Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Eccomi con il sequel
della storia che avete tanto amato e per cui mi avete mostrato grande
interesse e partecipazione. Come sempre, vi chiedo di lasciarmi un
commento se vi va. Le vostre opinioni così come le vostre
idee sono sempre gradite. Sapete già che faccia ha Allison
ma siccome mi piace curare i personaggi in tutto e per tutto, alla fine
del capitolo, da oggi in poi, troverete una piccola immagine che mostra
l'outfit (o gli outfit) che ho immaginato per lei nel capitolo. Spero
apprezziate la mia voglia di mostrarvela a trecentosessanta gradi. Buona
lettura, Roby.
1.
ATLANTA
– GEORGIA
Allison
richiuse il bagagliaio e trasferì il borsone nell’altra mano; era pesante ed
era stanca dopo aver sconfitto quel fantasma che le aveva dato più problemi del
previsto. Avrebbe dovuto immaginare che se John l’aveva mandata a fare quel
lavoretto da sola era perché sapeva che non sarebbe stato un gioco da ragazzi,
altrimenti si sarebbe messo in prima linea, come faceva quasi sempre.
Ma
non ci aveva fatto caso, perché lavoravano insieme oramai da un anno e perché
si fidava di lui.
Guardò
il posto in cui passavano la maggior parte del tempo un’ultima volta prima di
entrare dentro, e pensò che New Orleans le mancava, le mancava soprattutto
Elijah, ma quel dannato mulino in riva al lago aveva qualcosa di
malinconicamente affascinante e per quanto odiasse doverlo ammettere, John
aveva ragione quando le aveva detto che avrebbe finito con l’innamorarsi di
quell’angolo di paradiso dimenticato dal resto del mondo, nel bosco intorno ad
Atlanta.
Lasciò
cadere il borsone sul pavimento mentre scendeva i gradini che la separavano dal
cuore nevralgico di quel rifugio,
come lei aveva iniziato a definirlo da un po’, e si tolse la giacca. La poggiò
sul corrimano delle scale e fissò gli occhi su John che se ne stava seduto a
terra, con quello stranissimo specchio magico davanti, a bere scotch da una
bottiglia oramai mezza vuota.
Capì
che sicuramente stava di nuovo pensando al caso che gli aveva cambiato la vita
per sempre, quel caso finito male che lo tormentava ogni giorno ed ogni notte. Allison aveva provato a spiegargli che purtroppo non
potevano salvare sempre tutti.
Tu
in fondo lo sai meglio di me Constantine gli aveva detto
una sera unendosi a lui per un giro di tequila in uno squallido bar poco fuori
dalla città. Non riusciamo a salvare
sempre tutti e ci portiamo dietro un senso di colpa che l’alcool scaccia via
per un po’, ma riusciamo comunque a proteggere un notevole numero di persone.
Ma
lui aveva scosso il capo mandando giù quel liquido caldo come fosse tè e poi
era quasi crollato sul bancone mormorando il nome di quella povera ragazzina che
non era riuscito a salvare; Astra.
“Fantastico!”
esclamò attirando l’attenzione dell’uomo. “Io vado a sconfiggere un fottuto
fantasma e tu te ne stai qui a bere scotch spaparanzato a terra perso nei tuoi
pensieri. Cosa diavolo sono adesso? Una tua dipendente per caso?”
John
rise bevendo un altro lungo sorso prima di allungare il braccio per porgerle la
bottiglia. “Ne vuoi un po’?” le chiese.
Lei
fece un grosso respiro, contrariata da quell’atteggiamento. Ma quello era John
Constantine e con pregi e difetti lei gli voleva bene. Oltretutto un goccetto
le avrebbe fatto bene, avrebbe sciolto i suoi muscoli ancora indolenziti per
quella sorta di incontro di pugilato che aveva avuto con uno spirito che di
passare oltre non aveva alcuna intenzione.
Afferrò
la bottiglia e si mise a sedere accanto a lui allungando le gambe e incrociando
le caviglie lasciando andare un respiro quasi di sollievo quando le spalle tese
toccarono il morbido del divano che faceva da sostegno. Bevve un sorso
tenendolo in bocca per qualche secondo prima di ingoiarlo e gli ridiede la
bottiglia.
“Stai
bene?” gli chiese girando la testa per guardarlo.
“Non
sono io che dovrei chiederlo a te?” chiese di rimando lui reclinando il capo
all’indietro per poi voltarsi a guardarla. Quel viso bello sporco e stravolto,
quella pelle candida e liscia arrossata. Dannata Allison
Morgan… con quel suo aspetto angelico in contrasto col suo carattere forte. Un
mix perfetto da far perdere la testa.
Lei
si strinse nelle spalle mentre passava le dita su un sopracciglio ferito che le
faceva parecchio male. “Quel fantasma era un osso duro, ma alla fine ce l’ho
fatta.”
“Ne
ero certo” John distolse lo sguardo e prese le sue sigarette. Se ne accese una
mentre il cellulare di Allison prendeva a squillare.
“Il tuo Originale sente la tua mancanza?” le chiese con tono sarcastico.
Lei
abbozzò un sorriso digitando velocemente qualcosa. “Lo spero, anche se il
messaggio non era da parte sua. Non che siano affari tuoi ovviamente.”
“Naturalmente”
disse lui rimettendosi in piedi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
“Dovresti prenderti qualche giorno, andare a trovarlo.”
“Come
scusa?” Allison lo fissò incredula. “Non sei tu
quello che ha detto che vista l’Oscurità che si è abbattuta su di noi, non c’è
tempo neppure per dormire?”
“Suona
come qualcosa che direi” confermò John tirando un’altra boccata dalla
sigaretta. “Ma se il mondo sta davvero per finire, che differenza fa? Credo che
il male potrà aspettare un weekend. Oltretutto fra due giorni ci sarà la luna
piena e il tuo vampiro sarà libero dal suo lavoro da baby-sitter visto che Hayley sarà di nuovo umana fino all’alba e potrà prendersi
cura della piccola Hope. Potreste trascorrere del
tempo insieme.”
La
cacciatrice corrugò la fronte perplessa. Per quanto lui avesse ragione e per
quanto premurose quelle parole sembrassero, qualcosa le suggeriva che John
volesse, in qualche modo, liberarsi di lei per un po’, o peggio ancora
chiederle qualcosa in cambio per quello che sicuramente lui avrebbe considerato
un favore.
“Cosa
ti serve?” gli chiese.
John
sgranò gli occhi e si poggiò la mano destra sul cuore, l’altra affondata nella
tasca dei pantaloni. “Stai dicendo che la mia premura ha dei secondi fini?”
“John!”
esclamò lei.
“Okay
okay,” ammise l’uomo scuotendo il capo. “A volte la
tua perspicacia è fastidiosa. Ho bisogno di qualcosa che si trova a New
Orleans, qualcosa di molto prezioso.”
“Quindi
ti servono dei soldi?”
“No.
O meglio sì, ma non solo quelli” spiegò lui. “Vedi, la persona che possiede
questa cosa… beh diciamo che non gli sono particolarmente simpatico.”
“Nel
senso che non ti inviterebbe mai e poi mai alla sua festa di compleanno o nel
senso che potendo ti ucciderebbe?”
“La
seconda che hai detto e, per farti capire meglio, si tratterebbe di una morte
molto lenta e dolorosa.”
Allison
annuì lentamente elaborando le parole. “E questa persona che ti vuole così
bene” disse in tono sarcastico. “La conosco?”
“È
uno stregone voodoo molto potente e sì, credo che tu lo conosca.”
La
cacciatrice sembrò illuminarsi, quasi fosse riuscita finalmente ad unire tutti
i puntini. E il disegno che ne veniva fuori non le piaceva affatto. “Scordatelo
John” gli disse raggiungendo le scale e afferrando la giacca che aveva lasciato
lì arrivando. “Non andrò a far visita a Papa Midnite,
né farò affari con lui.”
“Ma
tu sei l’unica che lui non voglia uccidere al momento.”
“Sì,”
confermò lei “e sai perché? Perché lo evito come si evita la peste. È un
viscido bastardo e quella dannata testa con cui parla… Sua sorella o quel che
è. Non ci andrò John, toglitelo dalla testa.”
“Oh
andiamo” le disse lui seguendola su per le scale e fuori dal mulino,
prendendole di mano quel borsone troppo pesante. “Tu hai i soldi e lui è una
specie di commerciante. Sarà un acquisto facile facile
e, odio dover ricorrere a questo, ma me lo devi dopo Chicago.”
Allison
si voltò a guardarlo, con una furia negli occhi che John conosceva bene. “Dopo
Chicago,” gli disse. “Ti ho salvato la vita all’incirca trenta volte. Quindi
no, non ti devo assolutamente nulla. Ed è incredibile che tu abbia tirato fuori
questa storia.”
La
donna prese il suo borsone e lo lanciò sul sedile passeggero prima di salire in
auto e richiudere lo sportello.
Constantine
scosse il capo dandosi dello stupido. Aprì la portiera giusto in tempo,
costringendola a spegnere il motore.
“Hai
ragione,” le disse annuendo. “Non avrei dovuto tirare fuori questa storia. Ma
ho davvero bisogno di questa cosa che, sfortunatamente, proprio lui possiede.”
Allison
fece un grosso respiro e strinse forte il volante. “E questa preziosa cosa”
disse virgolettando le parole. “Cos’è esattamente?”
“È
una pietra.”
“Una
pietra…” fece eco lei.
“Sì
ma non una pietra qualsiasi” Constantine si accese di entusiasmo. “Si chiama Pietra della Fenice e può far risorgere
qualcuno dalle ceneri.”
“Fammi
capire” la donna si inumidì le labbra e si mosse poco sul sedile per guardarlo
meglio. “Tu che da sempre sostieni che ciò che è morto deve rimanere morto,
vuoi che incontri quel viscido bastardo di Midnite e
spenda migliaia di dollari per comprare una pietra che ha il potere di far
resuscitare i morti?”
L’uomo
aggrottò la fronte. “Detta così suona come una richiesta insensata.”
“Perché
lo è!” esclamò Allison, urlò quasi. “Ma la comprerò
comunque. Se davvero ha i poteri che sostieni preferisco che sia in mano tua e
non in mano a quel folle di uno stregone o di qualche idiota che vuole imparare
a praticare la magia.”
“Saggia
decisione” le disse John. “Divertiti con il tuo vampiro. Telefona quando
arrivi.”
Lei
lo spinse via con una mano. “Fottiti!” gli disse prima di chiudere lo sportello
e partire.
****
NEW ORLEANS – LOUISIANA
Klaus
se ne stava in un angolo. Era la sua mostra ma aveva deciso di rimanere in
disparte e di osservare quello che succedeva. D’altronde, col suo udito da
vampiro, non aveva bisogno di stare troppo vicino a chi stava guardando i suoi
quadri per sentire quello che avevano da dire.
Pensò
che non doveva lasciarsi influenzare da quello che avrebbe sentito, qualcuno
avrebbe sicuramente apprezzato il suo lavoro, altri invece no. Come quel tizio
con gli occhiali che guardando il ritratto di Genevieve
seminuda e ancora addormentata, aveva commentato definendolo un’autocelebrazionepoco originale e priva di atmosfera e tecnica dell’ego dell’artista.
Il
vecchio Klaus l’avrebbe soggiogato ad ubriacarsi fino alla morte, oppure
l’avrebbe ucciso lui stesso, senza troppi preamboli. Ma il nuovo Klaus, quello
che oramai da mesi faceva lunghe chiacchierate con Camille
per aumentare il suo auto-controllo e diminuire la sua impulsività letale,
aveva lasciato correre e ci aveva bevuto su guardandosi intorno con
desolazione.
Camille
aveva ragione quando aveva detto che il pensiero che nessuno avrebbe
partecipato gli faceva paura, infatti mentre orde di estranei bevevano e
mangiavano quei costosi stuzzichini che aveva fatto preparare da un famosissimo
chef, lui non aveva potuto fare a meno di sentire la mancanza dei suoi
familiari. Rebekah non aveva neppure risposto al suo
invito, Freya non si era fatta viva ed Elijah era
chissà dove con Hope, forse nei boschi per permettere
ad Heyley di sentire l’odore della piccola in attesa
di tornare umana per poterla stringere tra le braccia.
Non
lo aveva ancora perdonato per aver lasciato che Dahlia
lanciasse quell’incantesimo sul branco e anche se lui credeva fermamente che Hayley se lo fosse meritato visto che stava tentando di
scappare con Hope, in fondo capiva perché suo
fratello lo odiasse tanto.
Sua
figlia aveva bisogno della madre, lui lo capiva, ma nessuno si era sforzato di
vedere la cosa dal suo punto di vista; Dahlia avrebbe
ucciso Hayley e chiunque si fosse messo in mezzo. Se
quel dannato branco era ancora vivo, anche se condannato a vivere sotto forma
di bestia per la maggior parte del tempo, lo si doveva solo a lui. Li aveva
salvati.
Peccato
che nessuno la pensasse allo stesso modo.
“Hai
messo su un bello spettacolo” sentì dire. E quella voce l’avrebbe riconosciuta
ovunque. “E questi stuzzichini? Sono divini.”
Allison
si riempì la bocca con una tartina e sorrise all’Ibrido che si era voltato a
guardarlo. Bevve un sorso di champagne e poi incastrò la sua borsa sotto un
braccio stringendo Klaus con l’altro.
“Allison” le disse lui con un sorriso gioioso, trovando
difficile nascondere il piacere che provava nel vederla. “Non credevo che
venissi, non hai risposto al mio invito.”
“Volevo
farti una sorpresa” rispose lei. “Ho portato una cassa di ottimo Bordeaux e ho
chiesto ai camerieri di servirlo, se non ti dispiace. Il mio regalo per te.”
Klaus
incrociò le braccia dietro la schiena. “Mi dispiace solo se non ne hai
conservato una bottiglia per dopo. Così potremo scolarcela in santa pace
lontani da questo trambusto.”
“Ah!”
esclamò lei. “Per chi mi hai presa? Ne ho un’altra cassa in auto.”
L’Ibrido
rise. “Questa sì che è la mia ragazza!”
La
donna afferrò un’altra tartina dal vassoio e la mangiò. Aspettò di ingoiare
prima di parlare, perché voleva essere certa che dire quello che stava per dire
fosse una buona idea. “Rebekah non è potuta venire?”
Klaus
fece un grosso respiro. “Credo che non abbia voluto partecipare di proposito”
disse sinceramente. “Non abbiamo parlato molto da quando Dahlia
è morta e lei ha deciso di partire. E con Elijah è più o meno la stessa cosa.
Mi odia, ma credo che tu lo sappia già.”
Allison
si poggiò al bancone del bar. “Non parla molto volentieri di questa storia,”
gli disse. “E oltretutto ci sentiamo meno spesso di quanto tutti credano, e ci
vediamo ancor meno. È anche per questo che sono qui. Vista la situazione dubito
che se gli avessi chiesto di venire ad Atlanta sarebbe venuto.”
“Sa
che sei qui?”
“No”
lei scosse il capo facendo ondulare la lunga coda di cavallo castana. “Volevo
fare una sorpresa anche a lui, infatti dopo essermi fermata a casa mia per
cambiarmi sono andata alla tenuta, ma lui non c’era. Non c’era nessuno eccetto Freya. Ho provato a telefonargli, ma non ha risposto.”
“Da
quando Hayley e il suo branco sono stati maledetti
non si dà pace,” raccontò Klaus. “Sarà sicuramente giù nel Bayou con Hope.”
“Ma
la luna piena è domani.”
“Sì,
ma quasi tutti i giorni porta la piccola lì per un’ora o due. Sostiene che Hayley può percepirne la presenza, sentirne l’odore e che
questo sicuramente la tranquillizza.”
Allison
si mordicchiò il labbro inferiore, prese un bicchiere di vino dai vassoi che stavano
iniziando a passare e ne bevve un lungo sorso ingoiando il suo disappunto. Non
sapeva neppure perché si sentiva arrabbiata in quel momento, anche se le venne
il sospetto che non si trattasse di rabbia ma di gelosia.
“Ti
dispiace se vado a casa ora?” chiese all’Ibrido. “Ho guidato per quasi quindici
ore e sono stanchissima. E devo ancora fare un salto al ristorante.”
Klaus
scosse il capo. “Vai pure,” le disse. “Grazie di essere venuta.”
“Non
me lo sarei persa per niente al mondo” rispose lei porgendogli il suo bicchiere
ancora pieno di vino. “Ah e potresti portare a casa con te il dipinto che
ritrae New Orleans vista dalla finestra della tua camera? L’ho comprato, verrò
a prenderlo domattina.”
“Ma
così si sarebbe perso lo spirito della mostra” rispose lei strizzandogli
l’occhio. “A domani.”
“A
domani” mormorò Klaus guardandola lasciare la sala.
“Quella
era una creatura deliziosa” parlò qualcuno alle sue spalle. E anche quella voce
l’avrebbe riconosciuta ovunque.
“Lucien”
disse quando si trovò faccia a faccia con lui. “È bello rivederti vecchio mio.”
****
A dispetto dei suoi programmi, Allison non aveva fatto una fermata al Rousseau’s.
Era troppo stanca e pensò che fosse meglio andarsene a casa e dormire. Al
ristorante avrebbe potuto andarci il giorno dopo. Era certa che Camille se la stesse cavando benissimo, come faceva da
sempre, ancor prima che lei comprasse quel posto.
Mentre entrava dentro casa provò a
richiamare di nuovo Elijah ma il telefono era spento e le parole di Klaus le
risuonarono in mente.
Non
si dà pace e quasi tutti il giorni li trascorre nel Bayou con Hope e lei ci avrebbe scommesso, anche
senza Hope. Pensò di lasciargli un messaggio in segreteria ma non era lucida in
quel momento e quindi non era una buona idea.
Se avesse voluto richiamarla
l’avrebbe fatto e se non lo avesse fatto… beh di certo Allison
non avrebbe più guidato per quindici ore di fila per passare del tempo con lui.
Non dopo una settimana infernale come quella che aveva avuto.
Quando entrò si accorse che la luce
della cucina era accesa e tirò fuori dalla borsetta una piccola pistola che si portava
sempre dietro. Era caricata con pallottole d’argento che potevano uccidere
quasi tutto o comunque fare molto male.
Ma quando entrò nella stanza vide
che non c’era alcun bisogno di usarla; era Elijah che con le maniche della
camicia arrotolate stava preparando da mangiare, l’isola della cucina era
apparecchiata con cura, alcune candele profumate accese e sul viso
dell’Originale un sorriso dolce, completato da due occhi lucidi.
“Ti sei proprio salvato in corner”
gli sussurrò posando la pistola dentro un cassetto. “Ho provato a telefonarti
diverse volte ma tu non hai risposto e poi il tuo cellulare risultava spento.
Volevo chiederti di passare da qui a controllare una cosa e farmi trovare ad
aspettarti, per farti una sorpresa.”
Elijah sorrise e abbassò lo sguardo
per un attimo asciugandosi le mani con uno strofinaccio. Poi la guardò di
nuovo, puntando gli occhi in quello sguardo nocciola. “Mi dispiace” le disse.
“Avevo alcune cose di cui occuparmi in città, Klaus ha dato una mostra e ho
spento il cellulare.”
“Strano” disse lei avvicinandosi
per dare una sbirciatina dentro la pentola nella quale si stava cuocendo un
risotto. “Vengo proprio da lì, ma non ricordo di averti visto. Forse perché
sono stanca per il viaggio; il lungo viaggio in macchina che ho fatto per
venire a trovare l’uomo che amo e che mi ha appena mentito.”
Lui sembrò sorpreso ma per qualche
strano motivo gli venne anche da sorridere.
“Cos’hai da sorridere?” gli chiese
lei allargando le braccia. “Non c’è niente di divertente in tutto questo. O
forse sì e non riesco a vederlo, illuminami ti prego.”
Elijah le si avvicinò e le strinse
delicatamente il viso in una mano, poi poggiò le labbra sulle sue per un lungo
istante. “Sorrido perché sono felice di vederti” le disse rompendo il bacio e
facendo scivolare una mano lungo la sua schiena, fino alla vita. “Mi sei
mancata e mi dispiace di averti mentito, non volevo che ti ingelosissi visto
che l’ultima volta che ti ho detto di trovarmi nel Bayou mi hai urlato contro
sostenendo che tengo di più ad Hayley e al suo branco
che a noi.”
Allison
arricciò la bocca e si mise a giocherellare con i bottoni della camicia scura
che lui indossava. “Regola numero uno” sussurrò senza guardarlo. “Nessun
segreto anche se pensiamo che l’atro si arrabbierà.”
Lui annuì, le poggiò una mano sul
viso accarezzandole la guancia col pollice e le baciò la fronte. “Hai ragione,
mi dispiace molto. Puoi perdonarmi?”
“Non lo so” rispose lei alzando il
viso per guardarlo. “Il risotto nella pentola è il mio preferito?”
“Sì lo è.”
“E ti sono davvero mancata o lo
dici solo per farti perdonare?”
Per tutta risposta, Elijah la baciò
avvolgendola con entrambe le braccia. Un bacio intenso, passionale… ma anche
dolce.
“Ottima risposta” sussurrò lei
abbracciandolo quando le loro bocche si staccarono. “Ti amo, Elijah.”
L’Originale affondò il viso tra i
suoi capelli. “Ti amo anche io.”
NDA:
Chi pensa che Elijah sia uno st.... in questo capitolo? Pazientate
Allijah (Allison/Elijah) fans... e ricordate che l'amore non
è bello se non è litigarello.
2.
L’iniziale
piano di Allison di rimanere a New Orleans solo per
un weekend era andato a farsi benedire dopo la prima luna piena; quando Hayley era tornata umana e lei si era resa conto che Elijah
era praticamente andato fuori di testa.
Covava
rabbia, rancore, dispiacere… Si teneva tutto dentro e questo avrebbe finito per
distruggerlo o per spingerlo a distruggere qualcosa, o peggio ancora qualcuno.
E
così quei tre giorni si erano trasformati in un mese e complice l’assenza per
un lungo viaggio di Papa Midnite, John non si era
lamentato quando gli aveva detto che sarebbe rimasta a New Orleans ancora per
un po’. Questo l’aveva fatta riflettere su quanto importante dovesse essere
quella dannata pietra che cercava e anche se non glielo aveva detto, la cosa
l’aveva un po’ turbata.
Ma
quel giorno aveva messo da parte il pensiero perché aveva qualcosa di più
importante di cui occuparsi e per una volta non si trattava di nulla di
soprannaturale.
Strinse
l’invito che aveva ricevuto via mail tra le mani e sospirò leggendo; quella
cena di beneficienza, o meglio quella “premiazione” era arrivata giusto in
tempo, in tempo per permetterle di staccare un po’ la spina.
Anche
il ristorante la aiutava a non pensare, ma quella fastidiosa sensazione che
sentiva nel petto non la lasciava tranquilla mai… neppure durante la notte. Si
svegliava spesso in preda ad un’ansia a cui non era abituata, una confusione
che non le permetteva di mettere in ordine pensieri ed emozioni, semplicemente
la spiazzava.
Anche
la notte prima le era successo, ma quando aveva spalancato gli occhi Elijah non
c’era; l’aveva trovato vicino alla finestra a guardare fuori, in attesa
dell’alba, in attesa di poter iniziare una nuova giornata alla ricerca della
cura per Hayley e il suo branco.
“Hey.”
La
voce dell’Originalela fece sobbalzare,
trascinandola fuori dai suoi pensieri. “Hey non ti
avevo sentito.”
Lui
fece un grosso respiro e le si avvicinò avvolgendola con le braccia, baciandole
dolcemente il collo per poi affondare il viso tra i suoi capelli sciolti. “Ti
sei alzata presto questa mattina.”
“Io
mi alzo presto ogni mattina” Allison si abbandonò
contro di lui e fece un grosso respiro. “Ma questa notte non riuscivo a dormire
e così mi sono alzata prima del solito; ho già fatto la mia corsetta e la
doccia.”
“Sono
solo le sette del mattino.” Elijah si spostò per esserle di fronte e le spostò i capelli dal viso, bloccandoli dietro le orecchie. La guardò a lungo, perso in quegli occhi nocciola dolci
che in quel momento erano colmi di tristezza. “Cosa c’è?” le chiese.
“Che
vuoi dire?”
“Ti
conosco Ally” con dolcezza le baciò la punta del
naso. “Qualcosa ti turba.”
Allison
respirò fondo, poi si alzò sulla punta dei piedi per baciargli le labbra,
stringendosi a lui quanto più poteva.
Elijah
sorrise contro quella bocca morbida, respirando quel profumo dolce e sensuale.
“Sono felice che tu sia rimasta” le disse prendendole il viso tra le mani e
rompendo quel bacio.
“Sono
felice di sentirtelo dire, anche perché devo chiederti una cosa.”
“Qualunque
cosa.”
“Ho
ricevuto un invito per una serata di beneficienza che si terrà a Baton Rouge”
gli disse allontanandosi poco da lui. “Mi consegneranno un premio dedicato alla
memoria di mio padre. Vorrei che tu venissi con me.”
L’Originale
elegante sorrise. “È magnifico” le disse. “E certo che verrò, quando si terrà?”
“È
stasera” disse lei. “E prima di ricordarmi che stasera c’è la luna piena e
quindi devi portare Hope da Hayley,
sappi che ho già parlato con Freya e mi ha detto che
si occuperà di tutto lei e…”
“Hai
già parlato con Freya?”
“Sì”
Allison annuì. “Elijah… ho bisogno di passare del
tempo con te, senza pensieri. E so che sei preoccupato per Hayley
e che sei arrabbiato con Klaus, ma credo che staccare un po’ la spina ti farà
bene.”
Lui
scosse il capo muovendosi nervosamente per la stanza. “Non posso staccare, ho
promesso ad Hayley che mi sarei occupato di tutto, ed
è quello che intendo fare, almeno fin quando questo dannata maledizione non
verrà spezzata. È importante.”
“Anche
questo è importante, per me.”
“Non
per me. Non quanto lo è aiutare il branco!” urlò Elijah, preso da uno di quegli
scatti di ira che Allison aveva notato da un po’. “Ci
sono delle priorità Allison, e di certo aiutare Hayley e gli altri lupi viene prima di uno stupido premio
commemorativo per il tuo defunto padre.”
La
donna piegò il capo, indietreggiando appena per riflesso. Guardò il vampiro
cambiare espressione, una maschera di pentimento impossessarsi del suo viso.
Ingoiò le lacrime perché nessuno le meritava, neppure l’uomo che amava.
Pensò
che forse lui aveva ragione, anche per lei era ora di rivedere le proprie
priorità e a questo punto non sapeva in che posto sarebbe andata a finire la
loro relazione.
“Allison” mormorò lui avanzando verso di lei. “Non intendevo
dire questo. È venuto fuori male, tutta questa conversazione è venuta fuori
male.”
“Sul
serio?” chiese lei sentendo che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime,
tentando vanamente di respingerle. “Perché onestamente da quando sono qui,
questa mi sembra la conversazione più vera che abbiamo avuto.”
Elijah
deglutì a vuoto, mise le mani nelle tasche e sospirò. Avrebbe voluto dirle
qualcosa, ma non lo fece.
“Fai
ciò che devi” continuò lei afferrando le chiavi della sua auto. “Io farò
altrettanto” concluse uscendo.
****
La
cacciatrice sospirò osservando la gente che entrava e usciva dal ristorante, fece
un grosso respiro e sorrise a Will Kinney, il nuovo
detective della polizia di New Orleans.
Rivederlo,
due settimane prima, le aveva quasi fatto prendere un colpo, ma soprattutto a
farle prendere un colpo erano state le circostanze in cui si erano rivisti.
DUE SETTIMANE PRIMA
Camille raggiunse Allison
e si passò le mani sui jeans tradendo un’inquietudine che comunque le si
leggeva benissimo negli occhi. Quando l’aveva chiamata in preda al panico
l’aveva raggiunta di corsa, anche se una volta arrivata si era chiesta cosa
esattamente avrebbe dovuto fare, soprattutto considerata la presenza della
polizia con cui lei non aveva un buon rapporto da… beh da quando a causa della
caccia era finita nei guai più spesso di quanto desiderasse.
“Grazie di essere
venuta” le disse la bionda facendo vagare lo sguardo. “Non sapevo chi altro
chiamare.”
Allison annuì e si guardò intorno. “Non
c’è problema, che succede?”
Camille la inviò a seguirla “Ho detto che
sei una consulente che collabora spesso con la polizia di Los Angeles.”
“Che cosa? Perché?”
“Perché altrimenti non
ti avrebbero fatto passare… non sanno ancora chi sia stato a fare questo.”
“Questo cosa? Camille…” il resto della frase le morì in bocca mentre davanti
ai suoi occhi si apriva uno spettacolo terribile. Un cadavere, in piedi contro
il muro, tenuto in posizione da alcune corde, il viso tagliato da
parte a parte all’altezza della bocca, come un gigantesco ed inquietante
sorriso.
“Porca puttana!”
esclamò e subito si portò una mano alla bocca, sorpresa dalla sua stessa
veemenza. Aveva visto di tutto nella sua vita, ma quella visione le metteva
agitazione, per un qualche strano motivo che ancora non aveva ben chiaro. O
forse era perché sembrava la scellerata opera di un serial killer, di uno umano…
e la malvagità dell’umanità la turbava più di quella soprannaturale.
“Sì, è quello che ho
pensato anche io” ammise Camille individuando Vincent
che poco distante parlava con il detective. “Vado a chiamare il detective Kinney.”
Allison annuì senza guardarla, si avvicinò
al corpo mentre l’altra si allontanava e lo osservò senza toccarlo, stando ben attenta
a non sfiorarlo neppure. C’era qualcosa di particolare in quel cadavere,
qualcosa che non riusciva ad inquadrare bene.
“Allison”
si sentì chiamare. “Lui è il detective Kinney.”
“Non ci sono segni sui
polsi, e non sembra morto da molto. È quasi come se non avesse neppure provato
a ribellarsi, come se si fosse fatto legare di sua spontanea volontà.”
“E tutto questo che
significa?”
La cacciatrice si
immobilizzò, mentre quella voce le accarezzava le orecchie ripensò al momento
in cui l’aveva sentita l’ultima volta. Si voltò lentamente, per essere faccia a
faccia con chi aveva parlato e chiuse gli occhi per un attimo.
“Questo deve essere uno
scherzo,” mormorò l’uomo abbassando lo sguardo e scuotendo il capo. “Allison Morgan.”
Lei mise le mani in
tasca e si inumidì le labbra. “Will Kinney.”
“Polizia di Los Angeles
un corno!” esclamò lui “Allontanati dalla mia scena del crimine. Ora.”
“Oh andiamo…” mormorò Allison. “Ti ho appena dato qualcosa su cui riflettere.”
“Voi due vi conoscete?”
chiese sorpresa Camille. “Come?”
Allison la guardò. “È una lunga storia.”
“Che non vale la pena
di raccontare,” aggiunse Will. “E ora, grazie dell’aiuto, ma lascia la mia
scena del crimine.”
La donna diede uno
sguardo rapido a Vincent e Camille, poi si incamminò
verso l’uscita del vicolo. Will aveva ragione ad avercela con lei ma se la sua
idea riguardo a quel caso era giusta, che lui avesse voluto o no si sarebbero
trovati a dover collaborare presto o tardi.
“Will”
lo salutò grata che in quelle due settimane i loro rapporti fossero diventati
quanto meno civili. “Posso portarti qualcosa?”
L’uomo
si mise a sedere al bancone e vi incrociò sopra le mani guardando
l’assortimento di bottiglie di fronte a sé. “Sono qui per parlare con Camille del caso a dire il vero, ma non mi dispiacerebbe un
caffè.”
“Arriva
subito” rispose lei. E quando fu pronto glielo porse e si fermò a guardarlo per
un attimo prima di parlare. “Come va col caso?”
“Siamo
ad un punto morto,” Will bevve un sorso. “Cami è di
grande aiuto, ma mi servirebbe qualcuno con più esperienza. È anche per questo
che sono qui; ho sentito parlare di qualcuno che potrebbe davvero aiutarmi, e
volevo chiedere a Camille se per caso aveva qualche
contatto con lui.”
“Detective”
la bionda arrivò in quel momento dalla cucina e si accigliò puntando lo sguardo
sull’uomo. “Come posso aiutarla?”
“Mi
chiedevo se per caso conoscessi il dottor Joseph Harrison” chiese lui. “Ho
sentito che stasera sarà a Baton Rouge per una serata di beneficienza in cui
daranno un premio post-mortem ad un certo dottor”
Will guardò lo schermo del suo cellulare “C. Morgan. Pensavo che potrei andare
a fargli qualche domanda.”
La
barista scosse il capo e si mise a sistemare alcuni cucchiaini. “Il dottor
Joseph Harrison è una specie di leggenda. Mi piacerebbe conoscerlo, ma
purtroppo non è così, quindi non posso aiutarla.”
“Io
posso” si intromise Allison.
Il
detective sollevò un sopracciglio. “Tu?”
Lei
annuì. “Sì, ho un invito per quella serata di beneficienza. Potresti essere mio
ospite.”
Will
abbozzò un sorriso guardandola per un lungo istante, poi lanciò un’occhiata a Camille prima di guardare di nuovo Allison.
Sembrava seria, anche troppo. “Perché dovresti avere un invito per questa
serata di beneficienza piena di medici?”
“Perché
C. Morgan sta per Cristopher Morgan, ed era mio padre” spiegò lei. “Allora,
vuoi venire o no?” domandò quando vide lo sguardo confuso del detective fisso
su di lei.
NDA:
Sappiamo che Allison ed Elijah si conoscono da tanto, ma esattamente
come si sono incontrati? Se volete saperlo correte a leggere il capitolo
:) buona lettura, Roby. PS in fondo i
vestiti che ho immaginato: quello verde per la serata di beneficienza,
quello scuro per il primo incontro con l'Originale elegante :)
3.
Allison
sospirò un’altra volta mentre si guardava intorno in attesa che il suo ospite
arrivasse. Sperò di essersi sbagliata quando aveva pensato che Will non sarebbe
arrivato vestito nel modo giusto per una serata come quella, ma non credeva ci
fosse abituato.
All’inizio
in fondo non lo era nemmeno lei. Si ricordò di quante ore avesse perso davanti
all’armadio la prima volta che l’avevano invitata subito dopo la morte dei suoi
genitori. Una serata di beneficienza a Los Angeles alla fine della quale era
stata proclamata quale ala dell’ospedale avrebbe preso il nome di suo padre.
A
differenza di quello che tutti credevano, non era stata quella di
neurochirurgia, che era la specializzazione dell’uomo, era stata l’ala di
pediatria perché negli anni la famiglia Morgan aveva elargito grosse donazioni
per le cure dei bambini e perché la madre di Allison
adorava andare a leggere per loro ogni fine settimana.
Era
stata una serata bella e commovente, in cui tutte le qualità di suo padre erano
state messe in luce da un lungo discorso tenuto dal capo di chirurgia e da vari
aneddoti raccontati dai colleghi, persino dalle infermiere… ma per la prima
volta da quando partecipava a quegli eventi sua madre non era lì con un vestito
già pronto per lei, perfetto e bellissimo come solo lei sapeva scegliere.
Ricordava
Victor, i suoi consigli che non erano consigli.
Sarai bellissima
qualunque cosa indosserai continuava a dirle, ma lei non ne
era sicura. Era solo una ragazzina allora e per quanto le piacesse la moda, la
cosa più bella che credeva di possedere era una discreta collezione di jeans.
Non esattamente adatti per una serata di beneficienza.
Era
strano, pensò mentre un’auto entrava nel parcheggio e si fermava a poca
distanza da lei, anche pensandoci bene non riusciva a ricordare cosa avesse
indossato alla fine. Ricordava solo che una volta dentro si era sentita fuori
posto e non dipendeva dal vestito.
Si
strinse nelle spalle facendo un grosso respiro, poi sorrise a Will mentre lui
scendeva da quella sua vecchia automobile sporca di fango. Come lei aveva
previsto indossava un paio di pantaloni scuri ed una camicia azzurra, senza
giacca né cravatta, in piena modalità detective pronto a fare domande non
adatte ad un evento come quello.
“Ah!”
esclamò aprendo lo sportello della sua auto e tirando fuori una giacca scura ed
una cravatta. “Qualcosa mi diceva che non saresti venuto vestito nel modo
giusto, quindi ci ho pensato io” gli fece sapere tendendo il braccio verso di
lui.
Will,
fermo a pochi metri da lei la fissò con espressione stupita; sembrava quasi che
non avesse mai visto una donna in un bell’abito prima. Rimase a guardarla per
un lungo istante, prima di riprendere il controllo e schiarirsi la voce.
“Non
sono qui per fare l’ospite, sono qui per fare domande al dottor Harrison, avere
le risposte di cui ho bisogno e poi andarmene via” le disse.
Allison
annuì arricciando poco la bocca; sperava di essere riuscita a nascondere la
delusione che provava. Si diede della stupida per aver anche solo pensato che
sarebbe rimasto per farle da sostegno morale. Perché avrebbe dovuto? Non erano
amici, e lui aveva un caso da risolvere.
Non
era di Will Kinney il compito di stare seduto accanto
a lei mentre le consegnavano un premio per suo padre, non era suo il dovere di
stringerle la mano per farle coraggio pochi secondi prima che lei facesse un
discorso che non aveva preparato, accettando quel riconoscimento alla memoria
straordinaria di Cristopher Morgan.
Tutte
quelle cose avrebbe dovuto farle Elijah, ma lei era da sola, come sempre. Senza
accorgersene alzò gli occhi e fissò lo sguardo sulla luna piena per qualche
secondo, poi lo riabbassò e pensò all’incontro che tra qualche ora avrebbe
avuto con Papa Midnite. Non sapeva perché ma credeva
che in qualche modo le cose avrebbero finite per essere collegate.
“Ma
suppongo che comunque potrei restare per un po’ prima di fare domande” parlò
Will tirandola fuori dai suoi pensieri. “Ci sarà dell’alcool e del cibo ed io
non ho cenato."
E
ascoltandolo lei ebbe la certezza di non essere riuscita nascondere la
delusione che le era esplosa dentro. Sorrise avvicinandosi a lui e con
delicatezza sollevò il colletto della camicia per far scivolare la cravatta.
Con calma la annodò e poi lisciò la camicia con le mani.
“Grazie”
sussurrò abbozzando un sorriso.
L’uomo
alzò la mano, per un attimo pensò che gliela avrebbe poggiata sul viso, perché
la pelle candida, quelle gote rosate sembravano aspettare di ricevere una
carezza. Ma si trattenne e schiarendosi la voce abbassò lo sguardo e sfiorò la
cravatta con le mani.
“Sei
bella, Allison” le sussurrò con gli occhi ancora
bassi. Poi la guardò. “Ora passami quella giacca ed entriamo a prendere un
drink.”
****
John
spense la sigaretta e mise le mani in tasca decidendo di aspettare ancora
qualche minuto prima di accendersene un’altra.
La
vista fuori dal mulino era bellissima a quell’ora della sera, la luna piena si
specchiava sull’acqua mentre il fruscio spezzava il silenzio.
Pensò
all’incontro che Allison avrebbe avuto con Papa Midnite e si chiese se fosse stata davvero una buona idea
chiederle di fare quell’acquisto; la
pietra aveva un grande potere, Midnite era un grande
bastardo e la donna era sembrata incredibilmente sotto tono quando gli aveva
telefonato.
Sperava
che tutto sarebbe andato per il meglio, ma dubitava che sarebbe andata così
perché le loro vite non erano mai state semplici e quindi perchè
le cose avrebbero dovuto iniziare ad andare bene proprio in quel momento? Con
l’oscurità divagante, il male pronto a regnare sul mondo intero…
Ripensò
con rammarico al tempo in cui la vita era più semplice. Sempre macchiata dal
male e dal soprannaturale ma più semplice; cacciare qualche demone, esorcizzare
qualcuno, scacciare qualche fantasma.
“Ah
buon Dio!” esclamò. “Perché deve andare sempre peggio?”
Chiuse
gli occhi, quasi fosse in attesa di una risposta, ma ovviamente quella risposta
non arrivò perché non c’era nessuno dall’altra parte ad ascoltare.
****
Allison
aveva appena finito di bere un sorso di vino quando proprio il dottor Joseph
Harrison salì sul palco e dopo un brevissimo discorso la invitò a raggiungerlo.
Lei
indugiò un attimo prima di alzarsi, perché mentre alcune foto di suo padre
scorrevano sul grande schermo dietro Harrison, lei aveva la sensazione che le
gambe le si sarebbero piegare e sarebbe caduta provando a raggiungere il palco.
Will
le strinse discretamente la mano sotto il tavolo, in un gesto che mostrava
sostegno ma che nonostante fosse durato meno di dieci secondi, era stato capace
di farla alzare in piedi e salire su quel palco per onorare, in qualche modo,
la memoria di suo padre.
La
donna fece un grosso respiro e poggiò una mano su quel piccolo leggio di vetro,
stringendo con l’altra una bellissima targa su cui era inciso il nome di suo
padre. Gli occhi di tutti i presenti erano fissi su di lei, mentre la piccola
orchestra posizionata al lato della sala suonava una melodia classica che
faceva da perfetto sottofondo.
Mentre
i violini riecheggiavano nella sala di colpo silenziosa, Allison
ripensò a Josephine sicura che se non fosse morta
anche lei sarebbe stata lì in quel momento, ad ascoltare estasiata quella
melodia, con gli occhi però fermi su di lei persa in un ricordo che in qualche
strano modo condividevano. Ma la povera donna non c’era più e non aveva neppure
potuto dirle addio.
Guardò
Will che le sorrise gentile e respirò a fondo prima di parlare.
“Molti
di voi sono qui per onorare la memoria del dottor Morgan, per ricordare il suo
talento medico, per premiare il suo impegno nella medicina” iniziò. “Io non
sono qui per questo.”
Notò
che alcune persone si guardarono negli occhi perplesse, il detective suo ospite
corrugò la fronte fissandola. Le venne da ridere, sicura che al loro posto
avrebbe avuto la stessa reazione.
“Io
sono quiper onorare la memoria di mio
padre,” continuò. “Non il dottor Cristopher Morgan talentuoso e dotato
neurochirurgo, ma Cristopher Morgan l’amorevole padre che mi spingeva
sull’altalena quando ero piccola e che si vestiva da Babbo Natale ogni Dicembre.”
Rise,
seguita a ruota da tutti i presenti, si voltò a guardare il dottor Harrison che
le stava ancora a fianco e poi diede una rapida occhiata alla targa dorata che
stringeva tra le mani. “I miei genitori se ne sono andati troppo presto, mio…
mio fratello se ne è andato troppo presto. Eppure qui con voi è come se loro
fossero ancora qui. Percepire la stima che tutti i presenti nutrono per il
ricordo di mio padre mi riempie il cuore di gioia e mi spinge ad onorarlo in un
modo che va oltre il salire su questo palco e ritirare una targa in sua memoria.
Per questo motivo ho deciso che donerò all’ospedale di Baton Rouge quattro
milioni di dollari per portare avanti i progetti che il consiglio di
amministrazione sceglierà in base alle esigenze della struttura.”
Si
alzò un vociare, tante parole messe insieme che coprirono persino il suono dei
violini. Poi Will si alzò e iniziò a battere le mani, il vociare scemò e gli
applausi aumentarono.
La
donna regalò al detective un sorriso grato, mentre scendeva dal palco e lo
raggiungeva a metà strada tra il loro tavolo e la pista da ballo pensò che
magari avrebbero finito col diventare amici.
Si
accorse che non pensava ad Elijah da un po’ ma il pensiero tornò prepotente
quando pochi minuti dopo costrinse Will a ballare. Intanto che il detective si
muoveva riluttante, forse chiedendosi quando esattamente il suo progetto di
rimanere solo un po’ si era trasformato in lui che addirittura ballava un
lento, Allison si perse nel ricordo della sera in cui
aveva incontrato Elijah… l’unica volta in cui Mystic
Falls le aveva regalato una cosa
bella e non la solita tragedia.
MYSTIC FALLS – 5 ANNI PRIMA
Perché avesse accettato di
partecipare a quella festa a dire il vero non lo sapeva; non era stato perché
Damon le aveva chiesto di andarci perché Esther che voleva vedere Elena
significava sicuramente che la giovane donna era in pericolo. Forse ci era
andata semplicemente perché le piaceva l’idea di mettersi in tiro, di indossare
un bel vestito e provare a divertirsi.
Solo che di divertente in quella
festa, una volta arrivata non ci aveva trovato assolutamente nulla. La famiglia
degli Originali aveva accolto gli ospiti in piedi sulla scala, la madre al
centro, tutti i figli ai lati, vestiti in modo elegante, con l’aria fiera e
l’espressione di chi ha il pieno controllo della situazione.
Erano tutti belli, quasi regali ma
se di Klaus sapeva già qualcosa, degli altri non sapeva assolutamente nulla,
eccetto che erano più equilibrati dell’Ibrido irrequieto.
Mentre beveva da una coppa di
champagne si accorse che uno di loro era sulla pista da ballo, stretto da una
donna di mezza età che continuava a parlare. Lui la guardava, ma Allison ebbe le sensazione che non stesse ascoltando
neppure una parola di quello che stava dicendo.
Senza pensarci, quasi in
automatico, si mosse e li raggiunse.
“Salve,” disse attirando
l’attenzione di entrambi, della signora soprattutto. “Ballate così bene che mi
è venuta voglia di provare, le dispiace?” chiese proprio a lei indicando il
vampiro con un gesto discreto del capo.
“Oh ma certo!” esclamò la donna
indietreggiando appena. “Ne approfitterò per riposarmi un po’ in attesa del
prossimo ballo” concluse allontanandosi, lanciando uno sguardo malizioso
all’uomo prima di voltarsi e sparire tra la gente.
Allison sollevò un sopracciglio, poi volse
lo sguardo all’Originale che era rimasto sulla pista. “Mi sembrava che avessi
bisogno di aiuto e visto che mi piace aiutare la gente ho pensato che era il
caso di darti una mano.”
Elijah sorrise inumidendosi le
labbra con la punta della lingua e le porse la mano. Lei la accettò e si lasciò
condurre al centro della pista da ballo sollevando poco il vestito che
indossava per non inciampare.
“Ed esattamente chi devo
ringraziare per questo salvataggio?” chiese il vampiro, ed Allison
notò che aveva una voce calma e sensuale.
“Allison
Morgan” rispose cercando di seguire la musica.
Lui sembrò illuminarsi. “Mio
fratello Niklaus mi ha parlato di te,” le disse. “So
che hai contribuito a risolvere alcune questioni che riguardavano mio padre.”
Allison annuì. “Sì l’ho fatto, ma stasera
mi piacerebbe parlare di altro, voglio essere solo Allison
e non Allison la cacciatrice.”
“Va bene” Elijah sussurrò facendola
girare su se stessa, poi la strinse con decisione poggiandole una mano sulla
schiena lasciata scoperta dal vestito. “Allora grazie Allison,
quella signora sembra molto gentile ma parla troppo. Stavo per soggiogarla affinchè facesse silenzio.”
Lei rise e fu allora che Elijah
notò le deliziose fossette che le spuntarono sulle guance. “È stato un piacere
misterioso originale di cui non so ancora il nome.”
“Elijah Mikaelson”
rispose subito lui.
Si fissarono per alcuni istanti,
poi lei parlò.
“Forse dovresti soggiogarmi affinchè balli bene, non sono proprio capace e credo che
anche gli altri invitati se ne siano accorti, visto che mi sento tutti gli
occhi addosso.”
“Non credo che ti stiano guardando
perché non sai ballare,” gli fece notare lui. “Credo che ci guardino perché sei
la donna più bella della festa e perché la musica è finita da un pezzo ormai.”
Allison si fermò, costringendo anche lui a
farlo. Si guardò intorno, tutti quegli occhi che la fissavano la mettevano a
disagio eppure, si accorse, non riusciva a staccarsi da Elijah. Il suo sguardo
si posò infine su Elena; sorrideva guardandoli, mentre Stefan e Damon la
osservavano confusi.
“Sarà meglio che vada ora,” disse
facendo un grosso respiro. “Grazie del ballo, Elijah” sorrise prima di
allontanarsi.
Gli occhi dell’Originale la
seguirono fin quando non riuscì più a vederla.
“Allison.”
La
voce di Will la richiamò alla realtà, scosse il capo e lo guardò. “Cosa?”
“La
serata sta per finire, potresti presentarmi il dottor Harrison? Ho davvero
bisogno di parlare con lui.”
“Sì,
certo” la donna sorrise individuando Harrison tra la gente. Si ricordò del suo
appuntamento con Midnite, del fatto che doveva ancora
passare a casa a cambiarsi. “Facciamo in fretta” disse invitando Will a
seguirla.
****
Aveva
fame, ne aveva da giorni. Non sapeva da quanto fosse rinchiuso lì dentro,
perché il tempo sembrava passare lentamente dentro quella stanza scura. Il suo
carceriere si preoccupava di dargli il giusto necessario per tenerlo in vita,
nessun contatto con l’esterno; il suo viso era l’unico che gli era concesso di vedere.
Era
una tortura insopportabile, che lo lasciva senza forze, senza stimoli. Che lo
annientava ed annullava.
Aveva
fame, ma era ancora vivo e anche se sapeva che doveva esserne felice, a volte
desiderava morire.
NDA:
Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :)
4.
Papa
Midnite stava conversando con la testa della sua
defunta sorella quando Allison era arrivata. E
proprio come lei aveva immaginato, la scena era disgustosamente inquietante.
La
cacciatrice venne accolta in un grande giardino, almeno una dozzina di persone
stavano sedute intorno ad un fuoco accanto al quale lo stregone stava in piedi,
immobile. Dall’altra parte alcuni tizi battevano dei bastoni su due oggetti che
somigliavano tanto a due tamburi, una donna teneva le mani giunte mormorando
qualcosa; si dondolava sulle gambe, facendo roteare gli occhi all’indietro di
tanto in tanto.
Allison
si mise in disparte, in attesa. Voleva osservare, capire… ma quando tutto le fu
chiaro non fu capace di trattenere una risata nervosa.
“Qualcosa
ti fa ridere?” Papa Midnite rimase fermo nella
posizione in cui era, poi con lentezza incrociò le mani dietro la schiena e si
girò lentamente.
“Vuoi
davvero far credere a quella povera donna che il suo defunto marito tornerà in
vita?”
“Suo
marito tornerà in vita” replicò lui sicuro. “Tu più di ogni altra persona qui
dovresti sapere che, di questi tempi, nella vita che viviamo non c’è nulla di
permanente. Neppure la morte.”
“Quello
che so è che non dovresti giocare con la vita e con la morte, non è un compito
che spetta a te” la donna scosse il capo avvicinandosi di qualche passo. “Quanto
chiedi a queste povere persone? Sanno che una volta tornati i loro cari defunti
non saranno più gli stessi?”
Papa
Midnite fece un gesto con la mano, senza staccare gli
occhi da lei e lo spazio intorno si svuotò.
“Chi
sei tu per venire in casa mia ed interferire con i miei affari?” le domandò. “Quante
anime hai riportato indietro dall’Inferno e dal Purgatorio? Quante volte hai tu
stessa ingannato la morte, Allison Morgan?”
Allison
si inumidì le labbra con la punta della lingua, riflettendo per un attimo. Non
era di certo quello il modo migliore per iniziare un incontro d’affari, ma di
quel tizio non riusciva a farsi piacere assolutamente nulla e nasconderlo era
difficile. Guardò per un attimo il fuoco che bruciava ancora con forza, poi
quella dannata testa inquietante poco distante. Non aveva senso farsi un altro
nemico. Meglio tenere la bocca chiusa, pensò, prendere quello per cui sono
venuta e andarmene senza voltarmi indietro.
Di
una cosa infatti era certa, non avrebbe mai più fatto affari con Midnite; nemmeno se John glielo avesse chiesto in
ginocchio.
“Hai
ragione, non sono affari miei” disse indietreggiando di qualche passo, dandogli
le spalle per ridarsi un tono. “Sono qui perché vorrei acquistare un oggetto
che è in tuo possesso.”
Papa
sorrise anche se lei non poteva vederlo, poi fece un grosso respiro e raggiunse
un angolo poco distante dal fuoco. Si mise a sedere su quella grande sedia
imbottita che lui definiva il suo trono.
Il suo Regno era ancora piccolo, fatto solo della sua casa e di quel giardino
dove ora stava seduto, ma presto anche il resto di New Orleans ne avrebbe fatto
parte, ed Allison Morgan che era la favorita della famiglia reale era qualcuno che
preferiva tenersi vicino, in un modo o in un altro.
“E
cosa sarebbe esattamente?” chiese incrociando le braccia sul petto.
“Si
chiama Pietra della Fenice” rispose
lei girandosi per essere di nuovo faccia a faccia con lui.
“Ah”
sussurrò Midnite. “Mi chiedi qualcosa di molto
prezioso.”
“I
soldi non sono un problema.”
“Oh
lo so che non lo sono” l’uomo si alzò e avanzò a passo lento verso di lei. “Il
problema è che non ho più la Pietra della Fenice. L’ho venduta qualche mese fa.”
Allison
corrucciò la fronte e piegò poco il capo; cercò di leggere un bluff su quel
viso furbo e cattivo che le stava davanti, ma non ci riuscì. Si chiese dove
potesse essere finito un tale oggetto e sperò, visto quello che le aveva raccontato
John, che non fosse andato a finire in mani sbagliate.
“Credi
che potresti dirmi il nome del compratore?” chiese. “Potrei comprarla da lui.”
“Non
credo che sarà così facile. L’ho venduta al Maritime
Museum di New York.”
Lei
chiuse gli occhi per un attimo, quando li riaprì diede uno sguardo al suo
cellulare che squillava e il nome di Elijah lampeggiò davanti ai suoi occhi fin
quando lei non lo spense. “Fantastico” mormorò. “Beh, direi che in questo caso
non abbiamo più nulla di cui parlare. Grazie comunque.”
“Non
posso darti quello che John Constantine ti ha chiesto di comprare per lui”
disse lui costringendola a fermarsi mentre lei si avviava verso l’uscita. “Ma
posso comunque darti qualcosa.”
La
donna non finse neppure di essere sorpresa nel sentire il nome di John. Il suo
istinto le suggeriva di continuare a camminare e allontanarsi da quel posto più
in fretta possibile, la sua dannata curiosità invece le diceva di ascoltare
cosa Midnite aveva dire.
“Esattamente
cosa pensi di potermi dare?” chiese pentendosi all’istante di averlo domandato.
Il
sorriso sulle labbra dello stregone avrebbe dovuto essere una risposta
sufficiente a farla desistere dal rimanere lì un minuto di più. Eppure rimase.
****
“Niklaus” Elijah avanzò dentro la tenuta e fissò gli occhi
sul soppalco laterale; accanto a lui Jackson e Freya
osservavano la stessa scena confusi.
La
notte era quasi finita, l’alba era oramai alle porte eppure i due lupi erano
rimasti umani e ora Hayley stava sputando contro Niklaus tutto il suo disappunto e la sua rabbia.
“Difenditi!”
urlò per ben due volte spintonando l’Ibrido, con una voce rauca e furiosa che
non sembrava neppure la sua. Sporca di sangue e di fango mentre Klaus rimaneva
immobile, forse anche per il modo in cui Elijah aveva pronunciato il suo nome.
Forse
semplicemente perché non se la sentiva di difendersi; Hayley
era pur sempre la madre di sua figlia in fondo.
Allison
era arrivata giusto in tempo per vedere l’espressione tormentata sul viso del
suo amico ed Hope muovere i suoi primi passi. Abbozzò
un sorriso intenerito per la piccola mentre Hayley se
la stringeva al petto, poi abbassò gli occhi sentendo uno sguardo addosso. Pensò
che sicuramente era Elijah, ma invece scoprì che era Freya.
La
giovane strega la guardava come non aveva mai fatto prima ed Allison si chiese
se potesse percepire qualcosa; magari il suo incontro con Midnite.
“Allison,” disse avvicinandosi a lei. “Sei stata tu vero?”
Fu
a quelle parole che lo sguardo di tutti i presenti si posò su di lei ed Allison deglutì a vuoto sentendosi terribilmente esposta. “A
fare cosa?”
Freya
allargò le braccia. “A spezzare la maledizione.”
La
cacciatrice annuì, perché negare era inutile e perché era decisamente tempo che
lei ricevesse qualche segno di gratitudine.
“Sì,
sono stata io. Se così possiamo dire” ammise alzando lo sguardo per guardare Klaus ed Hayley che ricambiarono con espressioni totalmente diverse
l’uno dall’altra. “L’ho fatto per Hope, ma forse,
visto il modo in cui state già litigando aggrappandovi al risentimento, non è
stata una buona idea. Quell’adorabile bambina merita decisamente di meglio.”
I
due Ibridi incassarono il colpo, poi Klaus sorrise alla piccola.
“Cosa
hai dovuto dare in cambio?” chiese Elijah fino ad allora rimasto in silenzio.
Allison
si strinse nelle spalle. “Solo qualche dollaro, niente di più.”
“Cosa
hai dovuto dare in cambio?” l’Originale insistette e le si avvicinò afferrandola
piano per un braccio, costringendola a voltarsi quando lei gli diede le spalle.
“Che importanza ha Elijah? Hayley
è libera dalla sua maledizione. Era per questo che rimanevi sveglio la notte,
no? Adesso puoi dormire sonni tranquilli” la donna si liberò dalla presa con un
gesto deciso. “Ora se vuoi scusarmi, devo andare. Ero solo passata per
accertarmi che la maledizione fosse effettivamente stata spezzata; sono di
nuovo umani quindi ora posso partire.”
Il
vampiro si sbottonò la giacca, poi mise le mani nelle tasche. “Partire?” chiese
perplesso. “Credevo che volessi rimanere ancora un po’.”
Allison
annuì. “Questo era quando avevo ancora qualcosa, qualcuno, che mi legava a New
Orleans, ora non ho più niente del genere.” disse guardandolo negli occhi prima
di volgere lo sguardo ad Hayley e Klaus che nel
frattempo li avevano raggiunti. “Hope merita di
meglio di due genitori che si fanno la guerra come voi. Vi ho appena dato l’occasione
di rimediare, non mandatela all’aria perché la prossima volta non sarò qui a
ripulire i vostri casini. Ho smesso di farlo.”
Si
allontanò in attesa di sentire un grazie, in attesa che Elijah la raggiungesse
chiedendole di restare, ma nessuna delle due cose successe.
****
Will
stava guardando le foto della scena del crimine quando uno degli agenti era
entrato nel suo ufficio per avvertirlo che qualcuno lo stava cercando. Fallo
entrare, gli aveva detto e si era sorpreso di vedere Allison
avanzare a passo lento dentro la stanza.
“Hey” le disse indicandole la sedia con una mano,
invitandola a sedersi.
Ma
lei scosse il capo sorridendo. “Sono solo passata a salutarti, sto lasciando la
città e credo che non ci tornerò per un bel po’.”
Il
detective annuì richiudendo il fascicoletto che stava studiando. “Beh grazie
per avermi fatto incontrare Harrison, le sue teorie mi hanno davvero dato
qualcosa su cui riflettere. Continuerò sicuramente a chiedere l’aiuto di Camille, ma mi assicurerò che abbia comunque il tempo di
occuparsi del tuo ristorante.”
“Mi
sembra perfetto.” Allison sorrise, poi guardò fuori
dalla porta “Sarà meglio che vada ora. Devo guidare fino ad Atlanta ed è un
lungo viaggio.”
“Certo,
certo… Beh allora ci vediamo in giro Allison Morgan.”
“Sì…
ci vediamo in giro, detective Kinney.”
La
donna lo salutò con un gesto della mano, poi lasciò l’ufficio ed uscì dalla
stazione di polizia incrociando Cami nel parcheggio.
“Hey” le disse la bionda. “Che ci fai qui?”
“Sono
solo passata a salutare Will. Sarei passata dal ristorante per salutare anche
te, sto partendo.”
Camille
sembrò intristirsi. O forse, si disse la cacciatrice, era solo una sua
impressione. “Quando tornerai?”
L’altra
scosse il capo. “Non lo so, ma non presto credo. A proposito, vorrei chiederti
un favore.”
“Qualunque
cosa.”
“Will
è un brav’uomo e un buon poliziotto, ma sappiamo entrambe che New Orleans non è
esattamente quello che sembra” le disse Allison. “Se
credi che stia per cacciarsi in qualche guaio…”
“Intendi
qualcosa di soprannaturale?” la interruppe Camille
abbozzando un sorriso nervoso.
“Sì
esatto. Se dovesse succedere, telefonami e sarò qui prima possibile.”
“Va
bene” la bionda barista annuì sistemandosi la borsa sulla spalla, e rimase
ferma mentre la sua amica raggiungeva l’auto. “HeyAllison” la chiamò prima che salisse a bordo. “Non mi hai
ancora raccontato come tu e Kinney vi siete
conosciuti.”
L’altra
rise. “Chiedilo a lui!” esclamò e dopo qualche minuto partì.
NDA:
Quando mi conoscerete un po' meglio scoprirete che la maggior parte
delle cose che scrivo non mi soddisfa... come questo capitolo. Ma spero
che a voi piaccia. Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate. Roby
:)
5.
LOS ANGELES, CALIFORNIA
– 16 ANNI PRIMA
Una Dannata festa…
questo era il consiglio che le aveva dato lo psicologo della scuola. Quel
bizzarro omino con i baffi che l’avevano costretta a vedere dopo la morte dei
suoi genitori e la dipartita di suo fratello.
Oltre il danno la beffa,
pensava Allison durante ogni seduta; Matt le aveva
portato via praticamente tutto eppure lei doveva fingersi addolorata anche per
aver perso lui. Tragicamente morto insieme ai loro genitori, ma del suo corpo
non era rimasto nulla o quasi… questa era la versione ufficiale a cui lei
doveva tener fede.
Quando quel giorno era
arrivata nello studio del terapista, si aspettava di dover di nuovo annuire e
fingere di essere piena di dolore anche per la morte di suo fratello. Il dottor
Francis – questo era il suo nome – invece le aveva detto che era tempo di
cambiare approccio alla vita e le aveva suggerito di andare ad una festa, di
fare amicizia.
Lei aveva riso, poi si
era convinta quando lui aveva aggiunto che se lo avesse fatto avrebbe detto a
Victor che i loro incontri potevano concludersi; niente più sedute, niente più
sedersi e parlare a cuore aperto.
Non era stato chiaro su
che tipo di festa dovesse essere, quindi Allison
aveva scelto un posto dove nessuno la conosceva, nessuno avrebbe fatto domande,
nessuno le avrebbe offerto la sua pietà.
Entrare non era stato
difficile, anche se avrebbe dovuto esserlo; era stato sufficiente dare un
centone al tizio che si era definito il responsabile e le porte della confraternita universitaria si erano aperte
per lei.
Una volta dentro si
guardò intorno e individuato il tavolo con le bevande decise di servirsi un po’
di punch. Era più che certa che fosse stato pesantemente corretto ma pensò che in
fondo un po’ di alcool avrebbe solo potuto farle bene oltre che facilitare la
socializzazione.
Ne riempì un bicchiere,
sorrise ad un tizio che la guardava insistentemente e poi si avvicinò ad una
finestra fissando lo sguardo fuori. Stava per bere un sorso quando un ragazzo
le si avvicinò togliendole il bicchiere di mano.
“Hey,
ma che fai?” Allison si voltò a guardarlo. “Perché non
te ne versi un bicchiere invece di prendere il mio?”
“Meglio non berlo, credimi” le disse lui. “Ho
visto che ci versavano dentro qualcosa, ma non era alcool.”
La ragazza si guardò
intorno, poi annuì mettendo le mani nelle tasche posteriori dei jeans. “Logico,”
mormorò. “Beh in questo caso grazie.”
“Non c’è di che” il
ragazzo abbozzò un sorriso. “Sono Will, Will Kinney.”
Allison lo guardò per un lungo istante;
doveva farsi degli amici giusto? Will le stava facilitando le cose.
“Allison
Morgan,” rispose stringendo la mano che lui le porgeva.
“Era
bella” sospirò Will bevendo un sorso di caffè. “Era sfacciata, divertente,
diversa. Ed era terribilmente fragile. Lasciava senza fiato e aveva solo sedici
anni.”
Camille
sorrise bevendo un sorso d’acqua, poggiandosi con le braccia al bancone. Il
ristorante era pieno a quell’ora e mentre ascoltava Will parlare non poteva
fare altro che sentire un moto di tenerezza pervaderla al pensiero di Allison adolescente e sola.
“Lo
fa ancora,” gli disse rimettendosi dritta. “Lasciare senza fiato.”
L’uomo
annuì. “Dopo qualche settimana di amicizia ci perdemmo di vista. La rividi anni
dopo… ero un giovane poliziotto a Boston, lei era in città per lavoro con due
tizi, due fratelli.”
“E
cos’è successo? Quando vi siete rivisti sulla scena del crimine sembrava che vi
odiaste.”
“Beh
a Boston non ci siamo lasciati nel migliore dei modi,” affermò Will. “Allison sa essere dannatamente testarda quando vuole.”
Camille
rise assumendo un’espressione che sembrava voler dire che sì, lo sapeva
benissimo. Pensò alla sua amica… non la vedeva da quasi un mese e anche
raggiungerla al telefono era risultato difficile nonostante ci avesse provato.
“Ma
c’è qualcosa in lei… si finisce col perdonarle tutto.” aggiunse l’uomo
distogliendola dai suoi pensieri.
“Credo
sia perché in fondo ha più pregi che difetti” parlò qualcuno e la barista e il
detective si accorsero solo allora di Elijah, seduto su uno sgabello lì
accanto. Non avrebbero saputo dire da quanto se ne stava là, troppo presi a
parlare di un passato che sembrava lontanissimo e che forse lo era.
“Elijah”
lo salutò Cami. “Da quanto sei qui?”
“Da
un po’” replicò l’Originale elegante. “Abbastanza da capire che la miaAllison è
l’argomento principale di questa conversazione.”
“La
tuaAllison?”
chiese Will.
“Lui
è Elijah Mikaelson” intervenne Camille.
“Il compagno di Allison.”
Il
detective rimase in silenzio per qualche secondo, poi svuotò la sua tazza di
caffè e si alzò fissando l’uomo. “Se sei il suo compagno dovresti sapere meglio
di me che Allison Morgan non appartiene a nessuno, se
non a se stessa” commentò prima di guardare la bionda barista. “Devo andare
ora, saluta Allison da parte mia se la senti.”
Elijah
lo seguì con lo sguardo fin quando non lasciò il ristorante, poi si voltò verso
Camille, ma lei non c’era più.
****
“Allison!” esclamò John da fuori la porta. “Stai bene dolcezza?”
Riusciva
a sentire il rumore dei conati di vomito, il tossire… quella storia andava
avanti da almeno due settimane oramai. Stava male almeno due volte al giorno ma
non si lasciava aiutare, non voleva neppure dirgli cosa c’era che non andava,
ammesso che lo sapesse.
“Allison” chiamò di nuovo. E fu allora che lei aprì la porta
e lo guardò abbandonandosi contro lo stipite.
Era
pallida e sudata, sembrava sul punto di svenire e John pensò che vederla in
quello stato era strano, non era mai successo prima.
“Smettila
di guardarmi in quel modo” disse lei con quella voce rauca, e Constantine
sospirò mettendo le mani nelle tasche.
“Come
ti starei guardando?” chiese seguendola quando si allontanò diretta in un’altra
stanza.
“Come
se stessi per morire.”
“Morire?”
ripetè lui scuotendo il capo “Oh no, sembra solo che
tu sia in preda ad una di quelle terribili influenze che ti fanno vomitare
tutti i tuoi… fluidi corporei.”
Allison
inarcò un sopracciglio. “Vuoi dire un virus intestinale?” chiese guardandogli
le mani. “E perché hai il mio cellulare in mano?”
“Oh
giusto” Constantine scosse il capo. “Il tuo Originale ti ha telefonato tre
volte e ha lasciato quattro messaggi. Quando ti deciderai a richiamarlo? Quel
pover’uomo… o meglio, vampiro, finirà per impazzire. Cosa ha fatto per farti arrabbiare
così tanto?”
“Non
sono affari tuoi.” La cacciatrice gli prese il telefono di mano, lesse i
messaggi uno dietro l’altro e si accorse che l’ultimo non era di Elijah ma
bensì di Valerie. La strega le chiedeva di chiamarla prima possibile; qualcosa
di quel mondo di cui non voleva far parte ma in cui lei l’aveva di nuovo
trascinata più di un anno prima era tornato a farle visita e non era stato
piacevole.
“Perfetto!”
esclamò annoiata portandosi il telefono all’orecchio. “John, credo che dovremo
fare un viaggetto a New Orleans.”
****
Valerie
la aspettava seduta di fronte alla porta, in mano aveva un coltello, il viso
stremato.
Doveva
aver passato la notte sveglia, allerta, pensò Allison
quando la vide. Non sapeva ancora cosa fosse successo ma la donna sembrava
terribilmente spaventata.
“Valerie,”
le disse avvicinandosi. “Che diavolo è successo?”
La
strega la guardò. “Un tizio è venuto a farmi visita, un vampiro. Ha detto che non
riusciva a trovarti, che qualcuno gli ha detto che ci conosciamo e ha pensato
che io potessi rintracciarti per portarti un messaggio.”
“Che
tipo di messaggio?” John si guardò intorno toccando alcuni oggetti sul tavolo.
Poi indicò il coltello ancora stretto tra le mani della donna. “E mi dispiace
dirtelo tesoro, ma dubito che quello
ti servirebbe a molto contro i vampiri. Sarebbe come fare loro il solletico.”
“Non
sei di nessun aiuto” gli mormorò a denti stretti Allison
prima di tornare a guardare la strega. “Valerie, spiegami meglio per favore.”
“Si
è arrabbiato molto quando gli ho detto che non ti avrei riferito nulla”
raccontò la strega. “Alla fine, dopo avermi minacciata a dovere mi ha detto di
darti questo.” Valerie si alzò e recuperò un cartoncino nero dal tavolo. Su un
lato c’era disegnato un gufo. “Ha detto che è stanotte e che se non ci andrai
si sentirà offeso e sfidato. Ha minacciato di tornare.”
Allison
sospirò girando quella specie di talloncino. Sull’altra parte c’era una scritta
bianca:
7041 ST, CHARLES AVE
MIDNIGHT
“Pare
che tu abbia un appuntamento questa notte” disse John leggendo.
“Andare
dove? Chi è questo tizio?” la cacciatrice guardò di nuovo la sua amica.
L’altra
sospirò lasciandosi cadere sulla sedia. “Ha detto che si tratta di un ballo in
maschera, ha detto di chiamarsi Tristan.”
NDA:
Qual è stato il vero prezzo pagato da Allison? Buona lettura
e in fondo al capitolo l'outfit di Allison :) fatemi sapere cosa ne
pensate :)
6.
Marcel
era appena tornato dalla sua corsetta mattutina quando aveva notato che la sua
bottiglia di bourbon migliore era stata svuotata, dentro due gemelli dorati a
forma di gufo. Dall’altra parte della stanza aveva visto uno smoking appeso ad una
gruccia penzolare da uno dei ganci dell’appendiabiti. Dentro il taschino
interno c’era un bigliettino nero, un gufo bianco disegnato su un lato, un
indirizzo sull’altro, a completare il tutto una mascherina nera, elegante
seppur bizzarra.
E con un tempismo perfetto era arrivata una
telefonata, da parte di quel Tristan che da qualche
tempo era in città, che sembrava strettamente collegato ai Mikaelson
e che in qualche modo sembrava interessato a lui.
Anche
durante quella breve telefonata non aveva fatto altro che offrirgli sogni di
gloria, poi gli aveva intimato di non ritardare. Anche se non era certo di
ricambiare quell’interesse, per qualche strano motivo Marcellus
non aveva voluto reclinare l’invito.
Spinto
dalla curiosità, forse anche un po’ dal fatto che non aveva avuto molta scelta.
“Marcel!”
si sentì chiamare dalle scale, da quella voce roca che era impossibile non
riconoscere.
E
infatti Allison Morgan fece la sua comparsa stretta
in un paio di jeans scuri a vita alta che le calzavano a pennello ma che
mettevano in risalto un dimagrimento piuttosto evidente. La t-shirt azzurra un
po’ velata, delle scarpe basse e un paio di occhialoni da sole neri, come la
più spensierata delle turiste. Ma il vampiro sapeva che quasi sicuramente non
si trattava di una visita di piacere.
“Allison Morgan,” le disse allargando le braccia mentre le
andava incontro. “In tutto il suo splendore. Qual buon vento ti porta da questo
lato del fiume?”
“Se
pensi che ti permetterò di toccarmi fin quando non avrai fatto una doccia, sei
pazzo” la cacciatrice rise declinando l’abbraccio e muovendosi verso il divano.
Vi si lasciò cadere sopra, poi sospirò guardandosi intorno per un attimo.
“Fai
come se fossi a casa tua” scherzò lui andandosi a sedere accanto a lei. “Per
quanto mi faccia piacere vederti sono certo che questa non è una visita di
cortesia. Mi sbaglio?”
La
donna scosse il capo. “La mia amica Valerie…” iniziò.
“La
strega che ci ha aiutati qualche tempo fa?” la interruppe il vampiro.
“Proprio
lei… Valerie mi ha chiamata in preda al panico ieri, chiedendomi di
raggiungerla qui a New Orleans perché un certo Tristan
aveva un messaggio per me e non riuscendo a rintracciarmi ha pensato bene di
usare lei come messaggero.”
“Come
faceva a sapere di lei?”
“Altre
streghe, pettegolezzi… chi lo sa? Il mondo del soprannaturale è come un
gigantesco magazine di cronaca rosa, ma la domanda più curiosa sai qual è?”
Marcel
si inumidì le labbra, poi abbozzò un sorriso abbassando lo sguardo per un
attimo. “Come mai la prima cosa che ho chiesto non è stata chi diavolo è Tristan?”
Con
uno scatto Allison si alzò dal divano e fece qualche
passo, prima di voltarsi a guardarlo. “Bingo Marcel!” esclamò mentre si
avvicinava allo smoking ancora appeso. “Ho ricevuto anche io un invito per una
festa in maschera, un ballo mi è stato detto. La mia presenza è così desiderata
che questo Tristan ha minacciato di uccidere la mia
amica se non ci andrò.”
“Non
so molto di questo tizio” le disse il vampiro anticipando la sua domanda. “L’unica
cosa che so è che è collegato ad Elijah in qualche modo quindi, se stai
cercando risposte, ti suggerisco di andare a cercarle sull’altra sponda del
fiume. Anzi perché poi non aggiorni anche me? Ho provato a fare qualche domanda
al tuo ragazzo, ma ha risposto come fa di solito.”
“Cioè
non ti ha detto assolutamente nulla.”
“Bingo
Allison!” la imitò lui. “Ma sono certo che tu riuscirai
a farlo parlare molto più di me e con molta più facilità.”
“Elijah
ed io non parliamo più molto” Allison fece un grosso
respiro, inforcò i suoi occhiali da sole e si avvicinò al vampiro. “Quindi perché
non troviamo le risposte che stiamo cercando da soli? Ci vediamo a mezzanotte
al ballo, sarai il mio accompagnatore ufficiale. Indossa qualcosa di giallo, si
abbinerà al mio vestito.”
Marcel
la guardò sorpassarlo, con le mani sui fianchi si voltò per seguirla con lo
sguardo. “Ci vediamo a mezzanotte ma non indosserò il giallo!”
****
John
si guardò intorno per l’ennesima volta. Si accorse che, non importava quante
volte entrasse lì dentro, sarebbe sempre rimasto senza parola di fronte al
lusso e alla grandezza di quella tenuta.
La
trovava un po’ troppo retrò per i suoi gusti e poco funzionale in qualche modo,
ma obiettivamente aveva un fascino indiscusso, un gioiellino in quel gioiello
che era New Orleans.
Gli
era sempre piaciuta quella città… piena di lavoro per uno che come lui di
mestiere era un esorcista e maestro delle
arti oscure, ma gli piaceva. Si respirava potere a New Orleans, ogni
quartiere sembrava avere un’anima, un’anima piena di storie da raccontare.
“John?”
si sentì chiamare.
E
la dolce Hayley gli fu davanti quando si girò. Accanto
a lei c’era un uomo che aveva, come lui, l’abitudine di affondare le mani nelle
tasche dei pantaloni. O meglio, un vampiro…
“Amici!”
esclamò sorridendo loro. “Quanto tempo.”
“Che
ci fai qui?” gli chiese Elijah avvicinandosi. “Allison
sta bene?”
“Sta
bene.”
“Dov’è?”
John
sembrò incupirsi; il ricordo di Allison che gli
impediva categoricamente di parlare di lei con Elijah gli sfiorò le ciglia. Beh,
tecnicamente, lo aveva anche esortato a stare lontano dalla tenuta, ma lui non
c’era riuscito, perché quando aveva detto all’Originale che la bella
cacciatrice stava bene, un po’ aveva mentito ed era lì proprio per capirne di
più.
“In
giro” mormorò.
“In
giro” fece eco Hayley.
“Sì,
sapete com’è” continuò Constantine. “Ha sempre tante cose da fare, gente da
salvare, mostri da uccidere.”
Elijah
abbozzò un sorriso. “Ti ha categoricamente vietato di dirmi dove si trova
esattamente vero?”
“Mi
ha chiesto riservatezza” rispose lui accedendosi una sigaretta. “Quindi non ti
dirò dove si trova, né perché siamo in città.”
“Lealtà!”
esclamò una voce dietro di lui. E Constantine si voltò. “Una qualità davvero
apprezzabile.”
John
guardò la giovane donna scendere lungo le scale, la piccola Hope
stretta tra le sue braccia. Non l’aveva mai vista ma pensò che doveva essere Freya, la sorella perduta e poi ritrovata dagli immensi
poteri. Poteva aiutarlo, si disse, a scoprire cosa non andava in Allison, a capire come aiutarla se effettivamente qualcosa
non andava.
“Freya, immagino” parlò stringendo la sigaretta tra le
labbra.
“In
carne ed ossa” rispose lei dando Hope ad Hayley. “E tu sei?”
“John
Constantine…”
“Maestro della arti oscure” concluse
qualcuno. E quell’accento era inconfondibile; Niklaus
avanzò con un sorriso sardonico stampato in faccia, come suo solito. Diede una
carezza a sua figlia sotto lo sguardo sprezzante della madre e poi guardò di
nuovo John. “Ero quasi certo che quella che ho visto di fronte al Rousseau’sfosse l’auto della nostra adorata
cacciatrice, ma non ne ero del tutto sicuro, fino ad ora.”
Elijah
sparì in pochi secondi, senza dire niente e John sospirò gettando a terra la
sigaretta e spegnendola con la punta della scarpa. Poi si andò a sedere su una
delle sedie poco distanti. Hayley a pochi passi da
lui.
“John,”
chiese l’Ibrida. “Non ti conosco molto bene ma ho come la sensazione che
qualcosa ti preoccupi.
“Cosa
te lo fa pensare, tesoro?”
Lei
sospirò, stringendo la manina di Hope, guardando per
un attimo Freya e Klaus quando li raggiunsero. “Allison non voleva che sapessimo che è in città, eppure tu
sei venuto qui.”
“A
volte quello che Allison vuole non è quello di cui Allison ha bisogno.”
Klaus
incrociò le braccia dietro la schiena. “Che significa?”
“Vi
siete domandati come ha fatto a spezzare la maledizione?” chiese Constantine. “Voglio
dire, magie potenti come questa costano sempre qualcosa, vi ha detto niente al
riguardo?”
“Ha
detto di aver pagato dei soldi,” gli fece sapere Hayley.
“Nient’altro.”
L’uomo
scosse il capo. “E non vi è sembrato strano? Non le avete chiesto altro?”
Klaus
ridacchiò. “Credo che tu, come noi, sappia che quando Allison
non vuole dire qualcosa è difficile convincerla a parlare.”
“Ho
sentito qualcosa,” intervenne Freya attirando l’attenzione.
“Quando l’ho vista dopo che la maledizione era stata spezzata… c’era qualcosa
di diverso in lei.”
“Dovrai
spiegarti meglio dolcezza” le disse
John tirando fuori un’altra sigaretta. “Non sono molto lucido a quest’ora del
mattino.”
“Allison emana una grande energia solitamente” spiegò la
ragazza. “Ma quel giorno era come se qualcosa in lei si fosse spento. Stava
bene fisicamente, ma c’era qualcosa di diverso.”
Constantine
si alzò e fece alcuni passi, poi si fermò a riflettere ed infine si voltò a guardare
gli altri. “Temo che spezzare quella maledizione le sia costato molto di più di
qualche soldo, ma non ne sono ancora sicuro” si voltò camminando verso l’uscita.
“Vi terrò aggiornati e non fatene parolacon lei.”
Lasciò
la casa, ciondolando piano in pieno stile Constantine e anche se nessuno dei
tre rimasti parlò, ogni pensiero era rivolto alla stessa persona.
NDA:
Buona lettura :) e alla fine del capitolo l'outfit di Allison :)
7.
Mentre
entrava nella grande casa che Papa Midnite si era
costruito in una zona un po’ isolata di New Orleans, John non poteva fare a
meno di pensare che Allison avesse ragione quando
aveva detto che quel posto era terribile.
Si
poteva percepire una magia cattiva tra quelle mura, una specie di calore
inquietante che si innalzava dall’asfalto. Odiava anche lui andare a trovare lo
stregone, e non solo perché lo voleva morto, ma perché a differenza di tanti
altri era proprio sgradevole come persona.
Sin
da quando aveva imboccato la strada che lo avrebbe portato dove si trovava
adesso, aveva avuto la sensazione di non essere solo. Era certo che qualcuno lo
stesse seguendo e sapeva esattamente chi.
Tuttavia
non aveva fatto capire alla giovane Freya di averla
percepita… era divertente farle credere di essere stata talmente brava da non
farsi scoprire. Ma ora che erano arrivati a destinazione quel gioco doveva
finire perché avevano cose più importanti di cui preoccuparsi. Papa Midnite aveva preso ad Allison
molto di più di qualche migliaio di dollari, ma forse non era stato tanto
chiaro quando avevano concluso quell’affare e John sperava che fosse una
motivazione sufficiente ad annullarlo.
Si
fermò e si accese una sigaretta, tirò una boccata e poi sospirò. “Se volevi
venire con me bastava chiedere. Non c’era bisogno di seguirmi così furtivamente
anche perché, devo dirtelo, non sei silenziosa come credi.”
Freya
sorrise affiancandolo. “Chi ha detto che volevo esserlo?” disse.
Constantine
abbozzò una risata. “Dolcezza, questo
non è un posto adatto a te. Lasciami fare ciò che devo e vi aggiornerò tutti
dopo che l’avrò fatto.”
“Scordatelo”
replicò la donna facendo un gesto con la mano. “Allison
è la donna di mio fratello, quindi è una Mikaelson,
parte della famiglia. E la mia famiglia è affar mio
più che tuo. Voglio sapere cosa sta succedendo.”
“Lealtà”
le disse lui rispondendo come lei aveva fatto poco prima alla tenuta. “Una
qualità davvero apprezzabile. Ma Allison non vorrebbe
saperti in questo posto.”
“L’hai
detto tu stesso; quello che lei vuole a volte non è quello di cui ha bisogno”
replicò decisa la giovane strega. “Elijah la ama ed io le voglio bene. Se
qualcosa non va voglio aiutarla.”
John
annuì, gettò a terra la sigaretta e la spense. Poi mise le mani in tasca e
guardò in direzione della porta. “Papa!” urlò. “Vieni fuori vecchio mio, io e
te dobbiamo fare quattro chiacchiere.”
Passarono
alcuni secondi, poi Papa arrivò.
****
Elijah
stava aspettando seduto al Rousseau’s da un’ora
quando Allison era arrivata. Teneva in mano una
custodia per abiti, più in alto che poteva per non farla strofinare in terra.
L’Originale la raggiunse non appena la vide, le sorrise sfilandogliela di mano.
“Hey” le sussurrò guardandola negli occhi.
Lei
arricciò la bocca in una specie di sorriso, si passò le chiavi dell’auto
nell’altra mano e sospirò. “Hey” rispose, ma senza
troppo entusiasmo. “Lasciami indovinare, John ti ha detto dove trovarmi.”
Lui
scosse il capo resistendo all’urgenza di toccarla, di stringerla e poggiare le
labbra su quella bella bocca che aveva baciato tante volte. “È stato Klaus” le
fece sapere. “Ha visto la tua auto ferma qui fuori, non era sicuro che fossi tu
ma quando è arrivato alla tenuta ha visto John e ha fatto due più due.”
“Chiunque
sia stato è comunque colpa di John,” replicò lei avvicinandosi al bancone,
passando dall’altra parte e servendosi una tazza di caffè. “Gli avevo detto di
stare lontano da voi ma a quanto pare non mi ascolta mai.”
La
donna uscì da dietro il bancone e si mise a sedere su uno sgabello. Bevve un
lungo sorso pensando bene a cosa dire e si rese conto di non saperlo. La prima
cosa che le era venuta in mente era di dirgli che le mancava da morire,
baciarlo, abbracciarlo… ma non era il momento di seguire il primo istinto.
“Allison,” le disse lui poggiando la mano sulla sua. “Dove
sei stata in queste ultime settimane? Ti ho telefonato un migliaio di volte e
non hai mai risposto. Sono persino venuto ad Atlanta ma non eri neppure lì; non
c’era nessuno.”
La
cacciatrice deglutì a vuoto poggiando lo sguardo su di lui, piacevolmente
sorpresa di sentire che era andato a cercarla fino ad Atlanta, pervasa da uno
strano senso di gioia nel sentire che gli interessava, che aveva pensato a lei.
Ma non lo lasciò a vedere e anzi ritrasse piano la mano e strinse la tazza con
entrambe.“Ero a Covington. Stavo
lavorando ad un caso con John.”
Elijah
piegò con delicatezza la custodia su uno sgabello e si mise a sedere su quello
accanto a lei. Si sbottonò la giacca e rimase in silenzio per un attimo mentre
lei guardava di nuovo di fronte a sè. “Eri ad un’ora
da New Orleans ed io ho viaggiato per ore per venire da te” sussurrò.
Nella
sua voce c’era qualcosa di lievemente divertito, ma Allison
non si divertiva affatto. “Dovrei per caso sentirmi in colpa?” gli disse
voltandosi a guardarlo. “Perché se è quello che ti aspetti, credo che tu possa
andartene Elijah.”
“Non
è quello che mi aspetto” mormorò lui.
“Bene!
Perché io ho viaggiato per ore ed ore per mesi, ogni volta che potevo e tutte
le volte che venivo a trovarti tu c’eri ma era come se non ci fossi.”
Elijah
sollevò piano la mano e gliela poggiò sulla guancia, facendo scivolare il
pollice lungo un sopracciglio, sorridendo quando lei chiuse gli occhi
rilassandosi sotto il suo tocco. “So di non essere stato un buon compagno negli
ultimi tempi, so di averti trascurata e di aver trascurato noi, ma ti prego…
lasciami rimediare. Io ti amo.”
“Fino
a quando? Fin quando ad Hayley non capiterà
qualcos’altro che avrà la priorità assoluta per te?” la donna si inumidì le
labbra, poi prese la mano dell’Originale ancora poggiata sul suo viso e ne
baciò il palmo due, tre volte prima di lasciarla. “Apprezzo le belle parole
Elijah, è solo che non so se riesco a crederti.”
Elijah
la guardò mentre si alzava e con delicatezza prendeva la custodia sullo
sgabello. La seguì con lo sguardo fin quando lei non uscì dal ristorante,
deciso ad alzarsi ma senza riuscire a farlo. Raggelato da quel tono di voce che
conosceva fin troppo bene e che di solito precedeva un addio.
****
Freya
si passò le dita tra i capelli, poi sospirò amaramente stringendosi la testa
tra le mani. La conversazione con Midnite era stata
terribile, non solo perché quell’uomo era riprovevole sotto diversi punti di
vista, ma perché aveva rivelato una verità terribile che adesso non sapeva come
affrontare.
Si
girò verso a John e lo trovò perso nei suoi pensieri, la sigaretta accesa tra
le labbra ma lo sguardo perso nel vuoto mentre la cenere cadeva lenta
sull’asfalto. Era terribilmente pallido, triste. Non aveva detto una parola da
quando Papa Midnite li aveva fatti sbattere fuori.
La
magia non aveva sortito alcun effetto quando spinta dalla rabbia Freya aveva provato al colpirlo, sperando di ucciderlo.
Quel tizio era furbo, strategico. Si era trovato la leva perfetta per avere
tutto ciò che voleva e non c’era modo di rimediare.
“Che
facciamo adesso?”
John
sembrò ritornare al presente, si tolse la sigaretta di bocca e la spense contro
il legno della panchina su cui erano seduti. “Non lo so” ammise. “E io odio
sentirmi così, inutile.”
“Cerca
di pensare” lo invitò a fare lei. “Non possiamo lasciare che…”
“Non
possiamo fare niente per fermarlo!” esclamò John interrompendola, alzandosi di
scatto, incapace di controllarsi. “Allison ha fatto
una quantità infinita di cazzate da quando la conosco, ma questa le supera
tutte.”
“Lei
non sapeva esattamente cosa stava facendo, lui l’ha ingannata.” Freya sentì l’urgenza di difendere la cacciatrice, quella cognata a cui voleva un gran bene anche
se all’inizio il loro rapporto non era incominciato nel migliore dei modi. Si
perse per un attimo nel ricordo di quando si erano conosciute, poco prima che
sfidassero Dahlia.
NEW ORLEANS – SEI MESI E MEZZO PRIMA
Allison arrivò quasi di corsa, salì per le
scale con sicurezza e raggiunse la camera principale, dove Klaus e il resto
della famiglia stavano discutendo. Si fermò a fare un grosso respiro sulla
soglia e si passò la mano sul viso per spostare i capelli che le erano caduti
sugli occhi nella corsa.
“Allison”
le disse Elijah andandole incontro. “Quando sei arrivata?”
“Pochi minuti fa,” rispose lei
cercando di riprendere il controllo del suo respiro. “Mi dispiace di essere in
ritardo, ma la mia auto si è fermata a sei isolati da qui e ho corso.”
Rebekah le versò un bicchiere di acqua.
“Avresti potuto prendere un taxi.”
“Fuori c’è una dannata parata, la
maggior parte delle strade sono chiuse” Allison bevve
un sorso, poi si schiarì la voce e avanzò nella stanza. “Tu devi essere Freya. Ho sentito tanto parlare di te.” disse puntando gli
occhi sull’unico viso che non conosceva nella stanza.
“Ed io di te” replicò l’altra
confusa. “Anche se, senza offesa, non capisco come tu possa aiutarci. Sei solo
un’umana.”
La cacciatrice annuì. “Non
sottovalutarmi” disse andandosi a sedere sul divano, dando un bacio sulla
guancia ad Elijah prima. “Aggiornatemi, e poi andiamo ad uccidere questa
dannata strega. Domani devo ripartire.”
L’indomani
Allison non era ripartita, ma Freya
aveva dovuto ricredersi su di lei. Ricordò ancora di averla sentita parlare di enochiano e ricordava di aver conosciuto Castiel qualche settimana dopo.
Si
chiese se lui potesse aiutarli. “Forse dovremo chiamare Castiel,
è un angelo dopotutto.”
Constantine
sembrò rifletterci. “Anche tu stessa potresti aiutarla tesoro, ma le conseguenze… Allison non le
accetterebbe.”
“Quindi
che diavolo facciamo?”
“Per
prima cosa lo diciamo ad Elijah e anche ad Hayley e
Klaus” rispose John. “Allison non vorrebbe che lo
sapessero ma non me ne frega assolutamente nulla.”
“Stai
dimenticando una cosa John” la donna gli si avvicinò. “Prima di dirlo a
chiunque altro dovremo dirlo a lei. Non sa cosa le sta succedendo.”
L’uomo
reclinò il capo all’indietro, guardò il cielo per un lungo minuto, poi si
rimise dritto. “Ho bisogno di un drink” mormorò iniziando a camminare. Anche se
non aveva idea di dove stesse andando.
****
Il
ballo che Tristan aveva organizzato era davvero
grandioso; ballerine di burlesque, vampiri belli ed eleganti, vestiti costosi,
gioielli in bella vista.
Se
non fosse stata sicura di essere entrata dritta nella tana del lupo Allison avrebbe persino provato piacere a stare lì, ma
qualcosa nel profondo le suggeriva che non c’era nulla di piacevole in tutto
ciò che stava guardando.
Da
sotto la maschera si guardò intorno, facendo attenzione ad ogni particolare che
credeva potesse esserle utile. Non aveva idea di chi fosse Tristan
tra tutti i presenti, ma se aveva capito anche solo un po’ di quel tizio era
certa che avrebbe fatto la sua entrata a festa già bella che iniziata,
scendendo dalle scale in un gesto teatrale. Non sapeva praticamente niente di
lui ma il modo in cui aveva bullizzato sia lei che
Marcel per costringerli a prendere parte a quella festa, le faceva capire già
molte cose.
“Marcel”
chiese mentre a braccetto percorrevano la sala facendosi spazio tra la gente. “Puoi
mostrarmi il nostro caro Tristan?”
“Non
lo vedo ancora” rispose il vampiro guardando alla sua destra. “Ma quella sulla
mia destra, con il vestito color argento è Aya, il
vampiro che ha fatto da tramite tra lui e me.”
Allison
volse lo sguardo per guardarla; era bella Aya con una
pelle liscia e luminosa e un corpo che ricordava quello di una Dea greca. “Ah”
mormorò. “Qualcosa mi dice che non ti sia propriamente dispiaciuto avere un
simile tramite.”
“Non
lasciarti ingannare dall’aspetto” Marcel rise prendendo due coppe di champagne
e dandone una alla sua accompagnatrice. “Sotto quel corpo mozzafiato si
nasconde una donna tosta, che non sa accettare un no come risposta.”
“E
da quando una donna tosta è un male?” chiese la cacciatrice di rimando. Poi
alzò il bicchiere. “A noi che ci procuriamo da soli le nostre risposte.”
“A
noi” rispose il vampiro anche se non sembrava molto convinto.
“Un
brindisi” Elijah arrivò in quel momento, seguito da Hayley
splendente in un abito rosso. “Brindate al fatto che state per uscire entrambi
da questo posto? Perché è quello che farete, ora!”
Allison
respirò a fondo, poi bevve un sorso. “Elijah” disse. “Ed Hayley…
ovviamente.”
“Che
ci fate qui?” chiese ancora lui, gli occhi puntati su Allison.
Un misto di rabbia e lussuria ad illuminargli lo sguardo.
“Sono
stato invitato,” chiarì Marcel.
“E
che ti è saltato in mente quando hai deciso di portare anche lei qui?”
“Oh
no” intervenne qualcuno alle spalle di Allison e sia
lei che Marcel si voltarono. “Anche lei è stata invitata, da me personalmente.
Ma non credevo sarebbe venuta” l’uomo prese la mano di Allison
e se la portò alle labbra, la sfiorò delicatamente e poi le sorrise mentre lei
si sfilava piano la maschera. “Sono Tristan de Martel.”
“Non
mi ha lasciato molta scelta, Tristan” rispose lei
ritraendo piano la mano. “E giusto per essere chiari, detesto quando i miei
amici e la mia famiglia vengono minacciati per arrivare a me.”
“Suppongo
che sia per questo che i due vampiri di guardia all’entrata sono morti” le
disse guardandola. “Sono impressionato, devo ammetterlo.”
“Io
invece sono piuttosto delusa” Allison si guardò
intorno. “Non so perché mi ero fatta un’idea alquanto precisa su di lei Tristan. Immagini la mia delusione quando ho scoperto che
invece non è altro che una copia mal riuscita di Elijah.”
Tristan
sorrise e mise le mani nelle tasche dei pantaloni, quasi a voler provare la
somiglianza con l’Originale. “Signorina Morgan, lei è davvero stupenda, in
tutti i sensi” le disse dando una rapida occhiata ad Elijah, poi ad Hayley facendo le presentazioni anche con lei.
Allison
ne approfittò per allontanarsi, si avvicinò al bancone e vi si poggiò sopra
chiedendo un bicchiere d’acqua, per nulla sorpresa quando Elijah si mise a
fianco a lei. “Ha minacciato la mia amica Valerie, non ho avuto altra scelta.
Dovevo per forza venire” gli disse sicura che lui glielo avrebbe chiesto.
“Potevi
scegliere di dirmelo.”
“Anche
tu potevi dirmi che saresti venuto qui con Hayley,
Elijah” gli fece notare la donna. “E non l’hai fatto.”
“Questo posto è pericoloso, devi andartene.
Per favore.”
“Questo
tizio ha minacciato di uccidere Valerie solo perché voleva che venissi a questa
dannata festa. Me ne andrò, ma lo farò solo dopo aver capito che diavolo sta
succedendo e cosa vuole da me.”
Elijah
sospirò scuotendo leggermente il capo. Sapeva che discutere con lei era inutile
così decise che limitare i danni era l’unica possibile soluzione. “Va bene” le
disse. “Ma stammi vicina.”
“Vicina
a vista d’occhio o appiccicata?”
“Balla
con me” l’Originale la prese per mano e la trascinò sulla pista da ballo. Lei
lo seguì anche se un po’ riluttante, lasciando la maschera sul bancone. “Come
la prima volta che ci siamo incontrati” le ricordò facendola girare.
“Mi
ricordo perfettamente. Anche allora indossavi uno smoking e anche allora la
festa non era esattamente priva di pericoli.”
Il
vampiro annuì rimanendo a fissarla per un lungo istante. Quel vestito giallo le
calzava a pennello, la fasciava in modo perfetto, mettendo in risalto il caldo
castano dei suoi capelli, quegli occhi nocciola bellissimi. Senza riuscire a
fermarsi si piegò e la baciò rilassandosi quando lei fece scivolare piano la
mano sulla sua schiena dischiudendo poco le labbra per accogliere le sue.
Allison
si allontanò dopo pochi secondi, esattamente come la prima volta sentì tutti
gli occhi su di loro, e anche stavolta non riuscì a staccarsi da lui. “Hai
appena detto a tutti di noi Elijah. Saremo l’argomento principale per il resto
della serata.”
“Lascia
che parlino” sorrise lui prima di baciarla di nuovo.
NDA:
Chi si aspettava questa svolta? :D vi piace? Sotto sotto un'anticipazione del prossimo capitolo. Buona lettura,
Roby.
8.
Come
aveva previsto, la festa in maschera si era rivelata davvero la tana del lupo e
il lupo era proprio Tristan. Mentre Marcel veniva
sfidato a ritrovare il suo anello diurno in una specie di iniziazione
mascherata da caccia al tesoro, Allison si era quasi
pentita di non aver ascoltato Elijah quando aveva intimato loro di lasciare
quel posto.
Mentre
il suo amico vampiro si guardava intorno alla ricerca del sospettato, con cui
alla fine avrebbe dovuto scontrarsi all’ultimo sangue, e il motivo per cui il
padrone di casa aveva tanto insistito per averlo lì prendeva finalmente forma, la
cacciatrice continuava a chiedersi perché lei fosse stata invitata. Il suo vampiro Originale le aveva
raccontato tutto quello che c’era da sapere, ed era chiaro perchèHayley fosse una specie di ospite d’onore; rappresentava
l’unione tra la discendenza di Klaus e quella di Elijah. Poteva portare pace,
le aveva detto Tristan, ma lei perché era lì?
Dubitava
fosse per lo stesso motivo e pretendeva delle risposte. Ma prima doveva aiutare
Marcel.
Discretamente
gli fece cenno col capo, invitandolo a raggiungerla al bancone del bar proprio
nel momento in cui Klaus faceva il suo ingresso ubriaco marcio e in compagnia
di quel Lucien che Allison aveva visto solo una volta
in un video che Camille le aveva inviato. Il momento
perfetto, pensò la cacciatrice, per mettere in moto il piano a cui aveva
pensato.
Al
bancone, oltre a Marcel, c’era anche Hayley. Elijah
era andato a sistemare il casino di Klaus, come al solito.
“Marcel,”
chiese quasi bisbigliando. “Hai una vaga idea di chi possa avere il tuo anello?”
“Sono
quasi certo che sia stata Aya a sfilarmelo, e che poi
l’abbia dato a quel tizio… Mohinder.”
“Quel
gorilla vorrai dire,” intervenne Hayley guardandosi
intorno. “Ho fiducia in te Marcel, ma se hai ragione dubito che uscirai vivo
dal combattimento con lui.”
Marcel
sospirò, poi mandò giù tutto d’un sorso un bicchiere di whisky. “Oh credo che
tu abbia ragione” disse. “Ma non ho possibilità di scegliere, senza quell’anello
brucerò alle prime luci dell’alba. Morirò in ogni caso quindi tanto vale morire
combattendo.”
Hayley
gli poggiò comprensiva una mano sulla spalla e dopo fissò lo sguardo su Allison. La donna fissava un punto indefinito della stanza;
sembrava che i suoi occhi fossero fermi su Klaus e il suo amico, ma l’Ibrida
sapeva che in realtà quell’espressione significava che stava pensando a
qualcosa.
“Ho
un’idea” disse infatti di improvviso guardandola. “Hayley,
perché non dai un bel morso al nostro caro Marcel?”
“Cosa?”
il vampiro alzò un sopracciglio perplesso. “Stiamo cercando un modo per farmi
sopravvivere, non per farmi morire tra atroci sofferenze.”
Allison
fece un grosso respiro. “Marcel, ti voglio bene… ma a volte proprio non ci
arrivi. Fidati di me e lascia che Hayley ti morda il
braccio, poi copri tutto col tuo smoking e quando Mohinder
proverà a bere il tuo sangue, lascia pure che si disseti.”
Marcel
la osservò per un altro istante, poi tutto sembrò chiaro e quello che Aya aveva raccontato loro su Mohinder
gli riecheggiò nella mente; beve solo il
sangue dei vampiri che sconfigge in battaglia aveva detto. Si ricordò anche
di come veniva definita Allison da quasi tutti quelli
che la conoscevano… Bella e letale e
in quel momento come mai prima capì perché.
Mentre
Klaus se ne andava e lei si avvicinava a Tristan che
dalla pista da ballo la invitava a raggiungerlo, il vampiro si scoprì il
braccio e con discrezione permise ad Hayley di
morderlo. Il solletico del veleno che cominciava a circolargli in corpo fu come
una dose di fiducia.
****
“Perché
sono qui esattamente?”
Tristan
la fece volteggiare e con grazia la riprese tra le braccia. Attese un attimo
prima di parlare e in quei sessanta secondi le squadrò il viso con un sorriso
appena accennato.
“Lei
è qui, signorina Morgan, in rappresentanza della categoria cacciatori” le
rispose con un tono che sembrava voler dire che era ovvio.
“In
rappresentanza dell’intera categoria?” chiese lei di rimando. “Sono molto
attiva nel campo, è vero, ma non credo di essere la migliore. E di solito è il
migliore a farsi rappresentante per una categoria.”
Il
vampiro sorrise. “Non sia modesta” le disse piegando poco il capo. “Ho fatto le
mie ricerche, chiesto in giro. Lei è parecchio odiata perché è parecchio
temuta, ma è anche una cacciatrice giusta, che non uccide per principio ma solo
se necessario. E oltretutto intrattiene diverse… relazioni con esseri
soprannaturali. Questo fa di lei il perfetto collante tra il soprannaturale e l’umano.”
“Intrattenere
relazioni” Allison abbozzò un sorriso. “Lei è davvero
la copia di Elijah, Tristan.”
“Forse
lo sono nei modi e nei gesti, ma non sono fortunato come lui; non ho una
splendida donna come lei al mio fianco.”
“Il
mondo è pieno di belle donne,” gli disse la cacciatrice fermandosi mentre la
musica finiva. “Provi a mettere da parte le iniziazioni
ed entri nel ventunesimo secolo… sono certa che ne troverà una.”
Lui
la guardò mentre si allontanava. “Ci proverò” disse mettendo le mani in tasca e
indietreggiando di qualche passo. “Spero che Marcel sopravviva, non vorrei mai vedere
un’espressione triste su quello splendido viso che la natura le ha donato
signorina Morgan.”
Il
vampiro raggiunse il centro della sala e alzò le mani in alto, attirando l’attenzione.
Tutti i presenti si zittirono e quasi come se sapesse che toccava a lui Marcel
gli si posizionò davanti.
Allison
sentì il cuore saltare un battito, poi la mano di Elijah stringere la sua
mentre lui ed Hayley le si mettevano accanto.
Come
previsto, Mohinder si era rivelato un osso duro, ma
il piano di Allison era perfettamente riuscito.
Marcel si era poggiato a lei, dopo essersi rifiutato di uccidere il suo nemico,
quando era stato chiaro che la Strige
– così si chiamava quella folle congrega di vampiri – voleva il caro Mohinder morto e Marcel era lo strumento.
Non lo ucciderò al posto vostro,
aveva annunciato alcuni secondi prima di aggrapparsi stanco alla cacciatrice.
Tristan
sorrise avvicinandosi al suo uomo. Con un gesto rapido gli strappò il cuore dal
petto, poi volse lo sguardo a Marcel. “Ti assicuro che se lo meritava,” gli
fece sapere. “Stava compiendo terribili crimini contro la congrega anche se tu
non potevi saperlo. Tener testa ad un combattente così degno è stata una prova
di grande forza e coraggio, ma l’integrità che hai mostrato rifiutandoti di
ucciderlo senza un motivo… questa era la vera prova Marcel Gerard. Benvenuto
nella Strige” annunciò porgendogli l’anello che gli apparteneva.
Marcel
lo afferrò con una mano, poi si lasciò aiutare da Elijah mentre Allison continuava a guardare Tristan
dritto negli occhi. In quelle iridi nocciola un fuoco di sfida che al capo
della congrega piaceva. Rendeva le cose più divertenti.
****
John
e Freya stavano bevendo una tazza bollente di caffè
quando Allison e gli altri erano tornati dalla festa.
Quando Elijah aveva chiesto loro cosa fossero quelle facce scure, Freya aveva chiamato anche Klaus e dopo che l’Ibrido aveva
guarito Marcel, tutti si erano messi a sedere, in attesa.
Allison
aveva osservato John per alcuni lunghi istanti, notando che lui non aveva mai
ricambiato il suo sguardo. Aveva tenuto la testa bassa, gli occhi persi dentro
quella tazza che stringeva tra le mani.
Per
lei che lo conosceva era il chiaro segno che qualcosa non andava e si trattava
di qualcosa di grosso.
“John,”
gli disse allungando la mano e poggiandogliela sul braccio. “In che guaio ti
sei cacciato?”
Finalmente
Constantine la guardò, un lieve sorriso gli colorò il viso. “Nessun guaio dolcezza,” le disse. “Stavolta non si
tratta di me, anche se lo preferirei.”
La
donna corrugò la fronte, si sciolse i capelli e guardò Freya.
“Che succede Freya?”
“John”
la strega fece un grosso respiro, poi continuò. “John aveva dei sospetti sul
modo in cui la maledizione che era stata lanciata su Hayley
e il suo branco è stata spezzata. Così siamo andati da Midnite.”
“Oh
John” Allison si passò le dita tra i capelli. “Perché
l’hai fatto? Ti avevo detto esattamente com’era andata e…”
“Tu
non sai cosa hai fatto!” esclamò lui alzandosi. Si accese una sigaretta e tirò
una lunga boccata prima di volgere lo sguardo a Freya,
quasi per chiederle di continuare.
“Non
hai solo pagato qualche dollaro,” riprese la strega. “Papa Midnite
ti ha ingannata.”
“Non
capisco di cosa state parlando” si intromise Elijah. “Freya,
che sta succedendo? Chi è Midnite?”
“È
lo stregone a cui Allison si è rivolta per salvare Hayley e il suo branco” spiegò velocemente l’altra “ma per
spezzare la maledizione di Dahlia serviva un
grandissimo potere che lui non aveva. Così ha attinto all’unica fonte in grado
di darglielo; l’anima di Allison.”
La
cacciatrice sentì gli occhi di ogni presente su di lei. Quegli sguardi
bruciavano tutti con un’intensità diversa, quello di Elijah più di qualunque
altro.
“Che
significa?” chiese Hayley. “Che le ha preso l’anima?”
John
scosse il capo tenendo gli occhi fermi su Allison;
era pallida, ma non troppo sorpresa. “Le anime hanno un immenso potere, Papa ha
usato l’energia che quella di Allison contiene per
avere il potere necessario a spezzare la maledizione. Ha ancora la sua anima ma
si sta lentamente consumando, giorno dopo giorno.”
Marcel
si passò una mano sul viso. “E una volta che si sarà consumata?” domandò. “Diventerà
una specie di… mostro senza anima?”
“Una
volta che si sarà consumata morirò” Allison
finalmente parlò. Incrociò le mani sul tavolo e chiuse gli occhi trattenendo
con difficoltà le lacrime. “Non si è preso la mia anima, ma l’energia che
possiede. E quell’energia fa di me… me. In questo momento è come se ogni frammento
del mio corpo si stesse lentamente disintegrando dentro di me” spiegò. “Quel figlio
di puttana…”
Elijah
le strinse la mano; sembrava tranquillo, ma quando parlò fu chiaro che non lo
era affatto. “Come risolviamo questa situazione?” chiese rivolto a sua sorella.
“Tecnicamente
basterebbe praticare un incantesimo di guarigione, ma…”
“Che
stiamo aspettando allora?” intervenne Klaus fino ad allora rimasto in silenzio.
“In
questo momento Allison e il branco che ha liberato
dalla maledizione sono strettamente collegati. Più loro ritornano in forze più Allison peggiora. Non possiamo aiutare lei senza… senza
condannare loro. Se la guariamo riattiveremo l’incantesimo.”
Elijah
si mise in piedi. “Allora torneranno ad essere lupi e troveremo un altro modo
per spezzare quella dannato maledizione.”
“No!”
replicò Allison. “Non lo faremo, non è quello che
voglio.”
“Dannazione
Allison!” l’Originale elegante afferrò una sedia e la
scagliò lontano, facendo sobbalzare tutti. “Questo non è un gioco, non
sacrificherai la tua vita. Troveremo un’altra strega che possa spezzare l’incantesimo.
Costringerò Davina con la forza se necessario e…”
“Davina
è solo una ragazzina!” urlò la cacciatrice alzandosi di scatto. “Sarebbe
chiederle troppo e non sarebbe giusto. Questo è un casino che ho fatto io, quindi
lo risolverò da sola.”
“E
che succede se non ci riesci?”
“Allora
morirò” replicò lei. “Ma Hope ha bisogno di sua
madre.”
“Io
ho bisogno di te!” la voce di Elijah era spezzata, lente lacrime scendevano
sulle sue guance, ma lui sembrava non accorgersene. Incurante di tutte le
persone intorno, si avvicinò ad Allison e la strinse
forte, affondando il viso tra i suoi capelli. “Io ho bisogno di te” ripeté,
stavolta in un sussurro.
La
donna chiuse gli occhi stringendolo. Quando li riaprì, dopo diversi minuti, a
parte lei ed Elijah non c’era più nessuno nella stanza.
****
Allison
indossò una vecchia felpa sopra gli slip, spense la luce del bagno e sospirò
rimanendo a fissare Elijah seduto sul letto. Indossava ancora lo smoking, ma il
cravattino era slegato, la camicia sbottonata.
Fissava
un punto della stanza e non aveva detto una parola da quando, con le mani
strette l’una all’altra avevano lasciato la tenuta e si erano rifugiati in
quella piccola villetta che Allison aveva comprato un
anno prima ma che oramai apparteneva ad entrambi.
La
donna si mise a cavalcioni su di lui e gli prese il viso tra le mani quando lui
le sorrise appena stringendole delicatamente i fianchi. Pensò che c’erano tante
cose da dire, ma loro in fondo non avevano mai avuto bisogno di parlare molto,
era sufficiente stringersi, baciarsi, guardarsi. Così poggiò la bocca sulla
sua, gemendo appena quando con un gesto rapido e deciso lui se la mise sotto,
posizionandosi tra le sue gambe nude.
“Tu
mi ami” gli sussurrò staccandosi dalle sue labbra. “Ero così gelosa di Hayley, così insicura, ma stasera l’ho capito. Tu mi ami.”
Elijah
fece scivolare una mano sotto la felpa, le avvolse la vita con un braccio e la
sollevò piano, mettendosi a sedere, stringendola a sé. “Io ti amo dal primo
momento che ti ho vista. Da quando abbiamo ballato insieme e mi hai sorriso
mostrandomi quelle bellissime fossette sulle guance” le disse baciandola di
nuovo; una, due volte. “Quando la musica è finita ho continuato a ballare perché
non volevo lasciarti andare.”
Allison
sorrise accarezzandogli le labbra con la punta delle dita. Le lacrime le
solleticavano il viso scendendo lente fino alla bocca. Stavolta l’ho fatta davvero grossa, non è vero? avrebbe voluto
dire, per stemperare la tensione, per mostrarsi forte.
Ma
quando aprì la bocca per parlare, quello che ne venne fuori fu tutt’altra cosa.
Qualcosa che non si aspettava, qualcosa che, si accorse, veniva dritta da
dentro.
“Sposami
Elijah” mormorò guardandolo negli occhi.
Lui
la baciò, passandole una mano tra i capelli, deliziato dal profumo di frutti
che emanavano. Poi poggiò la fronte sul suo petto, all’altezza del cuore.
NDA:
È davvero la fine per la nostra adorata
cacciatrice? Chi è il nuovo misterioso tizio che fa la sua
comparsa? Chi vuole vedere l'anello di fidanzamento? Come reagiranno i
Winchester e Castiel quando scopriranno cosa sta succedendo alla loro
amica? Questo matrimonio, s'ha da fare o no? Per tutte queste domande
(e altre) e poche risposte (sono cattiva lo so xD) leggete il capitolo
:D sotto sotto, oltre all'anello, un'anticipazione dei prossimi
capitoli e l'outfit di Allison del flashback... quello che ha mozzato
il fiato ad Elijah... e proprio qui un invito a leggere la prima one
shot di una raccolta che ho iniziato a scrivere solo ieri: What
if? Buona lettura e
ricordate che i commenti sono il carburante degli scrittori, ci fanno scrivere
meglio e più velocemente ;) Roby.
PS c'è qualche personaggio di TVD, Supernatural o
Constantine con cui vi piacerebbe vedere Allison interagire di
più? Vivo o morto non ha importanza (esistono i flashback).
Fatemelo sapere :)
9.
Quando
Elijah aveva aperto gli occhi quella mattina, Allison
non era a letto. Allungando la mano sul suo lato si accorse che era freddo,
quindi doveva essersi alzata oramai da un bel po’.
Dannazione,
sapeva essere silenziosa quando voleva. Non aveva sentito alcun rumore, né
alcun movimento… Non ne sentiva neppure adesso.
“Allison!” la chiamò ad alta voce, alzandosi con un balzo,
indossando velocemente i pantaloni. “Allison” ripeté
quando lei non rispose.
L’Originale
uscì dalla camera col cuore in gola, un senso di impotenza e terrore che non
provava da tanti tantissimi anni. L’ultima volta che si era sentito in quel
modo era stato più di mille anni prima, quando Mikael
aveva colpito Klaus la prima di una lunga serie di volte.
Ora
però quella sensazione era anche peggio di allora; Allison
non stava bene, da quanto Freya e John gli avevano
detto una settimana prima, dopo quello stupido ballo in maschera, era solo una
questione di tempo prima che morisse. Quanto tempo però non avevano saputo
dirglielo e così, mentre le ricerche di Papa Midnite
– che sembrava impossibile da trovare – continuavano, ogni volta che la bella
cacciatrice non era dove poteva vederla, o sentirla, lui veniva pervaso dal
terrore di trovarla stesa sul pavimento, inerme, perduta per sempre.
“Allison!” urlò, stavolta più forte che poteva. L’eco delle
sue stesse parole risuonò nella cucina vuota.
La
porta si aprì di colpo e lei lo guardò confusa, pronta a qualunque cosa, come
sempre.
“Elijah”
gli disse raggiungendolo. “Che succede?”
L’Originale
tirò un sospiro di sollievo, poi se la strinse al petto cercando di riprendere
il controllo. “Mi sono svegliato e non c’eri.”
Lei
si staccò poco da lui, giusto quel tanto che bastava per guardarlo in faccia,
ma gli avvolse la vita con le braccia rimanendo stretta al suo corpo. “Ero sul
portico a prendere un po’ d’aria. Lo faccio quasi tutte le mattine.”
“Lo
so, è solo che…” Elijah respirò a fondo pensando bene a cosa dire. Non aveva
voglia di litigare, non avevano tempo per farlo. Eppure ogni volta che nominava
Midnite, quel dannato patto e la sua testardaggine
nel rifiutare di farsi guarire, si finiva sempre per discutere.
Non importa se
torneranno lupi, Hayley è d’accordo, purchè tu ti salvi le aveva ripetuto per
tutta la settimana.
Non mi importa cosa
dice Hayley, lei deve rimanere umana e prendersi cura
di sua figlia era stata l’unica risposta che aveva
ricevuto.
“Credevi
che mi fosse successo qualcosa vero?” gli chiese lei distogliendolo dai suoi
pensieri. “Credevi che fossi morta forse?”
Lui
annuì piano, sentendosi ridicolo e terrorizzato nello stesso momento.
“Oh
Elijah” riprese lei e le sue mani gli accarezzarono dolcemente il viso. “Sto
benissimo, non preoccuparti. Stamattina mi sento davvero magnificamente, così
bene che ho fatto un’abbondante colazione a base di yogurt e frutta senza avere
la nausea, e ho pianificato una fenomenale serata per la cena del
Ringraziamento al Rousseau’s.”
Il
vampiro la baciò dolcemente, trasferendo in un gesto tutto quello che avrebbe
voluto dirle, tutto quello che sentiva. Le avvolse la vita con le braccia,
accorgendosi di quanto fosse dimagrita e sollevandola la mise a sedere
sull’isola della cucina. “Raccontami tutto di questa fenomenale serata,” le
disse staccandosi dalle sue labbra e raggiungendo la sua giacca appesa
all’appendiabiti accanto alla porta.
“Per
prima cosa,” iniziò Allison fissando fuori dalla
finestra, come faceva ogni volta che parlava di qualcosa che la rilassava.
“Darò un aumento a tutti i dipendenti, Camille
compresa. Secondo, la cena sarà gratis per tutti quelli che sono soli e non
hanno nessuno con cui trascorrere questo giorno di festa. Farò stampare dei
volantini e li appenderò in giro per la città. Ne ho una bozza proprio sul mio
computer. Vuoi vederla?” gli chiese voltandosi.
Quello
che vide però, non fu il viso del suo bell’Originale, ma una scatolina di
velluto scuro aperta, con dentro il più bell’anello che avesse mai visto. La
mente la riportò al momento in cui giorni prima, stretti in un momento di
tenerezza, gli aveva chiesto di sposarla. Lui aveva detto sì, ma poi non ne
avevano più parlato ed Allison aveva mentalmente
archiviato il discorso sotto la voce cose
che si dicono nei momenti di sconforto.
Credeva
che fosse superato, solo un momento, ma l’anello di fronte ai suoi occhi
sembrava urlare il contrario.
“Questa
decisamente non me l’aspettavo” mormorò cercando lo sguardo di Elijah,
incontrandolo subito dietro la scatolina. “È quello che penso?”
Con
delicatezza lui sfilò l’anello dalla scatola e le prese la mano sinistra. “Se
stai pensando che si tratta del tuo anello di fidanzamento allora sì, è
esattamente quello che pensi.”
“Oh
mio Dio” sussurrò lei coprendosi la bocca con l’altra mano. “Aspetta, aspetta El” gli disse prima che lui facesse scivolare quel
bellissimo cerchio rosa giù per il suo dito.
Elijah
si fermò e la guardò, si accorse che stava piangendo ma non era certo che
fossero tutte lacrime di gioia. “Che c’è?”
“Sei
sicuro?” gli chiese lei. “Non devi farlo per forza solo perché sto morendo e
dirmi di no ti sembra… crudele. Voglio dire, forse dovremmo rifletterci,
parlarne.”
“Ne
abbiamo parlato.”
“No”
Allison scosse il capo, alcune lacrime si
sparpagliarono sulle guance, altre scesero dritte fino a bagnarle le labbra. “Eravamo
molto emotivi e spaventati e io…”
“Tu
mi ami?” la interruppe lui. “Tu mi ami, Allison?”
chiese ancora asciugandole il viso con la punta di due dita.
“Sai
che ti amo.”
Elijah
piegò poco il capo, poi si inumidì le labbra e fece vagare lo sguardo per un
attimo prima di continuare, poggiandolo su di lei. “Questo anello mi segue
dovunque vada da quasi due mesi, avrebbe dovuto prendere il suo legittimo posto
già molto tempo fa e il suo posto è su di te” le disse.
Con
un gesto lento ma deciso fece scivolare l’anello sul dito della cacciatrice,
poi lo guardò per un attimo notando quanto era perfetto su quella mano
affusolata e calda. “Perfetto” mormorò.
Lei
sorrise avvicinandoselo agli occhi per vederlo meglio. “Questo anello significa
per sempre Elijah e per te significa
davvero davvero per sempre. Lo sai vero?”
“Quello
che so è che per me non esiste un per sempre senza di te. Non più.”
Allison
poggiò la fronte sulla sua. “Proprio non riesci a stare senza di me vero?”
chiese scherzando e quella frase li riportò entrambi allo stesso ricordo.
MYSTIC FALLS – 5 ANNI
PRIMA
“Elijah” Elena lo fissò
sorpresa, aprì poco di più la porta e sorrise all’unico Originale di cui si
fidava.
“Elena,” la salutò lui.
“Mi dispiace disturbarvi a quest’ora, probabilmente ho interrotto la cena o
magari stavi già dormendo.”
La ragazza sorrise
scuotendo il capo. “Oh no,” disse. “Allison sta per
ripartire e quasi tutti sono venuti a salutarla, quindi…”
“Ripartire per dove?”
chiese lui d’istinto.
“Non so di preciso dove
stia andando” Elena lo fissò con la fronte corrucciata, poi si ricordò del modo
in cui si lui e la cacciatrice si erano guardati ballando due sere prima e
sorrise. “Vuoi parlare con lei?”
Elijah sorrise appena
abbassando lo sguardo, quando lo rialzò Allison stava
avanzando verso la porta, in mano un borsone, i capelli sciolti e mossi sulle
spalle, un paio di jeans corti che mettevano in risalto due gambe mozzafiato e il
viso basso. “Ciao” le disse.
La donna alzò lo
sguardo, incrociando prima quello di Elena, poi quello del vampiro. “Ah!”
esclamò sorridendo, con quelle fossette sulle guance che le davano un’aria
innocente, che gli facevano venire voglia di sorridere. “Elijah Mikaelson, l’Originale elegante” lo apostrofò fermandosi a
pochi passi da lui. “Un ballo e già non riesci a starmi lontano… Ammettilo, io
ti piaccio” affermò con un tono che lo fece sorridere.
****
Jonas
Leandro entrò di fretta dentro uno degli edifici vuoti e fece un grosso respiro
cercando di riprendere quanto più controllo poteva. Quei tizi erano degli ossi
duri, succhia sangue affamati che non si sarebbero fermati fino a quando lui
non fosse morto, o peggio…
“Dannazione!”
esclamò a denti stretti quando si accorse che la sua gamba sanguinava,
probabilmente aveva lasciato delle tracce.
Quanto
più velocemente poteva tirò fuori dalla tasca il sacchetto che teneva sempre
con sé, versò un po’ del contenuto per terra e lo sparpagliò con una mano
creando una specie di semi cerchio. Con l’altra premette sulla gamba per
cercare di bloccare il sangue.
“Apagar”
sussurrò chiudendo gli occhi, pensando intensamente a quello che voleva sapere.
Quando
dopo pochi secondi li riaprì sapeva dove andare, il problema era che per farlo
doveva uscire vivo da lì e quella non era proprio un’impresa semplice.
****
“Dannazione!”
esclamò Freya rimettendosi dritta, guardando
l’ennesima mappa che aveva posizionato sul tavolo andare a fuoco e bruciare
completamente sotto gli occhi suoi e di John. “Perché non ci riesco?”
“Non
essere troppo dura con te stessa dolcezza,”
le disse proprio Constantine. “Papa Midnite è molto furbo
e la sua magia è molto oscura. Se ha deciso di sparire, trovarlo sarà
difficile.”
“Impossibile
vorrai dire” rispose la giovane strega andando su e giù per la stanza. “Che
cosa facciamo adesso? Voglio dire… come la aiutiamo senza condannare il
branco?”
John
gettò quello che rimaneva della sua sigaretta dentro una tazza piena a metà di
tè, poi sospirò mettendo le mani nelle tasche. “Non possiamo” rispose. “A meno
che non troviamo qualcuno abbastanza potente da spezzare la maledizione.
Guariamo Allison e poi mettiamo fine a
quell’incantesimo che affligge il branco… solo così ci permetterà di aiutarla.”
“Non
guardare me,” gli disse Freya quando notò che la
stava fissando. “Ho imparato molto da Dahlia ma non
ho il potere che aveva lei, altrimenti avrei già spezzato la maledizione da
tempo.”
L’uomo
fece un grosso respiro, poi afferrò il suo telefono che squillava; il numero
sullo schermo… non lo vedeva da anni e non credeva lo avrebbe rivisto mai più.
“È arrivato il momento di chiamare i Winchester e Castiel;
forse loro sapranno farla ragionare o, nel migliore dei casi conoscono una
strega abbastanza potente da aiutarci” disse dando un’ultima occhiata a quello
che rimaneva della mappa sul tavolo, prima di rispondere.
Freya
scosse il capo guardandolo allontanarsi. Realizzò che l’ingrato compito toccava
a lei. Si chiese quali fossero le parole giuste per spiegare quello che stava
succedendo con una telefonata.
Ci
stava ancora pensando quando l’arrivo di un messaggio fece vibrare il suo
cellulare sul tavolo; Allison le chiedeva di
raggiungerla al Rousseau’s.
Decise
di portare Hope con sé, Allison
la adorava e il sentimento era reciproco. Se davvero la fine della cacciatrice
era vicina, meglio farle vivere dei momenti belli da custodire come preziosi
ricordi per il tempo che le rimaneva.
NDA: Buona lettura :)
spero vi piaccia :) lasciatemi un pensiero se vi va, Roby. PS
come sempre in fondo l'outfit di Allison :)
10.
Il
Ringraziamento era finalmente arrivato, eppure nessuno si sentiva in vena di
festeggiare. Negli ultimi tre giorni d’altronde erano successe così tante cose,
e tutte terribili, che non c’era nulla di cui essere grati.
La
prima, in ordine, era stato il ritorno di uno dei più grandi amori di Niklaus; Aurora la psicotica sorella del misterioso Tristan, poi Camille era stata
arrestata ed infine il grande antico amore dell’Ibrido aveva deciso che nessuno
meglio di lei poteva proteggere Rebekah e così ne
aveva rubato il corpo e lo aveva fatto sparire.
Tre
giorni terribili eppure mentre guardava il suo bell’anello di fidanzamento Allison non poteva fare a meno di sorridere. Pensò che in
fondo se lo meritava, dopo anni ed anni di sofferenze era un momento di
felicità e lei voleva goderselo, nonostante tutte le cose brutte che stavano
accadendo, nonostante il fatto che da un momento all’altro avrebbe potuto
chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.
“Devo
ammetterlo” sentì dire. “Mi fa strano vederti da quel lato del bancone a
servire i clienti.”
Allison
abbozzò un sorriso, si voltò lentamente per dare un volto alla voce e sospirò. “Mi
piacerebbe servirli,” disse. “Ma come ogni giorno a New Orleans c’è una parata,
la gente si rimpinzerà di hot dog e nessuno verrà a pranzo.”
“Ma
probabilmente stasera ci sarà il pienone. Cena gratis per tutti quelli che non
hanno nessuno…” le disse lui indicando un volantino poggiato sul bancone. “Hai
idea di quanti ne approfitteranno? Ti ritroverai il ristorante pieno di gente
di ogni tipo e credimi, non tutti verranno perché sono soli.”
Lei
si strinse nelle spalle versandogli una tazza di caffè. “Non ha importanza”
disse. “Ci sarà cibo a sufficienza per tutti. Anche se temo che ci sarà poco
personale visto che Camille ha pensato bene di
prendersi qualche giorno di vacanza proprio adesso, traumatizzata dal suo
ingiusto arresto. Sarà dura, ma ce la farò.”
Will
bevve un sorso dalla tazza, poi abbassò gli occhi fissandoli su un punto
indefinito. “Il tuo fidanzato non ti darà una mano?” chiese poggiando lo
sguardo sul diamante che le brillava al dito. “L’ultima volta che ci siamo
visti non lo portavi.”
Allison
sorrise, poi spostò la mano quasi per riflesso. “È una cosa… recente, per così
dire.”
“E
ti rende felice?”
La
donna si tolse il grembiule, recuperò qualche volantino da sotto il bancone e
raggiunse il detective dall’altro lato. “Molto più di quanto credessi possibile
Will.”
“Bene.”
“Bene!”
fece eco lei. “Ora devo andare, devo distribuire ancora un po’ di volantini, ti
va di venire con me?”
L’uomo
si mise in piedi. “Vorrei, ma il dovere mi chiama. Ho ancora un serial killer
da catturare dopotutto” tirò fuori dalla tasca dei soldi, ma Allison scosse il capo toccandogli il braccio.
“Offre
la casa” gli disse sorridendo. “E spero di non vederti stasera, se non verrai
vorrà dire che non sei solo.”
Will
Kinney sorrise guardandola lasciare il ristorante. La
vide salire un attimo in auto e scenderne subito dopo con indosso un capello
nero e un paio di occhiali da sole, sorridente e bella come non mai. Pensò che
Elijah Mikaelson era davvero fortunato.
Allison
invece, stava pensando a quanto era fortunata lei ad avere il suo Originale
elegante, quando svoltando l’angolo si era imbattuta in Tristan
de Martel.
“Signorina
Morgan!” le disse lui sorridendo, togliendosi con un gesto lento gli occhiali
da sole e appendendoli nel taschino della sua giacca. “Speravo proprio di
incontrarla. Non la vedo dal giorno dell’iniziazione di Marcel e ho sentito
delle… spiacevoli voci sul suo conto.”
“Quello
che la gente dice di me non è un mio problema” tagliò corto lei. “Non lo è mai
stato. Ora se vuole scusarmi, devo andare.”
Tristan
afferrò uno dei volantini che aveva in mano, costringendola a fermarsi, e lo lesse.
Su quel foglio di carta rossa e verde lucida c’era tutto lo spirito di quella
donna;
Il Rousseau’s rimarrà aperto il giorno del Ringraziamento.
Se sei solo
vieni a mangiare e festeggiare con noi...
“…Cibo
gratis e un posto caldo in cui stare in compagnia” lesse a voce alta. Poi la
guardò. “Cibo gratis per chiunque sarà solo durante questo giorno? Molto gentile
da parte sua, magari farò un salto dopo la cena a cui sono stato gentilmente
invitato da Elijah e Klaus.”
Il
tono con cui lo disse spinse Allison ad alzare gli
occhi al cielo e ridere scuotendo leggermente il capo.
Il
vampiro si ritrovò, suo malgrado, a sorridere guardandola. Notò che quelle
fossette sulle guance erano più profonde quando era rilassata, come in quel
momento. “Ho detto qualcosa di divertente forse?”
“No”
si riprese lei tornando dritta. “È il modo in cui l’ha detto; nominare casualmente
la cena di cui credeva non sapessi assolutamente nulla…”
“E
invece lo sapeva” Tristan indossò di nuovo gli
occhiali da sole, poi piegò il volantino e lo mise nella tasca interna della
giacca. “Sono lieto di vedere che sta bene Allison.
Molti la danno per spacciata dopo quello che Papa Midnite
le ha fatto,” si fermò un attimo, guardandola attentamente, cercando di notare
ogni minimo cambio di espressione. Si aspettava di averla sorpresa, si
aspettava che gli chiedesse come faceva a sapere di Midnite.
Ma la bella cacciatrice non fece nulla di tutto questo; quello che fece fu sospirare.
“Ci
vuole di più di uno stregone pallone gonfiato per mettermi fuori gioco” gli
disse piazzandogli una dozzina di volantini in mano. “Le dispiace distribuirli
mentre fa la sua passeggiata? Mi sarebbe di grande aiuto.”
Poi
si allontanò sparendo tra la folla, lasciandolo solo con un sorriso e una
spiazzante, indecifrabile, sensazione alla bocca dello stomaco.
****
“Una
cena?” la voce di Allison risuonò in tutta la casa
mentre sbatteva quello che era rimasto dei suoi volantini sul mobiletto bar. “Avete
inviato a cena il folle, ricco e vanaglorioso vampiro la cui folle, ricca e
vanagloriosa sorella ha rapito Rebekah? Una cena di
cui non sapevo nulla tra l’altro, ho dovuto bluffare quando quel Tristan de Martel me lo ha detto
con quel sorriso sarcastico stampato su quella sua faccia da schiaffi.”
Klaus
le versò un sorso di bourbon, poi ne prese un altro bicchiere per sé. “Abbiamo
invitato anche Aurora e Lucien a dire il vero” specificò. “Io ed Elijah abbiamo
un piano.”
La
donna bevve un sorso, poi posò il bicchiere. “E quale sarebbe esattamente?”
chiese raggiungendo una delle poltrone e mettendosi a sedere, cercando di
sembrare rilassata nonostante il fatto che in quel preciso istante il cuore le
batteva all’impazzata; e non era per paura o tensione, era perché si stava
spegnendo lentamente dall’interno e quei malori improvvisi erano solo l’inizio
di una lunga serie di sofferenze.
“Il
piano è metterli uno contro l’altro e poi affrontarli singolarmente fin quando
uno di loro non crollerà e ci dirà dove si trova Rebekah.
Dopodiché li uccideremo tutti e potremo finalmente occuparci delle cose
veramente importanti; come ad esempio cercare di evitare la tua morte
risolvendo il casino che hai fatto spezzando quella maledizione” rispose lui
tutto d’un fiato. “Come se non avessimo già abbastanza problemi… tu e la tua
irresponsabilità.”
“Niklaus!” lo ammonì Elijah avvicinandosi ad Allison.
“Hai
maledetto la madre di tua figlia solo perché sei ossessivo con le cose che
ritieni essere di tua proprietà, come Hope, per
esempio” Allison si mise in piedi. “Il casino che ho
fatto l’ho fatto per risolvere quello ancora più grande che avevi fatto tu. Se
non fosse per me adesso le tue mani sarebbero sporche anche del sangue di tuo
padre, per un gesto impulsivo in più che avresti dovuto spiegare a tua figlia
una volta cresciuta. Quindi non ti permetto di parlarmi così, non dopo tutto
quello che ho fatto per questa famiglia, dopo tutto quello che ho fatto per te
Klaus.”
In
quegli occhi nocciola l’Ibrido vide il furore che da sempre ammirava; una
rabbia controllata che Elijah placò con un bacio sulla fronte mentre lui si
perdeva nel ricordo di quel momento in cui credeva che lei li avesse traditi.
NEW ORLEANS – SEI MESI E MEZZO PRIMA
Allison riprese coscienza giusto in tempo per sentire la voce
di Mikael dire qualcosa a Rebekah.
Non capì bene cosa ma dubitava si trattasse di qualcosa di dolce e paterno. Si
chiese che diavolo avessero quei Mikaelson e poi si
disse che la parola diavolo era sufficiente per rispondere alla sua domanda. La
testa le faceva ancora un po’ male ed era sporca di sangue, ma non aveva tempo
di fermarsi a pensare, tantomeno a cambiarsi.
Guardò l’orologio al muro e sospirò; aveva ancora un po’ di tempo prima che
quello che aveva visto si avverasse. Prese la Colt, gentile omaggio dei
Winchester, e se la mise dietro la schiena, pronta a fare ciò che doveva. Solo
ciò che doveva e niente di più.
“Elijah!” la voce di Marcel risuonò forte, o almeno così le sembrò. “Hayley, Jackson ed Hope sono
spariti. Ero andato a prenderli come previsto ma di loro nemmeno l’ombra.”
Allison entrò nella stanza giusto in tempo per vedere il
terrore stampato sul viso di tutti i presenti. Pensò che era decisamente il
caso di parlare, ma le parole faticavano un po’ a venire fuori perché, lei lo
sapeva, quello era il primo atto di uno spettacolo che avrebbe segnato la fine
della sua amicizia con i Mikaelson e forse persino della
sua vita.
“Stanno bene” mormorò infine raggiungendo una bottiglia di whisky che
sembrava chiamarla. Ne bevve un lungo sorso direttamente dalla bottiglia e poi
si preparò a parlare. “Li ho portati in un posto sicuro.”
“Che vuoi dire?” chiese Elijah. “Avevamo trovato un posto sicuro, proprio
qui in città.”
“Ecco come stanno le cose;” Allison si voltò e
avanzò di qualche passo per essere quasi al centro della stanza. “Quando ho
detto che avremmo dovuto trovare un posto sicuro per Hayley
e la piccola, non intendevo una vecchia infermeria della seconda guerra
mondiale resa inaccessibile alle streghe con una benedizione che potrebbe
facilmente essere spezzata. Intendevo qualcosa di più elaborato, per così
dire.”
“Quindi dove sono?” chiese Rebekah.
“Te l’ho detto. Sono in un posto sicuro e non credo ci sia bisogno di
aggiungere altro.”
“Tua figlia è al sicuro, abbiamo cose più importanti di cui occuparci” la
voce di Mikael attirò l’attenzione di tutti ed Allison fece un cenno a Marcel, un cenno che gli suggeriva
di uscire di scena, per il suo bene. Un cenno che lui colse al volo sparendo
così come era arrivato.
“Dahlia ha finito con noi per stanotte,” disse Freya guardando i suoi fratelli.
Elijah mise le mani in tasca avanzando di qualche passo. “E cosa facciamo adesso?”
“Non lo so, perché non era questo il mio piano.”
“La vostra stupidaggine,” tuonò Mikael. “ci ha
fatto perdere l’unica arma capace di uccidere Dahlia.”
“L’arma non è un problema.” Klaus, fino ad allora rimasto in silenzio, si
voltò per guardare tutti quanti. “Abbiamo una grande quantità del sangue di Freya a nostra disposizione” disse indicandola. “Trovare
della terra proveniente dalla patria di Dahlia non
sarà un grande problema. E Mikael ha già trovato
ceneri di vichingo, può farlo di nuovo.”
Mikael rise sarcasticamente. “Quelle ceneri sono state
rubate, con molta difficoltà da un museo. Non lo farò di nuovo solo per
rimediare alla tua stupidaggine.”
“In questo caso,” senza aggiungere altro Klaus lo strinse al muro
puntandogli il paletto di quercia bianca contro, dritto al cuore.
“No!” urlò Freya, mentre Elijah la teneva
bloccata.
Poi, esattamente come era successo nella sua visione, Allison
tirò fuori la Colt e la puntò alla testa di Klaus. Lo sguardo dell’Ibrido si
posò su di lei: un misto di rabbia e dolore gli colorava gli occhi chiari.
“Lascialo andare Klaus” gli disse rimanendo concentrata un po’ su tutti i
presenti nella stanza.
“Hai portato la tua Colt,” le disse Klaus. “Da quanto tempo sei in combutta
con il mio vecchio?”
“Non lo sono.”
“Dimmi la verità!” urlò Klaus facendo sobbalzare Rebekah,
spingendo Elijah a liberare Freya. Anche negli occhi
dell’Originale elegante, la confusione di chi subisce la più grande e brutta
delle sorprese.
“Non sono in combutta con lui Klaus. Ho avuto una visione qualche ora fa.
Ho visto questo preciso istante. Non sapevo ancora perché volessi ucciderlo e
ho pensato di essermi sbagliata. Ho sperato di essermi sbagliata per una volta”
raccontò Allison. “Ma poi Dahlia
ha distrutto il pugnale e tutto è stato chiaro.”
“Tu hai promesso che avresti protetto Hope ad
ogni costo. Questo è l’unico modo” intervenne Elijah. Freya
accanto a lui stava immobile, spaventata che un qualunque movimento, anche
minimo, avrebbe potuto mandare tutto all’aria. Era pronta ad usare la sua
magia, ma le sembrava che, almeno per il momento, Allison
avesse tutto sotto controllo.
“No non lo è!” esclamò Allison. “Vi procurerò io
le ceneri di un vichingo. Non c’è bisogno di uccidere nessuno. Hai la
possibilità di scegliere Niklaus. Fai la cosa
giusta.”
Klaus rise spingendo un po’ di più il paletto contro il petto di suo padre.
“Non mi sparerai,” le disse. “Lo sappiamo entrambi. Quindi…”
Prima che potesse concludere, un proiettile gli trapassò il piede facendolo
urlare di dolore. Indietreggiò barcollando e liberando Mikael
dalla presa. Allison si mosse di fronte al vampiro
cacciatore puntando la Colt contro quelli che considerava suoi amici ma che, ne
era sicura, non ricambiavano più il sentimento.
“Freya” la cacciatrice tirò fuori dalla tasca un
bigliettino porgendolo alla giovane. “Prendi Mikael e
aspettami fuori”
Freya annuì asciugandosi gli occhi. Afferrò suo padre per
il braccio e lasciò la casa.
Sola con Klaus, Elijah e Rebekah, Allison sospirò scuotendo poco il capo. “Che tu ci creda o
no Klaus, lo sto facendo per il tuo bene.”
“Sei una traditrice!” urlò lui. “Hai scelto Mikael
invece di noi. Ti ho aperto la mia casa, ti ho offerto la mia amicizia. Mi
fidavo di te.”
La donna alzò le mani in segno di resa. Rimise a posto la pistola e si
inumidì le labbra. “Davvero non riesci a vedere che è esattamente il
contrario?” chiese. “Devi smetterla di uccidere Klaus. Devi smetterla di
portare rancore. Tutto quell’odio finirà per distruggerti.”
“Disse la donna che per anni non ha fatto altro che pianificare l’uccisione
di suo fratello” Klaus rise.
“Non è la stessa cosa, e tu lo sai” disse Allison.
“Hai una figlia Klaus e un giorno crescerà e ti chiederà di raccontarle di
quella famiglia che non ha mai conosciuto. Ti chiederà di spiegarle perché non
ha dei nonni per esempio, magari guarderà le fotografie e indicando Kol ti chiederà perché non l’ha mai incontrato. Ti chiederà
di raccontarle la tua storia e anche la sua, quella che non può ricordare. E
probabilmente sarete soli in questa grande casa, perché le tue paure avranno
spinto tutti fuori dalle vostre vite, o forse perché spinto dai tuoi timori
avrai ucciso chiunque ti sia capitato a tiro. Sarete soli e arriverà il giorno
in cui ti chiederà perché lo siete. E dovrai dirle che non c’è gioia o amicizia
nella vostra vita perché l’odio che ti porti dentro ha distrutto tutto ciò che
di buono poteva esserci. Ed io non voglio che tu sia costretto a dirle questo.
Non voglio questo per quella dolce bambina e non lo voglio nemmeno per te. Sono
tua amica.”
“Sta’ zitta!” Klaus lasciò cadere alcune lacrime. Il piede gli faceva
ancora male ma la voce rotta di Allison gliene faceva
di più. “Tu non sei niente per me. Non più.”
La donna si asciugò il viso annuendo appena. “Vi farò avere tutti gli
ingredienti che vi servono quanto prima. Dirò ad Hayley
quello che sta succedendo e lascerò che sia lei a scegliere cos’è meglio per Hope. Se deciderà di tornare la riaccompagnerò
personalmente. Ad ogni modo le dirò di chiamarvi.”
“Io non ti perdonerò mai!” le urlò dietro Klaus mentre lei si allontanava.
Allison si fermò. Per un minuto pensò al da farsi, poi decise
di fare quello che le veniva dal cuore; anche se sapeva che era una mossa
azzardata, anche se sapeva che poteva costarle la vita. Tornò indietro e si
avvicinò a Klaus. Mentre lo stringeva in un abbraccio, fu sorpresa di vedere
che lui non cercava di scansarsi. Semplicemente se ne rimaneva immobile. “Non
fa niente” gli sussurrò. “Ti voglio bene lo stesso. E ti perdono.”
Gli baciò la guancia
allontanandosi da lui e poggiò la bocca su quella di Elijah per un lungo minuto
prima di andare via senza voltarsi indietro.
“Hai
ragione” disse scuotendo il capo per scacciare via il ricordo. “Troveremo un
modo di aiutarti. Ora sarà meglio che vada, la cena non si organizzerà da sola.”
Quando
fu uscito, Allison si rimise a sedere; aveva il
fiatone, gli occhi le bruciavano e le mani le tremavano. Aveva freddo e si rese
conto che le veniva da piangere. Dannato Midnite,
pensò mentre Elijah le poggiava uno scialle di lana sulle spalle.
“Hey” l’Originale si piegò sulle ginocchia, di fronte a lei,
e le prese le mani. “Stai bene?”
Lei
annuì sforzandosi di sorridere. “Sto bene. Klaus mi fa sempre perdere le
staffe, ma è una sensazione che passa in fretta; ancora prima quando mi dice
che ho ragione, come ha fatto adesso.”
“Klaus
fa perdere le staffe a tutti più spesso del necessario” Elijah abbozzò un
sorriso. “Ma ha ragione, troveremo un modo per aiutarti.”
Istintivamente
Allison prese a giocare col suo anello, facendolo
girare sul suo dito si accorse che aveva perso altro peso, perché le andava un
po’ lento. “Forse dovrei annullare questa serata al Rousseau’s.”
“La
pianifichi da giorni, ne eri così entusiasta fino a ieri.”
Lei
annuì. “Lo so, è solo che… John è partito per Star City oramai due giorni fa e
non ho avuto sue notizie da allora, Cami ha deciso di
sparire per riordinare le idee dopo
che Will l’ha arrestata ingiustamente e Rebekah è in
mano ad una folle che potrebbe averla portata ovunque. Forse dovrei rimanere
qui e dare una mano a Freya e Marcel.”
Elijah
respirò a fondo, poi la fece alzare prendendola per mano. Si mise a sedere al
suo posto e la fece accomodare sulle sue gambe, stringendole ancora di più la
coperta addosso. “Ti ricordi cosa mi hai detto quasi sei anni fa? Il giorno che
sono arrivato a Los Angeles, quando stavi aiutando quella giovane coppia appena
sposata che aveva perso la loro casa a causa di un gravissimo incendio. Mi sono
offerto di comprarne loro una nuovae
ricordi cosa mi hai detto?”
Allison
sospirò poggiando la guancia sulla sua fronte. “Ti ho detto che avrei potuto
comprarla anche da sola se…”
“Se
quello fosse stato il punto, ma non lo era” finì lui per lei. “E ricordi cosa
mi hai risposto quando ti ho chiesto quale fosse il punto?”
“Il punto è che questo posto è speciale per
loro e tutti dovrebbero avere un posto così… un posto che li rende felici.”
L’Originale
le prese la mano e ne baciò il palmo annuendo. Le sorrise quando incrociò i
suoi occhi alzando lo sguardo e le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Hai organizzato questa cena del Ringraziamento al ristorante per permettere a
chi non ha un posto speciale di averlo, anche se solo per una sera… Quindi no,
non devi annullare assolutamente nulla. Io e Klaus riusciremo a riavere Rebekah” le baciò dolcemente le labbra.
Lei
gli poggiò una mano sul viso dischiudendo poco la bocca per approfondire quel
contatto. “Immagino che questo significhi che non sono invitata a cena.”
“La
cena potrebbe diventare violenta, non voglio che tu sia qui se dovesse
accadere.”
“Va
bene” concordò lei, sorridendo quando lui la guardò sorpreso, quasi deluso dal
fatto che avesse accettato di ascoltarlo così facilmente. “Promettimi che mi
aggiornerai almeno.”
Si
alzò ed Elijah fece altrettanto. Ripiegò la coperta mentre lei indossava il suo
cappello e i suoi occhiali e sorrise mettendo una mano in tasca. “Mi piace il
tuo cappello.”
“Piace
anche a me” rispose lei uscendo dalla stanza. “A dopo” urlò mentre scendeva giù
per le scale.
****
La
donna si inginocchiò davanti all’altare, fece cadere qualche goccia di sangue
dentro un calice dorato, poi aggiunse un pezzetto di quella stoffa che il suo amico
angelo le aveva procurato
Rise
ripensando a lui e a quel suo modo di fare buffo e menefreghista. Quell’essere
non aveva un solo pensiero al mondo… aveva perso le sue ali, l’oscurità si
stava per abbattere sull’intera umanità e lui le aveva detto che niente, niente
aveva la priorità rispetto a lei, la cacciatrice più impulsiva e popolare del mondo del soprannaturale.
Non
poté fare a meno di rivolgere un pensiero anche a Josephine
che la cacciatrice l’aveva conosciuta bene… era stata una valida reggente, il
fatto che al suo posto ora ci fosse una ragazzina fin troppo sicura di se
stessa era un sacrilegio. Davina Claire non era all’altezza del compito, ma lei
sì. L’angelo Balthazar le aveva promesso un posto da
leader se Allison Morgan fosse uscita sana e salva
dal guaio in cui si era cacciata, senza conseguenze negative per il branco che
si era tanto premurata di salvare.
“PhasmatosTribum, Nas Ex Veras, SequitasSanguinem”pronunciò. Poi vide esattamente ciò di cui aveva bisogno.
NDA: Buona lettura :D
lasciatemi un pensiero se vi va :D in fondo l'outfit di Allison e
un'anticipazione dai prossimi capitoli :) Roby.
11.
NEW ORLEANS – OTTO ORE
PRIMA
Allison aveva già bussato quattro volte
quando finalmente Valerie aveva aperto la porta.
“Pensavo che non ci
fossi, stavo per rinunciare” le disse.
La strega abbozzò un
sorriso spostandosi di lato per farla passare, poi richiuse la porta e la guidò
fino un cucina invitandola a sedersi. “Ero sovrappensiero e che tu ci creda o
no non avevo sentito bussare” le disse. “Vuoi del caffè?”
“Volentieri” la cacciatrice
annuì mentre si metteva a sedere su una sedia togliendosi il cappello e
poggiandolo sul tavolo insieme ai pochi volantini che le erano rimasti. “Come
stai Valerie?”
“Intendi dopo la visita
dell’elegante ed inquietante Tristan?” Valerie versò
due tazze di caffè e si mise a sedere di fronte a lei. “Bene, anche se avrei
preferito evitare di fare la sua conoscenza. Mi ha colto di sorpresa, se
dovesse tornare non accadrà di nuovo.”
Allison annuì. “Non credo che tornerà. Ho
messo bene in chiaro che non amo che i miei amici vengano minacciati.”
“Hai scoperto perché
voleva così intensamente conoscerti?” l’altra bevve dalla sua tazza, poi
afferrò uno dei volantini. “E cos’è questo?” chiese leggendo.
“Mi ha detto che mi
voleva alla festa come rappresentante della categoria cacciatori” le spiegò la
sua amica. “Sono certa che non sia questo il motivo, ma gli ho fatto credere di
aver abboccato. Cercherò di capirne di più non appena potrò, ma non prima della
magnifica cena del Ringraziamento che ho organizzato al Rousseau’s.”
“Una cena per tutti
quelli che non hanno nessuno con cui trascorrere il Ringraziamento? Ti
ritroverai il ristorante pieno di accattoni…”
Allison corrugò la fronte stringendo con
entrambe le mani la sua tazza. “Conosci Will Kinney
per caso?”
“Non ho idea di chi
sia”
“Credo che dovrei
presentarvi, anzi perché non vieni ad aiutarmi stasera al ristorante? Avrò
bisogno di quanto più personale possibile e ovviamente verrai retribuita con
un’adeguata…”
“Ci sarò!” rispose
Valerie interrompendola. “Mi hai convinta a retribuita. Gli arnesi del mestiere
di strega costano parecchio. Arrotondare non fa mai male.”
“Meraviglioso!” esclamò
la cacciatrice ridendo. “Allora ci vediamo alle sei in punto. La cena inizia
alle otto. Ora devo andare ho alcune cose da fare prima di stasera.”
“Conosci la strada” le
disse l’altra con un sorriso.
“Sei la padrona di casa
peggiore che io abbia mai conosciuto” Allison scoppiò
a ridere mentre si alzava. Valerie la seguì a ruota.
“Sono Valerie, lasciate
un messaggio.”
Allison
sospirò e controllò nuovamente l’orologio; erano le sette e mezza e la sua
amica era in ritardo. Niente di strano se non fosse che Valerie non era mai in
ritardo.
E
poi, nemmeno una telefonata per avvertirla… decisamente non la Valerie che lei
conosceva. Non sapeva perché, o forse era colpa del suo stato di salute che
peggiorava inesorabilmente, ma si sentiva inquieta. Non era da lei giungere a
conclusioni affrettate, prima spara e poi
fai le domande era da sempre il motto di Dean, non il suo. Eppure sentiva
che se c’era qualcuno che poteva sapere qualcosa di Valerie era Tristan e al contrario della sua amica, lui sapeva
esattamente dove trovarlo.
“Nathalie” disse ad una delle cameriere. “Devo assentarmi
per un po’. Puoi occuparti tu di ciò che manca? Cercherò di tornare il prima
possibile.”
“Vai
tranquilla, mi occupo di tutto io. Fai con calma.”
Allison
le sorrise, poi lasciò il ristorante e visto il traffico che notò non appena fu
fuori dal ristorante, decise di camminare.
“Dannate
parate” mormorò mentre componeva il numero di Elijah.
****
“Signorina
Morgan!”
Tristan
si alzò le andò incontro non appena la vide entrare. Elijah lo fissò con la
fronte corrucciata, poi scambiò un’occhiata con suo fratello mentre gli altri
due ospiti fissavano la scena.
“Due
volte in un giorno, quante erano le possibilità?” il vampiro le prese la mano e
la sfiorò con le labbra, poi indietreggiò mettendo le mani in tasca,
guardandola da capo a piedi senza distogliere lo sguardo neppure quando Elijah
la raggiunse e le baciò la guancia.
Allison
sorrise al suo fidanzato, poi sospirò. “Più di quante desiderassi temo” disse
volgendo lo sguardo a Tristan, guardando poi anche
Lucien e Klaus accanto ad una donna di cui non conosceva neppure il nome ma che
immaginava fosse Aurora. Si ritrovò a pensare che era totalmente diversa da Camille ma molto graziosa.
“Mi
dispiace aver interrotto la vostra cena” si scusò. “Ho solo bisogno di parlare
un attimo con Elijah.”
“Siamo
nel bel mezzo di una negoziazione qui” le fece sapere Lucien. “Cosa potrà mai
esserci di così importante?”
“Come
possono questi essere affari tuoi?” il maggiore dei Mikaelson
si voltò a guardarlo, poi guardò per un secondo Tristan
prima di voltarsi di nuovo a guardare Allison.
“Mi
piace la tua collana!” intervenne l’unica altra donna presente avvicinandosi e
sorridendo. “La voglio” le disse.
Allison
abbozzò un sorriso, accarezzando per riflesso l’accessorio. “Vai a comprartela
allora.”
“Voglio
la tua e voglio anche il tuo vestito.”
“Aurora,”
si fece avanti Tristan. “Mia cara sorella, la
signorina Morgan non può essere soggiogata e ha delle questioni urgenti di cui
discutere con il padrone di casa, credo che potremo tutti tornare a tavola
mentre loro parlano.”
Mente
Klaus e gli altri ospiti tornavano a sedersi, Allison
seguì Elijah al piano di sopra e con lui si chiuse in una stanza che Freya si era premurata di sistemare in modo da renderla
completamente isolata.
“Che
succede?” le chiese l’Originale tirandola delicatamente verso il divano per
farla sedere.
Lei
scosse il capo rimanendo in piedi, iniziando ad andare avanti e indietro per la
stanza. “Non riesco a trovare Valerie.”
“Che
intendi dire?”
“Doveva
venire a darmi una mano al ristorane, sono passata a trovarla questa mattina e
avevamo appuntamento alle sei al Rousseau’s; solo che
sono quasi le otto e di lei non c’è traccia. Non risponde al cellulare e nemmeno
a casa.”
“Forse
ha avuto un imprevisto o sarà rimasta bloccata in mezzo alla parata, per le
strade c’è una grande confusione e…”
“No!”
esclamò Allison interrompendolo, scuotendo
energicamente il capo mentre lo diceva. “Lei non è mai in ritardo e conosce la
città come le sue tasche Elijah. Le è successo qualcosa, lo sento.”
Elijah
le poggiò le mani sulle spalle, poi le fece scendere giù per le braccia e le
baciò la fronte. “Sono sicuro che sta bene.”
“Io
invece sono sicura che Tristan sa dove è andata a finire.
Dopotutto è lui che l’ha minacciata poco tempo fa, e solo per arrivare a me.”
“Va
bene,” le sussurrò lui prendendole il viso tra le mani, sollevandolo piano per
guardarla negli occhi. “Se Tristan sa qualcosa lo
scoprirò, ma tu torna al ristorante adesso, nel caso dovesse arrivare.”
Allison
annuì piano chiudendo gli occhi per un attimo, sobbalzando quando il suo
cellulare squillò; un messaggio di Valerie la avvertiva di essere quasi
arrivata al ristorante e si scusava per l’immenso ritardo.
La
cacciatrice sentì una leggerezza al petto, alzò il cellulare e lo mostrò ad
Elijah. “A quanto pare avevi ragione,” gli sussurrò. “Sta bene. Mi dispiace di
essere piombata qui in preda al panico e aver interrotto la cena.”
Lui
sorrise prendendole la mano sinistra. Ne baciò il palmo e poi le baciò le
labbra. “Tu puoi piombare qui quando vuoi, questa è anche casa tua Allison” le fece sapere. “Dov’è il tuo anello?”
“Qui
in tasca,” rispose lei prendendolo. “Oggi Will l’ha visto e quando è successo
ho realizzato che non sapevo se tu volessi… farlo sapere agli altri.”
“Io,
voglio che tutti sappiano che sei la mia fidanzata” Elijah glielo prese di mano
e lo rimise al suo posto. “Va bene?”
Il
viso di Allison si aprì in un grande sorriso, quelle
fossette che lui adorava si fecero così profonde che lo fecero sorridere.
“Okay”
mormorò annuendo. “Sarà meglio che vada adesso.”
Il
suo Originale Elegante la baciò di
nuovo, stringendola forte. “Magari tra un attimo” le disse tra un bacio e l’altro
facendola ridere.
****
John
bussò alla porta del bunker diverse volte, poi si accese una sigaretta in
attesa.
Sam
Winchester aprì dopo qualche minuto, sbadigliano assonnato. Lo guardò
perplesso, strofinandosi un occhio e poi li sgranò entrambi quando si rese
conto che la sua presenza lì, a quell’ora di notte, portava sicuramente una
cattiva notizia.
“John!”
esclamò avanzando di qualche passo. “Che ci fai qui in piena notte? Allison sta bene?”
Constantine
accennò un sorriso, poi gettò in terra quello che rimaneva della sua sigaretta.
La premura del giovane Winchester per quella che era la sua migliore amica lo
fece dubitare per un attimo; forse non era stata una buona idea andare fino a
lì, di notte… come poteva dire loro che Allison stava
per morire?
Neppure
lui che con la morte ci era sceso a patti diverso tempo prima credeva di essere
in grado di trovare le parole giuste. Non se si trattava di una persona così
cara a tutti, anche a lui.
“Temo
di no Sam” gli disse accendendosi un’altra sigaretta. “Chiama Dean e Castiel, c’è qualcosa che dovete sapere.”
Entrò
dentro e Sam richiuse la porta prima di seguirlo con una brutta, terribile
sensazione a pesargli sul cuore.
NDA:
Opinioni? Idee? Pensieri? Teorie? Fatemelo sapere con un commento :)
buona lettura, Roby. PS
In fondo, come sempre, anticipazioni dai prossimi capitoli :D
12.
“E
questo è quanto.”
Constantine
frugò nella tasca del suo impermeabile e tirò fuori una sigaretta. La accese e
diede la prima boccata, poi si fermò a fissare il posacenere dentro il quale se
ne stavano una dozzina di mozziconi.
I
Winchester e Castiel erano rimasti ad ascoltarlo per
quasi un’ora mentre raccontava loro per filo e per segno tutto quello che era
successo negli ultimi tempi a New Orleans, ad Allison.
Soprattutto
la parte che riguardava la bella cacciatrice e il fatto che stesse lentamente
consumandosi dentro per colpa di un dannato stregone che ora era impossibile da
trovare. John si fermò a pensare che quell’atteggiamento da vigliacco stonava
un po’ con il Papa Midnite che lui conosceva, quello sempre
pronto a farsi avanti per i suoi principi e le sue convinzioni, quello che non
scappava mai ma anzi si faceva un vanto della sua spavalderia, coperto da quell’immenso
potere che la testa della sua defunta sorella sapeva dargli.
Pensò
che c’era decisamente di più in tutta quella storia, che la fuga di Midnite doveva senza dubbio nascondere qualcosa, ma non gli
importava. Bisognava trovare un modo per salvare Allison
e questo era tutto quello che contava.
“È
stato per quel vampiro Originale vero?” parlò Castiel
fissando il tavolo al quale era seduto. “È stato per lui che Allison ha deciso di spezzare la maledizione?” chiese senza
neppure provare a nascondere i suoi dubbi riguardo ad Elijah, a quella
relazione che a lui non piaceva semplicemente perché lei sembrava fin troppo
presa mentre lui… lui non così tanto.
“L’ha
fatto perché Allison è una testarda impulsiva”
sospirò John tornando a sedersi. “Voleva salvare Hayley
per la piccola Hope e per nessun altro.”
“Lei
non sapeva esattamente a cosa stava andando incontro” Sam bevve un sorso dalla
sua tazza, poi la poggiò sul tavolo. “Non credo che l’avrebbe fatto altrimenti.”
Dean
sospirò passandosi una mano sul viso. “L’avrebbe fatto invece. Sappiamo tutti
com’è fatta… se pagare quel prezzo avrebbe garantito a quella bambina di poter
stare con sua madre, l’avrebbe fatto anche sapendo a cosa andava incontro.”
Seguì
un minuto di lungo silenzio, poi Cass parlò di nuovo.
“Dobbiamo andare a New Orleans. Provare ad aiutarla.”
“È
proprio per questo che sono venuto” riprese la parola John. “Visto che non riusciamo
a trovare Papa Midnite ci serve una strega
altrettanto potente da permetterci di spezzare questo incantesimo e salvare lei
senza danneggiare il branco.”
“Chi
se ne importa del branco?” domandò Dean. “Salviamo Allison,
e se il branco viene danneggiato ci penseremo dopo.”
Constantine
rise. “Credi che se fosse così facile sarei venuto a chiedere aiuto a voi? Lei
non voleva neppure che lo sapeste. Non si farà aiutare se il branco verrà messo
in pericolo, quindi…” si alzò e indossò il suo impermeabile iniziando di nuovo
a fumare. “Pensate ad una strega che potrebbe aiutarci o ad un piano
alternativo per convincere Allison a farsi aiutare
comunque vadano le cose per Hayley e gli altri lupi.
Devo occuparmi di una cosa a Wichita, tornerò fra qualche giorno e partiremo
per New Orleans. Credo che sia meglio arrivare tutti insieme, attacco frontale…
per così dire.”
Salì
correndo lungo le scale che lo avrebbero portato fuori da quel bunker e Sam,
Dean e Castiel si scambiarono un’occhiata che valeva
più di mille parole.
****
“Ciao
Victor, sono io.”
“Io chi?”
“Allison… la povera orfana che hai cresciuto come una
figlia, ricordi?”
“Ah!”
esclamò l’uomo dall’altra parte del telefono. “Quella Allison. Ora ricordo. Mi ero quasi
scordato il suo sono della tua voce visto che non chiami da almeno due
settimane.”
Allison
fece un grosso respiro, poi annuì assaggiando un po’ del ripieno che la cuoca
del Rousseau’s
aveva preparato per il tacchino. “Hai ragione” disse masticando. “Mi dispiace
ma sono stata un po’ indaffarata.”
“Un nuovo caso? Dove sei?”
“New
Orleans,” gli disse lei. “Ho organizzato una cena gratuita per tutti quelli che
sono soli oggi al ristorante.”
“Ovvio che l’hai fatto,”
Victor sorrise. “Come stai?”
“Benissimo”
mentì lei. “Ti chiamavo solo per dirti che spero di tornare a casa per Natale e
che spero che Elijah venga con me anche perché ci sono delle novità.”
“Che tipo di novità?”
“Beh
diciamo che quando verrò a trovarti potresti notare qualcosa in me, qualcosa di
molto bello e brillante perfettamente adagiato sul mio anulare sinistro.”
“Ti sei fidanzata?”
urlò quasi lui, ed Allison fu sicura che si fosse
sentito da fuori quando Valerie si voltò a guardarla mentre tagliava l’insalata.
“Sì,
l’ho fatto.”
“Con Elijah?”
“No,
con un pirata di passaggio dalla città prima di ripartire con la sua nave per
mari sconosciuti… sì Victor, con Elijah.”
“Da quanto tempo?”
“Una
settimana o forse due...” rimase vaga.
“E hai aspettato così tanto per
dirmelo perché esattamente?”
“Perché
sono stata indaffarata e perché onestamente non sapevo se la cosa ti avrebbe
fatto piacere. Quando lo hai incontrato per la prima volta non sei stato molto
cordiale.”
L’uomo
rimase in silenzio per un attimo, poi sospirò. “Sei felice? Voglio dire, ti batte forte il cuore e hai le api nello
stomaco?”
“Api?”
chiese di rimando lei. “Farfalle vorrai dire.”
“Beh sì quelle o qualunque altra
cosa abbiano gli innamorati” chiarì secco lui. “Allora, le hai?”
Allison
sorrise. “Sì le ho. Sono felice Vic, come non lo ero
da tanto tempo. Guardo il mio anello e penso che è assurdo che mi sia fidanzata…
voglio dire, mi ci vedi sposata in una villetta di periferia a preparare la
cena o a fare il bucato?” disse tutto d’un fiato. “Io no e infatti non credo
che sarà questa la vita che vivremo insieme, ma sono felice e non vedo l’ora di
diventare sua moglie.”
“Allora sono contento per voi,
avete la mia benedizione.”
“Grazie”
sussurrò Allison, poi fece un grosso respiro. “Ad ogni
modo, spero di poter tornare per Natale e spero che anche lui possa venire.”
“Sì, a proposito di questo… non
sono sicuro che sarò a casa per Natale. Un vecchio amico dell’esercito è
tornato da poco e mi ha invitato ad una specie di cena in onore dei militari in
congedo a Washington. Si raccoglieranno dei soldi anche per i giovani morti in
guerra nell’ultimo anno e ho accettato.”
“Oh”
la donna non riuscì a mascherare la sua delusione. “È magnifico” tentò di
recuperare. “Allora ci vediamo per l’ultimo dell’anno magari.”
“Sì, possiamo fare per allora.”
“Bene,
posso… posso fare una donazione per la serata? Ti mando un assegno.”
“Se vuoi farlo sono certo che sarà
ben accetto.”
“Lo
manderò in bianco, metti tu la cifra che ritieni più opportuna.”
“Sarà fatto,”
rispose lui. “Devo andare ora, stasera c’è
la replica di una vecchia partita in televisione e voglio davvero vederla.
Buona festa del Ringraziamento, bambolina. Ci sentiamo presto.”
“Sì,
a presto.”
Allison
riattaccò, una strana sensazione le solleticò lo stomaco. Victor stava andando
avanti ed era bello, ma per la prima volta ebbe la sensazione che lo stesse
facendo senza di lei e questo non lo era affatto.
“Allison” si sentì chiamare e sorrise a Nathalie
che era sulla soglia della porta. “C’è un tizio che ti cerca.”
“Chi
è?”
“Non
ha voluto dirmi il suo nome.”
“È
carino?” chiese e Valerie scoppiò a ridere mentre prendeva l’insalata per
portarla fuori.
“Lo
è” rispose Nathalie sorridendo. “Ha detto di dirti Barcelona.”
La
cacciatrice sgranò gli occhi. “Non è possibile” disse uscendo dalla cucina. E l’impossibile
le fu subito davanti. “Jonas…” mormorò mentre lo raggiungeva per stringerlo in
un abbraccio.
****
Esattamente
come Elijah aveva previsto, la cena era diventata piuttosto violenta e quando Niklaus aveva deciso di prendere
in ostaggioTristan scatenando così la furia di
Aurora, lui era stato grato che Allison non fosse lì
in quel momento. Mentre raggiungeva con Lucien la stanza dentro la quale
avrebbero fatto quattro chiacchiere, non poteva fare a meno di pensare a quanto
fosse fastidioso l’interesse che Tristan continuava a
mostrare per la sua fidanzata.
Gli
aveva fatto capire di esserne intrigato e lui poteva decisamente capirne il perché.
Era successo pochi giorni dopo il ballo, in un bar in cui Elijah l’aveva visto
per caso, ad un tavolo al quale si era fermato con l’intenzione di chiedergli
se per caso la Strige avesse a disposizione una strega che potesse aiutarli con
il problema di Allison. Alla fine non glielo aveva
chiesto perché Tristan proprio allora aveva
manifestato il suo interesse per la sua donna e a lui questo non era piaciuto
affatto.
TRE SETTIMANE PRIMA
“Elijah!” Tristan
alzò la testa e gli sorrise cordiale, poi si tolse gli occhiali da sole mentre lui
si accomodava al suo tavolo. “Prego, siediti pure” gli disse sarcastico.
“Pane tostato, croissant e caffellatte”
mormorò Elijah guardando la tavola. “Non è un po’ tardi per la colazione?”
Tristan si strinse nelle spalle. “Sono
solo le nove del mattino e non so dire di no ai croissant di questa caffetteria.”
“Ma davvero?”
“Sono davvero ottimi, se non mi
credi chiedi alla signorina Morgan, l’ho vista fare colazione qui qualche
mattina fa.”
Elijah abbozzò un sorriso. “Immagino
che tu stessi casualmente passando di qui quando l’hai vista…”
“No, in realtà l’ho discretamente
seguita, credo che ad un certo punto si sia accorta di me ma abbia fatto finta
di nulla. Devo dirtelo Elijah, la signorina Morgan è una creatura… incantevole.
Ne sono profondamente affascinato.”
L’Originale gli rivolse uno sguardo
duro, poi il suo viso si aprì in un grande sorriso che incuteva timore. Si
sporse in avanti e piano gli afferrò la nuca con una mano, avvicinandosi al suo
viso. “Posso capire che tu ne sia affascinato, in molti lo sono. Ma non mi
piace” gli disse, soddisfatto quando il sorriso sul suo volto sparì. “Mio caro Tristan, non so a che gioco tu stia giocando ma ti avverto…
tieni fuori Allison da questa storia o ti farò
pentire di essere qui.”
“A
che diavolo stai pensando?”
Elijah
scosse il capo e poggiò gli occhi su Lucien. “A niente che ti riguardi.”
“Lasciami
indovinare… l’interesse mostrato da Tristan per la
tua bella cacciatrice ti ha infastidito non è vero?” chiese l’altro. “Ma
andiamo… puoi biasimarlo? Tu e Klaus… avete sempre avuto ottimo gusto per le
donne; tu hai la sensuale cacciatrice, lui è infatuato della tenera barista.”
“Lucien”
lo richiamò all’attenzione Elijah. “Non siamo qui per parlare di queste cose.
Voglio sapere tutto ciò che sai su questa dannata profezia e voglio saperlo
adesso.”
Il
vampiro sospirò, poi cercò di mettersi comodo sulla sedia. “Non sono certo che
ti piacerà.”
****
“Allora,
qual buon vento ti porta a New Orleans?”
Jonas
finì di mangiare il suo cono, poi gettò il fazzolettino e sorrise ad Allison. “Volevo rivedere una vecchia amica.”
“Oppure”
Allison si fermò e gli si mise davanti. “Sei nei guai”
gli disse indicando i vari segni che aveva sul viso.
Un
livido vicino all’occhio, un labbro spaccato… e oltretutto stavano
chiacchierando da quasi un’ora e lui sembrava totalmente diverso dal solito
Jonas. Quello che lei conosceva bene.
“Forse,”
rispose vago lui. “Ma volevo davvero rivederti e anche parlarti di una cosa
molto importante Allison.”
Lei
corrugò la fronte, inquietata dall’espressione seria sul viso di solito
rilassato e scherzoso del suo vecchio amico. “Ti ascolto.”
“Non
qui” disse lui guardandosi intorno. “Loro ci osservano e forse ci stanno anche
ascoltando. Hai un posto sicuro in cui possiamo parlare lontano da occhi e
orecchi indiscreti?”
Lei
annuì. “Sì, ce l’ho. Ma loro chi Jonas?”
“Portami
in questo posto sicuro e te lo dirò” mormorò piano lui guardandola dritta negli
occhi.
NDA: Chi se lo aspettava?
Delusi? Sorpresi? Preoccupati? Fatemelo sapere in un commento :) e in fondo un'anticipazione dal prossimo capitolo :D buona
lettura, Roby.
PS se vi va passate a leggere la mia nuova raccolta di one shot su The Originals intitolata What if?
13.
“Crowley sono di nuovo io. Chiamami appena senti il
messaggio, è importante.”
Allison
riattaccò mentre lei e Jonas entravano dentro la tenuta dei Mikaelson
e sospirò guardandosi intorno. Il tavolo che ore prima era stato imbandito per
la cena era disordinato, il vino sparso dappertutto e dentro la casa c’era un innaturale
silenzio.
Pensò
che era strano, molto strano e ignorò il mal di testa che le martellava la
fronte mentre avanzava verso le scale facendo cenno al suo amico di seguirla.
L’istinto
le suggeriva di chiamare Elijah a gran voce, o Freya
oppure Klaus… ma la ragione le suggeriva diversamente. Urlare in quei casi non
era mai una buona idea, almeno non fin quando non fosse stato chiaro di che
tipo di natura fosse la quiete che regnava.
“Wow”
mormorò Jonas guardandosi intorno. “Questa sì che è una casa con la c maiuscola. Persino più grande della
tua che già a me sembrava immensa.”
Allison
annuì ma in realtà non aveva sentito molto di quello che aveva detto l’uomo.
Mentre il mal di testa aumentava man mano che saliva su per i gradini, si
accorse di avere il fiatone, come se avesse corso per ore mentre in realtà non
aveva neppure finito le scale.
“Devo…”
mormorò fermandosi. “Devo sedermi un attimo.”
Lo
stregone la fissò confuso, aiutandola a mettersi a sedere su uno dei gradini,
preoccupato di vederla impallidire così di colpo, gli occhi farsi rossi. “Allison, stai bene?”
Ma
lei scosse il capo, cercando di respirare a fondo, sentendo dolore al petto
ogni volta che ci provava. “Non proprio” ebbe la forza di dire, prima di fare
ciò a cui stava pensando; un tentativo che dubitava sarebbe andato a buon fine
ma che era anche l’unico modo che le veniva in mente in quel momento. “Elijah”
disse quanto più forte poteva, sperando che l’udito soprannaturale del suo
Originale Elegante la sentisse.
E
con suo grande stupore, lui la sentì.
Spuntò
infatti pochi secondi dopo, sbottonandosi la giacca grigia e marrone che lei
gli aveva regalato, e raggiungendola fino a mettersi di fronte a lei, una mano
stretta intorno al collo di Jonas.
“Cosa
le stai facendo? Chi sei?” chiese posizionandosi in modo da essere tra lui ed Allison, come a farle da scudo.
Jonas
serrò le mascelle. “Jonas Leandro” disse a fatica.
“Elijah”
mormorò Allison provando ad alzarsi, ricadendo seduta
subito. “Lascialo andare, lui è mio amico.”
L’Originale
mollò la presa intorno al collo dell’uomo e si piegò sulle ginocchia per
prendere tra le mani il viso della bella cacciatrice. “Allison”
le disse sollevandole poco la testa per guardarla negli occhi. “Che ti sta
succedendo?”
Lei
scosse il capo, aprì la bocca per dire qualcosa ma tutto quello che riuscì a
fare fu voltarsi prima che un colpo di tosse la travolgesse; sul gradino si
formò una chiazza di sangue che veniva dritta dalla sua bocca.
Per
Elijah fu istintivo poggiarle una mano sui capelli, poi guardarsi intorno alla
ricerca di qualcosa… anche se non sapeva cosa. “Freya!”
urlò mentre Allison continuava a tossire, gli occhi
iniettati di sangue, il viso paonazzo per lo sforzo, il corpo scosso da un
tremito che neppure la sua stretta riusciva a fermare.
“Jonas”
sussurrò Allison cercando di riprendere il controllo.
Un sussurro che somigliava di più ad una supplica.
Fu
solo allora che Jonas tornò lucido, quasi come se fino a quel momento non si
fosse reso conto di quanto grave fosse la situazione. Con un gesto rapido si
piegò e raccolse con due dita un po’ del sangue di Allison,
poi le poggiò l’altra mano sul capo e si passò le dita sporche di sangue sulle
labbra.
“Odkanavonasczechnat,
Misteni”
recitò. Nella sua mente si aprirono una serie di immagini confuse, ma poi tutto
sembrò farsi più chiaro; tre donne di cui una che conosceva fin troppo bene.
Stavano combattendo tra di loro ed era come se l’energia vitale di Allison fosse collegata ad una delle tre. “Odkanavonasczechnat,
Misteni” ripetè più
forte e i suoi occhi si fermarono sulla donna che gli interessava; le iridi
dorate di un lupo, i canini affilati di un vampiro.
“Che stai facendo?” gli urlò Elijah stringendo di
più Allison, sentendo la temperatura corporea della
donna che amava scendere velocemente.
“L’energia vitale di Allison
è collegata ad una donna… non so chi sia. Ha gli occhi di un lupo ma i canini
affilati di un vampiro, un’Ibrida. È insieme ad un’altra donna, bionda.
Combattono con un altro vampiro, Aurora. Ogni volta che l’Ibrida viene colpita Allison subisce il colpo.”
L’Originale elegante sembrò mettere insieme i
pezzi. “Rimani con lei” chiese a Jonas lasciando Allison,
correndo verso la stanza in cui era sicuro avrebbe trovato ciò di cui stava
parlando quello stregone. “Hayley!” urlò aprendo la
porta con un colpo secco che ruppe i cardini.
Hayley e Freya si voltarono a
guardarlo e questo bastò ad Aurora per fuggire via.
“Ma che diavolo hai fatto?” chiese l’Ibrida
muovendosi per rincorrere il vampiro, sorpresa quando il braccio di Elijah la
bloccò e la spinse indietro con una tale forza da farla cadere in terra. “Ma
che ti prende?”
“Sei collegata ad Allison,
ogni colpo che Aurora ti ha inflitto ha colpito indirettamente anche lei.”
“Cosa?” intervenne Freya.
“Dov’è?”
“Sulle scale a tossire sangue perché voi due avete
deciso di comportarvi da stupide” Elijah si voltò e con passo svelto tornò
verso Allison.
Ancora stretta tra le braccia di Jonas la
cacciatrice non tremava più, però era priva di sensi, il viso sporco di sangue…
sembrava terribilmente fragile.
“La sua temperatura è tornata normale” comunicò
Jonas accarezzandole la fronte, alzando piano gli occhi per incontrare quelli
dell’Originale, trovandosi davanti anche l’Ibrida e la donna bionda che aveva
visto combattere. “Deve riposare.”
Elijah la prese in braccio con delicatezza, annuì
piano in segno di ringraziamento quando con premura Jonas le sistemò il
braccio. Infine raggiunse la sua camera da letto riservando uno sguardo severo
a sua sorella mentre lo faceva.
****
Allison aprì gli occhi lentamente, infastidita dalla luce che la colpì in
pieno quando lo fece. Le ci volle un attimo per abituarsi e una volta fatto si
accorse di essere nella stanza di Elijah.
“Che cosa è successo?” chiese mettendosi a sedere
sul letto, incontrando gli sguardi preoccupati del suo fidanzato, di Jonas e Freya.
“No no no, stai giù” le disse l’Originale
raggiungendola e mettendosi a sedere sul letto, costringendola a sdraiarsi di
nuovo.
Lei lo fece, anche se non sembrava molto convinta.
“Elijah,” gli disse cercando il suo sguardo. “Cos’è successo?”
“Stavamo salendo le scale e ad un certo punto hai
iniziato a tossire sangue e a tremare come se fossi in preda ad una crisi o
qualcosa del genere” le riassunse Jonas. “Ci hai spaventati a morte.”
Allison corrugò la fronte, poi si alzò poco solo per stare più comoda. “Non
capisco…”
“Cosa ricordi?” Jonas avanzò di qualche passo.
“Ricordo che mi hai detto di dovermi parlare, ma
che ci serviva un posto sicuro e così siamo venuti qui. Ricordo che c’era
silenzio quando siamo arrivati e che mi sembrava strano e poi… poi ricordo
molto poco. Solo alcuni flash.”
“A quanto pare il tuo collegamento con Hayley è diventato più profondo. Si è messa a litigare con
Aurora e tu ne hai indirettamente pagato le conseguenze” Elijah le prese la
mano e la baciò con dolcezza. “Stai bene?”
Lei annuì sforzandosi di sorridere. “Sto bene, sono
solo un po’ stordita.”
“Allison” intervenne Freya. “Mi dispiace tantissimo. Ho chiesto io l’aiuto di Hayley, non sapevo che ne avresti subito le conseguenze.”
“Non fa niente Freya,” la
rassicurò l’altra. “Come hai detto tu non lo sapevi. Dov’è Hayley
adesso?”
“Sta tenendo d’occhio Tristan
mentre parliamo. Stavo per fargli qualche domanda prima che… beh lo sai.”
“Prima che iniziassi a sputare sangue spaventandoti
a morte?” sorrise Allison cercando di sembrare
tranquilla. “Sto bene adesso, vai a fare ciò che devi. Io dovevo comunque fare
quattro chiacchiere con Jonas. Rimarremo in questa stanza fin quando tu non
avrai finito.”
“Promesso?”
“Promesso” la cacciatrice annuì. Gli strizzò
l’occhio mentre lui e Freya lasciavano la stanza, poi
volse lo sguardo al suo amico. “Siamo soli adesso, e al sicuro da orecchi e
occhi indiscreti. Che ne dici di iniziare a parlare?”
L’uomo annuì, si mise a sedere e puntò gli occhi
dentro i suoi. “Qualche mese fa sono stato contattato da alcune persone. Hanno
detto di avermi osservato a lungo, hanno detto che erano giunti alla
conclusione che fossi l’uomo giusto per quello che dovevano fare. Chiesi di
cosa si trattasse e rimasero vaghi, ma ero nei guai e loro mi promisero
protezione per me e la mia famiglia… così accettai” raccontò. “Dovetti superare
una specie di ultimo test e quando ci riuscii mi dissero esattamente cosa avrei
dovuto fare. Mi raccontarono una storia di mille anni fa, mi fecero sapere che
il mio compito era quello di attivare un oggetto capace di distruggere…”
“Di distruggere la famiglia degli Originali?”
concluse Allison per lui.
Jonas annuì, si passò una mano tra i capelli mentre
lei si alzava e scuoteva il capo energicamente, un’espressione tradita in
quegli occhi nocciola.
“Lavori per la Strige?” chiese Allison.
“Non posso crederci…”
“Non ci lavoro Allison,
non più. Ho passato le ultime due settimane a scappare da loro, a nascondermi
perché vogliono uccidermi dopo che ho detto loro che non li avrei aiutati. Ho
dovuto fare un incantesimo di occultamento sulla mia famiglia e spedirla
lontano dalla Spagna, per tenerla al sicuro.”
“E perché dovrei crederti Jonas?”
“Perché siamo amici Allison
e perché non ho ancora finito la mia storia” le disse lui. “Mi dissero che gli
Originali andavano protetti; sono i loro creatori e se loro muoiono l’intera
discendenza morirà. Mi spiegarono che c’è un medaglione, serve ad aprire una
specie di gabbia e il loro piano è di imprigionare gli Originali all’interno
così da tenerli al sicuro.”
“Un medaglione… Jonas, come può avere un medaglione
tanto potere?”
“Non ce l’ha Allison. Il
medaglione è solo lo strumento, la vera arma è un’altra. Quando ho saputo cosa
avrei dovuto davvero fare… è allora che mi sono tirato indietro.”
“E quale sarebbe quest’arma?” Allison
allargò le braccia cercando dentro gli occhi del suo amico una risposta.
Immaginava che non le sarebbe piaciuta ma sapere era necessario, soprattutto in
una situazione delicata come quella.
“I tre Originali cadranno uno per mano di un amico,
uno per mano di un nemico ed uno per mano della famiglia stessa.”
“Questo lo so, l’ho già sentito un milione di
volte. Stiamo cercando di capire chi sono queste tre persone.”
“No” Jonas le si avvicinò e le poggiò le mani sulle
spalle. “Non sono tre le persone da cercare, ma una soltanto che è tutte e tre
le cose” l’uomo le prese la mano sinistra e la sollevò piano toccando con le
dita l’anello. “Famiglia” le disse. Indicò poi una foto appesa al muro che
ritraeva Allison e quella che sapeva essere Rebekah, la sorella Originale. “Amico,” aggiunse prima di
tirare fuori dalla tasca interna della giacca un paletto di legno che le mise
in mano. “Nemico.”
Le diede qualche secondo per mettere insieme i
pezzi, la vide cambiare espressione mentre metabolizzava le informazioni,
mentre metteva in ordine ogni parola.
“Sei tu l’arma, Allison.”
le disse infine. “Mi dispiace tanto” aggiunse un minuto prima che lei
ricominciasse a tremare. Stavolta il sangue iniziò a scendere copiosamente dai
suoi occhi.
****
Balthazar fece un grosso respiro mentre l’auto sulla quale viaggiava superava il
cartello stradale.
La grande scritta bianca recitava quattro semplici
parole: BENVENUTI A NEW ORLEANS. Pensò che il momento era quasi
arrivato, oramai mancava poco.
“Ricordi cosa ti ho detto?” chiese alla donna che
stava guidando.
Lei annuì senza distogliere lo sguardo dalla
strada. “Allison Morgan ha la priorità su tutto, ma
sarebbe preferibile che il branco non subisse conseguenze.”
NDA:
SORPRESA :O questo lo dedico a sarah98 che ama Tristan e ha fatto
infatuare un po' anche me di lui ahahah buona lettura :D ah... il Team Free Will sta arrivando insieme a Constantine. Se vi va passate a leggere What if? La mia prima raccolta di one shot :)
14.
Tristan
serrò le mascelle mentre Elijah indietreggiava dopo aver inflitto l’ulteriore
colpo. Il vampiro, creato proprio dall’Originale, non potè
fare a meno di ridere lasciando ricadere indietro la testa.
“Goditela
finchè dura” gli disse rimettendosi dritto. “La
Strige tra poco verrà a prendermi e non avranno pietà per nessuno. Ti
risparmieranno la vita certo… altrimenti anche io e tutti loro moriremo, ma ti
faranno molto male.”
Elijah
annuì pulendosi le mani sporche di sangue sul fazzoletto che teneva sempre nel
taschino della giacca, poi sospirò abbozzando un sorriso guardandolo dritto in
faccia.
“Forse
hai ragione” gli disse piegando poco il capo. “Forse davvero la tua potente
Strige verrà a prenderti per liberarti. O forse no… suppongo che lo scopriremo
presto.”
“Suppongo
di sì” rispose l’altro accennando un sorriso. “E giusto perché sono un uomo
d’onore e perché in fondo non sarei qui se non fosse per te, voglio dirti che
quando verranno a liberarmi porterò la signorina Morgan con me quando me ne
andrò. È qui giusto? Ne ho sentito l’odore poco fa, lo sento ancora ora.”
L’Originale
lasciò cadere in terra il fazzoletto sporco, poi si avvicinò al prigioniero e
gli strinse il collo con una mano. “Credevo di essere stato abbastanza chiaro
quando settimane fa ti ho detto di tenere Allison
fuori da questa storia.”
“Ed
io credevo di essere stato chiaro quando ti ho detto che la tua bella
cacciatrice mi affascina. Ad essere onesto, molto di più di quanto non ti abbia
realmente detto.”
Elijah
si prese qualche secondo per riflettere; l’istinto gli suggeriva di spezzargli
il collo solo per non dover più sentire quella fastidiosa voce parlare della
sua donna, la ragione gli diceva diversamente, soprattutto dopo quello che
Lucien gli aveva detto.
Stava
per decidere a quale delle due cose dare retta quando Freya
entrò correndo nella stanza; il terrore dipinto sul volto pallido.
“Che
succede?” le chiese.
“Allison” rispose lei scuotendo poco il capo. “Devi andare
da lei.”
“Rimani
ad occuparti di lui” l’Originale sparì veloce, in totale modalità vampiro.
Raggiunse la stanza in cui c’era Allison in pochi
secondi e la scena che gli si presentò davanti gli fece mancare il respiro.
Jonas
la teneva tra le braccia, le labbra poggiate sulla fronte di quel viso bello e
ora rigato di sangue. Mormorava qualcosa, ma Elijah non riuscì a capire che
lingua fosse.
“Che
cosa è successo?” chiese inginocchiandosi a terra, prendendola piano e
stringendosela al petto accarezzandole il viso dolcemente, sollevato nel vedere
che respirava ancora. “Cosa stavi mormorando?”
“L’ho
messa a dormire,” rispose lo stregone. “Soffriva troppo, potevo percepire il
suo dolore.”
Il
vampiro poggiò la fronte su quella di Allison, voci
dal piano di sotto gli fecero capire che la Strige era, infine, arrivata. Pensò
che chiamare Klaus era la cosa migliore da fare, Freya
era potente ma solo un’umana in fondo ed Hayley… lei
doveva assolutamente starne fuori. Ne andava della vita della donna stretta tra
le sue braccia. Ma suo fratello stava cercando di salvare Camille
aiutato da Lucien; aveva già una missione da compiere.
Avrebbe
dovuto cavarsela da solo. Poteva farcela, ma non voleva lasciare Allison.
“Devi
portarla fuori di qui” disse a Jonas.
L’altro
si guardò intorno, ascoltando i rumori che si facevano sempre più vicini. “E
come dovrei fare? Mi è parso di capire che questa tenuta sta per trasformarsi
in un campo di battaglia.”
Elijah
fece un grosso respiro. Continuava a dire a se stesso di riflettere, doveva
esserci una soluzione. “Ti libererò la strada” disse infine sollevandosi e
poggiando Allison sul letto. “Portala più lontano possibile
e tienila al sicuro.”
“Ci
proverò.”
“No!”
gli disse duro l’Originale. “Non devi provarci, devi farlo. Se le succede
qualcosa io… io…”
“La
proteggerò a costo della vita” gli fece sapere Jonas. Negli occhi
dell’Originale un sentimento che conosceva bene.
Il
maggiore dei Mikaelson annuì, si piegò e posò un
dolce bacio sulle labbra di Allison. Poi si sbottonò
la giacca pronto alla battaglia.
****
Una
dozzina di corpi e lui immobile tenuto fermo da tre fortissimi vampiri era il
bilancio della battaglia che si era combattuta all’interno della tenuta.
Una
lunga lotta in cui Marcel aveva avuto un ruolo importantissimo che aveva messo
in dubbio la sua lealtà verso quella famiglia. La cosa che lo feriva di più
però non era sapere che forse Marcellus li aveva
traditi, non era stato neppure doverci combattere.
La
cosa che più lo feriva e spaventava era guardare Tristan
portare via Allison ancora addormentata mentre lui
era incapace di muoversi.
“No!”
urlò dimenandosi, cercando disperatamente di liberarsi. “No!” ripetè mentre lui usciva dalla tenuta con quel sorriso
stampato sulle labbra. “Allison!”
Giurò
a se stesso che lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani una volta riuscito a
liberarsi. E lo avrebbe fatto lentamente, facendolo soffrire. Sentì gli occhi
iniettarsi di sangue, i canini farsi aguzzi… pensò che sicuramente sarebbe
riuscito a liberarsi dalla presa. Lo pensò fin quando un paletto di legno gli
trafisse il cuore e lui chiuse gli occhi con l’immagine di Allison
a fargli compagnia.
****
Tristan
si sistemò i polsini della camicia, poi si avvicinò alla sua ospite e le spostò
dolcemente una ciocca di capelli dagli occhi.
Con
delicatezza le ripulì il viso, pensando che era bella Allison
Morgan… la pelle di porcellana, i capelli lucenti, quelle labbra ben definite.
Poteva capire perché Elijah si era battuto con tanta forza e tanta tenacia per
salvarla, perché ci mettesse così tanto impegno nel volerla proteggere, perché
ci fosse così tanta… dolcezza negli occhi dell’Originale che lo aveva creato,
ogni volta che la guardava.
Pensò
che era proprio divertente… aveva passato così tanto tempo a provare ad essere
nobile come il suo creatore che aveva finito col somigliargli anche nei
sentimenti. Allison era proprio il tipo di donna che
piaceva anche a lui, quella con cui poteva immaginare un futuro quelle poche
volte che provava a guardare oltre il suo essere vampiro.
In
fondo, lui l’aveva vista per primo, se ne era invaghito molto prima che Elijah
se ne innamorasse.
Non sono un premio per chi arriva
prima gli avrebbe risposto lei se fosse stata sveglia, al
corrente di quei pensieri che gli passavano per la testa. E avrebbe avuto ragione.
Quella donna non si poteva vincere come un premio, ma era senza dubbio un dono
del cielo. Forte e decisa come poche, bella ancor di più.
Tristan
lo aveva capito sin dalla prima volta che l’aveva vista… c’era qualcosa di
speciale in Allison Morgan e anche se non sapeva
esattamente cosa fosse, sapeva che gli piaceva.
LOS ANGELES OTTO ANNI PRIMA
Era successo pochissime volte che
un vampiro scelto per far parte della Strige rifiutasse l’invito ad unirsi a
loro, ma non era mai successo che fosse lui a dettare le regole per poter far
parte della congregazione. Mai fino a quando Tristan
non aveva messo gli occhi su di lui...
Lo chiamavano il sanguinario perché
era violento e privo di scrupoli, ma il capo della Strige aveva intravisto in
lui delle grandi qualità, delle potenzialità che credeva di poter mettere in
luce nel migliore di modi.
Un po’ di disciplina e quel vampiro
scelto da lui in persona sarebbe diventato il miglior reclutamento nella storia
della Strige, ne era certo.
Ecco perché si trovava in quel
posto in quel momento… lì ad aspettare l’arrivo di una persona che il suo
prescelto gli aveva chiesto di catturare per lui.
Aiutami
ad ucciderla e farò tutto ciò che vuoi,
gli aveva detto. E Tristan aveva deciso di guardare
alla cosa come ad una sfida, un modo per scendere di nuovo in campo dopo anni
di lavoro… burocratico, se quello era il termine giusto per descrivere ciò che
faceva.
Di questa persona che avrebbe
dovuto uccidere sapeva ben poco, eccetto che era una donna.
“È lei” gli fece sapere Mohinder quando una giovane donna scese da un’auto poco
distante.
Tristan sospirò togliendosi gli occhiali
da sole per guardare meglio la persona che avrebbe dovuto uccidere, per dare un
volto alla misteriosa donna che sembrava far arrabbiare così tanto Matthew
Morgan.
“Come si chiama?” chiese rimanendo
a fissarla per un lungo minuto. “E perché vuole ucciderla?”
“Allison…
è tutto quello che rimane della sua famiglia. L’unica sopravvissuta al massacro
che lui stesso ha compiuto anni fa. È sua sorella.”
Tristan annuì piano, poi le sue labbra si
distesero in un sorriso quando Allison sorrise alla
donna con cui stava parlando. Quel sorriso… ebbe la sensazione che sarebbe
stato difficile da dimenticare.
“Andiamocene via” disse
rimettendosi gli occhiali da sole. “La Strige non ha bisogno di Matthew
Morgan.”
Quel
sorriso… non l’aveva mai dimenticato.
“Ben
tornata signorina Morgan” le disse mentre lei apriva piano gli occhi e si
agitava scoprendo di essere immobilizzata.
“Cosa
ci faccio qui?” chiese guardandosi intorno. “Cosa vuoi da me?”
“Solo
passare un po’ di tempo con lei” rispose Tristan. “E
mi dispiace per le catene… ma avevo la sensazione che non sarebbe rimasta di sua
volontà se glielo avessi chiesto.”
“Elijah”
mormorò lei. “Dov’è Elijah?” chiese sicura che gli fosse successo qualcosa,
perché mai avrebbe permesso a Tristan di portarla via
altrimenti.
“Sta
bene” la rassicurò Tristan. “Al contrario del suo
amico Jonas… Mi dispiace di averlo dovuto uccidere ma…”
“L’hai
ucciso?” urlò Allison allibita, sentendo gli occhi
riempirsi di lacrime. “Perché?”
“Perché
si è messo tra di me e i miei interessi. E quando dico interessi intendo lei.”
“Cosa
vuoi da me?” gridò ancora la donna dimenandosi per cercare di liberarsi,
tentando di tenere a bada il pianto.
“Voglio
raccontarle una storia. La storia di quando mi sono innamorato di lei signorina
Morgan.”
NDA:
Godetevi questi capitoli di relativa tranquillità
perchè presto accadrà di tutto (come potete vedere in fondo) e avrete bisogno
dei fazzolettini :O :( buona lettura e nel caso non dovessimo sentirci
prima, BUONE FESTE A TUTTI.
15.
Marcel
entrò cauto dentro la tenuta, sorpreso dal fatto che Elijah lo avesse chiamato
nonostante quello che era successo prima. Pensò che in fondo forse, il maggiore
dei fratelli Mikaelson aveva capito. Non li aveva
traditi, ma anzi in qualche modo stava cercando di aiutarli.
Tuttavia
però, si aspettava di venire colpito o di ricevere una serie di sguardi
rabbiosi. Quello che si trovò davanti invece furono tre facce preoccupate;
quella di Elijah, quella di Hayley e quella di Freya.
Fu
l’Originale elegante ad accorgersi di lui e con fare nervoso gli andò incontro.
“Voglio sapere subito dove si trova” gli disse.
“Dove
si trova chi?” Marcel indietreggiò confuso volgendo poi lo sguardo a Freya ed Hayley, colto di
sorpresa quando Elijah lo afferrò per il collo e strinse forte.
“Dimmi
dove si trova Allison, ora Marcel. E forse proverò a
passare sopra al tuo squallido tradimento. Mentimi e ti ucciderò, adesso.”
Con
una mossa rapida, Marcel si liberò dalla presa e si allontanò poco da lui. “Ma
di che parli? Cosa c’entra Allison?”
“Tristan l’ha presa” gli fece sapere Freya.
“Ha ucciso il suo amico e l’ha portata via.”
“Non
ne so nulla,” confessò il vampiro. “Dovete credermi.”
Elijah
lo fissò perplesso, con una mano in tasca si muoveva nervosamente, come un
animale in gabbia. “Forse non te ne rendi conto ma non abbiamo più alcun motivo
di crederti.”
“Hey” si difese Marcel. “Qualunque cosa tu credi abbia
fatto, non lascerei mai che accadesse qualcosa ad Allison.
È mia amica e le voglio bene. Non so dove sia Tristan,
ma posso portarti qui qualcuno che può dirtelo.”
“Aya” mormorò Hayley fissando un
punto indefinito sul pavimento. “Ma lei è fedele a Tristan
ed è imbottita di verbena. Non ci dirà mai di sua spontanea volontà dove
trovarlo e non può essere soggiogata.”
Freya
scambiò una rapida occhiata con Elijah, poi quest’ultimo si avvicinò a Marcel.
“Portami qui Aya” gli disse. “Penserò io a tutto il
resto. Fai in fretta Marcellus o potrebbe essere
troppo tardi.”
Passò
un secondo e Marcel era già fuori dalla tenuta.
****
“È
stato otto anni fa, sì otto. Avevo notato suo fratello e aveva attirato la mia
attenzione; tutta quella rabbia, quella violenza… la presi come una sfida e
decisi che lo volevo all’interno della Strige. Volevo trasformarlo in un
soldato perfetto e così lo avvicinai,” Tristan si fermò
e fece un grosso respiro, bloccandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“e lui mi fece una richiesta alquanto bizzarra. Mi disse che sarebbe entrato a
far parte della mia organizzazione solo se avessi fatto qualcosa per lui. Mi
disse che voleva che catturassi qualcuno.”
Allison
aprì e chiuse gli occhi diverse volte: sentiva che le catene le stavano ferendo
le braccia, un bruciore irradiarsi al centro del petto, la sua energia
spegnersi lentamente ma inesorabilmente.
“Si
trattava di lei signorina Morgan” continuò il vampiro. “Lui non era riuscito a
catturarla quindi chiese a noi di farlo. Mi offrii di farlo personalmente e
così la cercai e la trovai. Quando la vidi, il giorno che ero venuto ad
occuparmi di lei, era in compagnia della sua amica Valerie. Stava sorridendo e
ho pensato che avesse un sorriso davvero splendido.”
La
donna pensò che non era esattamente così che aveva immaginato di andarsene,
quando le era diventato chiaro che non c’era modo di salvarsi. Quello che aveva
pianificato per quel giorno che sapeva sarebbe arrivato era morire stretta tra
le braccia di Elijah, per fare in modo che l’ultima sensazione prima di
andarsene fosse quella dei loro corpi stretti, delle sue labbra sulla sua
pelle.
“Le
catene” mormorò, ma dubitava che lui l’avesse sentita. “Le catene mi fanno
male, toglimele per favore” disse ancora, un po’ più forte.
“Allison, se le tolgo le catene lei proverà a scappare ed io
non ho ancora finito la mia storia.”
La
cacciatrice alzò poco lo sguardo e lo fissò dentro il suo, era pieno di
qualcosa che non avrebbe saputo descrivere, uno strano luccichio inquietante
che le metteva ansia. Sperò che Elijah stesse davvero bene, sperò che la stesse
cercando.
“Rimarrò,
te lo giuro” gli disse a fatica. “Ma ti prego, liberami da queste catene.”
Tristan
sembrò riflettere per qualche secondo, poi si alzò e la liberò da una sola di
esse, sospirando quando anche lei lo fece. “Farò lo stesso con l’altra quando
avrò finito. Mi sta ascoltando vero?”
Lei
annuì sentendo il braccio appena tornato libero pesante e indolenzito. “Mi
stavi raccontando di quando mi hai vista sorridere” lo assecondò, perché si
rese conto di non avere altra scelta.
“Esatto”
mormorò lui tornando a sedersi di fronte a lei. “La tenni d’occhio per un po’ e
poi un giorno la vidi in ospedale; stava leggendo per alcuni bambini malati.
Emanava una così intensa energia, un odore così buono. Ma quello che mi colpì
di più furono i suoi occhi… quel loro sembrare tristi ma allo stesso tempo
sorridenti. Fu allora che mi innamorai di lei.”
Allison
si guardò intorno, poi iniziò a tossire. Chiazze di sangue si sparsero sul
pavimento, mentre Aurora faceva il suo ingresso.
****
Freya
toccò per un’ultima volta il braccio di Aya, poi fece
un grosso respiro e raggiunse Elijah sulla porta. “Il suo sangue è libero da
ogni traccia di verbena.”
“Ne
sei certa?”
“Sì
lo sono. L’incantesimo che ho usato è potente. Ora fatti dire dove trovare Allison, fallo prima che sia troppo tardi Elijah. Era
debole quando l’ho vista prima che Tristan la portasse
via. Potevo sentire la sua energia, o meglio quel poco che ne rimaneva,
spegnersi. Cosa faremo una volta che l’avrai trovata?”
“Ci
penseremo quando sarà qui, al sicuro. Adesso voglio solo riportarla a casa.”
Elijah si sbottonò la giacca, poi afferrò il viso di Aya
con una mano. Era stremata, conseguenza dell’incantesimo, ma a lui non poteva
importarne di meno. “Voglio sapere dove Tristan tiene
la mia fidanzata.”
“Non
lo so.”
“Ho
detto” l’Originale la scosse energicamente, stringendo più forte, serrando le
mascelle. “che voglio sapere dov’è Allison.”
Aya
lasciò cadere qualche lacrima. “Non so di preciso dove sia. Ma Tristan ha una piccola baita giù bel Bayou. Di solito va lì
quando vuole stare da solo. È l’unico posto a cui riesco a pensare.”
Il
vampiro annuì, poi allentò poco la presa. “Adesso ascoltami bene, farai tutto
ciò che ti dirò di fare, hai capito?”
“Farò
tutto ciò che mi dirai di fare,” rispose lei mentre il soggiogamento
continuava. “Sto ascoltando.”
Elijah
la liberò dalla stretta delle catene, infine le espose il piano.
****
I
singhiozzi di Allison riecheggiarono nella stanza. Si
sentiva stanca, voleva solo chiudere gli occhi e poco male se non li avrebbe
riaperti mai più. Elijah si sarebbe arrabbiato forse, avrebbe pensato che non
era stata abbastanza forte da aspettare che arrivasse per riportarla a casa, ma
col tempo avrebbe capito.
Sapeva
che lei era forte, ma sapeva anche che in fondo era solo una donna, che anche
la sua sopportazione aveva un limite, che anche lei a volte aveva il diritto di
crollare.
LOS ANGELES QUATTRO MESI PRIMA
Elijah si mise a sedere per terra,
poggiò le mani sul bordo della vasca dentro la quale Allison
stava seduta, cullata dall’acqua calda e rimase a fissarla per un lungo
istante; era imbronciata, e quel muso lungo la rendeva ancora più bella.
“Posso vedere che sei arrabbiata,
ma non capisco perché” le disse.
Lei alzò un sopracciglio, poi
sospirò. “Perché a volte sembra proprio che tu non riesca a capire,” gli disse.
“Mi tratti come se potessi sopportare qualunque cosa Elijah.”
“Lo faccio perché so che sei una
donna forte e…”
“Esatto” lo interruppe lei. “Una
donna Elijah. So che non sei un uomo che lascia entrare facilmente le persone,
so che non ti piacciono le smancerie e non piacciono nemmeno a me ma a volte… a
volte vorrei che la smettessi di trattarmi come una cacciatrice e mi trattassi
semplicemente come Allison.”
Lui piegò poco il capo, allungò la
mano e gliela poggiò sulla guancia. “Dimmi cosa vuoi che faccia e lo farò.”
Allison fece un grosso respiro, poi si
spostò all’interno della vasca fino ad essere faccia a faccia con lui. Poggiò
il mento sulle sue mani e rimase in silenzio, a fissarlo per alcuni secondi.
Era bello il suo Originale elegante, con quel cipiglio frutto di tutte le
responsabilità che aveva deciso di accollarsi nel corso dei secoli; suo fratello
Klaus e la sua scelleratezza, Rebekah e i suoi sogni
umani, Kol e il suo fregarsene di tutto, Finn con la sua cieca obbedienza…
Si allungò in avanti e lo baciò tra
le sopracciglia, quasi volesse baciare via quello sguardo accigliato.
Lui sorrise, rilassandosi
all’istante. “Grazie,” le sussurrò prendendole il viso tra le mani. “Ne avevo
bisogno.”
“Lo so” rispose lei. “A volte ne ho
bisogno anche io.”
“Cercherò di ricordarmelo,
promesso. E prometto anche che mi farò perdonare.”
La donna abbozzò un sorriso, poi
con le mani prese ad allentargli la cravatta. “Vieni nella vasca con me e ti
perdonerò ogni cosa.”
Elijah rise mentre si spogliava
pronto a raggiungerla.
“Mi
dispiace” pianse disperata, scusandosi con l’uomo che amava perché dubitava che
sarebbe riuscita a resistere ancora a lungo. Si portò una mano al petto, dove
fino a pochi secondi prima stava la collana che portava sempre, quella che era
stata di sua madre e che custodiva gelosamente.
Maledisse
le mani di Aurora che gliel’avevano strappata insieme all’altra che sembrava
piacerle tanto. Pensò che sarebbe morta senza il calore delle braccia di Elijah
e anche senza il calore del ricordo che quella collana le suscitava.
Un
brutto modo di morire, persino per lei che di cose brutte ne aveva viste a
bizzeffe.
Stava
per lasciarsi andare del tutto quando Aya arrivò e
con un gesto rapido spezzò l’unica catena rimasta a tenerla immobile. Lei
gemette di dolore cadendo in terra, cercando di recuperare quel poco di respiro
che le era rimasto.
“Dobbiamo
andare,” le disse il vampiro. “Elijah ti aspetta fuori.”
Ad
Allison servì un attimo per capire che era
soggiogata, ne vedeva i chiari segni nel modo in cui parlava, quasi come un
automa. Era ovvio che Elijah avesse soggiogato proprio Aya,
la scelta più saggia ed intelligente. Esattamente quello che avrebbe fatto lei.
Si alzò a fatica e si aggrappò al vampiro che la portò fuori in pochi secondi.
Si
fermarono in un punto del bosco ed Aya la lasciò
andare. “Spezzami il collo e vai sempre dritta, troverai subito Elijah.”
Ed
Allison lo fece.
Camminò
per diversi secondi, cercando di orientarsi, cercando di non cadere. E poi
finalmente lo vide. Lui la aspettava e non appena incrociò il suo sguardo la
raggiunse e la strinse forte, accogliendo quel corpo caldo e tremante tra le
sue braccia.
“Stai
bene?” le chiese allontanandosi poco, prendendole il viso tra le mani,
spostandole i capelli per guardarla negli occhi.
“Credo
di sì, ma Aurora si è presa la mia collana” singhiozzò lei e anche se si
rendeva conto che non sembrava affatto così importante, sapeva che lui avrebbe
capito. “La collana di mia madre.”
Elijah
si tolse la giacca e mentre qualche lacrima gli rigava le guance gliela poggiò
sulle spalle e la strinse di nuovo.
“Shh” le sussurrò. “Ti prometto che la riavrai amore mio.
Ora andiamo a casa.”
Lei
si strinse forte a lui mentre la prendeva in braccio. Si sentiva stremata,
fuori di sé, debole come mai prima… ma sapeva di essere al sicuro tra quelle
braccia.
NDA: Buona lettura e in
fondo l'outfit di Allison :D lasciatemi un pensiero se vi va :)
16.
“Damon”
Bonnie entrò dentro la casa ripensando a quanto
fossero diverse le loro vite da quando gli Eretici avevano preso il comando
della città. Nessuno di loro aveva potuto fare ritorno alle proprie radici,
alle proprie abitazioni… la casa di Tyler Lockwood
era diventata il rifugio per tutti, tranne che per lei che passava la maggior
parte del tempo al college, nel dormitorio che aveva diviso per tanto tempo con
le sue due migliori amiche.
Il
pensiero volò ad Elena… chiusa in una bara, nascosta chissà dove perché lì a Mystic Falls non era più al sicuro. Condannata ad un sonno
che sarebbe finito solo quando il suo di sonno
eterno fosse cominciato. Anche se si sentiva un po’ egoista a pensarlo, era
grata che lei e Damon avessero legato così tanto nel corso della loro
permanenza nell’altro lato.
Di
quell’esperienza Bonnie doveva ancora scoprire chi
era il tizio che aveva visto diverse volte, solo per pochi secondi, l’ultima
volta prima di tornare a casa.
“Damon!”
chiamò di nuovo.
E
lui comparve, con quella sua espressione annoiata e in mano l’attizzatoio. “Cosa
vuoi, streghetta?”
“Stamattina
ho ricevuto una telefonata da qualcuno che non mi sarei mai aspettata di
sentire…” la ragazza si mise a sedere sul divano, e si girò di lato per
guardarlo in faccia.
“Chi?
Un magico essere che può risvegliare l’amore della mia vita senza che ti
succeda nulla?”
Lei
alzò un sopracciglio, poi scosse il capo. “No. Elijah Mikaelson.”
Il
vampiro si voltò di scatto, per guardarla negli occhi. “Elijah Mikaelson il vampiro Originale in doppio petto?”
“Conosci
qualche altro Elijah Mikaelson per caso?”
“E
cosa diavolo voleva?” Damon la raggiunse e si mise a sedere accanto a lei.
“A
quanto pare ha bisogno del mio aiuto. Sto partendo ora per New Orleans e tu
verrai con me.”
Il
maggiore dei Salvatore rise, si alzò e camminò lento fino al mobiletto bar. “Non
credo proprio. Le battaglie dei vampiri Originali non sono un mio problema, e
non dovresti averci a che fare nemmeno tu. Quei tizi sono pericolosi e… hanno
nemici terrificanti.”
“Si
tratta di Allison” tagliò corto lei. “È a New Orleans
ed è nei guai.”
Damon
si voltò di scatto e la fissò, sul viso un’espressione preoccupata. “Che tipo
di guai?”
“Sta
morendo Damon…”
Lui
rimase in silenzio per un attimo; mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime
si abbandonò contro la parete lì accanto. “Guido io” disse infine
incamminandosi verso la porta.
****
John
arrivò alla tenuta all’alba, in compagnia dei Winchester e di Castiel.
Notò
subito che la casa era silenziosa, forse troppo silenziosa e si chiese cosa
diavolo stesse succedendo. “Ehilà!” urlò. “C’è nessuno?”
Il
primo a rispondergli fu Klaus; l’Originale scese lungo la scala di legno e
incrociò le mani dietro la schiena raggiungendoli.
“John
Constantine insieme ai Winchester e al loro Angelo custode” mormorò. “Allison sarà qui a minuti, si sta preparando per la
funzione.”
Dean
corrugò la fronte. “Quale funzione?”
“Un
suo caro amico è morto recentemente. Stiamo per dargli degna sepoltura.”
“Quale
amico?” chiese Castiel.
“Un
certo Jonas qualcosa… uno stregone spagnolo.”
“Jonas
Leandro” sussurrò Sam annuendo piano. “Allison mi ha
parlato di lui a volte. Non si vedevano spesso ma erano molto legati. Com’è
morto?”
“Cercando
di proteggermi” rispose proprio Allison attirando l’attenzione
dalla cima delle scale.
Fasciata
in un abito nero semplice, la cacciatrice scese lentamente, seguita da Elijah
che si sbottonò la giacca lungo il tragitto. Quel viso bello ricoperto di
lividi, il labbro spaccato a metà, diversi graffi su un braccio e il segno
evidente di una mano che aveva stretto troppo forte sull’altro.
“Che
cosa ti è successo?” le chiese Castiel raggiungendola
in fondo alle scale alzando piano la mano per poggiargliela sul viso ferito.
“Solo
un piccolo incidente, niente di grave.”
“Lascia
che ti guarisca” le rispose lui allungando due dita, intenzionato a
poggiargliele sulla fronte.
Ma
lei scosse il capo afferrando la mano prima che la toccasse, stringendola tra
le sue per un attimo. “Non serve. Ti prego Cass…”
Lui
annuì, anche se l’espressione dei suoi occhi suggeriva che non era affatto d’accordo.
Allison gli sorrise, poi gli diede un bacio sulla
guancia passandogli accanto per raggiungere Sam, Dean e John che strinse a
turno in un abbraccio.
“Che
ci fa il Team Free Will qui a New Orleans?” chiese loro anche se la risposta
era piuttosto ovvia.
“Non
fingere di non saperlo” le disse infatti Dean poggiando il suo borsone per
terra. “Hai permesso ad uno stregone di prendere la tua energia vitale e usarla
per spezzare una maledizione con cui non avevi assolutamente nulla a che fare?”
“Non
è andata esattamente così Dean, ma questo non è il momento di parlarne.”
“Invece
lo è” le disse ancora Dean, dando una rapida occhiata ad Elijah che rimaneva
poco lontano, gli occhi fissi sulla donna, pieni di lacrime e di amarezza. “Anche
perché da quanto John ci ha raccontato potremmo non avere un’altra occasione
visto che potresti morire da un momento all’altro.”
Lei
rise nervosamente. “Ti prometto che farò in modo di vivere abbastanza a lungo
da permetterti di farmi la tua ramanzina.”
“Allison,” intervenne Sam. “Non prenderla in questo modo, stiamo
solo cercando di capire, per aiutarti. Ti sei messa in una brutta situazione e…”
“E
credi che io non lo sappia, Sam?” lo interruppe lei. “Vi comportate tutti come
se io fossi una povera idiota incapace di capire la gravità della situazione.
State tutti lì a rimproverarmi e ad affannarvi per trovare una soluzione ma
nessuno di voi mi ha chiesto come mi sento io. Continuate a preoccuparvi e a
comportarvi come se non me ne importasse nulla, come se volessi morire e voi
doveste fare di tutto per evitarlo. Beh ho una novità per voi; io non voglio
morire” disse guardando tutti e nessuno allo stesso tempo. “Ho un uomo che amo
e che mi ama, questo anello al mio dito” continuò alzando la mano sinistra, “Avrebbe
dovuto essere una promessa di felicità e probabilmente quella felicità non la
avrò mai. Non farò mai il giro in mongolfiera che ho sempre desiderato fare e
non farò niente di tutto quello che mi ero ripromessa di fare nella mia vita. E
fa male…è una sensazione terribile e spaventosa. E so che tutti voi volete solo
aiutarmi, so che vi devo delle spiegazioni e so che dobbiamo parlare di tutto
questo, ma lo faremo in un altro momento perché adesso devo andare a seppellire
un’altra persona a me cara… la storia della mia vita no?” si fermò e fece un
grosso respiro cercando invano di frenare le lacrime.
Elijah
la raggiunse con pochi passi veloci e la strinse delicatamente, quasi avesse
paura di farle male. “Va tutto bene” le sussurrò baciandole la fronte. Poi si
rivolse agli altri. “Fate come a casa vostra” disse loro. “Mi occupo io di lei.”
Sam
si schiarì la voce per ricacciare indietro le lacrime mentre la sua migliore
amica lasciava la casa in compagnia dell’Originale, poi si voltò a guardare Castiel e Dean scoprendo che loro non si erano preoccupati
di trattenere il pianto.
****
Elijah
rimase in disparte per tutto il tempo, poco lontano dal luogo in cui lei stava
piangendo il suo amico, distante quel tanto che bastava per lasciarle il suo
spazio senza però farla sentire sola.
Era
rimasto ad osservarla per tutto il tempo, su quel viso che amava c’era stampata
una maschera di dolore che faceva male anche a lui. Il viso basso, gli occhi
stanchi, quei dannati lividi su tutto il corpo…
Lui
avrebbe voluto essere con Tristan in quel momento,
per piantargli una mano nel petto e strappargli via il cuore solo perché per
colpa sua Allison stava soffrendo. Ma in alcuni
momenti, aveva ragionato, bisogna stabilire delle priorità e per quanto volesse
farla pagare al primo vampiro che avesse mai creato, stare con l’unica donna
che avesse mai amato con una tale intensità era la cosa più giusta da fare.
Abbassò
lo sguardo quando lei scoppiò a piangere fissando la grande lapide di pietra
che aveva fatto fare per il suo amico, aveva ingoiato il dolore nel vederla
così fragile e triste perché aveva il dovere di essere forte per lei.
Infine,
quando lei sembrò calmarsi un po’, le si avvicinò e le spostò i capelli dal
viso facendola girare piano per poterla guardare in volto.
“Era
mio amico” pianse lei, gli occhi piccoli e rossi come mai prima. “Era un brav’uomo.”
Lui
le baciò lievemente le labbra, poi la fronte e la strinse con dolcezza e
decisione. “Lo so, mi dispiace tanto.”
“Le
persone intorno a me continuano a morire” singhiozzò lei inzuppandogli la
camicia di lacrime.
“No,
no Allison” Elijah la scostò poco, quel tanto che
bastava per guardarla negli occhi. “Non è vero. Muoiono perché scelgono di fare
la cosa giusta ma non è colpa tua.”
“Perché
finisco sempre per perdere le persone a cui voglio bene? Sono così stanca di
piangere Elijah…”
Elijah
lasciò cadere qualche lacrima. “Lo so” le disse. “Sono qui per te, e ci rimarrò
fin quando mi vorrai.”
Lei
deglutì tra i singhiozzi, abbassò lo sguardo per un’ultima volta sulla tomba di
Jonas e poi guardò il suo Originale negli occhi. “Portami a casa, per favore”
gli disse.
E
lui lo fece.
****
Elijah
fu il primo ad accorgersi di loro quando BonnieBennet e Damon Salvatore arrivarono il giorno dopo.
Il
vampiro sembrava inquieto, nervoso, preoccupato. La giovane strega altrettanto.
“Grazie
di essere venuta” le disse Elijah raggiungendoli all’entrata. “Damon” lo
salutò.
“Dov’è
Allison?” chiese lui senza ricambiare il saluto,
guardandosi intorno alla ricerca della sua amica. Sperando di non essere
arrivato troppo tardi.
“Sta
riposando” gli disse Elijah. “Seconda stanza sulla sinistra al piano di sopra…
se vuoi vederla.”
Damon
sparì su per le scale, Bonnie invece poggiò la sua
borsa per terra e sospirò respirando a fondo. “Posso percepire della magia qui
dentro.”
“È
mia sorella Freya, è una strega potente ma non
abbastanza da salvare Allison. Non da sola…”
“Quindi
vuoi che io e Freya uniamo le forze per provare ad
aiutarla?”
“Voglio
salvarla” rispose lui con la voce spezzata. “Lei è…” lasciò morire la frase perché,
si accorse, stava per piangere.
“Tu
la ami…” mormorò Bonnie sorpresa, ma non troppo in
fondo perché ricordava che qualcosa di speciale era scoccato tra l’Originale e
la cacciatrice tanti anni prima.
“Immensamente”
fu la risposta di Elijah.
Bonnie
annuì emanando una sicurezza rincuorante. “Portami da tua sorella.”
NDA: Buon 2016 a tutti
con il primo capitolo del nuovo anno. Avete i fazzolettini a portata di
mano? Spero per voi di sì... comunque, alla fine
c'è un'anticipazione dai prossimi capitoli ma prima di
gioire e stappare lo champagne per la presenza di una certa persona
(dopo aver letto il capitolo capirete), notate che la gif è
di uno strano colore... per così dire. Di solito quel colore
è per i ricordi... ah! Vi ho detto troppo... o forse vi ho
voluto depistare ahahah rimanete sintonizzati per scoprirlo :) Buona lettura e
lasciatemi un pensiero se vi va :D
17.
Damon
si fermò un attimo con la mano sulla maniglia. Non era sicuro di voler entrare
in quella stanza, poteva sentire il cuore di Allison battere da fuori la porta
e batteva troppo lentamente.
Si
fermò un attimo a riflettere su tutte le persone che aveva incontrato, vissuto
o semplicemente incrociato… erano tante ma nessuno di loro era riuscito a
toccarlo così profondamente come la cacciatrice dietro quella porta di legno.
Con
lei non aveva mai pensato ad un possibile addio, l’aveva sempre considerata
quasi invincibile con il suo arsenale acquistato nel corso degli anni, la sua
astuzia, la sua bravura nel vivere quella terribile vita che le era capitata e
che aveva vissuto senza mai un lamento, sempre disponibile verso chiunque le
chiedesse aiuto. Anche se chi glielo chiedeva non era stato sempre buono con
lei.
MYSTIC
FALLS, QUALCHE MESE PRIMA
Stava
ancora scrivendo il suo primo diario – e anche solo pensarci lo faceva ridere –
quando la macchina che stava aspettando era arrivata, a marcia indietro in
quell’angolo di bosco in cui si era nascosto in attesa.
Non
avrebbe mai voluto separarsi dalla bara dentro la quale la sua bellissima Elena
stava dormendo, ma i recenti avvenimenti lo avevano costretto a rivedere le sue
posizioni. Non si trattava più di cosa serviva a lui per stare bene, si
trattava di tenere al sicuro la donna che amava e anche se spostare la bara gli
costava tantissimo era la cosa giusta da fare.
Lily
aveva messo bene in chiaro che non si sarebbe fermata davanti a niente e
nessuno; neppure di fronte alla disperazione del suo stesso figlio.
Tu
togli qualcosa a me ed io tolgo qualcosa di più importante a te, gli aveva
detto. E quel qualcosa era sempre e solo Elena. Incredibile come la donna che
lo aveva messo al mondo mostrasse così poca premura nei suoi confronti. Ma d’altronde
Stefan era da sempre il preferito e questa cosa non era cambiata neppure dopo
secoli.
Damon
si alzò in piedi e poggiò sul tronco d’albero sul quale era seduto il suo
diario, poi sorrise alla donna che lo stava raggiungendo.
“Grazie
di essere venuta” le disse rimanendo immobile.
Lei
gli riservò un sorriso gentile, corredato di fossette. “Se un amico chiama io
rispondo, sempre.”
Lui
annuì poco, poi la accolse in un abbraccio stringendola forte, sapendo che lei
capiva esattamente quello che stava provando. Lei capiva sempre.
Allison
gli accarezzò dolcemente la schiena, infine si staccò da lui e afferrò il
bicchiere di vino pieno a metà; un bel rosso brillava illuminato dalla luce
della luna. Ne bevve un sorso, poi un altro. “Chateau Cheval Blanc” mormorò
annuendo. “Hai tirato fuori la roba buona.”
Il
vampiro allargò le braccia. “Come diavolo fai a sapere che vino è?”
“Ho
fatto un corso da sommelier una volta” disse lei. “Che vuoi che ti dica… ho
tanti soldi da spendere e mi annoio facilmente. A volte mi piace trovare degli
hobby creativi, per così dire.”
“Sei
seria?”
“Sul
fatto che mi annoio facilmente? No. Vorrei annoiarmi, significherebbe che ho tanto
tempo libero, ma sfortunatamente non ne ho.”
“E
sul corso di sommelier?”
“Oh
sì, sono seria riguardo a quello. Anche se ero una vera schiappa… infatti”
disse tirando fuori la bottiglia semivuota di cui Damon si era completamente
dimenticato. “Se non avessi letto l’etichetta probabilmente avrei nominato
qualche costoso vino italiano che non ho mai neppure bevuto. Solo per sembrare
che ne sapessi qualcosa... in fondo ho una reputazione da mantenere.”
Damon
le tirò la bottiglia di mano, la fissò per un minuto e poi scoppiò a ridere.
“È
al sicuro con me, Damon” gli disse lei quando le risate scemarono, poggiando
una mano sulla bara. “Te lo prometto. E quando sarà il momento la riavrai e
avrete il vostro lieto fine.”
“Tu
credi che ci sia un lieto fine per quelli come me? Io sono cattivo.”
“No”
Allison scosse il capo. “Tu non sei cattivo Damon. Hai solo paura, come tutti.”
Damon
sentì un brivido lungo la schiena e quella sensazione lo riportò alla realtà.
Aprì piano la porta ed entro nella stanza quasi in punta di piedi. Pensava di trovarla
addormentata, invece Allison era sveglia.
“Damon?”
gli chiese piano, il viso stremato, la voce che faticava ad uscire. “Che ci fai
qui?”
Lui
abbozzò un sorriso, la raggiunse e si mise a sedere sul letto prendendole piano
la mano. “Ho sentito dire che avevi bisogno di aiuto e così sono venuto a
salvarti.”
Allison
rise, poi tossì voltandosi di lato e macchiando poco le lenzuola chiare di
sangue. “Apprezzo il pensiero, ma non credo che tu possa fare molto per me.”
“Io?”
chiese il vampiro cercando di sembrare calmo. “Oh no, ho portato Bonnie a fare
il lavoro sporco. Quello che io invece posso fare per aiutarti è darti un sorso
di Chateau Cheval Blanc. Ho conservato la mezza bottiglia rimasta per un’occasione
speciale. Per una celebrazione speciale.”
“Quindi
celebrare la mia morte ti sembra un’occasione speciale?” la cacciatrice si
sforzò di sembrare sarcastica, ma era stanca.
“Non
celebriamo la tua morte Allison; celebriamo la tua vita.”
La
donna rimase a fissarlo per un lungo minuto, poi gli strinse la mano quanto più
poteva. “Ho paura Damon” confessò e si rese conto che era la prima persona a
cui lo diceva così apertamente.
Lui
le accarezzò una guancia accennando un mezzo sorriso triste. “Come tutti” le
sussurrò.
****
Bonnie
era dentro la stanza di Allison, insieme a Freya, da ore oramai… o almeno
sembravano così tante ad Elijah.
Sua
sorella gli aveva chiesto di rimanere fuori, perché la sua presenza avrebbe
potuto in qualche modo distrarre sia lei che Bonnie dal loro intento e le
distrazioni non erano un lusso che potevano permettersi. Perdere tempo neppure.
Elijah
lo capiva… davvero. Ma stare fuori da quella stanza, seduto su una sedia in
attesa di conoscere le sorti della donna che amava era straziante e terribile.
Quando
finalmente la porta si aprì e Bonnie Bennet uscì stringendosi addosso la
giacca, fu chiaro a tutti i presenti che sul suo viso non c’era neppure l’ombra
di una buona notizia. Sentire Allison tossire glielo confermò.
“Allora?”
chiese Klaus e lui quasi sobbalzò tanto era perso nei suoi pensieri.
Istintivamente
si allentò la cravatta, quasi gli fosse impossibile respirare. Passarono sì e
no tre secondi prima che la strega aprisse la bocca per rispondere, ma all’Originale
elegante sembrarono interminabili minuti.
“Ho
provato di tutto, tutto quello che conosco. Ci ho provato” disse, la voce
spezzata dal pianto, “Ma non riesco a salvarla. Allison sta morendo.”
Crollò
in ginocchio singhiozzando ed Elijah pensò che se gli fosse crollato addosso l’intero
edificio in quel momento, se un milione di paletti di legno gli si fossero
conficcati ad un soffio dal cuore, avrebbe fatto meno male di quelle parole.
Della consapevolezza che l’unica cosa che rimaneva da fare era dire addio.
Addio
alla donna che amava immensamente, addio all’unica donna con cui aveva deciso
di costruire un futuro felice, addio a quella donna che era capace di seccargli
la gola anche solo con uno sguardo.
Sentì
la mano di Niklaus poggiarsi sulla sua spalla, vide i giovani Winchester
coprirsi il viso con le mani, Freya piangere mentre usciva dalla stanza, Hayley
rimanere distante, Castiel allentarsi la cravatta proprio come lui aveva fatto.
E Damon… Damon crollare seduto sul pavimento, le spalle poggiate alla parete,
uno sguardo perso in quegli occhi chiari che di solito ospitavano sarcasmo.
Si
alzò e senza dire nulla entrò dentro la stanza richiudendosi la porta alle
spalle.
Allison
era sveglia ma respirava a fatica; gli occhi cerchiati di nero, le labbra
secche e bianche, quella luce dentro il nocciola delle sue iridi però vibrava
ancora.
“Ciao”
gli sussurrò sorridendo.
Lui
trattenne le lacrime e si tolse la giacca. Si arrotolò le maniche della camicia
e si tolse la cravatta. Poi la raggiunse sul letto e con delicatezza si sistemò
dietro di lei, così da potersela stringere al petto.
Lei
sembrò rilassarsi contro di lui, le uscì di bocca un lieve gemito ed infine
ricambiò la stretta, per quanto le era possibile. L’anello al suo anulare
sinistro le stava talmente grande oramai che avrebbe facilmente potuto
perderlo. “Mi piace così” gli disse.
“Come
posso aiutarti?” le chiese lui baciandole delicatamente la tempia.
“Voglio
mostrarti una cosa” fu la replica della cacciatrice. “Chiudi gli occhi e guarda
dentro di me.”
Elijah
lo fece.
“Papà!”
urlò entusiasta la bambina andandogli incontro. In una mano stringeva un
foglio, nell’altra un pastello a cera rosso. Quella creatura non aveva più di
cinque anni, capelli castani lucenti, due occhi nocciola e due fossette sulle
guance.
“Cos’è
questo foglio che hai in mano?” le chiese.
“È
un disegno che ho fatto per lo zio Sam. Ne ho fatto uno anche per lo zio Dean,
lo zio Castiel, lo zio Klaus, lo zio John e per Hope che è la mia cuginetta
preferita.”
Lei
annuì prendendolo per mano e lo guidò fino al tavolo dove c’erano esattamente sei
disegni – compreso quello che aveva prima in mano – raffiguranti una casa, un
cane, un’auto, un cielo pieno di nuvole, una barca con tanto di pirati dall’occhio
bendato e un uomo con la sigaretta. “Manca quello per nonno Victor e per zia
Becki. Ci sto ancora lavorando e quando finirò, metterò il mio nome in basso
così sapranno che è da parte mia.”
“Sei
così piccola e sai già scrivere…” rifletté lui. “Sei davvero molto
intelligente.”
“Mamma
dice che l’ho preso da lei” rise la piccola. “Zia Becki invece dice sempre
così: tu sei Victoria Mikaelson e sei sempre un passo
avanti agli altri.”
L’Originale
rise, un senso di totale felicità lo pervase completamente. Stava per replicare
quando mamma entrò nella stanza. Stringeva in mano un
cesto pieno di fiori, in testa aveva un cappello di paglia ed era bella con
quel suo viso dolce corredato da fossette.
“Hai
visto?” gli disse Allison raggiungendolo e dandogli un bacio sulla guancia. “Nostra
figlia è un’artista. Non credi anche tu?”
Lui
si perse dentro quegli occhi nocciola. “È perfetta” sussurrò poggiando la bocca
sulla sua.
L’Originale
aprì gli occhi piano e si accorse che stava piangendo. “Cos’era quello?”
Allison
si inumidì le labbra. “Era la nostra perfetta vita insieme” gli disse. “Come la
sogno da sempre. E mi dispiace che per colpa mia non potremo averla. Ma voglio
che tu la abbia, voglio che tu sia felice anche dopo di me.”
Lui
scosse il capo stringendola poco più forte. “Non parlare così.”
Lei
girò poco il viso, per guardarlo e gli sorrise allungando la mano fino ad
accarezzargli la guancia. “Ti amo Elijah Mikaelson e ti ringrazio perché mi hai
fatta sentire amata come non mi era mai successo prima.”
Elijah
le asciugò il viso con due dita, poggiò la bocca sulla sua e si staccò solo
quando un singhiozzo lo costrinse a farlo. “Esisto da migliaia di anni ma solo
quando ti ho conosciuta ho iniziato a vivere davvero. Sono io che ringrazio te,
Allison Marie Morgan… per avermi amato e per avermi aperto il cuore.”
“Non
c’è di che” scherzò lei e lo fece provando a sorridere. Ma la tosse ebbe di
nuovo la meglio e proprio mentre Elijah stava per chiedere aiuto la porta si
aprì.
“Padre…”
disse guardando perplesso verso di essa, a metà tra la domanda e l’affermazione.
“Padre?”
replicò l’altro. “Ma che diavolo avete tu e quell’altro biondino con lo sguardo
perverso lì fuori? Io non sono vostro padre.”
Allison
alzò gli occhi, il petto le faceva male ma la tosse si era fermata. “Balthazar!”
esclamò in tono debole.
Il
viso dell’uomo si distese in un sorriso mentre una donna gli si affiancava
dentro la stanza. “Ciao bellissima” le disse. “Che ne dici se ti facciamo
tornare come nuova?”
NDA: Buona lettura e
lasciatemi un commento se vi va :D
18.
“Balthazar,”
Allison tossì un’altra volta. “Credevo che fossi morto.”
Lui
sorrise avvicinandosi alla finestra e chiudendo poco le tende. “Lo credevano in
molti dolcezza, ma ho solo finto la mia morte. Per la seconda volta. Cassy era
fuori di testa a quel tempo, non avrei rischiato per nulla al mondo.”
Elijah
si mise in piedi, confuso osservò mentre la donna che era arrivata insieme a
quel tizio identico a suo padre tirava fuori da una borsa una ciotola con delle
strane incisioni sopra.
“Chi
siete voi?” domandò.
Il
fatto che Allison lo conoscesse e sembrasse fidarsi di lui non era sufficiente,
non per l’Originale elegante, non quando la donna che amava rischiava la vita.
“Sono
Balthazar" si presentò l’altro togliendosi la giacca, rimanendo con addosso solo
una t-shirt scollacciata grigia. Un abbigliamento del tutto inappropriato se
l’avessero chiesto ad Elijah. “Sono un angelo, come Castiel… o perlomeno quello
che ne rimane.”
“Io
sono Valentina” rispose la donna poggiando alcuni oggetti sulla piccola
scrivania nella stanza. “Sono una strega.”
“Lui
è un amico” chiarì Allison mentre Balthazar le si avvicinava e con delicatezza
le poggiava due dita sulla fronte facendola sentire subito un po’ meglio.
“Dove
sono gli altri?” chiese Elijah guardandolo perplesso. “Fuori la porta era pieno
di persone, che fine hanno fatto?”
Non
era possibile che nessuno avesse provato a fermarlo o che tutti avessero
provato e fallito.
La
strega sospirò “Stanno tutti bene, guarda tu stesso” gli rispose. Poi si rivolse
a Balthazar. “Sono pronta ma lui deve andarsene” continuò indicando
l’Originale.
“Non
vado da nessuna parte fin quando non mi dite che cosa sta succedendo” si irritò
lui, gli occhi gli si iniettarono di sangue, i canini aguzzi.
“Elijah”
lo richiamò dolcemente la cacciatrice afferrandogli la mano, costringendolo a
guardarla. “Balthazar è mio amico. Puoi fidarti di lui.”
L’Originale
elegante sembrò calmarsi, fece un grosso respiro, poi sembrò captare qualcosa.
Baciò la fronte della sua fidanzata e si avvicinò alla porta socchiusa, la aprì
completamente e si affacciò con la testa. Tutti quelli che prima erano fermi
davanti, in attesa, fissavano l’atrio come stupiti.
Il
vampiro si avvicinò a Constantine e fissò gli occhi al piano di sotto; quello
che vide furono una decina di streghe, si tenevano per mano mormorando qualcosa
di incomprensibile, o almeno lo era per lui.
“Chi
sono queste persone?” sussurrò spalancando gli occhi per lo stupore.
“Sono
la Brujeria,” rispose Valentina raggiungendo tutti fuori. “La Brujeria blanca.
La mia personale congrega di streghe. Le migliori, le più potenti selezionate
da Josephine LaRue in persona tanti anni fa.”
Elijah
si voltò a guardarla. “Conoscevi Josephine?”
“Era
mia cugina” confessò la strega. “Ad ogni modo ora non abbiamo tempo per le
chiacchiere; alla cacciatrice non rimane molto tempo. Ho bisogno di alcune cose
per praticare l’incantesimo che le salverà la vita.”
“Quali
cose?” domandò John guardandola.
“Un
pugnale d’argento e un po’ del sangue dell’alfa del branco a cui è collegata.”
Fu
allora che Dean si fece avanti con un pugnale ed Hayley tendendo la mano.
****
L’incantesimo,
avevano spiegato quando Elijah glielo aveva chiesto con tanta insistenza, era
diviso in tre parti.
La
prima consisteva nello spezzare la maledizione che affliggeva il branco usando
un po’ del sangue di Hayley; la seconda nello spezzare il legame tra lei ed
Allison e la terza nel guarire Allison stessa. Le prime due cose erano andate
bene, ora rimaneva solo l'ultima.
Tuttavia,
gli aveva detto Valentina cercando di essere il più delicata possibile, la
salute della cacciatrice era talmente pessima che un semplice incantesimo di
guarigione non sarebbe bastato.
Come
farete allora? Aveva chiesto lui.
Ed
era stato in quel momento che Balthazar aveva preso la parola uscendosene con
un piano che era assurdo ma che forse proprio per questo motivo avrebbe
funzionato.
“Trasferirò
la mia grazia dentro di Allison e lentamente il mio potere verrà assorbito dal
suo corpo. Per un po’ sarai una umana un po’ speciale… ma man mano il tuo corpo
guarirà i poteri svaniranno” concluse guardando la donna che lo fissava
perplesso, respirando a fatica.
“Ma
che ne sarà di te?” gli chiese lei sussurrando. “Morirai?”
“Sì,
e stavolta probabilmente rimarrò morto.”
“No!”
esclamò lei quanto più forte poteva. “Non ti permetterò di farlo.”
“Allison”
mormorò Elijah. “Ti prego, lascia che ti aiutino.”
“Non
voglio che si sacrifichi per me” replicò lei scuotendo poco il capo. “Sono già
morte troppe persone nel tentativo di salvarmi, non voglio perdere un altro
amico.”
“Hey”
la richiamò Balthazar. “Devi smetterla okay? Ho vissuto più di quanto a
qualcuno dovrebbe essere concesso Allison. È il momento di andare per me e non
riesco a pensare ad un modo migliore di andarmene del salvarti la vita. Salvare
la vita alla donna che è destinata a grandi, grandissime cose. Non è necessario
che tu accetti di farti aiutare, lo farò in ogni caso” le assicurò. “Quindi
perché non la pianti di lamentarti e mi dici addio?”
Allison
lasciò cadere qualche lacrima, poi si sollevò piano fino ad abbracciarlo.
“Hasta la vista Balthy. Ti voglio bene e ti ringrazio.”
Lui
sorrise perdendosi nel calore di quell’abbraccio. “Hasta la vista baby” le
disse allontanandosi poco e strizzandole l’occhio. “Ti voglio bene anche io.”
L’angelo
volse lo sguardo a Valentina e la donna annuì prima di tagliarsi il palmo di
una mano facendo cadere qualche goccia di sangue dentro la ciotola. Poi fece lo
stesso con un po’ del sangue di Balthazar.
“Phasmatos
Tribum Melan Veras Raddiam Onu Pavadus Ponemus” pronunciò.
Lo
fece per tre volte, fin quando Allison non si inarcò emanando una luce
fortissima e Balthazar non cadde privo di vita sul pavimento. Poi tutto sembrò
fermarsi per un attimo.
“È
fatta!” esclamò Valentina.
Elijah
fissò lo sguardo su Allison, un sorriso sollevato gli colorò il viso. “Allison”
la chiamò. “Allison.”
“Ci
vorrà tempo perché si svegli” gli fece sapere Valentina. “Il suo corpo deve
avere il tempo di riprendersi e assorbire tutto il potere.”
“Quanto
tempo ci vorrà?”
“Giorni,
forse settimane” gli fece sapere la strega con una scrollata di spalle.
“Dipende dalla velocità con cui il suo corpo riuscirà a guarire.”
“Le
tue informazioni non sono sufficienti” le fece sapere l’Originale
avvicinandosi. “Sii più precisa.”
“Non
posso essere più precisa” chiarì Valentina. “Si sveglierà quando sarà il
momento.”
Elijah
rimase in silenzio per un attimo, poi serrò le mascelle. “Rimarrai qui fin
quando non si sveglierà. E se qualcosa dovesse andare storto, ti riterrò
direttamente responsabile.”
C’era
qualcosa di terribilmente minaccioso nella voce dell’Originale e Valentina
preferì non sfidarlo. In fondo, pensò, non aveva nulla di cui preoccuparsi;
Allison Morgan si sarebbe svegliata e dopo lei si sarebbe presa quello che
Balthazar le aveva promesso.
“Va
bene” accettò.
“Scegli
la camera che preferisci” le disse Elijah. “E per favore manda via le tue
streghe.”
****
Mikael
sentì che era finalmente pronto. Aveva passato un anno ad istruirlo, a
soggiogarlo, a trasformarlo in quello che aveva pianificato e finalmente era
tutto pronto.
Aprì
la grande porta di metallo e gli lanciò una sacca di sangue. “Credo che tu sia
pronto ragazzo” gli disse piegandosi sulle ginocchia per guardarlo meglio.
“Vuol
dire che mi lascerai andare?”
Papà
Originale sorrise. “Sì. Ricordi la tua missione?”
L’altro
annuì. “Allison” mormorò. “Allison è la mia missione.”
****
Tristan
era stato attento a non farsi vedere. Non era stato facile, soprattutto perché
alla tenuta c’erano due streghe ed uno stregone, un angelo e alcuni cacciatori
in quel momento. Ma era stato furbo e, doveva ammetterlo, anche un po’
fortunato arrivando in un momento in cui sembravano tutti concentrati su altro.
Così tanto concentrati che nessuno si era accorto di lui.
Con
delicatezza appese la collanina sul corrimano della grande scala e sorrise
guardandola di nuovo. Sperava che semmai l’avesse rivista sarebbe stato al collo
della signorina Morgan che sembrava tanto tenerci.
Ripensò
alla sua sorpresa quando si era accorto che era riuscita a fuggire, alla povera
Aya che si era ritrovata col collo spezzato, forse nel tentativo di
trattenerla.
Bella
e scaltra Allison Morgan. Lui lo sapeva da un po’ oramai.
Sperò
che sarebbe stata felice di vedere che le aveva riportato la sua collana. Per
quella donna voleva il meglio, anche se il piano era riservarle il peggio. Ma
al cuor non si comanda in fondo… questa era l’unica massima che valeva
indistintamente per mortali e non.
Elijah
fece un grosso respiro mentre apriva l’ombrello per raggiungere il capanno
dentro il quale avrebbe trovato la bara contenente sua sorella.
Aveva
pagato una cifra piuttosto generosa per far sì che quei marinai la
recuperassero ma lui e Niklaus lo avevano fatto senza pensarci troppo; perché i
soldi non erano un problema per loro e perché era di Rebekah che si stava
parlando.
Il
cielo notturno era illuminato dai fulmini, la pioggia cadeva torrenziale e
presto avrebbero riavuto indietro quel pezzo della loro famiglia. Era un motivo
per festeggiare, ma lui non era proprio in vena di festeggiamenti.
Farlo
uscire dalla tenuta era stata un’impresa e se si era staccato dalla sua ancora
addormentata fidanzata lo aveva fatto perché amava sua sorella e perché mentre
guardava Allison inerme su quel letto, sentiva che sarebbe impazzito a starsene
con le mani in mano e non era quello il momento di andare fuori di testa.
La
sua bella cacciatrice non si era ancora svegliata e anche se Freya affermava di
percepire la sua energia vitale rafforzarsi ogni giorno di più, l’Originale
elegante non sarebbe stato tranquillo fin quando non avesse aperto gli occhi.
Non
aveva tempo da perdere, perché se c’era una cosa che lo faceva sentire peggio
del vederla in quel letto, era l’idea che lui non sarebbe stato lì al suo
risveglio.
“Questo
tizio, Elijah Smith” sentì dire ad uno degli uomini che aveva pagato per
recuperare sua sorella dal fondo dell’oceano. “Ha pagato una cifra esorbitante
per farci recuperare questa vecchia cassa. Qualunque cosa ci sia dentro deve
valere parecchio. Io dico di rilanciare.”
Il
vampiro scosse il capo, poi chiuse l’ombrello e si tolse il cappotto poggiando
entrambi su alcune pedane di legno mezze marce.
“Temo
che quella fosse la mia ultima offerta” disse attirando l’attenzione. “E non ho
tempo da perdere.”
Li
uccise tutti, prima di raggiungere sua sorella e lo fece preda di una rabbia
che un po’ lo spaventò. Aveva bisogno della sua Allison, perché era
chiaro che senza di lei oramai perdeva facilmente ogni controllo.
Mentre
toglieva quello strano pugnale dal petto di sua sorella gli tornò alla mente un
giorno a Los Angeles di tanti anni prima.
LOS
ANGELES – 5 ANNI E MEZZO PRIMA
“Quindi
è questo che fai nel tuo tempo libero?” Elijah si fermò per cederle il passo,
poi la seguì e le si rimise a fianco appena possibile.
Lei
sorrise mangiando l’ultimo cucchiaino di gelato, poi gettò quello che rimaneva
in un cestino e si strinse nelle spalle. “Sembra quasi che tu sia sorpreso.
Cosa ti aspettavi che facessi esattamente nel mio tempo libero?”
“Non
lo so a dire il vero,” replicò lui. “Ma non mi aspettavo che aiutassi persone
che hanno perso tutto a ricostruirlo, quel tutto.”
“Sono
privilegiata sotto il punto di vista economico e di tutti i soldi che mi sono
rimasti dopo la morte dei miei genitori non so davvero che farmene; sono una
cacciatrice del soprannaturale, non ho bisogno di molto per sopravvivere. Così
li utilizzo per fare del bene a chi ne ha bisogno.”
“Come
quella giovane coppia a cui stai praticamente ricostruendo la casa dopo che la
loro è andata distrutta” riassunse Elijah. “Avremmo potuto far prima se solo mi
avessi permesso di comprarne loro una nuova.”
Allison
scosse il capo energicamente. “Potrei comprarla io stessa, ma non è questo il
punto. Quel posto è speciale per loro, e tutti dovrebbero avere un posto così…
un posto che li rende felici.”
L’Originale
si perse per un attimo in quegli occhi nocciola, ammaliato dalla luce che
emanavano, intrigato dal movimento lento di quelle labbra rosate. Cercare
quella donna che conosceva appena era stata una follia ma si accorse che
potendo tornare indietro lo avrebbe rifatto.
Non
aveva smesso di pensare a lei neppure per un istante da quando era ripartita
dopo quel ballo a Mystic Falls. E non era solo perché era dannatamente bella,
era qualcosa di più.
“Sto
per fare una cosa adesso” le disse avvicinandosi a lei, prendendole una mano e
poggiandosela sul petto. “Non credo sia questo il caso, ma se avessi frainteso…
ti prego di perdonarmi.”
Lei
abbozzò un sorriso piegando poco il capo. Credeva di sapere a cosa si riferisse
ma non disse nulla.
Attese.
Il
tocco delle labbra di Elijah sulle sue fu delicato, quasi insicuro. Ma quando
la mano sul suo petto si spostò tra i suoi capelli, ogni cosa cambiò. Fu come
se il mondo tutto intorno si fosse fermato per un attimo, proprio lì mentre
baciava uno degli uomini più affascinanti che avesse mai incontrato, Allison si
chiese quanto folle fosse quello che stava facendo.
Lo
era tanto, forse troppo. Ma non gliene importava assolutamente nulla.
L’Originale
si accorse che si era poggiato le dita sulle labbra, perso nel ricordo, solo
quando Rebekah si mise a sedere tirando un grosso e rumoroso respiro. Le
sorrise, come meglio riusciva e mise le mani nelle tasche dei suoi pantaloni. “Ciao
sorellina.”
“Ti
prego” ansimò lei quasi fosse esausta. “Dimmi che non mi sono persa il Natale.”
Elijah
scosse il capo. “Ti sei persa molte cose, ma non quello. Torniamo a casa” le
porse la mano aiutandola ad alzarsi. “Ti aggiorno per strada.”
****
Il
ritorno alla vita per Rebekah fu più complicato del previsto. Mentre Elijah si
precipitava al piano di sopra per vedere Allison, la donna si fece aggiornare
su tutto quello che era successo nell’ultimo periodo.
Nel
breve riassunto che Hayley le fece, scoprì che forse alcune cose erano
cambiate, ma non l’impulsività di Allison Morgan; era quasi morta per spezzare
la maledizione che Klaus aveva lanciato sul branco… salvata per un pelo da un
angelo che si era sacrificato per lei, e che era identico a Mikael, e da una
strega di nome Valentina che avrebbe temporaneamente vissuto in quella casa fin
quando la cacciatrice non si fosse svegliata.
Scoprì
anche Jackson aveva salvato la vita a Freya quella mattina e che Camille e
Klaus erano andati ad occuparsi di un pover’uomo che Lucien aveva danneggiato
semplicemente aprendo la bocca.
“Qualche
cambiamento?” chiese al fratello quando lo vide tornare di sotto.
Lui
scosse il capo avvicinandosi a Freya. “Dorme ancora.”
“Allison
è un osso duro, si sveglierà. Non devi controllarla in ogni momento, sono certa
che quando aprirà gli occhi ce ne accorgeremo” lo rassicurò Freya.
Elijah
annuì senza dire niente, poi sospirò cercando di riprendere il controllo delle
sue emozioni. “A proposito, dov’è Valentina?”
“Voleva
prendere una boccata d’aria e John si è offerto di accompagnarla” gli fece sapere
Hayley. “I Winchester e Castiel invece sono ripartiti mentre tu eri via. Sul
cellulare di Allison è arrivato uno strano messaggio di SOS da parte di un
tizio e hanno pensato che era il caso di controllare. Hanno detto di
telefonargli appena si sveglia.”
Rebekah
attirò l’attenzione schiarendosi la voce. “Non vorrei sembrare insensibile nei
confronti della mia futura cognata in coma, ma ho un dannato segno sul braccio
e sta crescendo ogni secondo di più. Possiamo concentrarci per un attimo su di
me?”
“Hai
ragione” Freya sorrise prendendole il braccio e fissando quel marchio. “È una
maledizione. Se non la rimuoviamo andrai fuori di testa molto presto.”
“Quanto
fuori di testa?”
“Parecchio
fuori di testa” la maggiore delle sorelle Mikaelson si mise in piedi
accorgendosi solo allora di non sentirsi molto bene. Ma doveva resistere,
qualunque cosa le stesse succedendo. “Mi metto subito al lavoro.”
Quando
perse i sensi, Elijah la afferrò giusto in tempo, prima che toccasse il
pavimento e notò che sul suo collo c’era il segno di una puntura. “L’hanno
avvelenata” mormorò e quello si aggiunse alla lista di problemi da risolvere.
Freya
venne sdraiata sul divano ma a dispetto di quello che tutti credevano si
riprese dopo pochi minuti. Aveva l’aria stanca e debole ma era sveglia. “Sto
bene” sussurrò precedendo la domanda che, sapeva, sarebbe arrivata. “Per
spezzare quella maledizione mi serve un coltello di argento puro e della radice
di muschio bianco.”
Jackson
indossò il giubbotto. “Io mi occupo della radice” disse sorridendo ad Hayley
prima di lasciare la casa.
“Io
del coltello” disse proprio quest’ultima alzandosi.
“Io
mi occuperò dell’antidoto,” concluse Elijah afferrando il telefono per
telefonare a Klaus.
****
Ore
dopo, mentre una Freya debolissima cercava di spezzare quella maledizione, le
parole che aveva detto presero forma. Rebekah era andata fuori di testa.
Aveva
attaccato Hayley e dopo aver chiesto a Jackson di restare con Freya, Elijah era
corso a bloccare la sorella per evitare che facesse cose di cui avrebbe potuto
pentirsi una volta lucida.
“Rebekah!”
le urlò bloccandola, mettendosi di fronte a lei. “Riprendi il controllo.”
Lei
sembrò calmarsi per un attimo, poi gli sferrò un pugno scaraventandolo lontano
e afferrò Hayley per i capelli con una mano mentre l’altra le si conficcava nel
petto. L’ibrida gemette, spaventata. Cercava in quel viso solitamente amico un
briciolo di Rebekah, senza però trovarlo.
“Tu
e il tuo marito fantoccio… sappiamo tutti che lo hai sposato solo per dovere
nei confronti del tuo branco. Sei una zavorra per Elijah, anche ora che
finalmente ha smesso di amarti riesci a farlo soffrire costringendo la sua
fidanzata in un letto.”
“Non
ho chiesto io ad Allison di spezzare la maledizione” riuscì a difendersi
Hayley, toccata da quelle parole.
“Ma
scommetto che non ti è dispiaciuto quando lo ha fatto… forse hai anche sperato
che morisse così da tornare ad essere il centro dell’attenzione di mio
fratello.”
“Rebekah!”
la voce di Klaus arrivò determinata e la mano dell’Ibrido le si poggiò sul
braccio costringendola a mollare la presa del cuore di Hayley. “Non lei.”
L’Originale
maledetta indietreggiò di qualche passo, poi puntò lo sguardo su Camille e fece
qualche passo verso di lei.
“Nemmeno
lei!” urlò Klaus fermandola mentre la bionda barista dava la valigetta con l’antidoto
ad Hayley che corse di sopra.
Elijah
invece affiancò suo fratello, fronteggiando la loro, fuori controllo, sorella.
“Patetici…”
sibilò lei ridendo, gli occhi neri come la pece. “Tutte le donne che fate
entrare nelle nostre vite finiscono sempre per portare l’oscurità. Hayley,
Camille che non è affatto innocente come sembra. È ora di porre fine a tutto
questo!”
I
fratelli Mikaelson si prepararono a tutto, il pensiero di Elijah sempre rivolto
alla stanza in cui stava Allison. Non importava come avrebbero fatto a
fermarla; Rebekah non avrebbe mai dovuto raggiungerla.
Quando
lei si mosse, pronta a colpirli di nuovo… fu allora che la bella cacciatrice
fece la sua comparsa.
“Hey!”
urlò dall’alto del soppalco.
Con
un balzo saltò giù atterrando in piedi, in perfetto equilibrio. Emanava
qualcosa di diverso, di ancora più sensuale del solito se possibile.
“Allison”
mormorò Elijah felice di vederla in piedi ma sorpreso, confuso. “Sei sveglia…”
Lei
sorrise. “Lo sono… sveglia e migliorata. E adesso che ne dite di mettere fine a
questo baccano?” nel muro dietro di lei spuntò l’ombra di due grandi ali
bruciate, mentre il suo corpo sembrava illuminarsi di una splendente luce
chiara, la cacciatrice si avvicinò a Rebekah e le strinse il braccio, proprio
all’altezza di quel marchio maledetto. “Farà male, temo. Ma poi starai meglio.”
*Lieve rating rosso* NDA: Godetevi la gioia
che si respira perchè sta per finire. Sotto trovate l'abito
di Allison, una gif flashback di Victor ed Elijah e
l'orologio regalo :D Buona lettura e
lasciatemi un pensiero se vi va :D Roby.
PS la gif in intestazione non mi appartiene. E' di MikaelsonProdz.
20.
Allison
non si era mai sentita così bene. Mentre entravano dentro la loro casa,
dopo aver lasciato una Rebekah libera dalla maledizione e gli altri alla
tenuta, la cacciatrice constatò che la grazia di Balthazar l’aveva davvero
rimessa a nuovo.
Ogni
ferita sul suo corpo era guarita, niente più lividi, niente più graffi… persino
quella piccola cicatrice sul suo polso, di solito coperta dall’orologio, era
sparita. Si sentiva fresca come dopo una dormita di almeno otto ore
ininterrotte, si sentiva viva come non le capitava da tanto e si sentiva
incredibilmente eccitata.
Oltretutto,
aveva notato, le sue emozioni erano come amplificate. Perché quando aveva
stretto la bocca a quella di Elijah e le mani del suo bell’Originale elegante
le si erano poggiate sui fianchi, era stato come se un incendio le fosse esploso
al centro del petto.
“È
magnifico” mormorò proprio il vampiro prendendole le mani e facendole fare un
giro su se stessa. “Hai un aspetto magnifico.”
Il
maggiore dei fratelli Mikaelson continuava a fissarla sorpreso, ma sollevato
nel vedere che la sua pelle di porcellana non aveva più un solo segno, che il
suo corpo aveva di nuovo quell’aspetto morbido e armonioso che aveva prima che
dimagrisse in modo preoccupante e che l’anello che le aveva regalato
risplendeva su quelle mani morbide e calde.
Lei
sorrise avvicinandosi lo baciò, avvolgendogli il collo con le braccia. “Ho anche
le ali” gli ricordò staccando le loro bocche ma rimanendo stretta a lui. “O
almeno quello che resta di esse.”
Elijah
rise spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Come ti senti
davvero?”
“Mi
sento benissimo” Allison allargò le braccia indietreggiando di qualche passo. “Mi
sento forte e piena di energia. E mi sento eccitata come mai prima” rise. “Ti
guardo ed è come se il mio corpo andasse a fuoco, ma in senso buono.”
Lui
annuì con un sorriso stampato sul viso; capiva come si sentiva, per lui che era
un vampiro la forza dell’intensità di tutte quelle sensazioni era normalità.
Col tempo aveva imparato a controllarla, ma ricordava quanto fosse stata
inebriante prima che ci riuscisse. Ricordava anche la sensazione di venire
sopraffatti da tutte quelle emozioni e sperava che l’eccitazione che percepiva
in Allison non avrebbe finito col tramutarsi in qualcosa di negativo.
Anche
se ora sembrava non pensarci, presto la sua bella cacciatrice sarebbe tornata
lucida e la sua ritrovata lucidità le avrebbe ricordato che il suo amico Jonas
era morto per proteggerla e che il suo amico Balthazar aveva sacrificato se
stesso per salvarle la vita. E quei pensieri non la avrebbero di certo lasciata
indifferente.
Decise
comunque di lasciarle un po’ di tempo per godere di quel ritrovato entusiasmo,
di quella ritrovata salute che le era stata portata via dal suo sacrificio.
Oltretutto, non la stringeva da troppo tempo e anche a lui bastava guardarla
per sentirsi andare a fuoco.
La
raggiunse con pochi passi decisi e la baciò con impeto, sollevandola da terra
mentre le loro lingue si incontravano.
“Lasciami
indovinare” gli sussurrò lei staccandosi solo per un attimo. “Vuoi domare il
mio fuoco” scherzò.
Lui
sorrise camminando verso la camera da letto. “Io pensavo di alimentare le
fiamme a dire il vero.”
****
La
donna era certa che prima o poi quella sensazione sarebbe sparita ma Balthazar
le aveva suggerito di godersi la sua speciale situazione finchè sarebbe
durata e lei aveva tutte le intenzioni di farlo.
Il
fuoco che aveva sentito dentro quando la bocca di Elijah aveva toccato la sua
era stato elettrizzante, ma mentre quelle labbra esploravano ogni centimetro
della sua pelle nuda, Allison ebbe la sensazione di impazzire.
Non
avrebbe saputo descrivere come si sentiva se glielo avessero chiesto, tutto
quello che sapeva era che il cuore le martellava dentro il petto e che si
sentiva morire ogni volta che le dita dell’uomo che amava le sfioravano i
fianchi, i seni, anche solo le mani. Quella lingua calda che aveva sentito
tante volte su di sé era bollente, le faceva venire voglia di urlare di
piacere, le faceva venire voglia di rallentare il tempo così da potersela
godere il più a lungo possibile.
Pensò
che era incredibile, quasi surreale... molto spesso aveva sentito dire che i
vampiri, così come i licantropi, vivevano costantemente sotto la forza
amplificata delle loro emozioni, dei loro istinti, delle loro sensazioni. Si
chiese se era così che Elijah si sentiva ogni volta che facevano l’amore, ogni
volta che si toccavano, ogni volta che si baciavano. Se era quella l’intensità
che provava tutte le volte, lei adesso capiva molte cose.
Capiva
perché lui cercasse sempre di non perdere totalmente il controllo, capiva perché
aveva quella luce speciale negli occhi ogni volta che la guardava, quella
veemenza che si sforzava di arginare.
Chiuse
gli occhi reclinandosi all’indietro mentre lui le entrava dentro, fondendo i
loro corpi con un movimento deciso che li lasciò entrambi senza fiato, poi con
una gamba fece leva e si mosse facendolo girare sulla schiena, prendendo il
comando.
Trovando
il giusto ritmo iniziò a muoversi su di lui prendendogli le mani e
poggiandosele sui seni, sulle cosce, sui glutei. Si piegò per baciarlo sulle
labbra e i capelli le ricaddero sui lati.
Lui
dentro quelle ciocche castane ci perse le dita, serrando la presa delicata
intorno alla nuca, avvolgendole la vita con l’altra mano e tenendola ferma
mentre si sollevava fino ad essere seduto.
Allison
gemette staccando le labbra dalle sue, il piacere così vicino che poteva
sentire il suo corpo fremere. Fece scivolare la mani lungo le spalle definite
di Elijah, poggiando il viso sui suoi capelli mentre lui le baciava l’incavo
tra i seni sostenendola in quel ritmo fatto di affondi che sembravano non
bastare mai.
Finalmente
il piacere arrivò, scuotendoli entrambi. Lasciandoli sudati ma ancora affamati
l’una dell’altro.
Era
stato intenso, completo… più di ogni altra volta e mentre i loro corpi
smettevano di tremare, ad Allison venne da ridere.
“Oh
mio Dio” ansimò lasciando che lui la spostasse sotto il suo corpo caldo. “I
tuoi sensi sono perennemente amplificati. È così che ti senti ogni volta? È
stato…”
“È
stato perfetto” intervenne lui baciandola ancora una volta. “Tu sei perfetta.”
Lei
scosse il capo poggiandogli una mano sul viso, il cuore le martellava ancora
dentro il petto e non c’era posto fuori dalle braccia di Elijah in cui
desiderasse stare di più. “Noi siamo perfetti” sussurrò guardandolo negli
occhi. “Ti amo.”
“Ti
amo anche io.”
****
Passarono
alcuni giorni e finalmente il Natale arrivò. Era il primo di Hope ed era speciale
per tutti, in modi diversi. Così, Jackson aveva avuto l’idea di organizzare una
piccola festicciola in famiglia.
Per
Hope, per la bella cacciatrice che stava bene, per Rebekah che era tornata da
loro e per Klaus che finalmente sembrava aver smesso di avere paura di essere
felice.
Nonostante
si sentisse ancora bene, l’euforia di Allison si era spenta insieme al graduale
spegnersi della grazia di Balthazar e la consapevolezza aveva preso il
sopravvento. Non aveva dimenticato quello che le aveva detto il povero Jonas né
si era dimenticata che quell’anno, per la prima volta in vita sua, non sarebbe
andata sulla tomba dei suoi genitori per brindare insieme a loro e raccontare
ad entrambi quanto folle era stato il suo anno.
L’aver
ritrovato la sua collana, misteriosamente appesa al passamano delle scale, non
aveva fatto altro che peggiorare quell’amarezza che sentiva e così, mentre
Elijah, Klaus e Rebekah si erano riuniti davanti ad un improvvisato falò per
onorare una tradizione vecchia di secoli, Hayley e Jackson coccolavano Hope e Constantine
corteggiava spudoratamente sia Camille che Freya, lei si era rifugiata
nella piccola biblioteca al piano di sopra e si era persa nella vista di New
Orleans illuminata a festa.
Poi
aveva preso una foto dei suoi genitori dalla sua borsa distrattamente buttata
sul pavimento e aveva sorriso tristemente guardandola.
“Sei
qui…” la voce del suo fidanzato le arrivò quasi ovattata, costringendola a
tornare al presente.
“Sono
qui” annuì sorridendogli mentre lui prendeva posto accanto a lei sul divano.
“Stai
bene?”
“Sì,
sono solo venuta ad augurare Buon Natale ai miei genitori” Allison gli porse la
foto e lui la prese guardandola attentamente, notando quanto Allison
somigliasse a suo padre e quanto bella fosse sua madre.
“Tua
madre era una donna bellissima” le sussurrò alzando lo sguardo su di lei,
notando che stava lottando con tutta se stessa per non piangere. “Come te.”
La
cacciatrice sorrise arricciando poco la bocca. “Di solito la notte di Natale
vado al cimitero e racconto loro tutte le novità. Ma quest’anno, con tutto
quello che è successo…”
“Sono
certo che capiranno se quest’anno arriverai con qualche giorno di ritardo.”
“Sì,
lo credo anche io” la donna sospirò per riprendere il controllo, poi si allungò
fino a prendere la borsa e ne tirò fuori una scatola scura. “Mia madre adorava
il Natale e adorava fare i regali. E questo mi fa pensare che è decisamente ora
che io ti dia il mio.”
Elijah
corrugò la fronte afferrando la scatola, poggiando con cura la foto sul divano
per non sciuparla. “Non dovevi farmi un regalo.”
“È
Natale, certo che dovevo.”
L’Originale
elegante sciolse il fiocco blu con cura, poi lo tirò via e aprì la scatola
lentamente, rivelando l’orologio nero e classico al suo interno. Prendendolo
tra le mani si accorse di qualcosa sotto il quadrante e lo girò per vedere. Lì,
su quell’acciaio c’era una piccola incisione; Per sempre tua, A.
“È
un orologio bellissimo” disse avvicinandosi a lei per baciarla dolcemente. “Ma
la cosa che mi piace di più è questa incisione. Per sempre mia…”
Lei
rise. “A. non sta per Allison” gli disse. “Sta per Alice, come mia madre. Quest’orologio
era di mio padre” gli confessò. “Mia madre glielo regalò il giorno del loro matrimonio,
come regalo di nozze. Quando ero piccola lo adoravo, anche se non so davvero perché,
mentre mio fratello lo reputava antiquato. Così quando avevo tredici anni mio
padre me lo diede e mi disse di conservarlo. Un giorno avrai un fidanzato
mia piccola Allison mi disse, E se quell’uomo mi piacerà potrai
regalarglielo. Credo che tu, Elijah Mikaelson, gli saresti piaciuto molto.
Quindi voglio che lo abbia tu.”
Elijah
rimase a fissarla per alcuni istanti, dritto in quegli occhi nocciola che amava
immensamente, indossò l’orologio togliendo con un gesto rapido il suo e infine
la baciò prendendole il viso tra le mani. “Sarà un onore indossarlo” le disse. “Grazie,
Allison.”
Allison
sorrise poggiando la fronte su quella dell’uomo. Pensò che quel momento era
perfetto. Talmente bello da sembrare finto e le parole di Jonas le ritornarono
in mente. Doveva dirlo ad Elijah e agli altri e lo avrebbe fatto. Subito dopo
Natale.
Forse
non era il caso di aspettare, ma decise di regalarsi quel momento di totale
felicità perché in fondo credeva di meritarselo.
“Torniamo
di sotto” gli sussurrò baciandogli il palmo di una mano. “Devo dare il mio
regalo ad Hope.”
Il
vampiro annuì e rimase impassibile mentre il rumore di alcuni passi si faceva
sempre più vicino. Un rapido sguardo al suo nuovo orologio gli fece sperare che
fosse proprio chi stava aspettando.
E
lo era.
Quando
lo vide, sulla soglia della porta, sorrise annuendo impercettibilmente ma non
abbastanza perché ad Allison sfuggisse.
“Cos’è
quell’espressione?” gli chiese infatti voltandosi a guardare in direzione della
porta, rimanendo di sasso quando il suo sguardo incrociò quello dell’uomo. “Victor…”
“Ciao
bambolina” rispose lui aprendo le braccia per accoglierla quando lei corse ad
abbracciarlo. “Buon Natale.”
“È
il mio regalo per te…” sussurrò Elijah lasciando discretamente la stanza con un
sorriso.
NDA: Nel prossimo
capitolo un flashback che forse vi spezzerà il cuore e un
incontro tra la nostra bella cacciatrice e... lo scoprirete nel
prossimo capitolo ;D buona lettura e
lasciatemi un commento se vi va :) Roby. PS sotto la gif
pù bella che credo di aver mai creato (abbasso la modestia)
e che è un'anticipazione di un futuro capitolo... speciale.
Vi piace?
21.
Era
arrivato il momento di parlare. Erano rimasti fin troppo tempo nella loro bolla
di felicità, a fare l’amore e a festeggiare come la più normale delle coppie…
ma la bolla era esplosa e per entrambi era arrivato il momento di affrontare la
realtà.
Allison
sapeva che qualcosa impensieriva Elijah; poteva leggerglielo in quegli occhi
scuri ogni volta che la guardava. Nel modo in cui finiva per sorriderle ogni
volta che apriva la bocca come se volesse dirle qualcosa ma poi non diceva
nulla. Non sapeva cosa fosse a preoccuparlo ma sperava che non fosse la stessa
cosa che preoccupava anche lei.
Voleva
che quella la sentisse uscire dalla sua bocca, perché capisse quanto le costava
dirlo e soprattutto quanto le faceva male sapere che era vero.
Forse,
pensò, mentre lo raggiungeva fuori sul portico portandosi dietro due bicchieri
di vino, anche lui sapeva che qualcosa preoccupava lei, perché in qualche
strano modo lui lo sapeva sempre.
Natale
era oramai passato da un paio di giorni, Victor era tornato a casa, i suoi
amici alle solite cose… John non aveva ancora smesso di fare il cascamorto con
Freya e il nuovo anno era alle porte. Per loro due, temeva la cacciatrice, non
sarebbe iniziato nel migliore dei modi.
“Si
gela, ma ho la sensazione che un buon sorso di vino italiano ci scalderà” gli
disse porgendogli un bicchiere e poi prendendo posto accanto a lui su quel
piccolo salottino di vimini che adornava la verandina.
Lui
sorrise, poi bevve un sorso. “Rosso di Montalcino” sussurrò dopo aver
deglutito. “Aroma fruttato e un po’ speziato, come piace a me.”
Allison
lo imitò e bevve, poggiò il bicchiere sul tavolino di fronte e sospirò. “Mi ero
ripromessa di aspettare fin quando fossimo stati entrambi abbastanza ubriachi,
ma odio quando facciamo… questo” disse muovendo le dita in cerchio.
“Questo
cosa?” l’Originale elegante si portò di nuovo il bicchiere alle labbra mentre
si voltava piano per guardarla negli occhi.
“Fare
finta che tutto vada bene quando in realtà non è così. So che c’è qualcosa che
ti preoccupa e so che tu sai che c’è qualcosa che preoccupa me. E credo che sia
arrivato il momento di sputare il rospo, per entrambi.”
Elijah
abbozzò un sorriso prima di abbassare lo sguardo e fissarlo sulle sue mani che
stringevano il bicchiere. Allison Morgan… l’unica in grado di capire che
qualcosa non andava solo guardandolo negli occhi. L’unica in grado di vedere
sotto la corazza che si era costruito nel corso dei secoli, attraverso quel
muro che aveva messo su mattone dopo mattone dopo ogni dispiacere ed ogni
perdita.
Non
c’era da stupirsi d’altronde, visto che quel muro lei lo aveva completamente
abbattuto senza neppure provarci. Solo standogli accanto.
Sì,
quell’anello era al dito della donna giusta; la donna che amava. E quella donna
meritava qualche spiegazione.
“Quello
che mi hai mostrato quando credevi che saresti morta. La nostra… perfetta vita
insieme.”
Finalmente
il vampiro rialzò lo sguardo e lo puntò dentro gli occhi ora smarriti della sua
fidanzata. Era come se si aspettasse qualcosa di diverso, non decisamente
quelle parole.
“Era
bellissima ed ero felice ma…” continuò.
“È
stato vedere che ci immaginavo genitori vero?” lo interruppe Allison piegando
poco il capo.
Lui
annuì, perché mentire con lei era inutile e perché nonostante tutto vigeva
ancora la regola numero uno tra loro; nessun segreto. “Non c’è niente
che mi farebbe più felice di darti quella vita. Ma se è quella la felicità che
ti aspetti di avere con me, io non posso dartela. Perché non potrò mai darti
quella bellissima bambina che ho visto nei tuoi pensieri. E ci penso da allora…
perché tu la meriti, meriti di essere madre e io…”
“Elijah”
Allison gli prese una mano e la strinse forte, l’altra gliela poggiò sul viso
con delicatezza. “Il punto di quella fantasia non era la bambina. Io non ho mai
neppure pensato di avere una vita felice come quella. Non ho mai neppure osato
sperare in un lieto fine per me e per la mia storia, non prima di te” gli
disse. “Il punto è che tu mi fai sentire amata e protetta e felice… così felice
da credere che possa esserci un futuro normale e bello anche per me. So quello
che puoi darmi ed è più di quanto avrei mai sperato. Io ti amo, ti amo esattamente
per come sei e non voglio niente di più.”
L’Originale
sospirò, poggiò il suo bicchiere di vino accanto a quello di Allison e con
dolcezza le si avvicinò fino a poggiare la bocca sulla sua. Il sapore del vino,
unito al calore della sua lingua gli provocarono un brivido lungo la
schiena e in un attimo ogni cosa tornò al proprio posto.
Con
riluttanza staccò la bocca dalla sua e la prese in braccio. Baciandola ancora,
la portò dentro.
****
“Tristan!”
la voce di Aurora riecheggiò nell’edificio vuoto seguita da alcuni passi veloci
ma leggeri.
L’uomo
alzò gli occhi per guardare sua sorella ma non lasciò andare la penna che stava
stringendo in mano, né mise di lato tutte quelle scartoffie di cui ancora
doveva occuparsi. Dannata burocrazia. Essere a capo di una grande
organizzazione come la Strige comportava anche quello, che il capo fosse un
vampiro oppure un semplice uomo.
“Sorella
cara,” le disse sorridendo. “Che succede?”
“Non
riesco a trovare la mia collana.”
“Mi
dispiace ma non vedo quale sia il problema. Hai parecchi gioielli, indossane
un’altra.”
Aurora
lo fissò perplessa, poi sul suo viso delicato si affacciò un’espressione
feroce. “L’hai riportata a quella cacciatrice non è vero?”
“Ah”
Tristan tornò ad occuparsi dei documenti che stava firmando. “Quella collana.
Sì, l’ho riportata alla signorina Morgan perché appartiene a lei. E tu non ne
hai bisogno; come ho già detto, hai parecchi gioielli sorellina.”
La
donna strinse i pugni. “La rivoglio e andrò a riprendermela. E ucciderò quella
dannata cacciatrice, perchè in fondo era quello che avremmo dovuto fare già
molto tempo fa, quando abbiamo scoperto che era lei la minaccia per la famiglia
originale.”
“Lei
non è più una minaccia, possiamo tenere Elijah e gli atri al sicuro grazie alla
serratura, li rinchiuderemo lì dentro e il gioco sarà fatto.”
“La
serratura è il piano B e potrebbe andare storto, non sappiamo come funzioni
davvero quell’aggeggio e adesso, per giunta, è nelle mani di Klaus. Siamo tutti
in pericolo Tristan. Propongo una votazione, dovremmo chiedere anche a Lucien
cosa ne pensa… in fondo la sua vita è in pericolo tanto quanto le nostre.
Qualcosa mi dice che starà dalla mia parte.”
Tristan
tirò fuori dalla tasca il piano B e lo poggiò sul bancone di quell’improvvisato
bar che era diventato il loro rifugio. “Ti senti più tranquilla ora?”
chiese a sua sorella tornando a guardarla. “Scordati di quella collana, te ne
comprerò una uguale. La signorina Morgan è off-limits Aurora, non le verrà
torto un capello. Sono stato abbastanza chiaro?”
Aurora
strinse tra le dita la serratura, poi abbozzò un sorriso un po’ più rilassato.
“I tuoi sentimenti per quella donna stanno diventando un problema fratello.
Ricomponiti! Lei non ti ricambierà mai.”
Mentre
lei si allontanava, Tristan afferrò il telefono e corrugò la fronte leggendo il
messaggio appena arrivato. Sorpreso si alzò e afferrò il cappotto pronto ad
uscire.
****
Klaus
pensò che se era quello il sapore della felicità non lo aveva mai sperimentato
prima. Neppure da bambino, neppure quando aveva deciso di prendersi le cose che
voleva senza chiedere permesso a nessuno. Neppure quando Caroline si era
lasciata andare tra le sue braccia.
Eppure
lui quella giovane donna bionda l’aveva desiderata e aveva creduto di amarla… creduto.
Perché
solo ora mentre stringeva tra le braccia Cami si rendeva conto che per la bella
Caroline Forbes non era mai stato amore. Non lo era stato neppure per Aurora o
forse sì ma era passato troppo tempo e se ne era scordato.
Con
la bionda barista stretta al suo corpo aveva passato le due notti più belle e
tranquille della sua vita, aveva chiuso gli occhi e si era sentito al sicuro…
non si era sentito solo.
Quando
li aveva riaperti quella specifica notte, lo aveva fatto per guardarla dormire
serenamente, come faceva sempre; con le labbra distese in un sorriso, quella
pelle candida e quel viso bello. Ma non appena aveva puntato gli occhi su di
lei, la sua felicità era svanita e si era sentito di nuovo solo, come mai
prima.
“Camille”
le sussurrò stringendola tra le braccia mentre il sangue gli macchiava le mani
e macchiava il bianco candido delle lenzuola sotto di loro. “Camille!” urlò.
Ma
lei non aprì gli occhi, né si mosse.
Camille
era morta e lui ne stava stringendo il corpo inerme tra le braccia.
NDA: Ah, colpi di scena a
go-go... chi se li aspettava? Vi piacciono? Lasciatemi un pensiero se
vi va, buona lettura, Roby. Ps: piccolo
spazio pubblicitario... Se vi va passate a leggere la mia nuova
fanfiction su The Originals A
Blast from the past e What
if? e lasciatemi un commento
se avete voglia :)
22.
Tristan
arrivò al luogo dell’appuntamento con la strana sensazione che ogni cosa,
quella sera, sarebbe cambiata.
Era
una sensazione che lo sopraffaceva e in qualche modo gli metteva addosso un’adrenalina
che non provava purtroppo da tanto, troppo tempo. Quando il suo autista fermò l’automobile
davanti a quell’edificio fatiscente il suo entusiasmo sembrò spegnersi.
Era
un posto orribile e lui di posti brutti ne aveva visti tanti. Non era possibile
che chi gli aveva mandato il messaggio avesse scelto di incontrarlo lì, quindi
meglio alzare la guardia perché qualcosa non andava.
Scese
lentamente e mise le mani nelle tasche del suo cappotto grigio fumo – o almeno
era così che lo aveva definito la giovane commessa che aveva soggiogato per
farselo regalare – e si avviò verso l’entrata.
Aveva
fatto sì e no mezzo metro quando una figura poco illuminata gli andò incontro;
il sole era oramai tramontato ma i grandi alberi intorno, fitti com’erano,
oscuravano quasi interamente la luce della luna.
Si
fermò, così da costringere chi gli stava davanti ad avvicinarsi, ma gli fu
subito chiaro che non era la persona che sperava di vedere.
“Matthew”
gli disse piegando poco il capo quando finalmente riuscì a vederlo bene in
viso. “Devo essere onesto, lei non è proprio il Morgan che mi aspettavo di
vedere.”
L’altro
si strinse nelle spalle. “Beh sapevo che l’idea di vedere mia sorella ti
avrebbe fatto più piacere dell’idea di vedere me, ecco perché mi sono spacciato
per lei nel messaggio che ti ho inviato.”
Tristan
abbozzò un sorriso nervoso. “Astuto ma anche banale, devo ammetterlo.”
“Eppure
ci sei cascato in pieno…” rispose Matthew avvicinandosi ancora di qualche
passo. “Devo dirtelo, quando ho saputo che ti eri preso una cotta per Allison
ero sorpreso, ma molte cose hanno avuto un senso.”
“Ad
esempio?”
“Ad
esempio perché otto anni fa sei sparito di colpo con la tua organizzazione
super letale dopo avermi promesso un posto all’interno” ricordò Matt. “Non
capivo perché ti fossi rifiutato di aiutarmi ad uccidere mia sorella nonostante
il tuo odio smisurato per i cacciatori del soprannaturale che tentano sempre di
metterti i bastoni tra le ruote. Ma poi, recentemente, ho sentito alcune voci,
alcuni… sussurri e tutto è stato chiaro. Ti sei innamorato di lei e
probabilmente è successo il giorno che l’hai vista per la prima volta, il
giorno che io ti ho chiesto di rintracciarla.”
“Ne
ho abbastanza di questo incontro, cosa vuole signor Morgan?” tagliò corto
Tristan.
“Voglio
che tu mi dica tutto quello che c’è da sapere su questa dannata profezia
secondo la quale Allison è destinata ad uccidere l’uomo che ama e la sua intera
famiglia.”
“E
immagino che lei abbia saputo della profezia sempre grazie ai soliti… sussurri.
Giusto?”
“Non
ha importanza come l’ho saputo, voglio saperne di più. Voglio sapere tutto.”
“Così
potrà usare queste informazioni per ricattare sua sorella in qualche… malvagio
modo degno delle sue diaboliche macchinazioni?”
Matthew
scosse il capo, poi sorrise. “Non sono più quel Matt, sono cambiato. Voglio che
tu mi dica tutto perché voglio aiutarla.”
****
“Allison!”
La
voce di Klaus risuonò nello spazio circostante la casa; era un urlo agitato,
spaventato, intenso. Ma che Allison non poteva sentire anche se lui non lo
sapeva ancora.
L’Ibrido
avanzò a passo lento, stringendo in braccio Camille, gli occhi chiusi… quei bei
capelli biondi impiastricciati di sangue. Si lasciò cadere in ginocchio, gli
occhi colmi di rabbia e lacrime, nessun dubbio su chi fosse il responsabile per
quella tragedia che lo aveva colpito nel momento in cui aveva finalmente
trovato la felicità per tanto tempo rifuggita.
“Allison…”
chiamò, stavolta quasi in un sussurro. Ma il viso che vide quando alzò gli
occhi fu quello di Elijah.
“Niklaus!”
esclamò lui raggiungendolo e piegandosi sulle ginocchia. “Cosa è successo?”
Le
mani dell’Originale elegante si spostarono sul viso di Camille, due dita
presero ad accarezzarle la guancia fredda, gli occhi smarriti mentre guardava
suo fratello. “Cosa le è successo?”
“Aurora”
sibilò Klaus a denti stretti. “L’ha soggiogata affinché si togliesse la vita.
Stavamo dormendo e quando ho aperto gli occhi lei… lei non c’era più. Non mi
sono accorto di niente” raccontò.
“Mi
dispiace fratello, mi dispiace così tanto” disse Elijah scuotendo il capo.
“Ho
bisogno di Allison” gli fece sapere Klaus guardandolo. “Tristan sembra
dannatamente ossessionato da lei, se lei lo chiama verrà ed io potrò catturarlo
e torturarlo per attirare Aurora e ucciderla. Dove si trova?”
Elijah
deglutì a vuoto, poi si perse per un attimo nei suoi pensieri.
TRE
ORE PRIMA
“Stai
bene?”
Elijah
si mise a sedere su una sedia accanto a lei dopo averle baciato il capo e le
spostò dal viso una ciocca di capelli sorridendo guardandola. “Le mie camicie
stanno più bene a te che a me.”
Lei
sorrise ma era chiaro che qualcosa non andasse. Infatti quando si voltò a
guardarlo, l’Originale si accorse che i suoi begli occhi nocciola erano colmi
di lacrime.
“Cosa
c’è che non va?” le chiese accarezzandole una guancia.
“Devo
dirti una cosa” sussurrò lei, le mani tremanti si sollevarono per poggiarsi
sulla sua. “E avrei dovuto farlo già da parecchio tempo, ma con tutto quello
che è successo io… non sono riuscita a farlo.”
“Ti
ascolto amore mio” le disse lui cercando i suoi occhi per rassicurarla, per
calmare quell’ansia che sentiva nella sua voce.
Lei
deglutì a vuoto, poi fece un grosso respiro e si mise in piedi passandosi una
mano tra i capelli. “Quando stavo male, quando io e Jonas siamo rimasti da soli
mentre tu ti occupavi di Tristan… lui mi ha detto qualcosa. Qualcosa in merito
alla profezia su di te, Klaus e Rebekah.”
Elijah
corrugò la fronte, e dopo qualche secondo si alzò e la raggiunse afferrandola
delicatamente per le spalle da dietro, avvolgendola con dolcezza. Quasi fosse
un invito a continuare.
“Disse
che qualche tempo prima la Strige lo aveva contattato e lo aveva assunto per occuparsi
di una faccenda. In cambio gli offrirono protezione e visto che aveva parecchi
nemici lui accettò. Ma quando scoprì che la faccenda di cui avrebbe dovuto
occuparsi in qualche modo coinvolgeva me, si era tirato indietro e per questo
Tristan aveva iniziato a dargli la caccia” raccontò Allison. “Mi ha detto di
sapere chi sarà il responsabile della vostra fine Elijah, mi ha detto che…”
“Lo
so” la interruppe lui stringendola poco più forte. “So ogni cosa.”
Lei
si girò rimanendo però nelle sue braccia e lo fissò confusa. “Lo sai? Cosa sai?”
“Che
sei tu… la grande minaccia per la mia famiglia.” Elijah le accarezzò dolcemente
la schiena. Poi continuò. “Lucien me lo ha detto e mi ha detto anche altro.”
“Cosa?”
“Non
ha importanza, perché a me non importa assolutamente nulla di quella dannata
profezia.”
“Come
può non importarti?” chiese lei allontanandosi poco, dandogli di nuovo le
spalle anche se solo per un secondo.
“Non
mi importa perché so che tu non faresti mai del male a nessuno di noi.”
“E
questo basta a farti stare tranquillo?” chiese lei guardandolo. “Perché io non
sono affatto tranquilla.”
“Allison,
io ti amo e tu ami me. Sei praticamente l’unica persona al mondo che chiama mio
fratello Klaus amico, che gli vuol bene nonostante tutte le cose terribili che
ha fatto. E adori Rebekah… non ci faresti mai del male e lo sai.”
“No,
certo che non vi farei mai del male, non volontariamente. Ma che succede se
trovano il modo di manipolarmi? Di farmi fare anche quello che non voglio fare?”
“Io
mi fido di te!” esclamò lui avvicinandosi per prenderle il viso tra le mani.
“E
che succederà quando lo diremo a Klaus? Credi che anche lui si fiderà di me
Elijah?”
“Non
deve saperlo per forza… Sai com’è fatto Niklaus, se glielo diciamo diventerà
paranoico, smetterà di fidarsi di te e…”
“Mi
ucciderà?” finì Allison per lui. “Se non glielo diremo noi lo farà Lucien
presto o tardi, come ha fatto con te. E allora si sentirà davvero tradito e sì,
mi ucciderà.”
Seguì
un minuto di lungo silenzio, poi Allison parlò di nuovo.
“Credo
che la cosa migliore da fare sia che io me ne vada,” disse facendo un grosso
respiro, vedendo gli occhi del suo bel fidanzato colorarsi di smarrimento. “Per
un po’ almeno. Questo maledetto anno sta per finire, e quando sarà finito
tornerò e finalmente ci sposeremo e saremo felici.”
“No”
Elijah scosse il capo. “È assurdo, non voglio che tu te ne vada.”
“E
credi che io voglia? Mi sento… morire al solo pensiero di starti lontana ma è
la cosa migliore da fare. Devi fidarti di me Elijah… me ne andrò e tu
racconterai tutto a Klaus in modo che non si senta tradito o ingannato
venendolo a sapere da altri. E quando questi mesi saranno trascorsi ci
prenderemo la felicità che ci spetta, tu ed io.”
“Allison…”
Lei
lo zittì con un bacio, poi si sfilò l’anello.
“Lei
non è qui” rispose a Klaus ridestandosi dai suoi pensieri.
“Che
significa che non è qui?”
Elijah
si prese un attimo per pensare alla giusta risposta, stava per parlare quando
Camille si risvegliò con un grosso respiro. Gli occhi chiari confusi
esattamente come i suoi. Esattamente come quelli di Niklaus.
****
“Non
ho ancora ben capito perché cavolo abbiamo lasciato New Orleans,” John scosse
il capo muovendosi a disagio sul sedile del passeggero.
Allison
sospirò svoltando a destra. “Era ora di cambiare aria, te l’ho detto.”
“Cambiare
aria? E io che credevo che dopo essere scampata alla morte ti saresti
affrettata ad organizzare il tuo matrimonio” le disse l’uomo sbuffando. “Ma
forse, visto che quel bel brillocco non orna più il tuo dito mi sono perso qualche
passaggio Vuoi dirmi perché siamo davvero partiti o no?”
“O
no!” esclamò lei fermando l’auto. “Siamo arrivati.”
Constantine
guardò davanti a sé; il bunker degli Uomini di lettere gli riempì gli occhi in
tutta la sua dannata decadenza. “Ci fermiamo qui?” chiese. “Se avevi bisogno di
cambiare aria per un po’, il mio mulino era più vicino da raggiungere.”
“Lo
so, ma qui mi sento a casa e ho bisogno di questo adesso. Se vuoi andare ti
darò la mia auto, non sei costretto a rimanere.”
Constantine
la seguì quando lei scese dall’auto, si accese una sigaretta e la raggiunse al
bagagliaio. “Rimarrò, con il vostro strampalato Team Free Will non ci si annoia
mai… Ma chiamerò Chas e Zed se sei d’accordo, quantomeno per far sapere loro
che stiamo bene.”
“Okay”
sussurrò Allison richiudendo il portabagagli e avvicinandosi alla porta a passo
svelto. Bussò diverse volte, poi finalmente Dean aprì. Sembrava assonnato
nonostante fosse pomeriggio inoltrato.
“Allison”
mormorò guardandola. “E John…” salutò anche l’uomo.
“Hey”
lo salutò la cacciatrice. “Posso rimanere qui per un po’?”
Il
maggiore dei Winchester la guardò per un lungo istante, poi annuì comprensivo
prendendole il borsone di mano. “Ben tornata a casa.”
NDA: Eh sì...
Allison Morgan! Sotto anticipazioni dai prossimi capitoli. Buona lettura,
Roby.
23.
NEW ORLEANS, BAYOU – UN MESE PRIMA
Allison
si fece largo tra gli alberi e finalmente lo vide; proprio l’uomo che stava cercando.
Jackson stava seduto sulla piccola banchina che collegava la casa in cui era
cresciuto al fiume, le gambe penzoloni mentre lanciava ciottoli di legno dentro
l’acqua.
La
donna sospirò fermandosi un attimo, pensando bene a cosa dirgli una volta
raggiunto. Sapeva che lui ed Hayley avevano litigato e il motivo era sempre lo
stesso; il troppo attaccamento che l’Ibrida mostrava verso la famiglia
originale.
Sosteneva
che fosse perché erano la famiglia di Hope ma, considerato che se ne era andato
proprio col Natale alle porte, Jackson doveva pensarla diversamente. Allison in
fondo un po’ lo capiva, ne capiva la gelosia e ne comprendeva il motivo. Era
una situazione così dannatamente complicata…
Guardò
per qualche secondo il suo anello, poi camminò stando attenta a dove metteva i
piedi, tenendo in alto il vassoio che aveva in mano.
“Hey,”
gli disse quando fu abbastanza vicina. “Un piccolo aiuto sarebbe gradito.”
Lui
si voltò a guardarla, gli occhi rossi e gonfi le fecero pensare che forse aveva
pianto, la bottiglia che gli vide stretta al petto le fece capire che era
ubriaco.
“Okay,
faccio da sola” mormorò quando lui si voltò a guardare di nuovo di fronte a sé,
quasi come se non l’avesse vista o peggio… non gli interessasse assolutamente.
Allison
si tolse le scarpe, le poggiò in un angolo e si mise a sedere accanto a lui,
aggrappandosi alla sua spalla per non perdere l’equilibrio. “È bello qui.”
Lui
annuì, poi bevve un altro sorso dalla bottiglia e dopo aver deglutito gliela
porse. “Ne vuoi un goccio? Ti assicuro che per un po’ ti fa scordare di ogni
cosa.”
La
cacciatrice sorrise, prese la bottiglia ma non bevve. Sospirò. “Grazie,” gli
disse sistemandola dietro di sé. “Magari dopo…”
“Come
vuoi” replicò Jackson stringendosi nelle spalle. “Che ci fai qui?”
“Ho
saputo che te ne sei andato di casa la sera del Ringraziamento, dopo un brutto
litigio con Hayley e… ho pensato che magari volessi parlare un po’.”
“Effettivamente,”
il lupo sorrise scuotendo il capo. “Tu potresti essere la persona più adatta
con cui parlare di tutta questa situazione.”
“Sono
qui per questo… parlare. E ti ho anche portato un pasticcio di carne, ho saputo
che nonna Mary non è in città e ho immaginato che non fossi molto bravo a
cucinare.”
Lui
diede un’occhiata al vassoio dietro di sé. “Grazie” le disse guardandola. “Non
dovevi disturbarti.”
“È
stato un piacere…”
“Tu
stai bene?”
“Sì,
tutto sommato sto bene.” Allison annuì spostandosi indietro i capelli, mostrando
involontariamente quel bell’anello al suo dito.
“Congratulazioni!”
esclamò Jackson cambiando tono, prendendole quasi con prepotenza la mano
sinistra, per guardare da vicino. “Ma non farti illusioni, sposarlo non farà
altro che peggiorare le cose.”
Allison
ritrasse la mano, poi alzò un sopracciglio. “Peggiorare quali cose?”
“Oh
lo sai…” mormorò lui riafferrando la bottiglia. “Noi saremo sempre le seconde
scelte. I ripieghi di quella storia d’amore che non è mai nata ma che mai
morirà. Lui non ti ama, esattamente come Hayley non ama me. Siamo solo… di
passaggio. Siamo un dovere.”
“Un
dovere?”
“Sì…
lei ha sposato me così da dare al branco protezione e stabilità, lui sposerà te
perché si sente in dovere di farlo visto che hai salvato la donna che veramente
ama da quella maledizione.”
Allison
deglutì a vuoto. “Sei ubriaco Jackson.”
“Sto
dicendo la verità e tu lo sai. Io e te siamo un impedimento. Ma tu morirai
presto, Allison… e una parte del problema sarà andata.”
“Perché
mi stai dicendo queste cose?” la cacciatrice si alzò. Nella sua voce roca un
lieve tremore. “Sono venuta qui da amica, per offrirti una spalla su cui
piangere, per portarti del cibo e assicurarmi che stessi bene e tu mi stai
sputando addosso tutte queste cazzate. Non me le merito Jackson…”
L’uomo
sembrò tornare in sé, con agilità si alzò e mise le mani sui fianchi. “Hai
ragione,” le disse abbassando lo sguardo. “Mi dispiace… sono davvero ubriaco.
Talmente ubriaco che domani probabilmente non ricorderò neppure una parola di
quello che ho detto.”
“Ma
io ricorderò ogni cosa” disse lei allargando le braccia. “Quindi grazie,
Jackson. E vaffanculo!”
La
cacciatrice si allontanò a passo svelto, recuperando le scarpe mentre lo
faceva. Quando salì in auto, lontana dallo sguardo del lupo… solo allora
scoppiò in lacrime. Non lo avrebbe mai ammesso, ma in fondo un po’ credeva alle
sue parole.
“Allison!”
Lei
sobbalzò ridestandosi dai suoi pensieri. Fissò Dean di fronte a sé e si sforzò
di sorridere. “Perdonatemi, ero distratta” si scusò con i Winchester e John. “Cosa
stavamo dicendo?”
I
suoi tre interlocutori si scambiarono una rapida occhiata. Poi John prese la
parola sperando che Dean e Sam sarebbero stati abbastanza svegli da capire al
volo.
“Stavamo
dicendo che visto che ci sono due diversi casi e noi siamo in quattro, potremmo
dividerci e occuparci di entrambe le cose” disse.
“Sì,
certo” annuì lei muovendo la forchetta all’interno della sua insalata senza
mangiarne neppure un po’.
“Bene!”
esclamò Constantine. “Io e Dean ci occuperemo del covo di vampiri. Tu e Sam
invece vi occuperete di quelle strane morti avvenute in quel college in Colorado.
Siamo tutti d’accordo?”
“Perfetto”
confermò Sam, anche se aveva un’espressione confusa.
“Sì,
certo” rispose nuovamente Allison, come un’automa. “E Cass, Chas e Zed?”
“Chas
sta passando un po’ di tempo con sua figlia, dopo quella terribile esperienza
che l’ha costretta in ospedale e Zed sta ancora esplorando tutte le stanze
segrete del mulino.”
“Cass
invece si sta occupando di trovare Metatron… Siamo tutti molto impegnati.
Perfette api operaie” intervenne Dean prima di bere un sorso di birra.
“Se
dobbiamo andare in Colorado sarà meglio che vada a dormire, così potremo
partire presto domattina. Sveglia alle quattro e partenza alle cinque? Così
saremo lì in tarda mattinata” la cacciatrice sorrise al suo amico Sam che
ricambiò annuendo.
“Mi
sembra perfetto.”
“Buonanotte
allora” sussurrò lei allontanandosi, sotto lo sguardo dei tre.
Quando
fu certo che non potesse sentirlo, Dean si voltò verso John. “Dove andiamo
veramente?”
“A
New Orleans” gli fece sapere Constantine tagliando un pezzo della sua bistecca.
“È ora di capire che diavolo sta succedendo. E sarà meglio farlo in fretta,
prima che si lasci morire di fame…” spiegò indicando il piatto di Allison.
Un’occhiata
veloce tra i tre confermò che ognuno sapeva cosa fare.
****
“Non
ha alcun senso” mormorò Freya un’altra volta. “Se voleva ucciderla perché era
gelosa di lei, perché le ha dato il suo sangue. Voglio dire, che senso ha
trasformarla? Così non la allontana da Klaus ma li avvicina ancora di più.”
Elijah
annuì, ma in realtà aveva sentito poco o nulla di quello che sua sorella aveva
detto. Teneva gli occhi fermi su Camille che ancora, dopo tre settimane,
faticava ad abituarsi al suo nuovo status da vampiro.
Povera
donna, la capiva… non era semplice, soprattutto per un’anima fragile e
sensibile come la sua.
Pensò
che forse non era stata una buona idea raccontare di Allison e del suo
collegamento alla profezia proprio quando Klaus era così infuriato per quello
che era successo alla sua pura e innocente Camille, ma non se l’era
sentita di tenerglielo nascosto ancora, soprattutto perché la sua bella
cacciatrice non aveva tutti i torti quando aveva detto che era meglio che lo
sentisse da uno di loro e non da Lucien o Tristan… o peggio ancora Aurora.
Tuttavia,
anche lui aveva avuto ragione quando aveva sostenuto con fervore che Niklaus
non l’avrebbe presa bene e infatti, da quando tutta la verità era venuta fuori,
il suo Ibrido fratello non aveva fatto altro che lanciare velate minacce nei
confronti di quella che prima considerava sua amica.
Dio…
quanto gli mancava quella voce graffiata, il tocco di quelle mani piccole e
morbide.
“Elijah,
non mi stai ascoltando…” gli disse sua sorella poggiandogli una mano sul
braccio.
Lui
le sorrise. “Non ha importanza perché l’abbia fatto, l’importante è che Camille
non sia morta. Avresti dovuto vedere il viso di Niklaus quando ha riaperto gli
occhi tra le sue braccia. Era… felice.”
Freya
guardò verso la cucina, dove Klaus e Cami stavano parlando. “E che mi dici
della tua felicità? Non è giusto che tu debba rinunciare alla donna che ami
solo perché nostro fratello è un paranoico. Allison non ci farebbe mai del
male.”
“La
mia felicità è troppo complicata. Niklaus non teme solo per ciò che dice la
profezia, incolpa Allison per quello che è successo a Camille. Se lei non fosse
stata così… vicina a noi, Tristan e la sua allegra combriccola non sarebbero
dovuti tornare nelle nostre vite perché non ci sarebbe stata una minaccia, e
Aurora non avrebbe sfogato la sua gelosia sulla donna di cui è innamorato.”
“È
una follia…” sussurrò la strega.
Elijah
stava per dirle che sì, lo era; ma qualcosa in cucina attirò la sua attenzione.
Camille si stava preparando una tisana che aveva un odore… particolare.
“Camille”
le disse raggiungendola, sotto lo sguardo curioso di Klaus. “Cos’è questa
tisana?”
“Ehm…è
una miscela di erbe che mi ha dato Allison contro il mal di testa. Non ci
credevo all’inizio, ma funziona davvero ed è anche in grado di rilassarmi e ora
come ora ne ho davvero bisogno.”
Il
vampiro originale le prese di mano la tazza e la annusò. “La bevi da molto?”
“Da
qualche mese…”
“Da
quando Tristan e compagni sono arrivati in città?”
“Sì,
più o meno credo di sì” la bionda annuì guardando Freya che era rimasta sulla
soglia della porta. “Perché me lo chiedi?”
Elijah
sorrise, poi avvicinò la tazza al naso di Niklaus. “Annusa…”
L’Ibrido
lo fece, poi corrugò la fronte ed infine sembrò capire ogni cosa. “C’è odore di
sangue.”
“Che
vuol dire?” chiese Camille. “Che mi ha dato una miscela di erbe miste e sangue
da bere?”
“Allison
Morgan…” Freya sorrise mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni.
“Ti
ha fatto bere sangue di vampiro senza che tu lo sapessi e ha iniziato quando
Tristan è arrivato in città perché sapeva che con lui in giro il pericolo
sarebbe stato maggiore per te... che per ferire me avrebbero potuto prendere di
mira te. Voleva che in qualche modo fossi protetta” spiegò Klaus annuendo
appena. “Se non avessi avuto il sangue di vampiro in circolo quando sei morta,
saresti rimasta morta.”
“Mi
ha salvato la vita… più o meno” ragionò Camille, prima che un sorriso le
colorasse il viso.
“L’ha
fatto!” esclamò Elijah, gli occhi rossi di lacrime. “Lo ha fatto” ripeté
posando la tazza.
Quando
si voltò per lasciare la stanza, John Constantine e Dean Winchester gli furono
davanti.
“Amici!”
esclamò John accendendosi una sigaretta camminando verso di loro. “Quanto tempo”
aggiunse mettendo le mani nelle tasche.
NDA: A chi mancavano gli
outfit di Allison? Sotto ne trovate uno... quello da agente dell'FBI. PS sì,
se quello che succede ad Allison vi ricorda un po' quello che successe
ad Elijah nella prima stagione avete ragione. Si tratta di un omaggio a
quella che io considero una genialata ahahaha Buona lettura :D
24.
COLORADO
SPRINGS, COLORADO
Allison
parcheggiò l’auto all’interno del campus e lo fece pensando che era da tanto
che non usava il suo falso distintivo… o meglio uno dei tanti.
Quello
che aveva usato quel giorno diceva che il suo nome era Leah Morrison, agente
speciale dell’FBI. Sam invece era da un po’ l’agente Smith, ogni volta che
serviva.
Fece
un grosso respiro e spense la radio guardandosi intorno mentre Sam leggeva da
un piccolo file che la polizia locale aveva loro fornito. Il college aveva un’aria
solenne, come ogni college dovrebbe avere; novanta acri di terreno che ad
Allison fecero tornare in mente i suoi pochi giorni al college in California.
Giorni
che aveva accettato di trascorrere all’interno di quel campus solo per far
felice Victor che desiderava per lei una vita normale quanto più possibile.
“Qui
c’è scritto che il compagno di stanza della vittima si chiama Charles Davis” le
disse Sam richiudendo il file e guardandola. “Credo che sia il caso di partire
da lui.”
La
cacciatrice annuì tirando via le chiavi e sospirò. “È la quarta vittima in due
settimane Sam. Da qualunque parte decideremo di iniziare, sarà meglio fare in
fretta; preferirei che il numero di morti non continuasse a crescere.”
“Già”
il minore dei Winchester aprì lo sportello dell’auto. “Andiamo?”
Lei
lo seguì fuori dall’abitacolo, prendendo il fascicolo che le porgeva mentre si
accertava che tutto fosse al proprio posto; finto distintivo e soprattutto la
pistola.
Non
sapevano ancora con cosa avevano a che fare e tutto quello che la polizia era
riuscita a dire loro era che i ragazzi morti erano tutti di buona famiglia e di
bell’aspetto. Tutti e quattro avevano infatti grandi occhi azzurri e capelli
castani; questo era bastato a far classificare, chiunque fosse l’assassino,
come serial killer e per quanto avesse un senso sia Sam che Allison dubitavano
che si trattasse di quello.
C’era
qualcosa di misterioso in tutta quella storia ma la polizia non sapeva dove
guardare, loro sì.
In
auto si erano accordati su come procedere con la ricerca delle prove; uno di
loro avrebbe fatto le domande mentre l’altro si sarebbe messo a cercare tracce
di soprannaturale con il rilevatore e poi a ruoli invertiti avrebbero cercato
sacchetti per le maledizioni.
Se
non avessero trovato niente sarebbero passati al piano B anche se ancora non
sapevano quale fosse.
“Stanza
numero quattordici” Allison aprì il file e scorse con gli occhi le porte
davanti alle quali passavano. “Lì dovremmo trovare il caro Charles.”
“Credo
che la stanza quattordici si trovi sul corridoio ovest” rifletté il suo amico.
“E
cioè dall’altra parte, come sempre” la donna abbozzò un sorriso. “Hai notizie
di Dean e John? Chiamami pazza ma pensare a quei due che lavorano ad un caso
insieme mi mette addosso un po’ di inquietudine. Potrebbero finire con lo
spararsi a vicenda.”
Sam
rise. “Credo che se la caveranno. Ho parlato con Dean mentre tu prendevi il
caffè alla stazione di servizio… ha detto che hanno trovato i vampiri, che c’era
più di quanto credessero ma che è tutto sotto controllo.”
“Magari
se finiamo prima di loro potremo raggiungerli e aiutarli.”
“Nah”
cercò di tagliar corto Sam. “Se la caveranno, oltretutto ho come la sensazione
che anche qui ci sia più di quel che sembra. Io dico di risolvere questo caso e
poi goderci qualche momento di libertà.”
“Film
a noleggio, pizza e birra?”
“Esattamente
quello che stavo pensando” il cacciatore si fermò e indicò una porta con un
dito. “Quattordici, ci siamo” disse mentre bussava.
****
“Sam
dice che Allison ha chiesto come ce la stiamo cavando, ma è riuscito a cambiare
argomento prima che potesse chiedere di più” Dean posò il suo cellulare poi
sospirò raggiungendo gli altri. “Odio mentirle e odio soprattutto il fatto che
alla fine mi scopra sempre.”
John
accennò un sorriso, tirò un’altra boccata dalla sigaretta e sospirò versandosi
dello scotch. “Quindi c’è una profezia” mormorò voltandosi per essere di nuovo
faccia a faccia con i suoi interlocutori.
“Sì”
rispose Freya, fissando lo sguardo su suo fratello Elijah.
Vederlo
così fragile, così teso, così triste… le spezzò il cuore e le fece provare
tanta rabbia nei confronti di Klaus.
“E
questa profezia” prese la parola Dean. “Quanto è grave Elijah?”
“Parecchio,
temo” l’Originale si mise in piedi e guardò fuori dalla finestra. “Secondo la
profezia io, Klaus e Rebekah verremo uccisi uno da un amico, uno da qualcuno
della famiglia e uno da un nemico. Non sapevamo chi fossero queste tre minacce,
ma poi… poi io l’ho scoperto.”
“E
Allison è una delle minacce?”
“Allison
è l’unica minaccia; amica, nemica… parte della famiglia.”
Il
maggiore dei Winchester sgranò gli occhi, poi scosse il capo abbozzando un
sorriso mentre si metteva a sedere. “È ridicolo, Allison non è vostra nemica.
Chiunque ti abbia detto che si tratta di lei deve aver sbagliato.”
“Allison”
disse John riempiendosi di nuovo il bicchiere. “è una cacciatrice del
soprannaturale. Non farebbe mai loro del male ma è, effettivamente, una nemica
per definizione.”
Calò
il silenzio per qualche secondo, poi Dean parlò di nuovo. “Tutto questo è
assurdo” riflettè ad alta voce. “Pur essendo una cacciatrice non farebbe mai
nulla che possa farvi male e non posso credere che tu l’abbia mandata via per
questo, è…”
“Io
l’ho pregata di restare!” esclamò Elijah interrompendolo. Quando si voltò nei
suoi occhi calmi c’era un fuoco di rabbia che bruciava. “L’ho pregata, ma ha
detto che non era il caso di correre nessun rischio e se ne è andata.”
“Beh
forse avresti dovuto sforzarti un po’ di più per fermarla,” replicò Dean rimettendosi
in piedi. “Forse se avessi insistito avrebbe cambiato idea e sarebbe rimasta.
Guardati…” gli disse. “Hai un aspetto di merda e lei sta messa peggio di te e
per cosa? Per una stupida profezia? Noi siamo il Team Free Will, fanculo le
profezie e i piani che il destino ha per noi. Noi il nostro futuro ce lo
costruiamo.”
Seguì
un altro minuto di silenzio. Un silenzio fatto di sguardi feroci tra Dean ed
Elijah, poi l’Originale si voltò verso sua sorella, come se cercasse in quello
sguardo familiare una consolazione, un consiglio.
Lei
sorrise, si alzò e lo raggiunse mettendosi accanto a lui.
“Io
la amo” sussurrò infine Elijah. “Ma non è facile come credete. Rimanete pure
quanto volete, ma questo discorso finisce qui.”
Dean
scosse il capo mentre l’Originale lasciava la stanza. John invece si accese una
sigaretta sospirando amaramente.
****
Charles
era stato un mezzo buco nell’acqua, tutto quello che era stato in grado di dire
loro era che il suo amico David, la vittima, non aveva nemici. Era ben
voluto da tutti e aveva un enorme successo con le ragazze… così aveva
detto.
C’è
una tizia però aveva aggiunto subito dopo. Si chiama
Tiffany e ha una cotta per lui. Lo perseguitava, lo seguiva ovunque. All’inizio
lui credeva che fosse divertente ma poi la ragazza è diventata inquietante e
così lui le ha detto di stargli alla larga perché non gli interessava.
Il
ragazzo aveva detto di aver raccontato di lei anche alla polizia, ma una rapida
occhiata al rapporto aveva messo in luce che i poliziotti non avevano
considerato l’informazione come rilevante perché non ce n’era traccia sul file
che avevano fornito loro.
D’altronde,
pensò Allison fermandosi davanti alla porta di Tiffany, dopo aver lasciato Sam
a concludere con Charles, chi mai sospetterebbe di una giovane ragazza con una
cotta non corrisposta? Le morti erano troppo violente, non poteva essere opera
di una giovanissima donna.
La
cacciatrice bussò e rimase in attesa, quando la porta si aprì, qualcosa sembrò
scattarle dentro ma la mise a tacere.
La
ragazza che le fu davanti era una minuta figura dai capelli ricci e crespi,
profondi occhi scuri e l’apparecchio ai denti; aveva l’aria della perfetta
secchiona… come venivano definiti i tipi come lei.
“Sei
tu Tiffany?” le chiese sorridendo.
L’altra
annuì quasi timidamente. “Sono io, lei chi è?”
“Sono
l’agente Leah Morrison, FBI” si presentò Allison mostrandole il finto
distintivo. “Mi chiedevo se potessi rispondere a qualche domanda su David, il
ragazzo morto qualche giorno fa.”
“Non
lo conoscevo” rispose Tiffany stringendo la presa intorno alla maniglia della
porta.
“Sul
serio? Perché il suo compagno di stanza sostiene che tu avevi una cotta per lui
ma che purtroppo non eri ricambiata e così avete litigato. È vero?”
“No,
non lo è. Ora se vuole scusarmi devo tornare a studiare e…”
“Hey
ascolta,” disse Allison cercando di apparire meno formale e più rilassata. “Conosco
i tipi come David. Sono carini ma sono anche dei grandi stronzi. Anche a me
hanno spezzato spesso il cuore.”
“Sul
serio?” replicò l’altra. “Con quel viso stupendo che si ritrova e i suoi
capelli lucenti e quel corpo da paura le hanno spezzato il cuore? Ne dubito.”
La
cacciatrice alzò un sopracciglio, poi indietreggiò poco quando Tiffany le prese
una mano.
“Non
c’entro con quegli omicidi, ma se lo chiede a me… direi che tutti quei tizi se
la sono cercata. Buona giornata, agente.”
La
ragazza le lasciò la mano, poi rientrò nella sua stanza e le sbatté la porta in
faccia. Allison pensò che lei c’entrava senza dubbio, ma pensò anche che
insistere in quel momento era inutile e sconveniente considerando che non
sapeva esattamente con cosa avesse a che fare.
Prese
il suo telefono per mandare un messaggio a Sam ma le cadde di mano quasi
subito, un mal di testa terribile la costrinse a fermarsi e poggiarsi al muro.
Non era solo dolore, c’era dell’altro… delle immagini.
Quello
che vide fu Elijah baciare Hayley, piangere per la sua morte, sospirare di
sollievo alla scoperta che invece era ancora viva ed era un ibrido invincibile.
Vide flash di momenti tra loro, poi vide Gia. Era stretta al suo uomo che la
toccava e accarezzava.
“Cazzo”
gemette lasciandosi scivolare a terra, scuotendo il capo energicamente come per
scuotere via quei pensieri.
“Allison!”
urlò Sam raggiungendola, inginocchiandosi a terra. “Che cosa è successo?”
Lei
fece un grosso respiro, riprendendo il controllo. “Non lo so. Credo che la
ragazza mi abbia fatto qualcosa ma…” un gemito di dolore bloccò il flusso delle
sue parole e con urgenza si alzò la manica della giacca scoprendo una grande
bruciatura che si schiarì trasformandosi in un nome. Poi un’altra sull’addome e
un’altra ancora e un’altra ancora e un’ultima volta… poi tutto sembrò fermarsi.
“Cosa
sono questi nomi?” chiese Sam guardandola.
Allison
li riconobbe tutti e trattenendo a stento le lacrime guardò il suo amico. “Chiama
John” gli disse. “Credo che ci servirà il suo aiuto.”
****
“Capisco…
portala qui. Se si tratta davvero di quel che credo questo è l’unico posto in
cui posso aiutarla. Guida in fretta Sam.”
John
riattaccò, poi raggiunse il salone dove Dean stava salutando Freya ed Elijah
pronto a ripartire. “Temo che la nostra partenza sia rimandata” annunciò mettendo
le mani in tasca. “Allison e Sam ci stanno raggiungendo proprio adesso.”
Dean
allargò le braccia. “E che ne è stato del piano non dire ad Allison dove
andiamo?”
“Cosa
è successo?” chiese Elijah avanzando verso di lui. “Allison sta bene?”
La
sua voce tremava e Constantine pensò che gli faceva un po’ effetto vedere un
essere tanto potente ora tanto fragile.
“No!”
esclamò. “Ma niente che un piccolo incantesimo non possa sistemare. Ho detto a
Sam di portarla qui perché voglio che tu veda cosa succede e perché avrò
bisogno del tuo aiuto.”
“Dove
si trova?” chiese l’Originale. “La raggiungerò in auto…”
“Saranno
qui tra qualche ora,” lo interruppe John. “Non c’è niente che tu possa fare per
lei adesso. Ma potresti trovarmi alcuni oggetti che mi serviranno.”
“Di
cosa hai bisogno?”
John
accennò un sorriso. “Ti sembrerà una richiesta strana, ma ti spiegherò tutto”
gli disse. “Spero che ti piaccia conservare i regali delle tue amanti, perché avrò
bisogno di un oggetto appartenente ad ognuna nelle donne che hai amato.”
“Oh
no…” mormorò Freya. “Ti prego, dimmi che non è quello che penso.”
L’uomo
sospirò. “Temo di sì. Quindi mettiamoci al lavoro.”
Dean
aiutò John a mettere tutti insieme gli oggetti che Elijah aveva recuperato; un
pezzo di stoffa, un laccetto di cuoio con un ciondolo e una fotografia. Poche
donne per un uomo che viveva da più di mille anni.
“Desamor”
ripeté Freya al posto di Constantine. “O meglio conosciuto come incantesimo
del cuore spezzato. È un incantesimo tanto potente quanto antico, fa parte
della tradizione mistica spagnola; della Brujeria nera. Le streghe più antiche
usavano questo incantesimo per uccidere i loro mariti traditori o gli uomini
che si rifiutavano di amarle. Si nutre delle paure della persona su cui viene
lanciato; nel caso di Allison che ha paura di perdere Elijah, l’uomo che ama,
ciò che l’incantesimo provoca sono flash di lui con tutte le altre donne che ha
amato. Se non fermiamo il progredire di tutte queste visioni finiranno
per spezzarle il cuore. Letteralmente” spiegò. “Per fortuna può essere
facilmente annullato.”
“E
come si annulla?” chiese Elijah, le mani nelle tasche e gli occhi pieni di
attesa.
John
sospirò. “Quando Allison arriverà qui vi collegherò tramite un incantesimo e
una volta che il collegamento sarà attivo, dovrete bruciare tutti questi
oggetti e lei dovrà pronunciare una piccola formula.”
“Tutto
qui?” chiese Dean.
Constantine
annuì accendendosi una sigaretta, continuando a fissare quel mucchietto di cose
che avevano sistemato al centro della grande entrata. “Sei sicuro di avermi
dato tutto?” chiese all’Originale.
“Sì.
Ti sembra strano che siano così pochi oggetti?” Elijah fece un grosso respiro. “Ho
più di mille anni, ma l’amore è una cosa rara. Quella collanina apparteneva a
Tatia, la prima donna che io abbia mai amato. La stoffa” prese a raccontare. “Era
di Celeste. Dopo di lei c’è stata Hayley, rappresentata dalla foto.”
“E
dov’è l’oggetto che riguarda Allison?”
“Devo
darti anche qualcosa che riguarda lei?”
John
scambiò una rapida occhiata con Freya, poi annuì rimboccandosi le maniche della
camicia bianca. “Sì. Andrà perduto ma è l’unico modo.”
Elijah
rimase immobile per un lungo istante, infine tirò fuori dalla tasca interna
della giacca un libricino; la versione tascabile di Alice nel Paese delle
Meraviglie. “Me lo ha regalato la seconda volta che ci siamo visti. Non me
ne separo quasi mai.”
“Hey!”
si sentì parlare e Sam fece il suo ingresso seguendo Allison a breve distanza.
La
donna era pallida, sembrava stremata ma era bella… più bella di quanto Elijah
ricordasse. L’Originale elegante sentì gli occhi riempirsi di lacrime, pensò
che voleva andarle incontro e abbracciarla ma non sapeva se il suo tocco
avrebbe finito per peggiorare o meno la situazione.
Quando
Allison alzò gli occhi per guardarlo lui capì che se non l’avesse stretta a sé avrebbe
fatto più male, ad entrambi. Con pochi passi svelti la raggiunse, grato di
vedere che anche lei accelerava il passo per arrivare da lui e la abbracciò
stretta affondando il viso tra i suoi capelli profumati.
Come
ogni volta che si stringevano, si accorsero, era come se il resto del mondo
sparisse. Non c’erano altro che loro due colmi di amore l’uno per l’altra. Di
quell’amore che subiva continue minacce ma che non moriva mai.
****
Ogni
nome impresso sulla pelle di Allison si ripeteva diverse volte in diverse parti
del corpo. Sembravano bruciature vive; il nome di Hayley più degli altri due.
“Mi
dispiace che tu debba soffrire tutto questo” sussurrò Elijah versandole un
bicchiere di acqua.
Allison
lo prese con le mani tremanti e bevve un lungo sorso. “Non è colpa tua El” lo
rassicurò mettendosi a sedere. “Non sei tu la piccola strega che mi ha lanciato
questo incantesimo.”
“Ma
sono io quello che non ti ha fatto sentire abbastanza amata” il vampiro scosse
il capo piegandosi sulle ginocchia e le prese le mani. “Forse se ti avessi
detto più spesso quanto ti amo non avresti avuto tutte queste paure, queste…”
“Mi
sei mancato” lo interruppe lei, quelle iridi nocciola andavano su e giù tra i
suoi occhi e le sue labbra, la piccola mano affusolata si sollevò fino ad
accarezzargli i capelli ed Elijah sorrise rilassato da quel tocco, sentendo un
brivido scendere giù lungo tutta la schiena. Quel profumo, l’odore della sua
Allison gli fece chiudere gli occhi mentre un senso di pace lo avvolgeva
completamente.
“Mi
sei mancata anche tu” le disse riaprendoli e sollevandosi poco fino a baciarla.
Fino a baciare quelle labbra morbide che sapevano di felicità.
“È
vero che ho parlato di un incantesimo per collegarvi” disse John entrando nella
stanza ed interrompendo il momento. “Ma non parlavo di questo tipo di
collegamento.”
Allison
abbozzò un sorriso staccandosi dalla bocca del suo bell’Originale e
aggrappandosi a lui si rimise in piedi sorridendo a Freya e ai Winchester. “John,
potresti per favore ricordarmi perché siamo amici?” scherzò.
“Ah!”
esclamò lui. “La mia amicizia è un privilegio che non concedo a molti, dovresti
esserne grata.”
Lei
aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse e abbassò lo sguardo gemendo di
dolore mentre sul suo braccio il nome di Celeste si arrossava quasi stesse per
prendere fuoco.
“Basta
parlare” disse Elijah con la voce tremante. “Annulla questo dannato
incantesimo, per favore.”
John
annuì, poi si mise dietro un tavolo e lo svuotò con un colpo di mano gettando
tutto in terra. “Ho bisogno che tu la tenga stretta” disse ad Elijah, ma lui lo
stava già facendo, con lo sguardo perso dentro quello di Allison.
Freya
e John parlarono all’unisono, gli occhi chiusi e le mani strette. Poi si
fermarono e gli sguardi di tutti si poggiarono su Elijah ed Allison. Dal corpo
della bella cacciatrice si irradiava una luce bianca e purissima che avvolgeva
completamente il corpo dell’Originale.
“Cos’è
quella luce?” chiese Sam in un sussurro, affascinato da ciò che stava
guardando.
“È
l’anima di Allison” rispose John.
****
Due
ore dopo l’incantesimo era finito e finalmente Allison era libera da quel
terribile dolore e da quelle dolorosissime immagini che le avevano affollato la
mente per tanto tempo.
Era
grata che fosse passato ma il problema era che, una volta annullato l’effetto
dell’incantesimo, la sua permanenza a New Orleans non aveva senso. Non voleva
lasciare Eijah, non di nuovo… ma sapeva di doverlo fare.
La
sua visita aveva anche svelato il tremendo avvenimento accaduto dopo la sua partenza;
Camille era morta. Per fortuna, le aveva detto Freya prima che lei
decidesse di andare a farsi una doccia prima di ripartire beveva ogni giorno
la tisana che tu le hai consigliato quindi aveva sangue di vampiro in circolo
quando è successo, ecco perché è ancora viva anche se… diversa.
Allison
si era lasciata andare ad un pianto sommesso, ma aveva ripreso il controllo
come era abituata a fare da sempre.
Chiuse
gli occhi mentre l’acqua calda le scendeva giù per la schiena accarezzandole la
pelle che fino a poco prima era ferita. Quando uscì dalla doccia, dieci minuti
dopo, Elijah era lì ad aspettarla.
Le
si avvicinò e con delicatezza le mise le mani sui fianchi, poggiò quelle
labbra soffici sul suo collo.
“Non
dovresti essere qui” gli disse piano, posandogli le mani sul petto.
“Posso
andarmene se preferisci” Elijah sorrise accarezzandole il viso.
La
cacciatrice rise, poi lo baciò, schiudendo le labbra quando lui premette con
decisione la bocca contro la sua. “Starti lontana è l’ultima cosa che vorrei”
gli disse quando si allontanarono l’uno dall’altra.
“Lo
so.” Elijah le baciò una mano. “So che non puoi restare, ma voglio che tu
sappia che io ti amo e ti aspetto.”
Lei
si mordicchiò l’interno della guancia, poi sorrise prima di baciarlo di nuovo.
NDA: Tempo di decidere
per El... buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :D Sotto l'outfit di
Allison perchè mi piace mostrarvi come la immagino ;)
abbracci, Roby.
26.
Allison
corse per l’ultimo tratto di strada, poi si fermò per un attimo a riprendere
fiato e si piegò poggiandosi con le mani sulle ginocchia.
Qualcuno
la seguiva da almeno dieci minuti ma lei aveva finto di non essersene accorta,
almeno fin quando non era giunta nei pressi del bunker dove poteva avere di
nuovo a disposizione tutte le armi di cui poteva aver bisogno; le armi e anche
i Winchester.
Pensò,
e il pensiero durò un brevissimo lasso di tempo, che il silenzio di John era
tremendamente sospetto. Era partito per Atlanta un mese prima e da allora aveva
avuto solo sfuggevoli notizie.
Sicuramente
stava combinando qualcosa. Si domandò se era il caso che iniziasse a
preoccuparsi anche per Castiel che era andato alla ricerca di Metatron ma, a
quanto sembrava, non lo aveva ancora trovato.
Fece
un grosso respiro e si avvicinò alla porta del bunker, la aprì ed entrò senza
però richiuderla.
Dean
e Sam stavano facendo colazione seduti ad uno dei grandi tavoli quando lei
arrivò e scese correndo giù per le scale.
“Hey”
la salutò Dean. “Abbiamo preparato la colazione anche per te.”
Lei
gli fece un cenno con la mano, uno di quei soliti segni che valevano più di
mille parole e sia lui che Sam afferrarono le pistole.
“Che
succede?” sussurrò proprio quest’ultimo guardandola.
“Qualcuno
mi segue da almeno dieci minuti ma non sono riuscita a vedere chi e non mi sono
fermata ad indagare perché non avevo nessuna arma con me” gli spiegò lei
impugnando la sua pistola.
“Non
ha bisogno di un’arma signorina Morgan, non contro di me. Sa benissimo che non
le farei mai del male.”
Allison
chiuse per un attimo gli occhi, riconoscendo la voce e si rilassò appena, senza
però lasciare l’arma. “Tristan” mormorò. “Che cosa ci fai qui? E soprattutto
come mi hai trovata?”
“Gliel’ho
detto,” replicò lui avanzando e mettendo le mani nelle tasche del cappotto
grigio. “Io la osservo.”
Il
vampiro si muoveva in modo così simile ad Elijah, pensò la cacciatrice, da
farle impressione.
“Conosci
questo tizio?” chiese Dean puntandogli l’arma contro, guardandolo perplesso. “Perché
ha un’aria così familiare?”
“Sono
Tristan de Martel, il primo vampiro creato da Elijah Mikaelson a cui, mi hanno
detto, somiglio parecchio nei modi e nei gesti” si presentò lui. “E voi siete
Sam e Dean Winchester…”
“Ti
ho chiesto che cosa ci fai qui” ripeté Allison guardandolo. “Sarebbe cortese da
parte tua rispondere.”
“Ah”
sospirò Tristan. “Vedo che siamo passati a darci del tu, mi fa molto piacere.
Devo dedurne che forse finalmente cominci a considerarmi come un amico?”
“Non
credo proprio” rispose la donna. “Ora te lo chiederò un’ultima volta, dopodiché
ti sbatterò fuori di qui a calci. Che cosa ci fai qui?”
Il
vampiro sorrise guardandola con… dolcezza. O almeno così le parve. “Sono qui
per accompagnare qualcuno. Recentemente ho potuto constatare che qualcuno che ha
fatto parte della tua vita molto tempo fa è… tornato per così dire. So che i
rapporti tra di voi sono tesi quindi non volevo che ti cogliesse troppo di
sorpresa, volevo prepararti all’incontro.”
“Di
chi stai parlando?” chiese Sam alzando un sopracciglio.
“Del
caro signor Matthew Morgan.”
Allison
sgranò gli occhi. “Mio fratello è morto, Klaus lo ha ucciso un anno fa.”
Tristan
scosse il capo. “Mi dispiace Allison, qualunque cosa Klaus ti abbia detto non è
la verità. Non dovresti essere così sorpresa in fondo, sappiamo tutti che di
lui non ci si può fidare.”
“Smettila!”
esclamò la cacciatrice avvicinandosi per essere faccia a faccia con lui. “Stai
mentendo. Mio fratello è morto.”
“Tuo
fratello è sulla mia auto e vuole vederti, ma non glielo permetterò se la cosa
non ti fa piacere.”
“Allison…”
si sentì chiamare e quando si voltò vide che Sam stava fissando le scale.
Seguì
la direzione del suo sguardo e quello che vide le fece riempire gli occhi di
lacrime, battere il cuore più forte e non per un sentimento di gioia. Non
poteva credere che Klaus le avesse mentito, non su una cosa così importante.
Ed
Elijah? Anche lui lo sapeva e aveva mentito?
“Le
avevo detto di aspettare in auto” parlò Tristan senza però distogliere lo
sguardo da Allison.
“Ciao
Ally” sussurrò Matt ignorandolo completamente.
La
donna indietreggiò di qualche passo, si fermò solo quando le mani ferme di Dean
le si posarono sulla schiena con una decisione che sembrava voler dire che non
era sola.
****
“Sei
un vampiro adesso, lasciarsi trasportare dall’impulsività non è la scelta
migliore. I tuoi sensi sono amplificati, quando combatti con qualcuno, che sia
per attacco o per difesa ora devi prima imparare ad ascoltare i rumori intorno perché
ogni singolo suono ti sarà utile in combattimento.”
Camille
sospirò muovendosi avanti e indietro, poi fissò Elijah. “Lo dici come se fosse
facile…” gli disse. “Non ho ancora imparato ad usare il mio super udito, né la
mia super vista, né la mia super velocità, né nient’altro di tutto ciò che è
nuovo in me.”
“Imparerai”
la rassicurò l’Originale elegante. “Vuoi che ci fermiamo per oggi?”
“No”
mormorò la bionda. “Vorrei che Allison fosse qui. Non fraintendermi, tu sei un
insegnante davvero fenomenale ma io e lei… siamo amiche e ho come la sensazione
che tutto sarebbe più facile con lei intorno.”
Lui
sospirò abbassando lo sguardo. “Sì, ho questa sensazione anche io.”
“Oh
no” Camille si avvicinò e lo strinse in un abbraccio improvviso che lo colse di
sorpresa. “Mi dispiace, non ho pensato prima di parlare.”
Elijah
rimase immobile per qualche secondo, poi si schiarì la voce sperando che lei
capisse e si allontanasse da sola perché gli sembrava terribilmente scortese
essere il primo a rompere quel contatto che sapeva di sincera amicizia.
Lei
capì e si allontanò rimettendosi dritta, di fronte a lui poco distante. “Ti
manca molto non è vero?”
“Vedo
che non hai perso il tuo tocco da psicologa quando sei diventata vampiro” l’Originale
sorrise.
“Certe
cose non cambiano mai, neppure dopo la morte. E immagino che tu non mi
risponderai, come al solito.”
“Mi
manca moltissimo” rispose invece lui. “Mi manca così tanto che mi manca il
respiro, ma è tutto così complicato…”
Camille
annuì. “Vuoi sapere cosa penso?”
“Credo
che qualunque cosa risponderò me lo dirai comunque, quindi dimmi pure.”
“Credo
che tu dovresti pensare a te stesso per una volta. A te stesso e a quello che
ti fa felice” gli disse seriamente lei. “L’amore è una cosa rara Elijah, non
lasciartelo sfuggire.”
Elijah
la guardò intensamente per un lungo attimo. Stava per dire qualcosa quando il
suo cellulare squillò; sullo schermò il nome di Freya.
“Freya”
rispose. “Che succede?”
“Devi
venire a casa, adesso. Allison è appena arrivata e non porta buone notizie.”
“Arrivo
immediatamente” il vampiro fece un cenno a Camille che annuì, poi corse via.
****
La
prima cosa che Elijah sentì una volta entrato in casa fu la voce di Freya che
cercava di sovrastare la voce di Niklaus e quella roca e sensuale della donna
che amava.
“Allison!”
urlò salendo su per le scale, seguendo il rumore fino alla camera in cui si
trovavano tutti.
Quando
entrò il viso bello e ora paonazzo di Allison gli fu davanti. “Che sta
succedendo?” chiese senza riuscire a fermare il sorriso che gli si era stampato
sul viso alla vista della donna.
“Allison
si è presa il disturbo di venire fino a qui per accusarmi di qualcosa” disse
Klaus bevendo un sorso dal bicchiere che aveva in mano. “Sostiene che le ho
mentito quando ho detto di aver ucciso il suo adorabile fratello.”
“Che
significa?” domandò il maggiore dei Mikaelson guardando Allison. “Hey” sussurrò
a lei. “Parla con me, spiegami cosa sta succedendo.”
Lei
deglutì a vuoto. “Ero in Kansas con Sam e Dean quando Tristan ha fatto la sua
comparsa portandosi dietro mio fratello, vivo e vegeto.”
“Com’è
possibile?” Elijah si voltò verso suo fratello. “Niklaus…”
“Non
ho idea di come sia possibile visto che mi ricordo perfettamente di averlo
ucciso.”
“O
siamo diventati tutti pazzi oppure tu stai mentendo, e non sarebbe la prima
volta” lo accusò la cacciatrice. “Dimmi la verità Klaus, è tutto ciò che
chiedo.”
“Ti
ho detto la verità!” esclamò l’Ibrido. “Ma tu non vuoi ascoltarmi, te ne stai
lì a giudicarmi, proprio tu, proprio ora…”
Allison
lo fissò perplessa. “E questo che diavolo vorrebbe dire?”
“Tu
porti sventura in questa famiglia” sibilò Klaus. “Per colpa tua Camille è un
vampiro, mia sorella è costretta a stare lontana dalla sua famiglia e una
oscura profezia aleggia su di noi. Se tu non fossi stata così presente in
questa famiglia non ci sarebbe stata una minaccia e Tristan e compari non avrebbero
avuto motivo di ritornare” le disse.
“Klaus…”
intervenne Freya.
Ma
l’Ibrido bevve tutto d’un sorso ciò che rimaneva nel suo bicchiere, poi lo
poggiò sul mobile lì accanto e rise guardando suo fratello.
“Mi
sento in dovere di metterti in guardia fratello. Fai attenzione Elijah o…”
Elijah
si voltò e lo spinse con tutte le sue forze, puntandogli un dito contro. “No,
tu fai attenzione. Hai dato fiato alla bocca senza riflettere, come sempre. Lei
è la cosa migliore che sia capitata a questa famiglia, a me.”
“Ne
ho abbastanza!” esclamò Allison attirando l’attenzione. “Ne ho abbastanza delle
tue paranoie. Ne ho abbastanza di tutto…”
Il
suo tono di voce era talmente esasperato che Freya pensò sarebbe scoppiata in
lacrime, ma non lo fece. La capiva, anche lei era stata vittima di diffidenza
da parte di quel fratello che voleva comandare su tutto e tutti.
“Ne
ho abbastanza” ripeté la cacciatrice passandosi una mano tra i capelli.
“Allison”
Elijah cercò i suoi occhi. “Verremo a capo di tutta questa storia, vedrai.”
“No!”
esclamò lei. “Io ne verrò a capo, da sola. Come sempre. Mi dispiace Elijah… mi
dispiace e odio doverlo fare perché ti amo da morire ma non credo di avere
altra scelta.”
“Fare
cosa?” chiese cauto lui.
“Da
adesso in poi non accetto più di venire dopo qualcuno Elijah. Né dopo la tua
famiglia né dopo Hayley… perché io ho annullato tutto, ogni dannata cosa per
stare con te e l’ho fatto perché ti amo, l’ho fatto perché tu vieni prima di
ogni altra cosa per me. Ma è ovvio che per te non è lo stesso, altrimenti
saresti venuto via con me quando quella maledetta profezia mi ha costretta a
lasciare la città” gli disse tutto d’un fiato. “È ora di scegliere El… me o questa
casa, questa famiglia.”
NDA: Colpi di scena.... e
il meglio deve ancora venire. O forse è il peggio... fatemi
sapere cosa ne pensate :) e m farebbe grande piacere se passaste a
leggere la mia nuova storia A
Blast From the Past Buona lettura,
Roby.
27.
Allison
si scostò giusto in tempo e con uno scatto repentino mise al tappeto il suo
avversario.
“Però…”
mormorò lui rialzandosi con un sorriso stampato sulle labbra. “Sei in forma,
sorellina.”
Lei
annuì legandosi i capelli, poi bevve un sorso d’acqua. Ripensando a quando due
mesi prima aveva deciso che dare a Matt la possibilità di fare ammenda era una
buona idea, si disse che aveva fatto bene; suo fratello era diverso,
ovviamente, ma era lo stesso Matthew che ricordava prima della trasformazione.
Amorevole,
premuroso, simpatico e brillante.
Era
ancora ben lontana dal perdonarlo e forse non sarebbe mai successo, ma era
tutto ciò che rimaneva della sua famiglia ed era certa che se i suoi genitori
avessero potuto avere voce in capitolo le avrebbero detto che niente li avrebbe
resi più felici di rivedere i loro figli uniti come ogni famiglia dovrebbe
essere.
Victor
dal canto suo non sembrava pensarla allo stesso modo e lo dimostrava il fatto che
da quando gli aveva riferito di Matt le aveva detto che non voleva saperne
assolutamente nulla, né di lui né di lei, non più.
Dopodiché
aveva fatto i bagagli e si era rifugiato in Europa dall’unico cugino che gli
era rimasto.
Allison
lo capiva e aveva deciso di non insistere troppo, di dargli un po’ di tempo
come i Winchester le avevano suggerito quando a loro volta avevano espresso
disappunto per la sua scelta di farlo rientrare in casa. Persino John aveva
definito la sua decisione una follia…
L’unico
che le aveva mostrato sostegno nonostante la diffidenza, era stato Elijah
quando l’aveva raggiunta a Los Angeles per due giorni due settimane prima. In
quell’occasione avevano avuto modo di sciogliere, più o meno, le tensioni che
si erano accumulate dopo il suo stupido ultimatum.
DUE
SETTIMANE PRIMA
“Matt,
dove diavolo sei?”
Allison
chiuse la porta di ingresso con un piede mentre teneva in mano le due grandi
buste della spesa. Di suo fratello però non c’era l’ombra, nonostante avesse
detto che sarebbe rimasto a casa.
“Affidabile
come ogni altro uomo della mia vita…” mormorò ancora lei facendo un grosso
respiro e abbassando lo sguardo. “Matt!”
“Non
è in casa.”
La
cacciatrice rialzò gli occhi, pietrificata da quella voce calda ed elegante che
conosceva fin troppo bene, di cui conosceva ogni sfumatura.
“Abbiamo
fatto quattro chiacchiere e poi ha detto che sarebbe andato a fare una
passeggiata” continuò la voce. “Posso aiutarti?”
Lei
annuì porgendogli le buste, poi lo precedette in cucina con un lieve ed
immotivato imbarazzo a farle compagnia.
“Grazie”
gli disse sistemando tutto su un angolo dell’isola.
Elijah
sorrise, si sbottonò la giacca e mise le mani in tasca. “Mi dispiace di essere
piombato qui senza preavviso, io…”
Le
restanti parole gli morirono in bocca, bloccate dalle labbra di Allison sulle
sue. Con decisione le prese il viso tra le mani piegando poco il capo e
approfondendo quel contatto. Dio quanto gli era mancato il sapore di quella
bocca, il calore di quella lingua, la morbidezza di quel corpo magro ma formoso,
con ogni curva al posto giusto.
“Mi
dispiace tanto” gli disse lei staccandosi per un attimo, poggiandogli le mani
sul petto. “Non pensavo davvero quello che ho detto quando ci siamo visti l’ultima
volta. Non voglio che tu scelga tra me e la tua famiglia, era una richiesta
folle… sono stata una stupida.”
“Sei
tante cose Allison Morgan, ma non stupida.” Elijah la baciò di nuovo. “sei
bellissima, sei forte, indipendente e testarda” disse abbozzando un sorriso. “Ma
ti amo anche per questo.”
“Anche
io ti amo, ti amo da morire” sussurrò lei avvolgendogli il collo con le
braccia, sollevandosi sulla punta dei piedi per stringersi meglio al suo corpo.
“Vorrei solo che non fosse tutto così difficile.”
“Tutte
le cose belle lo sono” le rispose lui mentre la prendeva in braccio. “Ora però basta
parlare” mormorò baciandola ancora e avviandosi verso le scale.
“Allison!”
Lei
sobbalzò ridestandosi dai suoi pensieri; quella era l’ultima volta che aveva
visto Elijah, dopo di allora si erano limitati a telefonarsi, troppo impegnati
con le loro faccende, con ancora l’oscura presenza di quella profezia sopra le
loro teste.
“Cosa
c’è?”
Matt
le sorrise poggiandole una mano sul viso. “Stai bene?”
“Sto
bene” lei annuì. “Basta allenamento per oggi, non sono concentrata.”
Suo
fratello corrugò la fronte. Stava per parlare quando suonarono alla porta e
tutto quello che fece fu guardarla allontanarsi con una camminata lenta e quasi
insicura. Una camminata che non era da lei.
La
sentì ringraziare qualcuno e curioso la raggiunse in cucina. Quando arrivò la
vide con gli occhi pieni di lacrime fermi su una scatola e un foglio di carta
in mano.
“Allison,
che succede?” chiese avvicinandosi.
Lei
non rispose, ma gli porse il foglio che teneva in mano. Su quella carta spessa
e dorata una scrittura ordinata che gli era familiare;
Cara Allison, ho chiesto
alla mia strega personale di recapitarti magicamente un piccolo omaggio. Il mezzo
cuore che vedi dentro la scatola appartiene a Jackson. L ’ altra metà è stata
recapitata ai Mikaelson ma al contrario di quello che credi non ho provato
nessun piacere a strapparglielo dal petto. Avevo bisogno di attirare la tua
attenzione e visto che so quanto odi vedere la gente che ami soffrire, ho
pensato che questo fosse il modo migliore di farlo.
Perdona la mia mancanza
di sensibilità…
ma non rispondendo alle mie telefonate non mi hai lasciato scelta.
Ho preso anche Hayley,
ma come ben sai tengo in modo particolare a te e lei è tua amica, quindi ti
darò la possibilità di salvarle la vita.
Vieni a New Orleans, al
magazzino sulla Nona, entro mezzanotte e lei sopravvivrà.
Ritarda e il prossimo
cuore dentro una scatola sarà
il suo.
Con amore, Tristan.
“Sapevo
che Tristan era pazzo, ma non credevo che lo fosse fino a questo punto…”
mormorò Matt ripiegando il foglio.
“È
tutta colpa mia. Sono io la minaccia che la Strige è tornata ad eliminare”
Allison tirò fuori il suo cellulare componendo velocemente un numero. “E Tristan
ha un debole per me, avrei dovuto approfittarne e farlo fuori e non l’ho fatto…
ma non commetterò di nuovo lo stesso errore.”
“Tu
non andrai a New Orleans, Allison. Chiameremo Elijah e lasceremo che siano loro
ad occuparsi di tutto.”
“La
ucciderà!” esclamò lei tirando fuori da un ripostiglio un borsone.
“Quel
tizio è pericoloso, okay?”
La
donna scosse il capo, poi sospirò. “Andiamo rispondi!” urlò. “Oliver, ho
bisogno di te, ora” disse quando dall’altro capo del telefono risposero.
Passarono
pochi secondi e un tizio comparve in casa, dal nulla.
“E
tu chi sei?” chiese Matthew perplesso.
“È
il mio passaggio…” gli spiegò sua sorella posando il cellulare in tasca.
****
Hayley
stava piangendo disperata quando Allison era arrivata, molto prima di
mezzanotte. Ad uno delle sue braccia c’era attaccata una sacca di acqua piena
di strozzalupo, il corpo senza vita di Jackson era accanto a lei.
Pensò
che era una scena terribile, non riusciva neppure ad immaginare come si
sentisse la donna, col corpo di suo marito lì accanto. Suo marito morto a causa
di un assurdo capriccio da parte di un antico vampiro che era ossessionato da
lei.
“Hayley”
le disse mettendosi davanti a lei, piegandosi sulle ginocchia per guardarla
meglio. “Hey…”
“Allison”
mormorò l’altra. “Che ci fai qui?”
“È
una lunga storia” rispose la cacciatrice tirando fuori il suo pugnale e
tagliando il filo direttamente collegato al braccio della sua amica. Dopo si
tagliò il braccio e glielo avvicinò. “Bevi” le disse. “Hai bisogno di
rimetterti in forze.”
Hayley
bevve per qualche secondo, riacquistando subito colore. “L’ha ucciso”
singhiozzò quando si allontanò dal braccio di Allison. “Gli ha strappato il
cuore.”
Allison
annuì sentendo gli occhi riempirsi di lacrime e con un gesto rapido si sfilò il
cappotto e coprì il corpo di Jackson dandogli prima una carezza amichevole.
“Mi
dispiace tanto Hayley” disse all’amica. “Ti prometto che la pagherà, ma prima
devo liberarti così potrai andartene da qui.”
“Allison!”
sentì esclamare e uno sguardo all’entrata le fece vedere che Tristan stava
avanzando verso di loro. “Sei arrivata. E con largo anticipo anche… la
puntualità è una qualità che apprezzo molto in una donna.”
“Sei
un bastardo” sibilò lei guardandolo. “Uccidere uno dei miei amici e torturare l’altra
è il tuo modo di tenere a me?”
“Mi
dispiace per Jackson” replicò lui stringendosi nelle spalle. “Ma Hayley mi ha
torturato tempo fa, per come la vedo siamo pari.”
La
donna diede un’altra occhiata all’Ibrida, infine chiuse per un attimo gli
occhi. Sentiva di non avere altra scelta e lei odiava quella sensazione. “Hai
detto che se fossi venuta l’avresti lasciata andare, sono qui quindi liberala.”
“A
dire il vero ho detto che non l’avrei uccisa” precisò Tristan. “Non ho mai
parlato di lasciarla andare. Ma visto che sembri tenerci così tanto lo farò… ad
una condizione.”
“E
sarebbe?” Allison lo osservò mentre si avvicinava e liberava Hayley dalle
catene che la tenevano ferma.
Il
vampiro sorrise mettendo le mani nelle tasche del cappotto. “Una volta che l’avrò
lasciata libera lei correrà ad avvertire Elijah e loro verranno a salvarti.
Quando verranno tu mi aiuterai a rinchiuderli con l’uso della serratura e dopo
che lo avremo fatto lasceremo la città, tu ed io. Sono stato solo per così
tanto tempo… e dopo aver visto quello che tu ed Elijah condividete, ho deciso
che lo voglio anche io. Voglio una donna al mio fianco e una vita serena e la
voglio con te.”
“Io
non ti amo.”
“Imparerai
a farlo, vedrai. Questa è la condizione. Accetta ed Hayley è libera di andare.”
“Allison,
non farlo…” sussurrò proprio lei alzando la testa per guardarla.
Allison
rimase in silenzio ed immobile per un istante, poi la guardò. “Vai” le disse. “Di'
ad Elijah che mi dispiace.”
“No!”
esclamò Hayley rimettendosi in piedi, sbandando.
“Ho
detto di andare!” ripeté l’altra dura.
Ed
Hayley andò.
****
“Io
dico di andare a riprenderci Hayley, dopodiché uccidiamo Tristan e dopo di lui
ci liberiamo anche di Aurora e Lucien… L’attacco è la miglior difesa.”
“Dobbiamo
essere cauti” ragionò Elijah guardando suo fratello. “Tristan ha più di un
vantaggio, oltre ad aver preso Hayley ha anche la serratura.”
“Forse
dovremmo procurarci anche noi un vantaggio” mormorò Freya. “Forse dovremmo
prendere Aurora e usarla come merce di scambio e una volta lì liberarci anche
di lei. Rinchiuderli entrambi lascerebbe solo Lucien e non credo sia pericoloso
come i fratelli De Martel.”
“Hayley
ha la priorità” disse Klaus. “È la madre di mia figlia e fa parte della
famiglia.”
“Non
sono io ad avere la priorità” sentirono ed Hayley comparve sulla porta.
“Come
sei scappata?” chiese Freya raggiungendola e sorreggendola fino ad una sedia.
“Non
l’ho fatto.”
“Tristan
ti ha lasciata andare?”
L’Ibrida
scosse il capo. “Allison mi ha salvato la vita…”
Elijah
sentì il viso impallidire. “Allison è in città?”
“Elijah,
Tristan è fuori di testa. È innamorato di lei ma in un modo… malsano e
spaventoso. Ha un folle piano e lei ne è parte integrante.”
“Lo
ucciderò!” urlò l’Originale elegante incamminandosi verso le scale.
“Fermati”
gli disse Freya afferrandolo per un braccio. “Abbiamo bisogno di un piano
prima.”
“Quel
pazzo lunatico ha la mia fidanzata, il piano è andare e liberarmi di lui.”
“Elijah,
non le farà del male. Ma se piombiamo lì senza un piano ci sarà un bagno di
sangue e lei potrebbe finirci in mezzo.”
Il
vampiro si passò una mano sul viso, sentiva ogni fibra del suo essere in
subbuglio ma sapeva anche che sua sorella aveva ragione. “Cosa facciamo?”
Freya
fece cenno a Vincent. “Portatemi qui qualcosa che appartiene ad Aurora, e
qualcuno di sacrificabile.”
NDA: Ahhhhhh chi se lo
aspettava? Buona lettura e non odiatemi vi prego <3
Ps passate a leggere la mia storia A
blast from the past e la mia raccolta di One-shot What
if? se vi va :)
28.
Due
ore e quattro vampiri morti dopo Allison aveva finalmente capito quanto malsano
fosse il sentimento che Tristan provava per lei.
Aveva
ucciso quattro dei suoi senza battere ciglio solo perché ognuno di loro aveva
espresso le proprie titubanze in merito alla sua prigionia; non ha senso
tenerla qui e rischiare un attacco da parte dei Mikaelson, lei è l’arma di cui
la profezia parla in fondo… perché non la uccidiamo e basta?
Ognuno
di loro aveva ragione e ognuno di loro era morto.
Tristan
le aveva raccontato la folle storia di come la serratura era nata. Il
piano A era uccidere la minaccia ma quando era stato chiaro che la minaccia
aveva il suo volto, il vampiro aveva deciso che era il momento di pensare ad un
piano B e quindi aveva ingaggiato una potentissima strega affinché creasse quel
magico amuleto che avrebbe rinchiuso i Mikaelson per sempre.
Solo
perché odiavo l’idea di saperti in pericolo, le aveva
detto. Mi sono messo contro tutti e contro tutto. Non avrei mai lasciato che
ti uccidessero.
Allison
era rimasta in silenzio per tutto il tempo, ferma immobile con le spalle
poggiate alla parete, la maglietta leggera che la faceva tremare di freddo e il
suo cappotto sporco del sangue di Jackson poco distante, gettato e dimenticato
in terra dopo che il corpo del suo amico era stato portato via.
Pensò
che se ne fosse uscita viva avrebbe dovuto decisamente fare qualcosa al
riguardo… Non sapeva ancora come visto che non aveva più favori da riscuotere,
non con l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla.
Ma
si ripromise che ci avrebbe comunque provato e lo fece dopo essersi promessa di
fare tutto il possibile per sopravvivere quel giorno.
Se
fosse uscita da lì, oltre che ad occuparsi di Jackson avrebbe rimesso il suo
anello di fidanzamento e sposato il suo bell’Originale prima che l’ombra di
qualche altra tragedia si abbattesse su di loro.
Elijah…
il suo pensiero era stato rivolto a lui per tutto il tempo mentre guardava
Tristan osservarla con uno sguardo tanto inquietante quanto premuroso.
Aveva
sperato fino alla fine che i Mikaelson decidessero di lasciar perdere, di non
presentarsi; la Strige era una grande congrega di potenti ed antichi vampiri e
anche se loro erano i forti Originali, la cacciatrice sentiva che c’era
comunque una grossa possibilità che quella dannata serratura avrebbe
finito con l’adempiere al suo compito quel giorno.
Ci
aveva sperato ma sapeva che era impossibile.
Quattro
vampiri morti e due ore dopo infatti, Elijah aveva telefonato comunicando a
Tristan che avevano Aurora e che gliel’avrebbero restituita solo se lui avesse
lasciato andare lei.
Quel
momento, al telefono, preoccupato per le sorti di sua sorella, era stato l’unico
momento in cui Allison aveva visto l’ombra di un timore sul viso di Tristan.
“Mi
dispiace Allison” le disse proprio lui facendola scendere dall’auto quando
raggiunsero il luogo dell’appuntamento stabilito da Elijah. “Ma è mia sorella…”
La
donna rimase in silenzio, seguendolo dentro quel locale freddo in cui alcuni
container erano posizionati in fondo, tutti tranne uno. Si guardò intorno
cercando di capire quanto la situazione fosse grave mentre tutti i vampiri
della Strige si posizionavano da un lato fronteggiando Elijah, Klaus ed Hayley
dall’altro.
Non
appena incrociò il suo sguardo Elijah si mosse, pronto a raggiungerla, seguendo
un istinto che era difficile da controllare; stava bene e poteva vederlo, ma
voleva stringerla tra le braccia e non lasciare mai più la presa.
“Non
così in fretta,” gli disse Tristan mettendosi davanti. “Prima rivoglio mia
sorella.”
Gli
occhi di Elijah si iniettarono di sangue per un momento. “Se le hai fatto anche
solo un minuscolo graffio io…”
“Tu
cosa?” lo interruppe Tristan. “Mi ucciderai? Allison sta benissimo, non le
farei mai e poi mai del male. Io la amo, al contrario di te che nonostante
tutto, nonostante lei, continui ancora a correre dietro a quell’Ibrida.
Tu non te la meriti Elijah.”
Elijah
non avrebbe saputo dire perché, ma quelle parole lo colpirono in qualche modo,
gli occhi bassi di Allison quando cercò il suo sguardo anche.
“Riprenditi
tua sorella e sparite dalla città Tristan,” gli disse. “Dimenticati di noi,
dimenticati di lei.”
“Che
ne è di Aurora? Dove si trova?” chiese l’altro senza scomporsi.
“Sta
bene” intervenne Klaus avvicinandosi al container ed aprendo le porte rivelando
la giovane donna seduta su una sedia, il viso coperto da un sacco. “Ringrazia
la diplomazia di Elijah per questo, io volevo ucciderla e far sventolare la sua
pelle come una bandiera.”
Tristan
lo guardò per un lungo istante, poi raggiunse sua sorella dentro il container e
quando una volta libera la donna prese la serratura dalla sua tasca e la attivò
poggiandola ad una delle pareti laterali, il vampiro si accorse che la sua fine
aveva appena avuto inizio.
****
“No!”
esclamò provando ad uscire, scoprendosi bloccato all’interno di quella scatola
metallica. “Cos’hai fatto?” chiese voltandosi verso sua sorella.
Quella
che vide però non era Aurora, era una vampiro qualunque.
“Una
piccola magica illusione… gentile omaggio di mia sorella Freya” spiegò Klaus.
Elijah
invece raggiunse Allison sfidando gli sguardi feroci della Strige.
“Stai
bene?” le chiese stringendole il viso tra le mani.
Lei
annuì abbracciandolo quasi volesse fondersi con lui. “Mi dispiace” sussurrò. “Tutto
questo è colpa mia.”
“No”
l’Originale scosse il capo. “Non è colpa tua e l’unica cosa che conta è che tu
stia bene” si allontanò da lei, quel tanto che bastava per guardarla e sorrise
perdendosi per qualche secondo dentro quegli occhi nocciola. “Rimani qui, dove
posso vederti. Fra qualche minuto torniamo a casa.”
Allison
fece un grosso respiro, indietreggiò di qualche passo e si fermò.
Elijah
invece raggiunse il centro e si guardò intorno, guardò la Strige. “Il regno di
Tristan è finito e con lui anche le sue follie.”
“Tristan
potrà anche essere finito,” disse Aya guardandolo, Marcel accanto a lei. “Ma la
profezia è ancora una minaccia e la tua fidanzata…”
“La
mia fidanzata” esclamò Elijah sovrastandola con voce decisa. “È off-limits, per
ognuno di voi. Non la sfiorerete nemmeno con un dito né penserete di farlo… o
vi ucciderò uno per uno” disse. “Quello che farete sarà lasciare la città,
lasciare che le insensate ossessioni di Tristan muoiano con lui nel fondo dell’oceano
e dimenticarvi di Allison Morgan.”
“Sei
folle quanto Tristan se anche tu la ami” continuò Aya. “Lei ci distruggerà
tutti quanti. Non lasceremo la città, né smetteremo di lottare per la nostra
sopravvivenza. Non fin quando lei sarà viva.”
“Allison
è una guerriera!” parlò Klaus raggiungendo in un secondo la sua amica. “Sa bene
che a volte in guerra ci sono dei danni collaterali. Se per fare in modo che il
vostro circo lasci la mia città lei deve morire,” piegò poco il capo e alzò la mano
per accarezzare piano il mento di Allison. “Mi dispiace dolcezza… ma così sia.”
“Niklaus!”
urlò Elijah camminando verso di loro.
Ma
con un movimento rapido della mano Klaus spezzò il collo di Allison. Il corpo
senza vita della cacciatrice cadde in terra. Elijah cadde in ginocchio di
fronte a lei. Gli occhi colmi di lacrime ed incredulità e il dolore più grande
che avesse mai provato al centro del petto.
“Allison!
No no no!” urlò Tristan agitandosi contro la barriera invisibile che non gli
permetteva di uscire. “Uccidetelo!” urlò ancora rivolto ai suoi discepoli.
Aya
fece un grosso respiro, Marcel di fianco a lei si lasciò cadere tremando di
rabbia e tristezza. Guardò Allison morta tra le braccia di Elijah. La vista di
quel corpo senza vita che l’Originale cullava singhiozzando gli fece venire la
nausea.
Cercò
Hayley ma anche lei era in ginocchio, la mano davanti alla bocca e il corpo
scosso dal pianto.
C’era
silenzio in quel posto. Nonostante le urla furiose di Tristan, nonostante il
pianto di Hayley, tutto quello che si sentiva erano i singhiozzi di Elijah; il
nobile Originale innamorato perdutamente della bella cacciatrice.
La
cacciatrice che ora era morta.
****
Hope
scoppiò in un pianto disperato, talmente di improvviso che Freya quasi
sobbalzò.
La
donna la raggiunse con passo deciso e la prese in braccio, stringendosela al
petto cercando di calmarla. Ma la piccola quasi singhiozzava, piangendo così
tante lacrime che il visino dolce divenne paonazzo.
“Oh
piccola, cosa…”
A
Freya bastò sfiorare il braccialetto di filo che Hope indossava, quando lo fece
una serie di immagini si aprirono nella sua mente.
Quello
che vide fu la morte, la morte di Allison Marie Morgan.
NDA: Non me la sentivo di
lasciarvi ad aspettare per troppo tempo quindi ecco il nuovo capitolo.
Buona lettura e vi prego, lasciatemi un commento :) Ps per le amanti
di Allison/Tristan e di Tristan... forse il meglio deve ancora venire
;) sotto l'outfit del flashback <3
29.
LOS ANGELES – CINQUE ANNI PRIMA
Stasera
vorrei portarti a cena le aveva detto. Ed Allison aveva accettato con
piacere. Le aveva fatto capire che gli sarebbe piaciuto vederla chiusa in un
bel vestito elegante e lei lo aveva accontentato.
Era
uscita e si era comprata quel vestito beige che la faceva sentire una signora per
bene e allo stesso tempo una femme fatale e si era accorta che mai per nessun
uomo aveva fatto quello che stava facendo per Elijah Mikaelson, non con quell’entusiasmo
da ragazzina.
L’Originale
le aveva dato appuntamento alle otto in punto in un bellissimo ristorante che
stava al centro della città, al secondo piano di un palazzo meraviglioso e di
nuova costruzione. Allison aveva pensato che fosse strano che non si fosse
offerto di andarla a prendere, ma aveva preso la sua auto e si era diretta al
posto stabilito.
Era
salita su un ascensore tanto nuovo quanto lussuoso e una volta raggiunto il
piano le porte si erano aperte direttamente sulla sala.
Era
vuota, eccetto per Elijah che la aspettava in piedi vicino ad un tavolo a
ridosso della vetrata con vista su un bellissimo parco. Quando la vide la
raggiunse sorridendole dolcemente col suo completo blu addosso.
“Sei
puntualissima” le sussurrò porgendole la mano. “E bella da togliere il fiato.”
Lei
sorrise spostandosi una ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio, quelle
fossette sulle guance comparvero quasi prepotenti ed Elijah notò che quella
destra era più profonda dell’altra.
“Anche
tu non sei niente male” gli disse lei afferrando la sua mano. “Ho solo una
domanda.”
“Cosa?”
“Perché
la sala è vuota?”
“Perché
ho voluto che fosse solo per noi” le spiegò il vampiro accompagnandola al
tavolo e facendola sedere, prendendo poi posto all’altro capo dello stesso.
Allison
annuì, poggiò la borsa per terra e poi si alzò. Spostò la sedia sul lato del
tavolo e gli si avvicinò. Con le mani prese a slegargli la cravatta e una volta
snodata la tirò via e la ripiegò ben bene per poi poggiarla sul tavolo.
“Così
va meglio” gli sussurrò. “E dopo cena avrò una cosa in meno da toglierti quando
mi riporterai a casa per il dessert.”
Gli
fece l’occhiolino ridacchiando ed Elijah la seguì a ruota. Pensò che lasciare
Los Angeles, lasciare lei sarebbe stato complicato.
Elijah
poggiò due dita sulla guancia destra di Allison, sul punto esatto in cui
nasceva quella fossetta profonda che gli aveva preso il cuore tanti anni prima.
Pensò
che era stato uno stupido, un egoista maledetto. Aveva più di mille anni e mai
nessuno era stato capace di dargli l’amore incondizionato che lei gli aveva
offerto.
Eppure
tutto quello che aveva fatto per ricambiare quell’amore era stato praticamente
nulla. La sua bella Allison se ne era andata con ancora l’ombra di un dubbio a
farle compagnia; il dubbio che lui non la amasse davvero, non con tutto il
cuore come faceva lei.
Ma
lui la amava, disperatamente. Come mai prima e come mai avrebbe fatto dopo.
E
Klaus gliel’aveva portata vita.
“Ti
amo tanto” le sussurrò baciandole ripetutamente il viso che stava perdendo
calore e colore. Con delicatezza se la strinse di nuovo al petto, poi lasciò
che Marcel prendesse il suo posto mentre lui si alzava.
Il
freddo che sentì lontano dal corpo della donna lo fece quasi rabbrividire, la
vista di Klaus lo fece infuriare.
La
Strige era andata via oramai da quasi un’ora, lasciando Marcel indietro, ma a
lui non importava nulla. Guardò Tristan chiuso dentro quella scatola di ferro,
le mani tra i capelli, piegato sulle sue ginocchia, gli occhi bassi mentre
mormorava qualcosa.
“Alzati!”
gli disse deciso. “Ho detto di alzarti!” urlò facendo sobbalzare Hayley che se
ne stava seduta per terra di fianco al corpo di Allison.
Tristan
si mise in piedi, gli occhi rossi iniettati di sangue, i denti aguzzi mentre lo
guardava. “È tutta colpa tua” gli disse. “Se mi avessi permesso di rinchiudere
te e i tuoi fratelli da qualche parte come avevo pianificato lei sarebbe viva
ora.”
Elijah
si tolse la giacca, si rimboccò le maniche della camicia e sospirò. “Sei
fortunato che quella dannata cosa” disse indicando la serratura. “mi impedisca
di avvicinarmi a te o giuro che saresti già morto.”
“Non
sono io ad aver spezzato il collo alla nostra Allison e…”
“Mia!”
urlò l’Originale battendosi una mano sul petto, la voce spezzata. “Lei non è
mai stata tua. Era la mia Allison. Mia e di nessun altro. Ma hai ragione su una
cosa; non sei stato tu ad ucciderla…”
I
suoi occhi si puntarono su Klaus che lo fissava con le mani incrociate dietro
la schiena, come in attesa. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato e sapeva
anche che suo fratello sarebbe stato furioso. Forse non lo avrebbe mai
perdonato e in fondo nemmeno lui avrebbe mai perdonato se stesso.
O
forse sì.
“Prima
di fare qualunque cosa, aspetta” gli disse indietreggiando mentre lui avanzava
con sguardo violento, come non lo vedeva da secoli. Digitando velocemente si
portò il telefono all’orecchio. “Vincent, adesso!” disse.
E
proprio mentre suo fratello si preparava a colpirlo… proprio allora Allison
riaprì gli occhi scattando tra le braccia di Marcel con una specie di gemito.
“Oh
mio Dio… Hey” le disse Hayley allungando la mano per toccarla.
La
donna si scostò bruscamente, sembrava confusa. Gattonando rapida si spostò dall’altra
parte guardandosi intorno spaventata.
“Allison”
le sussurrò Marcel.
Ma
lei scosse il capo, gli occhi pieni di lacrime, i pugni stretti e sul viso un’espressione
di totale disorientamento.
Elijah
tirò un respiro di sollievo, sentì il suo corpo liberarsi come di un peso e
raggiungendola si piegò sulle sue ginocchia per guardarla negli occhi; era
terrorizzata, completamente sopraffatta. Così decise di reprimere il primo
istinto che gli diceva di stringerla forte.
“Allison”
mormorò allungando poco le mani verso di lei.
La
donna lo guardò per un lungo istante, infine si gettò tra le sue braccia
tremando contro quel corpo caldo e familiare. Lui la strinse lanciando un’occhiata
a Tristan. Anche il capo, oramai caduto in disgrazia, della Strige sembrava
sollevato ma per quanto lo detestasse, l’Originale elegante non se la sentiva
di biasimarlo.
****
“Allison”
Tristan piegò poco il capo guardando di fronte a sé. Guardando la bella
cacciatrice, la donna di cui era innamorato, stretta all’uomo di cui lei era
innamorata.
Elijah
non aveva lasciato la presa neppure per un secondo da quando era ritornata tra
i vivi grazie all’incantesimo di protezione che Klaus si era preoccupato di
farle fare da Vincent Griffith.
Bastardo
sadico, voleva un effetto sorpresa e lo aveva avuto.
La
donna fece un grosso respiro stringendosi addosso la giacca che Elijah le aveva
sistemato con premura sulle spalle, la guancia poggiata sul petto dell’Originale
che la teneva stretta con entrambe le braccia.
“Allison”
mormorò ancora Tristan. “Mi dispiace per come sono andate le cose tra di noi.”
“Non
esiste nessun noi” gli disse Klaus ridendo mettendosi di fronte a lui. “Esisti
tu, innamorato di una donna che non avrai mai, ingannato perfino dall’amore che
provi per la tua psicopatica sorella.”
“Rory…”
mormorò il vampiro quasi come se si fosse ricordato di lei di improvviso. “Che
ne è di mia sorella?”
“Sta
bene, per ora” gli fece sapere l’Ibrido. “È un peccato che tu non potrai essere
presente al momento della sua morte, ma ti assicuro che sarà spettacolare.”
“Elijah
devi ascoltarmi” disse Tristan ignorando completamente Klaus. “Senza di me a
capo della Strige, non appena scopriranno che Allison è ancora viva la
uccideranno. Devi farle lasciare la città.”
L’Originale
scosse poco il capo, baciò con dolcezza la fronte di Allison e poi le baciò il
palmo di una mano. “No. Basta scappare, non passerò un altro solo minuto
lontano da lei, soprattutto non a scappare da una profezia che forse neppure
esiste per davvero. Se la Strige vuole la guerra l’avrà. Li ucciderò tutti se
necessario.”
L’altro
fece un grosso respiro. “Allison… avvicinati ti prego. Voglio solo” si fermò
quando lei gli diede le spalle senza lasciare la mano di Elijah. “Direi che non
ho più nulla da dire,” concluse cercando di ridarsi un contegno.
“Io
sì!” esclamò Hayley avvicinandosi per guardarlo dritto negli occhi. “Mio marito
era un brav’uomo e tu me lo hai portato via. Lui sarà comunque sempre con me ma
tu… tu sarai dimenticato Tristan. Mentre marcirai rinchiuso in questa scatola
di latta stai pur certo che nessuno si ricorderà di te.”
Fu
proprio l’Ibrida a chiudere la porta del container facendo un rumore forte che
fece sobbalzare Allison. Proprio lei aveva la sensazione che quella porta non
si fosse chiusa su una fine ma su una specie di inizio.
****
A
fine giornata, dopo un bagno caldo, Allison era tornata quasi lucida. Il suo
sguardo però era ancora vuoto e spaventato. Elijah non l’aveva lasciata neppure
per un attimo, esattamente come aveva detto a Tristan, seguendone ogni
movimento con lo sguardo, ogni gesto, ascoltandone ogni respiro.
“Non
devi controllarmi tutto il tempo” gli sussurrò lei sdraiandosi sul letto,
gemendo di sollievo quando il suo corpo toccò quel materasso soffice. “Sto
bene.”
Lui
sorrise e la raggiunse, si sdraiò accanto a lei e con dolcezza la aiutò ad
infilarsi sotto le coperte. “Io no” le confessò spostandosi piano sopra di lei,
sorreggendosi con le mani e guardandola dritta negli occhi. “Credevo che fossi
morta.”
“Tecnicamente
lo ero” scherzò Allison sistemandogli un ciuffetto di capelli con le dita. “Ma
ho capito cosa intendi.”
Distolse
lo sguardo ed Elijah si perse nella vista di quel viso bello, quella pelle
chiara e morbida, quelle labbra rosate e ben definite. Era bella Allison Morgan
ed era sua.
“Ally”
la chiamò, usando quel nomignolo che non usava spesso ma che la faceva
sorridere ed infatti sorrise facendo spuntare le fossette sulle guance e lo
guardò. “Io ti amo, dal più profondo del mio cuore. Ti amo.”
La
donna annuì poggiandogli una mano sulla guancia. “Lo so,” gli disse. “Nel più
profondo del mio cuore, lo so. Ma sarebbe comunque bello se me lo dimostrassi
più spesso.”
La
dolcezza e la sincerità con cui parlò fecero sentire l’Originale spiazzato. E
gli fecero un’incredibile tenerezza. C’erano tante cose che avrebbe voluto
dirle, ma capì che il momento delle parole era finito, era giunto il tempo
delle dimostrazioni concrete. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori l’anello di
fidanzamento e con delicatezza lo rimise a posto; al dito della sua donna. “Quello
è il suo posto, qualunque cosa accada. Ti prego, non togliertelo mai più
Allison, mi fa male quando lo fai.”
Allison
sorrise poggiandogli una mano sulla nuca. “Dovranno strapparmi il dito con la
forza se vogliono che mi tolga questo anello. Lo prometto” lo baciò. “E ti amo.
Sempre e per sempre…” aggiunse facendolo sorridere.
“C’è
qualcosa di diverso in te” Elijah la guardò da capo a piedi mentre lei
indossava una delle sue camicie dopo uno spettacolare pomeriggio d’amore. Parlò
e pensava veramente quello che aveva appena detto; c’era qualcosa di
profondamente diverso in lei, qualcosa che si percepiva solo guardandola,
qualcosa che lui aveva percepito stringendola tra le braccia.
Era
qualcosa dentro che si vedeva nel modo in cui si muoveva, nel modo in cui
parlava, nel modo in cui lo aveva accarezzato.
Lei
sorrise voltandosi per guardarlo. “Qualcosa cosa?”
“Non
lo so, solo… qualcosa.”
“Ma
qualcosa di buono o qualcosa di cattivo?”
Elijah
le prese una mano e la tirò sul letto facendola ridere mentre la prendeva tra
le braccia per stringerla e baciarla. “Tutto quello che ti riguarda è una cosa
buona, come potrebbe essere altrimenti?”
“Non
sono così perfetta come mi vedi Elijah,” lei si staccò da lui e si mise a
sedere al centro del letto. “Ho molti difetti.”
“Oh
credimi, lo so” l’Originale si mise in piedi e si rivestì.
Allison
invece rimase in silenzio, ferma immobile sul letto, gli occhi fissi su un
punto indefinito. Persa in un ricordo tanto recente quanto spaventoso non si
rese nemmeno conto che Elijah aveva finito di rivestirsi e si era messo a
sedere accanto a lei fissandola intensamente; la mano grande del suo uomo si
poggiò sulla sua, ma quel calore che di solito la invadeva completamente quando
la toccava non sembrava avere lo stesso effetto, non in quel momento.
La
sua mente era occupata da fin troppi pensieri, troppi flash che non riusciva a
togliersi dalla testa, non da quando era tornata dal mondo dei temporaneamente
morti per mano di Klaus. Erano confusi ma le lasciavano un senso di
amarezza ed inquietudine.
“Allison,
hey…”
Lei
sobbalzò ritraendo istintivamente la mano. Si mosse quasi volesse alzarsi ma si
fermò riprendendo il controllo. “Scusa, ero… persa nei miei pensieri.”
Il
vampiro piegò poco il capo per guardarla meglio, allungò la mano e le accarezzò
una guancia. “Stai bene?”
“Sì,
sto bene” rispose lei sorridendo. “Dico sul serio, non guardarmi con quell’aria
preoccupata.”
“Temo
di non poterne fare a meno” le sussurrò Elijah. “Mi fido di te, ma promettimi
che se qualcosa dovesse preoccuparti, in qualunque momento, me lo dirai.
Qualunque cosa Allison.”
“Lo
farò” la cacciatrice indossò la sua giacca di pelle e sospirò avvicinandosi per
baciarlo. “Tornerò appena possibile.”
“Devi
proprio andare?”
Allison
annuì sentendo un leggero senso di colpa a pervaderle lo stomaco; odiava
mentirgli ma a volte era necessario farlo. Il suo bell’Originale aveva un sacco
di cose di cui preoccuparsi, tanti fardelli da portarsi addosso… non se la
sentiva di aggiungere un altro pensiero alla sua mente già affollata.
“Se
rimango qui dovrò restarmene rintanata in casa perché la Strige non può sapere
che sono ancora viva, e io odio starmene con le mani in mano. I Winchester e
Castiel hanno bisogno di aiuto e oltretutto c’è mio fratello… non lo vedo da
settimane.”
Elijah
respirò a fondo, pur provando a nascondere il suo disappunto ogni volta che
Matt veniva nominato, si rese conto che non ci riusciva mai, perché
puntualmente lei se ne accorgeva.
“So
che non ti fidi di lui Elijah ma…”
“E
tu ti fidi di lui, Allison?” la interruppe il vampiro. “Hai il mio sostegno,
sempre e comunque ma… ti fidi?”
“Non
lo so Elijah!” fu la risposta decisa, quasi brusca di Allison. “Ma è mio
fratello ed è tutto ciò che mi rimane della mia famiglia.”
Lui
si prese un attimo per guardarla con attenzione; quell’aria fragile gli faceva
venire voglia di stringerla, ma la postura di quella minuta figura gli
suggeriva diversamente. Matthew Morgan… lo aveva avvertito, ed era stato
chiaro.
LOS
ANGELES – UN MESE PRIMA
Matt
stava mangiando un pacchetto di patatine quando aprì la porta ed Elijah
Mikaelson comparve sulla soglia.
“Salve
Matthew” gli disse il vampiro chiuso in quel bel completo marrone. “Nessuno ci
ha ancora presentati ufficialmente temo, ma credo di non aver bisogno di
presentazioni.”
“Elijah
Mikaelson” l’altro annuì. “L’ultima volta che ci siamo visti non ci siamo
lasciati in ottimi rapporti…”
“Direi
di no” Elijah abbozzò un sorriso facendo qualche passo dentro la casa e
fermandosi nel centro della grande entrata. “Immagino dunque che tu ricordi che
tipo di rapporto lega me e tua sorella.”
“Quello
che so è che lei ti ama,” rispose Matt chiudendo la porta. “Ma non sono certo
che tu la ami, non a sufficienza almeno.”
“Questo
che vorrebbe dire?”
“È
nervosa, sfuggente, non mette piede a New Orleans da un bel po’ e piange
spesso. Non so molto della vostra storia, ma non sono un idiota e riesco a fare
due più due.”
L’Originale
lo guardò per un lungo istante, quel ragazzo non somigliava molto ad Allison ma
c’era qualcosa nei suoi occhi che gli ricordava la sua bella fidanzata. Non si
fidava di lui, ma sapeva quanto lei ci tenesse e questo era sufficiente a
farglielo sopportare.
“Se
fai del male ad Allison, in qualunque modo, sarà l’ultima cosa che farai.” gli
disse improvvisamente con tono calmo, glaciale.
Matt
scosse lievemente il capo. “Sono qui per fare ammenda… Non sono più quel Matt e
rivoglio l’affetto e la fiducia di mia sorella.”
Seguì
un minuto di silenzio, poi il maggiore dei Morgan prese una giacca e sospirò.
“Allison sarà qui a minuti,” gli disse. “Vado a fare una passeggiata così
potrete parlare in privato. E giusto perché tu lo sappia, anche io sono molto
protettivo nei suoi confronti.”
Elijah
lo seguì con lo sguardo fino a quando la porta non si richiuse davanti a sé,
poi con un sorriso nervoso raggiunse il soggiorno.
“Devo
andare ora” disse Allison riportandolo al presente e strappandolo ai suoi
pensieri. “Tornerò appena potrò, appena risolto il caso” disse avviandosi verso
la porta.
Elijah
le fu davanti in pochi secondi, bloccandole il passaggio. “Sono solo preoccupato,”
le sussurrò. “Non voglio che ti faccia male di nuovo, ne ha già fatto
abbastanza.”
“Non
preoccuparti per me” rispose lei raggirandolo. “So badare a me stessa. Lo
faccio da sempre.”
Lasciò
la casa e aveva la sensazione di aver spezzato un po’ il cuore di Elijah con
quel suo atteggiamento distaccato… solo che non era certa che le dispiacesse.
****
KENESAW
– NEBRASKA
Era
una pessima, pessima idea eppure Allison sentiva che era l’unica cosa
possibile. Da quando Jackson era morto il suo senso di colpa non si era placato
neppure per un attimo e l’atteggiamento freddo e nervoso di Hayley nei suoi
confronti aveva solo peggiorato il suo stato d’animo.
Non
aveva niente a che vedere con la dipartita del lupo e lo sapeva, eppure
sembrava che tutti la ritenessero responsabile per l’arrivo della Strige e
quindi, indirettamente, di tutto quello che loro avevano fatto; compreso
l’uccidere Jackson.
Persino
Camille, dopo una calma apparente si era lasciata andare alla parte un po’ più
oscura di sé e anche nel suo atteggiamento Allison aveva notato una vena di
biasimo verso di lei. Era passeggero, Cami doveva ancora abituarsi al suo nuovo
status, ma faceva male.
Forse
non avevano tutti i torti, si disse bussando alla porta metallica dietro la
quale sapeva avrebbe trovato ciò che le serviva. O meglio, i mezzi per
ottenerlo… il resto sarebbe dipeso da lei e da Crowley.
Sospirò
afferrando il suo cellulare che squillava insistentemente e rifiutò l’ennesima
telefonata da parte di Elijah. Lo spense, anche se era quasi certa che dove
stesse andando non ci fosse campo.
La
porta si aprì rivelando una bella donna di colore con ricci capelli castani.
“Ti
sta aspettando” le disse senza alzare gli occhi dalla rivista che stava
leggendo, indicando con un dito la porta alle sue spalle.
Allison
si avvicinò e respirò a fondo prima di aprirla.
“Quel
posto è terribile in ogni caso” le disse l’unica altra persona in quella stanza.
“Allison Morgan, sei proprio sicura di voler aprire quella porta?”
La
cacciatrice sospirò. “Non sarei qui se non lo fossi, ma grazie di avermelo
chiesto.”
Con
decisione aprì, poi avanzò di qualche passo e se la richiuse alla spalle.
Crowley la stava aspettando in fondo ad una rampa di scale di pietra. Allison
pensò che quel posto era più terribile di quanto ricordasse e ne aveva un
ricordo piuttosto vivido.
“Allison
Morgan!” esclamò il demone abbozzando un mezzo sorriso. “Proprio non riesci a
starmi lontana vero?”
“Purtroppo
sfortunate coincidenze finiscono sempre per portarmi da te” disse lei scendendo
giù per le scale. “Sono qui per chiederti un favore.”
“Non
hai più favori da riscuotere Morgan” le ricordò l’altro. “O l’hai
dimenticato?”
“Come
potrei?” Allison si guardò intorno, guardò quel posto terribile ed angusto. Era
stata una pessima idea. Ma oramai era in ballo quindi bisognava ballare. “Sono
pronta a pagare il prezzo Crowley. Sono certa che troveremo un punto
d’incontro.”
“Allora
benvenuta all’Inferno.”
****
Jackson
si mise a sedere per terra, in quel posto sporco del suo sangue e del suo
sudore. Gli mancava Hayley, gli mancava la piccola Hope… gli mancava il suo
Bayou, New Orleans. Gli mancava tutto.
Stava
per lasciarsi andare al sonno e alla disperazione quando due tizi entrarono
dentro quella specie di piccola cella e con forza lo rimisero in piedi per poi
trascinarlo lungo quel corridoio pieno di anime in pena. Nelle giornate più
tranquille poteva sentire le urla.
Odiava
stare lì e arrivarci era stato inaspettato; non era un Santo e non era umano ma
non aveva mai fatto male a nessuno quindi perché gli era toccato l’Inferno?
Si
lasciò andare a quello che oramai credeva fosse il suo destino, le braccia
strette nella presa di quei due demoni che lo portavano chissà dove. Non
avrebbe mai più rivisto le persone che amava. Sperava solo di dimenticare.
“Lasciatelo
pure qui” sentì dire. E la forza con cui lo lasciarono cadere in terra gli fece
perdere i sensi.
Prima
di chiudere gli occhi però senti un’altra voce e per un attimo gli parve di
conoscerla.
NDA: Allison Allison...
cosa combini? La fine si avvicina :) lasciatemi un commento se
vi va. Adoro sapere cosa ne pensate :D
31.
Allison
bevve un sorso da quella bella tazza bianca a fiori rosa, molto lontana dallo
stile che immaginava per Crowley ma molto bella da vedere.
Stavano
seduti da almeno un’ora, Jackson aveva ripreso conoscenza da pochi minuti e si
guardava intorno confuso.
“Hey”
gli disse lei piegandosi sulle ginocchia. “Mettiti in piedi.”
Con
delicatezza lo aiutò a mettersi seduto su una sedia e gli versò una tazza di
thè. Poi tornò a sedersi al suo posto e incrociò le mani sul tavolo.
“Hai
degli amici strani” le disse Crowley precedendola prima che lei potesse
parlare. “Molto selvaggi, delle bestie. Tu cacci il soprannaturale eppure ti
circondi di esso. Sei una continua contraddizione Morgan.”
“Hai
finito di psicanalizzarmi?” Allison fece una specie di sorriso, poi si lasciò
andare contro la sedia fissando gli occhi su Jackson; era scosso, smagrito, gli
occhi gonfi e rossi pieni di lacrime.
Lei
sapeva come ci si sentiva, ci era stata una sola volta in quel posto ma era un
ricordo che non si sarebbe mai e poi mai cancellato dalla sua mente. Sarebbe
successo lo stesso a Jackson ma sperava che con l’amore di Hope e di Hayley per
lui sarebbe andata un po’ meglio che per lei.
Non
era rimasta da sola quando quell’unica volta era tornata dalla sua gita
all’Inferno, doveva ammetterlo. Dean e Sam le erano stati vicini, Castiel aveva
fatto altrettanto anche se lei lo aveva saputo solo anni dopo. Allora era stata
stupida, lo aveva capito molto dopo, quando della vita era riuscita a vedere
quel bello che per tanto tempo era stato coperto da quel costante velo di
oscurità che era parte del suo mondo.
Diede
uno sguardo al suo anello di fidanzamento, risplendeva di una bellissima luce
ma chissà perché la rendeva triste.
“Crowley,
sono in questo posto da fin troppo tempo” disse riprendendo il controllo,
arrivando dritta al punto. “Allora, credi che potremo raggiungere un accordo o
no?”
“Per
riportare indietro questo qui?” il Re dell’Inferno bevve un lungo sorso dalla
tazza dopo aver indicato Jackson con una mano. “Cosa proponi?”
Allison
fece un grosso respiro. “Quando ero in coma, in quella specie di realtà
alternativa, mi hai detto che esiste una specie di mercato delle anime e che la
mia anima è molto desiderata sia dall’Inferno che dal Paradiso.”
Crowley
si fece avanti e si poggiò interessato al tavolo. “Continua.”
La
cacciatrice diede una rapida occhiata a Jackson, chiuse per un attimo gli occhi
ed infine guardò di nuovo il demone. “Puoi averla” gli disse. “La mia anima.”
“Allison…”
mormorò Jackson, ed era la prima volta che parlava.
Lui
alzò la mano per zittirlo e sorrise ad Allison. “Mi daresti la tua anima per
questo tizio?”
Allison
rise. “Ci sono delle condizioni Crowley ma sono certa che capirai che i
vantaggi della mia proposta sono molti di più degli svantaggi. E soprattutto è
un’offerta che non si ripeterà.”
Il
Re dell’Inferno le riempì di nuovo la tazza. “Ti ascolto.”
****
Hayley
e Camille erano appena tornate da una delle loro serate fuori tra amiche mentre
Elijah stava bevendo del thè. Il vampiro ripensò a quella fastidiosa questione
che gli tornava in mente da una settimana oramai e cioè dalla sera prima che
Allison partisse.
Anche
allora l’Ibrida e il nuovo vampiro si erano concesse una serata tra amiche,
invitando Freya ed escludendo, anche se non direttamente, la cacciatrice.
UNA
SETTIMANA PRIMA
“Pensavo
che fossi fuori a fare baldoria con Hayley e Camille” Elijah si sbottonò la giacca
e prese posto accanto a lei sul divano. “Freya ha detto che hanno invitato
anche lei, ma ha preferito non andarci.”
Allison
annuì sorridendo appena e chiuse il libro che stava leggendo. “Io non amo fare
baldoria. Preferisco una buona lettura in tranquillità. Oltretutto una potente
congregazione di vampiri mi crede morta e, ad ogni modo, non sono stata
invitata.”
L’Originale
si irrigidì impercettibilmente, ma provò a rilassarsi subito facendo un grande
respiro.
“Non
preoccuparti” lo rassicurò lei. “Non me la prendo per così poco. Non sono più
al liceo e onestamente certe stupidaggini non mi ferivano nemmeno allora. Ho
scoperto fin troppo presto nella vita che le cose veramente importanti sono ben
altre, non di certo non essere invitata ad una serata tra donne da un’Ibrida ed
una vampira. Mi dispiace solo per Freya che non può godersi la vita neppure ora
che Dahlia è morta perché deve fare da babysitter ad Hope praticamente tutto il
tempo.”
C’era
un lieve nervosismo nella sua voce ma più che altro c’era un’amara
consapevolezza. A lui faceva venire voglia di stringerla forte.
“Hayley
è ancora scossa per la morte di Jackson; è arrabbiata e non è completamente se
stessa,” disse. “E Camille… sembrava star bene ma ha abbracciato il suo lato
oscuro e credo che in fondo sia giusto così, se le serve a capire…”
“Per
favore” lo interruppe lei scuotendo il capo. “Non devi inventarti scuse per
loro Elijah. Non ce n’è alcun bisogno e mi sento profondamente offesa perché mi
tratti come se fossi una stupida.”
“Non
sto inventando scuse per loro e non volevo offendere la tua intelligenza. Dico
solo le cose come stanno.”
“Le
cose come stanno…” ripeté lei alzandosi. “Peccato che non stiano così. La
verità è che Hayley mi incolpa per la morte di Jackson visto che Tristan l’ha
ucciso solo per attirare la mi attenzione, e Camille mi incolpa della sua
trasformazione perché è colpa mia se la Strige è arrivata a New Orleans
distruggendo tutto sul suo cammino. Sai… se non fossi così stanca di essere
quella che si fa in quattro per tutti senza ricevere nulla in cambio forse mi
sforzerei di capire il loro punto di vista. Ma sono stufa marcia quindi se
vogliono incolpare me per tutte le disgrazie che sono capitate loro, facciano
pure. Mi incolpino pure delle guerre nel mondo, della povertà e di tutte le
cose brutte su questa terra se questo le fa sentire meglio. A me non importa
più.”
“Allison,”
Elijah si mise in piedi. “Nessuno ti incolpa di tutte queste cose e se lo pensi
forse sarebbe il caso di parlarne, non credi?”
“No,”
lei sospirò raggiungendo le scale. “Non credo. Non servirebbe a nulla e
onestamente sarebbe solo fiato sprecato Elijah. Ho di meglio da fare che
combattere contro i mulini a vento.”
“Dove
stai andando?” chiese lui allargando le braccia.
“Nella
mia camera, dove altro sennò?”
“Sembra
che voi due vi siate parecchio divertite.”
Camille
ed Hayley lo guardarono con un sorriso.
“Abbiamo
bevuto un bel po’” confesso la bionda. “Domani avremo un grande mal di testa ma
è stato… liberatorio. Niente regole, niente preoccupazioni. Una boccata d’aria
fresca.”
“Mentre
Freya faceva da babysitter a tua figlia” Elijah si voltò verso Hayley e piegò
poco il capo.
L’Ibrida
sembrò irrigidirsi, assunse una postura nervosa e sospirò. “Se hai qualcosa da
dire, parla chiaro Elijah.”
Lui
si alzò e dopo esseri riabbottonato la giacca mise le mani nelle tasche.
“Allison crede che voi due la incolpiate per la morte di Jackson e per il fatto
che tu” disse guardando Camille per un attimo. “sia un vampiro. Le ho detto che
si sbaglia ma la verità è che lei si sbaglia poche volte.”
“E
da quando sei il suo avvocato?”
“Non
lo sono” Elijah sorrise a Camille. “Ma sono il suo fidanzato e mi preoccupo
per lei. È molto a disagio ultimamente; nervosa, sfuggente. Non la Allison che
conosco e amo. Il suo disagio mette a disagio anche me, se capisci cosa
intendo.”
“Forse
perché in fondo si sente in colpa” disse Hayley, le braccia incrociate sul
petto. “Camille ha perso la sua umanità perché lei si è sentita in dovere di
darle del sangue di vampiro senza che lo sapesse e quel pazzo di Tristan ha
strappato il cuore dal petto di mio marito…”
“Adesso
basta!” la interruppe Elijah con tono glaciale. “Se Camille è ancora tra noi,
seppur diversa, lo dobbiamo solo ed esclusivamente ad Allison e se proprio lei
non ti avesse salvato la vita rischiando la sua, Tristan avrebbe strappato
anche il tuo di cuore. Klaus le ha spezzato il collo per colpa della Strige,
non commettere l’errore di credere di essere l’unica che ha sofferto a causa
loro.”
“Su
di lei c’era un maledetto incantesimo di protezione!” urlò Hayley puntando con
forza il dito sul tavolo. “Lei è ancora viva ma Jackson non lo è e non tornerà
mai più. Perdonami se pensando all’atroce morte di mio marito mi viene da
riflettere sul fatto che se lei non facesse parte delle nostre vite la Strige
non sarebbe venuta in città rovinando ogni cosa, portandoci via i nostri cari…
persino noi stessi.”
“Hayley…”
sentirono.
E
quando si voltarono tutti e tre sgranarono gli occhi alla vista di Jackson,
dietro di lui Allison se ne stava con le mani nelle tasche del suo cappotto,
sul viso l’espressione più insofferente che Elijah avesse mai visto.
“Jack”
mormorò l’Ibrida coprendosi la bocca con una mano, avanzando piano verso di lui
quasi avesse paura che fosse un sogno. “Come… com’è possibile?”
“Ero
all’Inferno, ma Allison mi ha riportato indietro. Ha fatto un patto con uno
strano tizio e… eccomi qui. In carne ed ossa.”
Hayley
sentì gli occhi riempirsi di lacrime, si diede della stupida e solo allora si
rese conto di quanto davvero lo fosse stata. Mentre pensava le peggiori cose su
di lei, accecata dal dolore della perdita di Jackson, Allison si stava dando da
fare per alleviare quella sofferenza, per ridarle quell’uomo buono e gentile
che la faceva sentire amata.
“Allison”
disse guardandola, piegando poco il capo sperando che lei capisse.
Ma
Allison non rispose, anzi le diede le spalle decisa a lasciare quella casa e
persino quella città.
Elijah
la raggiunse giusto in tempo, prima che lei salisse sull’auto.
“Cos’hai
fatto?” le chiese afferrandola piano per un braccio, su quel viso bello c’era
il terrore. “Hai fatto un patto con Crowley? Hai di nuovo sacrificato la tua
vita per salvare Jackson?”
“Posso
assicurarti che non ho messo in pericolo la mia vita” gli disse lei scuotendo il
capo. Lo sentiva tremare, di rabbia forse di preoccupazione. “Te lo giuro.”
Lui
fece un grosso respiro, abbassò per un attimo lo sguardo e poi lo rialzò per
incontrare gli occhi nocciola della donna che amava. “Mi dispiace” le disse.
“Mi dispiace che tu avessi ragione riguardo ad Hayley e Camille. Mi dispiace
per tutto.”
Allison
si rilassò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò dolcemente per un lungo
istante. “Non è colpa tua” gli disse poggiando la fronte sulla sua. “Ma non
posso restare.”
“Va
bene” lui annuì. “Verrò con te, andremo dovunque vorrai.”
“No”
chiarì Allison cercando il suo sguardo. “Io ti amo Elijah, ti amo a tal punto
che per farlo ho smesso di amare me stessa e non mi va più.”
“Cosa
stai dicendo?”
“Sto
dicendo che vorrei un po’ di tempo per schiarirmi le idee e ritrovare me
stessa, perché mi sento come se mi fossi persa” Allison gli prese una mano e la
baciò dolcemente. “Ma è una cosa che devo fare da sola e credo che tu possa
capire.”
Elijah
chiuse per un attimo gli occhi. Lo capiva ma non gli piaceva. “Lo capisco, ma
non mi piace” le disse infatti.
“Tornerò
presto e quando lo farò tutto sarà diverso, te lo prometto. Fidati di me ti
prego.”
“Lo
faccio, sempre.”
La
donna sorrise sollevandosi sulla punta dei piedi e con decisione poggiò la
bocca sulla sua. Sarebbe stato diverso al suo ritorno, ogni cosa sarebbe stata
diversa.
****
LOS
ANGELES – DUE GIORNI DOPO
“Grazie”
Allison mise una firma e tirò fuori dalla tasca una banconota da cento dollari
che diede ai due tizi che l’avevano aiutata a sistemare quella consegna dentro
quel grande magazzino che aveva affittato nei pressi del porto.
Rimase
a guardarli fin quando non ripartirono e poi tirò fuori dal bagagliaio un
contenitore. Mandò un messaggio a John ed entrò. Accese la luce prima di far
partire la chiusura automatica della saracinesca e dopo aver fatto un grosso
respiro raggiunse il grande container che era stato posizionato al centro del
locale.
Con
forza aprì la grande porta di ferro e la luce che illuminò l’interno rivelò
quello che lei in fondo si aspettava. Dei due che erano stati rinchiusi
all’interno rimaneva solo uno; aveva l’aria assetata e pallida, sul suo bel
viso si vedevano già i primi segni della disidratazione.
Il
tizio la guardò con occhi sgranati, poi sorrise strisciando sino al bordo.
“Allison”
sussurrò. “Sono così felice di vederti. Hai cambiato colore di capelli. Sei bellissima…”
Lei
sospirò lanciando dentro il container una sacca di sangue. “Smettila di parlare
e rimettiti in forze Tristan, io e te dobbiamo fare quattro chiacchiere. Ho
grandi piani e tu mi aiuterai a realizzarli.”
NDA: Penultimo capitolo
in questa storia. Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :)
In fondo l'outfit di Allison nel flashback.
32.
“Ricapitoliamo”
Constantine tirò una boccata della sigaretta che aveva appena acceso, poi mise
le mani nelle tasche e fissò gli occhi sul tizio chiuso dentro quel container.
“Questo tizio è quello che ha minacciato la tua amica Valerie e che ha ucciso
il lupo marito di Hayley, giusto?”
“Il
marito lupo si chiama Jackson e sì,” Allison fece un grosso respiro tirando fuori dalla
tasca un elastico con cui si legò i capelli. “È anche il tizio a capo della
congregazione che ha scoperto della profezia secondo la quale io sono l’arma
che distruggerà gli Originali.”
“Ah
quasi lo dimenticavo” John fece un sorriso sarcastico, gettò a terra ciò che
rimaneva della sigaretta e annuì appena. “E adesso vuoi che io lo liberi per
quale motivo esattamente?”
“Perché
ho bisogno di lui per portare a termine alcuni piani ma non mi è di nessuna
utilità rinchiuso dentro quel container.”
Constantine
si avvicinò e allungò la mano fino a poggiarla sulla barriera invisibile che
teneva Tristan, o almeno così gli sembrava di ricordare che si chiamasse quel
tizio in completo, imprigionato all’interno. Come meglio riusciva diede
un’occhiata alla serratura poggiata su uno dei lati del container; pensò
che era strano che un aggeggio così piccolo riuscisse ad avere così tanto
potere, era così con tutti gli oggetti magici ma lui ne rimaneva affascinato
ogni volta come fosse la prima.
Non
era certo di poterlo disattivare ma poteva senza dubbio provarci. Il punto era
che non sapeva se voleva farlo.
Allison
sembrava tremendamente determinata ma anche spaventosamente diversa. C’era
qualcosa di strano, non visibile ad occhio ma decisamente percettibile, in lei.
Nei suoi occhi, nel suo modo di muoversi e persino nella sua postura.
Non
sapeva cosa fosse successo ma era certo che in qualche modo c’entrassero gli
Originali, direttamente o meno. Era certo che Elijah amasse la bella
cacciatrice ma se avesse detto di aspettarsi un lieto fine per quella storia
d’amore avrebbe mentito; Allison Morgan era forte ma non così tanto come i
Mikaelson credevano. John aveva sempre pensato che qualcosa dentro di lei alla
fine si sarebbe spezzata… a causa di Elijah, Hayley e i loro trascorsi, a causa
di Klaus e della sua inguaribile paranoia, a causa del fatto che aveva fatto di
tutto per loro e mai nessuno le aveva detto grazie.
Allison
infatti sembrava proprio così; spezzata. E il fatto che gli avesse appena
chiesto di aiutare quel Tristan la diceva lunga su quanto lo fosse.
“Credo
che nessuno ci abbia presentati” gli disse Tristan mettendosi a sedere per
terra, sul suo viso uno sguardo quasi compiaciuto che diventava… languido
quando i suoi occhi si posavano su di Allison. “Sono Tristan de Martel e lei
è?”
“John
Constantine” rispose l’altro girandosi per guardare la donna. “Posso parlarti,
in privato?”
Lei
allargò le braccia. “Ha il super udito,” gli fece notare. “Per non farci
sentire dovremmo uscire da questo posto e allontanarci almeno di un paio di
metri e non ho molto tempo John.”
“Se
vuoi il mio aiuto trovalo, Allison.”
La
donna lo seguì con lo sguardo mentre lui usciva accendendosi un’altra
sigaretta. Diede una rapida occhiata a Tristan e seguì il suo amico. Chiuse la
saracinesca ringraziando il fatto che in quel momento stessero facendo degli
scarichi e il rumore avrebbe permesso loro di non allontanarsi troppo.
John
era perplesso, lei poteva vederlo e poteva capirlo, ma la verità era che non
aveva voglia di giustificarsi.
“Che
sta succedendo?” le chiese Constatine voltandosi a guardarla. “Che ti è
successo?”
Allison
si guardò intorno. “Vuoi la versione breve o quella completa?” gli chiese
indossando gli occhiali da sole.
“Quella
che preferisci purchè abbia un senso.”
“Mi
sono rotta le scatole di essere usata, di sacrificarmi senza ricevere mai
neppure un grazie. Lo sai che Hayley mi ritiene responsabile della morte di
Jackson, Camille della sua odiata rinascita come vampiro e Klaus della sua
morte?” gli disse tutto d’un fiato.
“Non
ha senso.”
“È
quello che credo anche io, ma la Strige è arrivata a New Orleans per
distruggere la minaccia e la minaccia sono io quindi se io non fossi stata così
presente nella vita di Elijah loro non sarebbero venuti e tutto sarebbe… come
prima.”
“Sei
arrabbiata” mormorò John. “E lo capisco, davvero. Ma non credo che questa sia
una buona idea Allison. Allearsi con il nemico non lo è mai. Men che meno in
questo caso. Se ti metterai a lavorare con Tristan proverai a tutti quelli che
ti credono una minaccia che hanno ragione. Ad Hayley…”
“Non
voglio allearmi con lui John. Non nel senso stretto del termine” lo interruppe
lei. “E di Hayley non mi importa nulla; mi sentivo un po’ in colpa per la morte
di Jackson ma ho rimediato e adesso sto bene.”
“Hai
rimediato come?” Constantine la guardò per un istante poi scosse il capo. “Hai
fatto un patto con Crowley? Cosa gli hai offerto?”
“La
mia anima” rispose lei mettendo le mani nelle tasche posteriori dei jeans. “Ma
l’avrà solo quando morirò e mi sono accertata che ci fosse una clausola che mi
assicuri che non proverà ad uccidermi prima del tempo. E gli ho chiesto anche
qualcos’altro.”
“Che
cosa?”
“L’anima
di Astra è in Paradiso adesso John. È in pace.”
L’uomo
la fissò, poi abbassò lo sguardo e si strofinò gli occhi discretamente. Se non
lo avesse conosciuto così bene Allison avrebbe giurato che si era commosso. Ma
non disse nulla.
“Posso
provare a disattivare la serratura” le disse dopo qualche secondo di
silenzio. “Ma avrò bisogno di alcune cose. Per iniziare mi servirà un pugnale
d’argento e anche un po’ del tuo sangue. Oh e una bottiglietta di acqua.”
“Nessun
problema” mormorò la cacciatrice.
Constantine
fece un grosso respiro, poi inaspettatamente la abbracciò per un lungo istante.
“Grazie tesoro.”
Lei
sorrise ricambiando la stretta. “Nessun problema” ripetè.
****
Klaus
fece un grosso respiro prima di entrare dentro la tenuta; sapeva che una volta
all’interno avrebbe dovuto dare delle spiegazioni, come ad esempio perché era
sparito per due giorni di fila dicendo di dover andare in un posto senza però
specificare dove.
Elijah
avrebbe sicuramente avuto da ridire sul suo tempismo; sparire proprio quando la
crisi incalzava con la Strige senza un leader, Aurora in fuga e in combutta con
Lucien. Ma l’Ibrido, pur riconoscendo tutte quelle urgenze, sentiva che ce ne
era un’altra che aveva priorità ed era, per la prima volta nella sua lunga
esistenza, chiedere scusa a qualcuno. Precisamente ad Allison.
Così
aveva chiesto a Freya di rintracciarla e di mantenere il segreto. Poi aveva
guidato fino a Los Angeles sfidando tutto ciò la gente pensava di lui, e cioè
che era un mostro senza cuore incapace di provare rimorso.
LOS
ANGELES – DUE GIORNI PRIMA
Allison
non era in casa o quanto meno questo era quello che gli aveva detto Matthew
infittendo ancora di più il mistero che lo riguardava. A Klaus veniva in mente
solo una spiegazione per tutta quella storia e cioè che qualcuno avesse fatto
in modo che credesse di averlo ucciso. Come fosse successo ancora non lo sapeva
ma non era lì per scoprirlo, non quella sera.
Ti
farei entrare, ma non sono io il padrone di casa. Quindi dovrai aspettare fuori
gli aveva detto attraverso il citofono con quella voce che gli dava sui
nervi.
Così
l’Ibrido si era seduto su una vecchia panchina di pietra sistemata accanto al
grande cancello nero e aveva atteso per due ore che la padrona di casa tornasse.
Quando
era arrivata Klaus era rimasto a guardarla con un sorriso mentre scendeva da
un’auto vestita di tutto punto; i capelli ora più scuri le facevano
brillare gli occhi di quello strano colore difficile da definire. Non sapeva
perché ma per un attimo si mise nei panni di suo fratello Elijah constatando
quanto buon gusto avesse in fatto di donne. E pensando anche che se fosse stato
lì probabilmente avrebbe preso a pugni il tizio che guidava e che l’aveva
appena riportata a casa.
“Sei
una visione” le disse alzandosi senza staccare gli occhi dall’auto che in
retromarcia usciva dal vialetto. “Un tuo amico?” chiese indicandola con una
mano.
Allison
si sistemò la giacca grigia con un movimento delle mani che ricordava tanto Elijah e si tolse le scarpe
alte. “Il mio avvocato. Avevamo alcuni affari di cui
discutere. Ha detto che sei carino.”
Klaus
rise capendo l’antifona. “Non è il mio tipo” rispose ironico.
“Che
ci fai qui Klaus?”
“Sono
venuto a parlare con te ma non sono potuto entrare senza invito, e come tuo
fratello mi ha gentilmente ricordato, lui non può invitarmi visto che non è il
padrone di casa.”
“Mio
fratello? Intendi quello che sostieni di aver ucciso? Strano…”
“Te
lo giuro sulla vita di mia figlia” Klaus divenne improvvisamente serio. “Non so
come sia possibile ma io sono certo di averlo ucciso.”
Allison
fece un grosso respiro. “Lo so… è opera di Mikael. A quanto pare ha salvato
Matt quel giorno. Cogliendoti di sorpresa ha evitato che tu lo uccidessi e ti
ha soggiogato affinchè credessi di averlo fatto. Poi ha soggiogato lentamente
lui fin quando non ha riacceso la sua umanità.”
“Mio
padre…”
“Sì”
la donna si mise a sedere sulla panchina dove poco prima c’era seduto lui. “Mio
fratello me lo ha confessato pochi giorni dopo essere ritornato nella mia vita.
Dopo che ti ho accusato.”
“Avresti
potuto dirmelo” sospirò l’Ibrido raggiungendola e lasciandosi cadere seduto
accanto a lei. “Per un attimo ho creduto di essere impazzito.”
Lei
rise. “Deve essermi sfuggito di mente quando ci siamo rivisti. Ero piuttosto
scossa dopo che mi hai spezzato il collo.”
Klaus
annuì, rimase in silenzio per qualche secondo e poi si girò per guardarla. “Mi
dispiace” le disse attirando la sua attenzione, aspettando che lei si voltasse
verso di lui prima di continuare. “È per questo che sono qui; per chiederti
scusa per quello e anche per averti incolpato di cose di cui non hai colpa.
Come la trasformazione di Camille ad esempio. O per il fatto di averti detto
che porti sventura alla mia famiglia.”
Allison
abbassò gli occhi, si sciolse i capelli e li scosse con la mano. Per prendere
tempo, perché quelle scuse la coglievano alla sprovvista.
“Avresti
potuto telefonare” gli disse infine.
“Certe
cose vanno fatte vis-à-visdolcezza.
Sai come la penso.”
La
sua amica annuì prima di fare un grosso respiro. “Beh grazie allora. Se non c’è
altro vorrei rientrare adesso, ho avuto una giornata lunga.”
Klaus
la guardò cercare nella borsa le chiavi di casa e si mise comodo in attesa che
le trovasse.
“Gli
manchi molto sai?” le fece sapere senza guardarla.
La
donna giocherellò con le chiavi, infine lo guardò. “Come sta?”
“Più
o meno come te; spento. Triste” l’Ibrido si mise in piedi. “Torna con me a New
Orleans Allison, torna a casa.”
Negli
occhi della donna sembrò cambiare qualcosa. Qualcosa che Klaus non riuscì bene
a capire.
“Io
sono a casa, Klaus” rispose. “Buonanotte.”
Scuotendosi
dai suoi pensieri scese dall’auto ed entrò in casa trovando Elijah a bere un
bicchiere di bourbon seduto sul divano nel grande atrio.
“Niklaus”
gli disse proprio lui senza distogliere lo sguardo dalla sua lettura. “Com’è
stata la tua piccola gita?”
Lui
rise versandosi da bere e si mise a sedere sulla poltrona. “Educativa. Posso
affermare con certezza di aver imparato l’importanza delle scuse.”
Elijah
poggiò il libro sul tavolino, poi accavallò la gamba sistemandosi i polsini
della camicia. “E chi è stato capace di ispirarti ad imparare una lezione così
importante?”
“La
tua fidanzata!” esclamò lui piegando poco il capo, sorridendo appena quando il
viso di suo fratello si colorò di stupore. “Ho anche svelato il mistero che si
nasconde dietro il ritorno di suo fratello. A quanto pare il nostro…”
“Come
sta?” lo interruppe Elijah facendogli capire che del resto gli importava ben
poco.
“Ha
tinto i capelli di nero e il nuovo colore le fa risaltare meravigliosamente gli
occhi” rispose Klaus. “Sta bene, anche se è un po’ triste. Come te.”
Elijah
si schiarì la voce, bevve l’ultimo sorso dal bicchiere e si alzò. Con un gesto abituale
si riabbottonò la giacca e a passo lento si avviò verso l’uscita prendendo il
cappotto dall’appendiabiti al suo passaggio.
“Tornerà
Elijah!” esclamò suo fratello. “Quando sarà pronta.”
L’Originale
elegante non rispose ma sperava che avesse ragione.
****
John
era posizionato al centro di un pentagramma disegnato per terra, alcune gocce
del sangue di Allison erano sparse ai quattro lati, come punti cardinali.
Rappresentavano
il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria. O almeno era quello che il suo amico le
aveva detto.
Allison
guardò Tristan per un istante; negli occhi chiari del vampiro, fissi su di lei,
c’era un’inquietudine che sembrava divorarlo. Si chiese, se quello che
Constantine stava facendo, non avesse funzionato, quale sarebbe stata la
reazione del solitamente calmo capo della Strige.
Per
quanto si fidasse di poterlo gestire, sperava di non doverlo scoprire.
“Phasmatos
Salves Nas Ex Malon, Terra Mora Vantis Quo Incandis, Et Vasa Quo Ero Signos. Phasmatos
Siprum, Emnis Abortum, Fasila Quisa Exilum San” John svuotò un’intera
bottiglietta di acqua sull’asfalto creando un cerchio. “Phasmatos Tribum,
Melan Veras, Et Vasa Quisa, Exu Quisa.”
Dai
punti in cui c’era il sangue di Allison si alzarono quattro piccole fiamme che
durarono pochi secondi, la luce sfarfallò e con un rumore sordo la serratura
cadde a terra staccandosi dalla parete.
Constantine
fece un grosso respiro, poi indietreggiò di qualche passo. “È fatta!”
Allison
gli poggiò una mano sulla spalla con gratitudine, poi si avvicinò a Tristan.
“Sei libero di venire fuori, ma se fai anche solo una mossa avventata, anche
solo un gesto che non mi piace, ti uccido.”
Lui
sorrise uscendo dal container con le mani in alto. “Abbiamo un accordo ed io
sono un uomo di parola” le disse avvicinandosi fino ad essere ad un soffio dal
suo viso, allungando il capo fino a quasi sfiorarle le labbra con le proprie
“Che i giochi abbiano inizio!”
NDA: Allison, cosa hai
fatto? Eccoci alla fine
di questa storia e come ogni serie che si rispetti vi lascio con un bel
cliffhanger. Ho in mente di scrivere un sequel su cui mi
metterò a lavorare appena possibile, sempre che voi lo
vogliare, sempre che vi interessi leggere ancora di Allison. Che mi dite?
Fatemelo sapere in un commento... In fondo l'outfit di Allison nel
momento in cui prende il comando. Grazie a tutti
per il sostegno e le letture e i commenti che mi fanno felice. A presto
e buona lettura, Roby.
PS ora vi chiedo supporto per altre due storie che mi pacerebbe leggeste, in attesa
della terza parte di questa saga che vi piace tanto :) A
Blast From the Past
e What
if?
fatemi sapere cosa ne pensate se vi va :)
33.
Allison
mise nel suo borsone quasi tutto quello che conteneva il suo cassetto, poi
sospirò piegandosi sulle ginocchia per raccogliere una vecchia foto che era
caduta.
Si
fermò per un lungo istante con gli occhi fissi su quell’immagine consumata dal
tempo; sua madre sorrideva dolcemente stringendo con le braccia lei e Matt, il
loro padre dietro li stringeva tutti.
Con
calma si rimise dritta, poi si mise a sedere sul letto; la foto ancora stretta
in mano quando Tristan si affacciò sulla porta. Allison pensò che forse
invitarlo ad entrare in casa non era stata una buona idea ma non aveva avuto
altra scelta. Era quasi certa che non sarebbe scappato, che avrebbe mantenuto
la sua parola, ma non si fidava così tanto da lasciarlo solo, dove non poteva
vederlo o sentirlo.
“Ti
avevo detto di aspettarmi di sotto” gli disse alzando gli occhi su di lui.
Tristan
annuì, le mani nelle tasche dei pantaloni classici. Si guardò intorno con
curiosità, per nulla sorpreso di vedere che la camera della cacciatrice era
sobria; colori tenui, un buon odore di fresco.
“Ero
curioso di vedere la casa” rispose con semplicità. “Ne avevo visto solo
l’esterno il giorno che sono venuto a cercarti perché tuo fratello voleva che
ti trovassi per lui. A proposito, non ho potuto fare a meno di notare che il
caro Matthew non è in casa.”
Allison
sospirò chiudendo il suo bagaglio. “Mio fratello ha parecchi anni di malvagità
per cui fare ammenda. Ha deciso di iniziare trovando alcuni dei vampiri che ha
trasformato per riportarli sulla retta via.”
“Percepisco
una forte nota di sarcasmo nella tua voce” le fece notare Tristan. “Quasi come
se non credessi ad una sola parola di quello che dici.”
“Mio
fratello ha ucciso i nostri genitori a sangue freddo e lo ha fatto solo ed
esclusivamente per il gusto di farlo. E ha chiesto ad una potentissima ed
antichissima congregazione di vampiri di farmi fuori solo perché per anni ho
provato a vendicare la loro morte. Puoi biasimarmi per essere così scettica
riguardo alle sue intenzioni?”
“Eppure
lo hai fatto entrare in casa, lo hai fatto rientrare nella tua vita. Se non
credi che sia diverso, che sia cambiato, perché gli hai dato una seconda
possibilità?”
“Per
lo stesso motivo per cui tu ne hai date moltissime alla tua folle sorella” la
donna si alzò in piedi e si guardò intorno, con la sensazione che non avrebbe
rivisto quel posto per tanto tempo. “È la mia famiglia. Tutto ciò che ne
rimane.”
Tristan
piegò poco il capo, la guardò senza dire nulla, perdendosi dentro quegli occhi
nocciola che lo fissavano senza timore, senza imbarazzo. In quello sguardo
bello e limpido c’era l’ombra di un cambiamento.
Non
sapeva di che tipo ma era evidente, era in atto e lo eccitava terribilmente.
“Ricordi
il piano?” gli chiese di improvviso, inumidendosi le labbra con la punta della
lingua in un gesto tanto naturale quanto sensuale.
Lui
fece un cenno col capo avanzando di qualche passo senza togliere le mani dalle
tasche; un po’ perché era parte del suo modo di essere, un po’ perché non
voleva che lei vedesse che gli tremavano. Non per paura, non per tensione ma
perché lei era così dannatamente bella da minare il suo autocontrollo.
“Lo
ricordo bene ma per quanto lo trovi affascinante e teatrale devo dirti che in
molti faranno resistenza all’interno della Strige, soprattutto Aya.”
“È
per questo che non stai annegando nel fondo dell’oceano chiuso in uno dei tuoi
completi eleganti,” le disse lei afferrando il borsone. “Per convertire alla
mia causa tutti quelli che proveranno a resistere.”
“Oh
certo,” Tristan sorrise. “Io sono lo strumento, quasi lo dimenticavo. A ogni
modo, grazie.”
“Per
cosa?”
“Che
tu mi abbia salvato perché ti piaccio o perché vuoi davvero semplicemente
usarmi, mi ha risparmiato una vita eterna fatta di sofferenze nel fondo
dell’oceano.”
Allison
fece un grosso respiro abbassando per un attimo gli occhi e strinse meglio i
manici della borsa. Pensò che era una sensazione strana sentirsi ringraziare,
succedeva troppo poco spesso recentemente. Neppure suo fratello l’aveva
ringraziata, quasi come se quello che aveva fatto per lui fosse dovuto.
“Basta
chiacchiere, è ora di andare” mormorò rialzando lo sguardo.
“Ho
solo una domanda prima.”
“Tristan…”
“Farò
ciò che mi hai chiesto, sai che lo farò. Ma voglio che tu risponda ad una
domanda.”
Lei
scosse il capo facendo ondulare i lunghi capelli scuri. “Cosa vuoi sapere?”
“Perché
lo fai?” le chiese il vampiro. “Il tuo piano è ambizioso seppur rischioso. Mi
verrebbe da dire che lo fai per il potere ma ti ho osservata in questi anni e
non ho mai avuto la sensazione che ambissi ad esso. Neppure ora che sul tuo
viso è chiaro un profondo cambiamento.”
“Non
ho alcun interesse per il potere, né per il prestigio. Ma ho passato gli ultimi
due anni della mia vita a sacrificare me stessa per della gente che non mi ha
mai neppure ringraziata ma che anzi, verso la fine, mi ha incolpata” la donna
sembrava incapace di fermarsi, come se ognuna di quelle parole le bruciasse al
centro del petto. “Sono andata fino all’Inferno per riportare Jackson indietro
e l’ho fatto mentre Hayley mi incolpava della sua morte. Se non avessi dato a
Camille il sangue di vampiro ora sarebbe morta dopo che la tua psicopatica
sorella ha deciso di soggiogarla affinché si togliesse la vita e io stessa sono
quasi morta per spezzare la maledizione cha affliggeva il branco, e nessuno di
loro… nessuno mi ha mai detto grazie. Neppure per sbaglio.”
“Quindi
è per rabbia che lo fai?”
“Lo
faccio perché posso, e questo è sufficiente” replicò lei. “E ora chiudi la
bocca e andiamo.”
Tristan
la seguì fuori di casa.
****
Elijah
entrò dentro la casa con un sorriso sicuro stampato sulle labbra. C’era un
pensiero fisso nella sua mente e quel pensiero aveva bellissimi occhi color
nocciola e un profumo dolce capace di inebriarlo.
Odiava
quella dannata pausa che si erano presi e soprattutto odiava il fatto di
sentirsi come se non avesse nessun diritto, come se non avesse voce in
capitolo; e non la aveva.
Allison
se ne era andata via perché non si era sentita apprezzata, non perché sentiva
di essersi persa. Se ne era andata perché gli aveva dato così tanto, ricevendo
così poco, che alla fine qualcosa dentro di lei si era spezzato.
Lui
odiava il fatto di non poter fare nulla per rimettere insieme i pezzi. L’aveva
rotta e non sapeva come sistemare le cose. Ma ci stava provando e quella
mattina era solo l’inizio.
“Buongiorno
a tutti!” esclamò attirando l’attenzione della Strige, di Marcel.
Aya
si voltò a guardarlo, su quel viso bello che conosceva fin troppo bene c’era
un’espressione dura, di sfida. Esattamente quello che lui stava cercando.
Con
calma poggiò il suo cappotto su una sedia e tenne in mano l’altro oggetto, coperto
da un telo di velluto nero.
“Elijah”
mormorò Aya. “Non ricordo di averti invitato.”
“E
io non ricordo che qualcuno ti abbia eletto leader di questa organizzazione.
Anzi…” disse sospirando, dando una rapida occhiata a Marcel. “È proprio per
questo che sono qui.”
L’Originale
tolse il telo rivelando quello che c’era sotto; una pergamena che srotolò con
decisione. “Ricordi questa pergamena, Aya?” chiese proprio a lei.
La
donna sembrò irrigidirsi ma non disse nulla mentre lui scorreva velocemente con
gli occhi sulle scritte.
“C’è
scritto che, in mancanza di un leader, chi possiede la carta dei regolamenti
prende il comando dell’intera organizzazione. L’ha scritto un certo… ah sì,
Elijah Mikaelson.”
Elijah
richiuse la pergamena e la mise sotto il braccio, poi si guardò intorno, guardò
quella congregazione che lui stesso aveva creato. Guardò Marcel, guardò Aya.
Tornare a guidare la Strige gli avrebbe dato qualcosa per cui valeva la pena
lottare.
Non
era il potere, né la gloria; era la possibilità di tenere al guinzaglio quelli
che volevano uccidere Allison. Gli stessi che volevano rinchiudere la sua
famiglia chissà dove.
“Tristan
è morto e ha lasciato indietro un’organizzazione danneggiata, malsana… non la
gloriosa congrega che io stesso ho creato secoli fa. Come vostro nuovo leader
vi riporterò allo splendore e al prestigio di un tempo, farò in modo che tutti
si dimentichino della… volgarità con cui Tristan de Martel ha infettato la
Strige.”
“E
allo stesso tempo terrai al sicuro la tua bella fidanzata” intervenne Aya.
“Alcune delle più potenti streghe al mondo lavorano per questa organizzazione
Elijah, credevi che non avremmo saputo che la morte di Allison Morgan era solo
una farsa?”
Elijah
cercò di mantenere la calma. Abbozzando un sorriso si sfiorò il labbro con un
dito, poi fissò lo sguardo dentro quello sicuro della donna di fronte. “Non ho
neppure provato a nascondertelo e sai perché? Perché nessuno di voi alzerà un
dito su di lei, sia che io sia a capo di questo… circo, sia che io non lo sia.
Ucciderò chiunque di voi ci proverà; io vi ho dato la vita Aya, e io ve la
toglierò se non mi lascerete altra scelta.”
Lei
sorrise ma l’Originale notò che era nervosa. “La leadership e il rispetto che
ne derivano vanno guadagnati Elijah. Credi che ti seguiremo solo perché hai in
mano quella pergamena?”
“Lo
farete perché queste sono le regole!” esclamò lui.
“Se
vuoi seguire le regole a tutti i costi,” Aya gli si avvicinò. “Allora io ti
sfido a duello ed invoco il Ludum Regali.”
Seguì
un istante di silenzio, poi Marcel avanzò con le mani sui fianchi e
un’espressione confusa nel viso. “Qualcuno potrebbe tradurre per i poveri
idioti che non capiscono?”
“Ludum
Regali” si sentì dire, da quella voce roca e inconfondibile. “Il gioco dei
Re. Si sfideranno a duello e chi vincerà sarà il nuovo leader. Molto medievale
ma in fondo cosa aspettarsi da un’organizzazione vecchia secoli? Buongiorno a
tutti a proposito, come direbbe il mio nobile e splendido fidanzato, credo di
non aver bisogno di presentazioni.”
“Allison”
mormorò Elijah guardandola, e facendolo si rese conto che anche se era
terribilmente fuori luogo non riusciva a non pensare che Klaus aveva ragione
quando gli aveva detto che quel nuovo colore di capelli faceva risaltare
meravigliosamente i suoi occhi. “Che ci fai qui?”
“Mi
hanno detto che qui oggi si sarebbe discusso di affari e così sono venuta ad
ascoltare e a dire la mia” rispose la donna dando una rapida occhiata ai
vampiri intorno a sé. “In fondo la mia vita è in pericolo, quindi credo di
averne tutto il diritto.”
“Hai
del fegato, devo ammetterlo” le disse Aya. “Esattamente cosa credi di poter
dire, Allison Morgan?
“Oh,
Aya… dirò tutto quello che voglio dire e tutti voi mi ascolterete.”
Allison
girò su stessa, per guardare tutti e per accertarsi di avere l’attenzione di
ogni vampiro dentro quella stanza. Infine si mise accanto a Marcel, proprio di
fronte ad Elijah, facendo un grosso respiro prima di parlare. Si sentiva sicura
di sé come mai prima, non c’era l’ombra di un timore nel suo cuore. Solo tanta
determinazione e grinta.
Pensò
che la vecchia Allison era tornata e che le era mancata parecchio.
“Visto
che stiamo seguendo il regolamento che Elijah in persona stilò secoli orsono,
lo seguirò anche io. E lo farò invocando un altro dei vostri raffinati e latini
dettami” disse mettendo le mani nelle tasche del cappotto. “Invoco la Electione
regali.”
Si
alzò un brusio confuso, molti sembrarono innervosirsi ed Elijah si preparò a
reagire, nel caso qualcuno si fosse mosso per fare del male alla donna. Era
confuso, teso. Non aveva idea di cosa lei stesse facendo ma in quei bellissimi
occhi nocciola non vide nessuna indecisione.
“Non
sei così sveglia come tutti dicono” le disse Aya. “La Electione regali
prevede che sia l’ultimo leader vissuto a decidere il proprio successore. Ma
anche se per assurdo Tristan avesse scelto te, la sua caduta così improvvisa
non gli ha permesso di farlo e dunque questa regola perde ogni potere. Ma
grazie per averci provato, ti fa onore che tu abbia avuto il coraggio di
camminare in una stanza piena di gente che vuole ucciderti con un così
sfrontato atteggiamento. La dice lunga sulla tua personalità o sulla tua
stupidità, dipende dai punti di vista.”
“Fossi
in te non la sottovaluterei,” parlarono. E il rumore di scarpe classiche sul
pavimento di marmo si fece sempre più forte fin quando, con grande sorpresa, un
viso familiare fece la sua comparsa. “È molto determinata e piena di sorprese.”
Gli
occhi di tutti i presenti si sgranarono colorandosi di puro stupore, di
incredulità.
“Tristan…”
sussurrò Aya deglutendo a vuoto.
“Salve,
Aya” rispose lui abbozzando un sorriso. “Sono tornato e credo che eleggerò la
signorina Morgan mio successore.”
“Allison”
le disse Elijah avvicinandosi di qualche passo, per guardarla negli occhi.
Occhi dentro i quali trovò ben poco della donna che amava. “Cosa stai facendo?”
Lei
fece un grosso respiro, poi le sue labbra si piegarono in un lieve sorriso.
“Non è chiaro?” replicò. “Sto prendendo il comando della Strige!”