Precious

di Angel Of Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I Sì, lo so... avevo anticipato un seguito di SSX... Soprattutto per farmi perdonare la mini fic su Meeme ed Harlock XD Invece... Sorpresa! Ho scritto un'altra long, che poi in realtà tanto long non sarà... XD ma voglio lasciare l'alone di mistero ;) e che non c'entra nulla con SSX.
Purtroppo (o per fortuna ;) ) non essendo una scrittrice, ma solo un'autrice amatoriale, vado di ispirazione e la devo prendere al volo, anche perché il mio tempo scarseggia sempre di più e devo necessariamente cogliere l'attimo ;)
Ho avuto questa visione... che non so come definire, forse un delirio post film... e non ho potuto fare a meno di scriverla. È che mi piace scandagliare ogni aspetto possibile di questa coppia, che da sempre ho nel cuore, soprattutto i lati più... oscuri. Sulle note di Volevo te di Giusy Ferreri... All rights reserved, no copyright infringement intended.
Grazie a chiunque si soffermerà a leggere ;)

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Precious


Non amo che le rose che non colsi.

Non amo che le cose che potevano essere e non sono state.
(Guido Gozzano)

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Capitolo I


che succede dentro me che non so spiegare...

(Giusy Ferreri, Volevo te)


L'acre odore metallico misto a carburante e fumi di scarico si insinuava prepotente nelle sue narici mentre camminava nell'ampio hangar dello spazioporto di Hankorra1. La cosa però non la disturbava più di tanto, ormai era abituata agli effluvi che caratterizzavano quegli ambienti, le erano familiari. Kei si fermò e sospirò profondamente guardandosi intorno, quel luogo era sempre gremito di gente che proveniva da ogni parte del Settore 431: commercianti dall'aria avida e scaltra, ambiziosi ed eleganti uomini d'affari che sfoggiavano con disinvoltura i loro vestiti costosi, militari che marciavano fieri e orgogliosi nelle loro affascinanti e lucide uniformi. Si muovevano rapidi in ogni direzione, presi dai loro interessi, dai loro impegni, dalle loro vite frenetiche. Nessuno si curava di lei. Era solo una donna, come tante. Uno dei tanti volti che passavano accanto veloci, sguardi che si incrociavano per pochi secondi e che a nessuno interessava mettere a fuoco.
Sorrise. Le piaceva quell'ambiente, quel pianeta, si potevano fare degli incontri interessanti, concludere buoni affari. La sua
Astral Gale2 aveva avuto un'improvvisa avaria ed era stata costretta a modificare la rotta per dirigersi allo spazioporto più vicino. Era passato molto tempo dall'ultima volta che aveva messo piede su quel pianeta di frontiera e, da allora, molte cose nella sua vita erano cambiate.
Riprese a camminare dirigendosi verso l'ufficio direzionale: doveva denunciare la permanenza forzata della sua astronave e pagare la tassa di sbarco. Occorreva del tempo per riuscire a procurarsi i pezzi di ricambio ed accertarsi che non fossero delle fregature. Sbrigò le pratiche abbastanza velocemente ed uscì dall'ufficio immergendosi nuovamente in quel mare di folla variopinta che animava lo spazioporto. Luxys3, la stella di Hankorra stava per tramontare e i lunghi raggi che filtravano attraverso le grandi ed alte vetrate dell'hangar permeavano ogni cosa di una calda e meravigliosa sfumatura dorata. Si sentiva leggera e felice.
Camminava veloce insinuandosi tra la gente, raggiungendo in poco tempo la parte meno affollata e centrale della città: un lungo viale alberato e illuminato sul quale si affacciavano negozi, bar e locali eleganti. Rallentò il passo soffermandosi di tanto in tanto ad ammirare le vetrine colorate e riccamente allestite, respirando a pieni polmoni l'aria fresca della sera.
Doveva trovare
una camera per passare la notte, poteva permettersene solo una modesta, di pochi crediti, ma non le importava. Le piaceva comportarsi come una persona normale, anonima, insignificante, senza più doversi guardare continuamente le spalle, diffidando di tutto e di tutti. Era così lontano quello stile di vita che aveva caratterizzato gran parte della sua esistenza che quasi non si spiegava di come avesse fatto ad accettarlo per tanti anni.
Un grazioso abito esposto in una elegante vetrina attirò piacevolmente la sua attenzione, chiuse gli occhi immaginandoselo addosso e sorrise... Nello stesso istante, però, una strana sensazione l'assalì, come se avesse percepito un'insolita vibrazione nell'aria proprio accanto a sé e, sussultando, sgranò gli occhi. Distolse lo sguardo dalla vetrina e rabbrividì stringendosi nelle spalle. Non era la prima volta che le accadeva,
ma non le era mai successo quando si trovava nello spazio, sulla sua nave. Era come un leggero brivido che le attraversava le membra e la scuoteva, lasciandole poi un senso di vuoto ed angoscia. Ma questa volta era stato molto più intenso, violento: qualcosa le era passato accanto e l'aveva appena sfiorata.
Si guardò intorno smarrita, ma nello stesso tempo, desiderosa di capire cosa le stesse accadendo e se quelle sensazioni fossero solo frutto di una sua suggestione o qualcosa di
reale.
Riprese a camminare a testa bassa, stringendosi nella giacca scura e nascondendo il viso nell'alto bavero, senza una meta precisa. Quella strana e fastidiosa impressione non voleva abbandonarla, anzi, si faceva sempre più intensa. Si sentiva osservata, seguita. Un antico timore che non aveva più provato da tanto tempo si impadronì dei suoi sensi.
D'istinto decise di imboccare una piccola traversa e si infilò in un vicolo buio.
Si fermò, appoggiandosi con le spalle alla parete di un edificio ed attese, aprì la giacca sfiorando con la mano la cosmo gun che teneva sempre appesa alla cintura. Un vecchia abitudine a cui non aveva voluto rinunciare.
Il cuore le martellava nel petto, poteva sentire perfettamente il rumore del suo respiro irregolare, il fiato caldo che sfuggiva alla sua bocca si mutava in piccole nuvole di vapore. Attese un tempo che le parve infinito ma, stranamente, non accadde nulla di quello che temeva potesse accadere.
Decise di proseguire cercando di soffocare l'angoscia e il senso di frustrazione che le erano rimasti, senza però riuscirci pienamente. Ma non si immise di nuovo sulla strada principale illuminata e gremita di passanti, proseguì per il vicolo buio, inoltrandosi nell'oscurità. Chiunque fosse stato a seguirla certamente l'attendeva all'entrata, cambiando direzione sperava di riuscire a sfuggirgli.
Era quasi giunta alla fine della stradina quando udì distintamente dei passi lenti avvicinarsi dietro di lei. Subito si fermò pietrificandosi. Con la mano posata sulla cosmo gun e il cuore in gola si voltò lentamente. Scoprì che si trattava di un'alta figura i cui contorni erano violentemente delineati dall'alone luminoso delle intense luci provenienti dalla strada principale.
Non era un'impressione quindi, non lo era
mai stata... Ma perché quell'ombra, che appariva quasi astratta e indefinita di fronte a lei, aveva deciso di palesare la sua presenza?
Chi sei? Cosa vuoi?” Gli intimò, con tono di voce fermo e deciso che non tradiva affatto il suo timore. L'individuo non reagì ma rimase immobile ed in silenzio a poca distanza da lei.
Il senso di ansia non voleva abbandonarla, con la mano sulla pistola ritornò sui suoi passi muovendosi verso quella sagoma scura, pronta ad estrarre l'arma in caso di necessità, smaniosa di scoprire quel volto sconosciuto.
Avvicinandosi i contorni di quell'ombra si andavano sempre più delineando, la flebile luce che proveniva dalle navi che si stagliavano in volo e che attraversavano il cielo proprio sopra di loro le permisero di svelarne l'identità. Riconobbe quel viso, quello sguardo e il suo cuore perse un colpo. Non riusciva a credere che fosse proprio
lui. Era convinta che non lo avrebbe mai più rivisto e, soprattutto, non dopo tanto tempo.
Sospirò profondamente mentre lui continuava a fissarla in silenzio, con quella sua tipica espressione triste e un po' frustrata, tremendamente sensuale.

Come hai fatto a trovarmi?” Gli chiese addolcendo il tono e lui le regalò un lieve sorriso compiaciuto piegando appena un lato della bocca.
Kei si diede mentalmente della stupida. “Domanda inutile...” si rispose, ricambiandolo con una smorfia sarcastica.

Perché sei qui?” Sussurrò, questa volta con la voce leggermente incrinata dall'emozione.
Lui esitò qualche istante prima di risponderle. “Avevo bisogno di vederti... ancora una volta.”

Continua...


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Note:

1) Hankorra è un nome di mia invenzione, ogni riferimento a cose, persone o situazioni esistenti è del tutto casuale.

2) Astral Gale nome di astronave di mia invenzione, ogni riferimento a cose, persone o situazioni esistenti è del tutto casuale.

3) Luxys nome di stella di mia invenzione, ogni riferimento a cose, persone o situazioni esistenti è del tutto casuale.

Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto.



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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Eccoci al secondo episoldio! Vorrei innanzi tutto ringraziare chi ha già messo questa storia tra le preferite e seguite. Sono davvero lusingata. Spero di non tradire le aspettative. E spero che le fan di Kei non mi scortichino hi hi hi... Vi lascio al capitolo...


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Capitolo II


le parole mancano, sembrano svanire,
certe cose iniziano ma non hanno fine...

(Giusy Ferreri, Volevo te)



Kei l'osservò studiandolo attentamente: quell'unico occhio, l'inconfondibile cicatrice che sfregiava il suo bellissimo volto, i capelli lievemente mossi dalla brezza serale. Ancora non riusciva a credere di averlo di fronte, ma non era un'illusione, aveva udito davvero la sua voce dall'inconfondibile tono morbido, profondo, che le accarezzava i sensi... che le aveva fatto sanguinare il cuore troppe volte, aveva sentito la pesantezza dei suoi passi. Non poteva che essere reale.
Era avvolto in un lungo cappotto nero che esaltava ancora di più la sua figura alta, slanciata, e che lo aveva sapientemente mimetizzato tra la folla. I capelli folti erano lievemente spettinati e ribelli come sempre, il viso pallido, emaciato, l'occhio lucido, febbricitante. Le mani nascoste nelle tasche. Era sempre lui, non era affatto cambiato in cinque lunghi anni, ma di questo non ne era sorpresa. Era lei invece ad essere cambiata.
Deglutì, ma aveva la gola secca. Indubbiamente ritrovarselo di fronte, così all'improvviso, l'aveva turbata. Era riuscito a stupirla. Non avrebbe mai pensato che un giorno l'avrebbe cercata, si era sempre sentita insignificante dinnanzi ai suoi sentimenti. Invece, proprio quando ormai si stava ricostruendo una vita senza di lui, lontano dal suo mondo, Harlock era lì, in tutta la sua oscura e inquietante bellezza, e in lei si stavano già pericolosamente risvegliando antiche sensazioni soffocate, ma mai sopite.

Ehi Neela! Dove diavolo sei finita? Ho trovato un condensatore di energia usato a meno di duecento crediti, un vero affare credimi, sembra nuovo di zecca...

Una voce maschile proveniente dal comunicatore che portava al polso la fece sussultare. Harlock invece assottigliò lo sguardo fissandola ancora più intensamente, come se non fosse affatto sorpreso di aver udito quella chiamata.
Kei avvicinò il comunicatore alle labbra senza distogliere gli occhi da quell'iride castana, screziata da mille sfumature dorate, che la scrutava insistentemente con aria indagatrice. “D'accordo
Dekher, prendilo. Io sono... sono in cerca di una sistemazione per la notte. Mi farò viva presto.” Mentì a malincuore ed il tono della sua voce, sforzatamente normale, tradiva il suo disagio; ma non aveva altra scelta e, nello stesso istante, notò l'espressione di Harlock farsi più cupa.

Neela... va tutto bene?

Insistette l'uomo, lievemente preoccupato e lei chiuse gli occhi rassegnata, non avrebbe mai voluto che Harlock sapesse dell'esistenza di Dekher.
Va tutto bene” lo rassicurò addolcendo il tono, cercando di mostrarsi più tranquilla. Chiuse la comunicazione e riaprì gli occhi rivolgendosi ad Harlock, stavolta con uno sguardo severo ed accigliato.
Cosa vuoi ancora da me?” Si rivoltò contro di lui irritata, seccata. Non riusciva a spiegarsi il motivo di quel gesto. Non era da lui lasciarsi andare ai rimpianti, ai ripensamenti. Perché l'aveva cercata di nuovo? Davvero non riusciva a capire.
Quell'uomo non è chi dice di essere” la spiazzò invece lui schietto, diretto come lo era sempre stato, e Kei sgranò gli occhi raggelandosi.
Era assurdo: Harlock aveva silenziosamente indagato su di lei, sulla sua vita, sulle persone che frequentava. Un moto di rabbia la scosse violentemente. “Chi ti ha dato il diritto di intrometterti, di irrompere impunemente nella mia vita dopo... dopo avermi lasciata andare?” Lo aggredì velenosa.
Nessuno... ma avevo il dovere di informarti...” si giustificò lui in tono calmo, pacato, senza svelare la sua crescente apprensione. Era dannatamente bravo a mascherare la sua inquietudine, al contrario di lei che invece si stava pericolosamente alterando.
Non hai più alcun dovere nei miei confronti. Sono perfettamente in grado di badare a me stessa...” fu la sua risposta secca e concisa. Oltre all'incredulità si sentiva indignata, ferita. Perché dopo tanto tempo si stava interessando a lei? “Vattene. Torna da... dalla tua aliena, è quello il tuo posto. Lasciami in pace” sibilò quasi disgustata. Non poteva farle questo: riapparire come un'ombra, come un maledetto fantasma nella sua vita, proprio adesso che era riuscita a voltare pagina, a recidere quelle tenaci radici che l'avevano tenuta legata a lui per tanto tempo.
Dalla mia aliena?” Ripeté lui sorpreso, socchiudendo l'occhio e accennando un lieve movimento della testa. “È questo quello che pensi? È per questo che hai deciso di andartene?”
Kei non riusciva a credere a quello che le stava dicendo. Ce l'aveva ancora a morte con lui, la rabbia era un sentimento che non era ancora riuscita a scrollarsi di dosso, nonostante gli anni trascorsi e la lontananza. Detestava quel suo modo di fare apparentemente distaccato, abilmente contorto, a volte tremendamente crudele. Si era sempre comportato con freddezza nei suoi confronti, aveva annientato ogni suo disperato tentativo di penetrare quell'assurda corazza che si era costruito intorno. Aveva sbattuto contro quel muro di indifferenza troppe volte e si era rialzata sempre a brandelli.
L'unica confessione che era riuscita a strappargli era una verità che non avrebbe mai voluto sentire: un uomo come lui non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti, non sarebbe mai potuto essere il compagno che desiderava. E lei, alla fine, ne aveva compreso e accettato il motivo: Meeme. Un'unica risposta a tutti gli interrogativi che si era posta.
Era
l'aliena che Harlock voleva ed era con lei che avrebbe trascorso l'eternità, non con una patetica ragazzina troppo intraprendente che avrebbe dato qualsiasi cosa, persino la vita, per il suo capitano.
In quel momento si era resa conto di essere di troppo, o forse che non poteva accettare quella misteriosa ed inquietante complicità che esisteva tra loro. Non le restava altro che abbandonare la nave, i suoi compagni, gli ideali per cui aveva tenacemente combattuto per andare a cercare la
sua libertà, lontano da lui. “Non è forse vero? Vuoi forse ancora negarlo? Solo con lei non hai mai avuto bisogno di nasconderti...” Questa volta le parole le uscirono con un velato tono di dolore e di crudeltà. Voleva ferirlo e ci stava riuscendo.
Harlock si turbò. “Kei, io...” non poteva credere che avesse pensato per tanto tempo una cosa del genere.
Sei innamorato di lei... abbi almeno il coraggio di dirlo guardandomi in faccia” lo interruppe e la sua era quasi una supplica.
Harlock per la prima volta si sentì spiazzato dalla schiettezza con cui la sua ex ufficiale gli stava parlando, si rese conto pesantemente che la sua incapacità di comunicare e di esprimere quello che davvero provava, aveva portato Kei a compiere una scelta difficile, giusta, seppur dolorosa, ma per dei motivi sbagliati.

No, Meeme non c'entra. Se ho agito in quel modo è stato solo per il tuo bene... per proteggerti. Non ho avuto altra scelta.” Chiuse l'occhio e abbassò lievemente il capo, non avrebbe mai voluto esporsi, ma in quel momento non poteva più fingere.
Kei sorrise sarcastica, ma le lacrime stavano pericolosamente facendo capolino nei suoi occhi, illuminandole lo sguardo.

Gentile da parte tua” ironizzò amareggiata. Perché voleva mischiare le carte, confonderle le idee? Avrebbe tanto desiderato che quelle parole le avesse pronunciate cinque anni prima, allora avrebbe potuto credergli ed avere un appiglio a cui aggrapparsi. Sarebbe stato tutto diverso. Ma adesso, quella specie di ammissione per lei non aveva più senso. Recuperò tutto il suo autocontrollo per non mostrarsi debole, non gli avrebbe mai più permesso di manovrare la sua vita o di decidere al suo posto. “Sono libera, sono felice, non è quello che volevi? Non faccio più la guerra, capitano. Né contro i tuoi nemici... né contro di te. Quella parentesi della mia vita si è chiusa, per sempre.”
Harlock la fissò intensamente e scorse nei suoi occhi quella luce antica e inconfondibile che l'aveva sempre affascinato, riconobbe nel suo sguardo fiero l'indomita guerriera che l'aveva seguito in mille battaglie. Kei credeva di essere cambiata ma in realtà non lo era. Era ancora il suo
prezioso secondo ufficiale e lo sarebbe sempre stata. Ovunque e comunque.


Continua...

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III



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Capitolo III


l’amore è un limite, oltre non puoi andare...

(GiusyFerreri, Volevo te)



Harlock la fissò scrutandola con quel suo unico occhio che aveva il dannato potere di trapassarle l'anima. “Anche se ti fai chiamare Neela Yarr rimani sempre Kei Yuki. Che ti piaccia o no sei nata per combattere. Hai l'istinto. Poi costringerti a soffocarlo, ma non puoi rinnegare la tua natura” la provocò con quel suo solito modo di fare sicuro e sprezzante.
Kei sorrise amaramente. “Tu non sai proprio nulla...” sibilò, inasprendosi e assottigliando lo sguardo. “Non ti permetto di giudicare come vivo la mia vita. Mi credi così stupida? Debole? Credi che abbia così tanto bisogno di essere amata da buttarmi tra le braccia di uno qualunque? Del primo arrivato?” Inspiegabilmente era quasi contenta, riconoscente, dell'inaspettata possibilità di potergli sputare in faccia tutto quello che non aveva mai avuto il coraggio di confessargli sull'Arcadia.
No. Non lo credo...” ammise lui mesto, rendendosi conto di aver colpito nel segno, avrebbe davvero voluto che Kei avesse ragione, ma sapeva che non era così.
Kei si turbò, non credeva che sarebbe mai arrivato ad esporsi in quel modo, lo sentiva quasi vulnerabile. “Se hai davvero a cuore la mia libertà... allora lasciami andare...” lo pregò, nei suoi occhi un misto di tristezza e dolore. Nello stesso istante lo sentì sospirare.
Sa chi sei veramente. Ti sta solo usando per riuscire ad arrivare a me.” Lo disse in tono insolitamente morbido, sapeva che quelle parole sarebbero state come una lama affilata per lei, ma non poteva tacere. Non questa volta che era in gioco molto più dei loro sentimenti.
Kei scrollò il capo sorridendo sarcastica. “Davvero credi di essere così importante? O forse c'è qualcos'altro? Non riesci ad accettare che io possa essere felice lontano... dal tuo inferno personale? In ogni caso sei patetico...”
Le accuse di Kei lo scossero, ma non poteva darle torto. La sua presenza lì, in quel vicolo buio, su quel pianeta di frontiera, significava solo una cosa: lei aveva ragione. Avrebbe tanto voluto darle quello che desiderava, abbandonarsi ai sentimenti che nutriva per lei, ma non ne aveva avuto il coraggio e, paradossalmente, aveva dovuto appellarsi a tutto il suo coraggio per lasciarla andare, perché credeva fosse la cosa più giusta.
Lasciami in pace” ribadì lei e questa volta nella sua voce c'era qualcosa di terribile che lo turbò nel profondo: una durezza che non aveva mai percepito.
Non posso farlo...” reagì, muovendo un passo nella sua direzione.

Kei non indietreggiò e rimase impassibile. “Non ti avvicinare” lo minacciò. Harlock sgranò l'occhio nell'udire un rumore metallico provenire da sotto la sua giacca e qualcosa luccicare nell'oscurità: era la canna di una pistola puntata contro di lui. La fissò negli occhi, quei suoi meravigliosi occhi azzurri, un tempo limpidi e innocenti che ora invece lo accusavano severi, senza riuscire a frenare il senso di sconfitta ed inquietudine. “Mi odi fino a questo punto?” Riuscì appena a sussurrarle.
Ho dovuto odiarti... era l'unico modo per trovare la forza di andarmene.” Non avrebbe mai voluto dirglielo, ma lui voleva la verità, doveva sapere quello che le era costato, il dolore che le aveva lasciato dentro e che, a malapena, in cinque anni era riuscita ad alleviare. “Non voglio che ti intrometta più nella mia vita. Io ho fatto la mia scelta e tu hai fatto la tua... è troppo tardi, ormai.”
Harlock socchiuse l'occhio e le fece un leggero cenno col capo; aveva fatto tutto quello che era in suo potere per avvertirla, non era nel suo stile insistere oltre.
Kei annuì, addolcendo leggermente lo sguardo, rinfoderò la cosmo gun voltandosi lentamente e proseguì verso la fine del vicolo.

* * *

L'aria fredda della sera le pungeva gli occhi inondati di lacrime. Camminava velocemente a testa bassa con il cuore gonfio e un senso di angoscia nel petto che la opprimeva. Aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai più pianto per lui, ma non poteva immaginare che si sarebbe rifatto vivo nella sua vita dopo tanto tempo. O forse addirittura non l'aveva mai abbandonata.
Perché era tornato? Perché proprio adesso che era quasi riuscita a dimenticarlo? Perché non aveva almeno il diritto di vivere una vita normale accanto ad un uomo qualsiasi? Era davvero una cosa così assurda per una donna come lei?
In quel momento si rese conto che forse lo odiava davvero. Se non lo avesse mai più rivisto sarebbe riuscita a perdonarlo, ma ora non ne era più capace.
Trovò una sistemazione per la notte: una camera da pochi crediti ma pulita ed accogliente. Trasportando il quantinuum
1 non si sarebbe mai arricchita, di questo ne era consapevole, ma era un lavoro onesto che non le dispiaceva. Avvertì Dekher di raggiungerla, le era sembrato molto preoccupato attraverso il comunicatore, lo rassicurò augurandosi che non le chiedesse ulteriori spiegazioni.
Desiderava solo guardare avanti e dimenticare, volare via da quel pianeta e soprattutto dal pensiero di lui.
Mentre si liberava della giacca e della pistola, i
ricordi di quegli ultimi cinque anni la travolsero come un'onda impetuosa e non le rimase altro che farsi trascinare.
Dopo aver lasciato l'Arcadia aveva vissuto molto tempo nella più completa solitudine, aveva bisogno di ritrovare se stessa prima di potersi relazionare con gli altri. Aveva cambiato nome e stile di vita per rompere qualsiasi legame con la sua vita passata. Ricominciare da zero era l'unico modo per riemergere dall'oblio in cui era sprofondata. Kei Yuki era morta e Neela Yarr era venuta alla luce. All'inizio si concedeva solo relazioni occasionali, che duravano una notte o poco più, e poi sentiva il bisogno di fuggire, di non lasciare tracce, di non legarsi. L'ombra di quello che era stata continuava a perseguitarla, era convinta di non potersene più liberare. Poi lentamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, faticosamente era riuscita a scrollarsi di dosso parte del dolore, del senso di sconfitta che le era rimasto dentro, e a guardare al futuro con ritrovato entusiasmo. Ma soprattutto aveva iniziato a farsi strada in lei il bisogno di dare fiducia a chi desiderava avvicinarla. Ormai era convinta che, dopo tanto tempo, nessuno l'avrebbe mai più collegata alla ciurma dell'Arcadia.
Dekher non era nemmeno vagamente simile ad Harlock, era proprio tutto l'opposto e forse era stato proprio questo che l'aveva colpita la prima volta che si erano incontrati. L'aveva difesa da un balordo che voleva metterle le mani addosso in un locale di dubbia fama, prendendosi anche un pugno in faccia. N
on che lei fosse incapace di difendersi, ma l'intraprendenza di quel giovane, a cui probabilmente era sembrata fragile ed indifesa, l'aveva colpita.
Erano fuggiti per evitare di essere arrestati dalle forze dell'
Ordine Supremo Galattico2 sopraggiunti per sedare la tremenda rissa scoppiata e da allora non si erano più separati.
Non credeva possibile che un giorno si sarebbe legata a qualcuno completamente differente dal
suo capitano. O forse era accaduto proprio perché in quel giovane non riusciva a riconoscerlo. Dekher non possedeva nulla che potesse ricordarglielo, aveva i capelli corti, biondo scuro, alcuni ciuffi più lunghi gli ricadevano scompigliati sulla fronte incorniciando un viso magro ma regolare, terribilmente sensuale. Quello che colpiva maggiormente in lui erano le iridi chiarissime, di un colore indefinito, cangiante, che variava dall'azzurro cristallino al verde acqua. Il suo sguardo intenso e quel suo sorrisino accattivante, sempre stampato sulle labbra leggermente carnose, l'avevano piacevolmente conquistata. Era alto e snello ma lievemente più muscoloso di Harlock e, di sicuro, anche più giovane. Ma soprattutto era diverso il suo modo di fare: Dekher era disinvolto e affabile, ironico ma mai sfacciato, aveva sempre la battuta pronta senza apparire presuntuoso o, peggio, volgare. E soprattutto la faceva ridere come non le era mai accaduto prima. Aveva bisogno della compagnia di qualcuno che le donasse un po' di serenità e gioia di vivere, per questo era convinta che l'avvertimento di Harlock fosse infondato. Non gli avrebbe mai più permesso di sopraffarla, di destabilizzare il suo cuore.

* * *

Dekher le si avvicinò sorprendendola alle spalle, affondò il naso tra i suoi capelli e, con un lieve bacio, le solleticò l'orecchio. “Mi sei mancata...” le sussurrò malizioso stuzzicandole il lobo con la punta del naso e lei sorrise. La sua voce era morbida, chiara, accattivante.
Anche tu” gli rispose in un soffio, era ancora turbata dall'incontro con Harlock ma l'improvviso abbraccio di Dekher le aveva ridato fiducia. Il calore del suo petto a contatto con la sua schiena era avvolgente, tranquillizzante. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quel tepore. Aveva bisogno di recuperare la sua rassicurante quotidianità, quelle piccole cose che le riempivano il cuore, quelle preziose attenzioni che Dekher sapeva riservarle e che la facevano sentire desiderata, amata.
Si voltò verso di lui ruotando tra le sue braccia e gli posò un lieve bacio sulle labbra prendendolo alla sprovvista. Poi lo guardò sorridendogli, le mani scivolarono sensuali sulle sue spalle muscolose e poi sulla nuca, infilando le dita tra i suoi capelli. Dekher le cinse la vita attirandola a sé, avvicinò la bocca alla sua e la prese in un lungo bacio avido ed appassionato.
Poi però, inaspettatamente, si scostò da lei frugando nella borsa che portava a tracolla. Ne tirò fuori un piccolo oggetto cilindrico che Kei riconobbe subito. “Eccolo, il nostro
lasciapassare per la prossima frontiera.” Le fece l'occhiolino mostrandole il condensatore di energia che teneva stretto e saldo nella mano.
Kei sussultò leggermente assottigliando lo sguardo, l'espressione serena che aveva dipinta in volto si fece improvvisamente seria e tirata. “Credevo lo avessi già sostituito...” azzardò, corrugando la fronte, ma lui le rispose con un sorrisino beffardo. “Non ancora...”


Continua...

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Note:

1) Quantinuum: nome di minerale di mia invenzione, ogni riferimento a situazioni esistenti è puramente casuale.

2) Ordine Supremo Galattico: nome delle forze di polizia di mia invenzione, ogni riferimento a situazioni esistenti è puramente casuale.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

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Capitolo IV


E passano i giorni, partenze senza ritorni
graffiano i muri, le mani e noi che siamo lontani...

(Giusy Ferreri, Volevo te)


Kei scrutò Dekher accigliata, sentendo salire dentro, come una marea irrefrenabile, un senso di inquietudine. “Perché non l'hai sostituito, cos'hai fatto per tutto questo tempo?” Lo riprese, insospettita da quel suo repentino cambio di atteggiamento.
Il biondo rinnovò il suo sorrisino compiaciuto esitando qualche istante prima di risponderle: “ho incontrato un vecchio amico...”si giustificò, rimanendo sul vago.
Credevo non avessi amici in questo settore...” Kei lo fissò con diffidenza, aggrottando la fronte. Aveva compreso che c'era qualcosa di strano, ma non era nel suo stile aggirare l'ostacolo, semmai proprio il contrario.
Un silenzio inquietante scese tra loro. Dekher abbassò la testa come a voler evitare il suo sguardo indagatore. “Ci sono molte cose che non sai di me...” la spiazzò pronunciando piano quelle parole, pericolosamente ambigue e, nell'udirle, Kei si irrigidì. Lentamente si allontanò da lui muovendo qualche passo all'indietro fino a quando non incontrò la fredda parete della camera e vi si appoggiò turbata.
Lo vide sogghignare. “Io invece, conosco molte cose interessanti sul tuo conto...” continuò lui, sollevando lo sguardo diventato improvvisamente più severo, “per esempio che non sei poi così... indifesa. Ho ragione,
Kei Yuki?”
Sentirsi chiamare col suo vero nome le fece l'effetto di una doccia gelata, qualcosa le si spezzò dentro e tanti piccoli frammenti affilati le si infilzarono nel cuore. Istintivamente portò la mano al fianco per impugnare la pistola, ma si ricordò che si era liberata dell'arma appena entrata nella stanza, per mettersi a suo agio. Girò velocemente gli occhi verso la poltrona dove pendeva il cinturone e si rese conto che era troppo lontano per poterlo raggiungere e Dekher, nel frattempo, le si era avvicinato di più.
So cosa hai in mente, scordatelo” la freddò.
In quell'istante Kei si sentì morire:
Harlock aveva ragione, il disperato bisogno di sentirsi amata, desiderata, l'aveva resa debole, vulnerabile. Si era fidata di quell'uomo abbandonandosi a lui, senza preoccuparsi delle possibili conseguenze. Ma cosa voleva davvero Dekher da lei?
Perché?” Gli sussurrò piano, fissando quei suoi occhi cerulei divenuti due sottili fessure, gelidi ed inespressivi, molto lontani da quelli che l'avevano sempre accarezzata con dolcezza.
Facevi parte del suo equipaggio, non è vero? L'equipaggio di quel pirata” la provocò affilando lo sguardo, con un tono tagliente che non avrebbe mai creduto potesse appartenergli.
Non so di cosa tu stia parlando...” Kei tentò di prendere tempo, qualcosa doveva pur inventarsi per uscire da quella situazione.
È inutile mentire, so che eri il suo secondo ufficiale. Ho accesso agli archivi segreti della Gaia” la sorprese, senza lasciarle via di scampo.
Un cacciatore di taglie...” mormorò lei, arrendendosi all'evidenza e fissandolo disgustata.
Oh, ti prego, non guardarmi con quell'aria schifosamente delusa. Credevi davvero che saremmo stati insieme tutta la vita? Mi meraviglio di te, ti facevo più scaltra.”
Cosa vuoi?” Riuscì a mala pena a pronunciare. Non era nella sua indole lasciarsi andare alla disperazione, non lo aveva mai fatto, nemmeno di fronte al rifiuto del suo più grande amore. Ma questa volta aveva creduto davvero di essersi lasciata la sua vita precedente alle spalle, si era illusa di poter vivere ed amare come una donna qualunque. Invece, Harlock aveva avuto ragione ancora una volta, la sua maledizione non voleva abbandonarla, l'avrebbe tenuta legata a lui per sempre. Non avrebbe mai potuto allontanarsi abbastanza, anche se fossero stati distanti migliaia di anni luce.
Dopo averla brutalmente derisa Dekher la imprigionò con il suo corpo contro la parete. “Ho una proposta da farti: come ufficiale in seconda di sicuro sei a conoscenza del codice criptato con cui l'Arcadia comunica con i ribelli, la sorgente del codice è l'unico modo per rintracciare la sua posizione in qualunque punto dell'universo... La Gaia ce lo pagherà una fortuna, altro che quei pochi miseri crediti che racimoliamo trasportando il
quantinuum.
Kei sussultò; Dekher sapeva del codice, evidentemente era molto più in gamba di quanto pensasse. “Credi davvero che sia disposta a rivelartelo? Non mi conosci abbastanza...” Si sforzò di mostrarsi sicura, anche se dentro di sé si sentiva andare in frantumi.
Oh andiamo... che ti importa di quel pirata? L'hai lasciato, no? Rifletti: diventeremo ricchi e potremo spassarcela, alla faccia di quel terrorista fanatico” tentò di convincerla addolcendo il tono e mostrandosi più accomodante.
Mi fai schifo...” riuscì solo a sputargli in faccia, disgustata da quelle viscide insinuazioni, “non te lo rivelerò mai!” Sentenziò categorica sostenendo il suo sguardo senza timore.
Dekher sorrise malefico scuotendo il capo. “Lo farai, invece. Sostituire il condensatore di energia è l'unico modo per lasciare questo buco; in caso contrario l'Astral Gale è più lenta di una bagnarola ad impulso. Non andresti lontano anche se riuscissi a scappare...” Il suo atteggiamento era provocatorio e velenoso mentre le mostrava il piccolo cilindro metallico che aveva ancora nella mano. Le strizzò l'occhio compiaciuto e poi lo ripose prudentemente nella borsa.
Kei deglutì a vuoto fissandolo amareggiata. Non aveva molta scelta: era sola ed in trappola. Quell'infame non aveva torto: non poteva lasciare il pianeta con l'Astral Gale in quelle condizioni, e nemmeno impadronirsi di un'altra astronave, troppi controlli e troppi soldati.
Sospirò stancamente, ormai non aveva più speranze. Per l'ennesima volta il mondo le stava crollando addosso. “Sei stato tu, vero? Hai sabotato apposta il condensatore per costringermi ad un atterraggio di emergenza.”
Dekher sorrise divertito. “Sei in gamba. Ma non abbastanza per fregarmi. Però devo ammetterlo...
scoparti è stata una delle cose migliori che mi siano mai capitate. È un vero peccato. Arrenditi e ne trarremo entrambi vantaggio. Dammi quel codice!” Ribadì serio e il suo tono secco lasciava intendere che non stesse affatto scherzando.
Kei scosse lievemente la testa, le lacrime le stavano prepotentemente salendo agli occhi, ma si sforzò di non piangere. Si sarebbe fatta uccidere, ma non gli avrebbe mai rivelato quello che voleva sapere, non avrebbe mai tradito quello in cui aveva creduto per una vita.
Scattò per gettarsi a recuperare il cinturone, conscia che Dekher avrebbe fatto di tutto per fermarla. Ma a quel punto non aveva più nulla da perdere. Avrebbe preferito morire, piuttosto che finire in mano alla Gaia e mettere in pericolo Harlock e i suoi vecchi compagni. L'uomo la bloccò repentino afferrandola per un braccio e, piantandole una mano alla gola, la immobilizzò di nuovo contro la parete fissandola spazientito. “Non hai scampo
tesoro, ti conviene collaborare. In caso contrario... vali parecchi crediti anche da morta.” Strinse le dita con più forza e lei si sentì soffocare. Cercò di divincolarsi dalla sua presa ma Dekher era forte, dannatamente troppo forte. Quelle braccia che l'avevano stretta tante volte, l'avevano consolata, l'avevano cullata dopo essersi amati, ora la stavano imprigionando senza pietà.
Decise di arrendersi e di non ribellarsi; sarebbe morta lì, tra quelle braccia che aveva voluto credere amiche, con la gola serrata tra le dita della sua mano.

La vista cominciava ad annebbiarsi e tutto iniziava a farsi scuro e confuso, Kei stava per lasciarsi andare, era finalmente finita, ma un colpo secco fece sussultare Dekher. La stretta che aveva al collo si allentò e riuscì a malapena a riprendere fiato prima di soccombere. Distinse vagamente l'espressione di quell'uomo farsi incredula, gli occhi sgranati la fissavano sconvolti, un violento colpo di tosse lo scosse ed alcune gocce di sangue le schizzarono addosso.
Dekher cercò di pronunciare qualcosa ma le parole gli morirono in bocca; lasciò definitivamente la presa gettandosi su di lei, aggrappandosi alle sue spalle, artigliando la sua maglia. Poi, lentamente, scivolò a terra, ai suoi piedi, rimanendo immobile.
Ansimando Kei si portò le mani al collo dolente, riempì finalmente d'aria i polmoni e, adagio, si lasciò cadere seduta sul freddo pavimento di quella camera da pochi crediti.
Volse lo sguardo verso la porta, dalla quale era giunto il colpo. Aveva ancora la vista offuscata ma stavolta dalle lacrime che le inondavano gli occhi. Scorse una sagoma scura che impugnava una pistola, ancora fumante per il colpo esploso, senza riuscire ad intuirne l'identità.
Lo sconosciuto ripose l'arma e le si avvicinò con passo pesante, metallico. A poca distanza da lei si chinò per raccogliere qualcosa, poi la raggiunse e le tese una mano guantata. Kei alzò gli occhi lentamente per metterla a fuoco. Il suo sguardo, sconvolto e disperato, scivolò lungo l'avambraccio e poi ancora più su, verso la spalla, fino a raggiungere il viso: Harlock la fissava con un lieve sorriso, sincero, rassicurante. Un sorriso che non gli aveva mai visto.
Titubante mosse la mano per afferrare la sua e poté sentire la sua stretta forte, potente, che la sollevava avvicinandola a sé. Si ritrovò in piedi di fronte a lui, incredula e ancora scossa, il corpo senza vita di Dekher steso a terra, poco lontano dai suoi piedi.
Harlock la guardò con un'espressione dolce, stranamente tranquilla, lievemente velata di tristezza, e lei si sentì morire un'altra volta. L'aveva protetta, avvertita, infine salvata, e lei non aveva voluto credergli, nemmeno concedergli il beneficio del dubbio. Era talmente arrabbiata con lui che non era più disposta ad ascoltarlo e dargli fiducia.
Harlock invece si sentiva per assurdo sconfitto. Credeva di averla resa libera lasciandola andare, voleva offrirle la possibilità di essere davvero felice come era giusto che fosse. L'aveva scoraggiata di proposito affinché potesse guardare oltre. L'aveva lasciata andar via costringendosi a soffocare i suoi sentimenti, comportandosi in modo crudele e spietato, perché era convinto che fosse l'unico modo per non lasciarle rimpianti.
Ma lui l'amava, non poteva negarlo a se stesso, per questo non aveva mai smesso di vegliare su di lei. Per cinque anni era rimasto nell'ombra, l'aveva seguita, osservata a distanza, per essere sicuro che stesse bene e che avesse trovato qualcuno che valesse davvero la pena amare. Qualcuno che l'avrebbe resa felice. Ma non si era reso conto di quanto, in tutti gli anni che avevano condiviso, le avesse condizionato l'esistenza. Kei era e sarebbe rimasta comunque una pirata, una fuorilegge, sarebbe stata sempre una facile preda per i suoi nemici, un'allettante possibilità da sfruttare in modo subdolo per arrivare a lui.
Senza volerlo aveva segnato il suo destino per sempre. Le aveva concesso una libertà fittizia, illusoria, di cui non avrebbe mai potuto veramente godere. Ma non poteva permettere che fosse Kei a pagare per i suoi errori, per le sue scelte. In cuor suo aveva sperato che avrebbe potuto vivere un'esistenza normale, ma anche quella si era rivelata una crudele illusione.
Notò che Kei stava tremando, inevitabile conseguenza dello shock che aveva appena subito e, agendo d'impulso, la circondò con le sue braccia stringendola forte
a sé, questa volta senza dubbi, timori o incertezze. Kei aveva bisogno di lui e lui era lì. Lo era solo per lei, per il suo prezioso secondo ufficiale. Non l'avrebbe mai lasciata in balia di quella solitudine in cui l'aveva costretta ancora una volta. Non esisteva nient'altro se non quell'istante tra loro, agognato da troppo tempo.
La strinse fino a quando non la sentì rilassarsi e abbandonarsi tra le sue braccia. Avrebbe dovuto farlo tanto tempo prima. Sarebbe stato tutto diverso. Non sarebbero giunti a quel punto di non ritorno. Ma non poteva cambiare il passato, poteva solo cogliere quell'attimo che era stato loro concesso.
Istintivamente cercò le sue labbra scoprendosi smanioso dalla voglia di sentirle, di gustarne il sapore sconosciuto. Si inclinò verso il suo viso, lentamente, per farle capire le sue intenzioni.
Kei si scostò leggermente da lui per fissarlo incredula. Non aveva mai visto quell'espressione dolce e rilassata dipinta sul suo viso, sempre cupo, imperturbabile, ed un brivido intenso la scosse. R
ispose a quel richiamo, così invitante quanto assurdo, incerta, titubante mentre le braccia scivolavano inconsciamente sulle sue spalle per aggrapparsi disperatamente a lui.
Harlock con il pollice le pulì uno schizzo di sangue che aveva sul viso e poi a
dagiò le labbra sulle sue. Sebbene la sfiorassero a malapena, lei le sentiva ardere. Con la punta della lingua lui le accarezzò il labbro inferiore, poi quello superiore e lei schiuse poco la bocca per accoglierla, accarezzarla come aveva sognato di fare molte volte. Era stranamente dolce e delicato il suo sapore. Gli sfiorò lievemente la nuca affondando le dita nei suoi capelli lunghi e morbidi artigliandoli.
Le piaceva come baciava, era passionale ma non troppo, istintivo ma rispettoso.
Un desiderio rovente le invase le vene, le chiedeva con impeto di bruciare ogni resistenza per lasciarsi andare senza più alcun freno a quel bacio improvviso, inaspettato, impulsivo, che diventava pericolosamente sempre più famelico ed esigente.
Harlock percepì il corpo di Kei fremere, combattuto tra il desiderio di scappare e di abbandonarsi finalmente ai sentimenti che aveva da sempre provato per lui. La trattenne stringendola più forte, per farle capire che era solo lei che voleva, cercando di prolungare quella danza appassionata e sensuale tra le loro lingue il più possibile, fino a quando il bisogno di prendere aria lo spinse a malincuore a staccarsi dalle sue labbra.
La fissò ansimante, eccitato e scosso per quel momento di debolezza a cui non aveva potuto fare a meno di cedere, ma l'espressione che colse sul viso di Kei fu come un pugnale piantato nel cuore. Era triste e dolce al contempo, riconoscente per quello che era appena successo, ma anche consapevole che non le sarebbe bastato.
Le sorrise. “
È questo quello che vuoi, vero?” Le mostrò ciò che aveva nella mano: il condensatore di energia che aveva raccolto poco prima, rotolato fuori dalla borsa di Dekher. Quel piccolo oggetto, dall'aspetto insignificante, rappresentava la libertà, la possibilità di ricominciare di nuovo, ma doveva essere Kei a decidere. Avrebbe voluto chiederle di tornare, di venire via con lui ma era anche consapevole che, dopo tutto quello che era accaduto, forse lei non era più disposta a rinunciare a quella libertà che aveva tanto voluto donarle a tutti i costi.
Kei sospirò profondamente ed annuì stringendosi nelle spalle, lasciandogli ancora più cocente e pungente il senso di sconfitta. Per una manciata di minuti erano stati quelli che avrebbero voluto essere: un uomo ed una donna soltanto, in una camera da pochi crediti, su di un anonimo pianeta di frontiera. Ma c'era il corpo di un uomo a terra a pochi centimetri da loro, un uomo che lei aveva creduto di poter amare e che Harlock aveva ucciso a sangue freddo, anche se solo per proteggerla.

Grazie...” gli sussurrò con dolcezza, prima di prendere il condensatore dalla sua mano ed allontanarsi a testa bassa, varcando la porta da dove poco prima lui stesso era entrato, senza voltarsi indietro.


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E p i l o g o


Capitano, ho captato uno strano messaggio criptato in un vecchio codice, sembra indirizzato a voi.”
Le parole di Yattaran lo stupirono mentre se ne stava assorto nei suoi soliti pensieri, abbandonato sulla sua poltrona di comando. Era rientrato sull'Arcadia da settimane ormai, nessuno aveva osato chiedergli il motivo di quel suo allontanamento improvviso, nemmeno Meeme, ma lei aveva capito tutto, o forse, lo aveva sempre saputo.

Trasferiscilo nella mia cabina” gli ordinò, sforzandosi di mantenere il tono asciutto e distaccato. Si alzò dirigendosi verso l'imponente motore a materia oscura, la cui ruota era in perenne movimento. Tori gracchiò sollevandosi dallo schienale della poltrona, dove era rimasto appollaiato per tutto il tempo del turno diurno e, planando, si andò a posare sulla sua spalla. Dietro al motore c'era un collegamento diretto che permetteva di raggiungere l'alloggio di poppa attraverso un più veloce e comodo corridoio privato
1.
Entrò, immergendosi nella cupa oscurità del grande ambiente, con uno strano presentimento nel cuore. Si diresse deciso alla sua scrivania, si sedette ed attivò il piccolo schermo virtuale che si materializzò subito dinnanzi al suo viso. Il messaggio trasferito da Yattaran lampeggiava solitario pronto per essere decriptato. Lanciò il programma ed attese immobile, alcuni secondi, poiché erano solo poche parole:


Se davvero vuoi che torni sai come trovarmi



F I N E



Note:

1) Particolare dedotto dal film in cui Harlock spesso spunta da dietro il motore ;)


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Angolo dell'autrice :)

Eccoci giunti alla fine di questa breve, ma intensa avventura. Mi sono molto divertita a scriverla ed è stato come un flash che mi ha colpita e che ho dovuto in qualche modo raccontare. Inizialmente doveva essere una one shot, ma poi mi è uscita talmente lunga che ho dovuto per forza dividerla, così ho pensato di interromperla in punti strategici per creare maggiormente il senso di attesa e di mistero.
Dedico questa piccola long ad una mia carissima amica, non faccio nomi perché lei sa benissimo chi è ;) perché grazie a lei questa fic, che doveva avere un finale molto più aperto e lasciato in sospeso, ha preso una piega più positiva... sfociando nel vero e proprio Happy End. E poi, si sa che con me sti due, gira e rigira, sempre in un modo vanno a finire ;) Come recitava una vecchia canzone: “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi... ritornano” XD
Un grazie sincero a chi ha letto questa mia piccola follia e un abbraccio speciale a chi ha commentato, perché... sì, sapere quello che un lettore pensa, nel bene o nel male, è sempre stimolante e alimenta la volontà di condividere e produrre. Un grazie sincero anche a chi ha messo questa storia tra le preferite e seguite, e anche ai lettori silenti che sono stati davvero tanti.
Arrivederci alla mia prossima follia ;)

Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. Storia non scritta a fini di lucro. Ogni riferimento a situazioni esistenti è puramente casuale.

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