Incanto d'amore

di Venus80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: una lettera di speranza ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: la festa di Beltane ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: si parte! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Minas Tirith ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Gran Burrone ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: una piacevole sosta ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: chi la dura, la vince! ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: giganti di pietra ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: i Goblin ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Azog il Profanatore ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: sentimento rivelato ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: fuga per la salvezza ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Beorn ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: io non sono un oggetto! ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Bosco Atro ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: il Reame Boscoso ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Pontelagolungo ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Erebor ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Smaug il Terribile ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Molte lune erano passate da quando streghe e stregoni, o Istari, decisero di abbandonare la Terra di Mezzo per trasferirsi nelle terre selvagge dell’Haradwaith, da quando Arda fu sconvolta da un epocale scombussolamento geografico a seguito dell'inabissamento dell'isola di Numenor nel mare di Belegaer. Fu loro offerto di tornare a Valinor e alcuni accettarono, desiderosi di tornare alle origini, ma altri decisero che era giunto il momento di andare avanti, di intraprendere una nuova strada, e partirono per un lungo cammino che li portò ad esplorare nuove terre del nuovo mondo che si era creato.
Nel loro peregrinaggio, tra montagne e foreste, si spinsero sempre più a sud, oltre il fiume Anduin, e così giunsero nelle Terre Meridionali. Un’ampia distesa desertica si aprì davanti ai loro occhi, ma questo non li scoraggiò e proseguirono nel loro cammino di esplorazione che li portò verso la costa dove giunsero nella città di Umbar, uno dei grandi porti costruiti dai Numenoreani prima della loro caduta. Proprio qui i superstiti sopravvissuti all’inabissamento di Numenor trovarono rifugio, perciò gli Istari decisero di lasciare la città a loro e si spinsero nella parte più interna, superando il Grande Deserto, fino all’immensa distesa verdeggiante della Foresta di Harad.
Quasi a ridosso della foresta si trovava una collina che si ergeva imponente, e proprio la sua imponenza convinse gli Istari che quella sarebbe stata casa loro. Fu così che incominciarono l’opera di costruzione con la quale, poco alla volta, la collina si riempì di strade e di splendide case variopinte dai colori accesi e alla cui sommità si innalzava l’edificio principale, la Sala della Magia, un edificio nel quale gli Istari vi si radunavano in occasione di eventi e celebrazioni o per discutere e prendere decisioni di carattere politico ed economico; la città venne chiamata Hyarmen.
Giorno dopo giorno la città di Hyarmen prosperava, portando benessere a tutti coloro che vi abitavano, e neanche i tumulti che si susseguirono per il possesso di Umbar tra i corsari e il Regno di Gondor scalfì la pace che gli Istari si erano creati nella loro variopinta oasi; riuscirono ad intrattenere rapporti diplomatici sia con i Corsari di Umbar sia con la popolazione dei Sudroni, già esistente prima del loro arrivo nelle Terre Meridionali. Gli Istari furono abili a convincere corsari e Sudroni che la loro presenza nell’Haradwaith poteva essere un vantaggio e, inoltre, le abilità magiche di cui disponevano gli abitanti di Hyarmen intimorivano una buona parte dei nuovi e vecchi popoli. Così, nonostante le guerriglie interne e i conflitti per il possesso della città di Umbar, per gli Istari la vita scorse sempre tranquilla per generazioni ed ere.
 
Era una splendida giornata di sole e nella piazza della città si stava svolgendo il mercato al quale, alcune volte, partecipavano anche commercianti provenienti dalla Terra di Mezzo e, come al suo solito, Evelyn vi si recava alla ricerca di qualche manufatto o di qualche libro che le avrebbe permesso di conoscere meglio quei territori a lei sconosciuti. Evelyn era una giovane strega, figlia del reggente della città; strega dagli eccezionali poteri, nonostante la giovane età, era una bella ragazza dai lunghi e setosi capelli, simili a onde del mare, color cioccolato. I delicati lineamenti del suo viso e la carnagione olivastra incorniciavano dei profondi occhi da cerbiatta. La sua bellezza era accentuata ancora di più dal vestito di raso color del cielo che le cadeva morbido sulla sua perfetta figura.
 
Mentre era seduta sul bordo della fontana, che si trovava al centro della piazza, intenta a leggere un libro appena comprato, sentì qualcuno gridare il suo nome: “Eveeelyn!”. Era la sua migliore amica Kaytria, una bella ragazza dai lunghi e lisci capelli rosso fuoco, occhi di un azzurro intenso e la pelle candida simile a porcellana; indossava un abito di raso rosso e dorato con decorazioni floreali che le fasciava l’esile figura. “Kaytria…ciao!”, disse Evelyn alzando gli occhi e sorridendo. “Eccoti qua! Cosa fai di bello?”, chiese l’amica andandole incontro con passo aggraziato. “Sto leggendo un libro che ho appena comprato”, rispose Evelyn. “Un altro?”, questionò Kaytria con tono rassegnato. “Come se non ne avessi già abbastanza! E non mi dire che si tratta di un libro sulla Terra di Mezzo?!”, dichiarò sommessamente mentre prendeva posto di fianco ad Evelyn. Kaytria conosceva benissimo la passione di Evelyn per la Terra di Mezzo che iniziò quando, da bambina, sentì i racconti di suo zio Gandalf il Grigio, o come era spesso chiamato dagli elfi, Mithrandir, uno dei cinque stregoni rimasti nella Terra di Mezzo su richiesta dei Valar, fratello maggiore di sua madre.
 
“Sì, un altro libro sulla Terra di Mezzo…un libro di leggende!”, rispose Evelyn fiera e soddisfatta. “Ma perché invece di perdere tempo su quei libri non ti dedichi a qualcosa più interessante?”, affermò l’amica. “Qualcosa più interessante come ad esempio?!”, domandò Evelyn scettica. “Come ad esempio i ragazzi!”, replicò Kaytria con un sorriso malizioso.
Kaytria era una ragazza un po’ frivola, ma dall’animo gentile. Al contrario, Evelyn aveva un carattere forte e determinato e per niente avvezza alle frivolezze. Perciò, molte volte, i loro interessi erano discordanti, ma nonostante la differenza di carattere, erano amiche per la pelle sin da bambine e si intendevano comunque alla perfezione.
“E cosa avrebbero di interessante i ragazzi? Sono così scontati”, dichiarò Evelyn sospirando.
Evelyn era molto corteggiata, ma spesso i ragazzi erano intimoriti dal suo forte carattere e si scoraggiavano facilmente dopo i primi tentativi di approccio. Tanto più che aveva una padronanza nell’uso della spada e di arco e frecce al di sopra della norma per essere una femmina e questo non andava molto a genio all’orgoglio maschile; le streghe per natura possedevano poteri superiori agli stregoni, se poi si aggiungeva il fatto che erano anche più abili a maneggiare le armi, questo complicava le cose. Inoltre Evelyn era un tipo abbastanza esigente, dunque non si accontentava facilmente, e tra tutti i ragazzi che l’avevano corteggiata o la stavano corteggiando, non c’era nessuno che fosse all’altezza delle sue aspettative.
“Dai, non puoi veramente preferire leggere tutto il giorno?! Sei talmente concentrata sui libri da non accorgerti che Jago è interessato a te”, ribattè Kaytria guardando l’amica con uno sguardo malandrino.
Già, Jago!, pensò tra sé Evelyn. Certo che si era accorta delle attenzioni del ragazzo nei suoi confronti, ma non ricambiando il suo interesse, aveva sempre cercato di scoraggiare ogni tipo di avance da parte sua.
“Lo so. Anche se ho sempre la testa immersa nei libri, mi accorgo di cosa accade attorno a me”, disse Evelyn prontamente, “Solo che lui non interessa a me!”.
Nonostante Jago fosse un bel ragazzo dai capelli dorati come il sole, una leggera barba che gli delineava la mascella, occhi azzurri come il cielo e un fisico alto e slanciato, Evelyn non era attratta da lui a causa del suo pessimo carattere; era un tipo altezzoso, convinto di essere il migliore di tutti, e con un senso del rispetto nei confronti degli altri inesistente.
“Ma come non ti interessa?”, chiese stupita l’amica. “Lo sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto? Non ti rendi conto della fortuna che hai!”, affermò poi sospirando.
Ma per Evelyn l’unica fortuna sarebbe poter visitare quei luoghi di cui aveva tanto letto e sentito parlare, quei luoghi che si trovavano nella Terra di Mezzo.
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: una lettera di speranza ***


"Questa fortuna, come la chiami te, preferisco lasciarla alle sue spasimanti!", dichiarò Evelyn alzandosi. "Si è fatto tardi...devo andare a casa. Ci vediamo domani!”, e così dicendo se ne andò. Kaytria guardò allibita l'amica andarsene via, agitando la mano in segno di saluto, e quando Evelyn era ormai lontana, mormorò con un tono di resa, "E' proprio senza speranza!".
Evelyn stava percorrendo le stradine affollate di gente indaffarata, quando in lontananza notò una chioma dorata inconfondibile dell'unica persona sulla faccia di Arda per la quale provava una repulsione tale da farle venire la nausea: Jago!
La ragazza d'istinto abbassò la testa e, nascondendosi in mezzo alla folla, riuscì a raggiungere il porticato che fiancheggiava la strada e a nascondersi dietro una colonna. A quel punto, Evelyn si sporse leggermente per controllare i movimenti del “nemico” e si accorse che la direzione presa da Jago non era verso la piazza dove si stava svolgendo il mercato, ma verso casa sua; un atroce dubbio attanagliò la sua mente. Non starà andando a casa mia?! E poi perché?, pensò preoccupata la ragazza.
Senza ulteriori indugi, Evelyn si rimise in cammino mantenendo una debita distanza da Jago, ma tale da permetterle di tenerlo d’occhio, approfittando anche della folla che riempiva le strade per celarsi alla vista del ragazzo; man mano che percorreva la strada il suo dubbio prendeva sempre più forma fino a diventare certezza, con suo rammarico, quando vide Jago di fronte al portone di casa sua.
Il ragazzo bussò e poco dopo gli venne aperto e venne fatto accomodare. Evelyn attese qualche minuto e poi si avviò quatta quatta verso il retro della casa, passando per un viottolo laterale che conduceva alla porta di servizio. Bussò e subito dopo si aprì la porta sulla cui soglia vi era un uomo di mezza età con folti capelli e barba brizzolati. L’uomo guardò sorpreso la ragazza ed esclamò, “Signorina Evelyn! Ma cosa ci fate qui?”. “Daron, abbassa la voce! Non voglio si sappia che sono qui”, lo reguardì Evelyn mentre si apprestava ad entrare. Dopo essere entrata, la ragazza si guardò intorno constatando che erano presenti due delle domestiche intente a preparare la cena; le due donne, vedendo Evelyn, fecero una riverenza alla quale la ragazza rispose con un sorriso.
“Signorina, poco fa è arrivato il signor Jago e ora si trova in salotto con i vostri genitori”, la informò Daron. “È proprio per questo motivo che sono entrata da qui. Non voglio assolutamente vedere Jago e non voglio che lui mi veda”, rispose Evelyn sommessamente.
L’uomo scosse la testa abbozzando un sorriso e dichiarò, “Non le va per niente a genio quel ragazzo?!”. In tutta risposta, la ragazza fece spallucce. Daron sospirò e poi chiese con posatezza, “E allora cosa pensate di fare?”. Evelyn fissò l’uomo per un attimo con sguardo serio, poi si diresse verso la porta, la aprì leggermente e sbirciò al di là. Daron osservò la scena perplesso e talmente concentrato da non accorgersi che le due domestiche avevano interrotto le loro attività e stavano guardando la ragazza con curiosità.
Evelyn richiuse delicatamente la porta e si girò rimanendo appoggiata allo stipite; le domestiche immediatamente distolsero lo sguardo e ripresero con il loro lavoro, mentre Daron fissava la ragazza in attesa che parlasse. “Farò così, andrò in camera mia e starò lì finché Jago non se ne sarà andato”, fece una pausa e poi proseguì, “E quando sarà andato via, tu mi verrai ad avvisare. E mi raccomando, non dire assolutamente che sono tornata a casa, neanche ai miei genitori”. Daron annuì.
Evelyn si voltò e stava per aprire la porta quando l’uomo esordì, “A proposito, mi stavo dimenticando, è arrivata una lettera da parte di vostro zio…l’ho messa in camera vostra sulla scrivania”. La ragazza si bloccò e un ampio sorriso le incorniciò il viso. “Grazie, Daron!” replicò Evelyn mentre si apprestava ad uscire dalla cucina.
Una volta fuori dalla stanza, si guardò attorno per essere sicura che non arrivasse nessuno e poi si avviò con passo felpato verso la scala di servizio. Giunta in cima, si affacciò sul corridoio con circospezione e, dopo aver accertato che fosse tutto tranquillo, corse verso la sua camera; aprì velocemente la porta e si fiondò dentro la sua stanza. Evelyn tirò un sospiro di sollievo sapendo di essere ormai al sicuro e, con calma e con aria soddisfatta, si andò a sedere sulla poltrona di fianco alla finestra; non appena si sedette, le cadde l’occhio sulla scrivania e le venne subito in mente la lettera di suo zio.
Si alzò e si diresse verso la scrivania sulla quale, in bella vista, giaceva la lettera di carta grezza. La ragazza la prese lentamente, ma visibilmente emozionata e tornò a sedersi sulla poltrona. Aprì la busta, estrasse la lettera e iniziò a leggere:
 
Cara Eve,
perdonami se ho fatto passare tanto tempo dall'ultima volta in cui ti ho scritto, ma delle questioni urgenti mi hanno tenuto un po’ impegnato. Ma ora eccomi qua ad informarti della decisione che ho preso, in accordo con i tuoi genitori.
Sto per intraprendere, con un gruppo di nani, un viaggio verso Erebor; non so se ne hai già sentito parlare, magari avrai letto qualcosa in uno dei tuoi libri. So quanto a te piacerebbe visitare la Terra di Mezzo e ho pensato che questa sarebbe l'occasione giusta; penso che uscire fuori dal solito ambiente ti permetterà di praticare meglio la magia e magari sviluppare nuove capacità. Se sei interessata, e immagino proprio di sì, ci vediamo tra circa due mesi a Gran Burrone e, quando arriverai lì, chiedi di re Elrond; da lì in poi proseguirai il viaggio con me e la compagnia di nani.
Una raccomandazione: ai tuoi genitori dì che verrai a farmi una visita di piacere senza menzionare né i nani, né Erebor. A loro questi particolari li ho omessi, ho detto loro che verrai a stare per un po’ di tempo da me per visitare la Terra di Mezzo e per esercitarti con la magia sotto la mia guida.
Insieme alla lettera c'è una mappa della Terra di Mezzo dove ho segnato la strada che dovrai percorrere. Dovrebbe essere la via più sicura, ma in comunque i casi fai molta attenzione, soprattutto agli orchi.
 
Con affetto,
 
tuo zio Gandalf
 
Evelyn rimase con gli occhi fissi sulla lettera. Non poteva credere a quello che aveva appena letto; suo zio le stava chiedendo di unirsi a lui in un'avventura nella Terra di Mezzo. Finalmente il suo sogno stava per realizzarsi.
Si alzò, appoggiò la lettera sulla poltrona, si diresse verso la finestra e, mentre osservava il cielo limpido, iniziò a riflettere, Erebor! Non mi è nuovo questo nome. Si voltò, guardò verso il baule ai piedi del letto, si avvicinò e lo aprì, rivelando al suo interno una pila di libri. Dopodiché si mise a controllare uno a uno i libri finché non si imbattè in due libri, uno che parlava delle varie razze della Terra di Mezzo e uno che invece parlava, nello specifico, di usi e costumi dei nani e delle loro dimore.
Stava per mettersi a leggere il primo libro, quando sentì bussare alla porta. Si paralizzò al pensiero che forse i suoi genitori si erano accorti che era rincasata e la reclamavano in salotto per salutare il suo odiato spasimante. “Signorina, sono Daron. Volevo avvisarla che il signor Jago è andato via”. Quella voce ovattata dietro la porta e quelle parole le fecero tirare un sospiro di sollievo e prontamente rispose, “Grazie, Daron! Tra un attimo scendo.”
Rimise alla rinfusa i libri nel baule pensando, Li sistemerò meglio in un altro momento. Poi prese la lettera che aveva poggiato sulla poltrona, la rimise nella busta e la ritirò nel cassetto della scrivania. Uscì dalla sua stanza e si recò al piano di sotto, questa volta passando per la scala principale, sicura e tranquilla del fatto che non avrebbe incontrato il suo “nemico”. Quando arrivò in fondo alla scala udì le voci dei suoi genitori provenire dalla sala da pranzo e vi si recò immediatamente. Quando Evelyn entrò nella stanza trovò ad accoglierla, con la sorpresa disegnata sul volto, una donna della quale lei era la fotocopia, solo con qualche anno in meno, e un uomo di bell’aspetto, ricci capelli castani di media lunghezza e occhi di un azzurro brillante: Arinne e Idwal. I suoi genitori, accomodati a tavola, la fissarono con sguardo interrogativo. “Che c’è?”, chiese la ragazza impassibile mentre si avvicinava al tavolo e prendeva posto accanto a suo padre e di fronte a sua madre. “Ma da dove salti fuori?”, chiese sempre più stupita Arinne. “Dalla mia camera”, rispose Evelyn con un calmo sorriso. I suoi genitori si guardarono esterrefatti e poi Idwal replicò chiedendo, “E da quanto tempo sei in camera tua?”. “Da un po’”, ribatté la ragazza con noncuranza. I suoi genitori la guardarono sempre più allibiti. “Ma non ti abbiamo vista rientrare!” esclamò sua madre. “Perché sono entrata dalla porta di servizio e sono passata dalla cucina”, affermò Evelyn con fare disinvolto. “E perché mai?”, chiese stupito Idwal. La ragazza fece finta di riflettere un momento e poi rispose con nonchalance, “Perché non volevo vedere Jago!”.
I genitori di Evelyn dapprima si guardarono esterrefatti e poi si misero a ridere. La ragazza li osservò di sbieco con aria dubbiosa e domandò, “Cosa c’è da ridere?”. Arinne e Idwal cercarono di ricomporsi e, dopodiché, suo padre replicò, “Sei proprio incredibile! Faresti di tutto pur di evitare quel ragazzo. Ma perché non provi a dargli una possibilità?”. Evelyn fissò Idwal allibita ed esclamò, “Ma neanche per sogno!”. Arinne stava per ribattere, ma la ragazza la bloccò prima che potesse dire qualcosa affermando, “Adesso non ho voglia di parlare di Jago! Piuttosto parliamo della proposta dello zio!”. Evelyn guardò entrambi i genitori con un sorriso sornione in attesa di una loro parola. Arinne sospirò abbozzando un sorriso e dichiarò, “Immaginavo che non avresti perso tempo”, fece una pausa e poi riprese, “Ebbene sì, finalmente è giunto il tempo per te di vedere finalmente la Terra di Mezzo. Tuo zio ci tiene tanto, e sicuramente anche tu, perciò come dire di no”. Idwal annuì in segno di approvazione.
In quel momento, Daron entrò nella stanza con dei vassoi e iniziò a servire la cena. “E Daron ti accompagnerà!”, esclamò il padre di Evelyn. L’uomo fece un cenno del capo mentre serviva le portate. “Oh! Io pensavo che ci sarei andata da sola!”, dichiarò la ragazza un po’ contrariata.
“Lo so che avresti preferito andarci da sola, ma è pur sempre la prima volta che affronti un viaggio di questo genere in una terra che non conosci, se non tramite libri”, replicò sua madre con tono amorevole. “Quando avrai un po’ più di esperienza, potrai farti tutti i viaggi che vuoi in solitaria”, aggiunse Idwal. Evelyn abbozzò un sorriso e replicò prontamente, “Bene, è una promessa!”. Suo padre sorrise e annuì. “E quando potrò partire?”, chiese la ragazza. “Beh, considerando che tuo zio ha detto che dovrai essere a Gran Burrone entro due mesi, e la strada da percorrere è lunga, credo ti convenga partire subito dopo Beltane. Tu che ne pensi Idwal?”, dichiarò Arinne. “Sì, penso sia meglio che tu parta subito dopo Beltane, se non vuoi correre il rischio di mancare l’appuntamento con tuo zio!”, affermò il padre di Evelyn. La ragazza sorrise soddisfatta mentre iniziò a consumare il suo pasto.
Il resto della cena trascorse serenamente tra chiacchiere conviviali, aggiornamenti sulle novità del mercato e organizzazione per la festa di Beltane. Terminata la cena Evelyn si alzò dicendo, “Vado in camera mia. Voglio essere in forma per domani, perciò penso che andrò a dormire presto.” “Va bene, allora a domani. Buonanotte!”, replicò Idwal e Arinne seguì a ruota augurando a sua volta la buonanotte a sua figlia. “A domani, buonanotte!”, rispose Evelyn mentre si apprestava ad uscire dalla sala.
Quando finalmente si trovò nel silenzio e nella solitudine della sua camera sospirò sedendosi sulla poltrona. Rimase così per un po’ pensierosa fino a che un sorriso malandrino comparve sul suo viso e, rompendo il silenzio nel quale era stata assorta, la ragazza affermò, “Ma certo, questa è la soluzione migliore! Non vedo altre alternative!”. In seguito, nella più assoluta calma e senza proferire più alcuna parola, Evelyn si alzò, si preparò per la notte e si mise a letto con la soddisfazione disegnata sul suo volto.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: la festa di Beltane ***


Capitolo 2: la festa di Beltane
 
Evelyn si svegliò di buon’ora per iniziare con i preparativi per la partenza. Considerando il tipo di viaggio che avrebbe dovuto affrontare, avrebbe voluto portare il minimo indispensabile, ma per non destare sospetti nei suoi genitori ritenne opportuno preparare le valigie mettendovi oggetti e accessori che comunque non le sarebbero serviti e che poi avrebbe lasciato in custodia a Kaytria e Daron.
“Eve, ma sei ancora in vestaglia e camicia da notte?!”, esclamò sua madre con sollecitudine entrando in camera, “Sbrigati a prepararti che tra un po’ inizia la festa!”. “Adesso mi preparo. Stavo finendo di sistemare i bagagli”, replicò Evelyn. Arinne annuì ed uscì dalla stanza.
Evelyn aprì l’armadio e tirò fuori tutti i vestiti; dopo un momento di indecisione, optò per un abito di raso rosso cremisi, con lunghe ed ampie maniche, con ricami in pizzo nero all’altezza della scollatura e delle braccia e una lunga cintura, anch’essa in pizzo nero, che le cingeva la vita. Dopo aver indossato il vestito, pensò all’acconciatura e scelse qualcosa di semplice; fece due trecce con le ciocche che cadevano ai lati del viso e le tirò indietro sulla nuca a formare una sorta di corona. Non appena finì di prepararsi, qualcuno bussò alla porta della sua camera. “Avanti!”, rispose Evelyn. La porta si aprì ed entrò Daron che disse, “Signorina, c’è il signor Jago che vi aspetta nel salone”. E’ giunto il momento!, pensò Evelyn mestamente mentre osservava la sua immagine riflessa nello specchio. Avrebbe voluto tanto svignarsela, ma si fece coraggio pensando che il giorno dopo sarebbe partita e per molto tempo non avrebbe più rivisto il suo insopportabile corteggiatore. Sospirò e asserì abbozzando un sorriso, “Va bene, digli che arrivo”. Daron uscì e chiuse la porta.
Evelyn si guardò nuovamente allo specchio e fece un respiro profondo. Uscì dalla sua camera, scese le scale e quando arrivò nel salone vide i suoi genitori intenti a parlare con Jago che, non appena la vide, si girò verso di lei, la guardò senza riuscire più a staccarle gli occhi di dosso ed esclamò, “Sei bellissima!”. Evelyn non gradì le attenzioni del ragazzo nei suoi confronti e l’apprezzamento che le aveva rivolto davanti ai suoi genitori mettendola in imbarazzo; stava per fargli una sfuriata, ma cercò di trattenersi perché non aveva alcuna intenzione di iniziare male la giornata.

Giunsero tutti nella Sala della Magia dove si tenevano i festeggiamenti. La sala era gremita di gente intenta a parlare o a mangiare e bere le prelibatezze che abbondavano sui tavoli imbanditi per l’occasione, mentre veniva celebrata la cerimonia di consacrazione dell’inizio dell’estate.
Evelyn cercò Kaytria nella speranza di trovare una scusa per allontanarsi da Jago che la seguiva come un’ombra. Finalmente la trovò e si precipitò da lei, “Ciao, Kaytria”. “Ciao, Eve. Mah…tu e Jago?! Cos’è questa novità?”, chiese Kaytria con un sorriso malizioso. “Guarda, lascia perdere…poi ti spiego!”, replicò Evelyn sconsolata. Poi seguitò, “Avrei una cosa da chiederti. Andiamo in un posto tranquillo”. “Ma proprio adesso?! Sai, sono in compagnia di Odhran!”, dichiarò Kaytria orgogliosamente facendo un cenno con la testa per indicare il suo accompagnatore.
Ah, già! La sua nuova conquista!, pensò Evelyn. Odhran era un bel ragazzo dai lunghi capelli mossi e gli occhi castani; l’unica nota dolente era il carattere simile a quello di Jago e la loro amicizia. Infatti Evelyn non era molto entusiasta del fatto che la sua amica fosse interessata ad un tipo del genere e sperava che, facendola allontanare per un po’ di tempo, le sarebbe passata questa infatuazione.
“Sì, adesso…è urgente!”, asserì Evelyn con premura. “E va bene, ma solo qualche minuto”, acconsentì Kaytria un po’ contrariata. “Volete scusarci, ma io e Kaytria andiamo a fare un giro in giardino…non ci metteremo molto”, disse Evelyn rivolgendosi a Jago ed a Odhran che intanto stavano conversando. “Beh, potremmo accompagnarvi?!”, propose Jago. “No, ci andiamo da sole!”, contestò Evelyn indispettita. Jago percepì l’indisposizione di Evelyn, perciò desistette e si limitò ad annuire.
Mentre Kaytria ed Evelyn si allontanarono, Jago e Odhran si misero a parlare. “Non capisco perché perdi tempo con Evelyn. Si capisce chiaramente che non ne vuole sapere di te. Puoi avere tutte le ragazze che vuoi, perché proprio lei?!”, affermò Odhran. “Perché io non perdo mai e prima o poi Evelyn sarà mia!”, rispose Jago adirato mentre teneva gli occhi fissi su Evelyn che si stava dirigendo verso il giardino con la sua amica.
 
Nel frattempo Evelyn e Kaytria uscirono e si sedettero sotto un gazebo. “Adesso si può sapere cos’hai di così urgente da dirmi?”, domandò Kaytria. Evelyn tirò fuori dalla manica la lettera di suo zio e la diede alla sua amica, “Leggi! E’ una lettera di mio zio Gandalf”. Kaytria lesse la lettera e sul suo volto comparve un’espressione di stupore. “Tuo zio vuole veramente coinvolgerti in questa cosa? Ma è matto?!”, questionò alzando il tono della voce. “Ssshhh, abbassa la voce! I miei genitori non devono sapere…devono credere che andrò a fare un viaggio di piacere”, mormorò Evelyn. Kaytria guardò l’amica perplessa e le chiese, “Ma vuoi davvero affrontare tutto questo da sola?”. “Non da sola…ci saranno mio zio, i nani, te e Daron!”, disse Evelyn sorridendo. “Cosa? Ma sei matta come tuo zio?! Io viaggiare con dei nani alla volta di una montagna occupata da un drago?!”, polemizzò Kaytria alzando di nuovo la voce. “Ti ho detto di abbassare la voce!”, rimproverò Evelyn all’amica. Poi proseguì, “Tu ti fermerai a Minas Tirith con Daron e mi aspetterai lì. Sarò io a proseguire il resto del viaggio con i nani e mio zio”. “E Daron cosa ne pensa?”, domandò Kaytria incuriosita. “Daron per il momento non lo sa…lo saprà quando saremo giunti a destinazione. Mi dispiace non avergli detto la verità, ma non posso assolutamente correre il rischio che i miei genitori sappiano tutto. Se sapessero, non mi permetterebbero di partire”, rispose Evelyn accoratamente. Kaytria guardò Evelyn incredula e le chiese, “Ma perché vuoi affrontare questa impresa che, con molta probabilità, sarà anche rischiosa?”. “Prima di tutto perché voglio vedere la Terra di Mezzo. Seconda cosa, voglio dimostrare che sono in grado di cavarmela in qualsiasi situazione”, replicò Evelyn esaltata. “Oh, Eve, ti prego! Ancora con questa storia!”, obiettò Kaytria severamente. “Sì, ancora con questa storia! I miei genitori mi trattano come se fossi fragile e delicata, anche se sanno benissimo che non è così”, asserì Evelyn con fermezza. Kaytria sospirò e affermò affettuosamente, “Hanno solo paura che ti accada qualcosa perché ti vogliono bene”. “Lo so, ma dovrebbero comunque cercare di avere più fiducia in me. Anche mio zio mi vuole bene, ma questo non gli ha impedito di riconoscere le mie capacità. Anzi, se fosse stato per lui, mi avrebbe portata con sé già cinque anni fa”, dichiarò Evelyn pacatamente. Kaytria abbozzò un sorriso e guardò Evelyn con apprensione. “Ma sei veramente convinta di voler fare questa pazzia?”, le domandò. Evelyn annuì sorridendo. Poi prese le mani dell’amica e sollecitò, “ Allora, verrai con me?”. Kaytria sospirò e rispose rassegnata, “E va bene, ma solo perché sei te!”. “Grazie!”, rispose Evelyn esaltata abbracciando l’amica. Poi la guardò con aria beffarda e asserì maliziosamente, “Magari proprio nella Terra di Mezzo potrei trovare la persona giusta per me! Così sia te che i miei genitori finalmente la smetterete di insistere sul fatto che debba trovarmi un fidanzato!”, e scoppiò in una fragorosa risata. “Beh, se dovesse accadere una cosa del genere, ci sarà da fare un monumento a tuo zio!”, replicò Kaytria mettendosi a ridere insieme ad Evelyn. “Comunque, ora devo convincere i miei genitori a lasciarmi partire con te”, disse Kaytria ancora in preda alla risata. “A questo ci penseranno mia madre e mio padre”, affermò Evelyn soddisfatta.
 
Evelyn e Kaytria tornarono dentro la sala e incrociarono Arinne e Idwal, “Buongiorno Kaytria!”. “Buongiorno a voi!”, rispose Kaytria facendo un inchino. “Immagino che Eve ti avrà già raccontato tutto?!”, chiese Arinne. “Sì, mia signora”, replicò Kaytria. “Noi abbiamo già parlato con i tuoi genitori e hanno acconsentito a lasciarti partire con nostra figlia!”, ribadì Idwal.
Le due amiche si guardarono sorridendo e dopo essersi accomiatate da Arinne e Idwal andarono a cercare Jago e Odhran. I due ragazzi quando le videro arrivare andarono verso di loro. “Eccovi finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Cosa avevate da dirvi di così urgente?”, disse Odhran con un tono ironico. “E chi ti ha detto che avevamo qualcosa da dirci?!”, asserì Kaytria simulando indifferenza. “Di solito le ragazze quando si appartano per tanto tempo è perché hanno qualcosa da dirsi!”, dichiarò sarcasticamente Jago. Evelyn non gradì la curiosità dei due ragazzi e sentenziò irritata, “Qualsiasi cosa abbiamo detto o fatto non sono affari che vi riguardano!”. Kaytria ed Odhran si guardarono sbigottiti e capirono che era il caso di chiudere il discorso. “Beh, noi andiamo a farci un giro…visto che siamo qui, cerchiamo almeno di divertirci!”, affermò Odhran sagacemente e Kaytria annuì. Si allontanarono con tutta l’intenzione di godersi ogni istante della festa, così Evelyn e Jago rimasero da soli. Dopo un momento di imbarazzante silenzio Jago domandò ad Evelyn, “Ti andrebbe di fare un giro in giardino?”. Evelyn, nonostante fosse ancora in collera con Jago, accettò perché sentiva il bisogno di prendere una boccata d’aria.
 
Mentre passeggiavano nei viali dell’immenso giardino, ad un certo punto, Jago cercò di prendere la mano di Evelyn, ma lei la ritrasse; allora Jago insistette e le afferrò il polso. “Ahi, mi fai male!”, sbottò Evelyn. Intanto che le teneva stretto il polso, Jago la guardò negli occhi e contestò furibondo, “Ma perché fai così? Io cerco di essere gentile con te e tu invece sei sempre scontrosa!”. Evelyn assunse un’aria minacciosa e intimò, “Lasciami immediatamente!”. Poiché c’era tanta gente e non voleva dare troppo nell’occhio, Jago la lasciò e si scusò. Evelyn continuò a guardare il ragazzo con aria di sfida e replicò, “Comunque, domani parto per andare da mio zio nella Terra di Mezzo”. Jago la fissò esterrefatto e questionò, “Cosa!? Stai scherzando?”. “No, non sto scherzando. Ieri ho ricevuto una sua lettera nella quale mi ha invitato ad andare da lui. E’ da tanto che aspettavo questo momento, perciò ho deciso di partire subito”, rispose Evelyn con tono serio.
Il volto di Jago assunse un’espressione sempre più cupa e un sentimento di rancore crebbe in lui, ma ad Evelyn non importava; in quel momento quello che le interessava era che stava per realizzare il suo sogno.
 
 
 
 
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Capitolo 4
*** Capitolo 3: si parte! ***


Capitolo 3: si parte!
 
Evelyn non riuscì a dormire per la trepidazione al pensiero che presto sarebbe partita, perciò decise di alzarsi di buon’ora. Scese in cucina per fare colazione convinta che non ci fosse nessuno sveglio e invece vi trovò Daron. “Buongiorno signorina! Ben alzata! Come mai sveglia così presto?”, le disse cordialmente. “Buongiorno Daron! La sola idea che tra breve partiremo mi ha fatto passare il sonno”, rispose Evelyn con un tono di voce dal quale trapelava tutta la sua impazienza. “Posso immaginare! Andare nella Terra di Mezzo è sempre stato il vostro più grande sogno ed ora si sta per realizzare”, replicò Daron con un sorriso amorevole. “Grazie per aver accettato di accompagnarmi!”, dichiarò Evelyn ricambiando il sorriso. “E come avrei potuto dire di no?! Vi ho vista nascere e crescere…siete un po’ come una figlia per me”, affermò Daron affabilmente. Evelyn annuì in segno di ringraziamento, si sedette a tavola e, mentre consumava la sua colazione, guardò Daron e non potè fare a meno di sentirsi in colpa per non avergli detto la verità sul motivo del viaggio; magari lui sarebbe anche stato al gioco, ma non poteva proprio rischiare.

Terminata la colazione, Evelyn finì di prepararsi e per il viaggio decise di indossare qualcosa di comodo: pantaloni di cuoio neri, una morbida tunica viola e nera in lino, stretta all’altezza del busto e più ampia al di sotto della vita, con maniche ampie e di media lunghezza,  e stivali neri. Tutto era pronto per la partenza, ma mancava Kaytria che, come al solito, era in ritardo. “Rischiamo di perdere la nave e così saremo costretti a dover rimandare la partenza a domani”, borbottò Evelyn passeggiando nervosamente avanti e indietro per il salone.
Alla fine Kaytria arrivò e, a differenza di Evelyn, aveva optato per un abbigliamento meno sobrio: un abito in raso rosso cremisi, con maniche lunghe e ampie, corpetto nero con il bordo all’altezza della scollatura di color argento e una lunga cintura argentata. Non si era risparmiata neanche per quanto riguarda i bagagli, nonostante avesse avuto poco tempo per prepararli. “Finalmente sei arrivata…forza che facciamo tardi!”, rimproverò Evelyn a Kaytria. “Perdonami, ma dovevo finire di preparare i bagagli…d’altronde non ho avuto molto tempo”, si giustificò Kaytria. Evelyn guardò i bagagli dell’amica con aria rassegnata e dichiarò sarcasticamente, “Certo, se a momenti ti porti dietro tutto l’armadio!”.
Sistemarono i bagagli sul calesse e, dopo aver salutato i rispetti genitori, amici e parenti, Kaytria, Evelyn e Daron partirono alla volta del porto di Umbar. Mentre percorrevano le strade della città, incrociarono Jago ed Odhran. Kaytria fece un cenno con la mano ad Odhran che ricambiò il saluto, invece Jago lanciò ad Evelyn uno sguardo carico di risentimento al quale lei rispose con un sorriso derisorio.

Giunti ad Umbar si imbarcarono su una nave diretta a Pelargir; saliti sulla nave si sistemarono nelle rispettive cabine e poi si ritrovarono sul ponte. “Certo che avrebbero potuto darci delle cabine più decenti!”, si lamentò Kaytria. “Kaytria, siamo su una nave, non in una villa o un palazzo reale!”, criticò Evelyn dirigendosi verso la poppa della nave. Si avvicinò alla balaustra e osservò il porto che poco a poco spariva all’orizzonte. Chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni l’aria marina, allietata dal vento che le accarezzò il viso e i capelli. Quando riaprì gli occhi il porto era ormai appena percettibile e il vederlo scomparire del tutto le provocò una sensazione di sollievo.
 Kaytria raggiunse l’amica e, notando il suo volto più disteso, esclamò, ”Mi sembri molto più sollevata!”. “Sì, ora sto molto meglio!”, rispose Evelyn pacatamente senza smettere di scrutare l’orizzonte. “Invece ieri dopo la festa mi sembravi arrabbiata. Riguarda per caso Jago?! A proposito, mi devi ancora spiegare cosa ci facevi alla festa con lui!”, affermò Kaytria con malizia. Evelyn fece un profondo respiro e iniziò a raccontare, “Praticamente sono stata costretta ad accettare il suo invito. L’altro ieri, mentre tornavo a casa, l’ho incontrato; ho cercato di evitarlo, ma lui come sai è insistente, e alla fine mi ha chiesto di andare alla festa con lui. Non sapevo che scusa inventare per rifiutare il suo invito, così ho dovuto per forza accettare”. “Uhm…e cosa ti ha fatto alla festa per farti arrabbiare?”, domandò Kaytria incuriosita. Evelyn sospirò e seguitò a spiegare l’accaduto, “Dopo che tu ed Odhran ve ne siete andati, Jago mi ha chiesto se volevo fare un giro in giardino. Io ho accettato, ma solo perché avevo bisogno di una boccata d’aria”. Kaytria guardò Evelyn con uno sguardo malandrino e asserì, “Non è che, in fondo, un po’ ti piace Jago?!”. Evelyn scrutò il volto dell’amica e questionò allibita, “Assolutamente no! Come ti viene in mente una cosa del genere?!”. “Beh, non ci sarebbe niente di male! E’ un bel ragazzo di buona famiglia”, dichiarò Kaytria con convinzione. “Sarà pure un bel ragazzo di buona famiglia, ma ha un pessimo carattere! Non lo sopporto! E come potrei trascorrere la mia vita con una persona che non riesco a sopportare?!”, affermò Evelyn con fermezza. “Va beh, solo perché è un po’ orgoglioso!”, asserì Kaytria con un atteggiamento tra il superficiale e l’ingenuo . Evelyn guardò sbalordita la sua amica e sentenziò severamente, “Solo un po’ orgoglioso?! Ma se è arrogante e altezzoso! E’ convinto di essere il migliore di tutti, anche del suo caro amico Odhran, e non ha rispetto per niente e nessuno!”. “D’accordo, ma non arrabbiarti!”, disse Kaytria timidamente intimorita dal tono aggressivo di Evelyn.
Evelyn si rese conto di avere esagerato e si scusò, “Scusami! Non ce l’ho con te, ma con Jago!”. Kaytria le sorrise amichevolmente e disse, “Va bene, scuse accettate! Ma adesso vai avanti a raccontare quello che è successo tra te e Jago”. Evelyn annuì e proseguì, “Dunque, dove ero rimasta? Ah sì! Ho accettato di fare un giro in giardino con Jago e, mentre stavamo passeggiando, lui ha cercato di prendermi la mano, ma io mi sono tirata indietro. A quel punto mi ha afferrato il polso stringendolo e facendomi male e io gliel’ho fatto notare”. Kaytria guardò Evelyn incredula. Evelyn andò avanti nel suo racconto, “Poi mi ha chiesto perché mi comporto in quel modo e mi ha detto che lui vuole solo essere gentile mentre io sono sempre scontrosa”. “E tu che hai risposto?”, domandò Kaytria sempre più sconcertata. “Gli ho intimato di lasciarmi andare! Allora mi ha lasciata e, a quel punto, gli ho detto che oggi sarei partita per andare da mio zio nella Terra di Mezzo”, replicò Evelyn con orgoglio. Kaytria assunse un’espressione meravigliata ed esclamò, “Sicuramente non l’avrà presa bene!”. “No!”, rispose Evelyn con un sorriso beffardo.
Kaytria sospirò scuotendo la testa in segno di rassegnazione e fissando Evelyn con un’espressione di rimprovero. “Che c’è?”, chiese Evelyn stupita. Kaytria sorrise e con calma le disse, “Finora tutti quelli che ti hanno corteggiata per te non andavano bene! Per curiosità, allora come dovrebbe essere il tuo tipo ideale?”. Evelyn rifletté un momento e poi rispose, “Ecco, io vorrei un uomo forte sia fisicamente che caratterialmente, ma non irrispettoso e dispotico. Un uomo che sappia farsi valere, ma che sappia anche essere umile e che, quando necessario, sia in grado di mettere da parte il proprio orgoglio e riconoscere i propri errori”. “Oh Eve! Sono veramente rari gli uomini che ammettono i propri sbagli”, replicò Kaytria confidenzialmente. “Saranno rari, ma ci sono! Prendi ad esempio mio padre. E se proprio non troverò un uomo così, vorrà dire che non mi sposerò mai!”, dichiarò Evelyn con risolutezza. Kaytria guardò la sua amica esterrefatta e stava per risponderle, ma Evelyn la interruppe prima che potesse parlare, “Ma adesso basta discutere di questo argomento. Vado in cabina a riposarmi. Ci vediamo dopo”. “Oh, d’accordo…a dopo Eve”, disse Kaytria stupefatta e senza parole.

Kaytria rimase sul ponte a passeggiare mentre Evelyn si ritirò nella sua cabina. Quando entrò, si guardò intorno e poi si diresse verso lo scrittoio dove c’erano dei fogli e un calamaio. Si sedette, prese un foglio e iniziò a scrivere:

Caro zio,

certo che sono interessata, infatti sono appena partita da Umbar. Ci vediamo a Gran Burrone per la fine dell’estate.

Ti terrò aggiornato sul mio viaggio e ti farò sapere quando starò per giungere a destinazione.

A presto,

Eve

Dopo aver finito di scrivere, appallottolò il foglio, lo prese tra le mani e recitò una formula, “Dox Toxem, Dox Malum, Dox Divinitum”. Aprì le mani e il foglio era sparito.
 
 
 
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Ho realizzato un video tributo a Thorin che potete trovare a questo indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=cFXa_wOAxt0

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Minas Tirith ***


Capitolo 4: Minas Tirith
 
Dopo giorni di navigazione, finalmente la nave giunse nel porto di Pelargir. La città si sviluppava in parte su entrambe le coste del Sirith, un piccolo fiume che si gettava nell’Anduin, e in parte su un isolotto, a forma di triangolo, situato in mezzo al fiume. Evelyn scrutò la costa in preda all’esaltazione perché ora si trovava nel luogo dove aveva sempre desiderato recarsi, nella Terra di Mezzo.
“Eve, calmati! Fai agitare anche me!”, la ammonì Kaytria. “Ma come faccio a calmarmi?! Ti rendi conto che finalmente siamo nella Terra di Mezzo?!”, replicò Evelyn entusiasmata. “Beh, a prima vista non vedo niente di cui emozionarsi così tanto”, affermò Kaytria perplessa. “Oh dai, non fare la guastafeste!”, esclamò Evelyn sbuffando.
La nave attraccò al porto ed Evelyn, Kaytria e Daron scesero a terra. Daron si avvicinò ad Evelyn e disse, “Sarà meglio trovare un calesse. Non credo che la signorina Kaytria abbia voglia di cavalcare”. Evelyn abbozzò un sorriso e rispose, “Sì, sarà meglio”, anche se sapeva che a Minas Tirith avrebbe comunque dovuto prendere un cavallo per poter proseguire da sola fino a Gran Burrone.
Daron si allontanò per andare a cercare un calesse e nel frattempo Kaytria ed Evelyn fecero un giro nei dintorni del porto. “Beh, non mi sembra tanto diverso dal luogo dove viviamo noi”, minimizzò Kaytria. “Tranne per il fatto che questa zona è meno desertica e tutta questa gente non possiede poteri magici”, ribatté Evelyn serenamente nonostante il poco entusiasmo dell’amica.
Evelyn si stava guardando intorno incuriosita ed esaltata quando, all’improvviso, urtò qualcosa. Si girò e si trovò faccia a faccia con un essere che qualche volta aveva intravisto al mercato a Lothian: un nano. “Oh, mi perdoni…non vi avevo visto”, disse Evelyn cortesemente per scusarsi. Il nano la guardò con un’espressione corrucciata e rispose con un tono burbero, “Stai più attenta la prossima volta!”, e se ne andò senza indugio. Evelyn e Kaytria si guardarono sbigottite. “E tu dovresti affrontare un viaggio con quegli esseri?! Buona fortuna!”, dichiarò Kaytria sarcasticamente.
Nel frattempo Daron ritornò con un calesse, caricò sopra i bagagli e partirono subito. Durante il cammino, Evelyn e Kaytria si goderono il panorama osservando ogni minimo dettaglio: un’immensa pianura verdeggiante, costellata di boschi qua e là, attraversata dal fiume Anduin e circondata da montagne sia ad est che ad ovest.  

Dopo due giornate di viaggio, il mattino del terzo giorno giunsero davanti ad una città fortezza che si erigeva su uno sperone roccioso a forma di chiglia di nave e si sviluppava su sette livelli circondati da bianche mura: si trattava di Minas Tirith.
Daron, Evelyn e Kaytria rimasero ammaliati davanti a tale magnificenza e si fermarono per un attimo ad ammirare la città nel suo complesso. Evelyn sentiva crescere in sé sempre di più una sensazione di benessere che però, ad un certo punto, si trasformò in inquietudine; per un primo momento ne fu sorpresa, ma poi pensò, Sarà la stanchezza!
Stremati dalla fatica del viaggio e dalle notti passate all’aperto, andarono subito a cercare una locanda dove alloggiare. “Finalmente potremo tornare a dormire in un letto! Dormire all’aperto non fa per me”, protestò Kaytria. Evelyn abbozzò un sorriso e replicò, “A me non è dispiaciuto! E’ bello addormentarsi guardando le stelle!”. “Beata te che sei riuscita a dormire! Per me era troppo scomodo e freddo!”, affermò Kaytria aspramente. Sull’ultimo punto Evelyn non poté che dare ragione alla sua amica perché, in effetti, il clima nella Terra di Mezzo era più fresco e umido rispetto all’Haradwaith.
Alla fine trovarono una buona locanda nel primo livello della città dove presero subito tre stanze e si sistemarono. Evelyn per prima cosa scrisse un messaggio ai suoi genitori e a suo zio per avvisarli del suo arrivo a Minas Tirith e per inviarli ricorse sempre all’incantesimo del messaggio incantato. Poi, nonostante la stanchezza, decise di uscire per andare a comprare delle armi poiché non aveva potuto portare le sue da casa per evitare di insospettire i suoi genitori. Per prima cosa andò da un fabbro per comprare una spada. “Buongiorno!”, disse Evelyn entrando nella bottega del fabbro. “Buongiorno! In cosa posso esservi utile?”, chiese gentilmente l’uomo. “Vorrei comprare una spada, la migliore che avete”, rispose Evelyn. Il fabbro la guardò sorpreso e replicò, “Signorina, se permettete, non credo sia appropriato per voi utilizzare una spada!”. “Devo affrontare un lungo viaggio e so che queste terre brulicano di orchi, perciò ho bisogno di qualcosa per difendermi”, dichiarò Evelyn cercando di mantenere la calma, sebbene infastidita dall’allusione del fabbro. Allora l’uomo prese uno stiletto e lo porse ad Evelyn affermando, “Questa è la più leggera che ho”. Evelyn guardò il fabbro severamente e dichiarò con fermezza, “Non ho detto una leggera, ho detto la migliore!” L’uomo, allibito, esitò. Evelyn, notando la sua esitazione, precisò, “Sono in grado di maneggiare una spada”. A quel punto il fabbro, seppur titubante, prese un’altra spada con la lama robusta e ben rifinita, l’impugnatura ricoperta di cuoio e il pomo raffigurante una testa di lupo e la porse ad Evelyn che la osservò e asserì, “Questa va bene! Grazie!”. Pagò il fabbro, si congedò, uscì dalla bottega e si diresse dal falegname.
Entrò nella bottega del falegname e prontamente disse, “Buongiorno! Avrei bisogno di un arco e delle frecce”. L’uomo, intento a lavorare, alzò gli occhi e rimase meravigliato nel trovarsi di fronte una giovane ragazza. “Sì…sì, ve li prendo subito”, rispose l’uomo tentennante. Il falegname le porse arco e frecce e, dopo aver pagato, Evelyn se ne andò ringraziando.
 
Dopo aver svolto le sue commissioni, Evelyn ritornò alla locanda dove trovò Daron e Kaytria ad attenderla nel salone. “Signorina, dove siete stata?”, chiese Daron preoccupato. “Sono andata a comprare queste”, replicò Evelyn indicando la spada e l’arco e frecce. “Ma a cosa vi dovrebbero servire?”, domandò Daron incuriosito. “Dovendo affrontare un lungo viaggio, non si sa mai cosa si può trovare lungo la strada”, affermò Evelyn pacatamente. Mentre Daron si mostrò perplesso, Kaytria ed Evelyn si lanciarono uno sguardo d’intesa.
Evelyn salì in camera per posarvi le armi acquistate e poi tornò nel salone dove Kaytria e Daron l’aspettavano per il pranzo. “Signorina, quando volete ripartire?”, chiese Daron pacatamente senza sospettare delle vere intenzioni di Evelyn. Kaytria guardò l’amica che fece un lungo respiro e asserì con calma, “Daron, tu e Kaytria vi fermerete qui. Proseguirò il viaggio da sola”.
Daron alzò gli occhi increduli verso Evelyn ed esclamò sbalordito, “Cosa?!”. A quel punto Evelyn tiro fuori dalla tasca la lettera di suo zio, che si era portata con sé per evitare che i suoi genitori la trovassero e la leggessero, e la porse a Daron, “Leggi!”.
Daron lesse la lettera e l’espressione di incredulità si accentuò sul suo volto, “E’ uno scherzo, vero?! Ma come può vostro zio pensare una cosa del genere?”, questionò duramente. “Perché lui ha fiducia in me e sa che posso farcela, e vorrei che anche tu ti fidassi di me. Mi spiace non averti detto tutto prima, ma non potevo correre il rischio che mio padre e mia madre lo venissero a sapere”, replicò Evelyn rigorosamente. Daron sospirò e ribatté severamente, “E se dovesse accadervi qualcosa, cosa racconterò ai vostri genitori?”. “Non mi accadrà niente…con me ci sarà mio zio. Magari è un po’ strano, ma mi vuole bene e non permetterebbe mai che mi accada qualcosa”, dichiarò Evelyn con voce tenue per cercare di rassicurare Daron. “Assolutamente no! E’ fuori questione! Voi non affronterete il viaggio da sola!”, insistette Daron. “Ti prego! Non essere cocciuto!”, supplicò Evelyn. Daron scosse il capo per esprimere il suo dissenso. Allora Evelyn cercò un pretesto per convincerlo e prontamente affermò, “Ma Kaytria non se la sente di affrontare questo viaggio!”. Kaytria guardò disorientata la sua amica che le fece un cenno per farle capire di stare al gioco. “Ah…ehm…sì, in effetti, per me è un viaggio un po’ troppo lungo. Preferirei aspettare qui in questa città”, confermò Kaytria fingendo indifferenza. Daron fissò Kaytria stupito e le disse, “Ma non  vorrete davvero che la signorina Evelyn affronti il viaggio da sola?!”, “Oh, sono certa che se la saprà cavare!”, dichiarò Kaytria sorridendo ad Evelyn che ricambiò il sorriso per ringraziarla del sostegno.
Daron finalmente si arrese e sospirando replicò rassegnato, “E va bene! E quando vorreste partire?”. “Possibilmente già domani”, rispose Evelyn esaltata. “Avrete bisogno di un cavallo! Provvederò subito a trovarvene uno”, asserì Daron mestamente. Nonostante la sua riluttanza a permettere ad Evelyn di proseguire il viaggio da sola, non perse comunque tempo e si mise immediatamente a cercare un cavallo in modo che lei potesse partire il giorno dopo senza ritardi. D’altronde Daron conosceva bene la testardaggine di Evelyn e sapeva benissimo che, con o senza consenso, avrebbe trovato il modo di fare quello che voleva.
 
Giunse la sera ed Evelyn decise di andare a dormire presto per poter essere in piena forma, considerando il lungo viaggio che avrebbe dovuto affrontare. Andò in camera, si tolse i vestiti e indossò la camicia da notte. Si diresse verso la finestra, si appoggiò al davanzale e guardò fuori; le innumerevoli stelle e una splendida luna illuminavano la notte oscura. In quel momento sentì di nuovo la sensazione di inquietudine che l’aveva pervasa appena giunta a Minas Tirith.
Evelyn non capiva, non le era mai successa una cosa del genere, Che strano! Dovrei essere contenta di trovarmi nella Terra di Mezzo e invece mi sento inquieta! Ma perché?, pensò sconcertata.  Alla fine decise che sarebbe stato meglio dormirci su, perciò chiuse la tenda, si avviò verso il letto e si coricò. Era talmente stanca che si addormentò subito, ma il suo sonno fu animato da un sogno:  

Evelyn stava percorrendo un’immensa valle verdeggiante attraversata da una cascata che si gettava in un fiume sottostante. Sentì un’energia emanata da quella valle, un’energia positiva che la fece sentire più forte e sicura di sé. Ad un tratto, si alzò una nebbia fitta e l’energia positiva svanì lasciando il posto ad un’altra, ma questa volta negativa. In preda al panico, si guardò intorno, ma non riuscì a vedere più niente. Continuò ad avanzare alla cieca e, ad un certo punto, in mezzo alla nebbia intravide qualcosa. Poco a poco l’immagine divenne più chiara e poté percepire un volto, ma non era ben definito; l’unica cosa che riuscì a vedere chiaramente furono degli occhi azzurri profondi e penetranti dai quali non fu in grado di distogliere lo sguardo e che le fecero provare una sensazione sia di benessere sia di inquietudine.

All’improvviso Evelyn si svegliò in preda all’agitazione. Ma che mi succede? Prima la sensazione di inquietudine e adesso questo sogno!, pensò nervosamente. Fece un profondo respiro, si alzò e si sciacquò il viso. Dopo essersi calmata andò verso la finestra, aprì la tenda e vide che era già sorto il sole, perciò decise di prepararsi così da poter partire il prima possibile. Optò sempre per un abbigliamento sobrio: pantaloni di cuoio marroni, una tunica di lino blu con un corsetto di cuoio marrone e stivali dello stesso colore.

Scese nel salone e fece una colazione abbondante in modo da non dover fare troppe pause per rifocillarsi durante il tragitto. Poi, intanto che stava aspettando che si svegliassero anche Daron e Kaytria, consultò la mappa che le aveva mandato suo zio per farsi un’idea della strada che avrebbe dovuto percorrere e di quanto tempo, più o meno, avrebbe impiegato per arrivare a destinazione.
Finalmente Daron e Kaytria raggiunsero Evelyn che era intenta a redigere un piano di viaggio. “Buongiorno! Finalmente vi siete svegliati!”, li accolse con un caloroso sorriso. “Buongiorno signorina!”, rispose Daron ancora un po’ assonnato. “Buongiorno Eve! Ti sei alzata presto?! Non vedi proprio l’ora di partire?!”, disse Kaytria allegramente. Evelyn annuì e preferì non dire niente né del sogno né della sensazione che la tormentava da quando era arrivata a Minas Tirith per non far preoccupare più del dovuto l’amica e Daron.
Mentre Daron e Kaytria facevano colazione, Evelyn preparò il cavallo e tutti i suoi effetti personali per la partenza, portando solo il minimo indispensabile e lasciando tutto il resto alla custodia della sua amica e di Daron.
 
Terminati i preparativi, giunse il momento della partenza. “Bene, è ora che io vada. Vi scriverò per farvi sapere come procedono le cose”, affermò Evelyn, la felicità disegnata sul suo volto, mentre si diresse fuori dalla locanda seguita da Daron e Kaytria. “Mi raccomando signorina, state attenta!”, disse Daron con apprensione, “E se necessario ricorrete alla magia”. “Daron, sono una strega, ovvio che ricorrerò alla magia se necessario!”, replicò Evelyn divertita dall’affermazione di Daron. “Sì, lo so! Solo che mi sembra ieri che eravate una bambina e adesso…”, dichiarò Daron senza riuscire a finire la frase in preda alla malinconia. “Non ti preoccupare, avrò cura di me stessa!”, rispose Evelyn abbracciandolo.
Poi si rivolse verso Kaytria che l’abbracciò augurandole un buon viaggio. “Magari nel frattempo conoscerai qualche bel ragazzo migliore di Odhran!”, asserì Evelyn mettendosi a ridere. Kaytria abbozzò un sorriso forzato; non riusciva ad essere allegra sapendo che la sua amica stava per intraprendere un’avventura alquanto pericolosa. “Ti prego, non fare quella faccia!”, rimproverò Evelyn all’amica. “Me la caverò, vedrai!”, la rassicurò. Kaytria annuì e replicò, “Comunque, non credo che qui troverò qualcuno migliore di Odhran”. “E chi lo sa! Non si può mai dire!”, esclamò Evelyn con un sorriso malizioso. Dopodiché si avvicinò al suo cavallo e vi salì sopra. “Beh, adesso sarà meglio che vada…prima parto e prima arriverò!”, affermò Evelyn spronando il cavallo che partì al galoppo portandola verso l’inizio della sua avventura.
 
 
 
 
 
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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Gran Burrone ***


Capitolo 5: Gran Burrone
 
Evelyn si lasciò alle spalle Minas Tirith e proseguì verso ovest costeggiando i Monti Bianchi. Cavalcò per quattro settimane passando per le varie città e villaggi del regno di Gondor e di Rohan. Passò nei pressi di Isengard, la dimora di Saruman il Bianco, zio di Jago, e in quel momento non potè fare a meno di pensare quanto fosse strano che uno stregone del suo calibro avesse come nipote un tipo cinico e arrogante.
Imboccò l’Antica Via Sud e la percorse fino al fiume Gwathlo che poi costeggiò fino ad arrivare ad una biforcazione: da un lato il fiume Mitheithel e dall’altro lato il fiume Bruinen. Secondo quanto segnato da suo zio sulla mappa, avrebbe dovuto seguire il Bruinen per arrivare a Gran Burrone.
Stava per mettersi in marcia quando avvertì una sensazione di pericolo seguita da un rumore che la mise in allerta. Si guardò intorno e da un’altura vide apparire due orchi in sella a quelli che sembravano dei grossi lupi; Evelyn fu sorpresa nel vederli poiché fu la prima volta durante tutto il suo viaggio che li incontrò.
Evelyn dovette mettere da parte il suo stupore e prepararsi a combattere quando vide i due orchi precipitarsi verso di lei; prese l’arco e scoccò una freccia che gli orchi evitarono abilmente. Allora scoccò un’altra freccia e questa volta colpì uno dei lupi che cadde a terra trascinando con sé l’orco che si rialzò comunque subito. A questo punto, considerata la situazione di svantaggio numerico in cui si trovava, Evelyn decise che sarebbe stato meglio affidarsi alla magia, “Ex Spiritum In Tacullum. En Terrum Incendium. Phasmatos Salves A Distum”. Finito di recitare la formula, attorno ad Evelyn si creò una barriera di fuoco, composta da una serie di anelli uno sull’altro, che impedì agli orchi di avvicinarsi. Poi proseguì, “Sucto gladibus Incendia”, e dalla barriera di fuoco scaturirono delle palle infuocate che andarono a colpire i due orchi e i grossi lupi bruciandoli vivi.
Evelyn tirò un sospiro di sollievo, ma nonostante il pericolo che aveva corso, si sentì elettrizzata e soddisfatta di essere riuscita a cavarsela con le sue sole forze. Dopo il momento di euforia per la sua vittoria, ripensò al fatto che finora non aveva mai incontrato alcuna minaccia da parte degli orchi e si domandò perplessa, “Come mai solo adesso che mi sto avvicinando a Gran Burrone? Che gli orchi e gli elfi siano in guerra tra di loro?”.  
La sua riflessione venne interrotta da grida provenienti in lontananza; si precipitò su un’altura per poter controllare meglio la situazione e vide un gruppo di orchi che stava inseguendo alcune persone. Senza pensarci troppo si lanciò al galoppo e, man mano che si avvicinò, cercò di colpire con le frecce il maggior numero possibile di orchi, ma essendo troppi, le frecce non bastarono. Allora scese da cavallo, che si allontanò da tutto quel tumulto, e stava per sguainare la spada; tuttavia pensandoci bene, capì che sarebbe stato più proficuo utilizzare la magia, quindi recitò la formula, “Phasmatos Tribum. Plantus Herbus”. All’improvviso delle palle di terra uscirono fuori dal terreno e andarono a colpire gli orchi uno a uno.
Nel frattempo Evelyn cercò di avvicinarsi al gruppo di persone a cui gli orchi stavano dando la caccia per aiutarli, però quando arrivò nel punto in cui li aveva avvistati non li trovò. Si guardò intorno per cercarli e, ad un certo punto, intravide di sfuggita una di quelle persone di spalle lanciarsi dietro ad un masso; in quel momento sentì un brivido percorrerle il corpo e, di nuovo, la sensazione mista di benessere ed inquietudine tornò a pervadere i suoi sensi.
Evelyn ebbe un momento di incertezza dal quale rinsavì non appena udì le urla raccapriccianti degli orchi. Ritornata in sé, tentò di avvicinarsi alla roccia dietro alla quale era sicura si fossero nascosti quegli individui, ma venne bloccata da un orco che le si piazzò davanti. Questa volta prese la spada come primo istinto di difesa, però si rese comunque conto che sarebbe stata un’impresa ardua sconfiggere l’orco in sella a quella sottospecie di lupo con l’ausilio delle sole armi terrene. Quindi fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e si concentrò; fu così che il lupo si accasciò in preda a forti dolori e l’orco cadde a terra. Questi si rialzò e corse verso Evelyn cercando di colpirla con la spada, ma lei parò il colpo e contrattaccò ferendo l’orco che si arrabbiò ancora di più e le scagliò una serie di colpi con violenza. Evelyn inizialmente riuscì a difendersi bene, tuttavia essendo la prima volta che affrontava una vera battaglia, la sua resistenza fisica era un po’ limitata.
Allora, a quel punto, decise di affidarsi all’arma che padroneggiava meglio di tutte, la magia, “Everte Statim”, e l’orco venne scagliato a metri di distanza andando a finire contro una roccia. Dopo essersi liberata dell’orco, tentò di nuovo di avvicinarsi al masso dove si erano nascoste le persone braccate, ma sentì il suono di un corno e vide arrivare un gruppo di guerrieri a cavallo che si lanciarono contro gli orchi mettendoli in fuga.
Una volta cacciati via gli orchi, i guerrieri accorsi alla battaglia notarono la presenza di Evelyn e uno di loro le andò incontro; era un uomo, né vecchio né giovane, dai lunghi capelli castani, con indosso un’armatura color marrone e dal portamento fiero. Evelyn lo scrutò attentamente e notò che aveva le orecchie a punta e così capì che si trattava di un elfo. Perfetto! Magari viene proprio da Gran Burrone!, pensò soddisfatta.
“Buongiorno! Cosa ci fa una giovane ragazza tutta sola in queste terre selvagge?”, chiese l’elfo gentilmente. Evelyn avrebbe voluto maledirlo per la sua allusione maschilista, però considerando che avrebbe potuto esserle utile per raggiungere Gran Burrone, si trattenne e rispose pacatamente, “Buongiorno! Oh, io non sono una semplice ragazza…sono una strega!”. L’elfo la osservò con attenzione ed interesse e disse, “E’ da tanto che non si vede una strega nella Terra di Mezzo. E quale motivo vi porta da queste parti?”. “Devo incontrare mio zio. Mi ha detto di recarmi a Gran Burrone e chiedere di re Elrond. Forse voi lo conoscete?!”, replicò Evelyn. “Beh, l’avete trovato…sono io re Elrond!”, dichiarò l’elfo con un tono amichevole. Evelyn restò a bocca aperta per la sorpresa e un senso di vergogna l’assalì pensando che era stata sul punto di offendere un re. “Oh! Permettete che mi presenti…io mi chiamo Evelyn”, disse facendo un inchino, nonostante il disagio che provava pensando alla pessima figura che avrebbe fatto se non si fosse controllata. “Onorato di fare la vostra conoscenza. Ma perdonate la mia curiosità, chi sarebbe vostro zio?”, affermò re Elrond. Evelyn dichiarò, “Gandalf il Grigio o, come lo chiamate sovente voi elfi, …”, non fece in tempo a finire la frase che re Elrond proseguì, “…Mithrandir”. Evelyn sorrise e annuì. “Non sapevo che Gandalf avesse una nipote!”, esclamò re Elrond. “Beh, mio zio solitamente non parla molto di sé”, asserì Evelyn con serietà. Re Elrond rispose sorridendo a quella affermazione e poi disse, “Bene Evelyn! Allora se Gran Burrone è la vostra meta, sarà per me un piacere scortarvi e avervi come mia ospite”. “Vi ringrazio! Però prima devo ritrovare il mio cavallo. Con tutta la confusione che c’era ha ritenuto saggio allontanarsi da qui”, affermò Evelyn guardandosi intorno. Non fece in tempo a finire la frase che re Elrond fece un cenno ed uno degli elfi si avvicinò portandole il suo cavallo. Evelyn guardò re Elrond meravigliata, lo ringraziò e montò a cavallo. Gli elfi ed Evelyn si misero in marcia verso Gran Burrone e, mentre si allontanavano, Evelyn guardò verso la roccia dove si erano nascoste le persone che gli orchi stavano inseguendo e pensò, Ormai sono comunque fuori pericolo!

Dopo quattro ore di cammino, superato il Guado di Bruinen, percorsero un sentiero lungo e tortuoso che terminava in un’immensa valle. Davanti agli occhi di Evelyn si aprì uno scenario incantato; rimase stupefatta dalla bellezza di quel luogo dove una città sorgeva a ridosso di una cascata che si gettava nel fiume sottostante, circondata da montagne e da un’ampia macchia verdeggiante. Dopo un primo istante, si rese conto che quella valle era identica a quella del suo sogno; questo la inquietò un po’, ma cercò di non lasciarsi sopraffare dalla preoccupazione. Agitarmi non mi aiuterà di certo a risolvere i miei dubbi!, pensò per cercare di calmarsi.
Evelyn fece un profondo respiro e sentì crescere dentro di sé una sensazione di pace e beatitudine grazie all’energia positiva e magica che permeava la valle. Si fermò per un po’ a contemplare l’incanto di quel paesaggio, tanto da non accorgersi che gli elfi avevano proseguito. Allora partì al galoppo per cercare di raggiungerli percorrendo un lungo ponte di pietra che conduceva ad uno spiazzo dove vide gli elfi, disposti su due file in cerchio, girare in tondo, una fila in un senso e l’altra nel senso opposto.
Evelyn si meravigliò di fronte a quell’atteggiamento. Magari si tratta di una sorta di cerimonia tipica degli elfi!, pensò incuriosita. Scese da cavallo e si avvicinò lentamente. Man mano che si approssimò riuscì ad intravedere che al centro, attorniati dagli elfi, c’era un gruppo di persone, ma la sua attenzione fu presto attirata dal nome che pronunciò re Elrond, “Gandalf!”. Evelyn provò un senso di sollievo nell’apprendere che anche suo zio era arrivato a Gran Burrone. Gandalf non si accorse subito della presenza di sua nipote poiché era celata dal gruppo di elfi a cavallo.
“Re Elrond! Mellonen! Mo evínedh?”*, replicò Gandalf facendo un lieve inchino a re Elrond. “Farannem ‘lamhoth i udul o harad. Dagannem rim na lant Vedui”**, rispose re Elrond scendendo da cavallo. Poi si avvicinò allo stregone e lo salutò con un abbraccio.
La conoscenza dell’elfico di Evelyn non era perfetta, ma riuscì comunque a capire abbastanza di cosa stessero parlando re Elrond e suo zio. In seguito re Elrond proseguì dicendo, questa volta non in elfico, “E lungo la strada abbiamo incontrato una persona che stava venendo qui apposta per incontrarti”.
Re Elrond si voltò nella direzione in cui si trovava Evelyn e Gandalf seguì il suo sguardo. Evelyn si fece avanti e quando lo stregone la vide un’espressione di gioia si delineò sul suo viso. “Eve!”, esclamò Gandalf andandole incontro. Evelyn sorrise e corse ad abbracciare suo zio. In quel momento sentì dei mormorii e, voltandosi leggermente verso il punto dal quale provenivano, notò che alcuni individui la stavano fissando meravigliati. Visti da vicino, si rese conto che erano dei nani. Devono essere i nani di cui mi ha parlato mio zio nella lettera!, pensò senza esitazione.  
La sua attenzione sui nani fu distolta da Gandalf che dichiarò, “Ma fatti guardare! Sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista!”. “Beh, cinque anni non sono pochi”, replicò Evelyn abbozzando un sorriso. Mentre Gandalf si mise a ridere, re Elrond intervenne dicendo, “L’abbiamo trovata nei pressi di Ultimo Ponte, proprio dove abbiamo affrontato gli orchi”. Gandalf guardò sua nipote con curiosità e allora Evelyn affermò vantandosi, “Beh, sì, ho messo fuori gioco qualche orco!”. I due si misero a ridere, ma furono interrotti da re Elrond che asserì, indicando una spada che teneva in mano, “A proposito, strano per gli orchi avvicinarsi tanto ai nostri confini”. Poi proseguì, ”Qualcosa o qualcuno li ha attirati”, e intanto porse la spada all’unico elfo, tra quelli presenti, senza armatura, fermo ai piedi di una scalinata. “Ah, magari siamo stati noi”, replicò Gandalf con un tono pacato indicando il gruppo di nani. A quell’affermazione Evelyn ebbe un’intuizione, Ma allora erano loro le persone che gli orchi stavano inseguendo?!
I suoi pensieri furono interrotti da re Elrond che si mosse per andare incontro ad uno dei nani il quale, a sua volta, si fece avanti. “Benvenuto Thorin, figlio di Thrain”, disse re Elrond cortesemente rivolgendosi al nano. Evelyn sbirciò con circospezione dal punto in cui si trovava dietro re Elrond e notò che Thorin, per essere un nano, era piuttosto alto, con lunghi capelli neri e ricci, sui quali si iniziava ad intravedere l’avanzare dell’età, e la barba corta, a differenza di quella degli altri nani che era molto più lunga. “Non penso che ci conosciamo!”, affermò Thorin con un tono di voce calmo. “Tuo nonno aveva lo stesso portamento. Conoscevo Thror quando regnava sotto la montagna”, replicò re Elrond. “Ah sì?! Non ti ha mai menzionato!”, esclamò Thorin, sempre con un tono pacato, ma con presunzione.
Evelyn fu contrariata per l’atteggiamento arrogante e provocatorio di Thorin. Ma chi si crede di essere?! Ha lo stesso modo di fare di Jago. E io che pensavo di poter stare tranquilla per un po’ di tempo, invece dovrò avere a che fare con un tipo simile a lui!, pensò infastidita.  
Ci fu qualche secondo di silenzio in cui re Elrond e Thorin si guardarono con aria di sfida e, dopodiché, re Elrond disse con fermezza, “Nartho i noer, toltho i viruvor. Boe i annam vann a nethail vin”. Uno dei nani andò in collera credendo che il re li avesse insultati, considerando il tono grave con cui aveva enunciato la frase, “Che sta dicendo? Quello ci sta offrendo insulti?!”. I nani si misero sulla difensiva, ma Gandalf intervenne spiegando, “No, Mastro Gloin! Il re vi sta offrendo del cibo”. Quindi i nani si consultarono ed accettarono l’offerta, “Ah beh, allora facci strada!”, replicò Gloin.
 
Mentre tutti si apprestavano ad entrare nella città salendo per la scalinata di marmo ai piedi della quale si trovava lo spiazzo dove erano radunati, Evelyn si accorse che Thorin la stava fissando intensamente con uno sguardo serio ed autorevole. Stava per rispondergli a tono quando, guardandolo dritto negli occhi, ebbe un fremito lungo tutto il corpo e, nuovamente, riaffiorò la sensazione di benessere ed inquietudine; per di più, questa volta, il cuore incominciò a batterle all’impazzata. Cercò di distogliere lo sguardo, ma non ci riuscì perché quelli di Thorin erano gli stessi occhi del suo sogno.
“Ah, Thorin, permettimi di presentarti mia nipote Evelyn…viene dall’Haradwaith”, intervenne Gandalf interrompendo quel momento di imbarazzo. “Dall’Haradwaith?! Una ragazza così giovane ha affrontato un viaggio così lungo e pericoloso da sola?”, dichiarò Thorin pacatamente accennando un sorriso beffardo. Le parole di Thorin fecero dimenticare ad Evelyn tutto quello che aveva provato nel loro incontro di sguardi e la collera prese il sopravvento. “Non sono una ragazza qualsiasi! Sono una strega e sono in grado di cavarmela benissimo da sola!”, sbottò Evelyn.
 
Detto ciò, Evelyn si girò di scatto e se ne andò via furibonda. Gandalf si incamminò a seguito di sua nipote, non prima di aver lanciato uno sguardo di rimprovero a Thorin, e dopo averla raggiunta, le disse, “Eve, vieni, ti presento il resto della compagnia”. “Spero che non siano tutti come Thorin”, mormorò Evelyn seguendo suo zio.
Gandalf ed Evelyn raggiunsero il gruppo dei nani. “Ragazzi! Posso presentarvi mia nipote Evelyn?!, esclamò lo stregone. Poi si rivolse a sua nipote, “Evelyn, loro sono Balin, Dwalin, Fili, Kili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur”. Gandalf li indicò uno ad uno man mano che elencò i loro nomi. “Ah, e lui è Bilbo Baggins, un hobbit della Contea e il nostro scassinatore!”, aggiunse lo stregone. Evelyn guardò suo zio con un’aria perplessa e Gandalf esclamò, “Poi ti spiego!”. Allora Evelyn si rivolse verso i nani e Bilbo, “Piacere di conoscervi!”, affermò facendo un inchino. I nani e lo hobbit risposero all’inchino in modo impacciato facendo divertire Evelyn. “Mi ci vorrà un po’ per ricordare tutti i vostri nomi”, asserì poi sorridendo. Tutti i nani e Bilbo sorrisero a loro volta, tranne Dwalin. Evelyn lo notò e pensò stizzita, Questo è un altro come Thorin!
 
Mentre si addentravano nella città percorrendo i lunghi viali e i corridoi, Evelyn si guardò intorno per godere appieno dello splendore di quel luogo e della tranquillità che sprigionava, quando si rese conto che uno dei nani la stava fissando ripetutamente sorridendole in modo amichevole: si trattava di Fili. Fili sembrava essere più giovane rispetto agli altri nani; aveva lunghi capelli biondo scuro e ricci, adornati da una serie di trecce, la barba corta rispetto ai suoi compagni e occhi azzurri. Ma Evelyn fu particolarmente colpita dai suoi baffi; erano lunghi ai lati del mento, raccolti in piccole trecce.
Evelyn rispose al sorriso poiché a prima vista le sembrò simpatico, Non sembra scorbutico e arrogante come Thorin! Ma come pronunciò nella sua mente il nome di Thorin, i suoi pensieri andarono subito a quello che era accaduto poco prima con lui. Allora si girò per cercare il suo sguardo e, quando i loro occhi si incontrarono, fu ancora colpita da un fremito; immediatamente si voltò in avanti e pensò scombussolata, Per il momento sarà meglio evitare ogni contatto visivo con lui!
Una volta rinsavita, si avvicinò a suo zio per porgergli qualche domanda, “Zio! Mi potresti spiegare meglio tutta questa storia del viaggio verso Erebor?! E perché gli orchi vi stavano dando la caccia?”. “Dopo ti spiegherò. Adesso devi riposarti. Hai fatto un lungo viaggio per arrivare fin qui e non è ancora finito”, replicò Gandalf con un sorriso affettuoso.
Ad un certo punto re Elrond si avvicinò e rivolgendosi ad Evelyn le disse cordialmente, “Vi farò accompagnare nella vostra stanza così potrete prepararvi per la cena”. “Vi ringrazio!”, rispose Evelyn. L’elfo al quale re Elrond aveva consegnato la spada degli orchi l’accompagnò nella stanza che era stata scelta per lei. Quando arrivarono a destinazione, l’elfo dichiarò, “Manderò qualcuno a preparavi il bagno e a portarvi un abito”. “Grazie!”, replicò Evelyn facendo un inchino.
 
Evelyn entrò nella camera, chiuse la porta e tirò un sospiro di sollievo. Si buttò sul letto e cercò di rilassarsi, ma non ci riuscì perché aveva fisso nella mente lo sguardo magnetico di Thorin. “Ma che ti sta prendendo Evelyn?! Riprenditi!”, mormorò. Dopo protestò, “Tutta colpa di quel sogno!”. Rifletté per un attimo e poi asserì, “Già il sogno! E se si trattasse di un sogno premonitore? La valle dove mi trovo ora è identica a quella del mio sogno. Poi ho sognato degli occhi azzurri profondi e penetranti e gli occhi di Thorin sono proprio così. E anche le sensazioni che sto provando sono le stesse del sogno”. Evelyn sapeva di streghe capaci di prevedere il futuro tramite i sogni, però le sembrò comunque strano perché a lei non era mai accaduta una cosa del genere e non capì come mai succedeva proprio in quel momento.
Ad un tratto qualcuno bussò alla porta ed Evelyn ebbe un sussulto; fece un respiro profondo, si alzò e andò ad aprire. Si trattava di un elfo femmina con lunghi capelli lisci e castani vestita con un abito bianco nella parte centrale e tutto il resto di colore blu, con rifiniture di colore argento. “Buongiorno! Sono qui per preparavi il bagno e vi ho portato questo vestito”, affermò l’elfo cortesemente indicando l’abito che teneva in mano. “Prego!”, disse Evelyn facendo cenno all’elfo di entrare. L’elfo appoggiò il vestito sul letto, preparò la vasca per il bagno e dopodiché si congedò. Evelyn chiuse a chiave la porta, si tolse i vestiti e si immerse nell’acqua tiepida lasciandosi cullare dal tepore che emanava; finalmente riuscì a rilassarsi sgombrando la sua mente da ogni pensiero.
 
 
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*Amico mio! Dove sei stato?
**Davamo la caccia a un branco di orchi venuto dal Sud. Ne abbiamo uccisi diversi vicino a Ultimo Ponte
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: una piacevole sosta ***


Capitolo 6: una piacevole sosta
 
Evelyn, dopo aver assaporato il piacere di un bagno rilassante grazie al quale ogni preoccupazione svanì dalla sua mente, si sentì decisamente meglio. Si diresse verso il letto dove era adagiato il vestito che avrebbe dovuto indossare e si preparò; l’abito era di colore verde scuro in velluto con una fascia argentata all’altezza della vita, le maniche lunghe e ampie che scendevano ai lati dall’avambraccio e, all’altezza del braccio, delle sottomaniche aderenti di colore bianco.
Appena finì di prepararsi, qualcuno bussò alla porta. “Entrate!”, esclamò Evelyn. Si trattava dell’elfo femmina che le aveva portato il vestito e preparato il bagno, “E’ tutto pronto per la cena. Venite, vi accompagno”. Evelyn seguì l’elfo che la condusse in una sala che si affacciava su un terrazzo sul quale erano stati imbanditi dei tavoli e dove vi erano anche alcuni elfi che suonavano l’arpa e il flauto per allietare i commensali. Re Elrond, suo zio e Thorin la stavano aspettando ed Evelyn, non appena vide il nano, ebbe un momento di incertezza, ma cercò di non far trasparire la sua esitazione, perciò finse di essere intenta ad ammirare la sala.
“Oh, Eve! Aspettavamo solo te”, disse Gandalf sorridente. Mentre si avvicinò a suo zio, i suoi occhi incrociarono nuovamente quelli di Thorin che la stava fissando, ma questa volta non più con l’espressione seria ed autorevole con cui l’aveva accolta al suo arrivo a Gran Burrone; questa volta il suo sguardo era più cordiale e sulle sue labbra era abbozzato un sorriso. Non tardarono a ripresentarsi le solite sensazioni che ormai erano diventate sempre più frequenti. Meno male che per un po’ avrei dovuto evitare ogni contatto visivo con lui!, pensò Evelyn ironicamente.
Visto lo sguardo insistente di Thorin, ad un certo punto Evelyn provò dell’imbarazzo ma, nonostante tutto, quella situazione le provocò anche un senso di gioia. Quel momento idilliaco, però, fu interrotto da re Elrond che si schiarì la voce per attirare l’attenzione. Allora Evelyn distolse lo sguardo da Thorin e guardò il re degli elfi che disse, “Bene, allora possiamo andare!”.
Evelyn annuì e si avviarono tutti e quattro verso il terrazzo. Gandalf si affiancò a re Elrond, mentre Evelyn e il nano seguirono i due trovandosi fianco a fianco. Evelyn con la coda dell’occhio controllò per verificare quale atteggiamento avesse assunto Thorin e notò che era intento a guardare altrove come se niente fosse; questo fece nascere in Evelyn un misto di delusione e risentimento.
Ad un tratto Gandalf esordì, “Sei stato gentile a invitarci. Non sono vestito per la cena”. “Beh, non lo sei mai”, rispose re Elrond pacatamente. Gandalf si mise a ridere alle parole del re ed anche Evelyn non potè fare a meno di sorridere.
 
Thorin, Evelyn e Gandalf si sedettero alla tavola d’onore insieme a re Elrond, mentre il resto della compagnia sedeva in altri tavoli poco più in là. Venne servita loro la cena tutta a base di insalata e verdure. Evelyn guardò il suo piatto stupita, ma poi si ricordò di aver letto che gli elfi non sono amanti della carne. Ah già! Gli elfi non mangiano carne! Andiamo proprio bene!, pensò sconsolata. Mestamente prese la forchetta e si sforzò di mangiare un po’ almeno per non morire di fame.
Intanto si guardò attorno e vide che anche i nani stavano fissando i loro piatti increduli e qualcuno di loro stava ispezionando sotto l’insalata sperando di trovarci qualcosa di più sostanzioso. La scena la rallegrò e trovò confortante il fatto che non fosse l’unica a disperarsi per la tipologia di cibo.
 Nel frattempo che stavano consumando il loro pasto, il gruppo al tavolo d’onore si intrattenne in una conversazione iniziata da re Elrond. “Gandalf! Perchè non mi hai mai detto di avere una nipote così graziosa?!”, esordì il re. Evelyn lo guardò con stupore, ma compiaciuta del complimento che le aveva rivolto. Poi diresse il suo sguardo verso Thorin e quello che vide non fu per niente di suo gradimento; sul volto del nano percepì totale indifferenza. Evelyn provò un senso di rabbia e non si capacitò del comportamento di Thorin, Ma come si permette di ignorarmi in questo modo! Avrebbe tanto voluto rimproverarlo per la sua mancanza, ma cercò di calmarsi respirando profondamente. Non gli darò di certo la soddisfazione di vedermi offesa dal suo modo di fare!, pensò aspramente.
Allora indirizzò la sua attenzione verso re Elrond e suo zio che si apprestò a rispondere alla domanda rivoltagli, “Beh, non mi piace parlare molto della mia vita privata, se non è strettamente necessario. E finora non c’è mai stata la necessità di parlarne”, replicò con tono pacato. “Va bene! Allora vediamo se, invece, a tua nipote piace parlare della sua vita privata!”, asserì re Elrond. “E cosa vorreste sapere?”, domandò incuriosita Evelyn. “Vostro padre di cosa si occupa?”, chiese il re. “Oh beh, mio padre è il reggente della comunità dove viviamo”, dichiarò con orgoglio Evelyn. Re Elrond annuì interessato e poi, dando un’occhiata allo stregone, proseguì, “E siete imparentata con Gandalf da parte di madre o di padre?”. “Da parte di madre”, affermò Evelyn abbozzando un sorriso. “Sì, mia sorella Arinne!”, esclamò lo stregone. “Capisco!”, disse il re guardando prima Evelyn e in seguito nuovamente Gandalf. “Questa è la prima volta che venite nella Terra di Mezzo?”, seguitò re Elrond nel porre domande ad Evelyn. “Sì, è la prima volta, ma era già da un po’ di tempo che avrei voluto venirci e, grazie a mio zio, finalmente potrò visitarla!”, rispose Evelyn sorridendo appagata.
Il suo sorriso scomparve quando vide Thorin fissare prima lei e poi Gandalf con stupore e severità. Lo stregone, resosene conto, diede un colpo di tosse e si schiarì la voce prima di iniziare a parlare rivolgendosi a re Elrond, “A proposito! Avremmo una cosa da farti vedere. Delle spade che abbiamo trovato lungo la strada”. Il re guardò lo stregone con curiosità. Quindi Gandalf si voltò verso Thorin ed esclamò, “Thorin mostragli la tua!”. Il nano esitò un attimo, poi prese la sua spada e la consegnò a Re Elrond che la osservò con interesse e disse, “Questa è Orcrist, la fendi orchi. Una lama famosa forgiata dagli Alti Elfi dell’Ovest, la mia famiglia. Possa servirti bene”, e la restituì a Thorin che annuì senza però lasciar trapelare dal suo volto alcuna emozione.
Dopo fu Gandalf a dare la sua spada a re Elrond che la guardò attentamente e affermò, “E questa è Glamdring, l’abbattinemici, spada del re di Gondolin.” Il re proseguì spiegando il motivo per cui erano state forgiate quelle spade. Evelyn non ascoltò neanche una parola della spiegazione poiché la sua attenzione fu nuovamente rivolta a Thorin. Non riesco proprio a capire il suo atteggiamento! Chissà cosa gli passerà per la testa?, pensò fissandolo. Ad un tratto, il nano si voltò verso di lei incrociando il suo sguardo. Evelyn, accortasi di essere stata colta in flagrante, si sentì in imbarazzo e abbassò gli occhi.   
Terminato con la delucidazione, re Elrond chiese a Gandalf, “Come ne sei entrato in possesso?”. “Le abbiamo trovate nel bottino dei Troll sulla grande via Est”, rispose lo stregone. Evelyn, ancora una volta, posò i suoi occhi su Thorin e notò che la sua espressione si fece più seria e sul suo volto intravide della preoccupazione. “Poco prima di un’imboscata degli orchi”, proseguì Gandalf. “E che stavate facendo sulla grande via Est?”, domandò il re.
A questa domanda Gandalf ebbe un momento di esitazione; invece Thorin si alzò e, scusandosi, se ne andò raggiungendo i suoi compagni. Evelyn lo guardò allontanarsi con dispiacere. “Eve! Tutto bene?”, le chiese suo zio con apprensione. “Sì, tutto bene!”, dichiarò Evelyn sorridendo e fingendo indifferenza. Ma Evelyn sapeva che non andava bene niente dall’istante in cui aveva conosciuto Thorin; non riusciva a smettere di pensare a lui e desiderava ardentemente la sua attenzione. Di questo non riuscì a capacitarsene, Che cosa mi sta accadendo? Non capisco!, pensò sconcertata.
Evelyn venne interrotta dai suoi pensieri da re Elrond che riprese a parlare dicendo, “Tredici nani e un mezz’uomo! Strani compagni di viaggio, Gandalf!”. “Sono discendenti della casa di Durin, gente nobile, onesta e sorprendentemente colta. Hanno un grande amore per l’arte”, rispose Gandalf con convinzione. Lo stregone non fece in tempo a finire la frase che Bofur si alzò in piede, salì sopra ad un piedistallo posto al centro del terrazzo e iniziò a cantare; tutti i nani si misero a cantare insieme e a lanciarsi addosso il cibo che finì da tutte le parti. Gandalf cercò di sembrare indifferente alla situazione, ma l’imbarazzo che provava si leggeva chiaramente sul suo volto. Invece Evelyn incominciò a ridere di gusto, però quando vide che re Elrond e gli altri elfi avevano un’espressione sbigottita cercò di trattenersi, tuttavia senza riuscirci.
Bofur finì di cantare e i suoi compagni lo applaudirono e lo acclamarono, continuando a lanciare il cibo, ed Evelyn si unì all’applauso sotto lo sguardo attonito di suo zio e di re Elrond. In quel momento si accorse che Fili la stava guardando sorridendo e compiaciuto del fatto che si fosse divertita e lei ricambiò il sorriso. Ma constatò subito che Fili non era il solo a guardarla; anche Thorin la stava fissando con un sorriso abbozzato sulle labbra. Evelyn fu allo stesso tempo felice, ma confusa; l’atteggiamento del nano era ambiguo e il suo modo di fare non l’aiutava a chiarire i suoi dubbi.    

Dopo cena Re Elrond convocò per una discussione privata Gandalf e Thorin ai quali si unirono anche Balin e Bilbo, mentre tutti gli altri si ritirarono nella dépendance assegnatagli. Evelyn, prima di recarsi nella sua stanza, decise di fare una passeggiata; la città era illuminata da una luna splendente la cui luce creava un’atmosfera misteriosa e magica.
Evelyn era talmente assorta dalla piacevole sensazione di benessere che provava da non accorgersi che qualcuno la stava seguendo, “Buona sera!”. Si girò di soprassalto e si trovò di fronte Fili. “Scusate, non volevo spaventarvi!”, asserì il nano resosi conto di aver preso alla sprovvista Evelyn. “Oh no! E’ che ero sovrappensiero e non vi ho sentito arrivare”, rispose Evelyn cordialmente. “Così voi siete la nipote di Gandalf?!”, chiese Fili amichevolmente ed Evelyn annuì. “E da dove venite?”, domandò Fili con curiosità. “Vengo dall’Haradwaith”, replicò Evelyn sorridendo. “E avete affrontato questo viaggio da sola!?”, esclamò Fili sorpreso. “Perché, pensate anche voi che una ragazza non possa cavarsela da sola?”, protestò Evelyn indispettita. “No, scusate, non volevo offendervi”, rispose Fili nervosamente, “D’altronde…ehm…se siete una strega, sicuramente saprete cavarvela”.
Evelyn fu divertita dalla goffaggine di Fili e la collera lasciò il posto ad un sorriso sul suo viso. “Va bene, per questa volta siete perdonato. Comunque, fino a Minas Tirith ho viaggiato con una mia amica e un mio servitore e poi ho proseguito da sola”, dichiarò Evelyn con tono pacato. “E come mai si sono fermati a Minas Tirith?”, chiese il nano incuriosito. “Perché da quello che ho concordato con mio zio dovrò proseguire il viaggio con voi, ma i miei genitori non dovevano e non devono sapere niente, perciò per farli stare tranquilli ho finto di farmi accompagnare in modo da non destare sospetti”, asserì Evelyn con impassibilità. “Davvero?! Verrete con noi?!”, esclamò Fili con esultanza alle parole di Evelyn.
“Fili, a cosa è dovuta la tua frenesia?”. Evelyn riconobbe subito quella voce profonda e sensuale, la voce di Thorin. Un brivido di gioia percorse il suo corpo, anche se un po’ era intimorita all’idea di incrociare ancora il suo sguardo. Si girò e sorridendo guardò Thorin, ma la sua felicità svanì presto non appena vide che sul suo volto c’era la solita espressione seria e indifferente. Subito si accorse che era presente anche suo zio e questo la rasserenò.
“Zio, sai che Evelyn verrà con noi?!”, disse Fili con entusiasmo. Zio?! Così Thorin è suo zio?!, pensò Evelyn scioccata. “Sì, lo so! Gandalf mi ha appena messo al corrente. Certo, avrei preferito essere avvisato prima di metterci in viaggio!”, rispose Thorin con un tono impassibile e senza lasciar trasparire alcuna emozione. Gandalf si schiarì la voce e replicò con fermezza, “ Beh, non vedo che differenza avrebbe fatto!”. Thorin fissò prima lo stregone e poi Evelyn con uno sguardo severo.
Tutta la contentezza provata da Evelyn lasciò il posto alla collera. Perché si comporta così? Cosa gli avrò mai fatto di male?!, pensò adirata tenendo lo sguardo fisso su Thorin. La rabbia aumentò sempre di più ed Evelyn sentì il sangue ribollirle nelle vene; una potente energia l’attraversò da capo a piedi. In quel momento si sollevò un vento che sembrò provenire dal nulla. Thorin e Fili si guardarono attorno stupiti, mentre Gandalf scrutò Evelyn con un misto di interesse e apprensione.
“Beh, si è fatto tardi! Eve, sarà meglio che tu vada a dormire. E’ stata una giornata intensa e pesante”, esordì Gandalf rivolgendosi a sua nipote affettuosamente. Evelyn distolse lo sguardo da Thorin e fissò suo zio. Poi fece dei profondi respiri e si calmò; contemporaneamente si quietò anche il vento. “Sì, hai ragione!”, rispose con calma sorridendo. “Vi posso accompagnare?!”, propose prontamente Fili. Evelyn lo guardò sorpresa, così come Thorin e Gandalf. Fili, avendo notato lo stupore in Evelyn, affermò, “Se volete!”. Evelyn rifletté un attimo e pensò dando un’occhiata a Thorin, Perché no?! Potrebbe essere un modo per fargliela pagare per il suo comportamento nei miei confronti! A convincerla del tutto fu l’espressione irritata di Thorin. Allora guardò Fili con un sorriso malizioso e replicò, “Sì, vi ringrazio! Siete gentile!”. Poi si voltò verso suo zio che la stava fissando con uno sguardo di rimprovero, al quale lei fece finta di niente, e gli augurò la buona notte. Per educazione si congedò anche da Thorin accennando un inchino e guardandolo con aria di sfida.

Fili ed Evelyn si incamminarono e durante il tragitto conversarono un po’. “Allora, come si sta nell’Haradwaith?”, chiese Fili sorridente. “Uhm, non si sta male!”, rispose Evelyn allegramente. “Ed è la prima volta che venite nella Terra di Mezzo?”, domandò il nano. “Sì, è la prima volta!”, replicò Evelyn. “E come vi sembra?”, proseguì Fili. “Da quello che ho visto finora mi sembra bella!”, dichiarò sorridendo Evelyn. Fili la osservò ammaliato. Evelyn lo notò e chiese titubante, “Che…che c’è?”. “No, niente, scusatemi!”, asserì il nano distogliendo lo sguardo. Poi fece un profondo respiro e chiese timidamente, “E il vostro fidanzato vi ha lasciata partire da sola?”. Evelyn lo guardò sbalordita e sentì un calore divampare sulle sue guance. “Oh…ecco…io…veramente…non sono fidanzata!”, affermò Evelyn imbarazzata. “Ah, davvero?! Che strano!”, esclamò il nano felicemente meravigliato. “Perché lo trovate strano?”, domandò Evelyn stupita. “Beh…ehm…mi sembra strano perchè…perché…insomma…siete una bella ragazza e avrete sicuramente qualche spasimante!”, affermò Fili titubante e visibilmente in imbarazzo. Evelyn rimase a bocca aperta e senza parole all’affermazione del nano che si rese conto del disagio provato dalla ragazza e cercò di rimediare al danno, “Ehm…scusate…forse ho un po’ esagerato!”, disse mestamente. Dopo il primo momento di esitazione, Evelyn rispose infastidita, “In effetti sarebbe stato meglio da parte vostra evitare domande e affermazioni del genere! Questa idea che per forza bisogna essere fidanzati! Non lo concepisco proprio!”. Fili percepì l’irritazione di Evelyn e si sentì in colpa. “Perdonatemi! Non pensavo vi avrebbe dato così fastidio!”, affermò Fili malinconicamente. Evelyn capì che il nano era sinceramente pentito, allora si calmò e asserì, “Va bene! Facciamo come se non fosse successo niente!”. Fili guardò Evelyn con un’espressione di sollievo.
Alla fine giunsero davanti alla stanza di Evelyn che dichiarò abbozzando un sorriso, “Beh, io sono arrivata!”. Fili ricambiò il sorriso e replicò, “Sì! Allora buona notte!”. “Buona notte!”, rispose Evelyn ed entrò nella camera.     
 
Evelyn chiuse la porta, si guardò attorno nella sua stanza e fece dei profondi respiri; i suoi pensieri andarono subito a quanto accaduto poco prima con Thorin e un senso di rabbia riaffiorò nuovamente in lei. “Ma chi si crede di essere?! Come si permette di trattarmi con così tanta indifferenza?!”, protestò vibratamente. Poi, senza dire una parola, si diresse verso il letto con impetuosità, prese il cuscino e lo percosse violentemente contro il materasso sfogando tutta la sua collera.
Quando finalmente riuscì a calmarsi, lasciò cadere il cuscino per terra, andò verso lo specchio e si osservò; le sue guancie erano rosse e qualche ciocca dei suoi capelli era scombinata. Si diede una sistemata e, ammirandosi con fierezza, dichiarò aspramente, “Ma perché me la prendo così tanto?! Che mi importa di lui! Faccia quello che vuole!”.
Dopodiché, poiché era ancora accaldata per lo sfogo d’ira, si sciacquò il viso per rinfrescarsi e poi si preparò per la notte; il viaggio e tutto quello che era successo al suo arrivo a Gran Burrone l’avevano stancata talmente tanto che si addormentò subito.
Ma ecco che, un’altra volta, il suo sonno fu disturbato da un sogno:
 
Evelyn si trovava dentro una grotta nella quale aveva difficoltà a camminare a causa della scarsità di luce. Proseguì a tentoni senza sapere dove stava andando quando, ad un tratto, sentì un rumore; una voragine si aprì sotto i suoi piedi e lei precipitò in un pozzo che sembrò senza fondo.
 
Evelyn si svegliò di soprassalto respirando con affanno; cercò di calmarsi e pensò, E’ soltanto un sogno!, o almeno era quello che sperava. All’improvviso qualcuno bussò alla porta e questo la fece trasalire di nuovo. “A…avanti!”, rispose titubante. Nella stanza entrò l’elfo femmina che il giorno prima si era occupata di lei, “Buongiorno! Ben svegliata! Vi ho portato la colazione”, disse posando il vassoio con le vivande su un tavolo posto al centro della stanza. Appeso al suo braccio destro c’era un vestito il quale Evelyn intuì essere per lei. “Vi ho portato anche questo abito”, affermò l’elfo appoggiandolo ai piedi del letto. “Vi ringrazio!”, replicò Evelyn sorridendo.
Dopo che l’elfo femmina si congedò e uscì dalla stanza, Evelyn si alzò, si sedette al tavolo dove si trovava il vassoio con la colazione e mangiò assorta nei suoi pensieri che riguardavano sia Thorin sia i sogni che aveva fatto finora. Finito di mangiare si alzò, prese il vestito sul letto e si preparò; questa volta le avevano portato un abito in velluto bicolore, blu con disegni floreali nella parte centrale e tutto il resto bianco, con maniche strette che si allargavano all’altezza del polso.     
 
Evelyn uscì dalla stanza decisa a cercare suo zio per parlargli. Stava scendendo le scale esterne per dirigersi verso il giardino quando sentì delle risate; guardò oltre le siepi e vide alcuni nani intenti a farsi il bagno in una fontana. Distolse subito lo sguardo per l’imbarazzo; non aveva mai visto un uomo nudo, tanto meno un nano. Però, nonostante tutto, non riuscì a trattenersi dal sorridere.
“Non è educato spiare le persone!”. Evelyn sussultò, si voltò e si trovò faccia a faccia con Thorin; sentì un calore pervaderle il viso e fu certa di essere arrossita per la vergogna di essere stata scoperta ad origliare. Un misto di imbarazzo ed ansia permeò i suoi sensi. “Oh no, non stavo spiando! Ho sentito un rumore e volevo vedere di cosa si trattava, ma non era mia intenzione spiare!”, cercò di giustificarsi Evelyn.
Sulle labbra di Thorin si disegnò un sorriso calmo e rassicurante. “Va bene! Allora, se non sono indiscreto, posso sapere cosa stavate facendo?”, asserì pacatamente. “Stavo cercando mio zio”, rispose Evelyn tranquillizzata dal tono quieto con cui il nano le parlò. Ma la sua tranquillità svanì subito nel momento in cui Thorin cominciò a fissarla intensamente. Evelyn rimase disorientata dal suo comportamento e non riuscì a reagire.
All’improvviso il nano prese la parola e propose, “Vi accompagno io da vostro zio!”. Evelyn fu sbalordita da quella proposta e titubante disse, “Oh…beh…se voi sapete dove si trova, forse è meglio, altrimenti non saprei dove cercarlo!”. Thorin abbozzò un sorriso ed esclamò, “Bene! Allora andiamo!”. Evelyn annuì e aspettò che il nano le facesse strada.   
Thorin fece qualche passo avanti e si voltò verso Evelyn facendole cenno con la testa di seguirlo; si incamminò anche lei portandosi di fianco a lui. Evelyn lo scrutò con la coda dell’occhio e pensò perplessa, Ma che strano! E chi lo capisce?! Una volta è arrogante e scorbutico e un’altra volta è gentile e premuroso! Ad un certo punto Thorin si voltò verso di lei e la guardò; lei distolse immediatamente lo sguardo sperando che lui non si fosse accorto di essere osservato. “Da quello che mi ha detto Gandalf sembra che ve la cavate bene con la spada e con arco e frecce”, esordì Thorin. Evelyn lo fissò severamente e replicò con fermezza, “Cosa vorreste insinuare?!”. Il nano abbozzò un sorriso e con impassibilità dichiarò, “Niente! Solo che non capisco come mai una strega decida di imparare ad usare le armi quando può affidarsi alla magia per difendersi!”. Il volto di Evelyn si distese e abbandonò l’espressione austera. “Beh, è per una sfida con me stessa e con gli altri”, affermò con tono pacato. Thorin la guardò confuso, quindi Evelyn cercò di dissipare i suoi dubbi, “Ecco, vedete, cavarsela con la magia è facile. Più difficile è cavarsela usando armi non sovrannaturali. Voglio dimostrare di riuscire a fare qualcosa che non implichi l’uso della magia”. “E finora com’è andata?”, domandò Thorin incuriosito. “Beh, abbastanza bene!”, rispose Evelyn con fierezza. Thorin annuì sorridendo ed Evelyn ricambiò il sorriso. “Una strega temeraria ed impavida! Mi ricorda un certo Stregone Grigio!”, asserì Thorin in tono allegro. Evelyn si meravigliò nel sentirlo parlare così vivacemente, ma in fondo questo la rallegrò.
Però il riferimento a suo zio le fece notare che era da un po’ che stavano camminando e di Gandalf nemmeno l’ombra. Allora Evelyn, con noncuranza, chiese, “Perdonatemi, ma siete sicuro di sapere dove si trova mio zio?!”. Uno sguardo serio e di rimprovero prese il posto dell’espressione cordiale sul volto di Thorin; Evelyn capì che il nano non aveva gradito quella domanda. Oh oh! Forse era meglio se stavo zitta!, pensò con apprensione guardando Thorin mestamente.
 Per fortuna quel momento imbarazzante fu interrotto dall’arrivo di Gandalf, “Oh, Thorin, Eve! Vi stavo cercando”. Evelyn si rincuorò nel vedere suo zio perché questo significò evitare la situazione spiacevole che si era creata tra lei e Thorin. “A quanto pare non sei il solo che stava cercando qualcuno”, replicò Thorin con austerità fissando Evelyn con sguardo severo. “Anche tua nipote ti stava cercando”, proseguì poi voltandosi verso Gandalf. Lo stregone guardò perplesso sia sua nipote che Thorin.
Evelyn sapeva benissimo che a suo zio raramente sfuggiva qualcosa e che l’atteggiamento del nano nei suoi confronti non sarebbe passato inosservato agli occhi di Gandalf, perciò per evitare che giungesse a qualche conclusione affrettata, cercò di distrarlo. “Zio, perché ci cercavi?”, domandò prontamente per distogliere l’attenzione dello stregone dall’attuale circostanza. “Beh, dovrei chiederti anch’io perché mi stavi cercando!”, rispose Gandalf con un tono rilassato. Evelyn fissò suo zio con inflessibilità sospirando e affermò pacatamente, “Te l’ho chiesto prima io!”. Lo stregone abbozzò un sorriso e, spostando lo sguardo da Evelyn a Thorin e viceversa, asserì, “Per dirvi di tenervi pronti a partire appena possibile. Re Elrond ha chiesto di parlarmi e credo proprio che l’argomento della nostra conversazione sarà il motivo del nostro viaggio”. Il volto di Thorin si fece cupo, “Lo sapevo! Gli elfi non approvano”, dichiarò con un tono di voce che lasciò trasparire del risentimento. Evelyn guardò dubbiosa sia il nano che suo zio e pensò, Cosa non dovrebbero approvare gli elfi?! Nel frattempo Gandalf affermò con compostezza, “Non ho mai detto il contrario!”.
Detto ciò, lo stregone stava per mettersi in cammino per recarsi da Re Elrond, ma Evelyn lo fermò, “Aspetta zio! Ti accompagno”. Gandalf si voltò verso sua nipote, le sorrise e rispose, “Ma certo! Così nel frattempo potremo chiacchierare un po’”. Evelyn ricambiò il sorriso e fece per incamminarsi quando si ricordò di non essersi accomiatata da Thorin. Allora si girò verso di lui per congedarsi e fu così che notò sul suo volto un’espressione mista di delusione, amarezza e rancore; questo sconcertò Evelyn che, presa alla provvista, non riuscì a dire niente e si affrettò ad andarsene con suo zio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: chi la dura, la vince! ***


Capitolo 7: chi la dura, la vince!
 
Ma cosa gli è preso? Sembra quasi che si sia offeso!, rifletté Evelyn pensando a ciò che era appena accaduto con Thorin. Beh, se così fosse, gli sta bene! Una piccola vendetta per tutte le volte che lui mi ha trattata con indifferenza!, sentenziò tra sé.
Gandalf notò che sua nipote era pensierosa, perciò le chiese con apprensione, “Eve! Cosa c’è?”. Evelyn si destò dai suoi pensieri e, dopo un primo momento di incertezza, rispose con calma, “Oh no, niente! Stavo solo pensando ad alcune cose”. “Che tipo di cose?”, domandò incuriosito lo stregone. “Beh, il viaggio verso Erebor, gli orchi che vi inseguivano e gli elfi che sono contrari a questa impresa. Insomma, gradirei una spiegazione!”, replicò prontamente Evelyn. “Sì, più che comprensibile! Hai diritto ad un chiarimento”, affermò Gandalf pacatamente. “Dunque, vediamo! Ehm…tu sai chi è Smaug?!”, dichiarò lo stregone. “Sì! Smaug è un drago che si è impossessato della Montagna Solitaria, una volta regno dei nani”, asserì Evelyn. “Certo, ma non nani qualsiasi…i discendenti di Durin. Prima dell’arrivo di Smaug, Erebor era il più potente tra i sette regni dei nani; vi regnava Thror, il nonno di Thorin”, disse Gandalf.
Un’espressione di sorpresa si disegnò sul volto di Evelyn che replicò, “Questo vuol dire che Thorin è…”. Non fece in tempo a finire di parlare che Gandalf la interruppe completando lui la frase, “…è il legittimo erede di Erebor! E’ il Re Sotto la Montagna!”.
E’ un re?! Adesso capisco perché ha sempre quell’atteggiamento fiero e sfacciato!, ragionò Evelyn. Poi ripensò al modo scortese con cui si era rivolta a lui la prima volta e la colpì un senso di vergogna. Però io non sapevo che fosse un re! E comunque, se l’è meritato! Così impara a comportarsi meglio! Il fatto che sia un re non gli da’ il diritto di trattare con sufficienza le persone!, pensò alla fine per non sentirsi in colpa.
Dopo un attimo Evelyn mise da parte le sue riflessioni e continuò il discorso, “Perciò adesso ha deciso di riprendersi ciò che è suo di diritto?!”, esclamò. “Esatto!”, rispose Gandalf. “Ma è passato tanto tempo da quando Smaug ha preso possesso di Erebor! Perché solo adesso i nani hanno deciso di agire?”, affermò Evelyn dubbiosa. “Perché adesso ci sono stati i segnali della profezia”, replicò lo stregone. Evelyn guardò suo zio con uno sguardo inquisitorio e allora Gandalf proseguì nel chiarimento, “Quando gli uccelli del passato torneranno ad Erebor, il regno della bestia avrà fine!”. “Gli uccelli del passato?!”, dichiarò Evelyn perplessa. “Corvi, mia cara Eve! I corvi sono stati visti volare verso la montagna come predetto”, asserì lo stregone. “Ah, capisco!”, disse Evelyn annuendo. “E gli orchi cosa hanno a che fare con questa storia? Perché vi stavano dando la caccia?”, domandò Evelyn con apprensione. “Perché c’è qualcuno che vuole la testa di Thorin!”, rispose Gandalf con un tono grave.
Evelyn a quelle parole si sentì quasi mancare. Qualcuno vuole Thorin morto?!, pensò sconvolta. Il pensiero che Thorin avrebbe potuto essere ucciso la fece angosciare e non riuscì ad evitare che suo zio se ne accorgesse.
“C’è qualcosa che non va?”, chiese Gandalf avendo notato una certa agitazione in Evelyn. “No, è che…non mi aspettavo una risposta del genere!”, replicò Evelyn cercando di nascondere al meglio la sua preoccupazione. Poi, dopo un momento di esitazione, chiese a suo zio, “E chi lo vuole morto?”.
Gandalf stava per risponderle quando si avvicinò un elfo che si rivolse allo stregone, “Mithrandir, volevo avvisarvi che il mio signore Elrond si è dovuto assentare. Parlerà con voi più tardi”. “Oh, va bene! Vi ringrazio per avermi avvisato”, rispose cordialmente Gandalf. L’elfo si congedò e se ne andò.
A quel punto, lo stregone si rivolse a sua nipote dicendo, “Beh, questo vuol dire che ho un po’ di tempo libero da dedicarti. Cosa ti andrebbe di fare?”. Evelyn ci pensò un po’ e poi rispose con entusiasmo, “Allenarmi con la spada!”. “Va bene! Però con quel vestito ti verrà un po’ difficile”, replicò Gandal con una calorosa risata. “Hai ragione! Vado a subito a cambiarmi!”, asserì allegramente Evelyn.

Evelyn corse nella sua camera, si cambiò in fretta indossando gli stessi vestiti utilizzati durante il viaggio per Gran Burrone, prese la spada e tornò immediatamente da suo zio che la stava aspettando. Dopodiché cercarono un posto tranquillo e lo trovarono in una zona a ridosso del fiume sottostante la città.
Gandalf si sedette su una panchina posta vicino ad un albero. “Beh! Cosa fai, ti siedi? Io voglio allenarmi!”, esclamò Evelyn con fermezza. Lo stregone abbozzò un sorriso e dichiarò, “Inizia pure! Io mi riposo un attimo”. Evelyn lo guardò con aria di rimprovero, allora Gandalf asserì scherzosamente, “Abbi un po’ di cuore per un povero vecchio!”. Evelyn assunse un’espressione rassegnata e, senza dire niente, cominciò ad allenarsi tirando qualche colpo nel vuoto.
Dopo qualche minuto, Evelyn si fermò, si voltò verso suo zio che stava osservando con attenzione il suo allenamento e gli disse pacatamente, “Zio, però non mi hai ancora detto chi vuole la testa di Thorin”. Gandalf fissò sua nipote con aria inquieta e replicò sospirando, “Lo scoprirai ben presto!”. Evelyn e suo zio si guardarono con preoccupazione. “Ed è per questo motivo che gli elfi non approvano questa impresa?”, domandò Evelyn incuriosita. “Beh, non sono sicuro, ma credo che siano più preoccupati per cosa potrebbe accadere se si risvegliasse Smaug e cosa potrebbe accadere a Thorin una volta riconquistata la Montagna Solitaria”, rispose lo stregone con tono apprensivo. “Cioè?!”, esclamò Evelyn perplessa. 
Gandalf stava per risponderle quando, ad un tratto, sentirono un rumore, si voltarono verso il punto dal quale proveniva e videro Bilbo che se ne andava in giro per i fatti suoi. “Ah, Bilbo!”, esclamò lo stregone alzandosi e andando incontro a lo hobbit; Evelyn appoggiò la spada a terra e seguì suo zio. Bilbo si diresse timidamente verso Gandalf ed Evelyn e fece un cenno con la mano per salutare. “Cosa stai facendo?”, chiese lo stregone con curiosità. “Niente di particolare! Ammiravo la città e la valle…è molto bello qui!”, dichiarò il mezz'uomo guardandosi intorno. Evelyn sorrise e affermò con tono quieto, “Sì, è vero! E’ molto bello! C’è un’atmosfera magica che infonde serenità!”. Bilbo annuì abbozzando un sorriso. Poi, rivolgendosi sia a Gandalf che ad Evelyn, domandò, “E voi cosa stavate facendo?”. “Ci stavamo allenando con la spada”, rispose lo stregone. Evelyn guardò suo zio contrariata e replicò aspramente, “Veramente, io mi stavo allenando!”. Dopo si voltò verso Bilbo e disse con fermezza, “Mio zio con la scusa di essere un povero vecchio fa’ fare tutto a me!”. Gandalf fissò con aria di rimprovero sua nipote mentre Bilbo cercò di sembrare indifferente alla situazione. 
Lo stregone sospirò distendendo il volto e si rivolse a lo hobbit, “Bilbo! Perché non resti a farci compagnia?!”. “Oh, sì…volentieri!”, rispose il mezz'uomo annuendo. Mentre Evelyn riprese ad allenarsi con la spada, Bilbo e Gandalf si sedettero sulla panchina. Intanto che si esercitava, Evelyn chiese, “Mastro Baggins, ditemi! Ma perché voi sareste lo “scassinatore”?”. “Ah…ecco…vedete…il mio compito sarebbe quello di aiutare i nani ad entrare dentro Erebor!”, affermò Bilbo tentennante. Evelyn assunse un’aria perplessa e domandò, “Ma siete uno scassinatore per professione?”. “Ehm…”, lo hobbit si grattò la nuca, “…in verità è la prima volta”, replicò Bilbo con serietà. Evelyn si fermò di colpo, si avvicinò a lo hobbit tenendo in mano la spada in posizione di riposo e lo guardò stupita. “Ma allora perché hanno scelto voi?!”, asserì sbalordita.
Gandalf si schiarì la voce ed intervenne nella discussione, “L’ho scelto io!”. Evelyn indirizzò il suo sguardo verso lo stregone e con aria inquisitoria chiese, “E perché?”. “Perché Smaug è abituato all’odore dei nani, invece l’odore degli hobbit gli è sconosciuto”, spiegò Gandalf pacatamente. Evelyn annuì con un’espressione dubbiosa.
In quel momento si avvicinò un elfo che andò da Gandalf e disse, “Mithrandir, re Elrond è tornato. Ora puoi ricevervi!”. “Oh, bene!”, esclamò lo stregone alzandosi dalla panchina sulla quale era seduto. Poi si diresse verso sua nipote affermando, “Io vado. Tu continua pure con il tuo allenamento”. Dopo si voltò verso Bilbo e dichiarò, “Bilbo! Potresti rimanere a fare compagnia a mia nipote?!”. Lo hobbit acconsentì sorridendo. “Ecco! E alla fine non ti sei allenato con me!”, protestò Evelyn dispiaciuta. Lo stregone guardò sua nipote affettuosamente e replicò con tono premuroso, “Ci alleneremo insieme un'altra volta”. Evelyn sbuffò mentre Gandalf si incamminò.
Dopodiché Evelyn fissò Bilbo e chiese, “Siete bravo con la spada?”. Il mezz’uomo la osservò stupito e rispose esitante, “Ehm…no! Non proprio! Cioè…ho una spada ma…in verità…non ne ho mai usata una in vita mia”. Evelyn lo guardò sorpresa e affermò con risolutezza, “Beh, forse sarebbe il caso di imparare visto che, da quello che ho capito, ci sarà da combattere parecchio!”.  “Ah…non saprei…è che…”, dichiarò Bilbo sempre titubante.
All’improvviso si udirono delle voci in lontananza; lo hobbit ed Evelyn guardarono verso il punto dal quale giungevano e nella parte superiore della città videro Thorin e Fili. Stavano scendendo la scalinata che conduceva al livello inferiore nel quale si trovavano Bilbo ed Evelyn. Fili, non appena vide Evelyn, alzò il braccio e lo agitò con entusiasmo per salutarla ed Evelyn ricambiò il saluto. Poi rivolse il suo sguardo verso Thorin e lo osservò con aria seria; il volto del nano era cupo e fissò Evelyn con disappunto. Mi sa che è ancora arrabbiato!, pensò Evelyn con fierezza.
Intanto Fili si affrettò a scendere per raggiungere Evelyn; Thorin lo seguì con passo esitante e poco entusiasta. Fili raggiunse Evelyn e, quando vide la spada nella sua mano, la guardò stupefatto. “Cosa fate con la spada?”, domandò dubbioso. “Mi sto allenando!”, esclamò Evelyn con vanto. “Ma perché, siete capace ad usare la spada?!”, chiese Fili sbalordito. Evelyn fissò Fili con rancore e stava per fargli una sfuriata quando sopraggiunse Thorin; il suo sguardo andò sul re dei nani che la stava osservando con un sorriso derisorio. Evelyn lo guardò con disprezzo per poi riportare immediatamente la sua attenzione su Fili. “Se volete, vi dimostro che sono in grado di usarla?!”, propose al nano con tono di sfida. “No, aspettate! Io non volevo dire niente di male…”, cercò di giustificarsi Fili che venne interrotto da Evelyn la quale sentenziò duramente, “Avete per caso paura di essere battuto da una donna?!”. “Fili, accontentala! Visto che dovrà venire con noi, almeno accertiamoci delle sue capacità”, intervenne Thorin con tono beffardo. Evelyn lanciò un’occhiata carica di ira al re dei nani il quale rimase impassibile mentre, nel frattempo, Bilbo osservò tutta la scena incuriosito.
Fili esitò un attimo prima di estrarre la spada dal fodero appeso sulla sua schiena. Evelyn rimase sorpresa nel vedere che il nano aveva con sé la sua spada, nonostante nella situazione e nel luogo in cui si trovavano non fosse necessario girare armati. “Ma voi non vi separate mai dalla vostra spada?”, chiese meravigliata. “Beh, non si sa mai! Meglio essere sempre pronti!”, replicò Fili con tono pacato.
Senza dire più una parola, Evelyn si mise in guardia e così fece anche Fili. Il nano iniziò ad attaccare, ma senza caricare troppo con la forza ed Evelyn non ebbe difficoltà a parare il colpo. “Non abbiate timore! Usate tutta la forza che avete!”, dichiarò Evelyn con sicurezza. Allora Fili attaccò di nuovo mettendoci più vigore; questo non scoraggiò Evelyn che riuscì ancora una volta a difendersi bene e contrattaccò senza esitazione. Il nano evitò abilmente il colpo scagliato da Evelyn e partì nuovamente all’attacco. Evelyn fu in grado di fermare anche questo fendente, ma questa volta Fili con una veloce roteazione le fece abbassare la spada e la blocco al suolo. Evelyn e Fili si trovarono faccia a faccia e si guardarono dritti negli occhi; Evelyn rimase a bocca aperta per lo stupore.
“Ho vinto!”, esclamò Fili con orgoglio. “Ne siete proprio sicuro?”, domandò Evelyn con convinzione. Fili guardò Evelyn perplesso mentre lei recitò la formula, “Vatos expelliamus!”. La spada volò via dalle mani del nano e andò a finire vicino a Thorin che lasciò trapelare un accenno di incredulità. Fili guardò la sua spada che giaceva a terra ai piedi di suo zio e poi si voltò verso Evelyn con un’espressione sbigottita. “Ehi! Così non è valido!”, protestò il nano con disappunto. Evelyn lo fissò con uno sguardo malandrino e replicò sfacciatamente, “Sono una strega! Cosa vi aspettavate?!”. Poi sorrise e dichiarò con tono calmo, “Però bella mossa! Me la dovrete insegnare!”. Fili ricambiò il sorriso e rispose esaltato, “Con molto piacere!”.
“Ma come? Non avevate detto che volevate dimostrare di riuscire a fare qualcosa che non implicasse l’uso della magia?!”, disse con tono provocatorio Thorin. Fili guardò suo zio confuso e chiese, “E quando l’avrebbe detto?”. “Poco prima quando la stavo accompagnando a cercare Gandalf!”, asserì il re dei nani con fermezza. Fili fissò Evelyn con uno sguardo inquisitorio. Evelyn, senza perdere la calma, diede un’occhiata veloce a Thorin per poi indirizzarsi a Fili abbozzando un sorriso e replicando con sarcasmo, “Sì! E’ stato così stranamente gentile da volermi accompagnare a cercare mio zio, nonostante non sapesse neanche dove si trovava!”. Dopo si girò verso Thorin con un sorriso derisorio sulle labbra e lo guardò con aria di sfida; il volto di Thorin assunse un’espressione seria e fissò Evelyn con rancore. Intanto Fili e Bilbo assistettero alla scena con incredulità e continuarono a osservare sia Thorin che Evelyn con sbigottimento. “E per rispondere alla vostra domanda, ogni tanto dovrò pur allenarmi anche con quella che è la mia arma principale, cioè la magia?!”, asserì Evelyn stizzita.     
“Ma come vi…”, esordì Thorin con tono adirato, ma fu interrotto dall’arrivo di un elfo, verso il quale si voltarono tutti e quattro, che dichiarò, “Scusate il disturbo! Volevo avvisarvi che è quasi pronto il pranzo”. “Molto bene! Grazie!”, replicò Evelyn cordialmente. L’elfo si congedò e se ne andò.
Evelyn diede un’occhiata veloce a Thorin che aveva ancora sul suo volto un’aria seria e irata. Poi guardò Fili e Bilbo, che nel frattempo si era alzato dalla panchina e si era avvicinato al gruppo, ed esclamò con tono quieto, “Beh, io vado a darmi una sistemata! Ci vediamo dopo!”. Lo hobbit e Fili annuirono mentre Thorin continuò a mantenere la sua espressione autorevole senza dire una parola.
 
Evelyn ritirò la spada nel fodero e si incamminò per andare in camera sua; quando vi arrivò, fece un bagno veloce e si cambiò indossando sempre l’abito bianco e blu. Poi raggiunse gli altri nel solito luogo adibito per il pranzo e la cena. Il momento del pranzo trascorse tranquillo con re Elrond che ogni tanto chiacchierava con Evelyn, curioso di sapere qualcosa di più su di lei, e ogni tanto con Gandalf. Thorin era silenzioso e l’unica cosa che fece fu annuire qualche volta a delle affermazioni del re degli elfi e di Gandalf. Per tutta la durata del pranzo Evelyn e Thorin continuarono a lanciarsi occhiate cariche di risentimento.
 
Dopo pranzo Evelyn decise di fare una passeggiata per Gran Burrone. Mentre camminava tranquillamente per i corridoi e i viali si imbatté in Thorin che le andò incontro con impeto. “Eccovi qua! Proprio voi stavo cercando!”, disse con rabbia. Evelyn lo guardò stupita e poi domandò infastidita, “Cosa volete?”. “E me lo chiedete?! Come vi siete permessa di mancarmi di rispetto davanti a mio nipote e a Mastro Baggins?!”, replicò Thorin con tono grave. Evelyn lo fissò con ira e affermò con furia, “Ah! Io vi avrei mancato di rispetto?! E voi? Voi che continuate a trattarmi con indifferenza e assumete sempre un atteggiamento presuntuoso quando vi rivolgete a me?! Vi ho per caso fatto qualcosa di male da meritare un trattamento simile?”. A quelle parole il volto di Thorin assunse un’espressione mesta e distolse lo sguardo da Evelyn che rimase sorpresa da quell’atteggiamento; si aspettava un’altra sfuriata da parte del re dei nani il quale invece, senza dire niente, se ne andò in fretta e furia.
“Oh beh, questa poi! Chi lo capisce è bravo!”, esclamò Evelyn sbalordita. Rimase un momento in silenzio a riflettere su ciò che era appena accaduto e poi mormorò, “Sarà meglio che vada in camera, se voglio evitare altre situazioni del genere e stare tranquilla”. Detto ciò, rientrò in camera sua e notò subito che sul letto c’era un bel vestito di raso rosso con delle lunghe maniche che scendevano morbide quasi fino a terra e delle rifiniture d’argento all’altezza dell’avambraccio. Evelyn lo sollevò e lo osservò attentamente. “Questo vestito è proprio bello! Lo porterei con me, se non fosse per il viaggio che dovrò affrontare! Sarebbe solo un impiccio e comunque non potrei indossarlo”, asserì Evelyn pacatamente posando l’abito sul letto. Ma pensandoci bene trovò una soluzione, “ Beh, al massimo potrei chiedere agli elfi di spedirlo a Minas Tirith a Kaytria e Daron!”, disse Evelyn compiaciuta.
Citando la sua amica e Daron, le venne in mente che non aveva ancora avvertito del suo arrivo a Gran Burrone né loro né i suoi genitori. “Oh no! Mi sono dimenticata di mandare un messaggio ai miei genitori e a Daron e Kaytria! Saranno preoccupati!”, affermò con apprensione. “Con tutto quello che è successo dal mio arrivo, mi sono completamente dimenticata!”, dichiarò contrariata. Allora, senza perdere tempo, si affrettò a mandare un messaggio prima a suo padre e sua madre e poi a Kaytria nel quale si scusava di non essersi fatta subito sentire al suo arrivo a Gran Burrone e le scrisse tutto quanto riguardo a Thorin e al sogno che aveva fatto a Minas Tirith.
Dopo aver provveduto a scrivere ai suoi genitori e a Daron e alla sua amica, decise di dedicarsi alla lettura. Prese uno dei pochi libri che si era portata con sé, si sedette sulla poltrona e lesse fino a quando non fu l’ora di prepararsi per la cena. Quando fu il momento, si cambiò indossando l’abito di raso rosso e, dopodiché, si recò nel luogo adibito ai banchetti.
 
Durante la cena non accadde niente di particolare e il tempo trascorse serenamente; re Elrond, Gandalf ed Evelyn si intrattennero nella solita chiacchierata conviviale alla quale Thorin intervenne ogni tanto quando interpellato, mantenendo un atteggiamento distaccato ed obiettivo. Inoltre, il re dei nani evitò di rivolgere il suo sguardo verso Evelyn che percepì sul suo volto un’espressione malinconica. Ma cosa avrà?, si chiese perplessa.
 
Terminata la cena, Evelyn andò subito in camera per verificare se Kaytria avesse già risposto alla sua lettera. Quando entrò nella sua stanza scrutò attorno e sul tavolo vide un foglio; lo prese in mano, lo osservò e riconobbe la scrittura della sua amica. “Bene! Mi ha già risposto!”, esclamò Evelyn sorridendo soddisfatta.
Poi si sedette sulla poltrona e iniziò a leggere:
 
Cara Eve,
 
finalmente ti sei fatta sentire, incominciavo a preoccuparmi. Mi fa piacere sapere che sei arrivata sana e salva a Gran Burrone.
 
Ma perché non mi hai detto prima del sogno? Comunque, da quello che mi racconti, sembrerebbe un sogno premonitore. Però forse sarebbe meglio se chiedessi a tuo zio; lui sicuramente ne saprà di più.
 
Per quanto riguarda questo Thorin, beh, secondo me ti stai innamorando di lui. E per questo non posso fare a meno di rimproverarti; hai rifiutato uno come Jago per poi innamorarti di un nano. Però, considerando che si tratta di un re, tutto sommato non è un pessimo affare, ma dovresti aspettare la fine dell’impresa per decidere cosa fare; d’altronde non è detto che riesca a riconquistare il suo regno.
 
Ad ogni modo, tienimi aggiornata sulla tua avventura.
 
Un abbraccio,
 
Kaytria   
 
Evelyn rimase sconcertata da ciò che aveva appena letto; non solo per la risposta ai suoi dubbi che le aveva dato Kaytria, ma anche per il modo superficiale con cui l’amica aveva affrontato la questione. “Cioè, Thorin andrebbe bene come possibile pretendente solo se riconquista il suo regno e diventava re?!”, questionò scioccata. Poi sospirò scuotendo il capo e dichiarò rassegnata, “Sempre la solita! Avrei dovuto aspettarmelo!”. Detto ciò, rimase un attimo in silenzio a pensare mentre rileggeva la lettera; la sua attenzione si soffermò su una frase in particolare, “secondo me ti stai innamorando di lui”. Si alzò in piedi di scatto e si mise a camminare avanti e indietro nervosamente per la stanza stringendo la lettera tra le mani e riflettendo ad alta voce, “E se avesse ragione Kaytria?! Io non mi sono mai innamorata, perciò non so come si fa a capire di esserlo, però mia sorella mi diceva che se si è attratti da un uomo, pensi spesso a lui e desideri la sua attenzione!”. Si fermò di colpo e si sedette. “E se fosse così, che faccio?!”, esclamò con inquietudine. Dopo un momento si alzò, lasciando cadere la lettera a terra, e scuotendo la testa replicò fermamente, “No, è impossibile! Kaytria si sta sbagliando! Probabilmente sarà colpa del sogno che mi ha confusa”. Si fermò a riflettere e, dopo qualche istante, asserì con calma, “Già, a proposito del sogno! Almeno su questo Kaytria ha ragione; sarà meglio che chieda a mio zio. Lui di certo ne saprà di più”.
Ad un tratto qualcuno bussò alla porta. “Sì, avanti!”, esclamò Evelyn. La porta si aprì e fece capolino Gandalf. Evelyn sorrise a suo zio e affermò pacatamente, “Zio! Entra pure!”. “No, grazie! Sono solo passato a prenderti per raggiungere gli altri della compagnia”, rispose lo stregone abbozzando un sorriso. “Oh! Va bene!”, replicò Evelyn con tono quieto. Lo stregone si incamminò seguito da Evelyn.

Durante il tragitto Evelyn pensò dubbiosa, Potrei già parlare a mio zio del sogno?! O forse è meglio se aspetto un altro momento quando saremo più tranquilli?! Rifletté un attimo e poi asserì tra sé con convinzione, Ma sì! Potrei parlargliene già adesso! Ma non fece in tempo ad iniziare a parlare che sentì delle voci in lontananza e capì di essere in prossimità della dépendance assegnata alla compagnia di nani. Come non detto! Gliene parlerò un’altra volta!, esclamò Evelyn. 
Ad un certo punto, si sentirono delle risate ed Evelyn pensò compiaciuta, Beh, se sono sempre così allegri, almeno non mi annoierò con loro! Gandalf ed Evelyn entrarono nella stanza dove si trovavano tutti i membri della compagnia, seduti attorno ad un falò, intenti a cucinarsi della carne. Evelyn notò che uno di loro, il più robusto tra tutti, Bombur, era al suolo a gambe all’aria e sotto di lui c’erano i pezzi di quello che una volta era un tavolino. Tutti i nani stavano ridendo di gusto quando, notando la presenza dello stregone ed Evelyn, smisero di ridere. Bofur andò loro incontro, “Gandalf, Evelyn! Venite! Unitevi a noi! Stiamo cucinando del cibo più sostanzioso dell’insalata che ci propinano gli elfi!”, disse allegramente. “Oh sì, volentieri. E tu Eve?!”, replicò lo stregone. “Sì, grazie! Non ne posso più di mangiare solo insalata e verdura”, dichiarò Evelyn con tono avvilito.
Bofur annuì sorridendo mentre cercava un posto dove farla sedere. In quel momento Fili si alzò di scatto, si avvicinò e propose entusiasta, “Potete sedervi con me e Kili?!”. Evelyn non ebbe il tempo di rispondere che Fili prese la sua mano e l’accompagnò a sedersi accanto a lui.
“Vi presento mio fratello Kili”, disse indicando il nano seduto al suo fianco. “Molto piacere!”, replicò Evelyn abbozzando un sorriso. Kili prese la mano di Evelyn e la baciò. Poi le fece l’occhiolino e asserì, “Il piacere è tutto mio!”. Evelyn rimase esitante davanti all’atteggiamento del nano. “Sì, va bene! Adesso basta!”, si intromise Fili, visibilmente irritato, allontanando suo fratello in modo che lasciasse la mano di Evelyn. Kili guardò attonito Fili che lo rimproverò, “Kili! Ti sembra il modo di comportarti?”.
Kili, a differenza degli altri del gruppo, aveva solo un accenno di barba ed Evelyn trovò la cosa alquanto strana per un nano. Che strano! I nani di solito hanno la barba più lunga! Magari è dovuto alla sua giovane età, ma pensandoci bene, anche Fili è abbastanza giovane, eppure ha la barba più lunga di suo fratello!, pensò Evelyn dubbiosa.
Evelyn abbandonò i suoi pensieri e si mise a conversare con i due nani che stavano discutendo. “Così siete fratelli?!”, domandò con tono quieto. Fili e Kili smisero di litigare e si voltarono verso Evelyn. “Sì!”, replicarono all’unisono, mettendosi a vicenda il braccio sulle spalle, lasciando da parte ogni dissapore. Evelyn abbozzò un sorriso. “E voi non avete fratelli o sorelle?”, chiese poi Kili. “Sì, una sorella!”, affermò Evelyn annuendo. “E perché non è venuta con voi?”, chiese Fili. “Beh, primo perché lei non ha il senso dell’avventura come me e poi perché è impegnata ad occuparsi della sua famiglia”, asserì Evelyn.
La loro chiacchierata fu interrotta da Bofur che porse loro i piatti con, in ognuno, una bistecca e una salsiccia; Evelyn si mise a mangiare con gusto e così fecero anche Fili e Kili. Intanto che mangiava, Evelyn si guardò intorno e notò l’assenza di Thorin; i suoi occhi scrutarono bene ogni angolo nella speranza di scorgerlo, ma inutilmente.
“Sapete…sono contento che…che veniate con noi”, dichiarò Fili esitante. Evelyn si girò lentamente verso il nano e con fare impassibile rispose, “Scusate! Cosa avete detto?”.  “Oh! Niente…niente!”, replicò mestamente Fili. Evelyn, troppo presa dal cercare Thorin, non si accorse che sul volto del nano comparve un’espressione di sconforto.
Fu ad un tratto che la speranza di Evelyn si realizzò: Thorin finalmente arrivò. “Oh, Thorin! Eccoti qua! Stavo aspettando te per aggiornarvi sulle novità”, disse Gandalf. “E’ successo qualcosa?”, domandò il re dei nani col suo solito atteggiamento noncurante. Evelyn lo guardò con aria rassegnata e pensò, Non cambierà mai! In quel momento Thorin si accorse della presenza di Evelyn e la fissò con un’espressione seria. Allora Evelyn lo osservò indignata e si voltò subito verso suo zio che iniziò a parlare, “Dovete essere pronti a partire domani mattina il prima possibile”, affermò lo stregone con fermezza. “Oggi ho parlato con re Elrond e mi ha detto che domani mattina ci sarà un Consiglio nel quale si discuterà con Lady Galadriel e Saruman della vostra impresa”. Saruman?! Lo zio di Jago è qui?!, pensò sorpresa Evelyn. Intanto il volto di Thorin si fece cupo mentre gli altri nani si guardarono tra di loro preoccupati. Poi Gandalf proseguì, “Mentre io li terrò occupati voi partirete. Io vi raggiungerò appena possibile”. Evelyn a quelle parole rimase stupita. “Come zio?! Tu non vieni?”, chiese con apprensione. “Mia cara Eve, non ti preoccupare! Come ho detto, vi raggiungerò appena possibile”, replicò Gandalf con tono rassicurante e abbozzando un sorriso. “Oh, state tranquilla! Al massimo ci penserò io a difendervi!”, dichiarò prontamente Fili con fierezza. Evelyn guardò il nano con risentimento e questionò duramente, “Io sono capace di difendermi da sola!”. Fili capì di averla offesa con la sua affermazione e questo provocò in lui un senso di afflizione; nel frattempo Kili osservò con malizia sia Evelyn che suo fratello.
Possibile che tutti pensino che non sia in grado di cavarmela da sola?!, sentenziò Evelyn. Mentre cercava di calmarsi, incrociò lo sguardo di Thorin che la stava fissando con un’espressione provocante; allora la sua rabbia aumentò e, contemporaneamente, arrivò una folata di vento. “Ah…ehm…Eve! Sarà meglio che tu vada a dormire. Domani mattina dovrai alzarti presto”, intervenne Gandalf con un atteggiamento pacato. Evelyn guardò suo zio abbozzando un sorriso e replicò con calma, “Sì! Sarà meglio!”. Detto ciò, guardò dritto negli occhi Thorin, si alzò con grazia e sensualità, si congedò da tutti augurando la buona notte e con un andamento aggraziato si incamminò passando accanto a Thorin a testa alta, sfiorandolo intenzionalmente con la lunga manica del suo vestito.
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: giganti di pietra ***


Capitolo 8: giganti di pietra
 
Evelyn, prima di rientrare in camera, fece una passeggiata per rilassarsi; l’atmosfera incantata che aleggiava su Gran Burrone aveva su di lei un effetto calmante e rigenerante. Però non poté fare a meno di pensare a quello che era accaduto poco prima, Cosa gli avrò mai fatto di male? Sarà perché non concorda sul fatto che una donna si unisca al suo gruppo?! Ma io non sono una donna qualsiasi! Sono una strega e la mia magia potrebbe essergli d’aiuto! Possibile che non lo capisca?!
Ad un tratto, ebbe la sensazione che qualcuno la stesse seguendo e pensò di trattasse di Fili o di Thorin; si girò e, invece, vide un uomo alto, con barba e capelli lunghi e bianchi, che indossava una lunga tunica bianca e reggeva in mano un bastone nero alla cui estremità vi era una pietra bianca. Ci mise poco a capire che si trattava di Saruman il Bianco.
“Ma non mi dire…Evelyn!”, esordì lo stregone avvicinandosi lentamente. Evelyn, presa alla sprovvista, esitò un momento e poi fece un inchino. “Sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista e sei anche diventata molto bella. Aveva proprio ragione mio nipote!”, disse Saruman abbozzando un sorriso. Evelyn guardò lo stregone stupita e domandò, “Ma perché, Jago vi ha parlato di me?”. “Oh, sì! Mi parla spesso di te!”, replicò Saruman sorridendo maliziosamente. Evelyn abbozzò un sorriso per cercare di nascondere l’imbarazzo. “Mi aveva detto che saresti venuta nella Terra di Mezzo”, dichiarò lo stregone. Ma farsi gli affari suoi?!, pensò stizzita Evelyn, però mantenendo esternamente un’espressione quieta. “Sai, alla fine ha deciso di venire anche lui qui!”, asserì Saruman con tono malizioso. Alla rivelazione dello stregone, Evelyn rimase sconcertata e chiese subito con apprensione, “Jago è qui a Gran Burrone?”. “Oh no! Lui è rimasto a Isengard”, rispose Saruman. Ah, per fortuna!, pensò Evelyn sollevata. “Ma Jago mi aveva anche detto che saresti venuta con la tua amica! E dov’è?”, affermò lo stregone con un tono malandrino. “Oh…beh…lei…lei ha preferito fermarsi un po’ di più a Minas Tirith. Mi raggiungerà in seguito”, dichiarò Evelyn esitante. Saruman annuì con poca convinzione. “Magari le farebbe piacere sapere che Odhran ha accompagnato mio nipote”, disse lo stregone con un sorriso beffardo. Oh no! Anche lui è qui!, protestò Evelyn sconfortata. “Beh, se nel vostro viaggio vi capiterà di passare nei pressi di Isengard, potreste venire a trovarci!”, propose Saruman. “Ma certo! Non mancheremo!”, replicò Evelyn abbozzando un finto sorriso. Ma neanche morta! Non ho alcuna intenzione di vedere Jago e Kaytria non saprà mai che Odhran è qui!, questionò tra sé Evelyn. “Adesso vogliate scusarmi, ma sono un po’ stanca e vorrei ritirarmi nella mia camera”, asserì Evelyn con calma, nonostante dentro di sé ci fosse un vulcano in eruzione. “Certamente! Ti auguro una buona notte!”, rispose cordialmente lo stregone. “Grazie! Anche a voi!”, replicò Evelyn facendo un inchino.
 
Evelyn si incamminò e, non appena fu fuori dalla visuale di Saruman, si mise a correre; giunta davanti alla sua camera, vi entrò con impeto e chiuse velocemente la porta alla quale rimase appoggiata intanto che cercò di riprendere fiato. “Non ci posso credere! Quell’impertinente mi ha seguita fino a qui!”, protestò con rabbia annaspando. Poi si voltò e avanzò lentamente all’interno della stanza. Scorse la lettera di Kaytria che giaceva sul pavimento dove l’aveva lasciata cadere poco prima che arrivasse a chiamarla suo zio. La raccolse e la posò sul tavolo. Dopo prese un altro foglio e scrisse:
 
Kaytria,
 
ho incontrato lo zio di Jago e mi ha detto che lui si trova nella Terra di Mezzo.
 
Per mia fortuna non è a Gran Burrone, ma è rimasto a Isengard.    
 
Dopodiché inviò il messaggio alla sua amica. Poi si avvicinò alla finestra, la aprì e ammirò il paesaggio notturno di Gran Burrone. Sospirò e mormorò, “Comunque, adesso è inutile che me la prenda. Sarà meglio dormirci su!”. Detto ciò, chiuse la finestra, si svestì, indossò la camicia da notte e andò a dormire.
 
Il mattino seguente Evelyn si svegliò di buon’ora poiché, come da accordi con suo zio, lei e la compagnia avrebbero dovuto partire presto per evitare di farsi scoprire dagli elfi. Si alzò entusiasta del fatto che stava per iniziare la sua avventura nella Terra di Mezzo, ma non appena scese dal letto, notò sul tavolo un foglio. Lo prese e constatò che si trattava della risposta di Kaytria al suo messaggio:
Ma davvero Jago è venuto fin qui?! Questo dimostra che ci tiene a te, perciò dovresti essere contenta invece di lamentarti!
Comunque, io a Minas Tirith non lo visto. Probabilmente avrà fatto tappa in qualche altra città.
Ma dimmi, che tu sappia è venuto da solo o in compagnia? E perché non ha avvisato del suo arrivo?
Le parole della sua amica le fecero svanire in un attimo tutto l’entusiasmo provato poco prima. “Non le entra proprio in testa che a me Jago non interessa, qualsiasi cosa lui faccia! E poi questa fissa che ha per Odhran! Neanche la lontananza è servita a farglielo dimenticare”, contestò contrariata. Poi, sbuffando, prese la penna e sullo stesso foglio scrisse una breve e scostante risposta alla domanda di Kaytria: E’ venuto da solo e non ho idea perché non abbia avvisato!
Dopo aver inviato la lettera, si preparò per la partenza; si mise la tunica e i pantaloni che aveva indossato durante tutto il viaggio per arrivare a Gran Burrone. Poi guardò l’abito che aveva indossato la sera precedente e prese un foglio sul quale scrisse:
 
A Re Elrond:
 
Trovo questo abito particolarmente bello. Se per voi non è un problema, vorrei tenerlo.
 
Se acconsentirete alla mia richiesta, poichè non posso portarlo con me, vi chiedo cortesemente di spedirlo alla mia amica Kaytria a Minas Tirith alla locanda La Vecchia Foresteria.
 
Vi ringrazio cordialmente,
 
Evelyn
 
Successivamente appoggiò il messaggio sull’abito, prese le sue armi e la sua sacca ed uscì dalla stanza.
 
Si incamminò per raggiungere la compagnia dei nani nella loro dépendance e, nel tragitto, rifletté sulla domanda della sua amica. Già! Perché Jago non ha avvisato? Cosa avrà in mente? Questa cosa non mi piace!, pensò con sospetto. Quando giunse a destinazione vide che erano già tutti pronti per la partenza. Kili notò subito la presenza di Evelyn e avvertì Fili il quale, incoraggiato dal fratello, le andò incontro un po’ titubante. “Buongiorno!”, esclamò il nano. “Buongiorno!”, replicò Evelyn pacatamente. “Avete dormito bene?”, le chiese Fili. “Oh sì, grazie!”, rispose Evelyn abbozzando un sorriso.
Fili ebbe un attimo di esitazione e poi dichiarò con indugio, “Io…ecco…volevo scusarmi per…per ieri sera…non era mia intenzione offendervi”. La premura dimostrata dal nano nei suoi confronti fece sentire in colpa Evelyn per il modo in cui gli aveva risposto. “No, fa niente, non dovete preoccuparvi! Semmai sono io a dovermi scusare…ho un po’ esagerato”, affermò Evelyn cordialmente sorridendo e ciò fece sentire Fili molto più sollevato.
Ad un certo punto il nano si accorse che Evelyn aveva con sé la spada, l’arco e frecce e una sacca allora le propose gentilmente, “Date pure a me la vostra roba!”. Il volto di Evelyn si fece serio e guardò Fili con disappunto. Oh no, l’ho fatto di nuovo!, pensò con apprensione il nano. “No, vi prego, non arrabbiatevi! Volevo solo essere gentile!”, asserì con ansia Fili. Evelyn prima fissò il nano severamente e poi scoppiò a ridere. Fili la osservò perplesso e le domandò, “Che c’è da ridere?”. “E’ che…siete buffo!”, replicò Evelyn continuando a ridere. Per un attimo il nano la guardò ancora con perplessità, ma poi si mise a ridere anche lui.
“Cosa c’è di così divertente da ridere?”, chiese con fermezza Thorin avvicinandosi a suo nipote e ad Evelyn. I due smisero di ridere e guardarono il re dei nani. Lo sguardo di Evelyn incrociò quello di Thorin. Evelyn abbozzò un sorriso beffardo e rispose, “Se anche vi spiegassimo, non credo che capireste!”. Poi si voltò e si allontanò. Fili esitò un momento e dopo la seguì; quando la raggiunse, Evelyn gli diede le sue armi e la sua sacca da portare accondiscendendo alla cortese offerta del nano.
Thorin osservò con severità i due allontanarsi. Nel frattempo Dwalin gli si avvicinò e asserì con rigore, “Da quando ti fai trattare così da una donna?!”. Il re dei nani lo guardò con la coda dell’occhio e, abbozzando un sorriso, replicò con un tono quieto, “E’ giovane e non sa ancora bene come va il mondo. E poi è la nipote di Gandalf”. “Uhm…sei sicuro che sia solo questo il motivo per il quale le permetti di prendersi tutta questa confidenza?!”, affermò Dwalin con risolutezza. Il volto di Thorin tornò ad assumere un’espressione seria e senza dire niente andò verso il gruppo sotto lo sguardo inflessibile di Dwalin.
Vedendo che, nonostante fossero tutti pronti, si attendeva a partire, Evelyn domandò, “Ma perché non partiamo?”. “Perché stiamo aspettando vostro zio”, rispose Thorin avanzando verso Evelyn. “Allora verrà con noi?”, chiese Evelyn entusiasta. “No, deve solo farci le ultime raccomandazioni!”, asserì il re dei nani. L’entusiasmo di Evelyn svanì e sul suo volto comparve un’espressione triste. Thorin la osservò e poi dichiarò con impassibilità, “Se preferite, potete aspettare a partire con Gandalf!”. A quell’affermazione, Evelyn si innervosì e replicò con tono di sfida, “Se pensate che non possa farcela, vi ricrederete ben presto!”. Detto ciò, andò a cercare un posto tranquillo dove sbollire la rabbia; Fili quando la vide andare via si affrettò a raggiungerla.
Thorin indugiò il suo sguardo su Evelyn mentre si allontanava e poi, inaspettatamente, la sua aria seria lasciò il posto ad un sorriso. “Beh, mi fa piacere vederti di buon umore”, esordì Gandalf con tono beffardo. Il re dei nani riprese la sua solita espressione autorevole e domandò, “E’ tanto che sei qua?”. “Abbastanza da vedere il tuo litigio con mia nipote”, rispose Gandalf con tono di rimprovero. Thorin sospirò e replicò con fermezza, “Io volevo solo essere gentile! E’ tua nipote che ha capito male!”. “Forse ha capito male perché tu non hai usato il tono giusto!”, dichiarò lo stregone con un sorriso malandrino. Thorin provò un’inattesa sensazione di imbarazzo, perciò si affrettò a cambiare discorso, “Comunque, noi siamo pronti per partire”, asserì il re dei nani guardando i suoi compagni. “Bene, allora partite subito!”, affermò Gandalf. “E quando giungerete tra le Montagne Nebbiose, mi aspetterete lì! Intesi?!”, aggiunse lo stregone.
I nani annuirono e lo stregone si incamminò per andare al Consiglio, ma in quel momento tornarono Evelyn e Fili; Evelyn quando vide suo zio corse ad abbracciarlo. “Mi raccomando Eve, conto su di te!”, affermò Gandalf affettuosamente. Evelyn lo guardò sorridendo e annuì; dopodiché lo stregone se ne andò. Evelyn osservò malinconicamente suo zio allontanarsi. “Non vi preoccupate! Ci raggiungerà presto!”, dichiarò Thorin con tono cordiale. Evelyn si voltò verso il re dei nani e vide che le stava sorridendo, non con la sua solita espressione seria e altezzosa, ma in modo amichevole. Evelyn lo fissò perplessa e pensò, E adesso che gli prende? Dopo un attimo di incertezza, Evelyn abbozzò un sorriso ed esclamò, “Allora partiamo?!”. “Sì!”, rispose Thorin.
 
La compagnia si incamminò percorrendo i viali e i corridoi di Gran Burrone cautamente, stando attenti che nessuno li notasse. Ripercorsero la stessa strada fatta all’arrivo, ma quando giunsero alla scalinata d’ingresso, poiché vi erano due guardie, dovettero deviare ed usare un passaggio secondario. Alla fine giunsero ad uno stretto sentiero che risaliva la montagna.
Proseguirono per quella stradina e, quando furono abbastanza in alto, Evelyn si voltò e guardò giù verso la valle che l’aveva ospitata per due giorni; vista dall’alto nel suo complesso era ancora più splendida. Poi, accortasi che il gruppo era andato avanti, si rimise subito in marcia e arrivò a metà della fila davanti a Fili e Kili.
“State in guardia! Stiamo per varcare i confini delle terre selvagge”, disse improvvisamente Thorin che si trovava in testa al gruppo. “Balin, conosci la via. Guida tu”, aggiunse il re dei nani fermandosi e lasciando passare avanti Balin il quale acconsentì alla richiesta. Evelyn avanzò transitando accanto a Thorin che le sorrise. Evelyn abbozzò un sorriso, nonostante l’atteggiamento di Thorin la rendesse sempre più dubbiosa. E’ veramente strano! Perché tutto d’un tratto è diventato gentile? Che lo zio lo abbia rimproverato per il suo comportamento nei miei confronti?!, rifletté Evelyn.
“Mastro Baggins! Vi suggerisco di tenere il passo”, asserì Thorin. A quelle parole, Evelyn abbandonò i suoi pensieri, si girò e vide che Bilbo si era fermato a guardare giù verso la valle. Non ha tutti i torti! E’ un peccato lasciare un posto così incantevole!, pensò Evelyn malinconicamente.
Camminarono per ore risalendo la montagna per poi scendere verso valle dove fecero una sosta per rifocillarsi. Meno male! Non ne potevo più!, dichiarò tra sé Evelyn esausta. Poi si accorse che Thorin la stava guardando, allora cercò di non dare troppo a vedere la sua stanchezza. Non appena il re dei nani distolse il suo sguardo da lei, Evelyn posò le sue armi, si sedette vicino ad una roccia e dalla sua bisaccia prese un foglio ed una penna e scrisse a Kaytria per aggiornarla sul suo viaggio. Mentre scriveva, Fili le si avvicinò. “Cosa state scrivendo?”, le chiese incuriosito. “Sto scrivendo una lettera alla mia amica”, rispose Evelyn sorridendo. “E come pensate di spedirla?”, le domandò il nano perplesso. “Adesso vi faccio vedere”, replicò Evelyn. Finì di scrivere, poi appallottolò il foglio, lo prese tra le mani e recitò la formula, “Dox Toxem. Dox Malum. Dox Divinitum”, e la lettera sparì. Sul volto di Fili comparve un’espressione meravigliata. “Ma come avete fatto?”, chiese con tono stupito. “Oh, è un gioco da ragazzi! Questo incantesimo lo sanno fare anche i bambini”, affermò Evelyn con soddisfazione. “Ah beh, certo, avete ragione! E che ci vuole?!”, dichiarò Fili scherzosamente.
Evelyn e Fili si misero a ridere quando Thorin si avvicinò e disse, “Se state qui a perdere tempo non troverete più niente da mangiare!”. “Hai ragione zio! Adesso arriviamo!”, rispose Fili.  Detto ciò, il nano fece per andare verso Evelyn per aiutarla ad alzarsi, ma Thorin lo anticipò. Evelyn, quando vide la mano protesa di Thorin, ebbe un momento di indecisione, ma in un attimo la titubanza si trasformò in voglia di un contatto con lui. Allora afferrò la sua mano, un fremito percorse tutto il suo corpo e i suoi occhi andarono a cercare quelli di Thorin mentre lui l’aiutò a sollevarsi; da parte sua, il re dei nani ricambiò lo sguardo ed esitò prima di lasciare la mano di Evelyn.
“Venite! Andiamo!”, si intromise bruscamente Fili. Evelyn e Thorin interruppero quel momento idilliaco e guardarono Fili. “Sì, andiamo!”, replicò trasognata Evelyn. Fili ed Evelyn raggiunsero il gruppo seguiti da Thorin. Evelyn prese il piatto di zuppa che le porse Bofur e, intanto che mangiava, si voltò verso il re dei nani che continuava a fissarla. Non può essere! Non mi starò veramente innamorando di Thorin?!, pensò Evelyn incredula.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, ripartirono subito; attraversarono la valle prima di risalire sulla montagna dove fecero un’altra breve sosta. Thorin colse l’occasione per avvicinarsi ad Evelyn e le chiese cordialmente, “Allora, finora come va?”. Evelyn alzò lo sguardo verso Thorin, che si sedette accanto a lei, e replicò un po’ titubante, “Oh…beh…bene! Direi bene!”.
Thorin abbozzò un sorriso, ma immediatamente il suo volto si fece più serio. “Per adesso è andato tutto bene, ma non credo che andrà sempre così, perciò state in guardia”, dichiarò Thorin appoggiando la sua mano su quella di Evelyn che guardò stupita prima il re dei nani e poi la sua mano. Thorin ritirò subito la mano ed esclamò, “Scusate!”. Detto ciò, si alzò e si allontanò da Evelyn che continuò a guardarlo attonita. Poco più in là, Fili aveva osservato con amarezza tutta la scena e pensò affranto, No, non mio zio!
 
Dopo aver recuperato le forze, ripresero il viaggio mentre poco a poco calò la sera; il buio rese il percorso ancora più arduo, considerando che si mise anche a piovere copiosamente e il sentiero si restringeva sempre di più. Evelyn avanzò con fatica avendo la visuale ridotta dalla pioggia forte che le cadeva sul viso; inoltre i suoi movimenti erano rallentati dai vestiti bagnati che le si appiccicarono addosso, nonostante indossasse la mantella. D’un tratto sentì una mano afferrare la sua. Thorin!, esclamò tra sé entusiasta. Ma quando si rese conto che si trattava di Fili, un sentimento di delusione maturò in lei.
La pioggia cadeva sempre più insistentemente ed era accompagnata da lampi e tuoni. All’improvviso Thorin, che era davanti al gruppo, urlò, “Fermi! Aspettate!”. Tutti quanti si fermarono un istante per poi riprendere subito il cammino. Avanzarono lentamente stando attaccati alla parete, quando una parte del sentiero franò sotto i piedi di Bilbo che rischiò di cadere nel vuoto, ma venne afferrato appena in tempo da Dwalin e Bofur. Thorin, vista la complicata situazione, asserì, “Dobbiamo trovare riparo!”. Ma non fece in tempo a finire di parlare che Dwalin gridò, “Attenzione!”, e un enorme masso si schiantò contro la montagna poco sopra le loro teste. I frantumi della roccia stavano per cadere addosso al gruppo quando Evelyn decise di intervenire con un incantesimo, “Phasmatos aeris protego!”. Dopo aver recitato la formula, si formò una coltre circolare di vento che stazionò intorno alla zona dove si trovava la compagnia proteggendoli dalla caduta dei pezzi di roccia; guardarono tutti stupiti la coltre di vento che li proteggeva e poi si voltarono verso Evelyn con un’espressione di sollievo sul loro volto. Ad un certo punto Balin dichiarò, “Questo non è un temporale, è una battaglia tra tuoni! Guardate!”. Detto ciò, tutti osservarono il punto che stava indicando il nano e videro un’enorme ammasso di roccia prendere vita. Tra lo stupore generale, Bofur affermò, “Che mi venga un colpo, le leggende sono vere! Giganti…giganti di pietra!”. A quelle parole, Evelyn si ricordò di aver letto qualcosa riguardo i giganti di pietra. Sì, è vero! I giganti di pietra che vivono nelle Montagne Nebbiose! Perché non mi è venuto in mente prima?!, pensò con ansia.
Il gigante che aveva appena preso vita afferrò un masso e lo lanciò contro un altro gigante. Bofur era talmente intento ad osservare la scena che si allontanò dalla parete, allora Thorin gli urlò, “Riparati stupido!”, e gli altri lo afferrarono per farlo indietreggiare. Evelyn guardò i due giganti con preoccupazione quando sentì stringere la sua mano; allora si voltò verso Fili che le fece un sorriso d’incoraggiamento.
Ad un certo punto, l’incantesimo di Evelyn si esaurì e, all’improvviso, la terra sotto i loro piedi incominciò a tremare; il sentiero si sgretolò e si spaccò a metà. Fu allora che realizzarono di trovarsi sulle gambe di un altro gigante che si stava muovendo. Riuscirono tutti a spostarsi sul lato sinistro tranne Evelyn, Fili, Bilbo, Dwalin, Bofur e Ori che rimasero sul lato destro. Il gigante sul quale si trovavano si scontrò con un altro gigante con il quale ebbe la peggio e cadde all’indietro; la sua gamba sinistra andò contro la montagna, così una parte del gruppo riuscì a passare su un altro sentiero più stabile. I giganti continuarono a lottare tra di loro rendendo alquanto complicata la situazione per Evelyn e gli altri; Evelyn a stento riuscì a reggersi in piedi e avrebbe rischiato di cadere, se non fosse stato per Fili che le teneva la mano con fermezza.
D’un tratto, il gigante nella concitazione perse l’equilibrio e si accasciò sulle gambe approssimandosi sempre più alla montagna. Man mano che la gamba del gigante si avvicinava alla parete rocciosa, Evelyn pensò con inquietudine, Qui rischiamo di fare una brutta fine! Perciò fece un altro incantesimo di schermatura, “Phasmatos exo, aquae muri defende”, e si innalzò un muro d’acqua che li protesse dalla violenta collisione. Questo permise loro di saltare sull’altro lato della montagna dove finalmente furono in salvo. Evelyn, non appena la situazione si calmò, si rese conto di essere finita addosso a Fili che le stava cingendo la vita; entrambi si guardarono negli occhi e arrossirono. Evelyn si alzò subito scusandosi con Fili che esitò a lasciarla andare. “Oh no, non fa niente!”, replicò il nano sorridendo compiaciuto.
Thorin arrivò di corsa urlando il nome di Fili ed Evelyn e, quando vide che stavano tutti bene, tirò un sospiro di sollievo. Intanto Bofur si guardò attorno e poi chiese con apprensione, “Dov’è Bilbo? Dov’è lo hobbit?”. Ben presto si resero tutti conto che Bilbo era appeso nel vuoto, aggrappato al bordo del sentiero, e cercava di tirarsi su, ma complice la pioggia che rendeva la parete scivolosa, non riuscì nel suo intento. Thorin gridò, “Prendetelo!”, e Ori si lanciò per afferrarlo giusto in tempo prima che cadesse giù nel vuoto. Bofur cercò di prendere l’altra mano de lo hobbit, ma non ne fu in grado, allora Thorin scese sulla parete, sostenendosi a delle sporgenze, per aiutare il mezz’uomo a tirarsi su. Una volta messo in salvo Bilbo, Thorin cercò di risalire, ma scivolò. “Thorin!”, urlò Evelyn con apprensione. Il re dei nani fu preso al volo da Dwalin che lo sollevò con tutta la forza che aveva. Una volta risalito sul sentiero, Thorin guardò Evelyn sorpreso, allora a quel punto, lei si rese conto di quello che aveva fatto. Ma cosa mi è preso?! Urlare così il suo nome?!, pensò abbassando lo sguardo imbarazzata.
Intanto Bilbo, ancora un po’ scosso per quello che era successo, stava cercando di riprendere fiato. Dwalin lo osservò sollevato e asserì, “Credevo l’avessimo perso!”. Di tutta risposta, Thorin dichiarò duramente, “Lui si è perso sin da quando ha lasciato casa sua. Non sarebbe mai dovuto venire. Non c’è posto per lui tra noi!”. A quell’affermazione, il volto di Bilbo si fece cupo e malinconico. Evelyn rimase sconcertata per le parole del re dei nani e lo guardò con un’aria di rimprovero alla quale lui rispose con un’espressione seria e impassibile.
In seguito, Thorin si diresse verso un’apertura nella parete e chiamò Dwalin che lo raggiunse immediatamente; il resto del gruppo seguì i due senza indugio. Entrarono in una grotta e, prima di avanzare, il re diede un’occhiata intorno. “Sembra abbastanza sicura”, assicurò Dwalin. “Controlla fino in fondo! Le grotte delle montagne sono spesso abitate”, replicò Thorin. Dwalin andò a controllare e poi affermò, “Qua non c’è niente!”. “Bene allora! Accendiamo un bel fuocherello!”, disse Gloin allegramente posando a terra della legna trovata nella grotta che avrebbe voluto utilizzare per il falò. “No, niente fuoco! Non in questo posto!”, ribatté Thorin severamente. Poi proseguì, “Cercate di dormire! Partiamo come arriva l’alba!”. “Dovevamo aspettare tra le montagne fino all’arrivo di Gandalf. Questo era il piano!”, asserì Balin avanzando verso Thorin. “I piani cambiano. Bofur, primo turno di guardia!”, rispose il re dei nani con fermezza. Evelyn sentendo ciò che si erano detti i due, si avvicinò a loro e chiese nervosamente, “Come sarebbe a dire che non aspettiamo mio zio?!”. Thorin la guardò con la sua solita impassibilità e replicò con risolutezza, “Voi non potete capire!”. Evelyn si innervosì ancora di più ed esclamò con rabbia, “Allora spiegatemi!”.
Thorin ebbe un attimo di esitazione e poi dichiarò pacatamente, “Dobbiamo arrivare ad Erebor per la fine dell’autunno, se vogliamo trovare la porta per entrarvi; così è scritto sulla mappa. Perciò non possiamo perdere tempo. Ma vedrete che Gandalf riuscirà a raggiungerci in comunque i casi”. Thorin si avvicinò ad Evelyn sorridendole e cercò di appoggiare la mano sul suo braccio, ma lei si tirò indietro fissandolo con rancore; il sorriso sul volto di Thorin scomparve e lasciò il posto alla collera.
Fili osservò tutta la scena soddisfatto e pensò di approfittare della situazione. “Evelyn! Potreste dormire vicino a me, se non vi da’ fastidio!”, le propose il nano. Evelyn guardò con un sorriso beffardo prima Thorin che la fissò con ira e poi osservò Fili con un’espressione maliziosa e dichiarò con un tono quieto, “Con molto piacere!”.
Evelyn si sistemò il giaciglio e si coprì con l’unica coperta che aveva la quale purtroppo, senza un fuoco acceso, non bastava a ripararla dal freddo, complice anche il fatto che era bagnata fradicia dalla testa ai piedi. Fili si rese conto che Evelyn aveva freddo, perciò pensò di sfruttare anche questa occasione; si avvicinò a lei e la coprì con una parte della sua coperta. Evelyn sussultò e guardò Fili con stupore. “Cosa fate?”, chiese sorpresa. “Io…niente! Non…non volevo fare niente di male! Ho visto che…che avevate freddo e…e ho pensato che due coperte vi avrebbero tenuta più calda!”, rispose Fili timidamente e con titubanza.
Evelyn esitò un po’ intanto che rifletté, Oh no! Non mi dire che si è infatuato di me! Ci mancava anche questa! Fili vedendo l’esitazione di Evelyn affermò con decisione, “Vi giuro che non vi farò niente di male!”. Però è così premuroso e poi non ha tutti i torti! Due coperte mi terranno più calda! Al fatto che si sia invaghito di me ci penserò un’altra volta!, pensò Evelyn. “Va bene, ma guai a voi se allungate le mani!”, asserì Evelyn con fermezza. Fili annuì mentre un’espressione di gioia si disegnò sul suo volto; Kili, Nori, Dori e Balin, che avevano assistito alla scena, bisbigliarono tra di loro e guardarono Fili con aria compiaciuta ridacchiando. Il nano prima guardò Evelyn preoccupato che si fosse accorta di qualcosa e poi fissò con aria di rimprovero i suoi compagni e suo fratello scuotendo la testa per fargli capire che non gradì il loro atteggiamento; allora i quattro si diedero una calmata, si coricarono e si misero a dormire.
Intanto, mentre cercava di rilassarsi, Evelyn si accorse che Thorin la stava guardando con un’aria risentita; sostenne il suo sguardo per un po’, prima di chiudere gli occhi e lasciare che il sonno prendesse il sopravvento.
 
 
    
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: i Goblin ***


Capitolo 9: i Goblin
 
Evelyn si trovava su una sporgenza di una montagna circondata dalle fiamme. Ad un tratto, mentre cercava un modo per liberarsi, in lontananza intravide Thorin; lo chiamò a gran voce, ma lui non rispose. All’improvviso vide sopraggiungere un enorme orco dalla carnagione chiara in sella ad un grosso lupo dal mantello bianco contro il quale Thorin si mise a combattere.

“Svegliatevi! Svegliatevi!”. Il sonno di Evelyn fu interrotto dalla voce di Thorin che intimò a tutti di svegliarsi; fece appena in tempo a destarsi che il terreno sotto di lei si aprì facendola precipitare insieme agli altri nel vuoto. Caddero giù per un lungo cunicolo, che sembrava interminabile, per poi atterrare finalmente dentro una caverna sopra una piattaforma in legno. Evelyn non era ancora riuscita a realizzare quello che stava accadendo quando vide arrivare un gruppo di strane creature dall’aspetto terrificante che si lanciarono addosso a tutti i componenti della compagnia. In tutta quella confusione, la prima cosa che le venne in mente fu quella di utilizzare l’incantesimo del dolore e di dispersione, ma per quanto si sforzasse, quelle creature, essendo numerose, continuavano ad arrivare a frotte e lei incominciò a sentirsi debole; alla fine Evelyn desistette e quegli esseri ebbero la meglio. Sono troppi! Non posso farcela da sola! Mi sto indebolendo e così non potrò essere di nessun aiuto!, pensò sconfortata.
Fili cercò di prenderle la mano, ma quelle creature lo allontanarono da lei; tentò nuovamente di andare verso Evelyn, però fu tutto inutile. Intanto Evelyn si dimenò per liberarsi da due di quegli esseri che la tenevano per le braccia e gli intimò con rabbia, “Toglietemi le mani di dosso!”. Anche i nani provarono a divincolarsi, ma ogni sforzo fu vano.
Quelle creature li scortarono attraverso un lunga passerella di legno che conduceva ad un’altra piattaforma; qui si trovava quello che sembrava un trono sopra il quale vi era seduto un essere molto più grande di quelli che li avevano catturati, il loro re; aveva un aspetto sgradevole con una testa enorme, un lungo mento molliccio e una grossa pancia. “Sento che è in arrivo una canzone!”, esclamò quella creatura. Scese dal trono usando come appoggio alcuni di quegli esseri e si mise a cantare una canzone, improvvisando un pessimo balletto, supportato da alcune creature che suonavano e altre che facevano da coro al ritornello:
 
Salda! Afferra! Sei sottoterra!
Acciuffa e mortifica! Spacca e scarnifica!
Picchia, colpiscili! Fai dolore e zittiscili!
In profondità!
E’ degli orchi la città!
Con un colpo fra gli occhi, della frusta gli schiocchi!
Delle mie torture urlan come allocchi!
Nelle profondità!
E’ degli orchi la città!
Martelli e mazze che ti sbattono in testa!
Poi il mio forcone!
Quanta vita ti resta?
Afferra, spacca, piega e schiaccia!
Rompi ogni osso delle braccia!
Puoi piangere e urlare!
Chi ti può aiutar?
Giù, giù, in profondità!
E’ degli orchi la città!

Quando finì risalì sul trono usando sempre come supporto alcuni di quegli esseri. Evelyn guardò la creatura attonita e disgustata. Ci mancava anche la canzoncina!, pensò contrariata.
“Orecchiabile, vero?! E’ una delle mie famose composizioni”, affermò il re. Rimasero tutti in silenzio tranne Balin che replicò sdegnato, “Quella non è una canzone…è un’abominazione!”. A quelle parole gli strani esseri si misero a urlare e il loro re rispose, “Abominazioni, mutazioni, deviazioni…è tutto quello che troverete quaggiù”.
Ad un certo punto, le creature buttarono a terra tutte le armi che avevano confiscato ai nani e ad Evelyn e, nel vederle, il re sentenziò severamente, “Chi è stato così sfrontato da entrare armato nel mio regno? Spie? Ladri? Assassini?”. Uno di loro asserì, “Nani, vostra malevolenza!”. “Nani?!”, esclamò il re stupito. “Trovati nel portico anteriore”, dichiarò l’essere. “E non solo nani!”, aggiunse la creatura indicando verso Evelyn. Mentre i nani si strinsero attorno ad Evelyn per proteggerla, il re di quegli esseri la guardò con curiosità ed interesse e lei rispose con uno sguardo carico d’ira.
Il re portò di nuovo la sua attenzione sui nani e ordinò con severità,“Beh, non statevene lì impalati…percuisiteli! Ogni fessura…ogni crepa!”, e gli esseri obbedirono. I nani ed Evelyn si dimenarono, ma quelle creature erano davvero troppe per riuscire ad avere la meglio. Uno di loro prese la sacca di Nori, la rovesciò e raccolse uno degli oggetti che era caduto, un candelabro. ”E’ mia convinzione, vostra grande eccellenza, che siano in combutta con gli elfi”, disse porgendo il candelabro al re che lesse la scritta incisa sopra e asserì, “Realizzato a Gran Burrone. Ah, Seconda Era…da buttare, non vale niente!”, e così dicendo, lanciò via il candelabro. A quel punto Dwalin e Dori guardarono stupefatti Nori il quale dichiarò con impassibilità, “Qualche ricordino da conservare!”.
“Che cosa ci fate da queste parti?”, domandò il re incuriosito. A quella domanda Thorin stava per farsi avanti quando fu fermato da Oin che affermò, “Non preoccupatevi ragazzi, ci penso io!”. “Tu, come hai detto?! Niente trucchi…voglio la verità. Cose serie e nonnulla”, asserì il re con fermezza sedendosi sul trono. “Sarai costretto ad alzare la voce…i tuoi mi hanno appiattito la tromba”, replicò Oin con decisione mostrando l’arnese che utilizzava per sentire meglio avendo problemi d’udito.
Il re si alterò, si alzò dal trono picchiando per terra il bastone, alla cui sommità vi era lo scheletro della testa di un montone, che teneva in mano e inveì avanzando verso i nani, “Appiattirò ben altro che la tua tromba!”. Allora si fece avanti Bofur che dichiarò, “Se sono più informazioni che vuoi, io sono quello con cui parlare”. Allora il re si calmò, guardò il nano con serietà e annuì. Bofur esitò un attimo e poi iniziò, “Eravamo lungo la strada…beh, neanche una strada, un sentiero. In effetti, neanche un sentiero ora che ci penso…più un viottolo. Comunque, eravamo su questa strada, tipo sentiero, tipo viottolo, e poi non c’eravamo…e questo è un problema perché dovevamo trovarci a Dullahan martedì scorso…”.
Nel frattempo che Bofur parlava, il re stava iniziando a perdere la pazienza e mormorò infastidito, “Sta’ zitto!”. A quel punto si fece avanti Dori che proseguì, ”…a far visita a dei lontani parenti”. E Bofur aggiunse, “Endogamici da parte di mia madre”.
Il re si innervosì e gridò, “Zitto! Baaaaasta!”. Alla reazione del loro re le creature si spaventarono e della compagnia di Thorin nessuno osò più proferire parola. Questo è sicuramente il modo migliore per convincerlo a non farci del male!, affermò tra sé Evelyn sarcasticamente. “Se non vorranno parlare, saremo costretti a farli strillare. Portate qui il maciullatore…portate qui lo spezza ossa!”, dichiarò il re esagitato mentre la moltitudine di creature presenti in quella caverna si esaltò. Maciullatore?! Spezza ossa?! Adesso sì che siamo in un bel guaio!, pensò Evelyn sgomenta. “Cominciate dai più giovani”, proseguì il re indicando Ori il quale era visibilmente turbato.
“Aspetta!”. Ci fu un momento di silenzio nel quale tutti si voltarono verso Thorin che si fece avanti; Evelyn lo osservò con apprensione mentre lui passava davanti al gruppo per trovarsi di fronte al re di quelle creature. “Bene, bene, bene…guarda chi c’è!”, esclamò il re meravigliato. “Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re Sotto la Montagna”, asserì inchinandosi. “Oh, ma mi dimenticavo…non ce l’hai una montagna e non sei un re, il che fa di te un nessuno in realtà!”, dichiarò il re in tono sarcastico guardando Thorin con un’aria beffarda. Evelyn non gradì l’atteggiamento derisorio con cui quell’essere si era rivolto a Thorin. Ma come si permette? Chi si crede di essere?, pensò stizzita.
Il re sospirò, continuando a fissare Thorin, e poi disse, “Conosco qualcuno che pagherebbe un bel prezzo per la tua testa. Solo la testa, nient’altro attaccato”, e si mise a ridere così come tutti gli altri esseri. A quelle parole, Evelyn ripensò a ciò che le aveva detto suo zio, C’è qualcuno che vuole la testa di Thorin! Avrebbe voluto intervenire, ma si guardò intorno e, vedendo l’immenso numero di creature presenti, si rese conto che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Sono troppi! Se uso la magia per tutti quanti mi debiliterò! Se solo ci fosse mio zio a darmi una mano?!, considerò scoraggiata.
“Forse tu sai di chi sto parlando?! Un vecchio nemico tuo, un orco pallido a cavallo di un bianco mannaro”, dichiarò il re. Un orco pallido a cavallo di un bianco mannaro?! Dalla descrizione sembra l’orco del mio sogno!, rifletté Evelyn con inquietudine. Thorin guardò il re con incredulità. “Azog il Profanatore è stato distrutto, trucidato in battaglia molto tempo fa!”, replicò poi con fierezza. Azog?! Dunque questo è il suo nome?!, pensò Evelyn.
“Così credi che i suoi giorni da profanatore siano finiti, vero?!”, questionò il re mettendosi a ridere. Poi si diresse verso una creatura molto più piccola degli altri che stava su una carrucola appesa ad una fune e disse, “Invia un messaggio all’orco pallido! Digli che ho trovato il suo premio”, e quell’essere partì subito dirigendosi verso la profondità della caverna.
Evelyn osservò intorno a sé per cercare di mettere a fuoco la situazione e trovare un modo per uscire da lì. Poi la sua attenzione andò sulla miriade di creature presenti e incominciò a ragionare per cercare di capire cosa fossero, A prima vista sembrano orchi, ma sono un po’ diversi da quelli che ho incontrato finora! A quel punto fece mente locale dei libri che aveva letto sulla Terra di Mezzo e si ricordò di aver visto delle immagini di quegli esseri in un libro che parlava delle varie creature che popolano quelle terre, in un capitolo riguardante le diverse specie di orchi. Ma certo! Sono Goblin!, esclamò Evelyn.
All’improvviso il re dei Goblin affermò, “Oh, è inutile che ti guardi attorno! Da qui non scapperete!”. Evelyn si accorse che il re stava parlando con lei; lo fissò con un’espressione seria mentre lui la guardò con attenzione abbozzando un sorriso. Ad un certo punto, il re ordinò, “Portatela qui!”. Thorin si voltò immediatamente indietro e fissò Evelyn con angoscia. Poi si girò verso il re dei Goblin e intimò con ira, “No, lei no! Lasciala stare!”.  Il re dei Goblin lo guardò con malizia e con aria di sfida e replicò, “Oh sì, proprio lei!”.
Alcuni Goblin fecero per prendere Evelyn ma, mentre i nani cercarono di opporsi, lei si divincolò con furia e protestò con rabbia, “Non mi toccate! Sono capace a camminare anche da sola!”. Detto ciò, guardò il re dei Goblin con fierezza e avanzò a testa alta sotto lo sguardo preoccupato dei nani; si trovò così di fronte al re che la fissava con interesse. “Cosa ci fa una bella ragazza come te con dei nani?”, domandò il re con curiosità. “Non sono affari tuoi!”, rispose Evelyn con tono acido. Il re dei Goblin sorrise maliziosamente, avanzò verso Evelyn cercando di sfiorarla con la sua lurida mano ed esclamò, “Hai un bel caratterino!”. Evelyn indietreggiò e dichiarò agguerrita, “Guai a te se osi toccarmi!”. Intanto i nani continuavano a dimenarsi per cercare di liberarsi dalla morsa dei Goblin che impedivano loro di avvicinarsi ad Evelyn.
Ad un tratto l’espressione del re dei Goblin si fece seria e, dopodiché, affermò, “E se decidessimo di tenerti con noi?!”. I Goblin si misero a ridere e ad esultare, mentre i nani tentarono di divincolarsi e in coro gridarono, “Nooo, Evelyn!”. Il re fece un cenno a due Goblin che bloccarono Evelyn per le braccia; lei fissò con severità il re e poi abbozzò un sorriso. Il re dei Goblin rimase stupito della sua reazione impassibile. Evelyn respirò profondamente, si concentrò e, ad un certo punto, i Goblin che la stavano tenendo e il loro re incominciarono a gridare e si accasciarono, ma nel dimenarsi, il re diede una spinta ad Evelyn che cadde all’indietro. Nella concitazione alcuni Goblin lasciarono i nani per andare a soccorrere il loro re, così Thorin si trovò libero e corse da Evelyn. Si inginocchiò, la prese tra le braccia e stringendola a sé le sussurrò dolcemente, “Non gli permetterò di farvi del male!”. Evelyn, presa alla sprovvista, esitò un momento rimanendo immobile nell’abbraccio del re dei nani; poi alzò gli occhi verso di lui e lo guardò esterrefatta. Nel frattempo, Thorin ricambiò il suo sguardo e abbozzò un sorriso.
Poiché nel cadere Evelyn aveva interrotto l’incantesimo del dolore, Il re dei Goblin si rialzò e, osservandola con ira, questionò, “Strega! Cosa volevi fare? Uccidermi?!”. Evelyn distolse lo sguardo da Thorin e rivolse la sua attenzione sul re dei Goblin. “Perché no?!”, replicò con tono di sfida. Il re dei Goblin continuò a fissare sia Evelyn che Thorin e un sorriso malandrino si disegnò sul suo volto. A quel punto Evelyn realizzò di trovarsi ancora tra le braccia di Thorin e che, senza rendersene conto, aveva afferrato con la mano la sua tunica; allora, sentendosi in imbarazzo, si alzò immediatamente aiutata dal re dei nani.
Intanto il re dei Goblin, ancora in collera per l’aggressione subita da Evelyn, decise di dare una lezione a tutta la compagnia e ordinò nuovamente ai suoi sudditi, “Cosa state aspettando? Portate il maciullatore e lo spezza ossa…muovetevi!”. Mentre i Goblin accondiscendevano all’ordine impartito, il loro re intonò qualche strofa della canzone che aveva precedentemente cantato. Se voglio tirarli fuori da questa situazione dovrò ricorrere alla magia, anche a costo di usare fino all’ultima particella della mia energia!, pensò Evelyn guardando i nani che stavano ancora cercando di liberarsi dalla morsa dei Goblin.
Nella confusione che si creò di nuovo uno dei Goblin si avvicinò alla spada di Thorin; la prese e fece per sfilarla dal fodero, quando sul suo volto comparve un’espressione di terrore e la lanciò a terra. Nel momento in cui anche il re vide la spada, si spaventò e indietreggiò. “Conosco quella spada…è la fendi orchi!”, affermò intimorito indicandola. A quelle parole, tutti i Goblin si agitarono e si accanirono contro i nani ed Evelyn; i nani tentarono di difendersi da quegli esseri ed Evelyn contribuì utilizzando l’incantesimo del dolore con il quale ne mise fuori gioco un buon numero permettendo alla compagnia di avere un momento di tregua.
“Il coltello, la lama che ha tagliato mille colli! Squarciateli, picchiateli, bruciateli, uccideteli tutti, tagliategli la testa!”, sentenziò il re dei Goblin. Detto ciò, alcuni Goblin si lanciarono contro Thorin, lo bloccarono a terra ed uno di loro lo minacciò con un coltello. Nonostante il caos, Evelyn si accorse di quello che stava accadendo al re dei nani; fu un attimo che sentì una scarica di energia in tutto il suo corpo aumentare inaspettatamente, sebbene ne avesse consumata molta nell’uso della magia e fosse stanca. “Vatos expelliamus!”, Evelyn non perse tempo e pronunciò l’incantesimo di disarmo con il quale fece volare via il coltello dalle mani del Goblin; l’essere non ebbe il tempo di rendersi conto cosa era successo e di reagire che furono tutti investiti da un potente bagliore di luce che scaraventò via alcuni Goblin e distrusse gli strumenti di tortura.  
Il bagliore di luce si dissolse e nella caverna, che fino a poco tempo prima riecheggiava delle grida dei Goblin e dei nani, regnava il silenzio assoluto. Evelyn sentì una sensazione di sollievo perché non aveva dubbi su chi avesse praticato quella magia, Zio Gandalf! Alzò la testa e fu così che lo vide emergere dalla penombra, in una mano la spada e nell’altro il suo bastone. Tutti quanti, Goblin e nani, erano ancora un po’ scombussolati e stavano cercando di capire cosa fosse accaduto quando Gandalf intimò, “Imbracciate le armi! Combattete…combattete!”. Lo stregone si lanciò alla carica; alcuni Goblin cercarono di attaccarlo, ma ebbero la peggio. Il re dei Goblin guardò verso Gandalf e affermò in preda al panico, “Brandisce l’abbatti nemici, il martello splendente come il sole!”.  
Finalmente i nani reagirono; si alzarono e presero le loro armi. La presenza di suo zio rassicurò Evelyn che si fece ancora più coraggio e si gettò anche lei nella battaglia; combinando l’uso della magia e la sua abilità nell’usare la spada, riuscì a cavarsela egregiamente. Ad un tratto, sentì qualcuno gridare il nome di Thorin, allora lo cercò nella mischia e lo vide intento nel combattimento; stava per essere attaccato alle spalle dal re dei Goblin, ma si girò di scatto e parò il colpo facendo cadere all’indietro il re che precipitò giù dalla piattaforma. Evelyn tirò un sospiro di sollievo e poi cercò di raggiungerlo, ma l’alto numero di Goblin rese l’impresa ardua; ad un certo punto si sentì chiamare e quando si voltò vide Fili.
“Cercate di starmi vicino”, le disse il nano. Evelyn ebbe un momento di indecisione; guardò Fili, poi verso Thorin e nuovamente portò la sua attenzione su Fili al quale, alla fine, annuì seppur a malincuore. Insieme cercarono di farsi largo tra i Goblin quando Gandalf ordinò, “Seguitemi…svelti!”. Tutti i membri della compagnia lo seguirono senza esitazione e corsero lungo la passerella di legno più che potevano con i Goblin che arrivavano da tutte le parti. Con tutte le vie di fuga bloccate da quelle orrende creature, Dwalin ebbe l’idea di prendere un lungo e spesso pezzo di legno e usarlo come ariete per buttare giù i Goblin e liberare la strada.
Evelyn correva più che poteva, ma la mancanza di alcune assi sulla passerella le creava qualche difficoltà, allora Fili la prese per mano per aiutarla. Senza rendersene conto, arrivò in prossimità di Thorin che era braccato senza tregua dai Goblin. “Tagliamo le corde!”, intimò il re dei nani. I nani tagliarono le corde della passerella e così una parte precipitò strascinando giù alcuni Goblin; i nani ed Evelyn ripresero a correre incitati da Gandalf. Giunsero sopra una passerella mobile che oscillò arrivando dalla parte opposta dove saltarono tutti giù e, dopodiché, tagliarono le corde per impedire ai Goblin di inseguirli. Continuarono a correre cercando di farsi largo tra i Goblin che li attanagliavano e lo stregone con la magia staccò dalla parete un grosso masso che fecero rotolare per aprirsi la strada.
All’improvviso la loro corsa fu interrotta dal re dei Goblin che sbucò fuori da sotto la passerella, distruggendo le assi, e si piazzò di fronte a Gandalf con aria minacciosa, “Pensavi di potermi sfuggire?!”, asserì cercando di colpire lo stregone che indietreggiò cadendo all’indietro. “Che intendi fare ora stregone?!”, dichiarò il re dei Goblin con aria di sfida. Evelyn trasalì quando vide suo zio in difficoltà e si precipitò da lui, “Zio, stai bene?”. “Non ti preoccupare, sto bene! Tu stai indietro, qui ci penso io!”, rispose Gandalf con fermezza mentre si sollevava da terra. “No, aspetta…”, non fece in tempo a finire di parlare che sentì qualcuno prenderle la mano e tirarla verso di sé; era convinta si trattasse di Fili, invece quando si voltò, si trovò di fronte Thorin. Lo osservò sbigottita per un momento prima di rivolgere lo sguardo verso suo zio che avanzò verso il re dei Goblin; Gandalf lo colpì in un occhio col suo bastone e con la spada gli tagliò la pancia. Il re dei Goblin cadde in ginocchio ed esclamò, “Sarò sconfitto!”, e lo stregone gli diede il colpo di grazia tagliandogli il lungo mento. Il re dei Goblin stramazzò al suolo e il suo peso fece rompere la parte della passerella sopra al quale si trovava la compagnia; precipitarono giù andando a sbattere contro le pareti rocciose e travolgendo tutto ciò che si trovava sul loro percorso.
Finalmente la loro discesa terminò sul fondo della caverna; erano un po’ scombussolati, ma tutti sani e salvi. Gandalf si alzò per primo e cercò sua nipote, “Eve!”. “Zio, sono qua!”, replicò Evelyn un po’ frastornata. “Stai bene?”, le chiese lo stregone andando verso di lei. “Sì! D’altronde siamo solo precipitati in un burrone”, asserì Evelyn in tono sarcastico mentre si stava togliendo di dosso alcuni pezzi di legno per potersi alzare. Gandalf la guardò sollevato abbozzando un sorriso e la aiutò a sollevarsi.
Intanto Bofur esclamò, “Beh, poteva andare peggio!”. Come finì la frase, il corpo ormai morto del re dei Goblin precipitò su di loro e Dwalin, che era ancora disteso a terra e coperto da alcune travi di legno, protestò, “Vorrai scherzare?!”. I nani cercarono di alzarsi quando all’improvviso Kili chiamò a gran voce Gandalf per attirare la sua attenzione sulla moltitudine di Goblin che si stava precipitando verso di loro. Dwalin, mentre aiutava Nori ad alzarsi, guardò lo stregone e affermò, “Sono troppi, non possiamo combatterli”. “Sì, zio! Sono troppi anche per noi che possiamo contare sulla magia. Usare i nostri poteri con un numero così elevato di Goblin vuol dire indebolirsi molto e questa non è certo la situazione ideale per rimanere privi di energie”, dichiarò Evelyn rivolgendosi a Gandalf con tono apprensivo.
Lo stregone guardò con aria preoccupata e seria prima sua nipote e poi i Goblin che stavano correndo verso di loro e asserì, “Una sola cosa ci salverà…la luce del giorno. Via!”. I nani si affrettarono ad alzarsi e si diressero verso l’uscita; corsero giù per il pendio della montagna allontanandosi il più possibile dal covo dei Goblin. Ad un certo punto, Gandalf si fermò e si mise a contare per controllare che ci fossero tutti, “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. Bifur, Bofur…fanno dieci. Ah, Fili, Kili ed Eve…fanno tredici. E naturalmente Bombur fa quattordici”. Fece una pausa, rifletté un attimo e poi domandò con apprensione, “Dove Bilbo, eh? Dov’è il nostro Hobbit?”. I nani ed Evelyn si guardarono tra di loro e attorno a sé con perplessità, ma nessuno parlò. Allora lo stregone perse la pazienza e gridò, “Dov’è il nostro Hobbit?”. Dwalin esclamò stizzito, “Accidenti al mezz’uomo! Ora si è perso?!”. Nori dichiarò, “Credevo fosse con Dori”. E Dori replicò con fermezza, “Non incolpare me!”. Gandalf rivolgendosi a Dori chiese, “Dove l’avete visto l’ultima volta?”. Alla domanda rispose Nori, “Mi sa che è sgattaiolato via quando ci hanno catturati”. Lo stregone sempre più preoccupato domandò a Nori con irruenza, “Che è successo esattamente? Dimmelo!”. Questa volta a rispondere fu Thorin che con un tono irritato affermò, “Te lo dico io che è successo! Mastro Baggins ha visto la sua occasione e l’ha colta. Pensava solo al suo soffice letto e al suo caldo focolare da quando ha messo piede fuori dalla porta. Non rivedremo mai più il nostro Hobbit. E’ ormai lontano”.
Evelyn osservò Thorin sconcertata e pensò, Non sembra per niente il Thorin che nella caverna è stato così premuroso con me! Ma perché si comporta così? Ci fu un momento di silenzio nel quale tutti si guardarono stupiti quando, ad un certo punto, qualcuno disse, “No!”. Si girarono tutti verso il punto dal quale proveniva la voce e videro Bilbo. “Invece!”, proseguì lo hobbit. Un’espressione di sollievo si disegnò sul volto dei nani, di Evelyn e Gandalf che dichiarò commosso, “Ah, Bilbo Baggins! Non sono mai stato così felice di vedere qualcuno in vita mia!”. Il mezz’uomo si fece avanti dando una pacca sulla spalla a Balin e intanto Kili esclamò entusiasta, “Bilbo! Ti davamo per scomparso!”. Invece Fili gli chiese incuriosito, “Ma come hai fatto a superare i Goblin?”, e Dwalin rafforzò la domanda, “Già! Come?”.
Lo hobbit guardò per un attimo i nani e poi fece una risata malandrina; si mise le mani in tasca come a cercare qualcosa e Gandalf lo fissò con un’aria seria. In quel momento Evelyn percepì una strana energia e capì che se Bilbo era riuscito a cavarsela, non era del tutto solo merito suo. A quel punto lo stregone interruppe il momento di silenzio affermando con gioia, “Beh, ma che importanza ha?! E’ tornato!”. “Ha importanza!”, questionò Thorin verso il quale il mezz’uomo si voltò. “Voglio saperlo…come mai sei tornato?”, gli chiese poi con un tono quieto. Bilbo ebbe un attimo di esitazione e poi replicò, “So che dubiti di me! Lo so, lo so…l’hai sempre fatto!”. Thorin osservò lo hobbit senza dire niente. “E hai ragione, penso spesso a casa Baggins. Mi mancano i miei libri, e la mia poltrona, il mio giardino…vedi, quello è il mio posto. E’ casa mia! Perciò sono tornato, perché…”, fece una pausa e dopo proseguì, “…voi non ce l’avete, una casa. Vi è stata portata via…e voglio aiutarvi a riprendervela, se posso”.
Thorin abbassò lo sguardo per un momento prima di tornare a fissare Bilbo con aria pacata e triste senza proferire parola; i nani assunsero la stessa espressione del loro re e rimasero in silenzio anche loro, mentre Gandalf guardò lo hobbit con orgoglio. Perfino Evelyn provò un po’ di tristezza perché, a quelle parole, sentì nostalgia di casa. Lo stregone si accorse dello stato d’animo della nipote, allora le si avvicinò e, posando una mano sulla sua spalla, le chiese cordialmente, “Eve! C’è qualcosa che non va?”. Evelyn guardò suo zio mestamente e rispose, “Stavo pensando che non ero mai stata così tanto tempo lontana da casa”. Gandalf le sorrise affettuosamente e l’abbracciò.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Azog il Profanatore ***


Capitolo 10: Azog il Profanatore
 
In quel momento di silenziosa riflessione collettiva, Evelyn pensò a tutto quello che era accaduto poco prima e le venne in mente un particolare, Siamo finiti nella caverna dei Goblin cadendo giù per un lungo cunicolo! Il suo pensiero andò subito al sogno che aveva fatto quando si trovava a Gran Burrone. Ho sognato di precipitare in un pozzo senza fondo ed è quello che è praticamente successo dentro la montagna! Non c’è più dubbio, i miei sogni sono sogni premonitori! Devo assolutamente parlarne con mio zio!, rifletté con calma.
Fece per proferire parola quando, all’improvviso, si sentì un ululato. Thorin esordì, “Siamo finiti dalla padella…”, e Gandalf continuò, “…nella brace. Scappate…scappaaaaate!”. Si misero tutti a correre all’impazzata e, nel frattempo, durante la lunga e tormentata fuga, calò rapidamente l’oscurità della notte; intanto gli ululati si susseguirono accompagnati da ringhi. Devono essere quei grossi lupi che gli orchi sono soliti cavalcare! Anzi, mannari! Almeno così il re dei Goblin ha chiamato il lupo di Azog!, pensò Evelyn con ansia.
Nella frenesia della corsa Thorin incitò, “Correte!”. Ad un certo punto, uno dei mannari balzò in avanti e si piazzò davanti a Bilbo; partì all’attacco, ma lo hobbit ebbe la prontezza di prendere la sua spada e riuscì a colpire il mannaro trapassandogli la testa. Un altro mannaro stava per agguantare Balin, però Thorin andò in suo aiuto scagliandosi contro di esso e uccidendolo. Evelyn, visto il gran numero di mannari, preferì utilizzare esclusivamente la magia per aumentare il vantaggio che non avrebbero dato le sole armi terrene, perciò ricorse più volte all’incantesimo del dolore e di dispersione.
Dopo tanto correre, la fuga della compagnia terminò su una prominenza che dava su un profondo dirupo. Evelyn osservò l’orizzonte con apprensione quando Gandalf intimò, “Salite sugli alberi…tutti! Forza, sali Bilbo…saliii!”. Detto ciò, tutti quanti prontamente salirono sugli alberi; Evelyn iniziò ad arrampicarsi, ma ebbe un po’ di difficoltà; Fili se ne rese conto e si precipitò a darle una mano a salire. Ad un certo punto, Thorin, che era ancora a terra, urlò, “Arrivano!”. Evelyn, sentendolo urlare, guardò giù e vide che non si era ancora messo in salvo; la assalì un sentimento di inquietudine che svanì solo quando anche il re dei nani salì sull’albero. L’unico a non essere ancora salito fu Bilbo perché si attardò a recuperare la sua spada conficcata nel mannaro che aveva ucciso; quando riuscì ad estrarla, si guardò intorno e poi la sua attenzione andò verso i mannari che si stavano precipitando nel punto in cui si trovava la compagnia. Allora si affrettò ad arrampicarsi e riuscì ad evitare di essere agguantato da un mannaro per un soffio.
I mannari arrivarono a frotte e si ammassarono sotto gli alberi. Evelyn si girò verso suo zio e lo vide allungare il suo bastone come se volesse prendere qualcosa; quando Gandalf ritrasse il bastone, Evelyn notò che sopra di esso si trovava una farfalla alla quale lo stregone bisbigliò qualcosa e dopodiché volò via. Evelyn intuì cosa stava facendo suo zio, Sta chiedendo aiuto!
Improvvisamente i mannari si quietarono per un attimo e fu allora che si fece avanti, con portamento fiero, un orco possente con la carnagione pallida in sella ad un mannaro dal mantello bianco. “Azog!”, esclamò Thorin con tono sconcertato. Evelyn si voltò verso Thorin e vide nei suoi occhi un’espressione di stupore; poi guardò con ira verso l’orco pallido e pensò, E’ esattamente come nel mio sogno!
Azog disse qualcosa in una lingua che Evelyn non riuscì a comprendere; l’unica cosa che capì fu il nome di Thorin quando l’orco pallido lo pronunciò. Il re dei nani scosse il capo e, con la collera che si disegnò sul suo volto, dichiarò con ira, “No, non può essere!”. Balin ed Evelyn guardarono Thorin con preoccupazione.
Azog continuò a parlare nella sua lingua indicando con la sua mazza verso la compagnia e a quel cenno i mannari si scagliarono contro gli alberi cercando di salirci su e, nel fare ciò, li scossero rischiando di far perdere l’equilibrio ai nani, ad Evelyn e a Gandalf.
Evelyn ebbe grosse difficoltà a reggersi con tutti quei mannari che si avventarono addosso all’albero scuotendolo, allora pensò bene di indebolirli usando l’incantesimo del dolore; riuscì a contenerli un po’, ma erano talmente tanti che non fu sufficiente ed ebbero la meglio facendo cadere il primo albero che si abbatté sugli altri trascinandoli giù. Ne rimase in piedi solo uno sul ciglio del promontorio sul quale riuscirono a saltare tutti quanti i membri della compagnia.
Azog fece una risata maligna soddisfatto di quello che stava accadendo e questo irritò Evelyn. I mannari proseguirono nel loro intento di salire sull’albero, perciò Evelyn riprese con l’incantesimo del dolore per tenerli a bada più che poteva. D’un tratto, suo zio la chiamò, “Eeeve!”. Si voltò verso di lui e lo stregone le disse con fermezza, “Non puoi continuare così…sono troppi!”. Evelyn rifletté un attimo e dopodiché recitò la formula, “Phasmatos Incendia”. Immediatamente si generarono delle fiamme che misero in fuga i mannari. A quel punto Gandalf prese una pigna, le diede fuoco con l’ausilio del suo bastone e la lanciò contro gli orchi e i mannari; poi prese altre pigne, le accese e le passò agli altri della compagnia che le lanciarono giù contro il nemico. Intanto Evelyn contribuì con un altro incantesimo, “Sucto gladibus Incendia”, con il quale creò delle palle infuocate che andarono a colpire i mannari e gli orchi.
Azog, gli orchi e i mannari indietreggiarono e i nani esultarono, ma la loro esaltazione durò poco poiché l’albero sul quale si trovavano cedette e cadde rimanendo in bilico sul ciglio del promontorio; Evelyn riuscì a stento a reggersi, ma fu sostenuta da Thorin. Invece Ori precipitò aggrappandosi alle gambe di Dori che era appeso ad un ramo; così facendo Dori ebbe difficoltà a sostenersi e chiese aiuto a Gandalf, “Signor Gandalf!”, esclamò con affanno. Lo stregone fece appena in tempo ad allungargli il bastone che Dori mollò la presa, ma riuscì in extremis ad afferrarlo.
Evelyn, quando vide Dori e Ori in difficoltà, stava per dare un supporto a suo zio nell’aiutarli, ma la sua attenzione fu catturata da Thorin che si alzò e avanzò deciso in direzione di Azog. “No, Thorin!”, gridò Evelyn con disperazione. Un senso di angoscia maturò in lei; fissò Thorin con apprensione, poi guardò Dori e Nori e infine spostò lo sguardo su suo zio. Gandalf la osservò con espressione seria e le disse, “Aiuta Thorin! Qui ci penso io!”. Evelyn annuì, dopo si guardò intorno e soffermò il suo sguardo sulle fiamme che divampavano. Esattamente come nel sogno! Io ero circondata dalle fiamme e Thorin combatteva contro Azog!, pensò con decisione. Dopodiché, abbandonò i suoi pensieri e riportò il suo sguardo verso il re dei nani che continuava ad avanzare con determinazione; provò nuovamente a chiamarlo, però senza esito positivo.
A quel punto Evelyn capì che doveva intervenire se voleva impedire che gli accadesse qualcosa, perciò tentò di alzarsi, ma il ramo sul quale fece leva col piede per sollevarsi si spezzò facendole perdere l’equilibrio; si aggrappò al tronco con tutta la sua forza evitando così di cadere nel vuoto. Respirò con affanno e, dopo essersi calmata, rifletté un momento ed ebbe un’idea. Allora guardò con risolutezza verso Thorin, che ormai era quasi arrivato in prossimità di Azog, e recitò la formula, “Phasmatos superous em animi”.
Thorin affrettò sempre di più il passo finché non si mise a correre; sollevò la sua spada e si lanciò contro Azog che si preparò a caricare e si scagliò contro il re dei nani il quale venne colpito dal mannaro dell’orco pallido e cadde al suolo. Evelyn trasalì e gridò nuovamente il suo nome. Lui si rialzò, ma Azog non gli diede il tempo di rimettersi in piedi che lo colpì con la sua mazza e lo atterrò nuovamente. Balin ed Evelyn gridarono all’unisono con tono sofferente, “Noooo!”.
Il mannaro dell’orco pallido si avvicinò a Thorin e lo prese tra le sue fauci; il re dei nani gridò dal dolore e ogni suo grido era una pugnalata al cuore di Evelyn. Allora Evelyn provò di nuovo ad alzarsi; tirò decisa con tutta la potenza che aveva nelle braccia e si aiutò spingendosi con le gambe e i piedi. Dopo uno sforzo non indifferente, riuscì finalmente a sollevarsi; quando fu in piedi si accorse che Bilbo si ergeva dinanzi a lei. Evelyn lo guardò incuriosita e pensò, Cosa avrà intenzione di fare? Vorrà andare anche lui in aiuto di Thorin? Ma la sua attenzione si rivolse nuovamente a Thorin, attirata dalle sue grida. Anche Dwalin cercò di tirarsi su, gridando disperato il nome del suo re ed amico, ma come per Evelyn la prima volta che tentò di alzarsi, il ramo sul quale era in parte appoggiato si ruppe e rischiò di cadere. Intanto Azog si crogiolava nel successo della caccia assumendo un’espressione soddisfatta e questo fece crescere la rabbia in Evelyn; sentì un flusso d’energia scorrerle per tutto il corpo e, all’improvviso, si sollevò il vento.
Nonostante il dolore, Thorin riuscì a reagire colpendo col pomolo dell’elsa della spada il muso del mannaro; quest’ultimo reagì scaraventandolo contro una roccia. Poi Azog disse qualcosa nella sua lingua ad un altro orco che scese dal suo mannaro e si avvicinò al re dei nani. Evelyn quando vide l’orco puntare la lama della spada al collo di Thorin, che stremato cercò di afferrare Orcrist senza riuscirci, tentò la soluzione più immediata, l’incantesimo di disarmo. “Vatos expelliamus!”, Evelyn pronunciò la formula e, di colpo, la spada volò via dalle mani dell’orco che si guardò attorno disorientato. Nel frattempo che cercava di realizzare cosa fosse accaduto, Bilbo vi si lanciò contro buttandolo a terra; l’orco cercò di opporsi, ma lo hobbit riuscì a colpirlo con la spada dopo aver parato alcuni suoi colpi. Una volta ucciso l’orco, il mezz’uomo si rialzò e si mise davanti a Thorin, tra lui e Azog.
Evelyn seguì a ruota Bilbo e si posizionò al suo fianco, spada alla mano, per aiutarlo a proteggere Thorin che era privo di sensi. Altri tre orchi affiancarono Azog il quale guardò Bilbo ed Evelyn con un’espressione sadica; Evelyn, per tutta risposta, lo fissò con collera e con un’aria di sfida. Azog disse qualcosa ai tre orchi che, in seguito, avanzarono minacciosamente in sella ai mannari; la reazione di Bilbo al loro avvicinarsi fu di agitare ripetutamente la spada davanti a sé nel vuoto. Evelyn invece non si scompose e concentrò la sua attenzione sui tre orchi e i mannari i quali si misero ad urlare e si accasciarono al suolo; l’orco pallido osservò sbalordito prima gli orchi e i mannari e poi Evelyn.
Ad un tratto arrivarono Kili, Fili e Dwalin i quali si avventarono con furia contro il nemico; a quel punto anche Bilbo ed Evelyn si gettarono nella battaglia. Bilbo affrontò un orco e il suo mannaro prima di essere spinto a terra dal mannaro di Azog; Evelyn se ne accorse e stava per correre in sua difesa quando delle aquile giganti piombarono giù dal cielo agguantando gli orchi e i mannari e scaraventandoli via sotto lo sguardo sbalordito di tutti. Una delle aquile planò su Thorin e lo afferrò con i suoi artigli; l’orco pallido lanciò un grido di rabbia vedendo sfumata la sua occasione di ucciderlo. Un’altra aquila volò verso Bilbo ed Evelyn e li prese per poi lasciarli cadere nel vuoto in modo che atterrassero sopra ad altre aquile; intanto anche i nani vennero portati in salvo uno ad uno dai grossi rapaci. L’ultimo fu Gandalf che si lanciò nel vuoto e fu preso al volo da un’aquila.
Le aquile volarono per ore, sorvolando montagne e vallate, fino al sopraggiungere dell’alba. Evelyn, durante tutto il tragitto, continuò a guardare preoccupata in direzione dell’aquila che trasportava Thorin, il quale non dava segni di vita. Ad un certo punto, Fili gridò il nome di suo zio, ma nemmeno in questo modo si destò. Alla fine arrivarono in prossimità di un alto sperone di roccia dove le aquile li lasciarono. Posarono prima Thorin ancora incosciente, poi Gandalf ed Evelyn, che gli corsero incontro chiamandolo nella speranza che si destasse, e dopo tutti gli altri. Lo stregone si inginocchiò vicino al re dei nani ed Evelyn si mise di fianco a suo zio; Gandalf chiamò di nuovo Thorin, questa volta mormorando il suo nome, senza ottenere ancora alcuna risposta. Evelyn guardò preoccupata suo zio il quale mise una mano al di sopra del volto del re dei nani e bisbigliò un incantesimo. Quando lo stregone tolse la mano, Thorin si risvegliò subito per la gioia di Gandalf ed Evelyn che furono sollevati. Nel frattempo tutti i suoi compagni si erano avvicinati per accertarsi delle sue condizioni, mentre Bilbo era rimasto un po’ in disparte.
Appena ripreso, il re dei nani chiese con voce flebile dello hobbit, “Il mezz’uomo?!”. “Lui sta bene…Bilbo è qui! E’ salvo!”, rispose Gandalf pacatamente. Poi si voltò verso lo hobbit che fece un sospiro di sollievo nel vedere che Thorin era salvo. Il re dei nani si alzò, ancora un po’ acciaccato, aiutato da Dwalin e da Kili. Quando fu in piedi, fissò Bilbo con sguardo severo ed esclamò, “Tu?!”, ebbe un attimo di esitazione nel quale lo guardarono tutti perplessi e poi continuò, “Cosa credevi di fare?!”. Il mezz’uomo rimase incredulo davanti al rimprovero di Thorin. “Ti sei quasi fatto uccidere!”, sentenziò il re dei nani con severità. Tutti quanti erano stupiti dell’atteggiamento di Thorin nei confronti di Bilbo ed Evelyn lo guardò disgustata. Come può essere così egoista da non riconoscere il merito di una persona neanche dopo che gli ha salvato la vita?!, pensò sdegnata. Il re dei nani avanzò verso lo hobbit affermando con fermezza, “Non ti avevo detto che saresti stato un peso, che non saresti sopravvissuto alle terre selvagge, che non c’è posto per te fra noi?!”. Bilbo era così amareggiato da non riuscire neanche a guardarlo in faccia. Evelyn stava per prendere le difese dello hobbit quando, all’improvviso, Thorin disse con tono più quieto, “Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia!”, e abbracciò il mezz’uomo sul cui volto si disegnò un’espressione di stupore. I nani esultarono, mentre Evelyn rimase spiazzata.  “Scusa se ho dubitato di te”, asserì infine Thorin. “No, anch’io avrei dubitato di me…non sono un’eroe, né un guerriero!”, rispose Bilbo umilmente. “Neanche uno scassinatore”, aggiunse guardando Gandalf che sorrise. Il disorientamento sparì sul volto di Evelyn per lasciare il posto ad un gioioso sorriso.
Però, ad un certo punto, Evelyn si accorse che suo zio la stava guardando con un sorriso malandrino e intervenne dicendo, “Thorin! Comunque, non devi la tua vita solo a Bilbo…devi ringraziare anche Eve! E’ grazie a lei e al suo incantesimo di protezione se le tue ferite non erano tanto gravi da ucciderti e da permettermi di guarirti!”. Evelyn guardò esterrefatta suo zio e poi Thorin che la stava fissando con un sorriso affettuoso. Le si avvicinò e le disse, “Allora vi ringrazio…sono in debito con voi”. Evelyn abbozzò un sorriso e replicò, “Beh, è il minimo che vi aiuti dopo che sopportate la mia presenza nella compagnia”. Si misero tutti a ridere, tranne Thorin sul cui volto comparve un’espressione mista di mestizia e sconcerto.  
All’improvviso, Evelyn sentì un calore pervadere il suo corpo e sentì le sue forze mancare; Thorin la sorresse e la guardò con preoccupazione. Poi percepì qualcosa colarle dal naso; tocco con la mano e vide che si trattava di sangue. Il re dei nani la fece sedere, poi si rivolse a Gandalf e chiese con ansia, “Cosa le sta succedendo?”. Gandalf guardò Evelyn con apprensione e replicò, “Ha utilizzato troppa magia e il suo fisico ne ha risentito!”.
Il re dei nani si mise in ginocchio dietro di lei in modo da permetterle di appoggiarsi a lui e farla stare più comoda. Evelyn appoggiò la testa al torace di Thorin, che le accarezzò i capelli, e chiuse gli occhi; così riuscì a sentire il suo cuore che batteva all’impazzata. Come batte forte il suo cuore! Chissà come mai?, pensò intanto che si rilassava. I suoi pensieri furono interrotti da Fili che si precipitò al suo fianco e le prese la mano, “Evelyn, come state?”. Evelyn aprì gli occhi e incontrò lo sguardo preoccupato di Fili. “Un po’ meglio…non preoccupatevi”, rispose abbozzando un sorriso. Tutti gli altri si erano disposti attorno ad Evelyn e la guardarono con preoccupazione.
Gandalf osservò sua nipote amorevolmente e sospirando esclamò, “Eve, ma cosa mi combini?!”. “Mi sa che non sono molto abituata a usare tanta magia in una volta sola!”, replicò Evelyn in tono ironico intanto che cercava di asciugare il sangue. Allora Bofur le diede un pezzo di stoffa grezzo e Evelyn abbozzò un sorriso per ringraziare. Bilbo si avvicinò a Gandalf e domandò incuriosito, “Così se voi usate troppa magia accade questo?! Come mai?”. “Mio caro Bilbo, la magia è energia del corpo e della mente, perciò se viene utilizzata in quantità eccessiva il fisico ne risente. Certo, influisce molto anche l’età e l’esperienza; Evelyn è giovane e ne ha ancora di strada da fare, anche se per la sua età da’ parecchio filo da torcere!”, rispose Gandalf ridendo allegramente. Si misero tutti a ridere ed anche Evelyn che iniziava a sentirsi meglio.
“Bene, ci fermiamo qui un attimo…il tempo che Evelyn si riprenda”, dichiarò Thorin. Evelyn si perse ancora una volta nei suoi pensieri, Non riesco proprio a capirlo! Una volta è amorevole e gentile, un’altra volta è altezzoso e sfrontato! “Eve, tutto bene?”, domandò Gandalf interrompendo la sua riflessione. Evelyn guardò suo zio e sorridendo rispose, “Sì zio, sto bene! Anzi, non è necessario fermarci…possiamo partire subito”. E così dicendo cercò di alzarsi, ma Thorin glielo impedì, “Assolutamente no, prima riposatevi…avete fatto tanto oggi!”. Evelyn si voltò verso di lui per ribattere, ma si perse nei suoi profondi occhi azzurri come il cielo e non riuscì a proferire parola.
All’improvviso, Fili interruppe quel momento dicendo, “Zio, ti do’ il cambio…sto io con Evelyn!”. Thorin ebbe un momento di esitazione e poi replicò mestamente, “Va bene!”, e a malincuore lasciò il posto a suo nipote. Evelyn lo guardò amareggiata mentre si allontanava; Fili se ne rese conto e cercò di distogliere la sua attenzione da suo zio. “Evelyn!”, la chiamò accarezzandogli una ciocca di capelli. Evelyn si voltò verso di lui e si sforzò di sorridere per dissimulare la sua delusione. Se si fosse trattato di un tipo come Jago non mi sarei preoccupata di offenderlo, ma Fili è sempre così gentile e mi dispiacerebbe che ci rimanesse male!, pensò con rammarico.
Thorin osservò Fili ed Evelyn e un sentimento di gelosia crebbe in lui. Ma, ad un certo punto, la sua attenzione fu richiamata da Bilbo che gli si avvicinò. “E tu Thorin? Tutto bene?”, chiese lo hobbit. “Sì, io sto bene!”, replicò il re dei nani. Ad un tratto, lo sguardo di Thorin si perse all’orizzonte ed un’espressione di stupore mista a gioia si delineò sul suo volto. Notando l’atteggiamento del re dei nani, Bilbo si voltò nella direzione verso la quale stava guardando e domandò, “E’ quello che penso che sia?”. Thorin avanzò e i nani, vedendolo muoversi, lo seguirono insieme a lo hobbit e Gandalf. Evelyn quando vide che tutti avanzavano verso la punta dello sperone chiese incuriosita a Fili, “Ma cosa sta succedendo?”. Fili la guardò confuso e rispose, “Non saprei!”. Allora Evelyn cercò di alzarsi, ma Fili la fermò e le disse, “Cosa volete fare? Dovete riposarvi!”. “Oh, insomma, sto bene! Voglio andare a vedere cosa sta accadendo!”, replicò Evelyn contrariata. Il volto di Fili si fece serio e mesto; allora senza dire niente, annuì e aiutò Evelyn ad alzarsi. Evelyn si accorse dell’espressione crucciata del nano e questo le provocò dei sensi di colpa, dunque si scusò subito, “Scusatemi! Ho esagerato!”. Fili si sentì sollevato e sul suo viso comparve un sorriso. “Però adesso andiamo a vedere cosa sta accadendo!”, aggiunse Evelyn con tono allegro e il nano annuì.
Evelyn e Fili raggiunsero il resto del gruppo e scrutarono l’orizzonte; in lontananza, sulla linea del tramonto, si intravide la cima di una montagna. “Erebor!”, disse solennemente Gandalf, “La Montagna Solitaria! L’ultimo dei grandi regni dei nani della Terra di Mezzo”. Erebor! Il regno di Thorin!, pensò Evelyn compiaciuta. “Casa nostra!”, mormorò Thorin con fierezza sospirando. All’improvviso si sentì un cinguettio e Oin dichiarò entusiasta, “Un corvo! Gli uccelli stanno tornando alla montagna!”. Thorin osservò l’uccello che volò sopra di loro per poi dirigersi verso la Montagna Solitaria. “Quello mio caro Oin è un tordo”, replicò Gandalf. “Lo prenderemo come un segno…un buon auspicio”, asserì il re dei nani guardando sorridente Bilbo. “Hai ragione! Credo proprio che il peggio sia passato!”, affermò con convinzione lo hobbit.
Ci fu un momento di pace e di tranquillità nel quale furono tutti intenti a guardare l’orizzonte con speranza, mentre Evelyn osservò l’immensa pianura che si estendeva al di sotto, e che li separava dalla loro meta; poi spostò la sua attenzione verso il cielo, in parte coperto da nuvole di color rosso fuoco, e provò una strana sensazione che la rese irrequieta.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: sentimento rivelato ***


Capitolo 11: sentimento rivelato
 
Dopo un momento di contemplazione, Evelyn ruppe il silenzio asserendo con un tono posato, “Beh, sarà meglio rimetterci in marcia!”. Si voltarono tutti verso di lei e Thorin le disse affabilmente, “Ma voi dovete riposarvi!”. “Sto già meglio…ce la posso fare”, replicò Evelyn sorridendo. Il re dei nani la guardò poco convinto della sua affermazione ed Evelyn ribatté pacatamente, “Veramente, sto bene!”.
Thorin sospirò e poi dichiarò, “D’accordo! Allora non perdiamo tempo! In marcia!”. La compagnia riprese il cammino e incominciò la lunga discesa dall’alto picco roccioso, sul quale le aquile li avevano lasciati, tramite una scaletta fatta di lastre di pietra. Thorin si mise in testa al gruppo mentre Evelyn rimase in fondo con Gandalf. Fili, che si trovava dietro a suo zio, quando vide che Evelyn era in fondo alla fila, rallentò il passo per fare in modo di arrivare in prossimità della ragazza poco alla volta e senza dare troppo nell’occhio.
Appena Evelyn vide il nano nelle vicinanze che si girava di tanto in tanto verso di lei, lo guardò mestamente e pensò, Fili ha un debole per me e io per Thorin! Ma guarda che situazione, proprio a me che non ho mai dato importanza a queste cose! Io che le ho sempre considerate delle sciocchezze!
Gandalf notò che sua nipote era pensierosa e allora le domandò preoccupato, “Eve, c’è qualcosa che non va? Per caso non ti senti ancora bene?”. Evelyn si destò dai suoi pensieri e, cercando di nascondere il suo reale stato d’animo, rispose, “Oh no zio, sto benissimo!”. Lo stregone, sospirando, la guardò con premura e affermò, “Eve, non sono nato ieri! A me non la dai a bere! E’ da quando sei arrivata a Gran Burrone che sei strana!”. Evelyn si turbò al pensiero che suo zio potesse aver capito qualcosa riguardo al suo interesse per il re dei nani. Oh no! Non avrà capito quello che provo per Thorin!, pensò con apprensione. “N-no, è che…”, Evelyn balbettò cercando di trovare una scusa ragionevole per spiegare il suo atteggiamento, allora le venne in mente che doveva ancora parlare a suo zio dei suoi sogni e colse l’occasione per tirarsi fuori d’impiccio. “…da quando sono arrivata a Minas Tirith ho iniziato a fare dei sogni!”, asserì con decisione Evelyn. “Dei sogni?!”, chiese incuriosito Gandalf. “Sì, e ho come l’impressione che siano dei sogni premonitori”, replicò Evelyn. “Uhm…raccontameli!”, esortò Gandalf sempre più intrigato. Evelyn esitò un momento al pensiero che il primo sogno riguardava Thorin. Del primo sogno sarà meglio che eviti di raccontare il particolare riguardante Thorin!, pensò con calma. “Beh, nel primo sogno che ho fatto a Minas Tirith mi trovavo in un’incantevole valle dove all’improvviso si alzava la nebbia”, esordì Evelyn. Poi guardò suo zio e proseguì, “Ecco, la valle del mio sogno era identica a Gran Burrone. Solo non riesco a capire cosa centri la nebbia; lì non mi pare che ce ne sia!”. “La nebbia potrebbe anche indicare un male oscuro che si è risvegliato e sta acquisendo sempre più potere!”, rispose Gandalf con tono apprensivo. Evelyn fissò suo zio con sguardo inquieto allarmata dalle sue parole. “Un male oscuro?!”, esclamò Evelyn con ansia. Gandalf annuì con aria seria. “Allora è per questo che, da quando sono qui, ogni tanto mi capita di provare una sensazione di inquietudine?!”, affermò Evelyn sconcertata. Lo stregone osservò sua nipote meravigliato e contento allo stesso tempo e dichiarò soddisfatto, “Bene! Vuol dire che il tuo livello di percezione è aumentato!”.  Evelyn sospirò rassegnata e disse con un tono severo, “Un male oscuro sta minacciando la Terra di Mezzo, se non tutta Arda, e tu pensi al mio livello di percezione che aumenta?!” Gandalf osservò sua nipote con un’espressione malandrina e asserì con convinzione, “Beh, il tuo potere che cresce potrebbe essere d’aiuto per ciò che dovremo affrontare! Comunque, vai avanti a parlarmi dei tuoi sogni”. Evelyn scosse la testa assumendo un’espressione esterrefatta  e dopo continuò,  “Invece quando eravamo a Gran Burrone ho sognato di trovarmi in una grotta buia dalla quale, all’improvviso, sono precipitata giù in pozzo senza fondo. Beh, nella caverna dei Goblin ci siamo finiti cadendo giù per un lungo cunicolo, che sembrava non finire mai, da una grotta dove ci eravamo rifugiati”. “E poi? Hai fatto altri sogni?”, chiese Gandalf con impassibilità. “Sì, ho fatto un altro sogno poco prima di finire nella caverna dei Goblin; questa volta ho praticamente sognato quello che tu stesso hai visto accadere quando siamo stati attaccati da Azog. Ho sognato il fuoco, ho sognato Azog e ho sognato Thorin che combatteva contro l’orco”, raccontò Evelyn sommessamente.
Gandalf divenne pensieroso ed Evelyn lo guardò aspettando che dicesse qualcosa. Nel frattempo, impegnati nella conversazione, nessuno dei due si era accorto che erano rimasti indietro rispetto al gruppo; ad accorgersene fu Fili in un momento in cui si voltò verso Evelyn. Il nano richiamò l’attenzione degli altri affinché si fermassero per aspettare Gandalf ed Evelyn, “Aspettate!”. Tutti si fermarono e si voltarono. Thorin, intuito il motivo per il quale suo nipote aveva intimato di fermarsi, domandò allo stregone, “Gandalf! C’è qualche problema?”. Lo stregone avanzò ed Evelyn lo seguì. Quando si trovarono di fronte a Thorin, Gandalf rispose con un sorriso, “Oh no, nessun problema! Anzi, ho appena scoperto che Eve ha sviluppato un potere che potrebbe esserci molto utile!”. A quelle parole tutti guardarono incuriositi Evelyn. “E quale sarebbe questo potere?”, chiese Bilbo avvicinandosi allo stregone. “Oltre al fatto che il suo livello di percezione è aumentato, è in grado di fare sogni premonitori”, replicò Gandalf con orgoglio. Per un primo momento rimasero tutti stupefatti, ma lo stupore divenne subito contentezza. L’unico che sembrò non condividere lo stesso stato d’animo dei suoi compagni fu Thorin. “Perché non l’avete detto prima?”, domandò il re dei nani ad Evelyn con un tono di rimprovero. Evelyn lo guardò allibita prima di assumere un’espressione severa e rispondergli aspramente, “Non l’ho detto prima perché, essendo la prima volta che mi accade una cosa del genere, non ero sicura si trattasse di sogni premonitori e, quando i miei dubbi sono diventati certezza, non ho avuto subito l’occasione adatta per parlarne…con tutto quello che è successo!”. Thorin fu infastidito dal modo in cui Evelyn gli aveva risposto e la fissò con ira, ma non volle comunque perdere troppo tempo a discutere e intimò con tono stizzito, “Rimettiamoci in marcia o non arriveremo in tempo!”. Il re dei nani riprese il cammino seguito da Gandalf e dal resto del gruppo; Evelyn preferì rimanere in fondo scortata da Fili e Kili che erano rimasti sconcertati dall’atteggiamento del loro zio.
Mentre procedevano, Thorin si perse nei suoi pensieri e, ad un certo punto, scosse la testa non accorgendosi che Gandalf lo stava osservando. Lo stregone gli si avvicinò e gli domandò con tono quieto, “Thorin, qualche preoccupazione?”. Il re dei nani lo fulminò con lo sguardo e replicò con fermezza, “Dovevi proprio farla venire con noi?!”. Gandalf lo fissò con malizia e chiese pacatamente, “Cosa ti da’ più fastidio? Il fatto che sia caparbia e temeraria o qualcos’altro?”. Thorin fu colto alla sprovvista dalla domanda dello stregone e distolse lo sguardo da lui senza proferire parola. “Sai Thorin, credo che dovresti lasciarti un po’ andare…ti farebbe bene!”, dichiarò Gandalf con tono calmo. Il re dei nani rimase sorpreso da quell’affermazione e guardò lo stregone perplesso prima di lasciare che la sua mente tornasse a vagare nei suoi pensieri.

Finalmente la lunga discesa dal picco roccioso giunse al termine. Arrivarono in una vallata e, prima di proseguire, si accertarono che non ci fossero orchi nei paraggi; una volta appurato che non vi era alcun pericolo, ripresero il viaggio.
Evelyn non aveva più detto una parola dopo la lite con Thorin ed era ancora visibilmente arrabbiata. Fili percepì lo stato d’animo di Evelyn, perciò le si avvicinò e le disse con calma, “Non ve la prendete. Mio zio non è cattivo…è solo in ansia per tutta questa storia. Come re ha dei doveri verso il suo popolo e l’idea che potremmo anche fallire lo rende nervoso”. Evelyn lo guardò abbozzando un sorriso e replicò cordialmente, “Siete gentile, ma non dovete preoccuparvi!”. Fili le si approssimò ancora di più e fece per prenderle la mano quando Evelyn dichiarò, “Scusate, ma ho bisogno di stare un po’ per conto mio!”. Detto ciò, Evelyn rallentò il passo in modo da distaccarsi leggermente dal gruppo.
Fili la guardò mestamente, allora Kili si avvicinò a suo fratello ed asserì, “Cosa aspetti? Va’ da lei!”. Fili osservò perplesso Kili che gli mise un braccio sulle spalle e mormorò, “Guarda che me ne sono accorto! Ti piace Evelyn!”. Fili si liberò dalla presa di suo fratello e, senza dire una parola, accelerò il passo. Kili lo guardò confuso e poi lo raggiunse; quando gli fu vicino, si accorse che il fratello era arrossito. Allora Kili abbozzò un sorriso ed esclamò, “Parlale!” “Non so a quanto possa servire…non credo che lei sia interessata a me!”, rispose Fili malinconicamente. Kili, a quelle parole, rimase sconcertato e asserì con fermezza, “Fili, stai scherzando?! Non è da te arrenderti così!”. Fili sospirò e poi affermò sommessamente, “Lei è interessata ad un altro!”. Kili osservò suo fratello con perplessità e chiese, “E sai di chi si tratta?”. Fili esitò un attimo e poi replicò tristemente, “Nostro zio!”. Kili guardò sbalordito prima suo fratello e poi verso Thorin in testa al gruppo.
All’improvviso Gandalf e Thorin si fermarono e aspettarono che il gruppo si compattasse. “Ci fermiamo a riposare un po’ e poi riprenderemo il cammino”, disse lo stregone. “Un’ora e non di più…non possiamo rischiare che gli orchi ci raggiungano”, aggiunse il re dei nani con il suo solito atteggiamento arrogante.
Mentre tutti si sistemarono per godersi l’ora di riposo, Evelyn si guardò intorno e vide che poco più in là c’era un ruscello. Si incamminò per raggiungerlo e Gandalf, vedendo sua nipote allontanarsi, le disse, “Eve, non ti allontanare troppo!”. Evelyn si voltò verso suo zio e sorridendo rispose, “No zio, vado solo vicino al ruscello”. Quando arrivò al ruscello, notò che vicino alla riva c’era un grosso masso e decise di sistemarsi dietro di esso; poi si avvicinò al ruscello, si sedette e si rinfrescò il viso.
Thorin e Fili avevano seguito con lo sguardo Evelyn mentre si dirigeva verso il ruscello. Il re dei nani guardò i suoi compagni e, vedendo che erano intenti a conversare e a rifocillarsi, pensò di approfittarne per andare da Evelyn; Fili ebbe la stessa idea di suo zio che, però, lo anticipò. Quando il nano vide Thorin dirigersi verso il punto in cui si trovava Evelyn si fermò di colpo; Kili affiancò il fratello e lo guardò con compassione, mentre Fili osservava suo zio mestamente. Ma i due fratelli non furono gli unici ad accorgersi del fatto che Thorin stava seguendo Evelyn; anche Gandalf osservò la scena con un’espressione compiaciuta.
Evelyn stava ammirando il paesaggio persa nei suoi pensieri quando sentì un rumore; si voltò allarmata e, quando vide che si trattava di Thorin, tirò un sospiro di sollievo. “Siete voi?!”, esclamò Evelyn. “Perdonatemi, non volevo spaventarvi!”, dichiarò Thorin con tono dispiaciuto. Evelyn distolse lo sguardo e domandò con indifferenza, “Cosa volete?”. Il re dei nani si avvicinò lentamente e poi asserì con tono pacato, “Volevo scusarmi per come mi sono comportato prima. Non era mia intenzione mancarvi di rispetto ed offendervi. E’ che più ci avviciniamo alla meta e più sono nervoso”. Evelyn rimase impassibile, mentre Thorin si sedette accanto a lei. Evelyn fece un respirò profondo, guardò Thorin e affermò risentita, “Io davvero non vi capisco! Una volta siete premuroso e un’altra volta siete arrogante! Non è necessario che vi sforziate ad essere gentile con me solo perché sono la nipote di Gandalf! Se vi do’ fastidio…”. Evelyn non fece in tempo a finire la frase che Thorin le prese il viso tra le mani e le premette le labbra contro le sue.
Evelyn rimase impietrita di fronte al gesto di Thorin e non ebbe la forza di reagire; quando si distaccò da lei, il re dei nani la guardò amorevolmente, mentre lei lo fissò incredula. Poi, accarezzandole le guance, le sussurrò soavemente, “Non mi dai fastidio!”. Evelyn esitò un momento prima di destarsi dallo sbalordimento e, quando rinsavì, si accorse che il re dei nani le stava tenendo le mani e con il pollice le stava accarezzando il dorso. “Oh…beh…io…”, tentennò Evelyn,”…io…non credevo…cioè…io pensavo…di non andarvi a genio. Insomma…il vostro atteggiamento…era, diciamo, ambiguo e io…non riuscivo a capire”. Thorin sospirò abbassando per un attimo lo sguardo per poi alzare nuovamente gli occhi su Evelyn. “Lo so cosa credevi…l’hai detto quando eravamo sul picco roccioso”, dichiarò il re dei nani mestamente. Evelyn ripensò subito alle sue parole, E’ il minimo che vi aiuti dopo che sopportate la mia presenza nella compagnia!, e annuì imbarazzata. “Vi siete offeso?”, chiese Evelyn con tono amareggiato. Thorin abbozzò un sorriso e rispose, “Un po’! Ma adesso non ha più importanza”. “Ma perché vi comportavate in quel modo ambiguo?”, domandò con perplessità Evelyn. Thorin sospirò ed esitò un istante. “Perché ero ambiguo? A dire la verità mi sei piaciuta dal primo giorno che ti ho vista”, replicò il re dei nani con tono sommesso ed Evelyn lo fissò stupita. “Solo che ero combattuto tra il lasciarmi andare ai sentimenti o il metterli da parte e concentrarmi unicamente sull’obiettivo del viaggio”, aggiunse Thorin. Evelyn abbozzò un sorriso ed esclamò, “Capisco!”. “Ma alla fine non ce l’ho fatta a soffocare ciò che provo per te”, asserì con tono amorevole il re dei nani. Detto ciò, avvicinò il suo viso a quello di Evelyn e la baciò di nuovo dolcemente, ma questa volta Evelyn non fu presa alla sprovvista e si lasciò andare ricambiando il bacio che divenne sempre più passionale; Evelyn gettò le sue braccia attorno al collo di Thorin che, a sua volta, l’abbracciò tirandola a sé. Evelyn sentì il suo cuore battere all’unisono con quello di Thorin e un senso di piacere pervase il suo corpo.
Ma quel momento idilliaco venne interrotto da una sensazione di inquietudine che prese il posto del piacere provato poco prima. Evelyn interruppe il bacio e guardò preoccupata Thorin che le chiese inquieto, “Cosa c’è?”. “Sta per accadere qualcosa…sento un pericolo imminente”, rispose nervosamente. Ad un certo punto, in lontananza si sentì un ululato; Thorin ed Evelyn guardarono nella direzione dalla quale provenne l’ululato e insieme esclamarono, “Gli orchi!”.          
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: fuga per la salvezza ***


Capitolo 12: fuga per la salvezza
 
Evelyn e Thorin si avviarono di corsa per tornare dal resto del gruppo e videro Gandalf andare loro incontro, “Eve, Thorin…eccovi qua! Presto, gli orchi sono vicini…dobbiamo fuggire!”. “Sì, abbiamo sentito!”, affermò Thorin inquieto. “Svelti! Verso la montagna…ci nasconderemo lì!”, dichiarò poi il re dei nani con sollecitudine dirigendosi verso i suoi compagni. La compagnia si affrettò a rimettersi in marcia e camminarono per ore senza sosta fino al calare della sera. “Gli orchi sono sempre più vicini…lo sento”, asserì Evelyn con voce smorzata dalla tensione. Si fermarono tutti e guardarono con apprensione prima Evelyn e poi Thorin sul cui volto si manifestò un’espressione irrequieta. “Sarà meglio controllare quanto sono vicini!”, affermò Thorin fermamente. “Sì, buona idea! Bilbo, potresti andarci tu?!”, replicò Gandalf. “Co-cosa?”, balbettò Bilbo. Thorin guardò Gandalf poco convinto della sua decisione e lo stregone dichiarò, “Gli orchi fiuterebbero subito l’odore dei nani, ma non quello di un hobbit”. “Potrei andarci io?! Con l’incantesimo di occultamente non mi vedrebbero!”, propose Evelyn. “E’ fuori questione! Tu non ci andrai…andrà Bilbo”, sentenziò Thorin con severità. Evelyn fulminò il re dei nani con lo sguardo e pensò stizzita, Il solito testone arrogante! Poi si accorse che suo zio la stava guardando con un sorriso malizioso e abbassò gli occhi imbarazzata.
Nel frattempo Bilbo, con rassegnazione, si avviò cautamente per un piccolo sentiero, mentre il resto della compagnia restò nascosta tra le rocce. Thorin diede un’occhiata ad Evelyn che fece capire dal suo sguardo accigliato di essere ancora in collera con lui. Forse ho esagerato, ma non voglio che le accada qualcosa!, pensò mestamente. Intanto Fili osservò perplesso Evelyn e suo zio e rifletté nervosamente, E’ accaduto qualcosa tra loro! Me lo sento!
Dopo qualche minuto, si sentì un rumore di passi provenire dal sentiero; si prepararono tutti nell’evenienza che si trattasse del nemico, invece era Bilbo che stava facendo ritorno di corsa. “Quant’è vicino il branco?”, domandò Thorin con apprensione. “Troppo vicino, un paio di leghe non di più”, rispose lo hobbit approssimandosi, “Ma questa non è la parte peggiore”. “I mannari ci hanno fiutato?”, chiese Dwalin. “Non ancora, ma lo faranno. Abbiamo un altro problema”, replicò Bilbo. Gandalf arrivò alle spalle del mezz’uomo e gli domandò con fermezza, “Ti hanno visto?”. Bilbo si voltò verso lo stregone che ripeté la domanda con enfasi, “Ti hanno visto?”, e lo hobbit asserì, “No, non è questo”. Gandalf annuì e affermò sorridente e soddisfatto, “Che vi avevo detto?! Silenzioso come un topo”. I nani annuirono sorridendo all’affermazione dello stregone. “Ha la stoffa dello scassinatore”, dichiarò orgoglioso Gandalf. Evelyn sospirò e scosse la testa rassegnata di fronte all’atteggiamento eccentrico di suo zio. “Volete darmi ascolto?!”, disse Bilbo con decisione, ma nessuno prestava attenzione a lui, tranne Evelyn la quale sembrava aver intuito che lo hobbit aveva qualche altra informazione da condividere. Allora a quel punto Bilbo alzò la voce, “Volete darmi ascolto?!”. Si zittirono tutti e il mezz’uomo proseguì, “Sto cercando di dirvi che c’è qualcos’altro là fuori”. Thorin sospirò e sul suo viso si delineò un’espressione preoccupata. Si guardarono tutti angustiati mentre Gandalf chiese, “Quale forma ha assunto? Quella di un orso?”. Bilbo, Bofur ed Evelyn guardarono lo stregone sorpresi. “S-sì, ma più grosso, molto più grosso!”, rispose lo hobbit. A quel punto il volto di Gandalf si fece serio. “Tu sapevi di questa bestia?!”, domandò Bofur con rigore. Lo stregone fissò i nani con austerità e poi si voltò senza dare una risposta. “Io dico di fare dietrofront”, asserì Bofur. “Ed essere travolti da un branco di orchi?!”, replicò Thorin con risolutezza. I nani si misero a discutere tra di loro sul da farsi quando all’improvviso Gandalf esordì, “C’è una casa”, e si girò verso i nani. “Non è lontana da qui, dove noi potremmo…ehm…trovare rifugio”, proseguì lo stregone. “Di chi è la casa? Amico o nemico?”, chiese Thorin con inflessibilità. “Nessuno dei due…lui ci aiuterà o ci ucciderà!”, rispose con compostezza Gandalf. I nani si guardarono preoccupati ed Evelyn osservò suo zio con apprensione. “Che scelta abbiamo?”, domandò Thorin. All’improvviso si sentì un urlo terrificante e lo stregone rispose rassegnato, “Nessuna!”.

La compagnia riprese la fuga fino a giungere in un’immensa pianura che percorsero senza sosta, attraversando ruscelli e boschi, con gli orchi e l’orso che non  davano tregua e si avvicinavo sempre di più; inoltre, stava sorgendo l’alba e questo avrebbe complicato le cose poiché la luce del giorno avrebbe reso difficile potersi nascondere adeguatamente. Gandalf guidava il gruppo per condurli alla casa di cui aveva parlato; dopo tanto correre, finalmente giunsero in prossimità di questa abitazione. “Svelti!”, urlò lo stregone. Bombur, terrorizzato, lo prese in parola ed accelerò il passo tanto da superare tutto il gruppo sotto gli occhi sbalorditi dei suoi compagni. Attraversarono il portone d’accesso al cortile e si diressero verso la porta d’ingresso; vi arrivarono in velocità a tal punto da andarci a sbattere contro. Fili iniziò a prendere a spallate la porta per cercare di aprirla. Poi sopraggiunsero tutti gli altri ed Evelyn si spostò per non essere travolta dalla furia dei nani che si scagliarono contro la porta. “Aprite la porta!”, intimò Gandalf. Evelyn cercò di richiamare l’attenzione dei nani per fargli notare che sarebbe bastato sollevare il chiavistello, ma nella foga, non prestarono attenzione a quello che lei tentava di dirgli. Evelyn sospirò rassegnata, si voltò verso Thorin, che stava sopraggiungendo, con aria abbattuta ed esclamò, “Il chiavistello!”. Allora il re dei nani si fece largo tra i suoi compagni e tirò su il chiavistello; la porta si aprì ed entrarono tutti di corsa. Una volta entrati, si affrettarono a chiudere l’uscio, ma l’orso riuscì ad infilare la testa tra le due ante. I nani cercarono di spingere l’anta rimasta semi aperta, però l’orso, essendo grosso e molto forte, stava per avere la meglio. Allora Evelyn si concentrò e, ad un tratto, l’orso perse forza a causa del dolore provocatogli dalla magia consentendo ai nani di chiudere la porta.
Guardarono tutti Evelyn e tirarono un sospiro di sollievo. Ori si voltò verso Gandalf e chiese sconcertato, “Quello cos’è?”, e lo stregone rispose con fermezza, “Il nostro anfitrione!”. Osservarono sbalorditi Gandalf che, abbozzando un sorriso, proseguì, “Il suo nome è Beorn ed è un mutatore di pelle”. Fece una pausa e mentre si addentrava nella casa continuò, “A volte è un enorme orso nero, altre volte è un omone grande e forte. L’orso è imprevedibile, ma con l’uomo ci si può ragionare. Tuttavia, non è che faccia i salti di gioia per i nani”. I nani si guardarono tra di loro preoccupati dalle parole dello stregone. “E nei confronti di streghe e stregoni è più propenso a fare salti di gioia?!”, chiese Evelyn con una vena di sarcasmo. Gandalf guardò sua nipote con un’espressione posata, sospirò e rispose, “Solitamente non dovrebbe avere problemi con streghe e stregoni, a meno che uno di noi non gli abbia fatto qualcosa per il quale possa esserne risentito”. Evelyn ripensò al fatto di aver usato su di lui l’incantesimo del dolore e replicò con rassegnazione, “Ah, confortante!”.
Intanto Thorin e Dwalin controllarono le finestre per verificare che l’orso se ne fosse andato, mentre Ori, che origliava alla porta, ad un certo punto disse, “Se ne sta andando”. Dori prese Ori per un braccio e lo fece allontanare dalla porta asserendo, “Vieni via da lì! Non è naturale, niente qui lo è!”. Poi Dori guardò Gandalf e dichiarò, “E’ ovvio, è sotto un oscuro incantesimo!”. Lo stregone affermò con calma, “Non essere sciocco, è sotto un solo incantesimo…il suo”. Evelyn si avvicinò a Dori e lo rassicurò, “E’ vero, non c’è nessun incantesimo. Se ci fosse, lo percepirei”.
“Bene, ora mettetevi a dormire tutti voi. Starete più al sicuro qui stanotte”, dichiarò Gandalf togliendosi il cappello. Poi si guardò intorno e mormorò, “Lo spero!”. Evelyn passò accanto a suo zio e gli sussurrò con tono ironico, “Confortante anche questo!”. Lo stregone abbozzò un sorriso.  
Tutti i componenti della compagnia perlustrarono la casa per cercare un angolo dove mettersi a dormire. Evelyn si avviò in quella che sembrava essere la cucina poiché vi era un tavolo e attorno degli scaffali con delle provviste di cibo; c’era anche un camino acceso ed Evelyn ne approfittò per scaldarsi sedendosi vicino. Fili le si avvicinò e le appoggiò sulle spalle la sua pelliccia. Evelyn si voltò e, quando vide che si trattava del nano biondo, distolse lo sguardo imbarazzata. Fili percepì il disagio di Evelyn e questo gli diede un’ulteriore conferma che tra lei e suo zio era accaduto qualcosa, Non mi sbagliavo! E’ successo qualcosa tra di loro! Un sentimento di rabbia e gelosia cominciò a crescere in lui, perciò decise di non perdere più tempo e di passare all’azione. Si approssimò ulteriormente ad Evelyn accarezzandole i capelli e le sussurrò dolcemente, “Evelyn, dovrei dirvi una cosa!”. Evelyn intuì cosa avrebbe voluto dirle Fili. No, non vorrà dichiararsi?! Adesso cosa faccio?!, pensò nervosamente. Allora cercò di evitare il discorso trovando una scusa plausibile, “Perdonatemi, ma mi sono ricordata che devo scrivere ai miei genitori e alla mia amica. Parleremo un’altra volta!”. Detto ciò, si alzò, si tolse la pelliccia e l’appoggiò sulla sedia. Poi si diresse verso la stalla adiacente la cucina dove si stavano sistemando tutti gli altri membri del gruppo e si mise accanto a suo zio. Fili rimase talmente frustrato da non riuscire a reagire; stette per un po’ in piedi davanti al camino a fissare il fuoco prima di decidersi ad andare a dormire. Thorin, che aveva assistito a tutta la scena, capì cosa stava accadendo, Fili è interessato ad Evelyn! Guardò Evelyn e, ripensando a ciò che era successo tra di loro al ruscello, assunse un’aria soddisfatta, ma spostando lo sguardo su Fili, la sua espressione divenne mesta. E’ pur sempre mio nipote ed erede al trono. L’ho visto crescere e gli ho fatto praticamente da padre da quando mio cognato è morto! Voglio bene a Fili, ma non posso negare i miei sentimenti per Evelyn. Quando tutto questo sarà finito, penserò ad una soluzione per questa situazione!, pensò Thorin e dopodiché riportò la sua attenzione su Evelyn.
Evelyn non si accorse dello sguardo di Thorin su di lei poiché era intenta a scrivere ai suoi genitori e a Kaytria ai quali era un po’ che non dava sue notizie poiché gli ultimi avvenimenti non le avevano concesso molto tempo da dedicare a se stessa. Scrisse prima ai suoi genitori:
 
Cari genitori,
 
scusatemi se non mi sono fatta sentire prima, ma qui mi sto divertendo talmente tanto che ho perso la cognizione del tempo e ho la mente impegnata da altri piacevoli pensieri.
 
Lo zio mi sta facendo visitare tanti bei luoghi; la Terra di Mezzo è proprio come me l’ero immaginata.
 
Un bacio,
 
Eve
 
Dopodiché inviò la lettera utilizzando, come al solito, la magia. Dopo averla inviata, si fermò a riflettere e pensò sospirando, Certo che se sapessero la verità, chissà come reagirebbero?! Poi prese un altro foglio e scrisse a Kaytria:
 
Cara Kaytria,
 
abbiamo superato le Montagne Nebbiose e siamo quasi alle porte di Bosco Atro.
 
Lungo la strada abbiamo trovato qualche imprevisto, ma niente di preoccupante.
 
Però è successa una cosa a me. Sai, avevi ragione, mi sto innamorando di Thorin, anzi, sono innamorata di lui ricambiata. Ne sono sicura perché mi ha baciata e io non mi sono tirata indietro.
 
Lo so che mi farai la ramanzina sul fatto che abbia preferito un nano a Jago, però Jago non è il mio tipo, invece Thorin è proprio ciò che cercavo.      
 
Ti ricordi quando sulla nave mi hai chiesto chi fosse il mio tipo ideale e io ti ho risposto che vorrei un uomo forte sia fisicamente che caratterialmente, ma non irrispettoso e dispotico. Un uomo che sappia farsi valere, ma che sappia anche essere umile e che, quando necessario, sia in grado di mettere da parte il proprio orgoglio e riconoscere i propri errori?!
 
Ecco, Thorin è proprio così e non lo cambierei per nulla al mondo.
 
Comunque, ti terrò aggiornata.
 
Un abbraccio,
 
Evelyn
 
Terminato di scrivere, Evelyn inviò la lettera alla sua amica. Gandalf notò che sua nipote stava scrivendo delle lettere e le domandò, “Hai scritto a mia sorella e a mio cognato?”. Evelyn si voltò verso suo zio e annuì sorridendo. Poi aggiunse, “E anche a Kaytria”. Lo stregone guardò sua nipote con tenerezza e asserì, “So che ti manca casa tua, ma saresti stata sprecata a passare il tuo tempo sempre e solo a Lothian e dintorni. Hai delle potenzialità che soltanto uscendo dal solito ambiente e facendo esperienze nuove potrai sviluppare!”. A quelle parole Evelyn si ricordò della sua recente acquisizione della capacità di predire il futuro attraverso i sogni e dichiarò, “A proposito di potenzialità, il cambio di ambiente e l’esperienza sono il motivo per il quale prima non ho mai fatto sogni premonitori e invece adesso sì?”. Lo stregone tirò una boccata dalla pipa, fece un respiro profondo e replicò, “Beh, sì, ma non è solo per quello. Per prima cosa, alcune abilità si sviluppano con l’avanzare dell’età. Tu non sei più una bambina, ma stai diventando adulta e, di conseguenza, i tuoi poteri si stanno accrescendo”. Fece una pausa per tirare un’altra boccata dalla pipa e poi proseguì, “Seconda cosa, realizzare il tuo sogno di venire nella Terra di Mezzo ti ha caricata di un’energia positiva che ha permesso di attivare la tua capacità, assopita, di fare sogni premonitori”. “Perciò realizzare i propri desideri fa diventare più forti?”, chiese Evelyn incuriosita. Gandalf sospirò e rispose, “Non solo quello”. “E cos’altro?”, domandò Evelyn. Lo stregone fissò sua nipote abbozzando un sorriso e replicò, “Credo che lo scoprirai ben presto!”. Evelyn osservò suo zio con uno sguardo inquisitorio. Gandalf sorrise con malizia e, posando la pipa, disse, “Beh, adesso sarà meglio dormire. Dobbiamo recuperare le forze…ci attende ancora un lungo cammino”.
Evelyn rimase sbigottita; sapeva benissimo quanto suo zio fosse strano, ma certe volte si stupiva ancora del suo atteggiamento stravagante. Poi si guardò attorno e vide che tutti quanti dormivano, tranne Bilbo che fissava pensieroso il soffitto. Dopo scrutò dalla finestra e notò che stava calando la sera; alla fine si arrese alla stanchezza e si addormentò. 
    
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Beorn ***


Eccomi con un nuovo capitolo! Scusate la lunga attesa, ma ho avuto un periodo intenso a lavoro, dunque non mi rimaneva molto tempo da dedicare alla fanfiction!
 


Capitolo 13: Beorn
 
Un’immensa foresta con alberi altissimi e spessi attraverso i quali la luce filtrava rada; era tutto ciò che Evelyn vedeva attorno a sé. Disorientata, avanzava lentamente e con molta cautela; ad un certo punto, guardandosi intorno, notò una fitta rete di enormi ragnatele. Seguì con lo sguardo l’estesa matassa quando, ad un tratto, sentì in lontananza le voci dei nani che chiedevano aiuto e dei rumori di battaglia. Allarmata, si mise a correre verso il punto dal quale provenivano le voci e i rumori, però quando vi arrivò non trovò nessuno e le voci e i rumori erano stati rimpiazzati dal silenzio che faceva da padrone. Sconcertata, fece per rimettersi in marcia, ma improvvisamente la terra sotto i suoi piedi si sgretolò e precipitò dentro un fiume nel quale, con sua sorpresa, vide i nani e Bilbo; a poco a poco la corrente divenne sempre più forte trascinandoli via con impeto.
            Evelyn si svegliò di soprassalto respirando con affanno; si guardò intorno per verificare di non aver svegliato nessuno e vide che dormivano tutti beatamente. Poi chiuse gli occhi e fece dei profondi respiri per calmarsi. Quando il suo respiro si stabilizzò, aprì gli occhi e cercò di alzarsi, ma appoggiando la mano a terra di fianco a sé, si accorse della presenza di un foglio; lo prese in mano, lo osservò e riconobbe la scrittura di Kaytria:
 
Cara Evelyn,
 
non posso negare il mio stupore di fronte ad una notizia del genere, ma comunque non ti farò alcuna ramanzina! E sai perché? Perché Thorin è l’unico che è riuscito ad abbattere la barriera che ti eri creata contro il genere maschile e ha tutta la mia ammirazione.
 
Finalmente si è compiuto il miracolo!
 
Un abbraccio,
 
Kaytria  
 
Nel leggere le parole dell’amica, Evelyn non riuscì a trattenere un sorriso e ripensò a ciò che era accaduto con Thorin risvegliando in lei sensazioni che la fecero avvampare; allora decise di andare a cercare dell’acqua da utilizzare per calmare i suoi bollenti spiriti. Si alzò e, silenziosamente, si diresse in cucina dove, rovistando sugli scaffali, trovò una brocca con dell’acqua; se ne rovesciò un po’ sulla mano e si rinfrescò il viso.
All’improvviso sentì un rumore; si voltò e vide Thorin. “Thorin! Vi ho svegliato?!”, esclamò Evelyn. “No, non preoccuparti. Non riuscivo a dormire, perciò ero già sveglio da un po’”, dichiarò il re dei nani avanzando verso Evelyn. Quando le fu di fronte, le prese la mano sulla quale posò un dolce bacio provocandole un fremito. Poi diresse il suo sguardo sul volto di Evelyn, continuando a tenerle la mano, e le chiese soavemente, “Me lo faresti un favore?”. Evelyn sorrise e annuì. “Potresti darmi del tu?! Direi che, a questo punto, certe convenzioni sono inutili”, asserì Thorin mantenendo un tono gradevole. Evelyn lo fissò amorevolmente sorridendo e rispose, “Sì! In effetti, hai ragione”.  “Hai fatto un altro sogno?”, le domandò improvvisamente Thorin. Il volto di Evelyn si fece serio e perplesso e, dopo un momento di esitazione, replicò, “Già, eri sveglio! Mi hai sentita agitarmi nel sonno e svegliarmi di soprassalto?!”. A quel punto, senza proferire parola, il re dei nani l’accompagnò verso una sedia, dove la fece accomodare, e poi si sedette accanto a lei. “E questa volta cosa hai sognato?”, le domandò incuriosito. Evelyn si voltò verso di lui ed incrociò il suo profondo sguardo di un azzurro intenso. Thorin ed Evelyn rimasero per un po’ a fissarsi prima che lei iniziasse a parlare. “Beh, nel mio sogno mi trovavo in una foresta con alberi alti e folti. Poi notavo delle enormi ragnatele che si estendevano per una buona parte della foresta. Dopo sentivo dei rumori di battaglia e te e i ragazzi che chiedevate aiuto. Allora mi dirigevo verso il punto dove pensavo vi avrei trovato seguendo i rumori e le vostre voci, invece non c’era nessuno e all’improvviso la terra si è sgretolata facendomi cadere in un fiume nel quale c’eravate anche voi. E poi tutti insieme venivamo trascinati via dalla forte corrente”, raccontò Evelyn tutto d’un fiato.
Thorin la guardò con apprensione e asserì, “La foresta del tuo sogno è sicuramente Bosco Atro. E’ da lì che dovremo passare per arrivare ad Erebor”. “Beh, in quel posto accadrà qualcosa di poco bello. Le ragnatele, i rumori di battaglia, te e i ragazzi che chiedevate aiuto e il fiume che ci trascinava via non mi sembrano per niente segnali positivi”, replicò Evelyn con tono inquieto. A quel punto Thorin le prese la mano e, mentre le accarezzava il dorso con il pollice, le disse abbozzando un sorriso, “Abbiamo trovato tanti ostacoli nel nostro cammino, ma li abbiamo sempre superati. Supereremo anche ciò che ci aspetta a Bosco Atro e stai certa che farò di tutto per evitare che ti accada qualcosa”. Evelyn lo guardò con malizia e replicò fieramente, “Vorrei ricordarti che sono una strega perfettamente in grado di difendermi da sola!”. “Lo so, ma sento comunque il bisogno di proteggerti…è più di forte di me”, rispose il re dei nani con tono dolce.
Evelyn lo fissò incantata e schiuse le labbra per facilitare la respirazione resa difficoltosa dall’estasi che la pervase facendo battere il suo cuore all’impazzata. Thorin posò l’altra mano sulla guancia di Evelyn e avvicinò il suo volto a quello di lei; stava per sfiorarle le labbra quando Evelyn appoggiò la sua mano sul petto del nano e lo fermò allontanandolo un po’. Il re dei nani la guardò sbalordito e prima che potesse dire una sola parola, lei asserì con fermezza, “Thorin, potrebbe svegliarsi qualcuno e vederci!”. Il nano abbozzò un sorriso e affermò con decisione, “Sinceramente, non mi importa! So solo che voglio baciarti e ti bacerò!”. Detto ciò, congiunse le sue labbra con quelle di Evelyn, senza darle alcuna possibilità di replica, in un bacio passionale. Evelyn fu trasportata da un’onda di sensazioni piacevoli che per un attimo le fecero dimenticare tutto ciò di spiacevole che era accaduto e ciò che avrebbero dovuto ancora affrontare; in quel momento c’erano solo lei e Thorin.   
Quando interruppero il bacio, il nano accarezzò col pollice il labbro inferiore della bocca di Evelyn fissando il suo sguardo in quello di lei, sospirò e poi dichiarò, “Adesso è meglio se andiamo a dormire. Domani ci aspetta un lungo cammino”. Evelyn abbozzò un sorriso e rispose, “Sì, meglio andare a dormire”. I due si alzarono e si avviarono in silenzio ognuno al proprio giaciglio. Evelyn si sdraiò, chiuse gli occhi, si passò le dita sulle labbra ripensando a ciò che era appena accaduto tra lei e Thorin e con quel pensiero si addormentò.   
 
Evelyn fu svegliata da un vociferare continuo; si guardò attorno e notò che si erano già alzati tutti, tranne Bilbo che dormiva ancora. Si alzò, cercò di darsi una sistemata e si diresse verso l’ingresso dove si erano raggruppati tutti i nani. “Oh, Eve! Ben alzata!”, disse Gandalf vedendo sua nipote. “Buongiorno zio”, rispose Evelyn ancora un po’ assonnata. “Ma che sta succedendo?”, chiese incuriosita. “Succede che lì fuori c’è quel mutatore di pelle e stiamo cercando una soluzione per non farci ammazzare!”, rispose Bofur irrequieto. “Oh! Ma è ancora un orso?”, domandò con calma Evelyn. “No!”, replicò suo zio. “Beh, allora è già qualcosa. Almeno così si può sperare di ragionarci!”, dichiarò Evelyn allegramente. Tutti quanti guardarono Evelyn con austerità e, a quel punto, capì che non era il momento giusto per rallegrarsi, “Va bene, come non detto!”, esclamò con condiscendenza.
“Dovevamo darcela a gambe e filarcela dal retro!”, affermò inquieto Nori. Dwalin si piazzò con irruenza davanti a Nori e replicò severamente, “Ehi tu, io non scappo da nessuno, bestia o altro!”. Dwalin e Nori si misero a discutere, ma furono interrotti da Gandalf che li rimproverò, “Non serve a nulla litigare. Non attraverseremo le terre selvagge senza l’aiuto di Beorn. Saremo catturati prima di arrivare alla foresta”. In quell’istante arrivò Bilbo e, come lo vide, lo stregone disse, “Oh, Bilbo, eccoti qua!”.  Poi, avanzando verso l’uscio, asserì con risolutezza, “Ora, questo richiederà una gestione delicata…dobbiamo agire con molta prudenza”. Arrivò davanti alla porta, si voltò verso il gruppo e continuò, “L’ultima persona che lo ha spaventato è stata ridotta a brandelli”. Alle parole di Gandalf tutti si guardarono con apprensione. Nel silenzio totale, in sottofondo, si sentiva un tonfo continuo che si ripeteva ritmicamente ad intervalli regolari.
“Io andrò per primo e…ah, Bilbo?! Tu vieni con me”, dichiarò lo stregone facendo segno a Bilbo di seguirlo. “Oh, ehm…”, farfugliò Bilbo titubante mentre si guardava attorno. Fili, Ori e Thorin si voltarono verso di lui e Thorin gli fece un cenno con la testa per intimarlo ad andare con Gandalf. “Ehm, è una buona idea?”, domandò Bilbo perplesso e inquieto mentre avanzò verso lo stregone. “Sì!”, rispose Gandalf pacatamente. “Oh, vieni anche te Eve!”, disse poi lo stregone rivolgendosi a sua nipote. Evelyn abbozzò un sorriso e replicò quietamente, “Va bene!”.
Thorin non fu per niente contento della decisione di Gandalf e fissandolo con disappunto esclamò, “E’ proprio necessario che venga anche lei?!”. Evelyn lo fulminò con lo sguardo e fece per ribattere, ma venne interrotta da Fili che sostenne suo zio, “In effetti, non credo ci sia bisogno che venga anche Evelyn!”. Evelyn spostò la sua attenzione prima sul nano biondo e poi nuovamente su Thorin guardandoli con contrarietà. Poi, senza dire loro una parola, si voltò verso Gandalf e dichiarò fermamente, “Zio, possiamo andare!”.
Lo stregone osservò il re dei nani e suo nipote con un’espressione malandrina e dopo si rivolse al gruppo dandogli istruzioni su come procedere, “Voi altri invece restate qui e non comparite fino al mio segnale”. “Bene, aspettiamo il segnale!”, dichiarò Bofur visibilmente nervoso mentre dalla finestra controllava la situazione. “E niente mosse improvvise o rumori forti. E non stategli addosso. E uscite solamente in coppia”, avvisò lo stregone. Gandalf, Bilbo ed Evelyn stavano per avviarsi quando lo stregone si fermò, si voltò e asserì, “Oh, ehm, no anzi…Bombur, tu vali per due, perciò uscirai da solo”. Bombur annuì mentre sgranocchiava una carota. “E ricordate, aspettate il segnale”, rammentò Gandalf ai nani. “Il segnale”, mormorarono tra di loro i nani mentre Gandalf, Bilbo ed Evelyn uscirono fuori.
 
I tre procedevano lentamente, Gandalf in mezzo, Bilbo alla sua destra ed Evelyn alla sua sinistra. Beorn, intento a spaccare la legna, era un uomo molto alto e muscoloso con una folta e lunga capigliatura, le sopraciglia folte e la barba un po’ particolare: lunga ai lati del viso e corta sul mento. Gandalf si schiarì la voce e Bilbo gli domandò un po’ inquieto, “Sei agitato?”. “Agitato?!”, replicò lo stregone con fare irrequieto. Beorn spaccò un ceppo di legno e Gandalf sussultò. Evelyn guardò suo zio con preoccupazione e pensò sarcasticamente, Se addirittura mio zio è spaventato da quest’uomo, siamo messi proprio bene! Lo stregone ebbe un attimo di esitazione e poi rispose cercando di nascondere la sua agitazione, “Agitato?! Che sciocchezza!”.
Quando furono in prossimità di Beorn, Gandalf esordì, “Buongiorno!”, ma l’uomo ignorò lo stregone e seguitò nello spaccare la legna; sollevò la lunga ascia per caricare il colpo senza preoccuparsi minimamente del fatto che dietro di lui ci fossero lo stregone, Evelyn e Bilbo. Gandalf dovette arretrare per non essere colpito e poi provò nuovamente ad attirare l’attenzione di Beorn esclamando con un tono leggermente più alto e musicale, “Buongiorno!”. A quel punto Beorn si fermò, guardò con la coda dell’occhio e chiese con tono grave, “Chi sei tu?”. “Sono Gandalf, Gandalf il Grigio”, replicò Gandalf facendo un inchino. “E questa è mia nipote Evelyn”, proseguì indicando Evelyn che, a sua volta, fece un inchino. Invece Bilbo, che non era molto entusiasta all’idea di dover accompagnare lo stregone, preferì nascondersi dietro di lui. Beorn si voltò fulmineamente, continuando a tenere tra le mani l’ascia alla quale si appoggiò, e dichiarò fermamente con uno sguardo severo, “Mai sentito nominare!”. “Ehm…sono un mago. Avrai sentito parlare del mio collega Radagast il Bruno?! Risiede al confine sud di Bosco Atro”, affermò Gandalf con voce calma. “Che cosa vuoi?”, domandò Beorn con rigore. Intanto, Evelyn temendo che da un momento all’altro l’uomo avrebbe avuto qualche scatto d’ira, si teneva pronta per ogni evenienza. Lo stregone rispose abbozzando un sorriso, “Beh, semplicemente ringraziarti per la tua ospitalità. Avrai notato che abbiamo trovato riparo nel tuo alloggio qui ieri sera?!”. Gandalf con la mano indicò verso la casa e nel fare ciò si spostò lievemente indietro verso destra rivelando la presenza di Bilbo che fece capolino. Beorn lo guardò e domandò con austerità, “Chi è questo piccoletto?”. “Oh beh, lui sarebbe Mastro Baggins della Contea”, replicò Gandalf con posatezza. L’uomo si mise sulla difensiva brandendo l’ascia e chiese aspramente, “Non è un nano, vero?”. “Ma no! No, lui è un hobbit di buona famiglia e di impeccabile reputazione”, affermò lo stregone dando una pacca sulle spalle a Bilbo che abbozzò un sorriso per tentare di nascondere il suo timore. Allora Beorn si calmò, appoggiò l’ascia e asserì, “Un mezz’uomo, un mago e una strega! Come mai siete qui?”. “Oh beh, il fatto è che abbiamo avuto una brutta esperienza, ehm, con gli orchi sulle montagne”, cercò di spiegare Gandalf. “Perché vi siete avvicinati agli orchi? Che stupida cosa da fare!”, esclamò con fermezza Beorn. “Hai assolutamente ragione!”, replicò lo stregone con convinzione gesticolando con la mano. Ad un certo punto, si sentì un rumore di passi ed Evelyn, intuendo cosa stava accadendo, pensò con ansia, Ma non dovevano aspettare il segnale?! Gandalf, Bilbo ed Evelyn si voltarono e videro uscire Dwalin e Balin. Beorn si mise di nuovo sulla difensiva impugnando l’ascia. I due nani si presentarono, “Dwalin e Balin”. “Ehm, devo confessare che, ehm, parecchi del nostro gruppo sono in effetti nani”, spiegò Gandalf cercando di mantenere la calma. “Tu chiami due parecchi?!”, enfatizzò l’uomo con un tono irritato. “Beh, ora che la metti così, ehm, sì, sì, loro potrebbero essere più di due”, replicò lo stregone con qualche accenno di nervosismo. “Ehm!”, farfugliò mentre si mise a contare, ma sentendo altri passi sospirò rassegnato. Gandalf si voltò, mentre Evelyn teneva d’occhio l’uomo, per vedere di chi si trattava ed esclamò, “Oh, ecco altri della nostra allegra truppa!”. “E tu chiami sette una truppa?!”, asserì Beorn sempre più indispettito. Adesso ci ammazza!, pensò Evelyn con apprensione notando l’irritazione dell’uomo. Lo stregone si mise a ridere per cercare di smorzare la tensione, ma nella sua risata si percepiva dell’irrequietezza. “Cosa siete, un circo ambulante?!”, asserì l’uomo contrariato mentre Gandalf continuava a ridere nervosamente. Lo stregone sospirò ancora quando sentì che altri nani stavano uscendo dalla casa, cosa confermata dall’espressione di rabbia sul volto di Beorn. “Dori e Ori! Al tuo servizio!”, disse Dori facendo un inchino seguito da Ori. “Non voglio il vostro servizio!”, ribatté l’uomo con stizza. “Assolutamente comprensibile!”, dichiarò Gandalf voltandosi verso Beorn. Poi, notando nuovamente l’espressione di collera sul volto dell’uomo, lo stregone si girò verso il gruppo di nani e vide che Fili e Kili stavano uscendo dalla casa. “Oh, Fili e Kili! Me ne ero dimenticato!”, dichiarò Gandalf che a fatica riusciva a nascondere la sua agitazione. Ad un certo punto si sentì un rumore di passi accompagnato da un vociferare seguito dalla comparsa del resto dei nani che uscirono tutti insieme freneticamente. Meno male che avrebbero dovuto uscire in coppia e senza fare rumore!, pensò Evelyn indispettita. “Nori, Bofur, Bifur…”, lo stregone fece una pausa e poi sospirando rassegnato disse l’ultimo nome, “…Bombur”. Beorn, con uno sguardo severo, chiese, “Non c’è altro? Ce ne sono ancora?”. Ci fu un momento di silenzio prima che anche Thorin palesasse la sua presenza; si affacciò all’uscio con il suo solito atteggiamento altezzoso e si appoggiò allo stipite con le braccia incrociate sul petto mantenendo uno sguardo fiero. Alla vista di Thorin il volto di Beorn si distese e assunse un’espressione incuriosita.     

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: io non sono un oggetto! ***


Capitolo 14: io non sono un oggetto!
 
Beorn sospirò, posò l’ascia e avanzò verso Thorin; si fermò a pochi passi da lui e lo fissò con un’espressione autorevole senza dire una parola. Il re dei nani mantenne il suo atteggiamento sprezzante, senza lasciar trasparire il minimo segno di preoccupazione, e sostenne lo sguardo dell’uomo con fierezza. Gandalf ed Evelyn si guardarono con aria inquisitoria, non sapendo cosa doversi aspettare, per poi rivolgere la loro attenzione verso Thorin e Beorn. I nani osservarono la scena con apprensione e pronti all’eventualità di dover difendere il loro re.
Beorn ruppe il silenzio ponendo una domanda a Thorin con un tono molto più pacato, “Come ti chiami?”. Il nano rispose senza esitazione, “Thorin…Thorin Scudodiquercia!”. L’uomo annuì e poi, voltandosi verso il resto del gruppo, dichiarò, “Immagino che sarete affamati?!”. I nani annuirono mormorando la risposta affermativa; allora Beorn, con indifferenza, passò accanto a Thorin e si diresse dentro casa. La compagnia lo seguì, primo tra tutti Thorin e per ultimi Gandalf, Bilbo ed Evelyn.
 
Beorn con la coda dell’occhio guardò i nani che avanzavano dietro di lui ed esclamò, “Sedetevi!”. Si accomodarono tutti attorno alla tavola occupando quasi tutti i posti; era rimasta una sedia accanto a Kili alla quale si stava per sedere Balin quando si accorse che Thorin ed Evelyn non si erano ancora seduti. Il re dei nani guardò Balin, poi Evelyn e nuovamente Balin; il nano intuì quale fosse la richiesta del suo re al quale accondiscese senza esitazione.
Balin scostò la sedia e rivolgendosi ad Evelyn le disse gentilmente, “Prego, siediti!”. Evelyn ringraziò sorridendo e si sedette. Balin e Thorin, rimasti senza un posto dove sedersi, restarono in piedi. Balin si sistemò, in piedi, accanto al giaciglio di Beorn mentre il re dei nani si appoggiò ad un massiccio pilastro di legno appena dietro Fili. Nel frattempo che si disposero ognuno ai propri posti, il mutatore di pelle si avvicinò a Gandalf e dichiarò con tono di voce sommesso, “Fammi indovinare! Siete in viaggio verso Erebor?!”. Lo stregone lo guardò con un’espressione pacata e annuì.
Appena si furono tutti accomodati, Beorn portò a tavola piatti, boccali e varie cibarie, tra le quali pane, formaggio, insaccati e zuppa, che i nani si fecero passare tra di loro; mangiarono tutti con gusto tranne Gandalf, Thorin e Balin. Intanto, l’uomo passò a versare del latte nei boccali e quando arrivò a Fili, trovandosi vicino a Thorin, affermò, “Così tu sei quello che chiamano Scudodiquercia?!”. Thorin alzò lo sguardo verso Beorn che a sua volta si era voltato verso di lui; poi l’uomo si rigirò e proseguì a versare il latte al resto del gruppo frattanto che continuò a parlare con Thorin. “Dimmi, perché Azog il Profanatore ti sta dando la caccia?”, gli chiese placidamente Beorn. “Tu sai di Azog?! Come mai?”, rispose il re dei nani con tono calmo. “La mia gente è stata la prima a vivere sulle montagne prima che gli orchi scendessero dal nord. Il Profanatore ha ucciso quasi tutta la mia famiglia, ma alcuni li ha resi schiavi”, replicò Beorn mestamente. A quel punto, Evelyn notò che l’uomo aveva ai polsi delle spesse manette di ferro attaccati alle quali c’erano dei residui di catene. L’uomo proseguì, “Non per lavorare, capisci?! Ma per sport. Ingabbiare mutatori di pelle e torturarli pareva lo divertisse molto”. Bilbo incuriosito domandò, “Ci sono altri come te?”. “Una volta ce n’erano molti”, rispose Beorn. “E…e ora?”, chiese lo hobbit. “Ora ce n’è solo uno!”, asserì l’uomo con fermezza, ma con la voce velata di tristezza.
A quell’affermazione ci fu un attimo di silenzio prima che il mutatore di pelle continuò a parlare mentre si sedette, “Dovete raggiungere la montagna prima degli ultimi giorni di autunno”. “Prima che il Dì di Durin arrivi, sì!”, dichiarò Gandalf che intanto stava fumando la pipa seduto su una sedia in un angolo poco lontano dal tavolo. Evelyn si voltò verso Thorin e vide sul suo volto un’espressione preoccupata. “Non avete molto tempo”, replicò Beorn. “Perciò dobbiamo attraversare Bosco Atro”, affermò lo stregone con decisione. “Un’oscurità grava su quella foresta. Cose malvagie strisciano sotto quegli alberi. Io non mi ci avventurerei, se non per grande necessità”, informò il mutatore di pelle. A quelle parole Evelyn pensò subito allarmata al sogno che aveva fatto. Fu distolta dai suoi pensieri da suo zio che asserì, “Prenderemo la strada elfica. Quella zona è ancora sicura”. “Sicura?! Gli Elfi Silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti. Sono meno saggi e più pericolosi”, avvertì Beorn. Nel frattempo Thorin si mise a camminare pensieroso. “Ma non ha importanza!”, esordì l’uomo suscitando lo stupore nel re dei nani che si voltò verso di lui e chiese, “Che vuoi dire?”. “Quelle terre brulicano di orchi e il loro numero è in aumento e voi siete a piedi. Non raggiungerete mai la foresta da vivi”, replicò Beorn. Thorin fissò l’uomo con apprensione. Dopo il mutatore di pelle si alzò e, avanzando verso il re dei nani, disse severamente, “Non mi piacciono i nani! Sono avidi e ciechi!”. Poi prese in mano un topolino bianco che, passeggiando sul tavolo, finì sul braccio di Bofur il quale non sembrò apprezzare e lo allontanò. “Ciechi verso la vita di quelli che ritengo più miseri di loro”, sentenziò l’uomo mantenendo un tono inflessibile. Si approssimò sempre di più a Thorin, mentre guardava il topolino che aveva appena preso, e quando si trovò faccia a faccia con il nano affermò, “Ma gli orchi li odio di più!”. Ci fu qualche secondo di silenzio e poi Beorn domandò, “Che cosa ti serve?”. Thorin, che aveva mantenuto un atteggiamento impassibile per tutto il tempo in cui l’uomo aveva esternato la sua opinione a proposito dei nani, rispose con prontezza, “Beh, visto che a piedi non raggiungeremo mai la foresta da vivi, sicuramente dei poni e dei cavalli”. Il mutatore di pelle annuì mantenendo lo sguardo fisso su Thorin. “E poi ci servirebbero anche dei viveri”, aggiunse il re dei nani.
Senza dire niente, Beorn si voltò per dirigersi verso la dispensa posando il topolino sul tavolo, ma la sua attenzione cadde su Evelyn; la scrutò dapprima con curiosità e poi con un’espressione di rimprovero. Evelyn, notando lo sguardo dell’uomo, lo osservò con aria inquisitoria e chiese, “Che c’è?”. “Il vostro trucchetto di ieri sera ha fatto un po’ male!”, ammonì Beorn con risolutezza. Evelyn lo fissò sconcertata e pensò con apprensione, Ma come ha fatto a capire che sono stata io e non lo zio? Poi fece un profondo respiro, guardò l’uomo con sguardo sornione e replicò, “Perdonatemi, ma mi ero un po’ spaventata e ho agito d’istinto senza pensare a ciò che stavo facendo”. Beorn rimase per un attimo impassibile, poi abbozzò un sorriso scuotendo la testa in segno di rassegnazione e, dopodiché, disse con tono pacato, “Se volete, nella stanza in fondo alla stalla c’è una vasca. Potete approfittarne intanto che io sistemo tutto l’occorrente per il vostro viaggio”. Evelyn rimase per un momento spiazzata dalla reazione calma dell’uomo, ma poi sorrise e rispose, “Vi ringrazio!”. “Nella stanza c’è un piccolo pozzo dal quale potrete prendere l’acqua, ma per scaldarla dovrete usare il camino qui in cucina”, aggiunse Beorn. “Non sarà necessario, posso usare la mia magia per scaldare l’acqua”, asserì Evelyn alzandosi. Si incamminò per andare nella stanza da bagno e passò davanti a Thorin sorridendogli e lui, a sua volta, ricambiò; il mutatore di pelle osservò sia Evelyn che il re dei nani e, ancora una volta, le sue labbra si piegarono in un sorriso abbozzato.
 
Evelyn entrò nella stanza da bagno, si diresse verso il pozzo e recuperò dell’acqua con la quale riempì la vasca. Poi protese le mani in avanti, chiuse gli occhi e si concentrò; percepì l’energia scorrerle dalle braccia fino alle mani. Nel giro di pochi secondi l’acqua era calda al punto giusto. Si tolse la tunica, gli stivali e i pantaloni, si immerse nell’acqua e il tepore che emanava alleviò subito la tensione dal suo corpo.
Cullata dalla sensazione di benessere, Evelyn non si accorse di aver protratto il suo momento di relax per una buona mezz’ora finché qualcuno bussò alla porta, “Eve! Siamo pronti per partire!”, asserì a gran voce suo zio Gandalf. “Sì zio, mi preparo e arrivo”, rispose Evelyn. A malincuore dovette interrompere quel piacevole attimo di ristoro; uscì dall’acqua, si asciugò e si rivestì in fretta.
Uscì dalla stanza e cercò gli altri nella stalla e nella cucina, ma non trovò nessuno. Allora si avvicinò ad una finestra e vide che erano tutti in cortile; recuperò le sue armi e la sua sacca, andò fuori e raggiunse il resto del gruppo che la stava aspettando. “Oh, eccoti!”, esclamò suo zio nel vederla arrivare e poi aggiunse, “Bene, adesso ci siamo tutti! Possiamo andare!”. “Vi accompagnerò fino al punto dove troverete i poni e dal quale dovrete proseguire per raggiungere Bosco Atro”, affermò Beorn rivolgendosi a tutta la compagnia. Si avviarono tutti nella radura, seguendo il mutatore di pelle che faceva strada, e si diressero verso un boschetto. Ad un certo punto, Beorn si fermò e disse, “I poni si trovano oltre quella fila di alberi”. Mentre si apprestavano ad attraversare il boschetto, Gandalf si avvicinò all’uomo ed entrambi rallentarono il passo rimanendo dietro al gruppo; incuriosita, Evelyn  li raggiunse.
“Lascerete i mie poni prima di entrare nella foresta”, asserì Beorn. “Oh, hai la mia parola”, rispose lo stregone. Ad un tratto si sentì un corvo gracchiare e, mentre i tre si guardarono attorno, Gandalf dichiarò con aria preoccupata, “Siamo sorvegliati!”. “Sì!”, replicò il mutatore di pelle lasciando trapelare dal suo tono di voce dell’apprensione, “Gli orchi non si arrendono. Daranno la caccia ai nani finché non li vedranno distrutti”. “Perché ora? Perché il Profanatore striscia fuori dalla sua tana?”, chiese lo stregone con un misto di inquietudine e di collera. Già, perché?, pensò Evelyn che stava ascoltando con attenzione il discorso tra suo zio e Beorn. “C’è un’alleanza tra gli orchi di Moria e lo stregone a Dol Guldur”, spiegò l’uomo. “Sei sicuro di questo?”, domandò Gandalf sorpreso quanto inquieto. “Branchi sono stati visti riunirsi lì. Ogni giorno di più, sempre di più”, informò Beorn con irrequietezza. All’improvviso si udì in lontananza un grido agghiacciante e si guardarono tutti attorno con ansia. “E cosa sai di questo stregone? Quello che chiamano il Negromante!”, domandò Gandalf con curiosità. “So che non è quello che sembra. Creature malvagie sono attirate dal suo potere. Azog gli rende omaggio”, replicò Beorn sempre più turbato.
“Gandalf! Perdiamo tempo”, disse improvvisamente Thorin. Lo stregone si voltò verso il nano e si mosse per raggiungere il gruppo seguito da Evelyn quando l’uomo affermò, “C’è dell’altro!”. Gandalf si fermò, ed Evelyn fece altrettanto, e ascoltarono le parole di Beorn, “Recentemente si è sparsa la voce che i morti sono stati visti deambulare vicino alle colline alte di Rhudaur”. Evelyn si voltò verso Beorn e lo guardò sconcertata. “I morti?!”, esclamò lo stregone girandosi e avanzando verso il mutatore di pelle. “E’ vero! Ci sono tombe su quelle montagne”, dichiarò Beorn. Ci fu un momento di silenzio nel quale Gandalf si perse nei suoi pensieri che abbandonò dopo un attimo per poi asserire pacatamente, “Sì! Sì, ci sono tombe lassù!”. Il mutatore di pelle si guardò attorno e asserì, “Io ricordo un tempo in cui un grande male governava queste terre, un male potente abbastanza da resuscitare i morti. Se quel nemico è tornato nella Terra di Mezzo gradirei che tu me lo dicessi!”. Lo stregone guardò l’uomo con preoccupazione e replicò, “Saruman il Bianco dice che non è possibile! Il nemico è stato distrutto e non farà mai ritorno”. “E Gandalf il Grigio che dice?”, chiese Beorn poco convinto di quell’affermazione. Gandalf sospirò e scosse leggermente la testa senza dire una parola. Evelyn capì che suo zio non era per niente persuaso da ciò che aveva detto Saruman e anche lei, pensando ai sogni che aveva fatto, era sicura che lo Stregone Bianco si sbagliava. Lo zio ha detto che la nebbia del mio primo sogno è una rappresentazione del male!, rifletté Evelyn, E da quello che ho capito, il Negromante sembra essere la massima incarnazione del male!  I corvi gracchiarono nuovamente mettendo in allarme tutto il gruppo. “Andate ora!”, intimò Beorn. “Sì!”, rispose Gandalf. “Finché avete luce”, aggiunse l’uomo guardandosi intorno turbato. D’improvviso si udì un ululato e Beorn dichiarò, “Chi vi da’ la caccia non è molto lontano”. Lo stregone ed Evelyn raggiunsero i nani, montarono sui loro cavalli e si misero in marcia.
 
Cavalcarono per un’ora e, essendo riusciti a distanziare abbastanza gli orchi, decisero di fare una breve pausa; si fermarono vicino ad un ruscello al di là di un’altura. Mentre Dwalin e Bofur accudivano i poni che si stavano abbeverando, il resto del gruppo si rifocillò con le provviste fornite da Beorn. Evelyn decise di sgranchirsi le gambe facendo una passeggiata e si diresse verso la collinetta che sovrastava il ruscello; giunta in cima, controllo l’orizzonte per accertarsi che non fosse in arrivo alcun orco.
“Evelyn!”, all’improvviso si sentì chiamare e si girò di scatto trovandosi di fronte Fili. Lo guardò con un’espressione sorpresa; poi ripensò a quello che era accaduto la sera prima con lui e temette che ciò che aveva sempre voluto evitare stava per accadere. “Evelyn! Devo dirvi una cosa!”, esordì Fili nervosamente. “Fili, aspettate…”, Evelyn cercò di interromperlo, ma inutilmente. “No, adesso mi fai parlare!”, asserì Fili con decisione. Evelyn rimase sbalordita e non ebbe il tempo di reagire che il nano esclamò con la voce spezzata dall’emozione, “Tu…mi piaci!”.
Evelyn abbassò lo sguardo e sospirò mentre cercava le parole giuste da usare per evitare di offendere più del dovuto Fili. Poi lo guardò e tentò di rispondere alla sua dichiarazione, “Fili, io…”, ma non sapeva proprio cosa dire. Come avrebbe potuto dirgli che non provava niente per lui senza che ci rimanesse male? “Ti prego, dimmi qualcosa!”, supplicò Fili con un misto di ansia e speranza. Non ci fu bisogno da parte di Evelyn di dire una sola parola; bastò la sua espressione dispiaciuta a far capire tutto al nano. Il volto di Fili si rabbuiò ed egli questionò, “Ho capito! E per mio zio, vero?!”. Evelyn lo guardò attonita. “Certo, credi che sia cieco?! Ho visto come lo guardi e come lui guarda te!”, sentenziò Fili aspramente. “Fili, lasciami spiegare…”, Evelyn non fece in tempo a finire di parlare che qualcuno si intromise nel discorso, “Che sta succedendo?”.
Evelyn guardò al di là di Fili e vide Thorin approssimarsi con il suo solito atteggiamento fiero. Il nano biondo si voltò e quando avvistò suo zio sbottò con rabbia, “Sei venuto a impedire che te la porti via?!”. Evelyn fissò Fili con un’aria di rimprovero al quale lui non diede peso accecato dalla rabbia. “Fili, possiamo discuterne un’altra volta?! Questo non mi sembra il momento più adatto”, replicò Thorin pacatamente nel tentativo di calmare suo nipote. Fili strinse i pugni, osservò suo zio con collera ed esclamò con fermezza, “Lei è mia!”. Evelyn rimase sbigottita nel sentire quelle parole e un sentimento di rabbia stava incominciando a crescere in lei. Il re dei nani, a quell’affermazione, non riuscì più a mantenere la calma con la quale aveva cercato di sedare gli animi e dichiarò con risolutezza, “No, è mia!”.
Lo sguardo sempre più sbalordito di Evelyn passò da Fili a Thorin e viceversa. Questo è troppo!, pensò Evelyn mentre il sangue iniziò a ribollirle nelle vene e sentì una vampata di caldo pervaderle il corpo. “Adesso baaaaasta! Io non sono un oggetto di vostra proprietà!”, disse Evelyn dando in escandescenza intanto che si alzò una folata di vento e alcuni massi attorno alla zona si frantumarono. Fili e Thorin sussultarono nel sentire il frastuono delle rocce che si spaccarono. Si zittirono e guardarono stupiti ed intimoriti Evelyn che respirava con affanno e li stava fissando con rancore. Con uno scatto cercò di allontanarsi, ma Thorin la fermò prendendola per un braccio ed esclamò, “Eve, aspetta…”. Evelyn non gli diede il tempo di finire di parlare che si divincolò con furia e se ne andò lasciando i due nani disorientati.     



 
Eccomi con un nuovo capitolo, purtroppo anche questo con un po’ di ritardo perché ho avuto un altro periodo intenso di lavoro! Ma da adesso in poi non dovrebbero esserci più problemi…almeno spero!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
       
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: Bosco Atro ***


Capitolo 15: Bosco Atro
 
Il resto del gruppo, allarmato dalle urla e dal frastuono del frantumarsi delle rocce, accorse per vedere cosa stava accadendo; quando arrivarono tutti sul posto, videro Evelyn andarsene via furibonda. Gandalf, senza esitazione, seguì sua nipote mentre i nani, non capendo cosa fosse successo, si avvicinarono a Thorin e Fili, ancora frastornati dall’accaduto, per chiedere spiegazioni. “Si può sapere che è successo? Perché Evelyn è arrabbiata?”, domandò Dwalin con apprensione. Thorin e Fili si scambiarono un’occhiata truce e poi guardarono esitanti i loro compagni che aspettavano impazienti una risposta. “Non è successo niente!”, replicò severamente il re dei nani mentre avanzava con portamento fiero verso i suoi compagni. “Preparatevi, tra un po’ ripartiamo!”, comandò dirigendosi giù dalla collinetta. I nani si guardarono tutti esterrefatti e poi si voltarono verso Fili che sfuggì il loro sguardo e si allontanò in fretta per evitare di dover dare spiegazioni imbarazzanti.
 
Intanto Evelyn si diresse verso la riva del ruscello seguita da suo zio che cercò invano di fermarla, “Eve! Fermati!”, le intimò inutilmente. Evelyn, però, sembrava una furia e non sentiva ragione. “Eve! Aspetta!”, provò di nuovo Gandalf senza esito positivo.
Arrivata al ruscello Evelyn finalmente si fermò permettendo così allo stregone di raggiungerla. Guardò verso l’orizzonte facendo profondi respiri per cercare di calmarsi e, quando si accorse della presenza di suo zio, si voltò verso di lui e lo fissò con un misto di imbarazzo e collera.
Gandalf sospirò e guardò sua nipote maliziosamente abbozzando un sorriso. Evelyn, stupita dell’atteggiamento di suo zio, chiese, “Che c’è? Perché mi guardi così?”. “Così come?”, domandò Gandalf con indifferenza. “Come se avessi combinato qualche guaio!”, asserì Evelyn contrariata. “Ed è così?!”, esclamò Gandalf pacatamente. Evelyn guardò allibita suo zio che dichiarò con rassegnazione, “Avrei dovuto immaginarlo!”. “Cosa avresti dovuto immaginare?”, chiese Evelyn incuriosita. Lo stregone sospirò e affermò, “Che avresti portato scompiglio vista la tua propensione a fare strage di cuori!”. Evelyn sentì una vampata di caldo diffondersi per tutto il corpo e, guardando sbalordita suo zio, questionò nervosamente, “Zio! Ma cosa dici?!”. “Beh, quello che mi raccontano i tuoi genitori dato che tu non mi dici niente! E per questo sono un po’ offeso!”, dichiarò Gandalf fissando sua nipote con uno sguardo di rimprovero. “Oh…ecco…non ti ho mai detto niente perché non le ritenevo cose importanti da raccontare”, rispose timidamente Evelyn. Lo stregone la guardò con aria seria e disse, “E neanche…Jago?! Neanche lui è importante?”. “Oh, lui assolutamente no…è un tipo insopportabile!”, asserì con fermezza Evelyn. Gandalf annuì e abbozzando un sorriso domandò, “E tra Thorin e Fili, chi dei due è importante?”. Evelyn fissò suo zio sgomenta ed esitò a rispondere mentre lo stregone continuava a fissarla fermamente in attesa di una risposta. Evelyn capì che egli non avrebbe ceduto finché non avesse avuto una risposta, perciò se pur titubante, disse,“Thorin!”, con voce tenue distogliendo lo sguardo da Gandalf per l’imbarazzo di una tale confessione. Lo stregone annuì sorridendo con soddisfazione. “Ma in comunque i casi, adesso non sopporto neanche più né lui né Fili!”, esclamò Evelyn guardando fieramente suo zio. Gandalf osservò sua nipote con scetticismo e chiese, “Cosa ti avranno mai fatto di male?!”. “Mi hanno trattata come se fossi un oggetto di loro proprietà!”, protestò aspramente Evelyn. Lo stregone si mise a ridere lasciando esterrefatta Evelyn che lo rimproverò duramente, “Non c’è niente da ridere!”. Allora Gandalf smise di ridere e, fissando sua nipote affettuosamente, replicò, “E’ tipico dei nani. Sono molto possessivi e gelosi, ma sono sicuro che non era loro intenzione mancarti di rispetto”. “Possessivi e gelosi?! Neanche fossimo fidanzati!”, questionò Evelyn. “Beh, adesso no, ma in futuro…!”, dichiarò lo stregone guardando sua nipote con malizia. Evelyn rimase a bocca aperta sbalordita e senza parole di fronte all’affermazione di suo zio. “Oh, non fare quella faccia! Prima o poi sarebbe comunque accaduto!”, esclamò Gandalf con tono pacato. Evelyn sentì di nuovo il calore diffondersi per tutto il suo corpo e abbassò lo sguardo imbarazzata.
Ad un certo punto, la chiacchierata tra Evelyn e suo zio fu interrotta da Bofur che si avvicinò e disse, “Andiamo, ci rimettiamo in marcia!”. Gandalf si diresse subito verso il gruppo, mentre Evelyn esitò un attimo poiché non voleva presentarsi davanti agli altri con il viso arrossato a causa dell’imbarazzo, quindi si sciacquò il viso con l’acqua del ruscello sperando che avrebbe attenuato il rossore; poi si fece coraggio e raggiunse il gruppo che era pronto per la partenza. L’attenzione di Thorin e Fili si spostò immediatamente su Evelyn che lanciò loro un’occhiata carica di collera facendoli così sentire in colpa. Gandalf ed Evelyn montarono sui cavalli e, dopodiché, partirono tutti al galoppo.
 
Dopo un’altra ora di cavalcata la compagnia giunse finalmente alle porte di Bosco Atro. Evelyn rimase assorta per un momento a contemplare quell’immensa foresta e ripensò subito al sogno che aveva fatto durante la notte passata nella casa di Beorn. “Eve!”, fu distolta dai sui pensieri da Fili che notò la sua divagazione mentale. “Che vuoi?”, domandò aspramente Evelyn. “Niente, volevo solo sapere se va tutto bene perché mi sembri preoccupata”, affermò Fili dolcemente. “Sto bene!”, replicò Evelyn duramente scendendo da cavallo e avanzando in direzione del bosco verso il quale si stava dirigendo suo zio.
Fili, con aria afflitta, guardò Evelyn allontanarsi. Intanto Evelyn seguì Gandalf che si avvicinò a un gruppo di strani alberi, disposti a cerchio, i cui rami ricordavano le corna dei cervi, e al cui centro si trovava un piedistallo di marmo.
Lo stregone arrivato in prossimità del bosco, guardò in alto ed esclamò, “La Porta degli Elfi!”. Poi si voltò verso la compagnia e asserì, “Qui c’è il nostro sentiero attraverso Bosco Atro”. Nessuno proferì parola, tranne Dwalin che commentò, “Nessun segno degli orchi. La fortuna è dalla nostra parte”, e scese dal poni. A quell’affermazione l’espressione di Gandalf diventò un misto di apprensione e serietà; poi spostò il suo sguardo scrutando in lontananza. Evelyn si voltò verso il punto che stava osservando suo zio e vide un orso, intuendo che si trattava di Beorn. “Liberate i poni!”, ordinò lo stregone pacatamente, “Che tornino dal loro padrone”.
“Questa foresta sembra…malata! Come se una malattia l’avesse colpita”, intervenne Bilbo. Evelyn guardò la foresta e provò una sensazione di inquietudine provocata dall’energia che percepì scaturire dalla foresta, la stessa energia negativa del sogno che fece a Minas Tirith. “Sì, una malattia, o meglio un male…un male oscuro”, affermò poi con voce calma e ponderata. Tutti la guardarono con apprensione e, a quel punto, lo hobbit chiese, “Non c’è modo di aggirarla?”. “No, a meno che non andiamo 200 miglia a nord o il doppio di quella distanza a sud”, rispose Gandalf.
Lo stregone lentamente si addentrò nella foresta ed Evelyn lo seguì incuriosita. Man mano che avanzava sentì una strana sensazione attraversare ogni parte del suo corpo e avvertì la presenza di una forza immensa e pericolosa. Nel frattempo Gandalf andò verso una statua ricoperta dalla vegetazione; quando vi fu vicino, spostò le foglie con irruenza e scoprì su di essa un simbolo disegnato con un colore rosso sangue. Evelyn si avvicinò e osservò perplessa l’emblema non conoscendone il significato, ma intuì che non rappresentava niente di positivo. Lo stregone rimase immobile a riflettere e dopo un po’ mormorò, “Le Alte Colline…e così sia!”.
Detto ciò, Gandalf uscì velocemente dalla foresta seguito da sua nipote che gli domandò preoccupata, “Cosa hai in mente di fare?”. Suo zio non le rispose, ma quello che intimò a Nori, che stava liberando i poni e i cavalli, le fece capire quali fossero le sue intenzioni, “Non il mio cavallo, mi occorre!”. Bilbo prontamente replicò, “Non vorrai lasciarci?!”, mentre i nani guardarono stupefatti lo stregone. “No zio, non puoi andartene adesso!”, protestò Evelyn. “Non lo farei se non fosse necessario”, dichiarò Gandalf con dispiacere.
Ad un tratto lo stregone si fermò vicino al mezz’uomo, si voltò verso di lui ed affermò, “Sei cambiato Bilbo Baggins!”. Bilbo lo guardò con aria seria. “Non sei lo stesso hobbit che ha lasciato la Contea!”, asserì Gandalf guardando lo hobbit con curiosità. Bilbo esitò un attimo e poi rispose, “Stavo per dirtelo”. “Ah!”, esclamò lo stregone sorpreso. “Ehm…io!”, tentennò il mezz’uomo che fissava Gandalf sempre con aria seria. Ad un certo punto, però, la serietà sul suo volto scomparve per lasciare il posto ad un sorriso. “Ho trovato una cosa nella galleria degli orchi”, replicò Bilbo pacatamente. “Trovato cosa?”, chiese Gandalf incuriosito mentre fissava fermamente lo hobbit. “Che cosa hai trovato?”, domandò nuovamente di fronte alla riluttanza di Bilbo a rispondere. Lo hobbit sostenne lo sguardo dello stregone e, dopo un po’, dichiarò, “Il mio coraggio!”. Gandalf sembrò poco convinto della risposta data da Bilbo, ma non indagò più di tanto e fece finta di niente. “Bene! Beh, questo è un bene!”, esclamò lo stregone soddisfatto al quale lo hobbit rispose con un sorriso. “Ti servirà!”, asserì Gandalf. Anche Evelyn percepì che Bilbo non stava dicendo la verità, In quella galleria non ha trovato solo il suo coraggio! C’è dell’altro!
All’improvviso incominciò a piovere ed Evelyn guardò verso il cielo sbuffando. Lo stregone si diresse verso il suo cavallo, allora Evelyn lasciò perdere la pioggia e seguì suo zio. “Vi aspetterò allo spiazzo prima delle pendici di Erebor. Tenete la mappa e la chiave al sicuro”, disse Gandalf. Poi si fermò di fianco a Thorin e, rivolgendosi a lui, dichiarò, “Non entrate in quella montagna senza di me!”. Thorin guardò perplesso e preoccupato Balin.
Lo stregone, mentre sistemava il suo cavallo, fece delle raccomandazioni, “Questo non è il vecchio Bosco Fronzuto. C’è un ruscello nel bosco che contiene un oscuro incantesimo. Non toccate quell’acqua, attraversatelo sul ponte di pietra. La stessa aria della foresta è pesante, crea illusioni, tenterà di entrarvi nella mente e sviarvi dalla strada”. “Sviarci dalla strada? Che cosa vuol dire?”, domandò dubbioso Bilbo. “Dovete restare sul sentiero, non lasciatelo. Se lo fate, non lo ritroverete mai più”, concluse Gandalf.
Lo stregone stava per montare a cavallo, ma fu fermato da Evelyn che gli si avvicinò e questionò, “Zio, non puoi andartene!”. Gandalf guardò sua nipote affettuosamente e replicò, “Devo farlo, per il bene di tutti”. “Riguarda il Negromante, vero?”, chiese Evelyn con sicurezza. Lo stregone annuì. “Allora vengo con te!”, esclamò Evelyn con decisione. A quelle parole Thorin guardò con apprensione Gandalf il quale, resosi conto dello stato d’animo del re dei nani, per tranquillizzarlo scosse leggermente la testa in senso di diniego e, a quel punto, il volto di Thorin assunse un’aria più rilassata.
Allora lo stregone prese in disparte sua nipote e le disse, “Eve, tu devi stare con la compagnia! Avranno bisogno di te, della tua magia. Thorin avrà bisogno di te”. Evelyn fissò suo zio esitante. “Tu dovrai aiutarlo, soprattutto quando arriverete ad Erebor! E non solo per il drago!”, affermò Gandalf. “Perché? Cosa c’è d’altro ad Erebor?”, domandò dubbiosa Evelyn. “Una maledizione grava sull’oro che si trova dentro la montagna! Una maledizione che ha portato alla pazzia il nonno di Thorin e potrebbe portare alla pazzia anche lui”, spiegò lo stregone. Evelyn guardò con panico suo zio, poi si voltò verso Thorin che la stava osservando con curiosità e dopo riportò la sua attenzione su Gandalf. “Metti da parte tutte le incomprensioni tra te e lui. Solo così potrai trovare la forza in te per salvarlo”, asserì lo stregone. “Beh, ma quando entreremo nella montagna ci sarai anche tu?! Hai detto che ti dobbiamo aspettare allo spiazzo prima delle pendici di Erebor! Che non dobbiamo entrare in quella montagna senza di te! Questo vuol dire che tu ci sarai?!”, dichiarò Evelyn con apprensione. “E’ vero, ho detto di aspettarmi e di non entrare nella montagna senza di me, ma non so cosa troverò dove sto andando, perciò potrei comunque tardare. In quel caso voi dovrete andare senza di me!”, replicò lo stregone con tono grave. Evelyn fissò suo zio con apprensione ed esclamò, “Allora è meglio che io venga con te!”. “Non essere testarda! Ho detto di no! E qualunque cosa accadrà, resta con la compagnia e, soprattutto, fai affidamento sui tuoi sogni!”, disse Gandalf con fermezza. Evelyn lo guardò con aria inquisitoria, quindi lo stregone spiegò, “I tuoi sogni diventeranno sempre più chiari e dettagliati e ciò ti permetterà di anticipare quello che dovrà accadere cambiando così il corso degli eventi”. “Perciò il destino si può cambiare?”, domandò Evelyn incuriosita. “Certo! Il destino può essere mutevole…tutto dipende dalla propria volontà di modificarlo o meno”, rispose Gandalf con tono placido. “Ma ora sarà meglio che tu vada…avete ancora tanta strada da fare”, affermò poi mentre montava a cavallo e, dopodiché, partì al galoppo.
Evelyn rimase a fissare mestamente suo zio che si allontanava per poi svanire poco a poco all’orizzonte. Ad un tratto sentì qualcuno avvicinarsi, si girò e si trovò di fronte Thorin. “Cosa ti ha detto Gandalf?”, le chiese con calma. “Niente! Raccomandazioni!”, replicò Evelyn severamente intanto che si allontanava per raggiungere il gruppo.
L’atteggiamento freddo e distaccato di Evelyn fece sentire il re dei nani frustato ed impotente. Per quanto fosse un ottimo leader e stratega nelle questioni politiche, militari ed economiche, le sue capacità non si estendevano alla sfera del romanticismo. Nonostante fosse molto ambito vista la sua posizione e il suo ruolo, non aveva mai trovato nessuna donna che lo interessasse a tal punto da invogliarlo a corteggiarla, dunque in questo campo non aveva molta esperienza.
Devo chiarire la situazione con Evelyn, ma questo non è il momento adatto! Appena possibile risolverò questa faccenda!, pensò Thorin. Così, senza perdere altro tempo, si avvicinò alla compagnia e disse mentre procedeva verso la foresta, “Coraggio! Dobbiamo raggiungere la montagna prima che il sole cali sul Dì di Durin. C’è solo una possibilità di trovare la porta”.
Si avviarono tutti e si addentrarono in quel fitto ammasso di alberi. Il bosco era cupo poiché dalla sua ampia e folta vegetazione faceva fatica a trapelare la luce, e persino la pioggia, proprio come nel sogno di Evelyn. Questo, insieme con l’energia negativa che aleggiava su quella foresta, fecero accrescere in lei la sensazione di inquietudine. Bilbo, notando la sua apprensione, le si avvicinò e le domandò, “C’è qualcosa che non va?”. Evelyn lo guardò con ansia e rispose, “Sì, questa foresta non va!”. Lo hobbit fissò Evelyn con aria inquisitoria e lei spiegò, “Ho sognato questa foresta e quello che ho sognato non era niente di positivo”. “Beh, non ci voleva un sogno premonitore per capire che in questa foresta c’è qualcosa che non va!”, esclamò Bilbo cercando di ironizzare per sdrammatizzare la situazione. Evelyn e lo hobbit si misero a ridere attirando l’attenzione dei nani che li guardarono stupiti. “Non mi pare ci sia niente di cui ridere in un posto del genere!”, borbottò Dwalin. Bilbo ed Evelyn, al rimprovero del nano, attenuarono le loro risate, ma il sorriso ancora sulle loro labbra, mentre la compagnia si spingeva sempre più all’interno del bosco.
 
Camminarono e camminarono seguendo il sentiero con difficoltà poiché parzialmente ricoperto di foglie e dunque non facilmente identificabile. Thorin, come leader, si mise alla testa del gruppo e tutti lo seguirono senza proferire parola, immersi nel silenzio angosciante che incombeva sulla foresta, interrotto ogni tanto dalla voce del re dei nani e Dwalin che davano indicazioni sulla strada da seguire. Intanto Evelyn continuava a guardarsi attorno con attenzione, tormentata dal crescente senso di irrequietezza che le procurava l’energia negativa emanata dalla foresta.
 Man mano che si inoltravano sempre di più nel fitto della vegetazione, la luce diventava più rada e l’aria più pesante e viziata. Evelyn faceva sempre più fatica a respirare, sia per la stanchezza sia per la scarsità d’aria, e anche i nani incominciarono a lamentarsi per la carenza d’aria; qualcuno iniziò perfino ad avere segni di cedimento fisico e mentale quando arrivarono in prossimità di un ponte. “Trovato il ponte!”, esclamò Gloin. A quell’affermazione Bofur avanzò davanti a tutti, seguito da Bilbo, Evelyn e Ori, e quello che videro non fu di loro gradimento: il ponte era crollato. Bofur sbuffò e propose, “Potremmo attraversarlo a nuoto?!”. “Non hai sentito cos’ha detto Gandalf? Una magia oscura sovrasta questa foresta. Le acque di questo ruscello sono incantate”, rispose Thorin. “Non mi sembra tanto incantevole!”, replicò Bofur con compostezza.
Evelyn osservò attentamente il ruscello e, poco a poco, la sua mente iniziò ad estraniarsi da tutto ciò che la circondava finché udì una voce che la chiamava esortandola a seguirla. Fece un passo in avanti quando quella voce estranea fu sopraffatta da quella di Thorin che disse, “Dobbiamo trovare un altro modo per passare”, e così ritornò in sé. Evelyn, ancora un po’ frastornata, fece un profondo respiro e poi cominciò a guardarsi intorno per cercare una strada alternativa e così fecero Thorin, Kili e Fili. Ad un tratto Kili asserì, “Questi rampicanti sono resistenti!”. Evelyn si avvicinò e vide che, in effetti, nel punto in cui si trovava il nano c’era un groviglio di rami che andavano da una sponda ad un’altra. Kili fece per salirci su, ma fu bloccato da Thorin che dichiarò con tono risoluto, “Kili! Mandiamo prima i più leggeri”. A quell’affermazione si voltarono tutti verso Bilbo, ancora intento a guardare il ruscello, che sentendosi osservato si girò immediatamente. Stava per protestare, ma si interruppe e guardò i nani con uno sguardo di rimprovero prima di farsi avanti per intraprendere l’attraversata del fiume sui rampicanti. Evelyn scosse il capo contrariata e si incamminò anche lei subito dietro a lo hobbit. “Eve!”, esclamarono contemporaneamente Fili e Thorin vedendo Evelyn che si approntava a salire sui rami. Evelyn si voltò, gli lanciò un’occhiata irata lasciandoli ammutoliti e poi si apprestò ad avviarsi.
Bilbo procedette con cautela, un passo alla volta, cercando di mantenere l’equilibrio aggrappandosi al reticolo di rampicanti; Evelyn lo seguì mantenendo lo stesso percorso e la stessa andatura. “Tutto bene!”, esclamò Bilbo per rassicurare la compagnia, “Non vedo alcun problema!”. Come terminò la frase, fece un salto per afferrare un ramo, ma scivolò e gridò, “Aaah!”. “Bilbo!”, urlò Evelyn spaventata per la sorte del mezz’uomo. Fortunatamente lo hobbit riuscì con le gambe a reggersi, ciondolante a testa in giù, per evitare di cadere nel ruscello. “Uno c’è…va tutto bene!”, dichiarò Bilbo nonostante la situazione precaria e pericolosa nella quale si trovava. Evelyn cercò di avvicinarsi per aiutarlo, ma lo hobbit fu in grado di tirarsi su da solo, anche se un po’ faticosamente, allora Evelyn tirò un sospiro di sollievo. Bilbo ed Evelyn ripresero la loro impervia traversata, passando da un ramo ad un altro, e finalmente giunsero stremati sull’altra sponda.
Si accasciarono a terra esausti e cercarono di riprendere fiato. Lo hobbit, ad un certo punto, divenne pensieroso e scosse la testa, allora Evelyn gli domandò preoccupata, “Bilbo, che c’è?”. “C’è qualcosa che non quadra!”, replicò il mezz’uomo con fermezza. “Beh, che ci fosse qualcosa che non andava, l’avevo già detto anch’io!”, rispose con compostezza Evelyn. Bilbo non replicò all’affermazione di Evelyn e scosse ancora il capo ribadendo irritato, “Non quadra affatto!”. Poi alzò la testa e gridò, rivolgendosi verso i nani, “State dove siete!”. Non appena finì la frase, sul suo volto comparve un’espressione stupita alla vista dei nani che stavano tutti attraversando il ruscello con l’ausilio dei rampicanti; Evelyn rimase altrettanto sconcertata. Non capisco il senso di mandare prima i più leggeri, se poi loro ci salgono tutti insieme!, pensò esterrefatta.
La traversata dei nani risultò ancora più difficoltosa di quella di Bilbo ed Evelyn a causa dell’affollamento che si era creato sui rami. Thorin arrivò per primo e si precipitò subito da Evelyn. La sollevò afferrandola per le braccia e, tirandola verso di sé, la rimproverò con collera, “Cosa credevi di fare? Se ti fosse accaduto qualcosa?! Se tu fossi caduta nel ruscello?! Mi hai fatto preoccupare!”. Evelyn fu al tempo stesso intimorita e meravigliata dall’atteggiamento di Thorin. I loro sguardi si incontrarono rimanendo fissi uno nell’altro, nel frattempo che il re dei nani fece scivolare le mani lungo le braccia di Evelyn, provocandole dei brividi di piacere, fino a raggiungere le mani della ragazza e ad afferrarle con delicatezza.
Un rumore, però, richiamò la loro attenzione. Thorin lasciò Evelyn e controllò il punto dal quale provenne il rumore e così fecero Evelyn e Bilbo, il quale intanto si era alzato; videro saltare fuori da dietro un albero uno splendido cervo bianco.
Lo hobbit ed Evelyn lo guardarono sorpresi e affascinati dalla bellezza dell’animale, mentre Thorin iniziò a sollevare l’arco tendendo una freccia, ma fermandosi a mezza altezza. “Che stai facendo?”, gli chiese Bilbo sbalordito. “Thorin!”, esclamò Evelyn capendo quale fosse la sua intenzione. Il re dei nani rimase impassibile senza dare alcuna risposta. Il cervo sembrò fissare con aria di sfida Thorin, il quale non si scompose e non lasciò trasparire alcuna emozione; poi con uno scatto repentino il re dei nani sollevò l’arco e scoccò la freccia.
La freccia andò oltre l’animale che si spaventò e fuggì via. “Non avresti dovuto! Porta sfortuna!”, affermò Bilbo pacatamente. “Non credo nella fortuna! Noi ci creiamo la fortuna!”, asserì con risolutezza Thorin. Evelyn lo guardò con apprensione e pensò, Non è in sé! E’ questa foresta! Dobbiamo uscire di qui al più presto!
All’improvviso si sentì un tonfo, i tre si voltarono e videro che Bombur era caduto addormentato nel ruscello. “Oh no!”, esclamò Evelyn contrariata. Intanto i nani, uno alla volta, raggiunsero l’altra sponda e osservarono Bombur galleggiare nell’acqua. “E adesso come lo tiriamo fuori da lì senza entrare in acqua?”, domandò perplesso Bofur. I nani stavano riflettendo su un modo per poter salvare il loro compagno, quando Evelyn tese le braccia, palmo delle mani rivolto in avanti, e recitò la formula, “Phasmatos levitate”, e il corpo di Bombur si sollevò fluttuando nell’aria.
Con un armonioso movimento delle mani, Evelyn fece avvicinare il nano alla riva e lo calò delicatamente al suolo. Si avvicinarono tutti a lui e cercarono di svegliarlo, ma fu tutto inutile; Bombur dormiva profondamente a causa dell’oscura magia che permeava le acque del ruscello e che l’aveva contaminato. Thorin si voltò verso Evelyn e le chiese, “Puoi fare qualcosa?”. Evelyn annuì. Si inginocchiò accanto a Bombur, mise le mani appena al di sopra del suo corpo e pronunciò, “Spiritus duces. Audire appellatio. Interficiam incantatores”. Evelyn sentì l’oscura magia opporsi al suo incantesimo ed ebbe un sussulto provocata dall’energia negativa che attaccò i suoi sensi. Thorin si avvicinò preoccupato, si inginocchiò a sua volta di fianco a lei e le domandò, “Cos’è successo?”. “La magia con cui abbiamo a che fare è molto forte. Dovrò insistere un po’!”, rispose Evelyn fissando Bombur. “No, lascia perdere! Non ti affaticare!”, le ordinò Thorin. Evelyn lo guardò con aria serena e sorridendogli replicò, “Ce la posso fare!”. Poi riportò nuovamente la sua attenzione su Bombur e ricominciò ad eseguire l’incantesimo recitando la formula più volte; poco alla volta percepiva la sua energia defluire con crescente forza dal suo corpo e scontrarsi con l’opposizione della magia oscura. Lo sforzo che stava compiendo nell’esecuzione del sortilegio le provocò un’emorragia nasale, ma questo non la fermò. La guardarono tutti con apprensione e, ad un certo punto, Fili esclamò nervosamente, “Zio! Fermala!”. Thorin provò a convincerla a smettere, “Eve! Ti prego, adesso basta! Fermati!”. Evelyn continuò senza dare ascolto alle suppliche del re dei nani quando, finalmente, Bombur aprì gli occhi e, a quel punto, interruppe l’incantesimo.
Tirarono tutti un sospiro di sollievo ed Evelyn sorrise soddisfatta intanto che si ripulì dal sangue colato. Thorin posò la mano sul viso della ragazza e la fece voltare verso di lui. Evelyn incontrò lo sguardo del re dei nani nel quale vi scorse la preoccupazione nei suoi confronti. Allora posò la sua mano su quella di Thorin, sorrise e dichiarò con tono pacato, “Non preoccuparti! Va tutto bene!”. “Sei sicura?”, domandò con inquietudine il re dei nani. “Beh, questa volta almeno non ho avuto mancamenti!”, disse Evelyn per sdrammatizzare la situazione e per rassicurare Thorin che, comunque, non sembrò molto convinto.
Evelyn si rialzò aiutata dal re dei nani, mentre gli altri aiutarono Bombur ad alzarsi. Evelyn guardò sorridente Thorin e asserì, “Vedi che sto bene! Possiamo rimetterci in marcia!”. Il re dei nani sospirò e abbozzò un sorriso contento di vedere che Evelyn stava effettivamente bene; furono tutti partecipi del momento di gioia tranne Fili che fu pervaso da un sentimento di rabbia e frustrazione nel vedere l’affiatamento che si era creato tra suo zio ed Evelyn.
 
Si rimisero tutti in marcia e camminarono ancora per un bel po’, ma la foresta sembrava estendersi ad ogni loro passo. Ad un certo punto, si fermarono stremati e senza fiato per la carenza d’aria; tutti quanti iniziarono ad avere sintomi di disorientamento e a vaneggiare. L’unica ad essere immune da quel delirio fu Evelyn, potendo contare sulla protezione della sua magia che formava una sorta di barriera.
“Che cos’è? Voci! Voci! Le sentite?”, affermò all’improvviso Bilbo in stato confusionale. “Io non sento niente! Non c’è vento, non c’è canto d’uccelli. Che ore sono? Che ore sono?”, asserì Thorin delirante. “Io non lo so! Non so nemmeno che giorno è!”, vaneggiò Dwalin. “Ragazzi, vi prego, dovete reagire! Rimettiamoci in marcia e usciamo il prima possibile da questa foresta”, intervenne Evelyn per spronare il gruppo, ma avendo la mente annebbiata, nessuno fece caso alle sue parole.
“Ci stiamo mettendo troppo! Troooppo! Non ha fine questa maledetta foresta?!”, sbottò Thorin. Evelyn si sentì demoralizzata nel vedere i suoi compagni di viaggio ridotti in quello stato. Potrei provare con l’incantesimo che ho usato con Bombur, ma per tutti mi ci vorrebbe una gran dose di energia! Dovrei incanalarla da qualcuno, ma da chi?! Chi potrei mai trovare in questo posto che mi possa dare una mano?! Se solo ci fosse mio zio!, pensò scoraggiata.
“Niente che io possa vedere! Solo alberi e ancora alberi!”, esclamò in preda alla disperazione Gloin. “Là! Da questa parte!”, disse ad un tratto Thorin alzandosi barcollante dal tronco sul quale si era seduto e dirigendosi verso un punto imprecisato della foresta. “No, Thorin! Dove vai? Fermati!”, gli urlò Evelyn, ma senza ottenere alcun risultato. Thorin avanzò facendosi largo tra i suoi compagni, mentre anche Ori cercò di dissuaderlo ad non allontanarsi, “Ma Gandalf ha detto che…”. Fu tutto inutile, Thorin non sentiva ragione. “Fate come vi dico! Seguitemi!”, intimò ai nani che obbedirono al loro re.
“No, aspettate!”, gridò Evelyn nel tentativo di fermare la compagnia. Poi si voltò e vide che Bilbo era ancora seduto intento a fissare una grossa tela; fu così che ad Evelyn venne in mente il suo sogno e allora si guardò intorno e vide la tela estendersi per tutta la foresta. Dopo un attimo riportò la sua attenzione verso Bilbo, gli si avvicinò e cercò di farlo rinsavire, “Bilbo! Se ne stanno andando tutti!”. Bilbo si voltò, osservò Evelyn ancora un po’ scombussolato e poi si alzò di colpo esclamando, “No! No! A…aspettate!”. Lo hobbit ed Evelyn guardarono i nani allontanarsi e urlarono all’unisono, “Aspettate!”. “Fermi!”, intimò Bilbo. Dopo lo hobbit prima si voltò verso il punto dove si trovava il sentiero e in seguito si rivolse ancora verso il gruppo al quale dichiarò fermamente, “Non possiamo lasciare il sentiero! Dobbiamo restare sul sentiero!”. Qualsiasi tentativo fecero lo hobbit ed Evelyn fu vano e, poiché i nani si allontanavano sempre di più, alla fine non poterono fare altro che incamminarsi anche loro per evitare di perderli di vista.
Vagarono per la foresta senza sapere dove si trovavano esattamente e da che parte sarebbero dovuti andare. Il gruppo si sparpagliò per ispezionare la zona e cercare di ritrovare la strada. Ad un certo punto Balin dichiarò, “Non ricordo questo posto. Io non riconosco niente!”. “Deve essere qui! Non può essere…sparito!”, esclamò disperato Dori.
Bilbo ed Evelyn si sedettero esausti e sconfortati. Bilbo, mentre fissava dritto davanti a sé, chiese ad Evelyn con tono fiacco, “Non puoi usare la magia per farci uscire da qui?”. Evelyn si voltò verso lo hobbit e rispose mestamente, “Sì! Ma l’incantesimo che dovrei fare mi farebbe consumare tanta energia e in questo momento non sono al massimo della forma, considerando anche che una parte l’ho già usata per risvegliare Bombur”. Bilbo guardò Evelyn rassegnato e poi tornò di nuovo a fissare nel vuoto davanti a sé, mentre Evelyn osservò i nani che si aggiravano senza meta in preda al delirio.
“A meno che qualcuno l’abbia spostato!”, esclamò all’improvviso Dwalin. “Non è nemmeno qui!”, affermò con ansia Ori. Evelyn si alzò e cercò di spronare i ragazzi, “Forza! Non disperatevi! Lo ritroveremo il sentiero. Appena avrò recuperato le forze userò la magia per trovare la strada”, disse con convinzione. “E intanto cosa facciamo?”, domandò Kili con apprensione. “Intanto continuiamo a cercare. Magari saremo fortunati da trovare il sentiero senza dover ricorrere alla magia”, replicò pacatamente Evelyn per tranquillizzare i nani.
Si rimisero in marcia; camminarono e camminarono, ma del sentiero non c’era nessuna traccia. Ad un certo punto, Ori si fermò e raccolse un oggetto da terra. “Guardate!”, esclamò il nano stupito. Suo fratello Dori prese l’oggetto ed osservandolo affermò anche lui sorpreso, “Un porta tabacco! Ci sono nani in questi boschi”. Bofur si avvicinò, prese il porta tabacco dalle mani di Dori, lo guardò ed asserì meravigliato, “Nani delle Montagne Blu! Niente di meno! Questo è esattamente come il mio!”. “Perché è il tuo! Lo capisci?! Stiamo girando in tondo! Ci siamo persi!”, dichiarò con severità Bilbo. “Non ci siamo persi! Ci dirigiamo ad est!”, questionò con fermezza Thorin. “Ma da quale parte è l’est?”, domandò Gloin inquieto. “Andiamo verso il sole!”, disse Oin spossato. I nani si misero a confabulare tra di loro mentre Bilbo ed Evelyn guardarono entrambi verso l’alto e mormorarono, “Il sole!”. I due si guardarono e lo hobbit asserì, “Dobbiamo trovare il sole!”. Evelyn annuì abbozzando un sorriso. Bilbo rifletté un attimo e poi affermò indicando in alto, “Lassù! Dobbiamo oltrepassare…”. Lo hobbit non riuscì a finire la frase che i nani si misero a litigare e i due li osservarono sconsolati. Evelyn sospirò rassegnata, poi guardò Bilbo e gli chiese, “Pensi di farcela ad arrivare in cima a questi alberi?”. Lo hobbit replicò annuendo, “Credo di sì! Almeno ci posso provare!”. “Bene! Allora vai! Qui ci penso io!”, affermò Evelyn con sicurezza.
Bilbo cominciò la sua arrampicata su un albero mentre Evelyn lo osservò per un po’ per accertarsi che non avesse problemi. Una volta assicuratasi che lo hobbit non avrebbe avuto difficoltà ad arrivare in cima, si rivolse verso i nani e stava per richiamarli all’ordine quando avvertì una sensazione di pericolo.
“Ora basta! Silenzio! Dico a tutti!”, urlò all’improvviso Thorin. Tutti si zittirono e fissarono il loro re che mormorò con aria cupa, “Siamo osservati!”. I nani si guardarono tra di loro con preoccupazione e dopo controllarono intorno a sé nel tentativo di scovare chi li stava osservando; intanto Evelyn si concentrò per individuare il punto dal quale proveniva la minaccia.
Ad un tratto percepì una massa di energia negativa localizzata in una zona ombrosa; fissò in quella direzione e intravide qualcosa muoversi tra gli alberi. I nani allarmati dal rumore si voltarono verso l’area dal quale proveniva. Evelyn, senza aver realizzato chi o cosa fosse, non perse comunque tempo e recitò la formula, “Everte statim!”, e fu così che un enorme ragno venne scaraventato via.
Evelyn e Thorin si guardarono con inquietudine. Non ebbero il tempo di realizzare chi fosse il loro nemico, che un orda di ragni giganti si precipitò verso la compagnia. “Ah…ehm…Evelyyyyn! Vero che puoi fare qualcosa con la magia?!”, dichiarò Gloin visibilmente spaventato.
Senza dire niente, Evelyn si fece avanti, protese le braccia, si concentrò e creò una barriera invisibile contro la quale andarono a sbattere i ragni che accorrevano. I ragni, però, continuavano ad arrivare numerosi, perciò Evelyn si voltò verso i nani e intimò loro, “Andate! Li terrò a bada io!”. “No! Non ce ne andiamo senza di te!”, protestò Thorin con tono angustiato. “Vi raggiungerò! Voglio aspettare Bilbo. E’ salito in cima all’albero per poter vedere la strada da percorrere”, disse Evelyn con fermezza. Thorin la fissò con apprensione ed esitò ad andare. “Per favore, vai!”, esclamò Evelyn con tono risoluto. Allora il re dei nani, seppur tentennante nella sua decisione, si rivolse al gruppo e ordinò, “Andiamo!”. Così dicendo si incamminò seguito dai suoi compagni, ma Fili titubò e rimase a fissare Evelyn che, resasi conto, si voltò verso il nano e asserì con decisione , “Fili! Cosa fai? Vai! Non ti preoccupare, me la caverò!”. Fili, a malincuore, raggiunse il gruppo che pian piano sparì dalla vista di Evelyn.
A quel punto, Evelyn guardò verso i ragni che seguitavano ad arrivare in gran numero. Poi fissò in alto ed esclamò impaziente, “Forza Bilbo! Non metterci troppo tempo!”. Evelyn continuò a controllare tra gli alberi nella speranza di vedere scendere presto lo hobbit. Dopo un po’ rivolse di nuovo l’attenzione verso i ragni che sembravano essere diminuiti di quantità. Ad un tratto, sentì in lontananza i nani urlare e alcuni di loro la chiamarono a gran voce.
Evelyn si voltò verso la direzione nella quale erano andati i nani e poi guardò in alto. “E adesso che faccio? Bilbo non è ancora arrivato!”, dichiarò con ansia. Mentre rifletteva per prendere una decisione udì il suo nome urlato da Thorin. Thorin! Non posso permettere che gli accada qualcosa!, pensò Evelyn in preda all’agitazione. A quel punto, non ebbe neanche un momento di esitazione; fece svanire la barriera e velocemente pronunciò la formula, “Everte statim!”, e quei pochi ragni che ancora giungevano furono scaraventati via. Dopodiché, si mise a correre per raggiungere il più in fretta possibile i nani. Quando arrivò nel punto in cui si trovavano, li vide intenti a combattere contro un’orda di ragni; si guardò intorno e all’improvviso notò che Thorin stava per essere sopraffatto da un ragno. Allora prese l’arco e scoccò una freccia che colpì ad un fianco la bestia; a quel punto il re dei nani finì il lavoro infilzando il ragno con la spada. Poi si voltò verso Evelyn e vide che un ragno stava andando verso di lei. “Eve, attenta!”, gridò per metterla in guardia. Evelyn si girò di scatto e fece appena in tempo ad utilizzare l’incantesimo del dolore; il ragno era a pochi passi da Evelyn, quando si accasciò al suolo dolorante. Quindi Evelyn scoccò una freccia centrando il ragno dritto in testa.   
Una volta soccorso Thorin, Evelyn ripensò a lo hobbit che era rimasto indietro da solo, probabilmente in balia dei ragni, Bilbo! Sarà meglio che torni da lui! Ma prima di andare a recuperare Bilbo, cercò di aiutare i nani in difficoltà nel tenere a bada quelle bestie utilizzando ancora l’incantesimo di dispersione, “Everte statim!”, e i ragni volarono via lontano dando un attimo di tregua al gruppo.
Evelyn fece per andare verso il punto dal quale Bilbo si era arrampicato sull’albero, quando Thorin la fermò prendendola per un braccio. “Dove stai andando?”, le domandò con apprensione. “Bilbo è rimasto indietro! Non ti preoccupare, vado a prenderlo e torno!”, rispose Evelyn con tono quieto per rassicurare il re dei nani. Evelyn si incamminò per raggiungere lo hobbit, nonostante l’esitazione di Thorin a lasciarla andare.
Tornata nel punto dove si trovava precedentemente, Evelyn guardò prima in alto e poi attorno a sé nella speranza di avvistare lo hobbit, ma di lui nessuna traccia. Allora incominciò a vagare per cercarlo e ogni tanto chiamava il suo nome a gran voce, però così facendo, attirò l’attenzione di alcuni ragni che la attaccarono costringendola a dover ricorrere ancora all’incantesimo di dispersione, oltre che alle sue armi.
All’improvviso sentì un tonfo, allora si diresse verso il punto dal quale provenne il rumore pensando che si trattasse de lo hobbit, invece trovò altri ragni contro i quali adoperò nuovamente la magia per potersene sbarazzare il prima possibile. Proseguì nella ricerca di Bilbo quando, ad un certo punto, davanti a lei cadde un ragno; si mise in difesa, ma si rese subito conto che era morto. Quindi guardò in alto e pensò dubbiosa, Sarà stato Bilbo?! “Bilboooo!”, urlò Evelyn. “Sono quassù!”, gridò lo hobbit. Ma non fece in tempo a rispondere che fu aggredito da un ragno e si mise ad urlare mettendo in allarme Evelyn che cercò di correre in suo aiuto; tuttavia, nella concitazione, lo perse di vista. Mentre si mise di nuovo a cercare Bilbo, sentì le grida di combattimento dei nani. Altri ragni?! Devo andare ad aiutarli!, pensò Evelyn in ansia.
Ad un tratto sentì Thorin gridare, “Dai, non vi fermate! Controllate!”. Evelyn guardò con preoccupazione nella direzione dalla quale provenne la voce del re dei nani e poi si voltò in avanti scrutando la zona per individuare lo hobbit e chiamandolo. “Sono…sono qui! Sto bene!”, replicò Bilbo con affanno. Evelyn finalmente lo trovò e tirò un sospiro di sollievo. Poi disse con sollecitudine, “Andiamo! Gli altri sono in difficoltà!”. Non appena finì la frase, si mise a correre per raggiungere i nani senza accertarsi che lo hobbit la seguisse.
Ad un certo punto, Evelyn sentì delle urla e riconobbe la voce di Kili; allora si precipitò da lui, ma quando giunse nel punto in cui si trovava, notò che qualcun altro era arrivato prima di lei: un elfo femmina dai lunghi capelli rossi.   
Il primo istinto di Evelyn fu di nascondersi in fretta dietro ad un albero dal quale sbirciò con cautela. L’elfo femmina era troppo impegnata a combattere contro i ragni che non si accorse della presenza della strega. Evelyn assistette alla scena e rimase sbalordita nel vedere con quale agilità l’elfo mise fuori gioco i ragni uno ad uno combinando l’utilizzo di due pugnali ed arco e frecce; poi osservò Kili che stava guardando l’elfo con lo stesso suo stupore. Mentre l’elfo neutralizzò altri ragni che sopraggiungevano, Kili ne vide uno dirigersi verso di lui. Quindi intimò all’elfo con premura, “Lanciami un pugnale! Presto!”. “Se pensi che ti dia un’arma, nano, ti sbagli di grosso!”, replicò l’elfo con severità e disprezzo intanto che era intenta a scontrarsi con una di quelle enormi bestie. Appena finì di parlare, si girò con uno scattò veloce e lanciò il pugnale dritto nella testa del ragno che stava per attaccare Kili il quale fissò sconcertato l’elfo che, invece, aveva un’aria soddisfatta.
Dal modo in cui l’elfo aveva risposto al nano, Evelyn capì che non era una persona su cui poter fare affidamento per un aiuto. Perché è andata in soccorso di Kili?!, si chiese perplessa. Fu allora che le vennero in mente le parole di Beorn, Gli Elfi Silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti. Sono meno saggi e più pericolosi! Poi pensò, Non so per quale motivo questo elfo abbia aiutato Kili, ma ho come l’impressione che sia meglio non farmi vedere! Rifletté un attimo ed ebbe un idea, L’incantesimo di occultamento! E immediatamente mormorò, “Phasmatos occulto!”.
Protetta dall’incantesimo, Evelyn fece qualche passo in avanti e vide una scena che la lasciò sbigottita. Kili stava avanzando verso l’elfo femmina sorridendo e con un’espressione maliziosa disegnata sul volto; si avvicinò a lei fissandola negli occhi e quando le fu davanti, a pochi centimetri di distanza, poggiò una mano sul fianco dell’elfo e con l’altra cercò di prenderle l’arco. L’elfo femmina, però, si accorse del tentativo del nano di afferrare l’arco, si allontanò guardandolo con aria severa e lo rimproverò, “Cosa credevi di fare?!”. Kili abbozzò un sorriso e replicò con sfrontatezza, “Dai, non prendertela! Stavo scherzando! Volevo solo divertirmi un po’!”. L’elfo femmina guardò il nano con aria indispettita e lo prese per un braccio strattonandolo per farlo camminare mentre Evelyn scosse la testa in segno di rassegnazione.
Kili e l’elfo si incamminarono ed Evelyn li seguì con cautela. Giunsero in una radura dove si trovavano i nani circondati da un gruppo di elfi che li stavano perquisendo; Evelyn rimase un po’ distante, ma comunque abbastanza vicina da poter seguire bene tutta la scena. Vide che l’elfo intento a perquisire Fili ebbe qualche difficoltà poiché il nano aveva armi nascoste dappertutto; questa situazione divertì Evelyn a tal punto che le sue labbra si aprirono in ampio sorriso e pensò divertita, Fili non si smentisce mai!
Poi notò che un elfo dai lunghi capelli biondo chiaro, quasi tendente al bianco, stava perquisendo Gloin dalla cui tasca prese un portafoto. “Ehi, ridammelo! E’ una cosa privata!”, protestò il nano. L’elfo guardò con aria seria la foto contenuta all’interno e domandò sarcasticamente, “Chi è questo, tuo fratello?”. “Quella è mia moglie!”, esclamò Gloin con fermezza. “E cos’è quest’orrida creatura? Un orco mutante?!”, dichiarò l’elfo con disgusto. “Quello è il mio piccolino, Gimli!”, replicò il nano con decisione. L’elfo fissò Gloin con freddezza sospirando mentre Evelyn pensò sdegnata, Ma che insolente!
Ad un certo punto l’elfo biondo andò incontro all’elfo femmina dicendo, “Gyrth in yngyl bain?”*. L’elfo femmina replicò, “Ennorner gwanod in yngyl nan yrn”**. L’elfo la guardò perplesso. Poi l’elfo femmina proseguì, “Egain nar”***.
Ad un tratto un elfo chiamò l’elfo biondo, “Legolas!”. Ah! Così Legolas è il suo nome?!, esclamò tra sé Evelyn. Legolas si avvicinò all’elfo che gli porse Orcrist, la spada di Thorin; la prese in mano e la fissò stupefatto. La osservò attentamente asserendo con fierezza, “Echannen i vegil hen vin Gondolin. Magannen nan Gelydh”****. Thorin guardò Legolas con sospetto, mentre l’elfo rivolse al re dei nani uno sguardo irato domandandogli, “Dove l’hai presa questa?”. “Quella mi è stata data!”, rispose Thorin con severità. Legolas fissò il re dei nani con serietà e replicò severamente puntandogli la spada contro, “Non solo un ladro, ma anche un bugiardo!”. Evelyn, a quelle parole, pensò indignata, Ma come si permette? Thorin ha detto la verità…la spada non l’ha rubata! Dopodiché Legolas intimò a gran voce, “Enwenno hain!”. Fu così che gli elfi intimarono ai nani di muoversi facendoli avanzare.
Evelyn decise di seguirli per vedere dove avrebbero portato i suoi amici in modo da poterli aiutare. Si avvicinò un po’ di più al gruppo, cosa che le permise di sentire Bofur rivolgersi a Thorin mormorando con apprensione, “Thorin! Dove sono Bilbo ed Evelyn?”. A quell’affermazione Thorin si guardò intorno preoccupato. Evelyn guardò il re dei nani abbozzando un sorriso e pensò pacatamente, Stai tranquillo! Sono qui e sto bene! Poi rifletté un momento ed esclamò, Già, ma  Bilbo!? Allora osservò attorno a sé con ansia ed asserì, Pensavo mi avesse seguita!
Si voltò verso il gruppo che si stava allontanando e in preda al panico pensò, E adesso che faccio? Se non li seguo non saprò dove li stanno portando, a meno che uso la magia, ma non posso sprecare ulteriore energia! Dopo un attimo di esitazione, Evelyn prese una decisione, Oh, va bene! Tornerò dopo a cercare Bilbo! E’ un tipo in gamba! Sono sicura che se la sarà cavata! Si sarà nascosto per non farsi trovare dagli elfi!, disse tra sé con sicurezza.
Evelyn si incamminò per raggiungere il gruppo e, dopo qualche minuto che procedevano, arrivarono nei pressi di un ponte che sovrastava un fiume dal corso impetuoso, intervallato da una serie di cascate. Evelyn guardò il fiume con inquietudine e pensò, Questo è il fiume del mio sogno nel quale cadevo dentro e dove c’erano anche tutti gli altri! Gli elfi e i nani seguitarono attraversando il ponte e giunsero ad un porticato d’ingresso contornato da colonne che sembravano tronchi d’albero con rami e radici; sotto al colonnato c’era un alto portone che venne aperto. Gli elfi fecero entrare uno ad uno i nani e rimase per ultimo a chiudere la fila Legolas. “Holo in ennun!”*****, esclamò l’elfo avanzando lentamente. Ma ad un certo punto, si fermò e si voltò per guardare dietro di sé; Evelyn si arrestò immediatamente preoccupata che Legolas avesse percepito la sua presenza. Tuttavia la preoccupazione di essere scoperta svanì non appena percepì nelle vicinanze un’energia oscura; si guardò attorno, ma non vide niente che potesse essere ricondotto a quel tipo di energia.
Nel frattempo, Legolas si era incamminato e stava attraversando il portone, e quando Evelyn se ne accorse, accelerò il passo riuscendo ad entrare appena in tempo prima che due guardie chiudessero l’uscio.
 
 
 
 
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*I ragni sono morti?
**Sì, ma ne arriveranno altri.
***Diventano più audaci.
****Questa è un’antica lama elfica. Forgiata dalla mia gente.
*****Chiudete le porte.
     
 
          
              

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: il Reame Boscoso ***


Capitolo 16: il Reame Boscoso
 
Evelyn si voltò a guardare il portone chiuso alle sue spalle e pensò, Adesso non si torna indietro! Cautamente riprese a seguire il gruppo che si inoltrò in un regno semisotterraneo attraversando una serie di ponti e scale sia in pietra sia in legno, ricavati dalle enormi radici degli alberi e dalla struttura rocciosa dell’antro, che collegavano i vari livelli del reame. Le ampie volte erano sorrette da una serie di colonne, con la forma simile a quella degli alberi, ed archi e la luce filtrava da alcune aperture nelle pareti dalle quali, in alcuni punti, scorrevano delle piccole cascate; invece, al di sotto dei vari ponti, fluiva un ruscello.
Arrivarono nella sala del trono dove ad attenderli vi era il re seduto sullo scranno situato in posizione rialzata; Evelyn osservò il trono e notò che si trattava in pratica di un albero incavato. Il re degli Elfi Silvani indossava una lunga tunica color argento e reggeva in mano uno scettro di quercia intagliato. Aveva i capelli lunghi e dello stesso colore di quelli di Legolas con il quale Evelyn notò una somiglianza; sul capo indossava una corona di bacche e foglie rosse.
Giunsero al cospetto del re che si degnò a mala pena di guardarli girando lievemente la testa verso di loro. “Bene! Chi si rivede?! Thorin!”, esclamò con impassibilità. E io che mi lamento dell’atteggiamento presuntuoso di Thorin! Il re degli Elfi Silvani non è da meno!, pensò Evelyn infastidita.
Poi l’elfo posò il suo sguardo su Thorin e lo fissò con severità quando, all’improvviso, ordinò alle sue guardie di portare i nani nelle celle, tranne il loro re. I nani cercarono di ribellarsi mentre Thorin guardò i suoi amici con apprensione. Adesso che faccio? Seguo gli altri o sto qui a vedere cosa vuole il re degli elfi da Thorin?, rifletté Evelyn osservando prima Thorin e poi il gruppo che si allontanava. Ci pensò un attimo e dopodiché dichiarò, Oh, sono troppo curiosa! Scoprirò dopo dove stanno portando gli altri!
Quatta quatta Evelyn si andò a posizionare ai piedi della scalinata che conduceva al trono, sul lato destro, vicino al muretto che delimitava l’area della sala. Il re si alzò e posò lo scettro; assunse una postura altezzosa incrociando le braccia dietro la schiena, scese le scale e avanzò con passo lento verso Thorin. Poi gli passò oltre guardandolo con la coda dell’occhio.
“Qualcuno immaginerebbe che una nobile impresa sia imminente. Un’impresa per riavere una terra natia”, esordì il re degli elfi mantenendo sempre un atteggiamento distaccato. “E annientare un drago”, terminò voltandosi verso Thorin. Il re dei nani rimase calmo e non manifestò alcuna emozione. “Personalmente, sospetto un motivo molto più prosaico…tentativo di furto!”, asserì il re degli elfi avanzando nuovamente verso Thorin. “O qualcosa di quel genere”, affermò poi fermandosi a lato del re dei nani e fissandolo. Ma è un vizio quello di dare del ladro a Thorin?!, pensò Evelyn sdegnata.
“Hai trovato una via per entrare?!”, continuò il re degli elfi facendo un passo davanti al nano e chinandosi per poterlo guardare dritto negli occhi. “Cerchi quello che farebbe convergere sopra di te il diritto di regnare. Il gioiello del re…l’Arkengemma!”, dichiarò portandosi in posizione eretta e indietreggiando, senza mai distogliere lo sguardo da Thorin, fino a giungere in prossimità delle scale. L’Arkengemma?! E cosa sarebbe?, pensò Evelyn incuriosita. Il nano, a quelle parole, abbasso gli occhi e assunse un’espressione malinconica. Poi alzò nuovamente lo sguardo verso il re degli elfi che proseguì abbozzando un sorriso beffardo, “E’ prezioso per te oltre ogni misura…lo capisco questo!”. L’espressione del re cambiò da derisoria a severa. “Ci sono gemme nella montagna che anche io desidero…gemme bianche di pura luce stellare”, affermò con tono quieto. Thorin guardò il re con perplessità. “Io ti offro il mio aiuto!”, asserì il re degli elfi chinando la testa. Dopo alzò gli occhi sul nano e attese una sua risposta. Il re dei nani abbozzò un sorriso e replicò pacatamente, “Ti ascolto!”. “Ti lascerò andare solamente se restituisci quello che è mio!”, dichiarò il re degli elfi con fermezza.
Thorin si voltò dando le spalle al re e fece qualche passo in avanti mentre esclamò, “Favore per favore!” “Hai la mia parola, da un re a un altro”, affermò il re degli elfi. Thorin si fermò e iniziò a parlare per rispondere alla proposta del re, “Io non mi fiderei che Thranduil…”. Poi continuò alzando il tono della voce, “…il grande re onori la sua parola dovesse la fine dei giorni incombere su di noi!”. Si voltò di scatto e indicando il re degli elfi sbottò, “Tu?!”. Il volto di Thranduil assunse un’aria sempre più rigorosa e irata. “Sei privo di ogni onore!”, gridò Thorin battendosi un pugno sul petto. “Ho visto come tratti i tuoi amici”, questionò il re dei nani avanzando verso il re degli elfi che lo guardò con sbigottimento. “Siamo venuti da te una volta affamati, senza dimora, a cercare il tuo aiuto, ma tu ci hai voltato le spalle. Tu, ti sei allontanato dalla sofferenza del mio popolo e dall’inferno che ci ha distrutti. Imrid amrad ursul!”, sbraitò Thorin. Evelyn non capì le ultime parole di Thorin pronunciate in Khuzdul, la lingua dei nani, ma intuì che Thranduil le comprese poiché nel sentirle fece uno scatto in avanti, si chinò verso Thorin e trovandosi faccia a faccia con lui, che aveva un’espressione impassibile, rispose con collera, “Tu non parlarmi del fuoco del drago! Conosco la sua rabbia e la sua rovina”. Una smorfia di dolore si disegno sul volto del re degli elfi e poco a poco sulla sua guancia sinistra comparve un’estesa e profonda cicatrice. Evelyn rimase stupita e asserì, Una cicatrice camuffata con l’ausilio della magia!
Intanto Thranduil, mentre mostrava la sua cicatrice, replicò con risolutezza, “Io ho affrontato i grandi serpenti del nord!”. Poi indietreggiò rapidamente facendo scomparire lo sfregio sul suo volto. Thorin non fu minimamente turbato da tutto ciò e fissò il re degli elfi con indifferenza. “Misi in guardia tuo nonno su ciò che la sua avidità avrebbe raccolto, ma lui non mi ascoltò”, affermò Thranduil con calma. Si voltò, salì le scale dirigendosi verso il trono e intanto sentenziò, “Tu sei proprio come lui!”. Dopodiché fece un cenno con la mano e due guardie presero Thorin per le braccia. “Resta qui se vuoi e marcisci!”, esclamò il re degli elfi. Mentre le guardie portavano via il re dei nani che si dimenava, il re degli elfi dichiarò, “Cento anni sono un mero battito di palpebre nella vita di un elfo. Io sono paziente, posso attendere!”

Evelyn, ancora attonita per ciò che era stato detto ed era accaduto, si affrettò a seguire le guardie e Thorin; percorsero nuovamente ponti e scalinate scendendo nei livelli inferiori della città. Arrivati nella zona delle prigioni, le guardie che scortavano Thorin si avvicinarono ad una cella e lo spinsero dentro con decisione, nonostante il tentativo di ribellione da parte del re dei nani. L’elfo addetto alla custodia delle chiavi delle prigioni chiuse la porta e dopodiché se ne andò insieme alle due guardie.
Balin, che si trovava in una cella poco più in là, si fece in avanti verso l’inferriata e domandò a Thorin con apprensione, “Ti ha offerto un accordo?”. Anche il re dei nani avanzò verso la grata e rispose, “Lo ha fatto!”. Fece una pausa e poi continuò dicendo con tono deciso e carico d’ira, “Gli ho detto che poteva andare ish kakhfê ai’d duř cnü…”. Un’espressione di rassegnazione e amarezza si disegnò sul volto di Balin mentre Thorin terminò la frase gridando, “…lui e tutta la sua stirpe!”.
Le parole del nano riecheggiarono tra le immense volte del Reame Boscoso coprendo lo scroscio della piccola cascata che scendeva giù dalla parete. Evelyn abbozzò un sorriso e pensò sarcasticamente, Non conosco il Khudzul, ma ho come l’impressione che non era un complimento ciò che ha appena detto Thorin! Nel frattempo, Balin replicò ironicamente, “Bene, allora è fatta!”. Poi sospirò e asserì mestamente, “Un accordo era la nostra sola speranza”. Si voltò e andò a sedersi mentre Thorin si avvicinò alla porta e guardando verso l’alto esclamò con sicurezza, “Non la nostra sola speranza!”.
Evelyn capì che il re dei nani si stava riferendo a lei e a Bilbo; la rallegrò constatare che Thorin riponeva un’enorme fiducia in lei e nel mezz’uomo. Già! Bilbo non saprei, ma io di sicuro sono la loro speranza per poter uscire da qui!, pensò pacatamente. Poi si guardò intorno e notò che nei pressi delle prigioni non c’era nessuna guardia a sorvegliare. Questi elfi sono proprio sicuri di sé se si fidano a lasciare incustoditi i prigionieri! Beh, peggio per loro!, esclamò beffardamente. Bene! Ora, aprire le celle non sarà un problema con la magia, però devo trovare un modo per farli uscire da questo posto!, rifletté. Cercò di ragionare per trovare una soluzione, Potrei farli uscire dall’ingresso principale, ma questo vorrebbe dire ritrovarci ancora in quella lugubre foresta col rischio di perderci di nuovo e farci ritrovare e catturare dagli elfi che sanno come muoversi in quel bosco! No, devo trovare un’altra uscita! Si mise a pensare e le venne in mente un’idea, Il fiume! Seguendo il suo corso dovremmo riuscire ad uscire dalla foresta senza problemi! Il suo entusiasmo, tuttavia, si affievolì quando considerò un particolare, Però devo comunque trovare un’altra uscita per poterlo raggiungere! Rifletté ancora un momento e capì come risolvere il problema, Il ruscello! Con molta probabilità condurrà al fiume!

Detto ciò, Evelyn si allontanò dalle prigioni dirigendosi verso la zona dove scorreva il rivolo e da lì iniziò a scendere nei livelli inferiori per raggiungerlo, ma dopo un po’ sentì le forze abbandonarla ed ebbe un’emorragia nasale. Avanzò appoggiandosi alla parete finché trovò un luogo appartato dove sistemarsi; si sedette a terra e rilasciò l’incantesimo di occultamento. Respirò lentamente per cercare di riprendersi e pensò, Ho sostenuto troppo a lungo l’incantesimo!
Intanto che si riposava e si ripuliva dal sangue colato, Evelyn all’improvviso sentì un rumore e si trovò di fronte Bilbo che esclamò, “Eve! Che fai?”. Evelyn sussultò pensando che si trattasse di qualche elfo silvano, ma quando realizzò che era lo hobbit fece un sospiro di sollievo. “Oh, Bilbo! Mi hai spaventata!”, dichiarò Evelyn ancora un po’ agitata. “Scusa! Non era mia intenzione!”, replicò lo hobbit costernato. “Comunque, cosa stai facendo?”, chiese nuovamente Bilbo incuriosito. Evelyn sospirò e rispose con calma, “Mi stavo riposando! Ho usato troppa magia”. “Di nuovo!?”, dichiarò lo hobbit con apprensione. Evelyn annuì abbozzando un sorriso. Poi, dopo un primo istante, Evelyn guardò Bilbo con aria inquisitoria e affermò, “Ma come hai fatto ad entrare senza farti vedere? Ero convinta che tu fossi ancora nella foresta!”. Lo hobbit fece un sorriso malandrino e asserì, “Sono piccolo e ho il passo leggero!”. Evelyn fissò Bilbo poco convinta della sua risposta e pensò, Non me la racconta giusta! Lo hobbit capì che Evelyn non era persuasa della sua spiegazione, perciò cercò di cambiare discorso, “Dobbiamo aiutare i ragazzi!”, esclamò con decisione. “Lo so! Stavo infatti cercando un modo per portarli fuori di qui e dalla foresta. Ho pensato che potremmo seguire il corso del fiume, solo che dobbiamo trovare un’uscita che conduca ad esso”, dichiarò Evelyn con tono quieto. “Nessun problema! L’ho trovata io!”, disse lo hobbit con fierezza. “Davvero?!”, chiese Evelyn meravigliata, ma anche contenta. “Sì, nelle cantine!”, replicò Bilbo. “Perfetto…sei stato bravissimo!”, si complimentò Evelyn. “E ho preso queste!”, affermò lo hobbit con tono fiero mostrando le chiavi delle celle. Evelyn lo guardò compiaciuta e affermò sorridendo, “Beh, avrei potuto usare la magia per aprire le porte, ma va benissimo così!”. “Allora andiamo!”, esclamò Bilbo con determinazione. Evelyn annuì e si alzò aiutata da lo hobbit.
“Vediamo se riusciamo ad arrivare alle prigioni senza usare l’incantesimo di occultamento. Se poi sarà proprio necessario lo userò!”, propose Evelyn. “Sì, è meglio se non usi altra magia, così potrai recuperare le tue energie!”, dichiarò Bilbo. I due si incamminarono silenziosamente scrutando attentamente intorno a loro e dietro ogni angolo sperando che non ci fosse qualche guardia. Ad un certo punto, notando l’assenza di elfi nel loro percorso, Evelyn e Bilbo si guardarono sconcertati e lo hobbit disse, “Strano che non ci sia nessuno”. “Già, molto strano! Possibile che gli elfi silvani si sentano così sicuri da non lasciare nessuno di guardia?!”, replicò Evelyn perplessa. Mentre continuavano ad avanzare sentirono provenire dai piani alti un vociferare continuo e il suono di una musica, allora intuirono cosa stava accadendo. “Stanno dando una festa!”, affermò Evelyn con convinzione. Bilbo ed Evelyn si guardarono soddisfatti e lo hobbit asserì compiaciuto, “Beh, meglio così! Se sono impegnati a festeggiare, non si accorgeranno di noi”.
Alla fine, Bilbo ed Evelyn giunsero in prossimità delle prigioni; intanto che procedevano, ad un tratto Evelyn si accorse della presenza dell’elfo femmina dai capelli rossi che si trovava davanti alla cella di Kili. Evelyn si fermò subito, bloccò lo hobbit facendolo indietreggiare e si nascosero dietro un angolo coperto dai gradini delle scale. Evelyn indicò a Bilbo l’elfo femmina e lo hobbit annuì in segno di comprensione. “Aspettiamo che se ne vada!”, bisbigliò Evelyn. “Va bene! Ma cosa sta facendo lì?”, asserì Bilbo dubbioso. “Non saprei!”, replicò Evelyn. Allora i due si misero a osservare la scena con cautela, facendo attenzione a non farsi scoprire, e notarono che Kili e l’elfo stavano chiacchierando. Non riuscirono a sentire cosa si stessero dicendo, ma Evelyn, ricordando ciò che era accaduto nella foresta tra il nano e l’elfo, intuì cosa stava avvenendo, “Non avrà mica intenzione di corteggiare il nemico?! Non mi sembra proprio la situazione adatta per un corteggiamento!”, mormorò sdegnata. Bilbo scosse il capo e guardò la scena rassegnato.
Ad un certo punto, il mezz’uomo si accorse che poco più in là, al livello superiore, c’era anche Legolas che stava osservando Kili e l’elfo. Toccò la spalla di Evelyn che diede la sua attenzione a lo hobbit il quale indicò verso il punto dove si trovava l’elfo biondo. “Ci mancava solo questa!”, si lamentò Evelyn a bassa voce. Bilbo le fece segno di fare silenzio e tutti e due non dissero più una parola.
Legolas se ne andò dopo qualche minuto, mentre per l’elfo dai capelli rossi lo hobbit ed Evelyn dovettero attendere un’ora. “Oh, finalmente!”, protestò Evelyn contrariata quando l’elfo si allontanò. Bilbo ed Evelyn fecero per incamminarsi verso le celle quando sentirono un rumore di passi e delle voci che si approssimavano sempre più; i due capirono che, chiunque fosse, stava andando nella loro direzione. Dopo un primo momento di panico, Evelyn afferrò lo hobbit per un braccio, lo avvicinò a sé e recitò la formula, “Phasmatos occulto!”. Non appena ebbe finito di recitare l’incantesimo, da dietro l’angolo comparvero due guardie; Bilbo ed Evelyn indietreggiarono verso il muro lasciando che le guardie passassero oltre. Ma non erano tutti a festeggiare?!, pensò Evelyn stizzita. I due attesero che le guardie si allontanassero e, dopodiché, si avviarono sempre protetti dall’incantesimo di occultamento.
Si avvicinarono pian piano alle prigioni e, quando giunsero a destinazione, Evelyn rilasciò l’incantesimo. All’improvviso sentirono Bofur dichiarare rassegnato, “Scommetto che il sole sta sorgendo. Deve essere quasi l’alba”. “Non raggiungeremo mai la montagna, non è vero?!”, replicò Ori sconfortato. Fili sospirò senza dire niente, ma sul suo volto si leggeva l’afflizione che provava.
A quel punto, Bilbo si affacciò alla porta della cella dove si trovava Thorin ed esclamò sorridente, “Non chiusi qui dentro di certo!”, e sollevò le chiavi delle celle mostrandole orgogliosamente. In seguito si fece avanti anche Evelyn. I nani quando li videro assunsero un’espressione sorpresa e corsero verso l’inferriata. “Bilbo! Evelyn!”, esclamò Balin urlando di gioia. Dopodiché tutti i nani si misero ad esultare. Lo hobbit si apprestò ad aprire la cella di Thorin, ma sentendo tutto quel fracasso intimò loro di fare silenzio, “Ssshhh! Ci sono guardie nelle vicinanze!”. Bilbo liberò il re dei nani che si precipitò da Evelyn e le afferrò le mani. “Eve! Stai bene?”, chiese Thorin preoccupato. “Certo! Te l’avevo detto che me la sarei cavata!”, rispose Evelyn sorridendo. Il nano non smetteva di fissare la ragazza ammaliato, perciò Evelyn lo riscosse dal suo stato sognante dichiarando con risolutezza, “Ma adesso non perdiamo tempo! Dobbiamo liberare gli altri!”.
Bilbo stava liberando Balin quando arrivò Evelyn a dare una mano ad aprire le celle utilizzando la magia. “Alohomora!”, recitò la formula magica ed aprì la cella di Dwalin, Ori e Dori mentre il mezz’uomo liberò tutti gli altri. Una volta liberati tutti, Bilbo fece strada e condusse il gruppo nei livelli inferiori del regno fino ad arrivare nella cantina. La compagnia camminò con passo felpato per non svegliare i due custodi che dormivano. Si fermarono un attimo per accertarsi che gli elfi non si fossero svegliati e poi Bilbo intimò facendo segno con la mano, “Da questa parte!”. I nani avanzarono mentre lo hobbit esclamò, “Venite!”. I nani si guardarono attorno e mormorarono tra di loro. All’improvviso Kili questionò, “Non ci credo! Siamo nelle cantine!”. Bofur si aggiunse alla protesta, “Dovevi portarci fuori, non ancora più all’interno!”. “So quello che faccio!”, rispose Bilbo con fermezza alzando lievemente il tono della voce. Allora Bofur replicò intimandogli il silenzio, “Sshh!”.
“Di qua, di qua!”, disse lo hobbit indicando la direzione. Ad un certo punto, Bilbo si fermò e fece passare avanti tutto il gruppo che si ritrovò in una stanza dove vi erano delle botti accatastate. Ad un tratto si sentirono delle voci provenire dai livelli superiori, allora Bilbo dichiarò con decisione, “Entrate tutti nei barili! Presto!”. Dwalin andò verso lo hobbit e sentenziò, “Sei impazzito! Ci troveranno”. “No, no, non è così! Te l’assicuro!”, asserì il mezz’uomo con sicurezza. Poi, rivolgendosi alla compagnia, affermò fervidamente, “Vi prego, vi prego! Dovete fidarvi di me!”.
I nani si guardarono tra di loro perplessi e si misero a bisbigliare per decidere cosa fare. Quindi Bilbo osservò con apprensione Thorin il quale rivolgendosi ai suoi compagni intimò, “Fate come dice!”. I nani obbedirono al loro re ed uno ad uno entrarono nei barili. Thorin ed Evelyn avanzarono per andare a prendere posto in una delle botti, quando lo hobbit disse, “Ah, Eve! Non ci sono barili per tutti, perciò dovrai dividerlo con qualcuno!”. Evelyn guardò Bilbo contrariata mentre lo hobbit la fissò con aria dispiaciuta. A quel punto, Thorin andò verso di lei e le tese la mano; Evelyn esitò un attimo, ma alla fine porse la sua mano al re dei nani che sorrise soddisfatto.
Mentre Thorin ed Evelyn si dirigevano verso l’ultimo barile della fila in basso tenendosi per mano, gli altri li guardarono con un’espressione al tempo stesso sorpresa e maliziosa; l’unico contrariato del gruppo era Fili che li fissò con rancore e amarezza. Evelyn si accorse che l’attenzione era su di lei e Thorin e tale situazione le fece provare una forte sensazione di imbarazzo. Arrivati in fondo alla fila, Thorin entrò nella botte per primo e poi Evelyn aiutata dal nano. Lo spazio nel barile era sufficiente per una persona, ma per due, comprese le armi della ragazza, si riduceva al minimo; questo costrinse Evelyn e Thorin a dover stare a stretto contatto, condizione che le fece crescere il senso di imbarazzo. Erano talmente vicini che Evelyn poté sentire il battito del cuore del nano mentre i loro sguardi persistevano l’uno nell’altro.
Quell’intenso momento fu interrotto da Bofur che domandò, “Adesso che facciamo?”. Tutti quanti misero la testa fuori dai barili e guardarono Bilbo che si trovava vicino ad una leva. “Trattenete il fiato!”, replicò lo hobbit. “Trattengo il fiato!”, esclamò Dwalin mentre Bofur chiese perplesso, “Che vuoi dire?”. Thorin ed Evelyn si guardarono dubbiosi. Nel frattempo, il mezz’uomo spostò la leva e l’asse sul quale si trovavano le botti si inclinò facendo rotolare i barili; a quel punto tutti quanti ritrassero la testa all’interno delle botti.
Evelyn cercò di tenersi per evitare di essere sballottata; fu aiutata da Thorin che le cinse la vita con una mano, mentre con l’altra si reggeva al bordo del barile, e l’avvicinò a sé tenendola stretta. Una ad una le botti rotolarono giù finendo nel fiume; nell’impatto Evelyn e Thorin furono travolti da un’ondata d’acqua. Evelyn ebbe un attimo di smarrimento mentre il re dei nani diede una spinta al barile per farlo raddrizzare e si aggrappò ad una roccia per evitare che la botte scorresse via trascinata dalla corrente e così fecero tutti gli altri. Evelyn si tolse l’eccesso d’acqua dagli occhi e quando riuscì a vedere meglio notò che Thorin la stava guardando preoccupato. “Va tutto bene?”, le domandò con apprensione. “Ehm…sì…sì…almeno credo!”, rispose Evelyn titubante. Poi guardò in alto e dichiarò stupefatta, “Così è questa l’altra uscita che ha trovato Bilbo?!”. Dopo osservò Thorin che le sorrise e lei ricambiò.
Ad un certo punto, riflettendo, Evelyn constatò che mancava proprio il loro salvatore. “Già! Ma Bilbo?”, asserì preoccupata. Allora guardarono tutti verso l’alto sperando che, da un momento all’altro, lo hobbit li raggiungesse. Ad un tratto videro l’asse inclinarsi di nuovo e il mezz’uomo scivolare giù; quando atterrò in acqua nuotò per raggiungere il gruppo e si aggrappò al barile di Nori. Furono tutti sollevati nel vederlo e Thorin si complimentò con lui con soddisfazione, “Complimenti Mastro Baggins!”. Bilbo fece un cenno con la mano per ringraziare, non riuscendo a dire una sola parola a causa dell’affanno, e dopodiché il re dei nani intimò, “Su, forza, andiamo!”.
Tutti quanti lasciarono la presa dalle rocce permettendo così ai barili di essere trascinati dalla corrente; guidava il gruppo il re dei nani che si mise a remare con le mani per aumentare la velocità. Nel frattempo, gli elfi si erano accorti della fuga dei nani e correvano da ogni parte per cercare di raggiungerli.
Finalmente si incominciò ad intravedere la luce, segno che stavano per uscire dalla grotta, ma come furono fuori videro che il fiume si gettava in una cascata. A quel punto Thorin gridò, “Tenetevi foooooorte!”. Evelyn si aggrappò ai fianchi del nano e si premette sulla sua schiena. Le botti precipitarono giù e nell’impatto vennero tutti nuovamente inondati d’acqua; il corso del fiume divenne più impetuoso e a causa di ciò i barili aumentarono la velocità e furono sballottati qua e là. Tutti quanti cercarono di mantenere in equilibrio le botti per evitare che si rovesciassero. Thorin appoggiò la sua mano su quella di Evelyn, che era ancora aggrappata al suo fianco, e le disse, “Tieniti forte!”. Evelyn rispose alla sua richiesta aumentando la presa.
Ad un tratto si udì il suono di un corno. Immediatamente si voltarono tutti in avanti ed Evelyn alzò la testa per poter vedere cosa stava accadendo; si iniziò a scorgere un bastione sotto il quale vi era un cancello a grate. Uno degli elfi di vedetta si avvicinò ad una leva la quale, tutti quanti intuirono, serviva per chiudere il cancello. “No!”, urlò Evelyn che senza perdere tempo recitò la formula, “Everte statim!”, e l’elfo fu scagliato via finendo nel fiume. Un altro elfo sul livello superiore della cinta reagì subito lanciandosi giù nel livello inferiore e abbassando senza indugiò la leva. Evelyn ripeté l’incantesimo facendo finire l’elfo nel fiume, ma inutilmente poiché era comunque riuscito nel suo intento e il cancello si chiuse prima che la compagnia riuscisse a superare le mura. “Nooo!”, urlò Thorin mentre il barile terminò la sua corsa contro l’inferriata che si stava abbassando bloccando il passaggio. Una ad una le botti arrivarono contro il bastione dove si ammassarono senza via di fuga.
All’improvviso uno degli elfi cadde nel fiume e si sentì un ringhio. Bofur esclamò con ansia, “Attenti! Ci sono gli orchi!”. Un’orda di orchi si avventò sugli elfi di guardia alla muraglia per poi indirizzare la loro attenzione sui nani. Un orco si lanciò su Nori cercando di ucciderlo, ma Bilbo lo trafisse con la sua spada; un altro orco tentò di avvicinarsi, tuttavia Dwalin gli diede una gomitata facendolo cadere in acqua. Evelyn diede una mano con l’incantesimo del dolore mettendo così fuori gioco alcuni orchi i quali non riuscirono più a combattere a causa del dolore lancinante che provavano. I nani presero alcune armi degli orchi che erano caduti in acqua e le usarono a turno per difendersi.
Ad un certo punto, Kili uscì dal barile e salì sul bastione; lottò con alcuni orchi avvicinandosi sempre più alla leva per aprire il cancello, ma quando stava per raggiungerla, fu trafitto alla gamba destra da una freccia. “Kili!”, urlò disperato Fili. Kili cercò di abbassare la leva, ma le sue forze vennero a mancare a causa del dolore e si accasciò al suolo; Thorin lo guardò con apprensione mormorando il suo nome. Anche Evelyn rivolse la sua attenzione con preoccupazione verso Kili e vide che un orco stava per avvicinarsi a lui; Evelyn fu in procinto di usare la magia per aiutarlo, quando l’orco fu trafitto da una freccia. Evelyn si voltò verso il punto dal quale era arrivata la freccia e avvistò l’elfo femmina dai capelli rossi che si mise a lottare contro gli orchi con grande destrezza; dopo un po’ arrivò in suo aiuto anche Legolas il quale combatté con la stessa abilità.
Intanto Kili si fece forza, si sollevò e afferrò la leva tirandola giù; il cancello si aprì permettendo così alla compagnia di poter proseguire la loro corsa sul fiume. Superato il bastione dovettero affrontare un’altra cascata dopo la quale il corso del fiume divenne ancora più impetuoso. Gli orchi inseguirono i nani correndo lungo la riva e scagliando in continuazione frecce che andarono a colpire le botti; invece i nani dovettero destreggiarsi contemporaneamente nell’evitare che i barili si rovesciassero e nel difendersi dall’attacco degli orchi.
Ad un tratto, un orco si stava lanciando su di loro, ma Thorin lo colpì con la spada; allora Evelyn, vista la situazione, utilizzò ancora l’incantesimo del dolore per dare una mano. Nello stesso tempo, alcuni elfi si erano dati all’inseguimento degli orchi contribuendo a metterli in difficoltà e a sconfiggerli.
I barili continuarono la loro corsa trascinati violentemente dalla forte corrente che non dava tregua. All’improvviso, un orco che si trovava sopra un tronco disposto da una riva ad un’altra stava per attaccare Balin, ma Thorin lanciò la spada infilzandolo al tronco e passandoci sotto ne prese la spada. La lanciò a Dwalin che a sua volta la passò a Nori ed infine a Fili il quale la utilizzò per colpire un orco sulla riva che cercava di avvicinarsi.
Ad un certo punto, i nani stavano per arrivare in prossimità di un altro tronco disposto da una sponda ad un’altra sopra il quale vi era un gruppo di orchi che li attendeva; in quel momento, Evelyn si concentrò facendo defluire la sua energia la quale andò a colpire il tronco mandandolo in frantumi così che gli orchi caddero in acqua. Poi da un albero si lanciò un altro orco che stava per finire su Bombur, allora Dwalin gli passò un’ascia con la quale il nano si difese. Nella colluttazione, però, il suo barile rimase impigliato nella lancia dell’orco che fece leva catapultandolo sulla terra ferma; la botte rotolò andando a colpire uno ad uno gli orchi come fossero birilli. Nell’urto il barile in parte si ruppe permettendo a Bombur di tirare fuori braccia e gambe; con le armi che era riuscito a recuperare durante la corsa combatté facendosi scudo con quello che restava della botte.
Dopodiché, il nano si liberò del barile semi distrutto e si lanciò dentro ad un barile vuoto, che avrebbe dovuto essere di Bilbo, e fu aiutato da Dwalin e Nori a raddrizzarsi. Nel frattempo, Legolas e l’elfo femmina raggiunsero i nani; Legolas dalla sponda saltò sopra le teste dei nani, che non gradirono l’azione dell’elfo, e cominciò a scagliare frecce contro gli orchi che dalla riva cercavano di avvicinarsi. Poi, sempre saltando sulle teste dei nani, ritornò sulla sponda dove continuò a battagliare contro gli orchi. D’improvviso, un orco arrivò alle sue spalle e stava per colpirlo, quando Thorin lanciò la spada uccidendo l’orco e salvando Legolas che, nella concitazione della lotta, non si accorse di niente.                      
Finalmente, gli orchi furono in gran parte sconfitti e i nani furono fuori dai confini del Reame Boscoso oltre i quali gli elfi non li inseguirono. Comunque, alcuni orchi sopravvissuti allo scontro continuarono a dare la caccia ai nani correndo lungo le rive dalle quali, ad ogni modo, non riuscirono a raggiungerli.
 
A poco a poco la corrente del fiume si calmò e finalmente il corso divenne più tranquillo. Considerato il calmarsi della situazione, Evelyn non ritenne più opportuno doversi tenere a Thorin, così allontanò le mani dal nano; il re dei nani, sentendo venire meno la sua presa, andò a cercare la mano della ragazza. Evelyn lo guardò stupita ritraendo la mano e domandò, “Che fai?”. “Dovresti continuare a reggerti, non si sa mai!”, replicò il re dei nani. “Non credo che ce ne sarà bisogno!”, rispose Evelyn con fermezza. Thorin si girò, la fissò perplesso e poi chiese, “Non sarai ancora arrabbiata?”. “Beh, dammi un motivo per cui non dovrei esserlo!”, asserì severamente Evelyn guardandolo dritto negli occhi. Thorin sospirò e dichiarò mestamente, “Senti, scusami! Non era mia intenzione mancarti di rispetto. Non mi permetterei mai”. Evelyn abbandonò la sua espressione severa e assunse un’aria più pacata. “Solo che…l’idea che tu possa…essere di un altro…mi fa uscire fuori di testa”, affermò titubante il re dei nani. Evelyn abbozzò un sorriso e andò a cercare la mano di Thorin intrecciandola con la sua, gesto che fece comparire sul volto del nano un sorriso soddisfatto.
I nani si rilassarono per un po’ cullati dal dondolio delle botti, ma senza comunque abbassare la guardia. “Niente dietro di noi?”, chiese Thorin. “Niente che io veda!”, rispose Balin. “Mi sa che abbiamo staccato gli orchi!”, affermò Bofur. “Non per molto. Abbiamo perso la corrente”, dichiarò il re dei nani. “E Bombur è mezzo affogato!”, esclamò con apprensione Dwalin. “Raggiungiamo la sponda!”, intimò il re dei nani.
Si diressero tutti quanti verso la riva remando con le mani a fatica poiché stremati dalla sfrenata corsa nelle botti e dalla battaglia; uno ad uno i nani uscirono dai barili, non senza difficoltà. Thorin aiutò Evelyn ad uscire dalla botte e poi venne fuori lui; Dwalin aiutò Ori mentre Dori e Bofur aiutarono Bombur.
Kili si accasciò al suolo con un’espressione di dolore sul volto mentre cercava di tamponare la ferita provocatagli dalla freccia che l’aveva colpito alla gamba. Bofur lo osservò con preoccupazione, ma quando Kili se ne rese conto assunse un’aria impassibile asserendo con risolutezza, “Sto bene! Non è niente!”.
“In piedi!”, ordinò Thorin. “Kili è ferito! Bisogna fasciargli la gamba”, replicò Fili con apprensione nei confronti del fratello. “Abbiamo un branco di orchi alle calcagna. Continuiamo a muoverci!”, affermò il re. “Verso dove?”, domandò Balin con affanno. “La montagna! Ci siamo quasi!”, rispose Bilbo con convinzione. “Un lago si trova tra noi e quella montagna. Non c’è modo di attraversarlo”, asserì Balin. “Ci gireremo intorno!”, propose lo hobbit. “Gli orchi ci piomberanno addosso sicuro come la luce del sole! Non abbiamo armi per difenderci”, precisò Dwalin. “Io ho ancora le mie armi e poi posso contare sulla mia magia!”, dichiarò con decisione Evelyn. Thorin avanzò verso di lei e le disse con fermezza, “Le tue armi non bastano e se usi troppa magia ti indebolirai”. Poi il re guardò Kili e intimò, “Fasciategli la gamba, presto! Avete due minuti”. Fili si preoccupò di fasciare la gamba di suo fratello mentre gli altri si concessero qualche minuto di riposo.
Ad un tratto, mentre erano tutti impegnati a riprendere fiato, una figura apparve alle loro spalle; si trattava di un uomo che stava mirando con arco e freccia ad Ori intento a togliere l’acqua dai suoi stivali. Dwalin si mise di mezzo con in mano un bastone che l’uomo infilzò con la freccia; allora Kili prese una pietra per lanciarla contro l’uomo che con agilità scoccò subito un’altra freccia facendo cadere il sasso dalle mani del nano.
L’uomo prese velocemente un’altra freccia e minacciò i nani, “Fatelo di nuovo e siete morti!”. Allora Evelyn senza indugio recitò la formula, “Vatos expelliamus!”, e l’arco e la freccia volarono via dalle mani dell’uomo che rimase attonito. Poi fu la volta di Evelyn prendere il suo arco e freccia e minacciare l’uomo. “E chi vorresti uccidere senza un’arma?!”, esclamò con fierezza. L’uomo la guardò sbalordito e alzò le mani in segno di resa. L’uomo aveva un aspetto abbastanza giovane, con lunghi capelli castani mossi, occhi azzurri e un abbigliamento dal quale si intuiva che non si trattava di una persona benestante.
“Va bene, ma adesso calmati!”, disse l’uomo con calma avanzando verso Evelyn. “Guai a te se ti avvicini!”, asserì Evelyn con cattiveria. A quel punto l’uomo si fermò assumendo un’espressione inquieta. “Ah ah…brava Evelyn!”, dichiarò esultante Bofur e tutti i nani la guardarono con soddisfazione.
Intanto che Evelyn teneva a bada l’uomo, Balin fece qualche passo avanti, guardò alle spalle dell’uomo e gli domandò incuriosito, “Ehm…scusami, ma...sei di Pontelagolungo, se non vado errato? Quella…quella tua chiatta…ehm…non sarebbe possibile noleggiarla, per caso?” L’uomo fissò Balin perplesso e poi guardò Evelyn che lo stava ancora minacciando, allora il nano le intimò, “Evelyn! Abbassa l’arma!”. Evelyn esitò, perciò Balin, vedendo la sua esitazione, aggiunse, “Per favore!”. A quel punto Evelyn guardò il nano con la coda dell’occhio e poi abbassò l’arma.
Evelyn continuò a fissare l’uomo con aria di sfida, mentre lui la guardava con curiosità. Dopo l’uomo si avvicinò ai barili, si mise a raccoglierli e intanto rispose, “Sì, sono di Pontelagolungo”. Lo osservarono tutti in attesa che finisse di rispondere alla domanda di Balin. Quando terminò di prendere tutte le botti, l’uomo le iniziò a caricare sulla sua chiatta e, nel frattempo, chiese rivolgendosi a Balin, “Cosa ti fa pensare che vi aiuterò?”. “Quegli stivali hanno visto giorni migliori, come quel cappotto. Ah…e sospetto che tu abbia delle bocche da sfamare! Eh?! Quanti bambini?”, rispose il nano cordialmente. “Un maschio e due femmine”, replicò l’uomo mentre seguitava a caricare i barili. “E tua moglie immagino che sia una bellezza?!”, affermò Balin utilizzando sempre un tono cortese. “Sì, lo era!”, disse mestamente l’uomo voltandosi verso il nano con un’espressione malinconica.
Il sorriso dal volto di Balin sparì lasciando il posto ad un’aria dispiaciuta. “Mi dispiace! Non intendevo…”, cercò di scusarsi il nano. “Ah, avanti! Basta! Bando alle ciance!”, questionò Dwalin interrompendo il tentativo diplomatico di Balin di convincere l’uomo ad aiutarli. Anche Thorin aveva un’aria alquanto seccata da tutto quel tergiversare. Ah, sicuramente così lo convinciamo!, pensò rassegnata Evelyn. L’uomo guardò Dwalin con perplessità e domandò, “Perché tanta fretta?”. “Perché ti interessa?”, replicò il nano infastidito dalla curiosità dell’uomo che esclamò, “Oh, vorrei sapere chi siete! E che cosa ci fate in queste terre?”, intanto che proseguì a caricare i barili sulla chiatta. “Siamo dei semplici mercanti delle Montagne Blu in viaggio per vedere i nostri parenti sui Colli Ferrosi”, dichiarò Balin pacatamente cercando di essere convincente. “Semplici mercanti! Tu dici?”, rispose l’uomo poco convinto. Lo sforzo del nano fu poi vanificato da Thorin che si intromise nel discorso dicendo con risolutezza, “Ci occorrono cibo, provviste, armi. Puoi aiutarci?”. Ecco! Così sicuramente ci crederà che siamo dei mercanti!, pensò Evelyn ironicamente.
L’uomo osservò i nani sospirando e poi guardò le botti. “So da dove sono arrivati questi barili”, affermò con calma. “Perciò?”, chiese Thorin con tono pacato. “Non so che affari avevate con gli elfi, ma non credo sia finita bene”, dichiarò l’uomo con tono sarcastico abbozzando un sorriso. Thorin, di tutta risposta, lo fissò con un’aria severa. “Si entra a Pontelagolungo solo col permesso del Governatore. Tutte le sue ricchezze vengono dagli scambi col Reame Boscoso. Ti metterebbe ai ferri prima di rischiare l’ira di re Thranduil”, spiegò l’uomo mentre raccolse la cima e la lanciò a Balin.
A quel punto Evelyn, vista la diffidenza dell’uomo, decise di intervenire utilizzando la magia e si affidò all’incantesimo del dolore. L’uomo si accasciò al suolo in preda a forti dolori, mentre Evelyn avanzò verso di lui e poi, girandogli intorno, asserì pacatamente, “Ora ditemi, cosa ci impedisce di uccidervi e prenderci la chiatta?”. “No…vi prego! Ho…ho dei…figli!”, rispose tentennante l’uomo affaticato dai dolori che attanagliavano il suo corpo, “E…e poi…una volta…arrivati a…Pontelagolungo…verreste…subito scoperti”. “Io sono una strega! Credi che non sia in grado di tenere a bada una massa di uomini privi di poteri magici?!”, dichiarò Evelyn con fierezza. Nel frattempo, i nani assistettero increduli alla scena.
L’uomo alzò lo sguardo verso Evelyn che lo fissava con austerità e replicò sempre titubante, “Va…va bene! Vi…vi aiuterò!”. Ottenuto ciò che voleva, Evelyn rilasciò l’incantesimo e protese la mano verso l’uomo per aiutarlo ad alzarsi. L’uomo la guardò sconcertato, ma poi accettò l’aiuto e quando fu in piedi questionò sbalordito, “Prima cercate di uccidermi e poi mi aiutate?!”. “Non era mia intenzione uccidervi…volevo solo convincervi ad aiutarci!”, asserì Evelyn abbozzando un sorriso compiaciuto. Ad un tratto, però, all’uomo colò del sangue dal naso e, resosene conto, osservò stupefatto Evelyn che aveva assunto un’espressione sbigottita. “Solo convincermi?!”, sentenziò l’uomo. “Forse ho esagerato un po’!”, affermò Evelyn con aria colpevole. L’uomo la guardò con un’espressione di rimprovero, ma la sua attenzione sulla ragazza fu distolta da Thorin che si stava avvicinando ai due.
Quando il nano fu di fianco ad Evelyn, esclamò con premura rivolgendosi all’uomo, “Non perdiamo altro tempo!”. L’uomo guardò sia Evelyn che Thorin e replicò, “Sì, però considerando il rischio che corro a farvi entrare di nascosto, ho diritto ad essere pagato il doppio”. Il nano lo fissò con disappunto, poi osservo i suoi compagni ed Evelyn che annuirono in segno di consenso. Thorin riportò la sua attenzione sull’uomo, sospirò e confermò, “Va bene!”.          
 
  
          

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Pontelagolungo ***


Capitolo 17: Pontelagolungo
 
Il gruppo salì sulla chiatta dell’uomo che si mise al timone a poppa mentre i nani, Evelyn e Bilbo andarono a prua; discesero il fiume che sfociava nel lago inghiottito da una cupa e fitta nebbia. Evelyn si appoggiò alla balaustra e guardò l’acqua nella quale galleggiavano delle piccole e sottili lastre di ghiaccio a testimonianza del fatto che la temperatura era notevolmente bassa. In effetti, Evelyn iniziò a sentire freddo anche perché non si era ancora completamente asciutta dopo la folle corsa sulle rapide del fiume. Allora, tirò fuori dalla sua bisaccia la mantella che fortunatamente non si era bagnata in modo eccessivo, se la mise addosso e si sedette. Thorin le si avvicinò, appoggiò la mano sulla sua spalla e le disse dolcemente sorridendo, “Tra un po’ sarà tutto finito e poi potrai rilassarti!”. Evelyn annuì ricambiando il sorriso.
All’improvviso apparve ciò che restava della vecchia città di Pontelagolungo distrutta da Smaug, cioè un gruppo di enormi colonne, alcune delle quali erano ancora provviste di volte.  “Attenzione!”, urlò con timore Bofur. Guardarono tutti con apprensione le colonne tra le quali l’uomo condusse la chiatta con maestria. Thorin si girò verso l’uomo e domandò con severità, “Che stai cercando di fare, affogarci?”. “Sono nato e cresciuto in queste acque, Mastro Nano! Se volessi affogarvi, non lo farei qui”, rispose l’uomo con fermezza. “E basta con questo sfrontato uomo di lago! Gettiamolo dalla barca e facciamola finita!”, dichiarò Dwalin irritato. “Oh, Bard! Il suo nome è Bard!”, replicò Bilbo con tono risoluto. “Come lo sai?”, chiese Bofur con curiosità. “Ah…gliel’ho chiesto!”, esclamò lo hobbit. “Non mi interessa come si chiama! Quello non mi piace!”, affermò Dwalin con inflessibilità. “Non ci deve piacere per forza. Dobbiamo solo pagarlo”, asserì con posatezza Balin mentre stava contando i soldi che ogni componente della compagnia aveva dato per raggiungere la somma da corrispondere a Bard. “Su forza ragazzi, svuotate le tasche!”, disse Balin dopo aver finito di contare il denaro. A quell’affermazione, i nani sospirarono e si guardarono tra di loro contrariati. “Come sappiamo che non ci tradirà?”, domandò Dwalin sottovoce. “Non lo sappiamo!”, rispose Thorin con apprensione. “C’è solo un piccolo problema…ci mancano dieci monete”, dichiarò Balin mentre stava nuovamente contando i soldi. Thorin passò avanti a Dwalin, si appoggiò alla balaustra, incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione seria. “Gloin!”, esclamò poi voltandosi verso il nano. “Avanti! Dacci quello che hai!”, intimò fermamente Thorin. Gloin fissò il re con aria allibita e replicò con risolutezza, “Non guardate me! Io sono stato dissssanguato da questa avventura! Che ho ottenuto del mio investimento? Nient’altro che miseria e dolore…”. Intanto che Gloin si lamentava, ad un certo punto, l’attenzione di Thorin e di tutti i nani fu attirata da qualcosa. Evelyn guardò verso il punto dove stavano guardando tutti e vide comparire tra la nebbia la Montagna Solitaria; la osservarono tutti ammutoliti. Ad un tratto Gloin esclamò, “Per la mia barba!”. Poi porgendo a Balin un sacchetto con dentro il denaro dichiarò commosso, “Prendi! Prendi tutto quanto!”.
All'improvviso, Bilbo si schiarì la voce e fece un cenno con la testa verso Bard; si voltarono tutti in quella direzione e videro che l’uomo si stava avvicinando. “Il denaro, presto, datemelo!”, intimò Bard con premura. “Ti pagheremo quando avremo le nostre provviste, non prima!”, rispose Thorin con decisione. “Se apprezzate la libertà, farete come vi dico! Ci sono guardie più avanti!”, affermò l’uomo con risolutezza. Allora tutti controllarono per verificare la situazione e intravidero i pontili all’ingresso della città sui quali stavano effettivamente transitando delle guardie.
Thorin osservò Balin e gli fece un cenno; a quel punto il nano prese i soldi e li diede a Bard che disse, “Entrate tutti nei barili!”. I nani fecero come ordinato dall’uomo e anche Evelyn stava per fare ciò che richiesto, quando Bard dichiarò, “No! Voi no! Potete rimanere fuori. La presenza di una donna di solito non desta troppi timori e sospetti”. Evelyn fissò l’uomo poco convinta e poi guardò Thorin la cui espressione infastidita fece intendere che non fosse molto d’accordo con la decisione di Bard. “Ah, basta che non usiate né la magia né le vostre armi che vi converrà nascondere!”, aggiunse poi l’uomo abbozzando un sorriso beffardo. Evelyn avanzò verso il nano e asserì con tono quieto sorridendo, “Non ti preoccupare! Sono comunque qui. Non vado di certo da nessuna parte”. Allora Thorin, seppur controvoglia, acconsentì ed entrò nella botte e, dopodiché, Evelyn gli passò le sue armi.
           
Bard diresse la chiatta verso uno dei pontili e attraccò; scese a terra e andò da un uomo con il quale si mise a parlare. Ad un certo punto, mentre confabulava con quell’uomo, Bard indicò verso la chiatta e ad Evelyn iniziò a venire il sospetto che li stesse tradendo. Cosa si staranno dicendo? Non ci vorrà tradire? Se solo ci prova…, pensò con fermezza. Poi sentì i nani e Bilbo mormorare tra di loro, allora si avvicinò alle botti e intimò loro, “Fate silenzio!”, e tutti si zittirono. Ad un tratto, vide l’uomo con cui aveva parlato Bard avvicinarsi con delle cassette piene di pesci e si chiese perplessa, Cosa vuole fare? L’uomo si diresse verso i barili dentro i quali vi rovesciò i pesci. Evelyn guardò sbalordita prima l’uomo e poi Bard che, notando il suo sbigottimento, le disse, “E’ l’unico modo per evitare che li scoprano”. Evelyn sospirò e affermò rassegnata, “Poverini!”.
           
Ripresero a navigare dirigendosi verso la città; durante il tragitto i nani continuarono ad esprimere il loro disappunto mormorando lamenti. Quando arrivarono in prossimità di Pontelagolungo, Bard diede un colpo col piede ad una botte e asserì, “Silenzio! Siamo alla barriera per il pedaggio”. Man mano che si avvicinavano, Evelyn osservava attentamente la città che sorgeva su delle palafitte. Giunsero ad un passaggio chiuso da un enorme cancello a grate e, mentre si approssimavano, un uomo ordinò loro, “Alt! Ispezione merci! Documenti per favore!”. L’uomo si avvicinò con una lanterna in mano e riconobbe Bard. “Ah, sei tu, Bard?!”, esclamò l’uomo. “Buongiorno Persey!”, rispose Bard. “Niente da dichiarare?”, domandò Persey. “Niente, se non che sono intirizzito e stanco e ho voglia di casa”, replicò Bard scendendo dalla chiatta e consegnando a Persey un foglio. L’uomo prese il foglio e dichiarò, “Io uguale a te!”. Poi notò la presenza di Evelyn sulla chiatta e, rivolgendosi a Bard, chiese incuriosito, “Bard! Ma lei chi è?”. Bard guardò Evelyn e poi voltandosi verso Percey rispose maliziosamente, “Lei è la mia fidanzata!”. “Ah! E bravo Bard!”, affermò l’uomo con un sorriso malandrino dando una pacca sulla spalla a Bard. Evelyn intuì che l’uomo aveva chiesto di lei a Bard, ma non riuscì a sentire che scusa avesse addotto per giustificare la sua presenza. Speriamo che abbia trovato una buona scusa!, pensò con apprensione.
Percey andò nel suo piccolo ufficio e appose un timbro sul foglio datogli da Bard. Dopo andò verso Bard porgendogli il foglio per restituirglielo dichiarando, “Ecco fatto! Tutto in ordine!”. Ma non fece in tempo a finire di parlare che alle sue spalle arrivò un uomo vestito tutto di nero, dall’aspetto sciatto e dall’atteggiamento subdolo, il quale, prendendo il foglio dalle mani di Percey, affermò con rigore, “Non così in fretta!”. Bard guardò Percey con preoccupazione mentre l’uomo vestito di nero lesse ciò che era scritto sul foglio, “Consegna di barili vuoti dal Reame Boscoso”. Poi fissò Bard e, avvicinandosi alla chiatta, aggiunse con severità, “Solo che…non sono vuoti”. Dopo il suo sguardo andò su Evelyn e la osservò con diffidenza. “E lei chi è?”, chiese l’uomo con un tono arcigno mentre continuava a fissare Evelyn con un’aria circospetta. “Oh beh, lei è la mia fidanzata! Vero, tesoro?!”, asserì Bard rivolgendosi ad Evelyn con un sorriso. La sua fidanzata?! Questa è la scusa che ha trovato?!, esclamò tra sé Evelyn stizzita. Dopodiché, nonostante la rabbia che provava, annuì abbozzando un sorriso. “E come ti chiami?”, domandò l’uomo fermamente. “Evelyn!”, rispose Evelyn mantenendo un atteggiamento pacato. “E da dove vieni?”, chiese ancora l’uomo con inflessibilità. Evelyn esitò poiché non sapeva quale luogo poter utilizzare come sua provenienza fittizia. Non posso dirgli che vengo dall’Haradwaith! Si insospettirà! E in questa zona non so che città ci siano!, rifletté con ansia. “Ah…io…io vengo…”, disse Evelyn titubante. “Lei viene da un piccolo villaggio ai piedi delle Montagne Grigie”, dichiarò all’improvviso Bard ed Evelyn annuì sorridendo sollevata. L’uomo a quel punto si girò verso Bard con un’espressione accigliata e questionò, “L’avevo chiesto a lei!”. Poi fissò ancora una volta Evelyn con la sua solita aria sospettosa e dopo, rivolgendosi a Bard, sentenziò, “Comunque, tornando a te, se mi rammento bene tu hai la licenza di chiattaiolo!”. In seguito, prendendo in mano uno dei pesci dai barili e mettendolo davanti alla faccia di Bard, aggiunse con fermezza, “Non di pescatore!”. “Non sono affari tuoi!”, replicò con severità Bard. “Sbagliato! Sono affari del Governatore pertanto sono affari miei”, rispose l’uomo con arroganza. “Oh, avanti Alfrid! Abbi cuore! La gente deve mangiare!”, protestò Bard con decisione. “Questo pesce è illegale!”, esclamò Alfrid con insolenza buttando il pesce in acqua. Poi si rivolse alle guardie che erano con lui e intimò, “Svuotate i barili fuori dalla barca!”. A quelle parole Evelyn si allarmò, Così li scopriranno! “Avete sentito! Nel canale! Forza, sbrigatevi!”, ribadì il capo delle guardie. Mentre le guardie stavano per eseguire l’ordine impartito da Alfrid, Bard si voltò verso Evelyn che era in procinto di avanzare verso le guardie con un’espressione di sfida, ma le fece cenno con la mano di fermarsi. Allora Evelyn si fermò e Bard si rivolse ad Alfrid dichiarando, “La gente in questa città fa fatica, i tempi sono duri, il cibo scarseggia”. Bard ed Evelyn guardarono con apprensione le guardie che stavano per rovesciare i pesci in acqua. “Non è un problema mio!”, affermò Alfrid con indifferenza. “Ma quando la gente sentirà che il Governatore gli butta i pesci nel lago, quando inizierà la rivolta, sarà un problema tuo allora!”, replicò Bard con tono minaccioso. Alfrid fissò Bard con inquietudine e poi, facendo un cenno con la mano, intimò, “Fermi!”. Allora le guardie si fermarono e scesero dalla chiatta; questo fece tirare un sospiro di sollievo ad Evelyn. “Sempre il campione del popolo, eh, Bard?! Il protettore della gente comune! Avrai anche il loro favore come chiattaiolo, ma non durerà!”, questionò Alfrid con fare intimidatorio e dopo si allontanò da Bard che risalì sulla chiatta passando davanti a Percey il quale ordinò, “Alza la chiusa!”. Il cancello fu sollevato e Bard guidò la chiatta attraverso la barriera. Mentre transitava, Alfrid si voltò e minacciò, “Il Governatore ti tiene sott’occhio! Farai bene a ricordartelo! Noi sappiamo dove vivi!”. “E’ una piccola città Alfrid! Tutti sanno dove vivono tutti”, replicò Bard con impassibilità.  
           
La chiatta avanzò dentro la città composta da edifici in legno molto compatti e disposti su più piani; ai bordi vi erano delle larghe banchine con delle scale che scendevano nel lago. Mentre procedevano, Evelyn fissò con rancore Bard e questionò, “La vostra fidanzata, eh?!”. Bard, intento a guidare la chiatta, continuò a guardare davanti a sé e, intanto, replicò con tono disinteressato, “Voi avevate una scusa migliore?!”. “Potevate anche dire che ero una vostra lontana parente!”, dichiarò con tono risentito Evelyn. A quel punto Bard guardò Evelyn e con un sorriso malandrino rispose, “Non mi è venuto in mente!”. Evelyn osservò con severità Bard che proseguì dicendo, “Comunque, bel nome Evelyn!”. Evelyn assunse un espressione contrariata e poi distolse lo sguardo da Bard.
Dopo qualche minuto Bard attraccò la chiatta ad una banchina, controllò che non ci fossero guardie nei dintorni e poi rovesciò i barili in modo che i nani e Bilbo potessero uscire. Si avvicinò alla botte con dentro Dwalin per aiutarlo, quando il nano uscì ed esclamò stizzito, “Non t’azzardare a toccarmi!”, allora Bard indietreggiò. Uno ad uno i nani uscirono dai barili e nel momento in cui uscì Thorin, Evelyn gli andò incontrò chiedendogli con apprensione, “Thorin, tutto bene?”. Il nano la guardò con un’espressione severa e sentenziò, “La sua fidanzata?! E poi, bel nome Evelyn?!”. Evelyn lo fissò sbigottita e poi replicò risentita, “Oh, non incominciare! Non è il momento!”, e dopo aver preso con irruenza e collera le sue armi dalle mani di Thorin, si allontanò da lui il quale si voltò verso Bard e lo osservò con collera. Intanto Bard si avvicinò ad uno uomo che aveva assistito a tutta la scena esterrefatto e, dandogli una moneta, gli mormorò, “Tu non gli hai visti! Non sono mai stati qui!”. Poi fece per allontanarsi, ma si voltò di nuovo verso l’uomo e gli disse, “Il pesce puoi averlo gratis”.
I nani, Bilbo ed Evelyn scesero dalla chiatta e aspettarono Bard che, passando davanti al gruppo, intimò loro, “Statemi vicino!”. Bard si incamminò e la compagnia lo seguì percorrendo le stradine della città con circospezione. Ad un certo punto, lo hobbit chiese incuriosito, “Cos’è questo posto?”. “Questo, Mastro Baggins, è il mondo degli uomini”, replicò Thorin con un tono serio mentre passava davanti al mezz’uomo. Proseguirono procedendo in mezzo alla folla che gremiva le vie. “Testa basta e muovetevi! Fate presto!”, ordinò Bard intanto che continuava a guardarsi attorno con accortezza. Ma nonostante l’attenzione con la quale si muovevano, non passarono inosservati all’occhio di alcune persone che li osservarono con curiosità.  
Ad un tratto, una delle guardia che pattugliavano la zona li notò e intimò loro, “Alt! Ehi!”. A quel punto guardarono tutti la guardia e, dopodiché, Thorin esclamò con apprensione, “Forza! Muoviamoci!”. I nani e Bilbo si misero a correre, seguendo il loro re, cercando una via di fuga mentre la guardia dichiarò, “In nome del Governatore, vi ho detto alt!”. Poiché i nani non obbedirono all’ordine, la guardia ribadì mettendosi a correre per raggiungerli, “Alt! Fermateli!”. A quel punto Bard ed Evelyn si precipitarono ad aiutare il gruppo il quale stava cercando di evitare altre guardie che si unirono all’inseguimento attirati dalle urla del loro collega. Ad ogni modo, i nani se la cavarono da soli riuscendo a mettere fuori gioco tre guardie che nascosero dietro a delle bancarelle. La gente interruppe ogni attività che stava svolgendo e guardò con interesse le guardie a terra prive di conoscenza, ma quando arrivò il capo delle guardie, tornarono tutti alle loro occupazioni come se niente fosse.
Il capo delle guardie osservò attorno a sé perplesso e domandò con tono austero, “Che succede qui?”. Intanto i nani e Bilbo rimasero nascosti dietro le bancarelle. Il capo delle guardie intimò avanzando, “Restate dove siete! Nessuno se ne va!”. Bard fece cenno con la testa ad Evelyn di seguirlo. Evelyn si voltò verso i nani e con un gesto della mano gli fece capire che avrebbero dovuto restare dov’erano e prima di avviarsi lasciò loro le sue armi. Bard uscì allo scoperto e avanzò verso il capo delle guardie con noncuranza ed Evelyn lo seguì. “Braga!”, esclamò Bard trovandosi faccia a faccia con il capo delle guardie. “Tu?! Che combini Bard?”, asserì Braga con tono rigoroso fissando Bard con sospetto. “Io?! Niente, non faccio niente! Stavo solo portando la mia fidanzata a fare un giro per la città”, dichiarò Bard con impassibilità indicando Evelyn che si trovava appena dietro di lui. Evelyn guardò Braga abbozzando un sorriso mentre lui la osservò con diffidenza.
Poi, sentendo un rumore, Braga si precipitò verso il punto dal quale provenne, passando accanto a Bard ed Evelyn con furia; Evelyn guardò con apprensione Bard e dopo nella direzione in cui si trovavano i nani. Ma alcune persone del popolo intervennero posando delle cassette in modo da nascondere le guardie a terra così che Braga non vide nulla. Dopodiché, Bard prese da una bancarella un corpetto da donna con del pizzo; lo sollevò e chiamò Braga che si voltò verso di lui. “A tua moglie starebbe benissimo!”, affermò Bard con tono beffardo. Braga avanzò verso Bard e, guardandolo con stupore, chiese, “Che ne sai tu di mia moglie?”. “La conosco bene, come gli altri uomini di qui!”, replicò Bard con noncuranza. Evelyn si trattenne a fatica dal ridere mentre Braga strappò il corpetto dalla mani di Bard, lo gettò con rabbia sulla bancarella e poi se ne andò; a quel punto sia Bard che Evelyn tirarono un sospirò di sollievo.
Scampato il pericolo, il gruppo riprese a percorrere le vie della città guidati da Bard. Ad un tratto, un ragazzino dai capelli ricci e castani corse loro incontro e rivolgendosi a Bard affermò con apprensione, “Pa! La nostra casa…è sorvegliata!”. Bard si voltò verso il gruppo e li fissò con preoccupazione; anche i nani, Bilbo ed Evelyn guardarono Bard con la stessa aria inquieta. Bard rifletté un attimo e poi disse, “Venite! Ho un’idea!”. Il gruppo seguì l’uomo che li condusse ad una banchina laterale che si prolungava nella parte posteriore dell’agglomerato di abitazioni. “Percorrete questa banchina e giungete a quell’edificio”, intimò loro indicando l’abitazione. “Quella è casa mia. Quando arriverete lì, entrate in acqua e dirigetevi sotto l’edificio…troverete dei pioli dai quali potrete salire e passare attraverso…ehm…un’apertura”, aggiunse Bard. I nani si incamminarono e fecero come gli fu detto; intanto Bard, suo figlio ed Evelyn, prima di avviarsi verso la casa dell’uomo, si fermarono ad una bancarella ad acquistare frutta e verdura per depistare chi li stava sorvegliando. Nel tragitto, Evelyn domandò incuriosita a Bard, “Da dove di preciso dovranno passare per entrare in casa vostra?”. Bard guardò Evelyn e con impassibilità rispose, “Dal gabinetto”. Evelyn strabuzzò gli occhi e urlò, “Che cosa? Dal gabinetto?!”. Bard mise una mano sulla bocca di Evelyn e la rimproverò con tono severo, “Non urlate! Volete farci scoprire?!”. Evelyn si calmò e Bard tolse la mano dalla sua bocca, però lei continuò a fissarlo con aria di rimprovero e allora Bard dichiarò pacatamente, “Non c’era altro modo per farli passare inosservati”.
I tre proseguirono e giunti a destinazione, salirono due rampe di scale ed il figlio di Bard entrò in casa seguito da Evelyn, mentre Bard si attardò sulla soglia. Evelyn lo sentì fischiare e poi asserire, “Di’ al Governatore che per oggi ho finito”, e dopo entrò anche lui. Come fu dentro casa, una bambina gli andò incontro dicendogli con entusiasmo, “Pa! Dove sei stato?”, e lo abbracciò. Dopo di lei una ragazza si fece avanti e dichiarò con esultanza, “Padre! Eccoti qua! Ero preoccupata!”, e lo abbracciò anche lei.
Dopo aver salutato le figlie, Bard si affrettò ad andare alla finestra, controllò la situazione e dopodiché intimò a suo figlio, “Bain! Falli entrare!”, e il ragazzo si precipitò subito fuori dalla stanza recandosi al piano inferiore. Evelyn rimase ad aspettare con Bard e le sue figlie che la stavano guardando con curiosità. Quando Bard se ne rese conto disse, “Lei è Evelyn!”. Poi rivolgendosi ad Evelyn dichiarò, “Evelyn! Posso presentarvi le mie figlie?! Tilda, la piccola, e Sigrid, la più grande!”. “Molto piacere!”, replicò Evelyn cordialmente. Ad un tratto Tilda asserì, “Pa! Ma lei è la tua fidanzata?”. Evelyn fissò sbigottita prima la bambina e poi Bard il quale, dandole un’occhiata, affermò con compostezza, “No, Tilda! Non è la mia fidanzata”. Allora le figlie di Bard osservarono Evelyn con perplessità.
Intanto, uno ad uno, i nani salirono visibilmente irritati. Tilda e Sigrid li guardarono stupite e Sigrid chiese, “Pa! Perché i nani escono fuori dal nostro gabinetto?”. Invece Tilda affermò con euforia, “Ci porteranno fortuna?!”. Evelyn abbozzò un sorriso all’affermazione della bambina, ma quando vide che Dwalin la stava guardando con austerità, assunse un’espressione seria.
Bard accese un fuoco per permettere ai nani e a Bilbo di asciugarsi e poi prese alcuni suoi vestiti, aiutato da Tilda, e li diede loro. “Non vi staranno a pennello, ma vi terranno caldo”, asserì Bard. Dopo si rivolse a Sigrid, “Sigrid! Accompagna Evelyn nella tua stanza e dalle uno dei vestiti di tua madre”. Sigrid annuì e, rivolgendosi ad Evelyn, le disse, “Venite!”. Evelyn la seguì e Tilda si unì a loro.
Sigrid fece accomodare Evelyn nella sua stanza. “Aspettatemi qui! Vado a prendervi un vestito”, affermò la ragazza. Evelyn annuì e Sigrid uscì dalla stanza. Tilda rimase con Evelyn che si sedette sul letto, mentre la bambina continuava a guardarla con curiosità. Dopo un po’ Sigrid tornò con un abito composto da una camicia bianca di lino con le maniche lunghe drappeggiate all’altezza dei polsi, un corpetto rosso con delle righe gialle orizzontali nella parte superiore  e una gonna anch’essa rossa sempre di lino. Posò il vestito sul letto e poi si rivolse a sua sorella, “Tilda, prepara l’acqua per il bagno!”. Tilda annuì e stava per uscire dalla stanza, quando Evelyn le disse, “Non preoccupatevi di scaldarla…ci penso io”. Tilda e Sigrid la guardarono dubbiose, mentre Evelyn abbozzò un sorriso. Tilda uscì dalla stanza e, intanto, Sigrid aiutò Evelyn a svestirsi.
Tilda rientrò nella stanza con due secchi pieni d’acqua che rovesciò nella tinozza; a quel punto, Evelyn si avvicinò, protese le mani in avanti sopra l’acqua, si concentrò e fece defluire l’energia attraverso il suo corpo. Quando l’acqua fu alla temperatura perfetta, Evelyn finì di togliersi  i vestiti e si immerse nell’acqua. Nel frattempo, Tilda e Sigrid avevano assistito alla scena allibite. “Ma voi siete…siete una strega?!”, dichiarò con stupore Sigrid. Evelyn la guardò sorridendo e rispose, “Sì, sono una strega!”. “Non sapevo ci fossero streghe nella Terra di Mezzo!”, asserì stupefatta Tilda. “In effetti, non ce ne sono più da un bel po’ di tempo. Io vengo dall’Haradwaith”, affermò Evelyn intanto che si lavava con calma. “Ed è lontano?”, domandò con curiosità Tilda. “Abbastanza!”, replicò Evelyn. “Ma nella Terra di Mezzo ci sono cinque stregoni. Magari ne avete sentito parlare”, aggiunse in seguito. Tilda negò col capo, mentre Sigrid affermò, “Io ho sentito parlare di un certo Stregone Bianco”. Evelyn annuì e disse, “Sì, Saruman il Bianco! E’ lo zio di un ragazzo che conosco sin da bambina”. A quel punto Tilda la guardò maliziosamente e chiese, “E’ il vostro fidanzato?”. Evelyn fissò Tilda con disappunto e Sigrid intervenne rimproverando sua sorella, “Tilda! Non essere invadente!”. Tilda osservò mestamente prima Sigrid e poi Evelyn la quale, resasi conto del dispiacere della bambina, lasciò da parte la contrarietà, le sorrise e dichiarò, “Oh no, non fa niente! Non preoccupatevi!”. Tilda abbandonò l’aria mesta e ricambiò il sorriso. “Comunque, no, non è il mio fidanzato”, aggiunse Evelyn. “E come mai siete venuta fin qui?”, domandò Sigrid. “Sono venuta a trovare mio zio Gandalf il Grigio, uno dei cinque stregoni”, rispose Evelyn. “E allora perché siete in viaggio con questo gruppo di nani?”, chiese Tilda confusa. Evelyn esitò un momento per cercare di trovare una risposta adatta che le evitasse di dover raccontare il reale motivo e poi asserì pacatamente, “Beh, perché conoscono mio zio e mi stanno portando da lui. Aveva delle questioni urgenti da risolvere, perciò non ha potuto accogliermi al mio arrivo e, allora, mi ha affidata a loro”. Tilda e Sigrid annuirono sorridendo.
Evelyn terminò il bagno e uscì dall’acqua; Sigrid le porse un telo con il quale si asciugò e dopo indossò l’abito aiutata dalle due sorelle. Terminata la vestizione, Sigrid la guardò e dichiarò con tono sommesso, “Certo, il vestito non è dei migliori, ma è tutto ciò che abbiamo”. Evelyn le prese le mani e affermò sorridendole, “Va benissimo così! Vi ringrazio!”. Sigrid ricambiò il sorriso e poi disse, “Vediamo se i vostri compagni di viaggio hanno finito di lavarsi e cambiarsi”. Evelyn annuì e, insieme alle due sorelle, uscì dalla loro camera. Sigrid si affacciò lievemente alla stanza principale dove si trovavano i nani e domandò a Bard, “Padre, possiamo venire?”. “Sì, venite pure!”, rispose Bard. Le tre ragazze avanzarono e Tilda, andando incontro al padre, esclamò entusiasta, “Pa’! Lo sai che Evelyn è una strega?!”. Evelyn osservò la bambina abbozzando un sorriso. “Sì, ho avuto modo di constatarlo!”, replicò Bard con tono quieto. Evelyn e Bard si fissarono con un’espressione beffarda. Poco dopo Evelyn distolse lo sguardo dall’uomo e si accorse che Fili e Thorin stavano fissando sia lei che Bard con severità; Evelyn intuì subito quale fosse il motivo del loro disappunto. Ah no! Non incominceranno di nuovo con la loro assurda gelosia?!, protestò tra sé. Li guardò con aria di rimprovero sospirando intanto che si andò a sedere su una sedia posta in un angolo della stanza.
Sigrid si avvicinò ad Evelyn e le porse una tazza di brodo caldo. “Grazie!”, rispose Evelyn. Sigrid stava per allontanarsi quando Evelyn la fermò e le disse, “Aspetta! Avreste per caso carta e penna?”. “Sì!”, replicò la ragazza. “Bene! Potreste darmi due fogli, se non è di troppo disturbo?”, chiese cordialmente Evelyn. “Ma certo!”, esclamò Sigrid la quale poi si avviò a prendere ciò che le aveva chiesto Evelyn. Tornò poco dopo con due fogli, una penna e un calamaio e li posò sul tavolo.
Evelyn avvicinò la sedia al tavolo, prese uno dei fogli e si mise a pensare. Poi prese la penna, la intinse nel calamaio e iniziò a scrivere:
 
Cari genitori,
 
il mio viaggio nella Terra di Mezzo prosegue alla grande.
 
Ho visitato il Reame Boscoso di re Thranduil. Carino, ma trovo che sia più bello Gran Burrone.
 
Poi re Thranduil non mi sta molto simpatico; mi sembra un tipo dispotico e arrogante. Invece re Elrond è molto più cortese ed ospitale.
 
Ad ogni modo, il mio viaggio non è ancora finito e avrete preso altre mie notizie.
 
Vi abbraccio,
 
Evelyn
 
Finito di scrivere inviò subito la lettera sotto lo sguardo stupefatto di Tilda e Sigrid. “E’ incredibile! Ma come avete fatto?”, chiese con stupore Tilda. “Magia!”, replicò Evelyn abbozzando un sorriso mentre le due sorelle continuarono a guardarla sbalordite.
Dopodiché, prese l’altro foglio e scrisse:
 
Cara Kaytria,
 
siamo arrivati a Pontelagolungo; manca poco e saremo ad Erebor e il viaggio sarà terminato.
 
Appena sarà tutto finito ti avviserò così potrai raggiungermi.
 
Con Thorin diciamo che va abbastanza bene, se non fosse per la sua esagerata gelosia.
 
Comunque, avremo modo di parlarne meglio quando ci vedremo.
 
Un abbraccio,
 
Evelyn
 
Quando finì di scrivere, si accorse che Bofur stava cercando di sbirciare; allora Evelyn prese il foglio, lo girò di scatto e poi guardò il nano con aria di rimprovero. Bofur abbozzò un sorriso facendo finta di niente e poi le chiese con nonchalance, “A chi hai scritto?”. Evelyn lo fissò con severità e rispose con fermezza, “Alla mia amica, ma sono cose personali”. A quel punto Bofur si allontanò sommesso tra le risatine dei suoi compagni. Dopo che il nano se ne andò, Evelyn inviò la lettera a Kaytria.
Dopo aver provveduto alla sua corrispondenza, Evelyn finì di bere il brodo e posò la tazza sul tavolo. Alzò lo sguardo e si accorse che Thorin stava osservando fuori dalla finestra con un’espressione sbigottita e mormorò, “Una lancia del vento nanica!”. Evelyn e Bilbo gli si avvicinarono e lo hobbit gli disse, “Sembri uno che ha visto un fantasma!”, e dopo sorseggiò il brodo. Intanto Evelyn diede un’occhiata fuori dalla finestra e vide quella che il re dei nani aveva chiamato lancia del vento. “E’ così!”, esclamò Balin avvicinandosi. “L’ultima volta che abbiamo visto una tale arma una città andava a fuoco…fu il giorno in cui arrivò il drago”, dichiarò in seguito il nano. L’espressione di Thorin si fece seria e il suo sguardo era assente come se la sua mente fosse altrove. Evelyn lo fissò mestamente e capì a cosa stesse pensando il re dei nani, Sta rivivendo quei momenti! Balin proseguì col racconto, “Il giorno in cui Smaug distrusse Dale, Girion, il Signore della città, radunò i suoi arcieri per colpire la bestia. Ma la pelle del drago è dura, più dell’armatura più resistente. Solo una freccia nera partita da una lancia del vento poteva trafiggergli la pelle e poche di quelle frecce furono realizzate”. Il nano fece una pausa e poi continuò, “La scorta si andava riducendo quando Girion tentò l’ultima resistenza”. Thorin rinsavì dai suoi pensieri e alzò gli occhi verso la lancia del vento. “Se la mira degli uomini fosse andata a segno molte cose sarebbero cambiate”, asserì con tono malinconico voltandosi verso Balin, Bilbo ed Evelyn. Poi si girò di nuovo verso la finestra.
Intanto si avvicinò Bard che affermò pacatamente, “Parli come se ci fossi stato”. I quattro si voltarono verso l’uomo e Thorin replicò, “Tutti i nani conoscono il racconto”. A quel punto si approssimò anche Bain che dichiarò con fierezza, “Allora saprai che Girion colpì il drago…gli allentò una squama sotto l’ala destra. Ancora un colpo e avrebbe ucciso la bestia”. Dwalin, che si trovava alle loro spalle, si mise a ridere e poi disse con tono serio,”Quella è una favola, giovanotto! Niente di più!”. Bard e Bain rimasero ammutoliti.
Ad un certo punto, Thorin avanzò verso Bard ed esordì, “Hai preso il nostro denaro!”. Bard e Bain guardarono il re dei nani con impassibilità mentre lui proseguì chiedendo, “Dove sono le armi?”. Bard esitò un momento, continuando a mantenere lo sguardo su Thorin, e poi rispose, “Aspetta qui!”. Detto ciò, si avviò al piano inferiore sotto lo sguardo diffidente del re dei nani e di Dwalin che si lanciarono un’occhiata apprensiva.
Nel frattempo che aspettarono il ritorno di Bard, Thorin riunì Balin e i suoi nipoti attorno a sé e dichiarò con tono lieve, “Domani comincia l’ultimo giorno d’autunno!”. “E il Dì di Durin comincia dopodomani. Dobbiamo raggiungere la montagna prima di allora”, proseguì Balin sempre con tono tenue. “E se non ci riusciamo? Se falliamo a trovare la porta prima di quel momento? Allora…”, domandò Kili con apprensione. “L’impresa sarà stata inutile!”, aggiunse Fili a completare la frase di suo fratello.
In quel momento, Bard ritornò nella stanza dove si trovava la compagnia e appoggiò con decisione sul tavolo un grosso canovaccio arrotolato che provocò un rumore metallico; si avvicinarono tutti al tavolo mentre Bard srotolò il telo rivelando quelle che non erano propriamente armi. Dentro al canovaccio c’erano dei grossi martelli e degli arpioni di ogni tipo; i nani li presero in mano e li guardarono attoniti. “Cos’è questo?!”, chiese Thorin con severità indicando l’arpione che aveva in mano. “Una gaffa, fatta da un vecchio arpione”, rispose Bard con impassibilità. “E questo?”, domandò perplesso Kili mentre rigirava tra le mani un grosso martello. “Mazzapicchio lo chiamiamo. Forgiato dal martello di un fabbro”, replicò Bard. “Pesanti da maneggiare, lo ammetto, ma per difendere la vostra vita vi saranno più utili di niente”, aggiunse poi l’uomo. “Ti abbiamo pagato per delle armi, spade e asce forgiate in ferro!”, affermò Gloin con fermezza. “E’ uno scherzo!”, esclamò Bofur con rabbia gettando sul tavolo uno di quegli arnesi. E così, uno ad uno, i nani posarono gli attrezzi. “Di migliori ne troverete solo nell’armeria della città. Tutte le armi forgiate in ferro sono lì sotto chiave”, questionò Bard. Mentre l’uomo parlava, Dwalin e Thorin si lanciarono un’occhiata d’intesa. “Thorin, prendiamo quanto ci viene offerto e andiamo. Mi sono arrangiato con meno e anche tu”, asserì prontamente Balin. A quel punto Bard fissò il re dei nani con severità, ma nessuno se ne rese conto, tranne Evelyn. “Io dico di andarcene ora!”, continuò Balin. “Non andrete da nessuna parte!”, esclamò con decisione Bard. Thorin e Dwalin fecero un passo verso l’uomo guardandolo con ira e Dwalin domandò con collera, “Che cosa hai detto?”. “Spie sorvegliano questa casa e forse ogni molo e banchina della città. Attenderete il calare della notte”, dichiarò Bard con risolutezza mentre riavvolse nel telo quelle che lui considerava armi e, dopodiché, uscì fuori.
Evelyn si avvicinò a Thorin e gli disse, “Thorin, dobbiamo andarcene subito!”. La guardarono tutti perplessi, allora Evelyn spiegò, “Bard ha capito chi sei”. I nani si guardarono tra di loro con apprensione e poi rivolsero la loro attenzione verso Thorin che assunse un’espressione seria e preoccupata. Balin sospirò e con rammarico asserì, “Ah! Colpa mia! Ho detto il tuo nome Thorin”. Il re dei nani abbozzò un sorriso e gli diede una pacca sulla spalla per rassicurarlo. Evelyn riprese la parola e affermò con fermezza, “Se non ce ne andiamo, Brad tenterà di fermarci!”. “Ma dove andiamo senza armi? Quelle che ci ha dato Bard non ci saranno di nessuna utilità! Non possiamo affrontare un drago con mazze e arpioni!”, questionò severamente Dwalin. “No, infatti utilizzeremo le armi custodite nell’armeria”, replicò con convinzione Evelyn. “Oh, brava! Così si parla! Andiamocele a prendere!”, esclamò con decisione Dwalin. Evelyn abbozzò un sorriso e rispose con tono quieto, “Veramente io pensavo di chiederle direttamente al Governatore”. A quelle parole la guardarono tutti attoniti. Dwalin fece una risata e poi dichiarò con tono serio, “Non credo proprio che il Governatore sarà propenso ad aiutarci”. “No, a meno che gli si dia una buona motivazione”, asserì Evelyn. “E quale sarebbe?”, chiese con impassibilità Thorin. “Prima di tutto la possibilità di guadagno. Potresti offrirgli una parte del tesoro che c’è nella montagna?!”, propose Evelyn. Il re dei nani la fissò con severità, ma Evelyn non si scompose. “E se non dovesse convincersi così, ci penserà la mia magia a fargli cambiare idea!”, affermò ironicamente Evelyn.
A quel punto, i nani si misero a confabulare per decidere cosa fare. Evelyn li guardò contrariata e, mentre loro parlottavano, lei dichiarò con risolutezza, “Beh, intanto che voi vi decidete, io vado dal Governatore!”. Detto ciò, fece per incamminarsi, ma Bain le si piazzò davanti. “No, non potete andarvene! Ci sono spie che ci sorvegliano!”, esclamò con fermezza il ragazzo. “Credi che una strega si faccia spaventare per così poco?!”, ribatté con rigore Evelyn. Bain la osservò intimorito. “Adesso, per favore, spostati Bain! Vorrei evitare di farti del male!”, affermò Evelyn con un tono più calmo. Bain esitò un istante e poi si spostò; Evelyn si avvicinò alla porta e l’aprì. Si fermò sull’uscio, si voltò verso Sigrid e Tilda, che la stavano guardando attonite, e disse loro, “Mi dispiace, ma dobbiamo proprio andare! Grazie per l’ospitalità!”. In seguito uscì dalla casa di Bard e poco dopo i nani si apprestarono a seguirla.
Le spie che sorvegliavano la casa di Bard, non appena videro i nani, incominciarono a mandarsi segnali in codice. Appena scesa in strada, Evelyn fermò un signore e, sorridendo, chiese, “Scusi, mi saprebbe dire dove si trova la casa del Governatore?”. L’uomo la fissò incuriosito e replicò titubante indicando la direzione con la mano, “Ah…sì…la casa del Governatore è per di là!”. “Grazie!”, rispose Evelyn e, dopodiché, si incamminò sempre seguita dai nani. Non fecero in tempo a fare qualche passo che delle guardie gli andarono incontro intimandogli, “Fermi! Dove pensate di andare?”. I nani fecero per fuggire quando Evelyn pronunciò la formula, “Everte statim”, e le guardie volarono via lasciando la strada libera. La gente del popolo che assistette alla scena rimase sbalordita e, incuriosita, andò al seguito della compagnia. Evelyn avanzò con sicurezza a testa alta finché il suo cammino fu interrotto da Braga che sguainò la spada e le andò incontro con rabbia asserendo, “Voi?! Lo sapevo che non mi dovevo fidare!”. Non fece in tempo a finire di parlare che Evelyn enunciò la formula, “Vatos Expelliamus!”, e la spada volò via dalle mani del comandante delle guardie. Braga guardò attonito Evelyn che sollevo il braccio e rivolse il palmo della mano verso l’uomo; Braga provò a reagire, ma non riuscì a muovere un solo muscolo del suo corpo. Delle guardie arrivarono a soccorrere il loro comandante, ma Evelyn gli intimò, “Fermi dove siete o lui farà una brutta fine!”. Le guardie si fermarono incerti sul da farsi.
“C-che c-cosa vuoi?”, domandò Braga con la voce spezzata dall’ansia. “Parlare col Governatore! Adesso voi mi porterete da lui, però senza fare scherzi, altrimenti ve la farò pagare cara”, dichiarò Evelyn con tono pacato. Evelyn abbassò il braccio e il comandante delle guardie riuscì finalmente a muoversi; Evelyn gli si avvicinò lentamente, mentre lui la guardava con severità. Poi Braga si voltò verso una delle guardie e gli ordinò, “Vai ad avvisare il Governatore!”, e la guardia obbedì. Il comandante si mise in marcia seguito dalla compagnia e dalla gente del popolo.
Durante il tragitto, della compagnia nessuno proferì parola, invece i popolani continuarono a confabulare tra di loro; ad un certo punto, giunsero in una piazza dove si ergeva un edificio più grande di tutte le altre abitazioni. Nel frattempo, dei lievi fiocchi di neve avevano iniziato a cadere dal cielo sfiorando la pelle di Evelyn e provocandole dei brividi di freddo; solo allora si rese conto di non aver indossato alcun soprabito. Avanzando verso la scalinata d’ingresso, Evelyn notò Alfrid affacciato all’uscio con aria preoccupata. Rientrò subito e poco dopo due uomini di guarda al portone aprirono le ante ed uscì con decisione il Governatore, intento a sistemarsi il soprabito di pelliccia, che esclamò con severità, “Che cosa significa questo?”. Il Governatore era un uomo alto e corpulento, dall’aspetto sgraziato, con lunghi capelli rossi radi sulla fronte e pizzetto e baffi dello stesso colore dei capelli.
Il Governatore fece qualche passo in avanti fermandosi al limite della loggia ed Alfrid lo affiancò. Braga si avvicinò al Governatore e gli disse indicando Evelyn, “Quella ragazza dice che vuole parlare con voi”. Il Governatore spostò la sua attenzione su Evelyn e sul suo viso si delineò un sorriso malizioso, mentre si lisciava con le dita i baffi; invece Evelyn lo fissò con aria seria e impassibile. “Ma fate attenzione! E’ una strega!”, aggiunse poi il comandante delle guardie. Il sorriso sparì dal volto del Governatore per lasciare il posto ad un’espressione apprensiva. Alfrid osservò Evelyn e, dopodiché, dichiarò con fermezza, “Ma tu non sei la fidanzata di Bard?!”. A quelle parole, guardarono tutti stupiti Evelyn che replicò senza scomporsi, “E voi ci avete anche creduto?!”. Alfrid le lanciò un’occhiata risentita al quale Evelyn rispose abbozzando un sorriso.
Il Governatore si schiarì la voce e domandò a Evelyn con fare timoroso, “E di grazia, di cosa vorreste parlarmi?”. “Vorrei chiedervi di appoggiare la nostra causa!”, asserì Evelyn senza esitazione. “Sarebbe a dire?”, le chiese il Governatore perplesso. Evelyn si voltò nella direzione di Thorin il quale si fece avanti. Il Governatore lo guardò incuriosito e gli domandò, “E voi chi sareste?”. A quel punto avanzò anche Dwalin che replicò con tono fiero, “Lui è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror!”. Il Governatore ed Alfrid lo guardarono sorpresi. “Noi siamo i nani di Erebor!”, dichiarò con contegno Thorin. Detto ciò, le persone che si erano accalcate attorno a loro si misero a mormorare guardando sbigottiti la compagnia. “Siamo venuti a reclamare la nostra terra natia!”, affermò il re dei nani. Il Governatore osservò attorno a sé con un’espressione sconcertata. Thorin, guardandosi intorno e poi rivolgendosi al popolo, asserì con pacatezza,  “Ricordo questa città al tempo della sua grandezza. Flotte di navi attraccate al porto colme di sete e gemme preziose. Questa non era una città abbandonata sul lago…”, fece una pausa e poi aggiunse con enfasi, “…questo era il centro di tutto il commercio del nord”.
A quella dichiarazione, i popolani ruppero il silenzio mettendosi a commentare tra di loro e tacquero solo quando il re dei nani riprese a parlare. “Io garantirei il ritorno di quei giorni, riaccenderei le grandi fornaci dei nani e farei fluire benessere e ricchezza di nuovo dalle sale di Erebor”, dichiarò con impeto e decisione degni di un re. A quelle parole la popolazione si esaltò e gioì, mentre Thorin si voltò verso il Governatore che apparve ancora un po’ dubbioso.
“Morte!”, esclamò una voce in mezzo alla folla che fece zittire tutti quanti. Thorin si girò con un’aria seria e vide farsi largo tra la gente Bard il quale asserì con fermezza, “Ecco che cosa ci porterai!”. Bard avanzò sotto lo sguardo contrariato di Evelyn e poi affermò con livore, “Fuoco di drago e rovina!”. Si fermò di fronte al re dei nani e dichiarò con un tono più calmo,” Se risveglierai quella bestia, distruggerà tutti noi”. Thorin non si scompose e replicò pacatamente “Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto una cosa…”, fece un passo avanti e poi continuò, “…se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della montagna”. Il popolo si rallegrò nuovamente mentre il re dei nani aggiunse con veemenza, “Avrete abbastanza oro da ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno!”. A quel punto la popolazione esultò e l’esultanza durò per un po’; Thorin guardò attorno sé finché non incrociò lo sguardo di Evelyn che lo stava fissando sorridente e lui ricambiò il sorriso.
“Perché dovremmo crederti sulla parola, eh?”, domandò all’improvviso Alfrid interrompendo quel momento di giubilo. Thorin si voltò, serio in volto, verso l’uomo che asserì con tono astioso, “Noi non sappiamo niente di te. Chi può garantire per la tua onestà?”. Ci fu un attimo nel quale nessuno disse niente e si sentiva solo la gente bisbigliare. “Io! Garantirò per lui!”, esclamò Evelyn lasciando tutti ammutoliti. “E anche io!”, aggiunse Bilbo. Evelyn guardò lo hobbit abbozzando un sorriso e poi spostò la sua attenzione su Thorin che stava guardando lei e il mezz’uomo con un’espressione dalla quale si intravedeva della commozione. “Abbiamo viaggiato a lungo con questi nani affrontando gravi pericoli e se Thorin Scudodiquercia da’ la sua parola, la manterrà!”, dichiarò con fermezza Bilbo mentre Evelyn annuì.
Il volto del nano assunse un’aria rilassata e appagata e il popolo si esaltò di nuovo. Quel momento fu interrotto da Bard che urlò rivolgendosi alla popolazione, “Tutti voi! Ascoltatemi! Dovete ascoltarmi!”. Calò il silenzio e l’uomo disse con fermezza, “Avete dimenticato quello che è successo a Dale? Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco? E per quale motivo?”. La gente si mise a mormorare mentre Bard si voltò verso Thorin, che non lo degnava di uno sguardo, e dichiarò con severità, “La cieca ambizione di un re della montagna così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!”. Il re dei nani si girò verso l’uomo e lo guardò con risentimento intanto che il popolo ricominciò a mormorare. Nel frattempo Dwalin cercò di avventarsi contro Bard gridando, “Io lo ammazzo!”, ma fu fermato dai suoi compagni.
“Suvvia, suvvia! Non dobbiamo, nessuno di noi, essere troppo frettolosi a dare la colpa”, si intromise il Governatore calmando gli animi. Bard diede un’occhiata furiosa a Thorin prima di alzare lo sguardo verso il Governatore che continuò, “Non dimentichiamo che è stato Girion, Signore di Dale, tuo antenato, che fallì nell’uccidere la bestia!”, terminando la frase con un tono derisorio e mettendosi a ridere. Mentre la folla riprese col suo solito mormorio, il re dei nani osservò Bard sbalordito così come Evelyn e il resto della compagnia. “E’ vero, Signore! Tutti conosciamo la storia…freccia dopo freccia ha scoccato, ognuna ha mancato il bersaglio!”, confermò Alfrid con un tono compiaciuto.
Bard assunse un’espressione mesta, con gli occhi lucidi per le lacrime trattenute a fatica, tra il vociferare della gente. Poi l’uomo fece qualche passo verso Thorin, lo guardò con un’aria risentita e affermò con ira, “Non hai alcun diritto! Alcun diritto ad entrare in quella montagna!”. Il re dei nani lo osservò con impassibilità e replicò sommessamente, “Io sono l’unico ad averlo!”. I due si fissarono per un po’, poi Thorin si voltò verso il Governatore e dichiarò, “Mi rivolgo al Governatore degli uomini del lago!”. Il Governatore guardò con serietà il re dei nani che salì qualche gradino della scalinata e dopo proseguì, “Vuoi vedere la profezia realizzata? Vuoi condividere la grande ricchezza del nostro popolo?”. Il Governatore esitò un momento, mentre il popolo lo fissava speranzoso. “Cosa rispondi?”, domandò Thorin. Il Governatore abbozzò un sorriso e rispose, “E io dico a te…”. Fece una pausa e poi esclamò con esaltazione, “Benvenuto!”, e la popolazione esultò. “Benvenuto! Tre volte benvenuto, Re sotto la Montagna!”, aggiunse il Governatore tra l’applauso generale della folla e le grida di elogio. Thorin guardò prima la folla con un’espressione fiera e poi Bard con impassibilità il quale rispose con uno sguardo carico di rabbia.
Intanto il Governatore si avvicinò ad Alfrid e gli disse, “Fai preparare la cena, le camere degli ospiti e fai portare degli abiti per il re”. Alfrid lo guardò dubbioso mentre il Governatore aggiunse con un sorriso malandrino, “E anche per la ragazza!”. A quel punto Alfrid abbozzò un sorriso e guardando Evelyn replicò, “Sarà fatto!”, e si avviò a svolgere il compito affidatogli. Poi il Governatore si approssimò a Thorin, che quando si accorse della sua presenza si voltò verso di lui, e asserì cordialmente, “Stasera sarete miei ospiti!”. “Bene! Vi ringrazio!”, esclamò il re dei nani con impassibilità.
A quel punto Thorin andò verso i suoi compagni e comunicò loro, “Saremo ospiti del Governatore!”. I nani e Bilbo annuirono contenti, tranne Evelyn che diede un’occhiata all’uomo con un’aria contrariata. Non mi piace quel tipo, ma almeno ci sarà utile per la fornitura di tutto ciò che ci occorre per raggiungere Erebor ed affrontare il drago!, pensò sagacemente. Mentre la folla si stava pian piano disperdendo, la compagnia si incamminò a seguito del Governatore che li condusse nella sua dimora.
Evelyn esitò un momento quando si rese conto che Bard era ancora lì ad osservare la scena impotente. Si avvicinò all’uomo e chiese, “Bard! Potreste farmi avere i miei vestiti e le mie armi che ho lasciato a casa vostra?”. Bard la fissò con uno sguardo apprensivo e replicò con un tono implorante, “Vi prego, convincete Thorin a rinunciare a questa impresa! Sembra che a voi dia retta!”. Evelyn lo guardò sconcertata e, titubante, rispose, “Io…io…no…no, assolutamente! Non gli impedirò di riprendersi casa sua!”. “Per favore!”, insistette Bard. Evelyn esitò un momento prima di dichiarare con tono affabile, “Se a voi portassero via la casa, immagino che fareste di tutto per riprendervela!”. Bard restò in silenzio con un’espressione mesta delineata sul suo volto. “Allora non ostacolatelo! Non distruggete il suo sogno!”, implorò Evelyn. Bard la osservò perplesso ed esclamò con stupore, “Siete innamorata di lui!”. A quelle parole, Evelyn trasalì e, dopo un primo momento di imbarazzo, replicò severamente, “Non credo che siano affari vostri! Adesso, se volete scusarmi, devo raggiungere gli altri!”. Detto ciò, si affrettò a raggiungere il gruppo e, mentre si allontanava da Bard, egli le diede conferma alla sua richiesta, “Vi farò avere i vostri effetti personali!”.
 
Una volta entrati nell’abitazione del Governatore, furono accompagnati nelle rispettive stanze per potersi sistemare prima della cena. Evelyn si fece un bagno veloce e indossò il vestito che aveva trovato nella sua camera: un abito rosso scuro con motivi floreali ai lati della gonna e sulla fascia che le cingeva la vita, le maniche strette sull’avambraccio e ampie e lunghe sul braccio, e bordi dorati sulle maniche e all’altezza della scollatura dove vi erano anche altri due motivi floreali dorati.
Appena fu pronta, raggiunse gli altri nella sala da pranzo dove vi era un lungo tavolo imbandito con ogni prelibatezza di carne e pesce e birra e vino a fiumi. Evelyn cercò con lo sguardo Thorin e, quando lo trovò, andò subito da lui che, non appena notò la sua presenza, la fissò ammaliato. “Sei bellissima!”, esclamò Thorin senza esitazione. Evelyn sorrise con un pizzico di imbarazzo che si intravedeva sul suo volto che aveva assunto un colorito simile a quello del suo vestito.
Quel momento fu interrottò dal Governatore che si approssimò ai due. L’uomo scrutò Evelyn da capo a piedi con uno sguardo da depravato e poi dichiarò con nonchalance, “Vi sta proprio un incanto questo vestito!”. Evelyn rispose, forzando un sorriso, “Vi ringrazio!”. Intanto Thorin stava fissando il Governatore con un’espressione infastidita. Quando l’uomo se ne accorse, cercò di smorzare la tensione invitando tutti ad accomodarsi a tavola, “Beh, visto che ci siamo tutti, possiamo iniziare a cenare! Prego, accomodatevi!”. Detto ciò, si sedettero tutti a tavola; Thorin ed Evelyn si trovarono seduti di fronte al Governatore ed Alfrid.
Durante la cena il Governatore non mancò di lanciare qualche occhiata maliziosa ad Evelyn la quale lo ignorò per fargli capire chiaramente il suo disinteresse. Thorin notò l’atteggiamento dell’uomo, allora cercò di distogliere la sua attenzione da Evelyn, “Governatore! Colgo l’occasione per ringraziarvi nuovamente per la vostra collaborazione. Il vostro sostegno è di grande aiuto per noi”. L’uomo distolse lo sguardo da Evelyn e guardò il re dei nani con smarrimento. Dopo un attimo di esitazione, il Governatore dichiarò con enfasi e con un sorriso malandrino, spostando lo sguardo da Thorin ad Evelyn, “Oh, non c’è di che! E’ un vero piacere potervi aiutare”.
La cena proseguì tra l’allegria generale dei commensali che mangiavano e bevevano di gusto, mentre Evelyn non riusciva a rallegrarsi e mangiò poco. Il re dei nani si rese conto dello stato d’animo di Evelyn e le chiese con apprensione, “Eve! Cosa c’è?”. Evelyn lo guardò mestamente e replicò con tono sommesso, “No, niente!”, e poi si alzò e si diresse verso il portone d’ingresso. Uscì fuori, si affacciò alla balaustra della loggia e osservò la città; Thorin non perse tempo e la seguì. “Eve! Si può sapere cosa c’è? E non dirmi niente perché si vede chiaramente che non è così!”, affermò con fermezza il re dei nani. Evelyn sospirò, poi si voltò verso Thorin e replicò con tono accorato, “Noi siamo qui che banchettiamo col cibo comprato con le tasse pagate dalla popolazione che guarda in che condizioni vive! Il Governatore è un uomo avido ed egoista!”. Thorin prese le mani di Evelyn tra le sue e guardandola dritta negli occhi asserì, “Lo so! Ma quando avremo riconquistato Erebor, le cose cambieranno. Donerò una parte del tesoro a questa città per ricostruirla e permettere ai suoi abitanti di vivere meglio”. “Sì, ma siamo sicuri che il Governatore non si approprierà del tesoro che donerai?!”, rispose Evelyn con preoccupazione. “Farò in modo che non questo non accada. Lo farò tenere d’occhio da qualcuno di fiducia”, la rassicurò Thorin. “Magari da Dwalin?! Sono sicura che saprà come fargli passare la voglia di fare il furbo!”, dichiarò Evelyn abbozzando un sorriso e il nano annuì sorridendo.
Thorin ed Evelyn si persero l’uno nello sguardo dell’altro quando, all’improvviso, Evelyn chiese con decisione, “Che cos’è l’Arkengemma?”. Il re dei nani la guardò sorpreso, si distaccò da lei per avvicinarsi alla balaustra e osservò l’orizzonte nel punto in cui si intravedeva la montagna. “L’Arkengemma è una pietra di inestimabile valore che abbiamo trovato nelle miniere di Erebor ed è il simbolo del Re sotto la Montagna. L’Arkengemma ha il potere di riunire sotto l’unico Re tutte le sette famiglie naniche”, spiegò Thorin con calma. Poi si girò verso Evelyn e le domandò incuriosito, “Ma tu come fai a sapere dell’Arkengemma? Te ne ha accennato Gandalf?”. “No! L’ho sentita nominare da Thranduil”, replicò Evelyn. Il re dei nani la guardò perplesso, allora Evelyn dichiarò, “Ero presente alla chiacchierata tra te e lui”. Thorin la fissò sbalordito ed esclamò, “Ma com’è possibile?!”. “Incantesimo di occultamento!”, rispose Evelyn con fierezza.
Ad un certo punto, si sentirono delle forti risate provenire dall’interno e Thorin ed Evelyn si voltarono verso il portone d’ingresso. “Mi sa che là dentro si stanno divertendo!”, affermò Evelyn sorridendo. “Già! Ci uniamo anche noi?”, replicò Thorin. Evelyn lo guardò e asserì, “Veramente, sono un po’ stanca, perciò preferirei andare a dormire”. “Come vuoi! Ti accompagno!”, dichiarò Thorin porgendo la mano ad Evelyn che la accettò facendosi condurre all’interno dell’edificio. Quando furono dentro l’abitazione, andò loro incontro il Governatore seguito da Alfrid. “Oh, eccovi! Ci stavamo chiedendo dove foste finiti!”, asserì l’uomo abbozzando un sorriso e continuando a fissare Evelyn. Evelyn mantenne un atteggiamento impassibile e rispose, “Avevo voglia di prendere una boccata d’aria e Thorin ha ritenuto opportuno accompagnarmi, nel caso qualche persona molesta mi avesse importunato”. Il sorriso sparì dal volto del Governatore che assunse un’espressione seria, mentre Thorin trattenne a stento una risata. “Ora, se volete scusarmi, mi ritiro nella mia camera”, asserì poi Evelyn. Detto ciò, si congedò con un inchino e si diresse verso la scala seguita dal re dei nani.
Quando giunsero davanti alla stanza di Evelyn, Thorin le prese la mano e vi posò un bacio; dopo alzò lo sguardo su Evelyn e le disse soavemente, “Buonanotte Eve!”. Evelyn sorrise e replicò, “Buonanotte Thorin!”, e dopodiché entro in camera.
Evelyn rimase per un momento appoggiata alla porta, sentendo ancora la presenza del nano, il quale esitò davanti alla sua stanza, finché non la sentì affievolirsi sempre di più fino a sparire. A quel punto, un po’ delusa, si preparò per la notte e si coricò cedendo subito al sonno.
 
      
   
           

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: Erebor ***


Capitolo 18: Erebor
 
Evelyn avanzò a passi lenti su un colle tetro e freddo fino ad arrivare ad un’altura; si diresse verso il ciglio, si affacciò e al di sotto vide il corpo morto di Fili. Alla visione del nano senza vita, incominciò a respirare con affanno e il panico si impadronì di lei. Si allontanò dal ciglio indietreggiando e scuotendo il capo, poi si voltò di scatto e si mise a correre dirigendosi verso l’alto. Arrivò al livello superiore dove qualcosa la fece bloccare di colpo: a terra c’era un altro corpo morto. Si avvicinò piano piano con timore e quando fu vicina vide che si trattava di Kili. Il suo respirò divenne sempre più affannoso mentre guardava sconcertata il nano. Ad un certo punto sentì un rumore provenire dalla cima verso dove si diresse con titubanza; quando arrivò alla sommità, si trovò di fronte un enorme lago ghiacciato. Iniziò a percorrerlo lentamente mentre si guardava intorno; non vi era più alcun rumore, solo il silenzio assoluto. Ad un tratto, la sua attenzione fu catturata da qualcosa che si trovava vicino al ciglio; si diresse verso quel punto e, man mano che si avvicinava, capì che si trattava di un altro corpo che giaceva a terra senza vita. Si mise a correre con le lacrime che iniziarono a scenderle copiosamente e quando arrivò vicino al corpo e vide che si trattava di Thorin si accasciò sulle ginocchia e urlò con tutta la forza che aveva in petto.
           
Evelyn si svegliò di soprassalto respirando a fatica, tremante e il sudore che le imperlava il viso. “No, questo no!”, mormorò nervosamente. Dopo un primo momento di panico, cercò di calmarsi facendo profondi respiri e, quando il suo corpo smise di tremare, si alzò e si sciacquò la faccia. Poi si avvicinò alla finestra, aprì la tenda e vide che era l’alba. Avendo perso completamente il sonno, decise di vestirsi, prese la mantella, uscì dalla camera e si diresse al piano terra. Si guardò intorno notando che nessuno era ancora sveglio e dopo si avviò al portone d’ingresso mentre indossava la mantella; uscì sul porticato dove si fermò a contemplare la città prima di scendere gli scalini e addentrarsi nella piazza. Dopo qualche passo si fermò e osservò attorno a sé la città ancora addormentata respirando a pieni polmoni l’aria fredda che segnava la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno.
“Dove stai andando?”. Evelyn si voltò di scatto e vide Fili, con un’espressione seria sul volto, appoggiato al muro sottostante la balaustra del porticato della casa del Governatore e intento a fumare la pipa. Evelyn rimase immobile a fissare il nano che intanto si stava avvicinando a lei; quando furono di fronte, Fili spense la pipa e la ripose in tasca. Poi guardò dritto negli occhi Evelyn e chiese nuovamente, “Allora, dove stai andando?”. “Volevo solo fare un giro. Mi sono svegliata presto e non sono più riuscita ad addormentarmi”. “Come mai?”, chiese Fili. Evelyn ripensò al sogno e un senso d’angoscia l’attanagliò, ma cercò di non darlo a vedere. Meglio che per il momento non dica niente!, pensò la ragazza. “Beh, credo proprio che sia dovuto al fatto che ci stiamo avvicinando alla meta…la sola idea mi elettrizza”, replicò con decisione.
Fili la osservò dapprima perplesso, poi il suo viso si distese assumendo un’espressione benevola. Allungò una mano verso il viso di Evelyn e con le nocche le accarezzò la guancia esclamando, “Quanto sei bella!”. Evelyn indietreggiò ed esordì, “Fili! Io…”. All’istante la benevolenza lasciò il posto alla collera sul volto del nano che questionò interrompendo ciò che stava per dire la ragazza, “Sì, lo so! Tu sei innamorata di mio zio! Non c’è bisogno che me lo ricordi!”. Evelyn lo guardò mestamente, mentre Fili si voltò e si avviò verso il palazzo del Governatore. “Fili, mi dispiace!”, urlò Evelyn al nano. Fili si fermò e, senza voltarsi, rispose con tono risentito, “Sapessi quanto dispiace a me!”. Detto ciò, entrò nell’abitazione lasciando sola Evelyn con i suoi sensi di colpa.
Evelyn sospirò fissando la porta chiusa del palazzo del Governatore. Poi si voltò verso la città contemplandola per un po’ prima di mormorare con tono affranto, “Ma guarda che situazione! Fili non poteva essere odioso come Jago così non avrei provato alcun dispiacere a spezzargli il cuore?!”. Dopodiché si incamminò inoltrandosi nella città che poco alla volta si popolò di gente che si apprestava ad iniziare la giornata lavorativa: mercanti, pescatori, artigiani, fabbri. Tutte le persone che Evelyn incontrò le rivolsero un cenno di saluto, sorridendole con fare speranzoso, al quale lei ricambiò cercando di mostrarsi serena nonostante l’angoscia che si celava nel suo cuore.
Dopo un’ora Evelyn decise di ritornare al palazzo del Governatore e lungo la strada incontrò Bard. “Buongiorno!”, disse l’uomo. “Buongiorno!”, replicò Evelyn. “Cosa ci fate qui?”, chiese incuriosito Bard. “Un giro per schiarirmi le idee”, rispose Evelyn. “Beh, sarà meglio che rimandiate ad un'altra volta perché a palazzo c’è qualcuno molto preoccupato per voi che sta venendo a cercarvi”, dichiarò l’uomo. “E voi come fate a saperlo?”, domandò Evelyn perplessa. “Perché sono appena stato lì a portarvi i vostri vestiti e le vostre armi”, asserì Bard. “Oh! Vi ringrazio!”, replicò Evelyn. “Allora sarà meglio che vada prima che questo qualcuno dia di matto non vedendomi tornare”, aggiunse poi in tono sarcastico e, detto ciò, se ne andò.
Quando fu in prossimità del palazzo del Governatore, Evelyn vide del movimento davanti all’ingresso e, a poco a poco che si avvicinava, notò che si trattava dei nani riuniti attorno Thorin che, con fare nervoso, stava dando delle istruzioni, “Ci divideremo in gruppi. Gloin, Oin, Dwalin e Balin con me. Bifur, Kili e Fili. Dori, Nori, Ori e Bombur. Trovatela il prima possibile!”.
Evelyn vedendo la scena sorrise, si approssimò piano piano e poi si schiarì la voce per attirare l’attenzione. Tutti si voltarono subito verso di lei; dapprima la guardarono stupiti e poi un’espressione di sollievo si disegnò sui loro volti. Thorin si precipitò da lei, le prese le mani e affermò con ansia, “Ma dov’eri? Mi hai fatto preoccupare!”. Evelyn lo guardò amorevolmente abbozzando un sorriso e replicò, “Sono andata a fare un giro. Avevo bisogno di prendere una boccata d’aria”. “Avrebbe potuto accaderti qualcosa!”, esclamò Thorin con voce carica di irrequietezza. “Vorrei ricordarti che sono una strega e sono in grado di difendermi da sola!”, rispose Evelyn con tono sprezzante. A quel punto il volto di Thorin si distese e assunse un’espressione più tranquilla abbozzando un sorriso. “Sì, lo so! Ma come ti ho già detto una volta, non posso fare a meno di proteggerti!”, asserì il re dei nani con posatezza. Evelyn ricambiò il sorriso e i due stettero per un po’ mano nella mano guardandosi intensamente negli occhi.
Ad un certo punto, i nani cominciarono a schiarirsi la voce e a tossire per attirare l’attenzione; Thorin ed Evelyn si voltarono verso di loro i quali li fissavano con un’espressione maliziosa. “Non per volervi interrompere, piccioncini, ma abbiamo una montagna da riconquistare. Sarebbe meglio non perdere altro tempo!”, questionò Gloin. Thorin guardò il nano con un’aria di rimproverò mentre Evelyn sentì una vampata di caldo e, imbarazzata, lasciò immediatamente le mani del re dei nani. A quel punto i nani ridacchiarono tra di loro, allora sia Evelyn che Thorin li fulminarono con lo sguardo e così si zittirono tutti. Evelyn si incamminò verso il palazzo del Governatore e passò accanto a Fili; lo guardò con la coda dell’occhio e notò che il nano la stava fissando con uno sguardo carico di rancore. Evelyn sospirò rammaricata mentre saliva le scale e varcava la soglia seguita dalla compagnia.
 
Evelyn si diresse immediatamente nella sua stanza; quando vi entrò cercò i suoi abiti e le sue armi che trovò adagiati sul letto. Si cambiò indossando la sua tunica, prese tutti i suoi effetti personali e scese al piano di sotto nel salone dove trovò i nani pronti e armati di tutto punto; mancavano all’appello soltanto Thorin, Bofur e Bilbo. Evelyn si guardò intorno per cercare i due nani e lo hobbit, ma scorse il Governatore che si stava dirigendo verso di lei accompagnato da Alfrid. Evelyn fece una smorfia di disappunto senza farsi notare e quando si trovò di fronte il Governatore sfoggiò un falso sorriso. Il Governatore la fissò con la sua solita espressione maniacale e le chiese con tono sornione, “Ma come mai vi siete preparata anche voi? Non vorrete mica partecipare a questa pericolosa impresa?”. Evelyn abbandonò il suo finto sorriso, assunse un’aria seria e replicò con risolutezza, “Certo! Perché non dovrei?”. A quel punto anche il volto del Governatore si fece serio e rispose titubante,”Oh…beh…potrebbe accadervi qualcosa e…per questo motivo pensavo che…potreste rimanere qui ad aspettare i vostri amici”. Evelyn lo guardò con cipiglio e dichiarò fermamente, “No, grazie! Ho viaggiato con loro fin qui affrontando ogni tipo di pericolo e non li abbandonerò proprio adesso. E ora, se volete scusarmi!”, e si allontanò dirigendosi verso la compagnia lasciando il Governatore ed il suo consigliere senza parole e nello sgomento totale.
Appena Evelyn raggiunse i nani, Dwalin le domandò con tono deciso e irritato, “Cosa voleva da te il Governatore?”. Evelyn guardò il nano e, abbozzando un sorriso, asserì pacatamente, “Oh, niente che non potessi risolvere da sola!”. “Uhm…sei sicura che non debba farlo a pezzi?!”, replicò Dwalin con fermezza. Evelyn si mise a ridere e poi affermò, “No, non è necessario! Ho già provveduto a rimetterlo in riga”. L’espressione severa del nano si addolcì lievemente per fare spazio ad un sorriso accennato.
In quel momento fecero la sua comparsa Thorin insieme a Bilbo i quali entrambi portavano una mantella di velluto rosso, dono del Governatore, il quale gli andò incontro e gli disse con tono entusiasta, “Vi ho fatto preparare una barca!”. “Bene! Allora possiamo andare!”, rispose il re dei nani con decisione. Detto ciò, si avviò verso l’uscita e la compagnia si affrettò a seguirlo; mentre si dirigevano all’esterno, Evelyn diede un’occhiata attorno a sé e notò che Bofur mancava all’appello.
 
Il gruppo si diresse verso il pontile dove era attraccata la barca messa a disposizione dal Governatore che nel frattempo stava andando verso il pulpito dal quale avrebbe tenuto un discorso di commiato. Mentre la compagnia percorreva le strade affollate di gente che era accorsa per assistere alla partenza di coloro che avrebbero potuto cambiare la sorte di Pontelagolungo e della sua popolazione, Evelyn si avvicinò a Thorin e gli disse, “Lo sai che siamo a corto di uno?! Dov’è Bofur?”. “Se non è qui, lo lasciamo indietro!”, replicò severamente il re dei nani. Evelyn rimase allibita dalla risposta di Thorin, ma prima che potesse ribattere, si intromise Balin asserendo, “Sì, per trovare la porta prima del calare del sole non possiamo rischiare ulteriori ritardi”. A quel punto, Evelyn rivolse a Balin la sua espressione sbigottita e successivamente indirizzò la sua attenzione a Bilbo sul cui volto si manifestò il medesimo sbalordimento.   
Giunsero al pontile e i nani iniziarono a salire sulla barca e, quando fu il turno di Kili, Thorin lo bloccò e asserì con tono risoluto,“Tu no!”. Poi, nel frattempo che aiutava a caricare sull’imbarcazione le armi, aggiunse, “Dobbiamo andare veloci! Ci rallenteresti!”. Kili guardò suo zio con stupore e, abbozzando un sorriso, replicò fermamente, “Ma di che parli? Io vengo con voi!”. La risposta di Thorin arrivò immediatamente, mentre era ancora impegnato a caricare le armi sulla barca, “Non ora!”. Kili lo fissò esterrefatto, così come Evelyn che stava assistendo a tutta la scena. Il re dei nani, appena notò l’espressione di suo nipote, si fermò e lo guardò con aria dispiaciuta. A quel punto, Kili dichiarò con tono risoluto, “Io ci sarò quando quella porta sarà aperta, quando scorgeremo le sale dei nostri padri, Thorin!”. Allora Thorin poggiò una mano sulla spalla di Kili e affermò con un tono più pacato e affettuoso, “Kili, resta qui! Riposa!”. Dopo spostò la mano sulla nuca di suo nipote e asserì abbozzando un sorriso, “Ci raggiungi quando guarisci”. Il volto di Kili si accigliò e tornò ad assumere un’espressione sbalordita; nonostante ciò, il re dei nani non aggiunse altro, si voltò e si avvicinò alla barca.
In quel momento, Oin si fece avanti dichiarando fermamente, “Io resto con il ragazzo! Il mio dovere è stare con i feriti!”, e detto ciò, risalì sul pontile. Dopodiché fu il turno di Fili dire la sua e affermò con fermezza, “Zio! Siamo cresciuti con le storie della montagna, storie che tu ci hai raccontato! Non gli puoi togliere questo! Lo porterò in braccio, se devo!”. Thorin replicò prontamente con tono serio e posato, “Un giorno diventerai re e capirai! Non possiamo rischiare la riuscita di questa impresa per un solo nano…neanche se un parente!”. Fili spostò il suo sguardo da Thorin a Kili, il quale stava soffrendo a causa del dolore provocatogli dalla ferita alla gamba, e senza indugio risalì anche lui sul pontile. Thorin lo prese per un braccio e questionò severamente, “Fili! Non essere sciocco! Il tuo posto è nella compagnia!”. Il nano osservò suo zio con collera e rispose con decisione, “Il mio posto è con mio fratello!”. Dopo si divincolò dalla presa di Thorin e andò da Kili. Intanto Evelyn prima guardò sconcertata Thorin e poi rivolse la sua attenzione ai tre nani che sarebbero rimasti a Pontelagolungo; Kili la osservò con un’espressione mesta e sofferente, mentre Fili, appena si rese conto dello sguardo di Evelyn su di loro, le lanciò un’occhiata carica di risentimento.
Dopo che tutte le armi furono sistemate e tutti furono saliti sulla barca, vi salì anche Thorin, ma poi notò che Evelyn invece era ancora sul pontile e la sua attenzione era concentrata su Fili, Kili e Oin. Allora la chiamò, “Eve!”. Evelyn, sentendosi chiamare, si voltò e vide il re dei nani sulla barca che, tendendole la mano, le disse, “Andiamo o non faremo in tempo!”. Evelyn diede un’ultima occhiata ai tre nani, poi si girò verso Thorin, annuì, gli porse la mano e salì sulla barca.
Ad un tratto si udì il suono delle trombe che annunciavano l’arrivo del Governatore, che stava salendo sul pulpito dal quale avrebbe tenuto il suo discorso, accolto con un’ovazione e un applauso da parte del popolo; il Governatore fece il suo discorso mentre la compagnia si apprestò a partire acclamata dalla popolazione.  
 
Percorsero i canali della città fino a immettersi nel lago che separava Pontelagolungo da Erebor. La traversata durò un’ora durante la quale Thorin rimase per lo più in piedi a prua con lo sguardo rivolto costantemente verso la Montagna Solitaria la cui imponente figura occupava l’orizzonte. Quando giunsero a destinazione, trascinarono la barca sulla terra ferma e portarono con sé solo lo stretto necessario tra armi e cibarie, lasciando sull’imbarcazione le cose ingombranti e troppo pesanti; dopodiché si incamminarono risalendo le pendici.
Camminarono per un’ora fino a giungere in uno spiazzo dal quale poi salirono su dei costoni. Bilbo si fermò un attimo per riprendere fiato ed esclamò, “Che silenzio!”. Balin andò verso lo hobbit replicando, “Non è stato sempre così”. Poi si affiancò al mezz’uomo e indicando davanti a sé aggiunse, “Una volta quelle colline erano ricoperte di boschi”. Balin contemplò per un momento il panorama riprendendo fiato e dopo proseguì, “Gli alberi erano pieni di canti di uccelli”. Ad un certo punto un uccello si posò su una roccia e Bilbo lo osservò attentamente. La sua attenzione sul volatile fu distolta da Thorin che, giungendo alle sue spalle, dichiarò, “Tranquillo mastro Baggins! Abbiamo cibo, abbiamo arnesi, siamo ormai a buon punto”. Il re dei nani avanzò seguito da tutti gli altri e quando superarono un muro di roccia si trovarono davanti alla visione di una città desolata arroccata su un versante della montagna che si trovava al di là di una vallata. “Cos’è questo posto?”, chiese Evelyn incuriosita. “Una volta era la città di Dale…ora è una rovina! La desolazione di Smaug!”, rispose Balin. “Presto il sole sarà a mezzodì. Dobbiamo trovare la porta segreta prima che cali”, affermò all’improvviso Thorin. “Per di qua!”, intimò poi al gruppo mentre stava per incamminarsi. “Aspetta!”, esclamò Bilbo. Il re dei nani si fermò e si voltò verso lo hobbit che disse, “E’ questo lo spiazzo? Gandalf ha detto di attenderlo qui, a nessun costo dovevamo…”. Il mezz’uomo non fece in tempo a finire di parlare che Thorin lo interruppe affermando, “Tu lo vedi? Non abbiamo tempo per aspettare lo stregone…siamo da soli”. A quel punto il re dei nani rivolse il suo sguardo verso Evelyn che lo stava fissando con un’espressione irritata e allora le disse con tono pacato, “Eve! Mi spiace, ma se aspettiamo rischiamo di non arrivare in tempo”. Evelyn sospirò, distese il volto assumendo un’aria più calma e annuì lasciando esterrefatto Bilbo che stava guardando sia lei che Thorin con incredulità. Il re dei nani abbozzò un sorriso ed esclamò, “Venite!”.
Il gruppo si rimise in marcia e dopo un’altra ora arrivarono ai piedi di Erebor. Ci girarono in torno più volte, perlustrando ogni angolo, per cercare dove fosse il punto nel quale si sarebbe dovuta trovare la porta. Ad un tratto Thorin si fermò, piantò la spada nel terreno, guardò in alto e urlò, “Niente?”. “Niente!”, replicò Dwalin a voce alta. Allora il re dei nani tirò fuori dalla tasca una mappa, la aprì, la osservò e asserì, “Se questa mappa è vera, la porta nascosta è proprio su di noi”. Ad un certo punto, Bilbo gridò, “Quassù!”. Raggiunsero tutti il punto dove si trovava lo hobbit e videro una scalinata scavata nella roccia che saliva fino alla cima della montagna. Thorin, Bilbo ed Evelyn si lasciarono andare ad un sorriso. “Hai occhi acuti mastro Baggins!”, dichiarò il re dei nani con soddisfazione.
Senza perdere altro tempo, si avviarono a risalire la scalinata e dopo ore di camminata arrivarono alla sommità della montagna in un punto in cui vi era una rientranza. A quella vista, sul volto di Thorin comparve un’espressione felice. Poi avanzò avvicinandosi alla parete e asserì con esaltazione, “Deve essere qui…la porta nascosta!”. Dopo si voltò verso la compagnia e proclamò solennemente sollevando una chiave, “Che tutti coloro che hanno dubitato di noi rimpiangano questo giorno!”, e a quelle parole i nani esultarono.
Dopodiché avanzarono tutti verso la parete e Dwalin disse, “Allora, abbiamo la chiave…”, si avvicinò di più alla parete ed iniziò a tastare la superficie dichiarando, “…vuol dire che da qualche parte c’è un buco della serratura”. Thorin andò verso il ciglio, osservò l’orizzonte e mormorò, “Il raggio risolutivo del Dì di Durin…”, poi si voltò verso la parete e aggiunse, “…splenderà sul buco della serratura”. Intanto Dwalin continuava a tastare la parete mentre il sole poco alla volta stava calando.
Thorin teneva d’occhio il sole mentre Dwalin proseguiva nella ricerca della serratura, ma invano, allora il re dei nani, che iniziava ad essere impaziente, si avvicinò a Nori facendogli cenno con la testa di andare ad aiutare Dwalin e il nano obbedì. Nori si mise a picchiare sulla parete con un cucchiaio per sentire dove vi fosse una cavità e intanto Dwalin decise di provare a spingere la parete. “Stiamo perdendo la luce…avanti!”, affermò Thorin con apprensione. Nori e Dwalin proseguirono nel loro intento di trovare un’apertura, uno battendo sempre più forte con il cucchiaio e l’altro tirando calci alla parete, ma senza ottenere risultati. “Fa silenzio! Non sento quando dai i colpi!”, rimproverò ad un tratto Nori a Dwalin. Nel frattempo Balin e Thorin si guardarono preoccupati e gli altri assistevano alla scena impotenti e angustiati. Nori e Dwalin aumentarono i colpi sulla parete e Nori si lamentò, “Non c’è! Non c’è!”. Thorin guardò nuovamente il sole che stava calando e poi intimò, “Buttatela giù!”. Detto ciò, tutti i nani con mazze e picconi cercarono di abbattere la parete incitati dal loro re che urlò, “Presto!”. Thorin continuava a guardare con ansia il sole mentre Evelyn stava pensando a qualche incantesimo utile per aiutarli, ma nella concitazione non le venne in mente niente. “E’ inutile! La porta è sigillata, non la si apre con la forza…la magia è potente!”, asserì all’improvviso Balin. A quel punto si fermarono tutti e, sconsolati, buttarono a terra gli arnesi; intanto il sole sparì dietro le montagne.
“No!”, urlò disperato Thorin andando verso la parete. Poi si voltò verso i suoi compagni con in mano la mappa e, guardandola, mormorò con affanno, “Il raggio risolutivo del Dì di Durin…splenderà sul buco della serratura”. Dopo alzò lo sguardo e dichiarò con tono afflitto, “Questo è ciò che dice!”. Guardò uno ad uno i componenti della compagnia, i quali avevano tutti un’espressione affranta, e chiese, “Cosa ci è sfuggito?”. In seguito, avanzando verso Balin domandò nuovamente con voce rotta dalla commozione, “Cosa ci è sfuggito? Balin!”. “Ci siamo persi la luce…non c’è più niente da fare!”, replicò pacatamente Balin. A quel punto Thorin rivolse lo sguardo verso l’orizzonte intanto che Balin aggiunse, “Avevamo una sola possibilità!” I nani iniziarono a muoversi mentre Balin asserì con tono quieto, “Andiamocene ragazzi…è finita!”.
 
Evelyn guardò i nani sbigottita e lo stesso fece Bilbo che esclamò, “Un momento! Come…”, ma fu interrotto da Dwalin il quale affermò, “Troppo tardi!”. “Dove vanno?”, chiese con enfasi lo hobbit a Thorin intanto che i nani si incamminarono. Non ricevendo alcuna risposta dal re dei nani, il quale era in uno stato apatico, questionò, “Non potete abbandonare ora!”. Bilbo ed Evelyn osservarono Thorin che sollevò leggermente il braccio, aprì la mano e lasciò scivolare la chiave che cadde sulla roccia provocando un rumore metallico. Il mezz’uomo e Evelyn guardarono sbalorditi il re dei nani che si voltò, passò accanto a Bilbo lasciandogli in mano la mappa e se ne andò nonostante lo hobbit tentò di convincerlo a non arrendersi, “Thorin! Non puoi abbandonare ora!”.
I nani cominciarono la discesa della scalinata mentre Bilbo ed Evelyn rimasero ancora davanti alla porta convinti che si potesse trovare una soluzione. Intanto che Evelyn faceva mente locale di tutti gli incantesimi che conosceva e che sarebbero potuti essere utili per aprire una porta celata da un sortilegio, lo hobbit si avvicinò alla parete e iniziò a ragionare, “Sta accanto alla pietra grigia…quando il tordo picchia”. Rifletté un momento, poi guardò verso l’alto ed esclamò, “Il sole che scende!”. Evelyn fissò con aria inquisitoria il mezz’uomo che continuò nel suo ragionamento, “E il risolutivo raggio del Dì di Durin risplenderà!”. Bilbo sospirò e poi ripeté, “Risolutivo raggio!”. Fece qualche passo e disse nuovamente, “Risolutivo raggio!”. Dopo alzò gli occhi verso il cielo dove una mezza luna fece capolino da dietro delle nuvole e avanzò continuando a fissare in alto. Evelyn ruppe il silenzio chiedendo, “Hai per caso trovato una soluzione?”, ma appena finì di parlare si udì un rumore. I due si voltarono e videro un tordo appoggiato su una roccia, vicino alla porta, contro la quale batteva una ghianda che aveva nel becco fino a quando la ruppe, ne mangiò il frutto e volò via; ad un certo punto, la luce della luna illuminò la parete.
Bilbo guardò verso il cielo e poi la parete ed esclamò con gioia, “Risolutivo!”, mentre poco alla volta comparve il buco della serratura. Evelyn e Bilbo rimasero a bocca aperta dallo stupore e, dopodiché, lo hobbit urlò per avvisare i nani e richiamarli, “Il buco della serratura! Tornate!”. Il mezz’uomo ed Evelyn andarono verso la scalinata e guardarono giù, ma dei nani non c’era neanche l’ombra. Allora Bilbo gridò ancora, “Tornate! Tornate! E’ la luce della luna, l’ultima luna d’autunno!”, e poi si mise a ridere contagiando con il suo entusiasmo anche Evelyn. In seguito, lo hobbit esclamò con euforia, “Dov’è la chiave? Dov’è la chiave? Dov’è la…”, intanto che scrutava il terreno per cercarla, supportato da Evelyn. “Era qui! Avanti…era qui!”, asserì Bilbo mentre continuava nella ricerca della chiave insieme ad Evelyn. “Era proprio…”, non fece in tempo a finire la frase che il mezz’uomo urtò la chiave la quale volò via e stava per cadere nel vuoto se non fosse stato per Thorin che la fermò all’ultimo momento posandovi sopra il piede; lo hobbit ed Evelyn tirarono un sospiro di sollievo.
Il re dei nani fissò i due per un momento, poi si chinò, raccolse la chiave e si sollevò. La teneva stretta in mano guardandola con soddisfazione, intanto che fu affiancato da tutti i nani i quali avevano sul volto un’espressione compiaciuta. A quel punto, Thorin si avvicinò alla parete, inserì la chiave nel buco della serratura, la girò e, dopodiché, spinse con forza la porta finché si aprì. I nani rimasero tutti in silenziosa attesa mentre il loro re mormorò, “Erebor!”. Balin gli si avvicinò e con voce commossa esclamò, “Thorin!”. Thorin si voltò verso di lui e gli posò una mano sulla spalla per confortarlo. Poi si avviò lentamente all’interno e con tono flebile dichiarò commosso, “Conosco queste mura!”. Fece un passo avanti e aggiunse, “Queste sale!”. Avanzò ancora seguito da Balin, appoggiò una mano sul muro e asserì, “Questa pietra!”. Sospirò e dopo chiese al nano, “ Ti ricordi, Balin?”. Si spinse più avanti, poi si girò verso il nano e affermò, “Saloni pieni di luce dorata!”. Anche Balin avanzò e replicò con commozione, “Lo ricordo bene!”. Intanto che il nano fece ancora qualche passo, Evelyn si affacciò all’uscio per dare un’occhiata all’interno e quando Thorin la vide le disse dolcemente protendendo la mano verso di lei, “Eve! Vieni!”. Evelyn spostò la sua attenzione sul re dei nani, si avvicinò a lui e gli porse la mano. Thorin la guardò dritta negli occhi, abbozzando un sorriso, e asserì, “Questa è casa mia!”. Dopo con l’altra mano le accarezzò il viso e aggiunse, “E un giorno sarà anche casa tua!”. Evelyn lo fissò stupita mentre sul volto del re dei nani il sorriso abbozzato si ampliò.
Nel frattempo anche gli altri nani e Bilbo si erano fatti avanti entrando nella montagna attirando l’attenzione di Thorin e Evelyn. Nori si guardò intorno e, ad un certo punto, indicò un’immagine incisa sulla parete al di sopra della porta e Gloin lesse l’iscrizione in rune che contornava la figura, “Qui giace il settimo regno del popolo di Durin. Possa il cuore della montagna unire tutti i nani in difesa di questa casa”. Intanto che il nano leggeva, Bilbo avanzò più all’interno e osservò con curiosità l’immagine. Quando Gloin finì di leggere, Balin si avvicinò allo hobbit e gli disse con fierezza, “Il trono del re!”. Il mezz’uomo diede un’occhiata a Balin per poi rivolgere ancora il suo sguardo verso la figura. “E che cos’è quello…là sopra?”, chiese ad un tratto Bilbo. Balin fissò lo hobbit per un momento prima di rispondere con fermezza, “L’Arkengemma!”. Il mezz’uomo guardò il nano con perplessità e poi tornando ad osservare l’immagine esclamò, “L’Arkengemma?!”. Sentendo quella parola, Evelyn guardò attentamente la figura, soffermandosi sulla raffigurazione dell’Arkengemma. Anche Bilbo la fissò per un attimo prima di rivolgersi a Balin per domandargli, “E che cos’è?”. A quel punto intervenne Thorin che rispose con tono quieto, attirando l’attenzione del nano, dello hobbit e di Evelyn, “Quella, Mastro Scassinatore, è il motivo per cui sei qui”. Sul volto del mezz’uomo, così come su quello di Evelyn, comparve un’espressione perplessa con la quale guardò il resto dei nani che lo stavano osservando con serietà, prima di fissare nuovamente l’immagine.
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi con un nuovo capitolo! Scusate il ritardo, ma non ho avuto molto tempo per andare avanti e poi avevo un po’ perso l’ispirazione! Però sono tornata! :)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Smaug il Terribile ***


Capitolo 19: Smaug il Terribile
 
“Balin! Accompagna Mastro Baggins fino al punto dal quale dovrà proseguire per la ricerca dell’Arkengemma”, intimò Thorin mentre si avviava verso l’uscita, “Noi altri aspetteremo qui fuori!”. Evelyn guardò stupefatta il re dei nani e dopo rivolse uno sguardo preoccupato a Bilbo. “Forse sarebbe meglio se io lo accompagnassi!”, dichiarò all’improvviso Evelyn. A quell’affermazione, Thorin si immobilizzò, si girò lentamente e, fissandola con disappunto, replicò severamente, “E’ fuori discussione…tu non ci andrai!”. Evelyn lo osservò prima sbalordita e poi con collera e replicò con decisione, “Come? Scusa?!”. Il re dei nani stava per rispondere quando si intromise lo hobbit asserendo pacatamente, “Evelyn! Non fa niente!”. Evelyn si voltò verso il mezz’uomo e gli rivolse uno sguardo esterrefatto. “Veramente…posso farcela da solo!”, ribadì Bilbo vedendo l’espressione sbigottita della ragazza. Detto ciò, lo hobbit si indirizzò a Balin dicendogli, “Fammi strada!”, e il nano annuì per poi incamminarsi seguito dal mezz’uomo mentre il resto del gruppo uscì dalla montagna. Evelyn rimase per un momento a fissare Balin e Bilbo che si inoltravano sempre più finché scomparvero dalla vista e allora, a quel punto, andò fuori raggiungendo gli altri.
Evelyn posò a terra le sue armi e si sedette su una roccia. Poi domandò, “Avete una mappa dell’interno di Erebor?”. I nani si voltarono tutti verso di lei, ma a rispondere fu Dwalin, “No, almeno non qui con noi. Magari è rimasto qualcosa nella biblioteca”. Evelyn sospirò e assunse un’aria rassegnata. “Perché?”, chiese Thorin con risolutezza. La strega lo guardò con risentimento e replicò con tono astioso, “Perché pensavo di fare un incantesimo di localizzazione per trovare il prima possibile l’Arkengemma!”. Il re dei nani non ribatté, ma dalla sua espressione adirata si capì che non aveva per niente gradito il modo in cui Evelyn si era rivolto a lui. Per contro, Evelyn abbozzò un sorriso, poi si alzò, si diresse verso il ciglio e osservò l’orizzonte.
Ad un tratto, una strana sensazione le fece fremere ogni parte del suo corpo e, dopodiché, percepì una potente ed oscura energia; cercò di capire da che parte provenisse, ma sembrava che giungesse da ogni angolo, persino da dentro la montagna. All’improvviso, udì una voce chiamarla, la stessa che aveva sentito a Bosco Atro vicino al ruscello, ma subito dopo sentì la voce di suo zio che pronunciava con tono sofferente un nome, “Sauron!”. In quel momento ad Evelyn mancò il respiro. No, non può essere!, pensò con ansia.
Thorin, accortosi dello stato d’animo di Evelyn, le si avvicinò e le domandò con apprensione, “Eve! Va tutto bene?”. Evelyn si voltò di scatto verso il re dei nani e, ancora un po’ scombussolata, rispose tentennante, “Io…ehm…no…no, è tutto a posto. E’ solo che…sono preoccupata per mio zio. Mi sembra…che ci stia mettendo troppo tempo ad arrivare”. Ad un tratto, sentirono un rumore provenire dalla porta, si girarono e videro giungere Balin.
“Allora è andato il mezz’uomo?!”, esclamò Dwalin. “Sì, certo che è andato. Davvero ammirevole da parte sua”, replicò Balin. “Sta facendo solo quello per cui ha firmato un contratto e per il quale sarà pagato!”, sentenziò duramente Thorin. A quelle parole, lo guardarono tutti sbigottiti. In quel momento ad Evelyn venne in mente ciò che le aveva detto suo zio alle porte di Bosco Atro, Una maledizione grava sull’oro che si trova dentro la montagna. Una maledizione che ha portato alla pazzia il nonno di Thorin e potrebbe portare alla pazzia anche lui! Evelyn osservò con aria preoccupata Thorin e pensò, E’ la maledizione…sta già avendo effetto su di lui!
I pensieri di Evelyn vennero interrotti da una scossa che fece tremare la montagna. I nani si guardarono attorno allarmati e Dori affermò con ansia, “Era un terremoto?!”. “Quello, ragazzo mio…”, esordì Balin con tono pacato. Poi il nano si voltò verso il gruppo e proseguì, “…era un drago”. Evelyn guardò Thorin e notò la sua espressione preoccupata.
Nonostante tutto, la compagnia rimase in attesa seppur con apprensione. Evelyn fissò uno ad uno i nani il cui volto teso lasciava intendere la loro ansia; l’unico che sembrava essersi subito tranquillizzato assumendo un’aria indifferente era Thorin.
Aspettarono ancora con sempre più crescente preoccupazione. Avrei dovuto accompagnare Bilbo!, pensò Evelyn con rammarico. Poi si avvicinò all’entrata e vide un bagliore rosso. A quel punto, Ori, avendo notato anche lui quella luce, si voltò verso Thorin e domandò con tono inquieto, “Che ne è di Bilbo?”. “Diamogli altro tempo!”, replicò il re dei nani con impassibilità dando le spalle al gruppo. “Tempo per fare cosa? Per essere ucciso?”, rispose con fermezza Balin. Allora Thorin si girò verso il nano, lo guardò con severità e dichiarò, “Tu hai paura!?”. Balin sostenne lo sguardo del re con lo stesso rigore e asserì con risolutezza, “Sì! Ho paura!”. Dopo fece un passo verso Thorin e aggiunse sempre con un tono deciso, “Ho paura per te!”. Poi proseguì, “Una malattia grava su tutto quel tesoro! Una malattia che portò tuo nonno alla pazzia!”. Il re dei nani distolse lo sguardo da Balin, rivolgendo la sua attenzione all’orizzonte, e con tono placido dichiarò, “Io non sono mio nonno!”. “Non sei te stesso…il Thorin che conosco non esiterebbe ad entrare…”, Balin iniziò a rimproverare Thorin il quale, però, non gli permise di finire di parlare e lo interruppe asserendo con fermezza, “Non metterò a rischio questa impresa per la vita di uno…scassinatore”. Balin lo guardò con un’aria di rimproverò ed esclamò sdegnato, “Bilbo! Il suo nome è Bilbo!”.
Il re dei nani non replicò e rimase in silenzio, così come tutti gli altri. Ho visto e sentito abbastanza! Non posso più stare qui ad aspettare!, pensò Evelyn con decisione. Detto ciò, prese le sue armi e si precipitò dentro la montagna. “Eve! Torna indietro!”, gridò Thorin con collera, ma Evelyn non gli diede retta e proseguì addentrandosi sempre più nella montagna. Attraversò degli stretti corridoi, senza sapere esattamente dove stesse andando, quando arrivò su un pianerottolo dal quale si dipartivano delle scale sia verso l’alto che verso il basso e la visuale si apriva su un immenso ed ampio salone, contornato da alte colonne e volte, colmo di una miriade di monete d’oro e altri oggetti di valore. Evelyn rimase scioccata di fronte a ciò che le apparve davanti agli occhi e dichiarò, “Non ho mai visto tanto oro in vita mia!”. Ad un certo punto, la sua attenzione fu attirata da un forte bagliore di luce rossa che la investì in pieno costringendola a distogliere lo sguardo talmente era accecante. Appena il bagliore svanì, Evelyn si voltò verso il salone e cercò di capire da dove fosse arrivata quella luce intensa quando sentì un rumore di passi provenire alle sue spalle; allora si girò e vide Thorin giungere di corsa con in mano la spada. “Thorin!”, esclamò Evelyn guardando stupefatta il nano che avanzò verso di lei affiancandola. Subito lo sguardo del re dei nani fu catturato dalla montagna d’oro luccicante che si espandeva al di sotto del punto in cui si trovava; respirando con affanno per via della corsa che aveva fatto, contemplava sbalordito l’infinito tesoro che giaceva nel salone.
Ad un tratto, si udì ancora rumore di passi questa volta provenienti dal basso; Thorin ed Evelyn si voltarono verso il punto dal quale proveniva il rumore e videro Bilbo sopraggiungere in fretta e furia. Thorin andò subito verso lo hobbit, seguito da Evelyn, ed esclamò, “Sei vivo?!”. “Non per molto ancora!”, replicò il mezz’uomo con tono inquieto mentre saliva le scale. “Hai trovato l’Arkengemma?”, domandò a bruciapelo il re dei nani. Bilbo, ignorando la domanda postagli da Thorin, asserì immediatamente, “Sta arrivando il drago!”. Il nano si piazzò davanti a lo hobbit arrestando la sua corsa ed esclamò con fermezza, “L’Arkengemma!”. Evelyn guardò Thorin con apprensione e pensò, La maledizione! Gli sta annebbiando la mente! Intanto il mezz’uomo rimase immobile a fissare il nano mentre riprendeva fiato. Poi Thorin, osservando Bilbo con sguardo serio, chiese con fermezza, “L’hai trovata?”. Lo hobbit fissò il nano con impassibilità respirando con affanno e, dopo un po’, affermò con decisione, “Beh, dobbiamo andarcene!”. Il mezz’uomo fece per avanzare quando Thorin lo bloccò posizionando la spada davanti a lui a mo’ di barriera. Evelyn rimase allibita di fronte all’atteggiamento del nano, così come Bilbo che lo guardò esterrefatto; lo hobbit indietreggiò mentre Thorin avanzò verso di lui puntandogli contro la lama della spada. Il mezz’uomo, osservando il nano con un’espressione incredula, esclamò, “Thorin!”, intanto che il nano continuò ad muoversi facendo retrocedere Bilbo.
A quel punto, vista la situazione, intervenne Evelyn dichiarando sconcertata, “Thorin! Ma sei impazzito?!”. Non ottenendo l’attenzione del nano, poggiò la mano sul braccio di Thorin con l’intento di farglielo abbassare per evitare che commettesse qualche follia, quando sentì una scarica di energia defluire verso la sua mano alla quale il nano reagì sussultando. Thorin, come se si fosse risvegliato da uno stato di torpore, guardò scombussolato sia Evelyn che Bilbo.
Successivamente, l’attenzione dello hobbit si spostò al di là della figura di Thorin. Appena il nano ed Evelyn se ne accorsero, osservarono nella direzione in cui stava guardando il mezz’uomo e fu così che videro giungere in tutta la sua grandezza Smaug il Terribile: un enorme e possente drago con denti e artigli lunghi ed affilati e uno sguardo spietato. Evelyn estrasse immediatamente la spada dal fodero e si mise in posizione di difesa accanto a Thorin che guardava il drago con inquietudine, mentre Bilbo si posizionò dietro di loro. All’improvviso, giunsero tutti i nani, armi in mano, pronti ad affrontare la bestia che si avvicinava sempre di più con passo veloce ringhiando e preparandosi a lanciare le sue fiamme, che colorarono il suo petto di luce rossa incandescente, per poi esclamare con ira, “Brucerete!”.
Prima che Smaug scagliasse le sue fiamme, il gruppo si lanciò giù dal pianerottolo nella parte opposta a dove si trovava il drago cadendo sul cumulo di monete che giaceva nel salone. Corsero verso un’apertura che si trovava a pochi passi da loro ed entrarono appena in tempo dentro una stanza più piccola prima che Smaug li raggiungesse con le sue fiamme; Thorin, però, che fu l’ultimo del gruppo a mettersi al riparo, fu comunque colpito lievemente dal fuoco che gli incendiò il sopratunica. Si precipitò dentro la stanza e si tolse immediatamente l’indumento che andava a fuoco.
Dopodiché, si incamminarono in fretta e furia imboccando un lungo corridoio, che attraversarono con cautela, dirigendosi verso l’ala opposta della montagna. Ad un certo punto, quando giunsero alla fine del corridoio, Thorin rallentò intimando il silenzio e, di conseguenza, il gruppo diminuì il passo senza aprire bocca. Il re dei nani si accostò ad una colonna e si sporse con circospezione per verificare che non ci fosse il drago nei paraggi. Dori, che si trovava dietro Thorin, mormorò con soddisfazione, “L’abbiamo messo nel sacco!”. Ma l’entusiasmo del nano fu smorzato da Dwalin che replicò, “No, è troppo astuto per questo!”. Bilbo si guardò un attimo intorno con apprensione e poi chiese, “E dove andiamo ora?”. “Nella guardina ovest”, rispose il re dei nani con tono flebile. Poi si voltò verso i suoi compagni e aggiunse, “Magari c’è una via d’uscita”. “E’ troppo in alto, non c’è possibilità”, replicò sommessamente Balin. “E’ l’unica possibilità!”, sussurrò con fermezza Thorin. Dopo si girò ad osservare la lunga strada da percorrere che li attendeva e proseguì dicendo, “Dobbiamo tentare!”. A quel punto, Ori asserì, “Evelyn! Non puoi fare qualcosa con la magia?”. La ragazza guardò il nano con un’espressione amareggiata e dichiarò, “Mi dispiace, ma i draghi sono resilienti alla magia. L’unica cosa che posso fare è creare barriere protettive per impedire al suo fuoco di colpirci”. “Che cosa? Stai scherzando, vero?”, domandò Dwalin con fermezza. “Purtroppo no!”, rispose Evelyn con tono mesto. I nani si fissarono tra di loro con preoccupazione mentre Evelyn rivolse la sua attenzione a Thorin che, abbozzando un sorriso, affermò, “Non importa…non preoccuparti!”.
Detto ciò, il re dei nani fece cenno con la mano di avanzare e si mise in marcia seguito dai suoi compagni. Stavano percorrendo una lunga passerella in pietra, che collegava un’estremità ad un’altra, stando sempre in guardia e armi alla mano, quando ad un tratto si sentì un tintinnio. Si immobilizzarono tutti e Thorin, Dori e Gloin si voltarono a guardare con espressione inquieta Bilbo che, nel frattempo, stava tastando la sua giacca per controllare che non vi fosse rimasta all’interno qualche moneta; realizzarono subito che non era stato lo hobbit a far cadere la moneta, ma Smaug che stava transitando sopra di loro al livello superiore. Guardarono tutti con apprensione e in assoluto silenzio il drago passare senza che si accorgesse della loro presenza.
Scongiurato il pericolo, Thorin, tenendo sempre d’occhio Smaug, fece segno con la mano di proseguire e ripresero il cammino. Finalmente giunsero all’altra estremità e varcarono un passaggio imboccando un altro corridoio nel quale, essendo più nascosti alla vista del drago e più al riparo da un suo attacco, si misero a correre. Thorin, invece di giungere in fondo al corridoio, passò da un accesso laterale attraverso le colonne intimando, “Restate uniti!”, e tutto il gruppo lo seguì. Fu così che si ritrovarono in una stanza nella quale un orribile scenario si aprì davanti ai loro occhi: un mucchio di cadaveri di nani mummificati pieni di polvere e ragnatele. Evelyn davanti a quella visione rimase sconcertata allo stesso modo dei nani e Bilbo. “E’ così allora! Non c’è via d’uscita”, dichiarò Dwalin con tono scoraggiato. Thorin continuò a fissare quell’ammasso di corpi con un nodo alla gola e trattenendo a stento le lacrime mentre Balin, affiancandolo, affermò, “Gli ultimi della nostra famiglia”. Il nano contemplò per un momento quella scena orribile e dopodiché aggiunse, “Devono essere venuti qui sperando l’impossibile”. Rimasero tutti a fissare quel cumulo di cadaveri mentre Balin propose, “Potremmo provare a raggiungere le miniere?!”. Fece una pausa e dopo proseguì dicendo, “Potremmo durare qualche giorno”. Thorin avanzò verso l’ammasso di corpi mentre affermò con tono placido, “No…io non morirò in questo modo…accuattato…arrancando per respirare”. In quel momento, lo sguardo di tutti era rivolto, nel più assoluto silenzio, al re dei nani che si voltò verso il gruppo ed esclamò, “Andremo alle fucine!”. A quel punto, Dwalin rispose, “Lui ci vedrà…certo come la morte”. Il nano non fece in tempo a finire di parlare che Thorin replicò prontamente, “No se ci dividiamo”. Subito Balin dichiarò mestamente, “Thorin, non ce la faremo mai!”. Il re dei nani asserì istantaneamente, “Qualcuno di noi potrebbe…conduciamolo alle fucine…uccideremo il drago!”. Fece una breve pausa e poi dichiarò con più enfasi, “Se la cosa finirà tra le fiamme…allora bruceremo tutti insieme!”. Lo sguardo di Thorin vagò su tutti i suoi compagni per poi soffermarsi su Evelyn la quale stava osservando il re dei nani con espressione inquieta; Thorin, per rassicurarla, abbozzò un sorriso al quale lei ricambiò.
Dopodichè, il re dei nani organizzò i gruppi, “Allora, forza! Un gruppo sarà composto da Dwalin e Nori. Poi Gloin e Bifur. Bombur, Ori e Dori. Mentre Bilbo, Balin ed Evelyn verrete con me”. Detto ciò, si riunirono tutti nei gruppi organizzati e ognuno prese direzioni diverse. Il gruppo di Evelyn si diresse, sotto la guida di Thorin, dalla parte opposta alla zona dalla quale erano arrivati. Giunsero alla fine del corridoio, oltrepassarono di corsa una porta e si trovarono su una delle tante passatoie di roccia che collegavano i vari settori del regno sotto la montagna; iniziarono a percorrerla, quando il silenzio che aleggiava all’interno del monte fu spezzato da un ringhio. Per tutta la montagna riecheggiò la voce di Smaug che disse, “Ah…fuggite!”. All’improvviso, la sagoma del drago, che strisciava sulle rocce, apparve sopra le loro teste. “Fuggite…mettetevi in salvo!”, continuò Smaug facendo arrestare la corsa di Thorin e del suo gruppo. Guardarono con apprensione il drago che si avvicinava sempre più dichiarando, “Non c’è un posto dove nascondersi!”. L’attenzione di Smaug, però, fu attirata dalle grida di battaglia di Bombur, Ori e Dori che sopraggiunsero con lo scopo di distrarre il drago. Smaug si lanciò subito al loro inseguimento, mentre Thorin, Bilbo, Balin ed Evelyn approfittarono di questo momento di distrazione del drago per riprendere la loro corsa. Intanto, in soccorso di Bombur, Ori e Dori arrivarono Dwalin e Nori richiamando Smaug il quale cambiò subito obiettivo di caccia. Il drago tentò di acciuffare i due nani, ma non ci riuscì, allora, a quel punto vide Gloin e Bifur correre e partì al loro inseguimento lanciando le sue fiamme che i nani evitarono per un soffio gettandosi giù per degli scivoli di scarico e atterrando dentro dei cassoni sospesi ad una fune.
Nel frattempo, Thorin e il suo gruppo raggiunsero le fucine. Percorsero rapidamente l’ampio corridoio quando, ad un certo punto, Balin intimò avvicinandosi ad una porta laterale, “Di qua! Per di qua!”, ma nella concitazione della corsa nessuno fece caso al nano e proseguirono. Allora Balin urlò, “Andiamooo!”. Bilbo ed Evelyn si fermarono e si voltarono verso il nano, poi portarono la loro attenzione su Thorin che stava continuando ad avanzare. Bilbo lo richiamò, allora il re dei nani si arrestò e si girò verso il gruppo; fece per avanzare quando, improvvisamente, in fondo al corridoio comparve Smaug che sopraggiungeva con passo lento, ma deciso. Thorin si fermò e guardo il drago con apprensione, quindi Evelyn, Bilbo e Balin osservarono nella direzione dalla quale stava giungendo Smaug e subito dopo si voltarono verso il re dei nani che ordinò, “Seguite Balin!”. A quelle parole Evelyn rivolse a Thorin uno sguardo stupito e preoccupato e, mentre procedeva verso di lui, gli disse, “No Thorin! Vieni con noi! E’ pericoloso separarci!”. A quel punto, il re dei nani le prese le mani e, abbozzando un sorriso, affermò, “Non preoccuparti, non mi succederà niente! Ma adesso vai…il drago sta arrivando!”. Evelyn si voltò e vide che Smaug si stava preparando a lanciare le sue fiamme, allora corse verso Bilbo, lo agguantò e lo tirò in direzione di Balin che stava fermo sulla soglia della porta. Poiché lo hobbit opponeva resistenza, non volendo abbandonare Thorin al suo destino, Balin aiutò Evelyn a trattenerlo; fecero appena in tempo a varcare la porta che un’ondata di fuoco invase il corridoio.
Dissoltesi le fiamme, Evelyn vide il drago avanzare a passo deciso. Appena Smaug passò oltre, Evelyn ritornò nel corridoio, seguita da Balin e Bilbo, e vide il drago lanciarsi giù nella fossa che c’era alla fine dell’androne. Andò sul ciglio per verificare la situazione e la scena che osservò le procurò un batticuore; Smaug era lanciato all’inseguimento dell’uomo di cui era innamorata che era appeso ad una fune con la quale si stava calando nel tentativo di sfuggire al drago . Ad un certo punto, le si affiancò Dwalin che gridò con apprensione il nome di Thorin. Poi il nano, senza perdere tempo, colpì con l’ascia la carrucola alla quale era attaccata la corda. La fune alla quale era appeso il re dei nani si bloccò e cominciò a risalire trainata da un carrello, legato alla stessa corda, che calando fece da contrappeso. Dwalin intimò a Thorin di tenersi forte mentre proseguiva la sua risalita, sorpassando Smaug il quale non rinunciò comunque all’inseguimento del nano.
Il drago cercò di agguantare con le sue fauci il re dei nani, ma riuscì solo a prendere la corda bloccando così la risalita. Nel fare ciò, tirò la carrucola che si staccò cadendo giù e facendo atterrare Thorin direttamente sulla bocca di Smaug. Allora il drago spalancò le fauci e immediatamente le richiuse nella speranza di divorare il nano che, però, prontamente si appese ad un’altra fune. Successivamente Nori colpì con una pala un’altra carrucola mettendo in moto il meccanismo che trainò su la corda al quale era appeso Thorin. A quel punto Smaug sputò le sue fiamme, ma il re dei nani riuscì a raggiungere il ciglio e a mettersi in salvo, aiutato da Nori, prima che il fuoco lo raggiungesse.
Evelyn, che aveva assistito a tutta la scena con ansia, non fece in tempo a gioire del fatto che Thorin era salvo che il nano la prese per mano, intimando a lei e a Nori di correre, e la trascinò attraverso un porticato per poi giungere nella sala della fornace dove si trovava il resto della compagnia.
Come arrivarono, Dwalin esordì, “Il piano non funzionerà! Queste fornaci sono fredde come il marmo!”. Balin, avanzando verso il re dei nani, convalidò ciò che aveva detto Dwalin, “Ha ragione! Non abbiamo un fuoco abbastanza forte per accenderle!”. A quel punto, Thorin si voltò verso il colonnato abbozzando un sorriso ed esclamò ironicamente, “Non ce l’abbiamo!?”. Dopodichè, avanzò verso il porticato dichiarando a gran voce, “Non pensavo fosse così facile metterti nel sacco!” Evelyn guardò perplessa Thorin, ma come vide da dietro le colonne Smaug che si stava avvicinando, capì cosa volesse fare il nano, Vuole usare il fuoco del drago! Il re dei nani proseguì con la sua provocazione nei confronti di Smaug, “Sei diventato lento e grasso…nel tuo rimbambimento! Lumacone!”. Appena terminò la sua opera di istigazione, Thorin si girò verso la compagnia e intimò, “Al riparo! Via!”. Allora, seguendo l’esempio del re dei nani, si nascosero tutti di corsa dietro i pilastri di ferro di una grossa cancellata. Fecero appena in tempo a mettersi al riparo che il drago lanciò le sue fiamme le quali, tagliate dai pilastri, non andarono a toccare alcun membro della compagnia, anche se comunque percepirono il forte calore, ma arrivarono dritte alla fornace principale accendendola, così che in sequenza anche tutte le altre collegate si accesero.
Poi il drago iniziò a forzare la cancellata per poter entrare nella sala della fornace, allora tutto il gruppo si allontanò dirigendosi verso la fornace mentre Thorin incominciò ad impartire ordini, “Bombur, metti in funzione i soffietti!”. Il nano esitò poiché la sua attenzione era indirizzata a Smaug che stava per sopraggiungere, perciò il re dei nani gli intimò, “Corri!”. A quel punto, Bombur si affrettò lanciandosi verso una lunga e spessa catena che pendeva dal soffittò, vi si appese tirandola giù e, così facendo, mise in azione i soffietti la cui fuoriuscita di aria colorò momentaneamente le fiamme di blu. Nel frattempo che il drago era ancora impegnato nel tentativo di abbattere il cancello, Thorin si rivolse a Bilbo, “Bilbo! Lassù! Al mio segnale, tira quella leva!”. Detto ciò, sotto indicazione del re dei nani, lo hobbit si diresse verso una delle pareti della sala dove vi era una scala.
Nel frattempo, dopo tanti sforzi, il drago stava riuscendo nel suo intento di buttare giù la cancellata. Resosi conto di quello che stava accadendo, il resto del gruppo si allontanò di corsa, tenendo però d’occhio la situazione, e Thorin, rivolgendosi a Balin, disse, “Balin! Sai ancora produrre un esplosivo?”. Prontamente il nano rispose, “Sì, ci vorrà solo un secondino!”. Poi si diresse verso un passaggio intimando agli altri membri di muoversi. Esitò solo Dwalin la cui attenzione fu catturata da Smaug che stava quasi per abbattere il cancello ed esclamò con tono inquieto, “Non ce l’abbiamo un secondino!”.
Come il nano finì di parlare, il drago buttò a terra la cancellata ed entrò prepotentemente nella sala della fornace all’inseguimento dei nani; si fermò e si guardò attorno, il petto di un colore giallo e arancione incandescente. Intanto la compagnia giunse in una stanza dove tutt’intorno vi erano delle ampolle su degli scaffali pieni di polvere e ragnatele. I nani incominciarono a prendere alcune di quelle ampolle in modo concitato e, a turno, versarono il contenuto dentro delle anfora mentre Balin vi aggiungeva delle capsule simili a sassolini; intanto, Evelyn osservava la scena esterrefatta da un angolo della stanza tanto da non accorgersi che Thorin era tornato nella sala della fornace. Quando se ne rese conto, immediatamente uscì dalla stanza alla ricerca del re dei nani.
Appena la strega giunse nella sala, si trovò dinanzi alla maestosità di Smaug. Rimase per un attimo in contemplazione allo stesso tempo stupefatta ed intimorita, quando si rese conto che l’attenzione del drago era rivolta verso Thorin che, prontamente, intimò, “Ora!”. Smaug stava per avanzare verso il re dei nani quando una dirompente cascata d’acqua, che sgorgava da alcune aperture nella parete, piombò addosso al drago scaraventandolo contro la parete opposta e spegnendo le fiamme che stava per scagliare contro Thorin. Non appena Smaug si riprese dall’effetto sorpresa della cascata d’acqua, ritornò alla carica avanzando nuovamente verso il re dei nani, allora Evelyn corse verso di lui pronta a usare la sua magia per difenderlo. Thorin, Evelyn, Dwalin e Nori tenevano d’occhio il drago che continuava ad avanzare nonostante il resto del gruppo cercava di distrarlo lanciandogli la polvere esplosiva che non riusciva comunque a scalfire la sua dura corazza. A quel punto, intervennero Gloin e Bifur, che si trovavano nei cassoni sovrastanti, tagliando la fune di una fila di cassoni pieni di carbone che precipitarono sul drago arrestando per un momento la sua corsa; Thorin ne approfittò per dirigersi verso una grossa catena e la tirò aprendo una fessura nella parete dalla quale fluì, in un canale, dell’oro fuso.
Nel frattempo, Smaug, preso da un’irrefrenabile rabbia, si agitò tirando giù tutti i cassoni, compresi quelli dentro ai quali si trovavano Gloin e Bifur, e si attorcigliò nelle funi. Approfittando del momento di smarrimento del drago, il re dei nani ordinò, “Portiamolo alle gallerie dei re!”. Detto ciò, Thorin prese una carriola e con essa corse verso il drago schivando le sue possenti zampe e la sua lunga coda che si muovevano freneticamente nel tentativo di liberarsi dalle funi. Superato Smaug, il re dei nani lanciò la carriola nel fiume di oro fuso e, a sua volta, vi si buttò dentro facendosi trasportare dalla corrente. Intanto, il drago riuscì a liberarsi dalle funi e stava per lanciarsi all’inseguimento di Thorin, quando la piattaforma rocciosa dove si trovava Bilbo precipitò facendo cadere al suolo lo hobbit; di conseguenza, l’attenzione di Smaug fu catturata da Bilbo che osservò preoccupato il drago. Resosene conto, il re dei nani intimò a lo hobbit, “Continua Bilbo, scappa!”, ma Bilbo esitò allora Evelyn corse verso di lui, lo afferrò per il colletto della giacca e lo trascinò via riuscendo ad evitare per un soffio di essere agguantati da Smaug.
La corsa di Bilbo ed Evelyn terminò in un ampio salone contornato da colonne ed enormi arazzi; appena vi entrarono, sopraggiunse anche il drago abbattendo la parete alle loro spalle. Lo hobbit e la strega si misero a correre, ma la loro corsa fu interrotta da un arazzo che piombò loro addosso mentre Smaug si addentrò nel salone. Dopodichè, il drago rivolgendosi a Bilbo disse in tono rabbioso, “Tu, credi di potermi ingannare, cavalca barili?!”. Lo hobbit e Evelyn sollevarono un po’ l’arazzo per controllare la situazione mentre il drago continuò, “Siete venuti da Pontelagolungo…questo è uno squallido complotto ordito da questi luridi nani e quei miserabili uomini del lago. Quei piagnucolosi codardi con i loro lunghi archi e le frecce nere. Forse è il momento che io faccia loro una visita!”. Detto ciò, Smaug fece per avviarsi verso l’uscita, ma Bilbo e Evelyn, preoccupati di quello che sarebbe potuto accadere agli abitanti di Pontelagolungo, uscirono allo scoperto e tentarono di fermare il drago. “No, non è colpa loro!”, esordirono lo hobbit e la strega. “Fermo! Non puoi andare a Pontelagolungo!”, intimò in seguito lo hobbit con tono adirato. A quel punto, Smaug si fermò e si voltò verso Bilbo affermando, “Oh! Tu tieni a loro?! Non è vero?!”. Fu allora che il drago notò la strega alla quale rivolse per un momento un’occhiata sorpreso ed incuriosito prima di concentrarsi nuovamente su lo hobbit per dirgli, “Bene! Allora puoi guardarli morire!”.
Smaug fece nuovamente per avviarsi, ma fu ancora interrotto, questa volta da Thorin, “Qui! Inutile e stupido verme!” Il drago, Bilbo ed Evelyn si voltarono nella direzione dalla quale proveniva la voce e così videro il re dei nani troneggiare in cima ad un’altissima statua di suo nonno Thror. “Tu?!, esclamò stizzito Smaug. “Adesso mi riprendo quello che tu hai rubato!”, affermò solennemente Thorin. “Tu non ti riprenderai niente da me, nano! Io ho annientato i tuoi guerrieri tempo fa. Io ho instillato il terrore nel cuore degli uomini. Io sono il re sotto la montagna!”, replicò il drago avanzando fino a trovarsi di fronte alla statua, mentre la strega e lo hobbit ne approfittarono per andare a rifugiarsi sotto il porticato rialzato rispetto al resto del salone. “Questo non è il tuo regno. E’ il territorio dei nani, l’oro dei nani, e noi avremo la nostra vendetta…Igrid dur sul!”, ribattè con autorevolezza il re dei nani tirando poi una fune posta di lato a lui. L’impalcatura che sosteneva la statua si sganciò facendo precipitare i grossi pezzi di roccia che la formavano e obbligando Thorin a sostenersi ad una catena per non cadere; la scena che si presentò davanti a tutti fu quella di una massa d’oro che formava la figura di Thror. Il drago rimase incantato a fissare quell’immensa statua d’orata finchè l’oro, che non si era solidificato, cominciò a fluire facendo indietreggiare Smaug che venne comunque investito dalla colata di oro.
Tutta la pavimentazione del salone, tranne il porticato, era ricoperta da un fiume d’orato. Ci fu un momento di calma prima che, con sorpresa di tutti, il drago riemerse ricoperto d’oro, ancora più arrabbiato di prima che, mentre si dirigeva verso l’uscita, esclamò, “Vendetta…vendetta! Ve la faccio vedere io la vendetta!”. Smaug si precipitò fuori dalla montagna, spiccò il volo liberandosi di tutto l’oro liquido che aveva addosso e si avviò verso Pontelagolungo. Anche Bilbo ed Evelyn uscirono dalla montagna e si misero ad osservare impotenti e sconcertati il drago che avanzava verso la città. “Che cosa abbiamo fatto?!”, fu l’unica cosa che lo hobbit riuscì a dire.     
 
 
 
 
 

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