Amens

di DreamingIsLiving
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Ciao a tutti! intanto grazie per l'opportunità che mi date. Inoltre ci tengo a scusarmi in anticipo, so che il tema è difficile ma assicuro che non ho alcuna intenzione di scherzarci sopra, anzi, cercherò di inserire la voce di tutte quelle idee che attraversano un popolo ormai stanco e spaventanto tra questo mare di frottole avventuresche mi troverò a scrivere. Non esitate a commentare perchè è il miglior modo in cui questa storia può prendere forma e plasmarsi verso il  meglio. 





CAPITOLO 1
 
“Signore..”
Silenzio, fatta eccezione per lo scricchiolio di dita nervose ed irrefrenabili che scandivano i battiti di cuori stanchi, come a ricordar loro di non smettere mai di battere.
“Signore..”
Alzare il tono non servì ancora, ai rumori precedenti si aggiunsero fogli di giornale che quelli mani nervose stavano stringendo ossessivamente.
“Dannazione!” urlò la  seconda persona nella vettura.
“Signore volevo solo dirle che siamo arrivati” l’autista sbiancò, non ancora immune agli sbalzi d’umore del suo superiore.
“Dove?” scattò nuovamente.
Si guardò attorno, non ricordando neppure come fosse arrivato in quella maledetta auto.
“Siamo al Sant’Andrea, signore” repplicò paziente l’autista.
Gli occhi dell’individuo adagiato sul sedile posteriore si calmarono. La rabbia scemò, lasciano spazio ad un profondo sconforto.
“Come siamo arrivati a questo punto?” chiese a se stesso portandosi una mano sulla fronte.
Dopo pochi secondi riacquistò il pieno controllo di sè. Quella sarebbe stata la sua ultima incertezza, avrebbe fatto ciò che andava fatto.
Aprì la portiera ed uscì.
Il giornale che teneva tra le gambe cadde al suolo, nel terreno fangoso di quel parcheggio nascosto che gli consentiva un’entrata sicura ed inosservata.
La carta cominciò presto a piegarsi e perdere consistenza a causa del terreno bagnato.
Solo la prima pagina lasciava ancora intravedere il suo titolo.

“Ennesimo attentato a Parigi, 34 Morti. L’Amens promette: Roma si tingerà di rosso”
 
 
 
Un vagito irruppè, contrastando quelle che prima erano state le supplicant grida di una donna.
Dopo tanta agonia e dolore, gli occhi stanchi di lei si posarono sui presenti della sala, uomini e donne vestiti in bianco. La stanchezza le impedì di capire se si trattasse di medici o angeli.
Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Giorni?
Non lo sapeva ma la consapevolezza che tutto quel dolore fosse cessato la riempiva.
Eppure si ritrovò a chiedersi se veramente avesse sofferto. Dopo aver udito quello strillo stridulo si era dimenticata di ogni cosa ed un mare di farfalle le aveva riempito lo stomaco.
Lacrime le avevano attraversato le gote e gioia pura aveva iniziato a scorrerle nelle vene al pianto di suo...
Il cuore mancò un battito nella consapevolezza che qualcosa non stesse andando come si aspettava.
Dov’erano le strilla? Dov’erano I pianti e le lacrime?
Iniziò ad agitarsi, un nuovo dolore le conquistò il basso ventre.
Uno degli uomini in bianco le innietò qualcosa e le sorrise con conforto. Ancora una volta lei si trovò a chiedersi se non si trattasse di un angelo, data la calm ache subito si impossessò di lei.
Quella domanda le morì in gola, un gruppo di uomini le si avvicinò sconsolato, lo sguardo fisso ad un punto alle sue spalle.
Tamburi iniziarono a suonarle nelle orecchie, soffocando l’aria che la circondava, bruciando tutto l’ossigeno che la stanza aveva a disposizione.
Nella folla l’esile figura di una donna emersa, le braccia stretta a qualcosa che I suoi occhi colmi di lacrime le impedivano di mettere a fuoco.
Quella fece alcuni passi Avanti ed allora la paziente capì.
Un urlo squarciò l’aria, attraversando I muri delle stanze dell’ospedale spinto dal carburante del dolore più puro e primordiale.
Per la prima volta la donna aveva scorto il rosso nelle immaculate divise bianche dei medici. No, non erano angeli.
Erano diavoli.
 
 
“Signore non avrebbe dovuto assistere” un dottore gli si era accostato appena lo aveva scorto. L’uomo lo scrutò, chiedendosi quanti anni avesse. Eppure la domanda che veramente gli insidiava il cuore era come avesse fatto il suo team a trovare qualcuno disposto a seguire quella folle idea, una missione dal futuro incerto.
“Risponde ai criteri?” chiese ignorando il commento precedente.
“Perfettamente” una scintilla gli attraversò gli occhi “Ha un notevole.. potenziale”.
“Come procederete?”
L’altro si sistemò gli occhiali, osservandosi attorno, cercando orecchie indiscrete.
“L’innezione ha portato il suo corpo ad uno stato di momentanea ipotermia, durerà quattordici ore” sospirò “I genitori avranno il tempo di piangere sul suo corpo, crederanno che tutti gli studi che gli somministreremo saranno dovuti ad accertamenti sulla morte ma in realtà lo staremo solo preparando per la fase successiva, inviato microimpulsi al suo cervello”.
“Potrebbero accusarvi di mala sanità, farvi causa..”
“No, abbiamo seguito il protocollo. Come con ogni feto che risponde alle credenziali per primordiale quoziente intellettivo e prospettive di crescita fisica, quindi per ogni essere utile al nostro scopo, abbiamo dichiarato la gestazione a rischio sin dal quarto mese. Sapevano I rischi” Il sorriso che domino le labra del medico creò un brivido lungo la schiena del suo interlocutore, consapevole che se avesse potuto quell’individuo sarebbe stato disposto a dissezionarlo lì sul posto in nome del suo dio, la scienza.
L’altro annuì, scrutando I suoi occhi con una tale intesità che l’uomo dovette abbassare lo sguardo prima di borbottare un “è rischioso che voi siate qui”.
“Ho iniziato questo programma e dovevo esserci nel momento in cui avesse mietuto le prime vittime” l’immagine della donna urlante, in preda ad un furore innaturale lo invasero “era giusto così ma mi aspetto da voi la massima segretezza”.
“la fase due inizierà a breve, appena raggiungeremo le cento unità, saranno collegati ad un computer, in un anno vivranno una vita mortale, apprenderanno, soffriranno e moriranno, per poi rinascere, pronti ad essere plasmati, un esercito..”
“.. di angeli che ci salverà” concluse per lui.
Il dottore drizzò la schiena, si schiarì la voce e rispose ad una domanda che sapeva presto sarebbe seguita “sappiamo di averne bisogno già adesso, ecco perchè abbiamo…” pensò alla parola più adeguata “… prelevato I giovani con le potenzialità più adatte e abbiamo applicato una logica simile, così da avere un primo gruppo subito e non tra vent’anni, non saranno perfetti ma il più valido corpo armato in circolazione”.
“bene e nel frattempo io svolgerò il mio compito..” dichiarò con voce perentoria l’uomo.
“se posso permettermi quale sarebbe signore?”
Questa volta fu il suo sorriso astuto ed ambizioso a provocare un brivido lungo la schiena del medico “farmi rieleggere, ancora ed ancora, tra malcontenti e malumori, fino a quando il popolo non capirà quanto ho fatto per lui, creando questo esercito di super uomini, pronti ad allontare qualsiasi minaccia da noi, pronti a distruggere qualsiasi mio nemico e quindi qualsiasi nemico dello stato”. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


"Non riesco a capire perchè lo stiamo facendo".
L'aria gelida le graffiava il volto e l'odore rendeva il suo fiato pesante. Sebbene si trattasse solo di una domanda senza interlocutore si rimproverò per averla espressa a voce così alta. 
"Perchè sono gli ordini, perchè è quello che facciamo" la risposta era meccanica, ovvia. 
"Non ha senso la nostra presenza".
Scrutò l'orizzonte e poi il gruppo di giovani adulti, poco più che ragazzi, appoggiati sugli scogli. Ognuno di loro difficilmente distinguibile dalle tenebre della notte, avvolti com'erano nelle divise in pelle nera. 
"Basterebbe lasciarli affondare tutti" le prime luci di un gommone tagliarono la linea dello sguardo, troppo lontane e finche perchè un semplice umano potesse notarle. 
I suoi compagni si alzarono quando lei fece schioccare le dita e tesero i muscoli scrutando a loro volta il punto che indicava. 
"La prossima birra tocca a me" scherzò il ragazzo al suo fianco "dovremmo essere stati allenati allo stesso modo eppure sei ancora una volta un passo avanti" continuò mentre si allacciava i guanti ai polsi ed un sorriso gelido gli attraversava il polso. 
"Non bevo, lo sai" quella sera non aveva voglia di scherzare. Era stanza e la salsedine cominciava ad irritarla. Una volta avrebbe potuto guardare il mare per ore, adesso la visione la irritava. Le onde che si infrangevano sugli scoglie, quella forza indomabile, erano come un sussurro nella propria testa, un invito a ricordare una vita mai vissuto, un sogno che cercava di emergere tra le ombre dell'oblio. 
"Certo" la schernì "la guardiana perfetta non sgarra neppure nel suo unico giorno libero" 
"Non ricordo neppure il mio ultimo giorno libero" 
"Forse dovresti prendertene uno".
"Forse, per farlo, dovrei smetterla di sostituirti per garantire che il duo sia doppio" gli suggerì. Il gelo del tono supplì il poco effetto della minaccia di quella effimera promessa ed il ragazzo tacque per un istante, almeno fino a quando non fu anch'egli in grado di vedere le ombre di barconi che scolpivano il mare. 
"Anche se domande come quelle potrebbero toglierti dalla bacheca di miglior alunna del mese e fiondarti nell'angolo dell'insubordinazione" la stuzzicò.
"Dovremmo semplicemente lasciarli morire tutti" lo ignorò lei, proseguendo il filo dei suoi pensieri.
Il giovane tremò, certo che non fosse il freddo ma la verità che percorreva quella sentenza. 
"Di gente che muore di fame ne abbiamo abbastanza, di criminali di cui occuparci ne abbiamo piene le tasche, di terroristi.." 
"Ora basta!" Si morse subito la lingua per aver alzato il tono così tanto da far girare verso di loro il resto del gruppo. 
Bastarono però pochi gesti della persona al suo fianco per farli tornare ai loro posti e spedire i primi dove avevano accordato, seguendo il piano. 
"Dovrei darti una prova davanti a tutti su a chi sia lecito usare quel tono e soprattutto rivolto a chi" le disse annoiata, nella più totale indifferenza. 
Le osservò il volto per la prima volta da quando erano arrivati e non lesse nulla in quegli occhi, compagni di mille allenamenti. Non c'era rabbia, non c'era odio. Nessun sentimento li attraversava e questo lo spaventò ancora di più. 
"Tutti meritano una possibilità" rispose nascondendo la paura, cercando di riuscire a superare con il suo sussurrò il rumore proveniente dalle prime imbarcazioni di pattuglia navale che stavano attraversando il porto. 
Maledisse la speranza che gli aveva riempito il petto alla vista del sorriso di lei, rendendosi conto che non derivava dalla sua affermazione, quanto bensì dal segnale che quelle due navi mandavano loro: i primi infiltrati avevano compiuto quanto richiesto. 
"Tutti meritano di vivere al sicuro nelle proprie case al sicuro da mostri che utilizzano i bambini solo per impietosire uomini senza spina dorsale, portandoli ad un perbenismo distruttore" rispose a lui dopo un breve silenzio "Siamo stati creati per proteggere questo paese mentre i Superiori stanno terminando il loro sviluppo, io cerco solo le vie più brevi e sicure per farlo, dovresti farlo anche tu, Kylian".
La giovane fece altri due gesti veloci con la mano ed altri tre compagni abbandonarono gli scogli. 
"Per proteggere innocenti non dobbiamo uccidere innocenti ma eseguire gli ordini" le rispose lui. 
Lei scrollò le spalle e lo guardò senza prestargli veramente attenzione "ecco perchè sei qui ad eseguire i miei ordini". 
Lo congedò insieme ad altri ordinandogli di prendere il suo posto. 
"Cosa ti hanno fatta diventare?" chiese lui ma la sua domanda si infranse tra il soffio del vento e l'infrangersi delle onde. 
Lei lo guardò allontanarsi e sorrise mentre sull'orologio compariva il primo numero: 57. 
"bene" urlò rivolta agli ultimi rimasti "Già cinquantasette prede sono state rintracciate ed ora non rappresentano più un pericolo. Ora tocca a noi, se hanno superato gli infiltrati del soccorso navale, quelli della croce rossa e dell'accoglienza devono essere rimasti solo i meglio addestrati, i più difficili da trovare. Ascoltate quello che gli altri non possono sentire, guardate quello che non possono vedere. Palpitazioni, sudore, tutto quello che può crearvi il minimo dubbio deve essere come una scintilla per voi. I migliori agenti sono quelli che sembrano più normali. Ogni costruzione ha però il suo punto debole. Ricordatevi che ne voglio almeno due vivi per interrogarli". 
Alzarono il braccio sinistro al cielo in segno di rispetto e saluto e partirono.

L'agente si muoveva tra quei corpi spaventati senza la minima pietà, scrutando le facce di ogni individuo. L'allenamento alla quale l'avevano sottoposto le rendeva facile sentire il battito del cuore di ognuno di loro. Concentrandosi guidò il suo corpo verso un battito troppo calmo per quella circostanza. 
Quando lo vide ne ebbe la prova, non un rivolo di sudore attraversava la pelle del sospetto. Il suo respiro era normale e contenuto, la pelle tesa sotto muscoli troppo massicci, il ventre per nulla gonfio segno che non aveva mai sofferto minimamente la fame. Si avvicinò come un ombra, veloce e furtiva nonostante i corpi stesi al suolo. 
Non ebbe neppure il tempo di leggere il terrone negli occhi della sua vittima dopo che, con due colpi precisi delle dita inguantate, gli aveva bloccato il respiro. 
Una volta che il corpo esanime cadde al suolo si concesse alcuni istanti per esaminarlo. 
dieci anni al massimo, valutò. 
Alzò lo sguardo e vide Kylian che in lontananza la osservava con un'espressione vuota, la mascella tesa nello sforzo di nascondere la delusione. 
Avrebbe dovuto parlare con la sua squadra, si disse, tornando a concentrarsi nella missione. 
Se bastava l'età di un assassino a farsi prendere dalla pietà avevano bisogno di sedute extra di allenamento punitivo. 
Abbandonò lo sguardo indagatore del ragazzo lasciandoselo alle sue spalle insieme a quell'ammasso di esseri maleodoranti, andando ad attendere la sua squadra alle vetture mentre nell'orologio compariva il secondo responso: 113. 

"Vice comandante Grey" la voce proveniva da un'immagine digitale innanzi a lui, il volto lasciato volutamente in penombra così da non poter essere riconosciuto "Spero lei sappia cosa mi sta chiedendo".
"Si, signore!" esclamò, le gambe rigide e le braccia incrociate dietro la schiena come voleva il protocollo. 
"Il comandante è il nostro miglior agente sul campo, forse il migliore dell'intero reparto e lei vuole che venga estromesso" nonostante la scarsa qualità del suo e la voce alterata dal computer riusciva a percepire l'astio "e questo appena dopo che una missione brillantemente condotta ci ha portato ad intercettare diverse centinaia di possibili terroristi". 
..possibili.
"Signore, con tutto il permesso.."
"Non sarebbe qui se fosse interessato al permesso.." gli fece notare.
"Signore siamo stati formati per essere l'elitè, se continua così, senza sosta, perderemo il nostro pezzo più importante. Non voglio venga estromessa ma che abbia una pausa". 
"Spero sia consapevole che dovrà coprire la sua mancanza".
"Lo sono" 
L'immagine digitale sfogliò delle riviste innanzi a lui e proseguì "l'ho studiata sa? So i trascorsi tra lei ed il comandante, non vorrei che offuscassero il suo giudizio".
"signore, ci è stato insegnato che i sentimenti sono superflui". 
Il sorriso era leggibile dal tono che accompagnò la seguente risposta "Allora mi fido del suo giudizio. Una settimana, non di più".
"grazie signore" sussurrò rilassando appena le spalle. 
"Grey" lo fermò mentre si stava allontanando "Ho speso molto per creare angeli, divinità che camminano in mezzo agli uomini, ho scommesso tutto, non vorrei dovermene pentire.."
"No.."
".. e sopprimere questa scommessa". 
L'immagine si interruppe prima di permettergli alcuna risposta ed il giovane rimase solo nella stanza. 
Una volta stretta la maniglia e richiusa la porta alle sue spalle permise alla maschera di indifferenza e freddezza di abbandonargli il volto. 
"perdonami, Ginevra" sussurrò "siamo stati creati per essere soldati perfetti, non mostri da tenere al guinzaglio". 

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