirai profondamente dalle
narici, stiracchiandomi nel letto mentre spostai i capelli all'indietro
con una mano. L'occhio mi cadde sul comodino
«..Perché la sveglia è ferma?»
me lo domandai da sola, ad alta voce, andando ad afferrare
l'orologio, così da poter girare le lancette e controllare
che
il problema fosse dovuto alle pile scariche. Il telefono in quel
momento vibrò.
Misi da parte la sveglia e tolsi il blocco tasti. Sbiancai e sgranai
gli occhi: erano le 08.30 del mattino. Alle 9 dovevo essere in ufficio,
che distava venti minuti di metro, senza contare che dovevo prendere il
caffè per lui: Colin.
«CAZZO!»
esclamai, fiondandomi di fretta e furia in bagno, giusto per lavarmi
velocemente la faccia e i denti, raccattando qua e là alcuni
vestiti. Il telefono vibrava ancora: 5 Messaggi.
Forse
Ritardo.
Non ho mai letto parole così belle da un uomo, soprattutto
da
uno come Colin: tutti quanti lo reputavano un cinico bastardo, senza
sentimenti, incapace di provare qualsiasi emozione diversa
dall'assoluta convinzione che lui ha sempre..ragione.
Non mi persi in troppi fronzoli, comunque, e dopo aver recuperarato
qualche vestito decente ed essermi data una veloce sistemata ai
capelli, mi fiondai fuori di casa, infilando velocemente quel paio di
ballerine mentre mettevo le decoltè in borsa. Di certo, non
mi
sarei messa a correre per lui con i tacchi in una città come
New York. Dovevo
essere comoda, infondo.
Corsi così verso la metro e dopo ben venti minuti di
eterna agonia, in cui continuavo ad osservare l'orologio con una certa
ansia, uscì fuori come un fulmine, risalendo a due a due i
gradini, per fiondarmi dentro lo Starbucks più vicino,
fortunatamente dal lato opposto della strada rispetto alla casa
editrice. Aprì la porta e vidi..la CODA.
Sbiancai, non potevo permettermi
di essere anche solamente un minuto in ritardo, visto che forse ero
già stata graziata.
«Selene!»
mi sentì richiamare, verso il bancone e vidi la faccia
sorridente di Andrew, un giovane ragazzo che lavorara lì
da..sempre, oserei dire.
Mi fece cenno di avvicinarmi con una mano e
tra sorrisi imbarazzati e di scuse verso quelli che, giustamente, erano
in coda, mi avvicinai.
Tirai un profondo sospiro di sollievo mentre
vidi Andrew passarmi i due caffelatte, che ordinavo ogni mattina.
«Grazie,
Drew. Mi hai salvato la vita.» dissi allungando forse un po'
troppi dollari, ma non mi importava. Dovevo andare a lavorare e sentivo
il telefono vibrarmi nella tasca. Rivolsi un lieve sorriso al ragazzo
ed afferrando in una mano entrambi i brick di caffè,
uscì
come un fulmine dal locale, feci lo slalom tra i taxy e le macchine
poste sullo stradone e finalmente varcai la soglia della casa editrice.
«Lui
c'è?» chiesi immediatamente all'addetto alla
sicurezza
mentre passavo a fatica il bedge. L'uomo ovviamente ridacchiò
«No
ma..»
«Mi
basta!» esclamai, fiondandomi di fretta e furia
nell'ascensore, subito dopo aver timbrato il cartellino.
Avevo il fiatone ed ero già stanca ma..sapere che Colin non
era
ancora arrivato, mi permise di entrare in ufficio con più
calma.
Attraversai il corridoio, tenendo in entrambe le mani i due brick di
caffè e la borsa appoggiata nell'incavo del gomito. Giunsi
ben
presto al bancone della reception, la postazione di Daisy.
«Ti
è andata bene che è rimasto fregato. Alla 34esima
stanno
facendo dei lavori.» mi informò, portandomi a
ridacchiare
appena
«Lascia
stare. Non sai che giornata che ho già pass...»
BUM! Uno
dei due brick di caffè mi si accartocciò addosso
e
proprio sulla camicia..bianca!
«..Scusami Sel!!!!»
disse Timmy, il ragazzo incaricato di consegnare le lettere in ufficio
Sollevai la mano con il brick accartocciato e da
cui colava ancora il caffè «No.»
sussurrai mentre un occhio si abbandonò ad un leggero tic
nervoso. Ero sul punto di implodere lì, seduta stante,
maledicendo Colin e il giorno in cui decisi di lavorare per lui.
«Devo
andare ma..non è successo niente, dai!» disse
Timmy,
dileguandosi all'istante dalla mia vista. Lo avrei incenerito ma mi
limitai semplicemente a stringere di più il bicchiere
già
deformato di suo dopo l'impatto, abbandonandomi ad un ringhio
esasperato «Ci
mancava solo questa!» esclamai, muovendomi come una furia
verso
la mia scrivania, gettando però il bicchiere ormai distrutto
nel
primo cestino a portata di mano.
~Colin
La giornata era iniziata bene, nonostante l'ingorgo
sulla 34esima a causa di quei maledetti lavori in corso.
«Tom, ascoltami. Devi pubblicarlo, fidati di me..»
mentre entravo in ufficio, mi intrattenevo al cellulare, controllando
di tanto in tanto lo schermo, per vedere se avevo ricevuto qualche
risposta da Selene. Niente. Zero. In realtà lo facevo anche
per
evitare di assorbirmi tutte le esitazioni di Tom. Dio, quanto lo odiavo
quando faceva così il prezioso.
«Tom.
Tom, ti prego. Ragiona. Questa storia è fantastica! E'
divertente, frizzante, coinvolgente ha anche quel tanto di dramma che
basta, per farla diventare una storia di successo!»
dissi nuovamente, alzando gli occhi al cielo, allo scoccare del tipico dling, che
annunciava le aperture delle porte dell'ascensore.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, annuendo un paio di volte
«Va
bene, pensaci. Ti richiamo, ora sono in ufficio.» conclusi,
agganciando così il telefono mentre spingevo quella porta
vetrata, che dava direttamente al bancone della reception
«Ci
sono messaggi per me, Daisy?» dissi, senza guardarla in
faccia, andando a controllare l'agenda sul mio smartphone
«..No, non rispondere. Dov'è Selene?»
solo adesso le degnai uno sguardo, giusto in tempo per vedere Daisy,
posta dietro al bancone, allungare un indice in direzione del
mio ufficio.
Le rivolsi un semplice cenno del capo in un gesto del
tutto affermativo, ritirando il cellulare all'interno della tasca della
giacca grigia che indossavo -un completo con tanto di pantaloni,
camicia bianca, cravatta e scarpe eleganti- e varcai la porta del mio
ufficio, trovando Selene, in piedi con in mano il mio caffè.
«Buongiorno,
Capo. Ha una conferenza tra mezz'ora» ecco perché
l'ho
assunta: non si perde mai in inutili chiacchere, fa il suo lavoro e..mi
porta anche il caffè.
Annuì ripetutamente davanti a quel promemoria, afferrando
così il brick di bevanda mentre andavo a raggirare la mia
scrivania:
«Sì, lo so. Hai chiamato Scott?»
le dissi, concedendomi un sorso corposo di caffè, che
deglutì poco dopo e lentamente
«Uhm.»
fu il mio unico commento positivo sulla bevanda, prima di mettermi
seduto sulla mia bellissima e nuovissima poltrona di pelle.
«Sì,
ha detto che la richiamerà per le 10:30» rispose
Selene
«Ma
alle 10:30 ho una riunione..»
«Non
più, gliel'ho spostata a domani, visto che oggi è
imbottigliato sulla 34esima a causa dei lavori in corso ed ha
già altre riunioni più importanti, che richiedono
maggiore attenzione..»
Ecco perché
l'ho assunta.
Appoggiai comodamente la schiena contro lo schienale della poltrona,
sollevando un sopracciglio verso l'alto e mostrandole un leggero
sorriso piacevolmente colpito davanti alla sua
professionalità.
«Ottimo.
Oh, hai chiamato..come si chiama? Quella con i denti storti?»
la incalzai, schioccando le dita di una mano a mezz'aria.
«..Kelly?»
ipotizzò Selene, aggrottando la fronte in maniera perlessa
«Esatto!
Lei!» confermai, appoggiando il caffè sul tavolo
mentre
saettavo lo sguardo su quella pratica che le avevo richiesto la
mattina. Così la gente dovrebbe lavorare!
«Sì,
l'ho chiamata e le ho detto che se non porta il manoscritto in tempo,
non le darà una data di pubblicazione..»
continuò Selene, ricevendo solamente qualche cenno
affermativo del capo da parte mia
«Ah,
Capo ha chiamato anche l'avvocato dell'immigrazione..»
Risposta sbagliata.
Sospirai: «No,
cambio di programma: chiama Scott e passamelo sulla linea 2. Annulla la
mia presenza alla riunione: di pure che sono imbottigliato da qualche
parte e..temporeggia con l'avvocato.» conclusi, sfogliando
alcune
pagine di quelle scartoffie, salvo poi fermarmi all'improvviso «Oh,
sì chiama anche il comunicato stampa: Tom
pubblicherà il suo manoscritto.»
«Davvero?!»
chiese Selene con così tanto stupore, che si
meritò un
mio sguardo. In effetti le feci una panoramica dalla testa ai piedi,
aggrottando però la fronte non appena i miei occhi si
soffermarono sul suo busto
«E'
nuova quella camicia?» le chiesi, mantenendo la fronte
crucciata,
prima di abbandonarmi ad un sospiro che sapeva tanto di non rispondere, non importa
«..Comunque,
no. Non ancora ma ci sto lavorando. Confido che Tom si
deciderà
presto, soprattutto quando ormai il comunicato stampa ne
sarà
praticamente a conoscenza» conclusi, ammiccandole con una
certa
intesa, prima di tornare alle mie scartoffie.
«Wow..Bel
colpo.» concluse Selene, difficile capire se lo fece con
sincerità o con sarcasmo.
Sospirai piuttosto pesantemente, afferrando il caffè mentre
andai ad accendere il laptop: «Quando
vorrò i tuoi complimenti, te li chiederò»
borbottai senza cattiveria ma con tono assolutamente esasperato per
tutta la giornata che avrei dovuto passare. Non tanto per le
conferenze, le riunioni o per Tom, quanto per quello stupido avvocato
dell'ufficio immigrazione.
Mi portai il bicchiere vicino alle labbra, fermando il braccio
pressoché a metà strada «Aemh..»
mormorai, spostando lo sguardo dal brick a Selene, che nel frattempo si
stava muovendo verso l'uscita del mio ufficio «..Selene»
la richiamai, mantenendo però lo sguardo sul mio bicchiere.
L'assistente si fermò improvvisamente, compiendo giusto un
paio di passi indietro per tornare così a guardarmi
«..Chi
è..» assottigliai lo sguardo, cercando di
decifrare la scrittura «..Chi
è Drew? E perché vuole che lo
chiami?» non mi
ricordava assolutamente nulla quel nome, in effetti, tant'è
che
feci ruotare il bicchiere verso di lei, mostrandole il nome, il numero
e quel breve messaggio.
L'assistente non rispose subito ma mi bastò osservare il
modo in cui
arrossì all'improvviso, per poi sbiancare con la stessa
velocità
«Beh, veramente quello era il mio caffè..»
Sollevai un sopracciglio verso l'alto, non so dire se ero
più
colpito dal fatto che mi avesse detto la verità o che avesse
osato darmi il suo caffè.
«E
perché sto bevendo io il tuo caffè?» mi
venne naturare chiederglielo.
«Perché
il suo si è rovesciato.»
Sollevai entrambe le sopracciglia mentre contemporaneamente abbassai
gli angoli della bocca verso il basso, mostrandomi visibilmente
impressionato da tutta quell'onestà, che mi era stata
mostrata. Mi concessi un altro sorso corposo ed attento di quel
caffè, che trattenni per qualche istante in bocca,
assaporandolo
con attenzione, prima di deglutirlo.
«Quindi
tu bevi caffelatte di soia amaro alla cannella..»
«Esatto..»
«Uhm..»
mormorai, spostando ripetutamente lo sguardo da lei a quel
caffè, poco convinto. Lo sa che non credo alle coincidenze.
«..Mi
fa pensare al Natale ogni volta» aggiunse, forse per una
semplice giustificazione o forse perché aveva intuito quel
mio sguardo non proprio sicuro
«E'
un caso che lo beva anch'io?» mi venne naturale farle questa
domanda. Lo ammetto, un po' vederla entrare nel panico mi divertiva ma
sapevo anche che era l'unica in tutti e 72 i piani dell'edificio, che
avrebbe sopportato questo genere di pressioni da parte mia.
«E'
incredibile ma lo è.» mi rispose concedendosi un
profondo
respiro dalle narici, prima di rivolgermi un largo sorriso. Il telefono
iniziò a squillare, tant'è che la ragazza fu
costretta ad
indietreggiare nuovamente, continuando «Non
berrei..Non berrei mai il suo caffè di proposito e solamente
per
paura cheilsuopossarovesciarsi....Pronto?! Ufficio del Signor
Dane» rispose così al telefono, dandomi modo di
apprezzare
nuovamente quella "strana"
situazione, che paradossalmente mi mise il buon umore. O forse era
tutto merito del caffè.
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Capitolo 2 *** Capitolo Due ***
Capitolo II
Capitolo
II
~Selene
«..Non
berrei mai il suo caffè di proposito e solamente per paura
cheilsuopossarovesciarsi...Pronto?! Ufficio del Signor Dane»
Non ringraziai mai abbastanza Jack, l'uomo dall'altra parte del
telefono, per avermi salvata da quel momento assurdo con il mio capo.
Era già stato un miracolo l'aver convinto Dana a prestarmi
la
sua camicia..
«Dana!
O la tua camicia o il licenziamento!» squittì
nervosamente
verso la mia collega, che era intenta a spulciare la rivista Man's
Health
«Certa
gente dovrebbero renderla illegale. Eccesso di manzaggine, guarda qui
che muscoli..» mormorò, mostrandomi l'immagine
dell'uomo
"perfetto" scelto dalla rivista. Non avevo tempo, adesso, per pensare a
tutti quegli addominali scolpiti e Dio solo sa a cos'altro.
«Danahhhh...» la supplicai,
sventolando le mani a mezz'aria, guardandomi attorno nervosamente «Ti
prego!»
Dana sospirò, chiudendo a malincuore la rivista e
squadrandomi
dalla testa ai piedi. Scosse appena il capo, facendo schioccare la
lingua sul palato ripetutamente.
«Ti
faccio l'abbonamento annuale alla rivista Man's Health. Hai cinque
secondi per decidere: cinque, quattro, tre, due...»
«Andiamo in bagno!» fu la
risposta affermativa della donna, che si mosse immediatamente verso la
toilette «..Facciamo
due anni?» fece una contro proposta all'ultimo, osservando la
mia reazione con la coda dell'occhio.
Inspirai profondamente dalle narici e dopo una breve pausa,
annuì: «Se
oggi non verrò licenziata, sì.»
confermai,
scambiando con la donna una stretta di mano decisa, atta a voler
sugellare quel "patto", prima di entrare in bagno.
E così ci scambiammo la camicia, che mi permise di
accogliere giusto in tempo Colin con il suo caffè,
sopportando
tutta quella serie di domande, fino a quella paradossale situazione,
che fece scoprire ad entrambi la nostra "dipendenza" dal caffelatte di
soia amaro alla cannella. Fortuna vuole, che Jack chiamò
proprio
in quell'istante.
«Oh,
ciao Jack!» dissi, così da far capire a Colin chi
è
che lo stava chiamando, notando come il canadese, seduto sulla sua
scrivania, mi fece un cenno negativo con le dita.
Aggrottai la fronte, non tanto per il fatto che Colin non avesse alcuna
intenzione di parlare con Jack, lo sapevano tutti che tra loro non
scorreva buon sangue, quanto per quello che mi disse: «Va
bene..Veniamo subito, allora.» conclusi, agganciando il
telefono.
«Perché
Jack vuole che andiamo nel suo ufficio?» chiesi al Dane,
perché ero sicurissima che lui sapesse qualcosa. Di fatto mi
rispose con un sorriso fintamente innocente e che sapeva tanto di non te lo dirò mai.
Strinsi perciò le labbra, annuendo pacatamente con il capo,
senza aggiungere altro, uscendo quindi dall'ufficio. Intercettai lo
sguardo di Daisy, muovendo le dita della mano vicino alla gola, mimando
quindi il classico gesto di "testa mozzata", per indicarle che Colin
stava per uscire e che quindi sarebbe stato meglio per tutti se
avessero fatto finta di lavorare.
Pochi istanti dopo apparve Colin, intento a riabbottonarsi la giacca
mentre entrambi procedevamo verso lo studio di Jack.
«Allora...» esordì,
cercando di rompere il ghiaccio «..Ha
letto il manoscritto che le ho dato?» erano passate 3
settimane
da quando gli avevo consegnato il mio manoscritto. Quello di scrivere
un libro è sempre rimasto un sogno nel cassetto che
finalmente
dopo anni di studi -e soprattutto di lavoro per una casa editrice-
poteva avverarsi..Se non avessi scelto proprio Colin come prima persona
a cui far leggere il mio racconto.
L'uomo fece schioccare la lingua sul palato «Giusto
qualche pagina. Non mi ha entusiasmato molto.» disse
sollevando appena una spalla con noncuranza
«Posso dire qualcosa?»
«No.»
«Dunque..»
me ne fregai altamente dei suoi divieti. Sono una persona, una
cittadina americana e come tale ho il diritto di parlare su qualcosa
che riguarda me.
«..Cos'ha che non va? Ho letto centinaia di manoscritti e
credo che dopo sette anni di lavoro qui e soprattutto con Lei...»
sì, non gli risparmiai nemmeno quell'occhiata in tralice. Se
dovevo essere licenziata, volevo farlo con un po' di stile. «..So
perfettamente come si scrive una storia. Di cos'ha bisogno
affinché possa risultare appetibile ed...» mi
accorsi che
non mi stava ascoltando, perché la sua attenzione si
focalizzò su Dana e sulla mia camicia macchiata di
caffè
che indossava al
mio posto «..interessante per il pubblico.» mi
sforzai
comunque di terminare la frase, cercando di usare un tono
più
convincente possibile.
Colin sbuffò dalle labbra con sufficienza «Pff,
sbagliato..» disse, aggiungendo «..E
comunque lo so che quella del caffè non è una
coincidenza. Tu bevi il caffè che bevo io, per paura che
possa
rovesciarsi. Il che è piuttosto pietoso.»
«O stupefacente.» lo corressi,
decisa a non dargliela vinta
«Sarebbe stato stupefacente se non
l'avessi rovesciato, costringendo..» breve pausa «..Va
beh, hai capito di chi sto parlando. La proprietaria della tua nuova
camicia.»
aggiunse simpaticamente, rallentando il passo davanti alla porta
dell'ufficio di Jack «..Ora
stai in silenzio. Qui ci penso io.»
«Seh.»
risposi scocciata, varcando la soglia dell'ufficio di Jack a cui
sorrisi per salutarlo, mettendomi infine zitta zitta in disparte
così da lasciare entrare Colin
~Colin
«Ahhh..Il coraggioso Cavaliere con il suo
paggio! Prego, entrate pure..»
Quanto odiavo Jack e il suo sarcasmo. Il finto uomo tutto
sorrisi
e carinerie, che non aspettava altro di fregarti alla prima occasione
«Jack.» risposi
freddamente, non appena varcai la soglia del suo ufficio, che osservai
con attenzione «Vedo
che ti sei sistemato bene.» questo è sarcasmo,
Jack. Prendi e porta a casa.
«Sì,
molto bene» mi rispose compiaciuto e con un sorriso raggiante
a trentadue denti.
Oh, Jack...
Strinsi le labbra tra loro, schiarendomi lentamente la voce, prima di
aggiungere «Libera
il tuo ufficio, Jack.»
Il gelo piombò improvvisamente in quella stanza. Con la coda
dell'occhio vidi Selene ruotare il capo in mia direzione, sgranando gli
occhi per la sorpresa. A Jack stava quasi per cadere una mascella. Io,
invece, restavo del tutto impassibile.
«...Eh?!» fu l'unico
commento da parte di Jack, che mi portò a sospirare
«Ti ho chiesto mille volte di organizzare
una conferenza stampa per Tom e non l'hai fatto» feci
spallucce «Sei
licenziato.» glielo dissi in un tono di voce più
diretto.
Forse così riusciva a capirlo.
Selene nel frattempo si mosse
lentamente verso la porta, che andò a chiudere con calma
così da rendere quel momento più.."privato", per
poi
tornare silenziosamente al suo posto. Perché non posso avere
gente capace e competente come lei?!
Jack, nel frattempo, sbuffò appena dalle labbra,
visibilmente
confuso da quella situazione che non si aspettava di dover affrontare.
Deglutì un paio di volte e sfarfallò le palpebre
mentre
cercava di trovare una scusa plausibile davanti alla mia decisione
«Ma te l'ho detto..Tom non era sicuro di
voler pubblicare il manoscritto, figuriamoci fare una conferenza
stampa!»
«Uhm.» fu la mia prima
risposta, che mi portò ad umettare le labbra «E'
strano perché gli ho appena parlato al telefono e mi ha
detto di
sì.» che poi non era del tutto vero, era un'altra
storia
ma sapevo perfettamente che quella della conferenza era la soluzione
giusta per sbloccare un indeciso come Tom.
«..Cosa?!»
«Sapevo
che avresti risposto così e questo mi fa pensare al fatto
che tu
non l'abbia mai chiamato..» sospirai sconsolato «..So
che Tom non è un tipo facile, ma pensavo che lavorare per me
ti
avesse aiutato ad affrontare situazioni difficili.» mi
concessi
l'ennesimo respiro dalle narici, guardando per qualche breve istante
Selene. A volte penso che lei sia l'unica persona in tutto lo
stabilimento a meritare di essere qui. Dovrei darle un aumento.
Tornai con l'attenzione su Jack «Facciamo
così: ti do due mesi di tempo per trovarti un altro lavoro e
poi
dirai che sei stato tu ad andartene, va bene?» domandai
retorico,
ruotando la testa verso Selene a cui rivolsi un sorriso che sapeva
tanto di qui abbiamo
finito, muovendomi infine verso la porta.
Uscii dal suo studio, seguito da Selene
«Cosa fa?» le domandai a denti
stretti, in un tono di voce complice mentre continuavo a tirare dritto
«Fa
avanti e indietro...Appoggia le mani sulla scrivania..Si afferra i
capelli..» alzai gli occhi al cielo ed inspirai profondamente
«Dimmi
che non sta uscendo..» mormorai verso di lei ma dentro di me,
sapevo che l'uomo stava facendo esattamente quello
«TU!» esclamò Jack
furioso, uscendo a sua volta dallo studio
«Eccolo..» borbottai,
fermandomi definitivamente, chinando il capo per qualche secondo, prima
di voltarmi lentamente
«..Sì, Jack?»
«Sei solamente un cinico bastardo!» si
sentì un ohhhhhhh!
di
stupore da parte dei presenti, che volente o nolente assistevano alla
scena. Non dissi niente, optando per il silenzio così da
lasciar
sfogare del tutto il povero Jack
«Io
lo so qual è il tuo gioco. Mi licenzi solamente per passarmi
davanti, così da ottenere prima di me il posto all'interno
del
consiglio d'amministrazione!»
«Jack,
ti prego..» mormorai, spostando lo sguardo verso tutti gli
altri
presenti che a turno abbassavano la testa, facendo finta di lavorare.
Come se non lo sapessi che per loro, una scena simile, era quasi pari
al ricevere un premio Pulitzer.
«Io lo so perché lo fai, perché tratti
così
le persone. Tu ti senti minacciato. Constantemente. Sei così
insicuro di te stesso, che scarichi i tuoi problemi sugli altri,
perché sei un fottuto bastardo, che non è in
grado di
farsi apprezzare da nessuno, perché tu Sei Mr. Nessuno!
Nessuno che vuole esserti amico o che ti prenda in simpatia, o che ti
reputi una bella persona! Sei triste e io provo pena per
te.»
Serrai con decisione le mascelle, scaricando in quel gesto tutto il
nervosismo che potevo mostrare, andando a prendere anche un profondo
respiro dalle narici.
«Ascoltami
bene, Jack...» esordì dopo qualche istante,
concedendomi
del tempo per non lanciarmi addosso a lui con il rischio di prenderlo
a pugni «..Non
ti ho licenziato perché voglio passarti davanti. Ti ho
licenziato perché non svolgi il tuo lavoro come dovresti:
sei
inoperoso, incompetente, passi il tuo tempo su Youporn invece di
lavorare ed inoltre non sai nemmeno chiamare Tom, per dirgli che
vogliamo organizzargli una semplice conferenza stampa.»
«..» Jack
schiuse le labbra, deciso a replicare ma lo fermai istantanteneamente
«E
se dici un'altra parola, ti faccio sbattere fuori dagli agenti che
Selene ha chiamato giusto in tempo..» e con un semplice cenno
del
mento, indicai i due uomini in divisa alle spalle dell'uomo, in attesa
di un mio semplice gesto per poter agire.
«..Sei solamen..»
«Una
sola parola, Jack. E io ti faccio sbattere fuori da una scorta armata.
Selene e tutti gli altri ti riprenderanno con il cellulare, caricando
infine il video su quel famoso sito internet..Qual era?»
chiesi
in un tono di voce fintamente vago, riferendomi però
direttamente alla mia assistente.
«Youtube.» rispose Selene in un
pigolio sommesso, ottenendo un sentito ringraziamento da parte mia con
il capo
«Esatto.
E' questo che vuoi?» domandai retoricamente, visto che sapevo
che
Jack non si sarebbe mai permesso di rispondere «Perfetto.»
commentai infine, scuotendo leggermente la testa verso i due uomini in
divisa, facendo bene intendere come non ci sarebbe stato bisogno del
loro aiuto.
Mi concessi così un profondo respiro dalle narici e mi
voltai
semplicemente, dirigendomi nuovamente verso il mio ufficio. E anche
questa era fatta.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Tre ***
Capitolo III
Capitolo
III
~Selene
Non so dire
come mi sentii mentre assistevo alla scena del licenziamento di Jack.
Certo sapevo che l'uomo, nonostante tutti i buoni motivi che aveva per
odiare Colin, aveva davvero esagerato nel parlargli in quel modo. Da un
lato, tutto questo mi fece riflettere sul fatto che, effettivamente,
oltre a lavorare cosa faceva Colin? Conosco la sua agenda a memoria,
gli organizzo gli appuntamenti e rispondo alle sue telefonate e non
c'è mai stata una volta che qualcuno chiedesse di lui, che
volesse sapere come stava, che cosa faceva e dov'era. Qualcuno di
importante, insomma.
«Fai in modo di liberare il suo ufficio come meglio credi.
Prendi
quella bellissima scatola di legno di sigari cubani, che tiene nella
mensola; la voglio nel mio studio.» mi disse in un tono di
voce
tranquillo mentre entrambi ci dirigevamo nuovamente verso il suo ufficio
«Va
bene» risposi in tono di voce sommesso, non osando aggiungere
altro visto che la giornata stava assumendo una piega decisamente
orribile
«Oh, e prendi anche tutti i suoi
manoscritti. Li leggeremo questo week-end.»
Ma perché parlo sempre?
«Questo
week-end?» gli feci eco, anche se avevo capito benissimo, ero
io
quella che sperava tanto di essersi persa un pezzo. Colin
rallentò il passo fino a fermarsi, aggrottando la fronte in
maniera visibilmente confusa
«Sì, è un
problema?» Sì, è un
dannatissimo problema.
«No, è che è il compleanno di mia
nonna, compie
novant'anni e..» lo seguì con lo sguardo mentre
riprese a
muoversi, deciso a non voler ascoltare oltre le mie scuse «..d'accordo
non ci andrò!» mi corressi infine, restando ferma
sul posto per qualche istante «Già..»
mormorai nuovamente a me stessa e con il morale sotto ai piedi, tornai
alla mia scrivania.
Mi sedetti sulla sedia, abbandonandomi ad un pesantissimo sbuffo.
Passai entrambe le mani sul viso, facendole scivolare dagli occhi verso
le labbra mentre lo sguardo si spostò immediatamente sul
telefono. Come potevo dire ai miei, che non sarei potuta andare a
trovarli dopo quanto? Tre mesi? Dio, era già passato
così
tanto tempo..
Alzai la cornetta e dopo essermi concessa un profondo respiro composi
velocemente il numero. Squillava.
«Pronto?!»
«Ciao
mamma...» fortunatamente trovai lei al telefono e non mio
padre.
Forse sarei riuscita a non rendere troppo tragica questa notizia
«Oh, oh. Che succede?» come non detto.
«Niente...»
«Selene.»
mi si raggelò il sangue quando mia madre
pronunciò il mio
nome in quel tono di voce ben scandito. Deglutì lentamente
quell'improvviso nodo che mi si era formato in gola, concedendomi un
profondo respiro dalle narici, prima di riprendere a parlare
«Non
posso venire nel week-end. Devo lavorare.» mormorai in un
tono di
voce basso, serrando con forza le labbra mentre chiusi gli occhi,
pronta a ricevere una valanga di sensi di colpa addosso.
«Cosa?! No! E la nonna? Non hai pensato
alla nonna?»
«Ma certo che ci ho pensato..»
«E' il suo compleanno!»
«Lo
so e mi dispiace ma devo lavorare» e non c'era
felicità
nel mio tono di voce, che anzi si mostrava piuttosto dispiaciuto. Avevo
bisogno di prendermi una pausa dal lavoro, non facevo altro da ormai
tre lunghissimi mesi, quel week-end sarebbe stato il mio premio.
«E tuo padre? Si arrabbierà a
morte!»
«Lo so.» Già.
Tra me e mio padre non correva buon sangue da quando decisi di
trasferirmi qui, a New York. Anche davanti a quel ricordo, sembrava che
fosse passata un'eternità.
«No,
tu non lo sai! Tu non vuoi venire a causa di tuo padre,
perché
non vuoi vederlo e preferisci stargli lontano! Licenziati!»
sospirai pesantemente scuotendo ripetutamente il capo
«No,
no mamma. Ascoltami: devo lavorare ne ho bisogno..» le dissi,
avvicinando maggiormente la cornetta vicino alle labbra, come a voler
rendere ancora più privata quella conversazione,
tant'è
che mi ritrovai a sussurrare «...Devo
farlo per la promozione. Ci sono quasi, manca poco..»
«Tuo padre è fuori di sè per il fatto
che non
chiami, come pensi che reagirà quando gli dirò
che non
vieni? Devi licenziarti!» lo ripetè nuovamente, in
effetti
l'idea del licenziamento era diventata una specie di mantra che mia
madre non si risparmiava di certo dal ripetermi ogni due per tre.
Sospirai e con la coda dell'occhio osservai lo schermo spento del
computer, che rifletteva la figura di Colin in netto avvicinamento
«Lo so che papà è
arrabbiato..» le concessi, serrando le labbra «..ma
noi valutiamo ogni possibile risposta, perciò non si
preoccupi:
le faremo sapere.» conclusi in un tono di voce fintamente
professionale, agganciando il telefono e voltandomi
verso il mio capo, che nel frattempo si era fermato al mio fianco.
«Parlavi
con la famiglia?» mi chiese, rivolgendomi un leggero sorriso
accomodante. Credo di avergli fatto quasi pena.
«Sì.»
«Ti hanno detto di licenziarti?»
Sbuffai e sollevai gli occhi al cielo, annuendo ripetutamente «Ogni
singolo giorno.» risposi, venendo salvata nuovamente dal
telefono
che riprese a squillare. Non gli diedi nemmeno il tempo di replicare,
visto che risposi immediatamente
«Ufficio
del Signor Dane...Sì, va bene.» riagganciai il
telefono,
lievemente confusa, spostando l'attenzione su Colin «Jensen
e Astrom vogliono vederla. Subito.»
Colin inspirò profondamente dalle narici, soffocando un
mezzo ringhio sommesso e visibilmente poco entusiasta della cosa
«Uhmmm...Ok.»
borbottò, aggiungendo «Vieni
a chiamarmi tra dieci minuti.»
«Va
bene.» gli risposi seriamente, perché sapevo
davvero che
non stava affatto scherzando. Lo seguì per un lungo momento
con
lo sguardo, prima di tornare a rispondere a quel maledettissimo
telefono, che riprese nuovamente a squillare.
~Colin
Con veramente
pochissima voglia di vivere, accolsi la notizia dell'incontro con
Jensen e Astrom con un profondo sospiro. Non commentai nient'altro,
allontanandomi semplicemente dalla scrivania di Selene, per dirigermi
verso quel maledettissimo ufficio. Poteva andare peggio di
così?
Io speravo davvero di no.
«Buongiorno, signor Dane!» mi accolse Elisabeth,
l'assistente personale dei
dirigenti dell'azienda, appostata nella sua scrivania proprio davanti
all'ufficio. Non le risposi, tirando semplicemente dritto verso la
porta, deciso a togliermi di dosso l'intera faccenda.
Aprii la porta, incrociando immediatamente i due che mi avevano
fatto chiamare: «Frank, Ben.» li salutai con un
lieve
sorriso, richiudendomi così la porta alle alle spalle
«Buongiorno Colin» fu Ben a parlare, continuando «Congratulazioni
per Tom, è fantastico.»
Annuì ripetutamente «Grazie,
grazie, grazie..» forse il primo ringraziamento era sincero,
gli
altri erano delle semplici ripetizioni affinché mi
permettessero
di trovare le parole giuste per continuare «..Non
vorrai darmi un altro aumento, mmh?» dissi ironicamente,
abbandonandomi ad una lieve risatina nervosa.
Non mi piaceva quella
finta atmosfera di calma e pace, sapevo che la bomba sarebbe stata
sganciata di lì a breve. Di fatto Frank e Ben si scambiarono
un'occhiata d'intesa dopo essersi lasciati andare a quell'inutile
risatina, che venne interrotta nuovamente da Frank
«Colin,
ti ricordi che avevamo deciso che non saresti andato al Congresso sulla
Pubblicazione di un Manoscritto a Londra, perché non potevi
lasciare il Paese dal momento in cui non avevi un visto?»
Porca puttana.
Lo sapevo.
«Sì, certo.» mi
limitai a rispondere, facendo spallucce con assoluta
tranquillità
«E...sei
andato lo stesso.» mi fece notare Frank, palesando piuttosto
bene
il fatto che non deve essere stata una delle mie idee più
brillanti, ma tant'è
Annuì ripetutamente «Sì,
ci sono andato. E questo mi ha permesso di conoscere Tom, come ben
sapete.» puntualizzai, focalizzando l'attenzione su quella
futura
stella emergente, che io stesso avevo contribuito a far brillare ancora
di più.
Frank inspirò profondamente, abbandonandosi infine ad un
profondo sospiro sconsolato:
«Al
Governo degli Stati Uniti non interessa chi pubblicherà un
uomo
come Tom..» disse, concedendo un'occhiata d'intesa a Ben, che
dopo un lungo momento di silenzio, continuò il discorso al
suo
posto
«Abbiamo parlato con l'avvocato
dell'ufficio immigrazione..»
E che cazzo.
Dalla padella alla brace.
«Bene!
Allora siamo a buon punto è tutto sistemato!»
dissi,
facendo di nuovo spallucce come se la cosa effettivamente non mi
interessasse ma nonostante stessi cercando di mantenermi tranquillo,
dentro di me mi sentivo morire. Per una volta Colin Dane aveva paura.
«Colin..»
riprese Frank, che nel frattempo stringeva tra le mani un foglio, su
cui faceva saettare lo sguardo con una certa enfasi «..Il
visto ti è stato negato.»
Il mondo mi crollò addosso di colpo. Sgranai gli occhi e
schiusi
le labbra con l'intenzione di replicare, ma tutto ciò che mi
uscì in quel momento fu un misero
«..E q-questo c-che vuol..?»
con tanto di balbettio sommesso ed incapacità di completare
la frase
«Significa
che verrai rimpatriato.» concluse, sollevando nuovamente lo
sguardo dal foglio verso di me. Non potevo crederci: era solo un visto.
Uno stupido pezzo di carta su cui c'era scritto: "Ehy! Puoi stare ancora qui!"
«Rimpatriato..?»
non era una domanda vera e propria la mia, visto che avevo capito
benissimo, è solo che speravo che si spiegassero meglio, di
fatto alternai ripetutamente lo sguardo su entrambi.
«Esatto,
perché temo che mancasse addirittura qualche documento, che
non
è mai stato consegnato per tempo.»
Serrai con forza le labbra, abbandonandomi ad un lieve sbuffetto
nervoso, che mi portò a sorridere onde evitare di scoppiare
a
piangere dalla disperazione
«Andiamo..!»
dissi ricercando una sorta di complicità, passandomi
una
mano sul viso, per poi andare ad accarezzarmi quello strato di barba
spessa e curata, nella zona dei baffi e del mento «..Non
vengo dalla Luna! Non ho due antenne da alieno al posto delle orecchie!
Vengo dal Canada, Santo Cielo! Ci sarà pure qualcosa che
possiamo fare...» dissi, nella speranza che almeno loro due
avessero trovato una soluzione, perché per quello che mi
riguardava, io non ne avevo.
«Possiamo ripresentare domanda..» disse Ben
accomodante, aggiungendo «..Ma
per il momento dovrai lasciare il Paese almeno per un anno.»
Sollevai entrambe le sopracciglia e lo guardai con la classica
espressione alla "mi
prendi per il culo?!", sebbene quell'informazione mi
arrivò addosso come un pesante pugno che mi colpì
in pieno lo stomaco
«Ooook...» sussurrai in un
primo momento, inspirando profondamente «Va
bene, emh..Non..» deglutì, perché
improvvisamente
la mia gola diventò più arida del deserto «..Non
sarà la scelta migliore ma con un po' di organizzazione,
posso
gestire tutto da Toronto.» conclusi, recuperando un po' di
sana
decisione e un minimo di buon senso. In effetti non sarebbe stata una
passeggiata ma un anno passava in fretta. Frank e Ben fecero
contemporaneamente un cenno negativo della testa e di nuovo fu Ben a
continuare
«No, vedi Colin: se vieni espulso dal
Paese e mandato a Toronto, non puoi lavorare per un'azienda
Americana..»
«Troveremo un modo.» aggiunse
infine Frank fiducioso, continuando «..Nel
frattempo affiderò il lavoro a Jack Wright.»
Ok, questo non potevo accettarlo.
«Jack
Wright? Il tizio..» mi veniva da ridere, anche se non c'era
nulla
da ridere, andando a indicare con un pollice la porta alle mie spalle «..Quello
che ho licenziato stamattina?» Non poteva essere vero ma da
come
Frank risultò impassibile, capì che non stava
minimamente
scherzando
«Serve un Capo Redattore e lui
è l'unico qui, a parte te, che abbia una certa
esperienza» scossi il capo
«Non posso crederci..Ti prego, ti
supplico..»
«Colin,
noi vorremmo tanto che tu restassi. Se ci fosse un modo, un modo
qualunque per sistemare questa faccenda, noi saremo felici
di..»
E proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta. Era
Selene, che timidamente sporse la testa all'interno dell'ufficio, prima
di entrare completamente
«Buongiorno, emh..scusate
l'interruzione..»
«Perfavore! Siamo in riunione!»
sbottò Frank
«Che
c'è? Che c'è?!» e io con lui. Era
proprio un
pessimo momento per venire a fare..il suo lavoro di assistente.
Per un attimo Selene si congelò sul posto ma riprese
«Lo
so, mi dispiace ma ha chiamato Sten, che ha chiamato a sua volta
Desmond, che ora è al telefono..»
«Lo
so, lo so..» aggiunsi, muovendo a mezz'aria una mano a cui
feci
compiere diversi giri, invitandola ad essere più veloce in
quella sua esposizione. Non avevo tempo da perdere in ulteriori
chiacchiere. Avevo problemi ben più grandi di cui occuparmi
adesso, tant'è che spostai l'attenzione su di lei. La
guardai
attentamente e a lungo e fu lì, che realizzai
che poteva
essere davvero la mia unica speranza
«..E'
in attesa. Gli ho detto che era già impegnato ma non mi ha
voluto stare a sentire e perciò..» mi fece un
cenno del
capo, invitandomi così ad uscire.
In fondo il piano era questo: se entro dieci minuti non sarei tornato,
lei sarebbe dovuta venire a salvarmi con una scusa. «..Perciò..»
mormorò di nuovo Selene, aggrottando la fronte, visibilmente
confusa davanti a quel lungo sguardo, che continuavo a rivolgerle.
Sì, era decisamente un piano perfetto. Non che l'unico che
avevo.
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Capitolo 4 *** Capitolo Quattro ***
Capitolo IV
Capitolo
IV
~Selene
Ok, cos'è quello sguardo?
Perché mi stava fissando in quel modo?
Non riuscivo a spiegarmelo ma sapevo, sentivo che c'era qualcosa di
più. Mi bastava leggerlo in quegli occhi grigi come
l'argento,
per capire che Colin Dane stava architettando qualcosa. Qualcosa che,
ovviamente, non mi sarebbe affatto piaciuto.
Deglutii lentamente, cercando di mandare giù
quell'improvviso
nodo che mi si era formato nella gola mentre osservavo Colin fare degli
stranissimi cenni della testa
«Ergh..» mugugnò, concedendosi ancora
qualche altro
istante per osservare tutti i presenti ma riportò
velocemente
l'attenzione su di me «..hien,
hui!» bisbigliò a bassissima voce, in un mormorio
incomprensibile, che mi portò ad aggrottare la fronte e a
scuotere appena il capo, dimostrandogli piuttosto platealmente come non
avessi capito nulla.
Colin si concesse un profondo respiro dalle narici e muovendo solamente
le labbra, a denti stretti aggiunse un imperativo "Vieni qui!". Annuii
ancora confusa, decidendo infine di entrare nello studio, richiudendomi
la porta alle spalle.
Il mio capo si concesse un altro profondo respiro dalle narici e dopo
essersi umettato le labbra e sfregato con nervosismo le mani tra loro,
riprese a parlare verso Frank e Ben «Emh..Signori, capisco
che la
situazione non è delle migliori e..»
esordì, mentre
tornò a voltarsi verso di me, guardandomi con ancora
più
nervosismo di prima, indietreggiando lentamente. Perché lo
stava facendo?
«..E
c'è una cosa..» si mise di fianco a me, rigido
come un
palo, sebbene cercasse in tutti i modi di risultare il più
naturale possibile «..Di
cui vorrei mettervi al corrente.»
Non mi piaceva. Non mi piaceva per niente tutto quel discorso che non
aveva né capo, né coda. Non mi piacevano i suoi
modi o il
fatto che si fosse avvicinato così tanto a me. Troppo.
Stava invadendo quello che era il mio "spazio vitale",
tant'è
che gli rivolsi un'occhiata interrogativa, chiedendogli proprio
indirettamente che diavolo stesse facendo. Quando socchiuse gli occhi
per tranquillizzarmi, capii che dovevo fuggire.
Colin si prese un altro profondo respiro, prima di riprendere «Noi
due..» esordì, indicandoci entrambi con un cenno
vago della mano destra.
Che diavolo sta facendo
con quella mano sinistra? Perché l'ha appoggiata sul mio
fianco?
«..Stiamo per sposarci.»
Leva subito
quella...COSA?!?!
Mi resi conto in ritardo di ciò che aveva
appena detto,
tant'è che sbiancai e schiusi la bocca, che non cadde
solamente
perché era attaccata alla mia testa.
«...»
Colin strinse la presa sul mio fianco, rivolgendomi un sorriso a
trentadue denti, per poi rivolgermi un occhiolino d'intesa
«Già. Stiamo per
sposarci!»
Mi
sto sentendo male.
«..C-Chi
s-sta p-per...?» anche dopo un lungo momento di silenzio, non
riuscivo a parlare. Era impazzito. Del tutto. Ho lavorato per sette
anni con un pazzo, che mi ha resa pazza a mia volta!
«Noi
due!» rispose Colin, sempre con quel sorriso raggiante. Io
morivo
e lui rideva. Ecco come stavano andando le cose.
Spostai ripetutamente lo sguardo da Colin a Frank e Ben, che
assistevano stupiti ed increduli tutta la messa in scena.
«Noi..»
mormorai in un mormorio basso, senza forza. Mi mancava l'aria, sentivo
le
budella contercersi tra loro e avevo la nausea. Dovevo vomitare.
«Noi
due.» confermò Colin al mio posto, sempre con
quell'aria
tranquilla, che mi avrebbe fatto salire su tutte le furie se non stessi
cercando di trovare e mantenere la concentrazione necessaria, per non
cadere a terra.
«Ci sposiamo....» sussurrai in
preda al panico, deglutendo lentamente e a fatica
«Esatto!»
Perché
continuava a confermarlo? Ditemi che è un sogno. Un incubo.
Frank e Ben si guardarono, visibilmente poco convinti della cosa
«Ma..non è la tua
segretaria?» chiese Ben improvvisamente.
«Assistente.»
lo corressi in un borbottio infastidito. Questo lo sentii e non potevo
accettare di essere riconosciuta come una semplice segretaria. Non mi
occupavo solo dell'agenda di Colin: facevo TUTTO, gli portavo
addirittura il caffè!
«..Esecutiva.»
precisò Colin, stringendomi maggiormente contro il suo
fianco. Ancora
lì stava quella mano?
Successivamente sbuffò appena «Ma
infondo che differenza fa? Segretaria, Assistente, Impiegata...Quello
che conta è che ci siamo innamorati! Non sarebbe mica la
prima
volta che succede, no?!?» chiese conferma, ridacchiando
nervosamente e cercando una conferma da parte di Frank e Ben, che erano
ancora confusi.
Volevo morire e volevo che Colin stesse in silenzio. Non potevo
sopportare oltre questa situazione in cui mi aveva cacciata ma
conoscendolo, sapevo che non si sarebbe mai fermato e di fatto
continuò
«Già.
La verità è che io e Selene siamo due persone che
lavorano insieme e che non avrebbero mai dovuto innamorarsi...Ma
è successo!»
Scossi il capo «No..»
sussurrai
«Invece sì..» mi disse lui
mentre io continuavo a fare dei lievissimi cenni negativi con il capo
«..Tutte le sere tardi in ufficio..I week-end alle fiere del
libro..Capita.» concluse con noncuranza, facendo spallucce.
Ruotò
la testa verso di me, mostrandomi un sorriso tirato mentre io gli avrei
vomitato volentieri addosso. Non poteva essere vero. Non stava
succedendo a me.
~Colin
Era GENIALE.
Credo di non aver mai avuto un'idea così brillante in tutta
la
mia vita! Non potevo farmi buttare fuori dal Paese, non
così.
Che avrei fatto per un anno interno? E soprattutto: Jack Wright Capo
Redattore? Non scherziamo!
No, sposare Selene sarebbe stato il mio lascia passare. Lei mi avrebbe
detto di sì, io avrei ottenuto la Green Card e tutti
sarebbero
stati felici! Lo ripeto: è geniale!
«Dunque: è tutto a posto quindi, vero?!»
chiesi con un sorriso a trentadue denti «Siete
felici?» domandai, alternando lo sguardo da Frank a Ben,
continuando «Perché
noi lo siamo!» aggiunsi parlando anche a nome della mia
assistente, che continuavo a sorreggere per evitare che cadesse a terra
come un salame, di fatto la strinsi forte contro di me, chinando appena
la testa sulla sua.
«Colin è...» Frank
non riusciva a trovare le parole, occhieggiando nuovamente Ben «..Fantastico
solo..legalizzato.»
mi fece notare, sollevando la sua mano sinistra,così da
mostrarmi la fede che indossava all'anulare. Mi sfuggii una risata
divertita, che mi portò ad annuire davanti a quella
precisazione
altrui
«Giusto..Giusto..»
Cazzo.
«Beh,
allora..» e tornai a guardare Selene, che nel frattempo aveva
lo
sguardo perso verso un punto non ben definito del pavimento,
ancora incredula davanti a tutta quella situazione «..Direi
che non ci resta nient'altro se non andare all'ufficio immigrazione a
legalizzare tutto!»
conclusi, scuotendo appena il fianco della ragazza, che lentamente
trascinai con me verso la porta
«Grazie
ancora Frank e Ben per il vostro tempo..» aprì la
porta,
spingendo delicatamente la mia assistente verso l'esterno, che sembrava
priva di vita «..Sistemerò
la faccenda al più presto!» conclusi, sorridendo
ad
entrambi prima di muovermi a mia volta verso l'esterno, richiudendo
infine la porta.
Tirai dritto e con assoluta tranquillità verso il mio
studio,
passando attraverso il corridoio che costeggiava file e file di
scrivanie e quindi di gente intenta a lavorare. Selene mi seguiva ed
ovviamente non mi sfuggivano le occhiatacce incredule e scioccate che
le rivolgevano, insieme anche a tutta una serie di sghignazzate
sottobanco. A quanto pare, la notizia del nostro "finto" matrimonio,
aveva raggiunto tutti quanti.
Entrai nel mio ufficio e Selene si occupò di richiudere la
porta
mentre io tornai seduto sulla mia comodissima poltrona di pelle,
abbandonandomi ad un sonoro sospiro. Mi umettai le labbra ed aprii lo
schermo del laptop, riprendendo tranquillamente a fare il mio
lavoro...Se non fosse per il fatto che mi sentii, osservato.
Aggrottai
la fronte e sollevando appena lo sguardo, incrociai quello di Selene,
che era lì, davanti a me, immobile come una statua e
visibilmente pallida in viso
«Che
c'è?» le chiesi, tornando a lavorare. Uno dei due
doveva
pur farlo e solitamente l'avrei anche obbligata a levarsi dalla faccia
quell'espressione confusa ma..capivo che era giusto darle del tempo
per metabolizzare la cosa.
«Non capis...Che cos..?!»
«Respira.
Conta fino a dieci e poi riprendi a parlare. Sai che non mi piace chi
balbetta o chi è insicuro di sé.»
commentai con
quel tono di voce vago, mantenendo gli occhi puntati in direzione dello
schermo del mio portatile.
Selene si passò entrambe le mani nei capelli e dopo essersi
umettata le labbra, riprese
«Che è successo
prima?!?»
«Rilassati, va anche a tuo
vantaggio.» minimizzai, passando a controllare alcune
scartoffie
«Come, prego???»
Sospirai «Senti:
volevano fare Jack Capo Redattore. Non potevo permetterlo.»
«Ma
poteva permettere il fatto di doverci sposare?» mi chiese,
scandendo perfettamente ogni singola parola, marcando soprattutto il
tono alla voce "sposare". Fu in quel momento che mi fermai, alzando gli
occhi così da incrociare i suoi
«Dov'è
il problema? Aspettavi che lo facesse Drew su un bicchiere di
carta?» feci schioccare la lingua sul palato e riportai
l'attenzione sulle mie scartoffie. Lentamente Selene sembrava
riacquistare un certo controllo su se stessa, che la portò
ad
impettirsi con un certo orgoglio.
«E anche se fosse? Sarebbe stato
romantico.»
«Patetico.» la corressi
«Tu
sei patetico.» sollevai di nuovo lo sguardo e
riuscì a
vedere il timore nei suoi occhi azzurri davanti a quell'affermazione
forse un po' troppo ostentata. Davvero le facevo questo effetto? Paura?
«Visto?
Litighiamo già come una coppia! Andrà
bene!» la
rassicurai rivolgendole anche un sorriso incoraggiante, appoggiando del
tutto la schiena contro lo schienale
«E' illegale.»
precisò nuovamente l'assistente, portandomi a ridacchiare in
maniera divertita
«I terroristi sono illegali. Non i
matrimoni e poi nessuno verr..»
«Colin.» mi richiamò
per nome, fermando tutta quella serie di giustificazioni che avevo in
serbo per lei «..Io
non ti sposerò.»
Ah,
qui ti volevo Sel.
«Invece lo farai.» precisai, appoggiando entrambi i
gomiti
sui braccioli della mia poltrona, così da intrecciare le
mani
sul grembo, godendomi letteralmente la scena con tanto di sorriso
soddisfatto. Di rimando Selene incrociò le braccia
sotto il
petto, mostrandosi nuovamente orgogliosa.
«No, non lo farò.»
«Invece sì, altrimenti i tuoi
sogni di ispirare milioni di persone con le tue storie,
svaniranno.»
BOOM! Ti ho in pugno!
Ma non gongolai troppo, tant'è che dopo aver
richiuso lo
schermo del pc, mi lasciai andare ad un profondo sospiro, proseguendo:
«Ti
dirò cosa succederà se io e te non ci
sposeremo..»
mi umettai le labbra, staccando la schiena dallo schienale della
poltrona, per andare ad appoggiare i gomiti sulla scrivania,
guardandola dritto dritto negli occhi «..Jack
ti licenzierà non appena diventerà Capo
Redattore.
Garantito. Il che significa che sarai senza lavoro; ergo tutti quei
caffè, gli appuntamenti cancellati, le trasferte all'estero,
le
notti insonni, le correzioni di migliaia di manoscritti saranno stati
resi inutili e che il sogno di diventare a tua volta Capo Redattore
è andato in frantumi...» sollevai entrambi gli
angoli della
bocca verso l'alto, rivolgendole nuovamente un sorriso da orecchio ad
orecchio «..Tranquilla,
passato il periodo necessario, divorzieremo ma fino ad allora, che ti
piaccia oppure no, tu dipendi da me tanto quanto io dipenda da
te.» conclusi, giusto in tempo per sentire il telefono
squillare.
«Telefono.»
glielo indicai, così da farle bene intendere che, per quello
che
mi riguardava, questa nostra conversazione era conclusa e che era
giunto il momento di tornare a lavoro.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Cinque ***
Capitolo V
Capitolo V
~Selene
Non posso crederci! Mi ha ricattata! Lo ha fatto davvero e
per di più con un'ottima scusa!
Come? Com'è successo tutto questo? Che ho fatto di male? Ma
soprattutto: ero davvero così manipolabile? Non avevo una
risposta. Sapevo solamente che, in fondo, Colin aveva ragione. Non
potevo gettare al vento quei sette lunghissimi anni di inferno, avevo
un orgoglio da difendere, tant'è che andai insieme a lui
all'Ufficio di Immigrazione.
C'era gente
«Uhm, credo che
ci sia da prendere il numer..» mi voltai e vidi Colin partire
spedito, in barba alla fila e alle persone che, prima di lui, stavano
aspettando il loro turno. Sgranai gli occhi e subito lo
seguì «Colin!»
lo richiamai, gridando a bassa voce mentre mi faceva cenno con la mano
di sbrigarmi.
«C'è la fila.» gli
feci notare piccata
«Seh, seh..»
borbottò lui con tono di voce vago, passando davanti ad una
signora a cui rivolse un semplice «Scusi,
devo giusto chiedere un'informazione» seguito da un sorriso.
Si
portò vicino al bancone, passando una cartelletta
all'impiegato
posto dall'altra parte
«Salve. Devo far convalidare le carte per
un visto di fidanzamento.»
L'impiegato alzò un sopracciglio verso l'alto, in maniera
visibilmente perplessa e nell'attimo in cui si mise a leggere quei
fogli, il mio cuore smise di battere. Colin, invece, era tutto
tranquillo e sorridente. Lo odiavo per questo.
«Signor...Dane?!» chiese
conferma l'impiegato
«Esatto.» confermò
Colin con l'ennesimo sorriso
«Mi segua, prego.» Aiuto.
Sgranai gli occhi e mi massaggiai lo stomaco, che riprese a contorcersi
e a farmi provare quell'orribile sensazione di nausea. L'uomo ci
condusse in una stanza, sembrava un ufficio, e ci disse di attendere.
Chi o che cosa non ce lo disse.
Presi posto su una delle due poltroncine, poste davanti alla scrivania,
anche Colin fece lo stesso ma..mentre io continuavo a guardare
nervosamente l'orologio e a maledirmi per non essere stata
più
determinata nel mio "No, non ti sposo", lui estrasse il proprio
smartphone,
iniziando a giocare a chissà cosa.
«Devi proprio farlo adesso?!?»
gli domandai esasperata. Ero tutta un fascio di nervi.
«..SEEEEEHHHHH!»
esultò Colin, che probabilmente aveva appena vinto al suo
stupido giochino, ignorando del tutto la mia domanda.
«COLIN!» sbottai mentre lui mi
guardò stranito
«Cosa?!» mi chiese
innocentemente. Lo avrei ucciso.
«E' da un'ora che aspettiamo»
«E quindi?»
No, davvero. Io lo
ammazzo.
«E
QUINDI?!?» gli feci eco inviperita, allungando le mani verso
il suo
smartphone, decisa a levarglielo dalle mani. Ovviamente lui fece
resistenza.
«No! Il cellulare no!»
«Dammelo,
Colin!» gli intimai mentre entrambi iniziammo a tirare verso
di
noi quel maledetto telefono. Sembravamo due rematori.
«No!!!» disse nuovamente, fino
a quando qualcuno bussò alla porta, costringendomi a mollare
la presa.
Rivolsi un'occhiata in tralice a Colin, che ebbe tuttavia il buonsenso
di ritirare il telefono nella tasca della giacca mentre la porta si
aprì: entrò un uomo all'incirca di quarant'anni,
che ci
occhieggiò ripetutamente e con davvero poca, pochissima
convizione sul volto.
«Salve.
Io sono il Signor Ledhan...» ed indicò con un
cenno della
mano la targhetta posta sopra la scrivania, che raggiunse poco dopo «Scusate
l'attesa oggi è una giornata così piena..»
«Si
figuri, anzi grazie per averci ricevuto comunque» disse
Colin,
continuando a mantenere quell'espressione assolutamente tranquilla sul
viso. Possibile che la situazione non lo spaventava minimamente?
L'uomo si limitò a far schioccare la
lingua sul palato, andando ad aprire un fascicoletto, che
iniziò a leggere «Dunque,
voi dovete essere Selene e Colin»
«Esatto.»
confermò il mio capo con un sorriso raggiante, avendo anche
il
coraggio di rivolgermi un occhiolino d'incoraggiamento.
«Bene, avrei una domanda da
farvi..» riprese Ledhan, umettandosi le labbra e incrociando
a turno il nostro sguardo «..State
commettendo una frode, per evitare che il signore venga espulso
così da mantenere il posto di lavoro come Capo
Redattore?»
Se non morii in quel momento, sapevo che non sarei morta mai
più. Più o meno, ovviamente.
Guardai dritto negli occhi il Signor Ledhan, cercando di risultare
assolutamente impassibile davanti a quella domanda e soprattutto a
cercare di convincere me stessa a non spiattellare la
verità. Lo
sapevo, me lo sentivo che quell'ora di attesa non era una cosa buona.
Deglutii lentamente e a fatica mentre sollevai una spalla
«Ma
no..è..ridicolo.» mormorai, schiarendomi appena la
voce,
pregando con tutta me stessa che Colin intervenisse in quel momento
«Pfff!» sbuffò il
mio capo con sarcasmo, aggiungendo «Che
stupidaggini! E questa dove l'ha sentita?»
Il signor Ledhan fece schioccare la lingua sul palato «Beh,
abbiamo ricevuto una soffiata telefonica di un..»
«Ahhh,
è per caso Jack Wright?» lo interruppe Colin con
una certa
sicurezza nel tono di voce, che si mostrava anche un po' compatito
«Jack
Wright.» confermò il Ledhan, portando Colin a
guardami con
un'espressione trionfante. Avevo paura quando faceva così.
Non
usciva mai nulla di buono da quello sguardo
«Vede..»
riprese Colin, umettandosi le labbra e lisciandosi anche la barba
all'altezza del mento, prima di continuare «..Mi
dispiace così tanto ma Jack è solamente un ex
impiegato
davvero molto arrabbiato e che...è da sempre stato
innamorato di
Selene..»
COSA?!?
«..E
sapere che lei non l'ha mai ricambiato e che adesso
diventerà
mia moglie..Insomma, non l'ha presa bene. Sono veramente dispiaciuto di
questo.» richiusi le labbra, che probabilmente erano aperte
da
chissà quanto, riportando anche l'attenzione sul signor
Ledhan,
a cui rivolsi un timido sorriso e un cenno affermativo del capo,
confermando di fatto l'assurda storia di Colin.
Ma il mio capo non si fermò qui, tant'è che preso
dall'entusiasmo e da quella voglia di volersi sbrigare al
più
presto, aggiunse
«Perciò,
ora che abbiamo chiarito e sapendo che lei ha sicuramente tante altre
cose di cui occuparsi, le chiedo: cosa dobbiamo fare per rendere
effettiva la cosa?»
Il signor Ledhan annuì, mostrandosi assolutamente d'accordo
davanti a tale domanda. Per un istante, per un breve istante mi
sentì meglio. Forse ce l'avremmo davvero fatta e saremmo
riusciti a
lasciarci alle spalle tutta quest'assurda faccenda.
«Va
bene. Mi permetta di spiegarle la procedura, allora..» si
concesse qualche altro breve istante di pausa -giusto per farmi morire
un po'- prima di riprendere
«..Per
prima cosa: ci sarà un colloquio. Vi metterò in
due
stanze separate e vi farò delle domande su cose che si sanno
dell'uno e dell'altra. In una coppia vera»
Perfetto. Questo potevo
assolutamente
farlo. Sapevo tutto di Colin, ogni minimo dettaglio e il resto che non
sapevo, avrei potuto impararlo.
«Seconda cosa» riprese in
un tono di voce più secco, continuando ad attirare verso di
sé il nostro sguardo e la nostra concentrazione. Dire che mi
faceva paura, era dire poco. «Andrò più
a
fondo. Guarderò i tabulati telefonici, parlerò ai
vicini e
chiederò ai colleghi. Se anche solamente una risposta non
combacerà, lei..» ed indicò Colin «verrà
espulso dal Paese a tempo indeterminato. E lei..» ora
puntò verso di me quell'orribile indice in un gesto del
tutto
minaccioso «..Bellissima
signorina avrà commesso un reato punibile con una multa di duecentocinquanta mila
dollari e una detenzione di cinque
anni in una prigione federale.»
Ero fottuta e quell'uomo dietro la scrivania aveva capito tutto,
perchè mi stava sorridendo.
«Allora Miss Blain..» mi disse,
rivolgendomi un leggero sorriso d'intesa «Vuole
parlare un po' con me?!»
Ruotai lentamente il capo in direzione di Colin, che
intercettò
a sua volta il mio sguardo e..per un istante riuscì a
cogliere
in lui un'espressione di supplica. Ero davvero pronta a rischiare tanto
per un uomo, che non ha fatto altro che rendermi la vita un'inferno in
questi lunghissimi ed interminabili sette anni?
«Dunque?»
chiese di nuovo Ledhan, in un tono scocciato. Serrai entrambe le labbra
tra di loro, riportando così l'attenzione verso il federale
«Ergh..la verità..»
«..Sì??????» mi
incoraggiò Ledhan
«La verità è
che..» mi schiarì la voce «..che
Colin e io siamo due persone che non avrebbero mai dovuto
innamorarsi..» e riportai l'attenzione verso il mio capo,
intercettando così il suo sguardo «..ma
è successo.» e per un lungo momento continuai a
guardarlo
dritto negli occhi, fino a che non ripresi a parlare
«Ovviamente non potevamo dirlo a tutti, per via di una grossa
promozione, che sto aspettando..» era un colpo basso e Colin
se
ne rese conto, visto il modo in cui le sue sopracciglia guizzarono
improvvisamente verso l'alto ma..visto che lui aveva fatto le sue
condizioni, era giusto che anche io facessi le mie.
«Una promozione?» chiese
Ledhan, visibilmente incuriosito
«La tua?» fece eco Colin
incuriosito, portandomi a ciondolare appena la testa
«Noi..» breve pausa «Noi..»
mi corressi, marcando maggiormente il tono sul pronome personale,
così da rendere piuttosto chiara l'idea che fosse stata
una decisione presa da entrambi «..abbiamo
pensato che sarebbe stato inopportuno, se fossi stata promossa Redattrice..»
marcai nuovamente il tono, concedendo uno sguardo a Colin, che nel
frattempo inspirò profondamente dalle narici
«Redattrice.» ripetè lui, portandomi ad
annuire ripetutamente
«Esatto.
Eravamo d'accordo entrambi su questo.» gli sorrisi,
allungando
così una mano che si appoggiò sulla sua, in un
gesto
fintamente amorevole e dolce. Sentì Colin stringere
maggiormente
la presa sulla mia mano, che mi scompose appena ma fortunatamente fu la
voce del federale ad attirare nuovamente la nostra attenzione.
«E..le vostre famiglie sanno di questo
amore segreto?»
«Oh
beh, è impossibile. I miei sono morti.» disse
Colin con
una sincerità così disarmante da lasciarmi di
stucco. «E
non ho né fratelli, né sorelle.»
«Uhm.
Anche i suoi sono morti?» chiese Ledhan verso di me,
tant'è che schiusi le labbra, decisa a rispondergli ma Colin
mi
battè sul tempo
«Oh, no i suoi sono vivi e vegeti! Gli
daremo la bella notizia questo week-end!» mi strinse
nuovamente la mano «La
nonna compie novant'anni, perciò..quale momento migliore per
festeggiare, se non con tutta la famiglia riunita?»
Non aveva idea di quello che aveva appena detto.
«E..dove si svolgerà il
tutto?»
«Ahm..Emh..A casa dei suoi genitori,
vero?» mi chiese conferma, donando un'altra stretta alla mia
mano
«E
dove si trova?» il signor Ledhan divenne più
insistente,
tant'è che Colin iniziava ad innervorsi e lo capii dal
modo in cui la sua mano iniziò a sudare e da come gli
sfuggì una leggera risatina nervosa
«Oh!
Ma perché parlo io? Avanti tesoro, dillo pure
tu..» certo,
perché lui non lo sapeva, ovviamente. Non sapeva proprio
nulla
di me.
Gli sorrisi, stringendo con forza la sua mano, tanto da far sbiancare
le nocche
«Sitka.» risposi con un sorriso
a trentadue denti
«Sitka!»
rispose compiaciuto Colin e con un esagerato entusiasmo: si capiva che
non aveva la più
pallida idea di dove si trovasse..
«Alaska.»
«Alask....ahhh?!?!» eccolo qui.
Non se l'aspettava.
«E
andrete in Alaska questo week-end?» chiese il federale,
portandomi
a socchiudere gli occhi e ad annuire ripetutamente mentre la mano di
Colin perse del tutto la presa sulla mia. Era fatta.
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Capitolo 6 *** Capitolo Sei ***
Capitolo VI
Capitolo VI
~Colin
Concludemmo
quell'interminabile conversazione con il Signor Ledhan con la promessa
che ci saremmo incontrati lunedì mattina alle 11 in punto,
per
intraprendere la prima parte del colloquio. Uscii sempre con la mia
solita calma dallo stabilimento, risistemandomi la giacca, per poi
decidere di riprendere parola
«Allora, il piano è questo: andremo in Alaska
dalla tua
famiglia e diremo a tutti che siamo fidanzati e che abbiamo intenzione
di sposarci..» spiegai in un tono di voce assolutamente
tranquillo a Selene, che come al solito mi seguiva in silenzio. E visto
che non ne approfittò, continuai tranquillamente il mio
discorso:
«..Prenota
due biglietti con i miei punti Airlines, così almeno
potrò far viaggiare anche te in prima classe. E ti prego:
quando
dico che voglio stare vicino al finestrino e lontano dalle ali, non
dico di voler stare vicino al corridoio e sulle ali. L'ultimo viaggio a
Francoforte è stato un disastro.» sbuffai appena
risentito, andando ad estrarre il cellulale, che mi vibrò
nella
tasca. Lessi il messaggio, aggiungendo velocemente:
«Oh! E se il volo è di notte, fa almeno che la
colazione e
la cena sia compre...perché non prendi appunti?»
le chiesi
infine, osservando il modo in cui Selene non mi stesse minimamente
ascoltando, portandomi così ad interrompere il passo.
La donna aggrottò la fronte, serrando con forza le labbra
tra loro:
«Dimmi una cosa: ma tu hai veramente
capito quello che ha detto?»
«Cosa?»
le domandai appena confuso ma dal modo in cui mi fulminò con
i
suoi occhi azzurri, capii che quella non era la risposta esatta «Ooooh!»
esclamai poco dopo, annuendo ripetutamente «Ma
certo! Certo! La storia della promozione? Ammetto che è
stato geniale!»
«Dicevo
sul serio. Rischio duecentocinquanta mila dollari di multa
più
cinque anni di galera. Questo cambia le cose.»
Astuta.
«Vuoi diventare redattrice?» le
domandai ironico, sbuffando appena dalle labbra «No,
non se ne parla.» ridacchiai divertito, tornando a
messaggiare con il mio smartphone.
«Allora
addio, tanti saluti.» mi disse con tranquillità ma
sapevo
che stava scherzando e nell'attimo in cui rialzai lo sguardo dal mio
telefono vidi...la sua schiena.
«Uo,
uo, uo, uo! Selene!» la richiamai, guardandomi attorno un po'
confuso e terrorizzato. Non sapevo cosa fare: dovevo rincorrerla?
Fermarla? Maledirla? Non lo sapevo ma più stavo
lì a
pensarci e più lei si allontanava da me.
«Arrivederci Colin. Buona rimpatriata
è stato un piacere lavorare pe..»
«Va bene!» Cazzo.
Selene si fermò, ruotando lentamente il busto verso di me,
in
attesa che ripetessi. Mi conosceva troppo bene, sapeva benissimo che
non sono un uomo che cede facilmente ai ricatti e soprattutto che
ripete le cose. Ma questa volta era lei ad avere il coltello dalla
parte del manico e io dovetti cedere per forza.
«Va bene..» mi sforzai di ripetere mentre cercavo
il
coraggio di andare avanti e di essere più specifico sul
"cosa"
ero disposto ad offrirle. «..Redattrice.
Va bene.» borbottai a denti stretti, sollevando
però un indice «Se
passeremo il week-end in Alaska e farai il colloquio con quelli
dell'immigrazione, ti farò Redattrice.»
Selene restò in silenzio per un lungo momento, ascoltando
con
attenzione la mia risposta e la contro proposta, avvicinandosi di nuovo
così da poter parlare faccia a faccia.
«E non fra due anni: subito.»
Odiavo quando faceva
così. Ci sapeva fare.
«D'accordo.»
le concessi ancora, perché l'unica cosa che volevo era
terminare
velocemente quella stupida conversazione.
«E pubblicherai il mio
manoscritto.»
Porca puttana! Ma chi
sei? Chi ho assunto? Eppure ha viso
così..così...argh!!!!!!
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, che
si allargarono visibilmente «Va bene, facciamo
un diecimila copie e..» l'ultima parte la
bisbigliai, quasi
«Ventimila
copie. Prima edizione.» precisò Selene, sempre con
quell'aria impassibile sul volto e quello sguardo che ricercava
continuamente il mio. Mi sentivo con le spalle al muro e per un volta
avevo paura di un'altra persona. «E
diremo alla mia famiglia del fidanzamento quando voglio e come voglio.
Ora chiedimi di sposarti.»
CHE COSA?!?
Richiusi la bocca, accorgendomi forse un po' in ritardo del fatto che
tutte quelle condizioni snocciolate con sicurezza dalla donna, mi
avevano lasciato di stucco. Sfarfallai ripetutamente le palpebre e
ridacchiai nervosamente
«Cos'è che devo
chiederti?» l'avevo capito ma non ero disposto a cedere
così
«Chiedimi con garbo di
sposarti.»
e non mi piacque il modo in cui mi rivolse quel sorriso da orecchio ad
orecchio. Proprio no.
«Come sarebbe a dire?»
«In
ginocchio..» e nel dirlo allungò verso di me la
sua mano
sinistra, che guardai per un lungo istante. Serrai con forza la
mascella, scaricando un'evidente nervosismo, che mi portò a
concedermi un profondo respiro dalle narici. Ritirai il cellulare nella
tasca, abbandonandomi ad un ringhio sommesso mentre le
afferrai la
mano con una certa scocciatura
«Con
G-A-R-B-O.» scandì la donna, portandomi a
raccogliere
tutto l'autocontrollo che avevo, per evitare di mandarla all'inferno.
Ma io avevo dannatamente bisogno di lei e così, mandai
giù quell'orribile rospo amaro e presa la sua mano, mi
inginocchiai.
Che figura di merda.
Come fanno le persone a
farlo per davvero, Dio solo lo sa.
Racchiusi
quella sua piccola mano fredda e pallida tra le mie, sollevando appena
il mento così da incrociarne lo sguardo. Sospirai
«Vuoi sposarmi?» chiesi borbottando e senza
trasporto mentre Selene tratteneva a sento una risata gongolante
«No.» sentenziò lei,
aggiungendo «Dillo
come se fosse vero.»
Io la odio.
Presi
un altro profondo respiro, spostando lo sguardo attorno a noi dove
già innumerevoli curiosoni assistevano alla scena e mi
incoraggiavano con alcuni: "Avanti!
Non vedi che sventola? Chiediglielo, forza!"
«Sentito, tesoro? Non vorrai farli
attendere troppo, spero..»
«Zitta.
Devo concentrami.» mormorai a denti stretti, trattenendo il
respiro, che esalai con un pesante sbuffo dalle labbra e solo dopo aver
intercettato il suo sguardo, ripresi:
«Selene..»
«Sì, Colin?»
Ti odio.
«Luce dei miei occhi. Amore della mia
vita..Vuoi sposarmi?»
Pausa.
Dopo che mi ero inginocchiato e fatto filmare da dei perfetti
sconosciuti, che senza dubbio metteranno il video su quel famoso sito
internet -di cui non ricordo mai il nome-, aveva anche il coraggio di
non rispondere.
Selene sospirò
lievemente sconsolata:
«Ok. Non ho apprezzato il sarcasmo ma va bene.» mi
lasciò andare la mano «Ci
vediamo domani in aeroporto.» concluse, voltandosi e
lasciandomi
lì come un perfetto cretino. Schiusi anche le labbra con
l'intenzione di replicare ma non feci nient'altro se non rialzarmi e
ripulirmi la gamba del pantalone dal marciume del marciapiede.
Ricorda cosa
c'è in gioco Colin. Solo questo.
Sì, doveva per forza valerne la pena.
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Capitolo 7 *** Capitolo Sette ***
Capitolo VII
Capitolo VII
~Selene
Strano
ma vero quella mattina Colin non fu in ritardo come avevo immaginato,
tant'è che dopo aver fatto i vari check-in e file varie,
giungemmo su quell'aereo, che ci avrebbe condotto in Alaska. A casa.
Già..Inutile dire, che la notizia del fidanzamento non fu
entusiasmante
come mi aspettavo. Non che me l'aspettassi, in effetti.
«..E quindi mamma, dopo tutto questo tempo io e Colin ci
siamo...avvicinati, già.»
«...»
«Sì..»
deglutii, cercando di usare un tono di voce un po' più
allegro ed
adatto ad una futura sposa innamorata «Allora?
Non...sei contenta, eh?» ma chi lo sarebbe? Stavo per sposare
il
mio capo, quello che ho maledetto per sette lunghissimi anni! E' uno
shock anche per me, in fondo. Ma dall'altra parte del telefono non
avvertii nient'altro che silenzio, che mi portò ad
aggrottare la
fronte
«Mamma
ci s..?»
«COME
SAREBBE A DIRE CHE TI SPOSI? E TRA L'ALTRO CON IL TUO CAPO??»
ok,
eccola qui la reazione che mi aspettavo e che mi fece
allontanare il telefono dall'orecchio, per evitare di rimetterci un
timpano, che era ormai seriamente danneggiato.
«Mamma
non è così male, dai lui è..»
«..Uno
stronzo?»
Sì.
«No..»
«Allora
un cinico?»
Beh, in effetti..
«No!
Tu non...»
«"Io
non" cosa, Selene? Oddio...»
«Cosa?!»
«Oh,
no...»
«Mamma,
parla! Che c'è?» dire che mi stava facendo salire
l'ansia, era dire poco.
«Non
sarai mica incinta, vero???!!!!??»
«...»
a volte quella donna era scioccante! E di fatto impiegai qualche
secondo di troppo a risponderle
«Oddio
sei incinta!!!» esclamò in un tono di voce
tragico,
neanche le avessi ucciso il cane. Mi concessi un profondo respiro dalle
narici e dopo aver sospirato pesantemente, recuperai le idee e le
risposi
«No,
mamma. Non sono incinta.»
Non ci ho nemmeno fatto
sesso. E'
solamente una finta per evitare che venga buttato fuori dal paese! Oh,
giusto! E rischio anche duecentocinquanta mila dollari di multa e
cinque anni di prigione.
Dall'altra
parte sentii un sonoro sospiro di sollievo
«Meno male..»
disse mia madre in un tono di voce più che contento,
aggiungendo poco dopo
«Non
che sarebbe stata una brutta notizia ma...»
«Lo so..»
le dissi, annuendo ripetutamente anche se sapevo che non poteva vedermi
«E'
solo che lui...»
«Sì,
lo so.»
«Insomma
con tutti quelli che ci sono, proprio con....Lui?!»
Eh. Proprio lui: Mr. Cinismo in persona.
Comunque dopo aver terminato la conversazione con mia madre, che
ovviamente ha avvisato pure la nonna del mio fidanzamento con Colin,
andai in aereoporto, dove appunto incontrai il mio capo ed insieme ci
imbarcammo sul nostro volo.
Dopo che l'aereo fu decollato, estrassi dalla borsa -che tenevo sotto
il sedile- il plico di domande che il Signor Ledhan ci aveva
gentilmente "regalato" a fine incontro. Lo aprì e lo
sfogliai un
po' a caso.
«Ecco le domande, che ci faranno all'Ufficio Immigrazione
alla fine di questo favoloso week-end..»
dissi sarcasticamente, smettendo di sfogliare il documento, per
concentrarmi nella lettura vera e propria di alcune domande,
tant'è che continuai il mio discorso: «Ora,
la bella è notizia è che io so tutto di te. La
brutta
è che tu hai quattro giorni per imparare tutto di me,
quindi...» ma mi bloccai nell'esatto istante in cui mi vidi
afferrare e togliere dalle mani quei fogli proprio da Colin, che mi
rivolse la sua solita occhiata alla "mi pigli per il culo?"
Si
concesse qualche secondo, per leggere a sua volta tutte quelle domande,
andando infine ad alzare un sopracciglio verso l'alto, visibilmente
perplesso
«E tu sei davvero in grado di rispondere a tutte queste
domande?»
mi chiese scettico, portandomi a fare spallucce
«Inquietante,
non è vero?» gli risposi con altro sarcasmo,
guardando
oltre la sua figura, per cercare di scorgere qualcosa dal finestrino ma
dire che non vidi nulla era un eufemismo. Sospirai, decidendo
così di focalizzare la mia attenzione verso il corridoio,
lato
in cui stavo, appoggiando il gomito sinistro sul bracciolo del sedile.
Sentì Colin sghignazzare e dopo essersi schiarito la voce,
tornò a guardare il documento
«Vediamo..»
mormorò, facendo schioccare la lingua sul palato «Sì,
dunque: a che cosa sono allergico?»
Sul serio voleva
mettermi alla prova?
«Pinoli...»
risposi con tranquillità, aggiungendo «..E
all'intera gamma delle emozioni umane» sciorinai via,
sventolando
a mezz'aria la mancina con fare assolutamente vago, come se in fondo la
sua apatia fosse qualcosa di scientificamente dimostrato e certo.
Colin si abbandonò ad una risata finta
con tanto di «Ah-ah-ah sei davvero divertente.»
andando a leggere nuovamente il documento
«Ahhh,
eccone una bella: ho delle cicatrici, per caso?»
Sospirai appena «Sono
più che certa che hai un tatuaggio.»
«Oooh,
ne sei più che certa..»
«Più
che certa. Due anni fa chiamò il dermatologo per una seduta
di
Laser Q-Switch. Cercai "Laser Q-Switch" su Google e scoprì
che..»
«..Rimuove
i tatuaggi.» commentò lui, in uno strano tono di
voce
freddo, distaccato, concentrandosi fin troppo su quei fogli che teneva
in mano
«Già,
ma tu cancellasti l'appuntamento.» gli feci notare,
riottenendo
nuovamente il suo sguardo sul mio. Mi sfuggì un leggero
ghigno
divertito «..Allora
com'è fatto?» gli chiesi curiosa, aggiungendo «E'
una donnina succinta? Jessica Rabbit in una posa ammiccante? Un cuore
circontato dal filo spinato?» non riuscì proprio a
trattenermi dal punzecchiarlo in questo modo. Me lo meritavo, dopo
sette anni potevo ottenere finalmente la mia rivincita.
Colin mi rivolse di nuovo un sorriso tirato, di quelli finti
così come lo fu il suo tono
«E'
entusiasmante per me vedere come sei davvero.»
«Grazie..Sarai
costretto a dirmi a dove ce l'hai, lo sai?»
«No.»
«Lo
sai che..»
«Ho
detto no, basta con questa domanda..» mi disse mantenendo
sempre
un tono di voce basso e calmo, macchiato però della stessa
freddezza mostrata sin dal momento in cui iniziammo a parlare di questo
tatuaggio. «..passiamo
ad un'altra. Oh, questa è carina: Dove abiteremo? Da te o da
me? E' facile: da me.»
Aggrottai la fronte «Perché
non possiamo stare da me?»
«Ma
perché io vivo a Central Park West.» mi rispose,
tornando
a rivolgermi uno dei suoi sorrisi strafottenti, aggiungendo «E
tu probabilmente vivi in qualche squallido bugigattolo con i bicchieri
presi con i punti del supermercato»
Questa volta non risposi. Se prima mi mostrai spavalda e piena di
sarcasmo, quelle sue parole mi fecero davvero male. Mi aveva appena
insultata e lo aveva fatto senza rendersene conto o forse se ne rendeva
conto ma non gli importava. Ciò che però mi fece
salire
ancora di più il nervoso, fu il fatto che mi dava fastidio
che
lui pensasse questo di me. Davvero mi importava così tanto
la
sua opinione?
«Signore e Signori, prego
allacciatevi le cinture. Stiamo per iniziare la discesa su Juno.»
Colin aggrottò la fronte in maniera confusa mentre richiuse
il documento e si allacciò la cintura
«Juno?
Credevo andassimo a Sitka.»
«Infatti.»
commentai secca, allacciando a mia volta la cintura
«E
allora come ci arriviamo a Sitka?»
~Colin
Non. Ci.
Posso. Credere. Mi ha spedito su un fottutissimo aeroplano da venti
posti! Un catorcio di prima categoria, che forse non
riuscirà
nemmeno a portarci a Sitka!
Il viaggio peggiore della mia vita, pieno di turbolenze, che
più volte mi portarono a prega...no, è vero: io
non prego
mai, quindi mi toccai semplicemente, cercando di non farmi notare
troppo da
Selene, che si godeva con assoluta tranquillità quel viaggio.
Inutile dire che nell'attimo in cui quel piccolo catorcio
atterrò, tirai un profondo sospiro di sollievo. Selene scese
per
prima, visto che era più vicino al corridoio anche su quel
piccolo ed inutile aereo ma questa volta -e solo questa- la
seguii più che volentieri.
Tuttavia essendo la donna molto più minuta di me,
sgusciò
all'esterno dell'abitacolo molto più in fretta mentre io
ebbi
qualche problema con una donna anziana, intenta a scendere quei gradini
metallici con una lentezza disumana...Sospirai e non appena ne ebbi
l'occasione,
la superai, muovendomi con passo tranquillo in direzione di Selene.
Mi aggiustai i capelli e sistemai il cappotto, lasciando modo alla
donna di salutare la madre e la nonna
«Tesoro!!!»
esclamò infatti sua madre, stringendola con forza «..Che
bello vederti qui!»
«Ciao
mamma..»
«Così
la soffochi, Elisabeth!» la voce della nonna, la signora
Grace,
si fece sentire, nonostante anche lei -come la nipote- fosse una
persona minuta con capelli corti e bianchi, piuttosto
voluminosi e un paio d'occhi azzurri, identici a quelli di Selene «..Vieni
qui, nipotina mia!!»
«Ciao
nonnina!» salutò anche lei, stringendola forte e
per un
istante restai...colpito. Tutti quei sorrisi, quegli sguardi contenti.
Era da tempo, troppo a dire il vero, che non li vedevo.
«..Papà
non c'è?»
Davanti a quella domanda, nonna e madre si scambiarono un'occhiata
d'intesa ma fu appunto Elisabeth a rispondere «Argh,
sai com'è tuo padre! Lavora sempre..»
«Suuu,
non parliamo di lui!» intervenne Grace, aggiungendo «..Dov'è
il tuo ragazzo?» chiese incuriosita, spiando con lo sguardo
le
varie persone che a mano a mano scendevano dall'aereo.
Selene si voltò, distendendo un braccio così da
indicarmi mentre ormai rallentavo del tutto il passo
«Eccolo
qui..» disse semplicemente, rivolgendomi un sorriso
più che imbarazzato
«..Forse
chiamarlo "ragazzo" non è del tutto appropriato»
disse
Grace, squadrandomi dalla testa ai piedi. Lasciai correre, cercando per
una volta di sorridere nella maniera più gentile e naturale
possibile
«Salve..»
«Ehy!!!!!»
esclamò Elisabeth, distendendo entrambe le braccia,
aspettandosi
forse che l'abbracciassi ma..quello che feci fu semplicemente allungare
la mano destra verso di lei, intenzionato a stringerle la mano. Solo
quello.
«Lei
è mia madre, Elisabeth.» disse Selene, facendo
così le presentazioni
«Piacere.»
replicai verso la donna, che nel frattempo aveva accettato la mia mano
e che andai a stringere con sicurezza ma senza farle male, rivolgendole
anche un lieve sorriso
«E
lei invece è mia nonna, Grace.» e spostai lo
sguardo sulla nonna, a cui andai nuovamente a porgere la mano
«Ciao,
tesoro! Benvenuto..» percepivo esitazione nel tono di voce di
questa donna "apparentemente" anziana «..Allora
come preferisci essere chiamato? Colin o il Signore di Satana? Abbiamo
sentito entrambe le versioni. Abbiamo sentito così tante
versioni..»
«Sta
scherzando!» intervenne Elisabeth, abbandonandosi ad una
lieve
risatina nervosa mentre io guardai Selene con uno sguardo strano. Ero
davvero indeciso se incazzarmi oppure farmi una risata, il che
è
assurdo visto che, sostanzialmente, non mi interessa di ciò
che
pensa la gente di me. Ma allora perché la sua opinione mi
importava?
Deglutii, sforzandomi di ridacchiare mentre raccoglievo le idee per
dire qualcosa di sensato
«Ma
certo emh..beh..grazie mille per avermi invitato questo
week-end.»
«Oh,
ma figurati! Sei sempre il benvenuto! Allora..direi che possiamo
ritornare al forte!» esclamò Grace, rivolgendo
così
un'occhiata d'intesa a Selene, che insieme alla madre si mosse
così da fare strada verso la macchina. Un viaggio
interminabile
e che io non vedevo l'ora di finire.
Dopo una ventina
di minuti di macchina, giungemmo nella cittadina di Sitka.
Fortunatamente era una bella giornata e il clima non era poi
così freddo come mi aspettavo, anche se comunque si faceva
sentire.
Mi persi per qualche istante ad osservare la cittadina: le strade ben
pulite, gente che entrava ed usciva dai negozi, che si intratteneva con
le persone. E a proposito dei negozi, solo dopo qualche istante mi resi
conto che tutti -e ripeto tutti-
presentavano lo stesso identico nome: Alimentari da Blain.
Supermercati da Blain.
Fotografie da Blain...E
guarda caso Blain era lo stesso nome trascritto sulla targhetta della
borsa di Selene.
«Selene..»
bisbigliai alla donna, cercando di non farmi vedere né tanto
meno sentire da Elisabeth e Grace, che stavano davanti. «..Selene!»
provai di nuovo ma la ragazza era intenta ad osservare fuori dal
finestrino con una certa concentrazione. Serrai con decisione le labbra
e con un gesto deciso allungai la mano verso il ginocchio della donna,
che strinsi con una certa determinazione. Selene sussultò ed
immediatamente mi afferrò la mano, decisa a spostarla dalla
sua
gamba
«Ti
prego, non riprovarci.» commentò, fulminandomi con
lo sguardo e questo mi bastò per mollare la presa
«Non
mi avevi detto degli affari di famiglia, tesoro...» le feci
notare a denti stretti e con un certo sarcasmo.
«Probabilmente
per modestia..» si intromise Grace, rivolgendomi uno sguardo
dallo specchietto retrovisore con tanto di sorriso
«Ma
davvero..?» commentai ironico, riportando l'attenzione su
Selene,
che nel frattempo mi rivolse un ghignetto furbo e soddisfatto
«E'
che volevo essere certa che tu mi amassi anche se vivo in uno squallido
bugigattolo con i bicchieri presi con i punti del supermercato,
tesoro.»
Schiusi le labbra, deciso a ribattere, ma mi bloccai perché
mi
resi conto che non avevo nulla da dire. Mi aveva fregato! O meglio: ero
stato fregato dalle mie stesse parole; inoltre proprio in quel momento
la macchina si fermò nei pressi di un piccolo molo e tutta
l'intenzione di replicare alla mia futura mogliettina, andò
a
farsi benedire non appena la vidi scendere dalla macchina. Sospirai,
guardandomi attorno un po' confuso prima di scendere a mia volta:
«Ma..non
dovevamo andare in albergo?» chiesi istintivamente e con lo
sguardo rivolto verso Selene, che nel frattempo aprì il
bagagliaio della macchina
«Oh,
abbiamo cambiato programma!» esclamò Elisabeth,
che era già scesa insieme a Grace «..La
famiglia non sta in albergo ma a casa con noi.»
«..Fantasti...umph!»
mi ritrovai bloccato dall'esprimere tutto il mio sarcasmo, nel momento
in cui Selene mi gettò addosso il mio borsone di Prada con
dentro parte dei miei vestiti, che abbracciai come se fosse un bambino.
Mi ricomposi, guardando nuovamente Selene
«Che
cosa?!? A casa TUA
con la TUA FAMIGLIA?»
le domandai retorico, in un tono di voce basso, ridotto ad un sussurro
acuto come se stessi gridando a bassa voce. Selene fece spallucce,
donandomi anche delle ripetute pacche sulla spalla sinistra mentre
richiuse lo sportello della macchina
«Belli
i tempi in cui erano solo i miei bicchieri presi con i punti del
supermercato a farti accapponare la pelle, mmh?»
sospirò «Andiamo.»
concluse, muovendosi quindi verso la madre e la nonna, senza voltarsi
indietro e costrigendomi così a seguirla.
Che cosa avevo fatto?!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo Otto ***
Capitolo VIII
Capitolo VIII
~Selene
Ok,
lo ammetto: evitai di dire a Colin che l'ultimo tratto di strada
dovevamo percorrrerlo in barca, perché sapevo benissimo che
non
sapeva nuotare. Dopo che impiegò secoli per scendere quella
semplice scala di legno del molo, gli gettai tra le braccia uno di quei
giubbotti salvagente e salii sul motoscafo, posizionandomi
davanti alla plancia di comando
«Tu sai guidare veramente quest'affare?»
mi domandò Colin piuttosto scettico, portandomi a sbuffare
appena
«No,
è la prima volta.» gli risposi sarcasticamente,
rivolgendogli anche un sorriso da orecchio ad orecchio mentre girai la
manopolina, che avviò il motore. Lo feci rombare per un paio
di
secondi, prima di indicare con un cenno del mento uno dei posti, su cui
già mia madre e mia nonna si erano sedute.
«Pronti
a partire!» esclamai, spingendo delicatamente e verso l'alto
la
leva del motore, che fece muovere in avanti il motoscafo. Decisi di
fare un po' il giro largo così da mostrare un po' anche a
Colin
il posto..Ok, non è vero. In realtà lo feci
solamente per
attraversare delle piccole onde, che facero "saltare" il motoscafo,
solo per godermi la faccia terrorizzata e bloccata del mio capo.
Tuttavia, raggiungemmo ben presto un grosso scoglio, che si ergeva
oltre la superficie dell'acqua e che nascondeva alla vista la nostra
casa.
«Eccoci,
qui. Siamo arrivati.» disse mia madre, indicando appunto la
dimora a Colin, che prontamente osservò esterefatto. Era una
grossa villa, divisa su diversi piani e da cui si poteva intravedere
benissimo una veranda e un grosso porticato.
Colin sollevò entrambe le sopracciglia verso
l'alto: «Quella
laggiù è casa vostra?!» alzai gli occhi
al cielo,
abbandonandomi ad un profondo sospiro ma l'uomo non si
interruppe «..Chi
siete? Si può sapere?!» ma credo che si accorse
della
stupidaggine appena pronunciata nell'attimo in cui incrociò
lo
sguardo di mia nonna, che dal canto suo gli sorrise forzatamente, per
poi andare ad incrociare il mio di sguardo e a mimare con le labbra la
frase "Che il Cielo ci
aiuti".
Mi sfuggì una leggera risata, che lasciai scemare lentamente
mentre iniziavo a far rallentare il motoscafo, avvicinandomi
così alla passerella di legno di quel piccolo molo posta
davanti
a casa.
Scaricati tutti i bagagli, lasciai che mia madre e mia nonna si
muovessero per prime lungo la passerella mentre io mi concessi qualche
altro istante per armeggiare con il mio piccolo trolley. Sospirai
appena, muovendomi a mia volta e lasciando che Colin si affiancasse a me
«Perché
mi hai detto di essere povera?!» bisbigliò lui,
occheggiando mia mamma e mia nonna, per evitare che sentissero
«Non
ho mai detto di essere povera.» gli feci notare con un
tono di voce vago e distaccato.
«Ma non hai neanche detto di essere ricca.»
puntualizzò lui, piccato.
Sospirai appena, alzando gli occhi al cielo «Io
non sono ricca. I miei genitori lo sono.» ed in effetti era
vero. Io non avevo nulla a che vedere con tutto..questo.
Colin
ridacchiò con una palese ironia, scuotendo anche il capo
«Ecco, questa è una cosa che dicono i ricchi. E..»
«CIAO
SELENE!»
Fu la voce in coro di un gruppo di ragazze e ragazzi a farmi rallentare
il passo e ad assottigliare lo sguardo, per cercare di scorgere qualche
volto famigliare. Non mi ci volle molto, per capire che quelli erano i
miei vecchi amici d'infanzia.
«...Ehy...Ciao..»
dissi timidamente sollevando appena una mano, prima di riportare
l'attenzione su mia madre «Mamma..mi
spieghi cosa significa?!?»
«Oh,
ehm..» brutto segno. Brutto, bruttissimo segno. «..E'
solamente una festa di benvenuto. Spero non ti dispiaccia..»
Sì,
sì che mi dispiace. Avevo detto niente feste, niente
incontri, niente di niente. Un week-end privato.
Schiusi le labbra decisa a replicare ma mia nonna si intromise
«Solo
una cinquantina di amici e vicini!» che culo. «Sono
tutti ansiosi di conoscerti! Andiamo!» questo lo disse a
Colin, che di rimando sorrise forzatamente
«Che
meraviglia..» commentò sarcasticamente, lasciando
così allontanare mia madre e mia nonna, prima di tornare a
guardarmi «..Un
party?!»
«Perspicace.
Beh, andiamo forza. Mia nonna è più veloce di
te.»
borbottai, tiando dritto lungo la passerella e lasciandomi
così
Colin alle spalle, senza nemmeno guardarmi indietro, certa ormai che
fosse abituato a seguirmi dappertutto.
~Colin
Alla
faccia del "qualche invitato", qui c'era una marea di persone oltre che
di cibo. Fu in quel momento che mi resi conto che, peggio di
così non poteva andare. Sia io che Selene lasciammo i
cappotti e
le valigie vicino all'ingresso, spinti dalla madre e dalla nonna a
gettarci direttamente nella mischia. Fu tutto un "Piacere Colin",
"Ciao, Colin", strette di mano e di presentazioni, che da lì
al
secondo successivo avrei dimenticato del tutto; più che
altro
perché non vedevo l'ora di fare quattro chiacchiere con
Selene e
non appena ne ebbi l'occasione, la trascinai delicatamente in disparte,
fermandoci nei pressi di un piccolo tavolo su cui erano presenti bibite
e qualche finger food, prevalentemente pesce.
«Senti un po', perché non mi avevi detto che
eravate i Kennedy d'Alaska?!»
mormorai a denti stretti mentre continuavo a rivolgere sorrisi e cenni
del capo verso emeriti sconosciuti e che speravo tanto rimanessero tali.
Selene prese un piatto, iniziando a far sfarfallare le dita di una mano
mentre si decideva a scegliere cosa mangiare
«E
come potevo? Si è sempre parlato di te negli ultimi sette
anni.» era troppo, davvero troppo, tant'è che le
afferrai
delicatamente un braccio, costringendola così da
indirizzarla a guardarmi
«Senti
time-out, ok? Basta con questa stupida Guerra Fredda. La gente deve
pensare che ci amiamo e..» visto che avevo ottenuto il suo
sguardo, decisi di mollare la presa sul braccio di Selene, per
accarezzarlo con lentezza in un finto gesto amorevole. Più
per
scena, che per vera necessità.
Selene mi rivolse un lieve sorriso, macchiato ancora di un certo
sarcasmo, mentre andò ad appoggiare il piattino sul tavolo «Ma
per me non c'è alcun problema, Colin. Posso fingere di
essere
innamorata di te..» e non mi piacque il tono di voce e lo
sguardo
che mi rivolse, tant'è che poco dopo percepì le
sue mani
sui miei fianchi, a cui si aggrappò delicatamente, alzando
appena il mento verso l'alto così da poter continuare ad
incrociare il mio sguardo. Mi irrigidì come un palo davanti
a
quel gesto, che non mi aspettavo e che mi portò a sudare
freddo
e a deglutire «..E'
facile, no?!» aggiunse di nuovo, chinando appena la testa da
un lato.
«S-Sì.
Facile.» dissi poco convinto alzando le mani per adagiarle
sulle
sue spalle. Non era affatto facile. Mi sentivo schiacciare da un peso
invisibile, un'orrbile sensazione di oppressione. Mi umettai le labbra
e deglutì a vuoto, cercando di far fronte a quella
sensazione di secchezza, che aveva pervaso la mia gola.
«Rilassati,
Colin. Non ti mangio. Non sono come te.» mormorò
la donna,
avvicinando anche la testa vicino al mio petto, andando così
ad
appoggiarsi con una guancia, stringendosi appena. Il cuore stava
letteralmente per uscirmi dal petto «Ma
tu pensa!» esclamò Selene divertita, sollevando la
testa «Ma
allora ce l'hai un cuo..!»
«Selene!»
si interruppe solamente nell'attimo in cui la voce di una donna,
un'altra invitata, la richiamò. E io non la ringraziai mai
abbastanza per questo. Non sono mai stato un uomo da abbracci
e..ritrovarmi stretto tra le braccia di una donna è stata
una
sensazione che non provavo da un po' di tempo. Non che mi mancassero le
donne, è la parte sentimentale quella che ho deciso di
trascurare ed allontanare del tutto.
«Oh,
signora Mcleod!» esclamò, staccandosi lentamente
da me
mentre io ne approfittai per afferrare un flute di champagne e
scolarmelo tutto in un soffio.
«Signor
Mcleod..» salutò anche il marito, distendendo
appena una mano così da indicarmi «..Lui
è Colin.»
«Piacere,
molto lieto.» dissi ad entrambi, stringendo loro le mani e
rivolgendo così un altro sorriso, sebbene ero ancora turbato
dagli avvenimenti accaduti poco prima.
«Allora,
cara mi sono sempre chiesta che cosa faccia un Redattore,
sai?!»
«Già,
me lo sono sempre chiesto anche io.» fu la voce di un altro
uomo
ad interrompere quel momento. Una voce grave e piuttosto severa. «Ce
lo chiediamo tutti in realtà.»
Spostai l'attenzione su Selene e se prima vi era
tranquillità e
una sorta di strano divertimento nello sguardo -grazie a me- ora tutto
ciò che riuscii a notare fu tensione. Anche il suo corpo si
irrigidì e la sua espressione mutò rapidamente,
diventando una perfetta maschera di cera.
«Ciao
papà.»
«Selene.»
le risposte, spostando immediatamente lo sguardo su di me. Non so
perché ma il sorriso che mi rivolse quell'uomo non mi
piaceva
affatto «Lei
deve essere Col.»
«Colin.»
lo corressi immediatamente, in uno strano tono tranquillo, visto che
riuscii a percepire una certa tensione nell'aria, andando anche
ad allungare la mano verso di lui. L'uomo ricambiò la
stretta,
piuttosto forte a dire il vero ma non mi ci soffermai più di
tanto
«Bob,
piacere di conoscerti» si presentò
«Piacere
mio» gli risposi con un altro lieve sorriso, andando a
lasciargli anche la mano
«Allora,
perché non ci racconti un po' cosa fa esattamente un
Redattore,
oltre che portare gli scrittori fuori a pranzo e ubriacarsi?»
Era una frecciatina? Che diavolo voleva fare?
Ferire me o Selene?
Fortuna vuole che fu la risatina dei Mcleod a spezzare quel momento e
fu proprio la signora ad intervenire
«Mi
sembra divertente! Non mi meraviglia che ti piaccia farlo,
Selene.» cercò di convolgere nuovamente la donna,
che era
improvvisamente piombata in uno strano mutismo ma nemmeno questo
riuscì a far schiodare Selene, che rispose alla Mcleod con
un
sorriso tirato
«Oh,
no no no. Selene non è il Redattore..» intervenne
nuovamente Bob «E'
solo l'Assistente
di un Redattore.» e il modo in cui marcò il tono
sulla voce "assistente" non piacque nemmeno a me «Di
Col, per l'esattezza. Lui è il Redattore.»
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e con
un altro lieve sorriso aggiunsi un secco «Colin.»
correggendo nuovamente quella finta svista del padre di Selene. Dire
che ormai lo faceva apposta, era piuttosto evidente.
«Quindi..tu
sei il capo di Selene.» dedusse il signor Mcleod. Tipo
davvero sveglio, mmh?
Bob
sorrise alquanto compiaciuto e sollevando appena il bicchiere verso
l'alto aggiunse un semplice «Vado a rifare il pieno.»
allontanandosi così da noi. Mi concessi un altro e profondo
respiro dalle narici, spostando nuovamente l'attenzione su Selene
«Charmant..»
le commentai in francese, certo che conoscesse il significato di tale
parola ma la donna non rispose, limitandosi semplicemente ad annuire,
prima di andarsene a propria volta seguendo così il proprio
padre. Non la seguii, decidendo semplicemente di intrattenermi
ancora per qualche istante con i Mcleod, così da lasciarle
un
po' di privacy, visto che era evidente che i due avessero un sacco di
problemi da risolvere.
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Capitolo 9 *** Capitolo Nove ***
Capitolo IX
Capitolo
IX
~Selene
Dopo
quel bellissimo teatrino davanti ai signori Mcleod da parte di mio
padre, decisi di seguirlo con passo deciso ed anche piuttosto
inviperito.
«Grazie dell'accoglienza, papà.»
gli dissi sarcasticamente, fermandomi ed incrociando entrambe le
braccia al petto, sicura del fatto che anche lui interrompesse
quell'inutile sceneggiata. Di fatto si fermò, voltandosi
lentamente verso di me
«Ma
che ti aspettavi, Selene?» mi domandò in un tono
che non ammetteva replica «Ti
presenti qui dopo una vita con l'uomo che detestavi e che ora
è il tuo ragazzo!»
Mi
concessi un profondo respiro dalle narici, che mi portò a
sollevare gli occhi al cielo «Sono qui solo da un'ora.
Possiamo
aspettare un po' prima di tirarci i piatti addosso?»
gli chiesi, visibilmente esasperata. Ero stanca. Tutto era successo
troppo velocemente e sinceramente una discussione con mio padre era
l'ultima cosa che avrei voluto affrontare.
«Non
credevo che usassi la tua virtù, per una mediocre
promozione..»
Ero scioccata. Davvero pensava questo di me?
Serrai con decisione le labbra con così
tanta forza da farle sbiancare mentre scossi ripetutamente il capo.
Incredula.
«Papà forse non
sai che quell'uomo lì..» e distesi appena un
indice verso
un punto indefinito della stanza, come a voler indicare Colin, anche se
sapevo benissimo che non era presente, dando maggiore enfasi
alle mie parole «..E'
uno dei più rispettati Redattori della
città.»
«Ti
mantiene.» disse schifato mio padre, continuando «Tu
l'hai portato a casa a conoscere tua madre.»
«Non
è vero. Lui non mi mantiene affatto. Lui è il mio
fidanzato.» gli risposi in uno strano tono di voce calmo e
sicuro, come se credessi in prima persona a quelle parole. Ma la
domanda è: ci credevo davvero?
Mio padre sollevò entrambe le
sopracciglia per lo stupore, mostrandosi visibilmente incredulo
«..Che hai detto?»
Già,
faccio fatica a crederlo pure io ma ormai il danno è fatto.
«Hai sentito bene.»
gli dissi, sciogliendo le braccia dall'incrocio «Sto
per sposarlo.» conclusi, rivolgendogli un ultimo sguardo
prima di
superarlo e lasciarlo così da solo davanti a quella
confessione
che gli avevo appena fatto. Ammetto che una parte di me lo aveva fatto
per ripicca, per il semplice gusto di dimostrargli che ero esattamente
come lui pensava che fossi: una pecora nera.
E così tornai nuovamente nel salone, piazzandomi al centro
di
esso con le mani unite mentre a turno guardai i vari presenti
«Signore e Signori ho un annuncio importante da fare!»
dissi in un tono di voce alto, così da poter richiamare a
raccolta gli invitati affinché mi ascoltassero tutti
quanti. «.Colin
e io stiamo per sposarci!»
Beccati questa,
papà.
Ovviamente dovetti fare i conti con diversi sguardi stupiti ed
increduli. A mia nonna, ad esempio, stava per cadere la dentiera e
sicuramente sarebbe anche svenuta se non fosse stata seduta sul divano.
Spostai lo sguardo in giro ma non vidi traccia di Colin e
così..
«Già!
Ci sposiamo! Tesoro, dove sei?!» domandai in un tono di voce
più alto, così da coinvolgere anche lui in quella
scenetta, che non avevo intenzione di continuare da sola. Vidi sbucare
Colin con la sua solita espressione da "che cazzo stai facendo?"
a cui risposi con un semplice sorriso
«Oooh,
eccolo qui..» avvisai il resto del "pubblico" e poi allungai
una
mano verso di lui, che sventolai in mia direzione, invitandolo
così ad avvicinarsi «Coraggio,
amore! Vieni, forza!» dire che Colin era confuso, era dire
poco,
anche se tuttavia si mosse lo stesso, portando i presenti ad
applaudire. Io feci lo stesso
«Eccolo
qui! Ma guardatelo! Non è bellissimo?!» chiesi
retorica,
spostando lo sguardo verso alcune amiche di mia nonna, che rivolgevano
sguardi ammiccanti verso Colin. Ovviamente cercai di contenere una
risata, serrando delicatamente le labbra.
Colin si avvicinò, mettendosi di fianco a me mentre
ringraziava
con cenni della testa e un sorriso tanto imbarazzato quanto tirato, i
vari presenti che continuavano ad applaudire.
«Dobbiamo festeggiare!»
gridò qualcuno, stappando una bottiglia di champagne ed
iniziando così a riempire altri flute.
Ora era davvero fatta. Non si tornava più indietro.
~Colin
Rivolsi un lieve sorriso ad uno dei tanti invitati senza
nome, che prontamente mi porse un bicchiere di champagne
«Grazie..»
commentai semplicemente, attendendo così che l'uomo (o era
una
donna?) si allontanasse, prima di tornare a guardare Selene «..Quindi
era questo
il momento adatto per annuciare il fidanzamento?»
le domandai in uno strano tono paradossalmente divertito.
Quando la vidi annuire ripetutamente con una finta faccia angelica, mi
sfuggì uno sbuffetto dalle labbra «Brava. Ottimo
tempismo.»
commentai sarcastico, concedendomi così un leggero sorso di
champagne
«Selene...Ciao.»
spostai l'attenzione verso un ragazzo. I capelli corti -di un colore
biondo cenere-
erano spettinati ed incorniciavano un viso dai lineamenti marcati e
coperti da un leggero strato di barba, che gli sporcava il mento e
parte delle guance e come ogni clichè che si rispetti, aveva
anche gli occhi azzurri.
Selene voltò il capo, sollevando entrambe le sopracciglia
per lo stupore «O
mio Dio! Dreng?» domandò retorica, avvicinandosi
prontamente per..abbracciarlo. Non so perché ma quel gesto
mi
fece stringere con un po' più di forza il flute di champagne
che tenevo nella mano
«Che
bello! Come stai?» gli chiese poco dopo, in un tono di voce
sinceramente contento.«Non..non
sapevo che ci fossi anche tu.» ammise lei, visibilmente
imbarazzata
Il ragazzo fece spallucce «Argh! Forse
tua madre voleva che fosse una sorpresa. Quindi..sorpresa!»
ridacchiò appena, spostando lo sguardo verso di me «Comunque..dovresti
presentarci, non trovi?»
No, non ho tutta questa
gran voglia di fare la tua conoscenza, Mr Sorpresa!
Selene mi guardò a propria volta e visibilmente confusa
«Emh,
certo lui è..»
«Dreng.»
si presentò, allungando verso di me la mano destra, che
andai ad
incontrare e a stringere come avevo già fatto con altre
persone
«Sì,
ecco lui è il mio ex..» aggiunse ancora la donna,
visibilmente a disagio
«Oh,
beh. Piacere.» borbottai lasciandogli così la mano.
Anche Dreng risultò visibilmente impacciato davanti a questa
situazione, che sicuramente non si aspettava «Beh,
emh..Congratulazioni ragazzi.» mormorò sincero,
prima di aggiungere «Allora,
ditemi: mi sono già perso il racconto?»
«Quale...racconto?!»
domandammo contemporaneamente sia io che Selene, visibilmente confusi
davanti a quella domanda.
Dreng si lasciò sfuggire una leggera risata, guardandomi con
aria complice «Ma
come quale? Quella in cui ti sei dichiarato, no? Oppure lo ha fatto
lei?»
Oh, cazzo. Ditemi che
non l'ha detto davvero.
«Oh,
il modo in cui uno lo chiede, la dice lunga sul suo
carattere..»
fu Grace ad intervenire, ancora seduta su quel divano poco distante da
noi, rivolgendomi anche un occhiolino d'intesa.
«Sai,
mi piacerebbe tanto sentirti raccontare come te l'ha chiesto, Selene.
Ti va?» aggiunse Elisabeth, seduta al suo fianco.
Dì di no e
scappa. E' una trappola!
Selene
ridacchiò appena mentre io osservai i diversi cenni
affermativi
del capo di tutti gli altri presenti, che ovviamente non vedevano l'ora
di ascoltare la storiella della buona notte. Se solo ci fosse stata.
«Già..»
disse Selene, che nel frattempo si concesse una pausa per raccogliere
le idee mentre io..Io in realtà trattenevo a stento un
ghigno
piuttosto divertito. Ero davvero curioso di vedere che cosa si sarebbe
inventata.
«..Sapete
una cosa? In realtà è Colin che ama raccontare
questa storia..»
spiegò la donna mentre io smisi immediatamente di sorridere.
Schiusi anche le labbra deciso a dire la mia, a fermarla in qualche
modo ma Selene si allontanò lentamente «..Già,
adora tantissimo raccontarla.»
E se prima ero io quello che rideva divertito davanti alla situazione
imbarazzante in cui la ragazza si era cacciata, ora fu proprio Selene a
ridersela sotto i baffi. Mi sfuggì una risatina nervosa
mentre
andai a sfregarmi le mani
«Ehehehe,
bene..Ok, emh..Dunque..Da dove cominciare il racconto?»
Forza Colin, pensa! Sei
un Redattore!
«Dunque
emh...» cazzo, ero fottuto. E tutti quegli sguardi che avevo
puntati addosso non mi aiutavano di certo e così decisi di
concentrarmi unicamente su Selene «Sì,
allora...Selene e io stavamo per..festeggiare il nostro primo anno di
anniversario di fidanzamento..»
Ottimo Colin, vai di
clichè! Guarda le vecchie come sorridono, sei sulla buona
strada!
«..Sapevo
che Selene non vedeva l'ora che le chiedessi di sposarmi ma..la
verità è che volevo tenerla un po' sulle spine.
Capite?» domandai, cercando una sorta di conferma da parte
dei
presenti, soprattutto dagli uomini, che a turno annuirono ripeutamente
e giuro che riuscii anche a sentire un "Astuto", cosa che
mi incoraggiò a continuare:
«..Così
le ho dato qualche imbeccata qua e là, perché non
volevo
che lo capisse subito. Volevo che restasse ancora un po' con il dubbio
e così..»
«Ah,
no. Non è esattamente così..»
intervenì Selene «..Non
è esattamente andata così.» lo
ripetè, guardandomi negli occhi.
Serrai le labbra, mostrando la mia solita faccia fintamente angelica,
prima di chiedere un semplice «..No?»
molto ironico.
«No.
No..» rispose lei, guardando i presenti con un leggero
sorriso sulle labbra «..Insomma
delle sue imbeccate mi ero accorta, eccome. Colin è delicato
come un elefante..» ridacchiò appena, coinvolgendo
anche i
presenti «Già.
No, quello che mi preoccupava era che si fosse dimenticato di quella
famosa scatolina..»
«Oooooh!
La scatola che aveva decorato col decoupage..» beccati
questa, Sel «..ritagliando
tutte quelle tenerissime, piccole fotografie di se stessa.
Sì..» e si percepì perfettamente un "Ooooooh!"
intenerito dalla folla, mentre io tornai a guardare Selene, che nel
frattempo si stava mordendo il labbro inferiore; indecisa se ridere o
arrabiarsi dello smacco appena ricevuto e che mi spronò a
continuare «..Tutte
incollate sulla scatola. Che meraviglia.»
«Sì..»
rispose Selene, annuendo ripetutamente
e continuando «..Ma
la vera meraviglia è stata la sorpresa che conteva
all'interno.
Quando ho aperto quella scatolina un' esplosione di cuoricini rossi,
tutti ritagliati con le forbicine dal mio tesoruccio..» e mi
rivolse un finto sguardo interito, uno di quelli che si fa ad un cane,
per intenderci «..si
sparpagliarono tutti per terra, mostrandomi finalmente un grosso,
enorme...»
«..Fico
secco.» commentai, sospirando e annuendo più volte
davanti allo stupore dei presenti «Niente
anello.»
commentai, facendo spallucce mentre a turno si sentivano dei "Cosa?" oppure dei "Come?", che mi
portarono a scuotere lentamente il capo
«No..ma
dentro quella scatola, sotto tutto quel ciarpame, c'era un bigliettino
scritto a mano con l'indirizzo di un hotel con data e ora.»
dissi, spostando lo sguardo su Grace «Un
gesto da vero gentiluomo» e le ammiccai. Non so dire il
perché, ma lo feci e da come l'anziana donna
sospirò,
capì di aver fatto centro e continuai «A
quel punto, è ovvio che Selene pensò...»
«..Ho
pensato che avesse un'amante.» completò lei,
annuendo ripetutamente «Sì,
è stato terribile per me, però...» e il
modo in cui
marcò il tono di voce su quel "però" non mi
piacque
affatto «..Sono
andata lo stesso in hotel. Sono arrivata e ho bussato alla
porta..» sospirò come se realmente stesse
rivivendo quella
scena «..ma
era già aperta. E nel momento in cui l'ho spalancata, ho
visto che era lì..»
«..In
piedi.» precisai.
«..In
ginocchio.» mi corresse Selene in un tono di voce pieno di
trasporto e romantico
«..Da
vero uomo.» commentai allora, in un leggero borbottio di
sottofondo
«..In
smoking su un letto di petali di rosa. Colin..» e mi
guardò, allungando istintivamente una mano verso la mia, che
afferrò con delicatezza «..Il
mio dolce Colin, che ricacciava indietro quei teneri e piccoli
singhiozzi. E finalmente, trattenendo le lacrime, ha ripreso fiato e
mia detto: "Sel.."»
«Selenevuoisposarmi?Leihadetto:eccome!»
conclusi di fretta e furia questo discorso, che si era prolungato per
troppo tempo. Insomma addirittura che singhiozzavo? Ma per favore!
Per un lungo istante la stanza piombò in un improvviso
silenzio,
che venne interrotto -fortunatamente- poco dopo dalla stessa Grace:
«Wow..questa
sì che è una bella storia!»
commentò,
ricevendo anche l'approvazione di tutti gli altri invitati «..Ci
vuole un bacio!» esclamò mentre qualcuno, a caso,
iniziò a far tintinnare i bicchieri.
Sbiancai e Selene fece lo stesso, tant'è che ci guardammo
per un
lungo momento, fino a quando non spostammo l'attenzione sulle nostre
mani, che erano ancora unite. Selene ridacchiò nervosamente
«No,
dai...» borbottò imbarazzata, spostandosi
nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio
«Oooh!
Andiamo!» gridò qualcun altro, continuando a far
tintinnare i bicchieri e fu in quel momento che decisi di prendere in
mano la situazione. Letteralmente.
«Va
bene, va bene..Ecco qui!» esclamai, sollevando semplicemente
la
mano di Selene, che tenevo stretta nella mia e a cui donai un lungo
bacio sul dorso.
«Ahhhhh!
Ma cos'è quello schifo? Devi baciare mia nipote sulla bocca!
Un bacio vero!»
Maledetta nonna. Non
può accontentarsi di vedere Beautiful?
BA-CIO! BA-CIO! BA-CIO!
Partì
pure il coro. Ottimo.
Selene sollevò entrambe le mani verso l'alto, lasciando
così la presa sulla mia, in modo da mostrare i palmi ai
curiosoni, in un gesto evidentemente arrendevole
«Ok!
Ok!» disse, voltandosi così verso di me mentre io
feci lo stesso «..Eccolo,
eh. Pronti?» disse in generale, visibilmente impacciata tanto
quanto lo ero io. Non avevo previsto una cosa simile, doveva solo
essere una notizia di second'ordine non un affare di stato con tanto di
conferenza internazionale.
In quel momento la mia gola era più arida del deserto,
tant'è che mi costrinse a deglutire più volte.
Perché ero nervoso? Non era la prima volta che baciavo una
donna, infondo...Anche se quella donna era pur sempre Selene, la mia
Assistente. E io non mischio mai lavoro e piacere insieme. E' una
distrazione. E' sbagliato.
Nel mentre Selene si alzò appena sulle punte dei piedi
mentre io
abbassai il busto così da ridurre maggiormente le distanze
ed
agevolare la differenza di altezza che avevamo. Fu un bacio piuttosto
rapido e rivolto più all'angolo della bocca che verso il
centro.
Una cosa spicciola e fuggitiva, della medesima durata di un battito di
ciglia
«Ecco,
ecco qui.» disse velocemente Selene, portando Grace a
sospirare pesantemente
«Oooooh,
Selene! E datevi un bacio vero!»
La ragazza arrossì visibilmente, umettandosi le labbra e
tornando a guardarmi «..Dai
baciamoci, così la fanno finita.»
mormorò verso di
me e a denti stretti, in un sussurro basso che mi portò ad
annuire.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e allungai entrambe le
mani sui suoi fianchi, così da avvicinarla maggiormente
verso di
me. Di rimando, Selene appoggiò entrambe le mani suoi miei
bicipiti, incrociando così il suo sguardo con il mio mentre,
lentamente, abbassai il busto in sua direzione. Pochi istanti dopo e le
nostre labbra si toccarono nuovamente, stavolta in un contatto
più lungo, che mi portò a schiudere la bocca
sulla sua e
ad assaporarne il suo respiro. Non so perché ma
aprì gli occhi, colto da una piacevolissima quanto strana
sensazione, che in qualche modo mi impediva di staccarmi da lei.
Improvvisamente tutti i suoni nella sala svanirono: la gente, i loro
sguardi, le loro richieste sparirono tutti e ci fummo solamente io e
Selene. Non mi accorsi che quel bacio aveva preso una piega un po'
troppo approfondita, che aveva coinvolto anche le punte delle nostre
lingue, tant'è che mi staccai dalla donna, solamente quando
mi
sentì afferrare per una spalla
«Ehy!
Vacci piano, amico! Così la consumi prima di
sposarla!»
era Dreng, che nel frattempo si abbandonò ad una sonora
risata,
che mi riportò letteralmente con i piedi per terra.
«Sì..»
mormorai ancora confuso, guardando Selene, che d'altro canto era
confusa tanto quanto me
«Però...»
disse Grace compiaciuta, annuendo anche svariate volte «..Questo
si, che si chiama bacio!»
esclamò alzandosi in piedi dal divano per abbracciarci
entrambi «Sono così felice per voi due!!!»
squittì, stringendoci con forza mentre non potei fare a meno
di chiedermi che diavolo era appena successo.
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Capitolo 10 *** Capitolo Dieci ***
Capitolo X
Capitolo X
~Selene
«Eccoci
qui, questa è la camera.»
annunciò mia madre, una volta aver aperto la porta della
stanza,
che varcai velocemente così da lasciare entrare anche mia
nonna,
seguita da Colin. La camera era posta al primo piano ed era decisamente
spaziosa: la prima cosa che si notava, era l'immensa vetrata, che dava
direttamente su un attico esterno con la vista direttamente sul mare.
Sulla destra vi era una grossa mensola, con la relativa porta del bagno
privato; sulla sinistra invece, oltre ad un piccolo divanetto posto di
fronte ad un tavolino, era presente un letto matrimoniale alquanto
spazioso.
«..Wow»
fu il semplice commento di Colin, che si mosse proprio in direzione
della parete-finestra «C'è
una vista meravigliosa.»
«Qui
c'è il letto!» esclamò Grace, indicando
così
il soggetto della propria frase, sebbene non ce ne fosse poi
così bisogno. Decisi così di intervenire, visto
che avevo
già mille pensieri per la testa..In realtà ne
avevo
solamente uno: il bacio con Colin. Più non volevo pensarci e
più mi ritrovavo a fare i conti con la sensazione piacevole
della sua barba folta ma curata contro la mia pelle e sulle mie labbra.
«Allora,
emh..dove dorme Colin?» chiesi immediatamente, serrando
appena le
labbra e spostando così l'attenzione da mia nonna a mia
madre.
Fu quest'ultima ad abbandonarsi ad una lieve risata
«Tesoro,
non ci illudiamo mica che a casa non condividiate lo stesso
letto..»
ok, se prima il bacio con Colin è stato imbarazzante,
sentire
mia madre anche solamente alludere ad un contatto di tipo fisico tra me
e il mio capo, mi fece accapponare la pelle.
Non proprio in realtà, insomma nonostante tutto era anche un
bell'uomo ma...perché ci stavo pensando proprio adesso?
Scrollai
appena il capo e mi abbandonai ad una lieve risatina nervosa:
«Ehh,
già. In effetti dormiamo tutti..»
intervenì Colin,
sventolando a mezz'aria entrambe le mani ed in maniera confusa
«..accuciolati.»
borbottò un termine a caso, schiarendosi anche la voce, per
poi
aggrottare la fronte non appena si udì l'abbaiare di un
cane.
Era Kevin, il nuovo cucciolo di mia madre: un batuffolo bianco di
taglia piccola e dolcissimo. Talmente dolce che scelse proprio la gamba
di Colin come compagna per la vita
«..Cos..?!
Ehy, ehy, ehy! Questi pantaloni mi sono costati la bellezza di 300
dollari!» esclamò iniziando ad agitare la gamba e
a
guardarmi
«Selene..!!!»
mi chiese aiuto, in maniera piuttosto disperata e portandomi
così a ridacchiare.
Fu mia madre ad avvicinarsi prontamente e ad afferrare quel batuffolo
di cane:
«Oh,
Colin scusami! Scusami tanto! E' che l'abbiamo preso da poco dal
canile e lo stiamo ancora addestrando.» spiegò la
donna,
ridacchiando mentre Colin sventolò una mano a mezz'aria
«Fa
niente..» borbottò, risistemandosi così
l'orlo dei
pantaloni. Mia nonna Grace, alzò gli occhi al cielo,
abbandonandosi ad un lieve sospiretto, prima di dire la propria:
«Cercate solamente di fare in modo che non esca. Se no le
aquile se lo portano via.»
«Il
che non sarebb..uhmpf!» diedi prontamente una gomitata nel
fianco
di Colin, fermando così tutto quel suo borbottìo,
che lo
portò a tossire per finta, coprendosi anche la bocca con una
mano chiusa a pugno.
Mostrai così un sorriso a trentadue denti, prima di tornare
a
guardare mia madre, che nel frattempo coccolava un po' il cagnolino
«Allora
mamma..c'è tutto no?» chiesi retorica
«Oh,
sì! Giusto, dunque se avete bisogno di asciugami o coperte
in
più, laggiù c'è tutto quello che vi
occorre.» e con un semplice cenno del capo indicò
un
armadietto di legno scuro, in simil mogano, posto sulla parete opposta
rispetto al letto.
«Ora
io e tua nonna ce ne andiamo a dormire. E' stata davvero una serata
piacevole e molto lunga..» continuò in un tono
accomodante
verso Grace, che continuava a sorridermi e a mandarmi strane occhiatine
d'intesa. Non starà mica pensando a...? Oh, Dio. Spero
proprio
di no.
«Buona
notte, ragazzi!» dissero entrambe in coro, avviandosi
così verso la porta
«Buona
notte!» esclamammo anche io e Colin all'unisono, attendendo
così di udire il suono della porta mentre si richiudeva, per
organizzare il resto della serata.
~Colin
Per
amor della "galanteria", decisi -e solo per quell'unica volta- di
dormire per terra, lontano da Selene, sfruttando una delle diverse
coperte presenti nell'armadio, così da creare una sorta di
"materasso", sebbene restava decisamente scomodo. Nel frattempo Selene
era in bagno, intenta a sistemarsi per la notte.
«Quindi...»
esordii, stendendomi a terra e mettendomi sotto una lunga coperta,
intrecciando le mani sul petto e guardando prevalentemente il soffitto «...Era
da un po' che non tornavi a casa, mmh?»
La voce della donna si fece sentire, nonostante fosse un po' distante,
visto che si trovava ancora in bagno: «Beh,
sai com'è...Non ho avuto molte ferie negli ultimi sette
anni...»
«Smettila
di lamentarti...» borbottai, lasciando trapelare un leggero
fastidio davanti a quella sua replica così sarcastica, che
mi
portò a sbuffare appena
«Emh...»
esordì Selene, aprendo appena la porta del bagno,
così da
controllare dove fossi e cosa stessi facendo «...Non
guardare, ok?»
Che cos'avevo da guardare, poi? La conoscevo fisicamente, di che aveva
paura?
«Ok...»
risposi scocciato, osservando il soffitto
«H-Hai
gli occhi chiusi?» mi chiese, aprendo un po' di
più la
porta, come se fosse pronta a scattare per i 100mt delle Olimpiadi
«Molto
chiusi.» altro sarcasmo, ci mancava solamente che chiudessi
gli occhi, insomma.
«S-Sei
sicuro?»
«Sì.
Molto sicuro.»
E dopo quel momento: nulla, silenzio; almeno fino a quando il leggero
cigolio della porta del bagno non mi fece capire che finalmente Selene
aveva deciso di uscire, muovendosi in punta di piedi, saltellando
quasi, come se stesse camminando sui bracieri ardenti, per muoversi
più in fretta verso il letto. E fu in quel momento che
cedetti
dalla curiosità e voltai il capo per guardarla con
l'intenzione
di seguirla fino a quando non avesse raggiunto il letto. E
lì il
ricordo del nostro bacio mi piombò addosso all'improvviso.
Restai a lungo a guardarla, letteralmente senza parole, mentre i miei
occhi seguivano le curve del suo corpo, scivolando dai piedi, alle
caviglie, a quelle lunghe gambe nude, coperte da un semplice paio di
pantaloncini di seta e sopra un top dalle spalline fini, del medesimo
materiale. Dio solo sa quali pensieri mi attraversarono il cervello,
tant'è che la reazione del mio corpo fu abbastanza evidente,
visto che mi
portò a tirarmi su con il busto, per mettermi seduto ed
evitare
di mostrare quella...reazione.
Nel frattempo Selene sgusciò sotto il grosso piumino del
letto, andandosi a coprire fino al collo
«Avevi
detto che non guardavi...» borbottò contrariata,
spostandosi all'indietro quella chioma di capelli castani, prima di
aggrottare la fronte in mia direzione «...Ma
hai intenzione di dormire così?!» mi chiese
perplessa,
puntualizzando con un indice il fatto che beh...ero a petto nudo.
«Mi
piace essere comodo.» borbottai, facendo spallucce
«Siamo
in Alaska, Colin...»
«Sì,
beh sinceramente pensavo di dormire da solo
in un albergo e non dividere una stanza con te...» sospirai
piuttosto pesantemente, tirando quella coperta che andò a
scoprirmi i piedi. Tanto per cambiare.
Selene serrò delicatamente le labbra tra loro «Che
ne dici di dormire, mmh?!»
«Grazie...»
aggiunsi con un evidente sarcasmo, andando a stendermi e a
rannicchiarmi per terra, tirandomi fin sulle spalle la coperta. Restai
fermo per qualche secondo, poi cambiai posizione, sia perché
ero
scomodo sia perché c'erano quei fastidiosissimi raggi
solari.
Già, a quanto pare in quel periodo dell'anno in Alaska non
c'è mai buio. Che bellezza. Continuai così ancora
per un
po' ma era troppo: non riuscivo a resistere
«Beh,
credo che non riuscirò a prendere sonno con tutti questi
raggi so-...»
ma non feci nemmeno in tempo a finire la frase, che Selene -tramite il
tasto di un piccolo telecomando- andò ad abbassare tutte le
tende delle finestre e soprattutto di quell'enorme porta-finestra
scorrevole.
Mi schiarì la voce, visibilmente imbarazzato, tornando ad
adagiare la schiena a terra e ad intrecciare le mani sullo stomaco «Grazie...»
Sarebbe stata la notte (o il giorno?) più lunga della mia
vita e
come se non bastasse, il pensiero delle labbra di Selene sulle mie, del
suo respiro mescolato con il mio e il ricordo del suo gusto
riaffiorarono nella mia mente. Tutti insieme.
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Capitolo 11 *** Capitolo Undici ***
Capitolo XI
Capitolo XI
~Selene
Aggrottai
la fronte, sinceramente infastidita, nel sentire lo squillo ripetuto
del cellulare di Colin. Avevo passato una notte quasi insonne, il
ricordo del bacio con il mio capo era riaffiorato nella mia testa in
un pensiero alquanto insistente. Perché continuavo a
pensarci?
Era solamente un bacio. Era finto come tutta questa storia.
E se io mi girai comodamente dall'altra parte, affondando ulteriormente
sotto il piumino, godendo anche di quella bellissima sensazione di
calore, diversamente lo fece Colin, che si alzò di scatto,
per
mettersi seduto.
«Selene...!»
mi richiamò, in un sussurro basso ed acuto, come a non
volermi
farmi svegliare di soprassalto, sebbene ci avesse pensato lo squillo di
quel telefono «Selene..!»
riprovò una seconda volta, spostandosi quella coperta e
tirandosi su, iniziando a girare per la stanza, cercando il proprio
smartphone.
«Mmmmmmh...»
mugugnai addormentata
«Il
telefono! Dov'è?!» mi chiese sempre in quel
sussurro acuto e strozzato
«Sedia.
Tasca interna della giacca. Sulla destra...» mugugnai,
rannicchiandomi ulteriormente sotto le coperte, disinteressandomi
completamente di Colin, che sfortunatamente trovò quel
maledettissimo telefono.
«Pronto?!?
Pronto?!?» gridò a gran voce, passandosi una mano
sul viso, prima di esclamare «Ooooh!
Tom! Tom sei tu! Pronto?!?» si spostò nervosamente
per la
stanza mentre io affondai ulteriormente la testa nel cuscino. Possibile
che doveva parlare proprio adesso?!?
«Merda,
Tom! Qui prende malissimo! Dammi solo un minut-...»
«OH
SANTA PACE, COLIN!» sbottai, afferrando uno dei mille cuscini
presenti sul letto, che gli lanciai direttamente in faccia. E pensare
che non presi nemmeno la mira: lo colpii in pieno, senza farlo apposta
ma la cosa non mi dispiacque affatto.
Colin invece non fu dello stesso avviso, tant'è che dopo
avermi
incenerita con lo sguardo, si mosse a passi decisi verso il letto,
salendoci sopra senza grazia alcuna e spostandomi tutte le coperte. In
quel momento, a parte il freddo, ebbi davvero paura, oltre al fatto che
ero ancora intontita dal sonno.
Mi distesi sulla schiena mentre gli occhi grigi di Colin si
assottigliarono:
«Hai
una vaga idea di quello che hai fatto?!?» schiusi le labbra
decisa a replicare, spostandomi qualche ciocca di capelli ribelle dal
viso ma l'uomo mi zittì subito
«Sai
chi era? Lo sai? No, che non lo sai! Era Tom! Ma tu preferisci
lanciarmi il cuscino e le tue stupide frecciatine sarcastiche!
Io...» e si indicò il petto nudo con un pollice,
per dare
maggiore enfasi alle sue parole «...Dormo
anche come mi pare, chiaro? Se voglio dormire in Alaska in mutande, lo
faccio!»
Aggrottai la fronte, guardandolo in maniera perplessa
visto che tutto quel suo discorso non aveva un minimo di senso ma
decisi di non infastidirlo ulteriormente:
«Ok...»
mi limitai a dire in un sussurro mentre Colin si umettò le
labbra e sorrise in maniera nervosa
«Tutto
qui? Ok?»
«Sì,
è...ok. Nel senso: se vuoi dormire in mutande, io non ti
dirò di non farlo, anche se siamo in Alaska...»
«Dannazione,
Selene!» sbottò e in men che non si dica, mi
ritrovai le sue labbra premute sulle mie. Di nuovo.
Sfarfallai gli occhi un paio di volte, aggrottai la fronte e dopo un
lieve attimo di esitazione, ecco che nuovamente le nostre labbra si
schiusero e le punte delle nostre lingue si toccarono in un bacio
più approfondito. Il viso non fu l'unica parte di Colin che
si
avvicinò a me, seguì anche tutto il suo corpo,
quel corpo
scolpito ed allenato: dalle spalle larghe, che strinsi maggiormente
così come strinsi le gambe attorno ai suoi fianchi.
Tutto ad un tratto il resto non importava più: il week-end,
il
fidanzamento, il finto matrimonio, il possibile fallimento di tutto
questo piano assurdo; tutto passò in secondo piano,
perché lì, tra le coperte di quel letto
matrimoniale,
c'eravamo solo noi. E basta.
Ben
presto i nostri respiri si fecero più pesanti mentre
lentamente
una sua mano mi accarezzò la pelle di una coscia, risalendo
ed
infilandosi al di sotto di quel top di seta morbida che indossavo. Si
fermò sul fianco, che strinse in un gesto di possessione,
quasi;
facendomi letteralmente trattenere il fiato, per soffocare un gemito di
piacere.
Davvero provavo questo, adesso? Piacere? A quanto pare, per quanto il
mio cervello continuasse a ripetermi che era il mio capo quello che
stavo baciando e stringendo contro di me, il mio corpo sembrava avere
un'idea un po' diversa.
Fu lui a staccarsi, dopo un po', mantendosi comunque vicino: occhi
chiusi e fronte aggrottata «Aspetta, Selene. Aspetta...»
mormorò in un tono di voce carico di una certa frustrazione,
che
lo portò a stringere con forza gli incisivi lungo il labbro
inferiore
«Dannazione...»
mormorò di nuovo, riaprendo lentamente le palpebre per
guardarmi, rivolgendomi un lieve sorriso intenerito, mentre lentamente
una sua mano mi accarezzò una guancia, spostandomi anche
delicatamente i capelli. Per una volta non riuscivo a capirlo.
«Colin
ho...fatto qualcosa ch-..»
«Shhh...»
sibilò dolcemente, chinandosi di nuovo per rubarmi un altro
bacio. E poi un altro, e un altro ancora, e uno decisamente
più
passionale, che lo portò ad inspirare profondamente dalle
narici
e a donarsi uno slancio deciso con il busto, così da
allontanarsi e successivamente scendere dal letto.
Io rimasi ferma ed immobile, seguendolo con lo sguardo mentre
sicuramente restai a guardarlo con un'espressione decisamente confusa,
visto il modo in cui mi guardò. Andò a
picchiettare
delicatamente lo smartphone su un palmo, visto che ancora lo stringeva,
scuotendolo a mezz'aria per dare maggiore enfasi alle parole che
andò a pronunciare.
«Io...»
sbuffò e sorrise in maniera piuttosto imbarazzata,
muovendosi
verso un armadio così da recuperare una pesante vestaglia,
che
andò ad indossare «...Sarà
meglio che vada a chiamare, Tom.» mi disse, aprendo la porta
così da poter uscire, donandomi un ultimo sguardo prima di
andare a richiuderla.
Solo allora, espirai pesantemente dalle labbra, come se per tutto il
tempo avessi trattenuto il fiato. La mano destra si sollevò
e
lentamente si adagiò con tutto il palmo sulla mia fronte
«Oh,
cazzo...» mormorai alla fine, rannicchiandomi nuovamente
sotto le coperte. Che cosa mi stava succedendo?
~Colin
Non appena mi
richiusi alle spalle la porta della camera, mi abbandonai ad un pesante
sospiro. Non potevo crederci. Non potevo assolutamente credere che
stavo per fare sesso con Selene. La mia Assistente...
Volevi
dire la tua futura moglie...
Cazzo.
Beh, è normale. Sono un uomo. Ho dei bisogni fisici.
Peccato che per una
volta non pensavi proprio a niente. Lo sappiamo entrambi che non
sarebbe stato del semplice "sesso".
Di nuovo: Cazzo.
Quella fottuta voce nella mia testa aveva ragione...No, non poteva
essere vero.
E così, in barba a qualsiasi voce fuoricampo,
scossi il capo e mi diressi verso le scale. Mi sistemai la vestaglia,
infilai le mie scarpe direttamente senza calze e dopo aver recuperato
un grosso giaccone, che indossai sopra a tutto, decisi di uscire fuori
e vedere se riuscivo a fare quella dannata telefonata.
Afferrai
il mio Iphone, andai sulla rubrica, feci scorrere un paio di volte il
pollice e dopo aver trovato il numero di Tom, feci partire la chiamata
«Diamine
siamo in Alaska, non in qualche angolo...sperduto...» ma
più mi guardavo attorno e più mi accorgevo di
essere in
un angolo sperduto «..del
mondo.» conclusi la frase in un sussurro, prima di essere
distratto dalla voce di Tom
«Oh,
Tom! Tom ci sei!» esclamai sollevato, scendendo le scale
della
veranda per muovermi verso quell'ampio giardino. Non riuscivo a stare
fermo mentre ero al telefono «Senti
mi dispiace per la storia del tuo libro e tutte le
pressioni...»
un modo come un altro per dire che accettare era la cosa giusta,
insomma. «..Cosa?
Ma..Ma certo che voglio che tu sia felice, Tom!» continuai la
conversazione muovendomi avanti e indietro lungo quell'immenso giardino
«Tom..Tom?
Mi senti? Ah, ok! Dicevo: andrà tutto bene. Non devi
preoccuparti. Parlerò con gli addetti stampa e...cosa? Ma
sì, certo! Certo che ti sto...»
Bau! Bau!
Oh, no! Quello Stupido cane che si monta la mia gamba. Ci mancava
solamente lui.
«..Ascoltando.
Lo sai che tu vieni prima di tu-..» bau, bau! «SHHHHH!»
cercai di zittirlo, insomma doveva smetterla «Eh?
Come? No! No, non ce l'avevo con te, Tom! Comunque se posso dirti la
mia modesta opinione io..»
Bau! Bau!
«Shhh!
Zitto! Seduto!» questo cane cominciava a darmi sui nervi ma
per
lo meno, nell'istante in cui gli ordinai di starsene zitto e seduto,
lui lo fece.
Tirai un sonoro sospiro, voltandomi così da lasciarmi quello
stupido cane alle spalle.
«No, scusami Tom. C'è qui un cagnolino che mi sta
facendo
impazzire. Stavo dicendo: per me sbagli a mollare tutto. Questa
è la tua occasione, quella conferenza stampa ti...»
aggrottai la fronte, perché in quell'istante fu il verso di
un
secondo animale ad attirare la mia attenzione. Mi guardai attorno,
cercando di capire di che cosa si trattatava mentre Kevin, quella
stupida palla di pelo bianca, saltellava ed abbaiava come un
pazzo «...serve,
per...» eccola lì: vidi un'aquila appollaiata sul
ramo di
un albero con lo sguardo puntato direttamente sul cane «...ottenere
la fama che...ti serve...»
Non mi piaceva, non mi piaceva affatto la piega che stava prendendo la
situazione, tant'è che il mio discorso presentava troppe
pause
esitanti, visto che la mia attenzione era rivolta tanto al cane, quanto
all'aquila. Quest'ultima, di fatto, spiccò il volo,
iniziando a
girare in tondo tanto sulla mia testa, quanto su quella del piccolo
cane Kevin.
«...A
farti conoscere, perché le tue parole...mi
hanno...» e in
un attimo vidi l'aquila scendere in picchiata con le zampe ben
dilatate, pronte ad acciuffare il piccolo Kevin. E lo fecero.
«..DAMMI
QUEL CANE!!!!» gridai, mentre dall'altra parte Tom mi faceva
miliardi di domande, ma non avevo tempo di rispondere «Tom!
Tom devi darmi un po' di tempo!» no, ero io quello che stava
chiedendo del tempo e che nel frattempo correva come un pazzo per
inseguire quella dannatissima aquila, che stringeva il cane di
Elizabeth, la mia futura suocera.
«DAMMI
QUEL MALEDETTO CANE! IO, IO.....!!!!» e non so come o
perché ma in un impeto di pura rabbia e frustrazione, gli
lanciai contro il mio cellulare.
Non la presi in pieno, ma feci in modo che l'aquila perse la presa
necessaria a portare via il cane, che di rimando volò
giù
da diversi metri di altezza. Fortuna vuole che lo raggiunsi con uno
scatto, afferrandolo al volo e tenendolo in braccio con una mano.
Avevo il fiato corto. Non potevo sottopormi a situazioni simili di
mattina, dopo un viaggio durato ore, una notte..o giorno in bianco e
con la voglia di fare l'amore con Selene.
Finalmente lo hai
ammesso...
Zitta tu! Dannata voce interiore!
Sospirai,
cercando di recuperare il fiato mentre riuscì a trovare
anche il
telefono. Fortunatamente non si fece nemmeno un graffio, il terriccio
con l'erba un po' umida, aveva attutito il colpo.
«Oh, ehy! Scusami, Tom! Scusami mi era caduto il tele...fono.»
esitai nuovamente perché sentii ancora l'urlo di quella
dannatissima aquila, che stava virando nel cielo, decisa a non
lasciarsi sfuggire il cagnolino, che evidentemente aveva deciso che
doveva essere la sua colazione.
Iniziai così a muovermi con passo spedito lungo l'immenso
prato,
accorgendomi fin troppo tardi di quanto mi fossi visibilmente allonato
dalla casa: in un braccio sorreggevo il cane, nell'altra il telefono
«Comunque
dicevo che...dovresti farla questa conferenza...per...» la
sentivo, dannazione quell'uccello era troppo veloce e anche mettendomi
a correre mi avrebbe ben presto raggiunto ma non potevo e non dovevo
lasciargli il cane «...farti...conoscere
e..e..» e in un gesto del tutto istintivo, andai a ripararmi
la
testa con un braccio, lo stesso la cui mano stringeva il telefono «NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!»
esclamai, nell'estatto istante in cui mollai la presa dello smartphone,
così che l'aquila potesse acciuffarlo con i suoi artigli e
volare via.
E io rimanevo lì con quel cane in braccio, che guardai
svariate
volte e lo afferrai con entrambe le mani, sollevandolo esattamente come
Rafiki sollevò Simba nel giorno in cui nacque
«No!
No! Vieni qui! Prendi lui!!!» gridai all'aquila, iniziando ad
inseguirla nella vana speranza che lasciasse il telefono, per prendere
il cane.
Dannazione!
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Capitolo 12 *** Capitolo Dodici ***
Capitolo XII
Capitolo XII
~Selene
Dopo quel...piacevole risveglio con Colin, decisi di
restare
ancora per qualche minuto sotto le coperte, a rimuginare su quanto
successo. Non che ci fosse poi molto da dire, è stato un
bacio,
un bel bacio, che sicuramente sarebbe sfociato in qualcosa di
più se lui non si fosse fermato.
Sospirai pesantemente, decidendo così di scendere per fare
colazione e di schiarirmi le idee con l'aria fresca e mattutina
dell'Alaska, ovviamente prima mi rivestii, optando per una semplice
tuta un po' pesantina. Stavo giusto facendo scorrere la zip della felpa
mentre scendevo gli ultimi gradini, prima di incrociare con lo sguardo
le figure di mia nonna e mia madre, intente a guardare qualcosa fuori
dalla porta-finestra della veranda, ridacchiando divertite.
«Ma
guardalo...» bisbigliò mia madre, abbandonandosi
ad una risata più forte e divertita
«E'
carino, vero?» chiese di rimando mia nonna, seguendo la sua
risata.
«Tanto...»
confermò mia madre.
Io invece aggrottai la fronte ed infilate le mani nelle tasche della
felpa, mi avvicinai a loro:
«Buongiorno...»
mormorai, guardandomi per un attimo attorno «..Avete
vist-...?»
ma nell'attimo in cui anche io osservai fuori dalla finestra, vidi
Colin intento a correre come un pazzo nel giardino, tenendo sollevato
il piccolo Kevin con entrambe le mani. «...Ahn.»
questo fu il mio unico commento alla scena.
«Hai
visto? Sta giocando con Kevin! Sembrava che non gli piacesse.»
Infatti dubito
fortemente che gli piaccia, mamma. C'è qualcosa di strano
sotto. Lo so.
«Andresti
a chiamarlo, Sel?» mi chiese la nonna «Abbiamo
un programmino per lui...Deve andare a prepararsi!»
squittì in maniera alquanto eccitata
«Sì,
digli che abbiamo una bella sorpresa per lui.»
Il che era tutto dire. Ovviamente le idee di mia madre e di mia nonna
non erano mai un buon segno, ma non replicai e così decisi
di
uscire all'esterno e di incamminarmi con passo tranquillo verso Colin,
che continuava a correre a destra e a manca con il cane in mano. Aveva
anche il fiatone.
«Senti...Ridammi
il telefono, dai!» lo sentii dire, ansimante e spossato «Forza!
Forza! Forza! Vieni qui! Vieni qui! Vieni qui!»
Roteai gli occhi al cielo e scossi lentamente il capo mentre ormai gli
ero praticamente vicina
«Che
stai facendo?» borbottai in un tono di voce del tutto atono,
portandolo fortunatamente ad interrompere quella patetica scenetta e a
voltarsi verso di me
«Oh
mio Dio!» esclamò quasi sollevato, deglutendo e
riprendendo un po' di fiato «Tua
nonna aveva ragione! E' arrivata l'aquila e ha afferrato il cane. Ma
poi l'ho salvato.» puntualizzò, mostrandomi il
piccolo
Kevin, che tra le sue grosse mani, scodinzolava felice. Non so
perché ma il pensiero delle sue mani avvinghiate attorno al
mio
corpo, tornò in un lampo improvviso e...piacevole. «E'
tornata. Mi ha preso il telefono.»
«Hai
bevuto?» gli domandai, portandomi così davanti a
lui e
guardandolo. Non sapevo se essere perplessa, confusa o impietosita.
«Che..?
No!» esclamò quasi offeso «Sul
serio! Ha preso il telefono mentre stavo parlando con Tom!»
«Calma.
Rilassati. Ordineremo un altro telefono e una sim con lo stesso numero.
Andiamo in città a breve, ok?» niente di
più
semplice, insomma.
Colin sospirò: «Davvero..?»
«Sì.»
«Oh...Ok...»
mormorò, rilassandosi visibilmente ed accorgendosi solamente
adesso, quasi, di avere ancora in braccio Kevin. Aggrottò la
fronte «E
tu: vai dentro.» borbottò, adagiando con una
strana
delicatezza l'animale, che trotterellando e scodinzolando, raggiunse
nuovamente la veranda di casa.
«Ti
devi preparare.» gli dissi, lasciando scivolare una mano
dalla
tasca della felpa, così da sistemarmi i capelli un po'
spettinati
«Perché...?»
mi chiese in maniera piuttosto guardinga, assottigliando quel paio di
occhi grigi sul mio viso, come a voler scorgere qualche informazione
dalle mie possibili espressioni facciali
«Per
uscire con la mamma e...gli altri.»
«Io
non voglio uscire...»
«Shopping,
tour della città e una sorpresa.» lo incalzai
velocemente.
Non avevo voglia di stare lì troppo a discutere sulla
questione,
anche perché sarebbe stato inevitabile.
«Io
odio lo shopping.»
Cazzata
«Ti
piacerà, vedrai. Ci vai.»
«No,
non voglio andarci!»
borbottò contrariato, iniziando ad agitarsi mentre io restai
assolutamente tranquilla. Tant'è che iniziai a sorridergli
anche
dolcemente mentre lui mi rivolse una sguardo del tutto confuso
«Ci
vai.»
«No.»
«Ci
vai.»
«Non
ci vado.»
«Abbracciami.»
cambiai argomento, all'improvviso.
«Cosa...?»
lo sapevo che non era tipo da abbracci e lo ammetto: un po' l'ho fatto
apposta ma mia nonna e mia madre ci stavano guardando,
tant'è che
glielo feci notare con un cenno della testa. Qualcosa che Colin
captò perfettamente, visto che poco dopo andò a
guardarle, per poi tornare su di me
«Coraggio:
abbracciami o penseranno che stiamo litigando. Avanti...»
«No,
non voglio...» ma ormai era tardi, visto che avevo
già
sfilato le mie mani dalle tasche della felpa, allungandole verso le sue
«Coraggio...Abbracciami...»
lo incoraggiai, in un tono di voce visibilmente ironico, sebbene
percepivo della forte esitazione in lui, tramite una leggera resistenza
e la volontà di allontanare il più possibile le
mani
dalle mie.
«No.
No, Sel. HHHHHNGG-...» ma dopo un po', cedette e con un
leggero
strattone lo avvicinai a me, così da potergli stringere i
fianchi
«Abbracciami...Abbracciami...Così...»
continuai a prenderlo in giro mentre mi avvicinai di un ulteriore passo
così da poter appoggiare la mia guancia contro il suo petto
e
stringerlo ancora di più. Dire che era rigido come un palo,
era
dire poco. A stento lo sentivo respirare ma poco dopo anche lui
andò ad appoggiare le mani sui miei fianchi, senza smuoverle
da
lì. Era come se avesse paura, il che è strano,
conoscendo il genere...O forse non lo conoscevo affatto. Forse
conoscevo solo
una parte di lui, quella che mostrava a tutti. Che quella sensazione,
anche se un po' negativa, fosse il vero
lui?
«Ecco,
qui. Bravo. Che bello, mmh?» sì, la cosa mi
divertiva parecchio e no: non mi sentivo minimamente in colpa.
Colin ovviamente non rispose, limitandosi semplicemente a restare fermo
e rigido mentre io iniziai ad accarezzargli lentamente la schiena.
Tuttavia la situazione cambiò, quando le sue mani si
spostarono
dai miei fianchi alle mie...natiche.
Sussultai appena mentre sentii quelle sue mani così grandi
accarezzare e stringere con una leggera nota di possessione il mio
sedere. Sollevai di scatto il capo dal suo busto, fulminandolo con lo
sguardo:
«Che
stai facendo?»
«Non
si vede? Ti abbraccio...» no, non mi piaceva affatto quel
mezzo ghignetto furbo che mi stava rivolgendo. Proprio no.
«Quello
è il mio sedere.»
«Lo
so.»
«Toglile.»
«Proprio
adesso che mi stavo divertendo? Non se ne parla...»
sbuffò
un altro mezzo sorrisetto, prima di sollevare una delle due mani verso
il mio viso, così da donarmi una carezza sulla guancia.
Gesti
calcolati e pensati per continuare quella sceneggiata davanti a mia
nonna e a mia madre ma c'era qualcosa di strano nei suoi occhi, una
luce che non gli avevo mai visto prima. «...Sarebbe
troppo scontato se...ti baciassi?»
No, non sarebbe
scontato. Assolutamente. Anzi: Fallo!
«Sì.»
Stupida!
«Bugiarda.»
sbuffò un altro sorriso mentre vidi la sua fronte
aggrottarsi.
Lo faceva sempre quando stava rimuginando troppo su qualcosa «Selene,
riguardo a quello successo prima...»
«Tu
prova a toccarmi di nuovo il sedere, Colin e ti strappo le palle
durante la notte, chiaro?» ovviamente sapevo benissimo che
non
stava alludendo a quel preciso istante, ma non volevo in alcun modo
riportare a galla il bacio e quella situazione un po'...calda che
avevamo vissuto quella mattina. Non ci volevo pensare e non ne volevo
affatto parlare.
Di fatto il mio capo strabuzzò gli occhi e mantenne la
fronte aggrottata «Ah.
Ok...» commentò con pochissima convinzione nella
voce
mentre decisi a malincuore di staccarmi da lui; e stavolta fui io a
donargli una leggera carezza sul viso.
«Bravo
il mio fidanzatino...» gli diedi qualche pacchetta sulla
guancia,
anche se i miei occhi guardarono con una certa insistenza le sue
labbra. Possibile che mi facesse provare davvero questo desiderio?
Insomma ho lavorato insieme a lui per sette anni e adesso...
«Ora vai a vestirti, su.»
«Sì...Ok...»
e ancora con lo sguardo un po' confuso, si mosse verso casa; io al
contrario decisi di concedermi ancora qualche minuto per passeggiare,
dirigendomi verso il molo.
Fu lì che trovai mio padre intento a giocare a golf,
lanciando
direttamente le palline nel laghetto di fronte a casa nostra. E sapevo
che non era lì "per caso".
«Volevi
vedermi?» gli domandai in un tono di voce del tutto
distaccato,
riportando entrambe le mani all'interno delle tasche della felpa ed
occhieggiando di tanto in tanto lui e le palline che colpiva.
«Tua
madre ha scoperto queste...palline ecologiche. Si sciolgono
nell'acqua» Sul serio? Voleva seriamente parlare di questo?
Annuii, finamente interessata, osservando il modo in cui si mise in
posizione insieme al bastone da golf, per poi andare a colpire la
pallina
«Mi
domando dove trovi certa roba...» borbottò,
concedendosi
un profondo respiro, prima di andare a risistemare un'altra pallina
-senza guardarmi- ed intavolare così quello che era il vero
discorso.
«Ad
ogni modo è...» esitò per un breve
istante,
fingendo che quella pausa fosse dovuta ad una sorta di concentrazione
per colpire e mandare direttamente in buca la pallina su una piccola
isoletta artificiale, posta a qualche metro di distanza da noi «...Un
pochino arrabbiata. A quanto pare non sono stato molto accogliente ieri
sera. E' stato un po' uno shock scoprire che stai per sposarti, specie
perché non sapevamo che avessi un ragazzo...»
Non mi piaceva la piega di tutto quel discorso. Mio padre era sin
troppo orgoglioso per cedere così, su semplice richiesta di
mia
madre. Sapevo bene di avergli lanciato un guanto di sfida non
indifferente, iniziando già con la mia decisione di lasciare
tutto e di trasferirmi a New York. Da sola. Per trovare la mia strada.
Mi limitai così ad ascoltarlo, senza interromperlo, annuendo
di
quando in quando, giusto per fargli capire che lo stavo ascoltando, a
modo mio.
«Comunque
sia...» riprese, deglutendo a vuoto ed allungando la mano
destra
in mia direzione. Un gesto che mi lasciò...di stucco. Si
stava
forse scusando?? «...Volevo
farti le mie scuse.» si stava scusando, esatto. Non potevo
crederci. Mio padre non si scusa MAI.
Aggrottai la fronte e guardai per qualche secondo in più
quella
mano, che rimase un po' a mezz'aria, prima di andare a stringergliela
di rimando
«Accettate.»
dissi semplicemente, non proprio convinta in realtà ma
comunque
lo lasciai andare, spostandomi verso il borsone che conteneva diversi
bastoni da golf. Ne osservai qualcuno e ne presi uno a caso, giusto per
non restare troppo "ferma"
«C'è
un'altra cosa...» aggiunse mentre continuava a
giocare «...Penso
spesso al giorno in cui lascerò il lavoro. E mi preoccupa un
po'.» a me preoccupava di più questo discorso, ma
come al
solito non lo interruppi, lasciandolo parlare «Ho
fatto molte cose nella vita. Ho costruito un impero con tua madre dal
niente, praticamente. Non ha nessun valore...»
«...Se
non hai qualcuno a cui lasciarlo. Lo so. E' una vecchia
storia.»
conclusi io per lui e questo ovviamente lo fece inalberare e non poco
«Una
vecchia storia di cui voglio riparlare. Tu hai delle
responsabilità qui. Sono stato più che tollerante
a
lasciarti trastullare a New York ma adesso devi smetterla di perdere
tempo e torna-... »
«Ci
risiamo! Quand'è che prenderai il mio lavoro
seriamente?!?» sbottai. Non riuscivo più a
sopportare le
sue lamentele e il suo rancore. Erano le mie scelte e nonostante mi
fossi sempre lamentata di Colin e del suo carattere, lavorare per lui
mi ha aperto gli occhi. E' stata una fonte di ispirazione, sia per le
mie capacità come futura Redettrice che come donna paziente,
perché ammettiamolo: Colin E' un tipo difficile e se gli vai
a
genio, potevi riuscire davvero a fare qualsiasi cosa. Qualsiasi.
E' stato difficile? Certamente. Ho dovuto lavorare duramente? E' ovvio.
Ma da quello che so, niente è scontato nella vita. Se vuoi
ottenere qualcosa, bisogna essere pronti a fare dei sacrifici; io ne
avevo fatti e ne sto facendo parecchi, ma non avevo alcuna
intenzione di mollare. Non adesso.
«Quando
comincerai a comportarti seriamente.»
«Mi
dispiace.» gli risposi in un tono di voce amareggiato,
guardandolo negli occhi «Mi
dispiace per te, papà. Vorrei che avessi una figlia diversa.
Una
che desiderasse stare qui, che rilevasse l'azienda di famiglia, che
sposasse qualcuno che approvi. Ma quella non sono io.» scossi
lentamente il capo «A
te sembrerà strano: la mia vita a New York, seduta in un
ufficio a leggere libri.» sì, in effetti descritto
così il mio lavoro era un po'...triste e credo di essere
stata
la prima ad aggrottare la fronte in maniera confusa. Non mi scoraggiai,
tuttavia, e proseguii «Io
invece sono felice, capisci?»
Non ottenni risposta, non subito almeno; tant'è che mio
padre si
concesse un breve istante di pausa per metabolizzare quelle mie parole,
quella mia presa di posizione.
«Se
è veramente questa la tua felicità, io non ho
nulla da dire.»
«Beh,
è la prima volta.» commentai atona, buttando a
terra il
bastone da golf che avevo preso. Ero nauseata da tutto quanto e
soprattutto dal finto vittimismo di mio padre. «Sai
che c'è? Non accetto le tue scuse. Divertiti.»
conclusi in
un tono di voce alquanto secco, allontanandomi da lui con passo
spedito, senza guardarmi più indietro.
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Capitolo 13 *** Capitolo Tredici ***
Capitolo XIII
Capitolo XIII
~Colin
"Ti divertirai", dicevano.
"E' un bellissimo posto", dicevano.
Niente di più SBAGLIATO. Una bettola! Ecco il luogo in cui
Grace
ed Elisabeth mi hanno portato. Una squallida, puzzolente e piccola
bettola, che loro osano definire il "miglior bar della
città". Ma
per favore!
«Adora
questo posto!» disse Elisabeth entusiasta nel tono di voce
mentre
io non potei fare a meno se non assorbirmi quella patetica
conversazione, rivolgendo anche lievi sorrisetti tirati. Quel posto era
talmente "In", che il cellulare non riusciva nemmeno a prendere. Una
bellezza, insomma.
«Non
si riesce a lasciarla a casa! Deve venire a tutti i costi,
assolutamente!» continuò la mia futura suocera,
parlando
di...boh, qualcuno. Non mi interessai poi più di tanto,
speravo
almeno che Dreng, l'ex di Selene presente a sua volta al nostro stesso
tavolo, riuscisse in qualche maniera a coinvolgermi, a trascinarmi
fuori da quest'orribile situazione in cui io stesso mi ero cacciato;
invece lui se la rideva tranquillamente e parlava del più e
del
meno con Elisabeth e Grace, lasciandomi da solo al mio triste destino.
Eppure più lo guardavo e più mi domandavo
perché
girasse ancora intorno alla famiglia di Selene, nonostante la loro
storia fosse finita.
Che c'è, Col?
Stai forse diventando geloso?
Geloso? Io? Di quello? Per favore!
No, assolutamente. Non provavo nulla per quel tipo e fortunatamente
furono le risate del tavolo a distogliermi da questi strani pensieri,
insieme alla stessa Elisabeth, che voltò lo sguardo verso di
me.
Era una bella donna e in un certo senso riuscivo a capire da chi
Selene avesse preso la sua bellezza.
«Io
spero che tu sia pronto per la sopresa, Colin!» mi disse,
ricercando anche lo sguardo dei presenti al nostro tavolo «Questo
è uno dei tesori...più preziosi di
Sitka.Vero?»
Non so perché ma l'esitazione nella voce della donna, mi
fece
rabbrividire lungo la schiena e qualcosa mi disse che dovevo aspettarmi
esattamente il contrario di ciò che la mia futura suocera mi
aveva appena raccontato. Anche perché non mi
sfuggì
affatto quel sorrisetto divertito di Dreng, che soffocò
dietro
ad un "casuale" sorso di birra...
«Te
ne renderai conto subito!» esclamò la nonna,
ammiccandomi
in maniera complice; giusto un attimo prima che le luci del locale si
affievolissero.
«Ci
siamo! Sta per arrivare la grande sorpresa! Sei pronto?» no,
per nulla.
«Aspetta
di vedere e capirai!» squittì nuovamente la nonna,
prima
che un faretto illuminò un punto del palcoscenico in cui era
presente una sedia. Fino a qui, nulla di strano ma era il silenzio di
attesa tutto attorno a rendermi irrequieto. Non mi piaceva. Non mi
piaceva per niente.
Dal silenzio iniziarono a partire dei fischi di incoraggiamento mentre
le note di Relax
dei Frankie Goes to
Hollywood iniziavano a farsi
strada nelle casse del locale.
«Vedrai
Colin! Ti piacerà da impazzire!!!!» non capivo il
perché ma la nonnina era completamente andata e ad una
giusta
occhiata mi accorsi che nel locale c'erano solamente...uomini.
Aggrottai visibilmente la fronte mentre percepii una mano sulla mia
spalla e nel voltarmi vidi Elisabeth in piedi: «Accompagno
Grace al bagno. Tu goditi lo spettacolo!» mi disse,
allontanandosi poco dopo con Grace, lasciandomi praticamente da solo e
in compagnia di Dreng. Che situazione imbarazzante.
Avevo bisogno di bere e fortunatamente la birra era proprio
lì,
davanti a me, anche se era ovvio che necessitavo di qualcosa di
più forte ma...la vera batosta arrivò nell'esatto
istante
in cui, dal palco, sbucò fuori una...donna.
Ma sicuro che sia una
donna?
No, non ero affatto sicuro.
Eppure non appena gli altri uomini la videro, un boato di ovazioni e
fischi esplose attorno a me, come se davanti a loro fosse comparsa una
bellissima modella famosa.
Era vestita con abiti succinti, troppo stretti per il suo corpo
formoso. Troppo formoso. Anzi non aveva proprio una forma era un
agglomerato di...di...carne flaccida. E a giudicare dal modo in cui
Dreng avvicinò la sedia a me, capii che forse avevo
esagerato ad
esprimere il mio disgusto per la scena.
«Ramona
è l'unica ballerina esotica dell'isola.»
Ci credo: si
è mangiata tutte le altre...
«Ah,
capisco...»
soffocai il tutto dietro ad un lungo sorso di birra. No, non potevo
resistere. Non riuscivo. Era troppo da sopportare e poi le mosse che
faceva non si potevano nemmeno definire dei passi di una qualche danza,
e ogni volta che si sedeva su quella sedia, temevo davvero che si
frantumasse sotto il suo peso. Stavo male per una sedia. Ecco il
livello che avevo raggiunto in quella giornata.
«Ehy,
Ramona!» esclamò Dreng, estraendo così
il portafoglio e sventolando qualche banconota «Ramona!
Vieni qui!»
COSA?!?
Sgranai gli occhi mentre vidi quel donnone avvicinarsi, notando come
davvero la gente infilasse dei soldi nell'orlo di quei pantaloni
striminziti di pelle che indossava e che a stento la facevano camminare
decentemente. Sembrava un salame appena insaccato. Un polpettone. Un
grosso prosciutto da appendere.
Ma nonostante facesse davvero fatica a muoversi, riuscì a
raggiungere Dreng e a farsi infilare quelle banconote tra l'orlo dei
pantaloni e del suo...grasso, che vedevo ondeggiare ad ogni tentativo
della donna di emulare delle pose sexy e ammiccanti. Credo che per ogni
tentativo di Ramona di apparire sexy, una modella, nel mondo, moriva di
atroci agonie.
E mentre il mio cervello elaborava tutte queste teorie, ecco che i miei
occhi intercettarono i suoi...l'errore peggiore della mia vita. Mi
schioccò un sorrisetto malizioso che non aveva nulla di
rassicurante, affatto
«Vieni
aquì mio principe sexy!»
Oh, no. Oh no, no, no, no....
Scossi il capo mentre iniziai a ridacchiare nervosamente e a cercare un
aiuto da parte di Dreng che assisteva alla scena, ridendo.
Ammettilo fottuto bastardo, che la cosa ti piace. Intanto sono io
quello che si sposerà Selene, non tu.
Ah, quindi sei gelo-...Zitta
tu, voce interiore!
«No, no, no. Non è necessario.
La ringrazio del bel gesto ma io preferisco...stare qui.»
«Su
dai! Vieni a ballare!»
«Avanti,
Col! Vai!» esclamò Dreng, dandomi anche una
generosa pacca
sulla spalla, che mi fece appena sbilanciare in avanti ed atterrare tra
le curve esageratamente generose di Ramona. Di certo a lei non
dispiaceva, io al contrario stavo per...come dire...soffocare.
Recuperai comunque tutto il mio autocontrollo e alla fine
seguì
Ramona, che ciondolante e barcollante mi condusse sul palcoscenico
«Sottoponiamoci
a questa tortura...» brontolai, giusto qualche attimo prima
che
il donnone mi desse una bella pacca sulle chiappe, per poi farmi
letteralmente sedere su quella sedia posta sul palco.
«BALLA PER LUI, RAMONA!»
«SI! FAGLI VEDERE COME SI FA!»
Ed ovviamente la donna non se lo fece ripetere due volte,
tant'è
che iniziò a sculettare davanti alla mia faccia e a
strusciarsi
mentre io rimasi pietrificato ed inorridito
«SCULACCIALA!»
gridò qualcuno
«...Che?»
«DALLE
UNA SCULACCIATA! AVANTI!»
E nel vedere Ramona porgermi quel grandissimo, enorme posteriore che si
ritrovava, insieme ad un sorriso che cercava di essere accattivante ma
che al contrario faceva venire i brividi, deglutii e sorrisi in preda
al panico
Sai anche tu che devi
farlo.
Lo so.
Allora FALLO! Fallo e
potrai uscire da qui.
«Se
lo faccio mi lasci andare?» chiesi a Ramona, giusto per
sicurezza, intercettando quel suo annuire e sculettare a tempo di
musica. Mi concessi così un profondo respro dalle narici
mentre
alzai lentamente la mano destra a mezz'aria e dopo aver chiuso gli
occhi, le diedi giusto un colpetto su quella sua natica grassoccia, che
tremò visibilmente.
«Va
bene. Ok. Grazie. Io esco.» e come un fulmine scesi dal palco
e
mi diressi alla velocità della luce verso l'uscita del
locale.
Era bello, anzi dannatamente bello poter respirare quell'aria fredda e
pungente dell'Alaska. Un vero tocca sana dopo tutto quello che era
appena successo. Aggrottai la fronte ed osservai la mano con cui avevo
appena dato quel leggero schiaffetto al fondoschiena di Ramona,
sfregando le dita contro il palmo ed accorgendomi con
qualche secondo di ritardo che era unta. Se di sudore o di qualche
altra strana sostanza, non volevo di certo saperlo.
Lasciai correre, avvicinandomi così ad una balaustra di
legno di
quella veranda del locale, che dava direttamente sul lago. Poco dopo
venni raggiunto anche da Dreng. Di nuovo.
«Ehy!
Sei qui! Va tutto bene?»
Che faccia tosta.
«Oh,
bene. Bene...» borbottai, tirando appena su con il naso ed
osservando un po' lui e un po' il lago davanti a noi «Cerco
di migliorare l'abbronzatura.»
una battuta squallida, lo ammetto; ma è stata la prima cosa
che mi passò per la testa.
L'uomo ridacchiò: «Già...I
Blane possono risultare ingombranti, a volte»
«Già...»
confermai. Aveva ragione, insomma e stranamente la cosa mi fece
ridacchiare.
«E'
un po' diverso da New York, eh?»
«Sì,
un po'. Un po'...» breve pausa «Ci
sei mai stato?»
Davanti
a quella domanda, Dreng sbuffò e si abbandonò ad
una
risatina ironica «Oh, no! No, era il sogno di Selene, non il
mio.»
«Era
una storia seria, eh?» non so che cosa mi spinse a porgergli
quella domanda, ma non ci fu astio, collera o gelosia nel modo in cui
glielo chiesi. Per una volta ero sinceramente interessato alla
risposta. Per una volta ero interessato a conoscere meglio qualcuno, e
quel qualcuno era Selene.
Dreng si concesse un profondo respiro dalle narici e dal modo in cui
esitò inizialmente a rispondere, capii di aver azzeccato
quella
che era la risposta
«Ci
siamo messi insieme al liceo ed è continuata al college
ma...» fece spallucce «...eravamo
ragazzi.» mi rivolse un lieve sorriso: un misto tra
l'amarezza e la malinconia
«E...avete
deciso di lasciarvi perché...?» va bene, lo
ammetto:
questa domanda me l'ero preparata, visto il brutto scherzo di prima con
Ramona.
«Beh,
ergh...» vidi un'evidente esitazione nella sua espressione,
insieme ad una sorta di imbarazzo ma questo non lo fermò «...La
sera prima che ci laureassimo lei...mi chiese di sposarla e mi disse
che sarebbe voluta scappare a New York con me...»
Strabuzzai gli occhi e li sgranai davanti a quella confessione: Selene
che, in barba ad ogni cliché che si rispetti, chiede la mano
di
un uomo e gli propone di scappare via con lei. E' qualcosa di
così...inaspettato, ma al tempo stesso è
decisamente un
comportamento da Selene. Non è mai stata una donna ordinaria
ed
è stato anche per questo motivo che ho deciso di assumerla
come
mia assistente. Da quando continuò ad aspettarmi giorno e
notte
fuori dagli uffici della Casa Editrice, in attesa che non la scartassi
come già avevo fatto: per due volte. Fu la sua tenacia e la
sua
testardaggine a colpirmi quel giorno...E anche i giorni successivi.
«Wow...»
«Già:
"wow". Sapevo che Selene non era come le altre e...questo mi
spaventava.» confessò nuovamente, portandomi ad
aggrottare
la fronte in maniera istintiva mentre andai ad appoggiare gli
avambracci su quella spessa balaustra di legno, sporgendomi leggermente
in avanti e ruotando il capo in sua direzione, così da
poterlo
ascoltare.
Sbuffai appena dalle labbra ed annuii, concordando in pieno con lui «Sì,
Selene è brava in questo: a far crollare le convinzioni
delle persone, quelle sbagliate ovviamente.»
come le mie. Come il fatto che continuavo a pensare a lei, nonostante
non ce ne fosse motivo. O forse si era creato, proprio con tutta questa
storia del matrimonio.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici, che sbuffai lentamente
dalle stesse, continuando: «Quindi
le hai detto di no.»
«E
quindi le ho detto di no» confermò Dreng «Non
sono mai andato da nessuna parte, questa è casa
mia.» sospirò, concedendosi una breve
pausa «Ma...comunque...Sei
un uomo fortunato. Selene è una donna meravigliosa, cosa che
già saprai»
Serrai delicatamente le labbra tra loro e in maniera del tutto
istintiva mi ritrovai ad annuire. Ero davvero un uomo fortunato.
Nessun'altra donna avrebbe osato così tanto. Nessun'altra
avrebbe rischiato tutto per...una semplice promozione, più
che
meritata tra l'altro, anche se fino a quel momento non ho mai avuto il
coraggio di dirlo.
«Sì,
sì. E' meravigliosa davvero.»
«Beh,
allora...Vi auguro il meglio insieme, ragazzi.»
«Grazie.»
aggiunsi appena, rivolgendogli un lieve sorriso mentre sentii una
specie di forte fitta alla stomaco. Non riuscivo a capire se era per un
qualche senso di colpa, di rimorso, paura o un mix di tutte queste
emozioni. L'unica cosa che sapevo era che tutte le mie convinzioni
stavano vacillando. Ero davvero pronto? Non per me, ma per Selene. Ero
davvero così menefreghista da disinteressarmi di
ciò che
sarebbe successo se ci avessero scoperto? Se avessero scoperto questa
nostra...truffa? Infondo io sarei solamente stato cacciato dal Paese a
vita ma lei...lei rischiava di più tra i due, potevo davvero
permetterlo?
Dopo altri minuti interminabili, in cui mi costrinsero di nuovo ad
osservare Ramona ballerina, finalmente fu il momento di tornare a casa.
Stavo attraversando il molo con Elisabeth e Grace, che come al solito
chiacchieravano e ridevano tra loro.
«Hai
visto che numero?»
«Ohhh,
è stato...»
«Spregiudicato!
Insomma..» Elisabeth ridacchiò senza trovare
inizialmente le parole «...E'
stato divertente!» per loro due, sicuramente; per me
decisamente meno.
«Oh
no...» mormorò infine la mia futura suocera, non
appena i
suoi occhi intercettarono la figura di Selene, intenta a spaccare la
legna con una certa forza. A lei si aggiunse anche Grace ed entrambe
assunsero un'espressione preoccupata
«Selene!»
la richiamò ad alta voce ma Selene non si voltò «Selene,
tesoro! Va tutto bene?» ma la mia Assistente continuava
imperterrita a prendere ciocchi di legna e a spaccarli con
un'accetta
su un grosso ceppo, impiegando anche una certa forza. Era chiaro che si
stesse lettarlmente sfogando...
«Che...Che
cosa sta facendo?» chiesi, aggrottando appena la fronte e
riparandomi gli occhi con una mano, a causa di quel maledetto sole che
in quel periodo dell'anno non tramontava mai
«Oh,
eh...Sarà successo qualcosa...» mormorò
Grace, cercando un mio braccio «E'
meglio lasciarla da sola. Vieni, tesoro.» e con un leggero
strattone, mi invitò a proseguire e a muovermi in direzione
della casa, che raggiunsi sebbene continuai a guardare Selene fino a
quando non svanì completamente dalla mia vista.
Una volta entrato in casa, la situazione non migliorò, visto
che
prontamente Elisabeth si mosse verso il salotto in cui era presente
Bob, intento a guardare la televisione, comodamente seduto su un divano
di pelle insieme a Kevin, il cagnolino. La donna afferrò il
telecomando e dopo aver spento la tv si piazzò proprio
davanti a
lui
«Ehy,
ehy, ehy! Che stai facendo?»
«Perché
Selene è tutta impegnata là fuori a spaccare
legna?»
«Forse
vuole fare scorta per l'inverno...» ahia, non avevo molta
simpatia per quell'uomo ma ammettiamolo: quella non era esattamente la
risposta più corretta da dare. Tuttavia decisi che non era
il caso di fare il terzo in comodo: «Emh..Io
sono un po' stanco.Vado di sopra a fare una doccia per togliermi di
dosso il grasso...dell'olio di Ramona.» salvato in corner,
Colin.
«Certo.»
mi disse Elisabeth, sforzandosi di sorridere, sebbene compresi che la
situazione era alquanto tesa.
«E'
stata una bella giornata, comunque. Grazie.» aggiunsi del
tutto
sincero, rivolgendo un sorriso morbido alla donna ed un cenno del capo
in direzione di Bob, che nel frattempo fece scendere il cane dal
divano. Io al contrario mi mossi in direzione delle scale ma con una
certa lentezza, perché infondo ero incuriosito dai motivi di
quella discussione
«Che
cosa le hai fatto?» riprese Elisabeth, inviperita
«Non
le ho fatto niente. Insomma...» Bob esitò «...Abbiamo
solo parlato con franchezza dei suoi progetti futuri..»
«Tsk,
come no! Ma che bella idea! Che bella idea, Bob!» riprese
ironicamente e sarcasticamente la donna «Così
non metterà più piede in questa casa! Selene
è mia
figlia. E io riesco a vederla soltanto una volta all'anno se va bene, e
questo per colpa tua!
Solo per colpa tua!»
Bau!
Sussultai per la sopresa non appena Kevin mi raggiunse al
limitare delle scale, dove ancora potevo sentire i discorsi di
Elisabeth e Bob. In un primo momento lo ignorai
«Mi
sono stancata, Bob!»
Bau!Bau!Bau!
«Shhhhhh!»
sibilai in un tono di voce basso, così da non farmi sentire
dai due, continuando ad origliare
«...Quindi
vedi appoggiare questo matrimonio con Colin»
Bau!Bau!Bau!
«Shhhhhh,
zitto...!»
Bau!
Bau!
«...E non discutiamone più.»
E io decisi di non ascoltare più, visto che la piccola palla
di pelo bianca aveva deciso di farmi da spia.
«Dovevo
lasciarti in pasto all'aquila...» borbottai, salendo le scale
a
due a due così da poter raggiungere la camera e farmi
filamente
una bella doccia rilassante. Seguito da Kevin, purtroppo.
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Capitolo 14 *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo XIV
Capitolo XIV
~Selene
Non
potevo crederci. Di nuovo! Era sempre la solita storia con mio padre.
Per un attimo ho creduto davvero di aver ricevuto le sue scuse. Per un
attimo ho pensato che mi avesse accettato per com'ero davvero. Io non
facevo parte di quella vita che lui voleva e speravo che dopo anni
l'avesse capito. Mi sbagliavo.
Avevo bisogno di sfogarmi e dopo aver recuperato il mio I-pod da una
delle tasche della felpa, iniziai a spaccare legna per...scaricare la
tensione. Non so dire quanto tempo passai fuori a spaccare quei ciocchi
ma a giudicare dal modo in cui mi ritrovai sudata dalla testa ai
piedi, capii che non dovevo aver speso meno di due o tre ore, senza
contare il fatto che i miei muscoli cominciavano a risentire parecchio
di tutto quello sforzo.
Continuavo ad ascoltare la musica ad un livello
abbastanza alto; non volevo che nessuno mi interrompesse o mi
disturbasse. Volevo isolarmi completamente, almeno per un po'. E
continuai a farlo anche quando decisi che forse era giunto il momento,
per me, di andare a farmi una doccia, approfittando del fatto che Colin
fosse ancora in giro con mia madre e mia nonna. O almeno
così
pensavo.
Raggiunsi così la camera che mia madre e mia nonna avevano
preparato per noi ed una volta entrata recuperai subito un asciugamano
dal mobile di legno scuro, per poi decidere di muovermi verso la
terrazza.
Avevo bisogno di aria, anche se avevo passato tutto il pomeriggio fuori
a spaccare legna. Avevo bisogno di aria, dei raggi di quel sole non
molto caldo e prossimo a tramontare che mi accarezzavano il viso. Diedi
anche uno sguardo veloce in giro, controllando che non ci fosse
nessuno, prima di andare a spogliarmi, completamente. L'unica cosa che
non andai a sfilare, furono le cuffie del mio Ipod, che ancora
mandavano a tutto volume nelle orecchie la playlist che avevo scelto.
Stavo bene. In quell'attimo in cui mi ritrovavo nuda come un verme,
stavo stramaledettamente bene. Non avevo pensieri, non avevo tensioni.
Mi sentivo libera. Ero talmente libera, che arrivai addirittura a non
pensare a ciò che era successo con mio padre.
E così, con lo sguardo rivolto verso quel bellissimo
paesaggio
che si mostrava davanti ai miei occhi e dalla veranda della camera da
letto, mi concessi un profondo respiro dalle narici, godendomi
quell'istante, quel momento in cui c'eravamo solamente io,
completamente nuda, e la Natura. Sembrava quasi un ritorno alle
origini: l'uomo e il Mondo.
Tuttavia, quando un leggero sbuffo di vento freddo mi fece accapponare
la pelle sporca e sudata, decisi di rientare all'interno, tenendo lo
sguardo puntato in direzione del mio I-pod. E fu lì che, per
qualche triste scherzo della Natura che avevo contemplato fino
a
pochi attimi prima, incrociai Colin.
In realtà gli caddi letteralmente tra le braccia: lui
bagnato
dalla testa ai piedi e con un semplice asciugamano a coprirgli la vita,
sembrava scappare da qualcosa. Io al contrario ero sporca, sudata
e...completamente nuda. Non so dire come o perché, alla fine
mi
ritrovai distesa a terra, sopra di lui in una bruttissima posizione
equivoca
«..Cos?! M-Ma che..?!»
mugugnò lui, aggrottando la fronte in maniera confusa,
tenendo
le mani bene alzate; come a voler far intendere che lui non c'entrava
niente.
«...»
non dissi nulla per un lungo istante, limitandomi a guardarlo con aria
anocra più confusa «...OMMIODDIO
MA SEI TUTTO BAGNATO!» tra le mille cose che potevo dire,
quella fu l'unica decente
«Perspicace, per una donna tutta nuda...»
commentò con un certo sarcasmo
«...Cosa
c'è qui? Ti sei portato il telefono in doccia?»
chiesi, aggrottando la fronte infastidita
«...»
per un lungo momento Colin rimase in silenzio, rivolgendomi uno sguardo
piuttosto eloquente «...Direi
proprio di no.»
«OMMIODDIO!!!»
esclamai, alzandomi e coprendomi con un braccio e una mano il seno e
con l'altra il mio "giardino" «NON
GUARDARMI! NON GUARDARMI!»
Colin
tuttavia continuava a guardarmi, confuso e dopo essersi risistemato
meglio l'asciugamano sulla vita, si alzò «...Come
faccio a
non guardarti?!? Devo cavarmi gli occhi?»
«Potrebbe
essere un'idea, sì!» confermai, restando in una
posizione
un po' piegata su me stessa, coprendo come potevo il mio corpo mentre
iniziai a saltellare verso il letto
«Perché sei tutta nuda, me lo spieghi?»
«SMETTILA
DI GUARDARMI!» esclamai, recuperando velocemente il lenzuolo
del letto, andando finalmente a coprirmi «..Tu,
piuttosto: potresti darmi una spiegazione!»
«Darti
una spiegazione?!?» mi fece eco Colin, visibilmente incredulo
«Sì,
dammi una spiegazione!» dissi decisamente turbata per
quell'istante «Perché
diavolo mi sei saltato addosso?»
«Cosa?!
Io non ti sono saltato addosso! Mi stavo facendo una doccia, prima che
quel tuo stupido cane decidesse di seguirmi! Correvo e..mi sono
scontrato con te!» mi rispose innervosito.
Aggrottai visibilmente la fronte, mostrandomi del tutto confusa «..Ma
che problemi hai con quel cane?» sospirai pesantemente
mostrandogli il palmo di una mano, come a volerlo intimare di non
rispondere mentre armata di lenzuolo, mi diressi verso la porta del
bagno «Lascia
stare. Vado a farmi una doccia.»
«Sì,
ecco. Brava. Vai.» sbottò lui
«Bel
tatuaggio, comunque.» commentai, andando ad aprire la porta
del bagno da cui uscì fuori Kevin, abbaiando.
«Visto?!
Visto?!? Eccolo là!» esclamò Colin,
puntando un
indice verso il cane, cosa che mi fece roteare gli occhi al cielo
«Ohhh...Beh,
in effetti ho rischiato un'orrenda morte! Hai notato la zanna assassina
della Bestia?» lo incalzai con evidente sarcasmo, mentre
entrai
in bagno
«Io
non...» non gli feci finire di terminare la frase, che
richiusi
con un tonfo sonoro la porta del bagno, decisa a non continuare oltre
questa stupida conversazione. Eppure una parte di me non poteva fare a
meno di pensare a quel corpo nudo e tutto sommato bene allenato, che
per un istante ebbi modo di toccare.
~Colin
Va
bene forse, e ripeto FORSE, avevo un po' esagerato a reagire in maniera
così esagerata con Kevin ma a tutto c'è una
spiegazione.
Dopo aver appena aperto la porta della camera, mi diressi con
tranquillità verso la doccia. Mi richiusi nel bagno, mi
spogliai
dei miei vestiti e finalmente mi gettai sotto quel getto d'acqua calda,
che levò via quell'orribile sensazione di unto dato
dall'olio di Ramona. Se ci ripenso, mi vengono ancora i brividi.
Tuttavia ero dannatamente sicuro di essere solo ma fu nell'istante in
cui allungai il braccio fuori dalla doccia che mi accorsi di lui:
quell'orribile palla di pelo bianca.
Bau!
Sussultai, colto visibilmente alla sprovvista «Argh! Ancora
tu? Possibile che non puoi lasciarmi in pace?»
borbottai, del tutto ignaro dell'arrivo di Selene. Sospirai e feci per
prendere l'asciugamano. che afferrò anche il cane,
iniziando così a ringhiare.
«Brutto
figlio di...Elisabeth!» mi auto-censurai mentre continuavo a
fare
quell'assurdo tira e molla con il cane. Era piccolo ma..«Ne
hai parecchia di forza.» commentai, guardandomi in giro ed
occhieggiando il phon appoggiato sul ripiano in marmo, vicino al
lavandino. E mentre con una mano tenevo l'asciugamano, con l'altra
acciuffai l'apparecchio, che accesi puntandolo così verso il
cane «...Vediamo
come te la cavi, adesso!» esclamai mentre il piccolo Kevin
iniziò a mollare pian pianino la presa dall'asciugamano, per
poi
lasciarlo del tutto «Ecco,
bravo cagnolino...»
commentai, risistemandomi l'asciugamano attorno alla vita,
prima di girare intorno all'animale così da
raggiungere la
porta.
A quel punto, visto e considerato che il cavo del phon non era
chilometrico, dovetti effettuare una scelta: perciò spensi
l'apparecchio, lo appoggiai sul cestino del panni sporchi e
dileguandomi a tutta velocità, chiusi il cane nel bagno e
poi...incrociai Selene.
Inutile dire che non aggiunsi più nient'altro dopo il breve
momento in cui eravamo nudi uno sopra all'altra anche se non nel modo
in cui speravo.
Quindi adesso speri
anche che succeda qualcosa?
Non lo so. Per una volta in vita mia non ho idea di che cosa
succederà. Anzi forse solo adesso mi rendo conto di quanto
sia
stato avventato a gettarmi in questa situazione e a gettarci dentro
anche
Selene. Pensavo di saper gestire tutto, infondo si trattava solamente
di
mettere una firma su un dannato pezzo di carta ma...questo week-end si
sta rilevando più impegnativo e più inaspettato
di quanto
potessi immaginare.
Come al solito, dopo essermi occupato di riaccendere il camino,
sistemai la coperta per terra e recuperai un cuscino, così
da
potermi concedere anche un po' di sonno. Selene aveva già
raggiunto il letto e la sentivo muoversi sotto al piumino e una parte
di me desiderava tremendamente essere lì accanto a lei, in
questo istante.
Mi concessi un profondo respiro dalle narici e, sapendo che non
dormiva, intavolai un discorso: «...Eri
tutta nuda.» lo so, è la cosa peggiore che potessi
dire,
per questo cercai di sfruttare un tono di voce ironico.
Selene si schiarì appena la voce
«Potremmo evitare di parlarne, per favore?»
mi domandò gentilmente, portandomi tuttavia a scrollare le
spalle
«Però
è vero...» borbottai, sbuffando un leggero sorriso
divertito, prima di tornare serio:
«Qual
è...» esordii, cercando le parole più
adatte «...Il
problema tra te e tuo pad-?»
«Questa
domanda non c'è nel fascicolo, spiacente.» mi
disse subito
Selene, cercando di interrompere la mia curiosità ma non
riuscivo: non potevo e non volevo. Non so dire il perché ma
per
una volta mi importava sapere qualcosa di qualcuno. Mi importava
davvero.
«Maddai...Non
eri tu ad aver detto che dovevamo sapere tutto l'uno
dell'altra?»
«Tutto
tranne questo.»
«Se
il tizio ce lo chie-...»
«Tranne
questo, Colin. Buonanotte.» alzò un po' di
più la
voce rispetto al solito e non so dire il perché ma la cosa
mi
fece star male. Non riuscivo a capire i motivi per cui si ostinasse a
restare così chiusa nei miei confronti, dopo tutto quello
che
c'è stato. Dopo quei momenti che continuo a rivivere nella
mente, come se fossero successi da poco.
Deglutii a vuoto e sospirai un profondo respiro dal naso, lentamente.
Non so dire per quanto tempo rimasi lì ad osservare il
soffitto,
prima di riprendere a parlare:
«Mi
piacciono i programmi sul paranormale.» dissi, decidendo
quindi
di interrompere quel lungo silenzio che si era appena creato.
«..Che cosa?»
mi chiese lei in un mormorio confuso, senza darle tuttavia il modo di
continuare oltre. Volevo sfruttare quel momento in cui non potevo
guardarla in viso, per dirle qualcosa in più di me.
«Non
nel senso: "Ah-ha! Che
divertente! Gli piace la tv spazzatura". Mi
piacciono sul serio.» affermai sincero come mai lo ero stato
prima. Mi morsi l'interno di una guancia con i denti, prima di sbuffare
un sorriso divertito davanti ad un'altra cosa personale di me che
potevo dirle «E...ho
preso lezioni di disco-dance, quando ero alle medie. E il mio primo
concerto è stato quello dei Rob Base, Dj EZ
Rock...»
ridacchiai appena «...Probabilmente
neanche sai chi sono.»
ma questo ovviamente non mi scoraggiò dal continuare a dirle
qualcosa in più di me. Qualcosa che potesse essere utile a
farmi
conoscere meglio. Per la prima volta in vita mia volevo che qualcuno
mi conoscesse. Volevo che Selene mi conoscesse.
Sbuffai un altro sorriso: «Trovo Marylin Monroe molto
attraente. Chi non lo farebbe, in effetti?»
le domandai retorico, continuando «Non
amo i fiori in casa, perché mi fanno pensare ai
funerali.»
mormorai in un moto di tristezza, ripensando ai miei genitori «Non
amo i videogame e rileggo Cime Tempestose ogni Natale. E' il mio libro
preferito.» il fatto che io continuassi a parlare e lei no,
mi
fece capire davvero quanto avessi bisogno di essere ascoltato. Non so
dire se stesse zitta per assecondare quella mia pazzia o per
sincero interesse; l'unica cosa di cui ero certo, era che non avrei
voluto avere nessun'altra in quel momento ad ascoltarmi.
«Non vado a letto con una donna da oltre un anno e mezzo.»
arrivai addirittura a dirle questo con una sincerità
disarmante, soprattutto se detto da uno come me.
«Mi
sono innervosito, quando ho conosciuto Dreng. E il tatuaggio con gli
uccelli...» quello che ho sulla schiena, proprio in mezzo
alle
scapole «...Sono
rondini. L'ho fatto a sedici anni, dopo la morte dei miei.»
sbuffai un mezzo sorriso amareggiato e tirato, che mi portò
a
scuotere appena il capo, così da levarmi il
pensiero «Una
stupidaggine.» mi schiarii la voce «Di
sicuro ci sono un sacco di altre cose ma...al momento è
tutto
quello che mi viene in mente.» le dissi alla fine,
aggrottando
visibilmente la fronte nell'esatto istante in cui calò il
silenzio, di nuovo.
«Ci sei ancora?»
le domandai, temendo per un attimo che si fosse addormentata; il che
sarebbe stato davvero imbarazzante.
«Sì,
sono qui...» mormorò appena e come se non le fosse
piaciuta quella risposta, aggiunse anche un «...Stavo
pensando.» volto a dare una risposta un po' più
completa e
meno monosillabica. Peccato che fu la domanda successiva a non essere
propriamente di mio gusto:
«Davvero non vai a letto con una donna da diciotto mesi?!?»
strabuzzai gli occhi, prima di rotearli al cielo
«Ommiodio,
Selene. E' l'unica cosa che ti colpisce?»
«Certo.
E' un sacco di tempo...»
«Sì,
beh...Sono stato un po' impegnato.» era la verità
infondo
ed era anche prevedibile una risposta simile
«Già...»
mi confermò lei in un lieve sussurro, aggiungendo «Chi
sono: Rob Base, Dj...?» lo sapevo. Un classico.
«...EZ
Rock?» conclusi io la domanda al posto suo, sbuffando un
sorriso
divertito, schiarendomi la voce, pronto a farla cantare. Letteralmente.
«Cantavano:
"It takes two to make a thing go riiiight! It takes to make
outta
siiight!" Du-Du-Dum!...Eh?» le domandai, aspettandomi che
avesse
riconosciuto quanto meno la mia performance su quell'acuto e quello
stacco di base.
«Uhm..Uh-uh.»
arrivò un versetto negativo da parte di Selene,
che mi portò a sospirare appena
«Erano
bravi.» ammisi semplicemente, scrollando appena le spalle,
nonostante sapevo che non potesse vedermi, visto che ero sdraiato per
terra e di fronte al suo letto.
Calò un'altra lieve pausa, prima che le mie orecchie
sentirono
Selene abbandonarsi ad una lieve risata bassa, che mi portò
a
sorridere a mia volta
«Che c'è?»
le chiesi divertito
«Niente...»
ma ovviamente sapevo che stava mentendo, lo percepivo dal modo in cui
il suo respiro si faceva spezzettato, tipico di una persona che sta
sghignazzando di gusto, come se le fosse venuta in mente
chissà
quale scena divertente. «...Lo
so chi sono. Volevo solo sentirtela cantare.»
ammise alla fine, portandomi a sorridere in maniera divertita. Mi
sentivo leggero e per una volta nella vita, mi sentivo me stesso.
Sospirai appena, decisamente sollevato mentre continuavo a guardare il
soffitto in attesa che accadesse qualcosa o che più
semplicemente il sonno prendesse possesso di me. Ciò che
accadde, invece, fu inaspettato e mosso da Selene stessa.
«Colin...?»
«Sì...?»
«Non
vorrei che tu fraintendessi...» mise nuovamente quella pausa
alla
fine della frase, che mi lasciò perplesso. Fraintendere
cosa,
poi? Che tutto quello che era successo non significava nulla? Forse era
davvero così, anche se...
«...Va
bene.»
mi limitai a dire con lo stesso tono con cui mi rivolgo a qualsiasi
altra persona che non sia Selene.
«...Ma
tu sei un uomo...Sei un uomo molto bello.» quelle parole mi
spiazzarono e al tempo stesso cancellarono dalla mia mente ogni dubbio
o paura: esatto, per una volta ho avuto seriamente paura di perdere
qualcun altro. Di nuovo. Allargai gli angoli della bocca verso l'alto,
lentamentamente, e per fortuna Selene non ebbe in alcun modo di vedere
le mie guance rrossire davanti a quel complimento. Il suo
complimento.
«I wanna rock right now, I'm Rob
Base and I came to get town...»
riprese a canticchiare, portandomi a sorridere ancora di
più, prima ovviamente di seguirla
«I'm
not internationally known, but I know to rock the
microphone...»
«It
takes two to a make a thing go rIIIIIIIIght!» riprese Selene
in
un falsetto acuto, che mi portò ad abbandonarmi ad una
leggera
risata divertita
«Du-Du-Dum...»
staccai con una breve base, lasciando quindi all'altra modo di
riprendere fiato e continuare
«It
takes two to make a thing go rIIIIIIght!...Uhm-uhm! IT TAKES TWO...!
Ah, Dio! Non ci arrivo! E' altissima!» ammise alla
fine,abbandonandosi ad una risata divertita, che via via si fece sempre
più lunga, portandomi automaticamente a ridere a mia volta.
Era strano: era da tanto, davvero tantissimo tempo che non ridevo
così, che non stavo così. Ed era bello. Per una
volta mi
sentii felice, per una volta mi addormentai con il sorriso sulle
labbra.
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