numeri

di paige_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


                                                          CAPITOLO 1
 
 
-Erano le tre del pomeriggio di un giovedì quando mi ha scritto per la prima volta…
 
“Ciao, sono Jake, il ragazzo dell’altra sera… Beh, mi hai detto di chiamarti se mi andava quindi… che ne dici di un sushi stasera?”
 
-Ricordo che quel pomeriggio stavo studiando per l’esame di storia. Inizialmente avevo pensato di lasciar stare e non rispondere, tanto avevo da studiare.
Non so perché decisi di rispondere. So solo che se non lo avessi fatto oggi non sarei stata qui.
 
“Mi dispiace, penso tu abbia sbagliato numero…”
“Non sei Sophie?”
“Nope.”
“Ah… scusami per il disturbo.”
“Figurati!”
 
-A quel punto credevo finisse lì. Aveva capito che non ero la persona che stava cercando e si era scusato per il disturbo.
Ma 10 minuti dopo circa mi arrivò un altro messaggio.
 
“Eppure il numero è questo. E’ impossibile abbia sbagliato, è stata lei stessa a scriverlo sul mio telefono.”
“Io non so proprio cosa dirti…”
“Magari mi ha dato il tuo numero perché lei non ha un cellulare.”
“Potrebbe essere certo…”
“Fantastico! Allora le darai il mio messaggio?”
“C’è solo un problema.”
“E quale?”
“Io non conosco nessuno che si chiama Sophie.”
“Ma come è possibile?”
“In effetti c’era una ragazzina che faceva nuoto con me quando avevo 7 anni… e anche il cane di mia cugina si chiamava Sophie. Ma siccome non vedo la prima da oltre dieci anni e la seconda è venuta a mancare l’anno scorso (riposa in pace piccola Soph), non credo proprio di poterti aiutare.”
“Eppure il numero è questo…”
“Mi dispiace amico, credo ti abbia dato un numero sbagliato…”
 
-Quella strana conversazione finì lì e io tornai a studiare per il mio esame e andai a dormire. Ma il ‘’toc toc toc’’ che ho come suoneria dei messaggi mi svegliò quella stessa notte, verso le due. Era di nuovo lui.
 
“Secondo te perché lo ha fatto?”
“Perché ti ha dato un numero sbagliato?”
“Sì”
“Non lo so, ma magari non è così, magari ha solo digitato male e ora ti sta pensando mentre guarda la luna dalla finestra.”
“Dici?”
“No, scusa.”
“Ah, mi incoraggi molto.”
“Sono solo realista.”
“Sei pessimista, non realista.”
 
-Quella sua affermazione mi irritò non  poco. Era uno sconosciuto, erano le due di notte, mi aveva svegliato e mi dava della pessimista.
Non gli risposi e mi rimisi a dormire.
La mattina dopo stavo facendo colazione con caffelatte e biscotti, come ogni mattina, quando sento di nuovo “toc toc toc”. E indovinate un po’? Era ancora lui.
 
“Ei scusami, non volevo offenderti ieri sera.”
“Prima di tutto non era sera, erano le due di notte, e seconda cosa non mi sono offesa.”
“Come non detto allora.                                                                                                                                                    Comunque piacere, Jake.”
“Questo lo hai già detto a Sophie.”
“Giusto, e tu invece sei?”
“Perché vuoi sapere come mi chiamo?”
“Wow, è proprio difficile parlare con te…”
“Hai ragione, mi dispiace.                                                                                                                                                  Sono Elizabeth.”
“Piacere Lizzie.”
“Non voglio continuare a fare l’antipatica, ma per favore non chiamarmi Lizzie.”
“Ho incontrato spesso persone a cui dava fastidio essere chiamate con il proprio nome per intero, sei la prima a cui dà fastidio essere chiamate con un soprannome.”
“So che è strano, ma Lizzie mi fa sentire una bambina. Tutti mi chiamavano così quando ero piccola.”
“E adesso quanti anni hai?”
“23.                                                                                                                                                                                  E tu?”
“26.”
-Non sapevo perché, ma mi piaceva parlare con quel ragazzo. Era gentile, era simpatico. E poi in quel periodo ero stressata ,ero ansiosa per l’esame e mi sentivo sola. La mia coinquilina era partita per una decina di giorni, non avevo lezioni perché c’era la prima sessione d’esami e non avevo la minima voglia di tornare a casa. Prima di tutto perché ero piena di cose da studiare e mi concentravo meglio da sola e poi perché ero andata a casa due settimane per le vacane di Natale e ne ero uscita pazza, fra mia madre che criticava la mia scelta dell’università e i miei fratelli che urlavano in continuazione. Mi chiedeva che cosa facevo, mi raccontava storie sulla sua vita e sulle cose che facevano i suoi amici. Li definiva la sua famiglia. Un giorno gli ho chiesto perché lo facesse, dopo tre giorni dal primo messaggio.
 
“Non c’è un motivo, sono grandi e li adoro.”
 
-So che sembra strano, sembrava strano anche a me allora, ma sentivo che non mi stava dicendo la verità. E’ vero, erano solo tre giorni che lo conoscevo e in realtà non lo conoscevo nemmeno. Ancora oggi non so spiegarmelo bene.

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


                                                                    CAPITOLO 2
 
-Tre giorni dopo ancora tornò Abby, la mia coinquilina nonché migliore amica dalla terza elementare. Tutti hanno una persona da chiamare in caso di necessità, una persona a cui diresti tutto e a cui non hai bisogno di dire niente. Abby è quella persona e molto altro per me.
Era stata dieci giorni a Praga con il suo fidanzato, Danny. Lui ed Abby stavano insieme dal quarto anno delle superiori.
 
-Mi sei mancata Liz!
 
-Mi saltò al collo appena entrata in casa, ancora sulla porta.
 
-Anche tu Abby, un sacco! Ma adesso pensiamo alle cose importanti…                                                                               Cosa mi hai portato da Praga?
 
-Abby ed io ridemmo e ci mettemmo sul letto a chiacchierare. Mi raccontò della sua vacanza, di quanto era innamorata di Danny (argomento ricorrente nelle mie conversazioni con Abby dalla quarta superiore) e mi diede il mio regalo.                                                                                              Mentre parlavamo Jake continuava a mandarmi dei messaggi.
 
“Ei, come va oggi?                                            Ci sei? Lizzie!                                                                                         Va bene lo so non devo chiamarti Lizzie.                                                                                                Elizabeth ci seei?                                                                                                  Ho voglia di parlare con te.”
 
-Lo schermo s’illuminava ogni due minuti accompagnato dal solito “toc toc toc”. Non volevo rispondergli solo perché stavo parlando con Abby e non mi credevo fosse carino, ma lui sembrava non capirlo. Mi faceva quasi tenerezza. E mi faceva ridere.
Abby notò il mio sorriso dopo l’ultimo messaggio.
 
-Puoi rispondere Liz, non mi offendo lo sai.
-Lo so Abs ma non è niente di importante.
-A me non sembra. Chi ti sta scrivendo?
-Nessuno.
-Andiamo!
-Nessuno è solo un amico!
-Chi, Billy?
 
-Billy è l’altro mio migliore amico. Mio e di Abby, dalla prima media.
 
-No Abby, non è Billy.
-E chi è allora?
-Non lo conosci.
-Come è possibile che io non lo conosca? Conosco tutti i tuoi amici!
-Beh questo no, ok? Smettila di chiedermelo, è irritante.
-Scusa tanto, non volevo darti noia.
 
-Mi era dispiaciuto rispondere in quel modo ad Abby, ma non avevo nessuna voglia di parlarle di Jake. Volevo che restasse una cosa mia, mia e basta. Fin da quando eravamo piccole Abby era sempre stata quella solare, quella simpatica a tutti. Io ero sempre stata ‘l’amica di Abby’.
 
“Jake!”
“Ah ma allora ci sei!”
“Sì, scusami, avevo da fare.”
“Non fa niente! Allora, oggi come va?”
“Tutto a posto, credo.                                                                                                                                             E’ appena tornata la mia migliore amica da un viaggio a Praga.”
“Forte! Se devi andare allora ci possiamo sentire un’altra volta!”
“No. No, posso parlare.”
 
-Parlare con quel ragazzo mi rendeva felice come non ero da tempo. Voglio dire, non che fossi depressa o cose del genere, è solo che ero stressata per gli esami ed ero stanchissima. E poi nella mia vita avevo sempre fatto le cose come andavano fatte, ogni giorno era a stessa routine ma tutto sommato mi piaceva. Mi andava bene la routine se Abby e Billy ne facevano parte. Jake però era una cosa nuova. Era una persona diversa da quelle che conoscevo e, non so, mi faceva sentire speciale.
La sera uscii con Abby per prendere una pizza.
 
-Allora, vuoi dirmi che ti era preso oggi?
-Niente, ero solo un po’ stanca. Scusami se ti ho risposto male.
-Non preoccuparti Liz.
-Vuoi ancora sapere con chi stavo parlando?
-No.
-Come no?
-No, non vuoi dirmelo. Quando vorrai parlarmene sarò pronta ad ascoltarti.
-Grazie Abby.
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


                                                           CAPITOLO 3 
 
“Film preferito?”
“Big Fish, il tuo?”
“Donnie Darko.”
“L’ho visto qualche anno fa con Billy, è bellissimo!”
“Sì, vero? Io non ho mai visto Big Fish…”
“Devi assolutamente guardarlo! Ma ti avverto che non ci capirai molto la prima volta.”
 
-Stavo per scrivergli “vorrà dire che lo guarderemo insieme” ma quando stavo per inviare mi era sembrato non avesse senso. Ci saremmo mai incontrati? Che cosa stavamo facendo?
 
“Ora tocca a me. Genere musicale/ cantante/ band preferiti?”
“Rock, David Bowie, Rolling Stones. I tuoi? (Sappi che questa risposta ha molto peso sull’opinione che ho di te!”
“Mhh così mi metti un po’ ansia. Ma tranquillo, penso che questa cosa ce l’abbiamo in comune. Adoro quelli che hai detto te ma comunque, nello specifico rock, Bob Dylan, Alter Bridge.”
“La mia stima nei tuoi confronti non è diminuita.”
“Perfetto!”
“Ora tocca di nuovo a me Liz!”
“Ho quasi paura, spara!”
“Chi è Billy, il tuo fidanzato?”
“Perché questa domanda?”
“Così, per sapere.”
“Che c’è sei geloso? Ahahah”
“Ma figurati! Era solo per sapere, non importa.”
“E’ il mio migliore amico, praticamente un fratello.”
-Erano passate due settimane. Spesso ci chiedevamo cose banali, a volte cose personali. Parlavamo di ogni genere di cosa ed entrambi ci fidavamo. Avevamo persino scoperto di vivere nella stessa città. Ma ancora nessuno dei due aveva pensato, o non avevamo voluto forse, a chiedere la cosa più importante.
Pochi giorni dopo decisi di farlo io.
 
 
“Jake.”
“Ei Lizzie!”
“Che fai?”
“Sono fuori con i miei amici, tu?”
“Niente di che. Quando torni a casa puoi mandarmi un messaggio?”
“Certo, tutto bene?”
“Sì tutto apposto, ma ho bisogno di parlarti.”
 
-Mi mandò un messaggio dopo nemmeno un’ora. Mi disse “ci sono Liz, dimmi tutto”. Avevo il cuore in gola e le mani sudate. Avevo paura di rovinare tutto ma sapevo che dovevo farlo.
 
“Sei già tornato a casa?”
“Sì, dovevi parlarmi, sono tornato a casa.”
 
-Quando mi disse quelle cose il mio cuore si mise a battere fortissimo e sentivo sempre di più di volerlo incontrare. Ma non sapevo da dove iniziare.
 
“Sono più di due settimane che parliamo ormai vero?”
“Vero! Due settimane bellissime.”
“Giusto. E abbiamo scoperto di vivere nella stessa città, no?”
“Liz…”
“Non pensi che sia strano sentirci tutti i giorni per quasi tutto il giorno, parlare di ogni cosa come se ci conoscessimo da anni e, insomma, non incontrarci?”
“Lizzie io…”
“Voglio dire, probabilmente stamattina ti ho visto al mercato, eri il ragazzo accanto a me sul pullman e io non sapevo che eri te!”
“Non ero al mercato né ho preso il pullman stamattina.”
“Andiamo Jake hai capito che voglio dire.”
“Sì ho capito.”
“Tutto qui? Io sto tutto il giorno a pensare a come parlarti di questa cosa e tutto quello che mi dici tu è che non eri al mercato?”
“E nemmeno sul pullman.”
“Vaffanculo Jake, ciao.”
“No aspetta Liz, scusami. E’ che io non penso sia una cosa importante.”
“Ah…”
“Nono hai frainteso, non penso non sia importante la nostra amicizia.”
“E allora cosa?”
“Incontrarci, non penso sia una cosa fondamentale. Quello che abbiamo per me è bellissimo. Riesco a parlare con te di qualsiasi cosa, molto più che con altre persone. Non voglio rovinare tutto.”
“Come potrebbe rovinare tutto incontrarci?”
“Potrebbe benissimo. Potrebbe non piacerti come sono o come mi vesto. Potrebbero non piacerti i miei amici e quindi uscire insieme sarebbe sempre difficile. E tante altre cose.”
“A me non importa niente di come ti vesti. E sono sicura che i tuoi amici siano fantastici.”
“Ti prego Lizzie, non chiedermelo.”
 
 
-Non riuscivo a capire perché Jake dicesse quelle cose. Mi sembrava tutto così finto, così stupido. Andai in camera di Abby e non riuscii a trattenere le lacrime.
 
-Tesoro che è successo?
-Si chiama Jake.
-Chi si chiama Jake, Lizzie?
-Quel ragazzo, quello con cui parlavo.
 
-Le raccontai tutto, dall’inizio alla fine. Le raccontai di Sophie, delle mille domande, dei messaggi la notte. Lei decise che quello di cui avevo bisogno era rum, solo e semplicemente rum e volle portarmi fuori. Tornammo a casa alle due di notte e, una cosa tira l’altra, uno shot tira l’altro, eravamo tornate entrambe ubriache. Non avrei voluto farlo, ma il rum decise per me e mandai un messaggio a Jake.
 
“Jakeeeeeee!
Jakeeeeee sta a me svegliartii ahahahah te lo ricordi? La prima sera?
Jake rispondimi!”

“Liz ma che? Va tutto bene?”
“Tutto bene, tutto bene! Benissimo!”
“Sei ubriaca?”
“IO? Ubriaca??”
“Sì, Liz, te ubriaca.”
“Forseee ma che importa!”
“A me importa, vai a letto.”
“Che noiosooooo!”
“Non le sopporto le persone ubriache ma non voglio risponderti male. Vai a letto Liz.”
“E io non sopporto te! Chi sei per farmi la predica? Nemmeno mi conosci!”
“Non ti rispondo più. Ci sentiamo domani, quando avrai smaltito tutto.”
“Ci sentiamo domani ci sentiamo domani. Tanto è questo che facciamo noi no? Ci sentiamo e basta.”
“Buonanotte Elizabeth.”
 
-Lo avevo odiato per come mi aveva risposto, per come mi aveva giudicato. E soprattutto lo avevo odiato per non avermi risposto all’ultimo messaggio. Forse era solo perché era arrabbiata, ma ero più che decisa a non scrivergli mai più. Però  non mi diede la possibilità di farlo.
 
“Lizzie, come stai?”
“Che te ne importa?”
“Scusa, ti ho forse fatto qualcosa?”
“Stai scherzando?”
“Non sono io quello che ti ha scritto alle due di notte, non sono io che ho fatto lo stupido adolescente ubriaco.”
“Senti, mi dispiace di aver disturbato le tue preziose ore di sonno, ma non ti permettere di darmi della stupida adolescente.”
“Ah no, già. Tu odi sentirti una bambina. Tu sei grande, sei un’adulta. E allora dimmi, da adulta ubriaca, quanti altri adulti ubriachi ti sei scopata ieri sera?”
“Vaffanculo.”
“Liz andiamo, non volevo dire niente.”
“No, Jake, no. Smettila. Smettila di fare così, smettila di scrivermi.”
“Stai di nuovo facendo la bambina.”
“E tu lo stronzo moralista. Ti ricordo che la prima volta che mi hai scritto cercavi Sophie. Te la ricordi sì Sophie? Un’adulta che ti sei scopato la sera prima.”
“Io almeno non ero ubriaco.”
“Oddio smettila! Non mi sono scopata nessuno se davvero questo è il problema. Ma poi sul serio, cosa te ne importa?”
“Mi importa perché mi importa di te idiota!”
“Ti importa di me? Tu nemmeno mi conosci Jake. A te non importa di me, ti importa di avere qualcuno con cui parlare quando non sai cosa fare.”
“Se fosse per quello non pensi che andrei a parlare con i miei amici?”
“E allora và da loro, perché questa storia mi ha veramente stancata.”
“Bene!”
“Benissimo!”

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