Rubino

di AliceMiao
(/viewuser.php?uid=821115)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


~~Il rumore dei tacchi rimbombava per tutto il corridoio, mentre andavo nella sala principale. Dovevo parlare urgentemente con mio marito. Questione di vita o di morte? In quel caso sì.
"Devo parlarti. Subito". Lui alzò lo sguardo verso di me. Sorridendo fece uscire tutti i vampiri dalla stanza, rimanendo solo con me.
"Di cosa devi parlarmi mia cara?". Mi avvicinai a lui e allungai la mano, che lui afferrò subito.
Pensai a quello che era successo nel pomeriggio. Mentre stavo leggendo tranquilla nella mia stanza una guardia mi aveva chiamato dicendo che mio fratello aveva bisogno di me. Subito lo avevo raggiunto e lo avevo visto in piedi, immobile, davanti ad un umano morto, probabilmente la persona dalla quale si era nutrito.
"Che succede?".
Lui mi guardò e nei suoi occhi lessi disperazione, ma anche paura. Mi porse un foglio, che capii dopo essere una carta d'identità. L'occhio mi cadde sul paese di residenza: Volterra.
No. No. Non era vero.
"Lo hai ucciso?". Lui annuì e il tempo si fermò. Sapevo bene cosa gli sarebbe successo una volta che i Signori lo avrebbero saputo: lo avrebbero condannato a morte.
"Vedrò cosa posso fare. Ne parlerò con Aro, ci sono delle possibilità che mi dia ascolto". Non ero certa al 100% che lo avrebbe perdonato, ma dovevo almeno provarci.
Ed è per questo che quella sera mi trovavo in quella sala, sola con lui. Dalla sua espressione si vedeva che era arrabbiato. Molto arrabbiato.
"Sono venuta a chiederti di risparmiarlo".
Lui scosse la testa. "Non posso farlo. Se lo facessi darei un'immagine sbagliata su di noi, ovvero che a volte siamo tolleranti. E non voglio dare questa immagine".
"Ti prego, è mio fratello!".
"Non ha importanza".
Non so descrivere la rabbia che mi avvolse in quel momento, so solo che un attimo dopo mio marito era a terra dolorante.
Lo liberai solo dopo un paio di minuti e non ero per niente pentita.
"Quando fai così mi chiedo perchè ti ho salvata e non ti ho lasciata morire bruciata. Mi dico che è per il tuo potere e infatti è per quello. Sappilo, se non avessi avuto il tuo potere saresti cenere da secoli".
Quella frase mi colpì in pieno. Aveva davvero detto quello che aveva detto? Lui mi aveva salvata solo per il mio potere? Non gli importava nulla di me. E io mi ero illusa che forse diversamente. Mi aveva sposata è vero, ma iniziavo a pensare che fosse stato solo un passatempo per lui.
"Comunque punirò tuo fratello. Lo farò stare a digiuno per due mesi, ma non lo ucciderò. Non voglio perdere una guardia così forte".
"È vero che sei un mostro senza sentimenti". Le parole mi uscirono senza che io gli avessi dato il permesso di farlo.
Detto questo uscii di corsa, diretta in camera mia. Corsi per tutto il corridoio, senza badare agli sguardi degli altri. Volevo solo chiudermi in camera da sola.
Evidentemente passai davanti a Felix e Demetri, perchè una volta arrivata in camera me li ritrovai accanto, che cercavano di consolarmi.
Ma niente poteva consolarmi. Le sue parole mi rimbombavano in testa e non volevano smettere di tormentarmi.
"Dovresti cambiare aria per un po'", disse Felix.
Annuii. "Dopo quello che gli ho detto mi caccerà via di sicuro, tanto vale che me ne vado da sola".
"Dove andrai?", chiese Demetri.
"Ho una casa a New York. Andrò là". Quella sera iniziai a preparare le valigie. Cercai di farci stare più roba possibile, non sapendo se e quando sarei tornata. Presi anche la collana di rubini che Aro mi aveva regalato per il nostro centesimo anniversario di matrimonio. Non so perchè la portai con me, ma lo feci lo stesso.
Partii quella notte, senza avere la possibilità di salutare mio fratello. Di certo non avrebbe reagito bene alla notizia della mia partenza. Chiesi a Felix e Demetri di non dire a nessuno dove fossi diretta a meno che non fosse strettamente necessario o a meno che non fossero costretti.
Con le lacrime agli occhi mi diressi in aeroporto e dopo alcune ore di viaggio arrivai a New York. Avevo comprato alcuni anni prima un loft in centro, a Manhattan.
All'ingresso c'era un piccolo atrio, e poi una cucina moderna, che dava sul soggiorno, con divani rosso porpora e un tavolo bianco con sedie nere. Una parete era bianca, mentre le altre erano vetrate che davano sulla città. Il bagno era moderno, con pareti nere e bianche.  La camera da letto aveva le pareti bianche e un'enorme finestra sul fondo. Al centro c'era un letto bianco e marrone, con a lato degli armadi e una scrivania con un computer. Accanto alla finestra c'erano delle mensole piene di libri. Sopra il letto c'era un quadro bianco e viole, moderno. Dalla finestra si accedeva anche ad un piccolo balcone con vista sulla città.
Non c'ero stata quasi mai in quella casa. Nemmeno con lui. Pensarlo mi fece tornare in mente quello che era successo quel pomeriggio. Una lacrima iniziò a scendere. Poi una seconda. Poi una terza. E mentre tutti continuavano la loro vita di sempre, mi appoggiai alla porta e scivolai a terra, scoppiando a piangere.

Note: dopo tanto tempo eccomi con una nuova storia. Spero vi piaccia!
Baci AliceMiao

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Dopo aver passato le seguenti due ore a piangere decisi che dovevo fare qualcosa per distrarmi. Iniziai a disfare le valigie e in seguito presi una sacca di sangue dal frigorifero. Vecchio di due anni, bleah! Dovevo procurarmi al più presto del sangue più recente. 
Mi sedetti sul divano. Non appena sarebbe calata la sera sarei andata a caccia. E feci così.
Andai in un locale: era uno di quei posti pieni di gente ubriaca, che avrebbe ceduto senza problemi. Mi misi in un vicolo e attesi. Attesi. Attesi. Probabilmente non era la mia serata fortunata.
All’improvviso sentii dei passi. Davanti a me comparve un ragazzo. Aveva i capelli neri , di media lunghezza. Gli occhi erano rossi, come i miei. Era poco più alto di me e indossava una camicia, un paio di jeans con una catena attaccata alla tasca e degli stivali neri. Indossava anche un braccialetto con le borchie e una collana con una croce.
“Non ti avevo mai vista qui, succhiasangue”.
“Sono appena arrivata in città”.
Lui mi squadrò da capo a piedi. Indossavo una maglietta senza maniche nera, una gonna nera corta e degli stivali con dei tacchi a spillo, anch’essi neri.
“Non hai l’aspetto di una newyorkese. Di dove sei?”.
“Italia”.
“Molto generico” si avvicinò a me “Come ti chiami bella fanciulla?”.
“Jane. Tu?”.
“Cameron. Sei nel mio territorio “.
“Davvero? Scusa non lo sapevo. Cercavo solo un posto dove...”.
“Dove cacciare” mi interruppe “Beh in teoria nessuno ha il permesso di cacciare qui, ma per te farò un’eccezione. Caccia quanto vuoi, ma sta lontano dal mio locale”. E detto questo si allontanò. 
Che ragazzo particolare! Onestamente pensavo di dover intervenire con il mio potere, ma a quanto pare non era stato necessario.
Riuscii a cacciare due persone, dopodiché iniziai a girare il quartiere. New York era molto bella anche di notte, piena di luce, di gente che esce a bere qualcosa, piena di gente che va a divertirsi. Già, divertirsi. Tutti si stavano divertendo tranne me. Mi sentivo terribilmente sola, ma dopotutto non era una sensazione nuova per me, mi sentivo spesso sola.
Mentre camminavo mi resi conto di essere tornata al locale di Cameron, solo che non sapevo come. Le mie gambe evidentemente avevano una mente propria, perché non era lì che volevo andare.
Vidi Cameron in lontananza e lui mi sorrise facendomi l’occhiolino.
Che tipo strano! Mi incamminai verso casa. Una volta a casa mi misi dei vestiti più comodi e poi mi sedetti sul letto, sospirando. Avrei dovuto chiamare mio fratello, ero partita senza salutarlo.
Un suono riempì la stanza: mi era arrivato un messaggio. Era da parte dell’ultima persona che mi sarei aspettata che mi mandasse un messaggio: Aro.
Perdonami, non volevo ferirti con quello che ti ho detto. Ero furioso e le parole mi sono uscite da sole, ma non lo penso veramente ciò che ho detto. I ragazzi mi hanno detto che sei partita, ma non vogliono dirmi dove perché tu gli hai chiesto di stare zitti. Sappi che puoi stare via quanto vuoi, non verrò a prenderti con la forza. 
Divertiti.
Rilessi il messaggio più volte. Si era pentito di quello che mi aveva detto. Non poteva essere vero, lui non si pentiva mai di niente.
Andai nella rubrica e chiamai mio fratello. Segreteria telefonica.
“Ciao sono io. Scusa se sono partita senza dirti nulla, ma non ce la facevo a stare un secondo di più lì. Chiedi ai ragazzi cos’è successo e dove sono e se vorrai spiegazioni in più hai il mio numero. Ti voglio bene.”.
Posai il telefono sul letto e mi avvicinai alla libreria. Non c’era modo migliore di passare il tempo di leggere. Scelsi ‘Il sentiero dei nidi di ragno’, di Italo Calvino. Mi immersi nella lettura e mi isolai dal mondo.

Note: ecco che compare Cameron. Che ruolo avrà nella storia? Spero vi piaccia!
Bye AliceMiao 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3407803