Il Codice dell'Obliviato.

di JeanRavenclaw
(/viewuser.php?uid=910913)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La recluta ***
Capitolo 2: *** Consulenza investigativa ***
Capitolo 3: *** Presentazioni ***
Capitolo 4: *** Complicazioni ***
Capitolo 5: *** Fratelli e ricerche ***
Capitolo 6: *** Su il sipario ***
Capitolo 7: *** Le acque si smuovono ***
Capitolo 8: *** Il Portatore ***



Capitolo 1
*** La recluta ***


 
1.
 
Due uomini si materializzarono dal nulla. Erano avvolti in pesanti mantelli neri, con i volti nascosti da maschere d'argento; trascinavano un terzo uomo, le cui braccia erano state legate e il cui capo era stato coperto da un sacco di velluto scuro. L'uomo rideva, parlava tra sè, cercava di liberarsi della presa dei suoi accompagnatori, poneva loro domande che non volevano ascoltare.
I passi e i lamenti rimbombavano nell'eco della galleria abbandonata, accompagnati dal picchettio di poche gocce d'acqua persa dai tubi. Le maschere dei due uomini erano illuminate appena dalla fioca luce delle loro bacchette, mentre la vista del loro prigioniero era sigillata dall'oscurità più totale.
Camminarono per alcuni minuti, o forse delle mezz'ore. Alla fine uno dei due uomini vestiti di nero mormorò qualcosa agitando la propria bacchetta: un muro che sbarrava loro il cammino si disfò come nebbia ed essi lo varcarono giungendo in un grande salone laterale.
Il terzo uomo fu scaraventato sul suolo di pietra e liberato del sacco. Respirando a fatica, egli alzò il viso sudato e puntò gli occhi stralunati su ciò che ora poteva vedere. Notò file di uomini incappucciati e mascherati lungo le pareti di quella che sembrava una grottesca sala sotteranea; di fronte a lui, un uomo dal viso scarno e dallo sguardo folle quasi quanto il suo, lo osservava dall'alto di una vecchia sedia di legno. 
Gli occhi del prigioniero vagarono sulla sua figura, indugiando sugli strani abiti scuri e sul pezzo di legno intagliato che l'uomo si rigirava distrattamente tra le dita.
Senza preavviso, il prigioniero scoppiò in una fragorosa risata che risuonò in quel luogo angusto.
"Molto bravo" - disse, fingendosi colpito - "Mi piace questo gioco" disse ancora, ridendo più forte, lo sguardo alla ricerca di chissà cosa - o chissà chi - nel nulla.
"Fa silenzio!" - urlò l'uomo di fronte a lui; sì alzò di scatto e la sedia si rovesciò facendo un tremendo fracasso.
Con uno svogliato movimento della bacchetta, il prigioniero iniziò a contorcersi a causa di un dolore che non sapeva spiegarsi e non proferì altre parole. Crollò col viso a terra, ansante, e una volta ripresosi dal dolore, fu il panico dipinto sul suo volto a parlare per lui.
Ora era lo sconosciuto a ridere malevolo, mentre gli altri presenti nella sala restavano immobili e silenziosi come statue di cera.
"Vedo che iniziamo a capirci" - disse soddisfatto, iniziando a misurare a lunghi passi la sala - "Sa perchè si trova qui?".
Il prigioniero scosse debolmente il capo.
"Sa chi siamo noi?".
L'altro scosse nuovamente il capo.
L'uomo rise tra sè e sè, fermandosi davanti al prigioniero e scrutandolo coi suoi occhi neri.
"Siamo maghi, maghi oscuri".
La risata malsana del prigioniero rimbombò di nuovo tra i muri, ma fu ancora una volta interrotta da un dolore straziante e sconosciuto.
L'uomo si accovacciò e costrinse l'altro a rimettersi in ginocchio. Con un ghigno divertito, gli afferrò il volto con una mano, mentre con l'altra gli premette la bacchetta contro la guancia.
"Forse la mia amica può chiarirle le idee, cosa ne dice?" - gli soffiò sul volto - "Può essere letale. Mi basta solo agitarla un'altra volta.".
L'altro diede segno di aver recepito il messaggio riservando un'occhiata in tralice alla bacchetta che gli stava perforando il volto. Deglutì e tornò a fissare l'uomo, che vedendolo tremare, si lasciò sfuggire un'altra risata divertita.
"C - come mi avete trovato?" - mormorò il prigioniero, con un filo di voce.
"Vede," - iniziò l'uomo rialzandosi in piedi e studiandolo dall'alto, con le mani giunte dietro la schiena - "siamo molto bravi a trovare ciò che serve, quando ci serve. Così come siamo bravi a liberarcene quando non ci serve più.".  Si concesse una pausa, rivolgendo un sorriso complice ai suoi uomini, poi continuò - 
"Si parla molto di lei in giro, nel vostro mondo. Dicono che lei sia il più grande criminale che la Gran Bretagna abbia mai conosciuto". 
Il prigioniero sorrise compiaciuto quanto un bambino al quale è appena stato promesso un dolce.
"Abbiamo bisogno del suo aiuto." - disse l'uomo.
"Io devo aiutarvi?" - disse l'altro, ora curioso quanto sorpreso.
"Potrebbe diventare potente. Potrebbe avere l'intero Paese - magico e non - ai suoi piedi, se solo accetta di aiutarci" - rispose l'altro, senza smettere di fissarlo intensamente.
Il prigioniero rimase in silenzio, gli occhi spalancati a perlustrare di nuovo il nulla. All'improvviso la sua bocca si piegò in un sorriso maligno, il suo sguardo si rimise a fuoco e si piantò in alto, in quello dell'uomo.
"Va bene" - disse infine.
L'uomo sorrise. Senza aggiungere altro, rivolse agli accompagnatori un vago gesto della mano. I due si allontanarono dalle file e rimisero bruscamente in piedi il prigioniero, riprendendo a trascinarlo verso la via d'uscita.
"Ci rivedremo molto presto" - chiamò la voce dell'uomo alle loro spalle, prima di sparire dietro al muro tornato a solidificarsi.
 
 
 
2.
 
Erano quasi le sei del mattino e Harry non sapeva per quanto sarebbe riuscito a rimanere sveglio. Il caro Ministro Shacklebolt aveva la brutta abitudine di indire le riunioni straordinarie negli orari più improbabili: il Ministero solitamente non apriva prima delle nove e chiudeva alle sette e mezzo della sera, ma Harry spesso e volentieri si trovava chiuso là dentro anche in piena notte o - come in quel caso - al mattimo presto e durante il suo giorno libero.
Guardò l'orologio sbadigliando. Ormai Ron doveva essere in arrivo. Infatti, qualche minuto più tardi, il camino della Sala Riunioni prese a fiammeggiare e Ron vi emerse scrollandosi la cenere di dosso.
"Quando si deciderà a fissare un orario e un giorno decente per le riunioni, quell'uomo?" - grugnì, lasciandosi cadere su una delle sedie dall'altro lato del tavolo.
"Buongiorno anche a te" - rispose sconsolato Harry, stropicciandosi il viso con le mani. Ron, per tutta risposta, sbuffò sonoramente. Non era mai stato un tipo socievole prima del sorgere del sole.
"Immagino che almeno a te avrà accennato di cosa si tratta, o sbaglio?" - chiese a Harry, appoggiandosi con un gomito allo schienale della sedia.
"Non ne ho la minima idea" - rispose lui. Ron scosse la testa, in segno di disapprovazione.
Il torpore del sonno li fece restare in silenzio nei minuti restanti all'arrivo del Ministro. Sobbalzarono entrambi, quando il camino si illuminò di nuovo di fiamme verdi.
"Buongiorno ragazzi" - disse il Ministro, andando ad accomodarsi a capo del lungo tavolo sul quale Harry e Ron stavano quasi per addormentarsi.
"Buongiorno Ministro" - borbottarono entrambi.
"Vi conviene darvi una svegliata e aprire bene le orecchie; la riunione di oggi sarà diversa dalle altre" - disse Kingsley in tono autoritario. Sembrava più preoccupato del solito, effettivamente, notò Harry.
Ron si raddrizzò sulla sedia, nel tentativo di apparire più attento. Harry lo imitò e si rivolse al Ministro - "Di cosa si tratta?".
Kingsley si schiarì la voce e intrecciò le mani sul tavolo - "Mi è stato riferito che i Mangiamorte si sono rimessi all'attacco" - si fermò e rivolse ad entrambi un'occhiata in tralice, prima di continuare - "A quanto mi dicono, questa volta stanno pensando in grande." - terminò in tono grave.
Harry e Ron si scambiarono un'occhiata preoccupata. All'improvviso ogni traccia di stanchezza sembrava essere svanita. I Mangiamorte non avevano dato più alcun problema dopo la caduta di Voldemort - a parte qualche insignificante furto o minacce mai giunte a compimento. Che intenzioni avevano?
"Ha altre informazioni al riguardo?" - domandò Harry.
Il Ministro sospirò e annuì - "Ho chiesto al nostro informatore di presentarsi qua alle sei e mezzo." - annunciò, dando un'occhiata al proprio orologio - "Ci darà tutte le informazioni di cui è a conoscenza. Si è anche offerto di aiutarci nella risoluzione del problema".
"Di chi stiamo parlando?" - domandò Ron, studiando il Ministro con aria sospettosa.
Kingsley sospirò ancora e strinse le labbra nel sorriso colpevole di chi sta per confessare di aver appena rotto un vaso.
"Draco Malfoy".
"CHE COSA?!" - esclamarono Harry e Ron contemporaneamente.
"Sapevo che avreste reagito così" - disse Kingsley sconsolato, massaggiandosi le tempie.
"Sta scherzando spero!" - disse Ron, incredulo.
Kingsley alzò una mano in segno di difesa - "So che può sembrare la persona meno affidabile per questo caso -"
"Sembrare? Lui è la persona meno affidabile per questo caso! Miseriaccia, è un Mangiamorte!" - lo interruppe Ron, ancora in agitazione.
"Possiamo essere sicuri che sia sincero?" - domandò Harry, che non si sentiva diffidente quanto Ron nei confronti di Draco. In fin dei conti, durante la guerra, aveva dimostrato in più di un'occasione di essere stato obbligato a stare dalla parte sbagliata.
"Ascoltate, so bene che i suoi precedenti lo rendono poco credibile. Ma era solo un ragazzo, quando è stato marchiato, non sapeva nemmeno lui stesso a cosa sarebbe andato incontro." - si massaggiò ancora le tempie e aggiunse - quasi parlasse con sè stesso - "E poi non posso ignorare un'informazione del genere, a prescindere dalla fonte. È dei Mangiamorte che stiamo parlando, dei seguaci di Voldemort. Sono il Ministro della Magia, è mio dovere tenere al sicuro il nostro mondo e se necessario anche quello dei Babbani.
Vi chiedo semplicemente di ascoltarlo." - concluse e attese una loro risposta.
Ron sbuffò roteando gli occhi, mentre Harry soppesò le sue parole.
"Va bene, ascoltiamolo" - rispose infine.
Ron lo guardò a bocca spalancata, come se avesse appena dichiarato eterno amore al Signore Oscuro.
"Ecco cosa si ottiene a fare le riunioni quando il cervello è ancora annebbiato dal sonno!" - esclamò con voce di un tono più alto del solito - "Ottima trovata Ministro, davvero un'ottima trovata!".
 
Le sei e mezzo arrivarono in fretta, tra gli sbuffi nervosi di Ron e quelli esasperati del Ministro. 
Si udì bussare alla porta.
"Ma non la sa usare la Metropolvere?" - borbottò scontroso Ron.
"Sai Ronald, dopo l'ultima volta abbiamo preso maggiori precauzioni per evitare che i Mangiamorte si introducessero con falicità all'interno del Ministero" - lo rimbeccò Kingsley, prima di gridare - "Avanti!".
La porta si aprì e la testa bionda di Draco Malfoy fece capolino all'interno.
"Buongiorno Ministro" - disse, fermandosi sull'uscio. Dava l'aria di sentirsi abbastanza sotto pressione, osservò Harry.
"Siediti pure, Draco".
Draco si avvicinò al tavolo a prese posto a due sedie di distanza da Harry. 
"Potter, Weasley." - disse, trattenendo malamente la solita espressione di disgusto che riservava solo a loro.
"Malfoy" - risposero entrambi, atoni.
Kingsley si schiarì rumorosamente la voce - "Molto bene. Ho già accennato loro il motivo della tua presenza qui oggi, per cui possiamo passare direttamente al dunque. Raccontaci tutto ciò che sai e come l'hai saputo.".
Ci fu un momento di silenzio, durante il quale tutti e tre puntarono lo sguardo su Draco, in attesa che parlasse.
Il biondo si schiarì la voce e inziò a raccontare - "Mio padre era presente durante l'ultima riunione tra i Mangiamorte. Ha assistito all'organizzazione del piano."
"Tuo padre partecipa ancora alle riunioni?" - domandò Harry confuso. L'ultima volta che aveva visto Lucius Malfoy non sembrava che avesse ancora voglia di rischiare un biglietto di sola andata per Azkaban.
I lineamenti di Draco s'indurirono e abbassò lo sguardo. 
"Mio padre non ha mai capito la differenza tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. L'unica cosa che gli interessa è tenere saldo il nome di famiglia e - anche se è palesemente troppo tardi per rimanere a testa alta - è fermamente convinto che l'unico modo per farlo sia restare dalla loro parte" - rise amaramente, senza sollevare lo sguardo - "Mio padre è un folle, ma io non sono più dello stesso avviso.".
Harry e Kingsley rimasero in silenzio. Ron si sporse in avanti, verso di lui, studiandolo con sospetto.
"Come facciamo a sapere che non stai mentendo, Malfoy?".
Draco alzò il capo e puntò il suo sguardo di ghiaccio in quello del rosso. Senza dire nulla prese ad arrotolarsi la manica sinistra della giacca, scoprendo a poco a poco l'avambraccio. Harry notò con orrore e stupore che rimaneva ben poco del Marchio Nero: al suo posto, la pelle chiara di Draco era segnata da un'orrenda cicatrice. Harry rabbrividì al solo pensiero di come poteva essersela fatta.
Anche Ron lo guardava sconvolto. Draco si risistemò la manica con calma, senza togliergli gli occhi di dosso.
"Si può arrivare a punti impensaibili, quando si odia il proprio riflesso nello specchio." - disse, in un tono che non lasciava trasparire alcun segno di debolezza - "Ora se non vi dispiace, andrei avanti".
Attese qualche secondo - il tempo che Ron ci impiegò ad abbassare lo sguardo - e riprese a parlare.
"Tre giorni fa il Marchio di mio padre ha ricominciato a pulsare. Mia madre l'ha pregato di non andare, si è infuriata, ma lui ha risposto comunque. Quando è tornato era felice come un bambino - o, per meglio dire, come uno psicopatico. Mi ha raccontato l'intero incontro, nonostante sapesse che non avrei potuto partecipare nemmeno se avessi voluto col Marchio fuori uso. Vuole solo qualcuno che lo ascolti, non gli interessano le opinioni altrui.
In ogni caso, non sa che sono venuto a riferirvelo, ovviamente, altrimenti mi avrebbe come minimo affatturato - se non ucciso.".
"Non ha avuto nessun sospetto al riguardo?" - domandò il Ministro.
"Sono suo figlio, si fida di me. So di aver tradito la sua fiducia, ma so anche perchè l'ho fatto." - rispose Draco, tranquillo, poi continuò -
"Mi ha detto di aver assistito ad una riunione presieduta da Bartemius Crouch Jr.; erano presenti parecchi Mangiamorte, tra i quali ha riconosciuto Greyback, McNair, Dolohov, Avery e Nott. Il piano messo a punto da Crouch a quanto pare include il coinvolgimento di un criminale babbano -"
"Un criminale babbano?" - lo interruppe Ron - "Cosa se ne fanno i Mangiamorte di un criminale babbano?".
"Se fossi così gentile da non interrompermi, Weasley" - disse secco Draco, prima di rispondere - "Hanno intenzione di prendere in mano il potere - credo sia una sorta di vendetta per la caduta del Signore Oscuro o un modo per riscattarsi. Questa volta non vogliono limitarsi solo al mondo magico: hanno intenzione di rovesciare anche il Governo Britannico Babbano, e per farlo hanno bisogno di un aiuto esperto.".
Harry iniziò a sentire un vecchio odio scorrergli di nuovo tra le vene. Kingsley guardò Draco allibito.
"Prendere il controllo del mondo babbano? Violare lo Statuto di Segretezza e rovesciare la Regina?" - disse, quasi mormorando tra sè e sè.
"Hanno sempre voluto eliminare i Babbani, perchè adesso dovrebbero volere il loro aiuto? Continuo a non capire." - disse Ron.
"I Babbani sono in possesso di armi per un certo verso più letali di una bacchetta. Armi da fuoco. Avere il controllo su Babbani in grado di utilizzare queste armi gli darà un enorme vantaggio sia sul loro governo che sul nostro." - spiegò Draco.
"In che modo hanno intenzione di reclutare questi Babbani?" - domandò Harry, nonostante avesse già una vaga idea in mente.
"Una Maledizione" - rispose Draco, poi - come se avesse letto il dubbio nella mente di Harry - aggiunse - "Non credo che si tratti della Maledizione Imperius, però. Altrimenti mio padre l'avrebbe accennata, immagino."
"E il criminale? I Babbani non possono utilizzare le bacchette. Quale sarà il suo compito?" - chiese Ron.
"A quanto pare è un esperto di.. hackeraggio - credo si dica così. Può controllare gli apparecchi elettronici come i telefoni e i computer. Credo che in quel modo riuscirebbe a contattare più Babbani in un colpo solo e ad imporre così la Maledizione."
"Non c'è modo di sapere di quale Maledizione si tratta?" - domandò il Ministro.
"Al momento no. Vedrò di fare il possibile per ottenere maggiori informazioni." - rispose Draco - "Probabilmente ci saranno altre riunioni alle quali mio padre parteciperà senza alcun dubbio.".
"Grazie mille, Draco. Ci terremo in contatto." - disse Kingsley alzandosi e facendo il giro del tavolo per stringergli la mano. Draco fece altrettanto. Accennò un saluto col capo in direzione di Harry e Ron e poi si diresse verso la porta.
"Ah, Draco, un'ultima cosa" - chiamò il Ministro alle sue spalle - "Sapere il nome del criminale potrebbe esserci utile. Ne sei a conoscenza?".
"Certo signore" - rispose il biondo, lasciando la mano appoggiata al pomello della porta - "Si tratta di un certo James Moriarty.".
Detto ciò, Draco accennò un ultimo saluto e si chiuse la porta alle spalle. Harry e Ron si guardarono perplessi, domandandosi come si sarebbe evoluto questo nuovo, strano caso da risolvere.









ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Eccomi con una nuova folle storia Crossover! Non preoccupatevi non sono impazzita - eheh. 
Avevo quest'idea che mi vagava per la testa e ho deciso di provare a metterla per iscritto.
Allora, la storia è ambientata a sette anni dalla fine della guerra. I nostri giovincelli lavorano al Ministero, come avrete capito: Harry è il nuovo Capo Auror; Ron lavora con lui. Anche Hermione lavora al Ministero, ma come Indicibile. Farà la sua comparsa nel prossimo capitolo. Il lavoro di Draco Malfoy non è ben definito, ma non è necessario saperlo, per il ruolo che avrà. Amo il suo personaggio e non potevo non metterlo al fianco dei "buoni".
Ho deciso di cambiare la sorte dei Mangiamorte, per una questione di "comodità" nella trama: non sono finiti ad Azkaban dopo la fine della Guerra, ma si sono dati alla fuga, rimanendo nell'ombra per questi sette anni. Il mio amato sociopatico non poteva mancare. Ho scoperto che lo Sherlock Holmes della serie della BBC è nato nel 1980, e quindi ha la stessa età di Harry ecc. In questa storia hanno tutti 25 anni, quindi. Sherlock non ha ancora conosciuto John, in questa storia, ma ovviamente si occupa già di risolvere crimini; e si sente parlare di lui proprio come si sente parlare di Moriarty, che ha già avuto modo di incontrare, invece (ovviamente sempre nella mia personale storia).
Sì, James Moriarty è diventato la recluta dei Mangiamorte. BOOM!
Scusate se non sono del tutto esaustiva, ma sto pubblicando di corsissima perchè non ho tempo.
Fatemi sapere che cosa ne pensate con una recensione! Sono curiosa! Se piace andrò avanti :)
Se ci sono domande, o avete bisogno di chiarimenti, io sono qui ;)

Un bacione e grazie per aver letto! Alla prossima :-*


-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Consulenza investigativa ***


1.
 
Era ancora presto quando Harry e Ron lasciarono il Ministero. La riunione era stata intensa, ma relativamente breve, per cui - ormai del tutto svegli - avevano tutto il tempo di concedersi la colazione.
Uscirono utilizzando la Cabina dei Visitatori e percorsero le vie vicine in silenzio meditativo finchè non fu Ron a parlare.
"È un bel casino" - disse con aria preoccupata. 
Harry si limitò ad annuire, ancora perso nei suoi pensieri e, dopo una breve pausa, aggiunse - "Credo che sarebbe utile dirlo a Hermione".
Ron gli rivolse uno sguardo leggermente confuso - "Credi che possa aiutarci in qualche modo?".
Harry si voltò a guardarlo - "Beh, lei è sempre stata il cervello e noi le mani."
Ron corrugò le sopracciglia e strinse le labbra annuendo - "Già, è così."
Rimasero in silenzio, senza smettere di camminare. Poi Ron aggiunse, ghignando - "Se fosse stata sia il cervello che le mani probabilmente avremmo risparmiato parecchio tempo con gli Horcrux e..." - il suo sguardo si spense e si fece serio - "e - beh, molte vite.".
Harry lo guardò di sbieco, abbassando anch'egli lo sguardo. Si erano fermati senza rendersene conto.
"Dici che Hermione potrebbe essere già sveglia? Anche lei oggi era di riposo." - domandò Harry, dando un'occhiata all'orologio - e cercando di sorvolare sull'alone di tristezza che portava anche il più piccolo dei riferimenti alla Guerra. Era passato parecchio tempo, ma non v'era alcun modo di cancellare il dolore che quella notte del 1998 aveva inchiodato nei loro cuori.
Ron imitò Harry e guardò il proprio orologio - "Sono le sette e mezzo, lo è sicuramente. Quando mai Hermione si è alzata tardi?" - disse roteando gli occhi.
Harry accennò un sorriso - "D'accordo, allora troviamo un vicolo dove smaterializzarci."
 
Si materializzarono all'inizio del vialetto di casa di Hermione. Non volevano piombare in casa sua rischiando di farle venire un infarto.
Erano già stati parecchie volte da lei. Aveva trovato un piccolo appartamento a Paddington, così da non dover dare fuoco al camino dei suoi, facendoli sobbalzare per il chiasso, ogni mattina.
Harry suonò il campanello; dopo alcuni minuti si udì la voce pimpante di Hermione - segno che, per fortuna, non erano stati loro a svegliarla.
"Sì?"
"Siamo noi, Herm."
"Harry?" - il suo tono si fece confuso.
"Sì."
"E Ron." - aggiunse lui avvicinandosi al campanello.
Hermione aprì e loro salirono al primo piano, trovandola con la testa fuori dalla porta semi-aperta. "Che cosa ci fate voi due qua a quest'ora del mattino? Durante il vostro giorno libero?" - domandò con aria sorpresa.
"Riunione straordinaria al Ministero" - rispose Ron, lasciando trapelare il suo fastidio per la questione. 
Nel frattempo Hermione si era spostata di lato, aprendo completamente la porta per lasciarli passare. 
"Come diavolo fai ad essere già così sveglia e vestita?" - le domandò incredulo Ron, passandole accanto.
"Il mio lavoro richiede costantemente tempo per studi e ricerche, Ronald. Svegliandomi presto, ho più tempo ovviamente. E poi è questione di abitudine." - rispose lei soddisfatta.
I due la superarono e si accomodarono sul divano del suo salotto, mentre lei sparì in cucina dicendo loro che avrebbe preparato del tè.
"Allora? Avete intenzione di dirmi perchè avete quelle facce?" - disse ad alta voce, per farsi sentire.
"Scusa se siamo piombati qua così presto" - iniziò Harry - "Ma la riunione di oggi ci ha lasciati un po' scombussolati e crediamo che tu potresti aiutarci.".
"Ma il Ministro non mi ha convocata." - disse lei comparendo alle loro spalle. Fece il giro del divano e appoggiò un piattino di biscotti sul tavolino, per poi dirigersi di nuovo in cucina, continuando - "Per cui non credo sia un lavoro da Indicibile.".
"Forse non è del tutto un lavoro per un'Indicibile, ma sicuramente lo è per una persona intelligente come te." - rispose Ron, inclinando il capo all'indietro in direzione della cucina.
Hermione aspettò di tornare in salotto con il tè, prima di rispondere - "Ok, allora di cosa si tratta?". Si sedette sulla poltrona accanto al divano prendendo la propria tazza; gli altri due la imitarono.
Harry prese un sorso di tè e iniziò a spiegare - "I Mangiamorte hanno reclutato un criminale babbano perchè li aiuti a rovesciare il Governo inglese e il Ministero della Magia. A quanto pare questo tizio può controllare i computer e i telefoni, e intendono sfruttare questa sua capacità per lanciare una Maledizione sconosciuta su ogni babbano della città in grado di utilizzare un'arma da fuoco. Hanno scelto i babbani capaci di utilizzarle per facilitare la loro ascesa al potere.".
Hermione lo stava fissando con la tazza a metà strada tra il piattino che teneva nell'altra mano e la bocca, spalancata per lo stupore.
"Già, roba da niente." - disse sarcasticamente Ron.
"Vogliono prendere il potere di tutta Londra? Usare i babbani come soldatini per raggiungere i loro scopi? Sono disgustosi!" - esclamò Hermione, indignata, dopo essersi ripresa dal breve shock. "Il Ministro vi ha detto tutto questo?" - domandò poi.
"In realtà è stato Malfoy" - rispose Ron, pronunciando il nome come se fosse qualcosa di nauseabondo.
Hermione quasi si strozzò con il tè. "Draco Malfoy?!"
Entrambi annuirono.
"Vi siete fidati di lui." - affermò poi, senza troppa sorpresa.
"Non è la prima volta che sembra stare dalla nostra parte, e poi..." - Harry s'interruppe, ripensando alla cicatrice sul braccio di Malfoy - "Beh, diciamo che ci è andato giù pensate nel tentativo di eliminare il suo Marchio Nero.".
Hermione sembrava non averlo sentito. Teneva tazza e piattino appoggiati sulle ginocchia, e si mordeva il labbro riflettendo sulle loro parole.
Ron ruppe il silenzio - "Abbiamo bisogno di scoprire di quale maledizione si tratta, ma la parte più difficile - e anche quella di maggiore importanza - è capire come fermare questo criminale. - Insomma, noi siamo maghi!" - aggiunse, innervosendosi - "Usiamo le bacchette! Nessuno di noi sa come fermare un esercito di babbani armati di pistola e guidati da un tizio che sa entrare nei computer. Io non so nemmeno che cosa esattamente sia un computer!".
"Quindi non si tratta della Maledizione Imperius" - intuì Hermione, dalle parole di Ron - "Non avete la minima idea di che cosa potrebbe trattarsi?".
"No, e questo complica le cose." - rispose Harry. Non riusciva a vedere un briciolo di speranza per la risoluzione di quel problema. Sembrava tutto troppo complicato - tutto ancora più difficile del distruggere sette Horcrux. Non era mai successo che i babbani fossero coinvolti in modo così diretto in uno dei piani dei Mangiamorte, e la sfida che rappresentava questo caso particolare rendeva Harry nervoso.
"Magari hai sentito parlare del criminale" - tentò Ron.
"Malfoy vi ha detto il suo nome?"
"Sì, James... Moriarty - se non sbaglio".
L'espressione di Hermione si fece concentrata - "Moriarty..." - mormorò tra sè e sè - "Dove l'ho già sentito?".
"L'hai già sentito nominare?" - domandò Ron speranzoso.
"Sì, credo di sì. Datemi un momento." - Hermione lasciò la tazza sul tavolo e si avvicinò - com'era prevedibile - alla libreria, che copriva un'intera parete del salotto. Harry e Ron la osservarono frugare tra alcuni giornali che aveva riposto con cura nell'angolo di uno scaffale.
"Ecco qua!" - esclamò, tirandone fuori uno dal mucchio e andando a sedersi sul divano, tra loro due. Indicò l'articolo in prima pagina, che s'intitolava "James Moriarty, il consulente criminale che sta facendo impazzire la Polizia londinese".
"Sì, ma questo non ci aiuta molto" - disse Ron, con delusione, appoggiandosi alla spalliera del divano.
"Ascolta!" - gli disse Hermione, poi lesse ad alta voce una parte dell'articolo - " 'Moriarty è, inoltre, famoso per la sua ossessione nei confronti di Sherlock Holmes - l'investigatore di maggiore successo della città - con il quale sembra aver già avuto diversi scontri.' ".
Harry e Ron si lanciarono un'occhiata confusa oltre le spalle di Hermione.
"Ehm, non credo di capire" - disse Harry.
Hermione chiuse il giornale e gli rivolse la solita espressione che assumeva quando lui o Ron non coglievano il messaggio al primo colpo. "Sherlock Holmes!" - esclamò, come se fosse qualcosa di ovvio. - "Capisco che Ron non possa averne sentito parlare, ma tu Harry...".
"In realtà nemmeno io ne ho mai sentito parlare. Perchè dovrei?" - ribattè Harry, ancora più in confusione.
"Arriva al punto, Hermione" - s'intromise Ron, prima di addentare un biscotto.
Hermione alzò gli occhi al cielo e disse - "Sherlock Holmes ha aiutato la Polizia a risolvere i casi più elaborati ed improbabili. È praticamente un genio! E - come dice qua - ha già avuto a che fare con questo Moriarty! - Riceve i clienti a casa, e non abita molto lontano da qui!".
"Dici che dovremmo parlare con lui?" - domandò Ron, titubante.
"Saprebbe sicuramente darci delle informazioni sul nostro criminale" - affermò sicura.
La lampadina sulla testa di Harry prese a lampeggiare. "Credete che Kingsley sarebbe d'accordo se gli spiegassimo l'intera situazione? Se questo Sherlock Holmes conosce Moriarty e sa risolvere casi difficili, magari può anche aiutarci a fermarlo!".
"Miseriaccia! Sarebbe molto più facile con il suo aiuto!" - concordò Ron, ma Hermione storse il naso, e Harry se ne accorse.
"Cosa c'è che non va?"
"Non saprei... Prima di tutto, Kingsley dovrebbe darvi il permesso di violare lo Statuto di Segretezza -"
"Beh, se non lo violiamo noi tre, saranno almeno una ventina di Mangiamorte a farlo.." - la interruppe Ron.
"Sì, ma non è solo questo." - continuò Hermione - "Sherlock Holmes è un tipo particolare. È molto razionale ed è abituato a dare una spiegazione logica anche all'evento più insolito. Anche se Kingsley vi permettesse di rivelargli tutto, sarebbe molto complicato convincerlo dell'esistenza della magia. Rifiuterebbe certamente di credervi.".
"Io dico che vale la pena di provare." - ribattè Ron - "Che altre speranze abbiamo?".
"Ron ha ragione" - disse Harry, dopo un momento di riflessione.
Hermione guardò prima uno e poi l'altro con aria titubante, soppesando la questione.
"Oh, d'accordo." - si arrese, infine.
"Perfetto!" - esclamò Harry alzandosi dal divano.
"Vuoi parlargli ora?" - chiese Hermione, un po' contrariata.
"Prima è, meglio è!" - rispose lui raggiungendo la porta. Ron e Hermione lo seguirono subito dopo.

 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Eccomi! Scusate per questo breve capitolo, ma se non l'avessi diviso in due parti differenti avevo l'impressione che sarebbe stato troppo lungo, e non volevo annoiarvi! La nota positiva, se vogliamo, è che ho abbreviato anche la vostra attesa! Eheh.
Possiamo definire questo capitolo come una sorta di pre-introduzione al personaggio di Sherlock, che sarà presente dal prossimo capitolo.
Come avrete intuito, Ron e Hermione non stanno insieme nella mia storia (per una probabile necessità della trama).
I genitori di Hermione sono tornati dall'Australia. Hermione ha provveduto a rimettere in sesto la loro memoria, ma poco dopo aver iniziato a lavorare al Ministero ha deciso di trasferirsi per non scombussolare la loro vita con i suoi impegni magici.
Bene, per oggi mi sembra di avervi detto tutto.
Come al solito, sarei felicissima si scoprire come vi sembra per ora la storia :) Fatemelo sapere con una recensione!
Vi aspetto alla prossima! (Che potrebbe essere mooolto presto - un caso raro eheh).
 
Un bacione e grazie per aver letto :-*
 
-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Presentazioni ***


1.
 
"Ho sentito bene?"
Il Ministro li osservava con gli occhi fuori dalle orbite, probabilmente chiedendosi se tre dei suoi migliori lavoratori non fossero impazziti senza preavviso. Harry inspirò profondamente ed evitò di incrociare lo sguardo da Te-l'avevo-detto di Hermione.
"Sì, ha sentito bene." - rispose, con la poca sicurezza che gli era rimasta.
Kingsley scosse la testa guardando altrove. Si portò una mano al mento e se lo grattò distrattamente, soppesando la loro folle proposta. Harry, Ron e Hermione attesero, quasi trattenendo il fiato.
"Signorina Granger" - disse poi il Ministro, cambiando all'improvviso discorso - "Posso domandarle perchè anche lei si trova qui?"
Hermione lanciò una veloce occhiata a Harry prima di rispondere - "Ehm - Io - In realtà pensavo che potrei rendermi utile nella ricerca di questa Maledizione sconosciuta e -"
"E crede che anche questo Sherlock Holmes potrebbe esserci d'aiuto?" - la interruppe il Ministro, osservandola attentamente.
Hermione evitò lo sguardo del Ministro. "Beh, ecco... Ha risolto casi che hanno messo in difficoltà l'intero dipartimento di Polizia di Londra; casi che nessun altro investigatore è stato in grado di risolvere prima di lui, perciò credo che - una volta che l'avremo convinto dell'esistenza della magia - potrebbe esserci d'aiuto, sì.".
"E lei l'ha conosciuto?"
"Non personalmente, ma ho letto molto di lui e so dove abita." 
Kingsley annui appena e per almeno dieci minuti tornò a chiudersi nelle sue riflessioni senza domandare altro. Ogni tanto li scrutava con fare indagatore. Harry, intanto, pregava che quel silenzio opprimente finisse in fretta, a costo di essere cacciato a suon di fatture.
"Dove abita?" - chiese finalmente, rivolgendosi ancora a Hermione.
"Al 221B di Baker Street, signore." - rispose prontamente lei.
Silenzio.
"Bene, andiamo a trovare questo maledetto investigatore." - disse inaspettatamente, alzandosi e facendo il giro della sua scrivania. 
"Certo. Glielo spieghiamo noi e ci scambia per pazzi; glielo dice lei e non ci pensa due volte" - sussurrò Ron a Harry.
"L'idea è vostra, per cui mi accompagnerete, ma" - disse Kingsley assumendo il suo tono più autoritario e puntando loro il dito - "alla condizione che restiate in silenzio e che lasciate parlare me. Signorina Granger, le sarà permesso intervenire solo se dovessimo avere serie difficoltà nel convincerlo. Intesi?".
Tutti e tre annuirono obbedienti e seguirono il Ministro fuori dal suo ufficio, non prima di essersi scambiati un'occhiata soddisfatta.
 
2.
 
Si materializzarono in un angolo isolato della Baker Street Station e coprirono l'ultimo tratto di strada a piedi. Avrebbero potuto materializzarsi direttamente nel suo camino, ma perchè rischiare di farsi sparare o arrestare prima del previsto?
Il 221B di Baker Street corrispondeva ad una semplice palazzina di tre piani con la facciata in mattoni. Da una finestra aperta al primo piano si udiva il suono di un violino.
Kingsley si avvicinò alla porta verniciata di nero e bussò. Harry si guardò intorno - non era mai stato in quella parte di Londra, nonostante non fosse eccessivamente distante da Grimmauld Place. Erano a metà mattinata, e le strade cominciavano a popolarsi. Alcuni clienti del bar poco distante da loro osservavano Kingsley con fare curioso, a causa della sua tunica dai colori brillanti - come un faro nella notte.
Qualcuno aprì la porta: si trattava di una donnina sorridente, un po' avanti con l'età, che non appena li vide fece loro segno di attendere con la mano e si voltò indietro per gridare - "Sherlock! Ne sono arrivati altri!".
Senza aspettare una risposta, li invitò ad entrare e a dirigersi al piano di sopra. Raggiunto il primo piano, dovettero pigiarsi per riuscire a stare tutti insieme sul pianerottolo. L'unica porta era chiusa, e Harry sentì il suono del violino provenire proprio da lì dietro.
Kingsley bussò, ma nessuno venne ad aprire, nè la melodia s'interruppe. Si guardarono perplessi, poi Kingsley azzardò un colpo più deciso sulla porta. Questa volta il suono fu interrotto bruscamente e dopo un attimo di silenzio si udì una voce maschile borbottare qualcosa.
"La porta è aperta." - disse infine, alzando la voce.
"Oh, non è stata una buona idea" - mormorò agitata Hermione. Kingsley la fulminò con lo sguardo.
Quello era di certo l'appartamento babbano più disordinato e inusuale che Harry avesse mai visto. Tavolo e scrivania erano sotterrati da montagne di fogli, buste di plastica contenenti altri fogli e chissà quali oggetti e pile di libri di ogni tipo; su una di queste era stato appoggiato un portatile, che sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro. Quello che aveva tutta l'aria di essere un teschio umano sembrava osservarli dalla mensola sopra il camino, 
e sul tavolino più basso, dalla parte opposta, alcune provette da laboratorio piene di liquidi colorati facevano compagnia ad una solitaria tazza da tè; sul muro sopra il divano era stato disegnato qualcosa con della vernice gialla, che era stato parzialmente coperto da fogli e fotografie fissati con delle puntine e uniti tra loro con del filo rosso.
Ron guardò Harry e sgranò gli occhi - se per Harry quel posto era strano, allora Ron doveva credere di essere finito su un altro pianeta.
Il violinista appoggiò il suo strumento tra le cianfrusaglie sulla scrivania e diede le spalle alla finestra per osservare i suoi nuovi ospiti. Harry rimase quasi deluso, nel constatare che - almeno nell'aspetto - non aveva nulla di grandioso. Era un ragazzo, come loro: indossava una vestaglia blu sopra una camicia bianca un po' troppo stretta e dei pantaloni eleganti ed era scalzo. I capelli scuri e ricci gli donavano l'aspetto di uno che si è appena buttato giù dal letto, ma la sua espressione sveglia e attenta diceva tutt'altro.
"Allora" - iniziò, passando gli occhi chiari su ognuno di loro - "Come posso aiutare tre giovani lavoratori e un uomo politico?" - disse disinvolto, allontanandosi da loro per accomodarsi su una poltrona di pelle nera, accanto al camino.
Le teste di Harry, Ron e Kingsley si voltarono automaticamente verso Hermione con un'espressione alquanto sconvolta.
Hermione strinse le labbra e fece spallucce - "Ve l'avevo detto che era un genio".
"Sì, ma - ma come diamine -" - mormorò Ron, ancora rivolto verso di lei. Holmes si schiarì la voce alle sue spalle.
"Il suo portamento e l'aura di autorità che infligge su di voi, che restate alle sue spalle e non fiatate indica chiaramente che portate rispetto per lui. Questo mi porta a dedurre che lavoriate per lui; il fatto che siate venuti qui insieme indica che si fida di voi e, pertanto, che siete i suoi lavoratori prediletti. A giudicare dal vostro abbigliamento oggi non dovevate lavorare, ma deduco che siate stati convocati per una riunione particolare. Invece il suo abbigliamento, elegante e curato mi porta a pensare che abbia una carica importante, sicuramente in politica, ma non essendo un abito convenzionale per un politico inglese, la risposta più logica è che lavori per un Paese straniero."
Aveva detto tutto ciò così velocemente che Harry quasi si perse metà delle parole, ma di certo non aveva mancato di restare a bocca aperta, e quando si voltò gli venne quasi da ridere vedendo le espressioni incredule di Ron e Kingsley e quella ammirata di Hermione.
Holmes si limitò a sorridere compaciuto. Doveva essere abituato a reazioni come le loro.
"Dicevamo?" - chiese, rivolgendosi a Kingsley.
"Sì - ehm - scusi per l'intrusione signor Holmes, ma abbiamo bisogno del suo aiuto".
"Questo era ovvio" - disse l'altro, senza fare una piega.
Kingsley trattene appena un'occhiata infastidita, prima di rispondere - "Si tratta di un problema - politico, se così si può definire, ma -" - fu interrotto dal rumoroso sbuffo dell'investigatore.
"Non ho tempo per i problemi politici." - disse con aria annoiata, alzandosi e dirigendosi nuovamente alla finestra.
Kingsley rimase interdetto. "Ma, signor Holmes, non le ho nemmeno accennato di cosa si tratta!"
"Non serve che me lo accenni, so già di che tipo di problema stiamo parlando" - replicò l'altro, afferrando il violino e dando loro le spalle.
"Signor Holmes -" - tentò di nuovo il Ministro, ma fu nuovamente interrotto.
"Ah, che noia!" - esclamò Holmes, parlando più a sè stesso che a loro - "Dove sono finiti i serial killer? Dove sono i veri crimini da risolvere?". Scaraventò il violino sul tavolo facendo volare alcuni fogli e sbuffò ancora senza smettere di borbottare.
"James Moriarty" - disse Hermione, ad una loquace occhiata di Kingsley, cercando di sovrastare le sue lamentele.
Holmes sembrò essersi pietrificato. Rimase immobile per qualche secondo, prima di voltarsi lentamente e affilare lo sguardo su Hermione, che distolse immediatamente il suo, imbarazzata.
"Che cosa ha detto?" - le domandò, con una strana luce negli occhi.
"James Moriarty" - ripetè lei, con un filo di voce - "È coinvolto in questo caso.".
Holmes si raddrizzò e per un attimo il suo sguardo sembrò vagare dove loro non potevano vedere. "D'accordo, discutiamone. Accomodatevi." - disse alla fine con serietà, tornando a sedersi.
Harry, Ron e Hermione presero posto sul divano, mentre Kingsley si sedette sull'unica poltrona rimasta.
"Prima di cominciare" - disse, osservando Holmes con apprensione - "devo dirle qualcosa che potrebbe, ecco - sorprenderla".
Holmes sorrise - "Mi creda, non esiste nulla in questo mondo in grado di sorprendermi."
"Le credo, ma il punto è che - beh, non si tratta solo di questo mondo."
Holmes corrugò le sopracciglia e portò le mani a unirsi sotto il mento, come in preghiera. "Vada avanti" - disse con curiosità.
Kingsley lanciò una breve occhiata in direzione del divano e si schiarì la voce. "Vede, signor Holmes, io non sono un uomo di politica qualunque. Io sono - un mago.".
"Era la seconda spiegazione logica ai suoi abiti particolari. Quindi: un politico che nel tempo libero fa il prestigiatore, se ho capito bene?" -  rispose Holmes, evidentemente divertito.
"Non un prestigiatore. Un mago vero." - replicò Kingsley, in tutta la sua serietà.
Per un attimo fulmineo Holmes parve disorientato. Li scrutò nuovamente uno ad uno; dopo di che scoppio a ridere.
"Oh, andiamo. Questa è la trovata peggiore che Moriarty abbia mai messo in scena per attirare la mia attenzione. Ditegli di passare a prendere un tè, piuttosto, se ha voglia di giocare.".
Harry iniziava a preoccuparsi. Hermione aveva avuto ragione come sempre. Erano solo all'inizio di quella che Harry prevedeva come una lunga, lunghissima, discussione.
"Lei non mi crede." - affermò Kingsley, tentando di mantenere la sua aria sicura e autoritaria.
"È ovvio che io non le creda!" - ribattè Holmes, ancora divertito - "La magia non è reale. I prestigiatori e gli illusionisti sono semplicemente molto bravi a ingannare la mente umana, che solitamente tende a guardare, ma non a osservare con attenzione. Se le persone prestassero più attenzione ai dettagli nessuno si lascerebbe ingannare, nè dalla magia nè da altro."
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Il Ministro col capo basso, in riflessione; Holmes con gli occhi puntati su di lui. Poi Kingsley sembrò acquistare maggiore sicurezza.
"Vuole una dimostrazione?" - propose, guardandolo fisso negli occhi.
"Mi stupisca" - disse Holmes, con falsa curiosità, sostenendo il suo sguardo.
"Se non riuscirà a dare una spiegazione logica a quello che farò, sarà costretto a credermi." - sentenziò Kingsley alzandosi e tirando fuori la bacchetta dalla manica della sua tunica.
Holmes non rispose - non sembrò nemmeno minimamente sorpreso, colpito o divertito dall'entrata in scena della bacchetta - si limitò a osservare i movimenti dell'altro, mentre Harry, Ron e Hermione assistevano in apnea.
Kingsley puntò la bacchetta su un libro abbandonato su uno degli scaffali accanto al camino, e quello prese a levitare finchè non giunse tra le sue mani; poi si voltò per esaminare l'effetto della sua dimostrazione.
"Fili da pesca" - disse immediatamente Holmes, senza fare una piega.
"Come dice?" - domandò Kingsley corrugando le sopracciglia.
"Ha chiaramente usato della lenza, del filo trasparente da pesca" - spiegò Holmes - "È così che i prestigiatori fanno levitare gli oggetti." - aggiunse, alzando un sopracciglio.
Per un momento Harry pensò che Kingsley gli avrebbe lanciato una fattura o che lo avrebbe preso a pugni, ma per fortuna lo vide ricomporsi subito e sorvolare.
"D'accordo, proviamone un'altra" - suggerì. Si guardò intorno e, questa volta, puntò la bacchetta in direzione del camino. Quando il fuoco iniziò a scoppiettare, si voltò trionfante verso Holmes, che però non sembrava essere impressionato.
"Esistono  svariate combinazioni chimiche in grado di accendere un fuoco" - disse semplicemente, senza nemmeno guardare il camino.
"E quando avrei potuto metterne una nel suo camino? O usare dei fili per far muovere quel libro?" - domandò il Ministro, che ora stava chiaramente perdendo la pazienza.
"Sono rientrato da sole due ore, mentre la signora Hudson è tornata dal mercato solo pochi minuti prima del vostro arrivo. Avrebbe avuto tutto il tempo di introdursi nell'appartamento e preparare i suoi trucchetti".
"E lei non se ne sarebbe accorto?" - insinuò Kingsley.
"Mi dispiace, ma come ho già detto non ho tempo per queste sciocchezze." - disse Holmes ignorandolo e alzandosi nuovamente per tornare al suo violino.
"E va bene" - disse piccato Kingsley, sollevando la bacchetta e puntandola sul teschio sopra al camino.
"La porta è da quella parte, ma se preferite sparire sotto un mantello non fatevi - " - il sorriso di Holmes si spense quando vide il teschio assumere le sembianze di un gatto sotto ai suoi occhi. Fece un passo indietro e il suo sguardo corse velocemente tra Kingsley, Harry, Ron, Hermione, il gatto, Kingsley e infine di nuovo il gatto.
"Ora mi crede?" - chiese Kingsley speranzoso.
"Dovete avermi drogato. Non è possibile." - disse lentamente Holmes, senza togliere gli occhi dall'animale.
"Nessuno di noi l'ha toccata, e non ha bevuto nè mangiato nulla in nostra presenza. Come potremmo averla drogata?" - ribattè Kingsley, prendendo in braccio il gatto.
"Ma certo!" - esclamò Holmes, battendo le mani - "Combacia tutto! Si è introdotto in casa prima del mio ritorno e -"
"Tocchi il gatto" - lo interruppe Kingsley, spazientito.
"Scusi?" - domandò Holmes confuso.
"Accarezzi il gatto." - insistè l'altro - "Un'allucinazione non si può accarezzare. Dico bene?"
Il sorriso di Holmes si spense definitivamente. Quell'affermazione sembrava averlo confuso abbastanza da permettersi il beneficio del dubbio. Si avvicinò a Kingsley, scrutandolo, in guardia; poi allungò lentamente una mano e non appena sfiorò la pelliccia del gatto, la ritrasse come se avesse preso una scossa elettrica.
Spalancò gli occhi e li guardò tutti - per la prima volta in quei minuti infiniti - in estrema confusione e senza parole.
"Lo so che per una mente brillante come la sua" - disse Kingsley, comprensivo - "è difficile accettare il fatto che esista qualcosa che va oltre la logica, come la magia, ma la prego di crederci - e di ascoltarci. Il suo aiuto è di vitale importanza sia per il vostro mondo che per il nostro.".
Holmes non diede segno di averlo sentito. Era rimasto immobile, con le labbra schiuse e lo sguardo, ancora sconcertato, fisso su un punto indefinito alle spalle di Kingsley. Nessuno di loro si prese la briga di interrompere l'evidente laborio che stava compiendo il suo cervello, finchè non fu lui stesso a parlare.
"La magia..." - mormorò tra sè e sè - "Potrebbe essere una spiegazione logica ai rari casi che non sono riuscito a risolvere... ma certo!" - concluse accennando un sorriso.
"Prego?" - domandò Kingsley con curiosità.
"Lasci stare, non è importante" - rispose lui evasivamente. Si sedette di nuovo sulla sua poltrona, con le mani giunte sotto il mento. "Voglio credervi." - disse con decisione - "Certo, nel mio Palazzo Mentale accadono cose di ogni genere, ma dubito che questo nostro incontro abbia qualcosa a che fare con il funzionamento della mia mente. È troppo reale. Inoltre non credo di essere tanto psicopatico - come amano definirmi - al punto di avere allucinazioni così vivide.".
"Palazzo Mentale? Ma di che accidenti sta parlando?" - sussurrò Ron, vagamente preoccupato. Hermione lo zittì con una gomitata.
Kingsley si schiarì rumorosamente la gola e sorvolò su quello strano commento. 
"Bene. Posso contare sulla sua discrezione? È importante che non riveli a nessun altro l'esistenza della magia, nè le informazioni che sto per darle."
"Solitamente le cose che dico vengono prese in seria considerazione da uno scarso numero di persone" - sorrise Holmes - "Ma non si preoccupi, nemmeno loro verranno a conoscenza di ciò che ci siamo detti oggi. Ha la mia parola".
"Bene." - proseguì Kingsley prendendo di nuovo posto sull'altra poltrona - "Posso procedere a spiegarle del nostro problema?".
L'altro annuì e il Ministro iniziò il suo racconto.
Holmes lo ascoltò con estrema attenzione, interrompendolo solo in pochi momenti in cui aveva bisogno di un chiarimento. Quando Kingsley terminò, lui rimase in silenzio per un momento, poi chiuse gli occhi e a bassa voce iniziò a fare un resoconto di quanto aveva appena ascoltato. Harry lo osservava rapito. Aveva l'impressione di trovarsi al cospetto di un celebre personaggio uscito dalla fantasia di qualche grande autore, piuttosto che di fronte ad un essere umano in carne e ossa, e qualcosa lo indusse a pensare che - nonostante si trovasse di fronte a ben quattro maghi - lui non fosse dello stesso avviso nei loro confronti. Nessun sorriso sognante, nessuna esclamazione di sorpresa; le uniche domande che aveva posto riguardo il mondo magico erano semplicemente servite a chiarire alcuni punti del loro problema, nessuna di esse era stata posta per pura curiosità. Certo, a Harry non capitava tutti i giorni di rivelare la magia ad un babbano, ma era sicuro che chiunque avrebbe reagito con una sorta di meraviglia alla scoperta - chiunque, a quanto pareva, tranne Sherlock Holmes.
 
Prima di lasciare il loro nuovo alleato alla sua musica, Kingsley lo avvertì che presto si sarebbero rimessi in contatto con lui - e gli consigliò di prepararsi alla possibile apparizione di uno di loro nel suo camino o direttamente nel suo salotto.
La donnina che aveva aperto loro la porta ricomparve proprio al momento dei saluti, domandando loro se volessero del tè con un'aria apparentemente preoccupata.
"Grazie, signora Hudson, ma i nostri ospiti stavano giusto andando via." - le rispose Holmes con un sorriso.
Anche Kingsley le si rivolse con un sorriso cordiale - "È molto gentile da parte sua, ma temo che il signor Holmes abbia ragione."
"Oh, beh, non importa allora" - fece lei, scuotendo la mano e spostandosi di lato per lasciarli uscire.
Harry seguì gli altri sul pianerottolo e poi giù dalle scale. Arrivati al piano terra, sentì la voce sommessa della signora Hudson giungere ancora dal piano superiore.
"Sherlock, va tutto bene?"
"Certo, signora Hudson. Perchè mai qualcosa dovrebbe andare male?" - si udì la voce di Holmes, parlare a voce più alta.
"Oh caro, i tuoi clienti non sono mai rimasti così a lungo! Di solito si trattengono per dieci minuti al massimo! Ho pensato di dover salire con una padella o con un battipanni, sai nel caso ne avessi avuto bisogno, ma non volevo fare una brutta figura!" - sussurrò lei.
"Non c'era bisogno di alcun battipanni signora Hudson. È il caso migliore del secolo!" - rispose lui, su di giri - "Il gioco è cominciato!".
Harry scosse la testa divertito e seguì gli altri sulla strada.
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Eccomi cari lettori! Spero che l'incontro tra i nostri maghetti e il nostro amorevole sociopatico sia stato di vostro gradimento!
Harry abita a Grimmauld Place. Nella mia storia non è fidanzato con Ginny, perchè ritenevo fosse un altro particolare inutile per la trama.
Sherlock, come mi pare di avervi già detto, non conosce ancora il dottor Watson, ma ho deciso di farlo abitare comunque al 221B di Baker Street. Che Sherlock Holmes sarebbe se vivesse ad un altro indirizzo?
Non credo ci sia molto altro da dirvi, se non una piccola anticipazione per quanto riguarda il prossimo capitolo: Draco verrà a conoscenza di un informazione che potrebbe complicare ulteriormente la questione. Tan, tan, taaan!
Fatemi sapere i vostri pareri con una recensione!
 
Alla prossima! Grazie per aver letto :-*
 
-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Complicazioni ***


1.
 
Era buio, l'asfalto scricchiolava sotto i loro piedi; i tubi lungo le pareti ricurve, di pietra, lasciavano cadere al suolo qualche goccia d'acqua. Moriarty riconobbe i suoni che aveva udito la prima volta che era passato da quella galleria, però ora non solo poteva sentire, ma anche vedere dove i due uomini vestiti di nero lo stavano portando.
Avevano fatto indossare abiti neri anche a lui. Non erano proprio il tipo di completo che avrebbe indossato, ma sapeva di doversi accontentare.
Si fermarono e uno dei suoi accompagnatori si fece più vicino al muro, sussurando qualcosa. Il muro si disfò sotto i loro occhi, e Moriarty ne rimase affascinato. Oh, se solo avesse avuto anche lui i loro poteri, ma non poteva lamentarsi di ciò che era capace di fare anche senza possederli. Non esisteva al mondo un'altra mente criminale capace di inscenare una falsa pista o nascondere un dettaglio prezioso come sapeva farlo lui; ed era lieto che anche in un mondo di cui fino a poco tempo prima aveva ignorato l'esistenza, ci fossero persone in grado di apprezzare il suo talento.
Superato il muro, si trovarono a percorrere un lungo corridoio, illuminato da alcune fiaccole appese alle pareti scure, che però non ricordava di aver percorso.
"Questo non c'era l'ultima volta" - disse, lasciando vagare lo sguardo nella semi-oscurità.
"Ad ogni riunione cambia qualcosa. È un modo per confondere chi dovesse cercarci." - spiegò uno dei due uomini.
Infine svoltarono a destra, in una sala circolare molto simile a quella dov'era stato portato la volta precedente.
Molti altri uomini in abiti scuri e incappucciati erano già disposti in file ai lati del salone; si unirono a loro. Al centro,  Bartemius Crouch Jr. era in attesa, ad occhi chiusi e con le mani unite dietro la schiena.
Passarono minuti e altri Mangiamorte giunsero nel salone. Quando finalmente anche l'ultimo prese posto, Crouch aprì gli occhi e iniziò a parlare.
"Miei compagni, ora siamo pronti a discutere del nostro piano." - fece una pausa, iniziando a misurare il salone a lunghi passi - "La maledizione dovrà essere diffusa una sola volta e immediatamente ad ognuno dei nostri bersagli. Per questo motivo abbiamo bisogno di sincronizzare le linee telefoniche di tutta la città - ed è qui che entrerà in gioco il nostro nuovo amico." - disse, rivolgendo un sorriso, più somigliante ad una smorfia, a Moriarty.
Riprese - "Ora, necessitiamo di un codice, per compiere questa azione. E questo codice dovrà trovarsi in un luogo sicuro, fuori dalla portata di chi cercherà di fermarci. Un Custode Segreto potrebbe essere l'ideale, se non che si tratta di un Incantesimo ovvio e non impossibile da raggirare."
Camminò senza dire altro, finchè non si fermò di fronte a Moriarty.
"Sicuramente tu conosci metodi diversi dai nostri, dico bene?" - gli domandò scrutandolo coi suoi occhi neri.
Moriarty sorrise di sbieco - "Potrebbero chiamarmi il Re dei Codici. So come nasconderli. Conosco un metodo - il mio preferito" - disse con una risata - "con il quale sono riuscito a beffarmi anche del grande Sherlock Holmes."
Crouch corrugò le sopracciglia per un attimo fulmineo - probabilmente domandadosi chi fosse l'uomo da lui citato - poi ricambiò il sorriso di Moriarty e lo invitò a spiegarsi.
"Un codice scritto su un foglietto è banale; così come lo è un codice nascosto in un file criptato in un computer. Ma un codice nascosto da nessuna parte... quello è un lavoro da esperti." - disse, leccandosi le labbra come per assaporare il gusto del crimine. "Quando ho nascosto una stringa di codice binario a Sherlock Holmes, mi è bastato fargliela entrare in quel suo cervellone senza che lui se ne accorgesse." - terminò compiaciuto.
Crouch lo studiò con un sorriso enigmatico, mentre annuiva - evidentemente soddisfatto della proposta. 
"Niente male, ragazzo." - disse poi, riprendendo a camminare - "Vorrei, però, aggiungerci un tocco personale.:."
In quel momento, un rumore proveniente dal fondo del salone fece loro tendere le orecchie e smettere di respirare. Alcuni tirarono fuori le bacchette, ma non le alzarono; altri si voltarono semplicemente. Crouch si era fermato sui suoi passi e aveva gridato - "Gradirei che si facesse silenzio durante le riunioni!" - ed ora guardava il punto dal quale era provenuto il rumore con gli occhi fuori dalle orbite e i denti scoperti, come un orrendo animale.
Moriarty allungò il collo nel tentativo di capire cosa fosse successo, ma tutto ciò che poteva vedere erano le teste incappucciate degli altri Mangiamorte. Tornò così a guardare Crouch, e si accorse che la smorfia che prima occupava il suo volto, aveva improvvisamente lasciato spazio ad un sorriso maligno.
"So già chi sarà il nostro Portatore" - disse.
 
2.
 
L'orologio segnava le undici e mezzo del mattino. Harry era a lavoro da poco più di due dore e già non ne poteva più di tutti quei documenti; li spostò di lato e appoggiò i gomiti sulla scrivania, stropicciandosi il viso sotto gli occhiali.
Si sentiva irrequieto; non gli piaceva dover stare chiuso in ufficio a leggere di streghe impazzite o di draghi fuggiti per colpa di addestratori incompetenti mentre là fuori i Mangiamorte organizzavano il loro teatrale ritorno in scena. 
Era passata una settimana dal primo incontro con Malfoy e con Sherlock Holmes e non c'era stata l'ombra del minimo progresso; persino Hermione, che aveva iniziato la ricerca sulla Maledizione, stava avendo dei problemi. Il Ministro, nel frattempo, sembrava non avere la minima intenzione di fare qualcosa. L'unica risposta che riusciva a dare a Harry ogni qual volta gli ricordasse del problema era "Senza ulteriori informazioni non possiamo fare nulla, Harry" - quelle informazioni però, sembravano essersi prese una vacanza, come d'altronde sembrava essersela presa Malfoy. Come se non bastasse, la sua assenza aveva portato - oltre al nervosismo di Harry - al crescente lamentarsi di Ron su quanto Draco fosse inaffidabile.
Harry tirò un profondo sospiro, rimuginando sulla situazione. Decise che tentando per l'ennesima volta di convincere il Ministro a mettersi in azione non avrebbe fatto male a nessuno; così si alzò dalla scrivania e uscì fiducioso dal suo ufficio per dirigersi da lui, ma non arrivò alla fine del corridoio che lo vide venirgli incontro di gran carriera.
"Ministro -" - iniziò, ma quello, arrivatogli vicino, alzò una mano per zittirlo.
"Malfoy mi ha appena spedito un gufo. Dice che ha qualcosa di rilevante di cui informarci - finalmente, aggiungerei." - disse il Ministro.
"Oh - d'accordo" - rispose Harry, sollevato da quella notizia - ancora qualche ora senza informazioni ed era sicuro che avrebbe iniziato a pensarla come Ron - "Vuole indire una riunione?"
"L'ho fissata oggi alle 13.00"
"Avvertirò Ron e Hermione" - rispose Harry - e disse mentalmente addio alla pausa pranzo.
"No, vado io ad avvertirli. Tu vai a prendere Holmes" - disse il Ministro, girando sui tacchi e allontanandosi di nuovo verso gli ascensori.
"Oh" - mormorò Harry tra sè e sè. Non era del tutto entusiasta di dover andare a prendere Sherlock Holmes da solo. Hermione aveva passato l'ultima settimana a raccontare a lui e Ron tutte le storie che conosceva sui casi che Holmes aveva risolto, e il modo in cui riusciva ad avere successo aveva parecchio impressionato Harry; era rimasto a domandarsi come fosse possibile che un ragazzo della sua età fosse capace di cose simili e cosa dovesse succedere dentro la sua testa per permettere che tali capacità entrassero in funzione. Si vergognava un po' ad ammetterlo, ma la presenza di Holmes lo metteva a disagio - probabilmente perchè si sentiva stupido e disarmato di fronte a lui. Ma chi non si sentirebbe così?
Harry osservò il Ministro sparire in fondo al corridoio controllò ancora una volta l'orologio, dopo di che tornò nel suo ufficio a recuperare la giacca e la bacchetta, per poi uscirne di nuovo e dirigersi verso i camini.
 
Le fiamme verdi lo avvolsero e un attimo dopo sfrecciava a tutta velocità davanti a una serie di camini sconosciuti. Quando finalmente riconobbe quello del 221B di Baker Street, rallentò e le fiamme si diradarono, rischiarando la sua visuale sull'appartamento di Sherlock Holmes.
Quest'ultimo fu la prima cosa che Harry mise a fuoco: si era affacciato dalla cucina con una mascherina trasparente sugli occhi, guanti da saldatore e una fiamma ossidrica tra le mani e ora lo studiava da capo a piedi; le iridi azzurre che si muovevano frenetiche su ogni particolare del suo corpo. A Harry sembrò per un attimo di essere tornato ai tempi in cui era Silente a radiografarlo in quel modo - e la cosa non gli piacque.
"Un consiglio: prima di palesarvi nel mio camino - se non direttamente sul mio divano - sarebbe più consono se mi avvisaste in qualche modo." - esordì Holmes, rompendo il silenzio - "La signora Hudson è abbastanza anziana da rischiare un infarto per una porta sbattuta troppo forte. È tutta la settimana che la tengo fuori di qui per evitare che vi veda apparire dal nulla".
"Oh - giusto. Avviseremo la prossima volta."
Holmes spense la fiamma e lo osservò ancora un momento. "Ti ha mandato il Ministro" - sentenziò.
"Sì, mi ha chiesto di venirti a prendere per una riunione. Abbiamo nuove informazioni sul caso" - rispose Harry, mentre l'altro si alzava la masherina sulla fronte.
"Era ora!" - esclamò, vagamente scocciato, dirigendosi in cucina - "Per fortuna durante la vostra assenza ci sono stati un paio di omicidi a tenermi occupato".
Harry ebbe la sensazione di doversi abituare ad affermazioni del genere. "Non avendo avuto più notizie dal nostro informatore siamo stati costretti ad aspettare" - spiegò, a mò di scusa, raggiungedo Holmes in cucina, dove stava mettendo in ordine i suoi aggeggi da chimico-saldatore - o qualunque cosa fossero.
Questi annuì distrattamente. "Come hai detto che ti chiami?" - gli chiese infine.
"Harry, Harry Potter"
Holmes annuì, ed Harry fu lieto di non dover affrontare il solito stupore e la commozione che conseguivano solitamente alla pronuncia del suo nome.
"Bene" - sospirò Holmes, togliendo infine anche i guanti e lasciandoli sul tavolo insieme al resto - "Andremo al vostro Ministero, ovviamente"
Harry annuì. Holmes fece lo stesso, aggrottando le sopracciglia. "Presumo che non ci si arrivi in taxi" - disse, puntando lo sguardo su Harry, alzando un sopracciglio.
"Ehm" - Harry intuì che non sarebbe stata una buona idea smaterializzarsi o usare la Metropolvere in compagnia di un babbano - per quanto intelligente fosse; non voleva rischiare di ucciderlo. "Credo che sia meglio prenderlo - un taxi. Useremo l'entrata dei visitatori".
"Come preferisci" - rispose l'altro con un'alzata di spalle. Dopo di che si avviò in salotto e indossò la sciarpa e il cappotto, tirando su il bavero. Una volta pronto aprì la porta e, con un ampio gesto della mano, fece segno a Harry di precederlo giù dalle scale.
Una volta giunti al pianterreno, si udì il cigolio di una porta alle loro spalle ed entrambi si voltarono. La signora Hudson aveva messo il naso fuori dal proprio appartamento e li osservava curiosa.
"Sherlock, stai uscendo? - E questo giovanotto quando è arrivato?" - domandò, squadrando Harry come se fosse stato un fantasma.
"Signora Hudson, è stata lei ad aprirgli la porta, non ricorda? Ora se non le dispiace, abbiamo del lavoro da fare. Arrivederci." - rispose Holmes evasivo; e senza aggiungere altro, i due uscirono in strada e attesero un taxi.
 
Rimasero in silenzio per gran parte del tragitto. Harry, di quando in quando, lo scrutava di sottecchi ripensando ai racconti di Hermione.
"Quante sono?" - gli domandò ad un certo punto, continuando a guardare fuori dal finestrino.
Harry lo guardò confuso - "Come?"
"Quante sono?" - ripetè l'altro voltandosi a guardarlo con il sorriso di chi la sa lunga.
"Quante sono cosa?" - chiese Harry, continuando a non capire.
"Le domande che vorresti pormi" - rispose Holmes, come se Harry non avesse compreso l'ovvio.
"Oh" - Harry cercò di sembrare disinvolto; non avrebbe dovuto fissarlo come un'idiota - "Scusami. È solo che una mia amica conosce bene la tua storia e mi ha parlato molto di te"
"Se ti ha raccontato molto non dovresti essere così incuriosito da me" - rispose l'altro, sempre sorridendo.
"È vero" - ammise Harry, imbarazzato - "Il fatto è che non capita tutti i giorni di avere a che fare con persone... insomma, come te. Mi hanno detto che sai riconoscere un pilota d'aereo dal suo pollice sinistro - devi ammettere che è sorprendente"
"Nah, è una banalità" - rispose Holmes, con un gesto della mano - "Come ho già detto l'ultima volta, è tutta questione di dettagli; dettagli davanti ai quali le persone si ostinano a rimanere cieche. Sono quelli che costruiscono la verità, ma le persone, per pigrizia, tendono a preferire il generale al particolare. Con dello studio e dell'allenamento persino il più grande idiota che conosci potrebbe sviluppare una capacità di osservazione molto simile alla mia."
Harry non disse altro. Si accorse che il taxi era quasi giunto a destinazione, così si rivolse al tassista - "Accosti pure qui, grazie". Il taxi si fermò di fronte all'anonimo portone che Harry gli aveva indicato.
Entrambi scesero e attesero che la vettura se ne andasse, dopo di che Harry guidò Holmes pochi metri più avanti, fino ad una cabina telefonica all'incrocio tra Place Scoltand e Great Scotland Yard.
Harry aprì la porta della cabina e la tenne aperta per Holmes, ma quello rimase immobile a guardarlo con le sopracciglia aggrottate e le mani giunte dietro la schiena.
"Una cabina telefonica?" - chiese, studiandolo.
Harry annuì - "È l'ingresso dei visitatori"
Holmes parve confuso, ma dopo un momento entrò nella cabina ed Harry lo seguì - sorridendo tra sè e sè al pensiero di saperne di più di lui almeno sul Mondo Magico.
Chiusa la cabina, Harry tirò fuori delle monete babbane, le inserì nell'apparecchio e digitò il codice 62442.
"Magia - ovviamente" - borbottò Holmes, annuendo. 
Harry si voltò a guardarlo con le sopracciglia al limite dell'attaccatura dei capellli. "Quando sono venuto qua per la prima volta ci ho messo un secolo a capirlo!" - ammise - "Ma forse perchè ero troppo occupato a pensare ad altro.."
"È semplice da capire. Mi è capitato spesso di dover decifrare codici numerici in relazione a delle parole" - spiegò Holmes.
Harry scosse la testa sorridendo e tornò all'apparecchio. Sollevò la cornetta e la solita voce femminile risuonò nella cabina - "Benvenuti al Ministero della Magia. Per favore, dichiarate la vostra identità e il motivo della vostra visita."
"Harry Potter, capo del Dipartimento Auror, e Sherlock Holmes, ospite. Riunione straordinaria con il Ministro." - scandì Harry nella cornetta.
"Grazie" - rispose la voce - "I visitatori sono pregati di ritirare il tesserino di riconoscimento e di applicarlo in vista sui proprio abiti."
Dopo uno scatto e un tintinnio, Harry infilò le dita nella fessura dove solitamente cadono le monete di resto, e ritirò i due tesserini metallici. Ne passò uno a Holmes che, prima di appuntarlo sul risvolto del proprio cappotto, se lo rigirò tra le dita osservandolo attentamente.
"Ai visitatori del Ministero è richiesto di sottoporsi ad un controllo e di esibire le proprie bacchette per la Registrazione al Banco di Sicurezza, che potranno trovare all'estremità opposta dell'Atrium" - li avvertì la voce.
Il pavimento della cabina tremò e iniziò la sua discesa nel sottosuolo; Harry vide Holmes assumere un'impercettibile espressione di sorpresa, mentre assottigliava lo sguardo all'esterno della cabina.
"Auror?" - domandò poi, a metà della discesa.
Harry spiegò - "Cacciatore di Maghi Oscuri - e in mancanza di questi, Cacciatore di qualunque cosa possa essere pericolosa per la comunità magica". Holmes annuì distratto.
Atterrarono dolcemente nel mezzo della folla nell'Atrium. Si unirono alla scia di lavoratori diretti agli ascensori. Holmes camminava accanto a Harry, girando su se stesso di tanto in tanto, per osservare meglio tutto ciò che lo circondava.
"Lo ammetto" - disse poi, senza levare lo sguardo dalle grandi statue di pietra di fronte a loro - "questo sì, che è sorprendente". Entrambi sorrisero.
Harry controllò l'ora: mancava un quarto d'ora alla riunione. Per fortuna, al Banco di Sicurezza non c'era nessuno.
"Buongiorno signori, nome e cognome per favore" - esordì Mark Oydell, il responsabile del Banco.
"Buongiorno signor Oydell. Harry Potter, e lui è Sherlock Holmes".
Oydell sollevò lo sguardo dall'elenco di nomi e osservò Holmes con fare circospetto. Prima che potesse dire qualcosa, Harry intervenne.
"È un babbano -"
"Sono un cosa?" - chiese Holmes interrompendolo, mentre Oydell strabuzzava gli occhi per la sorpresa.
"Sei un babbano, cioè un essere umano senza poteri magici" - rispose veloce Harry, per poi tornare a rivolgersi al responsabile - "È stata richiesta la sua presenza per un caso di particolare importanza. Ordini del Ministro, non si preoccupi".
Oydell non sembrò del tutto covinto; lanciò un'ultima occhiata diffidente a Holmes, prima di tornare a guardare Harry. "Bacchetta, per favore".
Harry gliela passò e attese.
"Agrifoglio... undici pollici... flessibile... piuma di Fenice. Molto bene, signor Potter" - disse restituendogli la bacchetta - "Buon lavoro".
"Altrettanto" - salutò Harry, dopo di che lui e Holmes raggiunsero l'ala degli ascensori, ma anzichè prenderne uno, si avviarono lungo un corridoio laterale che portava alla Sala Riunioni del Ministro.
"Ogni bacchetta ha le sue caratteristiche, da quel che ho capito" - disse Holmes ad un certo punto.
"Esatto. Ancora oggi non ho ben chiaro come funzioni, ma è la bacchetta a scegliere il mago." - rispose Harry, sorridendo davanti allo sforzo di Holmes di trattenere uno sguardo colpito.
 
La porta della Sala Riunioni era chiusa; Harry bussò e si udì la profonda voce di Kingsley rispondere - "Avanti".
Attorno al tavolo circolare erano già seduti Ron, Hermione e Draco. Mancavano solo loro.
"Buongiorno signor Holmes, lieto di rivederla" - sorrise il Ministro, avvicinandosi per stringergli la mano.
"Buongiorno a lei Ministro" - rispose lui ricambiando il sorriso e la stretta di mano - "Chiamarmi Sherlock andrà benissimo" - aggiunse poi, rivolto a tutti.
"D'accordo allora. Sherlock, Ron e Hermione li hai già conosciuti la scorsa volta." - disse il Ministro indicandoli, mentre loro accennavano un saluto. "Lui, invece, è Draco Malfoy, il nostro informatore" - continuò, mentre Draco si alzava per presentarsi - "Draco, lui è Sherlock Holmes, un famoso investigatore babbano che ci darà una mano nelle indagini".
"Consulente investigativo" - lo corresse Sherlock con un sorriso, guadagnandosi un'alzata di sopracciglio da parte di Draco.
Quando tutti ebbero preso posto, il Ministro diede inizio alla riunione.
"Molto bene, possiamo cominciare." - iniziò Kingsley; poi si rivolse a Draco - "Draco, a te la parola." 
"Prima di tutto vorrei dire che so di aver sbagliato a non farmi vivo per una settimana intera, ma per motivi di sicurezza ho preferito aspettare prima di ricontattarvi" - spiegò Draco, mentre Ron lo osservava diffidente dall'altra parte del tavolo.
Kingsley rispose tranquillo - "Avrai tutto il tempo di spiegarci il motivo della tua assenza. Continua"
Draco riprese - "Il giorno dopo la nostra prima riunione, i Mangiamorte hanno organizzato la loro seconda. Mio padre, ovviamente, ci è andato, ma una volta tornato non mi ha raccontato nulla. Dopo che sono venuto da voi, mio padre mi ha chiesto dove fossi stato e io ho dovuto mentigli, dicendogli che ero stato a trovare Blaise Zabini, ma lui deve essersi insospettito, in qualche modo. Credo sia per questo che abbia evitato di raccontarmi altro, quella volta.
C'è stata una terza riunione, subito dopo la seconda. Convinto che non mi avrebbe di nuovo detto niente, ho deciso di seguirlo senza che lui lo sapesse. 
Ci siamo materializzati in una gelleria sotterranea, l'ho visto fermarsi davanti ad un tratto del muro di pietra e sussurrare qualcosa, ma non sono riuscito a sentire cosa; però sono riuscito ad oltrepassare il muro prima che si risolidificasse.
L'ho seguito lungo un corridoio fino all'ingresso di quello che sembrava un salone. È lì che è entrato; mentre io mi sono nascosto dietro una colonna e sono rimasto in ascolto."
"Hai idea di dove ti trovassi?" - domandò Kingsley.
"No, signore. Non c'era alcun indizio che potesse aiutarmi a capirlo." - spiegò Draco.
"Ah, perfavore" - sbuffò Sherlock divertito, e tutti si voltarono a guardarlo.
Draco lo fulminò con lo sguardo e s'inviperì - "Se credi di riuscire a capire in quale tra le centaia di gallerie sotterranee di Londra ti trovi senza arrivarci dalla superficie, perchè non provi a smaterializzarti tu laggiù la prossima volta?"
"Non solo lo credo, ne sono fermamente convinto" - rispose Sherlock, con fare da saputello.
Draco fece per ribattere, ma il Ministro lo interruppe. "Draco, per favore. Sherlock è qua proprio per questo, quindi evitiamo discussioni inutili e procediamo. - E tu, Ronald, smettila di ridere."
Draco squadrò Sherlock con tutto l'odio che un buon Serpeverde può avere in corpo e poi riprese a parlare.
"Come dicevo, sono rimasto nascosto fuori dal salone per ascoltare. Ho riconosciuto Crouch parlare di un codice da nascondere; diceva che sarebbe servito per diffondere la Maledizione attraverso le linee telefoniche di Londra. Non era sicuro di voler proteggere il Codice con l'uso di un Custode Segreto, perchè sarebbe stata una scelta troppo ovvia; così ha chiesto un paere a qualcuno. Ho sentito un'altra voce; indubbiamente quella di James Moriarty, perchè ha fatto il nome di Sherlock Holmes."
Sherlock si fece, se possibile, più attento di quanto già non fosse, e unì le dita sotto al mento. Draco continuò:
"Diceva di aver già nascosto parecchi codici e si vantava di come era riuscito a ingannare persino Holmes, col suo metodo prediletto."
"E di quale metodo stiamo parlando?" - chiese Harry.
"Nascondere il codice nella mente di una persona ignara di conoscerlo." - rispose Sherlock.
"Non ne sono sicuro" - disse Draco, assumendo l'espressione di chi si sforza di ricordare qualcosa.
"Che significa che non ne sei sicuro?" - chiese Hermione.
Draco fissò la superficie del tavolo di legno per qualche secondo, poi rispose - "Quando Moriarty ha parlato del suo metodo - quello che Holmes ha appena spiegato - Crouch sembrava entusiata dell'idea e diceva di volergli dare un tocco personale" - s'interruppe ancora e strinse le labbra, concentrato - "Mi sono spostato per riuscire ad ascoltare meglio e l'ho sentito dire che aveva un'idea di chi poter usare come Portatore".
"Portatore?" - chiese Ron confuso.
"Non so di preciso cosa significhi - penso che intendesse la persona che nasconderà il codice. Crouch sembrava parlare ad alta voce di qualcosa che aveva già elaborato nella sua testa." - rispose Draco. sospirò e aggiunse - "La cosa che mi lascia più confuso è che pochi minuti dopo quest'affermazione hanno concluso la riunione senza aggiungere altro."
Tutti rimasero in silenzio per qualche minuto, a rielaborare le parole di Draco.
" Non capisco; perchè terminare una riunione proprio in quel momento?" - parlò poi Ron, confuso.
"Draco, è possibile che ti abbiano visto?" - gli domandò Kingsley, posando uno sguardo apprensivo su di lui.
Draco si sistemò meglio sulla sedia con fare nervoso e, abbassando lo sguardo, disse - "Se mi avessero visto tutti probabilmente mi avrebbero ucciso"
"Tutti?" - lo spronò Kingsley.
Draco gli lanciò un'occhiata in tralice. "Mi sono smaterializzato prima che chiunque uscisse dal salone. Quando mio padre è arrivato a casa si è messo ad urlarmi addosso dicendomi che non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da me. Mi aveva visto. Era fuori di sè. Gli ho chiesto se fossi stato visto da altri, e lui ha negato. Ha detto di essere sicuro di essersi accorto solamente lui della mia presenza. È questo il motivo per cui ho aspettato a farmi vivo: non volevo che sospettasse nulla della nostra collaborazione."
"E tu ti fidi di ciò che ti ha detto?" - gli chiese Ron, alzando un sopracciglio.
"È mio padre, idiota" - rispose acidamente Draco.
"Beh, è lo stesso padre che ti ha costretto a diventare un Mangiamorte" - insistè Ron.
Draco sbattè un pugno sul tavolo e si sporse verso di lui - "Weasley, continua così e prometto di rendere la tua faccia rossa quanto i tuoi capelli a suon di pugni" - lo minacciò.
"Malfoy... ehm - Draco" - intervenne Hermione, timidamente. Lui si voltò a guardarla e lei disse - "Ron ha ragione. Voglio dire - so che resta pur sempre tuo padre, ma non si è sempre comportato... bene... con te"
"Non si tratta solo di fiducia" - rispose Draco tornando a sedersi -  "Basta constatare che io sia ancora vivo e intatto per capire che non mi hanno visto".
Cadde il silenzio. 
Hermione continuava a mordersi il labbro pensierosa; Ron fissava il tavolo, con aria preoccupata; Draco e Harry si scambiarono uno sguardo, per poi spostarlo altrove e tornare a pensare; Kingsley si massaggiava le tempie, nervoso; Sherlock aveva impostato uno sguardo vacuo e sembrava essersi chiuso nella sua mente.
"Ora che si fa?" - chiese alla fine Ron.
Kingsley si schiarì la voce. "Prima di tutto, Draco, non puoi permetterti un altro rischio del genere. Suppongo che dovremo trovare un altro modo per ricavare informazioni, ma per il momento iniziamo ad elaborare ciò che abbiamo. Harry e Ron, il vostro compito sarà quello di tenere sott'occhio la situazione nella Londra babbana; Draco può darvi una mano."
Harry annuì; Draco e Ron si maledissero a suon di sguardi, ma poi annuirono anche loro.
"Hermione, tu continua la ricerca. Sherlock, dalle una mano - e cercate di scoprire anche qualcosa in più sul codice".
"D'accordo" - rispose Hermione.
"Per oggi direi che è tutto" - sospirò sconsolato il Ministro, alzandosi.
"Ministro, avrei una proposta." - parlò Sherlock. 
Il Ministro tornò a sedersi. "Certo, va avanti"
"Questo caso è una questione di Stato e - senza offesa - ma non credo che tre soli ragazzi basteranno a tenere sotto controllo l'intera città. Avremo bisogno di un aiuto."
"Capisco, Sherlock, ma non posso mettere tutti gli Auror del dipartimento a guardia di ogni angolo della città, ci sono altri casi minori da -"
"Non sto parlando dei suoi uomini. Sto parlando di quelli di mio fratello." - lo interruppe Sherlock.
Tutti si voltarono a guardare Kingsley che, a sua volta, guardava Sherlock con una sorta d'ansia.
"Sarebbe rischioso rivelare la Magia ad altri babbani.." - disse cauto.
"Non c'è bisogno di dirlo a tutti. Basta informare mio fratello, dopo di che ai suoi uomini verrà raccontata una versione più plausibile della situazione." - si fermò per decifrare il volto del Ministro, e vedendolo scettico, aggiunse - "Non si preoccupi, Ministro. Sono persone molto discrete, specialmente mio fratello. E se così non fosse, non avrebbe comunque amici a cui raccontare i nostri affari." - terminò con un sorriso.
Kingsley rimase in silenzio a picchiettare il dito indice sul tavolo per qualche minuto; infine annuì sovrappensiero.
"Esattamente, di cosa si occupa tuo fratello?" - chiese infine.
Sherlock si fissò in volto un sorriso enigmatico, prima di rispondere - "Lui è il Governo Inglese."
 
 
 
 
 



ANGOLO AUTRICE:
Pensavate di esservi liberati di me? E invece no!
Scusate tanto, tantissimo, per l'attesa prolungata, ma sono stata impegnata e malata, e perciò non ho avuto del tempo per scrivere. Spero di aver rimediato con questo bel capitolone corposo!
Non mi pare ci siano spiegazioni aggiuntive da dare, questa volta. In caso contrario, chiedetemi tutto ciò che volete e io vi risponderò!
Fatemi sapere cosa ne pensate, sono molto curiosa!
Un bacione e grazie mille per aver letto! :-*
Alla prossima!
 
-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Fratelli e ricerche ***


1.
 
Al termine della riunione il Ministro concesse a Sherlock di coinvolgere suo fratello e i suoi uomini - non senza una certa preoccupazione - e lo spedì, insieme a Hermione, a fare ciò che dovevano fare.
"Dove lavora esattamente tuo fratello?" - chiese curiosamente Hermione, guardando fuori dal finestrino del taxi e cercando di capire dove fossero diretti.
"È uno dei fondatori del Diogenes Club. È lì che stiamo andando." - le rispose Sherlock.
"Diogenes Club? Non è una di quelle associazioni a stretto contatto con i servizi segreti britannici?"
Sherlock alzò un sopracciglio, ammirato - "Vedo che sei molto informata, non lo sanno tutti."
Hermione si strinse nelle spalle e accennò un sorriso compiaciuto - "Mi piace documentarmi"
"A me piace definirlo come il salotto degli antisociali" - disse Sherlock tornando a parlare del Club - "un luogo che potrebbe essere di mio gradimento, ma purtroppo le persone là dentro sono noiose - e, oltretutto, è stato mio fratello a fondarlo, perciò è normale che lo detesti."
"Ho letto che è richiesto l'assoluto silenzio all'interno della struttura"
"Sì, assoluto noioso silenzio. Mycroft lo adora" - rispose Sherlock, aprendosi in un sorriso furbesco - "È per questo che a me piace interromperlo."
 
"Buongiorno, fratellino!"
Sherlock era entrato senza bussare - come al solito - ed ora era fermo sulla soglia dell'ufficio di Mycroft con un sorriso enigmatico che - lui sapeva - non prometteva niente di buono.
"Detesto quando usi quel vezzeggiativo per rivolgerti a me, è disgustoso." - rispose Mycroft, dando una veloce occhiata alle spalle del fratello e accorgendosi che non era da solo - "Vedo che hai compagnia. Hai trovato un'assistente?" - chiese sarcasticamente - "Se è così, le faccio le mie condoglianze signorina." - disse infine, rivolgendosi a Hermione, che se stava zitta accanto a Sherlock. 
"Cosa vuoi, Sherlock?" - chiese poi con aria disinteressata, tornando a posare lo sguardo sui suoi fogli.
"Ho un lavoro per te" - annunciò Sherlock.
"In caso non te ne fossi accorto, sto già lavorando" - lo liquidò l'altro.
"Oh, ma è un lavoro noioso. Quello che abbiamo in mente noi è più divertente." - rispose Sherlock, sorridente.
Mycroft lasciò un'occhiata in tralice alla ragazza accanto al fratello, poi si rivolse a lui - "Non mi interessa risolvere un triplice omicidio, ti ringrazio per la tua gentile offerta."
"Nessuno ha parlato di un triplice omicidio" - fece Sherlock, assottigliando lo sguardo.
"L'hai definito un lavoro divertente" - rispose Mycroft, alzando un sopracciglio e stampandosi il volto il suo sorriso più antipatico.
"Questo è molto meglio di un triplice omicidio!" - esclamò Sherlock, infischiandone della sua espressione e dello sguardo sconvolto di Hermione - "È coinvolta l'intera Londra, Mycroft!"
Quest'ultimo sembrò finalmente prestare attenzione ai suoi ospiti. Li analizzò con uno sguardo che solo un Holmes poteva permettersi; poi mise da parte i documenti sui quali aveva perso le speranze di concentrarsi e decise di ascoltarli - nonostante il forte dubbio che si trattasse di uno scherzo.
"Di cosa si tratterebbe, sentiamo." - sbuffò.
Sherlock fece un passo avanti e unì le mani dietro alla schiena, pronto a lasciarsi nella spiegazione del problema, ma Hermione lo fermò prima che potesse aprire bocca, afferrandolo per la manica del cappotto. Sherlock le rivolse uno sguardo interrogativo.
"Credo che sarebbe meglio se fossi io a introdurre il.. problema magia. In fin dei conti ti ho accompagnato per questo." - mormorò Hermione, così che solo Sherlock potesse sentirla.
Sherlock si lasciò scappare una risata di scherno - "Credi per caso che non sia in grado di sostenere un discorso sull'esistenza della magia? Mi hai accompagnato perchè a te spetta la dimostrazione pratica - se ne fossi capace io, ti assicuro che non mi servirebbe il tuo aiuto - e poi abbiamo delle ricerche da fare, una volta usciti di qui."
"È solo che al primo sguardo non mi sembra che andiate molto d'accordo" - insistè Hermione.
"Non ho tutto il giorno" - interloquì Mycroft alle loro spalle, infastidito.
Sherlock gli lanciò un'occhiata e poi tornò a guardare Hermione, soppesando la sua osservazione. "E va bene." - concesse alla fine, scocciato - "Ma non dilungarti in particolari inutili".
Mycroft aveva accavallato le gambe e ora picchiettava le dita sul suo ginocchio, attendendo che qualcuno gli spiegasse per quale motivo stava perdendo tempo a dar retta a Sherlock. Hermione si avvicinò alla sua scrivania e si schiarì la voce.
"Signor Holmes, mi chiamo Hermione Granger. Ho accompagnato Sherlock perchè è bene che lei sappia da una persona... esperta, di quale problema si tratta. Solitamente il nostro Ministero non si rivolge a... persone come voi" - Hermione parlava con sempre meno sicurezza, pregando che le sue parole non venissero fraintese.
"Persone come noi?" - ripetè lentamente Mycroft, cercando di capire cosa intendesse.
"Sì, signore. Vede, questa volta non dovremo impedire ai soliti criminali di attaccare la città. Questa volta si tratta..." - Hermione fece una pausa e deglutì - "...di Maghi Oscuri". Mycroft sbarrò gli occhi e corrugò le sopracciglia; fu in procinto di dire qualcosa, ma Hermione aggiunse - "E saranno aiutati da James Moriarty."
Calò un intenso silenzio, interrotto solo dal rumore della penna che cadde dalle mani di Mycroft.
Hermione lo guardava ansiosa, convinta che da un momento all'altro li avrebbe cacciati via. Anche Sherlock teneva lo sguardo puntato sul fratello, ma dal suo volto non traspariva alcun segno di preoccupazione.
Quello a preoccupare maggiormente, era il volto di Mycroft, che in quei pochi minuti era stato attraversato dalla concentrazione sulle parole di Hermione, seguita dalla sorpresa nel sentire parlare di maghi nel mezzo di un discorso sulla sicurezza cittadina, sostituita immediatamente dall'esasperazione e da uno sguardo di puro odio nei confronti di Sherlock.
Alla fine sembrò calmarsi; rilasso le spalle e fece un respiro profondo - ma quando risollevò lo sguardo, le sue iridi azzurre stavano ancora fiammeggiando, e iniziò a inveire su di loro.
 
2.
 
"Chi stai chiamando?"
Era passata una manciata di minuti dalla sfuriata di Mycroft. Sherlock e Hermione avevano chiamato un altro taxi ed ora erano diretti a casa di lei a prendere i libri utili per la loro ricerca.
Hermione accostò il cellulare all'orecchio e rispose a Sherlock - "Sto chiamando Harry. Dobbiamo dirgli che siamo riusciti a convincere Mycroft."
"Usate anche voi il telefono? Non avete qualche incantesimo per comunicare?" - chiese Sherlock, fingendosi poco interessato.
"Ne abbiamo diversi, ma non mi sembrava il caso di sfoderare la bacchetta davanti al tassista" - rispose lei, abbassando la voce - "Ho praticamente obbligato Harry a procurarsene uno. Ron non ha voluto saperne: l'ultima volta che ha usato un telefono non è andata molto bene."
"Oh, capisco" - disse distrattamente Sherlock.
"Pronto? Hermione?" - rispose la voce di Harry al telefono.
"Harry? Sì, sono io. Mycroft ci darà una mano" - annuciò soddisfatta.
"Davvero? È stato facile convincerlo?"
"Più o meno. Ha minacciato Sherlock di spedirlo per sei mesi sottocopertura nell'Europa dell'Est e ha chiamato le guardie per farci portare via, ma ho trasformato la sua scrivania in un cavallo prima che potesse farlo."
"Cosa non darei per vedere quell'espressione sbalordita tutti i giorni" - commentò Sherlock ridendo.
"Hai trasformato la sua scrivania in un cavallo?" - domandò Harry, basito.
"Beh, ho pensato che sarebbe stato più convincente fare le cose in grande.." - disse timidamente Hermione.
"Sei fantastica!" - rise Harry.
"Com'è andata l'organizzazione?"
"Abbiamo dovuto interromperla, Draco non si sentiva bene."
"Cosa aveva?" - chiese Hermione, sorpresa.
"Diceva di avere un forte mal di testa. Poi Ron ha detto la sua e Draco se n'è andato infuriato" - "Non è colpa mia se si atteggia come una principessina" - si sentì la voce di Ron in sottofondo.
Hermione annuì pensierosa, poi ricordò di essere al telefono - "Siamo quasi arrivati. Se troviamo qualcosa di interessante ve lo facciamo sapere. A più tardi!"
"D'accordo, a più tardi!".
Hermione chiuse la chiamata e chiese al taxi di fermarsi. 
"Ci metto solo un minuto" - disse, scendendo dall'auto e lasciando Sherlock ad attenderla. Fu velocissima, e quando si sedette di nuovo accanto a Sherlock con in grembo la sua borsetta di perline, lui la guardò confuso, ma trattenne la sua curiosità.
 
Raggiunsero il 221B di Baker Street in poco tempo. La signora Husdon era intenta a spolverare alcuni quadretti nell'ingresso, e quando li vide entrare sembrò molto sorpresa nel vedere Sherlock accompagnato da una ragazza.
"Oh, e lei chi è Sherlock?" - domandò, con un gran sorriso.
"Mi aiuta con un caso" - le rispose Sherlock senza degnarla di uno sguardo e procedendo a salire le scale. Hermione accennò un sorriso imbarazzato e lo seguì.
"Chi è quella signora?"
"La padrona di casa, ma non è importante" - la lliquidò Sherlock. Si levò il capotto e la sciarpa alla velocità della luce e si sedette sulla sua poltrona di pelle unendo le mani sotto il mento.
Hermione restò imbabolata sulla soglia finchè lui non le fece segno di sedersi di fronte a lui.
"Allora" - iniziò, aguzzando lo sguardo su di lei - "Raccontami chi sono questi Mangiamorte e perchè sono così pericolosi"
Hermione si sistemò meglio sulla poltrona, pensando da dove iniziare. 
"Hai notato la cicatrice sulla fronte di Harry? - oh beh, certo che l'hai notata. Quella cicatrice è stata la causa di parecchie disgrazie, sia per Harry stesso che per l'intera comunità magica. Il mago che gliela procurò -"
"Puoi essere più concisa?" - la interruppe Sherlock, spazientito.
"No, non posso!" - esclamò Hermione, puntandolo con lo sguardo alla Molly Weasley che usava quando rimproverava Harry o Ron.
"D'accordo" - rispose Sherlock roteando gli occhi.
"Dicevo, il mago che gliela procurò fu lo stesso che creò l'esercito dei Mangiamorte. Il suo nome era Tom Riddle, ma si faceva chiamare Lord Voldemort. Lui e i suoi seguaci avevano come obiettivo quello di purgare il Mondo della Magia e di farlo cadere sotto il comando maghi purosangue."
"Purosangue?"
"Sì, essere discendenti di un'intera famiglia di maghi. Non per tutti è così, alcuni maghi sono mezzosangue, altri ancora nati babbani. Entrambi gli ultimi erano disprezzati dai Mangiamorte, considerati esseri inferiori e quindi indegni di possedere doti magiche."
"E tu sei..?"
"Nata babbana." - disse Hermione, portandosi inconsciamente la mano a stringere l'avambraccio sinistro.
Sherlock colse la sua reazione, ma intuì che non fosse il caso di fare domande; la invitò ad andare avanti.
"Ogni Mangiamorte ha un tatuaggio stregato sull'avambraccio sinistro, che rappresenta un serprente attorcigliato ad un teschio. Quando Voldemort aveva bisogno di loro o quando doveva essere informato per qualche ragione importante, bastava toccare il tatuaggio. Funzionava come un cerca-persone, in un certo senso."
"Il vostro amico Draco era un Mangiamorte" - affermò sicuro Sherlock.
"Ha deciso di stare dalla parte giusta. Meglio tardi che mai" - sospirò Hermione.
"E questo Voldemort è morto, suppongo."
Hermione annuì - "È stato Harry ad ucciderlo - oh, non sarà felice che te l'abbia detto. Ci è voluta una guerra per porre fine a tutto...". Assunse un'aria triste, al ricordo di quegli anni passati.
Sherlock s'infossò di più nella poltrona. Il suo sguardo si muoveva velocissimo, come se stesse leggendo un libro invisibile. Hermione lo osservò incuriosita, finchè lui non la rimise a fuoco e attaccò a parlare.
"Ok, abbiamo un esercito di criminali guidati da un comandante - se così si può dire - che però ora è morto. Questo deve averli resi meno organizzati, per cui è possibile che ci siano delle falle nel loro piano. Mi hai detto che disprezzavano chiunque non fosse di sangue puro, per cui dev'essere lo stesso per gli incapaci e per i traditori. Chiunque debba affidare un oggetto di valore a qualcuno, sceglierebbe una persona affidabile e furba, ma data la loro mania di grandezza è probabile che siano stati tanto stupidi da scegliere qualcuno da umiliare, piuttosto che qualcuno di cui fidarsi.
Il tatuaggio è un segno che li caratterizza; è importante, potrebbero usarlo ancora in qualche modo. Inoltre -"
Sherlock fu interrotto dallo squillo del cellulare di Hermione.
"È Harry" - disse sorpresa, afferrando il cellulare. "Pronto?"
Più cose Harry le diceva, più il volto di Hermione si faceva pallido e l'espressione spaventata.
"Cos'è successo?" - chiese Sherlock, non appena chiuse la chiamata.
"Tre babbani sono stati rapiti..."
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao tutti! Vi chiedo scusa per l'attesa. Non ho parecchio tempo per scrivere, e quando lo faccio solitamente rivedo molte volte ciò che ho scritto (Sono una stupida perfezionista).
Ho cercato di finire questo capitolo il più velocemente possibile. Spero sia stato di vostro gradimento!.
Chiarimento del giorno: Nella serie originale di Sir. Arthur Conan Doyle, non viene mai esplicitato il fatto che il Diogenes Club sia collegato ai servizi segreti, ma nella serie della BBC, scritta da Steven Moffat e Mark Gatiss, è chiaro che esso sia collegato all' MI6.
Bene, che altro mi resta da dirvi?
Credo che ricordiate bene il giorno in cui Ron chiamò Harry al telefono di casa dei Dursley.... eheh.
Amo il rapporto "odi et amo" tra Mycroft e Sherlock, e spero di averlo presentato bene! 
Hermione e Sherlock non potevano che lavorare insieme - sono i cervelloni della situazione!
Cosa sarà successo ai tre babbani? Eheh... lo scoprirete nel prossimo capitolo!
 
Grazie per la pazienza e per la voglia che avete di leggere i miei pensieri folli!
Alla prossima! :-*
 
-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Su il sipario ***


1.

"Tre babbani sono stati rapiti..."
Sherlock non aveva perso tempo: si era alzato e rimesso velocemente il cappotto, per poi precipitarsi giù dalle scale seguito da Hermione, la quale cercava di tenere sotto controllo l'agitazione che quella notizia le aveva causato.
"Maledizione!" - spalancata la porta, Sherlock aveva mancato di fermare un taxi per un soffio - "Dobbiamo aspettare il prossimo. Ci vorrà un'eternità! Non possiamo usare uno dei vostri incantesimi?"
"No" - disse Hermione, risoluta - "È rischioso usare la Smaterializzazione o la Polvere Volante con un babbano! Potresti farti seriamente male!"
Sherlock imprecò tra sè e sè e prese a misurare il marciapiede a lunghi passi. Dopo qualche minuto di snervante attesa, un altro taxi fece finalmente capolino in fondo alla strada; lo fermarono e ci saltarono su, diretti al Ministero.


2.

Harry sentiva la rabbia ribollirgli dentro. Non ne poteva più di quegli idioti dei Mangiamorte, che nulla di meglio avevano da fare se non rovinare le vite altrui.
Dopo l'interruzione della riunione, lui e Ron non ebbero il tempo di raggiungere l'Atrium, che videro un loro collega Auror arrivare correndo nella loro direzione. Si era fermato e, senza fiato, aveva dato loro la notizia dei rapimenti; così Harry e Ron erano tornati in Sala Riunioni per avvertire il Ministro e chiamare Hermione.
Ora erano di nuovo seduti intorno al tavolo: Harry muoveva nervosamente il piede e si torturava le mani; Ron osservava il Ministro fare avanti e indietro per la stanza con aria preoccupata.
"Dove diavolo si sono cacciati?!" - disse quest'ultimo, perdendo la sua già scarsa calma.
Qualche minuto dopo la porta della Sala si aprì e Hermione e Sherlock vi entrarono in tutta fretta.
"Scusi, Ministro, abbiamo fatto il prima possibile!" - boccheggiò Hermione.
"Ci sono novità?" - domandò Sherlock rivolgendosi a Kingsley.
"No, nessuna. Non sappiamo dove sono e non sappiamo chi sono! Nel nostro archivio sono presenti unicamente nomi di maghi e streghe! Non è mai capitato prima che uno di loro rapisse un babbano!" - rispose, nervoso, il Ministro.
Il cellulare di Sherlock prese a squillare.
"Lestrade?" - disse, prendendo la chiamata - "Sì, sono stato avvertito - Non importa da chi! Dimmi cosa sai!"
Tutti lo osservavano con apprensione.
"Nient'altro? - No, adesso sono occupato - Non ho mai detto di essere disponibile! Ti scriverò quando l'avrò risolto!" - e con questo chiuse la chiamata.
"Chi era?" - domandò il Ministro.
"Lestrade, il DI di Scotland Yard. Mi ha detto di aver ricevuto una chiamata da parte di due donne allrmate che sostengono che i loro mariti siano inspiegabilmente scomparsi".
"Dobbiamo andare a interrogarle!" - propose Ron, alzandosi e facendo il giro del tavolo per raggiungerli.
"No" - disse sicuro Sherlock, guadagnandosi un'occhiata di confusione collettiva - "Non servirebbe a nulla. La cosa importante è sapere dove hanno portato questi uomini e cosa vogliono farne di loro - e credo di avere una vaga idea delle loro intenzioni."
"Draco!" - esclamò ad un tratto Harry, alzandosi a sua volta - "Lui è stato nel loro nascondiglio! Li porteranno certamente là!"
"Ci ha già detto di non aver capito dove si trovava" - ricordò Kingsley, sconsolato.
"Adesso saprebbe benissimo dove si trovava, se si fosse curato di osservare meglio ciò che lo circondava!" - esclamò Sherlock scocciato - "Voi pensate a farlo tornare qua, poi ci parlerò io."
"Sì, ma come facciamo ad avvertirlo?" - domandò Ron - "Non possiamo certo presentarci al Malfoy Manor come se fosse una cosa normale!"
Hermione ebbe un'illuminazione - "Scrivetegli una lettera firmandovi col nome di Crabbe o di Blaise! - Fate in fretta!" - aggiunse, quando non li vide dare segno di movimento.
Harry e Ron annuirono e si precipitarono fuori dalla Sala, diretti alla guferia del Ministero. Non appena si chiusero la porta alle spalle, il Ministro si rivolse ai due restanti, stringendosi il ponte nasale e strizzando gli occhi, stressato.
"Vi prego, ditemi che almeno voi avete fatto progressi.."
"Veramente..." - iniziò Hermione, ma Sherlock la interruppe. "Alcuni, sì."
Hermione lo guardò interrogativa. Sherlock non si scompose e proseguì a elencare i progressi che - a quanto pareva - avevano fatto senza che lei se ne accorgesse.
"Possiamo escludere dalla lista dei possibili Portatori tutti i Mangiamorte con un minimo di quoziente intellettivo e quelli rispettati dai loro compagni. Il Portatore è qualcuno che si divertono ad umiliare, un personaggio debole. Inoltre, sono più che certo che non abbiano usato lo stesso metodo che Moriarty ha utilizzato con me con quella stringa numerica; credo piuttosto che il tocco personale sia stato tatuare il codice - ovviamente a modo vostro - addosso al prescelto."
Sia Hermione che il Ministro furono colpiti da quella deduzione inaspettata.
"È un buon inizio" - constatò Kingsley, vagamente sollevato; poi aggiunse - "Prima hai detto di avere una vaga idea del motivo per il quale hanno rapito questi tre babbani."
"Elementare" - disse Sherlock, facendo spallucce - "Vogliono utilizzare una Maledizione poco conosciuta - quindi anche poco utilizzata - su un alto numero di persone. La loro furbizia rasenta lo zero più assoluto, ma hanno quel tanto di cervello che basta a capire che, forse, sarebbe meglio assicurarsi che tale Maledizione funzioni adeguatamente. Perciò credo che questi tre babbani fungeranno da prova del nove."
"Quindi è probabile che ci sarà un attacco" - intuì il Ministro, assumendo - se possibile - un'aria ancor più preoccupata.
"È praticamente certo." - rispose Sherlock, con la sua espressione più seria e concentrata - "È per questo che dobbiamo fermarli prima che pratichino la Maledizione. - Quanto ci vuole per spedire una lettera?!" - concluse spazientito.
Proprio in quel momento, Harry e Ron fecero ritorno dalla guferia.
"Allora?" - chiese il Ministro.
"L'abbiamo spedita." - rispose Harry - "Ora dobbiamo solo sperare che Draco la legga subito e che si dia una mossa a tornare."
"Sempre che il signorino non abbia troppo mal di testa per salvare il mondo" - fece Ron, sarcastico, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Hermione.

3.

Draco era rientrato a casa e si era abbandonato sul letto senza nemmeno levarsi le scarpe. Non ebbe nemmeno la forza di alzare la voce per annunciare il suo ritorno. Sua madre, infatti si accorse di lui solo dopo una buona mezz'ora dal suo arrivo.
"Tesoro, non ti ho sentito tornare. Ti sei materializzato?" - gli domandò, comparendo sulla soglia di camera sua; poi lo osservò meglio e l'espressione che assunse fece intuire a Draco quanto dovesse apparire distrutto - "Va tutto bene, Draco?"
"Sì, non è nulla. È solo un po' di mal di testa." - in realtà la testa gli stava esplodendo, ma non gli sembrò il caso di farla preccupare.
"Dove sei stato?" - gli domandò, con sincera curiosità.
"Da Blaise" - rispose semplicemente, sapendo che sua madre non l'avrebbe guardato con sospetto, nè gli avrebbe fatto ulteriori domande. Infatti, si limitò ad avvicinarsi per dargli un bacio sulla fronte, prima di tornare verso la porta. "Papà è in casa?" - le domandò, prima che la chiudesse.
Lei si fermò e le sue dita, per un attimo, si strinsero con più forza attorno alla maniglia; poi si voltò e accennò un sorriso sforzato - "No, tesoro. Tuo padre è uscito di nuovo".
Dopo un ultimo sguardo loquace, lo lasciò solo.
C'era un'altra riunione in corso. Draco avrebbe dato qualunque cosa per poter sapere di cosa stavano parlando, e si maledisse per essere stato tanto imprudente da seguirlo e farsi scoprire.
Fece per sistemarsi meglio sui cuscini e un'altra fitta alla testa gli fece sfuggire un grugnito di dolore. Pensò che fosse il caso di mandare l'elfo domestico a preparargli uno di quei disgustosi intrugli anti-dolorifici, ma prima che potesse farlo, uno strano picchiettio catturò la sua attenzione.
Si sollevò a fatica sui gomiti, e dopo qualche minuto di disorientamento, si accorse del piccolo gufo che stava beccando il vetro della sua finestra. Andò ad aprirla per lasciarlo entrare, dopo di che slegò il messaggio che era stato legato alla sua zampa.
La confusione di Draco aumentò alla vista della firma di Crabbe - già il fatto che sapesse scrivere era una sorpresa, per di più si domandò cosa diavolo potesse volere da lui in quel momento - ma tutto gli parve chiaro, una volta srotolato il messaggio e letta la prima frase.

"Non sono Crabbe, Sono Harry. Era l'unico modo per non far insospettire tuo padre.
Tre babbani sono stati rapiti dai Mangiamorte. Devi tornare immediatamente al Ministero, abbiamo bisogno del tuo aiuto."


"Che figli di..." - Draco imprecò tra i denti, al pensiero di cosa stessero facendo quei bastardi - e sapere che tra loro c'era anche suo padre gli faceva venire voglia di distruggere qualunque cosa lo circondasse. Non si sarebbe sorpreso, se l'avesse fatto. Era già capitato che perdesse il controllo della rabbia, con il risultato che ora non aveva più un Marchio Nero - non che la cosa gli dispiacesse.
Accartocciò il foglio e lo scaraventò a terra. Il nervoso stava peggiorando il suo mal di testa, ma non aveva tempo per le medicine. Decise di ignorare il dolore e si smaterializzò ancora una volta.

4.

Non passò troppo tempo, tra la spedizione della lettera e l'arrivo di Draco, ma a tutti i presenti in Sala Riunioni parve un'eternità. La tensione era tanto densa da poterci sbattere la testa contro.
Non appena Draco aprì la porta, tutti si mossero automaticamente nella sua direzione, pronti a mettersi all'opera.
"Non c'è un attimo da perdere. Draco, abbiamo bisogno che cerchi di capire dove si trova il nascondiglio dei Mangiamorte." - disse il Ministro, in tono autoritario.
Hermione notò l'espressione stanca del biondo e gli chiese - "Hai ancora mal di testa?"
"Sì, ma non è importante" - rispose quello.
"Dovrei avere una Pozione Allevia-dolore nella mia... Oh, no!" - Hermione si portò le mani alla fronte e restò a fissare il vuoto con la bocca aperta.
"Cosa? Cosa c'è?" - si allarmò Harry.
"La mia borsetta di perline! Per la fretta devo averla lasciata a casa di Sherlock!"
"Sì, molto interessante, ma potremmo per favore passare alle cose importanti?" - disse quest'ultimo, perdendo la pazienza; poi si rivolse a Draco - "Chiudi gli occhi e visualizza il percorso che hai fatto quando hai seguito tuo padre."
Draco sospirò esasperato, ma fece come gli era stato detto. Chiuse gli occhi.
"Qual è la prima cosa che hai visto quando ti sei materializzato dopo di lui?" - continuò Sherlock, afferrandolo per le spalle e affilando lo sguardo come tentando di vedere ciò che vedeva lui.
"Ehi! Ma che -" - esclamò Draco, tentando di divincolarsi dalle mani del detective, ma quello gridò - "Zitto e pensa!" - così si rassegnò e iniziò a pensare.
"Era sicuramente una galleria" - disse, corrugando le sopracciglia nello sforzo di ricordare - "e..."
"E? Che altro?" - lo spronò l'altro, senza mollare la presa.
Draco fece schioccare la lingua e si spazientì ancora - "E nient'altro! Era una dannata galleria con i muri in pietra! Non aveva niente di particolare!"
"Per l'amor del Cielo, sforzati!" - esclamò Sherlock, scuotendolo - "Ci dev'essere un particolare che hai registrato inconsciamente! Avanti!"
Draco strinse ancora gli occhi e provò a riflettere - "Mio padre ha oltrepassato un muro. Non so quanto ci possa aiutare sapere che cosa ho visto - Oh, aspettate!" - esclamò poi riaprendo gli occhi; tutti furono più attenti - "Ricordo che quando mio padre di è fermato, nell'attesa di potermi avvicinare ho notato che, più infondo, la galleria sembrava allargarsi lateralmente. Ma era buio, quindi non posso esserne sicuro."
"Perfetto!" - disse Sherlock, sorridendo e lasciandolo andare.
"Perfetto?" - ripetè Ron, confuso quanto gli altri.
"Sumatra Road" - rispose semplicemente Sherlock.
"La stazione abbandonata della metro!" - lo seguì Hermione, e tutti si voltarono a guardare lei, che proseguì a spiegare - "Per motivi legislativi dovettero interrompere i lavori. Riuscirono a completare solo le scale, la galleria e la pavimentazione dell'area pedonale. Niente luci, niente binari e niente metrò: solo una galleria buia!"
"Miseriaccia!" - esclamò Ron, rivolgendo a Sherlock un sorriso stupito per la velocità con la quale era arrivato alla soluzione.
"Potreste fare concorrenza a Scotland Yard per il tempo che perdete a fare esclamazioni inutili" - borbottò Sherlock, impassibile ai loro sguardi ammirati - "Muoviamoci!"
Harry lasciò il proprio cellulare al Ministro - spiegandogli velocemente come rispondere alle chiamate e come leggere gli SMS - con la promessa che l'avrebbero tenuto aggiornato sulle novità; dopo di che si affrettarono ad uscire dal Ministero per dirigersi a Sumatra Road.
Una volta in strada, Ron alzò un braccio per fermare un taxi di passaggio, ma Sherlock lo fermò.
"Non possiamo prendere un taxi"
"Perchè no? Dista mezz'ora da qui! Come pensi di arrivarci?"
"Prima di tutto, perchè non potremmo entrarci in cinque; e, secondo, perchè con il traffico ci metteremmo il doppio in auto!" - rispose Sherlock, con il tono che normalmente si usa quando ci si rivolge ad un bambino - "Raggiungiamo la Westminster Station e usiamo la Jubilee Line per avvicinarci il più possibile. In metro ci mettermo di meno."
Detto ciò, iniziò a camminare spedito, sistemandosi il bavero del cappotto e lasciando indietro gli altri.
"Qualcuno mi spiega che diavolo dovrebbe essere una metropolitana?" - chiese Draco, guardandoli come se fossero impazziti.
"È un treno che viaggia sottoterra" - rispose Hermione, velocizzando il passo per raggiungere Sherlock.
"E perchè non lo chiamate - che ne so - treno sotterraneo, per esempio?" - rispose sarcasticamente il biondo.
"Ai babbani piace complicarsi la vita" - disse Harry.

Il viaggio in metro fu certamente più veloce, ma non meno snervante. Quando finalmente arrivarono alla West Hampstead Station, cercarono di farsi spazio tra la folla per raggiungere la parte centrale della stazione e, da lì, presero le scale abbandonate per arrivare alla galleria.
"Se dovessero vederci rischieremmo di essere arrestati.." - osservò Hermione, con ansia, mentre scavalcava una delle transenne con su scritto "ACCESSO VIETATO".
"O questo, o il passaggio per gli operai - che non penso proprio faccia al caso tuo" - disse Sherlock, tirando fuori una piccola torcia da una tasca del suo cappotto e iniziando a scendere le scale polverose. Gli altri lo seguirono, e non appena furono completamente fuori dalla visuale della parte popolata della stazione, tirarono fuori le bacchette e mormorarono "Lumos".
Più scendevano in profondità, più i gradini sembravano moltiplicarsi, invece di diminuire. Erano avvolti dal buio più totale, guidati solo dalle loro fioche fonti di luce.
"Ecco la nostra galleria" - disse Sherlock, parlando più a sè stesso che agli altri, saltando gli ultimi due gradini, una volta giunto in fondo alle scale.
Si guardarono intorno. Effettivamente, quella galleria non sembrava avere nulla di particolare. Il percorso sul quale avrebbero dovuto trovarsi i binari si estendeva vuoto da una parte e dall'altra, sotto anonime pareti di pietra scura. L'unico rumore che si avvertiva lì sotto - tolto lo scricchiolare delle loro scarpe sul cemento sporco - era quello di alcuni tubi che sembravano perdere acqua.
"Da che parte?" - chiese Ron, rivolgendosi a Draco.
"A sinistra" - rispose l'altro, sicuro.
Iniziarono a camminare, ma dopo pochi passi Hermione lì fece fermare.
"Aspettate!" - esclamò - "Non possiamo farci vedere. Dobbiamo usare un incantesimo di Disillusione!"
"E Sherlock?" - le fece notare Ron.
"Ma tu non le avevi le orecchie a scuola?" - sbuffò lei; poi si voltò verso Sherlock e gli puntò la bacchetta addosso - "Non sentirai nulla, ma potrebbe sembrarti strano"
"Strano.." - ripetè lui, come a voler sottolineare che il fatto che si trovasse in una galleria abbandonata con quattro coetanei armati di bacchetta magica luminosa, alla ricerca di chissà quanti maghi oscuri impegnati a stordire qualche babbano non fosse assoultamente nulla di strano.
Hermione fece un movimento circolare con la bacchetta e mormorò - "Desilludo!"
In pochi secondi, il corpo di Sherlock si confuse col muro di pietra alle sue spalle. Lui abbassò lo sguardo sulle proprie mani, e questa volta gli fu impossibile nascondere la meraviglia. "Geniale!" - esclamò sorridendo.
Hermione ricambiò il sorriso, dopo di che provvedette a Disilludere sè stessa, imitata dagli altri.
Tutti invisibili, ripresero a camminare, ma dopo pochi passi si fermarono di nuovo.
"Aspettate un momento" - iniziò Draco - "Io non ho idea di quale sia il punto preciso in cui mio padre si è fermato.." - ammise.
"Non serve che tu lo sappia" - rispose Hermione - "La magia lascia tracce, per cui non sarà difficile trovarlo."
"È vero" - interloquì Harry - "L'ho visto fare a Silente quando - beh, lasciamo stare.."
Si rimisero in marcia, tutti con le bacchette accese, ed Hermione a tastare i muri mormorando parole incomprensibili. Dopo circa venti minuti, alle sue spalle gli altri stavano iniziando a pedere le speranze, quando ecco che lei si fermò.
"Qui!"
"Sei sicura?" - chiese Draco, incerto.
"Positivo" - rispose lei, appoggiando entrambe le mani al muro. Poi risollevò la bacchetta e provò - "Alohomora!" - ma non accadde nulla. Studiò la superficie della parete per qualche secondo, in silenzio meditativo; poi sembrò prendere sicurezza e si voltò verso gli altri.
"Fate qualche passo indietro" - lì avvertì. Puntò di nuovo la bacchetta al muro e disse - "Muffliato!" - prima di allontanarsi anche lei. Una volta a distanza di sicurezza, con uno scatto del braccio esclamò - "Bombarda Maxima!"
Lo scorcio di muro di fronte a loro si distrusse creando un cumulo di detriti, ma senza fare alcun rumore.
"Hermione, sei un genio!" - si complimentò Ron, con gli occhi sgranati.
Oltrepassato ciò che restava della parete, si trovarono in uno stanzone semi-circolare che si estenteva su un lungo corridoio dall'aspetto poco stabile.
"Questa stanza non c'era l'ultima volta" - sussurrò Draco, guardandosi intorno disorientato. Prima che potessero porsi ulteriori dubbi, però, dal fondo del corridoio giunse un mormorio sommesso. Si scambiarono uno sguardo e si mossero il più silenziosamente possibile nella direzione del rumore, in guardia.
Il corridoio proseguiva dritto per alcuni metri, sotto la luce di alcune fiaccole appese al muro; dopo un po' si apriva lateralmente sulla stanza dalla quale provenivano le voci. Si fermarono tutti, appiattendosi contro il muro, nonostante fossero invisibili.
"Riesci a sentire cosa dicono?" - sussurrò Harry a Hermione, che era quella più vicina all'ingresso. Lei si spostò di qualche passo per cercare di sentire qualcosa in più - ma quello fu l'errore peggiore che potesse fare.
Spostando il piede, diede un calcio a uno stupido sassolino, che prese a rotolare rumorosamente - troppo rumorosamente - proprio di fronte all'apertura sulla stanza.
Le voci s'interruppero all'istante.
Restarono in apnea, col cuore in corsa.
Si udirono un fruscio di mantelli e poi dei passi, cauti, che si avvicinavano sempre di più. Uno stivale scuro, poi un altro, ed infine l'intero profilo di Bartemius Crouch Jr. si stagliò sulla soglia della porta; bacchetta sollevata e sguardo a indagare su movimenti insoliti.
Lo videro voltarsi lentamente nella loro direzione; i suoi occhi neri indugiarono per un momento sul punto in cui si trovavano; le sue labbra si stirarono in un ghigno, che poi si trasformò in una risata sommessa.
"Finite Incantatem!" - esclamò inaspettatamente, con un rapido gesto della bacchetta.
Non appena i loro corpi tornarono ad avere un aspetto normale, Crouch rise più forte e mosse qualche passò verso di loro - "Bene, bene... Signor Potter, vedo che ha ripreso il suo vecchio vizio di ficcare il naso negli affari altrui... E Draco, che piacere rivederti!"
A queste parole, dall'interno della stanza giunse il rumore di altri passi, questa volta più decisi, dirigersi verso di loro. Un attimo dopo, Lucius Malfoy comparve al fianco di Crouch, con una maschera tra le mani e gli occhi infuocati.
"MIO FIGLIO!" - iniziò a strillare - "UN TRADITORE!"
"Non azzardarti a chiamarmi traditore!" - urlò di rimando Draco, col viso contorto dalla rabbia - "Cosa ti aspettavi? Che seguissi le tue orme e diventassi un assassino come te?"
Lucius Malfoy perse definitivamente il controllo - "Come... osi?" - sollevò la bacchetta, ma Harry fu più veloce.
"Stupeficium!" - gridò, piazzandosi di fronte a Draco e scaraventando suo padre al suolo.
In un lampo, una moltitudine di uomini mascherati e vestiti di nero si riversò nel corridoio lanciando maledizioni a destra e a manca, costringendoli ad indietreggiare.
"Impedimenta!" - "Stupeficium!" - Hermione, Ron e Draco fecero da scudo a Sherlock, il quale era disarmato. Harry, nel frattempo, cercò di farsi strada verso lo stanzone, scansando mledizioni e fatture e cercando di mettere fuori gioco quanti più Mangiamorte possibile.
Riuscì ad arrivare di nuovo all'ingresso. Si affacciò all'interno stando attento a non farsi colpire - "Protego!" - e li vide.
Alcuni Mangiamorte tenevano fermi tre uomini, mentre altri tenevano le bacchette puntate alle loro teste. Un movimento alla sua destra lo distrasse: si voltò appena in tempo per notare un altro uomo mascherato che gli stava puntando addosso... una pistola!
Con cuore in gola, gli puntò la bacchetta contro e riuscì a Schiantarlo, facendo sì che il proiettile andasse a colpire il soffitto, piuttosto che la sua faccia.
Quando si voltò di nuovo, I Mangiamorte e i tre babbani si stavano smaterializzando.
"NO!" - gridò lanciandosi, inutilmente, verso il punto nel quale erano appena scomparsi.
Altri getti di luce verde e rossa lo mancarono per un soffio.
"HARRY!" - gridò Hermione dal corridoio.
Harry Schiantò un altro paio di Mangiamorte e fu di nuovo sul corridoio, dove regnava il delirio. I mantelli neri dei Mangiamorte svolazzavano come una massa uniforme, illuminandosi di luce colorata ad ogni incantesimo lanciato. Più in là, Harry intravide la chioma di Hermione e i capelli biondi di Draco muoversi fuoriosamente nello sforzo di evitare i colpi.
Harry si lanciò tra le sagome scure e ne colpì alcuni alle spalle. Quando fu più vicino, Hermione gli tese la mano libera.
"Expelliarmus!" - la bacchetta gli volò via dalle mani. "No!" - gridò Harry, allungandosi per prenderla esattamente un secondo prima di sentirsi trascinare nel buio della Smaterializzazione.

Si materializzarono perdendo l'equilibrio e finendo a terra. Harry ci mise qualche minuto a riprendersi dallo stordimento. Abbassò lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo nel constatare di avere ancora la bacchetta tra le mani. Poi si rese conto di dove si trovavano.
"Perchè siamo a casa mia?" - chiese a Hermione, massaggiandosi la testa nel punto in cui aveva sbattuto, atterrando, contro il ginocchio di Ron.
"È il primo posto che mi è venuto in mente.." - ammise Hermione - "Probabilmente perchè l'abbiamo usato come rifugio anche - beh, anche durante la guerra..". Si scambiarono un sorriso triste.
"Pensate che ci seguiranno?" - chiese Ron, rialzandosi.
"Non credo che lo faranno, hanno impegni migliori al momento" - rispose Harry.
"Però adesso sanno che li teniamo d'occhio..." - osservò Hermione - "Temo che faranno più attenzione ora, prima di fare -"
"Ragazzi!" - la voce allarmata di Draco li interruppe. Si voltarono e lo videro accovacciato a terra accanto a Sherlock, che era steso a pancia in su e sembrava scosso da violente convulsioni.
"Oh, santo Cielo!" - esclamò Hermione, lanciandosi nella loro direzione; Harry e Ron fecero lo stesso e si chinarono anche loro accanto a Sherlock.
Con immenso orrore, videro una macchia scura allargarsi sulla sua camicia, all'altezza dello stomaco.
"Oh, Dio! Mi dispiace! Mi dispiace tanto!" - iniziò a mormorare Hermione, con voce rotta, guardandosi attorno come in cerca di qualcosa. "Harry, ti prego, dimi che hai dell'Essenza di Dittamo qua a casa!"
"Sì - sì, ce l'ho!" - rispose Harry distogliendo lo sguardo dal volto straziato dal dolore del detective. Si alzò e fece per uscire dalla stanza.
"Harry, usa quella dannata bacchetta per favore!!" - strillò Hermione, in preda al panico.
Harry si sentì stupido. Tirò fuori la bacchetta e disse - "Accio Dittamo!" - e dopo pochi secondi, la boccetta che teneva in un armadietto in bagno gli si fiondò tra le mani.
Tornò ad accovacciarsi accanto a Hermione e gliela passò già stappata.
"Lo sapevo. Lo sapevo!" - continuava a tormentarsi Hermione - "Non dovevamo Smaterializzarci insieme a lui! Per la fretta non ci ho pensato!"
"Che altro potevamo fare? È meglio Spaccarsi piuttosto che beccarsi una Maledizione Senza Perdono!" - commentò Ron, nel tentativo - vano - di tranquillizzarla.
Sherlock continuava a respirare affannosamente. Hermione gli sbottonò la camincia con mani tremanti, e con l'aiuto di Draco gliela tolse. Le girò la testa alla vista del profondo squarcio sul suo addome.
Iniziò a far cadere alcune gocce d'Essenza sulla ferita, mentre Harry correva in bagno a recuperare delle bende.
Quando tornò, Hermione aveva messo da parte la boccetta e ripreso la bacchetta; Harry la sentì mormorare uno strano incantesimo - che riconobbe come quello che Piton aveva usato per curare Draco, quella volta che lui l'aveva colpito involontariamente con un Sectumsempra. Grazie a lei, le convulsioni di Sherlock sembravano essersi affievolite e il respiro sembrava meno spezzato.
"Mi dispiace tanto.." - ripetè ancora una volta Hermione, asciugandosi una lacrima col dorso della mano, sporca di sangue.
Sherlock aprì appena gli occhi. "Perchè dispiacersi?" - riuscì a dire, con immenso sforzo - "È stato - interessante".
Accennò un debole sorriso, che fu ricambiato da Hermione e che contagiò anche gli altri.















ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Questa volta, come vedete, sono riuscita ad aggiornare prima del previsto e con un bel capitolone!
Alcune piccole precisazioni:
"DI" sta per Detective Inspector, mi piaceva il termine inglese e non mi andava di tradurlo!
Sumatra Road viene menzionata nel primo episodio della terza stagione di Sherlock della BBC - "The Empty Hearse". È da lì che ho preso ispirazione per l'idea della stazione metropolitana abbandonata (che in realtà non esiste).
La combinazione degli incantesimi "Muffliato" e "Bombarda" me la sono inventata io; non so se per zia Jo potrebbe funzionare davvero o meno! Eheh.
A parte ciò, non penso di dovervi dire altro, ma se avete delle domande non esitate a farle!
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. È importante per me la vostra opinione!
Cercherò di mettermi all'opera con il prossimo capitolo il prima possibile!
Nel frattempo, grazie per essere arrivati fino qua!

Un bacione, alla prossima! :-*

-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Le acque si smuovono ***


1.
 
Erano tutti estremamente stanchi. Era stata una giornata parecchio movimentata e tutti avrebbero voluto dormire per ore, ma sapevano di non averne il tempo.
Avevano deciso, sul volere di Harry, di restare tutti a Grimmauld Place quella notte - vista l'impossibilità di muoversi di Sherlock e la situazione in cui si era cacciato Draco andando contro suo padre. Quest'ultimo, che ancora non si sentiva troppo bene, si era sistemato nella camera che un tempo era stata di Regulus Black, per riposare un po'.
Dopo aver bendato la ferita di Sherlock, Hermione si era occupata di chiamare il Ministro per avvertirlo di come si era svolta la loro missione e aveva insistito per imporre gli Incantesimi di Protezione intorno alla casa - nonostante sapesse che era già protetta dall'Incanto Fidelius, preferì essere il più prudente possibile. 
Si stava facendo buio, e oltre alla stanchezza, anche la fame iniziava a farsi sentire; così Harry scese in cucina per chiedere a Kreacher di preparare per loro uno dei suoi ottimi piatti. Tornato di sopra, si sistemò davanti al camino insieme a Ron e Hermione, mentre Sherlock era ancora appisolato sul divano.
Harry si sentiva abbattuto. Avevano rischiato tanto per non risolvere nulla. Quei tre babbani erano stati maledetti sotto i suoi occhi ed ora chissà dov'erano, e chissà quando avrebbero portato a termine la loro prova del nove.
"Credete che ci sia un modo per fermare l'attaco?" - chiese Ron, come leggendolo nel pensiero.
Harry scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore - "Siamo arrivati troppo tardi. Ormai credo che l'unica cosa che ci resta da fare sia aspettare che attacchino e cercare di limitare il danno." - disse, anche se l'idea non gli piaceva per nulla.
"Draco ha avuto mal di testa per tutto il giorno..." - mormorò Hermione, che sembrava non averli ascoltati ed era rimasta ad osservare il fuoco, pensierosa.
Ron e Harry si voltarono a guardarla. "Cosa c'entra Draco?" - chiese Ron.
"È solo che questa mattina, quando è arrivato alla riunione, stava bene. Non capisco perchè poi abbia iniziato a sentirsi male di punto in bianco" 
"Sarà stato un effetto ritardato delle urla di suo padre.." - scherzò Ron, ignorando la sua espressione poco convinta.
"Draco non ha mai retto molto bene lo stress, tutto qua." - le disse invece Harry.
Hermione sospirò, immersa nei suoi pensieri. In quel momento, un grugnito di dolore di Sherlock giunse alle loro spalle: si era svegliato.
Harry si alzò, seguito dagli altri due, e si sedette sulla poltrona accanto al divano sul quale Sherlock stava tentando - con scarsi risultati - di tirarsi su a sedere.
"Dovresti restare coricato! - lo rimproverò Hermione, ma lui la ignorò.
"Mi stavate facendo la veglia per caso?" - disse, appoggiandosi a fatica sui gomiti.
"In un certo senso" - sorrise Harry - "Siamo rimasti nel caso avessi avuto bisogno di qualcosa, una volta sveglio"
"Non ho bisogno di niente" - rispose, vagamente scontroso, Sherlock. Una fitta di dolore lo costrinse a rinunciare agli sforzi e ad abbandonarsi di nuovo sui cuscini.
"Vado a dire a Kreacher di preparare qualcosa anche per te" - disse Hermione, avviandosi verso la porta.
"Non ho bisogno di cibo" - sbuffò Sherlock - "Ho bisogno del mio telefono - e dei tuoi libri. Abbiamo una ricerca da fare."
"Come puoi pensare alla ricerca in queste condizioni? Devi riposare!" - Hermione aveva assunto l'espressione e il tono d voce che a Harry e Ron ricordavano tanto la signora Weasley nelle sue giornate no.
"Mi sono riposato abbastanza!" - ribattè Sherlock - "Tu, piuttosto, come puoi pensare alla mia salute quando c'è un caso di massima importanza da risolvere?"
Hermione lo guardò con la bocca aperta, quasi scandalizzata, prima di rispondere - "Per poco non ti dividevi in due!!"
"Sì, ma non è successo - grazie a te" - le ricordò Sherlock - "Quindi possiamo benissimo pensare a cose più urgenti. Passatemi il telefono" - disse, tendendo la mano.
Harry lo tirò fuori dalla giacca del detective, che era stata appoggiata allo schienale della poltrona sulla quale si era seduto, e glielo passò.
Sherlock controllò i messaggi ricevuti e ne trovò un paio: uno da parte di Lestrade - che ignorò momentaneamente - e uno da parte di Mycroft, che diceva:
 
"Uomini in postazione. Disarmati e sotto copertura come richiesto. 
In caso di attività sospette, sarai avvertito. In caso di morte di uno dei miei uomini... penso che tu sappia quali saranno le conseguenze, fratellino. - M"
 
"Novità?" - domandò Harry.
"Gli uomini di Mycroft sono già di guardia. Il Ministro è stato avvertito di quanto accaduto oggi?" - Harry annuì, e Sherlock aggiunse - "Molto bene. Il segnale di pericolo potrebbe arrivare in qualunque momento. Dobbiamo stare attenti."
"Dovremmo essere di guardia anche noi" - ricordò Ron, rivolgendosi a Harry.
"Non è necessario. Abbiamo già abbastanza punti di sorveglianza sparsi per Londra" - lo rassicurò Sherlock - "Tu e Harry potete aiutarci con la ricerca" - propose.
"Possiamo pensarci noi, così tu puoi riposare" - propose invece Harry, seguito da un cenno d'approvazione da parte di Hermione.
"Mi sono riposato abbastanza! Quante volte ve lo devo dire?" - ripetè Sherlock, in un nuovo tentativo di mettersi a sedere - "Dove sono i libri?"
"Ancora a casa tua" - rispose Hermione, in un tono che voleva informarlo che non gliel'avrebbe data vinta., mentre lui riuscì finalmente a tirarsi su, con una smorfia di dolore.
"E cosa state aspettando ad andarli a prendere?" - rispose, sollevando le sopracciglia.
"Ma Sherlock!" 
"Se non ci andrete voi, lo farò io." - minacciò, provando ad alzarsi in piedi.
"E va bene!" - si arrese Hermione - "Andremo a prendere i libri, ma tu devi promettere che non ti muoverai da quel divano!" - disse, puntandogli il dito.
"Non mi muoverò" - affermò Sherlock, con un sorriso angelico non troppo convincente.
"Ron, tienilo d'occhio" - disse Hermione - "Harry, andiamo."
 
Si materializzarono in un vicoletto sulla Merylebone Road. Era buio ormai, e le strade iniziavano a svuotarsi; alcuni negozi avevano già tirato giù le serrande. 
Dopo aver svoltato in Baker Street, Hermione notò che Harry continuava a guardarsi alle spalle con fare guardingo.
"Cosa c'è Harry?"
"Controllo solo che nessuno ci stia seguendo" - rispose lui. 
Arrivati al 221B, suonarono in campanello e poco dopo la signora Hudson aprì loro la porta. Indossava un paio di guanti di gomma verde e un grembiule a fiori.
"Oh, siete gli amici di Sherlock!" - sorrise, dopo averli riconosciuti - "Prego, entrate! Dove l'avete lasciato?"
"È impegnato in un caso" - rispose Harry, dopo un attimo di tentennamento. Non era sicuro che sarebbe stata una buona idea dirle della ferita, così decise di sorvolare - "Temo che non rientrerà a casa stanotte"
"È sempre il solito" - rispose lei, sospirando, mentre chiudeva la porta - "Una volta è stato via una settimana intera - non avevo idea di dove si fosse cacciato - e quando è rientrato era tutto ricoperto di sangue! Non avete idea del disordine.."
Harry pensò che doveva essere un'avvenimento abbastanza comune per Sherlock, poichè la signora Hudson - che se fosse stata qualunque altra persona, si sarebbe angosciata - sembrava, invece, alquanto tranquilla nel parlare di cose simili.
"Signora Hudson, ci dispiace disturbarla così tardi, ma credo di aver dimenticato la mia borsa qui oggi, quando me ne sono andata" - disse Hermione.
"Oh, ma certo!" - l'altra si tolse i guanti e sparì nel suo appartamento. Tornò subito dopo con la borsetta di Hermione. "Eccola qua, cara. L'ho notata e ho pensato di portarla giù nel caso fossi passata a riprenderla" - disse, rendendogliela. "Che buffo, quando l'ho sollevata mi è parso di sentire come un rumore di libri caduti al suo interno! Non è strano?" - aggiunse poi, divertita.
Harry e Hermione si lanciarono un'occhiata eloquente e sfoggiarono entrambi un sorriso tirato.
"La lasciamo tranquilla, signora Hudson" - disse Harry.
"Grazie infinite per la borsa" - la ringraziò di nuovo Hermione.
La padrona di casa li accompagnò alla porta e li salutò con un gran sorriso.
Di nuovo sulla strada, il sesto senso di Harry tornò sull'attenti e, una volta giunti sulla strada principale, il suo sguardo volò dritto al vicolo dal quale lui e Hermione erano venuti e il suo cuore mancò un battito. Si fermò di colpo, afferrandole il braccio. Lei lo guardò interrogativa e lui le fece cenno con la testa di guardare l'imboccatura del vicolo buio. 
Quello che Harry aveva notato erano dei movimenti nell'ombra, come se qualcuno si fosse appostato tra i cassonetti ad aspettarli. Harry ne era certo: erano i Mangiamorte. Non fu felice nel constatare che la sensazione che l'aveva seguito da quando si erano materializzati fosse corretta. 
Strinse l'impugnatura della bacchetta nella sua giacca, e seppe che Hermione stava facendo lo stesso con la sua. 
Harry sapeva che sarebbe stato più sicuro, per loro, smaterializzarsi da dove si trovavano, ma non potevano permettersi di lasciarseli scappare un'altra volta - non quando c'era la possibilità che stessero per attaccare. Così ripresero ad avanzare lentamente finchè non furono nel punto dove i palazzi si dividevano per lasciare spazio a quello stretto tratto di strada; si fermarono di nuovo, gli occhi fissi sulle scure silhouette di tre uomini.
"Sapete..." - disse l'uomo al centro, avanzando di qualche passo - "...non sono queste le ore più adatte per una passeggiata romantica. Potreste incontrare qualche borseggiatore, o qualche ubriacone..." - nel punto in cui si fermò, la luce dei lampioni sulla strada principale riuscì ad illuminargli il volto, ed Harry lo riconobbe come l'uomo che poche ore prima aveva tentando di sparargli - "È difficile trattare con personaggi del genere. Ma voi siete fortunati!" - esclamò, con un battito di mani - "Noi saremo più gentili, e aspetteremo, prima di farvi del male...".
A queste parole, i due Mangiamorte alle sue spalle sfoderarono le bacchette le puntarono contro di loro; istintivamente, Harry e Hermione fecero lo stesso.
"Dovete solo dirci dove si trova.." - continuò Moriarty, con il più falso dei sorrisi dipinto in volto, mentre li studiava con i suoi profondi occhi neri.
"Dove si trova cosa?" - domandò Harry, mostrando sicurezza.
Questa volta, nel sorriso di Moriarty guizzò per un lampo una punta di preoccupazione - "Non fingere che a questa domanda non vi siate già dati una risposta, Harry Potter."
"Diteci dove avete portato qui tre uomini e noi vi diremo dove si trova" - tentò Harry, che in realtà non aveva la più pallida idea di che cosa stesse parlando.
L'altro finse di rifletterci su un momento. "Nah.." - disse poi, con fare annoiato, mentre dalla sua giacca tirava fuori la pistola e la puntava alle loro teste - "Così è troppo semplice.."
Harry deglutì, senza sapere cosa fare, e guardando obliquamente Hermione si accorse del suo respiro affannoso. Aveva paura. Anche Harry ne aveva; non si era mai trovato a fronteggiare un'arma da fuoco prima di quel giorno e - chissà per quale ragione - quel pezzo di ferro riusciva a terrorizzarlo più del pezzo di legno che lui stesso reggeva tra le dita.
"Stiamo perdendo tempo" - li spronò Moriarty, avanzando lentamente verso di loro - gli altri due al suo seguito - "E io inizio ad annoiarmi..."
Un lampo di luce illuminò per un momento il vicolo; prima che Harry potesse realizzare cos'era accaduto, si sentì afferrare per una mano e fu inghiottito dalla smaterializzazione.
 
2.
 
"Harry! Hermione! Che cosa è successo?" - esclamò Ron, balzando in piedi, non apenna li vide rimaterializzarsi e finire a terra con due facce per nulla rassicuranti.
"Si tratta dei Mangiamorte? Hanno attaccato?" - chiese Sherlock, che - ovviamente - non aveva mantenuto la promessa e si era alzato dal divano.
"Non proprio..." - rispose Harry, rialzandosi e tendendo una mano a Hermione per aiutarla.
"Cosa significa non proprio?" - domandò, con urgenza, Sherlock.
"Significa che ci hanno circondati e puntato contro due bacchette e una pistola, ma siamo riusciti a scappare - a proposito" - disse Harry, assumendo un'espressione confusa, rivolgendosi a Hermione - "Come siamo riusciti a scappare?"
"Claudoculus" - rispose lei - "Un antico incantesimo che produce una luce tanto potente da abbagliare momentaneamente gli avversari. L'ho trovato mentre cercavo informazioni sulla Maledizione". Harry le rivolse un sorriso ammirato.
"Hai detto che uno di loro era armato di pistola" - interloquì Sherlock, assottigliando lo sguardo, mentre si accingeva ad entrare nel suo stato di profonda riflessione - "Significa che Moriarty era presente..". Harry annuì e lui continuò, parlando tra sè e sè - "Perchè non hanno attaccato subito?... Perchè non attaccare? - Che cosa volevano?" - domandò poi, rivolgendosi a loro.
"Moriarty voleva sapere dove nascondiamo qualcosa... ma non capisco a cosa diavolo potesse riferirsi!" - rispose Harry, nervosamente.
"Qualcosa... o qualcuno" - mormorò Sherlock. I lineamenti del suo viso si erano distesi nell'espressione di chi ha appena fatto una scoperta promettente e gli brillarono gli occhi. Harry sapeva che, per quanto a lui sembrasse sempre più complesso, per Sherlock quel puzzle stava iniziando, in qualche modo, a semplificarsi.
"Come hai detto?" - lo incalzò, ma quello fece un gesto con la mano borbottando qualcosa tipo "Non è importante" e prese a misurare la stanza a passo svelto, con le mani giunte sotto il mento e i muscoli del viso contratti, nell'evidente sforzo che gli costava tutto quel muoversi.
"Hai portato i libri?" - chiese all'improvviso, fermandosi e guardando Hermione.
"Sì, sono -"
"Perfetto, mettili da parte" - la interruppe - "So esattamente cosa dobbiamo fare."
"Cosa? Ma hai detto che dovevamo fare la ricerca!" - protestò Hermione. Lei e Harry avevano rischiato di farsi ammazzare per prendere quei libri e ora non servivano più - ma certo.
"Non c'è tempo per la ricerca! Svegliate Draco!" - ordinò, senza smettere di fare avanti e indietro.
Ron, Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo pieno di confusione e curiosità; poi Harry uscì e si recò al piano superiore a svegliare Draco.
 
"Hai ancora male alla testa?" - chiese immediatamente Hermione, vedendo entrare il biondo, seguito da Harry.
"Dormire mi ha fatto bene. Sto un po' meglio ora" - rispose lui.
"Evitiamo i convenevoli e passimo al dunque" - li zittì Sherlock.
"Quale sarebbe il dunque? Ci vuoi spiegare cos'hai in mente?" - chiese Ron, che iniziava ad infastidirsi per tutta quell'aria di mistero - come se non ce ne fosse stata già abbastanza senza che Sherlock ci mettesse del suo.
Il detective si sfregò le mani e tornò a sedere sul divano - tra Harry e Draco - stringendo un'altra volta i denti per il dolore causato dal movimento. Iniziò a parlare.
"Grazie a quello che è successo questa sera abbiamo la certezza che i Mangiamorte non aspettano altro che noi ci facciamo vivi. Perchè? Perchè vogliono qualcosa che noi abbiamo - e sono certi che noi sappiamo di cosa si tratta."
"E noi lo sappiamo?" - chiese Ron, incerto.
"Sì - beh, io lo so - ma non è necessario che lo sappiamo tutti" - aggiunse in un tono secco, dissuadendo Ron dal porgli ulteriori domande - "Domani li accontenteremo e permetteremo loro di attaccarci."
"Che cosa?" - esclamò Hermione, interdetta - "Se permetteremo loro di attaccarci, come potremo impedire a quei babbani di uccidere qualcuno?"
"Il loro obiettivo principale è momentaneamente cambiato. Se i miei calcoli sono esatti, non metteranno in atto la prova del nove prima di aver ottenuto ciò che vogliono. Il nostro compito è quello di restare buoni finchè non lo otterranno. Risponderemo all'attacco solo quando sguinzaglieranno i babbani - prenderanno due piccioni con una fava, tenendoci impegnati mentre si portano via il loro bottino. "
Quando Sherlock parlava con tanta sicurezza era semplice fidarsi di lui senza fare troppe domande sui particolari, ma nonostante ciò, fu inevitabile che si creasse una sorta d'inquietudine nel non sapere che cosa, esattamente, si sarebbero presi i Mangiamorte.
Rimasero a lungo in silenzio, a meditare sulle parole del detective, mentre lui se ne stava appollaiato sul divano con lo sguardo che scorreva velocissimo, studiando nel dettaglio quel piano che loro non potevano vedere.
Si era fatto molto tardi, così Harry propose di scendere in cucina a vedere cos'aveva preparato per loro Kreacher. Sherlock insistette per restare di sopra e mettersi sui libri, ma alla fine si lasciò miracolosamente convincere - se non a mangiare - perlomeno a far loro compagnia.
Si sedettero così tutti a tavola, tra gli sguardi sconcertati di Sherlock alla vista dell'elfo domestico; i lamenti di Ron su quanto stesse morendo di fame; e l'ansia che attanagliava i loro animi nell'attesa di ciò che sarebbe accaduto il giorno seguente.

 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Eccomi! Ritorno ancora una volta dopo una lunga attesa, perdonatemi!
Inizano a smuoversi le acque, come vedete! Siete curiosi di sapere che cosa accadrà nel prossimo capitolo? ;)
Cooomunque, prima di salutarvi, eccovi un piccolo chiarimento: l'Incanto Claudoculus è una mia invenzione; ho fatto ricorso a quel poco di latino che ancora mi è rimasto in mente, eheh.
Non c'è null'altro da dirvi per oggi.
Questo capitolo è stato faticoso; quella che avete letto è la seconda stesura e, a dire il vero, non ne sono pienamente soddisfatta. Spero che a voi sia piaciuto! Fatemi sapere i vostri pareri, che per me sono sempre importanti! :)
Alla prossima miei cari lettori, e grazie infinite per il tempo che spendete a leggere le cose che scrivo! :-* :-*
 
-Jean

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Portatore ***


ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Questa volta il mio angoletto precede il capitolo. 
Vi chiedo umilmente perdono, in ginocchio. Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo. È un periodo in cui ho sempre meno tempo e in cui mi blocco facilmente. Questo capitolo è stato un vero parto! Un parto di quelli dolorosi.
Visto che ormai i miei ritardi sono diventati un'abitudine, vi chiedo di pazientare e di prendere coscienza del fatto che tra un capitolo e l'altro passeranno parecchi giorni. Non posso promettervi altrimenti! 
In ogni caso, spero che questo capitolo lungo chilometri e chilometri vi piaccia!
Fatemi conoscere i vostri pareri con una recensione, se vi va :)
 
Grazie mille a tutti voi, che avete tanta pazienza e che impegnate parte del vostro tempo nella lettura delle mie follie!
Grazie di cuore a tutti coloro che sono rimasti, e ai nuovi arrivati!
Buona lettura! Alla prossima :-*
 
- la vostra Jean







1.
 
A Grimmauld Place, quella notte, nessuno chiuse occhio. Tutti erano scossi da un brivido d'ansia per l'ignara avventura che li aspettava - tutti tranne Sherlock.
Quando gli altri decisero di porre fine al loro continuo rigirarsi tra le coperte senza riuscire a prendere sonno e scesero al piano inferiore, lo trovarono seduto ai piedi del divano, sommerso da quelli che avevano tutta l'aria di essere i libri di Hermione.
"Quelli sono i miei libri?" - gli chiese lei, ricevendo come risposta un vago cenno dei riccioli di Sherlock, il cui viso era nascosto dietro ad Antiche Rune - IV Volume - "Li hai presi dalla mia borsa?"
Questa volta lui fece lo sforzo di sollevare lo sguardo dalle pagine per guardarla come se la sua domanda fosse stata immensamente stupida ed inutile - "Ovviamente. A proposito, credo che la mia lente d'ingrandimento ci sia caduta dentro. Non ho avuto il tempo di cercarla." - detto ciò, tornò a concentrarsi sul libro.
"Cosa fate tutti impalati sulla porta?" - domandò Draco, comparendo alle spalle di Harry, Ron e Hermione.
Quest'ultima sospirò e si passò le mani sul viso - "In effetti, nulla di utile. Vado ad aiutare Kreacher con la colazione" - disse, uscendo sul pianerottolo e scendendo le scale verso la cucina.
Shelock chiuse il libro con un colpo secco e scattò in piedi con una smorfia - la ferita gli doleva ancora, ma la sua cocciutaggine gli permetteva di infischiarsene. Quando lo vide afferrare il cappotto ed indossarlo, Harry gli rivolse un'occhiata confusa.
"Dove stai andando?"
"Ho una commissione da fare."
"Non avevamo un piano da seguire?"
"Cosa? - Oh sì, quello. Usciremo non appena sarò tornato, perciò vi consiglio di non perdere ulteriori minuti a guardarmi con quelle facce" - così dicendo, passò in mezzo a loro e uscì anche lui sul pianerottolo - "Il nostro gioco avrà la sua svolta oggi!" - gridò, con eccessiva allegria, saltando gli ultimi due gradini e sparendo nel corridoio all'ingresso.
I ragazzi si guardarono senza sapere se essere sollevati o preoccupati dal suo buonumore.
"Quello è tutto matto" - borbottò Ron, scuotendo la testa, prima di seguire gli altri in cucina.
 
Sherlock fece ritorno mezz'ora più tardi.
Nel frattempo tutti si erano vestiti e lo aspettavano in sala. Hermione aveva preso il suo posto ed era concentrata su uno dei suoi libri, mentre prendeva qualche appunto; Ron la osservava, seduto sul divano dietro di lei; Harry fissava il vuoto, pensieroso, così come Draco.
Il detective comparve sulla porta, tenendo in mano una cartellina trasparente che lasciò sul tavolo. Diede a tutti una rapida occhiata e poi si soffermò su Draco - "Qualcosa non va?" - gli chiese, notando il suo continuo grattarsi la nuca.
Il biondo scosse la testa - "Il pigiama che mi ha prestato Potter deve avermi fatto venire un'irritazione". Hermione aveva sollevato lo sguardo dal libro e lo osservava apprensivamente.
"Perchè la prossima volta non chiedi a Kreacher di prestarti qualcosa, visto che fai lo schizzinoso?" - lo provocò Ron.
"Weasley, chiudi quella dannata bocca" - rispose stizzito il biondo; Harry sbuffò di fronte al loro ennesimo, inutile battibecco.
Hermione, ormai distratta dalla sua lettura, spostò lo sguardo su Sherlock, il quale aveva preso tra le mani la cartellina e la stava osservando. Ron anticipò la sua domanda.
"Quella cos'è?" - gli chiese, con un cenno del mento, mentre si alzava e si avvicinava a lui, seguito da Harry.
"Sono passato da Scotland Yard. Avevo chiesto a Lestrade di procurarmi un elenco con tutte le informazioni utili sui possessori di armi da fuoco qui a Londra" - spiegò Sherlock, aprendola e dando una veloce sfogliata alle pagine al suo interno.
"Informazioni di che genere?" - chiese Harry, incuriosito.
"Ho un piano B" - rispose evasivamente Sherlock - "Prima proveremo questo punto, prima potremo pensare al resto".
Harry e Ron di guardarono come se avessero appena sentito qualcuno parlare in greco antico - "Ma di che accidenti stai parlando?" - domandò il rosso, spazientendosi.
Sherlock lanciò la cartellina sul tavolo - "Ve lo spiegherò quando sarà il momento. Adesso muoviamoci, abbiamo già perso abbastanza tempo" - disse e, senza aspettare una risposta, si diresse di nuovo verso l'uscita.
"Ti dispiacerebbe dirci almeno dove stiamo andando?" - chiese Draco a voce più alta, perchè ormai Sherlock era sparito sulle scale. Non ricevendo risposta, sbuffò - "Fare il misterioso fa parte del suo mestiere?".
 
2.
 
Il viaggio in metro fu esageratamente lungo e per niente tranquillo. Il loro vagone era stracolmo di persone, ed Harry si sentiva pigiato sia fisicamente, sia emozionalmente: l'ansia lo avvolgeva completamente; cosa sarebbe successo se il piano di Sherlock non fosse andato come previsto?
Guardò il detective e si chiese come facesse ad essere tanto calmo e sicuro di sè in un momento opprimente come quello. Chissà, poi, quanti particolari di quella questione aveva già elaborato e chiarito, mentre a Harry - così come agli altri - tutto sembrava un immenso casino. Era sorprendente come in così poco tempo, e totalmente da solo, fosse stato grado di elaborare un piano B - qualunque esso fosse - prima ancora di aver messo in atto il piano principale.
Ad ogni fermata, la metro si svuotava gradualmente, finchè non giunse alla stazione di Gants Hill con a bordo solo loro cinque e un paio di operai.
"Perchè proprio Ilford?" - domandò Draco, mentre uscivano dalla stazione tenendo il passo svelto di Sherlock. Questi rispose con un sussurro, come se non volesse farsi sentire da qualcuno - "Perchè non potevo permettere che ci seguissero nel centro della città. Qua non c'è anima viva."
Alle sue spalle, tutti si guardarono, perplessi ed ora più agitati che mai. Harry si guardò alle spalle: i due operai scesi dalla metro insieme a loro avevano gli occhi puntati su di loro... e le bacchette strette tra le mani.
"Perchè stai sussurrando?" - chiese Ron, senza capire - "E poi, seguirci?" Di cosa stai -" - Ron s'interruppe quando Harry lo afferrò per un braccio, abbassando anche lui la voce - "Sono dietro di noi" - disse, tra i denti. 
Hermione boccheggiò. Sherlock prese a trafficare con una tasca interna del suo cappotto e poco dopo ne estrasse una semi-automatica.
"Miseriaccia! Quella cosa sarebbe?" - disse Ron, sbarrando gli occhi.
"Considerala come la mia bacchetta" - rispose Sherlock, facendo scattare il carrello dell'arma - "Tirate fuori le vostre, ma non attaccate se non sarò io a dirvelo" - aggiunse, con una punta d'urgenza nella voce.
"Sherlock -" - provò a protestare Hermione, ma le sue parole furono interrotte da un raggio di luce rossa che passò a pochi centimetri dal suo braccio.
Harry, istintivamente, sollevò la bacchetta per contrattaccare, ma Sherlock lo afferrò per il braccio - "No!" - e lo costrinse a continuare a camminare. 
Harry si liberò dalla sua presa e lo guardò come se fosse impazzito - "Sherlock ci stanno attaccando!" - sibilò. Un altro raggio di luce sfrecciò sopra le loro teste.
Udirono i passi alle loro spalle farsi più svelti. Harry si voltò e vide i due Mangiamorte iniziare a correre, avvicinandosi sempre di più. Iniziarono a correre anche loro. 
Stavano ormai costeggiando il Valentine's Park. Non appena giunsero davanti ai cancelli, Hermione gridò - "Alohomora!" - facendone scattare la serratura, e svoltarono all'interno del parco. Era stato chiuso settimane prima per dei lavori di ampliamento della capanna delle barche, vicino al lago, e - come ulteriore colpo di fortuna - in quel momento tutti i macchinari presenti erano spenti e non sembrava esserci alcun operaio in vista.
Senza rallentare, si guardarono ancora una volta alle spalle, ma i loro inseguitori sembravano momentaneamente scomparsi. Prima che potessero capire cosa fosse successo, li videro materializzarsi alle spalle di Draco.
"Attento!" - gridò Harry, ma fu troppo tardi: i Mangiamorte avevano afferrato Draco per le braccia e si erano smaterializzati con lui.
"No!" - gridò ancora Harry. La rabbia iniziava a ribollirgli nelle vene.
"Draco!" - Hermione era sconvolta - "Oh mio dio, cosa facciamo adesso?"
"Perchè l'hanno preso?!" - disse Ron, respirando affannosamente per la corsa e per l'agitazione.
Tutti guardarono Sherlock, ma prima che potesse dare loro qualche risposta, udirono qualcun altro materializzarsi dietro di loro e si voltarono sollevando ognuno la rispettiva arma.
Altri due Mangiamorte puntavano le bacchette su di loro, mentre James Moriarty avanzava nella loro direzione con le mani in tasca e un sorrisetto compiaciuto sulla labbra. Sul sopracciglio sinistro era visibile un leggero taglio - probabilmente causato dalla Materializzazione.
"Moriarty" - mormorò Sherlock, a denti stretti, col paradossale tono di chi rivede una grande amico dopo molto tempo.
Il ghigno del consulente criminale si fece più ampio - "Ti sono mancato?"
"Non posso affermare il contrario" - rispose tranquillamente Sherlock; la pistola puntata su di lui.
Moriarty compì ancora qualche passo, senza staccare gli occhi neri da quelli di ghiaccio del detective. Quando fu abbastanza vicino da sfiorare la canna dell'arma con la cravatta, si fermò e, con assoluta calma, disse - "Non abbiamo alcuna voglia di decorare l'erba con le vostre interiora, ma vi dirò una cosa, cari maghetti: Statene fuori... o non ci faremo alcun problema."
Iniziò a indietreggiare, posando gli occhi su ognuno di loro, senza smettere di sorridere, e ricevendo in cambio sguardi di puro odio - o, nel caso di Sherlock, odio e una sorta di improbabile rispetto.
Harry non ce la fece a rimanere zitto - "Dov'è?" - dovette trattenersi per non gridare.
"Mh?" - Moriarty reagì in modo irritabilmente distaccato - "Oh, non preoccupatevi per il vostro amico platinato" - disse, dando loro le spalle per azzerare la distanza che lo separava dai suoi compari - "Presto potrete riprendervelo".
Alle spalle di Sherlock, Harry, Ron e Hermione si guardarono confusi. Moriarty era di nuovo voltato verso di loro.
"Non ci serve più" - disse, simulando una vocetta triste. Un attimo dopo si erano smaterializzati.
Harry imprecò, calciando il terreno.
Hermione e Ron guardarono Sherlock, nella speranza di ricevere una spiegazione. Quest'ultimo ripose con calma la sua arma nel cappotto, e quando si voltò notarono con stupore che stava sorridendo.
Harry stava per esplodere, se lo sentiva.
"Non mi sembra il momento di sorridere" - disse, guardandolo come una furia.
Sherlock non fece una piega - "Non capite? Questo dimostra la mia teoria!"
"Quale teoria?" - iniziò Ron, esasperato - "Hanno rapito Draco, accidenti! E tu stai lì a sorridere e a parlarci della tue teorie?"
Sherlock non si agitò di fronte alla loro reazione, ma cercò di far comprendere loro cos'era appena successo - "Avevo previsto che avrebbero preso Draco"
"Che cosa?" - lo interruppe bruscamente Harry, perdendo completamente la pazienza - "Vuoi scherzare? Lo sapevi e non hai fatto niente per impedirlo? Sei impazzito per caso?". Non stava capendo più niente. Fino a un'ora prima, avrebbe giurato che Sherlock fosse una persona affidabile e saggia, ma quello che era appena successo aveva lasciato Harry completamente basito - basito e incazzato.
Sherlock tentò di nuovo - "Voi non capite!" - ma fu interrotto ancora.
"No, tu non capisci! C'erano già abbastanza vite in pericolo senza che vi aggiungesse quella di Draco!" - lo rimproverò Harry - "Dobbiamo andare a cercarlo"
Sherlock espirò rumorosamente - "Non possiamo".
Harry lo incenerì con lo sguardo.
Hermione prese finalmente la parola, nel tentativo di riportare la calma - "Ascoltate... io - io credo che Sherlock sappia quello che sta dicendo...".
"Harry, dove stai andando?" - esclamò Ron, vedendo Harry allontanarsi da loro.
"Se voi non volete venire d'accordo, fate come volete" - urlò lui di rimando, senza voltarsi - "Io vado a cercarlo". Così dicendo, si smaterializzò.
"Harry!" - gridò Hermione, quando ormai lui era sparito.
"Dobbiamo seguirlo!" - disse Ron, ma Sherlock glielo impedì.
"No! Non possiamo seguirlo. E ti consiglio di non interrompermi se non vuoi che tiri di nuovo fuori la mia bacchetta" - lo minacciò, quando vide Ron aprire bocca per ribattere. Questi si ammutolì riservandogli un'espressione scandalizzata e lo lasciò parlare.
"Draco era il portatore del Codice".
"Che cosa?!" - esclamò Ron - la sorpresa era troppo grande per riuscire a trattenersi - "Com'è possibile? Come fai a saperlo?".
Sherlock gli rivolse un'occhiataccia e riprese a parlare, avviandosi verso l'uscita del parco - "Quando Draco ci ha raccontato di essere stato visto da suo padre - quando l'aveva seguito ad una delle riunioni dei Mangiamorte - ho subito capito che c'era qualcosa che non andava. Perchè concluderla nel bel mezzo dell'organizzazione? Perchè concluderla proprio dopo essere stati interrotti da un rumore? E perchè esclamare "so già chi sarà il Portatore"?
Non avevo mai letto nulla di Incantesimi e stregonerie varie, prima di stamattina, eppure ebbi motivo di credere che a Draco fosse successo qualcosa, qualcosa che avesse a che fare con una magia e che gli avesse creato confusione. Il suo mal di testa cronico è stato una prova a favore del mio ragionamento. Ammetto che, fino a ieri, c'era ancora l'uno per cento di probabilità che potessi sbagliarmi, ma quando stamattina ho letto dell'Obliviate su uno dei libri di Hermione, ogni tassello è andato al suo posto.
Ecco quello che è successo: Draco ha fatto rumore, i Mangiamorte si sono accorti di lui e l'hanno trasportato all'interno del salone; gli hanno tatuato addosso il Codice, per umiliarlo e, per fare in modo che non sapesse di averlo, gli hanno cancellato la memoria, facendogli credere che nulla fosse accaduto. Quando suo padre è tornato a casa, non ha resistito a rimproverarlo per il suo comportamento, ma è stato abbastanza furbo da evitare di rivelargli la verità nella sua interezza."
Mentre Ron seguiva il discorso di Sherlock con la bocca aperta per lo stupore, Hermione sembrava invece ascoltare una storia che già sapeva. Ed era così, in effetti: anche lei aveva intuito che ci fosse qualcosa di strano nel malessere di Draco.
"Il prurito di questa mattina dev'essergli stato causato dal tatuaggio. L'incantesimo non dev'essere stato eseguito correttamente e, in qualche modo, deve avergli fatto infezione." - osservò Hermione. Sherlock annuì.
"Non capisco una cosa" - intervenne Ron - " in realtà non capisco più niente! - ma, perchè hai fatto in modo che lo rapissero?"
"Quando i Mangiamorte l'hanno visto insieme a noi, nella galleria, si sono resi conto che sarebbe stato rischioso lasciare il codice addosso a lui: avremmo potuto trovarlo. Così si sono messi all'opera per cercare di recuperarlo - per questo hanno cercato di attaccare Hermione e Harry, ieri sera.
Era fondamentale che i Mangiamorte credessero di poter eliminare il codice prima che noi lo leggessimo, per non rischiare che cambiassero strategia complicando così le cose; per questo oggi Draco è stato rapito. Non lo uccideranno, ma gli toglieranno il tatuaggio e ce lo rispediranno indietro."
"Ma noi non sappiamo qual è il Codice!" - gli fece notare Ron, agitandosi.
"No Ron, noi lo sappiamo" - lo corresse Sherlock.
 
"Sherlock! Ti decidi a scendere o no? La zuppa è pronta!"
Era la terza volta che lo chiamavano. Perchè non lo lasciavano in pace? Non aveva tempo di mangiare: mangiare sarebbe stato inutile e controproducente in quel momento. Doveva pensare a un modo per leggere quel dannato Codice. Era certo che fosse lì, sulla schiena di Draco, ma doveva vederlo e memorizzarlo, altrimenti il suo piano non avrebbe avuto senso.
"Sherlock!"
"Non ho fame! Sto riflettendo!" - maledizione, quanto erano insistenti.
Si era alzato dal divano, cercando di ignorare il dolore sotto le costole, e aveva iniziato a fare avanti e indietro per la stanza, con le mani unite sulle labbra. 
Avanti Sherlock, pensa, pensa! Continuava a ripetersi.
E poi, il lampo di genio. La zuppa! Ma certo!
Uscì dalla sala e, senza farsi sentire, raggiunse il bagno, iniziando a frugare in tutti gli armadietti. Andiamo, devi averne un po' da qualche parte! È palese che tu ne faccia uso! Finalmente, capitò tra le sue mani quello che stava cercando: una confezione di sonnifero in compresse.
Sentì qualcuno salire le scale e si precipitò di nuovo in sala.
"Sherlock? Sei diventato sordo?" - esordì Harry, comparendo sulla soglia.
"Ho gridato, ma non mi avete sentito, a quanto pare. Non ho fame."
Harry sospirò - "Almeno scendi a farci compagnia!" - propose.
"D'accordo" - senza aggiungere altro, lo anticipò sulle scale, ignorando la sua espressione stupita, e scese in cucina.
Tutti erano già seduti a tavola, mentre un essere molto simile a un chiwawa un po' troppo cresciuto - e verde - stava servendo la zuppa. Cosa accidenti dovrebbe essere quello?
"Avrei gradito che mi avvertiste dell'esistenza di creature simili" - commentò, prendendo posto accanto a Draco.
"È un elfo domestico, Sherlock, è innocuo!" - sorrise Hermione.
Sherlock, comunque, non potè fare a meno di lanciare numerose occhiate a quella cosa che ora stava per versare la zuppa nel piatto di fronte a lui - "Io non mangio".
L'elfo lo guardò come se fosse stato insultato - "Kreacher insiste! Il signor babbano deve mangiare, è troppo magro!"
Oh, perfetto, parla pure in terza persona - pensò.
Dopo altri due tentativi di dissuasione, l'elfo l'aveva finalmente lasciato in pace ed era passato a riempire la ciotola di Draco. Ci siamo.
Attese che l'elfo lo superasse e poi approfittò della distrazione di Ron e Hermione per iniziare la sua parte.
"Draco, credo che l'elfo ti abbia macchiato la camicia"
"Che cosa? Accidenti, stupido elfo! Dove?" - disse Draco, muovendosi come un contorsionista alla ricerca della macchia.
"Credo sul gomito dell'altra manica" - disse Sherlock, per far voltare il biondo - "Sì, proprio lì" - continuò, lasciando cadere una compressa nella sua zuppa.
"No, per fortuna non c'è nulla" - si calmò Draco, prendendo poi a mangiare.
"Devo essermi sbagliato" - rispose Sherlock, con un'alzata di spalle e la soddisfazione stampata sul volto.
 
"Beh, in realtà non c'è da sorprendersi che Harry faccia uso di sonnifero" - commentò Ron - "Ha passato 18 anni della sua vita a fare incubi"
"Come ultima cosa" - riprese Sherlock - "Ho aspettato che si addormentasse e sono andato in camera sua per leggere il codice. Elementare."
"E quale sarebbe questo Codice?"
Sherlock tirò fuori un foglietto dalla tasca dei pantaloni, lo spiegò e lo mostrò ad entrambi.
"Antiche Rune" - sentenziò Hermione.
Sherlock annuì - "Saremo in grado di tradurlo non appena torneremo a Grimmauld Place."
Nel frattempo, erano di nuovo arrivati alla stazione della metro e stavano scendendo le scale.
"Cosa facciamo adesso?" - sospirò Ron, con aria sconsolata, dopo un momento di silenzio - "Voglio dire, Harry si è cacciato in un bel guaio.."
Sherlock storse il naso - "Nah, io credo che entro poco tempo sarà di ritorno insieme a Draco."
Hermione e Ron si scambiarono un'occhiata egualmente preoccupata.
Il viaggio in metro fu silenzioso e molto meno asfissiante dell'andata. Una volta raggiunta la loro fermata, scesero e camminarono fino al numero 12 di Grimmauld Place discutendo del piano B di Sherlock - dopo averlo convinto che tenerli allo scuro dei suoi piani non si fosse rivelata una gran bella idea.
"Sappiamo che i Mangiamorte vogliono infliggere la Maledizione su tutte le loro vittime in un solo colpo, ma io suppongo che l'attacco finale non avverrà immediatamente dopo l'imposizione della Maledizione. Avranno bisogno di istruire i loro nuovi alleati; dovranno farli allontanare dalle loro case, dal loro luogo di lavoro, da qualunche posto si trovino, per riunirli e procedere a scatenare lo scontro. Se agiranno secondo questo mio schema mentale, avremo circa due ore di tempo per fare il nostro lavoro."
"Quale lavoro?" - domandò Ron.
"Se non riusciremo ad impedire che la Maledizione venga imposta, possiamo sempre eliminarla dopo!" - continuò Sherlock, con un sorriso soddisfatto, sperando che afferrassero la sua idea.
"Questo sarebbe il tuo piano B?" - disse Ron, con una sorta di incredulità - "Tu pensi che in due ore, quattro maghi e un babbano riuscirebbero ad eliminare una Maledizione imposta su centinaia di persone? E come?"
"Ron ha ragione" - intervenne Hermione - "Non sappiamo nemmeno di quale Maledizione si tratta, al momento. Oltre all'improbabilità di riuscire ad eliminarla in così poco tempo, sei davvero sicuro che sarebbe così semplice scongiurarla?"
"E se dovessero attarci? Insomma, stiamo parlando di uomini armati e maledetti dai Mangiamorte, miseriaccia!" - continuò Ron, preoccupato e diffidente.
Sherlock non si perse d'animo - "Questa Maledizione" - disse, rivolgendosi a Hermione - "Implica il totale controllo della mente, giusto?" - lei annuì - "Come la Maledizione Imperius, dico bene?"
Hermione corrugò le sopracciglia - "Come fai a -"
"L'ho letto stamattina in uno dei tuoi libri" - tagliò corto lui - "Avete escluso l'Imperius perchè porle fine sarebbe stata una banalità, e perchè sapevate che i Mangiamorte avrebbero puntato su qualcosa di più oscuro e misterioso, non è così? Ma se questa Maledizione è davvero simile alla Maledizione Imperius, significa che il soggetto non agirà finchè non gli sarà impartito un determinato ordine" - Sherlock parlava alla velocità della luce, totalmente preso dalla sua argomentazione - "I Mangiamorte controlleranno centinaia di menti, tutte nello stesso istante. La loro intenzione è di dare ordini uguali per tutti. Una volta che scopriremo la Maledizione e ci materializzeremo a casa di uno dei babbani, credete che troveremo un Mangiamorte ad aspettarcI? No! 
Loro non si preoccupano di noi come dovrebbero: sono dei palloni gonfiati e hanno la certezza che non riusciremo a scoprire di quale Maledizione si tratta, come ora hanno la certezza di essere riusciti a nasconderci il Codice. Inoltre, se dovessero dare ordine ad un babbano di attaccare noi, inevitabilmente si muoverebbero anche le altre centinaia e il loro piano andrebbe a rotoli!".
Quando si fermò - sorprendentemente, con ancora del fiato nei polmoni - gli altri due lo guardavano in silenzio, sbattendo le palpebre - Ron aveva la bocca aperta.
La prima a parlare fu Hermione - "Quindi, se con il Codice non dovesse andare a buon fine, avremmo comunque una seconda possibilità con la Maledizione, una volta che l'avremo scoperta.." - disse annuendo.
"Un lavoro facile, con tutti quei libri da controllare" - commentò sarcasticamente Ron.
"Sì, ma siamo comunque in pochi per poter riuscire a salvare un buon numero di babbani dalla tranche" - osservò poi Hermione, ancora incerta.
Sherlock strinse le labbra in un accenno d'impazienza - "Ah, non serve la magia per stordire qualcuno. Gli uomini di Mycroft serviranno anche a questo. Farò distribuire loro questo elenco, così si troveranno nel luogo giusto al momento giusto."
 
3.
 
Harry stava attraversando la West Hampstead Station come un toro. Proprio non riusciva a credere che Sherlock non avesse mosso un dito per salvare Draco. A che gioco stava giocando?
Il modo in cui si era rivolto a Moriarty e il conseguente tradimento avevano instaurato parecchi dubbi nella mente di Harry. Una piccola parte di lui, si sentiva in colpa per la sfiducia che stava riponendo in Sherlock, ma l'altra, quella collegata agli occhi, non poteva credere a ciò che era successo.
Forse Sherlock si era accordato con Draco - riflettè, mentre si affrettava a scendere le scale verso la stazione abbandonata di Sumatra Road - o forse Draco possedeva, in qualche modo, l'oggetto che interessava tanto ai Mangiamorte. Ma di quale oggetto si parlava? E poi, avrebbe potuto benissimo chiederglielo ed evitare che lo rapissero.
Più Harry pensava, meno riusciva a darsi delle spiegazioni. Decise di mettere ogni dubbio da parte e di concentrarsi su ciò che stava facendo: doveva trovare Draco.
"Lumos!" - sussurrò, mentre scendeva gli ultimi gradini e si avvicinava alla galleria buia.
La sua impresa non si rivelò complicata come previsto: dopo aver percorso alcuni metri nell'oscurità nel tunnel, la luce della bacchetta illuminò qualcosa - o meglio, qualcuno - raggomitolato al centro del pavimento di pietra.
"Draco!" - sussurrò Harry, avvicinandosi più velocemente.
Si chinò a terra e, non appena la luce illuminò meglio il suo corpo, gli mancò un battito.
Gli avevano tolto la giacca e distrutto la camicia. I pochi brandelli bianchi che ne rimanevano, erano sporchi di sangue. Nella parte alta della sua schiena gli era stata inferta una spaventosa ferita, accompagnata da quelle che sembravano bruciature.
Harry cercò di farsi forza e gli prese il polso: era ancora vivo. "Draco?" - lo scosse leggermente, ma non ricevette risposta; allora provò a voltarlo, sorreggendogli la testa.
Un leggero mugolio sfuggì dalle labbra del biondo.
"Draco! Mi senti?" - provò ancora Harry, guarandosi intorno, senza abbassare la guardia. 
Draco aprì appena gli occhi e sembrò metterlo a fuoco. "Picc - Picca..." - borbottò con voce tanto flebile da essere quasi inudibile - "Piccadilly..."
"Piccadilly?" - ripetè Harry, cercando di spronarlo a parlare - "Piccadilly cosa? Draco?"
Il biondo si sfozò ancora - "Sono.... So - Sono andati là..."
Il battito di Harry era sempre più accellerato - "I Mangiamorte? A Piccadilly?" - ripetè, nella stupida speranza che ciò che stava pensando non fosse vero.
"La prova - del nove" - riuscì a dire Draco, prima di perdere i sensi.
Harry smise per un attimo di respirare.
Stavano per attaccare. Stavano per lasciare che quei tre babbani ammazzassero della gente innocente, e lo stavano per fare in quel preciso momento.
Mosso da un insieme di rabbia, paura e adrenalina, Harry sollevò cautamente Draco e si smaterializzò.


_
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3404125