Le Cronache del Fulmine: Il Filo Rosso del Destino

di Supreme Yameta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL GIORNO DI UN VERO UOMO ***
Capitolo 2: *** ROSSA E SCURA BELLEZZA ***



Capitolo 1
*** IL GIORNO DI UN VERO UOMO ***


Salve a tutti, ragazzi.
Avete capito bene, non solo mi sto complicando la vita con la mia serie principale e con qualche storia extra, ma sto per avviare una nuova storia basata sul mio personaggio preferito, ovvero Kakashi Hatake. Beh, diciamo che la mia decisione di iniziare questa serie è data per due motivi ben precisi: primo, perché mi sono reso conto che mi va; secondo, perché è necessario per la trama principale, per spiegare tutti i risvolti nascosti che rallenterebbero la narrazione delle Uzumaki Chronicles, giunti alla fase della guerra. Proprio così: qui spiegherò moltissime cose, a partire dalla storia di amore fra Minato e Kushina, sino al giorno in cui Kakashi diventa il caposquadra del team 7.

Spero di riuscire a catturare l’attenzione di voi tutti anche con questo prequel della serie. Detto questo, do un’ultima anticipazione, ovvero che i capitoli saranno leggermente più corti del mio standard, ma questo non significa che non saranno ricchi di avvenimenti. Detto questo, vi saluto e vi auguro una buona lettura.




 

Il sole aveva appena iniziato il lento processo per andare a letto, il suo colore stava assumendo una tonalità focosa e arancione, donando al cielo una sfumatura di meriggio argentato ammaliante da renderlo irresistibile a qualunque sguardo. Una beatitudine di paesaggio, macchiato da qualche nuvola sparsa in cielo che copriva la poca luce solare rimanente con la propria densa presenza, spezzettando i raggi solari all'interno della tela celeste, così da regalare maggiore bellezza al panorama.

Al villaggio della Foglia, qualunque abitante che si soffermasse a osservare il tramonto di quei tiepidi giorni d’estate, poteva godere del privilegio di essere nato in una terra tanto ospitale, con un clima così docile per i propri abitanti, riuscendo così quantomeno ad addolcire l'amara pillola delle guerre che la popolazione doveva affrontare in quel duro periodo.

Il monte degli Hokage era tinto della medesima colorazione del resto degli edifici del villaggio, le tre teste degli Hokage brillavano di una luce propria e si preparavano a vegliare sul proprio villaggio per la notte, garantendo così un sonno tranquillo ai propri cittadini.

Sopra la montagna, un uomo si ergeva fiero dalla testa del Terzo Hokage e guardava beato l’orizzonte, lasciandosi baciare dalla brezza estiva, la quale lasciava volteggiare le foglie della flora circostante.

L’uomo adorava lasciarsi immergere da tutta quella beatitudine, poiché gli dava la possibilità di godere di pace e tranquillità, cosicché da alimentare la sua ispirazione, dato che la scrittura del suo romanzo procedeva molto lentamente, a causa di uno dei tipici flagelli che incombevano sulle spalle di un povero essere umano, ovvero il blocco dello scrittore.

A un certo punto, si voltò verso la direzione a lui opposta, avendo avvertito la presenza di una persona con il quale aveva un appuntamento.

Non appena sopraggiunse la persona che stava aspettando, l'uomo ripose i propri pensieri nella sua mente e si concentrò su di questa, sorridendo dopo che lo aveva squadrato per bene dalla testa ai piedi.

«Beh, che dire. Con quella giubba dai tutta un’altra impressione, direi che finalmente puoi definirti un vero uomo.»

Il giovane che gli era di fronte era rimasto alquanto imbarazzo per il complimento ricevuto.

«Se sono arrivato a questo punto, lo devo solo a lei.»

L’uomo emise una sonora risata, dopodiché si avvicinò al suo allievo e gli dette una sonora pacca sulla schiena.

«Che cosa sono tutte queste smancerie? Guarda che non hai bisogno di ringraziarmi. Questo è il frutto del tuo duro lavoro e della mia saggia guida!»

Il ragazzo sbuffò, ma non esitò un solo istante a prendere come scherzo, quanto appena detto dal suo maestro, che sicuramente non era certo un grande esempio di modestia.

«Non si smentisce mai, maestro Jiraiya.»

L'uomo continuò a ridere; in realtà quelle risate erano dovute più all'orgoglio che provava nei confronti del suo allievo, che per un divertimento vero e proprio.

«Nella vita bisogna sempre sorridere, ragazzo mio.» replicò Jiraiya.

Successivamente l’uomo passò un braccio per il collo dell’allievo e lo spinse verso la discesa dal monte degli Hokage.

«Adesso andremo a festeggiare la tua promozione con una bella bevuta! Offro io!» tuonò Jiraiya con aria festosa.

Minato non osò controbattere, poiché quell'invito era più che altro la realizzazione di una promessa che aveva fatto Jiraiya per il giorno in cui sarebbe diventato un jonin. Inoltre, Minato si sentiva veramente in vena di festeggiare con Jiraiya, dato che sentiva perfettamente quanto quest'ultimo fosse così orgoglioso di lui e questo lo rendeva molto felice.

Minato smise a quel punto di pensare troppo a fondo e si mise a scherzare.

«Però mi deve promettere che non deve esagerare. Non sono un grande bevitore come la principessa Tsunade.» sbottò poi.

Il viso dell’uomo mutò in una grottesca smorfia, dopodiché guardò l’allievo, come se vi avesse appena assestato un profondo colpo al cuore.

«Mi prendi per un ubriacone, per caso?»

Minato si bloccò per un momento, turbato dal fatto che avesse offeso in qualche modo il suo maestro. Invece questi scoppiò a ridere con la sua tipica maniera bonaria all'improvviso.

«Questa sera ti devo sottoporre alla mia ultima lezione sull’essere ninja. Devi imparare a convivere con tutti i tre vizi del mondo dei ninja.»

Minato a quel punto si sforzò di sorridere.

Jiraiya non era sicuramente il miglior esempio di rettitudine come shinobi, poiché era sempre stato un accanito bevitore, un indaffarato risparmiatore e un inguaribile dongiovanni; egli era insomma l’esempio perfetto di tutto ciò che uno shinobi non doveva essere.

Mentre i due uomini si dirigevano verso una locanda, s'imbatterono in una persona che era molto famosa nel villaggio.

Jiraiya ovviamente riconobbe subito il vecchio amico, così lo salutò con la sua consueta allegria.

«Ciao, Sakumo! Come stai, vecchio geniaccio?»

Jiraiya, uno dei tre ninja leggendari, si era appena rivolto alla temutissima Zanna Bianca, soprannome di Sakumo Hatake, un giovane shinobi dall'aria mite e un sorriso sempre per chiunque lo incontrasse.

«Guarda chi si vede. - esordì Sakumo. Quanto tempo, Jiraiya.»

Minato scrutò con attenzione quello sconosciuto dall’aria così cordiale. Aveva sentito delle voci secondo cui quell'uomo fosse così rispettato e potente da uguagliare la forza dei tre ninja leggendari tutti assieme; per questo non si aspettava che una figura del genere fosse così priva di interesse nell'atteggiarsi a grande star dell'esercito della Foglia: quell'uomo trasudava modestia da tutti i pori.

A un certo punto, mentre i due vecchi amici discutevano fra di loro, Minato sentì lo sguardo di quello shinobi così potente su di sé.

«E questo ragazzo? E' un tuo discepolo?» chiese Sakumo.

Minato notò quanto il petto del suo maestro fosse colpo di orgoglio e gioia, mentre si appropinquava alla presentazione del suo allievo prediletto a un grande ninja come Zanna Bianca.

«Lui è Minato Namikaze ed è un mio studente proprio come hai detto tu. Stiamo andando a festeggiare, dato che oggi è stato promosso a jonin!»

Minato provò un certo imbarazzo per essere presentato in quel modo, soprattutto perché il suo maestro aveva la consueta abitudine di mettersi a urlare quando parlava, per tanto, quando egli lo stava presentando a Sakumo, tutto il villaggio stava a sentire.

Dal canto suo, Zanna Bianca non ci faceva molto caso e porse la sua mano al giovane shinobi dai capelli biondi, sfoggiando un pacato sorriso.

«Così giovane e sei già un jonin. Ti faccio i miei complimenti.»

Dopo un primo momento di smarrimento, Minato si apprestò a porgere la mano a Sakumo e a stringergliela; da quel momento in poi, si era guadagnato il suo rispetto.

A quel punto, intervenne Jiraiya con una sonora pacca sulla schiena dell’allievo.

«Hai visto? Non solo sei diventato jonin, ma hai anche conosciuto la temutissima Zanna Bianca.»

Un’altra sonora risata da parte del ninja leggendario.

Sakumo allora intervenne in difesa del giovane ninja.

«Suvvia, Jiraiya. Non metterti a ridere così o il ragazzo sprofonderà nell’imbarazzo.»

Jiraiya continuò a ridere per quanto detto dall’amico.

«Tranquillo! Minato ormai ci ha fatto l’abitudine, vero?»

Minato annuì, tremendamente imbarazzato per il modo con cui il suo maestro parlasse, poiché la sua voce squillante attirava l’attenzione di tutti i passanti.

Sakumo invece non fece per nulla caso agli sguardi indiscreti e se la rise.

«Dimmi, Minato. Quanti anni hai?» domandò Sakumo subito dopo.

L’improvvisa domanda ridestò Minato dai suoi pensieri, il quale si prodigò immediatamente a rispondere alla domanda appena posta.

«Ho diciassette anni, signore.» replicò lui.

Il viso di Sakumo si illuminò di una profonda ammirazione nei suoi confronti.

«Sei così giovane che hai bruciato le tappe così presto. Devi essere uno di quei geni impareggiabili come Orochimaru.»

«Con un maestro come me, cos’altro potresti aspettarti?! - s’intromise Jiraiya. Guarda che Minato l’ho allenato personalmente e mi ha già superato da un pezzo! Se Minato s’impegnasse, potrebbe battere anche te!»

Jiraiya era tutto l’opposto di Sakumo. Lui era uno dei ninja leggendari e, proprio come i suoi compagni di squadra, era sfacciatamente fiero del livello di potenza che aveva ottenuto dopo gli immensi sacrifici fatti per diventare un valido ninja del villaggio della Foglia.

Anche dopo quella sfida lanciata, Sakumo non si scompose e nemmeno nella risposta che dette successivamente, fu possibile scorgere la minima traccia di arroganza.

«Interessante. Se Jiraiya parla così bene di te, sarai sicuramente un valido ninja. Ho sentito dire che usi un'antica tecnica del Secondo Hokage.»

Minato arrossì, non era per nulla abituato a quei complimenti.

«Beh, ecco grazie, signore.»

A quel punto, Jiraiya poggiò la propria mano su entrambi i suoi interlocutori e si rivolse a loro con un sorriso.

«Tutte queste chiacchiere sono interessanti, miei cari signori. Però, io credo che una discussione fra uomini sia molto più intensa, quando ci si ubriaca assieme e io ho tanta sete!»

I due ninja scoppiarono in una risatina complice.

«Sei irrecuperabile, Jiraiya.» commentò Sakumo a tal proposito.

«Sarà anche come dici, ma non puoi negare che con me non ci si annoi mai!» ribatté l’altro.

Sakumo sorrise con tanta gioia.

«Questo è sicuro, ma per questa volta, sono proprio costretto a rifiutare la tua offerta.»

«Ma come, Sakumo? Ci pianti in asso?» sbottò Jiraiya accigliato.

«Devo. - replicò Sakumo. Mio figlio mi sta aspettando al parco giochi. Dobbiamo ancora andare a trovare sua madre e spero solo di non essere in ritardo o si arrabbierà con me. E’ sempre così fiscale, anche con il suo povero padre.»

«Sua moglie è stata ricoverata in ospedale, signore?» chiese Minato a bruciapelo; ben presto ebbe modo per pentirsi della domanda che aveva fatto.

Il volto di Sakumo si incupì all’improvviso, così come fece quello di Jiraiya.

«In realtà, la mia amata ci ha lasciati diversi anni fa.» comunicò l'uomo, tentando di sforzare un magnanimo sorriso.

Minato impallidì, maledicendosi per essere stato così di poco tatto.

«Mi dispiace, signor Sakumo. Non era mia intenzione...»

«Non preoccuparti, Minato.» tagliò corto Sakumo, così da tranquillizzarlo.

L’uomo rivolse lo sguardo verso il cielo, poi si risolve ai due uomini.

«Vogliate scusarmi, ma devo proprio andare adesso, sono veramente in ritardo. Vi auguro di passare una magnifica serata.»

Subito dopo, Sakumo salutò i due uomini e si allontanò in direzione del parco giochi.

Di conseguenza, Jiraiya e Minato si avviarono verso una locanda, senza più prendere in discussione la storia della moglie di Zanna Bianca. I due giunsero in un posto in cui Jiraiya era solito frequentare con la propria cricca, al fine di abbandonarsi alle beatitudini dell’alcool.

Una volta seduti, ordinarono immediatamente qualcosa da mangiare e da bere e subito Jiraiya poté godersi il suo amato sake che adorava bere tutto in un fiato; adorava bere in quella maniera, lo rendeva felice anche in quella piccola sfaccettatura e gli faceva apprezzare tantissimo il potere confortante dell'alcool.

«Ora sì che mi sento rinato!» sbottò l'uomo tutto allegro.

Successivamente, l’uomo si voltò verso l’allievo, notando che non aveva ancora bevuto nulla.

«Andiamo, Minato. Fai come me. E’ il modo migliore per goderti al meglio questo prezioso nettare!» lo incoraggiò Jiraiya.

Minato decise di accontentare il suo maestro, prese il suo bicchiere e lo bevve tutto in un fiato, lasciando entrare un immenso calore in tutto il suo corpo; era veramente una strana sensazione quella e non era certo che gli piacesse, ma non disse nulla per non deludere le aspettative del maestro.

Minato tossì con forza proprio a causa dell’alcool e questa sua reazione scatenò una profonda ilarità da parte del ninja leggendario.

«In ogni cosa della tua vita, ricorda che la prima volta non si scorda mai!» sbottò sornione Jiraiya.

Un altro cicchetto di alcool, poi un cameriere portò della carne da mettere a fuoco sulla griglia presente sul loro tavolo.

Minato si ritrovò a sorridere.

«Ma come fa a collegare tutto quanto con il sesso? Ha sempre la testa lì!»

Jiraiya arrestò le sue mansioni e si rivolse all’allievo con espressione divertita. Minato conosceva benissimo quella espressione; il suo maestro stava per dire qualcosa di dannatamente compromettente, ma soprattutto imbarazzante.

«A proposito... - incominciò Jiraiya. Dato che hai tirato fuori l’argomento, come va il tuo piano per chiedere a Kushina di uscire con te?»

Per colpa di quel nome, Minato si irrigidì di brutto e divenne tutto rosso paonazzo in viso; era sempre così, quando in una discussione con qualcuno a lui vicino, veniva tirato fuori l’argomento denominato Kushina Uzumaki.

«Che c’entrano questi argomenti con lei?!» squittì Minato rosso come un peperone.

Jiraiya scoppiò a ridere.

«Ma guardati. Il grande genio che diventa una mammoletta, non appena sente il nome della ragazza che gli piace.»

La mente di Minato era già volata sulla splendida kunoichi dai lunghissimi capelli rossi, con quel fisico asciutto e ben proporzionato, snello e agile, quei due begli occhioni color fuliggine pieni di allegria e di tutta la sua esuberanza possibile; una persona positiva e giocosa, dolce e leale con tutti.

Minato la considerava una persona ammirevole e per tanto, la sua alta considerazione della ragazza era sempre corrispondente a un profondo amore segreto, la cui fioritura si era accennata solamente, quando Kushina era stata rapita da dei ninja del villaggio della Nuvola e lui era corso a salvarla, riuscendovi con straordinaria abilità.

«Allora, quando le chiederai di uscire?» domandò insistente Jiraiya.

A quella domanda, Minato divenne rigido come un pezzo di ghiaccio e si mise a parlare a voce bassa, quasi impaurito che qualche orecchio compromettente udisse le sue attenzioni.

«Non potrei… - commentò Minato. Non saprei come chiederglielo e non sono pronto a un suo possibile rifiuto. Penso che se accadesse una cosa del genere, mi ammazzerei.»

Jiraiya si accigliò molto per colpa di quel comportamento così stridente con il solito atteggiamento del suo freddo e pacato allievo; l’amore lo stava veramente rimbambendo.

«Con questo atteggiamento non la conquisterai mai! Alle donne piacciono gli uomini decisi e sicuri di sé, ma per come ti stai comportando, penso che Kushina ti toglierebbe il saluto all'istante.» lo rimproverò l’uomo.

Minato tentò di allontanarsi dalla conversazione, poiché non si sentiva molto a suo agio a parlare di quell’argomento così importante per lui.

«Possiamo parlarne di altro?» lo implorò Minato.

Alche, Jiraiya storse il naso, estremamente sorpreso per quella richiesta.

«Dici sul serio? Non vuoi parlarne con me? Sono il tuo maestro, puoi aprirti con me.»

Minato percepì il tono offeso del suo maestro e subito si prodigò a specificare meglio il motivo della sua decisione, senza riuscire a lasciare l’amaro in bocca nell’animo del suo maestro.

«Non è quello che pensa, maestro. Il fatto è che per stasera volevo evitare di pensarci sopra, dato che mi arrovello sempre su quello che c’è da fare.»

«Potrei aiutarti io. Me ne intendo parecchio di questioni di cuore.» si propose Jiraiya.

Minato sfoggiò una smorfia.

«Non si offenda, maestro, ma non ho intenzione di iniziare a spirare le donne che si fanno il bagno, né di farmi prendere a pugni da madamigella Tsunade.»

Con quella dichiarazione, Jiraiya si sentì veramente offeso e si prodigò immediatamente di controbattere.

«Perché credi che Kushina è una docile fanciulla che si farebbe fare la qualunque cosa, solo per il suo amato? Quella è un maschiaccio, un demonio dai capelli rossi! Tu avresti ben più problemi di quelli che ho io.»

Quando una persona era innamorata, era molto difficile che si rendesse conto dei difetti della persona amata, questo perché, come nel caso di Minato, quei difetti costituivano uno dei motivi principali a rendere Kushina così attraente.

«E non ha visto quanto è bella? Quando combatte, si muove come una leggiadra farfalla, con quei capelli rossi così meravigliosi.»

Jiraiya decise di berci su, proprio perché Minato era sempre stato proprio ostinato nel dirigere il suo profondo affetto nei confronti della focosa ragazzina del clan Uzumaki.

«Miseriaccia sei proprio stracotto!»sbottò l'uomo esasperato.

Poi bevve un sorso del suo amato sake e riprese a parlare.

«Considerando come stanno le cose, io non vedo proprio il motivo per andare subito da lei e farle una proposta per una cena romantica.»

Minato si irrigidì di colpo tanto da posare persino le bacchette con cui voleva prendere uno stuzzichino di pesce fritto che gli avevano appena portato.

«So che dovrei propormi io, ma proprio non ci riesco. Non appena la vedo, non riesco a dire frasi di senso compiuto.»

«Eppure, quando la Nuvola aveva provato a catturarla, non hai perso tempo per andare a salvarla. Posso credere che non puoi agire con la stessa risolutezza di allora?» sbottò Jiraiya.

«Ma quella era un’occasione drastica! - tuonò Minato. Dovevo agire il prima possibile o avrei perso Kushina per sempre e non potevo permetterlo!»

Minato era rosso paonazzo mentre ripensava a quei momenti così importanti. Anche in quel momento, stentava a credere di essere rimasto freddo come il ghiaccio in quella occasione, anche quando resse Kushina fra le braccia per tutta la durata del viaggio di ritorno per il villaggio; un ricordo bellissimo da custodire nel suo cuore.

Jiraiya scoppiò a ridere per l’ennesima volta.

«Quella volta, secondo me avrai fatto colpo e nemmeno te ne sei reso conto. Dovresti comunque accettare i miei consigli e provare a buttarti. Mal che vada, ci sono tantissime ragazze che vorrebbero uscire con te e alcune persino più carine e femminili di lei.»

«Penso proprio che se Kushina rifiutasse il mio invito, mi darei alla castità perenne.» commentò Minato affranto.

«Non farla così tragica! - sbottò Jiraiya. Ricordi il mio credo ninja? Mai arrendersi!»

Jiraiya comunque non poté fare a meno di rendersi conto che il livello di affetto provato da Minato, era equiparabile a quello che lui provava per Tsunade e al suo amore mai corrisposto: Jiraiya aveva avuto tante donne, ma non aveva mai amato nessuna a parte Tsunade.

Jiraiya non voleva che Minato rimanesse nella sua stessa situazione; avrebbe fatto di tutto per aiutarlo.

«Ti ripeto, le donne come Kushina, preferiscono gli uomini decisi e con le idee chiare. Credimi, io ho occhio per certe cose. Per me dovresti andare da lei, dirle con decisione che ti piace e mostrarle chi comanda a letto!»

Minato era totalmente imbarazzato da quell’argomento, non riusciva proprio a immaginarsi in una stanza, da solo con Kushina, nudi e pronti all’amplesso sessuale; tale prospettiva lo terrorizzava, ma allo stesso tempo gli dava l’angusto senso di eccitazione.

Jiraiya passò il famoso oggetto sulla mano dell’allievo, il quale si premurò immediatamente a controllarne il suo contenuto, ovvero di una piccola bustina argenta dalla forma quadrata. Non appena Minato si rese conto di che cosa fosse, scattò ritto in piedi e tentò di nascondere l’oggetto incriminante, prima che qualcuno possa vederlo.

«Maestro!» squittì lui imbarazzato.

L’uomo non si scompose e ribadì con forza le lunghe lezioni impartitegli dal Terzo Hokage, nei tempi della sua focosa adolescenza.

«Precauzioni, Minato! Precauzioni!» ripeté lui.

Il ragazzo si sedette nuovamente e si avvicinò al suo maestro per rimproverarlo.

«Precauzioni un corno! - ribatté Minato. Possibile che pensa sempre a quello?!»

Jiraiya se la rise e prima che l’allievo potesse continuare a dare di matto, notò che nel locale erano appena entrate due giovani kunoichi che conosceva molto bene.

«Tu guarda che coincidenza. C'è Kushina.»

Minato si irrigidì all’istante e spostò lentamente lo sguardo verso l’ingresso della locanda, dove due splendide ragazze stavano parlando con il cameriere per chiedergli di un tavolo per loro.

Erano entrambe delle splendide creature, del tutto differenti fra loro, una per i suoi capelli neri come la notte e la pelle pallida come la neve; l’altra dai lunghissimi capelli rossi e la pelle più accesa. Le due ragazze si facevano notare da tutti per la loro ammaliante bellezza, ma per Minato, non esisteva nessuna creatura più bella di Kushina Uzumaki.

A un certo punto, Kushina si era voltata verso la sua direzione e lo notò mentre era seduto accanto al maestro Jiraiya, poi lei si voltò verso la sua amica.

Le orecchie di Minato erano acutizzate al massimo per udire quello che le due ragazze stavano dicendo fra loro.

«Hey, Mikoto. Laggiù c'è Minato con il maestro Jiraiya. Li raggiungiamo?»

«Ah eccolo! - disse la ragazza. Beh, non ci sono posti disponibili. Andiamo a chiedergli se possiamo sederci. Ho una fame.»

«A chi lo dici!» sbottò l’amica allegra.

Le due ragazze si avvicinarono al tavolo e Minato cominciò a sudare freddo per quello che sarebbe potuto succedere, quando due persone esplosive come Jiraiya e Kushina entravano in contatto. Per colpa di tale considerazione, Minato poteva evincere un’unica conclusione; era fottuto.

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Capitolo 2
*** ROSSA E SCURA BELLEZZA ***


Minato deglutì affondo, gli stava risultando alquanto difficile mandare giù il boccone che aveva appena messo il bocca. Dal momento che si era accorto che la ragazza dei suoi sogni aveva fatto il suo ingresso all’interno della locanda, era sempre più difficoltoso compiere la più semplice delle attività umane; poi, mano a mano che si avvicinava a lui, il suo cuore palpitava sempre di più, come un forte treno in corsa.

Jiraiya la vedeva diversamente, infatti non poteva fare a meno di notare quanto fosse irruenta quella ragazza, cosicché si era messa a spingere i camerieri e a urlare verso di loro per salutarli, da attirare così l’attenzione di tutti i commensali su di loro e a obbligarlo a mettersi una mano sul viso per evitare di farsi coinvolgere.

Kushina Uzumaki era fatta così: un uragano di emozioni, proprio come suggeriva il suo stesso cognome.

Nell’osservare la scena che si stava per mettere in atto, l’eremita bevve un altro sorso di alcool; ne avrebbe avuto davvero bisogno per non mettersi a ridere per le reazioni di Minato con Kushina nelle vicinanze.

Non sarebbe passato molto tempo, prima che l’allegria dirompente della ragazza si abbattesse su di loro.

«Almeno ci si diverte un po’.» commentò Jiraiya fra sé.

Dal canto suo, Minato impiegò quel breve tempo che separava Kushina dalla sua posizione, per pensare a quanto Jiraiya gli aveva detto; magari aveva ragione, quando asseriva che Kushina lo avrebbe apprezzato di più, se avesse mostrato più di decisione quando parlava con lei.

Il tempo per pensare era giunto al termine.

«Oilà! Ciao a tutti!» salutò Kushina con un sorriso sornione.

Il cervello di Minato si spense completamente; non era proprio da lui atteggiarsi in quel modo. Basta che Kushina era in mezzo a qualunque argomento che la riguardava, che lui si sarebbe prodigato ben volentieri come suo schiavetto, senza opporre la qualunque minima obiezione.

«Buonasera, ragazze.» ricambiò Jiraiya con un cenno della sua mano.

Minato impiegò molto più tempo per rispondere al saluto della bella ragazza, perché era ancora imbambolato a fissare i suoi bellissimi occhi luminosi e quegli splendidi capelli color porpora, lunghi e lisci come la più pregiata delle seti usate dal più grande dei re. Poi il corpo, così ben formato sui punti giusti, con la corretta dose di forme per una kunoichi in piena giovinezza e vittime del desiderio di qualunque shinobi dal sesso maschile.

Il ragazzo scosse il capo; era sicuramente l’influenza del suo maestro a far slittare la sua mente su aspetti tanto carnali di quella osservazione. Le cose addirittura peggiorarono, quando Kushina gli si sedette accanto, acutizzando così i pensieri impuri al punto che non riuscì più a compiere la benché minima azione.

«Si sta così stretti qua dentro che al minimo movimento cadiamo per terra, eh?» scherzò Kushina.

Doveva dire qualcosa; subito.

«Eh, già. Menomale che per terra si sta comodi.» rispose lui, ammiccando un sorrisino.

Che idiota, pensò. Di tutte le cose che poteva dire, perché gli venivano in mente le boiate più grandi. E dire che era un genio, era mai possibile che non riuscisse a pensare a qualcosa di più sensato?

Kushina invece la prese sempre sul ridere.

«Che stai mangiando di buono? Maiale? Io lo adoro! Magari possiamo chiedere di aggiungere del ramen!»

Minato arrossì vistosamente, poi scoppiò in una nervosa risata.

«Certo, lo prenoto subito! E’ una splendida idea!»

Nel frattempo che venivano portate in tavola le pietanze ordinate da Mikoto e Kushina, quest’ultima ne approfittò per sgraffignare la carne dell’imbambolato Minato, il quale continuava a pensare ancora fra sé a quanto sarebbe stato bello passare ancora più tempo assieme alla sua amata.

A un certo punto, Mikoto fece una considerazione interessante sul ragazzo.

«Sembri molto perplesso, Minato. C’è qualcosa che ti turba?»

Minato venne colto alla sprovvista, in quel momento era troppo vulnerabile per pensare a qualunque risposta intelligente.

«Chi? Io? A nulla, davvero!» replicò laconico il ragazzo.

Fu allora che Kushina gli dette il colpo di grazia.

«Secondo me, stai pensando a qualche altro nome assurdo per le tecniche che ti inventi!»

Minato arrossì vistosamente per l’imbarazzo, poiché tempo addietro era capitato che Kushina avesse letto di nascosto il suo diario, così aveva scoperto di quella sua strana passione nel dare nomi altisonanti alle tecniche che riusciva a inventare e, dato che lui era un genio che inventava svariate varianti della tecnica della Dislocazione Istantanea, aveva un fitto vocabolario colmo di nomi che una volta letti da Kushina gli avevano causato l’imbarazzo perenne.

«No, ti sbagli! Stavo solo guardando...»

Il ragazzo si bloccò all’istante, non appena si era reso conto che stava per confessare che era rimasto imbambolato a fissarla come un ebete per tutto il tempo, che aveva dimenticato il tempo e il luogo in cui si trovava fino quel momento.

Kushina gli si avvicinò sospettosa, fornita del suo perenne ghigno da volpe malandrina. In realtà, era suo dovere comprendere bene se Minato stesse facendo il galletto con qualche ragazza e questo lo doveva assolutamente impedire. Ovviamente era completamente impensabile che Minato fosse interessato solo a lei; per Kushina era un pensiero che non sfiorava nemmeno l’anticamera del cervello.

Certe volte, la gelosia poteva lasciare intendere molte cose a una persona attenta.

«Guardavi qualche bella ragazza nel locale, non è così? Stai prendendo proprio delle pessime abitudini dal caro maestro Jiraiya.»

Minato sgranò gli occhi. Era rimasto senza parole nel constatare che Kushina fosse convinta che osservasse altre ragazze. Lui non voleva assolutamente essere considerato dal suo unico grande amore come un dongiovanni.

«Cosa? Ma che dici?!» tuonò lui subito dopo.

Kushina si mise a ridere; adorava moltissimo prenderlo in giro per la sua innata quanto spassosa riservatezza che gli impediva di passeggiare con tranquillità, perché perseguitato da una moltitudine di ragazze che gli andavano appresso e che volevano uscire con lui. Kushina non riusciva a capire come un ragazzo potesse essere così popolare e allo stesso tempo così riservato.

«Adoro la tua espressione, è proprio uno spasso!» continuò lei ridendo a crepapelle.

Minato si appoggiò una mano sulla testa per resistere sufficientemente a quella immensa sfilza di elementi imbarazzanti.

Per fortuna che Mikoto era sempre pronta a fare ragionare l’amica e supportare Minato.

«Dai, Kushina. Non essere così cattiva con lui. Minato ha troppi impegni per pensare alle questioni d’amore, non credi?»

«Va bene! Non vorrei che qualche civettuola del tuo fanclub si interrompesse nella tua cena.» rassicurò Kushina, facendogli l’occhiolino.

In realtà, il fatto che Minato non fosse importunato quella sera era dovuto alla presenza del maestro Jiraiya, noto importunatore locale che non si lasciava sfuggire nessuna maggiorenne che entrava nel suo raggio di azione. Minato era al sicuro solo quando era in sua compagnia.

«Certo che non riesci a stare tranquilla per nemmeno un secondo.» sbottò il noto importunatore che era rimasto ignorato fino a quel momento.

«E per quale motivo? Ci annoieremo fino alla morte!» sbottò lei accigliata.

«Ridere ha sempre fatto bene e non vedo il motivo per cui si debba essere sempre seriosi!»

«Quando mai sei stata seria?! A memoria d’uomo, hai sempre fatto casino!» la corresse l’uomo.

Kushina sbuffò per essere stata ripresa, roteò gli occhi e si voltò verso Minato, dopodiché gli strappò dalla mano la sua forchetta e assestò una forchettata su alcuni pezzi di carne sul suo piatto, divorandolo tutto con gusto.

Nemmeno il tatto era uno dei suoi requisiti.

«Buono!» gioì lei.

«Kushina! Per favore, non mangiare come uno scaricatore di porto!» la rimproverò l’amica.

Kushina ricambiò all’amica con un sorrisino sarcastico, mentre si metteva a fissare il piatto di Minato che le veniva lentamente avvicinato da quest’ultimo, senza dare il minimo indizio a Mikoto e Jiraiya su quello che stava succedendo, o almeno entrambi li lasciarono fare, facendo finta di quello che stavano facendo.

Minato lanciò un sorriso alla ragazza per darle in bene stare sul servirsi del suo pasto, dato che entrambe avrebbero dovuto aspettare molto per ordinare qualcosa da mangiare, considerando la folla che c’era in quella sera nel locale.

Durante quel lasso di tempo, Jiraiya ne approfittò per una delle sue tattiche su Mikoto.

«Dolce Mikoto, posso offrirti un goccio di saké e vedere dove finirà la serata?»

L’uomo le avvicinò un bicchiere sgraffignato dal tavolo lì vicino per offrirlo alla ragazza con un sorriso sornione e malandrino sul suo sguardo.

Mikoto, da canto suo sapeva come ribattere alle moine di un uomo, non era la prima volta che le capitava di venire importunata da un ammiratore molesto; specie quando si trattava del più molesto di tutti.

«Accetto un goccio di saké, ma per quanto mi riguarda, la serata finirà a casa mia, da sola.» lo sfidò lei con espressione ammiccante.

Jiraiya emise immediatamente una smorfia delusa, mentre versava da bere al suo bicchiere e a quello di Mikoto, continuando allo stesso tempo a ignorare Kushina che mangiava senza alcuna remora.

«Accidentaccio, le ragazze di oggi sono così riservate. La scuola di pensiero di Tsunade sta danneggiando tutti i miei tentativi di abbordaggio!» si lamentò l’uomo.

«Non è per questo, ma io sono quasi avviata al matrimonio, quindi non mi sembra proprio il caso di farmi vedere in giro con un altro uomo che non sia il mio fidanzato. Sa, non è un tipo che lo sbandiera in giro, ma è un tale gelosone.»

Jiraiya sbuffò, non riusciva proprio a sentire quei tipi di discorsi da delle giovani donne che aveva visto crescere e prendere forme e ogni volta si sentiva depresso al solo sentire parlare di matrimonio; il suo più grande incubo.

«Che noia di discorsi! Io sono per l’amore libero!» sbottò l’uomo.

«Non è un po’ troppo cresciuto per essere obiettivo di quel tipo di donne? Ormai dovrebbe pensare a mettere la testa a posto.» commentò Mikoto con ilarità.

Jiraiya bevve un sorso di saké, poi sorrise alla ragazza.

«Mia cara, quanto darei per averti incontrata quando ero ragazzo. Saremmo stata una coppia da urlo.»

Mikoto ricambiò alla battuta dell’uomo con un pudico sorrisino e fu pronta a replicare a quanto appena udito.

«Non ne sarei così tanto sicura, lo sa? Io sono una donna molto gelosa e se il mio ragazzo facesse il cascamorto come fa lei, penso che gli taglierei quel suo cosetto e glielo farei mangiare.»

Uno sguardo malefico sulla bella kunoichi che fece molto inquietare il povero Jiraiya, il quale maledisse se stesso per il fatto che fosse sempre attratto da donne che attentavano alla sua vita e soprattutto a quella del suo fratellino minore; che vita ingiusta.

L’uomo poi passò lo sguardo verso Minato e pensò che nemmeno lui se la sarebbe passata bene con una pazza come Kushina.

Mikoto osservò lo sguardo pensieroso dell’uomo e per colpa del dubbio di essere risultata troppo confidenziale, si premurò di accertarsi che fosse tutto apposto.

«Che le prende, maestro? Non mi dica che si è offeso per quello che le ho detto?»

«Ma no, tranquilla. Sono abituato a minacce ben più gravi, questa è la prassi per me.» la tranquillizzò Jiraiya.

Mikoto sospirò; quell’uomo era un caso patologico.

«Lo sa che è questo il motivo per cui fa arrabbiare madamigella Tsunade?»

L’uomo scoppiò a ridere per la prospettiva di trovarsi di fronte il ben di Dio che aveva da offrire l’amica e ogni volta che pensava a lei, riteneva che rischiare la vita ne valeva la pena.

«Che ci posso fare? - rise l’uomo. Adoro le donne!»

«E farsi menare da loro, soprattutto.» lo corresse Kushina sghignazzando.

Jiraiya era in procinto di controbattere e scatenare uno dei soliti battibecchi che erano soliti nascere tra i due, ma Minato fu rapido a bloccare sul nascere quella catastrofe e cambiare argomento.

«Beh, dai. Non siamo qui a parlare di queste cose. Oggi si festeggia!»

C’era voluto molto coraggio da parte sua per frapporsi fra quei due.

Entrambi i litiganti si tranquillizzavarono e tornarono alle loro iniziali mansioni.

Jiraiya tornò a bere e a lanciare sguardi languidi ai primi sederi invitanti che gli passavano sott’occhio.

Kushina a divorare il ramen che le era stato appena portato dal cameriere.

«Ottimo lavoro, Minato. - si congratulò Mikoto. Ma che cosa si festeggia?»

In realtà, la ragazza sapeva benissimo che in quel giorno Minato avrebbe affrontato l’esame per la sua promozione al rango di jonin, perché Kushina non faceva altro che esporre le sue preoccupazioni e preghiere che tutto andasse bene per lui. Mikoto sapeva benissimo che Kushina era molto innamorata di Minato, ma era molto orgogliosa per lasciarsi andare alle moine del corteggiamento, quindi preferiva fare la finta tonta e gettare l’esca con la quale dare vita a una conversazione fra i due.

Fu Minato a dare una risposta.

«Beh, ecco. Oggi ho superato l’esame per diventare jonin e il maestro Jiraiya mi ha invitato a cena per festeggiare.»

Una volta udita quella risposta, il viso delle due ragazze si illuminò di una luce immensa di emozioni che slittavano dalla grande gioia all’immensa rabbia, ognuna di queste sensazioni in fasi altalenanti di un soggetto all’altro.

«Congratulazioni, Minato! Sono molto felice per te!» gioì Mikoto con allegria.

«Ti ringrazio.» replicò Minato con evidente imbarazzo.

Kushina invece non reagì in maniera pacata come l’amica, bensì si premurò a ingurgitare il pasto in fretta e furia, così da mettere a fissare il ragazzo con una grande ma quanto nascosta ammirazione.

«Che diavolo significa che sei stato promosso?! Quando è successo?!» sbottò lei dopo.

Con quella sua voce squillante, la ragazza aveva attirato l’attenzione generale dei commensali del locale e di conseguenza aveva provocato un enorme imbarazzo in Minato e tanta soggezione.

«Sempre discreta...» fu l’esasperato commento di Jiraiya, mentre continuava a sorseggiare del sakè.

Mikoto a quel punto fu costretta ad assestare un poderoso calcio all’amica, così da farle capire che aveva esagerato con quella reazione e che doveva fare qualcosa per rimediare a quella pessima figura, alla quale la gente aveva reagito con la tipica indifferenza che coinvolge un estraneo.

A quel punto, Kushina sembrò rinsavire all’istante e non perse subito tempo oltre a quanto già fatto per porgere i suoi auguri al ragazzo.

«Beh, ecco volevo dire. - si corresse subito. Co-contratulazioni per la tua promozione!»

Sia Minato che Jiraiya rimasero alquanto sorpresi dall’atteggiamento mostrato da Kushina, essendo lei sempre stata una furia scatenata che di norma si sarebbe lamentata dal fatto che Minato fosse divenuto jonin prima di lei; era come se il tempo l’avesse aiutata a diventare più matura.

Minato da canto suo si sentì tremendamente felice e in imbarazzo allo stesso tempo per quel riconoscimento tanto inatteso; il rispetto che Kushina gli aveva trasmesso in quelle poche frasi, era certamente quello a cui più di tutti ambiva.

«Beh, ti ringrazio. - replicò lui. Sono certo che non passerà molto, prima che anche tu venga nominata jonin.»

Fin da quando erano in accademia, Minato e Kushina condividevano il medesimo sogno, ovvero quello di diventare Hokage. Ognuno di loro, ovviamente, provava soddisfazione nel realizzare quel desiderio per motivi differenti.

Kushina era un’immigrata dal paese del vortice, si era trasferita al villaggio della Foglia e aveva ottenuto la cittadinanza, soprattutto perché la moglie del Primo Hokage, Mito Uzumaki, era una sua zia alla lontana e l’asilo non le era stato negato; ovviamente Kushina si era sentita a disagio nel primo periodo, tutti la allontanavano per i suoi capelli rossi e per il fatto che fosse una straniera, così lei aveva deciso che sarebbe divenuta così in gamba, che tutto il villaggio l’avrebbe accettata come primo Hokage donna.

Per quanto riguardava Minato, la sua storia era sconosciuta a molti e solo le alte sfere del villaggio conoscevano la sua vera natura. Minato era figlio di due ninja di alto livello, Madaro Namikaze e Yumei Senju, che erano morti tempo addietro durante la Seconda Guerra Mondiale dei ninja. Minato era cresciuto come orfano e tenuto sempre lontano dall’accademia, come misura di protezione della sua incolumità; questa misura era stata applicata, perché nelle sue vene scorreva il sangue di uno shinobi molto temuto e rispettato nel mondo e nonostante fosse passato a miglior vita diversi anni prima, i suoi nemici continuavano a maledirlo dagli angusti angoli remoti in cui erano stati confinati: il suo nome era Tobirama Senju, Secondo Hokage e padre di sua madre.

Minato non sarebbe mai diventato un ninja, se non si fosse intrufolato nella biblioteca del villaggio e cercato degli articoli che riguardavano i suoi genitori, che non aveva mai visto in vita sua. Era stato allora, colto in flagranza di reato, che aveva incontrato Jiraiya. Quest’ultimo aveva subito notato la grande predisposizione del ragazzino all’arte dei ninja e aveva deciso di prenderlo sotto la sua ala e sfidare le persone e le leggi per fargli avere ciò che meritava: la verità.

Minato sapeva che ottenere la verità sul suo passato sarebbe stata dura, ma ancora oggi non si era arreso per trovarla. Per questo voleva diventare Hokage: la gente non lo avrebbe evitato più come uno sciagurato, ma avrebbe posto affidamento su di lui per proteggerla.

Minato e Kushina condividevano molto nei loro trascorsi e benché entrambi covavano una simpatia reciproca, oltre che a una naturalezza nelle loro interazioni, nessuno dei due sospettava che l’altro provava gli stessi sentimenti d’amore.

Minato, l’eterno indeciso.

Kushina, la ragazza con poco tatto.

Per fortuna che per quest’ultima ci fosse la sua migliore amica, Mikoto, che le dava supporto morale sempre, essendo lei quasi prossima al matrimonio con l’amore della sua vita e molto più esperta di situazioni sentimentali.

«Sai Minato, in realtà era prevedibile che saresti stato il primo della combriccola a diventare jonin. Avevamo addirittura scommesso che avresti battuto Shikaku sul tempo.» commentò Mikoto tutta allegra.

«Vero! E’ stato divertente vedere Inoichi e Chouza mentre si azzuffavano per avere perso la scommessa!» ridacchiò Kushina divertita.

«Beh, ecco non credo si debbano fare scommesse del genere. In fondo, anche Shikaku merita la promozione, anche più di me, se devo essere sincero.» replicò Minato con evidente imbarazzo.

Alche, Jiraiya li interruppe improvvisamente; aveva un brutto presentimento in merito a quell’argomento appena uscito fuori.

«Hey, ragazzi, cercate di evitare di citare il verbo scommettere quando siete in un luogo pubblico. Sapete benissimo che se Tsunade viene a sapere di scommesse in corso, ne vuole prendere parte.»

«In realtà, madamigella Tsunade ha partecipato alle scommesse. Ha puntato sulla promozione di entrambi, quindi ha perso.» disse Mikoto con noncuranza.

Jiraiya si mise le mani in testa; temeva veramente allora che l’amica si sarebbe fatta viva al più presto per chiedergli un prestito di qualche migliaio di ryo. Ogni volta andava sempre con lei che metteva in mostra il suo generoso décolleté e gli chiedeva con voce sensuale un prestito e lui che come un allocco sganciava la grana; molte volte, non riusciva nemmeno ad arrivare a fine mese per colpa sua.

«Lo immaginavo. - piagnucolò l’uomo. E quanto ha puntato, per curiosità?»

La risposta di Mikoto avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene del povero Jiraiya.

«10.000 ryo!»

La fuga dal villaggio sarebbe stata considerata diserzione, ma Jiraiya riteneva di preferire quella; almeno avrebbe continuato ad avere denaro per procurarsi del cibo e avere sempre un tetto sulla testa. Ma ne sarebbe valsa la pena? Tsunade era così carina quando gli chiedeva quei soldi, era come se fossero fidanzati in quei momenti; pensò che dopotutto, poteva sempre prestarglieli quei soldi, ma solo per quella volta.

«Perché ha quella faccia? Ha visto un fantasma, maestro?» gli domandò Kushina, notando il viso pallido dell’uomo.

L’uomo non rispose, limitandosi a bere una forte dose di saké per fare sì che il colpo che avrebbe subito sarebbe stato il più dolce possibile; meglio essere intontito, quando Tsunade si sarebbe fatta viva: almeno non avrebbe sofferto.

«Ma che gli prende?» chiese Kushina, rivolgendosi a Minato.

Quest’ultimo sapeva benissimo che cosa significava, quando Tsunade perdeva del denaro, così lo raccontò alle due ragazze, usando più tatto possibile, per non ferire i sentimenti del suo maestro.

Kushina ne rimase esterrefatta.

«Beh, certo che manipolarlo è un giochetto da ragazzi. Alla faccia del ninja che viene chiamato da tutti il Migliore!»

Mikoto invece si limitò a una pacata risata.

«Considerando come stanno le cose, dovrei fare anche io la gattina con il sommo Jiraiya. Magari riesco a pagare le spese che io e Fugaku abbiamo affrontato per il matrimonio.»

Dopo quelle parole, Minato la fissò oltraggiato per quanto aveva sentito e non fece altro che scatenare altre risate da parte della donna.

«Dai, Minato. Stavo scherzando!» sbottò quest’ultima.

A quel punto, il ragazzo tirò un sospiro di sollievo e si mise a ridere nervosamente, tremendamente imbarazzato per aver fatto quella brutta figura.

Per questa ragione, Mikoto ne approfittò per cambiare subito argomento, ancor prima che Kushina si immettesse nella conversazione con uno dei suoi soliti commenti fuori luogo.

«A proposito di questo, Minato. Il 15 del prossimo mese c’è il mio matrimonio! Non devi assolutamente mancare!»

Minato sgranò gli occhi; se n’era completamente dimenticato, il che era molto strano: dopotutto il matrimonio del nuovo capo della polizia del villaggio non era certo un evento che passava inosservato, tutto il mondo del gossip era allineato a scoprire tutti di dettagli di quel grandissimo avvenimento.

«Ti ringrazio, Mikoto. Cercherò di non mancare assolutamente.» le assicurò lui.

Di conseguenza, al ragazzo sembrò automatico ed educato chiedere informazioni alla futura sposa dell’evento.

«Come stanno procedendo i preparativi?» chiese dunque.

«Molto bene, grazie per l’interessamento. - replicò Mikoto. Anzi devo ammettere che tutto sta filando fin troppo liscio, rispetto a quanto avevo previsto.»

«Come mai dici così?»

Mikoto ebbe subito la risposta pronta.

«Beh, temevo che la famiglia di Fugaku avrebbe preso le redini dei preparativi, ma mi hanno concesso molte cose. Gli Uchiha sono molto semplici nelle loro cerimonie, ma pretendono che non ci sia niente fuori posto, quando si fanno.»

«Che noia questi clan. Secondo me dovrebbero farsi gli affaracci loro. E’ il tuo matrimonio dopotutto.» proruppe Kushina.

«Beh, è anche il matrimonio di Fugaku. Quindi è normale che la sua famiglia che si metta in mezzo.» giustificò Minato con voce alquanto nervosa; parlare di matrimoni con Kushina lo metteva spaventosamente a disagio.

«Che significa? - sbottò Kushina. Se mia madre facesse la stessa cosa, scapperei via e mi sposerei per i fatti miei.»

A quel punto intervenne Mikoto nella conversazione, poiché la mente di Minato era già partita di fantasia a immaginare lui e Kushina che facevano una fuga d’amore e si sposavano in un luogo sperduto.

«Non pensi di esagerare, Kushina? Dopotutto, gli Uchiha non sono poi così male come pensi. Inoltre, anche se non sembra, Fugaku ci tiene molto.»

«Bah, secondo me non dovrebbero intromettersi.» sentenziò lei per l’ennesima volta.

«Sono usanze, per quanto non mi piaccia, si devono comunque accettare. - replicò infine Mikoto. In parte, serve anche per farmi accettare da tutto il clan Uchiha.»

Kushina sbuffò, non era certo tipo da stare appresso a tali regole e faziosità e dell’approvazione della gente lei se n’era sempre fregata altamente.

«Bah, l’importante è che ti stia bene. Non voglio passare una giornata intera a vedere quei lugubri Uchiha fissarci dalla testa ai piedi.»

«Sono d’accordo con te, ma è un fattore da cui non si può scappare.» commentò Mikoto dopo un sorso d’acqua, dopodiché si prodigò a concludere.

«In più, tutti i clan del villaggio operano questo tipo di tradizione. Ecco perché i capi clan e le alte sfere sono sempre invitati a tutti i matrimoni più importanti, persino l’Hokage non può sottrarsi.»

Finalmente Minato tornò a diventare parte attiva della conversazione, proprio quando aveva udito quell’ultima fase da parte della splendida kunoichi dai capelli color ebano.

«Quindi anche il maestro Jiraiya e i suoi compagni parteciperanno al matrimonio, non è così?» chiese lui, dopo un rapido ragionamento.

«Beh, sì. So anche che il maestro Jiraiya è amico intimo del padre di Fugaku, quindi partecipa anche per altre ragioni.» confermò Mikoto.

«Non ne avevo idea.» commentò sorpreso Minato.

Il ragazzo si rivolse subito dopo al suo mentore per fargli le dovute raccomandazioni di non andare appresso alle gonne di tutte le invitate a quel matrimonio, ma prima che potesse giungere a porgere quella battuta, si bloccò, non appena notò lo sguardo assorto dell’uomo verso l’esterno del locale, tramite la finestra.

Anche Mikoto e Kushina si accorsero dell’aria taciturna dell’uomo e chiesero le dovute spiegazioni.

«Che le prende, maestro?» domandò Minato.

Jiraiya non rispose subito. Il suo sguardo era concentrato verso l’esterno, oltre la folla di individui che adornavano le strade notturne del villaggio, fissandosi su una figura appoggiata al muro dell’edificio posto frontalmente a quella locanda; si trattava di un uomo alto e dall’aspetto longilineo, era avvolto da un pesante mantello nero con il quale i suoi lunghi capelli neri si mimetizzavano benissimo con l’oscurità. Jiraiya conosceva molto bene quella persona, era certo infatti che se questa fosse lì, in quel momento, attirando la sua attenzione in un momento di presunti festeggiamenti, doveva essere nulla di buono.

Ad un tratto, la figura si mosse, percorrendo la strada con passo lento ma sicuro, evitando gli sguardi del resto dei passanti, ma mantenendo sempre con cura di avere su di sé lo sguardo di Jiraiya che finalmente capì che doveva raggiungerlo; era successo qualcosa.

Di conseguenza, Jiraiya si alzò di scatto da quel punto e tirò rapidamente fuori il portafogli per gettare sul tavolo un paio banconote di grossa taglia, poi fece cenno di voler passare oltre il tavolo.

«Ma dove sta andando?» chiese Kushina incuriosita.

«Non essere invadente, Kushina. - sbottò l’eremita. Devo discutere di cose urgenti con un amico.»

«Niente di grave spero.» commentò Minato.

Jiraiya gli sorrise, poi si spiegò.

«Spero proprio di no. Scusami se me ne vado via così, ma per farmi perdonare, vi offro con piacere la cena a tutti voi. Mi raccomando, Minato. Affido le ragazze alle tue cure.»

Senza nessun altro commento, l’uomo di dileguò in fretta e furia dal locale, lasciando i tre ragazzi avvolti dalla profonda curiosità di quello che fosse successo per rendere così serio il bonario maestro Jiraiya.

«Lo andiamo a spiare?» propose Kushina sghignazzando.

Meglio frenare sul nascere le pessime idee della ragazza, poiché spesso dimenticava che Jiraiya era un jonin di alto livello e che aveva il potere di esonerare dalle missioni chiunque, soprattutto dei ragazzi come loro.

«Non mi pare proprio il caso. Il maestro sembrava molto serio, si arrabbierebbe di sicuro.» commentò Mikoto a tal proposito.

«Già, meglio lasciare perdere.» aggiunse Minato con uno sguardo altrettanto serio.

Anche lui aveva notato quella figura misteriosa che aveva attirato l’attenzione del suo maestro e l’aveva riconosciuta immediatamente, non appena si era mossa; se una persona del genere si mescolava con la folla, conoscendo la sua innata riservatezza, doveva bollire qualcosa di veramente grosso in pentola.

Kushina invece voleva continuare a scherzare, ma vedendo che sia Minato che Mikoto non volevano assecondare le sue marachelle, iniziò a sbuffare.

«Che siete noiosi. Sarebbe stato molto divertente.»

Mikoto seppe abilmente cambiare argomento con un’innata allegria che era focalizzata a coprire il mistero della misteriosa sparizione del maestro Jiraiya.

«Eddai, Kushina! Hai forse dimenticato che siamo qui per festeggiare la promozione di Minato? Facciamo un brindisi!»

Kushina sorrise e allora prese anche lei un bicchiere con del saké e lo sollevò in aria, poi obbligò Minato ad assecondare i loro propositi e si misero a celebrare nuovamente quella piccola festicciola improvvisa.

«Tanti auguri, Minato!»

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