“Adesso
smettila! Luke!”
“Ora…
mi dirigerò a nord…”
Nemmeno
la voce di Gourry era
riuscita ad arrivare al cuore di Luke.
“No,
Luke! Più continui ad agire
così, più l’odio crescerà
nel tuo cuore! Una volta ucciso il gran sacerdote di
Keres… il tuo risentimento si rivolgerà verso di
noi. E se anche uccidessi noi,
poi toccherebbe a qualcun altro. E in ultimo, finiresti per provare
rancore
anche verso te stesso. Se ti abbandonerai all’odio, se anche
raderai
completamente al suolo questa città, il tuo cuore non
sarà soddisfatto!”
“E
se… e se fosse toccato a voi…?
E’ facile dire “sopprimi questi
sentimenti”… ma se voi vi trovaste al mio
posto? Se il vostro compagno fosse stato ammazzato da un idiota
qualsiasi… e vi
venisse detto di rinunciare al vostro odio, voi ce la fareste? Se vi
venisse
detto di smetterla, perché è inutile, pur
capendolo, potreste farcela?”
“…”
Per
me, non c’era modo di
rispondere alla domanda di Luke.
Slayers-
Odio a Sellentia
___
“Ho
capito. Accetto.”
“Gourry?!”
Alle sue parole, pronunciate
con tanta sicurezza, alzai inavvertitamente la voce.
“… aspetta un momento! Hai
capito quali sono le condizioni?!”
“Lo
ho capito.” replicò. Fissò i
suoi occhi sui miei, con uno sguardo dolce. “Nemmeno io mi
sento obbligato ad
agire conformandomi al destino, o alla volonta del Maou…
però… questa non è
forse una cosa che ha deciso Luke? Qualunque cosa noi gli diciamo,
probabilmente non cambierà mai idea. Solo lui conosce i
propri sentimenti, e,
in ultimo, solo lui può scegliere di mutarli.
Perciò, a noi rimangono solo due
possibili scelte. Accettare o non accettare. Solo queste. E se Luke ha
intenzione di essere egoista… non trovi che anche per noi
sia giusto accettare?
…
“Ovviamente
anche io non vorrei
dover sacrificare Luke per la mia vita…
però… se non accettiamo, se lo lasciamo
fare… non vorrebbe dire anche quello affidarsi al destino, o
alla volontà di
qualcun’altro?”
“Però…”
Mi sentivo sopraffatta da
quelle parole.
“E
poi, anche se per il momento noi
tornassimo al nostro mondo… quanto ci metterebbero i Mazoku
ad attaccare?
Dovremmo preoccuparcene fino alla morte. In
più…”
“Io
sono la tua guardia del corpo.
Non potrei mai lasciare il tuo futuro nelle mani del destino.
Perciò… tutto ciò
che è in mio potere fare, lo farò. Se per te
è doloroso, Lina, non intervenire.
Anche se sarò da solo… io lo
farò.”
Il
tono di Gourry era definitivo.
Con quelle parole, volse lo sguardo a Luke. Nei suoi occhi brillava la
luce di
una volontà che non poteva essere piegata.
Sospirai.
“Sei furbo, Gourry…”
mormorai. “‘Anche se è una battaglia
persa datti da fare. Io me ne tiro fuori.
Ci vediamo dopo.’ Lo sai che non potrei mai dire una cosa del
genere, dopo che
tu mi hai parlato a quel modo.”
Anche
io non avevo intenzione di
affidarlo al destino… il futuro mio e di Gourry –
e il futuro di tutte le
persone che avevo incontrato fino a quel momento. Lo sapevo. Se davvero
esisteva qualcosa come il destino… quello e solo quello era
il momento in cui
avremmo potuto cambiarlo, con le nostre forze.
Slayers
– Demon Slayers
___
Risuonò
l’orribile suono di
qualcosa di pesante che si abbatteva al suolo.
“Gourry!
Gourryyyyy!”
Alle
mie grida, il suo corpo si
mosse, lievemente.
“Non
è morto.” dichiarò il Maou,
senza alcun accenno di emozione.
Ma
certo. Temeva la collaborazione
fra me e Gourry. Perciò, aveva finto di volermi attaccare
per prima e aveva
abbattuto Gourry, senza darci la possibilità di cooperare.
“Non
è morto, ma non è nemmeno una
ferita da nulla. Se mi sconfiggerai subito e lo riporterai nel vostro
mondo per
curarlo, potrebbe salvarsi. Ma se non lo farai… sai cosa
accadrà, non è così?”
Se
non l’avessi fatto… lui sarebbe
morto.
Nell’istante
in cui lo pensai…
tutta l’aria parve venire risucchiata via dai miei polmoni.
Non
avrei permesso che accadesse
una cosa del genere. Mai.
Slayers
– Demon Slayers
___
Qualcuno
bussò alla porta.
“Sono
io.”
La
voce di Milgazia.
“Uh?”
Gourry tentò di sollevarsi,
ma io lo spinsi nuovamente sul letto, con la mano.
“E'
aperto.” replicai, senza
voltarmi.
Era
finita. Gourry, ancora ferito,
ed io eravamo tornati al nostro mondo, riapparendo al centro della
città di
Sailarg.
...
beh, forse "città"
non è il termine migliore, dal momento che era ancora in
fase di ricostruzione,
e le sue dimensioni erano più o meno quelle di un villaggio.
Grazie
al cielo, Gourry non era
ferito gravemente come avevo pensato inizialmente, ma in ogni caso lo
avevo
portato a una locanda, e lo avevo curato. Per tutta la notte. Per
precauzione,
ero rimasta su una sedia accanto a lui, mentre dormiva.
In
quel momento, avevo appena
finito di raccontargli cosa era accaduto dopo che aveva perso i sensi.
La
porta si aprì, e due figure
fecero il loro ingresso. Sapevo che si trattava di Milgazia e di Mephi.
“Ehi,
ma che fine avevate fatto?
Siete spariti così... eh? E' ferito?”
“Sta
bene. Le sue ferite sono
completamente guarite. Sta solo riposando, per precauzione.”
risposi a Mephi,
continuando a volgerle la schiena.
“Cosa...
è successo?” fu la domanda
di Milgazia. Rimasi in silenzio per qualche istante, quindi,
lentamente, aprii
la bocca.
“Abbiamo...
sconfitto Shabranigdu.
E' tutto.”
“Sha...”
“E'...
la verità?” insistette
Milgazia.
“Che
ragione avrei di mentire?”
replicai, in tono stanco.
“Se
è la verità...” disse Mephi, in
tono di ammirazione. “E' davvero grandioso. Immagino che ora
dovremo chiamarvi
Demon Slayers, eh?”
“Non
abbiamo bisogno di un
soprannome simile.” Sputai, la voce bassa.
Calò
il silenzio.
“...
prenderemo una stanza in
questa stessa locanda.” disse Milgazia, in tono imbarazzato.
“Ci farai un
racconto più dettagliato... quando ti sarai calmata.
Andiamo, Mephi.”
“V...
va bene.”
Con
un basso tonfo, la porta si
chiuse. Sentii che si stavano allontanando.
“Lina…”
mormorò Gourry, fissando il
suo sguardo sul mio.
Mi
aspettavo di sentirmi dire “non
mi piace questo atteggiamento”, ma…
“Stai
piangendo?”
“Non
lo vedi? No che non piango.”
“Sì,
lo vedo… e stai piangendo.”
“Ecco…
mi fanno male gli occhi… e…”
Mi interruppi a mezza frase. “…
d’accordo, non è la verità. Sto
piangendo.”
“Le
tue versioni della verità
cambiano piuttosto facilmente.”
“…
è che… me ne sono resa conto
ora… noi… non conoscevamo nemmeno il nome
completo di Luke e Millina e… mentre
lo pensavo… così…
all’improvviso…”
“Va
bene così. Piangi.” Gourry mi
accarezzò dolcemente la guancia con la mano.
“Qualunque cosa desiderasse Luke…
è vero che noi gli abbiamo dato una mano…
però…
“Gli
esseri umani sono costretti ad
andare avanti, per quanto numerosi siano i pesi che portano sulle
spalle. Anche
Rubia si sta facendo forza, mentre Luke… non è
riuscito a vincere. Ma tu, Lina…
tu hai la forza per farcela. Perciò, per ora… va
bene così. Piangi.”
“Idiota…”
Dannazione
a Gourry… era un idiota
ma… in un momento strano come quello, riusciva a essere
forte…
Così,
solo per un po’… io, proprio
io, piansi.
“Beh...
direi che si è fatta ora di
andare, Mephi.”
“D'accordo,
zio.”
Presero
questa decisione
all'improvviso, a mezzogiorno, qualche giorno dopo l'incidente.
Gourry
era ormai completamente
guarito. Avevamo appena finito di pranzare nella sala da pranzo della
locanda,
e aveva consumato la sua consueta quantità di cibo,
lasciando da parte, come al
solito, il pepe verde.
Ora
ci trovavamo nella via
principale di Sailarg. Dico "strada principale, ma... beh, si trattava
sempre di una città in ricostruzione. Le strade erano
larghe, ma gli edifici
erano radi, e si vedevano poche persone in giro. Nonostante questo,
forse
proprio perché la ricostruzione era in atto, vibrava di
vita. Gli esseri umani,
quando perdono tutto, soffrono. Ma poi si rialzano e vanno avanti, per
costruire un futuro migliore. Sono davvero creature ostinate.
"Dite
di dover andare... così
all'improvviso... ma dove?"
"In
letargo, magari?"
mormotò Gourry, che stava camminando al mio fianco.
"..."
"Aaaaaah,
scusami, scusami,
non lo dirò più!"
Un'occhiataccia
silenziosa da parte
di Milgazia era stata sufficiente a fargli ritirare tutto.
Lo
hai detto apposta, eh, Gourry?
Milgazia
volse lo sguardo da Gourry
a me. "L'incidente in sé è risolto, ma sono nati
molto demoni di basso
rango, e non sono ancora scomparsi." disse, nel suo consueto tono
monotono
di voce.
Naturalmente,
avevo raccontato
anche a loro due come erano andate le cose, nei giorni precedenti.
"Penso
viaggerò di regione in
regione con Mephi per un po', per eliminarli."
"Ne
abbiamo già abbastanza con
i Mazoku più potenti che ci sono in giro... come quello
Xellos, e quelle due
Mazoku..." disse Mephi a Milgazia. "A proposito, chi erano quelle
due? Sembravano piuttosto potenti..."
"Non
lo hai capito, Mephi?
Qual era l'identità di quelle due?"
"Le
conosci, zio?"
"Certo
che le conosco. Erano
la Beastmaster, Zelas Metallium, e Deep Sea Dolphin."
"EH?"
ci lasciammo
sfuggire Mephi ed io in coro, di riflesso.
"Ze...
Ze..."
"Do...
Do..."
"Erano
più potenti di Xellos.
E rimangono solo due Mazoku più potenti di lui." disse
Milgazia, come se
si trattasse di una ovvietà.
"Se
è così... devo dire che ci
hanno accolto piuttosto bene..."
"G...
già... non ce la siamo
cavata male..."
"Beh...
se avessimo agito
imprudentemente, probabilmente non ci sarebbe andata così
bene. E siamo stati fortunati
che dopo siano scomparse senza fare nulla. Quando ci ripenso, mi
vengono ancora
i brividi." Era immobile, e privo di espressione, ma mi resi conto che
era
spaventato.
"Ad
ogni modo... così stanno
le cose. Arrivederci umani. Se si presenterà l'occasione,
forse ci
rivedremo."
"State
bene."
Dissero
Milgazia e Mephi,
all'improvviso. Ci volsero le schiene, e presero ad allontanarsi.
"Se
ne sono davvero andati,
eh?" mormorai.
"Forse
si sono sentiti
sollevati." replicò Gourry, osservandoli mentre si
allontanavano.
"Sollevati?"
"Sì."
Gourry mi pose la
mano sulla testa. "Perché ora stai bene. Perciò
si sono sentiti sollevati,
e sono andati a fare ciò che dovevano."
"Sollevati...
ero davvero così
depressa?"
"Beh...
sì. Un po'."
Gourry spostò lo sguardo su di me. Mephi e Milgazia erano
scomparsi dalla
strada. "Comunque… ora che facciamo, noi due?"
"Già…
non abbiamo nessun
obiettivo particolare, e… Ehi, Gourry! Non fare sempre
decidere a me, pensaci
un po’ anche tu! Non hai un’idea, un posto in cui
vorresti andare?"
Gourry
mi fissò dritto negli occhi.
"Che ne dici di casa tua?"
"…
Eh…?" Il mio cuore
fece un balzo. In preda all’agitazione, distolsi lo sguardo.
"E…
ehi, Gourry… tu… capisci
cosa significa quello che hai detto?!"
"Sì.
E ho intenzione di
farlo."
La
sua voce era… dolce.
"…Eh?..."
Per
la seconda volta, il mio corpo
tremò lievemente. Mi resi conto di essere arrossita.
Gourry
riprese a parlarmi, in tono
gentile. "Tempo fa mi dicesti che il tuo paese, Zephilia, era famoso
per
l’uva, giusto? E ora è proprio la stagione giusta."
"Stavi
parlando di
cibooooooooooooooooooooooooo!?"
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaargh!
Estrassi
prontamente la pantofola
dalla tasca e lo colpii in un lampo.
"Cosa?
Non ti piace
l’uva?"
"Non
è questo! Aaaaaaaaaaaaaah!
D’accordo, d’accordo, mi va bene qualsiasi cosa!"
"D’accordo,
allora è deciso.
Si va a Zephilia."
"Come
sarebbe a dire “è
deciso”?"
"Hai
detto che ti va bene
qualsiasi cosa, no?"
"E…
ehi…"
"E
poi senza dubbio è bello
tornare a casa, una volta ogni tanto."
"…"
Beh…
in effetti non E’ male, una
volta ogni tanto…
Certo,
Gourry in quella occasione
sembrava stranamente insistente… però in
realtà probabilmente lo stava facendo
senza pensarci davvero… giusto?
"Beh…
va bene, ho capito.
Allora ci dirigiamo a casa mia – la capitale del regno di
Zephilia, Zephil
City. D’accordo?"
"D’accordo!"
E
così, Gourry ed io ci
incamminammo fianco a fianco.
Slayers
– Demon Slayers
***
Fra
i denti, maledissi Luke.
Lo
vedevo nei suoi occhi. Così come avevo
riconosciuto il suo modo di combattere, riconoscevo anche il suo
sguardo. Non
era solo la volontà di Shabranigdu. Era lui
a desiderare quello scontro.
Cercai
con gli occhi la mia compagna, ma il suo
sguardo, vitreo ed esterrefatto, era fisso sul nostro vecchio amico. Lo
stomaco
mi si serrò in una morsa, per la rabbia e la frustrazione.
Comprendevo la sofferenza
di Luke, comprendevo cosa significasse, ma non riuscivo comunque a
perdonarlo.
Come poteva farci questo? Come poteva fare questo a Lina?
“Dev’esserci
un altro modo.” Sibilò la maga. Io distolsi
lo sguardo da lei, le labbra una linea sottile. Sapevo già
che non sarebbe
riuscita a convincerlo.
“E
se… e se fosse toccato a uno di voi…? Se il
vostro compagno fosse stato
ammazzato da un idiota qualsiasi… e vi venisse detto di
rinunciare al vostro
odio, voi ce la fareste?”
Non
credevo che sarei mai riuscito a trovare una
risposta a quella domanda. Forse, non volevo nemmeno pensarci
realmente. Mi
sarebbe piaciuto convincermi del fatto che saremmo stati più
forti, Lina ed io,
che entrambi noi ce l’avremmo fatta ad andare avanti, senza
abbandonarci ai
nostri impulsi più oscuri, se qualcosa fosse accaduto
all’altro. Mi sarebbe
piaciuto convincermene, perché sapevo quanto sarebbe stato
difficile, da quel
momento in poi, evitare la morsa dell’angoscia, ogni volta
che una delle nostre
avventure ci avesse trascinato in una scommessa con la morte. Ma ormai
l’immagine disperata di Luke si era impressa nella mia mente
e sapevo che non
mi avrebbe più abbandonato.
“Un
tempo, ero un assassino.”
Ricordavo
la notte in cui per la prima volta mi
aveva fatto quella confessione. Eravamo in viaggio, Lina ed io, Luke e
Millina
e quel tizio chiamato Jade. Ci trovavamo in una locanda e io dividevo
la stanza
con gli altri uomini del gruppo, ma non riuscivo a prendere sonno.
Forse, in un
angolo della mia mente, mi ero reso conto che presto saremmo stati
attaccati.
Mi
ero accorto di un avanzare di passi in corridoio
e lo avevo immediatamente associato a Lina. Conoscevo bene quel suo
modo di
camminare furtivo. I suoi modi da ladra mi avevano divertito,
all’inizio, ma
ormai vi ero più che abituato.
Ero
stato sul punto di alzarmi per seguirla, quando
Luke aveva parlato. Non pensavo nemmeno che fosse sveglio. Aveva
bevuto, quella
sera, e quando eravamo saliti in camera i suoi occhi erano apparsi
lucidi e le
sue guance arrossate. Ero convinto che fosse crollato da tempo, ma
forse anche
lui era stato vittima dello stesso presentimento che aveva tenuto
sveglio me.
“Non
mi piaceva,” proseguì, la voce impastata dalla
stanchezza e dall’alcol. “ma
nemmeno mi dispiaceva. Non me ne importava. Per lo più mi
occupavo di
regolamenti di conti fra avanzi di prigione, ma non mi informavo mai
granché su
chi dovevo uccidere. Era solo carne da macello, per me. Qualunque
essere umano
lo era.” Tacque, per un momento. “E’
stato allora che ho incontrato Millina. Fu
il primo dei miei obiettivi a darmi davvero del filo da
torcere.” Scosse la
testa. “Feci l’errore di sottovalutarla e lei mi
imbrogliò come l’ultimo degli
allocchi e mi sconfisse, senza alcuna possibilità di
appello.”
‘Conosco
la sensazione.’ considerai fra me e me, fissando
l’oscurità, un vago sorriso
dipinto sulle labbra.
“Alla
fine, arrivò a così tanto dal tagliarmi la gola.
Ero lì, col suo pugnale al
collo, ed ero pronto a morire. Non dirò che non fossi
spaventato, perché
l’adrenalina sale, in momenti del genere. Ma ero pronto.
Quella è una fine che
metti in conto, quando ti scegli una vita del genere.”
Il
mio sorriso sparì quasi istantaneamente. Conoscevo anche quella sensazione. Non ero mai stato un assassino,
ma ero stato un mercenario, e so come, quando sei in guerra, diventi
normale
rassegnarsi al pensiero che quello potrebbe essere il tuo ultimo giorno.
“Ma
lei non mi uccise. ‘Sei in gamba’. mi disse.
‘Sarebbe un peccato sprecare
questo talento. Dimmi chi ti manda e ti risparmierò la
vita.’ Non so nemmeno
perché mi fidai e le diedi quel nome. Era un piccolo nobile
locale. Venne fuori
che Millina era stata ingaggiata tempo prima come sua mercenaria e
aveva scoperto
che quell’uomo, in alleanza con la Gilda dei Maghi locale,
stava compiendo
degli esperimenti magici considerati illegali. Aveva intenzione di
denunciarlo
al re e per questo lui voleva metterla a tacere. Millina si aspettava
che lui
fosse il mio mandante, in effetti. Ma nonostante non le avessi detto
molto di
nuovo, mantenne la sua parola.” Emise un sospiro.
“‘Dovresti sceglierti meglio
i tuoi datori di lavoro’, mi disse, quando
allontanò la lama dalla mia gola. Io
mi sentii un verme. In più, ero in debito con lei.
Insistetti per aiutarla a
liberarsi di quell’uomo, anche se non posso dire che fosse
entusiasta dell’idea.”
Mi parve di vederlo sorridere, nell’oscurità.
“Da allora, non ci siamo più
separati.”
“Perché
me lo stai raccontando?” domandai. Non ero nemmeno certo che
stesse parlando
con me, in realtà. Non ero certo che quello non fosse un
semplice monologo
generato dall’alcol.
“Perché
da quando conosco Millina riesco a distinguere.”
replicò, in tono piatto. “Ogni
volta che penso di odiare gli esseri umani, mi ricordo che anche lei lo
è.” Tacque,
per qualche istante. “Mi piace, quella tua Lina Inverse,
anche se sa essere una
donna incredibilmente irritante. E pericolosa. Credo di non aver
incontrato mai
un’altra persona tanto pericolosa.”
Scrollai
le spalle. “Non mi dici niente di nuovo.” replicai,
con un mezzo sorriso.
“Voi
due siete brave persone. Sono felice di avervi conosciuti.”
Fece una pausa. “Non
è male… pensare di avere degli amici.”
Fissai
lo sguardo su Luke, sui suoi occhi rossi e ossessionati.
Non c’era nulla dell’ironia, della testardaggine,
del calore che vi avevo
trovato un tempo. Sembrava qualcuno di completamente diverso. Io non
avevo
avuto un vero scopo, nella vita, prima di conoscere Lina. Se pensavo
alle
occasioni in cui avevo rischiato di perderla… era davvero
così difficile
vedermi simile a come era lui in quel momento?
Trassi
un sospiro. Le parole che dovevano uscire
dalle mie labbra erano forse le più difficili che avessi mai
pronunciato.
“Ho
capito.” la mia voce suonò roca.
“Accetto.”
Immediatamente,
gli occhi di Lina si volsero verso
di me. “Gourry!” mi apostrofò, con voce
incredula. “Aspetta un momento! Hai capito
quali sono le condizioni?”
“Lo
ho capito.” replicai. Spostai gli occhi su
di lei e avvertii il mio sguardo addolcirsi, di riflesso.
Lina… avrei voluto
che fosse possibile risparmiarglielo. La morte di Millina la aveva
scossa più
di quanto avesse mai ammesso, lo sapevo, e ora a tutto si sommava anche
questo.
Però, non c’era modo di evitarlo.
L’unica cosa che potevo fare per lei era
spronarla a lottare.
“Nemmeno
io mi sento obbligato ad agire conformandomi
al destino, o alla volontà del Maou.” dichiarai.
“Però… questa non è forse
una
cosa che ha deciso Luke? Qualunque cosa noi gli diciamo, non credo
cambierà mai
idea. Solo lui conosce i propri sentimenti, e, in ultimo, solo lui
può
scegliere di mutarli. Perciò, a noi rimangono solo due
possibili scelte.
Accettare o non accettare. Solo queste. E se Luke ha intenzione di
essere
egoista… non trovi che anche per noi sia giusto
accettare?”
Non
c’era modo di addolcire quella verità. Luke
aveva perso la propria battaglia con se stesso e aveva fatto una
scelta. Lo
avrei accolto a braccia aperte nel momento esatto in cui ci avesse
ripensato,
ma questo non sarebbe accaduto per le parole mie e di Lina. Era una
decisione
che solo lui poteva prendere e, nel mio intimo, sapevo già
che non lo avrebbe
mai fatto.
Ricordavo…
molto tempo prima, non molto dopo che
Lina ed io ci eravamo conosciuti, avevo incontrato un mio vecchio
compagno d’armi,
Grais. Era emerso che si era unito a una specie di setta che, se fosse
riuscita
nei propri obiettivi, avrebbe dato vita a una sanguinosa guerra fra
regni.
Grais viveva per la guerra. Era diventata il suo unico scopo di vita.
Non erano
valse a nulla le mie parole per fermarlo. Alla fine, per evitare che
colpisse a
morte Lina mentre tentava di fermare quei pazzi, avevo dovuto ucciderlo
con le
mie stesse mani.
La
situazione non era così diversa. Solo, conoscevo
e capivo Luke molto più di quanto non avrei mai conosciuto e
capito Grais. Potevo
davvero farcela, anche quella volta?
Fissai
bene lo sguardo su Lina. Cercai di trovare in
lei la forza di rimanere fedele alle mie intenzioni.
“Ovviamente
anche io non vorrei dover sacrificare
Luke per salvarmi la vita,” proseguii
“però… se non accettiamo, se lo
lasciamo
fare… non vorrebbe dire anche questo affidarsi al destino, o
alla volontà di
qualcun’altro?”
Lina
parve incerta. “Però…”
“E
poi, anche se per il momento noi tornassimo al
nostro mondo… quanto ci metterebbero i Mazoku ad attaccare?
Dovremmo
preoccuparcene fino alla morte. In
più…” Presi un respiro. “Io
sono la tua
guardia del corpo. Non potrei mai lasciare il tuo futuro nelle mani del
destino. Perciò… tutto ciò che
è in mio potere fare, lo farò. Se per te
è doloroso,
Lina, non intervenire. Ma anche se sarò da solo…
io lo farò.”
Quell’affermazione
era un colpo basso. E Lina,
com’era degno di lei, lo comprese immediatamente.
“Sei
furbo, Gourry…” mormorò, dopo un breve
sospiro.
“‘Anche se è una battaglia persa datti
da fare. Io me ne tiro fuori. Ci vediamo
dopo.’ Lo sai che non potrei mai dire una cosa del genere,
dopo che tu mi hai
parlato a quel modo.”
Dovetti
reprimere un sorriso. Non c’era modo che la
avessi vinta, con lei.
Non
avevo mentito. Chiunque avesse voluto ucciderla,
sarebbe dovuto passare sul mio cadavere. Ma sapevo bene che lei non
avrebbe mai
e poi mai permesso che io mettessi in gioco la mia vita per salvarla,
senza
entrare in campo e combattere per se stessa.
I
nostri sguardi rimasero fissi l’uno nell’altro per
qualche istante, quindi entrambi si diressero verso Luke. Avremmo avuto
l’intera vita per le parole, i rimorsi, le lacrime, dopo aver
vinto la
battaglia.
Ora,
il tempo dei discorsi era finito.
***
Uno
spiraglio di luce fece capolino fra le mie palpebre chiuse, ferendomi
la vista.
Mi
sforzai di aprire gli occhi. Lentamente, la coscienza
dell’ambiente che mi circondava si fece strada nella mia
mente.
Ero
sdraiato supino, in quello che, a giudicare
dalla morbidezza, doveva essere un letto. Davanti ai miei occhi
c’era un
soffitto bianco, costellato di macchie di umidità. Non
vedevo molto della
stanza, dalla mia posizione, ma a giudicare dalle tende consunte alla
finestra,
e dalle pareti che avevano urgente bisogno di una mano di pittura, non
doveva decisamente
trattarsi della sala di un qualche palazzo reale. Molto probabilmente,
era una
comune stanza di locanda.
Mi
resi conto solo a posteriori che qualcuno era
seduto al mio fianco. Volsi lo sguardo, lentamente, e mi trovai a
fronteggiare
Lina.
Non
si era accorta che mi ero svegliato. Stava
fissando con fare assente il panorama fuori dalla finestra, inondata
della luce
biancastra dell’alba. Studiai il suo profilo pallido e non
potei fare a meno di
notare i cerchi neri sotto ai suoi occhi. Aveva addosso un pigiama, con
una
coperta avvolta a coprirle le spalle, ma mi chiesi se quella notte
avesse
dormito. Sulla sua guancia destra spiccava un taglio non del tutto
rimarginato.
Del sangue di ferite non fresche, o forse di ferite che non le
appartenevano,
le incrostava i capelli e il collo.
Quella
visione bastò perché riaffiorassero i ricordi.
Per un istante, fui semplicemente grato del fatto che fossimo ancora
vivi. Bastò
poco, però, perché nel fondo della mia mente si
facesse strada la coscienza di
ciò che questo significava. La consapevolezza mi
stordì, soffocando la gioia, e
facendomi improvvisamente sentire svuotato.
Mi
mossi lievemente, per cercare di risvegliare le
mie membra intorpidite, e una fitta mi attraversò come una
scarica il busto. Non
era il dolore intenso di un colpo ricevuto di fresco, ma non era
comunque
piacevole. Mi chiesi se non mi fossi rotto qualche costola.
Al
mio sussultare, avvertii la pressione delle dita
di Lina sulla mia mano sinistra. Fino a quel momento, non mi ero
nemmeno reso
conto che la stesse stringendo fra le proprie.
“Gourry.”
I
nostri sguardi si incontrarono. Lessi sollievo,
nel suo, diluito in un fondo di angoscia.
“Stai
bene?” le domandai, automaticamente. La mia
voce, mi resi conto, suonava quasi ridicolmente ansiosa.
Produsse
un debole sorriso. “Mi stai chiedendo se sto
bene?” domandò a sua volta, in tono fievole.
“Chi è quello che se ne sta a letto
con la schiena spezzata?”
Emisi
un sospiro. La mia mano, di cui ora il mio
corpo pareva in qualche modo consapevole, strinse con più
forza la sua.
“Cosa…
è successo?” domandai, in un debole sussurro.
Non ero felice di farle quella domanda. Dubitavo che il suo stato
d’animo le
rendesse semplice rispondermi e dubitavo anche che la risposta mi
sarebbe
piaciuta. D’altra parte, il bisogno di sapere era troppo
forte.
“Lu…
Shabranigdu ti ha colpito e hai perso i sensi.”
replicò lei.
Io
annuii. I miei ricordi più nitidi,
paradossalmente, riguardavano proprio gli ultimi istanti prima che
perdessi
conoscenza. Ricordavo chiaramente la finta di Luke, come mi aveva fatto
credere
di voler colpire Lina per prima, facendomi perdere la concentrazione e
riuscendo ad abbattermi. Ricordavo il terrore degli ultimi istanti, al
pensiero
che avrei lasciato Lina da sola ad affrontare tutta quella situazione.
Ricordavo
la sua voce che chiamava il mio nome, più e più
volte, e il mio tentativo
disperato di rialzarmi.
Questo,
prima del buio.
Ero
stato uno stupido. Luke conosceva bene il modo
in cui Lina ed io combattevamo: era ovvio che giungesse alla
conclusione che la
nostra cooperazione era la cosa più pericolosa, per lui.
Lasciandoci separare,
avevamo fatto il suo gioco.
“Ci
conosceva.” replicò Lina, leggendo forse nel mio
sguardo il muto rimprovero che mi stavo rivolgendo. “Non
è stato così
difficile, per lui, sfruttare i nostri punti deboli.”
“Lo
hai… ucciso.”
Mi
osservò, lo sguardo stanco. “Non mi ha lasciato
scelta. Non ti aveva ucciso, ma se non ti avessi portato immediatamente
a
Sailarg per curarti, non ce la avresti fatta. Non mi ha lasciato
scelta.” La
sua mano prese quasi a stritolare la mia.
Il
suo tono di voce mi spaventò. Normalmente, mi
veniva naturale rassicurarla, ma in quel momento persino provarci mi
sembrava
al di là della mia portata. Tutto mi pareva ovattato.
Irreale.
“Lo
ha… fatto apposta.” sussurrai. “Sapeva
che così
avresti combattuto al tuo massimo. In realtà, desiderava
essere distrutto.”
“Lo
so.” replicò lei. Le sue labbra si trasformarono
in una linea sottile. “Ho distrutto i miei Demon Blood, per
sconfiggerlo,
evocando il potere dei Signori dei Demoni dei quattro mondi. Anche
quello di
Shabranigdu ha funzionato contro di lui.”
“Vuoi
dire che…”
Annuì.
“Ha permesso che lo usassi.” Fece una pausa.
“Ha… lasciato che evocassi il suo stesso potere
per distruggerlo.” Abbassò gli
occhi. La vidi letteralmente ripiegarsi su se stessa. Un panico sordo
mi
catturò le viscere.
Prima
che potessi dire qualunque cosa, però, qualcuno
bussò alla porta.
“Sono
io.” risuonò la voce di Milgazia.
“Uh?”
Mi colse totalmente alla sprovvista. Mi ero
onestamente scordato di lui e Mephi. Tentai di mettermi a sedere sul
letto, ma
la mano di Lina mi spinse nuovamente giù. Non avrei fatto
molta strada, in ogni
caso. Mi sentivo troppo debole.
“E'
aperto.” dichiarò Lina, senza voltare le spalle.
La
porta si aprì. Mephi fece il suo ingresso, a
passo sicuro, seguita a ruota dallo zio.
“Ehi,
che fine avevate fatto?” squittì l’elfa.
“Siete
spariti così... eh? E' ferito?” Il suo sguardo
cadde su di me e i suoi occhi si
spalancarono istantaneamente. Mi resi conto che non dovevo avere un
bell’aspetto.
“Sta
bene.” replicò Lina in tono piatto, senza
voltarsi verso di lei. “Le sue ferite sono completamente
guarite. Sta solo
riposando, per precauzione.”
“Cosa...
è successo?” chiese Milgazia. Il suo
sguardo si spostò dalla schiena di Lina a me. Pareva
preoccupato dal tono della
maga e io non potevo biasimarlo.
La
mia compagna esitò per qualche istante, prima di
replicare. Io non mi intromisi. Sapevo che stava cercando di elaborare
una versione
della verità che le fosse possibile sopportare di discutere
in quel momento.
“Abbiamo...
sconfitto Shabranigdu. E' tutto.”
“Sha...”
“E'...
la verità?” domandò Milgazia, con fare
incredulo.
“Che
ragione avrei di mentire?” Lina mi parve
stanca. Stanca come raramente la avevo vista.
“Se
è la verità,” commentò
Mephi, con ammirazione. “è
davvero grandioso. Immagino che ora dovremo chiamarvi Demon Slayers,
eh?”
“Non
abbiamo bisogno di un soprannome del genere.”
La voce di Lina suonò bassa e gelida.
Un
silenzio imbarazzato calò sulla stanza.
Milgazia
mi lanciò un’altra breve, silenziosa
occhiata. “Prenderemo una stanza in questa stessa
locanda.” dichiarò, con
esitazione. “Ci farai un racconto più
dettagliato... quando ti sarai calmata.”
Si volse verso la nipote. “Andiamo, Mephi.”
“V...
va bene.” replicò l’elfa. Anche lei mi
stava
osservando, ma le fui grato, perché si astenne dal fare
domande.
Con
un basso tonfo, la porta si chiuse. I loro passi
risuonarono nel corridoio, facendosi sempre più lontani.
Mi
volsi verso Lina. Continuava a fissare dritto di
fronte a sé. I suoi occhi, ora, erano arrossati e gonfi. Una
lacrima era loro
sfuggita e le stava scivolando lentamente lungo la guancia destra.
“Lina.”
mormorai. “Stai piangendo?”
“Non
lo vedi?” replicò lei, la voce tremolante.
“No
che non piango.”
“Sì,
lo vedo.” le risposi, pacatamente. “E stai
piangendo.”
“Ecco…
mi fanno male gli occhi… e…”
farfugliò,
quindi si interruppe. “… d’accordo, non
è la verità. Sto piangendo.”
“Le
tue versioni della realtà cambiano piuttosto
facilmente.” commentai, gentilmente.
Mi
fissò di rimando, con uno sguardo vacuo che parve
torcermi le viscere. “… è
che…” proseguì. “Me ne sono
resa conto ora… noi… non
conoscevamo nemmeno il nome completo di Luke e Millina e…
mentre lo pensavo…
così…
all’improvviso…”
Capivo
perfettamente come si sentiva. Capivo come,
in quella situazione, un semplice pensiero potesse portare ad
esplodere. E per
lei doveva essere anche peggio che per me, considerando che aveva
assistito
agli ultimi istanti di Luke, che, rimasta sola, lo aveva ucciso con le
proprie
mani. Non sarebbe bastata qualche parola a cancellare quei sentimenti.
Sarebbe
migliorato, certo, magari anche fino a non restare altro che un fondo
di
tristezza nella nostra mente. Ma la verità era che avremmo
per sempre convissuto
con il ricordo e con il senso di colpa.
Quelle
lacrime, però, mi confortavano. Se poteva
sfogarsi con me, allora forse la ferita poteva iniziare a guarire.
Forse,
potevo aiutarla in qualche modo.
“Va
bene così. Piangi.” Allungai una mano, e presi
ad accarezzarle la guancia. “Qualunque cosa desiderasse
Luke… è vero che noi
gli abbiamo dato una mano…
però…” sospirai. “Gli esseri
umani sono costretti ad
andare avanti, per quanto numerosi siano i pesi che portano sulle
spalle. Anche
Rubia si sta facendo forza, mentre Luke… non è
riuscito a vincere. Ma tu, Lina…
tu hai la forza per farcela. Perciò, per ora… va
bene così. Piangi.”
Mi
fissò, gli occhi due pozze vitree.
“Idiota…”
mormorò.
Si
piegò in avanti, contro la mia mano, e si
abbandonò ai singhiozzi. Lentamente, la trassi a me,
facendola levare dalla
sedia e lasciandole spazio sul letto. Ignorando il dolore sordo al
torso, mi
volsi sul fianco e la presi fra le braccia.
Continuò
a lungo. I suoi singhiozzi, prima convulsi,
si spensero lentamente contro il mio collo. Dopo che si fu sfogata,
restammo per
un po’ in silenzio, il suo viso nascosto contro la mia
spalla, le mie labbra che
le sfioravano la tempia e la mia mano che le accarezzava ritmicamente
la
schiena.
Dopo
quella che poteva essere una mezz’ora, la
sentii trarre un sospiro.
“Prima
di morire… me lo ha rivelato.” mormorò,
la
voce resa roca dalle lacrime.
“Rivelato?”
replicai, in un sussurro.
“Le
ultime parole di Millina… ciò che gli ha detto,
dopo che ci ha allontanati dalla stanza.” Sollevò
la testa dalla mia spalla e
mi fissò, con occhi gonfi e arrossati. “Puoi
crederci? Gli ha detto ‘non odiare
gli esseri umani.’ Si è preoccupata per lui fino
alla fine. E quell’idiota…
quell’idiota…”
Sorrisi,
debolmente. Mi chinai su di lei e le baciai
la fronte. “Sono certo” sussurrai, al suo orecchio.
“che ovunque siano, ora,
Millina gliele stia cantando di santa ragione.”
Lina
produsse una strana via di mezzo fra un
singhiozzo e una risata. “Me lo auguro proprio.”
ribatté. La sua voce si
abbassò ed ebbi l’impressione che fosse nuovamente
sull’orlo delle lacrime. “Vorrei
rivederlo.” mormorò. “Vorrei rivederlo,
solo una volta. Dirgli che è un
perfetto idiota e prenderlo a calci là dove non batte il
sole.”
Chiusi
gli occhi. “Un giorno, forse.” Mi trovai a
stringerla, quasi con violenza. “Un giorno, forse, li
rivedremo entrambi. E
allora faremo ammenda, e chiederemo e daremo perdono.”
“Gourry?”
aprii gli occhi, e mi trovai a
fronteggiare uno sguardo preoccupato. “Ti senti
bene?” mi domandò, esitante.
Le
sorrisi e diminuii la mia stretta su di lei. “Sto
bene. Scusami, sto iniziando ad accusare un po’ il colpo.
Forse dovrei dormire
un altro po’. E forse dovresti dormire anche tu. Hai vegliato
su di me per tutta
la notte, non è così?”
Non
rispose alla mia domanda. “Non devi scusarti.”
replicò invece, fermamente. “Non ti è
vietato crollare. Non sei obbligato a
essere forte anche per me.”
“Non
ne avresti bisogno.” replicai. “E non credo di
essere forte quanto tu pensi che io sia. Se riesco a tenermi insieme,
ora,
credo sia solo perché ti ho al mio fianco.”
Mi
fissò in silenzio, per qualche istante. “Grazie,
Gourry.” mormorò.
Mi
chinai su di lei, a baciarle nuovamente la
fronte. “Grazie a te.” replicai.
Chiuse
gli occhi e tacque nuovamente, per qualche
istante. “Credo… che dovrei andare a scusarmi con
Milgazia e Mephi.” mormorò
alla fine. “Per come li ho trattati poco fa.”
“Sono
certo che hanno capito la situazione. Pensa a
riposarti, ora. Avrai un’intera vita per dare
spiegazioni.”
“Ma
che bella prospettiva.” Mi rivolse un debole
sorriso. “Sono grata che tu stia bene, Gourry. Sono grata di
averti al mio
fianco.”
“Anche
io lo sono.” replicai. “Mi auguro che non
cambi molto presto.”
“Non
finché avrò voce in capitolo.” Mi
sorrise
nuovamente, debolmente. Chiuse gli occhi e poggiò la guancia
alla mia spalla.
“Per…
il resto della vita, magari.” sussurrai, dopo
qualche istante.
Non
mi rispose. Probabilmente, nel dormiveglia, non
mi aveva nemmeno sentito.
Ma
andava bene così. Avremmo avuto tempo, in momenti
molto più allegri, per discorsi di quel genere. In quel
momento, volevo solo
godere del fatto che fossimo entrambi ancora vivi.
Chiusi
gli occhi e la strinsi a me.
In
pochi minuti, scivolai a mia volta in un sonno
senza sogni.
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