Poteri e doveri

di Curse_My_Name
(/viewuser.php?uid=670494)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incidente ***
Capitolo 2: *** Premonizione ***
Capitolo 3: *** Festeggiamenti ***
Capitolo 4: *** Lamentele ***
Capitolo 5: *** Fastidi ***
Capitolo 6: *** Resa ***
Capitolo 7: *** Crisi ***
Capitolo 8: *** Ricordi ***
Capitolo 9: *** Ideale ***



Capitolo 1
*** Incidente ***


1. Incidente
 
Igmund sentiva che avrebbe pagato per quell’ “incidente”, come già lo chiamavano alcuni. Lo aveva capito nel momento stesso in cui Ulfric aveva presentato le sue condizioni.
Del risultato non poteva lamentarsi; il trono dolente era in suo possesso, il “re dei Rinnegati” era stato rinchiuso a Cidhna e gli abitanti di Markarth avevano fatto ritorno alle loro case. Certo, la città aveva subito parecchi danni, soprattutto nella parte bassa, e i cancelli orientali che erano stati sfondati dagli uomini di Windhelm -o, se si voleva dare retta alle storie, dalla Voce di Ulfric- dovevano essere ricostruiti al più presto, ma il peggio era passato.
Igmund si massaggiò la fronte, dirigendosi verso le sue stanze. La fortezza di Understone era l’edificio rimasto più danneggiato dagli scontri, ma i suoi studiosi e gli architetti avevano assicurato allo jarl che non ci sarebbero stati crolli o cedimenti improvvisi: dopotutto le strutture naniche erano create apposta per durare nei secoli. Le belle notizie però non miglioravano l’umore dell’uomo, che non riusciva a smettere di pensare alla promessa fatta al figlio di Hoag.
-Idiota cocciuto- borbottò. Come aveva potuto avanzare una simile richiesta? Credeva forse che i Thalmor sarebbero stati fermi a guardare mentre il culto di Talos tornava legale sotto i loro occhi? Sarebbero intervenuti presto con accuse di blasfemia e tradimento, e cosa avrebbero potuto fare allora Markarth e l’Impero? Appoggiare Ulfric? Ricominciare la guerra? Igmund si chiese per un attimo se fosse il caso di scrivere al signore di Windhelm, ma probabilmente sarebbe stato inutile.
Nel chiudersi alle spalle le pesanti porte bronzee della sua camera, lo jarl promise a sé stesso che non avrebbe fatto sciocchezze: prima dell’onore personale veniva il benessere del suo feudo e della sua gente. Quell’incosciente di un Manto della Tempesta non avrebbe avuto il suo sostegno.
 
[301]
 
Sono voluta partire con l’Incidente di Markarth perché lo considero l’inizio non tanto della guerra civile quanto dell’inasprimento della situazione di Skyrim: le proteste di Ulfric sull’abolizione del culto di Talos hanno dato ai Thalmor un ottimo alibi per insediarsi nella regione e mettere su una vera e propria inquisizione. Il terrore sparso da questi “giudici” ha sicuramente influito sulla decisione di molti di unirsi alla ribellione.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Premonizione ***


 2. Premonizione
 
Le belle giornate erano rare nello Hjaalmarch, ma quella era a dir poco splendida: il cielo stupiva con un intenso colore azzurro, il clima era caldo ma non afoso, e perfino il puzzo proveniente dalle paludi sembrava essere sparito.
Idgrod era seduta su un tronco secco e si godeva il bacio dei raggi del sole come una vecchia lucertola su un muro. Ascoltava sorridendo il vociare leggero degli abitanti, i loro passi tranquilli, sereni, le risate dei bambini.. osservò suo figlio minore correre per la strada con una bambina che non aveva mai visto prima. Quando la donna decise di alzarsi però, un rombo terribile, intenso come il suono di mille alberi che si schiantano contemporaneamente a terra, ruppe la quiete del momento. Uno stormo di corvi volò gracchiando sopra la testa di Idgrod, seguito da un vento fortissimo che portò con sé nuvole gonfie e scure. Qualcuno alla sua sinistra gridò, e quando lei si voltò un’ondata di calore la investì, costringendola ad alzare le braccia per ripararsi: un orso stava lottando contro una spaventosa creatura alata dal corpo squamoso e pieno di lunghe spine, che aveva cominciato a sputare fiamme sulla città. Una casa prese fuoco e in breve l’incendio si propagò alle abitazioni vicine, scatenando il panico tra la gente. L’aria iniziò a farsi sempre più irrespirabile, e Idgrod prese a correre verso il salone Highmoon per raggiungere i suoi familiari, ma un uomo alto e pallido le tagliò la strada. Lui sorrise, mostrando due canini appuntiti, e le saltò addosso.

A svegliarla furono le scosse gentili ma decise di suo marito, che sussurrò:
-Scusa l’ora, ma degli stranieri sono arrivati in città e chiedono di vederti- Idgrod rimase ferma e in silenzio, cercando di calmare i battiti del suo cuore; accorgendosi della sua agitazione, Aslfur capì al volo cosa fosse successo -se preferisci posso farli tornare più tardi- a quelle parole lei sembrò riscuotersi e si alzò a sedere
-Arrivo subito-
Falion era il nome del redguard che si era presentato alla sua porta. Idgrod ascoltò la richiesta sua e della sorella di vivere lì, prese nota delle loro capacità, rispose cordialmente che ci avrebbe pensato e ordinò al suo huscarlo di trovare un posto dove farli stare finché non avesse preso una decisione. Il ricordo del sogno si stava facendo meno lucido, ma quando i tre si mossero e la donna notò che con loro c’era anche una bambina, fuoco, urla e oscurità tornarono a risplendere nella sua mente. La donna fece un lungo sospiro e incrociò le braccia; stavano per arrivare tempi bui, e doveva sperare di avere abbastanza forza per superarli.
 
[438]
 
Provare a inserire Idgrod nella guerra mi ha messo in difficoltà: sappiamo che appoggia l’Impero ma il conflitto non la tocca mai direttamente, quindi ho pensato di affidarmi alle capacità premonitorie che, stando a quel che si dice, possiede. E in effetti la flash punta tutto sul sogno: l’immagine dell’orso che combatte un drago è un’anticipazione sia della guerra civile sia del ritorno dei dovah, mentre la casa in fiamme e il vampiro rimandano al mistero che ci troviamo a dover risolvere durante la nostra prima visita a Morthal. L’inserimento della bambina, quella che troviamo a casa di Falion, è un po’ azzardato visto che non si precisa quando sia stata presa in custodia da lui, ma l’ho voluta usare come ulteriore avvertimento per la nostra Cassandra.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Festeggiamenti ***


3. Festeggiamenti
 
La porta della locanda si spalancò, andando a colpire la parete opposta con uno schianto che allarmò tutti i clienti. L’oste stava già per aggredire il nuovo arrivato quando questo si mostrò, facendo cadere numerose mascelle.
-Festeggiamo, miei cari! È morto! Che lieto giorno!- Skald sorrideva mentre si avvicinava, quasi saltellando, al bancone -Thoring, dammi della birra, bisogna festeggiare! Il succhialatte è morto!- il vecchio emise una risata sguaiata che si concluse con dei colpi di tosse.
-Mio signore!- Jod entrò a sua volta e raggiunse di corsa lo jarl -stai bene?-
-Mai stato meglio- Skald prese e vuotò con un sorso quasi metà del boccale di un avventore seduto lì vicino, per poi ricominciare a tossire violentemente, con la faccia tutta rossa. Il suo huscarlo gli batté una mano sulla schiena nel tentativo di farlo riprendere.
-Dovremmo rientrare-
-No, va tutto bene, e ho voglia di festeggiare. Ma non capisci? Stanotte ho fatto ancora quell’orrendo incubo, quello dove Ulfric moriva e i Thalmor bruciavano la bella Windhelm, invece mi sveglio e cosa scopro? Non solo Ulfric è vivo e vegeto, ma ha anche ucciso il Re dei Re in duello!- a quelle parole un paio di esclamazioni stupite si alzarono dal resto della locanda. Due minatori uscirono di corsa all’esterno. L'anziano jarl continuò -sai cosa significa questo, Jod?-
-Temo niente di buono-
-E invece significa vittoria! Ulfric sarà il nuovo Re dei Re e ci libererà dall’Impero e dai Thalmor! Ah, come vorrei avere trenta anni di meno, solo per poter combattere al suo fianco-
-Ti riporto alle tue stanze, mio signore. Troppa emozione può farti male- stavolta Skald lasciò che l’uomo lo trascinasse via.
-Ha il potere della Voce dalla sua parte. Sarà il nuovo Talos! Dobbiamo assolutamente mandare dei rinforzi a Windhelm. Per Skyrim! Per i nord!- quando la porta si chiuse dietro di loro, il silenzio all’interno della locanda era paragonabile a quello di una cripta. Karita provo a toccare una corda del suo liuto, ma l’eco di quell’unica nota si perse in fretta. Erandur, che se ne stava in disparte in un angolo, unì le mani, chiuse gli occhi e cominciò a mormorare una preghiera alla divina Mara.
Qualcuno si unì a lui.
 
[368]
 
Ho voluto provare a mettere da parte lo stile introspettivo per uno quasi completamente dialogato, che velocizza ancora di più il testo già breve.
Qui l’OOC era proprio d’obbligo. Il gioco ci fa intuire quanta ammirazione Skald provi per Ulfric, ma non è detto che tutti la considerino alla stregua di una folla adorazione come faccio io. Lo jarl di Dawnstar non mi è mai stato simpatico, e anche gli abitanti della sua città sembrano non apprezzare molto i suoi modi, quindi il capitolo è un po’ di parte e non lo ritrae in modo neutrale come gli altri jarl. Ho affidato a lui la morte di Torygg per mostrare un punto di vista diverso dell'episodio, che nel gioco ci viene sempre presentato come una grande tragedia: ma per me a Skald, la cui unica cosa che lo preoccupa è la vittoria di Ulfric, la notizia non può che aver fatto piacere. Forse più che a Ulfric stesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Lamentele ***


4. Lamentele
 
Il legno di pino non era adatto per accendere il fuoco: bruciava troppo in fretta e non lasciava neanche un tizzone, solo cenere tiepida e sottile poco adatta a scaldare una stanza. Cenere divenne anche la pergamena che lo jarl di Winterhold gettò tra le fiamme, e con essa le parole che custodiva. La firma, vergata sbrigativamente in fondo al foglio, fu l’ultima cosa a sparire nel fumo.
Korir osservò la fine della lettera di Ulfric con i pugni serrati e la mascella contratta. La sfacciataggine del signore di Windhelm aveva raggiunto livelli incredibili; credeva forse di essere invincibile solo per aver ucciso un ragazzino? Di poter trattare i suoi alleati come servitori? Pensava che lo seguissero tutti per convinzione? Lui si era unito alla ribellione solo perché sperava di ricevere degli aiuti con la città, magari la riapertura di qualche via commerciale o l’arrivo di una guarnigione. E invece aveva ricevuto solo l’ordine di mandare in battaglia gli ultimi uomini che gli restavano e una lettera, una dannatissima lettera dove il grande Ulfric si lamentava perché un thalmor era entrato nell’Accademia di Magia in qualità di consigliere dell’arcimago. “Avresti dovuto impedirlo”, gli aveva scritto. E come avrebbe potuto fermarlo? Lanciandogli palle di neve?
Korir non aveva mai amato gli stregoni del suo feudo, anzi li detestava, ma pensare che stessero progettando di allearsi con i thalmor era ridicolo perfino per lui, eppure proprio di questo parlava la lettera. “Non vorremmo trovarci a dover combattere anche sul fronte settentrionale, perciò tieni d’occhio i tuoi incantatori”. Korir sospettava fosse una convinzione uscita dalla testa di Galmar o di qualche altro geniale stratega Manto della Tempesta, perché Ulfric era un uomo troppo forte e capace per muovere accuse così insensate.
O forse il rancore verso gli elfi minava la sua capacità di ragionare? Se l’orgoglio e la rabbia avessero continuato ad offuscare la sua mente, e soprattutto se si fosse lasciato condizionare dall’odio dei suoi uomini, il capo dei ribelli avrebbe presto fatto un passo falso e sarebbe finito sul ceppo. Era già un miracolo che fosse riuscito a scappare alla furia degli abitanti di Solitude; il fato non gli avrebbe certo concesso un’altra occasione.  
Lo jarl cercò di attizzare il fuoco che già minacciava di spegnersi. Inutile crucciarsi troppo, ormai era troppo tardi per cambiare schieramento. L'unica consolazione era il pensiero che, nel bene e nel male, lui non avrebbe dovuto preoccuparsi da che parte sarebbe finita la sua testa..
Dopotutto a nessuno interessa uno skeever infreddolito quando si può andare a caccia di orsi e lupi.
 
[427]
 
Con Korir avevo carta bianca, perché di lui non sappiamo molto: conosciamo la sua antipatia per i maghi dell’Accademia e il suo fastidio per essere poco considerato dagli altri jarl a causa della povertà suo feudo, ma nient’altro. Mi è piaciuto affibbiargli l’indole pratica e schietta di chi vuole solo sopravvivere, anche a costo di rimangiarsi giuramenti e cambiare alleanze; trovo gli si addica, in un certo modo. La lettera di Ulfric è totalmente inventata da me, nel gioco non si specifica che lui o Korir sappiano di Ancano ma per me il suo arrivo in Accademia deve aver fatto scalpore, soprattutto perché Winterhold è un feudo alleato dei Manto della Tempesta.
Quando dico che Ulfric è "un uomo forte e capace" esprimo in parte anche il mio parere: non lo giustifico per le sue azioni, ma credo che si sia lasciato condizionare nel corso del tempo, soprattutto da Galmar, e che il giovane nord che ha combattuto nella Grande Guerra abbia poco a che vedere con lo jarl fanatico e razzista che incontriamo noi. Ma questo è un mio pensiero personale.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Fastidi ***


5. Fastidi
 
Il vino colò sui vestiti dello jarl, macchiando i bei ricami di un cupo rosso. Siddgeir balzò in piedi stizzito, cercando di asciugarsi con la manica ma peggiorando la situazione.
-Idiota! Non sei nemmeno capace di riempire un bicchiere? Porta il culo fuori da qui e vai a prendermi della birra, non questa schifezza annacquata- il servitore si scusò con numerosi balbetti e inchini prima di uscire frettolosamente dalla sala. Lo jarl tornò a sedere, imprecando, e si rivolse alla sua sovrintendente, ferma in attesa davanti a lui.
-Di che stavamo parlando?-
-Le truppe arrivate a Riverwood, mio signore. Sarebbe il caso di capire il motivo per cui sono state mandate lì-
-Riverwood è nel feudo di Whiterun-
-È al confine col nostro, e jarl Baalgruuf non si è ancora schierato in guerra. Sarebbe il caso di mandare un messaggero a Dragonsreach per sincerarci che..-
-Pensi che voglia invaderci? Ah! Mio zio ti ha attaccato la sua fissa per i complotti? Guarda tu che idiozie devo sopportare- per Siddgeir era davvero frustrante dover vivere circondato da incapaci: avrebbe volentieri rimpiazzato metà di quelli che lavoravano per lui se in città ci fosse stato qualcuno a prendere il loro posto, ma a Falkreath il numero di tombe superava quello degli abitanti; a meno che non si volessero considerare tali anche tutte quelle lapidi, visto l’enorme fetta di terreno che occupavano. Lo jarl avrebbe voluto restringere lo spazio dedicato al cimitero, ma quando lo aveva proposto a Runil, il sacerdote aveva quasi avuto un attacco di cuore.
Nenya si schiarì la voce, attirando di nuovo l’attenzione del suo signore.
-Che ci fai ancora qui? Non voglio più sentir parlare di vaneggiamenti su qualche attacco-
-Dovremmo anche discutere di Helgen, mio jarl- l’uomo alzò gli occhi al cielo
-Di nuovo?-
-Bisogna organizzarne subito la ricostruita, sta già diventando un covo di banditi e fuorilegge-
-Non ho intenzione di sprecare uomini e risorse per tirare su un ammasso di legna bruciata: l’unica cosa decente di quell’insulso paesino era l’idromele di quel Vilod, che però è morto stecchito. Preferisco tenere i pochi soldati che ho qui con me, pronti a salvarmi la pelle nel caso un drago decidesse di farci visita-
-Ma i sopravvissuti..-
-Se proprio volete fare qualcosa di utile, prendete il terreno del cimitero e costruiteci sopra nuove case per quelli scampati a Helgen. E magari anche un bordello, così potrò fottere qualcosa che non sia una capra. Oh, finalmente!- l’esclamazione era rivolta al servo di prima, tornato con una bottiglia scura. Siddgeir gliela strappò di mano e si riempì il calice -e ora sparite tutti, ho voglia di restare solo- Nenya sospirò rassegnata e si congedò con un inchino. Lo jarl ebbe premura di studiare attentamente il suo fondoschiena mentre si allontanava.
 
[460]
 
Con Siddgeir mi sono proprio spinta al limite. L’ho sempre considerato un tipo egoista, frivolo e un po’ viscido, che pensa prima di tutto al suo benessere, però non posso escludere che sia scaltro. Egoista ma non sciocco: non ho altro da dire su di lui, penso che il testo sia abbastanza esaustivo e spero di non aver esagerato nelle espressioni volgari che, anche se sono più adatte a un bandito che a uno jarl, in bocca a lui le vedo bene.
Per il discorso di Riverwood mi sono ispirata a quello che il caro Avenicci fa notare a Balgruuf quando decide di mandare degli uomini a Riverwood: “lo jarl del Falkreath potrebbe sentirsi minacciato”. Per Helgen invece, ho considerato solo che nel gioco non si parla mai di una possibile ricostruita (anche se c’è una mod in proposito).

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Resa ***


6. Resa
 
L
e prime stelle cominciavano a brillare nel cielo serale, andando ad accompagnare Secunda che spiccava alta già da qualche ora. Pochi però erano i nasi rivolti all’insù: l’invitante odore di cibo attraeva i passanti nel cortile dell’Accademia dei Bardi, dove si stava consumando un vero e proprio banchetto per la festa che i menestrelli organizzavano ogni anno. Viarmo aveva fatto crescere l’aspettativa e il desiderio del pubblico con lunghi discorsi e ringraziamenti, e quando infine diede fuoco al fantoccio di re Olaf tutti i presenti si sprecarono in applausi, brindisi e canti allegri.
Elisif si trovava in quel momento nelle sue stanze, seduta davanti a una finestra da cui aveva una visuale di tutta la città fino a Castel Dour. Le voci festanti e i suoni dei liuti arrivavano fino alle sue orecchie, e lei si lasciò sfuggire un sospiro quando intravide anche le fiamme del rogo, abbastanza alte da superare l’ombra dei tetti. Era stata invitata più volte a partecipare alla commemorazione, ma aveva sempre rifiutato, anche quando uno dei suoi thane le aveva detto che la sua presenza avrebbe giovato agli abitanti di Solitude. Che lei potesse in qualche modo sollevare l’umore dei suoi sudditi era per lei una sciocchezza, un modo per farle credere di servire a qualcosa. Più il tempo passava, più la giovane si convinceva di non avere alcun potere, o dovere, se non quello di mantenere una facciata; sedere sul trono, sorridere e parlare cordialmente erano le uniche cose che le si chiedeva di fare.
In realtà, non proprio le uniche. Lo sguardo di Elisif volò allo scrittoio, dove erano ammucchiati libri e pergamene, contenenti elenchi di spese, resoconti di esploratori, sentenze giuridiche, date di storia, aggiornamenti sulla guerra. C’era stato un periodo, dopo la sua nomina a jarl, in cui si era dedicata con impegno a quei fogli, sforzandosi di imparare e memorizzare il più possibile, per provare a diventare una buona sovrana e tenere occupata la sua mente inquieta. Ma dopo che l’assassino di suo marito era sfuggito alla forca, dopo che lei aveva affrontato Tullius, rinfacciandogli questo fallimento, e dopo che lui le aveva risposto trattandola come una bambina viziata davanti a tutta la corte, la nord si era arresa.
Sedeva e sorrideva, ubbidiente, lasciando che fossero gli altri a muovere le sue mani e aprire la sua bocca, come una marionetta, come il fantoccio che stava bruciando in città. Attendeva la fine del conflitto con i Manto con il cuore pesante, il viso allegro e un’unica, salda convinzione in testa: qualsiasi cosa avesse detto l’Impero, lei non sarebbe mai diventata la Regina delle Regine. Skyrim meritava di meglio.
 
[438]
 
Il capitolo su Elisif è quello che mi ha dato più problemi di tutti. L’ho riscritto tre volte, perché non riuscivo a trovare una forma che riuscisse a equilibrare la versione di lei che ho in testa con quella che ci viene presentata nel gioco.
Ho sempre creduto che Elisif fosse molto sveglia, e che sapesse bene di essere usata dall’Impero come burattino, ma che non avesse la forza necessaria per riuscire a imporsi e affermare il suo ruolo di jarl, oppure che preferisse non farlo per non creare problemi. Riconosce di essere giovane ma è disposta ad imparare, ad assumersi compiti più onerosi dell’ammirare i vestiti di Radiose Vesti e ascoltare le poesie dei bardi, e penso che senza la pressione di Tullius e dei thane avrebbe potuto sbocciare e diventare una brava governante, responsabile e apprezzata, mentre invece è costretta a una “resa”. Qui è infatti molto abbattuta, e il richiamo al titolo della raccolta serve a far intendere che al momento non si consideri degna di essere jarl, né tantomeno regina. Un pensiero triste, ma adatto a una ragazza che si è ritrovata in poco tempo privata del marito, con un grosso potere tra le mani e circondata da persone che non fanno altro che considerarla immatura.
Non so quanti di voi saranno d’accordo con questa mia visione personale. Per alcuni lei è solo inadatta e/o incapace, quindi non mi stupirei nel scoprire che altri la pensano diversamente da me.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Crisi ***


7. Crisi
 
U
na delle due guardie fu costretta a fare un balzo indietro per schivare il comodino rovesciato; libri, una candela, qualche fialetta e un mazzo di fiori secchi andarono ad aggiungersi ai vetri infranti, i ninnoli e i vari oggetti sparsi per terra.
-Ho detto fuori!- gli uomini uscirono dalla camera un po’ scossi, lasciando di nuovo sola Laila, che si lasciò cadere sul suo letto mandando giù un altro sorso di idromele. L’alcol era la cosa migliore a cui affidarsi in quei momenti, a meno che non volesse provare ad acquistare della skooma dagli spacciatori che giravano in città, ma sarebbe stato troppo “immorale”. La donna finì di svuotare la bottiglia e tirò su col naso; era esausta.
Dannata guerra, dannato Ulfric, dannati draghi e dannata quella puttana di Maven Rovo Nero.
I ladri si arricchivano grazie a chi? Maven. Non aveva abbastanza uomini per acciuffarli per colpa di chi? Ulfric. Gli abitanti del suo feudo soffrivano e morivano a causa di cosa? Guerra e draghi. Laila non aveva ancora mai incontrato nessun drago, ma le avevano detto che uno era stato avvistato a sud, e tutti avevano paura che potesse attaccare Riften. O era ad ovest? O a est? Aveva importanza?
No.
-Maledetta Rovo Nero- continuando a biascicare e scuotere la testa, la nord prese una nuova bottiglia. Odiava Maven, la odiava più di ogni altra cosa, perché era potente, perché era forte, perché poteva prendersi gioco di lei senza subire conseguenze. Lei aveva la città in mano, tutto era suo, anche l’idromele che stava bevendo. Era insopportabile!
La bottiglia, ancora mezza piena, raggiunse a sua volta il pavimento, con un clamore che causò a Laila una dolorosa fitta alla testa.  
Tutto andava male; l’intera nazione era in crisi per quello stupido conflitto che durava da troppo tempo. E lei era davvero esausta.
Wylandriah la ritrovò riversa sul letto quando, attirata dal frastuono e dalle chiacchiere preoccupate della guardie, salì in camera. La maga rischiò di inciampare più volte a causa del disordine, ma riuscì a raggiungere indenne la sua signora e sistemarla perché potesse dormire comoda. Avrebbe potuto giurare di averla sentita mormorare il nome di Maven nel sonno mentre le sistemava una coperta addosso.
 
[367]
 
In questo capitolo non si parla di nessun episodio preciso della storia di Skyrim, ma volevo analizzare gli effetti che la guerra ha sulle persone a lungo andare. E quale soggetto migliore di Laila per mostrare quanto dannoso sia tutto quello stress? Essere a capo della città più malfamata di Skyrim non è certo facile, specie se una come Maven Rovo Nero si mette in mezzo. Ammetto che però che qui l’OOC è forte tanto quanto in Siddgeir, poiché ho attinto a piene mani a quella che è la mia opinione personale: se ci fate caso Laila non viene mai chiamata “jarl” nel testo, perché per me lei ricopre quel titolo solo nel nome, visto che non ha alcun potere (meno ancora di Elisif, secondo il mio parere).
In origine avrei voluto scrivere una scena molto dialogata, come quella di Skald, ma provare a riportare i pensieri sconnessi di un ubriaco mi sembrava un modo più interessante di gestire la flash, che è per questo molto ripetitiva e incentrata sull’odio per Maven, odio la cui esistenza nel gioco non si intuisce molto ed è quindi un altro headcanon della sottoscritta.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ricordi ***


8. Ricordi
 
-Per me è un’idiozia-
-Lo hai già detto-
-Ma continuo a pensare che non servirà a niente. Anzi quei cani imperiali cercheranno di approfittarne-
-Non possiamo continuare a ignorare il problema dei draghi. Attento, da qui in poi i gradini iniziano a sparire- Galmar grugnì, cercando un punto sicuro dove poter appoggiare il piede senza sprofondare nella neve fresca. Ulfric avanzava molto più spedito e sicuro, quasi stupendosi di riuscire a ricordare, nonostante tutti gli anni passati, i segreti del sentiero per Hrotgar Alto -e ora basta discutere, ci conviene risparmiare fiato se vogliamo arrivare vivi in cima-
-Come desideri-
I due procedettero in silenzio, superando senza fermarsi le numerose steli incise che accompagnavano la salita al monastero. La lingua delle iscrizioni era antica e molti caratteri erano diventati illeggibili nel corso dei secoli, ma Ulfric conosceva a grandi linee il loro significato; raccontavano la storia degli antichi eroi padroni della Voce, di come si erano ribellati al dominio dei draghi riuscendo, dopo una lunga guerra, a guadagnare la libertà.
Il signore di Windhelm avrebbe potuto vedere delle somiglianze tra quelle leggende e la sua lotta all’Impero, ma l’idea di paragonarsi a qualsiasi cosa avesse a che fare con la Via della Voce lo faceva improvvisamente sentire in colpa. Il rimorso non era una cosa che provava tutti i giorni; che stava succedendo? Era questo il potere dei settemila gradini, mettere i pellegrini davanti ai loro dubbi più profondi? Ricordi che fino ad allora erano rimasti sepolti dentro la sua memoria iniziarono a riemergere prepotentemente: i giorni spesi dai Barbagrigia, le ore passate a meditare per afferrare il significato di una parola, la prima volta che aveva urlato.
Chissà cosa avrebbe detto Arngeir nel rivederlo. Probabilmente lo biasimava per aver usato il suo thu-um in maniera “inadatta”, ma in fondo cosa poteva saperne lui di guerre e conquiste? Era facile parlare di equilibrio e perdono quando si viveva isolati dal resto del mondo, lontano dal dolore, dalla paura e dall’odio. Non poteva giudicarlo per le cose che aveva fatto.. o sì?
Galmar aveva cominciato a sbuffare e soffiare come un mantice, e nel sentirlo Ulfric si girò dalla sua parte, rendendosi conto di essere molto più avanti di lui. Si fermò per aspettarlo, accorgendosi di avere a sua volta il battito accelerato e il respiro pesante.
-Scusa, è a una gara a chi arriva prima? Stavi correndo come un cervo inseguito dai lupi-
-Ero sovrappensiero-
-Ho rischiato di cadere per starti dietro, quindi datti una calmata- il guerriero si passò una mano sulla pelliccia d’orso, ripulendola dalla neve -pensare troppo fa male. Preoccupati di guardare la strada piuttosto, non ho voglia di incontrare qualche bestiaccia affamata-
-Sono certo che il tuo odore basterà a tenere lontano qualsiasi animale-
-Non ci giurerei, il mese scorso un troll ha cercato di abbracciarmi- Ulfric alzò un angolo della bocca, scosse la testa e ricominciò a camminare, stando attento che il suo compagno lo seguisse.
I ricordi stavano già sparendo.
 
[496]
 
La prima versione di questa flash superava i 650 caratteri e mi ha dato un altro motivo per maledire Ulfric. Nonostante sia un personaggio che non ammiri molto, ho voluto mostrare un lato diverso di lui, più riflessivo, non sempre sicuro delle proprie scelte. Galmar qui ha un ruolo chiave: è quello che distrae Ulfric dai suoi pensieri, che lo riporta a terra, gli mette un’arma in mano e lo convince a concentrarsi solo sulle cose pratiche. Ho sempre incolpato lui per molti atteggiamenti dello jarl ribelle, e volevo che questa cosa trasparisse anche qui (purtroppo ho dovuto tagliare via molti dialoghi per la sforatura già accennata).
Siamo alla fine ormai, e spero che ci sia stato un miglioramento rispetto ai primi capitoli.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ideale ***


9. Ideale
 
Le sale del palazzo erano ancora immerse nell’oscurità; il lieve chiarore che iniziava a tingere il cielo non bastava a oltrepassare il vetro delle finestre. In un’altra occasione chiunque ne avrebbe approfittato per restare nel letto un altro po’, ma quel giorno l’intera corte era già in piedi e anzi qualcuno non aveva nemmeno dormito.
Tra questi c’era lo jarl che, con la fronte corrucciata e l’aria cupa, stava indossando la sua armatura aiutato da Irileth. La dunmer gli lanciava di continuo sguardi tra il severo e il preoccupato, senza però osare rompere il suo silenzio. Balgruuf lasciò che gli allacciasse gli spallacci e stringesse le fibbie che chiudevano la corazza. Era da tanto che non portava quell’armatura, più pesante e robusta di quelle che usava per allenarsi o andare a caccia, ma in quel frangente non poteva fare a meno. Osservò l’acciaio brunito della Forgia Celeste: se ben ricordava, anche Ulfric possedeva un’armatura simile, vecchio dono fatto a suo padre.
Lo jarl si chiese se il capo dei ribelli avrebbe partecipato alla battaglia; la città era importante per la sua conquista, se non fondamentale, ma avrebbe rischiato direttamente la propria vita? Per Balgruuf il problema non si era mai posto, nessuno aveva mai osato suggerirgli di non scendere in campo, e lui si sarebbe schierato in prima linea.
-Irileth-
-Sì, mio jarl?-
-Ho una richiesta da farti-
-Ti ascolto- il nord fece un profondo respiro
-Vorrei che tu rimanessi a Dragonsreach con Frognar, Dagny e Nelkir, oggi. Pronta a fuggire con loro nel caso..- lei gli fece morire la frase in gola con l’occhiata più feroce che le avesse mai visto fare
-Il mio posto è al tuo fianco-
-Ho bisogno di qualcuno a proteggerli-
-Ho giurato di essere il tuo scudo, ricordi?-
-Dannazione donna, non puoi guardarmi le spalle in ogni momento! Se dovessi morire..-
-Se dovessi morire, io morirò con te- lui scosse la testa, amareggiato. Valeva la pena rischiare la vita di tutti quelli che amava, dei suoi cittadini, della sua casa, per seguire un ideale, una convinzione? Era stata una scelta saggia, schierarsi con l’Impero? Stava davvero agendo per il bene di Whiterun, come aveva sempre sostenuto di voler fare?
Due dita sottili gli alzarono il mento, costringendolo a staccare gli occhi dal pavimento
-Non dubitare più, Balgruuf. È troppo tardi per farlo- la voce della dunmer era ferma -vai a incoraggiare i tuoi uomini e a salvare la tua casa, e lasciami combattere al tuo fianco ancora una volta- rimasero a guardarsi intensamente per lunghi istanti; all’uomo tornarono in mente tutte le volte che quegli occhi di fuoco lo avevano sostenuto e incoraggiato, nella battaglia come nel dolore, senza chiedere nulla in cambio.
Perché Irileth aveva continuato a seguirlo dopo tutti quegli anni? Glielo aveva chiesto, una volta.
Valeva la pena combattere, sanguinare, morire, per seguire un ideale?
Ora aveva la risposta.
 
[478]
 
Balgruuf tiene al suo feudo e alla sua famiglia più di ogni altra cosa. “Io sto dalla parte di Whiterun”, afferma quando gli si chiede con chi ha intenzione di schierarsi nella guerra.
I dubbi prima di una battaglia sono leciti e anzi normali, purché poi vengano messi da parte quando si tratta di scendere in campo. Non poteva esserci motivatrice migliore di Irileth, amica storica dello jarl e sua compagna in mille battaglie. Ho sempre apprezzato il loro legame e ci tenevo a sottolinearlo in tutta la sua solida bellezza.
La storia è finita, gli jarl allineati, la guerra giunta a un punto decisivo. Come andrà lo lascio a voi, mi sono sempre mantenuta neutrale nel corso della raccolta proprio per permettere un punto di vista Imperiale tanto quanto uno Manto della Tempesta.
Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito. Alla prossima.
 
Curse_My_Name

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3395481