The truth hurts

di chia_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** TOGETHER AGAIN ***
Capitolo 2: *** I HAVE FOUND A FRIEND ***
Capitolo 3: *** HOW CAN I TELL YOU? ***
Capitolo 4: *** TO RECOMMANCE ***
Capitolo 5: *** I WILL FIND YOU ***
Capitolo 6: *** REAL SMILES AFTER A LONG TIME ***
Capitolo 7: *** YOU DON'T KNOW ME ***
Capitolo 8: *** GOOD NIGHT LITTLE STAR ***
Capitolo 9: *** SILENCES THAT ARE BETTER THAN A THOUSAND WORDS ***
Capitolo 10: *** SOMETIMES PEOPLE ARE BEAUTIFUL ***
Capitolo 11: *** LIKE PIECES OF A PUZZLE ***
Capitolo 12: *** WHAT DOES IT MEAN TO LOVE? ***
Capitolo 13: *** AFTER ALL THIS TIME? ***
Capitolo 14: *** I'M ALLERGIC TO MASCARA ***
Capitolo 15: *** BE TOO WITHOUT EVER BE ENOUGH ***
Capitolo 16: *** HOW LONG IS FOREVER? ***
Capitolo 17: *** WHEN I WAS YOUR MAN ***
Capitolo 18: *** COUNTERCURRENT (I PARTE) ***
Capitolo 19: *** COUNTERCURRENT (II PARTE) ***
Capitolo 20: *** TUDO PASSA ***



Capitolo 1
*** TOGETHER AGAIN ***


Era  mattina, il sole era già sorto e i suoi raggi le illuminavano la pelle chiara in contrasto con  i suoi capelli neri. La guardai e inevitabilmente sorrisi, le accarezzai la guancia, baciandola delicatamente.
Lei, così distante, fredda, costantemente  arrabbiata con il mondo e sempre in lotta contro se stessa, sembrava così piccola e indifesa in questo momento.
Ripensai a tutto ciò che ci era capitato negli ultimi mesi: ci eravamo lasciati per un motivo che ancora non mi è del tutto chiaro, litigavamo si, ma i motivi che ci univano non erano forse più forti di quelli che ci dividevano? Avevamo passato mesi ad ignorarci, a fare finta che tra noi non fosse mai successo niente, fino alla sera prima, quando capii che stare separati non aveva alcun senso.
Aprì lentamente gli occhi,  quegli occhi che per me non avevano segreti, per noi è sempre stato così: ci capiamo con un solo sguardo, tra noi non servono le parole, sono superflue.
-Buon giorno- le dissi dolcemente.
Non rispose, si passò una mano tra i capelli, spostandosi indietro una ciocca blu ribelle e mi regalò uno dei suoi meravigliosi sorrisi, certo non è mai stata una ragazza solare, né tantomeno dolce, ma io vedo qualcosa in lei che gli altri non notano, probabilmente  perché la conosco meglio di chiunque altro, so quando c’è qualcosa che la turba, o che la fa soffrire.
Guardò l’orologio che segnava le 7:00 e poi con lo sguardo quasi scocciato disse: - Quindi adesso che vuoi fa … -
Non la lasciai finire e la baciai; mi guardò con aria interrogativa, sapevo cosa  aveva intenzione di dirmi, così la anticipai: - Mi dispiace ,per tutto, ti amo e lo farò sempre!-
Mi abbracciò e io la strinsi a me,  non era facile per lei esprimere le sue emozioni, ma questo gesto aveva lo stesso significato di un ‘ti amo anche io’, ed ero certo che lo stesse pensando.
Fui sommerso dal profumo dei suoi capelli, mi era mancata veramente tanto.
 
 
Un mese dopo …
Erano già un po’ di giorni che mi sentivo strana, ma quella mattina mentre stavo bevendo il caffè mi sentii debole, quasi senza forze, così corsi in bagno rovesciando accidentalmente la tazza di caffè sul tavolo.
Mi guardai allo specchio, ero pallida , senza contare le occhiaie più marcate del solito, dovevo decisamente dormire di più; comunque niente che un po’ di fondotinta e un buon correttore non avrebbero  potuto sistemare.
Rabbrividii al contatto con l’acqua fredda, quando sollevai la testa, la mia attenzione fu catturata dal calendario.
-Due settimane- dissi in un sussurro alla mia immagine riflessa allo specchio.
Deglutii, infondo poteva essere soltanto un piccolo ritardo, era capitato altre volte, vero? Mi tenni la testa tra le mani, avrei aspettato qualche giorno, non c’era motivo di allarmarmi, almeno per il momento.
 

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Capitolo 2
*** I HAVE FOUND A FRIEND ***


Passò un’altra settimana, così decisi che l’indomani avrei fatto il test.
Quel pomeriggio andai da Beck.
-Che ti va di fare?-
-Non lo so- risposi, ricacciando i miei pensieri, cercando di dissimulare la mia preoccupazione.    
Mi abbracciò, per un attimo rimasi spiazzata, non sapevo se prenderlo a pugni, per sfogare la frustrazione o allontanarlo.
Sperai che non si accorgesse di niente, non ce l’avrei fatta a mentirgli; almeno per quel pomeriggio non doveva sospettare nulla, sfoggiai uno dei miei sorrisi più falsi, auto convincendomi che sarebbe andato tutto bene.                                                                                                                              
Lui, l’unica persona al mondo che mi fa sentire bene, l’unico che riesce a strapparmi un sorriso, l’ultimo a cui avrei fatto del male …
Passai il resto del pomeriggio tra le sue braccia, guardando il mio film preferito: ‘Le forbici’.         
Mi faceva sentire così al sicuro e protetta, mentre mi sussurrava all’orecchio che mi amava e che non mi avrebbe mai lasciata sola, per un attimo riuscii a dimenticare tutto, in quel momento c’eravamo solo noi.
Il giorno dopo comprai il test.
Lo guardai più volte, lo rigiravo tra le mani e intanto la mia testa era in piena lotta per decidere quale dei mille pensieri ascoltare per primo …
Alla fine presi il cellulare, quasi come fosse un’azione meccanica composi il numero di Beck … no, lui non doveva sapere niente, almeno non per il momento.
Il dito scorreva velocemente sulla rubrica alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi. Si fermò sul contatto di Cat, lei poteva essere la persona giusta, stavo per premere il verde, quando mi fermai improvvisamente, se lo avessi detto a Cat probabilmente nel giro di un minuto lo avrebbe saputo tutta la scuola.
Sospirai, non potevo affrontare tutto questo da sola! Alla fine mi decisi e composi il numero.
-Pronto?- rispose una voce incerta all’altro capo del telefono.
Cercai di mantenere un tono fermo, ma la mia voce tremava, non sembravo neanche io.
-Tori, io … io … ho comprato un test di gravidanza!-
Il silenzio di Tori mi fece agitare un po’, forse avevo sbagliato a chiamare lei, forse … il tu-tu-tu che segnalava la fine della chiamata confermò le mie idee.
Ripresi in mano il test, lo guardai, lo buttai sul divano ed iniziai a piangere, io, Jade West, la ragazza che terrorizzava tutti stava piangendo, ma che cosa mi stava succedendo?
Sentivo le lacrime calde mescolate al mascara bagnarmi il viso, rigandomi di nero le guance.
La maschera che mi portavo dietro da anni stava andando in frantumi, rivelando tutte le mie incertezze e le mie fragilità.
Mi accasciai al suolo, mi sentivo così sola, non avevo Beck con me, non potevo condividere tutto questo con lui!
Poco dopo qualcuno bussò alla porta, andai ad aprire.
-Tu?- dissi in un misto di stupore e contentezza.
La mora non disse una parola, ma si limitò a sorridermi, abbracciandomi.
-Tori, non so cosa fare, da sola non ce la faccio ad affrontare tutto questo!-
Mi guardò con uno sguardo compassionevole che in altre occasioni mi avrebbe disgustato, ma che in quel momento mi riscaldava come fosse un caldo abbraccio.
-Tu non sei sola, allora dov’è?-
accennai al divano, lei lo afferrò e mi disse:- Jade qualunque sia l’esito lo affronteremo insieme-
Abbozzai un mezzo sorriso e mi diressi in bagno con il cuore in subbuglio.
Prima di varcare la soglia mi girai verso di lei e dissi:- Vega oggi sei meno insopportabile del solito-
Lei mi sorrise:- Anche io ti voglio bene-
Se da una parte avevo una paura terribile, dall’altra avevo trovato un’amica!
 
 

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Capitolo 3
*** HOW CAN I TELL YOU? ***


Ciao ragazzi! Scusate se non ho postato prima, ma ho avuto molto da fare con la scuola … comunque questo capitolo è un po’ più lungo degli altri, spero che vi piacerà.                                                                       
Vorrei ringraziare la mia amica Albina che ha controllato il capitolo attentamente,
BUONA LETTURA
 
Ero seduta sul divano, gli occhi fissavano un punto indistinto del pavimento, mentre con le dita continuavo a picchiettare sullo schermo del telefono. 
Sentivo il cuore battere sempre più forte, la paura si incrementava al passare di ogni minuto. A volte alzavo gli occhi verso Tori che mi regalava uno dei suoi immancabili sorrisi, che mascherava una sensazione di malinconia che riuscivo a percepire. Come avrei voluto che tutto questo fosse stato solo un sogno, avrei voluto svegliarmi accanto a Beck e sapere che era tutto a posto e che non c’erano problemi; ma dovevo fare i conti con la vita reale, con un problema che in quel momento giaceva sul tavolo della cucina. Alla fine decisi di alzarmi, mi diressi al tavolo e afferrai il test.
-Io non ci riesco … guarda tu per me- dissi porgendoglielo.                                                                                              
- Anzi no, forse dovrei guardare io-
Alla fine guardai il risultato. Mi sentivo come se stessi vivendo la vita di qualcun altro, non riuscivo a credere a quello che stavo leggendo. Guardai Tori, la mia espressione lasciava poco spazio all’immaginazione …                                                                                                                                                          
Sentivo gli occhi gonfi, stavo cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime, ma non ci riuscii, sentii la prima rigarmi la guancia e poi un’altra e un’altra ancora.
-E adesso?- riuscivo appena a muovere le labbra … fu tutto quello che dissi, prima di essere avvolta dalle braccia della mora, intanto pensavo tra me e me ‘No, non sta succedendo davvero’.
///////////
 
-Lasci un messaggio dopo il bip-                                                                                                                                        
-Jade ma dove sei? E’ il quarto messaggio che ti lascio, chiamami appena puoi.-
Era la quarta volta che provavo a chiamare Jade, ma invece della sua voce sentivo quella della segreteria. Non sapevo cosa fare era tutto il giorno che non la sentivo e iniziavo a essere preoccupato.                     
Sentii bussare alla porta, mi precipitai.
-Jade ma dov’er … ah Andre sei tu, entra-                                                                                                                       
-Hey amico ma che ti succede? Hai una faccia …-                                                                                                            
-Non lo so, è tutto il giorno che provo a chiamare Jade, ma non risponde, ho una strana sensazione-               
-Dai tranquillo, magari ha solo spento il cellulare, vedrai che ti richiamerà-
Abbozzai un sorriso non del tutto convinto.
-Si ...- dissi prima di accasciarmi sul letto.
Mi passai una mano tra i capelli e chiesi ad Andre: -Ma come mai sei venuto?-                                                                                                                                 --Ah si per quel lavoro … -
Mentre ascoltavo Andre un pensiero fisso mi tormentava ‘Che le fosse successo qualcosa’
///////////
-Pronto … salve vorrei prenotare una visita ginecologica … em si Jade West … domani alle quattro è perfetto … grazie arrivederci-                                                                                                                                                              
-Fatto- mi disse Tori porgendomi la cioccolata che aveva appena preparato.                                                           
-G.. gr.. grazie- dissi io.                                                                                                                                                          
-Per aver telefonato o per la cioccolata?-                                                                                                                         
-Per esserci-
Forse questa era la prima volta da quando l’avevo incontrata in cui riuscivo a vederla come un’amica.          
Di sicuro non l’avevo mai sentita così vicina quanto quel giorno. Sorseggiai la bevanda ancora bollente, quando venni colta da un pensiero improvviso: Beck.                                                                                          
Presi il peraphone per chiamarlo quando mi accorsi che lo schermo era completamente nero: la batteria. Quando finalmente il display si illuminò notai subito la notifica: 5 chiamate perse da Beck.                  
Composi il suo numero, cercando di mantenere un tono calmo e tranquillo per quanto mi era possibile in quel momento.
///////////
 
Stavo cercando di memorizzare le battute del copione, ma con scarsi risultati, probabilmente avevo riletto la stessa frase una ventina di volte, ma non c’era niente da fare, non riuscivo a concentrarmi.    Improvvisamente sentii il telefono squillare.
-Jade ma che fine hai fatto?-                                                                                                                                                
-Beck, mi si è scaricato il cellulare e … -                                                                                                                           
-E?-                                                                                                                                                                                             
-Oh beh ho avuto delle cose fare, la mia vita non ruota attorno a te sai- rispose acida.                                         
-Va bene … è tutto ok? Hai una voce strana … -                                                                                                               
-Si tutto a posto! Ci vediamo domani-                                                                                                                                
-Ti amo-
Nessuna risposta ma ero sicuro di conoscerla così bene da sapere che in quel momento stava sorridendo. Tornai al mio copione, sicuramente con un umore diverso rispetto a quando avevo iniziato.
///////////
 
Avevo in mano una busta gialla contenente l’esito dell’esame. Con la mano tremante la aprii e tirai fuori due fogli. Era scritto tutto in codice, sembrava un’altra lingua, alla fine però la mia attenzione fu catturata da una scritta nera in maiuscolo ‘POSITIVO’. Ecco la conferma che tanto temevo, sentii il mio cuore fermarsi per un istante, 17 anni, avevo solo 17 anni, come potevo prendermi cura di un bambino, se fino a qualche anno fa io stessa lo ero?                                                                                                                                         
Andai a casa, mi girava la testa, avevo la nausea, spensi il cellulare, non ero in vena di parlare con nessuno.   
Mi infilai sotto la doccia lasciando che l’acqua mi scivolasse addosso, intanto formulavo il discorso da dire a Beck, cercavo le parole giuste, ma esistevano parole giuste per dire ad un ragazzo di 18 anni che di lì a 9 mesi sarebbe diventato padre?
L’indomani  varcai la soglia della scuola, lo vidi appoggiato agli armadietti, avevo una gran voglia di scappare, di fuggire via da tutto.
-Hey Jade- mi salutò venendomi incontro.                                                                                                                         
-Beck, ciao-                                                                                                                                                                               
-Tutto a posto?-                                                                                                                                                                         
-Si cioè devo parlarti … -                                                                                                                                                        
-Certo dimmi tutto-                                                                                                                                                                
-Ecco vedi io … -
DRIIIIN ‘La campanella … proprio adesso?’ pensai’.
-Me lo dici dopo d’accordo?-disse baciandomi sulla guancia. Sorrisi e ci dirigemmo verso l’aula di Sikowitz.                                                                                                                                     
Durante la lezione non dissi una parola, a volte mi accarezzavo la pancia.                                                         
In quel momento di grande incertezza, sentire quella ‘cosina’ dentro di me mi fece involontariamente sorridere, sicuramente sarebbe stato difficile e probabilmente non ero consapevole di ciò a cui sarei andata incontro, ma lo avrei tenuto.
 
-Beck … è importante- gli dissi appena usciti dall’aula.                                                                                         
–Ti ascolto-                                                                                                                                                             
-Vedi io …-                                                                                                                                                            
-Ciaaaao ragazzi!- una vocina stridula, fin troppo familiare mi interruppe. Mi voltai e vidi una piccola ragazza dai capelli rosso fuoco tenere in mano una scatola di cartone.
-Ciao Cat!- rispondemmo all’unisono io e Beck.                                                                                                  
-Glielo chiedi tu?- dissi scocciata.                                                                                                                         
-Cosa c’è nella scatola Cat?-                                                                                                                                  
-Dei tubetti di colla- rispose lei come se fosse la cosa più normale del mondo.                                                  
-Glielo chiedi tu?-                                                                                                                                            
Alzai gli occhi al cielo e mi rivolsi alla rossa: - Cat, a che ti servono dei tubetti di colla?-                                   
-Erano in offerta, c’era l’80% di sconto, ne volete uno?-                                                                              
Senza neanche risponderle mi diressi a passo veloce verso l’armadietto.                                                             
A volte invidiavo l’ingenuità e la spensieratezza di Cat.
- Jade allora … -                                                                                                                                                      
-Nooooo- urlai sbattendo l’anta dell’armadietto.
Tori mi guardò quasi sconvolta. Mi portai una mano sulla fronte.
-Scusa, ogni volta che provo a parlarci vengo interrotta, prima la campanella, poi Cat- dissi esasperata.             
-Aspetta, mi hai appena chiesto scusa?-                                                                                                                 
-Non ti ci abituare Vega-                                                                                                                                   
Vidi Beck venire verso di noi.
-Beck- gli andai incontro.                                                                                                                                       
-Si dimmi tutto-                                                                                                                                                      
-ANDREEEEE CI SONO DEI LADRI IN SALOTTO- urlò una voce, quasi mi spaccò il timpano.                  
-Nonna non c’è nessun ladro in casa, è solo la tv … la televisione … nonna … nonna, non posso parlare sono a scuola, ci … ci vediamo dopo –                                     -Hey- ci salutò Andre.                                                                                                                                     
Poco dopo arrivò Robbie.-Indovinate chi non è riuscito a chiedere a Cat di uscire, di nuovo?- la vocina sarcastica di Rex fu la ciliegina sulla torta, sembrava che si fossero messi tutti d’accordo.                                 
-Allora Jade, che mi volevi dir…-                                                                                                                           
-NIENTE, NIENTE DI NIENTE- urlai andandomene.
Dopo scuola andai a casa di Tori, avevo veramente bisogno di un’amica.
-Non preoccuparti, glielo dirai domani- mi consolò lei.                                                                                        
-Non è questo il problema, è che non so se avrò il coraggio-                                                                                 
-Jade sei la ragazza più coraggiosa che conosca, ce la farai!-                                                                                
-IIIIII---AAAAAA- alzai un sopracciglio guardando Tori.                                                                                   
-Trinaa smettila di urlare- lei si tolse le cuffie e ci guardò.                                                                                  
-Sto riscaldando la voce, dovreste provare anche voi, così magari potreste arrivere quasi al mio livello-            
-Ignorala- mi disse Tori-
///////////
 
Appena  entrato a scuola mi diressi verso Jade, la abbracciai da dietro.
-Hey che mi volevi dire ieri? Sembravi molto seria-                                                                                          
Mi prese la mano e mi portò nello stanzino del bidello.                                                                                        
-Beck devo dirti una cosa importante-                                                                                                                    
-Ti ascolto-chiuse la porta.                                                                                                                                      
-Non interrompermi-                                                                                                                               
Sembrava sconvolta, mi avvicinai, le presi la mano e guardandola negli occhi cercai di rassicurarla.                
-Jade mi puoi dire tutto, lo sai-                                                                                                                             
Beck io …. -

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Capitolo 4
*** TO RECOMMANCE ***


Ciao ragazzi, scusate il ritardo, ma purtroppo ho avuto problemi con il computer.
Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo vorrei ringraziare coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite, coloro che hanno recensito e soprattutto la mia amica Albina che come sempre ha controllato il capitolo, dandomi ottimi suggerimenti.
BUONA LETTURA
 
 
-Beck sono incinta-
In un primo momento pensai che fosse un sogno, mi pizzicai più volte la spalla, ma ero sveglio. Non era possibile, non poteva essere, cercai di auto convincermi che era solo uno scherzo di cattivo gusto, che da un momento all’altro Jade mi avrebbe detto che non era vero, che si sarebbe messa a ridere alla vista del suo ragazzo bianco come un lenzuolo; ma mi bastò guardarla negli occhi per capire che era più seria che mai.
Vidi Jade accasciarsi al suolo, mentre le lacrime iniziarono a rigarle le guance. Avrei voluto dirle che era tutto a posto, che lo avremmo affrontato insieme, che in qualche modo lo avremmo superato; avrei voluto andare da lei ed abbracciarla, ma era come se le mie gambe avessero dimenticato che cosa volesse dire camminare. Tentai di parlare, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono.
Così rimasi lì, incapace di reagire, incapace di muovermi o di pronunciare una singola parola. La guardavo e ogni sua lacrima era come una pugnalata allo stomaco.
Mi sembrò che le sue labbra si stessero muovendo, ma ormai non ero più sicuro di niente.
-Beck … mi dispiace … scusami-. Questa volta sentii chiaramente, ero certo che queste parole soffocate dal pianto le avesse pronunciate veramente.
Restammo così per non so quanto tempo, forse solo pochi secondi, forse delle ore.
Poi la porta si aprì.
-Ah ragazzi siete qui, vi stavamo cercando-
 Tori entrò nella stanza.
-Ma che sta succedendo?-
Guardò Jade e io ebbi l’impressione che sapesse già tutto, per quanto poco lucido fossi in quel momento. Il suo sguardo si posò prima su di me e poi su Jade.
La scena che seguì fu così strana, che credetti  di avere le allucinazioni. Tori si sedette accanto a Jade abbracciandola e lei, invece di allontanarla, appoggiò la testa sulle spalle della mora.
Uscii dalla stanza, perché mi mancava il respiro e mi diressi al parcheggio, ignorando Andre e Robbie, salii sulla mia GTO e mi allontanai dalla Hollywood Arts, avevo bisogno di stare solo.
 
 
 
-Gli ho detto tutto, Tori-
-Hai fatto la cosa giusta, aspettare non sarebbe servito a niente … allora come … come l’ha presa?-
-Io … non lo so, non ha detto niente, credevo che sarebbe svenuto!-
-Jade devi capirlo, non è facile per lui-
-Non è facile per lui … credi che per me sia semplice?- chiesi con un sorriso amaro.
-Non ho detto questo … solo …- disse lei incerta.
-SOLO COSA?- urlai.
Tori non disse niente, si alzò, cercò qualcosa nello zaino e mi lanciò un pacchetto di fazzoletti. Ne presi uno e afferrai la mano di Tori, che mi aiutò ad alzarmi.
-Su, basta piangere, non ti riconosco più, dove è finita la vera Jade?-
Non risposi, perché da un paio di giorni io stessa me lo chiedevo.
-Andiamo, siamo in ritardo per la lezione-
-Va tu … io vado a casa ho bisogno di stare sola-
-D’accordo, come vuoi tu- mi sorrise e uscì dallo stanzino.
Io cercai le chiavi della macchina e me ne andai, era stata una mattinata molto pesante.
 
Entrai in casa e mi diressi in camera mia. Aprii la finestra e ammirai il panorama fuori: sullo sfondo la scritta HOLLYWOOD sulla cima della collina, davanti a me un viale alberato, che da piccolina percorrevo con la bicicletta, l’unico ricordo felice di un’infanzia triste, intanto la mia mente vagava tra i tanti pensieri che la affollavano.
Stavo guardando una signora litigare al telefono con quello che probabilmente era il suo capo, lei reclamava un permesso per uscire un’ora prima, ma evidentemente lui non era molto d’accordo; quando vidi una famiglia attraversare il viale, due genitori tenevano per mano una bambina di circa cinque anni con le trecce castane e dei fiocchetti rosa, i suoi occhi azzurri brillavano di felicità quando i genitori la facevano ‘volare’.
-Un’altra volta, un’altra volta!- reclamò lei.
-E va bene, ma questa è l’ultima, Emily- le disse dolcemente il padre, sorridendo.
Mi toccai istintivamente la pancia, stavo facendo la cosa giusta? Ero pronta per tutto questo?
Chiusi la finestra e mi avvicinai alla scrivania, dove avevo lasciato le mie amate forbici che mi aveva regalato Cat, le afferrai e la mia attenzione fu catturata dal foglio sotto esse, era il copione per il provino di un film. Lessi le battute evidenziate.
‘Stai andando via? Pensi davvero che sia la soluzione giusta, scappare via da tutto?’
‘Partire, cambiare città, non sempre significa fuggire dai problemi, a volte può semplicemente voler dire ricominciare’
Improvvisamente tutto mi fu chiaro. Mi sedetti, aprii il cassetto, prendendo un foglio bianco e una penna, e iniziai a scrivere.
Piegai il foglio e lo misi in una busta nera, poi uscii di casa, diretta al negozio di dolci.
 
 
 
Girai in macchina per ore, la radio al massimo volume, il cellulare spento, la testa più confusa che mai. Mi fermai solo in un bar per prendere una birra ghiacciata, anzi un paio di birre ghiacciate e ripartii.
Tornai a casa solo verso sera. Mi sdraiai sul letto, rabbrividendo al contatto con le lenzuola fredde, la testa mi faceva male, non sapevo se per le troppe birre o per i troppi pensieri, avevo una sola immagine fissa davanti agli occhi: Jade in lacrime davanti a me.
Sentii la tasca vibrare, presi il cellulare: 3 chiamate perse da Andre, Robbie e Cat, un messaggio da Tori:’Beck, dove sei finito?’.Spensi il cellulare e provai a dormire, nonostante tutto quello che era successo quel giorno.
La mattina successiva sarei andato a casa di Jade e insieme avremmo trovato una soluzione, non la potevo lasciare sola, questa situazione riguardava lei tanto quanto me.
 
 
 
Spinsi la porta di vetro ed entrai nella ‘Ben’s Sweet Shop’. Davanti ai miei occhi vidi un mare di colori e tutti i tipi di caramelle e dolci possibili e immaginabili perfettamente esposti nelle vetrine. Mi guardai intorno con aria spaesata, pensando ‘Davvero esistono posti così?’
-Signorina la posso aiutare?- disse sorridendo un uomo grassottello con dei baffi bianchi e degli occhi color cioccolato, portava un cappello da cuoco sulla testa e un grembiule sporco di farina.
-S…si … em stavo cercando dei bibble-
-Certo da questa parte-
-Quanto?-
-Un sacchettino-
-Le serve altro?-
-Mmm mi dia due di questi- dissi indicando quelli che sembravano essere dei biscotti al cioccolato.
-Ecco a lei … i biscotti sono offerti dalla casa-
-Grazie- dissi imbarazzata abbassando gli occhi
 
-Jade?- disse Cat con aria interrogativa.
-Entra … come mai oggi sei uscita prima da scuola? Anche Beck ha saltato le lezioni eri con lui?-
-No Cat, io sono andata a casa perché … stavo male- tagliai corto.
-Ohh ora stai meglio?-
Annuii.
-Cat sono venuta a portarti questi- dissi porgendole il pacchetto contenente il sacchetto di bibble.
-Wow un regalo per me, ma è il mio compleanno?-
-No, aprilo-
Lei strappò la carta e rimase a bocca aperta, i suoi occhi si illuminarono e iniziò a saltellare.
-Bibble .. bibble … bibble per Cat!-
-Me li hanno regalati oggi … a me non piacciono molto così ho pensato a te-
-Grazie!! Jade io posso abbracciarti?-
-Va bene-
Lei mi saltò letteralmente addosso. Quando finalmente si staccò le dissi:
-Cat mi devi promettere due cose-
-Cosa?- chiese lei fissando ancora il sacchetto, incredula.
-Allora … accetta di uscire con Robbie una volta, a lui piaci molto e anche a te piace e poi … Cat non cambiare mai-
Lei mi guardò un po’ confusa.
-D’accordo-
Feci per andarmene.
-Jade, ma perché mi hai detto queste cose?-
-Così- dissi alzando le spalle.
 
 
-Oh no c’è gente … devo togliermi la senape dalla faccia-
-Trina smettila … oh Jade! Entra, ma dov’eri finita? Tu e Beck siete spariti …. Ero così preoccupata che ti fosse successo qualcosa, dove sei stata? Stai bene?- disse Tori tutto d’un fiato.
-Vega è un interrogatorio?-
-Hai ragione, scusa, accomodati-
Mi sedetti sul divano.
-Tori mi serve un favore-
-Dimmi-
-Domani non verrò a scuola … Puoi dare questa a Beck? Dissi porgendole la busta nera.
-Mm si-
-Ora devo andare … Tori … sei una grande cantante e … grazie per tutto-
La abbracciai, lei inizialmente non capì, ma poi ricambiò l’abbraccio.
-Jade stai bene?-
-Mai stata meglio-
Salii in macchina e misi in moto, non ero diretta verso casa, ma verso l’autostrada, perché finalmente avevo capito cosa fare: RICOMINCIARE.
 

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Capitolo 5
*** I WILL FIND YOU ***


Ciao ragazzi! Mi dispiace veramente tanto se ho aggiornato solo adesso, ma il mio computer si era rotto e miei professori mi stanno bombardando di verifiche, comunque questo capitolo è molto importante e spero davvero che vi piaccia.
Come al solito vorrei ringraziare chi ha recensito (siete troppo gentili, davvero) e Albina che ha controllato tutto.
BUONA LETTURA
 
La mattina dopo mi svegliai con la testa ancora confusa a causa degli avvenimenti del giorno prima. Mi vestii in fretta e andai a casa di Jade, avevo bisogno di parlare con lei.
 
Arrivato davanti al cancello che separava l’abitazione dalla strada, spensi il motore e rimasi lì ad aspettare, quasi timoroso di ciò che sarebbe potuto accadere, guardavo dritto davanti a me e stringevo il volante tra le mani così forte che le nocche diventarono bianche.
Alla fine mi decisi, scesi dalla macchina e bussai. Nessuna risposta. Riprovai altre due volte ma niente, così decisi di chiamarla, ma il cellulare squillava a vuoto.
Stavo per perdere le speranze quando si affacciò da una finestra di legno una signora piuttosto anziana con una retina sui capelli, la riconobbi subito, era la vicina di casa pettegola di Jade, sapeva tutto su tutti gli abitanti di Hollywood.
-Hey ragazzo stavi cercando Jade?-
Annuii abbassando il capo.
-Ieri sera non è tornata, però di pomeriggio l’ho vista uscire con una valigia, magari ha raggiunto i suoi genitori … -
Valigia? Genitori? Mi crollò il mondo addosso. No, non poteva essere, i genitori di Jade erano andati un mese fa in Australia per lavoro, sarebbero rimasti a Sydney un anno e ricordavo che Jade si era rifiutata di seguirli, dicendo che ormai era in grado di badare a se stessa.
Pensai che magari poteva essere andata da sua zia Hellen, abitava a San Francisco, ma scartai anche quell’ipotesi, le due non si parlavano da più di sei anni.
E se forse …? No, Jade non sarebbe mai scappata senza dirmi niente o forse si? Accantonai subito quei pensieri.
Sentii la tasca vibrare … era un messaggio di Tori ‘Beck vieni subito a casa mia, è importante!’
Feci un cenno a mo di saluto alla signora, notando che i suoi profondi occhi verdi ormai stanchi, che un tempo dovevano aver avuto una luce diversa, una luce che solo la spensieratezza dell’adolescenza può dare, mi stavano ancora fissando. Quel suo sguardo pieno di curiosità e quasi compassione mi fece rabbrividire.
Mi voltai ancora turbato e mi diressi verso casa Vega.
 
Una Tori ancora in pigiama mi aprì la porta e mi salutò sbadigliando.
-Allora?- le chiesi.
-Si tratta di Jade, è venuta qui ieri ed era strana, molto strana, ha lasciato questa per te e credo sia importante- disse tutto d’un fiato .
Afferrai la busta nera e lessi il foglio al suo interno:
‘Ciao Beck,
probabilmente non ti saresti mai aspettato una lettera da me, ma era l’unico modo per spiegarti. Non sono mai stata brava con le parole, per quelle ci hai sempre pensato tu; non sono mai stata brava neanche ad esprimere i miei sentimenti, ma ci sto provando.
Ti volevo chiedere scusa, si io ti sto chiedendo scusa, perché mai avrei voluto rovinarti la vita. So bene che la recitazione è tutto per te e non sarò certo io a rovinare il tuo sogno.
Tu devi studiare Beck, devi finire la scuola; ho capito che questa volta non posso essere egoista e pensare solo a me stessa.
So bene che tu non mi lasceresti mai da sola ed è per questo che ho deciso di andarmene, se te lo avessi detto, sicuramente non me lo avresti lasciato fare, invece questa è forse la decisione migliore che io abbia mai preso.
Non provare a cercarmi, non so neanche io dove andrò, non preoccuparti per me, o meglio noi, staremo bene.
Buona fortuna Beck!
Non ti dimenticherò mai.
Tua Jade’
Finii di leggere le ultime righe ormai con le lacrime agli occhi. Se ne era andata, per colpa mia … l’avevo lasciata sola di nuovo, nonostante le mie promesse.
Guardai il foglio e poi Tori che mi stava fissando leggermente preoccupata.
Non sapevo cosa fare, avevo sola una certezza: non mi sarei arreso, io l’avrei trovata, perché non riuscivo neanche ad immaginare una vita senza Jade al mio fianco.
 
 
 
Stavo guidando ormai da diverse ore, ero stanca e soprattutto avevo fame, così decisi di fermarmi alla prima stazione di servizio che vidi. Attraversai la porta girevole e mi ritrovai in un edificio dalle pareti rosse rovinate dai segni dell’umidità e del tempo, con un’atmosfera tutt’altro che familiare e accogliente.
Mi sedetti ad un tavolo per due e un cameriere con un ciuffo nero che gli copriva gli occhi e l’aria di chi è costretto a fare una vita che da piccolo non avrebbe mai immaginato, mi portò il menù o meglio, lanciò un foglio plastificato sul tavolo.
-Che le porto signora?-
-Signora? Sembro così vecchia?- dissi gelida.
-Che ti porto ragazzina? Va meglio?- ribatté lui.
Ero troppo stanca per litigare così mi limitai a ordinare un caffè, poi presi dalla borsa il sacchetto contenente i biscotti al cioccolato.
Stavo sorseggiando la bevanda calda, quando mi si avvicinarono due uomini con gli occhiali da sole, la barba appena accennata e l’alito che puzzava di alcol.
-Hey ti va una sigaretta, dolcezza?- disse il più basso sfilandosi con ‘eleganza’ gli occhiali e appoggiandoli sopra la testa, vidi il suo braccio appoggiarsi attorno alla mia spalla. Lo ignorai.
-La mamma non ti ha insegnato che è maleducazione non rispondere?- sorrise il secondo sfoggiando dei denti giallastri a causa del fumo.
-E a te non ha insegnato che non si parla con gli sconosciuti?- dissi acida. Poi mi alzai di scatto, presi le forbici e tagliai in due la sigaretta e prima che potesse aggiungere altro rovesciai il resto del caffè sulla giacca di pelle del suo amico.
Lasciai una banconota sul bancone e uscii, sorridendo leggermente per le facce arrabbiate e offese di quei due.
 
 
 
Ero sdraiato sul letto e fissavo il soffitto, stringevo ancora tra le mani la lettera di Jade. Avevo provato a chiamarla almeno 50 volte, ma ovviamente non rispose, non che mi aspettassi un esito positivo, conoscevo fin troppo bene Jade, quando diceva una cosa era quella, non c’erano vie d’uscita.
Provai a pensare a dove potesse essere, ma non mi veniva in mente niente, Jade non aveva amici a parte noi e dal momento che ero certo che non fosse dai genitori, non sapevo proprio cosa pensare.
Verso sera mi venne a trovare Tori.
-Hai mangiato?-
Scossi il capo.
-Non puoi fare così Beck, Jade tornerà! Sono sicura che lo farà-
-Tori è colpa mia, solo colpa mia, l’ho lasciata sola ad affrontare una cosa più grande di lei-
-Non è colpa tua, non darti colpe che non hai- mi rincuorò lei. Io non dissi niente.
-Mi dispiace Beck, avrei dovuto capire che c’era qualcosa che non andava, avrei dovuto immaginare …-
-Smettila Tori, non mi aiuta stare a sentire i tuoi sensi di colpa!-
Mi pentii subito di ciò che avevo detto, perché la stavo trattando così? Voleva solo aiutarmi infondo.
-Scusa io … non volevo- le dissi tenendo la testa tra le mani.
-Non fan niente … se vuoi ti lascio solo ….-
Annuii.
Lei prese la borsa , mi abbracciò e poi disse: - Ti ho portato un hamburger … magari poi ti viene fame, se hai bisogno di qualsiasi cosa io … noi ci siamo, non aver paura di chiedere aiuto, siamo tuoi amici, Beck!-
Mi sforzai di sorriderle e le aprii la porta.
-Grazie- mormorai.
Mi sedetti sul letto e mangiai il panino, avevo bisogno di energie per trovare Jade e fare lo sciopero della fame non mi avrebbe portato da nessuna parte.
 
 
 
Continuai a guidare senza una meta precisa, quando sentii un dolore lancinante all’altezza della pancia. Decisi così di imboccare la prima uscita: SEATTLE, come diceva il cartello che avevo appena superato.
Girovagai per le strade della città, il dolore sembrava essere passato, così ne approfittai per cercare un lavoro e un hotel abbastanza economico dove trascorrere la notte.
Una nebbia improvvisa davanti ai miei occhi non mi fece più vedere, non capivo cosa stesse succedendo. Quando finalmente si allontanò mi accorsi di un ragazzo sempre più vicino alla mia auto, frenai di colpo.
Scesi dalla macchina in preda al panico, per fortuna stava bene.
-Ma lei non guarda prima di attraversare?!- gli urlai contro.
Lui era immobile e mi fissava, aveva gli occhi marroni e i capelli corvini, era poco più grande di me.
-Allora?- continuai spazientita.
Stavo attendendo una risposta quando ricomparve di nuovo quella nebbia, poi vidi solo il nero intorno a me.
Sentivo come delle voci lontane.
-Signorina, sta bene? Mi sente? Mi sente?-
E poi le sirene dell’ambulanza e altre voci.
-Come si chiama? Cosa è successo? –
Forse ero svenuta … e il bambino? Cosa gli sarebbe successo?
-Jade West! Jade West! Il bambino … vi prego … salvatelo- avrei voluto urlare, ma queste parole rimasero solo un suono soffocato nella mia testa.
Sentii ancora le sirene e poi più niente.

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Capitolo 6
*** REAL SMILES AFTER A LONG TIME ***




Ciao ragazzi ecco il nuovo capitolo, questo capitolo è un po’ di passaggio, spero comunque che vi piaccia.
BUONA LETTURA
 
-Ok ragazzi la lezione è finita, ci vediamo domani-
-Ma scusi Sikowitz mancano ancora 30 minuti- disse Cat.
-Cat quante volte te l’ho detto, la lancetta piccola segna le ore, quella grande i minuti e poi … ma Cat questo orologio è fermo!- disse Robbie quasi sconvolto.
-Oh ecco perché segnava sempre la stessa ora- rise la rossa.
-Ma tu … o lasciamo perdere … sushi?- propose Andre.
-Io ci sto, ieri ho finito di scrivere una canzone e non ho neanche cenato …- disse Tori indicandosi la pancia, facendo una smorfia.
-Tu vieni Beck?- mi chiese.
-Voi andate, vi raggiungo-
La porta si chiuse e io rimasi solo con Sikowitz, appoggiai lo zaino per terra e con tono serio gli dissi:- Mi scusi, possiamo parlare?-
-Certo Beck dimmi pure, si tratta di Jade?-
-Ma lei come…?-
-Mi hanno raccontato tutto i ragazzi, ieri non c’eravate a scuola e ho chiesto … si insomma spero che non ti dispiaccia …- ammise lui imbarazzato.
Scossi la testa pensieroso.
-Sikowitz lei per caso ha il numero della zia di Jade?-
Lui mi guardò un po’ incuriosito prima di sorseggiare il succo della sua noce di cocco.
-La sto cercando e ovviamente non risponde, quindi mi chiedevo se magari non potesse essere andata dalla zia e dato che i suoi non ci sono magari avete il suo numero …-
-Beh teoricamente non dovrei, ma dato che sei uno dei miei studenti preferiti … torno subito- disse prima di sparire dall’aula.
Presi il cellulare e provai a richiamare Jade, anche se le mie speranze di una sua risposta erano piuttosto basse. Questa volta, però, diversamente dalle altre non si inserì subito la segreteria.
-Pronto?- disse una voce femminile, che sicuramente non era di Jade.
-Scusi lei chi è?- domandai non capendo ormai più niente.
-Lei per caso è o conosce il proprietario di questo cellulare? Perché l’ho trovato in una stazione di servizio e l’ho preso  …-
-No scusi io devo aver sbagliato numero- attaccai senza riuscire a chiedere altro, quindi Jade non aveva solo spento il cellulare, l’aveva proprio perso, probabilmente volontariamente, stava facendo proprio di tutto per non farsi trovare.
-Beck … Beck … terra chiama Beck!- sussultai alla voce di Sikowitz.
-L’ha trovato?- chiesi.
-Che cosa?-
-Il numero …-
-Oh beh si, quando avevo la tua età facevo proprio dei gran bei numeri, ero un giocoliere, un attore …- disse lui con sguardo sognante, perso nel vuoto.
-Il numero della zia di Jade …-
-Ah tu intendevi quello … ovviamente-
-Allora?- chiesi spazientito.
-Si … eccolo qui, fortuna che la preside non era in ufficio- disse porgendomi un pezzetto di carta tutto appallottolato. Lo guardai indeciso.
-Oh beh era nel caso mi scoprissero, sai ero sottocopertura- disse facendomi l’occhiolino.
Lo ringraziai ed uscii, avevo smesso di farmi domande su Sikowitz e sulle sue stranezze, lui era così: un cinquantenne Peter Pan, amante delle noci di cocco.
Passai al Nozu avvisando i ragazzi che tornavo a casa.
Subito aprii il foglio tutto stropicciato e sporco di succo di cocco.
-Pronto? Qui casa West come posso aiutarla?-
-Cercavo Hellen …-
-E ci stai anche parlando genio, cosa vuoi? Non ho tempo da perdere …- nella sua voce riconoscevo un tono acido e gelido fin troppo familiare, ora si che mi spiegavo da chi avesse preso Jade.
-Sono Beck, chiamo da Los Angeles …-
-Los Angeles … siete di quella stupida scuola ... la Hollywood qualcosa … Cosa ha combinato  mia nipote ? Devo chiamare i suoi?-
Capii da questa risposta che Jade non poteva essere da lei.
-No, niente … volevamo solo … emm … controllare di avere il numero giusto … si noi … oh mi scusi non la sento più … non c’è campo- dissi chiudendo la chiamata.
-Bah sono strani questi attori di Hollywood-
Non sapevo da che parte cominciare, sicuramente non era a San Francisco e non era in Australia … questo si che restringeva il campo, infondo mi restavano soltanto altri 7 miliardi di persone da chiamare.
 
 
 
 
-Lei è un parente?-
-Cosa? Io non … no l’ho incontrata per caso … -
-Sa il suo nome?-
-No … ma cosa le è successo?-
-La signorina è incinta e stava anche rischiando di perdere il bambino, è stata molto fortunata … oh si è svegliata-
Sentii queste voci sconosciute, in quel momento mi sembrava di sognare, quei sogni che sembrano così veri che quando ti svegli non sai più distinguere la realtà dalla finzione. Non sapevo da quanto tempo stessi dormendo, non ricordavo nemmeno di essermi addormentata.
Avevo un gran mal di testa e un forte dolore all’altezza della pancia. Nella mia testa c’era la nebbia più totale, volevo capirci qualcosa, così con molta fatica aprii gli occhi.
Non ricordavo cosa fosse successo e soprattutto non sapevo dove fossi, anche se a giudicare dalle pareti bianche, la flebo accanto al mio letto e la puzza di medicinali vari capii di trovarmi in un stanza d’ospedale, ma il perché fossi lì restava ancora un mistero.
Vidi avvicinarsi due uomini, il primo era un dottore, portava il camicie bianco e gli occhiali, sembrava un perfetto irlandese, aveva gli occhi verdi, i capelli color rame e il viso tempestato di lentiggini, avevo la vista annebbiata, ma riuscii a leggere il nome sul cartellino, si chiamava Nate. Il secondo aveva un viso familiare, anche se non ricordavo di averlo mai incontrato.
Provai a tirarmi su, ma la testa mi faceva troppo male. Il signore dal volto familiare si sedette accanto al letto, sorridendo, mi sforzai di ricordare dove lo avessi incontrato, ma non mi veniva in mente niente, quando all’improvviso, come in un flashback, mi tornarono in mente tutte le immagini di ciò che era accaduto: lui sempre più vicino alla mia auto, la nebbia, il buio, le voci.
Un dubbio atroce mi attraversò la mente, avevo quasi paura a chiederlo, ma dovevo sapere.
-Il bambino … come sta il bambino?-  avrei voluto urlare, ma ero troppo debole, così sussurrai appena.
Nate mi sorrise.
-Sta bene, state tutti e due bene, signorina avrei bisogno di farle alcune domande se la sente?-
Annuii più rilassata di prima, mi chiese le mie generalità e il motivo per cui fossi a Seattle, ma a questa domanda mi rifiutai di rispondere, mi spiegò anche il perché mi trovassi lì, a quanto pare avevo accumulato troppe ansie e preoccupazioni e tutto questo al bambino non faceva bene, aveva parlato di distacco o una cosa del genere.
-Lei lo sa che devo chiamare i suoi genitori vero? E’ minorenne- mi disse in tono paterno.
-No! I miei genitori non ci sono ... loro sono in Australia e poi non sanno che … beh loro non sanno …- mi toccai la pancia in preda al panico.
-E’ il mio lavoro signorina …-
-Ma lei non capisce io non … oh andiamo tra qualche mese sarò maggiorenne, non può chiudere un occhio?- chiesi supplichevolmente.
Mi guardò, alzò gli occhi al cielo.
-Non si possono fare favoritismi-
-Beh ma lei è un medico, saprà bene che nelle mie condizioni ho bisogno di tranquillità, me lo ha detto lei prima che è stato lo stress a farmi male … vuole essere responsabile di una mia ricaduta?- chiesi sorridendo, consapevole di averlo messo in difficoltà.
Lui prese tempo.
-Se e dico se dovessi decidere di aiutarla, ha un posto dove stare?-
-Lei non si preoccupi … ho la mia auto e poi posso cercare un hotel e un lavoro-
-Forse non mi sono spiegato, deve stare a riposo per almeno due mesi, questo vuol dire che non può viaggiare o guidare né tanto meno lavorare, deve stare a letto, non ha parenti qui?-
Fissai il letto, mi stavo torturando le mani.
-Altrimenti sarò costretto a ricoverarla e chiamare i suoi …-
Quando intervenne il tizio che stavo investendo.
-Scusate se mi intrometto … noi non ci conosciamo, ma hai l’età della mia sorellina, non so perché, ma voglio aiutarti, un mio amico ha una stanza a disposizione, il ragazzo che l’abitava dovrebbe essere partito … se mi fate fare una chiamata …-
In altre circostanze mi sarei rifiutata, non lo conoscevo per niente e poi stavo quasi per investirlo e gli avevo urlato contro senza un motivo valido, per quale strana ragione avrebbe voluto aiutarmi?
Ci pensai un po’ su, c’era mia zia, non era lontana da qui, certo avrei dovuto combattere contro il mio orgoglio e non era una battaglia semplice, testarda come sono, ma almeno non era una sconosciuta.
Stavo quasi per ringraziare il tizio e dirgli che mi sarei arrangiata, quando pensai che per Beck non sarebbe stato difficile trovarmi a casa sua ed ero certa che mi stesse cercando, così accettai la proposta del moro. Non sapevo cosa mi spingesse a fidarmi di lui, forse erano quegli occhi grandi e buoni o forse il fatto che non avevo alternativa, comunque c’era qualcosa in lui che mi trasmetteva fiducia.
-Bene vado a telefonare … ah non ci siamo ancora presentati, io sono Spencer, Spencer Shay- disse lui sorridendo e porgendomi una mano.
In quel momento notai all’altezza delle caviglie qualcosa che luccicava, che si accendeva e si spegneva come una lucina intermittente, pensai di essere completamente impazzita, che mi stessero avvelenando, ma lui notando il mio sguardo curioso e quasi leggendomi nel pensiero, alzò leggermente i pantaloni, vidi due calze diverse luminosissime, ma non bastavano Cat, Sikowitz, Robbie, non che gli altri fossero normali comunque …? Tutti io li incontravo i matti? Mi chiesi se fosse il caso di fidarsi di questo strano individuo con le calze luminose, ma poi notai che mi stava sorridendo e aveva ancora la mano tesa verso di me.
Fiducia, quella parola mi tornò di nuovo in mente, in tutta la mia vita non mi ero mai fidata di nessuno, eppure … decisi di seguire il mio istinto, gli afferrai la mano grande, presentandomi a mia volta.
-Jade West- risposi accennando un mezzo sorriso.
Lo vidi poi avvicinare la testa alla mia pancia.
-Oh e ciao anche a te piccolino o piccolina- disse con quella vocina buffa che fanno gli adulti quando vedono un bimbo, quella voce dolce e acuta che tanto detestavo, ritenendola da perfetto idiota, questa volta mi fece sorridere, ma sorridere per davvero, come non facevo da tanto forse troppo tempo. 

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Capitolo 7
*** YOU DON'T KNOW ME ***


-E quindi alla fine le ho dovuto dire che … Beck … Beck?!- la voce di Tori mi richiamò, mentre stavo fissando un punto indefinito davanti a me.
In quel momento tutti si voltarono verso di me con la solita espressione che mi rivolgevano da un po’ di giorni: un misto di compassione e preoccupazione.
-Sto bene ragazzi, vorrei solo essere lasciato in pace … non mi serve altro davvero, voglio solamente stare solo …- sospirai, ormai stanco di continuare a mentire a tutti, la verità era che non stavo bene, ma non volevo che gli altri si preoccupassero, non potevano fare niente per aiutarmi, nessuno poteva, nessuno a parte lei, ma lei non c’era.
-Ma Beck tutti hanno bisogno di qualcuno!- la voce innocente di Cat non mi aiutò molto, perché in quel momento pensai che effettivamente Cat aveva ragione: tutti hanno bisogno di qualcuno, così fui colto dai sensi di colpa, i miei amici in quel momento non dovevano sostenere me, ma Jade, completamente sola e in una città sconosciuta.
-Io vado a casa ci vediamo domani- dissi lasciando delle banconote sul tavolo e uscendo dal Nozu, mentre gli altri mi fissavano increduli, ma probabilmente rassegnati. 
Accettare di uscire con loro si era rivelata una pessima idea, dal momento che il mio umore invece che migliorare era peggiorato.
Tornai a casa, buttai lo zaino sul letto ancora disfatto: il cuscino era finito per terra, c’erano vestiti sparsi ovunque, mentre le lenzuola, di un azzurro intenso, mostravano i segni di una notte chiaramente passata senza riuscire a chiudere occhio, se il letto era in quelle condizioni non osavo pensare alla mia faccia.
Riempii di caffè una delle poche tazze che non giacevano sporche nel lavello, e mentre osservavo il disordine che regnava sovrano pensai che se ci fosse stata mia mamma, che era andata in Canada per alcuni mesi, mi sarei sorbito una di quelle sgridate sull’importanza dell’ordine che difficilmente avrei dimenticato, ‘una casa disordinata rispecchia un disordine mentale’ questo era il suo motto e amaramente constai che aveva pienamente ragione.
Mi sedetti al tavolo e pensai alla telefonata del giorno prima con quella ragazza che aveva trovato il telefono di Jade, forse per la delusione di non aver sentito la voce di quest’ultima, forse per la paura che le potesse essere successo qualcosa o forse per lo sgomento iniziale non avevo pensato nemmeno per un momento che quella ragazza potesse essere un punto di partenza.
Recuperai il cellulare dallo zaino e ignorando i  vari messaggi sperai con tutto me stesso che avesse tenuto il cellulare, con il dito tremante e gli occhi che si chiudevano a causa della stanchezza composi il numero.
-Pronto?- era quella la voce che avevo sentito il giorno prima, una voce dolce e calda che certamente non poteva essere di Jade.
-Em ciao, abbiamo parlato ieri ti ricordi?- esordii un po’ impacciato, mentre mentalmente pensavo ad un modo per estorcerle quante più informazioni utili possibili.
-Si … hai capito di chi è il cellulare o hai sbagliato di nuovo numero? -
-Scelgo la prima opzione, comunque è della mia ragazza, cioè voglio dire … beh comunque non importa -
-Se rivuole il cellulare basta dirlo, ci incontriamo e glielo restituisco -disse lei con un tono di voce pacato e tranquillo.
-Credo che verrò io … lei .. lei beh è una lunga storia … allora tu dove abiti?-
-Beh da domani a Los Angeles, oggi ho finito di trasferire le mie cose, oh non sai quanti viaggi che ho dovuto fare …- si interruppe –ma non credo che a te importi qualcosa- concluse ridendo.
-Anche io sono di Los Angeles, potremmo incontrarci in un locale …-
-Fantastico, comunque io mi chiamo Cloe, tu devi essere Beck? O almeno così ti ha salvato lei-
-Si, sono io, ti mando un messaggio con l’indirizzo-
Capire dove Jade avesse perso il cellulare forse non sarebbe stato di grande aiuto, ma certo era un punto di partenza per ritrovarla.
 
 
 
L’indomani mattina fui svegliata dall’infermiera, poco dopo entrarono Nate e Spencer.
-Allora in questa cartella ho scritto che Spencer è tuo cugino, e sei affidata a lui dal momento  che i tuoi genitori sono in viaggio, mi raccomando Jade: riposo, riposo, riposo, zero stress e soprattutto ti voglio rivedere tra 2 mesi, so dove abiti, niente scherzi d’accordo?- 
Annuii fissando i suoi occhi verdi e spostai l’attenzione su Spencer che con i capelli in disordine mi sorrideva sereno.
Nate mi aiutò a sistemarmi su una sedia a rotelle e poi mi scortò fino alla sala d’attesa, dove sparì dietro una delle tante porte con su scritto ‘riservato al personale’.
Tornò dopo pochi minuti con un paio di fogli da far firmare a me e Spencer.
-Ma è proprio necessario questo aggeggio?- chiesi io riferendomi alla sedia a rotelle, dopo aver autografato l’ultimo foglio.
-Si Jade, sei troppo debole- rispose lui dolcemente.
–Mi raccomando fai la brava signorina, riposati, non stancarti, non innervosirti e non scappare- continuò poi.
-Ho forse altra scelta?- chiesi amaramente.
Lui sorrise, quell’uomo mi avrebbe fatto venire il diabete. Io cercai di muovermi, Spencer, vedendomi in difficoltà si avvicinò per aiutarmi, ma lo allontanai bruscamente.
-Mettiamo in chiaro le cose: non sono malata, sono incinta! Non trattarmi come un’ incapace- sbottai poco prima di scontrarmi con un infermiere.
-Sscusi- balbettai.
Sentii Spencer ridere dietro di me e scoppiai a ridere anche io.
-Va bene infermiere Spencer, mi aiuti-
Ci dirigemmo al parcheggio, dove vidi la mia auto.
-Sono andato a recuperarla-
-Si grazie, ora fammi salire-
Spencer sbuffò prima di aprirmi la portiera.
-Sei difficile tu, eh?-
Mise in moto e restammo in silenzio, non avevo voglia di parlare, mi limitai a guardare fuori dal finestrino:il cielo si stava coprendo di nuvole grigie, abbassai il vetro e quell’odore tipico dell’inizio di un temporale mi colpì in piena faccia entrandomi fin dentro le ossa. Il tempo fuori rispecchiava in pieno la tempesta che si stava scatenando dentro di me.
-Sai le tempeste non durano per sempre- esordì Spencer.
Io non risposi e lui continuò:-Voglio dire, anche quando ci sono le nuvole il sole non sparisce del tutto e prima o poi spunta un raggio di sole-
-Queste frasi filosofiche da quattro soldi da dove le hai prese?- dissi io senza distogliere lo sguardo dal cielo.
Lui rise:-Beh forse non te l’ho detto, ma sono un artista, faccio delle sculture niente male…-
-E anche i versi stile poeta rientrano nel pacchetto?-
-Quelli li lascio per il tempo libero …-
Da quel momento fui come un fiume in piena, raccontai a Spencer del difficile rapporto con mio padre, della mia infanzia triste, della mia passione per il canto, di Beck , dei miei amici, di tutto ciò che era accaduto, finchè non rimasi a corto di fiato.
-Io non voglio giudicarti, ma sei proprio sicura che facendo così Beck non soffrirà?-
-Forse all’inizio, ma poi mi ringrazierà, non deve rovinarsi la vita per me, non voglio costringerlo a prendersi alcuna responsabilità, nella vita me la sono cavata sempre da sola e così andrò avanti a fare, vedi Spencer la mia vita è solo tempesta-
-Jade  nella vita si cade e ci si rialza, è un continuo cadere e rialzarsi-
-E se non avessi più la forza di rimettermi in piedi?-
-Ma ora non sei da sola … siete in due, devi farlo per lui/lei-
Restammo in silenzio mentre le prime gocce di pioggia iniziarono lente a scendere.
-Siamo quasi arrivati, a comunque la casa che ti ho rimediato è proprio di fronte alla mia, così se volessi scappare dalla signora Benson potrai farlo-
-Perché dovrei?-
-Sai lei è un po’ … diciamo … particolare-
-Disse il tizio con le calze strane- ribattei io.
-No, dico sul serio, poi la conoscerai, comunque se vuoi un consiglio, togliti le scarpe prima di entrare-
-Lo terrò presente-
-Ha un figlio della tua età, è amico di mia sorella …-
-Grandioso, questa si che è una buona notizia- dissi io ironica.
-C’è anche Sam, son un bel trio, lei beh non devi farla arrabbiare e devi stare attenta alla sua calza piena di burro-
Inarcai un sopracciglio.
-Calze che si illuminano, calze di burro … e io che pensavo di avere amici folli-
-Eccoci- disse Spencer prima di fermarsi di fronte ad un palazzo altissimo e pieno di finestre si chiamava Bushwell Plaza. Entrammo nell’atrio, dove vidi un uomo vestito di grigio, con i capelli in disordine e un’orrenda verruca sulla guancia.
-Noooo, avevo appena passato la cera e adesso è tutto sporco di fango- urlò lui con una vocina stridula.
-A proposito di normalità … ciao Lewbert!- disse Spencer.
 
 
 
Ero seduto ad un tavolo di un bar vicino alla spiaggia e stavo aspettando l’arrivo di Cloe. Dopo dieci minuti vidi entrare dalla porta una bellissima ragazza dalla pelle olivastra. Si tolse gli occhiali da sole poggiandoli con una delicatezza infinita sulla testa, aveva due grandi occhi cerulei e un piercing al naso, i suoi capelli rossi, probabilmente tinti e rasati da un lato, erano raccolti in una coda di cavallo, da cui sfuggiva qualche ciocca ribelle. Indossava una camicia turchese senza maniche, la riconobbi subito per via di un particolare che mi aveva anticipato a telefono, ovvero un tatuaggio sul braccio destro sotto la spalla che raffigurava un L scritta in corsivo all’interno di un infinito.
Le feci un cenno con la mano e lei si avvicinò al mio tavolo.
-Beck?- chiese.
Io annuii, si avvicinò e fui travolto dal suo profumo di gelsomino. Mi restituì il cellulare e io le chiesi dove lo avesse trovato.
-Stavo facendo il trasloco e mi sono fermata in una stazione di servizio, l’ho visto su un tavolo e l’ho preso- disse con semplicità. La osservai sorseggiare il suo frullato al mango e pensai che se era stata così onesta da venire fin lì per restituirmi il cellulare, quando poteva benissimo tenerselo, potevo fidarmi di lei.
Mi ritrovai così a raccontarle la mia storia, lei mi ascoltava parlare mentre giocherellava con la cannuccia gialla che metteva in risalto le unghie smaltate di azzurro.
-Voglio andare nel posto in cui hai trovato il cellulare, magari possono aiutarmi-
-Posso accompagnarti se vuoi- La guardai un po’ indeciso.
-Non ho cattive intenzioni … uno non ho niente da fare e due … beh sono un tipo romantico e mi piacciono le storie d’amore, specie quelle con il lieto fine e poi so di preciso dove si trova quel posto … tu no-
Forse a causa della solitudine o della sua ultima frase, accettai il suo aiuto. Concordammo che era meglio per tutti e due andare di domenica, ci scambiammo i numeri e lei mi disse che poi mi avrebbe raccontato la sua storia, così avrei capito perché volesse aiutarmi.
Ci salutammo dandoci appuntamento sempre in quel bar.
Le offrii un passaggio, ma disse che le piaceva andare a piedi, così poteva sentire il vento sulla faccia, la vidi accendersi una sigaretta e girare l’angolo. Pensai che magari quello di domenica poteva rivelarsi un buco nell’acqua, una perdita di tempo, ma dovevo comunque tentare, per lei, per noi, perché l’amavo.
 
 
 
Ero seduta sul divano della casa di Spencer mentre osservavo con un misto di curiosità e di ammirazione le numerose sculture, quando entrò dall’ascensore una ragazza dai capelli corvini, gli occhi marroni e la pelle chiara.
-Ciao tu devi essere Jade, quella dell’ospedale, l’amica di Spencer-
-Non sono dell’ospedale e non sono amica di Spencer- dissi io gelida.
-Okay … io sono Carly e tra un po’ arriveranno anche i miei amici Sam e Freddie-
-Quando … -
-Beh tra circa un minu …-
-No quando te l’ho chiesto?!- la mia voce risuonò nella stanza come uno dei tuoni che squarciavano il cielo in quel momento.
-Sai dovresti conoscere Sam … andreste molto d’accordo- disse lei senza perdere il buon umore, mi stava già urtando i nervi.
Subito dopo entrò una ragazza con i boccoli biondi e gli occhi azzurro-grigio, e un cartone di pizza in mano. –Ecco la pizza-
-Finalmente- urlò Carly saltellando, aprì il cartone, ma trovò solo dei bordi mangiucchiati.
-Sam- urlò la mora.
-Innocente- alzò le mani lei, aveva i polpastrelli sporchi di pomodoro. Carly guardò in quella direzione.
-Sono caduta, questo è sangue-
Io abbozzai un mezzo sorriso, capii subito che Sam era l’opposto di Carly.
-Sono arrivati Freddie e Marissa- annunciò Specer con le mani sporche, probabilmente di formaggio, a giudicare dalla scultura a forma di gatto sul tavolo, e il telefono poggiato tra la testa e la spalla.
 
-Ciao tu devi essere Jade- esordì Marissa Benson una volta entrata nella mia futura casa.
-Io sono Freddie- salutò un ragazzo abbastanza carino con occhi e capelli castani, portava una camicia a quadri del secolo scorso e un paio di jeans. Mi guardai intorno e vidi ovunque foto di Freddie da piccolo.
-Come ti senti cara? Sai … io so perfettamente cosa significa crescere un figlio da sola, conta su di me per qualsiasi cosa- Tutti la guardarono a bocca aperta e un’espressione sconvolta stampata sul viso, ma lei non se ne accorse e continuò: -Freddie caro, perché non accompagni Jade nella sua stanza?  Io preparo un tè alla menta-
Spencer, ancora visibilmente sconvolto, passò la mia valigia e la mia borsa a Freddie e uscì con Carly e Sam, borbottando ‘Adesso arriva la fine del mondo’
Entrai nella mia stanza, subito notai un intenso profumo di lavanda. Le pareti erano panna, per il resto c’era un letto di legno con le lenzuola salmone, un comodino con due cassetti, una scrivania, un armadio e una televisione appesa alle parete accanto alla finestra. Sospirai.
-Io, Carly e Sam facciamo un web-show … magari lo conosci … ICarly-
-Non sono fatta per l’allegria, nonostante sia circondata da gente che mi sorride come se fossi una povera ragazza che chiede l’elemosina, a me non piace ridere-
-D’accordo … vedo che le cose non vanno bene-
-Diciamo che ho toccato il fondo, ma invece di risalire sto annegando-
-Allora accetta il mio salvagente-
-Piuttosto che farmi salvare da qualcuno, morirei, sono fatta così-
-Beh è ora di cambiare no?-
I nostri occhi si incontrarono e lui sostenne il mio sguardo.
-Se hai bisogno sono nella stanza accanto- disse uscendo.
Presi la borsa e svuotai il contenuto sul letto, afferrai il mazzo di chiavi, tra cui c’erano la chiave di casa mia e quella della roulotte di Beck, e lo misi nel primo cassetto. Accarezzai la copertina del mio quaderno nero dove scrivevo le canzoni, lo aprii sulla pagina segnata: YOU DON’T KNOW ME. Lo posai nel cassetto con le chiavi e mi buttai sul letto canticchiando.
‘So listen to me, listen to me, you push me back, I push you back, harder, harder, you scream at me, I scream at you louder, louder. I’m dangerous, so I’m warning you but you are not afraid of me and I can’t convince you … You don’t know me’
 
*SPAZIOAUTRICE*
Ciao ragazzi, scusate l’assenza, ma non avevo più idee, comunque sono molto orgogliosa di questo capitolo e spero piaccia anche a voi.
Come avete visto sono entrati i personaggi di ICarly, la storia è ambientata prima di IGoodbye e non seguirò la trama della serie.
Grazie a chi segue la storia, a chi recensisce, ad Albina e Elena che mi aiutano tantissimo.
 

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Capitolo 8
*** GOOD NIGHT LITTLE STAR ***


 

Finalmente arrivò la tanto attesa domenica, nonostante sapessi che c'era possibilità di non concludere niente, volevo comunque tentare.

Mi preparai e uscii. Davanti al bar ad aspettarmi c'era Cloe con la sua naturale eleganza, avvolta in una giacca nera di pelle e circondata dal fumo della sua sigaretta.

-Beck- mi salutò, buttando il mozzicone per terra e pestandolo con le sue converse bianche, quella ragazza era un enigma, in un certo senso simile a Jade, ma allo stesso tempo completamente diversa.

-Durante il tragitto che ne dici di parlare un po'?- domandò allacciandosi la cintura.

-Non è che ne abbia molta voglia Cloe- dissi io.

-Allora se vuoi parlo io e tu mi ascolti-

-Va bene- mi arresi, pensando che quella ragazza avrebbe fatto parlare anche una pietra.

-Dai fammi una domanda-

-Che significa quel tatuaggio?- chiesi subito io.

La vidi esitare un po' ma poi iniziò a parlare.

-Sta per Lionel, sai due anni fa quando avevo 16 anni ho conosciuto un ragazzo di nome Lionel, è argentino, ma praticamente ha sempre vissuto qui. Lui era più grande di me, aveva 22 anni. Naturalmente mia madre era contraria, ma io mi ero innamorata di lui, Lio ha lo stesso tatuaggio, ovviamente con la C. Un giorno mi disse che doveva trasferirsi a San Francisco, io non ci pensai due volte e gli dissi che volevo andare con lui. Una mattina scappai di casa e partii con lui. È un cantante e lo aveva ingaggiato un'importante casa discografica, praticamente lavorava tutto il giorno e tornava a casa la sera. Io lavoravo in strada, suono il violino, facevo l'artista di strada. Sono una ragazza che odia stare sola e soffrivo molto per quella situazione. Una mattina finito il mio pezzo mi sedetti a piangere per lo stress, perché mi mancavano mia mamma, mia nonna, mio fratello, perché non volevano parlare con me, per Lionel. Un ragazzo mi passò un fazzoletto e mi offrì da bere, si chiamava Edward. Per sdebitarmi lo invitai a casa quella sera, tanto sapevo che Lio sarebbe tornato di notte come al solito. Un bicchiere tira l'altro ... insomma ci ubriacammo e lui mi baciò, io lo allontanai, ma in quel momento entrò Lionel, aveva un mazzo di rose rosse in mano.

Non dimenticherò mai la sua espressione delusa. Inutile dire che non volle sentire spiegazioni. Così sono  tornata a Los Angeles, proprio l'altro giorno ho finito il trasloco.- mi raccontò lei con una sincerità che mi spiazzò.

- I tuoi genitori ti hanno perdonato?- chiesi io.

-Genitori ... questa è un'altra lunga storia ...  e comunque no, mia mamma non vuole parlarmi ... Vivo da mia nonna Giulia, è italiana ...- 

- Ora capisci perché voglio aiutarti Beck? Se c'è una cosa che questa esperienza mi ha insegnato è che nella vita puoi perdere tutte le persone a te care, ma la cosa importante è non perdere se stessi, perché poi piano piano tutto si aggiusta. Bisogna guardare avanti sempre e comunque anche se sembra che il mondo ti cada addosso-

-Non pensi mai a lui?-

-Ci penso ogni secondo Beck, ma non per questo ho smesso di vivere la mia vita, gli sto dando tempo di capire, di farsi domande e darsi risposte e ho la fiducia che un giorno mi perdonerà e tornerà da me-

-Ti prego trasmettimi un po' della tua positività-

-Mia nonna dice che un giorno senza sorriso è un giorno perso e a me non piace perdere, la vita è troppo breve per piangersi addosso, non si può cambiare il passato e cancellare gli errori. Posso solo iniziare un nuovo capitolo e sperare nel lieto fine, e se non ci sarà, rimarrà una grande storia comunque-

Rimasi colpito dalla saggezza di quella ragazza, aveva ragione in tutto e per tutto. La sua presenza nella mia vita aveva portato una ventata d'aria fresca, amavo stare con i miei amici, ma in quel momento l'unica compagnia di cui avevo bisogno era quella di Cloe.

Avevamo appena superato l'uscita dell'aeroporto quando Cloe mi indicò una piccola stazione di servizio. Mi fermai mettendo benzina, nel frattempo chiesi del proprietario.

Si presentò davanti a me un uomo grasso, con i baffi e senza capelli.

-Ha mai visto questa ragazza?- chiesi io mostrando una foto di Jade.

Lui ci pensò un po' su e poi chiamò un ragazzo magrolino, i due confabularono un po' e poi mi disse:-E' venuta un po' di giorni fa, mi ha chiesto un pieno e dove potesse arrivare con quella benzina, le chiesi dove volesse andare e lei rispose 'il più lontano possibile da qui', io le dissi di non preoccuparsi perchè  comunque ci sono tante stazioni di servizio lungo l'autostrada ... per esempio quella dove lavoravo prima,  mi sono fatto trasferire perché non è molto raccomandabile, non mi piaceva né il posto né tanto meno la gente che la frequentava-

Ringraziammo il signore e tornammo in macchina.

-Un'informazione ce l'abbiamo, non è partita con l'aereo, quindi è dentro i confini degli Stati Uniti e non è in California- disse Cloe.

-Che ne dici facciamo un giro di tutti gli altri 50 Stati? –

-Dai Beck, tornerà lei-

Restammo in silenzio per il resto del viaggio e io mi accorsi di non avere con me le chiavi della roulotte, sicuramente erano cadute da qualche parte. Presi a pugni lo sterzo. Era domenica e non c'era neanche un fabbro.

-Calmati Beck, puoi sempre venire da mia nonna-

-No, davvero Cloe ora chiamo Andre o Robbie e poi ... cavolo sono partiti per un week-end in montagna, torneranno domani mattina-

-Vieni con me, non accetto un no come risposta-

Alla fine accettai ancora una volta l'aiuto di Cloe.

 

 

 

Trascorsi due settimane in casa Benson e devo dire che mi trovai bene, Marissa con me era dolce e premurosa, a volte troppo per i miei gusti, proprio come se fosse stata mia madre, questo sconvolse tutti soprattutto Freddie che non aveva mai visto sua madre comportarsi così con nessuno all'infuori di lui, all'inizio si allarmò per via del piercing, del tatuaggio e dei capelli blu, ma la tranquillizzai dicendole che i primi due li avevo da molto tempo e non c'era pericolo di prendere malattie e i capelli beh dal momento che ero incinta non potevo certo tingerli. Nonostante avesse fatto fare a tutti una simulazione del mio possibile parto con tanto di cronometro per vedere quanto tempo ci volesse a raggiungere l'ospedale e altre prove anti-incendio si comportava in modo piuttosto normale, se si considerano gli standard di normalità a cui mi ero abituata in quegli anni.

Mi disse che per l'affitto non dovevo preoccuparmi, comunque appena Freddie scoprì che ero una cantante, ebbe l'idea che potevo dare lezioni di canto per tenermi occupata, sponsorizzarono la cosa su ICarly e due giorni a settimana per un'ora decine di bambini si radunavano a casa Shay e io insegnavo loro ciò che sapevo. All'inizio urlavo in faccia a ogni bambino, non mi sono mai piaciuti, poi però pensai che comunque era un lavoro, cercai quindi di essere professionale.

La mattina la trascorrevo a casa di Spencer, lo osservano scolpire sculture con i materiali più impensabili e trovare nuove idee per altre ancora.

Spesso scoppiavo a ridere o a piangere senza alcun motivo e lo mandavo in giro per la città a comprarmi gelato al cocco, anelli di cipolla, patatine fritte, frappè alla fragola,  qualsiasi cosa mi venisse in mente, dal momento che a pranzo e a cena mangiavo solo verdure, frutta e altre cose salutari.

Spencer mi raccontò di suo padre che non vedeva mai, di suo nonno, del suo corso di legge più veloce della storia e delle sue mille fidanzate.

Diventai amica di Carly, Freddie e Sam, con la prima mi divertivo a prendere in giro Spencer e si rivelò abbastanza sopportabile, nonostante continuassi a ritenerla una 'miss perfettina'. Mi coalizzavo con Freddie per evitare tutti i vaccini che Marissa aveva organizzato per noi e parlavamo tutta la notte, mi raccontò della sua cotta infinita per Carly e della sua storia con Sam, io gli raccontai di Beck, Tori, Cat, Andrè e Robbie. Scoprii di avere molte cose in comune con Sam, spesso quando parlavamo tra noi Carly si intrometteva nella conversazione inventando prove e nuovi numeri per lo show. Capivo che fosse gelosa perché pensava che le stessi rubando la migliore amica, ma non era quella la mia intenzione, in quel momento era proprio l'ultima cosa a cui pensavo. Così gliene parlai e da quel momento la tensione tra di noi scomparve.

Conobbi anche Gibby che a mio parere era il più matto di tutti, volle partecipare a tutti i costi alle mie lezioni di canto e pretendeva un succo di frutta e una merendina come i bambini.

Decisi di guardare lo show e nonostante non risi per niente, constai che in fondo, molto in fondo, era carino, i ragazzi mi proposero di cantare nello show, ma io rifiutai.

Per il resto passavo le giornate o sulla sedia a rotelle o sul divano, scrivevo continuamente, era un modo per distrarmi. Inutile dire che pensavo sempre a Beck, ma mi convincevo che era stato meglio per tutti e due, Freddie mi confidò che a volte di notte lo chiamavo nel sonno, ma mi rifiutai di crederlo sostenendo che fosse lui a inventarsi le cose. 

Tutto andò per il meglio in quelle due settimane e ritrovai quella tranquillità che credevo aver perduto, mi abituai alla mia nuova vita, consapevole che ormai non potevo tornare indietro e con la speranza che prima o poi Beck mi avrebbe dimenticato, anche se una piccola parte di me, quella più egoista, voleva che mi trovasse, volevo sentire di nuovo il sapore delle sue labbra, volevo vedere uno dei suoi sorrisi, quelli che regalava solo a me, ma poi l'immagine di Beck trentenne che diceva a nostra figlia (la immaginai femmina) che aveva rinunciato alla carriera per lei, mi dava la forza di andare avanti.

Una notte iniziai a singhiozzare nel sonno, pensai che fossero gli ormoni, non era possibile che fossi diventata così fragile e vulnerabile, cercai di ritrovare la vera me, doveva pur essere sepolta da qualche parte. Cercai di accendere la luce, quando sentii bussare alla porta, era Freddie.

-Ti ho svegliata io?- chiesi.

-No tranquilla, non riuscivo a dormire- disse lui, mostrandomi una vaschetta di gelato che aveva nascosto dietro la schiena.

-L'ho trovata nel freezer, è gelato di soia, ma sempre gelato, o almeno credo- continuò porgendomi un cucchiaio.

-Pessimo- dicemmo all'unisono prima di scoppiare a ridere.

 

-Ti manca?- domandò lui.

Io osservai la vaschetta di gelato quasi vuota.

-Si, ma l'ho fatto per il suo bene ...-

-Come fai a sapere qual è il suo bene, Jade?-

Non riuscii a rispondere, mi aveva lasciato senza parole.

-Domani registriamo ICarly ... vieni-

-D'accordo, ma io non canto- dissi, ringraziandolo mentalmente di aver cambiato argomento. Il mio sguardo si posò sull'orologio che segnava le 3 di notte.

-Buona notte Jade-

-Perché non riuscivi a dormire?- chiesi io, ricordandomi solo adesso dell'inizio della nostra conversazione.

-Sono sonnabulo- disse lui, si vedeva lontano un miglio che stesse mentendo, ma finsi di crederci, se avesse voluto me lo avrebbe detto lui.

 

 

 

 

-Tu devi essere Beck piacere di conoscerti- mi accolse Giulia, era una signora elegante, magra,con gli occhi cerulei e i capelli neri corti, sembrava la versione più anziana di Cloe.

-Ciao Piccola Stella- disse poi baciando sulla guancia Cloe. Io le guardai sorridendo.

-Poco prima che Cloe nascesse mio marito morì, io ero distrutta, ma poi entrò nella mia vita questa piccola peste che già da bambina era una ribelle e mi diede un motivo per andare avanti. Proprio come le stelle illuminano le notti più buie, lei ha illuminato il periodo più brutto della mia vita-

Ci fece accomodare.

-Volete un po' di crostata ai mirtilli? L'ho appena sfornata, è ancora calda-

-No grazie, non ho fame signora-

-Conosco quegli occhi ragazzo e posso assicurarti che non c'è niente in grado di guarire un animo appesantito dai troppi pensieri quanto una buona fetta di torta ... almeno è carina? –

-Carina?- chiesi io, grattandomi la testa.

-La ragazza a cui stai pensando ...-

-Io non ...-

-D'accordo non ne vuoi parlare ... vuol dire che è carina- disse lei facendomi l'occhiolino.

Jade non era 'carina', lei era bellissima, anche alle 7 di mattina, anche con il trucco sbavato, lei era stupenda sempre, anche quando mi urlava contro.

Alla fine mi ritrovai davanti una grandissima fetta di crostata, era la più buona che avessi mai mangiato. Cloe mi spiegò poi che sua nonna era una pasticcera in pensione, aveva una pasticceria italiana che era la migliore della città e che era stata ereditata da sua madre e in futuro sarebbe stata ereditata da suo fratello Michael, che studiava all'alberghiero.

Ero passato un sacco di volte davanti a quella pasticceria e se un giorno mi avessero detto che avrei conosciuto Cloe e Giulia non ci avrei creduto.

Capii da chi Cloe avesse ereditato la sua bellezza, la sua saggezza e la sua positività.

Vidi anche una foto di tutta la famiglia riunita, a eccezione del padre, ma non mi sembrava il caso di fare domande sull'argomento, di Lionel e anche di suo nonno. Cloe mi disse che anche se non lo aveva mai conosciuto spesso gli parlava e mi assicurò che lui le rispondeva. Non mi stupì affatto questa cosa, Cloe era una fonte continua di sorpresa, una di quelle persone che non si smettono mai di scoprire, che ogni giorno ti mostrano un lato nuovo della loro personalità.

Entrai nella mia stanza, quella riservata agli ospiti, era una piccola stanza quadrata arredata con mobili d'epoca e con le pareti dipinte di rosa antico. Il letto aveva le lenzuola di lino bianco. Nella stanza era anche presente una porta-finestra che dava su una piccola terrazza da cui si poteva vedere tutto il panorama e inoltre da lì si poteva raggiungere la stanza di Cloe.

 

Mi stesi sul letto ma non riuscivo a dormire, così uscii sul balcone, lì trovai Cloe, appoggiata al muretto intenta a fumare, aveva gli occhi rossi, stava piangendo. Quando mi vide non sembrò affatto sorpresa.

-Stai piangendo?- chiesi io, anche se era piuttosto evidente.

-No, è stata la canna- disse indicandosi gli occhi.

-Quella che hai in mano non è una canna- le feci notare.

-Neanche fumo canne ... non so più mentire- disse lei porgendomi una sigaretta, mentre un leggero sorriso le si dipingeva sul volto.

Non fumavo, se non qualche sigaretta ogni tanto, ma accettai e mi misi accanto a lei.

-Domani ...o meglio oggi, doveva essere il nostro anniversario ... 2 anni e io ho rovinato tutto, così come con mia mamma, faccio sempre del male alle persone a cui voglio bene-

Io non parlai, mi limitai ad accarezzarle i capelli,come si fa con una sorella, senza nessuna malizia.

Per la prima volta da quando la conoscevo ero io a consolare lei.

-Mi mancano tanto Beck ... però capisco anche che hanno bisogno di tempo ... solo che ...- disse con voce rotta.

Aspirai il fumo e pensai a Jade, dovevo darle tempo, avrei sofferto, ma aveva bisogno di tempo. Quello che potevo fare era aspettarla anche tutta la vita se fosse stato necessario, nel frattempo avevo i miei amici e una nuova amica su cui contare.

Presi in braccio Cloe e la portai nella sua stanza, senza che lei si opponesse, la appoggiai sul letto e guardai una foto con Lionel sulla scrivania, era stata strappata in due e poi rincollata con lo scotch, che trovai ai piedi del letto. Poco dopo sua nonna entrò nella stanza e mi sorrise come se si aspettasse di trovarmi lì, le rimboccò le coperte.

-Buona notte piccola stella- disse baciandola sulla fronte.

Io tornai nella mia stanza.

'Buona notte piccola stella, ovunque tu sia'

 

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Capitolo 9
*** SILENCES THAT ARE BETTER THAN A THOUSAND WORDS ***


Ciao ragazz! 
Ecco il nuovo capitolo! Solo alcune cose prima di lasciarvi alla lettura... il personaggio di Chloe è completamente inventato da  me. Comunque se volete  dargli un volto, mi sono ispirata (come aspetto fisico)  a Rafaella, la sorella di Neymar; invece Lionel è Messi, ovvero il mio calciatore preferito, ma ovviamente ha una vita completamente diversa. 
BUONA LETTURA


Dopo le prime due settimane in cui a eccezione di quella notte, avevo quasi dimenticato la mia vita a Los Angeles, decisi che era il momento di farmi sentire, così chiamai Tori, dal momento che prima di ‘perdere’ il telefono mi ero segnata il suo numero. Quel giorno mi trovavo a casa Shay, Spencer era uscito a comprarmi delle ali di pollo, Marissa era a lavoro e i ragazzi erano a scuola, anche se sarebbero tornati da un momento all’altro.
Presi il cellulare che mi avevano prestato in caso di emergenza e composi il  numero di Tori.
-Pronto?- disse una voce allegra.
-Tori sono io-
-Un momento ragazzi, si è mia madre arrivo … Jade … Jade sei tu? Dove sei? Ma che ti passa per la testa? Prima di tutto stai bene?-
-Si sto bene … ho chiamato per dirti che ho trovato una casa. Non tornerò, Tori, è meglio per tutti. Ti prego non dire a nessuno di questa chiamata, soprattutto a lui, mi posso fidare?-
-Sssi certo, ma dimmi dove sei?-
Io sospirai:-Ho chiamato per dirti che sto bene e che non tornerò, tutto qui-
-Perché Jade? Beck sta male, Cat piange un giorno no e uno si, eccetto davanti a Beck. Cerca di fare la forte, ma sai meglio di me che non lo è … Ci manchi-
-Tori … sono sempre stata quella che non piangeva mai e che faceva piangere gli altri, ma adesso mi sono stancata di fare la parte della cattiva. Voglio cambiare ruolo, questo non mi appartiene più e per farlo ho bisogno di dimenticare il passato e ricominciare una nuova vita … -
-Jade aspetta …-
Chiusi la chiamata, mi costò  molto, ma dovevo chiudere i conti con il passato una volta per tutte.
 
-Jade? Sei lì?- disse Spencer entrando.
-Dove vuoi che vada … ho la libertà di un carcerato, anzi peggio … almeno i carcerati possono camminare-
Lui sorrise e mi porse il secchiello con il pollo.
-Ascoltami, devo andare con Carly e Sam da … da … l’ho dimenticato, diciamo da una parte, tra un po’ comunque arriva Freddie … ah e ricordati che tra due ore c’è la lezione di canto-
-Non sono una stordita lo so- dissi io pulendo le dita dalla salsa in eccesso.
-Ciao piccola ribelle-
-Non chiamarmi mai più così- dissi io fulminandolo con lo sguardo.
Poco dopo arrivò Freddie.
-Hey- mi salutò.
-Pollo?- domandai.
-Massì- e si sedette vicino a me.
Da un po’ di giorni avevo notato che Freddie era strano, me ne ero accorta quella famosa notte, credevo anche di aver indovinato il motivo del suo stato d’animo. Avevo aspettato che fosse lui a parlarmene, ma dal momento che non decideva, presi io il discorso.
-Ti manca?- chiesi subito guardandolo dritto negli occhi, rifacendo la stessa domanda che mi aveva fatto lui giorni prima.
-No- rispose lui sostenendo il mio sguardo.
-Perché non mi hai chiesto chi?-
-Non mi manca nessuno Jade-
-Neanche Sam?-
Lui iniziò a tossire e a sputare pezzi di pollo.
-Ma che dici … la vedo ogni giorno … come potrebbe?- sorrise forzatamente.
-Non intendo quello … Mi hai raccontato che siete stati insieme e che poi è finita con un ‘ti amo’; ho visto come vi guardate … Freddie fin ora tu hai ascoltato me, ora posso restituirti il favore-
Lui esitò prima di iniziare a parlare:-In tutti questi anni mi sono convinto che Carly fosse la ragazza per me, quella perfetta, credevo fosse giusto così, ma poi … Sam mi ha baciato, assurdo vero? Proprio la stessa ragazza che non perdeva occasione per prendermi in giro, mi aveva baciato. Ci siamo messi insieme, ma le cose non funzionavano, litigavamo più di prima, siamo troppo diversi-
-Ma vi amate ancora …-
-A volte l’amore non  basta, Jade, tu dovresti saperlo meglio di me o vorresti dirmi che hai lasciato Beck perché non lo ami?-
Colpita e affondata, uno a zero palla al centro.
-E’ una situazione completamente diversa la mia …-
-Davvero? E dimmi hai provato a parlare con lui? A chiedergli cosa ne pensava? Sei sicura di averlo fatto per lui? O piuttosto per te stessa, perché non volevi avere sensi di colpa?-
Due a zero per Freddie.
-E dimmi tu hai provato veramente a far funzionare le cose? O hai rinunciato in partenza?-
Due a uno.
-E’ più facile fare il cagnolino di Carly, vero? E’ quello che tutti si aspettano, no? Nessuno credeva in voi due, così hai finito per non crederci neanche tu-
Due pari.
-Preferisci guardare Sam da lontano e sperare che un giorno il tempo faccia quello che tu non hai avuto il coraggio di fare, la lasci andare, tanto sai che ci sarà sempre un filo ad unirvi e che prima o poi tutto si aggiusterà-
Tre a due per me.
-Stiamo ancora parlando di me e Sam, Jade?-
Tre pari. Partita finita, ne avevamo entrambi abbastanza.
Lo abbracciai, come mai avevo fatto e lui ricambiò l’abbraccio.
Restammo così in silenzio per non so quanto tempo, uno di quei silenzi in cui si trasmette all’altro tutto ciò che vorresti dirgli senza aprire bocca, uno di quei silenzi che valgono di più, molto di più di mille parole.
Compresi che non dovevamo più affrontare le cose da soli, da quel momento io c’ero per Freddie e lui per me, da quel momento instaurammo un legame che andava oltre l’amicizia, un legame fraterno.
 
 
 
Da quella famosa domenica erano passate due settimane, durante le quali avevo ripreso a uscire con i miei amici e avevo presentato loro Chloe; la accolsero benissimo e lei si trovò subito a suo agio.
Io e Chloe ci vedevamo spesso, a entrambi faceva bene la compagnia dell’altro. Molte volte ci limitavamo a stare seduti di fronte alla roulotte, schiena contro schiena, in silenzio. Non erano silenzi imbarazzanti, erano silenzi carichi di quelle parole che nessuno dei due aveva il coraggio di ammettere ad alta voce.
Quando le feci vedere in che condizioni era ridotta la mia ‘casa’ lei disse che gli uomini e le faccende domestiche erano due mondi paralleli, prima di iniziare a dare una pulita. Io la osservavo non riuscendo a credere che ci conoscevamo da così poco, eppure mi sembrava di conoscerla da tutta la vita. Imparai a riconoscere i suoi sorrisi finti, quelli che usava come maschera da dura e che nascondevano le sue fragilità. Mi resi conto che sono proprio le persone che appaiono forti e sempre positive che hanno più bisogno di affetto, perché si regalano completamente agli altri dimenticandosi di loro stessi. Quel piccolo soldatino che sprigionava energia da tutti i pori, era lo stesso che si commuoveva ogni qual volta che tornava dalla casa famiglia, ovvero un piccolo edificio nella periferia della città in cui si trovavano molti bambini e ragazzi che, per varie ragioni, non avevano una famiglia. Diceva che giocare con quei bambini la faceva sentire leggera come una piuma e che era certa che un giorno sarebbe riuscita a volare.
Un giorno portò lì anche me. All’inizio non mi sentivo a mio agio, così mi sedetti in un angolo del salone dove i bambini stavano giocando, ma poi una bambina con gli occhi color miele e i capelli biondo scuro mi si avvicinò e mi abbracciò. Quell’affetto gratuito e sincero, mi tolse il fiato, in fin dei conti non avevo fatto niente per meritarlo; pensai che finchè ci sono persone innocenti come i bambini si può ancora vivere in questo mondo. Tornai lì quasi ogni giorno e portai anche i miei amici, organizzammo molte attività, rivolte anche ai più grandi, tra cui dei piccoli corsi di canto, ballo e recitazione. Mi sentivo utile, con quei bambini ricominciavo a vivere anche io.
 
Quel giorno andai a trovare Giulia.
-Beck … che piacere, accomodati figliolo-
Mi sedetti al tavolo della cucina.
-Oggi ho fatto i biscotti al cioccolato, i preferiti di Chloe … sono ancora caldi- disse porgendomi un piatto.  -Lei però non c’è …-
-Lo so … signora io in realtà volevo parlare con lei …-
Giulia mi guardò, intuendo la serietà della situazione.
-Come saprà meglio di me, Chloe è molto orgogliosa, non lo ammetterà mai, ma questa situazione le fa male … - iniziai io. Ero consapevole di non poter fare molto per sistemare le cose con Lionel, ma forse con l’aiuto di Giulia potevo almeno tentare di fare rappacificare madre e figlia.
-Chloe ti avrà parlato di Lionel immagino, vero?-
-Si-
-Per mia figlia non è stato semplice, il giorno in cui Chloe è scappata lasciandole un biglietto le è venuto un attacco di cuore, a mia nipote non l’ho mai detto per evitare di aumentare il suo senso di colpa … comunque si è ripresa e adesso sta bene, ma non vuole sentir più parlare della storia, anche se io so che ogni volta che Michael viene qui gli chiede di assicurarsi che Chloe stia bene. Il fatto è che è orgogliosa, almeno quanto sua figlia, nel suo cuore l’ha già perdonata e sono certa che prima o poi le chiederà di tornare a casa-
-E suo padre?- chiesi io.
Lei sospirò, non doveva essere un argomento semplice da affrontare.
-Dopo che Michael è nato, mio genero se n’è andato di casa. Chloe aveva solo 3 anni, di suo padre ha solo pochi ricordi sbiaditi dal tempo. Mia figlia Christine li ha cresciuti da sola, ha iniziato a lavorare nella mia pasticceria, è molto legata ai suoi figli, nonostante tutto-
Io ascoltavo attentamente il racconto di quella donna, non pensavo che il passato di Chloe nascondesse questo segreto, in quel momento mi chiesi come riusciva a trovare la forza di sorridere sempre. Decisi che avrei aiutato Chloe a recuperare il rapporto con sua madre, perché lo meritava, aveva fatto così tanto per me, glielo dovevo.
-Sono contenta che tu e Chloe siate amici … mi parla sempre di te-
-Sono contento anche io … sua nipote è speciale-
-Le persone speciali prima o poi si trovano e si ritrovano nel caso, per sbaglio, si perdessero lungo il cammino-
In quel momento ebbi la sensazione che lei sapesse di Jade, certo poteva benissimo riferirsi a Chloe e Lionel, ma ero convintissimo che quella frase fosse indirizzata a me.
La salutai e tornai a casa, pensando a cosa dire a Christine e al modo per non far sospettare niente a Chloe, dal momento che alcune volte sembrava che mi leggesse nel pensiero.
Avevo creduto che la mia situazione per certi versi fosse simile alla sua, ma in quel momento mi resi conto che non potevano essere più diverse. Chloe era molto più coraggiosa di me, aveva lasciato andare Lionel per dargli il tempo di riflettere, rischiando così di perderlo, aveva chiuso i rapporti con sua madre per non recarle ulteriori sofferenze e nonostante tutto questo aveva deciso di aiutare me.
Avevo molto da imparare da lei e speravo davvero che alla fine avrebbe sorriso, ma questa volta felice per davvero, perché se c’era una persone che meritava la felicità questa era Cloe Brooks.





 

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Capitolo 10
*** SOMETIMES PEOPLE ARE BEAUTIFUL ***


Quella sera avevo deciso che avrei assistito allo show di persona, così salii al piano superiore di casa Shay, ma stranamente la trovai deserta.

Dopo pochi minuti entrò dall'ascensore Sam con una bottiglietta mezza vuota in mano.

-Ciao Jade, ciao Emily- disse lei sedendosi con la delicatezza di un elefante su un puff giallo.

-Emily?- chiesi io sorpresa, ricordando quella bambina con le trecce che passeggiava con i genitori.

-Se avessi una figlia probabilmente la chiamerei così- disse lei, facendo spallucce.

-Allora ... ti piace Seattle?- chiese poi.

-Si ... cioè è diversa da ciò a cui ero abituata-

-Cosa ti ha spinto ad andare via?-

Io restai in silenzio, sorpresa da quella domanda e incerta su come rispondere.

-Ci sono tanti motivi, ma principalmente la voglia di ricominciare una nuova vita e per farlo ho sentito l'esigenza di cambiare aria, di dimenticare il passato-

-Non si può dimenticare il passato- sentenziò lei.

-Ma si può decidere di archiviarlo-

-Non ti sei mai pentita di quello che hai fatto?-

-A volte mi capita di pensare a come sarebbero andate le cose se avessi preso decisioni diverse, ma penso che i cambiamenti facciano parte della vita. Magari alle persone che ti stanno vicino potrebbero non piacere, ma devi farlo per te stessa. Non cambiare significa restare ai blocchi di partenza e non gareggiare, è come avere le ali e non trovare il coraggio di spiccare il volo ...-

-Hai avuto coraggio ...-

-Se mi fossi voltata indietro a guardare ciò che lasciavo, mi sarei persa ciò che ho trovato-

-Tipo?-

-Un nuovo equilibrio, la felicità o se questo è pretendere troppo almeno una serenità-

-Credi che tutto questo lì non lo avresti trovato?-

-Non lo so ... ma sentivo che il mio posto non era più a Los Angeles, era come se l'aria fosse diventata irrespirabile-

Fummo interrotte dalle risate di Freddie e Carly che entrarono nella stanza insieme.

Il viso di Sam si rabbuiò perdendosi nel vuoto.

-Siete pronti?- chiese Carly.

-Un secondo ...- disse Sam prima di uscire dalla porta lasciando Carly e Freddie sconvolti.

Io la raggiunsi fuori dallo studio, dove la trovai appoggiata al muro con le guance rigate dalle lacrime.

-Io non stavo piangendo ... è allergia-

-Non ti ho chiesto niente ... è per loro?-

-Che vuoi dire?-

-Freddie mi ha detto che voi due siete stati in-

-Non provare a dirlo ad alta voce, dovevo essere impazzita-

-Quindi quello che hai visto non c'entra niente?-

-Assolutamente- disse lei con un tono per niente convincente.

-Se vuoi fingo di crederci o se non vuoi ... raccontami come stanno le cose-

Lei sorrise.

-Non so neanche io perché ho reagito così, noi non siamo niente, ma ... a distanza di tempo io credo di non averlo dimenticato. Lo so che sarebbe più giusta Carly, lei è quella simpatica, quella bella, quella che piace a tutti ... non so se mi capisci-

-Credimi ti capisco eccome-

Pensai a Tori, ma, invece del vecchio rancore, un sorriso si formò sul mio viso.

-Le voglio bene, ma a volte vorrei che non ci fosse-

-E' normale Sam, troverai sempre qualcuno migliore di te, ma prima o poi ti libererai della sua ombra e non sarai più 'Sam l'amica di Carly', sarai semplicemente Sam-

-Sam senza Carly non piace a molti ...-

-Non tutti hanno buon gusto-

Lei rise e poi si alzò per tornare dentro. Prima che aprisse la porta le dissi:- E comunque a lui piace Sam senza Carly-

-5...4...3...2...-

-Io sono Carly- -E io sono Sam- -E questo è iCarly-

Io ero dietro le telecamere vicino a Freddie, osservai lo show e gli sguardi di Sam e Freddie che si scontravano continuamente.

 

 

 

 

Grazie alle indicazioni della nonna di Chloe riuscii a raggiungere 'Da Giulia', una piccola pasticceria di famiglia nella periferia della città. Nella vetrina erano esposte moltissime torte e biscotti. Entrai dentro e vidi una donna bassa e magrolina, con i capelli nascosti da una cuffietta da cui uscivano poche ciocche nere, e gli occhi dello stesso colore, sembrava invecchiata più dalla stanchezza che dal tempo.

Per mia fortuna il locale era vuoto, così attesi la fine della chiamata.

-Posso aiutarla?-

-Vorrei parlare con la signora Christine-

-In persona- sorrise lei, non l'avrei mai riconosciuta. Chloe era totalmente diversa, l'unica cosa che aveva ereditato dalla madre era il sorriso.

-Mi chiamo Beck ... sono un amico di sua figlia Chloe-

-Non ho niente di cui parlare a proposito di mia figlia-

-Infatti devo parlare io ... le rubo solo pochi minuti-

-D'accordo-

-Vede ... sua madre mi raccontato tutta la vostra storia e mi piacerebbe aiutarvi ... Chloe è molto orgogliosa, ma sente la sua mancanza-

-Gli errori si pagano ragazzo, non possiamo pensare di agire, dimenticandoci delle conseguenze-

-Mi creda nessuno lo sa meglio di me ... comunque resta sempre sua figlia, questo non lo può cambiare-

-Già ... sei venuto fin qui per dirmi questo?-

-Chloe sta male per questa situazione, ha bisogno di lei in questo momento ... Tutti meritano una seconda occasione, non crede?-

-Chloe ne ha avute fin troppe di occasioni, non mi sorprende che quel ragazzo l'abbia lasciata. Mia figlia ha la testa tra le nuvole, non crescerà mai, è un'eterna Peter Pan che non sa prendersi le sue responsabilità. Deve imparare a pensare prima di agire, non ha più cinque anni-

-La capisco, davvero, ma ... lei quando aveva la sua età non ha mai fatto una sciocchezza per amore?-

-Si ... ma evidentemente lei non ha imparato niente dagli errori di sua madre ...-

-Io penso che certe volte l'orgoglio vada messo da parte, ci sono situazioni che non possono restare in sospeso ... prima o poi bisognerebbe togliersi la maschera di indifferenza ... per alcune persone ne vale la pena, non crede?-

Christine rimase in silenzio.

-Ci pensi su ... ah dimenticavo, nella stanza di Chloe ho trovato questa- dissi porgendole una foto che ritraeva una Chloe bambina e una Christine diversa, molto più giovane e felice. Dietro c'era scritta una frase con una calligrafia morbida e delicata: 'Vorrei poter portare sulle mie spalle un po' delle tue preoccupazioni, così che tu non debba affrontare tutto questo schifo da sola, ma tu mi sorridi e dici che finchè siamo insieme tu continuerai a credere nel bene e le preoccupazioni volano via, perché con me riesci a credere nella magia. Sei la mia roccia mamma'

Christine portò la foto al petto e scoppiò in un pianto liberatorio. Capii che era il momento di lasciarla da sola.

Una volta fuori mi misi in cammino verso la casa famiglia. Ultimamente uscivo raramente in auto, finalmente capivo cosa intendesse dire Chloe, era proprio bello sentire il vento sulla faccia, sembrava che i timori e le ansie si allontanassero.

 

-Beck, ma dove eri finito? Ti stavamo cercando ...- mi vennero incontro Chloe e Cat, le due erano diventate molto amiche e trascorrevamo tanto tempo insieme.

-Avevo una cosa da fare ... gli altri non ci sono?- chiesi.

-Andrè sta scrivendo una nuova canzone, Robbie non so e Tori ... bhe è strana in questi giorni- disse Cat. Aveva ragione, Tori era strana in quei giorni, era come se ci stesse nascondendo qualcosa, ma ad ogni modo non me ne preoccupai.

Trascorsi due ore nella casa famiglia e decisi di andare a prendere qualcosa da bere con le ragazze, poi io e Chloe accompagnammo Cat a casa e andammo da Giulia, che mi aveva invitato a cena.

Tutto era pronto, ma Chloe non si vedeva, così andai a cercarla nella sua camera.

La porta era socchiusa.

-Lio ... so che non vuoi parlarmi, ma spero che  almeno ascolterai questo messaggio ... Capisco di aver perso la tua fiducia, sono stata una stupida, ho sbagliato Lionel e ti chiedo scusa se ti ho fatto star male ... Ti amo- disse le ultime parole con voce rotta, prima di mettere giù il telefono. Io bussai ed entrai.

-E' pronta la cena- mormorai, capendo di aver proprio un pessimo tempismo.

-Aveva ragione- disse lei dandomi le spalle. –Mia madre mi diceva sempre che la vita non è un gioco, dove se perdi puoi ricominciare da capo. 'Non avrai infinite opportunità, sfrutta quelle che ti vengono date' Detesto ammetterlo, ma mi servirebbe tanto un suo consiglio. Lei e Lionel erano i miei unici punti di riferimento e ora li ho persi entrambi e quel che è peggio ... per colpa mia-

Io non sapevo cosa dire.

-Tutto si aggiusterà, non temere- balbettai, anche se avrei voluto fare di più per lei.

-Diglielo-

-Cosa?- chiesi io senza capire.

-A Jade ... dille che la aspetterai, che le lascerai il tempo per pensare, ma soprattutto dille che la ami-

Ancora una volta non sapevo cosa dire.

-Mi sono sbagliata ... le cose non si aggiustano da sole, qualche volta bisogna dar loro una mano. E' giusto dare a chi amiamo il tempo di pensare, ma comunque devono sapere che noi ci siamo e li aspetteremo-

Avrei tanto voluto dire a Jade che l'avrei aspettata, ma come potevo farlo? Non sapevo dov'era, non aveva il cellulare ... L'unica cosa da fare era aspettare, non avevo scelta.

Quando rientrammo in cucina, oltre a Giulia, c'erano Christine e Michael in piedi accanto al tavolo. Madre e figlia si guardarono a lungo negli occhi, immobili.

-Pensavo che ci meritiamo un'altra occasione, che ne dici?- disse Christine, che ora aveva una nuova luce negli occhi. Quegli occhi che quel pomeriggio mi erano sembrati vuoti, ora non potevano essere più belli.

Chloe gettò le braccia al collo della madre, che la accolse in un abbraccio che sembrò cancellare tutto quello che era accaduto negli ultimi due anni.

Chloe piangeva, mentre Christine le accarezzava i capelli, come se il tempo non fosse passato, come se quella che aveva davanti fosse la sua bambina, che si era rifugiata tra le sue braccia per scappare da un brutto sogno.

Io, Giulia e Michael ci spostammo in salotto per lasciare che madre e figlia si ritrovassero e recuperassero il tempo perso.

'A volte le persone sono belle.

Non per l'aspetto.

Non per quello che dicono.

Semplicemente per quello che sono'

 

*MY SPACE* Ciao ragazzi, ecco il nuovo capitolo... spero che vi piaccia... L'ultima frase è tratta da 'Io sono il messaggero' di Markus Zusak

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Capitolo 11
*** LIKE PIECES OF A PUZZLE ***


Ciao ragazzi! Scusatemi tantissimo, il mio computer ha fatto un casino... ero convinta di aver pubblicato il capitolo e invece scopro dopo una settimana che non è così. Scusate il disagio non ho idea di cosa sia successo...
BUONA LETTURA





-Ragazzi hanno riaperto il Groovie Smootie- urlò Carly entrando nella stanza con Sam e Freddie. La signora Benson era dal suo terapista e io e Spencer avevamo optato per un film di paura, dal momento che il suo amico Socko gli aveva dato buca.
-Groovie che?- chiesi io.
-Il ragazzo che abitava da me prima, T-Bo, gestiva un locale in cui facevano frullati, da quando è tornato al suo Paese lo avevano chiuso. Adesso c’è un nuovo proprietario a quanto pare- mi spiegò Freddie.
-Ed è interessante perché?-
-Facevano i migliori frullati della città- commentò Sam buttandosi sul divano.
-Allora ci andiamo?- propose Carly.
-Ho un appuntamento- disse Spencer, facendo un sorrisetto.
-Davvero? Chissà se questa volta durerà più di un giorno- lo stuzzicò Carly.
-Sei gelosa sorellina- e iniziò a farle il solletico.
-Io non posso devo andare con mia madre a fare shopping- disse Sam, pronunciando l’ultima parola con una nota di disgusto.
-Anche io devo uscire- commentò Freddie con nonchalance.
-Con i nerd?- chiesero all’unisono Carly e Sam.
-Si chiama gruppo di studio … e comunque se fosse stato con una ragazza? Che ne sapete voi?-
Carly fissò il pavimento mentre Sam disse:-L’unica persona di sesso femminile che ti fila è tua madre, hai un appuntamento con lei?-
Ridemmo tutti, ma Freddie serio ribatté:-Dimentichi una certa Sam Puckett, non mi sembrava che ti lamentassi quando stavamo insieme-
Nella stanza calò il silenzio, Sam lo fulminò con lo sguardo e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Alla fine restammo solo io e Carly.
-Tu vieni Jade?-
-Beh non ho niente di meglio da fare … perché no-
Io e Carly ci dirigemmo verso il Groovie Smootie, che però aveva cambiato nome, sull’insegna c’era infatti scritto ‘Mango’.
Appena entrate un bellissimo ragazzo sui vent’anni con un sorriso stupendo, ci accolse.
-Hola señoritas-
Aveva la carnagione scura, i capelli rasati ai lati e un ciuffo più lungo che ricadeva sul lato destro, i suoi occhi erano i più belli che avessi mai visto, marroni con delle scaglie verdi, o forse il contrario. Carly restò a fissarlo imbambolata, io le diedi una gomitata.
-Holaa … sei spagnolo?- disse alla fine.
-Brasiliano- disse con un accento che faceva venire i brividi.
-Sei tu il nuovo proprietario?- balbettò Carly.
-Magari … no, sono solo il cameriere, ma almeno ho il piacere di parlare con belle ragazze come voi-
Carly diventò paonazza, i due si fissarono, finchè mi decisi a rompere il silenzio imbarazzante.
-Allora … ci fai ordinare o preferisci fissarci? Non so … se vuoi scattaci una foto-
Mi beccai un’occhiataccia da parte di Carly, ma lui senza scomporsi ci accompagnò al tavolo. Aveva numerosi tatuaggi, ma la mia attenzione fu catturata da uno che aveva sul collo ‘Tudo Passa’.
-Che vi porto?-
-Sorprendici, scegli tu-
Lui se ne andò sorridendo.
-Ma …-
-Non  ringraziarmi, non saresti riuscita a spiccicare parola- dissi io.
-Effettivamente … hai visto che carino?- rise la mora.
Poco dopo arrivarono i nostri frullati: per me mango e per Carly lampone e mirtillo: non aveva fantasia.
Io notai un bigliettino che spuntava da sotto il bicchiere di Carly e glielo indicai.
Questo è il mio numero, scrivimi.
Beijos, Neymar’
Carly fece una specie di risatina e io la guardai male.
-Si chiama Neymar- disse con sguardo sognante.
-Wow, è proprio un bel nome- dissi io ironicamente.
Dopo un po’ tornò in sé.
-Sai .. mi sono resa conto che non mi hai mai parlato della tua famiglia, cioè che dicono i tuoi di tutta questa storia?-
-Non lo sanno, comunque non c’è molto da dire, sono due figure inesistenti per me, in ogni caso sono in Australia, tu piuttosto … Spencer mi ha raccontato che vostro padre non lo vedete quasi mai- tagliai corto cambiando argomento, non mi piaceva parlare di me con gli altri. Avevo fatto uno sforzo  in quei giorni e non avevo intenzione di ripetere ancora la storia della mia vita, non c’era niente di interessante, era una lista infinita di problemi.
-Già … ma lui fa il suo dovere. Adoro Spencer, ma ci sono volte in cui vorrei averlo vicino. Mi manca molto, ma poi penso che comunque ho mio fratello e i miei amici, insomma non si può avere tutto no? La felicità è troppo sopravvalutata …-
La vecchia me si sarebbe stancata di stare a sentire Carly già da un pezzo, ma recentemente mi ero accorta che ascoltare gli altri ti fa dimenticare, almeno per un momento, i tuoi problemi.
-E invece i tuoi amici?- disse lei lanciando occhiate dolci a Neymar.
-Non c’è molto da dire, sono nor.. beh diciamo particolari- dissi usando il termine di Spencer.          –Invece Sam e Freddie? Sono il gatto e il topo quei due, ma non è che sotto sotto?- chiesi fingendo di non sapere.
-Sono stati insieme, si amavano molto e penso che lo facciano ancora, anche se a dir la verità non so neanche perché si siano lasciati …-
Mi resi conto di sapere più cose di lei sui suoi amici.
-A proposito riguardo ai ragazzi, che ne pensi di Neymar?- mi chiese.
-Che ci prova più o meno con qualsiasi ragazza in grado di respirare-
-Dai .. secondo me è dolce- disse sorseggiando il suo frullato.
-Come lo zucchero-
-Dovrei provarci?-
-Intendi più di come stai facendo?-
-Che starei facendo?- chiese senza degnarmi di uno sguardo.
-La civettuola, hai scritto in fronte ‘chiedimi di uscire, sei un gran figo’-
Dopo qualche minuto di silenzio parlai:- Carly tu pensi che quei due torneranno insieme?-
-Non lo so, io penso che quando due persone sono legate da amore vero, quello con la A maiuscola, possono provare a nascondersi, a fuggire, ma un sentimento sincero e profondo  non si può ignorare per sempre. Sam e Freddie è come se fossero due pezzi di un puzzle, certo sono diversi, ma si incastrano alla perfezione. Non puoi sostituire i due pezzi con nessun altro, non so sei hai presente …-
-Credimi non puoi capire quanto- sospirai, quelle frasi sembravano fatte apposta per me e Beck, ma poi infondo la mia era una situazione diversa, per evitare di continuare a pensarci dissi:-Senti Giulietta, se continuiamo così Romeo lì, farà cadere tutto … evitiamo di lasciarlo senza lavoro-
-D’accordo allora andiamo-
Eccolo di nuovo il mio chiodo fisso, ogni volta che mi convincevo di averlo dimenticato, ogni volta che pensavo di aver chiuso i conti con il passato, questo ritornava e mi presentava il conto da pagare.
‘Non puoi dimenticare il passato’ aveva detto Sam. E forse era vero, forse una nuova opportunità spetta a tutti, però non possiamo pensare di ricominciare una nuova vita cancellando quella vecchia, vuoi o non vuoi ci sarà sempre un filo che le unisce e non penso che esso si possa spezzare.
 
 
 
-Beck, Beck-
Mi svegliai di soprassalto, andando ad aprire la porta.
Trovai di fronte a me Cat e Chloe in tenuta sportiva, le due avevano legato moltissimo.
-Sono le 9 di domenica mattina, ma non avete pietà di me?- domandai grattandomi la testa.
Solo in quel momento mi resi conto che Chloe aveva i capelli blu.
-Scusa … io, mamma e Cat siamo andate a fare jogging … devo dirti una cosa-
-Dal momento che mi avete svegliato, accomodatevi … magari pr
ima mi spieghi perché hai deciso di trasformarti nella fata turchina, o forse Avatar? O magari i puffi?-
-Ridi pure, avevo voglia di cambiare, allora ci fai entrare?-
-Prego- dissi io facendo il galante. -Allora che succede?-
-Lionel … mentre stavamo correndo per sbaglio sotto i piedi mi è finito questo- disse mostrandomi un volantino. Il prossimo sabato ci sarebbe stato un concerto in città di Lionel.
-Io … devo andarci-
-Sei sicura?-
-Non  voglio forzarlo a fare niente, solo dirgli quello che penso … ho bisogno di rivederlo, mamma sta comprando i biglietti-
-Io l’accompagnerò- aggiunse Cat.
-Vieni anche tu Beck?- mi chiese Chloe.
-Ssi insomma … se vuoi-
-Assolutamente-
-Okay allora sabato andremo al concerto- esultò la piccola rossa.
-Cat dobbiamo andare a comprare un vestito e … oh no … come non detto-
-Che succede?- chiedemmo noi.
-Un messaggio di mia mamma, i biglietti sono finiti …-
-Ma non è così famoso … come è possibile?- chiesi io.
-Lo so, ma il posto è piccolo … Uffa-
-Andiamoci lo stesso- propose Cat.
Gli occhi di Chloe si illuminarono.
-Conosco quello sguardo, quanto è illegale quello che vuoi fare?- risi alla vista del suo sguardo da genio del male.
-Alla fine entreremo, te lo assicuro- disse con un ghigno.
-Hai un piano?-
-Ovvio … conosco quel posto, ci ho suonato con l’orchestra della scuola un sacco di volte, non prendono mai addetti alla sicurezza troppo furbi … sarà uno scherzo giocarceli-
-Potrei fare dei costumi, tipo missione segreta, come Mission Possible- Cat era entusiasta.
-Cat è Mission Impossible e comunque non mi sembra il caso di …- fui interrotto da Chloe.
-E’ un’ottima idea Cat, ti dico io che devi fare d’accordo?-
-Ragazze non per frenare l’entusiasmo, ma non voglio finire in galera-
Scoppiammo a ridere.
-Devo scappare, vado da mamma-
Era stupendo vedere gli occhi di Chloe illuminarsi ogni volta che pronunciava la parola ‘mamma’ e sapere che in parte era merito mio, mi rendeva felice. Le due avevano recuperato il rapporto di un tempo, Chloe era tornata a vivere con lei e suo fratello, nonostante andasse da Giulia ogni giorno. Aveva anche deciso di iniziare a lavorare in pasticceria e il mio stomaco può confermare che era davvero brava.
-Ah Beck tu ti chiamerai Simon sabato- si bloccò prima di uscire dalla porta.
-Cosa?- esclamai meravigliato.
-Mi sembra un nome adatto ad un tizio della sicurezza, che dici Cat?-
La rossa annuì e io la guardai sbalordito.
-Tranquillo, sistemerò io il piano e ve lo manderò per E- mail, controllate la posta mi raccomando-
-Certo, a proposito Chloe, non avevi pensato che forse potevi tingerti i capelli di giallo canarino?- domandai divertito.
-Sei stato fortunato, sono stata indecisa fino all’ultimo, ero più propensa al verde evidenziatore- scherzò, almeno spero, lei.
-E il prossimo sulla lista sarebbe?-
-Biondo platino, ovviamente- affermò sicura. –E’ simile al giallo canarino, no?-
-Si e perché non biondo con le meches rosa? Sai che accoppiata-
-Wow hai ragione, sarei pronta per Miss USA-
-O per Miss Unicorno-
Chloe tornò seria.
-Senti facciamo così, se tornerò con Lio, mi farò i capelli biondo platino con le meches rosa-
-Tu sei pazza-
-No sono Chloe- urlò uscendo definitivamente.
-Non c’è poi molta differenza, non  trovi?- mi fece notare Cat.
Io alzai le spalle.
-Effettivamente-  


Ciao people, allora ecco il nuovo capitolo. 
Il personaggio di Chloe sta acquisendo sempre più importanza e personalmente ci tengo parecchio, voi che ne pensate?
In questo capitolo è entrato il personaggio di Neymar ... perdonatemi, ma non potevo non  inserire il mio amore per il calcio in questa storia <3 
In ogni caso nessun personaggio è casuale e ognuno avrà un ruolo importante nel proseguo della storia. 
Per evitare di spoilerare ulteriormente vi saluto. 
Grazie a tutti e in particolare al mio solito quartetto: Elena, Albina, Giulia e Luana. 
Beijos, Chiara

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Capitolo 12
*** WHAT DOES IT MEAN TO LOVE? ***


Arrivò il sabato del concerto, da bravo attore avevo studiato bene il piano ed eravamo pronti a completare la missione che Cat aveva ribattezzato 'Cupido'.

Alle sei arrivarono puntuali Cat e Chloe. Rimasi a bocca aperta: erano entrambe bellissime, nonostante non potessero essere più diverse. La prima indossava un vestitino rosa che le arrivava sopra le ginocchia e un paio di tacchi fucsia vertiginosi, era truccata leggermente e aveva raccolto la sua chioma rossa in una coda di cavallo. La seconda aveva una tutina, costituita da un corpetto bianco in pizzo e un paio di pantaloncini neri, ai piedi portava delle zeppe coordinate, i capelli, acconciati in una treccia rigorosamente blu, facevano da contorno a un viso truccato alla perfezione, ma allo stesso tempo molto naturale.

-Sarò l'uomo più invidiato di Los Angeles ... vogliamo andare, signore-

Loro mi presero sotto braccio e ci dirigemmo verso l'auto. Mi sentivo un po' un intruso nel mio completo da finto agente di sicurezza.

-Lionel si è tinto i capelli di biondo platino in occasione del concerto, deve essere impazzito. E' incredibile quanto un uomo senza una donna al suo fianco sia completamente perso- commentò ad un tratto Chloe.

-Questo è amaramente ironico- constatai.

-S-scusami Beck ... io ... che stupida-

-No, tranquilla, è tutto okay-

-Ehi guardate siamo arrivati- urlò Cat.

Avevo scoperto, navigando su Internet che Lionel era diventato abbastanza famoso a San Francisco, tanto che era stato fondato un suo fan-club, infatti notammo subito una lunga fila di ragazze urlanti che sventolavano in aria i loro biglietti.

-Okay, questo è l'ingresso principale, di là c'è quello secondario- disse Chloe.

Facemmo il giro dell'edificio arrivando davanti alla porta sul retro, dove c'era un uomo in divisa che stava divorando un panino. Era il mio momento, dovevo entrare in scena.

-Ehi amico, è arrivato il cambio-

-Il cambio?- domandò lui perplesso.

-Già ... sono venuto a sostituirti, hai diritto ad una pausa di mezz'ora-

Temevo mi facesse altre domande, ma come aveva previsto Chloe, non era molto sveglio, non se lo fece ripetere due volte e sparì nel giro di pochi secondi, proprio come il suo panino.

-Via libera- dissi alle ragazze nascoste dietro ad un auto.

Entrammo dentro, per fortuna Chloe conosceva bene l'edificio, infatti arrivammo subito dietro le quinte. Vedemmo Lionel entrare nel suo camerino e per fortuna lui non ci notò. Chloe aveva ragione, quei capelli erano assurdi, tra il biondo platino e il blu elettrico quei due si giocavano ad armi pari il premio come 'Miglior capelli dell'anno'.

Chloe si recò dal ragazzo che si occupava delle luci, della scaletta ... insomma nelle sue mani era concentrata la buona riuscita del concerto, era un ragazzo basso e magrolino, aveva i capelli ricci e scuri e gli occhi marroni e portava degli occhiali con la montatura nera.

-Ehi ti hanno dato la nuova scaletta?- gli domandò Chloe, facendo uno sguardo sexy.

Lui rimase pietrificato e balbettò:- N-n-no-

-Come no? Ma è possibile che siano così poco professionali?- sbuffò lei.

-S-s-scusi ma lei chi è?- i suoi occhi vagavano dagli occhi di Chloe alla sua scollatura, non si accorse nemmeno della nostra presenza.

-Sono l'assistente personale del signor Lionel, se sta sera qualcosa andrà storto se la prenderà con me ... senti non è che mi faresti un favoruccio?- domandò facendo un labbruccio adorabile.

-Ma certo- rispose lui prontamente.

-Potresti procurartela tu la nuova scaletta?- disse sbattendo le ciglia.

-Emm sisi ci penso io-

-Grazie ... come ti chiami?-

-Oscar- disse lui deglutendo.

-Allora grazie, Oscar- gli scoccò un bacio sulla guancia e lui si diresse verso uno dei camerini, toccandosi incredulo la guancia, dove il rossetto rosso di Chloe aveva lasciato un bel segno.

-Sai Chloe, dovresti pensare di iscriverti alla Hollywood Arts, come attrice sei niente male- le suggerì Cat, poi la rossa si avviò verso i comandi, toccava a lei.

-Sei pronta?- domandò a Chloe. Lei annuì prima di dirigersi verso il palco. Cat abbassò le luci e Chloe fece il suo ingresso illuminata da un occhio di bue; le urla del pubblico si bloccarono appena la videro e furono sostituite da un silenzio pesante. Io mi avvicinai al teleschermo che permetteva di vedere cosa succedesse sul palco e poco dopo fui affiancato da Lionel e da tutto lo staff. Lionel era un ragazzo non tanto alto, i suoi occhi erano marroni e aveva la barba, oltre al tatuaggio a forma di C ne aveva tantissimi altri sul braccio. Indossava una maglietta bianca e dei jenas strappati.

-Non si preoccupi signor Messi, adesso la fermiamo-

-N-no- li bloccò lui quasi sconvolto. Fu allora che Chloe accese il microfono e rivolta al pubblico iniziò a parlare:

-C'era una volta una ragazza un po' folle che aveva tanti sogni nel cassetto ... voleva viaggiare, scoprire il mondo, innamorarsi, vivere una di quelle fiabe che la madre le raccontava da bambina per farla addormentare.

Un giorno conobbe un ragazzo e si innamorò di lui, proprio come nelle favole, il classico colpo di fulmine. Anche lui ricambiava gli stessi sentimenti, così si misero insieme. Tutto sembrava andare per il meglio come in un incantesimo, lui era il suo principe azzurro venuto a salvarla da questo schifo, perché quando sei innamorato il mondo ti sembra davvero più bello.

Poi però iniziarono i problemi, l'incantesimo si era spezzato. Lui lavorava troppo e aveva poco tempo per la sua principessa, lei si sentiva abbandonata e fece tanti sbagli, troppi, così tanti che gli spezzò il cuore. La favola si stava trasformando in realtà e si sa nella vita reale gli errori si pagano.

Lui la lasciò sola, proprio come tutti gli altri, si perché non vi ho detto che questa principessa era già stata abbandonata da quello che doveva essere il suo supereroe, da quello che doveva insegnarle a stare al mondo e invece era stato solo capace di fuggire, come i vigliacchi, perché non tutti hanno il coraggio di affrontare i problemi, è molto più semplice fuggire. Insomma la nostra principessa ne aveva passate tante e adesso anche il suo principe si era stancato di lei: era completamente sola.

Questo dovrebbe essere il finale della storia, forse non vi è piaciuta, perché non ha il lieto fine, il fatto è che nella vita reale non sempre le cose finiscono bene.

Se oggi sono qui è perché nonostante tutto io credo nelle favole, se oggi sono qui è perché tu mi hai insegnato a crederci di nuovo, se oggi sono qui è per chiederti di riscrivere il finale, perché ogni fiaba che si rispetti ha il suo 'E vissero per sempre felici e contenti', se oggi sono qui è per dirti che ti amo. TI AMO LIONEL –

Rientrò nel backstage con le lacrime agli occhi, fissò Lionel e gli disse:- Non voglio che tu mi perdoni subito, prenditi il tempo che ti serve, dovevo dirtele prima queste cose, lo so  ... Mi dispiace, ti ho rubato la scena, questa doveva essere la tua serata. Mi faccio da parte, è tuo il ruolo da protagonista, io sono solo una comparsa-

Si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia sussurrandogli 'Buona Fortuna'

Ancora una volta quella ragazza era riuscita a sorprendermi, era coraggiosa, altruista e divertente e se lo meritava proprio un finale da favola. Era una persona che odiava questo mondo, ma amava viverci. Un giorno le chiesi come fosse possibile e lei mi rispose 'Questo mondo sta andando a puttane, perché la gente ha smesso di credere nella magia delle favole, però poi quando incontri persone che come te non vogliono smettere di sognare, ti senti meno sola. E' per questo che mi piace viverci, Beck, perché io nella mia vita ne ho incontrate tante di persone così'

Avevo così compreso il significato del suo tatuaggio dietro il collo 'Non sottovalutare il potere dei sogni'

 

 

 

 

-Cara, sei proprio sicura di non volere venire?-

-Si, signora Benson, oggi non mi sento molto bene, la farò un altro giorno la visita- mentii, negli ultimi giorni stavo molto meglio.

-D'accordo, io vado in ospedale, tu vai a casa di Spancer?-

Annuii. Uscimmo insieme, ormai potevo camminare tranquillamente senza sedie a rotelle, a patto che non mi stancassi troppo.

Entrai a casa Shay e trovai Spencer intento a sfogliare un foglio di istruzioni per un nuovo aggeggio che aveva comprato. Lo salutai e lui ricambiò.

-Ehi sorellina, perché sorridi in quel modo?-

-Niente- disse Carly scendendo dalle scale con la faccia incollata sullo schermo e un sorriso da ebete dipinto sul volto.

-Quel 'niente' è brasiliano, lavora al Mango e risponde al nome di Neymar?- la stuzzicai io.

-Divertente ... comunque ci devo uscire oggi-

Solo in quel momento notai che era vestita molto bene, indossava un vestitino nero a fiori ed emanava un inteso profumo di rose.

-Esci con chi?- si intromise Spencer aggrottando le sopracciglia.

-Un ragazzo ...-

-Davvero? E non me lo presenti?-

-Beh lo conoscerai se le cose andranno bene. Di pomeriggio mi porta a vedere una partita, gioca a calcio e sta sera mangeremo al Pini's-

-Non tornare tardi- disse Spencer con fare paterno.

-Ma è sabato- sbuffò lei. –E va bene ... ci vediamo dopo, ciao Jade- disse scocciata.

Io agitai la mano.

-Allora com'è questo tizio?- mi chiese Spencer non appena Carly uscì dalla porta.

-Non ti aspettare che risponda alle tue domande, non mi piacciono gli interrogatori-

-Prendilo come un quiz-

-Non mi piacciono nemmeno quelli ... ah comunque c'è qualcosa che sta andando a fuoco- dissi tranquilla indicando il tavolo della cucina.

-Cosa? No ... non ci posso credere-

-Vado alla ferramenta a chiedere un risarcimento-blaterò dopo aver spento l'incendio.

Io restai sola, ma per pochi minuti dal momento che più o meno nello stesso istante entrarono Freddie dalla porta e Sam dall'ascensore.

Tra di loro la tensione era alle stelle in quei giorni, si parlavano a stento.

Mi salutarono e si sedettero il più lontano possibile l'uno dall'altra.

Restammo in silenzio per non so quanti minuti finchè mi alzai scocciata dal divano.

-Okay vado a fare una cosa, siete di compagnia quanto due statue, quindi se volete scusarmi, non ho intenzione di passare il pomeriggio a osservarvi mentre vi fissate in silenzio-

Detto questo mi diressi verso la stanza di Spencer dal momento che non potevo fare le scale. Una volta lì presi il mio nuovo telefono e feci il suo numero, stavo per premere il verde, ma il dito si fermò a pochi centimetri dallo schermo. Restai a fissare quelle cifre messe una accanto all'altra, finchè non sentii delle urla provenire dal salotto.

-Potevi semplicemente evitare di fare quella battuta, Freddie-

-E tu potevi evitare di prendermi in giro-

-Ma se lo faccio sempre-

-Appunto ... mi sono stancato, poi non ti sembra da ipocrita sputare nel piatto in cui hai mangiato?-

-Ma che dici?-

-Che puoi evitare di criticarmi dal momento che siamo stati ins-

-Ti ho detto che non devi dirlo, ormai è finita Freddie. FINITA. Mi sembra che almeno su questo eravamo d'accordo-

Io guardai tutta la scena in diretta, quei due mi ricordavano vagamente qualcuno.

-Non capisco neanche perché io abbia deciso di mettermi con te- sputò acida la bionda.

-Forse posso rinfrescarti la memoria-

Freddie si avvicinò e la baciò. Sam si staccò e gli tirò uno schiaffo dritto in faccia, prima di andarsene come una furia.

Freddie si stava ancora massaggiando la guancia, quando feci ritorno in salotto.

-Okay che vi avevo detto che eravate troppo silenziosi, ma avete un po' esagerato-

 

Il pomeriggio si concluse con la lezione di canto, non avevo mai amato più di tanto i bambini, ma forse perché ero incinta e mi stava venendo il cosiddetto istinto materno di cui avevo tanto sentito parlare, forse perché ero cambiata, quei marmocchi avevano iniziato a piacermi.

Finita la lezione, quel giorno avevano cantato alcuni pezzi dei  Queen, mi aveva chiamato la mamma di un bambino, Luke, dicendo che era in ritardo di alcuni minuti, così rimasi sola con lui, dal momento che Sam e Freddie erano spariti, Carly era con Neymar e Spencer non era ancora tornato dal negozio, probabilmente aveva perso tempo a 'parlare' con la commessa.

-Posso farti una domanda, Jade?-

-No- risposi scocciata.

-Tu ce l'hai un fidanzato?-

-Non è carino farsi i fatti degli altri Luke ...-

-Allora se non ce l'hai posso darti un bacio?-

-Cosa? No!-

Lui si avvicinò e mi baciò sulla guancia, una parte di me trovò quell'azione irritante, un'altra parte vide quel gesto come qualcosa di dolce.

-Secondo te cosa significa amare, Jade?-

-Ma non stai mai zitto, tu? Comunque non lo so, credimi non sono la persona più adatta a cui chiederlo-

-La mia mamma e il mio papà si amano. Loro però litigano sempre, ma l'altro giorno mamma stava piangendo e papà le ha asciugato le lacrime e le ha dato un bacio, allora lei era di nuovo felice-

-Commovente-

-Quindi ho pensato che amare qualcuno significa asciugare le sue lacrime, trasformandole in un sorriso-

-Non lo so, forse-

-Sei mai stata innamorata?-

-Si- risposi esitante.

-E allora si che lo sai-

Quando Luke se ne andò presi il telefono, mi feci forza e composi il suo numero, mettendo lo sconosciuto.

Due squilli e poi ...

-Pronto?-

La sua voce, quanto mi era mancata.

Sospirai pesantemente.

-Cos'è uno scherzo? Chloe, Cat siete voi?-

Respirai a fondo, ormai era fatta.

-Ciao Beck ...-

-Jade ...-

 

 

*MY SPACE*

Honey! Sono tornata, scusate tanto se vi ho fatto aspettare, ma la scuola è stata veramente pesante questa settimana, comunque ho anche lavorato per voi scrivendo un bel po' di capitoli. 

Dunque volevo dirvi che tutti i personaggi secondari, anche quelli apparentemente inutili, avranno un  loro ruolo, niente è stato messo a caso, comunque poi scoprirete tutto. 

Scusatemi ma da fan di Star Wars non potevo non mettere un personaggio di nome Luke, ahahahah. 

Comunque spero che vi piaccia, scusate eventuali errori, ma non ho potuto ricontrollare. 

Vi voglio bene, 

Grazie  a Albina, Giulia, Elena, Ikram e Luana <3

P.S Se volete potete trovarmi anche su Wattpad, mi chiamo chia_juve, gli aggiornamenti sono simili, ma può capitare che posto prima il capitolo su Wattpad o viceversa, quindi fate voi. 
Beijos 

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Capitolo 13
*** AFTER ALL THIS TIME? ***


-Come stai?- balbettai.

-Come vuoi che stia Jade?- sbottò lui arrabbiato e forse deluso.

-Te ne sei andata, sei sparita così, lasciandomi una fottutissima lettera ... sei sconparsa nel nulla, lasciandomi qui come un idiota, ma cosa pensavi di ottenere? Cosa?- continuò poi alzando il tono di voce.

-Io ... l'ho fatto per te-

Mi sentivo veramente una stupida, non avrei dovuto chiamarlo, però era bastato sentire la sua voce per farmi stare meglio. Certe persone riescono a farti questo effetto e tu non puoi farci niente, più provi a mantenere le distanze tentando di non affezionarti, più queste si fanno spazio nel tuo cuore, fino ad occuparne un posto fisso e tu puoi solo arrenderti e toglierti la maschera, perché tanto con loro non serve, conoscono ogni sfaccettatura di te e riescono a farti sorridere anche quando non vorresti.

-L'hai fatto per me? Ma almeno ti rendi conto di quante stronzate stai dicendo?-

Non si era mai rivolto così con me, questa cosa mi lasciò turbata, ma poi come dargli torto.

-Beck io non volevo che tu rinunciassi a niente ... la recitazione è la tua vita!-

Seguirono alcuni istanti di silenzio, poi rispose con un tono più calmo:- E' qui che ti sei sbagliata, Jade. La recitazione non è la mia vita ... tu sei la mia vita-

Restai sorpresa da quelle parole, pensavo ce l'avesse con me, invece no, dopo tutto quello che gli avevo fatto teneva ancora a me.

-Scusami se ti ho aggredita prima ... Stai bene? E' successo qualcosa?-

-Si, tutto più o meno bene-

-Non avevo dubbi su questo, sei sempre riuscita a cavartela in qualunque situazione, ma ... non mi dirai dove sei, vero?- chiese rassegnato.

-Ti prego non rendere tutto più difficile ...-

-Jade, io so che stai passando un momento duro, non è facile per me, posso immaginare per te, quindi non voglio costringerti a tornare o a dirmi dove sei ... hai bisogno del tuo tempo per pensare ed è giusto che sia così, però rifletti su questo: vuoi davvero che nostro figlio cresca così? Senza un padre?- Lo sentii sospirare. –Ti ricordi cosa ti promisi tempo fa? Io per te ci sarò sempre-

Il suo tono era completamente cambiato, diventando dolce, sembrava una persona diversa in confronto all'inizio della chiamata.

-Sono contento di averti sentito- disse dopo una lunga pausa, riuscivo a percepire una nota di malinconia nella sua voce.

-Anche io- dissi cercando di mantenere un tono fermo, con scarsi risultati dal momento che la mia voce tremava.

-Ti amo-

Eccole quelle due parole che io non ero mai riuscita a dire. Spesso mi ero chiesta, perché lui che poteva avere tutte le ragazze che voleva, amasse me. Mi aveva scelta nonostante avessi un carattere impossibile, nonostante fossi una lista infinita di difetti, nonostante avessi messo fin da subito le cose in chiaro, avvertendolo che stare con me non sarebbe stato semplice, ma lui aveva risposto con un sorriso beffardo e sicuro di sé sostenendo che le cose facili erano noiose e così a poco a poco era riuscito a farmi innamorare di lui.

Inevitabilmente, come ogni volta, un sorriso involontario si fece largo sul mio viso.

-Stai sorridendo vero?- mi chiese e io non potei fare a meno di notare quanto mi conoscesse bene.

-Se sai già la risposta perché lo chiedi? Comunque si – dissi mentre le guance si coloravano leggermente di rosso.

-Dopo tutto questo tempo?-

-Sempre- risposi meccanicamente.

Finita la chiamata lanciai letteralmente il cellulare sul divano, poco dopo mi sedetti anche io sprofondando la testa nel cuscino. Beck aveva ragione, come potevo permettere che mio figlio crescesse senza un padre? Come potevo fargli passare un'infanzia triste come la mia? Forse la scelta migliore sarebbe stata affidarlo ad una famiglia adottiva e tutto sarebbe stato più semplice. Poggiai una mano sulla pancia e fui travolta da una strana sensazione, non so spiegare esattamente cosa, però in quel momento tutte le preoccupazioni svanirono, in qualche modo ce l'avrei o meglio ce l'avremmo fatta.

-Sarò una madre migliore della mia- affermai con convinzione.

In quel momento si illuminò il cellulare, era una notifica da Spencer.

'Scusami ho avuto un imprevisto, torno tardi'

'Bionda o mora?'

'Rossa, occhi verdi, sembrano due smeraldi'

'Se volevi farmi vomitare ce l'hai fatta'

'Ribelle! Sei con Freddie e Sam, no? Se ci sono problemi chiamami'

'Non chiamarmi così, comunque si tutto a posto'

Non volevo farlo preoccupare inutilmente. Solo in quel momento mi resi conto che erano le dieci e io non avevo ancora cenato.

Aprii il frigo e trovai un pezzo della famosa 'torta al cocco che devi assolutamente assaggiare', presi il piatto e mi buttai con 'grazia' sul divano accendendo la televisione.

Le parole di Beck mi fecero tornare in mente un episodio successo qualche anno prima.

Io e Beck avevamo litigato e io mi ero rifugiata nello stanzino del bidello, ero seduta per terra con le forbici in mano e stavo tagliando un foglio a caso. Poco dopo entrò lui.

-Jade sei qui?-

-Vattene via-

-Oh andiamo è stato divertente-

-No, non è stato divertente, quella lì ti stava mangiando con gli occhi. La prossima volta che ti sfiora con una delle sue unghie finte giuro che al posto di questo foglio taglio le sue extension- sbottai.

-Sei gelosa- disse lui avvinandosi.

Io mi alzai di botto.

-Io non sono gelosa e ora sparisci, oppure vattene da Michelle-

-Sei bella quando sei arrabbiata-

-Allora devo essere bellissima, perché sono furiosa- gli urlai contro.

Lui di tutta risposta scoppiò a ridere.

-Sei un idiota- dissi a denti stretti.

-Forse, però mi ami lo stesso-

-Questo io non l'ho mai detto, Oliver-

Lui rise, poi improvvisamente tornò serio.

-Io però ti amo, questo lo sai, vero?-

Sul mio viso si disegnò un sorriso che cercai di far scomparire per non dargliela vinta.

-Quando sei arrabbiata sei bella, ma quando sorridi non c'è paragone-

Arrossii leggermente.

-Ancora arrossisci quando ti faccio un complimento? Dopo tutto questo tempo?-

-Sempre- risposi io prima di avvicinarmi a lui, affondai le mani nei sui capelli e lo baciai delicatamente, bacio che lui approfondì subito.

Era un idiota si, ma il MIO idiota.

'And the longer that you stay the ice is melting'

I miei pensieri furono interrotti dal rumore della porta. Entrarono Carly e Neymar sorridenti e mano nella mano.

-Allora ... grazie e a domani-

-Grazie a te, piccola- disse lui baciandole la guancia. Carly chiuse la porta e mi rivolse uno sguardo felice e sognante.

-E' stato bellissimo, Ney gioca benissimo, ha segnato due gol, ha fatto uno stupido balletto e poi me li ha dedicati ... poi le lasagne del Pini's ...-

-Carly non per interrompere la tua giornata romantica con Mr. Figo, ma non mi interessa-

Lei senza ascoltarmi minimamente iniziò a strillare:-Dai chiedimi cosa è successo .. su su-

-Se lo facessi, la smetterai di urlare come una bambina di due anni?-

Lei annuì. 

–Cosa è successo?-

-Mi ha detto che sono bellissima e poi mi ha baciato!- disse prima di abbracciarmi.

-Staccati immediatamente- dissi io restando impassibile.

-Sono così felice- continuò lei stringendomi più forte.

-Carly allontanati da me, ORA, o il brasiliano si ritrova senza fidanzata.-

Lei ridacchiò prima di sciogliere l'abbraccio.

-Umm dov'è Spencer?-

-Ha avuto un 'imprevisto' con la cassiera della ferramenta- dissi facendo il segno delle virgolette sulla parola imprevisto.

-Bionda o mora?-

-Rossa, occhi verde smerlando- risposi io imitando senza successo la voce del più grande dei fratelli Shay.

-Chissà se durerà una settimana questa volta ... cosa stavi guardando?-

-Stavo appunto, se magari stai zitta, comunque un horror-

-Dai preparo i pop-corn-

-Come ti pare, però Shay ricordati: distanza di sicurezza e contatti zero, se hai paura abbraccia il cuscino-

 

 

 

 

Il suono fastidioso della mia sveglia mi fece sobbalzare, a fatica aprii gli occhi, afferrai il peraphone e guardai l'ora: 7.05 A.M., per quale assurdo motivo la sveglia aveva suonato di domenica mattina? Mi stropicciai gli occhi e mi diressi in bagno stando attento a non calpestare le bottiglie di birra sparse sul pavimento. Mi faceva ancora male la testa, la causa era ovviamente la chiamata del giorno prima di Jade. Da un lato ero felice di sapere che stesse bene, però era forse una chiamata di addio definitivo? In ogni caso era inutile porsi domande alle quali non potevo rispondere, solo il tempo avrebbe potuto fornirmi tutte le risposte che cercavo.

Quel pomeriggio, come ogni domenica, andai alla casa famiglia con Chloe e Cat, ormai eravamo diventati una sorta di trio, anche se spesso uscivamo anche con gli altri.

-Sapete Leo mi ha scritto sta mattina, il concerto è andato bene a quanto pare e poi ...- disse mentre stavamo tornando a casa.

-Poi?- domandò Cat.

-Mi ha chiesto di vederci, domani-

-Non torna a San Francisco?- chiesi io cercando di non pensare ai miei problemi.                             Lei fece spallucce. –In ogni caso non so se prenderla come una cosa positiva o meno, penso che dipenderà da quello che ha intenzione di dirmi domani-

-Preoccupata?-

-Mmm non proprio, cioè alla fine è già una buona cosa che voglia parlarmi-

-A proposito ... Jade ieri mi ha chiamato-

Chloe si fermò improvvisamente.

-Sta bene? Dov'è? Quando torna? E il bambino?- 

Fui inondato dalle domande di Cat, ma infondo era normale, voleva molto bene a Jade e credo che anche lei, a modo suo certo, tenesse alla piccola rossa.

-Cat una domanda per volta ... sta bene, non so dove si trova né se tornerà-

-Ma...-

-Cat ... una buona amica una volta mi ha detto che bisogna lasciare alle persone il tempo di pensare ed è quello che ho intenzione di fare- dissi facendo l'occhiolino a Chloe, lei di tutta risposta mi sorrise. -Adesso almeno sa che io ci sarò qualunque decisione lei prenda-

-Vedi è un primo passo- disse Chloe accendendosi una sigaretta. Cat iniziò a tossire.

-Proprio non mi piace il fumo- disse tappandosi il naso.

Chloe la ignorò e me ne passò una, la accettai, in quel momento avevo bisogno di rilassarmi.     Si spostò la treccia blu indietro e ci disse:-Ragazzi che ne dite di cenare da mia nonna sta sera? Mi ha chiesto di dirvelo ... le farebbe piacere-

-Beh direi che tra una maratona di corse d'auto e una cena con la tua famiglia ... non lo so. E' una decisione difficile ...-

Lei mi tirò un pugno sulla spalla.

-Aggressiva la ragazza- dissi facendo finta di massaggiarmi il punto dove ero stato colpito.

Lei si girò di scatto e iniziò a indietreggiare.

-E non hai ancora visto niente, Oliver- disse con un ghigno stampato in faccia.

-Mi stai sfidando, signorina Brooks?- le risposi io, reggendole il gioco.

Il suo sguardo si illuminò.

-Che hai in mente?- domandò Cat che stava guardando la scena divertita.

-L'ultimo che arriva alla panchina paga da bere a tutti e tre- disse prima di iniziare a correre verso il parco giochi.

-Tu sei pazza- alzai gli occhi al cielo. Buttai a terra il mozzicone, come aveva fatto lei poco prima.

-E tu sei lento, muoviti pappa molle-

Iniziai a correre per raggiungerla, seguito da Cat. Chloe ogni tanto si girava per farci le linguacce, sembravamo tre bambini, eppure non mi sentivo così spensierato da tanto tempo. La raggiunsi proprio mentre lei stava toccando la panchina, la afferrai per i fianchi e iniziai a farle il solletico.

-Stronzo, lasciami- urlò  ridendo fino quasi alle lacrime.

-Solo se ammetterai che ho vinto io-

-Mai- disse lei continuando a dimenarsi.

Nel frattempo ci raggiunse un flash seguito dal rumore di uno scatto, alzammo gli occhi, proveniva dal cellulare di Cat che nel frattempo si era seduta sull'altalena.

-Eravate così belli, non potevo non scattarla- disse lei in tono innocente.

Io e Chloe ci sorridemmo, quando stavo con lei i problemi svanivano.

-Comunque io sta sera non posso- disse Cat, solo in quel momento mi resi conto che era stranamente silenziosa.

-Come mai?- chiese Chloe sciogliendosi la treccia o quello che ne era rimasto.

-Ho un appuntamento- disse in tono vago. Io e Chloe ci scambiammo uno sguardo d'intesa.

-Con?- chiedemmo insieme.

-Robbie-

-Cosa? E sai già come vestirti? Trucco? Capelli?-

Discorsi tra ragazze, quella era zona minata per me.

-Di solito era Jade ad aiutarmi, mi manca così tanto- sospirò la piccola rossa.

Chloe mi fissò e io la rassicurai.

-Dai allora adesso andiamo a casa tua, così ti aiuto io ... Beck la scommessa l'ho vinta io, in più sta sera tu vieni-

Il volto di Cat si illuminò.

-Ai suoi ordini, capitano- dissi io.

Salutai le due ragazze e tornai a casa per prepararmi per la cena, presi una scorciatoia, così mi ritrovai davanti ad un piccolo chiosco nella periferia della città dove vi erano diverse panchine tutte occupate da coppiette ... quante volte ci avevo portato Jade ...

Su una di queste vidi una signora sola che stava mangiando un gelato, una volta vicino mi resi conto che era Giulia.

-Giulia?- chiesi sbalordito.

Lei alzò gli occhi puntandoli sui miei, erano lucidi.

-Beck, caro ragazzo, siediti- disse toccando con la mano il posto accanto al suo, per l'ennesima volta ebbi come la sensazione che mi stesse aspettando.

-Pensi ancora a lei, vero?-

Io annuii.

-Ecco che mi tocca rappresentare la più grande follia dei mortali, la passione amorosa, così diceva Calvino nel Cavaliere Inesistente ... come dargli torto ...- sospirò.

-Sai perché sono qui?- mi chiese poi. Io scossi la testa.

-Quarant'anni fa proprio qui, incontrai per la prima volta mio marito. Stavo passeggiando senza una meta precisa, lo facevo spesso, mi aiutava a pensare ... ad un certo punto arrivai davanti a questo bar. Seduto su una delle panchine c'era un giovane di bell'aspetto, alzò leggermente gli occhi dal giornale. Fu un istante. I nostri sguardi si incrociarono e in quel momento, non so come, capii che era lui. Si avvicinò e mi chiese se mi fossi persa, gli dissi che ero finita lì per caso. Lui non sembrò affatto sorpreso dalla mia risposta. Mi offrì un gelato e qui, proprio su questa panchina, parlammo per tutto il pomeriggio, senza sosta. Non ci conoscevamo neppure ... ma poi a volte basta un istante per sapere tutto quello che ti serve su una persona. Da quel momento abbiamo sempre vissuto insieme, le mie paure sono diventate le sue e le sue le mie ... Finchè non ha deciso di andarsene, all'inizio non riuscivo ad accettare la realtà, ero arrabbiata con lui, perché mi aveva lasciata sola, ma poi mi sono resa conto che le persone che amiamo, anche quando sono lontane, possiamo sempre trovarle tutte le volte che ne abbiamo bisogno qui dentro- concluse indicandosi il cuore.

-Vedi Beck loro ci saranno sempre per noi, soprattutto nei momenti di maggiore sconforto, in quelli in cui ci sentiamo soli e arrabbiati con il mondo. Sono vent'anni che vengo in questo posto, mangio un gelato e ricordo i nostri momenti felici. Io sento che ha mantenuto la sua promessa, non mi ha lasciato sola e un giorno finalmente ci rincontreremo e non ci lasceremo mai più-

Io rimasi in silenzio, era una storia bellissima, una mia parola avrebbe potuto rovinarla. Restammo seduti uno accanto all'altro ad osservare il sole che spariva dietro la collina più famosa di Hollywood.

-Meglio che andiamo a casa o Chloe si preoccuperà. Grazie di avermi fatto compagnia. Non raccontavo questa storia a qualcuno da tanto tempo, mi ha fatto bene. Mi dispiace se ti ho fatto perdere tempo-

-Non si preoccupi signora, mi ha fatto molto piacere- riuscii a dire solo questo.

-Chiamami pure Giulia, signora invecchia- disse asciugandosi con un fazzoletto una lacrima argentata che le rigava la guancia. Ci dirigemmo verso casa sua, durante il tragitto raccontai a Giulia la mia storia e mi sentii più leggero, quasi come se mi fossi privato di un peso.

Una volta entrati in salotto salutai Christine, Michael e Chloe, quest'ultima mi guardò con aria interrogativa, ma non fece ulteriori domande.

Ci eravamo appena seduti a tavola, quando sentimmo il campanello.

-Vado io- Chloe sbuffò e si diresse verso la porta.

-Lionel?!-

 

 

*MY SPACE*

Olà galera! Ecco il nuovo capitolo ... spero davvero che vi piaccia, è uno dei miei preferiti.  Nel caso non si fosse capito sono una grande fan di Harry Potter, ho visto il primo film a 3 anni e adesso che è uscito l'ottavo libro e il 17 faranno 'Animali Fantastici',  non so ho sentito l'esigenza di mettere qualcosa di Harry Potter... Da adesso  spesso aggiungerò dei flashback e spero che li apprezziate, ho sempre amato le storie dove ci sono i salti temporali, comunque lascio a voi i commenti.

Grazie a tutti,

beijos, Chiara.

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Capitolo 14
*** I'M ALLERGIC TO MASCARA ***


Era domenica pomeriggio, come sempre mi trovavo a casa Shay con Sam e Carly. Freddie e Marissa stavano facendo una specie di corso madre-figlio.

-Oggi ci esco di nuovo- disse Carly sorseggiando la sua Peppy Cola. –Mi vuole far conoscere la sua famiglia-

-Il matrimonio a quando?-

Ridacchiai alla domanda di Sam.

-Simpatiche ... in ogni caso è così carino e poi bacia così bene-

Io alzai un sopracciglio fissando Sam che ricambiò il mio sguardo.

-Le sue labbra sapevano di lampone e poi sono morbidissime-

-Chi ha le labbra morbidissime e che sanno di lampone?- chiese Spencer appena entrato dalla porta con uno scatolone in mano.

-No Diane non dicevo a te, si ti passo a prendere tra un'ora. A dopo, piccola-

-Chi è Diane?- chiese Carly.

-Occhi smeraldo- tossii io.

-Ho fatto prima io la domanda, sorellina-

-Dicevo a Jade e Sam che il mio nuovo burro cacao al lampone mi ha reso le labbra morbidissime-

Spencer le lanciò un'occhiataccia.

-Tocca a te- gli fece notare Sam.

-Diane è una ragazza con cui esco oggi pomeriggio, mentre tu sei con Ney qualcosa- disse prima di sparire in camera sua.

-Neymar- precisò lei, alzando la voce per farsi sentire dal fratello. 

–Beh girls io vado sopra a prepararmi, Ney dovrebbe arrivare tra poco-

-Oh che emozione conosceremo Ney- labbra di lampone- dissi io chiaramente ironica.

-Oh non vedo l'ora- mi fece eco Sam.

Carly rise e salì le scale con la faccia incollata al cellulare.

Soffocammo alcune risate e in quel momento mi arrivò una notifica: era un audio su Whatsapp da parte di Freddie.

'Jade non puoi capire ... mia madre è pazza, siamo finiti ad un corso di yoga. L'istruttrice è una donna di forse ottant'anni che ha un turbante rosso in testa e una tunica bianca. E' inquietante. Le sue posizioni yoga sfidano le leggi della fisica, senza contare che non fa che ripetere "respirate, trovate la pace interiore", non ce la faccio.

"Le radiazioni del cellulare non fanno bene alla tua aura" ... scusi signorina Ania ... adesso si lo spengo ... mi hanno beccato ci vediamo dopo. Ohmmm'

Io ridacchiai prima di digitare una risposta veloce, ancora non mi spiegavo come fosse possibile, ma Freddie e io eravamo diventati davvero buoni amici.

Vidi il viso di Sam rabbuiarsi e il sorriso di prima scomparire.

-Va così male con Freddie?- chiesi io.

-Beh ... non ci parliamo da quando ... da quando- disse guardando il pavimento.

-Da quando ti ha baciato- completai la frase.

-Mmm- mormorò lei mangiucchiandosi le unghie.

Poi improvvisamente alzò il viso.

-Che poi non capisco neanche perché lo abbia fatto, la nostra storia è finita ed è stata una decisione presa insieme. Gli ex si chiamano ex per un motivo. Che senso ha riprovarci ... le cose finiscono per un motivo-

-Non so ... magari ti ama ancora?-

-E allora perché quel giorno non mi ha fermata?Perché non mi ha detto che ce l'avremmo fatta?-

-Chi deve fermare chi?- chiese Spencer sbucando fuori da camera sua, indossava dei pantaloni beige e una camicia bianca.

-Ma stai sempre ad origliare, tu?- ribattei io.

-Che eleganza- commentò Sam.

-Trovi?- disse lui facendo un giro su se stesso.

-Voglio fare colpo, Diane sembra ... non so ... così elegante-

-Però proprio la tipa giusta per te- commentai.

-All'apparenza forse no, ma ti assicuro che se la conosci bene ... abbiamo molte cose in comune-

-Immagino ... Sam a questo punto facciamo anche noi un'uscita di coppia, tutti che escono- sbuffai.

Sam rise:-Ci starebbe anche, ma devo andare ... mamma ha preso i biglietti per un incontro di wrestling-

-Incontro illegale?-

-Ovviamente- alzò le spalle lei con fare ovvio. –Spencer facciamo la strada insieme?-

-My lady- disse lui piegando il braccio.

-Idiota- Sam gli tirò uno schiaffo sul braccio.

-Noiosa ... va beh ciao dark-girl- disse avvicinandosi pericolosamente alla mia testa.

-Se mi dai un bacio, giuro che ti taglio via le orecchie-

Lui indietreggiò con le labbra che sembravano quelle di un pesce.

-Acide, siete due acide-

-Andiamo Romeo, muoviti- disse Sam dirigendosi alla porta.

Nel momento in cui l'aprirono si ritrovarono di fronte un Neymar con il braccio ancora alzato nel tentativo di bussare alla porta. Indossava un cappellino con la visiera, la maglietta del Brasile e dei jeans strappati. Alla vista di Spencer si tolse il cappello visibilmente in imbarazzo.

-Emm tu devi essere Spencer, piacere- disse grattandosi la testa e porgendogli la mano.

Spencer lo squadrò dalla testa ai piedi mentre lui fissava le scarpe. La situazione era davvero imbarazzante e al tempo stesso divertente. Sam pestò il piede di Spencer che finalmente accettò la mano del brasiliano.

-Hai una bella stretta- commentò quest'ultimo con un sorriso sofferente.

-Già ... tienilo bene a mente e ricorda ... io ti osservo-

-Okay adesso noi dobbiamo andare, buona giornata ragazzi- ci salutò Sam chiudendosi la porta alle spalle e trascinandosi dietro Spencer.

Neymar di sedette vicino a me, troppo vicino per i miei gusti. Afferrai un libro sul tavolo, mentre lui si guardava un po' intorno.

-Bella casa- disse per spezzare quel silenzio che si era creato.

-Già- dissi io senza staccare gli occhi dal libro.

-Ma tu sei quella che era con Carly al 'Mango', giusto?-

-Perspicace-

-Vedo che non ami molto parlare- 

-Vedo che non ti sfugge niente-

-Beh oltre che bello sono anche intelligente- disse lui fin troppo sicuro di sé.

-Di sicuro non sei modesto- dissi guardandolo negli occhi.

-Non si può certo avere tutto, non ti pare?-

La conversazione era diventata piuttosto irritante, così sbattei il libro sul tavolo.

-Le persone come te mi hanno da sempre urtato il sistema nervoso, credi che solo perché ti ritrovi un bel faccino tutte le ragazze debbano cadere ai tuoi piedi, non è così?- gli urlai contro.

-Stai ammettendo che sono bello-

-Ma chi ti credi di essere? Tiratela meno che non sei un cazzo di nessuno. Forse puoi prendere in giro quelle ingenue come Carly, ma di certo non me. Io li conosco i tipi come te, credono che il mondo giri intorno a loro, beh ti do una notizia sconvolgente: non è così-

-Non mi conosci nemmeno, non sai niente di me. Stai giudicando un libro dalla copertina- ribatté lui mantenendo un tono calmo.

-Se la copertina mi fa schifo, di solito il libro non lo compro ... immagino che stai uscendo con 4000 ragazze contemporaneamente- sbottai incazzata nera.

Lui stava per replicare quando gli squillò il cellulare 'Rafaella'

-Irmã ... eu estou chegando, estou esperando por ela ... te amo- disse chiudendo la conversazione.

-Era mia sorella-

-Non ti ho chiesto mica spiegazioni-

Lui si alzò in piedi.

-Sai anche io conosco quelle come te. Sparano giudizi sulle persone senza conoscerle minimamente. Si credono migliori degli altri e pensano che solo loro soffrono. Ti ripeto tu non sai un cazzo di me- disse alzando il tono di voce.

-Io non mi credo migliore di nessuno, poi le persone come te si inquadrano fin da subito-

Fummo interrotti da alcuni passi provenienti dalle scale, era Carly. Aveva i capelli lisci sopra e più ondulati sotto a mo di boccoli. Si era truccata con un filo di matita, mascara e blush e indossava un vestitino semplice verde acqua che le cadeva morbido e le arrivava leggermente sopra le ginocchia. L'outfit era completato da una giacca di pelle nera, scarpe e borsetta del medesimo colore.

-Sei bellissima- disse Neymar a bocca aperta, lei arrossì leggermente.

-Noi andiamo, ci vediamo dopo ... se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamai- mi disse Carly.

-Certo-

Lanciai un'occhiataccia a Neymar che ricambiò subito.

Quando se ne andarono ripresi a leggere il mio libro, avevo parlato solo una volta con quel tipo ed era riuscito a rovinarmi la giornata. Ma come si permetteva di parlarmi in quel modo? Chi si credeva di essere?

 

 

 

-Lionel che ci fai qui? Non dovevamo vederci domani? Era domani, vero?-

Noi li avevamo raggiunti nell'ingresso.

-Si ... ma domani devo partire ... è una lunga storia, Chloe ho bisogno di parlarti- disse lui in modo piuttosto confuso.

-Da soli- precisò poi lanciandoci una veloce occhiata.

Noi ci mettemmo dietro la porta che dava sulla cucina,  rimase socchiusa in modo che potessimo vedere e sentire tutto.

-Torni a San Francisco?-

-No, questa è una l-

-Lunga storia- completò lei –Allora parti dall'inizio- disse mordendosi il labbro, era nervosa.

-Il concerto di ieri è andato bene, così bene che il mio agente mi ha proposto la possibilità di fare una tournèe degli Stati Uniti ... oggi mi hanno comunicato che la partenza è prevista domani mattina, per questo sono venuto qui-

-Una tournèe? Ma è grandioso ... e quanto durerà?- chiese Chloe sinceramente felice.

Lui abbassò lo sguardo, evitando di incontrare i suoi occhi.

-Quattro mesi- disse infine con un fil di voce.

-Quattro mesi?!-

-Chloe senti ... io non dico di non aver sofferto dopo quello che è successo e tanto anche, mi hai deluso, ma questo lo sai già. Non posso però negare di essere ancora innamorato di te, non basta così poco per dimenticare una persona, soprattutto non una come te. Quello che hai fatto ieri è stato così ... alla Chloe, un misto di follia e di dolcezza. Mi hai sorpreso, davvero, mi hai fatto ricordare le cose che amo di te! Ormai quello che è successo è acqua passata, non dico di averlo dimenticato, ma almeno superato. L'ho capito ieri sera ... quando ti ho vista su quel palco, prima che iniziassi a parlare volevo solo correre da te e baciarti. In questo momento vorrei solo voltare pagina e ricominciare da quanto di buono abbiamo costruito ... però ...-

-Però ... non promette niente di buono-

-Però c'è la tornèe. Allora che facciamo torniamo insieme e già domani ci separiamo di nuovo per quattro mesi? Che senso avrebbe?-

Alcune lacrime stavano rigando il viso di Chloe.

-Possiamo provarci-

-Chloe ti prego non rendere tutto più difficile-

'Non rendere tutto più difficile' mi ricordava qualcosa o meglio qualcuna, ma perché tutti dicevano la stessa cosa? Cosa c'era di tanto difficile? Se due persone si amano, gli ostacoli si superano. A quanto pare lo pensavo solo io.

-Lionel sei venuto a dirmi che mi ami, ma che non vuoi stare con me. Sono davvero io che rendo le cose difficili?-

Lui le asciugò le lacrime raccogliendole sul dito.

-Chloe ti rendi conto di cosa significherebbe? In questo momento il nostro rapporto è come se fosse fatto di vetro, basta poco, una parola sbagliata, una frase male interpretata e va in frantumi! Ma questa volta per sempre e io non voglio che questo accada ... le relazioni a distanza portano solo guai, mi capisci vero?-

Lei annuì non troppo convinta.

-Quindi? Che cosa siamo adesso?- domandò confusa.

-Non lo so, non posso risponderti ora. Posso solo chiederti di aspettare, solo del tempo per mettere ordine alla confusione che ho in testa-

-E chi ti dice che io ci sarò ancora?-

-So benissimo che corro il rischio di perderti, ma sento che in questo momento è la cosa più giusta per me e anche per te ... questi mesi separati ci aiuteranno a ritrovare noi stessi, a capire cosa realmente vogliamo, a uscire più forti di prima-

Chloe si limitava a fissare le sue scarpe.

Lionel le alzò il viso con due dita.

-Quando sorridi sei più bella- disse prima di darle un tenero bacio sulla testa.

Stava per varcare la soglia quando Chloe si decise a parlare:-Buona fortuna- disse prima di avvicinarsi a lui e abbracciarlo.

Poco dopo ci raggiunse.

-Allora che ti ha detto?- domandò Christine fingendosi curiosa.

-Oh smettetela, so benissimo che avete sentito tutto- disse prima di sparire in camera sua con le lacrime agli occhi.

-Vado io- dissi seguendola.

La trovai sdraiata sul letto a pancia in giù con la faccia affondata nel cuscino.

-Ehi va tutto bene- dissi accarezzandole i capelli nel tentativo di calmare i suoi singhiozzi.

-Vattene via, non voglio parlare con nessuno-

-Non è vero, altrimenti avresti chiuso a chiave la porta-

-Beck, tu come ti sei sentito quando hai parlato con Jade?-

-Io non ...-

-Non serve mentire con me, ho visto la faccia che hai fatto appena Cat ha detto che le mancava Jade. Ormai ti conosco-

-Beh io credo di essermi sentito come te in questo momento ... come se l'avessi ritrovata e persa subito dopo ...-

Chloe si girò e si sedette a gambe incrociate.

-Perché l'amore deve fare così fottutamente male?- domandò.

-Non so risponderti Chloe, immagino che faccia male, tanto quanto faccia bene, ma forse io non sono la persona più adatta a cui chiedere-

-Che stupida che sono! Sto qui a lamentarmi e a parlare di me, quando tu sei in una situazione peggiore della mia ...- ammise a testa bassa.

-Chloe è tutto okay! Ognuno ha i suoi problemi più o meno gravi che siano poco importa. Gli amici servono a questo, no? Guardiamo l'aspetto positivo ... Jade mi ha chiamato dopo tanto silenzio, Lionel ti ha detto che ti ama ancora ... e poi in ogni caso ora non sei più sola ...-

-Beh effettivamente adesso ho Cat- disse lei sorridendo, prima di beccarsi una cuscinata in faccia da parte mia. Lei rispose lanciandomi un altro cuscino.

-Vuoi la guerra, Brooks?-

-Preparati a perdere, Oliver-

Iniziammo una vera e propria lotta con i cuscini.

Ridemmo fino quasi alle lacrime e quando ormai la stanza era cosparsa di piume e tutte le mie 'munizioni' erano finite nel lato opposto della camera, alzai le mani in segno di resa.

Chloe mi puntava contro il cuscino con aria minacciosa.

-Allora ti arrendi?- chiese in modo serio.

Io annuii:-Ammetto la sconfitta, sua maestà- dissi con aria solenne.

-Sai ... dopo oggi solo una persona poteva farmi ridere ...-

-Cat?- domandai io.

-Scemo- disse prima di abbracciarmi, uno di quegli abbracci che sembrano romperti e invece di romperti ti aggiustano e quelli sono i miei abbracci preferiti.

-Lo sai che per te ci sarò sempre, vero? Ti voglio bene, Beck-

-Anche io- dissi inspirando il suo profumo al gelsomino.

Quando ci staccammo dall'abbraccio i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza. Ci guardammo negli occhi prima di avvicinarci ulteriormente. I nostri nasi si sfioravano, in quel momento era come se tutto fosse sparito, c'eravamo solo noi, tutto il resto si era azzerato. Proprio in quel momento il cigolio della porta ci riportò alla realtà e rendendoci conto solo in quel momento di ciò che stava per succedere, ci allontanammo immediatamente, visibilmente imbarazzati.

-Tutto bene, ragazzi? Ma cosa è successo qui?- era Christine.

Io guardai in qualsiasi punto pur di non incrociare i suoi occhi e la stessa cosa fece lei.

-Ve beh preferisco non saperlo. Adesso venite a mangiare e dopo penserete a dare una ripulita-

Che cosa era appena successo? Stavo davvero per baciare Chloe?

Tutto ciò non aveva alcun senso. Certo Chloe era mia amica e tenevo molto a lei, ma io amavo Jade. Mi diressi in cucina più confuso che mai e dall'espressione di Chloe immaginai che per lei fosse lo stesso.

 

 

 

 

Nel capitolo che stavo leggendo erano riportati alcuni versi tratti da una poesia di Catullo, un poeta latino.

'E adesso chi verrà da te? A chi sembrerai bella?

Chi amerai? Di chi si dirà che tu sia?

Chi bacerai? A chi morderai le labbra?

Ma tu Catullo deciso resisti'

Ed ecco che come in un flashback mi ricordai del primo anniversario con Beck.

Io ero convinta che se ne fosse dimenticato, ma verso le otto di sera sentii dei colpi alla finestra.

Uscii sul balcone.

Vidi uno striscione che andava da un tronco all'altro dei due alberi del mio giardino.

"BACIAMI RAGAZZA RIBELLE, MORDIMI LE LABBRA PORTAMI SOPRA LE STELLE"

Vicino c'era Beck che appena mi vide urlò:'West sono follemente innamorato di te'

Non ero mai stata una ragazza dolce, ma quel gesto mi aveva spiazzato.

Per la prima volta in vita mia mi ero sentita amata.

Scesi le scale alla velocità della luce e mi buttai tra le sue braccia.

-Ti amo- disse lui accarezzandomi i capelli.

Io nascosi il viso, bagnato dalle lacrime nell'incavo del suo collo.

-Ma che fai, piangi?-

-No ... sono solo allergica al mascara-

E forse quello era un modo tutto mio per dirgli 'ti amo anche io'

Quella era stata la prima volta in cui avevo pianto di felicità.

 

'Sono allergica al mascara, Beck' pensai prima di chiudere il libro.

 

 

*MY SPACE*

Ciao ragazzi! Ho già postato il nuovo capitolo perchè questa settimana ho un sacco di impegni quindi non volevo farvi aspettare troppo per il prossimo aggiornamento, amatemi per questo.

Ho inserito un pezzo di una delle mie poesie preferite 'In lotta con se stesso' di Catullo <3

Allora questo capitolo è molto 'intenso' diciamo, lascio a voi i commenti, io non dico niente ahahah.

La frase che dice Neymar è portoghese, spero sia giusta, nel caso non lo sia scusate! 

Non so quando riuscirò a pubblicare il seguito, spero presto.

Grazie veramente per le recensioni e le visualizzazioni.

Beijos, Chiara 

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Capitolo 15
*** BE TOO WITHOUT EVER BE ENOUGH ***


La cosa peggiore che possa capitare ad un adolescente? A parte il barattolo di nutella vuoto, penso che niente batta i lunedì mattina.

Presi il mio caffè, sperando di recuperare un po' di energie che in quel momento erano rimaste sotto le coperte e mi diressi a scuola.

La mattinata passò lenta, ogni secondo sembrava durare secoli e non vedevo davvero l'ora che arrivasse la pausa pranzo.

L'unica cosa positiva fu come al solito la lezione di Sikowitz.

-Allora ragazzi, ho scoperto che in letteratura state studiando l'Europa del XV secolo e che nello specifico avete parlato di-

-Dell'arrosto- urlò Cat.

Sikowitz fece un'espressione indecifrabile.

-Cat voleva di Ariosto...- intervenne Tori.

-Si ... beh la sua opera più famosa è L'Orlando Furioso, così pensavo, invece dei soliti spettacoli,che ne dite di mettere in scena un'opera dai contorni cavallereschi?-

Un mormorio di approvazione seguì la domanda del professore di recitazione.

-La trama é piuttosto complessa però- commentò Cat.

Tutti la fissammo.

-Che c'é? Arrosto mi piaceva così ho seguito la spiegazione- disse lei tranquillamente.

-Cat ha ragione, l'opera è complessa, quindi toccherà a voi leggere la trama e riadattarla... Potete dividervi in gruppi e scrivere una scenografia, la migliore verrà usata... siete completamente liberi, tenete solo a mente che la cosa più importante è sottolineare la crisi di identità del protagonista e-

-Allarme spoiler- commentò Rex.

-Volevo dire che Orlando perdendo Angelica, non perde solo una donna, perde se stesso. Non si vede più come lo vedono gli altri, perché non c'é cosa che faccia più male dell'amore-

Perchè Orlando mi ricordava stranamente qualcuno?

-Scusi Sikowitz ma non aveva un amico? Qualcuno che gli ricordasse quanto fosse speciale anche senza una donna?-

-A quanto pare no,Cat-

Suonò la campana: PAUSA PRANZO.

Rimasi in classe altri minuti a discutere con il professore.

Quando uscii vidi Cat seduta da sola ad un tavolo.

-Ehi Cat che-

-Non lo so- urlò lei facendo cadere la forchetta con cui stava mangiando l'insalata.

La guardai perplesso.

-Scusami Beck... insomma sai che sono uscita con Robbie sabato?-

-Si-

-Mi ha baciato! Cioè non sulla guancia...- disse arrossendo leggermente.

-L'avevo capito, allora qual è il problema?-

-Il problema è che non voglio ferirlo... lui per me è molto importante come amico, ma non sono sicura di ciò che provo per lui in quel senso, non voglio illuderlo, magari poi fa la fine di Holly-

-Holly?-

-Si quello di Sikowitz-

-Ah ... Orlando intendi-

-Ha cambiato nome?-

-Lasciamo stare... quindi che hai fatto appena ti ha baciato?-

-Sono corsa via- sbuffò.

-Ma Cat...-

-Ciao ragazzi- era arrivato Robbie.

-Emm io devo andare, devo prepararmi per la lezione di canto- disse la piccola rossa.

-Oggi non abbiamo canto- le fece notare Robbie.

-Devo andare-

-Amico, riesci sempre a farla scappare- commentò sarcastico Rex.

-Rob ma gli altri?-

-Sono a mangiare il sushi... Beck ma che devo fare con Cat? A me piace molto-

-Non lo so amico.... magari prova a sorprenderla-

-In che senso?-

-State parlando di ragazze?- intervenne Sinjin.

-Giá, Robbie è un disastro- commentò Rex.

-Si tratta di Cat?-

-Si perché?-

-Avevo ordinato su un sito un gioco di insetti e invece mi è arrivato questo- disse tirando fuori dallo zaino due pattini rosa pieni di brillantini.

-Ma è perfetto- gli occhi di Robbie si illuminarono.

-Cosa vuoi in cambio?- chiese poi.

-Ho saputo che tra due settimane voi ragazzi andate ad una festa dove il cugino di Andrè fa il dj...-

-Ma stai sempre ad origliare tu?-

-Non ho altro da fare... in ogni caso voglio venire anche io-

-Andata- disse il mio amico stringendogli la mano.

Poco dopo ci raggiunsero gli altri.

-Allora gente mi dovete dire per la festa, Simon vuole saperlo prima, Beck chiedi anche a Chloe- esordì Andrè.

-Ma certo- confermai io.

-Cat?- chiese Tori.

-Chissà.... glielo vuoi spiegare tu Rob?- gli rispose Rex.

-Ho capito ... lasciamo perdere, sentite per il lavoro sull'Orlando Furioso, pensavo oggi pomeriggio a casa mia, che dite?-

-Emm oggi sono alla casa famiglia con Chloe...-

-Giusto, allora domani ?-

-Perfetto-

-Avvisate Cat... ecco magari non tu Robbie-

-Spento- ancora una volta il commento di Rex arrivò puntuale.

-Beck... Jade ti ha poi richiamato?- mi chiese André. Avevo già raccontato loro della chiamata.

-Io vado a fare .. insomma una cosa- disse Tori scappando via.

-Ma che le prende?-

-Lo chiedi a me? Comunque no,ma non voglio metterle pressioni. La cosa più importante é che stia bene. Spero solo che prima o poi mi dirá dove si trova, vorrei starle vicino... ma come si fa a cercare qualcuno che non vuole farsi trovare?-

-Sono sicuro che avrai sue notizie- mi confortò André.

-Lo spero... -

 

 

 

 

 

Era iniziata un'altra settimana e non poteva davvero cominciare in un modo peggiore: le nausee mattutine mi stavano dando il tormento e il pensiero di doverci convivere 9 mesi non migliorava di certo la situazione.

-Ecco cara- disse Marissa portandomi una tisana.

-Sicura di non volere altro?-

-No grazie- dissi sorseggiando la bevanda calda.

-Ti ho lasciato la minestra di lá... Io ora devo andare,il mio turno inizia tra poco, vuoi che prendo un permesso?-

-No, non si preoccupi, ora vado da Spencer-

-È proprio questo che mi preoccupa ... ah ricordati che non questo venerdì, ma il prossimo hai l'ecografia... Nate ha chiamato Spencer-

Ogni tanto la mia mente viaggiava in universi paralleli, cercando di autoconvincersi che fosse tutto normale e che andasse tutto bene, salvo poi ripiombare inesorabilmente sulla Terra di fronte a parole come 'ecografia', che mi aprivano gli occhi, costringendomi a guardare in faccia la realtà: di lí a 7 mesi sarei diventata madre e non c'era modo di fuggire o nascondersi fa ciò.

-Ssi, mi sono giá organizzata con Spencer...-

-Sicura che non vuoi che venga io?-

-Sicura-

Uscimmo insieme e io mi diressi verso casa Shay.

-Ehi- salutai Spencer.

-Ciao- disse distrattamente.

Era seduto al tavolo della cucina, dove erano appoggiati due penne, una mela e un ananas.

-Che stai facendo?Anzi non mi int- dissi troppo tardi.

-Hai presente il video PenPinappleapplepen?-

-Intendi quella stupida canzoncina che mi avete fatto sentire 10 volte?-

-Già... beh ho pensato... perché non farci una scultura?-

-E certo perché no?- dissi ironica.

-Sei sempre così acida?-

-Mi hanno conservata male- dissi buttandomi a peso morto sul divano.

Lui sbuffò.

-A proposito, Carly mi ha detto che tu e Neymar non andate molto d'accordo-

-Scherzi? Stavo per tirare un pugno su quel bel faccino che si ritrova-

-Neanche a me sta simpatico-

-Chissà perché- risi io.

-Oh andiamo, è troppo grande per lei-

-Ma se ha più o meno vent'anni Spencer!-

Lui sbuffò.

-Sarà... ad ogni modo tra un po' devo uscire...-

-Fammi indovinare... con 'Diane occhi smeraldo'-

-Veramente...-

-No ... non ci posso credere è già finita?-

-No... lei è partita sta mattina per Cuba, starà dalla famiglia per una settimana circa...-

-Chi va a Cuba una settimana?-

In quel momento entrarono Freddie e Carly.

-Sam?- chiesi io.

-Deve portarsi avanti in matematica- disse Carly.

-Sam, studiare?-

-Strano vero? Secondo me sta tramando qualcosa... comunque non mi avete risposto-

-Diane... mi manca già-

-Oh ... il mio fratellone è innamorato ... mmm che stai facendo?-

-Fidati è meglio non saperlo- commentai io.

-Oook, beh io vado a prepararmi, vado al Mango da Ney, venite con me?-

-Per stare in mezzo a due innamorati? passo- dissi io.

-Ma sei sempre insieme a quello lì ? E poi quando me lo farai conoscere?- sbottò Spencer.

-Sei un bambino geloso... comunque non so... pensavo che magari potevamo invitarlo questa domenica a pranzo-

-Domenica mattina vado a prendere Diane all'aeroporto e poi la porto fuori a pranzo- -Ma che romanticone- dissi io.

-Anche io voglio conoscerla questa Diane, è riuscita a sopravvivere ben tre giorni- commentò la mora.

-Ammettetelo che siete gelose-

-Oh si,non puoi immaginare quanto- dicemmo noi.

-Va bene io vado su che sono in ritardo ... Allora con Neymar facciamo la domenica dopo?- disse Carly salendo le scale.

-Si ok, come vuoi-

-Che entusiasmo- commentai io.

-Beh ne riparleremo quando lui o lei sarà un adolescente-

Rabbrividii al pensiero: in futuro avrei dovuto gestire le varie crisi adolescenziali come brufoli, cellulite, pantaloni troppo stretti, felpe troppo larghe, sigarette nascoste, ascoltare la musica ad un volume troppo alto per tentare così di non sentire i troppi pensieri, chiedersi perché il cioccolato sia così buono e faccia ingrassare, passare sabati sera da leoni e domeniche in coma e con strani vuoti di memoria, litigare con la bilancia, passare ore davanti allo specchio, saltare la scuola... L'adolescenza è quell'essere troppo, senza mai essere abbastanza, é sentirsi invisibili, diversi, senza capire che la bellezza sta proprio nella diversità.

Sarebbe toccato a me fare la parte del genitore, essere da esempio e dare i consigli giusti, ma come potevo fare ciò se mai nessuno mi aveva insegnato come si sta al mondo? Avevo imparato a vivere o meglio sopravvivere da sola, sbagliando, cadendo e rialzandomi, ma contando sempre e solo su me stessa. Che esempio potevo essere? Che cosa c'era da imparare da me?

-Jade?- Freddie mi riportò alla realtà,solo allora mi resi conto che non aveva parlato da quando era entrato.

-Che c'é?- sbuffai.

-Ti eri incantata, non ti sei accorta nemmeno che Spencer e Carly sono usciti-

Stavo impazzendo. Non c'era altra spiegazione.

-Invece tu? Perché sei così silenzioso oggi?-

-Niente-

-Non hai proprio voglia di parlare eh? Va così male con Sam?-

-No, anzi ... abbiamo parlato-

-Eh?-

-Eh niente. Abbiamo deciso di dimenticare tutto e restare amici, sempre che lo siamo mai stati-

-Quindi hai quella faccia perché?-

-Perché non sto capendo più niente in questo periodo... ma perché tutto deve essere così complicato?-

-Non dirlo a me-

-Siamo messi bene, eh?-

-Puoi dirlo-

Scoppiammo a ridere.

L'unica cosa positiva di questa esperienza era che avevo imparato a ridere dei problemi.

 

 

 

L'ultima campanella era suonata e stavo finalmente tornando a casa.

-Beck aspetta- mi richiamò Tori.

-Tori... vuoi un passaggio?- chiesi aprendo la portiera.

-No ... solo devo parlarti... Jade tempo fa mi ha chiamato, le ho promesso di non dirtelo, solo che poi non so, pensavo che lo dovessi sapere però non ero sic-

-Tori, calmati, è tutto okay- la bloccai.

-Cioè non sei arrabbiato?-

-Perché dovrei?- sorrisi.

Lei mi abbracciò.

-Ti voglio bene, Beck-

-Anche io-

Chi ti sta vicino nei momenti più difficili, merita di stare con te nei momenti più belli, questo significa essere amici esserci l'uno per l'altro sempre e comunque.

 

 

*MY SPACE* 

Holaaa I'm back! 

Allora ho scritto questo capitolo mentre stavo studiando l'Orlando furioso di Ariosto e mentre i miei amici mi stavano torturando con il video di Penpinappleapplepen, ma dettagli.

E' un capitolo un po' di passaggio, non succede niente di che, ma ci sono alcuni punti essenziali che mi servono per i capitoli successivi, in cui spero di sorprendervi! 

Lascio a voi i commenti...

Io non so come ringraziarvi, vi adoro troppo! 

A prestissimo,

beijos Chiara.

P.S un ringraziamento speciale va a Elena, Albina, Ikram, Luana e Giulia, senza di loro questa storia non ci sarebbe stata... e un grazie anche a JadeSery_Liz e PrincessOfDarkness_23 ... è sempre un piacere leggere le vostre recensioni! 

Vi voglio bene! 

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Capitolo 16
*** HOW LONG IS FOREVER? ***


-Okay rompi scatole, la lezione è finita, recuperate gli zaini e smammate- dissi io dopo aver terminato un'altra lezione di canto.
-Sei sempre così gentile, Jade?- mi chiese Spencer scendendo le scale.
-Ti importa qualcosa?- risposi acida.
Spencer sbuffò e andò ad aprire la porta, dove fuori c'erano diversi genitori venuti a prendere i loro figli.
Se ne erano andati tutti tranne Luke, il padre mi aveva avvisato che sarebbe arrivato dieci minuti dopo, a quanto pare faceva un lavoro abbastanza importante.
Il bambino si sedette sul divano e io mi avviai verso la cucina, dove Spencer stava preparando la cena.
-Che buon profumino- dissi con l'acquolina in bocca.
-Come mai ti sei già messo ai fornelli? E soprattutto perché stai cucinando così tanto? Non siamo mica un esercito- commentai.
Quella sera i, Freddie e Marissa mangiavamo a casa Shay dato che eravamo stati invitati. Era stato difficile convincere Marissa, che continuava a ripetere che Spencer ci avrebbe avvelenati, ma alla fine io e Freddie riuscimmo a farle cambiare idea.
-Beh... Sai che Diane è partita, no?-
-E tornerà domenica, si … me lo hai detto almeno una quarantina di volte-
-Domenica la dovevo portare a pranzo, ma alla fine ho deciso di invitarla qui,così le faccio conoscere Carly e io conoscerò la sua sorellina, Riley- disse senza distogliere lo sguardo dal sugo che stava mescolando.
-E tutto questo cosa c'entra?-
-Voglio fare bella figura... così ho deciso di seguire un corso di cucina online e di sperimentare nuove ricette-
-Fammi capire ... in pratica sta sera, saremo le tue cavie?-
-Se la metti così, si-
Stavo per rispondere quando sentii tirarmi per la manica della giacca.
Mi voltai abbassando lo sguardo e notai la piccola figura di Luke che stava cercando di attirare l'attenzione.
Lo fissai alzando un sopracciglio, mentre sentivo Spencer dietro di me borbottare qualcosa a proposito del fatto che il sugo fosse troppo salato.
-Jade... oggi mi viene a prendere mio papà- disse saltellando felice.
-E poi mi porta a lavoro con lui-
Io alzai le spalle.
-E allora?-
-Mi piace un sacco andare nel suo ufficio, lui fa un lavoro bellissimo... fa i cd...-
-Cosa?-
-Si ... lui fa i cd dei cantanti-
-Intendi forse dire che fa il produttore discografico?-
-Si quello... mio padre é Nick Handerson-
Fissai incredula il bambino e poi mi voltai verso Spencer che evidentemente stava pensando la stessa cosa.
-Tuo padre è quel Nick Handerson? Quello che ha prodotto i CD dei più famosi cantanti americani?-
-Proprio lui-affermò convinto.
-Ma... aspetta un secondo quello che viene a prenderti quando non c'è tua mamma non è Nick Handerson-
-No, lui è mio fratello Oliver... signore comunque qualcosa sta andando a fuoco-
Ci girammo verso i fornelli dove effettivamente delle fiamme si stavano alzando dalla padella con il sugo.
Alzai gli occhi al cielo mentre Spencer tentava di spegnere l'incendio e Luke guardava la scena come divertito.
-Sai che ti dico,Jade? Vado al supermercato a comprare gli spaghetti e sta sera vi cucino gli spaghetti tacos- disse mentre posava sul tavolo lo straccio con cui aveva spento il fuoco.
Io risi al pensiero della faccia della signora Benson davanti ad un piatto di spaghetti tacos.
Spencer afferrò la giacca e uscì.
Luke iniziò a ridacchiare contagiando anche a me.
-Jade, prima che mi dimentichi... ho una cosa per te- disse tirando fuori dallo zaino un cioccolatino 'Baci Perugina'.
Io lo presi un po' titubante guardandolo imbarazzata.
-Grazie- balbettai.
Lui mi abbracciò.
-Ti voglio tanto bene, Jade-
Io rimasi un po' spiazzata, ma poi ricambiai l'abbraccio accarezzandogli i capelli biondo cenere.
Dopo un po' mi staccai dall'abbraccio.
-Luke … ma perché me lo hai portato?- chiesi alludendo al cioccolatino.
-L'altra volta mi hai detto che non hai un ragazzo, ma che sei stata o forse sei innamorata, così ho pensato che magari questo ti poteva far sorridere e farti dimenticare di lui-
-Lui chi?-
-Il ragazzo per cui sei triste...-
-Non sono triste-
-Non è vero... i tuoi occhi sono tristi- disse fissandomi con due occhioni neri come la pece.
In quel momento qualcuno bussò alla porta ed entrò un uomo alto, calvo e con il pizzetto.
Aveva due occhi color cioccolato e indossava una specie di divisa.
Luke gli corse incontro.
-Ciao Ash-
-Ciao campione- disse battendogli il cinque.
-Asher lei è Jade, Jade lui è Asher il nostro autista-
-Piacere- mi sorrise lui.
-Salve... Va bene allora ciao Luke-
Lui si avvicinò a me.
-Posso dirti una cosa segreta?-
Io annuii abbassandomi alla sua altezza.
-Non dire a Paige del cioccolatino,d'accordo?-
Paige era una bambina ricca, viziata e vanitosa che frequentava le lezioni.
-Perché?- chiesi curiosa.
-Potrebbe ingelosirsi, sai lei é la mia fidanzata- diventò tutto rosso e poi mi scoccò un bacio sulla guancia.
Io risi e gli scompigliai i capelli.
-Ciao piccolino- dissi in un tono quasi dolce, che non pensavo di saper usare.
Una volta che se ne furono andati, controllai l'orologio. Freddie non era ancora arrivato, stava studiando per il compito di storia dell'indomani, era proprio un secchione,così per ingannare il tempo nell'attesa che tornassero i due fratelli Shay e arrivassero Freddie e Marissa, raccolsi alcuni spartiti che avevo usato quel giorno e canticchiai una canzone che stavo componendo.
All'improvviso le porte dell'ascensore si aprirono, mi voltai di scatto, non era possibile che Spencer fosse già tornato.
Davanti a me c'erano Luke e Nick Handerson.
Nick era un uomo alto ed elegante, aveva i capelli brizzolati e la barba perfettamente curata, gli occhi erano identici a quelli del figlio.
Alcuni fogli mi caddero dalle mani.
-Mi scusi signorina,ma mio figlio ha insistito perché la conoscessi, piacere Nick Handerson-
-Il piacere è tutto mio signor Handerson- dissi stringendogli la mano.
-Oh per favore, chiamami Nick..allora Jade ti ho sentito cantare, Luke ha ragione hai una bellissima voce-
-Grazie- dissi abbassando lo sguardo.
-Come mi ha sentito?- chiesi poi stupita.
-Sono venuto 3 mesi fa ad uno spettacolo della Hollywood Arts o almeno mi sembra che il nome sia quello.. comunque ti avevo sentito cantare lì, la tua voce mi aveva impressionato, così mi sono segnato il tuo nome con lo scopo di contattarti, appena Luke mi ha detto il tuo nome mi sono ricordato, avevo dato alla mia assistente il compito di contattarti, ma deve averlo dimenticato... In ogni caso la 'New Stars' sta cercando nuovi talenti da lanciare nel mondo musicale, che ne pensi di fare un provino?-
-Un provino? Io?-
-Si proprio tu,ultimamente abbiamo sentito diversi ragazzi, ma nessuno che ci abbia convinto del tutto, così pensavo... sempre se ti va-
Nick Handerson mi stava proponendo un provino per la sua casa discografica, un'occasione che capitava una sola volta nella vita...
-Signor Handerson... o meglio Nick, sono onorata della sua proposta, ma...- mi toccai la pancia.
-C'è qualche problema?- chiese lui.
-Tanti... io sono incinta... in questo momento ho così tanti problemi e pensieri che non posso proprio pensare alla mia carriera- dissi abbassando la testa, mi sarei pentita sicuramente di tutto questo, ma per il momento davvero fare la cantante era l'ultimo dei miei pensieri.
Lui scosse la testa.
-Capisco... Jade sei giovane e posso immaginare che stai affrontando una situazione difficile, ma pensa a questo: é un'occasione unica per te, uno di quei treni che passano una sola volta nella vita-
-Lo so ma... - dissi fissando la mia pancia.
-Per noi non è affatto un problema che tu aspetti un bambino, a noi interessa solo la tua voce e la tua musica, per il resto ne possiamo discutere con calma-
Io rimasi in silenzio, mordendomi il labbro inferiore.
-Senti facciamo così, io non ho fretta, prenditi tutto il tempo che ti serve e pensaci bene, ti lascio il mio biglietto da visita... chiamami quando vuoi o vieni direttamente nel mio ufficio,d'accordo?- disse porgendomi un bigliettino dove erano segnati il numero di telefono e l'indirizzo della casa discografica.
Li osservai uscire da casa Shay e mi sedetti sul divano tenendo la testa tra le mani.
Potevo avere l'occasione di lavorare per la 'New Stars', un altro al posto mio non ci avrebbe pensato due volte, eppure la mia vita era così complicata... come potevo pensare alla carriera in quel momento... Tutto era fottutamente complicato e io non sapevo più che fare.








-Cosí Robbie l'ha baciata e lei è scappata, eh?- ridacchiò Chloe.
Eravamo appena usciti dalla casa famiglia e stavamo andando a mangiare una pizza.
-A quanto pare- dissi io alzando le spalle.
-Chloe tra due sabati io e i ragazzi andiamo in discoteca, un cugino di Andrè fa il Dj e ci fa entrare gratis, vieni?-
-Ti risulta che abbia altro da fare? Peggio di una zitella sono diventata-
-Lo prendo come un si?-
Lei mi guardò come a dire 'C'è bisogno di chiedere'.
-Guarda Beck- disse ad un certo punto indicando un parco giochi.
-Cosa? Intendi dire quel parco giochi?- chiesi un po' confuso.
-Non è quel parco giochi, è il parco giochi... su andiamo- disse prendendomi per mano e correndo verso le altalene.
Era uno di quei parco giochi vecchi, c'era uno scivolo di legno, un dondolo tutto scrostato e infine le altalene, le catene ormai erano arrugginite e i sedili erano di un colore indefinito.
Mi misi dietro Chloe e iniziai a spingerla, lei iniziò a ridere contagiando anche a me.
Dopo un po' iniziò a rallentare e si fermò.
-Sembriamo due bambini- disse soffocando le risate.
-‘Sembriamo’- tossii io.
-Simpatico-
-La verità Chloe è che da bambini si ha troppa fretta di crescere e da grandi si vorrebbe solo tornare bambini. Tu fai benissimo a vivere così … senza pensare, usando solo l'istinto, come i bambini, che non hanno paura di avvicinarsi troppo al fuoco. Quando si diventa grandi si pensa troppo, si ha paura di scottarsi, a prevalere è sempre la razionalità e mai l'istinto. Il risultato è che si perdono tante opportunità. Se tutti fossero come te, se tutti tornassimo bambini, ci sarebbero più ginocchia sbucciate e meno cuori infranti- dissi io.
Improvvisamente il suo viso si fece serio, così mi sedetti sull'altalena libera accanto alla sua.
Conoscevo quello sguardo, stava pensando a qualcosa di doloroso, di cui preferiva non parlare, ma che allo stesso tempo voleva raccontare a qualcuno, per liberarsi di quel peso.
-Quando ero piccola venivo sempre qui con mio papà... mi faceva sedere su quest'altalena e iniziava a spingermi. Un giorno andai forse un po' troppo in alto e iniziai a piagnucolare, lui mi prese in braccio e mi disse 'Ci sono io con te, non aver paura, andrà tutto bene'.
È l'unico ricordo che ho di lui.
È assurdo, no? Se ne è andato, mi ha lasciato sola, eppure vorrei rivederlo, anche solo una volta, anche solo per urlargli un'vaffanculo'- sospirò e continuò a raccontare.
-Sono tornata un sacco di volte in questo parco... vedevo tanti bambini cadere e i loro papà che andavano a consolarli, ma se io fossi caduta, chi mi avrebbe consolato? Così ho promesso a me stessa che non sarei mai caduta, che non mi sarei mai sbucciata il ginocchio... e ora guardami ho 18 anni e mi sono sbucciata il cuore e l'unico che potrebbe metterci un cerotto sopra e dirmi che andrà tutto bene è a chilometri da qui- concluse lei fissando il cielo.
-Non posso dirti che andrà tutto bene Chloe, non posso mettere un cerotto sul tuo cuore, però, come ti ho già detto, qualsiasi cosa accadrà io sarò con te-
Lei mi fissò, i nostri sguardi si incrociarono. Riuscivo quasi a specchiarmi in quegli occhi grandi e di un colore indefinito che ormai avevo imparato a leggere perfettamente.
-Sei la seconda persona a cui racconto questa storia... per me è importante, questo posto è importante. Ci vengo ogni volta che sto male, mi siedo qui e ricordo a me stessa di essere forte-
Restammo in silenzio per qualche minuto, si sentiva solo il vento che muoveva le foglie.
-Adesso ... vuoi vedere che arrivo più in alto di te?- disse mentre una massa di capelli blu le copriva il viso.
-Un'altra sfida?-
-Già… e a proposito, devi ancora un drink a me e Cat-
-Questa volta però vinco io- dissi facendole l'occhiolino.
L'altalena iniziò a cigolare pericolosamente. Improvvisamente sentii una goccia sulla mia fronte.
-Chloe sta piovendo-
-Potevi inventarti un'altra scusa, se sei stanco basta dirlo, nonnino- mi canzonò lei.
-No seriamente sta piovendo-
Non finii la frase che una leggera pioggia iniziò a scendere dal cielo.
Chloe si alzò dall'altalena e iniziò a correre, si fermò allargò le braccia e mi disse:- Non trovi che non esista niente di meglio della pioggia?-
-Avrei qualcosa da ridire su questo, adesso andiamo prima di prenderci una bronchite-
-Come sei pessimista, guarda là- mi disse lei indicando un punto del cielo.
-Cosa?-
-Non vedi? È azzurro, questo acquazzone durerà al massimo dieci minuti, possiamo ripararci lì sotto- disse indicando lo scivolo.
-Tu sei pazza- ripetei per l'ennesima volta da quando la conoscevo.
Ci sistemammo sotto lo scivolo in attesa della fine della pioggia, riuscivo a sentire il suo respiro: aveva il fiatone.
-Vedi a fumare cosa si ottiene, puffo?-
-Chiudi il becco capellone- disse tirandomi una ciocca di capelli.
Era davvero buffa: aveva i capelli fradici e tutto il trucco sbavato.
-Sembro un panda, lo so, non c'è bisogno che mi fissi-
Mi voltò le spalle cercando di pulirsi il nero sulle guance.
Io mi avvicinai.
-Girati dai, stai facendo peggio così- dissi passando un lembo della mia felpa sul suo viso.
-E comunque sei bellissima- sussurrai al suo orecchio, quasi come fosse un segreto, lasciando che quelle quattro parole si perdessero nell'aria che profumava di pioggia e desiderando che quel momento non finisse mai.
‘How long is forever?’
‘Sometimes, just one second’




*MY SPACE*
Queridas! I’m back! Allora questo è uno dei miei capitoli preferiti! So che non vi interesserà ma voglio raccontarvelo lo stesso … Un mese fa siamo andati in gita a Bergamo e dato che aspettavamo il pullman i miei professori ci hanno portato in un parco giochi … la cosa incredibile è che abbiamo iniziato a giocare tutti insieme, senza gruppetti, senza critiche, senza litigi, come fanno i bambini ... questo eravamo, diciassettenni bambini. Credetemi … era da tanto che non mi divertivo così tanto! Così mi è venuto in mente di scrivere questo capitolo e spero che vi sia piaciuto!
Grazie a tutti, boa tarde!
Beijos, Chiara <3

p.s Non ho idea di chi sia Nick Handerson, ma secondo me è il nome giusto per un produttore!

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Capitolo 17
*** WHEN I WAS YOUR MAN ***


La campanella dell'ultima ora del venerdì era appena suonata, il che voleva dire solo una cosa: il week-end era iniziato.
Misi lo zaino in spalla e uscii dal portone principale della Hollywood Arts. Era una giornata soleggiata, anche se tirava un po' di vento,così mi strinsi nel mio giubbino di pelle nero e mi avviai verso la mia auto.
-Ehi Beck-
Mi voltai sentendo la voce di Cat che mi chiamava.
-Dimmi Cat- le sorrisi.
-Possiamo parlare?- disse guardandosi intorno, come ad accertarsi che nessuno ci sentisse.
-Ma certo, perché tutto questo mistero?- chiesi divertito, non sapevi mai cosa aspettarti da quel piccolo vulcano rosso.
Lei mi prese per mano e mi trascinò nuovamente all'interno dell'edificio ormai vuoto.
-Allora vuoi spiegarmi?-
-Aspetta potrebbero sentirci- disse dirigendosi verso lo stanzino del bidello.
-Robbie mi ha invitato ad uscire sta sera-
Io sospirai, passandomi una mano tra i capelli.
-Mmm così cosa hai intenzione di fare?-
-Non lo so, per questo ho chiesto a te. Solo tu e Chloe sapete di questa storia... sai cosa ha fatto?-
-Cosa?-
-Mi ha regalato dei pattini! Sono così belli …-
-Cat, qui non si tratta di regali, si tratta di capire cosa provi quando stai insieme a lui-
-Ma io non lo so- disse sedendosi e mettendosi le mani tra la chioma rosso fuoco.
-Beck … tu come hai capito di amare Jade?-
Io alzai le spalle.
-Non lo so di preciso... credo di essermi reso conto di amarla quando ci urlavamo contro di tutto eppure io preferivo mille volte litigare con lei che ridere con qualcun altro.
All'inizio lei per me era una sorta di sfida: era l'unica ragazza della scuola a cui non interessavo minimamente, poi però mi è bastato guardarla negli occhi per capire che era speciale e si sa le cose speciali sono le più preziose, ma anche le più fragili.
Mi sono innamorato di lei, perché era diversa dalle altre, ma non perché si vestisse in modo diverso... forse all'inizio può sembrare forte e indipendente, ma se riesci a ottenere la sua fiducia scoprirai che quegli occhi nascondono un mare di incertezze … ed io ci sono riuscito, ho conosciuto la vera Jade-
Gli occhi di Cat divennero lucidi.
-Cat … perché stai piangendo?- le chiesi dolcemente.
-Sei così dolce, mi sono emozionata... adesso ho capito, grazie Beck- disse abbracciandomi.
-Figurati Cat-
Mi avviai verso la porta, ma prima di aprirla mi girai di scatto.
-Cat?-
-Mmm?-
-Potrebbe sembrare una frase fatta, ma... ti accorgi di quanto sia importante una persona solo quando la perdi, e vedi io ho perso Jade due volte ... non fare il mio stesso errore, d'accordo?-
-Okay Beck- rispose sorridendo.
Tenevo molto a Cat, lei era una persona speciale e speravo davvero che potesse essere felice.








-Così hai rifiutato?- mi chiese Sam, picchiettando le dita sul tavolo.
Era sabato pomeriggio e io, Sam e Freddie ci trovavamo al Mango, i due avevano stretto un patto diplomatico non di pace, ma almeno di reciproca tolleranza, certo non mancavano frecciatine e sguardi di fuoco, ma almeno riuscivano a stare nella stessa stanza senza urlarsi addosso.
-Si, insomma ... come faccio a pensare alla carriera in questo momento?-
-Ma ne sei proprio sicura? È un'occasione unica- commentò il moro.
-Sicurissima, ormai ho deciso-
Finalmente arrivò il cameriere con le nostre ordinazioni, non avevo molta voglia di affrontare l'argomento.
Nel tentativo di prendere il frullato al mango feci cadere il contenuto della mia borsa sul tavolo.
Sbuffando iniziai a rimettere tutto a posto, chiedendomi cosa ci facessero dei biglietti del pullman di quattro anni prima, alcuni scontrini dell'anno scorso e un rossetto nero ormai finito nella mia borsa.
Freddie si abbassò per raccogliere un bigliettino caduto per terra.
-Meno male che eri sicurissima …- disse mostrandomi con un sorriso trionfale il biglietto da visita di Nick Handerson.
-Che significa? Non ricordavo nemmeno di averlo messo in borsa... ci sarà finito per caso...- mi difesi io.
-Jade è normale se ancora sei indecisa... è una cosa delicata e importante, si tratta del tuo futuro...- mi rispose lui.
-Senza contare che se le cose andassero bene, avresti un lavoro a tutti gli effetti con tanto di stipendio... sarebbe come avere un lavoro tipo la cameriera, ma guadagneresti di più facendo qualcosa che ami- gli fece eco la bionda.
-Ma davvero credete che sia il momento ideale per giocare a cosa vorresti fare da grande?- risposi irritata.
-Ogni momento é buono per pensare al futuro- disse Freddie facendo spallucce.
-Sono d'accordo con il nerd... volevo dire Freddie. Non dico che devi accettare subito, ma almeno riflettici bene e con calma, non dare risposte affrettate, non so ... piuttosto fai una lista di pro e contro...- disse Sam sorseggiando il suo frullato.
Lui gli rivolse un'occhiataccia.
-Okay avete vinto, prometto che ci penserò. Ora possiamo parlare d’ altro, per favore?- mi arresi. In fin dei conti avevano anche ragione, avrei dovuto trovare un lavoro in ogni caso,che poi fosse la cameriera o la cantante, era comunque un lavoro.
Loro annuirono.
-Non dovrebbe esserci 'Ney sono troppo bello non guardarmi che poi mi sciupi mar'? Non lavora qui? O l'hanno licenziato perché passava troppo tempo a flirtare con le clienti o davanti allo specchio?- chiesi poi.
Sam ridacchiò.
-Proprio non ti piace, eh Jade? Comunque no, è il suo giorno libero, oggi gioca, infatti Carly è andata a vedere la sua partita-
Io annuii.
-Chi porterebbe una ragazza ad una partita di calcio?- disse Freddie aggrottando le sopracciglia. -E sentiamo tu dove la porteresti, Freddie? O forse dovrei chiamarti Brad Pitt... in biblioteca?-
Lui fece una smorfia.
-Che c'è sei forse geloso? Oh povero piccolo Freddie, la sua Carly non lo amerà mai- continuò Sam.
-A me sembra che qua quella gelosa sia qualcun’altra- rispose lui alzando un sopracciglio.
-La smettete per favore?- dissi io scocciata, alzando gli occhi al cielo.
-Sei un bambino,Freddie- sbuffò la bionda.
-Comunque … Jade venerdì ha la prima ecografia- disse Freddie ignorando Sam.
-Si... a volte mi dimentico di essere … insomma... sembra tutto così surreale che mi chiedo se non sia solo un sogno-
Loro due mi sorrisero.
-Non preoccuparti, saremo tutti lì con te- disse lui stringendomi la mano.
-Grazie Freddie,ma preferisco andare da sola, cioè con Spencer che mi deve accompagnare per forza-
-Cosa? Ma non esiste proprio,veniamo anche noi-
-Sam ha ragione, Jade. Veniamo anche noi-
Io sorrisi. Era bello vedere come tutti loro tenessero a me, mi aveva dimostrato più affetto Spencer in quel poco tempo che mio padre in 17 anni... e potevo affermare con certezza che erano per me una seconda famiglia. Per la prima volta in vita mia mi sentivo a casa, sentivo di essere nel posto giusto, di non essere capitata per sbaglio in questo vita... e per assurdo quell'esperienza mi aveva cambiato in meglio... Alla fine é sempre così... la vita è un po' come lo yin e lo yang, niente é tutto nero, niente è tutto bianco. Come nei periodi più felici c'è comunque qualcosa che non va bene, così nei momenti bui puoi trovare sempre un aspetto positivo.
-A proposito … ma Spencer? Aveva detto che ci avrebbe raggiunto una volta finita la scultura- disse a un tratto Sam.
-Starà parlando con Diane, praticamente è stato tutta la settimana attaccato al telefono o al computer- commentai.
-Magari questa volta si é innamorato per davvero- disse Freddie.
-Da quando lo conosco non ha mai avuto una relazione stabile... ricordo ancora quando usciva con una ragazza che si comportava come fosse la sua baby - sitter- replicò Sam
Io scoppiai a ridere:-Cosa?-
-Emm storia lunga... ti dico solo che gli diceva quando andare a dormire e gli leggeva stupidi libri-
-Beh chissà può essere la volta buona che mette la testa a posto, direi che sarebbe anche ora- concluse il moro.
Scoppiammo tutti ridere.
Spencer era Spencer, e no, non doveva cambiare. La gente quando si fidanza la maggior parte delle volte tenta sempre di migliorare. Cambia se stesso per compiacere agli altri, senza rendersi conto che una persona si innamora di te proprio per le tue stranezze e follie, meno sei uguale agli altri e meglio è. Il punto é che al giorno d'oggi le persone sono così ossessionate dall'essere diversi che poi finiscono per diventare come tutti gli altri e non c'é niente di peggio che perdere la propria individualità, a quel punto non ci sono più persone, ma etichette. Il bello di questo mondo sta proprio nel fatto che ognuno è diverso e non troverai mai due persone uguali, quindi perché tentare di voler assomigliare agli altri? Tanto poi alla fine le copie restano copie non saranno mai come l'originale.








Quella domenica avevo appuntamento con André in un bar in centro, così mi preparai e uscii, avvisando Chloe che non sarei potuto passare dalla casa famiglia.
Misi in moto e partii.
Accesi la radio e le note di 'When I was your man' di Bruno Mars si diffusero all'interno dell'autovettura. Avevo sempre amato quella canzone, quelle parole ti arrivano dritte al cuore, sono belle e al tempo stesso malinconiche, nostalgiche. Alzai il volume al massimo, mentre davanti ai miei occhi apparivano nitidi i ricordi di qualche mese fa.
Io e Jade non stavamo più insieme da un po', solo che quel giorno ci trovavamo tutti a casa di Tori per una ricerca di scuola.
-Così stavo pensando che..-
-Ehi sintonizzatevi su Radio 1 parleranno della nostra scuola- urlò Trina scendendo di corsa le scale. Non riuscivo a spiegarmi come riuscisse a correre con due tacchi 12 ai piedi.
Tori mise subito su Radio 1, la radio principale di Los Angeles.
'Okay ragazzi restate sintonizzati tra poco avremo qui in studio la preside della Hollywood Arts, intanto gustatevi Bruno Mars in 'When I was your man.
Same bed but it feels just a little bit bigger now
Our song on the radio, but it doesn’t sound the same
When our friends talk about you, all that it does is just tear me down
Cause my heart breaks a little when I hear your name …’
Mi girai verso Jade e notai che anche lei mi stava fissando, potrei giurare di aver visto una piccola lacrima rigarle la guancia destra.
-Io devo andare- disse prendendo la borsa e uscendo di casa sotto gli occhi meravigliati di tutti, così decisi di seguirla.
-Jade aspetta- urlai una volta fuori da casa Vega.
Lei si girò di scatto.
-Che vuoi?-
-Perché te ne stai andando? Non abbiamo ancora finito-
-Semplicemente mi sono ricordata di avere un impegno- disse portandosi le mani ai fianchi con fare annoiato.
-Che bisogno hai di mentire?Con me poi che ti conosco meglio di chiunque altro... Stai bene?-
Lei alzò gli occhi al cielo e rise ironicamente.
-Si sto bene .... e comunque potresti almeno avere la decenza di evitare di fare la parte dell'amico?-
Io la guardai un po' confuso.
-Non ti capisco... è vero non stiamo più insieme, ma sei comunque importante per me-
Lei abbassò lo sguardo e poi si morse il labbro inferiore.
-Ti prego smettila di dire cazzate, non ti importa niente di me-
-Quali cazzate? Lo sai che ci tengo a te- provai ad avvicinarmi,ma lei fece un passo indietro, incrociando le braccia al petto.
-Oh davvero? Così tieni talmente tanto a me che hai pensato bene di baciare Tori ai Platinum Music Awards- disse con risentimento.
Abbassai lo sguardo.
-Come fai a saperlo? E poi non ci siamo baciati-
-Solo perchè lei si è tirata indietro, so come è andata, Beck. Strano vero? La mia peggior nemica si ricorda che ho dei sentimenti e il mio ex ragazzo non si fa nessun problema a calpestarli. Ti credevo diverso Beck …-
La rabbia aveva lasciato posto alla delusione e io mi sentii peggio.
La porta si aprì appena in tempo per sentire le ultime frasi della canzone
'Do all the things I should have done when I was your man'
-Tutto bene ragazzi?- ci chiese Tori.
-Si tutto bene... non abbiamo altro da dirci, non più ormai- disse prima di incamminarsi verso la sua auto.
Quante volte l'avevo fatta soffrire? Eppure era sempre tornata tutte le volte, combattendo il suo orgoglio e io non mi ero mai reso conto di niente. Ero solo riuscito a farle del male, nonostante l'amassi più di ogni altra cosa al mondo, ma nonostante questo lei mi aveva perdonato SEMPRE.
Arrivai davanti al bar, parcheggiai e mi diressi verso Andrè che aveva già occupato un tavolo per due.
-Amico- mi salutò.
-Ehi- dissi dandogli il cinque.
Poco dopo arrivò la cameriera. Era alta e snella, aveva i capelli biondi raccolti in una treccia e gli occhi di un colore tendente al grigio. Si portò la matita per annotare le ordinazioni dietro l'orecchio e si aggiustò il grembiule.
-Cosa vi porto, ragazzi?- ci chiese sorridendo.
-Una birra-
-Si anche per me- aggiunse André.
Lei annotò tutto su un taccuino.
-Arrivano subito-
Fece per andarsene ma poi si girò nuovamente.
-Mi chiamo Phoebe, e tu sei?- mi chiese giocherellando con una ciocca sfuggita alla treccia.
-Beck- risposi sentendo Andrè ridacchiare.
-Beh... sei molto carino Beck... e sei anche fidanzato?-
-Si, cioè volevo dire no... è complicato-
Lei fece un'espressione compiaciuta e tornò all'interno del locale.
Era un bar abbastanza famoso a Los Angeles, esisteva da parecchi anni e aveva visto passare diversi proprietari. L'interno era interamente dipinto di lilla. Sul lato sinistro c'era un bancone di legno dove era situata la cassa, e a destra i tavoli, anch'essi in legno, anche se la maggior parte di essi si trovava fuori, dove erano collocati anche degli ombrelloni panna.
Parlammo del più e del meno in attesa delle nostre ordinazioni che non tardarono ad arrivare.
-Ecco le birre e questo è il mio numero, se ti va chiamami- disse Phoebe facendomi l'occhiolino.
Sul biglietto a parte il numero c'era scritto con una calligrafia morbida 'Ho sempre amato le cose complicate, Phoebe'
-Hai fatto colpo, vedo- disse Andrè portandosi il bicchiere alla bocca.
Io sorrisi, piegai il foglietto e lo misi nel portafogli.
-Invece con quella ragazza che mi dicevi?- chiesi assaporando la schiuma, era la mia parte preferita.
-Ma chi? Melanie? In teoria dovevo uscirci ieri,ma poi... bho non so … diciamo che non sono molto preso-
-Ho notato-
-Non so, è carina e tutto eh, solo che...-
-Solo che non è Tori- continuai io.
Lui alzò un sopracciglio.
-E adesso che c'entra Tori?-
Io posai il bicchiere sul tavolo, passandomi la lingua sulle labbra per eliminare la schiuma in eccesso.
-Vorresti dirmi che non c'entra niente? Insomma Andrè sono o non sono il tuo migliore amico?-
Lui sbuffò.
-Non lo so neanche io cosa provo per lei. Siamo amici, le voglio molto bene, ma è da un po' di tempo che la guardo con occhi diversi … te ne volevo parlare, ma non sapevo nemmeno cosa dirti-
-Si tranquillo, avevo capito che c'era qualcosa di strano tra di voi-
-Comunque cambiamo argomento... vedo che hai legato molto con Chloe...-
-Si abbastanza, le voglio molto bene-
-È carina eh …-
Io alzai le spalle.
-Dove vuoi arrivare, Andrè?-
-Oh andiamo, non è successo niente?-
-Che doveva succedere? Sai che io amo Jade-
-Si si lo so, ma non si sa mai …-
Io aggrottai le sopracciglia.
-In effetti...-
-In effetti cosa?-
-L'altro giorno stavamo per baciarci ma ci siamo allontanati subito, non è successo niente-
-Lo sapevo- disse lui con fare ovvio. -E dimmi vi siete allontanati voi o vi hanno interrotto?-
-Ma che differenza fa?-
-Fa differenza …-
-Ci hanno interrotti, cambia forse qualcosa? Chloe é una bellissima ragazza e ci tengo tanto a lei, ma tra di noi non ci potrà mai essere niente se non una bellissima amicizia-
-Bah convinto tu-
Io roteai gli occhi, notando Phoebe fissarmi e mordersi il labbro.
-Sai cosa ti dico, Beck? Se a te non interessa quasi quasi ci provo io con Phoebe-
-Ah quindi non ti bastano Melanie e Tori?-
-Scherzavo... che antipatico-
Io risi sorseggiando l'ultimo goccio di birra.








Finalmente quel giorno avrei conosciuto la famosa Diane e sua sorella Riley.
Io, Carly, Freddie e Sam stavamo ultimando i preparativi, Spencer ci aveva dato 20 dollari a testa affinché tutto fosse perfetto, evidentemente teneva davvero molto a Diane.
-Questa era l'ultima posata- disse Carly sistemandosi la gonna a vita alta rosa cipria, indossava anche un top in pizzo bianco.
Sam invece era l'opposto dell'amica, il suo outfit era costituito da jeans e camicia a quadri blu e gialla.
Anche Freddie, come Carly,era piuttosto elegante con la sua camicia bianca e i pantaloni neri.
-Sam, ti comporterai bene, vero?-
Lei alzó la mano destra.
-Lo giuro sulle mie ali di pollo-
Carly rise contagiando anche noi.
Poco dopo sentimmo la porta aprirsi ed entrarono Spencer, Diane e Riley.
Il primo indossava una giacca nera, una camicia bianca e dei pantaloni neri, non lo avevo mai visto così elegante.
Diane era una ragazza molto carina, aveva i capelli rossi con dei boccoli alla fine, due bellissimi occhi verdi e una spruzzata leggera di lentiggini che quasi non si vedevano, era alta quanto Spencer e molto magra.
La sorella non le somigliava per niente, probabilmente aveva la nostra età,aveva i capelli biondo scuro e corti e gli occhi color nocciola,la carnagione era molto chiara, al contrario di Diane che era più abbronzata.
-Ragazzi, loro sono Diane e Riley, ragazze... mia sorella Carly e i suoi amici Sam,Freddie e Jade- Ci sorrisero e noi ricambiammo.
- Ragazzi mi fa davvero piacere conoscervi … Spencer parla molto di voi- si presentò Diane.
-Anche a me fa molto piacere, Diane. Mio fratello parla di te in continuazione- Spencer diventò tutto rosso.
-Alla mia sorellina piace sempre scherzare, non è così?- disse facendo un sorriso forzato.
-Beh spero che abbia parlato bene di me- commentò Diane sorridendo.
-Ovviamente- disse Spencer circondandole la vita con il braccio.
Diane sembrava proprio una brava ragazza, speravo davvero che potesse essere quella giusta per Spencer.
Notai Riley sorridere a Freddie, anche se lui sembrò non accorgersene, troppo occupato a osservare Sam. Quei due erano così testardi, ma allo stesso tempo così innamorati.
Il pranzo trascorse molto piacevolmente, gli spaghetti tacos di Spencer erano davvero buoni. Tra una portata e l'altra Diane ci parlò un po' di lei.
La sua famiglia era originaria di Seattle, i suoi genitori erano i proprietari della ferramenta ‘Rays of sun'. Qualche anno prima avevano deciso di andare in pensione, infatti in quel momento si trovavano nella loro casa ai Caraibi, il negozio era stato così ereditato da lei e sua sorella Riley.
Prima di Spencer aveva avuto solo una relazione seria, infatti aveva convissuto per due anni con un ragazzo di nome George, anche se poi era finita piuttosto male.
Da quelle poche battute che avevamo scambiato, potevo dire che Diane era una ragazza piuttosto semplice e sicuramente molto estroversa e simpatica.
Riley e Freddie scoprirono di avere molte cose in comune, tanto che passarono tutto il pranzo a parlottare tra di loro, a quanto pare lei era un'appassionata di informatica e aveva anche vinto una borsa di studio per Harvard, appena sentito quel nome gli occhi di Freddie si illuminarono dal momento che anche lui era stato ammesso lì.
Una volta mangiato il dolce, ovvero tiramisù alle fragole, lasciammo i due piccioncini a 'chiacchierare' tranquillamente sul divano e noi salimmo al piano di sopra.
-Così è qui che registrate iCarly? Wow è bellissimo, vi vedo ogni volta siete bravissimi-
-Si lo sappiamo- sbottò Sam che si guadagnò un'occhiataccia da parte dell'amica.
-Sam scherzava, lei scherza sempre... grazie mille Riley- le sorrise la mora.
Riley fece un sorriso non del tutto convinto, continuando a guardarsi intorno.
-Riley perché la prossima volta che registriamo non vieni anche tu?- propose Freddie.
-Sarebbe un'idea fantastica, Fred-
-Non credi che prima dovresti parlarne con noi, Fred?- replicò Sam.
Carly diede una gomitata all'amica mimando con le labbra un evidente 'che ti prende?'
-Certo, anzi potresti partecipare... sai fare qualcosa?-
-In effetti so suonare la chitarra-
-Perfetto, ehi Jade è bravissima a cantare potreste fare un duetto-
Riley mi sorrise.
-Perché no- dissi io.
-Ti lascio il mio numero, così poi ci sentiamo, d'accordo?- disse Freddie.
-Ma certo, scrivimi quando vuoi- rispose lei facendogli l'occhiolino, mentre Sam le rivolgeva uno sguardo omicida.
Alla fine della giornata Spencer riaccompagnò le sorelle a casa e io mi preparai per la lezione di canto.
Ancora una volta Nick Handerson in persona si presentò a casa Shay per accompagnare il figlio.
-Allora hai cambiato idea, Jade?-
-Diciamo che vorrei pensarci meglio-
Lui mi sorrise.
-Ma certo, solo che vedi, non permetterti fretta, ma dobbiamo presentare qualcosa entro lunedì prossimo, così hai fino a venerdì, d'accordo?-
Io annuii.
La vita ci mette sempre di fronte a delle scelte, a due possibili strade da imboccare, questo fin da piccoli, quando dobbiamo scegliere il gusto del gelato e non sappiamo quale perché infondo sono buoni tutti, ma tanto poi alla fine prendiamo sempre i soliti due, giusto per non sbagliare.

Quando si diventa grandi le scelte diventano più difficili, si può decidere se prendere il classico fiordilatte e fragola e andare sul sicuro, oppure se provare un nuovo gusto e correre il rischio.




*MY SPACE*
Olà mis queridas! 
Alluraa ... premetto che questo capitolo è lunghissimo, infatti avevo pensato di dividerlo in due parti però poi l'ho lasciato così. 
Spero che vi piaccia, ho impiegato un sacco di tempo a scriverlo ahahah.
Va beh lascio a voi i commenti <3 
Purtroppo ho in previsione delle settimane molto impegnate e non so quando posterò il prossimo, quindi vi ho lasciato questo capitolo lunghissimo ora che un attimo libero.
Vi adoro sempre di più, grazie per tutto, siete sempre dolcissime! 
Beijos, Chiara 
P.S Io sono innamorata di When I was your man di Bruno Mars... è una delle mie canzoni preferite, come Just the way you are...

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Capitolo 18
*** COUNTERCURRENT (I PARTE) ***


'Pochi argomenti sono più noiosi da leggere della felicità' alzai gli occhi dal libro per riflettere su quest'ultima frase. In effetti era vero … chi mai leggerebbe un libro in cui tutto va bene dall'inizio alla fine? Ovviamente nessuno. Le vite che procedono tranquille e serene non possono vantare nemmeno il famoso 'E vissero per sempre felici e contenti' alla fine, perché è tutto piatto fin dall'inizio; sono anonime, prive di colore, quasi come fossero in bianco e nero, è come se si recitasse un copione già scritto da qualcun altro, tutti i giorni le stesse battute. Più che felicità a me questa sembra quotidianità, ma a volte succede che le due cose si confondano o forse è solo la mia mente contorta che opera queste distinzioni da filosofo da quattro soldi.
Eraclito diceva che non può esistere la pace senza la guerra, il giorno senza la notte, la luce senza il buio, a me la filosofia è sempre piaciuta, certo a volte mi sono chiesta perché certe persone debbano impiegare tutta la loro vita a trovare delle risposte a domande che forse risposta non hanno, però Eraclito mi affascina. ‘Eraclito l'oscuro’, così lo chiamano e forse é questo suo aspetto misterioso che mi ha sempre incuriosito di lui.
Secondo me ha ragione, una cosa non potrebbe esistere senza il suo opposto, o meglio non potrebbe essere definita. Se le cose stanno così la felicità non può esistere senza la sofferenza. La quotidianità? Quella non è felicità, è routine giornaliera e si sa le cose uguali prima o poi stancano, si ha voglia di nuovo, di colori.
Quante volte puoi vedere lo stesso film? Una, due, dieci volte? Si arriva ad un certo punto che ti stanchi delle solite battute, dei soliti dialoghi, hai bisogno di colpi di scena e nella mia vita di colpi di scena ce n'erano stati tanti, forse troppi per i miei gusti e se negli ultimi mesi a Seattle mi ero convinta di aver trovato un equilibrio e un po' di bianco e nero che ogni tanto non guasta, ecco che quel giorno il mio bel castello di sabbia sarebbe crollato, riportando una ventata di colore nel caso ce ne fosse bisogno.
Era arrivato il venerdì dell'ecografia, dopo quel giorno non avrei potuto più fingere che non stesse accadendo niente. Dopo quel giorno la mia adolescenza sarebbe ufficialmente finita, sarei stata catapultata nel mondo degli adulti, forse un po' troppo presto, ma una cosa era certa: ormai non potevo più fuggire.
-Jade sei pronta? Dobbiamo andare-
-Si Spencer- sbuffai allontanando la coperta di pile lilla.
-Sei proprio sicura che non vuoi che veniamo?- disse Freddie scendendo dalle scale con Sam e Carly. Avevano appena finito di fare le prove per lo show.
-Si ragazzi,davvero-
-Come vuoi... io e Sam volevamo andare al Mango- iniziò Carly.
-Chissà come mai …-
-Vuoi scherzare Spencer? Ovviamente vuole un bel frullato al lampone- commentai io.
-Oh dateci un taglio, quanti anni avete? Cinque?-
Ridacchiammo tutti.
-Freddie, tu vieni? C'è anche Gibby-
-Emm … io … io devo...-
-Emm si ho dimenticato di dirvelo.. ho chiesto a Freddie di fare una cosa per me...- dissi io nel tentativo di salvarlo da quella situazione.
-Cosa di preciso?- chiese Spencer.
-Mio nonno ha vissuto 100 anni Spencer-
-Non sto capendo ... deve fare una ricerca su tuo nonno?-
-No Spencer... mio nonno si faceva i fatti suoi per questo ha vissuto tanto...-
Sentii i ragazzi ridacchiare.
-La prossima volta che mi chiedi di andarti a prendere i mirtilli, le ali di pollo, il gelato o qualsiasi altra cosa sai cosa ti dirò?-
-Che mi vuoi troppo bene?-
-Ci rinuncio... dai andiamo o arriveremo in ritardo-
Io salutai i ragazzi, mentre Freddie mi mimava un 'grazie' con le labbra. Non sapeva proprio mentire... aveva appuntamento con Riley, ma non lo voleva dire a Sam e Carly perché lo avrebbero preso in giro per almeno una settimana o almeno quello era il motivo ufficiale.
Arrivammo poco dopo in ospedale, era esattamente come lo ricordavo: le pareti bianche, tanti medici che correvano da una parte all'altra e i familiari delle persone ricoverate che inseguivano gli infermieri, gli occhi stanchi, le espressioni preoccupate.
Ci recammo nel reparto di maternità; sulle sedie della sala d'attesa c'erano tante future mamme che avevano accanto chi il proprio marito chi la propria madre, e poi c'ero io: un'adolescente capitata per caso in quella città, accompagnata da uno che fino a qualche tempo prima era un perfetto sconosciuto.
-Jade West?- Un'infermiera sbucò fuori dalla stanza in cui probabilmente si sarebbe tenuta l'ecografia.
Una volta lì rividi Nate che mi accolse con il solito sorriso.
Non posso neanche descrivere l'emozione che provai quel giorno nel vedere quelle macchioline grigie sullo schermo o nel sentire il suo cuore battere... comunque fossero andate le cose ero felice di averlo tenuto, quello era sicuramente il regalo più bello che Beck mi avesse mai fatto.
Non ha senso esprimere a parole emozioni tanto grandi, esistono momenti nella vita in cui il silenzio é la soluzione migliore, perché le parole rovinerebbero tutto e quello era uno di quei momenti.
Qualche lacrima rigò il mio viso, ma quella volta erano lacrime di gioia. Strinsi la mano di Spencer e chiusi gli occhi, immaginando per un momento che al suo posto ci fosse Beck.
-Bene … è tutto a posto Jade, la gravidanza procede bene, ormai non sei neanche più a rischio. Va tutto bene, però le raccomandazioni sono sempre quelle …-
-Non ti stancare, non faticare e bla bla bla, va bene che sei un medico e non un poeta, ma un po' di fantasia, no?-
Spencer alzò gli occhi al cielo, trattenendo un sorriso.
-Sai … invece che un bambino nascerà un limone se continui a fare l'acida in questo modo...-
-Sai che ti dico? Lascia perdere le battute, usa il tuo linguaggio medico, non fanno proprio per te-
Lui mi sorrise ancora una volta.
-Ti contatteremo per la prossima ecografia, puoi andare. E’ stato un piacere rivederti-
-Per me no-
Stava per uscire dalla porta quando lo bloccai: -Nate... comunque … emm … ecco io volevo dirti che … insomma-
-Non c'è di che-


Uscimmo dall'ospedale e salimmo in macchina.
Io feci un giro su The Slap per vedere cosa combinavano a Los Angeles. Arrivata al suo profilo il cuore mi si fermò. Aveva postato una foto con una ragazza, una bella ragazza che non avevo mai visto. Stava sorridendo, quel sorriso lo avevo visto solo rivolto verso di me. Sentii una sensazione di vuoto nello stomaco, ma non era il vuoto che provavo tutte le volte che mi baciava o quando mi diceva che mi amava, no, era diverso … sapevo solo che faceva male, molto male.
Sapevo che la colpa era solo mia, ero stata io andarmene per garantirgli di rifarsi una vita ed essere felice. Avrei dovuto essere contenta per lui, eppure mi mancava il respiro. Si, perché vederlo con un'altra o meglio vederlo felice con un'altra faceva troppo male.
Spensi il cellulare e deglutii. Nel giro di pochi minuti il mio umore si era ribaltato, ma perché non potevo essere felice? Almeno per un istante. No, ci doveva essere sempre qualcosa a rovinare tutto.
Pensai che forse avevo sbagliato tutto, non sarei dovuta partire, avrei dovuto lottare per noi ...
Se solo fossi potuta tornare indietro, forse avrei cambiato alcune scelte, però non potevo. Dovevo cercare di andare avanti ... senza di lui.
-E così pensavo di comprare un vestito da rana e chiedere a Diane di darmi un bacio per trasformarmi in principe- disse Spencer a un certo punto.
-Ccosa?-
-Jade, non hai ascoltato neanche una parola di tutto quello che ho detto, ma che ti prende?-
-Nnn … niente-
Lui si fermò di colpo.
-Ma che fai? Non siamo arrivati-
-Oh si invece … su scendi-
Obbedii, non ero proprio dell'umore per mettermi a ribattere, non avevo voglia di fare niente.
Seguii Spencer dentro un piccolo bar, le pareti erano colorate di un giallo chiaro, c'erano solo pochi tavolini, così ne occupammo uno accanto alla finestra. Io non feci domande, limitandomi a guardare quella città così caotica e piena di vita.
Si avvicinò una cameriera con dei lunghi capelli castani e due occhi neri come la pece, probabilmente aveva la mia età.
-Che vi porto?-
-Due cioccolate con la panna- rispose per me Spencer.
-Spencer io non voglio …-
-No... non mi interessa. Da quando siamo entrati in macchina non hai detto una parola, niente di niente, nemmeno una delle tue battute sarcastiche. Quindi adesso beviamo la cioccolata, perché tanto qualsiasi cosa sia successa il cioccolato va sempre bene, e mi dici che ti prende-
Io sbuffai.
-Sai che non ti dirò niente, vero?-
-Tanto avevo voglia di una cioccolata-
Io sorrisi leggermente. Avevo una gran voglia di piangere, ma non dovevo, non potevo, non dopo oggi, non dopo che avevo visto l'ecografia.
Poco dopo tornò la ragazza con un vassoio in mano su cui erano poggiate due tazza in ceramica blu da cui sporgevano due ciuffi di panna e del fumo.
-Grazie- disse Spencer alla ragazza prima di afferrare la sua cioccolata.
Io presi l'altra tazza e la portai alle labbra lasciando che il liquido caldo riscaldasse il gelo che si era formato dentro di me.
Spencer posò la tazza, rivelando dei bellissimi baffi bianchi.
-Guarda che hai un po' di panna qui-
Lui passò la lingua sopra le labbra, io scoppiai a ridere, era davvero buffo.
Presi un altro sorso di cioccolata, mentre Spencer mi fissava in silenzio.
-Sei davvero irritante a volte- sbuffai.
-Come scusa?-
-So cosa stai cercando di fare Spencer …-
-Non so di cosa tu stia parlando-
-Starai lì a fissarmi come uno stoccafisso senza pronunciare una parola finché non mi deciderò a raccontarti cosa mi è successo, non è così?-
Lui buttò la testa indietro, scuotendo il capo.
-Eh va bene- dissi sospirando.
-Sono andata su The Slap, il sito della mia vecchia scuola e c'era questa-
Afferrai il cellulare mostrandogli la foto di Beck con la tro … troppo poco conosciuta ragazza.
Lui annuì.
-Beh ma è solo una foto, non significa nulla, magari sono solo amici-
Io scossi la testa:-No... conosco quel sorriso Spencer... sai, la cosa che mi fa stare più male è che sono stata io ad andarmene, a lasciarlo, così che diritto ho di prendermela per questa foto? Però non so... due settimane fa mi detto che mi amava e adesso ha già voltato pagina? Dovrei essere felice... dopo oggi ho capito che voglio questo bambino con tutta me stessa, ma ho come un blocco qui all'altezza della gola e sento che non posso più respirare... sono così confusa- dissi ricacciando indietro un singhiozzo ed eliminando velocemente una stupidissima lacrima.
-So solo una cosa... è più difficile di quanto pensassi sapere che è andato avanti ... senza di me-
Spencer non disse niente e lo ringraziai mentalmente per questo, non volevo scoppiare a piangere, non lì, non in quel momento.
Posò delle banconote sul tavolo e mi sorrise:-Seguimi-
-Ma dove? Spencer voglio solo tornare a casa, è stata una lunga giornata-
-Ti prometto che non te ne pentirai-
Sbuffai ancora una volta seguendolo fuori dal bar.
Camminai a fianco a lui fino alla fine della strada, a quel punto girò sulla destra, finendo in un vicolo cieco.
-Ma che vuoi fare?-
-Fidati e non fare domande-
Aprì la porta di quello che probabilmente era il retro di un ristorante. Salimmo due rampe di scale.
-Sai che non posso fare sforzi, vero? Hai sentito Nate …-
Lui mi prese in braccio a mo di principessa.
-Mettimi giú- urlai iniziando a sferrare pugni sulla sua schiena.
-Ma tu sai solo lamentarti?-
-Questo è un rapimento in piena regola altro che, mettimi giù adesso!-
Alla fine arrivammo sul tetto di quell'edificio e finalmente mi fece scendere.
-Se volevi dimostrare che stai andando in palestra, bastava dirlo.. ti consiglio di cambiare allenamento comunque, questo non funziona-
Lui ignorandomi si avviò verso il bordo appoggiando i gomiti sul muro e guardò davanti a sé.
Sbuffai per l'ennesima volta, prima di raggiungerlo. Mi misi accanto a lui e guardai il cielo: si stava colorando di varie sfumature di arancione, era davvero bellissimo.
Non avevo mai fatto caso ai tramonti, li consideravo 'roba da coppiette tutte miele e zucchero’, eppure non riuscivo a staccare gli occhi da quello che sembrava un dipinto. Mi trasmetteva una grande calma e tranquillità. Sembrava così in contrasto con il caos della città sotto di noi: persone che correvano per i marciapiedi con tante buste in mano e il telefono tra spalla e capo, file interminabili di auto, rumori di clacson di chi ha una famiglia e vuole tornare a casa e di chi una famiglia non ce l'ha e magari tornerebbe volentieri a lavoro per non pensare alla solitudine che lo aspetterà una volta a casa.
Noi uomini siamo così, sappiamo solo correre, non ci prendiamo mai il tempo di osservare la bellezza della natura che ci circonda, una natura che non ha fretta, che si prende tutto il tempo di cui ha bisogno.
Il tramonto e la città. Erano entrambi davanti ai miei occhi eppure non potevano essere più diversi, quasi come fossero due facce opposte di una stessa moneta e si, preferivo di gran lunga guardare il tramonto.
Non potei fare a meno di pensare a quanto quella città mi avesse cambiata o forse non era nemmeno quello, forse quella era la vera Jade e fino a quel momento avevo recitato la parte di un personaggio che non mi apparteneva, come se fossi stata sul palco di un teatro e ora ero dietro le quinte. O forse era semplicemente un lato della mia personalità che fino a quel momento avevo tenuto nascosto e adesso stava emergendo pericolosamente, come il tramonto e la città, due aspetti della stessa realtà troppo diversi tra di loro. In ogni caso qualunque fosse la ragione del mio indiscutibile cambiamento, non ne ero completamente sicura, ma mi piaceva la nuova Jade, anche se non lo avrei mai ammesso a nessuno.
-Perché mi hai portata qui?- chiesi ad un tratto.
Lui sorrise prima di prendere un bel respiro e sporgersi leggermente verso il basso. Per un attimo credetti si volesse suicidare, ma invece Spencer urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Lo guardai sconvolta.
-Provaci- mi disse alla fine. Io inarcai un sopracciglio.
-È il mio modo per scaricarmi, sai ... quando ho la testa satura di pensieri e ho bisogno di buttarli fuori vengo qui e urlo-
-Ed è legale? Voglio dire non è casa tua... certo che sono l'ultima che può farti la morale, ma...-
-È un ristorante giapponese quello sotto ed è del cugino di Socko, quindi si, possiamo stare qui... Non guardami come se fossi un pazzo maniaco... dai prova-
Presi un bel respiro, guardai giù e urlai, come se dovessi buttare fuori tutte le ansie e i timori di quei due mesi, come se davvero si potessero disperdere nell'aria e allontanarsi da me.
Guardai Spencer e scoppiai a ridere.
-Tu sei pazzo, sei completamente pazzo-
Lui si mise dietro di me, mi alzò le braccia e mise le mani sui miei fianchi a mo di Jack e Rose nella scena più celebre del Titanic.
-Se ti aspetti che io dica 'Jack sto volando' o cazzate varie, puoi scordartelo-
Lui si mise a ridere.
-Lo senti il vento?-
-Cos'é uno scherzo? Ma che c'era in quella cioccolata?-
-Fai la seria-
-Okay... si, lo sento-
-Le persone sono così. Si spostano dove il vento soffia di più, perché andare controcorrente è il privilegio dei più coraggiosi e io ... beh io ho scelto di viaggiare contro vento-
Tornammo a casa senza dire nient'altro, cosa c'era da aggiungere?
Una volta varcata la soglia di casa Shay mi voltai verso Spencer.
-Spencer ... voglio chiamare Nick-
Lui mi guardò negli occhi.
-Anche io voglio andare avanti, e ti assicuro che d'ora in poi andrò solo controcorrente-
Un largo sorriso si stampò sul suo volto, mentre allargava le braccia, mi ci tuffai quasi come fossero un riparo dalla tempesta. Avrei accettato il suo salvagente, era arrivato il momento di risalire in superficie.
-Guarda che una fidanzata ce l'hai già Spencer... Jade le distanze di sicurezza valgono solo per me?- commentò Carly entrando dalla porta.
-Gelosa sorellina? Dai vieni qui-
-Abbraccio di gruppo- esultò lei.
E per la prima volta in vita mia mi sentivo nel posto giusto, al momento giusto. Mi sentivo a casa.
E forse 'casa' non è dove sei nata, non è dove vivi, non è dove ci sono i tuoi genitori... è il posto in cui ti senti bene, è il posto in cui sei libera di essere te stessa e si ... io lì stavo bene ed ero me stessa al cento per cento.


*MY SPACE*
Olà queridas! (Quanto mi piace mescolare spagnolo e portoghese ahahah *caso perso*), sono riuscita ad aggiornare e questo capitolo è un po' diverso dagli altri, è pieno di riflessioni, spero che vi piaccia, personalmente è uno dei miei preferiti fino ad adesso, come al solito lascio a voi i commenti...
Allora poche premesse ma necessarie ... la prima frase è tratta dal libro 'Imperium' di Robert Harris, Eraclito è il mio filosofo preferito, l'ho studiato l'anno scorso e bho lo adoro ahahaha, infine la frase che dice alla fine Spencer che dà il titolo al capitolo l'ho letta da qualche parte, ma non ricordo dove...
Vabbeh allora come avete visto c'è solo la parte di Jade ... ho deciso di dividerlo in due parti perchè era davvero troppo lungo, posterò più avanti la parte di Beck! 
Spero davvero che vi piaccia!
Beijos, Chiara
P.S vorrei dirvi un sincero grazie! Sono felice che la mia storia vi piaccia, perché Victorious e iCarly sono stati la mia infanzia quindi ci tengo parecchio! 
A presto! 

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Capitolo 19
*** COUNTERCURRENT (II PARTE) ***


-Pronto Tori? Si,sono con Chloe, Cat e Andrè... mmm ... si adesso glielo dico ...ci vediamo-

Era venerdì pomeriggio io, Chloe, Cat e Andrè ci trovavamo a casa della baby rossa, Tori aveva un appuntamento con un ragazzo con cui usciva da qualche settimana e Robbie si era dato malato, a mio parere per non rischiare di stare da solo con Cat, che non aveva ancora preso una decisione definitiva. Aveva raccontato a me e Chloe di aver chiesto al moro del tempo e io non potevo fare a meno di pensare a quanto le persone tendano da sole a complicarsi la vita.

Tornai in salotto dove trovai Chloe sdraiata sul divano a testa in giù a mo di scimmia, André intento a suonare un pezzo alla pianola e Cat seduta ai piedi del divano con il telecomando in mano, impegnata a fare zapping nel tentativo di trovare qualcosa di decente in tv.

-Chicos- dissi per richiamare la loro attenzione.

-Ma i pop corn?- chiesi.

Cat si batté una mano sulla fronte.

-Cavoli, ho dimenticato di tirarli fuori dal microonde-

Si alzò velocemente e corse in cucina.

Tornò poco dopo con un sacchetto da cui fuoriusciva del fumo nero.

-Io credo che si possano mangiare, una volta mio fratello ha trovato in strada dei pop corn neri e li ha mangiati-

-E poi è stato bene?- chiese André.

Lei scosse la testa:-È stato ricoverato in ospedale, ma almeno é rimasto vivo-

-Sai Cat io penso proprio che li dovremmo buttare-

Chloe afferrò il sacchetto e andò a buttarlo.

-Comunque... volevo dirvi che alla fine Tori oggi è libera,così voleva sapere se ci andava di andare da lei e lavorare un po' sul compito di Sikowitz ... magari poi la sera ordiniamo la pizza e giochiamo a poker, ovviamente Chloe ha invitato anche te-

-Mmm per me va bene-

-Ci sto, anche perché mi è venuta un'idea...- commentò Andrè, sfregandosi le mani soddisfatto.

-Sarebbe?-

-Ve la dico dopo, quando siamo tutti insieme-

-Cat?-

La rossa si stava toccando freneticamente i capelli con la sguardo preoccupato.

-Non ci sarà Robbie, se é questo che ti preoccupa, però davvero smettetela con questa storia-

Lei abbassô lo sguardo.

-D'accordo... allora per me va bene- sospirò alla fine.

-Cat sei così tenera che passerei tutto il giorno ad abbracciarti- disse Chloe prima di stritolarla in un abbraccio.

-Aspetta un secondo, ma Tori non doveva uscire con quell'idiota di Jason?- domandò André.

Io feci spallucce.

-Mi ha detto solo che si era liberata...-

-Che c'é sei forse geloso?- domandò Chloe alzando un sopracciglio.

-Io? Di Tori? Pff... dico solo che Jason ha il quoziente intellettivo pari a quello di una lucertola e forse é un insulto alla lucertola...-

-Convinto tu, ma perché proprio la lucertola?- ridacchiò lei mentre André sbuffava scocciato.

-Le lucertole sono intelligenti,una volta mio fratello aveva una lucertola, ma é sparita... poi abbiamo scoperto che é scappata in Messico-

-E voi come fate a sapere che è andata in Messico? Vi ha forse mandato una cartolina?- rise Chloe.

-In verità si- rispose la rossa alzando le spalle.

-Oookay ... io direi che possiamo andare- disse Andrè.

-Prendo le chiavi-

Ci dirigemmo verso la mia auto diretti verso casa Vega.

-Ehi ragazzi- ci accolse Tori salutandoci.

-Ehi... ma Tori che ti é successo?- chiese Cat, alludendo all'aspetto di Tori: indossava una tuta, aveva i capelli in disordine e neanche un filo di trucco, segno inequivocabile che qualcosa non andava.

Tori era una di quelle ragazze trasparenti come l'acqua, si capiva subito quando era felice o quando qualcosa non andava, nonostante fosse una buona attrice non mascherava mai i suoi sentimenti. Tori era l'esatto opposto di Jade, lei era bravissima a fingere, aveva tante di quelle maschere nell'armadio che a volte lei stessa dimenticava chi fosse la vera Jade e forse io ero uno dei pochi che aveva avuto il privilegio di vederla così com'era, senza trucchi, senza finzioni.

E forse proprio per il fatto che Tori era l'opposto di Jade, mi ero preso una cotta per lei mesi prima, perché credevo di volere qualcosa di diverso, credevo che Tori fosse più giusta per me, infondo lei è la classica ragazza che tutti vorrebbero: bella, gentile, simpatica, senza troppi misteri, senza enigmi da risolvere. Eppure mi era bastato vedere Jade cantare su quel palco per rendermi conto che era lei tutto ciò di cui avevo bisogno. Era lei quella giusta per me: una ragazza scontrosa, per niente gentile, sadica,ma allo stesso tempo bella e vera. Si, perché Jade poteva avere mille difetti, ma ti diceva la sua opinione sempre e comunque, se qualcuno le chiedeva un parere lei sparava la sua pallottola non curante della reazione o dei sentimenti dell'altro, però potevi essere certo che quello fosse il suo pensiero. Jade è come se fosse un cubo di Rubik: ogni volta che pensi di essere vicino alla soluzione, ecco che ti rendi conto che in realtà non hai capito niente.

Fu quella sera che mi resi conto che ciò che desideravo realmente era passare anche tutta la vita a tentare di capire e a trovare una soluzione al mio cubo di Rubik.

Fu quella sera che ebbi la certezza di voler avere per sempre quella dark, fredda e diffidente nella mia vita.

É pazzesco come passiamo la nostra vita a desiderare sempre qualcosa di diverso da quello che abbiamo, qualcosa di troppo lontano da noi, sempre troppo difficile da raggiungere, convinti così di poter essere felici, che poi è quello che tutti desideriamo: la felicità ... senza fermarci un secondo ad osservare ciò che abbiamo già, ciò che è vicino a noi, che non dobbiamo faticare per ottenere, e soprattutto senza renderci conto che ciò che abbiamo e ciò di cui abbiamo bisogno per essere felici. Non serve altro, basta quello.

E io sapevo che quella fonte di pessimismo, acidità e frecciatine fosse la mia felicità e tutto ciò di cui avevo bisogno.

-Jason ... sta mattina l'ho visto limonare un'altra... - disse Tori riportandomi alla realtà.

-Ma sto bene, cioè mi piaceva eh, però va beh ...-

-Tanto é sempre stato un coglione...- commentò André.

Lei sorrise leggermente.

-Vado a mettermi qualcosa di decente, voi fate pure come se foste a casa vostra-

Dopo che salì le scale restammo solo noi quattro.

-Beh io l'avevo detto che Jason era un idiota ...-

-Secondo me ti fa piacere che non ci sia uscita- commentò Chloe.

-Cosa? Ma come ti viene in mente?-

-Dicevo per dire... a proposito dov'è il bagno?-

-Sali le scale, in fondo al corridoio a sinistra- risposi.

-Ragazzi devo farvi vedere una cosa-disse Cat non appena Chloe non fu più nei paraggi.

-Chloe non deve assolutamente andare sul sito di News News News-

-Eh perché?- chiese Chloe.

Cat urlò di sorpresa.

-Mi sono dimenticata la borsa, così sono tornata indietro... allora perché non devo andare su quel sito?-

Tutti ci girammo verso Cat.

-Ecco io ... -

-Da qua- disse Chloe alludendo al telefono della rossa.

Il suo sguardo cambiò totalmente,un velo di tristezza coprì i suoi occhi.

-È tutto okay, Cat... Però forse è meglio che vada, salutatemi Tori-

-Chloe aspetta ma che succede?- chiesi rincorrendola fuori dalla porta.

Lei si voltò di scatto: stava piangendo.

-É assurdo, no? Sono proprio le persone a cui teniamo di più che ci fanno più male... forse perché da loro ci aspettiamo di più che dagli altri... forse perché viviamo nell'illusione che loro non ci potranno mai fare del male... eppure non è così, perché nessuno, Beck, merita questa fiducia. Non bisogna mai lasciare che nessuno diventi troppo importante, se no poi se questa persona se ne va, cadi a pezzi e non è facile tornare su.

Però infondo me lo merito... si dice che la ruota giri per tutti... karma, così lo chiamano alcuni...-

Io la guardai più confuso che mai e forse ancora un po' stordito dai pensieri di poco prima.

-Chloe non capisco, io...- lei non disse niente e mi abbracciò.

Inizialmente un po' sorpreso ricambiai l'abbraccio.

Immaginai che in tutto questo c'entrasse Lionel.

-Senti domani non mi va di andare alla festa ... scusami non sono in vena-

Le accarezzai i capelli, lasciandole un bacio veloce sulla testa.

Lei si staccò, si accese una sigaretta e stringendosi nella giacca si incamminò verso casa sua. Ormai la conoscevo, l'altra volta aveva lasciato la porta aperta, quella volta no, quella volta mi aveva sbattuto la porta in faccia ed era abbastanza chiaro che volesse stare sola.

Rientrai in casa e mi rivolsi a Cat:-Si può sapere che diceva quell'articolo?-

Lei mi porse il cellulare e io lessi ad alta voce.

'Pare che la nuova stella della musica americana, Lionel, sia al centro di quello che sembra essere a tutti gli effetti un triangolo amoroso.

I fan del giovane cantante probabilmente hanno ancora impresse negli occhi le immagini della misteriosa ragazza che durante la prima tappa della sua tourné gli ha fatto una vera e propria dichiarazione. In molti si sono chiesti se quella non fosse la sua ragazza... a quanto pare non lo é o almeno non più.

Proprio ieri sera Lionel, in seguito al concerto, è stato fotografato in compagnia di una ragazza sconosciuta. I due hanno cenato in un famoso ristorante di New York e hanno fatto una passeggiata romantica. Le foto sopra li ritraggono davanti all'hotel del giovane dove i due sono entrati insieme.

Che sia la sua nuova fiamma? E soprattutto... cosa c'é tra lui e la ragazza di Los Angeles?

Insomma è proprio vero che la fama gioca brutti scherzi, appena entrato nel mondo musicale e già é protagonista di una pagina di cronaca rosa americana'

Finii di leggere e guardai Andrè e Cat che evitarono commenti.

-Povera Chloe... ora capisco perché ha reagito così, chissà come deve essersi sentita....- sospirai, restituendole il cellulare.

-Mi dispiace...- disse Cat a testa bassa.

-No, Cat non dirlo nemmeno, lo avrebbe scoperto e comunque lo doveva sapere- rispose André.

-Infatti, non é certo colpa tua se lui é un coglione- continuai io.

-Si, però magari a volte é meglio non saperla la verità- ribatté lei.

-No, Cat. La verità è la cosa migliore anche quando fa male ...- commentò il mio amico.

-Ragazzi che sono quelle facce? E Chloe?-

Tori era tornata.

-Lunga storia... Allora cominciamo?- tagliai corto.

Tutti annuirono.

-Allora... stavo pensando, che ne dite se trasformiamo l'opera in un musical? Ovviamente ci saranno anche diverse parti recitate- propose André.

-Si, mi piace come idea... però come facciamo? Non abbiamo così tanto tempo...- ribatté Tori.

-Vega, osi dubitare di me? Ovviamente ho già delle canzoni pronte che vanno solo sistemate- sorrise beffardo lui.

-Sei il migliore- urlò lei abbracciandolo.

Io e Cat ci scambiammo uno sguardo d'intesa.

-Emm non per interrompervi ... Andrè, mi piace come idea, ma prima io penserei al copione... qualcuno ha portato una copia del testo?- chiesi.

Tori arrossì leggermente e imbarazzata si staccò dall'abbraccio.

-Si... ce l'ho di sopra, vado a prenderla-

Iniziammo così a lavorare sulla nostra sceneggiatura, anche se non riuscivo a non pensare a Chloe ...doveva essere sconvolta. Volevo fare qualcosa per aiutarla, non potevo farle passare un week-end a deprimersi sotto le coperte, mangiando gelato e nutella, dovevo inventarmi qualcosa.

In ogni caso ci avrei pensato dopo, l'Orlando Furioso mi aspettava.

Stavamo già lavorando da qualche ora, quando Tori disse:-Ragazzi, sentite qua:

'Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto

quello infelice pur cercando invano che non vi fosse quel che v'era scritto;

e sempre lo vedea più chiaro e piano:

et ogni volta in mezzo il petto afflitto stringersi il cor sentia con fredda mano.

Rimase al fin con gli occhi e con la mente fissi nel sasso, al sasso indifferente.

Fu allora per uscir del sentimento sì tutto in preda del dolor si lassa.

Credete a chi n'ha fatto esperimento, che questo é l'duol che tutti gli altri passa'-

-Ma che significa?- domandò Cat.

Io sospirai.

-È il discorso di prima Cat ... Orlando scopre che Angelica l'ha tradito con un altro, però davanti all'evidenza, non vuole accettare la realtà, perché fa troppo male, ma non può scappare dalla verità perché é lì, proprio davanti a lui, chiara e lampante-

-Povero Holly... deve essere orribile sapere che la donna che più ami, ama un altro...-

-Come ha detto Sikowitz qualche lezione fa, non c'é niente che faccia più male dell'amore...- concluse André.

-Facciamo una pausa?- domandò Tori.

Tutti annuimmo.

-Oh...- disse ad un certo punto la mora con gli occhi fissi sul cellulare.

-Che succede?-

-Hanna ha postato una foto con Jason-

Andrè alzó un sopracciglio.

-Hanna Evans alias 'barbie rifatta' e Jason 'cervello di gallina' White... però che accoppiata...-

Tori fece un sorriso forzato.

-Senti non voglio vederti stare male per quel coglione, okay? Chissene frega se preferisce Miss ho tutta Kiko in faccia Evans, è lui a perderci, perché tu sei mille volte meglio.

Tu sei Tori, sei bellissima, intelligente, sempre carina con tutti e hai una voce che chiunque ti invidia. E di sicuro quei due non meritano la tua tristezza tanto meno le tue lacrime- sbottò Andrè.

Tori lo fissò sorpresa prima di correre ad abbracciarlo.

-Grazie- sussurrò.

Io e Cat li fissammo con la sensazione di essere decisamente di troppo.

-Okay vado a prendere qualcosa da bere, così continuiamo- disse Tori recuperando il suo solito sorriso.

In quel momento mi venne in mente un'idea per sollevare il morale a Chloe, dovevo solo fare una telefonata.

-Scusate io devo fare una cosa, ci vediamo dopo...-

-Ma Beck .... E Holly?-

-Sono sicuro che ve la caverete benissimo, Cat-

Cercai il suo numero sperando sulla rubrica.

-Pronto?-

-Mark? Sono Beck, mi serve un favore...-

 

*MY SPACE*

Honey!! Ecco la parte di Beck! 

Sta sera sono un po' di fretta, così lascio a voi i commenti.

E' un capitolo di passaggio, ma essenziale e dopo scoprirete il perchè.

Chi sarà Mark? 

Lo scoprirete presto, 

Beijos Chiara

P.S Ciò che legge Tori è tratto dal testo originale dell'Orlando Furioso.

Vi voglio bene <3

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Capitolo 20
*** TUDO PASSA ***


Certe volte penso che la vita possa essere paragonata ad un incontro di box e si sa, ci sono vari modi di affrontare un match.

C'è chi preferisce seguire una strategia più difensiva, basata sul parare i colpi e aspettare il momento buono per attaccare e chi preferisce avere un atteggiamento più spregiudicato, basato sul prendere a pugni in faccia l'avversario, non curante delle conseguenze, senza mai porsi la domanda 'E se va male?', ma piuttosto pensando 'E se invece va bene?'.

Forse la scelta migliore sarebbe adattare la propria strategia alle circostanze, riflettere bene su quale sia meglio adottare, perché non tutti gli avversari sono uguali; però ci sono dei momenti in cui non hai tempo di pensare, in cui ti devi buttare, fare un salto nel vuoto e sperare di avere il paracadute. Ci sono treni che passano una sola volta nella vita e non puoi arrivare in ritardo, perché loro non ti aspettano, vanno via senza di te e allora non puoi farti domande, non puoi chiederti se quello sia davvero il momento buono per colpire, devi sferrare il pugno, devi salire sul treno, devi cogliere l'attimo ... 'Carpe diem', un'espressione che si può spiegare molto semplicemente: bisogna cogliere la rosa quando é il momento, perché poi appassisce. Il tempo vola e non ti aspetta, cogli la rosa quando è il momento, carpe diem.

Io lo avevo fatto, avevo colto l'attimo , avevo deciso di prendere a pugni in faccia quel destino che sembrava tanto avercela con me. Avevo parlato con Nick e insieme avevamo discusso del mio futuro. Nick mi aveva fatto incidere un brano per presentarlo ai suoi collaboratori e nonostante mancasse l'ufficialità, potevo affermare di far parte della New Stars.

Tuttavia, vista la fase iniziale della mia gravidanza in cui avevo seriamente rischiato di perdere il bambino, per evitare ulteriori complicazioni avrei iniziato a lavorare a tutti gli effetti per loro solo una volta partorito. Nonostante mi fossi opposta a tutto ciò, non avevo altra scelta, dal momento che ero ancora minorenne e sarebbe stata necessaria la firma dei miei genitori, cosa che non serviva una volta maggiorenne, ovvero di lì a poco.

Mi dispiaceva non iniziare subito,ma potevo approfittare di quei mesi per continuare a comporre.

Spencer e i ragazzi erano felicissimi della mia decisione, avevo detto a Marissa che con il primo stipendio avrei pagato il mio soggiorno nel suo appartamento, ma lei aveva detto che ormai la potevo considerare un po' come casa mia e che non dovevo preoccuparmi di nulla.

Non so se fosse più incredibile il fatto che avrei coronato il mio sogno diventando una cantante professionista o il fatto che tutte quelle novità erano accadute in un solo giorno, precisamente il sabato dopo la prima ecografia.

É proprio vero che a volte basta un attimo per stravolgerti la vita nel bene e nel male, e chissà che quella non fosse la volta buona perché anche io fossi felice ...

Con le immagini di quella giornata che poteva essere riassunta con l'aggettivo intensa, mi avviai in camera mia. Aprii la finestra e guardai il cielo, era completamente nero, non c'erano tracce di stelle quella sera; in effetti, strano che a dirlo fossi proprio io che amavo il nero, metteva una certa malinconia.

Un sorriso leggero si fece largo sul mio viso, mentre la mia mente ripercorreva le immagini di quella sera di qualche anno prima.

Era la notte di San Lorenzo e Beck mi aveva portato in quello che avevo scoperto essere il suo posto segreto. Aveva sistemato i sacchi a pelo, perché la sua intenzione era quella di dormire sotto le stelle. Nonostante mi fossi opposta sostenendo di non essere il tipo da campeggio romantico, alla fine mi aveva convinto, come sempre. Nessuno conosceva quel posto, infatti c'eravamo solo noi.

Sistemò una coperta sul prato e ci sedemmo sotto al cielo stellato che illuminava il paesaggio intorno a noi. Il luogo era situato all'interno di un boschetto, così schiere di alberi e cespugli contribuivano a rendere ancora più suggestivo lo scenario.

Avevo la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre il suo braccio mi cingeva la vita, quando vedemmo una stella cadente

-Esprimi un desiderio...- disse puntando il dito verso il cielo.

Chiusi gli occhi, sentendo solo i gufi che si trovavano nel bosco, mentre una leggera brezza estiva mi scompigliava i capelli.

-Non vuoi sapere cosa ho desiderato?- chiesi poi.

-Certo che no, se me lo dici poi non si avvera-

-Ma per favore, davvero credi a queste cose?-

-Meglio non rischiare- disse prima di alzarmi delicatamente il viso e lasciarmi un bacio sulle labbra, uno di quei baci in cui chiudi gli occhi, per assaporarti ogni istante in modo da ricordartelo per sempre, uno di quei baci in cui brividi e scariche elettriche ti percorrono tutto il corpo e tu non puoi farci niente, se non sperare che quell'istante duri per sempre.

-E comunque avevo desiderato questo- mi sussurrò all'orecchio.

-Ti accontenti di poco ... puoi baciarmi tutte le volte che vuoi ...-

-Beh la gente non apprezza mai la semplicità ... come questo cielo, può sembrare noioso, quasi banale, in fin dei conti è sempre uguale, è sempre lì, lo puoi vedere tutte le volte che vuoi, eppure secondo me non c'è niente di più bello-

Io lo abbracciai.

-Sai ... io penso che non avrei voluto passare la serata in nessun altro modo. E hai ragione è bellissimo-

Lui mi sorrise baciandomi sulla guancia.

-Come te- disse in un sussurro.

Io che avevo sempre amato il cielo nero, mi dovevo ricredere, perché così non c'era paragone, il cielo stellato era tutta un'altra cosa. Forse è proprio vero che tutto cambia a seconda della persona con cui sei, con Beck qualsiasi posto mi sembrava perfetto. Bastavamo solo noi, io e lui e vaffanculo tutto il resto.

 

 

 

Io credo che per tutti gli adolescenti del mondo il sabato sia il giorno più bello della settimana, forse perché é l'unico in cui non devi pensare alla sveglia che suonerà l'indomani, è l'unico in cui puoi scollegare il cervello e non pensare più a niente. C'é chi programma i propri sabati con mesi di anticipo, sicuramente io non rientro in quella categoria, non mi piacciono le cose programmate, preferisco decidere tutto all'ultimo, lo trovo più divertente.

Erano le sette di un comune sabato sera quando chiusi a chiave la porta di casa, pronto per uscire. Mentre mi stavo dirigendo verso l'auto mandai un messaggio ad Andrè.

'Quindi sta sera niente più festa? Confermato?'

'Confermato. Simon mi ha detto che un coglione ha fatto la spia, hanno beccato il barista a vendere alcolici ai minorenni. Il locale starà chiuso per qualche giorno. Probabilmente la festa si fará sabato prossimo. Cazzo proprio sta sera che volevo sbronzarmi'

'Avrai altre occasioni. A lunedì'

'Quello è sicuro. A lunedì'

Misi il cellulare nella tasca dei pantaloni ed entrai in macchina.

Prima di mettere in moto controllai di aver preso tutto, dopo di che mi diressi verso la casa di Chloe.

Ad aprirmi fu, come mi aspettavo, la madre.

-Ciao Beck!- mi salutò abbracciandomi.

-Salve signora Brooks-

-Oh quante volte ti ho detto di darmi del tu ...-

-Mi scusi... emm... scusami... cercavo Chloe-

Lei abbassò lo sguardo.

-Oh... emm... Chloe non c'è, lei è ... è ... é uscita. Si, Chloe è uscita-

Io posai il sacchetto che avevo in mano sul tavolino del salotto e inarcai un sopracciglio.

-Christine ... so benissimo che Chloe è chiusa in camera sua da due giorni, so anche che non vuole vedere nessuno, ma se solo potessi parlarci...-

Lei mi sorrise.

-E va bene, vai pure, conosci la strada. Ah, Beck... se riesci a farla uscire da quella camera te ne sarò per sempre grata-

-Ci proverò-

Salii le scale a chiocciola che portavano al piano superiore, dove si trovavano le tre camere da letto e bussai alla porta.

-Mamma ti ho detto che non voglio parlare-

-Sono io...-

-Beck?! Se sei venuto per convincermi ad andare alla festa di Andrè, allora ti dico già che stai sprecando il tuo tempo-

-Non sono qui per quello, Chloe fammi entrare, per favore, devo dirti una cosa importante-

Sentii due scatti e poi la figura di Chloe mi apparve davanti. Aveva raccolto i capelli in una crocchia disordinata, era struccata e indossava un pigiama rosa con le rane, ma la cosa che mi colpì furono i capelli o meglio il colore: non erano blu, ma castani, anche se non mi sembrava il caso di mettermi a fare domande sui capelli in quel momento.

-Che vuoi?- sbuffò.

Io entrai con le mani dietro la schiena.

-Però ...sembra che ci sia stata un'esplosione qua dentro- dissi riferendomi all'assoluto disordine che regnava nella stanza.

Lei mi squadrò dalla testa ai piedi.

-Che hai dietro la schiena?-

-Cosa?- chiesi fingendo di non capire.

Lei si portò le mani sui fianchi e batté un piede per terra.

-Ti sembra il caso di giocare?-

-Te lo dico solo se mi prometti di non cacciarmi via-

-Vedremo...-

-Destra o sinistra?- chiesi poi sorridendole.

-Cos'è un quiz?-

-Quante storie...-

-Eh va bene ... sinistra-

Le mostrai il sacchetto e tirai fuori un barattolo di gelato al cioccolato. Lei mi guardò perplessa.

-Se proprio vuoi stare qui a deprimerti guardando film e mangiando schifezze, beh è più divertente in due- dissi porgendole uno dei due cucchiai che avevo portato.

-E che ne sai che avevo questi programmi?-

Io ammiccai verso il letto dove giacevano, vuoti, due barattoli di gelato e uno di nutella.

-Ho il ciclo- si giustificò alzando le spalle.

-Si ... certo-

-Davvero passeresti il sabato sera qui con me?-

Annuii

-Però hai una seconda possibilità-

-E quale sarebbe?- chiese con aria divertita.

A quel punto le sventolai davanti agli occhi due biglietti per una partita di basket.

-Los Angeles Lakers contro Chicago Bulls, sta sera, tribuna centrale, che ne dici?-

Lei sgranò gli occhi. Chloe mi aveva raccontato di essere un'appassionata di basket e una grande tifosa dei Lakers.

-Ma come hai fatto? I biglietti sono finiti settimane fa...-

-Non posso dirtelo, nessun mago svela i suoi trucchi-

-Potrei sempre decidere di cacciarti via-

-Non lo faresti mai-

-Oh, sai benissimo che ne sarei capace-

-Va bene, mi arrendo... mio cugino Mark era il compagno di stanza di un giocatore dei Lakers al college, così gli ho chiesto un favore... allora che ne dici? Ci ingozziamo di gelato guardando film strappa lacrime o andiamo a vedere i Lakers?-

Lei sembrò pensarci su e poi mi tirò una cuscino in faccia.

-Non so cosa mettere- esclamò poi.

-Questa può andare?- dissi porgendole la maglietta che avevo messo nel sacchetto col gelato.

-La maglietta di Kobe Bryant! Wow ... ma è bellissima-

-Un uccellino mi ha detto che è il tuo giocatore preferito-

Lei mi fissò sorridendo, stringendo la maglietta come fosse qualcosa di prezioso.

-Dai sbrigati, hai dieci minuti per prepararti- dissi prima di darle le spalle per uscire.

-Beck?-

-Mmm?-

-Grazie-

-Di niente scricciolo- risposi alludendo alla sua bassa statura.

Tornai al piano di sotto.

-Missione compiuta!- dissi a Christine.

-Non so come ringraziarti Beck! Chloe e Michael sono le cose più importanti che ho. Non ce la faccio a vederli star male. Quando Chloe è scappata ...avevo paura di averla persa per sempre. Sono così felice che tu sia entrato nella sua vita.Parla sempre di te e di Cat. L'ho conosciuta, sai? E' un po' strana, ma è davvero dolce. Oh hai fatto così tanto per la mia famiglia-

-Credimi, ha fatto molto più Chloe per me-

-Non per impicciarmi, ma ... non è che tra voi due c'è qualcosa?- chiese con una punta di imbarazzo.

-Oh no, no assolutamente. Siamo solo amici, buoni amici tutto qui-

-Scusami devo essermi sbagliata, so che ama Lionel, peró pensavo ... Oh non importa-

-Sono pronta!- urlò Chloe scendendo dalle scale.

Indossava la maglietta dei Lakers, dei jeans e converse gialle. Era l'unica persona che conoscessi ad avere le converse di quel colore.

Ci fermammo a mangiare una pizza in un ristorante davanti alla palestra e poi entrammo dentro. I posti erano già stati quasi tutti occupati e sia da una parte che dall'altra splendide coreografie, facevano da contorno a quella che sarebbe stata sicuramente una grande partita.

Poco dopo arrivò Mark. Lui era il classico tipo per cui tutte le ragazze vanno pazze: capelli neri, occhi azzurri e un fisico muscoloso, da atleta, infatti giocava a football e andava in palestra.

-Beck!-

-Ehi Mark- dissi abbracciandolo.

-Tu devi essere Chloe... però Beck non mi avevi detto che la tua amica fosse così bella- disse baciando la mano di Chloe, che arrossì leggermente.

-E tu non mi avevi detto che fossi tornato single... hai una moglie mi sembra- scherzai -A proposito come sta? E la bambina?-

-Hai una figlia?- chiese sorpresa Chloe. Effettivamente Mark sembrava molto più giovane di quello che era, con il suo viso da adolescente, era difficile immaginare che avesse quasi trent'anni.

-Si, Elodie! È la mia principessina- i suoi occhi si illuminarono non appena pronunciò il nome di sua figlia.

-Elodie? Ma che bel nome- commentò lei.

-L'ha scelto mia moglie, lei è francese... guarda ho qui una foto- disse mostrandole orgoglioso una foto sul cellulare che ritraeva la bambina. Elodie aveva quattro anni, aveva ereditato i capelli ricci e biondi dalla madre, ma gli occhi erano identici a quelli di Mark, una meravigliosa tonalità di azzurro che difficilmente passa inosservata, in fondo tutti amano gli occhi azzurri.

-Beck qualche sera dovresti venire a cena da noi, a Chanel farebbe molto piacere e ovviamente anche ad Elodie, che non vede l'ora di conoscere lo zio Beck-

-Ma certo, quando vuoi-

Io e Mark siamo sempre stati molto legati. Eravamo cresciuti insieme, lui era come un fratello maggiore per me, dati i suoi dieci anni in più. Era sempre stato il mio punto di riferimento, il mio consigliere, il mio migliore amico e un perfetto compagno di avventure.

Da piccoli eravamo due pesti, ne combinavamo di tutti i colori, ricordo ancora perfettamente tutti i nostri piani che immancabilmente si concludevano con una punizione. Ci chiamavano gli 'M&B'.

Durante gli anni del college aveva conosciuto Chanel, la sua bellissima moglie e una volta finita l'università si erano sposati e avevano deciso di andare ad abitare in Francia, a Grenoble, dove abitava la famiglia di lei e dopo un po' era nata Elodie. Noi comunque eravamo rimasti sempre in contatto, parlavamo quasi tutti i giorni. Era l'unico della famiglia a sapere tutto della storia con Jade.

Due settimane prima erano tornati a Los Angeles per via di un nuovo lavoro, ma ancora non avevamo avuto il tempo di parlare per bene. Ero felice che finalmente fosse tornato, mi era mancato molto, lui per me era molto di più di un cugino.

Il fischio dell'arbitro che dava inizio alla partita riportò la mia attenzione sul campo.

-Chloe, ma perché ti sei tinta i capelli di nuovo?- chiesi alla fine del primo quarto che vedeva i Lakers in vantaggio di tre punti sugli avversari.

-Oh... questo è il mio colore naturale. Avevo iniziato a tingermi i capelli perché volevo un cambiamento, volevo dimostrare a me stessa di essere cresciuta, di non essere più una bambina...-

-E adesso?-

-E adesso la Chloe castana spensierata e felice mi mancava... chissà magari tornando castana, tornerà tutto come quando ero bambina-

Io le sorrisi. 'Magari bastasse così poco per aggiustare le cose' pensai.

-Ma perché sto male?-

-No, in realtà sei stupenda sempre-

 

 

 

 

Mi svegliai l'indomani mattina a causa dei raggi del sole che filtravano dalle fessure della tapparella. Mi stropicciai gli occhi e andai a fare colazione. Quella domenica avrei pranzato da Spencer, con lui, Carly e Neymar. Non avevo molta voglia di vederlo, ma Carly aveva stranamente insistito, così alla fine avevo accettato, soprattutto per evitare di fare il corso di piscina per donne incinte a cui la signora Benson mi aveva iscritto.

La mattinata passò velocemente, Freddie mi raccontò nel dettaglio il suo appuntamento con Riley, dal momento che il giorno prima non avevamo avuto occasione di parlare. Mi disse che Riley era proprio il suo tipo, a fine giornata si erano baciati, anche se Freddie era piuttosto confuso, dal momento che era ancora innamorato di Sam, ma al tempo stesso provava molto interesse per Riley.

Verso le 11:30 andai a casa di Spencer, ma trovai solo Carly, indaffarata per via dei preparativi per il pranzo, correva dai fornelli al tavolo al frigo, con un grembiule con su scritto 'The best chef'.Spencer era uscito, ma sarebbe tornato per il pranzo,così aveva dovuto fare tutto da sola.

-Okay è tutto pronto... oddio ma è tardissimo,devo andare a cambiarmi- disse prima di salire velocemente le scale.

Io mi sedetti sul divano, accendendo la tv. Poco dopo suonarono il campanello.

-È aperto!- urlai, pensando fosse Spencer.

Entrò invece un Neymar tutto sorridente, indossava dei pantaloni neri e una camicia azzurra, con il solito immancabile cappellino.

-Ah ... sei tu- sbottai.

-Sono arrivato in anticipo?-

-Tu che ne dici?- dissi alzando un sopracciglio.

Lui si stava per sedere vicino a me quando lo bloccai.

-Con tutto lo spazio che hai proprio vicino a me devi metterti?-

Lui roteò gli occhi e con un sorrisetto strafottente si sedette al lato opposto del divano.

-Va meglio così?- chiese retorico.

Io lo ignorai continuando a guardare uno stupido documentario sulle tartarughe.

-È così interessante?- domandò poi.

-Più di questa conversazione sicuramente-

Lui rise ancora una volta, mi dava davvero sui nervi il suo atteggiamento.

-Senti Jade ... siamo partiti con il piede sbagliato, che ne dici di ricominciare? Piacere, Neymar ...-

Io non risposi guardandolo con sospetto, così lui riprese a parlare.

-Ti sei fatta un'idea sbagliata di me. Non sono quello che pensi, mi piacerebbe avere un'altra occasione per farti conoscere il vero Neymar-

-E chi ti dice che io voglia conoscere il vero Neymar?-

-Non ti sto proponendo chissà cosa, semplicemente non voglio che tu mi veda come qualcuno che non sono... poi magari con il tempo potremmo diventare buoni amici-

-Quindi mi stai dicendo che ci guadagnerei un amico narcisista, strafottente, presuntuoso e altezzoso? Bell'affare devo dire...-

-Beh io ci guadagnerei un'amica arrogante, cinica, saccente e scusami se te lo dico un bel po' stronza... direi che siamo pari-

Alzai gli occhi al cielo.

-Carly mi ha raccontato la tua storia...- disse ad un certo punto.

Lo fulminai con lo sguardo.

-Dovresti dire alla tua fidanzata di tenere la bocca chiusa-

-In realtà sono stato io a chiederglielo...-

-E sentiamo per quale ragione?-

-Perché le persone come te sono ... Emm... interessanti...-

-Fantastico Sherlock ... adesso magari vuoi anche dirmi che ti dispiace? Che ti faccio pena? Non me ne faccio niente della tua compassione...-

Lui sorrise.

-In realtà, Watson, vorrei raccontarti la mia storia...-

-Eh perché dovrebbe interessarmi?-

-Perché io adesso so alcune cose di te, mentre tu non sai niente di me... non mi sembra molto equo... e se dobbiamo ricominciare da capo mi sembra giusto riportare il risultato sullo 0-0 e poi anche per un altro motivo, ma lo scoprirai alla fine-

-Guarda che non devi...-

-Io credo che riuscirò a sorprenderti... e poi dovrai solo ascoltarmi, certo se preferisci guardare il documentario sulle tartarughe lo capirò ...-

Io risi: -Va bene allora, sentiamo questa interessantissima storia...-

Non sapevo neanche io come, ma era riuscito a incuriosirmi, certo da qui a cambiare idea su di lui ce ne era di strada da fare, ma forse in futuro avremmo potuto prendere un caffè insieme, non c'era niente di male infondo.

Lui mi guardò negli occhi e iniziò a parlare:-Sono nato in Brasile, a Mogi das Cruzes, in un quartiere poverissimo... hai mai sentito parlare delle favelas?-

Io annuii.

-I miei genitori lavoravano tutto il giorno, uscivano di casa all'alba e tornavano la sera tardi, si spaccavano la schiena per portare a casa quattro soldi che non bastavano mai, comunque non hanno fatto mai mancare niente né a me né a mia sorella Rafaella, avevamo sempre almeno due pasti al giorno e non è una cosa così scontata in Brasile.

Nonostante questo non potevano permettersi di mandarci a scuola, era troppo costosa, l'istruzione in quei posti è il lusso dei più ricchi. Così sono cresciuto in strada, era quella la mia scuola. I professori erano i ragazzi più grandi che insegnavano a noi bambini come rubare l'orologio o il portafogli ai poveri turisti che per sbaglio capitavano da quelle parti.

Sarei sicuramente diventato un criminale se non fosse stato per questo- si interruppe toccandosi un tatuaggio che raffigurava un pallone da calcio.

-Il calcio mi ha salvato, in tutti i sensi. Devo tutto a questo sport, probabilmente adesso sarei in prigione o in qualche riformatorio, ma invece sono qui.

Si, perché io preferivo correre dietro a un pallone che correre per fuggire dalla polizia o dai turisti più svegli che si rendevano conto dei furti subiti, preferivo dare calci a quel pallone piuttosto che alle macchine nuove, preferivo sporcarmi di fango i vestiti vecchi piuttosto che comprarmene di nuovi con soldi rubati ...

Ad ogni modo bella o brutta questa è stata la mia infanzia, sicuramente molto diversa da quella di qualsiasi adolescente americano. Comunque ...mentre io mi divertivo a dribblare, scartare e fare gol,mia sorella Rafa giocava sempre con una ragazzina di nome Bruna, abitava vicino a noi e ci conoscevamo da sempre. A 16 anni ci siamo messi insieme, è stata la mia prima ragazza, il mio primo bacio, la mia prima volta, il mio primo ti amo, il mio primo tutto. Ero innamorato perdutamente di lei, non credevo si potesse amare tanto una persona.

Siamo stati insieme per tre anni, solo che un giorno, poco dopo aver festeggiato il mio diciannovesimo compleanno, lei mi disse che era incinta. Inizialmente ero disperato, non sapevo che fare, non ero pronto ad avere un figlio, però al tempo stesso io amavo Bruna e non l'avrei mai lasciata sola. Con il passare dei giorni sentivo di amare sempre di più quella creaturina che portava in grembo. Ero felice, non vedevo l'ora di conoscere mio figlio. Avevo già scelto il nome, se femmina Berenice, come mia nonna, se maschio Davi... Tutto stava andando per il meglio ma poi...

Qualche mese dopo scoprii la verità, Bruna mi tradiva da diversi mesi con il mio migliore amico, Gabriel, il bambino era suo,non mio.

In quel momento credetti di aver perso tutto, il mio migliore amico, la donna della mia vita, il mio bambino, che non era ancora nato eppure io già amavo ... tutto.

E si sa, i mali non arrivano mai da soli. La ditta di mio padre aveva chiuso e lui era stato licenziato, provò a chiedere aiuto ai suoi fratelli, ma si trovavano tutti in una situazione di merda, chi più chi meno e mio nonno era già morto da un po' di anni. Così i miei genitori decisero di trasferirsi qui, a Seattle, da un nostro lontano cugino. Fu una decisione molto sofferta, ricordo ancora le lacrime di mia madre mentre chiudeva le valigie, o mia sorella abbracciare il suo ragazzo Mateo mentre si sforzava di sorridere. Una volta qui a Seattle iniziò una nuova vita in tutti i sensi.

Volevo lasciarmi Bruna alla spalle, così iniziai a uscire quasi tutte le sere, andavo in discoteca o a giocare a poker. Lo schema si ripeteva sempre uguale, bevevo di tutto, a volte fumavo qualche canna e tornavo a casa l'indomani mattina, mi infilavo sotto le coperte come se nulla fosse e dormivo fino a mezzogiorno, mentre i miei credevano fossi a lavoro.

Ogni sabato andavo a letto con una ragazza diversa, pensavo che fosse giusto, che infondo non facevo niente di male, se non godermi quelli che dovevano essere gli anni più belli della mia vita e che io, senza rendermene conto, stavo mandando a puttane.

Allora non lo sapevo, ma soffrivo, soffrivo tanto, sebbene non lo ammettessi neanche a me stesso non avevo ancora superato la storia con Bruna e forse agendo in quel modo speravo che il dolore si alleviasse un po', ma non era così, mi sentivo sempre più vuoto.

Una mattina, come da sempre da un paio di mesi a quella parte, mi svegliai in un letto non mio, accanto a una ragazza che non avevo mai visto prima, di cui non sapevo neanche il nome. Non ricordavo niente della sera prima,se non di aver ordinato un bicchiere di Vodka alle nove e chissà quanti altri. La testa mi stava scoppiando, andai in bagno a sciacquarmi la faccia e quando mi guardai allo specchio, vidi l'immagine riflessa di un ragazzo che mi somigliava parecchio, stessi occhi, stessi capelli, ma che non ero io. In quel momento realizzai che la cosa peggiore che Bruna mi avesse fatto, non era il tradimento. A causa sua avevo perso me stesso, il mio buon umore, il mio sorriso, avevo tradito i miei valori,i miei ideali, i principi che i miei genitori mi avevano insegnato. Ero diventato come lei, anzi peggio. Non potevo permetterle di farmi anche questo, non potevo permetterle di farmi cambiare.

Da quel momento fu come ricominciare a vivere, ma questa volta per davvero.

Iniziai a lavorare, feci un po' di tutto: barman, cameriere, tassista... fino al lavoro come cameriere al Mango. Ricominciai anche a giocare a calcio. La sera quasi sempre restavo a casa con la mia famiglia, con i miei genitori e mia sorella. Al sabato uscivo si, ma per divertirmi, per distrarmi, non per scopare la troia di turno. Non volevo più sentir parlare di ragazze, era un capitolo chiuso per me.

Con il primo stipendio andai dal tatuatore e feci questo-

Si indicò il tatuaggio sul collo.

-'Tudo passa'. Si, perché se c'è un cosa che questa esperienza mi ha insegnato è che tutto passa. I periodi bui prima o poi finiscono, le ferite si rimarginano e restano solo cicatrici, più o meno profonde che siano poco importa, appartengono al passato. Non esistono pozzi infiniti, prima o poi si tocca il fondo ed è a quel punto che inizia la risalita e si torna più forti di prima, perché é vero, quello che non ti uccide ti fortifica.

Carly è stata la prima ragazza a cui mi sono interessato dopo tanto tempo, non posso dire di essere innamorato di lei, penso che ci vorrà un bel po' di tempo prima che io possa dire di nuovo ti amo ad una donna. Però mi piace davvero, credo che sia speciale e spero di poterla rendere felice- Io seguii tutto il racconto senza fiatare.

-Non devi preoccuparti se in questo momento vedi tutto nero, devi solo avere pazienza e prima o poi finirà. Tudo passa- concluse.

Neymar quel giorno mi aveva dato una grande lezione, una lezione che probabilmente mai avrei dimenticato.

Le persone non sono mai quello che sembrano. Non si può giudicare qualcuno senza conoscere il suo passato, la sua vita, le sue esperienze. Ognuno di noi ha le sue cicatrici e anche se non le vediamo non significa che non ci siano.

Mi ero sbagliata completamente su di lui, dietro quella maschera da egocentrico e strafottente si nascondeva un ragazzo che aveva sofferto, che era caduto e che era riuscito a rialzarsi.

Forse aveva ragione, forse saremmo potuti davvero diventare buoni amici.

-Ciao, io sono Jade- dissi porgendogli la mano, come prima aveva fatto lui.

'Tudo passa'.

E io che credevo fosse solo una frase da finto depresso. Ma poi è sempre così, crediamo di sapere tutto di una persona, ci facciamo i nostri bei film mentali, salvo poi scoprire che in realtà non sappiamo proprio niente.

'Le persone sono fatte di luci e ombre, finché non conosci le ombre non sai niente di una persona.'

 

*MY SPACE*

Olà! Allora premetto che aspettavo di pubblicare questo capitolo da un bel po' e come avete notato è lunghissimo! Ma non mi andava di dividerlo in due parti! 

Finalmente si scopre la storia di Neymar, personaggio che io amo da morire e che aiuterà molto la nostra Jade! 

Entra in scena un nuovo personaggio, Mark, per crearlo mi sono ispirata a Marc Bartra che è un calciatore fighissimo ahah, scusate momento da fangirl. 

Anyway spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se c'è qualcosa che non vi piace o avete dei consigli da darmi sono ben accetti! 

Prima delle vacanze di Natale pubblicherò un altro capitolo, perchè poi starò via, ma continuerò a scrivere! 

Colgo l'occasione per ringraziarvi! 

Beijos, Chiara

P.s Il titolo del capitolo è in portoghese perchè come avrete capito sono fissata ahaha

P.P.S l'ultima frase è tratta da 'Cosa che nessuno sa' di Alessandro D'Avenia, che io amo

A presto <3

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