Lo Stato

di CamYagamii95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

La sveglia suonò alle 7:30. Alessia afferrò il cellulare e aprì solo un occhioper spegnere quel fastidioso trillo, poi si rinfilò sotto le coperte e tornò a dormire.

Dopo mezz'ora, che a lei era sembrata solo cinque minuti, si svegliò col respiro affannoso. Avrebbe davvero dovuto smetterla con questa storia dei ritardi. Sin dall'anno precedente, quando aveva raggiunto l'età per lavorare, lo Stato le aveva assegnato un posto da operaia in un'azienda agricola. Non era quel che voleva fare, ma sicuramente non poteva opporsi al sistema.
Se un giorno fosse stata in ritardo probabilmente l'avrebbero presa per oppositrica politica. E di sicuro non poteva permettersi di attirare l'attenzione su di sè. Aveva già altro da nascondere, ci mancava solo l'opposizione poilitica.
Fortunatamente aveva già fatto la doccia la sera precedente, così le bastò addentare velocemente qualcosa per colazione, sciacquarsi il viso e mettersi addosso qualcosa dic omodo per essere pronta.
Alle 8:30, l'inizio del suo turno in azienda, lei era già nell'ingresso a chiacchierare con gli altri. Lo Stato non scoraggiava la comunicazione fra loro, non era previsto alcun divieto in tal senso; ma d?altra parte si parlava sempre di argomenti sciocchi e futili, tipo l'ultimo episodio di quei stupidi reality che mandavano in tv, pettegolezzi a caso su celebrità senza alcun merito e simili. Non si parlava mai di politica, o perlomeno mai seriamente, e soprattutto non in luoghi pubblici.
Proprio mentre stava per suonare il segnale che segnava l'inizio del turno, arrivò Sarah. Alessia si finse intenta a sistemarsi un ciuffo dei capelli per non salutarla, e si allineò in fila con gli altri operai.
Il capo-reparto diede a tutti loro un paio di guanti ed un camice, controllò che nessuno di loro avesse addosso gioielli o cosmetici di alcun tipo e poi li fece entrare nella zona cernita. Era ottobre, tempo di piena per la raccolta delle olive. Il loro compito era selezionare le olive che scorrevano su un nastro: le più belle, dopo lavaggio, cottura e confezione, sarebbero state vendute direttamente al consumo, mentre quelle ammaccate e non molto grandi sarebbero servite alla produzione dell'olio. Era una tipicità del posto, e lo Stato ci teneva al fatto che ogni luogo con delle eccellenze ricevesse degli incentivi alla produzione, in modo da arrivare ad un'economia semi-autarchica.
Dopo quattro ore di intenso lavoro, in cui il nastro non si era fermato un attimo, suonò un altro segnale: il turno era finito.
Alessia era stata molto presa dal lavoro che sicuramente non consentiva alcun pausa, ma lei ci si era immersa più del solito e più del dovuto: tutto pur di non avere pause e guardare per sbaglio in direzione di Sarah.
Ora gli operai potevano riposarsi. Si diressero verso un contenitore in cui gettarono i camici, che venivano lavati e igienizzati prima del riutilizzo, e gettarono i guanti, poi si diressero verso la mensa.
Ad ognuno di loro, a seconda delle esigenza misurate dallo Stato, era assegnato un menu diverso. Bastava scorrere una tessera in una specie di registratore di cassa e questo stampava una lista di cibi, da presentare poi all'addetto alla mensa. A lei era toccata pasta e piselli, purea di patate, dell'insalata poco condita, una barretta di cioccolato scadente e una mela rossa. Lei sorrise sarcastica, mentre altri guardarono il suo vassoio con invidia. Lo Stato aveva interesse che lei ora fosse ben nutrita.
Con la testa immersa nei suoi pensieri, si accomodò ad un tavolo vuoto.
Poco dopo le si sedette di fronte il suo migliore amico dai tempi della scuola, Giovanni, e altre due ragazze con cui parlava di tanto in tanto.
- Che succede? - le chiese il ragazzo, che la conosceva troppo bene per non notare la sua aria pensierosa.
- Ma hai visto quanta roba mi hanno dato da mangiare? - gli chiese lei di rimando. C'era dell'altro, ma non le andava di parlarne, specialmente di fronte alle due ragazze, che non conosceva molto.
- Già, ultimamente sei un po' magra, qualcuno dev'essersene accorto. - scherzò Giovanni.
- Non credo proprio - rispose Alessia, prendendosi fra le dita il rotolino che aveva sulla pancia - sai benissimo perchè improvvisamente mi danno tutto questo cibo.
Si fermò perche la voce le si stava spezzando.
Ogni donna, ognuna ad una diversa età, che veniva calcolata dallo Stato a seconda del ciclo mestruale e di altri parametri, riceveva una lettera. Quella lettera aveva lo stesso contenuto per tutte. Lo Stato si premurava di avvertirle che avevano appena raggiunto la loro età più fertile, che la maternità era un'esperienza unica ma soprattutto che una nuova vita non avrebbe portato ad altro che a prosperità, e quindi - per dirla in breve - era ora di procreare. Alle ragazze era lasciata una scelta, infatti potevano indicare il partner con cui preferivano portare a termine il compito. Perchè di un compito si trattava, nonostante le belle parola. Infatti, se il partner indicato non fosse stato fertile, o se la ragazza non aveva alcun partner da indicare, lo Stato procedeva all'individuazione di un compagno compatibile.
Alessia non aveva una scelta. La persona a cui pensava non sarebbe mai stata un'opzione.
Giovanni capì a cosa Alessia si stesse riferendo, e le prese una mano.
- Sopravviverai anche a questo - le disse semplicemente.

Quattro anni prima
Qualcuno le toccò il braccio, e lei tornò alla realtà.
Alessia era in classe e stava sognando ad occhi aperti. Per fortuna Giovanni l'aveva "risvegliata".
- Allora? - le chiese la professoressa.
Giovanni le sussurrò quasi inintellegibilmente "Hugo", e lei iniziò a parlare senza fermarsi un attimo.
Poco dopo suonò la campanella, e lei si interruppe. Pensava che avrebbe continuato a parlare di Jean Valjean e degli amici dell'alfabeto per sempre.
Mentre la professoressa usciva per cedere la cattedra alla collega di Economia Aziendale, lei si immerse nuovamente nei suoi pensieri.
Stava pensando ad una persona e proprio non riusciva a contenersi. Non vedeva altro che i suoi capelli nerissimi e le sue labbra carnose e rosse.
Qualcosa la distolse dalle sue fantasie, anzi qualcuno. La persona cui stava pensando l'aveva appena salutata.


Note dell'autrice
Innanzi tutto, grazie per aver letto! Mi scuso per la brevità del capitolo, ma ho colto un'idea di getto sul pullman e ho cominciato a scrivere, e non mi sembrava il caso di dilungarmi troppo... Se volete saperne di più dovrete continuare a leggere :p
E poi, ringrazio anticipatamente chi spenderà due minuti del suo tempo per scrivermi due righe di recensione, o anche con messaggio privato se preferite: non scrivo da anni e i miei studi non includono la letteratura, per me le critiche, che mi facciano notare i miei sbagli, sono importantissime!
Ma ringrazio anche i cosiddetti "lettori silenti", spero tornerete.
In quanto alla frequenza dei capitoli, non prometto nulla: ci saranno settimane in cui non pubblicherò nulla e settimane in cui pubblicherò ogni giorno, spero sarete pazienti con me!
Ora la smetto di ammorbarvi con le mie chiacchiere, alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Alle 17:30 finì il secondo turno di Alessia. Aveva lavorato altre due ore, e ora aveva il resto della giornata tutto per sè.
Lo Stato offriva varie attività organizzate per i lavoratori, che alla fine dei loro turni potevano quindi continuare a istruirsi, ad esempio gruppi di lettura, corsi di musica e canto, di disegno, e altre attività mirate a "coltivare il sapere". Erano corsi inutili in realtà. Nei gruppi di lettura si studiavano solo testi approvati dallo Stato, e soprattutto erano vietati testi riguardanti l'economia, la religione e la politica. I corsi di canto, di disegno e di altre discipline artistiche insegnavano qualcosa dal punto di vista tecnico, ma la maggior parte se nè teneva lontano, in quanto servivano solo per selezionare coloro che poi avrebbero ideato film, canzoni e manifesti propagandistici. L'unico corso che ad Alessia davvero piaceva era quello sulle colture del posto: la Regione17, ovvero il luogo dove viveva, era un luogo prettamente agricolo, così Alessia l'aveva scelto per tornare letteralmente alle origini e cercare di capire di cosa vivessero le popolazioni del posto prima dello Stato. Il corso le metteva anche un po' angoscia, specialmente alla fine, quando i prodotti finiti e maturati dovevano essere imbustati perchè l'istruttore li consegnasse a delle non meglio precisate autorità o distrutti. Non potevano essere mangiati, in quanto era lo Stato ad occuparsi della loro alimentazione giornaliera, e anche con un singolo frutto aggiuntivo l'avrebbero alterata, e di certo non potevano vendersi: non esisteva il libero scambio, e tutto ciò che veniva prodotto nelle aziende veniva consegnato allo Stato perchè si occupasse di redistribuirlo (lo stesso corso aveva avuto bisogno di un'autorizzazione speciale e di un giuramento da parte degli istruttori relativamente al fatto che si imoegnavano a non consumare o a far consumare i beni prodotti).
Lo Stato obbligava tutti i cittadini lavoratori a seguire almeno tre volte alla settimana dei corsi a loro scelta. Ognuno di loro poteva frequentare anche un corso diverso ogni volta, ma dovevano aver seguito almeno tre lezioni dal lunedi al sabato.
Conti alla mano, Alessia poteva prendersi la giornata libera, così quando finì il turno si liberò in fretta di camice e guanti e decise di passare a trovare i suoi genitori. Era da un po' che non li vedeva.
Stava ancora pensando alla lettera mentre lasciava l'azienda, così non si rese conto di aver sbattuto contro qualcuno che andava nella direzione opposta alla sua, visto che ora iniziavano altri turni.
Alessia fece per scusarsi, ma si interruppe quandò noto chi aveva urtato.
Era Sarah.
Si guardarono per un istante, poi Alessia riprese a camminare.
- Ciao, eh - le disse l'altra dietro.
- Non infastidirmi - replicò Alessia, continuando per la sua strada.
- Vigliacca - sentì sussurrare dietro di lei.

La casa dei suoi genitori era abbastanza distante dall'azienda in cui lavorava, ma Alessia decise di andarci comunque a piedi. Del resto, l'alternativa era erano i mezzi pubblici, visto che a nessuno di loro era concesso possedere mezzi di trasporto privati, ad eccezione di biciclette, per inquinare meno l'ambiente.
E comunque, aveva bisogno di liberarsi la mente.
Alessia si guardò attorno, cercando di distrasri, ma il tentativo fu inutile. Il paesaggio era tetro e per nulla rassicurante: in cielo vi erano dei nuvoloni spessi, che impedivano alla residua luce del sole di filtrare, e rendevano spettrali alberi e prati già spogli, e le case sembravano tutte grigio.
Passando dinanzi ad un portone lucido di un edificio residenziale osservò il suo aspetto, e si reseconto che si adattava all'ambiente. I capelli, che solitamente erano mossi, erano adesso molto lisci e schiacciati, e la pelle sembrava giallognola. Inoltre, essendo stata ferma per molto tempo alla sua postazione, le gambe non si erano ancora sgranchite e camminava goffamente.
Chissà cosa avrebbe pensato di lei il partner che le avrebbero assegnato.
Scossa la testa, come per liberarsi fisicamente di quei pensieri, visto che era arrivata a casa dei suoi genitori.
Da quando viveva da sola ci tornava raramente. Non si vedevano mai, ma a sua madre bastava guardarla negli occhi per capire a cosa stesse pensando, proprio come quando lei aveva otto anni e a sua madre bastava guardarla negli occhi per capire se aveva fatto i compiti o no. Quando ancora non aveva la necessità di allontanarsi dalla sua famiglia per paura di ferirli.
Fortunatamente ogni cittadino in età da lavoro riceveva un alloggio, quindi per lei era stato molto facile allontanarsi.
Con forza spopositata premette il pulsante del videocitofono, e pochi decondi dopo era davanti alla porta di casa sua, con sua madre che l'abbracciava stretta.
- Entra - le disse poco dopo, facendola accomodare in cucina, dove si sedettero.
Alessia si guardò attorno: aveva lasciato casa sua da solo due anni ma le mancava sempre. Guardò con nostalgia gli spogli mobili bianchi. Nessun lusso era concesso nelle case, ma per lei era quello il posto più accogliente nel mondo.
- Come va? - chiese alla fine a sua madre.
- Qui è sempre la solita storia... Tuo padre è preso con il lavoro nella forestale, a quanto pare hanno trovato delle bestie selvatiche pericolose... Oh, e tuo fratello verrà assegnato la settimana prossima! Verrai a vederlo? Lui spera tanto di essere collocato nella scuola di Medicina!
- Non lo so - rispose freddamente Alessia - oggi mi è arrivata la lettera. Fra poco avrò una famiglia.
- Ma è bellissimo! Perchè non me l'hai detto prima? Avrei organizzato un pranzo tutti insieme...
- Non voglio festeggiare - la interruppe Alessia bruscamente - non c'è alcuna ragione per farlo. Sono solo passata a dirtelo così saprete perchè ci vedremo sempre meno.


Quattro anni prima
Le lezioni del pomeriggio erano finite. Alessia mise a posto penne e quaderni, che comunque aveva usato poco: la notte precedente aveva dormito poco e male, e aveva un mal di testa tale da impedirle di seguire le lezioni. Avrebbe potuto dirlo all'infermiera della scuola, ma aveva preferito non prendere una di quelle pillole che proponevano per ogni malanno.
Immersa a pensare al meritato riposo che l'aspettava a casa, due penne le sfuggirono dalle mani. Fece per chinarsi a prenderle, ma qualcuno, già pronto per andare via, le aveva raccolte per lei.
- Grazie mille - le disse Alessia, arrossendo e con un sorriso.
- Ma figurati, e sta più attenta - le rispose cordialmente Sarah.
Finalmente ce l'aveva di fronte, e Alessia poteva guardrla non di sottecchi, senza paura di farsi scoprire. I suoi capelli erano neri e ribelli, i suoi ricci sfuggivano dal fiocco blu che aveva usato per raccoglierseli in una coda, gli occhi erano neri e avevano uno sguardo vivace, che ben si sposava con le sue labbra rosse e carnose. Il suo corpo era quello che pittori d'altri tempi avrebbero definito florido.
- Scusa, è che stanotte ho dormito poco - si giustificò, non sapendo però se per le penne e per il suo sguardo, che indugiava da un po' sul corpo dell'altra ragazza.
- Chi è il fortunato che turba i tuoi sogni? - le chiese Sarah scoppiando a ridere.
Alessia si godette la sua risata piena e vitale, quasi da diva, prima di rispondere.
- Nessuno - disse alla fine, ed era una mezza verità.
- Scusa, hai ragione - stavolta a scusarsi fu Sarah - ti starai sicuramente chiedendo chi mi chieda di essere per chiederti cose così private, in fondo non ci conosciamo così tanto...
- Non c'è nessun problema - la rassicurò Alessia.
- Beh... io vado. Ci vediamo domani a lezione - disse l'altra dopo un silenzio imbarazzato.
- Aspetta - la richiamò Alessia in un impeto di audacia. Una volta tanto le assurde regole dello stato in cui vivevano le sarebbero tornate utili.
- Fra poco ci saranno le verifiche di fine periodo e ... Ho un po' di problemi con alcune materie ... Ci tengo davvero a studiare in questa scuola, non voglio essere ricollocata...
- Tranquilla - la interruppe Sarah, posandole una mano sulla sua e sorridendo per tranquillizzarla - magari domani mi dici in cosa hai problemi e vediamo cosa si può fare, d'accordo?
- Grazie mille - le rispose semplicemente Alessia, studiando il contrasto fra la pelle olivastra di Sarah e la sua, che invece era bianchissima. Le piaceva un sacco. Avrebbe potuto abituarsi a quel contrasto.


Note dell'autrice
Innanzi tutto, grazie per aver letto! Mi scuso per essermi dilungata molto su parti inerenti lo Stato e non la storia, ma mi piacerebbe che voi capiste prima in che contesto si muovono i miei personaggi.
Ho scritto di getto questo capitolo ma l'ho rivisto molte volte, spero che spendiate due minuti del vostro tempo per dirmi cosa nè pensate. Alla prossima :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Alessia staccò un bigliettino numerato e si accomodò ad una delle sedie pieghevoli messe apposta lì per gli utenti. L'ufficio Nascite ed Accoppiamenti eraquasi vuoto, c'erano solo un paio di persone prima di lei.
Appena sopra la postazione dell'operatore in servizio quella mattina c'erano due monitor, uno mostrava quale numero stava servendo, mentre l'altro era sintonizzato su una delle cinque reti televisive statali (le uniche esistenti). Stavano mandando in onda un "programma politico", in cui la conduttrice non faceva altro che evidenziare quanto i cittadini fossero stati fortunati a nascere in una nazione pacifica, prosperosa e liberale come la loro. Era davvero simile a tutte le altre trasmissioni del genere, l'unica sottile differenza fu alla fine del programma, quando, poco prima della sigla, la presentatrice annunciò che il loro Stato stava portando, con una missione di pace, benessere in un territorio abitato da selvaggi. Alessia rabbrividì. Chissà cosa stavano facendo davvero.
Era così presa dalle sue considerazioni personali che sussultò quando la voce metallica chiamò il suo numero. La ragazza si avvicinò rapidamente all'operatore.
- Buongiorno - l'accolse meccanicamente l'uomo di fronte a lei - in cosa posso esserle utile? -
- Buongiorno - rispose Alessia nervosamente, posando sul ripiano di fronte a lei la lettera - ho ricevuto questa e...
- Capisco - la interruppe l'uomo, mentre cercava qualcosa sotto la scrivania - il suo nome completo? -
- Alessia Airoldi -
L'uomo appuntò il nome sul modulo, poi lo cercò sul database e appuntò una serie di codici. Dopo aver copiato sul modulo alcune informazioni, tipo il gruppo sanguigno, la sua occupazione e altre simili, le chiese se avesse già un partner da far esaminare alla commissione.
- No - gli rispose semplicemente lei.
- Bene - replicò l'uomo, scrivendo qualcos'altro sul foglio - in questo caso, come già saprai, a seconda del tuo profilo, ti assegneranno un partner. Tra l'altro, la commissione si riunisve oggi, quindi non dovrai aspettare molto. Quando avranno trovato quello giusto per te riceverai una convocazione in cui ti indicheremo dove recarti per conoscerlo. Oh - aggiunse, porgendole un foglio - questa é la certificazione da dare al tuo dirigente per l'assenza di oggi e per quelle future.
- Perfetto - sorrise meccanicamente Alessia - buona giornata.
- Buona giornata - replicò per qualche motivo nervosamente l'uomo, mentre la voce metallica chiamava il numero successivo al suo.
Senza alcuna fretta, Alessia uscì dall'ufficio. Essendo la sua assenza da lavoro già giustificata, aveva tutta la giornata per sè. Dato che non aveva voglia di tornare a casa, decise di passeggiare un po', mentre si chiedeva con chi l'avrebbero accoppiata. Era davvero difficile indovinare. Molte volte gli accoppiamenti avvenivano tra due persone di due regioni diverse, con l'obbiettivo di uniformare i tratti somatici dei nuovi nati, in alcune regioni davvero diversissimi. Sulla storia della loro Nazione tutti i cittadini sapevano solo il poco che veniva insegnato a scuola, ovvero la nascita dello Stato, in seguito ad una non meglio precisata ribellione, quindi nessuno sapeva perché ogni regione fosse caratterizzata da tratti somatici così diversi.
Si chiese anche se il suo partner le sarebbe piaciuto, se lei gli sarebbe piaciuta, e se sarebbe riuscita a vedere ancora Sarah.
Per la seconda volta in quel giorno era così distratta che non si rese conto di quello che stava succedendo. Nello specifico, quasi non vide Giovanni. Andava nella direzione opposta alla sua, quidni praticamente si scontrarono.
- Ehi! Che ci fai da queste parti? - le chiese lui.
- Indovina! E tu perché non sei a lavoro?
- A quanto pare c'é stato un incidente e il mezzo che trasportava il lotto di olive per oggi si è rovesciato - spiegò il ragazzo - quindi abbiamo avuto tutti un giorno libero.
- Perfetto! Che nè dici allora se andiamo un po' al parco? - propose Alessia, mettendosi a braccetto a Giovanni.
- Volentieri! - le rispose lui - un po' d'aria non potrà che farci bene. Ehi, cos'hai in mano?
- Questo? - replicò lei distratta - oh, una cosa che devo consegnare a lavoro.
Ora che Giovanni aveva attirato l'attenzione sul foglio che la ragazza aveva in mano - e che avrebbe dovuto conservare, per non rischiare di perderlo - Alessia si rese conto che in realtà i fogli erano due. Uno titolava "Esenzione lavoro", era la certificazione, ma il secondo era decisamente molto strano. Non era un foglio A4 come l'altro, sembrava piuttosto un foglio a quadrettini strappato da un quaderno. Era quasi tutto bianco, tranne al centro, dove c'erano scritte queste poche righe:

"Facciamo colazione
col cibo che ci fornisce lo Stato
andiamo a scuola o al lavoro
dove ci dice lo Stato
Torniamo a casa
dalla nostra famiglia
che ci ha creato lo Stato
leggiamo solo i libri
che lo Stato non ha censurato
Guardiamo in televisione
stupide trasmissioni
che osannano lo Stato."


Questo era tutto. Alessia girò il foglio per vedere se vi fosse scritto altro, ma oltre qualche macchia di inchiostro non c'era scritto nulla. Lei e Giovanni si guardarono in faccia preoccupati.
- Andiamo a casa - propose il ragazzo - lì troveremo un modo per distruggerlo.
I due si diressero a casa sua senza dire una parola, di fretta, senza fermarsi un attimo.
La casa di Giovanni era molto spoglia, come quelle di tutti quanti, solo che essendo un monolocale si notava ancora di più. I due si sedettero al tavolo al centro della stanza, e Alessia posò il foglio al centro.
- Chi te lo ha dato? - chiese lui.
- Credo l'impiegato dell'ufficio Nascite. Quando abbiamo finito di compilare i moduli mi ha dato il foglio da consegnare a lavoro, questo era insieme.
- Dobbiamo distruggerlo e farlo sparire - rispose Giovanni, poi afferrò il foglio e iniziò a strapparlo. Alessia lo aiutò immediatamente. Entrambi si concentrarono sul piccolo spazio in cui erano scritte le parole che avevano letto prima. Alla fine si fermarono, abbastanza soddisfatti. I pezzi erano davvero piccolissimi, e anche loro che conoscevano cosa c'era scritto originariamente non riuscivano a ricostruire il foglio. Li raccolsero tutti in un sacchettino, che poi avrebbero gettato da qualche parte.
- E ora cosa facciamo? - chiese Giovanni.
- In che senso? - chiese a sua volta Alessia.
- Faremo finta di non aver letto nulla? -
- Lo preferirei - rispose decisa lei.
- Io invece vorrei capirci qualcosa - disse in tono vago Giovanni - perché un impiegato dello Stato consegna ad una sconosciuta una cosa del genere?
- Gio, e se fosse uno stupido test? Per vedere se siamo fedeli e cazzate simili?
- Non so, potrebbe essere...
- Giovanni, lascia stare - riprese Alessia, afferrandogli le mani - non corriamo rischi inutili.
- Solo per adesso - la accontentò lui alla fine.

Note dell'autrice
Mi scuso innanzi tutto per l'immane ritardo nel postare questo terzo capitolo, ma sono stata occupatissima, ed è stato un parto! Avevo in mente cosa scrivere DA MESI, ma le parole non uscivano!
Inoltre, ringrazio la ary91 che mi ha suggerito un metodo pro per plottare i capitoli. Tivibbi vecchia.

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