Over Worlds - Total War

di Everian Every
(/viewuser.php?uid=829800)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Superiorità Apparente ***
Capitolo 3: *** Più Forte e Più Cattivo di Te ***
Capitolo 4: *** Combatti Contro di Me ***
Capitolo 5: *** Forse Amici ***
Capitolo 6: *** Il moro, il dio, l'angelo e il Supremo ***
Capitolo 7: *** Scontro colossale ***
Capitolo 8: *** Un passo indietro... ***
Capitolo 9: *** Chiave Numero Uno ***
Capitolo 10: *** Incendiare l'Animo ***
Capitolo 11: *** Avanzare di Qualche Passo ***
Capitolo 12: *** Ricongiungersi - Parte Due ***
Capitolo 13: *** Ricongiungersi - Parte Uno ***
Capitolo 14: *** La Cripta ***
Capitolo 15: *** Pochi Minuti per Vincere ***
Capitolo 16: *** Lo Strano sfida il Terrore ***
Capitolo 17: *** La Fine di Tutto? ***
Capitolo 18: *** Supremi a Confronto ***
Capitolo 19: *** Fine della Storia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Buio.
Lelq si svegliò nella stanza buia e fredda con un forte mal di testa.
Era legato. Sentiva i polsi stretti da qualcosa di freddo e viscido. Non poteva muovere la testa, si sentiva come imprigionato da una gabbia che seguisse i lineamenti del suo corpo.
Strizzò gli occhi. Con la coda dell'occhio intravide una figura in parte a sé. Sembrava un ragazzo, anch'egli immobile, seduto su una sedia come vi fosse incollato sopra. Immaginò fosse così che doveva apparire anche lui dall'esterno.
Storse il labbro superiore, cercando di piegare almeno un po' il capo per vedere meglio la prigione. Sentì male quando infine riuscì, a scatti, a muovere la testa verso sinistra. Aprì gli occhi. Sarebbe sobbalzato se solo non fosse stato in quello stato di strana paralisi.
Davanti ai suoi occhi era seduto, con il capo sul petto e le braccia penzoloni lungo i fianchi, Lelc. I capelli mori del giovane gli coprivano gli occhi e il volto, ma Lelq era certo si trattasse della sua controparte.
Girò la testa a sinistra, ma una fitta lo costrinse a rimettersi dritto. Era come se qualcosa non volesse dargli la panoramica della stanza.
Provò ad aprire la bocca. Meno male, fin lì ci arrivava. Il problema era la voce. Non riusciva a parlare.
Sentì un tintinnio, come quando la porta di un ascensore in un hotel di lusso si apre. Sentì qualcosa di metallico scorrere. Forse era davvero una porta. Un forte odore di cannella inondò la cella. Non sentiva la presenza di nessuno, eppure avrebbe giurato di sentire dei passi lievi entrare nella stanza.
Sentì le porte richiudersi.
"E? Vogliamo restare lì fermi in eterno?" chiese una voce strana, stonata e cantilenante, un po' infantile e divertita al tempo stesso.
Allora c'era davvero qualcuno lì.
"Mmm, capo, mi sa che state ancora bloccando la loro completa trasmigrazione nella nostra realtà." replicò un'altra voce, più matura, forse di una donna sulla trentina, titubante, come se la sua proprietaria non fosse sicura delle sue parole o di avere l'autorizzazione ad usarle.
"Giusto! Cavoli... Scus-scusate, ragazzi, ma vedete, per portarvi qui ho dovuto prima assicurarmi di un paio di cose e... ecco... si, giusto, ora concludo la trasmigrazione." disse la prima voce. Un sonoro schiocco di dita rimbombò nelle orecchie di Lelq. Lelc sobbalzò, svegliandosi intontito.
"Ma che...?" fece per chiedere, prima di cadere dalla sedia in avanti.
Lelq si alzò rapidamente, voltando il busto per vedere i suoi rapitori.
"Chi siete voi?" chiese ancora prima di vederli in faccia. Quando li vide restò basito per un attimo.
Uno dei due era un ragazzino alto sul metro e ottanta, con occhiali da vista rettangolari, piuttosto piccoli. Indossava una maglietta a mezze maniche nera, dei jeans e un paio di scarpe di tela blu scuro. Sorrideva gentilmente, ma sembrava un po' nervoso. I suoi capelli castani erano quantomeno buffi, con un ciuffetto che s'alzava dal mucchio e svettava fiero contro ogni legge di gravità.
L'altra era una donna, forse di venticinque anni, forse di trenta, non si poteva stabilire con certezza. Era vestita con una corta tunica celeste, legata in vita da una cintura d'avorio. Un'armatura leggere in madre-perla, dai riflessi blu cobalto, le rivestiva le spalle e il petto. Una seconda tunica, stavolta bianca, bordata d'oro, le copriva le gambe. Ai piedi portava due gambali d'argento con intarsi in zaffiro. Un diadema, infine, color rugiada, piccolo ed elegante, con una specie di piccola fenice rampante sulla punta che sembrava volesse volare verso i cieli ignoti, le ornava i bei capelli lunghi e lisci, di un color crema molto chiaro. Dietro la schiena levitavano, staccate dal resto del corpo, quattro paia di ali in avorio e perla, anch'esse bordate d'oro e di zaffiri blu intenso. Le quattro ali volteggiavano dolcemente intorno ad un cerchio attaccato all'armatura della guerriera sulla schiena.
Era davvero bella.
Gli occhi del giovane caddero sulla sua cintura. Un laccio di cuoio teneva legata un'elsa di spada a croce, completamente di bronzo, senza intarsi o incisioni di qualsiasi sorta. Non aveva lama. Era molto bizzarra. Anche il cerchio che portava sulla schiena era interessante. Sebbene all'aspetto fosse molto pesante, ella sembrava reggerlo senza alcuna fatica. Inoltre, in tre punti del circolo, come fossero punti cardinali, erano situate delle piccole sfere, ciascuna con un simbolo viola scuro. Tre cerchi concentrici in quello al centro, due quadrati intersecati in quello a sinistra e le quattro punte di una croce con al centro quattro ellissi perfettamente intersecate in quello a destra.
Lelq non sapeva spiegarsi perché, ma quelle figure gli davano l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di davvero potente.
"Quanta foga! Quanta foga davvero!" esclamò il ragazzo, alzando le mani in segno di resa, sempre sorridendo. I suoi occhi verde scuro guizzarono verso Lelc, svenuto di nuovo. "Mph... Forse che i due dovrebbero restare uniti?" chiese poi dubbioso alla ragazza, che sospirò.
"Certo che si, che ti dice la testa? Sono due facce di una stessa medaglia non puoi essere così stupido da... Ou. Mi-mi scusi, io... n-non volevo, io... ecco, io..." rispose lei, tirandosi subito in disparte con aria colpevole e chinando il capo.
Il giovane non la stava tuttavia ascoltando. Si batté una mano sulla fronte come se si fosse ricordato solo in quel momento di un dettaglio fondamentale.
"Ovvio. No. Non può restare fuori insieme a te. Che razza di idiota che sono! Vero che sono un idiota, Lelq? Vero, Gioyglory? Vero Lelc? Vero me? OVVIO!" sbottò, sorridendo come un perfetto imbecille.
Schioccò le dita e Lelc scomparve, riassorbito dal corpo di Lelq.
"Non mi hai risposto." gli fece notare con freddezza il ragazzo, i pugni stretti e gli occhi serrati.
"Claro come il sole, invero!" esclamò l'altro, incrociando le braccia sul petto. "Lei è Gioyglory, la tua guida, barra compagna, barra chiave della tua missione. Ed io... io sono l'omino di mai. Ed ho una missione per te."
Detto ciò, senza dare il tempo al giovane di ribattere, schioccò le dita e la stanza si dissolse.
"Ora ti faccio conoscere gli altri... euw... come dire... compagni? Concorrenti? Sfigati? Quello che è." concluse il suo innaturale anfitrione, mentre il paesaggio cominciava a delinearsi sotto forma di una città in rovina.
 
Il gruppetto di sette si guardò. Un momento di attesa per macinare ben bene le parole di quello che si era loro presentato con il nome di omino di mai.
Lelq si guardò intorno, studiando i suoi "compagni di sventura", come aveva deciso di chiamarli. Non era forse una sventura quella che gli si profilava davanti?
Il primo che catturò la sua attenzione fu il più potente di loro. Era un giovane di vent'anni circa, dal volto morbido e ben proporzionato.  Era molto bello, alto, slanciato, atletico, l'unica pecca in quella sua aria signorile era lo yo-yo con cui giocherellava con fare annoiato, il quale gli dava un'aria un po' infantile.
Secondo l'omino di mai, quello era una specie di divinità, un "reggente delle basi del cosmo", o roba simile. Gente pericolosa. Eon, lo aveva chiamato. A lui era stata riservata la carta della Rovina.
In parte a lui stava, ritto in piedi, Victus Mors. Lo conosceva già, aveva già avuto modo di incontrarlo grazie ad un accordo tra i loro due mastri creatori. Il ragazzo moro fissava inespressivo la sua carta. Dolore era scritto a lettere maiuscole sopra, come un monito.
Subito alla sua destra si ergeva, in un pilare di fiamme alte fino al cielo, un demone dal sorriso folle. Lars era il suo nome. Proveniente dal mondo di un altro mastro creatore a lui noto per un differente personaggio, il maniacale Francis, o Ciccio, per gli amici. Sempre che qualcuno potesse definirsi tale davanti a quel mostro assetato di sangue. Il fuoco viola dell'Ira segnava il retro della sua carta.
Il quarto componente dell'eterogeneo gruppetto era invece Xurst. Umano dai capelli di un arancione vivo come il tramonto, dall'espressione dura e al tempo stesso svogliata. Con poca convinzione studiava la carta che l'omino di mai gli aveva donato. La sua carta era l'Odio.
Quinto e ultimo dei "partecipanti", come invece li aveva definiti l'omino di mai, era un ragazzo dall'aspetto un po' malaticcio. La trasmigrazione aveva avuto effetti negativi sul suo fisico, indebolendolo. Se ne stava in disparte, accovacciato a leggere l'iscrizione sulla sua carta: Follia. A detta dell'omino di mai la peggiore.
Poi c'era l'enigmatico angelo di nome Gioyglory. Splendente, nella sua tunica immacolata, ricordava al giovane Lelq un po' Miss Seek, solo al contrario. Sia nell'aspetto, tanto dolce quanto forte, sia nei modi, gentili e rasserenanti, sia nell'aura, di purezza infinita. Lei non aveva nessuna carta, ma l'omino di mai aveva garantito che non le sarebbe stata di alcun aiuto, sostenendo che "il logo di una felpa non si può rendere migliore quando è già stato ricamato". Sembrava troppo serio nel dire "il logo di una felpa", come se la donna fosse davvero un logo di un qualche indumento.
E infine c'era lui. Lelq.
L'omino di mai gli aveva sussurrato all'orecchio cose... cose che non aveva compreso. Aveva perfino esitato a dargli la carta che ora stringeva nella mano serrata a pugno, stritolandola senza alcuna pietà.
La carta della Paura.
Quelle erano i loro "assi nella manica", aveva detto l'omino. Se le cose stavano come effettivamente aveva raccontato loro, ne avrebbero avuto molto bisogno. Ma non era quello a preoccuparlo.
"Bene. Ed ora?" chiese Darksaurus, alzando gli occhi sugli altri.
"Avete sentito l'omino di mai, no? Dobbiamo cercare..." fece per rispondergli Gioyglory, ma Xurst la interruppe.
"Avete sentito l'omino di mai? Avete sentito l'omino di mai?" disse, storpiando le parole per schernirla "Ma fammi il piacere. Ci strappa dalle nostre dimensioni, ci porta qui e ci dice che per andarcene dobbiamo fare il suo lavoro sporco? Che chiami qualcun'altro, dannazione! Io non faccio il facchino per nessuno. Sia chiaro." sbottò, infilando la sua carta in tasca. "Io dico che dobbiamo aspettare che quello si renda conto che non siamo suoi servi e che risolva da solo le sue faccende. Mi rifiuto categoricamente di dargli una mano."
"Si, e intanto che fai, resti qui? Se quello ti trova, ti fa a pezzi." ribatté acido Lars, incrociando le braccia sul petto.
"No, perché lo ucciderò prima io." ribatté Xurst, fissando inviperito il demone di fuoco. Questi restò in silenzio, desideroso di uccidere l'impertinente esseruncolo. Ma l'omino era stato chiaro, se si ammazzavano a vicenda non avevano speranza di farcela. E diffidare dell'unica persona che potesse riportarli a casa, nelle loro realtà d'origine era davvero stupido, per lui.
"Fa come ti pare. Io cerco quella stupida cripta per conto mio. Voi fate un po' come vi pare. Ma non seguitemi. Odio lavorare in squadra."
"Aspetta." lo bloccò Xoen, afferrando lo yo-yo al volo. Le sue parole fecero voltare tutti i presenti. La voce di un Dio raramente si ignora. "Se ci dividiamo perderemo. Dobbiamo sconfiggere l'uomo che il nostro caro amico ci ha chiesto di intrappolare. Solo così torneremo a casa nostra."
"Posso farcela benissimo da solo. E poi scusa, da quand'è che un Eon si fa intimidire da un avversario? Non sei una divinità? Non sei così potente come ha detto quel povero idiota dell'omino o come cavolo si chiama?" si mise ad inveire Lars.
Darksaurus si alzò, mettendosi tra i due. Fissò prima l'uno, poi l'altro.
Xoen, rimasto seduto, attese qualche istante.
"Fate come volete. In ogni caso, abbiamo sette giorni per trovare la cripta, no? E in questo momento il nostro nemico non è abbastanza forte da sconfiggerci, giusto? Allora è meglio dividerci. Magari in coppie, per essere sicuri, no? Così almeno copriremo un'area maggiore."
Xurst si mise a ridere.
"Quante stronzate!"
"Vuoi metterti contro di me, pivello?" gridò Lars.
"Tu? Non faresti paura ad una mosca!"
"Io ti..."
"BASTA!" gridò Lelq.
Lo fissarono tutti, immobili, con espressioni indecifrabili. Perfino Victus, che non aveva realmente badato ai discorsi degli altri fino a quel punto, sembrò prestargli vera attenzione.
"Io... io credo che Xurst abbia ragione. Che diritto ha quello di strapparci dalle nostre vite e di usarci come marionette per fare ciò che da solo potrebbe risolvere in meno di un secondo, ma che non fa solo per pigrizia? Nessuno. Io sono convinto che Xurst abbia ragione." il ragazzo dai capelli arancioni sorrise, gonfiando il petto con orgoglio. "Ma... al contempo... credo sia saggio fare ciò che ci ha chiesto l'omino. Cos'altro dovremmo fare? Aspettare qui? Tra sette giorni, con ogni probabilità, qui non esisterà più se non agiamo. Darksaurus ha ragione, dobbiamo muoverci con giudizio. Io voglio tornare indietro. Devo farlo. E non credo che voi vogliate trascorrere il resto della vostra vita in un mondo che è morto, ormai. Dobbiamo fidarci. Non abbiamo scelta."
Il suo piccolo pubblico ammutolì.
Xurst storse la bocca davanti all'amara verità.
"Fanculo..." borbottò.
"Che proponi, ragazzo del suono dell'anima?" gli chiese Xeon.
"Dividiamoci. Xeon e Victus, voi vi conoscete, o comunque siete parte della stessa realtà. Andate con Gioyglory. Lei è la chiave. Dobbiamo proteggerla al meglio. Darksaurus e Lars, voi andrete a nord, io e Xurst a sud-est. Voi tre andate a su-ovest della città. Solo così potremo farcela."
Concluso il discorso, tirò un sospiro profondo.
Sentiva l'adrenalina scorrergli in circolo.
"Tornerò presto, Giuly. Te lo prometto..." pensò, sperando di aver avuto effetto sugli animi dei compagni.
"Bene. Allora è deciso. Obbiezioni?" concluse serafico l'Eon, sgranchiendosi la schiena. In particolare rivolse un'occhiataccia a Xurst.
Il gruppo si divise. nei tre gruppi.
"Allora andiamo. Dobbiamo trovare il Signor Nero e sconfiggerlo." disse Lelq agli altri, prima che tutti si incamminassero tra le rovine dell'Impero di Cristallo.
 
"Uuuuuuhhhh! Ruins, Ruins, vieni a vedere! Che figata, che è! Si sono messi in moto! Li adoro già! AHAHAAH!" gridò l'omino di mai, guardando nella finestra magica. "Non si fidano gli uni degli altri, ma collaborano comunque! Cavoli, ho messo loro proprio tanta paura, eh?"
Il ciclope, in piedi come una statua, non rispose.
L'omino lo guardò stizzito. Poi tornò a fissare la finestra.
"Spero inizino i combattimenti così posso buttarti nella mischia legato e inerme. Ecco." borbottò, prima di puntare la trasmissione su un signore ben vestito, con un cilindro in testa, intento a sbraitare improperi contro una cella avvolta nell'oscurità.
 
 
 
Angolo di ME!
(tanto che volevo dirlo seriamente e non nei miei sogni... Sigh, che emozione)
COMUNQUE! Giongiorgio, forse vedrete quest'angolo una volta sola nella vita, forse no, dipende... Tuttavia ci sono un paio di cosuccie che vorrei dire:
Primo, spero vivamente che la storia vi intrighi un minimo.
Secondo, vorrei ringraziare in anticipo i partecipanti, vale a dire Ciccio96, con Lars, Lelq Fazwriter con Lelq (ma no?), Darksaurus97 con, indovinate un po?esatto, con Gioyglory! No, dai, con darksaurus... Poi abbiamo Lord Gyber con Xurst e, ultimo, ma non certo per importanza, il signor Tnecniv Victus Mors e i due personaggi Xoen e l'omonimo Victus Mors.
Grazie assai assai a questa bella gente per avermi concesso dopo ricat...COFFCOFFO dopo supplica accorata a concedermi l'usufrutto di questi OC.
Altro? Naa, solo... preparatevi. Stanno per arrivare le botte da orbi.
Enjoy this :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Superiorità Apparente ***


In principio era il capo. Con lui viveano le sue emozioni, un groviglio convulso di sentimenti non definiti, esistenti, ma non vivi.
Il capo si stancò presto della sua condizione, di vivere in quel buio eterno e solitario, e così creò la Realtà. Un mondo al suo comando, come lui aveva ordinato, nacque dal nulla. Con voce ferma, nominò le mille e mille ancora creature che vi mise per popolarlo, e lo riempì tutto, nella sua infinita estensione e nella sua eterna storia.
Ma tra le mille e mille ancora creature che egli creò, ve n'erano di più potenti e di meno potenti. Così il più forte dominò sul debole, spazzandolo via.
Il capo, contrariato, decise di dividere la Realtà, di separare i potenti dagli indifesi, e così creò gli Strati, o Mondi.
Creò il Mondo per i mortali, sotto la custodia dei tre demiurghi Titano, Mitrano e Cowius.
Creò l'Oltremondo, sotto il dominio del re dei demoni Hadon, il secondo dio.
Creò il Sottomondo, regno dei dijin, servi del terzo dio Discus.
Creò Il Nulla, dove tempo e spazioconoscevano la loro etarna  fine e il loro continuo inizio, e li vi pose il primo dio, nato dal conflitto tra Hadon e Discus, che chiamò Howtlas. E pose il Nulla a base della realtà, rendendolo inaccessibile agli dei del chaos, che ambivano il ritorno del buio iniziale.
E infine creò il Settimo Mondo della Morte, dove poterono riposare le anime dei morti, accompagnate lì dal Mietitore e dai suoi seguaci.
Ma le emozioni che aveva accompagnato silenziosamente il capo fino ad allora, si stancarono di aspettare, rinchiuse nella sua mente, ed uscirono nella Realtà.
Il loro potere però era grande, incontrollabile, e le loro faide insanabili, aspre e distruttive.
Lo scontro tra due di loro, alla fine, accese nel capo il timore di perdere tutto. La Realtà fu sconvolta, piegata, sottomessa da quei demoni trascendenti la Realtà stessa, distrutta dalla loro sola presenza, azzerata dal loro potere.
Il capo ricreò la Realtà.
Aggiunse un nuovo Strato.
Lo chiamò Mondo di Mai, e vi pose le sue emozioni. In quel luogo senza tempo e spazio, esistente al di fuori di tutto ciò che era Reale, il capo diede forma alle sue emozioni. E chiamò le più pericolose e diede loro poteri e il suo stesso simbolo, che pose nel loro occhio sinistro. Così ne limitò la forza, li rese più deboli e al tempo stesso più grandi. E diede loro regole e leggi con cui regolarsi, diede loro il compito di vegliare sulla Realtà affinché le emozioni che loro incarnavano ed erano non la soggiogassero di nuovo.
E le emozioni più docili, le migliori e pure, che non necessitavano di essere limitate, restarono nel Mondo di Mai, sotto il nome di Opposti.
Il capo si addormentò placido, sicuro si aver svolto bene il suo compito.
Le sue emozioni scesero nella Realtà per regolarla e vi portarono alcune Reliquie, oggetti appartenenti al capo, intrisi del suo potere.
Così nacquero i supremi...
 
Era notte. O forse il cielo terso di nubi li traeva in inganno, nascondendo il sole. Non si poteva dire con certezza. In lontananza si potevano scorgere ancora i bagliori violenti del fuoco di Lars.
In un certo qual modo era rassicurante vederlo lampeggiare come un faro, perché significava che gli altri stavano bene.
Lelq si fermò davanti al precipizio.
"Non ricordavo che l'Impero fosse così grande." commentò, fissando la città estendersi per kilometri in ogni direzione. La periferia era invasa dal ghiaccio e qui e là comparivano bruciature e cristalli neri. Sembrava fosse passato un Sombra arrabbiato insieme ad uno stormo di demonietti del fuoco.
Xurst sbuffò infastidito e fece spallucce.
Era da quando erano partiti che non faceva altro che guardare il cielo con aria annoiata e un po' scontrosa, tirando calci davanti a sé ad ogni suo passo. Di quando in quando gli riusciva di beccare un detrito che si trasformava in ruggine aranciognola, per poi venir sbalzato contro un muro, frantumandosi.
Lelq non sapeva spiegarsi se fosse troppo stupido o troppo arrogante per rifiutarsi di capire la gravità della situazione. Ormai era piuttosto chiaro che dovevano mettercela tutta per riuscire nell'impresa di imprigionare Nero. Quello era l'unico modo per tornare indietro da quel mondo in rovina.
Ricordò le parole dell'omino.
"Ho una piccola commissione da affidarvi." aveva detto. Subito il rosso era sbottato con un: "E perché dovrei aiutarti?".
L'omino aveva sorriso sornione. Era apparso per un attimo come fosse più grande di quaanto in realtà fosse, ma era stata solo un'ombra, un'illusione, probabilmente.
La risposta non era piaciuta molto a Lelq.
"Altrimenti resterete qui per sempre. O almeno, finché Nero non vi troverà e vi ucciderà."
Secondo quanto aveva detto loro, quel tale, Nero, era una delle emozioni citate nel racconto sulla genesi di quella realtà. Lui non aveva creduto davvero a quella specie di favola per bambini. Delle emozioni che diventano concrete, sciocchezze! Però l'omino sembrava così convinto di essere nel giusto che non poteva ignorare la vocina che sentiva dentro, intenta a sussurrargli all'orecchio "attento..."
E poi non gli interessava più di tanto quello. Lui doveva riuscire a tornare indietro, punto e basta. Doveva.
Una lacrima gli sesce, ripensando al giorno prima, uno dei giorni più belli della sua vita.
Intanto Xurst stava studiando quel promontorio così insolito.
"Sembra come se... come se qualcosa avesse preso la terra e l'avesse sollevata." mormorò, accigliato.
Lelq lo guardò perplesso.
"Seek avrebbe fatto di peggio..." pensò, ridacchiando.
Una fitta lo prese alla spalla. Cavoli, ripensare al suo scontro con la mezzo-demone gli faceva ancora male!
"Guarda laggiù." disse con calma glaciale il suo compagno, indicando un punto in lontananza.
Lelq seguì la direzione indicata dal suo dito. In una piazza a qualche centinaio di metri di distanza, molto larga e spaziosa, intorno alla quale gli edifici erano stati completamente rasi al suolo come da un'esplosione di proporzioni catastrofiche, si poteva scorgere una figura seduta su un cumulo di macerie.
Non riuscivano a capire chi o cosa fosse, ne cosa stesse facendo, ma aveva l'aspetto di un uomo vestito di nero.
"Che sia lui?" chiese Lelq, sperando fosse vero. Se quello era Nero avevano la possibilità di risolvere la faccenda in quel momento e di tornare così a casa. Lo sperava davvero.
"Non ne ho idea. Ehy, pare abbia compagnia." replicò Xurst, completamente preso dalla scena che si stava svolgendo nello spiazzo.
Un bestione, un drago grande quanto un palazzo, completamente dorato, proruppe da un sotto un cumulo di massi e detriti. Sembrava ferito a vedere i suoi movimenti e il rossore che imporporava le sue scaglie splendenti.
La fiera si avventò sull'omuncolo. Lo avrebbe schiacciato, se quello non si fosse mosso. E infatti così avvenne. O meglio, la zampa del bestione calò sull'individuo, che restò immobile. Solo che, invece di schiacciarlo al suolo, il colpo fu fermato dal braccio esile dell'altro. In confronto i due contendenti erano spettacolari. L'uno, titanico, così malconcio, l'altro minuscolo, quasi scompariva sotto la mole del bestione rilucente, eppure non sembrava minimamente toccato dall'impeto del drago.
Un sonoro crack si propagò dalla piazza, arrivando fino ai due ragazzi. Poi la zampa del drago esplose letteralmente, come se una pressione troppo forte fosse stata esercitata ad una sua estremità. Del fumo bianco come la neve coprì l'orrido spettacolo.
I due rimasero attoniti.
"Bene. Quello è Nero? Speravo almeno in un avversario decente..." bofonchiò poi Xurst. "Andiamo?"
Lelq lo fissò. Sembrava che in lui si fosse riacceso l'impeto della sfida. Forse vedere all'opera Nero lo aveva infervorato.
"Ci serve un piano."
"Non sarai ancora convinto che quello là sia una minaccia? Uff... sei patetico. Comunque non mi va di perdere altro tempo. Facciamo così, tu crei un diversivo, io lo prendo alle spalle, lo trasformo in una statua di ruggine e ce ne torniamo a casa felici e contenti. Ti va bene?"
Il rosso lo fissava accigliato. Non ammetteva repliche.
"Sarai in grado di fare da diversivo, per lo meno." lo incitò.
Lelq tornò a fissare Nero. Per un solo, singolo istante gli parve che li stesse fissando da laggiù e che stesse sorridendo. Sentì l'impulso a nascondersi. Scosse la testa, chiudendo gli occhi, poi annuì.
Xurst parve soddisfatto.
"Bene. Vagli incontro, io preparo la festicciola. Al mio segnale togliti di mezzo." disse.
"E quale sarebbe..." fece per chiedere Lelq, ma l'altro se n'era già andato.
Il giovane si morse le labbra.
Fissò di nuovo Nero e gelò. Stava camminando nella loro direzione. Tra di loro c'era solo l'immenso rettilineo della via maestra.
 
Xurst camminò rasente al muro per circa venti metri, prima di gettare un occhio alla strada principale. Aveva visto passare Lelq, dopo che erano scesi entrambi dal promontorio, e si era affrettato a seguirlo. Voleva vedere fino a che punto era forte Nero, prima di affrontarlo. Un comportamento subdolo, da parte sua, ma non poteva fare altrimenti. Si era ripromesso di uscire vivo da lì e non era proprio il tipo da sottovalutare l'avversario.
Anche se si mostrava così sicuro di sé, non aveva mai in vita sua preso sottogamba una sfida.
L'omino di mai lo aveva scelto per le sue capacità, ne era certo. Il suo potere di trasformare in ruggine ciò che toccava che contenesse metallo era l'ideale per indebolire qualsiasi avversario, inoltre aveva sempre il suo asso nella manica.
Gli venne in mente il suo primo incontro con lo strano ragazzo.
Era in una stanza buia, fredda e per nulla accogliente.
Intorno a lui niente.
Aveva provato a tramutare in ruggine una parete, ma a nulla erano valsi i suoi sforzi. Quel maledetto muro non voleva saperne di cedere.
Non si capacitava su che materiale fosse tanto resistente da tener testa alla sua corruzione.
Poi era arrivato lui, serafico, seguito dalla bella Gioyglory. Che lei fosse bella non poteva negarlo. Però non era decisamente il suo tipo, così... perfetta sotto ogni punto di vista.
Ricordava ancora la loro conversazione.
Lui che ordinava loro di lasciarlo libero, l'omino che gli proponeva un patto, lui che rifiutava... Non aveva tempo da sprecare con quei perdenti e non voleva sporcarsi le mani per loro. Però l'omino lo aveva convinto.
Alla fine aveva vinto lui. Come poteva essere altrimenti? Lui era un Mastro, uno dei creatori, uno dei "capi". Vivevano su due piani differenti, e solo questo gli impediva di ammazzarlo. Lui, lì, era un dio.
Che poteva fare invece il rosso? Il suo potere era grande. Ma forse non così grande. Nessuno ne aveva tanto da intaccare un Mastro.
E così ora doveva sbrigare quella faccenda. Quando aveva visto che non era solo, ma che il maledetto aveva portato lì altri cinque sfigati, aveva sperato nel buon senso di questi, per attuare una specie di sciopero e costringere l'omino a lasciarli liberi.
La domanda che ancora gli frullava in testa, però, era una: "Perché io?"
L'omino non gli aveva risposto che con un sorriso amichevole e falso.
Poi se n'era andato, lo aveva invitato a seguirlo e non aveva più parlato fino al loro arrivo nell'Impero.
Cosa voleva da lui? Lui, che non aveva fatto niente di male.
Intanto una risatina isterica, seguita da un tonfo sordo e dal suono di terra smossa, lo fecero concentrare sulla missione. Salì sul tetto di una casa. A qualche decina di metri di distanza c'erano Lelq, in piedi, e Nero, steso a terra in una pozza di sangue.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Più Forte e Più Cattivo di Te ***


Avanzarono entrambi l'uno verso l'altro.
Il primo, giovane, spinto dal puro desiderio di tornare a casa, dai suoi amici, dalla sua famiglia... da lei.
Il secondo, antico come il mondo e, anzi, anche di più, sorridente, spinto dalla sete di potere.
"Vuole dimostrarsi migliore di tutto e di tutti, vuole imporre la sua legge di ferro nel mondo, vuole ricordare che cosa lui è e di cosa è capace." aveva detto l'omino di mai.
Voleva essere riconosciuto, compreso. Quello era l'unico modo che conosceva. Non sapeva fare altro. Non era e non poteva essere diverso. Così lo aveva descritto.
Ma quello che Lelq vedeva davanti a sé, sorridente mentre gli si avvicinava con sguardo acceso di scherno e divertimento, era un nemico, un baluardo. Era la causa del suo essere lì, lontano dal suo mondo e da tutto ciò che per lui contava. Doveva essere eliminato!
"Allora tu sei uno dei "piccoli eroi" che dovrebbero, a detta di quell'idiota del capo, sconfiggermi, eliminarmi, abbattermi? Nonono, scioccherellino, non è certo così che funziona!" gli disse Nero, avanzando con le mani dietro la schiena.
Una forte rabbia lo pervase, lo costrinse a serrare la mascella e ad assottigliare gli occhi a due fessure.
Allungò il passo fino a prendere una leggera rincorsa quando vide che meno di dieci metri si frapponevano tra di loro.
Di Xurst nemmeno l'ombra. Doveva essere nei paraggi. Probabilmente si sarebbe goduto lo spettacolo e sarebbe comparso solo quando era tutto finito.
Aumentò l'andatura. Nero storse la bocca, vedendo la sua maggiore velocità, cercò di difendersi alzando un braccio, ma fu lento.
Il ragazzo saltò in aria, il braccio piegato. Ruotò il busto e colpì con tutta la forza di cui era capace, atterrando l'uomo al suolo. Un botto sordo, seguito da un polverone, lo inondarono del fragrante profumo del sangue.
Gli aveva letteralmente spaccato la testa con una forza che, fino a quel momento, non si conosceva.
Ma non aveva tempo di chiedersi da dove venisse quella violenza paurosa che gli dava tanta energia. Doveva finire il lavoro, trovare la cripta, aprirla e imprigionarvi dentro quel pezzente.
Era stato dannatamente facile.
Sorrise, pensando di aver vinto.
Poteva specchiarsi nella pozza di sangue che usciva dal cranio spiaccicato sul terreno brullo. Rabbrividì. Sentì quasi la voce di Seek rimproverarlo di essere troppo "gentile".
Poi però osservò meglio quel sangue. E scoprì che non era sangue.
Quando balzò fu già tardi.
La chiazza prese a fumare, producendo una strana nebbia bianca e densa.
Il liquido ribollì e il corpo esplose in milioni di pezzi. Per un istante Lelq ammirò affascinato quello spettacolo. Ogni singola parte, saltata in aria, era unita ad un nucleo violaceo da un raggio elettrico bianco. La luce era intensa, mentre i pezzi roteavano.
In meno di un secondo, tutto fu finito, e davanti a Lelq c'era un altro Lelq.
Era identico a lui, in tutto e per tutto. Anche gli abiti erano quelli.
Il ragazzo lo scrutò, o, per meglio dire, si scrutò negli occhi chiari, fissò i suoi stessi capelli biondi fluttuare nel vento. Vide ogni singolo particolare di sé stesso come se stesse fissando uno specchio.
"Cosa hai fatto?" chiese, indietreggiando di un passo.
Il volto del nuovo Lelq si stirò in una smorfia di disgusto.
"È tutto qui? Non hai altro da offrirmi? Sei patetico!" strillò con voce stridula. Poi tornò calmo e serio. Un sorrisetto glaciale gli tagliò il volto. "Poco male, ti farò fuori ad occhi chiusi allora."
Lelq scattò. Anche se Nero aveva preso le sue sembianze non voleva dire nulla, era pur sempre più forte di lui. Lo aveva ampiamente dimostrato poco prima.
Sferrò un pugno allo stomaco, poi, in rapida successione, colpì di taglio, usando le mani come mannaie, le spalle del nemico, per concludere con un calcio al petto che lo scaraventò a qualche metro di distanza.
"Dimmi." riprese Nero come se nulla fosse, rimanendo immobile a terra "Il capo vi ha parlato di me?"
Lelq prese la rincorsa e saltò più in alto che poté. Piombò con una ginocchiata devastante dritto sul diaframma dell'altro. Si fece perfino male all'articolazione, tanto fu violento l'impatto.
"Ne deduco di no." seguitò quello, impassibile e sempre immoto, serafico nella sua espressione di divertito compatimento.
Il ragazzo si innervosiva sempre di più. Sentiva di odiare quel tizio! Dimenticò perché era lì e prese a tempestargli la faccia di pugni sempre più veementi. Dieci, venti, trenta, non si fermava più, aveva le mano sporche di quel sangue viola che evaporava a contatto con l'aria.
Poi si fermò.
Non riusciva più a colpire.
Tanti erano stati i proiettili di carne ed ossa che aveva scagliato su quel tizio che così vigliaccamente aveva preso le sue sembianze, che oramai non riusciva più a riconoscersi le nocche, intrise del suo stesso sangue. I muscoli gli dolevano, gli sembrava di avere tronchi d'albero al posto delle braccia.
Quand'era l'ultima volta che aveva colpito così forte qualcuno? Non lo ricordava.
Intanto quello rideva.
Rideva.
Rideva!
In preda all'ira, alzò ancora il braccio per tirare un altro pugno. Ma stavolta non andò a segno.
Nero aveva alzato la sua mano, intercettando il colpo.
"Non è così che funziona. Tu mi colpisci, ti stanchi e poi io ti uccido. Perché allora vuoi continuare?" gli chiese, iniziando a stringere.
Lelq gemette. Sentì le ossa frantumarsi nella mano. Gliela stava rompendo. Se solo avesse avuto una delle sua armi.
"Io ti..." cercò di mormorare, ma Nero si era ormai stancato di quel gioco.
"Tu niente, cocchinello mio, ora ti faccio assaggiare il cemento!" esclamò, stavolta con la stessa voce del ragazzo biondo, quasi al massimo dell'eccitazione.
Alzò una gamba e la poggiò sul suo petto, per poi spingere. Lelq si ritrovò dentro una casa. Nero era parecchio più lontano, e si stava rialzando. E intanto sentiva caldo alla schiena.
"Cavoli, mi ha spedito lontanuccio, eh?" disse, massaggiandosi il collo. Si guardò intorno.
Vide una serie di amplificatori, sintetizzatori, strumenti musicali assortiti e un bel giradischi in stile anni ottanta. Sorrise.
"Un negozio di musica? Qualcuno è dalla mia parte, oggi." borbottò, cercando di rialzarsi.
Una fitta alla schiena lo colse. Si tastò, stringendo denti. Quando guardò il palmo per poco non ebbe un mancamento. Era coperta di sangue.
Maledisse il fatto di non essere in un cartone animato. Quel muro schifoso gli aveva scorticato la schiena. E intanto Nero avanzava.
Si fece forza e contò fino a tre, dando poi uno strattone.
Riuscì ad alzarsi. Ma per poco non vomitò per il dolore. Doveva aver lasciato un bel pezzo di sé su quelle macerie.
Si sfregò le mani, soddisfatto.
"Balliamo?" disse guardando Nero, ancora lontano.
 
Quando il demone si fece strada tra le macerie per giungere al giovane era ben soddisfatto. Aveva fatto fare a quelll'infame un bel voletto e la cosa lo rendeva felice. Ora lo avrebbe preso per la testa e poi lo avrebbe usato per smantellare qualche muro. Chi avrebbe ceduto prima? Gli edifici, o il suo fragile fragile cranio?
Gongolava al pensiero.
"Sai, quando ho saputo che il capo era così disperato da chiamare gentaglia da altri monducoli patetici come i vostri per fermarmi, mi sarei aspettato di meglio. Insomma, anche decuplicando la tua forza resti un debole. Mi fai tristezza, tristezza, tristezza! Ehy, biiiiimboooo? Dove seeeeiiii? Voglio ancora pitturare il mondo con il tuo misero cervellino, avanti! Non farti pregare!" gridò, facendosi largo nell'edificio.
"Aspetta..." mormorò, smettendo di sorridere. "Questi sono... strumenti? Dannaz..."
Un'esplosione sonora lo investì. Il raggio azzurro lo sbalzò lontano, facendolo salire in cielo per decine di metri. Il puntino a cui si era ridotto, tanto era lontano, prese a cadere, incendiandosi a mezz'aria. Un altro raggio azzurro, accompagnato da un kick pauroso, lo colpì, facendolo saltare in aria.
"Vai a fare in culo, stronzo." bofonchiò Lelq, uscendo dalla fenditura nella parete. Aveva un grosso cannone attaccato al braccio sinistro, con due piatti di batteria ai lati, il corpo composto da un trombone e corde di chitarra lungo la canna. Il tutto era collegato al piatto del giradischi che si era legato sulla schienza, non senza dover stringere i denti per il dolore.
"Come ti chiamo, bimbo?" chiese il giovane, soppesando l'arma. Al suo interno aveva montato con rapidità sovrumana complessi meccanismi e mini-amplificatori per aumentarne la potenza. "Mmm... Kick-cannon? Dubt-wind? Bof, non saprei."
Però quel coso aveva un paio di inconvenienti. Primo, la schiena gli stava cigolando pericolosamente. Faceva un male cane, dannazione! Secondo, il tutto pesava. Già aveva le braccia affaticate, in più quel coso era così pieno che gli sembrava pesasse un quintale.
Aguzzò la vista. In mezzo alla colonna di fumo che ancora si levava dal punto in qui Nero era precipitato. O meglio, quel che di lui doveva essere rimasto e che era atterrato. Deglutì, avvicinandosi lentamente.
Ad un tratto una forte luce viola, di nuovo quella specie di detonazione e, dal fumo, si levarono in una specie di sfera migliaia di piccoli pezzi di corpo. Questi rotearono, frenentici, legati al nucleo viola, visibile anche a quella distanza, dai fili elttrici, per poi chetarsi e tornare, in una frazione di secondo, a formare la figura umana del demone. Lelq due era di nuovo lì, in piedi, davanti a lui. E sembrava contrariato.
"E sei fortunato che non riesco ancora a copiare i poteri delle cose inanimate!" strepitò. Poi sparì.
Il vero Lelq restò immobile. Non lo vedeva più.
Si piegò in avanti. Senza che nemmeno se ne accorgesse, Nero gli era apparso davanti e gli aveva affondato un destro micidiale nello stomaco. Sentiva il pugno premere i muscoli, comprimere lo stomaco.
Provò a colpire l'avversario, ma quello bloccò il suo pugno con un dito!
"Te l'ho detto. Sei forte per un umano. Ma io lo sono... dieci volte di più, piccolo scioccherellino-ino-ino-oh!" ridacchiò quello, afferrando il polso del giovane.
Lelq lo fissò tra il terrorizzato e l'astioso.
"Ora..." disse Nero.
"Io..." ritrasse la mano dal suo stomaco.
"Ti..." alzò il pugno.
"Ucc... Ma che diavolo?"
Un pugno arrivò alle sue spalle, staccandogli la testa di netto.
Lelq si allontanò, mentre quel volto disgustosamente uguale al suo si dissolveva a mezz'aria per ricomporsi sul corpo di Nero.
"Idiota moccioso!" strillò, voltandosi, cercando di colpire il nuovo nemico con un colpo di taglio con il braccio.
Ma il suo nemico non era stato tanto stupido da restargli vicino.
Xurst si avvicinò a Lelq.
"Sparagli e non farlo avvicinare, io mi occupo di tenerlo a bada nel corpo a corpo." disse il rosso.
Lelq strinse l'impugnatura del cannone di fortuna, spostando il dito dal "grilletto 1" direttamente al "grilletto 3", cioè da uno dei tre tasti presi da un corno all'ultimo.
Xurst scattò sul bersaglio, tirando un forte pugno che Nero intercettò con il braccio. A contatto con la pelle, il potere del giovane guerriero iniziò a fare effetto tramutandola in ruggine.
In quel punto, una micro esplosione staccò le parti del corpo infette che subito si ricollegarono, come nuove, al resto dell'arto.
"Ha una capacità di rigenerazione notevole. Chissà se regge anche alla mia chicca..." pensò Xurst.
Nero roteò su sé stesso e gli assestò un calcio, che lui parò con un braccio. Tuttavia la forza del demone era davvero troppa, tant'è che, pur avendogli corroso la gamba con il suo potere, il giovane si ritrovò spedito in aria, con la spalla infiammata.
"Forse l'ho sottovalutato..." mormorò.
Nero scomparve e, mentre il rosso era ancora carponi, gli arrivò alle spalle, la gamba risanata sopra la sua schiena come un maglio pronto a calare sul nemico.
Un botto lo distrasse, attirando l'attenzione anche di Xurst. Un'onda azzurra investì il nemico, vaporizzandolo dal busto in su. Il ragazzo della ruggine si riebbe e approfittò dell'apertura per sbilanciare il moncone prima che si riformasse del tutto. Gli tramutò la gamba con cui si teneva in piedi in ruggine e la staccò con un calcio, per poi rialzarsi e rimettersi in posizione.
Nero si riformò, ma Lelq lo colpì di nuovo, e di nuovo lo tranciò a metà, così che Xurst potesse colpirlo ancora.
Andarono avanti così per un po', tra il demone che sembrava non risentisse di nessun loro attacco e loro che, d'altra parte, non volevano categoricamente mollare.
Stanco del continuo distruggi-rigenera distruggi-rigenera incessante, Nero approfittò di un attimo di stanchezza di Lelq per balzare lontano dal raggio d'azione di Xurst.
"Dannazione!" gridò il ragazzo della ruggine, vedendo il suo nemico troppo lontano da sé e troppo vicino, al tempo stesso, al suo compagno.
In preda al panico, cominciò a generare sulla mano un globo di ruggine che andò via via scurendosi sempre di più.
Ma Nero già si era spostato. Ora era su un tetto. Ansimava.
"Alla fine ti sei fatto male, e, bastardo?" pensò Lelq, anch'egli molto affaticato.
"Non posso... non posso batterli..." mormorò deluso e frustrato il demone.
Lanciò un ululato di rabbia al cielo terso di nubi e, prima che i due ragazzi gli lanciassero contro un attacco combinato, sparì nel nulla.
"Ma che?" esclamò il rosso, guardandosi intorno, non sapendo più che farsene della sfera di ruggine nera. "Che fine ha fatto?"
Lelq lasciò finalmente cadere l'attrezzatura. Era esausto.
La schiena stava ultimando i preparativi per dirgli addio per sempre, mentre le braccia parevano indecise se imitarla oppure no.
"Quello... quello non-non è normale..." disse, con il fiatone.
Xurst si inginocchiò vicino a lui. Guardava l'orizzonte con sguardo sfiduciato, scontento. Dannato vigliacco, se avesse aspettato altri due minuti lo avrebbe fatto secco!
"Come vanno le tue ferite?" chiese, ricevendo in tutta risposta un'occhiata fulminante dal compagno.
"Se tu fossi arrivato prima che quello mi pestasse come una zampogna starei meglio." sbottò.
Xurst si strinse nelle spalle.
"La prossima volta che qualcuno me le sta suonando, intervieni in ritardo tu, allora."
"Ti piacerebbe." mormorò Lelq, rialzandosi.
Scrutò la strada. Era ancora lunga.
"Ehy, prima c'era un fascio di luce in fondo alla via?" chiese, notando un flebile bagliore arancione chiaro innalzarsi dalla piazza lontana, dove ancora riposava la carcassa del drago.
"In effetti no." rispose Xurst, alzandosi a sua volta e spolverandosi i pantaloni impolverati dallo scontro. "Andiamo."
"E se dovessimo incontrare ancora Nero?" fece Lelq "Mi pianterai ancora in asso?"
Xurst si voltò, ghignando, ma senza cattiveria.
"Chissà, fighetta. Almeno stavolta sappiamo come lavora il tipo. Copia i poteri altrui e li decuplica. Così, solo toccandoti."
"Come l'hai capito?"
"Intuito. E lui stesso ha dato degli indizi. Anche se penso non fosse sua intenzione."
I due restarono in silenzio.
Poi si incamminarono, sempre senza dire una parola, sperando che quella luce fosse la cripta tanto agognata.
 
Intanto, in un antro buio, davanti ad una cella...
 
Il demone urlò come un ossesso, mentre l'uomo dietro le sbarre leggeva con fare annoiato un vecchio libro, seduto su una poltrona grande e confortevole. Non sembrava minimamente preoccupato dalla sua condizione di galeotto, anzi, pareva fosse lì solo per sua stessa volontà.
"Maledetti!" tuonò Nero, tirando un pugno ad una parete.
Aveva perso i poteri ottenuti da Lelq, quindi il pugno si distrusse e si ricompose subito.
"Te lo avevo detto." disse serafica la figura nella cella, voltando pigramente una pagina come se tutto ciò lo riguardasse poco o niente "Sei libero al ventidue per cento, sei troppo volatile, per così dire. Dovevi aspettare un giorno ancora e uccidere quei due mentre eri un po' più forte. Ma tu non mi dai mai retta, quindi, che te lo dico a fare?"
Nero gli si avvicinò con fare minaccioso.
"Oh, su, non fare quella faccia. Domani andrà meglio, dai." lo schernì ancora il prigioniero.
Nero gli scoccò un'ultima occhiataccia, prima di voltarsi e controllare la gigantesca meridiana posta al centro della stanza. L'ombra segnava un minuto alla mezzanotte.
"Ventidue per cento, ventidue per cento, VENTIDUE PER CENTO, VENTIDUE PER CENTO!" sbraitò. L'ombra si mosse, portandolo al silenzio.
Sorrise.
"Ventitré per cento." disse. "Ora posso farli fuori senza problemi."
Scomparve, e l'uomo sospirò. Sorrise, facendosi apparire un cilindro nero in testa.
"Li uccideresti, è vero. Se solo potessi entrare nella Cappella..."

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Combatti Contro di Me ***


"Perché proprio io?"
"Perché no?"...
 
Lars ripensò al breve colloquio con l'omino di mai. Quando si era risvegliato nella stanza buia e umida, senza nulla alle pareti grigie, niente finestre da cui potesse entrare luce, nessuna lampada o fonte luminosa. Un cubo avvolto da un'innaturale bagliore violaceo che faceva apparire tutto più deprimente e opprimente. Aveva provato a chiedere aiuto al demone che viveva in lui, che illuminasse un po' l'ambiente, che lo riscaldasse con il suo fuoco, ma niente, sembrava sparito. Per la prima volta in vita sua, si era sentito solo, senza quella fiammella nata da una goccia d'acqua ad accompagnarlo nei suoi pensieri.
Poi era arrivato lui, il ragazzino, magro come un chiodo, seguito dall'angelo. Almeno, lui pensava che Gioyglory fosse un angelo. Ali, aura incantata, emissioni positive. Che altro poteva essere se non un angelo?
E poi si erano messi a discutere. La missione. La richiesta di aiuto dell'omino, l'obbiettivo e bla bla bla... E lui aveva accettato. Perché? Perché no? In fin dei conti non gli dispiaceva menare un po' le mani. Il demone avrebbe approvato, se solo fosse stato lì presente.
Poi aveva fatto la fatidica domanda.
Perché io?
E l'omino, sbuffando: "Me lo chiedono tutti. Perché no?"
Lars non sapeva che pensare.
Avanzò, inondando di fuoco che subito, dopo il suo passaggio, si spegneva, la strada spianata.
Il fuoco del demone che viveva da anni, ormai, dentro di lui...
L'omino gli aveva detto di non averlo potuto "trasmigrare". Cosa fosse una trasmigrazione, poi. Non glielo aveva chiesto per noia, forse, o forse perché sapeva, in cuor suo, che l'altro avrebbe risposto vagamente, dicendo una mezza verità. In parte lo odiava, in parte non poteva non provare simpatia per lui, tanto gracilino, tanto debole, ma maledettamente freddo e cinico.
Gli aveva spiegato anche che gli avrebbe dato i poteri del demone. Ma allora perché non far arrivare lì direttamente anche lui? Non se lo sapeva spiegare.
E così si era ritrovato in un corpo che, di giorno, pareva un inferno in terra, di notte, assumeva le sembianze di un lago umanoide. Era una sensazione strana, come un formicolio sulla nuca che pian piano ti prendeva tutto il corpo. Sentiva bruciare il suo corpo, ma non provava dolore, anzi. Era molto piacevole. Quando poi passava dal fuoco all'acqua c'era un momento, una manciata di minuti, in cui poteva sentire i due elementi entrare in contrasto tra di loro. Il vapore si levava da ogni suo poro e la fresca sostanza lo componeva dopo aver cacciato il suo vecchio corpo di fiamme. Era un lento e continuo ciclo di distruzione e ricomposizione che iniziava e finiva nell'arco di un giorno.
Iniziava a provare compassione per il demone. Essere costretto a vivere sempre così, con quel costante sentore di disfacimento e rinascita forzati, doveva essere davvero poco piacevole.
In parte a lui, il capo chino, camminava Darksaurus. Quel ragazzo era strano forte. Mentre erano in gruppo aveva fatto valere la sua opinione, ma adesso... se ne stava muto come una tomba. Ogni suo tentativo di fargli spiccicare una parola era stato vano come cercare di alleviare il dolore ad una ferita spruzzandogli sopra del succo di limone.
Era per questo che avrebbe davvero voluto lavorare da solo, per evitare situazioni di imbarazzante silenzio.
Non solo. Non si fidava né di lui né degli altri. L'omino era stato chiaro: uno solo di loro sarebbe tornato a casa, dopo quella missione. Il più valente tra loro, il più forte e coraggioso. E lui aveva ottimi motivi per voler tornare indietro. La sua famiglia, i suoi amici... non poteva abbandonarli, in quel posto oscuro che era la sua realtà, dominata dal caos, in cui la gente comune come lui veniva soggiogata al potere di demoni invincibili e tremendi.
Lui era la sola speranza di salvezza per i suoi cari, per questo non poteva permettere che gli altri vincessero quella specie di sfida.
Strinse il pugno, facendo volare intorno delle scintille.
Darksaurus si bloccò all'improvviso.
Lars temette di averlo ferito involontariamente con il suo fuoco. Poi però seguì il suo sguardo.
Sorrise, felice.
"Non... non ci credo. Siamo arrivati? Sarà quella la cripta?" domandò, ma il ragazzo non lo ascoltava. Era imperscrutabile, reso più cupo dalla felpa grigio scuro. Il cappuccio ne nascondeva in parte il viso, quindi, a parte gli occhi, non poteva sapere quale fosse la sua espressione.
Si voltò di nuovo verso il punto in cui aveva fisso lo sguardo Dark.
Un edificio mezzo sepolto dalla sabbia e dai detriti, ma dal quale spuntava un flebilissimo bagliore rosso e blu, come di un faro, si trovava a qualche centinaio di metri di distanza. Era in mezzo ad uno spiazzo in cui gli edifici erano stati completamente rasi al suolo. Non rimanevano che le fondamenta e qualche pezzo di muro non più alto di un metro.
Lars si mosse, con quei suoi movimenti fluttuanti dovuti alla forma di fuoco ambulante, ma qualcosa lo bloccò. Fu un attimo, in realtà. Si sentì prendere al petto, come se un arpione lo avesse trafitto e ora lo stesse trascinando verso un punto non meglio precisato. La vista gli si offuscò, si sentì svenire. Poi tutto cessò e tornò alla normalità. Gli girava un po' la testa e sentiva un'incredibile stanchezza addosso. Ondeggiò.
Anche Darksaurus sembrava averlo avvertito. Il ragazzo si strinse la pancia tra le braccia, sbuffando.
Lars lo fissò, cercando di non mostrare apprensione. Non avrebbe fatto morire nessuno. anche se si trattava di un concorrente.
"D-dannazione... che è stato?" borbottò Dark, sempre piegato in due, cercando di trattenersi dal vomitare.
"Non lo so." rispose Lars.
Il silenzio li avvolse.
Dark si mise a sussurrare.
"Lo hai sentito anche tu? Non lo strano tremore di poco fa. La presenza."
"Si, ma solo dopo che c'è stata quella specie di scossa." rispose il ragazzo di fuoco.
Non appena la sensazione di morte apparente se n'era andata, infatti, la pressante presenza di qualcun'altro oltre a loro, che li fissava, si era fatta viva anche per lui. Non si spiegava come il suo compagno avesse potuto "sentirla" prima di lui, che era abituato a percepire entità malvagie da molti kilometri di distanza.
"Non fare nulla di avventato. Temo possa trattarsi del nostro comune nemico." seguitò a dire Dark, sempre piegato su sé stesso, ma almeno libero dagli spasmi di nausea di poco prima.
Quella era l'aura di Nero? Se la sarebbe aspettata più... invasiva, violenta e, soprattutto, imponente, considerata la descrizione fatta dall'omino, che lo aveva dipinto come un mostro anche peggiore dei suoi demoni.
"Dov'è?" non riusciva a identificare la sua posizione.
Non ricevette risposta.
"Dark..."
Fu come una botta.
Prima che potesse concludere la frase e guardare il suo compagno, una coda coriacea, grossa come un tronco d'albero, lo investì, facendolo disperdere. Essere di fuoco era vantaggioso, i colpi non ti facevano male, però c'era il rischio di non riuscire a ricomporsi.
Per fortuna non era quello il caso. L'attacco lo aveva colto alla sprovvista, ma era lo stesso riuscito a evitare di essere completamente frammentato.
Si riformò a distanza, guardandosi bene dal rimanere a portata di mano del suo ignoto aggressore. E ciò che vide lo sconcertò.
Darksaurus si ergeva davanti ai suoi occhi. Solo che non sembrava lui. Tre gigantesche code da dinosauro, rivestite di quelle che sembravano placche metalliche, gli uscivano dalla schiena, mentre due paia di arti simili a quelli di un velociraptor gli spuntavano sopra le spalle. Un teschio da rettile, allungato, dai denti aguzzi come rasoi gli circondava il capo. Aveva gli occhi spiritati.
"Ehy, ma che ti prende?" gridò Lars, aumentando il calore per mettere in guardia il nemico. Non voleva proprio scatenare una lotta con il ragazzo. Insomma, a quanto gli aveva detto l'omino doveva guardarsi da lui, ma aveva sempre dei principe, e combattere con un compagno li violava tutti.
Forse l'omino aveva avvisato anche lui. Eppure gli aveva detto esplicitamente che non avrebbe rivelato ad altri di quel piccolo "gioco".
Digrignò i denti, lanciando scintille che appiccarono piccoli incendi sulle rade zolle d'erba lì intorno. Uno svantaggio dell'essere di fuoco al cento per cento era proprio il fatto di non poter fare nulla senza il rischio di bruciare tutto nel raggio di un kilometro.
Dark dondolò la testa, emettendo uno strano verso.
Due delle tre code partirono verso Lars ad altissima velocità. Il ragazzo di fuoco fu rapido a schivare gli attacchi così rozzamente scagliati, ma fu incauto: fece un balzo che lo portò proprio sopra le due code rivestite di metallo (o di osso, non sapeva ben dire di cosa fosse fatta quella strana armatura che le ricopriva come un esoscheletro). Mentre era a mezz'aria, la schiena indifesa, Dark diede un potente strattone con i muscoli della schiena, e come fruste le escrescenze si alzarono, colpendo il ragazzo e mandandolo in frantumi.
Lars voleva gridare dal dolore, solo che, in quel momento, era troppo preso dal riformare il proprio corpo per pensare a stare male. Quell'attacco lo aveva ferito non poco, disperdendolo quasi del tutto. Con uno sforzo immane, però, riuscì a riordinare le particelle della fiamma e a ricostruire il corpo umanoide.
"Se è la guerra che vuoi..." pensò, ma non fece in tempo a finire mentalmente la frase che una presenza lo costrinse al silenzio. Fu come se un polpo lo avesse afferrato ed ora lo stesse stritolando con dei giganteschi tentacoli uncinati.
"Ti prego, niente frasi fatte." sentì sussurrare all'orecchio. Ma in parte non aveva nessuno.
Digrignò i denti, cercando di resistere, ma la pressione che l'entità faceva per entrare nella sua mente era eccessiva. Aveva già avuto modo di assistere allo smisurato potere che un demone con capacità telepatiche poteva esercitare, ma quello andava contro ogni sua aspettativa. Mai aveva sperimentato una forza simile, capace di inibire le sue difese, di renderle vane senza nemmeno dare prova del minimo sforzo.
Ruotò la testa all'indietro e gridò di dolore, tenendosi le tempie tra le mani.
Non si rese perciò conto della coda di Dark, che saettò contro di lui a velocità incredibile, tagliandolo in due come una motosega.
Al dolore mentale si associò quello fisico. Il lento disgregarsi della fiamma gli fece provare ciò che sicuramente doveva essere la morte, un'agonia lenta e terribile, senza scampo. Ormai lo aveva colpito troppe volte perché la rigenerazione potesse procedere senza un ausilio esterno. Gli serviva calore, fuoco, magma, se possibile... Doveva ripristinare la fiamma al più presto...
Come a rispondere alla sua muta richiesta, uno zampillio dorato gli fece abbassare il capo. Dal terreno stava iniziando a fuoriuscire un liquido denso e bollente, una manna per lui. Non gli importava l'innaturalità di quell'evento, si gettò su di essa con gli ultimi residui di energia che gli erano rimasti in corpo e bevve, bevve fino a scoppiare.
Il denso tumulto di roccia fusa a temperatura altissima si condensò nel suo petto, fondendosi con il resto del corpo e dandogli vigore.
Il fiotto bollente cessò proprio in quell'istante di fuoriuscire. Un benevolo angelo custode lo aveva salvato. Dark saltò, cercando di colpirlo con le tre code con stoccate rapide e precise, che però lui schivò senza difficoltà.
Sorrise.
"Si fa interessante..." mormorò.
I pugni gli si ricoprirono di uno spesso strato di magma incandescente, mentre due corna a sciabola gli spuntavano in fronte.
"Scusami, amico. Ma non mi impedirai di uscire da qui." sussurrò.
Intanto un uomo alto e magro li osservava dall'alto di un edificio miracolosamente non devastato. Aveva un'espressione concentrata in volto. Teneva le mani guantate strette dietro la schiena, le gambe leggermente divaricate e gli occhi chiusi, stretti in un'espressione quasi sofferente.
"Dannazione!" gridò, aprendo gli occhi e cadendo in ginocchio. "Se non sono almeno al quaranta per cento... non riesco a tenere sotto controllo due menti contemporaneamente."
Lanciò un grido di frustrazione verso il cielo.
"Se fossi completamente libero, avrei libero accesso e dominio di qualsiasi mente in qualsiasi momento!" disse, esasperato. "Quanto meno il giovanetto stupidotto con la passione per i dinosaurini da bimbini piccolini ha una buona mente. Poverino, quasi mi fa pena. Un potere simile nelle mani di chi non lo sa sfruttare. AH! Se fossi al massimo del mio potenziale! Se la mia mente potesse varcare la soglia dell'infinito! Cosa potrei fare con il potere di chi realizza il proprio pensiero? Io che tutto posso pensare, al contrario di un limitato essere vivente? Me ne ricorderò! Appena libero del tutto, farò mio il suo potere e spodesterò il capo! Ma prima di tutto... liberiamoci di quella mosca fastidiosa..."
Tornò a fissare la battaglia tra i due. Lars stava martellando di bombe vulcaniche Dark, il quale dava di code e frustava tutto ciò che aveva intorno.
Nero alzò il braccio davanti agli occhi e sorrise.
"Sono libero al ventisette per cento! OTTIMO!" esclamò. Chiuse gli occhi e espanse la sua essenza fino a Dark. Fino a quel momento si era limitato a manovrare in parte il suo corpo. Ma adesso, mentre il suo potere aumentava con il passare del tempo, poteva far suo l'intero Darksaurus, renderlo non semplicemente suo schiavo, ma pura parte di sé, come fossero la stessa persona.
Avanzò nella mente del ragazzo, impotente, incapace di reagire. Vide il nucleo vitae, il fulcro che contraddistingueva ogni oggetto, vivente o non vivente, ad eccezione proprio dei supremi. Una specie di anima. La avvolse nel suo manto di oscurità, ridendo di gusto, sentendo il ragazzo spegnersi. Tutto avveniva a livello mentale, ma Nero, essendo un'emozione incarnata, si muoveva con estrema facilità in quella zona il cui accesso è consentito solo a ciò che non è concreto.
Toccò il nucleo, pronto a inghiottirlo.
Lo stava per inglobare totalmente, annientando così l'essenza stessa di Dark, quando un tremore lo fece cadere carponi. Uno schianto sordo lo riscosse. Guardò in basso e vide Dark, steso su un cumulo di detriti, bruciacchiato fino ai capelli. Si era dimenticato, preso com'era dal processo di assimilazione che, al massimo del suo potere, avrebbe richiesto non più di due nanosecondi, dello scontro, e così il giovane pallidino le aveva prese di santa ragione. Poco più in là avanzava un incendio ambulante, meglio noto con il nome di Lars.
Ora l'umano dai poteri di demone era diventato un'immane pira di fiamme alta trenta metri o giù di lì.
"Darksaurus! Scusami, ma lo devo fare!" gridò, alzando una mano.
Nero storse la bocca. Se lo ammazzava in quel momento, addio piani di conquista del mondo. Non avrebbe potuto avere nessun potere da un mucchietto di cenere. Il ragazzo era svenuto. Inutilizzabile quindi, per un supremo indebolito come lui.
Si decise. Scattò in avanti e si materializzò davanti al corpo fumante del giovane, la mano alzata. Lars non lo vide. Calò la mano, pensando di colpire il suo compagno di viaggio. Gli piangeva il cuore, ma non ci poteva dare peso. Doveva tornare a casa. Doveva rivedere il suo mondo e proteggere la sua gente.
Colpì. Ma non accadde nulla.
Il fuoco si spense a contatto con la mano di Nero.
Lars vide il demone.
"TU!" gridò, ricomponendo l'arto più in fretta che poté.
Ma Nero era già sparito.
"Cosa?" si chiese il giovane. Poi notò Dark, ancora privo di sensi. Negli ultimi cinque minuti, in effetti, lo aveva bombardato senza pietà, mentre quello non reagiva. Si sentì un po' un vigliacco, ma si riscosse subito. Si avvicinò all'amico e cercò di farlo riprendere, scottandolo ogni volta che tentava di toccarlo.
Dark non rispondeva.
E Lars non sapeva più che fare.
Nero.
Se lui era lì, voleva dire che era colpa sua se Darksaurus lo aveva attaccato. Era colpa sua se ora era ridotto così. Alzò la testa e gridò. Una lieve pioggerella iniziò a cadere, ferendolo.
E la luce rossa e blu dello strano edificio illuminò i loro volti, esplodendo alle loro spalle.
 
Nero si appoggiò alla grande meridiana in pietra al centro della stanza.
Salvare il moccioso era stato durissimo, nelle sue condizioni. Il moncherino del braccio destro, che si era letteralmente liquefatto a contatto con il fuoco di Lars, emetteva fumo bianco, riformandosi lentamente.
"Non abbastanza forte per controllare due menti alla volta, non abbastanza forte per copiare due poteri insieme, non abbastanza forte per copiare i poteri degli otto elementi..." borbottò, tenendosi il braccio malandato con l'altro, come se volesse fermare la circolazione. Inutile, visto che non aveva né sangue, né vene. "Se fossi del tutto libero... Ora avrei già vinto!" gridò, frustrato.
"E che gusto ci sarebbe? Sai perché noi non possiamo mai agire direttamente nella realtà, usando magari i nostri poteri? Perché avremmo vita facile. E perché questo distruggerebbe ogni cosa, con ogni probabilità, ma anche per la prima ragione. Non è divertente poter fare ogni cosa senza difficoltà. Per questo ci tratteniamo." disse la figura dietro le sbarre in fondo alla sala.
"STA ZITTO! Se avrò voglia di sentire lezioni di morale o simili da te, ti informerò, chiaro?" sbottò Nero, voltandosi furioso.
"Calmo. Piuttosto. Vedo che i tuoi occhi stanno tornando viola, bene. Allora sei piuttosto vicino alla completa liberazione."
"Già." rispose il demone, tornando a fissare la meridiana.
"Già..." ripeté, ghignando, folle.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Forse Amici ***


Darksaurus si massaggiò la testa. Era rinvenuto in una stanza piccola e buia, dalle pareti grigio fumoso. Sembrava l'interno di una piccola piramide con tre muri che andavano a congiungersi molto in alto sopra la sua testa. O almeno, così gli pareva che fosse, visto che il soffitto era tanto in alto da non essere visibile.
Si avvicinò ad una parete e vi pose una mano.
No, i suoi poteri non funzionavano. Aveva provato a creare un foro con il pensiero, ma non era riuscito a fare alcunché. Che razza di posto era quello?
Si guardò in torno ancora per qualche istante. Poi lanciò un grido di dolore, portandosi le mani alle tempie. Come una scarica elettrica a diecimila volt, una violenta emicrania era piombata su di lui senza il minimo preavviso. Sentiva la testa pulsare, la sentiva sul punto di esplodere, non riusciva a resistere a quello strazio.
Si piegò sulle ginocchia, le labbra tremanti, incapace di mettere a fuoco nemmeno quel poco che lo circondava.
Con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca, cercò a tentoni un'uscita, un oggetto, qualsiasi cosa lo potesse distrarre da quello strazio insopportabile. Ma quella stanza era vuota. Dannatamente vuota! Se solo avesse potuto usare la sua... dote... avrebbe sicuramente fatto cessare quel maledetto suono infernale!
Non aveva speranza. Si sentiva morire, mentre il martellare impietoso gli faceva cadere a pezzi il cervello. Sarebbe morto soffrendo come un cane. Così era sempre stato, del resto.
Ma quando tutto gli sembrava ormai perduto, un suono attirò quel poco di attenzione che ancora gli era rimasta.
La sua forza di volontà, annientata completamente, non gli permise nemmeno di alzare il capo per vedere cosa stesse accadendo. Era perduto in quel mondo in rovina che ormai era la sua mente, inghiottito da quel pulsare incessante e distruttivo che lo stava lentamente uccidendo.
Una mano lo afferrò per la spalla.
Quella stretta severa e decisa, eppure delicata e gentile, lo rassicurò un poco. Fu come un faro in mezzo alla tempesta.
"Dovevo immaginarlo." disse una voce. Sicuramente doveva appartenere ad un giovane di non più di vent'anni. "La trasmigrazione è più complessa con i pensatori... Gioyglory! Perché non mi hai avvisato per tempo?"
Un'altra voce, più matura e stavolta femminile, sospirò, per poi rispondere, con tono rassegnato: "Io ci avrei anche provato, a dirtelo, un centinaio di volte, ma tu non mi ascolti... Ah, lasciamo perdere."
Dark non riusciva ad identificarli, né tantomeno a capire dove si trovassero esattamente. Tutti i suoi sensi erano annebbiati dall'emicrania, che, tuttavia, pareva ora indebolita dalla stessa stretta di quella mano amica.
Sicuramente, uno di loro era davanti a lui. E fu proprio quest'ultimo a sollevarlo di peso e a metterlo seduto su una scomodissima seggiola di quelle usate nelle scuole. Con una mano sola. E senza fargli male alla spalla, tra l'altro.
Mosse un po' la testa verso destra, nel vano tentativo di alzarla e guardare negli occhi i suoi salvatori. O forse rapitori. Non sapeva perché, ma qualcosa gli diceva che era colpa loro se lui si trovava lì, in quel momento.
"Allora. Vediamo. Che fare. Con. Questo tizio." scandì il ragazzo, con il tono di chi sta studiando un complesso meccanismo guasto per capire dove iniziare a mettere le mani per ripararlo.
Dark sentì il tocco di un dito sullo sterno premere sempre più forte.
L'osso iniziò a scricchiolare. Si piegava, e lui non poteva nemmeno gridare a quel tizio di smetterla! Fino ad un momento prima sembrava che la presenza dei nuovi arrivati fosse un bene per lui, ed ora stavano cercando di farlo fuori.
Sentì il dito penetrare dentro il suo corpo, spaccando tutto ciò che trovava sul suo cammino, sentì la mano, il braccio, l'intera figura del ragazzo misterioso squarciargli il petto, facendogli esplodere il cuore. Per un attimo smise di provare qualsiasi forma di emozione. Non sentì ne vide nulla.
Poi, come un neonato appena venuto alla luce del sole, si sentì inondare i polmoni di aria. Tossì, aprendo gli occhi e piegandosi su sé stesso.
"Ora dovresti stare meglio." borbottò il suo aguzzino/salvatore. In preda ad un attacco di terrore si tastò il petto. Dove avrebbe dovuto esserci quantomeno un foro grosso quanto un pugno invece non sentiva altro che il liscio tessuto della maglietta.
"C-chi..." fece per chiedere, ma una mano femminile, dalla carnagione chiara, quasi eterea, gli toccò la spalla da dietro, facendolo voltare leggermente. Ancora faticava a tenere dritta la testa, e aveva la vista un po' offuscata, quindi ci mise un po' ad identificare il duo.
Un ragazzo palesemente nerd e una donna vestita in modo decisamente eccentrico lo stavano fissando, uno davanti, con le braccia scheletriche incrociate sul petto ed un'espressione dubbiosa in volto, l'altra alle sue spalle, che scuoteva la testa, sconsolata, sempre tenendo la mano sulla sua spalla. Quel tocco lieve lo faceva sentire bene. Forse era lei che lo aveva salvato poco prima.
"Non affaticarti. Sei debole, ora come ora, e non puoi permetterti alcuno sforzo." gli disse lei con voce soave.
Dark strinse le mani sui bordi della sedia. Boccheggiò un altro po' prima di riuscire a mettere definitivamente a fuoco la stanza spoglia e buia. Si chiese come facesse a vedere vista la palese mancanza di luce li dentro.
"Benvenuto nel mio mondo, Darksaurus, Ideatore di terza categoria della razza dei Pensatori. Sarai un ottimo aiuto per la nostra causa!" esordì il ragazzo, che si era poggiato ad una parete con le braccia conserte sul petto.
"P-pensatore? Ideatore di terza categoria? Ma di che parli, scusa?" chiese titubante il moro.
"Pensatori sono coloro i quali, attraverso determinate facoltà legate al pensiero, riescono ad incrinare la realtà e a modificarla. Ne esistono due tipi, Ideatori, come te, e Illusionisti. I primi generano ciò che pensano, lo rendono reale, i secondi invece aprono squarci nel tessuto della realtà per portare le loro "vittime", per così dire, nella loro stessa mente, dove loro hanno pieno controllo. Chi subisce il loro controllo percepisce il tutto come semplici illusioni e, se l'Illusionista decide di uccidere la sua "vittima", questa se ne renderà conto solo dopo che il suddetto Illusionista lo avrà fatto uscire dalla sua mente. Un po' incasinato, ma ci sta. Si, ci sta un casino... Coooomunque, tu sei di terzo grado. Vuol dire che, in una scala uno a dieci, tu sei al terzo posto. Non è il meglio, ma è già abbastanza. Il problema è che qui quelli come te sono stati tutti fatti fuori. Sai, no, casini diplomatici, guerre, discussioni tra barbosi pezzi grossi della politica interplanetaria. Fatto sta che i Pensatori si sono estinti e la tua presenza qui potrebbe non essere vista di buon occhio proprio proprio da tutti, così... Nel portarti qua con la trasmigrazione ho dovuto "camuffare" la tua traccia, il tuo odore magico, quell'impronta digitale che possediamo tutti in qua esseri viventi, insomma, la tua aura, per dirla in termini più mistico-esoterici. Ne è derivato che ti sei indebolito molto, come ti sarai accorto anche tu. Puoi usare tutti i tuoi poteri, ma occhio... Ti farà male.
COMUNQUE!" Dark sobbalzò a quell'esclamazione così decisa "Ti ho portato, o meglio trasmigrato qui per una valida ragione. Cioè, valida per me, non per te, nel senso, a te non fregherà nulla, ma a me si e io... Andiamo oltre. Mi serve il tuo supporto. Ti va di far parte di una sgangherata quanto esilarante compagnia di allegri zuzzurelloni al par di te, il cui solo scopo è tornarsene a quella stessa casa da cui vi ho incivilmente strappati senza nemmeno chiedere se la cosa vi garbava un minimo, e che, per far ciò, dovrà vedersela con un nemico chiamato Nero, o meglio, l'altro Nero, in una spericolata lotta bene versus male in stile anni non so quali?"
Il ragazzo tirò un respiro profondo dopo aver terminato la frase.
Darksaurus restò fermo per un istante.
Non ci aveva capito molto, tranne che quel tizio era totalmente fuori di testa e sicuramente irrecuperabile.
"Fammi capire." borbottò infine.
"Si." disse quello, sorridendo in modo idiota.
"Tu mi stai dicendo che mi hai fatto venire qui solo per combattere una guerra che tu stesso ti rifiuti di affrontare, pur sapendo che sarebbe tuo dovere intervenire?"
"Esatto! Mi congratulo con te per la tua non eccessiva intelligenza!" strepitò quello, raggiante in volto, sfregandosi le mani soddisfatto.
"Ma tu chi diavolo saresti?"
"Omino di Mai al tuo servizio! Cioè... Al tuo tuo no. Però sono al servizio di qualcuno!"
Darksaurus lo guardò scettico.
"Fai un po' come ti pare." disse poi mesto. Non gli importava molto di essere finito lì, né di cosa gli venisse chiesto di fare. Almeno quel tizio, l'Omino, sembrava fregarsene di chi lui fosse e di cos'avesse fatto. Gli chiedeva aiuto benché fosse un mostro. Inoltre, non c'erano poi tante altre vie d'uscita.
"Bene, allora ti chiederei di seguirmi immantinente!"
Il ragazzo batté le mani e la parete davanti al Pensatore sparì, lasciando il posto ad un infinito corridoio dello stesso grigiore della cella, che pareva crearsi man mano che Dark vi spingeva dentro lo sguardo. Era straordinario, come se le pareti davanti a lui si formassero dal nulla e lui vi fosse proiettato in mezzo. Gli sembrava di muoversi nel corridoio, pur rimanendo fermo sulla sedia.
Poi realizzò che non era una sensazione, é che lui si stesse muovendo davvero. Era il corridoio stesso che si spostava rispetto a loro!
"Come... Come ci riesci?" chiese esterrefatto. "Sei forse un dio?"
E che altra spiegazione c'era? Nemmeno lui con il suo potere era mai stato capace di fare una cosa simile, di muovere la realtà rimanendo immobile. Di solito lui si limitava a pensare a qualcosa ed esso compariva. Ma far addirittura si che l'intero universo si sposasse rispetto alla propria posizione... Impressionante.
L'Omino si voltò sorridendo gentilmente.
"Diciamo che io può. E il capo farebbe addirittura di peggio."
"Il capo?" chiese Darksaurus. Quel nome gli ricordava qualcosa. Qualcosa di molto, molto potente.
"Il capo, si. Colui al quale noi tutti dobbiamo le nostre vite. Dio, se ti va di chiamarlo così, ma non gli piace molto, già già... L'essere supremo che diede vita al mondo e lo popolò di tutti! Tutti tutti tutti tutti... Ed è anche il mio creatore, mio e dei miei simili, gli erroneamente chiamati Supremi, le emozioni pure con il potere di distruggere ogni cosa, indipendentemente dalle sue proprietà, e di resistere ad ogni cosa."
"Tu sei un Supremo?" conosceva quegli esseri, ma solo di sentito dire. Gli avevano detto poco e niente sul loro conto. Erano quindi degli dei?
"No, non siamo divinità. E sta attento a chi dici una cosa del genere. Alcuni di noi odiano essere paragonati ad entità stupidamente considerate supreme. Tipo Lyram, lui proprio non lo sopporta. Ma lui non sopporta il novantotto per cento di cose che gli accadono intorno, perciò... Ma basta divagare, Gioyglory! Te l'avrò detto mille volte di non divagare!"
Dark avrebbe voluto fargli notare che era stato lui ad andare fuori argomento, ma se lo tenne per sé. Quel tizio lo preoccupava sempre di più. Sembrava gli avesse letto la mente con la stessa facilità con cui lui inspirava.
Doveva prestare attenzione a ponderare non solo le sue parole, ma anche i suoi stessi pensieri.
"Non temere." disse l'Omino, senza nemmeno voltarsi verso di lui stavolta "Puoi dire e pensare ciò che vuoi. Io ho restrizioni ancora maggiori rispetto ai miei fratelli. Ups, ho detto fratelli? Adreus e Nero si sarebbero arrabbiati... Odiano che io ci chiami "famiglia". Ritengono sia stupido per me volerne una. Vabbé... COMUNQUE! Siamo qui per questo? NO! E allora... Sai, è che io non sono un Supremo qualsiasi. Non voglio dire di essere il più potente, quello è impossibile, come saprai, e anche se non lo sai, noi altri siamo il massimo potere raggiungibile per un non-capo, e proprio per questo siamo vincolati da leggi, tipo l'impedimento ad agire direttamente. Io però sono diverso. Gli altri hanno determinate capacità. Io ho tutto! TUTTO CIÒ CHE VOGLIO!"
"Tu sei pazzo." mormorò Darksaurus, impreparato a quel tizio così fuori di melone.
"Non hai idea di quanto tu ci abbia azzeccato! Sono Blaso, la Follia, e, in quanto tale, sono svincolato da ogni norma e regola! Io posso fare tutto perché... non c'è un perché! Capisci? Non avendo senso, la follia, porta a creare cose inesistenti! Un folle potrebbe vivere con la credenza di avere un pianeta minuscolo che gli gira intorno alla testa, e per lui sarebbe vero! Così è per me, solo che io faccio vivere nella mia stessa follia tutti gli altri!"
"Tu... crei un'illusione?"
"No, io faccio come gli Illusionisti, solo che a livello superiore. Io non mi limito a portare nella mia mente una porzione del Mondo. Ce lo porto tutto e tutto d'un colpo, capisci? Per questo sono costantemente rinchiuso nel Mondo di Mai, per evitare che ciò accada. Ora, per esempio, potrei porre fine a tutta questa storia con un solo gesto. Però non ne ho voglia!"
"Tu sei..."
"Io sono quanto di più simile ad un dio tu potrai mai trovare qui. Quanto di più simile al capo. Punto. Oh, ovviamente noi non vogliamo che questa conversazione diventi pubblica, si? Resterà un nostro piccolo segreto..."
Dark si bloccò. Praticamente quel tizio gli aveva appena detto che lui, da solo, avrebbe potuto fermare quell'altro tizio, quel tale Nero, senza nemmeno sforzarsi troppo, ma che non lo avrebbe fatto per pigrizia? Voleva affondargli i denti nel collo e staccargli la testa di netto...
Ma non lo fece.
L'Omino lo fissò, sorridendo.
"Ah, Dark, un'altra cosa." soggiunse. "Non sono certo io che ti debbo informare che questo è un sogno, che tu sei morto e che io ti ho riportato in vita, si?"
La visuale si scurì.


"DARK!" gridò qualcuno.
 
"RISPONDIMI!"
 
"Ti prego..."
 
"L-Lars?" borbottò, cercando di rimettersi in piedi.
Il ragazzo di fuoco lo fissò incredulo. Poi sorrise. Sorrise di nuovo. Stentava a credere ai suoi occhi. Scoppiò a ridere, mentre l'altro si rialzava con l'aria di chi ha appena ingerito cento pinte di birra in un colpo solo.
"Sei vivo!" esclamò il ragazzo di fuoco. "IL MIO AMICO È VIVO! UUUUUHUUU!" gridò al cielo, al colmo dell'euforia. La paura di aver perso il proprio compagno lo aveva abbandonato per regalargli una felicità senza eguali.
Dark gli sorrise debolmente. Dopotutto era felice anche lui, era appena scampato alla morte per un soffio.
"Che hai fatto, ti sei messo ad aspettare me? Non avrai creduto sul serio che io fossi morto per così poco?" scherzò il giovane, stropicciandosi gli occhi.
Lars sorrise di nuovo. Le fiamme che lo avvolgevano stavano iniziando a diventare più fredde. Iniziava ad emanare profumo di pioggia.
"Che ti succede?" chiese Dark curioso, sia per avere il tempo di riprendersi, sia perché sentiva il bisogno di parlare con qualcuno.
Lars lo guardò senza capire. Poi Dark indicò la sua spalla. Lì il fuoco si increspava innaturalmente, senza formare la forma liscia e ben tornita della muscolatura. Sembrava ferito. Il che era strano. Un tizio fatto di fiamme che si ferisce?
Il ragazzo sorrise mandando scintille.
"A dirla tutta, è una lunga storia."
"Ed io sono esausto. Quindi vai, spara. Ti ascolto volentieri."
Lars restò un attimo in silenzio. Poi iniziò a raccontare.
"Devi sapere che, in realtà, io non sono un demone. Sono un normalissimo ragazzo come te."
"Come me non so, però..." Pensò Dark, nascondendo un sorrisetto.
"Tuttavia un demone albergava in me fino a quando... si beh, fino a che l'Omino di Mai non ci portò
qui. Sai, da dove vengo io... i demoni la fanno da padroni. Ce ne sono di ogni sorta. Il mio era un mostro di fiamme e acqua, un minore, però.
Era agosto, mi pare, quando i soldati di ricognizione del mio villaggio nomade lo catturarono. Lo portarono dai sacerdoti perché potessero studiarlo. Peccato che quello che avevano tra le mani era un demone figlio di uno dei re infernali... il quale non se ne restò con le mani in mano. Assoldò un certo Igniazius, demone superiore della luce e dell'oscurità, uno dei più potenti in assoluto, per recuperarlo." Lars si fermò. Fissava il cielo con gli occhi annebbiati. Sembrava stesse per piangere. Invece seguitò a raccontare "Li... Li uccise quasi tutti. Io e mia sorella, con nostro padre e nostra madre, fummo una delle pochissime famiglie superstiti. Mio fratello, invece... L'ultima volta che lo vidi Ignazius lo stava sventrando mentre era ancora vivo."
Le fiamme divamparono.
"Mi dispiace." disse Dark.
"Non fa niente." l'altro gli sorrise, anche se era palese la sua tristezza. "Non è colpa tua di certo. Fatto sta che io e il demone minore, Latravio, stringemmo un patto. Lui avrebbe vissuto in me libero in cambio del suo aiuto per trovare e uccidere Ignazius. Da allora siamo stati uniti come una cosa sola. Poi l'Omino ci ha separati e... non so spiegarlo, ma essere per la prima volta dopo anni solo, totalmente, è strano."
"E così hai un demone dentro di te. Ma perché sembri ferito gravemente?" riprese Dark.
Lars lo guardò.
"Giusto, le ferite. Scusa, ho divagato."
Dark ridacchiò, pensando all'Omino di Mai.
"Vedi, un demone elementare minore come quello da cui ho preso i poteri non è che un agglomerato di due o più elementi che si concentrano intorno ad un nucleo di energia. Una specie di anima, per intenderci. Nel mio caso di chiama Fiamma quando sono di fuoco, Sorgente quando sono d'acqua."
Il ragazzo moro lo fissò sbalordito "Tu controlli l'acqua?"
"Non stai attento? Due o più elementi. Vuol dire che gli elementali controllano più di un elemento. Alcuni, i Puri, ne hanno uno solo, ma lo possono usare molto meglio di un elementale qualsiasi. Comunque. Il punto della Fiamma, o Sorgente, o più semplicemente Anima dei demoni è che se vieni colpito da un oggetto solido, se sei minore come me, il tuo corpo viene fratturato. Si disperde, capisci? E ci vuole molta energia per non distruggersi irrimediabilmente. È come se tu avessi delle biglie unite. dai un colpo ad una di loro e si divideranno. Se il colpo è troppo forte alcune biglie si allontaneranno troppo, non potranno più essere recuperate. Allo stesso modo funziona la Fiamma. Colpendomi, mi frantumi, ed io devo usare tutta la mia volontà per ricompormi. Solo che certe ferite... sono troppo difficili da controllare."
Darksaurus lo fissò attonito. Ora si sentiva in colpa.
"M-mi dispiace... Io non..."
"Tranquillo amico. Guarisco in fretta. E poi è un graffietto, io ti ho quasi fatto fuori!" gli rispose sorridendo Lars. In realtà non sapeva se la spalla sarebbe mai tornata sana al cento per cento, però non voleva dargli quel dispiacere. Aveva deciso che, parole dell'Omino di Mai o meno, Dark era suo compagno, e per questo lo avrebbe aiutato con tutto sé stesso. Si fidava di lui.
Dark, per contro, non sapeva cosa pensare di quel grande e grosso braciere ambulante che gli sorrideva così gentilmente. Non era abituato alle persone che lo trattavano con gentilezza. Di solito era sempre messo da parte, snobbato, preso in giro, umiliato da tutti. Lui invece lo trattava come suo pari.
Lo aveva proprio giudicato male la prima volta che lo aveva visto. Allora gli era parso arrogante, pieno di sé, riottoso. Lo aveva odiato.
"Ehy, cos'è quello?" chiese il moro, fissando la luce che proveniva da dietro Lars.
Anche l'altro ragazzo si voltò curioso.
Gli si illuminò il volto, per quanto possibile, viste le fiamme di cui era fatto. "Che sia..."

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il moro, il dio, l'angelo e il Supremo ***


Victus Mors e Xoen camminavano da molto, affiancati dalla bella Gioyglory.
L'Eon, con le sue capacità divine, aveva già trovato ciò che cercavano.
La Cripta della Mente Profonda era proprio sotto la torre del regno. Ma la loro meta era altrove. Mentre camminavano una scossa sismica si fece sentire.
"La seconda." commentò senza emozioni Victus, cercando di non cadere, come Gioyglory.
"Già." disse Xoen, impassibile, avanzando come se nulla fosse nonostante il terremoto "Meglio, vuol dire che gli altri sono riusciti a trovare ed aprire le altre due Cappelle."
Il moro fissò l'Eon.
Non provava emozioni. Non sapeva il significato di quella parola. Ma qualcosa lo spingeva a voler provare qualcosa di negativo per lui. Forse gli stava antipatico. Non lo poteva sapere, così lo seguì non appena la terra si fu riassettata.
"Sono passati già due giorni." disse Gioyglory. "Sarà al quarantasette per cento, visto che sta calando la notte."
"Già." rispose ancora Xoen.
Era taciturno, quel giorno.
L'Omino aveva detto a lui e a Victus che Gioyglory avrebbe spiegato solo a loro due tutti i dettagli della missione. Non aveva detto perché, ma la cosa lo tangeva poco. A lui interessava solo una cosa. Incontrare il leggendario Nero, colui che aveva piegato, si diceva tra i membri del consiglio, Ablivion con il solo sguardo, fino a ridurlo un miserabile nucleo inutile, che poi si era pure frantumato in sei parti diverse. Il Supremo considerato più temibile di ogni altro. Certo, tra i Supremi conosciuti.
Voleva conoscerlo e combattere con lui alla massima potenza. Voleva che quell'essere leggendario gli mostrasse di cos'era davvero capace, cosa sapeva fare quando non si limitava ad usare un occhio come aveva fatto con Ablivion.
Del resto non gli importava.
"Muoviamoci, siamo in ritardo. Dobbiamo raggiungere la Cappella dello Mondo e della Vita." borbottò, prima di tornare immerso nei suoi cupi pensieri di guerra.
Victus sbuffò. Non per noia. Ma perché aveva visto tante persone farlo in determinate occasioni e gli sembrava l'azione più adatta al momento.
"Ripetetemi perché dobbiamo farlo." chiese.
Gioyglory gli sorrise.
"La Cripta in cui troveremo il modo di sconfiggere Nero non è accessibile se prima non si sono aperte le tre Cappelle e non si sono prese le chiavi al loro interno custodite. Tu e Xeon siete gli unici che hanno il potere di aprire questa cappella, come Lars era l'unico in grado di aprire la Cappella degli Elementi e Xurst quella del Tempo Fuggente. Solo quando avremo aperto le Cappelle potremo andare alla Cripta."
"E come faranno gli altri ad arrivare? Non sono stati avvisati, mi pare." fece notare il moro, sbrigativo.
Fu l'Eon a rispondere: "Ci penserò io. Manderò a tutti un messaggio mentale. Ora dobbiamo piuttosto preoccuparci di Nero. A quanto hai detto che è arrivato ora, Gioyglory?"
La donna pensò un attimo.
"Considerato che è in sette giorni che riacquisisce tutto il suo potere prima di liberarsi completamente, e che ha iniziato il processo due giorni fa, quando siamo partiti, ora dovrebbe essere al quarantasette per cento circa. Fino a domani non dovrebbe aumentare ulteriormente."
"Ma noi siamo partiti poche ore fa." disse Victus.
"Dimentichi, ragazzo mio" intervenne di uovo Xoen "che aprendo una Cappella il tempo slitta di ventiquattr'ore. E che aprendo la Cripta si va avanti addirittura di tre giorni. Quindi in realtà abbiamo poche ore per fermare Nero."
Il moro restò zitto.
Voleva dire che più loro avanzavano in quel terribile percorso, più rendevano forte il loro stesso nemico? Era fantastico. Chi aveva progettato quella prigione?
All'improvviso Gioyglory si fermò.
"Ehy, bambola. Che ti prende?" le chiese con disinteresse Xoen, senza nemmeno fermarsi.
"Guardate." disse lei, indicando un punto.
La Cappella si ergeva proprio in parte alla strada. La luce rosata che emanava dalla sua cima, come un faro, era a malapena visibile contro quel cielo vitreo. Si confondeva coi radi bagliori che il sole ancora gettava da sopra le nubi sul mondo. E davanti alla porta, che li fissava, stava Nero.
Sembrava spazientito.
Teneva i pugni piantati nei fianchi, un piede batteva sul terreno e i suoi occhi accigliati dicevano tutto meno che "Benvenuti! Amici miei!".
Non aveva bastone, giacca nera, cilindro... era solo in camicia bianca e pantaloni di velluto nero. Non portava nemmeno la sua tipica cravatta viola scuro. Aveva i capelli leggermente scompigliati, come se si fosse passato le mani sulle tempie un po' troppe volte.
"Eccovi! Almeno gli altri quattro non mi hanno fatto aspettare le ere geologiche!" sbraitò, allargando le braccia.
Victus e Gioyglory si misero rapidi in posizione. Xoen invece sorrise.
Si avvicinò al Supremo, il sorriso che si andava allargando.
"Beh, che hai? Vuoi morire tu per primo? Come ti pare, tanto io non avevo preferenz..."
Non terminò la frase.
Xoen lo aveva afferrato per le spalle. I due potenti signori si fissarono per un breve istante, prima che l'Eon aumentasse la gravità sul corpo del Supremo, schiacciandolo al suolo.
Nero si ridusse ad una poltiglia fumante.
Dal fumo fuoriuscirono dei muggii arrabbiati.
Con un lampo di luce, Nero si ricompose al solito modo, con i pezzi di corpo che roteavano intorno ad un nucleo per poi riattaccarsi a formare il suo corpo a mo' di puzzle.
"Ma sei..." fece per dire Nero, ma l'Eon non era dell'idea di discutere.
Scagliò una manciata di polvere in aria.
"Sai cos'è la polvere, Nero?"
L'uomo non rispose, si limitò a guardare in alto, sopra di lui.
"Sono minuscoli frammenti di materiale invisibili ad occhio nudo. Ma pensa cosa potrebbe accadere se quei frammenti ti colpissero ad una velocità prossima a quella della luce."
Nero sgranò gli occhi.
"Mille Millemila. Pioggia di aghi di pino." sussurrò Xoen.
Come da una piccola cascata, per una frazione di secondo il corpo del Supremo fu colpito da una nebbiolina incandescente.
Numerosi fori si formarono sul suo corpo.
"Se vieni colpito da qualcosa sparato alla velocità della luce, come della polvere, devi stare pronto ad essere ucciso sul colpo." commentò Xoen.
Nero scomparve.
Riapparve di fianco all'Eon. Gli tirò un pugno, ma quello lo parò con facilità.
"Via, Nero, mi deludi molto. Tutti qui quello che sai fare?" lo schernì l'avversario, schiacciandogli la mano come fosse di carta.
Nero sorrise.
"No. Perché, tu non stavi sgranchiendoti le ossa, fin'ora?"
Xoen restò sorpreso per un attimo. Poi sorrise. Il bello stava per arrivare. Solo che non si aspettava fosse così bello.
Sentì una fortissima pressione sul braccio.
"Ma che..."
Con un potente boato, l'arto del Supremo attraversò letteralmente quello dell'Eon, facendoglielo esplodere in una cascata di icore dorato.
Xeon soffocò un urlo di dolore. Si fece indietro di qualche passo, barcollando, tenendosi la spalla mutilata. Non riusciva a ricomporla. Nero, invece, era come nuovo.
"COME CI SEI RIUSCITO?" gridò, rivolto al Supremo. Nero gli sorrise.
Alzò la mano, pronto a colpirlo di nuovo, ma qualcosa lo bloccò.
Era Victus che gli era comparso alle spalle, bloccandogli i polsi.
"Vai, Xoen." lo incitò, mentre Nero cercava di divincolarsi.
L'Eon ne approfittò, colpendo con un calcio il nemico all'addome. Nero sbuffò.
"TOGLITI!" gridò Xoen a Victus, che prontamente si volatilizzò in una nube bianca. La pressione aumentò intorno al piede dell'Eon, finché il corpo di Nero non fu perforato come da una cannonata.
Il Supremo sorrise, afferrando la gamba del suo avversario.
"Sai che ti ho copiato i poteri, decuplicandoli?" lo schernì, lasciandolo di sasso. Non sapeva che ne fosse capace. Con forza, Nero lo fece roteare sul posto fino a scagliarlo contro la porta di un edificio mezzo crollato, il quale crollò definitivamente.
Victus ricomparve davanti al demone, con aria feroce e due coltelli di nebbia nelle mani.
"Ma che vuoi fare? Fin'ora non sei il più debole che ho affrontato, ma di certo non sei all'altezza di molti altri." disse Nero con aria annoiata.
Il ragazzo tentò numerosi affondi, ma l'altro li parava tutti con un dito come fosse la cosa più naturale del mondo.
"Sei noioso. Vattene." sbottò infine, disarmandolo sempre con un solo dito, lasciandolo a bocca aperta. Poi, rapido come il fulmine, spinse la mano contro la sua spalla destra, perforandola.
Il ragazzo sputò sangue, venendo sbalzato indietro e finendo sulla strada.
"FERMO!" gridò Gioyglory, che caricò Nero con la spada in mano.
Dall'elsa senza lama, come rispondendo al grido della bella amazzone, una fiammata blu scuro esplose, formando la forma di una sciabola.
Gli occhi viola del demone si illuminarono a quella vista.
"La mia Lirgling! La spada che era mia prima che i Supremi me la confiscassero."
Come se la donna non esistesse nemmeno, afferrò la lama di fiamme con una mano, colpendo di taglio il braccio della guerriera, che si ruppe subito.
Nero strinse saldamente l'elsa della ritrovata arma.
"Ogni Supremo ne ha una, un oggetto particolare che non può impugnare nessun altro come farebbe lui. E il mio oggetto è proprio Lirgling!" sospirò nostalgico.
La lama di fuoco si spense.
"Ora, amica mia, ruggisci di nuovo! INSORGI NEL FUOCO, LIRGLING!" gridò, evocando di nuovo l'arma.
Stavolta la fiammata era, però, viola scuro e prese la forma di uno spadone a due mani, più conforme alla grossa elsa.
Nero soppesò l'arma, soddisfatto.
Poi fisò Gioyglory e sorrise ancora di più.
"Se ora io ti uccido..."
"No!" gridò Victus, ma non fu sentito.
"Dannazione, sono bloccato..." mormorò Xoen, che, per la magia di Nero, non riusciva a levarsi di dosso le macerie.
"Loro falliscono..."
"Fermo!" il moro cercò di avanzare, ma il dolore alla spalla era lancinante. Era finita. Senza di lei non potevano aprire la Cripta e allora Nero avrebbe vinto. A meno che...
"Ed io vinco e... Uh?"
Nero non fece in tempo a voltarsi, che la sfera nera lo annientò fino a lasciare di lui solo le game tranciate.
La carta del Dolore risplendeva sul petto del nuovo arrivato.
"Allora... sai come usarle, quelle stupide cartine buone solo ad essere bruciate..." bofonchiò Nero, ricomponendosi a distanza di sicurezza.
Grim Reaper, la trasformazione finale di Victus Mors, un mostro di morte composto e per morte creato, che morte portava usando la morte stessa, incombeva su di lui, fissandolo cupo coi suoi occhi nero pece.
Ancora più inespressivo del ragazzo, Grim Reaper era alto più di due metri e mezzo.
Solo che non era il normale Reaper. Era molto più potente.
"Le carte..." mormorò Xoen, ricordandosene solo in quel momento. "Ma certo!" iniziò a frugarsi le tasche della giacca.
Un'aura nera circondava il mostro. Degli spuntoni d'ossidiana gli uscivano dalle spalle muscolose e cadenti. Le braccia, più lunghe del normale, erano legate a dei cristalli che gli fluttuavano intorno da pesanti catene incandescenti. Aghi neri gli attraversavano le costole del petto, lasciato scoperto dal mantello lacero che gli copriva la schiena. Un cappuccio gli copriva il volto, lasciando intravedere solo gli occhi mortali e vuoti di chi ha donato l'anima per falciare quelle altrui.
Vestiva una pesante cotta di maglia, che si completava sulle gambe con un gonnellino da legionario romana e da gambali sempre in stile romano.
Nero strinse i denti.
"Non credere che basterai a battere me, stupidotto sempliciottolo!" strepitò, facendo bruciare con più ardore la spada che, stranamente, pur essendo stata colpita dalla sfera nera di Grim, che tutto poteva distruggere e azzerare dalla realtà, era rimasta intatta.
"Si. Hai ragione. Ma che mi dici di me, Nero?" chiese una voce potente alle spalle dei due. Il Supremo si voltò e indietreggiò.
Vestito di luce come un dio, Xoen avanzava tra le macerie, facendo ondeggiare il suo amato yo-yo.
Dove passava sembrava che il terreno tornasse fertile. Dietro i suoi passi c'era una scia di pura vita, tra piante, erba verdeggiante e fiori profumati.
Nero sorrise.
"ORA SI CHE SI RAGIONA! FINALMENTE POTERI CHE VALE LA PENA DI COPIARE!"  
 
 
 
Angolo di ME (AGAIN!)
 
Giusto per dirlo:
La parte uno della serie (si, sarà una serie, no, non mi importa se voi non lo sapevate e si, si sto tergiversando spudoratamente!) è ufficialmente COMPIUTA!
Alt.
Questo non è l'ultimo capitolo. Ciao, ne manca ancora un po'. Ma volevo dirvi che da qui alla fine di questo primo pezzo ci siamo, abbiamo già tutto il materiale!
Perché vi informo?
Ehy, è un traguardo importante per me!
Ci si vede gente bella!
Ev.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Scontro colossale ***


Xeon.
Grim Reaper.
Nero.
I tre esseri si guardavano. Avevano tutti l'aspetto umano. Eppure nessuno dei tre si sarebbe potuto definire tale. La loro sola presenza congiunta faceva tremare l'aria, come se un gigantesco mostro stesse trattenendo il respiro dinnanzi a loro.
"Allora, Supremo?" disse Reaper, iniettando ogni fibra del suo essere in quelle parole intrise di freddezza "Che vogliamo fare?"
Xoen giocherellava con il suo yo-yo quando il suo compagno parlò. La sola voce della nuova forma di Victus fece alzare un terribile vento di tempesta che sradicò dal terreno numerosi ruderi e macerie. La tromba d'aria ci mise un po' ad abbassarsi.
Nero sorrideva estasiato.
"Sarai tu il primo, Eon." disse, ignorando il moro alla sua sinistra. Xoen lo fissò, simulando stupore. Si indicò e poi sparì.
Con un grande boato ricomparve dietro al Supremo.
Nero si voltò, ma non fece in tempo a dire nulla che un'onda d'urto lo travolse, spingendolo verso l'Eon.
"Extrarapido." mormorò Xoen, mentre il corpo del demone si disintegrava in un'esplosione. La terra si levò formando una conca che partiva da dove l'Eon stava all'inizio a dov'era arrivato in una frazione di secondo.
Il nucleo dell'oscuro mostro si fece vivo di lì a poco, iniziando a ricomporre il suo corpo. Ma Grim non era d'accordo. Alzò un braccio e la sfera lo imitò, sollevandosi a dieci metri dal suolo. I cristalli vibrarono, mentre i muscoli si flettevano.
La sfera si disgregò in una miriade di piccoli globi neri come la pece, che sfrecciarono contro i pezzi di corpo di Nero, azzerandoli totalmente fino a che non rimase solo la fioca luce viola del nucleo.
Il Supremo, ridotto ad poco più che una lucciola, cercò di mettersi al riparo per riprendere le sue sembianze. Ma Xoen sorrise.
La realtà intera tremò. Un vortice di energia invisibile avvolse Nero, stritolandolo, fino a farlo sparire del tutto. Lo yo-yo saettò da solo verso il punto in cui il nemico era stato abbattuto, frantumando la singolarità. Come uno specchio che si infrange, una porzione di realtà svanì, provocando il risucchio dell'aria che andava a riempire il vuoto creatosi.
Grim sollevò le mani all'altezza degli occhi, i palmi distesi rivolti al cielo. Due masse di energia oscura si formarono su di essi, prendendo ad assorbire materia, luce, ogni cosa.
Il mostro lì scagliò sempre nella stessa direzione in cui Nero era sparito. Le due masse urtarono tra loro, creando una spaccatura nella realtà che fece unire per un attimo tutti e sette gli strati di cui era composta. La frattura si richiuse quasi subito, non prima di aver distrutto tutto nel raggio di cento metri.
I due fissarono il fumo che si era alzato con l'ultimo attacco, sospettosi.
"Addio, Nero. Avrei davvero voluto affrontarti quando eri al massimo della forma." pensò Xoen. Si tastò la spalla destra, il cui braccio non si era ancora ricomposto.
La magia di un Supremo era davvero incredibile. Era solo al quarantasette per cento del suo potenziale e già gli impediva di guarirsi, nonostante il pauroso potenziamento donatogli dalla carta. Rispettava quegli esseri, anche se non poteva non pensare a quanto fosse pericoloso che uno di loro fosse libero di agire.
Capiva il perché delle leggi di non intervento.
"Ehy!" gridò una voce che li fece tremare.
Fu un grido di vittoria, quello che preannunciò loro la disfatta più totale.
Xoen guardò verso Gioyglory, che era rimasta in disparte fino a quel momento. La donna non aveva grandi poteri, ma era essenziale per la riuscita della missione.
Grim mugghiò con voce inespressiva, voltandosi a sua volta pesantemente.
Nero li guardava soddisfatto.
Teneva Gioyglory per il collo, sollevata da terra di parecchie spanne.
"Come ha fatto a sopravvivere? Con il mio ultimo attacco avrebbe dovuto quantomeno essere sbalzato in un altro universo." commentò piatto Reaper, passandosi una mano sul mento.
"Sa muoversi bene un po' ovunque, quindi." disse Xoen, seccato, nascondendo la sua preoccupazione.
Il vero problema era un altro.
Quello era un Supremo.
Perché non prendeva il controllo delle loro menti? Avrebbe potuto farlo con estrema facilità, dopotutto. Forse non era abbastanza forte, in quel momento... Era la loro sola speranza.
"E se ora io le spezzassi il collo?"
"E se ora ti staccassi la testa dal tuo di collo?" replicò Xoen.
Gioyglory tentava di liberarsi, ma inutilmente. La stretta era troppo salda.
Nero sorrise.
"Mai abbassare la guardia." sussurrò, teletrasportandosi in parte a Reaper.
"Non la posso ancora uccidere! Non ho abbastanza potere per farlo, idioti!" gridò poi, cercando di tirare un pugno al costato del colosso.
Ma Grim non era certo sprovveduto. Tre cilindri neri forarono il terreno, innalzandosi al cielo e trapassando il braccio di Nero, inchiodandolo sul posto.
"Shadow Prison." disse, mentre altri cilindri bloccavano del tutto il Supremo. "Non puoi emulare i miei poteri se non mi tocchi, o sbaglio?"
"Stupido... ti ucciderò per primo..." sibilò Nero.
"No, perché ti eliminerò io prima che tu possa fare alcunché."
Xone capì le sue intenzioni. Sbiancò.
"Aspetta. GRIM! COSÌ RISCHI DI UCCIDERLO DEL TUTTO, SENZA POSSIBILITÀ DI RIGENERAZIONE!" gridò, cercando di fermarlo dal porre fine all'esistenza del Supremo. Non avevano il permesso di farlo fuori del tutto, alla fin fine.
Ma era già tardi.
Il colosso poggiò il dito adunco sul punto in cui anima corpo e mente di Nero si incontravano.
"Questo è un addio per sempre, Nero. Non potrai mai ricordarti di me perché non esisterai mai più." disse il moro, mentre illuminava il dito di oscurità.
Nero restò immobile, sbigottito, mentre la magia faceva il suo corso.
"Di norma questa tecnica separa anima, corpo e mente della vittima per poi spedirli nel limbo. Ma con il potenziamento, le distrugge totalmente, cancellando anche i ricordi della loro esistenza passata." commentò il mietitore, freddo.
Restarono tutti immobili. Nero fissava Grim, emettendo di quando in quando un singulto sommesso. Reaper lo scrutava impassibile, attendendo che si polverizzasse. Xeon che scuoteva la testa, pensando alle conseguenze che sarebbero certo sopraggiunte con l'uccisione di un dio. E Gioyglory che cercava di non pensare al danno provocato da quella mossa sconsiderata.
"L-lo avevate sotto controllo..." mormorò. "Perché hai voluto... sprecare l'occasione di fermarlo?"
Xoen la fissò senza capire.
"Di che parli? L'ho terminato e a breve il processo lo avrà privato di ogni singola fibra d'essere e d'essenza, riducendolo ad un nulla che non è mai stato altro che nulla e che mai sarà diverso da sé, ovvero nulla. Lui è..."
"Gioyglory, che ti prende? Lo abbiamo sconfitto, allora perché..." dissero all'unisono i due, mentre lei scuoteva la testa preoccupata.
"Non potete uccidere un Supremo!" gridò, interrompendoli.
"Perché?" chiese Xoen, frustrato.
"Perché io non ho né un'anima, né una mente, né un corpo di cui voi potreste mai privarmi." rispose mellifluo Nero.
Grim tornò a fissarlo.
Xoen deglutì.
E Gioyglory abbassò lo sguardo.
Fu come se il mondo fosse stato sradicato dalle sue fondamenta, accartocciato in ogni modo possibile e poi gettato in una fornace rovente. Così si sentì Grim Reaper quando il Supremo, acquisiti i nuovi poteri dello stesso mietitore e potenziati per dieci volte, riversò sulla forma ultima di Victus Mors tutta la sua ira e la sua potenza.
Con un fragore tale da assordare tutti i presenti, la terra tremò ed esplose, creando una voragine gigantesca dove prima si trovavano il Supremo e il ragazzo. Una sfera di oscurità pulsante da cui proveniva l'urlo atroce di Nero, misto a quello ancor peggiore di Grim, rendeva impossibile la visuale di quel macabro spettacolo.
Quando il vento e la furia di quei suoni si affievolirono, e quando la sfera nera si fu diradata, nel centro della conca, che aveva creato uno spiazzo enorme, lasciando intatta solo la Cappella, ora abbarbicata su un cucuzzolo di terra, si ergeva Nero che teneva stretto in una mano il volto insanguinato del suo nemico. Le catene che prima lo legavano ai cristalli fluttuanti non c'erano più, al loro posto, orrendi fori pulsanti sangue violaceo si aprivano sulle braccia del malcapitato. Dal suo corpo erano stati spazzati via tutti gli aghi di ferro nero e le spalle mostravano due profondi squarci che si aprivano fino al petto, come se due artigli avessero tranciato di netto quelle parti del corpo.
Gioyglory ammutolì, portandosi le mani alla bocca.
Nero rise. Rise fragorosamente, con una foga folle e malata. Si inebriò del dolore del suo nemico, tanto da alzare il braccio con cui lo sorreggeva e da scagliarlo contro una parete della conca. Grim si incagliò nel terreno, sprofondando di una ventina di centimetri, sputando sangue.
Perse i sensi.
Xoen, che aveva assistito impotente, fu all'improvviso pervaso da una rabbia incontenibile. Il braccio mancante gli ricrebbe all'improvviso, illuminato di luce divina. L'Eon scattò, andando alla massima velocità e circondandosi di cerchi magici con cui avrebbe potenziato ulteriormente l'impatto. Usò tutto il potere che aveva a disposizione.
Ma non fu sufficiente.
Nero, che stava usando i poteri sia di Grim, sia di Victus prima della trasformazione, ma anche dello stesso Eon prima che usasse la carta della Rovina per aumentare la sua forza, non ebbe problemi ad afferrarlo per il collo e a schiantarlo a terra.
Rideva. Rideva ancora, mentre Xoen faticava rialzarsi.
Ora aveva anche i suoi nuovi poteri decuplicati. Non poteva più fare nulla.
Era sopravvissuto a tutto! Quel maledetto sembrava non avere debolezze! Un essere qualsiasi sarebbe già stato distrutto totalmente con la sfilza di attacchi a cui lo avevano sottoposto, invece niente. A nulla erano valsi i loro sforzi. Forse... Forse lo avevano sottovalutato.
Nero gli comparve davanti.
"E se..." mormorò con aria complice "Si, se ora io ti aprissi lo stomaco per vedere cosa c'è dentro, piccolo bambinetto?"
Xoen sgranò gli occhi e cercò di reagire, ma la sola aura del Supremo lo schiacciava come un macigno, bloccando ogni sua iniziativa sul nascere. Attinse a tutta la sua forza per scacciare quel maledetto.
Con un grido, mentre Nero gli poggiava la mano sull'addome, pronto a squartarlo, l'Eon emise un'onda di energia che fece indietreggiare di qualche passo il Supremo. Questi restò interdetto per un attimo, quanto bastava alla divinità per spostarsi da lì.
"MUORI, MALEDETTO PARASSITA!" gridò, scagliando con tutte le sue forze una sfera di pura energia contro il Supremo, che restò immobile, limitandosi a deviare l'attacco con un annoiato gesto della mano, come se stesse allontanando da sé una mosca fastidiosa.
"Non ti sto già più sopportando!" gridò Nero, caricandolo, avvolto sia dall'aura nera di Grim che da quella dorata dello stesso Eon.
Xoen ringhiò, avvolgendosi di fiamme dorate, per poi scagliarsi contro il nemico. Le due entità, simili a comete incandescenti, si scontrarono, generando una pioggia di piccole scintille che, al contatto col suolo, esplodevano con un frastuono di tempesta.
I due volteggiarono in circolo, dopo questo primo contatto, studiandosi a vicenda con freddezza.
Il pensiero comune: uccidere l'altro.
Ripartirono, cozzando più e più volte, rimbalzando ad ogni scontro, facendo rimbombare il suono della loro battaglia in ogni dove.
Ma Xoen si stava stancando. Era una piccola pecca di quelle carte magiche. L'Omino li aveva avvertiti. Quegli amuleti contenevano il cosiddetto "dono al superiore". I Supremi, aveva spiegato lo strano ragazzo, potevano far dono di poteri e forza agli altri esseri, ma entro determinati limiti. C'era infatti un limite oltre il quale chi non era un Supremo non poteva spingersi senza incorrere nella auto-distruzione totale. Così i Supremi donavano sempre quantità di potere limitate. Ma quelle carte erano diverse, quelle erano migliori. Con una di quelle, si poteva raggiungere il massimo livello di potere, oltre il quale c'erano proprio i Supremi. Due non avrebbero fatto effetto. Si arrivava al punto di non poter essere più potenziati in alcun modo.
Ma c'era un inconveniente. Questo ti rendeva sempre più debole, fino ad esaurirti. Ed una volta usata la carta, solo un Supremo poteva liberarti di quel fardello.
Così Xoen si trovò ben presto a non poter più reggere la portata dello scontro.
Con un ultimo slancio di coraggio, ruggendo come un leone, si lanciò su Nero. Ma stavolta non ci fu un rimbalzo delle due parti. Questa volta Nero attraversò l'Eon.
Xoen cadde. Crollò dall'altezza di settecentoottanta metri, diretto al suolo. Sorrise, mentre perdeva i sensi e il fischio di Nero che gli veniva addosso un'altra volta gli riempiva le orecchie.
BUM!
L'Eon restò immobile, come morto, in mezzo alla conca. Sia lui che Grim erano ridotti allo stremo. Senza sensi, senza energie.
Nero rise.
Ma la sua risata non durò a lungo.
Quando decise che era il momento di farla finita, alzò una mano, facendo comparire Lirgling, che si infiammò più che mai. Era pronto a decapitare Xoen.
Qualcosa lo fermò.
Si voltò al suono di una porta che si apre.
E quando vide Gioyglory spalancare i portali della Cappella, storse la bocca, seccato.
Un vento fortissimo si levò dall'edificio, cozzando contro la figura di Nero che si sgretolò per poi essere portato via dal vento. Prima di sparire, però, mormorò: "La fortuna gira. E prima o poi arriverà da me..."

"Ricordate" disse Gioyglory quando ebbe finito di spiegare la situazione a Xoen e Victus, che la fissavano in silenzio, seduti su un muretto. "Se sarete in difficoltà, aprite la porta della Cappella. Nero non può raggiungervi nell'area intorno alla Cappella se questa è aperta, perché è terreno consacrato dai Supremi, e questo gli impedisce di camminarvi sopra. Chiaro?"
"Cappella uguale bene. D'accordo." rispose Victus, alzandosi.

Xoen si alzò a sua volta e si incamminò a passo spedito.
"Tanto non ne avremo bisogno." disse spavaldo.  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un passo indietro... ***


"Stupido idiota." bofonchiò il ciclope bianco in livrea, guardando le due lunghe ferite ancora sanguinanti che deturpavano la schiena della povera ragazza.
Il bestione aveva la pelle bianca ed indossava un completo da paggio medievale e una livrea viola. Una benda piratesca grande quanto un uovo di struzzo gli copriva totalmente il grosso occhio e pesanti catene d'oro massiccio gli serravano i polsi, penzolando in aria ad ogni suo movimento. Intorno a lui si muovevano, spostandosi tra le ombre, i più fidati servitori del signor Nero, gli Incupain, creature generate dalla Paura e unici abitanti dell'Abisso.
"Che gli è saltato in mente? Risvegliare le Rovine, rapire questa ragazza... non credevo che Blaso fosse così stupido!" continuò, camminando sempre più veloce, guardandosi intorno con fare nervoso come se ad ogni passo temesse che qualcosa lo potesse fermare.
In effetti, chi non era del posto avrebbe potuto ridere. Un mostro di tre metri e rotti che ha paura che qualcosa intralci il suo cammino. Le sue dimensioni e l'aura di terrore che emanava sembrava bastevole a far fuggire anche i più impavidi.
Fizzgerad abbassò il capo sulla giovane.
L'aveva trovata su un pianeta lì vicino, accerchiata da un gruppo di Rovine, ciclopi mostruosi partoriti dalla mente del Supremo Ruins. Lei era priva di sensi, al suolo, ed una di quelle creature le stava tirando le ali, un piede piantato sulla sua schiena. Aveva tirato e tirato. Fizzgerad non credeva ai suoi occhi. Alla fine, con uno strattone poderoso, aveva strappato le ali. La ragazza aveva sussultato, ma niente di più. Era stato allora che il ciclope era intervenuto, vedendo che le bestie si accingevano a strapparle altre parti del corpo.
Anche lui, in realtà, era una Rovina. Sapeva come ci si sentiva ad essere un ammasso di violenza. Nero lo aveva tratto sotto la sua ala protettiva, donandogli potere e una mente senziente. Ricordava però bene cosa significasse essere una di quelle creature.
Ciò che vedevi sentivi il bisogno di distruggerlo, raderlo al suolo. Gli ordini che i Supremi ti impartivano non erano altro che imitazioni, ai loro occhi.
Ma questo non cambiava il fatto che vedere una scena simile ancora lo mandava in bestia.
In effetti era capitato lì per caso. Stava cercando il suo padrone, Nero. Aveva sentito di problemi che lo riguardavano e così si era messo in moto.
Superò un dirupo. Quel posto era bizzarro.
Dopo aver sconfitto facilmente i ciclopi e aver tratto in salvo la ragazza, si era immediatamente teletrasportato lontano, su un pianeta di un diverso sistema stellare. Era un luogo abbastanza ospitale, dotato di ossigeno per permettere a lei di sopravvivere. Tuttavia c'era qualcosa di bizzarro nell'aria. Sembrava che, nonostante l'innaturale silenzio, una musica allegra e festaiola sopraggiungesse da ogni dove. Piante, animali, la stessa terra su cui camminava in quel momento.
"Quindi è vero che Nero aveva un cagnolino scodinzolante al suo servizio." esclamò una voce che lo fece rabbrividire.
Era una voce umana, giovane, arrogante e carica di disprezzo. La voce di una persona a dir poco spiacevole. Fizzgerad non lo aveva mai incontrato prima di persona, ma aveva già avuto modo di sentire la sua voce maledetta che discuteva con Nero.
Si voltò. Un manipolo di Rovine maggiori, cioè il ristato dell'unione tra più di esse in un unico corpo, si stagliava in contro luce sopra un promontorio non molto lontano da lì. Ai piedi della montagnetta, intenti ad avvicinarsi con tutta calma a lui, c'erano Parsifal, un ciclope di due metri e mezzo in frac e papillon, con un grosso occhio tutto viola nel mezzo del faccione inquietante, e un mocciosetto di non più di diciotto anni.
Quest'ultimo in particolare fece temere al bestione per la sua incolumità.
D'istinto strinse più forte il corpo freddo della ragazza.
L'Omino di mai era lì. Lo aveva trovato.
Sin da quando aveva ucciso quelle Rovine e salvato la ragazza non si era dato pace. Aveva visto cose nelle menti primitive dei bestioni, cose che lo avevano fatto tremare. Aveva visto l'Omino che impartiva l'ordine di catturare la giovane viva e di portarla a lui. Aveva visto un esercito ammassarsi sotto le terre di un pianetoide abitato da creature magiche di ogni tipo. Aveva visto mondi cadere sotto l'attacco di quel folle che aveva rivoluzionato l'intera Realtà.
Non si era mai fidato dei Supremi all'infuori di Nero e, in minor parte, di Ruins, caro amico della Paura. Ma l'Omino di mai era ancora peggio. Non solo non si fidava. Ma lo temeva anche.
"Via, Fizzgerad, non vorrai deludermi, vero? Sono certo che non intendi metterti contro di me." fece l'Omino, allargando le braccia e sorridendogli sornione.
"Perché mai una creatura potente come te, che tutto può, desidera la vita di questa umana?" rispose acido Fizzgerad, indietreggiando lentamente, mentre gli Incupain assumevano forma solida emergendo dalle ombre.
Le Rovine, intanto, se ne stavano immobili sul promontorio, in attesa di un ordine del loro capo.
"Come ha potuto Ruins concederti il comando dell'esercito di Rovine? A te che sei un folle?" seguitò sempre più astioso il ciclope bianco.
"Come?" chiese l'Omino.
Il bestione sentì un alito di vento risucchiarlo all'indietro. Il ragazzo si teletrasportò impercettibilmente al suo fianco e gli prese delicatamente il polso tra due dita. Il braccio del mostro era così grosso che a malapena l'Omino riusciva a prenderne le estremità. Tuttavia quel tocco era sufficiente a far scricchiolare le sue ossa. Un grosso livido si formò istantaneamente nell'area interessata.
"Forse così." terminò di dire l'Omino.
Fizzgerad mugghiò di rabbia ostinata e lanciò la ragazza ancora priva di sensi lontano. Un Incupain l'afferrò al volo e iniziò a saettare lontano. Le Rovine si mossero. I due schieramenti, quello formato dalle creature informi dell'Abisso, capeggiato da Fizzgerad, e quello composto da ciclopi in frac, agli ordini del ragazzino, si scontrarono con furia bestiale.
Il bestione albino usò la mano libera per tirare una badilata sulla testa dell'Omino, mandandola in frantumi. La presa al polso si allentò, permettendogli di muoversi.
"Sono sicuro che non lo volevi fare." mormorò la voce dell'entità, mentre il corpo si riformava dal nulla e gli occhi si illuminavano di viola. Sorrise, mentre il suo volto mutava dalla forma originale alla maschera che utilizzava per mostrarsi agli altri.
Schioccò le dita e Fizzgerad iniziò a tremare. Il corpo si riempì di crepe, da cui usciva una abbagliante luce lillà.
Il ciclope servitore di Nero fissò un'ultima volta l'Incupain con in braccio la ragazza. Un portale nero, che dava sull'Abisso, si aprì inghiottendo i due.
"Non fategliela avere vinta..." mugghiò, prima di esplodere ed essere inghiottito dalla luce abbagliante.
l'Omino fissò la scena con una punta d'irritazione.
"Cavoletti! Parsifal!"
La Rovina gli si avvicinò con passo pesante. Le altre creature suoi simili aveva sterminato gli Incupain con ben poca difficoltà. Non c'era più traccia di loro.
"Mio signore." bofonchiò stentatamente Parsifal quando gli fu vicino.
"Chi sono i simpatici amici che hanno strappato le ali della ragazza?" chiese sorridendo affabile il ragazzo.
"Della squadra incaricata del recupero dell'ostaggio solo uno è tornato vivo."
"Voglio vederlo."
Parsifal restò immobile per un istante, con le braccia che ondeggiavano come morte lungo i fianchi. Poi alzò una mano e fece un cenno lento e ineluttabile. Una Rovina con il frac un po' rovinato, molto più grande dei suoi compagni, circa alta quattro metri, si fece avanti, arrivando davanti all'Omino.
Quest'ultimo la studiò con un sorriso smagliante stampato sul volto.
"Dimmi il tuo nome, ragazzo mio!" gli disse con fare amichevole.
L'altro non diede segno di alcuna emozione.
"Numero 34920394819203, signore, secondo distaccamento." bofonchiò il mostro con la voce gutturale tipica delle Rovine.
"E dimmi, numero quello lì. Cosa avevo ordinato a te e ai tuoi ex-compagni di fare?" seguitò accomodante il ragazzo.
Il ciclope, benché lo sovrastasse di più di due metri, sembrava iniziare un po' di disagio. L'argomento non gli piaceva molto.
"Catturare. Giuly. Frost." biascicò il bestione, stropicciandosi le mani artigliate.
"Molto esattissimo caro mio. Davvero tanto. E dimmi, cosa NON dovevate fare?"
"Uccider...la."
"Esattamente, esattamente. Ora, parlando di ciò... Ho letto un po' la mente di Fizzgerad, poc'anzi, sai, mi annoiavo, un buon libro non si trovava, e così... E mi è giunta sott'occhio una scena alquanto sgradevole di un certo qual gruppo di Rovine che stavano smembrando una povera ragazza. Ti risulta?"
Il sorriso del ragazzo non era più amichevole. Sembrava piuttosto il ghigno famelico di uno squalo.
Il mostro emise dei versi striduli, spostando il peso da una zampa all'altra come fosse sotto pressione.
"S-si, signore..." rispose infine.
L'Omino socchiuse gli occhi.
"Eccezionale..." mormorò.
Poi, con uno scatto impercettibile, alzò il braccio e lo fece saettare di taglio contro il busto del ciclope, fermandosi ad un nonnulla da esso. Per un istante vi fu solo silenzio. Poi un sibilo.
Poi il mondo si spezzò in due.
L'intero pianeta venne diviso a metà; una parte scomparve nel nulla, dissolta, eliminata, come se non fosse mai esistita. L'atmosfera mancante rese visibile lo spazio oscuro ed ignoto. Ma non c'erano più stelle ad illuminarlo. Cancellate anch'esse. Nel raggio di miliardi e miliardi e miliardi ancora di anni luce, ogni cosa era stata cancellata da quel semplice gesto spazientito.
Spazzato via. Per sempre.
Parsifal restò immobile. Nella sua furia silenziosa, l'Omino lo aveva spezzato a metà come il resto dell'universo. Ora stava ritto in bilico sullo strapiombo infinito creatosi, precariamente abbarbicato sulla restante gamba.
Fissava vacuo il suo padrone con la metà dell'occhio viola scuro, immobile.
Intanto il pianeta ruggiva di dolore. Lava, acqua, terra... tutto stava collassando. Quel mondo stava per essere risucchiato verso l'ignoto, e non poteva farci nulla. E con lui, con la sua morte, sarebbero defunte innumerevoli vite. Ma questo all'Omino non interessava. Guardava corrucciato davanti a sé con le braccia conserte, come un bambino a cui era stata rubata una caramella.
"E adesso che c'è?" gridò quando un terremoto scosse la crosta terrestre. "Ah, già... Ho distrutto il pianeta. Bah, come vi pare."
Schioccò le dita e tutto tornò alla normalità. Il planetoide si ripristinò così come le centinaia di migliaia di miliardi di stelle e galassie rase al suolo poco prima.
"Andiamo, va. Che voglio gustarmi lo spettacolo. Dovrebbero essere in vista della Cripta, ormai." disse, scomparendo nel nulla.
Le Rovine restarono immobili.
Parsifal, che si era rigenerato da solo, ne afferrò una, più grossa di lui, per il volto e le staccò la testa, aprendo le fauci e mangiandola, sovrappensiero.
"Nuovo obbiettivo. Eliminare Giuly Frost." disse, sedendosi e svanendo anch'egli nel nulla, lasciando i ciclopi reduci da soli, senza una meta o un motivo di esistere.
 
Multiverso, villa Gyber.
 
L'albino dagli occhi di rubino si staccò dalla parete a cui era pigramente appoggiato non appena i suoi occhi duri ebbero incrociato quelli dei due ragazzi appena usciti dalla camera in fondo al corridoio in penombra.
"Allora? Miglioramenti, Okami?" chiese alla ragazza, che socchiuse gli occhi e scosse debolmente la testa con un'aria triste.
"DANNAZIONE!" esclamò Gyber, battendo un pugno contro la parete di legno pregiato.
La mano del suo amico gli fece rialzare lo sguardo contrito.
"Calmati amico. Piuttosto. Notizie di Vincent, Xurst... Lelq?" chiese Lucas con sguardo grave.
L'albino non rispose. Che avrebbe potuto dire? Ovviamente non c'erano notizie. Victus era caduto in coma, insieme a Xurst e ad un ragazzo di nome Lars proveniente da un mondo abitato da demoni.
Tutto ciò che aveva scoperto era che un'entità di nome Xoen, un Eon dello stesso universo di Victus, era entrato in una sorta di stasi, simile in tutto e per tutto al coma che aveva preso gli altri.
Lelq, invece, non si trovava, da nessuna parte. Era arrivato a dare dei soldi (e gli bruciava ancora il cuore per questo) per avere notizie del compagno di squadra.
Lucas soffocò un moto di frustrazione. Era il leader e doveva mostrarsi saldo anche in una situazione come quella.
"Diavolo di un ragazzo. Come si può scomparire proprio quando tua moglie cade in coma?" disse, incrociando le braccia sul petto. "Gli altri?"
"Kishin non è ancora tornato. Anche se l'Arcadia ci parla di strane anomalie in tutti i pianeti. Come se la natura dell'universo fosse stata alterata. Non mi ha saputo spiegare meglio. Comunque sia, Donatozzilla ha chiesto aiuto a suo padre. Dopotutto lui è il re dei kaiju, potrebbe avere informazioni maggiori sulla diplomazia del multiverso. Ma non ci ha risposto. Ho mobilitato l'intera squadra, amico, ma il lavoro è lungo. Oltretutto Re non sa nulla della questione. Figurati, la maggior parte delle persone a cui ho chiesto, tra cui lui stesso, non sapeva nemmeno dell'esistenza di questo universo parallelo."
"Capisco... Okami, perdonami. Potresti tornare a vegliare su di lei? Tornerò appena possibile."
Okami assentì e si allontanò silenziosamente.
Quando furono soli, Gyber fissò con durezza l'amico.
"Lucas... Sai che non metterei mai in dubbio le tue decisioni..."
"Ma?" lo incoraggiò lui.
Era da un po' che l'albino voleva affrontare la questione, ma non aveva mai avuto tempo, o il coraggio di dire al suo capo quel che pensava.
Press'a poco quattro giorni prima, giusto qualche ora dopo la scomparsa del loro compagno e della caduta in stato comatoso di alcuni loro amici e conoscenti, un ragazzo di non più di quindici anni, alto, magro e allampanato aveva bussato alla loro porta chiedendo aiuto.
Indossava una t-shirt grigia con mezze maniche nere e uno strano simbolo viola disegnato sopra, rovinato al punto da essere più simili ad un guazzabuglio malridotto. Portava un paio di jeans laceri e delle vecchie scarpe da ginnastica che, cento a uno, avevano visto giorni molto migliori.
Aveva un'aria fosca in viso, era pieno di graffi e degli strani tubi metallici simili a costole gli pendevano da dietro la schiena, attaccati ad una specie di spina dorsale che era agganciata al suo stesso corpo, come si sarebbe visto in seguito, tramite dei micro ganci che gli perforavano pelle ed osso e si attaccavano al sistema nervoso.
Rimuovere quell'affare, che il ragazzo aveva chiamato flusso di corrente temporale principale, si era rivelato molto complicato, in effetti.
E la Lucas Force non gli aveva negato aiuto. Erano eroi, dopotutto, quello era il loro mestiere, proteggere le persone. Ma mai si sarebbero aspettati di sentirgli pronunciare quelle fatidiche parole che, tra un sorso e l'altro di una tazza di tè caldo, aveva mormorato.
"So cos'è successo ai vostri amici. Perché sono stato io a ridurli così."
Per un istante, tutti lo avevano fissato con incredulità. Poi molti, tra cui lo stesso Gyber, si erano adirati con lui, proponendo ogni sorta di tortura (soprattutto Shruikan) possibile per fargli rimediare a quel danno.
Per fortuna Lucas e Okami lo avevano fatto continuare, sedando gli animi.
Aveva spiegato loro come stavano le cose. L'Omino di mai lo aveva attirato in una trappola, esiliandolo fuori dalla sua Realtà e rapendo Giuly, che lui stranamente chiamava Giulyu, per usarla come ostaggio ed impedirgli il ritorno.
Aveva poi chiamato sei dei loro compagni, Xurst, Xoen, Victus, Lars, Darksaurus e Lelq per aiutarlo a risolvere un problema interno che si era verificato con un altro dei Supremi.
Per precauzione, Lucas aveva inviato parte della squadra ad investigare su quanto il ragazzo aveva detto, ma, fino a quel momento, i risultati erano stati pochi e poco appaganti.
Il profugo era ancora sotto la loro protezione, o, per meglio dire, sotto la loro custodia. Aveva promesso aiuti nel rintracciare i loro amici scomparsi. Dopotutto, sembrava l'unico in grado di "scrutare" nel suo fantomatico universo.
Gyber non si opponeva, non lo aveva fatto sin dall'inizio, ma il biondo sapeva che presto o tardi sarebbe scoppiato. Sentiva la sua diffidenza nei confronti del nuovo arrivato e in parte la condivideva. Però non avevano molte alternative, considerato che la sua Realtà sembrava davvero irraggiungibile se non a lui.
E il momento di mettere in chiaro le loro divergenze sembrava arrivato.
"Non puoi fidarti di lui! Lo ha ammesso, tutto questo è colpa sua. Perché ti ostini a proteggerlo?!" gli gridò in faccia adirato l'albino. Gli occhi rossi brillarono di una luce preoccupante.
"Calmati. Disturberai Giuly."
"Tanto lei è in coma! Non posso disturbarla! E se è in coma è proprio a causa di quel... e anche tua, visto che non vuoi prendere la decisione più adeguata."
"Smettila Gyber, non puoi semplicemente..."
I due si zittirono. In fondo al corridoio era apparsa la sagoma di un ragazzo.
"Ah, ti sei ripreso, bene! Ero preoccupato." disse cercando di apparire disinvolto Lucas, lanciando un'ultima occhiata di avvertimento al compagno che sbuffò, poggiandosi al muro, le braccia conserte dietro la schiena e fissando cupo il pavimento.
"S-si... lei come sta?" chiese con voce rauca il giovane avanzando reggendosi alla parete con una mano.
"Lei è fuori pericolo per ora. E grazie a te. Chissà se non ti fossi accorto che le stava... accadendo quello." disse il leader della squadra di eroi, corrugando la fronte al pensiero della sua amica ancora a letto in gravi condizioni.
"Capisco. Vorrei poter aiutare di più..." mormorò il ragazzo, stropicciandosi le mani.
Gyber emise un verso di scherno, che gli regalò un'occhiataccia da Lucas.
"Stai già facendo del tuo meglio, amico. E te ne siamo grati."
Il ragazzo fece un debole sorriso. Si sentiva profondamente in colpa, chiaramente. Dalla sera prima, poi... Beh, erano rimasti tutti abbastanza traumatizzati. Il giovane si voltò dopo un attimo di silenzio e tornò nello studiolo in cui si chiudeva tutti i giorni a "cercare" Giuly nel suo mondo attraverso quella che lui aveva chiamato "finestra".
"Perché sei dannatamente gentile?" chiese acido Gyber quando se ne fu andato.
"Potrebbe essere la nostra unica chance di..."
"GIULY HA PERSO LE ALI! CAZZO, LUCAS, APRI GLI OCCHI!" gridò l'albino afferrandolo per il colletto con entrambe le mani e sbattendolo al muro.
Per un istante si guardarono, il biondo con severità mista a comprensione, l'albino con una furia ceca nel cuore che lo rodeva pesantemente.
Poi si separarono.
Gyber si sentì mortificato.
"Senti, scusami, è che io..." fece per dire, ma Lucas lo zittì mettendogli una mano sulla spalla.
L'albino lo guardò, restando di sasso nel vedere un sorriso e una lacrima sul suo volto.
"Siamo tutti... sconvolti da quanto sta succedendo. Hai tutte le ragioni di essere preoccupato. Ora va a riposare, ne hai bisogno. Non dormi dall'altro ieri."
Il ragazzo annuì grato e si allontanò con le mani in tasca.
Lucas restò fermo a fissarlo. Poi guardò la camera in cui stava la ragazza in coma.
"Lelq, dannazione... dove sei quando servi?" pensò, entrando per vegliare su di lei con Okami.
Vide la ragazza addormentata vicino a Giuly. L'altra sembrava dormire a sua volta. Aveva la bocca leggermente aperta da cui si poteva, avvicinando l'orecchio, udire un leggerissimo sussurro incomprensibile.
"Sbrigati. Ritrovala in fretta. Te lo chiedo per favore, Every."
 
 
Angolo di ME:

Oky, dunque... stiamo entrando nel vivo, diciamo, dell'azione. Qui le cose si complicano un poco, ma non temete. Non abbandoneremo le scazzottate ;p. Semplicemente ci aggiungeremo un filo di trama in più, che dite?
Ho pubblicato due capitoli in una volta. Già. Ma dovevo farlo. Questo era giusto un assaggio di ciò che ci aspetta. Spero di aver stuzzicato la vostra attenzione, bella gente :D
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chiave Numero Uno ***


"Che diavolo sta succedendo?" gridò Xurst, mentre la terra tremava per la terza volta.
 
Da quando avevano aperto la prima porta di quello strano edificio era successo qualcosa come il finimondo. Xoen li aveva contattati, pochi minuti fa, dicendo loro di aprire quella che lui aveva chiamato "Cappella del Tempo" o una cosa del genere, avvisandoli che Nero non li avrebbe più potuti importunare.
E così loro avevano fatto, Lelq in silenzio servile, lui sbuffando e recalcitrando come suo solito. Non gli andava troppo a genio il dover obbedire agli altri senza nemmeno avere delle spiegazioni plausibili.
Il pesante portone della Cappella si era dischiuso con non poca fatica, cigolando e producendo inquietanti rumori. A giudicare dalla polvere all'interno dell'androne che gli si era mostrato quel posto non doveva venire aperto da parecchi anni. La stanza era circolare, illuminata dalla stessa luce flebile e incerta che partiva dalla cima dell'edificio. Il pavimento, sotto lo strato di sporcizia, si mostrava coperto di mosaici dagli sgargianti, un tempo, colori e motivi floreali.
Da quel poco che Xurst poteva vedere sotto i suoi passi, sembrava il disegno di un enorme albero che si protendeva verso l'esterno della camera circolare, mostrando inizialmente rami morti e rinsecchiti, fino al centro in cui invece si mostrava verde e rigoglioso. Le pareti erano sorrette da pilastri in quarzo bianco intersiato, in mezzo ai quali si alternavano delle imponenti finestre dalle vetrate verde chiaro.
E proprio al centro della stanza, in mezzo a quel mondo in miniatura in cui ogni cosa sembrava ovattata, si ergeva per tre metri e rotti una statua. O meglio, un grezzo blocco di pietra mal lavorata, in cui si intravedevano solo i contorni di una figura non distintiguibile del tutto. Una scritta compariva incisa sulla nuda pietra, circondando per intero il macigno.
Lelq l'aveva studiata attentamente.
A detta sua, la scritta recitava pressapoco: "Tempo Opprime Vita Nuova"
Il ragazzo era rimasto a pensare un attimo. Poi si era voltato verso di lui, fissandolo ancora pensoso.
Poi aveva fissato la pietra e l'aveva colpita con un pugno, fratturandosi la mano.
Xurst, dal canto suo, non aveva perso tempo a schernirlo, ma il giovane non lo aveva ascoltato. Anzi, si era messo a guardarlo con ancora più curiosità.
Poi gli aveva detto, "prova a romperla", così, a caso.
Lui l'aveva fatto e la nuda roccia, sotto il contatto della sua mano, al solo tocco della sua pelle, si era vaporizzata nel nulla.
"La ruggine" aveva spiegato Lelq "deve essere il corrispettivo del passare del tempo. Una sorta di corrosione che avviene con lo scorrere degli anni, dei giorni, dei minuti. Almeno, posso immaginare sia così."
Xurst lo aveva fissato tra l'incredulo e lo sconvolto. Non aveva idea di come prendere quelle parole, se le considerazioni di un attento osservatore dotato di ottima intuizione o di le elucubrazioni di un folle in preda al delirio.
Fatto sta che a quel punto erano ricominciati i guai.
 
Xurst schivò il colpo del ciclope, che frantumò il terreno sollevando polvere e detriti. Si coprì la gamba di ruggine e colpì il bestione alla spalla, trasformandola a sua volta nell'aranciognolo materiale e frantumandola come vetro.
Solo che quei bestioni erano alquanto resistenti, così, invece di spezzargli il corpo in due, il calcio del ragazzo si fermò in sotto la scapola, bloccata dalla muscolatura del titano. Questi lo fissò col suo occhio tra il viola e il giallo e lo prese per la gamba, scagliandolo contro un muro.
 
Una volta "dischiuso" quell'uovo di pietra, al suo interno si era rivelato uno strano altare, a cui era incatenata una chiave grande quanto un avambraccio. Lelq l'aveva studiata con attenzione.
"Da quanto ha detto Xoen, è questa che stavamo cercando" aveva mormorato "Quindi dobbiamo prenderla."
Proprio in quel momento la terra aveva tremato per la prima volta. Un terremoto terribile che aveva fatto temere ai due avventurieri per la stabilità della Cappella. Poi si tutto si era chetato. La stanza era miracolosamente intatta.
Però qualcosa non adanva fuori. Xurst si voltò verso il portone. Aveva sentito rumore di passi, e anche Lelq li udiva distintamente.
Erano tanti. Un intero esercito che marciava.
Il giovane aveva coperto un braccio di ruggine ultra compressa, appuntendola a formare una lama corta sulla mano.
"Che sta succedendo là fuori?" aveva chiesto.
La risposta era giunta da sola.
 
Xurst ringhiò, rialzandosi. Doveva portare lo scontro fuori di lì.
Lelq aveva bisogno di tempo per liberare la chiave dalle sue catene. E lui era deciso a dargliene tutto il necessario.
Balzò in avanti, affondando la lama nel collo di un ciclope, una Rovina, come le aveva chiamate Xoen. Simili ad uno dei Supremi, Ruins, la Violenza, ma molto, molto più deboli. Con quel molto, lui si sarebbe aspettato degli avversari facili, però!
Due bestioni gli arrivarono alle spalle, cercando di colpirlo. Lui se ne accorse e, dal collo del titano di due metri e mezzo, ancora vivo e vegeto nonostante gli avesse arrugginito la gola, saltò sui nuovi nemici, atterrandogli alle spalle e squarciando loro la schiena nella caduta con le due lame che aveva sulle mani.
 
La prima Rovina era entrata da sola, senza compagni.
Si presentava come un grosso ciclope, muscolose, largo almeno un metro e mezzo, se non di più, di spalle, e alto due metri e mezzo. Vetiva un frac troppo stretto, con una piccola bombetta nera sul testone sproporzionato. Aveva un occhio tondo e senza pupilla, viola e giallo, senza il bianco. Un unico, grosso, globo che emanava una strana e ipnotica luce. Forse un meccanismo per intontire le vittime prima di ucciderle, infatti Xurst dovette distogliere lo sguardo per non perdere del tutto il controllo di sé.
Non aveva bocca. Niente. Infatti era muto. Ed era forte più di un toro, accidenti a lui!
Con rapidità eccezionale, nonostante la stazza, era scattato sul giovane dal braccio robotico, cercando di infilzarlo. Lelq, intento a studiare la chiave, non lo aveva visto in tempo. Lo avrebbe dilaniato, se solo il ragazzo dai capelli rossi non si fosse frapposto tra i due, parando il colpo con il braccio rugginoso.
Il colpo era potentissimo, tanto che gli artigli della creatura scalfirono il braccio dell'altro.
"Xurst!" disse Lelq, preoccupato, vedendo l'amico in difficoltà per colpa sua.
Ma l'altro non era in seria difficoltà. Con uno sforzo e un colpo di schiena, riuscì a far indietreggiare l'avversario. Si voltò un secondo e sorrise con aria di chi sta per compiere un massacro.
"Prendi la chiave. Io gioco con il cucciolotto." gli aveva detto.
 
Si piegò all'indietro.
Vide il braccio artigliato passargli ad un nonnulla dalla faccia.
"Fiuu." soffiò. Poi prese l'arto (che pareva un tronco marmoreo, dalla grandezza, robustezza e colorito) e lo spezzò in due. Pezzi di carne bianca, cristallizzata nella ruggine, si riversarono in un sonoro tintinnio sul pavimento.
I cadaveri di due Rovine stavano a marcire ai lati opposti della stanza. Altre tre Rovine erano intente a dar da fare al rosso. E un'altra, appena entrata dal pesante portone, si accingeva a staccare la testa a Lelq con un colpo ferino.
 
I loro attacchi erano lenti, ma quando si spostavano erano veloci ed agili. Non paravano mai un colpo, tanto non ne avevano bisogno. Sembravano orsi, quando alzavano il braccio e lo calavano come un badile sopra Xurst.
Il loro vantaggio era la stazza, la loro forza era la loro resistenza e la loro vittoria stava nel numero maggiore.
Era arrivato da poco il secondo bestione, e Xurst non aveva inflitto troppi danni al primo.
Dall'altro lato, il rosso era piccolo, ma veloce, agile e letale. La loro pelle coriacea era difficile da incidere, e il suo potere sembrava avere effetto solo in parte. Ma lui non si dava per vinto. La stanchezza era vicina a coglierlo, ma non si arrendeva.
Dopo aver colpito sul mento il ciclope che aveva davanti, balzò sul secondo, staccandogli di netto un braccio. Il titano guardò l'arto che giaceva a terra, morto, guardò Xurst, poi fissò Lelq. E si diresse verso quest'ultimo, ignorando il rosso.
Xurst aveva ringhiato sia di frustrazione che di rabbia. Aveva cercato di fermarlo, ma una pesante mano lo aveva afferrato per la spalla, sollevandolo e sbattendolo a terra. Per un attimo aveva perso i sensi, ma si era ripreso quasi subito. Sentiva male alla schiena. Aveva deciso di irrigidirsi la spina dorsale, per potersi muovere nonostante la frattura che probabilmente il colpo gli aveva causato.
Aveva fissato i due ciclopi che avanzavano lenti verso Lelq e aveva gridato: "EHY, STRONZI! NON HO FINITO CON VOI!"
Poi era entrato il terzo mostro, e a quel punto Xurst aveva iniziato a vacillare.
 
Colpì con una raffica di colpi l'addome di una Rovina, creando un grosso foro che colpo dopo colpo nel corpo del gigante.
Si voltò e spaccò la testa ad un altro di quegli esseri immondi con un calcio, per poi concentrarsi sul terzo. Gli si buttò contro di spalla, facendolo indietreggiare e corrodendo con la ruggine il suo corpo, pianamente. Saltò sul suo corpo che cadeva e da lì, come da un trampolino, si tuffò sul quarto proprio un attimo prima che la sua mano artigliata calasse su Lelq. Gli atterrò in testa e lo tempestò di pugni con le mani da cui crescevano continuamente lame di ruggine.
Il colosse ebbe un fremito, mentre il suo intero fisico veniva traforato dall'interno da un grappolo di ossido di ferro. Poi stramazzò al suolo.
Quei maledetti erano subdoli. Non bastava staccar loro la testa, o fargli esplodere il cuore (che, aveva scoperto staccandolo ad uno di loro, non gli mancava) per terminarli. Dovevi per forza distruggere totalmente il loro corpo, altrimenti te li ritrovavi di nuovo fra i piedi. Solo che era difficile distruggerli, contando che la ruggine non attecchiva bene su di loro.
I tre ciclopi che aveva ferito si erano già rialzati. Uno di loro aveva ancora la pancia bucata, un altro non aveva buona parte della testa e l'ultimo era per metà cristallizzato.
Dalla porta entrarono altre due Rovine.
Xurst sbuffò. Non poteva vincere. Non così.
"Ehy, Lelq?" chiamò.
"Non ho finito." borbottò l'altro, che cercava di sbrigliare le catene, unite in uno strano groviglio.
"Bene..." mormorò soddisfatto l'altro.
Il suo braccio sembrò sciogliersi in una poltiglia nero e verde melma. Poi si solidificò di nuovo. Quello che aveva ora sul braccio sembrava ossidiana dai riflessi smeraldo.
Sorrise, ricoprendo quasi tutto il suo corpo di quella sostanza.
"Morso della Corrosione." sussurrò, partendo all'attacco con un urlo disumano.
Quando la sua mano toccò il primo ciclope che si trovò davanti, lo attraversò come fosse fatto d'aria. Ridacchiò sprezzante, mentre la ruggine nera si espandeva sul bestione, riducendolo ad un ammasso informe di ossido che, pian piano, venne riassorbito nel corpo del ragazzo.
"Nessuno sfugge alla mia Corrosione Estrema! Assorbe ogni cosa io desideri, sia essa materiale o meno! Non potete immaginare quanto siate nella merda ora!" gridò, prima di toccare le altre Rovine. Tutto ciò con cui entrava in contatto veniva devastato dalla sua ruggine e assorbito dal suo corpo, rendendolo più forte.
Quando non ebbe più nemici da affrontare, cioè dopo pochi secondi da che aveva attivato quel potere, sbuffò soddisfatto.
"Ehy, mezza tacca. Io vado a dare il benvenuto a quei poveri idioti là fuori. Tu vedi di sbrigarti, che non ho tempo da perdere."
Lelq non rispose. Era troppo concentrato a cercare di sbrogliare la catena di ferro. Quella maledetta sembrava stringersi ogni volta che era sul punto di liberare la chiave. Strinse i denti, versando una lacrima di esasperazione.
"Maledeizione. Basta rallentarmi, stupide catene! Devo tornare da loro!" pensò, riprendendo a lavorare.
Intanto Xurst era uscito. E all'esterno aveva ingaggiato un aspro scontro con la moltitudine di Rovine. Per una che cadeva sotto i suoi incessanti colpi, cento ne arrivavano. La situazione non era proprio delle più rosee.
Il ragazzo, stanco dell'ennesimo assalto degli stupidi bestioni, tirò due pugni contemporaneamente sul terreno, trasformando la terra grezza in ruggine nerastra. La macchia di corrosione si spanse per cento metri, iniziando a distruggere i ciclopi, che presero a sprofondare in essa come nelle sabbie mobili.
"Earth Corruption Ending Fist!" gridò Xurst, facendo innalzare dei pilastri di ruggine intorno alla Cappella. Le Rovine erano chiuse fuori. Toccare gli spuntoni voleva dire suicidarsi. E lui le sentiva battere insistenti coi pugni sopra la barriera.
Strinse i denti. Stava perdendo i sensi. Quell'attacco era devastante, ma gli costava molto mantenerlo. Il numero pressoché infinito di nemici gli rendeva tutto più difficile.
Poi più niente.
Nessun battere contro la barricata. Che fossero morti tutti? Lo sperava con tutto il cuore, ma non si arrischiò ad abbassare la barriera.
Ad un tratto un botto. Poi un sibilo.
Si guardò intorno, confuso.
Fu un attimo.
Un dolore lancinante alla spalla.
Il suo potere svanì, facendo sparire di conseguenza la ruggine.
Un foro fumante lo trapassava da parte a parte pochi centimetri sopra il cuore.
Deglutì, mentre la vista gli si affievoliva.
Prima di stramazzare al suolo lo vide. Una rovina un po' più grossa delle altre. Ma non era solo quella la stranezza che portava nel suo grottesco aspetto. Sotto l'occhio, dove le altre Rovine non avevano nulla... si apriva una lunga e sottile bocca priva di denti, che dava su una specie di abisso senza fondo.
Poi nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Incendiare l'Animo ***


"Ok. Allora prendiamo la chiave e arriviamo." rispose mentalmente Dark al messaggio di Xoen. In realtà loro la chiave l'avevano già trovata. Con una fiammata bluastra aveva sciolto il blocco di pietra (strano, ma vero) e davanti ai loro occhi si era mostrato un altarino in legno, le cui venature brillavano come lava. Su di esso stava la chiave, fatta di ghiaccio e percorsa di quando in quando da piccole scariche elettriche. L'unico ostacolo che li frapponeva dal monile era un intricato groviglio di rampicanti e rovi che spuntavano dal terreno e si univano proprio sopra l'altarino.
Lars sbuffò e alzò la mano, lanciando un altro getto di fuoco blu. Più passava il tempo, più le sue fiamme assomigliavano ad acqua bollente.
La vampata investì le piante, senza però scalfirle minimamente. Il ragazzo elementale fece una smorfia di disapprovazione. Gonfiò il petto e lanciò un altro getto incandescente dalla bocca, stavolta più intenso e potente.
"Amico, smettila." gli disse Dark, avvicinandosi all'altarino. "Mi sa che l'unica è sbrogliare il nodo a mani nude." commentò.
"Vuoi mettere le mani lì dentro? Quello è un covo di spine e, chi lo sa, magari insettacci schifosi e velenosi."
"Paura degli insetti?"
"No. Un po'. Ah, sta zitto, santo cielo! Non hai anche tu paure stupide?" sbottò Lars, incrociando le braccia sul petto.
Dark sorrise, tornando a concentrarsi sul nodo.
Strinse i denti e chiuse gli occhi, modificando le proprie braccia, rendendola coriacee, inspessendo la pelle e facendo allungare le unghie. Ora aveva due begli arti da rettile con tanto di pollice opponibile.
Ansimò. Creare qualcosa era di per sé complesso, se poi si trattava di modificare qualcosa di esistente, come appunto le zampe di un allosauro... Beh, non era una passeggiata.
"Figo. Così almeno non ti fai male." commentò impressionato Lars, guardandolo lavorare da sopra la spalla.
"Già. E gli artigli aiutano, sono più lunghi e sottili delle dita, così riesco a muovermi meglio."
I due rimasero così per qualche minuto. Dark cercava di sbrogliare la matassa, ma c'era sempre qualcosa che trattenenva la chiave sotto le piante. Lars lo fissava come ipnotizzato dai suoi movimenti.
Poi ci fu il secondo terremoto.
"Ma che...?" disse Dark, guardandosi intorno.
"Di nuovo?" fece Lars, ondeggiando sulle sue gambe eteree. Ormai era totalmente cambiato. Le lingue di fuoco erano state sostituite da flutti impetuosi. Era una massa d'acqua scura nel centro e cristallina verso l'esterno. Gli occhi avevano ottenuto una colorazione verde oceano e un profumo di slasedine che ricordava il mare, le onde che si abbattono sulla spiaggia, si diffondeva nella stanza.
Il primo terremoto era arrivato poco prima, ma, dopo la scossa, nulla era cambiato.
Questa volta però sembrava diverso, più violento. Come se qualcosa sotto terra si fosse appena mosso.
Fuori si sentiva il rumore di passi che si avvicinavano.
"Chi diavolo c'è là fuori?" borbottò il demone.
Si avvicinò alla porta e la scostò, sporgendo la testa fuori. La ritrasse. Sembrava confuso.
"Allora?" lo incitò Dark dopo qualche secondo.
"Sai. C'è tipo un esercito di ciclopi in frac che si sta avvicinando." disse Lars come fosse uno scherzo.
"Ah. Che vogliono?"
"Non so, non è che mi son fermato a fare conversazione, sai? Sembravano poco amichevoli, però..."
"Io te lo dico. Qui mi servirà un po' di tempo."
"E?"
Dark fece un cenno come per dire "e non è certo affar mio chi c'è la fuori".
Lars corrugò la fronte, abbassando le spalle.
Si voltò sospirando frustrato.
"Guarda tu se devo fare io da balia a questo fantasma ambulante..."
"Ti sento! E non sono un fantasma... sono solo... anemico?"
Il ragazzo d'acqua rise, chiudendosi la porta dietro le spalle.
Si voltò a guardare i ciclopi. Erano parecchi. Grossi. Lenti. Buffi. Camminavano ondeggiando come lenti pinguini zombie di due metri e mezzo con braccia scimmiesche che terminavano in simpatici artiglioni da far impallidire quelli di Dark.
Inspirò profondamente.
Spalancò gli occhi.
"Io ho combattuto contro il giorno e la notte stessi. Voi non mi fate certo paura!" E si lanciò.
Come uno tsunami, creò un'onda gigantesca e la cavalcò sopra i bestioni, che lo guardavano intontiti. Quando fu sopra la prima schiera, si abbatté su di loro con ferocia, travolgendoli. L'acqua trapassò i corpi muscolosi come centinaia di lame sottilissime e affilatissime, comprimendoli, schiacciandoli al suolo, entrando nei loro corpi e facendo così esplodere i loro organi dall'interno.
Quando l'acqua fu assorbita dal terreno, Lars fissò lo spettacolo che si era lasciato alle spalle. Sorrise. I ciclopi erano resi a poco più di una poltiglia inerme. Erano stati letteralmente frullati a dovere.
Una melma fatta dei loro rimasugli infettava ora il terreno umido.
Ma non era finita. Il ragazzo si girò che la seconda orda era già arrivata. Erano così tanti che, pur avendone uccisi moltissimi in un solo colpo, il loro numero non sembrava ridotto che di pochissimo.
Uno di quei mostri lo colse alle spalle.
Non sapeva come, ma gli era arrivato da dietro e ora lo stava per colpire con il suo braccio-mannaia.
Calò il colpo con velocità, ma Lars non si fece trovare impreparato. Si voltò giusto in tempo per colpire di taglio il busto del bestione. Questi si immobilizzò. Il suo corpo si piegò come una fionda, ma il colpo del ragazzo non andrò oltre. L'arto d'acqua si frantumò in una pioggia leggera, lasciando solo un piccolo taglio sul costato del mostro.
Lars ringhiò di dolore, mentre cercava di far riformare la Sorgente. Il braccio si rigenerò, ma gli faceva male. Quei cosi erano fatti di granito, altro che!
"Quindi solo attacchi di massa, eh? Ok!" eslcamò il giovane, ma l'errore di concentrarsi per troppo tempo su di un unico nemico gli costò caro. Un altro ciclope lo attaccò alle spalle.
Stavolta se ne accorse solo quando il braccio titanico lo aveva già trapassato. Come una scure lo colpì alla spalla, staccandogli il braccio sinistro dal resto del corpo.
Gridò agonizzante, cercando un riparo. ma ormai era circondato.
Si guardò intorno, i ciclopi che lo circondavano, troneggiando su di lui.
Non riusciva a rigenerare l'arto.
Non poteva morire così. NON LO AVREBBE PERMESSO MAI!
Gridò di rabbia, e dal suo intero organismo esplose un getto d'acqua gelida che tagliò di netto le prime fila dei ciclopi, fermandosi sui corpi di quelli più arretrati.
Il suo corpo tremolò per lo sforzo derivato da una tecnica simile lanciata con una profonda ferita al braccio, ancora non rigenerato.
Almeno aveva guadagnato tempo.
Doveva pensare in fretta. Chiuse gli occhi. Le possibilità a sua disposizione erano poche.
Avrebbe tentato la meno azzardata.
Concentrò tutte le sue forze residue in un unico punto. La Sorgente, la sua stessa anima. E poi le liberò, sprigionando il suo elemento. L'acqua lo avvolse a più strati, si sentì rinvigorire da quel processo, durante il quale niente e nessuno poteva toccarlo.
Una pioggia dapprima lieve, poi sempre più insistente, che divenne ben presto un vero e proprio temporale, cadde sulla landa desolata. In ogni dove, le Rovine alzarono gli occhi al cielo. Anche Xoen, Xurst, Victus e Nero fissarono le nubi che riversavano fresca acqua su di loro.
Il corpo di Lars iniziò a gonfiarsi, spandendo un velo d'acqua sul terreno circostante.
Una Rovina lo aggredì, colpendolo alla spalla sana con un'altra martellata. Gli artigli squarciarono il corpo del giovane che però si ricompose quasi subito.
"No, amico. Non puoi proprio sperare di riuscire a ferire l'oceano."
Erano tre le modalità che un elementale come lui poteva usare: la prima era la normale, la forma in cui si presentavano di solito. La seconda era la World Armor Life, cioè una modalità in cui lo spirito del demone si univa all'elemento che rappresentava in quel momento. Per esempio, Lars, che di notte era d'acqua, si univa a tutte le masse d'acqua, solida, liquida o gassosa che fosse, presenti sul pianeta, iniettando in loro la propria Anima, divenendo un tutt'uno con esse, ottenendo il potere di controllarle a proprio piacimento e di non poter essere distrutto a meno di annientare anche ogni cosa a cui fosse legato. Ma la terza forma era forse la più devastante. La Giant Hand Life, o la mano gigante del destino. Il demone cresceva in dimensioni senza un limite ben preciso. Perdeva quella sorta di invulnerabilità che aveva invece nella World Armor Life,  in compenso otteneva una forza spaventosa e una difesa nonostante tutto molto potente. Le dimensioni non contano, recitava un detto. Era pur vero che aiutano.
"Vi ucciderò tutti!" Gridò furioso, innalzandosi in una colonna alta una decina di metri e sparando raffiche di acqua che si congelavano a mezz'aria, infilzando i ciclopi e ghiacciando il loro organismo. La massa di mostri iniziò a diminuire, con le file più lontane che si vedevano bloccato il passaggio dai compagni ghiacciati. Ogni tanto uno di loro lo raggiungeva e gli assestava un violento colpo, ma ormai era come tirare sassi al mare. I loro attacchi non gli facevano nulla.
"Crepate, stupidi scimmioni!" gridava Lars, colto dall'euforia della vittoria.
Più colpiva quei bestioni più una furia ceca e sorda lo spingeva a continuare quel massacro. La carneficina iniziava ad inebriarlo, facendogli perdere il controllo di sé. E quando i ciclopi intorno  a lui furono sterminati e quelli nelle retrovie bloccati dalle carcasse, riuscì a fermarsi e a vedere cosa le sue azioni avevano portato. Provò disgusto verso sé stesso.
Se quella era la sensazione che doveva provare il suo demone ogni giorno forse capiva perché la sua specie fosse tanto violenta.
"Sperando che Dark sia riuscito a prendere la chiave." pensò.
Si voltò verso la Cappella degli Elementi.
Un grigio pallore la ammantava, rendendo ancora più raccapricciante lo scenario.
Era stata un'ecatombe.
Un rumore di ghiaccio che si rompe attirò la sua attenzione. Lo infastidì pensare che quei mostri stessero tornando all'attacco. Ma quando si voltò... non poté non rabbrividire. Vide i ciclopi in frac frantumare le loro barriere di ghiaccio e uscire dalle prigioni in cui li aveva confinati come se niente fosse. Alcuni riportavano lunghi ferite sul corpo, da altri fuoriuscivano spuntoni congelati conficcati per metà nel loro organismo. Con i loro freddi occhi guardarono Lars. Erano poco più di una decina. Poi si fissarono a vicenda.
E iniziarono a scannarsi tra di loro.
Fu uno spettacolo orrendo, vedere quei colossi che si smembravano senza pietà l'un l'altro, lacerandosi e straziando le carni dei compagni, era ripugnante.
Combatterono così, con il ragazzo che non riusciva a credere ai loro occhi, fino a che non ne rimasero in piedi solo tre. I mostri si guardarono intorno. Avevano orribili ferite su tutto il corpo, e mancavano loro ampie porzioni di busto, ma non sembravano particolarmente indeboliti da ciò.
Uno di loro, a cui mancava l'intero braccio sinistro, prese un arto, una gamba destra, per la precisione, da terra e la conficcò nella ferita alla spalla come sostituto. Lars fremette, immaginando istintivamente il dolore che qualsiasi altro essere vivente avrebbe provato a fare una cosa simile. Invece quello se ne stava lì, muto, immobile, statuario.
Il trio macabro iniziò allora a sostituire le parti mancanti con i pezzi dei compagni morti, fino a diventare orribili ammassi informi senz'anima. Ad un tratto, i tre furono scossi da un brivido. I loro corpi iniziarono ad essere percorsi da spasmi incontrollabili. La pelle divenne come liquida, il frac si fuse con essa. Divennero delle sfere bianco sporco. Poi dalle sfere emersero nuove braccia. Nuove gambe. Si delineò la sagome dei ciclopi, solo che erano un po' più grossi, e soprattutto con una grossa spaccatura sotto l'occhio troppo grande e innaturale per essere associabile ad una bocca.
I tre ondeggiarono un po'. Poi quello al centro guardò il ragazzo.
Lars non perse tempo. Si erano ricomposti con i pezzi dei loro compagni, non c'era da stare tranquilli. Scattò verso di loro, la pioggia che gli dava forza e velocità. Il mostro centrale aprì lentamente la pseudo bocca, rivelando una cavità oscura senza denti. Un bagliore viola brillò per un istante in quel baratro senza fine. Il giovane eroe cercò di raggiungerli in tempo con uno scatto disperato. Ma non ci riuscì.
Un botto. Un sibilo.
Si bloccò a pochi centimetri dal muso della creatura. La bocca dell'abominio di chiuse e i tre ciclopi presero ad avanzare verso la Cappella, passandogli in parte.
Cercò di muoversi.
"Ungh..."
Sputò. Quello che gli uscì dalla bocca fu sangue.
La vista gli si fece confusa. In mezzo al petto... un foro lo passava da parte a parte. L'acqua non lo riempiva, come se non potesse farlo.
Emise un verso strozzato... Ondeggiò.
Intanto i mostri dietro la barriera di ghiaccio, che sembrava avessero subito la stessa mutazione dei loro compagni, distrussero la muraglia. Un'ondata di creature con la bocca spalancata, da cui usciva lo stesso bagliore viola, avanzò.
Botti. Sibili.
Lars si sentì annientare, dividere in piccole parti. La Sorgente si ritrasse, smettendo di attingere forza dagli elementi del pianeta. La pioggia cessò. Il suo corpo era crivellato.
Ringhiò, cercando di non perdere i sensi.
Si guardò il corpo martoriato.
Entrare nella modalità finale avrebbe forse potuto salvarlo.
Ma non ne aveva la forza. Poi ricordò.
La carta dell'ira!
L'aveva nascosta dentro la Sorgente. La estrasse dal proprio petto. Brillava intensamente.
Strinse i denti e azionò la sua ultima possibilità, mentre i ciclopi gli passavano in parte in massa.
La rabbia bruciò in lui.
Fiamme viola risalirono dal terreno. L'acqua di cui era composto iniziò a emettere vapore. I due elementi opposti si amalgamarono. E il suo corpo crebbe in un'eruzione devastante.
Crebbe.
Crebbe!
CREBBE!
Ora, tra le Rovine e la seconda Cappella, si trovava un baluardo costituito da un ragazzo demone di più di cento metri.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Avanzare di Qualche Passo ***


"Spero che tutti abbiano avuto fortuna." borbottò Xoen non appena ebbe finito di inviare il messaggio telepatico agli altri componenti della banda.
Gioyglory aveva da poco ultimato di applicare loro i bendaggi e di curare le ferite più gravi ed ora se ne stava immobile a fissare la chiave, intrappolata da un filo tanto sottile da risultare invisibile perfino agli allenatissimi occhi dell'Eon. Nonostante in combattimento fosse negata, era un'esperta guaritrice, dotata di un potere che il dio non aveva mai avuto modo di vedere.
Aveva curato perfino le lesioni peggiori che Nero aveva loro provocato, e che neanche il potere rigenerativo dello stesso Xoen sembravano in grado di sanare.
Inoltre era dotata di un'eccezionale vista, tanto fine da scorgere perfino il nodo microscopico che teneva bloccata la chiave.
Nero li aveva bastonati ben benino. Nemmeno usando le loro carte, che li avevano resi infinitamente più forti di prima, erano riusciti a batterlo. E a quanto era? Quarantasette per cento. Era una battaglia persa in partenza, se l'avversario sapeva copiare le tue abilità e potenziarle di dieci volte. Ancora peggio se poteva usare i poteri e la forza di più di una persona alla volta.
Quantomeno gli effetti della carta non erano svaniti, proprio come aveva detto l'omino di mai. A detta di quel marmocchio, i loro nuovi poteri se ne sarebbero andati solo con l'intervento di un Supremo, o del capo in persona.
Alla fin fine, però, che serviva averli se poi il loro nemico era dieci volte più forte di loro e, per definizione, indistruttibile? Xoen non lo avrebbe mai detto, ma si sentiva a pezzi. Non riusciva ad andare avanti. La distanza tra lui e colui che aveva sempre visto come modello da superare, ovvero Nero, era incolmabile.
L'Eon giocherellò un po' con lo yo-yo.
Victus, o meglio, Grim Reaper era fuori. Stava tenendo a bada l'avanzata delle Rovine. Guardiani posti dall'omino a difesa delle Cappelle e della Cripta. Un esercito letteralmente infinito che si generava dal Supremo della Violenza in persona. Le Rovine, in fondo, non erano che questo: pezzi di Ruins che avevano assunto le sue stesse sembianze, acquisendo forza e poteri simili ai suoi.
Ruins era una fabbrica inesauribile di quei bestioni. E quei bestioni erano un esercito inarrestabile. Per uno che ne facevi fuori, altri cento ne apparivano dal nulla, generati dalla violenza stessa dello scontro.
Come se non bastasse, inglobando l'essenza dei loro simili, i ciclopi potevano ottenere una versione più debole del potere ultimo dei Supremi. Si trattava di una sorta di raggio, anche se chiamarlo raggio non era appropriato. Semplicemente, ciò che veniva "colpito" dall'attacco di quegli esseri, svaniva. Come se non fosse mai esistito. Non c'era potere di guarigione che tenesse. Una ferita del genere, se non si era più simili ad un dio che ad un uomo, era destinata a marchiarti per sempre.
Gioyglory aveva chiamato quella tecnica raggio di nulla. Qualcosa che era l'antitesi perfetta della Realtà, ciò che poteva annientarla. Era mostruoso.
Andava al di là di un normale potere di distruzione o annientamento. Non c'era scudo, non c'era rifugio. E i Supremi potevano fare molto di più. Se una Rovina, abbinata ad altri suoi simili, sapeva fare una cosa simile a livello mondiale, i Supremi non conoscevano limiti.
Ablivion aveva affrontato uno di quei mostri ed era sopravvissuto... Solo la pietà di Nero e la parola dell'Innominabile lo avevano tratto da una fine orribile. Anche se molte parti di quella faccenda erano state tenute segrete anche a lui. Per esempio, il motivo della faida. Gli era stato riferito che Ablivion avesse tentato di spodestare i Supremi. Ma secondo lui non era così. Ablivion e Nero era stati addirittura amici...
Scrollò le spalle. Non era il momento di perdersi nei meandri del passato. Dovevano combattere quella battaglia. Anche perché non avevano molte alternative.
Victus falcidiava i ciclopi. Grazie al potenziamento datogli dalla carta del Dolore non erano un problema per lui, nemmeno quelli che si erano potenziati. Per ogni Rovina che veniva assorbita da una di loro, il mostro risultate vedeva quintuplicata la propria potenza. Il massimo era lo stesso che Reaper e Xoen avevano raggiunto attraverso l'uso dei doni dei Supremi.
Ma per creare una Rovina così possente era necessario che più di un miliardo di loro si unisse. Una cosa impensabile da poter vedere realizzata.
L'Eon fissò il palazzo che svettava al centro della città, fiero di essere ancora abbastanza integro.
Era tuttavia l'ombra di sé stesso. Rovinato, sporco, cadente, sembrava un vecchio morente. A Xoen si strinse il cuore pensando al loro Impero di Cristallo, nella loro Realtà. Sapeva che quel posto e la sua terra natia non coincidevano, ma vedere tanta desolazione lo rattristava comunque.
Fece correre lo sguardo oltre le fila di Rovine, fino al raggio di luce che, da sotto la torre, saliva al cielo, viola e fosca. Intorno ad essa ruotavano le nubi nere. Lars si vedeva lampeggiare in lontananza. Esplosioni percorrevano la città.
La torre sarebbe stata la loro prossima meta. Gioyglory arrivò di lì a poco.
"Ho la chiave." disse.
Le ci era voluto davvero poco.
Xoen annuì e fischiò, attirando l'attenzione del tombale Grim. Il colosso, alto quanto una Rovina normale, fece roteare la sue sfere nere, distruggendo una fila di nemici.
"Andiamo." disse Xoen.
La sua voce vacillò per la paura.
 
Nero si guardò intorno.
Le Rovine lo fissavano vacue.
"Stupide bestie." mormorò.
In quel momento era al sessanta per cento di potenza. Ora tutto stava nell'aspettare e arrivare al cento per cento. Allora avrebbe spazzato via quei mocciosi impertinenti, avrebbe ucciso i ciclopi, distrutto le Cappelle, sconfitto l'omino di mai e, in ultimo, spodestato il capo e preso il suo posto, come ambiva a fare da miliardi di anni.
I bestioni ondeggiavano come foglie smosse dal vento. Non lo avrebbero attaccato. Era l'unica limitazione che veniva loro imposta quando un Supremo le liberava. Non attaccare un altro Supremo. Il che valeva a dire non suicidarti.
Il tetro figuro avanzò verso il centro della piazza che si apriva sotto il vecchio palazzo del regno. Quanto aveva dovuto lavorare per vederlo distrutto. Era un peccato che Sombra, il cocchino di quello spregevole spaventapasseri che lo aveva sempre osteggiato tanto ostinatamente, il quale si era prodigato per proteggerlo da ogni pericolo, non fosse lì per vederlo raso al suolo. Avrebbe davvero voluto incontrare di nuovo quel ronzino fastidioso anche solo per dargli la dolorosa notizia che, ahi lui, sua figlia Luna era morta, uccisa brutalmente da un amico di vecchia data di Nero stesso.
Ne sarebbe uscito distrutto, povero ragazzo.
Nero rise al pensiero del volto sfigurato dall'agonia di Sombra all'apprendere quella notizia.
Il demone arrivò sotto il palazzo. Si bloccò. Qualcuno di spiacevole lo stava fissando.
"Murmure. Esci fuori. Ti ho scoperto." disse secco.
Un individuo ammantato da un lungo soprabito che portava a mo' di mantella, con le maniche logore che sventolavano al vento, balzò dalla balconata del palazzo. Atterrò piegandosi sulle ginocchia per attutire il colpo. Si rialzò spolverandosi il soprabito con la mano sinistra. Scrollò le spalle, mostrando il braccio destro assente. Non aveva quell'arto sin dalla nascita, una singolarità per uno come lui. I suoi capelli erano tirati indietro sulla testa, ed avevano una colorazione grigio spenta. Il suo volto maturo e temprato da mille battaglie raccontava una storia fatta d'imprese epiche inimmaginabili.
I suoi occhi verde scuro adombrati da un velo di stanchezza scrutarono il Supremo.
"Che vuoi da me? Il capo non approverebbe un nostro incontro, o sbaglio?" lo redarguì Nero. Solo che non usò il solito tono arrogante e carico di disprezzo, bensì parlò con vera preoccupazione per l'insignificante umano.
Murmure strinse l'elsa della spada che portava alla cintola, con aria pensosa.
"Non devi temere per me. Piuttosto per il capo."
"Che intendi dire?" chiese Nero, spiazzato.
"Dobbiamo parlare, Alter, e in privato." rispose enigmaticamente l'uomo dai capelli ramati.
Nero arretrò di un passo, studiando Murmure per vedere se facesse sul serio. Quando fu soddisfatto, alzò una mano e schioccò le dita. Tutti i ciclopi che circondavano la piazza e li fissavano vacui esplosero, pervasi da una forza a cui non potevano resistere.
"Ora siamo schermati. Nemmeno l'Omino può sentirci."
"Via, Alter, chiamalo Blaso. In fondo è questo il nome della Follia."
Nero storse la bocca.
Era a disagio quando la gente lo chiamava Alter.
Murmure sembrava saperlo, ma non gli importava, evidentemente.
"Comunque." continuò l'uomo, alzando il volto al cielo "devo dirti un paio di cose."
Nero gli si avvicinò e Murmure prese a mormorargli frasi incomprensibili.
Restarono così per un po', prima di separarsi.
Il Supremo lo fissava sbalordito.
"Non può averlo fatto..."
"Invece è così. E, non contento, ha rapito pure una giovane da un'altra Realtà per tenerla come ostaggio. Perché credi che io sia qui, ora, se non per cercarla?" rispose Murmure, freddo.
"Ma perché? Non ha senso! Insomma... Perché avrebbe dovuto esiliarlo senza dirlo agli altri Supremi? Avrebbero potuto aiutarlo, e molto anche!"
"Dimentichi che non sono tutti come Adreus. Quello sciacallo farebbe di tutto per arrivare ad ottenere il potere che gli fu negato alla creazione. Certo, anche questo, però, pare troppo... Perfino per uno come lui. Figuriamoci per altri come Ruins o Agonia, che, bene o male sono neutrali riguardo questa faccenda."
Nero restò in silenzio un momento a riflettere.
"Forse dovrei lasciare perdere la conquista dell'universo e allearmi con quello spaventapasseri incartapecorito..." mormorò.
"No. Se l'Omino dovesse sospettare qualcosa ucciderebbe senz'altro l'ostaggio. Dobbiamo portare pazienza. E mi raccomando. Se devi uccidere qualcuno che non sia quel giovane musicista. Lelq, credo si chiami."
Il demone lo guardò con aria interrogativa.
"L'Omino non lo ha trasmigrato. Lo ha traslato." rispose Murmure con semplicità.
"Cosa? La traslazione è illegale." commentò Nero.
"Si, ma è l'unico modo per portare due entità o più che siano legate da un forte vincolo da una Realtà ad un'altra. Mentre la traslazione si limita a far "sognare" di essere in un mondo nuovo, facendo così cadere in coma il soggetto nella Realtà originale, la traslazione lo trasporta del tutto. Per questo, se uno di quei ragazzi dovesse morire rinascerebbe. Si sveglierebbe a casa sua con il brutto ricordo di un incubo. Ma Lelq... Per far si che potesse combattere era necessario che Lelc fosse con lui, altrimenti la sua forma più potente sarebbe stata impossibile da raggiungere. Ma la trasmigrazione ha lo svantaggio di distruggere le entità legate al soggetto trasmigrato. Come se io avessi un filo a cui sono attaccate delle perline. Se faccio passare il filo per la testa di uno spillo, le perline si staccano. Così Dark è stato traslato in parte, in modo che Nightmare, da lui ospitato, non fosse distrutto. E così anche per Lars."
"A proposito di Dark." intervenne Nero. "Ho visto che l'Omino lo ha marchiato con il sigillo dello spirito intenso. Perché?"
"Immagina. Se tu avessi ottenuto il suo potere... cos'avresti potuto fare? Così Blaso lo ha non solo depotenziato per renderlo meno appetibile per te, ma lo ha anche tenuto a bada a livello psichico. La sua alta instabilità mentale lo rendeva pericoloso per la missione ideata dalla Follia."
"Capisco. A questo punto che devo fare?" chiese ancora Nero.
"Non so dirti. Il punto è che quel pazzoide ha avuto un'idea geniale facendoti uscire di prigione prima del tempo stabilito, così si è scatenato l'allarme rosso tra gli altri Supremi. In questo modo, secondo le leggi vigenti, sono stati costretti ad una sorta di esilio e, con tale espediente, l'Omino ha potuto agire indisturbato senza che loro scoprissero nulla del suo atto scellerato. Lyram, Adreus e tutti gli altri non sanno nulla di quanto è successo tra il capo e Blaso. E io non riesco a trovarli, il maledetto ha pensato anche a schermare la loro presenza. Così non li posso avvisare di questo madornale problema..."
"Quindi dovrei farmi sconfiggere per far cessare lo stato di allarme e far tornare in azione gli altri Supremi? Oppure dovrei liberare lui e farmelo amico? Credi che crederà a tutto questo?"
"Non so, ma non mi fiderei dei Supremi, in realtà. Chissà che anche loro non condividano segretamente le ambizioni di Blaso... No, meglio non complicare ancora di più la faccenda. Per il momento è opportuno mantenere un profilo basso, per non destare sospetti nella Follia. Spero di riuscire a trovarla al più presto e di portarla in salvo, così la faccenda si risolverà con poco. Per quanto ti riguarda non saprei che consigliarti. Non ho nulla contro di te, ma penso che una tua rivoluzione insospettirebbe il gaglioffo. Agisci come meglio credi, Alter. Io devo andare, tra poco si accorgerà che non ci riesce più a vedere. A presto."
Murmure strinse un lembo del mantello e vi si avvolse, scomparendo con un piccolo risucchio.
Nero sbuffò.
La faccenda gli puzzava. Non poteva credere che quanto il crononauta gli aveva appena riferito fosse vero.
Eppure la sua liberazione parziale, il fatto di essere lasciato relativamente in pace mentre completava il processo di fuoriuscita dalla Cripta e soprattutto il fatto che lui fosse caduto nella sua trappola lo facevano sospettare.
"Bah. Ucciderò quei mocciosetti noiosetti e poi sconfeggerò l'Omino di mai. Così il capo mi ricompenserà adeguatamente... Con il suo stesso potere!" concluse sogghignando, per poi sparire, mentre l'esercito di Rovine si rigenerava lentamente ai bordi della piazza.
 
Mondo di Mai:
 
"Che bravi figliuoli che sono!" gridò eccitato l'Omino di mai, ribaltandosi sulla sedia. Per poco non cadde nella finestra che aveva aperto per sbirciare la battaglia contro i figli di Ruins che i sette avevano intrapreso.
"Xurst già se la sta vedendo male, fiammella, mister depressione Mors e il gallo da dio hanno già usato le loro carte. 'Cidenti! Nessuno di loro è l'undicesimo Re del Mondo!"
"Dodicesimo." corresse con la sua voce cavernosa e apatica Ruins, che se ne stava in piedi con le braccia penzoloni lungo i fianchi, la sua presenza era impercettibile se non quando parlava.
"Giusto! Ouroboros! Nero gli ha dato il nucleo del vuoto... Comunque, rimangono solo Lelq e quel Dark. Punterei sul primo, visto che il secondo ho dovuto pure liberarlo della presenza fastidiosa di quello scocciatore di Nightmare. Odio gli Eon, tutti perfettini li... Ma di che parliamo? Quelli si stanno facendo valere e tanto mi basta! Lo spettacolo è meraviglioso! AH! Ho fatto bene a mettere su tutto questo pasticcio, così non mi annoio. Siamo proprio a cavallo. Già!"
Un nitrito straziato e il rumore di un corpo che si sfracella fecero zittire l'Omino che si voltò verso il ciclope.
Ruins se ne stava seduto a terra, con un'espressione ebete in volto, sopra una chiazza rossa in cui comparivano pezzetti biancastri e lembi di pelle marrone scuro.
"Ops, ho detto che siamo a cavallo? Mi sa che l'ho detto..." bofonchiò disgustato il ragazzo "Nella foga mi sa di averti creato un cavallo sotto il fondo schiena. Errore tuo, scusa. La prossima volta vedi di stare più attento. Sai che, avendo il tuo corpo massa infinita, non puoi stare sopra niente senza usare qualche incantesimo di levitazione."
Ruins non si mosse.
Era perfettamente immobile.
Guardava la finestra alle spalle dell'Omino.
L'immagine era cambiata. Nell'agitazione del momento, il giovane aveva inavvertitamente fatto scorrere una mano sopra il vetro, cambiando il punto in cui la finestra si apriva nella Realtà. In quel momento illuminava il volto rigato dalle lacrime di una ragazza sulla sedicina.
Sembrava molto provata. Indossava dei jeans sgualciti e una maglietta rosa pallido con sopra il logo di una band musicale. Peccato che le lettere fossero troppo rovinate per leggerlo.
Una manica era strappata fin sulla spalla, lasciando vedere un lungo taglio poco profondo che le correva da sotto il gomito alla scapola.
Era coperta di polvere e piccoli graffi e sembrava respirare a fatica.
Ruins piegò di lato il testone, allungando il collo in maniera innaturale, tra il buffo e l'orripilante.
"Chi è quella?"
L'Omino smise di sorridere. Si voltò. I suoi occhi baluginarono di una luce violacea e la finestra si incrinò, smettendo di trasmettere l'immagine.
"Nessuno, nanetto da giardino formato maxi, nessuno." borbottò.
Ruins si alzò pesantemente, facendo sospirare le molte bocche che gli si aprivano e chiudevano sul corpo incessantemente, a rappresentare la fame insaziabile di violenza che un singolo atto efferato portava a provare. In quell'istante il mostruoso ciclope sembrava più minaccioso che buffo, con la testa ancora spostata di lato e le braccia robuste ondeggianti lungo i fianchi come fossero appese ad un filo.
Avanzò di un passo.
"Perché è qui? Non dovrebbe essere qui." mugghiò, iniziando ad assumere un tono più agitato, come fosse un bimbo che sta per mettersi a piangere e a battere i piedi per terra.
"Non ti riguarda, torna a sederti, così..."
"DIMMI CHE SUCCEDE!" sbraitò il ciclope, alzando le mani contro l'Omino, che lo fissò senza espressione.
Ruins abbassò gli arti con violenza, colpendo il bersaglio. Ma l'Omino non era uno sprovveduto. Alzò un dito e fermò l'attacco senza nemmeno sfiorarlo.
"Sei nel mio mondo oramai. Mettitelo bene in testa." sibilò con astio.
Ruins emise un suono simile al barrito di un elefante e cercò di afferrarlo, ma l'Omino lo fece sparire in un portale quintessenziale.
Non appena si fu liberato della creatura, Blaso tornò a guardare la finestra, che illuminò le tre diverse scene dei tre gruppi intenti a cercare di sopravvivere all'esercito di Rovine.
"Mmm... spero che Ruins non mi si metta contro... O beh... tanto peggio per lui... Dov'ero rimasto? Ah, si... VAI LARS CHE SEI FORTE!"
La realtà tremò quando il Supremo della Violenza ruggì il suo disappunto in mezzo al buco nero in cui era stato scagliato dall'Omino di mai.
Poi si chetò, sedendosi proprio sul bordo del tunnel spazio-temporale e iniziò a guardare il vuoto senza pensare a nulla...

Angolo di ME:

Pubblico oggi, scusate il ritardo. Cooomunque, qui finalmente vi diciamo circa cosa sono le benedette Rovine (più avanti si avrà magari una spiegazione anche più approfondita) e si vedono comparire persone a caso. YEEEEE!
Vaaaabbé. Pace.
Ev.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ricongiungersi - Parte Due ***


Rovine.
Parassiti cosmici. Nascono da un frammento minuscolo del corpo della Violenza, un pezzetto insulso di materia violacea e palpitante non più grande di un pugno.
Il Supremo, il cui corpo altro non è che un involucro vuoto in cui si agita una materia ignota, causa della violenza che imperversa nel mondo, infinita, immutabile, indistruttibile, non fa altro che prendere un pezzo di tale materia attraverso una delle mille bocche che ogni istante si aprono e chiudono sul suo organismo mostruoso. Una volta estratto il frammento, questo si divincolerà, precipitando dal Mondo di Mai nella Realtà, ancorandosi ad essa. Da questo "uovo" prendono forma centinaia di migliaia di esseri simili a Ruins, nelle fattezze e nelle facoltà fisiche.
L'unione di due o più di esse potenzierà la specie, rendendola man mano più simile al Supremo, fino a che, per quante Rovine si aggiungeranno, il risultato non potrà più potenziarsi.
Settanta fattoriale alla settanta fattoriale, il tutto fattoriale.
Questo è il calcolo del numero di Rovine che un bozzolo solo può produrre. Un numero talmente grande da essere impensabile.
Una sola Rovina ha raggiunto il limite massimo dell'aumento dei propri poteri. Una sola è diventata degna di essere nominata.
Se doveste incontrarla, scappate. Non potreste sopravvivere.
 
Gioyglory ripensò alle ultime parole di Ruins.
Il ciclope l'aveva presa da parte poco prima che partisse con l'Omino, estraendo goffamente un foglietto scritto in una grafia che chiaramente non era la sua e leggendolo. Le aveva confidato la sua sfiducia per il Supremo della Follia. Il suo timore per la sua decisione di far muovere Parsifal, che era tanto simile a Ruins stesso da poter essere considerato un Ruins senza alcuna limitazione, era grande.
Parsifal. Ne aveva sentito parlare. E aveva sentito cose terribili sul suo conto. Conosciuto come il divoratore di pianeti, faceva concorrenza con Adreus, l'Odio, che invece era chiamato l'inabissatore di mondi.
Le aveva poi spiegato il funzionamento esatto delle Cappelle e della Cripta.
Una volta che si entrava nel campo consacrato di una delle Cappelle, un terreno che correva intorno all'edificio per circa dieci metri, Nero non li avrebbe più potuti braccare. Era sufficiente aprire una Cappelle per consacrare il terreno circostante e così salvarsi dal Supremo.
La Cripta era più potente. L'area consacrata era di circa centocinquanta metri. La piazza sotto il palazzo dell'Impero, insomma.
Ma, mentre le Cappelle tenevano lontano Nero e permettevano l'ingresso delle Rovine, poste a guardia di quei sacri luoghi dall'Omino, la Cripta fermava solo le Rovine.
La loro zona di sicurezza, insomma, da quell'esercito immortale.
Ventidue erano i bozzoli presenti su quel pianeta, lanciati lì millenni prima da Ruins. Settantaquattro quelli che l'Omino aveva piazzato proprio con il loro arrivo.
Il numero di Rovine che si potevano produrre era... assolutamente inimmaginabile.
Il motivo per cui l'Omino di mai aveva fatto una cosa simile era semplice quanto assurdo: il ragazzino voleva divertirsi facendoli combattere senza tregua.
Aveva fatto si che, aprendo una Cappella, il tempo di liberazione di Nero si riducesse di un giorno e che la terza parte dei bozzoli si schiudessero e iniziassero a produrre i ciclopi infami.
La Cripta, loro meta finale, era quindi la loro vittoria sulle Rovine. Ma lì le cose si complicavano.
In quel luogo, nascosto sotto la piazza, proprio sotto il poggio del cuore di cristallo, scomparso in seguito a vicende avvenute millenni prima, era posta una gigantesca porta inamovibile.
Solo lei, Gioyglory, poteva aprirla. Ma una volta aperta avrebbero avuto solo poche ore, se non meno, per fermare Nero prima che si liberasse del tutto. E sarebbe stato estremamente difficile. In quel momento avrebbe raggiunto il limite massimo di potere che un entità di normale condizione di esistenza, quali divinità, Eon, umani, demoni, chiunque, potesse raggiungere. Il sessanta per cento del suo potere totale, una forza che nessuno poteva superare tranne un Supremo stesso.
Il sessanta per cento. Un dio non avrebbe saputo arrivare a tanto. Una forza tale da poter distruggere l'universo con le proprie sole forze. Una potenza così grande che i sogni non potevano eguagliare.
Lo stesso potere che le carte donate dall'Omino faceva raggiungere.
Utilizzando uno di quei pezzi di carta, intrisi del dono dei Supremi, portavano il soggetto al massimo limite che poteva raggiungere, oltre il quale non poteva arrivare senza scomparire del tutto.
Il problema, tuttavia, sorgeva nel momento in cui non si riusciva a sfruttare questo immenso potere. Era raro che qualcuno, dotato di questo dono, sapesse usufruirne. Un dono di un Supremo sfruttava il sentimento che tale Supremo rappresentava ed era. Per esempio, la carta della Rabbia usava la furia interiore del suo possessore per dargli energia senza pari. Ma se il soggetto non era in grado di sfogare appieno questa emozione o stato d'animo, il potenziamento era enormemente sforzato. Questo era accaduto con Grim e Xoen. Erano diventati molto forti, tanto forti da non poter temere minimamente alcun pericolo che quell'esercito di ciclopi poteva portare. Ma non abbastanza per fermare un Supremo libero al quarantasette per cento.
Da quel che sapeva, solo undici creature in tutto il multiverso, l'insieme di tutte le Realtà esistenti, erano riusciti a superare quel limite, arrivando fino ad un massimo del sessantuno per cento. Poteva sembrare poco, questo scarto di potere. Ma bastava uno zero virgola uno per cento in più per essere infinitamente superiori a qualcuno.
Una creatura con un potere pari al sessantuno per cento era... devastante. Nessuno avrebbe potuto fermarla, nessuno che non fosse almeno forte quanto lui.
Le undici anime grandi.
Così erano chiamate.
 
"Gioyglory?!" gridò Xoen, mentre con la sua energia teneva a distanza le Rovine, bloccando i loro raggi
Lei stava camminando assorta lasciando la distruzione dei due ciclopi ai guerrieri. Poco distante, al di là del muro di mostri, si poteva vedere una specie di onda nera metallica che travolgeva ogni cosa, segno che Xurst si stava avvicinando alla loro posizione. Lars stava trucidando i giganti. Dopo i primi tre colpi subiti era diventato più piccolo di loro, ma la sua rabbia era aumentata a dismisura, secondo i suggerimenti che lei aveva dato a tutti.
"Fatevi pervadere dalle emozioni. Così vincerete."
Così aveva fatto dire a Xoen mentalmente.
Quando i due gruppi si furono rincontrati, poté guardare il risultato di quell'impresa.
Xurst, che aveva uno sguardo insano negli occhi, iniettati di sangue, sembrava sul punto di impazzire. Lars era sfinito, la fatica di contenere tanto potere doveva essere immensa. Lelq era... strano, diverso, più duro nello sguardo, più muscoloso, non presentava ferite e capelli e occhi erano diventati bicromatici. Il suo sguardo penetrante era una freccia nel cuore, veloce e precisa, che toglieva il fiato e metteva in soggezione.
Dark invece era quello messo peggio. Ansimava e a stento riusciva a tenersi in piedi. Lelq lo aiutava a camminare, ma era distante nei modi. Non lo faceva per cortesia, ma per non avere un intralcio. Era terribile tanto da rendere insostenibile la sua vista.
Dall'altro lato, Grim, o Victus, come ancora lo chiamava lei, avanzava lentamente, facendo fluttuare le sue sfere nere che annientavano file e file di Rovine. Non emetteva suono dallo scontro con Nero.
Xoen era altrettanto taciturno, eccezion fatta per qualche sporadico avviso di pericolo. Non faceva altro che usare il suo potere per creare una specie di barriera con cui difenderli dai raggi inibitori dei mostri. La sua aura sembrava essere l'unica difesa efficace, contro quei raggi.
"Dunque." esordì Xurst quando li ebbe raggiunti "Novità? Avete visto Nero? Devo staccargli il cuore e mangiarlo per quello che mi ha fatto passare."
La ragazza non rispose. Non voleva dar loro la notizia peggiore.
"Non perdere tempo in chiacchiere, rosso." lo rimproverò freddo Lelq "Ah, Gioyglory." la richiamò.
Lei lo fissò per un attimo, colta alla sprovvista.
"Sono Strange. Non Lelq. Tienilo a mente." disse soltanto, per poi riprendere a camminare verso la torre cadente.
Gioyglory lo fissò stranita. Aveva letto i suoi pensieri? Era strano, nemmeno utilizzando la carta di un Supremo avrebbe potuto. Solo uno dei suoi padroni, come Ruins o l'Omino poteva leggerle la mente. A meno che... no, non era possibile.
Erano undici e basta.
Grim si fermò un attimo, mosse lentamente il capo verso Strange e lo seguì a passi pesanti. Xoen fissò i restanti membri con qualcosa di simile alla tristezza negli occhi e poi seguì i due.
Anche Xurst e Lars andarono loro dietro. Il primo per smania di battaglia. Il secondo per inerzia, come Grim. Erano tutti spossati, e li capiva.
Rimaneva Dark, che stava seduto tenendosi il petto con le mani come in preda ad un attacco di cuore.
Le Rovine, tenute lontane fino a quel momento dai poteri dei ragazzi, ricominciarono ad avvicinarsi. I loro attacchi partirono verso il duo non appena lo vide isolato dal gruppo.
Gioyglory assottigliò gli occhi. Guardò i ciclopi uno ad uno, cercando un modo per sopravvivere. Correre da Xoen, per farsi difendere? Si erano attardati troppo. Avevano avuto una distrazione che gli stava per costare la vita. Avevano solo una chance. E lei sapeva bene che doveva usarla. Per la prima volta dopo millenni, fece effluire le emozioni che si teneva dentro. Odio, Rabbia, Paura, Follia... Tutte le riempirono il petto. Una luce viola illuminò i simboli che ornavano il cerchio che le fluttuava dietro la schiena.
Sibili. I raggi inesistenti li colpirono; con le ali, la donna avvolse Dark.
Poco dopo, vicino al gruppo di eroi, in mezzo alle fiamme e ai flutti di Lars, dentro l'aura benefica di Xoen, comparvero i due. Gioyglory era sempre la stessa, mite creatura che conoscevano tutti. Ma Dark iniziava a guardarla con diffidenza.
E la piazza era proprio davanti ai loro occhi.
 
Nero fissò la cella scura. L'uomo dietro le sbarre non dava segni di essere particolarmente turbato. Leggeva un libro poggiando il mento sull'indice della mano guantata di bianco e non diceva nulla. Sembrava serafico, addirittura felice.
Il Supremo si guardò stizzito intorno, poi tirò su una manica della camicia bianca e guardò il polso percorso da linee bianche.
Sorrise.
"Sessanta per cento! Mancano tre giorni! E una volta aperta la Cripta mancherà meno di un'ora! Hai perso stupidotto, hai perso e stra perso!" cantilenò il demone, ridendo sguaiatamente.
L'occhio destro iniziava già a mutare. Da un semplice occhio color viola scuro, stava cambiando in un disegno geometrico strano di color indaco. Quattro ellissi concentriche, circondate da tre cerchi, a loro volta racchiusi da due quadrati e con le punte di una croce che uscivano come punte d spillo dai lati cardinali.
Il sinistro stava diventando, man mano che passava il tempo, sempre più bianco. Iride e pupilla si confondevano con la sclera vitrea, riempiendosi di crepe interne da cui usciva un leggero fumo fucsia e bianco.
"Manca poco e ti ho battuto!" esclamò, indossando con un solo, ampio gesto il soprabito a tre code e svanendo nel contempo.
L'uomo nella cella sorrise leggermente, leggendo un'asserzione che trovava particolarmente buffa.
 
Mondo di Mai.

Signore, non riusciamo a trovare l'Abisso.
Signore, la Violenza non si trova.
Signore, la ragazza è stata avvistata a nord di...
Signore, potremmo aver trovato Murmure. a...
Signore...
Signore...
Signore...
L'Omino di mai gridò.
"BASTA!"
Lasciò uscire la sua essenza, la natura del suo essere, ciò che lo rendeva sé stesso. Diversa dall'anima, più importante di essa poiché presente in ogni cosa che esistesse. Anche chi diceva di non esistere o che altro. Tutti loro mentivano a sé stessi prima che al mondo intero.
Se parli esisti, se pensi esisti, se sei pensato esisti. Mille, mille e mille più fattori rendono una cosa esistente. E quel qualcosa ha un'essenza. Una sua natura propria. E lui, la Follia, come ogni Supremo, lo sapeva bene. Manipolare l'essenza era un qualcosa che solo loro, entità poste al mondo per regolarlo, per renderlo giusto, potevano cambiare totalmente. Non c'erano limiti, non c'erano immunità al loro tocco.
L'essenza più grande era quella di un dio. Grande quanto la sua anima. Cioè quanto un uovo di struzzo.
Paragonata all'essenza di un altro qualsiasi essere, vivente e non, che non superava la dimensione di una biglia, era davvero enorme.
L'essenza di un Supremo, invece, era ovunque. Non potevano mai fare come le altre entità, che vivevano esprimendo pienamente tale essenza, mettendola in mostra. Un Supremo la doveva sopprimere, tenere nascosta, dentro di sé. Era questo il motivo principale per cui non potevano agire direttamente. Esporre la Realtà al loro essere significava sconvolgerla irrimediabilmente.
L'essenza di un Supremo era immensa. Tanto grande da essere incontenibile. L'intero universo, tutto ciò che esisteva non sarebbe stato sufficiente a tenerla rinchiusa. Così grande che materialmente era più estesa della Realtà, del multiverso infinito. Farla uscire totalmente sarebbe valso a dire distruggere la Realtà, giacché non potevano coesistere due cose di simile dimensione.
Era costretto, l'Omino, a non poter dar prova di sé. In quel momento di frustrazione, sommerso dalle domande, ne aveva fatta uscire un lembo, un pezzetto. Era stato bastevole a distruggere l'intera dimora di Ruins.
Era ancora immerso dalla sua essenza. Una sfera violacea e scura, rigogliosa di malvagità e insania, grande quanto una galassia, lo avvolgeva. Un frammento insignificante se paragonato al tutto che egli conteneva.
Aveva creato la Realtà diciassette volte, dopo che la prima creazione del capo era andata male. E aveva mai ricevuto un ringraziamento? NO! Ovvio che no! Si meritava un po' di relax! Perché per una volta non poteva essere sé stesso? Perché non poteva smettere di nascondersi, di limitare i suoi poteri?
Un'altra espansione. Il velo che divideva il Mondo di Mai e la Realtà si incrinò.
Il Multiverso fu scosso da un fremito, che tutti colsero.
L'Omino sorrise, percependo sgomento in ogni forma di vita.
Dolce suono di vibrante corda mossa da terrore! Una melodia impareggiabile che con impareggiabile maestria egli aveva avviato!
Ma basta! Non era il momento! In fondo non aveva senso distruggere tutto per poi restare con nulla su cui divertirsi.
Ricostruì tutto ciò che aveva cancellato con il suo scatto d'ira e tornò a guardare dalla finestra.
"Un gruppo di eroi va fin laggiù! E poi non torna più!" canticchiò, mentre Parsifal si ricomponeva alle sue spalle, statuario e terribile.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Ricongiungersi - Parte Uno ***


"Hey, sta riaprendo gli occhi!"
"Bene, perché ci serve intero. Dark, come procede la cura?"
"Dovrei essere a buon punto Lelq... o, scusa... Dimenticavo. Strange."
Xurst socchiuse gli occhi a fatica.
Qualcuno gli stava martellando con poca educazione contro le tempie. O forse era solo emicrania. Poco importava, il desiderio di suonarle a qualcuno per sfogarsi restava vivo nella sua mente.
Sentiva un terribile dolore alla spalla destra...
Ricordava vagamente la sensazione di perdita che lo aveva colto nel momento in cui la Rovina lo aveva colpito. Si era sentito strappato in due, lacerato.
L'attacco del ciclope non lo aveva ferito più di tanto, gli aveva traforato la spalla, ma gli aveva causato solo un piccolo forellino, dopotutto. Nulla di che. Eppure l'impatto, il senso di impotenza di fronte a quell'offensiva e la brutale forza con cui quel proiettile invisibile lo aveva trapassato gli avevano fatto sentire vicina come non mai la morte.
Tossì, cercando di alzarsi, ma il dolore alla spalla glielo impedì, unito al tocco fermo di una mano fredda e magra che lo costrinse a terra.
"Fermo, dove credi di andare tu? Ti hanno conciato male, amico, devi riposare ancora." lo ammonì una voce rauca.
"C-chi diavolo..." tentò di dire il rosso, sbattendo gli occhi alla tenue luce che per lui era invece accecante.
"Tranquillo amico, sono Darksaurus. Siamo arrivati che Strange stava cercando di respingere le Rovine. Ora Lars ci sta dando il tempo di guarirti." gli spiegò pazientemente il suo benefattore. Lo vedeva appena, come una sagoma sfocata in controluce.
"Guarirmi?"
"Già. Le Rovine si sono divertite a staccarti pezzo per pezzo il braccio. E chissà che altro avrebbero fatto se Lelq e Lelc non si fossero uniti per salvarti." commentò Dark.
Ormai riusciva a vederci quasi del tutto.
Il dolore alla spalla diminuì a lieve pizzicorio.
Si mise seduto.
"Aspetta. Non guardarti. Non ho finito di riparare il tuo corpo e non è proprio un bello spettacolo." lo avvisò Dark, sostenendolo con una mano. A guardarlo negli occhi sembrava molto provato.
Ovviamente, non appena il ragazzo gli ebbe detto di non guardare la spalla, i suoi occhi inevitabilmente caddero sull'articolazione.
Un conato di vomito gli fece ribaltare indietro la testa. La nausea gli premette lo stomaco, come un pugno.
Sentì la bile salirgli in gola e chiuse gli occhi, deglutendo ed inspirando a fondo.
"Che mi è successo?" chiese a fatica quando si fu un poco ripreso. Tenne gli occhi chiusi per evitare di vedere di nuovo quello scempio.
Al posto del braccio c'era un moncherino sanguinolento, attaccato con una specie di sostanza verdastra pulsante alla scapola. Altro liquame simile a catrame gli scorreva sui lembi di pelle non uniti tra loro, vibrando spasmodicamente ad ogni suo battito di cuore. Da quelle sostanze stavano nascendo nuova carne e tessuti, assumendo la forma di un normale braccio umano.
"Che cazzo mi è successo?!" urlò, desiderando risposta.
Come si era fatto una ferita tale da necessitare l'aiuto di altri per rimarginarla?
"Te l'ho detto." disse Dark, sospirando e tornando a concentrarsi sul braccio in via di creazione. "Le Rovine ti hanno preso e ti hanno spazzato via il braccio. Ti mancava anche un pezzo di busto e metà del cuore. Francamente non so come tu sia sopravvissuto. Sta di fatto che Strange ti ha salvato e ti ha portato qui. A, per tua informazione, stiamo andando al palazzo. Pare sia là la Cripta. Ora siamo a metà strada, ma le Rovine ce la stanno mettendo tutta per ostacolarci.
Xurst restò in silenzio, stringendo i denti. Aveva ampiamente sottovalutato gli avversari. Era stato uno stupido arrogante.
"Quanto ci vorrà perché io torni come nuovo?"
Il giovane in parte a lui sospirò ancora.
"Non dovrei metterci molto. Il punto è che di solito Nightmare mi aiuta a controllare i miei poteri. Senza di lui è più faticoso. Molto più faticoso, soprattutto rigenerare dal nulla un corpo umano cercando di renderlo il più somigliante possibile a quello originale. Senza contare che ripristinare i tuoi poteri è una vera e propria impresa..."
Il rosso socchiuse gli occhi.
Non poteva far altro che aspettare.
 
Dieci. Mille. Centomila.
I bagliori viola si moltiplicavano, per tutta la città. E tutti puntavano il colosso di fuoco che vegliava sulla palazzina in mezzo allo stradone. I ciclopi attaccarono, e miriadi di sibili penetranti si propagarono nell'aere.
Lars storse la bocca quando il suo corpo venne crivellato. Le fiamme e l'acqua che lo costituivano in un amalgama incerto di freddo liquido vitale e incandescente rogo distruttivo si incresparono in milioni di punti. La sua Anima vibrò a quell'ennesima offensiva, ma resse.
"Sono troppo grosso perché voi microbi mi possiate fare alcunché." mugghiò, muovendo svogliato un braccio, spazzando via le Rovine immediatamente sotto di lui. I suoi occhi vagarono per la città cadente. Quei mostri riempivano ogni singolo spazio. Erano sui tetti, per le strade, tra i cunicoli più stretti. Tutti puntavano in due punti. Il loro e un altro, circa dall'altra parte della metropoli. Probabilmente dove c'erano Victus e Xoen.
Xoen. Quel ragazzo gli aveva dato subito l'impressione di nascondere un potere esorbitante. Forse era la loro migliore risorsa contro Nero.
Strange balzò sul tetto vicino a lui.
Lars lo guardò annoiato.
"Allora?" chiese, soffiando via altre Rovine.
"Non so... sono dovunque. Non c'è uno straccio di passaggio."
"Lo creeremo noi."
Il ragazzo a metà tra l'albino e il moro sembrava perso nei suoi pensieri. Guardava nel vuoto con aria pensierosa.
Il ragazzo di fuoco, invece, lo studiava attentamente. Sentiva di potersi fidare di lui in un certo qual senso. Lui era senz'altro il più debole di tutti loro. Non era abbastanza forte da sfondare le linee delle Rovine, non era abbastanza potente da competere con il Supremo né tantomeno con i poteri degli altri componenti della squadra. Sembrava il più "umano" tra di loro, eppure era quello più determinato. Qualcosa lo spingeva ad andare avanti.
Strange si accorse che lo stava fissando e lo guardò di rimando con espressione interrogativa.
Lars distolse lo sguardo.
"Di agli altri di muoversi. Ho visto un gruppo di Rovine unirsi tra di loro. Erano parecchi." disse ancora il tipo strano, guardando in strada e schivando per un soffio uno dei fantomatici raggi invisibili di un ciclope.
Lars si scosse. Si innalzò in tutti e cento i suoi metri di altezza.
"Non credo che Xurst sia pronto." commentò, stiracchiandosi le braccia.
Strange storse la bocca.
"Vado a chiamarli."
Balzò in mezzo al corpo dell'amico senza farsi nulla. Per lui il fuoco e la corrente che travolgevano e trucidavano tutte le Rovine che vi si avvicinavano, non erano nulla di più che un misto di libeccio e tramontana.
Il gigante elementale sgranò gli occhi.
"Strange." chiamò a gran voce per farsi sentire. L'altezza non era troppo vantaggiosa se si doveva parlare con chi era "a terra".
Il ragazzo, che stava per entrare nell'edificio da una fenditura sul soffitto, si fermò, alzando gli occhi verso di lui. Stare dentro la colonna di fuoco e acqua che era il corpo di Lars era strano. Scorgevi i lineamenti del volto attraverso quella che ti sembrava una muraglia trasparente. Era buffo.
"Che c'è ora?" chiese il musico, spazientito.
Lars indicò un punto in lontananza.
A quasi un chilometro di distanza si stava innalzando una figura scura, grande almeno il doppio del ragazzo elementale.
Era una Rovina gigante.
"Ho paura che non ci rimanga troppo tempo..." commentò Lars con un groppo in gola.
 
La Rovina si guardò intorno. Era seduta, tuttavia sovrastava gli edifici di molto.
Spostò l'ingombrante testone grigio, illuminato solo da quel singolo occhio viola e giallo vivo, fino ad incontrare gli occhi infuocati di Lars.
I due giganti si sfidavano con lo sguardo, fieri, l'uno muovendosi lentamente, distruggendo interi quartieri con le mani, cercando un appoggio per sollevarsi sulle gambe, l'altro gonfiando il petto, facendo scaturire piccole vampate arancioni dalle braccia e congelando il terreno sotto di sé.
In quanto a grandezza, Lars era svantaggiato. Ma non per molto.
Socchiuse gli occhi ed inspirò a fondo. Gonfiò i polmoni (anche se era difficile stabilire quali organi fossero presenti nel suo organismo, in quello stato). La sua massa prese a crescere e crescere senza sosta.
La Rovina calò pesantemente un piede, radendo al suolo un isolato e sterminando altri ciclopi molto più piccoli di lui. I due si mossero l'uno verso l'altro, arrivando a confrontarsi faccia a faccia. Ora Lars era alto il doppio di lui, ma il ciclope non sembrava intimorito.
Il ragazzo sarebbe cresciuto di più, ma per alimentare un'Anima di quelle dimensioni necessitava di più ossigeno e vapore acqueo, che, superata una certa altezza, diventavano troppo rarefatti.
Un grande tonfo fece tremare la terra e l'aria su tutta la città, quando i due immani colossi intrecciarono le mani spingendo con tutte le loro forze per schiacciare l'avversario.
La maggiore stazza dava a Lars un notevole vantaggio.
Era in una posizione migliore, visto che spingendo faceva scivolare indietro il bestione in frac e bombetta, il quale sradicava interi palazzi e spargeva distruzione in ogni dove.
Lars spinse ancora finché le braccia del mostro non si piegarono e la Rovina crollò al suolo. Era strano vedere i due combattere, sembravano muoversi al rallentatore.
Come a smentire ciò, il ragazzo incanalò una grande parte della sua Anima nelle mani e prese a lanciare una raffica di pugni ora congelati ora incendiari sull'addome del mostro.
Il frac gigante si logorò, lasciando vedere l'addome della creatura.
Il ragazzo si fermò, allarmato da un bagliore violaceo.
Proveniva da una bocca di non più di tre metri di diametro sulla spalla del mostro.
Ma no, di che si preoccupava? Era così grande che se anche lo avessero colpito non avrebbe sentito nulla. Alzò il braccio, sicuro di sé, e calò una martellata devastante.
Fu un sibilo.
Poi un boato. E Lars venne sbalzato all'indietro di parecchie decine di metri.
Gridò di dolore, tenendosi la spalla sinistra, rotolando sul terreno per l'agonia atroce.
Un foro grande quanto uno stadio da calcio gli squarciava il petto proprio sotto la scapola. La Rovina si rialzò goffamente, incurante delle centinaia di suoi simili che trucidava ad ogni suo gesto. Sembrava più grande ogni istante che passava.
No. ERA più grande ogni istante che passava. Questo perché quando calpestava i ciclopi formato mini, non li distruggeva affatto. Li inglobava nei pesanti piedoni e così si andava fortificando. Oltretutto la sua potenza di fuoco pareva infinitamente superiore al normale.
Se lo avesse colpito alla testa o al cuore, lo avrebbe di certo ucciso.
Lars ancora non si capacitava di come quelle creature potessero annientare qualsiasi cosa guardassero, né aveva idea di cosa sparassero da quelle voragini senza fondo che avevano per bocca.
Una cosa era certa. Non si poteva sottovalutare l'avversario.
Strinse i denti e si rialzò goffamente.
Per compensare la perdita di massa corporea dovuta alla ferita aveva dovuto ridurre le sue dimensioni di moltissimo. Ora sovrastava la Rovina per poco più di una cinquantina di metri. Fissò con aria pensierosa.
"Potrei anche prendere questo tuo attacco sul personale." bofonchiò.
Con una vampata mandò a game all'aria il mostro.
"Uhm... Ne arrivano altri." fece Lars, guardando infastidito altre Rovine unirsi per formare nuovi giganti. Altri quattro, di una cinquantina di metri, avanzavano già verso di lui, aprendo le bocce informi e lampeggiando, segno del loro vicino attacco.
Non li avrebbe certo lasciati fare così.
Inspirò, facendo crepitare le fiamme dell'incendio che aveva appiccato nel combattere. Una marea d'acqua si innalzò dal suolo, senza spegnere le fiamme. Anzi, i due elementi si amalgamarono totalmente, come avveniva nel suo corpo colossale. Mosse le braccia come fossero onde del mare e una grande, gigantesca, improponibile lama fatta di quell'innaturale connubio di caldo e freddo, di vita e di morte, tagliò a metà tutti i giganti.
I loro attacchi però non cessarono. Mentre le parti del corpo in cui erano stati divisi crollavano al suolo, i "raggi" mortali partirono con il solito fischio. Solo che vennero scagliati puramente a caso, come se i ciclopi fossero consapevoli della loro imminente fine, ma non volessero arrendersi.
Altre Rovine Colossali si riformarono a partire dalle carcasse bruciacchiate di quelle distrutte. Una di loro mosse un passo, ma una colonna nero pece la avvolse.
Per un attimo il mostro sembrò incerto sul da farsi. poi la colonna fu come pervasa da energia e il bestione fu completamente annientato, senza che di lui restasse traccia.
"Ma che..." si chiese Lars, continuando a lanciare le sue fiamme e i suoi getti di acqua ghiacciata, decimando l'esercito infinito di mostri.
Non fece in tempo a finire la domanda. Un gigante lo aveva raggiunto. Non sapeva come, ma era diventato d'un tratto molto veloce. Si sentì spacciato quando il sibilo si fece sentire proprio dietro la sua testa.
Sentì un boato. Come di due superfici piane che si scontrano ad altissima velocità. Uno schiaffo poderoso che fece zittire per un attimo tutti i rumori.
"Scusa, amico. Non volevo farti aspettare, ma sai... amo farmi desiderare." disse con spavalderia una voce dietro di lui.
Si voltò incredulo.
"T-tu?"
Xurst era davanti a lui. Una colonna di ruggine nera lo sollevava da terra fino a lì. Aveva una mano bruciacchiata tesa in avanti. La Rovina si stava sgretolando, arrugginendo piano.
"Ma come..."
"Molto fighe queste carte. Odio, se non sbaglio. Beh, è piacevole. Finalmente posso sfogarmi. E se c'è una cosa che odio... è la gente che cerca di farmi fuori mentre sto schiacciando un pisolino!" gridò il rosso, emanando una fortissima energia e scagliando un'onda d'urto che, non appena investiva un ciclope, quale che fosse la sua stazza, lo polverizzava, rendendolo una statua di ruggine nerastra che veniva soffiata via dal vento tanto era indebolita dal potere del ragazzo.
Una luce verdastra aleggiava nei suoi occhi. Il suo sorriso era malvagio, puramente carico di desiderio di uccidere. Quello non era Xurst. Non poteva esserlo.
"LARS! XURST! FORZA, DOBBIAMO ANDARE!" gridò Strange da terra.
Xurst sogghignò per poi lasciarsi cadere in mezzo alla folla instancabile di Rovine.
Lars restò fermo un attimo.
Com'era possibile che lui avesse acquisito tanto potere dalla carta, mentre lui... no? Come aveva fatto a fermare la Rovina?
Non c'era tempo per farsi domande, però. Strinse i denti, deciso, più tardi, a cercare di capire il motivo, e si lanciò all'attacco, deciso ad aprire la strada ai suoi amici. Il palazzo era relativamente vicino. Ma vedendo il numero di nemici da abbattere sembrava distante anni luce.

Angolo di ME:

Piccola decisione tattica, per comodità di tempistiche, invece che di domenica (so che ho pubblicato di domenica di rado, ma l'idea era di fare di questa ff una sorta di "domenicale") inizierò a pubblicare di sabato, lasciando alla domenica l'ONORE di ricevere i "capitoli extra" che eventualmente inserirò. Paaace. Ev.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La Cripta ***


"Si sono fermate." si lamentò Xurst, battendo un piede per terra. "Perché si sono fermate!?"
Scagliò con rabbia un dardo di ruggine nera contro un ciclope della prima fila. Il colpo saettò a velocità irragionevole, trapassando l'occhio di centinaia di Rovine, finendo nell'atmosfera e da lì scomparendo nello spazio.
"VOGLIO UCCIDERE ANCORA!" strepitò il rosso, ricoprendosi di una strana ruggine violacea. Questa sembrava avere tutte le caratteristiche della ruggine nera, tuttavia non si limitava ad assorbire ciò che la circondava. Era un vero e proprio buco nero sull'orlo del collasso!
Gioyglory, vincendo con non poca fatica la forza gravitazionale esercitata dalla ruggine ad iper massa non ancora abbastanza sviluppata per essere davvero una minaccia, gli toccò il petto e il ragazzo si calmò tutt'a un tratto, facendo svanire la ruggine innaturale.
"Non farti prendere dall'odio, Xurst. Sei tu che devi usarlo per i tuoi fini, non il contrario."
Il rosso la guardò un po' contrito, poi si accovacciò a terra, fissando il vuoto.
"Allora, Gioyglory? Che facciamo adesso?" chiese Xoen, che stava appoggiato ad uno dei pilastri della torre di cristallo, le braccia incrociate sul petto. Emanava una luce fortissima, tanto da essere paragonabile ad una stella. Non era facile guardarlo direttamente.
La donna sospirò.
Lars e Dark stavano riposando, Grim non riusciva a tornare il Victus di sempre, ma continuava a provare, rimpicciolendosi e ingrandendosi a scatti. Strange camminava avanti e indietro attendendo con impazienza.
"Dobbiamo parlare di Nero." disse infine lei, sedendosi su una maceria.
"Che altro non ci avete detto? Su, tanto sono abituato, ormai, a voi altri e ai vostri segreti dell'ultim'ora." disse l'Eon, avvicinandosi.
"Non voglio che pensiate a me come ad una disfattista, ma..." disse lei, inspirando "Non possiamo pensare di andare là sotto e vincere. Non possiamo permettercelo. Sarebbe un imperdonabile errore."
"Stai scherzando vero? Perché se mi dici che abbiamo fatto tanta strada per poi andare al suicidio di gruppo ti strozzo. Sarai una bella donna, ma giuro che ti strozzo!" esclamò Lars, alzando la testa.
"Non ho detto questo. Dico solo che non potete pensare di essere alla sua altezza."
Xurst scoppiò a ridere.
"Ragazza, di, ma hai visto, no, dico, hai visto quel cazzo che ho fatto a quei maledetti figli di puttana là fuori? Io gli spacco la testa, gli strappo le viscere, gli estraggo la spina dorsale. Paura della Paura? AH! Fa paura quanto un lecca-lecca alla menta!"
"Non conosci il suo potere!" gridò lei, così carica di frustrazione da farli ammutolire tutti. Strange si bloccò, dandole le spalle. Ora aveva l'attenzione di tutti.
"Parlacene, allora." la incitò con freddezza proprio Strange, sempre di spalle.
Sospirò.
"Nero è un'emozione. Non c'è nulla da fare. Non solo ha il potere di manovrare il mondo a suo piacere, che è il potere di colui che è detto capo, il mastro. Ma è anche dentro di voi. Pervade la vostra mente e il vostro essere. Non c'è immunità a questo. Potete non provare emozioni. Ma fintanto che avrete un'essenza, quindi finché esisterete, in qualsiasi modo... sarete suoi burattini. Potrebbe semplicemente prendere la vostra essenza e manipolarla, in modo da privarvi di ogni facoltà, mutandovi in oggetti inanimati. Siete come plastilina nelle sue mani. Lui potrebbe decidere di darvi la morte, e voi non potreste fare nulla per impedirglielo. Potrebbe prendere possesso della vostra mente, della vostra anima, dei vostri poteri e del vostro corpo, e voi non potreste fare nulla per fermarlo. Ora è al sessanta per cento. è al vostro stesso livello. Ma lui ha qualcosa in più rispetto a voi. Lui non può essere cambiato. Semplicemente perché è già tutto. Ogni cosa lo contiene, ogni cosa è direttamente amministrata da lui e da quelli come lui. Se lui vorrà combattere con noi, sarà solo per sfizio."
Tutti la fissavano.
"È una battaglia senza speranza allora." fece notare Xurst, corrugando la fronte.
"Non ho detto questo." ribadì Gioyglory con pazienza.
"In effetti lo hai detto." l'apostrofò di nuovo il rosso, fissandola con sguardo carico d'odio.
Gioyglory sospirò.
"Diciamo che l'esito è totalmente sotto il controllo di Nero." concluse infine, facendo calare un silenzio inquietante sul gruppo.
"Beh, non mi importa. Io devo tornare a casa. E non mi fermerà certo uno spauracchio patetico." disse duramente Strange, estraendo la chiave che con fatica aveva estratto nella Cappella e inserendola nella fessura segreta del podio del cuore di cristallo.
"Credevo non ti importasse della famiglia di Lelq." sussurrò Xoen con un tono provocatorio.
Strange lo sentì, ma lo ignorò. Lelq era pur sempre una parte importante di lui. Non poteva permettersi che per il suo dolore lui fosse indebolito.
"Se dobbiamo andare," disse ancora la donna "sarà opportuno che tutti voi attiviate le vostre carte. Quindi Dark, Strange..."
Il ragazzo pensatore non se lo fece ripetere. Il dolore alla testa, dovuto al segno maledetto che l'Omino aveva posto su di lui per limitare le sue capacità e così impedire a Nero di usarle appieno, era insopportabile. Con il potenziamento sperava di rimettersi almeno un po'.
Estrasse la sua carta e la poggiò sul petto, venendo illuminato da una intensa luce viola. Quando la luce fu svanita, la carta era scomparsa, risucchiata nell'essenza del giovane. I suoi occhi divennero rossi come il sangue e il suo corpo fu scosso da un fremito. Fece scrocchiare le ossa del corpo con piacere e si alzò, sgranchiendosi le gambe. Si sentiva bene. Benissimo. TROPPO BENE.
Al contrario Strange non fece nulla. Tutti lo guardavano e lui guardava tutti con fierezza e indifferenza.
"Non userò una patetica droga. Sono a posto così." tagliò corto quando vide che quelli non davano segno di voler muoversi senza una sua reazione.
"Se proprio ti vuoi ammazzare." disse Xoen, passandogli in parte e inserendo la seconda chiave.
Dark mise la terza senza una parola, ancora intento a saggiare i nuovi poteri. La forza che Nightmare gli aveva fatto provare non era niente paragonata a quella! Avrebbe dovuto fare un patto coi Supremi molto prima!
Le Rovine li fissavano ebeti, ondeggiando come alberi intorno alla piazza. Erano placidi, nulla a che fare con la muta furia omicida di poco prima.
Ad un tratto si misero a vibrare, quelle con la bocca la aprirono e lanciarono stridii orribili che pervasero l'aria, rimbombati dai muri degli edifici mezzi distrutti.
Il terreno si illuminò, accecandoli tutti.
Quando la luce si fu placata, si ritrovarono in una sala dalla volta altissima. Era enorme. Ci sarebbero stati diecimila kaiju lì dentro, e anche belli larghi.
Il soffitto era tanto alto da essere invisibile.
In mezzo alla sala dalle pareti liscie e grigie, illuminata da una luce fioca proveniente da chissà dove, si ergeva un portale alto cento metri almeno. Lars lo fissò cupo e gli si accosto, poggiando le mani sulle ante, mentre Xoen e Strange vi camminavano intorno, constatando come non portasse da nessuna parte.
Era una porta priva di senso.
Subito Strange pensò a Discord. Il sentimento di nostalgia di Lelq per quel serpentone lo invase, ma non lo diede a vedere.
Il gigante di acqua e fuoco spinse con tutte le sue forze, ma l'ingresso non si mosse di un millimetro. Anche Dark cercò di aiutare.
Con il suo nuovo potere, fu uno scherzo per lui trasformarsi proprio in un super-kaiju dalla forza devastante, ma il portale restò immobile.
Grim e Xurst lo colpirono con due getti uno di ruggine e uno di energia nera, ma, nonostante i loro poteri facessero si che ogni cosa venisse distrutta dai loro attacchi, la pietra semplice e insignificante con cui quel coso era costruito restò intatta.
Era uno sberleffo, una presa in giro alla loro forza. Erano diventati dei, e non sapevano aprire un cavolo di portale? Uno smacco imperdonabile da aggiungere alla lista di motivi per voler picchiare Nero.
Gioyglory si avvicinò alla porta e tutti si allontanarono, percependo una strana energia provenire da lei.
Le bastò sfiorare il portale. E questo si aprì. Ma non si aprì ne in avanti ne indietro. Le ante semplicemente svanirono. La donna sorrise, svanendo con loro.
Tutti restarono immobili.
"Sei riuscito ad ingannarci tutti, eh?" mormorò lei poco prima di scomparire del tutto.
"..."
"..."
"..."
"Aspetta, cosa?" esclamò sbalordito Xurst fissando il punto in cui lei era svanita.
"Diavolo, non me lo aspettavo." fece Strange lievemente basito.
Lars era sconvolto. Guardava con gli occhi sbarrati il terreno, senza muovere un muscolo.
"No..." mormorò.
"Ehy, amico, che ti prende?" chiese con il vocione reso più grave dalla stazza Dark.
"NO!" gridò Lars, emettendo un flutto di fiamme che investì tutti i presenti.
Solo Strange ne risentì, ma Xoen prontamente lo difese con una barriera.
"Diavolo." commentò Strange. Non era in grado di resistere ad una fiammella? Era scocciato da quei potenziamenti!
"NO NO NO NO!" Lars continuava a gridare, con Darksaurus che cercava di trattenerlo, senza molti risultati, visto che quando cercava di toccarlo, quello lo respingeva.
Muovendosi scompostamente, il gigante elementale oltrepassò il portale con un gomito, svanendo a sua volta.
Tutti ammutolirono. Dark tornò normale. Aveva una buffissima espressione di sorpresa in volto.
"E ma è un vizio!" esclamò, allargando le braccia.
"Già. Già. Chi va adesso?" chiese spazientita una voce alle loro spalle.
Tutti si voltarono. Davanti a loro c'era l'Omino di mai che li fissava con interesse, come se stesse guardando un film molto intrigante. Aveva anche i pop corn in mano. Il piede batteva sul terreno mostrando la sua fretta.
"Tu!" disse con aria truce Xurst, avvicinandoglisi.
"Io!" disse l'Omino.
"Io ti..." il rosso fece per colpirlo, ma il ragazzo schioccò le dita e li fece tutti attrarre verso il portale da un risucchio poderoso.
"Non c'è tempo! Non c'è tempo!" gridò loro mentre uno dopo l'altro venivano fatti scomparire dentro il passaggio inutile.
Si ritrovarono tutti nella stessa sala. Forse addirittura ingrandita.
Solo che il portale non c'era più. Al suo posto si innalzava, grande quanto una montagna, una gigantesca meridiana. L'ombra proiettata dall'ago sulla sua cima stava per raggiungere il numero zero.
"Io" esordì Strange "ho smesso di capirci qualcosa dieci minuti fa."
Era successo tutto così in fretta da non permettere loro di rendersi conto che qualcosa stava davvero accadendo.
Era stato come un sogno. Tutto, dal loro arrivo in quel mondo morto, al loro ingresso nella Cripta, tutto era passato come un brutto incubo di cui già ricordavano poco o niente. E quel luogo strano, ancora più tetro, in effetti, di quello da cui forse erano partiti, sembrava ai loro occhi come un riflesso in uno specchio c'acqua, increspato e incerto.
Davanti alla meridiana stava Nero. Dava loro le spalle e fissava la gigantesca scultura. Sembrava non averli notati. I capelli color sabbia si muovevano come mossi da una corrente d'acqua dolce e leggera. Stringeva tra le mani l'elsa della spada senza lama che aveva rubato a Gioyglory.
Dall'altro lato della camera oscura, lontanissimo viste le dimensioni del posto, si scorgeva una figura scura, anche se non si poteva capire chi fosse e cosa stesse facendo.
"È già morto!" ringhiò Xurst, lanciandosi all'attacco.
Ricoprì la mano con della ruggine normale, poi con ruggine nera, infine con ruggine violacea. Una trivella gigante aveva sostituito la gran parte del suo arto.
Corse silenzioso e letale, percorrendo in pochi secondi le centinaia di metri che lo separavano dal bersaglio.
Il colpo fu parato con un clangore assordante.
Da cosa non si poteva sapere, perché non c'era nulla tra la punta della trivella e la testa del Supremo.
"Perché vi ostinate a provarci nel modo sbagliato, zuzzurelloni?" commentò con tono sfottente Nero, voltando appena il capo per poter vedere Xurst. L'occhio destro era quasi del tutto trasformato nella runa che caratterizzava quei demoni, ma ancora le linee si confondevano tra di loro, rendendo il disegno impreciso e liquido.
"E perché tu ti ostini a NON MORIRE!?" gridò Xurst, facendo esplodere la trivella. I frammenti di ruggine si impiantarono ovunque, corrodendo il terreno e facendo nascere una piccola foresta di grappoli letali.
Ma Nero non era più lì.
"Ops, ti ho fatto sbagliare! Potrai mai perdonarmi?" chiese sempre più provocatorio.
Gli diede un tocco lieve con due dita sulla guancia.
"Non lo sai che io sto utilizzando tutti i vostri poteri decuplicati, in questo momento?"
Una pressione fortissima si manifestò sulla guancia del rosso, facendogli letteralmente saltare in aria la testa, che si rigenerò.
"E sai che a me non me ne frega un cazzo?" ringhiò, girandosi e tirandogli un calcio coperto di ruggine sul costato.
Nero si piegò a molla senza smettere di sorridere. Però la ruggine non lo contaminò. Al contrario, la gamba viola e nera di Xurst si incrinò, frantumandosi e rigenerandosi a velocità impressionante.
"Ma che peccato." commentò dispiaciuto il Supremo, che, una mano dietro la schiena, usò l'altra per tagliare a metà il ragazzo, scagliando per la potenza del colpo le due parti lontano un centinaio di metri.
Il rosso ruggì di rabbia, rigenerandosi sia dalla metà superiore del corpo, sia da quella inferiore, creando due nuovi Xurst.
Uno dei due si ricoprì di ruggine nera e si scagliò contro Nero. A grandi falcate gli si avvicinò sempre di più, mentre il metallo di cui era fatto cambiava colore, diventava più fluido e flessibile, lo faceva sentire più forte, più agile, più feroce. L'altro lo imitò facendo un giro più ampio per accerchiare il bersaglio.
Due mostri viola, simili a spezzoni di una montagna frastagliata, si pararono davanti al demone sorridente, e lo infilzarono senza pietà, creando grappoli di ruggine che si espansero nel suo corpo fino a farlo diventare una statua violacea.
Ma Nero non era così facile da sconfiggere. Nero era forte. Era arrogante. Era testardo!
La ruggine iniziò a ribollire come fosse lava e ad ondeggiare. Mentre i due Xurst iniziavano a rimpicciolire, a tornare normali, il corpo del Supremo si ingrandì, diventando un mostruoso essere ghignante, con un occhio viola scuro e uno bianco come neve.
Alzò una mano.
I due ragazzi avevano ancora le mani imprigionate nel suo corpo da quella ruggine che stava espandendosi dai piedi di Nero su tutto il terreno circostante. Si stavano trasformando a loro volta in statue, ma non per loro volere, bensì per il potere soverchiante del mostro che li fissava schernendoli.
Li avrebbe risucchiati nel suo corpo come una cellula che si ciba di batteri più piccoli e si fortifica, se Xoen non fosse intervenuto.
Colpì il fianco del mostro con una spallata. L'onda di energia che si propagò fece sbattere il Supremo contro la titanica meridiana di roccia, crepandone la superficie. Una pioggia di polveri e detriti coprì il nemico, precludendolo alla vista.
"Presta più attenzione, Xurst. Dobbiamo combatterlo insieme." lo ammonì l'Eon, mentre gli altri li raggiungevano di corsa.
"Dannazione... Ha preso il controllo della mia ruggine..." mormorò il rosso riprendendo fiato.
"Già, e chissà che altro può fare adesso. Non voglio pensare a quando sarà del tutto libero." commentò Lars, che era tornato a dimensione normale. Era bizzarro, visto così per intero e non solo di scorcio come quando era gigante. Lingue di fuoco e flutti idrici avviluppavano un piccolo nucleo rosato nel suo petto che pulsava e emetteva a sua volta una fiamma e una cascata che si univano al resto dell'organismo. I suoi occhi mutavano colore costantemente, sicché era davvero difficile guardarli direttamente senza provare un po' di nausea.
"Io invece vorrei vederlo al massimo della forma. Fin'ora mi sta un po' deludendo." rispose Darksaurus, generando una gigantesca ascia dietro di sé che afferrò con entrambe le mani. Anche lui era tornato normale. Dopo l'esperienza delle Rovine, si era capito che essere grossi significava essere un bersaglio facile. In quel momento serviva rapidità.
"Bene. Ora. Come lo battiamo?" cambiò discorso Strange, notando che Nero si stava già rigenerando. Avevano poco tempo per discutere.
"Ho tentato di eliminarlo, ma pare che nemmeno una distorsione spazio temporale riesca a fargli qualcosa." si intromise Grim, con quel suo tono così spento e privo di emozioni da sembrare... morto.
Xoen annuì, guardando il Supremo avvicinarsi. Il suo corpo stava emettendo uno strano fumo bianco.
"Allora?" gridò Nero quando fu abbastanza vicino "Che facciamo? Stiamo qui a girarci i pollici? ATTACCATEMI!"
Il demone strinse saldamente la spada senza lama che gli era comparsa in mano in quel momento e fece per piantarla a terra. Una vampata viola e bianca si dipanò dalla guardia crociata, impiantandosi nel terreno e generando così un violento terremoto che fece spaccare in mille pezzi il pavimento.
Il gruppo si vide messo in difficoltà, con la mancanza di equilibrio derivante da quell'attacco.
Quando il terremoto si sopì, Nero si sfilò con un ampio gesto il soprabito oscuro e lo poggiò sull'elsa, ancora sollevata dalla fiamma. Si sfilò i guanti bianchi e li fece svanire, per poi tirarsi fin sopra i gomiti le maniche della leggera camicia bianca. Si sfilò la cravatta bordeaux e la appese alla giacca a tre code.
La sua pelle si ricoprì di una fitta ragnatela di linee da cui fuoriusciva il fantomatico fumo bianco. Anche il viso si crepò, e l'occhio destro, viola, si stabilizzò su una figura geometrica simile alla quintessenza dei Supremi, ma non ancora completa.
Si scrocchiò le dita e piegò la testa di lato.
Senza giacca, cravatta e cappello a cilindro sembrava decisamente più pericoloso.
E nessuno sapeva perché.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Pochi Minuti per Vincere ***


Xoen e Nero incrociarono gli avambracci come fossero lame. Un singolo colpo da parte di uno dei due avrebbe tranciato a metà un sole.
Xurst comparve alle spalle del Supremo, ma questi lo bloccò con l'altra mano.
Fu il turno di Dark. Saltò sul manico dell'ascia gigante che aveva creato e la usò come trampolino per lanciarsi sul nemico che gli stava dando le spalle. Rapido e letale creò un artiglio grosso come un tronco d'albero lungo tutto il braccio e lo incendiò, ricoprendo poi il tutto di fulmini.
Nero lo vide con la coda dell'occhio e ruotò il polso con cui teneva fermo Xurst, stortandogli il braccio, e approfittò della sua distrazione per farlo girare fino a cozzare contro Dark. Con un'altro giro, portò Xoen dal lato opposto e scomparve, facendogli scagliare il braccio sui due compagni, tagliandoli a metà.
"DANNAZIONE! XOEN!" gridò Xurst, ricomponendosi.
"Quello schifoso riesce a trasportarsi più rapidamente di quanto io riesca a percepire." borbottò la divinità rialzandosi e guardandosi intorno.
Il Supremo riapparve alle loro spalle ridendo con infantilità.
Un gigantesco getto di fuoco lo avvolse, sciogliendogli il corpo sul colpo. Subito, in mezzo al flusso, il bagliore viola del nucleo di Nero si fece vivo, mentre l'esplosione di pezzi del suo corpo allontanava le vampe, rigenerando il demone.
"Bel tentativo, ma inutile." disse l'uomo, apparendo sopra la testa del ragazzo.
Gli sferrò un calcio che però trapassò il cranio fatto in quel momento d'acqua, rimanendone imprigionato. Dark ne approfittò per ingigantire un braccio e staccarselo, tramutandolo in un gigantesco missile.
L'arma si infiammò, partendo a tutta velocità verso il demone, ancora imprigionato tra le fiamme e l'acqua che sembravano volerlo stritolare.
L'esplosione fu estremamente violenta.
Il corpo di Nero cadde a terra in un mare di lapilli e schegge di ghiaccio, mentre Lars si rigenerava. Sempre Dark, concentrandosi a fondo e poggiando il palmo a terra, fece innalzare colonne di roccia che tramutò in vetro altamente affilato.
Nero si riebbe e, sfruttando i riflessi e le capacità di volo di Xoen, balzò da una colonna all'altra, schivando ogni affondo.
Xurst lo intercettò a mezz'aria, facendolo rimbalzare contro uno degli spuntoni creati dal pensatore, fecendoglielo abbattere e facendolo finire in una delle sfere oscure di Grim, che lo risucchiarono annullandolo.
Per un istante vi fu silenzio.
Poi un sibilo e l'aria venne lacerata in meno di un secondo.
Un'onda d'urto si propagò dalla sfera oscura, mandandola in frantumi e investendo tutti i presenti. L'unico che non si fece cogliere impreparato fu Strange, che fino a quel punto si era tenuto in disparte per studiare l'avversario.
Quando l'energia sprigionata dal Supremo si fu diradata, al posto della sfera nera di Grim Reaper si stagliava, sospeso a diversi metri da terra grazie a tre code metalliche che gli fuoriuscivano dalla schiena, un abominio di tre metri e mezzo.
Metà del suo corpo era coperto da una strana ruggine violacea pulsante. L'arto che da essa era coperto terminava in una lunga lama nerastra la cui punta tendeva al bianco. Il volto era diviso a metà. A sinistra portava una specie di maschera fatta dall'unione della ruggine di Xurst e dall'oscurità densa e distruttiva di Grim. A destra invece era identico a Xoen, se non fosse stato per l'occhio viola che mostrava ancora il simbolo mal fatto dei Supremi.
Le gambe erano unite in un unico flusso di magma e ghiaccio che terminava a trivella sul terreno, sradicando pezzi di roccia dal pavimento e scagliandoli intorno a gran velocità. La schiena mostrava una pesante corazza fatta di scaglie da rettile, oltre a una decina di lunghe e sinistre code che partivano dalle vertebre, fatte interamente di scaglie lunghe e sottili di un metallo ignoto.
Sette frammenti di roccia color sabbia fluttuavano intorno alla creatura di cui Nero aveva preso le sembianze.
Uno ad uno, il mostro li fissò tutti. Poi aprì la bocca ed emise una terrificante risata distorta, generando una tromba d'aria.
"Non avete imparato proprio nulla! SCIOCCHI!" gridò, passandosi la lingua nera e appuntita sulle labbra.
Xoen sbuffò, iniziando a girare lo yo-yo.
"Perché semplicemente non ci mostri cosa sai fare tu e la smetti di farti scudo con i nostri stessi poteri? O sei troppo debole per meritarti la fama che invece hai? Allora? Che rispondi, Nero?" gli gridò di rimando.
Il Supremo sogghignò, piegandoi lievemente in avanti e arcuando di conseguenza la schiena.
Veloce come un fulmine, apparve in mezzo al gruppo, proprio davanti all'Eon, e gli piantò l'artiglio nello stomaco, passandolo da parte a parte. Ma Xoen non fece una piega. Lo guardò quasi con compassione.
"Ma non lo hai ancora capito? Ormai non sei più così forte. Abbiamo raggiunto il tuo stesso livello. E siamo sei contro uno. Tu." lo squadrò afferrandogli la testa con una mano e stringendo sempre di più fino a crepare la ruggine "tu hai perso, Nero."
Il Supremo gridò di rabbia, mentre l'energia del dio lo invadeva, facendolo collassare. Il suo corpo si riempì di crepe da cui usciva al luce di Xoen, per poi esplodere in una pioggia di pulviscolo bianco e viola.
Nero si rigenerò poco lontano, ma Lars era già davanti a lui.
"Perché ti ostini? Puoi rigenerarti quante volte desideri. Arrenditi!" gli disse, fecendolo trapssare da punte di ghiaccio che poi fece esplodere con una forte fiammate interna.
Si riformò davanti a Xurst e ancora venne distrutto. Grim lo annientò. Dark lo eliminò con un certo sadismo nel cuore.
Stremato, stanco, perdente, il Supremo si trascinò verso la clessidra, ansimando. Non poteva finire così. Non poteva perdere, non se era arrivato così vicino alla vittoria. Poi gli venne in mente. Certo, anche lui aveva un asso nella manica! Aveva già vinto e non se n'era reso conto.
I cinque gli si stavano avvicinando lentamente, preparando un altro colpo, un nuovo modo di ucciderlo. Poveri stupidi!
Si mise a ridere. Rise sguaiatamente. Rise come non lo avesse mai fatto prima.
Poi si raddrizzò, scrocchiò il collo a destra e a sinistra, giunse le mani dietro la schiena. Ed entrò nelle loro menti.
I cinque corpi si immobilizzarono. Vedeva coi loro occhi. Sentiva con le loro orecchie. Percepiva la loro volontà che si dimenava, ma tanto era tutto inutile. Oramai non era più un problema per lui, del resto la mente degli esseri con una giusta condizione di esistenza era fragile, debole, fatta per essere invasa e sottomessa. E lui non prendeva il controllo di qualcuno da ere! Si era perfino scordato di quanto fosse piacevole impedire ogni forma di arbitrio negli altri, forzarli a fare e pensare ciò che voleva lui!
Così bello e così facile da fare...
Ma non doveva distrarsi. Doveva muoversi a farli fuori, giacché per un breve lasso di tempo avrebbe perso totalmente i suoi poteri prima di riacquisirli al cento per cento. Aveva però abbastanza tempo per divertirsi un po' coi loro fantocci. Che meraviglia le creature che potevano provare dolore!
Mosse un dito e Dark si mosse.
Che piacevole sensazione.
Aveva appena fatto mutare il ragazzo in un mostro fatto di aculei di diamante che avevano trafitto il povero Xurst. Peccato davvero che, senza poter difendersi con la sua ruggine, era un comune umano. Sentiva la sofferenza atroce del giovane, trapassato in più punti dalle spine.
Ma non gli bastava, no!
Sorrise.
Lars, che vuoi fare a Grim? Non lo vorrai ricoprire di magma, vero? E tu, Grim? Tu, che sei compagno di Xoen sin da prima di questo nostro piccolo gioco? Cosa stai facendo con quelle lancie oscure che stai puntando contro l'Eon?
Coraggio, Dark, attacca i tuoi amici.
Xurst, vendicati di quella lucertola troppo cresciuta.
Xoen, non ti rispettano, devi punirli.
E voi, Grim e Lars, perché vi isolano sempre? Non sarete certo troppo deboli per loro, spero.
 
Che succede?
Cos'è questa sensazione? Perché non riesco più a muovermi?
Queste erano le domande che tutti e cinque si stavano ponendo in quel momento.
Si sentivano come ammantati da un pesante drappo che impediva loro di muoversi, di rendersi conto di ciò che stava succedendo. Avevano gli occhi aperti, ma erano ciechi. I suoni facevano vibrare i loro timpani, ma udivano il silenzio totale, con quello strano fischio acuto che gli è proprio. I loro corpi toccavano ed erano toccati, ma nulla era percepito dalle loro menti. Erano stati esclusi dal mondo.
Dark cercò di muoversi quanto meno nella sua testa, cercò di divincolarsi da quelle catene che lo bloccavano. Stranamente riusciva a vedere... o meglio, percepire i suoi compagni. Li sentiva vicini a sé, in fila, tutti legati, vincolati nel mondo astratto del pensiero. Ma se quella era la loro mente, perché non riuscivano ad uscirne?
Dark cercò di chiamarli, di mettersi in comunicazione almeno con uno di loro.
Ad un tratto sentì come uno strattone. Dolore. Un forte sobbalzo. Per un attimo uscì, tornò sé stesso, vide i suoi compagni che combattevano e lui che combatteva con loro. Contro di loro, in realtà.
Ma prima che potesse riprendere il controllo, un altro sobbalzo lo fece ritornare nella muta e ceca prigione di poco prima. Ancora dolore. Non lo abbandonava. Sembrava che il dolore fosse l'unica cosa che lo legasse ancora al mondo sensibile.
Si sentì strattonare, afferrare e sballottare più e più volte. Sentiva sempre più stanchezza, voglia di sopirsi, di chiudere gli occhi e...
 
Xurst gridò.
Si dimenò.
Basta, BASTA!
Non lo sopportava. Non lo sopportava proprio! Sentiva mille voci che lo cantilenavano, vedeva centinaia di migliaia di esseri fluttuargli intorno, deriderlo, sbefeggiarlo, compatirlo! E lui li voleva mettere a tacere, ma non poteva... non poteva...
Un'ombra nera aleggiò di fronte a lui. Si sentì afferrare da dietro e spingere in avanti, verso uno specchio. Una fitta di dolore attraverso tutto il suo essere. Dopo i primi colpi aveva iniziato a diventare insofferente. E allora erano arrivate loro. Quelle cose che danzavano libere alla faccia sua, che lo schiaffeggiavano ridendo di lui. Quanto le voleva uccidere.
La forza misteriosa dietro di lui lo spinse verso lo specchio, facendoglielo attraversare.
Come quando si sta in apnea sott'acqua, uscì nel suo corpo tirando una boccata abbondante per riprendersi. Sentiva tutto il suo corpo bruciare. Non riusciva ancora a muoversi. Con la coda dell'occhio vide uno spuntone aprirgli lo stomaco, inondato del suo sangue.
Voleva andarsene da lì. Voleva tornare dov'era prima. Dove c'erano gli spiriti. Almeno lì non sarebbe morto...
 
Xoen restò calmo. Tenne gli occhi chiusi sin dal momento in cui capì che Nero aveva preso il controllo di lui. Così ammantato, iniziò a meditare. Non gli restava altro.
Nella sua meditazione, ignorò ogni contatto che il Supremo gli imponeva col mondo esterno per farlo soffrire di più.
Non gli avrebbe dato il contentino di vincerlo anche su quel fronte. Era un Supremo, ma non poteva costringerlo anche a provare ciò che non provava. Così risoluto, lasciò che le presenza oscure evocate da Nero per farlo cadere nella disperazione e offuscargli la mente passassero senza che potessero toccarlo.
Era sicuro, forte e imperturbabile, come gli era stato insegnato dal Concilio in vista della guerra scatenata da Ablivion tra Eon e Supremi che aveva rischiato di ditruggere tutti i simili di Xoen.
Ma mai lui si sarebbe aspettato quello che successe in seguito.
Fu come se la cappa che lo avvolgeva iniziasse a stringersi. E stringersi. E stringersi sempre di più. Si sentì stritolare, soffocare, incrinare. La sua volontà si piegò, fino a spezzarsi. La cappa allentò la presa, lasciandolo piegato su sé stesso, impotente, sconfitto.
 
Lars e Grim ebbero fortuna. Il primo, una volta perso il controllo del corpo, poté semplicemente rilassarsi. Il conflitto tra i due elementi che lo componevano era sempre estenuante, nella sua mente. Era come avere sempre due entità che lottavano tra loro, che lo incitavano ora a buttarsi in un vulcano, ora a farsi una nuotatina in una fossa oceanica, così, giusto per eliminare la parte opposto. Fuoco e acqua non vivevano bene insieme, e la carta dei Supremi aveva aiutato entro un certo limite. In quel momento, al di là del dolore, non sentiva più la sua stessa essenza tirarsi da parti opposte con il rischio di spezzarsi. Non doveva più faticare per restare sé stesso. Stava per morire. Ne era conscio. Avevano perso e non c'era molto di più da dire. L'unica era godersi quegli ultimi attimi di pace.
Grim invece stava immobile. Fermo. Sembrava dormire.
La realtà che lo circondava non gli importava. Stava per morire e ne era felice. Per la prima volta, seppur con l'aiuto del suo stesso carnefice, stava provando felicità. Finalmente avrebbe potuto smettere di vivere quella vita che Victus Mors gli imponeva di proseguire.
 
Strange guardava lo spettacolo, inorridito. Vedeva i suoi compagni contorcersi, muoversi meccanicamente, attaccarsi a vicenda, gridare di dolore, senza rimarginare le ferite che perciò sanguinavano copiosamente.
Cosa gli stava facendo? E perché non aggrediva anche lui?
Dark si tramutò in un mostro di dieci metri, con una bocca rotonda irta di file di denti aguzzi che giravano vorticosamente in tutti i versi, e azzannò Lars, che, di rimando, lanciò una fiammata, incendiandoli tutti. Xurst e Grim, ancora ricoperti di fiamme, coi volti tirati in uno sforzo sovrumano quanto inutile di resistere al Supremo, colpirono al petto già martoriato Xoen, che rilasciò la sua essenza, generando un campo in cui la pressione schiacciava tutto e tutti con una forza improponibile.
Era orrendo vederli uccidersi a vicenda, senza pietà, gli occhi che, da sofferenti, si tramutavano in carichi di odio. Non era naturale.
Decine di aculei di roccia si innalzarono da terra, generati da Dark, andando a trafiggere tutti vicino al cuore, anche il loro stesso creatore. Lars si ricoprì del tutto di fuoco e generò una sfera d'acqua gigantesca su di sé, che poi lasciò cadere, spegnendosi dolorosamente. Perfino Xoen iniziò ad accumulare energia, insime a Grim, per poi colpirsi a vicenda con attacchi di luce e oscurità che li nascose agli occhi degli altri.
Xurst, ancora attaccato allo spuntone di roccia, lo stringeva tra le mani come in un disperato tentativo di liberarsi. Strange vedeva le sue labbra muoversi, una lacrima gli rigava il volto. Nero lo stava uccidendo, ma gli lasciava il controllo di sé quel tanto che bastava a fargliene rendere conto.
Li uccideva con le sue mani e lo faceva davanti ai loro occhi.
Strange strinse i pugni e chiuse gli occhi.
Non lo poteva accettare!
"SEI UN MOSTRO!" gridò, lanciandosi contro il Supremo, che ancora gli dava le spalle, le mani giunte dietro la schiena.
Sferrò un pugno con l'arto metallico, ma il colpo fu come arrestato da una barriera invisibile a un metro dall'obbiettivo. Strinse i denti mentre una forza sconosciuta lo scagliava indietro.
Era troppo debole per fare qualcosa...
Atterrò di schiena, sulla ferita che si riaprì.
Digrignò i denti, colto da un dolore insopportabile. Ma non tanto un dolore fisico, quanto un tormento che lo prendeva al cuore e lo attanagliava. Era la consapevolezza di aver fallito, di non essere riuscito a salvare tutti, sé stesso... di non essere riuscito a rivedere la sua famiglia, i suoi migliori amici...
Fu in quel momento che gli parve di vederla.
Giuly lo guardò. Sorrideva. Gli faceva venire voglie di sorridere. Allungò una mano e le carezzò il volto. Lei la prese e la portò al cuore. Sorrise ancora e mosse le labbra, ma non emise suono.
La guardò, con le lacrime agli occhi, lacrime di gioia, di felicità. Ma proprio in quel momento l'immagine si affievolì, scomparve.
Il suo sorriso si incrinò. Sgranò gli occhi e cercò di afferrarla, mentre lei si allontanava cammianando.
Quando strinse il pugno verso di lei, afferrò solo l'aria.
O meglio, afferrò un pezzo di carta. Un foglietto rettangolare, di piccole dimensioni, ripegato più volte.
Aprì il palmo e guardò l'oggetto. Lo guardò con espressione seria, decisa, dura. Strinse il foglietto a sé e si alzò, mentre una luce viola diffondeva sul suo petto.
Sentì dapprima una forte ondata di emozioni. Una marea travolgente che cercò di abbatterlo, ma lui restò saldo nei suoi pensieri. Inspirò ed espirò più volte, fino a controllare quel flusso immenso, fino a piegarlo ai suoi voleri. Ed eccoli là, nel suo animo diviso in due tra Lelq e Lelc, una schiera di presenze che lo fissavano, in attesa di ordini. Come un sol uomo, i due ragazzi alzarono il braccio destro e gridarono.
Strange aprì gli occhi.
Uno era viola, l'altro giallo limone.
"Credo in te."
E se Giuly lo aveva detto, allora non poteva più perdere.
"Round two, bello." sibilò, bettendo tra loro i pugni di pura energia viola, facendoli stridere.
E finalmente Nero ebbe paura.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Lo Strano sfida il Terrore ***


"Analisi: Entità al sessanta per cento. Capacità mentali, di distruzione, di annientamento, di eliminazione, di mutazione, di emulazione e di trasporto rapido. Forza riscontrata: livello sette. Aumento dell'onda dell'anima al sedici per cento. Double Souls Shield, Double Souls Perception, Double Souls Speed, Double Souls Strenght aumentate al quaranta per cento."
Strange avanzò aprendo e stringendo le mani come per saggiarne la mobilità. La protesi metallica era saltata in aria con la trasformazione e i vari pezzi di cui era composta ora se ne stavano incagliati nel terreno in cui erano stati sparati con forza.
Il corpo del ragazzo era invariato. Sembrava solo un po' più alto e più slanciato, la muscolatura era diventata più definita, ma più atletica, non eccessiva. Il volto aveva un che di strano, con i capelli quasi infuocati, azzurro chiaro tendente al  bianco, gli occhi che emanavano uno strano alone bluastro. I quattro arti erano invece mutati profondamente. Fino ai gomiti e alle ginocchia erano normali, solo più muscolosi e agili. Invece, dai gomiti e dalle ginocchia in giù erano completamente color verde acqua, come fossero fatti di un qualche strano materiale.
Perfino l'arto destro, che di solito era sostituito dalla protesi, sembrava essersi rigenerato.
Ma quello che colpiva di più era ciò che lo circondava. Un'area sferica tutt'intorno a lui, di circa dieci metri, sembrava fosse sul punto di collassare. Una quasi del tutto invisibile barriera biancastra lo avvolgeva, mentre l'aria al suo interno vibrava, il tessuto stesso della realtà si copriva di crepe e fenditure che lo stesso potere di Strange risanava.
Ad ogni passo, il terreno veniva scosso e, quando sollevava di nuovo il piede, una profonda voragine si mostrava dove poco prima stava lui. Era diventato un pericolo per l'intero universo.
I legami mentali che Nero stava usando per avviluppare i cinque compagni del ragazzo si incrinarono, si spezzarono come fossero di vetro davanti all'energia sprigionata da Strange Lelq.
Il Supremo si voltò, il volto segnato da stupore.
"No... Non è possibile! Tu sei... Sei uno degli undici? Impossibile! Non sei una delle anime grandi, non puoi esserlo!" gridò, afferrando la spada ancora conficcata nel terreno, la quale si incendiò di un fuoco bianco e viola.
Con un gesto disperato del braccio, il Supremo diede un fendente. Dalla lama di fiamme si dipanò un'ondata di pura energia che viaggiò a velocità impressionante contro Strange, mettendo a rischio anche i cinque, ancora deboli per i colpi subiti.
Ma il ragazzo dalla doppia anima non si scompose. La sua espressione rimase di decisa durezza, anche quando alzò l'indice, puntandolo come una pistola alla testa di Nero.
"Double Souls Hyper Ray." disse secco.
Un sibilo.
Poi un boato assordante.
Una linea retta di aria che diventava plasma per il troppo calore sprigionato intercettò l'attacco del nemico, proseguendo verso Nero. Il Supremo si spostò tuttavia verso destra, in modo che il colpo gli attraversò la spalla, facendogliela esplodere. Ma l'attacco non si fermò, proseguì, traversando la gigantesca meridiana che stava dietro a Nero, provocando un foro grande quanto una palla da demolizione.
Il Supremo digrignò i denti, afferrandosi il braccio sinistro che ora pendeva attaccato al resto del corpo da un misero lembo di pelle e osso scampato all'esplosione.
"Non riesco a rigenerarmi... NON RIESCO A RIGENERARMI!" pensò, svanendo nel nulla. Doveva riprendersi.
Aveva visto la sua essenza crescere spropositatamente, raggiungendo le dimensioni di un edificio. Solo altre undici persone avevano un'influenza del genere. Di solito l'essenza era grande quanto una noce, le più grandi raggiungevano le dimensioni di un pallone da calcio. Ma c'erano undici entità nel Multiverso con un'essenza di dimensioni massime pari ad un pianeta o poco meno. E sentiva che quel tizio non si stava nemmeno impegnando, lo percepiva chiaramente: Strange aveva calcolato con fredda precisione il suo livello di forza e si comportava di conseguenza, in modo da batterlo senza dar adito a tutte le sue capacità. Se solo lui fosse stato al cento per cento...
Strange guardò verso sinistra quasi annoiato. Alzò di nuovo l'indice e sparò un altro colpo.
Il raggio traversò lo strato che divideva i vari Mondi di quella Realtà, devastando ogni luogo consciuto e colpendo Nero prima che potesse rifugiarsi nell'unico luogo in cui nemmeno il ragazzo, con tutto il suo potere, poteva andare: il Mondo di Mai.
Il Supremo cadde in ginocchio, venendo ritrascinato nella sala della meridiana, con un nuovo foro proprio in mezzo al petto.
Il suo corpo si stava rimarginando, ma lentamente, troppo lentamente. Se non si fosse sbrigato, se non fosse riuscito a fuggire... Strange lo avrebbe distrutto completamente, obbligandolo a ritornare nella cella per altri diecimila anni.
C'erano infatti due modi per rinchiudere un Supremo in quella prigione particolare. Fargli toccare le sbarre, che erano incantate, o distruggere il suo corpo fisico al cento per cento, in modo che il suo nucleo non potesse riformarsi se non con un periodo di stasi, appunto, di diecimila anni.
Non poteva permetterlo! Non dopo essere arrivato così vicino al traguardo.
"Riflettiamo... Secondo quanto posso percepire, la sua forza totale è alla pari delle tre più forti degli undici... In base alle statistiche, mentre gli altri cinque presenti in questa stanza hanno un potere attuale pari al limite massimo, che è il sessanta per cento del potere di un Supremo, cioè la forza che ho io ora, lui ha raggiunto un over-limit pari al sessantuno per cento... Non credevo fosse possibile arrivare a tanto per un entità di normale condizione di esistenza... Poco male, non mi resta che aspettare e sperare. La fuga è impossibile, me lo ha ampiamente dimostrato or ora. Ma non tutto è perduto. Il tempo che devo ancora aspettare è poco. Mi basterà resistere..." Mentre Nero rifletteva, Strange gli comparve alle spalle.
Così investito dalla sua essenza, il Supremo si sentì privato di tutte le energie, Sgranò gli occhi e si afferrò la gola, annaspando, pur non avendo bisogno di ossigeno.
"Double Soul Hyper Wave." disse il ragazzo quasi con apatia.
Una pressione oltre il limite del ragionevole schiacciò Nero, frantumando il suo corpo in più punti. Ma, prima che l'ondata lo scagliasse via, Strange lo afferrò per la nuca, lanciandosi contro la meridiana.
Portando davanti a sé il Supremo, il ragazzo attraverso come un proiettile la gigantesca scultura di pietra che venne irrimediabilmente danneggiata.
Non contento, Lelq scagliò verso soffitto Nero, scagliandogli poi contro una serie di sfere di pura essenza, molto più pericolose e devastanti dell'energia o di qualsiasi altra cosa esistente.
Nero se ne avvide e, stringendo i denti, si destreggiò a mezz'aria, sfruttando le sfere che, esplodendo, gli permettevano di spostarsi in volo. Con grazia, atterrò lontano da Strange e si mise a correre, avvolto da una nube di fumo bianco. Il suo corpo stava collassando. Un colpo di più e sarebbe stato sconfitto, e allora avrebbe dovuto aspettare altri diecimila anni per poter fuggire di nuovo.
Il ragazzo gli apparve di fronte, tirandogli un pugno nello stomaco, traforandolo con un colpo secco. Nero si scompose in un'esplosione viola, riformandosi, pur ferito, poco lontano, riprendendo a fuggire. Ma Strange era dell'idea contraria.
"Non scappare. Double Soul Hand: Hyper Punch."
L'essenza sferica che circondava il giovane si condensò intorno al suo pugno, rendenolo molto più potente e rapido. Nero sgranò gli occhi, preso da un improvvisa paura. Paura per la propria incolumità.
Il colpo gli attraversò il petto da parte a parte. Ora un nuovo buco, grande quanto una palla da basket gli si apriva in corrispondenza del nucleo. Non poteva più scomporsi e ricomporsi a piacere.
"Sai... Manovrare... L'essenza..." bofonchiò, indietreggiando di qualche passo.
L'essenza, ovvero la natura di un entità, era qualcosa che cambiava da sola nel tempo. Nessuno, tuttavia, era in grado di utilizzarla per attaccare, eccezion fatta che per poche creature, considerate "divinità", tra cui gli Eon, che però non erano in grado di sfruttarla a pieno. Invece, gli undici potevano manovrare la loro propria essenza con un'abilità seconda solo a quella dei Supremi. Essere colpito dall'essenza di qualcuno, nel caso questa fosse stata molto grande, significava morte certa. Era come se la natura di un soggetto aggredisse quella di un altro, sopprimendola e trasformando la vittima in nulla. Era un processo simile ai raggi di azzeramento dei Supremi, usati anche dalle Rovine, che agivano in modo da annullare completamente ciò che incontravano.
L'unica cosa che un'anima grande, uno degli undici o, a quel punto, dodici, considerato lo stesso Strange, non poteva fare con l'essenza era mutarla al cento per cento. Non erano come i Supremi, che invece avevano libero accesso alla natura di tutto e tutti, e che potevano farne qualsiasi cosa, perfino rendere il più patetico dei mortali un dio.
Nero non aveva molte possibilità. Sentiva le forze svanire, e non solo per gli attacchi subiti. Doveva guadagnare tempo.
Tentò un'ultima fuga disperata, teletrasportandosi a tratti.
Strange fece un solo, semplice scatto. Con un unico colpo di gambe fu dietro al Supremo, coprendo in meno di una frazione di secondo centinaia di metri. Con la mano aperta prese di nuovo la nuca del Supremo e lo schiacciò a terra, facendolo strisciare con il volto sul nudo pavimento per decine di metri.
Strinse con la sinistra il collo del demone, sollevandolo di qualche centimetro da terra.
"Xoen ti aveva avvertito. Hai perso, Nero. Double Souls Hand: Hyper..." fece per dire Strange, alzando il braccio destro che venne avvolto dall'intera essenza del ragazzo, diventando come incandescente.
Nero lo fissò. Il suo viso era devastato. Irriconoscibile.
"P-perché..." mormorò, senza riuscire ad aprire la bocca per intero, tanto era martoriato. "Perché vuoi salvare questo mondo?"
"La verità? Non mi importa di questo mondo. Fosse per me, potrebbe benissimo sparire nel nulla più assoluto, potrebbe cadere nell'oblio totale. Ma l'unico modo che ho per andarmene da qui è farti fuori, far contento l'Omino di mai e poi andarmene da questo cimitero gigante. Nulla di personale, amico, ma capiscimi. Ho le mie priorità."
"Ahh... Vuoi rivedere la tua famiglia, vero? Vuoi riabbracciare Giulyu? E Anna? Ma povero caro.... AHAHAHAAH! Stupido idiota, l'Omino di mai ti riporterà sempre e solo qui, per combattere ora e per sempre in un disgustoso gioco che né io né tu possiamo comprendere. Un teatrino delle marionette tirato da altri per il suo divertimento, ecco cos'è tutta questa faccenda. Stupido illuso! Ma la sai un'altra cosa?" lo apostrofò divertito Nero, con un nuovo luccichio negli occhi.
"Cosa? Cosa sai di Giuly?" chiese Strange, stringendo la presa sul suo collo.
Nero però non rispose. Sembrava pietrificato. Guardava verso di lui, ma i suoi occhi vitrei erano persi nel vuoto. Sembrava... morto.
"COSA? COSA SAI DI LEI, MALEDETTO? PARLA!" gridò Strange, strattonandolo. Aveva nominato Giuly, pur avendo detto male il suo nome. Giulyu... non sapeva dove, ma aveva già sentito pronunciare così il nome della sua ragazza.
Il corpo del Supremo ebbe un sussulto. Poi un altro. Poi un altro.
La mano di Nero scattò, afferrando il polso di Strange con un vigore che il ragazzo non si aspettava, viste le sue condizioni.
"Solo un suggerimento. Quando combatti... Non perdere tempo in inutili chiacchiere." sussurrò Nero con sfrontatezza.
Strange sgranò gli occhi.
Qualcosa, non avrebbe saputo dire cosa, lo sbalzò via; perse la presa sul mostro e volò in aria per decine e decine di metri, cadendo vicino ai suoi compagni che si stavano aiutando a vicenda a riprendere le energie.
"Ehy. Stai vincendo?" chiese Lars, vedendolo rialzarsi senza nemmeno un graffio, ma con un'espressione che tradiva un po' di preoccupazione.
Strange non rispose, si limitò a caricare un pugno e a colpire l'aria. Un'onda d'urto si propagò verso l'alto, intercettando dei proiettili violacei di energia che esplosero a mezz'aria.
"Finalmente..."
Xoen sollevò il capo. Non c'era nulla nei suoi occhi se non panico.
"Non è possibile... Non dirmi che si è..." mormorò, muovendo un passo verso il Supremo, reso invisibile da una strana coltre di fumo bianco.
"Finalmente..."
Grim e Xurst si prepararono a reggere ad un assalto, generando l'uno sfere di oscurità, l'altro ricoprendosi di ruggine nera e viola.
"Finalmente..."
Lars e Darksaurus si guardarono a vicenda preoccupati.
"Non serve avere l'istinto animale che ho io per capire che siamo nei guai..." disse il ragazzo pallido, mutando metà del suo corpo in un ibrido tra un allosauro e un ragno gigante.
"Finalmente!"
Strange strinse i denti.
Aveva tirato troppo per le lunghe quello stupido gioco. Pur avendo la vittoria in mano, il suo lato perverso aveva prevalso e non aveva sconfitto un avversario in fin di vita, se così si poteva dire di Nero.
"FINALMENTE!" esplose il Supremo, liberandosi dalla nebbia bianca.
Lui stava lì, in piedi, il volto sorridente diretto al soffitto lontanissimo, le braccia rigenerate rilassate lungo i fianchi. Era totalmente guarito. Aveva indosso una camicia ben curata con le maniche tirate al gomito, pantaloni di velluto nero, scarpe eleganti in cuoio, i capelli color sabbia tirati indietro da una sapiente mano di gel.
Non portava i guanti e dalla pelle nuda degli avambracci e del volto fuoriuscivano fili argentei di fumo, con qualche sbuffo viola.
Strange digrignò i denti. Non aspettò nemmeno un istante.
Si chinò in avanti, tese i muscoli e si scagliò come un proiettile verso il demone, preparando un pugno ammantanto con la sua intera essenza.
"DOUBLE SOULS HAND: HYPER..."
Fu tutto estremamente veloce. In una frazione di secondo Strange fu a metà strada tra il gruppo e Nero. E in quel momento, il Supremo entrò in azione. Gli si materializzò davanti con noncuranza e mise un braccio alzato, con l'indice teso, in modo che impattasse contro il suo petto.
Il ragazzo sentì il suo corpo collidere con quell'indice maledetto, sentì lo sterno bucarsi, il braccio traversargli il cuore senza fare una piega.
"Sai, amico mio. Ora posso copiare, potenziare e fare miei i poteri e la forza di tutti..." gli sussurò all'orecchio, mentre lui sputava un grumo di sangue.
"Double Souls Ultra Ray." disse serafico il Supremo.
Un raggio viola partì dal suo indice, passando tra i cinque senza toccare nessuno.
Per un secondo, tutti guardarono i due scioccati.
Poi un boato immenso li assordò, un'onda d'urto pazzesca sollevò il terreno e li investì in pieno, scagliandoli contro la parete della sala. Dietro a Nero e Strange, ora, si trovava una conca profonda un centinaio di metri, mentre la parete opposta a loro era indietreggiata di almeno un kilometro.
"Tch, i tuoi poteri sono patetici... anche potenziati, non valgono nulla. E questo vale per tutti voi." disse Nero palesemente deluso. Prese per il collo il ragazzo ancora bloccato con gli occhi sbarrati, incagliato al braccio del mostro.
Diede uno strattone e, senza muovere il braccio, fece staccare Strange da sé, aprendogli uno squarcio nel petto fino alle costole. Poi, non contento, come fosse immondizia, lanciò il ragazzo contro le macerie della meridiana.
"Ora." disse, scrocchiandosi le nocche e guardando di nuovo verso l'alto "Il momento è giunto di attirarti qui, Omino di mai."
E rilasciò la sua essenza.

Angolo di ME!

Alloooorrrra, ci stiamo avvicinando al finale, ma anche ad un periodo scolasticamente parlando orribile per il povero sottoscritto, duuunque fungerà così: i prossimi (pochi) capitoli che ci separano dalla conclusione li pubblicherò TA-TA-TA a distanza di pochi giorni. Non dico uno al giorno. Ma di certo entro settimana prossima avremo finito. Questa parte, almeno. Non so se l'ho già detto, ma questa è (dipende in realtà da voi, poi capirete perché) la prima storia di una serie. Ho già tutto in zucca. Ne avremo per un po' (minacciona seria!)
Quindi aspettate i prossimi capitoli che finiamo in fretta, ok? Voglio concludere questa parte prima di entrare nel vivo della fibrillazione scolastica, così mi tolgo un pensiero.
Ev.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** La Fine di Tutto? ***


Nero avanzò di un passo, saggiando il braccio.
Xurst comparve da sotto i suoi piedi.
Senza nemmeno guardarlo, il Supremo lo afferrò per un braccio, lo sbatté a terra e li sparò contro un altro Double Souls Ultra Ray, scagliandolo molto probabilmente dall'altra parte del pianeta. L'umanoide fissò il foro buio in cui aveva fatto sprofondare il rosso. Sospirò deluso dai sé stesso.
"Uhm... Sento di dovermi esercitare. Era da troppo tempo che non ero attivo." commentò, alzando lo sguardo su Dark.
Sorrise.
Il corpo del ragazzo, inerme con una profonda ferita in testa che lo aveva messo fuori combattimento, si mosse, la ferita guarì e lui riprese i sensi.
Si guardò intorno e, quando notò il Supremo, ruggì, generando centinaia di copie di sé stesso che si trasformarono a loro volta in un esercito di mostri dotati di ogni armamento possibile.
Nero ghignò, alzando un braccio e stringendo in un pugno l'aria, che si condensò grazie ai poteri che aveva rubato a Xoen.
"Un'armata di un solo uomo, contro un uomo di un'armata inesistente. Chi vincerà mai?" disse, scagliando il proiettile d'aria contro l'esercito di Dark che gli si era innalzato contro.
La "bomba" esplose in mezzo ai cloni, spazzandoli via. la pressione eccessiva compresse i loro corpi fino a renderli più sottili di un foglio di carta. I pochi sopravvissuti erano troppo deboli per combattere.
Lars, Xoen e Grim si riebbero e videro la scena.
Il ragazzo elementale gridò di rabbia, generando un tifone di fiamme e acqua. Grim si lanciò all'attacco con lui, ma Nero li fermò semplicemente ponendo davanti a loro i palmi aperti delle mani. I due furono bloccati a un metro di distanza, incapaci di muoversi.
Nero schioccò le dita e tutti i loro poteri svanirono. In un lampo, come se nulla fosse, li trasformò in comuni umani.
"Ops." rise, vedendoli cadere a terra sconfitti.
Ma non era sufficiente. Poteva copiare i poteri di chiunque, le capacità di qualunque cosa e potenziarli dieci volte. Lelq gli si avvicinò alle spalle, cercando di colpirlo con un pugno, ma lui piegò a centoottanta gradi il volto, come un gufo. Sorrideva folle. L'occhio destro, con la runa dei Supremi, la quintessenza maggiore della supremazia, brillava mentre il sinistro, bianco, si andò riempiendo di oscurità, divenendo n breve un buco nero il cui risucchio venne trattenuto solo dal potere del demone.
Alzò una mano e, ghignando, disse: "Non devi pensare ai tuoi amici più forti di te, caro mio. Altrimenti dovrò usare anche i loro poteri! HELL RISING!"
Il terreno sotto il ragazzo eruttò, esplodendo in una colonna di anime di fuoco che si avvolsero intorno a Lelq e lo sollevarono da terra di parecchi metri, ustionandolo. Ma Nero non voleva che lo uccidessero, così fece aumentò i poteri del ragazzo in modo che potesse sopravvivere. La colonna si contorse, con quella potenza avrebbe fatto sembrare gelida una gigante rossa. Poi, con un colpo di frusta, scagliò a terra il giovane, che perse i poteri donati dal Supremo all'impatto, giusto perché soffrisse di più.
"Tu sei stato una vera seccatura, più degli altri! Chi se lo aspettava che tra di voi ci fosse un'anima grande, del resto? Il dodicesimo re del multiverso, iniziamo ad avere troppi di voi! Nessuno si dispiacerà se ti farò fuori, vero?" gridò Nero, allargando le braccia e il sorriso sul suo volto.
Lelq non lo degnò di risposta. Era a pezzi, non riusciva a rialzarsi. Doveva riposare almeno un po', ma non c'era tempo!
Nero si passò la lingue sulle labbra.
"Ma ora basta usare i poteri di deboli esserucoli insignificanti. Ora devo puntare a qualcosa di più alto! Per esempio... ai poteri di Blaso! O omino di mai, come vi è più comodo chiamarlo." disse.
Poteva copiare i poteri di tutti e decuplicarli. Ma a tutto c'era un limite. Il suo corpo venne scosso da un fremito. Poi un altro. Poi un altro ancora. Tutti poterono sentire il potere dell'Omino scorrere nel suo corpo. Ma non si percepì un potenziamento. Questo perché un Supremo era il massimo, qualcosa che niente e nessuno poteva raggiungere. Nemmeno Nero, con i suoi incredibili poteri, poteva superare quel massimo. Potenziare i poteri di un Supremo era come aggiungere qualcosa al tutto onnicomprensivo. Non si poteva, giacché a ciò che ha tutto non si può dare nulla.
Un po' come le carte, che facevano raggiungere il sessanta per cento del potere di un Supremo agli esseri diversi da loro. Il limite massimo per chiunque non fosse loro.
Si voltò. Aveva sentito un picco di energia dietro di sé, come se qualcuno stesse caricando un attacco ad alto potenziale distruttivo. Innalzò preventivamente delle difese che lo avrebbero difeso in caso di bisogno. Non che fosse preoccupato, ma non voleva doversi rigenerare. Non tanto perché costasse fatica. Non poteva provare fatica. Tanto perché era una pratica fastidiosa che gli causava un leggero formicolio dietro l'occhio destro a dir poco insopportabile.
Xoen gli si teletrasportò davanti e i due si afferrarono le spalle a vicenda, fissandosi negli occhi. Nero lo guardava sicuro di sé, sorridendo spavaldo. L'Eon invece digrignava i denti.
"Maledetto! Perché devi voler consquistare tutto? Perché devi volere ucciderci tutti? Dimmi almeno il motivo!" gridò.
Nero non rispose. Si limitò a sorridere e a mormorare una frase.
Xoen restò allibito, perdendo la presa sul nemico che ne approfittò per rompergli le ossa delle spalle e schiacciarlo a terra con un incantesimo di soppressione.
"Come siete patetici! Vi ostinate a voler combattere una battaglia che è persa in partenza. Patetici... davvero patetici."
Una risata lo zittì, lasciandogli in volto un'espressione di stupito disappunto.
Strange si rialzò, spolverandosi il vestito lacerato. La ferita era già guarita e lui sembrava solo più arrabbiato di prima, anche se lo nascondeva dietro ad un sorriso impregnato di cattiveria.
"Solo perché mi hai fermato una volta pensi di essere fuori pericolo? Mi deludi molto, Nero. Come se io avessi usato tutta la mia forza, fin'ora. Sei tu il patetico qui. Ed ora: GUARDA E PIANGI!" gridò, rilasciando la sua essenza al cento per cento.
L'intero pianeta fu avvolto come da una seconda atmosfera azzurrognola, entro la quale era esercitata una pressione immane convogliata tutta sul corpo del Supremo.
Nero lo guardò annoiato.
"Si, si, molto interessante, interessante davvero, ora... se mi permettessi di portare alla tua cortese attenzione un piccolo dettaglio..." disse come se niente fosse.
Senza muovere un muscolo, Nero rilasciò la sua essenza. La rilasciò e Lelq non solo si staccò da Lelc, annullando la trasformazione in Strange, ma perse perfino il potenziamento dato dalla carta dell'Omino. L'essenza di un Supremo.
La più grande, così grande che ogni cosa esistente non era abbastanza grande da contenerla tutta. Un'essenza tale che avrebbe potuto avvolgere tre volte l'intero multiverso, tutte le Realtà unite. Così grande da essere troppo pericolosa per essere tenuta libera. Era quello il motivo per cui esistevano i Supremi. Per contenere un'essenza tanto immensa e illimitata che, se fosse stata libera di esprimersi in tutta la sua imponenza, avrebbe distrutto ogni cosa senza possibilità di scampo.
E Nero ne rlasciò ben poca parte.
Abbracciò qualche galassia, disperdendo quella di Strange Lelq e sopprimendola. Ma non lo uccise. Non gli importava della sua vita. Né di quella degli altri, del resto.
Il Supremo si incamminò verso il relitto della meridiana, dove aprì il passaggio per uscire da quel posto. Ora che era finalmente sé stesso, poteva muoversi liberamente dove voleva, senza limitazioni di sorta. Creare uno squarcio nella Realtà era una cosa che amava fare, visto che provocava sicuri sconvolgimenti naturali.
Xoen ringhiò, poggiando una mano a terra. I potenziamenti di tutti erano scomparsi nel momento in cui Nero aveva dato sfogo ad una piccola frazione del suo potere.
"Cos'hai intenzione di fare? Perché ci lasci in vita?" chiese fissandolo con odio. Si alzò, pur rimanendo instabile sulle gambe. L'essenza del demone pervadeva ancora l'aria, schiacciandoli a terra per impedir loro ogni movimento.
"Molto semplice in effetti: vi terrò in vita fin quando non avrò scatenato una guerra tra Supremi. Immaginate, due di noi hanno già raso al suo l'intera Realtà, e avrebbero distrutto il multiverso se solo il capo non li avesse fermati. Immaginate, ora, senza il capo che ci possa bloccare, cos'accadrà quando si formeranno due schieramenti, totalmente sregolati, senza le stupide regole di trattenimento che ci imponevano di tenere fede ad un limite di potenza del quarantacinque per cento, o le ancor più sciocche leggi di non intervento. Decine di Supremi e Opposti che si danno battaglia, sarà... ESALTANTE! E voi, miei cari, sarete miei ospiti in prima linea a gustare lo spettacolo. Mi occuperò personalmente di far si che i vostri cari, tutti coloro a cui siete affezionati, soffrano come mai essere vivente ha potuto soffrire. Solo così avrò realizzato i miei piani e solo in questo modo mi potrò vendicare di voi e della vostra triste, inutile, infantile resistenza."
"E lo stai facendo..." mormorò Xoen, guardando il terreno.
"Già. Proprio per quello." disse Nero sorridendo.
"Lo stai facendo solo per..." ripeté Xoen, stringendo i pugni. L'essenza del Supremo si increspò, intorno all'Eon di formò una sfera di energia. In mezzo al suo petto baluginò un oggetto luminoso grande quanto un pallone da calcio che palpitava come un cuore. L'essenza dell'Eon, una delle più grandi. Poteva apparire insignificante, ma, di norma, un'essenza simile era sufficiente a stabilire un potere immenso.
"PER DIVERTIMENTO!?" gridò il dio, lanciandosi contro Nero, avvolto dall'energia dorata, vincendo persino la pressione titanica della sua essenza.
"Bah. Incremento di potenza al sessantuno punto dodici per cento." disse seccato il demone, alzando l'indice. La forza che la sua essenza esercitava su Xoen si intensificò di centomila volte, facendogli sprofondare le gambe fino al bacino. Per l'Eon fu come ricevere centinaia di pugni e calci su tutto il corpo, tanto che rimase immobile con un'espressione di stupito dolore, emettendo solo un verso strozzato.
L'energia del ragazzo svanì, lasciandolo in balia di Nero che gli si materializzò di fronte, accovacciato per poterlo vedere in volto. Aveva l'indice sollevato. E sorrideva. Quanto era odioso quel sorriso di espressa superiorità. Quanto feriva sapere che anche colpendolo con tutta la forza di quel mondo, in quel momento non lo si avrebbe scalfito, non gli si avrebbe fatto un graffio.
"Sai, ho poca pazienza. Allora facciamo così: visto che smani tanto di morire, ti accontenterò."
"NO!" gridò Lelq, che intanto si stava cercando di rialzare nonostante fosse schiacciato a terra. La protese non si era riformata e ora aveva un moncherino al posto della mano destra.
"Ricordi le Rovine? I loro raggi erano banali. Permettevano la rigenerazione, se si superava la loro forza. Quello di un Supremo invece è un tantinello più ostico. Vedi, nel momento in cui vieni colpito, solo il potere di un Supremo può curarti. Non c'è rigenerazione che tenga."
E mentre parlava, l'indice si illuminava di luce viola a ripetizione, accendendosi e spegnendosi come una lucina di natale. E ad ogni accensione partiva un sibilo e il corpo di Xoen veniva scosso da un fremito, fino a che l'Eon non fu ridotto ad un colabrodo.
Nero sorrise, tirandogli un paio di schiaffi leggeri, come per tenerlo sveglio, sulla guancia.
"Di te mi occuperò dopo. Ora... Ho altre faccende da risolvere." disse, alzandosi e scrocchiando il collo.
Guardò Lars e Victus che si stavano sorreggendo a vicenda, avvicinandosi. Lars lo colpì. Si aspettava che senza poteri fosse solo un nucleo spento, come ogni demone elementale, invece si trovò di fronte un semplice umano.
Con un sempice gesto del polso, fece crollare dentro il terreno anche lui, spezzandogli involontariamente la spina dorsale e il cranio, causando un'emorragia cerebrale molto grave.
Victus invece fu schiantato lontano contro un muro, distante centinaia di metri, scomparendo alla vista.
Dark si teneva la testa, gridando nella conca ai loro piedi. Il Supremo stava incrementando i suoi poteri, senza però dargli il supporto necessario a tenerli a bada, come invece faceva di solito Nightmare. In questo modo, il ragazzo era come invaso da una serie di pensieri che gli spaccavano la mente, cercando di uscire. Una terribile emicrania lo bloccava totalmente.
Nero sospirò socchiudendo gli occhi. Ad un tratto una mano gli afferrò debolmente la caviglia. Guardò verso il basso.
"Oh, sei ancora vivo? Sorprendente. Beh, del resto sto usando il sessantuno punto dodici per cento del mio potere, è naturale che la morte non sia immediata. Comunque mi sento in dovere di farti le mie congratulazioi. Sei straordinariamente tenace. E con tenace, intendo dire stupido."
Liberò la gamba dalla presa dell'Eon e gli sferrò un calcio sul volto, che lo fece piegare all'indietro. Un sonoro crack accompagnò le ossa spezzate della schiena di Xoen, che restò bloccato in quella innaturale posizione. Ma i suoi poteri gli impedivano di provare troppo dolore. Oltretutto, quella ferita, al contrario delle altre che non potevano guarire, si stava già sistemando da sola.
Il Supremo alzò un braccio e trapassò il petto del ragazzo. Ma non lo spaccò in due, non gli bucò la gabbia toracica per estrarre il cuore. Lo passò da parte a parte come fosse fatto d'aria. Quando estrasse la mano non c'erano ferite. Non uno schizzo di sangue o icore, nulla. Era intatto, certo, senza contare i molteplici fori causati dai raggi con cui lo aveva torturato.
Ma nella mano di Nero ora si trovava la vera causa della paura di Xoen. Sin da quando l'Innominabile, nel suo mondo, gli aveva impartito lezioni importanti per combattere in una possibile guerra coi Supremi, gli aveva spiegato che la cosa peggiore che potesse accadere era vedersi rubata l'essenza.
L'essenza... I Supremi erano gli unici che ne avessero il vero controllo. Gli unici in grado di cambiare la natura delle cose. Il massimo che qualcuno diverso da loro poteva fare con essa era utilizzare la propria per potenziare gli attacchi. Ma loro no, loro potevano fare tutto. Potevano anche estrarla dagli altri, in qualsiasi modo e momento, poteva prenderla, giocarci come con del pongo, trasformare il più potente degli dei in un inerme insignificante sasso delle dimensioni di una mosca.
Avevano queste quattro facoltà fondamentali, quando erano al cento per cento: erano assolutamente immuni ad ogni cosa, e con ogni cosa si intendeva proprio ogni cosa. Erano in grado di distruggere ogni cosa, indipendentemente dalla forza, dalla resistenza, dal potere di quella cosa. Erano in grado di leggere e controllare la mente altrui senza possibilità di scampo. Non esisteva immunità, non esisteva barriera che potesse limitarli. E soprattutto potevano mutare ogni cosa in ogni cosa. Dei era diminutivo per loro. Oltretutto, questa era la punta dell'iceberg. Sapevano fare molto altro, ovviamente, ma con la limitazione del capo, questo era quanto potevano usare senza infrangere regole.
"Ora, sciocchino, sciocchetto, scioccò, ora tu diventerai un essere umano. Ti va?" chiese Nero, iniziando a stringere la sfera grande quanto un pallone tra le mani, facendo cadere frammenti per terra, riducendone le dimensioni, spezzandola e ricomponendola sempre più piccola.
E Xoen gridava, gridava di dolore, sentiva tutto sé stesso mutare, diventare più piccolo più... debole. Finché in mano al Supremo non rimase una specie di pallina da ping pong che si mise a rigirare tra le dita. E allora il non più Eon seppe di poter morire.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Supremi a Confronto ***


Il Supremo era lì, che troneggiava sul corpo inerme di Xoen. Un colpo ben mirato alla testa e sarebbe finito tutto. Stringeva ancora in mano l'essenza del dio. La faceva ruotare pigramente tra le mani, sogghignando ogni qual volta stringeva la presa, facendola scricchiolare. In risposta, il ragazzo ventenne che era diventato Xoen dopo che Nero lo aveva privato di tutti i suoi poteri, gemeva di dolore. Gli altri non potevano fare nulla per lui.
Xurst era disperso chissà dove, Dark, senza la carta a supportarlo, era colpito da una feroce emicrania, Lars non aveva più la forza di muoversi e stava a terra, stringendo i denti impotente. Victus, invece, era come sparito.
Lelq si avvicinò lentamente, tenendosi il fianco insanguinato con la mano.
"Far...farabut-to..." mormorò, cadendo a terra a qualche metro dal demone.
Nero rise sguaiatamente.
"Avete voluto avere a che fare con la persona sbagliata! Stupidini sciocchini IDIOTINI!" strepitò, con uno sguardo folle negli occhi.
La scintilla di follia si spense e lui tornò a guardare la sfera luminosa nella sua mano con pura cattiveria depravata. Quanto dolore avrebbe potuto causare colui il quale poteva tutto? Un dolore infinito, senza scampo, che non toglieva speranza, bensì che si divertiva a crescerla solo per il gusto di deluderla ogni volta.
"Sai, Xoen, mi sono divertito molto con te. Apprezzo sempre gli Eon. Così stupidi, arroganti... Avete già sfidato un Supremo e non vi è bastato? Patetici! Ma non temere, stupidotto mio..." si chinò su di lui, afferrandolo per i capelli e sollevandogli il volto in modo che i loro occhi si incontrassero. "Vi ucciderò tutti. Credi che l'Omino sia l'unico in grado di traslare le persone? Ah! Ovviamente, ma io posso copiare i suoi poteri. Così, se ora io traslassi tutti voi qui e vi, per esempio, staccassi il cuore, dopo avervi resi umani normali, si intende... Che ne dici? Non è una cosa divertentissima? Io già sto ridendo!"
Vedendo che l'Eon non rispondeva, visto che aveva perso i sensi, lasciò cadere la sua testa e gli tirò un calcio, alzandosi sdegnato.
"Ma magari preferisci che io vada con ordine, giusto?" esclamò, facendo un ampio gesto col braccio, squadrando tutti i presenti. I suoi occhi si fermarono su Lelq.
"Ah, ma chi abbiamo qui... L'unico traslato correttamente!" sussurrò, svanendo per riapparire nel medesimo istante dietro al giovane, che stava cercando di rialzarsi, nonostante la spalla lussata. "Stai giù, feccia." disse sorridendo Nero, tirandogli una tallonata sulla spina dorsale che si spezzò di netto.
"Ora giochiamo un po', ti va?" gli sussurrò all'orecchio, prendendolo per la collottola e sollevandolo. "Mesdames et Messieurs, vi do il caloroso benvenuto a questo spettacolo di livello mondiale! Oggi, dopo anni di silenzio, IO mi esibirò per voi insieme a... questo STIMATO PROFESSIONISTA del violino, per offrire alle signorie vostre una performance di alto livello. Il pezzo si chiama "maciulla e scarnifica" singolo suonato per frantumazione di ossa umane, per distruzione della mente e per finale uccisione dello strumento!" proclamò a gran voce, fingendo di essere di fronte ad una vasta platea.
Il silenzio accolse le sue parole.
Sorrise e, con uno schiocco di dita, creò un pilastro di ruggine nera da cui si dipartirono quattro braccia ad X. Con un colpo secco, schiacciò Lelq contro la ruggine, facendolo trafiggere da piccoli aghi che si ramificarono nel suo corpo per tenerlo fermo.
Il ragazzo trattenne un grido di dolore e guardò al cielo con le lacrime agli occhi.
"Oh, abbiamo appena iniziato e già frigni come un bebéuccio? Ma tranquillo! Stai solo per svanire per sempre, perdendo così tutto quello che hai faticosamente conquistato, come degli amici, il successo, una famiglia..."
Lelq non rispose. Sorrideva. Sorrideva, perché vedeva lei. La vedeva e lei gli sorrideva. E le sue lacrime non erano di dolore, di paura, di chissà quale tremenda agonia. No. Erano lacrime di gioia, gioia perché era con lei, era insieme alla sua ragazza, a sua moglie, alla sua migliore amica e parte di lui. Moriva contento perché se ne andava con il volto più bello del mondo e il sorriso più dolce dell'intero multiverso stampato in mente. Era felice in fondo, perché lei lo aveva perdonato. E questo era segno che il signore della paura aveva perso. Era stato sconfitto e proprio da quell'umanucolo che aveva tanto sottovalutato sin dal primo istante.
Nero si infuriò e lo colpì con una gragnola di pugni che facevano aggravare sempre di più le sue ferite. Lars gridò di rabbia e di dolore sentendo l'amico fustigato con cotanta crudeltà.
Il Supremo si staccò dal ragazzo soltanto quando lo sentì in fin di vita. Aveva piegato tutti, ma non lui. Non era riuscito a sconfiggerlo davvero. Lui, il signor Nero, il più grande dei Supremi e di ogni cosa esistente, aveva fallito.
"E allora... MUORI DA CANE BASTARDO QUALE SEI!" gridò rabbioso, alzando il braccio che calò come una mannaia verso la testa del ragazzo.
Ma l'attacco non andò a segno.
Lelq abbassò lo sguardo verso di lui, freddo.
"Beh? Che aspetti? Fammi fuori, cane." ringhiò, ansimando.
Il ragazzo lo scrutò. Era fermo immobile davanti a lui, piegato in avanti nello slancio per ucciderlo, la mano posta a taglio bloccata a pochi centimetri dal suo cuore. Ma soprattutto, aveva gli occhi sbarrati e un'espressione di incredulità terrorizzata che nemmeno Strange Lelq gli aveva causato.
"N-non è possibile." disse, deglutendo.
Lelq non capiva. Perché si era fermato? Era forse un altro modo di farlo soffrire? Prolungare la sua agonia, dargli una speranza per farlo vacillare di più in un secondo momento? Ma allora perché tanta paura? Perché se ne stava lì immobile?
Nero cambiò d'un tratto espressione. Ora era rabbioso, digrignava i denti, fremeva di collera.
"Beh, però ne ucciderò comunque uno!" gridò il Supremo, facendo ripartire il colpo di lancia con il braccio. Lelq restò scioccato.
Una mano guantata di bianco aveva afferrato per il braccio Nero e ora lo teneva fermo. Ma quella mano guantata... Non era attaccata a nulla. Se ne stava lì, sospesa a mezz'aria senza un corpo a cui appartenere. Eppure era in grado di tenere fermo il demone fino a quel momento inarrestabile.
"Suvvia, Alter Nerius, perché non smetti di fare il bambino?" disse una voce calda e suadente, meravigliosa e rassicurante, melliflua e giovanile, con un tono gentile e pacato, con un accenno di scherno.
Dalla mano si dipanò un fascio di fumo nero che si solidificò nella figura di un giovane di circa vent'anni, i capelli color sabbia ben pettinati appena visibili sotto il cilindro nero con una fascia intorno alla tesa, color bordeaux. Indossava sul fisico alto e asciutto, da nuotatore, una camicia bianca con sopra un soprabito nero di velluto lungo fino al terreno, con due spacchi sulla vita, portava una cravatta viola scuro e dei pantaloni sempre di velluto, sempre neri come la pece. Aveva scarpe eleganti in cuoio nero, con fibbie d'ottone. Il suo volto liscio, affilato, bellissimo, sembrava emanare una sensazione di benessere addirittura innaturale, gli occhi, il sinistro viola, composto dalla runa dei Supremi, il destro totalmente nero, fino anche alla sclera, ancor più dell'abisso più oscuro, erano puntati su Nero, impietosamente pervasi da soddisfazione.
"Tu..." disse grave Nero, guardandolo di striscio "Tu... come hai fatto a liberarti?"
"Oh, come? Semplice... Mi ha liberato lui." disse il nuovo arrivato, sorridendo affabile, indicando con un gesto ampio della mano libera un ragazzo coperto da un mantello con cappuccio dietro di lui, a cui si teneva appoggiato Victus. Il tipo era alto, almeno di una decina di centimetri in più di Mors e aveva uno sguardo rigido e concentrato.
"Lui..." mormorò Nero ringhiando di rabbia.
"Già. Sai, mentre tu perdevi tempo a giocare con questi bravi mocciosetti, lui usava l'energia che io avevo rubato a Gioyglory all'apertura del portale per liberarmi. Quanto sei stato sciocco, così preso dal raggiungimento del potere che non ti sei reso conto che io stavo nascondendo la sua presenza ai tuoi occhi. Dovevi sospettare che avrei influito sulle sorti del conflitto, no?"
Lelq li fissava senza dire una parola. Non ci stava capendo più nulla, ma i due gli sembravano dannatamente identici. Nemmeno due gemelli sarebbero apparsi così uguali. L'unica differenza erano gli occhi. Nero aveva il destro viola e il sinistro nero. L'altro tizio aveva il sinistro viola e il destro nero.
Poi quel tizio aveva chiamato Nero in un modo strano: Alter Nerius... che voleva dire? Era quello il suo vero nome?
Il tizio sorrise, come se gli avesse letto il pensiero.
"Deh! La facciamo finito, mh? Così il moccioso che hai tanto gentilmente impalato può andarsene dove gli pare e piace, d'accordo?" disse, per poi tirare il braccio di Nero come si volterebbe la pagina di un libro.
Il Supremo fu sollevato con facilità ridicola da terra e schiantato al di là della conca da lui stesso creata, svanendo alla vista, data la lontananza della destinazione.
Il ragazzo in nero batté due volte le mani guantate e Lelq fu libero. Ogni sua ferita era guarita e si sentiva tanto forte da poter sconfiggere l'intero esercito di Rovine, Nero e l'Omino di mai messi insieme.
"Ah, il coraggio fa sempre questo effetto, nevvero? Deh, non c'è tempo, ragazzo mio. Reid, aiuta Lelq e Victus, allontanatevi e portate con voi gli altri. Ho paura che Alter non la prenderà molto bene."
Un ruggito atroce si udì dalle profondità della cavernosa Cripta, rimbombando per diversi minuti.
"Appunto, appunto. Suvvia, muovetevi. Non abbiamo molto tempo." li esortò il ragazzo, estraendo Xoen dal terreno e facendosi comparire una sfera luccicante in mano.
"La sua..." fece per dire Lelq, ma l'altro lo precedette.
"Essenza? Esatto. È stata gravemente danneggiata, devo intervenire." detto ciò strinse tra le mani messe a coppa la sfera, soffio in mezzo ai palmi e la luce si fece via via più intensa. Il globo si mise a crescere e crescere, fino a diventare grosso come un pallone.
"Ecco. Come nuova."
"Aspetta, tu sei un..." disse ancora Lelq.
Ancora il ragazzo lo interruppe.
"Supremo? Certo che si. Il mio nome è più oscuro dell'Abisso. Nero, per risolvere la situazione." disse, voltandosi verso di loro e facendo un elegante inchino prendendo il cilindro tra due dita.
Lelq restò basito.
"Aspetta, cosa?"
Victus gli mise una mano sulla spalla.
"Fidati. Meglio non chiedere."
"Ma... Ma..." balbettò il suo compagno.
"Ops, non c'è più tempo! Au revoir!" disse Nero, spingendoli indietro, salvandoli dall'essere investiti da una parete immensa di oscurità che si abbatté sul ragazzo, avvolgendolo fino a farlo sparire dalla vista.
"XOEN, LARS, DARK!" gridò Lelq, cercando di buttarsi nella nube, ma il ragazzo enigmatico, quel tale Reid, lo afferrò e lo buttò dietro di sé, ponendo le mani a mo' di preghiera. Mosse velocemente le labbra prima che l'oscurità potesse lambirli e, quando i tentacoli neri scattarono verso di loro per trucidarli, una runa identica a quella dei Supremi, apparve come un lampo davanti a loro, grande abbastanza da coprirli tutti e tre.
La marea nera cozzò contro la barriera, che si crepò, ma non si infranse.
"Sei forte." commentò Victus asciutto.
"Se non ci fosse Nero a proteggerci non avrei potuto fare nulla." rispose duro.
L'oscurità li avvolgeva totalmente, iniziando a provare il ragazzo che cadde su un ginocchio per lo sforzo di mantenere la difesa.
Una specie di folata di vento si mosse da un punto imprecisato davanti a loro, facendo svanire la nube come fosse solo uno sbuffo di fumo insignificante. Pochi metri più in là stava Nero, ritto, intoccato da quell'attacco che, invece, aveva sventrato la sala. Il terreno era distrutto. I tre si trovavano su una specie di colonna di terra che si era salvata dalla distruzione, sospesi nel vuoto a un centinaio di metri da quello che era il suolo in quel momento. La stanza era stata rasa al suolo, totalmente. Se quella nube li avesse colpiti... Sarebbero stati inghiottiti dal vuoto e distrutti in meno di millesimo di secondo.
"Meraviglioso davvero, non hai perso smalto negli ultimi diecimila anni, Alter. Deh, che dire... Trovo abbastanza noioso doverti rinchiudere ogni volta. Perché invece non ritorni nella tua prigione spontaneamente. Così eviteresti un'ulteriore umiliazione, correggimi se sbaglio."
In fondo al profondo crepaccio una massa così densa di oscurità da essere assolutamente impenetrabile agli occhi di tutti meno che di Nero stesso, si agitò, raggrumandosi e scagliandosi verso il Supremo, innalzandosi in un centinaio di migliaio di spuntoni e lancie di fumo.
Nero sorrise gentilmente. Non sembrava in grado di mostrare cattiveria.
Tutto quello che fece fu far apparire un bastone da passeggio di un metro circa, in quercia, con l'impugnatura a pomo di madre perla e avorio, sobria eppure molto elegante. Lo strinse con le mani come una mazza da golf e, quando la massa fu abbastanza vicina, diede un colpo.
Come se la mazza fosse ingigantita per magia, la pressione fu aumentata esponenzialmente ed esercitata sull'intero grumo di fumo, scagliandolo a terra.
"Buca al primo? No? Peccato..." commentò sempre sorridendo Nero, guardando in lontananza con una mano sugli occhi come quando ci si copra dal sole.
"NERO!" gridò l'altro Supremo, innalzandosi su una colonna di oscurità.
"Alter." rispose pacato Nero, stringendo il bastone con entrambe le mani dietro la schiena.
Erano impressionanti. Alter era enorme. Appariva ora come un mostro umanoide, possente, muscoloso, e tanto, tanto arrabbiato. Aveva la pelle alla base nera che poi diventava viola scuro fino al rosso sangue della testa. Il capo era piccolo in confronto al corpo. Aveva dieci occhi, tutti bianchi tranne quello più grosso in mezzo al volto senza lineamenti e bocca, che invece aveva la runa dei Supremi. Una bocca impressionante correva lungo tutto il petto e una seconda più piccola sul diaframma, da cui uscivano due lingue rosso carminio da cui colava un acido altamente corrosivo.
Sovrastava il piccolo demone dalle sembianze umane di almeno duecento metri.
Era immenso e la sua aura sembrava riempire l'intera stanza.
Lelq allora capì. I due non si attaccavano per un buon motivo. Stavano, in realtà, già scontrandosi. Lo facevano silenziosamente, confrontando semplicemente le loro essenza. Era una gara a chi si riusciva a sopraffare l'altro con la propria essenza.
E l'unico motivo per cui loro non erano stati ancora schiacciati dall'essenza di Alter era perché Nero lo stava bloccando.
Erano alla pari e non potevano prevalere.
Ad un tratto Nero sogghignò.
"Ops." disse soltanto, svanendo alla vista.
Fu come quando due si spingono a vicenda e uno dei due ad un tratto si scansa, facendo cadere in avanti l'altro.
Quando Nero scomparve, la sua essenza venne meno e Alter fu sbalzato in avanti dal suo stesso sforzo, crollando malamente a terra con un tonfo sordo.
"Che sciocco che sono, mi ero dimenticato di prendere un regalo per la tua recente scarcerazione." disse ancora Nero, riapparendo sopra il Supremo. Alzò un indice che si illuminò di viola per un secondo.
Un sibilo.
Poi Alter esplose.
Il demone riapparve dietro al ragazzo, cercando di colpirlo a sua volta con uno di quegli strani attacchi distruttivi. Ma Nero si spostò col busto a destra, evitando il colpo e gli poggiò una mano sulla guancia.
"Povero Alter, libero e già devi tornare dentro. Dev'essere un'esistenza dura la tua." lo schernì con un palesemente finto dispiacere. Una pressione fortissima fece schiantare lontano Alter, facendolo sprofondare nel terreno.
Intanto Reid doveva trattenere Lelq dal lanciarsi nella conca dove sarebbe sicuramente morto. Ma il ragazzo voleva andare laggiù. C'erano i suoi compagni, ed erano in pericolo. Ma il ragazzo col mantello non gli permetteva di spostarsi da quella colonna di roccia, loro ancora di salvezze.
Un botto li zittì all'improvviso. L'essenza di Nero fu schiacciata da quella di Alter. Il Supremo mostruoso si era infuriato. 
 
Angolo di ME!!!

RAGAZZI MIEIIEE-EE-EE-EE-EE-EE-EE-EE-EE! HHHHH Ci siamo, posso dirlo. Che emozione!!!!
Fratelli et sorellem. Nuntio vobis gaudium magnum. ABEMUS. PENULTIMUM. CAPITULUM!
Woooo! Turn down for what!
Seriamente. Questo è il penultimo capitolo di questa piccola storiella fatta di violenza, dolore, scarsa amicizia tra le parti in causa, fraterne quanto adorabili minacce di morte, insulti per contorno e un dessert di morte certa, ma non troppo.
Ora.
Ora.
Ora.
Ora una domanda a te, lettore caro, si, proprio te, al posto sette a partire dalla mia destra della dodicesima fila dal fondo. Tu, che hai letto, ti sei pure rotto le scatole di aspettare il finale e i miei porci comodi tra un capitolo e l'altro, tu, eroico eroe del mondo dei lettori senza nulla di meglio da fare nella vita come me. Una domanda a cui vorrei rispondessi, lettor mio.
La storia è, lo ammetto, scritta con un'arroganza e una superbia senza pari, qualità che io, personalmente, odio, ma che, ahimé, ritrovo nella mia personalità un giorno si e l'altro anche. Il punto è che la storia ha due possibili sviluppi.
Nel caso A, il prossimo capitolo presenterà un happy ending e chi si è visto si è visto. Nel senso stop, la fiction finisce lì, tutte le questioni in sospeso si risolvono (in modo forse banale, visto che quest'ipotesi non è quella che avevo in mente all'inizio). Insomma, se scegli la A, caro lettore, la fiction si concluderà domani (o quando cavolo vorrò pubblicare il prossimo capitolo. YEAH!)
L'opzione B, invece (quella originale), prevede che si, questa fiction finirà col prossimo capitolo, ma sarà solo la prima fiction di una piccola serie in cui succederà roba, sempre in stile bottedaorbi, claro come il Sole.
Perché questo? Perché è evidente. Ho abusato, mio buon lettore, dei personaggi altrui, mettendo così in mostra i miei in uno sfogo di, come dicevo prima, arroganza ingiustificata. E visto che non tutti potrebbero apprezzare questo abuso (bello pesante) per cui molti Oc pensati come molto potenti vengono maltrattati e apparentemente relegati al ruolo di "mezzetacche", preferisco sapere cosa ne pensi tu, lettor mio, se sia il caso di proseguire con nuove avventure e tante, tante scazzottate fraterne in cui si rischia l'osso del collo, o se forse è il caso di smettere.
Dimmi, lettore.
Pillola A o Pillola B?

Ev. 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Fine della Storia ***


"Devi farmi andare laggiù, cazzo!" gridò Lelq, cercando di passare al di là della barriera che Reid teneva eretta sin dal principio del combattimento tra le due entità.
"Non devi morire. Ho ordini precisi." ripeté per l'ennesima volta il ragazzo ammantato.
L'altro lo fissò frustrato. Andava ripetendo quelle stesse parole sin da quando aveva eretto la barriera. Se ne stava lì in silenzio, le game incrociate, le mani giunte a preghiera, tranne quando Lelq dava un pugno alla barriera viola che li avvolgeva totalmente. La colonna di roccia reggeva grazie alla sua difesa. E cadere da lì significava morte certa. Ma a lui non importava. Doveva salvarli, doveva. Non era nel suo stile lasciare qualcuno indietro.
Victus stava sdraiato con le mani giunte sulla pancia, riposando con gli occhi chiusi. Era provato, e si capiva. Quando Alter lo aveva lanciato via e lui era atterrato in parte a Reid era già provato, oltretutto aveva aiutato il ragazzo a liberare Nero.
Era in quell'occasione che aveva appreso in cosa consistesse la prigione di un Supremo.
Si trattava di una stanzetta cubica di tre metri per tre, con una poltrona e nulla più. Una delle pareti, quella da cui si poteva entrare od uscire, era composta di sbarre, ma non c'erano porte. Reid, insieme a Nero, che si trovava dall'altra parte, gli aveva spiegato che un altra persona sarebbe potuta uscire facilmente da lì, mostrandogli anche che lui, con la sua capacità di trasformarsi in fumo nero (similmente, tra l'altro al potere di Victus stesso), poteva passare dall'una o dall'altra parte senza problemi. Certo, le pareti erano indistruttibili, come le sbarre. I Supremi, invece, si vedevano bloccati in tutte le loro facoltà per diecimila anni. Inoltre, se per caso avessero toccato le sbarre, la prigionia si sarebbe rinnovata da sola.
Per liberare Nero, Victus aveva dovuto cedere moltissima della sua energia a Reid, affinché potesse usare una strana felpa con un logo che tanto ricordava al moro le ali di Gioyglory, per aprire un varco temporaneo affinché Nero potesse passare. Poi la felpa era svanita e il trio si era avviato a fermare Alter, senza che qualche altra spiegazione fosse elargita al povero Mors.
Quando ci fu il botto e l'essenza di Alter prevalse, Lelq fissò la conca. Reid alzò finalmente lo sguardo, tradendo un minimo di preoccupazione.
Dall'oscurità emerse come un proiettile il corpo di Nero che si schiantò contro la colonna, finendo incastrato fino alla vita poco sotto di loro. Solo le gambe fuoriuscivano dalla roccia.
Alter si innalzò a sua volta, levitando davanti a loro. Era tornato ad essere la copia di Nero, ma non aveva cilindro e bastone. Inoltre teneva i pugni stretti e il suo corpo emanava un fumo bianco che si confondeva con quello nero che invece fuoriusciva copioso dal suo occhi sinistro, formando un'unica massa violacea che si diffondeva tutt'intorno a lui.
"Ho deciso, Nero." ringhiò. "Non posso sconfiggerti. E tu non puoi sconfiggere me. Allora sai che ti dico? Che ora ti costringerò a fare quello che meno desideri al mondo. Ora... io ti affronterò usando la mia massima potenza. E tu dovrai fare lo stesso per non restare sconfitto. E così, come quando tu e Adreus combatteste la prima volta, distruggeremo la Realtà! Ed ora che il capo non c'è, trascineremo nell'oblio l'intero MULTIVERSO! IO E TE RADEREMO AL SUOLO IL MONDO!" gridò, mentre la sua essenza cresceva. E crebbe, e crebbe tanto che i suoi confini non furono più visibili da qualsiasi parte si guardasse. Avvolse tutto e quel piccolo uomo che Lelq, Reid e Victus vedevano davanti, abbracciò ogni cosa! Superò i confini della Realtà e si espanse in tutto il Multiverso, facendo cadere a terra Every nella villa di Gyber, colpito da un dolore lancinante alla testa.
Tutto tremò, si piegò, si contorse.
Poi, quando fu soddisfatto, Alter si piegò lievemente in avanti e scattò, portandosi dietro tutto quel potere che anche solo in parte avrebbe potuto distruggere ogni cosa, e caricò un unico punto del mondo, cioè Nero, che se ne stava beato nella colonna, come se fosse intoccabile, sicuro di vincere.
"Ma guarda." disse la voce della Paura, quando Alter fu a pochi centimetri da lui "Anche no."
La colonna svanì, Nero e i tre ragazzi scomparvero dalla traiettoria di Alter. Era stata un'illusione! Fin dall'inizio, Nero aveva fatto credere ad Alter che la colonna fosse lì, quando era dalla parte opposta. E così il Supremo non seppe fermarsi e andò a cozzare con la prima cosa che si trovò di fronte: le sbarre di ferro arrugginito della cella dei Supremi.
"NO! MALEDETTO!" gridò, mentre la forza di tutti i Supremi riuniti, che in concilio avevano infuso i loro poteri per creare quella prigione, lo imprigionava di nuovo per diecimila anni.
L'essenza del mostro si ritirò finalmente, lasciando libero il Multiverso, libero di potersi definire salvo.
Alter, il falso Nero... era stato sconfitto da uno "sgambetto".
E Nero, quello vero, rideva, rideva... Batté le mani e la Cripta tornò come nuova. Xoen, Dark, Lars e Xurst erano lì, seduti per terra un po' straniti. Era stata tutta un'illusione. Sin da quando Nero era uscito dalla cella, tutto era stato un'illusione. La Cripta, loro... Alter non aveva mai distrutto quel posto. La sua oscurità non aveva mai ucciso i ragazzi.
A quel punto, Lelq non sapeva più nemmeno se l'intera avventura fosse stata reale o no. Non sapeva nemmeno se il dolore che aveva provato era stato vero dolore o solo una sensazione creata dal Supremo della Paura.
Quanto potere poteva avere, quel signor Nero, per poter far dubitare fino a quel punto? Era... terrificante l'idea che con uno schiocco di dita potesse farti credere tutto e il contrario di tutto. E più terrificante era non sembrava ci fosse modo di distinguere il vero effettivo dal vero creato dal demone.
Sempre come se i suoi pensieri fossero scritti sulla sua faccia, Nero lo fissò sorridendo con uno sguardo scaltro in volto e disse: "Via, via, signor Lelq. Dovrebbe essere felice. Dopotutto ha appena vinto una guerra."
"Non so... Ma credo che più che una guerra, io abbia vinto una battaglia. Anche se non so davvero se l'ho vinta io, se l'ho combattuta." rispose il giovane.
Nero fece un segno di assenso.
"Deh! Qui abbiamo finito! Io vi lascio, signori miei. Au revoir!" disse, iniziando ad allontanarsi roteando il bastone da passeggio.
"Aspetta." lo richiamò Xoen. Nero si bloccò, voltandosi.
"Non credi di doverci un minimo di spiegazioni?"
"Certo certo!" esclamò Nero, poggiando le mani sul pomo del bastone che teneva ritto davanti a sé. "Vedete, il punto è che Alter non è la Paura. Egli rappresenta la voglia di essere migliori degli altri, l'Arroganza, la Superbia. Per questo il suo potere si basa sull'utilizzo di quello altrui, potenziandolo ovviamente. Per la sua smania di potere che sin dal principio di tutto si era manifestata in un suo primo tentativo di prendere il possesso del concilio degli esseri di diversa condizione di esistenza, da voi detti così volgarmente Supremi, decidemmo di rinchiuderlo. Ma nemmeno noi... diciamo pure Supremi per abbreviare... anche se trovo davvero orribile questo epiteto... nemmeno noi, dicevo, potemmo tenerlo fermo per sempre. E così creammo una prigione in cui rinchiuderlo ogni diecimila anni. Di solito, visto che lui odia in particolar modo me, sono io a rinnovare la sua incarcerazione, ma stavolta, mettendosi d'accordo con l'Omino di mai, mi ha teso una trappola, facendomi finire dentro. Per questo motivo l'Omino, che voleva solo vendicarsi di me per... una vecchia disputa, decise di chiamare qualcuno che potesse fermare Alter, rendendosi conto troppo tardi che l'averlo aiutato a liberarsi non aveva fatto altro che creare il rischio della distruzione di ogni cosa da parte sua. Alter infatti è altamente instabile mentalmente. Egli vuole essere il migliore e per questo non tollera l'esistenza di alcunché, in quanto vede tutto come una sfida alla sua persona.
E così l'Omino chiamò voi. Perché non qualcuno di questa Realtà? Semplice, perché Alter li conosce tutti, sa come fare per batterli facilmente. Voi invece eravate più... imprevedibili. E così Lars fu chiamato per aprire la Cappella degli elementi, Xurst quella del tempo, Victus e Xoen per quella della morte e della vita, anche se Gioyglory si vide costretta ad intervenire. Dark venne chiamato perché il suo potere di creazione poteva constrastare, all'inizio, quello di distruzione di Alter e delle Rovine. L'unico che non so perché sia qui è Lelq.
Ma pazienza, non ci importa.
Fatto sta che avete compiuto la missione. Ora l'Omino, il cui nome, ve lo dico, è Blaso, la Follia, dovrebbe arrivare qui e rispedirvi a casa vostra."
"Ma..." fece per chiedere Lars.
Tuttavia Nero era già svanito nel nulla.
Il gruppo restò in silenzio.
"STO ARRIVANDO A PALLA!" gridò la voce dell'Omino.
Il ragazzo comparve dal soffitto, volando come un razzo (letteralmente, aveva la parte inferiore del corpo trasformata in uno shuttle), andando a schiantarsi al suolo.
"Nero si è liberato? 'CIDENTI! Oh, beh, poco male. Complimenti eccetera. Bravi addio ciao silvanoul!" disse, aprendo dei portali sotto di loro e lanciando fazzoletti colorati e coriandoli a destra e a manca.
Reid lo fissò con odio, balzando indietro prima che il portale lo inghiottisse, svanendo in un portale creato da lui stesso.
Gli altri invece caddero prima ancora di poter dire alcunché.
 
Buio.

Silenzio.
 
Poi.
 
Un grido di sorpresa.
 
Lelq aprì a fatica gli occhi, portandosi una mano alla testa che, in fede sua, stava scoppiando. Ma molto dolorosamente.
"Lelq!" sentì gridare.
"C-cosa?" si limitò a chiedere, cercando di mettersi in piedi, senza troppo successo. Si limitò a girarsi sulla schiena, quanto meno per poter vedere qualcosa di più oltre ad uno stupido parque.
Si trovò a fissare uno stupido soffitto.
Fantastico cambio di panorama, davvero.
Un'ombra gli coprì gli occhi. Alzò un attimo lo sguardo e vide una ragazza che lo fissava con le lacrime agli occhi sorridendo di gioia.
"Ciao Okami. Tutto ok?" la salutò, riprovando a mettersi seduto.
La ragazza lo aiutò, fissandolo poi un attimo. Lui la guardò di rimando.
"LELQ!" gridò infine lei commossa, abbracciandolo con uno slancio che per poco non fece cadere entrambi a terra. Il ragazzo sentì un terribile male alle costole. Si sentiva abbastanza rotto. In tutto il corpo. Il che. Era molto. Molto. Ma molto. Fastidioso!
"Vacci piano ragazza, stai sbriciolando quel poco di scheletro che mi è rimasto." brontolò lui. Si sentiva scombussolato e, a dirla tutta, preso in giro. Lo avevano costretto a vivere un'avventura fuori dal normale, strappandolo alla sua famiglia, ai suoi amici. E l'unico compenso era un atroce senso di mancanza, di qualcosa che gli era stato tolto, anche se non capiva cosa.
Okami gli si scollò di dosso sempre sorridendo. Lui le sorrise, alzandosi faticosamente.
"Sono stato via per un po', e nemmeno ti immagini dove." le disse, barcollando finché la ragazza non l'ebbe preso per un braccio, sorreggendolo.
"Indovino: in un mondo nuovo in cui regna un tizio chiamato Omino di mai?" rispose lei, mentre si avviavano verso una stanza un po' più comoda.
Lui la fissò incredulo.
"Tu sei l'Omino e mi stai prendendo ancora per il culo vero?" chiese.
Lei lo fissò e sorrise.
"No, no, tranquillo. Sono la vera Okami e questa è l'autentica villa di Gyber."
"E allora come fai a sapere cosa mi è successo?"
"Abbiamo trovato un tizio... un certo Every che dice di essere il capo di questo Omino e che dice di essere stato spodestato e... oh, un sacco di cose. Ma tu sei qui, ora, e questo è ciò che conta! Certo, se solo..." Okami si rabbuiò.
"Se solo cosa?" la incoraggiò a proseguire.
Avrebbe fatto quattro chiacchiere con quell'Every, più tardi, ma prima gli premeva riabbracciare sua figlia... e poi c'era lei... Quanto le doveva. Se non fosse stato per il ricordo della sua ragazza avrebbe di certo mollato. Gli aveva salvato la vita e lui non vedeva l'ora di poterla riabbracciare, baciare...
"Il fatto è che mentre tu eri scomparso, alcune persone sono cadute in coma. Every ci ha spiegato che questo voleva dire che erano stati trasmigrati nella sua Realtà, che erano lì come in un sogno. Ora Victus si è svegliato e penso anche gli altri, anche se non ne sono sicura. Stanno tutti bene. Tutti, tranne..."
"Tranne?" fece Lelq, corrugando la fronte, d'un tratto preoccupato.
"Lelq, mi dispiace tanto, ma vedi, Giuly..."
Non finì la frase. Lelq la spostò e si mise ad correre lungo il corridoio. Diavolo, il suo corpo non gli avrebbe certo impedito con un po' di dolore di andare vedere la sua ragazza, no?
Sentendo che Okami ne parlava così, poi... Le parole del falso Nero, Alter, gli tornarono in mente.
Ahh... Vuoi rivedere la tua famiglia, vero? Vuoi riabbracciare Giulyu? E Anna? Ma povero caro.... AHAHAHAAH! Stupido idiota, l'Omino di mai ti riporterà sempre e solo qui, per combattere ora e per sempre in un disgustoso gioco che né io né tu possiamo comprendere.
Aveva detto così. Che sapesse già che l'Omino aveva preso anche Giuly? O magari era stato proprio Alter a rapirla. Doveva vederla subito, a tutti i costi.
Ignorò Okami e si diresse lungo il corridoio adombrato, rischiando di scontrarsi con uno sbalordito Litios di ritorno da una missione. Sorpassò anche lui senza degnarlo di uno sguardo e svoltò a destra, passando per un assolato salone circondato per metà da imponenti vetrate in stile gotico e arredamento barocco.
Era a villa Gyber, se avevano portato lì Giuly, e lo sentiva fin nelle ossa che era lì, sapeva anche dove l'avevano messa. Cascasse il mondo, nessuno gli avrebbe impedito di andare da lei.
Passò di fronte ad una porta chiusa a chiave, con Litios e Okami che gli gridavano di fermarsi, di stare con loro, di parlarne... Ma di che cazzo dovevano parlare? Lui era lì per ben altro motivo. Sfondò il portone di abete con un solo calcio. La gamba cigolò per lo sforzo, ma non ci fece caso. Riprese la marcia forzata, caparbiamente attaccato al suo proposito. Salì una rampa di scale, scostando in malo modo Meteor che stava salendo a sua volta.
Questi lo guardò offeso finché non si accorse di chi lo aveva appena sballottato senza nemmeno scusarsi.
Corse col fiatone per tutta la villa, maledicendo Gyber di averla costruita così grande, fino ad arrivare di fronte ad un corridoio che dava su un'unica porticina nera. Le pareti cassettonate di legno pregiato erano illuminate dalla fioca luce di torce rosse magiche che stavano attaccate ai pilastri posti ad intervalli regolari lungo tutto il perimetro di quell'ala della casa. Con passo dapprima incerto, il cuore in gola, un desiderio feroce di correre e una paura subdola e strisciante che glielo impediva, avanzò fino a trovarsi a correre per davvero vinto dalla smania di riabbracciare Giuly, la sua Giuly.
Arrivò alla porta. Sentiva chiaramente Meteor, Okami, Litios e altri che non sapeva identificare per stanchezza o per distrazione dietro di sé guardarlo. Sentiva la loro apprensione e questo bloccò la sua mano stretta sul pomo della porta. Deglutì. Se dall'altra parte avesse trovato davvero Giuly in coma? Come avrebbe reagito? Poteva davvero permettersi quello shock? Dopo quello che l'Omino gli aveva sussurrato all'orecchio prima di farlo sprofondare nel portale con gli altri?
Ma in fin dei conti, non poteva non andare.
Aprì la porta ed entrò.
Dentro era come se l'era aspettato. La stanza riservata a loro due da quando si erano messi insieme ed erano stati invitati a stare lì prima di trasferirsi in una casa tutta loro. Una saletta circolare con uno scrittoio e un pianoforte faceva da anfiteatro alla camera vera e propria. Un arazzo ornava la parete a destra della porta, mentre da una finestrella variopinta si poteva vedere il mare e la scogliera su cui la villa poggiava dopo le recenti ristrutturazioni.
Un'apertura nel muro, in fronte alla porta d'ingresso, dava sull'alloggio.
Varcò l'arco acuto da cui pendeva una piccola lampada d'oro ad olio. Il profumo di orchidee lo pervase. Dalle tende di lino che coprivano le finestre da cui si accedeva al balconcino a strapiombo sull'oceano filtrava la luce del sole al tramonto.
Guardò a destra. Lucas stava seduto a capo chino e mani giunte su una poltroncina vittoriana. Era in parte al letto matrimoniale dalle candide coperte bianche arabescate con motivi orientaleggianti in oro e porpora. E in mezzo al letto, la testa incorniciata dai bei capelli castani. Sembrava davvero dormire se solo non fosse stato per il respiratore.
Lelq strinse i pugni. Sentì il cuore sprofondare, cadere in pezzi e poi rinascere solo per essere distrutto ancora e ancora così da protrarre la sua agonia. Voleva gridare, ma temeva che qualsiasi movimento avrebbe potuto far del male alla ragazza. Aveva gli occhi chiusi e sembrava stare bene. Ma c'era qualcosa che non andava. E quando se ne accorse non poté evitare di chinarsi su sé stesso come colpito al ventre da un pugno, tenendosi il petto con una mano, colpito da un attacco al cuore. Strozzò un grido di rabbia, dolore e disperazione e pianse, cadendo carponi.
Lucas si accorse di lui e alzò il capo con sguardo cupo. I suoi occhi si illuminarono quando videro l'amico, non poté non sorridere. Colto da un improvviso slancio, si alzò di scatto e andò verso di lui.
"Lelq" disse, stringendolo calorosamente a sé.
"Lucas, che... che le è... che è successo a..." balbettò lui tra i singhiozzi.
Il biondo vacillò. Tutto quello che seppe fare fu stringerlo più forte.
 
Quella notte la Lucas Force si riunì nel salone da ballo della villa.
Lelq aveva già riabbracciato sua figlia, Anna. La piccola ora stava dormendo. Quando l'aveva vista, l'aveva presa in braccio, l'aveva fatta girare, le aveva scompigliato il crine leggero, felice. Aveva perfino finto che tutto andasse bene quando lei gli aveva chiesto della mamma. Così, fino a che non era crollata esausta. Lui le aveva rimboccato le coperte, dirigendosi poi alla riunione, ogni traccia del sorriso che aveva usato con la piccola cancellata in un istante da un'espressione dura e impietosa.
Every se ne stava seduto su una poltrona, guardando il cielo stellato da una delle finestre. Non distolse lo sguardo nemmeno quando gli fu chiesto di spiegare la situazione.
Raccontò ogni cosa per filo e per segno, dal tentativo di Blaso di spodestarlo esiliandolo dalla sua realtà, fino al piano mal riuscito sempre di Blaso per sconfiggere Nero, compreso il motivo per cui lui non poteva intervenire.
"È vero." disse "Se io tornassi là e dessi un ordine, Blaso, per sua natura, dovrebbe obbedirmi. Ma se ora io mi recassi nel mio Universo, lui lo distruggerebbe totalmente. Normalmente la cosa non sarebbe un problema, giacché lui non può uccidere me e non sarebbe minimamente ferito nell'annientare la Realtà. Potrebbe sempre ricrearla. Per questo aveva bisogno di qualcosa che mi tenesse lontano. Se io non temo che il mondo sia distrutto perché so che né io né lui ne usciremmo indeboliti, temo tuttavia che qualcuno venga coinvolto. Perciò ha preso Giulyu. Come ostaggio. Se dovesse morire..."
Restò muto.
Gyber prese la parola.
"Hai detto che i trasmigrati, come Giuly..." marcò bene il nome della ragazza. Trovava odioso il modo in cui quel pagliaccio lo storpiava aggiungendo una -u finale "non muoiono se sono uccisi nel mondo in cui sono stati portati, no?"
"Vero. Ma qui temo sia diverso. Primo, se il trasmigrato venisse ucciso nel mondo di arrivo, il suo corpo cadrebbe in una, diciamo, morte cerebrale irreversibile. Un bel pasticcio, ne converrai. Certo, c'è un sedici per cento di possibilità che si salvi del tutto, ma forse è meglio non correre rischi, giusto? Tuttavia"
Every si fermò un istante, fissandoli uno dopo l'altro con aria grave. Finalmente li degnava della sua attenzione!
"Tuttavia?" chiese spazientito Lelq, che stava gironzolando per la stanza sin da quando avevano iniziato a parlare della faccenda.
Every sospirò, congiungendo le mani sotto il mento.
"Tuttavia la vostra amica è stata ferita nel mondo di arrivo, ovvero il mio. Eppure il suo corpo qui ha riportato un danno. La cosa mi fa pensare che sia stata usata una forma di trasmigrazione più potente e pericolosa, più simile ad una traslazione. Se morisse là, quindi..."
"Morrebbe pure qui." completò Lucas, guardandolo di sottecchi.
"Già." concluse Every, tornando a guardare fuori dalla finestra.
"E noi che possiamo fare? Non puoi salvarla? Cavolo, sei più o meno il dio di quel mondo, avrai pure una qualche influenza?" sbottò Mirrus.
"Ahimé, tempo fa, dopo la prima ricreazione dell'Universo, abbandonai tutti i miei poteri. Ora ciò che posso fare è aprire varchi tra il mio e gli altri mondi, tutto qui. E se provassi ad entrare nella mia Realtà per imporre il mio volere sui Supremi... Potrei tentare, ma statene certi, poi di Giulyu non rimarrebbe nemmeno il ricordo."
"Manda me." disse secco Lelq.
Tutti lo fissarono, compreso l'ospite.
"Puoi farlo giusto? E allora manda me."
"C'è un buon settantaquattro per cento di possibilità che le ferite che riporterai saranno fatali e..." rispose Every.
Il musicista gli andò incontro minaccioso e lo alzò con la forza, prendendolo per il colletto.
"Ti sembrava una richiesta la mia?" gridò.
"Lelq, Calmati." lo fermò Lucas. "Ora."
Il leader fu così categorico che nemmeno Lelq seppe resistergli. Lasciò andare Every, seppur con una certa riluttanza e si avvicinò ad una finestra, poggiandosi ad una colonna con un braccio.
"Every, potresti davvero portarci nel tuo mondo?"
Il ragazzo pensò qualche istante.
Poi annuì.
"Allora è deciso. Partiamo. Io e Lelq andremo laggiù e riporteremo qui Giuly."
Lelq fissò la luna.
L'Omino di mai ti riporterà sempre e solo qui, aveva detto Alter. Forse non aveva tutti i torti.
"Sto venendo a prenderti, Giuly. Aspettami ancora un poco." mormorò.
 
 
ED ORA:
Il trailer della parte due, prossimamente;
 
"...Il musicista aprì lentamente gli occhi. Vide intorno a sé i suoi compagni. Fluttuavano, immersi in una specie di gelatina viola. Non riusciva a respirare. Qualcosa gli impediva ogni movimento. Era oppresso da quella sostanza budinosa che lo circondava. Provò a muovere le gambe a rana, come in piscina, ma non ottenne nulla...
... "DZ, VATTENE DA LÌ!" gridò Lucas.
"Non... posso... mi ha affer...afferr..." ringhiava quello con aria sofferente.
Poi ci fu u sibilo che raggelò il sangue di tutti.
E poi il braccio di Dz esplose...
...La ragazza fissò l'uomo da un braccio solo.
"Mi salverai davvero Murmure?" chiese.
Egli non rispose. Fissò le Rovine capitanate da Parsifal che avanzavano sterminando l'esercito di demoni dell'Oltremondo.
"Dovessi dare la mia vita, mia signora. Dovessi dare la mia vita."...
..."Aiutaci. Te lo chiedo in ginocchio." implorò Lelq guardando il giovane davanti a lui.
"No." rispose Nero senza nemmeno alzare gli occhi dal giornale. Il treno sferragliò, facendo perdere l'equilibrio a Victus.
"Perché?" gridò il musicista, battendo le mani sul tavolino tra di loro, alzandosi dal sedile.
"Vedi, lo farei più che volentieri..." rispose educatamente il Supremo, chiudendo il giornale e socchiudendo gli occhi. "Se solo non fossi in pensione."...
..."Allora abbiamo un patto, mia cara?" chiese l'Omino porgendo una mano alla dama davanti a sé.
Seek sorrise con un sadico senso di piacere.
"Ritengo sia più adatto definirlo trattato di reciproco vantaggio." rispose, prendendo la mano.
"Allora portami la testa di Giulyu FrostWriter."...
 
Angolo di ME (last one in this story *^*. Non piangete. So che è dura da accettare. Sto angolo mancherà anche a me. Ma è ora di pensare ad altre cose. Come ad un angolo piatto di pasta.)
 
Oh, beh. Siamo arrivati qui. Sono fiero di poter dire: basta, sta fiction è finita!
Ma non del tutto, no... con un finale simile che non è un finale, ma un inizio? Ovvio. Poi vi ho detto in precedenza che questa era una serie, giusto? Quiiiindi...
Tuttavia, ora vorrei spendere due parole un po' più serie.
 
Innanzitutto, vorrei aririringraziare i partecipanti (Gyber, con Xurst quelle poche volte che è comparso, ammetto di essere stato ingiusto nei suoi confronti. Lelq con Lelq e tutta le brava gente che si porta dentro (double souls forever). Il Signor Mors, con il signor Mors e Xoen, Xeon, Xoooeoenjdjsan o come diavolo si chiama. Ciccio96 [ora è Coso96 o sbaglio? Mah, MISHTERO!] con Lars e in ultimo, ma certo non per importanza, il mio caro amico, il signor Darksaurus, con il signor Darksaurus.)
 
Vorrei inoltre ringraziare coloro che hanno accettato di partecipare (non li ho costretti, lo giuro c^c) nelle parti seguenti. Ringrazio quindi Lucas, che mi ha gentilmente (con una pistola dietro la testaCOFF COFF) prestato il suo Oc e la Lucas Force per essere massacrat... per andare a massacrare qualche ciclope in frac di troppo ^_^.
Gyber, ovviamente.
Litios, Meteor, lo stesso Victus, Dr.Mirrus, Kingmortebianca (tuttoattaccatoperchéfaswaggy), Pikachu_nelly_rainbow (si scriverà così? Nessuno lo saprà mai più! MUAHAHAAHokno),  il signor Shruikan, il grande Randor, l'ancor più grande (e ti credo) Dz (Donatozzilla. Ma Dz fa più Dj T-rex, caccia su la dubstep! JO!). (Spero di averli detti tutt... GIUSSSSTO!)
E ovviamente quella che è la causa del viaggio prossimo di Lelq e compagnia per il mondo di ME, ovvero Giulyu FrostWriter!
 
Un ringraziamento particolare va ai recensori. Voi, splendide creature abbaglianti di fulgida maraviglia! M'inchino e mi sottometto a voi, gagliardi virgulti di... Ma basta elogi idioti, va! Grazie a coloro che hanno recensito e, in particolar modo, a due di voi (Darky, te no, perché sono razzista nei tuoi confronti. Con affetto, Io medesimo :p) che, se non tutti i capitoli, hanno comunque fatto sentire la loro voce per tuuuuutta la storia. Grazie di cuore a Maty Frost, che ha avuto cura di farmi sapere se e quanto stesse apprezzando la storia. Grazie infinite a Gyber, mi lord, che ha espresso a sua volta i suoi pareri.
Ma con questo non dimentico gli altri, Darksaurus, Victus Mors, Lelq... Tutti, insomma, grazie a tutti.
 
Ringrazio poi voialtri, anime senza piaggi a cui dirigere i lumi e 'l pensiero che avete coraggiosamente letto la storia fino a qui. Davvero, rispetto per la dura prova di resistenza alla noia che avete affrontato, bravi, bravi, vi darò delle medaglie. No, perché sono tutte mieh, ma ok. Magari vi do un muffin. Ci penserò :).
Detto questo, che posso aggiungere
 
*vocevuoricampo*: STA ZITTO!
 
Ok, ciauz!
Alla parte due, Over Worlds - Travel to the Void
 
Ev.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3314613