Evento st. Valentine's Day Sei personaggi in cerca d'amore

di LoScribaNero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Minotauro ***
Capitolo 2: *** Il Mastro d'armi ***
Capitolo 3: *** Il corvo ***
Capitolo 4: *** Il paladino ***
Capitolo 5: *** Il Grande Padre ***
Capitolo 6: *** La caotica vergine ***



Capitolo 1
*** Il Minotauro ***


Sei personaggi in cerca d'amore


(1)
- Il Minotauro -

[Evento st. Valentine's Day]

 

Hektor il minotauro. Il bestione, il toro, l'egoista, l'assassino, il mercenario, la puttana che venderebbe perfino sua madre.
Lo avevano chiamato in tanti modi, giudicato in mille maniere diverse. E mai nessuno aveva capito un cazzo di lui.
Hektor si sentiva semplicemente Hektor. Aveva vissuto per tanto tempo a San Francisco nel suo studio, architetto rinomato e grande latin lover, questo dicevano di lui i suoi colleghi.
Abituato a svegliarsi al trillo del cellulare, come ogni mattina Georgia lo chiamava per ricordargli gli appuntamenti della giornata. Segretaria perfetta, ottima amica.
Blaze si preparava per andare a scuola, Hektor gli metteva due preservativi nello zaino ricordandogli di non voler diventare nonno troppo presto.
Giornate passate fra progetti commissionati dal comune o da privati molto più che benestanti, infine serate costellate di interessanti incontri fra la sua lingua e la bocca, o altro pertugio, di signorine particolarmente affascinate dalla sua prestanza, e spesso dal suo portafoglio.
Con l'avvento dei Crocebianca nulla era stato lo stesso. Lo studio gli apparteneva ancora, ma era stato richiamato in Europa da cause di forza maggiore, non solo lavorative ma soprattutto... doveva pararsi il culo scegliendo bene con chi schierarsi.
Georgia gestiva tutto a San Francisco, mentre Hektor cercava il modo migliore per salvaguardare il lavoro di quasi due secoli. Purtroppo quando avevano chiuso le frontiere americane non era più riuscito a tornare a casa.
Senza un lavoro, si era ritrovato a fare ciò che prima della sua rispettabile carriera aveva fatto per più di tremila anni: il mercenario. Dopo un anno a saltabeccare fra un committente e un altro, Vans Crocenera lo aveva richiesto a Dresda.
Un manipolo di uomini della resistenza voleva quindi che lui appoggiasse e aiutasse la loro causa, in maniere non meglio specificate.
I primi tre pensieri di Hektor erano stati in sequenza un ammontare crescente di preoccupazioni.

“Non so il tedesco.”

“Sono dei Crocenera: finirò nei casini.”

“Spero non vogliano il mio culo.”

Aveva accettato. Cazzo, non sapeva che avrebbe trovato lì, fra quegli svitati fatalisti, il motivo per cui unirsi a quelli che considerava dei minchioni.
Vrana non aveva niente in comune con l'unico uomo... beh, ragazzo che Hektor avesse mai amato.
Hesos era remissivo, semplice, dal cieco sguardo triste, di una vasta cultura. Il più grande pentimento di Hektor, il suo più grande peccato, se possibile per un pagano.
Vrana era un principino viziato che si logorava fisicamente e mentalmente perché in realtà nessuno lo sopportava. Cosa ci avesse trovato Hektor era una domanda che qualsiasi psicologo si sarebbe fatto, ma anche qualsiasi persona sana di mente.
Una sera aveva capito perché quel nanetto viziato gli piacesse tanto.
Non era mai successo che Vrana gli chiedesse altro se non di pestarlo, di spaccargli le ossa. Eppure quella sera, con tutta l'arrendevolezza del mondo, lo aveva guardato per un attimo negli occhi, riabbassando lo sguardo. Dalle labbra gli era uscita una richiesta molto semplice.
Niente arroganza da snob, niente tono di superiorità. Nemmeno di soldi aveva parlato, di norma lo faceva sempre.

- Fai l'amore con me. -

Era la sera di san Valentino. Hektor non si era fatto domande, ma quegli occhi... con quegli occhi Vrana si era messo a nudo ancor prima di togliersi il primo indumento. Ed era bello. Magnifico.
Non parlarono più quella sera, e quando il toro si accese il sigaro dopo l'amplesso nemmeno Vrana disse una parola. Le dita affusolate, aggrappate agli addominali del minotauro, non avevano bisogno di stupide cazzate romantiche.

- Quanto vuoi? -

- Non voglio niente. -

- Devo pagarti... -

-No, non devi.-

Vrana gli rubò il sigaro di bocca, provò a fumarlo ma tossì. -Quanto vuoi... per restare per sempre?- gli tremava la voce, il respiro spezzato.

-Prometti di restare così.-

Da che ne aveva memoria, quella fu la prima notte che Hektor passava a casa di Vrana. La prima di una lunga serie.


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Capitolo 2
*** Il Mastro d'armi ***




Sei personaggi in cerca d'amore


(2)
- Il Mastro d'armi -

[Evento st. Valentine's Day]



Ludwig sollevò la tovaglia di seta, lasciandola cadere sul prato.

-Mein liebe, come siamo diventati vecchi.-

guardò il cielo azzurro velato da qualche nuvola indecisa, tutto sommato una giornata decente per festeggiare una festa ingiustamente bistrattata.

Eppure, lui anima antica, rispettava le tradizioni e tentava il più possibile di non renderle una pagliacciata per spendere qualche soldo in più.

Bastava così poco: una tovaglia, qualche dolce, un mazzo di fiori. Così mutevole nella forma, eppure così limitato dal suo contenitore corporeo, da doversi rifare a espedienti molto comuni, carichi di un sentimento che non avrebbe potuto provare per nessun altro se non per la sua signora.

-Vedi quei peschi laggiù? Li hanno piantati per la nuova figlia dei baroni Hoffstaeder. Una fantastica bambina, la vogliono mandare da me compiuti i sette anni, per i suoi primi addestramenti, e il rampollo dei Wakozvski si è sposato la sorella minore del principe di Varsavia. Mia cara, non che mi interessino questi pettegolezzi, mi compiaccio solo dell'idea che un giorno Celia potrà avere tutto ciò che desidera. Se solo sua sorella fosse rimasta con noi.-


Si voltò verso la moglie appena per guardarla con uno storto, sgraziato sorriso.

-So bene, e condivido il tuo pensiero... che per quanto reietta, è sempre nostra figlia. È così difficile volere il bene di chi ti ha tradito, così complicato accettare che col nostro sangue nelle sue vene, sarebbe potuta diventare grande. Immensa, una regina. Ha preferito i topi.-

Le narrò dei suoi nuovi allievi, dei cambiamenti da proporre all'imperatore, dell'influenza dei mercati sul costo delle armi e di fabbri e mastri armaioli.
Il tramonto scese come una coltre, l'aria si stava raffreddando, ed era qquasi ora di rientrare.

-Stavo quasi per dimenticare.- Ludwig prese dal cestino un grosso mazzo di gigli. -Buon anniversario, mein liebe. Verrò a trovarti presto.-

Li adagiò accanto alla lapide, sfiorò con le dita cineree il busto in marmo bianco di Gersebeth e ridiscese la collina, là dove la carrozza lo stava aspettando.

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Capitolo 3
*** Il corvo ***




Sei personaggi in cerca d'amore


(3)

- Il Corvo -

[Evento st. Valentine's Day]



Un anno prima, Raven non avrebbe mai immaginato tutto questo.
Sposato con un uomo che a volte non sapeva neppure se davvero esistesse. Le Maschere non sognano, come potrebbero? Sono loro a realizzare i sogni... le ossessioni... le disperazioni.
L'osservava fra le coperte, da dietro le siepi, tra le piume del suo stesso manto. Non aveva mai festeggiato un solo san Valentino, non era una festa che potesse appartenere a un demone, ma si trattava pur sempre di un'ulteriore occasione per stare con lui.
Pensò e ripensò a quali meraviglie potergli portare, a cosa potesse donargli, a come dimostrare il suo sconfinato amore per lui.
Eppure sapeva bene cosa Vans desiderasse più di ogni altra cosa. Un epilogo alla guerra.
Questo lui non poteva farlo, non senza richiedere un prezzo oltre ogni limite.
L'unico modo per contrastare la morte è con la vita.
Strano da dire per una Maschera, meno strano da dire per uno schiavo completo di quel sentimento tanto potente da ignorare ogni barriera di tempo, spazio e dimensione.
L'amore è ciò che crea ciò che non c'è. Legami, opere, altre persone.
Per cosa viviamo? E perché dobbiamo morire?
Domande che Raven aveva sentito troppe volte. La sua risposta era forse banale, forse priva di senso.

-Si vive per amare illimitatamente con la propria anima. Si muore per dimostrare che l'anima è immortale.-

Un concetto paraculo? Forse... lui la pensava così.

Entrò nello studio di Vans quella notte. Lasciò cadere il manto a terra, vestito solo della sua maschera si avvicinò alla poltrona dove il consorte sedeva, con gli occhi languidi di un improvviso desiderio.

Iniziò a tirare giù la zip della giacca di pelle, bloccandosi quando Raven si mise in ginocchio davanti a lui. Si tolse la maschera, mettendola sulle sue gambe, con il becco spalancato.

Dentro, una protuberanza che rappresentava la lingua svettava con una certa impertinenzza. Raven ruppe quel piccolo pezzo triangolare, mettendolo nella mano di Vans.

-Questa è la cosa più preziosa che posso donarti.-

lo guardò negli occhi, la testa abbandonata sulle sue ginocchia. -Questo è nostro figlio. Quando lo vorrai.- posò un bacio sulla gamba del compagno.
Percepì la sua mano spostare la maschera sul tavolino da caffè.

-Nascerà da una cosa così piccola?-

-Tutti noi nasciamo da piccole cose. E tu sei l'esempio di come possiamo diventare grandi... infiniti.-

Vans scivolò a terra, presto avvinghiato in un complicato incastro con il corpo longilineo del corvo.
Guardarono sorgere l'alba ancora a terra, sul tappeto davanti al camino. Fra le loro mani il frammento nero sulla cui superficie bagnata di seme risplendevano i primi bagliori dell'aurora.



 

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Capitolo 4
*** Il paladino ***


Sei personaggi in cerca d'amore


(4)

- Il Paladino -

[Evento st. Valentine's Day]


Un paladino è il portavoce del suo dio, eletto fra tanti per essergli fedele.
La sua spada compie il suo volere, il suo corpo è lo scudo con cui difende il suo signore.
Non guarderà alcun uomo o donna che il suo dio non approverà.
Sarà il conforto delle genti protette dal suo signore, e mai ne metterà in dubbio la rettitudine.
La facevano sempre così formale, i testi.
Essere un paladino era ciò che a Brian serviva, dopo mesi di gelosie e di complessi d'inferiorità finalmente poteva dirsi soddisfatto di essere l'unico uomo ad avvicinarsi a Omega.
Non era possessivo, solo ben consapevole di quanto i fianchi larghi e le forme a tratti acerbe di Omega allettassero gli spettatori. In armatura oppure totalmente nudo, era lo stesso, quei porci desideravano toccarlo in modi che solo a lui era permesso.
Quella mattina al fiume si mise di guardia come al solito, con un argomento a prudergli sulla punta della lingua.
-Dimmi, ma... oggi cos'è che si festeggia?- Brian voltò il capo, scrutando la linea del fianco di Omega mentre si immergeva nell'acqua.


-Te l'ho detto, san Valentino.-

-Ah, già. Festa degli amanti?-

-Festa dell'amore... che festa inutile, non ci ho mai creduto. A dire il vero penso che tutte le feste che inneggiano a qualche banalità siano soltanto modi per spillarti soldi.-


Quella frase trapassò Brian come una lancia. A ferirlo maggiormente fu il tono leggero di Omega nell'affermare che dell'amore non gli importava nulla.
Il lupo si girò di nuovo, ma una volta finito il bagno del dio chiese congedo e non si mostrò più per il resto della giornata. Cominciò a chiedersi perché, allora, stessero insieme.
Rintanato nell'oscurità della sua tenda, meditò a lungo senza voler in realtà andare troppo a fondo. Era colpa sua, si disse, solo sua e della sua rozzezza, d'altronde glielo dicevano tutti che era manesco. Finì per addormentarsi sul tardo pomeriggio, esausto, risvegliandosi a sera tarda, ancora intontito dal vino che aveva bevuto nel tentativo di consolarsi.
Si era ripromesso di non piangere, eppure trovò il cuscino fradicio.
Qualcuno gli stava accarezzando i capelli umidi, si era agitato sudando molto durante il suo breve sonno. Riconobbe il profumo di Omega, ma non riuscì a guardarlo in faccia.

-Hai bisogno di me?-
-Certo.-

-Cosa vuoi che faccia?- Brian avrebbe voluto tanto capire cosa stesse accadendo. Che situazione surreale, si sentiva un idiota ma era troppo ubriaco per preoccuparsene. Si alzò seduto, ma gli girava così forte la testa.
-Non volevo che fraintendessi.-
-Io non ho fra... faran... fron... non ho...-


-Sei letteralmente scappato da me. E ora puzzi di alcool. Perché sei sempre così scemo?-


-E perché tu sei sempre così crudele con me?- Brian scoppiò in una serie di singhiozzi che non riuscì a trattenere più.

-Io morirei per te... sono stupido, ma tu lo sai! Sono sempre... sempre stato stupido... un ritardato tutto muscoli e niente cervello... ti basta così poco per distruggermi la giornata, a te.-



Omega strinse le sue esili braccia intorno al massiccio corpo del lupo, imbarazzato. -A volte dimentico quanto posso essere influente sulla tua vita. Dimentico che sei diverso da me, che vivi in un ambiente che io non conosco... sto imparando, Bri... e ti amo.-
-Come puoi amarmi se detesti celebrare l'amore?-
-Perché... senti, è una festa in cui non credo. Tu non vivi nelle città, non vedi come lo festeggiano, è solo un modo per far spendere soldi a qualche coglione per una festa inutile.-
-Ma a te cosa importa di cosa fanno quelli? Davvero il loro modo di viversela ti dà noia al punto tale che rinunci a una parte di te per... no, io non posso capirlo. Hai ragione, io non capisco nulla delle vostre città, dei vostri idoli strani. E non posso darti contro, mi sei superiore.- asciugandosi la faccia stizzito tornò a guardare il pavimento finché Omega non uscì dalla tenda.
Dormì male, risvegliandosi al primo cantare di uccelli. A svegliarlo però non furono i gorgheggi, bensì il rumore di qualcuno che gli ruzzolava addosso.
Omega sollevò lo sguardo, capitombolato a terra vicino ai suoi piedi. Fra le mani aveva un grosso pacchetto, dalla carta rossa almeno quanto le sue guance in quel momento.
-B... buon san Valentino...- mormorò con un filo di voce. -È... io...-
La coda di Brian aveva iniziato a muoversi, contro la volontà del resto del corpo che invece, ancora offeso, faticava a sciogliersi in quel momento.
-So che i dolci ti fanno male, ho pensato che tu... hai sempre freddo...- gli occhi chiari si velarono di lacrime.
Brian non gli lasciò dire altro, stringendolo a sé. Era ancora offeso, ma sentiva che non doveva provare quel disagio. Stavano ancora imparando, pensò, a vivere l'uno nel mondo dell'altro.
Spacchettò il regalo e avvolse entrambi nell'enorme coperta. Avevano tempo per parlare.



 

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Capitolo 5
*** Il Grande Padre ***




Sei personaggi in cerca d'amore


(5)

- Il Grande Padre -

[Evento st. Valentine's Day]





 

Dag sfruttava enormemente le feste umane. Gli piaceva mangiare e far baldoria, era sempre stato così e poco gli importava che ci credesse o meno. Fra un tacchino natalizio portato dai vicini del piano inferiore e delle uova pasquali di cioccolata che la portinaia teneva per lui dagli anni '90, di sicuro non soffriva di carestia sotto le feste.
Ogni tanto qualcuna di esse però voleva passarla ermeticamente chiuso nella sua casa.
Quel 14 febbraio cominciò con un risveglio tranquillo.
Morrigan dormiva poco distante da lui, avvolta dalle coperte di seta. Chimera si era avvinghiato al corpo della dea, mentre accanto a Dagda Lucifero si era già svegliato e lo guardava.
Dag non disse niente, avvicinò la mano alla sua guancia e l'accarezzò, lo sguardo perso nei profondi occhi del diavolo. Chimera si svegliò un attimo dopo, Morrigan invece dormì ancora a lungo. Non si mossero dal letto, stavano ancora cercando di ricordare la sera prima.
Avevano litigato pesantemente. Non si sa come, erano finiti a letto. Tutti e quattro.
La tensione era sparita, si guardavano con gli stessi occhi con cui si guardano degli amanti immersi in un crepuscolo vago. Morri e Chim avevano forse finalmente accettato la presenza di Lucy?
-Avete fame?-
Un borbottio di assenso. Dag andò in cucina e iniziò a cucinare.
Uova e bacon per Morri, cereali e cosce di rana per Chim, pane burro e marmellata di fragole per Lucy. Aprì il frigo e prese la scatola di praline al liquore che aveva comprato la sera prima, insieme a una grande confezione di pasticcini.
Fece due viaggi per portare quella mastodontica colazione in camera. Li osservò mangiare ma non si unì a loro, sedendosi in un angolo della stanza con un blocco e una matita in mano.
Chim iniziò a lanciargli dei cioccolatini, ma Dag pur prendendoli li lasciò sul tavolo.
-Che hai? Perché non mangi?-
-Qualcuno una volta ha detto che ciò che puoi immortalare resta eterno.- tracciò qualche altra linea per delineare il prosperoso seno di Morrigan, e passò a scurire i cappelli di Lucy. -Voglio rendere eterno questo istante, voi, perfino quelle salsicce bruciacchiate...-
-Non starai esagerando? Dove vuoi che andiamo?-
-Ci vuoi spedire in esilio in Siberia? Ho abbastanza pelliccia per riscaldare questi altri due...-
-Ehi non abbiamo bisogno di farcii riscaldare da un lupacchiotto spelacchiato.-
-Lo dici perché...
-No, tu...
-Ch...

Il fumo del sigaro si diradò. Dagda tornò al presente, guardando l'orologio accanto al letto.
Gli succedeva di perdersi nei suoi ricordi, specialmente a fine giornata.
Chim lo guardò dal fondo della stanza, un bicchiere di vodka fra le dita e delle patatine in una ciotola.
Il disegno appeso al muro era leggermente storto, Dag si alzò per raddrizzarlo. Si erano dati un appuntamento, ogni 14 febbraio. Erano passati ormai tre anni da quel giorno, l'anno prima Lucy non era riuscito a esserci.
Le cose si erano complicate per lui, era rischioso.
Morrigan ritornò in camera per togliere la bottiglia a Chim. -Basta, hai già bevuto abbastanza.-
-Ti prego...-
-No.- senza ammettere proteste riportò la bottiglia nel frigoriferò.
Le lancette continuavano a muoversi, era quasi mezzanotte. Dag mise in bocca il mozzicone del sigaro, la cenere si appiccicò subito al suo palato mentre le braci e i lapilli gli ustionavano la lingua, intanto che masticava nervosamente.
Chim iniziò a cantare una canzone che Dag non conosceva, Morrigan si chiuse in bagno per prepararsi alla nottata.
Un tonfo li fece sobbalzare tutti. Corserò all'ingresso, trovando un corpicino che annaspava a terra.
Lucifero sollevò la testa lentamente, aveva il fiatone e diversi segni di percosse sul corpo seminudo. Lo sollevarono e lo portarono a letto.
-Buon san Valentino...- Lucy li guardò uno a uno e svenne, mentre Chim iniziava a leccargli le ferite.
Morrigan ragiunse il letto, carezzando i lunghi capelli d'ebano del diavolo. -A te, tesoro...-
-A voi...- Chim posò un bacio sulle labbra di Lucifero.
Dag passò lo sguardo dal quadro al corpo esausto di Lucy. -A ogni nostro momento eterno.-


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Capitolo 6
*** La caotica vergine ***




Sei personaggi in cerca d'amore


(6)

- La Caotica Vergine -

[Evento st. Valentine's Day]





 

Tredici aveva il chaos dentro.
Di buffo c'era che proprio Chaos le avesse detto questo. Di angosciante c'era che il Chaos l'amava per questo. E voleva ucciderla. Sposarla. Fotterla.
Si svegliò tutte le notti dopo gli avvenimenti accaduti un mese prima. Si era innamorata del Chaos, lo aveva portato fin lì, al Rosenburg. Lo aveva maledetto quando lui l'aveva ferita.
Per quanto l'odiasse non riusciva a non pensarci. Si destava in preda a spasmi e a volte piangeva.
Di giorno fingeva che fosse tutto ok, rideva e chiacchierava con gli altri, aiutava Raven alla torre dei sette semi. Quand'era da sola in camera invece si ritrovava a pensare cose che prima di allora non le erano mai passate lontanamente per la testa.
Un mattino nella mensa sentì alcune delle ragazze parlare dell'imminente san Valentino, chi osannava la festa, chi la disprezzava, chi cercava un regalo, chi si programmava una giornata in panciolle sul divano.
Quando chiesero a lei se avesse qualcuno con cui passarlo, si limitò a fare una battuta e trovare una scusa per allontanarsi.
Quella notte si svegliò nuovamente, stavolta nulla le aveva turbato il sonno. O meglio, turbato non era la parola giusta.
Scese fino alle carceri quella notte. Come al solito tutti lavoravano, la scortarono fino a dove Deimos era rinchiuso ma appena mise piede oltre la soglia del corridoio cambiò idea tornando indietro. Non si sentiva pronta per rivederlo.
Anche le notti dopo lo sognò, svegliandosi confusa, ma non spaventata. Che in qualche modo stesse riuscendo a entrarle nella testa, nei sogni?
Tredici iniziava a sentirsi in colpa per ciò che gli aveva fatto, non voleva che lui la odiasse, perché in fondo nemmeno lei lo odiava. Non così tanto come voleva credere.
Nemmeno lei capì perché comprò quella scatola di cioccolatini, davvero non lo sapeva. O meglio, voleva portarglieli, ma allo stesso tempo sapeva che non avrebbe dovuto.
Quella sera scese di nuovo nelle carceri, curandosi che Vans non la scoprisse.
Non si aspettava che Deimos fosse felice di vederla, né di festeggiare qualunque cosa. A dire il vero lei non si aspettava proprio nulla di preciso dal chaos in persona.
Dovette farsi coraggio più di una volta per proseguire lungo il corridoio, fino alla cella dove lui era rinchiuso.
Vans non lo aveva fatto trafiggere con le spade come aveva minacciato, ma le catene che legavano Deimos erano cariche di fatture e sigilli di ogni tipo, uno era stato disegnato sul pavimento per impedire al recluso di uscire dal perimetro della stanza.
Appena la vide, gli occhi gli fiammeggiarono, se di odio o desiderio lei non lo capì. Lui era in piedi, incatenato contro la parete, ogni tanto gli cambiavano posizione da quel che lei aveva capito.
-Ciao.- un flebile gemito che si disperse nell'eco spettrale delle carceri.
-Cosa ci fai qui?- ringhiò lui.
Tredici non rispose, avvicinandosi abbastanza da toccare le catene che lo imprigionavano. Deimos fece per ritrarsi, ma dietro di lui c'era il muro.
-Volevo passare questa serata con te.- ammise Tredici non senza vergogna. Deglutì, sentendosi sprofondare quando lui le rise in faccia.
-Ti piace vedere come mi hanno ridotto, eh? La signorina voleva il gran duca beneducato, e visto che non lo sono ha chiesto a papino di legarmi come un salame in questo buco puzzolente di piscio.-
-No, non mi piace. Ma se ti libero tu mi ammazzi.-
-È quello che volevi, non dare la colpa a me.-
-Io volevo te.- Tredici si asciugò le lacrime che iniziavano a scendere lungo le sue guance, non voleva farsi vedere così. Non doveva piangere, non poteva. -E ti voglio ancora, ma non so cosa posso fare... dimmi cosa devo fare.-
Deimos sogghignò, prendendosi parecchi secondi prima di rispondere. Si stava divertendo, era evidente.
-Succhiamelo.- scandì bene ogni lettera.
Tredici si paralizzò. Non aveva l'aria di scherzare.
Iniziò a tremare, si bloccò così com'era e iniziò a respirare piano. Dopo un abbondante minuto in cui Deimos le parlava senza che lei lo sentisse, si inginocchiò davanti a lui.
Con le dita tremanti quanto il resto del corpo cercò la cerniera, aprendola poco a poco, con il timore di cosa ci avrebbe trovato sotto.
Non ne aveva mai visto uno che non fosse di una persona ormai morta, veniva da una realtà piuttosto pudica e non sapeva nemmeno lei da dove stava tirando fuori la forza per farlo.
La prima impressione fu orribile, perciò chiuse gli occhi guidandosi con il tatto. Non aveva idea di cosa dovesse fare, andò a intuito finché non sentì un sapore indentificabile fra le labbra, troppo disgustoso perché non lo sputasse tossendo.
Si allontanò tremando più di prima. Non riuscì a sollevare lo sguardo, richiuse pantaloni a Deimos e si rialzò solo per correre via.
Dentro di lei si agitavano talmente tante cose che appena arrivò in camera vomitò così violentemente che finì per svenire.
Per molti giorni si diede malata. Non voleva farsi vedere così, inoltre per quanto si fosse estraniata mentalmente iniziava a ricordare ogni secondo di quel momento. Non le aveva propriamente fatto schifo l'averlo fatto, quanto il come si era venduta, a conti fatti.
E ora si ritrovava con ancora più confusione di prima.
Bussarono alla porta.
-Avanti.-
Auron entrò con un'espressione totalmente apatica, mostrando una scatola familiare. -Tredici... stai meglio?-
-Un po'...-
Lui annuì, buttandole la scatola vuota sul letto.
-Il bastardo ha detto che gli sono piaciuti. Riprenditi, eh.- se ne andò con la stessa aura di allegria con cui era entrato.
Tredici guardò la scatola senza sapere cosa pensare. Voleva rivederla? O forse no?
Inconsciamente si strofinò l'estremità della lingua contro il palato.
Non avrebbe aspettato un altro san Valentino per andare da lui. Vergognandosi come una ladra.



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